Love at first carie

di leila91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non tutti i mali... ***
Capitolo 2: *** ... vengono per nuocere. ***



Capitolo 1
*** Non tutti i mali... ***


Love at first carie
1.) Non tutti i mali...
 




Per quella che doveva essere la dodicesima volta in meno di un minuto, Anthony J. Crowley - AJ per gli amici - si ritrovò a imprecare.

Quasi fosse dovuto a una punizione divina, il dente cariato scelse proprio l’istante successivo per presentare le sue rimostranze davanti all’impropero lievemente colorito e l’ennesima fitta di dolore si propagò lungo la mascella del giovane.

Crowley gemette, rassegnato, e si aggiustò alla bell’e meglio sulle poltrone della sala d’attesa, stendendo davanti a sé le gambe eccezionalmente lunghe che non gli consentivano praticamente mai di trovare una posizione decente, a meno di sedersi su una sdraio da spiaggia.
Per fortuna essere l’ultimo paziente della giornata voleva dire dire che nello studio non era rimasto nessuno che potesse lanciargli occhiate di disapprovazione per il suo stare stravaccato: era dalle elementari che le maestre lo tormentavano con discorsi riguardanti la postura errata che in futuro gli avrebbe sicuramente provocato problemi alla schiena.
Miracolosamente invece, la schiena di Crowley aveva, come si suol dire in altri ambiti, tutte le curve al posto giusto, per merito dell’attività fisica che l’uomo non si era mai fatto mancare.
A poco più di trent'anni il giovane era diventato proprietario di uno dei negozi di fiori più rinomati di Londra, che un’amica di sua madre, Agnes, gli aveva lasciato in eredità da pochi mesi.
Crowley aveva cominciato ad aiutarla in negozio quando era ancora uno studente di botanica, e tramite quel lavoretto, oltre ad aiutare i suoi a pagare l’università, si era appassionato ancora di più al suo ambito di studi.
Agnes aveva ammirato da subito il suo impegno, per quanto disapprovasse bonariamente invece i metodi poco convenzionali di AJ riguardanti l’urlare contro le povere piantine sulle quali osava spuntare malauguratamente qualche macchia. Fatto stava che sollevare ogni giorno pesanti sacchi di terra e concime, spostare vasi senza fornirsi di ausilii e andare in palestra due sere a settimana lo avevano reso assai tonico e resistente.
Crowley non aveva problemi a riconoscere che parte del successo del negozio fosse dovuto al fatto che il suo aspetto fisico e la sua spettacolare chioma di capelli rosso fuoco, attirassero la clientela di ambo i sessi come il nettare le api.

Nell’attesa che arrivasse finalmente il suo turno e quella tortura avesse fine, Crowley vagò con la mente alla sera precedente, quando si era lasciato convincere da Hastur, il suo coinquilino, a provare una fetta della torta preparata dal nuovo compagno di lui, Ligur.
Già semplicemente dall’aspetto il dolce urlava “diabete gratuito e istantaneo” in qualunque lingua conosciuta e non ma Crowley doveva un favore all’amico e non se l’era sentita di farlo sfigurare davanti al compagno.
C’era un motivo però, se non mangiava praticamente mai i dolci, e come aveva temuto, quel piccolo assaggio si era dimostrato letale per il suo canino inferiore.
Da piccolo era rimasto traumatizzato da un evento molto simile e aveva passato un decisamente brutto quarto d’ora sulla poltrona del dentista. Non aveva messo più piede in quei luoghi, che a suo dire erano peggio di un girone infernale, da quando aveva circa diciotto anni ed era stato costretto a farsi estrarre un dente del giudizio.

La vibrazione del cellulare lo fece riscuotere.
Parli del diavolo, pensò, visualizzando il messaggio di Hastur.

“Ehi, Viper!” diceva il whatsapp dell’amico, “ne avrai ancora per molto?”
Crowley alzò gli occhi al cielo, con un piccolo sbuffo. Avrebbe tanto voluto saperlo anche lui.
“Nessuna idea, Frog. La ragazzina prima di me ci sta impiegando le ore. Non che sia impaziente di farmi frugare la bocca da qualche vecchio bavoso, ma vorrei togliermi il pensiero.”
Rispose, sorridendo come sempre quando si ritrovava a leggere i soprannomi che lui e Hastur si erano dati a vicenda, in seguito a dei tatuaggi rappresentanti un serpente e una rana, fatti qualche anno prima.

Il messaggio successivo gli fece aggrottare la fronte per le faccine ammiccanti che Hastur aveva inserito come chiosa finale.

“Oh, tranquillo, Bee mi ha assicurato che il dottor Fell è tutto tranne che vecchio e bavoso, if you know what I mean ;)”

Beelzebub, detta Bee, era la sorella di Hastur, ed era stata lei a indirizzare Crowley allo studio dentistico Fell & Co, trovandogli un appuntamento all'ultimo secondo.

Prima che potesse indagare oltre circa quell’affermazione criptica, l’infermiera che lo aveva fatto accomodare al suo arrivo, fece capolino nella sala.
“Anthony J. Crowley?” chiese.
Crowley si trattenne dal darle una risposta sarcastica riguardante la sua memoria da pesce rosso: lo aveva registrato solo un’ora fa, per Satana!
Si alzò dalla sedia facendo un cenno di assenso e la ragazza sorrise di rimando.
“Il dottor Fell la sta aspettando.”

Crowley la seguì verso la sala delle torture, dalla quale proprio in quel momento sbucò la ragazzina che era entrata prima di lui.
La piccola aveva gli occhi attaccati allo schermo del cellulare e pertanto si ritrovò a investire Crowley in pieno.

“Guarda dove vai, vecchio!” ebbe pure il coraggio di berciargli contro, subito dopo.

Preso completamente in contropiede da quell'epiteto Crowley quasi non riuscì a formulare una risposta decente e non ne ebbe definitivamente più modo quando, dietro la ragazzina, comparve anche il misterioso dottor Fell.

“Pepper! Modera il linguaggio, piccola peste o la prossima volta puoi anche scordarti che ti porti le figurine di Star Wars che avanzano ad Adam.”
La bambina scosse la criniera di ricci neri che teneva raccolti in una coda, e si allontanò con una veloce linguaccia.
“Va bene, Azi. Chiedo scusa, nonno.”
Crowley la fissò ancora esterrefatto, prima di concentrare la sua attenzione sul nuovo arrivato e… beh, alla faccia del vecchio bavoso, effettivamente.
L’uomo si ritrovò improvvisamente con il fiato corto.

Il dentista davanti a lui doveva avere all’incirca la sua età ed era l’uomo più singolare e, Crowley non aveva alcun problema ad ammetterlo, più bello, che avesse mai visto in vita sua.
Occhi chiari della stessa sfumatura del cielo, capelli biondi e ricci, e quel tipo di fisico rotondo e tornito per il quale Crowley aveva da sempre un debole.
In aggiunta il dentista sembrava vestito come un gentiluomo del 1800, con tanto di panciotto e papillon di tartan.
Crowley non riusciva a credere ai suoi occhi. Aveva davanti a sé un angelo in carne e ossa.

Quel ben di Dio in tartan stava dicendo qualcosa e Crowley dovette usare tutta la sua forza di volontà per ricomporsi e ascoltare cosa gli stesse chiedendo l’altro.
“... l’amico di Bee, giusto? Cara ragazza, ha cominciato da poco a uscire con mio fratello Gabriel, anche se ho provato a dissuaderla. Lui sa essere un idiota totale a volte. Allora mi dica, ragazzo mio, di cosa si tratta?”

Crowley aveva pensato a decine di risposte diverse, la prima delle quali prevedeva presentarsi con nonchalance e un sorriso seducente, confermare di essere l’amico di Bee e infine spiegare per quale fortunato incidente avesse avuto bisogno d’urgenza di un dentista.
Ah, e magari lasciar scivolare in qualche modo nella conversazione quanto fortunato fosse stato a capitare nelle mani di quello che sembrava un vero e proprio angelo del paradiso.

Ciò che uscì dalla sua bocca, invece, fu più o meno un “Ngk”.




Aziraphale non vedeva l’ora che quella giornata finisse.
Il signor Shadwell, primo paziente della mattina, aveva messo a dura prova la sua pazienza fin da subito con tutte le sue solite fanfaluche riguardanti la "presenza delle streghe fra noi". Le cose non era migliorate con il passare delle ore, specialmente dopo aver appreso che nella lista degli appuntamenti figurasse anche quella piccola calamità a nome Pippin Galadriel Moonchild, detta Pepper, compagna di classe del suo figlioccio Adam.
Come se non bastasse, Beelzebub Flies lo aveva chiamato supplicandolo di trovare un buco per un suo amico che aveva bisogno di vedere un dentista il prima possibile. E Aziraphale non aveva avuto cuore di rifiutare un favore a quella che, ad oggi, pareva essere la più papabile fra le candidate a futura cognata.

“Ti costerà caro, Bee. Questa sera speravo di finire a un orario decente.”
“Fidati, Azi, in realtà ti sto facendo un favore.”


E nel guardare lo splendore ramato davanti a lui, ora Aziraphale capiva perché.
Anthony J. Crowley raffigurava in tutto e per tutto il suo uomo ideale: alto, dinoccolato, magro, ma allo stesso tempo prestante, e con una spettacolare chioma di capelli rossi. Sembrava sprizzare sesso da ogni poro e gli occhiali scuri, che curiosamente non aveva tolto nonostante fossero al chiuso, gli davano un’aria sofisticata e misteriosa al tempo stesso.
Aziraphale sentì il cuore accelerare contro la sua volontà.
Deglutì e cercò di darsi un tono.

“Buonasera, sono il dottor Fell.” esordì con voce sicura e squillante, “lei deve essere l’amico di Bee, giusto? Cara ragazza, ha cominciato da poco a uscire con mio fratello Gabriel, anche se ho provato a dissuaderla. Lui sa essere un idiota totale a volte. Allora mi dica, ragazzo mio, di cosa si tratta?”

“Ngk.”

Aziraphale da prima credette di aver sentito male. Una volta appurato che le sue orecchie in realtà, funzionavano benissimo, non riuscì a resistere e scoppiò in una fragorosa risata che fece diventare il povero paziente del colore dei suoi capelli.
Perlomeno contribuì anche a rompere il ghiaccio.

“E pensare che mi avevano detto che per essere un dentista non sembro affatto minaccioso. A sentire molti assomiglio di più ad un libraio,” Aziraphale si asciugò le lacrime passandosi l’indice sotto gli occhi, mentre anche Crowley, contagiato dalla sua risata, si era finalmente lasciato andare.

“Se devo essere onesto avevo pensato più a un angelo.” 

Oh.
Aziraphale si ritrovò ad arrossire furiosamente alla prima frase di senso compiuto del rosso, che, non contento, si tolse gli occhiali e gli fece addirittura un occhiolino.
“Pensi che potremmo lasciare da parte il lei e darci del tu? Considerate le amicizie in comune e che abbiamo praticamente la stessa età…”


“Ahem, s-sì, direi di sì,” fu il turno di Aziraphale di balbettare e di rimanere incantato davanti agli occhi dell’altro: erano di un colore particolarissimo, quasi ambrati.
Quello sguardo dorato si fece improvvisamente più audace, quasi famelico.

“Anthony J. Crowley, come penso saprai già,” si presentò quelli ufficialmente,“posso sapere il tuo nome, dottor Fell?”

Oh sì, il ghiaccio era stato decisamente rotto.
Aziraphale sorrise tendendo la mano: “Aziraphale,” rispose e l’altro fece una cosa che lo mandò letteralmente fuori di testa. Se la portò alle labbra per depositarvi un bacio leggero.
“E’ davvero un piacere conoscerti, angelo.”






Angelo.
Angelo angelo angelo.


Aziraphale, concentrati! Probabilmente ti stava solo prendendo in giro.

Il dentista diede nuovamente una sbirciata dubbiosa a Anthony chiamami-Crowley-per-favore che, sotto l’effetto dell’anestesia gli sorrideva come un idiota, in attesa che l’altro azionasse il trapano per rimuovere la carie.
E nel frattempo...

“Per Satana, quanto devono essere morbidi quei capelli. Posso accarezzarli?”
“Ti hanno mai detto che sembri uscito da un quadro di Rubens?”
“Lo sai che hai gli occhi più belli che abbia mai visto?”

Oh per l’amor del…
Aziraphale alzò i suddetti occhi verso il soffitto, divertito suo malgrado da quella situazione, ma anche incerto sul come prendere tutti quegli improvvisi complimenti: erano sinceri o dovuti all’evidente sbornia da novocaina? Accantonó momentaneamente la domanda.

“Ti direi di chiudere la bocca, ma in realtà ho bisogno che tu la tenga bella aperta.”
Oddio, e questa da dove gli era uscita?

Crowley, come forse era prevedibile, non si lasciò sfuggire quell’imbeccata servita su un piatto d’argento e il suo sguardo, da imbambolato, si fece a dir poco malizioso.

“Ma davvero, Doc? E dimmi, cosa pensavi di infilarci esattamente?”

Aziraphale non si lasciò impressionare, ben consapevole di avere il coltello dalla parte del manico.
La sua bocca si piegò in un ghigno che ebbe il potere di risultare dolce e sadico al tempo stesso.
“Che ne dici di questo?” rispose mellifluo, mostrandogli il trapano.
Il sorriso di Crowley si spense con una rapidità che aveva del comico e Aziraphale quasi si sentì in colpa nel cominciare a fare, finalmente, il lavoro per cui veniva pagato.




La carie per fortuna non si dimostrò troppo ostica da otturare, sebbene fosse insolitamente profonda per quella estensione.
Aziraphale spense il trapano e dopo aver ripulito l’arcata inferiore preparò un piccolo risciacquo di colluttorio.
Crowley lo prese senza fare storie, o meglio, quasi.

“Ghn, sa di menta.”
“Lo so, è quello per i bimbi grandi. Avevo finito la versione alla coca cola.”

Crowley tirò su la testa e lo fissò incredulo.
“Stavo scherzando!” Aziraphale non riusciva a credere a quanto naturale gli venisse ridere in compagnia di quel semi sconosciuto.

Crowley rispose con una smorfia e una linguaccia.
“Sei davvero un piccolo bastardo, dottor Fell. Non dovrei stupirmi considerato che fai uno dei lavori più sadici al mondo. Decisamente poco adatto a un angelo come te.”
Aziraphale arrossì e si rabbuiò al tempo stesso. “Non ho udito proteste da parte tua, prima. Ma forse eri solo troppo fatto di novocaina.”
Il rosso si grattò la nuca, improvvisamente a disagio. “A tal proposito,” cominciò, “temo di essermi lasciato sfuggire troppe cose in mezzo al delirio, ti chiedo scusa.”
Aziraphale alzò un sopracciglio: “le pensavi davvero?” chiese.
Crowley sorrise dolcemente, e questa volta Aziraphale potè capire con certezza che fosse sincero: “A dire la verità, sì.”
“Allora le scuse non servono,” decretò il dentista ricambiando il sorriso, il suo cuore che faceva le capriole.
“Davvero? Neanche per quando ti ho chiesto che cosa volessi infilarmi in bocc-”
“Non sfidare la sorte, bestia malvagia, o ti anestetizzo di nuovo!”

“Bestia malvagia? Davvero? Ma da quale secolo sei uscito, angelo?” Crowley rise di gusto poi recuperò gli occhiali e se li rimise.
Fece per tirare fuori il portafogli dalla giacca ma Aziraphale lo fermò: “Anathema mi ha informato che è già tutto a posto,” disse riferendosi alla sua segretaria, “Bee se n’è occupata in anticipo, si sentiva responsabile perché mi ha chiesto di trovarti un posto con pochissimo preavviso.”
“Sono davvero felice che l’abbia fatto, angelo.” Il sorriso di Crowley doveva essere qualcosa di illegale, pensò il dentista, specialmente se combinato a quella voce così roca.
Tossicchiò e chiese: “Perché continui a chiamarmi così?”

“Che ne dici se te lo spiego domani sera a cena?” propose Crowley, con un ghigno da predatore. “Avanti, lasciati tentare!” insistette vedendolo incerto, “se non posso pagare per il salvataggio dalla carie, lascia almeno che ti offra… diciamo delle crepes?”

Aziraphale s’illuminò all’istante.
“Hai appena pronunciato la parola magica!”


(Fine prima parte)













 

ALLORA.
Cos’è tutto questo, vi starete chiedendo? Del puro e semplice fluff condito con una massiccia dose di self-indulgence, perché sì, finisco sempre così quando si tratta degli Ineffabili ahahaha.
Pertanto, se le situazioni descritte vi suoneranno poco realistiche… avete ragione, ma tant’è :P
Oh, è anche il mio primo human!AU su questi due ^^: la seconda parte arriva fra una settimana circa, e vi avviso, è ad alto rischio di carie (Io e Azi ci siamo messi d’accordo: una percentuale per ogni paziente che gli procuro.)
Che dite, la pianto? Sì, va’.
Ringrazio di cuore come sempre Bea, per il betaggio e per il suo fiuto per i titoli. Anche se ammetto che pure “Tinder Tender” mi tentava moltissimo (ciao, Light :P)
Scherzi a parte, vi ringrazio di aver letto fin qui, spero di avervi fatto sorridere un po’ in questi tempi bui e tempestosi.

A settimana prossima!
Bennina vostra, che vi supplica di lanciare solo pomodori maturi.


Edit: un ringraziamento speciale anche a Mask89, che se no si offende :P (ti si vuole bene. Circa.) 

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Capitolo 2
*** ... vengono per nuocere. ***


2.)... vengono per nuocere.

 


 
“Il Ritz? Davvero? Non ti sembra un po’ esagerato come posto per un appuntamento con una persona che hai visto una sola volta?”
“Lascialo in pace, Hastur. Non vedi che sta cercando di fare colpo?”

Crowley alzò gli occhi al cielo, mentre cercava di concentrarsi sul nodo alla cravatta: era da secoli che non ne metteva una e si stava rivelando una sfida più ardua del previsto.
“Io ho già fatto colpo, grazie tante,” sibilò, compiaciuto, sottolineando con orgoglio il 'già', “e comunque l’idea del Ritz è stata di tua sorella,” continuò rivolto ad Hastur, “pare sia uno dei desideri segreti di Aziraphale, cenare là.”

“Oooh, ma che dolce,” Hastur mise su un tono esageratamente svenevole, “vuole fare una sorpresa al suo angioletto. Come in quella vecchia canzone che-ahio!”

Crowley non lo lasciò finire e gli lanciò addosso una scarpa.
In fondo però se l’era cercata: avrebbe dovuto immaginare che raccontare ai suoi diabolici amici anche la questione del soprannome non sarebbe stata una buona idea.
Tuttavia, per quanto fastidiosi potessero essere Hastur e Ligur, in quel momento Crowley era fin troppo allegro e compiaciuto per darci eccessivamente peso.

Lui e Aziraphale non avevano fatto altro che scambiarsi messaggi per tutta la giornata, e per buona parte della sera prima, scoprendo con piacere che quella sintonia e quell’attrazione iniziale non erano dovute a una sbandata momentanea - o nel caso di Crowley, alla novocaina - ma avevano davvero un fondamento concreto.

Aziraphale era affascinante, intelligente e spassoso: in sintesi, una delle persone più stimolanti che Crowley avesse mai conosciuto.
Il dentista non si era risparmiato diverse battute autoironiche sul suo lavoro - alcune delle quali erano riuscite a far arrossire Crowley -, e aveva condiviso con lui parecchi aneddoti divertenti, la maggior parte riguardanti la sua segretaria a tempo perso, Anathema, che a quanto pare aspirava a diventare un’occultista (qualunque cosa volesse dire.)
Il suo tono invece si era fatto molto più dolce nel raccontare a Crowley del suo figlioccio undicenne, Adam, figlio di alcuni carissimi amici di famiglia.

Crowley non ricordava di aver mai provato tanta attrazione per qualcuno in vita sua, fisicamente, ma ancora di più mentalmente.
Si era sempre rifiutato di credere all’amore a prima vista o alla storia dell’anima gemella, e adesso eccolo lì,  eccitato come un adolescente alla sua prima cotta, all’idea di rivedere quell’angelo.

Si diede un’ultima occhiata allo specchio, il suo occhio critico alla ricerca di qualcosa che non andasse, ma il nodo della cravatta era posto e i capelli in ordine.

Recuperò la giacca e se la gettò dietro la spalla.
“Non aspettatemi alzati. Au revoir!”

“Che significa au revoir?” sentì chiedere a Ligur.
“E’ francese. Forse un vino.” fu la risposta di Hastur.






Aziraphale sperò di non aver esagerato: Crowley gli aveva detto di vestirsi elegante ma senza sbilanciarsi oltre e non aveva lasciato trapelare indizi su dove sarebbero andati a cena.
Il giovane si era appena richiuso il portone di casa alle spalle quando udì il suono di un clacson.
Si voltò in quella direzione e per poco non rimase a bocca aperta come il personaggio di un cartone animato: Crowley era appena arrivato alla guida di una vera e propria Bentley degli anni trenta!
L’uomo si sporse dal finestrino, zazzera rossa e immancabili occhiali da sole.

“Salta su, angelo!”
Esclamò con un sorriso da gatto del Cheshire.
Aziraphale non se lo fece ripetere.
“Crowley, è pazzesca!” esclamò, eccitato, richiudendosi la portiera alle spalle, “ma dove sei andato a recuperarla?”
“Era di mio nonno,” rispose l’altro, compiaciuto, “mi ci è voluto un po’ per rimetterla a nuovo, ma ne è valsa la pena.”
“Anche meccanico? Sei pieno di sorprese, non c’è che dire.” ridacchiò Aziraphale, incantato.
“Oh, angelo, non immagini quante.” gongolò Crowley, con tono furbo..


Giunsero a destinazione una decina di minuti più tardi, grazie a quella che Aziraphale non avrebbe saputo definire che una guida diabolica.
L’eccitazione per l’auto d’epoca si era esaurita in fretta e il giovane aveva passato tutto il tragitto tenendo gli occhi semichiusi e lanciando piccole imprecazioni, che avevano suscitato l’ilarità dell’altro.
“Smettila di ridere e pensa a tenere d’occhio la strad-attento a quel pedone!”
“Quello cammina in mezzo alla strada, saprà cosa rischia.” Notando che l’altro non aveva apprezzato la battuta, Crowley si era affrettato a tornare serio. “Rilassati, angelo, conosco queste vie come le mie tasche.”



Una volta arrivati, da vero gentiluomo, Crowley si precipitò ad aprire la portiera al compagno, godendosi i suoi squittii deliziati nell’accorgersi di quale fosse il ristorante.
“C’è dietro lo zampino di Bee, non è vero?” chiese Aziraphale, con gli occhi che brillavano e ottenendo in cambio un occhiolino assai eloquente.

La facciata del Ritz toglieva il fiato, ma il ristorante dall’interno era ancora più bello di come Aziraphale se l’era immaginato.
Si guardò intorno incantato e improvvisamente a disagio: forse avrebbe dovuto indossare delle scarpe diverse o lasciare perdere il papillon, o-
Un leggero tocco di labbra sulla sua fronte lo riscosse completamente.
Crowley si era piegato verso di lui, quasi avesse percepito il suo nervosismo.
“Sei bellissimo,” soffiò e Aziraphale si chiese come fosse possibile aver incontrato un uomo tanto perfetto.

Un cameriere comparve in quel momento e dopo un piccolo inchino li fece accomodare al loro tavolo.
Si occupò Aziraphale di ordinare per entrambi: ormai era chiaro chi fosse fra i due l’esperto di buona cucina e Crowley lo lasciò fare con piacere, allungando una mano verso di lui quando ebbe finito.

“Mi fa piacere che ti sia ripreso dalla mia, com’è che l’hai definita? Guida infernale,” ridacchiò imitando la voce del compagno.
“Se io sono l’angelo, mi sembra solo che giusto che tu invece faccia la parte del demone,” rispose Aziraphale, impertinente.
Lo sguardo di Crowley si accese di malizia e Aziraphale avvertì una scarica di adrenalina lungo tutto il corpo.
“Significa che ho il permesso di tentarti?” chiese il rosso, con un tono fin troppo allusivo.
“Oh, non ti sarà così facile. In qualità di angelo ho ricevuto un addestramento speciale per resistere alle seduzioni,” stette al gioco Aziraphale, sebbene ogni singola fibra del suo corpo gli stesse urlando di cedere, cedere all’istante e al diavolo la cena.

No, un momento. La cena no.
Controllati, Azi, siete in un luogo pubblico, per l’amor del cielo!


“Se è una sfida preparati a perdere, angelo,” soffiò Crowley, avvicinandosi pericolosamente.
“Vorrei farti presente che ancora non mi hai spiegato il perché di questo soprannome,” ci tenne a puntualizzare Aziraphale, allungandosi a sua volta, ma l’arrivo dei loro piatti interruppe quel momento giocoso.

Aziraphale osservò le due portate, che avevano un aspetto veramente delizioso, con gli occhi che brillavano.
Dovevano essere una vera ghiottoneria, si disse, con l’acquolina in bocca.

Un pensiero improvviso si fece largo nella sua mente e lo portò a piegare le labbra in un ghigno impercettibile.
Alla faccia dell’angelo: quella che aveva appena avuto era decisamente un’idea diabolica.






Quel piccolo bastardo lo stava facendo apposta, Crowley ne era certo.
Ma questo invece di infastidirlo, lo attraeva ancora di più.
Ormai era sicuro di essere cotto a puntino, senza possibilità di ritorno.

Mmmh.”

Ed eccolo di nuovo, l’ennesimo mugugno che andò a infiammare le sue parti basse.
Aziraphale aveva cominciato in quella che sembrava una maniera innocente: un piccolo gemito di apprezzamento non appena assaggiato il suo risotto ai funghi.
Peccato che poi quei versi di godimento fossero continuati a ogni singolo boccone, come se il giovane fosse in preda a be’… un’estasi di ben altra natura.
Crowley stava rischiando di perdere il suo autocontrollo, il cervello partito per la tangente alla sola idea di quali altri suoni sarebbe stato effettivamente capace di emettere Aziraphale, una volta che l’avesse avuto tutto per sé, nell’intimità del suo appartament-

“Mmh, va tutto bene, caro? Mi sembri un po’ accaldato.”
Ngk.
Aziraphale rise di gusto, portandosi la forchetta alle labbra per finire l’ultimo boccone del dessert, una favolosa crepe con crema di pistacchio e contorno di fragole.
“Sempre così eloquente… vuoi forse ammettere la sconfitta?”
Qualche minuto prima Crowley piuttosto si sarebbe dannato, ma adesso…
“Ti conviene finire quel dolce entro dieci secondi, dottore, o rischieremo di farci bandire a vita da qui per oltraggio al pudore,” ringhiò, mentre con la mano faceva segno a un cameriere di portare il conto.
“Uh, ma caro, non sai che mangiare troppo velocemente aumenta il rischio di carie?” Aziraphale si stava divertendo come non mai.
Crowley gli gettò un’occhiata a metà fra l’esasperazione, la furia, e il totale arrapamento.
“Aziraphale, finisci quella dannatissima crepe se non vuoi che ti carichi in spalla all’istante.”
“Per carità, non sia mai.” rispose Aziraphale divertito, e si affrettò a fare come suggerito dall’altro.



Venti minuti più tardi, la meta stabilita era diventata il negozio di Crowley.
Sul retro c’era una dependance che Agnes utilizzava quando non aveva voglia di rientrare a casa e che adesso era diventata ad uso esclusivo del nuovo proprietario.
Nessuno li avrebbe disturbati lì.

Crowley aprì la porta senza guardare, troppo distratto dalle labbra di Aziraphale attaccate al suo collo.
Non si preoccupò nemmeno di accendere la luce, e navigò entrambi a memoria verso il letto a due piazze, facendoci cadere il compagno e intrappolandolo sotto di sé.
Gli occhi di Aziraphale brillavano come stelle, di gioia e desiderio.
A Crowley nel guardarlo per poco non mancò il fiato.
Gli passò dolcemente il pollice contro la guancia,  strusciandosi contro di lui e facendo contemporaneamente sfregare le loro erezioni.
Aziraphale fece le fusa.

“Ti voglio,” soffiò quell’angelo sceso in terra, e quella frase fu il permesso di cui Crowley aveva bisogno.

Si spogliarono in fretta, famelici, come se entrambi non avessero bramato altro dal primo secondo in cui si erano visti.

Aziraphale spalancò gli occhi quando vide il tatuaggio a forma di serpente che Crowley aveva sul collo.
“Un serpente?”
“Uhu,” mugugnò Crowley scendendo con le labbra a baciargli il petto.
Aziraphale gettò indietro la testa e artigliò le dita fra i suoi capelli ramati.
“C-come, come mai?” chiese, con la voce rotta.
“Se in questo momento sei più concentrato sul significato del mio tatuaggio che sul resto, vuol dire che non mi sto impegnando abbastanza,” rispose Crowley, lambendogli i capezzoli con la lingua prima di succhiarli.
Aziraphale gemette e perse momentaneamente il respiro.
Crowley rise, soddisfatto del risultato, poi, dopo che lo ebbe tormentato abbastanza, gli disse: “Snake è il mio soprannome, perchè sono piuttosto bravo a usare la lingua.”

E passò i minuti successivi a dare prova della sua affermazione.



Il mattino seguente, Aziraphale si svegliò con le membra indolenzite e un braccio agganciato attorno alla vita.
Si sentiva completamente in pace col mondo, la vita, l’universo in generale, e sorrise deliziato nel ripensare alla sera prima.
In particolare alla sua conclusione.

Crowley non si era accorto del suo risveglio e stava scrivendo qualcosa col suo cellulare.
Aziraphale gli depositò un bacio sul petto e sentì l’altro sussultare lievemente.
“Buongiorno, angelo,” gli disse sorridendo e stringendolo a sé, “stavo giusto parlando di te.”
“Uh?” Aziraphale alzò un sopracciglio, confuso.
“Stavo spiegando al mio coinquilino come mai non sono rientrato stanotte,” spiegò Crowley, strizzandogli l’occhio e lasciando da parte il telefono. “Meglio se ti risparmio i suoi commenti,” concluse con una smorfia.
A quelle parole il cervello di Aziraphale si attivò e il giovane si diede una manata sulla fronte.
“Gabriel! Mi sono completamente scordato di avvertirlo! Avrà probabilmente chiamato la polizia e-”
Si girò nell’abbraccio per cercare il cellulare, preparandosi a trovare decine di chiamate perse, ma stranamente non fu così.
Crowley non lo aveva perso d’occhio un secondo, divertito.
“Sono sicuro che, se non lo ha capito da solo, ci avrà pensato Bee a spiegargli che fine avessi fatto.”
“Probabilmente hai ragione,” concordò Aziraphale, sollevato.
E improvvisamente, decise il suo stomaco, anche molto affamato.

Una risata scosse Crowley, di fronte a quel gorgoglio che annunciava chiaramente che fosse ora della colazione.
Più tardi, si disse.
Più tardi ci sarebbe stato tempo di concedersi un secondo, e magari anche un terzo round.
Di mostrare ad Aziraphale il negozio, provocarsi a vicenda con altre battute di pessimo gusto sulle rispettive professioni, insomma godersi quel primo week end insieme senza tanti pensieri.
E chissà magari, tra le altre cose, spiegargli finalmente anche il perché del vezzeggiativo angelo.

Per adesso, mentre osservava l’altro rivestirsi intimandogli di fare altrettanto (“Ho fame, Crowley, datti una mossa!”) il rosso si limitò a passarsi la lingua sul dente otturato, pensando con ironia a come una cosa tanto fastidiosa come una carie avesse finito per renderlo tanto felice.

Alla fine quel famoso detto era proprio vero: non tutti i mali vengono per nuocere.












 

Chi trova tutte le citazioni della serie tv vince la mia fornitura di creme al pistacchio.
(Non è vero, dovrete passare sul mio cadavere.)
Come si diceva anche nelle note allo scorso capitolo: fuck the realism, all heil the self indulgence deheheh ^^”.
Traduzione: non prendete questa storia troppo sul serio.
Io spero vi abbia fatti sorridere, vi ringrazio di avermi tenuto compagnia e ringrazio in particolar modo chi ha recensito lo scorso capitolo e chi vorrà recensire questo. Il vostro entusiasmo mi ha resa davvero tanto felice, anche se sono un disastro a dimostrarlo.

Magari in futuro riprenderò in mano questo AU, per ora mi fermo qui :)
Un caldo abbraccio a tutti,

Bennina vostra, che corre a mettere sotto chiave il pistacchio.



(Vuoi leggermi in inglese e lasciarmi un kudos? Mi trovi qui)
 

 

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