Lo Sharingan della redenzione

di Batckas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Senso di colpa ***
Capitolo 2: *** Edo Tensei ***
Capitolo 3: *** Intermezzo ***
Capitolo 4: *** Talenti sepolti ***
Capitolo 5: *** Arte del Vento: Taci! ***
Capitolo 6: *** Tocco fraterno all'ombra di una marionetta ***
Capitolo 7: *** Padri e figli ***
Capitolo 8: *** Passato e presente, antico e moderno ***
Capitolo 9: *** Kakashi dello Sharingan ***
Capitolo 10: *** La vendetta dell'Hokage ***
Capitolo 11: *** I cinque di tre anni prima ***
Capitolo 12: *** L'eredità del serpente ***
Capitolo 13: *** L'araldo di Madara ***
Capitolo 14: *** La morte del rapper ***
Capitolo 15: *** La fine della rivalità eterna ***
Capitolo 16: *** Team 7 ***
Capitolo 17: *** Lutto in rima ***
Capitolo 18: *** Le Sei Vie ***
Capitolo 19: *** Uomini liberi ***
Capitolo 20: *** La Bestia verde della Foglia ***
Capitolo 21: *** L'uomo che amo ***
Capitolo 22: *** Regalo al futuro Hokage ***
Capitolo 23: *** Fioritura ***
Capitolo 24: *** Credo ninja ***
Capitolo 25: *** La storia dell'Hokage ***



Capitolo 1
*** Senso di colpa ***


Meno uno.
Pensò Sasuke.
Meno uno, fratello.
Ma non c’era nessuno dall’altra parte ad ascoltare il suo grido disperato di aiuto. Si sentiva vuoto, non c’era nemmeno l’odio che lo aveva tenuto in vita e fatto diventare uno shinobi straordinario in grado di uccidere anche l’Hokage. Era vuoto.
Vedeva con gli occhi di Itachi il futuro di cui non era potuto essere testimone.
Si guardò allo specchio: era niente.
Era un guscio vuoto che Madara aveva riempito con le sue ambizioni.
Distruggere il Villaggio della Foglia?
Risuonarono le parole di Danzo.
“I tuoi gesti rendono vano il sacrificio degli Uchiha.”
Sasuke si portò una mano al petto. Il suo cuore batteva. La testa gli vorticava.
Gli occhi di Itachi lo stavano respingendo.
Itachi aveva sacrificato tutto per il Villaggio della Foglia ed era morto consapevole che il suo sacrificio non era stato vano, il Villaggio era prosperato e la Volontà del Fuoco di proteggere i propri compagni continuava a forgiare nuove generazioni di shinobi.
Sasuke cadde in ginocchio.
Quanto sono stato stupido?
Ho abbandonato il Villaggio per diventare forte e ho ceduto alla tentazione del potere di Orochimaru pur di poter sconfiggere Itachi.
E non ci sono riuscito.
Itachi è morto, ma non l’ho sconfitto io.
Ho scoperto la verità su di lui.
Che mi ha sempre amato, che mi ha sempre voluto bene, che è stato disposto a sacrificare tutto eccetto me…

Gridò disperatamente.
Con le unghie cercò di strapparsi via gli occhi di Itachi mentre le sue guance si riempivano di lacrime.
Non sono degno dei tuoi occhi, non sono degno di vedere il futuro che tu hai voluto costruire e che io ho intenzione di distruggere. Non sono degno del tuo potere…
Come se avesse il peso del mondo sulle spalle Sasuke si mise in piedi e aprì gli occhi. Lo Sharingan di Itachi non era il suo, percepiva che gli occhi del fratello lo stavano scrutando fin nel profondo della sua anima.
Lasciarsi manipolare da Madara sarebbe stata la cosa più stupida da fare e lui non era uno stupido.
Il desiderio di vendetta era stato colmato. Ciò che provava nei confronti del Villaggio della Foglia non era desiderio di vendetta, non voleva uccidere gli anziani che avevano ordinato ad Itachi di compiere quel sacrificio, ucciderli non avrebbe risolto niente, ammazzarli avrebbe versato solo ulteriore sangue, sangue che Itachi mai avrebbe voluto vedere versato, al punto che aveva preferito veder scorrere quello della sua stessa famiglia.
“Io sono un vendicatore”, aveva detto a Sakura.
E la sua vendetta era compiuta.
La sua missione era finita.
Aveva scoperto una verità terribile e la vendetta non era più il suo obiettivo.
Ora demandava giustizia.
Il suo cuore richiedeva che il sacrificio di Itachi fosse riconosciuto dagli abitanti del Villaggio della Foglia, voleva fossero consapevoli che Itachi aveva combattuto per tutti loro e si era dannato affinché loro potessero dormire sogni tranquilli.
Ricordò la battaglia contro Haku e Zabusa.
Haku combatteva disperatamente per il demone della Nebbia perché era la persona a cui teneva.
Itachi aveva combattuto contro il suo stesso Clan perché amava il Villaggio della Foglia e intendeva proteggere il futuro delle nuove generazioni, compreso quello di Sasuke, futuro condannato agli errori del passato se gli Uchiha avessero ottenuto il potere.
Come aveva potuto essere così stupido?
Le fiamme dell’Amaterasu avevano bruciato Madara perché Itachi sapeva che Madara avrebbe voluto piegare la volontà di Sasuke ai suoi progetti malvagi. Come aveva fatto a non capirlo prima? Itachi vedeva in Madara il nemico e anche nella morte aveva voluto proteggere il Villaggio e suo fratello.
Perché non riesco a smettere di piangere?
Itachi, sono un dannato stupido.

Non ti ho mai dedicato del tempo e ti ho sempre mentito. Con questa mano ti ho sempre allontanato da me perché non volevo coinvolgerti. Ma ora penso... che forse tu saresti riuscito a cambiare nostro padre, nostra madre e tutto il Clan. Se solo ti avessi affrontato fin dall'inizio... trattandoti come un uomo e raccontandoti la verità...ma ormai, dopo tutti i miei fallimenti, è inutile parlarti dei mie rimpianti. Quindi ti darò solo un altro pizzico di verità. Non sentirti mai obbligato a perdonarmi. Mentre io, qualunque cosa tu faccia... ti amerò per sempre.
Ora sono un uomo. Ora sono in grado di cogliere la verità. Non posso rimediare ai tuoi errori, ma posso portare avanti la tua eredità. Ora e per sempre. Hai difeso il Villaggio restando nelle tenebre e io potrò fare lo stesso.
Sasuke si asciugò le lacrime sul viso.
Io sono l’oscurità che avvolge e protegge nella notte, non potrò mai splendere alla luce del sole.
Sorrise.
Lui può essere la luce.
Ma insieme, Itachi, insieme difenderemo la tua eredità.
Perdonami, fratello mio, perdonami se mi sono smarrito in quelle stesse tenebre da cui tu stesso volevi proteggermi.
Ora tocca a me.
Ora… ora sono pronto.

Lo Sharingan si illuminò. Il riflesso di Sasuke diventò nitido nello specchio. Gli occhi di Itachi diventarono i suoi occhi e non guardavano più dentro di lui, non scavavano nella sua furia e nel suo odio, ma guardavano al futuro.
Un futuro minacciato da Madara Uchiha e dal suo folle piano.
Sasuke strinse il pugno e si morse il labbro.
Il senso di colpa attanagliò il cuore in una morsa.
Pianse di nuovo.
E si sentì libero.
Mi dispiace… maestro Kakashi.
Mi dispiace, Sakura.
Mi dispiace… Naruto.

Sul volto di Sasuke si allargò un sorriso tra le lacrime.
Grazie, Itachi…






 

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Capitolo 2
*** Edo Tensei ***


Sasuke interrogò Zetsu.
Scoprì che era iniziata la guerra, una guerra a cui lui aveva dato il via attaccando la conferenza dei cinque Kage. Era passato poco tempo, ma sembravano trascorsi anni.
“Perché ti stai ribellando a Madara?”, domandò Zetsu.
Sasuke rispose con un fendente che lo tranciò in due.
Fuggì dal covo di Madara.
Dovrò fare nuovamente affidamento al tuo potere e ai tuoi studi perversi.
Pensò amaramente mentre si allontanava dal covo. Percepì la presenza di Jugo e Suigetsu poco lontani. I tre si riunirono.
“Qual è il piano?”, domandò Suigetsu.
“Venite con me.”
Sasuke sembrava diverso agli occhi dei due compagni.
“Avete notizie di Karin?”, chiese Sasuke.
“È stata portata al Villaggio della Foglia come prigioniera.”, spiegò Jugo.
Sasuke espirò rumorosamente, si sentiva mortificato, avrebbe fatto a pezzi volentieri l’immagine di sé nei suoi ricordi che sacrificava meschinamente un compagno pur di ottener la propria vendetta.
Madara si era sicuramente crogiolato della malvagità in cui Sasuke stava annegando.
“Tutto bene?”, gli domandò Jugo, preoccupato per lui.
“No. Sono troppi gli sbagli a cui devo porre rimedio.”, disse Sasuke a denti stretti prima di riprendere il cammino.
“Dove siamo diretti?”, chiese Suigetsu.
“Al covo nord, devo recuperare la pergamena della Tecnica proibita della rianimazione.”
Suigetsu sbandò.
“E a cosa ti serve?”
“Intendo aiutare l’Alleanza ninja a fermare Madara. Era ciò che mio fratello avrebbe voluto.”
Sasuke si fermò nel mezzo del sentiero, si voltò verso Jugo e Suigetsu.
“Vi chiedo scusa. Vi ho trascinato in una guerra non vostra, vi ho accecato con la mia vendetta. Forse solo il sangue di Itachi poteva lavare via dai miei occhi le tenebre. L’Akatsuki e Madara sono sempre stati i nostri nemici. Non tollero di essere stato così stupido da cadere nella retorica di Madara. Mi dispiace.”, il suo tono era privo di emozioni, ma i suoi occhi erano lo specchio del turbinio interiore.
Suigetsu fece spallucce.
“Almeno ci siamo divertiti alla conferenza dei cinque Kage. Non aiutando Madara potrei comunque essere in grado di rifondare l’ordine dei sette spadaccini della Nebbia.”, Suigetsu riprese il cammino
Jugo si avvicinò a Sasuke.
“Ci vuole un uomo forte per riconoscere il cammino errato. Affrontare le tue responsabilità ti renderà ancora più forte. Io ti sono grato e continuerò a seguirti perché mi permetti di essere la versione migliore di me stesso.”
Jugo si allontanò.
Sasuke apprezzò quelle parole, ma non lo diede a vedere.
Aveva sempre pensato che quella dote appartenesse a Naruto.
Ed è proprio così.
Solo grazie a te e a Sakura ho potuto vivere momenti sereni e di pace.
Al punto di dimenticarmi la vendetta in brevi, meravigliosi, frangenti.

“Andiamo.”
Sasuke riprese la marcia.
Arrivarono al covo di Orochimaru, abbatterono senza uccidere gli uomini ancora a lui fedeli e scovarono la sala segreta contenente una miriade di tecniche segrete e proibite.
Sasuke trovò quello che cercava.
Lesse il contenuto della pergamena.
Vomitò in un angolo.
La pergamena conteneva numerosi appunti di Orochimaru che, prima di poter perfezionare la tecnica proibita, aveva massacrato interi villaggi e sterminato popolazioni.
Lo Sharingan gli permetteva di leggere al di là delle parole, di vedere il flusso di chakra, scoprire lati nascosti della tecnica che allo stesso Orochimaru erano nascosti. Ogni parola che leggeva lo disgustava, era una tecnica che mai avrebbe voluto usare nella sua vita.
Ma era necessario.
Il laboratorio di Orochimaru era stracolmo di materiale genetico dei più grandi shinobi della Foglia e di corpi tenuti in animazione sospesa da essere usati per la Tecnica. Quelle persone non potevano essere più salvate.
Nonostante la conoscenza, la sua poca praticità con la tecnica avrebbe potuto creare problemi insormontabili. Orochimaru era fortunatamente morto.
“Cosa farai ora?”, gli domandò Suigetsu.
“Ho bisogno del creatore della Tecnica. Orochimaru l’ha solo rubata.”
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Dalla terra emerse una bara.
“Sei proprio sicuro di quello che hai fatto?”, domandò Suigetsu.
“Taci.”
I capelli argentati ricaddero sull’armatura blu.
“Tu chi sei?”, domandò il rianimato.
“Sasuke Uchiha.”
Sasuke si inginocchiò.
“Secondo Hokage, ho bisogno della sua forza.”
Tobirama Senju capì che qualcuno aveva usato la tecnica che aveva creato.
Suigetsu non aveva mai visto Sasuke mostrare riverenza per nessuno, men che meno si immaginava che potesse inginocchiarsi dinanzi ad un Hokage.
“Alzati, Sasuke Uchiha. Raccontami cosa sta succedendo.”
Sasuke si alzò.
Gli occhi rianimati di Tobirama sembravano celare un’antica e profonda saggezza nonché una potenza inenarrabile.
“Madara Uchiha sta mettendo in pericolo il mondo intero e dobbiamo fermarlo.”
A udire quel nome Tobirama non sembrò sconvolto.
“Ho sempre temuto che nemmeno mio fratello sarebbe stato in grado di bandire quel demonio per sempre dalla faccia della Terra.”
“Ho bisogno che la tecnica proibita della rianimazione porti in vita gli Hokage del passato così che possano unirsi alla prima Alleanza ninja della storia e fermare Madara Uchiha.”
Sasuke spiegò a Tobirama che Orochimaru aveva perfezionato la sua tecnica e che, dopo la sua morte, il suo allievo Kabuto aveva usato la tecnica della rianimazione per portare in vita i ninja del passato e sottometterli al suo esercito.
Tobirama ascoltò in silenzio.
“E quali sono le tue ambizioni, giovane Uchiha?”
“Fermare Madara. Espiare le mie colpe.”
“Leggo nei tuoi occhi la cicatrice dell’oscurità e il risentimento per il tuo cuore lacerato dalla brama di vendetta.”
Tobirama riconosceva la fierezza del ragazzo che aveva davanti e capiva che inginocchiarsi per invocare il suo aiuto doveva essere stato un gesto che aveva completamente riscritto il suo modo d’essere. La fierezza degli Uchiha risplendeva negli occhi di Sasuke.
“Ti aiuterò.”
 



 
 



  




 

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Capitolo 3
*** Intermezzo ***


Sui campi di battaglia gli shinobi dell’Alleanza stavano affrontando i diversi ninja del passato risorti grazie alla Tecnica proibita di Kabuto Yakushi che, dopo aver assorbito Orochimaru, aveva deciso di appoggiare Madara Uchiha nel suo piano di conquista.
Lo scopo annunciato di Madara era evocare il Dieci Code e resuscitare il clan Otsutsuki per ottenere da Kaguya, in cambio, la divinità così da forgiare un nuovo mondo privo di guerre e dolore perché la volontà di ogni essere umano sarebbe stata sottoposta a quella della dea vivente Kaguya e lui avrebbe governato al suo fianco.
Madara Uchiha, risuscitato grazie alla tecnica proibita di Kabuto, riuscì a liberarsi dal controllo di quest’ultimo grazie a Zetsu che gli portò, impiantato in un coniglio, il suo Sharingan. Una volta liberato dal controllo di Kabuto, sempre con l’aiuto di Zetsu, fu in grado di recuperare il suo corpo originario. Come unione perfetta di anima e corpo Madara slegò per sempre la sua anima dai pericoli della Tecnica Proibita dell’Edo Tensei e si ritirò per prepararsi all’evocazione confidando in Tobi e nel recupero delle ultime due Forze Portanti.
Tobi, con la statua Gedo e le Forze Portanti rianimate, si unì alla battaglia e si scontrò con Naruto e Killer Bee.
Tobi, che alla conferenza dei Cinque Kage si era presentato come l’Araldo di Madara Uchiha, aveva mantenuto la sua promessa: aveva scatenato la guerra e aveva destabilizzato per sempre il mondo degli shinobi.
Tra i ninja rianimati dall’Edo Tensei, Itachi fu in grado di spezzare il controllo di Kabuto, ma, a differenza di Madara, non fu in grado di avere il suo corpo: la sua essenza era imperfetta e ancora soggetta alle limitazioni della Tecnica proibita.
Dopo essersi incontrato con Naruto, Itachi decise di trovare Kabuto e ucciderlo per spezzare l’Edo Tensei.  
Sasuke, al cospetto di Tobirama Senju, il secondo Hokage, aveva deciso di rianimare gli Hokage dal passato affinché si unissero alla lotta.
In ballo in quella guerra non c’era il destino di una sola nazione, ma di ogni uomo, donna e bambino.
Kabuto, una volta resuscitati i ninja e iniziate le ostilità, rianimò dal corpo dell’esanime Anko il suo antico maestro Orochimaru. Costui, non sorpreso dai rapidissimi progressi che Kabuto era stato in grado di fare, decise di aiutare il suo sottoposto. I due, grazie allo sforzo condiviso, aumentarono la potenza degli shinobi rianimati.
Nel frattempo sui campi di battaglia, guidati telepaticamente dallo sforzo congiunto di Shikaku Nara e Inoichi Yamanaka, gli shinobi lottavano per le loro vite.
I samurai affiancavano i ninja in guerra.
Un team di Anbu e samurai fu inviato a salvare Yamato, prigioniero di Tobi e Madara, che lo stavano sfruttando per potenziare gli Zetsu.
Una volta che Killer Bee e Naruto scesero in campo, il quinto Hokage Tsunade e il quarto Raikage Ay decisero di unirsi ai loro guerrieri sul campo.
I Chunin della Foglia, per la prima volta schierati in guerra, condividevano emozioni di spavento e orrore. Erano desiderosi di mostrare il proprio coraggio, ma erano anche ben consapevoli che stavano varcando le soglie del tempio di Marte: la loro vita, dopo la guerra, non sarebbe mai più stata la stessa. Si affidarono agli anziani e ai veterani che avevano messo da parte gli antichi dissapori per unirsi contro il nemico comune. In cuor loro covavano la speranza di poter sopravvivere e vedere un mondo libero dal giogo di un dio tiranno.
Mentre avanzavano verso i loro nemici dovevano realizzare che ciò che credevano un mito era in realtà storia. Tutti gli anni di addestramento, di sangue, sudore e lacrime li avevano condotti a quel momento storico in cui avrebbero dovuto fare la differenza e dimostrare il proprio.
Nessuno di loro poteva dirsi pronto.
Ma in loro ardeva la Volontà del Fuoco.
Tutti i Ninja, tutti i villaggi: Foglia, Roccia, Nuvola, Sabbia e Nebbia, uniti.
Erano pronti alla guerra, desirando ardentemente la pace.
“Il soldato prega più di tutti gli altri per la pace, perché è lui che deve patire e portare le ferite e le cicatrici più profonde della guerra.”
Lo spirito combattivo in ciascuno di loro era alimentato dal desiderio di proteggere il compagno al loro fianco: non si sarebbero arresi, non avrebbero ceduto un solo passo davanti all’avanzata nemica perché sapevano che alle loro spalle avrebbero trovato le mani ferme dei loro amici, familiari e compagni.
Il destino delle generazioni future gravava sulle loro spalle.
La falsa pace promessa da Madara doveva essere fermata.
L’umanità avrebbe dovuto scrivere da sola i capitoli che la dovevano avvicinare alla pace, avrebbe visto il domani con occhi diversi, avrebbe condiviso ancora sudore e lacrime e sangue, ma lo avrebbe fatto come umanità libera di sbagliare e di rialzarsi dai propri errori.
Solo il cielo e le stelle sarebbero stati testimoni della sua storia.







 

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Capitolo 4
*** Talenti sepolti ***


Hinata riconobbe il mostro davanti a sé: il corpo rianimato del membro dell’Alba Kakuzu. Aveva letto il rapporto del maestro Kakashi: per sconfiggerlo avevano dovuto distruggere i suoi cinque cuori.
Kakuzu sul campo di battaglia faceva incetta di nemici e, ogni qual volta un suo cuore era distrutto, lo rimpiazzava velocemente con un altro strappandolo dai corpi ancora vivi degli sfortunati shinobi che incontravano la sua furia.
Ino raggiunse Hinata, riconobbe il nemico, ricordò il maestro Asuma, la sua espressione mutò. Il suo primo istinto fu quello di attaccare alla cieca, ma ricordava bene la sua inutilità durante la battaglia contro Kakuzu. Quando era rientrata al Villaggio aveva pianto per giorni interi pensando a quanto il suo addestramento sembrasse non aver dato gli stessi risultati di quelli dei suoi compagni. Non era riuscita a vendicare il maestro Asuma e aveva lasciato che il maestro Kakashi e Naruto si occupassero della battaglia che lei, Choji e Shikamaru avevano deciso di affrontare.
Kakuzu vide la ragazza e si ricordò di lei. Un sorriso sinistro gli si affacciò sul volto mentre l’approcciava.
Hinata guardò l’amica.
“So cosa stai pensando in questo momento. Pensi alla tua inutilità, alla tua pochezza dinanzi ai nostri compagni che diventano shinobi sempre più forti ogni secondo che passa. So cosa stai pensando perché impegna i miei pensieri ogni giorno, ogni allenamento, ogni missione. Come posso essere migliore? Come posso essere all’altezza dei miei amici? Come posso proteggere le persone che amo come loro proteggono me? Ti capisco, Ino, e per questo ti chiedo di aiutarmi in questa battaglia. Io non ho una risposta alle tue domande, non ho una formula magica in grado di renderti più potente nel giro di qualche secondo. Ma ho da tempo capito che non posso fermarmi, non posso consumare le mie energie in pensieri inutili e dannosi, non posso più sprecare il mio tempo a domandarmi come posso essere più forte. Devo impiegare quel tempo per rendere reale ciò che immagino, ciò che sogno. Ino, aiutami in questa lotta. Hai già affrontato Kakuzu, conosci i suoi punti deboli, hai visto Naruto e il maestro Kakashi affrontarlo in battaglia. Ti prego, aiutami.”
Ino strinse i pugni.
“Grazie, Hinata. Ti ho sempre considerata la più tranquilla del gruppo, la ragazzina fin troppo timida che non aveva il coraggio di fare nulla. Non ti ho mai riservato la giusta importanza. Ti ho vista rialzarti durante il combattimento con Neji, ti ho vista lottare come una leonessa e non arrenderti mai. Mi dispiace, Hinata, se mi ero fatta un’opinione sbagliata di te.
So che ami Naruto, a dirla tutta non capisco come lui ancora non lo abbia capito. In tutto il Villaggio della Foglia non penso ci sia una compagna più degna di te per lui. Entrambi condividete questa passione per la vita e per gli altri. Non so se sarò mai in grado di eguagliare i miei compagni, ma hai ragione. Il tempo delle lacrime è ormai trascorso.”
Kakuzu era minacciosamente vicino.
“Ormai sono morto e non mi interessa più alcunché del guadagno, ma penso proprio che voi due non attirereste la mia attenzione. Tu, Kunoichi bionda, sai bene che le vostre speranze di vittoria sono poche. Non puoi più contare su Kakashi dello Sharingan e sulla Forza portate del Novecode. Cosa farai per uccidermi? Sei davvero in grado di scatenare una tale potenza da sconfiggermi? Dimostrami che non sei più la cagna che ha bisogno di essere salvata.”
Alcuni Zetsu comparvero al suo fianco.

Kakuzu stava scomparendo.
Non aveva capito come fosse possibile che due shinobi che, forse insieme, potevano ammontare soltanto alla somma di un qualche migliaio di Ryo fossero state in grado di annientarlo. Aveva commesso l’errore che rimproverava a Hidan: aveva sottovalutato i suoi avversari. Vide le Kunoichi che si allontanavano dal suo corpo mentre scompariva nel vento come tanti piccoli fogli di carta. Non avrebbe mai pensato di tornare in vita e tantomeno avrebbe pensato di morire di nuovo. Le due Kunoichi avevano sferrato una serie di attacchi in rapida successione, non avevano mai parlato tra di loro eppure anche la shinobi che non aveva mai visto prima sembrava essere in grado di contrastare tutti i suoi attacchi come se…
“Impossibile.”, disse rivolgendo uno sguardo ad Ino. La shinobi dai capelli biondi solo raramente combatteva in prima linea, era sempre alle spalle dei suoi compagni eppure coloro che la circondavano evitavano gli attacchi dei nemici proprio come se…
Si ricordò del clan Yamanaka del Villaggio della Foglia.
Kakuzu non sapeva quando era caduto nella sua trappola, ma Ino era riuscita a intrufolarsi nella sua mente quel tanto che bastava da poterne leggere i pensieri, ma senza far avvertire la sua presenza. Aveva scisso la sua coscienza in parte con Hinata così da poter collegare i pensieri di Kakuzu e quelli di Hinata che, quindi, era stata in grado di leggere ogni mossa del suo avversario prima ancora che accadesse.
Era rimasto poco di Kakuzu.
Sconfitto da due Chunin della Foglia… la taglia sulla sua testa sarebbe stata notevolmente ridotta.
“Grazie, Hinata. Ho sempre pensato di dover essere ciò che non ero. Prima ho pensato di dover essere la compagna di Sasuke per poter valere qualcosa. Poi ho visto Sakura diventare un ninja medico e ho deciso di seguire le sue orme. La mia sicurezza era solo di facciata, non ho mai saputo quale fosse la mia strada. Il maestro Asuma, Shikamaru e Choji hanno sempre creduto in me, in Ino, ma io mai, ho sempre cercato qualche modello da seguire, qualche persona a cui aggrappare il mio destino per non averne piena responsabilità. Sono Ino Yamanaka e non devo dare conto a nessuno dei miei talenti!”
Hinata sorrise vedendo Ino che caricava un gruppo di Zetsu sbaragliandoli con la sua forza.
Pensò che Naruto doveva sentirsi così quando era di ispirazione per gli altri.
Sorrise.
Decisamente no. Non credo sia consapevole di ciò che fa. Lo fa e basta.
 
 





 



 

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Capitolo 5
*** Arte del Vento: Taci! ***


“Io ti conosco. Tu sei Deidara! Tu hai rapito mio fratello, minacciato il mio villaggio, ucciso innumerevoli ninja della Sabbia!”
Temari fece volteggiare il suo ventaglio gigante innalzando un vento che scaraventò lontano lo shinobi artista.
“Non ti perdonerò mai per quello che hai fatto! Tu e l’Alba! Non ti permetterò di continuare a minacciare le persone a cui tengo! Preparati ad essere annientato!”
Deidara sbuffò e si allontanò evitando gli attacchi.
“Tu non potrai mai capire l’arte! Lo leggo nei tuoi occhi: tu sai solo distruggere e minacciare! In te non c’è niente di bello, niente di unico, niente di artistico!”
“Come se me ne fregasse qualcosa!”

Per anni ho visto mio fratello cadere nel buio della solitudine. Non l’ho potuto aiutare, non ho potuto alleviare la sua sofferenza; sono la sorella maggiore, ma non ho mai detto nulla nostro padre, non gli ho mai detto di cambiare approccio con Gaara.
Quando l’Alba ha attaccato il Villaggio ero lontana, ho dovuto riporre la mia fede nei ninja della Foglia. Ma oggi, qui, ti prometto, Gaara, che come tua sorella maggiore difenderò gli shinobi che mi sono stati affidati, proteggerò il Villaggio e chiuderò la bocca una volta per tutte a questo schifoso bastardo!


Gli attacchi di Temari diventarono più violenti e veloci, Deidara fu in difficoltà, la Kunoichi non gli dava il tempo di masticare l’argilla esplosiva ed eliminava le sue creazioni con facilità.
“Maledetta troia! Lasciami in pace! Ammira la mia arte! Comprendila! L’arte vive in un momento estatico, un istante in grado di cambiare per sempre l’anima di chi la contempla!”
“Sei noioso!”
“Come ti permetti di dirmi che sono noioso? Come osi guardarmi con quell’aria di superiorità? Ignori la mia arte! La banalizzi! Stupida troia! Puttana!”
“Adesso mi hai davvero rotto.”
“Perché devo avere sempre a che fare con persone che non capiscono l’arte e non ne comprendono la bellezza e l’immortalità? Tu, con quello sguardo altezzoso! Ti odio! Come Itachi, come quello stronzetto di Sasuke!”
“Basta parlare di arte. Tu non sei un artista, sei soltanto un ninja traditore, un vigliacco, un cadavere ambulante che ha fallito in ogni missione che ha intrapreso: non sei riuscito ad uccidere Gaara, non hai sconfitto Sasuke e oggi, qui, non supererai me!”
Temari caricò nuovamente all’attacco, con la rabbia della consapevolezza che Gaara era morto e che solo grazie alla vecchia Chiyo era ancora in vita. Deidara evitò gli attacchi, ma le parole della donna lo avevano ferito più di qualsiasi tecnica.
“Ti mostrerò la potenza della mia arte e tu potrai soltanto disperarti dinanzi alla sua magnificenza! Brutta troia schifosa!”
Temari ridacchiò.
“Che cazzo ti ridi? Mi prendi in giro, brutta troia?”
“Mi fai pena.”
“Come cazzo ti permetti? Sono un artista! Ascendo da questo piano mortale e divento divino! Tu chi cazzo sei?!”
Temari lo guardò con disprezzo e lo mandò su tutte le furie.
“Tecnica del richiamo: Katamari!”
La donnola bendata si arrampicò sulla spalla della donna.
“Una bestia immonda!”
Le mani di Deidara cominciarono a masticare l’argilla con fervore inghiottendone più di quella che potevano effettivamente contenere, i mostri che produsse erano abomini dalle forme grottesche.
“Muori! Muori! Muori!”, gridò.
“Arte del Vento: Grandi Lame di Vento!”
Temari mosse il suo ventaglio gigante e lanciò Katamari oltre Deidara.
“Pensi di potermi sconfiggere con questa tecnica da idiota! Ho sconfitto il Kazekage! Tu non sei niente! Una nullità!”
Temari ne aveva abbastanza.
“Hai parlato anche troppo!”

“Tu! Brutta…”
Temari gli spappolò la mandibola colpendola con il ventaglio gigante mentre le parti del corpo di Deidara disseminate sul campo di battaglia scomparivano lentamente.
“Finalmente stai zitto.”
Come Jonin della Sabbia, come sorella di Gaara, la mia vita è in prima linea in questa battaglia. Non permetterò più a nessuno di mettere in pericolo la mia famiglia.
Temari contemplò con disprezzo il cadavere di Deidara che scompariva, leggeva negli occhi del ninja rinnegato lo stesso disprezzo a cui dava forma di parole quando era ancora in grado di parlare. La Kunoichi si assicurò che la bocca fosse completamente distrutta dando un paio di colpetti con il ventaglio. Katamari si accoccolò vicino alla sua guancia e si strusciò su di lei.
“Lo so, anche io sono preoccupata per gli altri.”, disse guardando verso i rumori della battaglia.
Si mosse rapidamente lasciando solo Deidara mentre scompariva senza poter lasciare un’ultima traccia di sé sulla Terra.
La sorella del Kazekage aveva ragione: aveva sempre fallito, la sua vita era stata un costante fallimento e nessuno avrebbe ricordato la sua arte distruttiva. Nessuno sarebbe stato in grado di ricordare i momenti estatici di un’esplosione. Forse era proprio quello il destino ultimo dell’arte: svanire insieme al suo creatore.
Maledisse la Kunoichi.
Svanì nel nulla.

Temari correva in soccorso degli altri. Si sorprese di un pensiero che le attraversò la mente.
Spero Shikamaru stia bene.
 

 






 

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Capitolo 6
*** Tocco fraterno all'ombra di una marionetta ***


Quando Kankuro fu sconfitto da Sasori dopo il rapimento di Gaara non era passato giorno in cui il Jonin della Sabbia non si era impegnato per migliorare la sua arte da marionettista. Sapeva che con la morte di Sasori non ci sarebbe stato nessun altro contro cui avrebbe potuto verificare la sua preparazione e i risultati del suo addestramento. Aveva trasformato Sasori in una marionetta, aveva usato il suo stesso corpo come arma finale, la vecchia Chiyo aveva dovuto sacrificare la sua vita per salvare Gaara, aveva combattuto contro il nipote in una lotta che avrebbe definito gli scontri tra marionettisti per gli anni a venire.

Sul campo di battaglia Kankuro ordinò a tutti gli shinobi di farsi da parte, il destino gli aveva dato una seconda possibilità e non voleva lasciarla sfumare, non si sarebbe fatto sfuggire l’occasione di dimostrare a Sasori che il titolo di marionettista supremo, ormai, non apparteneva più al ninja rinnegato, ma alla nuova generazione, a lui. Kankuro aveva fatto tesoro del passato e aveva sviluppato le armi del futuro. Come fratello del Kazekage era suo dovere proteggere l’esercito.
Gli shinobi indietreggiarono lentamente.
“Mi hai sconfitto una volta. Non succederà di nuovo.”
“Non credevo che qualcuno potesse sopravvivere al mio veleno, sei fortunato ad essere ancora in vita, ragazzo.”
“Gli shinobi della Foglia mi hanno salvato. Lasciamo stare il passato e concentriamoci sul presente. Posseggo l’arte dei burattinai, non avrai scampo.”
“La mia forma d’arte è perenne, le mie marionette sanciscono la vita eterna al contrario dei corpi umani che decadono in rovina e sono consumati dai vermi. Non esiste destino peggiore per l’uomo di essere dimenticato, le mie marionette eliminano l’oblio della morte perché i corpi di coloro che trasformo vivranno in eterno e dispenseranno morte per sempre!”
Sono davvero cambiato? Sono in grado di sconfiggerlo? Userà il terzo Kazekage e tutte le marionette nel suo arsenale fino ad usare il suo stesso corpo, di nuovo. Non sono così diverso da Sasori, ho recuperato il suo cadavere e l’ho trasformato in una mia marionetta, certo era già morto, era già una marionetta… ma non mi sento così diverso da lui. Entrambi abbiamo speso la nostra gioventù in un laboratorio cercando di perfezionare le nostre creazioni, abbiamo combattuto credendo nei nostri ideali e fieri di essere dei burattinai.
Nonna Chiyo si avvicinò a Sasori.
“Mi dispiace, Kankuro, non posso controllare le mie azioni. Cerca di ucciderci rapidamente.”, disse la donna sforzandosi di sorridere prima che Kabuto si impossessasse completamente della sua mente.
“Sarò il tuo supporto.”
“Temari?”
“Ci sono io.”
“È una lotta che devo portare a termine da solo.”
“Siamo in guerra. Non devi dimostrare niente. Sei l’unico che può sconfiggere Sasori e la vecchia Chiyo.”
Forse è questo che mi rende diverso da Sasori, un evento casuale che avrebbe potuto cambiare per sempre anche la sua vita. Se i suoi genitori non fossero morti, probabilmente, non si sarebbe mai unito all’Alba. Se fosse riuscito ad accogliere l’affetto della vecchia Chiyo, avrebbe trovato la gioia tra i suoi cari, invece che nel freddo tocco di una marionetta. Ha rinnegato la sua stessa umanità.
Rischiavo lo stesso destino se non fosse stato per Temari e Gaara.
Quando Gaara ha deciso di diventare Kazekage, quando mi ha chiesto scusa per ciò che era stato, mi ha fatto capire di essere vivo perché ho pianto disperatamente. Ho odiato mio fratello per molto tempo, ho desiderato a lungo vederlo morto e con la stessa intensità ho desiderato poter essere suo fratello.
Mi dispiace, Gaara.

Kankuro agitò le dita nella danza segreta dei burattinai.
“Sasori, farò in modo che l’arte dei marionettisti sia tramandata anche alle prossime generazioni, preserverò il tuo ricordo come il più abile costruttore di marionette, ma qui e ora eliminerò per sempre la minaccia che rappresenti.”
Sì, avrei potuto fare la sua stessa fine.
Grazie Temari, grazie Gaara, il calore del vostro affetto mi ha sempre ricordato che le marionette sono solo strumenti e non potranno mai sostituire le persone a cui tengo.


Sasori non poteva credere di non riconoscere le movenze di Kankuro, non era in grado di anticiparne le mosse, vide il suo corpo schiantarsi contro di lui e sconfiggerlo nell’arte di cui si diceva maestro. Il Jonin della Sabbia aveva davvero scoperto lati nascosti dell’arte del marionettista che erano oscuri persino a lui, a Sasori della Sabbia Rossa. Non era possibile.
Aveva vissuto tra le marionette, era diventato una marionetta, eppure il suo corpo giaceva privo di chakra e forze al suolo, sconfitto da chi avrebbe dovuto soltanto studiare la sua leggenda e inchinarsi dinanzi al suo potere.
La vecchia Chiyo sorrise recuperando momentaneamente il controllo.
“Ti affidiamo il futuro dei marionettisti.”, disse prima di scomparire.
“Non sarai mai all’altezza di Sasori!”, gridò lo sconfitto.
“Ti ho già superato, Sasori, ma grazie per avermi fatto comprendere i miei limiti, mi hai aiutato a superarli, mi hai insegnato ad essere uno shinobi migliore.”
Sasori stava scomparendo nel nulla.
“Bel lavoro.”, si congratulò Temari.
Kankuro la guardò con fare dispiaciuto, la sorella sorrise comprendendo i pensieri che celavano gli occhi tristi.
“Va tutto bene.”, lo rassicurò. “Andiamo da Gaara.”
“Sì.”

Grazie Temari, non ho bisogno di dirti niente, ma mi capisci sempre al volo.
Questo significa essere fratelli.
Tieni duro, Gaara.

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Capitolo 7
*** Padri e figli ***


Rasa riconobbe il figlio alla guida dell’esercito che avrebbe dovuto sconfiggerlo. Non avrebbe mai creduto, quando era in vita, che Gaara sarebbe potuto diventare Kazekage, aveva sempre pensato che Temari fosse la più portata a prendere le redini del Villaggio. Negli occhi del figlio non scorgeva alcuna emozione.
“Padre.”, salutò Gaara.
“Sarai tu il mio nemico?”, domandò il quarto Kazekage.
“Solo io posso sconfiggerti.”
“Sei diventato stimato e rispettato nel Villaggio, ne sono felice. Mi dispiace averti usato, ma era necessario.”
Gaara teneva i suoi occhi fissi in quelli del padre.
“L’ho capito soltanto quando sono diventato Kazekage.”
“Sono morto pensando che avresti condannato alla distruzione il nostro villaggio.”
“Ho dovuto superare innumerevoli difficoltà per guadagnarmi la fiducia della gente. Ho dovuto sopportare il peso di un passato su cui non ho mai avuto nessun controllo.”
“Mi dispiace.”
“Anche a me.”
“Uccidimi velocemente, non voglio essere un problema.”
“Sarà fatto.”
“E, Gaara? Tua madre ti ha sempre voluto bene. La tua difesa assoluta è il volere di una madre che intende proteggere la propria creatura ovunque essa sia.”
“Padre?”, chiamò Kankuro, lui e Temari si affiancarono a Gaara.
Il quarto Kazekage abbassò lo sguardo non sostenendo gli occhi dei figli. Aveva fallito come padre, aveva fallito come Kazekage, aveva fallito come shinobi cadendo nella trappola di Orochimaru.
“Presto perderò il controllo.”, esordì sollevando il capo. “Distruggetemi e ponete fine a questo abominio. Sono contento di avervi potuto vedere per un’ultima volta anche dopo la morte. Sono fiero di voi.”
Non ho mai avuto un padre.

I tre fratelli lottarono come un solo uomo superando la sabbia dorata del padre e lo sconfissero. Gaara, mentre affrontava il padre, si rese conto di non provare più nessun sentimento nei suoi confronti. Il padre lo aveva sempre considerato una minaccia, non gli aveva mai offerto il suo affetto e il suo aiuto. Nell’istante in cui vide il corpo che andava dissolvendosi pensò che, se mai avesse avuto figli, avrebbe imparato da Rasa come non essere un padre. Gli occhi del quarto erano fissi in quelli di Gaara.
“Sono contento di essere morto… forse la mia fine ha potuto far sbocciare voi tre, figli miei, come meravigliosi fiori del deserto. Non credo di meritarmi di raggiungere vostra madre. Addio.”

Un altro padre e un altro figlio, sul campo di battaglia, stavano facendo scontrare il passato e il presente: il secondo Raikage e il figlio.
La lotta tra i due Raikage fece vibrare le nuvole del cielo, la loro immensa potenza faceva impallidire gli altri shinobi. Su quello scontro si sarebbero scritte leggende e la storia del mondo ninja avrebbe sempre riportato quegli avvenimenti dipingendoli come uno scontro tra divinità. Su quel campo di battaglia, nello scambio di pugni dei due Raikage, nel sangue versato la mitologia era riscritta per le generazioni del futuro. La loro potenza si eguagliava, ma il secondo Raikage non avrebbe mai permesso al passato di fermare l’avanzare del figlio.
“Ti attaccherò da sinistra! Fai attenzione! Tieni alta la guardia!”
Ay ricordava quando si allenava con il padre, sorrise.
“Quando ci addestravamo non avevi tutte queste attenzioni per me.”, commentò.
Il secondo Raikage lo colpì con un pugno allo stomaco.
“Al tempo eri debole. Dovevi soffrire per diventare più forte. Ora ti vedo, sei un uomo, sei un Raikage migliore di quanto io avrei mai potuto esserlo. Sconfiggimi, Ay, e continua a condurre il Villaggio della Nuvola!”

Quando ero bambino pensavo sempre che le mani di mio padre fossero grandi. Talmente grandi che potevano contenere il mondo intero. Quando le stringevo, però, era come se diventassero uguali alla mia. Mi sentivo al sicuro. Nelle mani di mio padre non sarebbe mai potuto succedere niente di male. L’idea che in quelle mani ci fosse il destino del Villaggio mi riempiva di orgoglio. Quando ho saputo che quel peso sarebbe presto stato nelle mie mani ho capito che non avrei mai potuto sopportare quanto mio padre. Per fortuna ho avuto Bee ad alleggerirmi ricordandomi che nelle mie mani non devo sempre sostenere il peso del mondo. Mi dispiace, papà, la vita non è stata gentile con te. Con la morte avevi raggiunto la pace.
Distruggerò chiunque ti abbia disturbato dal tuo sonno eterno.
E io, tuo figlio e terzo Raikage, ti consegnerò nuovamente al tuo meritato riposo.


“Bravo, Ay, sei migliorato molto…”, il corpo del secondo Raikage stava scomparendo. “Uccidi Madara anche da parte mia.”
“Lo farò con immenso piacere.”
 

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Capitolo 8
*** Passato e presente, antico e moderno ***


Il passato collideva con il presente. Gli unici rivali dei Kage del passato potevano essere i Kage che vestivano le loro stesse responsabilità.
Onoki, il terzo Tsuchikage, si scontrò con Mu, il secondo Tsuchikage. Le loro abilità si eguagliavano, la loro esperienza in battaglia ugualmente, la lotta fu furibonda.
Mu era stato il maestro di Onoki, tutto ciò che il terzo Tsuchikage conosceva lo doveva a Mu e, proprio in virtù del rapporto che avevano avuto in vita, non poteva tollerare che nella morte il suo maestro fosse usato. Mu e Onoki avevano combattuto fianco a fianco contro Madara.
“Ha sicuramente un piano.”, disse Mu mentre combatteva contro Onoki. “Non penso voglia evocare semplicemente il clan Otsutsuki, vorrà diventare uno di loro, assumere i loro poteri celestiali, diventare anche più potente di loro e sottomettere l’intero mondo al suo dominio. Dovete fermarlo.”
“Lo so, le Forze portanti dell’Otto code e del Nove code saranno in grado di fermarlo. Il mio dovere è spianare loro la strada da nemici risuscitati come te!”
“Mi dispiace davvero affrontarti in queste condizioni, Onoki, avrei voluto misurare i tuoi progressi come alleati, non come nemici.”
“Mu! Aiutami! Dove si trova Kabuto Yakushi? Colui che ha utilizzato l’Edo Tensei per riportarti in vita?”
“Non ho il controllo delle mie azioni, Onoki! Non posso rivelare la sua posizione, mi dispiace.”
“Non fa niente.”
“Ricorda, Onoki, di sfruttare qualsiasi vantaggio che questa guerra sarà in grado di portare al Villaggio. Ora siete tutti accecati dalla necessità di collaborare contro il nemico comune, ma ben presto gli interessi privati diventeranno nuovamente più importanti dell’alleanza Ninja. Il Villaggio della Foglia rischia di diventare anche troppo potente. Ricordati, Onoki, che non si può essere idealisti per sempre. Sconfiggi Madara, poi concentrati unicamente sul nostro villaggio. Non siamo persone malvage, ma non possiamo nemmeno vivere l’illusione di un mondo giusto e in pace.”
“Lo farò, Mu, anche se le nuove generazioni ci hanno superato in tutto: dalla forza delle loro tecniche all’ardore nei loro cuori di collaborare per raggiungere obiettivi che per noi erano soltanto sogni. Farò come dici, comunque, proteggerò il Villaggio della Roccia a tutti i costi!”
“Non ho bisogno di sentire altro. Sconfiggimi, Onoki, e ferma Madara una volta per tutte.”

“Com’è possibile che sei ancora piedi! Dannazione! Gli shinobi di questa generazione sono delle mezze seghe, non sapete combattere, non siete disposti a sacrificarvi, facendovi dominare da Madara otterrete soltanto più di quanto raggiungereste continuando a fingervi ninja, maledizione! E com’è possibile che tu ancora ti opponga a me! Io volevo combattere solo con quello stronzo del Tsuchikage! E non con una rimbambita del cazzo!”, il secondo Mizukage, Gengetsu Hozuki, sbraitò contro Mei Terumi, Quinto Mizukage.
Mei portava nel cuore lo sconforto che il suo predecessore fosse già una pedina nelle mani di Madara e Tobi. L’onta era ricaduta su tutto il villaggio e ora era suo dovere eliminarla per sempre. Il secondo Mizukage era sprezzante, appena comparso sul campo aveva deciso di combattere prima contro gli altri avversari non ritenendo lei degna.
Mei, però, era una delle poche che non era caduta nei suoi Genjutsu e che ancora poteva opporglisi. Chojuro le aveva fatto scudo con il suo corpo mentre lei portava in salvo altri shinobi. Per la Mizukage era una questione personale.
“Non posso credere che il titolo di Kage sia stato affidato ad una donna! Da quando una donna è in grado di occuparsi dei propri doveri senza cadere vittima delle proprie emozioni? Maledizione! Questo è un altro segno che questo mondo ninja è condannato alla rovina!”
“Hai accusato me donna di essere vittima delle mie emozioni, ma sei tu che stai blaterando da tempo, non riesci a distogliere gli occhi dal secondo Tsuchikage che combatte contro Onoki. L’unico ad essere preda delle emozioni sei tu. Sono Mei Terumi, quinto Mizukage, il tuo tempo è passato, i tuoi pensieri sono antiquati.”
“Maledizione! Non vi sopporto! Ho provato ad aiutare gli shinobi, li ho messi in guardia dalle mie tecniche, ma, comunque, non sono stati in grado di sconfiggermi, devo uccidermi da solo per farvi vincere! Non sono in preda alle emozioni! Sono frustato! Vi odio!”
Mei vide il corpo privo di sensi di Chojuro.
Le erano state affidate le nuove generazioni, aveva visto numerosissimi giovani come lui scendere sul campo di battaglia per la prima volta e fronteggiare una guerra inaspettata e devastante.
Gengetsu continuava a guardare altrove.
Mei non sopportava il suo atteggiamento. Aveva sputato su tutti gli shinobi che stavano dando la loro vita per impedire a Madara di rendere l’intero mondo schiavo. Non gli avrebbe permesso di insultare ancora così la memoria dei morti.
“Preparati ad affrontare la furia della Mizukage.”
“Ma fammi il piacere! Una donna! Non farmi ridere! Dov’è il secondo? Dov’è il Tsuchikage? Quel bastardo mi ha già ucciso!”
“Ho un’ultima cosa da dirti: quel baffetto è passato di moda anni fa.”

Mei e Onoki sconfissero i loro predecessori.

“Ricorda, Onoki, proteggi il Villaggio anche a costo di danneggiare quello degli altri. Il mondo non rispetta le buone intenzioni, ma soltanto la preparazione.”
“Riposa in pace, maestro.”

“Non avrei mai creduto di trovare uno shinobi in grado di sconfiggermi in questa generazione, ancora meno che fosse una donna.”
“Ben contenta di deluderti, stronzo.”
 



 

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Capitolo 9
*** Kakashi dello Sharingan ***


Kakashi e Sakura scorsero i visi conosciuti di Zabuza e Haku.
“Non è possibile.”, commentò Sakura.
“Kakashi? Cosa sta succedendo?”
Il Jonin si frappose tra i nemici e Sakura.
“Sei stato riportato in vita dall’Edo Tensei. Non hai il controllo del tuo corpo.”
Sakura affiancò il maestro.
“Combatterò con te.”, disse decisa. 
Ha ragione, non posso più trattarla come una bambina.
“Lei è la Kunoichi di quella volta sul ponte. Dove sono gli altri due marmocchi?”, chiese Zabuza.
“Non dirmi che…”, Haku si preoccupò.
“Sono vivi.”, la rassicurò Sakura.
“Ne sono contento. Il destino ci vuole nuovamente nemici. La prego, Kakashi, mi uccida. Nella morte ho raggiunto il mio sogno.”, Haku era pronto ad attaccare.  
“Gli shinobi altro non sono che strumenti, siamo usati anche dopo la morte. Che destino beffardo, vero Kakashi?”
“Vi fermerò e fermerò anche chi vi ha riportato in vita. Nella morte entrambi avete raggiunto la libertà che la vita non vi ha concesso. Haku, sei morto per proteggere Zabuza e anche il demone del Villaggio della Nebbia è riuscito a piangere per te, ritrovando nel tuo sangue la sua umanità.”
“Taci, Kakashi!”
“Vi concederò una morte rapida.”, promise il Jonin.
Haku guardò Zabuza.
La morte gli aveva impedito di vedere il proprio maestro piangere per lui.
Haku sorrise amaramente.
“Assicurati che sia il nostro ultimo scontro, Kakashi.”, disse Zabuza.
“Lo farò.”
“E un’altra cosa.”
“Ti affido la Tagliateste. Non c’è nessuno più degno di te di impugnarla.”
Lo scontro contro di te ha reso Naruto e Sasuke gli shinobi che sono diventati. Naruto si è dovuto scontrare con la durezza del mondo ninja, ha dovuto vedere crollare le sue certezze dinanzi l’inevitabilità della morte e il dovere di ogni ninja. Grazie, Zabuza; grazie, Haku, avete dato il via alla leggenda di Naruto Uzumaki.
Come allora oggi, però, devo uccidervi: non permetterò che facciate del male ad altri shinobi.
Riposate in pace.

“Attaccami, Kakashi! Poniamo fine a questa storia una volta per tutte!”

Sakura fu aggredita da Haku.
“Mi dispiace.”, disse lo shinobi.
“Anche a me.”, Sakura lo respinse.
Anni fa non ho potuto fare niente. Sono stata a guardare mentre Naruto e Sasuke combattevano contro di te. Ho pianto l’apparente morte di Sasuke, morte che tu stesso hai evitato perché non li hai mai voluti uccidere, perché non sei mai stato un mostro, perché non hai mai voluto il nostro male. Combattevi per una persona a cui tenevi e le tue parole hanno reso Naruto quello che è oggi. Non abbiamo mai combattuto, non ci siamo mai conosciuti, ma grazie, Haku. Oggi ti dimostrerò che anche io non ho dimenticato la lezione che ci hai insegnato.

Lo Sharingan gli permetteva di anticipare tutte le sue mosse. L’abilità nel Taijutsu di Kakashi era migliorata negli anni, anche allenandosi con Gai, e la sua velocità era tale che Zabuza non poteva tenergli testa. Il Jonin della Foglia evitava ogni attacco del suo nemico, la Tagliateste non era in grado di avvicinarsi, ma la pericolosità del Demone della Nebbia non era diminuita nella morte.
“Sto per perdere il controllo, Kakashi! Ti prego! Uccidi me e Haku!”
Gli occhi di Zabuza diventarono bianchi, la sua bocca si serrò per sempre, i suoi attacchi si fecero più aggressivi e meno prevedibili. Kakashi li leggeva con lo Sharingan, ma non avrebbe potuto continuare per sempre.
Zabuza richiamò a sé la nebbia assassina.
TIGRE-LEPRE-CINGHIALE-CANE
“Arte della Terra: muro di pietra!”
Kakashi toccò il terreno, delle mura gigantesche circondarono l’area in cui Zabuza aveva richiamato la nebbia.
CINGHIALE-CANE-UCCELLO-SCIMMIA-ARIETE
“Tecnica del richiamo!”
Pakkun e i cani ninja comparvero pronti ad obbedire a Kakashi. Una volta che i ninken avevano morso una preda non avrebbero mai dimenticato il suo odore.
“Trovate Zabuza!”, ordinò il Jonin.
I cani si dispersero velocissimi.
Zabuza ebbe un flashback.
Maledetto Kakashi. Mi sconfiggi come mi hai sconfitto in passato.
I cani ninja comparvero dal suolo e lo bloccarono mordendogli le articolazioni.  
Sakura colpì Haku con forza fino a farlo volare di diversi metri. I due shinobi si accorsero della nebbia che li avvolgeva. Videro il muro di pietra evocato da Kakashi, Haku cercò di disimpegnarsi dallo scontro, ma Sakura capì le sue intenzioni e gli afferrò un braccio e lo schiantò al suolo, Haku le scagliò contro degli aghi, la shinobi ne calcolò la traiettoria e si fece colpire dove non avrebbero fatto danni.
“Mi dispiace!”, gridò la Kunoichi mentre con un pugno rilasciava il suo chakra contro Haku distruggendo il terreno su cui era poggiata e uccidendolo.
“Grazie.”, mimarono le labbra di Haku.
Una lacrima rigò il viso di Sakura.
BUE-CONIGLIO-SCIMMIA
Il chakra si raccolse nella mano sinistra di Kakashi.
Zabuza riconobbe la tecnica.
Un sorriso amaro si impossessò di lui.
Vide lo spirito di Haku volare libero in cielo.
“Ora ti raggiungo. Grazie, Kakashi.”
“Taglio del fulmine!”
Kakashi poggiò una mano sulla spalla di Zabuza. Gli occhi si spensero, il corpo si stava tramutando in piccoli fogli di carta.
“Maestro Kakashi!”, Sakura lo raggiunse.
“È finita.”, disse il Jonin.
Il muro di pietra crollò, la nebbia si diradò.
“Ci si vede, Kakashi!”, disse Pakkun scomparendo insieme ai suoi.
La Tagliateste era al suolo.
Sakura vide il maestro che si piegava e l’afferrava.
“Anche se nostro nemico, Zabuza ci ha affidato la sua arma per vincere.”, disse Kakashi. “Andiamo, Sakura.”
“Sì.”
I due si allontanarono.

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Capitolo 10
*** La vendetta dell'Hokage ***


“Tu!”
Tsunade attaccò alla cieca dando sfogo a tutta la sua frustrazione.
“Mi dispiace!”
“È morto per colpa tua! Tu lo hai ucciso! Lui vi aveva aiutati, vi aveva trattati come una famiglia e tu lo hai ucciso. Hai distrutto il Villaggio. Come posso perdonarti?”
“Non ti chiedo di farlo. Sono già morto. Non merito altra pena. Poni fine alle mie sofferenze e ottieni la tua vendetta.”
“Non è quello che avrebbe voluto.”, Tsunade colpì con un pugno un albero alla sua destra che andò in mille pezzi, si morse un labbro. “Lui non lo avrebbe voluto. Perché? Perché, Nagato?”
Il Rinnegan di Nagato scrutò la figura tremante del quinto Hokage.
“Il maestro Jiraya era un ostacolo per i miei piani. Per quelli che pensavo fossero i miei piani prima di incontrare Naruto Uzumaki.”
“Naruto è più degno di me di diventare Hokage. È in grado di cogliere la sofferenza altrui, di comprenderla, lui è l’erede di Jiraya, ha capito ciò che il suo maestro voleva, è stato in grado di rendere onore alla sua memoria.”, il volto rigato dalle lacrime di Tsunade si sollevò. L’Hokage fissò i suoi occhi nel Rinnegan. “Io non riesco a perdonarti. Io non riesco a non vedere in te l’assassino del mio… del mio più caro amico.”
“Solo la morte aveva potuto espiare il mio peccato. Consegnami nuovamente all’oltretomba.”
“Con piacere.”
Tsunade si avventò su Nagato con furia.
Hai sempre sorriso, non ti sei mai lasciato andare, non ti sei mai piegato una sola volta davanti alle difficoltà della vita. Non hai mai, nemmeno per un istante, smesso di pensare ad Orochimaru e alla sua conversione. Non hai mai smesso di considerarlo tuo amico. Hai sempre condotto con orgoglio la tua battaglia, hai sempre fatto ciò che ritenevi giusto. Dovevi essere tu l’Hokage, non io.
Maledizione, Jiraya, perché ti ho lasciato andare da solo? Perché non ti ho fermato? Perché!?
Questa versione di me assettata di vendetta non ti piacerebbe. Tu hai sempre pensato che io fossi di più. Hai sempre visto il lato migliore di me, per questo ti sei innamorato di me, perché non vedevi la me reale, mi amavi troppo per farlo. Per questo non mi hai abbandonato, per questo appena hai avuto l’occasione di riportarmi al villaggio come Hokage lo hai fatto, hai messo in rischio tutto puntando su di me.
Non sono meritevole nemmeno di essere chiamata tua amica.
E, mi dispiace, Jiraya, ma io odio Nagato. Voglio distruggerlo.
So che non ti potrò mai riavere indietro, so che non potrò mai tornare nel passato e correggere i miei errori. Ho capito da tempo che non c’è modo per sconfiggere la morte, conosco il suo tocco, sono consapevole del vuoto che lascia e che può essere riempito soltanto dall’amore per un’altra persona, da un ideale più alto. Il maestro Sarutobi ha superato la morte della moglie riversando tutto il suo amore per il Villaggio e per Naruto, la stessa persona per cui la moglie morì.
Non sono degna.
Di essere tua amica.
Di essere sua allieva.
Di essere Hokage.
Oggi intendo riempire quel vuoto.
Non con l’amore.
Non con il senso del dovere.
E nemmeno con la volontà del Fuoco.
Oggi voglio colmare quel vuoto con la vendetta.

Nagato aveva compassione della donna. Comprendeva il dolore che l’attanagliava, quello stesso dolore che aveva condotto lui sulla strada della distruzione. La pena dell’errore, però, era durata pochi istanti perché la morte lo aveva subito accolto tra le sue braccia. Tsunade avrebbe dovuto convivere con quell’odio, ma mentre la guardava negli occhi comprendeva che la donna non aveva alcuna intenzione di sopravvivere a quella guerra, non aveva alcuno scopo, in quell’istante, se non distruggere l’assassino di Jiraya.
“Non ti posso biasimare.”, disse in un sospiro mentre un pugno di Tsunade gli deformava il volto. “Ti capisco. Quando tutto questo sarà finito… non essere troppo dura con te stessa.”

 

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Capitolo 11
*** I cinque di tre anni prima ***


Come tre anni prima Rock Lee vide in Kimimaro il suo avversario. Al tempo dovette salvarlo Gaara, ma in quel momento non ci sarebbe stato nessuno per lui. Doveva porre fine a quello scontro, i tre anni di allenamento costante avrebbero dato il loro frutto in quel momento decisivo. Con orgoglio Kimimaro vide che l’avversario che anni prima lo aveva messo in difficoltà era diventato un ninja capace e straordinariamente abile. I colpi della Bestia blu della Foglia giungevano rapidi, precisi, potenti e carichi della passione ardente della gioventù.
Quando Rock Lee svelò il suo potenziale distruttivo aprendo le porte del chakra, Kimimaro capì, nuovamente, che il suo tempo era passato. Si domandò cosa fosse successo a Sasuke, a Jugo, si domandò quale fosse stato il destino della sua missione.
Rock Lee lo sconfisse con il Loto Posteriore, il loro campo di battaglia fu modificato dalla forza distruttrice.

Jirobo aveva già sottovalutato Choji in passato e aveva firmato la sua condanna a morte. Non poteva permettersi nuovamente un tale errore. Come tre anni prima, però, il giovane shinobi della Foglia aveva una volontà ferrea e nei suoi occhi si scorgeva il desiderio di proteggere le persone care.
Quando tre anni prima Choji era tornato dalla missione fallita di recuperare Sasuke, il padre, Choza, era stato invaso da un profondo orgoglio per il figlio. Aveva protetto i suoi compagni ed era stato pronto a sacrificare la propria vita per gli altri. Tre anni prima non aveva potuto aiutarlo, ma in quell’occasione il fato gli permetteva di adempiere al proprio dovere di padre.
Choza affiancò il figlio in battaglia.
“Papà?”
Choji vide che il padre piangeva.
Ogni genitore sapeva che il destino dei propri figli sarebbe stato combattere, ma nessuno di loro avrebbe mai voluto vedere quel fato realizzarsi.
“Facciamogli vedere la forza del clan Akimichi!”

Se c’era una cosa che detestava più di combattere, era dover combattere contro qualcuno che aveva già sconfitto e che conosceva quali erano le sue armi e le sue tecniche proibite. Tayuya covava nel cuore un odio profondo nei confronti di Shikamaru e della shinobi della Sabbia che anni prima l’avevano sconfitta ridicolizzandola. Sapeva che poteva sconfiggere il ninja della Foglia se fosse stato solo. La guerra andava avanti da un po’, i combattimenti contro gli Zetsu bianchi anche, Shikamaru sicuramente aveva consumato un’alta quantità di chakra. Tayuya, però, sapeva di non poter abbassare la guardia contro di lui. Dietro l’aria annoiata e l’atteggiamento arrogante si nascondeva un uomo che aveva già pianificato le sue prossime venti mosse.

Per Kiba era personale. Voleva vendicarsi contro Sakon e Ukon. Tre anni prima si era dovuto ritirare, era stato salvato da altri, aveva solo messo in pericolo Akamaru e non aveva concluso niente. Sakon sapeva di dover far leva sull’orgoglio ferito dello shinobi per indurlo a commettere degli errori, Kiba si lasciava andare alla rabbia e alla frustrazione, i suoi attacchi erano imprecisi e prevedibili. Si stava per lanciare nuovamente all’attacco quando Akamaru gli morse l’avambraccio.
“Che succede?”, gli domandò Kiba.
Il cane lo guardò con compassione e pietà.
“Merda!”, Kiba si morse un labbro, strinse i pugni, lanciò una granata fumogena per allontanarsi.
Si asciugò il sudore sulla fronte, accarezzò Akamaru.
“Sarei perso senza di te.”, gli disse.
Doveva mantenere la calma. In quei tre anni era migliorato, aveva imparato, era diventato più forte. Doveva mettere da parte l’orgoglio e concentrarsi unicamente sulla sua missione.
“Ci sono qui io.”, disse una voce alle sue spalle.
Kiba si voltò.
“Sono io che devo vincere questo scontro.”
“Due contro uno non è leale. Lascia che ti aiuti.”, disse Shino sistemandosi gli occhiali sul naso. “Non ho partecipato con voi tre anni fa, permettimi adesso di aiutarti.”
Kiba lo colpì con un pugno, Akamaru gli abbaiò contro e si frappose tra lui e lo shinobi del clan Aburame.
“Merda!”, gridò Kiba. “Sempre lo stesso errore.”
Si avvicinò a Shino e gli porse una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi.
“Facciamogli il culo.”, disse all’amico.
“Io mi occuperò di quello a sinistra, tu pensa a quello a destra. Non lasciare che le emozioni prendano il sopravvento, concentrati sul tuo bersaglio.”
“Lo so…”, Kiba parlò piano come in un sussurro. Aveva pensato di essere maturato tanto in quegli anni, ma lo scontro con Sakon gli dimostrò che non era affatto così, aveva ancora tanta strada da percorrere, tanti ostacoli da superare.
“Ce la farai.”, Shino parlò come se gli avesse letto il pensiero. “Non essere troppo orgoglioso e accetta l’aiuto dei tuoi alleati.”
Kiba annuì, Akamaru scodinzolò.

Neji era stato grato a Kidomaru perché gli aveva permesso di correggere i suoi errori. Ogni allenamento a cui si era sottoposto aveva come scopo risolvere i problemi che lo avevano condotto in fin di vita in quello scontro di tre anni prima.
Kidomaru aveva combattuto contro Neji quando era ancora un Genin, ora era un Jonin e non uno qualsiasi: era un Jonin del clan Hyuga.
Kidomaru tentò tutti i trucchi che aveva già tentato in passato, ma Neji aveva una contromossa per ciascuno di essi. Kidomaru non aveva speranze.

Il quartetto del suono fu sconfitto una seconda volta dagli stessi shinobi, ma più adulti e maturi, e scomparvero dal mondo in mille pezzi di carta lasciandosi dietro soltanto l’eco di un odio che non avrebbe mai potuto colmare la brama di una vendetta irrealizzabile.

 

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Capitolo 12
*** L'eredità del serpente ***


Sasuke si era diviso dagli Hokage del passato. Con lui, Jugo e Suigetsu era rimasto il terzo Hokage. Minato, Hashirama e Tobirama erano diretti verso il campo di battaglia.
Il giovane Uchiha e Hiruzen erano in viaggio quando Sasuke percepì una presenza familiare, si voltò e vide Itachi diretto nella sua stessa direzione, lo chiamò. Itachi si voltò e vide il fratello accompagnato dal terzo Hokage, quella vista lo inquietò.
“Cosa è successo?”, domandò.
“Ho rianimato gli Hokage del passato per aiutare l’Alleanza ninja a vincere la guerra.”, spiegò Sasuke.
“Lord Terzo.”, Itachi si inchinò all’Hokage.
“Non c’è bisogno, Itachi. Sasuke mi ha raccontato ciò che è successo. Io gli ho raccontato la verità e il terribile peso di cui ti ho fatto carico.”
Sasuke non riusciva a guardare il fratello negli occhi.
“Che succede?”, gli domandò Itachi.
“Non sono degno nemmeno di volgere il mio sguardo verso di te.”
“Smettila.”, Itachi gli si avvicinò e lo abbracciò. “Sono fiero di te, hai preso la decisione giusta, hai perdonato ciò che è stato e hai deciso di compiere il mio stesso cammino.”
“Sei uno shinobi valoroso, Sasuke, e un uomo degno di rispetto.”, gli disse solennemente Hiruzen.
Quelle parole, però, infastidivano Sasuke. Si sentiva ingiustamente giustificato, come se le persone fossero troppo buone con lui, non valeva tutti quegli sforzi, non meritava tutta quella fiducia.
“Andiamo da Kabuto e fermiamo l’Edo Tensei.”, cambiò argomento Sasuke riprendendo il cammino. Hiruzen e Itachi lo seguirono.
“Mi dispiace, Itachi, non sono riuscito a proteggere tuo fratello.”, si scusò Hiruzen.
“Lord Terzo, ha fatto tutto ciò che era in suo potere. I morti non hanno colpe. Lo ha affidato a Naruto e Kakashi, non avrei potuto chiedere di meglio.”
“Non merito la tua gentilezza. L’onta del tuo sacrificio ha gravato sulla mia anima fino al giorno in cui sono morto.”
“Abbiamo preso le nostre decisioni e abbiamo deciso di vivere perseguendole. Lei ha preso la sua decisione per il bene del Villaggio, io la mia, non la biasimo di alcunché.”
Sasuke ascoltava in silenzio.
Raggiunsero il covo di Kabuto.
“Jugo, Suigetsu, controllate il perimetro.”, ordinò Sasuke.
“Ricevuto.”
I due si allontanarono.
Sasuke, Itachi e Hiruzen entrarono nel covo.
“Speravo di aver posto fine alla follia di Orochimaru una volta per tutte.”, disse l’Hokage.
“Anche io pensavo di averlo ucciso.”, ammise Sasuke.
“Contento di essere con gli unici due in grado di sconfiggerlo, allora.”, sorrise Itachi per sollevare il morale ad entrambi.
Si addentrarono nel covo di Kabuto, sconfissero una cinquantina di Zetsu e si inoltrarono nelle profondità della terra.
Udirono un lamento provenire da dietro a una delle porte, la aprirono, furono accolti da altri venti Zetsu che eliminarono rapidamente, stavano facendo la guardia a qualcosa, continuarono ad avanzare per altri cento metri, svoltarono l’angolo e furono in un laboratorio.
“Ma quello è?!”, Itachi accorse per liberare l’uomo prigioniero.
Itachi liberò Yamato dai tubi che lo tenevano imprigionato, si assicurò che fosse ancora vivo, lo adagiò su un piano per farlo riposare.
“Lo conosci?”, domandò Sasuke.
“Era nella squadra Anbu con me sotto il comando di Kakashi.”, raccontò Itachi.
“Tu e Kakashi avete combattuto insieme?”
“Sì, era il mio caposquadra, mi ha insegnato molto. Quando ho scoperto che era il tuo maestro non ho potuto che pensare che fosse l’unico in grado di allenarti.”
Yamato tossì, aprì lentamente gli occhi.
“Dove sono?”, domandò con voce debole e fioca.
“Tenzo!”, chiamò Hiruzen.
“Lord… Terzo?!”, lo stupore di Yamato era tanto, ma le energie per dimostrarlo mancavano. Vide gli occhi della rianimazione e temette che fosse dalla parte del nemico, ma quando iniziò a prendersi cura delle sue ferite capì che era successo altro da quando era stato rapito.
Sasuke lo informò sulla guerra.
“Devo aiutarli.”
“Riposa.”, gli disse Itachi costringendolo a restare giù.
“Tu? Sei morto?”
“Sì.”
“Che cosa sta succedendo…”, Yamato sentiva la testa che gli vorticava, doveva processare molte più informazioni del previsto. Decise di riposare.
“Voi andate avanti.”, disse Hiruzen.
Sasuke e Itachi annuirono prima di allontanarsi rapidamente.

Si fecero largo tra un centinaio di Zetsu e finalmente raggiunsero Kabuto che muoveva le sue pedine, al suo fianco c’era Orochimaru, il cadavere di Anko era ridotto ad uno scheletro, Orochimaru aveva risucchiato da lei tutto il suo chakra. La donna non aveva avuto speranze.
“Non credevo qualcuno potesse liberarsi dalla mia tecnica.”, ammise Kabuto volgendo le sue attenzioni ai due fratelli.
“Sasuke…”, Orochimaru si leccò le labbra. “Io e te abbiamo qualcosa in sospeso.”
“No, ti sbagli. Ti ho ucciso. Devo solo rifarlo.”
Kabuto e Orochimaru furono fianco a fianco.
“Mi raccomando, Sasuke, affidati al tuo istinto.”
Sasuke annuì.
Era orgoglioso di poter combattere al fianco del fratello, anche se non se ne sentiva degno. Percepì un calore farsi strada in lui e invadere il suo cuore. Quella doveva essere la volontà del Fuoco di cui gli aveva parlato il primo Hokage, quel sentimento di fratellanza doveva essere ciò che gli aveva descritto Tobirama.  
“Andiamo, Sasuke!”
Itachi partì all’attacco.

Kabuto bloccò Itachi, Sasuke corse per aiutarlo rendendosi indifeso all’attacco di Orochimaru. Prima che il Sannin potesse ferire il giovane, però, dei blocchi di legno lo scaraventarono al suolo.
Yamato strinse il pugno e il legno cercò Orochimaru come un lupo affamato intenzionato ad azzannare la propria preda.
“Tu!”, riconobbe Orochimaru prima di scoppiare in una fragorosa risata. “Un mio esperimento e il mio maestro insieme… questa è bella.”
“Orochimaru, porrò fine una volta per tutte al mio errore.”, annunciò il terzo Hokage.
“Mi hai rubato tutto.”, disse Yamato a denti stretti percependo le emozioni che aveva sepolto da tempo riaffiorare tutte in una volta. Gli anni di allenamento ebbero la meglio sugli impulsi, il Jonin fece un respiro profondo e si preparò al combattimento, un combattimento che aveva atteso da anni.
“Sarà un onore combattere al suo fianco, Lord Terzo.”, disse.

Kabuto fu trafitto dalle lame del Susanoo di Itachi e di Sasuke.
Yamato imprigionò Orochimaru in una gabbia concentrando tutto il suo chakra.
Hiruzen creò quattro copie di se stesso.

ARIETE-LEPRE-CANE
SERPENTE-CINGHIALE-SCIMMIA
CANE-CAVALLO-SERPENTE
CAVALLO-CINGHIALE-UCCELLO
Orochimaru fu annientato, del suo corpo non restò nulla. Nemmeno un ninja leggendario sarebbe potuto sopravvivere alla devastazione di quella tecnica combinata.
L’Edo Tensei fu sciolto.
 

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Capitolo 13
*** L'araldo di Madara ***


Le forze portanti controllate da Tobi si scontrarono contro Naruto, Killer Bee, il Team 10, il Team 8, il Team Gai e il Team Kakashi e furono sconfitte, ma prima di poter definitivamente trovare pace nella morte dovettero sconfiggere anche le versioni di loro stessi che avevano risucchiato parte del chakra divino di cui Tobi era portatore e che non aveva ancora liberato. Yugito, Yagura, Roushi, Fuu, Utakata e Han lottarono strenuamente contro la versione malvagia di loro stessi. Una volta ottenuta la vittoria poterono finalmente rivelare i nomi dei cercoteri a Naruto e affidargli il futuro.
Tobi era riuscito ad ottenere ugualmente il loro chakra, quanto bastava per portare a compimento il piano di Madara una volta che fosse giunto.
“Non puoi ancora riposarti.”, ammonì Kurama.
“Lo so.”, rispose Naruto, deciso.
Tobi si ergeva contro di loro. Sharingan e Rinnegan in un’unica persona.
Naruto e Killer Bee unirono le forze per cercare di scalfirlo, ma i loro tentativi furono inutili. Kakashi e Gai si unirono allo scontro mentre gli altri shinobi furono ingaggiati da una nuova ondata di Zetsu.
Kakashi sfruttava la sua capacità analitica per condurre gli attacchi di Gai e delle due forze portanti. C’era qualcosa che lo faceva sentire profondamente a disagio mentre combatteva contro Tobi, alcune delle sue movenze gli erano familiari, come se le avesse già viste prima e, ancora peggio, come se le avesse sperimentate sulla propria pelle.
“Ho un piano.”, disse a Naruto.
Tobi doveva tergiversare in attesa di Madara che, nutrendosi dall’albero divino, stava pian piano riacquisendo le forze, presto si sarebbe potuto unire alla battaglia ed evocare Kaguya. Al fronte si combatteva ancora disperatamente.

Sasuke e gli altri uscirono dal covo di Kabuto e furono assaliti da truppe di samurai supportate dagli Anbu. Quando videro che Yamato era al sicuro, obiettivo della loro missione, abbassarono le armi e riportarono le ultime notizie dal campo di battaglia.

Kakashi mise in atto il suo piano e quando vide comparire Tobi nella dimensione del suo Mangekyo Sharingan una lacrima gli solcò la guancia. Non voleva credere a ciò che stava accadendo, non voleva fosse vero.
Ma la realtà non avrebbe dato retta ai suoi desideri.
Entrambi tornarono nella dimensione normale, la maschera di Tobi era spaccata a metà, cadde rivelando il suo volto.
Gai sbiancò e guardò Kakashi.
“Obito?!”

Obito raccontò la sua storia e trascinò Kakashi nella dimensione dello Sharingan.
“Oggi finirà, in un modo o nell’altro.”, esordì Obito.
“Non sarebbe mai dovuta finire così, dovevamo morire insieme sotto quel masso.”
“Questi piagnistei non risolveranno niente. Mostrami ciò che sai fare, Kakashi dello Sharingan. Anche alle mie orecchie è giunta la fama delle tue uccisioni, della tua spietatezza, intendo verificare l’oscurità del tuo cuore.”
“Mi dispiace per tutto ciò che ti è successo. Non posso lasciarti distruggere questo mondo, non posso permetterti di mettere in pericolo la pace e ciò che gli shinobi stanno costruendo.”
“La vostra pace è provvisoria. Esiste perché io esisto, vi siete uniti soltanto per evitare la catastrofe. La vostra pace crollerà come gli ideali di un uomo morente disposto a divorare le carni dei propri figli pur di sopravvivere. Non esiste pace in questo mondo, Kakashi, tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro.”
“L’Obito che conoscevo non avrebbe mai ceduto, non si sarebbe arreso nemmeno se il mondo gli avesse voltato le spalle.”
“Quell’Obito è finalmente cresciuto e ha realizzato ciò che è necessario fare per ottenere la vera pace. Il piano di Madara non sarà perfetto, ma metterà le fondamenta per un mondo in cui tutto lo schifo che abbiamo dovuto sopportare non esisterà più.”
“Non vedremo quel mondo di pace, saremo già morti.”
“Tu morirai ora, non vedrai nemmeno la fine di questa guerra.”
“Non voglio combattere contro di te. So che le parole di Naruto ti hanno scosso. So che ti sei rivisto in lui. Rin non avrebbe mai voluto questo per te, non avrebbe mai voluto questo per noi.”
“Rin, il maestro Minato, tuo padre, tutte le persone a cui tieni muoiono, Kakashi, questo è il destino di uno shinobi, questo è il fato a cui è condannato questo mondo. Come puoi non comprendere che chinando il capo a Kaguya saremo finalmente liberi da questa ruota karmica di sofferenza e morte?”
“La tua è follia, il sangue chiamerà altro sangue. La schiavitù non è pace. Non ho mai smesso di combattere e lottare soltanto grazie al tuo esempio, lo Sharingan che mi hai donato è fonte di un potere immenso. Ho plasmato il mio futuro grazie a questo occhio, grazie a te! Ho difeso il Villaggio, ho difeso le persone che avevo a cuore soltanto grazie al tuo sacrificio. La via della pace è lunga, impervia e tortuosa, la meta sembra irraggiungibile. Forse è un’utopia, ma come ogni utopia vale la pena lottare per essa.”
“Non mi accontento più di una stupida utopia, Kakashi, io sono qui per plasmare una nuova realtà, con o senza il vostro consenso. Presto avrò il potere di un dio, l’opinione dei mortali non mi riguarda.”
“Non avrai nessun potere…
Capisco che non posso convincerti.
Intendo proteggere la memoria di Obito, del mio migliore amico morto con il sogno di diventare Hokage.
Non posso più salvarti.
Posso solo donarti la morte.”
“Così sia.”

Kakashi abbracciò Obito mentre il chakra dalla mano scompariva e il sangue gli imbrattava l’avambraccio. Una lacrima scorse sul viso del Jonin della Foglia mentre accompagnava al suolo il corpo.
“Mi dispiace.”, disse con rammarico.
Con le ultime forze Obito cercò di afferrarlo, ma Kakashi si allontanò rapidamente. Era stremato e senza chakra, non si reggeva in piedi.
Obito cominciò a contorcersi per il dolore, un chakra oscuro lo avvolse come vimini, Obito urlava disperatamente, Kakashi vide il chakra assumere dimensioni umane, cercava di strangolare Obito.
Il Jonin, facendo appello alle sue ultime forze, si rialzò.

BUE SCIMMIA LEPRE RATTO CINGHIALE UCCELLO BUE CAVALLO UCCELLO RATTO CANE TIGRE SERPENTE TIGRE BUE ARIETE SERPENTE CINGHIALE ARIETE RATTO SCIMMIA UCCELLO DRAGO CAVALLO BUE ARIETE SERPENTE TIGRE RATTO SCIMMIA CINGHIALE DRAGO ARIETE RATTO BUE SCIMMIA UCCELLO RATTO ARIETE

Un drago d’acqua si scagliò contro l’ombra che si allontanò, Kakashi ne approfittò per afferrare i piedi di Obito e tirare. Il chakra malvagio assunse l’aspetto di un Obito diverso, simile all’Eremita delle Sei Vie, ma in una forma incompleta, impura. Kakashi abbracciò Obito e fu in grado di strapparlo al chakra malvagio che, dopo aver sprigionato un’immensa energia che fece vacillare la dimensione del Mangekyo Sharingan, completò la sua trasformazione.
“Questo è sempre stato lo scopo di Madara, Obito, farti assumere il chakra dei cercoteri e creare questo schiavo al suo servizio.”
“Il chakra dei cercoteri dà vita ad un chakra divino, quello che hai davanti è un Obito con i poteri di un dio del clan Otsutsuki. Agisce di propria volontà per riportare in vita Kaguya.”
Obito delle Sei Vie aveva una lesione nel punto in cui Kakashi aveva ferito in combattimento la sua controparte umana. La morte aveva permesso al chakra di prendere il controllo, se Kakashi non fosse intervenuto per recuperare il corpo di Obito, il chakra divino lo avrebbe consumato. Obito era ferito e privo di forze.
“Dobbiamo fermarlo.”
“Torniamo indietro.”
Obito delle Sei Vie, però, li anticipò, avendo ancora lo Sharingan tornò nel mondo reale. Kakashi e Obito lo seguirono.

Obito delle Sei Vie e Madara, che stava decimando l’esercito dell’Alleanza ninja con le sue sole forze, evocarono il Dieci Code.
Naruto, Killer Bee e Gai videro Kakashi e Obito comparire al loro fianco.
“Naruto, dai il tuo chakra a Kakashi.”, disse Gai, Naruto strinse la mano del maestro.
“Grazie, Naruto.”
Obito guardava il giovane.
“Non c’è bisogno che tu dica niente.”, Naruto aveva gli occhi fissi sulla mano di Kakashi. “Ho sempre saputo che eri uno dei buoni. Ti raccontavi una bugia per fuggire al dolore del passato, ai tuoi ricordi e per impedire che i tuoi sogni cercassero ancora una volta di avere la meglio sulla tua disperazione. Sono contento che il maestro Kakashi sia stato in grado di sconfiggerti e di farti cambiare idea.”
Kakashi guardò Obito.
“Il mio scopo era porre fine alla sua follia, in un modo o nell’altro.”, rispose Kakashi.
Sakura li raggiunse. Gai le si avvicinò.
“Cura Obito.”
“Ma…”
“Ti prego, Sakura.”, aggiunse Kakashi.
“V-va bene…”
Sakura si piegò sull’uomo ferito e iniziò la sua medicazione.
Il Dieci Code si stava avvicinando minacciosamente.
Killer Bee fece un respiro profondo.
“Vi farò guadagnare qualche minuto.”, disse deciso.
“Cosa?! Da solo non hai speranza.”, controbatté Gai.
“Avete bisogno di un po’ di tempo per riorganizzarvi. Tornerò, vincerò, a pezzettini lo farò! Yeah!”
Sollevò il pugno verso Naruto.
“È tutto nelle tue mani.”, disse Bee al giovane.
Naruto congiunse il suo pugno a quello del mentore che sorrise.
Killer Bee corse in direzione del Dieci Code.
“Maledizione!”, Naruto strinse i pugni. Non aveva ancora recuperato abbastanza chakra per poter assumere il controllo di Kurama.
“Con il chakra del Dieci Code sarà possibile evocare Kaguya, Kinshiki e Momoshi. Anche Madara potrà accedere al chakra divino ed ereditare il potere dell’Eremita delle Sei Vie, come accaduto con me.”, spiegò Obito.
“Quando ho ucciso Obito il chakra dei cercoteri in lui ha reagito sovrascrivendo la sua essenza con una di forma divina assumendo le sembianze di una creatura simile a lui nell’aspetto, ma con alcune caratteristiche tipiche con cui le leggende descrivono l’Eremita delle Sei Vie. Questo era il piano di Madara fin dall’inizio.”, spiegò Kakashi.
“Sono stato uno sciocco.”, si rimproverò Obito con un filo di voce.
“Non c’è tempo per i rimpianti.”, lo rassicurò Naruto.
“L’esercito ninja si sta muovendo verso la nostra posizione.”, li informò Sakura.
Gai aveva gli occhi rivolti a dove lo scontro tra Killer Bee e il Dieci Code stava avvenendo.
“Starà bene.”, affermò Naruto con un sorriso.
“Non serve fingere.”, lo tranquillizzò Gai con un’espressione seria sul volto. “Naruto, recupera le energie, molto presto dovremo combattere di nuovo. Il fiore della gioventù non si spegnerà oggi. Nel tuo cuore covi tante emozioni, positive e negative, devi abbracciare le prime e non fingere che le seconde non esistano.”
Le labbra di Naruto persero il loro sorriso, gli occhi si spensero dalla loro luce.
“Mi sento responsabile.”, ammise.
“Ci hai salvati, Naruto.”, obiettò Sakura.
“Non è mai abbastanza.”
“Naruto.”, Obito, con gambe tremanti, si alzò. “Non commettere il mio errore. Proteggere tutti è un’utopia…”
Naruto guardò con fare interrogativo Sakura.
“Significa un mondo irrealizzabile.”, spiegò la ragazza.
Naruto la ringraziò alzando velocemente un pollice e tornando poi a concentrarsi su Obito che, un po’ confuso, riprese.
“Ma come ogni utopia vale la pena essere difesa. Devi lottare affinché la realtà sia sempre più simile a quell’utopia. Il tuo obiettivo non è raggiungerla, il tuo obiettivo è lasciare questa terra sapendo che hai compiuto almeno un passo verso di essa. Un’utopia è possibile solo nel mondo dei sogni.”
Naruto chinò il capo.
“Hai ragione. Piangerò i morti quando me ne sarà data la possibilità.”
“Non possiamo fare altrimenti.”, aggiunse Kakashi, rinvigorito.
Un’esplosione in lontananza scosse la Terra.
“Killer Bee!”

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Capitolo 14
*** La morte del rapper ***


“La vedo male, Gyuki.”, ammise Killer Bee con l’Ottocoda.
“Non stiamo nemmeno affrontando un nemico qualsiasi, Bee, diciamo che ce la siamo cavata piuttosto bene.”
“Già, abbiamo fatto guadagnare un po’ di tempo agli altri, giusto?”
“Sì.”
“Sto… sto morendo?”
“Temo di sì, Bee.”
“Ci ha proprio fregati con quell’ultimo attacco.”
“Chiunque altro avrebbe fallito, noi siamo riusciti nel nostro intento. Quando hai salutato Naruto sapevi che sarebbe stato un viaggio di sola andata.”
“Non sono tanto arrogante da pensare di poter sconfiggere il Dieci Code da solo. Forse sarebbe stato meglio sopravvivere e aiutarli nell’ultima battaglia.”
“Se non avessimo fermato ora il Dieci Code, non ci sarebbe stata nessuna ultima battaglia. Naruto era senza chakra e non poteva controllare Kurama, Kakashi era ridotto uno straccio. Per quanto potente, Gai non potrebbe abbattere da solo un tale mostro.”
“Su quest’ultima cosa avrei da ridire.”
Bee e Gyuki risero.
Il corpo di Bee era nel terreno, il busto diviso dal resto del corpo, la faccia in poltiglia.
“Non ho potuto fare l’ultimo concerto.”
“Meglio così.”
“Devi ammettere che, nonostante tutto, la mia musica ti piace.”
“Hai i tuoi momenti, ma non oserei addirittura dire che mi piace.”
“Ehi Gyuki… la morte fa paura?”
“Non sei solo, Bee, resto io con te fino alla fine.”
“Cosa ne sarà di te?”
“Temo…”
“Sarai risucchiato come gli altri.”
“Sì.”
“L’ho fatta grossa stavolta. Ay non me la perdonerà.”
Una lacrima rigò la guancia di Bee.
“Non sono uscito nemmeno una volta con Mabui. Avrei voluta portarla in vacanza al Villaggio della Foglia per farle conoscere Naruto quando sarebbe diventato Hokage. Avrei… avrei voluto accompagnare Naruto all’altare. Anche se forse quel ruolo spetta a quel Chunin, il suo maestro… mi sfugge il nome.”
“Le altre forze portanti ti aspettano.”
“Mi dispiace, Ay, come fratello hai dovuto avere me. Adesso il doppio Lariat non sarà più possibile.”
“Ehi Bee… va tutto bene.”, Gyuki avvolse con le sue code il corpo della forza portante.
L’oscurità calò su Bee.
Quel buio lo rassicurava.
“Grazie, amico mio.”, rispose lo shinobi rapper.
“Sono qui per te.”
Le code cominciarono a stringersi.
“Spero Naruto riesca a vincere questa guerra.”
“Lo farà grazie al tuo sacrificio.”
“Posso dire, quindi, che il mio ultimo concerto è stato strafico?”
“Assolutamente sì.”
Killer Bee morì.

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Capitolo 15
*** La fine della rivalità eterna ***


Madara e Obito delle sei Vie avevano iniziato il rito di evocazione del clan Otsutsuki, ma avevano bisogno di tempo per portarlo a termine. Il Dieci Code serviva per guadagnare quei minuti necessari affinché nessuno lo interrompesse.
Kakashi, Naruto, Sakura, Gai e Obito videro il Dieci Code farsi sempre più vicino. Naruto non aveva ancora assunto nuovamente il controllo di Kurama.
Kakashi, Gai e Obito, superarono i due giovani.
“Naruto, raggiungi il resto dell’Alleanza ninja.”, gli disse Kakashi.
“Noi lo fermiamo.”, aggiunse Gai voltandosi e sfoderando il suo sorriso scintillante.
Naruto si morse il labbro fino a farlo sanguinare.
Non aveva energie, aveva bisogno di ancora qualche minuto, Sakura anche era esausta. Naruto digrignò i denti e si maledisse. Vide le spalle dei Jonin che stavano mettendo a repentaglio la loro vita per lui. Loro avrebbero meritato di diventare Hokage.
Il maestro Kakashi aveva gli occhi fissi sul Dieci Code all’orizzonte, Naruto era sicuro che aveva già pianificato almeno una decina di strategie diverse.
Chissà come deve sentirsi a combattere nuovamente con Obito, il suo vecchio amico. Ha con sé Obito e Gai, gli unici amici che abbia mai avuto. Grazie, maestro Kakashi, non dimenticherò i tuoi insegnamenti. Grazie, maestro Gai, ogni volta che mi allenavo pensavo al tuo entusiasmo. Sei l’unico in grado di essere amico del maestro Kakashi.
Il Dieci Code era a cinquecento metri da loro. La sua imponente stazza incuteva terrore.
“Sakura, Naruto, ritiratevi.”, ordinò Kakashi.
“No!”, Naruto fece qualche passo in avanti, ma fu fermato da Sakura che con occhi pieni di lacrime aveva valutato la situazione e sapeva che non avrebbero potuto essere di nessun aiuto. Le pupille di Naruto diventarono lucide. “Prima Bee, ora voi. Basta!”
“Naruto!”, Obito prese la parola. “Lascia che le persone compiano il proprio dovere e raggiungano l’ambizione delle loro vite. Kakashi e Gai vogliono dare la vita per proteggere i loro pupilli. Questo è il loro credo ninja, fai in modo che possano seguirlo, come tu intendi perseverare con il tuo.”

“Pensate davvero di poterci fermare?”, gridò Madara. “Morirete come la Forza portante!”

“Naruto, vai!”, gridò Kakashi. “Sakura, prenditi cura di lui.”
Kakashi, Gai e Obito decisero.
I loro corpi non si mossero, non obbedivano dalla loro volontà, una cortina fumogena si sollevò tutto attorno a loro.
“Abbiamo ancora bisogno di voi.”
“Shikamaru!”, Naruto si voltò verso l’amico e vide che non era solo.
Gli shinobi del clan Nara lasciarono andare i Jonin che avevano intrappolato con la tecnica del controllo dell’ombra per impedirgli di sacrificarsi.
L’intera alleanza ninja si era radunata per porre fine una volta per tutte a quello scontro.
“I Kage sono in arrivo.”, informò gli altri Shikamaru.
Naruto riprese il controllo del suo respiro, il cuore batté regolarmente. Gli shinobi delle cinque nazioni si erano riuniti e, per la prima volta nella Storia, avrebbero combattuto fianco a fianco.
“Ascoltatemi tutti.”, la voce di Shukaku Nara risuonò nelle menti di tutti. Inoichi Yamanaka stringeva i denti.
“Sarà per la prossima volta.”, disse Gai a Kakashi.
“Cosa?”
“Volevo contare il numero di colpi che riuscivo ad infliggere al Dieci Code e poi confrontarmi con te.”
“Quando questa guerra sarà finita riprenderemo la nostra rivalità.”, Kakashi sorrise.
“Non penso sarà possibile, Kakashi.”
“A cosa ti riferisci?”
“Tu sarai Hokage e io sarò fiero di poter dire che l’Hokage fu il mio eterno rivale.”

Naruto era alla testa degli shinobi, fiero, sfidava con lo sguardo Madara.
“Non potrete fermarmi.”
“La potenza degli shinobi uniti non è mai stata sperimentata da nessuno. Tu sarai il primo a capire cosa significhi.”
“Vediamo.”
Il Dieci Code attaccò.
La strategia messa in atto da Shukaku Nara che vide coinvolti tutti gli shinobi dell’Alleanza fu in grado di ferire il Dieci Code. Dovevano dare il colpo finale, già pianificato da Nara, quando il Dieci Code sparò una teriosfera in un punto indistinto.
Shukaku capì.
“Inoichi, mettimi in comunicazione con Shikamaru, e anche tu con Ino. Gli shinobi sanno cosa fare, il piano andrà avanti anche dopo la nostra morte.”
“Sì. È stato un onore essere al tuo fianco, Shukaku.”
“Anche per me.”
Il quartier generale dell’Alleanza fu disintegrato.
Gli shinobi portarono a termine il piano.
Il Dieci Code fu distrutto, dall’esplosione che ne scaturì fu generato un esercito di mostri che si avventò sugli shinobi dell’alleanza i quali non ebbero il tempo di festeggiare la distruzione del terribile nemico.
Madara e Obito delle Sei Vie furono costretti momentaneamente alla fuga.
Shukaku e Inoichi comparvero nelle menti di Shikamaru e Ino.

Ino scoppiò in lacrime.
“Figlia mia, mi dispiace non poter vedere la fine di questa guerra con te, ma sappi che il mio cuore cova la certezza che verranno tempi di pace in cui potrete diventare adulti consapevoli e attenti, gentili e premurosi. La vostra generazione non commetterà i nostri errori. Vivi felice, ama e saluta la mamma per me.”
“Shikamaru, il piano dovrebbe avere avuto successo, comunque ora prendi tu le redini dell’alleanza ninja. Ah… prima che mi dimentichi… c’è un…”
“Lo so già, papà, ci penso io.”
“Chiedi scusa alla mamma, sarà incazzata nera, spiegale che non ho avuto altra scelta. Sei in gamba, Shikamaru, non sprecare la tua intelligenza. Saluterò Asuma da parte tua.”
“Salutateci Choza.”, aggiunse Inoichi.
“Sì, si sentirà in colpa e molto solo, non abbandonatelo.”
I due giovani annuirono.
Gli spiriti di Inoichi e Shukaku si allontanarono dai figli.
Choza capì che i suoi due migliori amici erano morti. Una lacrima gli rigò il viso, ma un mostro del Dieci Code lo assalì, non poteva distrarsi, non doveva. I figli di Shukaku e Inoichi, ora, diventavano parte della sua famiglia, li avrebbe protetti come fossero suoi figli.
Choji affiancò i compagni di squadra e li consolò.
Sai li difese dalle ondate di mostri in arrivo.
“Dobbiamo arrivare a Madara.”, disse Kakashi.
“Tra noi e loro c’è un esercito di quei cosi.”, rispose Gai abbattendone un gruppo.
Kakashi si guardò attorno. L’alleanza shinobi era dispersa, la vittoria contro il Dieci Code aveva rianimato gli spiriti e dato nuove energie ai ninja, ma la battaglia era lontana dall’essere finita. Dovevano sfondare nelle linee nemiche e raggiungere Madara e Obito delle Sei Vie.
I due si erano ritirati sotto l’albero del Chakra, nato dalla statua Gedo, da cui sarebbe risorta Kaguya insieme al suo clan.
Tutti avevano ingaggiato battaglia contro quel nuovo esercito a cui si affiancarono gli Zetsu bianchi rimasti in vita.
Kakashi uccise uno di quegli esseri, aiutò Obito a distruggerne altri, individuò Shikamaru tra gli shinobi, vide che stava piangendo, fece un respiro profondo, sapeva cosa significava perdere un padre, ma non c’era tempo. Si avvicinò rapidamente, Obito e Gai furono la sua scorta.
“Maestro Kakashi?”, chiamò Ino.
“Shikamaru, ho bisogno di te.”
“Sì… sì…”, il giovane si asciugò gli occhi rossi. “Cosa vuoi che faccia?”
“Ino, collegati con Shikamaru. Dobbiamo raggiungere l’Albero.”
“Ricevuto.”
Ino si sedette e chiuse gli occhi.
“Grazie.”, disse Kakashi andandosene, sapendo di poter lasciare il resto a Shikamaru.
Naruto e le sue copie si occuparono di Zetsu e i mostri del Dieci Code.
“Sakura, stai bene?”, domandò quando vide la ragazza distruggere nel palmo della sua mano la testa di uno dei mostri.
“Sì.”
Hinata era a cento metri da loro.
“Devo sfondare.”, disse Naruto. “Devo raggiungere Madara.”
“Dobbiamo, Naruto, dobbiamo, insieme.”, lo corresse la shinobi.
“Hai ragione, scusa.”
Un’altra ondata di nemici li distolse dai loro pensieri.

Il frutto dell’Albero si crepò.

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Capitolo 16
*** Team 7 ***


Un vento scosse il campo di battaglia. Naruto abbattette un nemico con un Rasengan, poi annusò l’aria. Tra gli shinobi calò un silenzio surreale, soltanto il clangore delle lame accompagnava i sospiri dei morenti.
Hinata e Sakura si trovarono schiena contro schiena per opporsi all’avanzata inarrestabile dei mostri del Dieci Code.
Un lampo giallo nel cielo.
Chakra elettrico distrusse i nemici che circondavano Sakura, Hinata e Naruto. Un profilo conosciuto si fermò a pochi metri da loro stringendo una spada.
“Sasuke…”
Le emozioni assalirono Sakura lasciandola senza fiato.
I nemici si accalcarono nuovamente. Le radici dalla profondità della terra emersero stritolandoli, un’onda d’acqua si abbatté su di loro, della cenere infuocata li riducesse in polvere.
“Terzo Hokage?”, Kakashi e Gai dissero insieme.
Gli shinobi sul campo di battaglia si voltarono per assistere a quello spettacolo surreale mentre un lampo giallo si aggirava tra di loro abbattendo ogni nemico in un battito di ciglia.
“Cosa restate a guardare? Non battete la fiacca!”, Ay, il Raikage, fece la sua comparsa sul campo di battaglia. Riconobbe quel lampo giallo. “Non sarò da meno, Lampo giallo della Foglia!”, gridò.
Seminò distruzione sul campo di battaglia.
Un Zetsu bianco era in procinto di ferire Kakashi, ma un pezzo di legno gli si conficcò nel cranio.
“Per un pelo!”, disse Yamato riunendosi al Jonin.
“Tenzo! È un piacere vederti qui.”
“Il piacere è mio. Finalmente posso contribuire a questa guerra. Mentre ero connesso all’albero e potenziavo gli Zetsu ogni tanto riuscivo a vedere attraverso i loro occhi. È stato terribile.”
“Come sei riuscito a fuggire?”
“Itachi, Sasuke e il Terzo Hokage mi hanno salvato.”
Il silenzio di Kakashi fu eloquente.
“Sasuke ha una luce diversa negli occhi. Lui e Itachi hanno ucciso Kabuto annullando l’Edo Tensei. Lord Terzo ed io abbiamo sconfitto Orochimaru. Anko è morta.”
Gai strinse i pugni e digrignò i denti.
“Abbiamo perso una valida compagna.”, furono le parole di addio di Kakashi.
“Sasuke ha riportato in vita gli Hokage per dare una mano all’alleanza shinobi. Ha rianimato lui il secondo e lo ha convinto a resuscitare il fratello, il terzo e il quarto.”
“Il maestro Minato è qui?”, domandò Kakashi senza nascondere l’emozione.
Obito aveva udito quella conversazione, provò una vergogna atavica.
“Sì.”
“Itachi?”
“Con la dissoluzione dell’Edo Tensei è scomparso.”
Kakashi annuì ripensando agli anni che aveva passato con Itachi.
Ho sempre pensato di essermi sbagliato su di lui quando ha distrutto il clan. Invece ha sempre protetto il Villaggio. Grazie, Itachi.
“Il tuo pupillo.”, continuò Yamato. “Ha un peso sul cuore non indifferente. Prima di venire qui abbiamo salvato dal Villaggio della Foglia una sua compagna tenuta prigioniera.”
Kakashi ricordò Karin.
“Sai le sue intenzioni?”
“Al momento sembra nostro alleato.”
“Avrò bisogno del tuo aiuto nel caso in cui tenti nuovamente di tradire la Foglia. Naruto non sarà in grado di fermarlo.”
“Kakashi!”, chiamò Gai. “Ci penseremo se sarà necessario. Confido che la gioventù di Sasuke arda ancora con coraggio e che abbia finalmente deciso di volgere al servizio del bene la fiamma del suo cuore.”
Kakashi ammirò l’ottimismo di Gai, si scambiò un’occhiata con Yamato, per i due ex Anbu non c’era bisogno di altre parole.
“I Kage sono in arrivo, la ragazza con Sasuke li ha percepiti.”, aggiunse Tenzo.
Gai si entusiasmò.
“Basta parlare! Andiamo anche noi nella mischia!”

“Nonno?”
“Tsuna!”
Il primo Hokage e la nipote, il quinto Hokage, si incontrarono sul campo di battaglia.
“Cosa sta succedendo?”, domandò Tsunade. “È stato Orochimaru?”
“No, Sasuke Uchiha. Orochimaru è morto.”
La notizia colpì Tsunade più di quanto si sarebbe aspettata.
Dei tre leggendari Sannin era l’unica rimasta.
Si morse il labbro.
“Sasuke Uchiha è nostro alleato?”
“A quanto pare sì. Ho avuto una lunga chiacchierata con il giovane, mi ricorda molto Tobirama: entrambi sono freddi e calcolatori. Sasuke ha l’animo tormentato come ogni Uchiha. Ma ci penseremo dopo. Mi hanno detto che Madara è tornato in vita.”
“Sì, dobbiamo fermarlo.”
“Lo faremo insieme.”
Hashirama sorrise alla nipote e la ricordò quando era appena uno scricciolo. Vederla con il corpo ricoperto di ferite e con la determinazione dell’Hokage lo rese orgoglioso. Vide gli shinobi del Villaggio della Foglia che si riunivano attorno alla sua figura e che alla sola vista della donna si rianimavano e recuperavano il coraggio perso.
Sei fortissima, Tsuna, essere Hokage significa proprio questo: essere un simbolo di speranza.

Onoki si riunì al figlio e alla nipote.
“Riposati, papà, combatterai contro Madara, noi ti facciamo strada.”, disse Kitsuchi.
“Gliela facciamo vedere, nonno, poi tu darai il colpo di grazia!”, Kurotsuchi sorrise.
“Va bene! Va bene! Ma adesso la schiena mi sta uccidendo, fatemi sedere un po’.”

Il Kazekage e i fratelli discesero dalla nuvola di sabbia che li aveva accompagnati. Gli shinobi della Sabbia si fecero loro incontro eliminando ogni nemico nella zona, la sabbia di Gaara si occupò di coloro che i suoi ninja non avevano eliminato.
Temari, non appena giunta, iniziò a dare ordini alle truppe. La freddezza della shinobi rassicurò i veterani.
Gaara individuò Naruto.

La lava di Mei protesse gli shinobi sopraffatti dai nemici, Chojuro era al suo fianco.
I Kage si erano uniti alla battaglia.
Un grido di gioia si levò dagli shinobi.

“È opera tua?”, domandò Naruto.
Sasuke annuì.
“Itachi?”
“Con la morte di Kabuto anche lui è scomparso.”
Sakura leggeva qualcosa di diverso in Sasuke. Nel suo sguardo. Qualcosa era cambiato. Pensò fosse la morte definitiva di Itachi.
“Io so la verità.”, disse Naruto. “Su Itachi.”
Sasuke non si mosse.
Sakura guardava prima l’uno poi l’altro.
Esclusa.
“Itachi distrusse il clan per ordine degli anziani del Villaggio, Danzo e del Terzo Hokage.”, riassunse Sasuke per la ragazza.
“E quali sono le tue intenzioni?”, Sakura strinse i pugni, pronta a combattere.
“Voglio fermare Madara. Era ciò che Itachi avrebbe voluto.”
“E dopo?”, incalzò la ragazza con voce tremante.
Sasuke la guardò negli occhi.
“Dobbiamo raggiungere Madara.”
“Sì.”, Naruto affiancò Sasuke.
“Buona fortuna!”, disse Hinata.
Naruto le sorrise sciogliendole il cuore.
“Non resterò indietro.”, Sakura, stufa di vedere la schiena dei due amici, si affiancò a loro.
“Team 7, andiamo!”
Dopo tanto tempo Naruto si sentì finalmente felice.

CINGHIALE CANE UCCELLO SCIMMIA ARIETE

“Tecnica del richiamo!”

“Kakashi!”, Gai attirò l’attenzione dell’amico.
Il Jonin vide la sua squadra riunita che caricava l’esercito del Dieci Code attraversandolo come se fosse un coltello caldo nel burro.
Ragazzi… siate prudenti.
“Obito, Kakashi?”
“Maestro Minato!”, Kakashi si voltò verso l’Hokage.
Obito si allontanò per combattere contro alcuni Zetsu bianchi in arrivo. Minato lo vide, si teletrasportò vicino a lui e lo aiutò a combattere.
“Eri tu l’araldo di Madara che attaccò il Villaggio con il Nove Code.”, disse.
“Temo di sì.”
“Ti perdono. Avrei dovuto riconoscerti, avrei dovuto capire che eri tu. Mi dispiace, Obito.”
“La prego, maestro, non deve avere pietà di me, non deve avere compassione. Ho messo in pericolo tutto, ho percorso la strada da cui Rin mi teneva continuamente lontano. Non c’è nessun altro colpevole se non io. Intendo rimediare ai miei errori.”
Kakashi si unì a loro nella battaglia.
“La squadra Minato è riunita per un’ultima missione.”, affermò il quarto Hokage.
“Dobbiamo sconfiggere l’Obito delle Sei Vie.”, disse Kakashi.
“Lo faremo. Naruto, Sasuke e Sakura stanno aprendo la via all’esercito.”, spiegò il Copy Ninja.
“Li hai cresciuti bene, Kakashi.”
“Ho commesso innumerevoli errori. Sono loro che hanno salvato me, non il contrario.”
Minato annuì.
“Sei stato un ottimo maestro.”
Kakashi non rispose.
Non sono d’accordo.

Aoda, Katsuyu e Gamakichi, rispettivamente di Sasuke, Sakura e Naruto, si fecero strada tra l’esercito nemico.
“Lord Sasuke, è pronto?”, domandò il serpente.
“Aoda, supporta Sakura. Naruto, tu sfonda, ci riuniamo nel centro.”
“Tocca a noi il lavoro pesante.”, Gamakichi sguainò la lama che era appartenuta al padre Gamabunta.
“Andiamo!”, Naruto era entusiasta.
“Katsuyu, per favore, aiutiamoli con l’acido, non facciamo avvicinare nessuno.”
“Certamente!”

Il Team 7, finalmente riunito, fu in grado di seminare distruzione nell’esercito nemico. L’alchimia tra i membri non era variata nonostante gli anni di distanza e i sentimenti contrastanti che avevano covato. Si coprivano le spalle a vicenda come se fosse naturale, era un’unica anima divisa in tre corpi. Gli incauti attacchi di Naruto erano bilanciati dalla freddezza di Sasuke, la rivalità di Sasuke che lo metteva in competizione con Naruto dava da lavorare a Sakura che doveva proteggere entrambi che, troppo spesso, sembravano più impegnati a dimostrare chi fosse il migliore.
Le parole non erano necessarie per comunicare.

“Occupare e fortificare le posizioni conquistate dalla squadra 7!”, comunicò Shikamaru agli shinobi dell’alleanza.

Madara vide i ninja avanzare verso di lui. Il frutto non si era ancora del tutto aperto, Obito delle Sei Vie, come una statua, era al suo fianco.
Madara percepì il chakra del rivale.
“Hashirama!”

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Capitolo 17
*** Lutto in rima ***


“Dov’è Bee?”, domandò Ay a Gaara quando lo vide. Gli shinobi si stavano muovendo sul campo di battaglia.
Minato e il Raikage si incontrarono.
“Chi è stato a riportarti in vita?”, domandò Ay.
“Sasuke Uchiha.”
A quel nome Ay si infuriò.
“E quali sono le sue intenzioni?”
“Aiutare.”
“Ha quasi ucciso mio fratello.”
“Anche mio figlio.”
Distrussero in mezzo secondo una ventina di Zetsu che avevano assalito la loro posizione.
“Vediamo chi è più veloce, Lampo Giallo. Mi domando se la morte non ti abbia reso più lento. Sei pronto per questa gara?”
“Lo sono.”
Minato sorrise prima di scomparire.
Ay continuò a cercare Bee chiedendo in giro.
Vide Kakashi dello Sharingan combattere, gli si avvicinò.
“Raikage.”, Kakashi fece un leggero inchino con il capo.
Gai affiancò l’amico.
“Bee…”, Kakashi guardò Ay negli occhi.
Scosse il capo con profondo rammarico.

Il vuoto inghiottì Ay.
Un brivido lungo la schiena lo fece sentire piccolo e inadatto.
Si allontanò in silenzio, a piccoli passi.
Gli Zetsu e i mostri del Dieci Coda non osavano avvicinarsi.
Il Raikage si nascose dietro un masso.
Si inginocchiò, vinto dal dolore.
Prese a pugni la roccia fino a quando le nocche cominciarono a sanguinare.
Non una lacrima bagnò il suolo.

“Mi dispiace, fratello, non avrei voluto farti questo torto.”
“Perché? Perché hai dovuto fare l’eroe?”
“Non puoi impedire agli spiriti liberi di compiere il proprio destino. Avevano bisogno di me, ho fatto ciò che avresti fatto tu.”
“Non ti ho allenato per essere un eroe, ma per essere la mia spalla, per essere sempre al mio fianco!”
“Lo sarò, fratello, lo sarò.
Il vento soffia/ afferro la cuffia / vieni al mio concerto, bro / non voglio vederti sconcerto / ti voglio bene / ma il destino m’appartiene.”


Il Raikage si mise in piedi.
Ingoiò un boccone amaro.
Il rap del fratello gli risuonava nelle orecchie.
Tornò visibile agli altri.
Fracassò la testa di uno Zetsu con un movimento repentino invisibile all’occhio umano.
“Madara è MIO!”

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Capitolo 18
*** Le Sei Vie ***


Naruto, Sakura e Sasuke furono i primi ad arrivare al cospetto di Obito delle Sei Vie e Madara.
“Sasuke… mi deludi.”, disse.
Il ninja lo assalì. Madara lo respinse con facilità.
“Non puoi sconfiggerlo da solo.”, lo ammonì Naruto. “Attacchiamolo insieme.”
“Siete dei poveri illusi.”
Madara scattò scomparendo da davanti ai loro occhi. Sasuke fu in grado di seguirne i movimenti, ma non era abbastanza veloce per fermarlo. Aveva puntato Sakura.
Una mano fermò quella di Madara e lo respinse con un Rasengan.
“Papà!”, gridò Naruto.
Sakura vide un uomo con i capelli biondi che le rivolgeva un sorriso caldo e affabile. Sakura arrossì.
“Stai bene?”, domandò l’uomo.
“Sì… grazie…”
Naruto si avvicinò.
“Lui è Minato Namizake, quarto Hokage. E mio padre.”, presentò Naruto.
Madara si rivolse a Sasuke.
“Sei tu che hai riportato in vita anche Hashirama.”
“Amaterasu!”
Madara evitò le fiamme nere.
Sasuke fu attaccato da Obito delle Sei Vie.

Gli shinobi avanzavano nel corridoio creato dalla squadra 7.
“Andiamo, andiamo!”, gridò Kiba.
Akamaru abbaiò.
“Avanziamo compatti e con gli altri.”, lo rimproverò Shino.
“Non voglio perdermi lo scontro finale!”
Altri Zetsu e mostri del Dieci Coda comparvero.
“Maledizione!”
“Kiba, Shino!”, richiamò la loro attenzione Hinata. “Non potremmo fare molto contro nemici di quel calibro. Qui possiamo essere utili. Ho il vostro supporto?”
Shino annuì.
“Ah! Maledizione!”
Kiba non avrebbe mai potuto dire di “no” a Hinata.

Choji, Choza e Sai erano le guardie del corpo di Shikamaru e Ino, continuamente attaccati. Shikamaru stava guidando le diverse truppe rinforzando i fianchi scoperti e impedendo che le unità venissero sopraffatte. Con parole precise e perentorie ordinava agli shinobi come muoversi. Le persone riconoscevano nelle sue parole l’esperienza che era appartenuta al padre. Shikamaru era un degno successore di Shukaku. Nessuno mise in dubbio la sua autorità.
Ino sanguinava dal naso, stava consumando tantissimo chakra, ma non c’era stata una sola informazione che non aveva trasmesso ai ninja sul campo. Ogni volta che stava per cedere pensava al padre e agli allenamenti con lui, alle passeggiate e ai giorni passati nel negozio di famiglia.
Una mano gentile le ripulì il sangue e il sudore.
Le difese di Sai contro i sentimenti furono abbattute. 

Rock Lee aveva individuato il maestro Gai e aveva voluto unirsi a lui.
“Non mi sarei perso mai questo scontro, maestro!”, disse urlando con un tono di voce più alto di quanto fosse richiesto per essere udito.
Tenten tagliò la testa di un Zetsu, distrusse le costole di un altro con una mazza chiodata, ogni nemico una nuova arma.
“Maestro Gai, Naruto e gli altri hanno aperto un corridoio, possiamo raggiungerli.”, disse Neji.
Kakashi udì.
“Andiamo.”, disse.
Obito e Yamato andarono con lui.

“Tsunade! Sono contento di vederti in vita.”
“Maestro Sarutobi!”
Allieva e maestro si riunirono.
Tsunade ebbe un brivido lungo la schiena.
“Mancano due persone a questa rimpatriata.”
“Lo so. Ho saputo di Jiraya. La nostra tragedia non deve ripetersi.”, Hiruzen la guardò negli occhi. “Sarà la mia ultima azione come maestro e come Hokage.”
“Sono con lei.”
Hiruzen annuì.
Era contento di poter combattere nuovamente con Tsunade. Non aveva mai pensato di avere tale opportunità.
Ho potuto essere un buon Hokage soltanto grazie al dolore che ho dovuto sperimentare come maestro. Perdonatemi. Jiraya, Orochimaru, Tsunade, non posso rimediare ai miei errori. Ma posso far sì che altri non li commettano.

Gli Hokage del passato e i Kage del presente si mossero verso Madara.
Chojuro vide lo shinobi che conosceva come Kakashi con la spada di Zabuza.
Si avvicinò.
“Lo ha sconfitto lei?”, domandò.
“Sì.”
“Avrò bisogno della spada, quando tutto questo sarà finito.”
Uno shinobi comparve al loro fianco trasportato da una corrente d’acqua.
“Posso avere quella spada?”, domandò.
“Chi sei?”
“Mi chiamo Suigetsu, viaggio con Sasuke.”
Kakashi gli porse la Tagliateste.
“Se ci tradirai, ti ucciderò. Il precedente proprietario era uno shinobi almeno dieci volte più potente di te. Non sei degno di portare questa spada, ma al momento abbiamo bisogno di tutti al massimo.”
Lo Sharingan di Kakashi si posò su Suigetsu.
Lo shinobi rallentò la sua corsa e si fermò, terrorizzato, mentre quelle parole risuonavano nella sua mente come un martello. Fece un respiro profondo.
“Perché qui in mezzo sembro io lo shinobi più debole?!”, gridò, poi vide Karin poco lontano.

Gaara, Temari e Kankuro seguirono Onoki e Mei Terumi.
“Siamo prossimi allo scontro finale. Madara non potrà sconfiggerci tutti.”, disse Temari.
“Chiunque sopravvivrà dovrà continuare la lotta.”, rispose Mei.
“Nessuno morirà. Noi Kage esistiamo per questo.”, affermò Gaara con fierezza e orgoglio.
Kankuro annuì sorridendo.
“Io e Temari li tratterremo qui. Voi fermate Madara!”, urlò il marionettista. Temari annuì. 
Gli Zetsu e i mostri affrontarono il muro di vento creato dai fratelli del Kazekage a cui si unirono anche Jugo, Suigetsu e Chojuro.  

Al cospetto di Obito delle Sei Vie e Madara giunsero: Naruto, Sasuke, Sakura, Kakashi, Minato, Obito, Yamato, Gai, Rock Lee, Tenten, Neji, Hashirama, Tobirama, Hiruzen, Minato, Tsunade, Ay, Mei, Onoki e Gaara.
Un esercito di Zetsu comparve dal terreno. Erano oltre diecimila.

Infuriò la battaglia.
Il frutto tremò.

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Capitolo 19
*** Uomini liberi ***


Kakashi e Obito si fecero strada per affrontare Obito delle Sei Vie.
Ingaggiarono battaglia contro costui.
La forza del chakra divino era tale da rendere difficile anche solo avvicinarsi. I due sfruttarono le vecchie formazioni, i due Sharingan sembravano appartenere ad un unico ninja.
Kakashi non aveva dimenticato i movimenti di Obito e viceversa. Il loro gioco di squadra non era mai stato più potente.
Mandarono a segno diversi colpi, ma non era abbastanza.
“Proviamoci di nuovo.”, disse Obito.
“Dobbiamo mettere in atto una nuova strategia, altrimenti i nostri risultati non cambieranno.”
“Pensi ancora troppo prima di agire!”
“E tu sei ancora troppo avventato!”
“La nostra squadra conta una persona in meno…”
“Lo so.”
“Rin…”
“Per Rin!”, la voce di Minato superò quella degli scontri. Il maestro comparve al fianco dei suoi allievi.
“Rin non avrebbe sopportato la vista di questo Obito nato dall’odio e dalla sofferenza. Dobbiamo fermarlo, dobbiamo farlo per lei.”, disse Obito.
Kakashi restò in silenzio.
Mi dispiace, Rin. Mi dispiace, Obito. Mi dispiace, maestro Minato.
“Per Rin.”, promise in un bisbigliò Kakashi.
Kakashi attaccò Obito delle Sei Vie con il Taijutsu, Minato si teletrasportò sopra di lui colpendolo con un Rasengan e scomparve, Kakashi indietreggiò con una capriola.
“Kamui!”
Attirò il corpo di Obito delle Sei Vie nell’altra dimensione dove l’altro Obito inviò Minato.
Nella dimensione del Mangekyo Sharingan Minato andò a segno con il suo Rasengan.
“Kakashi, tocca a te!”, gridò Obito che fece comparire nella dimensione terreste soltanto il busto di Obito delle Sei Vie.
Il Taglio del Fulmine di Kakashi si schiantò contro di lui.
Obito delle Sei Vie sputò sangue.
Obito sputò sangue.
Lui e Minato tornarono nella dimensione terreste.
Obito delle Sei Vie era sofferente.
“Tutti insieme!”, ordinò Minato.
“Tecnica della palla di fuoco suprema”
“Taglio del Fulmine”
“Rasengan.”
Con lo sguardo benevolo di Rin che li accompagnava anche nella morte, Kakashi e Obito sconfissero Obito delle Sei Vie.

Madara vide che Obito delle Sei Vie era in pericolo, aveva ancora bisogno di lui, Hashirama era impegnato a combattere un esercito di Zetsu.
“Rotazione suprema!”
Madara fu allontanato con violenza.
“Un cane del clan Hyuga.”, sorrise.
Neji prese posizione.
“Non andrai oltre.”
“Balla con me e divertiamoci. Voglio proprio vedere cosa ne è stato degli Hyuga. Un tempo eravate temuti e rispettati in tutti i Villaggi. Tu… tu non sei nemmeno del ramo principale. Tu sei uno schiavo degli Hyuga, come puoi combattere al loro fianco? Come puoi accettare un simile destino!?”
“Combatto per le persone a cui tengo. Il destino degli Hyuga è cambiato. Abbiamo avuto il coraggio di dirci la verità e di perdonarci. Non esiste giorno in cui non sono fiero di essere figlio di Hyuga Hizashi, l’uomo che mi ha dimostrato che le catene del nostro destino siamo noi stessi a crearle e a spezzarle. Mio padre, considerato da tutti schiavo, è morto da uomo libero per amore del fratello. Oggi io, Neji Hyuga, combatto come uomo libero contro di te.”
Madara sentì l’eccitazione farsi strada in lui. Aveva davanti un avversario potente.
“Fammi divertire, Neji Hyuga! Dimostrami la potenza del tuo clan!”

Il team 8 stava difendendo la posizione. Hinata intendeva proteggere Naruto, essergli vicino nel momento decisivo; combatteva, ma con il pensiero era rivolta altrove.
“Shino? Kiba?”, chiamò la ragazza.
Kiba si maledisse.
“Vai, Hinata! Vai da Naruto!”, gridò senza guardarla negli occhi.
Pronunciare quelle parole fu come accoltellarsi allo stomaco.
Shino liberò la strada per la fanciulla.
I due restarono soli circondati dai nemici.
“Troverai la donna giusta per te.”, disse Shino.
“Stai zitto!”
“Non sei arrabbiato con me.”
“E pensi che non lo sappia?”
“Abbiamo altri nemici da sconfiggere.”
“E allora pensiamo a quello!”
Pensò al tempo passato con Hinata.
“Maledizione! Andiamo Akamaru!”
Kiba si gettò tra i nemici per allontanare il pensiero della ragazza amata.

Madara e Neji lottarono furiosamente.
Devo resistere finché non saranno arrivati i rinforzi. Non posso sconfiggerlo, è troppo potente.
Il giovane fu abbattuto da un colpo di Madara.
“Neji!”, sopraggiunse la voce di Rock Lee prima del calcio che costrinse Madara ad allontanarsi.
Kunai esplosivi piovvero dal cielo, Tenten comparve al fianco di Rock Lee. I due fecero scudo a Neji.
Hinata sopraggiunse, vide Neji in difficoltà, accorse.
“Ci sono anche io.”
“Lady Hinata! No!”, gridò Neji tendendo una mano.
“È il momento che la casata principale degli Hyuga difenda i loro amati. Concedimi questo onore.  Byakugan!”
Madara applaudì lentamente.
“Bella sceneggiata. Un altro membro del clan… mi sono stancato di vedere il Byakugan! Ballate con me!”
Neji vide i suoi compagni combattere per lui.
Non riusciranno mai a sconfiggerlo, non possono… io devo fare qualcosa. Non posso restare a guardare. È il mio dovere in quanto membro del clan Hyuga, è il mio dovere come compagno di squadra di Tenten e Rock Lee, è mio dovere come Jonin della Foglia. È mio dovere perché è la mia scelta.

“Neji!”, gridò tra le lacrime Rock Lee che aprì le porte del chakra e fece allontanare Madara. Neji, con il suo ultimo attacco, aveva bloccato numerosissimi punti del chakra al suo avversario.
Quel dannato si è lasciato ferire a morte per colpirmi. Maledetto bastardo!
Pensò con rabbia Madara.
Rock Lee prese Neji tra le braccia, si dondolò con il corpo dell’amico. Tenten cadde in ginocchio. Hinata indietreggiò a passi lenti pregando che ciò che stava accadendo fosse soltanto un brutto sogno.
Gai schiaffeggiò uno Zetsu, Yamato con il suo legno ne annientò altri venti con una sola tecnica. La Bestia verde della Foglia si guardò attorno, sentiva Rock Lee piangere, ma non era in grado di vederlo. Quando scorse la sua figura piegata su quella di Neji, accorse.

“Lady Hinata, come sta?”, domandò Neji a Rock Lee.
Hinata si avvicinò con enorme sforzo entrando nel suo campo visivo.
“Menomale.”, un rivolo di sangue colò dalla bocca di Neji. Hinata scoppiò in lacrime, si inginocchiò sul corpo del cugino e si nascose sul suo petto. “Va tutto bene.”, disse Neji. “Muoio da uomo libero, uomo da ninja consapevole. Grazie di tutto. Rock Lee, mi dispiace, ma non scopriremo mai chi è più forte tra il mio tocco gentile e i tuoi pugni furiosi.”
Rock Lee voleva uccidere Madara e la consapevolezza di non esserne in grado lo faceva inghiottire dalla disperazione più cupa.
“No…”, il maestro Gai vide il suo allievo in una pozza di sangue.
“Maestro… grazie… di tutto.”
Neji morì.
Dov’ero quando ha avuto bisogno di me? Lo shinobi più cresciuto di tutti, colui che credeva in un destino prestabilito e che ha deciso di affrontarlo, colui che ha aperto il cuore al bene e all’amicizia. Sei un modello per tutti noi, Neji. Sei stato un punto di forza per Rock Lee, senza di te non sarebbe arrivato dove è ora. Mi dispiace, Neji. Ti ho deluso.
“Tornate in posizione.”, disse Gai a Hinata, Rock Lee e Tenten.
“Maestro!”, gli occhi rossi di Rock Lee cercarono conforto nelle braccia di Gai.
“Mi dispiace.”
Tenten sentiva il bisogno di percepire il calore di qualcuno. Si unì all’abbraccio di Gai che trascinò anche Hinata.
“È morto da eroe.”, disse Gai.
“È morto per colpa mia.”, Hinata singhiozzò.
“No.”, prese la parola Tenten. “È morto proteggendoci. È morto dimostrandoci ancora una volta che era migliore di tutti noi. Il clan Hyuga, oggi, ha appena perso un eroe, un eroe come suo padre prima di lui. Non piangiamo la sua morte.”, Tenten tirò su con il naso. “E facciamo finire questa dannata guerra.”
Sono orgoglioso di te, Tenten.
Gai guardò Madara.
Ti affido Rock Lee.

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Capitolo 20
*** La Bestia verde della Foglia ***


“Hai ucciso il mio allievo. Hai fatto scoppiare una guerra. Hai ucciso innumerevoli shinobi che credevano in una causa più grande di loro.”
Madara vide Gai avvicinarsi.
Il chakra dell’uomo diventava sempre più visibile.
“Porrò fine al tuo tormento.
A costo della mia vita.”
I passi erano lenti.
Dove posava il piede lì la terra si scioglieva.
Un’aurea rossa fu emanata dal suo corpo.
Il sangue sta evaporando. Chi è costui?
Pensò, per la prima volta spaventato, Madara. Gli sembrava di vedere Hashirama.
“Vuoi danzare anche tu con me? Presumo tu sia il maestro del bamboccio che ho…”
Madara non finì la frase.
Gai lo aveva colpito con un pugno.
Madara assaggiò dopo anni il sapore del proprio sangue.
Non sono riuscito a vederlo, com’è possibile?!?
“Le tue parole mi hanno stancato.”, disse Gai.
Le pupille erano bianche.
Devo liberarmi e in fretta.
La sua potenza ha raggiunto livelli disumani.

Rock Lee vide il maestro che combatteva, non aveva mai visto quella tecnica, non aveva mai visto quella posa di combattimento.
Madara evocò il Susano.
Gai lo spaccò.
Merda.
Madara fece appello a tutte le sue tecniche, al Rinnegan, allo Sharingan, alla sua esperienza decennale di combattimento.
Niente sembrava poter tener testa al Jonin della Foglia.
Che cos’è? Chi è quest’uomo!?
Kakashi vide che Gai stava combattendo, lo raggiunse con Minato e Obito.
“Maestro Kakashi!”, chiamò Rock Lee, in lacrime.
“Cos’è successo?”
“Neji è morto… il maestro Gai ha ingaggiato battaglia, ma la sua tecnica…”
“Lo ha fatto davvero.”, disse in un sussurro Kakashi. “Hai sempre avuto ragione, papà, Gai è diventato più forte di me, più forte di tutti. Può sconfiggere Madara.”
Madara si ritirò, doveva pensare ad una strategia, niente sembrava funzionare.
“Darò volentieri la mia vita per i miei allievi. Io non sono altro che un alito di vento che scuote le foglie degli alberi. La mia vita è solo un fiume che scorre, grato di chiunque sia stato in grado di arricchirne le acque. Tu sei un mostro che distrugge. Una malattia da estirpare. Tu vuoi spegnere le fiamme della gioventù.
Io. Non. Te. Lo. Permetterò.
NIGHT GAI!”
Non è possibile. Il mio piano non può fallire così. Che fine ha fatto la mia divinità? Dove sei Kaguya? Abbandoni un tuo schiavo, abbandoni il tuo servitore più fedele? Non è possibile. Ucciso da uno shinobi chiunque.
Tutti videro il drago scarlatto che divorava l’albero ergendosi al cielo, percepirono l’immane potenza sprigionata dalla Bestia verde del Villaggio della Foglia.

“Ho rispettato ciò che mi hai detto. Ho usato questa tecnica per proteggere gli altri. Ci vediamo presto, papà, ho molte cose da raccontarti. Ci vediamo, Kakashi, la nostra sfida è finita. Rock Lee, perdonami se ti lascio solo, ma ormai non ho più niente da insegnarti.
La fiamma della mia gioventù si spegne, ma la vostra arderà in eterno.”

Il chakra di Gai finì,  sorrise alla Luna, il suo corpo cominciò a cadere insieme a quello di Madara.
I due toccarono il suolo.
Spirarono.

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Capitolo 21
*** L'uomo che amo ***


“Sorgi, figlio mio!”

Il chakra divino lo riportò in vita in una forma che aveva asceso la natura umana.
Madara delle Sei Vie risorse.
Madara fuggì per un soffio al completo annichilimento.

Kakashi aveva recuperato il corpo senza vita di Gai; Rock Lee e Tenten stavano piangendo il maestro, adagiato al fianco di Neji.
Kakashi contemplava il cadavere dell’amico, non avrebbe mai pensato di poter assistere, in vita, ad una tale dimostrazione di potenza.
“Che il viaggio ti sia lieve, amico mio.”, disse Kakashi posando una mano sul corpo ferito di Gai.
“Maestro sopracciglione!”, Naruto sopraggiunse. Vide i due cadaveri.
“Cos’è successo…”, Sakura era con lui.
“No, no, no.”
La Luna si tinse di rosso.
Il frutto nacque.
Hinata era lì con occhi vacui.
Naruto si inginocchiò vicino a Rock Lee.
“Ci ha salvati. Ha sconfitto Madara.”
“Non è finita.”, li avvisò Kakashi. “Come con Obito dovremo sconfiggere la forma divina di Madara, il suo chakra malvagio avrà già assunto una dimensione corporea.”
“Il maestro Gai è morto invano?”, Rock Lee non voleva crederci.
“No. Senza Gai ora staremmo ancora combattendo Madara nella sua forma umana. Quanti altri shinobi sarebbero morti? Gai si è sacrificato per salvarci e permetterci di giungere al combattimento finale nel pieno delle nostre forze. Spetta a noi non rendere vano il suo sacrificio.”
“Percepisco Madara da qualche parte.”, intervenne Obito.
“Sarà riuscito a scappare dal chakra divino.”
“Il frutto!”, gridò Sakura.
Naruto non distoglieva lo sguardo da Neji.
Hinata si piegò e gli diede uno schiaffo.
“Non permetterti.”, disse con decisione.
Naruto si portò una mano alla guancia offesa.
“Non… permetterti.”, ripetette Hinata lacrimando.
“Hinata?”
“Sono morti credendo in te. In noi.”
“Non ne sono in grado.”
“Il mio credo ninja è: non arrendermi mai. L’ho imparato da te.”, Naruto non aveva mai sentito tale decisione nella voce di Hinata. “Mi vuoi far credere che hai sempre mentito? Che le tue erano solo parole vuote? Vuoi… vuoi dirmi che l’uomo di cui mi sono innamorata non crede veramente a ciò che dice? Mi stai facendo capire questo, Naruto?”
“Hinata…”
La ragazza si alzò con gambe tremanti.
“Io non mi arrendo. Naruto Uzumaki mi ha insegnato a tenere fede alla parola data. Mi ha insegnato a non arrendermi. Io amo Naruto Uzumaki. E quel Naruto Uzumaki non sei tu, quindi ti prego di restituirmelo.”
Rock Lee mise una mano sulla spalla di Naruto.
“Il mio dolore è indescrivibile. Ma non mi arrendo. La Bestia blu del Villaggio della Foglia non cederà dinanzi al nemico. Il maestro Gai è morto per darci questa possibilità.”
Rock Lee affiancò Hinata.
“Abbiamo bisogno di te.”, disse Tenten superandolo.
“Naruto, andiamo.”, lo spronò Sakura.
Sasuke li raggiunse.
“Naruto, abbiamo bisogno di te, il primo Hokage sostiene che…”, Sasuke vide i cadaveri. “Naruto? La loro morte non deve essere vana. Datti una mossa.”
Naruto udì un singhiozzo di Hinata.
È come quando i Chunin della Nebbia ci tesero un’imboscata e pensai il maestro Kakashi fosse morto. Mi bloccai dalla paura, impietrito. Sasuke, invece, scattò per difendere Sakura. Sono rimasto il bambino di allora.
La morte è parte del cammino di un ninja.
Perdonatemi, tutti, non riesco.

“Alza il culo.”
“Sasuke?”
“Alza il culo e smettila di frignare. Ricordi che ti feristi con il kunai alla mano dopo che ci attaccarono nella nostra prima missione di rango C? Vuoi fare un’altra scenata come quella prima di tornare in te? O puoi farlo anche senza melodramma?”
“Stronzo…”, Naruto bisbigliò.
Naruto Uzumaki si rialzò.
Strinse con affetto la mano di Hinata. Non aveva mai percepito la dolcezza e la delicatezza della pelle della ragazza, la guardò negli occhi. Mimò con le labbra un “grazie” e fissò i suoi occhi in quelli di Madara Uchiha delle Sei Vie.
“Vi ho fatto perdere tempo.”, ammise.
“Come sempre.”, Sasuke lo raggiunse. “Andiamo, Sakura.”
“Sì.”

Madara vide gli shinobi che lo fronteggiavano.
Il frutto era maturo.
La dea coniglio era tornata.
Kaguya, nell’immensità del suo potere, si palesò agli shinobi.

“Noi Kage ci occuperemo di Madara.”, disse il Raikage. “Ho un conto in sospeso con lui.”
Tsunade annuì.
“Gli Hokage vi terranno lontani Kaguya.”, confermò Hashirama.
“Sasuke e Naruto dovranno affrontare gli altri due dei.”, confermò Tobirama.

Kaguya, Kinshiki e Momoshi si ergevano sul campo di battaglia ai piedi dell’albero divino.
“Inchinatevi alla dea!”, gridò Kinshiki. “Momoshi, liberiamole il passaggio.”
Madara delle Sei Vie li attendeva paziente.
Madara il sopravvissuto, invece, si nascose cercando di recuperare le forze.

“Hai tu il comando, Kakashi.”, disse Sasuke al vecchio maestro.
“Spero di non dover combattere anche te quando tutto questo sarà finito.”, Kakashi non lo guardò.
Sasuke non rispose.
“Rock Lee, Tenten, con me e Yamato: ci occuperemo di quel Momoshi. Sasuke, Sakura, Naruto e Hinata: concentratevi sul tipo di nome Kinshiki. Sakura ha il comando.”
Annuirono tutti.

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Capitolo 22
*** Regalo al futuro Hokage ***


Combattere al fianco di Naruto e Sakura mi rende… felice, in un modo o nell’altro. La morte di Gai e Neji non mi ha scosso più di tanto. Io sono già morto. Dentro di me non vedo altro finale per la mia storia se non quella di soccombere. Spero di poterlo fare dopo aver visto la pace. Non c’è modo, per me, di fare ammenda per i miei peccati se non con la morte. Non merito la compassione di Sakura e Naruto, mi perdonerebbero anche se gli strappassi il cuore.
Kakashi potrebbe donarmi la morte, ma dubito ne abbia il coraggio. Si è nuovamente incontrato con Obito e con il suo maestro. Ricordo le sue parole quando mi disse che, come me, non aveva più nessuno e che nella squadra 7 aveva trovato un motivo per vivere.
Ha sempre avuto ragione.
La sete di potere mi ha condotto lontano, ma alla fine eccomi qui a combattere al loro fianco sperando con tutto me stesso che sopravvivano.
Vedo Naruto come mi guarda, esamina ogni mia mossa pensando che dovrà presto contrastarla, nessuno si fida di me. Sono contento che almeno Tobirama e Hashirama abbiano deciso di seguirmi.
Quando tutto questo sarà finito Naruto e il padre potranno salutarsi, un lusso che io non ho mai potuto avere. 
Papà, mamma, Itachi, spero siate fieri di me.


I cinque Kage combatterono contro Madara delle Sei Vie. Ay attaccava furiosamente e senza controllo rendendosi pericoloso anche per gli altri Kage. Onoki lo rimproverò.
“Ha ucciso Bee!”
“Moriremo anche noi se non la smetti.”, disse Gaara.
“Non statemi tra i piedi!”

Gli Hokage del passato affrontarono Kaguya. La dea fissò i suoi occhi su Hashirama.
“Tu… sei mio figlio?”
Il primo Hokage non capì e attivò la modalità eremitica prima di andare nuovamente all’attacco. Ad ogni colpo sferrato, Tobirama elaborava una nuova strategia. Hiruzen evocò Enma.
Minato era distratto dal destino del figlio.

“Kakashi!”, chiamò Obito cadendo. Kakashi lo soccorse. “Non posso più farcela. Non ho più chakra, dovrei essere già morto da tempo.”
“Riposati.”
“No.”
“Non insistere.”
Obito afferrò il braccio di Kakashi.
“Ho sentito che diventerai Hokage.”
“E quindi?”
“Voglio farti un regalo.”

Madara sentiva i rumori della lotta furiosa. Strisciò fino a quando ne ebbe le forze. Poteva vedere lo scontro tra gli Hokage e Kaguya. La potenza del primo Hokage rivaleggiava quello della dea coniglio. Madara aveva sempre pensato di poter avere un seggio al suo fianco, di poter essere un suo profeta. La dea lo aveva ingannato. Madara strinse il pugno nella frustrazione. Vide la sua controparte divina che combatteva contro i Kage. Erano scoordinati e non sarebbero mai stati in grado di sconfiggerlo se non avessero deciso una strategia precisa. 
Ay incolpa quel Madara, ma quel Madara non esisteva ancora quando è morto il fratello. Sono io che l’ho ucciso.
Kinshiki e Momoshi combattevano contro gli altri.
Era difficile prevedere l’esito di quello scontro.
Naruto, Sasuke, Sakura e Hinata stavano affrontando Kinshiki.
Yamato, Rock Lee e Tenten combattevano contro Momoshi.

“Ti ho dato tutto ciò che potevo, tutto ciò che avevo. Il mio potere risiede nelle tue mani, Kakashi. Io sto morendo.”
“Non salvai Rin, ora non salvo te, la storia sembra ripetersi.”
“Non puoi salvare chi è già morto, Kakashi. Hai altre persone che richiedono la tua attenzione e che hanno bisogno di te.”
“Grazie, Obito.”
“No, grazie a te, Kakashi, io vado un po’ da Rin. Non raggiungerci troppo presto, daresti soltanto fastidio.”
“Ho imparato da te a fare tardi.”
Obito sorrise e sputò sangue.
“Bene così.”
“Addio, amico mio.”
“Ci vedremo, Kakashi, ma prenditela comoda.”
Kakashi tenne stretta la mano di Obito finché questa non perse energia.
Gli occhi di Obito si serrarono nella morte.
Il doppio Sharingan risplendeva.

Naruto e Hinata indebolirono Kinshiki. Sakura e Sasuke li sostituirono mentre recuperavano le energie.
Le due ragazze, poi, lasciarono spazio a Sasuke e Naruto che, dopo un’occhiata complice, diedero il colpo di grazia al loro avversario.
Yamato, Tenten e Rock Lee ferirono gravemente Momoshi, ma furono comunque battuti e respinti.
Yamato vide il nemico che si avvicinava con passi poderosi, tentò di fermarlo con l’arte del legno, ma il suo chakra era scarso, la vista cominciava ad indebolirsi, scorse Tenten e Rock Lee svenuti e doloranti.
Questa è la fine. Scusa, Yukimi, non abbiamo potuto viaggiare insieme.
Un lupo elettrico si schiantò contro Momoshi.
Yamato vide Kakashi che avanzava, solo.
Ma… due Sharingan? Obito… deve essere morto. Gli ha donato anche l’altro occhio.
Kakashi sapeva di dover porre rapidamente fine a quella battaglia perché il suo corpo non avrebbe retto l’utilizzo di un doppio Sharingan a lungo.
Momoshi non riusciva a leggere il suo avversario: l’espressione era decisa, per niente spaventata, i movimenti precisi e metodici.
“Chi sei?”, domandò Momoshi. “Preferisco conoscere i nomi dei ninja valorosi con cui mi scontro.”
“Il mio nome non è importante.”
Kakashi scattò.
“Cosa?!”, Momoshi si guardò attorno spaesato dalla velocità.
Kakashi ricomparve alle sue spalle, Momoshi lo colpì, ma non andò a segno, passando direttamente attraverso il corpo di Kakashi.
Yamato sgranò gli occhi.
Proprio come Obito prima di lui.
Kakashi colpì Momoshi con una ginocchiata al petto, lo allontanò da sé con un calcio.
Lanciò una salva di kunai elettrificati.
“Kamui!”, fece scomparire i kunai nell’altra dimensione, si teletrasportò sottoforma di lupo elettrico alle spalle del suo avversario, fece ricomparire i kunai che si schiantarono contro Momoshi perforandogli la carne.
Momoshi non era in grado di vederlo.
“Taglio del fulmine!”
“Dall’alto!”
“È finita.”
Il corpo di Momoshi cadde al suolo.
Kakashi chiuse gli occhi per qualche istante.
Ce l’ha fatta!
Yamato tentò di rialzarsi, ma non riuscì.
Kakashi era stremato.
Sakura, Naruto, Sasuke e Hinata lo raggiunsero.
“Maestro Kakashi!”, Sakura lo soccorse.
“Sakura, il mio occhio sinistro, è il secondo Sharingan di Obito. Restituisciglielo”
Sasuke contemplava il suo maestro.
“No.”
“Perché Sasuke?”
“Non ancora. Naruto, rifornisci Kakashi di chakra, Sakura, occupati dei feriti. I Kage del presente e del passato stanno combattendo, al momento saremmo soltanto di intralcio. Dobbiamo recuperare le forze.”

Kaguya percepì la morte dei suoi figli e si infuriò.
Gli Hokage furono in grado di ferirla, ma non era abbastanza.
I Kage sconfissero Madara delle Sei Vie, ma prima di potergli dare il colpo di grazia questi fu risucchiato da Kaguya che quadruplicò la sua immensa potenza.
“Non ci voleva.”, disse Hashirama.
“Dobbiamo attaccarla tutti insieme.”, propose Tobirama.

“Hanno bisogno di noi.”, Naruto percepì l’immenso chakra.
“Andiamo.”, Kakashi si rialzò. Guardò Yamato. “Tu resta qui con Tenten, Rock Lee e Hinata.”
“Ci penso io.”, confermò Yamato creando una copia di legno. Era stato soccorso da Sakura e aveva recuperato un po’ del suo chakra.
La ragazza, stremata, protestò.
“Posso ancora combattere.”
Naruto la sorresse.
“Va tutto bene, Hinata, adesso me ne occupo io.”
I due si guardarono a lungo negli occhi.
“Torna da me.”, Hinata gli accarezzò la guancia.
Naruto prese coraggio.
Voleva perdersi in quegli occhi.
Le baciò la bocca tutto tremante.
“Tornerò.”, promise.

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Capitolo 23
*** Fioritura ***


Uno dopo l’altro i Kage e gli Hokage del passato attaccarono Kaguya indebolendola.
Ma non sembrava essere sufficiente.
Il team 7 si unì a loro, ma furono catapultati in una dimensione diversa.
“È un’arte illusoria?”, domandò Sakura.
“No.”
“Non è un Genjutsu, devo parlare con voi.”
“Chi sei tu?”, domandò Sasuke.
“Mi conoscete con il nome di Eremita delle Sei Vie.”
“Cosa vuoi da noi?”, chiese Naruto, impaziente. “Devo fermare Kaguya.”
“Kaguya è mia madre.”
“Come la fermiamo?”, incalzò Sasuke.
“Ragazzi.”, rimproverò Kakashi. “Lasciatelo parlare.”
“Mia madre è una vera e propria divinità. Per fermarla avrete bisogno del mio potere. Intendo concedervelo, soltanto per questa battaglia. Avrete il potere di sigillarla per sempre e di salvare il mondo degli shinobi. Io e mio fratello l’abbiamo combattuta per secoli e per eoni abbiamo protetto la sua tomba affinché il suo sonno eterno non fosse disturbato. Ma abbiamo fallito. Il ninja conosciuto con il nome di Madara Uchiha è stato in grado di spezzare il suo sigillo. Sasuke, Naruto, avvicinatevi, affiderò a voi due il potere mio e di mio fratello.”
“Perché a noi due?”
“Perché un giorno combatterete tra voi e morirete. Il potere mi sarà riconsegnato alla vostra morte.”
Calò il silenzio.
Naruto e Sasuke si avvicinarono all’Eremita delle Sei Vie.
Il potere conferì a Sasuke un Rinnegan e potenziò enormemente Kurama che riconobbe l’antico padrone.

Aprirono gli occhi ed erano nuovamente sulla Terra. I Kage giacevano sconfitti e privi di sensi. Gli Hokage del passato continuavano a lottare.
Tobirama fece loro cenno di avvicinarsi.
“I Kage hanno aperto uno spiraglio, la dea non è più in grado, ora, di cambiare dimensione con tanta facilità. Dobbiamo approfittarne e sconfiggere Kaguya. Naruto, Sasuke, leggo qualcosa di diverso in voi.”
“Possiamo sconfiggerla.”, disse Naruto.
“Bene. La attaccheremo insieme.”

Hashirama, Tobirama, Hiruzen, Minato, Naruto, Sasuke, Sakura e Kakashi combatterono contro Kaguya.
I Kage del passato indebolirono la dea.
Minato affiancò con orgoglio il figlio.
Kushina, ormai è un adulto. Il nostro bambino è un adulto.
Tobirama fu grato di poter combattere ancora una volta con il fratello.
Hiruzen vide con orgoglio i piccoli dell’Accademia rivaleggiare i Sannin.
Hashirama capì che il Villaggio sarebbe sopravvissuto. La speranza non sarebbe morta e che ciò che lui aveva soltanto sognato sarebbe stato ereditato e portato a termine dalle generazioni future.
Era ciò che Madara non aveva mai capito.

Kakashi, con il doppio Sharingan, creò l’occasione propizia per sconfiggere definitivamente Kaguya.
Naruto da sinistra, Sasuke da destra e Sakura dall’alto sigillarono la dea coniglio.

Madara vide il fallimento dei suoi piani.
Espirò rumorosamente.
Con Kaguya sigillata anche il suo esercito di Zetsu bianchi e mostri del Dieci Code scomparve nella polvere.
Non aveva più senso combattere.
L’Eremita delle Sei Vie apparve in mezzo a loro.
“Avete completato la vostra missione e sigillato nuovamente mia madre. Ve ne sono grato.”
“Voglio ridarti il tuo potere. Non intendo combattere contro Sasuke.”, disse Naruto.
“Io sì.”
“Cosa? Ma perché?”
“Sei un ostacolo al mio piano, Naruto, non posso lasciarti in vita.”
“Sasuke, ti prego, no!”, lo implorò, inutilmente, Sakura.
“Andiamo, Naruto, sappiamo dove tutto questo deve finire.”
“No.”, Kakashi tentò di fermare i suoi allievi, ma non aveva più chakra, il suo corpo non resse e rovinò al suolo. Sakura lo soccorse.
Minato affrontò Sasuke.
“Papà, no. È una mia responsabilità.”, Naruto, deciso, seguì Sasuke.
L’Eremita seguì i due.
“Non di nuovo…”, maledisse Sakura.
“Andiamo, Naruto.”, Sasuke si incamminò senza voltarsi indietro.

“Dobbiamo fermarli.”, disse Hiruzen.
“No, lord Terzo. Dobbiamo avere fiducia in questa generazione. Questa è la loro guerra.”, gli spiegò Minato, ansioso, prima che l’Edo Tensei fosse sciolto, di salutare Naruto.

Naruto e Sasuke camminarono fianco a fianco, raggiunsero la Valle della Fine, dove Hashirama e Madara prima di loro si erano scontrati all’ultimo sangue.
Mi dispiace, Naruto.

Come tre anni prima.
“Cosa pensi di poter ottenere?”, domandò Naruto.
“Liberandomi del legame che ho con te, potrò finalmente ambire al potere che un tempo apparteneva a Madara. Il mondo conoscerà la pace, unito contro un nemico comune.”
“Vorresti essere tu questo nemico?”
“Solo io posso. Sosterrò l’odio del mondo, così come Itachi sostenne il mio per farmi diventare più forte.”
“La tua è una follia.”
“E allora fermami, Naruto.”
“Non voglio ucciderti.”
“Hai sentito l’Eremita, moriremo insieme.”
Naruto si strinse il copricapo.
“Sei e sarai sempre mio fratello, Sasuke. Il mio primo legame.”
Smettila, ti prego.
Naruto e Sasuke lottarono.

Perché anche dopo che abbiamo vinto vuole combattere contro di me? Mi odia così tanto? So che ha sempre visto in me un rivale. Ma perché non riesce ad immaginarsi mio amico? Come può aver dimenticato ciò che abbiamo passato nella squadra 7, come può non rendersi conto dell’amore delle persone che lo vogliono bene? È davvero così arrogante e bastardo? C’è qualcosa nei suoi occhi che non mi torna. Colpisce per uccidere, vuole farmi del male, ma c’è qualcosa in lui.
Sasuke, perché? Perché?


Si equivalevano.
Nessuno dei due poteva vincere.
L’Eremita osservò il loro scontro.
Erano di uguale potenza.

Intendi ucciderci tutti? Me, Sakura e il maestro Kakashi? Vuoi davvero eliminare tutti i legami dalla tua vita? Sei disposto davvero a patire l’odio di tutti per un ideale distorto di pace? No, c’è qualcosa che non mi stai dicendo, tu non sei il Sasuke che ho affrontato tre anni fa qui, tu non sei il Sasuke che ho trovato pronto ad uccidermi nel nascondiglio di Orochimaru. Tu non sei il Sasuke che ha ucciso Danzo.

Entrambi stavano inesorabilmente esaurendo il chakra.

Cosa devo fare per farti capire che non c’è bisogno di spezzare il nostro legame? Itachi è morto, Orochimaru è morto, la tua vita di attende al Villaggio. Perché, Sasuke, perché?

Gli attacchi del giovane Uchiha diventarono più violenti.
“Non posso lasciare che tu faccia del male alle persone che voglio bene!”
“E allora uccidimi, Naruto!”
Sasuke intrappolò Naruto in un’illusione.
Sakura, Kiba, Shino, Rock Lee, Tenten, il maestro Kakashi, il maestro Iruka, Tsunade e tutti gli altri del Villaggio della Foglia erano incatenati a delle croci, copie di Naruto li infilzavano in eterno con dei tizzoni ardenti.
C’era un altare su cui era adagiata Hinata con la pelle strappata da mani decise e orripilanti.
Naruto allontanò quella figura e scoprì che era un’immagine di sé; ogni volta che lo allontanava, lui prendeva il posto del carnefice e torturava Hinata che gridava disperata.
Naruto ricordò gli insegnamenti di Jiraya e rilasciò la Genjutsu.

Sei completamente impazzito. Io devo fermarti, Sasuke. Io devo… No! No!
Sasuke percepì gli attacchi di Naruto diventare sempre più decisi, non stavano più giocando. Naruto aveva preso una decisione.
Io… devo… ucciderti.

L’Eremita lesse l’intenzione di morte nelle mosse di Naruto, intenzione mancante fino a quel momento.

Un sorriso sadico si allargò sul volto di Sasuke.
“Hai visto la morte delle persone che ami. Questo succederà se non mi fermi! Uccidere non basta! Devo torturare! Devo far soffrire. Il dolore aumenterà il potere delle nazioni ninja, l’odio contro il nemico comune manterrà una pace durevole. Devo ucciderti perché sei l’unico ostacolo alla pace.”
“Smettila! Eri un fratello per me. Io… ti volevo bene…”, Naruto pianse. 

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Capitolo 24
*** Credo ninja ***


“Con questo Mille Falchi porrò fine alla tua vita, Naruto. E da quel momento in poi potrò costruire un mondo privo di guerre e conflitti. Dominato dal terrore di un destino ben peggiore della morte. Creerò l’inferno e sarò il motivo per cui gli shinobi lotteranno per il paradiso.”
“Sei un folle.”
“No, Naruto, faccio ciò che è necessario.”
“Non posso permettertelo.”
“Sai cosa devi fare.”

Naruto, perdonami.
In questa vita non c’è pace per me.
Sii felice.
Muori amando la vita come hai sempre fatto.
Grazie per non esserti mai arreso con me, grazie per avermi fatto capire di essere voluto bene, grazie che mi hai indicato il giusto cammino e mi hai guidato nella luce.
Pensavo di poter essere al tuo fianco, pensavo di poterti servire, pensavo di poter avere un’occasione per redimere le mie colpe.
Ma ormai è troppo tardi.
Il peso che porto sul cuore troppo forte.
I peccati graffiano la mia anima lacerandola.
Io… ho bisogno di pace.
E solo tu puoi donarmela.
Voglio morire guardandoti negli occhi.
Grazie di tutto, Naruto.


Sasuke volò contro Naruto.
Il Mille Falchi fece vibrare il cielo e la terra.
L’Eremita delle Sei Vie chiuse gli occhi nella desolazione.
Non si poteva fuggire al destino.
Non si poteva riscrivere ciò che era già inciso nelle stelle.

Naruto caricò il suo Rasengan.
Quindi è così che finisce, Sasuke.
Mi dispiace.


Lo guardò negli occhi.
Questa non è decisione.
I suoi piedi si mossero spinti da una forza invisibile.
Questa è disperazione.
Basta così, Sasuke.


Erano distesi uno di fianco all’altro.
“Perché non mi hai ucciso?”, domandò Sasuke.
“Perché volevi morire.”
“E perché non mi hai concesso questa libertà?”
“Ti ricordi cosa disse il maestro Kakashi? Il suicidio non elimina il dolore, lo fa ricadere soltanto sugli altri.”
“Mi dispiace per il Genjutsu. Dovevo convincerti.”
“Ora sai che non puoi farlo.”
“Mi dispiace.”
“Ho detto che non fa niente. Alla fine sei sempre stato un freddo…”
Naruto si voltò.
Sasuke stava piangendo. Aveva nascosto il volto per non farsi vedere.
“Mi dispiace.”, disse di nuovo in un singhiozzo.
Kakashi e Sakura li raggiunsero.
“Vai, Sakura.”, disse il maestro. La ragazza lo fece accomodare lì vicino.
“Naruto, Sasuke?”
“Stiamo bene.”, rispose Naruto.
“Sakura… scusami.”
La ragazza scoppiò in lacrime.
“E finalmente… finalmente mi chiedi scusa.”
Sakura vide che il ragazzo stava piangendo.
“Non merito il vostro perdono.”, continuò Sasuke. “Mi dispiace per tutto.”
Itachi… cosa ne sarà ora della mia vita? Potrò vedere nuovamente la luce senza dover distogliere gli occhi? Sono pronto a camminare nella luce dopo aver vagato nell’oscurità così a lungo?
Minato e gli altri Hokage arrivarono.
“Naruto!”, il Quarto si avvicinò al figlio.
“Papà, tutto bene.”
“Ce l’abbiamo fatta, Naruto. Avete vinto.”
“Sasuke ha finalmente capito.”
Una lacrima rigò il volto di Naruto.
“Quella testa dura ha finalmente capito.”
L’Eremita comparve dinanzi a loro.
“Ho recuperato il potere mio e di mio fratello. Mi avete dimostrato che anche dopo secoli c’è la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo. Sasuke, Naruto, grazie per aver sigillato nuovamente mia madre. Ora tornerò da mio fratello e proteggeremo il sonno di nostra madre. Le anime dei morti torneranno con me.”
Minato si piegò su Naruto.
“Fai il bravo, d’accordo?”
“Dici alla mamma che cerco di mangiare sano, che mi lavo, che mi circondo di brave persone. Dille… dille che ho dato il mio primo bacio, che amo Hinata. Dille che non mollo e diventerò Hokage. Dille che Sasuke ha finalmente capito. Dille che… mi mancate, mamma, papà, mi mancherete ogni giorno della mia vita.”
“Naruto.”, Minato si chinò sul figlio e gli baciò la fronte. “Saremo con te nel silenzio, nella tribolazione saremo al tuo fianco. Ti vogliamo bene.”
“Vi voglio bene anche io.”
Il corpo di Minato scomparve in un cumulo di carta.
“Ti affido il futuro, Kakashi.”, disse Hiruzen.
“Lord Terzo, grazie.”
“Questa generazione mi ha sorpreso.”, ammise Hashirama con il Jonin, il cui occhio destro era stato sostituito al legittimo proprietario. Obito aveva riavuto il suo occhio, ma la leggenda di Kakashi dello Sharingan sarebbe continuata.
“Lotteremo per quella pace in cui avete creduto quando avete fondato il Villaggio.”, rispose Kakashi.
“Il nostro tempo è scaduto.”, concluse Tobirama.
“E Madara?”, domandò Hiruzen.
“So dov’è. Questa volta verrà con me. Questo mondo non gli appartiene più.”
Hashirama guardò Naruto e Sasuke.
Gli sembrò di vedere se stesso e Madara.
No.
Sorrise.
Naruto e Sasuke non erano per niente come loro due.
I corpi degli Hokage e quello di Madara Uchiha scomparvero.

Il Sole sorse.

“Ehi, Sakura.”, chiamò Naruto. “Ho fame.”
“Deficiente.”, Sakura piangeva di gioia.
“Anche io.”, ammise Sasuke.

Kakashi li guardava.
Obito, hanno avuto il loro lieto fine.
Grazie, Rin.  
Naruto, Sakura, Sasuke, vi voglio bene.


“Naruto.”, urlò Hinata, portata da Yamato.
La Kunoichi abbracciò Naruto, pianse bagnandolo di lacrime.
“Va tutto bene, Hinata.”
“Hai mantenuto la promessa.”
“Io… mantengo sempre la mia promessa. Non rimangio mai la parola data. Questo è il mio…”
Le labbra di Hinata sulle sue gli impedirono di finire la frase.

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Capitolo 25
*** La storia dell'Hokage ***


“Kakashi Hatake diventò il settimo Hokage. Fece impegnare Naruto nei suoi studi affinché un giorno prendesse lui le redini. Sasuke diventò un ninja esiliato. Quando Sakura gli professò il suo amore, Sasuke la pregò di attendere finché non fosse stato degno di essere amato. La Kunoichi giurò che lo avrebbe atteso. Naruto si sposò con Hinata, ma quella è un’altra storia, magari per un’altra volta.”
Konohamaru chiuse il libro. I bambini attorno a lui si fecero più vicini. Il vecchio Hokage si grattò la barba bianca.
“Lei ha vissuto tutto questo?”, domandò un bambino.
“Ero soltanto un ragazzo quando queste cose sono accadute. Ho servito Naruto quando era Hokage. Ho combattuto al suo fianco quando abbiamo dovuto difendere la pace. Questa è la leggenda di Naruto Uzumaki.”
“Può raccontarci un’altra storia?”
“Avete finito i compiti?”
“Non proprio…”
“E allora facciamo così. Finite i compiti, ci vediamo qui tra un’ora.”
“Grazie, lord Sarutobi.”
I bambini si dispersero rapidamente.
Konohamaru si alzò, fece qualche tiro dalla sua pipa, guardò le facce scolpite nella pietra, dove era anche il suo volto, ed espirò una voluta di fumo carica di ricordi.
“È stato davvero un bel viaggio.”
Sorrise e il fumo si disperse.

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