Giochi pericolosi

di Severa Crouch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno a Hogwarts ***
Capitolo 2: *** Incertezze iniziali ***
Capitolo 3: *** Problemi di cuore ***
Capitolo 4: *** L'attesa del Torneo ***
Capitolo 5: *** L'arrivo delle delegazioni ***
Capitolo 6: *** Il torneo Tremaghi ***
Capitolo 7: *** La pesa delle bacchette ***
Capitolo 8: *** La prima prova ***



Capitolo 1
*** Ritorno a Hogwarts ***


Capitolo 1
Ritorno a Hogwarts
 
 

 
Ministero della Magia, 25 agosto 2021


 
“Ti mancavo? Ammettilo che non sai starmi lontano. Quant’è passata dall’ultima volta che ci siamo visti?”
“Tre mesi.”
“Caspita, Lupin, tre mesi,” ripeté lentamente. Alzò lo sguardo verso la collega di Teddy, Victoire, le mostrò un ghigno divertito e aggiunse: “Weasley, fossi in te inizierei a ingelosirmi, sai? È evidente che tuo marito non riesce a starmi lontano.”
Roland ridacchiava, divertito dal modo in cui ogni volta riusciva a innervosirli. Era un dono che aveva fin da quando le loro strade si erano incrociate. Lupin era così permaloso che farlo arrabbiare era un gioco da ragazzi. Soprattutto quando non poteva reagire, come in quel momento. Roland si trovava privo di bacchetta e rinchiuso da mezzora nella sala interrogatori del Dipartimento Auror al Secondo Livello del Ministero della Magia.
Doveva sbrigarsi, o suo padre gli avrebbe rinfacciato il ritardo. Come se farsi beccare dagli Auror fosse stato nei suoi programmi.
“Piantala, Lestrange, lo sai perché ti abbiamo fermato,” gli disse Victoire Weasley che lo osservava con i suoi occhi chiari, le braccia conserte e l’espressione per nulla divertita da quella battuta. A quanto pareva, lei era la sola in grado di disinnescare Lupin e per questo li avevano messi in squadra insieme. 
Roland alzò gli occhi al cielo, annoiato per quel banale contrattempo. “Suppongo che sia per quella partita di pozioni che sta girando. Lo so, il San Mungo è pieno di gente intossicata, ma io non c’entro niente!”
“Non c’entri niente come l’ultima volta?” domandò Lupin con un sopracciglio scetticamente alzato.
“Oh, andiamo! L’ultima volta sono stato incastrato, è quel maledetto di Goyle che ce l’ha con me! Vuole farmi fuori dal mercato insieme agli altri pozionisti! Da quando mi sono messo in proprio tutti vogliono i miei filtri perché sono il migliore! Gliel’ho detto ai ragazzi, che bisogna lavorare sulla qualità degli ingredienti ma loro non mi danno retta, tagliano le pozioni per risparmiare ed ecco i risultati! Non che mi lamenti, alla fine un quarto del mio fatturato è costituito dalla vendita degli antidoti ai casini che creano loro, il San Mungo mi ha assunto come consulente esterno… Insomma, questa storia mi frutta un bel po’ di Galeoni, ma direi che guadagnerei molto di più, e lavorerei molto di meno, se la gente comprasse i miei filtri invece di rivolgersi a quei ciarlatani.” Avrebbe dovuto affatturare, o neutralizzare definitivamente, quell’idiota di Goyle alla prima occasione. Altro che lasciarlo andare in giro.
“Come facciamo a sapere che non c’entri niente?” Lupin lo guardava con le braccia incrociate e il fascicolo aperto di fronte a lui. Roland gettò un occhio per vedere cos’avessero in mano, anche al contrario riusciva a leggere i risultati del laboratorio del Ministero della Magia. Sorrise. “Che cos’hai da ridere?”
Puntò il foglio che guardava Lupin ed esclamò: “Questa pozione è opera di Goyle, solo lui taglia la Belladonna con il veleno di Billywig. Ti basta andare a perquisire il suo laboratorio e trovi tutto, ma non devi andare in quello che ha sotto il negozio, ma quello che dedica ai suoi traffici più riservati. Si trova a Hogsmeade, ai margini del villaggio, due vicoli oltre la Testa di Porco. Salutatemelo quando lo butterete dentro.”
Lupin e la Weasley si scambiarono un cenno, Roland vide Victoire alzarsi e lasciare la sala interrogatori, la fermò prima che uscisse dalla porta. “Weasley,” esclamò divertito, “Ti fidi a lasciarci da soli? Vuoi scoprire se ti è fedele?”
“Piantala, Lestrange. Sei in fermo fino a quando non torno.”
Fuori dalla stanza la sentì parlare con Hestia Jones, chiamò McLaggen e Bones e poi si allontanarono lungo il corridoio. Roland riportò gli occhi su Lupin che continuava a sfogliare il suo fascicolo. “Sai, Lestrange, ti avvicini sempre di più ad Azkaban.”
“Sì, certo, dici sempre così… In realtà, come vedrai, sono innocente come un agnellino. Siete voi del Ministero ad essere prevenuti nei miei confronti.”
“Ti piace tanto fare la vittima o è la coda di paglia? Tuo fratello non ha avuto problemi a inserirsi al Ministero della Magia e Orion è in lizza per una promozione all’Ufficio Misteri. Non mi sembra che il Ministro sia prevenuto, come non lo erano i prof a Hogwarts.”
“Oh, andiamo, non vorrai paragonarmi a Roddie e Orion, spero? Dopo tutto quello che c’è stato tra noi?”
“No, hai ragione, ma ti ricordo che tra noi ci sono stati ben tre arresti…”
“Di cui ho pagato la multa,” precisò. Erano stati due stupidi incidenti, suo padre aveva detto che era tutta esperienza per non sbagliare dopo. Sua madre e Lucile, invece, erano andate in ansia e ogni volta lo tormentavano di domande.
“Due condoni,” aggiunse Lupin continuando a sfogliare quello che doveva essere la sua fedina penale, il passato dei rapporti con l’Ufficio Auror.
“Quelli non contano,” puntualizzò immediatamente.
“E le confische di materiale proibito? Sei un trafficante di pozioni illegali, un contrabbandiere di merci classificate e un mago oscuro,” sintetizzò Lupin chiudendo la cartelletta sul tavolo che li separava.
“Ma di quest’ultima affermazione il Ministero non ha le prove.”
“Esatto, altrimenti saresti già ad Azkaban.”
“Solo perché siete ottusi mentalmente.”
“Solo perché abbiamo a cuore la sicurezza. Hai visto cos’ha combinato la tua amichetta lo scorso anno?”
“Lo so, lo so, Delphi ha fatto un casino, ma ti ho già detto la teoria di mia madre: non bisognava intromettersi con la Profezia. Siamo stati alla larga e voi siete di nuovo i salvatori del mondo magico.”
“Fammi capire, voi mandate la figlia di Voldemort a Durmstrang a imparare le Arti Oscure e poi siamo noi a dover fare tutto il lavoro per fermarla? Comodo, eh!” Sembrava che Lupin iniziasse a rilassarsi. Quello era diventato il loro modo di vedersi, nella sala interrogatori del Dipartimento Auror, a intervalli regolari, o in altri luoghi più riservati quando occorreva dare una mano al mondo magico con discrezione. Questo, però, era una cosa tra lui e Lupin di cui nessuno era al corrente, altrimenti suo padre l’avrebbe radiato dall’albero dei Lestrange.
Dopo quanto era accaduto con Delphi, Roland aveva iniziato a dare una mano a Lupin passandogli alcune informazioni o dicendogli se alcune piste di indagini potevano avere senso o no. Era un modo come un altro per eliminare la concorrenza e per sapere cosa attirasse l’attenzione degli Auror. Forse non era particolarmente etico per un mago oscuro collaborare con gli Auror, ma di quei tempi l’etica doveva andare a farsi benedire, visto che per sei anni avevano vissuto con l’incubo di poter svanire per colpa di Delphi e di vedere la loro intera linea temporale alterata. I vecchi ex Mangiamorte, a partire da suo padre, non potevano fargli alcun tipo di predica, avevano perso ogni diritto. Sbuffò: “Voi non conoscevate la Profezia, noi sì, e se ci fossimo intromessi, la profezia si sarebbe avverata! Prendi Voldemort che ha tentato di boicottare la Profezia su di lui ed è rimasto secco entrambe le volte! Era convinto di dover essere lui a uccidere Potter, mentre in realtà poteva essere chiunque altro tranne lui. Solo tirandoci indietro avremmo dato modo a voi di sistemare le cose!”
“La tua teoria non mi convince, Lestrange.”
“Figurati se potrebbe convincerti, Lupin. Non mi aspetto che tu ci arrivi, ma forse il Ministro Granger prima o poi ci arriverà.”
“Cosa c’entra il Ministro, adesso?”
“C’entra, perché è colpa sua se il mercato nero è pieno di pozioni che fanno schifo. Lei e la sua mania dei controlli sui filtri. Ha riempito di burocrazia i pozionisti al punto che persino il San Mungo è costretto a ricorrere a canali… alternativi per recuperare degli antidoti e degli ingredienti in tempo.”
“E tu sei in grado di procurarli?”
“Per il giusto prezzo.” Osservò la curiosità crescere sul volto di Lupin. Aveva creato delle aspettative, sapeva per certo che anche lui, come tutti, aveva un lato oscuro. Lo provocò ancora: “Ti serve qualcosa, Lupin?”
“Piantala, sono un Auror, non ricorro a certi mezzi.”
“Sì, certo…” gli fece un occhiolino complice. Forse quell’ingenuo di Lupin aveva il salame sugli occhi, ma Roland aveva venduto una pozione per dormire ad alcuni suoi colleghi, persino quell’impiastro di McLaggen che ora era con la Weasley da Goyle.
Hestia Jones aprì la porta e disse a Lupin: “Puoi rilasciarlo, Victoire ti aspetta di là per l’interrogatorio di Goyle. Era lui a tagliare le pozioni con la Belladonna.”
Roland alzò le sopracciglia divertito e disse: “La prossima volta, dammi retta, Lupin, risparmieremo entrambi un sacco di tempo.” Osservò Lupin alzare gli occhi al cielo e sbuffare mentre raggiungeva il suo capo. Roland si alzò con calma, si sistemò il mantello e recuperò la borsa, firmò i documenti per il rilascio e finalmente tornò a impugnare la sua amata bacchetta: 13 pollici in sicomoro, come sua madre, e corda di cuore di Drago, come suo padre.
In ascensore incontrò Orion che stava salendo dal Nono Livello. “Ehi, cosa ci fai qua? Non ti sarai cacciato di nuovo nei guai?”
“Nah, oramai sono quasi un Auror,” scherzò scoppiando a ridere. Orion l’osservò perplesso mentre le porte si aprivano sull’Atrium. “Mi fermerei a pranzo con te, Orion, ma papà mi aspetta e sono in ritardo.”
“Salutamelo!”
“D’accordo! Salutami Sybil e i bambini,” disse incamminandosi velocemente verso l’uscita. Orion lo richiamò: “Roland!” Si voltò verso il fratello e lo guardò perplesso. Orion gli disse: “Stai attento e non metterti nei casini.”
“Non ti preoccupare, io sto attento, sono i casini che trovano me, di solito!” Fece un cenno del capo al fratello e si Smaterializzò. La prima cosa che vide non appena riapparve a casa fu l’espressione corrucciata di suo padre: “Sei in ritardo.”
“Lo so, mi hanno fermato gli Auror,” si giustificò.
“Che vogliono?”
“Ah, stanno indagando su Goyle, sai che taglia i filtri con la Belladonna? Pare che il San Mungo si sia riempito di gente intossicata e loro hanno pensato che fossi io, ma gli ho detto che ci tengo alla salute dei miei clienti e, a meno che non mi chiedano un veleno, io vendo solo roba buona.”
Rodolphus ridacchiò: “E dopo questa confessione ti hanno rilasciato?”
“Certo, non hanno prove contro di me e tutto quello che dico senza avvocato posso ritrattarlo.”
“Conosci le regole. Hai trovato il sangue di Drago?”
“Sì, eccolo, un Nero delle Ebridi, fresco fresco di prelievo. È arrivato proprio oggi.”
 
***
 
Le accuse a Goyle erano state formalizzate, lui era stato fermato e spedito ad Azkaban. Da quando Kingsley aveva eliminato i Dissennatori non c’era più bisogno di tenere i maghi fermati nelle celle del Dipartimento Auror, potevano mandarli ad Azkaban e l’indomani sarebbero tornati per l’udienza di convalida e l’incontro con il loro difensore. Goyle aveva nominato Blaise Zabini.
Teddy si stiracchiò e diede un bacio a Victorie: “Ottimo lavoro, Vic!”
“Sai che senza Lestrange non saremmo arrivati a Goyle così velocemente? Lui si è tolto un concorrente e noi abbiamo chiuso un caso. Si può essere contenti e infastiditi al tempo stesso?”
“Sì, perché lui è decisamente irritante, ma Hestia è contenta e questo è ciò che conta,” le sussurrò perdendosi nei suoi occhi chiari. Si allontanarono l’uno dall’altra sentendo dei passi nella loro direzione.
“Lupin, Weasley, il Ministro ci vuole nel suo ufficio,” disse Hestia. La seguirono senza fare domande temendo che fosse accaduto qualcosa di grave, qualcosa che li avrebbe distolti dalla loro routine. L’ultima volta in cui Hermione aveva indetto una riunione era stata per avvertirli che Voldemort aveva una figlia e che aveva rapito Albus e Scorpius e si era nascosta nel tempo. L’ansia di Teddy, pertanto, era più che giustificata.
“Grazie per essere venuti,” esordì Hermione con un sorriso. Nella stanza del Ministro della Magia c’era anche Rodolphus Lestrange, il fratello di Roland, e il Direttore dell’Ufficio Cooperazione Magica Internazionale, un tale Roger Davies, c’erano anche Oliver Baston, Direttore dell’Ufficio Giochi e Sport Magici e il suo assistente, Hawk Flint che, guarda caso, era il miglior amico di Roland Lestrange. Teddy inspirò profondamente lottando contro la sensazione di essere tornato a Hogwarts.
“Vi ho convocato per annunciarvi che quest’anno Hogwarts ospiterà una nuova edizione del Torneo Tremaghi e, prima che mi rappresentiate le vostre obiezioni, sappiate che le ho già rappresentate anch’io alla preside McGranitt. Tuttavia, quanto accaduto lo scorso anno rende assolutamente necessario la cooperazione a livello europeo tra le scuole di magia e i rispettivi ministeri. Non è possibile che la figlia di Voldemort abbia studiato a Durmstrang e noi ne fossimo all’oscuro!” esclamò.
“Quindi per dare la caccia ai Mangiamorte organizziamo un Torneo mortale tra gli studenti di Hogwarts?” obiettò Davies guardando Hermione, “Non credo che ti debba ricordare com’è finita l’ultima volta…”
“No, Roger, ricordo perfettamente com’è andata e per questo motivo ho acconsentito solo a condizione che una squadra di Auror controlli l’andamento del Torneo. Ci saremo tutti alle prove, ma voglio una pattuglia stanziata a Hogwarts che controlli che tutto vada bene.”
“Ministro, ma questo toglierà energie da casi ben più importanti!” obiettò Hestia.
Teddy non si sentiva di dar torto al suo capo, erano pieni di arretrati, le indagini andavano a rilento in quegli ultimi tempi perché alcuni avevano lasciato la squadra, accettando incarichi meno rischiosi, mentre i giovani dovevano ancora uscire dall’Accademia. Erano costretti a fare gli straordinari e il Torneo Tremaghi era un intoppo che avrebbe mandato all’aria il precario equilibrio di tutto il Dipartimento.
“Lo so, Hestia, e mi dispiace, ma non possiamo assolutamente permettere che il nostro ministero si dimostri incapace di proteggere i più giovani. Hai idea di cosa mi sono sentita dire dal ministro francese e da quello scandinavo? Il Torneo avrà la precedenza su tutti i casi del Dipartimento Auror, a parte le urgenze. Non mi interessa nulla dei pozionisti di contrabbando, o di quei trafficanti di oggetti oscuri, voglio i migliori uomini a Hogwarts.”
“Sarà fatto, Ministro.” Teddy osservò il modo in cui Hestia fu costretta a incassare l’ordine che arrivava dal Ministro della Magia in persona.
“Noi cosa dovremo fare, dunque?” domandò Roger Davies.
“Voglio che uno dei tuoi resti a Hogwarts per tutto il periodo del Torneo. Lestrange va bene, visto che conosce il francese e ha il fratello che insegna a Durmstrang. Voglio che faccia in modo che le scuole non abbiano di che lamentarsi e verifichi la correttezza dello svolgimento delle operazioni. Vale anche per te, Baston.”
Oliver Baston sospirò: “Annulleranno il Quidditch a Hogwarts, mia figlia non la prenderà bene… Hawk, mi sa che ti tocca tornare a scuola!”
Roger Davies guardò Rodolphus e gli disse: “Quindi torni a scuola, niente missione nel sud-est asiatico!” Lestrange si strinse nelle spalle e a Teddy sembrava impossibile capire se fosse contento o dispiaciuto di restare in Inghilterra. Doveva essere una seccatura anche per lui.
Hermione continuò: “Se ho chiesto la partecipazione di Teddy e Victoire… ehm… di Lupin e Weasley,” si corresse. Teddy sorrise imbarazzato, Hermione faticava ogni volta a scindere il piano personale da quello professionale, così che si comportava da Ministro a casa e sembrava una zia al ministero. “Insomma, se vi ho convocato è perché voglio che siate voi due gli Auror applicati a Hogwarts.”
“Mi togli i migliori, Hermione,” protestò Hestia.
“Sai che non possiamo correre rischi, Hestia,” disse Hermione scuotendo la testa e togliendo davanti ai suoi occhi i ricci che le erano scivolati sul viso. “La preside McGranitt vi aspetterà verso il venti ottobre, una decina di giorni prima dell’arrivo delle delegazioni delle altre scuole per controllare che tutto sia a posto e organizzare al meglio l’inizio delle operazioni. Per ora è tutto.”
Uscirono dall’ufficio e Rodolphus esclamò: “Ci rivediamo a Hogwarts, Lupin, non farti mettere in punizione anche questa volta!” Flint ridacchiava accanto a lui.  
“Vai al diavolo, Lestrange!” Fortunatamente, Rodolphus era un tipo di poche parole che non aveva menzionato con i colleghi quanto era accaduto durante l’ultimo anno di scuola. Quella era una storia vecchia e ancora oggi rappresentava la più importante lezione da Auror che Teddy avesse mai imparato.
Uscito dal Ministero della Magia, Victoire gli propose di fare un salto al Paiolo Magico per una birra. L’idea di tornare a Hogwarts l’aveva eccitata oltremodo e non vedeva l’ora di tornare nella scuola di cui aveva ottimi ricordi.
“Non pensi a tutto l’arretrato che accumuleremo?” domandò Teddy preoccupato per ciò che avrebbero trovato al ritorno. Victoire si sporse verso di lui con gli occhi luminosi e disse sottovoce: “Il Torneo Tremaghi! Ma ci pensi? Mia madre è stata campionessa per Beauxbatons! Sono veramente curiosa di vedere con i miei occhi questa competizione che ha dell’incredibile! Sarà felicissima di sapere che organizzano un’altra edizione.”
“Visto che l’ultima volta un campione è morto e sua sorella ha rischiato di morire affogata, non credo che Fleur abbia dei bei ricordi, a parte l’aver conosciuto Bill, ovviamente,” le ricordò Teddy.
Il fatto che Victoire fosse costantemente predisposta verso il futuro e avesse imparato a lasciarsi alle spalle il passato era tra gli aspetti che preferiva di lei, perché lo spingevano a progettare e guardare la vita con ottimismo, senza lasciare che il passato lo risucchiasse. Così, grazie a lei, erano andati a vivere insieme e da un anno erano felicemente sposati. Al mondo era sembrato assurdo che si fossero sposati in quel folle 2020, ma a loro era sembrata la cosa più naturale da fare e non c’era giorno in cui entrambi non fossero felici della scelta fatta. “Andiamo a casa, Vic,” le sussurrò, “voglio approfittare di ogni istante che ci rimane per stare con te!”
 
***
 
Casa Weasley – Granger, Devon, 1° settembre, 2021

 
Rose non aveva nessuna voglia di tornare a Hogwarts. Lo credeva fermamente mentre osservava Hugo salire e scendere le scale. Suo fratello arrivò in cucina con una pergamena in mano e una piuma mentre finivano di fare colazione. “Mamma, mi firmi il permesso per Hogsmeade?”
Hermione sollevò gli occhi dalla tazza di tè e sorrise divertita al figlio: “Perché non lo chiedi a tuo padre?”
“Perché la preside mi sorride sempre quando vede la tua grafia!” rispose Hugo con uno sguardo furbetto. Gli occhi azzurri che si illuminavano di malizia sotto la cascata di ricci rossi.
Hermione corrugò la fronte e domandò incuriosita: “E quando vede quella di papà?”
“Beh, alza gli occhi al cielo un po’ scettica. Insomma, tu sei anche il Ministro della Magia!” Hugo provava sempre a lusingare la mamma su quell’aspetto, ma non fortunato. Rose aveva imparato che sua madre non amava le gerarchie ed era una fiera sostenitrice dell’uguaglianza e della responsabilità. Hugo sbagliava approccio e anche quella volta Hermione sospirò: “Lo sai che qua sono solo tua madre, proprio come tutte le altre mamme, quindi vai da tuo padre e fatti firmare il permesso. Io non lo faccio.”
Hugo alzò gli occhi al cielo, esasperato, si trascinò verso Ron che stava finendo il cruciverba presente sulla Gazzetta del Profeta e gli passò il permesso per andare a Hogsmeade. Ron lo guardò e firmò. “Mi raccomando Hugo, sei l’ultimo Weasley che non è stato bandito a vita da Zonko, io, George e Fred contiamo su di te!”
“Cercherò di non farmi bandire. Dovrò entrare con un cappello in testa per nascondere i miei ricci rossi,” esclamò mentre finiva di chiudere il baule.
Rose si avvicinò alla madre. “Anni di emancipazione femminile, doppio cognome e poi dici a Hugo di chiedere al papà di firmare il permesso per Hogsmeade?”
“L’emancipazione non significa che tutto il lavoro debba passare necessariamente da me,” le disse con un sorriso, “ma che cos’hai? Non sembri felice di tornare a Hogwarts.”
“No, mamma, non lo sono. Sono furiosa con Karl, che non mi ha calcolato per tutta l’estate! Ho persino passato non so quanto tempo a visualizzare le sue storie su Instagram. Ogni tanto mi mandava qualche emoticon, che razza di idiota!” Rose si agitava mentre parlava, i capelli rossi le cascavano sulla fronte per la foga con cui si muoveva. In quei momenti, suo padre le sorrideva e diceva che era identica a Hermione. Questa cosa la mandava in bestia perché lei non voleva essere vista in funzione dei suoi genitori: che fosse la passione per le Cioccorane come suo padre o i capelli cespugliosi presi da sua madre. Lei era un essere a sé, unico e speciale, non la somma di pezzi di altre persone.
Sua madre le disse paziente: “Sai come sono fatti i ragazzi…”
Rose si indispettì ancora di più: “No, mamma, non voglio sentire di quanto hai dovuto aspettare prima che papà si accorgesse di te, non mi interessa! Io non voglio essere presa in giro! Se non fosse stato per Albus e Scorpius quest’estate sarebbe stata un incubo.”
Non avrebbe aspettato che quell’idiota di Karl Jenkins si ricordasse dell’arrivo del primo settembre per scriverle o tornare da lei presentandosi sul treno come se nulla fosse. Poteva essersi divertito a fare lo scemo con i suoi amici per tutta l’estate, era certa che potesse continuare a fare l’idiota anche per il resto dell’anno per quanto le riguardava. Approfittò del fatto che sua madre fosse tornata con lo sguardo su alcuni documenti del ministero e andò in camera a prendere le ultime cose.
“Adesso dobbiamo proprio andare,” disse suo padre dal fondo delle scale. Hugo si precipitò con la grazia di un tornado, lasciando al suo passaggio una scia di figurine delle Cioccorane, modellini di giocatori di Quidditch e la sciarpa di Grifondoro che Rose raccolse per non inciampare. Scese trascinando il baule e appese la sciarpa al collo del fratello. “Dimentichi questa!”
“Uh, grazie!” esclamò rivolgendole un sorriso. Rose si limitò a sorridergli. Sua madre li stava fissando sospettosa sul perché non iniziassero a discutere tra loro, ma lei non aveva voglia di rimproverare Hugo per il casino che aveva lasciato in giro, avrebbe aspettato che i suoi lo scoprissero e gli mandassero una Strillettera. In fondo, non era lei la madre, come suo fratello amava ricordarle ogni volta che lei gli faceva notare il rischio di una punizione.
Si infilarono in macchina in direzione Londra, e riuscirono ad aggirare il traffico grazie alle modifiche che il papà e nonno Arthur avevano apportato all’auto, una berlina comoda e spaziosa. I nonni Granger avevano chiesto a nonno Arthur di modificare anche la loro auto babbana, ma affidare un oggetto magico, clandestinamente modificato, a una coppia di Babbani sembrava un attentato allo Statuo di Segretezza di tale portata che nemmeno l’essere i genitori del Ministro della Magia avrebbe giustificato. Così, i nonni Granger avevano dovuto rassegnarsi alle loro auto babbane e sorbirsi il traffico londinese.
Al binario Rose vide Albus, gli corse incontro per abbracciarlo: “Ho finito il romanzo che mi hai consigliato, è bellissimo!” esclamò entusiasta. Sentiva il bisogno di parlare dei personaggi e di quel mondo che faticava a lasciare.
“Poco prima di Natale uscirà il nuovo volume!” le disse Albus, “Io e Scorpius non vediamo l’ora, se vuoi facciamo una rilettura di gruppo!”
Rose alzò un sopracciglio perplessa: “Tu pensi che nell’anno dei G.U.F.O. avremo il tempo per una rilettura dei tre volumi precedenti?” Albus alzò i suoi occhi verdi al cielo e si scompigliò i capelli scuri con l’espressione incerta. Scorpius li raggiunse poco dopo esclamando: “Albus! Rose! Ho trovato uno scompartimento vuoto!”
Rose osservò il modo in cui Scorpius si immobilizzò imbarazzato e poi salutò i suoi genitori: “Ministro… ehm… mamma di Rose… ehm… Hermione, Ron, è un piacere rivedervi!”
Hermione sorrise: “Ciao Scorpius! Tuo padre è già andato via?”
“Granger! Weasley!” la voce di Draco Malfoy arrivò alle loro spalle.
“Draco!” esclamò Hermione allegra. Ron, invece, lo salutò con un più formale: “Malfoy.” Si sorrisero imbarazzati. Rose osservò la scena e si scambiò uno sguardo perplesso con Scorpius. Non capivano il senso di quella tensione.
Dopo quanto accaduto l’anno precedente, quando Scorpius e Albus avevano seguito la figlia di Voldemort nel tempo, i Malfoy erano stati invitati persino a trascorrere il Natale con loro. Era stato proprio in quel Natale che lei si era accorta che suo cugino e Scorpius non fossero proprio dei casi senza speranza e che erano simpatici nonostante fossero dei Serpeverde che odiavano il Quidditch.
“Lasciamoli perdere,” le sussurrò Scorpius e le fece cenno di raggiungere Albus sul treno. Rose annuì pensando che non invischiarsi nelle storie dei genitori fosse una buona idea.
“Beh, allora noi andiamo!” esclamò per avere l’attenzione degli adulti. Abbracciò i genitori, salutò Draco, e mentre andava verso il treno si fermò a salutare anche zio Harry e zia Ginny. Non c’era nessuna traccia di zio Bill e zia Fleur. “Chissà che fine ha fatto Louis, spero che non sia in ritardo!” disse a Scorpius mentre faceva levitare il baule sul treno. Nello scompartimento trovò Hugo e Albus che avevano iniziato a scambiarsi le figurine delle Cioccorane.
“Tieni, ti regalo un Harry Potter,” Hugo disse ad Albus ridacchiando. Albus si passò una mano tra i capelli disordinati ridendo: “Ma io ho il vero Harry in casa, cosa me ne faccio della figurina?”
“Beh, così se ti manca papino puoi guardarlo!” Hugo rispose con uno dei suoi sorrisi sghembi. Albus gli restituì lo stesso sorriso: “Lo prendo solo se tu in cambio ti prendi una Hermione Granger! Così se ti manca mammina puoi guardarla!”
Rose e Scorpius ridacchiarono tra loro alla vista di quella scena. La porta dello scompartimento si aprì dietro di loro ed entrarono Louis e James. “Per Godric, Albus, hai quindici anni e scambi ancora le figurine delle Cioccorane con Hugo?” sbottò James.
“Papà dice sempre che le Cioccorane non hanno età,” intervenne Hugo, “lui continua a collezionare le figurine e a volte ruba le mie!” Rose ridacchiò al pensiero delle polemiche che seguivano ogni ritorno da Hogwarts, quando Ron e Hugo avevano il loro momento di scambio di figurine.
“Ecco. Vuoi diventare come zio Ron?” domandò James sarcastico.
“Cos’ha che non va zio Ron? È divertente!” esclamò Albus per difenderlo. Ron era stato comprensivo con Albus per la storia di Delphi e questo lo aveva reso lo zio preferito di Albus. Ron si era così spaventato per il nipote che era stato il primo ad accettare l’amicizia tra Albus e Scorpius. Tutti sapevano che odiava il papà di Scorpius fin dai tempi di Hogwarts e probabilmente nonno Arthur non sopportava il nonno di Scorpius, ma loro stavano mettendo fine a quella stupida faida tra i Weasley e i Malfoy e tutto ciò era meraviglioso secondo Rose.
“Dov’è Lily?” domandò Hugo dopo aver preso la carta di Hermione e averla inserita nel mucchio dei doppioni. James scrollò le spalle e gli sorrise: “Due scompartimenti dopo questo, con le sue amiche e i gemelli Scamander.”
Hugo fece per muoversi. Impazziva ogni volta che vedeva Lorcan e Lysander, sembrava quasi che quei due potessero tirare fuori il lato più folle di suo fratello (o almeno quello più folle del solito). Rose dovette trattenerlo: “Dopo che il treno sarà partito e tutti si saranno sistemati!”
“Ma perché?” si lamentò Hugo.
“Perché devi occupare il posto. So che quell’idiota di Karl mi sta cercando e voglio che lo scompartimento sia tutto pieno. Non voglio fare il viaggio con lui.”
“Da quando Karl è diventato quell’idiota?” domandò Louis divertito. “Comunque puoi andare, Hugo, ci sta raggiungendo Andrew, il tuo posto è già prenotato.” Hugo non se lo fece ripetere due volte e uscì di corsa dallo scompartimento per raggiungere la cugina e gli Scamander. Rose, invece, si abbandonò sul sedile con le braccia incrociate, offesa per l’abbandono da parte del fratello. Cercò di consolarsi pensando alla Strillettera che presto sarebbe arrivata a Hugo. Spostò lo sguardo su Louis e James che la osservavano attenti: “Cosa ti ha fatto Jenkins?” domandò James, Louis aggiunse: “Possiamo buttarlo fuori dalla squadra di Quidditch? Finora abbiamo esitato perché uscivate insieme…”
Rose sorrise, scosse la testa e disse: “Mi ha ignorato per tutta l’estate, quindi se pensa di venire e sedersi accanto a me perché non sa con chi fare il viaggio, beh, si sbaglia di grosso!”
La porta dello scompartimento si aprì e Karl Jenkins con i suoi capelli biondi, gli occhi azzurri e il fisico atletico, comparve. Lo stomaco di Rose fece un balzo ma si disse di rimanere lucida, di non lasciarsi distrarre dal sorriso sexy con cui la fregava ogni volta.
“Mia splendida Rose, posso viaggiare con te?”
“No, Jenkins, smamma.” Albus intervenne alzandosi.
“Oh, Potter tira fuori gli attributi… Cos’è? Aver mandato ad Azkaban la figlia di Voldemort ti ha risvegliato? Resti sempre uno sfigato.”
“Piantala Jenkins.” James si alzò, seguito da Louis che mostrò la spilla di Caposcuola sul mantello della divisa.
“D’accordo, Weasley, ma vorrei sapere perché tua cugina non vuole viaggiare con me.”
Rose alzò le sopracciglia fingendosi sorpresa: “Oh, non ci arrivi? Devo riconsiderare il tuo quoziente intellettivo, allora… Vediamo un po’, sei scomparso per tutta l’estate, mi hai mandato solo due messaggi e stupidi meme, non mi hai nemmeno telefonato e io dovrei aver voglia di fare il viaggio con te?”
“Beh, ti sarò mancato!” tentò con quel dannato sorriso sexy. Rose, però, si scoprì insensibile a quel fascino, Scorpius ghignava accanto a lei e Albus le fece un cenno di incoraggiamento. Incrociò le braccia e sostenne lo sguardo di Karl: “Per nulla! Sparisci e torna dai tuoi amici!”
“Hai sentito Rose?” domandò Louis, seguito da James, Albus e persino Scorpius si alzò. Imitarono la postura di Rose incrociando le braccia e Jenkins fu costretto a indietreggiare. Dietro di lui, Andrew McLaggen arrivò: “Cosa mi sono perso?”
“Niente,” esclamò James.
“Vieni, Andrew, ti abbiamo tenuto il posto,” disse Louis facendogli segno di entrare. McLaggen si scambiò uno sguardo con Jenkins che andò via borbottando qualcosa. Rose, in quel momento, si sentì sollevata dal pensiero di non averci più nulla a che fare.

 
***

 
“Possiamo approfittare del viaggio per decidere il modo in cui batteremo Serpeverde,” disse James lanciando un’occhiata divertita ad Albus.
“Puoi provare a battere la mia Casa a Quidditch, James, ma Serpeverde avrà onori a scuola, grazie a me e Scorpius.” Albus ribatteva scambiandosi sguardi complici con Malfoy che assisteva cercando di camuffare il suo imbarazzo. James ghignò. Era rimasto sorpreso dalle capacità di suo fratello nel salvare il mondo e aveva dovuto dirsi che, sebbene fosse finito a Serpeverde e fosse amico di un Malfoy, non era poi così male. Si erano avvicinati molto nell’ultimo anno, lui e Albus. James aveva scoperto che lui e suo fratello non erano opposti, come aveva sempre creduto, ma complementari, perché si completavano a vicenda e se James era un asso del Quidditch, Albus era riflessivo e amava leggere. Aveva seguito i suoi consigli di lettura ed era rimasto sorpreso dallo spirito di osservazione di Albus, del modo in cui sapesse leggere dentro le persone. Era stato lui il primo a fargli notare che Anne Thomas aveva un debole per lui.
Non fece in tempo a pensare ad Anne che la porta dello scompartimento si aprì e lei comparve insieme a Ruth Baston e Sarah McDonald.
“Ruth!” esclamò Louis, felicissimo di vederla, “Oh, Capitano! Mio Capitano!”
“Piantala, Weasley!” esclamò incrociando le braccia e riportando l’ordine come avveniva anche durante gli allenamenti, quando Louis si lanciava nelle lodi del loro capitano facendo ridere a crepapelle Andrew e l’intera squadra. Ruth superò tutti loro e raggiunse Andrew per dargli un bacio a fior di labbra.
“Ora che la squadra di Quidditch di Grifondoro è completa, possiamo iniziare a programmare la strategia per il prossimo campionato.” James si alzò per dare un bacio ad Anne, Ruth ne approfittò per rubargli il posto e intrecciare le sue dita a quelle di Andrew. “Grazie, Potter, per aver ceduto il posto al tuo capitano, lo apprezzo molto,” gli disse divertita. “Ma quelli non sono Albus e Scorpius di Serpeverde?” domandò scettica.
“Sì, ma possiamo fidarci. Sono talmente estranei al Quidditch che se anche provassero a riferire i nostri schemi a Serpeverde non verrebbero creduti…” disse James.
“Più che altro è impossibile riuscire a ricordarli,” precisò Scorpius. Albus annuì: “Dopo cinque anni in questa scuola fatichiamo a ricordare i ruoli.”
“E le palle, come si chiamano? Buffa?” domandò Scorpius.
Rose alzò gli occhi al cielo: “Pluffa! Si chiama Pluffa e, per la cronaca, non siamo tutti, manca Hugo!”
“Va beh, ma Hugo è una recluta, lo aggiorneremo,” disse James pragmaticamente, “Voglio iniziare a progettare il campionato non solo perché è il nostro ultimo anno, ma anche perché Corvonero lo scorso anno ha fatto entrare quei nuovi Battitori che ci hanno messo in difficoltà.”
“Per non parlare di Frederiks e Bowker di Serpeverde,” aggiunse Ruth. Il viaggio trascorse pianificando nel dettaglio l’intero campionato di Quidditch, ricordando i punti di forza e quelli di debolezza delle altre squadre e quando arrivarono alla stazione di Hogsmeade erano certi che quest’anno la Coppa del Quidditch sarebbe stata di Grifondoro. Continuarono la conversazione dividendosi tra le carrozze mentre una pioggia sottile accoglieva il loro ritorno a scuola.
“Ah, il sublime clima scozzese!” esclamò Louis stendendo un braccio attorno alla spalla di Sarah che ridacchiava. Sarah spostò la treccia castana e domandò: “Ti era mancato?”
“Ah, non puoi capire quanto!” scherzò. Ruth e Andrew ridacchiavano tra loro e si scambiavano dei baci.
“Capitano, basta amoreggiare!” la rimproverò Louis che non perdeva occasione per vendicarsi di tutte le volte in cui Ruth aveva tentato di riportare l’ordine nello spogliatoio.
“Louis, piantala,” disse Andrew.
“Scusa, McLaggen, sono il Caposcuola devo far rispettare il decoro qua dentro!”
James scoppiò a ridere, seguito da Anne, da Ruth e tutti gli altri. Nessuno riusciva a prendere sul serio la pretesa di Louis di mantenere l’ordine. James vide Hugo e Lily raggiungerli e prendere il posto di Albus e Scorpius che raggiunsero il tavolo dei Serpeverde per il banchetto di inizio anno.
“Rose!” esclamò Hugo arrivando trafelato insieme a Lily.
James li osservò divertito e domandò: “Cosa avete combinato voi due?”
Lily scosse la testa e trattenne una risata: “Noi niente, ma Lorcan e Lysander sono spassosi!”
“Sì!” esclamò Hugo, “Hanno portato uno Snaso!”
“Cosa?” domandò Rose con la sua posa da Prefetto, “Ma sono ammessi soltanto gufi, gatti, rospi e topi! Il regolamento della scuola non ammette nessuno Snaso!”
“Glielo abbiamo detto,” puntualizzò Lily, “Anch’io volevo portarmi una Puffola Pigmea come quelle che vendono zio George e zio Ron ma la mamma ha detto che non potevo.”
“Chissà dove finiranno!” si domandò James ad alta voce. Lily gli raccontò: “Lorcan ci ha detto che Luna e Rolf hanno scommesso: secondo Luna finiranno come lei a Corvonero, mentre secondo Rolf, seguiranno la tradizione degli Scamander e finiranno a Tassorosso.”
Il professor Chambers, Direttore di Corvonero e Vicepreside interruppe le chiacchiere entrando nella Sala Grande e guidando gli studenti del primo anno lungo il corridoio. Il vociare degli studenti calò immediatamente mentre il Cappello Parlante e lo sgabello venivano posti in fondo alla sala, sotto il tavolo degli insegnanti e proprio di fronte il posto della preside che osservava le operazioni interessata. Quello sarebbe stato il settimo Smistamento a cui James avrebbe assistito, anche se il primo lo aveva vissuto in prima persona e non era certo di poterlo conteggiare. Intravide Lorcan e Lysander tra la folla di primini e li indicò a Hugo che era seduto accanto a lui.
Il Cappello Parlante ricordò le virtù delle quattro Case di Hogwarts e per fortuna non intravide alcun pericolo all’orizzonte. James ascoltava con grande interesse le canzoni del Cappello Parlante, visto che il primo anno aveva predetto guai che puntualmente erano arrivati, quest’anno parlava di speranza e cooperazione, di nuove amicizie e accoglienza.
Il professor Chambers chiamò: “Scamander, Lorcan!” Posò il Cappello Parlante sulla testa di Lorcan e lo si sentì annunciare: “Corvonero!” Il tavolo di Corvonero eruppe in un applauso.
Subito dopo, il vicepreside chiamò: “Scamander, Lysander!” James vide Lysander avvicinarsi timoroso al Cappello Parlante, passarono alcuni secondi di attesa, il Cappello stava parlando con Lysander e lo si sentì esclamare: “Tassorosso!”
Dal tavolo di Corvonero Lorcan sembrò sorpreso della scelta, Lysander invece sorrideva mentre si incamminava verso il tavolo di Tassorosso che festeggiava. James notò che i due gemelli si salutarono scambiandosi un sorriso.
“Beh, almeno adesso non si confonderanno,” disse Hugo, “il Cappello Parlante è stato molto furbo, loro due per tutto il viaggio hanno parlato di studiare la metà delle cose e poi scambiarsi alle interrogazioni, ma se sono in Case diverse non lo potranno fare!”
James scoppiò a ridere scuotendo la testa. “Certo che per noi Grifondoro è un vantaggio avere gli Scamander in due Case: faranno perdere un sacco di punti sia a Corvonero che a Tassorosso! La Coppa delle Case ce la giochiamo noi e Serpeverde quest’anno, quindi vinceremo noi!”
“Ci puoi giurare, James!” disse Louis ingerendosi. “Sto morendo di fame!”
La preside, Minerva McGranitt, batté le mani e le tavole si riempirono delle prelibatezze del banchetto di inizio anno.
“Beh, buon appetito!” esclamò James prendendo una salsiccia. Louis si servì una doppia porzione di pasticcio di carne, patate al forno, pisellini saltati nel burro e poi ancora salsicce e arrosto.
“Zia Fleur non cucina?” domandò Hugo, sorpreso dalla fame del cugino.
“Mia mamma è fissata con la cucina francese,” disse Louis parlando con la bocca piena mentre Sarah e Anne facevano una smorfia disgustata per lo spettacolo che offriva. James lanciò uno sguardo a Rose e la vide parlare in modo concitato con Polly Chapman, la sua compagna di dormitorio, sicuramente le stava raccontando di Karl Jenkins che continuava a guardare Rose con l’aria da cane bastonato.
“Ma la cucina francese di zia Fleur è buona!” obiettò Hugo.
“Sì, ottima, ma non ne posso più di mangiare pesce, mi mancavano le cucine di Hogwarts. È un mese che sogno di mangiare il pasticcio di carne della scuola!” Louis aveva un’espressione tanto estasiata che sembrava voler baciare i piatti.
James si scambiò uno sguardo con Sarah e le disse: “In questo momento ama più la cena di te.”
“Puoi dirlo forte,” confermò Louis mentre Sarah scuoteva la testa sconsolata. “Bene, Louis, penso che potrai pomiciare con le salsicce più tardi…” lo punzecchiò. “Credo che me ne andrò direttamente in dormitorio non appena finisce il banchetto. Anne, mi segui?”
“Assolutamente sì, i ragazzi sono così stanchi del viaggio, vorranno parlare di Quidditch e cibo, io preferisco sistemare il baule.”
“Ma cosa c’entro io?” domandò James ad Anne.
“Solidarietà femminile, Potter,” ridacchiò, “Non sei poi così diverso da Louis.” James fece finta di essere colpito al cuore e affondato mentre strappava una risata ad Anne che nel corso dell’estate era diventata ancora più bella.
“Tu hai portato il telefono?” domandò Sarah ad Anne che scosse la testa. “No, è inutile, non funziona né qua né a Hogsmeade, la magia è troppa. L’ho lasciato a casa.”
“Io l’ho portato per usarlo come macchina fotografica e per fare i video,” disse Sarah, “Sarà divertente.”
“Lo sai che lo Statuto di Segretezza ci vieta di diffondere le immagini del mondo magico, vuoi finire nei guai?” la rimproverò Louis. “Pensa se qualcuno ti hackera il telefono e diffonde i video di una partita di Quidditch, la McGranitt ha fatto un incantesimo protettivo e rende i telefoni non funzionanti nemmeno per le foto o i video.
Sarah gli rivolse un sorriso furbetto: “Lo vedremo, Weasley, lo vedremo.”
Dopo due porzioni di torta, furono pieni come uova e pronti per andare a dormire. Hugo sbadigliava vistosamente, i Prefetti Rose e Karl e il Caposcuola Louis iniziarono a controllare gli studenti ma furono interrotti dalla Professoressa McGranitt che battendo le mani richiamò le attenzioni di tutti i presenti.
“Prima che andiate a dormire desidero darvi alcuni annunci,” esordì. Il silenzio scese immediatamente nella Sala Grande. “Innanzitutto, benvenuti ai nuovi studenti e ben tornati a tutti gli altri. Questo sarà un anno molto speciale a Hogwarts. Dopo moltissimi anni, la nostra scuola ospiterà una nuova edizione del prestigioso Torneo Tremaghi.”
Un mormorio di eccitazione pervase tutti i tavoli. La Preside mosse la mano facendo cenno di far silenzio e continuò: “Non tutti sanno che il Torneo Tremaghi è una delle più famose competizioni magiche tra le scuole di Hogwarts, Beauxbatons e Durmstrang. L’ultima edizione è stata funestata dal ritorno di Lord Voldemort, come alcuni di voi sapranno, e visto che lo scorso anno la figlia segreta, Delphini Riddle, è stata arrestata ed è attualmente detenuta ad Azkaban, abbiamo deciso di rinsaldare lo spirito delle scuole e la cooperazione internazionale dei maghi affinché la pace possa durare.” La preside fece una pausa, si soffermò per un istante ad osservare gli studenti che ascoltavano silenziosi, poi continuò con la spiegazione. “Il Torneo Tremaghi è una competizione molto difficile e, visto che nel corso dei secoli il tributo di morti è stato elevato, il Ministero della Magia ha stabilito che potranno partecipare solo gli studenti che hanno compiuto diciassette anni.” Un mormorio di delusione serpeggiò tra i tavoli, alcuni studenti esclamarono “Non è giusto!”. James, Louis e Andrew si scambiarono un sorriso.
La Preside fece cenno di far silenzio e proseguì: “Il giorno di Halloween arriveranno le delegazioni dalle scuole di Durmstrang e Beauxbatons e mi auguro che sarete accoglienti e gentili con gli studenti che ospiteremo.” James notò il modo in cui sospirò, come se dovesse dare un’altra brutta notizia, qualcosa che le costava molto: “In considerazione dello svolgimento del Torneo, il campionato di Quidditch è purtroppo annullato, ma sono certa che vi divertirete ugualmente.”
“Ma non si può annullare il Quidditch!” La voce di Ruth Baston risuonò forte nella Sala Grande dando voce al disappunto di tutti gli studenti.
“Oh, sì, che si può signorina Baston, l’ho appena fatto!” rispose la Preside, “Sono certa che lei e l’intera squadra di Grifondoro riuscirete a divertirvi lo stesso.”
James, Louis, Andrew, Ruth, Hugo, Rose e Anne si guardarono sconcertati. Avevano passato tutto il viaggio a parlare di schemi di Quidditch, a immaginare tutto il campionato, a organizzare gli allenamenti ed era stato tutto inutile perché la Preside aveva sospeso il Quidditch per uno stupido torneo di magia! Alzò lo sguardo verso il tavolo dei Serpeverde e notò che persino Albus e Scorpius sembravano dispiaciuti per quella novità.
Ruth si sporse verso James, Louis e Anne e disse: “Sentite, non mi importa cosa dice la Preside, noi ci alleneremo lo stesso e credo che dovremo iniziare a selezionare delle riserve per la squadra, perché il prossimo anno rimarranno solo Rose e Hugo.”
“Hai sentito la Preside? Il campionato è sospeso!” esclamò Rose spazientita, mentre Louis esclamava: “Che sfortuna, proprio il nostro ultimo anno!” James sospirò. Il nuovo anno iniziava con un piede decisamente sbagliato.
 
 
 
 
 

 
Note:
Ciao a tutti!
Eccomi con un nuovo progetto sulla New Generation.
Mi era stato chiesto di scrivere ancora di Teddy e Roland e io ci ho pensato a lungo, volevo trovare un’idea che mi piacesse e credo di averla trovata.
Ovviamente, il Torneo Tremaghi non è un’idea originalissima di per sé, ma spero che sia originale lo svolgimento, visto che avremo personaggi conosciuti in Ghosts from the Past anche nelle delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons.
Questa storia si pone come sequel di Ghosts from the Past, ma ne è completamente autonoma e non serve averla letta. I riferimenti che Teddy fa al suo ultimo anno è solo un riferimento a quanto accaduto in quella storia, ma finisce qui. Non ci sono altri legami, i personaggi li imparerete a conoscere in questa storia in modo autonomo.
Per i nuovi lettori: Roland Lestrange e i suoi fratelli, Rodolphus e Rabastan, sono i figli di Rodolphus Lestrange e della sua seconda moglie Alexandra Turner. Lei ha avuto un figlio anche da Barty Crouch Jr, prima che partisse per impersonare Moody, Orion Regulus Crouch che lavora nell’Ufficio Misteri. Rabastan, invece, lo incontrerete più avanti.
Accanto agli “adulti” come Teddy, Victoire, Roland e i fratelli, seguiremo le avventure di James Sirius, Louis, Rose, Albus, Scorpius, Hugo, Lily, e i gemelli Scamander che ho deciso di separare lasciandomi ispirare dalle gemelle Patil. Sono super emozionata perché non ho mai mosso personaggi come Rose, Albus e Scorpius e spero che vi piaccia quello che ho in mente per loro. (ehehehhe)
In Ghosts from the past James, Louis e Andrew figuravano come bambinetti del primo anno, adesso li ritroviamo al settimo anno, cresciuti e diventati degli ometti (lacrime da mamma commossa).
Vorrei riuscire ad approfondire tutte le dinamiche delle storie e le relazioni tra i personaggi, soprattutto perché ho un’idea del plot, di cosa deve succedere e come finisce la storia, ma non ho fatto la scaletta precisa dei capitoli, anche perché non tutti i personaggi sono entrati in scena.
Magari più avanti vi saprò dare più info. Nel frattempo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Come sempre, per qualsiasi commento, domanda, sclero, non esitate a scrivermi!
Alla prossima,
Sev

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Capitolo 2
*** Incertezze iniziali ***


Capitolo 2 - Incertezze iniziali


 
Hogwarts, 1 settembre 2021


Scorpius era in ansia.

Non che fosse una novità, ma non era mai capitato che quello stato d’ansia sopraggiungesse prima della fine del banchetto di inizio anno. Insomma, solitamente l’arrivo a Hogwarts era un momento di gioia, persino per lui che si rivedeva con Albus dopo un’estate trascorsa lontano. Stava percorrendo i corridoi seguendo la corrente di Serpeverde diretti alla sala comune e Albus gli camminava al fianco, come sempre.

“Che succede, Scorpius?”

Sospirò. Non voleva preoccupare Albus, erano solo sue sciocche paranoie, e probabilmente nessuno degli scenari che il suo cervello gli raffigurava si sarebbe realizzato. Decise di attuare un percorso inverso rispetto al solito e lasciarsi convincere da Albus che tutto sarebbe andato bene. Guardò il suo migliore amico e si soffermò sugli occhi verdi, luminosi anche nella penombra dei sotterranei.

“Tu come la vedi la sospensione del campionato di Quidditch?” domandò cautamente.

“Credevo che a noi il Quidditch non interessasse…” si limitò a rispondere con una scrollata di spalle. Scorpius sorrise per quell’affermazione così spensierata, testò ancora di più il terreno: “Sì, ma questo significa che l’intera squadra di Quidditch, tra cui Fredericks e Bowker, saranno sempre in sala comune…”

Albus alzò le sopracciglia a quell’affermazione e un sorrisetto furbo incurvò le sue labbra: “Credevo che avresti pensato subito che Rose non sarà più impegnata con gli allenamenti… Insomma, hai sentito il piano di allenamenti che Ruth e James avevano organizzato.”

Le labbra di Scorpius si incurvarono in un sorriso. Era così abituato a cercare di non pensare a Rose che, in effetti, aveva finito per non pensarci. Eppure, l’ultima estate era stata diversa. Non solo perché suo padre aveva permesso a lui e Albus di vedersi, e un Potter aveva messo piede al Malfoy Manor su invito, ma persino Rose si era unita a loro e aveva iniziato a rivolgergli la parola negli incontri a casa Potter che erano succeduti a quel primo incontro nel Wiltshire.

Arrossì nel confessare ad Albus: “Non ci avevo pensato!”

Albus ridacchiò, le mani in tasca e un sorriso obliquo sul volto: “Perdi colpi, amico mio! Qualcuno penserà che non ti importi più tanto di lei…”

“Oh, no! Rose è fantastica!” si affrettò a chiarire, “Meravigliosa! E sono felice che abbia iniziato a parlare con entrambi, ma… insomma, non sono ancora abituato a pensare di poter sperare di trascorrere del tempo con lei.” Scorpius sentì di essere diventato rosso fino alle punte dei suoi capelli, tanto che avrebbero potuto scambiarlo per un Weasley. Albus al suo fianco rideva di gusto, gli diede una pacca sulla spalla esclamando: “Non preoccuparti, non le faremo sapere che non è stata il tuo primo pensiero.”

“Sono stato distratto dalla paura di diventare il bersaglio della squadra di Quidditch di Serpeverde… Insomma, ti ricordi quando al secondo anno avevano proposto di accoglierci in squadra come bersaglio per i Bolidi?”

Albus sembrava più tranquillo, sicuro di sé, come se nell’ultimo anno fosse improvvisamente cresciuto e avesse smesso di angosciarsi per qualsiasi cosa. Persino il rapporto con suo padre e il resto della sua famiglia sembrava migliorato, come se tutti avessero finalmente accettato la natura Serpeverde di Albus.

Il resto della scuola, tuttavia, la pensava diversamente, e le voci sul Potter sbagliato e il figlio di Voldemort non erano cessate del tutto. Certo, dopo quanto accaduto con Delphini Riddle avevano smesso di tormentarli, ma Scorpius aveva sentito chiaramente qualcuno nei corridoi dire: “Se Voldemort ha avuto una figlia, chi ce lo dice che non ce ne siano altri in giro? Insomma, una l’affidi ai Lestrange, l’altro ai Malfoy. E dopo che lei è finita ad Azkaban, chiunque terrebbe un basso profilo, no?”

Quando aveva sentito quelle cattiverie, Scorpius si era detto che non era bastato nemmeno seguire Albus nel tentativo di salvare il mondo magico dal ritorno di Voldemort, quelle voci l’avrebbero perseguitato per sempre. Non importava che quando avevano assistito alla morte dei nonni di Albus per mano di Voldemort, lui e suo padre avevano tremato di paura e, come ogni Malfoy che si rispetti, avevano nascosto l’evidenza.

Nel dormitorio sistemarono le proprie cose e si infilarono il pigiama, stanchi dal lungo viaggio e dalle emozioni del banchetto di inizio anno. Scorpius sedeva sul suo letto, mentre Albus si cambiava, indugiò un po’ troppo con lo sguardo sul corpo esile del suo amico e Albus se ne accorse.

“Che c’è?” gli domandò con un sorriso.

“Hai preso colore.”

Scorpius disse la prima cosa che gli venne in mente, nemmeno lui sapeva perché si fosse soffermato a guardare il petto di Albus. Lo aveva visto cambiarsi un milione di volte e altrettante erano stati in bagno insieme, specie quando rischiavano di fare tardi a lezione, quando Albus non voleva svegliarsi. Eppure, questa volta sembrava tutto diverso.

Albus portò il braccio sullo stomaco per notare le differenze di colore e sorrise: “Hai visto? Questo è frutto delle giornate a Villa Conchiglia da zio Bill! Ho passato una settimana a leggere in spiaggia tutto il ciclo di romanzi che mi hai consigliato!”

“Sembra che tu sia appena tornato dalla Costa Azzurra!” scherzò Scorpius.

“Beh anche tu sei meno pallido del solito,” notò Albus. Finì di infilarsi il pigiama e sedette sul suo materasso con le gambe incrociate e i gomiti appoggiati sulle ginocchia. Scorpius annuì, arrossì al pensiero che anche Albus lo avesse guardato mentre si cambiava. “Con mio padre siamo stati qualche giorno in Cornovaglia dai Lestrange.”

“Siete sempre attratti dal lato oscuro?” scherzò Albus.

“Beh, si sono ammorbiditi di molto, rispetto a un tempo, mi ha detto papà. I nonni sono rimasti in contatto e ogni tanto capita di andare. Ti ricordo che Rabastan è il Capitano di Serpeverde che al secondo anno ci ha difeso da Frederiks e Bowker.”

“Lo so, lo so, non volevo offendere i tuoi amici Mangiamorte…” Albus rideva e Scorpius scosse la testa ridendo in rimando: “Sei un’idiota, Potter!”

“Anche tu, Malfoy!”
 

 
***
 
Hogwarts, 1 settembre 2021
 
La sala comune di Grifondoro era il luogo che per Rose sapeva di casa più di ogni altro luogo. Forse era il calore dei cuscini, la presenza di Hugo, Lily, James e Louis, e naturalmente Polly, che facevano sì che non si sentisse mai sola e che, senza il controllo ministeriale di sua madre, potesse tirare il fiato e respirare.

Era seduta su un divano con Polly Chapman, la sua compagna di dormitorio, nonché migliore amica, intente a raccontarsi le loro rispettive vacanze estive. Polly aveva viaggiato per l’Europa con i suoi genitori. I suoi occhi verdi si illuminavano mentre raccontava dei campi di tulipani in Olanda e dei panorami norvegesi dove, insieme ai suoi genitori, aveva incontrato alcuni maghi esperti di Antiche Rune.

Rose la invidiava, perché la sua estate era stata circoscritta al Devon tra la Tana, Villa Conchiglia, il giardino di casa sua e alcune escursioni per la Londra Babbana. Una volta era stata anche da Scorpius nel Wiltshire, nonostante gli sbuffi di suo padre che aveva dovuto accompagnarla via Metropolvere. Avrebbe voluto viaggiare anche lei, ma sua madre era stata troppo impegnata con il Ministero della Magia perché riuscissero a partire (una delle controindicazioni dell’essere figlia del Ministro della Magia). A quanto pareva, però, gli impegni di sua madre erano volti ad annullarle il campionato di Quidditch organizzando uno stupido torneo di magia a cui lei nemmeno avrebbe potuto partecipare.

La mano di Karl si posò sul suo ginocchio attirando l’attenzione di Rose che spostò lo sguardo da Polly al suo ginocchio. Sbuffò nel vedere Karl seduto per terra, ai suoi piedi, che la osservava con gli occhi da cucciolo. “Parliamo, Rose, ti prego,” la implorò.

“Alzati, Karl, non essere patetico,” sbottò.

“Voglio solo dimostrarti quanto sia dispiaciuto…”

Rose sospirò, lo prese per mano e uscirono dalla sala comune, troppo affollata di sguardi, mezzi sorrisi e orecchie. Avrebbero avuto un’ora prima che scattasse il coprifuoco, così si diressero al primo corridoio sotto la torre di Grifondoro e si sedettero per terra sotto una finestra.

“Rose, mi dispiace non averti chiamato per tutta l’estate. Non so nemmeno io perché non l’ho fatto, forse non sapevo cosa dire, mi sento stupido.”

“Lo sei, Karl, sei un vero idiota,” annuì Rose che venne attratta verso di lui, posò la testa sulla spalla di lui e tornò a inspirare il suo buon profumo. Rose chiuse gli occhi, sentiva ogni resistenza venire meno e lo stomaco fare un leggero sobbalzo.

“Scusami, mi sei mancata,” disse, “sul serio. Non come quell’idiota di William che ogni sera chiamava la ragazza e poi ci provava con ogni tipa che incontrava.”

“William il ragazzo di Polly?” domandò Rose mentre ripensava ai racconti entusiasti di Polly e delle videochiamate con William. L’aveva persino invidiata e si era domandata perché Karl non prendesse esempio dal suo amico. In quel momento, tuttavia, non sapeva se sentirsi più stupida per aver pensato una simile cosa o per essersi arrabbiata con Karl.
“Proprio lui,” annuì Karl, “Io non ti ho chiamata perché sono un’idiota che passava le serate in giardino a sistemare il barbacue e fare sfide di bevute con i ragazzi, ed ero così distratto da non averne nemmeno approfittato. Forse hai ragione, sono proprio un’idiota.”

Rose alzò lo sguardo verso di lui, si scambiarono un sorriso e, prima che se ne rendesse conto, sentì le sue labbra rispondere al bacio di Karl. Non era riuscita a resistere nemmeno la prima sera, pensò con disappunto mentre tremava e accoglieva la lingua di Karl nella sua bocca.

Tornò in sala comune poco prima del coprifuoco, con le guance in fiamme e i capelli scompigliati. Si era controllata durante tutto il tragitto, sapeva di essere in ordine, nonostante l’uniforme si fosse spiegazzata nei tentativi di Karl di infilare una mano sotto la camicetta.

In uno slancio di autocontrollo, Rose si era allontanata, aveva fermato Karl, gli aveva detto che aveva bisogno di tempo e lui doveva farsi perdonare in qualche modo per tutto quel silenzio. Quando emerse dal buco del ritratto, la prima cosa che Rose incrociò furono gli occhi al cielo di James.

“Hai già perdonato l’idiota?” le domandò Louis con una punta di sarcasmo nella voce. Lanciò un’occhiataccia a Karl e gli indicò la strada per i dormitori con l’espressione di chi avrebbe tirato fuori la bacchetta se lo avesse avuto sotto gli occhi ancora a lungo. Karl, tuttavia, non si lasciò intimorire. Era una delle cose che Rose apprezzava più di lui, il fatto che non si facesse mettere i piedi in testa da Louis e James che rischiavano di diventare eccessivamente protettivi nei suoi confronti.

Recuperò un sorriso sfrontato e si avvicinò a Rose prendendole le mani. Le posò un bacio sulla fronte sapendo che lei avrebbe alzato lo sguardo verso di lui, le sorrise e le disse: “Buonanotte, mia dolce Rose.” Si congedò con un baciamano e poi le sussurrò: “A domani.”

Le guance di Rose diventarono ancora più rosse, mentre nello stomaco qualcosa si agitava e una parte di lei la stava implorando di perdonarlo, di riprendere il discorso interrotto lo scorso anno e di smetterla di perdere altro tempo stando lontana da lui. Rose, tuttavia, aveva un’altra parte dentro di sé che le sussurrava di non comportarsi come una patetica ragazzina, di farsi rispettare e di esigere che lui dimostrasse di essere pentito.

“Sparisci,” disse Louis mentre Karl si soffermava a guardarla prima di entrare nel dormitorio. Suo cugino le circondò le spalle con un braccio e la guidò sul divano dove era seduto fino a poco tempo fa con James, Anne Thomas e Sarah McDonald.

“E così l’idiota è tornato…” mormorò James.

Anne guardò il ragazzo e gli posò una mano sul ginocchio: “James, per favore, siete troppo intimidatori. Lasciatela in pace. Sono sicura che Rose ha tutti gli elementi per valutare Jenkins.”

“Siamo preoccupati per te, cuginetta, insomma, lui è un viscido,” intervenne Louis.

“No, Louis, Karl non è un viscido, è solo un’idiota,” disse senza riuscire a nascondere un sorriso.

“Un idiota molto carino,” le concesse Sarah. Louis le rivolse un’occhiataccia e lei disse: “Biondo, occhio azzurro, fisico atletico, no, forse non è per nulla il mio tipo.” Rose sorrise e Sarah l’attirò a sé: “Lascia perdere i tuoi cugini. Sappi che se si comporta male o ti manca di rispetto, ci penseremo noi ad affatturarlo, anche se i tuoi voti ti consentono di affrontarlo senza problemi.”

“Grazie, credo che sia meglio che vada a letto anch’io, è stato un viaggio stancante, e la sospensione del campionato di Quidditch è qualcosa difficile da mandare giù.”

“Non dirlo a noi. È il nostro ultimo anno e credevamo di chiudere in bellezza la nostra permanenza a Hogwarts, e invece…”

“Magari potremo vincere il Torneo Tremaghi!” esclamò James, “Abbiamo l’età per partecipare.”

“Sono prove pericolose. Tuo padre e sua madre,” Anne indicò Louis, “hanno rischiato di essere uccisi durante l’ultimo torneo.”

“Credo che sia il prezzo da pagare per la gloria eterna. Come dici tu, siamo i figli di due campioni Tremaghi. Louis tu che fai?”

“Ovviamente mi iscriverò e ti batterò: mia madre era la campionessa di Beauxbatons e non posso essere da meno.”

“Beh, mio padre era il campione di Hogwarts e ha sconfitto Voldemort.”

“Sì, James, ce lo ricordi sempre. A dirla tutta, Cedric Diggory era il campione di Hogwarts, tuo padre era l’unico iscritto di una scuola che non partecipava e quindi è stato scelto senza alcun confronto. Non c’è prova che fosse effettivamente il migliore.”

“Beh, ha vinto!”

“Sì, ma grazie all’aiuto di un Mangiamorte psicopatico! Facile così! Ti concedo che ha salvato zia Gabrielle…”

Rose osservava il battibecco tra James e Louis, improvvisamente Karl Jenkins sparì come argomento di conversazione e lei fu libera di andare in dormitorio e infilarsi il pigiama.

L’indomani si ritrovò Karl accanto non appena prese posto in Sala Grande per la colazione, sembrava un koala attaccato al suo ramo. “Ti prego, Karl, ho bisogno di svegliarmi prima,” si lamentò allungando un braccio verso la scatola con le miscele di tè.

“Lo so, ma voglio starti vicino e farmi perdonare. Seguiamo le lezioni insieme?” le propose sorridente.

Rose l’osservò scettica e concesse: “Solo se me le farai seguire effettivamente. Se inizi a distrarmi ti rispedisco dai tuoi amici. Quest’anno abbiamo i G.U.F.O. e non intendo rimanere indietro già al primo giorno.”

“D’accordo, farò il bravo.” Le posò sulla guancia un bacio che sapeva di succo di zucca e bacon. Rose sorrise e si disse che, dopo tutto, non le dispiaceva averlo così vicino. Hugo arrivò con i capelli arruffati e osservò perplesso Jenkins.

“Alla fine ti sei fatto perdonare, eh?”

Karl esclamò: “Tua sorella è una strega magnanima e di buon cuore.”

“Si vede che non la conosci bene…” mormorò Hugo poco prima che la Sala Grande venne invasa dal rumore del frullare di ali di gufi, civette e barbagianni. Un allocco planò sopra la testa di Hugo lasciando una lettera dalla busta rossa. Rose trattenne le risate e prese per mano Karl mentre Hugo si domandava: “E adesso cos’ho fatto per meritarmi una Strillettera?”

“HUGO WEASLEY GRANGER!! HAI LASCIATO UNA SCIA DI DISORDINE CHE DALLA TUA STANZA HA INFESTATO IL RESTO DELLA CASA COME CACCA DI TROLL!! SE NON TI DAI UNA REGOLATA, PASSERAI LE VACANZE DI NATALE IN PUNIZIONE!!”

Hugo si scompigliò i capelli divertito, scrollò le spalle in direzione di Karl e gli disse: “Poco male. C’è il Torneo Tremaghi, la mamma dovrebbe sapere che non torneremo a casa per Natale per via del Ballo del Ceppo!”

Rose alzò gli occhi al cielo sconsolata. “Sei il solito senza speranze…”

“Ma tu non potevi avvisarmi?” le domandò Hugo mentre dava fuoco alla Strillettera.

“Che sei un Troll che dissemina schifezze in giro per casa? Dovresti saperlo, oramai, e poi, come mi hai detto lo scorso anno, non sono tua madre, quindi ho lasciato che fosse mamma ad avvisarti.”

“Te l’ho detto che è senza cuore!”esclamò Hugo a Karl strappandogli una risata, “Altro che strega magnanima!” Infilò in bocca una fetta di pane tostato con burro e marmellata e venne raggiunto da Lily con la sua cascata di ricci rossi, seguita dalle sue amiche Claire e Alyson.

La professoressa Robins, Direttrice di Grifondoro, passò dal loro tavolo distribuendo gli orari delle lezioni. Rose vide che alla prima ora aveva Erbologia con Serpeverde.

“Signorina Weasley, lei e il signor Jenkins fareste meglio ad avviarvi verso le serre se non volete arrivare in ritardo a lezione.” Rose annuì al consiglio della sua Direttrice e si avviò insieme a Karl in direzione delle serre. Lungo il tragitto incontrarono Albus e Scorpius. Quei due li osservavano con il sopracciglio alzato. Karl le domandò: “Anche quei due sfigati sanno di quest’estate?”

“Modera i termini, Jenkins,” lo bacchettò Rose, “se non fosse stato per loro avrei trascorso l’estate completamente da sola. Anzi, credo proprio che potremo dividere il tavolo insieme a loro. Neville ci fa sempre lavorare a coppie.”

Il sorriso obliquo che comparve sul volto di Albus le strappò una risatina. Scorpius le si affiancò sussurrandole sottovoce: “Sei perfida, Rose, sei sicura che non staresti meglio a Serpeverde?”

“Non mi provocare, Malfoy, sono un Grifondoro e non ho paura di usare gli artigli!”

 
***
 
Londra, domenica 5 settembre 2021

 
La settimana si era trascinata lentamente. Gli studenti erano partiti per Hogwarts senza incidenti e, a quanto riferivano i colleghi francesi e quelli scandinavi, lo stesso era avvenuto con gli studenti delle altre scuole. Teddy aveva tirato un sospiro di sollievo e l’idea di trascorrere l’anno a Hogwarts con Victoire e rivedere i suoi cugini preferiti era qualcosa in grado di fargli tornare il sorriso.

Sentì il corpo di Victoire stiracchiarsi e rotolare su un fianco vicino a lui. “Buongiorno,” le sussurrò. Lei rispose con un mugolio pigro, la sua testa si infilò nell’incavo della spalla e il braccio leggero di lei circondò il suo petto. Teddy sentì il corpo nudo di lei sotto il cotone sottile della camicia da notte, le posò un bacio sulla fronte e sospirò.

“I miei ci aspettano per pranzo,” gli disse mentre lui era impegnato a sollevarle la camicia da notte.

“Abbiamo un po’ di tempo, no?”

“Se saltiamo la colazione, sì,” ridacchiò Victoire agitandosi sotto le lenzuola. Teddy le morse il collo mentre saliva su di lei, “ma io qui ho un delizioso croissant!” Le strappò una risata, cui seguirono baci, carezze e sospiri che presto divennero gemiti di piacere. Continuarono sotto la doccia e si prepararono con delle espressioni fin troppo sorridenti.

“Mio padre alzerà gli occhi al cielo se ti presenti con i capelli rosa,” ridacchiò Victoire.

“È il colore della felicità, lo sai, e del romanticismo, e io ti amo immensamente. Dovrebbe essere felice di sapere quanto sua figlia è amata.”

“Sì, teoricamente lo è, ma diciamo che non ama avere troppi dettagli.” Victoire si fiondò di nuovo sulle sue labbra poco prima di infilarsi nel camino diretti a Villa Conchiglia.

Quando comparvero nel salotto di Villa Conchiglia, Teddy fu invaso dai ricordi dell’infanzia. Dopo Grimmauld Place, abitata da zio Harry, Villa Conchiglia era il posto che più di tutti sapeva di casa, di estate e di felicità. Fleur e Bill andarono loro incontro sorridenti, abbracciarono sia lui che Victoire mentre Dominique e Albert fecero capolino dalla cucina.

“Dodò!” Teddy le andò incontro per salutarla. “Cosa si dice al San Mungo? Sai che abbiamo arrestato Goyle?”

“Abbiamo letto sulla Gazzetta del Profeta, Vic, grazie per la tua operazione! Adesso le corsie stanno tornando ad essere gestibili,” disse Albert Goldstein, l’ex Corvonero che frequentava Dominique dai tempi di Hogwarts e che era spuntato dal salotto.

Entrambi avevano intrapreso l’Accademia di Medimagia del San Mungo e adesso, oltre a due Auror, in famiglia potevano contare ben due Guaritori e due dipendenti della Gringott. Durante le cene di famiglia si scherzava sul fatto che anche Louis un giorno si sarebbe sposato con una collega, come suo padre e le sue sorelle.

Victoire alzò gli occhi al cielo mentre si lasciava cadere sul divano di casa in un modo poco elegante. “Ne parliamo a tavola, magari,” la riprese Fleur facendole segno di andare in sala da pranzo. Era il suo modo per farle notare di essere arrivata quasi in ritardo. La madre di Victoire era riuscita ad eliminare ogni residuo di francese grazie al corso di teatro a cui si era iscritta con Bill lo scorso anno e ogni volta che si incontravano la sua pronuncia migliorava notevolmente.
Teddy sapeva che Fleur amava che qualcuno notasse i suoi sforzi così le sorrise: “La tua pronuncia è sempre più impeccabile!”

“Oh, merci cherie!” cinguettò allegra mentre guidava la famiglia in sala da pranzo. Victoire gli lanciò un’occhiata e Teddy si strinse nelle spalle, non riusciva a trattare Fleur con lo stesso distacco che si dovrebbe mantenere con la suocera, per lui era stata come una seconda o terza mamma, insieme a nonna Andromeda e Ginny. Fleur sapeva di infanzia, di gelati dopo una nuotata e di pesce grigliato nelle sere di estate. Sarebbe stato fuori luogo iniziare a trattarla diversamente solo perché aveva sposato Victoire. Lo stesso valeva per Bill, anche se il loro rapporto era cambiato da quando Teddy si era affacciato all’adolescenza. Forse Bill si era accorto di quanto stesse mutando il legame tra Teddy e Victoire e la gelosia verso la sua bambina lo aveva indotto a mantenere un distacco amichevole, diverso dal rapporto che Teddy aveva con Harry che, insieme a Bill, era la sua figura paterna di riferimento.

Intorno a quella tavola candida, Teddy rivide nonna Andromeda, si abbracciarono e finirono seduti vicini. Bill versò il vino a tutti i commensali, decisamente maggiorenni, e Teddy levò il calice per un brindisi: “A Victoire che ha messo fine al traffico di pozioni illegali!”

Si scambiarono un sorriso complice, Victoire alzò gli occhi al cielo e spiegò: “Non è tutto merito mio.”

“Sì, certo, la squadra,” la interruppe Bill, “Sei troppo modesta! Goditi questo momento!”

“No, non posso perché se Roland Lestrange non ci avesse detto che Goyle tagliava le pozioni con la Belladonna, beh, a quest’ora le corsie del San Mungo sarebbero piene di avvelenati.” Victoire guardò la sorella e aggiunse: “Ci ha detto che collabora con il San Mungo.”

“Sì, è vero, ci sono pozioni che noi non possiamo preparare da quando zia Hermione ha messo la stretta alle Arti Oscure, alcune hanno ingredienti proibiti, altre diminuiscono la sofferenza del paziente, e Lestrange è il migliore a cui rivolgersi.

Del resto, sua mamma è una Turner…” Dodò annuiva mentre Albert raccontava della collaborazione di Roland con l’Ospedale San Mungo. “Ovviamente cerchiamo di coinvolgerlo il meno possibile, ma ci sono dei momenti in cui il suo intervento è necessario. Speriamo che questo giro di avvelenati finisca e che possiamo tornare alla solita e vecchia routine.”

“Aspetta a dirlo, non sai l’ultima novità di zia Hermione…” disse Victoire.

Bill strinse il bordo del tavolo preparandosi al peggio, ma Teddy anticipò la moglie: “Vuol dirvi che Hogwarts quest’anno ospiterà il Torneo Tremaghi.”

“Sacrebleu!” sfuggì a Fleur. Bill e Fleur si scambiarono uno sguardo ed entrambi esclamarono: “Louis!”

“Beh, non avete nulla da temere,” disse Teddy, “zia Hermione vuole che io e Vic, insieme ad altri colleghi del Ministero, trascorriamo a Hogwarts tutto il periodo del torneo per evitare che si ripropongano incidenti simili a quelli dell’ultima volta. Nessun mago oscuro si infiltrerà tra le mura di Hogwarts.”

“Nessuno a parte Roddie Lestrange…” lo corresse Victoire.

Teddy sospirò: “Sì, ma dai, lui lavora all’Ufficio Cooperazione Magica Internazionale, non ha nessuna voglia di tornare a Hogwarts e di sicuro non vorrà boicottare il torneo.”

“Da quando sei diventato amico dei Lestrange?” lo provocò Dominique. Teddy sorrise divertito da quella provocazione, mentre sua nonna si era irrigidita nell’udire quel cognome. “Diciamo che ho imparato a non partire prevenuto. Da qui ad esserne amico ce ne corre.” Andromeda allungò una mano sulla sua in segno di approvazione. “Nonna, non preoccuparti.”

“Invece, Rabastan che fine ha fatto?” domandò Albert, “Frequentava il tuo anno, vero, Dodò?”

Dominique annuì mentre mandava giù il filetto di orata. Spostò gli occhi azzurri verso il suo ragazzo e disse: “Dalle voci che circolano tra i compagni di scuola, pare che dopo i M.A.G.O. sia scomparso dalla circolazione.”
 

 
***

 
Rodolphus era in sala da pranzo con sua madre quando Polly interruppe i loro discorsi avvisando che la signorina Yaxley era arrivata. Le andò incontro sorridente: “Alex, tesoro!”

“Roddie!” esclamò felice, poi si voltò verso la mamma e accennò un inchino, “Madame Lestrange, grazie per la disponibilità!”

“È un piacere, cara! Ti stavamo aspettando, ho preparato la sala da pranzo.” La mamma li precedette rientrando in sala in modo da dare il tempo al figlio di salutare la fidanzata. Roddie rimaneva sempre colpito dalla discrezione con cui sua madre cercava di evitargli ogni imbarazzo. Certo, i suoi fratelli si divertivano a sottolineare che la mamma facesse il tifo per lui perché replicava la sua storia d’amore, ma erano solo sciocchezze: lui e Alex non avevano nulla in comune con la mamma e il papà. Ad esempio, lui non era stato ad Azkaban e non c’era stato alcun matrimonio con una pazza come Bellatrix.

Incrociò gli occhi di Alexandra e si scambiarono un bacio veloce prima di raggiungere la mamma in sala da pranzo.

“Roddie mi ha detto che intendi organizzare un… brunch con le amiche, giusto?”

“Sì, esatto, stavo valutando l’apparecchiatura e volevo una tua opinione in merito.”

Sua mamma si emozionò nel sentire quella richiesta: “Ti aiuto volentieri, anche se temo di non aver mai partecipato a un brunch.”

“È meno formale di un pranzo, l’atmosfera è più rilassata, simile a un thè, però ci sono anche piatti dolci e salati.”

“Tutti insieme?” Roddie ridacchiò nell’osservare le sopracciglia della mamma sollevarsi sorprese mentre Alexandra annuiva.

“Suppongo che converrà apparecchiare come per la prima colazione tradizionale, allora,” disse sua mamma. Agitò la bacchetta e sul tavolo comparve una bella tovaglia bianca con il servizio a fiori coordinato con le tazze. “Per non ingombrare la tavola e lasciare gli ospiti liberi di scegliere cosa preferiscono, ti suggerisco di tenere l’occorrente per il tè e il caffè sul carrello e di servirlo a chi ne farà richiesta.”

“In teoria possono servirsi da soli,” disse Alexandra.

“Oh, Salazar, no, ti prego! Sei tu la padrona di casa, chiedi a un elfo domestico di sovraintendere le operazioni o provvedi tu. Non permettere che gli ospiti si servano da soli!”

“D’accordo.” Alexandra si voltò verso di lui e gli disse: “Lo sapevo che da Mulciber avevano sbagliato qualcosa.”

“Cara, dimentica tutto quello che hai visto dai Mulciber, la povera Eloise da anni inverte il posto del calice del vino rosso e del bianco, non puoi pretendere che la figlia sappia ricevere gli ospiti come si deve.” Roddie ridacchiò scambiandosi uno sguardo divertito con Alexandra. La mamma completò l’apparecchiatura con una composizione di fiori freschi, aggiungendo: “Piccola, mi raccomando, non strafare perché la tavola sarà coperta da pietanze e dovrai consentire agli ospiti di raggiungere i piatti da portata e di posizionarli sul tavolo. Senza dimenticare le tazze di chi prenderà anche il tè e il caffè.”

“Grazie, credo che così sia perfetto. Qualcuno mi aveva suggerito una tovaglia colorata, ma non ero convinta.”

“Oh, no, una tavola immacolata è quanto di meglio ci sia per far sentire gli ospiti a casa!” esclamò convinta.

“Non è ancora l’ora di pranzo!” la voce di Roland li sorprese in sala da pranzo, Roddie si voltò verso il fratello e gli spiegò:

“Stavamo chiedendo una consulenza alla mamma. Alex vuole organizzare un brunch per comunicare alle amiche il nostro fidanzamento.” Roland gli cinse le spalle con il braccio, sorrise ad Alexandra e disse: “E così anche tu fai il grande passo! Vieni di là con papà, ho un sacco di cose da raccontarvi.”

“Tipo che ti hanno fermato gli Auror?” domandò Roddie con un ghigno divertito.

“Oh, ma andiamo, Lupin non si fa mai i fatti suoi! Ma tu come fai a vederlo se stai rinchiuso al Quinto Livello, alla Cooperazione Internazionale?”

Roddie sorrise sornione al fratello: “Prima di tutto, non sono rinchiuso, due, lo dirò a tavola, credo che a breve rivedremo anche Rab. O, almeno, io rivedrò Rab!”

“In che senso rivedrai Rab?” la voce della mamma arrivò alle sue spalle, Alexandra gli fece cenno che avevano finito e la tavola era già pronta per il pranzo. “Andiamo in salone da papà, così vi do la notizia a tutti,” disse Rodolphus guidando il fratello, la mamma e la fidanzata verso il salone di quella che era ancora casa sua. Aveva deciso di attendere il matrimonio prima di andare a vivere con Alexandra, gli sembrava corretto e un gesto di rispetto nei confronti degli Yaxley che lo avevano cresciuto come un figlio.

In salone trovarono il papà intento a chiacchierare con Orion e Sybil, mentre i bambini, Ezra e Alexandra giocavano con il piccolo Rod, il primogenito di Roland e Lucile. Alexandra gli si avvicinò e sussurrò: “Mi sa che abbiamo finito i nomi, dovremo improvvisare…” Roddie sorrise al pensiero che a breve, dopo il matrimonio la prossima estate, probabilmente sarebbe diventato papà come i suoi fratelli. Non vedeva l’ora di iniziare la sua vita con la donna che amava.

Lucile comparve poco dopo e raggiunse il marito, i loro genitori sembravano felici di avere i figli a casa con le rispettive compagne e i nipotini. Ezra, il più grande dei nipotini corse incontro alla nonna con le braccia aperte. La mamma si chinò a prendere il nipotino e riempirlo di baci, mentre anche gli altri nipoti la raggiungevano per avere la loro dose di coccole.

“Tua mamma è sempre così dolce con i bambini! Ricordo che da piccola la adoravo, anche perché non mi trattava da scema come alcune zie e si vedeva che era affezionata a me!” gli sussurrò Alexandra. Roddie sospirò. La mamma era sempre così affettuosa con i bambini perché da piccola aveva avuto una madre anaffettiva e ricordava continuamente quanto un bambino necessitasse di sentirsi amato. Lui era stato fortunato, aveva avuto la madre migliore che si potesse desiderare, e anche il padre migliore, nonostante il mondo li definisse dei criminali di guerra per lui erano i genitori migliori del mondo.

“Qual è la notizia che devi darci, Roddie?” domandò la mamma che era curiosa di saperne di più. Lei aveva sofferto molto quando Rabastan era partito dopo il diploma e quando aveva deciso di trasferirsi dopo che Delphi era stata arrestata.

“Il venti di agosto ho fatto una riunione con il Ministro Granger e Hogwarts ospiterà il Torneo Tremaghi, c’è la probabilità che Rabastan arrivi, no?”

“Ma tu cosa c’entri?” domandò suo padre.

“Il Ministro ha chiesto ad alcuni del Ministero di soggiornare a Hogwarts durante tutta la durata del Torneo Tremaghi, anche per questo motivo con Alexandra abbiamo deciso di sposarci a Lughnasadh e non a Litha, quando sarei ancora impegnato con il torneo.”

“Non potete scegliere un’altra data?” La domanda di suo padre li colse impreparati, si scambiarono uno sguardo sorpreso con Alexandra. Roddie notò che la mamma aveva allungato rapidamente la mano su quella del papà e da quel gesto capì che avevano appena commesso un passo falso rievocando qualche ricordo spiacevole.

“Sì, ma il sabba, i riti…” farfugliò cercando di spiegare perché avessero scelto quella data.

Suo padre sospirò: “Il punto è che Lughnasadh è la data del primo matrimonio di mio padre con la prima moglie, Agatha Yaxley, ed è stato un matrimonio infelice, così come il mio con Bellatrix, celebrato lo stesso giorno. Temo che quel sabba non porti bene alla nostra famiglia. Senza contare tutti gli sfortunati tentativi di unione tra i Lestrange e gli Yaxley. Mi auguro con tutto il cuore che voi possiate mettere fine a questa serie di unioni infelici, proprio perché nessuno di noi ha interferito.”

Roddie sentì la sua fidanzata stringergli la mano e annuire: “Credo che allora ci siano sufficienti indizi per spostare le nozze. Alla fine, non è fondamentale celebrarlo in occasione di un sabba. Possiamo sposarci a luglio, l’effetto di Litha ci sarà ancora e avremo tutta l’estate per la luna di miele, cosa ne pensi?”

“Ha senso. Abbiamo appena finito di vivere sotto il peso di una profezia, non voglio attirarmi altra sfortuna,” sospirò. Alexandra sembrava sollevata, stringeva grata le sue mani, Rodolphus le posò un bacio sulla fronte. “Mi dispiace che dovrò lasciarti i preparativi del matrimonio sulle tue spalle.”

“Beh, credo che chiederò aiuto alle mamme. Alla fine, tu e tua madre la pensate sempre allo stesso modo.”

Quella frase fece scoppiare a ridere Roland e Orion che si sembravano fare uno sforzo incredibile per non partire con il solito repertorio di battute sul suo attaccamento materno. Cosa ci poteva fare se con la mamma c’era sempre stata un’affinità incredibile? Poi, grazie ai suoi consigli stava facendo carriera al Ministero della Magia, ed era certo che avrebbe organizzato un altro matrimonio impeccabile.

 
***
 
Beauxbatons, sabato 4 settembre 2020

La prima settimana di scuola era ufficialmente finita e Philomène Lestrange si trovava nella sala studio intenta a finire il suo tema di incantesimi. Di fronte a lei, Eric Lagrand, il suo ragazzo, lavorava al compito di Divinazione. Il giorno prima, Madame Petit lo aveva rimproverato davanti tutta la classe per aver improvvisato l’oroscopo dando delle risposte incompatibili con il quadro astrale corrente.

Tutti loro sapevano che Eric aveva inventato l’oroscopo perché aveva fatto tardi al club dei duellanti, ma naturalmente quella non era una scusa accettabile da Madame Petit che, per punizione, gli aveva assegnato cinquanta centimetri di tema sul procedimento per la creazione di un oroscopo corretto. Adesso, Eric stava sbuffando tra le carte astrali e il manuale di Divinazione perché avrebbe dovuto consegnare entro sera il suo elaborato. La professoressa, infatti, si era arrabbiata moltissimo per il tentativo (patetico e per nulla convincente) di Eric di spacciare per veri gli oroscopi che aveva redatto, così che aveva avuto solo ventiquattro ore per lavorare al tema.

“Non ne posso più di queste sciocchezze astrali,” sbuffò esasperato.

Philomène scoppiò a ridere e si scambiò uno sguardo di intesa con Nadine, la sua migliore amica che era alle prese con i compiti di Trasfigurazione e cercava di trasformare il suo gufo in uno sgabello, con poco successo, a quanto sembrava.

“Scusate il ritardo, ragazzi, in biblioteca c’era una fila incredibile per prendere i libri e ho dovuto persino litigare con una del sesto anno. Quella stordita non voleva credere che avessi prenotato il libro prima di lei!” Jean Paul si sedette sbuffando al tavolo, alzò lo sguardo verso Eric e gli domandò: “Sei ancora alle prese con Divinazione?”

“Sì, dannazione! Ho quasi finito, se Nadine la pianta con il suo stupido gufo!”

“Va a studiare in biblioteca se vuoi il silenzio, Eric, l’aula studio serve proprio per esercitarsi con gli incantesimi e si può parlare,” ribatté Nadine piccata, il suo gufo fece un verso altrettanto seccato che le strappò una risatina. Philomène allungò una mano su quella di Eric, gli sussurrò: “Porta pazienza, hai quasi finito!”

Madame Fournier, la loro insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, entrò nell’aula studio facendo istintivamente piombare in un silenzio sospeso gli studenti intorno ai vari tavoli. Avvolta nella sua veste blu scura e con i capelli raccolti in uno chignon sotto l’ampio cappello da strega, si avvicinò al tavolo attirando l’attenzione dell’intero gruppo di studio.

“Mademoiselle Lestrange, potrebbe cortesemente seguirmi nell’ufficio della Preside?” Philomène si scambiò uno sguardo con i suoi compagni. Non aveva alcuna idea del motivo per cui la preside volesse parlare con lei, poi le venne un sospettò. La voce le tremò leggermente quando domandò: “È successo qualcosa a Cyrille o a casa?”

La professoressa Fournier le sorrise, le rughe ai lati degli occhi si raggrinzirono un po’ nel gesto, sembrava volerla rassicurare. “No, non è successo nulla di grave, la preside desidera parlarle.”

Non le rimase altro che seguirla nell’ufficio di Madame Maxime. In sette anni a Beauxbatons, Philomène non era mai stata nell’ufficio della preside. Si trovava sul lato principale del palazzo, proprio sopra il portone di ingresso e godeva di una meravigliosa vista sulla fontana d’oro e sui giardini che si aprivano sulla destra. In quel momento, approfittando della bella giornata, si intravedevano numerosi studenti intenti a leggere o passeggiare all’aperto. L’ufficio della preside era sontuoso come il resto del castello, con le pareti di un azzurro pastello intarsiate da decori in oro sul lato delle finestre, mentre il lato interno della sala era decorato da un arazzo magico, dove il blu, l’azzurro e il carta da zucchero erano intrecciati con fili d’oro che rappresentavano gli studenti più illustri della scuola. Perenelle e Nicolas Flamel la salutarono con un cenno del capo a cui Philomène rispose con un inchino.

In fondo alla sala, su una poltrona enorme e dietro un altrettanto imponente scrivania, Madame Maxime la invitava ad accomodarsi sulle poltroncine poste di fronte a lei insieme a Madame Fournier.

“Si starà domandando perché l’ho convocata, Mademoiselle Lestrange…” esordì facendo comparire un servizio da tè per tre accompagnato da un’alzatina di dolcetti. Madame Fournier servì il tè e Philomène prese un delizioso macaron alla rosa.

“Ammetto di essere molto curiosa, preside.”

“Come sai, la nostra Accademia di Magia parteciperà a una nuova edizione del Torneo Tremaghi. La professoressa Fournier mi ha segnalato che non ti sei candidata a far parte della delegazione di probabili campioni che andrà a Hogwarts. Sei una delle nostre studentesse più brillanti. Vorrei sapere se c’è una ragione precisa.”

Philomène spalancò gli occhi sorpresa. Non avrebbe mai creduto che la preside potesse notare la sua mancata candidatura. Posò il piattino con la tazza sul tavolo della preside e recuperò una postura composta. “Vede, preside, temo che trascorrere l’ultimo anno impegnata in un Torneo magico, ancorché prestigioso come il Torneo Tremaghi, possa essere controproducente per la mia formazione. Come sa, dopo la scuola è mio interesse approfondire gli studi di Difesa contro le Arti Oscure e intraprendere il tirocinio per diventare insegnante. Non credo di potermi permettere un anno a Hogwarts.”

Madame Maxime e Madame Fournier si scambiarono uno sguardo, l’una annuì all’altra, come se in qualche modo già conoscessero le ragioni per cui lei non si era registrata tra gli studenti interessati a partecipare al Torneo Tremaghi.

“Mademoiselle Lestrange, le posso assicurare la sua formazione non ne risentirà in alcun modo. Durante l’anno a Hogwarts continuerete a fare lezione con i vostri insegnanti come se foste al castello,” la rassicurò Madame Maxime, “Gli insegnanti che vi accompagneranno copriranno le materie degli insegnanti che rimarranno a Beauxbatons. Madame Fournier, per esempio, oltre a Difesa contro le Arti Oscure vi farà lezione di Cura delle creature magiche, così come Monsieur Girard oltre a insegnare Incantesimi vi farà lezione di Trasfigurazione.”

Philomène guardò Madame Fournier, era la sua insegnante preferita, da giovane aveva insegnato a sua madre e persino suo padre le aveva detto che era molto valida. “Lei andrà a Hogwarts?” domandò sorpresa. Madame Fournier annuì: “Vorrei continuare a curare personalmente la sua preparazione, Mademoiselle Lestrange. Il Torneo Tremaghi è un’ottima occasione per mettere alla prova le grandi capacità magiche che ha dimostrato sinora. Io e la preside siamo convinte che lei è il Campione che potrebbe far vincere il Torneo a Beauxbatons. Come sa, siamo a un punto di distacco da Hogwarts, vorremmo che la nostra Accademia mantenesse intatto il prestigio e, se non dovesse essere sorteggiata come Campionessa, potrà dedicarsi a un programma di approfondimento finalizzato al tirocinio che intraprenderà dopo la scuola.”

Philomène si raddrizzò sulle spalle, sorpresa nell’udire quelle parole. “Mi onora sapere che abbiate tanta stima delle mie capacità magiche…”

“La preside ed io abbiamo cresciuto intere generazioni di maghi e streghe, Mademoiselle Lestrange, sappiamo riconoscere il talento quando lo vediamo. Vede, lei non ha solo la precisione nell’evocazione degli incantesimi, ma ha anche i riflessi pronti e una certa creatività. Sono tutte doti fondamentali per la partecipazione al Torneo Tremaghi.”

“In tal caso, mi fido di voi e accetto di venire, se è ancora possibile unirsi alla delegazione.”

“Naturalmente sì,” disse Madame Maxime alzandosi per darle la mano e congedarla.

Philomène si alzò e strinse la mano della preside, uscì congedandosi da Madame Fournier con un leggero inchino e corse in aula studio a dare la notizia ai suoi amici. Avrebbe dovuto avvisare anche Cyrille e scrivere a casa: papà sarebbe stato orgogliosissimo delle parole che Madame Maxime le aveva rivolto.

Incrociò Eric per il corridoio mentre tornava in aula studio. Philomène gli corse incontro per abbracciarlo ma venne ripresa da Madame Blanche, il ritratto di una dama del Settecento che era – appunto – vestita di bianco. “Contegno, ragazzi!” disse loro il ritratto. Eric le offrì il braccio e passeggiarono per il corridoio tornando in aula studio. Non appena furono fuori dalla vista di Madame Blanche ripresero a camminare normalmente ché se Jean Paul e Nadine li avessero visti passeggiare impettiti in quel modo li avrebbero presi in giro a non finire.

“Hai consegnato il tema a Madame Petit?” domandò Philomène incuriosita.

“Sì, mi ha messo anche Eccellente, sai?” Eric sembrava molto sollevato e soddisfatto del risultato ottenuto. I suoi occhi chiari erano tornati luminosi e sorrideva in un modo che faceva fare le capriole al suo stomaco.

“Alla fine ti va sempre bene!” commentò ridacchiando.

“Cosa voleva la preside?” Philomène gli fece segno di raggiungere gli altri in aula studio ché non aveva voglia di ripetere il racconto più e più volte.

“Cosa ci fa uno sgabello sul tavolo?” domandò Eric guardando Nadine e Jean Paul entrambi si sporgevano sul tavolo a guardare da vicino quell’oggetto.

“È il mio gufo!” esclamò Nadine che, finalmente, era riuscita a eseguire la trasfigurazione e contemplava il risultato soddisfatta analizzando ogni minimo dettaglio alla ricerca di piume o parti di gufo che fossero ancora visibili. Philomène, però, non stava più nella pelle, non riuscì nemmeno a sedersi, così saltellò al lato del tavolo esclamando allegra: “La preside mi ha convocato per convincermi a partecipare al Torneo Tremaghi, ritiene che io abbia le caratteristiche per poter essere la campionessa di Beauxbatons!”

Jean Paul ridacchiò divertito: “Certo, se non fosse che io sarò il campione di Beauxbatons!”

Nadine ed Eric lo smentirono sostenendo, ognuno dei due, di essere il futuro campione di Beauxbatons. Philomène appoggiò le mani sui fianchi e disse: “Beh, suppongo che presto vedremo chi di noi sarà effettivamente il campione della nostra scuola! Devo dirlo a Cyrille e scrivere a casa! Avete visto mio fratello?”

“Sì, è nel salotto del nostro dormitorio.”

“Me lo vai a chiamare?”

“Mandagli un Patronus, no?”

“Per la barba di Flamel quanto sei pigro, Eric!” sospirò Philomène. Tirò fuori la bacchetta ed esclamò: “Expecto Patronum!” La sua fidata poiana prese forma e si librò nell’aria. “Trova Cyrille e digli che la Preside mi ha chiesto di far parte della delegazione di Beauxbatons che andrà a Hogwarts per il Torneo Tremaghi. Chiedigli se vuole venire anche lui in Inghilterra o se preferisce rimanere a scuola.”

Dopo qualche minuto, Cyrille la raggiunse con la sua andatura rilassata e il sorrisetto sornione che aveva ereditato dal papà. “Allora siamo in partenza? Era ora che ti decidessi a partecipare al Torneo Tremaghi, nessuno dei tuoi amici sfigati può competere con te.”

“Attento a come parli, Lestrange,” esclamò quel permaloso di Jean Paul.

Cyrille scoppiò a ridere, scuoteva la testa divertito: “È un dato di fatto, Blanc, è inutile che te la prendi. Devo ricordarti le umiliazioni che Phil ti infligge costantemente al club dei duellanti?”

“Lascia perdere, Cy, lo sai che non sta bene vantarsi. A breve sapremo se la preside e Madame Fournier hanno ragione o no.”





 
Note:
Ho passato un sacco di tempo nel plottare come funziona l'Accademia di Magia di Beauxbatons, le differenze rispetto a Hogwarts, i dormitori, la vita, eccetera, ma ho deciso di provare ad applicare lo show don't tell, almeno ci provo, quindi avrete maggiori dettagli sul funzionamento della scuola quando i nostri amici francesi arriveranno a Hogwarts e conosceranno i corrispettivi inglesi. Nel frattempo, fatemi sapere cosa ne pensate di quanto avete visto.
Nel prossimo capitolo faremo un salto anche a Durmstrang.
Uno dei motivi che mi ha spinto a immaginare questo progetto usando l'idea del Torneo Tremaghi è proprio la voglia di cimentarmi nel worldbuilding delle altre scuole di magia, in modo da offrire qualcosa in più rispetto a quanto già visto/letto in Ghosts from the past.
Spero che l'idea vi possa piacere. 
Per quanto riguarda i nostri eroi inglesi, Rose è un po' confusa, ma del resto, come si può resistere al sorriso di Jenkins?
Per rendere esplicita la composizione del tavolo di Erbologia, vi posto un mini-video che ho realizzato con Karl, Rose, Albus e Scorpius, così vedrete anche i prestavolto che ho in mente. Più avanti magari ne creo altri anche per gli altri personaggi. Lo trovate qui, ho modificato la privacy così dovrebbe essere accessibile anche a chi non è iscritto a Facebook.



Spero che vi piaccia! Non mi dilungo molto e ci vediamo con il prossimo aggiornamento. Come sempre, per commenti, domande o curiosità, io sono a vostra disposizione.
Un abbraccio,
Sev

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Capitolo 3
*** Problemi di cuore ***


Capitolo 3 - Problemi di cuore



Hogwarts, 6 settembre 2021
 
“Te lo ripeto un’ultima volta, Baston, il Quidditch è sospeso.”

“Lo so, professoressa Robins, mi è chiarissimo, ma noi chiediamo l’autorizzazione per allenarci! La squadra non può stare ferma solo perché uno studente parteciperà al Torneo Tremaghi!”

“Gli altri studenti avranno il compito di accogliere e far sentire a casa gli studenti che arriveranno dalle altre scuole, proprio come ha detto la Preside. Cosa non ti è chiaro?” La professoressa Robins, Direttrice di Grifondoro, osservava Ruth con le braccia conserte. L’avevano bloccata subito dopo la lezione di Trasfigurazione, approfittando del fatto che subito dopo avrebbero avuto il pranzo.

Ruth cercò di essere conciliante, seguendo la strategia che tutti loro avevano concordato in sala comune: “Senta, professoressa, gli studenti non arriveranno prima della fine di ottobre. Abbiamo tempo, ci dia il permesso di allenarci e di fare le selezioni. Il prossimo anno la squadra di Grifondoro verrà falcidiata visto che gran parte dei giocatori sono del settimo anno. Vuole che Serpeverde il prossimo anno ci rubi la Coppa delle Case?”

La professoressa Robins sbuffò, smosse nervosamente il caschetto ondulato che portava e James trattenne il respiro. Non sapeva mai cosa attendersi dalla Robins. “E va bene, Baston, mi hai convinta. Potrai convocare la squadra e iniziare le selezioni. Potrete allenarvi fino a ottobre e poi potrete continuare gli allenamenti un pomeriggio a settimana e solo se al Torneo non servirà il Campo da Quidditch.”

Il viso di Ruth si illuminò esclamando: “Grazie professoressa!”

Se c’era una persona in grado di far cambiare idea sul Quidditch alla professoressa Robins e, nel caso, anche alla preside, quella era Ruth Baston. Le imprese di suo padre come Capitano della squadra di Grifondoro erano rimaste nella storia di Hogwarts e persino suo padre, Harry, gli aveva raccontato che era stato Oliver Baston a insegnargli le regole del Quidditch.

“Sei stata grandiosa!” esclamò Louis uscendo dallo studio della Robins, mentre Ruth si stringeva ad Andrew. Avevano vissuto giorni in preda allo sconforto, temevano di non poter mettere mano a una scopa fino a quando non si erano imbattuti in quelli di Serpeverde che stavano andando ad allenarsi al campo come se niente fosse.

Frederiks, il Capitano di Serpeverde, aveva riso loro in faccia dicendo che ogni Capitano era riuscito a ottenere il permesso dal Direttore della propria Casa e tutti avevano fissato il calendario degli allenamenti. Si ipotizzava anche di fare un torneo di amichevoli rinunciando a turno a un giorno al mese, in modo che negli otto mesi di scuola, da ottobre a giugno, si potessero giocare le otto partite, quattro di andata e altrettante di ritorno.

La confessione di Yann aveva convinto Ruth a prendere il coraggio a due mani e affrontare la Robins senza farsi intimorire, immaginando che fosse tutta scena e che alla fine avrebbe ceduto come avevano fatto i suoi colleghi. Avevano prenotato il campo di Quidditch per mercoledì pomeriggio, subito dopo le lezioni. Ruth guardò i suoi compagni di squadra e disse loro: “Mercoledì vi voglio sul campo puntuali. Non accetto giustificazioni.” Si voltò ad affiggere in bacheca l’annuncio per le selezioni nella squadra di Grifondoro. Ricostituire la squadra era un passo essenziale per non lasciare tutto il lavoro a Rose. Avere delle riserve, farle giocare, allenarle e curare il passaggio di consegne era fondamentale. Dovevano preparare Rose a diventare il futuro Capitano di Grifondoro, altrimenti chi avrebbe sentito la McGranitt?

“E così, anche voi Grifondioti ce l’avete fatta…”

La voce di Yann Frederiks arrivò alle loro spalle con quel perenne tono sarcastico che faceva venire voglia di appenderlo al muro o di fargli uno scherzo. Andrew alzò gli occhi al cielo e si scambiò uno sguardo complice con Louis e James. Sistemò gli occhiali per nascondere il suo sorriso e agitò la bacchetta leggermente: uno spiffero d’aria sollevò il cappuccio del mantello di Yann che finì a coprirgli la visuale.

Louis borbottò: “Ma che strane queste correnti d’aria…”

“Già proprio imprevedibili, andiamo, non vorrei prendere un colpo d’aria,” aggiunse James ridacchiando, “uno rischia di rimanere bloccato…” James immobilizzò Yann con un incantesimo paralizzante sussurrando: “Lomotor Mortis!”

Le gambe di Yann si unirono come se una corda le legasse e lo videro perdere l’equilibrio e cadere per terra. Scoppiarono a ridere mentre andavano in Sala Grande per il pranzo. James si scambiò uno sguardo con Andrew, ridacchiavano entrambi. Batterono il cinque, soddisfatti per la lezione che avevano dato a quell’antipatico di Frederiks.

A tavola ritrovarono lo sguardo serio di Ruth: “Sul serio, Potter? Che bisogno c’era di immobilizzare Frederiks?”

“Beh, è sempre antipatico, direi che se l’è cercata.”

“Se non fosse stato per lui, a quest’ora non avremmo saputo che le altre Case avevano avuto il permesso per gli allenamenti né che si stava organizzando un torneo non ufficiale. Non voglio difendere Serpeverde, ma è stato corretto. Più del solito, per lo meno.”

James e Andrew alzarono gli occhi al cielo, Louis ridacchiava dicendo: “Beh, è più il fatto che lui esista e ha quel potere di attirare a sé gli scherzi, sai, quell’aura di finto sarcasmo, come se pensasse di essere figo. Gli abbiamo appena dimostrato quanto è ridicolo.”

James ridacchiò dentro il calice di succo di zucca e incrociò lo sguardo serio di Anne, le sorrise passandosi una mano tra i capelli, ma lo sguardo serio della sua ragazza non passò. “È inutile che fai il cascamorto, Potter,” gli disse, attirando l’approvazione di Sarah.

“Non ho fatto niente, Anne!”

“Lo scherzo a Frederiks? Il modo in cui voi tre vi pavoneggiate per la scuola?”

“Parli come una Serpeverde, Anne, non ci pavoneggiamo. Abbiamo fatto uno scherzo per ridere, tutto qui, i Serpeverde sapranno vendicarsi come hanno sempre fatto, non hanno bisogno del vostro sostegno. O dobbiamo considerare un cambio di campo? Ci stiamo perdendo qualcosa?” James scrutò attentamente Anne. Da quando erano tornati a Hogwarts era cambiata, in qualche modo, era diversa. Si erano scritti per tutta l’estate, un paio di volte si erano anche incontrati a Diagon Alley per un gelato e Louis era riuscito anche a organizzare una giornata al mare approfittando della vacanza francese dei suoi genitori. Aveva invitato lui, Andrew, Ruth, Anne e Sarah ed erano stati cinque giorni meravigliosi. Non riusciva proprio a capire cosa fosse andato storto.

“Non c’è nessun cambio di campo. Sarebbe ora che crescessi e iniziassi a comportarti da persona matura.”

“Matura come Turpin di Corvonero con cui hai iniziato a seguire Incantesimi, forse?” le domandò provocandola. Se Anne pensava che lui non si fosse accorto che aveva smesso sedere con Sarah e aveva cambiato compagno di banco, beh, si sbagliava.

“Sei proprio un cretino, Potter.” Anne si alzò di scatto e si voltò a raccogliere le sue cose.

“Dove vai?”

“Mi è passata la fame.” La videro uscire come una furia e James la seguì con lo sguardo. Proprio non riusciva a capire cosa stesse accadendo. Si scambiò uno sguardo con Louis che era l’osservatore più acuto del gruppo, ma scrollò le spalle senza sapere cosa dirgli. Andrew che, al contrario di loro, era quello che sapeva farci con le ragazze grazie ai suoi occhi da cucciolo, scosse la testa incerto.

James sospirò e si decise a fare l’unica cosa che sarebbe stata controproducente: chiedere alle ragazze. Era certo che Sarah e Ruth non avrebbero mai tradito Anne, qualsiasi cosa le fosse successa, ma James aveva bisogno di un indizio e del resto quando sarebbe diventato Auror avrebbe avuto casi ben più complessi su cui investigare. Teddy glielo diceva sempre.

“Ragazze, cosa mi sono perso?” lo domandò senza fronzoli, perché era meglio affrontare le questioni di petto. “Insomma, è evidente che non è Frederiks il problema.”

Ruth sospirò e si scambiò uno sguardo con Sarah, confermando i sospetti di James, c’era qualcosa e loro due non ne potevano parlare. Tuttavia, lui era un loro amico, erano cresciuti insieme, avevano condiviso la sala comune, la biblioteca, le giornate di studio insieme per sette anni. D’accordo, con i ragazzi era più legato, ma Louis e Andrew erano come fratelli.

Loro tre avevano condiviso tutto in quegli anni, persino il letto, la doccia e l’incontro con i fantasmi!

“No, Potter, non è Frederiks il problema, ma il fatto che tu stia qui a parlarne con noi invece di chiederlo a lei è già un indizio di cosa non vada.”

James scosse la testa: “Ma andiamo, è ridicolo… È fuggita come una pazza per niente! Non ho fatto niente!” provò a giustificarsi.

“Applicati, Potter, vedrai che anche tu ci arrivi,” gli disse Sarah mentre raccoglieva i suoi libri e si infilava sciarpa e mantello. Louis la osservò sorpreso, le domandò: “Dove vai?” le domandò Louis.

“A consolare la mia migliore amica, visto che il suo fidanzato è un cretino, e forse anche il mio.”

Andrew era seduto tra James e Louis e iniziò ad andare in allarme. Allungò la mano sul tavolo intrecciando le dita a quelle di Ruth, seduta di fronte a lui. Le disse: “Non andare anche tu.” A James sembrò più una supplica che una richiesta, lo vide stringere la mano di Ruth e notò come lo sguardo della ragazza si addolcì e le labbra si incurvarono in un sorriso.

Accanto a James, Andrew si tranquillizzò. Lasciò la mano di Ruth e fece il giro del tavolo per sedersi vicino la sua ragazza. James e Louis si scambiarono uno sguardo imbarazzato e in quel momento erano diventati di troppo. Si avvicinarono l’uno all’altro e ripresero a chiacchierare sottovoce della lezione di Pozioni che avrebbero avuto dopo pranzo.
 

***

 
Hogwarts, 10 settembre 2021

 
“E così il grande amore è durato solo dieci giorni…”

Rose ridacchiò e diede una spinta al braccio di Albus che la guardava con il suo solito sorrisino ironico. Erano seduti in riva al Lago Nero, in un raro momento in cui erano loro due soli.

“Gli ho detto io di lasciarmi un po’ tranquilla, Al.” Rose iniziava a sentirsi soffocata dalle attenzioni eccessive di Karl. Negli ultimi giorni non era stata da sola nemmeno un attimo, al punto che la sera si ritirava il prima possibile nel dormitorio per riuscire a respirare un po’. Sorrise ad Albus e gli confessò: “Mi eri mancato, sai?”

“Che onore, Rose…”

Non riusciva mai a capire se Albus fosse serio o se scherzasse, era sempre così misterioso e pronto a sottovalutarsi, o a credere che gli altri cercassero solo di essere gentili con lui, il Potter atipico.

“Pensavo che il tuo cugino preferito fosse James,” le disse con un sopracciglio alzato. Rose si sentì punta sul vivo. Sì, James era stato a lungo il suo cugino preferito, soprattutto quando erano bambini e giocavano insieme a Quidditch nel giardino della Tana insieme a tutti gli altri. James era simile a lei, dopo tutto, ma negli ultimi tempi le cose stavano cambiando tra loro. James era diventato così sicuro di sé, specie da quando Teddy aveva iniziato a fare l’Auror e gli aveva raccontato del suo lavoro e James, come sempre, pendeva dalle labbra di Teddy, e poi c’era il legame con Louis e con Andrew McLaggen, loro tre erano diventati un gruppo molto chiuso. La storia con Anne e l’ingresso di Ruth e Sarah aveva finito per allontanarli ancora di più. Rose si era sentita improvvisamente relegata nel gruppo dei piccoli insieme a Hugo e Lily.

Si stese sull’erba a guardare le foglie del noce che li sovrastava. Scosse la testa: “Oh, no, James mi controlla, gioca a fare l’Auror del cavolo,” sospirò, “Prova a controllare anche Hugo, Lily e Louis, in realtà, solo che Louis lo manda al diavolo e Hugo e Lily sanno come sfuggire al radar di James.”

“Quindi io sono l’unico che non è controllato dal radar dell’Auror Potter,” commentò Albus con una nota di sarcasmo nella voce. Rose si voltò a guardarlo, si soffermò sul modo in cui gli occhi verdi si scurivano quando sfioravano alcuni argomenti. “Vieni qui,” gli disse tirandolo per la manica. Albus si sdraiò accanto a lei e le sorrise. Rose scivolò su un fianco e guardò il cugino: “Sei fortunato ad essere fuori dai radar. La verità è che sei quello che ha sconfitto Voldemort e non hai bisogno di essere controllato.”

“Pensavo che non volesse controllarmi perché sono una stupida serpe.”

“James parla sempre bene di te.” Allungò la mano e gli liberò la fronte dai capelli.

“È molto nobile da parte tua difenderlo.”

“Sta zitto, Albus!” Rose allungò le mani verso i fianchi di Albus e iniziò a fargli il solletico come quando erano bambini. Albus si dimenava ridendo come un matto, la implorava: “Basta, Rose!”

“Non smetterò finché non la pianti di fare il melodrammatico!”

“D’accordo! La pianto!” continuò ridendo. Era incredibile quanto Albus soffrisse il solletico, gli mancava già il respiro e aveva le lacrime agli occhi. Rose smise e lo vide rifiatare, gli occhi verdi erano luminosi e le guance arrossate. Rose gli disse: “Sei più carino quando sorridi. Dovresti farlo più spesso, sai?”

Albus alzò gli occhi al cielo e le disse: “Io sorrido.”

“Sì, ma solo quando parli di cose assurde con Scorpius. A proposito, dov’è finito?” Si guardò intorno, era così strano stare con Albus senza sentire la voce balbettante di Malfoy che gli ronzava sempre intorno.

“Tra poco arriva, lo so che ti manca! Quest’estate hai trovato un biondo più interessante di Jenkins!” Albus le rivolgeva uno sguardo divertito, mentre Rose scuoteva la testa: “Sei uno scemo!”

“Ammettilo che hai passato un’estate meravigliosa con noi perché, sotto sotto, sei una nerd proprio come me e Scorpius! Saremmo un trio perfetto noi tre.”

“Non si è mai visto un Grifondoro in mezzo a due Serpi!” obiettò Rose.

“Ma dai, Rose, pensaci: il tuo talento in Trasfigurazione, la mia abilità in Pozioni e la perfezione di Scorpius in Incantesimi! Siamo fantastici insieme!”

“Dimentichi che la magia ha molte più branche!”

“Beh, ma tu sei geniale anche in Antiche Rune, Scorpius è un genio di Aritmanzia e io sono fenomenale in Difesa contro le Arti Oscure, ma questo è un talento di famiglia, a quanto pare…”

“Quanto sei modesto, Albus Severus Potter…”

“Decisamente modesto.” La voce di Scorpius li sorprese e Rose notò il modo in cui il sorriso di Albus si allargò e gli occhi divennero più luminosi. Era possibile vedere la stessa reazione sul volto di Scorpius che si sedette accanto a lei. Rose si sentì accolta in quel gruppo così strano. Solo un anno prima avrebbe vissuto con disagio e fastidio quella situazione, si sarebbe sentita accerchiata, mentre adesso trovava divertente chiacchierare con i due Serpeverde.

“Dov’è Jenkins?” domandò Scorpius guardandosi intorno. Rose ridacchiò: “È con i suoi amici, stai tranquillo.” Malfoy sembrò prenderla in parola e si stese imitando lei e Albus. Guardava anche lui le foglie dell’albero che si agitavano sopra di loro, le disse: “Sai, non vorrei ritrovarmi con le mutande in bella vista di nuovo… L’ultima volta è stato… imbarazzante.”

Rose si voltò a guardare Scorpius, era arrossito nel confidare l’ultimo incontro con Karl. Avevano iniziato a polemizzare l’uno con l’altro durante una lezione di Erbologia. Karl sosteneva che il Geranio Zannuto, in realtà, cercasse di cibarsi delle sue vittime, mentre Scorpius sosteneva che era aggressivo e che mordesse per il gusto di farlo. Dal fondo della serra, Neville aveva interrotto la lezione e seguito il dibattito divertito. Alla fine, aveva dovuto intervenire e aveva dato ragione a Scorpius assegnando a tutta la classe un tema su una pianta che sembrava suscitare un grande interesse e che era anche uno dei classici argomenti da G.U.F.O. I Grifondoro non avevano preso bene l’interferenza di Malfoy, invece Karl era rimasto piccato per la sconfitta. Così, mentre attraversavano i giardini per tornare al castello, Karl aveva agitato la bacchetta e fatto cadere i pantaloni di Scorpius che si era ritrovato dapprima in mutande, poi con il sedere all’aria, visto che era inciampato nei suoi stessi pantaloni. Rose trattenne le risate al ricordo di quella scena. Cercò di sdrammatizzare: “Ma no, perché? Sono così carine le tue mutande verdi con le civette disegnate in grigio…”
 
Le guance di Scorpius si tinsero ancora di più di rosso, lo vide rotolare sul fianco per guardarla negli occhi. Rose sentiva Albus dietro di lei che si agitava, sicuramente stava suggerendo qualche idiozia al suo amico che, puntualmente, se ne uscì con una delle sue frasi imbarazzanti: “Rose, se ti piacciono, tu puoi vedere le mie mutande ogni volta che vuoi.”

Rose scoppiò a ridergli in faccia. Non poté farne a meno. Scorpius non riusciva ad essere sexy nemmeno impegnandosi e il solo pensiero che Albus gli avesse suggerito una frase del genere dava l’idea di quanto quei due fossero imbranati. Si voltò verso il cugino per domandargli: “Hai suggerito tu quella frase?”

“Gli stavo dicendo di cambiare argomento, a dir la verità…” confessò Albus imbarazzato per l’amico. Rose tornò a guardare Scorpius: “Quindi è tutta farina del tuo sacco, Malfoy, sono sorpresa… Ti facevo un tipo più… ehm… intellettuale.”

“Posso essere il tipo che vuoi Rose…”

Rose scosse la testa: “Smettila di essere patetico, Malfoy.” Si alzò, spazzolò l’uniforme e ridacchiò: “Mi avete quasi fatto venire nostalgia di Jenkis.”

“No, Rose! Resta con noi,” la supplicò Albus. “Scorpius starà in silenzio, una buona volta e la pianterà di metterti in imbarazzo, vero?” Lanciò uno sguardo minaccioso a Scorpius che, ancora più rosso, si limitò ad annuire e propose: “Parliamo del romanzo? A che punto siete arrivati?”

Rose si animò a sentire nominare il romanzo della loro saga fantasy preferita. Avevano iniziato insieme i primi tre volumi nel corso dell’estate ed era appena uscito il quarto volume. “Io sono arrivata al capitolo sette,” disse, “quando i nostri eroi si avventurano nella foresta alla ricerca del vecchio saggio.”

“No, non dirmi niente!” Albus iniziò a tapparsi le orecchie e canticchiare: “Sono ancora al capitolo cinque, nemmeno sapevo dovessero incontrare un vecchio saggio!”

“Ma guarda che c’è scritto nella quarta di copertina!” gli fece notare Scorpius che le disse, “Anch’io sono a quel punto. Cosa ne pensi di come stanno costruendo i personaggi?”

“Allora, secondo me, Roana ha un debole per l’elfo che ha incontrato nel terzo volume. L’intesa tra i due era evidente.”

Albus però scuoteva la testa: “A me sembra evidente che lei abbia un debole per Arthur, il protagonista!”

“Ma sarebbe scontato che Roana scegliesse Arthur, secondo me sceglierà Sayer.”

“Ma non vanno per nulla d’accordo!” obiettò Albus, Rose annuì: “Non fanno altro che litigare e discutere per tutto il tempo!”

“Certo, come nel classico cliché enemies to lovers,” ribadì Scorpius convinto. “Sono pronto a scommetterci e il giorno in cui leggeremo di Roana e Sayer, beh, dovrete offrirmi una Burrobirra e credo anche comprarmi qualcosa da Mielandia.”

“Se mai leggeremo di Roana e Sayer, secondo me finirà con Arthur,” ripeté Albus.

“Sciocchezze, nessuno dei due può competere con l’elfo! Volete mettere un finale alternativo?” sostenne Rose sospirando al pensiero dei lunghi capelli color dell’oro dell’elfo Curunir.

“Allora, scommettiamo!” propose Scorpius con un sorriso obliquo sul volto che lo rendeva meno sfigato di quanto non sembrasse in altri momenti. Rose strinse la mano di Malfoy, imitata da Albus e sancirono il patto: il vincitore avrebbe vinto una Burrobirra e un giro di acquisti da Mielandia a spese degli altri due.
 

 
***

 
Ministero della Magia, 15 settembre 2021
 

Teddy aprì il promemoria interufficio che aveva appena planato sulla sua scrivania. Susan Bones, Direttore dell’Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche richiedeva un incontro di due Auror con il funzionario che stava seguendo uno strano caso di violazione dello Statuto di Segretezza.

Hestia Jones, Direttrice del Dipartimento Auror, aveva inoltrato la richiesta a lui e Victoire invitandoli a fissare a breve una riunione perché la questione sembrava sospetta. Teddy infilò tutto in un fascicolo e gli assegnò un numero di protocollo, come da prassi, poi si alzò per raggiungere Victoire e le fece cenno di seguirlo.

Il responsabile del procedimento per conto dell’Ufficio Uso Improprio delle Arti Magiche, per fortuna, era Lucy Weasley.
Lucy era una ragazza sveglia, molto intuitiva che capiva il modo di ragionare degli Auror, a differenza di tanti burocrati concentrati solo sui cavilli dello Statuto di Segretezza. Teddy contava di risolvere la faccenda in poco tempo.

“Di cosa si tratta?” domandò Victoire allungando la mano verso il fascicolo che, al momento, conteneva solo il promemoria ricevuto da Hestia e l’assegnazione del caso a loro due. Teddy le passò la cartelletta e le disse: “Seguimi. Te ne parlo mentre andiamo. Se siamo fortunati, chiudiamo tutto prima di pranzo. Potremmo approfittarne per concederci un pranzetto sul mare, che ne pensi?”

“Che sono cresciuta mangiando pesce, ma se ne hai voglia non ti dico di no.”

Victoire raccolse i capelli in uno chignon che bloccò con una matita. Era una specie di gesto meccanico che Teddy aveva imparato ad associare al suo mettersi in movimento, pronta all’azione e concentrata, come se i capelli lunghi potessero distrarre lei o gli altri dal lavoro. Probabilmente, era un’eredità degli anni da Capitano di Quidditch, quando scendere in campo comportava esporsi alle intemperie e i capelli sciolti finivano solo per essere un intralcio alla vista e un ostacolo a un volo aerodinamico.

“Prima dobbiamo parlare con Lucy, ma in buona sostanza, il signor Potter, un Babbano che non ha nulla a che vedere con Harry, è un contadino che si è trovato i suoi polli morti. Se ne è dispiaciuto talmente tanto da sentirsi male e finire in ospedale.”

Victoire sbatté le palpebre confusa: “Per dei polli? E in che modo questo è di competenza degli Auror?”

Teddy sorrise: “Il punto è che nemmeno una piuma è volata in quel pollaio. La sera prima erano vivi, il giorno dopo morti. Tutti quanti, come se si fossero addormentati. Ti fa pensare a nulla?”

“L’uso di una Maledizione senza Perdono?”

“Bingo! Gli Obliviatori sono pronti a intervenire ma, ovviamente, vogliono l’ok del Dipartimento Auror. Ora, Hestia è alle prese con i pozionisti, quindi ha passato questa faccenda a noi, i suoi polli!”

“C’è da sperare che non facciamo la fine di quei polli!” scoppiò a ridere Victoire, seguita da Teddy. L’Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche era a pochi passi dal Dipartimento Auror. Teddy bussò alla porta di Lucy Weasley e venne accolto dal sorriso della cugina.

“Teddy! Vic! Hanno mandato voi! Non ci speravo!” esclamò allargando i suoi occhi azzurri, li accolse con uno dei suoi sorrisi enormi. 

“Pensi che Hestia possa scomodarsi per una faccenda di polli morti?” domandò Victoire incrociando le braccia. Passò il fascicolo a Teddy e si lanciò in un abbraccio della cugina. Dietro di loro, la collega che condivideva l’ufficio con Lucy, tale Janet Skinner, tossicchiò. Lucy si sistemò gli occhiali sul naso e riprese il solito atteggiamento professionale. Si scambiò un’occhiataccia con la collega e decise che era meglio continuare a chiacchierare nel corridoio, così chiuse la porta dell’ufficio alle sue spalle. “Janet è insopportabile quando è sotto scadenza,” si giustificò per poi continuare: “Gli Obliviatori sospettano l’uso di magia oscura e quindi, capite, sono costretta ad allertarvi. Sapete, il nuovo decreto sulla sicurezza della comunità magica…” Victoire e Teddy completarono l’ultima parte della frase in coro con la cugina.

Quel decreto era stato la loro rovina.

Hermione era andata in paranoia sugli aspetti di sicurezza del mondo magico non appena nominata ministro, quanto accaduto con Delphini, poi, aveva acuito il tutto. Persino Harry aveva ribaltato l’Ufficio Applicazione Legge Magica perché non credeva possibile che nessuno controllasse nulla e che vi fosse stato per ben ventidue anni la figlia segreta di Lord Voldemort a spasso per il mondo magico senza che il Ministero della Magia si fosse accorto di nulla.

Così, ogni sospetto di arti oscure o di magia vietata finiva per essere inoltrata all’Ufficio Auror che doveva verificare i fatti, valutare se era il caso di procedere o meno, e poi lasciare che gli altri uffici continuassero con il loro lavoro.

“Se vuoi andiamo a controllare subito.”

“Chiamo il capo degli Obliviatori, Lavanda Brown, e vi organizzate con loro. Noi dell’Uso Improprio interverremo solo se dovessimo fare un richiamo a qualche mago, ma al momento non abbiamo alcun indizio,” spiegò Lucy sistemandosi gli occhiali di corno con un gesto che ricordava moltissimo Percy.

Come se fosse stata evocata dalla bacchetta di Lucy, Lavanda Brown comparve nel corridoio con tutta la sua bionda chioma di ricci vaporosi e sorrisini ammiccanti. Victoire la detestava cordialmente, sosteneva che fosse un’oca che ci provava con tutti. Al contrario, Teddy riconosceva che era solo una donna espansiva e nel suo campo era molto brava.

“Lupin, Weasley, vedo che la Jones ha mandato voi, quando potrete andare?”

“Anche subito, Brown,” rispose Teddy, “Volevo sapere se qualcuno dei tuoi vuole venire, così finiamo il lavoro e rimuoviamo la memoria ai Babbani. Esce un lavoro pulito.”

“Posso mandarti Nigel Smith, va bene? È un nostro nuovo acquisto, arriva dal Dipartimento dei Trasporti Magici.” Teddy e Victoire si scambiarono un sorriso. Teddy esclamò allegro: “Eravamo insieme in Tassorosso, lo conosco benissimo. Sono felice di lavorare con lui!”

“Ottimo, allora te lo mando tra un attimo!”

Lucy sollevò le sopracciglia perplessa mentre osservava Lavanda avventurarsi nella stanza degli Obliviatori ancheggiando sui tacchi alti fasciata in una gonna antracite che lasciava poco spazio all’immaginazione sulle sue curve generose. Victoire fece la stessa espressione della cugina e Teddy ridacchiò nel guardarle.

“Non difenderla, Teddy,” intimò Victoire, spostò lo sguardo verso la cugina e le disse: “Non ho ben capito se ha un debole per Lavanda.”

“Non ho un debole per Lavanda, Vic,” intervenne lui, stanco di quelle discussioni, “solo la trovo un tipo particolare.”

“Certo, un particolare tipo di oca,” concluse Lucy attirandosi le risatine di approvazione di Victoire.

“Siete tremende. E tu, Vic, dovresti evitare, visto quello che ti dicono sempre i nostri criminali e quello che ha passato tua madre tra i Weasley. Hai dimenticato lo sfogo di Fleur?”

Lucy spalancò gli occhi sorpresa. Era troppo giovane per essere a conoscenza di quelle cose che erano avvenute mentre suo padre non parlava con la famiglia. Teddy, invece, da bambino aveva sentito molte volte Fleur lamentarsi con nonna Andromeda dei giudizi di Molly e dei retropensieri che Ginny e Hermione avevano nei suoi confronti. Aveva sempre dimostrato di passarci sopra, ma la verità era che ne era rimasta ferita. Teddy si era sempre ripromesso di non giudicare una persona dall’aspetto ma, a quanto sembrava, ciò non valeva né per Lucy né per Victoire che continuava a sostenere che lei non si presentava dai criminali ancheggiando sui tacchi alti e sbattendo le ciglia come una gatta morta.

Teddy tirò un sospiro di sollievo quando il discorso venne interrotto dall’arrivo di Nigel, sorridente ed eccitato all’idea di partire per la sua prima missione con gli Auror. Si abbracciarono e aggiornarono sulle ultime novità e su quel trasferimento dall’Ufficio dei Trasporti Magici a quello per l’Uso Improprio della Magia.

“Praticamente, sei passato da suo padre a Lucy…” esclamò Teddy alludendo a Percy Weasley, Direttore dell’Ufficio per il Trasporto Magico. Nigel arrossì: “Esattamente. Per carità, i Trasporti Magici sono interessanti e suo padre è un grande, ma con gli Obliviatori si fa un po’ più di azione, sai com’è…”

“Sì, disinnescare Passaporte è una noia,” disse Lucy, “Tranquillo, non lo dirò a papà che sembra considerarlo il lavoro più importante del mondo.”

“Lo so, mi ha fatto un discorso quando ha saputo del mio trasferimento, ha detto che rinunciavo a stare in uno dei punti nevralgici ed essenziali per la vita della comunità magica solo per avere un po’ di azione. E che anteponevo il banale Statuto di Segretezza alla sicurezza dei Trasporti.”

“Sì, papà prende troppe cose sul personale. Stai tranquillo!” esclamò Lucy ridacchiando mentre apriva la porta e tornava dalla sua simpatica collega.

“Sei pronto?” domandò Teddy. Non aveva nessuna voglia di dilungarsi oltre il necessario. Nigel annuì e andarono nell’Atrium per Smaterializzarsi, diretti al pollaio nell’Essex.

Quando riaprì gli occhi, Teddy si trovò in aperta campagna con la porta di legno del pollaio davanti e un silenzio irreale che lo circondava. Le sue orecchie sentivano solo il rumore della brezza che arrivava dal mare. Non c’era nessuno dei suoni che normalmente poteva ascoltare vicino il pollaio della Tana, non un pigolio di pulcini o un chiocciare di galline e neppure il canto del gallo. Silenzio assoluto.

Bussarono alla porta dei Babbani e si spacciarono per l’Ente protezione animali. Dissero di essere stati avvertiti dalla polizia e che volevano studiare il caso di quelle morti improvvise. Il contadino, tale Henry Potter – la coincidenza del nome fece sussultare tutti loro – li guidò fin dentro il pollaio. Nigel si accorse che il Babbano sembrava agitarsi nuovamente alla vista dei polli morti, così gli chiese di aspettare fuori, che loro avrebbero provveduto a fare i rilievi e scattare le fotografie.

Appena il Babbano uscì da quella casupola, Teddy estrasse la bacchetta. Di solito, quando lavorava con gli Obliviatori era abbastanza incurante dello Statuto di Segretezza, ma il tal Henry Potter aveva fatto loro una serie di domande sul perché la protezione animali fosse interessato al suo pollaio e se anche i suoi vicini avevano perso tutti i polli come lui che non aveva voglia di dovergli spiegare perché, al posto degli strumenti tecnologici babbani avesse estratto una bacchetta magica. Era più semplice accompagnarlo fuori e concentrarsi su quella che i manuali da Auror chiamavano “la scena del crimine”.

“Hanno usato l’Anatema che uccide,” disse a Victoire, “proprio come pensavamo.”

“Ma perché?” si domandò Vic, mentre osservava il posto e scattava fotografie per documentare il loro ritrovamento, già con la mente al verbale che avrebbero dovuto redigere.

Una delle prime lezioni che avevano imparato sul campo era stata l’importanza di scrivere un verbale completo, in modo che il Wizengamot potesse riuscire a immaginare la scena e cogliere tutti i dettagli. Alcuni, inseriti al punto giusto erano in grado di fare propendere il tribunale per la colpevolezza, mentre una dimenticanza poteva determinare l’assoluzione. I consiglieri del Wizengamot, infatti, erano oberati di lavoro e non avevano tempo per analizzare tutte le prove, spesso si facevano le loro idee limitandosi a leggere il verbale, per cui era fondamentale dar loro il quadro più completo possibile.

Teddy sospirò: “A norma di legge è vietato l’uso delle Maledizioni senza Perdono sugli umani, ma il fatto che qualcuno abbia usato l’Anatema che Uccide su così tanti polli e il proprietario si chiami Henry Potter, è sospetto, non trovate?”

“Ma non è vietato,” disse Victoire.

“No, ma può essere un messaggio in codice…” Teddy rifletteva ad alta voce mentre cercava tracce dell’assassino di polli.

“Dovremo mettere sotto sorveglianza la casa dei Potter?” domandò Victoire.

“Credo che lo debba decidere Hestia, ma il punto è: siamo di fronte una minaccia o è una provocazione? È solo uno scherzo di pessimo gusto?”

“Sono cinque polli, tanti quanti i componenti della famiglia di zio Harry,” notò Victoire, “la pista del messaggio in codice non è da escludere.” Teddy scosse la testa e sospirò: “Questa notizia non piacerà a Hestia.” Teddy agitò la bacchetta per ricostruire quanto accaduto sul luogo del delitto e vide una figura incappucciata che scagliava l’Anatema che Uccide contro i cinque polli e poi ne portava via due. Teddy scosse la testa. Il pollaio non aveva nessuna traccia dell’assassino che non aveva lasciato impronte e si era materializzato e smaterializzato nello stesso punto. Era un casino.

Teddy sospirò: “Nigel, puoi Obliviare, abbiamo finito qui.”

Smith eseguì la richiesta di Teddy, impugnò la bacchetta e la puntò alla testa del Babbano che era rimasto fuori in attesa che finissero. “Oblivion,” sussurrò prima di Smaterializzarsi, seguito da Teddy e Victoire. Erano tornati nei corridoi del Ministero della Magia, preoccupati per quello che avevano visto: “Mi spiace che il nostro pranzo sia saltato.”

“Lo so, anche a me, ma come possiamo ignorare una cosa simile?” domandò Victoire, “dobbiamo parlarne con Hestia.”

 
***

 
 
Durmstrang, 20 settembre 2021
 

L’estate stava finendo a Durmstrang. Le montagne che si affacciavano a picco sul fiordo sarebbero state coperte ancora dall’erba dei pascoli ancora per poco. Probabilmente erano le ultime giornate di sole, prima che le piogge autunnali e il rigore dell’inverno sopraggiungessero. Mabon, del resto, era alle porte pronto ad annunciare l’arrivo dell’Oscurità.

Rabastan sorrise nel vedere alcuni studenti tuffarsi nelle acque del lago che si trovava alle spalle del castello. La scuola di Durmstrang sembrava sorta in mezzo all’acqua nelle remote terre scandinave: da un lato il fiordo e dall’altro il lago. Le lezioni, come ogni anno, non erano ancora iniziate, sarebbero cominciate verso la fine di ottobre, nel periodo più buio dell’anno.

Aveva scoperto che, a differenza di Hogwarts, Durmstrang offriva la possibilità ad alcuni studenti di soggiornare anche durante il periodo estivo frequentando corsi di approfondimento delle arti magiche, e consentendo che perfezionassero le abilità nei duelli. La scuola offriva un rifugio a coloro che – altrimenti – si sarebbero trovati vittime dello Statuto di Segretezza. Non era un mistero che Delphini Riddle e Gellert Grindelwald avessero usufruito della possibilità di trascorrere le vacanze estive a Durmstrang, salvo tornare a casa per brevi periodi.

Nel caso di Delphini, Rabastan non poté fare a meno di pensare che ogni suo ritorno avesse finito per creare scompiglio nella vita di Orion e Roland.

Un gufo reale planò nel suo ufficio e si appollaiò sul trespolo accanto alla finestra. Rabastan slegò la pergamena dalla zampa del volatile e gli offrì acqua e biscottini gufici. L’animale ringraziò con un verso soddisfatto, chiudendo gli occhi e scuotendo le piume quando Rabastan ne accarezzò il piumaggio.

“Mi sembra di capire che alla Gazzetta del Profeta non vi coccolino abbastanza,” disse osservando la gioia del gufo. “Puoi riposare qui tutto il tempo che vuoi, abbiamo una guferia molto accogliente.” Fece un’altra carezza al pennuto che lo ringraziò per poi volare fuori dalla finestra. Rabastan si sporse per controllare se gli avesse dato retta e osservò divertito il gufo volare proprio in direzione della torre.

“Caro Rabastan,
grazie per il tuo ultimo articolo che ha immortalato un Troll a dorso di un Graphorn.
Il tuo racconto è stato apprezzato dalla redazione e da buona parte dei lettori della Gazzetta del Profeta. Abbiamo ancora alcuni tuoi articoli da pubblicare nelle prossime rubriche di Magizoologia sul Profeta della domenica, spero che avrai modo di venire in Inghilterra presto, mi piacerebbe incontrarti e fare due chiacchiere dal vivo.
Rolf Scamander”


Rabastan aveva iniziato a collaborare con il Profeta all’inizio dell’anno, quando aveva scritto una lettera a Rolf Scamander – caporedattore della rubrica di Magizoologia del Profeta della domenica – in cui contestava la ricostruzione delle abitudini del Tuono Alato.

In particolare, da quanto aveva osservato Rabastan nei suoi giri nel Nord America, la capacità di prevedere l’arrivo delle perturbazioni atmosferiche non era intuitiva come si pensava, ma derivava da alcune piume particolarmente sensibili ai cambiamenti di umidità che si trovavano nelle due code dell’animale. Il racconto delle tempeste che aveva affrontato per appurare la sua intuizione e le fotografie che aveva scattato a sostegno della sua tesi, erano valse non solo la pubblicazione della lettera da parte della Gazzetta del Profeta, ma anche un incontro con il nipote di Newt Scamander che gli aveva chiesto di collaborare con la sua rubrica e inviargli alcuni articoli.

Era capitato tutto all’improvviso: Scamander che gli proponeva una collaborazione e poi il preside di Durmstrang, l’ex Campione di Quidditch Viktor Krum, che gli offriva la cattedra di Cura delle Creature Magiche nella sua scuola.

Sembrava che il professore che l’avesse preceduto avesse avuto un brutto incontro con un Troll di montagna e che non fosse in grado di insegnare. Erano incidenti piuttosto frequenti tra i Magizoologi. Il professor Jensen, un mago danese, era infatti uno studioso che da anni combatteva contro i pregiudizi che circolavano sui Troll. Sosteneva che quelle creature fossero organizzate in una società meno arretrata di quanto si credesse e così, nel tentativo di dimostrare le proprie tesi, era incorso nel Troll che lo aveva lanciato contro una parete rocciosa causandogli dolorosissime fratture multiple.

Prima di assumere l’incarico, Rabastan era andato a trovarlo per farsi raccontare l’incontro con il Troll e per aggiornarsi sul metodo di insegnamento seguito e sui programmi che era solito svolgere. Avevano chiacchierato a lungo e alla fine si erano detti che sarebbero rimasti in contatto. Non riusciva a credere che il professor Jensen avesse letto il libro che Rabastan aveva pubblicato l’anno precedente con gli appunti del viaggio intorno al mondo fatto subito dopo i M.A.G.O.

Era riuscito a mettere piede in tutti e cinque i continenti – anche se naturalmente non aveva visitato tutto – e accarezzato altrettante specie di Drago. La ritrosia dell’Ungaro Spinato gli era rimasta sullo stomaco e si era ripromesso che entro i venticinque anni avrebbe toccato anche quel Drago.

La mamma gli aveva detto che nonno Edward sarebbe stato orgoglioso nel sapere che il nipote era un grande appassionato di draghi come lui e persino il papà si era detto felice di sapere che qualcuno in famiglia avesse ereditato un po’ di spirito di avventura.

La porta del suo studio si aprì, Rabastan alzò lo sguardo e incontrò gli occhi azzurri di Frida che gli sorridevano.

“Il Preside ha convocato una riunione,” annunciò.

Rabastan prese la bacchetta e la raggiunse. “Allora?” le domandò sfoggiando il suo miglior sorriso mentre osservava la curva del collo di Frida, così invitante.

“Guarda che sei tu che devi dire qualcosa. Sei tu l’uomo, fino a prova contraria.”

Rabastan le lanciò uno sguardo scettico: “Non credevo che ti saresti formalizzata così. Allora, preciso, sono stato molto bene ieri sera. Ti va di ripetere?”

“No. Lestrange, non ho voglia.”

“Sicura? Perché potrei esaudire tutte le tue voglie…” scherzò. Frida arrossì e Rabastan la trovava adorabile. “Piantala, Lestrange. Siamo colleghi, è inopportuno. Non doveva accadere.”

Rabastan scrollò le spalle fingendo indifferenza. Era sempre la solita storia con le ragazze: prima venivano a letto senza farsi tanti problemi, e poi facevano le difficili. Zio Rabastan gli aveva detto che, ai suoi tempi, accadeva il contrario e che, se uno doveva sopportare i problemi, era meglio dopo essere stati a letto assieme. Non aveva detto proprio in quel modo, ma il senso era quello. Lo zio lo prendeva in giro sul fatto che fosse aperto di mente su tutto, abbastanza cinico e disincantato, ma non riuscisse ad essere affatto sboccato, diceva che era un retaggio dell’educazione che gli avevano impartito i suoi genitori, sempre così impettiti davanti gli altri e fin troppo disinibiti non appena rimanevano soli.

Nella sala professori, seduto nel mezzo del lungo tavolo in abete, il preside Krum osservava i suoi docenti attentamente. Era un buon preside, così come era stato un eccellente campione di Quidditch e la sua presenza aveva aiutato Durmstrang a superare il declino in cui era incorsa dopo la fine della guerra, quando era stata additata come la scuola dei Mangiamorte.

Krum non aveva eliminato l’insegnamento delle Arti Oscure, attualmente insegnate dal professor Dimitri Volkov, giunto a Durmstrang dalla lontana Russia. Tuttavia, l’insegnamento di questa disciplina avveniva sotto il rigido controllo dei programmi del ministero della magia scandinavo. Inoltre, su tutto il personale della scuola era stata apposta una traccia che registrava l’esecuzione di ogni incantesimo oscuro o maledizione illegale praticata dentro le mura della scuola. Le Arti Oscure venivano insegnate ma non potevano essere esercitate al di fuori delle lezioni e sotto la guida di alcuni docenti.

Rabastan approfittava della permanenza a Durmstrang per frequentare il tirocinio per insegnare Arti Oscure agli studenti e spesso aiutava il professor Volkov durante le esercitazioni.

“Come sapete a fine ottobre partiremo per Hogwarts,” esordì Krum. “Io fui campione di Durmstrang alla scorsa edizione del Torneo Tremaghi e so quanto questa sia stata un’occasione importante per la creazione di legami con maghi e streghe di altre culture.”

Il professor Ekström, insegnante di Incantesimi, un omone alto dai lunghi capelli biondi tagliati come il Re Vichingo di cui portava il nome, si scambiò uno sguardo con la professoressa Frida Larsson. Mancava poco che si dessero una gomitata e ridacchiassero come due ragazzini. Rabastan si innervosì e non sapeva se fosse perché aveva intuito cosa avesse da fare Frida quella notte o se, invece, il nervosismo fosse dovuto alla consapevolezza che era un comportamento oggettivamente infantile.

“Sì, Bjorn,” disse Krum riprendendo il professor Ekström, “creare legami. Ti posso dire che il rapporto che è nato con l’attuale Ministro della Magia britannico è stato di fondamentale importanza quando il nostro Ministero ha proposto di chiudere Durmstrang e dare il pieno sostegno alla scuola di Magia di Copenhagen. Se siamo ancora aperti e non è stata interrotta una tradizione secolare è merito anche dell’amicizia tra me ed Hermione Granger che è stata così gentile da far ragionare il nostro ministro.”

Viktor Krum passò in rassegna tutti i docenti con i suoi occhi scuri e profondi, Rabastan sentiva una profonda ammirazione per quell’uomo che non era stato solo un campione di Quidditch, come molti pensavano, ma era anche un ottimo mago e un abile duellante. A sorpresa, quando si era ritirato dall’attività sportiva, aveva dimostrato al mondo intero di poter essere anche uno stimato insegnante. Probabilmente non sarebbe mai stato un fine ricercatore, non aveva pubblicazioni illustri, ma sapeva trasmettere la passione per ogni materia che si era trovato a insegnare e gli studenti lo rispettavano e ammiravano.

“Dicevo,” riprese le fila del discorso, “dobbiamo iniziare a pensare a una delegazione di studenti che verrà in Inghilterra. Inoltre, dovremo dividerci gli insegnamenti in modo che sia gli studenti che partono che quelli che restano avranno la possibilità di studiare con i nostri soliti standard. Ci sono volontari per l’Inghilterra?” domandò guardandosi intorno. Lo sguardo di Krum si soffermò su Rabastan e gli disse: “Lestrange, naturalmente tu sei tra gli insegnanti che vengono a Hogwarts. Ti farà piacere tornare nella tua scuola e credo che possa essere d’aiuto per i nostri studenti avere qualcuno che sa spiegare le tradizioni e le usanze inglesi e interloquire con i francesi.”

“Verrò volentieri,” disse Rabastan.

“Ottimo. Direi che tu continuerai con Cura delle Creature Magiche e seguirai il programma di Arti Oscure per la delegazione di Hogwarts, così Volkov potrà continuare a seguire tutti gli altri studenti.”

“Chi rimane qui, non riuscirà a gestire due insegnamenti: abbiamo due classi per anno. A Hogwarts andranno una decina di studenti,” disse Volkov. Krum annuì: “Ci stavo pensando. Potremmo chiamare dei supplenti.”

“Oppure potremmo far fare lezione agli esercitatori,” propose la professoressa Greta Lindberg che insegnava Erbologia, “Il mio assistente è sicuramente in grado di sostituirmi!”

“Ti piacerebbe venire in Inghilterra, Greta?”

La professoressa Lindberg annuì. “Sì, Viktor, sai che uno dei grandi rimpianti che ho è quello di non aver fatto parte della delegazione di Durmstrang ai tempi, e mi piacerebbe vivere questa esperienza.” Il preside annuì e segnò il nome sul foglio per poi domandare: “Altri volontari?”

A sorpresa, le mani di Frida e di quello stronzo di Ekström si alzarono in aria in contemporanea con gli occhi al cielo di Rabastan. Non aveva nessuna voglia di dover trascorrere un anno in Inghilterra con Frida che amoreggiava con Bjorn lo stronzo.

“La delegazione di professori è al completo, allora,” sorrise Krum, “Iniziamo a pensare agli studenti. Avete delle proposte?”

Rabastan si limitò ad ascoltare gli altri professori. Aveva delle sue idee ma era a Durmstrang da troppo poco tempo per conoscere le abilità dei ragazzi quanto gli altri professori. Sperò solo che Olag Huggorm fosse preso in considerazione visto che era bravissimo sia in Cura delle Creature Magiche che in Arti Oscure. Un paio di volte lo aveva visto duellare ed era veloce e preciso nei movimenti, secondo Rabastan sarebbe stato un’ottima scelta.

“Vedremo come andranno gli Smistamenti,” disse Volkov, “anche se Huggorm lo darei per scontato, è l’unico che ha dimostrato di padroneggiare i quattro elementi nel corso dei sette anni. Sì, ha una predilezione per il fuoco e l’aria, visto che è stato scelto due volte da quegli elementi, ma quest’anno potrebbe sorprenderci.”

Krum annuì imitato dagli altri professori: “È sicuramente il più dotato dei nostri studenti, è anche abile nei duelli e nel volo. Lestrange cosa ne pensi?” Krum gli aveva detto più volte che lo coinvolgeva perché anche gli altri insegnanti iniziassero ad ascoltare e tenere in considerazione le sue opinioni, sebbene fosse molto giovane. Apprezzava il fatto che lui fosse sempre molto rispettoso dell’anzianità dei colleghi, ma più volte si era dimostrato un po’ più saggio.

“Mi trovo d’accordo. Naturalmente non conosco gli studenti bene quanto gli altri insegnanti, ma stavo proprio pensando che Huggorm era il mio miglior studente e si merita di essere in delegazione. Non sapevo che tutti e quattro gli elementi l’avessero scelto.”

“Il primo anno lo ha scelto l’acqua e nessuno si è sorpreso, visto che viene dai fiordi norvegesi. Il secondo anno è stato scelto dall’aria e quella volta ci siamo detti che era normale per il figlio di una famiglia di maghi esploratori. Il terzo anno ci ha sorpreso con il fuoco che solitamente prediligono gli studenti russi,” Krum sorrise, “e i Bulgari. Io sono stato scelto per sette anni consecutivi dal fuoco.”

“Il quarto anno Oleg è stato scelto di nuovo dall’aria, il quinto dalla terra e lo scorso anno di nuovo dal fuoco. Ci domandiamo quale elemento lo vorrà con sé quest’anno. A Hogwarts gli studenti vengono Smistati una sola volta, vero?”

Rabastan annuì. “Sì, veniamo scelti sulla base delle virtù che i fondatori della scuola trovano più accentuate nel nostro animo. I pensieri e le volontà dei Fondatori sono state inserite in un Cappello incantato che viene calato sulla testa dello studente del primo anno che viene assegnato ad una Casa. Diventerà la sua famiglia per i successivi sette anni.”

“Ma questo non favorisce la competizione tra gli studenti?”

Rabastan annuì: “Moltissimo, alla fine dell’anno viene assegnata una Coppa delle Case alla Casa che ha guadagnato più punti grazie ai meriti dei suoi membri.”

“Questo è interessante, perché significa che gli studenti non sono uniti tra loro.”

Krum disse: “Quando ho partecipato, ricordo che la Casa di Serpeverde era arrivata a fare il tifo contro Harry Potter, uno studente della loro scuola. Inconcepibile per i nostri standard.”

“Ho due cugini che studiano a Beauxbatons, mia cugina Philomène è al settimo anno e potrebbe far parte della delegazione. “Loro non hanno un sistema di smistamento in Case come in Hogwarts e non vengono scelti dagli elementi della natura, come da noi, ma vengono semplicemente divisi tra ragazzi e ragazze e poi ripartiti su piani diversi a seconda dell’anno frequentato, proprio per evitare che si creino rivalità.”

Krum annuì: “Ricordo molto bene quanto fossero uniti tra loro gli studenti di Beauxbatons, e con la puzza sotto il naso. Tornando ai nostri studenti, avrei pensato che i possibili campioni possano essere anche Malin Holm, che è molto brava, Einar Hansson, Aalina Petrov e Igor Kozlov, poi, naturalmente, potremo essere smentiti o ricevere delle conferme, ma credo che loro siano le nostre punte di diamante.”

I professori annuirono concordi e Rabastan sentì un coro di “non può essere diversamente”, “loro sono i migliori”, “sono veramente bravi” che dava l’idea di quanto Krum avesse meditato nel corso di quelle trattative. Ragionava da coach di una squadra, determinato a far vincere la Coppa Tremaghi alla scuola di Durmstrang. Abbassò lo sguardo sui programmi scolastici e iniziò a parlare con Volkov del progamma che avrebbe potuto seguire con la delegazione di studenti pur di non guardare Frida e Bjorn che uscivano insieme dalla sala professori ridacchiando. Non gli sfuggì la mano di Bjorn sulla spalla di Frida mente la guidava nel corridoio. 




 
Note:
Ciao a tutti!

In questo capitolo abbiamo ritrovato il nostro amato (?) Rabastan Lestrange II che è finito a insegnare a Hogwarts. Chi ha seguito Ghosts from the past lo ricorda al terzo anno di Hogwarts, terrorizzato dall'idea di innamorarsi e mettere radici perché sognava di viaggiare ed esplorare il mondo. Lo ritroviamo un po' frescone, insegnante di Cura delle Creature Magiche, autore di un libro sulle sue avventure (come il suo zio omonimo ha sempre avuto la passione per la scrittura ed è un vero e proprio fanwriter dei fantasy scritti dallo zio) e corrispondente per la rubrica curata da Rolf Scamander. Insomma, era dai tempi di Leta e Newt che gli Scamander e i Lestrange non andavano tanto d'accordo. xD

Vediamo anche le differenze organizzative tra le tre scuole di magia e vi anticipo già che per Durmstrang vedremo il torneo dal lato dei professori per evitare un doppione rispetto a quanto vivremo con gli studenti di Beauxbatons. 

Se qualcuno mi chiede "ma Bjorn è ispirato al personaggio di Vikings?" Sì, lo è. Non l'ho sopportato per tutte e sei le stagioni e ora mi tolgo lo sfizio di maltrattarlo un po'. 

James Sirius non ce la può fare proprio, ancora alle prese con gli scherzi e giustamente la fidanzata si sente un attimo trascurata. Sì, Anne è la figlia di Dean Thomas, l'amico di suo papà. 

Mentre i nostri tre disadattati sono alle prese con il loro animo nerd e scommettono sull'evoluzione delle trame della loro saga fantasy preferita. A dimostrazione che anche i maghi leggono. Rose inizia a sentire Karl troppo appiccicoso e non si capisce se è troppo appiccicoso lui o se questa insofferenza celi altro.

Da ultimo, Teddy che difende Lavanda Brown e si dimostra molto più femminista di Lucy e Victoire è una cosa di cui sono piuttosto orgogliosa, spero che lo apprezziate. Sui polli morti non vi dico niente perché c'è un'indagine aperta e non vorrei far arrabbiare Hestia!

Spero di riuscire ad aggiornare presto, ma non troppo, mantenendo sempre un 10/15 giorni di tempo tra un capitolo e l'altro in modo da avere il tempo di costruire la storia man mano che si sviluppa, visto che ho in mente i punti salienti e una serie di dialoghi (e il finale), ma voglio lasciare un po' di libertà ai personaggi.

Un abbraccio a tutti e grazie a chi commenta la storia, a chi la inserisce tra le seguite/ricordate/preferite e anche a tutti i lettori silenziosi che spesso sono troppo incasinati per riuscire a scrivere un feedback.

Sev


 

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Capitolo 4
*** L'attesa del Torneo ***


 Capitolo 4 - L'attesa del Torneo



Hogwarts, 5 ottobre 2021
 

Il primo mese a Hogwarts era trascorso.

James Sirius Potter iniziava a sentire la tensione data dall’avvicinarsi del Torneo Tremaghi. Non c’era studente in tutta Hogwarts che non facesse pronostici su chi sarebbe stato il campione della scuola e che non si domandasse come sarebbero stati gli avversari.

“Signor Potter, credo che gli incantesimi che sto per spiegare potranno tornarle utili durante il Torneo Tremaghi, sempre che sia ancora interessato a candidarsi…”

Il professor Chambers lo fissò con le braccia incrociate, la testa inclinata di lato e un sorrisetto divertito sul volto. Da quando era stato annunciato il Torneo, il professore di Incantesimi aveva iniziato a usare questa tecnica per richiamare l’attenzione di tutti gli studenti distratti durante le lezioni del sesto e del settimo anno. Ogni studente fantasticava su una candidatura, sognava l’essere scelto dal Calice di Fuoco ed essere colui che portava gloria a Hogwarts. Chi sosteneva di non pensarci, mentiva.

Le dichiarazioni di Hermione sulla Gazzetta del Profeta circa le misure di sicurezza aggiuntive facevano pensare che le prove sarebbero state meno difficili rispetto a un tempo e questo aveva aumentato il livello della competizione. I professori, naturalmente, ne approfittavano per portare acqua al loro mulino.

“Secondo me è lui che mette in giro la voce che le prove saranno semplici questa volta… Così tutti ci pensano su e seguono la lezione.” James si volto verso il cugino e si scambiarono un occhiolino veloce.

“Signor Weasley, per cortesia.” Persino Louis, lo studente modello, fu richiamato. James sospirò e cercò di recuperare la concentrazione per memorizzare la formula e i movimenti del prossimo incantesimo, Reinnerva. “Continuando con gli incantesimi di Guarigione, Reinnerva è tra gli incantesimi essenziali per far prendere coscienza a qualcuno che ha perso i sensi,” spiegò Chambers.

Lo videro alzarsi di colpo e raggiungere Matthew Turpin di Corvonero che ormai sedeva fisso con Anne durante tutte le lezioni. Il professore corresse il movimento del polso e lo mostrò a tutti gli studenti. “Venga, Turpin, mostri ai suoi compagni l’esecuzione dell’incantesimo.”

Chambers aprì una gabbietta e prese un topolino addormentato, lo sistemò sulla cattedra e domandò a Turpin: “Ricordi il movimento del polso?” Il Corvonero annuì. James Sirius detestava i ricci scuri di Turpin, le spalle larghe, la pelle della stessa tonalità di quella di Anne. Più di tutto, però, James detestava il modo in cui Turpin avesse iniziato ad essere felice da quando Anne aveva iniziato a sedersi con lui, aveva notato il modo in cui lui la guardava, le attenzioni che le riservava. Anne sosteneva che la gelosia di James fosse ridicola, che loro due erano solo amici, che avrebbe potuto degnarsi di uscire dalla torre e conoscere altra gente. James, tuttavia, a dispetto dei geni Potter che lo rendevano una frana nelle faccende di cuore, sapeva riconoscere quando un ragazzo ci stava provando, e Turpin ci provava con la sua ragazza.

“Ho sentito dire che Jenkins raccoglie scommesse sul campione,” disse Andrew mentre uscivano da Incantesimi.

“Dov’eri finito?” gli domandò James scrutando l’amico. Louis ridacchiò e si scambiò un occhiolino con Andrew, aggiunse solo, “In ultima fila con Ruth.”

“Non ci credo… voi…”

Una risatina divertita uscì dalle labbra di Andrew, si guardò intorno e abbassò la voce, aggiunse: “Sai com’è, Chambers continua a dire che è tutto un lavoro di polso… Diciamo che ci siamo esercitati abbastanza.”

“Godric che schifo,” James alzò gli occhi al cielo. Il solo pensiero che si facessero quelle cose in classe, dove potevano essere visti, finire in punizione.

“Ehi, guarda che abbiamo ripulito, dopo!” scherzò Andrew, “per chi ci hai preso?”

Louis ridacchiava: “Beh adesso abbiamo capito perché Anne sta cercando di vedere se con un’altra bacchetta va meglio.”

“Ragazzi, queste metafore sono indegne e Anne è la mia ragazza, non vi permetto di parlare in questo modo!”

“D’accordo, Potter, ma sai che oggi Turpin è di ronda, vero?”

“E tu come lo sai?”

“Sono il Caposcuola di Grifondoro, ricordi? Anch’io sono di ronda.” James e il cugino si guardarono ed ebbero entrambi la stessa idea.

“D’accordo, ma porta il Mantello dell’Invisibilità, non voglio rogne con i Prefetti. Sai che Rose è di ronda con Malfoy?”

“Per Godric, ma almeno una buona notizia vuoi darmela oggi?”

“Ti porto in giro dopo il Coprifuoco, cosa vuoi di più?” Louis allargò le braccia e cinse le spalle dei suoi due amici, rivolse un sorriso obliquo ad Andrew e domandò: “Che programmi hai per questa sera?”

“Vedi, Weasley…” esordì Andrew sistemandosi gli occhiali sul naso, “Se tu e Potter avete deciso di sabotare la vostra vita sentimentale, non significa che io voglia fare lo stesso. Starò in sala comune con Ruth, pregando che Sarah e Anne non siano così furiose con voi da rovinarmi la serata.”

“Preferisci le ragazze ai tuoi amici, McLaggen? Sono offeso!” Louis alzò il naso all’insù e assunse la sua aria di supponenza con cui guardava dall’alto in basso i Serpeverde e chiunque lo accusasse di essere un privilegiato per via del suo cognome.

“Se permetti, Weasley, Ruth ha una cosa… beh… più di una cosa che tu e Potter non avete…”

“Sei pessimo, McLaggen.” Lo disse mentre Anne e Matthew li superavano parlando fitto della lezione di Pozioni che avrebbero avuto al pomeriggio. Da quanto tempo James non vedeva quel sorriso sul volto della sua ragazza? I loro sguardi si incrociarono per un attimo e James sperò che lei si fermasse e lo raggiungesse. Rimase con la mano alzata come un idiota, mentre la pacca consolatoria di Louis arrivava a confortarlo. “Lasciala perdere, James…” gli sussurrò.

“Il fatto è che io non capisco. Se preferisce stare con Turpin, che me lo dica, perché farmi sentire come se stessi sbagliando qualcosa?”

“Forse perché vuole che lotti per lei.” La voce di Rose li raggiunse alle spalle. James si voltò verso la cugina e la trovò in compagnia di Albus e Scorpius. Dietro di loro, Karl Jenkins parlava con William Robins e Polly Chapman. “Albus, Malfoy, vi siete infilati tra i Grifondoro?” domandò divertito.

“Non diciamo sciocchezze, è tutta una strategia per rendere impossibile la vita di Jenkins e vendicare l’onore di Rose,” esclamò Albus scambiandosi uno sguardo con Rose. James non aveva mai visto sua cugina così allegra in compagnia di suo fratello, per un istante lo sguardo che Rose rivolse ad Albus gli ricordò quello di Anne a Matthew. Scosse la testa, pensando che tutta quella storia lo stesse solo suggestionando. Se così fosse, forse, poteva stare tranquillo. Insomma, Rose e Albus erano chiaramente amici e forse Anne aveva ragione e Turpin era solo un amico.

No, la verità era che se lo sguardo di Anne ricordava quello di Rose, quello di Turpin non era affatto come quello di Albus. La differenza stava tutta lì, James si fidava di Albus e affatto di Turpin.

Dopo cena, mentre tornavano verso la torre di Grifondoro, James scivolò in una rientranza dietro un’armatura per indossare il Mantello dell’Invisibilità, lì attese l’arrivo di Louis per la ronda. Fu sorpreso nel vedere Anne saltare fuori dal buco dietro il ritratto della Signora Grassa dopo cena con lo sguardo luminoso e un sorriso stampato sul volto. Anne si guardava intorno nervosa, mentre si sistemava i lunghi capelli neri e controllava che l’uniforme non fosse spiegazzata. James deglutì e si morse un labbro. Avrebbe voluto abbandonare ogni proposito perché quello sguardo era sufficiente per dimostrare che lei non considerasse Turpin solo un amico. Un’altra parte di sé, tuttavia, voleva andare a fondo in quella storia e chiarire ogni dubbio. Non ci stava a fare la parte dello scemo.

Louis arrivò poco dopo con un sorriso sornione sul volto e la bacchetta in mano. James gli si affiancò e sussurrò sottovoce: “Come mai così contento?”

Louis sobbalzò e d’istinto puntò la bacchetta contro il punto da cui proveniva la voce, poi, la mente dovette elaborare il pensiero e “Per Godric, James, mi hai fatto prendere un colpo!”

Scoppiarono entrambi a ridere e Louis disse: “Seguimi, partiamo dai sotterranei, Turpin va sempre lì a caccia di Serpeverde a cui toglier punti.” Ciò che li sorprese fu il trovare Matthew con Anne nell’atrio della scuola.

Louis si voltò verso James e gli fece cenno di star buono. Sarebbe stato doloroso, ma James acconsentì. “Turpin, non è ancora scattato il coprifuoco, non dirmi che togli punti a una mia compagna di Casa? Sarebbe crudele!”

Mathew Turpin si passò una mano tra i ricci scuri e sorrise. “No, Weasley, ti dispiace se Thomas ci fa compagnia durante la ronda?”

“È la ragazza di mio cugino o c’è qualcosa che mi sono perso?”

Anne sollevò gli occhi al cielo e fece per andare via, ma Turpin la trattenne per il polso: “Non andare Anne, resta con me.” Rivolse uno sguardo a Louis: “Dovremo parlare con James.”

Louis incrociò le braccia e sostenne lo sguardo del Corvonero: “Ah sì, per dirgli cosa? Sono settimane che James cerca di parlare con Anne, senza riuscirci.”

“Non credere che sia facile per me…” sussurrò Anne.

“Sul serio? Qual è la scusa? Sei confusa? Non sai cosa provi? O semplicemente non riesci ad ammettere che ti piace un altro?” Louis stava partendo all’attacco. James allungò la mano sotto il mantello e afferrò il polso del cugino, gli sussurrò di calmarsi. “Sono cose che succedono, Anne, ma credo che James meriti un chiarimento e non di essere preso in giro o di passare per idiota. Quest’estate, le cose erano diverse.”

“Mi dispiace, Louis, non voglio prendere in giro James, ma non è facile parlare con lui.”

Prima che la situazione diventasse più imbarazzante o dolorosa di quanto lo fosse, James tolse il Mantello dell’Invisibilità e le disse: “Non ce n’è bisogno Anne.” Andò via irritato, il coprifuoco non era ancora scattato ma lui non aveva voglia di continuare a girare con Louis e assistere alle effusioni dei due piccioncini.
 

 
****
 
 
La Tana, Ottery St. Catchpole, Devon, 9 ottobre 2021
 

 
“Grazie per essere venuti a questa riunione straordinaria.”

Teddy osservò Hermione alzarsi dal capo del lungo tavolo dei Weasley. Erano stati convocati alla Tana, da Molly e Arthur, segno che la situazione era più grave del previsto o le comunicazioni da dare erano serie. Era stata brava a dissimulare, Hermione, li aveva convinti a trovarsi alla Tana per un pranzo di famiglia, la circostanza che fosse di sabato e non di domenica era sembrata strana, ma lei aveva minimizzato dicendo che “la domenica c’è il Quidditch e finisce che Ginny non c’è mai.” Così, ogni sospetto era rientrato e quando l’avevano vista in jeans, maglione e camicetta a fiori, il ministro era sparito e tutti loro avevano rivisto solo la loro Hermione Granger.

In piedi, a capotavola, con Ron al suo fianco, tuttavia, sembrava aver assunto i panni del Ministro della Magia, l’autorevolezza che sprigionava era notevole, benché ancora non avesse iniziato il suo discorso. Era una questione di postura, espressione facciale, le sopracciglia corrucciate e le labbra contratte nello sforzo di trovare il coraggio di dare un annuncio difficile.

“Aspettate un altro bambino, cara?” domandò Molly. La domanda lasciò affiorare una serie di sorrisi nervosi sul tavolo. Fleur scosse la testa mentre guardava il marito e Teddy la sentì sussurrare: “È sempre la solita, tua madre…” Bill si limitò ad alzare le sopracciglia complice con la moglie. Teddy non riuscì a fare a meno di spostare lo sguardo su Victoire che, tuttavia, era rimasta concentrata su Hermione e non aveva notato lo scambio tra i suoi genitori. Teddy allungò la mano verso di lei e rimase in attesa.

“No, Molly, vorrei che fosse un annuncio tanto lieto. Qualche settimana fa, il Dipartimento Auror ha scoperto cinque polli uccisi con le Maledizioni senza Perdono presso un Babbano di nome Henry Potter. Siamo stati avvertiti dal Dipartimento degli Obliviatori, ma gli Auror lo avevano scoperto grazie alla Traccia che abbiamo apposto sul mondo magico per gli incantesimi proibiti. Teddy e Vic hanno ricostruito la dinamica e le indagini sono in corso per capire cosa c’è dietro.”

“Chiunque sia stato, è stato bravo, non ci sono tracce su cui indagare e la scena del crimine è stata compromessa dai Babbani,” intervenne Victoire. Hermione annuì seria. Zio Harry sedeva nervoso con il pugno contratto, Ginny al suo fianco ascoltava attentamente con le braccia conserte.

“È accaduto di nuovo, ieri mattina. Ho fatto il sopralluogo con Hestia. Questa volta è stato una famiglia di donnole a farne le spese in un bosco di proprietà di un Babbano, un tal Hector Granger.”

“Una famiglia di donnole?”

“Anche piuttosto numerosa, direi.”

“Sbaglio o è il vostro animale?” domandò Teddy.

“Cosa significa, cara?”

“Non ne abbiamo idea, Molly, vi ho convocato per dirvi di prestare attenzione e di riferire a me, Teddy, Victoire, Harry, qualsiasi cosa strana che possiate notare. Se il pollaio di Henry Potter poteva essere un caso, una spiritosaggine, le donnole nel bosco del signor Granger sono un chiaro messaggio.”

“Perché hai voluto che partecipassi anch’io?” Ginny lo domandò preoccupata.

“Perché ho bisogno di tenere Rita Skeeter lontana da questa storia. So che non vede l’ora di mettermi in difficoltà e immagina quanto potrebbe ricamare se una storia del genere dovesse saltare fuori.”

“Ho litigato furiosamente in redazione per ottenere l’assegnazione degli articoli del Torneo Tremaghi. Ho fatto presente che rientra tra i giochi magici e io sono la cronista di sport e giochi magici della Gazzetta, ma non posso scavalcare una caporedattrice come la Skeeter, lo sai.”

“Temo che sia tutto inutile, Hermione.” Arthur fece voltare l’intera tavolata verso il soggiorno. Videro il signor Weasley prendere dal tavolino la copia del “Profeta della Domenica” da cui titolava in prima pagina: “I nuovi Mangiamorte si addestrano con gli animali Babbani, ma il Ministro Granger tace. Siamo al sicuro o farà gli errori di Fudge?”

“Che faccia tosta!” esclamò Ron. Teddy notò il modo nervoso in cui Percy si sistemò gli occhiali sul naso. George se ne accorse e gli disse: “Beh, ora hai l’occasione per dimostrare di non essere un completo idiota, no?” Il tono era scherzoso, come se desse per scontata la posizione di Percy, ma toccò un nervo scoperto visto che rispose: “Credevo che questo aspetto fosse già chiarito. Devo dimostrarlo nuovamente?”

“Oh, no, Percy, no! Hai ragione!” Nonna Molly, come tutti loro la chiamavano, intervenne a sedare un confronto che poteva degenerare.

“Era solo una battuta.”

“Nemmeno una delle migliori, papà,” lo riprese Roxanne. “Sappiamo tutti che zio Percy è a posto.” Teddy notò il modo in cui Roxanne e Molly si scambiarono un sorriso, Angelina e Audrey cercarono di stemperare l’atmosfera, interrotta dall’esclamazione di Hermione: “Quella grandissima oca!”

“Chi?” domandò Ron. Hermione assottigliò gli occhi verso il marito e sibilò: “Lavanda.” Teddy assistette agli occhi al cielo di Victoire e le mani sul viso di Ginny, Lucy e Percy, in un modo così sincronizzato da risultare buffo. “Ecco chi è stata a raccontare delle morti degli animali e dell’uso delle maledizioni senza perdono! Mi sentirà! Ci sono indagini in corso e lei parla con la stampa?”

“Hermione…” Harry si sistemò gli occhiali e le disse: “Prima di prendertela con Lavanda…”

“No, Harry, non iniziare a difenderla!”

“Ascoltami, però, la domanda da fare è: perché la Skeeter è andata a colpo sicuro da Lavanda? Chi l’ha indirizzata?”

“Ha ragione Harry, non si è parlato di nessuna inchiesta sui rapporti tra maghi e Babbani nelle ultime riunioni di redazione della Gazzetta del Profeta. Qualcuno ha imbeccato la Skeeter.”

“I Mangiamorte non sono stati nemmeno presi in considerazione nei rapporti degli Auror,” aggiunse Teddy. “Non ci sono segni che sia qualcuno correlato a Voldemort.”

Victoire si voltò verso di lui e gli disse: “Sul serio? Solo perché non c’è il Marchio Nero? Non pensi che possano centrare qualcosa?”

La discussione venne interrotta dall’arrivo di un Draco Malfoy su tutte le furie. “Oh, vedo che ho interrotto una riunione di famiglia!” esclamò gelido. Dopo quanto accaduto al figlio e ad Albus, lo avevano invitato un paio di volte alla Tana, su insistenza di Hermione e lui doveva aver dedotto che fossero tutti riuniti in quel posto. Hermione l’osservò ritta a capotavola. “Malfoy, cosa ti porta nel Devon?”

“I pavoni di mio padre sono stati torturati e uccisi, Granger.”

Harry, Ron e Ginny trattennero nascosero le risatine dietro una mano. Draco, tuttavia, le notò e incrociò le braccia indispettito: “Sul serio, Potter, non è affatto divertente. Ho letto il Profeta della Domenica e se ci sono Mangiamorte che vogliono farcela pagare per avervi aiutato a vincere la guerra, voglio saperlo. Devo proteggere mio figlio e i miei genitori.”

“Non c’è nessuna evidenza che i Mangiamorte siano coinvolti,” disse Hermione. “A meno che tu non abbia altri elementi a sostegno di questo sospetto, Draco.”

“Purtroppo, nessuno. Ti ho cercata per avere maggiori informazioni, ma vedo che, come un anno fa, brancoli nel buio.” Draco spostò lo sguardo su lui e Victoire e continuò sprezzante: “Vedere due dei tuoi migliori Auror a tavola invece che al lavoro mi rende evidente le priorità del ministero.” Hermione sospirò: “Non è il caso di iniziare a polemizzare, Draco, sto effettuando i rilievi personalmente insieme ad Hestia Jones, il Capo del Dipartimento Auror. Harry, considerati coinvolto. Teddy e Victoire dovranno andare a Hogwarts, la comparsa di questi fenomeni con l’avvicinarsi del Torneo Tremaghi è sospetto, ma è troppo presto per affermare che c’entrino i Mangiamorte.”

“Però possiamo scoprirlo,” disse Victoire. Teddy sapeva cosa le passasse per la testa. “Non ha mai funzionato, anzi si è sempre rivelato controproducente.”

“Lo scorso anno è saltato fuori che i Lestrange sapevano chi fosse Delphini e l’hanno lasciata lavorare, pronti a rivelare la loro vera fedeltà se avesse avuto successo e vuoi farmi credere che non sappiano nulla?”

“I Lestrange vivono sotto osservazione da troppo tempo, nessun sostenitore di Voldemort li avvicinerebbe,” disse Draco. “I miei genitori li frequentano ancora e sono in buoni rapporti. La moglie di Rodolphus lavora con Theodore Nott, Roddie e Orion lavorano al Ministero e non credo che Roland faccia cose del genere, lui le arti oscure le può praticare nel suo castello al riparo dalla traccia.” Draco intercettò lo sguardo sorpreso di Hermione e aggiunse beffardo: “Proprio così, ministro, ci sono dei buchi nella sua coperta d’oppressione.”

 
****

 
Hogwarts, 9 ottobre 2021
 

“Scorpius, sei pronto?”

Albus non stava nella pelle all’idea di andare a Hogsmeade. Voleva assolutamente fare scorta di piume e pergamene e osservare i nuovi taccuini che Scrivenshaft e fare un giro da Mondomago. Secondo la pubblicità apparsa sulla Gazzetta del Profeta era arrivata una scorta di Omniocoli che sarebbe stata perfetta per seguire le gare del Torneo Tremaghi.

Albus sbuffò per il caldo e l’impazienza. Ogni volta era sempre la stessa storia: si preparava per uscire e poi iniziava a sudare mentre aspettava Scorpius che finiva di prepararsi. Malfoy usciva dal bagno fresco e affascinante, mentre lui si sentiva sudato come Hagrid e profumato come Neville quando fertilizza le piante con il letame di drago.

“Eccomi!”

Scorpius lo raggiunse con un sorrisetto soddisfatto sul volto. Albus non fu l’unico a notare il modo in cui il suo amico si controllò la pettinatura nello specchio prima di uscire dalla sala comune. Frederiks esclamò divertito: “Malfoy, guarda che la tua fidanzatina Potter ti apprezza già così.” Seguirono una serie di risate sghignazzanti mentre Albus sentiva le guance avvampare per la vergogna. Scorpius l’osservò perplesso, come se ci fosse qualcosa che non andasse. Cercò di distrarlo e biascicò un “Lascia perdere Yann, andiamo, sto morendo di caldo qua dentro!”

“Guarda Potter come si scalda, eh, Malfoy, che effetto che fai ai ragazzi…”

Albus si voltò verso Yann spazientito: “Frederiks, è un corteggiamento questo?”

“Sei geloso, Potter?” ridacchiò.

Albus scoppiò a ridere e si trascinò dietro Scorpius, la sola ipotesi era ridicola. Albus non aveva alcuna ragione per essere geloso di Scorpius e Frederiks, visto che i due si odiavano e Yann non faceva nulla per nascondere quell’odio. Poi, un pensiero si installò nella mente di Albus: e se Yann cercasse di attirare l’attenzione di Scorpius perché in realtà gli piace? Non gli risultava che Frederiks avesse una fidanzata o una relazione con qualcuna, benché fosse il Capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde e avesse una serie di ammiratrici.

“Frederiks è un idiota,” disse Scorpius.

“Secondo me gli piaci,” biascicò Albus, scrutò attentamente le espressioni di Scorpius pronto a cogliere ogni segnale. L’amico, tuttavia, scoppiò a ridere: “Mi spiace per lui, gli stronzi non mi sono mai piaciuti.”

Tirò un sospiro di sollievo nel sentire quell’esclamazione, poi, il suo cervello registrò un sottotesto che l’ansia di allontanare la minaccia di Frederiks non gli aveva fatto notare: Scorpius non aveva detto che non gli piacevano i ragazzi. Trattenne il sorriso a quella rivelazione e ridacchiò: “Forse si è illuso visto quanto ami farti strapazzare da Rose…”

“Ma Rose non può essere paragonata a Frederiks, lei è un’altra cosa,” mormorò Scorpius, le guance diventate rosse. “Insomma, lo sai, Rose… beh… lei è…”

“…complicata,” terminò la frase andando in soccorso dell’amico.

“Sì, ma è anche irraggiungibile. Nonostante tutto sta con Jenkins, no?”

“Stai perdendo le speranze, Malfoy?”

“È complicato, Albus, non capisco cosa mi succede.”

“Ti va di parlarne davanti una Burrobirra?”

“Possiamo provarci.”

Che Rose fosse un argomento spinoso, sembrava essere intrinseco nel nome di sua cugina, si disse Albus. Persino lui era confuso dopo gli ultimi mesi trascorsi insieme. Scacciava i pensieri su Rose sentendosi sporco. È mia cugina, si ripeteva, siamo cresciuti insieme, come se ciò bastasse ad allontanare quello che sentiva, ad impedire al suo stomaco di sobbalzare quando lei gli scostava i capelli dalla fronte o gli faceva un complimento. Aveva scoperto delle reazioni nel suo corpo, quando Rose gli faceva il solletico che l’avevano turbato.

Si era trovato ad invidiare Scorpius che poteva parlare liberamente della sua cotta senza speranze per Rose, mentre lui non aveva nemmeno la possibilità di sfogarsi. Il suo migliore amico l’avrebbe presa come un tradimento, suo fratello sarebbe tornato a considerarlo strambo ed era fuori discussione parlarne con Lily, Hugo o Teddy.

Doveva gestire quell’infatuazione da solo, superarla senza ferire Scorpius e rovinare l’amicizia che stava nascendo con Rose. Non poteva rovinare tutto.

La sua risoluzione venne messa alla prova non appena arrivarono a Hogsmeade, quando dalla carrozza accanto alla loro, Rose e Karl scesero in compagnia di William e Polly. Tutti avvolti nelle loro sciarpe rosso-oro, sembravano un gruppo inarrivabile. Albus spostò lo sguardo su Scorpius, entrambi si sorrisero con la stessa espressione sofferente e cercarono rifugio da Scrivenshaft.

“La cancelleria è il rimedio migliore per le pene d’amore,” sentenziò avventandosi sui taccuini che erano appena arrivati.

“Pensavo che fosse il cioccolato,” ridacchiò Scorpius. Lo sguardo di entrambi venne catturato da un nuovo set di Piume magiche. C’erano alcune piume di uccelli tropicali che erano meravigliosi con i loro colori sgargianti.

“Queste arrivano dal sud America,” spiegò loro la commessa. “Credo che nessuno possa passare inosservato con una piuma del genere,” disse Scorpius. “L’obiettivo è proprio questo: lasciare il segno.”

Albus le sorrise: “Grazie, ma c’è qualcosa di più ordinario? Sa, in classe non si vuole dare nell’occhio…”

“Certo, abbiamo questa piuma d’aquila dotata di incantesimo mimetizzante, assume l’aspetto delle piume intorno a lei.”

“Interessante!” esclamò Scorpius, “ne prendiamo una a testa!” Albus guardò l’amico pagare le piume e porgergliene una. “È un regalo perché sei il mio migliore amico,” gli disse con un sorriso, mentre Albus si sentiva uno schifo. Non sei un amico, gli sussurrava una vocina nella sua testa, gli amici non desiderano le ragazze che piacciono ai loro amici, non fanno certi pensieri sui loro amici.

“Lascia che ti offra la Burrobirra ai Tre Manici di Scopa,” gli disse portandolo fuori dal negozio. Il cielo di Hogsmeade si era riempito di nuvole e grosse gocce di pioggia iniziarono a cadere tra le vie della cittadina magica. Albus e Scorpius corsero ridendo lungo la via principale diretti al pub. Arrivarono affannati, con le guance rosse e divertiti da quell’imprevisto.

Si fecero largo tra la folla di studenti alla ricerca di un tavolino libero. Ne trovarono uno sul fondo della sala, lasciato libero da due Corvonero del terzo anno che si erano alzati. “Tieni il tavolo, io vado a ordinare,” disse Albus mentre si dirigeva al bancone da Ernie il figlio di Madama Rosmerta che da un paio d’anni stava subentrando alla madre insieme alla sua fidanzata, l’affascinante, Lydia.

“Eccomi, qui, c’era una fila incredibile,” disse Albus passando il bicchiere di Burrobirra a Scorpius.

L’amico sorrise e fece un cenno del capo alla sua sinistra: “C’è anche Rose.”

“A proposito di Rose, vuoi dirmi cosa ti succede?” domandò Albus, “Se ti sta passando la cotta per lei è solo un bene, magari aumentano le tue chance perché la smetti di comportarti da idiota quando c’è lei.”

“Non lo so cosa mi succede,” sospirò, “Vorrei che fosse così facile dare una definizione certa e sapere cosa provo, ma non è così semplice.”

“Ti piace qualcun altro?” La voce di Albus tremò leggermente e il cuore sembrò fermarsi quando Scorpius mormorò “Non lo so. Non so cosa mi sta succedendo, è come se tutto quello che ho sempre creduto fosse sbagliato.”

“Ti capisco,” mormorò Albus affondando il viso nella Burrobirra. Quando abbassò il bicchiere vide lo sguardo sorpreso di Scorpius ad aspettarlo: “Cosa significa? Tu… Insomma, dopo Delphini tu…”

“Non lo so che mi succede, tutto quello che credevo di sapere sembra non contare più molto e ho paura. L’ultima volta, con Delphi, ho rischiato di perderti e non voglio che accada di nuovo.”

“Delphi non è riuscita a separarci e non esiste ragazza che non possa dividerci,” gli disse Scorpius. Lo sguardo di Albus si spostò su Rose, qualche tavolo a sinistra, che rideva a una battuta di Polly. Osservò la mano di Karl sulla spalla della cugina e sospirò.

“Oh, no, anche tu…” mormorò Scorpius. Albus abbassò gli occhi sentendosi un mostro. Non era riuscito a gestire la sua infatuazione né a fingere con Scorpius. Scosse la testa con un sorriso tirato, allungò una mano verso quella di Scorpius e gli disse: “Non lo so, magari è il gruppo di lettura che mi influenza. Insomma, non dovrei avere certi pensieri.”

“Non puoi impedire i pensieri, Albus, lo sai, più ci provi e più loro tornano forti.”

“È tutto un casino, Scorpius, non riesco a fare un pensiero che sia a posto. Perché tutto quello che penso è così strano?”

“Non dirmi che ti piace anche Lily, insomma, è tua sorella!”

“Per Salazar, no! È piccola! Ed è mia sorella! No!” Si guardarono sconvolti, ridacchiando imbarazzati, poi Scorpius aggiunse: “Sarebbe come essere innamorati di James, o di me.”

“Tu non sei mio fratello,” disse Albus senza riflettere troppo. Scorpius arrossì: “No, non lo sono, ma… insomma, sarebbe strano, no?”

“Non per Frederiks,” sghignazzò Albus, “Immagini la sua espressione?” Affondarono entrambi il viso nelle Burrobirre e scoppiarono a ridere. La tensione di quella domanda era scomparsa e Albus era riuscito a non negare né confermare. Non poteva confessare a Scorpius che lui era l’altra estremità a cui tendeva il pendolo del suo pensiero che si alternava tra lui e Rose.
 

 
****
 
I fine settimana a Hogsmeade erano sempre divertenti. Karl, Polly e William l’avevano fatta morire dalle risate e Rose era tornata al castello di buon umore, pronta a godersi la cena e la ronda notturna con Scorpius. Adorava le ronde con Malfoy perché trascorrevano la serata a parlare delle loro letture, era come una sessione straordinaria del loro gruppo, mancava Albus perché la serata diventasse perfetta.

Indossò l’uniforme e si preparò per la cena avendo cura di sistemare i capelli sconvolti dalla pioggia che li aveva colpiti durante il pomeriggio.

Polly uscì dalla doccia e la squadrò da cima a piedi: “Come siamo carine… Che programmi hai per stasera?”

“Sono di turno come Prefetto,” disse mentre applicava un po’ di crema idratante.

“Con chi ti hanno messa questa volta?”

“Oggi sono con Scorpius, quindi sarà leggera, passeremo il tempo a parlare della saga che tu non vuoi iniziare.”

“Siete al quarto romanzo, non mi metterò mai in pari e mi hai praticamente spoilerato la storia… Se non dovesse piacermi Curunir, temo che mi toglieresti il saluto.”

“Puoi giurarci, sarebbe indice dei tuoi pessimi gusti in fatto di uomini.”

“O dei tuoi…” scherzò Polly facendole l’occhiolino.

“Dai, però, Karl sta rigando dritto, no?” domandò Rose.

“Sì, certo, facile ora che siamo a Hogwarts… Ho scoperto delle cose su William, di quest’estate,” Polly sospirò e si chinò per infilare gli slip.

Rose la seguì con lo sguardo e ammirò la capacità dell’amica di indossare la biancheria tenendo il telo annodato al corpo, aveva una tecnica unica. “Insomma, le cose non vanno affatto bene e sto riconsiderando un po’ di cose.”

“Gira voce che tuo cugino sia appena tornato sul mercato…”

“Albus?” domandò sorpresa dall’affermazione di Polly. Osservò lo sguardo disgustato dell’amica: “Per Godric, no! Parlo di James Sirius, lui sì che è figo! Come ti è saltato in mente Albus?”

Rose scrollò le spalle e controllò il nodo della cravatta, sistemò le onde dei suoi capelli che grazie alla Tricopozione Lisciariccio di Fleamont Potter riusciva a gestire. “Cosa? James e Anne si sono lasciati?”

“Pare che lei abbia una storia con Matthew Turpin di Corvonero. Non so se l’hai presente.”

Rose annuì, era il Cercatore di Corvonero e si sarebbe scontrato sul campo da Quidditch con James alla prima occasione.

“Potresti mettere una buona parola per me…” mormorò Polly Chapman.

“Ma così farei un torto a William che è il miglior amico di Karl.”

“Ma io saprei consolare James, non vorresti che fossimo parenti?”

“Vuoi davvero diventare la cognata di Albus?” ridacchiò Rose, “Immagino i pranzi di famiglia!” Si voltò conciliante verso l’amica che cercava di sistemare al meglio l’uniforme e scuoteva la testa sconsolata: “Non c’è modo di rendere questa divisa sexy…”

“Generazioni di studentesse ci hanno provato invano, secondo zia Ginny aumenta le fantasie e la voglia di sfilarla. Dice sempre che non dobbiamo avere fretta di mostrare le nostre carte, la seduzione è come una partita a scacchi.”

“Io la immagino più come un fuoco d’artificio di Zonko,” commentò Polly.

“Ma così finisce subito, le partite a scacchi durano molto di più.”

Continuarono a discuterne lungo le scale, fino alla Sala Grande. Rose sentì una gomitata di Polly quando James, Louis e Andrew passarono vicino loro. Sospirò ed esclamò: “Ehi! Vi siete divertiti a Hogsmeade?”

James si voltò verso di lei e la raggiunse: “Non siamo andati a Hogsmeade. Siamo rimasti al castello ad allenarci, ma non dirlo a nessuno.”

“Allenarvi? Ma Ruth non mi ha detto niente,” esclamò Rose terrorizzata all’idea della lavata di capo che si sarebbe beccata se avesse saltato un allenamento. James abbassò la voce: “No, non a Quidditch. Stiamo facendo allenamenti speciali per il Torneo: Incantesimi, Difesa contro le Arti Oscure, Trasfigurazione Avanzata, tanto per cominciare.”

“Non c’entra niente con il fatto che tu e Anne vi siete lasciati?”

“E tu come lo sai?”

“Le voci corrono e la sala comune è piccola.”

James alzò gli occhi al cielo. Polly, accanto a Rose, era al settimo cielo in un modo a dir poco imbarazzante. “È lei che ci perde,” sussurrò sbattendo le ciglia. Rose alzò gli occhi al cielo e si scambiò uno sguardo imbarazzato con James.

Louis era troppo sveglio – sicuramente più di James – capì subito l’antifona e trascinò il cugino lontano da Polly attirandosi un paio di commenti acidi della sua amica. Rose cercò di nascondere le risate ma il divertimento cessò non appena entrò in Sala Grande. Sua madre, zio Harry, zia Ginny, Teddy e Victoire parlavano con la Preside.

Hermione si voltò, i loro sguardi si incrociarono, sua madre le sorrise: “Rose…”

“Ministro…” esordì Polly con un inchino che strappò una risatina sarcastica a Rose. Diede una gomitata all’amica e Hermione la salutò: “Ciao Polly, ciao, Rose.”

“Cosa ci fai qua?”

“Anch’io sono felice di vederti,” sospirò Hermione, “Siamo venuti a parlare con la Preside. Teddy e Victoire staranno qua insieme a una delegazione di funzionari del Ministero durante tutte le prove del Torneo.” Sua madre parlava, ma lo sguardo di Rose venne catturato dal dialogo acceso tra James con i genitori. Andrew McLaggen, in un angolo, sospirava osservando il suo idolo di sempre, Ginny Weasley.

“Sono venuta a vedere come state tu e Hugo.”

“Stiamo come al solito, come mai ti interessa?”

Hermione sospirò e Rose comprese: “È per via dell’articolo sul Profeta della Domenica, vero? Pensi che ci siano di mezzo i Mangiamorte, di nuovo?”

“Non lo so, ma vorrei che tu e Hugo faceste attenzione. Se vedete qualcosa di strano avvisate Teddy e Victoire, intesi? Stiamo indagando, ma chiunque ci sia dietro sa camuffare bene le sue tracce.” Rose annuì. Hermione era sempre stata una donna impavida. I racconti sulla guerra la dipingevano come un’eroina, lei la conosceva nel ruolo di strega responsabile e infaticabile. Il mondo magico veniva sempre prima del suo benessere e anche quello della sua famiglia e per questo motivo Rose e Hugo l’avevano detestata, sebbene il papà facesse del suo meglio perché sentissero la presenza di un genitore. Il lampo di preoccupazione che aveva scorto negli occhi di sua madre, tuttavia, cambiava le cose. Il solo pensiero che dietro l’uso delle arti proibite ci fossero i Mangiamorte, dei nuovi Mangiamorte, la gettava nell’angoscia, era come se tutto il suo lavoro per migliorare il mondo magico non fosse servito a nulla. Rose notò delle rughe ai lati degli occhi e per la prima volta avvertì che sua madre non era eterna e perfetta come aveva sempre creduto.

“D’accordo, mamma,” disse prima di essere interrotta da Hugo che disse: “Che succede? Cosa ci fai qua, ma’?”

“Sono venuta a trovare la preside per via del Torneo Tremaghi, Rose ti spiegherà tutto. Adesso, porto via Harry prima che inizi a litigare con James. Pare che non voglia che partecipi al Torneo.” Accompagnò la madre da zio Harry e zia Ginny per salutarli e dare manforte a James. In supporto arrivarono anche Albus e Scorpius. Rose fu sorpresa dalle domande che sua madre rivolse a Scorpius, dalla preoccupazione che mostrò verso il suo amico. Sì, ultimamente i suoi genitori avevano cambiato opinione verso i Malfoy, specie dopo quanto accaduto l’anno precedente, ma quella preoccupazione era sospetta.

“È successo qualcosa che non so, signora Weasley?” domandò Scorpius. Rose notò la gaffe e il modo in cui Hermione si irrigidì. Era il Ministro Granger e lui la chiamava signora Weasley, era il solito Scorpius disastro, o forse era un genio, Rose non l’aveva ancora deciso.

“Hai letto il Profeta della Domenica?”

“Se si riferisce all’articolo di Rita Skeeter, sì, l’ho letto.”

“Molto bene. Sei un ragazzo intelligente, Scorpius, tuo padre ci ha informato da poco che i pavoni albini di tuo nonno sono morti con magie proibite.”

“Per Salazar…”

Hermione osservò lei, Hugo, Albus e Scorpius, disse loro: “Lo so che è terrificante il pensiero di una minaccia che incombe. Hogwarts è uno dei posti più sicuri del mondo magico, promettete che non cercherete di minare le misure di sicurezza che dovremo imporre.”

“Avete già abolito il Quidditch, che altro ci dobbiamo aspettare?” domandò Rose spazientita. Notò il sorrisetto di Scorpius e Albus e si decise a ignorarlo.

“Ciò che sarà necessario, Rose, io spero che non ci saranno restrizioni, ma non posso farti nessuna promessa. Qualcuno ha imbeccato Rita Skeeter e qualcuno dopo ventitré anni dalla morte di Voldemort tira fuori i Mangiamorte. Non vorremmo che l’arresto di Delphini Riddle e la scoperta della sua esistenza abbia suscitato delle attese. Stiamo indagando, ma non è semplice e vorrei che vi guardaste le spalle. Intesi?”

Annuirono tutti quanti. Il discorso di Hermione rimase nelle loro teste e sembrò far svanire i problemi che fino a qualche minuto prima credevano di avere.

Rose si ritrovò a parlarne con Scorpius durante il turno di ronda: “Credi che stiano tornando sul serio, i Mangiamorte?”

Scorpius sospirò e scosse la testa: “È difficile dirlo, è una pista che non si può escludere del tutto, ma se penso ai figli degli ex Mangiamorte che conosco… beh… mi sembra impossibile.”

“Giusto, tu conosci diversi figli di Mangiamorte, che tipi sono?” Rose osservò il modo in cui Scorpius teneva la bacchetta con una mano, mentre l’altra rimaneva nella tasca del mantello. Scrollò le spalle e disse: “Normali, come me e te. Sì, d’accordo, dicono che bisogna frequentare solo dei Purosangue, ma nessuno di loro dice che i Babbani meritano di morire o che i Nati Babbani debbano essere perseguitati. Nessuno rimpiange i tempi di Voldemort… Anzi, di solito le facce si scuriscono e i sorrisi si spengono.”

“Eppure tu non sapevi nulla di Delphini.”

Scorpius scosse la testa: “No, frequento i Lestrange da quando ero bambino e nessuno l’ha mai menzionata.”

“Non pensi che possano nasconderti altre cose?”

Un rumore li interruppe, era simile a un verso. Il coprifuoco era scattato da una mezzoretta. “Avanti, chi sei?” domandò Rose puntando la bacchetta contro la fonte del rumore.

“Vieni avanti…” disse Scorpius.

“No, Tod, no!” una vocetta parlò nell’ombra. Proveniva da dietro un’armatura. Rose e Scorpius si fecero cenno di andarle incontro. “Su, Tod, vieni fuori!” esclamò Rose, cercando di mostrarsi conciliante. Scorpius lasciò cadere dalla tasca del mantello l’involucro dorato di un Calderotto e uno Snaso vi si avventò.

“Immobilius!” esclamò Rose contro lo Snaso mentre dietro di lei si sentì, simile a un lamento disperato: “No, Tod!”

Scorpius afferrò lo Snaso e Rose spostò lo sguardo verso la voce, un’uniforme di Tassorosso andò loro incontro. “Lysander?” domandò Rose non appena riconobbe i ricci biondi del bambino.

“Lo conosci?” domandò Scorpius perplesso.

“Sì, lui è uno dei due gemelli Scamander,” spiegò, “Cosa ci fai fuori dal dormitorio a quest’ora, Lysander?”

“Tod sentiva nostalgia di Lorcan e volevo farli incontrare…” si giustificò. Rose si chinò verso il bambino: “Lo sai che il regolamento non ammette la presenza di Snasi? Sono pericolosi in una scuola. Come fai a prendertene cura?” Lysander alzò le spalle con un broncio che minacciava di trasformarsi in pianto. “Non mi portare via Tod, ti prego, Rose!” Si tuffò contro la sua gonna e Rose si scambiò uno sguardo perplesso con Scorpius. Sospirò. Era una delle cose che più detestava dell’essere Prefetto, ma Molly le aveva detto che bisognava essere giusti, non crudeli, e così lei disse: “Lysander, ascoltami, non puoi stare fuori dal dormitorio a quest’ora, non è consentito. Dovrò togliere cinque punti a Tassorosso per questa infrazione. Non puoi tenere uno Snaso, non gli fa bene, è pericoloso per lui e per gli altri studenti. Domani mattina lo porteremo da Hagrid. Lui se ne prenderà cura e tu e Lorcan potrete andarlo a trovare quando vorrete, d’accordo?”

Lysander annuì. Gli occhioni azzurri erano pieni di lacrime che furono cacciate indietro e le guanciotte rosse, scosse dall’essere stato colto in flagrante, intenerirono Rose. Lo accompagnarono vicino il dormitorio di Tassorosso e controllarono che entrasse in sala comune, mentre andavano via, tuttavia, Scorpius le disse: “Non credevo che fosse così semplice farla franca con te…”

“In che senso?”

“Beh, Tassorosso se l’è cavata con solo cinque punti in meno quando era un’infrazione da chiamare la preside e scrivere a casa.”

“Dai, è un bambino del primo anno!”

“Al primo anno mi odiavi,” le ricordò. Rose scoppiò a ridere e Scorpius la seguì. Era così strano stare bene con Malfoy, trovarsi in sintonia, riuscire a parlare di qualsiasi cosa sapendo che lui non avrebbe frainteso. Arrivarono fino all’atrio dove si sarebbero salutati per la fine del turno.

“Mi piace fare le ronde con te, Malfoy,” gli disse e, assecondando uno slancio imprevisto, gli posò un bacio sulla guancia. Scorpius rimase immobilizzato, con un sorriso idiota sul volto e sembrava fare un grande sforzo per non uscirsene con una delle sue frasi imbarazzanti. Si limitò a dirle: “Anche a me, Rose.”

“Non abituartici, però!” gli disse.

“Quando mai…” borbottò Scorpius, le guance completamente rosse, mentre si allontanava e correva verso i sotterranei di Serpeverde.
 

 
****
 
 
Durmstrang, 20 ottobre 2021

 
“En garde! Prêts! Allez!”

Gli incantesimi partirono dalle bacchette al via di Rabastan, scivolò al margine della pedana attento a studiare i movimenti dei suoi allievi.

“Huggorm, la postura!” esclamò. “Hansson, il movimento del polso! Non essere così dozzinale!”

“L’ho colpito, prof, no?”

“No, ha schivato l’incantesimo. Non ti distrarre!”

Rabastan si scambiò uno sguardo con Dimitri Volkov, il professore di Arti Oscure con cui aveva messo su quelle sessioni speciali di duello magico e si sorrisero. I loro studenti erano migliorati enormemente nell’ultimo mese.

Avevano approfittato del mese di ottobre per preparare a fondo la delegazione che sarebbe partita per Hogwarts con allenamenti speciali e lezioni dedicate ad affinarne le capacità. Il Ministero della Magia scandinavo sembrava intenzionato a fare qualsiasi cosa purché Durmstrang si aggiudicasse la Coppa Tremaghi, portando gloria alla tradizione dei maghi del nord. Gli studenti seguivano i loro insegnamenti con una disciplina che Rabastan non aveva mai visto a Hogwarts, di cui ricordava le sessioni di studio intense, ma anche una certa libertà di movimento.

“Huggorm, vuoi stare dritto?” Il professor Volkov lo riprese aspramente. “Ricominciate. En garde! Prêts! Allez!” Huggorm e Hansson ripresero a duellare e dopo pochi minuti la bacchetta di Hansson volò via dalle sue mani.

“Cambiamo! Signorina Berg, Signorina Petrov, tocca a voi!” Le due ragazze del settimo anno salirono sulla pedana prendendo il posto dei loro compagni. La divisa femminile di Durmstrang aveva lo stesso taglio militare rosso e nero di quella dei ragazzi. Un inglese le avrebbe scambiate per campionesse di equitazione, si disse Rabastan.

“Berg, la schiena! Petrov, stai dritta anche tu! E dire che segui anche il corso di danza e quello di scherma.” Rabastan la riprese. Aalina Petrov, originaria di qualche paesino russo ai confini con la Finlandia, era una delle studentesse più indaffarate di Durmstrang. I suoi colleghi professori la definivano una macchina da guerra e la rendeva l’alternativa a Huggorm. Se Olag era stato dominato da tutti e quattro gli elementi, Aalina era una fiera dominatrice dell’acqua, sette anni sotto lo stesso elemento non erano poi così comuni, gli aveva detto Dimitri quando li avevano Smistati al loro arrivo.

“Facciamola duellare con Huggorm, che ne pensi?” domandò Rabastan, curioso di capire le capacità dei due ragazzi. “A Hogwarts potrebbe scontrarsi con dei ragazzi.”

Berg venne Schiantata contro una parete, uscì dalla pedana e perse il duello. “Huggorm, prova tu contro Petrov,” disse Rabastan. I due ragazzi presero posto uno di fronte l’altro, le bacchette in posizione, la postura perfetta. I capelli biondi di entrambi erano acconciati in treccine che richiamavano le antiche pettinature del nord, gli occhi azzurri di entrambi trasmettevano il gelo dei loro paesi. Si domandò come si sarebbero trovati a Hogwarts.

Accanto a lui, dopo l’inchino di rito, Dimitri annunciò: “En garde! Prêts! Allez!”

I due studenti iniziarono a duellare. Sapevano di essere i favoriti come campioni di Durmstrang e stavano dando il meglio di sé per dimostrarlo. Rabastan lo capiva dalla precisione dei movimenti, dallo sguardo attento, la postura controllata, la rapidità del polso. Si disse che difficilmente Hogwarts avrebbe avuto campioni tanto preparati. Non era nello spirito della preside McGranitt preparare gli studenti ai duelli.

Osservava gli studenti duellare quando Frida gli passò davanti chiacchierando con Bjorn. Dimitri gli sorrise comprensivo: “Anche tu sei caduto vittima di Frida…”

Rabastan scosse la testa: “No, trovo ridicolo quel suo atteggiarsi, come se mi importasse qualcosa. Ci siamo divertiti, ma è finita qui.”
“In Russia abbiamo una passione per gli amori tormentati, sai, Anna Karenina…” Rabastan sorrise al suo collega, era il solito melodrammatico. Nel frattempo, Huggorm aveva Disarmato la Petrov. “Complimenti, ragazzi! Per oggi è tutto,” esclamò battendo le mani. Gli studenti andarono a recuperare i teli, si avvolsero nei mantelli e corsero verso le rispettive sale comuni. Rabastan, invece, seguì Dimitri nella sala professori per la vodka incendiaria post-allenamento che era diventato uno dei loro riti.

“Allora, Lestrange, ti sei mai innamorato come la Karenina? Ti sei fatto sconvolgere la vita da una donna?”

“No, ma mio padre e mio zio sì. Mio padre si è innamorato quando mia madre aveva quindici anni e lui ne aveva ventotto. Il suo amore ha resistito a quattordici anni ad Azkaban ed è scoppiato durante la guerra, nonostante ci fosse già mio fratello Orion, figlio del primo marito di mia mamma. Si sono sposati che erano entrambi vedovi e hanno avuto me e i miei fratelli, Roland e Roddie.” Sentiva gli occhi lucidi al pensiero di quanto i suoi genitori si amassero, delle difficoltà che avevano superato insieme e di quanto solo alla fine si fossero trovati.

“Io voglio un amore così, altrimenti non mi interessa," disse convinto, "Voglio una compagna che capisca le mie radici e le rispetti, non che giochi al gatto e al topo. Voglio qualcuna in grado di sorprendermi, altrimenti ci sono le case di piacere.”

“Ma come fai a farti sorprendere se non dai la possibilità di conoscerti?”

“Per certe cose non c’è bisogno di conoscersi. I miei fratelli hanno trovato le loro compagne nei modi più incredibili e lo stupore è partito da cose secondarie. Roddie, per esempio, si è sorpreso dell’eleganza con cui Alexandra utilizzava le posate durante una cena, Roland si è innamorato di Lucile quando lei l’ha aiutato a rialzarsi dopo una caduta dalla scopa e papà ha visto mamma chiacchierare con altre persone durante un incontro in società. Basta poco. Frida non è all’altezza.”

“Andrà su tutte le furie se dovesse scoprirlo, sai quanto è permalosa.” Dimitri gli passò il bicchierino di Vodka Incendiaria e Rabastan lo mandò giù in un sorso secondo le tradizioni del posto.

“Non mi importa, sono giovane, ho tutto il tempo per incontrare la strega giusta, ammesso che non sia uno splendido drago! Sai, mio nonno materno trafficava in uova di drago, era diventato un punto di riferimento in Inghilterra!”

“Se tuo nonno si fosse limitato ai draghi, a quest’ora non sarebbe nata tua madre e nemmeno tu!” gli ricordò Volkov. Scoppiarono a ridere entrambi quando dalla finestra videro un gufo entrare e lasciare una lettera sul tavolo di fronte Rabastan.

“Hai ricevuto posta!” si sorprese il collega che ne approfittò per alzarsi e tornare verso il proprio ufficio. Rabastan si abbandonò contro lo schienale imbottito di velluto rosso, come le altre poltroncine della sala professori. Aprì la lettera curioso di sapere chi gli scrivesse.

Quando vide la pergamena bianca, comprese che il mittente era Roland, così puntò la bacchetta contro il foglio e pronunciò la loro formula segreta. Chiunque, avrebbe provato con un Revelio, ma Roland dopo che aveva lasciato Hogwarts aveva inventato “Littera vestras!” che permetteva loro di comunicare senza paura di essere intercettati. La scrittura stretta e obliqua, spigolosa e disordinata di suo fratello comparve.

 

“Caro Rabastan, come stai?
Spero bene. Devo ricorrere al nostro segreto, ma credo che tu ricordi perfettamente come aggirare gli incantesimi di protezione per la nostra corrispondenza. Ti scrivo perché in Inghilterra stanno accadendo cose strane e non vedo l’ora di saperti a Hogwarts per poterti dare maggiori dettagli (magari ci vediamo ai Tre Manici di Scopa. No, non voglio andare alla Testa di Porco, sai che ogni volta quel posto porta guai).”


Rabastan sorrise tra sé e sé al pensiero di quella volta in cui avevano incontrato Delphini alla Testa di Porco e poi erano quasi finiti in punizione. Alla fine, se l’erano cavata, quindi Roland era il solito melodrammatico. Probabilmente, la compagnia di mamma, papà e Lucile e l’essere diventato genitore lo avevano reso meno flessibile di un tempo.
 

“Sono accadute cose strane: qualcuno sta usando le Maledizioni senza Perdono, ma non si sa chi sia. La notizia è trapelata sui giornali, Rita Skeeter ha parlato dei nuovi Mangiamorte e non ti dico il putiferio che è successo a casa: papà ha urlato, la mamma si è infuriata, zio Rabastan alza le mani e dice che lui non sente Rita da secoli, che vive in Francia e non sa nulla di quello che accade in Inghilterra (secondo me, però, è una fesseria perché quando ci vediamo fa domande troppo mirate per essere uno al di fuori dei giri).

Ad ogni modo, hanno ucciso degli animali, al momento, ma l’escalation è preoccupate. Prima se la sono presa con dei polli di un Babbano di nome Henry Potter (non hai idea delle risate che ci siamo fatti con Orion e Roddie. Ci manchi!), poi con delle donnole nel bosco di un tal Granger. Tutto normale, pensavamo che fosse qualche vecchio sostenitore dell’Oscuro Signore o un burlone che aveva rintracciato dei Babbani omonimi degli “eroi del mondo magico”, però poi hanno ucciso i pavoni di Lucius Malfoy (per poco non gli è preso un colpo al vecchio Lucius ahahahaha! Dovevi vedere, era più bianco dei suoi pavoni albini!).

Qualche giorno fa abbiamo trovato dei corvi morti vicino la nostra proprietà e tu lo sai che il corvo è il simbolo della nostra famiglia. Il Ministro ci è piombato in casa insieme ad Harry Potter e mezzo ufficio Auror (sì, anche Lupin… dovevi vederlo quanto era speranzoso di sbattermi ad Azkaban, ma anche questa volta è rimasto a muso asciutto! Ahahaha). La mamma è andata su tutte le furie, persino il papà ha perso la pazienza. È stato decisamente umiliante perché – sul serio – questa volta non sapevamo nemmeno di cosa parlassero. Tra l’altro, papà trova offensivo trovarsi insieme ai Potter, la Granger e i Malfoy, e non mi sento di dargli torto.

Ti scrivo per dirti di stare con gli occhi aperti e di segnalarci se hai sentore di movimenti strani. Io sto cercando di riprendere i contatti con alcuni amici, i figli di ex-Mangiamorte, ma sembra che nessuno sappia niente. Sono tutti spaventati, soprattutto dopo il casino che lo scorso anno ha combinato Delphini.

Stai attendo, mi raccomando,
ci vediamo presto,
R. L.”


Rabastan rilesse la lettera più e più volte. Mancavano dieci giorni alla partenza per Hogwarts e tra le lezioni di Cura delle Creature Magiche e Arti Oscure, i preparativi per il Torneo Tremaghi, l’incontro con Rolf Scamander, solo la minaccia dei Mangiamorte ci mancava… Ma perché doveva essere sempre così sgradevole tornare in quella scuola? L’ultima volta che quel passato si era affacciato, lui era finito con un braccio e una gamba rotta. Era stato un percorso di guarigione dolorosissimo e il solo pensiero di dover nuovamente avere a che fare con i Mangiamorte gli dava la nausea.

Non poteva arrivare un Mago Oscuro – se proprio qualcuno voleva contestare quei Babbanofili del Ministero – che non nominasse Voldemort? Dovevano per forza rievocare quei tempi? Era una minaccia priva di fantasia o qualcuno provava a vedere se c’era del consenso?
O se il nome di Voldemort provocava ancora terrore?

Rabastan sospirò. Forse, però, stava per venirgli l’idea per un romanzo.




 
Note:

Eccomi qui con un altro aggiornamento! Ho iniziato a lavorare full-time (yeah!) e quindi gli aggiornamenti andranno un po' a rilento rispetto al previsto, ma ho già plottato tutto fino al Ballo del Ceppo (in realtà so anche come andrà il Torneo!) quindi arriveranno. Vi pare normale che abbia in mente un missing-moment su Andrew McLaggen al Ballo del Ceppo? No, sul serio io lo trovo tenerissimo! 

James, purtroppo, si conferma il degno figlio di Ginny e con la Thomas (sì, è la figlia di Dean)  non è proprio andata. *sospira* Vedremo come reagirà. xD

Sul gruppo di lettura c'è poco da dire, a parte che Albus è confuso, Scorpius è confuso e nemmeno Rose ha le idee tanto chiare se si lancia in un bacio sulla guancia a Scorpius. 

Spero che la digressione su Teddy e Rabastan vi abbia interessato. Continuano le morti di animali a seguito dell'utilizzo delle Maledizioni senza Perdono. Vi metto una nota per chi non mastica l'inglese e magari non coglie il senso di quello che ho scritto: donnola in inglese si dice "weasel" da cui si pensa derivi "Weasley", per questo le donnole nella proprietà del signor Granger hanno turbato gli animi.

Lo so, tutti voi siete scoppiati a ridere al pensiero della strage di pavoni albini di Lucius. Siete delle persone orribili come Roland! :3 

Rabastan, sotto sotto, sta diventando un romanticone, chi l'avrebbe mai detto?

Non vi tedio ulteriormente e spero di non farvi aspettare troppo con il prossimo aggiornamento!
Un abbraccio,
Sev


 

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Capitolo 5
*** L'arrivo delle delegazioni ***


Capitolo 5 - L'arrivo delle delegazioni
 



 
Beauxbatons, venerdì, 29 ottobre 2021
 
Il dormitorio del settimo anno era in subbuglio al punto tale che Philomène si svegliò con un gran mal di testa. Aprì gli occhi confusa passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi. Alzò lo sguardo verso la copertura blu pavone del suo baldacchino, la luce filtrava attraverso le tende.

“Non si direbbe che sono sette anni che preparate i bauli per tornare a casa,” mormorò alle sue compagne di stanza cercando la forza di alzarsi, “che bisogno c’è di fare tutto questo baccano?”

“Non voglio dimenticare niente!” esclamò Nadine che correva intorno al suo letto indaffarata mentre scorreva una delle sue innumerevoli liste.

“Non vedo come potresti: dobbiamo portarci tutto!”

Philomène passò una mano sul viso e si stropicciò gli occhi. Uno sbadiglio le presentò il conto: lei aveva patito l’ansia la sera prima, quando aveva faticato a prendere sonno mentre Nadine dormiva beatamente e all’alba era pronta per partire.
Uscì dal baldacchino stiracchiandosi, mentre il piede nudo cercava la sua pantofola di velluto azzurro pastello. Tutto a Beauxbatons era in tinta. Si diresse verso il bagno con la camicia da notte in pregiato cotone bianco ricamato che seguiva il movimento dei suoi passi, si infilò sotto la doccia mentre si domandava come sarebbe stato vivere e studiare a Hogwarts.
Suo padre le aveva raccontato di una scuola che sembrava profondamente diversa dall’eleganza e la raffinatezza che circondava la sua Accademia di magia, eppure sembrava essere rimasto affezionato a quel posto. Suo fratello non stava nella pelle di visitare la scuola in cui avevano studiato anche i loro cugini. Per giorni, Cyrille l’aveva tormentata con congetture, mentre lei era rimasta più fredda, concentrata sul Torneo, visto che era tra gli studenti che avevano le carte per uscire Campioni Tremaghi.

Finì di prepararsi e scese a fare colazione. Lanciò un occhio al suo baule e chiuse le ultime cose con un gesto della bacchetta. Nadine l’attendeva all’uscita del dormitorio, intenta a chiacchierare con Ivette e Marion, le altre due ragazze della delegazione.

“Muoviti, Lestrange, i ragazzi ci stanno aspettando!” le dissero battendo il piede nervosamente sul tappeto persiano che decorava il salotto del loro dormitorio. Philomène alzò gli occhi al cielo: “Sono pigri e ritardatari, scommettete che siamo noi le prime ad arrivare?” Fece segno di andare con un semplice cenno del capo. Non aveva mai capito quando fosse diventata la leader del suo gruppo di studentesse del settimo anno. Non sapeva se fosse per il suo cognome o per la sua abilità nella magia, il fatto che tutti le pronosticassero un futuro pieno di possibilità verso le quali lei nutriva solo un senso di incertezza e la paura di deludere tutte quelle aspettative.

Anche adesso, circondata dalle sue amiche, mentre incontrava i sorrisi riverenti delle altre compagne di Accademia, quelle che non sarebbero partite, Philomène sentiva dentro di sé la paura che tutto quello potesse finire da un momento all’altro, che qualcuno scoprisse il suo bluff e che la rivelasse come l’impostora che era certa di essere. Insomma, prendeva bei voti, era brava negli incantesimi, ma cosa voleva dire? Lei si limitava a seguire gli insegnamenti, si applicava in modo serio e coscienzioso, più che talento, la sua era un miscuglio di paziente dedizione e ambizione che sperava desse i suoi frutti. I professori, invece, la dipingevano come una strega talentuosa e questo ritratto, i voti entusiasti che mandavano a casa, avevano contribuito ad aumentare le aspettative che i suoi genitori e il resto del mondo nutrivano su di lei.

Diventare Campionessa Tremaghi, per Philomène Lestrange, avrebbe significato rivelare al mondo il suo bluff perché senza una guida, qualcuno che le spiegasse cosa fare e come farlo, non era sicura di poter ottenere i risultati che tutti si attendevano. Così, aveva accettato di unirsi alla delegazione per poter godere delle lezioni speciali della professoressa Fournier. Dentro di sé sperava che il Calice scegliesse Eric, il suo ragazzo, che era anche il capitano del club dei Duellanti e la persona migliore a rappresentare la scuola.

“Che vi avevo detto? Siamo arrivate per prime.”

Philomène si versò una tazza di abbondante caffè che macchiò con del latte, prese un croissant per la colazione mentre Nadine si serviva una fetta di tarte-tatin e sospirava. “Non c’è speranza che siano puntuali, vero?”

“Nessuna, temo,” sospirò Philomène mentre vedeva suo fratello entrare nella sala della colazione e procedere a passo spedito verso di lei.

“Allora, sorellina, sei pronta?”

Finse sicurezza, altrimenti Cyrille non l’avrebbe lasciata un attimo: “Sì, e tu? Sei pronto a lasciare gli amici e immergerti con i grandi?”

“Prontissimo. Ho salutato tutti quegli sfigati e non vedo l’ora di essere in Inghilterra.”

“Quanta ansia, Cyrille,” ridacchiò Nadine, “Non lo sai che le inglesi sono fredde come dei ghiaccioli?”

“Allora è una fortuna che io sia un maestro a usare la lingua.”

Philomène alzò gli occhi al cielo, la sua amica si divertiva da quando era bambina a prendere in giro suo fratello, ma Cyrille aveva sviluppato una faccia tosta e una sicurezza invidiabile, al punto da rischiare di far andare di traverso il latte a Nadine che combatteva contro l’istinto di scoppiare a ridere.

“Buona fortuna, Lestrange, sarà divertente ascoltare le tue imprese,” ridacchiò.

Cyrille alzò le sopracciglia e ghignò: “Ho in programma di infilarmi sotto le gonne di tutte le ragazze carine che ci saranno.”

“Auguri doppi, allora.” Eric prese posto accanto a Philomène, le posò un bacio sulla guancia continuando a tenere d’occhio Cyrille e la sua gelosia nei confronti della sorella. “Non lo sai che le francesi sono le più carine? E sono anche quelle che ci sanno fare…” Philomène arrossì e gli diede una gomitata sussurrando: “Piantala, Eric.”

“Lagrand, o togli le tue zampacce da Troll da mia sorella, o non riuscirai a partire per Hogwarts, resterai in infermeria fino al nostro ritorno.”

“Vedi, Lestrange, il fatto che io abbia gusti migliori dei tuoi non deve farti arrabbiare, posso insegnarti. Al ritorno potresti addirittura essere considerato dalle nostre compagne di Accademia.”

“Come se avessi bisogno dei tuoi consigli… Ti sei attaccato a Phil al quinto anno e non la molli un attimo, che esperienza vuoi avere? Sono io che posso darti lezioni, visto che sono uscito con tutte le ragazze carine del mio anno.”
“Ma non dire fandonie, Lestrange, sei il solito sbruffone!”

“Silence, s’ils vous plait!”

L’esclamazione della preside fece cessare immediatamente tutto il chiacchiericcio. “Come saprete, oggi partiremo per la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts insieme a una delegazione di vostri studenti degli ultimi due anni che si sono candidati per partecipare al prestigioso Torneo Tremaghi. Mi aspetto che durante la mia assenza voi continuiate a comportarvi in modo esemplare. Il vicepreside, il professore Monsieur La Fontaine, rimarrà a fare le mie veci con pieni poteri.”

Un mormorio preoccupato serpeggiò per la sala mentre Philomène ghignava in direzione del fratello: “Sei il solito fortunato,” gli fece notare, “altro che uscite con le ragazze, con La Fontaine ti sarebbe toccata la doccia fredda!”

Risatine serpeggiarono lungo il tavolo, mentre Cyrille le rivolgeva una smorfia e le ricordava che lui era in grado di farla franca anche a La Fontaine, il severissimo e austero professore di Trasfigurazione che osservava gli studenti con i suoi occhi gelidi dietro le lenti rotonde cerchiate d’oro.

“Gli studenti che partiranno per Hogwarts, salutino i loro compagni e mi seguano. Partiamo tra mezzora. I vostri bauli sono già sistemati nelle carrozze.” Un capannello di studenti attorniò la preside per chiederle informazioni sul viaggio e per salutarla. Molti compagni chiedevano di ricevere costantemente informazioni e la Preside promise di mandare dei rapporti settimanali via gufo.

Philomène e gli altri del tavolo si alzarono, sistemarono le sedie e si unirono alla schiera di studenti che ordinatamente seguiva la Preside. Nessuno di loro voleva apparire sgraziato o scomposto, ed era meraviglioso vedere l’armonia che regnava nella sua Accademia magica. Al contempo, era molto curiosa di conoscere la scuola in cui aveva studiato suo papà che dai racconti sembrava essere un posto più divertente.

Sulla carrozza sedette vicino a Eric, intrecciò le dita a quelle del suo ragazzo e si soffermò ad osservare il modo in cui i raggi del sole illuminavano i suoi capelli di un biondo così caldo da virare verso l’arancio. Eric guardava fuori dalla carrozza e cercava di ignorare Cyrille che scherzava con Adrien, il fratello di Nadine. Entrambi erano stati ribattezzati come “i due imbucati”, perché nessuno di loro aveva l’età per partecipare al Torneo Tremaghi, ma erano riusciti a partire ugualmente per accompagnare le loro sorelle.

“Tuo fratello la smetterà di guardarmi male?” le domandò sottovoce Eric. Philomène sorrise: “Quando vincerai il Torneo Tremaghi non avrà più nulla da ridire.”

Eric sospirò e strinse un po’ più forte la presa delle sue dita. Philomène si strinse a lui: “Lo so che sceglieranno te, Eric, sei il duellante più in gamba della scuola.” Eric le rivolse uno sguardo scettico: “Non basta, l’ha detto anche la preside, il Calice valuta talmente tanti criteri che è difficile immaginare chi possa uscire. Io credo che tu sia la migliore.”

“Oh no, io sono solo una studiosa, non sono portata per queste cose…” sospirò.

“Per la barba di Flamel, ragazzi, siete noiosi! Sarò io ad essere selezionato perché è palese che sia il migliore,” esclamò Jean Paul allegro. Si passò una mano tra i capelli castani, scompigliandoseli distrattamente, e sorrise prendendo posto accanto a Nadine. Cyrille gli rivolse un’occhiata scettica, stava per rispondere quando un primo balzo della carrozza e una serie di successivi rimbalzi annunciarono che stavano per partire.

Preso il volo, la preside esclamò: “Molto bene, ragazzi, adesso tirate fuori i taccuini che inizieremo le lezioni.”

“Ma dobbiamo studiare anche durante il volo?” domandò Cyrille perplesso.

“Certo, Lestrange, pensavi che fosse una vacanza? Su, taccuino, piuma e prendete appunti.”

Il professor Girard, il loro insegnante di Incantesimi, sorrise incoraggiante suscitando un sospiro ammirato in Nadine che da sempre aveva un debole per lui. Si sentì Jean Paul borbottare: “Ridicola.”

“Geloso.”

Silvain Girard era un uomo affascinante dalla pelle scura e gli occhi neri e vivaci con un sorriso che faceva sospirare molte studentesse. Philomène stessa non riusciva a dirsi indifferente al suo fascino, aumentato dal fatto che era un insegnate strepitoso. Nel dormitorio del settimo anno c’erano state urla di gioia quando si era diffusa la notizia che il professor Girard sarebbe andato in Inghilterra con loro e c’era chi pianificava di sedurlo in occasione del soggiorno inglese. Altre studentesse, invece, sospiravano al pensiero di avere come compagno di viaggio il professor Dubois, il loro insegnante di Erbologia, che sicuramente stava facendo lezione su un’altra carrozza.
 

 
***
 

 
Da qualche parte nel Mare del Nord, venerdì, 29 ottobre 2021

 
 
La nave era salpata e Rabastan aveva radunato i suoi studenti per la lezione di Arti Oscure, li osservava seduti composti tra i banchi con le piume in mano pronti a prendere appunti.

“Con il professor Volkov abbiamo strutturato il programma di Arti Oscure e Cura delle Creature Magiche in modo da aiutarvi ad affrontare il Torneo e viverlo al meglio. Sappiamo che la prima prova del torneo richiederà di affrontare una creatura magica molto pericolosa.”

Rabastan sorrise nel vedere il lampo di sfida negli occhi di Olag Huggorm, i suoi occhi azzurri scintillavano e un ghigno gli deformava il volto. Persino Einar, Igor, Malin e Aalina erano eccitati dalla prospettiva del Torneo, tutti loro erano i papabili, lo sapevano tutti.

“Durante la scorsa edizione del Torneo i concorrenti hanno dovuto affrontare dei draghi, sappiamo che alcuni sono morti a causa delle Manticore. Al momento nessuno di noi sa in cosa consisteranno le prove, e sappiate che tutti i professori aiuteranno il campione ad affrontare al meglio le sfide. Per il momento noi ci concentreremo sulle Chimere, le Sfingi, le Acromantule, i Dissennatori e gli Obscuriali, anche se dubito che il Ministero della Magia inglese sarà così coraggioso da farvi affrontare creature tanto oscure.”

Una risatina serpeggiò tra i banchi mentre Rabastan continuava con la sua lezione. “Cerchiamo di rimanere concreti e pensiamo a conoscere le Chimere. Qualcuno sa dirmi cos’è una Chimera?”

Rabastan individuò subito Jan e Igor che si davano di gomito e aggiunse: “Ovviamente non mi riferisco alla promozione in Arti Oscure, Karlsson, o a qualsiasi altra prospettiva al momento ti sembri irraggiungibile.”

“Come la possibilità di portarti a letto Helga!” esclamò Olag suscitando risatine.

“Molto divertente, signor Huggorm, ma non è una lezione di lingua, non stiamo giocando con le metafore. Qualcuno sa cos’è una Chimera?”

La mano di Olag si alzò mentre lanciava sguardi divertiti ai suoi compagni che ridacchiavano, come dei ragazzini, dal momento in cui Rabastan aveva menzionato la lingua. “Secondo Newt Scamander, ma anche secondo mio nonno, la Chimera è un raro mostro greco con la testa di leone, il corpo di capra e la coda di serpente.”

“Siamo grati al nonno del signor Huggorm che non ha smentito la descrizione di Scamander,” commentò ironico, mentre il resto della classe ridacchiava. “Saremmo lieti di ascoltare le circostanze di questo incontro. Suo nonno era un vichingo, un navigatore, come si è imbattuto in una Chimera?”

Prima di parlare Olag giocava sempre con il bracciale tradizionale, sosteneva che era un’antica tradizione di famiglia e loro erano una stirpe di navigatori che solcava i mari da secoli.

“Durante le sue navigazioni era finito in Grecia e ne ha approfittato per visitare quel paese. Stava cercando di raggiungere Delfi per ascoltare l’oracolo. I mugglar  non sanno che la Pizia esiste ancora e che le profezie vengono rilasciate. Beh, insomma, per farla breve, mentre era in viaggio per Delfi si è imbattuto in una Chimera ed è riuscito ad uscirne vivo.”

“Le Chimere sono feroci e molto pericolose, tuttavia è nota solo un’uccisione di un mago da parte di una Chimera, quindi non è impossibile affrontarle. E questo le rende delle creature molto plausibili per la prova del Torneo Tremaghi in un Ministero della Magia che non vuole alcun incidente. Mi sento di escludere il Basilisco, visto il passato dell’attuale Ministro della Magia…”

Le mani degli studenti schizzarono in alto. “Prego, signorina Petrov.”

Aalina, una delle migliori duellanti della scuola, domandò: “Pensa che questa edizione del torneo sarà più facile? Che valga meno?”

Rabastan sorrise a quella domanda. Sedette sulla cattedra e si attenne alle disposizioni che aveva dato il preside Krum. “No, signorina Petrov, penso solo che sarà più sicura, che il Ministero manterrà un adeguato livello di rischio per dei maghi della vostra età. Non saranno prove semplici, ma forse meno mortali del solito.”

Un sospiro insoddisfatto serpeggiò per l’aula, Jan Karlsson se ne fece portavoce: “Ma se non si rischia, se non ci mettiamo alla prova, che senso ha partecipare? Potevamo rimanere a scuola!”

“Anche l’ultima volta il Torneo avrebbe dovuto essere sicuro, ma così non è stato. Sarete da soli, davanti alle prove, e tutto ciò su cui potrete contare sarà la vostra concentrazione e la vostra bacchetta. Non dimenticatelo. Noi professori cercheremo di aiutarvi ad affrontare al meglio il torneo, ma ad un certo punto sarete da soli, come in un duello, ma non di quelli che si fanno a scuola in ambiente protetto.”

Un silenzio pensieroso scese nell’aula.

“Bene, se non ci sono altre domande, continuiamo. Le Chimere non sono creature semplici da affrontare.”
“Non basta usare l’Anatema che Uccide?” domandò Igor.

Rabastan sorrise per quella domanda: “Non tutto si risolve con un Anatema che Uccide, signor Kozlov. Potrebbe non avere la concentrazione necessaria – o il tempo – per scagliarlo correttamente. Le Chimere sono molto veloci e utilizzano la coda in modo sorprendente. Più di un mago è stato disarmato dalla coda di una Chimera. Ai fini del Torneo, vi sarà chiesto di battere l’animale, non di ucciderlo. Vincerà chi dimostrerà ingegno e abilità nel superare la prova, senza contare che l’utilizzo dell’Anatema che Uccide, della Maledizione Imperius e della Cruciatus è reato in Inghilterra.”

“Ma solo sugli esseri umani, no?”

“Da qualche tempo anche contro le creature magiche, il Ministro della Magia inglese ha a cuore le creature magiche.”

“È una nota polemica, professore?”

Eccola. Helga Berg, la super fan di Hermione Granger che si era infilata nella delegazione solo per conoscere la sua eroina. Rabastan rispose paziente: “Assolutamente no, signorina Berg. Sono un Magizoologo, non mi sognerei mai di usare una maledizione su un animale.” La classe era tornata attenta così continuò: “Tornando alle Chimere, queste possono essere sconfitte inducendole a entrare in acqua, in modo che il corpo perda l’equilibrio e non riesca a muoversi, oppure provando a immobilizzarle, ma nemmeno questa è un’impresa semplice.”

Rabastan aveva evocato l’ologramma di una Chimera, si muoveva intorno alla figura mostrando agli studenti le varie parti dell’animale, soffermandosi sulle parti più letali. La professoressa Lindberg bussò alla porta ed entrò a ricordargli che era finita l’ora. Per tutta la durata del viaggio sarebbero stati i professori a dover cambiare aula, mentre una volta arrivati a Hogwarts sarebbero stati in grado di ampliare la nave e creare le quattro aule per gli studenti. Alcune lezioni, poi, le avrebbero seguite con i docenti di Hogwarts per dare modo agli studenti di mescolarsi tra scuole.  

“Prima che lasci l’aula alla professoressa Lindberg per la sua lezione di Pozioni, vi ricordo che le uova di Chimera sono classificate come Beni Non Commerciabili di Classe A.”

La professoressa Lindberg rivolse un sorriso a tutta la classe ed esclamò divertita: “Se avete fatto le Chimere possiamo preparare un filtro Gelasangue usando le loro uova.”

Rabastan ridacchiò per la provocazione lanciata, chissà se gli studenti avrebbero abboccato. Li osservavano perplessi mentre la professoressa Lindberg estraeva un banalissimo uovo di vipera dalla borsa.

“Ma professore,” esclamò Karlsson, “Lei ha appena detto che le uova di Chimera sono beni non commerciabili!”

“Esattamente, Karlsson, giusta osservazione, allora perché la professoressa Lindberg ne ha estratto uno dalla sua borsa?”

“Perché alleva Chimere?” domandò Petrov.

“Mi piacerebbe molto, signorina Petrov,” ridacchiò la sua collega. Greta Lidberg era un’affascinante strega che poteva avere l’età di sua madre. Era un’esperta Erbologa e un’abile Pozionista che riusciva a incantare le sue classi. Rabastan aveva avuto modo di confrontarsi con lei sugli effetti che alcune piante velenose avevano provocato su uno Snaso troppo curioso e quel confronto si era rivelato utile. Sapeva che le sue lezioni non erano vivaci come quelle di Incantesimi o Trasfigurazione, così le riempiva di aneddoti e storie avvincenti per tenere viva l’attenzione dei ragazzi. A volte, ne testava le abilità con dei tranelli in cui gli studenti più svegli dimostravano di non cadere.

Un’altra mano si alzò: “Perché frequenta giri poco raccomandabili.”

“È un’opzione da tenere in considerazione, signorina Morozov, ma nessuno si è ancora fatto la domanda fondamentale,” rispose Rabastan. Il silenzio era calato nell’aula mentre gli studenti sembravano perplessi. Rabastan e Greta si sorrisero divertiti. Si stava facendo tardi e non voleva rubare troppo tempo alla lezione della collega.

“Per la prossima settimana mi aspetto un tema sui modi per affrontare e neutralizzare le Chimere e una riproduzione delle loro uova. Avrete a disposizione la biblioteca di Hogwarts per le vostre ricerche.”

Una serie di bocche si aprì per lo stupore e Huggorm esclamò sorpreso: “Non è un uovo di Chimera!”

Rabastan annuì: “Diffidate sempre di chi vi offre con facilità beni non commerciabili. Sappiate riconoscere ciò che vi propongono altrimenti gli effetti potrebbero essere disastrosi. La professoressa Lindberg vi spiegherà cosa sarebbe accaduto se avreste provato a realizzare un filtro Gelasangue con l’uovo che vi ha provato a vendere invece di usare l’uovo di Chimera.”

Uscì dall’aula mentre il chiacchiericcio alle sue spalle si chetava e la voce di Greta era l’unica che si sentiva nell’aula. Aveva un po’ di tempo prima della prossima lezione, così salì sul ponte a prendere un po’ di aria e osservare il cielo grigio sopra di sé.

“Tra un po’ sarebbe stato difficile partire.”

La voce del preside Krum arrivò alle sue spalle e la sua sagoma lo affiancò. “Come procedono le lezioni?”

“Gli studenti non sono concentrati, non fanno altro che pensare al Torneo, ma credo che ciò sia normale, non trovi?”

“Assolutamente normale. Karkaroff ci costrinse ad allenarci tutto il tempo, ma io credo che il cervello sia importante tanto quanto il corpo.”

“È proprio così.”

“Arriveremo per l’ora di cena. Sei emozionato?”

“Un po’, lo ammetto. Non sono più tornato a Hogwarts dopo i M.A.G.O. e non vedo la mia famiglia da molto tempo.”

“C’è qualche ragione particolare?”

Rabastan scosse la testa. Non c’era un motivo per cui non volesse tornare a casa, a parte la consapevolezza che tra quelle mura era un Lestrange, mentre altrove era solo Rabastan. Sentiva la mancanza delle chiacchiere con Orion e Roland e persino degli scherzi a Roddie, i suoi genitori gli mancavano molto, eppure c’era qualcosa che lo faceva stare meglio lontano da lì. Forse in quel ritorno a casa avrebbe saputo analizzarne le ragioni.
 

 
***
 
Hogwarts, venerdì, 29 ottobre 2021
 

 
“Sembra di essere tornati Prefetti, non è vero?”

Victoire lo domandò mentre camminavano per i corridoi di quella che era stata la loro scuola. Hermione era stata chiarissima: quello che stava accadendo nel mondo magico, le morti misteriosamente connesse ai sopravvissuti alla seconda guerra magica non dovevano superare i confini di Hogwarts e turbare lo svolgimento del Torneo. Soprattutto, non dovevano giungere all’orecchio delle delegazioni delle altre scuole, più di quanto non avesse già provveduto la Gazzetta del Profeta.

Tutto doveva essere perfetto. Così, non si era risparmiata e Teddy era certo che se non avesse avuto la responsabilità dell’intero mondo magico inglese sulle spalle, lei stessa si sarebbe curata di fare in modo che tutto filasse liscio.

“Abbiamo pure un Lestrange a farci compagnia,” osservò lanciando un’occhiata sarcastica a Roddie.

“Lo so che il tuo preferito è Roland, ma devi accontentarti di me, Lupin.”

“Oh no, Roddie, tu sei il mio preferito, sei quello che rispetta le regole, anche se sei simpatico come una scopa infilata tu-sai-dove.”

“Non credere che tu sia divertente. Avrei potuto essere in missione presso il Ministero della Magia di Bali, hai presente? Avrei passato il tempo in spiaggia e invece mi trovo di nuovo in questa dannata scuola con due… beh… come voi.”

“Quasi mi fai rimpiangere tuo fratello, almeno lui non si fa troppi problemi ad essere diretto.”

Teddy iniziava a ricordarsi perché Roddie Lestrange gli stesse sul cazzo, ma non in modo simpatico, come Roland, con il quale si era creato quel rapporto di rispetto reciproco. No, Roddie gli stava sul cazzo perché era stronzo, razzista e dannatamente ipocrita. Tutto sua madre. Roddie conosceva benissimo i limiti e riusciva a farti percepire il suo disprezzo senza superarli, trincerandosi dietro l’educazione con l’aria di superiorità che non faceva altro che innervosirlo. Adesso, camminava impettito con le mani in tasca e un ghigno sul volto, soddisfatto dall’essere riuscito a fargli ammettere che preferiva Roland a lui. Sembrava quasi che godesse ad essere impopolare, come se quella condizione gli confermasse il giudizio che, secondo lui, il mondo aveva e legittimava il suo atteggiarsi a vittima.

Teddy aveva dovuto fare un percorso enorme per imparare ad accettare l’idea che al mondo non interessa niente e che si viene considerati solo nella misura in cui si entra in contatto con qualcun altro. Aveva smesso di considerarsi una vittima e si era lasciato alle spalle il passato.

“Ecco dove eravate finiti.”

La voce di Hawk Flint interruppe il flusso di pensieri.

“Oh, Flint, novità da fuori?”

“No, tutto in ordine. Abbiamo perquisito il campo di Quidditch, gli spogliatoi, allertato i Centauri e i Maridi. La Preside è pronta a ogni evenienza, persino i fantasmi stanno pattugliando il castello. Direi che è impossibile che accada qualcosa senza che noi ne veniamo a conoscenza.”

Il rintocco della campana della fine dell’ora provocò uno sciamare di studenti esaltati dalla notizia dell’arrivo delle delegazioni delle altre scuole di magia. “Ah, i bei vecchi tempi…” sospirò Victoire scambiandosi uno sguardo divertito con Flint, “Ti ricordi quando litigavamo per il campo di Quidditch?”

“Litigavi con Roland, Weasley,” le ricordò Flint, “lui era il Capitano di Serpeverde. Sì, lo ricordo molto bene. Ci avete dato del filo da torcere.”

“Solo perché non eravate forti abbastanza,” obiettò Victoire che stava tirando nuovamente fuori il suo spirito Grifondoro.

Teddy aveva appena scoperto come dare noia a Roddie Lestrange, a giudicare dall’espressione annoiata e assente che aveva mentre attendeva pazientemente che la conversazione tornasse su argomenti più professionali. Il punto era che Flint e Vic potevano andare avanti per ore a parlare di Quidditch e Teddy si disse che poteva essere divertente provare a tastare la resistenza di Roddie in quel genere di conversazioni.

“Vic! Teddy!” la voce di Louis, tuttavia, li distolse dal Quidditch – troppo rapidamente – e diede modo a Lestrange di sganciarsi da loro che si trovarono circondati da studenti del settimo anno. “Allora, tutto in ordine? Possiamo mettere il nome nel Calice di Fuoco?” domandò divertito.

“Non mi dirai che vuoi partecipare al Torneo Tremaghi?” domandò incredula.

“Ovvio. Mamma è una campionessa, zio Harry anche, non vedo perché non dovrei.”

“Perché è pericoloso, Louis!”

Louis tirò fuori uno dei suoi sorrisi spavaldi e indicò i suoi amici: “Guarda che tutti noi abbiamo intenzione di mettere il nome nel Calice di Fuoco.” Victoire sgranò gli occhi sorpresa: “James? Andrew? Anche voi?”

“Sì, e anche Ruth e Sarah,” aggiunse James indicando le loro amiche.

“Sarah, ma sai che rischi di ferire mortalmente l’orgoglio di Louis se il Calice di Fuoco dovesse scegliere te?”
Sarah scrollò le spalle indifferente e disse: “Correrò questo rischio. Se Louis non è il migliore, tanto vale che scelga me invece che un altro…”

“Mi piace il modo di pensare di questa ragazza,” intervenne Teddy. Aveva simpatia per Sarah, così come ne aveva per Albert e qualsiasi fidanzato di un Weasley-Delacour. Credeva anche che competere con Fleur come modello femminile fosse più difficile di quanto non lo fosse per lui e Albert competere con l’immagine di Bill Weasley che comunque continuava ad essere un punto di riferimento sfidante.

“Sarah, è inutile che ti illudi, tanto verrò scelto io,” esclamò James. “Mio padre è stato scelto nonostante non avesse l’età…”

“Tuo padre è stato scelto perché un Mangiamorte ha ingannato il Calice di Fuoco,” puntualizzò Ruth attirando l’attenzione di Flint. Si sentì come la parola Mangiamorte fece scattare il loro collega dell’ufficio Giochi e Sport Magici. “Tu saresti?”

“Ruth Baston, settimo anno, Grifondoro,” rispose sostenendo lo sguardo.

“Baston? Parente di Oliver Baston?” domandò incredulo.

“È mio padre, quindi attento a come parli.”

Flint non riuscì a trattenere un sorriso: “È il mio capo. Hawk Flint, Ufficio Giochi e Sport Magici del Ministero della Magia, molto piacere.”

“È un amico dei Lestrange,” le sussurrarono Andrew e James nell’orecchio. Ruth, però, afferrò la mano e aggiunse: “Sono anche Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro.”

“Allora ti vedrò volare…”

“Il Quidditch è stato sospeso.” Victoire provò a inserirsi in quella conversazione che rischiava di diventare strana e inappropriata.

“Ufficialmente, sì,” aggiunse Ruth, “ma una volta a settimana le squadre possono allenarsi e un fine settimana al mese c’è un’amichevole. Abbiamo ottenuto i permessi dalla Preside.”

“Allora avrò modo di vederti,” ripeté Flint mentre James, Louis e Andrew la portavano via insieme a Sarah. Victoire si voltò verso Hawk ed esclamò spazientita: “Ma si può sapere che diavolo ti prende? Non si flirta con le studentesse!”

“Non stavo flirtando, Weasley, datti una calmata, e poi la ragazza è maggiorenne e vaccinata.”

Victoire stava per ribattere indignata, ma Teddy sapeva che polemizzare con Flint non avrebbe portato nessun risultato concreto. Si ricordò delle raccomandazioni di Harry sul risolvere e non combinare guai, così, prima che Vic aprisse bocca disse: “Andiamo a controllare i sotterranei. Flint, recupera Lestrange che si è dileguato nel frattempo.”

 
 
***

 
Loch Lee, Highlands, venerdì, 29 ottobre 2021
 
 

Roland controllò che il cappuccio gli coprisse il volto mentre camminava su quel sentiero di montagna. La bacchetta stretta in mano l’aiutava a mantenere la direzione, doveva andare a nord. Ogni tanto controllava i tronchi degli alberi per verificare di non essersi perso. Era stato suo padre, quando era solo un bambino, a insegnargli a orientarsi nei boschi utilizzando la magia e gli elementi della natura.

Intorno a lui, c’erano tracce di magia antica, riusciva a sentirle chiaramente. Nei secoli passati, infatti, quei sentieri erano percorsi da druidi e stregoni che si rifugiavano tra questi boschi per ritrovare il contatto con la natura.

Gli alberi iniziarono a diradarsi. Roland sorrise, forse era appena arrivato. Accelerò il passo e continuò a guardarsi intorno, tese l’orecchio pronto a reagire. L’enorme distesa d’acqua si stagliava davanti i suoi occhi abbracciata dalle montagne.

Un alito di vento freddo, carico di umidità, gli ricordò che da quelle parti l’autunno stava virando verso l’inverno. Roland si strinse nel mantello foderato di pelliccia e controllò la pergamena che gli aveva scritto sua madre. Le indicazioni portavano fino lì, alla fine dei boschi che si aprivano sul Loch Lee. Il castello di Invermark era una fortezza che nei secoli era stata utilizzata dai Rowle e che giaceva apparentemente disabitata. Non c’erano tracce di elfi domestici, maghi e streghe, ed era fuori discussione che Thorfinn Rowle si fosse ridotto a vivere come un Babbano. Probabilmente, aveva creato un incantesimo scudo talmente forte da non far percepire la propria magia. Sperò che il poco sangue dei Rowle che gli scorreva nelle vene lo aiutasse a trovare l’accesso.

“Revelio…” mormorò sottovoce e un bagliore giunse dal bosco alla sua destra. Roland puntò la bacchetta e sorrise ammirato nel vedere quell’incantesimo di Disillusione: “Davvero notevole, zio. Direi quasi geniale.”

Stava per puntare la bacchetta contro la barriera quando il lancio di una Maledizione lo sfiorò. “Per Salazar!” esclamò schivando l’attacco. “Zio, sono Roland Lestrange! Lo so che sei qui!”

Un fascio di luce mise in risalto un masso con un’incisione in alfabeto runico. “L’accesso al mondo è lastricato di sangue.” Roland alzò gli occhi al cielo e sospirò al pensiero di quanto fossero esagerati i Rowle. Prese il coltello che portava sempre con sé e incise il palmo della sua mano. Offrì un tributo di sangue e la barriera svanì.

“Devi coprire meglio le tue impronte. Credevo che tuo padre ti avesse insegnato come fare.”

“Stavo venendo a trovare mio zio non un nemico.”

“Non puoi sapere se mi avresti trovato o se il posto fosse finito in mano ai nemici.”

“Lo dici solo perché non leggi la Gazzetta del Profeta,” rimbeccò Roland, “Se fossi finito ad Azkaban, avremmo letto fiumi di dichiarazioni sull’arresto del pericoloso latitante.”

Thorfinn sghignazzò e lo invitò a entrare dentro. “Come hai fatto a trovarmi?” domandò mentre chiudeva la porta di quel cottage in pietra.

“Devo dire che è geniale: tutti ti cercano nel castello dei Rowle e nessuno sospetterebbe mai che a pochi passi vi è un cottage Disilluso,” Roland si guardava intorno ammirato. Le pareti di pietra erano ricolme dei quadri dei Rowle, il camino scoppiettava allegro in quel piccolo salotto mentre un elfo domestico era in attesa di ordini.

“Siamo io, questo stupido elfo e i miei antenati nei quadri. Sono morti tutti e chi è sopravvissuto fa finta di non conoscermi. Ho ospitato Euphemia per un po’ ma la notizia dell’arresto di Delphini l’ha scossa profondamente.”

“Dopo tutto, ci eravamo affezionati a lei,” mormorò Roland.

“Tu in modo particolare, a quanto mi hanno detto!”

La pacca che gli arrivò sulla spalla ebbe la forza di farlo cadere in avanti, Roland tossicchiò una risata per dissimulare l’imbarazzo che provava al pensiero che quella dannata chiacchierona di Delphi fosse andata a spifferare in giro cose che era meglio restassero private.

“È stata mamma a darmi un indizio su come trovarti,” gli confessò mentre si avvicinava al caminetto per riscaldarsi dalla lunga attraversata dei boschi. Le ricerche lo avevano costretto a dormire in rifugi di fortuna ed era una settimana che vagava senza riuscire a tornare a casa.

“Dovevo aspettarmelo, Alexandra ha sempre avuto la capacità di tenere traccia di tutto senza darlo a vedere, ma è una sciocca o un’ingenua se pensa che io possa esserti in qualche modo d’aiuto.”

“Come fai a sapere che sia qui per chiederti aiuto?”

“Perché devi essere disperato per trascorrere una settimana a vagare per questi boschi, con l’inverno che è alle porte. Sei cresciuto al sud e non sei fatto per il clima delle Highlands.” Thorfinn Rowle era un lontano cugino di sua nonna materna, la mamma lo aveva iniziato a chiamare zio quando si erano ritrovati tra le fila dei Mangiamorte, ma non si erano mai frequentati molto perché la mamma era tra gli infiltrati al Ministero della magia e non doveva far sapere le sue parentele per non destare sospetti.

Roland osservava l’uomo far cenno all’elfo domestico di servire il Firewhisky per lui e per il suo ospite, non si era nemmeno degnato di chiedere se ne volesse uno. Lo vide passarsi una mano tra i capelli un tempo biondi che avevano lasciato il posto al grigio. Era provato dalla solitudine e dalla sconfitta in guerra, del vecchio guerriero Thorfinn di cui sua madre e suo padre gli avevano parlato, era rimasto solo un vecchio rancoroso. Roland pensò che, tutto sommato, quella visita inattesa dovesse piacergli. Prese il bicchiere che l’elfo gli servì su un vassoio d’argento e diede le spalle al camino: il calore delle fiamme riscaldavano la schiena e quello del liquore dilagò dalla gola nel resto del corpo.

“Stanno accadendo cose strane nel mondo magico,” gli disse Roland.

“Non mi importa nulla di quanto sta accadendo, hai visto com’è finita con Delphini? Quella strada porta solo alla morte. Abbiamo provato a ricercare la grandezza, ma dobbiamo prendere atto che è stato un fallimento.”

“Forse i tempi non erano maturi, forse la strategia era sbagliata. Secondo mamma e papà è stato tutto un inganno, un modo per mascherare la sete di potere dietro le istanze dei Purosangue.”

“Sì, so come la pensano i tuoi, ma non sono d’accordo. La sete di potere l’avevamo tutti e tua madre per prima avrebbe fatto carte false per diventare Ministro della Magia. È comoda buttarla in politica quando sei uscita sconfitta, ma immagino che tu non sia qui per rivangare vecchi discorsi?”

“No, sono qui perché qualcuno è tornato a usare le Arti Oscure.”

“Era ora,” borbottò chiedendo all’elfo di riempirgli nuovamente il bicchiere.

“Sì, ma è diverso.”

“Le Arti Oscure sono sempre la stessa roba, da secoli: morte, dolore, sangue. Parli delle voci sul ritorno dei Mangiamorte? Non dirmi che sei venuto fin qua per due galline Cruciate nel pollaio di un Babbano? Cazzo, Roland, sapevo che Rod si era rammollito ma non fino a questo punto!” Lasciò il bicchiere disgustato e si stese contro lo schienale del divano.

“E i pavoni di Malfoy.”

Thorfinn Rowle scoppiò a ridere, una risata grassa, rumorosa, che spaventò l’elfo domestico. Roland lo vide nascondersi dietro il carrello dei liquori mentre il padrone urlava: “Elfo! Un altro giro…” si scambiarono uno sguardo e lo zio ammise senza che Roland facesse alcuna domanda: “Non so come si chiama, non me ne frega nemmeno. Appartiene alla mia famiglia e deve servirmi, altrimenti verrà punito, vero stupido Elfo?”

“Cab, vive per servire padron Rowle, a Cab non dispiace essere chiamato Elfo,” precisò la creatura con una voce lamentosa che lasciava intendere quanto spesso padron Rowle si dilettasse a punire quell’elfo.

“Lucius è sopravvissuto alla morte dei suoi pavoni?” sghignazzò.

Roland sorrise annuendo. “Draco è sul piede di guerra con il Ministero della Magia.”

“Pensa che scomoderanno gli Auror per i pavoni di suo padre? Per Salazar, ma che generazione di rammolliti abbiamo tirato su? Ai miei tempi i problemi ce li risolvevamo da soli, altro che confidare negli Auror. Seguite le tracce, la magia – specie quella oscura – lascia sempre delle tracce.”

“Lo abbiamo fatto. Dopo i pavoni dei Malfoy abbiamo trovato dei corvi morti intorno la nostra proprietà. Sono seguiti altri animali, persino due Thestral dei Nott, è evidente che c’è un disegno. Cercano omonimi Babbani per i vincitori, mentre per gli sconfitti se la prendono direttamente con noi.”

Thorfinn aveva smesso di insultarlo e adesso lo ascoltava con un certo interesse. “Ci sono state rivendicazioni?”
“Nessuna e nessuno sa niente. Sai, io frequento alcuni giri.”

“Sì, lo so, devi coprire meglio le tue tracce, Roland, le voci arrivano fin qui nelle Highlands. Il sentiero che stai cercando di percorrere è pericoloso e inutile: il Ministero ti sfrutta finché gli sei comodo e poi non esita ad aprire l’archivio e gettarti ad Azkaban. Hai visto cosa hanno fatto con McNair?”

Thorfinn aveva ragione. Roland si era fidato di Teddy, aveva iniziato a collaborare con lui e Vic e aiutare gli Auror a ripulire i giri più marci, quelli che lavoravano male e rovinavano la categoria, ma era vero che nel momento in cui quella collaborazione fosse finita per qualsiasi motivo, non avrebbero esitato a richiedere un mandato d’arresto. Lui però stava diventando sempre più bravo a nascondere le proprie tracce.

“E con tutte le voci che arrivano nelle Highlands, nessuna voce ti è giunta su queste morti?”

“No, ma forse mi spiego i falchi che ho trovato morti vicino il castello.”

“Anche tu…” mormorò Roland. “Devo analizzare il luogo del ritrovamento.”

“Non troverai molto, adesso, è accaduto qualche settimana fa, ma un falco l’ho impagliato visto che era stecchito e senza sangue che ne rovinasse il piumaggio, magari trovi qualcosa.” Thorfinn guidò Roland verso il suo laboratorio: un enorme tavolo da lavoro pieno di coltelli e sostanze varie.

“È così che passi il tempo?”

“Le bestie morte sono una compagnia migliore di molti uomini vivi.”

Ignorò il commento dello zio e si sforzò di rimanere concentrato sull’animale che aveva davanti, pronto a cogliere ogni traccia di magia oscura. C’erano poche speranze, visto che gran parte dei tessuti, dei liquidi e degli organi interni erano stati asportati e sostituiti con segatura o qualche altro strano materiale. Roland non era un esperto di quelle attività, ma capiva il bisogno di esporre dei trofei. Puntò la bacchetta contro l’animale e prima ancora che formulasse un qualsiasi incantesimo, la pancia della bestia si aprì e al posto della segatura uscirono vermi e strani insetti simili a scarafaggi. Roland, temendo la reazione dello zio, mise le mani avanti: “Non ho fatto niente.”

“Lo so.”

Thorfinn, con l’espressione di chi sul suo tavolo da lavoro asettico vuole tutto meno che degli insetti, rimosse tutto con un gesto della bacchetta. La luce delle lampade tremò per un istante e il ventre vuoto dell’animale si riempì nuovamente di insetti.

“Che razza di diavoleria è questa?” si domandò Rowle, mentre Roland continuava ad esaminare quanto stava accadendo. Puntava la bacchetta in varie parti della casa, cercando di capire se qualcuno si fosse intrufolato per giocar loro uno strano tiro.

“Se ci fossero intrusi lo saprei.”

Gli insetti scomparvero nuovamente e il tavolo tornò asettico.

Rimasero entrambi con le bacchette in mano e gli occhi ben aperti, pronti a cogliere il segno della ricomparsa degli insetti.

Roland sgranò gli occhi e sentì Thorfinn imprecare quando nel ventre di quel falco comparvero gli organi dell’animale, vivi e pulsanti. Il falco aprì gli occhi terrorizzato e provò ad aprire le ali, ma il ventre squarciato doveva essere un dolore atroce, così che il grido acuto che gli sfuggì fu uno dei versi più strazianti che Roland avesse mai sentito.
“Avada Kedavra!”

Thorfinn Rowle mise fine al dolore dell’animale e imprecò: “Dannato Merlino, adesso mi tocca rifare tutto il lavoro da capo!”

“Non c’è qualcuno che si diverte a uccidere animali, li maledice! Tutti noi abbiamo pensato che fossero morti e li abbiamo fatti sparire, ma questo animale aveva una maledizione che ha continuato a produrre i suoi effetti anche dopo che l’hai impagliato. Hai mai visto qualcosa di simile?”

Thorfinn scosse la testa: “No, trovo curioso che si sia attivato proprio oggi che sei arrivato tu. Sono giorni che è su quel tavolo perché si asciughino i liquidi. Sai cosa penso?” Roland scosse la testa, non aveva alcuna idea su cosa fosse accaduto, quale maledizione potesse far apparire gli organi dal nulla, quale strana magia consentisse a un falco morto e impagliato di tornare in vita.

“È un inganno. Qualcuno vuole attirare la nostra attenzione e dimostrarci che non abbiamo finito il lavoro. Scommetti che i polli di Potter erano semplicemente stecchiti?”
 

 
***
 
 
Hogwarts, venerdì, 29 ottobre 2021
 

“Albus!”

Rose lo inseguiva per i corridoi della scuola. Le lezioni erano appena finite e il fine settimana stava per iniziare: gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang stavano per arrivare e quel genere di eventi era ciò di cui aveva bisogno per distrarsi e non pensare.

“Prendimi se ci riesci!” Rise mentre scansava altri studenti.

“Potter! Non si corre per i corridoi!”

La voce del professor Pucey, il Direttore di Serpeverde, lo costrinse a fermarsi. Annuì prendendo un po’ di fiato e sentì le braccia di Rose arpionargli le spalle: “Ti ho preso!”

Albus alzò gli occhi al cielo: “La solita fortunata!”

Il professor Pucey li osservava scuotendo la testa e sospirò: “Signorina Weasley, da lei mi sarei atteso un comportamento più responsabile! Non si corre per i corridoi di Hogwarts.” Il sorrisetto di trionfo scomparve dalle labbra di Rose che si finse mortificata e promise che non sarebbe capitato nuovamente. Albus ebbe un sussulto quando sentì la mano di Rose afferrare il suo polso e portarlo via con sé. Sorrise imbarazzato al professore che continuava a tenerli d’occhio, come se potessero riprendere a correre da un momento all’altro.

Fu quando voltarono l’angolo che Rose lo spinse contro la parete del corridoio e Albus si sentì in trappola. Fissava gli occhi azzurri di Rose con la paura che lei potesse accorgersi di ciò che si agitava dentro di lui e non voleva assolutamente che lei lo scoprisse, era già stato abbastanza umiliante confessarlo a Scorpius.

Rose gli puntò la bacchetta al collo e gli sussurrò nell’orecchio: “Ridammi la mia copia del settimanale delle Streghe.” I loro corpi si sfioravano e Albus non era mai stato così vicino a lei, però, non voleva cedere. In quel numero c’era un’intervista alla sua band preferita – le Acromantule – e non voleva assolutamente perdersela. Rose avrebbe potuto leggere il gossip anche dopo. Scosse la testa e osservò Rose con aria di sfida.

“Guarda che ti affatturo,” gli disse avvicinandosi ancora di più. I loro corpi ormai erano schiacciati e Albus cercò di distogliere lo sguardo mentre sentiva le guance che gli andavano a fuoco. L’afferrò per i fianchi, incurante della fattura che gli avrebbe potuto scagliare, voleva spostarla, non era preparato a sentirla tremare al suo tocco. Il volto di Rose si colorò di imbarazzo e Albus non riuscì a impedirsi di arrossire.

“S-siamo troppo vicini…” balbettò mentre la scansava.

Rose, però, gli fermò la mano sul fianco e tornò a spingerlo verso il muro. Albus non sapeva se arrivò prima la botta in testa contro il muro o le labbra di Rose che premevano contro le sue. Le mani di Albus risalirono i fianchi di Rose lungo la schiena mentre il suo corpo cercava un contatto sempre maggiore. Il rumore di alcuni passi nel corridoio li costrinse ad allontanarsi, imbarazzati, mentre sentirono alcuni Tassorosso esclamare entusiasti: “Sono arrivate, le altre delegazioni sono arrivate!”

Albus si scambiò un sorriso con Rose e si unirono alla folla di studenti che si accalcava contro le finestre e osservavano delle enormi carrozze, trainate da cavalli alati, scendere verso i prati della scuola. La preside andò incontro alle carrozze per accogliere i nuovi arrivati. Al contempo, dal Lago Nero, gli alberi di un enorme veliero uscivano fuori dall’acqua. I professori iniziarono a camminare velocemente per i corridoi ordinando di radunarsi in Sala Grande. Lungo il percorso incontrarono Scorpius che li affiancò domandò: “Cosa sta succedendo?”

“Stanno arrivando le delegazioni!” Rose sembrava molto emozionata e curiosa. “Non siete curiosi di conoscere gli studenti delle altre scuole?”

“Sì, certo,” confermò Albus che si domandava come facesse Rose a non avere ogni singola risorsa della sua mente concentrata sul bacio che si erano scambiati. Scorpius si accorse di qualcosa, gli sussurrò: “Come ti senti?”

“Frastornato.”

Albus si domandava con che coraggio gli avrebbe confessato che Rose lo aveva appena baciato. Rimase ancora più sorpreso nel vedere Rose raggiungere i suoi compagni di Grifondoro e provò una stretta allo stomaco e un’incredibile voglia di prendere a pugni Karl Jenkins quando lui cinse le spalle di Rose con un braccio. Era sciocco, si disse Albus, era lui il terzo – quarto – incomodo, di certo non Jenkins che era a tutti gli effetti il ragazzo di Rose né Scorpius che era il suo spasimante storico.

Scorpius lo trattenne per un polso e gli fece cenno di raggiungere il tavolo dei Serpeverde: Rose era oramai irraggiungibile. Albus sentiva la mente vorticare, sommersa da pensieri confusi in cui lui era appena diventato un mostro. Una voce dentro di sé continuava a ricordargli che era stata Rose a premere il corpo contro il suo, a immobilizzarlo e baciarlo, ma Albus ricordava solo il modo in cui le sue labbra avevano cercato la cugina e le sue braccia non volevano lasciarla, il dolore che aveva provato quando i loro corpi si erano separati, come se fosse qualcosa di innaturale. Provava a cercare Rose al tavolo dei Grifondoro, alla ricerca di indizi sul suo stato emotivo. Aveva bisogno di sapere se anche lei fosse sconvolta da quegli impulsi tanto quanto lo era lui.

“Cosa succede, Albus?”

Scorpius lo sussurrò piano, per non farsi sentire dai compagni di Casa.

“Ne parliamo in dormitorio.” Non poteva raccontare quanto era accaduto mentre era circondato dai pettegoli della sua Casa. In pochi istanti le voci sarebbero arrivate a James e poi a Lily e sarebbero tornati a guardarlo come se fosse un mostro. Aveva dovuto assistere alla morte dei suoi nonni insieme a suo padre per dimostrare che lui non era diverso da James, benché fosse finito in Serpeverde, che non era il Potter-Mangiamorte come qualcuno aveva sussurrato o come Fred lo aveva preso in giro dopo che la notizia del suo Smistamento aveva raggiunto la Tana dai nonni Weasley. Persino la sua amicizia con Scorpius aveva fatto sollevare diverse sopracciglia e alimentato quei sospetti. Non voleva tornare ad essere il Potter problematico.

Dal tavolo degli insegnanti la preside, Minerva McGranitt, si alzò e fece cenno agli studenti di abbassare il tono della voce. Il chiacchiericcio diffuso si interruppe e i passi della strega echeggiarono tra le pareti di pietra della Sala Grande insieme al crepitare delle torce.

Seduti al tavolo degli insegnanti, Albus ebbe un fremito quando vide suo padre e zia Hermione seduti in un angolo. C’erano anche Teddy, Victoire e altri del Ministero della Magia: un tizio biondo, dal fisico atletico, che si scambiava commenti con il suo vicino di posto, un tizio alto, con lunghi capelli scuri e la barba che, nella sua divisa da ministeriale osservava il tutto con aria annoiata.

“Sai chi sono quei due vicino a Teddy?”

“Hawk Flint dell’ufficio Sport e Giochi Magici e Rodolphus Lestrange dell’Ufficio Cooperazione Magica Internazionale,” sussurrò Scorpius, “è il fratello di Rabastan.”

“Adesso si spiega l’aria annoiata,” commentò Albus, “non deve essere il massimo stare in quella compagnia.”

“Cari studenti, sono arrivate le delegazioni delle scuole di magia che parteciperanno al Torneo Tremaghi, voglio raccomandarmi, a ciascuno di voi, di far sentire a casa gli studenti delle altre scuole. Ogni scuola di Magia ha la sua prestigiosa storia, per voi sarà un’esperienza di sicuro arricchimento conoscerne gli studenti e scoprire le differenze. Vi invito a non far sfigurare la tradizionale accoglienza di Hogwarts, di essere rispettosi e educati con i vostri compagni e i loro insegnanti.”

La preside fece una breve pausa mentre tra gli studenti riprendeva un mormorio eccitato da quell’annuncio. Accanto ad Albus alcune studentesse del terzo anno si domandavano se ci sarebbero stati dei ragazzi carini, mentre Frederiks diceva che Beauxbatons era una scuola per Veela. Scorpius rise e sussurrò: “Che assurdità”.

“Diamo il benvenuto a Madame Maxime e i suoi studenti dell’Accademia di Magia di Beauxbatons!”

Il portone della Sala Grande si aprì ed entrarono una schiera di studenti avvolti in un mantello di lana celeste come l’uniforme che si intravedeva al di sotto. Erano tutti molto eleganti e camminavano composti dietro la loro enorme preside. A nessuno sfuggì il modo in cui Hagrid si alzò di slancio per spostare la sedia e aiutare Madame Maxime a sedersi e nemmeno il modo in cui i due si sorrisero e ripresero a chiacchierare.

Gli studenti di Beauxbatons si mescolarono tra gli altri studenti e Albus notò come improvvisamente Rodolphus Lestrange avesse iniziato a sorridere.

“Diamo il benvenuto a Viktor Krum e i suoi studenti dell’Istituto di Magia di Durmstrang!”

La domanda: “Krum? Krum è il preside?” serpeggiò lungo i tavoli mentre l’ex campione di Quidditch attraversava il corridoio centrale seguito dai suoi studenti e alcuni insegnanti. Minerva McGranitt esclamò allegra: “Viktor! È un piacere vederti!” Lui le fece un galante baciamano e poi andò a sedersi al tavolo degli insegnanti vicino zia Hermione e Harry. La cosa più sorprendente fu osservare, tra i professori di Durmstrang, la presenza di Rabastan Lestrange, la preside andò a salutarlo e lui fece un inchino per poi andare a prendere posto accanto al fratello.

“Ecco perché Rodolphus aveva iniziato a sorridere!” esclamò Albus.

“Sì, ma ci sono due cugini tra gli studenti di Beauxbatons,” gli disse Scorpius, “solo che io non li conosco.”

Accanto a loro presero posto alcuni studenti di Durmstrang mentre si slacciavano i pesanti mantelli di pelliccia e le uniformi rosse. “Fa sempre così caldo?” domandò uno studente dai lunghi capelli biondi e gli occhi di un azzurro chiarissimo.

Albus scrollò le spalle: “Ehm, sì, in Sala Grande c’è sempre questo tepore, nel resto della scuola ci sono spifferi.” Allungò la mano per presentarsi: “Benvenuti, io sono Albus Potter e lui è Scorpius Malfoy! Siete seduti al tavolo di Serpeverde!”

“Io sono Olag Huggorm e lui è Einar Hansson, molto piacere! Cos’è… Serpeverde?”

“È una delle Case in cui sono divisi gli studenti di Hogwarts. Al primo anno veniamo Smistati in una delle Case che porta il nome e i colori dei Fondatori della scuola: Serpeverde, verde e argento, Tassorosso, giallo e nero, Corvonero, blu e bronzo, Grifondoro, rosso e oro.” Albus indicò i colori della cravatta della sua uniforme e poi i tavoli e gli stendardi delle case che erano appesi lungo le pareti.

Olag indicò le clessidre nell’angolo: “Quelle a cosa servono?”

“Sono i punti che guadagnano le Case, per ogni azione lodevole vinciamo dei punti per la nostra Casa, per ogni infrazione delle regole ne perdiamo e alla fine dell’anno la Casa che ottiene più punti vince la Coppa delle Case. Voi avete qualcosa di simile?”

Olag scosse la testa: “No, noi veniamo scelti ogni anno da un elemento della natura: l’acqua, l’aria, la terra o il fuoco. Possiamo cambiare elemento e compagni di dormitorio ogni anno. Io sono uno dei pochi ad essere stato scelto da tutti gli elementi nel corso dei sette anni a Durmstrang, mentre vedete quella ragazza bionda là?” Albus e Scorpius osservarono una meravigliosa ragazza che stava subendo le avances di metà dei ragazzi del settimo anno mentre si scambiava sguardi divertiti con la sua amica.

“Lei è Aalina Petrov ed è stata scelta dall’acqua per tutti e sette gli anni: un risultato altrettanto inconsueto,” aggiunse Olag. “Ma i vostri compagni non sono abituati a vedere le ragazze?”

“Sì, certo, ma sono idioti…” mormorò Scorpius. Olag ed Einar scoppiarono a ridere e si dissero: “Peccato, impareranno sulla loro pelle il limite tra l’intrattenimento e la fine della pazienza di Aalina.”

“In che senso?”

“È una delle migliori duellanti e, a differenza di me, perde facilmente la pazienza.” Olag sorrideva a Charlotte Bulstrode del sesto anno che pur di avvicinarsi ai due studenti di Durmstrang stava spingendo Albus e Scorpius verso il bordo della panca.

“Bulstrode, così mi fai cadere…” si lamentò Scorpius.

“E allora tornatene in dormitorio, Malfoy.” Sorrise a Olag, “Perdonali, sono due sfigati.”

Albus stava per reagire quando una mano sulla spalla attirò la sua attenzione. Si voltò all’indietro e il sorriso affiorò sul volto: “Rabastan!” lui e Scorpius esclamarono in coro.

“Vedo che avete conosciuto uno dei papabili campioni di Durmstrang,” notò divertito. “Olag, loro due sono entrati in Serpeverde quando io ero Caposcuola e non ho mai visto due studenti tanto negati con la scopa quanto abili in tutto il resto.”

“Nerd…” borbottò Charlotte e Rabastan scoppiò a ridere: “Bulstrode, sarebbe il caso che prendessi esempio da loro o hai iniziato a studiare sul serio? Guarda che Olag Huggorm è uno dei migliori studenti di Durmstrang.”

“E così questa era la sua scuola, professore?”

“Esatto. Domenica inizierà il Torneo Tremaghi, ma domani potremo fare un giro a Hogsmeade e vi mostrerò un po’ di posti. Albus, Scorpius, se volete potete unirvi a noi e aiutare i vostri compagni di Durmstrang ad ambientarsi.” Abbassò il tono di voce e spostò lo sguardo verso il fondo del tavolo: “Così Frederiks la smetterà di pavoneggiarsi.”

L’indomani Serpeverde avrebbe avuto l’amichevole contro Grifondoro e Frederiks sarebbe stato occupato, mentre Albus e Scorpius accettavano di fare gli onori di casa. Il fatto che loro erano troppo piccoli per partecipare al Torneo Tremaghi li metteva al riparo da ogni possibile coinvolgimento in caso di scontro durante le prove del torneo.

Rabastan era dietro Albus, proprio di fronte Olag, e sorrideva dando delle piccole pacche sulle spalle a lui e Scorpius. Alzò lo sguardo oltre Olag ed esclamò: “Ma non ci posso credere! Scusatemi, devo andare a salutare i miei cugini!”

Albus, Scorpius, Olag ed Einar si scambiarono uno sguardo perplesso mentre osservavano Rabastan Lestrange attraversare sorridente la Sala Grande e raggiungere il tavolo dei Grifondoro. Seduto accanto a Rose c’era un ragazzo di Beauxbatons che si alzò e andò ad abbracciare Rabastan, subito seguito da una bellissima ragazza bionda. Vennero raggiunti da Rodolphus che salutò con calore entrambi i cugini mentre Scorpius commentava: “Adesso sappiamo chi sono i cugini francesi.”

“Sì, ma quello proprio vicino a Rose doveva sedersi?”

Scorpius incrociò le braccia e gli domandò: “Ma sei geloso?”

Olag aveva assistito alla scena e al dialogo domandò se fosse la ragazza dai capelli rossi, commentò: “È carina.”

“Vedrai che Rose lo manderà al diavolo non appena scoprirà che è un Lestrange, è pur sempre la figlia di Hermione!” disse Scorpius prima di mandare giù un sorso di succo di zucca. Lo sguardo e il sorriso che Olag ed Einar si scambiarono, non piacque ad Albus, e nemmeno il commento successivo: “Beh, il preside pare che fosse molto… intimo… con il vostro ministro della Magia… Se ha preso dalla madre, potrebbe avere un debole per gli studenti di Durmstrang.”

“Sì, ma Rose è fidanzata,” commentò gelido Albus che osservava il tavolo di Grifondoro sentendo il desiderio di prendere a pugni il cugino di Lestrange. Tirò un sospiro di sollievo nel vedere Jenkins avvicinarsi a Rose e cingerle la vita. Forse, per una buona volta si stava rendendo utile.

“Sai che Lestrange alla fine dell’anno andrà via mentre Jenkins rimane?” gli domandò Scorpius con un sorriso divertito per poi aggiungere: “Da quando in quando sei così geloso di Rose?”

Le immagini del bacio con Rose tornarono in mente con forza e mentre gli studenti defluivano verso l’uscita, Olag ed Einar raggiungevano i loro compagni di Durmstrang, Albus fece cenno a Scorpius di seguirlo. Erano soli mentre scendevano le scale verso la sala comune. Albus teneva le mani in tasca e guardava per terra, incerto su cosa dire.

“Mi vuoi dire cosa ti sta succedendo, Albus?”

“Io non so come dirtelo,” balbettò Albus. “Ho paura che ti arrabbi.”

“Non succederà, Albus, lo so che ti piace Rose.”

“Non è solo lei… Io non so che mi succede, Scorpius, è tutto un gran casino!”

“Coraggio, sai che puoi parlarmi di ogni cosa…” Scorpius mise una mano sulla spalla di Albus e lui si voltò verso l’amico e lo strinse a sé. Scorpius ricambiò l’abbraccio, imbarazzato, mormorò: “Credevo che fossi io il tipo da abbracci…”

“Ti prego, Scorpius, possiamo rimanere abbracciati?”

“Certo, non ti ho mai visto così sconvolto, che ne dici se dormiamo insieme?”

“Sì, ti prego.”






 
Note:
Eccomi qua con un altro capitolo! 
Il Torneo sta per iniziare a Hogwarts, mentre fuori dalla scuola continuano le indagini su quelle morti misteriose che sembrano - tuttavia - nascondere altro.

Vi lascio qualche breve nota. "Mugglar" non è altro che la traduzione in svedese di "Muggle", Babbano (almeno secondo Google Translate). Spero che la lezione sulle Chimere di Rabastan vi sia piaciuta, come vedete ha un approccio molto informale, siede sulla cattedra, scherza con gli studenti ma al tempo stesso è anche severo ed esigente. Ho cercato i modi per battere le Chimere, ma il libro di Animali Fantastici non si dilunga molto, così ho provato a inventare.

Sull'arrivo di Beauxbatons, ho deciso che Madame Maxime, memore del freddo patito nel 1994, ha deciso di dotare le divise dei suoi studenti con dei caldi mantelli di lana, ovviamente in tinta.

Nel prossimo capitolo inizierà il Torneo, verrà tirato fuori il Calice di Fuoco e vedremo finalmente chi saranno i Campioni Tremaghi per le tre scuole. Sono curiosa di sapere se voi avete delle teorie o se fate il tifo per qualcuno in particolare.

Al momento sappiamo che i papabili per le varie scuole sono:
- Hogwarts: James/Louis
- Beauxbatons: Philomène/Eric
- Durmstrang: Olag/Aalina

Sul fronte pipacchioni (Albus/Scorpius/Rose) come vedete sta succedendo un po' di casino. Nel prossimo capitolo vedremo di dipanare un po' meglio questa matassa.

Un abbraccio,
Sev

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Capitolo 6
*** Il torneo Tremaghi ***


Capitolo 6 – Il torneo Tremaghi

 

 

 

Hogwarts, 30 ottobre 2021

 

Tra le mani di Albus, i capelli di Scorpius hanno la consistenza della seta e il profumo leggero del talco. Le labbra sottili lo cercano, avide, e Albus non si sottrae, ricambia quei baci, altrettanto famelico, eccitato. Le loro mani stringono i corpi, si sfiorano e Albus sente il controllo venire meno.

È come una pentola a pressione, di quelle che usa Harry per cucinare, come uno degli alambicchi della professoressa McMillan, si sente come quello che ha usato Frederiks, durante una lezione di Pozioni, quando doveva estrarre il vapore e invece ha dimenticato di aprire la valvola e una fanghiglia grigia è esplosa a impiastricciare tutte le uniformi di chi era intorno a lui.

Albus si sente come quell’alambicco mentre Scorpius lo guarda malizioso e gli mordicchia le labbra promettendogli molta felicità. Albus sente che è troppo e, improvvisamente, è tutto bagnato. Scorpius getta la testa all’indietro e ride divertito.

Quando Albus sbatte le palpebre e riapre gli occhi, non c’è Scorpius, non c’è neppure la Stamberga Strillante che era intorno a loro, solo il morbido del materasso e la penombra ovattata del suo baldacchino. C’è sempre la sensazione di bagnato e Albus si lascia sfuggire, con la voce ancora impastata dal sonno, “Oh, dannazione…”

Si porta una mano sugli occhi e si rende conto che stava dormendo, che sognava di baciare Scorpius, o forse era Rose, in quel momento non riesce più a ricordare i dettagli del sogno, sono svaniti, diventati fumosi. Resta solo la sensazione di bagnato tra le gambe.

Albus allunga la mano sul comodino per recuperare la bacchetta e far sparire le tracce del disastro che ha combinato. Ma come è possibile sporcarsi tanto per uno stupido sogno? Ha la bacchetta in mano e la coperta sollevata quando le tende del baldacchino vengono aperte bruscamente.

“Allora era veramente il rumore della tua bacchetta,” esclama Scorpius.

Albus arrossisce e abbassa d’istinto la coperta, come a nascondere quanto c’è al di sotto. Il suo sguardo si sofferma sul corpo di Scorpius, sui fianchi avvolti nel telo, i capelli chiari ancora bagnati e le guance ancora accaldate dalla doccia. Albus lo osserva in silenzio, imbarazzato, non può muoversi, non conciato in quel modo, non con quello che – dannazione – sta tornando a sentire. Rose lo ha baciato e lui ha sognato Scorpius, crede di essere sul punto di impazzire. Forse è già pazzo.

“Albus, sbrigati!” esclama Scorpius mentre inizia a raccontargli i progetti per la giornata, le tappe a Hogsmeade, il giro con gli studenti di Durmstrang, finché non si ferma e gli dice: “Non mi guardare così, lo so che non l’hai fatto apposta. Non devi sentirti in imbarazzo.”

Albus sgrana gli occhi confuso. Come fa a sapere? È così evidente? Sente il viso in fiamme ma non può alzarsi perché non è nelle condizioni di arrivare in bagno senza che gli altri notino le condizioni in cui versa. Già immagina le battute sulla bacchetta di Potter così dice solo: “Mi dai due minuti?”

“Oh, sì!” esclama Scorpius, allegro, va verso il baule alla ricerca della biancheria, si sfila il telo incurante della presenza degli altri, come è sempre stato da quando erano al primo anno. Salazar, perché allora adesso sembra tutto così diverso? Perché adesso Albus sente il pigiama andargli stretto, perché gli serve un’incredibile forza di volontà per staccare gli occhi di dosso dalle natiche di Scorpius?

“Tergeo,” mormora sotto le coperte, il pigiama torna pulito, il disastro che quel sogno ha provocato è scomparso, resta solo l’erezione con cui deve combattere. Si alza di colpo, afferra telo, pantaloni, maglietta e felpa, li appallottola davanti a sé noncurante, corre in bagno fingendosi in ritardo e si infila dentro la doccia. Chiuso nel cubicolo, si libera del pigiama, dell’intimo e si accorge troppo tardi di essere finito con i calzini nel piatto della doccia ancora bagnato.

“Merlino, aiutami tu…” implora mentre appallottola i calzini e li lancia fuori dal cubicolo. Si fa la doccia, fredda, freddissima, poi calda, bollente, infine tiepida per poi trovare la temperatura giusta, insaponarsi e riuscire a eliminare le tracce di quel sogno sconvolgente.

Quando esce dalla doccia, Albus Severus Potter è una persona nuova: pulita, profumata, allegra e soprattutto in grado di camminare senza sentirsi in imbarazzo. Non ha idea di cosa gli stia succedendo, ma si è promesso che nulla potrà incrinare la sua amicizia con Scorpius, né Rose né i sogni assurdi che gli possono capitare. Sorride al suo migliore amico e scendono in Sala Grande per fare colazione mentre continuano a discutere sul modo migliore per spiegare a uno studente di Durmstrang il fascino di una gita a Hogsmeade.

Ritrovano Olag ed Einar intenti a fare colazione con pane nero, burro e aringhe affumicate.

“La preside deve aver fatto personalizzare il menu della colazione in vostro onore!” esclama Albus osservando il piatto di Olag. La sua tazza è piena di latte aromatizzato alla cannella. Albus si domanda come si faccia a passare dal sapore salato e forte dell’aringa affumicata alla dolcezza del latte con la cannella. Si versa il tè, lo macchia con un po’ di latte e riempie il piatto con uova, bacon e un po’ di fagioli.

“La vostra colazione è impegnativa!” esclama Olag, i cui capelli biondi sono intrecciati ai lati in complicate treccine. Qualsiasi studente di Hogwarts che provasse a imitare una simile acconciatura finirebbe per essere preso in giro, ma lui non sembra affatto una ragazzina, nonostante i capelli sottili e gli occhi chiari. Olag ha uno sguardo attento e sarcastico, la lingua affilata e si scambia battute con Einar e gli altri studenti di Durmstrang.

“Dunque oggi faremo una gita, vero?” domanda.

“Esatto, andremo a Hogsmeade, uno dei rari villaggi interamente magici di Inghilterra. Sorge proprio vicino la scuola ed è famoso per Mielandia, il più grande negozio di dolci magici di tutto il Regno Unito!”

“Sì, e poi c’è la Stamberga Strillante, una casa infestata dai fantasmi, e la bottega degli scherzi di Zonko, e il negozio di Quidditch!” esclama Scorpius allegro.

“E si beve anche?” domanda Einar dopo aver mandato giù la tazza di latte in un sorso solo.

“Sì, certo, ai Tre Manici di Scopa! Vi divertirete un sacco, voi avete un villaggio vicino la vostra scuola?”

“Sì, ma è complicato arrivarci, perché la stagione delle nevi non permette di lasciare la scuola molto facilmente. Le gite le facciamo solo in primavera, quando si sciolgono i ghiacci, ma in compenso la nostra scuola ha un pub dove la sera gli studenti maggiorenni possono ritrovarsi a bere e organizzare feste.”

“Wow!” esclamano in coro. Albus si avvicina ad Olag e gli sussurra: “Anche da noi si organizzano delle feste, ma sono clandestine… Ogni casa ha il suo esperto di feste, magari riusciamo a organizzarne una e invitarvi.”

“Non credo che ce lo permetterebbero, il preside Krum è molto severo, ma chissà, magari riusciamo ad approfittare del fatto che è distratto dal vostro ministro.” Olag fa l’occhiolino facendo un cenno della testa verso il tavolo dei professori. Albus e Scorpius girano la testa in sincrono, in modo così palese da attirare l’attenzione di Hermione che interrompe la conversazione con Krum e li osserva. Sorridono entrambi e salutano agitando la mano mentre Olag ed Einar ridono tra di loro.

Albus sta finendo l’ultimo pezzo di bacon quando Scorpius gli da una gomitata, indica il tavolo di Grifondoro. Rose sta parlando con il cugino di Lestrange, sorridono e scherzano tra loro. “Ma non c’è la partita?” si domanda Scorpius.

Albus gli indica Frederiks, anche lui non indossa l’uniforme di Quidditch e la cosa sembra sospetta. “Yann, ma la partita?”

“Da quando ti interessa il Quidditch, Potter?” domanda con il suo solito tono irritante, ma gli concede una spiegazione: “È stata spostata a domani, una richiesta della preside, così possiamo accompagnare gli studenti a Hogsmeade e domani intrattenerli con il Quidditch.”

“Sai cosa significa?” domanda Albus a Scorpius mentre un bruciore allo stomaco inizia a innervosirlo. Non aspetta nemmeno la risposta di Scorpius, si alza e attraversa la Sala Grande, passa davanti il tavolo dei professori, supera incurante quello di Tassorosso e Corvonero e arriva diritto da Rose. Sorride e le dice: “Yann mi ha detto che il Quidditch è stato rinviato, io e Scorpius mostriamo Hogsmeade agli studenti di Durmstrang ti va di unirti?”

Rose sorride, imbarazzata, mentre James lo raggiunge e inizia a scompigliargli i capelli, lo afferra di spalle e spiega a una ragazza bionda: “E questo è l’altro fratello, ha la stessa età di Cyrille…” La ragazza bionda annuisce e lo saluta, gli porge la mano e gli dice in un inglese impeccabile: “Philomène Lestrange, molto piacere.”

Albus sente di odiare i Lestrange. Cosa vogliono?

“Allora?” domanda a Rose, impaziente di portarla via da quel tavolo.

“Ehm… Albus, mi dispiace molto, ma non posso, la professoressa Robins ci ha chiesto di mostrare Hogsmeade agli studenti di Beauxbatons, Cyrille e Adrien sono del nostro anno e io e Polly facciamo loro compagnia.”

Cyrille lo guarda con un ghigno strafottente sul volto e Albus sente di odiarlo, desidera solo prenderlo a pugni. “E Karl?” domanda.

“Viene anche lui!” esclama Rose allegra, “Karl e William vengono con noi, naturalmente! Sarà divertente! Magari ci vedremo ai Tre Manici di Scopa, che ne pensi? Cyrille e Adrien ci stanno raccontando cose incredibili su Beauxbatons, sembra un posto meraviglioso!”

Albus non ne può più di sentire quel nome sulle labbra di Rose, quel tono entusiasta e il modo in cui saltella eccitata. Cyrille ridacchia e Albus si sente stretto tra il desiderio di prendere a pugni quel bellimbusto – sapendo che probabilmente ne uscirebbe sconfitto – e vomitare. Se il buongiorno si vede dal mattino, Albus inizia a credere che quella sensazione di disagio e insofferenza se la porterà per il resto della giornata. Batte in ritirata, sorride a Rose e le dice: “Ci vediamo ai Tre Manici di Scopa, allora, Olag ed Einar ci stanno aspettando. Buon giro a Hogsmeade.”

Scorpius l’osserva con l’espressione curiosa e le sopracciglia alzate. Albus è furioso, dice solo: “Io lo ammazzo prima della fine del Torneo, quello lì se continua ad essere così felice di stare con Rose.”

“Beh, anche lei sembra molto felice di stare con lui,” osserva Scorpius.

“Ma non eri innamorato di lei?” domanda Albus, “da che parte stai?”

“Da quella di Rose…” sospira Scorpius con un sorriso da beota sul volto. Oramai è senza speranze, sospira Albus.

 

 

***

 

 

Rose e Polly seguono Karl e William, intenti a chiacchierare tra di loro della partita dell’indomani contro Serpeverde. Per un attimo Rose ha temuto di dover rinunciare all’uscita a Hogsmeade, ma la richiesta della preside è stata più che ragionevole e tutti hanno accettato di buon grado. Eccetto Ruth Baston, lei è l’unica imbronciata. Il loro capitano aveva investito così tanto su quell’amichevole, la prima partita di quel non-campionato che avrebbe permesso a Grifondoro di tornare a volare, e quando era pronta a scendere in campo si è vista differire il momento. Adesso Andrew McLaggen, il suo fidanzato, cerca di tirarle su il morale, mentre Louis e James la prendono in giro.

Karl ferma una carrozza che viene occupata da loro sei: Polly e Rose, Cyrille e Adrien, Karl e William. Lungo il percorso chiacchierano, Cyrille esclama divertito: “Carina l’idea dei Thestral!”

“Come fai a sapere che sono dei Thestral?” domanda Karl aggrottando le sopracciglia. Cyrille fa un ghigno divertito, le rivolge uno sguardo fugace e Rose ha la sensazione che lui le abbia fatto l’occhiolino. “Quale altra creatura invisibile potrebbe trainare una carrozza? Dubito che siano dei Demiguise giganti…”

Polly ridacchia, seguita da Adrien, e Rose ha la sensazione che la sua migliore amica si sia appena dimenticata delle sue mire su James, che sia caduta vittima del fascino francese. Lo capisce, perché Cyrille la guarda in un modo che le fa scombussolare lo stomaco. È sfrontato, sprezzante del pericolo, audace, molto più di Karl. Non gli interessa recitare la parte del bravo ragazzo, anche se Rose crede che lo sia, sotto sotto, ricorda Rabastan, sa quanto i Purosangue siano tutta forma.

“Sei tu quella sveglia della coppia, vero?” le sussurra in un orecchio e Rose nasconde il sorriso voltandosi verso il finestrino. Non capisce che cosa le stia accadendo.

Forse dovrebbe lasciare Karl, forse tutta la confusione è dovuta alla sua insoddisfazione con Karl, chiunque è meglio di Karl. Nel giro di un mese ha baciato Scorpius durante le loro ronde, lo scorso pomeriggio ha baciato persino Albus e nemmeno lei capisce cosa le sia preso mentre stringeva a sé il corpo di suo cugino e baciava le sue labbra con un desiderio di cui non si credeva capace di provare. Polly, poi, ha iniziato a prenderla in giro dalla scorsa sera, quando l’ha sorpresa a flirtare con Cyrille, o così sosteneva lei.

All’arrivo a Hogsmeade mentre scende dalla carrozza, Cyrille le porge la mano per aiutarla a scendere come Karl non ha mai fatto nella loro relazione. Se ne accorge, perché non è stupido, Rose lo vede rimanere con lo sguardo perplesso, le si avvicina ingelosito e le sussurra: “Non credevo che apprezzassi questi gesti.”

“Sì, se sono disinteressati,” gli risponde Rose.

“Se lui è disinteressato, io sono il preside,” sussurra Karl, “Godric quanto sei ingenua a volte…”

Rose alza gli occhi al cielo, scorge uno sguardo divertito di Cyrille e lei gli risponde con un sorriso imbarazzato. Non si perde d’animo ed è decisa a non farsi rovinare la giornata da Karl, o da Albus, o da chicchessia. Scorge Albus e Scorpius scendere da una carrozza circondati dagli studenti di Durmstrang. Non la vedono, ma lei sente lo stomaco torcersi e stringersi un po’ mentre lo sguardo si sofferma sui profili di Albus e Scorpius intenti a parlarsi e sorridersi. Una parte di lei vorrebbe essere lì con loro e quasi non ricorda perché ha detto di no ad Albus, prima, in Sala Grande.

“Tutto bene?” le domanda Cyrille sfiorandola con il gomito. Rose annuisce e sorride. Come le ha insegnato Hermione, deve essere gentile e ospitale, lei è la figlia del Ministro della Magia e deve dare l’esempio dell’accoglienza e dell’apertura di Hogwarts e del mondo magico inglese ai maghi e le streghe del resto del mondo. Così, allontana lo sguardo da Albus e Scorpius e guida Cyrille e Adrien da Zonko, alla ricerca di scherzi. Il negozio è più affollato del solito e tra i corridoi scorge Albus, si ritrovano per un attimo tra gli scaffali, lontani dai rispettivi gruppi.

“Dobbiamo parlare,” le dice Albus, impaziente come al solito. Scorpius si guarda intorno e annuisce: “Rose, noi rischiamo di impazzire.”

“Lo so, sto impazzendo anch’io. Anzi, forse sono già pazza,” confessa.

“Rose!” La voce di Cyrille la richiama e sente Albus mormorare: “Io lo ammazzo quello!”

“Albus…” sospira paziente.

“Non mi piace, Rose, non mi piace come ti guarda, come se fossi una cosa sua.”

“Non essere sciocco, è arrivato ieri, chi lo conosce, e poi so badare a me stessa.”

“Ma se hai appena detto che sei impazzita!” protesta Albus, allunga la mano e le loro dita si intrecciano. Scorpius è lì e Rose allunga la mano verso di lui. “Stai attenta, Rose,” le sussurra Malfoy. Rose stringe le mani di entrambi e li rassicura. Non vuole parlare della pressione che sente addosso, di quanto sua madre abbia investito per la riuscita di quel Torneo. Annuisce e raggiunge i francesi, Cyrille ha comprato delle Caccabombe e progetta di fare uno scherzo agli amici di sua sorella.

“Hanno sempre la puzza sotto il naso, per una volta sarà in senso letterale,” scoppia a ridere, seguito da Polly, Karl e William. Adrien si asciuga una lacrima e si lancia in un’imitazione delle loro sorelle. È quando entrano ai Tre Manici di Scopa che Rose sente la testa girare.

“Tua madre è il Ministro della Magia, giusto?” le domanda Cyrille indicando Hermione che oltre la finestra dei Tre Manici di Scopa la si vede intenta a bere una Burrobirra con Harry, Ginny e Viktor Krum. “Sono molto amici, lei e Krum, vero?” le domanda malizioso. Rose lo fulmina con lo sguardo e si limita alla risposta ufficiale: “Lo spirito del Torneo è favorire la Cooperazione Magica Internazionale.”

“E a lei piace molto cooperare, no? È questo che ha detto anche a te?” le domanda.

“Ma cosa vuoi, Lestrange? Perché sei così interessato a mia madre? Sei uno di quelli che mi rivolge la parola perché sono la figlia del Ministro?”

Cyrille scoppia a ridere, divertito: “Ma va, non hai idea del casino che scoppierebbe in casa mia se saltasse fuori che sono uscito a Hogsmeade con la figlia del Ministro Granger!”

“Senti anche tu la pressione familiare?” gli domanda incuriosita.

Cyrille infila le mani in tasca e le rivolge uno dei suoi sguardi indecifrabili, gli occhi azzurri sotto il ciuffo castano sembrano volerle leggere dentro, l’aria da sbruffone vacilla per un attimo e Rose sembra scorgere le fragilità che nasconde dietro la facciata.

“Tu non hai idea di cosa voglia dire essere l’unico Lestrange maschio, in perenne competizione con i cugini inglesi… So cosa significa avere ragazze che ti guardano per il cognome che porti, altre che ti schifano per lo stesso motivo.”

Camminano fianco a fianco e Rose si sente compresa dagli sguardi di Cyrille, c’è una sintonia simile a quella che prova con Albus e Scorpius, di quelle per le quali il silenzio è più che sufficiente.

“Andiamo a bere, altrimenti il tuo ragazzo si farà strane idee,” le sussurra mentre le fa strada verso l’ingresso dei Tre Manici di Scopa. Cyrille l’accompagna a un tavolo. Karl scivola al suo fianco e le impone un bacio sulla guancia e né a lei né a Cyrille è sfuggito il modo in cui si è fermato a salutare Hermione quando è entrato. Lo sguardo sarcastico che le rivolge Lestrange sembra pungerla sul vivo, come se si fosse lasciata incantare da uno più attento a piacere a sua madre che alla sua fidanzata. Rose preferisce fissare la Burrobirra, concentrarsi su Polly e il modo in cui riesce a flirtare contemporaneamente con William e con Adrien.

Dall’altra parte del locale, Albus e Scorpius ridono insieme agli studenti di Durmstrang. Albus ride alle battute di una bellissima ragazza bionda e Rose sente lo stomaco stringersi nella morsa della gelosia. Cosa ci fa lì con quei francesi? Perché deve ascoltare Lestrange e Garnier che parlano di quanto è diversa la Francia, che raccontano di com’è avere un club dei duellanti e altre cose che interessano Karl e William e persino Polly Chapman che ride ad ogni battuta.

Rose si scambia sguardi fugaci con Cyrille che le sorride sfrontato e non risparmia battute caustiche a Karl, strappando qualche risata a Rose, finché non decide di congedarsi per raggiungere i cugini inglesi che lo osservano increduli. Rose lo vede andare via e lo osserva mentre minimizza alle domande dei cugini: “Ma con chi eri?” Cyrille si volge verso Rose e le rivolge uno sguardo complice, solleva le sopracciglia a dimostrazione che quanto le aveva detto era vero. Rose ricambia il sorriso e abbassa lo sguardo, torna a concentrarsi su Karl, Polly, William e Adrien che è rimasto insieme a loro.

 

 

***

 

 

Tornare in Inghilterra si era rivelato asfissiante. Da quando aveva messo piede nella sua vecchia scuola, Rabastan era stato costretto a sopportare le chiacchiere del Ministro Granger, il terzo grado di suo fratello Roddie, e persino le domande risentite di Frida Larsson che, improvvisamente, sembrava essersi ricordata di lui. Forse aveva sentito qualcosa sulla famiglia Lestrange, forse lo aveva visto parlare con il Ministro della magia. Non lo sapeva, nemmeno gli interessava in quel momento.

Lasciò Roddie alle prese con Flint e Lupin. Non voleva essere coinvolto nella gestione della sicurezza del Torneo, intorno a lui c’era un nervosismo che non gli piaceva e che gli ricordava perché era fuggito da quei posti. In Inghilterra mancava l’aria, adesso ricordava perché era corso alla ricerca di posti e spazi in cui poter respirare. Quel rientro non era andato come se lo era immaginato, non c’era allegria, suo fratello sembrava solo sollevato, come se avesse qualcuno in più su cui contare, non come se fosse felice di vederlo.

Rabastan però aveva altri progetti per quella permanenza e quel giorno a Hogsmeade aveva l’appuntamento che sogna da una vita intera: Rolf Scamander è arrivato al villaggio magico proprio per incontrarlo. Finalmente riescono a vedersi di persona dopo la lunga corrispondenza che si sono scambiati nell’ultimo anno. Lo riconosce subito, con i capelli rossicci che incorniciano vivaci occhi chiari e un viso pieno di lentiggini. Rolf è alto e dinoccolato e agita una mano non appena lo riconosce.

“È un piacere incontrarla,” esordisce Rabastan, emozionato.

“Dammi del tu, Rabastan, siamo colleghi. Non capita tutti i giorni di conoscere una promessa della Magizoologia, persino mia moglie era curiosa di incontrarti.” Accanto a Rolf è seduta una donna dai lunghi capelli biondi e l’espressione serena, si guarda intorno sorridente come se vedesse qualcosa che non è di quel mondo. “È un piacere incontrarti, ma hai la testa piena di Nargilli, dovresti fare attenzione!”

Rabastan scuote la testa. Ha letto delle ricerche di Luna Lovegood su questi Nargilli, il fatto che nessuno li abbia visti non significa che non esistano. A lungo l’esistenza dei Thestral e dei Demiguise è stata ignorata.

“Sai come liberare la testa da queste creature?” le domanda.

Luna Lovegood è una delle eroine del mondo magico: durante la guerra è stata sotto sequestro dei Malfoy e ha aiutato gli studenti di Hogwarts a resistere al regime dei Carrow, nelle interviste ha sempre riferito che ogni sua azione è stata compiuta per aiutare i suoi amici. La vita che ha scelto dopo la fine della guerra dimostra la differenza con Potter, Granger e i Weasley. I Lovegood sono Purosangue, come gli Scamander, un po’ alternativi, e non politicamente esposti. Del padre si dice che andasse in giro con il simbolo di Grindelwald, mentre la figlia girava con collane fatte con i tappi di Burrobirra, come quella che sta facendo in quel momento mentre raccoglie i tappi dalle tre bottiglie sul tavolo e li unisce con un filo.

“Ecco,” gli dice porgendogli quella strana collana, “contro i Nargilli. Al momento è l’unica cosa che funziona.”

Rabastan è colpito e raramente gli è capitato che qualcuno si attivasse così velocemente per aiutarlo. “Grazie,” le risponde mentre accetta quel dono e lo indossa. Rolf gli sorride e aggiunge: “Non ci crederai mai ma funziona.”

Non sa se sia l’effetto dei tappi, se effettivamente i Nargilli esistono e si stanno allontanando dalla sua testa, ma in quel momento l’oppressione che provava prima, tutto quel fastidio, sembrano scomparire e il buonumore torna a fare capolino. Certo, forse è solamente merito del fatto che è ai Tre Manici di Scopa a chiacchierare di creature magiche con Rolf Scamander, che gli racconta di suo nonno Newt e gli chiede, realmente interessato, ai viaggi che ha fatto, alle creature incredibili che ha incontrato in Oriente e in Australia.

Rabastan racconta di quando si è trovato di fronte un Petardo Cinese e ha pensato a suo nonno materno, Edward Turner, che era un appassionato di draghi e che lui non ha mai conosciuto. Sarebbe stato bello compiere un viaggio insieme a suo nonno, la mamma gliene ha sempre parlato bene, a differenza di quanto gli ha raccontato della nonna.

“Gli studi di Turner sul sangue di Drago sono famosi tra i Guaritori del San Mungo,” osserva svagata Luna, “ho letto un libro sulle sue teorie e i viaggi che ha compiuto con il suo migliore amico, OB, non ha mai detto chi fosse.”

“Credo che ora si possa dire, visto che di quella famiglia non è sopravvissuto nessuno. Mia mamma mi ha raccontato che il nonno era molto amico di Orion Black.”

“Oh, Harry era così triste quando è morto Sirius,” sospira Luna prima di tornare a prendere un sorso di Burrobirra. La loro chiacchierata prosegue sulla via di Hogwarts, gli spiegano che i loro figli sono studenti del primo anno e che vorrebbero loro fare una sorpresa.

“Sono due gemelli molto vivaci,” gli spiega Rolf camminando con le mani nelle tasche del mantello e un sorriso divertito. Li vedono rincorrere uno Snaso sui prati della scuola e Rabastan ridacchia divertito per quella scena che gli ricorda i giochi con Roland e Orion.

“Lysander!” lo chiama Rolf, “Lorcan!”

“Sorpresa!” esclama allegra Luna e Rabastan si sente di troppo in quella riunione di famiglia. Ricorda quando i suoi genitori sono andati a trovarli perché chiamati dalla Preside.

“Mamma! Papà!” I due bambini corrono verso di loro e non appena lo notano iniziano a domandare: “Chi sei?”

“Rabastan Lestrange, molto piacere.”

“Ricordate il libro sui viaggi intorno al mondo che vi ho letto?” domanda Rolf sorridente, i due gemelli annuiscono in sincrono e Lorcan si lascia andare a un giudizio: “Sì, quello che ha accarezzato il Serpecorno in Cina? È il mio preferito!” Rolf annuisce e Rabastan sorride incredulo. È sempre stato in viaggio e poi a Durmstrang, non ha mai incontrato i suoi lettori e ha solo letto le lettere che il suo editore gli ha trasmesso. Vedere i sorrisi entusiasti di quei due ragazzini che saltellano eccitati dall’incontro, lo riempiono di una gioia inaspettata e sente che, forse, anche in Inghilterra potrebbe trovare un suo posto.

“A me piace la storia sull’Occamy! Voglio vederne uno!”

“Allora l’India è il posto giusto,” gli dice Rabastan, “Ma al momento è un po’ pericoloso andarci, bisogna avere i M.A.G.O., io non sarei sopravvissuto a certi incontri se avessi avuto solo i G.U.F.O.”

“Sentito, ragazzi? Dovete studiare! E non farmi scrivere dalla Preside!” esclamò Rolf, Luna alzò gli occhi al cielo e aggiunse serafica: “La Preside ci scrive perché violano il coprifuoco, non per i risultati scolastici.” Rabastan non riusciva a immaginare sua madre tanto serena nel sapere che lui e i suoi fratelli violassero il coprifuoco. Quando era capitato erano fioccate punizioni e ramanzine. Sì, la mamma era sempre stata molto amorevole, ma anche decisamente severa ed esigente, un po’ come la Preside McGranitt.

Lo Snaso si agitava tra le braccia di uno dei due e sfuggì alla presa.

“Tod!” esclamarono in coro i gemelli e corsero dietro l’animale. Rolf e Luna li osservarono un po’, lo Snaso però sembrava intenzionato a non farsi riacciuffare. Rabastan provò a richiamarlo con un incantesimo di Appello, ma l’animale deviava i colpi, intenzionato a rimanere libero.

“Rolf, sta andando verso la Foresta Proibita!” disse Luna seguendo i figli con lo sguardo. I coniugi Scamander corsero in direzione dei figli seguiti da Rabastan. “Dovremmo trovare un modo per attirare lo Snaso verso di noi.”

“Ah, Tod è furbo! Non si fida molto, sa che rischia una ramanzina!” disse Rolf mentre raggiungeva i figli. Si chinò verso il gemello che indossava una maglietta azzurra e gli domandò: “Dov’è andato?”

“Lysander, torna indietro!” esclamò Luna in direzione del gemello con indosso una maglietta gialla che si stava avventurando tra gli alberi della Foresta Proibita. Rabastan lo raggiunse ed entrambi iniziarono a chiamare “Tod!” mentre camminavano tra gli alberi. “Stammi vicino, Lysander,” gli sussurrò Rabastan, “la Foresta Proibita può essere un posto pericoloso. Tieni la bacchetta a portata di mano.” Il ragazzino annuì e piagnucolò preoccupato: “Spero che non accada nulla a Tod!” Rabastan gli fece cenno di far silenzio e di ascoltare i suoni della foresta.

“Depulso!” allontanò delle piccole Acromantule che si stavano avvicinando troppo a Lysander, lanciò contro degli Schiantesimi e le vide fuggire a nascondersi. Fece cenno al ragazzo di seguirlo, si nascosero dietro un tronco e gli sussurrò: “Ho avuto un’idea!” Infilò una mano sotto la giacca e recuperò la collana di tappi di Burrobirra che gli aveva regalato Luna, puntò contro la bacchetta e colorò i tappi in oro. “Sai fare Lumos?”

Lysander annuì sorridendo e prese la bacchetta. Rabastan allungò il braccio con i tappi che erano diventati completamente d’oro e fece cenno di praticare l’incantesimo. Lysander gli restituì un sorriso divertito e sussurrò: “Lumos!”

Un fascio di luce uscì dalla bacchetta e investì la collana che iniziò a scintillare al buio, Rabastan l’agitò lasciando che il luccichio si diffondesse intorno a loro. Nel buio del sottobosco non riusciva a vedere lo Snaso, ma sentiva che non era lontano, il rumore delle sue zampette divenne sempre più evidente man mano che i tappi iniziarono a tintinnare tra loro. Poi, Rabastan sentì tirare e quando lui e Lysander si sporsero dal tronco videro Tod appeso alla collana. Rabastan lo Pietrificò e guidò Lysander fuori dalla Foresta Proibita.

Trovarono Rolf, Luna e Lorcan preoccupati mentre avanzavano verso loro sorridenti e felici di aver recuperato lo Snaso.

“Abbiamo visto le Acromantule!” esclamò Lysander al fratello che aveva uno sguardo incredulo e deluso. “Perché non mi avete lasciato andare?” protestò, “Non è giusto! Lysander ha visto le Acromantule e io no!”

“Lysander ha rischiato di diventare il pranzo delle Acromantule,” lo corresse Rabastan. “Non è un posto dove due del primo anno possono andare. Dovrete diventare maghi più esperti di così!”

“Sentito?” disse Rolf, “Non lo diciamo solo noi che siamo vecchi!”

“Ho letto tutti i libri scritti dai vostri genitori! Dovreste essere orgogliosi dei genitori che avete! Quando sarete grandi potrete girare per il mondo!”

“Sì, sì, sempre quando saremo grandi! Siamo già grandi!” protestò Lorcan mentre prendeva lo Snaso, puntava contro la bacchetta ed esclamava “Reinnerva!” Lo Snaso tornò ad agitarsi. “Scusa Tod! Ti riporto da Hagrid,” mormorò deluso.

Rabastan accompagnò gli Scamander da Hagrid e rimasero a chiacchierare nella vecchia capanna del Guardiacaccia. Sebbene fossero anni che Hagrid insegnava come professore di Cura e Custodia delle Creature Magiche, non aveva mai voluto né un’aula né una stanza all’interno del castello, preferendo continuare a vivere nella sua vecchia casa, occupandosi del suo orto di zucche e degli animali della Foresta Proibita. Era stato lui a consigliargli di leggere i libri di Luna e Rolf Scamander e gli aveva aperto un mondo con la prospettiva di viaggiare. Rimasero a chiacchierare fino a quando non fu l’ora di tornare al castello. Rabastan accompagnò gli Scamander nella Sala Grande per la cena mentre lui raggiungeva i colleghi di Durmstrang.

Viktor Krum lo accolse con un sorriso: “Tutto bene?”

Rabastan annuì e raccontò ai colleghi del suo colloquio con Luna e Rolf Scamander, del giro nella Foresta Proibita e delle chiacchiere con Hagrid.

“Ho dei bei ricordi di questo posto,” gli confessò Krum, Rabastan sorrise e sospirò. Lui non poteva dire lo stesso. Tornò a sentire quel senso di oppressione e soffocamento e si domandò se non fossero i Nargilli di cui parlava Luna, finché aveva indossato quella strana collana di tappi di Burrobirra era stato benissimo.

Percorse con lo sguardo il tavolo dei Tassorosso e individuò Lysander, tra i Corvonero c’era Lorcan intento a parlottare con un suo compagno di Casa. Tra i Grifondoro, invece, erano seduti i suoi cugini con alcuni studenti di Beauxbatons, divisi tra il tavolo dei Grifondoro e quello dei Corvonero. Tassorosso e Serpeverde, invece, ospitavano gli studenti di Durmstrang. Individuò Olag intento a parlare con Scorpius Malfoy e Albus Potter. Non gli piaceva, così come non gli piaceva che Cyrille e Philomène stessero con i Potter e i Weasley dall’altra parte della stanza.

Intercettò lo sguardo di suo fratello impegnato ad annoiarsi tra i ministeriali ed entrambi annuirono. Era impossibile non avere gli stessi pensieri.

La preside si alzò, mettendo fine al loro dialogo muto e invitò il preside Krum, la preside Maxime e il ministro Granger a seguirla oltre il tavolo degli insegnanti.

“Abbiamo qua il Ministro della Magia in persona e i presidi delle due scuole concorrenti per dare inizio formale al Torneo Tremaghi!”

Applausi eccitati corsero lungo i tavoli delle quattro Case, Rabastan osservò gli sguardi degli studenti provando a immaginare chi potessero essere i campioni delle tre scuole. Osservò Olag e Aalina i favoriti di Durmstrang, poi spostò lo sguardo su Philomène che, pareva, avesse ottime chance di diventare campionessa, anche se lei non lo credeva possibile. Hogwarts, invece, rimaneva un mistero indecifrabile per lui e sperava che non vincesse.

Hermione Granger agitò la bacchetta e il Calice di Fuoco comparve tra lei e la Preside placando il chiacchiericcio frenetico ed eccitato che animava la Sala Grande.

 

 

***

 

 

James tamburellava nervosamente le dita sul tavolo.

“Paura, Potter?” gli domandò sottovoce la Baston. James ridacchiò e si limitò a risponderle: “Ti piacerebbe, Baston.” Louis li richiamò al silenzio e una gomitata nel fianco di James arrivò da Philomène, seduta alla sua destra. Andrew si lasciò andare a una risatina prima di posare un braccio intorno alle spalle di Ruth e tornare a prestare attenzione a Hermione. James vide l’amico rimanere bloccato con un piede sulla panca, fermo nell’atto di voltarsi e con lo sguardo perso in un punto dietro di James. Il sorriso che aveva sul volto fece alzare gli occhi al cielo a James che prese un cucchiaio e lo trasformò in una catapulta, l’armò con un cavoletto di Bruxelles zuppo di salsa al burro e prese la mira. Andrew era perso nella contemplazione di Ginny, James puntò e centrò il bersaglio con la stessa precisione con cui infilava la Pluffa negli anelli.

“Ma sei scemo?” protestò Andrew ripulendo gli occhiali.

Sì, aveva proprio un’ottima mira, Philomène ridacchiava divertita. James si sporse verso Andrew e gli disse sottovoce: “E tu sei il solito, smettila di fissare mia madre, è inquietante!”

Ruth diede un pizzicotto ad Andrew e lo costrinse a voltarsi verso la Preside che stava parlando dell’importanza della Cooperazione Magica Internazionale insieme ai presidi delle altre due scuole.

Andrew provò a girarsi e James lo minacciò con un altro colpo di cavoletti, finiti quelli sarebbe passato ai piselli, alle patate e le carote, finché Andrew non avesse imparato la lezione o gli elfi domestici avessero fatto scomparire i piatti.

Aveva sospirato quando era saltato fuori che la Gazzetta del Profeta aveva incaricato sua madre, la più importante Caporedattrice sportiva, di seguire il Torneo Tremaghi. La mamma era felice di aver soffiato il posto alla perfida Rita Skeeter. James, però, quasi quasi preferiva Rita che almeno non trasformava Andrew in un idiota. Certo, anche lui era rimasto in silenzio, intimidito, la prima volta che aveva incontrato il suo idolo del Quidditch, Oliver Baston, ma poi si era ripreso, Andrew, invece, si imbambolava ogni volta che Ginny compariva, anche se James doveva ammettere che la situazione era migliorata negli ultimi anni.

“Come sapete, il Torneo è aperto solo agli studenti che hanno compiuto i sedici anni. Ho tracciato personalmente una linea dell’età per impedire a chiunque abbia meno di sedici anni e non sia uno studente delle tre scuole iscritte, di inserire il proprio nome. Non provate a fare i furbi, il Calice di Fuoco se ne accorgerebbe!” li avvertì la Preside mentre intorno a loro il chiacchiericcio eccitato degli studenti riprendeva.

Accanto a James i francesi avevano iniziato a parlare fittamente. Philomène mostrava al suo ragazzo Eric il Calice di Fuoco. Tutti loro presero un pezzo di pergamena e iniziarono a scrivere il proprio nome. James si scambiò uno sguardo con Louis e gli disse: “Non lasceremo i francesi senza avversari, vero?”

Suo cugino gli restituì un sorriso obliquo e uno sguardo complice: “Sarebbe scortese da parte nostra, senza contare che io sono mezzo francese!”

Andrew tornò a voltarsi verso di loro, si sfregò le mani mentre porgeva pezzetti di pergamena a tutti loro e si sfregava le mani con gli occhi azzurri che si alternavano tra tutti loro, pronti a cogliere le reazioni e prendere in giro il primo che avesse avuto qualche ripensamento.

“È l’ora della verità, quindi? Non ve la prenderete se verrò selezionato, vero?” domandò curioso.

“Perché dovremmo? È un calice protetto dalla magia, mica siamo nel mondo della fantascienza!” obiettò Louis che alzò le sopracciglia e gli disse: “Non hai nessuna chance, puoi fare sogni tranquilli.”

“Non puoi saperlo,” obiettò Andrew, puntò il dito verso James aggiungendo, “Nemmeno tu puoi saperlo! Non date il posto per scontato solo perché i vostri genitori erano campioni Tremaghi.”

James scrollò le spalle, simulò indifferenza mentre scriveva il proprio nome sulla pergamena. Chiuse il biglietto, si alzò fingendosi incurante degli sguardi di tutti gli altri studenti. In verità, era ansioso, sentiva di dover fare come e meglio di suo padre, di essere il degno erede di Harry Potter, l’uomo che ha sconfitto Lord Voldemort e Campione Tremaghi di Hogwarts. Come non poteva non sentire tutta la pressione che aveva addosso? Tirò fuori un sorriso sfrontato mentre guardava zia Hermione, si passò una mano tra i capelli e li scompigliò, come ogni volta in cui era nervoso, notò il nervosismo di sua madre che, tuttavia, ordinò al suo fotografo di immortalare il momento. Rivolse un sorriso a sua madre, come quando le disubbidiva da bambino, mentre portava la mano e il bigliettino verso il Calice di Fuoco e poi lo lasciò cadere all’interno. I compagni di scuola scoppiarono in un applauso e lui simulò un inchino, come dopo le vittorie a Quidditch e mentre tornava al tavolo si diede il cinque con Louis.

I loro sguardi si incrociarono per qualche istante, gli occhi nocciola di James si soffermarono su quelli azzurri di Louis augurandosi “che vinca il migliore”. Si erano allenati insieme e nessuna competizione li avrebbe mai separati. Fece la stessa identica cosa con Andrew, Ruth, Sarah. Osservò i francesi, supportati dai compagni di scuola e la delegazione di Durmstrang.

Philomène si muoveva con un’eleganza e una grazia che James non aveva mai visto nelle sue compagne di classe. Il suo sguardo seguì la silhouette, la gonna di seta leggera dell’uniforme di Beauxbatons accompagnava i movimenti del corpo della ragazza facendola sembrare una creatura incantevole. Portava i lunghi capelli biondi sciolti, con solo alcune ciocche fermate dietro la nuca da un nastro dello stesso colore dell’uniforme. La osservò esitare un attimo, scambiarsi uno sguardo con la sua Preside, annuire decisa e lasciare andare il biglietto nel Calice di Fuoco. Quando si voltò, Philomène Lestrange cercò lo sguardo di Eric, il suo ragazzo, e poi quello di Nadine e Jean Paul, dovevano essere un gruppo molto unito, proprio come lui, Louis, Andrew, Sarah e Ruth. Avvicinandosi al tavolo, Philomène lo sorprese con lo sguardo ancora fisso su di lei, i loro occhi si incrociarono e si scambiarono un sorriso mentre lei prendeva posto accanto a lui.

“Agitata?” le domandò, “Ti ho vista esitare.”

“Non ho paura del torneo, Potter, solo di deludere le aspettative di chi da per scontato che verrò scelta,” gli disse. Teneva lo sguardo fisso davanti a lei, il volto alto e un sorrisetto compiaciuto. “Hai esitato anche tu, Potter,” gli disse poi, colpendolo per lo spirito di osservazione.

“Tu non hai tua madre che ti osserva,” le rispose. James la imitò, continuò a tenere lo sguardo fisso davanti a sé, intento ad osservare gli studenti di Durmstrang con le loro uniformi scure, gli stivali lucidi e i capelli biondissimi che marciavano verso il Calice di Fuoco e lasciavano cadere dentro i loro nomi.

Si sorprese quando Matthew Turpin di Corvonero si alzò dal tavolo per consegnare il biglietto con il suo nome. Sbuffò divertito e lanciò un’occhiata obliqua ad Anne che aveva fatto tante storie affinché lui non si iscrivesse e ora Turpin gliel’aveva fatta sotto il naso. Forse era vero che i Corvonero erano più furbi. Non si era più rivolto la parola con Anne, limitandosi a cenni cortesi di saluto perché era il figlio di Harry Potter e doveva dare l’esempio, e purtroppo erano compagni di Casa. James chiuse gli occhi per un istante e si immaginò Campione Tremaghi, immaginò Anne che lo guardava ammirata e gli chiedeva scusa per averlo fatto soffrire. La gomitata di Louis e la risatina di Philomène lo risvegliarono, James aprì gli occhi e trovò Andrew con un ghigno compiaciuto pronto a dirgli: “Buongiorno, principessa!” Si voltò verso i francesi e spiegò loro: “Finisce sempre in queste condizioni quando vede la sua ex.”

“Oh, povero Potter!” lo presero in giro le studentesse di Beauxbatons, Louis annuì, “sì, povero Potter, se qualcuna di voi fosse così magnanima da consolarlo e restituircelo sano di mente, sono certo che sarebbe un passo fondamentale per la cooperazione magica internazionale.”

Le ragazze scoppiarono a ridere, seguite dai ragazzi, mentre Cyrille e Adrien continuavano a parlare con Rose e Polly in un modo che iniziò a non piacere a James. Forse Albus aveva ragione ad essere infastidito da quegli atteggiamenti, James avrebbe dovuto scambiare due parole con sua cugina. Dopo tutto, era il cugino maggiore e doveva controllare gli altri. Si voltò alla ricerca di Lily e Hugo e sorrise nel vederli chiacchierare con i loro compagni di scuola. Sapere che Lily non sarebbe mai stata sola, che lei e Hugo erano inseparabili gli dava sollievo, anche perché il prossimo anno lui non ci sarebbe stato più e Albus… beh… Albus era troppo preso dal suo dramma personale di Potter Serpeverde da poter immaginare che altri avessero dei problemi. Però è stato il primo ad accorgersi di Rose, suggerì una vocina del suo cervello.

“Il mondo magico ha affrontato molte sfide negli ultimi anni,” disse Hermione, “il Ministero della Magia britannico vuole impegnarsi per favorire la Cooperazione Magica Internazionale e rendere questi mesi di soggiorno nel nostro paese un momento prezioso per coltivare amicizie e creare legami che dureranno nel tempo. Ci saranno tre prove in cui i Campioni selezionati dovranno dare dimostrazione di grande padronanza delle arti magiche, chi riuscirà ad aggiudicarsi la Coppa Tremaghi vincerà un premio di mille Galeoni e porterà gloria alla propria scuola! Se non ci sono altri candidati, possiamo dichiarare ufficialmente aperto il Torneo Tremaghi!”

La Sala Grande era immersa in un profondo silenzio che sapeva di attesa. La Preside, Minerva McGranitt, si scambiò uno sguardo con il Ministro della Magia e gli altri presidi, agitò la bacchetta e il Calice di Fuoco sputò il primo bigliettino. La Preside lo afferrò e lo passò al Ministro della Magia che lesse ad alta voce: “Il campione Tremaghi per l’Istituto di Arti Magiche di Durmstrang è… Olag Huggorm!”

Un applauso e delle risate si levò dal tavolo dei Serpeverde e quello dei Tassorosso dove erano distribuiti gli studenti di Durmstrang. James allungò il collo, il campione era il ragazzo biondo con le treccine amico di Albus e Scorpius. Avrebbe potuto chiedere a loro che tipo fosse. Rabastan Lestrange e Viktor Krum annuivano soddisfatti per la selezione e guidavano il ragazzo in un’altra sala.

Il Calice di Fuoco espulse un secondo bigliettino, anche questo volò tra le mani della McGranitt che lo lesse e lo passò al Ministro della Magia. Hermione schiarì leggermente la voce e lesse: “Il campione Tremaghi per l’Accademia di Magia di Beauxbatons è… Mademoiselle Philomène Lestrange!”

Philomène si alzò e raggiunse la sua Preside, l’immensa Madame Maxime, sorrideva e camminava con grazia ed eleganza. I loro sguardi si incrociarono per un istante e poi lei venne condotta da Madame Maxime nella stessa stanza in cui era stato condotto il campione di Durmstrang, Olag Huggorm.

Il terzo bigliettino venne espulso dal Calice di Fuoco, la preside lo afferrò, lo lesse e nuovamente lo porse al Ministro della Magia che lo aprì e cercò di dissimulare la sorpresa. James sentiva Louis fremere per l’attesa, dentro di sé il cuore batteva forte.

“Il Campione Tremaghi per la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts è… Louis Weasley!”

James accusò il colpo. Aveva promesso che sarebbe rimasto vicino a Louis, sapeva che suo cugino era in gamba, che forse il Calice di Fuoco aveva selezionato realmente il più forte. Così gli sorrise, diede una pacca sulla spalla e lo strinse a sé. “Ti aspettiamo in sala comune,” gli sussurrò nell’orecchio e lo vide andare verso la preside e seguirlo nella stanza con gli altri campioni.

Nella calca di studenti che defluivano verso l’uscita, James riuscì a raggiungere Albus ancora seduto al tavolo di Serpeverde con Scorpius.

“Ehi!”

“È inutile ammassarsi, tra poco potremo andare senza attendere,” gli spiegò il fratello.

“Senza attendere in piedi, stai attendendo comunque anche se sei seduto a tavola,” osservò. Albus socchiuse gli occhi verdi e lo fissò intensamente come se fosse stato disturbato da qualcosa di importantissimo. “Cosa vuoi James? Sei rimasto male per non essere diventato il Campione di Hogwarts?”

“Sì, un po’ sì,” ammise James.

“Papà sarà solo contento. Sai che sono mesi che scrive lettere sul fatto che non devi partecipare. Magari la McGranitt ha stregato il Calice di Fuoco che accettava tutti i candidati sopra i sedici anni tranne James Sirius Potter.”

James ridacchiò: “Papà non farebbe mai una cosa del genere.”

“Ne sei sicuro? Hai visto cosa ha fatto quando io e Scorpius abbiamo preso la Giratempo lo scorso anno?”

“Ci credo, voi due avete violato una marea di leggi magiche e per di più avete aiutato la figlia di Voldemort. Mi sembra il minimo che papà fosse un po’ arrabbiato,” disse, poi si ricordò che non doveva perdere tempo con Albus, altrimenti lui sarebbe andato via senza dargli l’informazione di cui aveva bisogno. Albus aveva sempre paura che lui volesse impicciarsi nei suoi affari o che lo spiasse per conto dei loro genitori, così alzava una cortina di fumo per distrarlo e poi fuggiva, con il tipico atteggiamento dei Serpeverde.

“Sono venuto qui per chiedervi che tipo è il campione di Durmstrang.”

“Olag!” esclamò Scorpius allegro, “Beh, è un tipo simpatico, molto alla mano. Ama duellare, bere birra. Lo sai che a Durmstrang hanno un pub dentro la scuola dove organizzano feste?”

James mise insieme quelle informazioni e poi domandò: “Se doveste sapere qualcosa di lui, punti di forza, di debolezza, venitemeli a dire, magari aiuterà Louis.”

“Non vedo in che modo, non è un duello di magia, Louis dovrà affrontare delle prove,” obiettò Albus. La Sala Grande, nel frattempo, si era svuotata e loro iniziarono ad andare verso l’uscita. “Beh, non si sa mai, sono informazioni che potrebbero tornare utili, cerca di pensare in modo strategico e, per una volta, aiuta qualcuno della tua famiglia.” James si pentì immediatamente della frase che gli era sfuggita, Albus sgranò gli occhi e incassò il colpo, offeso, tirò dietro di sé Scorpius borbottando qualcosa che James non riuscì a cogliere. Il mi dispiace gli rimase sulla punta della lingua, mentre una parte di sé gli suggeriva che non doveva sentirsi affatto dispiaciuto, che quello che aveva detto ad Albus era assolutamente vero, perché Malfoy veniva sempre prima di tutti.

Un’altra voce, però, gli diceva che Malfoy veniva prima perché c’era stato un tempo in cui lui e Louis e Andrew avevano esagerato con gli scherzi al Potter-Serpeverde e James era stato il primo a contribuire a scavare un solco tra lui e suo fratello. Aveva assistito all’allontanamento di Albus, alla sua chiusura a riccio impotente e incapace di fare qualcosa per colmare il divario che li separava.

Non era solo una questione di Smistamento, James lo aveva capito con il tempo. Non era mai stato un problema essere amico di Teddy quando era in Tassorosso. Gli Scamander, uno in Corvonero e l’altro in Tassorosso, giocavano continuamente con Lily e Hugo in Grifondoro.

Albus si era rinchiuso nei sotterranei di Serpeverde rivendicando una sua diversità dagli altri: serio, riflessivo, detestava il Quidditch e preferiva leggere, al punto che James si era domandato come fosse possibile che il figlio di una campionessa di Quidditch e del più giovane Cercatore di Hogwarts fosse uscito in quel modo. In un primo momento si era detto che Albus si comportasse in quel modo per farsi accettare dai compagni di Serpeverde, ma poi, quando è saltato fuori quanto fosse impopolare nella sua Casa e lui e Scorpius fossero soli, al punto da essere ingannati dalla figlia di Voldemort, James si era sentito in colpa e aveva chiesto a sua madre se avesse potuto fare di più per evitare che Albus si sentisse così debole. Non lo era, James lo sapeva quanto in gamba fosse suo fratello e detestava il pensiero che lui pensasse di non valere abbastanza.

Aveva iniziato a incamminarsi verso la torre di Grifondoro immerso nei suoi pensieri quando sentì un’imprecazione. Si avvicinò a quella voce che si lamentava e sembrava in difficoltà, probabilmente qualcuno aveva messo il piede nel gradino ingannevole ed era rimasto bloccato. Arrivò alle scale di legno e vide una ragazza di Beauxbatons che si lamentava.

“Aspetta, ti aiuto io!” le disse raggiungendola. “Questo gradino tende a cedere!”

“Perché non lo riparate, allora?” La ragazza afferrò la mano di James, lui l’aiutò a liberare il piede e quando lei alzò il viso vide che era Philomène Lestrange. Alzò le sopracciglia sorpreso: “Il tuo torneo non inizia sotto i migliori auspici.”

Sbuffò. James vide che aveva gli occhi arrossati e lei gli sorrideva nervosamente.

“I tuoi compagni non ti aspettano per festeggiarti?” le domandò. “Hai cambiato idea?”

Gli occhi azzurri, cristallini, di Philomène lo fulminarono, James quasi indietreggiò e rischiò di finire incastrato nel gradino se un qualche meccanismo automatico non fosse entrato in funzione e avesse imposto al suo piede di saltarlo.

“Non puoi capire.”

James sorrise ironico: “Cosa? La pressione sociale? Stai parlando con il primogenito di Harry Potter, domani la Gazzetta del Profeta titolerà che sono stato battuto da mio cugino.”

“Non lo farà perché tua madre è l’inviata del giornale. Credi che non sia venuta appositamente?” Philomène sistemò le pieghe della gonna dell’uniforme e si sedette su un gradino. “Ho bisogno di stare un po’ per conto mio prima di vedere i miei compagni di scuola.”

James le porse una mano, la invitò a salire di qualche gradino e si sedettero a metà della rampa di scala. Philomène lo guardava incuriosita e lui le spiegò: “Alle scale piace cambiare, se ti siedi troppo in basso rischi di perdere l’equilibrio e cadere.”

Non fece in tempo a sedersi che la scala iniziò a muoversi e James afferrò la mano di Philomène e l’aiutò a sedersi accanto a lui. “Come sei finita incastrata?” le domandò per cambiare argomento.

“Stavo cercando il bagno. Mi hanno detto che il bagno delle ragazze è al terzo piano.”

James ridacchio al pensiero dello scherzo che le avevano fatto. “Quel bagno è fuori uso ed è infestato da un fantasma piuttosto fastidioso,” le spiegò, “credo che qualcuno ti volesse fare uno scherzo. Il bagno più vicino è nell’atrio dietro le clessidre con i punti delle Case.”

Philomène alzò gli occhi al cielo e scosse la testa: “Molto divertente, dovevo immaginarlo che provassero a boicottare la campionessa di Beauxbatons.”

“Magari anche Louis si sarebbe perso a Beauxbatons…” convenne James.

“È impossibile, basta sapere che l’ala est è delle ragazze e quella ovest dei ragazzi e al centro ci sono le aule e le sale comuni. È molto semplice orientarsi nella nostra Accademia.”

“Non avete le Case?”

“No, siamo tutti insieme, divisi per anni, ogni anno ha il suo piano.” Seguì un silenzio fatto di stanchezza, James cercava di trovare un argomento di conversazione. La scala tornò al suo posto e Philomène si alzò e gli porse la mano: “Grazie, Potter, sei il primo che mi ha fatto dimenticare per un istante il Torneo.”

“Quando vuoi, anche il giorno della prova,” le disse ridacchiando. “Sai raggiungere i tuoi compagni?” Philomène annuì: “Buonanotte, Potter.”

“Buonanotte, Lestrange.”

Quando oltrepassò il buco nel ritratto della Signora Grassa, James Sirius Potter si sentiva molto più leggero e il suo sorriso si allargò nel vedere Louis e Andrew che lo aspettavano con le Burrobirre pronte da stappare, mentre i festeggiamenti per la proclamazione di Louis stavano scemando.

“Dove eri finito, James?”

Si passò una mano tra i capelli e assunse il suo sorriso complice: “Ero al lavoro per te, cuginetto.” Afferrò la bottiglia di Burrobirra e si lasciò cadere sul divano di velluto rosso davanti il camino. Allungò un braccio per circondare le spalle di Louis e gli disse: “Albus conosce il campione di Durmstrang, sono stati insieme a Hogsmeade. Così, mi sono trattenuto con lui a chiedergli che tipo fosse, mi ha detto solo che gli piace la birra ed è molto bravo a duellare.”

“Olag è un tipo a posto, alla mano,” concesse Louis. “Non credo che ci saranno scorrettezze da nessuna parte.”

“Suvvia, Louis, non essere ingenuo! Certo che ci saranno scorrettezze, la Lestrange mi ha fatto capire che Madame Maxime ha preparato la delegazione per partecipare al Torneo. Da noi ci hanno caricato di compiti e basta! Nessuno ci ha dato lezioni private di duello o di incantesimi! Le loro scuole li hanno preparati, a noi la Preside ha solo concesso un’aula studio per le esercitazioni. Tra l’altro, mentre tornavo ho trovato Philomène con il piede incastrato nel gradino.”

Andrew scoppiò a ridere: “Sul serio? È salita veramente fino al terzo piano?”

“Sei stato tu?”

“No, è stata Lily! Quando saprà che è rimasta incastrata con il piede nel gradino ingannevole morirà dal ridere!”

“Dovremmo essere gentili con gli studenti delle altre scuole, non hai sentito il Ministro della Magia,” sospirò James. Sapere che sua sorella era l’autrice di quello scherzo lo metteva in difficoltà se solo si fosse saputo. Insomma, che esempio avrebbe dato?

Louis esclamò ironico: “Oh, sì, James, abbiamo capito quanto tu voglia essere gentile con la Lestrange, abbiamo sentito tutti la vostra intesa.”

“Ma cosa dici?” Erano i soliti maliziosi. Non si poteva parlare con una ragazza carina – fidanzata – che subito quei malpensanti traevano conclusioni – errate – affrettate. Louis gli diede una gomitata e quando James si voltò verso di lui per protestare, il cugino indicò Anne, ancora seduta su una poltrona, intenta a fingere di leggere un libro, continuò con un sorriso obliquo sul volto: “Dico che lei ti fa gli occhi dolci, tu le sorridi e lei arrossisce, mi pare evidente cosa significhi.”

Andrew prese un sorso di Burrobirra e allungò i piedi sul tavolino, allentò il nodo della cravatta rosso e oro e aggiunse complice: “Potter, contiamo su di te per distrarre il nemico. Mi raccomando, spionaggio, boicottaggio, vai e colpisci!”

James scoppiò a ridere, il tentativo di ingelosire Anne stava andando incredibilmente bene, la osservava sottecchi irrigidirsi sulla poltrona e fingere di voltare pagina. Era fissa su quella pagina da minuti interi, stava leggendo quel romanzetto romantico nemmeno fosse Aritmanzia. Si scambiò uno sguardo complice con il cugino e l’amico e disse ad alta voce: “Allora dovrò ringraziare Lily, visto che l’ho aiutata a liberare il piede e abbiamo chiacchierato un po’ sulle scale, sapete, mentre si spostavano, e lei è andata via ringraziandomi per averle fatto dimenticare il Torneo.”

Andrew alzò le mani al cielo esclamando: “Ooooh! È questo il Potter che vogliamo! Vai e colpisci!” Ci fu un tintinnare di bottiglie di vetro, risate tra loro tre, svaccati sul divano e James sentì allontanarsi il dispiacere per non essere stato nominato Campione di Hogwarts. Si voltò verso Louis e gli disse: “Se i professori non ti aiuteranno, lo faremo noi! Impiegheremo ogni momento per farti arrivare preparato alla prima prova.”

 

 

 

Da quando la Gazzetta del Profeta aveva paventato il ritorno dei Mangiamorte intorno a sé si era creato il vuoto e convincere i suoi contatti che no, non c’erano nuovi Mangiamorte o, per lo meno, i Lestrange non ne sapevano niente, aveva reso tutti i traffici molto più complicati.

Roland si calò il cappuccio sul volto prima di addentrarsi dentro i vicoli di Nocturn Alley. Schivò una vecchia megera puzzolente che chiedeva l’elemosina, superò uno stregone che apriva il mantello per esibire pezzi di artigli di drago di dubbia qualità, si infilò in una bettola e andò dritto al bancone per chiedere un bicchiere di Firewhisky.

“Novità, Lestrange?”

“Brutte, Thicknesse, molto brutte.”

Theo era il figlio del Ministro più odiato degli ultimi anni. Certo, suo padre era stato controllato dall’Imperius imposta da Corban Yaxley, ma questo non era bastato a giustificare la crisi politica e personale che era seguita alla fine della guerra. Quando la maledizione era scomparsa e il processo era iniziato, il vecchio Pius non aveva retto nell’apprendere cosa avesse fatto il suo governo e in un momento di disperazione e sconforto si era tolto la vita. I Thicknesse erano stati lasciati ai margini della società, Theo a quei tempi si era a Hogwarts e dopo i M.A.G.O. nessuno si era detto disposto ad assumerlo, così era finito nell’unico posto in cui gli emarginati del mondo magico potevano trovare un posto: Notturn Alley.

Roland si lasciò cadere sullo sgabello e si sporse verso il barista per bisbigliare: “Ho bisogno di parlare con chi-sai-tu”.

“Deve essere qualcosa della massima importanza.”

“Lo è. Non ho mai visto qualcosa di simile e, fidati, ne ho viste cose.”

Theo continuò a pulire il bancone e annuì impercettibilmente tenendo i suoi occhi scuri fissi verso un punto alle spalle di Roland. Due energumeni che sembravano l’incrocio tra un Ghermidore e un Troll lo affiancarono al bancone. Entrambi avevano i volti coperti da folte barbe scure e sopracciglia cespugliose che rendevano il volto simile a quello di un Demiguise molto brutto. “Seguici,” disse uno con l’alito che sapeva di vodka incendiaria. Roland alzò gli occhi al cielo, fece un cenno di ringraziamento a Theo e si avviò dietro i due Troll con la bacchetta ben salda nella tasca del mantello.

Superarono due stanze piene di avventori, una in cui delle ragazze cercavano di sedurre i malcapitati e, infine, salirono una rampa di scale al termine della quale dovette far esaminare la bacchetta e attraversare una cascata cancella incantesimi prima di entrare nella stanza in cui l’avrebbe ricevuto.

Non veniva in quel posto da molto tempo, si sentì un po’ a disagio. Ne aveva parlato anche con suo padre ed entrambi avevano convenuto che questa fosse l’unica strada possibile per venirne a capo. La porta laccata verde, con un pomello argenteo su cui era inciso un serpente, scattò e gli venne fatto cenno di entrare.

“Roland Lestrange, cosa ti porta qui?”

Roland fece un inchino: “Cose poco piacevoli e decisamente insolite, mia signora.”

“Vieni avanti, fatti vedere.”

Roland tolse il cappuccio e lasciò che la luce tremolante di una candela illuminasse il suo volto. “Ah, tutto tuo padre.”

“I miei genitori le mandano i saluti.”

“Hai detto che era qualcosa di urgente o dobbiamo perdere tempo in convenevoli?” Lady Mulciber, un tempo conosciuta come Eloise Rosier, lo riprese severamente, la voce si era trasformata nel corso degli anni, da squillante era diventata rauca e nessuno aveva mai capito se tale trasformazione fosse dovuta al fumo o al fatto che quando Jago Mulciber venne arrestato dopo la battaglia di Hogwarts lei urlò di dolore così tanto da consumare le corde vocali. Adesso portava avanti gli affari di famiglia, meglio di quanto avessero mai fatto i Mulciber, con la serietà e l’affidabilità dei Rosier.

“Ho bisogno di sapere chi c’è dietro questi animali maledetti.”

“Sono solo omicidi, Lestrange.”

“No, purtroppo non sono solo omicidi.” Roland consegnò la fiala contenente il ricordo di quanto aveva vissuto a casa di Thorfinn. “Verranno da tutti noi.”

“Sono venuti anche dagli Avery e dai Nott,” aggiunse la donna intrecciando le dita cariche di anelli. Sedeva dietro la scrivania con una lunga veste da strega nera e innumerevoli collane appese al collo. I capelli bianchi erano raccolti in uno stretto chignon – proprio come era solita portarli anche sua mamma – e lo osservava attraverso delle lenti a mezzaluna cerchiate d’argento. Sulla scrivania, accanto alla bacchetta, vi erano diversi coltelli d’argento e il bacile di un Pensatoio. Lady Mulciber versò la fiala nel bacile e controllò il ricordo.

“Sta andando verso nord,” disse fra sé e sé.

“Chi?” domandò Roland incuriosito dal sapere chi ci fosse dietro quei fenomeni inspiegabili.

“Non te lo so dire, Lestrange, ma questi fenomeni si sono verificati a sud, dalla Cornovaglia. Hanno colpito alcuni parenti dei Nott, poi sono giunti da voi, hanno proseguito verso il Wiltshire e sono andati dai Malfoy, hanno ucciso gli animali degli Avery e così facendo hanno continuato a salire. Rowle è colui che è più a nord, mi sembra evidente dove stiano andando.” Si guardarono negli occhi per qualche secondo e poi Roland annuì: “Hogwarts.”

La donna annuì: “Dove tutti gli occhi del mondo magico sono puntati.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Il Torneo Tremaghi è ufficialmente iniziato. Abbiamo i campioni delle tre scuole (il povero James è rimasto un po’ male per non essere stato selezionato ma si sta consolando velocemente).

Nel prossimo capitolo ci sarà la pesa delle bacchette e proveremo a seguire il Torneo da tre prospettive diverse: Philomène ci mostrerà il punto di vista dei concorrenti, James la preparazione e il sostegno della Casa e delle squadre, mentre Rabastan ci mostrerà l’organizzazione dal lato dei professori.

Spero di riuscire ad aggiornare presto!

Un abbraccio,

Sev

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Capitolo 7
*** La pesa delle bacchette ***


Capitolo 7 – La pesa delle bacchette

 

 

 

 

Hogwarts, 31 ottobre 2021

 

Il giorno dopo il sorteggio dei campioni Tremaghi, gli studenti delle tre scuole si alzarono in preda alla più fervida eccitazione.

L’intera Hogwarts si era stretta intorno a Louis Weasley, così come le delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang si erano strette intorno ai loro campioni: Philomène Lestrange e Olag Huggorm. Tuttavia, prima di entrare pienamente nello spirito del Torneo Tremaghi, Grifondoro e Serpeverde dovevano fronteggiarsi nella loro amichevole.

James, Louis e Andrew scesero a fare colazione in Sala Grande con indosso le divise di Quidditch, pronti per la partita a cui si preparavano per tutta l’estate. “Non vedo l’ora di togliere quel sorrisino del cazzo dal volto di Frederiks,” esclamò James mentre raggiungeva il tavolo di Grifondoro.

“Ehi, Weasley!” da Serpeverde arrivò la voce fastidiosa di Yann, “Sarai il Campione Tremaghi, ma questo non ti risparmierà i miei Bolidi!”

Louis e James scoppiarono a ridere. “I tuoi Bolidi sono più prevedibili delle Pluffe di Bowker,” rispose James.

“È da quando sei diventato Battitore che provi a colpirmi senza riuscirci!” aggiunse Louis, “Le tue minacce dovrebbero forse spaventarmi?”

 Andrew ridacchiava mentre raggiungeva Ruth, con la coda dell’occhio James li vide scambiarsi un bacio e sorridersi e qualcosa si mosse dentro di lui, facendogli sentire il vuoto che aveva sperato di colmare diventando Campione di Hogwarts. Lo sguardo si spostò su Louis che gli mise un braccio intorno alle spalle e scosse la testa: “Quanto può essere sfigato Frederiks?” James ridacchiò, cercando di trattenere l’amarezza che sentiva dentro di sé.

“Lo so come ti senti, James,” gli disse Louis. “Pensa a prendere il Boccino e umiliare i Serpeverde. Sul campo sei sempre tu il nostro campione, intesi?”

James annuì, incontro lo sguardo di Andrew e quello di Ruth che puntò il dito contro tutti loro: “Ascoltatemi bene, voi tre, io non ho nessuna intenzione di far perdere Grifondoro perché siete distratti dal Torneo. Il Quidditch è più importante della stupida Coppa Tremaghi e tu, James, sei il nostro Cercatore. Ti voglio concentrato, d’accordo?”

“Rischi di venire affatturato se giochi distratto,” mormorò Andrew, Ruth lo fulminò con lo sguardo: “Rischiate di venire affatturati se giocate distratti. Vi giuro che se vi scopro a pensare ai vostri drammi esistenziali, vi tiro un Bolide e vi butto io stessa dalla scopa.”

Louis alzò le mani in segno di resa: “Ricevuto, Baston, non c’è bisogno di essere così diretta. Saremo concentrati.”

“Ottimo discorso Ruth, degno di tuo padre!” La voce di Ginny catturò le attenzioni di tutti loro.

“Mamma!” esclamò James sorpreso.

“Sono venuta a darvi un piccolo incentivo per la concentrazione,” disse con un sorrisetto divertito. “Oggi mi hanno raggiunto i presidenti delle Holyhead Harpies e del Pride of Portree. Siate concentrati e potreste avere una chance per un provino!”

“Sono venuti a fare scouting, signora Potter?” domandò Ruth eccitata dalla notizia.

“Il Torneo Tremaghi ha attirato le attenzioni dell’intero mondo magico su Hogwarts, e quando si è diffusa la voce che c’era anche un campionato di Quidditch semi-ufficiale, beh, non hanno saputo resistere alla tentazione di venire a dare un’occhiata. Voi Grifondoro siete in gran parte dell’ultimo anno e suscitate interesse. Naturalmente, io non vi ho detto nulla!”

Nessuno avrebbe potuto avere un sorriso più largo di Ruth Baston mentre osservava Ginny raggiungere Hermione e la preside, intente a discutere al tavolo degli insegnanti. Accanto a loro, Teddy e Victoire li salutarono.

“Oh, James, io amo tua mamma,” sospirò Ruth, seguita da Andrew, “Anch’io!”

“Questa cosa è inquietante,” commentò James scuotendo la testa. “Basterebbe che trascorriate qualche giorno da me per scoprire che è meno affascinante di quanto sembri. Non è solo Quidditch, notizie eccitanti e sorrisi trionfanti. Dovreste vederla quando si infuria! Persino il vecchio Kreacher si nasconde da lei!” Louis annuiva al suo fianco mentre Andrew e Ruth alzavano gli occhi al cielo fingendosi annoiati.

“Lo sappiamo, Potter, è inutile che parti con la stessa solfa perché sei geloso di mammina,” lo canzonò Ruth. “Ora pensa al Quidditch. Non ho nessuna intenzione di fare una figuraccia davanti ai presidenti delle Holyhead Harpies e del Pride of Portree!”

“Ruth!” una voce maschile arrivò alle spalle di James e Louis, entrambi si voltarono mentre la loro amica esclamava sorpresa: “Papà!”

Oliver Baston, il famoso capitano di Grifondoro e Direttore dell’Ufficio Sport e Giochi Magici era davanti i loro occhi. “Complimenti per la nomina, Weasley,” gli disse, “Flint mi ha raccontato tutto, ma sono qui per augurarvi in bocca al lupo per la partita. Stracciate i Serpeverde, anche perché non voglio sentire il mio assistente gongolare per tutto il giorno, d’accordo?”

Annuirono decisi e si incamminarono verso il campo di Quidditch tra le incitazioni dei compagni delle altre Case. Avere in squadra Louis stava portando loro più sostegno del previsto, anche se Grifondoro era una squadra così affiatata che spesso riceveva il sostegno delle altre Case, ad eccezione dei Serpeverde.

Trovarono Rose, Hugo e Jenkins già al campo. Quella partita sarebbe stata il debutto di Hugo Weasley, mentre Lily sarebbe rimasta in panchina insieme alle altre riserve, pronta a prendere il posto di Louis dalla prossima partita. Era troppo incerta nel volo e nella presa della Pluffa per farla debuttare contro Serpeverde.

Le due squadre entrarono in campo, madama Bumb li guardò attentamente soffermandosi su Frederiks e quel ghigno irritante che aveva sul volto: “Voglio un gioco pulito,” disse scrutando il Serpeverde, poi spostò lo sguardo su Ruth e domandò: “Intesi?” La capitana di Grifondoro annuì, la Pluffa venne lanciata in aria e le scope si sollevarono in cielo.

James osservò la partita cercando di studiare i movimenti dei Serpeverde e, in particolare, i movimenti di Zabini, il Cercatore del terzo anno che, rispetto a lui, era più piccolo e leggero. James, però, poteva fare affidamento su una vista acuta, una scopa ultimo modello di Firebolt e sei anni di esperienza, oltre che la genetica. Da qualche parte in tribuna, sua mamma lo stava osservando insieme ai presidenti delle Holyhead Harpies e del Pride of Portree. La carriera da giocatore professionista gli sembrò allettante tanto quando quella da Auror che gli aveva sempre paventato Teddy.

Lo riconobbe dai capelli rosso e oro, in piedi accanto a Victoire, mentre controllava che tutto andasse per il verso giusto.

“Louis Weasley, Campione Tremaghi per Hogwarts, ne infila un’altra negli anelli di Serpeverde! Il piccolo Selwyn non può nulla contro la potenza del Grifondoro che sta conducendo per 60 a 20.” La cronaca era condotta da Philip Robertson di Corvonero, amico di Matthew Turpin che era lì vicino, seduto con Anne che lo osservava adorante.

James distolse lo sguardo: doveva rimanere concentrato, pensare ai presidenti delle squadre di Quidditch, a sua madre, al pubblico che non doveva vedere un Cacciatore distratto.

Il Boccino sfrecciò davanti a lui e James si lanciò all’inseguimento. Il Cercatore di Serpeverde era troppo lontano, provò ad inseguirlo, il suo avversario aveva appena evitato un Bolide di Ruth quando la mano di James si chiuse intorno al Boccino.

“Potter cattura il Boccino e Grifondoro vince la partita per 220 al 40!”

“Grandioso! Sei stato grandioso!” Ruth corse ad abbracciarlo insieme al resto della squadra. Rose e Hugo lo acclamarono come Louis e Andrew che lo inondarono di Burrobirra. “Dovevi sentire Frederiks che urlava contro il Cercatore di Serpeverde, quel povero Selwyn che non riusciva a tenerti testa perché eravate distanti.” Andrew aveva le lacrime agli occhi per la scena che si era goduto dalla porta.

“Tu però ti sei lasciato sfuggire quattro Pluffe!” esclamò Ruth puntando il dito contro il fidanzato.

“Erano oggettivamente impossibili da parare, Ruth,” intervenne Louis. “Andrew in questa partita ci ha salvato diverse volte, i Serpeverde erano agguerriti per il modo in cui li stavamo stracciando.”

“Ha ragione, Louis, Ruth, Andrew ha fatto una grande partita, tutti noi abbiamo fatto una grande partita. Complimenti a Hugo e Louis per i punti che hanno segnato e Hugo non è male come Battitore!”

Ginny e i presidenti delle squadre entrarono negli spogliatoi per fare i complimenti a tutti i Grifondoro. James venne invitato a partecipare alle selezioni per il Pride of Portree una volta finita Hogwarts e finì per attardarsi sotto la doccia.

Quando uscì, si ritrovò da solo nello spogliatoio. Infilò la tuta della squadra di Grifondoro, mentre l’uniforme sporca di fango e sudore la lasciò nel cesto del bucato: gli elfi domestici avrebbero provveduto a raccogliere le uniformi, lavarle e magicamente farle comparire nei rispettivi bauli. Si incamminò verso la scuola con la scopa in spalla quando incontrò Philomène Lestrange.

“Continui a nasconderti dai tuoi compagni di scuola?” le domandò. Ricevette in cambio un sorriso imbarazzato. “No, li sto aspettando. Sono sempre così lenti!” Il silenzio che si creò tra loro venne rotto da lei: “Complimenti per la partita, Potter, sei un ottimo Cercatore.”

“Hai visto la partita?” le domandò sorpreso.

Philomène annuì: “Sì, ero con i miei cugini tra gli spalti. Rabastan mi ha raccontato di quando Roland era capitano di Serpeverde e di quando alla sua prima partita ha perso proprio contro Grifondoro perché Victoire Weasley lo ha colpito con un Bolide.”

“Ricordo quella partita, era il mio primo anno,” disse James. Sorrise, “Victoire era decisamente motivata a vincere e non correva buon sangue con tuo cugino Roland.”

“A quanto ne so, le cose non sono affatto migliorate,” ridacchiò Philomène. Si muoveva con grazia anche quando rideva e gli occhi celesti si illuminavano come la seta della sua uniforme. Era elegante, bella, sembrava delicata come le bambole di Lily, ma James sapeva che doveva essere solo apparenza, perché il Calice di Fuoco l’aveva scelta ed era pur sempre una Lestrange. Ci doveva essere altro al di là dell’aspetto da ragazza di buona famiglia.

James concordò sull’impossibilità per Teddy e Victoire di avere un rapporto civile con Roland Lestrange: “No, credo che loro siano troppo imbrigliati con i discorsi sulla guerra per riuscire a vedere oltre.”

“Tu riesci a vedere oltre?” Lo sguardo di Philomène si era allargato e James non era in grado di dire se si trattava di speranza o di curiosità, le labbra erano incurvate in un sorriso che sembrava malizioso. James sentì nuovamente quella strana energia nell’aria, passò una mano tra i capelli e rispose al sorriso divertito di Philomène. “Potrebbe valerne la pena, guardare oltre.” Rimasero in silenzio per qualche istante, James era rapito dagli occhi azzurri di Philomène, le sue guance leggermente arrossate erano invitanti. Alzò lo sguardo e vide i francesi in arrivo. “Stanno arrivando i tuoi amici, buona serata, Lestrange.”

Andò via, con la scopa in spalla e un sorriso sulle labbra. Si voltò un attimo e la sorprese a guardarlo mentre andava via. Si sorrisero, un’altra volta, e poi Eric cinse le spalle di lei e James spostò lo sguardo verso il castello.

 

***

 

Albus era rimasto per gran parte della mattinata seduto sul prato vicino il Lago Nero. Si era portato un libro e il taccuino per prendere appunti. Scorpius aveva cercato di convincerlo ad andare a vedere la partita, visto che giocava Rose, ma lui non ne aveva voluto sapere. Aveva bisogno d’aria, di stare da solo, lontano da Rose e Scorpius.

Non si aspettava, tuttavia, di avere compagnia. Poco distante da lui, con un taccuino sulle gambe e una specie di pipa, Rabastan Lestrange scriveva furiosamente. L’osservò per qualche istante, indeciso se fingere che non ci fosse o alzarsi e cercare un altro posto in cui rimanere da solo.

“Non ti disturbo, Potter,” gli disse senza staccare lo sguardo dal taccuino. Albus sorrise nervosamente e riportò lo sguardo sui suoi appunti. Tornò a osservare Lestrange. “Lavori a un nuovo libro?”

“Non ho idea di cosa ne verrà fuori, ma devo scrivere, altrimenti mi sento soffocare.” Rabastan soffermò lo sguardo sul suo taccuino, continuò: “Non so se mi capisci…”

“Eccome, sono qui perché mi manca l’aria.”

“Hogwarts sa essere asfissiante, ma credevo che dopo quanto hai fatto lo scorso anno fossi diventato popolare.”

Albus sospirò alzando gli occhi al cielo. “I miei compagni di Casa non spintonano più me e Scorpius, mia cugina Rose mi rivolge la parola, e mio fratello non mi considera più la vergogna della famiglia.”

“Un progresso notevole,” gli concesse Rabastan mentre prendeva un tiro dalla sua pipa. “Sono erbe del nord Europa, anche queste aiutano a respirare.”

“Posso provare?” domandò un po’ incerto, attratto dall’idea di riuscire ad alleggerire la mente e magari riuscire a respirare. Rabastan gli passò la pipa e Albus tirò. Sentì il vapore carico di profumi di bosco riempirgli la bocca e salire verso la testa. Lasciò uscire il fumo e un sorriso svagato affiorò sul suo volto mentre restituiva la pipa a Rabastan. “Però…” esclamò.

“James è il Campione del Quidditch, Louis è il Campione Tremaghi, tutti si aspettano grandi cose da loro, mentre da me solo guai e imbarazzo.” Rabastan ridacchiò a quelle parole. “Non c’è niente da ridere,” lo rimproverò.

“Scusa, è che sembra di rivedermi alla tua età. I miei fratelli hanno il loro posto nel mondo: Roland segue gli affari di famiglia, Roddie fa carriera al Ministero e lo vedi camminare tronfio nei suoi completi di sartoria… Alla tua età io non sapevo cosa sarebbe stato di me. I miei genitori mi dicevano di non infangare il nome dei Lestrange, ma non sapevo cosa avrei dovuto fare. Sapevo solo che quello che mi circondava mi faceva soffocare.”

“Per questo hai iniziato a scrivere?”

“Sì, un giorno mio zio mi ha detto una cosa che gli disse sua madre: se le persone non si aspettano niente da te, puoi solo sorprenderle.”

“O deluderle.”

“Ti interessa così tanto la loro approvazione?”

“Vorrei solo non essere visto come quello che crea problemi e preoccupazioni.”

Rabastan si voltò verso di lui e sospirò: “Ascoltami bene, Potter, non esiste un modo per evitare che i genitori non si preoccupino per te o che temano che tu possa sbagliare. Pensa a cercare la tua strada, cosa ti fa stare bene?”

“I libri,” disse di getto, “e la musica. Quando prendo la chitarra mi sembra di riuscire a dire quello che altrimenti non so dire.”

“Allora, suona, Potter, leggi, scrivi, respira. Circondati di persone che ti fanno respirare perché la vita è solo tua e nessuno può capire come ti senti.” Rabastan si fermò un attimo, inspirò una boccata di fumo e gli passò la pipa. Riusciva a fare cerchi di fumo con la bocca e Albus lo guardava stupito. “Non voglio dire che nessuno ti capirà mai, ma che le persone che ti capiranno saranno poche e dovrai tenerle strette.”

Albus lasciò uscire il fumo dalla bocca, non era in grado di creare delle forme, preferiva concentrarsi sulla sensazione di leggerezza che provava. “Continuo a lottare per tenere stretto Scorpius, nonostante la delusione di mio padre e zio Ron.”

“Pensi che i miei siano contenti della mia corrispondenza con Scamander? Non possono capire. Se Scorpius è importante per te, non permettere che vi allontanino. L’amicizia è importante quanto l’amore.”

Le parole di Rabastan Lestrange rimasero a galleggiare nella testa leggera di Albus. Si sentiva respirare, finalmente, mentre tornava verso il castello, pronto a prepararsi per la cena. Incontrò lo sguardo di Scorpius in sala comune, era chino sul libro di Pozioni, intento a terminare il tema che aveva assegnato la professoressa McMillan. Il suo sguardo si era alzato dalla pergamena non appena lo aveva sentito entrare, come se lo stesse aspettando. Si scambiarono un sorriso e Albus sentì quella sensazione che gli aveva accennato Rabastan: Scorpius lo faceva respirare e gli rendeva indifferente il resto del mondo.

“A che punto sei?” gli domandò.

“Ho appena finito, vuoi leggere?”

Albus prese il foglio di pergamena e iniziò a leggere il tema di Scorpius, era dannatamente bravo in Pozioni. “Io ho fatto un riferimento anche alla bava di lumaca.”

“Sì, è più avanti, me ne sono ricordato solo mentre scrivevo degli effetti del filtro.”

Annuiva man mano che scorreva il compito, era sicuramente una O, se non una E. La McMillan era molto esigente e forse non avrebbe approvato l’ordine, anche se era originale e seguiva un certo filo logico. Sì, poteva essere un tema da E. Del resto, il filtro che aveva preparato in classe era da E, la professoressa se ne sarebbe ricordata senz’altro. Rese il compito e disse: “Vado a prepararmi per la cena.”

“Vengo anch’io.” Si infilarono nel dormitorio. Albus si liberò della felpa da domenica pomeriggio, si sfilò i jeans e andò verso il bagno del dormitorio, Scorpius lo seguiva.

“Cosa c’è? Perché sorridi in quel modo?” gli domandò incuriosito. Erano nell’antibagno, in attesa che le docce si liberassero, Scorpius sorrideva mentre alzava le spalle: “Mi sei mancato. Non mi piace quando sono senza di te,” sussurrò.

Albus deglutì, Parkinson, del quarto anno, li superò con un ghigno sadico sul volto, uscendo esclamò: “Lasciamo il bagno libero a Potter e Malfoy, tra un po’ inizieranno a flirtare in modo vomitevole.”

“Fatti i fatti tuoi, Parkinson!” esclamò Albus. Non lo sopportava. Le parole di Rabastan gli suonavano in testa, tieni strette le persone che ti fanno respirare.

“Uh! Guarda come si scalda!” ridacchiò Parkinson. Scorpius gli afferrò il polso e gli disse: “Albus, lascialo perdere!”

“No, Scorpius, non lascio perdere! Non deve permettersi di immischiarsi in cose che non lo riguardano. Non ha nessun diritto, nemmeno se facessi questo.” Albus prese il viso di Scorpius tra le sue mani e si sporse a baciarlo. Non gli importava dei compagni di Serpeverde che erano intorno a loro, delle prese in giro, delle risatine.

Le labbra di Scorpius risposero al bacio di Albus che scorse un sorriso obliquo sul volto dell’amico mentre cercava di dissimulare l’imbarazzo.

“Dopo tutto non mi sbagliavo, Potter,” la voce di quello stronzo di Frederiks rovinò il momento. Albus lo guardò pieno di rabbia e puntò il dito contro di lui: “Non è affar tuo, Yann.” Superò tutti i compagni di Casa ed entrò nel primo cubicolo vuoto. L’acqua calda della doccia calmò quello stato di strana euforia che sentiva dentro. Se nessuno si aspettava nulla da lui, poteva solo sorprenderli. Aveva sorpreso Scorpius e realizzato il sogno che lo tormentava da diverse notti.

Scorpius aveva risposto al bacio e non lo aveva respinto. Un sorriso incurvò le labbra di Albus mentre si insaponava sotto la doccia e la consapevolezza del passo appena compiuto si faceva largo nella sua mente.

Ritrovò Scorpius davanti a sé non appena uscito dal cubicolo della doccia, in mezzo al vapore. Non sembrava arrabbiato, gli sorrideva con quei modi timidi e impacciati che si portava dietro da quando si erano conosciuti. I capelli biondi gli scendevano disordinati, goccioline d’acqua cadevano su un petto esile e così pallido da sembrare spettrale. Albus desiderò sapere cosa si provasse a baciare quel corpo e forse, dal modo in cui Scorpius lo stava guardando, anche lui si stava ponendo la stessa domanda. Lo stomaco si contrasse leggermente e una sensazione di calore iniziò a farsi largo per tutto il corpo aumentando lo stato di ebbrezza che sentiva dentro di sé. Non sapeva se fossero state le erbe del nord che aveva fumato dalla pipa di Rabastan o fosse la consapevolezza di quello che desiderava.

Tornarono in dormitorio e indossarono le loro uniformi in silenzio, lanciandosi sguardi fugaci, incerti su come iniziare quel discorso che non poteva rimanere in sospeso.

“Ne dovremo parlare, Al,” disse Scorpius mentre finiva di annodare la cravatta verde e argento. “Di cosa voleva dire, se voleva dire qualcosa, se non era una delle tue trovate per mettere a tacere Parkinson.”

Albus sistemò la giacca continuando a guardarsi nello specchio. “Non era una trovata.” Gli occhi verdi del suo riflesso gli rimandavano una luce diversa, più determinata, meno spaventata rispetto al solito Albus Severus Potter.

Voleva dimostrare a Scorpius che non scherzava, che era serio e che non gli importava più degli altri. Lui era troppo importante e ora sapeva che non era pazzo, che quei sogni significavano qualcosa, era come se il pezzo di un rompicapo fosse andato al posto giusto.

Albus si avvicinò a Scorpius al punto da sentire le note del bagnoschiuma al talco che usava e che erano sempre presenti nei suoi sogni. I loro sguardi si incontrarono e rimasero per qualche istante a guardarsi in silenzio. Albus poteva specchiarsi negli occhi grigi di Scorpius, vedeva le labbra sottili del suo amico attendere con un filo di impazienza, o di incertezza, o financo di paura. Era terrorizzato anche lui, perché buttarsi in una cosa del genere significava far fare un salto pericoloso alla loro amicizia. Adesso capiva perché per mesi si era detto che dovesse essere impazzito.

Si sporse verso Scorpius e incontrò le labbra dell’amico a mezza strada. Questa volta il bacio fu più lungo, si presero il tempo per assaporarlo, consapevoli di essere soli e di compiere un passo dal quale sarebbe stato difficile tornare indietro. Le dita sottili di Scorpius si aggrapparono ai lembi della sua giacca lasciando che i loro corpi si avvicinassero: era sempre stato lui il tipo da abbracci, pensò distrattamente mentre si concentrava sul modo delicato in cui Scorpius lo baciava.

Le loro bocche si separarono e una domanda uscì dalla bocca di Scorpius: “E Rose?”

“Non lo so.”

“Nemmeno io,” confessò l’amico mentre riprendevano il percorso per la Sala Grande. Al tavolo dei Grifondoro Rose parlava della partita insieme a Polly, Karl, William e gli onnipresenti francesi. Forse era fuori dalla loro portata. James scherzava con Andrew e Louis, mentre Lily e Hugo parlottavano con i compagni del loro anno. Chissà quanto sarebbero rimasti sorpresi dalla scoperta di ciò che Albus sentiva.

Sotto il tavolo di Serpeverde le dita di Albus si intrecciarono con quelle di Scorpius, si scambiarono uno sguardo in cui ognuno poteva intuire i pensieri dell’altro. Ci sarebbe stato tempo di avvisare gli altri, adesso dovevano custodire quanto era appena nato tra loro.

 

***

 

Hogwarts, 13 novembre 2021

 

 

La carrozza dell’Accademia era molto confortevole, al punto da non far rimpiangere le meravigliose stanze del dormitorio. Allo stesso modo, una volta giunti in Inghilterra, l’orario delle lezioni aveva subito una serie di modifiche.

Ogni giorno seguivano una lezione con gli studenti di Hogwarts. Vi partecipavano come spettatori e talvolta riuscivano a intervenire. Serviva per imparare diversi approcci alla magia, secondo i loro insegnanti. Naturalmente, i compiti che venivano assegnati dai professori di Hogwarts dovevano essere svolti e si sommavano alla mole di compiti che davano loro i professori di Beauxbatons.

“Vi ricorderete che non è una gita!” Nadine si lanciò in un’imitazione del professor Dubois che fece scoppiare a ridere tutti loro.

Cyrille si alzò in piedi e le disse: “Non è abbastanza accurata, devi fare anche lo sguardo scuro e misterioso e il tono di voce è minaccioso: Vi ricorderete che non è una gita!” Li guardò proprio come era solito fare il loro insegnante di Pozioni.

“Uguale!” esclamò Adrien con le lacrime agli occhi. Philomène ed Eric si scambiarono uno sguardo e un sorriso. Ciò che più le mancava della Francia erano i momenti con Eric, quando riuscivano a fare una passeggiata nel parco e stare per conto loro a chiacchierare di qualsiasi cosa.

“Molto divertente, monsieur Lestrange.”

La voce del professor Dubois li sorprese tutti quanti e fece morire la risata sulle labbra di Cyrille, Ivette per lo spavento si fece venire il singhiozzo, mentre Eric, che nascondeva il sorriso dietro il libro di Incantesimi, sembrava un po’ troppo divertito dal modo in cui Cyrille e Adrien erano sbiancati.

“Mademoiselle Lestrange, la preside la manda a chiamare. Pare che i Campioni Tremaghi debbano essere intervistati.”

“U-là-là!” esclamarono in coro Nadine e Jean Luc, Philomène scosse la testa ridacchiando, si alzò e seguì il professor Dubois fuori dalla carrozza. “A saperlo mi sarei preparata,” disse.

“È una scelta della Gazzetta del Profeta quella di non avvisare nessuno dei campioni,” le rispose il professore. Philomène sospirò. Il solo pensiero di non sapere cosa le avrebbero chiesto le metteva ansia. “Lei sa su cosa potrebbe vertere?”

“Pare che i lettori vogliano conoscere meglio i campioni Tremaghi, le faranno domande sulle materie preferite, sul percorso di scuola, qualcosa sulla vita privata, le solite cose che scrivono i giornali. Per fortuna la lezione di Pozioni è tra un paio d’ore. Non faccia tardi.” Il professore si fermò davanti una porta di legno scuro e le fece cenno di entrare per poi congedarsi.

Philomène lasciò correre lo sguardo lungo le pareti in pietra dell’aula, era illuminata solo dalla luce delle lanterne e dalla finestra stretta e lunga arrivava pochissima luce. Non riusciva a capire come facessero gli studenti di Hogwarts a concentrarsi sulla lezione in quella penombra che a lei metteva sonno. Al centro della stanza c’era Ginny Weasley, l’ex campionessa di Quidditch, ora caporedattrice della Gazzetta del Profeta, nonché moglie del famoso Harry Potter, che stava intervistando Louis Weasley.

A quanto aveva capito, Louis era il nipote di Ginny ed era il figlio di Fleur Delacour, l’ultima campionessa Tremaghi di Beauxbatons. Appoggiato a una parete, alle spalle della madre, James Sirius Potter attendeva il cugino e le rivolse un sorriso non appena i loro sguardi si incrociarono. Philomène rispose al saluto e prese posto accanto a Olag, il campione di Durmstrang, nell’uniforme della sua scuola.

“Io ho già fatto, tu sei la prossima,” le sussurrò Olag non appena lei si sedette. Philomène annuì nervosamente, sistemò le pieghe dell’uniforme azzurra e si concentrò sulla fine dell’intervista di Louis. Osservò la cravatta rosso e oro allentata e storta, la camicia spiegazzata e il maglione con le maniche rabboccate. Aveva ragione il professor Dubois: nemmeno gli altri studenti erano a conoscenza del fatto che sarebbero stati intervistati.

“Grazie, signor Weasley,” lo congedò lo zia. Louis arrivò a prendere posto accanto a Olag e le rivolse un sorriso a mo’ di saluto a cui Philomène rispose cortesemente.

“Signorina Lestrange, prego, tocca a lei.”

“Oui, j’arrrive.” Philomène si corresse immediatamente: “Sì, arrivo, mi scusi.”

Ginny le sorrise cortese: “Non è un problema. Ho seguito le squadre anche in Francia e ho persino giocato un paio di partite su campi francesi. Si accomodi.”

Philomène prese posto davanti la sua intervistatrice, fece un respiro profondo, raddrizzò la schiena e sorrise alla macchina fotografica che scattò qualche foto. “Dopo faremo qualche foto di gruppo,” aggiunse Ginny.

“Lei è l’unica ragazza che partecipa al torneo, esattamente come l’ultima volta quando Fleur Delacour ha gareggiato. Pensa che Beauxbatons sia una scuola che premia le giovani streghe?”

“L’Accademia di Beauxbatons è una scuola con una tradizione magica eccellente. Abbiamo dato i natali a maghi e streghe illustri, il mio nome è stato sorteggiato dal Calice di Fuoco non dalla mia scuola.” Non ci stava a far passare la sua scuola come una scuola per ragazze. Pensò che Eric fosse la persona più indicata per partecipare.

“Qual è la sua materia preferita?” domandò Ginny.

“Difesa contro le Arti Oscure,” rispose con sicurezza, sorprese la sua intervistatrice che le domandò: “La figlia di un Mangiamorte che vuole diventare un Auror?”

“Voglio diventare un insegnante,” la corresse immediatamente. Philomène si irrigidì, non le piaceva quando tiravano in ballo la sua famiglia. Forse, però, doveva aspettarselo dalla moglie di Harry Potter. Cercò di mantenere la calma come le aveva insegnato suo padre. Sapeva che partecipare al torneo Tremaghi, essere una dei Campioni, avrebbe attirato domande sul suo cognome, sul retaggio della sua famiglia.

“Lo sa che Lord Voldemort ha fatto domanda per quell’insegnamento?”

“Beh, io non sono Lord Voldemort.”

“Suo padre, però…”

“Non sono nemmeno mio padre.” Sperò che quelle risposte brusche fossero sufficienti per troncare quelle curiosità che la stavano innervosendo. Forse era quello l’obiettivo della Gazzetta del Profeta, farla passare come una pazza instabile.

“Capirà che il suo cognome tra queste mura… Insomma, Bellatrix ha fatto molte vittime.”

“Bellatrix non era una Lestrange e i tempi sono cambiati. Insomma, i miei cugini vivono qui.” Sollevò lo sguardo e incrociò gli occhi di Roddie e poi vide entrare nell’aula anche Rabastan. Sorrise loro.

“Pensa che faranno il tifo per lei?”

“Penso che vogliano vedere un bel torneo e spero di mostrar loro di essere una strega all’altezza delle aspettative. Insomma, Roddie lavora per il Ministero e Rabastan insegna a Durmstrang, credo che ognuno di loro resterà ligio al dovere, come da tradizione di famiglia.” Rabastan stringeva le spalle di Olag e annuiva nella sua direzione. Roddie le sorrideva e Philomène sapeva che suo cugino avrebbe tifato per lei. Roddie avrebbe preferito essere Cruciato che tifare un Weasley al posto di una Lestrange. Rabastan, al contrario, era sempre stato più distaccato, e il modo in cui era accanto ad Olag le confermava che lui avrebbe aiutato il suo campione, ma sperava che lei si distinguesse.

Philomène avrebbe voluto vincere per vedere l’orgoglio negli occhi dei suoi cugini e del resto della famiglia. Immaginava il momento in cui sarebbe tornata a casa e suo padre l’avrebbe accolta con tutti gli onori. Essere campioni Tremaghi era ciò che serviva ai Lestrange per ritornare ad essere rispettabili.

“L’ultima campionessa di Beauxbatons ha trovato l’amore, pensa di essere così fortunata?”

James Sirius si era passato una mano sul volto non appena la madre aveva fatto quella domanda. Philomène rispose: “Credo di averlo già trovato, il mio ragazzo, Eric Legrand, è qui con me ed è un mago eccellente.” Sua mamma e zia Alexandra dicevano sempre che i pettegolezzi erano da troncare sul nascere e lei era assolutamente d’accordo.

“Buona fortuna con il Torneo, allora!”

Ginny Potter la congedò e Philomène raggiunse gli altri campioni. Vide la figura imponente della sua preside sorriderle e dirle che era stata brava. “Mi dispiace che tirino in ballo sempre il passato della tua famiglia.”

“Grazie, Madame Maxime, ma ci sono abituata,” tagliò corto. Cosa ne poteva sapere la sua preside di quello che si provava? Lei aveva combattuto dalla parte dei vincitori, il suo ruolo era emerso dalle cronache che raccontavano del viaggio con Hagrid, l’insegnante di Cura delle Creature Magiche di Hogwarts.

Nella stanza arrivò la preside di Hogwarts, il Ministro della Magia, il preside di Durmstrang e per fortuna rimase Roddie con un altro funzionario del Ministero della Magia, doveva essere quello che si occupava dei Giochi e gli Sport Magici e, infine, vi erano anche un paio di Auror.

“Siamo qua per la pesa delle bacchette. Verificheremo il loro funzionamento e lo stato di salute,” disse il funzionario dei Giochi Magici. “Il mio nome è Hawk Flint e sono qui per analizzare le vostre bacchette, registrarle e verificarne il funzionamento. Non me ne occuperò direttamente io, naturalmente, l’esame verrà fatto dal signor Ollivander, una garanzia in materia di bacchette! Prego, Mademoiselle Lestrange!”

Philomène porse la sua bacchetta al signor Ollivander, un uomo sulla quarantina che le sorrideva cortese.

“Mio padre ha venduto le bacchette a suo padre, Mademoiselle, ma questa bacchetta viene dalla bottega di Monsieur De la Plume, corretto?”

“Oui, Monsieur,” rispose.

“Mmm… Tasso, un legno insolito per una fanciulla tanto graziosa, non così insolito se penso al cognome che porta, un nucleo di corda di cuore di drago, flessibile, 10 pollici, una bacchetta notevole per una strega fuori dal comune.” Agitò la bacchetta e fece comparire un ramoscello di camelie.

“Camelia, vera eccellenza,” disse Philomène.

“Conosce il linguaggio dei fiori, signorina Lestrange?”

“Mia zia me l’ha insegnato,” disse mentre ricordava le estati trascorse a guardare i fiori con zia Alexandra e scegliere il messaggio giusto da inserire a tavola. Roddie le sorrideva e nessun altro poteva capire.

Philomène prese la bacchetta, appuntò la camelia tra i capelli e raggiunse il cugino che le strinse affettuosamente la spalla e le sussurrò: “Sei stata bravissima, Phil, io tifo per te.”

Olag Huggorm con i suoi occhi chiarissimi, la pelle di un candore che ricordava le nevi e i capelli di un biondo sporco, porgeva una bacchetta altrettanto pallida al signor Ollivander. “Pioppo bianco con un crine di Chimera, molto insolito. Questa non è una bacchetta di Gregorovitch?”

“No, è di Trollstasson.”

“Non avevo mai visto una sua bacchetta, molto notevole.” Ollivander l’agitò e comparve una dalia. Il costruttore di bacchette si voltò verso di lei che disse: “Dalia, eleganza e dignità.”

“Meraviglioso! Credevo che questo linguaggio fosse andato perso.”

Lei e Roddie si scambiarono uno sguardo e lui le sussurrò: “No, non siamo gli unici pazzi che continuano ad alimentare le tradizioni, come vedi non siamo soli.” Era bello avere qualcuno che era dalla sua parte in modo completo, senza riserve. Roddie significava casa da quando era bambina, il solo che rimanesse con lei quando Cyrille scappava per seguire Rabastan, Roland e Orion.

Fu il turno di Louis Weasley, quando porse la bacchetta, Ollivander si illuminò: “Questa è una mia bacchetta, non di mio padre, mia! Ricordo perfettamente quando ho scelto il sambuco che ha dato il legno di questa bacchetta. Immaginavo sarebbe andata a un grande duellante, un mago esperto e non mi sbagliavo, dopo tutto! Crine di unicorno come suo padre, una bacchetta rigida che mostra la determinazione e il talento del suo proprietario. È anche in ottime condizioni.”

“Curo la manutenzione tutte le sere,” disse Louis.

Philomène avrebbe dovuto studiare i suoi avversari un po’ di più. Sapeva che Olag era un grande duellante, lo aveva visto allenarsi nei prati di Hogwarts al mattino, correva insieme ai compagni di scuola e poi organizzavano ogni giorno duelli di magia. Persino quella Aalina Petrov era molto abile nel duello. Al contrario, di Louis Weasley non sapeva nulla se non che giocava a Quidditch e che era molto popolare tra le studentesse. Era uno dei pochi che conosceva il francese ed era stato piuttosto gentile con lei, ma non si fidava, come non si fidava di Potter.

“Bene,” Ollivander fece avvicinare i tre campioni e soffermò lo sguardo su ciascuno di loro, “Possiamo aspettarci grandi cose da questo torneo. I campioni hanno bacchette con legni che hanno fatto la storia del mondo magico: il tasso era il legno di Lord Voldemort, il pioppo bianco era il legno di Gellert Grindelwald, e di sambuco era la bacchetta di Albus Silente.”

Philomène lesse il suo stesso disagio sul volto di Olag. Non appena si fosse diffusa quella notizia, quella stupida coincidenza di legni, la gente avrebbe iniziato a speculare e l’avrebbero definita come la Mangiamorte. Strinse la mano di Roddie, suo cugino le sussurrò: “Non lasciarti influenzare da queste sciocchezze, vuol solo dire che sei una strega grandiosa, sei una Lestrange ed è normale che il tuo nome faccia paura. Sfruttalo a tuo vantaggio.”

 

***

 

Biblioteca di Hogwarts, 13 novembre 2021

 

La vita di Rose si era trasformata radicalmente da quando era iniziato il torneo. Non solo per l’entusiasmo e l’adrenalina che circondava i campioni, ma anche per la presenza degli studenti delle altre scuole. Era incredibile scoprire quanti modi diversi di vivere la magia esistessero al mondo.

Gli studenti di Beauxbatons erano eleganti e armoniosi nell’esecuzione degli incantesimi. Oramai Cyrille e Adrien facevano parte a tutti gli effetti del loro gruppo di studio e Cyrille era decisamente charmant con quei sorrisi obliqui e lo sguardo canzonatorio con cui osservava il mondo che lo circondava. Rose aveva intuito che era una corazza per nascondere e dissimulare il peso del nome che portava e in questo si erano scoperti più simili di quanto mai avrebbe immaginato.

I professori, tuttavia, non avevano alcuna intenzione di dar loro tregua e lasciarli incedere in attività sociali più del necessario e quindi li caricavano di compiti e li terrorizzavano con l’ansia per i G.U.F.O. che i francesi non capivano perché, quei fortunelli, avevano un solo esame alla fine del settimo anno.

Rose alzò lo sguardo dal libro di Trasfigurazione e vide, seduti a un tavolo poco distante, Albus e Scorpius intenti a studiare. Erano giorni che si riuscivano a parlare a malapena, impegnati com’erano. Potevano scambiare qualche parola durante le lezioni di Erbologia o di Pozioni, ma i loro incontri del club del libro erano stati sospesi e le mancavano immensamente. La biblioteca, però, non era il posto adatto per parlare.

Si alzò alla ricerca di un volume sugli incantesimi di Trasfigurazione umana. Camminava tra gli stretti corridoi formati dalle scaffalature delle librerie con lo sguardo rapito dalla lettura dei titoli, quando si scontrò con Cyrille.

“Pardon-moi, Rose,” le sussurrò e la sorresse stabilizzarla e non farle cadere i libri. Aveva quel sorriso obliquo che trovava molto affascinante. Rose sentì le guance arrossarsi per quel contatto inaspettato. Strinse a sé i due volumi di Trasfigurazione appena presi dallo scaffale come se potessero difenderla e impedire che fuori da sé si sentisse quanto il suo cuore aveva accelerato il battito. Gli occhi azzurri, chiarissimi, di Cyrille la scrutavano e i capelli scuri, di solito ordinatamente legati in una coda, scendevano lungo il suo bel viso. Il sorriso complice e ironico era sempre al suo posto e ci volle un grande autocontrollo per non sospirare.

“Grazie, Lestrange,” sussurrò.

“È un piacere salvare le damigelle che rischiano di cadere,” le rispose prendendole la mano per un baciamano. Perché era così dannatamente galante e affascinante?

Un tonfo echeggiò nel silenzio della biblioteca.

La mano di Rose rimase tra quelle di Cyrille ma l’atmosfera romantica si dissolse a quel rumore, troppo forte perché fosse un libro che era caduto di mano a qualche studente. Rose si liberò dalla presa del francese e insieme andarono verso la direzione da cui era arrivato il tonfo.

Non riuscì a trattenere un urlo spaventato quando vide il corpo di Polly steso per terra e privo di sensi. Poco dopo, Madama Quills, la bibliotecaria, arrivò a controllare cosa fosse accaduto. Rose era accanto al corpo di Polly, cercava di rianimarla e sentire come stesse.

Cyrille le puntò contro la bacchetta ed esclamò: “Reinnerva!” Non accadde nulla. Rose e Cyrille si guardarono spaventati.

“Polly! Polly, ti prego, rispondi!” diceva Rose al suo fianco. Albus e Scorpius arrivarono a vedere cosa fosse accaduto. Rose li sentiva parlare, quasi interrogare, Cyrille, che rispondeva seccato dal dover rendere conto a quei due su dove fosse e cosa stesse facendo quando il corpo di Polly Chapman era caduto privo di sensi.

Rose alzò lo sguardo, gli occhi erano pieni di lacrime e disse ad Albus: “Era con me, d’accordo? Eravamo a cercare i volumi di Trasfigurazione quando abbiamo sentito il rumore della caduta.”

La preside arrivò trafelata insieme a Teddy e Victoire. Sollevarono il corpo di Polly facendolo levitare e la McGranitt disse: “Portiamola in infermeria. Gli studenti vadano nelle rispettive sale comuni.”

Victoire, però, si fermò con Rose e Albus a raccogliere informazioni. Albus rispose piccato: “Chiedilo a Monsieur Lestrange… Non è mai accaduto nulla prima che lui mettesse piede in questa scuola.”

“Che problemi hai, Potter? Sei geloso che tua cugina preferisca la mia compagnia a quella di uno sfigato come te e il tuo amichetto?”

Rose alzò la testa e disse: “Piantala, Cyrille, non è vero e non è nemmeno il momento.” Guardò Albus che fremeva di rabbia e – come al suo solito – stava drammatizzando più del necessario. “Datti una calmata anche tu, Albus.”

Seguirono Victoire fuori dalla biblioteca, andarono nell’aula vuota che era stata assegnata ai funzionari del Ministero della Magia. Lì trovarono Hawk Flint e Hermione Granger. Rose alzò gli occhi al cielo in un primo momento, ma quando Hermione dismise i panni del Ministro della Magia e indossò quelli di sua mamma andandole incontro per accertarsi che stesse bene, Rose preferì rifugiarsi tra le braccia di sua madre pur di non vedere il modo in cui Albus e Cyrille si guardavano con reciproco disprezzo, o di ascoltare Scorpius che cercava invano di calmarli.

La mamma le accarezzava la schiena e le prese il viso tra le mani: “Ti sei spaventata?”

“Sono molto preoccupata per Polly, mamma. Abbiamo provato a risvegliarla, ma non ha funzionato. Stava bene fino a qualche minuto prima.”

“Avete fatto qualcosa di particolare?”

“No, siamo andati a pranzo come tutti i giorni, poi eravamo in biblioteca a studiare.”

“A studiare, come no…” ripeté sarcastico Albus. Rose si voltò verso il cugino e perse la pazienza, lo spintonò e gli disse: “Sì, stavo studiando, che tu ci creda o no, stavo recuperando dei libri per finire il mio tema di Trasfigurazione, io non vado in giro a pomiciare.”

“Allora devo essermi confuso.” Albus si tirò dietro Scorpius e andò via, aprì la porta e sbatté contro il professor Pucey. Quell’accenno al loro bacio la ferì.

“Professor Pucey, per favore, può accompagnare i signori Potter e Malfoy in sala comune?” domandò Victoire. Il professor Pucey annuì e si allontanò con i suoi studenti minacciando di metterli in punizione se non avessero smesso di creare scompiglio. Fuori si sentiva il tono lamentoso di Albus che protestava e Scorpius che cercava di tranquillizzare l’amico e negoziava con il professore assicurando che era tutto un malinteso. Le loro voci svanirono non appena si allontanarono. La professoressa Fournier di Beauxbatons arrivò a prendere Cyrille per riaccompagnarlo alla carrozza. Lui uscì senza protestare e le disse solo: “Fammi sapere se la tua amica si riprende, intesi?”

Rose annuì e lo ringraziò mentre intercettava lo sguardo incuriosito di sua mamma e sua cugina.

“No, vi prego, no.”

“Il Ministro della Magia che si imparenta con un Lestrange, questo sì che sarebbe un modo per consolidare i rapporti con i Purosangue!” esclamò Flint che non si era perso un solo momento di quella scena. Victoire gli rivolse un’occhiataccia e gli disse: “Flint, per cortesia!” Tornò a guardarla e Victoire le disse: “Ci fidiamo della tua capacità di giudizio, Rose, sappiamo che farai la scelta giusta.”

“Io sono fidanzata con Karl! Non c’è nessuna scelta da fare! Perché saltate a conclusioni affrettate? Mi avete detto di essere gentile con gli studenti francesi e ora non va bene perché uno è un Lestrange? Ma sul serio?”

A quella domanda Victoire si voltò verso il collega e domandò: “A proposito, Flint, dov’è Lestrange?”

Hawk scrollò le spalle e disse: “A Hogsmeade, a quanto mi è sembrato di capire. Ha ricevuto un gufo.”

Victoire alzò gli occhi al cielo ed esclamò: “Godric santissimo! Devo recuperare Teddy. Rose, torna in sala comune, stai con Karl, è un bravo ragazzo!”

Rose, invece, camminò fino all’infermeria. Si nascose dietro una colonna per non farsi vedere da Victoire che parlava animatamente con Teddy e, insieme, scendevano rapidamente le scale. Non appena quei due furono lontani, Rose raggiunse l’ingresso dell’infermeria, notò che non c’era nessuno e si avvicinò al lettino su cui era stesa Polly. Sedette accanto al letto e prese la mano della sua migliore amica, la strinse tra le sue.

“Resisti, sono sicura che scopriranno quello che è successo,” le sussurrò. “Non ho il coraggio di stare in sala comune senza di te. Tutti mi riempiranno di domande e io non so le risposte. Tra l’altro, dovrei raccontarti della sceneggiata che mi ha fatto Albus perché ero tra gli scaffali con Cyrille,” ridacchiò, “Ti saresti divertita un mondo ad assistere.”

“Signorina Weasley, non può stare qui.” La voce di Madama Magpie, l’infermiera della scuola, la fece trasalire. Si voltò verso l’infermiera che sembrò molto meno seccata non appena le scorse il volto rigato dalle lacrime. Rose si ripulì velocemente, strinse un’ultima volta il polso di Polly e le sussurrò: “Passo domani prima di andare a fare colazione.” Si allontanò velocemente dal letto della sua amica e salutò l’infermiera pregandola di non dire a sua madre di averla sorpresa al capezzale della sua migliore amica. Non voleva che sua madre si preoccupasse ulteriormente. Prima l’aveva vista quasi in lacrime, poi Albus aveva dato di matto e non era riuscita a mantenere la calma, si era infuriata, se adesso avessero riferito ad Hermione che l’avevano sorpresa al capezzale di Polly in lacrime, sicuramente ne avrebbe fatto un affare di Stato e Rose non lo voleva affatto.

Tornò nella sala comune di Grifondoro, si attaccò a Karl, così rassicurante, solido, presente e rimase per tutta la sera con lui e William, preoccupati per Polly.

“Pensate che sia stata avvelenata?” La domanda la formulò James mentre giocava a Scacchi Magici con Louis. Tutti gli studenti erano stati condotti nelle rispettive Case mentre la scuola veniva perquisita.

“Perché Polly? Non ha mai fatto nulla di male a nessuno.”

“Ma se era odiosa come poche persone in tutta Hogwarts!” esclamò James. “Sempre quello sguardo saccente.”

“Piantala Potter, smettila di parlare come se fosse morta!” William era rimasto in silenzio e composto fino a quel momento. Era il ragazzo di Polly ed era sconvolto tanto quanto Rose. “Ha ragione William, Polly si rimetterà, i professori hanno già avvertito i Guaritori del San Mungo. Presto tornerà tra di noi.”

“Mi dispiace, William, mi domandavo solo se quello che ha preso Polly fosse diretto a lei o se è stata una vittima innocente.”

“A cosa pensi, James?”

“Che Polly a pranzo si è seduta dove ci sedevamo di solito io e Louis e abbiamo discusso su questo. Non vorrei che qualcuno stesse tentando di sabotare il Torneo Tremaghi.”

William e Karl lanciarono un’occhiataccia a James e Karl gli disse: “Ti sembrerà strano, Potter, ma il mondo non gira intorno a te e tuo cugino.”

“Però è una coincidenza, no?” domandò Andrew McLaggen. “Dovremmo parlarne con Teddy e Victoire, sicuramente staranno indagando sulla faccenda.”

 

***

 

Roddie era corso verso i Tre Manici di Scopa trascinandosi Rabastan non appena aveva ricevuto il gufo di Roland. Non era stato semplice, perché Rabastan sbuffava, interrotto in qualcuno dei suoi patetici tentativi di sedurre una collega di Durmstrang.

“Cosa vuole Roland?”

“Non lo so, ma è urgente.”

“Come fai a dirlo?”

“Lo ha scritto e si è precipitato fin qui. Non ti sembrano elementi sufficienti?”

“Se non è urgente mi sentirà.”

“Non ci vediamo da più di un anno e non sei nemmeno felice di vedere i tuoi fratelli? Che ti è successo, Rab?” Roddie era sconvolto dal comportamento di suo fratello. Da quando si erano visti aveva mantenuto un atteggiamento freddo e distaccato che non gli apparteneva, quasi non gli sembrava di riconoscere suo fratello.

“Ho imparato a respirare, dovresti provare anche tu.”

“La mia respirazione funziona perfettamente, ma grazie per l’interessamento.” Roddie alzò gli occhi al cielo e preferì lasciar correre. Non voleva polemizzare con Rabastan e arrivare all’appuntamento con Roland dopo che loro due avevano discusso. Forse Roland sarebbe stato in grado di migliorare l’umore di Rab, visto che erano sempre andati più d’accordo loro due che ognuno dei due con lui.

Dentro il pub, Roland sorrise e alzò una mano. Andò incontro a Rabastan e lo strinse a sé: “Da quanto tempo, Rab! Ho letto tutti i tuoi articoli, i tuoi libri! Sapessi a casa quanto siamo orgogliosi di te!” Gli occhi marroni di Roland si erano illuminati alla vista del fratello e il sorriso si era allargato.

Rabastan era rimasto inizialmente un po’ rigido, poi si era sciolto e aveva ricambiato l’abbraccio del fratello. Alzò un sopracciglio scettico e domandò: “Non sarà stata una scusa per vedermi? Roddie era molto preoccupato.”

“Purtroppo no,” disse Roland facendo cenno di sedersi. “La faccenda è seria. Temo che possa accadere qualcosa a Hogwarts.”

“Come una ragazza trovata priva di sensi in biblioteca?” domandò Roddie. “Strano tempismo il tuo, è appena accaduto.”

Roland alzò lo sguardo al cielo e sospirò, chiuse gli occhi. “Sono arrivato tardi.”

“Tu!” La voce di Teddy Lupin li sorprese tutti e tre. “Perché non sono sorpreso dal vedere voi tre che confabulate dopo che è accaduto qualcosa a Hogwarts?”

Roland rivolse un sorriso obliquo a Teddy, lo provocò: “Lupin, allora non sai starmi proprio lontano? Vuoi unirti a questa riunione di famiglia? Come devo presentarti? Weasley, anzi Lupin, vieni anche tu, sei la moglie ma questo è diventato un menage à trois!”

“Piantala Lestrange! Che cosa ci fai qua?” Victoire prese la sedia e si unì al tavolo. Roddie la osservò sedersi accanto a lui e spostò la sedia un po’ più vicino a Rabastan. Victoire se ne accorse e lo aggredì con la sua solita finezza: “Che c’è Lestrange, hai paura di sporcarti il sangue solo sedendomi vicino?”

“No, solo di sentire il tuo sudore,” le rispose Roddie mentre guardava Rabastan scuotendo la testa e facendogli segno che l’odore era tremendo.

“Beh, caro il mio principino, ho corso come una dannata perché una ragazza è stata avvelenata e ora è in infermeria priva di sensi.”

“È stata avvelenata?” domandò Roland incuriosito. Teddy si voltò verso di lui, socchiuse gli occhi studiandolo, diffidente come tutti gli Auror: “Tu perché sei qui?”

Roland sospirò e domandò: “Avete un posto sicuro dove parlare?” Si guardarono intorno e notarono qualche avventore un po’ troppo coperto dal mantello per il caldo che c’era nel pub. Teddy comprese e annuì.

“Il dipartimento Auror sarà lieto di ascoltare le tue chiacchiere, Lestrange,” scherzò Victoire. “Non ci sono chiacchiere, Weasley.”

“Lupin, per te sono Victoire Lupin.”

“Non ti facevo così… tradizionalista.”

“Vaffanculo Lestrange.”

“Per Salazar, piantatela con i vostri battibecchi!” Roddie perse la pazienza. Era sempre così, ci si vedeva per discutere di cose importanti, quei due arrivavano a interromperli, si intromettevano, e alla fine non facevano quello che c’era da fare e tutto diventava un’enorme perdita di tempo. Uscì dal pub abbottonandosi il cappotto. Spazzolò il cachemire dalla polvere che aveva preso su quelle sedie impiastricciate e annusò la manica per accertarsi che il suo cappotto non avesse preso l’odore di quel postaccio. Rabastan arrivò alle sue spalle ridacchiando. “Allora anche a te manca l’aria ogni tanto!”

“Piantala Rab, non capisco perché stiamo perdendo tempo con quei due.”

“Perché l’ultima volta è successo un casino e alla fine abbiamo dovuto collaborare. Lo sai che poi si attaccano, tanto vale giocare d’anticipo. Adesso fanno un po’ di messinscena perché Roland non può sembrare uno che va d’amore e d’accordo con gli Auror. Porta pazienza.”

“Potevo essere a Bali, in spiaggia, con un piatto di sashimi e sono qua con questi… ibridi schifosi!”

“Eh sì, io potevo essere nel mio fiordo, con il mio Grugnocorto Svedese e invece sono qui. Sai che sto allevando un drago?”

“Cosa? Ma sei impazzito? È pericoloso?”

“Nah, sono creature incomprese! Insomma, è la stessa cosa che dicono di papà, no? Che è un pericoloso Mangiamorte, ma poi noi lo conosciamo e sappiamo che è un tenerone. Ecco, i draghi sono un po’ come i Mangiamorte!”

Roddie lanciò un’occhiata esasperata al fratello ma non riuscì a trattenere un sorriso al pensiero che la mamma sarebbe scoppiata a ridere nel sentire quel paragone assurdo. Forse lei lo avrebbe ritenuto non così assurdo.

“Pensi alla mamma, vero? Hai sempre quel sorriso quando c’è di mezzo la mamma.”

“Pensavo solo che a lei sarebbe piaciuto questo paragone.”

“Sì, avrebbe raccontato di nonno Edward. Sai che ha trovato un diario del nonno e me l’ha regalato? Ci sono annotati tutti i commerci che aveva con il suo amico Orion. Ha girato molto, di nascosto dalla nonna. Prendeva una Passaporta con Orion e poi a sera tornavano insieme, si cambiavano e fingevano di essere stati al club.” Roddie non riuscì a trattenere le risate a quel racconto, guardò il fratello e gli disse: “Sai che mi sposo?”

Rabastan allargò lo sguardo sorpreso: “Cosa? Ma con Alex? La sorella di Corban? Ma non avresti dovuto fare altre esperienze?”

“Temo di essere come papà. Ho provato, non credere, abbiamo provato entrambi, dicendoci che forse stavamo insieme per inerzia, ma dopo un po’ di mesi disastrosi io ho capito che non voglio nessun’altra al di fuori di lei.”

“Sono felice per te, quindi la mamma sarà alle prese con i preparativi. Sarà su di giri!”

“Sì, è molto divertente,” ammise, “lo so che non è avventuroso come allevare un drago, ma anche destreggiarsi tra le tovaglie può riservare delle sorprese.”

“Avete finito di raccontarvi i segreti?” la voce canzonatoria di Victoire rovinò l’atmosfera. Roddie guardò il fratello e gli sussurrò: “Io la odio, questa qua.”

Rabastan ridacchiò e Roddie si sentì felice per essere riuscito a stemperare l’atmosfera che c’era con suo fratello. Poteva immaginare il carico di paure che il ritorno a casa, in questa scuola, era in grado di rievocare. Era quasi come tornare a rivestire panni che si sperava di aver abbandonato per sempre, rituali da cui si credeva di fuggire, persino quegli sterili battibecchi, che finivano per riportarli ad essere solo i figli dei Mangiamorte, non un Magizoologo in erba, insegnante a Durmstrang e scrittore affermato né un funzionario dell’Ufficio Cooperazione Magica Internazionale, ma solo i Lestrange, senza un nome, un’identità propria.

Seguirono Teddy e Victoire nell’aula che in quei giorni erano costretti a dividere. Roland si guardò intorno e domandò: “Vi hanno sistemato qui?” prese posto e iniziò a giocare con le Piume che si trovava davanti. Roddie andò dal fratello e mise in salvo l’inchiostro. “Non mi mettere in disordine la scrivania.”

Roland scoppiò a ridere. “Tu lavori qui? Davanti i Lupin?”

“Eh, sì, vedi cosa mi tocca subire ogni giorno?”

“No, ma è fantastico, almeno so che ci sei anche tu!” Esclamò cambiando completamente atteggiamento. “In questi giorni stanno accadendo cose strane,” iniziò. Teddy e Victoire si guardavano scettici. “Avete presente i polli e i pavoni di Malfoy?”

Tutti annuirono, la notizia era uscita sulla Gazzetta del Profeta. “Beh non sono gli unici casi, ce ne sono stati altri, come i corvi fuori dalla nostra proprietà, i gufi dei Nott, le cornacchie dei Rosier, i cani dei Parkinson, una strage di animali, ritrovati improvvisamente privi di vita.”

“Qualcuno gioca con le maledizioni senza perdono.”

“Lo credevo anch’io e volevo sapere chi fosse a tirare fuori di nuovo la storia dei Mangiamorte, anche perché nessuno dei reduci sapeva nulla. Nessuno. Nemmeno quel contastorie arruffone di Goyle, o Zabini, nessuno sa alcunché. La cosa incredibile è che gli animali non sono morti.”

“Hanno usato l’Anatema che uccide, abbiamo visto i polli stecchiti e rilevato presenze di magia oscura e quella è la sola maledizione in grado di togliere la vita senza lasciare traccia.”

“Quei polli non erano morti!”

“Cosa stai dicendo?”

“Ero andato a trovare un mio contatto, un ex Mangiamorte che si è trovato un animale morto nella sua proprietà. Era l’animale dello stemma di famiglia.” Roland fece una pausa e scosse la testa divertito: “È inutile che mi guardi così, Lupin, non farò nomi e non tradirò la mia fonte,” scambiò un rapido sguardo con Rabastan, come se lui sapesse di chi si trattasse, e continuò: “Lo stava impagliando, ero presente quando la segatura è scomparsa e sono tornati gli organi e l’animale è ritornato in vita urlando di dolore.”

“Per Godric!” mormorò Victoire portandosi una mano alla bocca.

“Ho passato giorni a mettere insieme le notizie, appuntare le date e i luoghi dei ritrovamenti e ho visto un percorso.” Roland estrasse una mappa dalla tasca del mantello. “Guardate, tutto è iniziato in Cornovaglia, dai Nott, poi da noi, poi nel Devon, dai Potter, i Weasley, i Malfoy nel Wiltshire e così via.” Roddie notò il modo accurato con cui Roland aveva segnato sulla mappa il numero di animali morti, le date e il luogo. L’ultimo ritrovamento è stato qua intorno, chiunque abbia maledetto gli animali sembra che stesse venendo proprio a Hogwarts.”

“Ma in questo caso la ragazza è solo svenuta, come fai a dire che sia la stessa mano?” domandò Teddy, Victoire continuava a riflette: “Il passaggio dall’animale all’uomo segnerebbe un salto di qualità notevole.”

Roddie rifletteva, quanto accaduto aveva dell’assurdo, soprattutto perché nemmeno Roland aveva idea di cosa stesse accadendo. “Bisognerà tenere gli occhi aperti, anche nelle scuole.”

“Noi siamo arrivati a Samhain,” puntualizzò Rabastan, “Non riesco a immaginare che qualcuno delle scuole faccia una cosa del genere. Di sicuro non qualcuno di Durmstrang.”

“Nemmeno di Hogwarts e mi sento di escludere persino Beauxbatons,” aggiunse Teddy. “Abbiamo conosciuto gli insegnanti, sono persone che amano i loro studenti.”

“Che veleno è stato utilizzato?” domandò Roland.

“Non lo sappiamo, i Guaritori sono al lavoro. Sono arrivati Dominique e Albert e stanno verificando la situazione.”

“Oh, fate tutto in famiglia!” esclamò Roland, “L’ultima volta che è successo qualcosa di misterioso, sbaglio, o era qualcuno dei vostri?”

“Non sei divertente, Lestrange, quello fu un incidente.”

“Non lo definirei un incidente, solo ignoranza verso le Arti Oscure. Spero che adesso vi sia più… cultura… sull’argomento.” Roland si divertiva troppo, per i gusti di Roddie, a punzecchiare i due Lupin, era come se fosse rimasto ai tempi di scuola. Forse, lavorare con papà era tremendamente noioso se suo fratello provava nostalgia di quei tempi.

Rabastan tossicchiò e cercò di riportare la conversazione sull’oggetto di quella riunione. “Possiamo escludere che non fosse un attacco mirato alla ragazza?”

Victoire scosse la testa e sospirò: “Al momento no.”

Teddy era accanto a lei, appoggiato a un banco con le braccia conserte che rifletteva. Si massaggiò la barba che stava spuntando dopo una giornata piuttosto frenetica. Chiuse gli occhi, stanco, continuò con il suo solito atteggiamento da Auror che fa rapporto: “Ascolteremo i compagni di Casa, la preside e i professori. Al momento non lasciamo nemmeno questa pista, ma un incidente, il giorno della pesa delle bacchette mentre la Gazzetta del Profeta e parte del Ministero della Magia sono tra le mura della scuola è un indizio che fa pensare che ci fosse altro. Nessuno che ce l’avesse con Polly sarebbe stato così sciocco da farlo quando tutti gli occhi del mondo magico erano puntati su Hogwarts.”

Roland annuì. “Troppi indizi portano a una mano fuori Hogwarts, ma non sappiamo se qualcuno ha un aiuto esterno, o qualche esterno ha un aiutante qui.”

“Chiedo a tutti voi di tenere gli occhi aperti,” concluse Teddy.

Si avvicinò a Roland e gli porse la mano: “Grazie, Lestrange.”

Roland gli rispose con uno schiocco della lingua, uno di quei rumori che irritavano profondamente Roddie, gli lasciò un sorriso obliquo e disse: “Mi aspetto discrezione, Lupin, ho una reputazione da difendere. Se avete bisogno di me, fate un fischio.”

Roddie e Rabastan accompagnarono il fratello fino al portone di ingresso di Hogwarts dove avrebbe potuto Smaterializzarsi. “Tenete gli occhi aperti, voi due,” gli disse congedandosi.

“Tu prova a cercare qualcosa nella biblioteca a casa,” gli suggerì Rabastan.

“Ho provato ma non trovo niente che mi possa essere d’aiuto. Sai che non riesco a trovare una maledizione che possa ricreare la vita? Cavolo, quell’uccello lo stavano impagliando ed è tornato a sbattere le ali e urlare dal dolore. Ho rischiato l’infarto! Mai vista una cosa tanto terrificante!”

“Papà direbbe che sei una mammoletta!” lo canzonò Rabastan.

“Lo ha detto, infatti, ma avrei voluto vedere tutti voi in quella situazione, persino…” abbassò la voce per non farsi sentire, “zio Thorfinn si è spaventato e gli ha lanciato un Anatema che uccide!”

“La prossima settimana ci sarà la prima prova, spero che questa storia sia chiusa per allora.”

“Non giurarci, Roddie, è dall’estate che questa storia va avanti e stiamo ancora brancolando nel buio. Chiunque ci sia dietro sa come muoversi. Lei mi ha detto che non è nessuno di noi.”

Roddie osservò il fratello sorpreso: “Sei andato da lei?” domandò senza nascondere la paura che il nome di Lady Mulciber evocava.

“Non avevo altra scelta e anche lei brancola nel buio. State attenti.”

 

 

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Capitolo 8
*** La prima prova ***


Capitolo 8 – La prima prova

 

 

 

Hogwarts, 14 novembre 2021

 

Quanto accaduto a Polly aveva sconvolto Rose.

Improvvisamente la sua scuola non era più il luogo magico in cui crescere, studiare e divertirsi. Era diventato un posto pericoloso e minaccioso come lo era stato ai tempi in cui i suoi genitori lo avevano frequentato. A colazione, seduta a un tavolo di Grifondoro particolarmente silenzioso, Rose si limitò a sfogliare la Gazzetta del Profeta con un’aria così demoralizzata che persino Hugo si sedette al suo fianco e le diede un abbraccio.

 

Il ritorno dei Mangiamorte a Hogwarts?

Un articolo di Rita Skeeter

Era inevitabile che accadesse, i segni c’erano tutti, da più parti del Wizengamot si fossero levate suppliche accorate al Ministro Granger e alla preside McGranitt affinché il Torneo Tremaghi venisse annullato o rinviato. Tuttavia, la preside di Hogwarts si è rifiutata, dicendo di non accettare ingerenze ministeriali nella gestione della scuola (salvo quando si tratta dei consigli e delle idee del Ministro della Magia, è una curiosa coincidenza l’uniformità di vedute tra le due streghe).

Eppure, i tentativi di utilizzare le Arti Oscure (vietate dal Ministro Granger) continuano ed era una questione di tempo prima che i Mangiamorte si decidessero ad arrivare a Hogwarts. L’esistenza di una figlia di Voldemort, rinchiusa ad Azkaban deve aver riacceso gli animi di chi credeva di aver perso tutto e ora cerca vendetta. Da Azkaban pare che questi attacchi siano stati accolti con entusiasmo e il Dipartimento Auror ci ha vietato ogni intervista, il che la dice lunga sul modo in cui Hestia Jones conduce l’ufficio Auror.

Che si stia avvicinando la fine dell’esperienza politica della Granger?

 

Rose chiuse il giornale disgustata da quelle notizie. Hugo la strinse un po’ più forte e le disse: “Lo sai che la Skeeter scrive sempre cattiverie che fanno arrabbiare la mamma. A casa papà starà urlando contro quella vecchia scarafaggia rinsecchita…” continuò con un sorrisetto nostalgico, alzò lo sguardo verso di lei e le domandò serio: “Credi che siano tornati i Mangiamorte?”

Rose strinse le spalle. Non aveva risposte né tantomeno certezze, ma al tavolo di Serpeverde c’era altrettanto silenzio e smarrimento, segno che la preoccupazione era condivisa. “No, i Mangiamorte avrebbero lanciato in aria il Marchio Nero, avrebbero attaccato qualcuno di noi, cosa c’entra Polly? Vedrai che sarà stato un incidente, magari è stata punta da qualche strano animale.”

Cercava di tranquillizzare il fratello, intercettò uno sguardo incerto e perplesso tra Hugo e Lily. “Voi due, promettetemi che starete attenti e che se doveste vedere qualcosa di strano verrete a dirlo a me o a Victoire, intesi?”

Entrambi annuirono.

Lily poi le domandò: “Sai che ha Albus? È così triste…” Rose alzò lo sguardo verso il tavolo di Serpeverde. Albus e Scorpius erano intenti a parlare e scuotevano la testa sulle pagine della Gazzetta del Profeta. “Questa sera ho il turno di ronda con Scorpius, scoprirò cos’ha Albus, anche se, credo che leggere il riferimento alla figlia di Voldemort possa avergli peggiorato l’umore. Conoscendo tuo fratello, starà pensando che i Mangiamorte stanno arrivando per lui.”

“Non sarebbe una teoria così insolita,” obiettò Lily. “Albus ha fermato il ritorno di Voldemort e mandato ad Azkaban la figlia, se io fossi un Mangiamorte me la prenderei con lui.”

“Sì, ma il mondo non gira intorno a voi.”

“Ma i polli morti erano del signor Potter e nessun altro Babbano aveva un nome così simile, ed erano cinque. Albus potrebbe avere ragione!” Lily si alzò dal tavolo di Grifondoro e corse verso quello di Serpeverde per sedersi accanto al fratello e abbracciarlo nemmeno fosse un condannato a morte. Hugo e Rose sollevarono le sopracciglia perplessi e Hugo disse: “A quanto pare, il melodramma è nei geni Potter!”

Rose ridacchiò per quella battuta. Suo fratello le aveva appena strappato il primo sorriso della giornata. Karl prese posto di fronte a lei, sorrise a Hugo, le domandò se fosse riuscita a chiudere occhio e l’avvertì che Victoire e Teddy l’aspettavano nel loro ufficio dopo la colazione. Lo stomaco di Rose si chiuse del tutto al pensiero di dover rivivere quei momenti, così decise di alzarsi e andare direttamente a fare la sua deposizione e, se si fosse sbrigata presto, avrebbe potuto fare un salto in infermeria a trovare Polly.

Entrò nell’aula che la preside aveva messo a disposizione e vide Teddy e Victoire intenti a ricostruire la vicenda. Erano presenti anche la preside, Madame Maxime e Viktor Krum, i presidi delle altre due scuole.

“Stiamo ascoltando tutti gli studenti che erano presenti in biblioteca. Ci puoi raccontare cosa hai visto?”

Rose annuì e ripeté esattamente quanto aveva vissuto il giorno prima. Raccontò della ricerca dei libri di Trasfigurazione, dell’incontro con Cyrille Lestrange e del fatto che entrambi erano accorsi non appena avevano sentito il tonfo. Purtroppo, non avevano visto nulla di sospetto, troppo impegnati a cercare di rianimare Polly.

“Pensavamo avesse avuto un malore,” confessò Rose. “Solo quando Cyrille ha provato a rianimarla con un Reinnerva abbiamo capito che la situazione era più grave.”

“C’è qualcuno che poteva avercela con Polly?” domandò Victoire.

“Non più del solito,” disse Rose cercando di ricordare più dettagli possibili. “Insomma, Polly era molto diretta, ma non era cattiva, e non ha mai fatto un torto a qualcuno così grave da poter giustificare un simile attacco. Tra l’altro, negli ultimi giorni abbiamo frequentato molto poco gli studenti di Hogwarts.”

“Con chi siete state?”

“Spesso studiavamo con i ragazzi francesi, con Cyrille e Adrien in modo particolare, visto che hanno la nostra età, Adrien era al tavolo a studiare con Karl e William.”

“Qualcuno l’ha vista parlare con degli studenti di Durmstrang, sai chi erano?”

Rose scosse la testa. “No, ma in biblioteca ogni studente di Hogwarts aiutava quelli delle altre scuole ad orientarsi e recuperare libri. Non era infrequente scambiare qualche parola anche con gli studenti di Durmstrang. Insomma, è il senso del Torneo, no?”

La preside annuì con un sorriso: “Sì, lo è.”

Viktor Krum guardò la McGranitt e le disse: “Dovremo sentire i miei studenti, a questo punto, potrebbero essere gli unici ad aver visto qualcosa di strano.”

“Chi c’era intorno a Polly?” domandò Madame Maxime. “Quando siamo arrivati alcuni erano andati via.

“Io e Cyrille siamo arrivati per primi, poi ci hanno raggiunto Adrien, William e Karl. Sono arrivati anche Albus e Scorpius e c’erano altri studenti, alcuni di Beauxbatons e altri di Durmstrang, erano con i loro insegnanti e hanno detto loro di fare aria e lasciarla respirare, ma non ho seguito tutto,” Rose si torturava le dita mentre ricostruiva quei momenti, “mi dispiace, ero molto turbata da quanto accaduto a Polly non ricordo le sequenze con precisione.”

 

***

 

“Va bene così, grazie, Rose.” Teddy la congedò con un sorriso e la lasciò uscire dall’aula. Si scambiò uno sguardo con i presidi delle scuole.

Krum disse: “La ragazza non mente.” Madame Maxime annuì al collega: “Mando a chiamare Lestrange?”

“Sì, forse può aver visto qualche dettaglio in più di Rose,” intervenne Teddy mentre raccoglieva le dichiarazioni di Rose che la Piuma Prendiappunti aveva trascritto su un rotolo di pergamena a scorrimento infinito. “Dopo tutto, Lestrange non era così amico con la Chapman, potrebbe essere rimasto più lucido e aver notato qualcosa che è sfuggito a Rose.”

La preside di Beauxbatons uscì dall’aula, spostò il lampadario per farsi spazio e la si sentì domandare in francese a uno studente della sua scuola di andare a chiamare Cyrille Lestrange e di portarlo in quell’aula che era importante. Lo studente annuì, Teddy lo intravide attraverso la porta socchiusa mentre si congedava dalla preside con un inchino. Rimasero in silenzio per qualche minuto, ciascuno immerso nei propri pensieri. Victoire continuava a confrontare gli appunti che avevano preso con la deposizione di Rose. Al momento non c’erano discrepanze. Quando la porta si aprì, tutti i presenti si voltarono di scatto e furono delusi dal vedere comparire il Lestrange sbagliato. Roddie era appena tornato dall’infermeria con l’espressione indecifrabile.

“Novità dai Guaritori?” domandò Teddy. Avrebbe dato qualsiasi cosa per sentirsi dire che Polly si era svegliata ed era stata una banale indigestione.

“Purtroppo no,” commentò amareggiato. Prese posto dietro il banco che aveva eletto come sua scrivania e scosse la testa nel leggere le notizie sulla Gazzetta del Profeta. Un sorriso amaro gli incurvò gli angoli della bocca nel leggere la fine dell’articolo della Skeeter e Teddy gli domandò provocatoriamente: “Ti piace quello che leggi?”

Roddie alzò lo sguardo, l’espressione era cambiata, sfoggiava quel sorrisino del cazzo che lo mandava in bestia e Teddy si era appena pentito della domanda che gli aveva rivolto. “Non ti nascondo che ci sono ambienti che stapperebbero una buona bottiglia di champagne per brindare alla caduta del fallimentare governo Granger, e credo che la Skeeter stia facendo l’occhiolino a quegli ambienti, ma no, non sono felice di leggere che ci sono fantomatici Mangiamorte che girano per Hogwarts.”

“Beh uno è in questa aula, o sbaglio?” domandò Teddy.

“Io non sono un Mangiamorte, e non vado in giro ad attaccare studenti. Dovresti saperlo.” Lo sguardo di Rodolphus era diventato duro, gli occhi scuri saettavano tutto il loro disprezzo. Madame Maxime intervenne dicendo: “Basta, non è il momento per le vostre questioni personali.” La McGranitt annuì dando ragione alla collega e aggiunse: “Rodolphus ha sempre dato dimostrazione di correttezza. Non credo minimamente che possa fare una cosa del genere.”

Teddy, però, era l’Auror incaricato delle indagini e non voleva farsi zittire dalla preside come un ragazzino, domandò: “Dov’eri quando la Chapman è stata male?”

“In quest’aula, con te, Lupin,” la risposta secca e senza esitazioni di Lestrange gli risvegliò il ricordo di quel momento. “Avevo ricevuto da poco il gufo di Roland, mi aspettava a Hogsmeade avvisandomi che doveva dirmi qualcosa di importante. Quando tu sei uscito sono andato da Rabastan e abbiamo raggiunto Roland ai Tre Manici di Scopa, dove ci hai trovato poco dopo.”

Il confronto venne interrotto dall’arrivo di Cyrille Lestrange. Il ragazzo salutò i presidi con un inchino, fece un cenno di saluto a Roddie e prese posto alla sedia dando le spalle al cugino. Teddy pensò che in questo modo Lestrange non avesse modo di influenzarlo. Roddie parve intuire i suoi pensieri, chiuse la Gazzetta del Profeta e si allontanò dall’aula dicendo che avrebbe fatto un’altra perlustrazione della scuola. Non voleva che la sua presenza mettesse in difficoltà il cugino e Teddy apprezzò il gesto. Lasciò che fosse Victoire a condurre l’interrogatorio, gli fece ricostruire l’accaduto e il ragazzo confermò la ricostruzione di Rose. Teddy lo scrutava attentamente mentre parlava. Non gli piaceva che girasse intorno a Rose, osservava il modo sicuro, per nulla preoccupato, con cui rispondeva alle domande, i sorrisi che ogni tanto rivolgeva a Victoire e che Teddy trovava irritanti. Si passò una mano tra i capelli e bevve un sorso di succo di zucca per calmarsi. Non doveva partire prevenuto e non doveva lasciarsi dominare dalle antipatie.

Victoire gli parlava in modo professionale e cortese, più di quanto lui sarebbe stato in grado di fare. “Hai visto qualcosa di strano mentre provavate a soccorrerla?”

Cyrille alzò gli occhi al cielo nel tentativo di ricordare: “Nulla di strano. Ricordo che la professoressa Fournier mi ha messo una mano sulla spalla e mi ha detto di allontanarmi e farla respirare, poi c’era una professoressa di Durmstrang con degli studenti. Sono spuntati fuori il corridoio di Erbologia, o Pozioni, non ricordo bene, poi si è creata un po’ di folla ed è arrivata la preside di Hogwarts e ci ha detto di tornare ognuno ai propri alloggi. Insieme ad Adrien e altri studenti siamo tornati alle carrozze.”

“Grazie, Cyrille. Ti ricordi com’era la professoressa di Durmstrang?”

“Sì, è una strega molto bella, dai capelli biondo scuri e gli occhi azzurri, ma non so cosa abbia detto ai suoi studenti.”

“Va bene così, grazie, Cyrille, puoi andare.”

Lestrange si passò le mani sulle gambe prima di alzarsi e fu il primo gesto di nervosismo che fece, alzò lo sguardo verso Victoire e le chiese con l’aria innocente che Teddy aveva visto un sacco di volte sul volto di Roland e che lo aveva sempre innervosito perché gli dava l’idea che fosse una messinscena: “Posso sapere come sta Polly?”

“Purtroppo non abbiamo novità,” rispose Victoire. Il ragazzo, tuttavia, sembrava sinceramente preoccupato. Rivolse un’occhiata alla sua preside che gli fece cenno di poter andare e salutò tutti con un inchino che Teddy trovò troppo pomposo.

“Sono molto disciplinati i tuoi studenti,” disse la McGranitt.

Madame Maxime annuì: “I genitori tengono molto all’educazione e al galateo. Facciamo dei corsi speciali extracurriculari.”

“E li frequentano?” domandò Krum.

“Certamente, non frequentarli è indice di non voler essere accolti in società. Ogni tanto capita qualche ribelle, ma poi finisce per iscriversi per non essere tagliato fuori dalle amicizie.” Teddy si lasciò sfuggire uno sbuffo sarcastico che strappò un sorriso a Victoire. La mano di lei gli sfiorò il braccio per sostenerlo in quello che sapeva essere un momento complicato.

Krum annuì e disse: “Faccio chiamare la professoressa Lindberg. Forse un adulto ha visto qualcosa.”

“Sì, io mando a chiamare anche la professoressa Fournier. Speriamo che una delle due abbia notato qualcosa di strano,” gli fece eco Madame Maxime.

Teddy dovette dare ragione a Cyrille Lestrange, la professoressa Lindberg era una gran bella donna. Sedeva dritta sulla sedia, i lunghi capelli tra il biondo e il castano le scendevano in lunghi boccoli e mettevano in risalto gli occhi azzurri e il sorriso gentile che rivolgeva a tutti loro. Indossava una lunga veste da strega blu. Si slacciò il pesante mantello foderato di pelliccia di volpe bianca prima di iniziare a parlare. Krum le sorrideva dal tavolo. Chissà in che rapporti erano, lei sembrava più grande di lui.

“Come posso esservi d’aiuto?” domandò loro.

Teddy decise di condurre lui l’interrogatorio e le chiese di partire da una sua ricostruzione dei fatti. La professoressa Lindberg annuì e iniziò il suo racconto: “Ero tra gli scaffali del reparto di Erbologia. La biblioteca di Hogwarts è famosa anche al di fuori del mondo magico inglese e ne approfittavo per alcune ricerche. Avevo incontrato due dei nostri studenti, Hansson e Berg, li avevo sorpresi a pomiciare nascosti tra gli scaffali e le finestre, ho ordinato loro di seguirmi e portarmi i libri e in quel momento abbiamo sentito un tonfo provenire da un corridoio accanto al nostro.” Fece una breve pausa per prendere fiato e raccogliere le idee di quel momento: “Siamo corsi a vedere cosa accadesse, abbiamo visto un ragazzo di Beauxbatons che tentava di rianimare la ragazza senza successo. Sono corsa sulla nave alla ricerca di un Bezoar perché se non si risveglia dopo un Reinnerva può essere solo un veleno, o una maledizione, ma io insegno Pozioni e il mio primo pensiero è andato ai veleni. Quando sono tornata, però, la biblioteca era deserta e la bibliotecaria mi ha detto che avevano portato la ragazza in infermeria e che aveva ricevuto istruzioni di raccomandarsi che tutti gli studenti e il personale delle scuole tornasse nei propri alloggi. Così sono tornata sulla nave.”

“Non ha visto nulla di strano?”

La professoressa Lindberg scosse la testa e disse: “Non c’erano estranei, solo studenti, io e un’altra insegnante, Colette, se non sbaglio.”

“Grazie, professoressa Lindberg, stiamo cercando di mettere a fuoco ogni dettaglio.”

“Novità dai Guaritori?”

“Purtroppo nessuna.”

La professoressa Lindberg uscì dall’aula e ascoltarono la professoressa Colette Fournier, insegnante di Difesa contro le Arti Oscure a Beauxbatons. Davanti a Teddy prese posto una strega di mezza età decisamente affascinante, che lui avesse un debole per le bionde di origine francese era un dato di fatto, considerando quanto fosse innamorato della sua Victoire e quanto durante l’adolescenza avesse sentito l’influsso dei poteri da Veela di Fleur che, ogni tanto, gli avevano provocato qualche gaffe e bisticcio con Victoire. Adesso, tuttavia, era molto più bravo a controllarsi ed era certo di trovarsi di fronte una strega sofisticata che non fece altro che confermare le ricostruzioni della giornata. Alla fine dell’audizione, quando anche la professoressa Fournier lasciò l’aula, la McGranitt disse: “È evidente che chiunque sia stato non era in biblioteca”

“O che si tratti di uno studente,” aggiunse Krum, “magari controllato con una maledizione.” Tutti gli sguardi si soffermarono sull’ex campione di Quidditch che disse con un tono di amarezza nella voce: “Non posso dimenticare cosa ho fatto durante il Torneo quando sono finito vittima della maledizione Imperius. Ognuno di noi può diventare un’arma.”

 

***

 

Dopo cena, Scorpius si avvicinò al tavolo dei Grifondoro mentre Albus tornava in sala comune. Aveva la ronda con Rose e sperava di riuscire a mettere fine alla guerra fredda che era sorta tra i due cugini.

“Ti aspetto a letto,” gli aveva sussurrato Albus facendogli capire che si sarebbe chiuso dietro le tende del baldacchino a leggere per evitare contatti con gli altri studenti. Scorpius annuì, avrebbe voluto posargli un bacio sulle labbra davanti l’intera Sala Grande, ma dopo quanto accaduto nei bagni del dormitorio e le prese in giro che si erano susseguite nei giorni seguenti, aveva preferito lasciar perdere. Non voleva mettere in difficoltà Albus ora che sarebbe stato da solo ad affrontare i compagni di Serpeverde.

Si strinse nelle spalle mentre gli sguardi dei Grifondoro si posavano su di lui. Rose era seduta di spalle e non lo aveva visto arrivare, così annunciò la sua presenza picchiettando sulla spalla della sua amica. Rose gli rivolse un sorriso sopra una tazza fumante e gli fece cenno di sedersi mentre terminava la sua bevanda. “È un filtro calmante,” gli spiegò. Scorpius annuì stringendosi nelle spalle, senza ben sapere come comportarsi. “Mi dispiace per quanto è accaduto a Polly. I nostri rapporti non erano dei migliori, ma di certo non meritava di essere aggredita in biblioteca.”

“Grazie, Scorpius,” le dita di Rose afferrarono la mano che lui teneva sul ginocchio. Si scambiarono un sorriso imbarazzato e lui avrebbe dovuto dirle di quanto era accaduto da quando lei aveva iniziato a frequentare i francesi, ma quel contatto, quelle dita sottili che lo stringevano senza alcuna forza fecero morire ogni proposito, il cuore accelerava sempre il suo battito quando Rose lo guardava e fu impossibile reprimere il calore che saliva verso le guance.

Più tardi, mentre camminavano in un corridoio deserto dei sotterranei, Rose gli domandò: “Come va in Serpeverde?”

Scorpius si strinse nelle spalle e sospirò: “Beh, sai, le notizie della Gazzetta del Profeta hanno portato un po’ di scompiglio tra i compagni di Casa. Nessuno ha idea di cosa possa essere, i figli o nipoti degli ex Mangiamorte sono terrorizzati. Il solo pensiero del ritorno di Voldemort, dopo i processi e l’amnistia è terrificante, ma la cosa più strana è che la Gazzetta del Profeta non riporta gli attacchi che le famiglie Purosangue hanno subìto. Tua mamma lo sa perché mio padre è andato da lei su tutte le furie, pare che siano morti tutti i pavoni del nonno.”

Le sopracciglia di Rose si alzarono e poi scoppiò a ridere. Scorpius la guardò serio, ma non riuscì a trattenere la risata mentre diceva: “Non è divertente, Rose, non lo è affatto!” Rose però ridacchiava e lo sguardo era tornato ad accendersi, così le aveva concesso: “D’accordo, forse è un po’ divertente, la fissazione del nonno per i pavoni è piuttosto nota.”

Un rumore interruppe la loro chiacchierata. “Chi è?” domandarono in coro. Nessuna risposta.

“Lumos!” sussurrò Rose e la bacchetta proiettò una luce nel corridoio che andò a focalizzarsi su una maniglia che si muoveva. Scorpius l’aprì di scatto e si trovò davanti Hugo con una pila di dolcetti e l’espressione sorpresa. “Hugo!” esclamò Rose, “Cosa ci fai in giro dopo il coprifuoco?”

“Ma James…” mormorò Hugo. Scorpius assottigliò lo sguardo ma non comprese, il corridoio era deserto. Rose, però, sembrava sapere bene cosa stesse accadendo. “Homenum Revelio!” corse verso un punto del corridoio urlando: “Non costringermi a Schiantarti, James Potter! Cinque punti in meno a Grifondoro!”

Scorpius si scambiò uno sguardo perplesso con Hugo e sentirono Rose urlare: “dieci punti in meno a Grifondoro! Potter vieni qua altrimenti svuoto la clessidra e sarà tutta colpa tua!”

James Sirius Potter e Andrew McLaggen comparvero da sotto quello che doveva essere un Mantello dell’Invisibilità. “McLaggen, anche tu!” esclamò Rose indignata. “Venti punti in meno a Grifondoro per ciascuno di voi! Siete due studenti dell’ultimo anno! Come vi salta in mente di andare in giro per la scuola di notte e di portare con voi Hugo per le vostre incursioni in cucina?”

“A lui danno più dolci!” spiegò McLaggen, mentre Hugo guardava Scorpius con un sorriso divertito, annuiva orgoglioso dell’ascendente che aveva sugli elfi domestici. Scorpius gli fece cenno di non farsi vedere dalla sorella così compiaciuto. Era incredibile assistere ai Grifondoro che si toglievano i punti da soli, pensò che se l’avesse raccontato in sala comune non gli avrebbero creduto.

“Tornate immediatamente in sala comune! Polly è stata aggredita in biblioteca e voi andate in giro la notte!” gridò Rose.

“Ma siamo in tre!” obiettò James, “E abbiamo il mantello, nemmeno ti saresti accorta della nostra presenza.”

“Non costringermi a chiamare la professoressa Robins, James! In sala comune! Adesso!” Rose puntò la bacchetta contro i tre Grifondoro e delle scintille rosse uscirono dalla punta.

“Forse è meglio che andiate,” disse Scorpius mentre portava via Rose. Era sorpreso da quella reazione nervosa che ricordava quella di Albus. Voltato l’angolo, Rose scoppiò a piangere, proprio come era accaduto con Albus. Si aggrappò alla sua giacca e singhiozzò contro la spalla. “Quegli incoscienti!”

Scorpius non sapeva bene cosa fare, diede una leggera pacca sulla spalla a Rose e lei si strinse ancora di più a lui. Si sentiva in imbarazzo, diviso tra la preoccupazione per lei, il bisogno di dirle di Albus e il suo cuore che aveva accelerato il battito, nonostante tutto. Provò a smorzare il clima con una battuta: “Su, Rose, non è successo niente, Serpeverde ti farà una statua per aver tolto ben sessanta punti a Grifondoro.”

Gli occhi azzurri di Rose si sollevarono verso di lui, erano lucidi per il pianto, cercava di ricomporsi. “Scusami, è per via di Polly… Se dovesse accadere qualcosa a Hugo…”

“Non è accaduto e non accadrà, vedrai che ha imparato la lezione,” le sorrise rassicurante, “Hugo non è uno stupido e nemmeno James e Andrew lo sono, hanno capito che la situazione non è semplice.”

Rose annuì rincuorata, soffiò il naso e asciugò le lacrime. Poco dopo, mentre il silenzio era tornato tra loro due, Rose gli confessò: “Mi manchi, Scorpius. Tu e Albus mi mancate tremendamente, erano belli i nostri incontri del club del libro.”

“Ti stiamo aspettando,” le disse Scorpius, “abbiamo visto che i francesi ti hanno monopolizzata.”

“Non mi farai una scenata come Albus?” domandò diffidente. Scorpius scosse la testa e le sorrise: “No, nessuna scenata, anzi, ecco,” le porse la pergamena con il suo orario delle lezioni. “È lo stesso di Albus, segna pure il nostro prossimo incontro del club del libro.” Mostrarsi accoglienti era l’unico modo per non allontanarla del tutto, Scorpius l’aveva imparato negli anni precedenti, quando la sua cotta per lei aveva monopolizzato i suoi pensieri. Sospirò mentre Rose segnava il prossimo incontro per il martedì alle cinque, nell’ora prima di cena. Era un ottimo orario per il loro incontro.

“C’è una cosa che ti sei persa in questi giorni,” le confidò. Rose alzò subito lo sguardo verso di lui, incuriosita. Scorpius si morse il labbro, esitante, “Non abbiamo avuto modo di parlare dei baci e di quello che è successo.” Il sopracciglio di Rose si incurvò sospettosamente e Scorpius la rassicurò: “Non è di questo che voglio parlare, però, anche se in qualche modo i baci c’entrano pure.”

Fece una pausa, il corridoio era silenzioso e deserto, i loro respiri erano il solo suono che si poteva udire insieme al leggero russare dei quadri. Guidò Rose in un corridoio senza quadri e si sedette su una panca di legno.

Rose prese posto al suo fianco e gli disse: “Se esiti così è perché hai trovato un’altra ragazza.”

“Albus,” disse Scorpius facendo scuotere la testa a Rose per la sorpresa: “Albus ha trovato un’altra ragazza?” Scorpius si lasciò sfuggire un risolino nervoso, aveva paura di fare una confessione del genere, eppure era un passo su cui lui e Albus erano d’accordo, Rose doveva saperlo ed entrambi erano consapevoli del fatto che lasciare il compito ad Albus avrebbe significato dirlo nel modo peggiore, così Scorpius si era preso il compito di cercare le parole giuste, che non esistevano, perché come fai a dire alla ragazza di cui sei innamorato che ti sei preso una cotta anche per suo cugino? Era tutto incredibilmente folle.

“Ho trovato Albus,” confessò. Lasciò il tempo a Rose di metabolizzare l’informazione. Scosse la testa sorpresa, alzò le sopracciglia e disse: “Credevo che fossi innamorato di me.”

“Lo sono,” ammise Scorpius, “da sempre, lo sai, e anche Albus lo è.”

“È la prima volta che i due litiganti finiscono per fuggire insieme…”

“Non fuggiamo, c’è stato un bacio e poi ce ne sono stati altri e nemmeno noi sappiamo che cos’è, e ci sei anche tu che però sei irraggiungibile.”

“A quanto pare il problema è che sono fin troppo raggiungibile,” mormorò abbandonando la schiena contro la parete di legno. Scorpius la imitò, incontrò il suo sguardo e la trovò bellissima mentre le spuntava un sorrisetto divertito e gli domandava un po’ civettuola un po’ sarcastica: “Cosa sono? Un’icona gay?”

“Al massimo bisessuale,” la corresse stando al gioco. “Il fatto è che siamo entrambi innamorati di te e sappiamo che è tutto un gran casino. Non vogliamo farti pressioni.” Scorpius accarezzò la mano di Rose, intrecciarono le dita e si lasciò sfuggire un sospirò: “Io e Albus ci siamo promessi che la nostra amicizia non verrà meno qualsiasi cosa accada, e che saremo sinceri l’uno con l’altro, ti saremo vicini.”

“Non credo che Albus mi starebbe vicino se scegliessi Cyrille…” Rose si lasciò sfuggire evocando il terzo, quarto, incomodo in quella competizione fin troppo affollata. Scorpius non riuscì a nascondere lo stupore: “Cyrille è in gara?”

Albus ci aveva visto giusto e lui non aveva capito niente. Aveva giustificato Rose, dicendo che era gentile, che il francese presto sarebbe partito, che loro erano il suo futuro e così facendo aveva lasciato campo libero a Lestrange. Si diede dell’idiota da solo.

“Lui crede di esserlo,” rispose Rose con un sorrisetto indecifrabile.

Scorpius rischiava di impazzire, come poteva rimanere in attesa che lei scegliesse? Non era come rinunciare a combattere per lei? Ma poi, combattere non era mai stato il suo forte, lui era uno stratega e quindi avrebbe dovuto elaborare un piano per eliminare la concorrenza del francese. Karl era gestibile, ma Cyrille rischiava di alterare tutto il loro equilibrio. “Karl cosa dice di Cyrille? A lui sta bene?”

“Karl è talmente sicuro di sé da non vedere nemmeno il pericolo. Non coglie le battutine e le allusioni che Cyrille fa continuamente.”

Scorpius si lasciò sfuggire la domanda che si era imposto di non rivolgerle: “A te lui piace?”

“La verità è che non lo so,” ammise Rose, “abbiamo alcune cose in comune, come il fatto che molta gente ci frequenti per via del nome che abbiamo.”

“Andiamo Rose, anche io e Albus siamo nella stessa situazione,” commentò spazientito. Era così confusa che bastava così poco per turbarla?

“E poi è così sicuro di sé, e sfrontato, e charmant.”

“Sì, è proprio un’idiota,” concluse Scorpius mentre sentiva di odiarlo.

“Ma non dovevi restarmi vicino qualsiasi scelta facessi?” domandò Rose.

“Sono pronto a ricredermi, ma sono certo che Lestrange stia recitando. Insomma, è in vacanza dalla Francia, in una scuola straniera e si trova vicino di posto la figlia del ministro della Magia, chi non ti farebbe gli occhi dolci? E poi, per fingere indifferenza gioca al figlio del Mangiamorte perseguitato! Beh, io so cosa si prova e non attacca.”

“Sei geloso come Albus?”

“Te l’ho detto, sono disposto a ricredermi e accettare che tu sia il suo grande amore, ma siccome temo che voglia solo divertirsi, non vorrei che finissi con il cuore spezzato. Di idiota basta Jenkins.”

Rose abbozzò un sorriso e si strinse di più a lui, Scorpius riusciva a sentire il profumo dei capelli di lei mescolarsi con l’odore della Sala Grande che aveva impregnato le divise di entrambi. Accarezzò la testa di lei, rimasero per qualche minuto in quel corridoio prima di doversi alzare per ritornare nelle rispettive sale comuni. Fu proprio quando erano all’ingresso della scuola, prima che Rose prendesse le scale per raggiungere la torre di Grifondoro, che nel darsi la buona notte, mentre Scorpius provava a darle un bacio sulla guancia, incontrò le labbra di Rose che si schiusero e ricambiarono quel bacio. Fu dolce, lento e lo stomaco di Scorpius si contrasse in un modo doloroso e piacevole.

 

 

***

 

Hogwarts, 19 novembre 2021

 

Era trascorsa circa una settimana da quando Polly Chapman era stata aggredita e ancora i Guaritori non erano riusciti a trovare una soluzione per risvegliarla. Il ministro Granger aveva convocato d’urgenza un incontro con i referenti ministeriali presenti a Hogwarts e i presidi delle tre scuole per decidere come affrontare una crisi che era, soprattutto, mediatica.

“Siamo sommersi da gufi di genitori preoccupati,” riassunse Minerva McGranitt, “io continuo a rispondere che non c’è traccia della presenza di Mangiamorte tra le pareti di Hogwarts, ma converrete che la situazione è delicata, quella parola è in grado di scaldare gli animi.

Roddie annuì dando ragione alla McGranitt, sospirò: “Il Ministro scandinavo e quello francese mi hanno scritto per chiedere conferma della sicurezza della scuola. Ministro Granger, la situazione è delicata anche a livello diplomatico.”

“Cosa hai risposto, Lestrange?”

“Non ho ancora risposto. Le richieste sono arrivate stamattina e confidavo in un confronto con una versione unitaria. In questi casi non ha senso andare per ordine sparso e a un alleato straniero non possiamo mentire.”

“Nemmeno alla stampa possiamo mentire, Lestrange, ho giurato che avrei inaugurato un governo basato sulla trasparenza e la fiducia. Non ho intenzione di venire meno a questa promessa.”

“Allora a cosa serve Ginevra Potter qui?”

“A scrivere la verità, Lestrange, Rita Skeeter tra queste mura peggiorerebbe la situazione. Ginny ha il merito di confezionare articoli che vadano incontro alle richieste editoriali del direttore e che non mettono in difficoltà le indagini interne. So che è stata scortese con i campioni Tremaghi, ma è il suo lavoro.”

“Solo con un campione, quello di Beauxbatons, e la circostanza è oggetto delle lamentele del ministro francese,” la corresse. Era su tutte le furie per il modo in cui era stata apostrofata sua cugina, per quel maldestro tentativo di metterla in cattiva luce per via di zio Rabastan.

Hermione alzò gli occhi al cielo, sembrava stanca: “Io non ho potere su quello che scrive la Gazzetta del Profeta, Lestrange! Non datemi compiti che non mi competono, è già… impegnativo… guidare il Ministero senza che si aggiunga anche la linea editoriale della Gazzetta del Profeta.”

“Ed è un errore, Ministro.” Hawk gli diede una gomitata, ma Roddie continuò: “Lo so che molti preferiscono blandirla con i complimenti e i comportamenti ossequiosi, e sono consapevole che ci troviamo politicamente su fronti opposti, ma i suoi predecessori hanno sempre esercitato il potere di influenzare i media. Abbiamo bisogno di alleati che non amplifichino quanto sta accadendo e non alimentino le preoccupazioni di genitori e governi. È una questione di credibilità istituzionale.”

Hermione si irrigidì: “Grazie per il suggerimento, Lestrange, ma non ci sono prove che quanto accaduto sia collegabile ai Mangiamorte. Potrebbe benissimo essere un tragico incidente e non ho intenzione di espormi e ammettere cose di cui non ho evidenza. Ai governi scriverà esattamente questo: che la scuola è sicura, che l’Ufficio Auror ha accertato che tra le sue mura non ci sono estranei e che sono in corso delle indagini sulla natura del malessere della signorina Chapman. Mi aspetto questo dall’Ufficio Cooperazione Magica Internazionale.”

Roddie abbassò la testa sospirando: “Come vuole, Ministro, sarà fatto.” Era assolutamente perplesso sulla linea di intransigenza adottata e sulla comune volontà dei presidi di continuare come se nulla fosse accaduto, come se la Chapman avesse avuto un incidente durante l’ora di Pozioni.

Utilizzò dei gufi della scuola per mandare quelle missive e, mentre vedeva gli animali volare via con le comunicazioni ufficiali dell’Ufficio Cooperazione Magica Internazionale, con tanto di carta intestata, numero di protocollo e sigillo di ceralacca, si fermò a guardare il panorama sotto di sé. Era inevitabile non sentire l’aria mancare, come diceva sempre Rabastan. Ripensare agli anni in quella scuola gli causava sempre un misto di angoscia collegato a quel senso di solitudine che solo i suoi fratelli e poi Alexandra, Corban e pochi altri erano riusciti a mitigare.

“Sempre da solo, Lestrange?”

Sorrise nel sentire la voce profonda del Barone Sanguinario, il fantasma di Serpeverde. “Come vede, certe cose non cambiano mai, Barone.”

“C’è molta dignità anche in un’esistenza solitaria,” ammise il fantasma.

“Non sono solo, Barone, solo tra queste mura finisco per esserlo, gli alleati e le persone che amo sono sempre altrove.”

“Capisco anche questo stato d’animo. Chi vive oltre i secoli ha un’esperienza dell’animo umano notevole. Salazar stesso ha sperimentato questa condizione di solitudine, prima di decidersi a lasciare questo posto per sempre.”

Roddie sorrise: “Fortunatamente, non insegno qui, la mia presenza è legata al torneo e spero che presto possa concludersi. A proposito, Barone, tra i fantasmi cosa si dice di quanto accaduto a Polly Chapman?”

“Una vera e propria disgrazia. Sir Nicholas non fa altro che magnificare il coraggio della sua giovane studentessa, ma come ho detto agli Auror, la biblioteca è un territorio che solitamente non frequentiamo per non disturbare lo studio degli allievi.”

Roddie annuì pensieroso. “Se dovesse notare qualcosa di strano, me lo farà sapere?”

“Un’altra ragazza!” la voce trafelata di Hawk Flint li interruppe. Roddie e il Barone si voltarono verso Hawk che cercava di riprendere fiato. Lo seguirono lungo le scale che portavano verso il corpo principale della scuola. Scendevano velocemente e Roddie dovette reggersi al corrimano per non perdere l’equilibrio sui gradini consumati che erano diventati scivolosi. Le sue scarpe su misura, in morbida pelle di drago, non erano fatte per quei luoghi così spartani. Avrebbe dovuto comprare delle banali scarpe dalla suola in gomma per non scivolare. Un brivido gli scese lungo la schiena al pensiero di infilare i suoi piedi in scarpe tanto dozzinali.

Flint li condusse in infermeria, dove il Ministro della Magia, i tre presidi e i Guaritori, formavano un capannello intorno un letto. Si avvicinò cautamente, intercettò lo sguardo del Ministro Granger e osservò la ragazza le cui lunghe trecce ramate si erano scomposte. Agitò la bacchetta e le trecce tornarono ordinate. La preside le rivolse uno sguardo sorpreso e lui disse: “Se non possiamo vegliare sull’incolumità della ragazza, almeno il decoro.”

La Preside gli diede una specie di carezza sul braccio e lo guardò con lo stesso sguardo con cui una volta gli aveva detto che lei sapeva che lui non era cattivo, che preferiva rinchiudersi dietro l’etichetta di figlio di Mangiamorte per non dover affrontare il rifiuto e i pregiudizi degli altri, una frase incredibilmente simile a quella che gli aveva detto sua madre. Il Ministro Granger, al contrario, sembrò piccata dal riferimento all’incolumità, mentre lui si sentiva furioso per la missiva che era stato costretto a inviare. Un secondo studente vittima minava la tesi dell’incidente. Il gufo era partito mentre trovavano il corpo di quella ragazza e la notizia sarebbe giunta prima dell’arrivo del gufo ufficiale causando un incidente diplomatico. Il Ministero della Magia britannico mentiva spudoratamente, questo avrebbero detto i colleghi francesi e scandinavi. Poteva solo mandare una seconda comunicazione per dare la notizia del secondo incidente e delle indagini in corso: dimostrare correttezza era l’unico modo per non minare la fiducia di rapporti già traballanti.

“Clara Higgins è una studentessa del terzo anno appartenente alla Casa di Tassorosso,” sintetizzò Minerva McGranitt. “Questo spiega perché il suo corpo sia stato trovato vicino le cucine,” disse la Granger. “Gli Auror stanno indagando. Al momento, la speranza è che qualche elfo domestico abbia visto qualcosa, a parte il corpo svenuto della piccola Clara.”

Il Barone Sanguinario fluttuò via dicendo che avrebbe portato i suoi omaggi al Frate Grasso e cercato informazioni.

Teddy e Victoire arrivarono poco dopo scuotendo la testa: “Gli elfi sono agitati, non sono in grado di parlare al momento. Sono sconvolti per la piccola Clara, pare che fosse molto gentile con loro.”

Teddy lesse la cartelletta del San Mungo in cui erano stati annotati gli esami, i sintomi, le pozioni somministrate e gli esiti dei controlli, nulla sembrava riuscire a funzionare. Guardò Victoire e la McGranitt scuotendo la testa. Propose: “Potremmo chiamare Roland. Dominique dice che il San Mungo lo chiama quando non sanno cosa fare.”

“Vero, ma dovremmo avere l’autorizzazione di Hermione. Sai quanto lei sia fiscale sulle procedure.”

Roddie non disse niente, si limitò ad alzare gli occhi al cielo e poi spostarlo sul Ministro Granger che si limitò a dire: “Lasciamo ancora un po’ di tempo ai Guaritori.”

 

***

 

Hogwarts, 23 novembre 2021

 

Rabastan era intento a scrivere i suoi appunti quando aveva visto i gemelli Scamander correre verso la Foresta Proibita. Li osservò attentamente e mise da parte piume, inchiostro e taccuino per seguì i due studenti del primo anno. Era curioso di sapere cosa avessero in mente. Nei giorni passati li aveva tenuti d’occhio, non solo perché erano i figli del suo magizoologo preferito, o perché la moglie gli aveva dato quella collana allontana-Nargilli che aveva avuto il potere di far sparire il senso di oppressione che provava, ma anche perché quei ragazzini non erano disturbanti da vedere, come scriveva la Skeeter, e nemmeno incontrollabili come vociferavano alcuni insegnanti, specie il professor Longbottom.

No, quei due bambini erano curiosi e avevano un linguaggio e interessi tutti loro e Rabastan li trovava interessanti. Nell’anno di insegnamento a Durmstrang aveva imparato che gli studenti del primo anno potevano insegnare nuovi modi di osservare il mondo e questo era un aspetto dei bambini che lo affascinava ogni volta.

Si nascose dietro un albero per non farsi vedere e rimase in ascolto.

“Ho visto Hagrid felicissimo a colazione!” esclamò Lorcan, il Corvonero.

“Il professor Longbottom era preoccupato! Secondo me ha paura…” ridacchiò Lysander, il Tassorosso. I due fratelli si guardavano e ridevano. Poi, Lysander domandò a Lorcan: “Ma secondo te, è così spaventosa come si vede nei libri?”

“Molto di più!” esclamò Lorcan entusiasta. Allargò le braccia e disse: “È grandissima e cattiva e se ti prende ti uccide! Nessuno è mai riuscito ad addomesticarne una!”

Lysander sembrò un po’ incerto: “Tu vuoi andare a vederla?” Lorcan annuì convinto: “Sì, è in una gabbia, non può mangiarci! Non ci ricapiterà più!” Prese per mano il fratello e si avventurò nella Foresta Proibita. “Ma tu sai dove andare?” pigolò Lysander. Il gemello annuiva scuotendo i capelli biondi. Rabastan li seguì pensando che dovesse essere giunta la creatura che i Campioni Tremaghi avrebbero dovuto affrontare.

Da lontano scorse un Centauro che scosse la testa non appena incrociò il suo sguardo. Durante gli anni di scuola aveva conosciuto qualche Centauro, aveva provato a confrontarsi con loro sulla profezia su Delphini Riddle, ma discutere di Divinazione con un Centauro era peggio che farlo con sua mamma e Roland, i Veggenti della famiglia. I Centauri parlavano di pianeti, forze misteriose e strani allineamenti di costellazioni che Rabastan faticava a seguire. Lui aveva sempre preferito tenere gli occhi puntati su ciò che era raggiungibile e concreto.

Seguì i due gemelli lungo quel sentiero reso riconoscibile dalle enormi impronte lasciate da Hagrid nel terreno, arrivò in una radura dove era presente una grande gabbia coperta da un telo lacero. I gemelli si avvicinarono ad Hagrid che domandò loro come avessero fatto a trovarlo, li avvertì che era pericoloso avventurarsi nella Foresta Proibita da soli e Lorcan esclamò: “Non eravamo soli, c’era Rabastan che ci seguiva!”

Rabastan scoppiò a ridere, mentre Hagrid si voltava verso di lui, più sollevato.

“Non credevo che vi foste accorti della mia presenza!”

Lorcan gli restituì un sorriso furbetto: “Secondo te perché siamo passati davanti a dove stavi scrivendo facendo un gran baccano?”

“Molto astuto, te lo concedo! Potevate chiedermi di accompagnarvi, però!”

Lysander scrollò le spalle e disse: “Così è più divertente, però!”

Raggiunse i due gemelli e il vecchio Hagrid la cui barba aveva iniziato a colorarsi di grigio e insieme osservarono la gabbia. “È per la prova di domani?”

Hagrid annuì: “Un esemplare meraviglioso, non ne avevo mai visto uno così da vicino. Direi che ha anche un bel caratterino!”

“Smettila di vantarti, stupido Mezzogigante e portami da mangiare!” una voce roca tuonò un ordine dall’altro lato della gabbia. Hagrid prese un vassoio di bistecche fumanti che gli elfi domestici della scuola dovevano aver fatto Materializzare da poco e, alzando gli occhi al cielo, le portò verso la gabbia. Prima di tirare giù il drappo disse: “Mi raccomando, voi non sapete niente! È una sorpresa per domani!”

Quando Hagrid tirò giù il drappo, uno splendido esemplare di Manticora comparve davanti i loro occhi. Non appena infilò il vassoio di carne, la bestia si avventò sulla preda e iniziò a canticchiare mentre divorava la carne. Era uno spettacolo impressionante. Rabastan osservò il pelo lucido del corpo che ricordava quello di un leone gigante, la coda, simile a quella di uno scorpione, si muoveva a scatti, pronta ad attaccare nel caso qualcuno si fosse avvicinato pensando di approfittare della distrazione della Manticora. Il volto della bestia era simile a quello di un uomo ed era terrificante, sembrava una trasfigurazione riuscita male, un accozzaglia di animali feroci messi insieme. La mente umana non era meno pericolosa della forza del leone e del veleno dello scorpione, sapeva ingannare, distrarre, sedurre e poi attaccare.

La prova era dannatamente pericolosa.

Rabastan pensò di aver visto giusto nelle sue previsioni. Aveva detto ad Olag che tra le bestie che avrebbero potuto scegliere al torneo una Manticora era assente da troppi anni. Tuttavia, sperava di sbagliarsi perché era un animale decisamente pericoloso e imprevedibile, ben diverso dai draghi della passata edizione che si potevano addestrare. Non esisteva mago che fosse riuscito ad addomesticarne una. Rabastan pensò a Philomène, al pericolo che sua cugina, la sua adorabile e delicata cugina, correva con quella bestia e un brivido gli corse lungo la schiena. Philomène era la prima Lestrange femmina del ramo inglese, era nata dopo un secolo in cui nascevano solo maschi, se le fosse accaduto qualcosa, tutti loro ne sarebbero usciti devastati. Doveva avvisare anche lei.

 

***

 

Era una Manticora.

La prima prova consisteva nell’affrontare una Manticora. Philomène camminava nervosamente per i prati. Suo cugino Rabastan le aveva dato una soffiata, lo avrebbe detto anche ad Olag Huggorm ed era certa che anche il campione di Hogwarts lo avrebbe saputo. Alzò lo sguardo e vide Louis Weasley uscire dalla Foresta Proibita insieme a James Potter che si era sfilato quello che doveva essere un Mantello dell’Invisibilità.

Continuò a camminare nervosamente, indifferente alla presenza di quei due che andavano verso il Castello.

“Puoi farcela, Phi, io credo in te,” le sussurrò Eric. Philomène annuì, inspirò il profumo del fidanzato e per un breve istante si concesse di appoggiare il viso contro il suo petto, sentì il tessuto morbido dell’uniforme celeste dei ragazzi, così diversa dalla sua veste di seta leggera. Le braccia di Eric la strinsero a sé e rimasero per qualche istante abbracciati.

“Vorrei dormire con te questa sera, lo sai?” gli domandò stringendo un po’ più forte. Una parte del suo cervello le sussurrava che domani avrebbero visto il bluff, quanto lei non fosse una strega talentuosa, e che quella era l’ultima volta che abbracciava Eric, poi sarebbe morta, giovane e vergine.

Eric le prese il viso tra le mani e si chinò a posarle un bacio sulle labbra, le sorrise dolcemente: “Sei nata per questo momento, il Calice di Fuoco ti ha scelto e stanotte devi riposare. Non capita tutti i giorni di vedere una strega talentuosa sfidare una Manticora.”

“Sono pochi i maghi che sono sopravvissuti all’incontro con una creatura del genere.”

“Vero, ma non devi addomesticarla o ucciderla, dovrai solo dimostrarti più abile di lei. Vedrai che ce la farai, sai essere molto astuta!”

Philomène strinse più forte Eric, sentire la fiducia cieca che lui mostrava nei suoi riguardi le riempiva l’animo di gioia e di terrore al tempo stesso, le ricordava che la caduta sarebbe stata più forte, la delusione ancora peggiore, il fallimento senza rimedio.

Occuparono un angolo del tavolo dei Corvonero, si allontanarono dai Grifondoro che continuavano a far festa intorno al loro campione e mangiarono tra di loro. Philomène sentì il calore dei suoi amici, Eric, Cyrille e Nadine le stavano vicini. Fu poco prima del momento del dolce che qualcosa di strano accadde, come un fosco presagio in grado di toglierle ogni forza: Jean Paul, il ragazzo di Nadine, iniziò a tardare dal bagno.

“Si sarà perso,” disse Adrien. Cyrille ridacchiava e prendeva in giro Nadine che, proprio come sua sorella, si era trovata un fidanzato tonto. Eric lanciò un’occhiataccia a Cyrille, si alzò di scatto e disse che sarebbe andato a cercare l’amico.

“Attento a non perderti anche tu!” ridacchiò Cyrille mentre Adrien si fece venire il singhiozzo per il troppo ridere. Erano impegnati a cercare di far passare il singhiozzo ad Adrien quando Eric arrivò trafelato con il volto pallido. “C’était Jean Paul, le prochain était Jean Paul!”

“Mon Dieu!” esclamò Nadine. Corsero da Madame Maxime al tavolo dei professori, la trovarono impegnata in una conversazione con quell’orrendo guardiacaccia, Hagrid, furono costretti a interrompere quel momento imbarazzante e la pregarono di seguire tutti loro fuori dalla Sala Grande: era accaduto qualcosa di terribile a Jean Paul. Gli sguardi preoccupati che si scambiarono i professori delle varie scuole diedero a Philomène la misura di quanto fosse critica la situazione.

“Chi lo ha trovato?” domandò.

“Io, Madame,” disse Eric.

“Bene, allora voi tornate immediatamente nelle carrozze con il professor Dubois e la professoressa Petit, mentre monsieur Legrand ci condurrà da monsieur Blanc. Mademoiselle Lestrange, lei vada a dormire immediatamente e prenda una pozione tranquillante. Domani dovrà essere in forze.”

“Ma Jean Paul…” protestò Philomène. Come poteva rimanere tranquilla se il ragazzo della sua migliore amica era stato aggredito come gli altri studenti?

“Non è un suo compito, Lestrange, vada immediatamente nelle carrozze e riposi. L’Accademia conta su di lei per il torneo, resti concentrata sull’obiettivo.”

Philomène venne trascinata via dalla Sala Grande dalla professoressa Petit, l’insegnante di Divinazione e solo una volta nella carrozza il professor Dubois le diede una pozione: “Con questa farai un sonno senza sogni, ti riposerai e domani sarai in forma, pronta per affrontare la prima prova.” Prese la pozione e si addormentò pensando a Eric e al fatto che lei non potesse stare accanto al suo fidanzato e alla sua migliore amica, mentre erano entrambi preoccupati per Jean Paul. Si era scambiata un abbraccio con Nadine, un attimo prima di prendere la pozione, si erano strette forte e cercate di fare coraggio. Gli occhi divennero improvvisamente pesanti, sotto il ricordo della stretta di Nadine, Philomène scivolò nel sonno.

L’indomani l’intera delegazione di Beauxbatons non parlava d’altro che di Jean Paul, ricoverato nell’infermeria di Hogwarts insieme agli altri studenti, e del torneo. Nadine ed Eric l’aggiornarono su come erano andate le cose la sera precedente, sulle domande a cui avevano dovuto rispondere, sul fatto che fosse arrivato un altro esperto che si chiamava proprio come lei.

Philomène cercò Roddie con lo sguardo per saperne di più, il tavolo dei professori era in subbuglio e il giorno della prima prova del torneo Tremaghi i volti erano tirati. Tre studenti feriti prima dell’inizio del torneo, uno dei quali era appartenente a un’altra scuola, doveva essere una bella gatta da pelare per gli organizzatori. Sobbalzò quando una mano si posò sulla sua spalla, voltandosi vide gli occhi scuri di Roddie e si alzò per abbracciarlo.

“Sono venuto a augurarti in bocca al drago!”

“Crepi il drago!” rispose pronta. Appena si sciolse dall’abbraccio con il suo cugino preferito, dietro di lui, incontrò un altro paio di occhi scuri, quelli di Roland che la osservavano con il suo sorriso obliquo e la solita luce ironica nello sguardo.

“Allora sei tu l’esperto che salverà Jean Paul!” esclamò felice di vederlo e abbracciandolo forte.

“A quanto pare, il ministro Granger ha dovuto piegare la testa,” commentò divertito. “Questo intervento mi frutterà un bel po’ di Galeoni e potremo essere riabilitati, un po’ come tu con il Torneo.”

Philomène gli sorrise e lui le disse: “Lo so che questa è stata la mia scuola, ma noi facciamo il tifo per te, la famiglia viene prima di tutto! Rendi grande il nome dei Lestrange!” Annuì titubante, sentendo nuovamente l’ansia stringerle lo stomaco e frullare la colazione appena fatta.

“Campioni, seguitemi,” li interruppe Flint. Roddie salutò il fratello e seguì Philomène, gli insegnanti, gli Auror e gli altri campioni fin dentro una tenda al cui interno c’era ad attenderli il ministro della magia in persona.

“La prova di oggi è molto complessa. Ognuno di voi sarà chiamato ad affrontare una creatura estremamente pericolosa. Dovrete far ricorso a tutta la vostra abilità magica e furbizia per riuscire ad affrontare quello che vi aspetta là fuori. Dovrete recuperare una sfera di cristallo, non romperla, ma custodirla per avere un indizio di quella che sarà la seconda prova del torneo.”

I campioni si lanciavano occhiate nervose. Louis Weasley, il campione di Hogwarts, sembrava meno spavaldo, lo sguardo di Olag, invece, era indecifrabile. Avevano chiacchierato un po’, lei e il campione di Durmstrang e si era sorpresa dallo scoprire che i suoi avi erano navigatori che avevano girato il mondo. Dietro l’espressione da soldato c’era un esploratore, una mente curiosa, segno che era un avversario da non sottovalutare.

Il ministro della Magia porse loro dei bastoncini: “La creatura che vi attende là fuori è una Manticora, dovrete andare nell’arena e recuperare una sfera di cristallo che conterrà l’indizio per la seconda prova. Sarete valutati sulla base delle vostre abilità nel recuperare la sfera. Prendete uno di questi bastoncini: inizierà chi ha il bastoncino più corto, terminerà chi ha quello più lungo. Buona fortuna.”

Philomène pescò insieme agli altri: Olag sarebbe andato per primo, poi lei, ultimo il campione di Hogwarts. Il ministro Granger rivolse uno sguardo incoraggiante al nipote e gli diede una leggera pacca sulla spalla.

L’attesa del proprio turno fu sfibrante. Philomène pensò a una strategia per attaccare la Manticora: doveva essere veloce, sfuggire al suo pungiglione, recuperare la sfera e uscire viva. Il pubblico da fuori si lasciava andare ad applausi, grida preoccupate e sospiri di sollievo come un corpo unico. Avrebbero fatto lo stesso per lei? Avrebbero riso di lei? Non poteva pensarci.

Applausi, boati, risate. “Olag Huggorm ce l’ha fatta! Ha preso la sfera di cristallo ed è riuscito a uscire dall’arena! La Manticora è molto arrabbiata!”

Grandioso, pensò dentro di sé Philomène mentre stringeva l’impugnatura della bacchetta tra le mani. Si scambiò uno sguardo con Louis Weasley e poi dovette entrare.

“La campionessa di Beauxbatons, Philomène Lestrange, sfida la Manticora. Vediamo quale sarà la sua strategia!”

Philomène studiò l’arena: un prato recintato con sassi a formare un’aiuola già distrutta dalla furia della Manticora. In una specie di giaciglio c’era la sfera di cristallo da recuperare. La coda di scorpione della Manticora scattò a colpire un corvo che aveva avuto l’ardire di posarsi sul terreno. Philomène deglutì al pensiero che i corvi erano il simbolo dei Lestrange. Si disse di non farsi condizionare, di rimanere lucida. Quel corvo le aveva appena suggerito un’idea che, se fosse riuscita, sarebbe stata geniale. Puntò la bacchetta contro un sasso ed eseguì un complicato incantesimo di trasfigurazione. Lo tramutò in una Chimera delle dimensioni più grandi del solito. Lo guidava con la bacchetta, in modo che potesse distrarre la Manticora.

“Bisogna essere proprio sconsiderati per infilarsi in un’arena con due creature pericolose!” esclamò il cronista. Philomène inscenò un combattimento tra la sua Chimera e la Manticora. Le due bestie iniziarono a mordersi, attaccarsi, gli zoccoli da capra della Chimera scalciavano contro le zampe della Manticora. Philomène corse a recuperare la sfera di cristallo, si avvicinò all’uscita, fece una piroetta soddisfatta e agitò la bacchetta. La Chimera scomparve, la Manticora era furiosa, urlò e ruggì in un modo che fece tremare tutti i presenti. Le dispiaceva per il campione di Hogwarts che avrebbe trovato una Manticora su tutte le furie, ma lei aveva raggiunto il suo obiettivo. Andò a sedersi nella tenda in cui trovò un Olag con lo sguardo perso nel vuoto.

“È tremendo,” le disse mentre osservava la sfera di cristallo. “Tutto per questa inutile sfera, io non sono nemmeno bravo in Divinazione”.

“Non credo che sia una sfera per la Divinazione come tutte le altre, ci sarà un indizio da scoprire per la seconda prova. Insomma, nella storia del Tremaghi è sempre così.”

 

***

 

James era seduto sugli spalti insieme ad Andrew, Ruth, Lily e Hugo per sostenere Louis. Allungò lo sguardo qualche fila più in basso e riconobbe la chioma rossa di Rose, seduta tra Karl Jenkins e Scorpius, Albus era come sempre accanto a Malfoy. Gli occhi attraversarono l’intera platea, come per controllare che ci fossero tutti: sua mamma era seduta in tribuna, Teddy e Victoire erano in piedi sul livello superiore degli spalti a controllare che non accadesse nulla e, dopo l’incidente occorso a Jean Paul, l’amico di Philomène, era stato convocato suo padre, Capo dell’Ufficio Applicazione Legge Magica. Aveva sentito i suoi genitori parlarne e sua madre aveva commentato che Hermione doveva essere proprio disperata se era giunta a giocare la carta Harry Potter per garantire la sicurezza del torneo.

Harry aveva minimizzato, detto che questo caso stava diventando troppo grosso per Teddy e Victoire, che c’erano di mezzo rapporti internazionali e oppositori politici che non vedevano l’ora di speculare politicamente sul fallimento del torneo. Zia Hermione non era solita arrendersi a battaglie che riteneva giuste e questo torneo serviva per voltare pagina e dimostrare che la guerra era un capitolo definitivamente chiuso.

James aveva provato a riflettere su chi avesse interesse a mantenere la guerra magica come un capitolo aperto e non era giunto a nessuna soluzione. I figli e i nipoti dei Mangiamorte, come Scorpius, desideravano che la guerra venisse dimenticata tanto quanto i figli e i nipoti dei vincitori che volevano consolidare le conquiste ottenute.

I pensieri sugli incidenti vennero spazzati via non appena quell’enorme esemplare di Manticora entrò nell’arena. James e Louis erano stati allertati dagli Scamander e Hagrid stesso aveva fatto sapere quale fosse la creatura oggetto della prima prova. Il campione di Durmstrang aveva scelto un approccio molto concreto: un incantesimo scudo eseguito alla perfezione che gli permise di arrivare alla sfera rispedendo al mittente i tentativi di attacco della Manticora. James ammirò la capacità di concentrazione di Olag: sarebbe bastata una minima distrazione e quell’incantesimo si sarebbe dissolto lasciandolo cadere vittima della Manticora. L’espressione di sollievo del ragazzo, il modo in cui sospirò scuotendo la testa e si passò una mano tra i lunghi capelli biondi prima di uscire dall’arena tradì il nervoso che doveva aver provato durante la gara. Persino i combattenti più duri non potevano fare a meno di provare un po’ di paura di fronte una Manticora.

James notò lo sguardo sorpreso della professoressa Robins e della McGranitt quando Philomène Lestrange trasfigurò il sasso in una Chimera. James sapeva benissimo quanto fosse complicato eseguire un incantesimo del genere nella tranquillità di un’aula scolastica, farlo in un’arena con una Manticora pronta a sbranarti doveva richiedere un’abilità fuori dal comune. Philomène non era un avversario da sottovalutare, come aveva immaginato. Era astuta nell’utilizzare la Chimera per distrarre la Manticora e avvicinarsi alla sfera di cristallo. Il sorrisetto e la piroetta che aveva rivolto al pubblico prima di uscire dall’arena, mentre la bestia urlava la delusione per essere stata raggirata, rivelavano un’indole sarcastica che finì per intrigarlo. Aveva sempre immaginato che non fosse solo una bella fanciulla, vederla in azione fece stringere ancora di più lo stomaco di James. Gli occhi si spostarono tra gli studenti di Beauxbatons, Eric e Cyrille sostenevano Philomène con tutto il fiato che avevano nei polmoni.

L’ingresso di Louis cancellò ogni pensiero su Philomène e quelle confuse sensazioni che la presenza di lei provocava in James. Si domandò che piano avesse in mente il cugino. Louis era in piedi nell’arena con la bacchetta di sambuco in mano e studiò il campo. Dalla sua posizione James vedeva solo la chioma bionda del cugino, ma riusciva a intuire il modo in cui assottigliava gli occhi azzurri e rifletteva. Puntò la bacchetta contro dei sassi. Chissà, forse aveva avuto la stessa idea di Philomène, li trasfigurò in tre piccole Manticore che iniziarono a correre e giocare con la creatura più grande. Louis evocò anche un incantesimo scudo e James sorrise al pensiero che suo cugino fosse stato sempre il più previdente di tutti loro, specie di lui e Andrew. Corse verso il giaciglio su cui era comparsa la terza sfera di cristallo, l’afferro e uscì dall’arena. Nessuna piroetta, nessun saluto, nessuna spacconata, in perfetto stile Louis Weasley: diretto, pulito, veloce.

James e Andrew scattarono in piedi nell’applaudirlo. Era stato perfetto, bravissimo, senza saperlo aveva unito le strategie di Olag e di Philomène, le aveva perfezionate e migliorate. La giuria avrebbe dovuto tenere conto della difficoltà delle magie eseguite.

Così fu, in effetti, alla fine della prima prova, Louis Weasley era arrivato primo con 36 punti: Oliver Baston gli aveva assegnato un dieci, Rodolphus Lestrange e Minerva McGranitt un nove, Madame Maxime e Viktor Krum otto. Seguito da Olag e Philomène che avevano ricevuto parimerito 33 punti. Lo scarto era ridottissimo e la seconda prova avrebbe potuto ribaltare il vantaggio di Louis.

James scese nella tenda ad abbracciare il cugino, notò lo sguardo infastidito di Philomène intenta a raccogliere le sue cose e parlare in francese con suo fratello. Cyrille gli rivolgeva sguardi carichi di disprezzo più che al resto del mondo. Decise di affrontare la situazione, lasciò Louis alle attenzioni di Andrew che lo riempiva di domande e commenti entusiasti e raggiunse i due francesi: “Sei stata molto brava, Philomène, mi hai sorpreso.”

“Faccio sempre questo effetto,” rispose freddamente. James non capì. “Scusaci, Potter, ma dobbiamo proprio andare,” disse Cyrille che circondò le spalle della sorella con un braccio e la portò via. Philomène si voltò a guardare James, il suo sguardo era dispiaciuto e James, che non aveva mai avuto un grande intuito con le ragazze, restò ancora più spiazzato.

“È arrivata seconda dopo il campione di Hogwarts,” gli suggerì Andrew, “probabilmente deve smaltire la delusione.”

“Io sarei solo felice di essere sopravvissuto a una Manticora, non sono molti i maghi che possono raccontare il loro incontro con una creatura del genere,” osservò James. Anne lo aveva sempre accusato di non saper vedere e decifrare i segnali che lei gli mandava. In quel momento sapeva di essere davanti un segnale, ma non riusciva a capire cosa fosse accaduto tra loro. Sperò di poterlo chiarire nei giorni successivi.

 

 

 

 

 

 

Note:

Ciao a tutti!

Sto approfittando delle ferie estive per portarmi avanti con questa storia che languiva da troppo tempo. Ho finito di plottare i capitoli e salvo divisioni di capitoli in due o strane complicazioni, dovremmo essere intorno ai 17/18 capitoli, quindi non sarà una long infinita, siamo quasi a metà.

Come potete vedere, la situazione si è complicata, a Polly si sono uniti la piccola Clara e il povero Jean Paul Blanc, chissà se Roland riuscirà a risolvere la vicenda e far risvegliare i ragazzi.

Sul fronte pipacchioni: Scorpius ha aggiornato Rose che è ancora più confusa, la situazione è complicata con questi interessi contemporanei e sinceramente non credevo che Karl resistesse tanto. Deve essere molto determinato per essere nelle grazie di Hermione che lo adora.

In relazione alle disavventure sentimentali di James, secondo voi, perché Philomène ce l’ha con lui? Leggo le vostre deduzioni molto volentieri!

Un abbraccio,

Sev

 

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