Taylor e il drago

di crazy lion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La scoperta ***
Capitolo 2: *** Il drago ***
Capitolo 3: *** Il nome ***
Capitolo 4: *** Il nascondiglio ***
Capitolo 5: *** Un po' di tempo insieme ***
Capitolo 6: *** Rivelazioni ***



Capitolo 1
*** La scoperta ***


TAYLOR E IL DRAGO


 
 

CAPITOLO 1.

 

LA SCOPERTA

 
"Mamma, hai visto il mio spazzolino da denti?"
Taylor lo cercava da più di mezz'ora, nel bagno, in camera, perfino nella sua borsa.
"Sarà in bagno, no?"
"Non c'è."
"Tay, quante volte ti ho detto che devi essere più ordinata?"
La ragazza sbuffò.
Va bene, ogni tanto dimenticava le cose in giro, ma che ci si poteva aspettare da un'adolescente un po' sbadata come lei? Non avendo voglia di discutere con la mamma, la ragazza andò a letto.
Farò a meno di lavarmi i denti.
Il giorno dopo lo ritrovò nel mobiletto del bagno in cui aveva guardato la sera prima.
Che strano…
A colazione, suo fratello Austin le rivolse uno sguardo interrogativo.
"Taylor, hai mangiato tu il polpettone che mi ero dimenticato sul tavolo ieri sera? Ne è sparita una parte."
"No, sono stata tutta la notte nel mio letto. Papà, sei stato tu?"
Suo padre era solito sgranocchiare qualcosa durante la serata, davanti alla televisione.
"No."
"Nemmeno io" disse Andrea, la mamma.
"Taylor Alisson Swift, confessa." Suo fratello le puntò contro un dito. "Avanti."
"Ti giuro che non ho fatto niente."
Lui non ci credette, ma lei non gli badò, si preparò e si diresse all'autobus per andare a scuola.
Durante il tragitto iniziò a leggere Eragon, il primo romanzo del Ciclo dell'Eredità di Christopher Paolini. La catturò così tanto che quasi non si accorse di essere arrivata a scuola.
"Cosa leggi?" le chiese la sua amica Abigail a ricreazione.
Taylor le mostrò il libro.
"Oh, l'ho iniziato anch'io. Molto coinvolgente, vero?"
"Davvero tanto, e sono solo alle prime pagine. Vorrei anch'io un drago come quello che ha trovato Eragon."
Abigail rise e si grattò la testa rossa.
"Vorrei vederti con uno adulto, saresti pericolosa. E poi dove lo terresti?"
"Non lo so, ma era solo una cosa così, tanto per dire."
I giorni seguenti sparì altro cibo anche dal frigorifero e tutti in casa si davano la colpa. Scomparvero anche un paio di scarpe di Andrea e i CD della musica preferita di Austin, cosa che lo fece incazzare.
"Taylor, dimmi dove me li hai nascosti!" urlò, sbattendo la porta della sua camera.
"Ma se non li ho nemmeno toccati. E poi, perché dai sempre la colpa a me?"
La ragazza sospirò.
Non ne poteva più di quella situazione, la storia doveva finire. Andò in camera del fratello.
"Perché non cerchiamo di capire dove sono finiti questi oggetti e il cibo, invece di litigare?"
"Perché non li cerchi tu, visto che chissà dove li hai ficcati?"
Taylor si tirò i capelli biondi e batté un piede a terra.
"Ti ho detto che… Oh, lasciamo perdere. Li cercherò da sola, stasera. Se non vuoi aiutarmi, me la caverò."
"Taylor!" Il ragazzino – aveva compiuto tredici anni a marzo – la richiamò subito. "Scusami. Oggi è il tuo compleanno e te lo sto rovinando."
"Non ti preoccupare. Allora, mi aiuti o no?"
"Sì."
Quella sera uscirono tutti a cena. Andarono in una pizzeria e mangiarono benissimo, cantarono gli auguri a Taylor per il suo sedicesimo compleanno, fecero un brindisi e mangiarono il dolce.
"Ma dove… L'avevo lasciata qui!" esclamò Andrea.
La torta al cioccolato che aveva preparato per la figlia era stata mordicchiata in più punti. Lo strofinaccio che la ricopriva giaceva a terra e c'erano briciole sul ripiano di lavoro.
"Era intera quando ce ne siamo andati, sono sicuro amore" disse Scott.
"Anch'io."
"Avete visto che non sono io a far sparire le cose?" chiese Taylor, felice che finalmente fosse uscita una prova che la scagionava.
"Non è che abbiamo un topo in casa?"
Fu Austin a sollevare quel dubbio.
"Un topo non fa sparire le cose, le rosicchia."
"Tua madre ha ragione, dev'essere qualcos'altro."
Controllarono in tutta la casa se ci fossero animali o se fosse entrato qualcuno, ma nessuna porta o finestra era stata forzata e non pareva esserci alcuna bestia.
"Ci penseremo domani" decretarono i genitori. "Buonanotte, ragazzi."
Salendo le scale continuarono a parlare dell’accaduto, ma quando si chiusero la porta della camera alle spalle i due fratelli non sentirono più niente.
"È ora di dormire anche per noi" disse Austin.
"Dimentichi la nostra missione."
"Hai ragione, sorellona. Andiamo. Ma dove guardiamo? Abbiamo rivoltato la casa come un calzino."
"Ci siamo dimenticati del ripostiglio."
In quel posto tenevano solo vecchi attrezzi da giardinaggio del padre, oggetti da buttare o che non usavano più, vestiti che non utilizzavano. Si diressero in corridoio, scesero le scale accendendo la luce e si avvicinarono alla cantina, ma anziché entrarci girarono a destra e aprirono una porticina in legno che cigolò. In realtà la trovarono socchiusa.
"Che strano. Mamma non la tiene sempre chiusa?" chiese Austin sottovoce.
"In genere sì, ma ci sono accadute tante cose bizzarre ultimamente, non mi stupisco più di nien…" Un pigolio, come quello di un uccellino o di un pulcino, la bloccò con la frase ancora da terminare. "Che è stato?"
"Forse un topo. Taylor, non credo sia sicuro qui, andiamocene e chiamiamo la mamma."
"No, non sembra un topo. Restiamo, Austin, vediamo che succede."
Il pigolio riempì l'aria, il suono uscì più forte stavolta, poi qualcosa sbucò da dietro uno scatolone. Spingeva con le zampe un oggetto bianco, diviso in mille frammenti. Taylor ne toccò uno: era duro come la pietra, non si spezzò nemmeno quando lo fece cadere per terra con tutta la forza che aveva. La creatura era grande quanto un cucciolo di coniglio di qualche mese. Non aveva peli, ma squame argentate le ricoprivano il corpo come una cascata di gemme lucenti e la sua coda, avvolta intorno a esso, era lunga e color rosso fuoco. I ragazzi fecero un balzo all'indietro, sbigottiti. Lì, davanti a loro, c'era un drago. Un vero drago.
 
 
 
NOTA:
Abigail è una persona reale, Taylor la descrive nella canzone Fifteen.

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Capitolo 2
*** Il drago ***


[…] eppure aveva un'aria così indifesa, lì rannicchiato sul suo letto, che il ragazzo si chiese se non fosse il caso di tenerlo.
(Christopher Paolini, dal libro Eragon)
 
 
 

CAPITOLO 2.

 

IL DRAGO

 
"Non ce lo stiamo immaginando, vero? Non lo vedo solo io" disse Taylor, incerta.
"No, anch'io e benissimo. Ma com'è possibile? I draghi non esistono."
"Non lo so, però forse è lui che ha preso tutti i nostri oggetti."
“E cosa vuoi fare, chiederglielo?”
Austin rise.
Il pavimento era sporco di escrementi.
“Dobbiamo pulire e trovare una soluzione.”
I due fratelli si misero di buona lena a lavorare mentre il cucciolo li osservava da sopra uno scatolone. Quando terminarono, riempirono un contenitore di terra che presero da un sacco che il padre aveva in giardino, dato che voleva aggiungerla ad alcuni vasi.
“Devi fare qui i tuoi bisogni. Qui” disse Austin.
Il drago sembrò capire perché obbedì subito.
Taylor pulì ogni cosa e andò a gettare tutto in un bidone vicino casa.
“Ecco fatto. Dovremo continuare a fare così” disse una volta tornata.
“E come pensi di nasconderlo ai nostri genitori?”
“Non lo so, in qualche modo faremo.”
Taylor si chinò e richiamò il drago con uno schiocco di dita, come si farebbe con un gatto. Il piccolo le si avvicinò, diffidente, e le sfiorò il palmo aperto con il muso. Le strusciò il naso umido sul dorso della mano e inarcò la schiena come un micio quando lei lo accarezzò. Le squame erano soffici e setose, così come le ali che rimanevano chiuse, rosse come la coda. Il muso era completamente bianco, come l'uovo ai suoi piedi. Le quattro zampe avevano piccoli artigli ricurvi bianchi e dalla sua bocca uscivano un paio di zanne, ancora corte e sottili.
"Attenta, non vorrai farti graffiare o mordere" si premurò di dirle Austin.
"Tranquillo, non succederà. È solo un cucciolo, non sembra pericoloso."
"Non si può mai sapere, e poi è un animale, non siamo sicuri di come reagirà. Magari fra un po' ti attaccherà con una fiammata. Insomma, Tay, è un drago!" gridò, addossandsi a una parete mentre tremava.
La ragazza si tirò su piano e gli si avvicinò, con il drago che la seguiva.
"Austin, non urlare. Capisco che sia una situazione surreale, ma dobbiamo cercare di mantenere la calma, o i nostri genitori si insospettiranno. Comunque è piccolo, non mi farà niente. E poi dobbiamo capire cosa fare con lui."
L’altro sospirò.
"Hai ragione, ma stai attenta. Draghetto, ci hai messi nei guai."
Il piccolo fece ancora quel verso strano, un misto tra un pigolio e uno squittio.
"Sì, dico a te."
"Sei tu che porti via i nostri oggetti?"
Taylor gli parlò con calma e dolcezza, per non spaventarlo. Il draghetto squittì ancora e spalancò le ali. Erano molto più lunghe del suo corpo e il cucciolo si muoveva a scatti, sbandando e sbattendo contro i muri.
"Poverino!" esclamò Austin.
"Deve solo imparare."
Il draghetto guardò dietro uno scatolone e i ragazzini si avvicinarono. La creatura non disse né fece niente, così i due spostarono lo scatolone e dietro trovarono tutte le cose che avevano perso.
"Ci capisce!" esclamò il ragazzino.
"Sarà stato un caso."
"No, ci ha compresi davvero. Non è meraviglioso, Taylor? Un drago ci comprende."
Lei sorrise, ancora scettica. Quella storia le pareva un'assurdità. Forse stava solo sognando e fra un po' si sarebbe svegliata. Sbatté gli occhi più volte e si colpì la faccia, ma non accadde nulla. Il drago era sempre davanti a lei.
"Sono sveglia" mormorò.
Eppure era tutto così assurdo. E il drago era venuto fuori proprio quando ne aveva desiderato uno. Anche quella sera, a cena, nel momento in cui aveva espresso un desiderio prima di mangiare il dolce, aveva chiesto che qualcuno le regalasse un drago di peluche, ma non si sarebbe mai aspettata di trovarsene uno in carne e ossa davanti agli occhi.
"Perché prendi i nostri oggetti?" chiese Austin, ma il drago non rispose.
"Portiamolo in camera, fa freddo qui."
"Sei sicura, Tay? E se dà fuoco a tutto?"
"Staremo attenti."
Ma non gli aveva visto sbuffare nemmeno una nuvola di fumo, dubitava che sarebbe accaduto qualcosa. Per quel poco che ne sapeva, i draghi sputano fuoco solo quando vogliono difendersi e se loro non gli avessero fatto del male – non ne avevano la minima intenzione – lui non avrebbe torto ai due un capello. Non sapeva perché, ma una sorta di sesto senso glielo suggeriva.
"Camera tua o mia?" sussurrò Austin mentre salivano le scale.
Il drago si era aggrappato ai pantaloni di Taylor e pigolava.
"Shhh, silenzio. Camera mia" rispose poi. Si chinò e lo accarezzò di nuovo per tranquillizzarlo, infine realizzò quello che doveva essere il suo desiderio e lo prese in braccio.
"Credo abbia fame" disse ad Austin dato che il piccolo non ne voleva sapere di smettere di lamentarsi.
"Tu va' in camera, io arrivo con il cibo."
La ragazza obbedì e si chiuse dentro. Si sedette sulla sedia acanto alla scrivania con il draghetto sulle gambe, tenendolo come un neonato. Lo girò con il muso verso di lei, così avrebbero potuto guardarsi. Il piccolo starnutì e sbuffò una nuvoletta di fumo nero.
“Allora inizi a farlo, eh?” mormorò la ragazza, che sorrise per lo starnuto.
Il cucciolo si sistemò meglio e si sdraiò, alzando la testina per guardarla. I loro occhi azurri si incontrarono per qualche istante e Taylor sorrise ancora. Le sembrava ancora così strano di stringere fra le braccia una creatura che non esisteva nella realtà. Eppure era lì, poteva sentirla sotto le dita, accarezzarla, percepire il calore del suo corpo contro di lei. Si rese conto di non sapere di che sesso fosse. Lo girò, ignorando i suoi squittii di protesta e, ridacchiando fra sé per ciò che stava facendo, osservò in quel punto.
"Sei un maschietto!" esclamò, eccitata.
Era stata contenta di scoprirlo con facilità. In Eragon il ragazzo non era riuscito a capire così il sesso di Saphira, era stata lei a dirglielo.
In quel momento Austin tornò con alcuni pezzi di bistecca su un piatto.
"Li ho presi dal frigo e riscaldati, dovrebbero andar bene. Gli ho spezzato la carne, così andrà meglio."
Posò il piatto in terra e il drago scese, correndo a mangiare. Divorò tutto in pochi minuti, masticando con gusto, poi trotterellò verso Taylor e le volò in braccio, accoccolandosi fra le gambe e la pancia della ragazza.
Austin sbadigliò.
"Vai a letto, mi occupo io di lui."
"Dobbiamo portarlo da qualche parte, Taylor. Non sappiamo quanto potrebbe crescere. E se diventasse pericoloso? Ragiona."
"Non è pericoloso."
Il ragazzino batté un piede a terra.
"Chi è il più grande fra noi due, tu o io?”
“Io.”
“Allora dovresti capire cosa intendo. Vuoi litigare di nuovo? Non puoi saperlo, ti ripeto, e non voglio che la nostra famiglia sia in pericolo. Potrebbe inghiottirci tutti con il fuoco."
Il draghetto prese a squittire e si agitò fra le braccia della ragazza.
"No, piccolo, non piangere" sussurrò lei con dolcezza, cullandolo. "Sono qui, va tutto bene." Taylor sospirò. Il fratello aveva ragione, eppure si era già affezionata a quella piccola creatura, anche se la conosceva solo da pochi minuti. "Gli troverò un nascondiglio, magari in quel parco in cui non viene mai nessuno." Era un posto nel quale camminava solo qualche anziano, pieno di alberi e senza giostrine o attrazioni per i bambini. "C'è un capanno abbandonato, lo metterò lì. Domani mattina, però. E andremo a portargli da mangiare, non credo sappia cacciare da solo."
Si era dovuta arrendere. Fosse stato per lei l'avrebbe tenuto in casa, nel ripostiglio, e mostrato ai genitori qualche giorno dopo, ma Austin aveva fatto da voce della ragione. Era necessario studiare la crescita e il comportamento del drago prima di farlo vedere ai genitori o prendere qualsiasi altra decisione.
"E poi?"
"E poi vedremo, per ora non ci voglio pensare."
"D'accordo. Vado a letto, portalo via domani all'alba."
"Sì. Notte e grazie, Austin."
"Buonanotte, anche se non credo riuscirò a dormire dopo una cosa del genere."

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Capitolo 3
*** Il nome ***


Che cosa c'è in un nome? Quella che noi chiamiamo rosa, anche chiamata con un'altra parola avrebbe lo stesso profumo soave.
(William Shakespeare)
 
 
 

CAPITOLO 3.

 

IL NOME

 
Quando il fratello si richiuse la porta alle spalle, il drago volò sulla spalla di Taylor e si nascose sotto i suoi capelli, anche se spuntavano il naso e la coda. La ragazza lo guardò e sorrise per l'ennesima volta.
"Ti serve un nome. Aspetta, guardo al computer."
Il drago si rimise sulle sue gambe e le mordicchiò la mano quando lei tentò di alzarsi per accendere la presa di corrente.
"Che c'è, cucciolo?"
Gli fece il solletico alla pancia e lui squittì felice, poi le morse di nuovo la mano, più forte stavolta, e le fece male. Taylor si lamentò, ma non si sottrasse ai suoi tocchi, ai morsi e alle graffiate. Usava gli artigli, ma li tirava fuori poco, per fortuna. Fu quando le morse il centro della mano e il braccio che cambiò tutto. Accadde tanto velocemente che la ragazzina non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa stava succedendo. Una potentissima scarica di energia le si propagò per tutto il corpo, e dovette alzarsi e prendere a camminare per la stanza. Si sentiva molto in forze e desiderosa di muoversi. L'energia arrivò alla testa, che le vorticò come se si fosse trovata su una montagna russa, e la ragazza cadde all'indietro. Sbatté la testa a terra e il drago le si accoccolò vicino, pigolando come prima, ma lei non lo badò, sopraffatta da tutte quelle emozioni. Tutto il corpo prese a dolerle. Le braccia e le gambe erano inchiodate al suolo, non riusciva a muoverle e le faceva male in particolare la parte in cui il drago l'aveva morsa. Sembrava bruciare come fuoco vivo. La testa le pulsava e faticava a respirare. Sul suo petto sembrava essersi depositato un pesante macigno e la ragazza non riusciva a liberarsi di quella sensazione, nemmeno facendo respiri profondi. Si morse le labbra fin quasi a farle sanguinare per sopprimere un urlo di dolore e, madida di sudore, si trascinò verso il letto. Con uno sforzo immane vi salì sopra e affondò la testa nel cuscino. Ci mise sopra la bocca e gridò, soffocando così l'urlo liberatorio che non era più riuscita a trattenere. Poi, com'era arrivata, quella scarica di dolore sparì all'improvviso, lasciandola pervasa da un senso di leggerezza. La ragazza riprese a respirare normalmente, la testa sembrava fluttuare nell'aria e tutto il suo fisico era rilassato.
Sto bene pensò. È passato. Qualsiasi cosa fosse, è finita.
Sentì qualcosa, o per meglio dire qualcuno, sfiorarle i pensieri e si rese conto che stava succedendo tutto quello che era accaduto in Eragon. Anche il ragazzo aveva trovato un drago, benché ancora nell'uovo, che era nato davanti a lui, mentre il piccolo di Taylor era già venuto al mondo presumibilmente giorni prima. Ma il dolore era stato simile a quello del libro e ora la ragazza si accorse di una fiamma stilizzata che le partiva dal centro della mano e si diramava per tutto il suo avambraccio. A Eragon, invece, si era formato un ovale bianco sulla mano. Inoltre, anche il draghetto sembrava comunicare a libello mentale con lei, come accadeva nel libro. Tante volte Taylor aveva desiderato vivere avventure simili a quelle di Eragon, ma mai avrebbe immaginato una cosa del genere. C'erano somiglianze ma anche differenze fra la sua vicenda e le vicissitudini del romanzo ed era questo a rendere la situazione intrigante.
"Allora siamo connessi" disse la ragazza.
"Sì."
La voce non era stata nella sua testa, ma fuori. Il drago, quindi, sapeva parlare a differenza di quello di Eragon. La sua voce era simile a quella di un bambino piccolo, dolcissima e delicata come il petalo di un fiore.
"Sai parlare?"
La ragazza era consapevole del fatto che fosse una domanda stupida, visto che ne aveva avuto la prova, ma ora tutto era ancora più strano.
"Un po', e ti capisco. Ti ho sempre capita."
"Hai un nome?"
Stava davvero parlando con un drago? Spalancò gli occhi. Era assurdo. Le piaceva parlare agli animali, era una cosa bella, ma quelli non rispondevano, questo invece sì.
"No." La voce del drago si era intristita. "Dammene uno tu, mamma."
L'aveva appena chiamata mamma? Okay, questa era la cosa più bizzarra.
"Non sono la tua…"
"Per me sì, non conosco la mia vera mamma. Non vuoi?" le chiese il piccolo, strusciandosi contro la sua mano.
Prese a fare un verso strano. Forse doveva essere un ruggito, ma per il momento assomigliava più a un mormorio simile alle fusa di un gatto.
Se gli avesse detto di no l'avrebbe fatto star male, e poi non voleva abbandonarlo al suo destino. Il pensiero era così orribile e ripugnante che non ci rifletté nemmeno per un secondo. Lasciarlo da solo sarebbe stato disumano, soprattutto finché era ancora così piccolo e indifeso. Ma se gli avesse detto di sì, avrebbe fatto una promessa che non era sicura di poter mantenere. Non aveva idea di quanto il drago sarebbe cresciuto e, se fosse diventato troppo grande, nasconderlo sarebbe stato impossibile, ma anche viverci insieme. E come avrebbero reagito i suoi genitori?
"Divento grande come un coniglio adulto, non di più" disse il piccolo leggendole la mente.
Taylor si accorse che lo stava facendo a causa di un leggero dolore alle tempie, che però scomparve subito.
"E come fai a saperlo?"
"Lo so."
La ragazza si accontentò di quella risposta vaga e sperò che il draghetto avrebbe avuto ragione.
"Non abbandonarmi!" esclamò il piccolo.
Mio Dio, se poteva leggerle la mente aveva saputo ogni cosa, ciascun suo singolo pensiero riguardo la situazione. Come aveva fatto a non pensarci prima? Ora l'aveva ferito, poco ma sicuro.
"No, piccino, non ti abbandonerò mai. Stavo pensando quelle cose solo perché a volte i grandi fanno ragionamenti complicati che i piccoli non possono capire, ma non ti lascerò da solo. E sì, sarò la tua mamma."
Si sentiva onorata di avere un simile compito. Il drago la guardò con i suoi occhi azzurro ghiaccio e lei vi lesse una profondità incredibile, coe se il piccolo fosse stato già molto saggio. Chissà quante cose avrebbe potuto insegnarle crescendo.
"Mamma, mamma, mamma!" esclamò il piccino, svolazzandole intorno e sbattendole le ali sul viso.
La fece ridere.
"Va bene, ho capito, sei felice. Ora, però, devo trovarti un nome. Io sono Taylor, a proposito."
"Allora Taylor."
"No, questo è il mio nome ed è femminile, tu sei un maschio. Fammi cercare qualcosa che sia adatto a te, d'accordo?"
"Cos'è?" chiese il draghetto quando notò il computer.
"Serve a leggere, scrivere e cercare cose importanti, è un oggetto che usiamo noi umani."
"E quelle cose con gli spaghi che ho preso?"
"Le scarpe? Le infiliamo per tenere i piedi caldi e al sicuro, come se tu le mettessi sulle zampe."
"Ma non mi servono."
"Lo so, era un esempio."
Taylor cercò su internet Nomi per draghi e trovò vari siti in cui la gente chiedeva consigli su un nome da dare a un drago, di solito perché stava scrivendo un romanzo fantasy.
"Che ne dici di Spike?”
"No" disse il piccolo.
Un no secco, quindi Taylor non insistette.
"E ti piace Crimsyn? È un nome che in gallese significa cremisi, secondo me suona bene."
“No, è brutto.”
A Taylor piaceva, ma non protestò.
“E Sorin? Deriva dal rumeno sole.”
"Sì, lo adoro!"
Taylor sorrise.
Sorin era un nome dolce, gli si addiceva.
"Che ne dici se dormiamo un po'?"
Si misero entrambi a letto e il drago si accoccolò fra le gambe della sua nuova mamma, addormentandosi quasi subito. Taylor si mise a sedere e gli fece una carezza sul muso, poi lo lasciò stare.

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Capitolo 4
*** Il nascondiglio ***


CAPITOLO 4.

 

IL NASCONDIGLIO

 
Il giorno dopo si svegliò e gli diede da mangiare altri pezzi della bistecca avanzata, stavolta imboccandolo e lui gradì molto quel gesto. Taylor lo percepì attraverso il contatto mentale.
"Come hai dormito?" gli chiese, prendendolo in braccio.
"Bene, questo posto è comodo."
"Si chiama letto e queste sono le coperte. Letto, coperte" ripeté, indicandole come avrebbe fatto con un bambino.
Il draghetto ripeté quei nomi e annusò il lenzuolo, poi prese a giocare con i capelli di Taylor, squittendo a più non posso. Lei lo lasciò fare, guardandolo in adorazione. Era così bello e indifeso. Come si poteva non amare una creatura come quella? Il drago le mise una zampa sulla mano, nel punto in cui partiva la fiamma. Taylor si scostò, terrorizzata all'idea di un'altra scarica di energia, che però non arrivò. Rimise la mano vicino alla zampa di Sorin e lui rifece il gesto di qualche secondo prima. Fu solo allora che la ragazza si rese davvero conto di quanto fosse piccola la sua zampetta rispetto alla mano. Lei e il drago erano diversi, eppure si volevano bene e un forte legame li univa. Appartenevano a due specie differenti, ma anche se in poco tempo si erano affezionati l'uno all'altra e viceversa e niente e nessuno avrebbe mai spezzato il filo dell'amore che li legava. Taylor lo amava in modo simile a come si vuole bene a un figlio, o almeno così pensava, perché altrimenti il suo cuore non si sarebbe gonfiato di gioia e riempito sempre più d'amore ogni volta che il drago la guardava.
"Dobbiamo andare in un posto" gli disse, alzandosi con lui in braccio.
Il draghetto spalancò gli occhi, probabilmente incuriosito nel vedere il mondo da quella prospettiva.
"Dove?"
Lei indossò in fretta qualcosa di caldo.
"In un luogo in cui sarai al sicuro."
"Ma anche qui lo sono."
"Parla piano, i miei stanno ancora dormendo. Non sanno niente di te, prima devo parlargliene e non puoi stare qui. Io ti voglio bene, Sorin, ma noi umani non siamo abituati ai draghi, per noi sulla Terra non esistono, capisci?"
"Credo… credo di sì" rispose, incerto.
Come fanno a non esistere? pensava intanto il drago e Taylor lo sentì attraverso la loro connessione.
Uscì di casa dopo aver preso le chiavi e iniziò a parlare più forte.
"È difficile da spiegare, a te che conosci ancora poco il nostro mondo. Qui non esistono la magia e tutte le creature fantastiche come i draghi, le viverne, le fate, le streghe, i maghi e altre."
"Perché?"
"Perché per noi sono cose che ha inventato l'uomo per raccontare delle storie."
"E perché le ha inventate?"
"Voleva spiegarsi alcune cose strane che vedeva e ha trovato quel modo."
"Ma se le ha inventate, allora esistono!"
Taylor sospirò.
Non sarebbe mai riuscita a fargli capire il proprio punto di vista.
"D'accordo, senti." Si fermò nel bel mezzzo di una strada, tanto non passavano macchine. Il drago era nascosto sotto i suoi capelli. "Non importa, okay? Non è necessario che tu capisca. Sappi solo che io ti voglio bene e che si sistemerà ogni cosa."
"Promesso?"
"Promesso."
Gli diede un bacio sul muso e lui rispose leccandole il naso. La sua lingua era ruvida e molto calda, ma non scottava.
La ragazza procedeva piano per non far cadere il drago, rallentata anche dai cinque centimetri di neve caduti in quei giorni su Los Angeles. L'inverno lì non la portava spesso e quando accadeva era sempre una festa. Condivise con il drago il fatto che aveva giocato a palle di neve con i genitori e il fratello in quei giorni e che si era divertita un mondo.
"Cos'è questa roba bianca per terra?" chiese Sorin, guardandola con curiosità.
"Si chiama neve, è acqua ghiacciata che scende dal cielo. Molti amano giocarci in mezzo."
"Posso provare? Dai, mamma, ti prego!"
"Un'altra volta, ora ti devo nascondere."
Si zittì perché stava arrivando una persona e si sarebbe fatta qualche domanda se l'avesse vista parlare da sola. Camminò senza guardare il drago, fingendo di osservare la neve per terra. Per fortuna si era infilata i guanti e un paio di calze pesanti. Era ancora in pigiama e si stava congelando, ma non si arrese.
Arrivata al parco lo attraversò di corsa, sentendo la neve scricchiolare sotto i piedi e sopra il ghiaino che di solito ricopriva il terreno. Corse fra l'erba, sporcandosi le ciabatte e bagnandosi le calze, ma non ci badò. Arrivata nei pressi del capanno di legno si fermò a riprendere fiato e delle voci al suo interno la colpirono.
"Che strano. Di solito qui non viene nessuno."
Sorin si agitò sotto i suoi capelli.
Sopravvivrà al freddo dell'inverno? pensò Taylor.
Prima non se l'era chiesto, non le era venuto in mente. In Eragon Saphira riusciva benissimo a resistere alle temperature fredde, forse era per questo che non ci aveva dato peso, ma non era detto che per il suo drago valesse lo stesso. Avvertì la curiosità del cucciolo nei confronti di un insetto che volava intorno a loro-
"Fermo, non seguirlo" gli ordinò Taylor.
Ma la sua volontà non fu abbastanza forte, perché il drago scese dalla sua spalle e cominciò a svolazzare a qualche centimetro da terra, cercando di prendere la mosca. Il draghetto rise. Taylor si stupì che i draghi potessero farlo, ma si abituò subito a quel suono. Era dolce e allegro, come la risata di un bambino piccolo.
"Vieni subito qui" gli intimò, temendo di essere scoperta.
Se chiunque si trovava nel capanno fosse uscito e avesse visto il drago, Dio solo sapeva cosa sarebbe potuto accadere. Ma Sorin non rispondeva ai suoi comandi, il contatto mentale si era interrotto. Era stato lui a farlo, Taylor l'aveva percepito come se un filo si fosse staccato dalla corrente. Provò a ripristinarlo, ma non ci riuscì. Non sapeva come fare. Cercò il drago con la mente, pensò a lui mentre questi correva in giro per il parco e lei lo inseguiva. Sorin si rotolava fra l’erba e rideva un sacco. Alcuni ragazzi uscirono dal capanno mentre Taylor rincorreva il drago fuori dal parco. Le mancò il respiro quando il piccolo si lanciò in mezzo alla strada.
"Fermo!" urlò la ragazza.
Ma il piccolo prese a volare sopra la sua testa e poi si lanciò in picchiata sul terreno, atterrando in piedi. Il respiro di Taylor era affannoso, mentre un senso di nausea le invadeva lo stomaco. Ringraziò il cielo di non aver ancora fatto colazione. Ogni muscolo era teso per l'agitazione e non faceva che inseguire il drago per quella lunga strada, richiamandolo
"Ma cos'è quello?" chiese un ragazzo.,
L'avevano visto.
Oh no!
La sua mente lavorava frenetica. Doveva prenderlo, o sarebbe accaduto il finimondo. Una macchina passò a grande velocità proprio vicino al drago. Non lo investì per un pelo. Taylor gridò, si gettò in avanti in mezzo alla polvere e prese il draghetto per la criniera e se lo mise sulla spalla, sotto i capelli.
"Tutto bene?" le chiese un ragazzino. "Che era quel coso?"
Non l'aveva visto alla perfezione, a quanto pareva, forse non aveva notato le ali, o almeno così Taylor sperava, e si augurò che fosse lo stesso anche per i suoi amici.
"un coniglio. Lo tengo libero in casa e non mi sono accorta mi stesse seguendo. Ora lo riporto indietro. Comunque sì, stiamo bene, grazie."
"Sei pallida come una morta" le disse una dei tre ragazzini.
"Jess, per favore. Scusala, sa essere troppo diretta, a volte. Io sono Matt" si presentò quello biondo, mentre gli altri due erano una castana e uno bruno.
"Taylor." Gli strinse la mano. "Che ci fate qui fuori a quest'ora?"
Erano poco più grandi di lei.
"Stiamo aspettando che le nostre famiglie si sveglino per fare un picnic tutti insieme" rispose Jess, "e abbiamo pensato di fare un giro. Tu?"
Doveva andar via di lì, prima che il drago si facesse scoprire. Il piccolo fece quella sorta di fusa contro il suo orecchio e Taylor rimase in silenzio per qualche secondo, in attesa. I tre non avevano notato nulla.
"Una passeggiata di mattina presto." Controllò l'orologio. Erano le otto. Si era presa a letto e aveva fatto tardi, doveva sbrigarsi prima che i suoi si svegliassero. Certo, era domenica, ma non si poteva mai sapere. "Ora devo andare, scusatemi."
Li salutò in fretta e furia ignorando le loro domande su dove stesse andando e si defilò. Dato che il capanno non era un posto sicuro, l'unico dove avrebbe potuto mettere il drago per qualche giorno era la soffitta. Lì i genitori avevano già guardato e ci andavano poco, c'era una camera che usavano solo per gli ospiti e che non pulivano spesso. Pensò anche di riportarlo nel ripostiglio dove l'aveva trovato, ma se ai suoi fosse venuto in mente di darci un'occchiata l'avrebbero scoperto.
"Ora torniamo a casa, ma dovrai stare nascosto per un po'. Farai il bravo?"
"Sì" rispose il piccolo, accoccolandosi di più contro il suo collo.
Avrebbe dovuto sgridarlo, ma aspettò di arrivare a casa. Entrò chiudendosi piano la porta alle spalle e non trovò nessuno, ogni cosa era ancora immersa nel buio. Tirò un sospiro di sollievo così lungo che le parve di non aver respirato per minuti interi. Salì le scale in punta di piedi e stava per dirigersi in soffitta, quando Austin uscì dalla sua camera, ancora in pigiama e con gli occhi cisposi.
"L'hai nascosto?" sussurrò.
Lei gli raccontò quanto accaduto. Il legame mentale, intanto, si era ripristinato, sentiva la presenza del drago nella sua coscienza.
"Vuoi che venga con te in soffitta?"
"Sì, mi farebbe piacere, e anche a lui, vero piccolo?"
Il draghetto squittì.
I tre si diressero al nascondiglio.

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Capitolo 5
*** Un po' di tempo insieme ***


Con lei parlava in libertà, esprimeva le sue emozioni più intime, e lei lo comprendeva meglio di chiunque altro.
(Christopher Paolini, dal libro Eragon)
 
 
 

CAPITOLO 5.

 

UN PO’ DI TEMPO INSIEME

 
Una volta di sopra, Taylor mise il drago sul letto. La coperta era comoda e calda, sarebbe stato bene.
"Vuoi prenderlo in braccio?" sussurrò ad Austin, per non svegliare i genitori.
"Ci… ci provo." Il ragazzino si avvicinò alla creatura e la toccò. "È così caldo."
"Sì, ma è un calore piacevole, non trovi?"
Lui sorrise e annuì, poi sollevò il draghetto fra le braccia. Questi lo guardò con curiosità.
"Ah, a proposito, sa parlare."
"Cosa?"
Il grido di Austin rimbombò per la stanza.
"Sì, lo so che è strano, ma è così. Su, Sorin, di' qualcosa."
"Ciao" disse questi, allegro.
Per poco il ragazzino non lo fece cadere. Balzò all'indietro, ma quando il drago lo guardò con i suoi occhi dolci si calmò.
"Ha una voce molto delicata, sembra un bambino."
"Già."
Dopo un po', i due sentirono i genitori alzarsi.
"Ora dobbiamo andare" disse Austin al cucciolo, "ma torneremo presto."
"Tu fa' il bravo e riposa, ti porterò da mangiare" gli assicurò Taylor.
Provò a seguirli, ma la ragazza si mise in contatto con lui mentalmente.
Resta qui gli ordinò e inssstette fino a quando il piccolo non comprese e si rannicchiò sulla coperta.
"Sono andato a buttar via i frammenti d'uovo, prima" le spiegò Austin mentre scendevano le scale. "Così mamma e papà non si renderanno conto di nulla. E ho messo a posto gli oggetti. Sai che non potremo tenerlo nascosto per molto, vero?"
"Tenere nascosto cosa?" chiese il padre dalla cucina.
Ma come diavolo aveva fatto a sentirli?
"un regalo per un amico di Taylor" rispose subito il ragazzino, mentre la sorella stava ancora cercando una risposta convincente.
Non credeva che suo fratello fosse così bravo a dire bugie. Non le era mai piaciuto mentire, ma in quell'occasione per il momento non poteva fare altro.
"Che regalo?"
Intanto i due fratelli avevano raggiunto i genitori in cucina e si erano seduti al tavolo davanti a un piatto di pancake alla marmellata.
"Un CD, mamma" rispose Taylor.
La famiglia parlò del più e del meno, poi il padre propose di andare a fare una passeggiata nel bosco. La ragazza rifiutò. Per quanto amasse la natura, doveva studiare e stare con Sorin. Gli altri tre partirono promettendo di tornare entro un paio d'ore.
"Divertitevi!" esclamò Taylor, poi andò di sopra.
Aprì un quaderno per gli appunti e cominciò a riassumere un capitolo del volume di storia. Si faceva sempre degli schemi per riuscire a ricordare meglio i concetti, soprattutto in quella materia piena di date. Avrebbe voluto essere brava come la sua amica Abigail, che in storia aveva sempre ottimi voti. Fece rotolare la matita sul tavolo. Non riusciva a concentrarsi, la sua mente andava sempre a quella piccola creatura che ora si trovava al piano sopra il suo.
Non posso andare da lui, devo studiare pensò.
Lavorò per un'oretta, poi si stancò. Di solito era diligente e il giorno dopo avrebbe avuto un'interrogazione e un tema in classe di inglese, ma la sua mente era piena di altre preoccupazioni oltre allo studio. Lasciò tutto lì com'era e salì al piano di sopra, anche perché le era parso di sentir piangere. Il drago stava pigolando come la notte precedente. Taylor tornò in cucina e tagliò a fettine un paio di wurstel, che scaldò in microonde prima di portarli al cucciolo.
All'inizio non lo trovò. Non era più sul letto, né in nessun'altra parte della stanza. Non c'era niente, lì, a parte una televisione su un mobile, quindi non era difficile capire dove si fosse infilato. Eppure lui piangeva, con la voce e con quel pigolio, sembrando un bambino bisognoso di cure e affetto.
"Dove sei?" chiese Taylor, che correndo per cercarlo rischiò di sbattere contro un muro, ma si fermò appena in tempo.
Il pianto si faceva sempre più rabbioso e straziante. La ragazzina si avvicinò ai piedi del letto e fu lì che lo sentì. Come aveva fatto a non accorgersene prima? Il piccolo si era infilato sotto le coperte. Non appena lei le sollevò, sgusciò fuori e strisciò verso il cuscino, dove si sdraiò a pancia in su.
"Tesoro, dov'eri finito?"
Taylor gli grattò la testina e gli solleticò il pancino con un dito, avendo il piacere di sentirlo ridere.
"Mamma, mamma!" esclamava il piccolo. "Dov’eri?"
"Avevo da fare, te l'ho detto."
"Voglio giocare!"
Sorin si mise a saltare sul letto e Taylor lo accontentò. Lo fece rotolare sul materasso, poi gli solleticò il collo e di nuovo la pancia e mosse le mani per farsi prendere. Sorin spostava contemporaneamente gli artigli per afferrarla e portarsi le sue dita alla bocca, che però non mordeva mai.
"Hai le zampe sporche di terra" gli disse.
Immaginando che il cucciolo fosse troppo piccolo per riuscire a lavarsi bene da solo, decise di fargli un bagno. Lo portò di sotto, mentre lui si guardava intorno sempre più incuriosito, e aprì l'acqua calda del lavandino. Ne fece uscire una certa quantità, poi ci mise dentro del bagnoschiuma e immerse il cucciolo. A contatto con l'acqua il piccolo rise e mosse le zampette per giocarci. Iniziò così una battaglia di schizzi d'acqua che bagnarono il pavimento.
"Ti piace l'acqua, eh Sorin?"
Taylor era affascinata. Più lo guardava, più imparava a conoscerlo e ad amarlo. Scoprì che non gli piaceva quando gli lavava le orecchie, si metteva a piangere e diventava isterico, mentre adorava il momento in cui gli passava le mani sulla pancia e sulla schiena. Gli massaggiò anche il collo, poi quando il drago fu pulito e profumato, lo tirò fuori dall'acqua.
"Adesso ci asciughiamo. Questo si chiama phon" disse mostrandogli l'oggetto. "Farà un po' di rumore, ma non devi spaventarti, non ti farà del male."
Quando lo accese, il piccolo scappò via e si nascose sotto il divano, appiattendosi sul pavimento.
"Sorin, vieni fuori."
"No, quello è un mostro!" esclamò il piccolo, tremando tutto.
Taylor si inginocchiò vicino a lui e abbassò la testa fino a trovarsi alla sua altezza.
"Non è un mostro, fa solo un rumore forte, ma non devi preoccuparti. Ti prometto che non ti succederà niente. Ti fidi della mamma?"
Lui strisciò verso di lei e si lasciò prendere in braccio e asciugare.
"Ecco, adesso sei a posto. Torniamo di sopra. Comunque," proseguì guardandolo seria, “non si fa quello che hai fatto prima. Non si scappa, non si attraversa la strada e se la mamma ti chiama tu devi venire e starle vicino, capito? È pericoloso, avresti potuto farti male.”
Aveva alzato la voce per far capire che era una cosa importante e il piccolo si era messo a fissarla con i suoi grandi occhi azzurri.
“Scusa, mamma” mormorò.
Lei gli diede un bacio.
“Ti perdono, ma non farlo più.”
Una volta su il piccolo mangiò i wurstel, poi si addormentò fra le braccia di Taylor. La ragazza rimase a guardarlo per un tempo indefinito, sorridendo ogni volta che lo sentiva russare. Il piccolo ogni tanto apriva un occhio, ma lo richiudeva subito e faceva dei sospiri profondi che le riempivano il cuore di tenerezza. Chissà cos'avrebbe pensato sua nonna Marjorie di quel draghetto. Le sarebbe piaciuto? Taylor sperava di sì.
"proteggilo, nonna" disse guardando il cielo.
Era morta un anno prima e la ragazza non aveva ancora affrontato bene il dolore. Era tornata, pian piano, a una vita normale dopo il lutto, ma non avrebbe mai superato quella perdita, lo sapeva e non c'era giorno nel quale non pensasse al fatto che la sua amata nonna non c'era più. Ancora ricordava la marmellata o il budino che preparavano insieme, o le lunghe passeggiate che facevano. Per lei era stata come una seconda mamma.
E poi guardò Sorin. Chissà dov'era la sua, di mamma. Chissà com’era arrivato lì, in casa loro, ancora chiuso nell'uovo. Avrebbe voluto chiederglielo, ma era sicura che il piccolo non avesse una risposta. Sarebbe rimasto un mistero. Comunque, anche lui aveva perso qualcuno, la mamma, che forse era morta o forse no, ma in ogni caso Taylor dubitava che l'avrebbe ritrovata. Tutti e due avevano perduto un caro, ma ora avevano trovato amore e conforto l'uno nell'altra. Il loro incontro non era stato casuale.
Sorin le sfiorò la mente.
"Ti manca molto tua nonna?" chiese, con voce dolce.
"Sì, tantissimo. Non ho mai superato questa perdita."
"Devi reagire e andare avanti, lei vorrebbe così" le dicevano i suoi familiari, ma per Taylor era difficile.
La psicologa da cui andava da alcuni mesi per affrontare quella perdita era convinta che un anno fosse poco per superare un lutto e la ragazza era della stessa opinione.
"Cos'è una psologa?" domandò ancora Sorin.
"Psicologa" lo corresse lei  con gentilezza. "È una donna che mi aiuta a stare meglio. Parlo con lei di come mi sento e mi dà una mano."
"mi dispiace per tua nonna."
In quel momento il drago sembrava cresciuto, diceva cose più profonde e meno infantili. E Taylor aveva l'impressione di potergli dire tutto, di avere la possibilità di essere onesta con lui al cento per cento e che lui, in qualche modo, l'avrebbe compresa.
"Beh, ma ora starai meglio di sicuro" continuò il piccolo.
"Ah sì? E perché?"
"Perché ci sono io, no?"
Taylor gli diede un bacio.
"Hai ragione."
"Giochiamo? Giochiamo?"
Ora era tornato a comportarsi come un bambino e ciò la fece sorridere.
"Sarai stanco, è meglio che tu dorma un altro po'."
"Non sono stanco, voglio giocare!" insistette lui.
"Ti prometto che lo faremo più tardi o domani."
"Taylor, siamo a casa!"
La voce della mamma la riportò alla realtà.
"Arrivo!" esclamò, ma svegliò il draghetto che prese a lamentarsi. "Shhh, non piangere."
Forse se gli avesse cantato una canzone, il piccolo si sarebbe calmato. Taylor amava i bambini, aveva sempre avuto un grande istinto materno e le ninnenanne funzionavano sempre con loro. Una l'avrebbe fatto anche con un cucciolo di drago? L'avrebbe scoperto solo provando.
"Come stop your crying
It will be alright
Just take my hand
Hold it tight
I will protect you
From all around you
I will be here
Don't you cry
For one so small,
You seem so strong
My arms will hold you,
Keep you safe and warm
This bond between us
Can't be broken
I will be here
Don't you cry
 
'Cause you'll be in my heart
Yes, you'll be in my heart
From this day on
Now and forever more
You'll be in my heart
No matter what they say
You'll be here in my heart always
 
Why can't they understand the way we feel?
They just don't trust what they can't explain
I know we're different but deep inside us
We're not that different at all
[…]"
Aveva cantato la seconda strofa pensando alla possibile reazione dei genitori o di chi avesse visto il drago. Forse non avrebbero capito né la forza del loro legame, né accettato la sua presenza.
“Ci penserò dopo” si disse la ragazza.
Sorin sbadigliò, fece qualche versetto e poi si riaddormentò. Taylor sorrise, lo rimise sulla coperta e gli diede un bacio.
"Ci vediamo dopo" mormorò.
Fu difficile separarsi da lui, ma non aveva scelta. Doveva scendere, o i genitori avrebbero scoperto il suo segreto.
Taylor e il fratello passarono il pomeriggio a giocare con il drago. Finsero di studiare, ma in realtà andarono di sopra e lo fecero divertire con una pallina che rotolava sul pavimento.
“Ancora, ancora!” esclamava il piccolo inseguendola.
La sera, mentre scendeva, Taylor rinnovò in silenzio la promessa fatta al suo piccolo Sorin: qualunque cosa fosse successa, non si sarebbero mai persi di vista.
 
 
 
CREDITS:
Phil Collins, You'll Be In My Heart
 
 
 
NOTA:
1. la nonna di Taylor si chiamava davvero Marjorie ed è morta quando la ragazza aveva quattordici anni.
2. Non so se sia stata in terapia dopo la morte della nonna, ho inventato.

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Capitolo 6
*** Rivelazioni ***


CAPITOLO 6.

 

RIVELAZIONI

 
Passarono due giorni. Taylor trascorreva ogni minuto possibile assieme al drago, a volte si portava addirittura i libri e i quaderni per studiare in soffitta e lui la osservava seduto su uno scatolone. In quel breve lasso di tempo Sorin era cresciuto, diventando il doppio della sua taglia originaria e ora assomigliava a un giovane coniglio sulla via per diventare adulto.
"Taylor, come va la scottatura?" le chiese la mamma quella mattina a colazione. "Ci hai messo la crema?"
I genitori avevano notato la fiamma sul suo braccio, ma lei era riuscita a convincerli che non si trattasse di quello e che, invece, si fosse scottata facendo il tè.
"Meglio, mamma, grazie. E sì, ci ho messo la crema che mi hai comprato in farmacia."
"Bene. Posso vedere?"
Il rossore della fiamma si era attenuato molto, così la madre si tranquillizzò.
"Non capisco come tu faccia ad avercela di questa forma" le disse, ma se si fece altre domande non vi diede voce.
Taylor sapeva che avrebbe dovuto raccontare tutta la verità ai genitori, solo che non aveva idea di come.
Una volta a scuola, aspettò la pausa pranzo e continuò a fissare l'orologio appeso al muro. Riusciva a percepire la coscienza del drago anche  a una grande distanza. Stava esplorando i dintorni della casa dalla finestra lasciata aperta. Sorrise al pensiero delle immagini mentali che le stava mandando, di case, giardini, piante e fiori. Chissà come doveva essere bello il mondo visto da così in alto.
"Stai aspettando qualcosa?" le chiese la sua amica Abigail.
"Di tornare a casa."
"Ti stai annoiando?"
"No, ma ho una cosa che devo dirti dopo."
In pausa pranzo, una volta finito di mangiare, la ragazza la prese in disparte. Uscirono in cortile e si accomodarono su una panchina.
"Che c'è?"
"Non ci crederai mai!" esclamò Taylor con un gran sorriso.
"Dai, dimmelo."
"Ho un drago."
Prima che l'altra potesse mettersi a ridere, la ragazzina si affrettò a spiegare cos'era successo.
"Mi stai prendendo in giro, per caso? Perché se è uno scherzo, l'hai davvero architettato bene."
"No, ti giuro che è la verità. Ti mostro una foto."
Prese il cellulare dallo zaino e gliela fece vedere. L'aveva scattata il giorno prima.
"Mio Dio! Non ci posso credere. È pazzesco. Ma com'è possibile?"
Abigail fissava la fotografia come se si fosse trattato di un extraterrestre.
"Non lo so, ma è capitato. Vuoi conoscerlo?"
"Certo che sì!"
"Vieni da me dopo la scuola, allora."
Dopo aver finito le lezioni e avvertito la madre, Abigail salì in autobus con Taylor e andarono a casa di lei insieme. Una volta dentro, la ragazza venne accolta con calore da Scott, Andrea e Austin.
"Vuoi qualcosa da bere, cara?" le chiese la donna.
"No grazie, sono a posto."
"Mamma, noi andiamo di sopra a studiare" disse Taylor.
Le due salirono in soffitta. In quel momento il drago entrò volando. Stava masticando qualcosa.
Sa procurarsi il cio da solo, allora. Bene!
Abigail fece un balzo all'indietro.
"Ma che diavolo…"
"Te l'ho detto, è un cucciolo di drago, ma non fa niente di male. Vero, piccolino?"
"Vero" rispose questi, felice di rivedere la mamma e appollaiandosi su una sua spalla.
"Allora non dicevi una bugia quando mi hai spiegato che sa parlare!"
Abigail teneva la bocca aperta, in evidente stato di shock.
"Ti ho mai mentito?"
L'altra negò.
"Vuoi prenderlo in braccio?"
"Ehm, non so se sia il caso, magari gli faccio male."
"Ma no, tranquilla."
Taylor glielo passò con delicatezza e Abigail se lo strinse al cuore, solleticandogli i fianchi con un dito. Lui rise e si dimenò.
"Sta' fermo" sussurrò la ragazza.
"È un cucciolo, cosa ti aspetti?"
"Hai detto che si chiama Sorin?"
Intanto il draghetto accarezzava Abigail su una guancia con una zampetta.
"Sì."
"È un bellissimo nome, molto allegro ma anche dolce."
"Già, lo penso anch'io. E a lui piace."
"Sì, sì!"
Il draghetto si agitò dopo averlo detto e volle tornare da taylor.
"Devo solo farci l'abitudine, ma mi sta simpatico."
La ragazza fu felice per le parole dell'amica.
Le due passarono le ore seguenti a studiare e ogni tanto a giocare con il drago. Gli facevano il solletico, gli nascondevano un oggetto da qualche parte e gli chiedevano:
"Dov'è?"
e lui doveva cercarlo, oppure gli facevano inseguire un gomitolo di lana. Sorin correva, rideva e si divertiva come un matto.
"Ragazze, a tavola!" chiamò Andrea.
Le due, affamate, scesero in fretta e fu solo quando arrivò in cucina che Taylor si accorse che Sorin era dietro di lei. Si era dimenticata di dirgli con la volontà di restare lì dov'era.
Che stupida sono stata! E ora?
"Taylor, cos'è quel coso?" chiese Scott alla figlia.
Che fare? Mentire o dire la verità? Scelse di provare con una bugia.
"È il coniglio domestico per il progetto di scienze. Una mia compagna me l'ha dato perché non poteva tenerlo."
"Mamma!" esclamò Sorin, volandole in braccio.
"I conigli non parlano, Tay" le fece notare la mamma. "E poi come mai oggi non l'abbiamo visto, se l'hai portato a casa?"
"Perché…"
"Basta bugie. Taylor Alisson Swift, dicci la verità" tuonò il padre. "Sai che non mi piace quando menti."
Il drago iniziò a piangere, ma la ragazza lo calmò con parole dolci. Abigail e Austin rimanevano in silenzio.
"Questo è un drago." E così, Taylor raccontò anche a loro quanto accaduto. "Ora sapete tutto" concluse.
"Allora era lui il ladro in casa!" esclamò Andrea. "Ma i draghi non esistono nella realtà, come fa a essere qui?"
"Ho smesso di domandarmelo, mamma, altrimenti impazzisco. Mi dico che è successo e basta."
"Incredibile" borbottò Scott. "E perché hai preso i nostri oggetti?"
"Mi piacevano" rispose il piccolo.
"Non sapeva cosa fossero, gliel'ho spiegato io. Ma ho rimesso tutto a posto, come avete visto" spiegò ancora Taylor.
"Io l'ho aiutata, sapevo tutto" aggiunse Austin.
"Se siete scioccati, siete in buona compagnia" disse Abigail.
Tutti cenarono continuando a parlare del drago, che ogni tanto si avvicinava per mendicare qualche pezzo di carne.
"Cos'hai intenzione di fare?"
"Tenerlo, papà. Posso, vero?"
Sorrise, convinta che i genitori avrebbero capito. Aveva parlato loro anche della fiamma e del significato che aveva.
"Tesoro, un drago deve volare libero e correre, non può stare in una casa anche se non cresce molto. Dobbiamo liberarlo" disse Andrea.
Taylor si incupì all'istante.
"Ma là fuori è pericoloso! Morirà!"
"Non succederà. Tutti i draghi ricordano il loro luogo d'origine" disse Austin.
"Come fai a saperlo?"
"Sto leggendo un libro sull'argomento."
Taylor decise di fidarsi delle parole del fratello.
"Ma io e lui siamo collegati! C'è una connessione fra noi" insistette la ragazza. "Non possiamo separarci."
"Taylor, ascoltami." Le parole di Sorin la fecero voltare verso di lui. "I tuoi genitori hanno ragione, io devo andare." La sua voce era cambiata, dopo la trasformazione. Si era fatta più profonda, ma era sempre dolcissima. "Devo vedere il mondo, scoprire se ci sono altri della mia specie o trovare il mio posto, che non è qui fra gli umani. Ma non ti dimenticherò mai e ti prometto che potrai cercarmi con la mente ogni volta che vorrai. Io ti risponderò dovunque sarò e mi farò sentire tutti i giorni. E tornerò a trovarti. Non dimenticherò mai la strada per arrivare a questo posto. Tu mi hai salvato la vita, ora è il momento che io trovi la mia strada."
Taylor trasse un profondo respiro.
"Va… va bene" disse con un singulto, mentre il groppo che le si stava formando in gola iniziava a far male.
Aprì la finestra e il drago le si accoccolò addosso, stringendosi a lei con le sue piccole zampe. Taylor lo abbracciò forte e lo riempì di baci.
"Ti vorrò sempre bene" le disse Sorin, con voce rotta.
"Anch'io." Alcune grosse lacrime rotolarono dagli occhi della ragazza sul corpo del drago, ma lui non parve infastidito. "Non dimenticarti di me."
"Non potrei mai, ma non farlo nemmeno tu."
"Te lo prometto."
Non si dissero addio, perché quello per entrambi era solo un arrivederci. Taylor guardò il suo piccolo amico volare sul davanzale della finestra, prendere una piccola rincorsa, spiccare un balzo e guizzare via nel vento.
"Ciao!" gridò la ragazza e la sua voce si perse nell'aria.
"Ciao!" rispose Sorin da lontano.
Taylor si aggrappò al davanzale così forte che le nocche le diventarono bianche. Avrebbe voluto librarsi in aria come un uccello e correre dietro al suo drago, dirgli di tornare, che avrebbero trovato una soluzione, ma non era possibile. Lui si trovava già lontano, chissà dove, e lei era lì, in quela casa, con la sua famiglia e la migliore amica. Voleva bene a tutti loro, ma il dolore per l'allontanamento di >Sorin era insopportabile.
"Tay, sei pallidissima." La ragazza tremava da capo a piedi, così la mamma la fece sedere e le diede dell'acqua. "Bevi piano."
Anche fare un'operazione semplice come quella si rivelò un’impresa, ma con lentezza riuscì a finire l'acqua recuperando un po' di colore. Poi, all'improvviso, mentre il suo petto bruciava di dolore e ogni respiro le costava uno sforzo immane, un velo nero la avvolse.
 
 
Taylor aprì gli occhi. Tremava e respirava con affanno e le ci volle qualche secondo per capire dove si trovava. Non era più nella casa dei genitori, a sedici anni di età. Quello era stato solo un sogno. Un bellissimo, strano sogno dato probabilmente dal fatto che era ancora intontita dall'anestesia dopo l'operazione agli occhi.
"Sarebbe stato bello avere davvero un drago" mormorò la ragazza, stiracchiandosi come una gatta.
Allungò la mano destra e toccò qualcosa. Pensava fosse Meredith, o magari Olivia o Benjamin Button, i suoi gatti, invece trovò un peluche. Accese la luce e lo guardò meglio. Era in tutto e per tutto uguale a Sorin.
"E questo da dove arriva? Io non l'ho comprato."
Pensò che l'anestesia le stesse facendo un altro scherzo. Chiuse gli occhi più volte e li riaprì pensando si trattasse di un altro sogno, ma il peluche le restava accanto.
"Ciao, piccolo" mormorò, stringendoselo al cuore. "Sei tornato da me. Non ti lascerò mai più."
Si addormentò con lui accanto, sperando di sognarlo almeno un'altra volta.
 
 
 
NOTA:
Taylor ha davvero fatto un'operazione agli occhi, anche se non sono riuscita a scoprire che problema avesse.

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