You should really know

di Rowena Ollivander
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Niente è come sembra ***
Capitolo 2: *** Nel privé ***
Capitolo 3: *** Per Dimenticare ***
Capitolo 4: *** So Here We Are ***
Capitolo 5: *** You Make it Real - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Niente è come sembra ***


Volevo “dedicare” questa fan fiction al suo protagonista: l’idea per questa fan fiction è infatti nata in occasione di questo giorno. Oggi 24 agosto è infatti il 21esimo compleanno di Rupert!!
Colgo l’occasione per ricordare a tutte le fan di Rupert che su internet c’è una petizione a favore della proiezione del suo nuovo film “Cherrybomb” in Italia, se non l’avete già fatto correte a sostenerlo!!
La storia non centra esattamente con la data di oggi ma al centro di tutto sta proprio lui quindi… tanti auguri a Rupert e buona lettura a voi!!!




Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo'



You Should Really Know



Niente è come sembra


Seduto sul divano di casa sua, davanti alla televisione accesa, Rupert guardò di sfuggita l’orologio.
Era ora di prepararsi.
Si alzò per buttare il cartone della pizza e poi andò in camera a cambiarsi.
La cena di quella sera era stata una specie di libera uscita per il suo stomaco. Il giorno dopo sarebbe stato a cena dai suoi genitori e sapeva già come sarebbe andata a finire: sua madre lo avrebbe riempito di scatolette e contenitori pieni dei suoi manicaretti. Avrebbe avuto roba da mangiare per almeno due giorni, 4 pasti completi per uno con il suo stomaco. Lui non si lamentava nemmeno troppo, sua madre cucinava meglio di un professionista, ma un bel giorno si sarebbe dovuta rendere conto che lui da mangiare se ne sapeva fare benissimo e non mangiava solo schifezze come diceva lei.
Mentre si stava vestendo, una notizia al telegiornale attirò la sua curiosità. Sospirò stanco quando con ancora la t-shirt in mano si trovò davanti alla televisione accesa. Una serie di immagini di Emma e un tizio biondo che camminavano insieme di sera, per svariate vie di Londra. Il tale era presentato come «la nuova fiamma della giovane attrice inglese, co-protagonista dei film di Harry Potter».

Già era difficile per lui capire il gossip di per sé. Ma la cosa che ogni volta lo colpiva era che ci sarebbero state milioni di occasioni migliori per fare queste supposizioni idiote, fondate su innocue fotografie. Lui ed Emma avevano fatto centinaia di foto insieme che sarebbero risultate senza dubbio più “compromettenti” di quell’uscita a due in giro per Londra. Adesso che ci pensava a nessun giornalista era mai nemmeno passato per l’anticamera del cervello di supporre che loro potessero essere una coppia, mentre ce ne erano mai state tante su lei e Daniel…
Qualcosa pizzicò nel suo orgoglio maschile. Quel biondino da strapazzo agli occhi dei giornalisti era sicuramente il fidanzato di Emma, mentre lui non lo avevano mai nemmeno considerato. Eppure non aveva niente di meno di quel buzzurro, a parte sei anni di differenza, dato che il tipo sembrava averne 26. E comunque se Emma si fosse fidanzata glielo avrebbe detto. Esattamente come l’ultima volta. Alzò le spalle. Non gli era mai importato niente di quei giornalisti in perenne ricerca di gossip e di sicuro non aveva voglia di cominciare proprio adesso, men che meno a crederci. Prese il telecomando e spense la televisione.
Si infilò la maglietta e si avvicinò alla porta d’ingresso. Mentre si allacciava un paio di All Star blu, gli cadde l’occhio sullo specchio. Il davanti della sua maglietta citava: «No photographs, please…».
Quello era stato un regalo di Emma, in nome della sua eccentricità e del suo snobbismo nei confronti delle magliette monocrome, gli aveva detto. Rupert sorrise ripensando a tutte le volte che si era ritrovato in giro per Londra con quella maglietta addosso ad osservare l’espressione sconcertata delle ragazzine che lo avevano riconosciuto, ma non si osavano a fotografarlo o ad avvicinarsi per via della maglietta. Per poi sentire che lo chiamavano per nome non appena aveva voltato loro le spalle e sul retro della maglietta avevano letto: «… just kidding…». Poverine. Si era sempre sentito piuttosto in colpa, ma era soddisfatto del risultato; le ragazzine si presentavano sempre, ogni tanto anche non curanti della scritta, segno che aveva delle fans coraggiose. Sorrise a questo pensiero davanti allo specchio e poi, con la giacca in mano, uscì di casa.






Ciao a tutti!
Allora questo è semplicemente un capitolo introduttivo, per fare il punto della situazione. Un assaggino, diciamo.
Volevo precisare un paio di cose. Innanzi tutto non sono del tutto certa che Rupert viva da solo, ma ai fini della storia ne avevo bisogno.
Seconda cosa l’idea della maglietta è mia; lui non ha una maglietta così, che non credo nemmeno che esista, ma mi piaceva moltissimo l’idea che ci sta intorno. Ma lo snobbismo per le magliette monocrome, anche se l’ho inserito io, credo che sia decisamente vero. Ho ragione? Beh se seguite Rupert come me potete capirmi ^__-
Rowena


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Capitolo 2
*** Nel privé ***


Nel privé



“E grazie per l’invito
Ma proprio non ce la farò
Ho proprio tanti tanti troppi impegni,
Credo forse partirò.
Se avessi più coraggio, quello che io ti direi
Che quell’uomo perfetto che volevi tu non l’hai capito mai.”

Per dimenticare - Zero Assoluto



Rupert arrivò al bar dove aveva appuntamento con gli altri con 15 minuti di ritardo.
Accidenti al traffico! Non arrivava mai in ritardo, era una cosa che lo faceva impazzire.
Si affrettò verso il locale e una volta entrato si sbottonò la giacca a vento. Anche se erano quasi alla metà di agosto alla sera faceva sempre piuttosto fresco e nel tragitto dalla macchina aveva dovuto mettersela. Salutò il barman e qualche sgabello più avanti, in attesa del suo drink, scorse la figura di Daniel
- Allora, cosa beviamo stasera? -
Daniel si voltò - Ehi, ciao. Oh, io prendo un mojito, tu cosa vuoi da bere? -
Rupert ci pensò su un istante - Una birra va bene. -
Dopo un paio di minuti facevano entrambi il loro ingresso nel privè del locale.
A seguito dell’annuncio che il film sarebbe stato rinviato, tutti i membri del cast avevano visto aumentare smisuratamente le loro “vacanze” . Presentazioni, premiers e sponsorizzazioni erano tutte rinviate di almeno sei mesi e così a qualcuno era saltato in mente di fare una specie di festicciola per salutarsi. E cosa c’era di meglio ovviamente di una bella bevuta?
In mezzo a tutta la marea di gente che si era ritrovato davanti, Rupert scorse Emma seduta ad un tavolo. Stava parlando con un tizio che non era sicuro di conoscere, ma per qualche motivo la sua faccia non gli era nuova. A dire la verità era lui che le stava parlando all’orecchio e a giudicare l’espressione di lei doveva essere qualcosa di divertente. Molto divertente. Forse troppo.
Ma la sua attenzione venne distolta da un secco colpo che ricevette sulla nuca
- Ehi! Come mai sei in ritardo oggi? Non è da te, rosso. -  
Rupert sospirò sorridendo - Traffico. Sai,  credo che mi mancheranno queste tue dolci manifestazioni di affetto… - rispose con una sonora manata in mezzo alle scapole di Devon*
- Mi dispiacerà non rivedere la tua brutta faccia per un po’. -
- Il piacere è tutto mio!! - Risero. Lui e Devon avevano legato parecchio durante tutti questi anni; il fatto che avessero la stessa età era stato un buon punto di partenza.
Devon indicò il proprio bicchiere vuoto
- Beh, andrò a fare rifornimento. Tu vuoi qualcosa? -
- No grazie. Appena fatto. - rispose indicando la bottiglia
- Daniel? - Quest’ultimo, che intanto si era messo a parlare con Oliver* qualche passo più in là, alla domanda di Devon si girò e scosse la testa, ringraziando
- Beh ci vediamo in giro allora. - Rupert annuì e Devon si allontanò
- Che ne dici, ci andiamo a sedere? - chiese Daniel a Rupert, raggiungendolo
- Certo. -
- Mi sembra di aver visto Emma seduta laggiù. -
Sì, anche a me, si ritrovò a pensare.
Si avvicinarono insieme verso il fondo della sala, ma la voce di Oliver li fece fermare quasi subito
- Ehi, Dan! Che fai, me lo regali il telefonino? -
- No! No! Scusa, torno subito. - disse a Rupert prima di semi-scomparire tra la folla.
Adesso che si guardava bene in giro c’era davvero un sacco di gente. Certo non c’erano proprio tutti i membri del cast; c’erano i “giovani”, quelli che comunque costituivano la gran parte degli attori. Altrimenti altro che privé, non sarebbe bastato l’intero locale!
Bevve un sorso della sua birra. Fu soltanto allora che riuscì a scorgere di nuovo il tavolo di Emma.
Non gli andò di traverso la birra, come ci si sarebbe potuto aspettare. Quello succede solo nei film.
E quello, purtroppo non era un film, era la pura realtà e stava dritta sotto i suoi occhi.
Lo “sconosciuto”, che evidentemente non lo era, ed Emma si stavano baciando. Sulla bocca. E non era un semplice bacio. Era un decisamente bacio.
Dentro di lui qualcosa smise di funzionare e si fermò. Rupert rimase lì impalato in mezzo alla sala a fissarli. Anche quella era una cosa da film. Non sarebbe dovuta succedere, secondo lui. E invece adesso si ritrovava lì e non riusciva a muovere un passo. Macchè! Nemmeno riusciva a sbattere le ciglia!! Non era possibile. Doveva reagire, non poteva semplicemente stare lì fermo senza far niente. Senza contare il fatto che chiunque avrebbe potuto accorgersi della sua “pietrificazione”. Chiunque, persino loro due, una volta che avessero smesso di baciarsi. Se avessero smesso. Pareva passata un’eternità e loro erano ancora lì a sbaciucchiarsi.
Più o meno due secoli e mezzo dopo, o questo almeno era quello che aveva creduto lui, sentì una mano appoggiarsi sulla sua spalla; contemporaneamente intanto, Emma e il tizio si staccarono e Rupert ricominciò a sbattere le palpebre.
- Ok, fatto. Avevo prestato il cellulare ad Oliver per fare una telefonata; il suo lo ha lasciato a casa o è rotto, boh non ho capito. Comunque, andiamo a sederci?-
Daniel, che ovviamente non si era accorto di niente, cominciò a spingerlo verso il fondo della sala. La scarsa opposizione di Rupert gli risultò assolutamente ignota.
Erano a pochi passi dal tavolo quando Emma si voltò e li vide. Rupert prese una bella sorsata di birra.
Accidenti. A saperlo prima avrebbe ordinato qualcosa di forte
- Ehi, Rupert! Dan. - li salutò alzandosi per dare un bacio a entrambi
- Emma. -
- Ciao. -
Poi Emma si voltò verso il ragazzo seduto al tavolo con lei.
Rupert prese un’altra lunga sorsata di birra senza che nessuno se ne accorgesse.
- Ragazzi, questo è Jay. Il mio ragazzo. -
Jay si alzò per stringere loro la mano
- Piacere. -
- Ciao. - rispose Daniel entusiasta
- Ehi. - accennò Rupert. E fu lì che capì dove lo aveva già visto. Le foto al telegiornale. Il “presunto” fidanzato di Emma era vero. Fantastico. Che bella prospettiva di serata, eh?
Presero tutti posto, tranne Rupert che rimase in piedi. Daniel lo ammonì
- Dai siediti, amico. -
Rupert ci pensò su un attimo; era davvero costretto a passare la serata lì?
- Ehm, veramente… Io ragazzi ero venuto solo per salutarvi. Devo andare. -
Il disappunto di Daniel ed Emma non tardò a farsi sentire
- Cosa?! -
- E perché? - gli chiese il suo migliore amico.
E adesso veniva il bello: perché?
- Perché ho… delle cose da fare. -
- Oh andiamo!! -
- Lo sai che è la scusa più vecchia del mondo? - lo guardò scettico Daniel
- No! No, davvero! Io devo… tenere mia sorella. È a Londra e… la devo andare a prender da una sua amica fra qualche minuto. Dorme da me stanotte. -
Certe volte avere tre sorelle era decisamente comodo
- Tua sorella quale? -
- Georgina? - intervenne Emma
- Sì! - annuì vigorosamente cogliendo l’occasione al volo.
- Oh eddai!! Quanti anni avrà, quindici, no? -
- Sì… -
- E allora dai!! Anche se sta mezz’oretta di più dalla sua amica non crolla mica il mondo!  - insistette Daniel
- No, davvero non posso. - La cosa si stava facendo difficile
- Ma dai, sono appena le dieci!! Alla sua età altro che le dieci che facevi tu. -
Accidenti. Emma aveva ragione. Avrebbe dovuto scegliere sua sorella Samantha, lei aveva solo dodici anni. Sarebbe stato più credibile
- No, veramente… -
- Oh, dai Rupes, ti prego! Mezz’oretta, non di più, giuro. -
Non mi guardare così…
- Sì Rupes, ti preghiamo!!!!!!! - lo implorò Daniel
Rupert sospirò. Che uomo forte eh? Crollare solo per come lei lo chiama e lo guarda. Diede un’occhiata alla stupida faccia che stava facendo Daniel e sorrise
- E va bene. Non c’è niente di male a restare una mezz’ora. - disse prendendo posto vicino a Daniel.
Ognuno bevve un sorso del proprio drink, ma nessuno sembrava intenzionato a cominciare la conversazione. Fu Daniel che dopo un po’ decise di rompere il ghiaccio
- Allora, Jay, cosa fai tu? Studi, lavori…  -
Jay si mise a ridere imbarazzato - Ehm, veramente di studiare ho smesso qualche anno fa. Ho venticinque anni… -
- Wow! Venticinque! Accidenti… - disse Daniel, assolutamente sorpreso; Rupert sbuffò impercettibilmente - Beh, complimenti, te ne davo molti meno. - proseguì il moro
- Grazie. Insomma, se posso prenderlo per un complimento… -
- Oh sì! Sì, non dicevo per offenderti. Caspita, venticinque. Tu lo avresti detto, Rupert? -
Rupert intanto, che aveva colto l’occasione per bere un altro po’, alzò le spalle
- Non lo so. Voglio dire, sembrava più grande di noi. Ma forse non così tanto. - aggiunse per non fare il bastian contrario.
Certo che mi sembrava più grande, accidenti a confronto lei è una bambina!
- E cosa fai quindi nella vita? - proseguì Daniel; lui sì che sapeva reggere una conversazione, ringraziò il cielo Rupert
- Lavoro nella Guardia di Finanza. -
- Sì, Jay è un finanziere. - intervenne Emma, per la prima volta nella conversazione, stringendogli la mano; cosa che non sfuggì a Rupert
- E dimmi, quindi fai anche tu gli appostamenti per strada? - chiese Daniel. Jay annuì
- Beh, cavoli, se per caso ci vedi non ci fermare allora. - disse Rupert, quasi senza accorgersene.
Emma e Daniel lo guardarono come se avesse detto qualcosa di male; Jay invece rise
- Rupert… - cominciò Emma
- Che c’è? Stavo solo dicendo che ci farebbe comodo a tutti. Non è un mistero che se la Guardia di Finanza ti ferma stai lì come minimo un’ora. -
Emma era rossa dall’imbarazzo, mentre Daniel non sapeva bene cosa pensare. Gli era sembrato che il suo amico avesse qualcosa che non andava quella sera e quelle sue uscite poco felici ne erano la piena dimostrazione
- No, ha ragione. È vero. Beh non ti posso garantire niente, ma potrebbe essere un semplice controllo “patente e libretto” e non un’ispezione in piena regola, la tua. -
Rupert allargò le braccia, tanto per dimostrare ai suoi amici che nemmeno Jay si era offeso quindi non c’era nulla di sbagliato in quello che aveva detto
- Grazie! -
Gli avevano sempre insegnato a guardare il lato positivo delle cose; ecco quello era il “lato positivo” del fatto che Emma stesse con quel tizio.
Parlarono del più e del meno per qualche minuto e durante la conversazione Rupert cercò di rimediare al suo comportamento iniziale con il suo senso dell’umorismo e qualche sorriso. Grazie al cielo non gli era nemmeno stato troppo difficile; sembrava che Daniel ed Emma avessero classificato il suo solo un riflesso per l’agitazione di ritardare all’appuntamento con sua sorella
- Allora, - disse ad un certo punto Emma - sapete già cosa farete in questo periodo? -
Fu Daniel il primo a rispondere - Io parto per l’America a fine agosto circa. “Equus” verrà presentato a Brodway il 5 settembre e poi comparirà regolarmente nel calendario. Quindi annesse e connesse partecipazioni per sponsorizzare lo spettacolo. Direi che avrò il mio da fare. Spero di trovare del tempo per rilassarmi. Voi che farete? -
- Tu che farai Rupert, lo sai già? - intervenne Emma
Rupert si sistemò meglio sulla sedia; lo imbarazzava terribilmente parlare dei sui progetti
- Beh, adesso credo che passerò del tempo con la mia famiglia, anche se dovrò mettermi a studiare. A settembre comincio a girare un film con una piccola produzione irlandese. -
- Wow. -
- Grande. -
Rupert annuì continuando a giocherellare con la bottiglia
- È ambientato a Dublino, quindi dovrò imparare l’accento. -
- È una splendida notizia! -
- Emma ha ragione. Beh, buona fortuna allora! - gli disse Daniel dandogli una pacca sulla spalla
- Grazie. -
- E che genere di film è, se posso chiedere? - domandò Jay
- Certo. È una specie di thriller, una cosa fra adolescenti, c’è una ragazza di mezzo… -
- Ok, abbiamo capito. Ci stai prendendo gusto è, dì la verità? - scherzò Daniel. Rupert rise
- E poi… beh se entrerà in porto parteciperò anche a un progetto di remake di un film francese. -
- Oh! E che film? - gli chiese Emma
- Ehm, il titolo in francese non lo so, ma  si chiamerà “Wild Target”. -
Tutti risultarono piuttosto stupiti
- Accidenti Rupert, quanto lavoro! -
- Dan ha ragione, sei più impegnato di tutti noi messi insieme! -
- Perché tu che farai? - le chiese il moro, cogliendo l’occasione
- Oh beh, dato che dovrò aspettare un po’ prima di presentare il film d’animazione che ho doppiato, noi, - sottolineò stringendo il braccio del suo ragazzo e scambiandosi un’occhiata con lui - abbiamo pensato di fare un viaggetto. -
Rupert tossì guardandosi di sfuggita intorno.
 Dove accidenti si è cacciato Devon quando c’è bisogno di bere un Cuba Libre?!?!
- E dove andate? - chiese, soltanto per dimostrarsi interessato, dato che non gli importava affatto dove lei e il suo principe azzurro andassero, insieme
- Andiamo due settimane in giro per la Scozia. È stato Jay ad avere l’idea; è lui che ha organizzato tutto!-
Insieme a Daniel sorrise della felicità che le si leggeva sul volto, anche se il suo sorriso fu piuttosto forzato
- E quando partite? - chiese loro Daniel
- Fra due giorni!! Partiamo con il treno delle 11:30 per Edimburgo. Una bella vacanza  per rilassarci. Solo noi due. - annunciò Emma entusiasta.
In compenso a Rupert per poco non venne un colpo. Fece per prendere un'altra bella sorsata di birra, ma quando poggiò la bottiglia alle labbra si accorse con disappunto che era vuota. Ma quella bottiglia non era piena per tre quarti appena due secondi fa?!?!
Ok, l’alcool era finito. Era il momento di andarsene.
Mentre i suoi amici ancora chiacchieravano del viaggio, Rupert si alzò
- Beh, io vi saluto. -
- Cosa? Ma, è già ora? - chiese Emma guardando l’orologio
- Non poso restare, davvero. Adesso devo proprio andare. -
- Ok amico, ci sentiamo allora. E in bocca al lupo per i tuoi progetti. - gli disse Daniel con una pacca sulla spalla
- Grazie. Ciao. - Rupert si sporse per stringere la mano Jay
- Beh, fate buon viaggio. -
O anche no, fate come vi pare…
Emma lo abbracciò e dopo gli ultimi saluti Rupert si allontanò.
Aria, aveva bisogno di aria. Doveva uscire da quel dannato posto. E c’era quasi riuscito, ma una voce lo aveva fermato sull’ingresso del  privé. Quando la vide raggiungerlo sospirò
- Rupert! Scusa, non voglio farti perdere tempo. Solo volevo chiederti, dato che non sei potuto rimanere questa sera, se ti va di fare colazione insieme venerdì mattina, voglio dire, prima che io prenda il treno. - gli chiese Emma quasi supplicante
Rupert scosse la testa - Mi dispiace, non posso. Domani sono a cena dai miei genitori; mi fermo a dormire da loro, non riesco a scendere in tempo. -
- Oh… -
- Mi dispiace. Ma ci possiamo vedere quando torni, se ho ancora tempo così puoi raccontarmi come è andata. E magari mi aiuti a studiare l’irlandese. - cercò di sdrammatizzare.
Emma annuì - D’accordo. Allora, buona notte. - disse baciandolo sulla guancia
- Buona notte, Em. -
Detto questo si girò e se ne andò. Non doveva fare così, non doveva. Non poteva trovarsi un fidanzato e poi chiedergli di fare colazione insieme! Doveva essere il contrario, così magari il fidanzato sarebbe stato lui, invece di quel buzzurro con mille anni più di lei.
Quando uscì dal locale l’aria della sera gli punse gli occhi. Fu in quel momento che si rese conto del male che veramente faceva sapere di averla persa.



“Avrebbe chiesto solo
Un attimo di pace
Avrebbe chiesto solamente
Di ascoltare ancora
Un filo suo di voce
Che dice me ne vado piano piano piano piano…
Tu prendimi la mano
Io parto e non ti porto con me
D’ ora in poi pensa solo a te
Avrebbe chiesto solo
Di perdere un po’ i sensi.”

13 Anni - Tiziano Ferro



To be continued…



* Devon Murray è l’attore che interpreta Seamus Finnigan e ha la stessa età di Rupert (entrambi sono nati nel 1988)
* Oliver Phelps è l’attore che interpreta George Weasley, classe 1986





Ed ecco finalmente il secondo capitolo. Mi dispiace per avervi fatto aspettare così tanto, ma sto preparando un esame e purtroppo il tempo per la fan fiction è davvero troppo poco. Infatti volevo avvertirvi che non so quando sarò in grado di postare il terzo capitolo; probabilmente dopo l’otto di settembre, purtroppo.
Volevo fare, come al solito, dei chiarimenti. Il fantomatico fidanzato di Emma è il suo attuale fidanzato, ed è veramente così tanto più grande di lei. Tra l’anno scorso e quest’anno c’è stato un tira e molla ma ora stanno insieme e lui è stato sul set dell’ultimo film di “Harry Potter”. Jay Barrymore, a quanto dice internet è veramente un finanziere.
Seconda cosa gli impegni dei maschietti sono reali, l’unica distorsione della realtà è che “Cherrybomb” è stato girato da Rupert ad agosto e non a settembre.
Oh, e i nomi delle sorelle di Rupert sono veri e anche le età approssimativamente. Più avanti avrà un ruolo abbastanza importante nella storia anche il fratello minore di Rupert (per chi non lo sapesse lui è il primo di cinque tra fratelli e sorelle!!).
Adesso viene la parte migliore: i ringraziamenti!!!!

Noel_93:che bello sono stata troppo felice di vedere che mi hai recensita per prima!! Il particolare della maglietta è una cosa che mi frullava in testa da millenni ma non sapevo mai dove infilarlo ed ecco la soluzione!! Spero ti sia piaciuto il chappy ^_-

Little lamb in love95: Oh che emozione avere una nuova fan!!! Mi sento molto onorata ^_^ E addirittura tutte le fan fiction? Che coraggio O.O Allora aspetto con ansia una tu recensione per questo secondo capitolo!!(o e ti consiglio, se ti piace la coppia Rupert/Emma di andare a leggere la ficcy di Noel_93 un compleanno da non dimenticare)


…Oh e vi do un indizio: il terzo capitolo si intitolerà Per dimenticare

Un bacione,
Rowena

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Capitolo 3
*** Per Dimenticare ***


Ricordo che con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.




Per dimenticare


“When it all falls down.
And the law don’t count.
And it a doesn’t seem fair.
And the people don’t care.
Where in the world you gonna go…”

Ground Zero - Chris Cornell

La portiera della Mini si chiuse con un tonfo. Rupert rimase immobile nell’abitacolo della sua macchina per qualche secondo, poi le mani sul volante, si lasciò andare e vi poggiò sopra la testa.
Le immagini di quell’ultima mezz’ora continuavano a riproporsi davanti ai suoi occhi. Quel loro parlare fitto, lei che gli stringe la mano, lui che la bacia… Quello che lui avrebbe voluto fare da una vita.
Sentiva la rabbia piano piano montare dentro di lui. Accidenti lui era lì accanto a lei da ben otto anni. La aiutava quando aveva bisogno, la sosteneva e incoraggiava ogni volta che si trovava in difficoltà, la divertiva… Lui non aveva mai voluto niente in cambio, perché un’amicizia è questo: dare. Dare, ma ricevere anche e lui non poteva certo dire che Emma non avesse fatto le stesse identiche cose per lui. Ma ad un certo punto lui aveva cominciato a vederla con occhi diversi; non le era mai sembrata tanto bella, ogni momento passato con lei acquisiva un nuovo e splendido significato. Sentiva addirittura la sua mancanza. E lei invece cosa faceva?! Si trovava un fidanzato imbecille che portava la divisa e che era la brutta copia di Matthew McConaughey!! Ma era possibile?! Lui si innamorava di lei e lei gli dava il benservito senza nemmeno concedergli una possibilità! Dannazione!
Le dita di Rupert si strinsero più forte intorno al volante.
Ma poi che diavolo ci faceva con uno con sette anni più di lei…! No! No, non voleva nemmeno pensarci. Che rabbia. Sarebbe stato da galera, da galera! Se solo lei non fosse stata maggiorenne. Ma al diavolo, questo era solo un insignificante dettaglio!! E lui che si era sempre fatto il problema dell’età. Sette anni, sette!!! A lui due sembravano più che sufficienti, giusti, perfetti!! Ma lei aveva dovuto fare le cose in grande. Alla signorina piacciono gli uomini maturi!
La rabbia era sempre più forte e Rupert si ritrovò a tirare pugni contro il volante per non urlare tutto quello che aveva dentro. Ma ad ogni colpo sembrava andare sempre peggio. Allora sai che ti dico? Al diavolo! Al diavolo te, il tuo Jay e tutto quanto!
- Fanculo… - emise a denti stretti, tirando un ultimo pugno al volante e ricadendo appoggiato con la testa al sedile. Si sentiva così idiota per aver anche solo pensato di poter piacere ad una come lei.
Sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Aveva bisogno di qualcosa che lo facesse stare meglio.
Aveva bisogno di bere.
Senza nemmeno accorgersene girò la chiave e partì. Non aveva una meta precisa, bastava un bar, un qualsiasi locale che vendesse alcolici. Quando fu non troppo lontano da casa sua scorse un pub aperto e vi si fermò davanti. Parcheggiò la macchina e scese. Perfetto. Non era nemmeno troppo lontano dall’appartamento che si era comprato a Londra, così avrebbe potuto bere di più. Tanto la macchina conosceva la strada per arrivare a casa. Quel breve tratto avrebbe potuto percorrerlo anche da sola.
Entrò e si sedette al bancone di legno del bar. Passò qualche minuto prima che il barista si accorgesse di lui. Il bar era quasi vuoto ad eccezione di una dozzina di omoni intenti a bere birra e ad inveire contro la televisione. Rupert ordinò una birra  senza pensarci troppo e si mise a guardarsi in giro. Un classico pub inglese  fatto per la maggior parte di legno e pietra, con il biliardo e il centro per le freccette.
Niente male, pensò sorseggiando. Non c’era posto migliore per lui quella sera. Lì era tranquillo ed era certo  che nessuno lo avrebbe disturbato.
Il barista infatti si era posizionato nuovamente davanti alla televisione ed insieme a tutti gli altri continuava ad urlare e tirare pugni sui tavoli. Quella sera giocava l’Inghilterra Rugby nel Sei Nazioni ed era troppo tempo che la squadra non portava a casa un trofeo di quella portata; e la Francia non era esattamente la squadra più facile da battere, senza contare l’odio profondo che c’era fra le due nazioni. Dopo 50 minuti di partita si era ancora nove pari e niente mete.  Non gli era mai dispiaciuto il rugby come sport e senz’altro quella sera era diventato il suo preferito, perché nessuno avrebbe prestato attenzione a ciò che faceva o a quanto beveva, bastava semplicemente che pagasse.
Inevitabilmente i suoi pensieri ricominciarono a fluire e lo facevano sempre più violentemente, mentre le sorsate di birra si facevano più profonde. Ma che cosa aveva creduto, che lei sarebbe stata sempre a sua disposizione? Che lo avrebbe aspettato lì per l’eternità? Era normale che si fosse fatta una vita, che avesse cominciato ad uscire con i ragazzi e via di seguito. Lui non aveva alcun diritto su di lei. Era semplicemente un amico e gli amici ti supportano sempre. Ma lei per lui non era più un’amica e lui non voleva un’amica, voleva una donna, una ragazza. Ma non una qualsiasi, voleva lei.
In che bel casino si era infilato, eh?  E adesso? Adesso era semplicemente troppo tardi. Lei si era trovata qualcuno e così avrebbe dovuto fare lui. Solamente trovarne un’altra. No, non se ne parlava. Di Emma ce ne era una sola e lui non voleva una squallida copia o imitazione, lui voleva quella vera. Quella che se ne stava tra le braccia di un finanziere. Quella che lui si era lasciato scappare. Dannazione.
Gira che ti rigira andava sempre a parare nello stesso punto: era colpa sua. Era tutta colpa sua. Lui non era stato abbastanza uomo da confessarle il suo amore, ma nemmeno era stato in grado anche solo di invitarla ad uscire una volta. Era semplicemente rimasto lì ad aspettare. Che cosa non lo sapeva ancora.
Forse che fosse lei a chiedergli di uscire? Seee… Ma se lui ad Emma non interessava nemmeno! Ecco qual’era stata la sua colpa fin dall’inizio: credere che lei provasse qualcosa per lui, qualcosa che non doveva essere necessariamente amore, magari solo un’attenzione maggiore rispetto agli altri.
Rupert poggiò la testa al bancone. Che stupido… E lei adesso se ne era andata. Anzi no, non era lei ad essersene andata. Era stato lui a spingerla a farlo. Lui era innamorato di lei da quanto? Due anni? Forse un po’ meno, ma il punto era che lo sapeva solo lui. Non le aveva mai mandato un segno, mai detto o fatto capire niente. Si vergognava troppo. E adesso ci stava semplicemente annegando nella sua vergogna e gli stava bene, se lo meritava.
La rabbia iniziale si trasformò così sempre più in tristezza e malinconia, la peggiore di tutte. E così Rupert si ritrovò solo a rifugiarsi nell’alcool, che era l’unico amico con cui in quel momento si sentiva di stare. Sapeva che non era così che si risolvevano i problemi, che si sarebbe fatto solo più male e la mattina dopo i problemi si sarebbero ripresentati, ma non gli importava. Domani avrebbe sbattuto la testa da un’altra parte e il giorno dopo ancora. Finché non avesse smesso di pensarci. Fino a che non fosse arrivato giugno e avessero dovuto di nuovo lavorare insieme. Finché non avesse dovuto baciarla. Finì la birra con un sorso e ne ordinò un’altra.
Dopo la prime due il suo buonsenso gli aveva consigliato di smettere o si sarebbe gonfiato come un pallone. Allora era passato ai superalcolici. Una volta aveva letto da qualche parte che la vodka cura i dolori dell’anima. Così ne ordinò un bicchiere, un altro e poi un altro ancora. Al quarto bicchiere di vodka era stato il suo istinto di sopravvivenza a farlo smettere. Casa era a poca distanza, ma la macchina in garage in qualche modo avrebbe dovuto mettercela, tutta intera possibilmente e con lui tutto intero dentro di essa.
Si alzò piano dallo sgabello e buttò i soldi sul bancone, lasciando una mancia, ringraziando mentalmente il barista di essersi fatto gli affari suoi tutta la notte.
Arrivato in macchina si tirò due schiaffi ben dati in faccia per svegliarsi un po’ e mise in moto. Fece tutto con estrema calma; le strade erano deserte e le luci alle finestre tutte spente.
Parcheggiò la macchina senza alcun danno e trovò il buco della serratura senza troppi problemi. Quando arrivò in camera da letto si tolse soltanto la giacca e le scarpe, per poi lasciarsi cadere sul letto. Diede un’ultima occhiata all’ora l’istante esattamente prima di addormentarsi: le quattro del mattino.
La lunga battaglia che imperversava tra lui e il sonno da un paio d’ore era finita. E aveva vinto il sonno.

Quando Rupert si svegliò il giorno seguente, o forse sarebbe meglio dire qualche ora più tardi, la prima cosa di cui si accorse fu l’orribile sapore di qualcosa di andato a male in bocca. Non tanto il mal di testa post sbornia, che oltretutto non aveva mai provato, se non in forma molto leggera, essendo la persona più in grado di reggere e smaltire alcool che avesse mai conosciuto. La seconda cosa che notò fu che si era addormentato completamente vestito, fatta eccezione per giacca e scarpe.
Si girò supino e voltando la testa verso destra colse l’ultima cosa insolita della mattinata. Guardò l’orologio: le tre e mezza di pomeriggio. Aveva giusto il tempo di prepararsi prima di prendere la macchina e andare a casa dei suoi. Si alzò sui gomiti e il suo stomaco gorgogliò rumorosamente. Ok, prima però avrebbe trovato il tempo di farsi qualcosa da mangiare.. Ma appena si fu messo in piedi per dirigersi in cucina dovette rivedere le sue priorità e aprì velocemente la porta del bagno. Con tutte le bevute della sera prima era il minimo…
Dato che al suo stomaco non andava di aver saltato la colazione, il suo fu un pranzo decisamente abbondante. Dopo aver finito di lavare i piatti prese dei vestiti puliti in camera e andò in bagno. Si spogliò e mise tutti i vestiti in lavatrice; se avesse potuto ci si sarebbe messo dentro lui stesso, chissà che una bella centrifuga non gli avrebbe tolto dalla testa quello che era successo la sera prima. Purtroppo però, dovette accontentarsi della doccia; si mise sotto il getto dell’acqua e sperò che bastasse a lavare via tutto quello che aveva dentro, che sembrava esserglisi attaccato al corpo come un parassita, succhiandogli via la vita e togliendogli il respiro.
Durante l’ora e mezza di macchina per arrivare a casa dei suoi genitori, Rupert si ritrovò inaspettatamente a fare una cosa che non faceva mai, specialmente davanti ad altre persone. Infilato il cd dei Velvet Revolver aveva cominciato a cantare. Gli capitava raramente solo quando era da solo e ne aveva particolarmente voglia. Una cosa che non aveva mai smesso di fare era però quello di tenere il ritmo di ogni canzone battendo le dita sul volante e sul bordo del finestrino aperto. C’era anche da dire che con il tipo di canzone che ascoltava era difficile stare fermi, soprattutto quando cominciava a concentrarsi sui giri di chitarra. Era tanto tempo che non faceva un po’ di pratica; non è che avesse avuto poi così tanto tempo libero dopotutto. Si ripromise di mettersi a suonare un po’ una volta tornato da Londra, proprio mentre parcheggiava la macchina nel giardino di casa
- Oi! Sono arrivato! - gridò uscendo dalla Mini e prendendo la borsa con l’occorrente per la notte che si era portato, dal bagagliaio. Suo fratello si sporse dalla finestra aperta della sua camera
- Insomma! C’è bisogno di fare tutto questo casino?! - gli urlò contro James sorridendo.
Rupert gli sorrise di rimando. Non ebbe nemmeno il tempo di realizzare che la porta di casa si era aperta, che venne letteralmente travolto dalle sue sorelle più piccole, Charlotte e Samantha. Insomma, piccole forse non era una parola che loro avrebbero ancora accettato dato che avevano 10 e 12 anni, ma a lui piaceva ancora considerarle così.
Dopo essere stato subissato per dieci minuti da tutto ciò che morivano dalla voglia di dirgli, finalmente Rupert poté rialzarsi tra le risate
- Oi! Ragazze! Abbiamo tutta la sera per parlare! Invece, ditemi un po’, non manca qualcuno
all’appello? - disse riferendosi alla sua terza sorella
- Oh, Georgina non c’è. - gli rispose staccandosi da lui Charlotte
- È fuori con il suo ragazzo. - si atteggiò Samantha, prendendo in giro la sorella più grande.
Rupert si accigliò - Quale ragazzo?! -
Di tutta risposta le due si misero a ridere e corsero verso casa. Rupert andò loro dietro raccogliendo lo zaino e dopo aver salutato sua madre, che lo aspettava sulla porta di casa, non poté fare a meno di trattenersi - Da quando Georgina ha un fidanzato? -
La signora Grint si mise a ridere - L’iperprotettività si fa sentire, eh? -
Rupert biascicò soltanto un debole - Io non sono iperprotettivo… - prima di entrare in casa.
Ma la sera stessa a tavola, l’iperprotettività che non aveva si ripresentò, quando durante il dolce guardò indagatore sua sorella Georgina, rientrata poco prima di cena in macchina con suo padre
- Allora, ehm, chi... chi è questo tipo con cui ti vedi? -
- Non è un tipo, ha un nome e si chiama Josh. E poi non “mi vedo” con lui. È il mio fidanzato. -
- Sei troppo piccola per avere un ragazzo… E poi, questo chi è, non lo conosco… -
Georgina sorrise; se la aspettava proprio quella reazione da Rupert - Rupert, non puoi mica conoscere tutti i ragazzi del mondo!! E non venirmi a dire che sono troppo piccola, ho quindici anni!! -
- E allora? Per me dovresti aspettare i venti almeno. -
A questo punto anche Samantha ebbe da ridire e si unì al coro di disapprovazione di sua sorella più grande
- Rupert scherzi vero?!?! -
- Ma se è da quando ha 13 anni che spingi James a cercarsi una ragazza?!?! -
- Che centra? Lui è un maschio!!!  - disse come se fosse la cosa più naturale del mondo.
I genitori di Rupert non poterono fare altro che mettersi a ridere, mentre al disappunto delle due ragazze si aggiungeva la dimessa risatina di James.
Georgina a quel punto decise che era meglio lasciar decadere l’argomento; sarebbero andati avanti all’infinito altrimenti
- E invece è vero che Emma ha un nuovo fidanzato? -
A Rupert andò per traverso l’ultimo pezzo di torta
- È vero! Non ti dovevi vedere anche con lei ieri sera?! - continuò Samantha entusiasta di sapere le novità
- Sì. Si è vero… - biascicò senza staccare gli occhi dal suo piatto vuoto. Era riuscito a staccare per qualche ora e adesso le sue stesse sorelle gli ripresentavano il problema davanti agli occhi. Ma bene!!
- Oh beh, buon per lei! Si chiama Jay, vero? È proprio un bel ragazzo… - disse Georgina con la piena approvazione di Samantha e sua madre.
A quel punto Rupert non ci vide più e si alzò di scatto da tavola prendendo in mano il suo piatto e andrò dritto in cucina senza dire nulla, lasciando dietro di sé il silenzio che era calato in sala da pranzo.
Oh fantastico, veramente fantastico!! Non si era deciso a passare la sera dai suoi proprio per sfuggire a quella situazione?!?! E adesso, semplicemente ritornava fuori così, a tavola!! Ma che bell’argomento di conversazione, complimenti. Tu quoque, Georgina. Lasciò cadere i piatti nel lavandino. Ma che diavolo!!
Quell’idiota lo stava perseguitando, non era possibile. E cosa peggiore a lì non poteva semplicemente uscire e andarsi a prendere una sbronza per farsi passare di nuovo tutto. Che odio. Adesso doveva ricominciare tutto da capo. Possibile che non potesse avere un attimo di pace?! Un singolo dannato momento gli sarebbe bastato. Invece tutte le immagini della sera precedente gli si ripresentarono davanti agli occhi
- Dannazione..! - sibilò a denti stretti tirando un colpo sul bordo del lavandino.
In quel momento la voce di sua madre lo colse di sorpresa alle spalle
- Rupert, tutto bene? - gli disse con calma avvicinandosi.
Lui di tutta risposta si voltò verso di lei abbozzando un sorriso - Certo, ma’. -
Lei sorrise scostandogli i capelli da davanti agli occhi - Tesoro, sarai anche un bravissimo attore, ma a tua madre non hai mai saputo mentire… -
Rupert si sentì completamente scoperto e abbassò il viso. Con lo sguardo fisso al pavimento sentiva che in quel momento aveva bisogno di parlare con qualcuno, di sentire qualcuno accanto a lui. Ma non avrebbe mai potuto parlarne con sua madre, mai…
In quel preciso momento fece il suo ingresso in cucina Chralotte, con il suo piatto sporco da mettere a lavare
- Ehi piccolina, che ci fai qui? - le chiese Rupert chinandosi a prendere il piatto dalla sue mani per metterlo insieme al proprio nel lavandino
- Questa sera vuoi guardare un cartone con me? C’è “l’Era Glaciale” ma Sam, James e Georgina non vogliono guardarlo con me… - gli disse triste sua sorella
- Certo che lo guardo con te!! Vieni qui principessa, dammi un abbraccio. - Gli piaceva l’idea di strapazzarsi di coccole sua sorella per tutta la sera, avrebbe dimenticato in un modo migliore della notte precedente tutti i suoi problemi.
Chralotte lo abbracciò forte
- Non le devi stare a sentire quelle là, il più bello sei tu. Se il fratello migliore del mondo. -
Rupert sorrise felice, guardando sua madre; c’era chi in fondo gli voleva veramente bene e non doveva dimenticarlo. Non era mai solo. Mai.




To be continued…





Volevo scusarmi tantissimo per il ritardo di questo capitolo. Purtroppo ho avuto da dare gli ultimi due esami del primo anno all’università e sono stata occupatissima!! Ora tranquilli, la strada sarà tutta in discesa, non dovrei metterci troppo a pubblicare gli altri capitoli.
Comunque ho fatto il prima possibile, perché volevo che fosse almeno accettabile  la fine di questo capitolo e spero di esserci riuscita.
Facendo le mie solite precisazioni, non conosco la capacità di reggere l’alcool del nostro Rupert ma non volevo farlo storto fino al midollo osseo, lo volevo un po’ lucido. I nomi dei componenti della sua famiglia sono quelli veri e dovrei avere azzeccato anche le età, se le mie fonti sono attendibili.
Per quanto riguarda la partita di Rugby in televisione il punteggio è totalmente inventato.
E ora un po’ di pubblicità progresso: Ragazzi, bere troppo fa male, quindi non imitate l’inizio del capitolo ^_-

Noel_93: Oh come sono contenta che ti piaccia la ficcy!! Eh sì, la strada è un po’ in salita per Rupert questa volta, ma aspetta e vedrai!! Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo!! Figurati per la recensione e non vedo l’ora di leggerne un’altra!!! Sei sempre la prima e mi fa un piacere enorme! ti voglio bene!!!!

Cedric M. Bubblehead: Che dire:amore!! Sono davvero contenta che ti piaccia la sua gelosia. Mi sono divertita tanto a descriverla. Me lo vedo troppo e sono stracontenta di essere riuscita a farlo vedere anche a chi legge!! Un bacione enorme

La_Nomade: Sono contenta che ti sia piaciuta fino qui e spero che anche questo capitolo non sia stato da meno!! ^_-

Little lamb in love95: Grazi grazzissime per i tuoi complimenti, poi arrossisco!! E soprattutto grazie mille per l’in bocca al lupo!! Avevo l’esame il giorno dopo che tu hai recensito e anche se l’ho letto dopo aver passato l’esame mi hai portato fortuna perché ho preso il mio primo 30!!!!!!!!!! Quindi grazie!!!!!!!

Che dire, spero vi sia piaciuto il capitolo, anche se io in qualche punto lo trovo un po’ macchinoso. Abbiate pietà, ho dovuto dare due esami in due settimane e mi hanno succhiato via anche il sangue!! Ci sentiamo presto con il prossimo capitolo. Dovrebbe essere l’ultimo prima dell’epilogo finale!!
Rowena

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Capitolo 4
*** So Here We Are ***


So here we are


“You got a faded sky.
You got no breathing room.
You got a wasted life.
You got nothing to do.
Get up.
Get off the floor.
I said get up.
Do something more.”

Get up - Chris Cornell



Quando aprì gli occhi la mattina dopo, Rupert non si curò di guardare l’ora né di aprire le persiane. Rimase semplicemente lì in penombra, nel letto a fissare il soffitto con le mani dietro la nuca.
Il pensiero costante di Emma non lo aveva abbandonato tutta la notte ed era tornato così a tormentarlo anche nei suoi incubi. Più di una volta nel suo sonno gli si era presentata la scena di un’Emma splendida più che mai nel suo abito bianco, che si accingeva a raggiungere all’altare un Jay in alta divisa. E lui non poteva fare nulla; relegato fuori dalla chiesa batteva sul vetro di una finestra per attirare la propria attenzione, ma invano perché i suoi pugni sul vetro non producevano alcun rumore. E urlava, urlava con tutta la forza che aveva ma dalla sua bocca non usciva nessun suono. Era impotente di fronte a un’azione che gli spezzava irrimediabilmente l’anima in mille pezzi. Al solo pensiero il cuore prendeva a battere all’impazzata e freddi brividi iniziavano a percorrere il suo corpo dalla testa ai piedi.
Rupert si passò una mano sulla faccia. Basta. Non poteva andare avanti così o sarebbe impazzito. Doveva fare qualcosa per togliersi quel peso. Sì, ma cosa?
Era già un po’ che ci pensava ma non gli era venuto in mente assolutamente nulla.
Non poteva di certo uccidere Jay, ma tanto meno sarebbe stato disposto ad andare d’accordo con quel damerino, senza contare il fatto che l’idea di fare loro le congratulazioni e stare a sentire l’intero racconto della “luna di miele” in Scozia non era nemmeno da prendere in considerazione!
Cos’altro gli restava da fare?
Rupert sbuffò ironico rivolto a sé stesso. Una cosa effettivamente gli restava da fare.
Dichiararsi.
Ma si poteva immaginare un’idiozia più grande? Lui che si dichiarava?!?! Oh certo e quando?! Prima che lei partisse per le sue due settimane con l’ attuale fidanzato?!? Così oltre che a distruggere un’amicizia si sarebbe fatto distruggere la faccia dal finanziere. See, ma figurati…
Eppure, irrimediabilmente, più ci pensava più quella pareva essere l’unica soluzione possibile. Perché mai la sua dichiarazione avrebbe dovuto rovinare la loro amicizia? Lei avrebbe detto sì oppure no, non ci sarebbe stato nessun motivo per arrabbiarsi con lui. Infondo avrebbe detto soltanto la verità; lui si sarebbe sotterrato all’istante per la vergogna, ma non si andava più in là di questo. E per quanto riguardava il salvare la faccia, nel vero senso della parola, beh quello avrà avuto anche sei anni più di lui, ma lui era comunque ben messo e non sarebbe stato lì fermo a prendersele e basta.
Rupert si tirò di scatto a sedere sul letto e prese velocemente il cellulare. Dall’altro capo del telefono provenne la voce di un Daniel in pieno primo risveglio
- Pronto? -
- Ciao, ehi, sono io. - rispose subito Rupert.
La debole voce di Bonnie risuonò in sottofondo - Chi è? -
- Rupert. - rispose Daniel distratto.
Rupert si schiarì la voce - Scusa se ti disturbo. Senti ti ricordi che l’altra sera Emma ci parlava del suo viaggio in Scozia? -
- E beh. - rispose poco entusiasta il moro, che Rupert poteva figurarsi ancora a letto con gli occhi chiusi e Bonnie tra le braccia
- Ti ricordi quando ha detto che partiva? -
- Alle dieci e mezza. -
- DI CHE GIORNO?!?!?!? - esclamò Rupert con voce isterica
- Ehm, oggi? - rispose Daniel in tono quasi ovvio
- OGGI?!? Come oggi?!?! - fece Rupert sempre più isterico
- Sì. -
- E… e da dove?! Da che stazione parte?!! - Le domande di Rupert si fecero sempre più veloci e cariche d’ansia mentre Daniel era sempre più incuriosito dal comportamento del suo migliore amico
- Victoria Station. -
Rupert prese la sveglia in mano: le 8:45
- E non fa fermate intermedie?! -
Ti prego, ti prego, dimmi di s…
- No, è un diretto per Edimburgo. - Daniel ci stava capendo sempre meno in quella conversazione; peccato che Rupert non gli lasciasse nemmeno il tempo di rispondere che già gli stava facendo un’altra domanda.
Rupert si mise una mano tra i capelli. Dannazione non ce l’avrebbe mai fatta ad arrivare in tempo!
- Oh merda… Ma oggi oggi?!?! Sei sicuro?!?!? -
Daniel era tentato di chiedergli se avesse mai sentito di un “oggi domani” ma preferì accantonare il sarcasmo; Rupert era decisamente isterico in quel momento
- Sì, l’ha detto lei… -
- Cazzo… - disse tra sé e sé il rosso
- Rupert, ma va tutto bene? - La voce preoccupata di Daniel risuonò dall’altro capo del telefono
- E A CHE ORA HAI DETTO CHE PARTE?!?!?! - urlò Rupert così forte che per un istante il moretto dovette allontanare l’apparecchio
- Alle dieci e trenta, ma… - Stava per chiedergli che cosa fosse successo, perché si comportava a quella maniera, quando Rupert lo liquidò con un frettoloso - Ok. Grazie. Ciao. -
Rupert si catapultò immediatamente giù dal letto; si mise in fretta il primo paio di jeans che trovò, si infilò le sue Converse e una maglietta e presi cellulare e portafoglio, si fiondò fuori dalla camera.
Al fondo delle scale però, quando stava per uscire di casa, si accorse di non avere le chiavi della macchina
- Ma merda!!!!!!! -
Tornò indietro più veloce che poté, facendo i gradini a due a due
- E la testa!!!!!!!!!!!! - si rimproverò ad alta voce afferrando le chiavi rimaste sul comodino.
A quel punto Rupert si precipitò nuovamente giù per le scale e chiudendo la porta d’ingresso dietro le sue spalle urlò un ultimo - Io esco!! -

L’orologio della macchina segnava le nove e mezza e quella poteva essere considerato tutto sommato un buon segno, visto che aveva percorso più di metà strada. Ok, magari non rientrando proprio precisamente nei limiti di velocità e facendo anche qualche sorpasso azzardato, però si poteva dire che era in orario sulla tabella di marcia.
La cosa che snervava Rupert era un’altra e non c’entrava niente con l’ora. Da quando i suoi genitori avevano regalato il cellulare a James, lui ci viveva praticamente in simbiosi; guai se non sapeva dov’era! Era sempre acceso e pronto sul comodino, in caso avesse dovuto rispondere ad un sms alle due di notte; quelle sì che erano priorità! Ed era proprio per questo che Rupert ce l’aveva a morte con lui. Perché l’unico dannato giorno in cui questa maledetta fissazione di James gli sarebbe tornata utile, lui cosa faceva? Aveva la bella idea di abbandonare il telefono chissà dove!!!!!!!!!!
Aveva già provato a chiamarlo 10 volte, ma quello semplicemente non rispondeva!!
Era questione di vita o di morte. Sì perché quando era uscito di casa Rupert non aveva pensato che cosa sarebbe successo alla sua auto nel caso lui avesse dovuto commettere l’atto estremo di prendere un treno al volo. Non poteva di certo lasciarla lì incustodita alla stazione, così al suo posto ce ne avrebbe trovate due. Se non tre. La sera prima suo fratello aveva menzionato il fatto che al pomeriggio sarebbe dovuto andare a Londra e a quel punto gli era venuto il lampo di genio. Aveva messo l’auricolare e aveva cominciato a far squillare il suo telefono, naturalmente, invano.
Ah ma gliela avrebbe fatta pagare car….
D’improvviso all’ennesima telefonata gli squilli cessarono prima del previsto
- …’ronto…? - biascicò una voce assonnata dall’altro capo del telefono
- Oh finalmente, eh?! - rispose Rupert esasperato. James, riconoscendolo, parve svegliarsi un po’
- Rupert! Ma che diavolo vuoi? E perché cavolo mi chiami al telefono?! Sei nella stanza a fianco! -
- No, imbecille, sono in macchina verso Londra e ho bisogno che tu mi faccia un piacere. -
Suo fratello si tirò a sedere sul letto, sbalordito
- In macchina?! Ma dove accidenti…? -
- Senti James dacci un taglio, te lo spiegherò più tardi. - lo interruppe Rupert. L’ansia cominciava a salire più la sua Mini si inoltrava nel centro di Londra - Tu adesso devi soltanto vestirti e prendere il treno per Londra, fino a Victoria Station. -
- Tu scherzi!!! Il mio treno parte fra tre ore!! - rispose scandalizzato suo fratello
- No, quello era il treno che dovevi prendere ieri. Adesso tu devi prendere quello che c’è fra meno di un’ora, perché devi venirti a prendere la mia Mini Cooper a Victoria Station e riportarla a casa stasera, chiaro?!? -
James era a dir poco confuso
- La Mini?! Io? -
- Sì, tu. -
- Ma se non me l’hai mai nemmeno fatta toccare con un dito! -
- Beh oggi mi sento magnanimo!! - La pazienza di Rupert era veramente agli sgoccioli - Prendi le chiavi di riserva di casa mia e cerca il doppione; dovrebbe essere nel cassetto del mio comodino. -
Passò qualche secondo senza che nessuno dei due aprisse bocca
- Senti, James, io sono quasi arrivato, mentre tu sei ancora nel letto. Vedi di muovere il culo, perché se mi fottono la macchina non avrai più le dita per toccare un bel niente, altro che la mia auto, sono stato chiaro?!?!? -
- Signorsì!! -rispose pronto.
Rupert rise e mise fine alla telefonata; poté quasi vedere suo fratello alzarsi di scatto dal letto e fargli il saluto militare.
Nonostante fosse vero che era quasi arrivato, per poco non gli venne un colpo quando incappò nella tipica coda che si trova quando si ha fretta. Restò incastrato a soli 500 metri per quella che gli sembrò una vita e quando finalmente riuscì a posteggiare la macchina nel primo parcheggio che gli era capitato a tiro erano le 10:22.
Rupert si fiondò versò l’ingresso della stazione; l’immenso tabellone dei treni davanti a lui, dava il diretto per Edimburgo in partenza in cinque minuti dal binario 9.
Dannazione non ce l’avrebbe mai fatta a parlare con Emma; l’unica soluzione era quella di salire sul treno. Ma doveva trovare il modo di fare un biglietto prima! In cinque minuti scarsi!!
Non ci sarebbe mai riuscito. Non sarebbe riuscito a fare il biglietto, avrebbe mancato la partenza e anche se fosse riuscito a fare tutto questo un bel volo dal finestrino di un treno in corsa Jay sicuramente non glielo avrebbe risparmiato. Pensava tutto questo mentre correva verso le casse e proprio in quel momento ne scorse una che stava chiudendo. Vi si precipitò davanti e tentò di fermare il bigliettaio; quando arrivò là davanti si accorse che era una donna
- Ohi! OHI!! -
- Ragazzo non lo hai visto il cartello? La macchina è guasta. Vai a un’altra cassa. -
Rupert si guardò intorno; le altre casse avevano almeno una fila di 5 persone e non era concepibile aspettarle tutte
- La prego, è una questione di vita o di morte! Ho bisogno di un biglietto per Edimburgo. -
- Per il treno che parte adesso? Non credo proprio riusciresti a prenderlo. Se vuoi ce ne è un altro far un paio d’ore. -
Sì certo!! In un paio d’ore quei due se li sarebbe persi
- Senta, io ho bisogno di prendere quel treno. La prego mi faccia un biglietto!! -
- E come? Ti ho detto che la macchinetta non funziona. -
Rupert non sapeva più che pesci prendere
- Beh, usi quella di uno dei suoi colleghi. -
La signora sembrò quasi indignata
- Spero che tu stia scherzando, figliolo! Buona fortuna per il tuo treno. Credo che te ne servirà -
e fece per abbassare la tendina, ma Rupert riuscì a fermarla nuovamente
- No, no, no!!! Signora, la prego!! Io ho bisogno di quel biglietto!! - La donna fece per parlare e probabilmente mandarlo al diavolo una volta per tutte, ma le parole che uscirono inaspettatamente dalla bocca del rosso la fermarono
- Senta, la ragazza che amo è su quel treno che sta partendo per Edimburgo e se non riuscirò a prenderlo e confessarle quello che provo, la perderò per sempre. Quindi la scongiuro, mi faccia un biglietto... -
Rupert non si accorse nemmeno di aver fatto quello che aveva fatto, ma la cosa che lo stupì di più fu vedere la signora allontanarsi verso una delle altre casse e tornare 20 secondi dopo con il suo biglietto per Edimburgo
- Spiacciati, ragazzo, il treno è in partenza. -
Rupert fece un sorriso a trentadue denti; non ci poteva credere, la signora si era commossa!! Le lasciò una banconota da 20 sterline e corse via.
Adesso che aveva il biglietto non poteva perdere il treno, non poteva. Si diresse verso il binario nove più veloce che poté; il cuore che batteva all’impazzata sembrava quasi volergli uscire dal petto.
La voce metallica dell’annunciatore comunicò che il treno era in partenza; era l’ultimo richiamo per i passeggeri ed era anche la sua ultima speranza.
Avanti, avanti! , pensava Rupert mentre faceva la gincana tra i passeggeri arrivati a destinazione.
Ce la posso fare, ce la devo fare.
E finalmente vide il treno.
L’ultima carrozza con la porta ancora aperta. Non ci pensò neanche per un secondo, si fiondò verso di essa e salì appena un istante prima che la porta si chiudesse con un tonfo alle sue spalle.
Ok, il meno era fatto, era riuscito a salire sul treno dove c’erano loro due. Adesso veniva il peggio.
Rupert contemplò Londra dal vetro della porta, mentre appoggiato a una parete aspettava di smaltire, almeno per un istante, il fiatone. Ma chi gliel’aveva fatto fare… Il sole illuminava la città e faceva pensare che sarebbe stata una delle rare belle giornate inglesi. Si rimise in piedi e mentre sperava fosse una buona giornata anche per lui, cominciò a percorrere il treno carrozza per carrozza, scompartimento per scompartimento, cercando in ognuno di essi il volto familiare di Emma.

Nel frattempo, nello scompartimento vuoto di uno dei vagoni in testa al treno, una ragazza, sola, guardava pensierosa, senza realmente vedere nulla, fuori dal finestrino.
Un rumore affrettato di passi nel corridoio attirò leggermente la sua attenzione. Emma si voltò verso la porta, ma non vedendo nulla, si rigirò, ma quando tornò ad osservare il paesaggio, le sembrò di scorgere nel vetro del finestrino il riflesso di… Possibile?
- Rupert? -si voltò perplessa, quasi convinta di aver chiamato un fantasma. Ma non era così.
Tre secondi dopo, infatti, Rupert spuntò sulla soglia dello scompartimento, richiamato indietro dalla sua voce. Era talmente stravolto da quella situazione che paradossalmente non si era accorto di lei, che adesso era lì, davanti a lui, vestita con un paio di jeans, una camicia bianca e un gilet rosso, che lo guardava senza capire
- Emma… -
- Rupert, ma… che ci fai qui? - gli chiese sorpresa.
A quel punto Rupert capì che non poteva più scappare. Entrò nello scompartimento e si piegò sulle sue ginocchia, davanti a lei; fu più forte di lui prendere le sue mani tra le proprie
- Senti, lo so che è tardi, non dovrei nemmeno essere qui. Tu stai partendo con Jay e io non sono nessuno per fermarti ma… -
Emma cercò di bloccarlo, scuotendo la testa e aprendo bocca per parlare, ma lui glielo impedì
- No, ti prego, fammi finire. Io ho bisogno di dirtelo. È egoista, lo so, ma… Tu non puoi partire con lui. Tu… meriti di meglio. Insomma, hai appena diciotto anni e lui… lui venticinque. Potrebbe essere tuo padre!! - buttò lì.
Emma lo guardò stranita, quasi in tono di rimprovero, come voler dire “Non stai esagerando un po’?!”
Rupert si arrese a quello sguardo
- Ok, magari no. Però è troppo grande per te! Quello che voglio dire è che… - Rupert prese un bel respiro - Io non sarò la persona più adatta e di sicuro non sono perfetto. Ma posso darti di più. Posso darti di più di due settimane in Scozia o di quel damerino o di chiunque altro. Commetto i miei errori, d’accordo. Ne ho appena fatto uno enorme e sto per farne un altro, ma se non lo facessi me ne pentirei per il resto della vita, probabilmente. Emma, io… io tengo molto a te e ti prego, ti prego non dirmi anche tu, perché se devo sentire ancora una volta la storia che sono come un fratello maggiore per te, giuro che mi butto dal finestrino! -
Emma rise divertita da quella battuta, ma inaspettatamente il volto di Rupert rimase serio
- Io ce le ho tre sorelle minori e mi bastano. E per te non provo le stesse cose che provo per loro. Non le provo per nessun altra e, vogliamo esagerare?, non credo le potrei provare per qualcun altro. Tu sei bellissima. - Emma arrossì
- Ecco, è questo che dico. Arrossisci per un idiota che ti fa un complimento, quando è da dieci anni che tutti ti fanno complimenti migliori di questo. Io ti amo, Emma. Io… io ti amo. È per questo che me ne sono andato due sere fa, è per questo che sta mattina ho preso la macchina e mi sono fiondato da casa dei miei alla stazione. È per questo che non devi partire con quel tizio. Adesso probabilmente lui è in piedi dietro di me e mi spaccherà la faccia per tutto ciò che ho detto. Ma è anche per questo che sono venuto. - concluse Rupert sorridendo, non molto convinto di quell’ultima frase.
Emma non aveva smesso un attimo di sorridere da quando lui aveva cominciato e non avrebbe di certo smesso adesso, soltanto per mettersi a piangere. Continuò a guardarlo, sorridendo come una bambina, poi sciolse il contatto con le sue mani, prese tra le sue il viso di Rupert e dolcemente, lo baciò. Così, in silenzio, come se il solo respirare fosse la loro unica colonna sonora, l’unica in grado di esprimere tutto quanto. Non c’era niente di più da aggiungere a quel bacio.
Quando si separarono, Rupert rimase per un istante a guardarla negli occhi, quegli occhi così limpidi. Quanto aveva pensato in quegli ultimi giorni a che cosa avrebbe perso per sempre se non fosse arrivato fino lì e adesso finalmente era riuscito a realizzarlo: tutto, avrebbe perso tutto.
Ma quello che aveva provato non era suo e fu in quel momento che si rese conto che qualcosa mancava in quel posto, qualcuno. La nuca iniziò come a prudergli e istintivamente si voltò verso la porta.
Fu allora che lo vide
- No, non c’è. Nessuno ti spaccherà la faccia, non oggi almeno. - gli disse Emma
Rupert si voltò nuovamente a guardarla
- Ma… io credevo fosse un diretto… - Emma annuì
- Lui semplicemente ha scelto di non venire. -
Rupert non riusciva proprio a capire
- Cos..? Perché? - le domandò.
Emma si alzò, portando così anche Rupert a farlo
- È successo l’altra sera, dopo il bar. Mi ha detto che forse non eravamo pronti e non lo saremmo mai stati. - sorrise - Ha fatto il tuo stesso ragionamento. E aveva ragione. Ma sai qual è la cosa che mi ha convinto di più? Lui ha detto che c’era già chi era alla mia altezza, chi si sarebbe occupato di me. Bastava solo guardare un po’ più attentamente. Parlava di te. Ti ha visto per nemmeno un’ora e già aveva capito tutto di te… di noi. -
Rupert ascoltava attentamente ogni parola e più Emma andava avanti meno poteva crederci. Il damerino, come lo chiamava lui, aveva capito tutto e prima di lui!
- Quella scusa improvvisa, il tuo modo di andare via, aveva capito che doveva esserci qualcosa che non andava. Non saresti mai andato via se lui non ci fosse stato, vero? -
Rupert scosse la testa
- Sono un pessimo attore. -
Emma gli si avvicinò - No. Io sono una pessima osservatrice. Jay mi ha chiesto se davvero non me ne fossi mai accorta. Il modo in cui ti comportavi, come mi guardavi… Ha detto che persino un ceco lo avrebbe notato. -
- Ok, ho capito, sono un disastro come attore! - concluse Rupert, prendendosi in giro. Ma dicendo anche un po’ la verità in fondo. Era uscito da quel bar convinto di non aver lasciato nessuna traccia del dolore che si portava dietro. A quanto pareva si era sbagliato. E meno male.
Emma gli si avvicinò e lo abbracciò
- Sì, sei un disastro a nascondere i tuoi sentimenti e te ne sono grata. -
- E perché? - le domandò lui stringendola a sua volta
- Perché è per questo che sei venuto fino qui oggi. Ed è per questo che ti amo. -
Avesse potuto in quel momento Rupert si sarebbe sciolto sotto i raggi del tiepido sole che entrava dal finestrino. Era incredibile come due piccolissime parole potessero farlo sentire.
Si chinò su di lei e la baciò. Non c’era davvero niente di più bello al mondo che stare tra le sue braccia e adesso ne era certo.
Si sedettero uno di fronte all’altro, tenendosi ancora per mano
- Beh allora sono stato fortunato a trovarti. Avresti anche potuto cancellare il viaggio. - sdrammatizzò Rupert
Emma non poté fare a mano di ridere; ci aveva pensato anche lei
- Mi piaceva l’idea della Scozia, non volevo rinunciarci. I mie genitori sono in Francia dai miei nonni e poi ho un’amica ad Edimburgo, l’avrei chiamata una volta arrivata in albergo. Ma credo che non lo farò. Sempre che tu voglia passare due settimane in Scozia con me. -
Rupert alzò le spalle
- Beh, ho il biglietto per Edimburgo e la migliore compagnia che potessi desiderare. Mi mancano vestiti, biancheria e contanti, ma sopravviverò. Più che altro dovrò telefonare a mia madre e dirle che non riuscirò ad essere a casa per cena. -


The End…?




Ed eccoci finalmente alla fine!! Anche se non si può parlare proprio di fine fine; ancora un paio di cosine da chiarire ci sono. Il prossimo sarà veramente l’ultimo!!
Allora come l’avete trovato? Lo so che la coppia di sottofondo Daniel/Bonnie è decisamente ovvia, ma avevo bisogno di un motivo per cui Rupert non avrebbe scomodato Daniel per la sua macchina. La telefonata con suo fratello mi piaceva molto!! Povero Rupert, quanto l’ho fatto correre!! Ma non è stato tenerissimo? Beh comunque sono i vostri pareri di cui ho bisogno e sono quelli che contano di più per me!!!

Noel_93: allora ti è piaciuto questo capitolo?!?! Spero tanto che ti abbia soddisfatto!! Mi fai quasi arrossire se mi dici così!! Adesso ci metterò veramente meno di una settimana per pubblicare l’ultimo capitolo, almeno spero Ah e se lo volessi sapere i miei fiori preferiti sono i garofani XD Ti voglio bene

Cedric M. Bubblehead:grazie tanto amore. Tu che sapevi che periodo era per me, grazie tantissime!! E poi qui bisogna festeggiare: ti ho fatto cedere!!! Adesso vedi qualcosa di positivo anche in Rupert (almeno nel “mio” ^_^). E la scena della sorellina mi è piaciuta così tanto immaginarla… sono contenta sia riuscita bene. Un bacione enorme

Beh, che dire. Cercherò di fare il più presto possibile per l’ultimo capitolo di questa fan fiction!!
Un bacio a tutti!!
Rowena Ollivander

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Capitolo 5
*** You Make it Real - Epilogo ***


You Make It Real - Epilogo



Waking up I see that everything is ok
The first time in my life and now it's so great
Slowing down I look around and I am so amazed
I think about the little things that make life great
I wouldn't change a thing about it
This is the best feeling

Innocence - Avril Lavigne


24 Agosto 2008

Il debole sole del mattino entrò dalla finestra, illuminando di una tenue luce l’intera stanza. Disegnando giochi di luci ed ombre tra le pieghe delle lenzuola, essa raggiunse lentamente anche il volto di Rupert. Era sveglio già da un po’, ma era rimasto seduto nel letto ad aspettare ancora una volta che il mondo gli mostrasse che il suo non era stato tutto solamente un sogno.
Si voltò verso la sua destra; Emma dormiva ancora profondamente, il volto immerso ancora in quello stato di rilassamento tipico di un sonno tranquillo.
E così ci era riuscito; le aveva finalmente confessato tutto ciò che provava per lei. Dopo tutti i problemi e i finali catastrofici che aveva previsto, adesso era lì accanto a lei, nel letto di  un alberghetto lungo la riva del Loch Lamond, poco distante da Glasgow. Col senno di poi non era stato tanto difficile.
Certo adesso era facile dirlo, accanto a lei così bella, ricambiato del proprio amore e durante un viaggio che li avrebbe visti soli per due intere settimane. Ma dopotutto le sue “pene d’amore” le aveva già patite e anche fin troppo, quindi era giusto che adesso si gongolasse un po’, pensando a quanto stupido fosse stato fin a quel momento. Che cosa si sarebbe perso…
Emma si voltò dell’altra parte, dandogli la schiena. Rupert rise, ripensando a cosa era successo la prima sera che avevano dormito insieme. L’imbarazzo si poteva tagliare con il coltello. Anzi, forse si sarebbe spezzato anche quello. Erano rimasti in piedi davanti al letto per qualche minuto senza dire niente e nessuno dei due sembrava intenzionato a muoversi. Tra schiarimenti di voce e balbettii vari la prima che era riuscita a fare una frase di senso compiuto era stata Emma; che caso eh? Tutta imbarazzata la povera ragazza gli aveva detto che non aveva nessuna intenzione di offenderlo, o fargli un dispetto, ma lei dormiva tremendamente meglio su un fianco, piuttosto che “appiccicati come una cozza allo scoglio”. Lui a quel punto si era messo a ridere; era la stessa cosa che stava cercando di dirle anche lui! E così dopo essere scoppiati a ridere si erano finalmente messi nel letto, dando ognuno la schiena all’altro.
Doveva ammettere che da quel momento ne avevano fatto di progressi; non nel senso che si poteva pensare magari, ma adesso, almeno, non dormivano più agli angoli opposti del letto. Rupert aveva scoperto che accarezzarle la schiena prima di addormentarsi era la cosa più bella che potesse esserci al mondo.
In quel momento l’impulso di sfiorare la sua schiena fu troppo forte, e per resistervi, Rupert si decise ad alzarsi. Fece il più piano possibile per non svegliare Emma e si diresse verso la finestra, in pantaloni del pigiama. La aprì. Davanti a lui il Lago era più splendido che mai e la pace che vi regnava era assoluta. Dove sarebbe stato in quel momento se le cose fossero andate diversamente? Che cosa avrebbe fatto? Era una settimana che non poteva fare a meno di pensarci. Ogni giorno, ogni secondo che passava continuava a chiederselo, ma era tutto inutile, ancora non aveva saputo darsi una risposta. A dirla tutta una parte di lui non voleva nemmeno trovarla, dopotutto. Per una volta che le cose erano andate per il verso giusto era inutile arrovellarsi il cervello con i se, i ma ed i però.
Rupert era talmente preso dai suoi pensieri che non si accorse che Emma, nel frattempo si era alzata. Sussultò, quando una mano di lei gli accarezzò la schiena
- Ehi. -
- Ehi… -
- Che ci fai già in piedi a quest’ora? -
- Potrei farti la stessa domanda, sai? - gli rispose sorridendo lei, che nel frattempo si era messa una leggera vestaglia. Rupert sorrise, colpevole, abbassando lo sguardo
- A cosa stavi pensando? -
Lui scosse la testa - A niente. -
- Sembravi così pensieroso… Non ti sarai mica già stancato di me dopo nemmeno due settimane, spero. - gli disse sorridendo. Lui avvicinò il proprio viso a quello di lei guardandola con gli occhi semi chiusi
- Stupida… - Emma rise.
Rupert si voltò nuovamente a osservare fuori dalla finestra. Emma a quel punto si intrufolò sotto una della sue braccia per guardare anche lei il Lago, mettendosi fra la finestra e il suo ragazzo.
Lui a quel punto la abbracciò da dietro
- Stavo pensando a te. -
Emma lo strinse di più a sé
- Ti amo. - gli disse con un filo di voce
- Anche io. - le sussurrò lui nell’orecchio.
Passarono qualche minuto così, in silenzio ad osservare il verde della Scozia che si estendeva davanti a loro, mentre piano piano il sole si alzava nel cielo. Poi senza muoversi Emma gli disse
- Buon compleanno, Rupert. -
Lui sorrise; se ne era completamente dimenticato
- Grazie… -
Era sicuro però che quello sarebbe stato il miglior compleanno della sua vita, almeno fino a quel momento.



The End




Finalmente la fine.
Lo so, lo so, ci ho messo decisamente più di una settimana e mi dispiace moltissimo aver fatto aspettare così tanto coloro che volevano leggere questo epilogo. Ma sono sicura che qualcuno di voi mi capirà se dico che il blocco dello scrittore è una brutta bestia…
Comunque cosa dite, vi è piaciuto? Sì lo so, purtroppo non sembra azzeccarci moltissimo con il compleanno di Rupert. Per la prossima occasione cercherò di essere decisamente più puntuale =.=’
Ma veniamo ai ringraziamenti. In generale volevo ringraziare tutti coloro che hanno letto questa storia (caspita siete numerosi!) e chiedervi, visto che è l’ultimo capitolo, se avete voglia di lasciare un commentino piccino picciò a questa povera autrice. Fa sempre piacere!! ^_^
E ora i ringraziamenti particolari a coloro che mi hanno recensito:

Cedric M. Bubblehead: Sono contentissima che ti piaccia, tesoro. Gli ordini al fratello è stata probabilmente una delle parti migliori che abbia scritto in questa storia. Poi però non dire che sembra un libro, che arrossisco!! Grazie per il tuo sostegno. Bacio grande

Noel_93: Eh sì, diciamo che sono una maniaca di happy ending, quindi non poteva finire altrimenti!! Poi lo sai, con tutte le Daniel/Emma che ci sono in giro bisogna dare man forte al nostro Rupert!!

Little lamb in love95: Non ti preoccupare per la recensione!! L’importante per me è sapere che l’hai letto e poi mi hai recensito l’ultimo capitolo, quindi!! Spero tanto di poterti accontentare e di scrivere altre fan fiction belle così (fare i felice anche me stessa)! Per adesso pensò mi dedicherò a una Ron/Hermione di Natale, ma chissà che non ci scappi anche una ficcy di Natale con Rupert!! La soddisfazione più grande è sapere che faccio provare emozioni e ridere e quando mi dici che ti piacciono le mie battute mi fa sempre piacere! Quindi non ti preoccupare, non mi annoierai mai!!

Un grazie ancora a tutti quanti.
Un bacione e a presto
Rowena (Viky)

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