Demiurgo di Dioni (/viewuser.php?uid=75011)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un uomo e il suo prezzo ***
Capitolo 2: *** La sacerdotessa ***
Capitolo 3: *** L'imboscata ***
Capitolo 4: *** Zanne e artigli ***
Capitolo 5: *** Gioco di squadra ***
Capitolo 6: *** Veni Vidi Vici ***
Capitolo 7: *** La città dalle bianche mura ***
Capitolo 8: *** La torre di Aegis ***
Capitolo 9: *** Accordo ***
Capitolo 10: *** Faccia a faccia con l'invasore ***
Capitolo 11: *** La furia alata ***
Capitolo 12: *** Una vecchia conoscenza ***
Capitolo 13: *** Un trattamento inaspettato ***
Capitolo 14: *** Intrusione ***
Capitolo 15: *** Altro giorno, altro incontro ***
Capitolo 16: *** Una tregua instabile ***
Capitolo 17: *** I pitagorici ***
Capitolo 18: *** Partenza ***
Capitolo 19: *** Trappola a Cherunensis ***
Capitolo 20: *** Tra l'incudine e il martello ***
Capitolo 21: *** Indigitamenta ***
Capitolo 22: *** Punizione ***
Capitolo 23: *** Innocenza e colpevolezza ***
Capitolo 24: *** Tra i campi di grano ***
Capitolo 25: *** Il fuoco della rabbia ***
Capitolo 26: *** Spirito e uomo ***
Capitolo 27: *** Odio ***
Capitolo 28: *** Il fuoco della passione,la forza dell'ambizione ***
Capitolo 29: *** Il medico ***
Capitolo 30: *** Un passato colmo di dolore ***
Capitolo 1 *** Un uomo e il suo prezzo ***
L'aria
era pregna di umidità dove fredde mura di pietra erano
segnate dalla
presenza di muffa, indicando di come la sotto l'ambiente fosse poco
curato e dismesso da tempo.
Nel
mentre, una figura magra sedeva su di un vecchio scranno di legno,che
posava vicino ad una grande tavola ricoperta interamente di pergamene
e papiri, i cui testi lasciavano traccia di chissà quali
misteri,
ormai perduti da tempo.
Geroglifico,runico,cuneiforme,latino,più
e più lingue testimoniavano la presenza degli scritti di
più
culture all'interno di quella camera sotterranea,eppure lui non
riusciva a trovare quello che più gli interessava.
L'uomo
era vestito di un lungo abito blu,vecchio,logoro e segnato dalle
intemperie,con un cappuccio tenuto sopra la testa e che l'unica cosa
che faceva vedere del volto era la lunga barba che arrivava allo
sterno.
Leggeva
avidamente il contenuto dell'ennesimo scritto in latino,un altro
foglio originario dell'impero,faceva fatica a scrutare quelle
informazioni,non che la lucerna ad olio posta sul tavolo non
aiutasse, ma la vista non era più quella di una volta.
"La
vecchiaia è una brutta bestia".
Disse
l'uomo con voce stanca e provata,erano ore che si era introdotto la
sotto,in quella rovina ormai dimenticata da tempo,la cui unica
testimonianza della sua esistenza era un antro artificiale,con due
colonne doriche scolpite nella roccia.
Una
volta passato l'ingresso l'uomo aveva attraversato camere sotterrane,
una grande sala disabitata ed infine la trovò.
La
biblioteca.
Una
camera molto grande, abbastanza da poterci tenere un intero
reggimento, interi scaffali ,ormai marci e corrosi dal tempo,facevano
da testimoni silenziosi,di un epoca ormai lontana.
Tutto
si stava svolgendo con una lunga e monotona calma,quando
all'improvviso,notò un punto in particolare,dopo tanto
passato su
quei fogli era giunto ad un punto interessante.
Per
sicurezza passò col dito sotto la parte interessata,come a
sottolineare quello specifico paragrafo,poi girò la
pergamena,costatando quello che cercava tanto ardentemente.
La
figura di uomo nudo,glabro,con la testa di un leone e con un serpente
ad avvolgerne il corpo.
"Eccoti,sapevo
che ti avrei trovato qui".
E
con queste ultime parole si alzò dallo
scranno,arrotolò la
pergamena e se la mise all'interno delle sue vesti.
Poi
spostò lo sguardo verso un bastone,era appoggiato al
tavolo,aveva un
lungo corpo di legno con una delle estremità appuntita,per
molto
tempo gli era stato utile come appoggio per i lunghi viaggi e
occasionalmente come arma improvvisata.
Lo
recuperò,prese anche la lucerna e se n'è
andò ripercorrendo la
strada per l'ingresso della rovina.
Ormai,l'utilità
di quel posto era passata in secondo piano.
"Mi
chiedo,se i tempi non siano maturi."
E
se ne andò,lasciando che l'oscurità e il silenzio
tornassero a
dimorare in quel luogo.
Il
sole splendeva come non mai e nel cielo dominava un azzurro limpido e
senza nuvole.
L'estate
portava con se un aria calda e piena di vita,ma quella mattina
soffiava un vento leggero e piacevolmente giocoso,quella doveva
essere una bella giornata.
Era
quello che pensava un uomo,a cavallo di una stupenda giumenta
pezzata,magra e dalla corporatura leggera,con addosso una semplice
sella di cuoio.
Il
suo cavaliere era un uomo alto,dai lunghi capelli neri,occhi marroni
dallo sguardo vivace e una barba rada e incolta gli copriva volto.
Indossava
una corazza di bronzo e le braccia erano scoperte,sotto indossava un
gonnellino in stoffa bianca e ai piedi portava dei calzari di cuoio e
poco sopra di essi due gambali di bronzo coprivano gli stinchi e le
ginocchia.
Per
la sua difesa personale era solito portare una corta spada
monofilare,leggermente ricurva verso l'interno e con una punta
particolarmente acuminata,mentre su un fianco del cavallo,avvolta da
un lungo panno di lana e legata con delle strisce di cuoio,vi era
custodita una lancia.
Guardava
l'ambiente intorno a lui,una vasta distesa di erba verde chiaro
é di
tanto un cipresso compariva alla sua vista.
In
quel momento stava percorrendo una strada sterrata è
più là lo
vide.
Il
villaggio di Lenistos.
"Già
sento l'odore della ricompensa."
E
con l'idea di una cospicua somma di denaro sbatté le briglie
e con i
talloni picchiettò leggermente i fianchi del
cavallo,spingendo la
cavalcatura ad una leggera corsa verso il piccolo centro abitato.
Ci
mise poco a raggiungere il villaggio,quel piccolo insieme di case
mescolate tra di loro,alcune di esse dotato di un piccolo recinto per
i maiali o le oche,era presenti anche le botteghe di un fabbro e di
un calzolaio e un piccolo tempio dedicato a Cerere,divinità
il cui
culto era comune tra gli agricoltori,gli allevatori e tutto
ciò che
aveva a che fare con la campagna.
Ma
non erano quelli gli edifici che attiravano la sua attenzione,no,lui
era tornato li per giungere al posto più chiassoso dei
dintorni,la
taverna.
Era
una semplice costruzione di legno a due piani,dotata di qualche
finestra e un tetto di paglia e una vecchia stalla sul retro per
poter far riposare i cavalli.
L'uomo
si avvicinò all'edificio,scese dal cavallo e
portò l'animale in una
delle celle della stalla,dove la sua cavalcatura si sarebbe potuta
rifocillare di foraggio e riposare le membra.
Spogliò
l'animale della sella,delle briglie,delle sue armi e di un grosso
sacco imbrattato di sangue che l'animale trasportava sopra il
posteriore,legò la spada al fianco e la lancia dietro la
schiena e
infine prese il sacco,per poi dirigersi verso l'entrata.
Una
volta entrato riconobbe un ambiente rumoroso e pieno di
vita,urla,schiamazzi e grida erano sempre presenti in questo genere
di ambienti,i contadini che si fanno due chiacchiere parlando del
più
e del meno,giovani avventurieri che freschi di carriera si riempivano
lo stomaco e discutevano di quale richiesta,dietro lauto compenso o
una coraggiosa impresa da intramprendere in nome della gloria ,chi
poteva dire se quello non fosse il loro ultimo pasto?
Tra
le tante persone che c'erano la dentro però n'è
cercava solo una in
particolare è anche molto appariscente,che vide molto
facilmente.
Era
seduto ad un tavolo,vicino ad un angolo della taverna,era vestito di
un lungo abito rosso,con il simbolo di un aquila dorata cucita nella
parte sinistra del petto,dal viso sembrava un ragazzo,forse aveva
quindici o sedici anni,ma poco gli importava,tanto,mica doveva farci
conoscenza.
Si
avvicinò al giovane,con aria strafottente e arrogante,cosa
che
faceva molto spesso e con molte persone.
"Sono
qui per quella richiesta riguardo l'uccisione di quel grosso lupo che
ha fatto la tana vicino alla strada maestra,ho ucciso la bestia
insieme al suo branco,ora sono qui per la ricompensa".
Il
ragazzo quasi intimorito si rivolse all'uomo con una certa timidezza.
"M-ma
certo,ha qualcosa che dimostra ciò che afferma?"
"Giudica
tu."
E
in un istante l'uomo svuotò il contenuto del sacco sul
tavolo è
senza troppe finezze,sul tavolo ricadde la testa mozzata di una
grossa bestia,sembrava la testa di un lupo,ma era innaturalmente
grande,tanto che in dimensioni eguagliava quella di un cavallo,grosse
zanne lunghe,bianche,spesse come un pollice,ricoprivano la grande
bocca,che con la lingua sul tavolo emanava un incredibile puzzo di
morte,mentre gli occhi,una volta vispi e feroci in quel momento
parvero spenti e privi di qualsivoglia traccia di vita, ormai passata
violentemente.
Il
ragazzo saltò sulla sedia, non aspettandosi di certo una
cosa
simile, sarebbero bastati anche una zanna, oppure un occhio per
confermare la sua morte, i mezzi per accertarsi della
veridicità dei
fatti certo non mancavano.
"Non
hai idea di quanto sia stato difficile tranciare le ossa del collo,
il bastardo ha voluto farmi sudare anche da morto".
"Capisco..."
Disse
il ragazzo fortemente impressionato dalla cosa.
"Allora,
questi soldi?"
Disse
l'uomo un po' impaziente.
Il
ragazzo si riprese dal macabro spettacolo che aveva di fronte e si
rivolse di nuovo al suo interlocutore.
"Si
si, subito.
Il
ragazzo si affrettò a infilare una mano dentro la veste e
n'è
estrasse un piccolo sacchetto di cuoio,lo mise davanti agli occhi e
poi pronunciò qualcosa che l'uomo non capì bene.
"Ecco
la sua paga, duemila cesari d'argento."
Disse
il ragazzo consegnando il compenso al proprietario della somma, che
appena ricevuto in mano fece saltellare il sacchetto, compiacendosi
della ricompensa tanto agognata.
"E
stato un vero piacere"
E
così dicendo, l'uomo si allontanò verso uno dei
tavoli vuoti della
locanda, pregustando l'idea del lauto pasto, che tra poco avrebbe
mangiato in tutta tranquillità.
L’uomo
passò una giornata piuttosto tranquilla, dopo aver ricevuto
la sua
paga per il lavoro svolto, ordinò una zuppa di lattuga,
carote e
lenticchie accompagnata con pane sfornato nella mattinata, seguita da
quaglia, aromatizzata con rosmarino e salvia e da bere un anfora di
vino rosso, dal sapore corposo e deciso.
Un
pranzo da re, infondo se lo era meritato, dopo tutta la fatica che
aveva fatto per stanare la bestia. Si era svegliato poco prima
dell’alba, con l’aria fresca del mattino ad
accoglierlo al suo
risveglio, dormendo all’addiaccio, con un paio di pelli di
pecora a
tenerlo caldo vicino al fuoco e come colazione solo pane raffermo e
carne di coniglio sotto sale, spense il fuoco e poi andò a
caccia.
Il
grosso lupo aveva fatto la tana in un boschetto vicino alla strada
principale, da qualche tempo, mercanti, messaggeri, pellegrini e una
truppa a cavallo dell’esercito imperiale, si erano imbattuti
nel
famelico predatore, fortuna che qualcuno stanco della situazione
aveva fatto richiesta alla prefettura locale di lasciare volantini su
di una cospicua somma di denaro a chi avesse ucciso la bestia.
Fortuna
per lui che di avventurieri c’è n’erano
pochi, avere a che fare
con mostri e individui di ogni sorta non era una vita facile. Orchi,
goblin, non morti, maghi folli, briganti, cultisti invasati,
licantropi, grifoni, draghi e la lista andava ancora avanti.
Fortuna
che a lui era toccato solo un lupo più grosso del normale.
Seguì
le tracce con minuziosa precisione, piano piano, lentamente, il
più
silenzioso possibile, fino a che non la vide.
La
tana della bestia.
Un
buco scavato a lato di un grosso rialzamento di terra,
all’apparenza
sembrava un luogo tranquillo, ma il buon senso gli diceva che era
meglio non fidarsi troppo delle apparenze, per questo aveva
già
estratto la lancia dalla sua custodia e la impugnò, con
presa salda
e sicura.
Si
avvicinò, quatto quatto, restando il più
possibile sottovento, per
non far sentire alla creatura il suo odore, cosa che lo avrebbe messo
in serio svantaggio, dato che combattere un lupo in una foresta era
già di per se un azzardo, specie se le voci dicevano fosse
grande
quanto un bue e che aveva una certa passione per la carne umana.
Si
avvicinò alla grotta, mentre puntava l’arma verso
l’antro della
tana, in attesa che la creatura attaccasse, ma non succedeva nulla,
non un ringhio, un guaito o qualsiasi altro verso giungeva
dall’entrata, era strano, troppo strano, c’era
qualcosa che non
quadrava.
Poi,
fu assalito da un dubbio, forse non era lui che si stava avvicinando
alla bestia, forse, era tutto l’opposto.
Ruotò
gli occhi, da un lato all’altro del suo campo visivo, ma non
scorgeva nulla, per istinto cominciò a indietreggiare
lentamente,
mantenendo la stessa identica posizione, non voleva dare alla bestia
l’idea di essersi accorto della situazione a suo svantaggio,
no,
era meglio restare calmi, non avrebbe permesso a quel lupo troppo
cresciuto di mangiare la foglia.
I
suoi muscoli erano tesi, la sua attenzione verso l’ambiente
circostante era al massimo, doveva solo attendere, essere paziente,
poi l’occasione si sarebbe presentata da se.
Infatti,
era proprio quello che accadde.
Un
leggero rumore di passi simile al galoppo di un cavallo si fece
sentire nell’aria, poi, ebbe la conferma subito dopo, quando
il
suono di un ramo spezzato lo fece girare verso di lui.
Ed
infine, lo vide, un grosso lupo, dal pelo grigio, molto più
grande
dei suoi simili, con occhi grandi quanto il pugno di un uomo e una
bocca così larga da inghiottire un bambino, se lo ritrovo
davanti
intento a balzargli addosso con tutto il suo peso.
Prontamente
l’uomo schivò l’assalitore con
prontezza, schivando all’ultimo
le zanne e con la stessa velocità contrattaccò,
menando un fendente
di taglio al costato dello sproporzionato molosso.
Subito
si girò puntando la lancia verso la fronte del lupo, in modo
dargli
fastidio, ma anche per ostacolarne la visuale.
“Certo
che sei bello grosso,spero che tu valga tanto oro quanto
pesi”.
Disse
l’uomo parlando tra se e se.
La
creatura cercò divincolarsi dalla punta dell’arma,
ma il suo
avversario continuava a tenerlo a distanza, sfruttando la gittata
della lancia per creare una sua zona sicura, abbastanza lontana dai
letali morsi della creatura.
Il
lupo tentava di avvicinarsi,continuando a mordere la parte lignea
dell'arma,nel tentativo di strappare via la lancia dalle mani
dell'uomo,ma senza ottenere alcun vantaggio,d'altro canto
però il
suo avversario umano tentava di colpire la grande bestia,ma
nonostante la sua stazza il lupo sembrava possedere riflessi molto
più svelti di quelli che dava a vedere.
All'improvviso
però la situazione cambiò totalmente,con un balzo
improvviso,il
grosso l'enorme bestia approfittò di colpo di lancia andato
a vuoto
per compiere un balzo,superare l'arma e affondare i denti nella testa
dell'umano,prontamente però l'uomo rotolò in
avanti evitando dal
basso l'ennesimo morso che avrebbe potuto staccargli la testa e la
bestia oltrepassò la sua preda.
Era
giunto il tempo di porre fine alla partita, sia l'uomo che il lupo
sapevano che quello era il momento adatto per portare il colpo
decisivo.
Entrambi
cercarono di riprendere posizione il più velocemente
possibile,ma
per quanto l'uomo potesse essere veloce il lupo lo fu di
più,che si
era subito girato e che aveva deciso di dare l'ultima carica contro
il suo inseguitore,tuttavia l'uomo non ebbe altra scelta se non
tentare il tutto per tutto,era ancora posato su di un ginocchio
quando decise di tenere la lancia con una mano sola,portare il
braccio fin dietro la testa,tendere il forte bicipite e fletterlo al
massimo della tensione,prendere bene la mira e poi,scagliò
la
lancia.
Il
volo dell'arma durò poco,poiché centrò
la creatura,penetrando la
gola e giungendo fino al cuore,che adesso era ridotto ad un
colabrodo,facendo così precipitare la bestia al suolo,senza
grazia,senza posa,solo il nudo terreno ad attutire il suo corpo ormai
prossimo alla morte.
L'uomo
si rialzò,si avvicinò all'animale e poi lo
guardò dritto negli
occhi,non più lo sguardo del predatore,feroce e indomito,ma
la
bestia sofferente che con occhi lucidi e carichi di sofferenza
trasmettevano il dolore che stava provando in quel momento.
L'umano
di fronte a lui sembrò indifferente alla cosa,il suo viso
non
trasmetteva gioia,n'è rimorso,n'è rabbia,era
li,mentre lo fissava
estrasse la spada,con una mano strinse sul manico e con l'altra sul
pomolo,poco alla volta mise la punta della spada alla base del collo
e lo fissò dritto negli occhi,per l'ultima volta.
“Nulla
di personale”
Disse
l'uomo con assoluta tranquillità,per poi affondare il colpo
con
entrambe le mani,tranciando l'ultimo fiato di vita del grande lupo,il
divoratore di passanti era morto,ma lui da tutto questo non aveva
tratto nessuna gioia,in compenso avrebbe tratto una somma generosa.
Ed
ora era li,in taverna a riempirsi lo stomaco con quel denaro
faticosamente sudato,un lavoro come un altro,tanto peggio,tanto
meglio.
Tra
non molto il ragazzo,quello dalla quale aveva ricevuto il
denaro,avrebbe informato i suoi superiori presso la prefettura che
poi avrebbe dato l'ordine di togliere la richiesta del mercante,dato
che ormai il compito era stato portato a termine,ma infondo a lui
cosa importava della burocrazia? Lui aveva fatto la sua parte,del
resto non gli importava più nulla.
Nel
pomeriggio passò da un fabbro presente nel villaggio,una
piccola
fucina,nulla di straordinario,ci andò per far rifare il filo
alle
armi,dato che si era rovinate contro il lupo,sopratutto la spada,che
non era adatta per essere utilizzata come coltello da macellaio e a
lavoro completato pagò e se ne andò.
Passò
il resto della serata senza fare nulla di
particolare,affittò una
stanza,nella quale si fece portare la cena,questa volta
mangiò solo
qualche tozzo di pane accompagnato con un po' di garum,una salsa
ottenuta con le interiora di pesce lasciate fermentare sotto
sale,mangiava seduto ad un piccolo tavolino di legno mentre
consultava una mappa della regione,se avesse continuato nel suo
percorso presto si sarebbe avvicinato ad Aegis,la città
stato che
non si era piegata di fronte alle legioni dell'impero di Nova,la
potenza incontrastata che da più di sette secoli dominava
svettando
le sue bandiere rosso sangue e le sue aquile dorate in giro per il
mondo conosciuto,dalle montagne di ferro dominate dai nani del picco
del drago,al reame di Marathel,dimora degli elfi silenti,fino a
giungere ai confini con il sabbioso regno di Amenosi,dove pochi
avevano visto di persona le grandi piramidi di pietra,rivestite di
stucco bianco e dalla punta d'oro,fino al mare di ghiaccio,oltre la
quale si dicesse che popoli primitivi e selvaggi vivessero a contatto
con divinità sanguinare e che praticassero culti altrettanto
brutali.
Insieme
al suo destriero,si era avventurato per una buona parte
dell'impero,viveva alla giornata,senza preoccuparsi troppo del
futuro,buona parte del denaro che spendeva veniva da quelle
commissioni che solitamente pochi osavano
accettare,avventuriero,cacciatore di taglie,guardia del
corpo,insomma,tutti lavori che una lama vagabonda come lui potesse
accettare,non ricordava nemmeno da quanto tempo ormai era in viaggio,
ma che importanza aveva pensarci adesso? Nessuna,caricarsi di
pensieri inutili non serviva a niente.
Passò
un ora ed infine chiuse la mappa e decise di andare a dormire,si
tolse l'armatura,poi le vesti,restando solo con un perizoma di
cotone addosso e si coricò a letto,in attesa che il sonno
prendesse
il sopravvento. Passarono poco più di due ore,a stento era
riuscito
a riposarsi quando sentì un rumore di passi,che pian piano
si
avvicinavano verso di lui,restò calmo,con gli occhi ancora
chiusi,non voleva dare l'impressione all'intruso di essere
sveglio,poi appena fu sicuro della sua mossa agì.
Aprì gli
occhi,notando nella penombra della stanza la lama di un pugnale
puntata sopra di lui,le sue mani si mossero più velocemente
della
sua mente,afferrando il polso del suo aggressore e con l'altra mano
andò a prendere il pollice della mano
estranea,l'afferrò saldamente
e glielo torse a tal punto da rischiare di spezzarglielo.
La
mano si aprì lasciando che la lama cadesse innocua sul
pavimento e
nel mentre,il guerriero avanzò il suo
contrattacco,liberandosi con
un veloce movimento di gambe e con una di esse tirò un
calcio con la
pianta del piede verso l'addome del suo avversario,che per reazione
al colpo fu spinto a terra,non ebbe nemmeno il tempo di agire che
subito si ritrovò la sua mancata vittima sopra di lui,con un
ginocchio appoggiato sullo sterno,impedendogli sia di muoversi che di
respirare normalmente e con l'altra gamba appoggiata a terra.
Il
guerriero sferrò un diretto dritto al setto nasale del suo
aggressore,con tale forza che gli fece sbattere la testa contro il
pavimento.
“Perché
hai cercato di uccidermi?”
Disse
lui freddo e tagliente.
Si
accorse che l'intruso era vestito con una semplice veste di cotone
grezzo nera e sulla schiena portava un mantello del medesimo colore
dotato di un cappuccio.
“Il
guerriero proveniente da una terra senza più nome
giungerà a
cavallo,per incontrare colei che lo spingerà verso il suo
destino,la
profezia diceva il vero”.
L'uomo
ebbe l'impressione di parlare con un folle,di cosa stava parlando?E
perché mai,qualcuno,in questo caso una donna,avrebbe dovuto
condurlo
verso cosa?Il destino?Lui?Era un guerriero che viveva la vita di
tutti i giorni solo allo scopo di restare in vita,non aveva
obbiettivi,non aveva grandi ideali per la quale combattere,lui
uccideva per mangiare,bere,dormire,mostro o persona che fosse,quel
genere di scemenze non gli interessavano.
“Tu
stai male,sicuro di non aver assunto troppa Belladonna?”
“Ridi
pure,ma il fato e già scritto,presto o tardi te ne renderai
conto
anche tu.
“Se
lo dici tu...”
E
detto questo l'uomo sferrò un poderoso gancio verso la
mascella del
suo aggressore che svenne al momento dell'impatto,il guerriero si
alzò e decise di vestirsi di fretta è
furia,infilò le vesti,mise
la corazza è una volta riarmato uscì dalla
stanza,diretto verso le
stalle,non sarebbe rimasto un attimo di più in quel
posto,dato che a
quanto pare,qualcuno voleva fargli al pelle. Non sapeva
perché,non
gli interessava e sopratutto non voleva restare per scoprirlo.
Uscì
dalla porta e subito scese al piano inferiore,dove ad attenderlo
c'erano due altri loschi individui,vestiti ed armati allo stesso modo
dell'aggressore precedente.
“L'oblio
ti attende,guerriero”
“Ma
che problemi avete nella testa?”
A
quel punto estrasse la spada e avanzò verso i due
sconosciuti,era
calmo e sicuro delle sue capacità,teneva la spada vicino
alla
coscia,senza nemmeno mettersi in posizione di guardia,tanto aveva
fiducia nelle sue capacità. I due assalitori si lanciarono
addosso
al loro bersaglio con i pugnali stretti nel pugno,contavano nel fatto
di essere in due per poterlo sopprimere con facilità.
Colpì il
primo con un rude affondo che all'uomo bastò scartare di
lato col
busto per farlo avanzare oltre la sua posizione e fargli mancare il
bersaglio,mentre il secondo attaccò di lato con un colpo
orizzontale
che venne subito parato,quello fu il momento di rispondere
all'aggressione. Per prima cosa colpì il secondo
incappucciato con
un affondo laterale verso il collo,che penetrò facilmente
nella
carne e passò le ossa del collo da parte a parte,uccidendolo
all'istante,il guerriero estrasse la lama facendo cadere il corpo a
terra,per poi rivolgersi verso il primo uomo.
“Riprovaci,magari
sarai più fortunato”.
Disse
l'uomo con fare arrogante,appena vide il suo avversario riprendersi
gli corse in contro e con un breve scatto gli si avvicinò e
con un
fendente verticale,dall'alto verso il basso fece uno squarcio che
andava dalla spalla fino al basso ventre e senza dargli il tempo di
reagire,sarebbe morto nel giro di poco.
“
E
invece no”
Era
meglio andarsene finché poteva,le persone alloggiate nelle
stanze si
sarebbero svegliate a breve e non sarebbe voluto restare li a farsi
farsi fare domande sull'accaduto,meglio andarsene il più
presto
possibile.
Uscì
dalla porta e si diresse immediatamente verso le stalle,una volta
giunto si avvicinò nel punto in cui aveva lasciato la sua
cavalcatura e quando arrivò notò che la sua
cavalla stava bene,la
cosa lo confortava molto,anche se nella fretta non lo diede a
vedere,di fretta e furia riuscì a legare la sella
all'animale per
poi salirvici in groppa.
“Più
veloce del vento Briseide”
La
giumenta si lanciò fuori dal suo recinto ma la sua corsa non
ebbe
nemmeno il tempo di cominciare che subito altri loschi individui
erano giunti alle stalle,questa volta erano almeno una ventina,in
gran numero potevano sembrare pericolosi,ma se presi singolarmente
erano piuttosto scarsi nel combattimento ravvicinato,senza contare
che loro erano a piedi e lui invece aveva un cavallo,per tanto
combatteva da una posizione privilegiata,si,avrebbe potuto farcela
anche in questa occasione,estrasse la lancia tenendola con una sola
mano,mentre con l'altra teneva le briglie.
“Sotto
a chi tocca”.
Disse
lui con fare di sfida,mentre con la lancia puntava nel mucchio di
fronte a lui. A quella risposta tutti gli incappucciati si lanciarono
verso l'uomo con foga omicida e i pugnali alla mano,in risposta il
cavaliere si lanciò con il suo cavallo in carica
improvvisa,mentre
con la lancia puntava a quello più vicino alla punta della
sua
arma. Tutto sembrava andare come da programma per l'uomo,quando
all'improvviso due sibili perforarono l'aria. Due degli aggressori si
trovarono a terra,con due frecce conficcate nel torace,che causarono
una grave emorragia facendo finire grandi quantità di sangue
sul
terreno che subito si coprì di rosso. Nello stesso dal fondo
del
gruppo si fece sentire un altro suono,questa volta più sordo
e
grossolano,poi lo videro tutti,un piccolo essere dalla vaga forma
umanoide,sembrava una sorta di omino alto all'incirca un metro e
mezzo e con gli arti corti e tozzi,ma compensava la bassa statura con
muscoli gonfi,una folta barba nera e cattive intenzioni,il suo corpo
era rivestito da protezioni in acciaio e tra le mani reggeva un
maglio,un grosso martello da lungo manico e la testa pesante almeno
una ventina di chili ed era sporca di sangue,infatti,uno degli
incappucciati giaceva a terra,con la testa fracassata e frammenti di
ossa e cervello erano sparsi tutt'attorno,il suo corpo si muoveva
ancora per via degli spasmi dovuti al letale trauma cranico.
“CHI
DI VOI BASTARDI VUOLE UN MAL DI TESTA?”
Disse
lo strano essere con una nota di tronfio orgoglio,mentre tra le mani
faceva ruotare la pesante arma,in segno di quanto fosse abile con
quello strumento di morte. A quel punto confusi,gli assalitori non
seppero più chi aggredire e presi da chissà cosa
cominciarono a
dividersi in due gruppi più piccoli,diviso tra chi voleva
fronteggiare il cavaliere e chi il nuovo arrivato.
“PER
IL DEMIURGO”
Gridarono
gli incappucciati all'unisono in preda ad un euforia omicida,l'uomo
non restò a guardare impassibile,con un veloce colpo di
entrambi i
talloni alle costole della cavalcatura istigò l'animale a
caricare,mentre con la lancia,dritta davanti a lui puntò a
due degli
aggressori,li colpì entrambi,prima uno al petto e poi
l'altro alla
gola e nel frattempo altre due frecce giunsero in suo soccorso mentre
altri due incappucciati volevano prendere l'animale di spalle.
Dall'altra parte invece il piccolo uomo stava mulinando il grosso
martello,fracassando teste,gabbie toraciche,uno era stato persino
preso ad una gamba così violentemente che la rotula si
spezzò
uscendo dal ginocchio e spezzandosi come se fosse un bastoncino.
Presto il tutto si ridusse ad un vero e proprio bagno di sangue,ossa
spezzate,organi bucati e ci fu anche un calpestamento da parte della
giumenta,che presa dallo scontro non si accorse di aver investito uno
degli aggressori che era ancora vivo e che la forza dell'urto,unito
al peso dell'animale lo uccise senza troppe cerimonie.
L'ultimo
fu preso da un colpo di lancia che gli trapasso lo sterno da parte a
parte,riducendo ad un colabrodo ,infine si rivolse all'unico
salvatore che riusciva a vedere in quel momento.
“Grazie
per l'intervento nano,ma c'è l'avrei fatta anche da
solo”
Sentendo
quelle parole lo straniero gli puntò contro la testa del
martello,reggendo quella pesante arma con un braccio solo.
“Non
n'è dubito ragazzo,ma hai troppa fiducia nelle tue
capacità,metti
caso che avessero colpito il cavallo con un colpo ben assestato,tu
saresti finito a terra e forse non avresti avuto il tempo di
rialzarti che subito ti sarebbe saltati addosso e po ti avrebbero
tagliato la gola,non ci avevi pensato vero?”
“Perché
avrei dovuto? Avevano delle capacità combattive decisamente
scarse,per non parlare che erano stupidi quanto un troll,ma
comunque,grazie per l'aiuto ed ora,sei mi vuoi scusare,preferisco
andarmene finché posso,ci si vede in giro.
Girò
il cavallo in direzione dell'uscita del villaggio,stava per spronare
il cavallo a correre,via da li,lontano da quel delirio,da quelle
specie di folle assalto alla sua vita,per chissà quale
motivo vi era
rimasto invischiato,forse erano seguaci di chissà quale
culto
esoterico privo di ogni logica accettabile,né giravano molti
in giro
e ogni tanto aveva accettato di sbarazzarsi di qualche setta minore
in cambio di una lauta ricompensa,comunque,non era affatto un suo
problema,quindi,se né sarebbe andato.
O
forse no.
Prima
ancora che l'animale potesse scattare un altra freccia giunse vicino
a lui,questa volta finì di fronte al cavallo,poco distante
dal
muso,che tuttavia non intaccò in alcun modo la pelle
dell'animale,che però si spaventò e si
tirò sulle zampe
inferiori,impennandosi per lo spavento.
“
Temo
che tu non te ne possa andare straniero,i problemi che hai affrontato
stasera riguardano ben più di un semplice attacco da parte
di
semplici invasati”
La
voce che sentì proveniva da un ombra e possedeva un timbro
maschile,proiettata tra due case accostate tra di loro,dalla quale
uscì una figura alta e longilinea,indossava protezioni di
cuoi che
gli coprivano il torace e le braccia,mentre alle mani portava dei
sottili guanti pelle,sopra le protezioni portava un cappuccio verde
scuro che gli copriva il volto e sotto di esso un lungo mantello del
medesimo coloro con sopra il ricamo della testa di un
barbagianni,mentre dalla vita in giù portava un lungo
pantalone
bianco e un paio di stivali.
Tra
le mani teneva un lungo arco,dal legno liscio e ben lavorato,sulla
quale intagli simili a rami e incisioni di temi floreali percorrevano
tutta la superficie dell'arma,da sotto il mantello spuntava una
faretra ricolma di frecce. Aveva intuito qualcosa su chi potesse
già
durante il combattimento,quel tipo di precisione,quell'assoluta
padronanza del tiro,della traiettoria,anche durante una mischia
così
improvvisata,ma poi quando lo vide non ebbe più alcun
dubbio,non per
i vestiti che portava,ma per il modo di muoversi e la calma nel
parlare,non aveva bisogno di guardarlo in faccia per capire con cosa
avesse a che fare.
“Un
elfo,devo ammettere che questa serata si sta facendo sempre
più
strana,un branco di pazzi,un nano,un elfo e poi cosa?L'idra la tirate
fuori all'ultimo?
L'elfo
e il nano videro l'umano farsi beffe della situazione,come se la cosa
fosse uno scherzo per lui e nel mentre un sorriso sornione e ironico
si allargava sul suo viso leggermente barbuto,gli altri due restarono
immobili,si scambiarono un occhiata di incredulità,davvero
erano
giunti in soccorso di uomo simile?Un completo menefreghista che
sembrava prendere la cosa come se fosse uno scherzo?A quel punto
avrebbero voluto andarsene,ma avevano un compito da portare a
termine,costi quel che costi.
“Siamo
venuti a prenderti,Milziade”.
A
sentire quel nome l'uomo cambiò totalmente espressione,se
prima
sembrava burlarsi dei suoi salvatori ora invece sembrava più
serio
che mai,il suo sguardo si fece tagliente,un accenno di rabbia gli si
poteva leggere negli occhi,quegli occhi tanto rancorosi da poter
infilzare un uomo solo guardandolo.
“
Chi
ti ha dato questo nome?”
“Colei
che devi incontrare,era da tempo che ti stava aspettando”.
Salve a tutti,questa è la prima volta che pubblico una storia originale e vi ringrazio per aver letto il primo capitolo sperando che sia stato di vostro gradimento,fatemi sapere cosa ne pensate,ciao =).
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Capitolo 2 *** La sacerdotessa ***
Non
ci volle molto prima che seguisse silenziosamente quei due
individui,erano sbucati chissà come e lo aveva aiutato con
quella
banda di invasati senza battere ciglio,come se il loro intervento
fosse in qualche modo obbligatorio,chi erano e perché
volevano che
incontrasse questa donna?E sopratutto chi era colei che doveva
incontrare,l'aveva nominata quell'incappucciato che aveva tentato di
assassinarlo e persino quell'elfo aveva accennato a lei,era
così
importante che lui la conoscesse? E se si perché mai? Aveva
le idee
troppo confuse per dare un senso logico a tutto questo,era notte
fonda,aveva dormito poco e soprattutto non voleva averci niente a che
fare con questa storia,ma a quel punto tanto valeva seguirli,almeno
non avrebbe rischiato di ritrovarsi con una freccia nel cranio,oppure
una martellata sulla spina dorsale,doveva stare attento a
ciò che
faceva,ma per ora si sarebbe accontentato di seguirli,poi,avrebbe
visto il da farsi. Si diressero fuori il villaggio,poco oltre le
protezioni di legno dove li un cavallo era stato legato ad un albero
solitario,coperto dalle ombre della notte.
“Gordlack,tu
sali dietro”
Disse
l'elfo dopo aver slegato l'animale e poi salirvici,il nano sembrava
infastidito dalla cosa.
“Perché
devo salirci sempre io dietro al ronzino?”
“Perché
tu sei quello più basso e poi il cavallo e mio,quindi decido
io dove
stai”
“Lo
saprei condurre meglio di te questo coso,lasciami le redini”
“Te
lo scordi e poi con la statura che ti ritrovi come faresti a vedere
la strada,se la testa del cavallo ti ostruisce la visuale?”
L'elfo
allungò la mano verso il compare che in tutto risposta mise
le
braccia incrociate al petto e con fare indignato girò la
testa
dall'altra parte.
“Sali
o giuro che ti lascio qui”.
Il
nano guardò prima la mano e poi l'elfo dritto negli
occhi,mantenendo
la stessa identica espressione.
“Nym,questo
discorso lo continuiamo in un secondo momento.”
Disse
il nano aggrappandosi saldamente al braccio dell'elfo e poi tirarsi
su con una certa fatica,dato che l'armatura e la bassa statura non
gli rendevano il compito molto facile.
“Come
siete teneri,mi viene quasi da piangere.”
Disse
Milziade con tono sarcastico e strafottente,ma i due lo ignorarono
bellamente,senza dare alcuna importanza alle sue parole,tuttavia
speravano realmente che fosse lui quello da reclutare con
così tanta
fretta,ai lori occhi l'umano non brillava per simpatia. Una volta
mossi i cavalli si diressero lungo un altra strada,che faceva un
percorso differente da quello che percorso in precedenza da
Milziade,per un buona mezz'ora spronarono gli animali a gran
velocità,la prateria attorno a loro era scivolata in una
tenebra
sottile,rischiarata da una luna piena,bianca come la madreperla,che
dolcemente illuminava il paesaggio,che contrastava ampiamente il
massacro che si era compiuto sotto quella candida luce. Dopo una
corsa sfrenata giunsero in un punto dove la continuità della
prateria era interrotta da una grande foresta,molto più
grande di
quella dove si era rintanato il grosso lupo,questa sembrava perdersi
per chilometri e chilometri di soli abeti a fare da scenario,senza
alcuna esitazione i tre entrarono al suo interno. Si mossero
lentamente,passando dalla corsa al trotto,dato che l'ambiente stesso
non favoriva grandi movimenti,soprattutto per animali così
grossi
come dei cavalli,creature a loro agio nei grandi spazi e non negli
ambienti stretti dato che permettevano poco spazio di manovra,per non
parlare dei probabili predatori che avrebbero potuto incontrare:lupi
e orsi se andava loro bene,forse qualcosa di peggio se fossero stati
sfortunati,per il momento sentirono solo un gufo solitario,la cui
voce riecheggiò nella notte.
“Dove
siamo diretti?” Chiese Milziade.
“Verso
l'interno della foresta si trova un vecchio santuario dedicato ad
Artemide,una volta arrivati troverai risposta alle tue domande. Disse
l'elfo senza nemmeno rivolgersi direttamente all'umano.
“E
come mai dobbiamo andare in questo posto?”
“Lo
saprai a tempo debito.”
“E
non posso saperlo adesso?”
“No.”
Scese
un silenzio di tomba tra i tre e per un attimo sembrava che i suoni
della foresta fossero l'unica che tornarono a sentire,l'elfo non
sembrava un tipo molto estroverso e il nano di per se stava sulle
sue,dei due era quello che sembrava meno scontroso,tuttavia Milziade
non poteva dirlo con certezza,dato che li aveva appena conosciuti e
sperava di scordarseli al più presto,quella notte stava
proprio
scorrendo nel peggiore dei modi.
“Sei
proprio simpatico”.Disse l'umano con ironia.
“Fidati,l'apprezzamento
e reciproco”Disse l'elfo con tono piatto e distaccato.
“Il
ragazzo è testardo,sbruffone,arrogante e pensa di essere
simpatico...il fatto che sappia far saltare i nervi ha un orecchie a
punta come te e già un punto a suo favore. Disse il nano con
fare
divertito,per contro l'elfo restò calmo,arrabbiarsi per una
battuta
fatta da un nano non era certo qualcosa di cui stupirsi,non lo faceva
per cattiveria,dato che questo era il carattere più comune
in voga
tra i nani,sopratutto nei confronti degli elfi,la rivalità
tra le
due razze era un fatto risaputo e poi,lui ormai lo conosceva da un
po' di tempo,tempo abbastanza a lungo da aver imparato a sopportarlo.
Tuttavia non era lui il problema. Era l'umano,Milziade,che gli dava
delle preoccupazione, a prima vista non sembrava un tipo molto
affidabile,sembrava svogliato,stanco,come se non facesse altro che
trascinarsi per il mondo,quasi per inerzia,gli era bastato uno
sguardo e qualche parola per capire che non era un tipo facile con la
quale avere a che fare,se fosse cattivo o no questo non poteva
saperlo,eppure sembrava sfuggirgli qualcosa di quel guerriero,ma non
sapeva dire cosa,chissà cosa ci aveva visto lei in
quell'individuo,lui personalmente non ci trovava nulla di
utile,oltretutto non sembrava nemmeno affidabile,solo lei lo
sapeva,quindi porsi domande su cose a lui sconosciute era solo un
inutile cruccio.
Impiegarono
almeno una ventina di minuti a cavallo,giunsero nel luogo
prestabilito,per raggiungerlo dovettero percorrere un sentiero
naturale che si dilungava lungo la foresta,che per via della poca
luce che filtrava tra gli alberi era stata una fortuna che l'umano
riuscisse a vederla e seguire le sue guide non fu certo una
passeggiata,dato che ogni tanto gli parve di perderli di vista,per
l'elfo e il nano invece la mancanza di luce forte non era un
problema,dato che le loro razze erano abituate a che fare con le
attività notturne nel caso degli elfi,oppure nello scavare
in
gallerie profonde e piene di strane creature,come nel caso dei
nani,che quindi riuscirono a percorrere la strada senza troppa
fatica,per poi arrivare.
Era
una strano edificio di legno rettangolare,costruito coi tronchi degli
alberi presenti nei dintorni,con un tetto piatto,mentre l'esterno era
privo di decorazioni,fatta eccezione per le due sculture fuori dalla
porta d'ingresso,che rappresentavano due cerve alte più di
un uomo.
Le porte del tempio erano chiuse.
“Siamo
arrivati”.Disse Nym mentre scendeva dalla
cavalcatura,Gordlack lo
seguì subito dopo,ma ebbe qualche difficoltà a
scendere,data
dall'altezza e dal peso dell'armatura,che gravò non poco
sulla
discesa,che per poco rischiò di farlo inciampare.
“Mai
una volta che riesca a scendere con semplicità da questo
dannato
ronzino.”
“Non
chiamarlo ronzino,stupido goffo barile di lardo,ti ci vorrebbe un oca
come mezzo di trasporto,altro che un cavallo.
“Vieni
a dirlo più da vicino,specie di
effeminato,rinsecchito,bastardo
dalle ossa gracili,sei così magro che nemmeno un ratto
proverebbe a
nutrirsi del tuo cadavere.”
I
due continuarono a rispondersi per le rime e tuttavia avanzarono
verso l'ingresso,come se per quei due fosse la cosa più
naturale del
mondo,dal suo punto di vista l'umano preferì non
intromettersi,vederli litigare non rendeva la serata migliore,ma se
non altro sentiva di non dover stare sulla difensiva. Poco dopo i due
aprirono dalla porta e invitarono il loro ospite a scendere da
cavallo,a quel punto anche Milziade lasciò la sua
cavalcatura,così
da poter entrare nel tempio,una volta dentro vide l'interno
dell'edificio,era pieno di polvere,era sul pavimento,sui muri,persino
l'aria ne era piena,sui muri erano presenti delle decorazioni,molto
probabilmente erano affreschi riguardanti il culto della dea e di
leggende inerenti al suo culto,ma il tempo non era stato clemente con
quelle rappresentazioni,che ormai erano sul punto di
sgretolarsi,insieme al legno sottostante,ormai vecchio e con traccie
di muffa. Nel fondo della stanza era presente la statua di una
donna,anch'essa di legno,alta,vestita da un chitone a gonna
corta,armata di un arco di piccole dimensioni e con una faretra
dietro la schiena,sotto di essa era presente una figura non ben
riconoscibile,era girata di spalle,illuminata a malapena da una
lucerna posta vicino a lei,era in ginocchio di fronte alla scultura
lignea,come in segno di devozione.
“Mia
signora”.
Dissero
il nano e l'elfo con rispettosa educazione. La figura si
alzò in
piedi,per poi girarsi verso di loro,era una ragazza,dai lunghi
capelli biondi e gli occhi verdi,avvolti in un velo trasparente e
sulla fronte portava un diadema dorato con al centro una decorazione
del medesimo materiale con la forma del sole,era magra,vestita con un
sontuoso chitone bianco ,sovrastato da un mantella di seta color
porpora che gli copriva il braccio destro,dalla spalla fino al polso.
“Ti
stavo aspettando,Milziade.
Disse
lei con tono gentile e rispettoso.
“Si....certo,tu
saresti?
“Oh
perdona le mie maniere,mi presento...”
La
ragazza fece un piccolo inchino.
“Il
mio nome e Augusta Lucilla,sono una sacerdotessa di Apollo,sono stata
io a mandare i miei amici a cercarti,ti ho convocato qui per
chiederti un favore,prima però devi sapere per quale motivo
sei
stato attaccato,forse ti chiederai per quale motivo sappia
dell'attacco...
“Tranquilla
dolcezza e chiaro come il sole che le uniche risposte sensate sono
due,o quei pazzi c'è li hai mandati tu e adesso sono
qui,caduto in
chissà quale trappola,oppure,sapevi dell'attacco prima
ancora che
avvenisse e hai mandato il signor sono simpatico come un manico di
scopa e il signor decorazione da giardino a farmi da balia,dico
bene?.”
I
due accompagnatori lo guardarono in cagnesco,sentirsi definire in
quel modo da uno alla quale avevano appena salvato la vita era
proprio una sensazione piacevole. Sapevano bene che gli umani erano
una razza strana,invecchiavano troppo velocemente,vivevano vite brevi
,che in tempi di guerra non esitavano a buttar via per inseguire
ambizioni personali e capricci di vario genere fini a se stessi,molti
umani erano così,ma quella sera scoprirono che potevano
essere anche
arroganti,presuntuosi e ingrati fino all'eccesso,persino Gordlack che
per carattere si era sentito avere qualcosa in comune con quell'uomo
ora doveva ricredersi. Ma sopratutto rivolgersi a lei in quel
modo,senza nemmeno il dovuto rispetto,come se fosse una qualunque
ragazza come tante altre,questo proprio non riuscirono a sopportarlo.
Proprio quando stavano per dirgliene quattro la ragazza si rivolse ai
suoi due collaboratori.
“Tranquilli,va
tutto bene”,Disse lei indicando a loro di non arrabbiarsi
verso
Milziade,”So bene che il nostro ospite ha un carattere un po'
difficile,vi chiedo solo di avere pazienza,se gli dei hanno voluto
che fosse qui ci sarà pure una ragione”.
“Come
fai a dirlo con certezza?”
Disse
Milziade con una certa curiosità.
“Perché
l'ho visto”
“L'ho
hai visto?”
“Si,nelle
mie visioni”
“Ah,certo,come
il tipo che mi ha aggredito nella mia stanza e mi ha detto che ti
avrei incontrato,se la sua profezia fosse stata veramente accurata
avrebbe saputo che gli avrei mollato quel gancio
secco,ascolta,sarò
anche uno scettico,ma ho già avuto a che fare con degli
indovini,sopratutto quando mi pagavano per dare la caccia a membri di
sette esoteriche,pensano tutti di essere bravi a vedere il futuro,di
essere gli unici a poter intravedere eventi che si devono ancora
manifestare e scemenze di questo genere,quando poi apparivo io per
catturarli o per ucciderli non sapevano più che cosa fare,ho
visto
personalmente com'erano bravi e facevano tutti pena,dal primo
all'ultimo,quindi mi perdonerai se sono così scettico a
tutto questo
e comunque,io cosa ci guadagno a stare qui con voi mentre potrei
andare via da tutto questo?”
“C'è
una motivazione per la quale ti ho fatto venire fin
qui,Milziade,voglio che tu svolga un compito per me”.
“Un
compito?”
“Si,tranquillo
sarai lautamente ricompensato”.
L'uomo
se ne restò in silenzio per un istante,non aveva idea di chi
fosse
lei,chi fossero quei due tizi lo avevano portato fin li,n'è
il
gruppo che lo aveva aggredito,n'è tanto meno cosa fosse
tutta quella
storia e in che modo lui potesse centrare,ma tuttavia,così
tanta
segretezza doveva pur avere una spiegazione e poi,considerate le
vesti che portava la ragazza avrebbe dovuto essere per lo meno una
nobildonna,ho una persona molto influente dalle sue parti,oltretutto
il nano e l'elfo possedevano protezioni e armi di una certa
qualità,non molto comuni da trovare in giro,per non parlare
delle
loro abilità nel combattimento,un arciere così
talentuoso e un
combattente così abile in un arma così pesante
non erano certo un
sostegno da poco,forse erano mercenari,ma dal modo in cui la
trattavano erano molto più che semplici uomini
prezzolati,no,forse
la posta in gioco,per quanto non fosse certo della sua effettiva
esistenza era un piatto piuttosto ghiotto.
Milziade
restò calmo,statuario,l'espressione neutra sul suo volto era
segno
di una precisa valutazione di quella offerta,la cui risposta
arrivò
poco dopo.
“In
questo caso accetto,tuttavia...
“Tuttavia?”
Chiese
Lucilla con ansia,mentre vedeva l'uomo di fronte a lui allungare una
mano aperta di fronte a lei.
“Prima
voglio un assicurazione,un pegno per assicurarmi che questo accordo
venga onorato in tutto e per tutto”
Milziade
squadrò un attimo la ragazza da capo a piedi cercando sul
corpo di
lei qualcosa che potesse prendere,che fosse piccolo,facile da
nascondere e che si potesse custodire con facilità,poi,lo
trovò.
era
un anello d'oro,dal disegno semplice e senza pietre posizionato
sull'indice destro,non spiccava certo per sfarzosità o per
lusso,si
quello sarebbe andato bene.
“quell'anello
andrà più che bene”
“Come,il
mio anello?”
Milziade
fece un cenno e la ragazza istintivamente strinse la mano destra con
la sinistra,come a voler nascondere l'oggetto alla vista del
guerriero.
“Non
posso,per me questo e un oggetto molto caro”
“In
tal caso va ancora meglio,dubito che dietro vi siate portati
inchiostro e pergamena per stipulare un contratto,dato che
comunque,non credo proprio che il compito che mi volete affidare sia
legale,o in un qualche modo autorizzato,quindi,se volete che
accetti,forse a voi sembrerà una richiesta assurda o priva
di
senso,ma preferisco sapere di avere una qualche sorta di
garanzia,piuttosto che accettare un compito a vuoto.
La
ragazza non seppe come reagire,a quella richiesta la ragazza era
titubante,sapeva bene cosa fosse giusto,ma quella richiesta tuttavia
gli sembrava crudele,lui la vedeva solo come un qualcosa alla quale
affidarsi,un assicurazione simbolica,ma per lei era molto di
più,qualcosa dalla quale non voleva separarsi,il guerriero
davanti a
lei sembrava impassibile,freddo,completamente distaccato da quello
che per lei avesse importanza.
“Va
bene,accetto.”
Si
sfilò l'anello dal dito e poi lo posò sulla mano
di Milziade,ma
quando la sua mano sfiorò quella di lui accadde qualcosa,si
sentì
mancare,quasi stesse per svenire,mentre nella sua mente,immagini e
suoni assaltavano il suo inconscio,come una branco di lupi che si
avventano su una pecora. Fiamme,fumo,donne che urlavano,corpi
martoriati,uomini in scintillanti armature che uccidevano civili
inermi e tra loro spiccava un simbolo,un asta sulla quale era posata
l'effige di un aquila d'oro,illuminata dal fuoco,più
splendente del
sole,un immagine maestosa,potente,ma anche crudele,priva di ogni
pietà. Poi la ragazza si riprese di colpo e fissò
dritto negli
occhi l'uomo che aveva davanti.
“Ehi
dolcezza,tutto bene?” Disse Milziade mentre le schioccava le
dita
di fronte agli occhi,”Sei con noi?”
“Si
sto bene,ho solo avuto...non importa.”
Disse
lei girando lo sguardo da tutt'altra parte.
“E
tardi,dovremmo riposare tutti,dato che domani ci aspetta un lungo
viaggio,poi,parleremo del vostro compito”.
“Concordo”.
Pronunciate
queste parole Milziade si allontanò dal resto del
gruppo,giocherellò
con l'anello passandoselo tra un dito e l'altro,quasi fosse un
piccolo svago personale,come un gatto che batte la zampa su un topo
solo per vederlo dimenarsi,poi,ormai annoiato lo infilò
sotto la
corazza,in una tasca interna posta vicino all'ombelico,dove
solitamente ci teneva erbe o ungenti,che solitamente usava per
impedire che le ferite più gravi si infettassero.
In
quello stesso istante il nano e l'elfo sentirono il forte impulso di
andare dal nuovo arrivato e dirgliene quattro sul suo
comportamento,poi forse chissà,un paio di frecce e un
martellata
sulla zucca gli avrebbero insegnato due cose sulle buone
maniere,sopratutto quando si era rivolta a Lucilla in quel modo,se
soltanto avesse saputo chi era lei veramente avrebbe certamente
tenuto un atteggiamento di gran lunga più rispettoso.
“Signora,chiedo
il permesso di poter usare il mio arco contro
quell'uomo,così almeno
imparerà cosa sia l'umiltà”.
Disse
Nym mentre la sua mano si stringeva ancora di più sul manico
dell'arma,Gordlack lo imitò in pieno.
“Per
una volta sono d'accordo con lui,lascia che me ne occupi io bambina
mia,le maniere di un uomo cambiano molto quando qualcuno gli fracassa
il costato con un martello.”
“No,non
posso permettere che gli facciate una cosa simile,se Apollo ha voluto
che lui fosse qui avrà le sue
ragioni,oltretutto...”
Lei
abbassò il volto,chiuse gli occhi e si
concentrò,cercò di
ricordare le immagine che aveva visto in
precedenza,sangue,morte,distruzione e poi,quell'aquila,quell'animale
dall'aspetto così fiero e regale,molti erano i popoli che
erano
stati sottomessi,con la forza o la paura sotto quell'insegna,che era
divenuto simbolo di conquista e dominazione,portata col pugno di
ferro. Gli era bastato un tocco,il solo sfiorare la pelle di
quell'uomo gli aveva scaturito in lei quella visione orrenda,che gli
impediva di provare un sentimento negativo verso Milziade,non dopo
quello che aveva visto,non dopo quella che aveva sentito.
Rialzò
la testa rivolgendo sguardo carico di volontà verso gli
altri due.
“
Ho
visto nella sua anima e ho trovato in lui un forte dolore,non
trattatelo male,ve ne prego,fatelo per me.”
Il
nano e l'elfo sostennero lo sguardo della ragazza,forte,deciso,ma
anche caritatevole,come potevano dire di no a lei,così
buona,anche
verso una persona simile,avrebbero preferito tenerla lontano da un
uomo di quel tipo,che non sembrava ne eroico ne disposto a
servire,era solo un mercenario,un cacciatore di mostri,un
sicario,insomma,un uomo che dava valore alla propria vita solo al
prezzo a lui più conveniente. Non sapevano cosa potesse aver
visto
in lui,ma se la loro signora diceva di non fare nulla,allora non
avrebbero fatto nulla.
“Se
questo è il suo volere io non mi opporrò,faccio
il primo turno di
guardia.
E
Detto questo,Nym si allontanò con l'arco già in
mano e uscì dal
tempio,al suo passaggio notò di fronte a se Milziade,che tra
le mani
teneva una coperta,recuperata dalla sella del sua giumenta,i due
scambiarono un occhiata,l'arciere gli rivolse un occhiata carica di
antipatia,con il volto statuario,mentre l'umano gli rivolse un
occhiata divertita,quasi sornione,con un sorrisetto che gli dava un
espressione decisamente arrogante.
“Ti
tengo d'occhio”.
Disse
Nym con tono piatto,per risposta Milziade gli fece un occhiolino come
a volerlo provocare,poi si distanziarono,allentando la tensione che
già si percepiva nell'aria. Restò fuori dal
tempio,controllava che
non ci fossero movimenti sospetti,strani suoni nell'aria,come ogni
elfo che si rispettasse sapeva distinguere il suono emesso da un
coniglio che muove qualche cespuglio,da un orso in cerca di una preda
assai sostanziosa,tuttavia non dovette preoccuparsi di sentire simili
cose,per quanto fosse bravo a farlo,il suo turno di guardia,circa tre
ore smise senza dare problemi,si fece dare il cambio dal nano,che
come si sapeva era gente poco avvezze ai boschi e alle foreste,troppi
alberi,troppe piante in generale,non come la montagna,solida roccia
da poter chiamare casa,con gallerie e passaggi che si estendevano
quasi all'inverosimile per miglia e miglia nella roccia
calcarea,tuttavia,Gordlack fece il suo turno con operosa dovizia,alla
pari del suo compare più alto,arrivando fino all'alba,per
poter
anche lui farsi una dormita mentre tutti gli altri si sarebbero
svegliati un paio di ore dopo.
Arrivata
la mattina,passò qualche ora,prima che gli unici due umani e
il nano
si svegliassero,i turni fatti per sorvegliare i dintorni del tempio
erano stati fatti in modo piuttosto approssimativo,dato il fatto che
recuperare il nuovo sgradito membro della squadra,sempre se
così lo
si potesse definire,aveva richiesto più energie e risorse
del
previsto,sbilanciando così il tempo dovuto per la
sorveglianza
notturna,per fortuna che elfi e nani necessitavano di meno ore di
riposo degli umani,solitamente dormivano solo dalle quattro alle sei
ore per notte,avendo anche ritmi naturali legati alla loro natura di
umanoidi ancora a contatto con la natura.
Fecero
una breve colazione a base di focacce al miele e acqua,nulla di
troppo regale,ma abbastanza sostanziosa da permettere di affrontare
il viaggio. Durante la prima parte della mattina,l'aria nel gruppo
era piuttosto tesa,Lucilla notò molto facilmente come
Gordlack e Nym
guardavano Milziade,non erano troppo entusiasti di vedere che era
rimasto,almeno in caso di fuga,avrebbero avuto la scusa per
inseguirlo e poterlo malmenare un po',invece niente,era rimasto li
con loro,come voleva lei,almeno adesso sapevano che un minimo di
dignità c'è l'aveva anche lui,anche se la
promessa di un guadagno
cospicuo non lo rendeva ai loro occhi più ammirevole.
“
Allora,in
cosa
consisterebbe il mio compito?”
Chiese
Milziade tutto ad un tratto,come a voler spezzare quel silenzio di
tomba.
“Dovete
accompagnarmi fino alla città stato di Aegis.
“Posso
sapere perché?”
La
ragazza dal canto suo sembrò non voler parlare
così,di getto,come a
volergli tenere nascosto qualcosa,persino i suoi due accompagnatori
non sapevano cosa rispondere,si scambiarono sguardi preoccupati,come
a non sapere cosa fare in quel momento,poi in loro soccorso
intervenne Lucilla.
“Ho
degli affari da svolgere li,affari che richiedono la mia
presenza”.
“Fate
la misteriosa vero?
“Ho
le mie ragioni,cercate di comprendere.”
“E
giusto,voi non mi conoscete nemmeno,sono solo un umile lama
vagabonda,che viene pagata per i suoi modesti servigi”
“Quindi
siete un mercenario?”
“Diciamo
solo che cerco le opportunità più remunerative
che la vita mi
offre,non sono un eroe se è questo che volete sapere,ma non
sono
nemmeno un tagliagole,insomma,sono un tipo dai mille
impieghi.”
Disse
Milziade con il sorriso sulle labbra,la ragazza da parte
mostrò un
timido sorrisino appena accennato,sembrava timida o in un qualche
modo non abituata a confrontarsi con persone di quel genere,tuttavia
non gli dava un impressione cattiva o alcuna sensazione sgradevole di
qualche,forse perché era stata influenzata in qualche modo
dalle
immagini che la sera prima erano entrate forzatamente nella sua
testa,in caso o nell'altro Milziade si era conquistato la fiducia di
Lucilla,anche se non n'è era consapevole.
“E
meglio cominciare a raccogliere le nostre cose,prima arriviamo in
città meglio e”.
Disse
Nym senza nascondere una sensazione di fastidio verso Milziade,sul
volto dell'arciere si era posata un'espressione quasi furente,come se
qualcosa lo infastidisse,tuttavia Gordlack e Lucilla non diedero
troppo peso alla cosa,Milziade invece si era totalmente
disinteressato,dato che non sentiva alcun legame con gli altri del
gruppo. Presero le loro cose,si sistemarono al meglio e si avviarono
ai cavalli,ma proprio quando uscirono dal tempio,ecco che si
ritrovarono di fronte ad un creatura bizzarra,sembrava una specie di
cervo,alto quanto una delle statue fuori dal tempio,dalle lunga corna
color dell'oro,che si ramificavano in numerose direzioni e con le
estremità più acuminate della punta di una
lancia,il suo manto era
marroncino,qualche puntino bianco alla base del collo e gli zoccoli
parevano rivestiti di bronzo,persino Milziade,per quanto fosse
abituato ad affrontare creature di ogni sorta era rimasto affascinato
da quella creatura,così bella da sembrare irreale.
Videro
la ragazza avvicinarsi all'animale allo stesso modo di come si
tratterebbe uno stallone purosangue,con rispetto e gentilezza
annullò
la distanza tra loro due e allungando la mano invitò il
grande cervo
ad annusarla,che subito la riconobbe come una persona fidata,una
volta conquistata la sua fiducia,Lucilla gli salì in groppa
e si
rivolse agli altri tre.
“Non
abbiate paura,la cerva di Cirenea non farebbe del male a nessuno...se
può evitarlo”.
Milziade
non riuscì a credere alle sue orecchie,aveva detto veramente
la
cerva di Cirenea? La stessa cerva di Cirenea? Quella stessa cerva del
mito di Eracle? No,non poteva crederci,un animale simile di fronte a
lui?
All'inizio
era rimasto basito dall'accaduto,ma poi,un pensiero si fece largo
nella sua mente,si guardò attorno e vide solamente Gordlack
e
Nym,oltre a Lucilla e quel ruminante di dimensioni innaturali,grande
quanto il lupo che aveva ucciso il giorno prima,il gruppo che lo
aveva attaccato la sera precedente,l'arrivo di quei due e alla fine
lei,quella ragazza,che aveva richiesto la sua presenza in quel
bizzarro gruppo ed infine,quello.
All'inizio
ci aveva scherzato su,sarebbe stata una delle sue tante disavventure
della sua vita,eppure sentiva che qualcosa non quadrava,come se il
tutto avesse un qualcosa di connesso,ma anche se fosse stato
così
perché mai era stata richiesta la sua presenza? Non poteva
saperlo
per certezza,forse era solo una sua impressione,ma forse non era
così.
“Ma
in che razza di situazione mi sono andato a cacciare?”
|
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Capitolo 3 *** L'imboscata ***
Era
passata mezz'ora da quando il gruppo aveva lasciato il tempio di
Artemide,continuarono il viaggio a velocità sostenuta
permettendo
così al gruppo di accorciare i tempi del loro arrivo ad
Aegis,presto
sarebbero giunti nella città stato che non si era mai arresa
alle
legioni di Nova,tuttavia,era presto per cantare vittoria dato che
mancava un ora buona all'arrivo al confine della città, ma
era
meglio stare attenti visto che sarebbe potuto accadere qualunque
cosa durante il tragitto. Durante il tragitto avevano programmato di
spostarsi in formazione,Milziade in avanti,così che in caso
di
problemi avesse potuto usare la lancia da cavallo e combattere con
tattiche di sfondamento così da poter liberare la strada in
caso di
pericolo,Nym e Gordlack sarebbero rimasti nelle retrovie
così che
l'elfo potesse offrire copertura,con le sue abilità come
tiratore
provetto avrebbe abbattuto qualsiasi cosa alla velocità di
un
battito di ciglia,poi,dato che il nano era con lui sarebbe stato
protetto dagli scontri corpo a corpo,con la corazza e l'arma che si
ritrovava sarebbe stato in grado di ingaggiare un scontro senza
troppi problemi,persino da cavallo la lunghezza del suo maglio gli
permetteva di spaccare qualsiasi cosa anche con lo svantaggio della
bassa statura,visto che con la forza tipica della sua razza sarebbe
stato in grado di usare quell'arma anche con una mano sola. Invece
Lucilla sarebbe rimasta al centro dove la sua difesa sarebbe stata
facilitata dalla posizione dei suoi difensori,ovviamente lei era
quella meno dotati per gli scontri diretti,ma sarebbe stato meglio
dire che il combattimento in qualsivoglia variante,diretto o meno,era
qualcosa per la quale non era portata,ma l'animale che montava era un
assicurazione in più per la sua salvaguardia,poi con le
corna che si
ritrovava e la sua stazza spropositata,la cerva sarebbe stata un
ottima guardia del corpo. In sostanza avevano buona
possibilità di
farcela in caso di attacco.
Continuarono
a spostarsi sempre più avanti,sempre più vicini
alla zona sicura e
senza che niente e nessuno li aggredisse da quando avevano lasciato
il tempio,le cose stavano andando a gonfie vele. Passò un
altra
mezz'ora e stavano ancora avanzando verso la destinazione
prefissata,quando ad un certo punto Milziade rallentò la
corsa,facendo rallentare anche il resto del gruppo,per poi alzare una
mano come a fermare le altre due cavalcature.
“Che
succede?”
Chiese
Lucilla preoccupata,nel sentire quel tono di voce l'elfo scese da
cavallo e si diresse verso Milziade,quest'ultimo a sua volta era a
sua volta sceso dal cavallo,notò qualcosa sul loro
percorso,coperti
dalla vegetazione e dall'erba alta alcuni solchi fatti nel terreno a
gli occhi del guerriero sembravano un cerchio con all'interno un mano
artigliata,appena lo vide cominciò a guardarsi intorno
preparando la
lancia a sferrare il primo colpo,controllò tra gli
alberi,tra i
cespugli,tra le felci,ovunque,ma non vide niente,eppure non si era
sbagliato,c'era qualcosa li ma non sapeva bene cosa.
“Hai
sentito?”
Chiese
Milziade a Nym,che lo aveva sentito avvicinarsi.
“Si,un
gruppetto ma non saprei dire quanti sono.”
“Nervi
saldi e armi in mano,questa a tutta l'aria di essere una
trappola”.
“Concordo,per
quanto darti ragione mi faccia schifo”.
“Prego,non
c'è di che”.
I
due si misero ad osservare zone opposte e controllando che nulla
uscisse dalla fitta vegetazione che potesse prenderli alla
sprovvista,mentre gli occhi guizzavano di qua e di la con la relativa
calma mentre con l'udito cercavano di percepire il più
piccolo segno
di scoperta, la loro posizione era svantaggiata per quella
situazioni, o almeno lo era per la maggior parte di loro , ma non per
Nym, lui era un elfo e come tale era abituato a scontri che
richiedessero capacità sensoriali sviluppate e una buona
mira,la sua
lunga vita gli aveva insegnato che colpire un secondo prima o un
secondo dopo faceva la differenza tra la vita e la morte ed
infatti,l'esperienza ebbe ragione anche in quel momento. L'improvviso
rumore di un ramoscello che si spezzava lo fece girare ad un
velocità
che molto avrebbero definito disarmante e senza pensarci
puntò
l'arco nella direzione da lui scelta e istintivamente
scoccò,facendo
volare la freccia verso quello che sembrava il bersaglio giusto. La
punta acuminata della freccia si infilò nel petto di uno
strano
esserino dall'aspetto buffo,sembrava una specie di omino alto
all'incirca due piedi e aveva la pelle di un verde chiaro abbastanza
scuro e dalle sfumature cupe,la bocca grande con denti sottili e
triangolari,due orecchie lunghe e triangolari e occhi piccoli ma
dallo sguardo maligno. Era un goblin, creature famose per la loro
malignità,solitamente erano molto deboli sopratutto se presi
singolarmente,ma il guaio e che dove c'è ne era uno
c'è ne erano
molti altri. Era questo a renderli pericolosi,infatti, colpito il
primo ne sbucarono fuori altri due, armati di piccole spade
arrugginite, tentarono subito di colpire il guerriero sfruttando il
fattore sorpresa, peccato però che Milziade fosse poco
sorpreso e
senza esitazione fece vorticare la lancia e con un sol colpo uccise
entrambi gli assalitori,poi ne sbucarono altri,questa volta da ogni
direzione,se ne poteva contare almeno una decina,cinque per lato. Da
dietro Gordlack si occupò velocemente dei due goblin che lo
attaccarono,questi in particolare non sembravano tanto furbi dato il
che stavano cercando di aggredire un avversario in un posizione
rialzata e con armi dal raggio molto corto,uno dei due non fece in
tempo a tentare un attacco decente che ricevette una martellata sui
denti così forte che la testa del maglio gli
sfondò la
mandibola,riducendogli la testa ad un colabrodo,il secondo nel
frattempo provò a compiere un balzo nel tentativo di
raggiungere il
nano,ma venne preso a mezz'aria da un mano di quest'ultimo e con una
poderosa testata degna della sua razza lo abbattè sul colpo
per poi
lasciarlo andare. Altri due nel mezzo cercarono di colpire la
sacerdotessa alla stessa maniera dei due compagni caduti,ma la cerva
fu veloce a rispondere e con dei veloci movimenti di testa
infilzò
entrambi i mostriciattoli che in preda alla paura della morte si
contorsero per sfuggire alle affilate corna,ma ottennero solo una
morte più veloce ma non meno indolore,dato l'orrendo fetore
delle
viscere che rilasciarono liquami era ormai chiaro che i loro organi
interni erano ormai maciullati e ben presto morirono,la vista di
quella scena inorridì la sensibilità di Lucilla.
Nym e Milziade ci
misero meno di un attimo a sbarazzarsi degli altri goblin,qualche
freccia e qualche veloce sferzata di lancia aveva migliorato la loro
situazione,ma era ormai chiaro che a lunga andare le cose si
sarebbero complicate ed oltretutto c'era qualcosa che non
quadrava,solitamente quegli esseri erano si abituate a tendere
imboscate,eppure molte cose non tornavano,la maniera di ingaggio era
la più sospetta,le imboscate dei goblin comportava
solitamente un
numero molto più alto di assalitori,una ventina sarebbero
stati
troppo pochi,a quel punto l'arciere e il guerriero si guardarono
negli occhi,complici di aver covato lo stesso sospetto,senza dare
spiegazioni a nessuno salirono subito in groppa sopra i loro
destrieri.
“VIA
DI QUI”
Urlò
Milziade in preda ad un atroce preoccupazione,un po' come tutti gli
altri del resto. Subito ripartirono facendo scattare gli animali con
la fretta di chi si sente preda della muta di caccia personale della
stessa Artemide. Sfrecciarono in mezzo agli alberi come soffi di
vento originati da un tifone improvviso e violento,nonostante il
terreno non fosse il più adatto a loro i cavalli si mossero
bene in
mezzo alla vegetazione,mentre per la mitica cerva era come sentirsi a
casa,la foresta e gli alberi erano il suo ambiente naturale e
nonostante la grossa stazza la creatura si mosse con agilità
e
prontezza nei riflessi nel superare le grosse radici e i fastidiosi
cespugli che di tanto in tanto comparivano sulla loro strada. Nella
rocambolesca fuga da quella trappola il gruppo intero notò
la
presenza di altre due creature ai loro fianchi,sembravano
particolarmente grossi e correvano su quattro zampe,ma la forte
presenza di alberi nel loro campo visivo e la distanza che li
separava non li rendeva ben nitidi ai loro occhi,poco alla volta le
creature si avvicinavano sempre più rivelandosi nell'aspetto
per
quello che erano in realtà,a un primo sguardo sembravano dei
grossi
orsi bruni,grandi quanto un elefante adulto,avevano due occhi
completamenti bianchi con il volto contratto in un espressione feroce
e sul pelo delle strane strisce nere percorrevano tutto il corpo con
tratti ondulatori,cosa ben peggiore e che sopra la schiena portavano
tre goblin ciascuno,adesso le cose si mettevano male. Uno degli orsi
cercò di azzannare la cerva per le corna,nel tentativo di
farla
cadere,ma l'animale fu più svelto del suo aggressore e in un
rapido
movimento schivò il morso del grosso predatore e rispose a
quell'attacco con una feroce incornata al collo dell'orso,che seppur
preso in pieno se ne uscì solo con una ferita leggera,dato
che a
proteggerlo sia il pelo che il grasso corporeo giocarono a suo
favore. A quel punto intervennero i tre goblin che portava in
groppa,tutti e tre si lanciarono verso Lucilla che in preda allo
scontro tra il grande erbivoro e l'orso la sua situazione non
poté
far altro che peggiorare,L'altro orso invece decise di aggredire La
giumenta di Milziade cercando di prenderla a se con una poderosa
zampata,ma la Briseide non era estranea a quel genere di attacchi
scartò di lato il colpo mentre il suo cavaliere
portò un colpo di
lancia verso il muso del predatore,che con la vicinanza della punta
vicino agli occhi rallentò di poco perdendo il suo vantaggio
contro
la preda designata. Cosa ben peggiore però andò
ad uno dei
passeggeri dell'orso,che nel tentativo di saltare sulla cavalla non
previde quell'improvvisa piega degli eventi e mentre saltò
cadde e
si ruppe la testa contro un albero,se c'era qualcosa che la maggior
parte dei goblin non comprendeva bene era la mancanza di saggezza
nelle loro azioni,infatti morivano nelle maniere più stupide
che si
potessero immaginare,cosa che li rendeva popolari nelle storie di
paese per divertire i bambini e in quel momento Milziade ebbe prova
che quel storie erano più che autentiche,l'orso
tornò ad
attaccare,rimasto indietro per colpa dell'attacco precedente l'orso
decise di attaccare con un morso diretto al posteriore della cavalla
ma per fortuna del suo bersaglio Milziade aveva intercettato la bocca
del predatore e diede un veloce colpo di punta verso la bocca della
bestia che per timore di restare ferito restò dietro alla
cavalla
con ancora due goblin smaniosi di uccidere il guerriero e la sua
cavalcatura,doveva ammetterlo a se stesso,il suo primo giorno con
quel gruppo non era cominciato nel migliore dei modi. In quello
stesso istante Lucilla si trovò nei guai,due dei goblin che
volevano
uccidere la sacerdotessa si erano aggrappati alle corna della cerva
mentre un altro,finì maldestramente sul muso del cavallo di
Nym,la
cavalla ritrovatosi con lo vista occlusa cominciò ad
agitarsi che
correndo continuò ad avanzare alla cieca,l'elfo voleva
tirare col
suo arco agli altri due goblin che erano finiti sulla cerva,ma era
troppo impegnato a tenere le briglie per poter combattere con
efficacia il mostriciattolo di fronte a lui,che mentre si arrampicava
sulla testa dell'equino teneva nel contempo la sua arma tra le marce
fauci. Ma proprio quando la situazione sembrava più
disperata ecco
che un mossa più azzardata ancora saltò nella
mente nel nano,con la
mano libera si aggrappò ad una spalla dell'elfo e facendo
forza su
di essa si alzò in piedi sulla groppa del cavallo e con
l'altra mano
impugnò il manico della sua arma sull'estremità
di legno così da
poter aumentare il massimo raggio d'azione della sua arma,poi con
molta forza e poca precisione colpì il goblin,che ormai
arrivato a
portata di colpo ricevette un martellata così forte da
rompergli le
ossa della faccia,cosa che lo uccise immediatamente e lo fece cadere
da cavallo,ora bisognava pensare agli altri due,oltre che all'orso.
“TI
E' DATO DI VOLTA IL CERVELLO?AVRESTI POTUTO SPACCARMI LA
TESTA”
Disse
Nym rivolto al suo passeggero con tutta lo stupore che provò
in quel
momento,sapeva bene che quel colpo era stato tirato quasi a casaccio
e per poco non lo avrebbe colpito,lo aveva sentito fin troppo vicina
la pesante testa d'acciaio che per poco non lo mandava dritto dai
suoi antenati.
“OH
TRANQUILLO,LA TENTAZIONE ERA MOLTO FORTE”
“TU
RAZZA DI...”
Ma
non era quello il momento di litigare,c'era una persona che aveva
bisogno di loro. In quel momento Lucilla era in balia degli altri due
goblin che impigliati sulle corna della cerva cercavano di scendere
fino a raggiungerla mentre l'orso continuava a importunare il grande
ruminante,anche perché in caso di vittoria avrebbe fatto un
pranzo
degno di un predatore della sua grandezza,il tempo per intervenire
era davvero poco e avrebbe dovuto pensare bene a come reagire dato
che usare l'arco a cavallo era impossibile vista la sua posizione sul
retro del cavallo con il basso compagno a ostruirgli la traiettoria e
il maglio del nano non era abbastanza lungo per poter colpire i
piccoli assalitori,l'elfo non sapeva cosa fare e l'attacco verso la
sacerdotessa sarebbe stato solo questione di secondi. Poi l'elfo
spostò lo sguardo verso la ragazza e nonostante la furia del
momento
la vide nell'intento di pronunciare qualche parola e fare strani
gesti con le dita,nonostante i sensi acuti tipici degli elfi lo
stesso Nym non seppe riconoscere quali suoni fossero usciti dalla
bocca di lei,che in quel frangente appariva vulnerabile e debole, poi
avvenne ciò che temeva di più,i due goblin ormai
giunti liberatosi
dal fitto groviglio di corna si lanciarono addosso alla ragazza
sicuri delle loro azioni di poterla uccidere con i loro rozzi
strumenti di morte,ma proprio li,nella loro sicurezza furono
imbrogliati da un eventualità inaspettata. I due esseri
sbatterono a
mezz'aria contro qualcosa di solido, a prima vista pareva una
sostanza non ben definibile,era solido come una roccia ma al tatto e
alla vista era liscio e semitrasparente come vetro,era apparsa dal
nulla,come se fosse stata evocata e in virtù di quella
strana
presenza i due aggressori non solo fallirono l'attacco ma caddero a
terra e furono lasciati indietro così da non rappresentare
più un
problema,ora restava solo l'orso di cui occuparsi. Per Milziade
invece le cose non potevano essere peggiori,dalla sua aveva ancora a
che fare con altri due goblin e un orso che lo volevano tutto per
l'oro,sfortuna voleva anche che in quel momento nessuno gli coprisse
le spalle,cosa che con il suo mestiere succedeva fin troppo spesso,ma
ormai ci aveva fatto il callo per cui fece quello che gli riusciva
meglio,cavarsela da solo.Continuava a correre,mentre la bestia e i
suoi sudici cavalieri continuavano ad inseguirlo,certamente la sua
giumenta avrebbe potuto anche continuare a correre data la sua grande
resistenza,se non fosse che continuare a respingere l'orso a colpi di
lancia non avrebbe fatto che mantenere quella sfiancante situazione
di stallo,doveva risolvere il problema e in fretta,il rischio di
cadere nelle grinfie dei suoi inseguitori era veramente alta e per
vincere avrebbe dovuto giocare il tutto per tutto. Entrambi gli orsi
occupavano il gruppo su due fronti diversi,se si fosse ricongiunto
col resto del gruppo avrebbe portato con se il predatore,chiudendo il
gruppo su se stesso rischiando così di essere circondati e
attaccati
tutti e quattro da due bestie contemporaneamente,no doveva trovare un
altra soluzione e forse sapeva bene cosa fare,era rischioso ma se ci
fosse riuscito sarebbe sopravvissuto per vivere un altro giorno,la
rapidità sarebbe stata la sua più grande alleata.
Tutto ad un
tratto Milziade spronò la cavalla ad allontanarsi dal gruppo
e
percorrendo una zona totalmente differente della foresta, com'era
ovvio l'orso e i due goblin lo seguirono cosa che stava dando credito
all'efficacia della sua strategia,poi cominciò a passare di
nuovo in
mezzo agli alberi e naturalmente l'orso gli fu dietro in men che non
si dica e fu proprio a quel punto che scattò la trappola.
Proprio
mentre stava correndo di nuovo in rettilineo subito il guerriero si
spostò in un altra direzione e di nuovo l'orso
cercò di
seguirlo,continuò così ancora per diverse svolte
improvvise,sinistra,destra,di nuovo dritto,due volte a sinistra,tre
volte a destra,il tutto in una corsa all'apparenza confusa e
disordinata,priva di qualsivoglia logica accettabile. Ma presto si
videro i frutti di quella caotica corsa,l'orso,data la grande mole
aveva un fisico forte e resistente,ma il peso eccessivo e la poco
agilità,faceva del predatore un goffo inseguitore,fin tanto
che
l'inseguimento si svolgeva su un percorso dritto e con poche varianti
era un perfetto maratoneta,ma quando si presentavano ostacoli
improvvisi,continui cambi di strada e curve improvvise allora i suoi
vantaggi diventavano i suoi più grossi ostacoli,il peso,le
zampe
corte e tozze e la destrezza di un zoppo ubriaco lo rendevano
inagibili con creature molto più veloci di lui,a quel punto
Milziade
girò per l'ennesima volta,questa volta tornò
rapidamente indietro e
senza che l'orso potesse fermare la corsa della giumenta,essendo
troppo impegnato per capire in quale punto girarsi,subì
l'ennesimo
attacco dell'umano che con velocità fulminea
colpì entrambi i
goblin,che rimasti storditi da tutto quel turbinoso movimento non
seppero reagire con efficienza e morirono per mano del guerriero,che
lì passò entrambi con un solo fendente di
lancia,ora l'orso era
rimasto solo nell'affrontare Milziade e la sua giumenta,quest'ultimo
spinto dall'istinto tentò di colpire grossolanamente il
guerriero
con pesanti zampate che con forza avrebbe potuto abbattere cavallo e
cavaliere in un colpo solo,ma nella sua lentezza riusciva a colpire
solo gli alberi attorno a lui,mentre Milziade con la sua lancia
continuava imperterrito a girare attorno alla goffa bestia che veniva
colpita più e più volte in tutto il corpo. Dalla
schiena al
ventre,dalle zampe al volto,nessun punto venne risparmiato dai rapidi
affondi di lancia che a forza di colpire più e
più volte passarono
le naturali difese dell'orso e alla fine,un colpo portato in carica
affondò così profondamente da trapassare le
costole e bucando un
polmone facendo accasciare così la bestia,l'orso pareva
sofferente,piena di ferite che formavano numerosi rivoli di sangue
che si univano in altri piccoli fiumi che poco alla volta
abbandonavano il corpo. Lo scontro con quel mastodontico essere era
finito,non avrebbe aspettato che l'orso emettesse il suo ultimo
respiro,gli diede un ultima occhiata e se ne tornò
indietro,fortuna
che a ricondurlo dal gruppo ci fossero i rumori dello scontro in
corso,almeno così non avrebbe avuto il timore di
perdersi,Milziade
fece scivolare una mano sul collo della sua Briseide,facendo sentire
alla cavalla una leggera carezza,segno di ringraziamento verso una
vecchia compagna di sventure.
“Cosa
farei senza di te?”
Disse
Milziade con aria quasi divertita,ora l'unica cosa che restava da
fare era tornare indietro.
Mentre
si allontanava un dubbio si insinuò nella sua
mente,quell'imboscata
era stata preparata in precedenza,su questo non c'era alcun dubbio,la
presenza di goblin in una foresta non era una cosa poi così
sorprendente,ma la presenza di quei due orsi,con in groppa tre goblin
ciascuno,la tattica di accerchiamento e quello strano simbolo che
aveva trovato in mezzo alla vegetazione, c'era qualcosa che non
quadrava,tutto questo non poteva essere opera di semplici goblin,no,
la mente dietro a questo attacco era da tutt'altra parte,ma non c'era
tempo per pensare a certe cose,era meglio ritrovare il resto della
squadra,ai suoi pensieri ci sarebbe tornato in un secondo momento.
Era rimasto solo un orso ancora in piedi e questa volta era lui ad
essere in svantaggio,dalla cerva al nano in fondo ora tutti poteva
collaborare per uccidere la grossa bestia tuttavia, quest'ultima non
aspettò che gli altri potessero reagire e con un improvviso
slanciò
si scaraventò contro la cerva che con le grosse zanne la
addentò al
collo,mentre le due zampe si aggrapparono al corpo del sacro
erbivoro,una teneva con forza la punta del muso mentre la conficcava
gli artigli nella schiena,in modo da portare a terra la cerva e
finirla,la forza e il peso dell'orso interruppero la corsa della
cerva che subito finì al suolo,per fortuna non cadde facendo
leva
sulle giunture delle zampe che si fletterono al momento giusto per
acconsentire al grande ruminante di appoggiarsi al suolo e non di
cadere rovinosamente contro il suolo erboso della foresta,che
attutì
l'impatto evitando così all'animale di farsi più
male del
previsto,tuttavia la situazione era critica,il grande orso stava
affondando le zanne nel collo dell'erbivoro,che essendo una creatura
leggendaria possedeva muscoli più forti e resistenza
più grande del
normale,ma quelle zanne così vicine alla gola erano un
grande
pericolo e gli artigli stavano danneggiando gravemente il muso e la
schiena,che in quella condizione non riusciva a fare molto. Fu li che
la situazione cambiò nuovamente,Lucilla assistendo alla
scena
cominciò a sentire un forte empatia verso quella povera
creatura,lei
l'aveva chiamata,lei era salita sulla sua groppa,segno che la dea
della caccia e delle foreste le dava il suo sostegno ed
ora,quell'animale così bello,così buono era sotto
il doloroso giogo
di quella bestia dall'aspetto innaturale,no avrebbe permesso di farle
più male di quello che stava già subendo,strinse
le mani in segno
di preghiera mentre dalla bocca uscirono delle parole comprensibili
solo a lei,poco alla volta una tenue luce comparve da sotto le mani
della sacerdotessa ma che si faceva sempre più radiosa,poi
arrivò
il momento decisivo,separò le mani e con i palmi aperti
urlò verso
la bestia con tutto il fiato che aveva in gola.
“BAGLIORE
DI APOLLO”
Una
luce accecante colpì in pieno il volto dell'orso i cui occhi
furono
travolti da un lampo accecante,le pupille entrarono in contatto con
quella luce che non solo lo accecò ma gli ustionò
anche le pupille
provocandogli così un acuto dolore che lo costrinse a
lasciare la
presa sulla cerva,cosa che permise alla sua vittima di scampare a
morte certa,tuttavia l'orso non si arrese e nonostante la
cecità
continuò a combattere,girava su se stesso come una furia
impazzita
colpendo tutto ciò che gli capiva a tiro,si muoveva confuso
mentre
le pesanti zampate ad abbattere arbusti,lasciare profondi solchi nel
terreno e lasciare il segno dei propri artigli sui robusti alberi
della zona,ormai era andato nel panico e tutta quella violenza era la
manifestazione della sua attuale condizione,la paura permeava ogni
sua azione. A quel punto la cerva ne approfittò per
alzarsi,gli ci
volle qualche secondo per potersi riprendere dai traumi subiti dal
predatore che causavano in lei un dolore lancinante,il naso era
ridotto ad un grumo ad un orrendo sfregio dalle quale si
mostrava,oltre alla carne rossa e sanguigna una parte bianca di osso
sottostante,la schiena invece se l'era cavata meglio,gli squarci
erano presso che più brutti a vedersi che a sentirsi dato
che
nonostante il dolore e le lacerazioni non aveva intaccato punti
più
sensibili come le costole o la spina dorsale.
Ma
era il collo il punto più sensibile tra quelli colpiti,le
zanne
rischiarono di bucare la trachea oppure prendere la parte ossea del
collo e girarlo a tal punto da spezzarlo come se fosse un
ramoscello,ma fu grazie all'intervento di Lucilla se la cosa non
accadde e quindi poté riprendersi la sua occasione sul
nemico ormai
disorientato,la cerva irrigidì il corpo e subito dopo
partì alla
carica lanciandosi verso il suo nemico con una tale furia che un
animale così aggraziato non avrebbe mai dovuto
possedere,colpì
l'orso a testa bassa con forza tale da far penetrare le corna nel
ventre della bestia, che si ritrovò infilzato e spinto con
la sola
forza della rabbia contro un massiccio albero nelle vicinanze. Le
corna erano penetrate tanto in profondità da passare da
parte a
parte il corpo dell'orso che adesso in preda all'agonia e alla
violenza dello scontro da cercare di colpire la cerva,ma le ferite
erano talmente gravi da causare ulteriori lacerazioni mentre l'orso
si dimenava,portandolo così rapidamente alla morte,era
fatta,lo
scontro si era finalmente concluso. Il grande erbivoro dovette
appoggiare una zampa al corpo del predatore per estrarre le corna e
liberarsi così dalla carcassa di quest'ultimo,la ragazza nel
vedere
una scena simile dovette girare lo sguardo verso tutt'altra direzione
dato che la violenza di quella fine fu tale da farle venire la
nausea, non era abituata a quella violenza nuda e cruda.
“Eh
brava la mia bambina,hai saputo fargliela vedere a quel maledetto
bestione”.
Era
Gordlack ad aver parlato che insieme all'elfo si erano posizionati
con il cavallo vicino alla sacerdotessa,tutti e tre osservarono il
corpo del loro bestiale aggressore spinti da una più che
naturale
curiosità,lo videro lì accasciato contro il
tronco dell'abete
mentre i loro occhi catturavano i dettagli del suo corpo con grande
attenzione,le grandi linee che percorrevano il corpo non aveva nulla
di naturale,sembravano seguire un intricato disegno composto da una
mano abile ed esperta,tuttavia il significato di quei tratti aveva
qualcosa di misterioso e di diabolico.
“Nym,per
caso sapresti dirmi di più su come sono stati fatti quei
simboli?”
Chiese
Lucilla all'elfo con voce preoccupata.
“Controllo
subito.”
L'elfo
scese dalla sua cavalcatura e si avvicinò al corpo esanime
dell'orso,per poi inginocchiarsi di fronte ad esso,con un mano
percorse il cadavere alla ricerca di segni particolari,come ossa
dislocate in maniera innaturale oppure escrescenze particolari,cosa
che trovò in numerose parti del corpo,in particolare su
busto e
sulla base del collo,poi passò le dita su una delle strisce
nere e
strappò una ciocca di peli di quel punto preciso,se la
portò sotto
il naso e ispirò assorbendo così l''odore di quel
composto nei suoi polmoni,era un aroma assai strano,ricordava in
qualche modo l'odore
del legno,ma con una nota sgradevolmente ferrosa.
“Quest'orso
presenta numerosi segni di cambiamenti fisici,come se il corpo fosse
stato in qualche modo deformato,inoltre le linee che percorrono tutto
il corpo devono essere state fatte con l'ausilio di un pennello e la
tintura usata sembra un qualche miscuglio di carbone vegetale e
sangue,c'è qualcosa che non mi torna in tutto questo,voi
cosa ne
pensate?”
“Non
saprei,la forma delle linee potrebbe essere frutto di un qualche
rituale tribale,ma non saprei indicare nulla di preciso,le mie
informazioni riguardo a questi argomentazioni non sono sufficienti,vi
chiedo scusa.”
“Tranquilla
piccola”. Disse il nano con tono rassicurante, “Hai
detto tu
stessa di essere ancora alle prime armi e poi, tu di queste cose nei
sai molto più di me e di lui messi assieme, senza di te noi
due
saremmo perduti”.
La
ragazza si rivolse verso il nano e in cambio di quelle parole gli
mostrò uno dei suoi sorrisi più teneri,il nano in
cambiò gli
ricambiò un sorriso così grande da aprire da
mostrare tutti i denti
davanti quasi stesse digrignando,lei era grata di quel supporto
emotivo che seppur così semplice lei lo sentiva
così
importante,sopratutto da quando aveva iniziato quel
cammino,già,quello stesso cammino che stava percorrendo con
così
tanta difficoltà e fin troppa inesperienza del mondo,se non
fosse
stato per Nym e Gordlack sarebbe stata spacciata fin dal primo
istante,troppo delicata per combattere come faceva il nano,troppo
poco pratica della natura e delle strade del mondo per muoversi come
l'elfo e fin troppo buona per essere come...
Ma
lui adesso dov'era? Che fine aveva fatto? Si guardò attorno
mentre
il suo sguardo vagava convulsamente tutt'attorno,suoi suoi occhi da
cerbiatta si poteva chiaramente leggere una grande preoccupazione.
“Dové
andato?”
Disse
lei con tono preoccupato, gli altri due in compenso la osservarono
confusi, si guardarono l'un l'altro quasi a cercare una risposta
nell'altro, solo per poi tornare sulla figura di lei con espressione
completamente vaga.
“Chi?”
Risposero
entrambi all'unisono mentre lei li osservava ansiosa.
“Milziade,
dev'essersi perso mentre combatteva contro l'altro orso, dobbiamo
andare a cercarlo, forse si è fatto male, forse si
è perso...e se
lo avessero circondato? E se fosse caduto in una trappola? Per gli
dei dobbiamo cercarlo.”
“Ma
non sappiamo neanche dov'è andato,oltre tutto e stato lui a
separarsi da noi, saprà tornare indietro, ma forse e meglio
così
visto che era un comune mercenario, te lo dico io bambina mia, certa
gente e meglio perderla che trovarla, tanto a farlo stare con noi ci
avremmo solo perso”.
Disse
il nano con una tale schiettezza da far sembrare le sue aspre e
dure,alle orecchie della sacerdotessa suonavano come parole
ingiustamente cattive,dopo tutto Milziade aveva tenuto testa
all'altro orso completamente da solo e senza battere ciglio, com'era
possibile insinuare parole tanto cattive verso qualcuno che
conoscevano da così poco,certamente lui non aveva fatto
nulla per
apparire migliore di quello che dava a vedere e si era anche
comportato male verso i suoi salvatori sbeffeggiandoli e prendendoli
in giro, per non parlare poi che come pegno per il pagamento promesso
aveva chiesto in cambio il suo anello, non gli era bastata la parola
di una sacerdotessa di Apollo,ma aveva chiesto il possesso di
quell'oggetto come se fosse una qualsiasi valuta economica e ora
c'è
l'aveva lui,che si era perso da qualche parte in mezzo agli alberi ed
altri possibili assalitori.
Eppure
in cuor suo,mentre pensava a lui rivide di nuovo quelle scene,quei
momenti così violenti e dolorosi che aveva visto in
lui:violenza,devastazione,sangue e morte,seguite alla fine da un
dolore acuto e straziante,sapendo quelle cose,come poteva provare
antipatia per lui se dentro al suo cuore si nascondeva così
tanta
tristezza? All'improvviso si udì il frusciare di alcuni
cespugli da
dietro le loro spalle,istintivamente ognuno si preparò al
meglio per
affrontare cosa sarebbe uscito da li. ,L'elfo impugnò l'arco
mentre
nello stesso momento il nano strinse tra le mani il grosso martello e
la cerva si mise in posizione per caricare in caso di
combattimento,dai cespugli videro uscire la testa di un equino
seguito dalla figura di un uomo.
“Ehi
gente vi sono mancato?”
Era
Milziade,che coperto in buona parte dalla vegetazione non era stato
riconosciuto,si avvicinò agli altri membri del gruppo mentre
i tre
che si erano preparati al combattimento tornarono a rilassarsi,le
armi furono rinfoderate e i nervi non furono più tesi come
prima,erano appena sopravvissuti ad un imboscata e non avevano certo
voglia di combattere ancora,anche se per Nym e Gordlack la voglia di
colpire Milziade era certamente un invito difficile da ignorare.
“Dove
eri finito?”
Disse
l'elfo in maniera scontrosa.
“Forse
non te ne sei reso ma ho tenuto a bada un orso e i suoi cavalieri
completamente da solo,senza contare il fatto che quel grosso ammasso
di pelo ci ha messo un po' a morire,comunque,vedo che anche voi avete
risolto la vostra parte di problema”.
“Si,si
e rivelato piuttosto ostico per essere un comune predatore,in questi
due esemplari c'era qualcosa di strano.”
“Che
intendi?”
“Pare
che qualcuno abbia modificato il corpo e la mente dei nostri due
assalitori,le strisce nere che hanno sul corpo odorano di sangue e
carbone vegetale e il corpo di questo orso presenta delle strane
protuberanze,forse dovute ai cambiamenti subiti,comunque e meglio
proseguire,prima arriveremo in città e meglio
sarà per noi”.
“Penso
che sia una magnifica idea”.
Disse
Milziade finendo così la loro breve discussione,il fatto che
non si
fossero insultati era già un passo avanti per quella strana
collaborazione con il resto della squadra,Milziade si spostò
nuovamente davanti a tutti e cominciando ad avanzare si rivolse agli
altri mostrando loro un espressione beffarda e impudente.
“L'ultimo
che arriva e un goblin basso,grasso e stupido”
E
detto ciò Il guerriero spinse il cavallo a fare uno scatto
improvviso e poco dopo venne raggiunto da tutti gli altri,si
guardò
ancora una volta indietro e si chiese perché mai era finito
in una
situazione simile,prima la taverna e adesso
quell'attacco,ripensandoci le cose non gli erano andate poi
così
bene,ma quell'attacco in particolare,l'imboscata dei goblin prima e
l'attacco degli orsi poi,aveva già visto una cosa simile, a
prima
vista poteva sembrare un attacco confuso e disorganizzato,il fatto
che due orsi uscissero poco dopo un imboscata avrebbe potuto far
sembrare la cosa come un arrivo improvviso di rinforzi giunti
all'ultimo momento,ma se la cosa veniva osservata da un punto di
vista esterno allora l'attacco appariva come qualcosa di ben
elaborato,certamente non era un capolavoro di tattica militare ma
sembrava più simile a una buona tattica di caccia,simile a
quelle
usati dai lupi con le prede più grosse,solo che qui erano
stati
adoperati dei goblin,chiunque li avesse mandati contro di loro sapeva
bene della loro scarsa efficacia come combattenti era palese,erano
gli orsi il vero pezzo forte di quella tattica,spuntati all'ultimo da
entrambi i lati della squadra,la cosa più sorprendente era
che gli
orsi erano animali solitari ed era raro,se non impossibile,che due
predatori del genere potessero collaborare volontariamente come parte
di una squadra,no una cosa simile era da escludere a priori. Il vero
problema ora non era capire se ci fosse qualcuno che avesse
escogitato tutto questo,ma piuttosto era meglio chiedersi dove si
trovasse,quali altre risorse erano a sua disposizione e sopratutto
perché mai compiere un imboscata verso questo gruppo,c'erano
troppe
cose che non quadravano. Se non altro adesso erano tutti insieme e
per il momento era il vantaggio migliore che Milziade potesse
sfruttare a sua favore per restare in vita,dopo tutto aveva ancora
una grossa somma da intascare,non poteva permettersi di morire
così
facilmente.
Nel
frattempo,mentre la squadra si rimise in cammino verso Aegis,un
piccolo fringuello aveva assistito all'uccisione dell'orso da parte
della cerva,aveva un corpo piccino piccino,retto su due zampette
nere,piccole piume marroni scuro ricoprivano il suo corpo e con
sguardo innocente assisteva alla disavventura capitata alla
sacerdotessa e al suo seguito,aveva osservato attentamente ogni parte
dell'accaduto con meticolosa attenzione,vide il ritorno del guerriero
in mezzo alla squadra e di come stesse parlando con l'elfo delle
ultime scoperte fatte,per poi vederli allontanarsi sui loro
destrieri. A quel punto l'uccellino volò via diretto
chissà
dove,superando fitti grovigli di rami e voluminose fronde rigogliose
fino a giungere all'antro di una caverna,il piccolo volatile si
posò
sul duro terreno della grotta guardandosi attorno come se nulla
fosse.
“Che
notizie mi porti oggi,mio piccolo amico?”
Una
voce maschile si fece sentire sul fondo della cavità
naturale e poco
dopo il fringuello volse lo sguardo verso l'entrata della
grotta,rivolgendo il suo sguardo al proprietario di quella voce,era
un uomo alto,dai lunghi capelli neri che gli arrivano fin dietro le
ginocchia e gli coprivano parte del volto,aveva occhi marroni,un viso
liscio e un espressione selvaggia,enfatizzata da un sorriso simile al
digrignare di un lupo inferocito,il petto e le braccia era totalmente
scoperte mostrando segni incomprensibili,tutti neri,su tutta la parte
alta del corpo mentre sotto indossava lunghe braghe di pelle sporche
di terra,polvere e fuliggine e ai piedi non portava niente.
L'uomo
si abbassò allungando un indice verso il fringuello e
quest'ultimo
vi si posò sopra,per poi essere portato all'altezza del viso
del
sinistro individuo.
“Mostrami
quello che hai visto”
L'uomo
chiuse gli occhi e con la fronte si avvicinò ancora di
più
all'uccellino che,come in una sorta di irreale tranquillità
non fece
nulla per spostarsi,l'uomo restò fermo per una manciata di
secondi,il volto parve cambiare espressione,più
concentrata,come se
quell'uomo si stesse impegnando in una qualche tipo di azione,ma il
ghigno non parve scomparire dal suo volto,che restò li anche
per
tutta la durata di quella strana operazione,infine aprì gli
occhi.
L'uomo sembrò in qualche modo felice di quello che era
successo dato
che ora il selvaggio sorriso sulle sue labbra si fece ancora
più
inquietante,con un veloce movimento della mano cacciò via il
fringuello spingendolo così a volare via,mentre il selvaggio
guardò
l'uccellino volare via ripercorrendo così lo stesso percorso
fatto
in precedenza per poi perderlo poco dopo mentre volava via attraverso
i numerosi alberi che dominavano il paesaggio.
“Dunque
le cose stanno così,uno dei miei orsi e stato ucciso e
l'altro è
scomparso,ma dato l'arrivo di quello nel gruppo devo intuire che
nemmeno l'altro possa essermi più utile,peccato,se non altro
adesso
so con chi ho a che fare,di questo passo arriveranno in
città in men
che non si dica e una volta superati i confini non potrò
più
prenderli,però forse...un modo ci sarebbe”
E
mentre rifletteva sul da farsi si girò verso l'entrata della
grotta
sapendo già quale soluzione avrebbe potuto risolvere il suo
dilemma,non aveva bisogno di pensarci un secondo di
più,sapeva
esattamente cosa andava fatto.
Si
diresse verso l'interno della caverna con passo calmo ma
deciso,mentre la sua figura scompariva ancora una volta nelle viscere
della terra,mentre la sua mente andava già alla sua prossima
azione,il piano era deciso,la risolutezza permeava le sue intenzioni
e il suo ghigno si fece ancora più crudele,ora sapeva bene
cosa
c'era da fare e l'avrebbe fatto senza alcuna esitazione.
“Se
faranno come previsto andranno in città percorrendo l'unico
punto
per la quale saranno costretti a passare e quando ci giungeranno
vedremo se saranno ancora così fortunati,la battuta di
caccia non e
ancora finita,voglio proprio vedere come si comporteranno di fronte
ad un vero cacciatore.”
|
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Capitolo 4 *** Zanne e artigli ***
Le
bestie erano in fermento e la loro corsa dimostrava la loro
giustificata frustrazione,anche se il gruppo era sfuggito alla
trappola ordita da chissà chi restava il fatto che ora
sapevano di
essere esposti e la foresta ora non pareva più
così bella,con i
suoi numerosissimi abeti,la sua natura incontaminata e la nuda
sensazione di nuda libertà che regalava a chiunque ci
passasse
dentro.
Ora
appariva infida e meschina,pronta a tradirli al primo segno di
distrazione,Milziade era di nuovo alla testa del gruppo tornando
così
a svolgere il ruolo di unità sacrificabile in quella squadra
che a
lui non andava tanto a genio,se non altro il sentimento era
reciproco,almeno verso il nano e l'elfo.
Lucilla
invece non gli aveva fatto niente,tranne che assumerlo e averlo
inserito in quella gabbia di matti,gli era stato chiesto di scortarla
fino ad Aegis con la prossima di una somma più che
generosa,se non
fosse che stava cominciando ad avere seri dubbi sulla questione,non
tanto per l'ammontare di denaro che ancora non possedeva,ma per il
fatto che era soltanto mattina e si era già ritrovato a
combattere
contro degli orsi di grandezza anormale,i goblin invece erano il meno
dato che erano troppo stupidi per risultare un problema serio,almeno
finché erano così pochi,per non parlare poi che
la sua Briseide
aveva rischiato l'osso del collo per fare da bersaglio mobile contro
un bestione così grosso,che fosse lui a rischiare la vita in
nome
della sua avidità era un conto,ma mettere in mezzo la sua
cavalla,che l'aveva seguito in mille e più disavventure era
un altra
questione che non andava neanche toccata,se non altro lei risultava
una compagnia migliore di Gordlack,di Nyme di molte altre persone di
sua conoscenza. Il resto del gruppo seguiva il mercenario allo stesso
modo che aveva fatto in precedenza,stessa formazione,nessun
cambiamento,con l'unica eccezione che adesso sapevano di non essere
soli nella foresta e che qualcuno probabilmente stesse spiando le
loro mosse,a parte questo però erano in netto svantaggio
contro
questa minaccia,prima di tutto non sapevano dove fosse,non sapevano
da quanto tempo li stesse spiando,quante erano le forze di cui poteva
far uso e sopratutto,chi accidenti era? Non sapevano niente,tranne il
fatto che molto probabilmente i goblin e gli orsi era stati lasciati
li da lui,visto che l'imboscata,seppur fallita miseramente,era stata
orchestrata nei minimi dettagli,per quanto fosse stata una strategia
piuttosto semplice. La buona notizia però era che presto
avrebbero
oltrepassato i confini della città stato e una volta
all'interno dei
suoi confini sarebbe stati inattaccabili da nemici esterni ai
territori del piccolo governo libero,ma fino a quel momento avrebbero
dovuto attraversare le ultime leghe del loro insicuro tragitto in
territorio imperiale,poi avrebbero avuto tutto il tempo necessario
per riposarsi. Passò una ventina di minuti quando ad un
certo
punto,in mezzo agli alberi e alla vegetazione più incolta e
selvaggia si intravide qualcosa di molto grande in lontananza.
“FERMI.”
Urlò
Milziade facendo segno agli altri di rallentare la loro corsa,ai loro
occhi si presentò una lunga struttura orizzontale la cui
misura in
lunghezza da li non era ben definibile dato l'alto tasso di
vegetazione che copriva la misura per intero,ma per quanto riguardava
l'altezza si poteva intuire che misura almeno 19 piedi e che fosse
fatta interamente di pali di legno l'uno affianco all'altro,come in
una struttura ben ordinata.
“E
un palizzata,forse è un fortino militare,oppure un
villaggio.”,disse
Nym mentre con il suo cavallo si metteva a fianco della sacerdotessa.
“Magari
c'è qualcuno suo interno,possiamo chiedere di farci
passare.”
“Dubito
che c'è ne sia bisogno mia signora,a giudicare dall'aspetto
della
mura e della vegetazione attorno non si direbbe abitata e
comunque,anche se gli abitanti avessero voluto tenerla in un tale
stato di degrado qualcuno ci avrebbe avvistato dall'alto,no,credo che
il posto sia disabitato...o almeno lo spero.”
L'elfo
aveva ragione,considerando la probabile importanza della struttura
sarebbe dovuto essere abitato o per lo meno controllato,ma non era
stati lanciati avvertimenti,n'è tanto meno aveva notato
segni di
vita provenire dalla stessa,per cui non c'era modo di verificare
l'assenza di ostilità se non provando ad avvicinarsi.
“Perfetto,a
questo punto sarebbe meglio controllare se c'è qualcuno,chi
viene
con me?”
“Vengo
io simpaticone,almeno così evitiamo che ti perdi un altra
volta,tanto mi ero stancato di stare sopra il ronzino.”
Disse
il nano mentre scendeva da cavallo,che con un leggero balzo
arrivò a
contatto col suolo con la grazia di una toro in una vetreria,il
rumore della pesante armatura d'acciaio fece così tanto
rumore che
alcuni uccelli nei dintorni volarono via spaventati per il forte
frastuono,non si poteva certo dire che fosse un compagno di viaggio
molto silenzioso.
“La
prossima volta fai ancora più rumore,penso che non ti
abbiano
sentito abbastanza chiaramente.”
Disse
ironicamente Milziade mentre anche lui scendeva da cavallo,lui
ovviamente fece a stento un sussulto quando toccò terra,dato
il
fatto che avesse protezioni di metallo ben più leggere di
quelle del
suo basso e secolare accompagnatore.
“Attenzione,il
signor mi vendo per due soldi a paura di farsi notare,quando hai
finito di fartela sotto fammelo sapere.”
Disse
Gordlack in maniera provocatoria,sul volto di Milziade si fece spazio
un espressione tra il nervoso e lo scocciato,se proprio ci doveva
essere qualcuno che faceva finta di essere simpatico quello doveva
essere solo lui e oltretutto,dato che preferiva avere a che fare con
loro il meno possibile aveva preso la decisione di collaborare,per
quanto non gli piacesse l'idea di avere a che fare con gente come
quella,che piombava nel cuore della notte a salvarlo da una
situazione che a suo dire si sarebbe salvato benissimo anche da
solo,lo aiutano a fare man bassa di un gruppo di imbecilli con un
cappuccio sulla testa,urlando cose di cui lui non importa niente,solo
alla fine per ritrovarsi insieme ad un elfo con la puzza sotto il
naso e fin troppo schizzinoso,una sacerdotessa brava,buona e utile
quanto un secchio bucato durante un incendio e che aveva tirato fuori
il suo nome da chissà quale oracolo ricevuto da un dio con
la quale
non aveva molta confidenza ed infine lui,il nano,un essere
basso,forte quanto basta per spaccare un uomo comune in due ma con le
capacità intellettive di un mattone,insomma,un vero e
proprio nano
da giardino,come lo aveva definito la scorsa sera. Ai suoi occhi
Gordlack sembrava tutto tranne il compagno più adatto per un
controllo all'interno della struttura,ma ormai il danno era fatto,si
era fatto sentire e lui non se ne curava per nulla,appoggiando il
manico del martello su una spalla mentre con una mano teneva sulla
parte più bassa e la testa del maglio sporgeva da
dietro,guardava
dritto di fronte a se con la tranquillità di chi sta facendo
una
passeggiata trasmettendo un aura di benessere e goliardica
tranquillità. Avanzava tranquillo mentre la pesante armatura
continuava a tintinnare e muovere le placche di metallo che coprivano
tutto il suo corpo,quasi a voler mettere alla prova la pazienza del
mercenario.
“Vogliamo
andare?”,rispose Gordlack con fare spavaldo e sicuro di se e
superò
Milziade che poco a poco lo vide dirigersi verso il grande muro di
legno,fissò per un attimo il cielo appena visibile e
sentendo un
moto d'ira salirgli dai più bassi recessi del suo animo
chiuse un
attimo gli occhi e prese un lungo respiro.
“Atena
dammi la pazienza,perché se mi dai la forza rispedisco quel
nano
alla montagna dalla quale e uscito a suon di calci nel
sedere.”
Fattosi
forza di dover sopportare il basso umanoide si avviò anche
lui in
direzione del muro,con la speranza nel cuore di giungere in
città il
prima possibile,così da potersi liberare di loro il prima
possibile,i due guerrieri si mossero verso la grande costruzione e
mentre camminavano notarono qualcosa di sinistro sulle mura del
fortino,quelli che all'inizio parevano segni di bruciature e di usura
del legno in realtà erano in realtà schizzi di
pittura
rudimentale,non aveva mai visto nulla di simile,forme di uomini
stilizzati in una qualche battaglia,uomini che uccidevano altri
uomini,le immagini non erano molto chiare in proposito,però
sembravano rappresentare la presa della fortezza dato l'alto tasso di
scene violente. Ma il particolare più importante e che le
scene
rappresentate sembravano essere state fatte con una pittura
nera,fresca a giudicare dalla lucentezza con la quale risaltava con
quella parte di luce solare che penetrava nel bosco.
“Hai
visto anche tu?”Chiese Milziade con fare serio verso
Gordlack,”la
stessa identica pittura che si trovava sui corpi dei due orsi,mi
sorge spontaneo pensare che questo non sia un semplice caso”.
“Tu
dici? In ogni caso se il bastardo che ci ha mandato quelle bestiacce
si trovasse qui gli spaccherei la faccia senza troppi problemi,un
colpo di questo e vedrai che non si sentirà più
tanto furbo come in
precedenza.”
“Sempre
se riusciamo a trovarlo,sempre se sia qui naturalmente,in ogni caso
dovremmo stare attenti dato che potrebbe non essere solo”.
“Parli
dei Goblin di poco fa?”
“A
parte loro,mi preoccupano di più le bestie,vedi quei segni
sulla
palizzata?”
“Si”,disse
il nano mentre osservava i segni della lotta selvaggia che si era
scatenata in quel luogo,”Sono molti e sparsi un po' ovunque e
la
cosa più incredibile sono i solchi che hanno lasciato,se
riescono
fare questo ad una fila di tronchi immagina cosa possono fare ad un
semplice uomo,senza armatura o altre protezioni in generale.”
“Già,comunque
adesso cerca di fare meno rumore possibile e vedi di coprirmi le
spalle.”
“Continua
con questo atteggiamento e vedrai che le spalle te le dovrai guardare
da solo,sempre che tu abbia gli occhi dietro la testa,arrogante di
un umano avaro senza onore e con l'animo più putrido di una
sgualdrina di una bettola malfamata,frequentata solo da scarafaggi ed
elfi effeminati,nel caso tu dovessi morire mi riprenderei l'anello di
Lucilla senza neanche darti una degna sepoltura,giusto
perché tu lo
sappia”.
“Grazie
per la tenerezza,me né ricorderò come uno dei
nostri momenti
migliori.”
Disse
Milziade mentre chiudeva la conversazione con Gordlack e nel
frattempo tirò fuori la spada corta in attesa di un
probabile
scontro,oltre ad utilizzarla per farsi spazio tra i cespugli,gli
arbusti,le felci e qualsiasi corpo legnoso abbastanza sottile da
poter essere tagliato. Alberi più grandi avevano occupato
buona
parte del margine delle mura difensive,rendendo così
più difficile
il loro percorso,ogni passo presentava loro un ostacolo da superare e
ogni radice rischiava di farli inciampare sul loro tragitto,in
confronto alla corsa di prima li il terreno sembrava più
aspro e
difficile attraversamento,cosa che non avrebbe permesso a cavalli una
buona capacità di spostamento,la cerva invece se la sarebbe
cavata
tranquillamente anche se forse la sua grossa mole gli avrebbe
ostacolato,seppur di poco la grande agilità che prima aveva
dimostrato con tanta facilità durante l'attacco degli orsi.
Con non
poca fatica giunsero di fronte alla palizzata,cosa che aveva
richiesto un certo impegno,ora bisognava soltanto trovare l'entrata
della struttura,il problema era trovarla,quindi decisero di
percorrere il muro e vedere dove conduceva. Camminarono per circa
dieci minuti e ancora non trovavano nessuna traccia di un entrata,una
porta,un cancello o un qualsiasi tipo di accesso che permettesse di
oltrepassare le mura,stavano facendo il giro della intera palizzata e
l'unica cosa che videro erano altri segni di graffi,artigliate e
solchi nel legno,c'era da dire che tutti quei danni erano segno di
aggressione su larga scala verso le stesse mura,come se una
moltitudine di bestie avesse cercato di oltrepassare quella barriera
di solido legno,in un attacco simile ad un assedio,con macchine da
guerra e squadre di demolitori,per quello che sapeva lui sulla guerra
poteva dire che le mura avevano svolto il loro lavoro più
che
decentemente,ma per quanto riguardava i segni e le pitture sulle mura
non ci capiva assolutamente niente,perché mai uan cinta
muraria
avrebbe dovuto essere arricchita con immagini tanto incomprensibili?
Ma in fondo a lui cosa gli importava se non oltrepassare
quell'ostacolo,dato che si trovava sulla loro strada per andare ad
Aegis e bloccava la strada principale per raggiungerla,certamente
avrebbero potuto fare il giro e continuare per la loro strada,se non
fosse che l'area attorno a loro aveva un così alto tasso di
vita
vegetale che per spostarsi in maniera veloce avrebbero dovuto
spostarsi alla stessa velocità con la quale si erano
spostati
durante l'inseguimento da parte degli orsi se non avessero voluto
arrivare nelle terre della città stato prima che fosse
calato il
sole,per non parlare della catena montuosa che divideva la foresta
nella quale si trovavano con i picchi innevati delle montagne
più
infondo.
No,aveva
senso fare un giro così lungo e contorto solo per tentare di
trovare
una scorciatoia che non esisteva,avrebbero dovuto aprirsi la strada
verso l'interno del fortino se volevano andarsene dalle terre
dell'impero il più presto possibile.
Ad
un certo punto,mentre i due continuavano a camminare attorno alla
struttura notarono,tra i segni del conflitto passato e le
rappresentazioni pittoriche uno strano cerchio di pietra inserito nel
legno,aveva una forma tonda e sulla sua superficie vi era inciso una
strano simbolo,un quadrato diviso nel mezzo da una riga,per Milziade
non volle dire niente,come tutto in quella storia nella quale ci si
era infilato dentro,ma sul volto del nano comparve un espressione
sorpresa,guardò la pietra come occhi pieni di
curiosità e
meraviglia,un po' come un bambino che osserva stupefatto un
giocattolo nuovo. Gordlack pose un mano sul corpo estraneo della
palizzata e cominciò a farci scivolare i polpastrelli quasi
la
stesse accarezzando.
“Che
ti prende nano?”,chiese Milziade con tono incuriosito,Il nano
non
si girò e continuò con la sua stranezza.
“Questa
è una runa mio poco caro ed ingenuo umano.”
“A
me sembra un sasso”.
“Sasso?”
Gordlack
a sentire quell'affermazione girò la testa molto lentamente
e
scrutando la figura del guerriero umano come se avesse ricevuto il
peggior insulto immaginabile rivolto verso sua madre,Milziade dal suo
punto di vista Gordlack sembrava guardarlo con sguardo da pazzo,i
suoi occhi parevano volergli lanciare fulmini e incenerirlo sul
posto.
“QUESTO...NON
E....UN SASSOOOOOOOO.”
“Che
ti prende?”
“Questa
e una runa,una pietra utilizzata fin dai tempi dei miei antenati per
custodire la magia donata a tutti i popoli nanici,come segno di
benevolenza da parte degli signori di Asgard, lo stesso Odino si
è
dovuto impiccare all'albero del mondo per apprendere la saggezza che
stava dietro il loro potere,quindi,mi perdonerai se mi sento un
tantino offeso riguardo alla tua mancanza di rispetto verso una tale
sacralità,comunque,vedi questo simbolo di forma
quadrata?”
“Si.”
“Questo
è un simbolo di protezione,l'incisione reca l'immagine di un
portone
stilizzato,quindi se i miei calcoli non sono errati la cosa giusta da
fare e questa.”
Appena
Gordlack finì di parlare mosse un mano verso la pietra e
pigiò con
una piccola dose di forza verso la stessa,una parte dei pali
cominciò
a tremare visibilmente e subito a dopo cominciarono ad affondare nel
terreno aprendo così una breccia all'interno della
fortificazione.
Nel vedere ciò Milziade rimase stupito da
quell'avvenimento,di certo
l'idea di base che si era fatto sulla cosa e che una serie di pali e
scivolata sotto terra e mostrando a loro due un passaggio
segreto,quindi di per se non era una cosa
inimmaginabile,però si non
aspettava di certo di avere a che fare con un simile sistema di
difesa,doveva ammetterlo,quel nano si era dimostrato più
utile di
quello che credeva.
“Bene,dopo
di te.”
Il
nano non se lo fece ripetere due volte e si inoltrò verso
l'interno
della struttura con aria sprezzante e sicura di se,l'umano lo
seguì
a breve,lasciandosi dietro quella grande marmaglia di alberi,un elfo
che a suo dire aveva sempre la puzza sotto il naso e una sacerdotessa
che gli doveva un pagamento più che generoso,sperava che in
caso di
pericolo l'arciere riuscisse a tenerla al sicuro o addio giusto
pagamento per i suoi sforzi. Superata la cinta difensiva i due si
trovarono con loro grossa sorpresa in un grande centro abitato, le
prime cose che riuscirono a intravedere la dentro era una serie di
case,la base delle piccole costruzione aveva una forma circolare,con
la base e i muri fatti di legno mentre il tetto era composto da
fascine di paglia e rametti di legno l'uni legati agli altri in modo
da formare strati di paglia sovrapposti tra di loro a formare un
tetto dalla forma conica con la punta rivolta verso l'alto,agli occhi
del mercenario le abitazioni sembravano avere dei grossi cappelli
appuntiti. Insieme ad esse erano presenti anche delle strade,che
tanto strade non potevano essere definite,erano dei sentieri in terra
battuta che si divincolavano in una maniera più o meno
casuale,con
l'erba che cresceva ai lati delle numerose diramazioni in quello che
si presentava ai due non come quello che doveva essere un fortino
militare di una qualche guarnigione di soldati presso una zona di
confine,ma quello che in realtà era un villaggio situato in
quella
zona impervia e senza buone comunicazioni verso l'esterno,dato la
quasi inaccessibilità a quel luogo,ma la cosa più
strana non era
tanto il posto in se,quanto piuttosto il fatto che non ci fosse anima
viva.
Nessun
segno di civiltà all'infuori delle costruzioni li
presenti,non
c'erano persone che facevano avanti e indietro presi dalle loro
faccende,nessuna madre che richiamava i figli in casa per dirgli che
il pranzo era pronto e appena messo sulla tavola,nessun uomo che
vendeva cianfrusaglie a lato della strada e nessun marmocchio sporco
e con il corpo quasi ridotto all'osso dalla fame che cercasse di
derubarlo,mendicanti,zoticoni,ubriaconi rumorosi o prostitute,niente
di niente,non c'era nessuno,vuoto assoluto.
“Ora
capisco perché nessuno ci ha aggredito nonostante tutto il
rumore
che hai fatto.” Disse Milziade in maniera preoccupata mentre
i suoi
occhi scrutavano ogni minimo dettaglio dell'insediamento
deserto,”Però adesso mi sorge un dubbio atroce
riguardo a questo
posto...”
“Dove
accidenti sono finiti tutti gli abitanti?”
“Già,mi
hai tolto le parole di bocca...sarà meglio dare un occhiata
in
giro,c'è qualcosa che non quadra in tutto questo.”
E
fu così che iniziò l'esplorazione dello strano
borgo,entrarono in
alcune case e videro i loro interni messi completamente a
soqquadro,le zone addette alla cucina erano completamente ricoperte
dalla fuliggine mentre i resti di cibo ormai ammuffiti e immangiabili
emanavano un fetore marcio e nauseabondo,attraente solo per le
mosche,il resto delle altre stanze aveva subito un destino simile,i
mobili sfondati con colpi d'arma,tavoli
rovesciati,ceramiche,terracotte e materiali simili erano sparsi un
po' dappertutto e i numerosi cocci segnavano la violenza con la quale
ci si era scagliati contro,mentre le anche le stanza dedite al riposo
era state distrutte con la stessa identica brutalità. Nelle
tre
abitazioni la scena era sempre la stessa,segni di selvaggia violenza
era stati gratuitamente distribuiti come in una sorta di razzia
brutale e sconsiderata,eppure c'era qualcosa che non quadrava in
quella situazione,se le mura esterne aveva retto così bene
allora
perché all'interno erano presenti solo case in rovina e
disabitate?
Per sicurezza era meglio andare a fondo a questa faccenda.”
Decisero
di inoltrarsi ancora di più nel cuore del
villaggio,più andavano
avanti e più si rendevano conto della grandezza della
distruzione
che era stata portata al suo interno e lo spettacolo che videro non
fece altro che fargli comprendere la grandezza di quella
violenza,raggiunsero un grande spiazzo al centro dell'abitato,era una
sorta di piazza,una grande spazio ricavato dall'incrocio delle vie e
viette che si incrociavano tra di loro in un area molto semplice e
rurale,resti di bancarelle e banconi erano stati spaccati oppure
erano stati bruciati,mentre i carretti,le case e i negozi li vicino
erano stati riempiti di graffi e segni di morsi,molto probabilmente
lasciati dagli stessi che aveva recato danni alla grande palizzata di
legno che circondava il borgo.
Poi
lo videro,il vero orrore si apriva di fronte ai loro occhi,molte ossa
erano sparse per tutta l'area e
disposte
in maniera casuale,teschi,femori,costati e gabbie toraciche erano
sparse dappertutto e non una di quelle parti era più
attaccata ad
uno scheletro intero e nel vedere ciò un sinistro e gelido
brivido
percorse le loro schiena,confermando che almeno loro una colonna
vertebrale c'è l'avevano ancora attaccata al resto del corpo.
Milziade
comprese molto bene la reazione che ebbe Gordlack nel vedere un
così
macabro spettacolo,non era la prima volta che vedeva della ossa
disposte in maniera particolare,quando viaggi per lungo tempo alla
ricerca di un lavoro pagato bene può capitare di vedere
scene
simili,qualche volta gli era capitato di avere a che fare con dei
negromanti,uomini e donne intenti a praticare strani rituali sui
corpi di persone morte da poco,con ancora la carne in buono
stato,tentavano di muovere i corpi e di utilizzarli per gli scopi
più
semplici come servi o aiutanti di qualche tipo,oppure per i compiti
più pericolosi come soldati equipaggiati alla ben meglio
oppure come
guardie del corpo,ma in questo ultimo caso preferivano i cadaveri dei
soldati,che già in vita avevano le membra allenate per il
combattimento e per la loro precedente esperienza con le armi,ma
l'esperienza gli aveva insegnato che solitamente affrontarli era
relativamente semplice dato che pur essendo tornati come non morti
non erano molto furbi e quindi era facile ingannarli,il vero problema
era averci a che fare quando erano in gruppo o addirittura
più di
dieci e chiusi nello stesso identico posto,cosa che a lui era
capitata e che avrebbe preferito non rivivere quell'esperienza.
Eppure
qui non si trattava di quel genere di cose,la disposizione delle ossa
e il loro trattamento era più simile a quella di una bestia
che
mangiava la sua preda,finiva di spolparla e buttava via i resti che
non poteva digerire,si,quello era più l'atteggiamento di un
animale,grosso e molto affamato,ciò confermava la presenza
di bestie
particolarmente grandi nella zona,come quei due orsi di poco fa e i
disegni lasciati sulle palizzate di legno erano delle stesso colore
che gli orsi portavano sulla pelliccia.
Ormai
non c'erano più dubbi,l'attacco subito nella foresta e il
luogo in
cui si trovavano ora erano collegati,forse il misterioso attentatore
alle loro vite c'entrava qualcosa anche con quell'abominevole
scempio.
“Dobbiamo
tornare a informare gli altri due di attraversare questo posto il
prima possibile,prima c'è ne andiamo di qui e meglio
è.” Disse
Milziade con tono seriamente preoccupato.
“Sono
d'accordo con te,questo posto da i brividi,giusto il tempo di
prendere i cavalli e poi c'è ne andiamo,un modo per farli
passare
dalla boscaglia lo troviamo lo stesso.”
Diedero
un ultima occhiata alla piazza del villaggio e tornarono
indietro,disgustati dall'orrido spettacolo che trovarono li,per
quanto entrambi fossero uomini abituati alla morte e al combattimento
una scena simile era decisamente spaventosa,non tanto in se per la
presenza delle numerose ossa presenti sul posto e che di certo
facevano la loro parte nello spaventare chiunque ci potesse posare
gli occhi sopra,ma all'aver immaginato come fosse avvenuto il
tutto,uomini,donne e bambini che venivano dilaniati e fatti a pezzi
da morsi e artigli di creature spinte da chissà quale furia
omicida,mentre le vittime morivano tra dolori e sofferenze
inaudite,se davvero questo osservatore sconosciuto aveva era stato
l'artefice di quell'orrore era meglio che se ne fossero andati e alla
svelta,combatterlo in quello che ormai poteva essere un suo
territorio e cosa ben poco furba da fare,sopratutto se non sapevano
con chi avevano a che fare. Ma proprio quando stavano per tornarsene
alla relativa sicurezza della foresta lo videro,neanche il tempo di
fare il primo passo che subito si sentirono spaesati nel vederlo
li,quella figura inattesa che stava adesso di fronte a loro,ai loro
occhi pareva un uomo alto e snello,con lunghi capelli neri e che
indossava solo un paio di braghe di pelle,con le braccia scoperte,i
piedi nudi e diversi tatuaggi sul petto completamente neri.
“Andate
da qualche parte,pecorelle?”
Disse
il sinistro individuo con tono provocatorio e il sorriso sulle
labbra,i due nel vederlo si sentirono inquietati dallo strano
figuro,all'infuori del malefico sorriso non riuscirono a scorgere
molto del suo viso data la moltitudine di capelli che gli copriva la
parte alta del volto,l'unica reazione logica alla quale riuscirono ad
arrivare fu di quella di stringere più forte la presa sulle
armi.
Tuttavia
non persero il controllo delle loro emozioni e restarono calmi,per
quanto l'arrivo improvviso di quel tipo di certo non migliorava la
sensazione sgradevole che emanava quel luogo,anzi,l'amplificava
notevolmente.
“Non so
chi tu sia amico,ma se pensi di essere stato furbo a voler
tentare di spaventare un nano con un arma in manoi,allora ti avviso
che hai fatto l'errore più grosso della tua vita,razza di
mingherlino tatuato dei miei stivali.”Disse Gordlack mentre
picchiettava su una mano aperta la testa del grosso martello in segno
di minaccia,ma per tutta risposta lo sconosciuto non si
spostò di un
passo,non arretrò e non diede segno di esserti
spaventato,restava
li,continuando a tenere i denti in una smorfia innaturale,quasi
stesse digrignando,come un animale selvaggio.
“Io
dico che siete stati voi due ad aver fatto l'errore più
grosso delle
vostre vite,mentre noi stiamo qui a conoscersi come fanno le persone
civili,i miei numerosi goblin giungeranno a bizzeffe per occuparsi
dell'elfo e della sacerdotessa,o dovrei dire principessa?Ma state
tranquilli,l'arciere lo uccideranno di sicuro,lei invece no,troppo
preziosa per ucciderla,io so per quale motivo si sta dirigendo in
città,dimmi la verità,lei lo ha visto
vero?”
Milziade
girò lo sguardo il nano al suo fianco e vide il volto di
Gordlack
contrarsi in un emozione violenta,la rabbia stava prendendo il
sopravvento sulla sua calma,che già normalmente era molto
poca di
suo,figurarsi poi se alle sue orecchie di nano collerico delle chiare
minacce sulle intenzioni di quel tipo inquietante verso Lucilla,non
ci vedeva più dalla rabbia. La mano si strinse sul manico
della sua
arma come poche volte nella sua vita.
“Non
so di cosa parli.”
“Davvero?
Eppure non mi sembra un caso che la tua principessa abbia una scorta
così piccola,ma ben armata e molto abile,io dico che sai
bene di
cosa sto parlando,potrei chiedervi di consegnarmi la ragazza e aver
salva la vita,ma dato che voi non mi permettereste di toccarla con un
dito e io non vi lascerei andare via sulle vostre gambe,direi che a
questo punto l'unica cosa certa e che io vi uccida il prima possibile
e quando avrò finito con voi,mi occuperò anche di
lei,vedremo
quanto riuscirà resistere dopo una ripassata da parte dei
miei
collaboratori.”
“TE
LA SEI CERCATA BASTARDO.”
A
quel punto Gordlack aveva un rancore in corpo così
incandescente che
la metà bastava ad incendiare tutti gli alberi attorno al
villaggio,se prima lo sconosciuto sembrava semplicemente
irritante,ora invece era diventato meritevole dell'odio di
Gordlack,parlare a quel modo di lei era come attentare alla sua
stessa vita di persona e le sue parole era una chiara profezia sul
male che intendeva farle per i suoi scopi,sapeva benissimo di cosa
stesse parlando l'inquietante e se quel tipo pensava di passarla
liscia dopo le chiare minacce che aveva spudoratamente
dichiarato,allora della sua testa sarebbe rimasto solo un
ricordo,meno di poltiglia sulla quale le mosche si sarebbero
deliziate ben volentieri. Impugnò il martello con entrambe
le mani e
lanciandosi in avanti portò l'arma su un fianco,caricando il
colpo
che scattato da li a poco in un tremendo attacco in grado di far
diventare polvere le ossa del sinistro figuro davanti a lui. Giunto
alla distanza giusta mosse di nuovo il grande maglio,questa volta
diretto alla testa dello sconosciuto,il grande peso
sull'estremità
dell'arma contundente era carica di forza che presto si sarebbe
abbattuta con violenza sul suo obbiettivo,tuttavia il selvaggio
davanti non sembrava preoccupato in alcun modo,anzi,se ne
restò
fermo,perfettamente immobile nonostante la minaccia che gravava su di
lui,come se la cosa non avesse alcuna importanza.
“Sei
lento.”
Disse
lo sconosciuto prima che il colpo lo raggiungesse,la sua schiena si
piegò in maniera innaturale verso un fianco,curvandosi
appena in
tempo per schivare il colpo senza nascondere una certa somiglianza a
quella di un serpente,che si ripiega su stesso per evitare di venire
colpito dalla zampata di un animale più grosso,appena il
colpo andò
a vuoto Gordlack rimase sbilanciato per l'impeto con la quale
cercò
di attaccare il misterioso sconosciuto e trovandosi alla merce del
selvaggio. Ma durante la schivata dello straniero notò una
parte
della fronte i cui capelli avevano scoperto parte del volto mostrando
così un occhio con una riga nera stretta in mezzo ad un
occhio
azzurro,molto somigliante a quello di un serpente,ma la cosa non
sembrava avere importanza sul momento,dato che ormai per colpa del
suo errore di giudizio stava dando le spalle al suo avversario,cosa
che era sempre meglio non fare,grosso errore da parte di Gordlack
puntare tutto sulla forza bruta. A sua volta l'uomo seminudo,ancora
piegato in quella strana posizione,si spinse in avanti con la schiena
e allargò la bocca in maniera innaturale,snudando zanne da
lupo che
prima non si erano fatte notare in tutta la loro
crudeltà,denti
aguzzi come punte di frecce si stavano per muovere verso il collo del
nano,che non potendo reagire poté solo accorgersi in parte
del
contrattacco nemico.
Ma
un nuovo e inaspettato colpo cambiò il risultato dello
scontro,la
lama di una spada ricurva si avventò verso il torace dello
straniero
che con gli stessi riflessi fulminei evitò appena in
tempo,saltando
in aria e atterrando sul tetto di una delle case vicine,in quel salto
più che un serpente sembrava un grillo. Aggrappandosi con le
mani al
tetto di paglia vide il terzo incomodo che era intervenuto nello
scontro,era Milziade che vedendo il nano in difficoltà
decise di
intervenire e dovette ammettere a se stesso che l'altro guerriero
aveva saputo essere leggero e veloce come non mai,nonostante la
corazza,gli schinieri e le altre protezioni di metallo l'umano aveva
compiuto uno scatto a dir poco rapido,ora gli avversari temibili
erano due.
“I
miei complimenti umano,non mi aspettavo un tuo intervento a
salvaguardia del nano,da quello che ho visto voi due non andate molto
d'accordo,perché lo hai salvato?”
“Combattere
in due e meglio che combattere da solo,se lui morisse dovrei
vedermela con te senza neanche sapere come affrontarti,così
invece
ho più probabilità di sopravvivere,anche se
l'idea di salvare
questo zuccone di un nano non mi entusiasta poi molto.”
Dopo
la chiara affermazione del mercenario calò un improvviso
silenzio
mentre Milziade e il loro aggressore si studiavano,non c'era bisogno
di guardare oltre la folta frangia di quel tipo per capire che lo
stava osservando con attenta curiosità,un po' come un
predatore che
osserva un suo simile che non ha mai visto prima.
“Se
e così che volete giocare a me sta bene,ma vi consiglio di
fare
presto se volete tornare indietro a salvare gli altri due,quindi
sbrigatevi a farmi vedere se siete dei cacciatori più capaci
di me.”
A
quel punto il selvaggio aggressore compì un altro balzo in
direzione
delle case precedenti, scomparendo così alla vista dei due
guerrieri. Milziade non riusciva a credere ai propri occhi,era la
prima volta che vedeva una cosa simile,un uomo in grado di fare certe
cose col proprio corpo era sicuramente più vicino all'essere
un
mostro che una persona vera e propria,chi era quello strano tipo e
perché mai voleva così tanto Lucilla? Se c'era
qualcuno che poteva
dargli le risposte che cercava c'è l'aveva accanto a se e
poco priva
aveva rischiato di fare una pessima fine,volse lo sguardo verso
Gordlack che appena ripresosi dal trambusto si voltò verso
Milziade
con aria confusa.
“Allora,questa
storia della principessa cosa sarebbe?”
Chiese
Milziade leggermente irritato.
“Non
era necessario che tu lo sapessi e comunque sei un lama venduta,fai
ciò che fai per una promessa di pagamento strappata con
costrizione,sei qui per denaro,non per lei.”
“Mi
state nascondendo qualcosa,cosa c'è sotto veramente,avanti
parla e
vedi di risparmiare i dettagli inutili.”
“Non
posso farne parola,mi è vietato e comunque prima di dirlo ad
una
canaglia come te preferisco crepare.”
“Davvero?
In questo caso allora appena saremo arrivati in città
avrò una
motivazione in più per chiedere un compenso più
alto,in parte per
gli sforzi che sto facendo per farvi arrivare ad Aegis,in parte per
mantenere il silenzio sul vostro viaggio e infine come mancia per
arrotondare il conto,visto tutto il tempo che ho perso stando con
voi,mi sembra un offerta ragionevole,tu non credi?”
“T-tu
razza di...” Il nano dovette trattenere la rabbia che provava
verso
Milziade,non gli era mai capitato di incontrare qualcuno di
più
avido di quel mercenario,tuttavia doveva riconoscere che il suo
intervento era stato indispensabile per aver salva la dura pellaccia
alla quale era affezionato,quindi fece un bel respiro per scaricare i
nervi e poi si rivolse nuovamente verso il mercenario,ma questa volta
con atteggiamento più calmo e tranquillo,combattere tra di
loro non
sarebbe servito a niente.
“Allora,che
si fa adesso?”
Milziade
aveva notato il cambio d'umore del suo accompagnatore e decise di
assecondarlo,per tanto anche lui si calmò quel tanto che
bastava a
giustificare una riappacificazione temporanea,quel tanto che bastava
per poter ragionare con quello scorbutico nano.
“Per
prima cosa dovremmo restare insieme,ovvio che se ci separassimo lui
n'è approfitterebbe per attaccarci singolarmente,cosa che
sarebbe
meglio evitare,secondo,dobbiamo tenere occhi e orecchie ben
aperti,ora che sappiamo cos'è in grado di fare non dobbiamo
cedere
alle sue provocazioni e n'è tanto meno dare per scontato che
anche
se siamo in due si lascerà accerchiare o tanto meno
ingannare così
velocemente,per non parlare del fatto che sembra conoscere questo
posto,quindi il suo vantaggio su di noi e considerevole e se la
storia dei goblin e vera allora anche il tempo e contro di
noi.”
“Quanti
giri di parole solo per dire che dobbiamo fracassargli le ossa il
più
presto possibile,ma sono d'accordo con te,adesso andiamo prima che ci
prenda di nuovo alla sprovvista.”
E
così facendo i due si misero alla ricerca del
selvaggio,stando alle
parole dell'uomo avevano ben poco tempo prima che molti altri nemici
arrivassero a piombare su gli altri due membri della squadra e
insieme a loro anche Briseide,che era rimasta indietro insieme ad
all'elfo e alla sacerdotessa,Milziade certamente non avrebbe permesso
che la sua giumenta rimanesse invischiata in una situazione nella
quale non sarebbe potuta sopravvivere,senza contare il fatto che la
sua unica speranza di essere pagato consisteva nel proteggere quella
ragazza,ora ne aveva certamente la conferma,quella era decisamente
una pessima giornata da ricordare,sempre se fosse sopravvissuto
ovvio. Tornarono indietro nella direzione in cui si era diretto il
selvaggio,dovettero rimettersi a cercare in mezzo alla case,ai ruderi
ormai disabitati da chissà quanto tempo,se era stato lui ad
attaccare borgo allora aveva avuto tutto il tempo necessario per
preparare un piano per fronteggiare l'intera squadra al completo,dato
che l'attacco degli orsi era fallito allora ne avrebbe tenuto un
altro di riserva,nel caso i due grossi predatori fallissero nel loro
compito,cosa che effettivamente era successo. Ora dovevano
fronteggiare il diretto responsabile di quell'agguato,cosa che si
stava rivelando una situazione ardua e inaspettata. I due si misero
alla ricerca del loro nemico in mezzo alle case,si guardarono attorno
alla ricerca di segni,tracce,indizi di qualunque genere sulla
presenza di quell'essere nei dintorni,ma niente,non un suono,non un
occhiata di sfuggita,o chissà quale strana forma vagamente
umanoide
nei dintorni,nulla,sembrava scomparso,eppure la loro attenzione per
l'ambiente circostante era al massimo delle loro
capacità,era ormai
chiaro che quell'uomo,chiunque sia o qualunque cosa fosse,non era
certo qualcuno da sottovalutare.
“Dove
si è cacciato quella specie di mostro?” Si chiese
il nano a voce
alta.
Milziade
non gli rispose,era troppo concentrato per preoccuparsi delle
irascibilità del suo basso accompagnatore,troppo rumoroso e
fin
troppo suscettibile,certamente era forte e molto capace in
combattimento,ma per quanto riguardava la parte tattica aveva delle
forti lacune che andavano colmate,cosa che Gordlack non faceva nulla
per quale rimediare. Avanzarono verso una stradina laterale che
passava per un altra serie di casupole,si diedero un occhiata attorno
e guardinghi decisero di proseguire per quella via,nel frattempo
Milziade diede un occhiata al cielo e notò che il sole era
quasi nel
suo punto più in alto,ormai doveva essere quasi
mezzodì e il tempo
ormai stringeva,in aggiunta a questa preoccupazione se ne aggiunse un
altra,un suono improvviso si fece udire da una delle case nella
via,sembrava il cigolio di legno vecchio misto a cianfrusaglie che
cadevano a terra,entrambi guardavano nella stessa direzione e si
diressero verso l'entrata della modesta abitazione. La porta era
socchiusa mentre dall'interno della casa non si sentì
più nulla,i
due si guardarono un attimo negli occhi e senza la necessità
di dire
alcun che il nano fece la prima mossa e si lanciò dentro la
casa
dando una forte spallata alla porta già aperta e con il
maglio
tenuto sopra la testa,in attesa di spaccare la testa a quel
dannato,ma appena entrò non vide niente se non l'interno
diroccato,si girò verso Milziade e con un chiaro segno di
rabbia e
confusione,poi tutto ad un tratto una forza inaspettata lo
colpì
dietro la schiena facendolo sollevare a mezz'aria e poi farlo cadere
a terra con la faccia rivolta verso il terreno.
Milziade
lo vide li in piedi sull'uscio di casa con fare rilassato e col suo
irritante digrignare,l'estraneo trasformista era di nuovo con loro e
per li aveva presi di sorpresa per la seconda volta.
“Fammi
vedere quello che sai fare,pecorella.”
Milziade
non se lo fece ripetere due volte e superando il nano steso al suolo
si accinse ad affrontare di persona quella nuova minaccia a colpi di
spada,emise il primo fendente diretto verso il torace nudo
dell'avversario con l'intento di squarciare il centro del tronco con
un colpo di punta,a sua volta il selvaggio piegò di colpo la
schiena
dandosi una spinta di reni invogliando Milziade ad affondare il colpo
in un punto vuoto mentre il suo avversario schivava di lato e
rispondeva al colpo con un rapido movimento della mano destra,tenuta
aperta come se fosse la zampa di un orso e scagliarla verso il viso
del guerriero. Per istinto Milziade parò il colpo di mano
con la
mano libera,intercettandolo con la sua guardia del pugno alzato poco
più avanti del suo volto e bloccandolo col dorso della mano
all'altezza del polso,come un pugile che si difende da un gancio
diretto alla mascella,fu una fortuna che la sua difesa fosse
così
buona dato il fatto che li ci volle un occhiate per capire cosa ci
fosse in quella mano che tanto lo preoccupava,strani artigli neri
erano spuntati al posto delle unghie apparentemente umane che lo
sconosciuto aveva in precedenza,era sottili sporgenze dalle
estremità
affilata erano pronti a squarciargli la faccia e a giudicare dal
contatto diretto con quel mostro doveva ammettere che stava facendo
una certa fatica a contrastarlo.
“Come
sospettavo,sei un umano decisamente interessante,sei troppo forte per
essere un semplice soldato,dimmi,dove si trova il primo frammento del
Demiurgo?
“Non
ho la ben che minima idea di cosa tu stia parlando pazzoide.”
“Bugiardo,sai
benissimo cosa c'è in gioco in questa faccenda,sono ben
informato
riguardo alla fuga della principessa dal santuario del vostro caro e
luminoso Apollo e del manipolo di uomini che la stanno scortando fino
alla città stato di Aegis,se no perché preparare
il nostro incontro
in questo buco di villaggio se non per uccidervi...e a tal
proposito....”
La
mano libera del selvaggio si mosse in direzione torace del guerriero
che sembrava completamente scoperto,vulnerabile al suo prossimo
attacco.
“MUORI”
Anche
sull'altra mano spuntarono all'improvviso degli artigli,che
scattarono fuori dalla carne intenti a voler trapassare la gabbia
toracica di Milziade,quest'ultimo da parte sua ebbe buon occhio e si
accorse del colpo improvviso e fece appena in tempo a sollevare una
gamba e tirare una pedata in pieno ventre allo strano
individuo,allontanandolo da se appena in tempo prima che gli artigli
potessero colpirlo,tuttavia il braccio del selvaggio si era
improvvisamente allungato di almeno un palmo,abbastanza da penetrare
di poco la corazza e graffiare la pelle di Milziade,ma ciò
nonostante adesso era stato spinto dentro la casa,in un area in cui
non si sarebbe più potuto spostare come voleva
poiché adesso anche
lui,seppur dotato di chissà quali stregoneria ad
avvantaggiarlo era
soggetto ad un limite dettato da un un fattore esterno alle sue
abilità,si ritrovava chiuso in uno spazio stretto,cosa che
gli
impediva di saltare e nascondersi come più desiderava.
Milziade
mosse la mano libera verso e se la portò al petto,tastando
con le
dita i graffi lasciati sulla corazza e sulla carne poco sotto di
essa,una sensazione di fastidioso e pizzicante dolore lasciato dai
graffi aperti,le sue non erano ferite gravi,ma se non fosse stato per
la corazza sarebbe andata molto peggio,quella strana creatura dai
tratti bestiali aveva trapassato con una sola mano una corazza di
bronzo,non che fosse impossibile dato che era un metallo malleabile e
piuttosto tenero se confrontato al ferro,ma che comunque offriva una
buona protezione e concedeva una certa agilità nei movimenti
di
gambe e braccia,ma pensare che qualcosa fosse riuscita a passare la
sua difesa lo preoccupava,avrebbe dovuto essere ancora più
cauto
adesso.
“Spiacente,non
ci tengo ancora ad andare negli inferi.”
L'uomo
a torso nudo era steso a terra quando sentì quelle parole
pronunciate con tanta sicurezza in se,l'uomo che avrebbe dovuto
essere vittima delle sue personali capacità stava di fronte
a
lui,ergendosi come un trionfante eroe pieno di se,se fino a quel
momento sul suo volto si era spalancato un chiaro sorriso di scherno
ora invece si capovolse tramutando in una smorfia di rabbia e
rancore,come osava quell'uomo civilizzato prendersi gioco di lui,un
predatore nato,lui che aveva modificato il suo corpo al punto da
poter emulare le migliori capacità di ogni animale che lui
considerava utile per i suoi scopi,lui era il lupo e l'orso,la
vipera e l'aquila,quell'uomo in armatura avrebbe dovuto temerlo e
invece si stava prendendo gioco di lui,la pecora che insultava il
lupo e poi la faceva franca era un affronto contro di lui e contro il
ciclo naturale del mondo....E lui questo non poteva tollerarlo. Il
selvaggio si rialzò in un battibaleno e assunse una
posizione degna
di un vero animale,allargò le braccia mostrando vistosamente
gli
artigli che gli spuntavano da quelle dita tanto umane e nel mentre
snudava i denti,che sembravano alla vista del mercenario zanne vere e
proprie,la sua testa fece un veloce sbattimento del capo che libero
un occhio dalla frangia scura e folta,mostrando a Milziade l'occhio
da serpente.
“Adesso
faccio sul serio spaccone.”
“Ma
tu guarda,stavo per dire la stessa cosa.”
I
due si guardarono ancora una volta,si studiarono un ultima volta
prima di tornare a menare fendenti per la seconda volta,ormai per
Milziade l'unica cosa certa e che da quando aveva lasciato il tempio
di Artemide era andata sempre peggio e non osava immaginare cosa
sarebbe successo se il viaggio fosse stato più lungo. Ma
all'infuori
di ciò quella mattina aveva scoperto altre cose riguardo al
gruppo
alla quale malauguratamente si erano unito,cos'altro gli avevano
nascosto quei tre?
E
poi c'era quella parola che aveva già sentito,Demiurgo,la
stessa che
avevano urlato tutti insieme quei balordi la sera precedente,quello
fino al suo risveglio sembrava una serie di sfortunati eventi ora
cominciava a pensare che la situazione nella quale si era cacciato
era forse qualcosa di molto più complicato di quello che
credeva. Ma
la cosa non aveva importanza in quel momento ora doveva concentrasi
su altro,si mise in posizione di combattimento mentre teneva la spada
vicino al costato e la mano libera vicino al basso ventre,si
fissarono negli occhi e si prepararono al meglio delle loro
capacità.
Il
vero scontro stava per iniziare.
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Capitolo 5 *** Gioco di squadra ***
Fuori
dalle mura del villaggio Lucilla e Nym attendevano pazientemente il
ritorno degli altri due e nel frattempo erano scesi dalle loro
cavalcature godendosi un meritato riposo per la fatica che avevano
affrontato prima nel contrastare la minaccia dell'agguato,l'elfo
teneva l'arco al suo fianco mentre da seduto si godeva la vista
sull'immensa area verde che lo circondava,si sedette a terra
ispirando a pieni polmoni i profumi e gli odori che attorno a lui
vagavano liberi mentre il suo udito percepiva tutti i suoi a lui
più
familiari alla sua razza,il cinguettio degli uccelli più
piccoli,i
passi di una lepre nelle vicinanze,lo scuotere delle foglie da parte
di un venticello giocoso che si muoveva tra le numerose fronde. Era
da tempo che ormai non sentiva più queste sensazioni di
benessere.
“Ti
senti bene?”La leggera e cristallina voce di Lucilla
richiamò
l'attenzione dell'arciere e i suoi occhi incontrarono quelli di
lei,che lo guardavano con aria preoccupata.
“Si...e
solo che è da molto tempo non sentivo più questo
contatto con la
natura,da quando abbiamo cominciato questo viaggio sono stati pochi i
momenti in cui ho potuto prendere tempo per me stesso.”
“Mi
spiace che la mia protezione occupi molto del tuo tempo mio caro
Nym,se fossi più forte non vi avrei mai coinvolti in questo
viaggio,per te e Gordlack dev'essere fastidioso questo
compito.”
“Non
dica così maestà...”, Nym si
alzò tutto d'un colpo e subito
superò in altezza Lucilla che al pari di lui sembrava una
ragazzina,
“Se io e quel testardo di un nano siamo qui e per
lealtà e
riconoscenza verso di lei, se non fosse stato per lei a quest'ora noi
saremmo....”
Non
fece in tempo a parlare che alle sue orecchie giunse un frusciare tra
gli alberi,subito guardò in direzione del rumore,prese
l'arco e
incoccò una freccia in un tempo inferiore ad un battito di
ciglia,il
volto dell'elfo trasmetteva tensione e nervosismo.
“Nym
che succede?” Chiese Lucilla con tono preoccupato.
“Mia
signora salga sulla cerva e si metta al riparo,temo che ci abbiano
raggiunti.”
La
ragazza non se lo fece ripetere e si avvicinò al grande
ruminante
che la fece salire sulla schiena,la cerva alzava e abbassava la
testa,tuttavia non sembrava spaventata ma piuttosto il contrario,come
se si stesse preparando allo scontro. Per quanto riguardava i due
cavalli quello di Nym batteva una zampa sul terreno a ritmo regolare
e agitava la criniera in segno di nervosismo,poi c'era Briseide,la
giumenta sembrava stranamente calma,nessuna reazione,nessun segno di
irrequietezza,l'unica cosa che faceva era nitrire e fissava anche lei
il punto in cui Nym stava prendendo la mira,l'elfo si accorse della
cosa e pensò che era incredibile come quell'animale non solo
non si
stesse facendo prendere dal panico,ma sembrasse addirittura sul piede
di guerra,come un soldato che attende di ricevere il nemico,doveva
riconoscerlo,quel mercenario di un umano aveva proprio un ottima
compagna di viaggio,non che lui non avesse un magnifico esemplare. La
corda era tesa,la freccia pronta a partire,i muscoli erano tesi e il
cuore in attesa di un battito più forte a dar via alla
carica ai
numerosi esserini verdognoli che in precedenza li avevano attaccati,a
quel punto poteva solo sperare che avesse abbastanza munizioni da
uccidere una ventina di goblin,a quel punto avrebbe fatto uso della
piccola ascia che nascondeva dietro la schiena,in caso di
combattimento ravvicinato.
Ora
bastava solo aspettare,il resto sarebbe venuto da se.
L'interno
della casa non sembrava un luogo molto adatto per uno scontro,nemmeno
per solo due persone. Nonostante il grande spazio all'interno
consentisse a due persone di muoversi liberamente per una decina di
metri,dato il fatto che l'ingresso dell'abitazione facesse anche da
sala da pranzo e che i pochi resti ancora in piedi e la mancanza di
mobili a ostruire i movimenti rendeva il luogo adatto per uno scontro
diretto con qualcuno che tendeva a nascondersi e colpire di sorpresa
come quello strano tipo,tuttavia Milziade avrebbe dovuto stare
attento,chissà quale altre bizzarrie era in grado di
compiere il
selvaggio di fronte a lui. L'aria li dentro sapeva di chiuso e la
polvere per terra si era sollevava al minimo cenno di movimento,un
breve sguardo dell'uno verso l'altro,gli artigli pronti a
squartare,la spada in attesa di affondare nelle carni dell'animalesco
assalitore, e poi iniziò. Il primo a scattare fu Milziade
che si
avventò sull'avversario colpendo con un fendente laterale,ma
l'altro
fu rapido a schivare il colpo,abbassandosi con un veloce movimento di
gambe per poi rispondere con un serie di fendenti portati con un
entrambe le mani,che agli occhi di chiunque lo avesse visto era
più
simili alle zampe di una bestia. Il guerriero a sua volta fu rapido a
evitare gli artigli con piegamenti di schiena oppure usando il piatto
della spada per parare i colpi subiti,attacchi feroci e rapidi come
mossi da una furia omicida. Spada e artigli,lama metallica contro
lame naturali,botta e risposta sia di uno che dell'altro
combattente,uno però combatteva in maniera civile,se
così si poteva
definire,attaccava come un uomo,parava come un uomo,schivava come un
uomo. L'altro invece portava attacchi rapidi misti ad una tattica
diretta e aggressiva,era carente di tecnica ma avvantaggiato da forza
e riflessi anormali, infatti ,dopo l'ennesimo attacco da parte di
Milziade, il selvaggio schivò un altro colpo,abbassarsi
poggiando
tutti e quattro gli arti a terra,piegare le gambe e poi saltare
addosso al guerriero,che non aspettandosi quel genere di mossa si
fece prendere di sorpresa,cadendo per terra e col suo nemico che
aveva fatto presa sulle sue braccia e affondava gli artigli nei
muscoli tonici ed allenati,il dolore fu grande e gli scappò
un
gemito di dolore trattenuto a stento dai denti stretti al massimo. Il
mostro guardò Milziade dritto negli occhi mentre col suo
occhio da
serpente non coperto dalla frangia brillava di eccitazione
primordiale mentre pregustava già il momento di dare la
morte con le
stesse mani,il predatore aveva tutta l'intenzione di finire la sua
preda. Sollevò una mano verso il soffitto,con gli artigli
pronti a
infliggere il colpo finale.
“
Qualcosa
da dire prima di
morire?”
“
Si...questo
farà più male
a te che a me.”
Disse
Milziade con un sorrisetto arrogante sulle labbra. Il selvaggio non
riuscì a capire per tempo quello che gli aveva detto il
guerriero
che poco dopo sentì un sibilo perforare l'aria,se ne accorse
all'ultimo e per istinto guardò di fronte a lui e quello che
vide,seppur per brevissimo tempo fu un grosso blocco di metallo
diretto sulla sua faccia,la curiosa visione fu seguita da forte
dolore al centro della stessa,seguita da un senso di disorientamento.
Era il maglio del nano che era andato centrare il viso dello
straniero,che lo costrinse a liberare la presa su
Milziade,rovesciarsi all'indietro e cadere a terra mentre nel
contempo si portava le mani all'altezza del naso. Milziade diede un
occhiata dietro di se mentre si trovava ancora a terra e poi lo vide
chiaramente,era Gordlack e teneva le braccia dritte davanti a lui e
le mani congiunte,chiaro segno che era stato lui a compiere quel
salvataggio in tutta fretta. Milziade si rialzò e si
girò verso il
nano.
“
Ehi
nano da giardino,perché ci hai messo così
tanto?”
“
Cosa?
Dopo quello che ti stava per fare ancora che ti lamenti? Avrei dovuto
lasciare che ti finisse e poi intervenire per ucciderlo all'ultimo
momento,di certo avrei fatto la scelta giusta.”
Il
nano entrò nell'abitazione e appena fu vicino all'umano
allungò un
braccio verso di lui e gli offrì una mano aperta che non
venne
rifiutata,Milziade si aggrappò alla mano per poi essere
tirato in su
e tornare in posizione eretta.
“Ti
odio nano,ho un debito nei tuoi confronti.”
“Ti
potrai sdebitare appena ti sarai levato dai piedi.”
“Cosa
che intendo fare il prima possibile,ma per ora...”
L'umano
non finì la frase che subito girò il suo sguardo
verso l'essere
poco più avanti di lui,era a terra e sembrava molto
sofferente,si
era messo in ginocchio e teneva le mani ancora premute sul naso
mentre da sotto di esse un leggero fiotto di liquido rosso colava
verso il basso sporcando la zona della bocca e del mento,per poi
finire in terra. Era evidente che il loro aggressore avesse il naso
rotto o peggio,un colpo simile avrebbe dovuto spaccargli la testa a
metà o se non altro fargli un buco in faccia grande quanto
un
melone,il fatto che fosse ancora vivo aveva dell'incredibile. L'uomo
rivolse
uno sguardo carico di rabbia verso i due che a loro volta lo
fissavano con aria fredda e distaccata,tanto in quelle condizione non
era molto quello che poteva fare,era questo quello che pensavano
Gordlack e Milziade,mentre il selvaggio che avevano di fronte era in
preda al dolore,ma ancora cosciente e in grado di sentire e vedere
quello che stavano facendo i suoi avversari.
“Fine
dei giochi amico,arrenditi e ti prometto che non ti farò
troppo male
quando ti ucciderò.”
Disse
Milziade puntando la spada verso il volto dello straniero,nel mentre
Gordlack recuperava il suo maglio e si affiancò al
mercenario,poggiando la testa del grosso martello sul pavimento e
poggiando le mani sulla base del manico,come se stesse in posa per
intimorire l'uomo ai suoi piedi e occludergli ogni via di fuga.
L'occhio
serpentino guizzava da un volto all'altro con chiara dimostrazione di
nervosismo,non c'era bisogno di un occhio attento che il selvaggio
era furente e l'espressione che trapelava dal suo sguardo lo
dimostrava ardentemente,si tolse le mani dal naso e le
appoggiò
sulle ginocchia,mostrando agli altri due l'evidente stato del suo
volto distrutto e l'osso del naso spaccato esattamente nel mezzo. Lo
guardarono dritto negli occhi mentre le mani stringevano forte la
presa sulle armi decisi a dargli il colpo di grazia e poi attaccarono
all'unisono.
Ma
proprio quando pensarono di averla avuta vinta il selvaggio fece un
improvviso atto di resistenza,rimasto in ginocchio e notando le parti
scoperte della loro difesa il suo corpo fece uno scatto completamente
inaspettato,irrigidendo i muscoli della schiena e del collo la sua
colonna vertebrale si allungò e con la testa
colpì entrambi a
livello del costato con tale forza da aprirsi una strada in mezzo ai
loro corpi. Il colpo subito era paragonabile allo scatto di una
vipera e la forza dell'incornata di un ariete e della botta appena
arrecata si sollevò sulle sue stesse gambe,per poi correre
fuori
dalla casa e sfuggire alla vista dei suoi avversari,corse per le
stradine sterrate con una velocità degna di coniglio per poi
fermarsi all'angolo di una casa,poggiarsi le mani sul setto nasale e
spingere sulla sezione dell'osso rotto. Il naso fece un leggero
scricchiolio e subito dopo un acuto dolore fece scappare un urlo
all'uomo mezzo nudo,facendogli scendere lacrime di pungente
sofferenza,ora poteva tornare a respirare come prima. Si
guardò un
attimo indietro per vedere se lo stessero seguendo,anche se lui
stesso sapeva che alla velocità alla quale aveva corso era
impossibile che lo avessero già trovato. Si passò
il dorso della
mano sulla bocca per togliere la fastidiosa presenza del sangue,che
tra l'altro era colato anche sotto il mento e gli aveva macchiato il
petto magro e tatuato,tornò col pensiero all'umano e al nano
che
aveva lasciato nella casa e cominciò a pensare tra se e se
con
rabbia e nel farlo tirò con leggero pugno contro il muro.
“Dannati,dovevo
essere io il cacciatore e loro le prede,non il contrario,nonostante
il nano sia fisicamente il più forte e chiaro come sia anche
il più
lento e il più facile da ingannare,il vero problema e
quell'umano,è
forte quasi quanto l'altro ma non abbastanza da resistere ai miei
colpi,eppure é rimasto calmo ,nonostante stessi per finirlo
non ha
fatto una piega,come se avesse previsto l'intervento del compagno.
Forse può aver visto di sfuggita il nano rialzarsi e
continuare a
combattere finché non l'ho buttato a terra,non posso dire
con
certezza che abbia previsto il tutto,ma sta di fatto che quello li
non me la racconta giusta,devo stare più attento,quelle
pecorelle
hanno dimostrato di essere più ostinate del previsto,ma se
pensano
di averla vinta si sbagliano,la caccia non si è ancora
conclusa.”
L'uomo
si staccò dalla parete e fece rientrare gli artigli fino a
far
tornare nuovamente le sue unghie originali,si addentrò
ancora di più
tra le case in cerca di un posto sicuro dove riposare,nel far
compiere così tante imprese al suo corpo si era stancato
più del
dovuto e la frattura del naso aveva contribuito a dover lasciare
andare le sue prede,doveva riposarsi,per il resto avrebbe dovuto
attendere.
Erano
a terra,contusi,senza fiato e con una grande frustrazione a
tormentarli,l'area dello scontro era tornata ad essere una casa
fatiscente senza più nulla di interessante,compreso il
soffitto,che
in quel momento era l'unica cosa sulla quale il loro sguardo riusciva
a vedere. Il nano si passò una mano sulla zona del costato
che era
stato colpito in maniera decisa e diretta,mentre l'umano al suo
fianco si portò una mano vicino alla bocca e
cominciò a tossire,il
colpo era stato così forte da bloccargli l'aria nei
polmoni,che
sentendo il colpo avevano momentaneamente tolto il respiro al
mercenario.
“Stai
bene?”
Chiese
Gordlack dolorante.
“Una
meraviglia...”,ma non finì la frase che un altro
colpo di tosse lo
prese alla sprovvista, “...e tu?”
“Splendidamente.”
Entrambi
si rialzarono a fatica,il dolore che sentivano si fece sentire ancora
di più spingendoli a voler restare per terra a riprendersi
dal forte
urto che avevano subito,ma nonostante ciò si fecero forza e
si
rimisero in piedi e si tolsero la polvere che si era posata sul loro
equipaggiamento.
“Ho
delle domande da farti nano?”
Disse
Milziade a bruciapelo.
“E
necessario farle proprio adesso?Non puoi aspettare che prima
uccidiamo quella specie di mostro?”
“Hai
visto com'è scappato via no? Non penso che
tornerà indietro così
presto e sono certo che sta tramando un altro attacco a
sorpresa,quindi,dubito che ripeterà la stessa mossa una
seconda
volta e adesso dimmi quello che voglio sapere.”
“E
cos'è che vorresti sapere?”
“Per
cominciare la motivazione di questo viaggio,perché la
ragazza ha
tutta questa urgenza di raggiungere la città di
Aegis?”
“Non
posso dirlo.”
“Come
mai una principessa necessita di viaggiare con una tale segretezza da
dover attraversare luoghi così pericolosi?”
“Non
posso dire nemmeno questo.”
“Perché
mai sono stato assunto io per un compito così
segreto?”
“Perché
l'ha voluto lei.”
“In
questo caso ho un ultima domanda da fare,che cos'è un
demiurgo?”
“Lo
domandi alla persona sbagliata,ma questo lo sapevi già
vero?”
“Si,ora
so per certo a chi lo devo chiedere e di certo non sei tu,Lucilla e
l'unica a potermi dare le risposte che cerco e i soldi che
voglio,possibilmente prima i soldi e poi le risposte.”
Gordlack
si aspettava una risposta simile,ai suoi occhi Milziade era solo un
affarista,un abile combattente che aveva scambiato il suo onore di
guerriero in cambio del prezzo corretto,uno come tanti che aveva
visto nella sua lunga vita da abitante della montagna,un guerriero
semplice alla vecchia maniera della sua gente: basso,tozzo,burbero e
con un pessimo carattere,pronto a difendere il clan,la propria
comunità e propri alleati. Cosa che si allontanava molto
dall'idea
che si era fatta dell'umano accanto a lui. Come poteva Lucilla aver
richiesto l'aiuto di un uomo simile,se tutto quello che chiedeva era
una ricompensa in denaro e poi andarsene come se nulla fosse? Era un
mercenario,questo ai suoi occhi lo rendeva un personaggio poco
raccomandabile.
“Andiamo
a inseguire quel mostro a forma d'uomo?”,chiese il nano
mentre si
diede un ultima spolverata alla testa del grosso martello.
“Si,ma
non nella maniera che si aspetta da noi,ascoltami attentamente,ho un
piano....”
Era
seduto in un angolo buio ed umido,in mezzo alla polvere e alla
sporcizia quando nel frattempo si stava riprendendo dal pesante
trauma che il suo setto nasale aveva subito. Se ne stava li a terra e
con gli occhi chiusi mentre le sue mani premevano forte contro il
pavimento della catapecchia e nel mentre recitava una nenia fatta di
borbotti e ringhi,di versi animali e parole dal suono antico e
sconosciuto,si concentrava e nel mentre qualcosa nel suo corpo
cambiava,i muscoli furono percorsi da leggeri spasmi involontari e
nello stesso tempo la sua carne riprendeva il
tono,l'elasticità e la
forza dimostrata prima. Sentiva la violenza dell'orso scorrergli
nelle vene la pazienza del lupo farsi spazio nella sua mente,mentre
poco alla volta il dolore al volto spariva e il naso si riprendeva
dalla martellata tornando completamente come prima.
Magia,era
quella il vero accesso per doni che la natura non concede a tutti,la
forza selvaggia e brutale con la quale i predatori nascono e gli
uomini sviluppano a fatica,troppo impegnati con la loro
civiltà,i
loro governi e tutte quelle cose che allontanano le creature con il
loro io primordiale. E lui ne aveva dovuto fare di strada prima di
apprendere quelle potenti capacità che ora gli appartenevano
e che
usava contro coloro che non riteneva degni,quelli che lui chiamava le
pecorelle,individui troppo deboli e insignificanti,come le
pecore,animali buoni solo per essere macellati e sfamare i
carnivori,questo era il solo ed unico scopo per quale esistevano e
lui accettava questa idea,perché questa era la
verità
dell'esistenza,il forte si nutrirà sempre del più
debole,così era
e così sempre sarà.
Era
passato un po' di tempo da quando quella bestia a forma d'uomo si
nascosta,era giunto il tempo di riprendere la caccia e di finire il
compito una volta per tutte,si rialzò in piedi carico di
rabbia e
rancore per l'umiliazione subita,dentro di lui una grande sete di
sangue si impossessava del suo essere mentre l'occhio serpentino
sprizzava vita come non mai,l'eccitazione della caccia gli ridiede la
spinta necessaria per tornare all'attacco.
“NON
CI PENSO NEMMENO,IL TUO PIANO E UN AUTENTICA IDIOZIA.”Una
voce in
lontananza destò l'attenzione del selvaggio,la riconobbe
subito e
spinto dalla curiosità decise che era giunto il momento di
riprendere da dove aveva interrotto il suo intento
omicida,sbirciò
fuori dall'uscio e vide che non c'era nessuno di fronte alla porta,si
guardò attorno e quando si sentì abbastanza
sicuro decise di uscire
e di tornare all'attacco,ma prima avrebbe controllato bene la
situazione da un posto sicuro e che gli avesse dato un buon riparo
nel caso avesse voluto compiere un agguato,proprio come piaceva a
lui. Ora che era tornato in piena forma fece compiere un altra
trasformazione al suo corpo,le ossa del corpo cominciarono a
dislocarsi formando così un assetto quasi differente dalla
struttura
originale e subito dopo l'uomo cominciò ad abbassarsi a
livello del
terreno e nel mentre appoggiò le mani sul terreno
argilloso,assumendo così le movenze di un animale in tutto e
per
tutto. Si spostava a quattro zampe nella maniera simile a quella di
una lucertola o di un coccodrillo,con il costato che ondeggiava da
una parte e dall'altra per poter coordinare i movimenti simili a
quelli di un rettile. Passò in mezzo ai vicoli e alle
stradine
secondarie mentre allo stesso tempo cercò di orientarsi
attraverso
il suono e la direzione dell'ultimo urlo sentito in precedenza,gli ci
volle un po' per orientarsi e alla fine li ritrovò a
discutere l'uno
contro l'altro in un acceso battibecco,urla,schiamazzi e rimproveri
di ogni sorta volavano gratuitamente come se fosse una discussione di
un quartiere di periferia,mancavano solo i vicini a fare da sfondo al
tutto.
“
IO
DICO CHE I TUOI ANTENATI SI STANNO RIVOLTANDO NELLA LORO PUTRIDA E
FETIDA TOMBA SAPENDO QUELLO CHE HAI INTEZIONE DI FARE.”,Disse
Gordlack puntando rabbiosamente il dito contro Milziade, a sua volta
l'umano diede un ceffone alla mano del nano e subito gli rispose a
tono.
“
IO
HO CONOSCIUTO POCHI NANI NELLA MIA VITA MA TI ASSICURO CHE TU SEI IL
PIU' COCCIUTO,TESTARDO E STUPIDO CHE ABBIA MAI INCONTRATO,SE TI DICO
CHE QUESTA E LA COSA MIGLIORE DA FARE ALLORA ASCOLTAMI E LASCIA
QUESTO POSTO.”
“
SEI
SOLO UN CODARDO,SAI CHE C'E' ? FAMMI UN FAVORE, SPARISCI DALLA MIA
VISTA E NON FARTI PIU' RIVEDERE,SE CAMBI IDEA E TI RICORDI COSA SIA
UN VERO UOMO ALLORA MI TROVERAI IN QUEL POSTO,PER IL RESTO FA COME
VUOI.
A
quel punto i due guerrieri si separarono e presero due strade
diverse,da quello che il selvaggio riuscì a vedere dal suo
nascondiglio,era evidente che i due avessero litigato
animatamente,per lui la cosa poteva essere solo un occasione ghiotta.
Molto probabilmente pensavano che avendo riportato una frattura
nasale così devastante sarebbe stato fuori dai giochi per
molto
tempo e che avevano tutto il tempo per venirlo a cercare e farlo
fuori,quanto erano stupidi quei due. Sarebbe bastato che si fossero
impegnati a cercarlo seriamente invece che litigare,così
sarebbero
stati costretti a dividere le loro forze rendendo più arduo
il
compito di finirlo,se non impossibile, mentre adesso il compito di
ucciderli sarebbe stato molto più facile di quello che
credeva,ma
doveva stare attento,avrebbe dovuto essere silenzioso e preciso e
solo all'ultimo saltare fuori ad azzannare la propria preda con un
fatale affondo dei suoi artigli,o dei suoi morsi a seconda
dell'attacco a lui più conveniente. Doveva scegliere chi dei
due
uccidere per primo,il nano o l'umano,ovviamente voleva occuparsi di
entrambi,il primo per il colpo che gli aveva inferto e anche
perché
tra i due sembrava il più facile da prendere di sorpresa,con
tutto
quel metallo che si portava addosso ai suoi occhi sembrava pesante e
goffo,lento come un maiale,grasso e dalla zampe tozze,il secondo
invece avrebbe voluto ucciderlo più lentamente,si era preso
gioco di
lui con quello scambio di colpi dentro la vecchia casa,solo per poter
essere ferito dal suo compare più basso,quel suo ghigno
arrogante
era la cosa che lo irritava di più,si sentiva preso in giro
da una
creatura che riteneva più debole di lui,un infimo uomo di
città,con
la sua cultura e la sua civiltà. Lui ci sputava sopra a
tutto ciò
che rappresentava la città e tutto ciò che lo
ricordava e quel
guerriero era un ottimo rappresentante. Poi alla fine prese la sua
decisione e spostò tutta la sua attenzione sul nano, infondo
tra
loro due era il bersaglio più facile,lo seguì di
soppiatto,attento
a non farsi sentire,restando nell'ombra mentre Gordlack borbottava
tra se e se si quanto si sentisse bene a non avere più a che
fare
con il mercenario e di come si sarebbe occupato di quel mostro in
forma d'uomo,ovviamente il nano non poteva sapere che l'individuo che
voleva finire col suo maglio era esattamente dietro di lui,a qualche
casa di distanza,in attesa di sferrare il colpo fatale. Dopo un po'
di camminata il nano entrò in un edificio diverso da molti
altri,era
molto più grande e all'apparenza sembrava un enorme capanno
di
legno,come molti altri edifici in città era vistosamente
rovinato ed
era segnato da segni di graffi e morsi di ogni sorta,appena lo vide
entrare il selvaggio si prese un momento per ricomporsi e tornare
nella sua forma originaria,le articolazioni,le ossa,i tendini e i
legamenti ricominciarono a scrocchiare mentre nel frattempo
riprendeva la sua posizione da bipede e la sua schiena
eretta,tornando così' ad una struttura umanoide. Gli artigli
uscirono di nuovo sostituendosi alle unghie,mentre sul suo volto un
sorriso da lupo nascondeva a fatica una gioia personale,uccidere quel
nano come un pecora braccata da un lupo gli dava una sensazione di
potere oltre ogni lecita ragionevolezza,nessuna persona che si
ritenesse un essere civile osava far passare tali pensieri di morte
per la sua testa e la sua anima,ovviamente lui di civile non aveva
niente,coscienza compresa. Uscì dall'ombra mostrando il suo
corpo
alla luce del sole,poi con fare lesto ma cauto si avvicinò
all'ingresso,poggiò l'orecchio alla porta e cercò
di comprendere
cosa stesse succedendo dietro la stessa,di certo entrare
così dalla
porta principale come se nulla fosse era un idea azzardata e priva di
qualsiasi vantaggio,cercò di sentire se c'erano rumori
sospetti,però
nulla,non sentì niente. Si fece coraggio e aprì
la porta molto
cautamente nel caso la porta potesse cigolare e segnalare la sua
presenza,ma per sua fortuna andò tutto bene e
aprì la porta senza
fare alcun rumore e si decise ad entrare. L'interno dell'edificio
mostrava al suo interno la presenza di quattro grandi colonne di
legno che reggevano il pesante tetto di paglia e tutto attorno vide
la presenza di grandi recipienti di terracotta contenenti
vino,grano,olio d'oliva,malto e orzo,il tutto distribuito in maniera
ordinata e in appositi spazi dedicati ad ogni alimento.
“Questo
dev'essere un magazzino,perché mai un nano avrebbe scelto di
rifugiarsi proprio qui?”,disse tra se e se il mostruoso
umanoide
mentre con passi leggeri si spostava tra un otre e l'altro,gli
artigli accarezzavano dolcemente la superficie dei vasi nell'attesa
di affondarli nella carne di quel basso e tarchiato ometto,poi
all'improvviso sentì un paio di passi pesanti e metallici
provenire
nella sua direzione,si acquattò dietro una delle file di
vasi che
componevano una delle tante file presenti li in
mezzo,preparò una
delle mani a colpire,non lo sentiva parlare ne lamentarsi dell'altro
guerriero come faceva in precedenza,ma poco importava,il rimbombo dei
pesanti stivali nanici dichiaravano molto bene la posizione di
Gordlack. Il respiro si fece pesante,la pressione al culmine della
sua forza,appena lo sentì vicino scattò,una mossa
rapida e il colpo
partì,non aveva bisogno di vedere la sua preda sapendo
già la sua
posizione,ma quando credeva di essere riuscito a colpire la sua prima
vittima l'unica cosa che i suoi artigli fendettero e l'aria,un
espressione stupita era scolpita sul suo volto,non vide nessuno di
fronte a se ma solo la presenza di due pesanti stivali di cuoio con
rinforzi e protezioni in ferro e ornato da immagini cesellate sugli
stessi. L'uomo parve confuso di fronte a quell'inaspettata
scoperta,si chiese come fosse possibile che solo gli stivali del nano
fossero li di fronte a lui e non il loro proprietario tutto d'un
pezzo e ancora allibito dalla cosa continuò a fissare le
calzature.
“Ehi
bestia.....”
Lo
sentì chiaramente e subito guardò di fronte a se
e poi,lo
rivide,era Milziade e tra le mani teneva una grossa e pesante
anfora,l'espressione sul volto del selvaggio era di puro stupore e
per un attimo gli sembrò che il cuore gli si fosse fermato.
“Prendi.”
Il
guerriero lanciò con forza il grande vaso contro lo strano
essere
che aveva di fronte a se,rapidamente il suo avversario rispose
all'offensiva e con una artigliata frantumò il vaso venendo
così
investito dal suo contenuto. N'è uscì una
sostanza
semiliquida,color dell'ambra il cui contatto con la pelle nuda del
selvaggio pareva molto appiccicoso, molta di quella sostanza gli
finì
in volto e sulla testa impastandogli i capelli in maniera fastidiosa,in
particolar modo sulla fronte dove una parte del fronte
era completamente occlusa e non poté più vedere
attraverso i
capelli. Finì anche sulle labbra dove istintivamente
passò la fila
di denti superiore sul labbro inferiore e ne sentì il
sapore,dolce,molto dolce. Con l'unico occhio scoperto da perfida
serpe osservò il proprio corpo con fare stupito e arrabbiato.
“Miele....questo
e miele....”,Disse il selvaggio mentre spostava lo sguardo su
Milziade che lo fissò a sua volta con scherno e arroganza,
“Questo
e miele delle api di bronzo”. L'ape di bronzo,un insetto poco
più
grande di un ape normale,la cui caratteristica principale,cosa che
dava nome al piccolo animale era la tonalità del duro
esoscheletro
assomigliante quanto ad una sottile lamina di bronzo brunito,la
preoccupazione di quell'uomo era più che naturale dato che
peggior
cosa dell'essere punto da una di quelle creaturine od essere colpito
da un centinaio di esse era avere a che fare con il loro miele. Una
sostanza dall'ottimo sapore e perfetta anche in ambito medico,ma il
contatto con la pelle era altamente dannoso in quanto il solo venire
a contatto con il corpo nudo rendeva la sostanza altamente
pericolosa, il solo contatto diretto poteva seccare,sgretolare e
perforare la pelle nel caso si fosse asciugato e tentato di levarselo
di dosso senza le giuste conoscenze su quella sostanza,che
solitamente appartenevano ad un medico o a un mago esperto del mondo
naturale.
“Ma
come è possibile che una sostanza simile si trovi in un
posto del
genere?”.
“Te
lo spiego io...”,disse Milziade mentre avanza lentamente
verso il
suo avversario, “immagino che tu non lo sappia dato la
maniera
nella quale poco ti vesti,vedi,ogni tanto mi è capitato di
sorseggiare una bevanda tipica dell'impero detta mulsum,si mescola
del miele ad una brocca di vino e poi lo si serve poco prima del
pranzo,il miele delle api di bronzo e particolarmente amato da tutte
quelle persone che sono disposte a spendere anche dieci cesari d'oro
solo per poterne bere un bicchiere,per tua sfortuna questo e un
deposito mercantile e tra i prodotti più costosi al suo
interno c'è
anche questo miele,che fortuna che ho avuto vero?Ma sai qual
è stata
la mia fortuna più grande? La tua natura
predatoria.”
Il
miele cominciò a seccarsi,processo che il selvaggio temeva
più di
tutto e nel mentre i suoi occhi astiosi e iracondi fissavano il
guerriero con intensità.
“Cosa?”
“Ancora
non ci arrivi?Fin da quanto siamo entrati qui dentro non hai fatto
altro che osservare me e il nano per tutto il tempo,saresti potuto
intervenire anche appena entrati al villaggio,ma hai preferito
aspettare e farti vivo solo quando abbiamo notato la distesa di
scheletri presenti al centro di questo posto,come a volerci incutere
timore e ucciderci senza troppe difficoltà,hai dato per
scontato il
fatto che avremmo combattuto divisi e in maniera impacciata,ma quando
hai notato che in due abbiamo avuto un vantaggio su di te sei subito
fuggito,in quel momento ho realizzato quale fosse la tua strategia di
ingaggio,così ho escogitato un piano,abbiamo fatto finta di
litigare
pensando di essere osservati e poi come sperato hai seguito il nano
pensando che io mi fossi dileguato,lasciandolo a morte certa,quando
in realtà ho corso giungendo fin qui passando per altre
strade,mentre tu hai fatto un giro più lungo per arrivare
fin
qui,quando io ci ho impiegato metà del tempo,trovando tutto
ciò di
cui avevo bisogno per farti cadere in trappola e poi mi sono nascosto
in mezzo alla merce,in questo momento quel cocciuto di un nano
starà
già tornando indietro dagli altri due ad informarli
dell'accaduto,come vedi bestia,io sono il lupo....”
Milziade
arrivò ad un palmo di naso dalla strana creatura che aveva
davanti
a se,gli appoggiò la spada sul lato del collo e lo
osservò con una
divertita sfrontatezza,il viso rilassato e la smorfia del
vincitore,un sorriso carico di derisione.
“...e
tu la pecora.”
A
quel punto l'espressione del selvaggio si tramutò dalla
rabbia alla
follia sanguinaria,emise un urlo
improvviso
e primordiale,mentre con un botta incontrollata allontanò il
braccio
di Milziade con mal curata mira e subito il mercenario balzò
indietro con un rapido scatto.
“TI
AMMAZZO VERME SCHIFOSO.”
Urlò
furioso l'essere bestiale,subito si lanciò contro il
guerriero
sferrando una serie di colpi animaleschi,molto forti ma poco precisi.
Per lo più erano ampie zampate di una bestia furiosa
che,ferita e
disperata,lotta con tutte le forze rimaste per uscire
vincitrice,sapeva che il tempo non giocava a suo favore e che il
miele presto o tardi lo avrebbe reso inagibile e inerme contro il suo
avversario,sentiva già adesso la pelle che si induriva per
colpa del
dorato prodotto delle api di bronzo,una potere concesso dalla natura
per difendere l'alveare in caso di golosi invasori.
Milziade
guardava quella serie di artigliate disperate come un successo in
piena regola,la vera trappola non consisteva solo nel bloccarlo nel
miele,cosa che stava riuscendo alla perfezione,ma anche di farlo
arrabbiare,infuriare,di costringerlo a dare tutto se stesso senza
alcuna strategia e tattica degne di tale nome,voleva sfruttare le
capacità del suo avversario contro se stesso e per quello
che stava
succedendo ci stava riuscendo. Lo straniero si dimenava più
che
poteva per poter anche solo sfiorare l'arrogante che lo aveva
condotto in quella trappola,ma il miele rendeva vani i tentavi di
colpirlo con i suoi inquietanti artigli da predatore,ma la ferocia
non gli era di alcun aiuto in quel momento e i movimenti serpentini
che prima gli erano stati molto utili ora sembravano inutili contro
quella sostanza viscosa che rendeva doloroso ogni
movimento,lasciandolo vulnerabile alle risposte di Milziade. Il
guerriero ora poteva scontrarsi col suo assalitore su un piano
più
umano,i movimenti del selvaggio erano diventati più
prevedibili e
quindi più facili da evitare o parare,diversi fendenti della
sua
corta lama ferirono la bestia in forma d'uomo sul ventre e sul
torace,mentre con un po' di agilità e un buon gioco di piedi
Milziade rendeva vani i colpi del rivale. Troppi erano i danni che
stava subendo per mano di quel semplice umano e i suoi tentativi
andati a vuoto per ucciderlo gli stavano facendo perdere tempo
prezioso,per questa ragione decise di giocare il tutto per tutto e in
quel momento compì un nuovo e sorprendente colpo di scena.
Puntò
entrambi le mani contro il volto di Milziade mentre da tutte e dieci
le dita gli artigli si strapparono via dalle punte delle dita per poi
volare come frecce in direzione dell'uomo e che si piantarono sul
pettorale,due sotto il mento e una aveva rischiato di recidere
l'arteria sul lato sinistro del collo.
“SEI
MORTA PECORELLA.”,ruggì il selvaggio mentre si
lanciava a fauci
spalancate contro il mercenario,tutti e trentadue i denti erano
divenute zanne affilate come le cuspidi di un muro di lance pronte a
strappare la gola dell'arrogante che si era preso gioco di lui,non
gli importava del dolore alle dita,non gli importava del miele che
presto gli avrebbe strappato la pelle,la sua mente spinta dalla
rabbia e dall'umiliazione aveva in mente solo lui,Milziade,che si era
permesso di prenderlo in giro fin dall'inizio,doveva fargliela
pagare,le pecore non si fanno beffe dei lupi. Gli sembrava
vulnerabile in quel momento,come un agnello che stava per essere
preso tra le fauci di un lupo,la sua ora era segnata. Poi
all'improvviso lo vide,gli parve solo un attimo,il tempo di un
battito di ciglia,ma il selvaggio lo vide chiaramente,dagli occhi di
Milziade scaturì in quel momento uno sguardo diverso da
quello che
aveva portato fin a quel momento per tutta la mattina,lo sguardo del
mercenario da prima rilassato e quasi scherzoso era passati in un
lampo a seri e decisi,una luce diversa illuminava ora le pupille
dell'uomo,il bagliore di una determinazione calma come il fuoco e
lucente come il sole. Non c'era esitazione in quegli occhi,ma solo
una grande forza di volontà della quale il selvaggio ebbe un
timore
improvviso e inaspettato,proprio come la mossa del guerriero. Mentre
il mostro in forma d'uomo avanza senza sosta nella sua carica
forsennata Milziade fece la sua mossa, per quanto gli artigli volanti
lo avessero preso alla sprovvista ebbe il tempo di compiere una mossa
fulminea,mosse il braccio che teneva la spada corta in un gesto
rapido,forte e deciso, in obliquo dal basso verso l'alto che si
scontrò col volto del selvaggio. Una profonda linea era nata
sul
volto della bestia e che adesso aggiungeva mostruosità ad
altra
mostruosità,lo squarciò fu così
dannoso da andare a prendere anche
l'occhio serpentino dell'uomo seminudo il cui urlo di dolore e paura
lo faceva sembrare più umano. Atterrò bruscamente
contro il
pavimento mentre in preda al dolore e alla perdita dell'occhio si
dimenava come una bestia impazzita,il sangue scendeva copiosamente
imbrattando il volto di un rosso vivo e caldo. Si portò una
mano
sull'orbita squarciata e nessun pensiero passò nella sua
mente se
non quello di tamponare la perdita subita e di salvare il salvabile.
Era stato troppo sicuro delle sue capacità e aveva
sottovalutato i
suoi nemici,ora ne pagava le conseguenze. Milziade rimase fermo
giusto un paio di secondi prima di rendersi conto dell'accaduto,non
sapeva bene cosa fosse successo,era stato distratto dal volo degli
artigli del selvaggio cosa che lo costrinse a mettersi sulla
difensiva,poi lo vide saltare contro di lui,come una fiera
sanguinaria e feroce saltargli incontro e in attimo trovò
subito la
soluzione,non per effetto di chissà quale magia o per via di
una
capacità sovrumana,ma solo grazie all'esperienza,ai riflessi
pronti,ad una mente attenta e un braccio forte e scattante,non si
poteva dire che quella fosse stata una delle sue mosse migliori e
più
sicure da realizzare,ma nel momento del bisogno,quando più
la sua
vita era in pericolo,qualcosa era scattato in lui e come un fulmine a
ciel sereno il suo colpo partì quando meno era previsto. Il
fuoco
della battaglia era ancora vivo nel guerriero e lo sentiva scaldare
ogni muscolo del suo corpo,ogni frammento di se ardeva come le fiamme
della fucina di Efesto e ci sarebbe voluto del tempo prima che anche
il più piccolo tizzone ardente si spegnesse in tutta
tranquillità.
Eppure il respiro era calmo e tranquillo e il suo cuore batteva privo
di qualsiasi ritmo scoordinato dovuto all'emozione, ma i suoi occhi
dicevano altro su ciò che sentiva in quel momento,lo sguardo
di chi
non sente alcuna esitazione o di pentimento su ciò che sta
per fare
e sapeva esattamente cosa c'era bisogna di fare, si voltò
verso la
bestia dolente ai suoi piedi e puntandogli la punta della spada
contro una tempia si rivolse a lui con tono asciutto e distaccato.
“Perché
quella ragazza e così importante per te? Cosa c'entra questo
attacco
col suo rapimento?”.
L'uomo
tatuato rivolse un occhiataccia rancorosa con l'unico occhio che gli
era rimasto e la sua bocca si serrò in un silenzioso
ringhiare colmo
di un odio profondo e primordiale,ma Milziade restò
indifferente nel
vedere quell'essere e non reagire alla sua rabbia,improvvisamente il
guerriero alzò l'arma dal collo del suo inerme aggressore e
con il
piatto della corta lama diede uno schiaffo sullo squarcio dalla quale
fuoriusciva abbondantemente linfa vitale,che fece sobbalzare il
selvaggio per l'ennesima botta.
“Sto
parlando con te schifoso,o forse devo essere più convincente
per
farti parlare?
“Sei
solo uno stupido, tu credi che solo io gli dia la caccia? Che non ci
sono altre persone interessate a lei? Presto ti renderai conto di
quanto vale realmente quella ragazza.”
“Di
cosa stai parlando?”
“So
che l'hai visto,nella foresta,il simbolo che ho lasciato per voi nel
luogo dell'imboscata...siamo venuti qui a prenderla per noi, i veri
predatori di questo mondo e i distruttori di quella debole e fragile
menzogna che voi chiamate civiltà e giunta al termine,stiamo
arrivando in centinaia di migliaia di
guerrieri,barbari,razziatori,saccheggiatori,druidi e quanto
c'è di
più pericoloso proveniente dal gelido e spietato nord,stiamo
arrivando....”
Mentre
parlava fece alcune gesti con le dita della mano libera e subito dopo
la sua pelle cominciò a sgretolarsi come pergamena vecchia e
dai
solchi usciva uno strano fumo caldo e nero,dall'odore nauseabondo.
“E
non potete far nulla per fermarci,SACRIFICIO DELLA VECCHIA
CARNE.”
All'improvviso
come un fulmine a ciel sereno un forte boato fece scoppiare la pelle
e la carne sottostante del selvaggio,ricoprendo così
Milziade di
sangue e filamenti di pelle e carne, il colpo fu improvviso e
distolse l'attenzione del mercenario dalla bestia appena sconfitta.
Gli occhi erano chiusi per via del sangue che aveva lordato
totalmente di sangue il volto e tutta la parte frontale del corpo,per
istinto provò a colpire l'avversario con un fendente alla
cieca,ma
colpì solo l'aria e sentì che il selvaggio si
stava allontanando da
lui a gran velocità,si passò una mano sulle
palpebre rosse
ripulendosi dal sangue caldo e disgustoso ed infine lo vide. Era
completamente nudo e con la pelle arrossata come se fosse stata
bruciata da un getto d'acqua bollente, i segni presenti sul petto
erano scomparsi,poi lo vide puntagli un braccio contro mentre con
l'altra mano continuava a tenersi l'orbita dolorante.
“TI
UCCIDERO' UMANO,TRA TORMENTI E SUPPLIZI CHE NON HAI MAI OSATO
IMMAGINARE,TI SBUDELLERO',TI SPELLERO' VIVO E TI FARO' DIVORARE
AGONIZZANTE TRA LE BESTIE DELLA FORESTA E I VERMI DELLA TERRA,PROPRIO
COME HO FATTO CON QUESTA GENTE,PAROLA DEL MEZZELFO NIMERIN,...E UNA
PROMESSA.
Con
queste ultime parole corse verso la porta con una postura bipede e
uscì,scomparendo dalla vista di Milziade,in tutta fretta
quest'ultimo provò a ricorrerlo, ma non appena
arrivò alla porta
non vide alcuna traccia del mezzelfo,era scomparso nel nulla e a quel
punto al guerriero non restò altro da fare che tornare
indietro a
prendere gli stivali del nano. Rimuginò su quello che gli
aveva
detto riguardo all'invasione,la grande ora che stava scendendo da
settentrione e si chiese cosa potesse centrare con una principessa in
fuga per chissà quale motivo,poi c'era questo
Demiurgo,perché mai
la sera precedente un gruppo di fanatici avrebbe dovuto attaccarlo
nella taverna nella quale alloggiava e il giorno dopo un maniaco
trasformista seminudo aveva organizzato così'
meticolosamente due
trappole nell'arco di una sola mattinata?Cosa c'era veramente in
questa storia che rendeva il tutto così appetibile?Ma
sopratutto
cos'era questo Demiurgo? Qualunque cosa fosse era così
prezioso da
scatenare una sequenza di eventi così catastrofica e
frettolosa da
coinvolgere chi c'entrava veramente poco con tutto questo. Non ci
capiva più niente di questa storia,l'unica cosa certa e che
c'era
una sola persona che avrebbe potuto rispondergli e quella persona
probabilmente era in compagnia di un elfo saccente e una cerva
particolarmente grossa e pericolosa,avrebbe dovuto stare attento a
ciò che avrebbe dovuto dire,inimicarsi più di
così l'arciere e
quello col maglio non sarebbe di certo stato una cosa saggia.
Tornò
dentro all'edificio e recuperò gli stivali di Gordlack e
appena li
prese in mano sentì il peso di quei calzari,doveva ammettere
che
erano stati molto più utili di quello che credeva,gli era
bastato
sbatterli ritmicamente contro il pavimento per simulare una camminata
e poi lanciarli al momento più opportuno,una buona
improvvisata se
pensava alle poche risorse sulla quale poteva affidarsi,avrebbe
dovuto riposarsi almeno una decina di minuti,ormai quell'individuo
era scomparso e adesso toccava agli altri occuparsi dei goblin e
contin... .Si girò fulmineo verso la porta del magazzino e
tornando
al pensiero al resto del gruppo si era ricordato che insieme a
Lucilla e a Nym era rimasta anche la sua Briseide e cominciò
a
correre a perdifiato,la sua giumenta era certamente una cavalcatura
affidabile,animale che non era solo veloce ma anche intelligente e
forse era l'unica creatura vivente della quale si fidasse
veramente,era anche in grado difendersi da sola potendo mordere e
scalciare così forte da spaccare la testa di un uomo come se
fosse
una zucca matura. Ma forse non avrebbe potuto reggere il confronto
con un intera banda di goblin,infondo erano solo un elfo,una
principessa sotto mentite spoglie e una possente cerva grande
abbastanza da sradicare un abete,ma Briseide restava pur sempre una
cavalla,non aveva capacità magiche o chissà quale
attacco segreto
per potersi difendere,aveva solo i suoi zoccoli e la sua testaccia
dura,ma a parte quello nulla. Arrivò ai confini del
villaggio,superò
la grande porta,fece il giro della mura e trovò il sentiero
che si
era aperto insieme al nano,in quel punto preciso trovò
Gordlack che
correva al massimo della sua velocità con le gambe tozze e
momentaneamente nude,il nano cercò di dirgli qualcosa ma non
lo
stette a sentire e gli lasciò i suoi stivali di fronte a lui
senza
dare al nano il tempo di chiedergli cosa fosse successo all'altro
tizio. Infine arrivò al punto dov'erano rimasti gli altri
due e per
quanto avesse corso e tutte le ferite subite nei due scontri
precedenti sentiva che poteva ancora combattere,poteva ancora alzare
la spada e trucidare più di una decina di quei piccoli
bastardi
verdognoli senza neanche troppa fatica,una fida compagna di sempre e
la sua unica possibilità per essere schifosamente ricco
stavano
rischiando la vita contro un orda di goblin,poteva solo sperare che
la situazione non fosse troppo grave. Ma quando credeva che lo
aspettava un altro combattimento si accorse dello spettacolo di
fronte a lui,numerosi corpi di goblin erano sparsi per terra senza
vita,alcuni con una freccia o due in diversi punti vitali,altri
presentavano segni di bruciature e pesanti ustioni,poi vide
chiaramente la cerva che stava calpestando alcuni goblin superstiti
sotto i suoi zoccoli di bronzo,poi da un altra parte vide un altra
figura alle prese con un paio di goblin ancora vivi,due dei esserini
verdi brandivano un coltellaccio ciascuno contro quello che sembrava
un umano molto giovane. La pelle del giovane era molto abbronzata e
portava dei corti capelli crespi di tinta bianca e vestiva solo di un
corto gonnellino blu con dettagli geometrici neri,uno spallaccio di
bronzo posto sulla spalla destra e un paio di sandali di cuoio
vecchio e consunto,tra le mani teneva nella destra un corto tridente
dalle punte affilate e come dettaglio all'attaccatura delle tre punte
al corpo di legno portava la forma di un idra a tre teste,che dalle
bocche aperte fuoriuscivano i rebbi e nell'altra mano reggeva una
grande rete formata da sottili catene alle cui estremità dei
pesi di
piombo di forma sferica rendevano quello singolare strumento ancora
più pesante. Uno dei goblin attaccò annunciando
le proprie
intenzione con un grido stridulo e fastidioso e si lanciò
reggendo
la sua arma con molto violenza ma poca abilità,in risposta
il
ragazzo lanciò la sua rete contro il piccolo essere che
rimase
intrappolato tra le sottili catenelle e che per il peso della stessa
non riuscì a scrollarsela di dosso,nel mentre il giovane si
lanciò
sul secondo brandendo la sua arma con un mano sola e subito
infilzò
il secondo goblin all'altezza del volto,devastandogli la faccia con
un colpo rapido e diretto uccidendolo sul colpo e senza neanche
dargli il tempo per reagire. Il goblin rimasto assistette alla scena
e preso dalla disperazione cercò di sollevare la rete con
tutta la
forza che aveva,ma i pesi laterali impedivano al verdastro
piccoletto di poter fare qualsiasi cosa,spingeva,tirava,sollevava,ma
non c'era nulla che potesse fare e quindi si sforzava con tutte le
sue piccole e miserevoli forze,ma il giovane estrasse il tridente e
subito lo infilzò nella schiena dell'altro
compare,stramazzandolo al
suono e facendogli emettere un ultimo grido di dolore misto a stupore
prima della morte,estrasse nuovamente l'arma dall'altro assalitore e
con un solo braccio tirò a se la pesante rete metallica per
mezzo di
una catenella esterna al resto della matassa e legata attorno alla
mano che l'aveva lanciata,mezzo ingegnoso per poterla riprendere
senza doversi disturbare di doverla raccogliere e poterla richiamare
a se quando voleva.
“Braxus.”,Il
giovane si voltò a sentire la voce di colei che lo aveva
chiamato,Lucilla lo intravide da lontano e gli fece segno di
avvicinarsi,il giovane raccolse la rete e se la mise in spalla
raggiungendo così la sacerdotessa di Apollo,lei appariva
stanca,sfibrata e molto provata per lo scontro che era avvenuto li in
quello spiazzo in mezzo agli alberi,ma contrariamente alla fatica il
volto di lei era così sorridente e sereno che l'arduo
scontro non
sembrava pesare in alcun modo sull'animo del giovane. “Ti
ringrazio
per essere giunto in nostro soccorso,sei un vero
amico.”,Disse lei
con delicata gentilezza mentre si asciugava la fronte madida di
sudore e il cervo sotto di lei finiva l'ultima di quelle creature.
“
Figurati
faccio solo il mio
dovere e poi,tutto sommato non avevo niente da fare in città
e
oltretutto sono qui per una questione della massima
urgenza,vedete...”
“Principessa.”
Una
terza voce si intromise nel discorso e nel sentirla i due giovani si
voltarono nella stessa direzione,era Milziade che si stava
avvicinando a loro con fare disinvolto,nonostante tenesse la spada in
mano e il sudore imperlava ogni centimetro di pelle scoperta. Il
mercenario appena si avvicinò alla ragazza venne subito
fermato da
Braxus che gli puntò sotto la gola la sua arma in asta.
“
Non
ti conosco amico.”, Disse il ragazzo con aria sospetta.
“
Se
vuoi ci possiamo conoscere....amico”, Disse Milziade con tono
freddo e controllato mentre il giovane inaspettatamente si
ritrovò
la punta della spada appena sotto il suo occhio sinistro,era stupito
da come l'arma di quello sconosciuto lo avesse colto di
sorpresa,eppure era sicuro che la spada corta si trovasse nell'altra
mano mentre adesso c'è l'aveva nella sinistra,doveva
ammetterlo,era
stato preso alla sprovvista.
“Ve
ne prego smettetela.”, Lucilla implorò i due ad
abbassare le armi
con supplicandoli con voce tenue e gentile,Braxus fu il primo ad
abbassare l'arma dato che fu persuaso dalla sua voce e dai suoi modi
così pacati e puri da farla sembrare ai suoi occhi una
musa,poco
dopo fu seguito dal mercenario ma solo perché era lei quella
che gli
aveva promesso dei soldi che non aveva visto,ma che tuttavia si
sentiva di avere già a portata di mano. Fu solo per quello
che
rinfoderò la spada e non perché lei gli avesse
ispirato un gesto di
accondiscendenza provenire dal cuore ma per il suo desiderio
pecuniario,nulla di più e nulla di meno che il vile denaro.
“Mia
carissima ragazza,c'è una cosa della quale dobbiamo
discutere.”
“Da
come mi hai chiamato prima posso immaginare di cosa vuoi
parlare.”
Disse lei preoccupata mentre lui le si rivolgeva con un espressione
statuaria e lo sguardo glaciale,per qualche secondo il mercenario la
fissò intensamente,come se volesse scrutarle dentro
l'anima,o almeno
era questa l'impressione che gli dava. Da parte sua la Lucilla non
abbassò lo sguardo e ciò mostro un qualche tipo
di coraggio,ma i
suoi occhi non davano quell'aria da ragazzina viziata che solitamente
ci si aspetterebbe da una signorina di nobili natali,anzi c'era una
sorta di candore e gentilezza nel suo sguardo,anche di fronte ad uomo
il cui unico compenso per quello sforzo sarebbe stato il denaro non
riusciva ad essere più cattiva,non era troppo difficile
capire che
entrambi non potevano essere l'uno più diversa dall'altra.
Lei lo
scrutò con attenzione e nel mentre si accorse degli squarci
presenti
sul pettorale di lui e delle ferite sottostanti, “Ma tu sei
ferito,aspetta ci penso io.”,Disse lei mentre presa da un
improvviso impulso di pietà verso il guerriero scese dalla
cerva e
si avvicinò ancora di più al suo interlocutore.
“Già
e proprio di questo che dobbiamo...”
Ma
lei non gli fece finire la frase che subito appoggiò le sue
mani sul
petto di Milziade,la candida pelle di lei pareva la più
nobile delle
sete se confrontata all'armatura di morbido bronzo e pur non
appoggiando i palmi con malizia sopra gli squarci dell'armatura
pareva un contatto piuttosto intimo al quale il mercenario non
riuscì
a sfuggire,cosa che lo mise in grande imbarazzo.
“Che
il tocco di Apollo lenisca i tuoi mali.”,Disse lei mentre una
tenue
luce scaturì dai suoi palmi facendo risplendere quel punto
della
armatura. Il mercenario si sentì pervadere da un sensazione
di puro
benessere,il tepore di energia calda e benefica circolava in tutto il
suo corpo facendosi pacificamente strada nei muscoli e nelle ossa
dell'uomo,che subito parve più sereno e meno imbronciato,al
contempo
le fatiche di quella mattina e le ferite ricevute in combattimento si
richiusero ad una velocità sorprendente e senza provocare il
minimo
dolore. Milziade sentiva le energie tornare e tutte le sue ferite
scomparire,come se non ci fossero mai state.
“Ma
cosa....”, Milziade dovette interrompere nuovamente le sue
parole
che vide Lucilla sentirsi mancare e rischiando di cadere al suolo, ma
rapidamente Braxus l'afferrò in tempo con le sue agile e
leggere ma
forti braccia. Le sollevò la testa appoggiandole una mano
sulla nuca
e poi delicatamente la posò sul terreno erboso.
“E
svenuta.” Milziade sentì una voce alle sue spalle
e vide la
sottile figura dell'elfo fare la sua comparsa,tra le mani stringeva
ancora l'arco e la sua faretra era quasi completamente vuota,
“ Non
so bene come funziona ma da quello che hai visto e dovuta dalla magia
che gli scorre dentro,in passato a fatto la stessa cosa con me e con
il nano,la luce che hai visto e in grado di curare o di bruciare a
seconda dell'uso che lei ne fa.”
“Quindi
i goblin con i segni di ustione sul corpo sono bruciati per mano
sua.”
“Esattamente,ma
l'uso di questi poteri la stancano velocemente e tutte le volte che
esagera tende a svenire per lo sforzo eccessivo,ma a parte questo non
le succede nient'altro di spiacevole,tempo un ora e si
riprenderà.”
Milziade
si riprese subito dallo stupore iniziale e distese i nervi,quella
mattinata aveva tirato fuori una serie di cose della quale poteva
fare anche a meno,bestie,goblin e un folle mezzelfo dai tratti
animaleschi che aveva tentato di ucciderlo,lo aveva minacciato di
morte e che vociferava di un orda di popoli selvaggi che avrebbero
distrutto qualunque cosa sul loro cammino,se l'avesse saputo prima
forse avrebbe rifiutato di affrontare tutto quel delirio di
viaggio,mai prima di allora aveva affrontato una impresa simile e di
certo avrebbe chiesto un cifra così grande da vivere di
rendita per
il resto dei suoi giorni,cosa che secondo lui si sarebbe meritato.
“Braxus,com'è
la situazione in città?”,chiese Nym con fare serio
e preoccupato.
“Non
bene,un esercito noviano e stanziato fuori dalle mura della
città,temo che questa volta facciano sul serio.”
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Capitolo 6 *** Veni Vidi Vici ***
Il
sole splendeva radiosamente nel cielo quando sotto la sua luce,la
grande città di Nova,capitale della nazione più
potente della sua
epoca,si ergeva maestosamente nel mezzo di un territorio collinare e
circondata da titaniche mura di calcestruzzo,alla cui porta
principale spiccava fiera il simbolo dell'impero e delle sue
legione,la statua di una grande aquila con le ali spiegate ricoperta
di foglia d'oro,simbolo della sua gloria che si estendeva verso tutti
gli angoli del suo vasto territorio. Al suo interno si ergevano nella
loro maestosità le grandi terme di Venere,I giardini delle
della
lupa madre e il Cortile di Bellona,un immenso edificio di base
rotonda in puro calcestruzzo,al cui interno si tenevano i ludi
gladiatori, cruente esibizioni dove uomini e donne,di tutte le razze
e provenienze combattevano contro altri individui o contro mostri
esotici e rari, un luogo dove certamente il sangue macchiava l'arena
tutto l'anno e le persone godevano ad assistere a quegli spettacoli.
Ma di tutte le costruzioni della città,se non addirittura
dell'intero impero era il palazzo imperiale,un edificio la cui
estensione era così grande da formare da solo un quartiere a
se
stante in tutta la città,lo si poteva vedere da miglia e
miglia di
distanza,aveva una forma rettangolare con un tetto formato da tegole
in oro purissimo,sottratto nelle precedenti vittorie contro i nani
nelle guerre di espansione diversi secoli or sono nei territori
montani ad ovest della capitale e un rivestimento di puro marmo
bianco estratto da un giacimento dove un tempo sorgeva a sud della
capitale, ed ora ridotto ad una piana bianca e lineare,il colonnato
esterno era formato da pilastri tanto larghi che ci sarebbero voluto
venti persone per circondarne uno solo e attorno ad esse numerosi
legionari controllavano il perimetro del titanico edificio come
fedeli cani da guardia. Ma al suo interno lo spettacolo era persino
migliore, appena superata la gigantesca porta principale,fatta
interamente di bronzo e così pesante che veniva chiusa solo
in caso
di pericolo da un accurato e complesso sistema di ingranaggi e leve,
si poteva vedere dentro un mondo segreto alla maggior parte del
mondo, un complicatissimo intrico di scale e ponti di marmo
collegavano i numerosi piani all'interno della struttura,il palazzo
imperiale era dotato di centinaia di
uffici,assemblee,aule,comitati,ambasciate, un mondo intero fatto di
stanze e saloni costruiti l'una sopra l'alto e alla fine,in cima a
tutto e tutti,c'erano le due aree più inviolabili di tutto
l'impero,la sala del trono e le stanze dell'imperatore. Superato un
ampio ingresso si trovava un ampio salone ornato da sei colonne di
marmo nero,due vicino all'ingresso,due vicino al trono e due poste
vicino ai muri laterali della stanza e tra le colonne quattro spalti
di pietra,due vicino all'ingresso e due vicino al trono sedevano e
sedevano in tutto cento persone,venticinque per ogni posto a sedere
per spalto e ognuno era un membro di spicco di una delle cariche
politiche più importanti della storia dell'impero,il
senatore. Il
senato era formato dai membri di spicco di rango più alto
delle
famiglie più nobili non solo della capitale,ma anche
dell'impero,che
si erano ritrovato vicino all'uomo più potente della nazione
dopo
una lunga e ardua selezione di candidati che avevano studiato e
appreso nozione e leggi dell'intera costituzione noviana e imparato
ogni sua clausola e comma in pieno rigore legislativo,anche se vi
erano stati casi in cui alcuni potevano sedersi li dopo attente e
studiate corruzioni oppure attraverso raccomandazioni di parenti,sia
stretti che lontani all'interno dell'amministrazione statale,l'impero
non era poi così nobile e fiero come voleva farsi vedere.
Tutti i
senatori erano presenti nella stanza e la maggior parte di essi erano
umani, ma erano presenti anche: elfi,nani,mezzelfi e molte altre
razze all'interno della struttura sociale dell'impero,ognuno di loro
che non fosse umano era considerato come membro esemplare della
propria razza che rappresentavano e quindi erano veri e propri araldi
della loro gente,manifestando così la lealtà
delle culture delle
razze sotto la protezione dell'impero,sia esse parte dei territori
interni che come stati clienti. E mentre i senatori discutevano tra
di loro sulle ultime alleanze da stringere all'interno dell'assemblea
da una porta laterale posta in fondo alla sala uscì un
soldato,indossava un corazza anatomica che riproduceva perfettamente
i pettorali e gli addominali scolpiti e ornata di dettagli in
argento,sulle spalle portava un lungo mantello blu sotto alla vita
portava un gonnellino ornato dello stesso colore del mantello e ai
piedi indossava un paio di calzari di cuoio da legionario e in testa
portava un elmo con cresta verticale blu,le sue mani reggevano da una
parte lo scutum,un grosso scudo rettangolare con l'immagine di una
lupa d'argento intenta ad allattare due bambini e nell'altra mano
reggeva una lunga lancia alta quanto un uomo,mentre al fianco portava
il gladio,una spada corta dalla lama a doppio filo,arma d'ordinanza
di tutti i soldati dell'esercito imperiale,dal più umile dei
legionari alla più stimata guardia pretoriana. Ed infatti
era quello
il ruolo svolto da quel soldato,la guardia pretoriana,la guardia
scelta dell'imperatore,dove c'era una di loro c'era anche lui,questo
i senatori lo sapevano bene.
“Che
tutti i senatori si alzino in piedi,sta per fare il suo ingresso
nella sala del trono l'imperatore, Lucio Cornelio Silla.”,
Disse il
soldato con tono di voce controllato e autoriatario,data l'acustica
del salone e del rispettoso silenzio portato dai senatori. Il soldato
si tolse dalla porta accostandosi sul muro a fianco ad essa e poco
dopo n'è un individuo il cui aspetto e portamento dicevano
molto
sull'uomo che adesso tutti guardavano con un misto di rispetto e
timore reverenziale. Era un umano, alto,dai lineamenti rigidi e con
un espressione imbronciata sul viso,occhi azzurri gelidi come il
ghiaccio e un corta capigliatura bionda come grano appena reciso
conferivano un aspetto regale e maestoso alla figura dell'uomo,che
con fierezza ostentata portava una corona d'alloro in lamina d'oro
come simbolo del suo potere regale. Vestiva di una corta veste di
lino bianca senza maniche e con una spilla a forma di un piccolo
pugno chiuso a chiudere la corta veste sulla spalla,sulle spalle fin
giù a dietro le caviglie una lunga pelle di lupo grigio
gigante gli
copriva tutta la parte dietro del corpo,alla vita portava una cintura
di cuoio con una fibbia d'oro a bloccare la cinghia e poco sotto un
un gonnellino ornato con protezioni di cuoio e acciaio
lucido,lasciandogli scoperte le gambe poco sotto le cosce mostrando
così degli stivaletti bianchi con intarsi in oro e argento
che
andava fin poco sotto al ginocchio e sullo stesso veniva posto la
decorazione di una testa di leone in argento. Ma più di
tutto nella
figura dell'imperatore non era tanto il vestire,quanto piuttosto il
suo corpo,per quanto potesse essere coperto di indumenti era
chiaramente visibile la qualità più prominente
nel suo aspetto,il
suo fisico possente e maestoso. Il collo taurino,le braccia spesse
come fossero scolpite nel marmo più puro,il petto gonfio,il
ventre
piatto e duro e quella gamba che sporgeva sembrava agli occhi delle
altre persone come il grosso ramo di un olmo maturo. Era chiaro come
quell'uomo potesse mettere soggezione con un solo sguardo tutti i
presenti nel grande salone,facendo calare un silenzio di tomba tra
tutti i presenti,in confronto a tutti loro lui pareva una montagna
circondata da colline. Silla si sedette sul trono,anch'esso fatto del
marmo più nero,proprio come per le colonne e
osservò tutti i senatori con sguardo freddo e distaccato.
“
Ave
Silla, sovrano di tutti i popoli civili.”,Disse l'intero
senato
mentre tendevano un braccio verso di lui,con il palmo della mano
rivolta verso l'alto,come a voler offrire una mano amica verso il
dominatore del mondo civilizzato,per poi sedersi ai propri posti.
L'imperatore restò impassibile al senza ricambiare il
saluto,cosa
che non era tenuto a fare.
“In
questo preciso istante la ventiduesima legio Superba e stanziata poco
fuori dalle mura della città stato di Aegis,colpevole di
aver
offerto asilo alla nobile Augusta Lucilla e interferendo
così negli
affari di stato dell'impero,in caso di necessità
verrà dato
l'ordine di attaccare il piccolo stato ribelle e di annetterlo,anche
con la forza se necessario nei territori di Nova.”
“
Ciò
potrebbe considerarsi un problema nobile Silla,Aegis dispone di
possenti mura al pari di quelle della nostra capitale,per non parlare
che è difficile cingere d'assedio un simile
luogo.”,disse un umano
tra i presenti. “ I nostri strateghi collaborano con gli
ingegneri
militari per poter superare ogni difficoltà che si presenti
nel caso
di un probabile attacco, diecimila uomini addestrati al
combattimento,di cui quattromila esperti veterani, compongono la
ventiduesima e in loro appoggio trecento macchine d'assedio tra
arieti,torri d'assedio,catapulte,baliste e scorpioni vengono
trasportate e montate in questo preciso istante,se sono le mura a
preoccuparvi state pure tranquilli,cadranno come sabbia al
vento.”
Un
altro senatore intervenne nella discussione,questa volta era un
elfo,in confronto a molti altri suoi colleghi pareva ancora un
giovane uomo,nonostante avesse almeno un secolo e mezzo di vita.
“
Ciò che desta più preoccupazione non è
solo la città in se di per
se,bisogna valutare anche il fatto che all'interno della
città
vivono almeno i rappresentanti di altre tre nostre acerrime
rivali,all'interno di quelle mura vivono Ameniti,abitanti del nord e
i rifugiati dei precedenti territori argosiani,a parte quest'ultimi
dubito che le loro nazioni d'origine possano accettare la
cosa,anzi,potrebbero usare l'assedio di Aegis come scusa per
infangare e screditare le azioni dell'impero,dopo tutto abbiamo
già
avuto problemi in passato con queste due potenze.”,Molti
nell'assemblea cominciarono a discutere tra di loro di questa
eventualità,bassi borbottii e leggeri sussurri divennero ben
presto
un accesa disputa di riflessioni e scelte opposte,alcuni erano
più
moderati e preferivano un approccio più diplomatico,mentre
altri
optavano per una chiara dimostrazione di forza,cosa che nelle scelte
della politica estera noviana non mancava di certo,dato l'alto tasso
di soldati e mezzi militari in possesso dell'impero. E mentre tutti
quegli uomini considerati dotti e saggi litigavano come galline in un
pollaio l'imperatore restava fermo e impassibile,come una
sfinge,enigmatico e rigido nella sua freddezza,poi alzò una
mano
verso il soffitto,la chiuse a pugno e in un attimo la batte contro il
marmoreo bracciolo del trono,il rumore del pugno fece sobbalzare
tutti i presenti nella stanza,tale fu la forza del colpo che il botto
generato rimbombò per tutto il salone e genero un misto di
panico e
stupore in tutti coloro che avevano sentito il poderoso pugno,persino
il soldato vicino alla porta scosse nel sentire quella forza
disumana.
“Silenzio...se
dovete spettegolare come schiave alla fontana pubblica mentre lavate
i panni per i padroni allora uscite di qui e cominciate sfregare le
mani nell'acqua,siete senatori,comportatevi come
tali.”,nessun
riuscì a replicare alle parole di Silla,la forza di quel
colpo lo si
poteva ancora percepire nell'aria,come il boato di un fulmine che
squarcia il cielo e nell'aria riecheggia come una brezza leggera che
segue ad una folata improvvisa. A quel punto l'imperatore si
alzò in
piedi mostrandosi nuovamente in tutta la sua stazza e
indirizzò un
braccio verso l'intero senato mostrando a loro la mano aperta,
“ Ci
troviamo in un momento di crisi, le squadre di ricognizione ci
informano della presenza di un grande adunanza delle tribù
più
barbare e selvagge che il mondo abbia mai conosciuto,già ai
tempi
della nascita della nostra civiltà abbiamo dovuto affrontare
nemici
di ogni sorta proveniente dal freddo e inospitale nord del mondo,le
coalizioni di orchi delle grandi paludi di Melma morta ,le orde di
goblin provenienti dalla fossa mondo,per non parlare delle invasioni
guidate dai re barbari che nei secoli hanno cercato di impedire
l'avanzata delle nostre legioni,nonostante gli aurispici abbiano
visto il futuro negli innumerevoli fegati degli animali sacrificati e
gli auguri che hanno voluto interpretare il fato nel volo degli
uccelli posso dirvi adesso che il futuro e più incerto che
mai,ma
sappiate questo,io,Lucio Cornelio Silla,insignito della corona
d'alloro e sovrano indiscusso della nazione più potente che
il mondo
abbia mai visto,non vacillerò alla vista di qualche pezzente
armato
d'ascia,o ai capricci di una principessa che cerca rifugio presso
quei traditori di Aegis. Il dissenso genera disordine e il disordine
non è contemplato nel mio impero.”
Alla
fine di quelle parole la mano aperta si chiuse a pugno,mostrando
molto chiaramente il messaggio che voleva mandare con quel gesto,lui
era l'imperatore e la volontà dell'imperatore era innegabile
e non
discutibile,certamente non era un mellifluo,debole e viziato tiranno
come alcuni del passato,che erano ricordati per aver compiuto atti
terrificanti e che avevano mandato avanti altri per fare il loro
sporco lavoro. No, lui pensava a se stesso come un fiero
guerriero,alto,possente,magnifico in tutto il suo essere,lui era
ciò
che Nova avrebbe dovuto rappresentare:
forza,sicurezza,incrollabilità,fama e gloria,un immagine di
potenza
assoluta,un araldo del vero noviano per eccellenza...la
rappresentazione vivente della Virtus,in tutto e per tutto.
Abbassò
lentamente il braccio mentre il suo sguardo fissava ancora tutti i
senatori presenti nella stanza,non uno degli eminenti ed illustri
politici si era azzardato di dire qualcosa,anche il più
piccolo
soffio d'aria non osava uscire dalle loro bocche,Silla aveva ottenuto
l'effetto desiderato,obbedienza assoluta,cosa che gli riusciva molto
bene e molto spesso. “ L'ordine di tenere la città
stato di Aegis
sotto assedio resterà immutato,nel caso la nobile Augusta
Lucilla
dovesse avvicinarsi alle mura della città,verrebbe catturata
e
riportata alla Domus lucis,se invece dovesse essere avvistata e
riuscisse a entrare nella città,allora sarà
macchiata col titolo di
traditrice e trattata come una qualsiasi nemica dell'impero,questo e
il mio volere...questo e il volere di Lucio Cornelio Silla e
ricordate...”, alzò il proprio pugno verso il
soffitto e ispirando
a pieni polmoni gridò forte tre semplici parole,
“VENI
VIDI
VICI."
I
senatori si alzarono tutti insieme e imitando il gesto
dell'imperatore ripeterono le sue stesse parole. Silla avrebbe
seguito alla lettere il semplice ma efficace significato di queste
tre parole,Nova sarebbe andata,avrebbe visto e avrebbe
vinto,così
citava quell'antica locuzione in latino, Nova non avrebbe fallito nel
raggiungere i propositi di Silla, Il senato era con lui,il popolo era
con lui,l'esercito era con lui, tutto l'impero era schierato dalla
sua parte,persino in quel momento sentiva che se avesse giocato bene
le sue carte anche Fortuna,la dea bendata che segretamente e con
capriccio favoriva o danneggiava il destino degli uomini e le loro
imprese,potesse baciarlo e favorirgli non solo una gloria eterna,ma
un controllo totale del fato del suo impero,ora come ora,poteva solo
attendere l'esito delle sue decisioni. Dopo che il sovrano ebbe
espresso il suo giudizio sulla questione di Aegis e le sue parole di
incoraggiamento,o di intimidazione,a seconda di come ogni singolo
individuo avesse espresso gli ordini di Silla passarono due ore nelle
quali il senato aveva cominciato a dibattere sulle questioni
più
disparate,dalla costruzione di un nuovo acquedotto,all'allestimento
dei prossimi ludo gladiatores, i giochi che si svolgevano nel cortile
di Bellona,la più grande erena in tutto l'impero,si era
passato poi
a parlare di tasse, dei fondi da stazionare nelle casse pubbliche per
la restaurazione del quartiere degli umili, detta anche la
città dei
poveri,dove i cittadini dello strato più basso della
società viveva
e rappresentava una buona fetta della popolazione. Due ore a sentire
parlare e discutere i membri delle diverse razze e rappresentanti dei
diversi quartieri,delle diverse mansioni,dei diversi ceti sociali e
così via,poi alla fine i senatori misero fine all'ennesima
riunione
per poi essere congedati da Silla stesso e facendoli tornare alle
proprie vite private e ai propri doveri civici,scortati da un corpo
di guardie ben equipaggiate,non era poi così strano dato che
omicidi
e attentati di ogni sorta era la prassi nella politica imperiale.
Prima di tornare nelle sue stanze Silla congedò il soldato a
fianco
della porta sciogliendolo momentaneamente dal suo dovere,finalmente
solo l'imperatore poté tornare nelle sue stanze e concedersi
un
momento di tregua dai suoi obblighi verso la corona d'alloro dorata
che portava attorno alle tempie,le tante dispute all'interno del
senato,i giochi di potere dentro il suo stesso palazzo e gli
avvenimenti che si stavano compiendo non gli rendevano certo la vita
facile. Prima di tutto c'era il problema delle orde barbariche,delle
singole tribù minori non veniva resa traccia nei documenti
ufficiali
degli archivi storici imperiali e nemmeno nelle lezioni di strategia
militare,erano troppe e fin troppo piccole per costituire un problema
a se stanti,per non parlare poi delle numerose razze e sotto razze
che li componevano,il problema maggiore costituiva dalle
tribù
maggiori,tanto grandi ed estese che se non fossero state considerate
come semplici tribù allargate e vivendo come popolazioni di
tradizione nomade avrebbero anche potuto essere definite delle
piccole nazioni in continuo movimento e che adesso pareva si fossero
formate in un alleanza di razze e popoli differenti in una grande ed
estesa massa di artigli, di zanne e chissà quali altre
bestialità
che si portavano dietro,presto o tardi gli scontri sarebbero
cominciati. Ma nella sfera pubblica della società noviana
premeva
sul cuore di tutta la popolazione della capitale,la fuga di Lucilla
Augusta aveva scatenato un putiferio come pochi scandali avevano
fatto fino ad allora,una ragazza dell'alta società che aveva
fatto
giuramento di servire nella Domus Lucis,il grande tempio dedicato ad
Apollo situato sull'isola dell'alba gloriosa era il luogo di culto
più importante dell'impero a cui la splendente
divinità era
associata, un glorioso tempio situato nel mezzo di un isola,in un
mare degno della benedizioni di Nettuno,era stato profanato dalla
rottura di solenne fedeltà che una sacerdotessa potesse fare
alla
sua divinità patrona. Solo in pochi conoscevano le vicende
che
avevano condotto a quella scelta disastrosa per la giovane ragazza e
lui era uno di quelli,dato che la promessa fatta ad un
divinità
veniva infranta meritava una punizione gravissima,ma se Lucilla
avesse avuto veramente quelle visioni,se ciò che aveva detto
fossero
state le parole della divinità profetica allora non c'era
alcun
dubbio,la ricerca del grande potere che nel mondo era iniziata e
forse il fatto che la grande orda si stesse muovendo verso i confini
dell'impero non era una semplice coincidenza,la clessidra stava
facendo scivolare la sua sabbia inesorabilmente verso il basso,la
corsa al potere ultimo era iniziata. Tuttavia sapeva fin troppo bene
che era ancora presto per agire in maniera diretta e forte e
smobilitare truppe a destra e manca sarebbe stato ingiustificabile di
fronte agli occhi del senato,che per quanto singolarmente potessero
essere deboli,messi insieme formavano la colonna portante della
stessa società multiculturale e multirazziale che era
Nova,per non
parlare poi delle potenze straniere rivali dell'impero,la grande
orda avrà mandato qualcuno oltre i confini per penetrare nei
territori alla ricerca della ragazza,stessa cosa valeva per il regno
di Amenosi,il grande stato sovrano delle tempestose terre
desertiche,ufficialmente il regno di Amenosi era rimasto isolato
dalle ultime faccende del resto del mondo che riguardassero i
conflitti militari e l'espansione territoriale,era un governo ancora
aperto alle rotte commerciali e ogni tanto l'ambasciata Amenosiana
accoglieva messaggeri dal suo paese natale con la scusa di ricevere
missivedirettamente dal loro sovrano. Ma la verità era che
il regno
delle piramidi era politicamente chiuso in se stesso,gli ultimi
contatti diretti con quella civiltà fu durante le precedenti
conquiste delle città sulla costa di Temerit e
Himsa,città
commerciali che si affacciavano sul mondo e i cui porti esportavano
alcune delle merci più ricercate ed esotiche e nel tentativo
di
riprendersele il precedente faraone aveva inviato diverse armate
formate da strani umanoidi con tratti animali,alcuni sembrano un
incrocio tra umani e coccodrilli,altri erano gatti,altri ancora
sciacalli e così via,per la maggior parte molti erano
soldati di
fanteria,ma tra di loro c'erano anche imbalsamatori in grado di
risvegliare mummie,altri controllavano i movimenti della sabbia del
deserto oppure la modellavano a loro vantaggio nelle maniere
più
disparate,altri ancora erano arcieri provetti e si spostavano su
carri a due ruote trainati da grandi tori bianchi dalle lunghe corna
ricurve e ornati da paramenti d'oro. Le aspre battaglie combattute in
quei territori avevano segnato l'inizio di un conflitto che per
quanto potesse considerarsi terminato era ben lungi dall'essere
dimenticato e quindi le grandi potenze si guardavano ancora con
sospetto. Se l'intervento dei barbari del nord coincidesse con la
fuga della giovane principessa era probabile che anche le spie
provenienti dai confini più sabbiosi di Nova si erano
infiltrate
all'interno dei territori Noviani e non era poi così strano
includere lo stesso palazzo imperiale ricolmo di spie straniere,c'era
da ammettere che le fazioni in gioco all'interno di questa faccenda
erano certamente tra le potenze più grandi della loro epoca.
Silla
superò uno stretto e lungo corridoio con una sola ed unica
porta
situata in fondo allo stesso,sui muri ai lati erano presenti dei
busti di bronzo dei più grandi personaggi della storia
dell'impero
come grandi politici e famosi condottieri,eroi
dell'antichità e
imperatori straordinari,tutti li presenti in quelle forme artefatte
che riprendevano in pieno le forme dei loro visi alla perfezione,non
come personaggi appartenenti al mito come Ercole o Achille,ma come
uomini mortali,le cui imperfezioni erano ben visibili sulle forme
bronzee e ben lavorate,a ricordare a uomini come Silla che coloro che
fecero grande Nova non furono fatte da coloro il cui destino era
già
scritto,ma da individui che dovettero passare mille pericoli e
altrettante sfortune per giungere alla gloria che si erano meritati e
che il loro esempio potesse ispirare sempre il buon esempio in coloro
che avevano l'onore e l'onere di governare su un territorio
così
vasto. Silla li osservò quasi con noncuranza dato che ormai
li
vedeva tutte le volte che doveva passare da li arrivando alla porta
senza la sensazione di quegli sguardi metallici che metaforicamente
si posavano sulle ambizioni di Silla,Aprì la porta e si
ritrovò
nelle sue stanze personali,gli interni erano decorati con uno strato
di rosso scuro su cui erano poi state dipinti degli affreschi
raffiguranti scene di vita bucolica accompagnate da maestose marce di
soldati in fila che con orgoglio portavano con se l'insegna
dell'aquila dorata,animale fiero,dal cuore saldo e lo spirito
puro,animale sacro a Giove, o Iupiter Maximus se si voleva usare il
latino,animale sacro al sovrano olimpico e simbolo dell'impero nel
mondo conosciuto. Girando ancora con lo sguardo si poteva notare un
altro grande affresco su di un altro muro,la scena raffigurata
stavolta rappresentava una foresta nella quale si faceva spazio,nel
mezzo di quegli alberi dalle fronde verde smeraldo,l'antro di una
caverna dentro la quale una grande lupa dal pelo bianco come la neve
allattava al seno due infanti,Romolus e remus, i leggendari fondatori
della città di Nova,era una scena che al popolo piaceva
molto
ricordare,dava loro un senso di orgoglio nell'avere origini tanto
umili e nel caso di Silla,gli rammentava che ogni grande conquista
necessitava di impegno, volontà e se necessario anche della
violenza,in fondo Nova non aveva raggiunto la sua attuale gloria con
meri atti di bontà. Silla chiuse la porta dietro di se e si
tolse la
corona dal capo per poi posarla su di un basso mobile vicino al
letto,che era tanto grande per contenere tutta la sua grandezza
fisica. Si spogliò dei suoi indumenti e li
collocò su sostegni
appositamente fatto per ogni parte di quel complesso e lussuosissimo
vestiario,rimanendo infine solo con indosso il subligaculum,una sorta
di pantaloncino di cotone aderente,che riduceva al minimo
l'immaginazione di chi avesse visto l'imperatore in quello stato. I
muscoli grossi e sodi sembravano scolpiti da un dio in persona mentre
diverse cicatrici percorrevano diversi punti del corpo,ogni segno su
quella pelle tonica ed energica era il segno di uno scontro
importante,il simbolo di una sbavatura che lo avrebbe seguito a vita
e ognuna di esse era parte di uno scontro importante,di una vicenda
personale e di glorie passate,ognuna inferta da qualsiasi genere di
creatura che avesse mai affrontato,i pesanti martelli dei nani,le
frecce acuminate degli elfi,le macchinazioni e l'ingegno degli
umani,per non parlare poi della sfilza di mostri come
centauri,minotauri,eserciti di orchi,agguati di goblin e tanti altri
ancora,sarebbe dovuto morire moltissime volte e invece era ancora
li,pronto a dimostrare che Lucio Cornelio Silla poteva essere l'uomo
più potente della sua epoca e quella situazione era
ciò che
aspettava per dimostrarlo. Mentre si dirigeva verso un altra porta
che dava su di un grande balcone esterno il leggero sibilo di una
brezza giocosa passava vicino al suo orecchio,il suo corpo si
irrigidì immediatamente e si bloccò nel mezzo
della stanza,mentre i
suoi occhi continuavano a puntare davanti a lui,i muscoli delle gambe
erano tesi e le sue mani erano aperte mentre le punta delle dita
erano rivolte in basso. Un secondo soffio passò alla sua
sinistra,gli toccò appena il collo e lasciandogli un
graffietto
appena visibile sulla pelle,ma lui restava ancora fermo,poi un terzo
soffio e questa volta più forte proveniente da sopra la
testa e a
quel punto Silla reagì,le sue grosse braccia si mossero ad
una
velocità sovrumana afferrando in due punti differenti
qualcosa a
mezz'aria. A prima vista sembrava che non ci fosse nulla,eppure le
sue mani tastavano qualcosa di solido e allo stesso tempo
morbido.“Per quante volte ancora vuoi provare ad uccidermi
razza di
stupida? Sai bene che posso spezzarti quando voglio.”,Disse
Silla
mentre la si rivolgeva al suo aggressore invisibile,poco alla volta
una figura prese visibilità e il suo vero aspetto
tornò alla
normalità,era magra e dalle sue forme curve e aggraziate era
evidente che fosse una donna,aveva lunghi capelli neri e i suoi occhi
erano rosso sangue,la sua pelle era nera come l'ossidiana mentre due
orecchie da elfo spuntavano ai lati della testa e un bavaglio nero
gli copriva la parte del volto che andava da setto nasale fino al
collo,sotto portava un corpetto di cuoio nero e lunghi guanti di
pelle dello stesso colore. Più sotto una sottile cintura di
pelo
grigia stringeva in vita l'orlo di un lungo e sottile pantalone di
cuoio nero e indossava bassi stivaletti di pelo,anch'essi neri. Il
suo sguardo di fuoco si posava sugli occhi glaciali dell'imperatore
mentre la sua gola e il polso della mano che reggeva un corta lama
venivano stritolato allo stesso modo di cui un gigante stritolava un
contadino,le mani di Silla parevano due morse di ferro dalla quale
non sembrava esserci scampo se non che lui la lanciò via e
la vide
fare una capriola al suolo,cosa che le impedì un rovinoso
contatto
col suolo. Lei si riprese dalla forte presa di lui e lo
guardò
dritto negli occhi con lo sguardo iniettato di sangue,al limite
dell'odio,nello sguardo della donna si poteva leggera una profonda
rabbia verso L'imperatore.
“
Che
notizie giungono dal mio generale? ”,Disse Silla in maniera
autoritaria.
“
La
ventiduesima continua a tenere d'assedio la città e nel
mentre il
tuo generale cerca un punto debole nelle mura di Aegis, pare che
qualche giorno fa un manipolo di soldati abbia intravisto la tua cara
ragazzina accompagnata da un elfo e un nano,hanno provato a
catturarli ma molti soldati sono caduti sotto le frecce dell'elfo e i
colpi del nano non sono stati di meno.”,disse lei con tono
sommesso,ma si sentiva abbastanza chiaramente che cercava di
trattenere la furia omicida che la pervadeva.
“
Abbiamo
informazioni su
questi due soggetti?”
“
Non
ancora,le mie spie stanno consultando i loro informatori,ma e
probabile che entrambi siano esperti del loro mestiere e c'è
anche
un ultima novità riguardo alla città di Aegis,il
mago ha deciso di
parlare con il tuo generale nel tentativo di evitare un scontro,pare
che sia pronto a rivelare informazioni preziose riguardo al
Demiurgo.”
A
quella notizia Silla non poté fare altro che restare in un
controllato silenzio,se ciò che la sua attentatrice
corrispondeva a
realtà ciò stava a voler dire una sola cosa,che
la situazione era
più grave di quanto si potesse immaginare,se era
quell'individuo a
voler rivelare delle informazioni così riservate non sarebbe
stato
lui a dirgli di no,ma era meglio non sottovalutare la cosa,infondo
non sapeva ancora nulla su ciò che aveva intenzione di
dirgli e
ovviamente credere che il Demiurgo potesse essere già a
portata di
mano era pura ingenuità e di certo lui non sarebbe cascato
nelle sue
stesse fantasie.
“
In
tal caso il mio generale saprà come gestire questa
evenienza, se
quel vecchio ha deciso di farsi avanti con delle informazioni che
parli pure, ma resta pur sempre un mio nemico ed è meglio
agire con
prudenza,se si è rifugiato ad Aegis e la principessa e
diretta in
quel luogo c'è un sola spiegazione logica,lui sa qualcosa
che a noi
sfugge. Per il momento aspettiamo,agire di impulso non ci
servirà a
nulla ed ora va,tieniti pronta per quando avrò bisogno di
te.”
La
ragazza si girò e si incamminò verso il
balcone,mentre nello stesso
istante la sua figura snella ed atletica tornò poco alla
volta
invisibile. Si fermò un attimo e la sua occhi si girarono in
direzione dell'imperatore.
“Io
vado,ma ricordati o potente conquistatore,potrai avermi
sconfitta,potrai anche aver sottomesso la mia gente,ma attento,uno di
questi giorni potresti morire in qualsiasi momento,affogato nelle
terme,mangiare del cibo avvelenato,cadere giù dalle
scale,colpito
accidentalmente durante una battuta di caccia,se c'è
qualcosa che ho
imparato sulla morte e che essa colpisce in maniera inaspettata...io
lo so bene.”
Silla
rimase impassibile di fronte a quella minaccia e l'unica cosa che
fece e allungare la sua mano verso di lei e poi stringerla a pugno
mostrando il braccio gonfio di forza fisica.
“
E
tu ricordati elfa delle ombre,se mai dovessi morire sappi che non
sarà mai per mano tua ne di altra lama che si nasconde nelle
tenebre,i tuoi metodi rispecchiano la tua natura,vile ed empia,un
vero dominatore affronta la morte guardandola negli occhi,non si
nasconde aspettando il momento più opportuno ne usa bassezze
in uno
scontro leale,tu questo non puoi capirlo,perché non hai mai
stretto
il tuo destino nelle tue mani,ci vuole forza per emergere e
ribellarsi ai capricci della sorte,no Filora, tu non puoi capire,a
impugnare una lama sono bravi tutti,ma solo pochi possono stringere
il fato nel proprio pugno e io sono uno di loro. Usa pure tutti i
trucchi che conosci,ma i miei pugni colpiranno ancor prima che tu
possa riuscire nei tuoi intenti...è una promessa.”
Le
parole dell'imperatore giunsero alle orecchie dell'elfa come una
chiara sfida al suo desiderio di morte verso di lui,prima di vederla
scomparire notò per l'ultima volta i suoi occhi rossi come
il
sangue,quello non era uno semplice sguardo ricolmo di
rabbia,no,quello era odio puro. Lei scomparve dalla sua vista e non
la sentì nella stanza,tornò con la mente al suo
desiderio di andare
sul balcone,come sempre si sarebbe soffermato sul cornicione e
avrebbe osservato dall'alto la capitale,la sua capitale,dalla quale
comandava un vasto territorio che comprendeva centinaia
civiltà e
altrettante armate,meraviglie di ogni sorta,artificiali o naturali
che fossero esistevano sotto il controllo dell'aquila dorata, Lucio
Cornelio Silla avrebbe stretto il Demiurgo nelle sue mani e solo
allora avrebbe raggiunto i suoi scopi, Veni Vidi Vici non era solo
una locuzione,era il suo credo più profondo.
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Capitolo 7 *** La città dalle bianche mura ***
Mezzogiorno
era già passato e tutti si prendevano una pausa
più che meritata
dopo la dura mattinata che li aveva travolti così
ferocemente,prima
un agguato e poi la comparsa di un folle mezzelfo che si muoveva,si
comportava e sopratutto combatteva come un animale selvaggio.
Milziade ricordava bene lo sguardo da rettile e gli artigli inumani
con la quale combatteva,non aveva mai affrontato nulla di simile e
gli era andata bene che quel piano improvvisato era riuscito
perfettamente. Si trovava vicino alla cavalla e delicatamente gli
stava accarezzando la criniera con la sola mano nuda.
“
Mi
hai fatto preoccupare da morire Briseide.”
E
mentre si prendeva cura della sua compagna di avventure una bassa
figura gli si avvicinò e gli batte un leggero pugno sul lato
della
corazza, Milziade si girò infastidito e vide Gordlack,senza
martello
e con gli stivali di nuovo ai piedi.
“Che
vuoi o mio basso disturbatore?”,disse il guerriero in maniera
canzonatoria.
“Come
facevi a sapere che quel grosso edificio era un
deposito?”,Chiese
il nano curioso.
Milziade
reagì a quella domanda facendo un subdolo sorrisetto e
tornò a
occuparsi di Briseide.
“Non
lo sapevo.”
Gordlack
non poteva credere alle sue orecchie e l'espressione esterrefatta
della sua faccia barbuta era una chiara dimostrazione di quello che
sentiva in quel momento.
“Come?Vuoi
dirmi che siamo riusciti a ingannare quel maledetto figlio di una
bestia immonda e malsana con un piano campato sul momento?”
“Si.”
“Ti
e dato di volta il cervello?Noi nani in battaglia necessitiamo di
solidità quando combattiamo,tu mi hai fatto credere che
avessi un
piano concreto non una blanda improvvisazione.”
“Se
ti vuoi lamentare fallo col mio datore di lavoro,in questo caso la
tua principessina e chiedigli di licenziarmi,ma sta di fatto che lei
mi vuole qui. Puoi anche arrivarci da solo alla conclusione di questo
dilemma,per cui....”
Milziade
non si degnò di finire la frase e tornò alle
attenzioni che dava
alla giumenta,controllando nel frattempo che non ci fossero ferite di
alcun genere e controllando se la sella e le briglie fossero apposto.
A quel punto il nano non ci vide più e si
allontanò mentre le sue
mani fremevano dalla voglia di piantare un colpo di maglio sulla
testa del mercenario.
“Resta
pure in compagnia del tuo ronzino,tra tutti i presenti sembra l'unico
a sopportare la tua presenza.”
Disse
il nano prima di incamminarsi e tornare da gli altri.
Il
mercenario ignorò bellamente la provocazione del nano e
rimase
concentrato sulle sue faccende. Passò una ventina di minuti
che
passò sdraiato a terra a godersi un più che
meritato attimo di
riposo.
Si
era tolto le protezioni di bronzo e aveva posato la spada
nell'apposito spazio che aveva sulla sella e che a sua volta aveva
tolto i finimenti da Briseide lasciandola libera di riposarsi un po'
e di mettersi anche lei a terra, stando vicini l'uno accanto e
nessuno dei due emetteva un singolo suono. Milziade osservava le
fronde degli alberi mentre il suo corpo si rilassava e nel frattempo
la sua mente tornava ai momenti dello scontro con quel mezzelfo. Non
aveva mai visto nulla di simile e si sentiva fortunato ad esserne
uscito con solo qualche graffio,dato l'inaspettato successo del suo
piano poteva considerarsi soddisfatto del risultato. Il corpo di
quel Nimerin,così aveva detto di chiamarsi quando lo aveva
minacciato di una morte orrenda, era stato in grado mutare in maniere
inaspettate,sembrava più di avere a che fare con
trasformista che
con un uomo da come poteva piegare i muscoli del torace o il fatto
che degli artigli erano spuntati al posto delle unghie. Ricordava
ancora come nella bocca del selvaggio erano apparse zanne degne di un
predatore famelico e la maniera in cui schivava la sua spada in
maniera tanto innaturale da fargli pensare che l'intera ossatura del
mezzelfo si disarticolasse per poi tornare al proprio posto,in una
maniera tale da farlo sembrare semplice ed inquietante allo stesso
tempo. Ma chi era veramente quel tipo e perché mai un essere
così
strano dava la caccia ad una ragazzina? Lei era davvero così
importante? E cosa centrava quella storia della massa brutale di
uomini e mostri che sarebbero scesi dalle lontane terre selvagge?E
quella cosa del Demiurgo,cosa mai poteva essere di così
prezioso da
farlo mettere nei guai così facilmente?Qualunque cosa fosse
era
chiaro che dal momento in cui aveva accettato l'incarico era ormai
tardi per tornare indietro,il suo compito consisteva nel portarla ad
Aegis il più presto possibile,prendere i propri soldi e
andarsene,era la prima volta che desiderava di ricevere il proprio
pagamento in fretta. Tranne quella volta che dovette fare la guardia
a quel ricco mercante grasso come un maiale,spilorcio come pochi e
che aveva la strana abitudine di vestirsi da contadina nelle sue
stanze private,preferì non ricordare quella scena e
tornò a
osservare con più attenzione le verdi foglie attaccate agli
alberi.
“In
che razza di situazione mi sono cacciato Briseide?”
Disse
Milziade mentre continuava ad osservare quel arborea visione sopra di
lui per poi chiudere gli occhi,forse una dormitina non gli avrebbe
fatto così male. Passò poco meno di una decina di
minuti e subito
sentì qualcuno avvicinarsi a lui,aprì gli occhi e
vide Lucilla
sopra di lui,lei lo guardò con un espressione divertita.
“E
ora di andare,dobbiamo arrivare in città.”
“Adesso?
Ma non dovremmo almeno mangiare?”
“Tranquillo
non c'è ne sarà bisogno,dai vieni e prendi il
cavallo.”
E
senza neanche dargli il tempo di rispondere che la ragazza si
allontanò e tornò da gli altri,lasciando il
mercenario confuso e
scombussolato. Non sapeva nemmeno lui cosa gli prendesse a quella
sacerdotessa da strapazzo e per tanto decise di non farsi troppe
domande. Erano già troppi i dubbi che lo assillavano. Si
rialzò e
rimise la sella e le redini alla giumenta e si avvicinò agli
altri,notando che tutti gli altri maschi della compagnia facevano
cerchio attorno alla sacerdotessa,ritti e immobili come statue,quasi
stessero aspettando qualcosa. Il nano se ne stava con il maglio
stretto tra le mani e teneva la testa ben piantata contro il
terreno,stessa cosa valeva per il ragazzo con il tridente,i cui rebbi
sembravano volessero scavare nel terreno tanto che si erano infilati
nel manto erboso e nella soffice terra. L'elfo invece teneva vicino a
se il suo cavallo mentre teneva l'arco al sicuro sulla sua schiena.
Alla vista di quella scena Milziade si sentì un po' spaesato.
“
In
nome di Zeus che cosa state facendo?”
Il
mercenario non ricevette risposta e di conseguenza la sua
preoccupazione aumentò. Sapeva che c'era qualcosa di strano
in
questo gruppo,ma adesso ne aveva la conferma,si guardò
attorno in
attesa che accadesse qualcosa, ma non sembrava ci fosse qualcosa di
insolito all'infuori di quella silenziosa riunione. Ma poi
però notò
qualcosa di sconcertante quando vide che la grande cerva che fino a
quella mattina li aveva accompagnati lo stava fissando,poi la vide
allontanarsi verso la strada percorsa in precedenza lasciandoli
li,vicino al villaggio abbandonato.
“Sta
tranquillo....”,Disse Lucilla rivolta al guerriero,
“Non c'è più
bisogno dei suoi servigi.”
“Di
che stai parlando?”
“Pronta
Lucilla?”, Chiese Braxus divertito.
“Si.”,rispose
lei preoccupata.
Il
ragazzo spostò il proprio sguardo e il suo sorriso divertito
verso
Milziade, “Adesso ci divertiamo amico.”
“Che
intendi dire?”
Lucilla
chiuse gli occhi,poggiò le dita di entrambe le mani intorno
al
diadema e cominciò ad intonare una serie di parole.
“Apollo,io
ti invoco come signore della luce,tu che conduci il carro del sole,tu
che scacci le tenebre della notte e del male,invoco il tuo divino
aiuto per condurci alla città dalle bianche mura,invoco il
tuo nome
affinché mi conceda un viaggio rapido e sicuro....”
Mentre
le parole venivano recitate una strana energia sembrava manifestarsi
attorno al gruppo,appariva come una sorta di nebbiolina dorata che a
malapena si alzava dal suolo e non sembrava che facesse nulla di
male. Ma subito cominciò ad alzarsi coprendo le gambe fino
al
bacino. Milziade cominciò a preoccuparsi e vide la cavalla
agitarsi
esattamente come la cavalcatura di Nym.
“
Che
ti succede Briseide?”
La
giumenta cominciò a mordere le briglie ancora più
forte,mentre
vedeva nei suoi occhi equini una luce dorata impossessarsi della
vista dell'animale. L'elfo invece se ne stava serio mentre con rapide
mosse prese il nano e lo mise sopra il cavallo e subito dopo ci
salì
anche lui,nello stesso istante Braxus si mise vicino alla ragazza e
si strinse a lei con lo stesso braccio con cui teneva la rete.
“Sali
anche tu o preferisci fartela a piedi?.”,disse Nym con
ostentata
ironia. Milziade da parte sua non capiva bene cosa stesse
succedendo,ma d'istinto salì su Briseide e strinse forte le
mani
sulle briglie. I due cavalli iniziarono ad alzarsi dal suolo
sollevati dall'inquietante nube lucente posta sotto il corpo dei due
cavalli.
“Ma
che razza di....”,disse Milziade fortemente preoccupato dalla
cosa,in risposta l'elfo si girò verso di lui mantenendo la
stessa
identica espressione di prima.
“Adesso
vediamo quanto fai il gradasso signor prezzolato.”
La
risposta dell'elfo fece vacillare ancor di più la sicurezza
di
Milziade,ora era seriamente preoccupato di quello che stava per
accadere.
“VIENI
A ME SPLENDENTE CARRO SOLARE”
La
voce di Lucilla tuonò all'improvviso mentre
posizionò le braccia
rigide di fronte a se mentre la nebbia attorno al gruppo
cominciò a
muoversi in maniera frenetica e allo stesso tempo si dava una forma.
Parti della nebbia si allungavano verso le selle dei due equini
formando quello che all'apparenza sembravano due lunghe corde che
cingevano i corpi dei due animali alla stessa maniera in cui due
animali venivano legati ad una biga,con le cinghie che passavano
sopra e sotto il torace e il ventre e si collegavano verso il corpo
centrale del veicolo. Nel mentre la nebbia attorno ai due giovani si
mosse in maniera grossolana come un cumulo di neve attorno ad una
casa dopo una forte nevicata per ridefinirsi e cambiando in qualcosa
di più ordinato,dando forma ad un corpo dalla forma
tondeggiante sul
davanti e lineare dietro e ai lati due grandi ruote nebulose
affiancavano la parte centrale di quella massa composta di sola
nebbia lucente. Lucilla teneva la posizione salda e ritta di fronte
alla cosa.
“Ho
un gran brutto presentimento.”,disse Milziade rivolto di
fronte a
se.
“VOLATE.”
E
in men che non si dica i due cavalli iniziarono la loro corsa com'era
nella loro natura,solo che la direzione era leggermente
differente...si lanciarono verso il cielo. Milziade sentì
che il
proprio peso era ancora ancora in qualche modo al corpo del cavallo e
che in modo o nell'altro non sarebbe potuto cadere. Ma la distanza
tra lui e il suolo si faceva così ampia che la vista di quel
panorama gli dava l'impressione di doversi schiantare al suolo da un
momento all'altro. Il fitto tratto di foresta da lassù
sembrava
molto più ampio di quello che si aspettava e il vista del
villaggio
da quell'altezza gli fece comprendere la vera vastità del
danno che
Nimerin e le sue bestie avevano causato. Si stringeva forte sulle
redini dell'animale mentre il suo sguardo intimorito continuava ad
osservare quel pezzo di mondo sulla quale rimpiangeva di non trovarsi
più.
I
cavalli continuavano a correre come se fossero ancora sulla terra e
nel mentre il sole sopra di loro continuava a inondarli della sua
luce,che da lassù pareva ancor più fulgida e
radiosa che mai,con
l'aria che a quell'altezza pareva più fredda e con l'aria
che gli
veniva contro il mercenario aveva l'impressione che facesse
più
fatica a respirare,come se un vento contrario gli soffiasse contro e
data la sua forza non gli facesse prendere aria. Era una situazione
sgradevole. Milziade girò il volto che teneva incassata tra
le
spalle e si rivolse a Lucilla.
“CHE
RAZZA DI STREGONERIA E QUESTA?”,urlò lui in parte
per farsi
sentire bene da lei e in parte per il nervosismo che scorreva dentro
per quella situazione inaspettata. Non gli piaceva essere preso alla
sprovvista da chi doveva collaborare,sopratutto se si trattava di
magia.
“E
UN INCANTESIMO DI MIA INVENZIONE,TI PIACE?”,disse lei con la
sua
solita espressione sorridente.
“PER
NULLA.”,e detto questo tornò a fissare il panorama
di fronte a
lui,subito in lontananza vide una serie di piccoli monti
spadroneggiare sull'ambiente circostante,la cui pietra grigia e le
vette innevate segnavano la presenza di un ambiente di
montagna,infatti,sotto di loro la grande foresta lasciava spazio una
serie di valli erbose e piccole catene montuose più in la
sull'orizzonte. Ora ne era certo,la conclusione del suo compito era
finalmente giunto,erano nel territorio della città stato
Aegis.
Nella mente del mercenario la prospettiva di ricevere un altissimo
compenso lo ripagava pienamente di tutte le fatiche passate in una
sola mattinata. Per un attimo Milziade si sentì in pace col
mondo
intero.
Una
vasto accampamento militare,detto castrum nella lingua
dell'impero,era stato montato in una valle di fronte e alla
città
Aegis e che occupava l'unica strada lastricata che faceva da
collegamento terrestre tra la città-stato e il resto del
mondo,dato
che per il resto la città era protetta da nord da un alta
catena
montuosa,troppo ripida da sormontare. A ovest da una serie di centri
abitati esterni dove principalmente vivevano
contadini,allevatori,viticoltori e altre professioni legate alla
terra e all'agricoltura,riuniti in piccole comunità semi
autonome e
che venivano protette dalla diverse squadre di ricognitori e manipoli
di guardie che presidiavano la zona attraverso piccole stazioni di
comando che in caso di necessità potevano lanciare l'allarme
e
preparare una controffensiva. Anche attaccare da li sarebbe stato
inutile. A est la città era collegata ad un lago grazie ad
una zona
portuale che garantiva un continuo afflusso di pesce ed acqua pulita
e in caso di attacchi a sorpresa dall'acqua piccole navi con a bordo
soldati e alcuni maghi potevano controllare che nessun potesse
prendere la città alla sprovvista,sia che l'attacco venisse
a filo
dell'acqua o da sotto di essa. Solo l'occupazione della zona
sud,l'unica che una grande armata come la ventiduesima Legio
Superba,nome che si era meritata per l'enorme efficienza della
legione e dei numerosi successi militari in alcune delle battaglie
più famose dell'impero,come lo scontro sulle rive del fiume
Xanto
contro le orde di centauri e di satiri guerrieri per il controllo del
fiume,oppure nelle piane di Cleomene durante la guerra civile per il
controllo dei collegamenti stradali per i porti che davano alla
capitale. La Superba era penetrata all'interno delle terre della
città-stato di Aegis senza incontrare resistenza alcuna
riuscendo ad
arrivare di fronte alle bianche mura e allestire l'accampamento in un
solo giorno,non a caso quella legione era stata inviata li per
mandare un messaggio che solo chi vedeva un così alto numero
di
soldati,formati da razze,culture e armamenti così differenti
che si
poteva intuire cosa volesse dire uno spettacolo simile:non
sfidateci....non n'è uscireste vivi. E mentre i soldati si
occupavano delle varie mansioni all'interno dell'accampamento,come
scavare le buche per le latrine o occuparsi delle palizzate di legno
un altra figura era impegnata nel suo difficilissimo compito.
All'interno dell'area occupata dall'esercito una struttura
più
grande di altre sorgeva nel mezzo delle altre installazioni,il
pretorium,una grande costruzione di legno e sormontata da un grande
tendone rosso sulla quale erano state cucite due grandi ali di stoffa
grigia,al cui interno vi erano stati messi un lungo tavolo di legno
sulla quale erano posate diverse mappe e altri documenti legati alla
spedizione che si stava svolgendo li,un tavolino più piccolo
era
situato all'angolo della stanza dove un segretario annotava tutti gli
svolgimenti,gli eventi e le informazioni che aveva il compito di
registrare per ordine diretto del comandante. Vi erano presenti anche
una grande vasca di bronzo trasportabile dove il comandante poteva
farsi un bagno,dato che l'istruzione sull'igiene era consigliato ed
obbligatorio per tutti coloro che stavano all'interno di una
qualsiasi armata,cosa che gli si insegnava per distinguersi dai
cosiddetti <> delle culture meno
civilizzate,ed
infine il letto personale del comandante,nulla di troppo
elaborato,solo un letto singolo con una semplice coperta di lana
sopra,per quanto l'estate potesse essere calda di giorno,li in
montagna c'era sempre il rischio che la notte potesse fare
più
freddo del solito e che era sempre meglio essere previdenti. E tra
tutte quelle cose disposte in maniera ordinata e disciplinata c'era
una donna umana,seduta su di una grande sedia di legno posta
all'altro capo della lunga tavola, portava una corta chioma di
capelli neri che gli arrivavano dietro la nuca e i suoi occhi erano
marroni,indossava una semplice veste rossa senza maniche che gli si
fermava a metà coscia e che scopriva le gambe,mostrando una sottile
cicatrice verticale sopra la tibia destra,che non andava ad intaccare
la bellezza naturale della giovane donna. La sua corporatura era
minuta e ad un occhio inesperto sarebbe parsa debole e non adatta a
quella vita,ma i soldati di quella legione sapevano bene che sotto
quell'apparenza da ragazza indifesa si nascondeva un corpo
allenato,molto più forte e resistente dei molti legionari li
presenti. Stava controllando una missiva che aveva ricevuto
direttamente dall'imperatore che le chiedeva degli aggiornamenti
riguardo le negoziazioni con la città-stato e che le dava il
permesso di parlare a nome dell'imperatore in persona per quanto
riguardava le trattative,ogni parola che sarebbe uscita dalla bocca
di lei sarebbe stato come se le avesse pronunciate lo stesso Silla.
Improvvisamente un uomo entrò in tutta fretta all'interno
del
castrum,era vestito con un semplice pettorale di cuoio,un gonnellino
in strisce dello stesso materiale e in una mano teneva stretta un
rotolo di pergamena. Nel vederlo arrivare l'espressione del suo viso
si fece serio e autoritario.
“Che
notizie porti dal consiglio della città?”,disse
lei con tono
deciso e il soldato nel sentirla si portò il pugno sul
cuore,come
voleva la tradizione dell'esercito noviano in segno di rispetto.
“Ave
comandante,ho con me la risposta della città.”
“Mostramela.”
Il
soldato passò la pergamena arrotolata alla donna e lei
notò che
aveva ancora il sigillo di cera intatto,segno che il messaggio non
era stato ancora letto da nessuno all'infuori del destinatario,il cui
simbolo era un scudo rotondo con una folgore nel mezzo. Ruppe il
sigillo e aprì la pergamena leggendo la sola ed unica riga
su quel
foglio bianco.
“Un
aquila grassa non vola lontano.”
Appena
finì di leggere un moto di rabbia si fece largo sul volto di
lei,che
buttò a terra il foglio e rivolse al soldato.
“Vai
dal mio sottoposto e fallo venire qui,immediatamente..”
“Obbedisco.”
E
il soldato in tutta fredda si incamminò verso l'entrata. La
donna si
alzò in preda alla furia che gli montava dentro e si diresse
verso
un punto della sala posto dietro di lei,incamminandosi con passo
pesante. Aveva capito il significato del messaggio da parte del
consiglio di Aegis,una sorta di insulto alla grandezza dell'impero in
quanto nazione largamente estesa e la sua continua espansione vista
come la voracità di un animale che non è mai
sazio e che in preda
ad una fame senza limiti continuava a mangiare fino al punto di
ingrassare e non potersi muovere,restando così
vulnerabile,debole e
divenendo preda di altri animali. Un simile insulto non poteva essere
tollerato. Finì di camminare e giunse di fronte ad un
manichino
sulla quale era stata messa un armatura talmente bella che pareva
essere stata fabbricata da Vulcano in persona. L'armatura era
composta da un elmo la cui forma ricalcava fedelmente la testa di un
aquila,con due fessure abbastanza grandi poste sugli occhi
dell'animale per avere una buona visuale e al contempo un aspetto
minaccioso. Il petto invece ricalcava perfettamente del tronco della
sua indossatrice,accompagnato da un gonnellino rosso sangue con un
rinforzo di ferro presente nella sottoveste e in
più,spallacci
d'acciaio ricoperte da piume di aquila reale,bracciali per la
protezione degli avambracci e guanti di cuoio a mezza dita per una
presa migliore sull'arma e per le gambe portava schinieri e
stivaletti con rinforzi di metallo. Ma la cosa più
spettacolare di
quell'armatura erano gli altri quattro elementi presenti su quella
meravigliosa creazione: due grandi ali dalle piume di metallo grandi
quanto le ali di un giovane grifone poste dietro le spalle e su
entrambi i fianchi dell'armatura era presenti due gladi riposti
all'interno di due foderi d'argento,il solo guardare quella magnifica
opera di esperta metallurgia simboleggiava la gloria stessa di una
delle armate più importanti di cui l'impero potesse
disporre. Per un
istante il comandante rimase ad osservare quella splendida meraviglia
dall'aura gloriosa e imponente che si poteva percepire semplicemente
guardandola,poi allungò una mano verso il pettorale e
riprese già
come altre volte l'operazione che l'avrebbe fatta di nuovo scendere
sul campo di battaglia,cominciando a vestire pezzo per pezzo le
diverse componenti della splendida protezione in totale
autonomia,dato che una delle caratteristiche più importanti
di
queste armature era il sistema in cui l'indossatore o in questo caso
l'indossatrice,grazie all'attenta e minuziosa lavorazione del
materiale e una buona dose di energia magica infusa durante la
creazione della stessa permetteva l'assemblaggio senza alcun tipo di
aiuto esterno come si faceva solitamente con le armature normali dove
in alcuni casi era necessario l'assistenza di un aiutante,che nel
caso di una donna in mezzo a tanti uomini non era la scelta migliore.
Non una sola parte sembrava scomoda su quel corpo armonioso e allo
stesso tempo forte, i gambali calzavano perfettamente mentre la
corazza esaltava e valorizzava le curve di lei senza mancare nella
loro funzione difensiva,le membra di lei e il lucido metallo
sembravano far parte di un solo ed unico essere. Nel mentre
entrò
una creatura ben diversa dalle tipiche razze che giravano
nell'impero: sembrava un uomo dagli occhi verdi e una folta barba
marrone,ma le due grandi corna da ariete poste sopra la testa e le
gambe da capra dicevano tutt'altro sulla vera natura
dell'essere,reso più civile da una corta veste di nobile
stoffa
tenuta addosso per un sola spallina e due lunghi flauti di legno che
teneva nelle mani.
“Mia
signora,quale melodia devo suonare oggi?”,disse la creatura
senza
porgere il saluto al comandante.
“Di
guerra e conquista,raduna gli uomini e fa sapere che Nevia Placidia
Sannita ordina un attacco contro la città che osa sfidare il
volere
dell'imperatore,oggi questa città entrerà a a far
parte dei domini
di Nova una volta per tutte.”
“Come
desiderate,il vostro Leuco annuncerà all'esercito le vostre
intenzioni.”
E
svelto nell'andare come nel venire uscì aggirandosi per
l'intero
campo suonando entrambi i flauti nello stesso identico momento
facendo un uso esperto di quella curiosa maniera di suonare.”
La
donna ormai rimasta sola e con solo l'elmo da indossare chiuse gli
occhi,chinò la testa,alzò le braccia con i palmi
rivolti verso il
volto e intonò una preghiera.
“Marte
signore degli eserciti,dona alla mia legione la disciplina e il
coraggio in battaglia,Minerva signora della saggezza e della
strategia,donami l'acume e l'astuzia per vincere sui i miei avversari
più insidiosi e subdoli,possa tu Bellona ricoprirci di onore
e
gloria per questo scontro,poiché tuo e il nome che la guerra
porta e
ti rendiamo omaggio col sangue versato.”
Dopo
aver finito indossò l'elmo completando così
l'armatura e armata di
tutto punto uscì dal castrum ritrovandosi così al
centro di una
grandissima area centrale totalmente sgombra da qualsiasi che non
fosse un soldato. Per tutta l'area risuonava la musica dei flauti che
Leuco,l'unico satiro che si accompagnava alla legione,girava per
tutto l'accampamento intonando la sua musica,forte e
ritmata,chiamando a se tutti gli uomini in armi e che da tempo il
suono dei suoi strumenti significava una sola cosa...era giunto il
tempo di fare la guerra. Rapidamente i primi a giungere alla chiamata
furono i legionari,la fanteria di base dell'esercito
imperiale,composta da uomini che indossavano la lorica segmentata,una
corazza formata da strati di metallo sovrapposti l'uno sopra l'alto e
un elaborato elmo di metallo e con lo portavano il gladio,lo scutum e
due pilum,un giavellotto dalla morbida punta di metallo,utile non
solo per infilzare l'avversario ma anche per incastrarsi negli scudi
dei nemici,rendendoli scomodi e inutilizzabili. Dietro di loro vi
erano i sagittarii,gli arcieri dell'esercito imperiale,in questa
legione erano mischiati tra gli umani e gli elfi,la cui naturale
efficienza nelle armi da tiro li rendeva tiratori provetti e sia gli
umani che gli elfi indossavano un semplice cotta di maglia,un elmo di
cuoio,un arco in legno di mareth,un tipo di albero molto conosciuto
tra tutte le genti elfiche per la sua flessibilità e la sua
resistenza,molto usato tra i costruttori di archi del popolo
verde,altro nome con la quale erano conosciuti gli elfi. Subito dopo
giunsero due squadre di equites,la cavalleria leggera
noviana,specializzata negli spostamenti rapidi come sentinelle e
veloci ricognitori nei momenti di pace,usati per incursioni veloci e
attacchi alle truppe più lente e vulnerabili durante le
battaglie.
In brevissimo tempo si aggiunsero altre squadre più piccole
ma
altrettanto importanti come gli scavatori,che passavano sotto le
mura,distruggendone le fondamenta e facendole crollare sotto il loro
stesso peso,usando solo pale,picconi,asce e torce,oppure i medici da
campo, che già da qualche secolo si erano inseriti come
unità
permanente negli eserciti di tutto l'impero,a differenza della
maggior parte di tutti gli altri campi militari erano relativamente
nuovi. Erano addetti al recupero dei feriti e alla loro cura,usando
erbe,pozioni,bende e nei casi più gravi anche spatole,pinze
e
piccoli strumenti da taglio per poter aprire le carni e ispezionare
l'interno,spesso quando il paziente era già morto e in molti
le
infezioni e la sporcizia dovuta alle ferite o alle pessime condizioni
igeniche potevano portare alla morte del soggetto,anche a medicazione
finita,ma nonostante ciò l'utilizzo di medici aveva permesso
all'esercito di perdere meno unità,risparmiando
così soldi e tempo
per l'arruolamento di nuove truppe. Quando tutte le truppe
interessate furono chiamate a raccolte migliaia di animali e di
uomini furono chiamati a raccolta Nevia si rivolse a quella grande
formazione con voce grande ed autorevole.
“Soldati,oggi
e arrivato un messaggio da parte dei cittadini di Aegis e quello che
ho letto non mi è piaciuto per niente. Dietro quelle mura
quelli che
dovrebbero essere dei fedeli figli dell'impero si sono dimostrati
ancora una volta dei miserabili ribelli che non riconoscono il nostro
diritto come giusti dominatori di questa città come dovrebbe
essere.
Altro che città-stato,questa dovrebbe essere una delle
nostre città
più fiorenti dell'impero e non un governo indipendente
all'interno
dei nostri territori e visto che si sentono così liberi dal
controllo di Nova hanno deciso di ospitare una principessa
ribelle,nonché sacerdotessa di Apollo che ha lasciato il
tempio
senza alcuna giustificazione. Per come la vedo io questa
città
merita una severa punizione,serrate i ranghi e marciate uniti,oggi la
ventiduesima si ricoprirà di gloria ancora una volta,NOVA
CAPUT
MUNDI”.
L'urlo
finale del comandante venne accompagnato da uno dei gladi che
puntò
verso il cielo mentre nel contempo le due grandi ali di metallo
presero vita e si spiegarono in una maestosa esibizione di metallico
splendore. La vista di quello spettacolo aveva innescato in tutti i
soldati presenti un improvviso senso di fierezza crescere spontaneo
nei loro cuori. “NOVA CAPUT MUNDI”, urlò
la massa di soldati a
sua volta,Nova capitale del mondo,era questo quello che l'antico
motto degli eserciti imperiali recitavano ad ogni nuova conquista,il
continuo allargarsi dell'impero ispirava visione di forza e di
grandezza per la quale i soldati sarebbero potuti anche morire,se
motivati nella maniera giusta. I primi reparti di fanteria si stavano
riunendo nei classici squadroni formati da cento unità dette
centuria,ognuna comandata da un centurione,un soldato a capo di
questa squadra e che a differenza dei loro uomini portavano un
armatura più elaborata e con un elmo dotato di pennacchio
rosso,ma
erano privi dello scudo e dovevano guidare i loro uomini
posizionandosi in prima fila sulla destra,così da mostrare
il loro
valore in battaglia,sia agli uomini che a loro dei. E fu proprio in
quel momento,quando ormai lei si sarebbe messa alla testa della
Superba per l'ennesima volta vide qualcosa in lontananza sorvolare
il cielo,ai suoi occhi pareva come una stella,ma non era possibile
dato che erano in pieno giorno e per lo più la direzione
nella quale
stava avanzando passava proprio sopra la città di Aegis,non
poteva
essere una coincidenza e per dissipare il dubbio ricorse al potere
insito nell'armatura,in particolar modo quello situato nell'elmo. La
vista della donna si potenziò e i suoi occhi poterono
guardare molto
più lontano di quelli di una persona normale,al pari di
quella di un
aquila e proprio come il nobile rapace riuscì a identificare
con
chiarezza l'oggetto delle sue attenzioni,un grande carro che
sorvolava il cielo trainato da due cavalli con in groppa tre figure
non molto chiare e sul veicolo altri due figure non molto
chiare,ormai non aveva più dubbi,qualcuno stava cercando di
aggirare
la presenza dell'esercito e lei di certo non gradiva la cosa. Le ali
di metallo ricominciarono a muoversi e questa volta più
forte e in
movimento continuo,come fossero dotate di vita propria e prima ancora
che i soldati potessero rendersi conto della cosa la loro signora
balzò in aria con un potente colpo d'ali e in men che non si
dica si
sta già dirigendo verso la sua preda,con i gladi tra le
mani,pronta
a ghermire chiunque fosse,Silla gli aveva dato un ordine personale
scritto di suo pugno e lei lo avrebbe portato a termine a qualunque
prezzo,visto che aggirare lei in quel momento era come cercare di
aggirare l'imperatore in persona e questo lei non lo avrebbe mai
permesso,ne andava del suo onore e della sua credibilità,ma
sopra
tutto non voleva deludere il suo imperatore,la cosa non era
minimamente concepibile per lei.
“Sarai
fiero di me, non mancherò al giuramento fatto.”
E
con queste parole nel cuore e nella mente si diede una spinta
maggiore dando un colpo d'ali più forte degli altri,chiunque
fossero
non sarebbero entrati in città...non finché ci
sarebbe stata lei a
impedirlo.
Il
volo era da sempre il sogno che molti non avrebbero mai realizzato e
che sempre avrebbero inseguito. L'idea di destreggiarsi nel cielo
librandosi in aria come un uccello migratore,libero di viaggiare
sospinto da venti leggeri che li aiutassero a viaggiare lontano...ma
non Milziade,a lui piaceva stare coi piedi per terra,lui era ben
lontano dal suolo e per la prima volta si rese che volare di certo
non faceva per lui,sfortuna volle che lo scoprì sul dorso
della
propria giumenta che in quel momento veniva usata per condurre un
carro volante insieme ad un elfo,un nano,una principessa che sapeva
tanto e diceva poco e il suo probabile abbronzato amico-servitore
armato di rete e tridente. In qualunque altro giorno se qualcuno gli
avesse raccontato una cosa simile prima si sarebbe piegato in due
dalle risate per l'assurdità della cosa e poi gli avrebbe
chiesto
come se ne fosse uscito con una scemenza simile. Milziade stava in
groppa a Briseide completamente rigido e per nulla interessato a
vedere di sotto,cosa che gli ricordava di come fosse lontana la terra
da i suoi piedi,strano come in un momento simile si ricordasse di
aver sempre dato per scontato la polvere delle strade di campagna o
il pietrisco che si trovava sui sentieri di montagna,cominciava
davvero a mancargli il semplice e comune camminare.
“Come
ti senti Milziade?”,chiese Lucilla diretta al mercenario.
“Una
meraviglia e sempre stato il mio sogno quello di affiancarmi alle
nuvole e poter volare fino a raggiungere il sole e poi cadere in
mare come Icaro,sfracellarmi a pelo dell'acqua,con la testa spaccata
in due come un frutto maturo.”
“Se
ti accadesse io non resterei dispiaciuto della cosa,se non altro
sarà
l'unica cosa buona che mi ricorderei di te.”,disse Nym con
voce
piatta,mentre scrutava tranquillamente il paesaggio intorno a
se.”
“Grazie
per l'interessamento spaventapasseri,sei un vero duro con
l'arco,forse se ti avvicini ancora un po' non ti sentiresti
così
sicuro di te stesso.”
“Quanta
sicurezza da un uomo che si porta tutto quel bronzo addosso,sicuro
che non ti abbia ossidato il cervello? Oltre che la poca simpatia che
susciti negli altri individui sia ormai arrugginita da tempo,dammi
retta,da vicino o da lontano non avresti speranze contro un elfo
degno di questo nome.”
“In
questo caso non avrò problemi contro di te.”
E
mentre il guerriero stava litigando con l'arciere si accorse che il
nano lo stava fissando intensamente e preso dalla cosa si rivolse
anche a lui.
“Anche
tu vorresti dirmi qualcosa di carino?”
Restando
in silenzio Gordlack cominciò a fare uno strano verso con la
bocca,come se si stesse strozzando,indietreggiò con la testa
e in
men che non si dica la spinse in avanti facendo forza col collo e poi
sputò una goccia di saliva così grossa che aveva
le dimensioni di
un moscone. Milziade lo schivò appena in tempo e
fissò il nano con
aria di sfida.
“Ah
peccato,ti servirà qualcosa di più grosso per
potermi pren....”
Non
fece in tempo a finire la provocazione che effettivamente qualcosa di
più grosso gli venne contro,non fece in tempo a capire che
cos'era
poiché le uniche cose che riuscì a vedere furono
due grosse ali e
un corpo non ben definito passargli accanto ad una velocità
inaudita. I cavalli si spaventarono e cominciarono a imbizzarrirsi
senza tuttavia rallentare la marcia e per istinto cominciarono a
correre di più.
“COS'E
ERA QUELL'AFFARE?”
Urlò
Braxus in preda allo spavento per la cosa che aveva appena
intravisto,non fece in tempo a identificarla con niente di quello che
conosceva,era velocissima,questa era l'unica certezza sulla quale
chiunque di quel gruppo avrebbe confermato quello che aveva visto. La
videro fermarsi di colpo e notare per prima cosa le grandi ali
riflettere la luce del sole dandole un aspetto mitico,poi videro
tutte le altri parti del corpo che ai loro occhi parve metallico,fu
per breve tempo data la velocità con la quale viaggiavano,ma
tutti
si fecero un idea generale di quello che stava succedendo e sapevano
benissimo che vicino alla città un esercito era pronto ad un
assedio,quindi il fatto che fosse comparsa voleva dire una sola
cosa,c'era ancora un ultimo ostacolo da superare prima di entrare ad
Aegis.
“CORRETE.”,urlò
Lucilla rivolta ai due cavalli e questi si lanciarono ancora
più
veloci verso il loro obiettivo. Ma il carro non fece in tempo a
volare più rapidamente che l'essere volante si
lanciò di nuovo
all'inseguimento,cominciando così una folle corsa sopra i
cieli di
quel paesaggio di montagna. Il carro procedeva a grande
velocità
mentre lo strano essere continuava a stargli dietro con la tenacia di
un predatore tanto feroce quanto determinato. Braxus teneva il
tridente tra le mani in attesa che l'essere volante si avvicinasse a
tal punto da fargli assaggiare le punte della sua arma,ma se era
facile a dirsi a farsi invece era tutta un altra storia, considerando
le netti differenze tra lui e il mostro volante. I movimenti del
carro per quanto bruschi e improvvisi fossero di volta in volta per
sfuggire alla creatura non impedirono al ragazzo di restare ancorato
al luminoso veicolo,la cui magia impediva ai conducenti e ai loro
accompagnatori di perdere l'equilibrio,rendendo così
più agevole e
fluido la guida del carro,questo Lucilla lo sapeva bene,dato che non
era la prima volta che ne faceva uso. L'essere alato si diede un
colpo d'ali più forte e in uno scatto improvviso raggiunse
il
carro
dove Braxus attendeva di ingaggiare battaglia,eppure il mostro
sembrò
puntare alla ragazza muovendo un colpo verso di lei,ma il ragazzo
intervenne in tempo per parare l'attacco andando a scontrarsi
così
con quello che all'inizio aveva scambiato per un grosso artiglio. I
rebbi del suo tridente cozzarono contro una spada corta dalla lama
dritta e dal metallo di splendida fattura,poi capì con
cosa,o meglio
chi aveva a che fare,non era un mostro,era un soldato dell'impero
noviano e questa comprensione aumentò in lui la voglia di
infilzare
quello che hai suoi occhi non era altro che uno spregevole sgherro
imperiale e con questo pensiero in testa passò al
contrattacco. Pur
tenendo la rete nelle mano sinistra l'aprì abbastanza da
poter
tenere l'arma con entrambi le mani e far forza per colpire
l'aggressore metallico,ma a malapena sfiorò una spalliera
dell'armatura che il colpo venne bloccato dall'altro gladio,della
quale non si era ancora accorto e con il gladio destro muovere un
fendente verso il collo di Braxus,ma lui fece in tempo a piegare la
testa prima che il filo tagliente gli recidesse la testa e con la
rete non ancora aperta far incastrare la lama nella trama metallica.
Il tentativo riuscì rimase impigliata tra le catenelle e
sentendosi
in vantaggio nello scontro il ragazzo avvolse il braccio nella
rete,ingarbugliando l'avversario nel sua trappola e rendendogli arduo
l'impugnatura sulla spada.
“Adesso
non mi scappi dannato.”
“Ne
sei sicuro?”,disse il suo avversario
provocatoriamente,facendo così
notare la voce femminile,seppur coperta dall'elmo.
“Aspetta
ma tu sei....”Ma la sua avversaria non gli diede il tempo di
comprendere appieno la situazione che lei diede uno strattone col
braccio intrappolato talmente forte,da rompere la rete
metallica,spargendo in aria i diversi anelli che la componevano
rendendola così inutilizzabile,poi con lo stesso braccio
mosse due
fendenti,uno alla vita e l'altro all'altezza del volto lasciando un
taglio alla base del ventre e una ferita superficiale su di una
guancia,dato che braxus aveva fatto in tempo a pararsi il
viso,incassando la testa tra le spalle e facendo in modo che il
gladio colpisse il suo spallaccio,piuttosto che aprirgli la testa in
due. Oramai non poteva più fare uso della rete e quindi
dovette
affidarsi solo alla sua abilità col tridente,riprese l'arma
con
entrambe le mani e ripartì all'attacco portando diversi
attacchi di
punta molto rapidi e precisi,ma lei potendo contare su due armi e la
libertà del movimento aereo riusciva a parare o deviare i
colpi con
grande facilità e nel mentre rispondeva con veloci e brevi
stoccate
con entrambe le spade mentre continuava a volare come se nulla fosse.
Il corpo di Nevia restava in una posizione orizzontale mentre con le
ali aveva assunto una posizione lineare e rigida per sfruttare le
correnti aeree senza dover costantemente preoccuparsi della
velocità
e affidando giusto qualche pensiero alle manovre di volo,cosa che
risultava piuttosto strana visto che gli umani per loro natura non
potevano volare e che sapersi destreggiare con quell'arte era un
impresa non da pochi,non per nulla era il comandante della Superba e
che sapersi muovere in quella maniera aveva richiesto tempo ed un
impegno costante,il risultato furono l'efficienza che aveva nello
sfruttare il grande potenziale dell'armatura. Il ragazzo invece da
parte sua non poteva far altro che stare a contatto con il nebuloso
veicolo e che doveva accontentarsi dello spazio che gli era
disponibile e la mancanza di un armatura gli permetteva grandi
spostamenti e manovre evasive quando aveva a disposizione un spazio
abbastanza largo per poter schivare gli attacchi con schivate e
continui cambi di posizione,ma in quel momento si sentì
limitato
dallo spazio ristretto e quindi non riusciva a combattere al meglio
delle sue capacità,cosa che lo svantaggiava notevolmente.
Tutto ciò
che poté fare era restare sulla difesa e sperare di riuscire
a
colpirla,nella speranza di assestarle un colpo che potesse offrirgli
uno spiraglio di speranza,ma sapeva bene che non sarebbe stato
facile,tutto ciò che poteva fare per il momento era
difendersi.
Lucilla
sapeva bene che se la situazione andava avanti in quella maniera
c'era il rischio che il suo amico rischiava di essere ammazzato,tutto
ciò che poteva fare era controllare il carro con la forza
dei suoi
poteri,a parte condurre la corsa non c'era nulla che potesse tentare.
Ma in quello stesso istante,quando pensava di essere in balia degli
eventi che più in basso vide la speranza farsi
più forte di prima e
prendere forma come mai non si sarebbe mai immaginata potesse
vedere,con l'aspetto di spesse mura più bianche del marmo e
resistenti come le montagne che la circondavano,con un altissima
torre che sorgeva al centro di quattro grandi strade che si
incrociavano formando così una croce,riconosceva l'edificio
e se la
memoria non la ingannava c'era una cosa che poteva ancora per
sfuggire dalle grinfie di quella donna,lei non aveva l'accuratezza
nel combattimento a distanza di Nym,la forza di Gordlack o la
leggerezza di Braxus,a parte i suoi poteri l'unica cosa che poteva
fare adesso era rischiare tutto ciò per cui stava mettendo
in gioco
la sua vita e quella di chi l'aveva scortata fin li,che l'avesse
seguita per fedeltà o per ricevere una ricompensa. Il
destino del
suo viaggio sarebbe dipeso dalla sua decisione.
“REGGETEVI
FORTE.”,Urlò lei,più a se stessa che a
gli altri e in meno di un
battito di ciglia i cavalli cambiarono direzione,questa volta verso
il basso. Tutti gli altri membri della squadra si preoccuparono non
poco quando l'improvvisa discesa sorprese tutti,che non ebbero
nemmeno il tempo di chiedergli cosa avesse intenzione di fare,i loro
corpi furono schiacciati dalla pressione dell'aria mentre il vento
soffiava forte sui loro visi che sentivano le fredde correnti
raffreddare le loro membra e la velocità farsi sempre
più pesante
sui loro corpi.
“Ma
cosa...”,si chiese la comandante mentre osservava
l'assurdità
della scena con fare sbigottito,ma non aveva tempo da perdere con le
supposizioni che stava già perdendo la sua vicinanza con
l'obbiettivo,perciò drizzò le ali dietro la
schiena a e si lasciò
cadere anche lei verso il mondo sotto di lei. Milziade da parte sua
strinse ancora di più le gambe attorno al corpo della
giumenta
mentre guardava la città sotto di lui farsi sempre
più grande e
sempre più in fretta,gli occhi gli cominciarono a lacrimare
mentre
l'aria soffiava contro quest'ultimi e nel mentre una forte sensazione
di vuoto lo prese allo stomaco e persino respirare gli riusciva
difficile data tutta l'aria che gli veniva in faccia e che non
riusciva a inalare. L'unica cosa alla quale riusciva a pensare e che
presto sarebbe morto,in compagnia di un elfo,di un nano,di una
ragazza che nascondeva troppe cose e di un ragazzo che...in effetti
il ragazzo non sapeva nemmeno che tipo di persona era e nemmeno gli
interessava,tanto se anche lui faceva parte del gruppo non gli
sarebbe andato tanto a genio,esattamente come gli altri,per la fine
che stava per fare,tra di loro,non se ne salvava uno.
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Capitolo 8 *** La torre di Aegis ***
Nevia
precipitava anche lei ma ad una velocità superiore,lei sue
mani
fremevano all'idea di infilzare le sue spade nella tenera carne della
principessa,non per chissà quale macabro piacere omicida,ma
perché
spinta da una forte lealtà verso il suo imperatore,lei era
un
soldato,avrebbe obbedito agli ordini ricevuti e di certo,anche se
Lucilla non era ancora entrata in città era inevitabile che
anche da
prigioniera non si sarebbe sottomessa alla volontà del
divino
augusto e che sarebbe stato meglio ucciderla che portala viva alla
capitale,un elemento del genere era troppo pericoloso e per tanto non
avrebbe esitato ad alzare le sue armi contro di lei. Nevia stava
puntando i gladii sotto di lei come a voler fare del suo corpo una
grossa freccia che avrebbe trafitto la traditrice e le sue lame non
avrebbero tardato a sporcarsi di sangue,la velocità della
discesa
avrebbe fatto tutto il resto e sarebbe stato veloce ed
imprevedibile,come un fulmine a ciel sereno. Il carro e l'aquila,la
sacerdotessa in fuga e il soldato,la fuggitiva e la sua
inseguitrice,l'aquila che dava la caccia alla colomba,solo una delle
due avrebbe ottenuto ciò che voleva e il tutto si sarebbe
svolto in
una manciata di secondi. Nevia scendeva sempre di più,sempre
più
velocemente,le sue mani erano pronte a sferrare l'attacco decisivo e
seppur protetta da Braxus era chiaro che in quella situazione lei non
sapeva come reagire al meglio,poteva solo andare giù,sempre
più
giù,lasciando che la sua magia continuasse a funzionare
almeno per
il tempo necessario. Le forze della sacerdotessa stavano cominciando
ad abbandonarla,mantenere un tale incantesimo richiedeva uno sforzo e
un energia tale che rischiava di terminare il suo effetto,dare forma
al carro con qualcosa di così leggero come delle nubi
necessitava di
una forza magica molto grande,ma per quanto talentuosa fosse era
ancora alle prime armi come sacerdotessa di Apollo,creare un nuovo
incantesimo era una cosa,saperlo gestire era un altra. Lucilla stava
per cedere,Nevia era da un passo dal poterla colpire e nessuno su
quel carro poteva evitare quello che stava per accadere,la punta di
uno dei gladi si stava avvicinando,sempre di più,sempre
più
minacciosa e non c'era verso di cambiare la cosa,questo Nevia lo
sapeva benissimo...quello che non sapeva era che il suo attacco non
avrebbe avuto successo,infatti,un lampo improvviso si
manifestò
dalla torre sotto di loro. Un piccolo bagliore improvviso
entrò
nelle attenzioni della comandante e per istinto diede un colpo d'ali
e subito si spostò di lato cosa che gli salvò la
vita,perché se
fosse rimasta sulla stessa traiettoria sarebbe stata colpita in pieno
da un lucente raggio blu che attraversò il cielo in un
battibaleno.
“In
nome di Bellona....”,disse lei in quella con fare stupito,non
era
la prima volta che vedeva un raggio magico impiegato come contro
misura durante gli assedi ed usata su interi reggimenti per
respingere gli invasori,ma vederne uno lanciato fino a lei,a
quell'altezza nel cielo e con così tanta precisione,sapeva
delle
contromisure della città-stato,ma non si aspettava di certo
una cosa
simile e su quella distanza,un tale attacco magico necessitava non
solo di un grande potere,ma anche di mezzi specifici per quel tipo di
magia,come i macigni per le catapulte o i dardi per la
balista,evidentemente Aegis possedeva molte più contromisure
di
quelle che la comandante si aspettava. Oramai il carro si era
allontanato a tal punto da risultare irraggiungibile e quindi non
poté far altro che stare a guardare il suo tentativo di
cattura,ma
sarebbe stato meglio definirlo omicidio,fallire nel momento stesso in
cui aveva schivato il raggio per evitare di essere colpita in pieno
per poi morire chissà come e di certo non intendeva
sperimentarlo
sulla sua pelle. Diede un ultima occhiata verso il carro e i suoi
occupanti e poi se ne volò indietro,diretta verso il castrum
dove i
suoi uomini attendevano di essere guidati per la marcia contro la
città,aveva dato l'ordine di comporre l'esercito in assetto
da
battaglia,ma non aveva dato l'ordine di lasciare il castrum ne tanto
meno di condurre l'attacco ad un suo sottoposto nel caso non fosse
tornata per tempo per iniziare l'assedio. No, era lei che doveva
condurre le sue truppe mostrandosi in volo poco sopra la prima linea
di fanteria,mostrando così come altre volte il suo impegno a
sporcarsi di terra e sangue insieme ai suoi uomini,l'attacco alla
principessa aveva fallito,ora era compito dell'esercito a porre
rimedio al suo errore. La città avrebbe visto la sua fine
volare
contro di loro con ali d'acciaio. C'è l'avevano fatta,erano
riusciti
a scampare a quel nuovo e inaspettato pericolo,ora tutto ciò
che
restava da fare era trovare un posto dove poter scendere in tutta
sicurezza,il carro continuava la sua folle e spericolata discesa
verso il palazzo mentre Lucilla cercava di mantenerlo il controllo
del luminoso mezzo di trasporto,ormai sentiva le energie mancargli,lo
sforzo era stato eccessivo e l'incantesimo da lei creato necessitava
di più energia di quello che credeva per poterlo mantenere
stabile
ed impedire che tutti i passeggeri rischiassero di precipitare al
suolo. La velocità era eccessiva e ormai gli edifici
più sotto
cominciavano a diventare sempre più nitidi e chiari al loro
sguardo,
da lassù pareva che la stessa struttura urbana diventasse
sempre più
grande,peccato che in quel momento potessero rendersi conto della
cosa dato che l'idea che stessero rischiando la vita era ben radicata
nelle loro menti e quindi avevano poco tempo pensare al panorama che
li circondava.
“SE
PROPRIO DEVO MORIRE VOGLIO CHE SAPPIATE UNA COSA,VI HO DETESTATO
TUTTI FIN DAL PRIMO MOMENTO.”, Urlò Milziade ormai
convinto che
non c'é l'avrebbe fatta e in uno slancio impulsivo strinse
con
entrambe le mani la criniera della sua giumenta,unica creatura tra i
presenti che sentiva degna del suo rispetto e che presto avrebbe
rivisto nell'oltretomba. La principessa ormai era allo stremo delle
forze e sentiva che i sensi la stavano abbandonando,le forze la
lasciavano,era fiacca e tuttavia non si diede per
vinta,chiamò a se
le ultime energie rimastogli per controllare il carro e raddrizzarlo
abbastanza bene da potersi posare al suolo senza subire troppi danni.
Invocò il nome del suo luminoso patrono e drizzando un
braccio
davanti a se strinse il pugno per poi portarlo lentamente a se,come
se stesse tirando delle briglie invisibili,usando tutta la sua forza
d'animo e la massima concentrazione per poter richiamare a se il
pieno controllo della sua magia,ma il carro era già pesante
di
suo,senza contare le persone che stava trasportando e la
velocità di
caduta di certo non gli rendeva l'impresa più facile per cui
dovette
stringere i denti,nel vero senso della parola e tirare con quanta
forza gli era rimasta in corpo. Il carro cominciò a
inclinarsi e
poco alla volta si stava riposizionando nella giusta posizione dando
dimostrazione a Lucilla che la sua fede in Apollo e nella sua
missione non l'aveva abbandonata,era giunta nella città di
Aegis e
tra poco le conferme a ciò che aveva previsto si sarebbero
rivelate
di fronte a lei in tutta la loro pericolosità,era fuggita
dal domus
lucis esattamente per trovare conferma ai suoi timori e quel viaggio
era stato come un sentiero per mettere alla prova la sua fiducia in
Apollo,che con la sua sua luce l'aveva guidata e protetta fin li
adesso sentiva che nulla poteva andare più storto. Ma
proprio quando
pensava che tutto stava per andare per il meglio sentì un
improvviso
calo delle sue forze e il magico veicolo cominciò a slittare
a
destra e a sinistra,creando così un altra preoccupazione ai
suoi
accompagnatori.
“Lucilla
che ti prende?”
Chiese
il ragazzo fortemente preoccupato. La sacerdotessa sembrava stesse
per dirgli qualcosa ma subito si piegò al bordo del carro
come in
preda ad un forte dolore mentre la bocca si apriva in un urlo senza
voce e le sue mani si mossero per aggrapparsi al petto,di colpo il
carro riprese a scendere ancora più rapidamente e cosa ben
peggiore
il carro cominciò lentamente a svanire e la nebbiolina
luminosa
cominciava a disperdersi nell'aria. Oramai era chiaro a tutti i
passeggeri che mancava poco al contatto col suolo,per cui Milziade
restò aggrappato alla criniera della sua giumenta,mentre
l'elfo
all'apparenza più calmo e controllato strinse le briglie del
suo
cavallo e il nano dietro di lui strinse con le gambe il costato
dell'animale e strinse il martello con entrambe le mani tenendolo in
orizzontale,sperando che quella posizione potesse mantenergli un
basso baricentro e avere più possibilità di non
essere sbalzato
dalla cavalcatura mentre più infondo Braxus usò
il tridente per
circondare il corpo di Lucilla verso il suo così da fargli
da scudo
con la sua stessa carne. L'impatto era imminente e i loro corpi si
stavano già irrigidendo all'idea di scontrarsi col duro
pavimento
cittadino che nel caso fossero sopravvissuti se la sarebbero cavata
con qualche frattura ma almeno avrebbero avuto salva la vita...in
caso contrario sarebbero morti sul colpo.
“REGGETIVI
FORTE.”,urlò il nano in preda alla paura che gli
scorreva nelle
vene. Un attimo prima dello schianto e videro che un centinaio di
persone sotto di loro si spostarono mentre un ondata di panico si
dilagò tra gli altri passanti vicino a loro,creando
così una ondata
di paura nata da un basilare istinto di sopravvivenza che spingeva i
presenti ad allontanarsi il più possibile. Ormai erano quasi
giunti
vicino al terreno pronti al dolore imminente che li avrebbe
travolti,quando all'improvviso la loro corsa si
arrestò,così a
mezz'aria,come se una forza invisibile li tenesse bloccati li,senza
poter muovere un muscolo. Dopo qualche secondo si sbloccarono e
atterrarono dolcemente sul terreno mentre il carro stava scomparendo
definitivamente,mentre quella strana nebbia si diradò come
soffiata
da una leggera brezza d'estate. Il mercenario non fece nemmeno in
tempo a spiegarsi cosa fosse successo che subito la giumenta si
imbizzarrì e cominciò a sollevarsi sulle due
zampe posteriori e a
nitrire in maniera incontrollata,con rapida mano Milziade prese le
redini e tirò a se le due cordicelle di cuoio con tutta la
forza che
aveva e da parte sua lo sforzo non fu poco.
“Buona
Briseide,buona e tutto a posto,ora sei a terra e al sicuro,tranquilla
ci sono io...ci sono io”.
Gli
ci volle qualche minuto e una buona dose di rassicurazioni per farla
calmare,glielo leggeva in quei grandi occhi marroni che l'esperienza
di quello strano volo era stata troppo forte per il suo grosso cuore
da cavallo e anche per lui,che una cosa del genere non lo aveva mai
vissuto e di certo non lo avrebbe mai più fatto. Si diede
una rapida
occhiata attorno e osservò con attenzione il nuovo ambiente
che
aveva di fronte agli occhi. Erano precipitati in una piazza
immensa,lunga almeno un paio di leghe e di forma rotonda,attorno a
loro era presente una grande folla di persone di razze e culture
delle più disparate,molte non le aveva nemmeno mai viste,per
la
maggior parte umani ma altri presentavano caratteristiche differenti
e insolite,come alcuni individui magri,dalla pelle rossa e glabra e
giravano con un semplice perizoma,oppure di un altra figura con occhi
da falchi e una serie di penne bianche che gli circondavano gli occhi
e indossava una tunica di lino bianco latte,oppure ancora di un
grosso uomo,due volte un uomo adulto dal corpo grassoccio e
rotondetto e vestito come un contadino. Ma la cosa più
sorprendente
era l'altissima torre di fronte ai suoi occhi,alta quasi a sfiorare
il cielo e dalla forma rettangolare la cui immagine volesse mostrare
forza e sicurezza nella sua solidità. Ma la sua attenzione
era
incentrata su tutta un altra cosa,si girò indietro verso
Lucilla con
l'intenzione di dirgliene quattro sul fatto che sarebbe stato meglio
avvertirlo che aveva intenzione di farlo volare e che per colpa di
quella manovra improvvisa il prezzo per i suoi servigi era lievitato
e che adesso si aspettava una paga molto,ma molto cospicua,al punto
tale che avrebbe potuto vivere di rendita per tutta la vita. Ma
proprio quando stava per dire la sua vide la ragazza a carponi mentre
boccheggiava in cerca di aria,poi qualche rapido colpo di tosse e poi
venne il peggio quando vomitò un gettò di sangue
e accasciarsi al
suolo priva di coscienza per la seconda volta in un solo giorno. Nel
vedere quella scena Gordlack fu il primo a reagire con risolutezza e
lasciando cadere il maglio si lanciò subito verso la
principessa,cercando di sollevarla con le sue piccole ma forti
braccia.
“Che
ti succede bambina mia? Rispondimi piccola,forza....”
Ma
le sue parole non riuscivano a farla rinvenire e lei era ancora
li,con gli occhi chiusi e il sangue che gli usciva dalla bocca e dal
naso e che aveva macchiato il suo preziosissimo abito. Il nano la
scosse leggermente nella speranza di farla rinvenire,ma non accadde
niente e lei restava ancora immobile,molle nell'abbraccio di
Gordlack. Di getto anche Nym si avvicinò alla ragazza e le
pose due
dite a lato del collo,sopra l'arteria e il suo volto assunse un aria
concentrata.
“Il
battito e debole,come se la sua energia vitale stesse
svanendo.”
“Che
intendi?”,chiese il nano con gli occhi spalancati che
guardavano
verso Nym come se avesse paura della risposta che non voleva sentire.
“Che
ha bisogno di cure e anche immediate e credo di sapere dove possiamo
trovarle,passamela,la porto io”.
Nym
prese Lucilla tra le sue braccia e cominciò a
muoversi,seguito dagli
altri tre mentre con un breve fischio verso il suo cavallo gli
ordinò
di restare dov'era,stessa cosa provò a farla anche Milziade
con la
sua giumenta,ma sembrava non aver capitò la cosa.
“Resta
li e non ti muovere”,disse velocemente il guerriero a
Briseide,prima di riprendere la corsa e di raggiungere gli altri,la
sua meritata ricompensa per i suoi servigi era tanto vicino da
sentirlo già in tasca il peso di quell'oro che gli faceva
moltissima
gola,restarle vicino l'avrebbe fatto figurare come una specie di eroe
e quindi nessuno si sarebbe lamentato se si fosse preso il prezzo del
breve ma intenso periodo di guardia che aveva fatto a quella
ragazza,peccato che non aveva ancora deciso la somma che voleva
ricevere e oltretutto aveva ancora l'anello di lei come pegno della
stipulazione del contratto,cosa che teoricamente gli garantiva un
pagamento. La folla attorno a loro si spostava con gran
facilità,sopratutto perché il nano aveva ripreso
il martello e lo
agitava come un pazzo nel tentativo di disperdere tutte quelle
persone che gli bloccavano la strada.
“FATE
LARGO MARMAGLIA,NON AVETE NIENTE DA VEDERE QUI”
E
altre frasi del genere venivano pronunciate da Gordlack con autentica
rabbia mista a preoccupazione mentre Nym la sorreggeva con le sue
braccia,forti ma dal tocco delicato,teneva il corpo della ragazza con
la stessa cura di cui si occupava del suo arco e a differenza di
quest'ultimo lei una volta morta non si sarebbe potuta riparare,ed
era quella la ragione per cui correva con tutte le forze che aveva in
corpo per salvarle la vita,ma altrettanto spaventato da quella
situazione era Braxus. Il giovane era stato tutto il tempo insieme a
Lucilla,le era stato accanto quando erano entrati nei territori di
Aegis e l'aveva difesa da quella donna con l'armatura alata al meglio
delle sue capacità,ma quando vide i primi segni di cedimento
della
sacerdotessa non seppe come reagire,aveva paura e non sapeva cosa
fare,era rimasto pietrificato dalla paura e per questo se ne
vergognò,forse standole accanto avrebbe potuto risolvere
qualcosa,ma
sapeva anche lui che una cosa simile era solo una flebile speranza,ma
non sapeva cos'altro fare e quindi anche lui come gli altri si mise a
correre verso l'unico posto dove forse avrebbero potuto salvarla. In
lontananza videro l'ingresso dell'alta torre che si innalzava su
tutta la città allo stesso modo di un re che si impone su i
suoi
sudditi,protetta da tre fila di guardie armate di scudi rotondi e
lance e formando la falange,il muro di uomini,scudi e lance in grado
di fermare un avanzata nemica come un onda che si abbatte su di una
scogliera,non c'era bisogno di avvicinarsi così tanto capire
che
quegli uomini avrebbe opposto resistenza piuttosto che farli passare
senza protestare,a quanto pareva quella giornata non era ancora sazia
di combattimenti. Ma proprio quando i quattro si stavano preparando
al peggio accadde un altro evento bizzarro,proprio quando si stavano
muovendo per raggiungere la torre videro una figura scendere dalla
torre lungo la parete esterna della costruzione,come se stesse
levitando senza sforzo alcuno e toccare terra con noncuranza
dell'accaduto. Lo videro incamminarsi verso di loro e pian piano che
si avvicinava notarono la sua veste blu e un cappuccio che gli
copriva il capo e dalla quale usciva una lunga barba bianca,mentre in
una mano teneva un lungo bastone di legno dalla punta logora che gli
faceva da appoggio sul terreno. Camminava lentamente e sembrava si
sforzasse di restare in una postura ritta quando in realtà
si
sforzava di non curvarsi in avanti,come se compiere qualche passo
fosse uno sforzo immane per un corpo vecchio e indebolito. Appena
giunsero in corsa di fronte a lui l'elfo si fermò imitato da
tutti
gli altri mentre mostrava la ragazza all'anziano e con movimenti
delicati si inginocchiò di fronte a lui.
“Le
avevo già detto che il carro solare richiede troppa energia
magica
per essere mantenuto così a lungo e con tale
sregolatezza,anche per
una sacerdotessa talentuosa come lei...sciocca ragazzina,non
è
ancora pronta per manifestare così tanta
magia.”,disse il vecchio
con voce piatta.
“Salvala
mago...sai bene per quale motivo siamo qui,per cui non farla morire
inutilmente...non farla morire affatto.”,disse Nym con voce
pacata
e piena di tristezza,i suoi occhi si posarono sul viso di lei con
fare protettivo e pieno di timori,la sua premura nel volerle salvare
la vita aveva qualcosa di protettivo,come un custode geloso del suo
tesoro,nel volerla salvare e rivederla sveglia,anche solo per vederla
sorridere,quel sorriso caldo,raggiante e luminoso,come il sole sopra
le loro teste e che lei pregava con tutta se stessa.
L'anziano
se ne restava li immobile,con l'elfo ai suoi piedi,il nano e il
ragazzo ansiosi di vedere cosa sarebbe accaduto e infine il
mercenario che se ne stava in attesa con espressione confusa l'intera
scena,la serie di incontri che stava facendo in un solo giorno aveva
del comico,a quel punto qualcuno avrebbe potuto scriverci una
commedia degna delle migliori opere comiche per tutte le famiglie e
ci sarebbe stato sicuramente da ridere,dato l'alto tasso di
sfortunati incontri che gli si erano presentati in un lasso di tempo
così breve. Una cosa però era certa,la prossima
volta che avrebbe
pernottato in un villaggio avrebbe controllato di non essere
perseguitato da una banda di pazzi,sicuramente la cosa gli avrebbe
giovato alla salute,sia a quella del corpo che dello spirito. Mentre
stava pensando alle proprie sfortune notò che il vecchio lo
stesse
fissando,non n'è aveva la totale certezza dato che il
cappuccio gli
copriva gli occhi,ma in un qualche modo sentiva una strana sensazione
provenire da quel figuro dall'aria sinistra,aveva appena aggiunto un
altra persona alla sua lista di cose che non gli piacevano e da
quando aveva cominciato quel lavoro erano diventate molte.
“Stai
tranquillo,lasciarla morire sarebbe controproducente per i nostri
scopi,se agisco per tempo potrò ancora salvarla e pregate
che sia
così,o il vostro viaggio fino a qui sarà stato
inutile.
Il
mago fece dei rapidi gesti con le dita e senza pronunciare una
singola parola il corpo di Lucilla si sollevò dalle mani di
Nym e se
lo portò a se vicino al suo petto,sostenuta apparentemente
da nulla
e tuttavia era sospesa da qualunque appoggiò
fisico,facendola
sembrare leggera come una piuma. Il vecchio diede loro le spalle e si
sollevò dal suolo allo stesso modo della sacerdotessa,poi
girò
appena la testa e diede voce ai suoi pensieri.
“Tu
devi essere l'uomo che questa fanciulla ha cercato con tanto
impegno,Milziade giusto?”
Il
mercenario ancora stupito da quello che era in grado di fare
l'uomo,rispose al meglio della sua spavalderia.
“Si...e
tu sei uno strano ometto volante della quale dubito che abbia i soldi
che mi erano stati promessi,in ogni caso ti chiedo anch'io di
salvarla.”
“Un
altro avventuriero che si è unito alla causa della nostra
Lucilla?”
“Spero
proprio di no,dato che il nostro rapporto è puramente
professionale,quindi non credo che abbia delle motivazioni stupide
per restare con loro dopo aver ricevuto il mio compenso.”
“Ne
sei sicuro?”
E
senza dargli il tempo di ribattere il mago si alzò in aria
allontanandosi da dove si trovavano i quattro accompagnatori e
lasciandoli li, con la folla attorno a loro a guardare il tutto.
“Milziade,forse
la tua presenza in questo luogo potrebbe non essere un caso,se le
visioni di questa ragazza sono più che autentiche,allora
posso stare
sicuro che d'ora in avanti le cose potranno solo peggiorare,non
è un
caso che Silla abbia voluto fare la sua mossa prima del
previsto.”
Pensò
tra se e se l'anziano mentre si dileguava lontano dai guai.
Un
ora dopo.
“Bene,qualcuno
di voi geniacci sa spiegarmi come siamo caduti così in
basso?”
Era
Milziade a parlare e da dentro una cella,insieme agli altri tre
accompagnatori. Dopo che videro il mago portare via Lucilla furono
raggiunti da un manipolo di soldati che li avevano circondati e
intimato a tutte le creature intelligenti nei paraggi di farsi da
parte. Ovviamente erano pronti a combattere,ma dato che Lucilla era
ormai all'interno dei palazzo avevano svolto il loro compito e quindi
combattere sarebbe stato inutile e avrebbe solo peggiorato le
cose,dato che erano entranti in città con un carro caduto
giù dal
cielo e una legione che stava per assaltare la città non era
certo
un clima pieno di comprensione per le situazione che stavano
vivendo,quindi decisero tutti di arrendersi ed evitare di aggiungere
guai a quelli che avevano già causato arrivando ad Aegis.
Furono
disarmati,presi in custodia e sbattuti nella stessa cella sotto il
palazzo,in attesa che le cose si mettessero meglio per loro,la loro
sola speranza di salvezza era che la ragazza riprendesse i
sensi,prima che li spedissero da qualche parte a fare lavori forzati
da qualche parte sui monti a estrarre ghiaccio,o così
pensava il
mercenario del suo probabile e tragico futuro. La cella nella quale
si trovavano era ampia e i muri erano rovinati,con traccie di muffa
nera e diverse ragnatele sparse qua e la,a pensarci bene Milziade
avrebbe preferito la compagnia dei ragni,almeno loro se ne stavano al
loro posto sulle loro ragnatele,senza far del male a nessuno,sempre
se non le si disturbava ovvio. Al contrario la presenza dei suoi
collaboratori,se così li poteva definire,erano fastidiosi
anche
senza doverli disturbare,anche se in realtà dal suo punto di
vista
l'uomo prezzolato sentiva che erano stati loro a disturbarlo per
offrirgli un lavoro,certo lui aveva accettato per il gusto dei
soldi,ma sapere che sarebbe finita così avrebbe rinunciato
subito,senza troppi ripensamenti. Il nano se ne stava sdraiato su di
un giaciglio di paglia a guardare il soffitto e Braxus se ne stava in
un angolo a guardare un ragno che tesseva una ragnatela,mentre Nym se
ne stava in piedi appoggiato ad un muro con le palpebre abbassate e
le braccia conserte mentre Milziade stava vicino alle sbarre con
espressione smorta e senza vitalità,come un cane vecchio e
malaticcio che attende la morte in un vicolo.
“Beh...se
non altro sono stato in posti peggiori.”
Disse
Milziade tra se e se,osservando con noncuranza lo squallido
sotterraneo in cui lo avevano messo,almeno qui non avrebbero provato
a mangiarlo, o squartarlo o fargli chissà quale diabolica
maledizione nei suoi confronti.
“Su
questo non ho dubbi lama venduta.”
Disse
l'elfo con tono sarcastico e facendo voltare il guerriero che senza
distogliersi dalle sbarre girò la testa in direzione di Nym.
“Hai
detto qualcosa orecchie da capretta?”
Rispose
Milziade con tono irritato.
“Sei
hai problemi di udito prova a venire più vicino,magari lo
capisci
meglio.”,Disse Nym con tono sarcastico
I
due si squadrarono un attimo per capire l'uno le intenzioni
dell'altro,entrambi tenevano i pugni serrati in attesa del primo
colpo da sferrare oppure della mossa avversaria. Era chiaro che i due
ormai erano ai ferri corti e il fatto di averli rinchiusi insieme in
una cella poteva solo peggiorare la tensione già nervosa in
precedenza ed entrambi sentivo un certo prurito sulle dita,quella
sensazione che sale quando si vuole sferrare un colpo a qualcuno e la
senti nella mano quella voglia incontrollabile di dare un pugno a
qualcuno dopo tanto tempo di sole provocazioni e subdole frecciatine.
Entrambi provavano lo stesso identico sentimento che aveva l'uno
verso l'altro. Le mani erano pronte e il sangue era caldo,mentre
Gordlack e Braxus se ne stavano in disparte come se la cosa non gli
importasse,non tanto per codardia,quanto piuttosto al fatto che il
loro fosse solo un battibecco e poi Nym era sempre stato un elfo che
sapeva rendersi antipatico,come il più classico stereotipo
degli
elfi Nym senza l'elmetto di cuoio appariva con corti capelli biondi e
il suo modo di comportarsi con la maggior parte delle persone lo
etichettava come una persona fredda e distaccata,con una certa cura
nel vestirsi nel tempo libero e l'abitudine di parlare con lingua
tagliente ed affilata,pronto a fare una battutina sarcastica con le
persone che non gli piacevano. Ma i pochi che lo frequentavano
conoscevano bene anche le sue capacità combattive e anche
senza
l'arco se la cavava bene nel combattimento a mani nude,anche se negli
scontri diretti preferiva l'uso di piccole armi da taglio come
pugnali o coltellacci,che erano molto adatte alle sue
capacità da
ricognitore e arciere,ma quando c'è ne era bisogno faceva
capire
alla gente che se all'apparenza un elfo appare magro e longilineo,non
vuol dire che sia debole e inerme,anzi,un arco elfico di buona
fattura richiedeva una certa esperienza e una buona forza fisica solo
per montare la corda sul legno,tra poco l'avrebbe fatto scoprire
anche a quello che hai suoi occhi appariva feccia della peggior
specie. I pugni erano carichi,le intenzioni erano cattive e uno dei
due non si sarebbe rialzato molto presto.
“
Ehi...”
Ma
proprio quando i due stavano per risolvere le loro divergenze una
voce si fece sentire da fuori le sbarre. Era una guardia e a
giudicare dall'aspetto doveva lavorare in quel posto da moltissimo
tempo data la corta barba bianca e una leggera calvizia sulla parte
frontale del capo.
“Vi
vuole il capo del consiglio,vuole vedervi e non pensate neanche di
scappare,oltre a me ci sono due corpi di guardia appositamente
preparate per impedirvi di fare qualsiasi cosa di
stupido,muovetevi.”
Nym
e Milziade per un attimo persero tutta la loro grinta e comprendendo
ricordandosi la situazione nella quale si trovavano sarebbe stato
meglio non fare nulla di stupido,per quanto la voglia di massacrarsi
a vicenda era chiaro che una baruffa avrebbe solo peggiorato le cose
e in più avrebbero rischiato di essere rinchiusi in una
cella di
isolamento,per cui sarebbe stato meglio tenere le mani basse. Tra
l'altro c'era una motivazione in più per la quale avrebbe
fatto
meglio a restare lucido e non spaccare la faccia all'elfo,se lui
restava in cella per più tempo del previsto chi si sarebbe
occupato
di Briseide? Certamente era una giumenta più intelligente di
molte
persone con la quale aveva avuto a che fare e di certo sapeva
cavarsela anche da sola,ormai era la sua compagna di avventure da
anni e sapeva che lo avrebbe aspettato. Ma dopo essere stata
sfruttata per essere parte di una qualche magia che l'aveva fatta
volare,trainare un carro fatto di nuvole e farla precipitare a tutta
velocità all'interno di una grande città come
quella era facile
intuire che forse il suo precedente attacco di panico
incontrollato,mentre nitriva,calciava e si impennava senza alcun
controllo delle sue azioni,era comprensibile lo stato d'animo di un
animale che a rigor di logica non avrebbe dovuto volare,ne tanto meno
trainare una nuvola. Per il momento avrebbe dovuto aspettare prima di
tornare da Briseide.
I
quattro uscirono di cella percorrendo un lungo corridoio con altre
celle sparse per tutto il tragitto,che percorsero fino alla fine
arrivando di fronte ad un spessa porta di legno con rinforzi in
metallo e con uno spioncino posto ad altezza d'uomo,dalla quale due
occhi scrutavano cosa ci fosse dietro la porta,la quale si
aprì e
subito si ritrovarono in una stanza più piccola. Al suo
interno vi
erano presenti quattro guardie armate di tutto punto ed un altra era
seduta ad un tavolo sulla quale erano presenti un foglio di pergamena
e una penna bagnata nell'inchiostro,la vecchia guardia si
avvicinò
all'uomo seduto.
“Chiedo
la conferma per poter far scortare i prigionieri nella sala del
consiglio.”
L'uomo
seduto non rispose e con un gesto indicò la penna con la
quale la
guardia firmò il foglio con un movimento secco e automatico.
“Scortate
i prigionieri ai piani alti e fate in modo che non possano
fuggire.”,disse l'uomo seduto guardando i quattro soldati
armati
con tono annoiato. Due guardie si mossero per prime e subito uscirono
da un altra porta posta poco più avanti di quella precedente
mentre
le altre due si misero dietro i prigionieri,pronte ad usare la lancia
e lo scudo se necessario.
“Andate
avanti.”
I
quattro prigionieri non dissero niente e sotto minaccia delle armi
tornarono ad avanzare,uscendo dalla porta e trovandosi subito dopo
infondo ad una scala che una volta percorsa tutta si ritrovarono a
posare il loro sguardo su di un area dalla quale erano già
passati
per essere messi sotto terra,ma alla cui vista non si erano ancora
abituati. Era una gigantesca sala forma rotonda dell'ampiezza tale da
contenere una piccola armata,decorata con affreschi e pitture delle
culture più disparate,con grandi figure di eroi e mostri,di
forti
guerrieri e saggi filosofi mentre armi e armature glorificavano i
muri più in basso donando un aspetto di forza e
solidità. La stanza
era gremita di persone delle razze più disparate e il
continuo via
vai di gente creava in quel luogo una sensazione di continuo
movimento,soldati,funzionari,filosofi,sacerdoti, un piccolo mondo si
trovava alla base di quella torre e nonostante fosse la seconda volta
che lo vedevano erano rimasti stupiti dal continuo via vai di razze
in un solo ed unico,seppur grande,edificio come quella torre.
All'ennesimo cenno della guardia i quattro furono scortati in mezzo
alla fiumana di gente che rischiava di disperdere le i quattro
prigionieri nel mezzo della folla che non sembrava amai avere fine,le
quattro guardie armate però avevano anche il compito di non
far
avvicinare nessuno che non fosse autorizzato ad avvicinarsi a loro a
meno di dieci passi da loro e il solo vederli metteva tutti i
passanti in allerta impedendo così a tutti coloro che
incrociavano
la loro strada di astenersi a non prestare dal loro passaggio. Poco
dopo raggiunsero il centro della sala dove le quattro guardie armate
si fermarono all'improvviso fermando così l'avanzata dei
quattro
stranieri,che si erano fermati sopra un cerchio intagliato nel
pavimento di pietra e notando i quattro uomini armati si
distanziarono un po' di più dagli altri quattro intimando
con le
armi di mantenere le distanze dai prigionieri.
“Ehi
ragazzi che succede?”,Chiese Milziade alle guardie con
disinvoltura.
“Alla
camera del consiglio”. Disse la vecchia guardia che non si
era
allontanata da loro e all'improvviso sentirono il pavimento sotto di
loro sollevarsi,rivelando che quello su cui avevano messo piede era
una pedana e si stava sollevando dal suolo,senza che niente la
reggesse sotto.
La
forma di pietra cominciò a salire sempre più in
alto,mentre il caos
che prima li circondava adesso si allontanava lentamente da loro
osservando con stupore quello che stavano vivendo in quel momento.
Si
guardarono attorno, notando che una lunga scala percorreva tutto la
parete interna e che il soffitto sopra di loro aveva un foro largo
quanto la piattaforma sulla quale si trovavano e dopo quello
c'è
n'era un altro,ed un altro,ed un altro ancora,passando il primo e
scoprendo così che avevano superato un altro piano molto e
subito
dopo un altro,non avevano mai visto nulla di simile,un palazzo con
una struttura interna cava e sostenuto solo dalle pareti esterne,a
rigor di logica non poteva esistere edificio così grande in
grado di
sostenersi senza l'ausilio di colonne o di una qualche forma di
sostegno,il solo poter realizzare un impresa simile aveva
dell'incredibile.
“Ehi
elfo,sai stavo pensando ad una cosa.”,Disse Milziade in
maniera
tranquilla,mentre osservava velocemente tutti i piani che la pedana
stava attraversando.
“Ma
non mi dire,tu pensi...non l'avrei mai detto.”,Disse Nym in
maniera
sarcastica e volutamente offensiva. Ma il prezzolato non gli diede
segno di essersi offeso e quindi continuò la conversazione.
“Come
stavo dicendo...stavo pensando ad una cosa,prima,quando ti sei
rivolto al mago per salvare la ragazza,ho notato una cosa
interessante.”
“E
sarebbe?”
“Tu
sei stato l'unico a rivolgergli la parola,gli altri due sono stati
zitti come se fossero pietre.”
“E
con ciò?”
“Ciò
mi ha fatto giungere ad una conclusione,tu sai chi è quel
tipo o
meglio,tu lo conosci personalmente,quindi forse tu puoi rispondere ad
un mia domanda che non vuole lasciare la mia testa per nessuna
ragione al mondo.”
“Sentiamo,quale
sarebbe questo grande dilemma che ti tormenta,ammesso che io lo
voglia sapere e fidati non mi interessa,chiedi e forse ti
risponderò.”
“Che
cos'è il Demiurgo?”
Calò
il silenzio ma l'elfo non volle rispondere,lo osservò in
volto e lo
vide inespressivo.
“
E
tanto importante saperlo?”
“
Voglio
sapere per quale
ragione ho rischiato la mia vita per dei soldi che per ora non ho
ancora visto.”
“
Ti
basti sapere che sarai ricompensato per i tuoi servigi,anche se
fosse per me ti avrei già piantato una freccia nella
schiena...”
“Ed
io ti avrei spaccato la testa col mio maglio e avrei lasciato le tue
ossa insepolte in una landa putrida e fangosa.”,Disse il nano
con
tono leggermente irritato.
“Ma
visto che la nostra signora vuole rispettare i patti pagherà
un
prezzo fin troppo generoso e potrai ritirarti non appena possibile e
si spera che sia molto presto.
“Che
e quello che ho intenzione di fare non appena possibile,però
sai,devo ammettere che sono curioso,tutta questa segretezza
farà di
certo gola a molti,chissà quante persone saranno disposte a
pagare
per quel poco che so su di voi.”
A
sentire quelle parole Nym e Gordlack e Braxus lo fulminarono con lo
sguardo e un espressione rabbiosa comparve sui loro volti,ma Milziade
restò calmo e con quella sua aria arrogante mise in avanti
entrambe
le mani facendo segno di calmarsi,allo stesso modo in cui una persona
cerca di far calmare un amico.
“Rilassatevi
ragazzi,vi stavo prendendo in giro,non sono diventato bravo nel mio
mestiere raccontando i fatti altrui,io sono un tipo molto discreto
sapete? Tutto sommato per quanto sia uno spaccone mi piace pensare di
essere un professionista,quindi potete stare tranquilli,non
dirò
niente a nessuno,voglio solo prendere i miei soldi e andarmene,fine
della storia.”
“Vorrei
ricordarti che c'è un esercito noviano nei pressi della
città,come
pensi di superarlo?”
“Segreto
professionale,se te lo dicessi...poi dovrei ucciderti.”
Nym
fu sul punto di rispondergli,ma si trattenne e decise di restare in
silenzio,tanto parlare con quel genere di persona era un totale
spreco di fiato,pensò lui,non lo avrebbe più
rivisto e di sicuro di
dove sarebbe andato non gli importava,per cui preferì il
silenzio
piuttosto che buttar via un altro soffio d'aria per lui. Non ne
valeva la pena.
Dopo
aver superato innumerevoli piani arrivarono all'ultimo piano
dell'edificio,l'unico che non potesse essere raggiunto dalla scala
principale e di tutti quelli precedenti sembrava anche il
più
piccolo,ma questo non lo rendeva di certo il meno bello. I muri era
rivestiti da mattonelle azzurre e gli angoli dei muri erano ricoperti
da una sottile linea d'oro. A parte le decorazioni l'unico percorso
sulla quale si poteva proseguire era un lungo corridoio alto e non
molto lungo,ma era ben decorato con un grande mosaico della
città
sulla sinistra e un altro raffigurante Zeus,che con atteggiamento
regale sedeva sul trono e in una mano teneva una folgore,simbolo del
suo potere divino al di sopra di tutti gli uomini.
“Siamo
arrivati,forza che vi aspettano.”,Disse la vecchia guardia
indicando loro il tragitto da percorrere,loro scesero dalla pedana,ma
la guardia non li seguì e rivolse a loro altre parole.
“
Da
qui in poi siete soli,io non ho il permesso di
proseguire,però
attenti a ciò che fate o dite,o rischiate di non uscirne
vivi da
li,se sarete fortunati tornerò a prendervi.”, e
con quelle parole
si separò dai quattro stranieri e tornò al pian
terreno,lasciandoli
li,di fronte a quel corridoio,che prometteva tante speranze quante
erano le loro incertezze su come sarebbe continuata la loro presenza
in quel palazzo. Si guardarono l'un l'altro spaesati e confusi,erano
stati lasciati li senza la benché minima idea su cosa
fare,sapevano
che avrebbero dovuto percorrere quel corridoio,ma a parte
ciò erano
completamente persi e senza la presenza di Lucilla a giustificare la
loro presenza in quella città loro quattro erano inutili e
nessuno
di loro sembrava il più adatto a presentarsi ad un gruppo
che
risiedeva ai vertici di quella magnifica torre. Il nano aveva un
aspetto rozzo e privo di grazia,Braxus era un ragazzino e sembrava il
più titubante di tutti a continuare,Nym aveva un
atteggiamento
distaccato e nonostante la mancanza delle protezioni elfiche si
comportava come un vero presuntuoso e Milziade era il più
cinico e
provocatorio di tutto il gruppo,sempre con quell'atteggiamento
strafottente e al limite del sopportabile,cosa che di certo non lo
avrebbe aiutato in quella situazione.
“
Venite
avanti,siate i
benvenuti nella nostra città.”
Una
voce di uomo si fece udire aldilà della porta,ma la
sentirono come
se fosse vicino a loro,convinti da quelle parole decisero di muovere
i primi passi verso il consiglio. Una volta percorso una decina di
passi videro una porta a due ante rivestita da una sottile strato di
foglia d'oro sulla quale era stato inciso il simbolo di un grande
scudo rotondo,con la testa di una gorgone posta nel centro.
Raggiunsero la porta e proprio quando Gordlack fece per aprire la
porta questa si mosse da sola mostrando una grande sala rotonda al
cui interno quattro colonne di marmo bianco erano poste in modo da
farli sembrare i quattro angoli di un quadrato
immaginario,sostenevano un soffitto decorato con l'affresco di una
grande battaglia,dove i soldati della città fronteggiano le
truppe
imperiali in uno scontro dalla portata immensa. Il resto della stanza
era decorato con vasi e anfore ornamentali e sui muri erano state
appese delle lucerne di ottima fattura e in mezzo alle quattro
colonne era posto un tavolo in legno alla quale erano sedute quattro
figuri,due donne e due uomini. La prima aveva lunghi capelli rossi
raccolti in una lunga treccia che gli scendeva dalla spalla sinistra
e aveva gli occhi azzurri,indossava una lunga veste verde con
cuciture dorate attorno al collo e sulle maniche che gli arrivavano
fino ai polsi e attorno al collo portava un pelliccia di volpe.
La
seconda figura possedeva un corpo simile a quello umano,ma la sua
testa era quella di un grosso cane nero,dal muso liscio e le orecchie
dritte e suoi occhi erano attenti come quelli di un segugio. Era
magro e vestiva di un semplice gonnellino di lino bianco sul braccio
sinistro portava un bracciale d'oro con sopra l'incisione della testa
di un uccello dal lungo becco. La terza figura invece era una gipvane
donna molto bella,magra con una corta capigliatura castana,dai
capelli mossi,aveva occhi marroni e il viso era leggermente
tondo,indossava una lunga veste bianca senza maniche con una sola
spallina dov'era posizionato uno spillone d'argento a forma di
civetta. La cosa più strana che la riguardava era il fatto
che per
quanto sembrasse umana emanava una strana aura intorno a se,come un
qualcosa di positivo,ma nessuno del gruppo di Lucilla seppe dire di
cosa potesse trattarsi. E la quarta presenza alla tavola era quella
con l'aspetto più bizzarro. Sembrava un uomo piuttosto
basso,persino
più basso di Gordlack e indossava una lorica anatomica,le
stesse
armature indossate dagli alte cariche dell'esercito di Nova,pareva un
bambino in confronto a tutti gli altri e in effetti la sua sedia
presentava anche una piccola scaletta.
“Voi
dovete essere coloro che hanno scortato la nobile Lucilla togliendola
alle grinfie di Nova.”,disse il più piccolo dei
quattro,nonostante
le dimensioni la sua voce era paragonabile a quella di un comune uomo
di mezza età ma con il tipico tono del soldato,forte e
deciso.
“
E
voi sareste il consiglio della città giusto?”
Chiese Milziade con
tono stupito.
“Ovvio
che si”,disse la ragazza dai capelli corti con tono rilassato.
“Ma
siete solo in quattro.”
“Noi
rappresentiamo la massima autorità dei quattro quartieri che
compongono la città-stato di Aegis e vi basterà
sapere
questo,perché non abbiamo tempo da perdere.”,disse
l'uomo con la
testa da sciacallo con tono cupo, “Il vostro compito
è appena
iniziato.”
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Capitolo 9 *** Accordo ***
Un
attimo per sentire quelle esatte parole,un attimo per comprenderle e
meno di un battito di ciglia per reagire in una maniera che solo
Milziade poteva fare,anche di fronte a persone di quella carica
cittadina così importante come quella del consiglio della
città.
“Io
non credo proprio,il mio compito e terminato qui.”,Disse
Milziade
determinato ad andarsene da quel posto. Per risposta nessuno dei
quattro membri sembrò interessato a degnarlo di una risposta
e
quindi restarono fermi ai loro posti e senza scomporsi minimamente.
Ci fu un attimo di imbarazzante silenzio dove Milziade non
poté far
altro che aspettare una risposta e tuttavia non n'è
sentì
nessuna,la cosa lo preoccupava un poco,dato che si trovava in una
città che non conosceva,sulla cima di un palazzo,circondato
da
sconosciuti e disarmato. Sicuramente non una delle situazioni
migliori della sua vita.
“N'è
è sicuro? Perché da quello che sappiamo e che
tutti voi fate parte
della scorta della principessa Lucilla e siete incaricati di
proteggerla nel suo compito,o mi sbaglio?”, Disse l'uomo con
la
testa di sciacallo in maniera piatta e distaccata.
“Mi
creda,si sbaglia e anche di molto,sono stato ingaggiato solo per
scortare la ragazza fino a qui,poi di quello che succede dopo non
è
un problema mio,questa è una cosa che non mi riguarda e
tanto meno
mi interessa,quindi,dato che ho finito,chiunque di voi sia il
capo,fuori i soldi e io me ne vado per la mia strada.
“Qualunque
genere di accordo sia stato stipulato non è un problema di
questa
città e del suo governo.”
“Bene,se
le cose stanno così....”.
Milziade
si girò in direzione della porta,dando deliberatamente le
spalle ai
quattro membri del consiglio e fece i primi passi per tornare alla
pedana,ma quando aprì la porta e Braxus stava per fermarlo
vide di
fronte all'entrata una figura stranissima, era un uomo alto,di circa
mezz'età,con lunghi capelli color dell'oro che gli scendeva
sulle
spalle fino ad arrivare dietro la schiena e una folta barba che gli
circondava tutto il bordo della testa e lasciava scoperta la parte
centrale del viso. I suoi occhi erano di giallo topazio e un sorriso
sincero ornava il suo volto. Il suo corpo pareva massiccio e forte ed
era vestito di una peplo che gli copriva solo il pettorale
sinistro,mentre ai polsi portava due bracciali d'oro,con sopra inciso
il simbolo della città. Sotto la vita portava una lunga
gonna
dall'aspetto virile di colore nero e con lo spacco laterale,dove sul
bordo in basso il dettaglio in oro di piccole onde continue facevano
il giro di tutta la circonferenza della parte più basse di
quella
strana veste.
“Non
dovremmo far altro che convincerla a restare.”,disse l'uomo
di
mezza età con fare felice e sorridente. Nel vedere quello
sconosciuto così raggiante restò momentaneamente
paralizzato,stava
per uscire quando si era ritrovato quell'uomo dal petto imponente che
lo osservava come se fosse un amico di vecchia data,cosa che gli
metteva una certa impressione.
“E
lei sareb....”Ma l'uomo non gli diede tempo di completare la
domanda che lo aveva già superato e grandi passi aveva
raggiunto
l'altro capo della sala,dove attaccato al muro era stato collocato un
trono di pietra e sopra di esso quattro bandiere differenti,ognuna
fatta di materiali differenti e ornata con altrettanti simboli della
loro civiltà d'origine: c'era la bandiera del quartiere
Amenosita
fatta del lino più bianco,il cui simbolo era uno scarabeo
nero con
delle corna da vacca ricurve che tenevano nel mezzo un disco solare.
La bandiera del quartiere nordico era fatta con grezza lana tinta di
verde con dettagli marroni era la testa di un drago,della stessa
forma di quelle che si trovavano sulle polene delle drakkar,le
tipiche imbarcazioni che si intravedevano scendere a sud dalle
glaciali acque del mare del nord. Poi vi era appesa anche la bandiera
del popolo Argosiano,fatta con elaborato tessuto del cotone
più
pregiato,completamente azzurra e il cui simbolo era una trireme,una
lunga nave con tre file di remi l'una sopra l'altra e che sulla vela
dell'albero maestro portava il simbolo di un grande occhio. E per
finire la bandiera del quartiere Noviano,tessuta con la stessa stoffa
che si usa per le vesti dei soldati imperiale e immancabilmente anche
li si mostrava gloriosa una aquila dorata dalla ali aperte. Milziade
guardò per un attimo la bandiera recante il simbolo
dell'aquila e
nonostante mostrasse il suo solito atteggiamento da arrogante,non
poté non trattenere un occhiata colma di disprezzo per
quell'aquila
che tanto odiava,se avesse potuto avrebbe sputato per terra tutta la
bile che gli saliva su per lo stomaco solo per togliersi la
sensazione di nausea che gli faceva venire ogni volta che ci aveva a
che fare. Ma preferì controllarsi e non peggiorare
ulteriormente la
situazione,almeno non finché non sarebbe uscito da li con la
ricompensa che si era meritato.
“Vedo
che avete iniziato senza di me.”, disse l'uomo rivolto al
consiglio.
“Veramente
abbiamo solo discusso dell'attuale situazione che la città
sta
subendo,ma a parte questo temo che abbiamo brutte notizie da darle
presidente.”,disse il piccolo umanoide in armatura.
“E
quali sarebbero?”
“Ha
presente l'uomo che ha appena superato e gli altri tre che lo
accompagnato?”
L'uomo
diede un occhiata ai quattro sconosciuti e notò che
effettivamente
quando era entrato non diede loro molta attenzione,anche
perché non
si era accorto della loro presenza.
“Si.”
“Loro
sono la scorta della nobile Lucilla.”,disse la ragazza con la
spilla a forma di civetta.
“Capisco...”
Poi
l'uomo si rivolse verso il gruppo dei quattro stranieri.
“Sono
desolato per la vostra incarcerazione,ma le mie guardie non vi hanno
visto insieme alla principessa e hanno pensato che foste degli
aggressori,inoltre,anche se avessero saputo chi siete in
realtà
sareste stati arrestati lo stesso,in quanto dovevamo salvaguardare le
apparenze.”
“Le
apparenze? Che intendete dire?”,chiese il nano confuso.
“Gli
abitanti di questa città non sanno che il nostro governo sta
dando
asilo ad una principessa Noviana,per tanto gli unici a saperlo sono i
presenti in questa stanza,il nostro mago che si sta occupando della
ragazza e l'imperatore di Nova,che già da tempo intendeva
far
rientrare la città di Aegis all'interno dei territori
dell'impero.”
“Come
sta Lucilla?”,chiese l'elfo preoccupato.
“Non
saprei,sono stato informato di quello che gli è successo ma
personalmente non so nulla,se non che il mago si sta occupando
personalmente della vostra signora...sono dispiaciuto per quello che
gli è accaduto.”
“Mai
quanto noi nobile....non ho ben capito il vostro nome.”
Il
grande uomo fece per alzarsi dal trono,mostrandosi in tutta la sua
aurea maestosità.
“Midas,presidente
della città-stato di Aegis e giudice supremo della camera
del
consiglio,la mia città e a vostra disposizione,chiedete nei
limiti
del possibile e vi sarà dato.”
“Ora
si comincia a ragionare.”, intervenne subito Milziade,
“Io voglio
ricevere il compenso che mi spetta di diritto,niente di
più.”
“E
quanto ammonterebbe la somma delle vostre gesta?”
“Allora,facendo
un rapido calcolo dei pericoli corsi,delle essermi librato in cielo
come un aquila contro la mia volontà,di essere stato
imprigionato e
separato dalla mia compagna di disavventure,direi almeno quarantamila
cesari d'argento,mi sta bene anche un altro tipo di moneta
purché la
somma sia la stessa .”
“E
se facessimo quarantamila scudi d'oro,una stanza ai piani di sotto,un
letto morbido,un bagno caldo,la vostra giumenta a riposo nelle
scuderie reali e un armatura nuova di zecca? Infondo mi sembra un
prezzo ragionevole per un uomo che ha salvato una principessa dalle
grinfie di Nova e dalle sue mire di espansione.”
L'intera
stanza cadde nel silenzio più totale,tutti i presenti
restarono
basiti da quella proposta assurda. Quella che gli era stata fatta era
certamente una proposta molto,molto,molto allettante e certamente la
voglia di appropriarsi di quella somma era impossibile da
rifiutare,sopratutto per lui,che con le grandi somme ci andava a
nozze,come un ladro e attratto da un bottino o un conquistatore e
attratto dall'impossessarsi di nuove terre. Come si poteva rifiutare
un premio di così abbondante?
“Io
davvero mio signore non so cosa dire,non riesco a trovare le parole
per una generosità simile se non...che cosa credete,che sia
nato
ieri?”,disse Milziade con un sorriso da lupo stampato sul
volto.
“Come
hai detto mercenario?”,Parlò improvvisamente la
donna dai capelli
rossi.
“Ehi,che
ti prende razza di imbecille?Vuoi farci rinchiudere a vita nelle
segrete del palazzo?”,disse il nano visibilmente irritato per
il
comportamento del guerriero.
“Per
quanto possa essere incredibile per una volta sono d'accordo con il
nano,hai perso completamente il senno o fino ad ora ci hai nascosto
il fatto che sei deficiente?”,anche l'arciere si
unì alle accuse
di Gordlack,mentre quest'ultimo faceva fatica a trattenersi dal
saltargli addosso come e riempirlo di testate,tanto da fargli mettere
del sale in zucca. Ma Milziade sembrava completamente estraneo alle
loro lamentele e continuò a fissare il presidente e l'intera
sala
del consiglio,mantenendo la sua arroganza e la sua scioltezza nel
parlare come meglio credeva,che fosse in una taverna,in un
bordello,in un tempio o nel luogo più importante dell'intera
città
di Aegis. Non gli importava,non gli interessava,per tanto avrebbe
continuato,infondo era bravo ad irritare chi gli stava intorno e lo
sapeva bene.
“Allora,facciamo
un attimo il quadro della situazione generale.”,Disse la lama
venduta mentre univa le mani e intrecciò le dita per poi
farle
scrocchiare tutte d'un colpo, “Sono stato prelevato nel cuore
della notte da questi due mattacchioni,dopo che una banda di maniaci
mi aveva attaccato,ma ovviamente io avrei avuto la meglio anche se
non mi avessero soccorso,poi mi hanno portato in un tempio
abbandonato dove una ragazza ha pensato,molto poco intelligentemente
di scappare dal più grande e bellicoso impero al momento
esistente,che non tollera la ben che minima ribellione e non si fa
scrupoli a mandare un armata per schiacciare il più piccolo
e infimo
rifiuto all'obbedienza,esattamente cosa che stanno facendo con voi.
Ma questo e più che evidente. Stamattina siamo stati
attaccati da
una marea di goblin,due orsi,un pazzo scatenato e un soldato volante
non meglio identificato e adesso mi volete liquidare con la scusa di
volermi dare quattro soldi e un trattamento da re dopo che sono stato
imprigionato? Siete seri? Io non mi ritengo un genio ma devo
ammetterlo,mentite da far schifo e la storia di scortare una
principessa noviana in un territorio all'infuori dei confini
imperiali e in tutto questo casino ho solo una domanda alle quale
desidererei che voi mi diate una risposta....che cos'è
questo
dannato Demiurgo?”
I
volti degli altri presenti si oscurarono,alle loro orecchie dei suoi
tre momentanei compagni d'armi era giunto di nuovo quel nome mentre
le loro labbra si serravano e con gli occhi guardarono da tutt'altra
parte,come a voler evitare di dare una risposta ad un quesito che per
loro non andava neanche proposto. Milziade sapeva bene quello che
stava facendo e le conseguenze che le sue parole e il suo
comportamento portavano con se,ma avrebbe continuato lo stesso,pur
sapendo e constatando dove si trovava,ben consapevole di essere
disarmato e senza protezioni,sapendo anche che non avrebbe potuto
fare affidamento sulla sua giumenta,sapeva che avrebbe dovuto giocare
d'azzardo contro la sorte,sapeva di non essere nessuno la dentro,ma
doveva farsi valere e far capire a tutti gli altri che non era solo
un uomo prezzolato,che si poteva pagare e cacciare via come se nulla
fosse. Cosa che però cominciava a dubitare sarebbe accaduta.
Ormai
aveva lanciato i dadi,tanto valeva giocare la partita fino alla fine.
“Non
lo sa nessuno...”
Una
altra voce si fece udire nella sala del consiglio e nel sentirla
tutti si girarono verso la porta,era il mago,che nella sua lunga
veste consunta si era presentato in quel luogo appoggiato al bastone
di legno, “O meglio,nessuno sa che forma e aspetto abbia,a
grandi
linee si sa che cos'è.”
Il
mercenario nel vederlo arrivare si mise a braccia incrociate e
lentamente si avvicinò all'anziano,che lo vide muoversi
verso di se
con un espressione che aveva tra l'incuriosito e il nervoso,come se
si stesse preparando ad una rissa e lui era intenzionato a tirare il
primo colpo. Arrivatogli di fronte l'atmosfera nella stanza si fece
cento volte più pesante quando entrambi si trovarono faccia
a faccia
e Milziade notò con la coda dell'occhio che Nym lo stava
osservando
come a volergli dire di stare attento a quello che faceva e che gli
conveniva non fare nulla che aggravasse ancora di più la sua
posizione. Aveva notato come all'elfo gli prudevano le mani e che al
minimo segnale di pericolo sarebbe scattato senza la ben che minima
esitazione. L'unica cosa che gli spontanea fare era portarsi una mano
al mento e accarezzarsi quella parte del viso con fare pensoso,come
se stesse riflettendo su qualcosa mentre fissavo il vecchio mago
dritto negli occhi,o per lo meno ci provava,dato il cappuccio posato
sopra la testa.
“E
cosa sarebbe di preciso?”
“Se
ti dicessi che la più grande fonte di potere che mortale
abbia mai
sentito nominare e persa da qualche parte nel mondo e che l'unico
modo per ritrovarla e legata alle visioni di una giovane sacerdotessa
di nobili natali,perseguitata dall'uomo che governa la nazione
più
potente che sia mai esistita negli ultimi milleduecento anni,mi
crederesti?”
“In
qualsiasi altro giorno ti avrei detto sparisci vecchio pazzoide,ma
oggi non sono dello stesso avviso,sono stato partecipe di troppo
scemenze per passarci sopra come se nulla fosse .”
“Vedo
che sei saggio.”
“Ti
sbagli,voglio solo capire cosa sta succedendo,sarà
già una
benedizione se ne esco sano di mente da questa storia,comunque
spiegati meglio,cos'è questa storia della più
grande fonte di
potere?”
“Lo
vuoi davvero sapere?”
“Ho
altra scelta? Sono intrappolato nel palazzo più alto,di una
città
che non conosco,con un armata che sta assediando le mura,non mi
sembra di avere altre possibilità.”
Il
mago e il mercenario si squadrarono l'un l'altro allo stesso modo di
due lottatori che studiano le tecniche e il comportamento
dell'avversario. Ma nessuno dei due aveva intenzione di dare il
minimo segno di cambiamento,entrambi piatti e apparentemente calmi.
Milziade mostrava una certa spavalderia,facendo la voce grossa,ma il
suo sguardo attento e tagliente non era sfuggito all'anziano,che
restava fermo e retto nella sua impassibilità,era chiaro che
nessuno
dei due voleva dare segno di cedimento. Poi lentamente il mago
girò
il capo in direzione di Midas.
“Signor
presidente,chiedo il permesso di condurre quest'uomo in presenza
della principessa e di prenderne la custodia momentanea,c'è
una cosa
che devo discutere con lui.”
Midas
restò in silenzio,come a voler ponderare attentamente quale
decisione prendere,sapeva bene cosa aveva intenzione di fare il
mago,ma era certo che sarebbe stato sicuro? Che avrebbe funzionato ?
Forse c'era da tentare,o forse no,ma in ogni caso doveva prendere una
decisione non facile e avrebbe dovuto farla alla svelta. Mentre lui
rifletteva l'esercito nemico poteva iniziare l'attacco da un momento
all'altro e i quattro membri del consiglio fissavano la figura del
grande uomo con ansia . C'era molto da discutere per quando gli
assedianti avrebbero iniziato l'attacco e alcune delle decisioni
più
importanti che riguardavano i quattro quartieri andavano ancora
prese. Il tempo era poco e perderne altro sarebbe stato
controproducente.
“Mago,quest'uomo
si è dimostrato rozzo,arrogante e incurante della sua
posizione di
fronte a me e questo consiglio....”Poi di punto in bianco
batte una
della sue grosse e forti mani contro uno dei braccioli del trono e si
lasciò andare ad una breve ma fragoroso risata,che sorprese
tutti in
maniera inaspettata e improvvisa,tranne che per il mago,che
restò
impassibile di fronte a quella reazione,che aveva preso alla
sprovvista tutti quanti. “ QUELLA RAGAZZA AVEVA PROPRIO
RAGIONE, E'
LUI QUELLO CHE STAVAMO CERCANDO,MAGO,TI AUTORIZZO A FARE DI LUI CIO'
CHE MEGLIO CREDI.”
“La
ringrazio buon Midas....”,il mago si rivolse a Milziade,
“Andiamo,abbiamo alcune cose di cui discutere.”,
dopo aver
pronunciato queste parole il mago si incamminò lentamente
verso la
piattaforma. Il guerriero restò a fissare la figura del mago
e per
un attimo gli parve un umano anziano come tanti altri,debole,piegato
dallo scorrere degli anni e dalla mancanza della gioventù
ormai
sparita da molto tempo. Si reggeva su di un semplice bastone di
legno,un semplice attrezzo che si poteva recuperare da un qualsiasi
ramo e con la giusta manualità modellarlo anche da se,nulla
di
troppo complicato. E tuttavia lo aveva visto sollevarsi in aria,con
la leggerezza e il controllo di un uccello che si libra nel
vento,chiunque fosse sapeva il fatto suo e non era il tipo che si
faceva intimorire tanto facilmente,cosa che aveva constato
personalmente. In un certo senso era un duro,a differenza dei molti
omaccioni grandi e grossi con la quale aveva avuto a che fare nelle
bettole,o quando si era trattato di un qualche capo brigante
fisicamente messo bene,solitamente era gente molto grossa ma che alla
fine si era dimostrati tutto fumo e niente arrosto. Ma non quel
vecchio,lo aveva visto volare,chissà cos'altro era in grado
di fare.
Milziade fece per raggiungere il mago ma dal nulla vide un braccio
bloccargli il cammino e vide chiaramente che era l'elfo.
“Vedi
di non combinare casini,hai rischiato di farne abbastanza per
oggi.”,disse Nym volendo avvertire dei rischi che
correva,ovviamente non per tenerlo al sicuro,ma come minaccia,o ne
avrebbe pagato le conseguenze.
“Lascialo
andare Nym,abbiamo poco tempo e tu non c'è lo stai facendo
guadagnare.”,disse il mago in lontananza,mentre continuava ad
avanzare nel corridoio. Nym abbassò il braccio e
lasciò libero il
passaggio al mercenario che passato l'ingresso richiuse la porta.
Milziade non disse niente e continuò per la sua
strada,raggiungendo
senza troppa fretta l'incantatore. Gli sarebbero bastati una decina
di passi e lo sarebbe ritrovato davanti. Gordlack si era limitato a
osservare la figura di Milziade allontanarsi senza dirgli
nulla,l'elfo aveva detto tutto quello che c'era da dire e quando un
nano come lui non parlava era perché da dire qualcos'altro
sarebbe
stato solo superfluo e privo di senso,lui era così,se
bisogna aprire
la bocca si apriva la bocca,quando bisogna combattere bisognava
combattere,quando bisognava fare una cosa la si faceva e basta,nulla
di più e nulla di meno. Per quanto riguardava Braxus invece
se n'era
rimasto sulle sue,non perché non avesse nulla da dire o
perché
mancava di coraggio,semplicemente quello stava vivendo adesso era la
sua prima vera avventura e non si era mai trovato tra degli
avventurieri. Sapeva bene come muoversi e combattere in un arena
contro una bestia feroce o contro un altro gladiatore,per quanto
fosse giovane la sua abilità con il tridente e la sua rete
metallica,che ormai era andata perduta,erano impressionanti,ma in
confronto a quelle persone si sentiva un dilettante e non sapeva bene
come comportarsi,il mondo per lui era ancora qualcosa di vasto e
indecifrabile,lo stesso Milziade per lui sembrava un mistero. Fortuna
che Nym e Gordlack li conosceva da tempo,almeno sapeva con chi aveva
a che fare.
“Signor
presidente,lei sa bene che ci stiamo giocando il destino della nostra
democrazia nella mani di questa profezia.”,chiese l'uomo con
la
testa da sciacallo.
“Lo
so Kemuti,lo so molto bene,ma sarebbe meglio dire che stiamo
scommettendo il destino di un intero mondo,ed e per questo che
bisogna avere speranza.”
“Speranza
dice?”,intervenne la donna dai capelli rossi,
“Personalmente mi
riesce difficile credere che la sola speranza possa essere una
garanzia di successo. La gente di questa città teme che
l'esercito
noviano possa entrare nella città e riprendersi la
libertà che
Aegis si è meritata con fatica,volontà e spirito
d'iniziativa,la
speranza non è un assicurazione sufficiente.
“Io
propongo una sortita per spezzare l'assedio alla città con
un
assalto veloce e dirompente. La nostra fanteria non ha nulla da
invidiare alle numerose legioni dell'impero...”,disse il
piccolo
omino alzando il pugno in segno di risolutezza, “E sapete
bene come
il nostro esercito sia formato dalle razze di ben quattro
civiltà
differenti. Possiamo contare sul vantaggio del territorio e sulle
migliori tipologie di truppe che il mondo conosciuto possieda,per non
parlare della magia. Si,io dico che possiamo scacciarli.”
“Non
mi trovo d'accordo col tuo pensiero Glomi.”, parlò
la ragazza dal
vestito bianco, “Anche se riusciremmo a vincere,cosa ci fa
credere
che l'imperatore non manderà un altra armata a sostituire
quella
precedentemente distrutta? Suggerisco piuttosto un altra soluzione.
Invece di rispondere alla violenza con la violenza io propongo di
mandare messaggi ai nostri sostenitori che si trovano tra i nemici di
nova e di intervenire ora che siamo più bisognosi di
aiuto,per
quanto l'imperatore possa disporre di molti eserciti non può
far
nulla con le relazioni diplomatiche che tempo abbiamo instaurato
oltre i confini di Aegis. Senza contare che il quartiere a te
assegnato Glomi e popolato dai primi coloni noviani che hanno
contribuito alla costruzione di questa città. Silla sa bene
che un
attacco diretto contro i civili imperiali che risiedono tra queste
mura scatenerebbero l'indignazione di tutto il suo popolo e che
apparirebbe alla sua gente come un tiranno. Per ora stiamo sulla
difensiva e vediamo che succede.”
E
mentre i quattro membri del consiglio discutevano sul da farsi e
Midas ascoltava con attenzione,Nym,Gordlack e Braxus dovette restare
li ad aspettare,senza poter intervenire in alcun modo nelle decisioni
che si stavano facendo in merito a quella storia assurda. Erano
stranieri in una terra straniera,eppure la sorte di Lucilla era
strettamente legata ad Aegis,se lei voleva nascondersi da Nova in
quella grande città-stato aveva le sue buone
ragioni,ovviamente
sapevano della faccenda del Demiurgo,cosa che si era ampiamente
dimostrata con il loro eccessivo silenzio e per tanto su questo
fronte avevano già perso a tal punto che persino un uomo
prezzolato
come quel Milziade potesse verificarlo di persona. Loro tre erano
guardie e nulla di più,non erano maghi,sacerdoti,filosofi o
grandi
sapienti. Erano solo un nano con un maglio,un elfo con un maglio e un
ragazzo umano con un tridente,nulla di più. Erano fedeli
alla loro
signora,anche restare in quella sala era un atto di fedeltà.
Nel
Castrum i soldati erano ancora in attesa di nuovi ordini nei riguardi
dell'assedio,restarono nell'accampamento con ancora le armature e le
armi addosso,pronti al combattimento e posizionati in modo da poter
uscire in formazione e formare le prime fila per la manovra
d'assalto. Era passata un ora e ancora il comandante non si faceva
viva. Quand'era tornata dall'inseguimento era atterrata in malo modo
e fece non poca fatica a non schiantarsi al suolo e dare una parvenza
di controllo durante la discesa,sebbene la stanchezza nei suoi
movimenti era evidente. Scese dal cielo piantando entrambi i piedi al
suolo per ruzzolare per terra e la prima cosa che fece fu togliersi
l'elmo e prendere un profondo respiro mentre sgranava gli occhi,quasi
le uscissero dalle orbite. Aveva speso troppa energia per inseguire
una ragazza nella speranza di ucciderla e cosa ne aveva ottenuto? Un
tentativo d'omicidio andato a vuoto e il rischio che un raggio
proveniente dalla città rischiasse di cancellarla
dall'esistenza e
per di più ora la sua legione la guardava con una nota di
imbarazzo,non comprendendo bene cosa avesse fatto la loro signora per
potersi ridurre in quel modo,ricevendo l'ordine di ritardare
l'attacco alla città in attesa di nuovi ordini. Ora era
seduta sul
suo scranno personale,con l'armatura rimessa al suo posto sul
manichino e l'elmo insieme ad essa,mentre lei,ancora a riposo e con
la veste madida di sudore,sorseggiava dell'acqua da una coppa
d'argento decorata con due ali,regalo da parte dell'imperatore come
simbolo al valore militare durante la guerra civile. Sul volto della
ragazza si poteva leggere la rabbia e l'imbarazzo che ora occupavano
i suoi pensieri,aveva a portata di mano la persona più
ricercata
dell'impero e lei,nonostante tutto lo sforzo s'è l'era fatta
sfuggire da sotto le mani ed ora poteva immaginare cosa stesse
facendo in quella città,mentre tramava,complottava e dava
quante più
informazioni ai nemici dell'impero e questo lei non lo poteva
tollerare. Ora l'ordine era ufficiale,Lucilla aveva passata le mura
di Aegis,ora poteva essere considerata nemico dello stato e per tanto
punibile con la morte. Ora Nevia aveva tutte le carte in regola per
poter uccidere la nobile traditrice e questa volta non si sarebbe
lasciata sfuggire questa occasione. Avrebbe offerto all'imperatore
non solo la testa della sacerdotessa di Apollo,ma anche la tanto
rinomata città di Aegis e lo avrebbe fatto in un solo
giorno...se
andava bene. A qualche sedia di distanza sul tavolo era seduto anche
Leuco,il suo schiavo fauno,che stava mangiando tranquillamente una
mela con un tranquillità che era la antitesi dell'umore
della sua
padrona,la guardò dritto negli occhi mentre lui dava un
poderoso
morso al frutto e che mastico di gran gusto.
“Non
avrebbe dovuto lanciarsi in quel modo,questa volta ha rischiato sul
serio.”,disse il fauno con calma.
“Che
ne sai tu? Non ho chiesto il tuo parere e comunque se vuoi proprio
saperlo,ero a tanto così da poterla uccidere,così
da poter far
rientrare la legione nel posto che merita,sui veri campi di
battaglia,nelle vere guerre,così da poter servire meglio il
nostro
paese.”
“Eppure
ha saputo darvi filo da torcere,per essere una ragazza dell'alta
società sa il fatto suo in quanto scappare,ora che
è in città sarà
più difficile raggiungerla.”
“Sono
al comando di una delle migliori legioni che il mondo possa
invidiare. La ventiduesima e composta dai veterani delle guerre
passate e dalle nuove reclute ansiose di dimostrare il proprio valore
e insieme alla nuove macchine d'assedio che abbiamo fatto costruire
non dovremo temere le possenti e bianche mura di Aegis,per quanto
riguarda la magia a difesa della città non
preoccuparti,anche noi
abbiamo in nostri maghi e sacerdoti pronti a offrire supporto. Si
può
dire che lo scontro tra questa armata ed Aegis e alla pari,ma noi
abbiamo un vantaggio che loro non possiedono.”
“E
sarebbe?”
“Il
valore e l'esperienza delle nostre truppe,trionferemo perché
siamo
stati chiamati dall'imperatore in persona,questo ci infondo un
orgoglio che ci rende più duri della pietra e più
distruttivi del
fuoco.”
“Se
lo dice lei....”,disse Leuco con fare incredulo,conosceva da
tempo
la sua padrona,di sicuro lo trattava meglio di altri padroni di
schiavi in giro per l'impero,ma quando Nevia si convinceva di una
cosa non c'era niente che potesse succedere da farle cambiare idea.
Era più testarda di un mulo ed era quasi impossibile trovare
qualcuno che le facesse cambiare idea,nemmeno tra i suoi uomini
qualcuno osava obiettare senza avere una buona motivazione per farlo.
Vederla seduta li,ansiosa di riprendere le energie e tornare alla
testa dei propri uomini,mentre quest'ultimi aspettavano ancora un
segnale da parte sua di poter iniziare con l'avanzata,piuttosto che
restare fermi a non far nulla. Quante volte lo aveva visto passando
tra soldati di tutti i tipi: umani,elfi,nani,non importava da dove
venissero o a quale razza appartenevano,li,in quel campo di tende e
palizzate di legno,di spade e di scudi,per quanto ci fossero delle
inimicizie private e delle antipatie pubbliche,tutti si riconoscevano
sotto un solo ed unico desiderio,la smania di combattere. In fondo
erano soldati di Nova,combattere per l'impero era il primo sogno che
ti mettevano in testa all'inizio dell'addestramento,o illusione,ma
certa opinioni Leuco preferiva tenerle per se,lui era un
suonatore,oltre che uno schiavo,delle armi e delle battaglie non gli
importava nulla.
“Appena
avrò finito con questa città,chiederò
un periodo di riposo per
l'intera legione,abbiamo passato troppo tempo lontano da casa e
questi soldati meritano di poter rivedere le loro famiglie,mi hanno
servito bene.”
“Ho
sentito dire che la prima volta che li ha comandanti non volevano
eseguire gli ordini perché era una donna ad averli
emanati.”
“Già,quello
stesso giorno fratturai la mandibola del primo soldato che si
ribellò
a un mio ordine diretto,ricordo ancora il nome,Vetulo,un tipo grande
e grosso,non esattamente un uomo furbo. Mi bastò un singolo
pugno
per fargli saltare sei denti,so che ancora adesso fa un po' fatica a
masticare quando mangia.”,disse lei terminando la frase con
un
piccolo sorriso,come se avesse trovato la cosa divertente, “E
da
allora ci pensano due volte prima di insultarmi perché sono
una
donna al comando di uomini,cosa che questa città,questa
Aegis non sa
ancora,ma presto lo capirà molto bene....con il ferro e il
fuoco,Marte mi è testimone.”
Mentre
la piattaforma scendeva Milziade e il mago stavano scendendo verso
gli alloggi dell'incappucciato,mentre tra i due l'atmosfera non
sembrava particolarmente tesa o imbarazzante,ma piuttosto come se
entrambi fossero distratti dai loro pensieri. Per Milziade ormai il
suo compito era terminato e la sua ricompensa già
intascata....o
quasi. Ne aveva affrontate troppe e dei soldi nemmeno l'ombra,si era
detto che sarebbe stato un lavoro come un altro o perlomeno sperava
che andasse bene come la maggior parte delle volte,prendeva il lavoro
del momento,lo portava a termine e infine riceveva il dovuto e se
qualcuno cercava di fregarlo lui tornava dal diretto interessato e lo
conciava per le feste. Ma questa volta si era trovato in una
situazione molto più grande di lui e l'unica cosa che
sperava ormai
e solo andarsene con quanto dovuto,ma a quanto pare no,sentirsi dire
dal presidente di Aegis che era la persona che stavano cercando lo
preoccupò un poco,ma forse era solo per quello che era
ancora vivo e
che nessuno degli altri tre aveva cercato di ucciderlo o forse la sua
era solo fortuna sfacciata. Fatto sta che se l'era cavata ad essere
li,su quella piattaforma mobile con quel vecchio forse non era poi
così male come la vedeva,ma sapere quando si sarebbe preso i
suoi
soldi lo avrebbe certamente reso più felice.
“Questo
coso non va più veloce?”,disse Milziade in tono
annoiato.
“Hai
fretta di andare da qualche parte?”,disse il mago in modo
pacato e
tranquillo.
“Si,lontano
da tutto questo,prendo i soldi,prendo il cavallo e me ne
vado.”
“Andartene?Con
un esercito che assedia la città?”
“Non
è un impresa difficile,un po' come nascondersi da una banda
di
briganti,solo che in questo caso sono soldati,con un equipaggiamento
di gran lunga migliore e armati fino ai denti. La cosa è
solo
lievemente più ardua,nulla di speciale.”
“La
fai facile vedo.”
“Se
ogni volta dovessi farla difficile non farei il mio lavoro,ma
scemenze a parte,perché hai voluto che venissi con
te?”
“Non
ti importa della tua cliente?”
“Sono
certo che starà bene anche senza di me,forse un po' meno
perché le
avrò portato via un gruzzolo piuttosto capiente di
monete,oppure lo
prenderò a quell'omone grande e grosso che sedeva al
consiglio. Non
mi importa a chi prendo i soldi,basta che paghi e che sia una somma
vera.”
“
E
se ti pagassimo con una moneta migliore del comune denaro? A patto
che tu resti con la principessa ovviamente.”
Il
guerriero fissò il vecchio con un espressione tra la
curiosità e la
cautela,il modo in cui il mago glielo aveva chiesto era un po' come
una sirena che tenta un marinaio,una richiesta suadente che aveva
stuzzicato la curiosità del prezzolato. Ma Milziade era
guardingo da
certe proposte e proprie come prima nella sala del consiglio decise
di ascoltare la proposta del suo anziano accompagnatore e se non gli
sarebbe piaciuto avrebbe rifiutato,tanto a quel punto non aveva
ancora ricevuto i suoi soldi e difficilmente avrebbe accettato
altro,voleva solo andarsene da quella città con il suo
compenso a
cavallo della sua Briseide e poi via verso altri incarichi,uscire
dalla città sarebbe stato qualcosa da pensare in un altro
momento,ora però era curioso di sapere cosa aveva da
proporre e si
mise a braccia conserte,pavoneggiando la strafottenza.
“Ammesso
e non concesso che io voglia restare,cosa che dubito molto
fortemente,cosa avresti di così prezioso da propormi,ci
tengo a
precisare che se stai per rifilarmi un ovvia menzogna come ha fatto
quel Midas prima hai già perso in partenza,dovresti aver
capito che
con me certi trucchi non funzionano.”
“E
la promessa di vendetta non è forse la tentazione migliore?
Vero
mercenario? O preferisci che ti chiami col tuo vecchio
titolo?....strategos.”
All'improvviso
Milziade si sentì male nell'animo,come se qualcuno gli
avesse dato
una pugnalata in pieno stomaco,si sentì male nel sentire
quella
parola,strategos. I muscoli del suo corpo si irrigidirono,le mani si
strinsero a pugno mentre i quell'istante un brivido scese lungo tutta
la schiena. I suoi occhi,da prima rilassati e vagamente annoiati ora
mostravano quanto fossero iniettati di sangue per la rabbia che
scorreva dentro l'uomo e anche senza armi non ci sarebbero stati
problemi nel mettere le mani addosso ad un vecchio,per quante
magie,trucchi e quant'altro conoscesse,le sue mani andavano
più che
bene per uccidere qualcuno.
“Ti
chiederai come faccio a saperlo.”,disse il mago con con
noncuranza
della reazione di Milziade, “Sai,riguardo al fatto che la
nobile
Lucilla sia una veggente non è una bugia,vedi,il suo dono
è reale e
nel tuo caso il suo potere e tornato utile ai fini di questa
vicenda,ma sempre nel tuo caso e stato molto più
interessante di
quello che credevo. L'anello che hai sottratto alla ragazza gli
serviva per poter comunicare con me su lunghissime distanze,quando tu
glielo hai sottratto ho sentito tutto quello che hai detto nel corso
del tuo viaggio fino a qui,che a mia volta l'ho riferito a Midas e
per sicurezza ho preferito cercare informazioni sul tuo conto.
Tuttavia puoi stare tranquillo,nessuno a parte me sa del tuo passato.
Milziade
temeva di sapere dove volesse arrivare il mago,fece molta fatica a
trattenere le violente intenzioni che aveva verso di lui e tutto
ciò
che poté fare era stringere i pugni,tanto che le nocche
divennero
rosse e i muscoli delle sue braccia irrigidirsi al massimo della loro
forza. Lo guardava in maniera cagnesca e cattiva,come se al posto del
classico sbruffone si fosse sostituito un uomo più rabbioso
e
sanguigno.
“Dimmi
cosa vuoi.”
Disse
Milziade,sapendo che le cose per lui stavano andando sempre peggio.
Qualunque cosa volesse quell'individuo era chiaro che non era niente
che gli sarebbe piaciuto,ma non aveva altra scelta,avrebbe ascoltato
la richiesta,ma sarebbe stato meglio chiamarlo ricatto. Prima di
quella proposta sentiva di potersene ancora andare via con il
guadagno delle sue fatiche,ma adesso la situazione si era
completamente capovolta,era preda della tentazione e lui sapeva bene
che si stava infilando nella tana del leone.
“La
ragazza che hai trasportato fin qui e la figlia del precedente
imperatore Flavio Equo IV,morto durante la guerra civile che
è
scoppiò otto anni fa,tra la fazione che sosteneva la vecchia
famiglia reale contro il generale che approfittò dello stato
di
crisi in cui l'impero era caduto,Lucio Cornelio Silla,che
schierò
molte legioni sotto il suo comando diretto. Una volta finita la
guerra Silla usurpò il trono alla ragazza e senza troppe
spiegazioni
la costrinse al sacerdozio,togliendole così il diritto alla
successione.”
“Arriva
al punto vecchio.”,disse Milziade scontroso.
“Il
punto e che il destino e una cosa strana,una ragazza di nobili
origini e un brillante soldato caduto in disgrazia si sono incontrati
nella più improbabile delle situazioni. Spesso le persone
credono
che il fato sia qualcosa di qualcosa scritto in precedenza da forze
che vanno aldilà di ogni concezione e che per quanto tu
possa
sfuggire al loro volere non puoi far altro che accettare l'esito che
ti stato assegnato,altri credono che il destino sia qualcosa che ci
si fa da se,che con la sola forza di volontà si possa
superare
qualunque ostacolo che la vita mette loro davanti e che se
sopravvivranno potranno vincere ogni volta che combatteranno. Ma io
credo in una terza ipotesi,una verità nel mezzo se
così vogliamo
dire.
“E
sarebbe?”
“Che
il destino venga scritto e una verità assoluta,ma
ciò che ne
determina gli eventi che lo mettono in moto e ne pongano la
conclusione e dettata da fattori casuali e totalmente
imprevedibili,tu per esempio sei un evento imprevisto in un destino
dai risvolti oscuri,alla quale nemmeno quella ragazza e concesso di
vederne il finale,qui entri in gioco tu.”
“Ah
davvero? E cosa ti fa pensare che invece non ti metterò le
mani
addosso,scappo da qui e ognuno va per la sua strada? Questo tu puoi
prevederlo?”
“No,no
non posso,ma sai anche tu che hai poche possibilità di
vittoria e
avrai già intuito che ho preso le mie contromisure e
inoltre,non ti
ho ancora detto quale potrà essere il prezzo per i tuoi
sforzi.”
“Interessante,ma
non mi hai ancora detto che cosa vuoi.”
“C'è
né realmente bisogno?”
“No,ma
io cosa ci guadagno?”
“Che
guadagno c'è di più meritevole per un
mercenario,se non
l'appagamento per la propria anima da un esistenza di soli
tormenti....continua il viaggio e avrai ciò che
più brami al
mondo.”
“Un
prezzo ragionevole,ma c'è ancora una cosa che non ho
compreso.”
“Quale?”
“Che
cos'è questo Demiurgo che tanto desiderate da farvi mettere
alle
calcagna un imperatore noviano?”
“
Te
lo dirò ad una sola condizione,dovrai accettare
l'incarico,quindi,cosa decidi?”
“Ho
altra scelta?”
“Se
ci tieni a prendere quello che vuoi tanto,si.”
“Allora
accetto.”
“Bene,in
questo caso facciamo quello che ti piace tanto,stipulare
accordi.”
E
in men che non si dica il mago appoggiò il bastone sulla
spalla e
con la mano destra si passò due dita sul polso
sinistro,tracciando
una linea immaginaria e poi le puntò direttamente contro
Milziade.
“Catena
del vincolo di Horkos.”
Il
prezzolato non fece in tempo a farsi domande che sentì una
specie di
stretta attorno al suo polso sinistro,posò gli sul punto
interessato
e vide con angoscia cosa gli stesse succedendo. Due linee sottili
erano comparse poco sotto alla mano di Milziade,sembrano fatte con
dell'inchiostro,come una specie di tatuaggio,per poi avvolgersi l'uno
attorno all'altra formando dei piccoli anelli,esattamente uguali a
quelli di una catena e al centro del polso era comparso un piccolo
cuore nero. Milziade non aveva mai visto nulla di simile e mosso da
una rabbia confusa si rivolse di nuovo al mago,mentre si teneva il
polso nel tentativo di alleviare la pressione di quella stregoneria.
“
Che
cosa mi hai fatto razza di bastardo incartapecorito?”
“Si
chiama catena del vincolo di Horklos,l'individuo soggetto a questo
incantesimo è vincolato ad una promessa o un
giuramento,stipulato
con la magia e se mai gli venisse in mente di infrangere gli accordi
presi o viene rimosso senza il consenso dell'incantatore,il soggetto
muore con l'arresto immediato del battito cardiaco. Una precauzione
nel caso ti saltasse per la testa di abbandonare questa nobile
ricerca....Ora,lascia che ti riveli qualche informazione,su quella
cosa che ossessiona i potenti fin dalla notte dei tempi.”
E
fu così che il nuovo contratto di Milziade fu stipulato,con
la sua
pelle come pergamena e la sua vita come inchiostro,ma per quanto
fosse arrabbiato sapeva bene di aver scelto volontariamente di
continuare il viaggio. La ricompensa per i suoi sforzi sarebbe stata
la più grande di tutta la sua vita,ben vengano i sacrifici
personali
e il dolore,non gli erano estranei,ma la soddisfazione finale sarebbe
stata alta,poco gli importava il prezzo,perché mai come in
quel
momento,la vendetta gli era parsa più dolce dell'ambrosia e
più
rovente del tartaro. Esattamente come l'aveva sempre immaginata.
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Capitolo 10 *** Faccia a faccia con l'invasore ***
Stanca,debole,fragile,ma
viva. Aprì lentamente gli occhi,con fatica,mentre il suo
corpo si
risvegliava dal torpore dello svenimento avvenuto nella piazza di
quella città chiamata Aegis. I suoi occhi chiari cercavano
di
riconoscere le sagome,i colori e i dettagli degli oggetti,aveva la
testa pesante e un sentore di secchezza in bocca,mentre ancora
ricordava ancora,seppur solo a pezzi,cosa le fosse successo.
Ricordava solo la mancanza di forze,una forte sensazione di
spossatezza dovuta all'eccessivo uso della sua magia,di cui aveva
abusato in una sola mattinata. Poi la sensazione di svenimento ed
infine quel orrido sapore che le era risalito dalla gola,seguita dalla
pozza rossa ai suoi piedi,poi il nulla e tutto fu buio. Nessun
sogno,nessuna premonizione,solo il nero più cupo le aveva
fatto
compagnia per tutto il suo sonno. Si mise su con la schiena con i
lunghi capelli d'oro disordinati che le scendeva lungo la
schiena,accorgendosi della presenza di una calda coperta di cotone
che l'aveva tenuta al caldo per tutto il tempo. La vista appannata le
impediva di scorgere chiaramente l'ambiente attorno a lei riuscendo
solo a vedere la leggera veste di bianco lino che le cingeva il
corpo,intuendo così che qualcuno,le avesse cambiato l'abito
che
aveva indossato fin da quando era fuggita. La vista si fece
più
nitida osservando con più accuratezza il luogo del suo
risveglio.
Era una grande stanza piuttosto spoglia di decorazioni,con semplici
mura di pietra bianca ad adornare la stanza,più chiari e
appariscenti erano anche la presenza di diversi tavoli appoggiati
contro un muro,con strumenti,libri e contenitori di diverso tipo di
cui non conosceva la funzione e la cosa di certo non la aiutava a
comprendere la sua presenza in quel posto. Poi si accorse della
presenza di due sagome opache e poco chiare,sintomo dovuto al suo
precedente malessere e all'improvviso se ne preoccupò un
poco.
“Maestà....
Disse
una voce anziana e dalla parvenza preoccupata. La figura le si
avvicinò di lato al letto e con la riduzione della distanza
le fu
più chiaro con chi aveva a che fare.
“Mago
siete voi,ha visto come sono migliorata con la magia?”
“Sciocca
incosciente,per poco non avete rischiato di morire,vi avevo detto che
non eravate pronta per evocare il carro,siete ancora inesperta con le
magie di luce e voi avete abusato del vostro potere.”
“Cosa
mi è successo?dove mi trovo?”
“Siete
nelle mie stanze,dove ho potuto salvarvi dal vostro disastro. Dai
controlli che ho fatto sono giunto alla conclusione che l'abuso dei
vostri poteri ha causato un aumento della temperatura interna,tanto
da ustionare gli organi interni e causarvi un emorragia. In parole
povere avete rischiato di cuocervi viva. Per fortuna sono intervenuto
in tempo e ho curato il danno con una potente pozione rigenerante. Ci
è mancato poco che raggiungeste i campi elisi.”
“Oh,capisco.
Mi dispiace avervi causato tanti problemi,ora però devo
raggiungere
gli altri.”
Nonostante
le poche energie che aveva in corpo Lucilla tentò di alzarsi
dal
letto,ma il vecchio incantatore glielo impedì poggiandogli
le mani
vecchie e scheletriche e con delicatezza rimetterla supina sul
letto,poggiandogli la testa sul cuscino e rimboccandole le coperte.
“
Cercate
di stare
tranquilla,il vostro corpo e molto debole e non sono sicuro che
potrete lasciare il letto così presto,come vostro salvatore
vi devo
chiedere di non compiere sforzi eccessivi,ne va della vostra
salute.”
“Ma
la missione...la visione....il demiurgo....”
“Suvvia
maestà,per un giorno o due il mondo non cambierà
più di tanto,il
demiurgo non è stato trovato da più di mille
anni,figuriamoci se lo
trovano adesso,che si hanno meno informazioni ora su di esso che in
passato. Comunque,ho portato qualcuno che può rassicurarvi
più del
sottoscritto,proprio li vicino al muro.”
La
ragazza spostò lo sguardo verso l'altro lato della stanza e
li,seppur sfocato,trovò qualcuno che non si sarebbe mai
aspettata di
rivedere,se non altro non per le sue condizioni. Era leggermente
sfocato ma poteva riconoscerlo chiaramente,gli era bastato vederlo
come si era poggiato alla parete,con le braccia conserte e subito lo
riconobbe.
“Milziade....”,disse
lei con tono flebile,segno che non si era ancora ripresa dal suo
arrivo in città.
“Guarda
un po' chi si è svegliata,come ti senti
principessa?”
“Bene
grazie,ma dove sono gli altri?”
“Quei
tre sono stati trattenuti dal consiglio della
città,chissà che cosa
volevano da loro,per tanto solo io sono potuto venire qui,per cui
eccomi qua.”
“Eri
preoccupato per me?”,chiese lei in maniera speranzosa.
“Preoccupato.....diciamo
solo che ero venuto a dare un occhiata è vedere se potevo
riscuotere
il mio compenso....”.in quel momento il guerriero prese tra
le mani
un sacchetto di pelle e lo fece scuotere facendogli sentire il
tintinnante suono di moneta sonante, “E come mi era stato
promesso
ecco la mia ricompensa per la scorta verso Aegis,quindi,si potrebbe
dire che la nostra relazione professionale possa finire qui.”
“Oh....capisco.”,disse
lei in tono triste e sconsolato. Infondo lui aveva ragione,era stato
pagato per proteggerla dalle insidie del percorso e per tanto non
c'era più bisogno che lui restasse li,era giusto
così. Ma allora
perché si sentiva triste nel saperlo andare via? Forse
perché si
era affezionata a lui,nonostante il poco tempo passato assieme?
Oppure era dovuto a quello che aveva visto nel passato di quest'uomo?
Eppure non ci aveva capito molto,tutto quello che aveva visto era una
città in fiamme e soldati imperiali,la scena di una
città
conquistata con la forza e la violenza,cosa che negli ultimi secoli
capitava quasi di continuo nella politica espansionistica di Nova,ma
questa era una cosa alla quale poteva essere capitata a
chiunque,sopravvivere ad un assedio era una storia più
frequente di
quella che ci si poteva aspettare,ma allora perché aveva
avuto
quella visione? Perché mai Apollo le aveva fatto dono di un
potere
così grande,solo per osservare dolore e violenza? Se c'era
un
disegno dietro a tutto questo non lo sapeva. E questa cosa la faceva
star male,a cosa serve la divinazione se non puoi cogliere nemmeno il
significato di quello che stai osservando?
“Ma
credo che resterò ancora un po'.”
Lucilla
sgranò gli occhi al sentire quelle parole,cosa aveva detto
Milziade?
“Come?”
“Ho
detto che resterò nella squadra,sono stato assunto per un
altro
incarico e per tanto resterò fino al ritrovamento di questo
Demiurgo,fino ad allora che vi piaccia io e il mio brutto muso
resteremo con voi fino a fine lavoro. Poi me ne andrò e la
prossima
volta sarà sul serio.”
Un
sorriso,sul volto della fanciulla apparve un sorriso,grande quanto la
gioia che provava in quel momento. Sentiva il bisogno di corrergli
incontro e di abbracciarlo più forte che poteva,ma sapeva
anche che
il mago aveva ragione e che avrebbe dovuto riposare se voleva
riprendere il viaggio per tempo,dopotutto sapeva cosa sarebbe stato
meglio fare eppure la tentazione di stare con lui era più
forte che
mai. Aveva ancora in mente quella visione della città in
fiamme e
dell'insegna dell'aquila dorata che in qualche modo erano legate a
lui,ma non sapeva ne come ne tanto meno perché. L'unica cosa
che
poteva fare ora era recuperare le forze e attendere il da
farsi,sforzarsi ulteriormente le avrebbe fatto solo del male e non si
poteva permettere di incorrere in altre problemi legati alla sua
magia,il suo corpo non avrebbe retto ad un altro colpo del genere ed
era un autentica fortuna,forse un volere di Apollo o di
chissà quale
altre divinità che il suo viaggio non terminasse li,in
quella
piazza,dove il suo sangue aveva macchiato il suolo del luogo che con
tanta fatica aveva raggiunto.
“Sia
lode a tutti gli dei dell'olimpo,la tua presenza qui e un segno che
Apollo veglia ancora su di noi.”
“Allora
in questo caso sono certo che la mia prossima paga sarà
più
generosa di quella attuale,ora se volete scusarmi vado a dare la
lieta novella ai miei tre nuovi compagni di avventure,sono
più che
sicuro che faranno i salti di gioia quando lo
sapranno.”,Milziade
si accostò dal muro e si diresse verso la piattaforma che lo
avrebbe
ricondotto alla sala del consiglio.
“Ricordati
di dire quella cosa a Midas,è importante che lo
sappia.”
“Si
tranquillo.”
E
strafottente come al solito uscì dalla stanza,lasciando soli
l'anziano e la giovane. Appena richiuse la porta smise di fingere con
la tranquillità e la spensieratezza che non aveva e
tornò con lo
sguardo irato e ricolmo di rabbia verso la sua attuale situazione. La
sua camminata era dura e monolitica,con il passo pesante di chi a
malapena riesce a contenere le brutte intenzioni e quello che voleva
a quel mago, a quella specie di catorcio d'uomo probabilmente
ultracentenario,lo aveva incastrato per bene. Certo anche lui aveva
trovato irresistibile la proposta dell'incappucciato,ma addirittura
mettergli addosso una cosa simile,quella magia,quella catena del
vincolo di chi non ricordava il nome e nemmeno gli interessava,lo
costringeva anche a dover rispettare i patti prestabiliti e peggio
ancora erano le condizioni per non morire per colpa della catena
segnata sul polso sinistro. La cosa lo rendeva tremendamente a
disagio per via degli svantaggi che portava quell'incantesimo,ed
erano parecchi. Dal punto di vista di un combattente costituiva una
preoccupazione continua,dato che nell'eventuale caso avesse riportato
una ferita seria in quel punto preciso del braccio forse sarebbe
morto,in quanto come gli aveva detto il mago tentare di eliminare la
catena equivaleva a morte certa e nel fortuito caso avesse ricevuto
un taglio o addirittura un amputazione della mano lui sarebbe morto
sul colpo,ancor prima che il dissanguamento del moncone lo avesse
ucciso. Tuttavia non poteva esserne certo dato che sempre di magia si
trattava e quindi non se ne intendeva,per tanto non era certo del suo
corretto funzionamento e perciò poteva tanto sbagliarsi
quanto aver
ragione. In un caso o nell'altro si sentiva come un cane con una
catena al collo, con un padrone misterioso,che non aveva detto molto
di se e brevemente gli aveva spiegato qualcosa sulla missione. Ma gli
era stato rivelato solo il necessario e per tanto non aveva
abbastanza informazioni sulla faccenda,cosa che lo irritava
parecchio. Salì sulla piattaforma e salì per
tornare dagli
altri,quei nuovi compagni che non aveva certo suscitato in loro le
migliori delle simpatie,ma li avrebbe sopportati se questo gli
avrebbe fatto comodo,si mise l'animo in pace e avrebbe cercato di non
litigarci....almeno non più del dovuto. Ma la cosa peggiore
che gli
potesse capitare era come quel longevo bastardo sapesse di quel
nome,strategos,così lo aveva chiamato. Da chi lo aveva
saputo? Quali
erano le sue fonti di informazioni? Da quanto tempo lo sapeva e aveva
detto il vero che nessuno degli altri invischiati in quella storia
sapesse del suo passato? E se fosse stato così quanto ancora
avrebbero mentito sulla questione? La sua preoccupazione stava
sfiorando la paranoia,era da molto,ma molto tempo che nessuno si
riferiva a lui in quella maniera,quando un tempo il significato di
quella parola,strategos, aveva un significato che ormai non si usava
più da almeno qualche generazione. Per quello che stava
sentendo nel
cuore avrebbe voluto passare a fil di spada il mondo intero,tanta era
la rabbia in lui che temeva di esplodere,come i fulmini del tonante
Zeus in una tempesta burrascosa. Però no,non ne valeva la
pena,non
quando una ricompensa come quella che agognava da tanto,troppo tempo
era a portata di mano e non più solo una fantasia. Sarebbe
rimasto
calmo,sfacciato e sbruffone come al suo solito,infondo e
così che il
mondo lo conosceva adesso e avrebbe continuato
così,finché gli
avrebbe fatto comodo,fino a che non avrebbe smesso di viaggiare con
la bionda e il suo seguito,ai suoi occhi più che una scorta
sembravano un circo,ma se doveva continuare con quella commedia
allora avrebbe continuato,poi per il futuro avrebbe visto sul
momento,per ora solo i suoi desideri gli interessavano,il resto non
gli importava. Mentre la piattaforma si bloccava all'ultimo piano Il
guerriero avanzò con passi lenti mentre faceva passare il
nervosismo
con il controllo del respiro,ispirando ed espirando,lentamente,giusto
per dare tempo al battito cardiaco di rallentare e riprendere la sua
normale velocità. Calmo,doveva restare calmo,continuare a
mantenere
le apparenze,ormai non era più una questione di andarsene,ma
di
restare nel gruppo,impresa ardua ma ci avrebbe provato. Si
trovò di
fronte alla porta del consiglio quando decise di fermarsi un
attimo,fare un respiro profondo ed entrare come se non fosse successo
nulla di importante. Appena entrò dentro il salone venne
squadrato
con lo sguardo dal seguito di Lucilla,mentre nello stesso istante i
quattro membri del consiglio erano ancora in discussione,con solo
Midas a fare da testimone attento alle loro discussioni.
“Dove
sei stato?”,chiese il nano con tono duro e quasi collerico.
“Sono
andato a trovare la vostra nobile fuggiasca,si è ripresa
è adesso
sta bene.”
“Allora
che stiamo aspettando,andiamo.”,parlò il giovane
Braxus che preso
dalla lieta novella si stava già dirigendo verso la
piattaforma,ma
Milziade con un braccio gli bloccò la strada.
“Aspetta
un attimo,non puoi andare.”
“E
perché mai?”
“Non
sta ancora bene,bisogna lasciarla riposare e comunque questo non
è
un buon momento per andare,sono tornato quassù
perché ho un
messaggio da parte del vecchio e deve saperlo anche il
consiglio,quindi se permetti....UN ATTIMO DI ATTENZIONE
GENTE.”
Urlò
all'improvviso il mercenario rivolgendosi con la più totale
mancanza
di garbo ai membri del consiglio.
“Come
osi interrompere una seduta del consiglio senza essere stato
interpellato? Meriteresti di essere fustigato per questo”
Disse la
donna dalla chioma rossa indignata da quella brusca interruzione.
“Perdonatemi
se vi interrompo nella vostro quotidiano spreco d'aria,ma sono venuto
a recapitare un messaggio da parte del mago,dice che è
urgente.”
“Allora
procedi umano.” Rispose lo gnomo
“Riferisce
che una sua fonte lo ha informato di un invasione di barbari ai
confini settentrionali dell'impero,pare che la città di
Magentius
sia stata saccheggiata e che adesso una parte dell'orda voglia fare
razzia dell'intera provincia qui vicino.”
“Non
vedo come questa informazione possa esserci d'aiuto nella nostra
situazione.”
“Adesso
ve lo spiego,noi sappiamo che questa informazione e vera e se i
messaggeri dell'alto comando imperiale sono veloci come si spera
entro oggi riceveranno la notizia e per fare in fretta potrebbero
attaccare la città senza neanche volerla
conquistare,anzi,potrebbero
addirittura tentare di distruggerla da cima a fondo,anche solo per
uccidere Lucilla,dato che non sanno dove la state
nascondendo,n'è
tanto meno sanno delle sue condizioni di salute,quindi per questa
ragione,mi è venuta un idea.”
“E
quale sarebbe questa idea mercenario?”
“Ve
lo dirò,ma prima ho bisogno di un informazione”
“Quale?”,rispose
l'uomo con la testa da sciacallo.
“Sapete
nulla di una giumenta pezzata che si è persa in
città?”
Nevia
si era ripresa quasi completamente dall'uso forzato della sua
armatura alata,era abbastanza in forze da controllare il piano di
battaglia e chiamando a se il suo consiglio militare. Alla lunga
tavola erano stati riuniti gli sotto al suo comando diretto,veterani
della legione che per titoli e meriti si erano distinti per il valore
e lealtà durante la loro carriera militare.
Centurioni,comandanti di
cavalleria e di artiglieria erano tutti presenti dopo aver ricevuto
l'ordine di presentarsi dinanzi a lei. L'aria all'interno del
pretorium era fresca e il tendone riparava dall'afa
pomeridiana,mentre gli invitati sorseggiavano acqua fresca da coppe
di vetro mentre la donna di fronte a loro stava in piedi,rigida e con
l'armatura indosso,li osservò uno ad uno con sguardo
tagliente
mentre dall'espressione del suo volto si poteva leggere la disciplina
con la quale teneva in scacco l'attenzione dei suoi colleghi uomini.
Il suo servo poco distante da lei teneva le mani in grembo,in attesa
che la sua signora avesse bisogno di lui.
“Qual
è lo stato delle truppe?”, Ordinò Nevia
con tono imperioso.
“I
soldati sono riposati e pronti alla battaglia,sono fermi in attesa di
ordini comandante.”,rispose un umano dalla barba e i corti
capelli
grigi,uno dei veterani sotto il comando della donna.
“E
per quanto riguarda l'assedio? Cosa suggerite a riguardo?”
“Secondo
i nostri esperti la valle presente un territorio
pianeggiante,nonostante la presenza di montagne il terreno in cui ci
troviamo non ci ostacolerà nei movimenti per l'assedio e
spostare
gli arieti e le baliste,per quanto riguarda le catapulte i nostri
ingegneri hanno già calibrato la traiettoria dei
colpi,danneggiando
i loro difensori sui bastioni mentre gli arieti faranno breccia nelle
mura e nella porta cittadina sul nostro versante. Suggerisco di
colpire con forza,formando così una testa di ponte con la
fanteria,che entrerà in città,fornendoci
così un apertura sicura.”
“
E
sia,tuttavia c'è il pericolo che gli insediamenti limitrofi
alla
città e il lago siano ottimi punti per poterci aggirare e
schiacciare da entrambe le parti. Non escludo che abbiano in serbo
rinforzi per attaccarci ai fianchi e indebolirci su i due lati. Per
tanto faremo avanzare la fanteria di prima e seconda linea in
città
e nel frattempo terremo al sicuro il centro del nostro esercito,con
corpi di cavalleria su entrambi i lati,la retroguardia formata dagli
ausiliari e i legionari con meno esperienza assicureranno forze
fresche in grado di dare man forte ai nostri uomini più
esperti. Per
quanto riguarda le squadre di maghi e sacerdoti li terremo al
centro,dove saranno più al sicuro. Oggi dobbiamo aspettarci
di
perdere molte vite...e adesso prepariamoci,abbiamo una città
da
conquistare.”
Ma
non fece in tempo a congedare i subalterni che un legionario
entrò
di fretta e furia nel pretorium ,guadagnandosi così uno
sguardo di
sorpresa e di indignazione per quel giovane soldato,entrato in quel
luogo riservato a cariche ben superiori alla sua.
“Comandante
Nevia,chiedo perdono per questa intrusione,ma è
urgente.”
“Allora
non stare fermo come una cariatide e parla,prima che perda la
pazienza.”,disse lei mentre stringeva il pugno,per
trattenersi dal
punire la giovane recluta per la sua intromissione.
“Alle
porte del castrum sono giunti tre individui dalla
città-stato di
Aegis,dicono di essere la scorta personale della nobile
fuggiasca.”
“Cosa?”
“Hanno
chiesto di voi,a parte questo non hanno aggiunto altro.”
A
sentire quella dichiarazione la ragazza si guardò attorno
come
spaesata,non si aspettava un azione simile da parte di una nemica
dell'imperatore. Che fosse stata la paura di una vittoria imperiale a
muovere i suoi custodi al campo nemico e chiedere pietà? Era
davvero
stata tradita dal suo seguito ed erano intenzionati a venderla in
cambio di una ricompensa,oppure volevano chiedere di avere salva la
vita? O forse ancora la città-stato di Aegis gli aveva
offerto asilo
solo per poterla tenere prigioniera ed erano intenzionati a
consegnarla in cambio di qualche garanzia? Non sapeva la risposta a
tutto questo,ma una cosa era certa,doveva verificare le intenzioni
di quegli individui e capire perché desiderassero parlare
con lei.
Infondo cosa poteva andare storto? Aveva un intera armata al suo
seguito,con maghi e sacerdoti a darle supporto,sapeva bene di avere
le spalle coperte e per lo più sentiva la vittoria in pugno.
Qualunque gioco stessero giocando lei avrebbe vinto,infondo non
poteva perdere,l'imperatore stesso l'aveva mandata a risolvere la
situazione.
“Dove
sono ora?”
“Attendono
di poter entrare nell'accampamento.”
“Comunica
di farli entrare,voglio sapere le loro intenzioni,muoviti.”
Il
soldato non rispose nemmeno a quella richiesta che subito era uscito
di corsa,diretto così alla postazione di guardia,con passo
lesto e
il cuore a mille. Aveva temuto di essere ucciso per l'irruzione
durante il consiglio di guerra.
“La
riunione e conclusa,l'esercito resta in attesa fino a nuovo
ordine,andate.”,disse Nevia sbrigativamente.
Gli
uomini seduti al tavolo si alzarono nel medesimo momento e portando
il pugno sul cuore si congedarono dal comandante,lasciandola sola con
il suo servo,rivelando solo a lui le proprie preoccupazione,sapendo
che il fauno era una conoscenza ferma e solida in quei momenti in cui
lei,per quanto forte e autorevole sentiva il bisogno di confrontare i
propri pensieri con qualcuno,al punto tale che se in pubblico
appariva dura,nel privato si rivelava essere una persona più
morbida
e aperta al dialogo senza però perdere quell'aura di
sicurezza che
aveva in se stessa. Leuco lo sapeva bene.
“Cosa
ne pensi?”,chiese lei con tono più basso e calmo.
Leuco
stava in piedi a fianco della sua padrona,mentre giocherellava coi
flauti,facendoli ruotare lentamente tra le mani,con espressione
pensosa mentre osservava con attenzione il movimento prodotto dal
gioco delle sue mani,portato con abilità e destrezza
eccellenti.
“Mi
pare strano,fare tutta questa strada solo per presentarsi all'ultimo
a voler fare la vostra conoscenza,non so cosa posso passargli per la
testa.”
“In
questo caso terrò la guardia alta e vedrò cosa
vogliono da
me,l'unico modo per saperlo e parlarci,altra scelta non mi conviene
prendere.”
“Concordo.”
“Andiamo
a dargli il benvenuto.”
In
lontananza,da sopra una delle torri di guardia poste sulle mura
cittadine,una strana figura osservava il castrum da una posizione di
sicurezza,deliziandosi con interesse della situazione che stava
vivendo l'accampamento imperiale. All'apparenza sembrava una
normalissima ragazza in tutto e per tutto: Corti capelli a caschetto
contornati da una fascia formata da striscioline di cuoio scuro
intrecciate che stringeva appena la fronte e una carnagione
olivastra,comune tra gli abitanti del deserto,era ricoperta da una
corte veste di lino chiara senza maniche che lasciava scoperte le
braccia dove su entrambi gli avambracci si notavano vistosamente una
serie di geroglifici segnati con un inchiostro nero,mentre alla vita
portava una corta gonna di cuoio e ai piedi indossava dei leggeri
sandali di papiro,di ottima qualità,legati ai piedi per
mezzo di
lacci che gli circondavano anche la zona dei polpacci,per una
maggiore aderenza con le calzature. Fin qui nulla di strano,se non
fosse stato anche per delle curiose orecchie di gatto che gli
spuntavano da sopra la testa,due occhi azzurri dalle pupille strette
e una forma magra e insolitamente sinuosa,proprio come quello di un
gatto. Teneva nella mano una lente azzurra grande quanto il palmo
nelle sua mano e se la portò all'occhio destro mentre con
l'altra
mano raggiunse un sacchetto di stoffa dalla quale estrasse un dattero
e se lo portò alla bocca,seduta comodamente sulle tegole del
tetto e
senza troppo soffrire il caldo di quella giornata.
“A
me l'occhio di Horus,che tutto vede sotto il sole.”
Poche
semplici parole e la lente ingigantì di migliaia di volte la
sua
vista sugli avvenimenti del campo imperiale,osservando nitidamente e
con attenzione il muoversi dei legionari al centro del campo per
accogliere con le dovute precauzioni l'arrivo delle tre guardie del
corpo della giovane Lucilla. Spostò lo sguardo verso il
cancello
d'ingresso,notando un elfo in groppa a un cavallo bianco e un nano a
dorso di un piccolo cavallo dalle zampe tozze,sapeva di dover
prendere la cosa sul professionale,ma la visione di una persona
così
bassa e tozza in groppa a un equino così piccolo le fece
scappare
una risata.
“Per
Bes,i nani sanno sempre distinguersi nel voler sembrare seri in
situazioni che hanno dell'assurdo.”,disse lei divertita tra
se e
se.
Poi
mosse il suo sguardo sulla terza figura,sembrava un umano,indossava
una di quelle vecchie armature di bronzo tipiche degli opliti e
montava un cavallo pezzato,dove vicino alla sella portava una lancia
e al fianco dell'uomo pendeva una corta spada ricurva. Sapeva
esattamente chi era e a quel punto il sorriso della scena precedente
cambiò in una smorfia carica di stupore,come una nobildonna
che
osserva un grossa pietra preziosa o di un bambino che scopre un nuovo
gioco,lo stesso valeva per lei nell'osservare la figura del
mercenario che si addentrava nella tana del leone,ma sarebbe stato
più corretto dire nel nido dell'aquila,ad ogni modo era
pronta a
vederne delle belle. In fondo lo sapeva,dove c'era lui nulla andava
mai come previsto.
“Milziade,allora
era vero quello che avevo sentito dire su di te,ti metti a lavorare
per le principessine adesso? Sono certa che neanche adesso deluderai
le mie aspettative.”
Prese
un altro dattero e lo masticò lentamente,pregustando la
scena che
stava per svolgersi,mentre alle sue spalle la città stava
facendo
più trambusto del normale,con guardie e soldati che si
stavano
radunando in città. Doveva solo aspettare,sapeva che presto
o tardi
quel prezzolato ne avrebbe fatta una delle sue. La ragazza non stava
più nella pelle.
Il
portone di fronte a loro venne aperto mentre i soldati dediti alla
sua guardia osservarono guardinghi le azioni dei tre inviati,mentre
le loro mani si posarono sui manici delle spade e delle lance,facendo
ben notare la loro intenzione di usarle,se necessario. Appena
entrarono nell'accampamento videro due file di legionari posti su
entrambi i lati della parte centrale dell'accampamento,lungo tutta la
strada,se così la si poteva definire,fino alla spiazzo del
castrum.
Le tre cavalcature,leggermente intimorite furono incoraggiate ad
avanzare a passo lento,senza fretta,dando l'impressione di apparire
calmi e sicuri di se,come un vero dignitario avrebbe dovuto
comportarsi. Ma l'apparenza era ben lontana dal rispecchiare la
realtà. Prima di tutto andava considerato il fatto che quei
tre non
erano assolutamente tagliati per quel tipo di compito,Milziade in
particolar modo data la sua esperienza con i bassifondi del crimine,i
signori della guerra,un ricercatore che chiedeva la testa di un
mostro,insomma cose di questo tipo. Non era roba per lui parlare a
nome dei potenti o dei nobili,comportandosi come se fosse a casa di
ospiti mentre allo stesso tempo discuteva di politica,di matrimoni
tra le casate,di un offesa subita in grado di far scoppiare una
guerra e altre cose simili che lui definiva, “Una pericola
miscela
tra scemenze prese troppo seriamente e lecchini che davano il massimo
per dare pessimi consigli a persone furbe quanto un mattone troppo
pigre anche solo per defecare.”,questo era il suo punto di
vista
sul fare l'emissario per qualcun altro,sicuramente gli piaceva di
più
fare il mercenario,il cacciatore di mostri e nel suo attuale
caso,anche la guardia del corpo. D'altro canto il nano sembrava
tenere un broncio così evidente che un salice piangente in
confronto
sembrava più divertente e riguardo all'elfo sembrava
calmo,distaccato,col portamento realmente altezzoso e non solo una
farsa come facevano gli altri due. E mentre avanzano il mercenario
si guardò attorno osservando,come era di sua abitudine,le
diverse
tipologie di soldati. All'apparenza sarebbe stato banale soffermarsi
su quelle cose,era certo che non avrebbero dovuto combattere in tre
un intero esercito,sarebbe stato folle e quanto mai impensabile per
una persona sana di mente,ma nella sua lunga esperienza con le armi e
i combattimenti Milziade aveva imparato a non sottovalutare la
presenza di dettagli importanti,come il tenere conto dei legionari,la
fanteria di base di ogni esercito noviano,con indosso la lorica
segmentata,il gladio e lo scutum sempre con se,molti schieranti sul
percorso da fare per raggiungere il comandante dell'armata come
sfoggio di forza e disciplina dell'armata atta a intimidire emissari
e messaggeri nemici,oltre che fornire protezione in caso di attacchi
improvvisi. Poi c'erano gli arcieri e i giavellottisti
ausiliari,provenienti dalle tribù sottomesse,sia di umani
che di
altre razze tiratori di prima linea,che armati alla
leggera,scagliavano giavellotti su i nemici vicini,per poi
allontanarsi lasciando spazio ai combattenti da mischia. E in
lontananza si potevano notare le armi d'assedio, vere e proprie armi
di distruzione,arieti,torri d'assedio,catapulte,i noviani erano
divenuti famosi non solo per l'efficacia della loro fanteria
pesante,ma anche per la loro maestria negli assedi e nel conquistare
città considerate inattaccabili. Temere
l'aggressività
espansionistica di una simile nazione non era una cosa da prendere
alla leggera,c'era un buon motivo se da secoli erano considerati la
forza più temile della loro epoca.
“Avete
visto quanti sono? Nemmeno tutti i clan delle montagne di ferro
possono contare un numero così grande di truppe,in quanto
equipaggiamento però potevano sforzarsi per avere qualcosa
di
meglio.”, disse Gordlack stupito dal numero di persone che
vedeva
attorno a loro.
“Quando
sei la potenza più grande del mondo intero non ti preoccupi
se le
tue armi splendono di più sotto la luce del sole o il tuo
scudo
porta l'insegna più bella della tua casata. Sono soldati,con
armi da
soldati e combattono come soldati,l'estetica qui non c'entra niente.
Pura e semplice funzionalità.”,rispose Milziade
con serio.
“Forse,ma
personalmente penso che un minimo di gusto estetico non gli farebbe
male,ma a parte questo continuo a pensare che sia una pessima
idea,sei sicuro che funzionerà mercenario?”, disse
l'arciere con
aria tranquilla e tono basso.
“Non
n'è sono certo,molto probabilmente si scalderanno e
prenderanno la
cosa come una sfida e non accetteranno di buon grado le nostre
condizioni,possiamo solo sperare che il mago abbia ragione e che i
miei calcoli siano esatti,in ogni caso lo sapremo solo se ci
proveremo.”
Altro
non si sentì di dire Milziade,poiché
effettivamente di cui parlare
c'era poco. Ormai erano in trappola,tanto vale andare fino in
fondo,anche in senso letterale poiché l'ingresso dalla quale
erano
entrati si faceva sempre più lontano. Mentre passavano per
il campo
videro osservarono di sfuggita l'allestimento del campo. Tende
bianche per i soldati comuni erano sparse a macchia d'olio per buona
parte della vallata,con strade e stradine improvvisate dai soldati
stessi,che nell'allestimento del campo svolgevano anche il compito di
operai edili,consentendo così di unire le funzione del
soldato e del
lavorato comune in ogni singolo uomo che combatteva per l'impero.
Nelle tende si potevano sentire le voci delle migliaia di uomini che
parlavano,mangiavano o giocavano ai dadi,altri invece se ne stavano
seduti a rifare il filo alla spada,oppure erano intenti a riposare su
un basso seggiolino mentre si godevano il riposo dal turno di guardia
oppure si prendevano un attimo prima di andare ad allenarsi con i
loro compagni d'armi. Molti di loro erano giovani,ragazzi che avevano
finito da poco l'addestramento e la maggior parte dei nuovi arrivati
avevano visi freschi e senza un graffio o un ammacco di qualunque
tipo,segno che non avevano mai ricevuto la loro prima esperienza sul
campo di battaglia,poi si potevano riconoscere i più
esperti,uomini
di mezza età,con qualche esperienza in campo bellico,che
avevano già
assaggiato l'amaro gusto della guerra,lo si riconosceva dai tagli e
dalle piccole cicatrice sul volto e nei casi peggiori anche da parti
gravemente segnate,come pezzi di orecchio mancanti oppure nasi
tumefatti con piccole protuberanze innaturali,segni di pessime
medicazioni,cosa abbastanza comune tra i soldati più
sfortunati. Poi
c'erano i veterani,anziani combattenti che non erano saliti di grado
nell'esercito,ma che erano molto rispettati tra i combattenti
più
giovani,alla quale non mancavano di dare consigli su come tenere lo
scudo durante l'avanzata,oppure come colpire nei punti deboli del
nemico quando si trovava scoperto ed era più vulnerabile per
essere
attaccato,quest'ultimi,seppur non più nel pieno della
forza,costituivano la base per l'apprendimento delle nozione della
guerra fuori dall'addestramento generale. Dopo poco giunsero in un
grande spiazzo,posto prima del pretorium,grande almeno centodiciotto
piedi in lunghezza e cinquanta piedi in larghezza,usato
principalmente per i festeggiamenti durante le serate per celebrare
una vittoria importante,ma sopratutto come area di addestramento per
le truppe alle nozioni del combattimento e nel movimento nelle
diverse formazioni. Ma in quel momento la piazzetta,se così
la si
poteva definire,era occupata da un serrato gruppo di guardie,che
circondavano tutto il perimetro dell'area,con i volti tesi e
minacciosi come i loro colleghi lungo tutta la strada fatta per
arrivare fin li,dove di fronte alle porte della tenda principale
spiccava più appariscente di tutti i presenti,la figura di
Nevia
Troneggiava su tutte le altre,con l'armatura addosso ad eccezione
dell'elmo,che aveva tenuto in disparte in quanto voleva che vedessero
in faccia la donna che comandava da sola un intera legione. La
posizione del suo corpo era messa in modo trasmettere forza,ma anche
sicurezza,come un vero generale avrebbe dovuto fare quando si
accoglieva un nemico nella sua zona e quegli inviati per lei,non
erano diversi,nemici anche loro,anche se erano venuti a parlare per
conto di qualcun'altra,poco importava comunque fossa andata lei ne
sarebbe uscita vittoriosa. Aveva le armi,aveva gli uomini e aveva i
mezzi,cosa poteva andare storto?
“Ebbene,quale
messaggio recate da parte di quella traditrice?”,chiese Nevia
con
tono autoritario. Per reazione a quella domanda l'elfo e il nano si
guardarono un attimo tra di loro,restando fermi sulle loro
cavalcature e senza dire una parola,poi si girarono
contemporaneamente verso il mercenario che distrattamente si guardava
attorno,per poi accorgersi che gli altri due lo stavano fissando con
volti statuari e sguardo piatto.
“Volete
proprio farli arrabbiare vero?”,chiese Milziade con tono
rilassato,
“Se insistete tanto....”, detto ciò
scese da Briseide e facendo
qualche passo in avanti si rivolse alla ragazza,che lo stava fissando
con occhi rancorosi,sembrava non sopportare la scenetta alla quale
aveva assistito,trovandosi così a fissare la figura del
guerriero
sbarbato,col pettorale squarciato e solo una spada al fianco. Non
proprio la persona più adatta a mandare un messaggio,nemmeno
se il
ricevente fosse stato un pezzente seduto a mendicare in un angolo di
città.
“Parla.”
Milziade
si guardò un attimo attorno e constatò quante
persone lo stessero
osservando in quel momento,bene,se tutto andava come
previsto,più
testimoni c'erano meglio era,ora poteva dare il via ai giochi.
“Non
c'è un maniera giusta per dirlo perciò lo
dirò e basta....”,fece
una breve pausa,silenzio di tomba,tutti che aspettavano la fine di
quello scambio di parole. Tutti che lo fissavano intensamente,come ad
aspettarsi chissà quale rivelazione,quale richiesta poteva
suscitare
in un uomo una tale raccolta di energie per poter tornare a parlare?
“...andatevene.”
Tornò
a parlare e l'espressione sul volto di tutti i soldati
presenti,compreso quello di Nevia,che stava guardando Milziade con
gli occhi iniettati di sangue,come quelli di un toro che sta per
caricare a testa bassa e nel mentre teneva la bocca aperta,come in
moto di sorpresa improvvisa,tanto grande e forte da annientare ogni
pensiero precedentemente ragionato sull'argomento. Di tutte le cose
che poteva dire,di tutte le richieste,le suppliche che immaginava di
sentire non si sarebbe mai aspettata quello. Andatevene,lo aveva
detto in maniera talmente piatta e banale che la cosa non sembrava
dare alcun peso emotivo a quell'uomo e la cosa la faceva infuriare
come un niente.
“Che
cosa hai appena detto?”,disse lei con il tono della voce
più alta
e sostenuta,come a voler far capire che stesse facendo di tutto per
trattenersi dall'ucciderlo con le sue mani. D'altro canto lui
ricambio il suo sguardo con un cambio dell'espressione rigida e con
gli occhi che la guardavano dall'alto verso il basso,come se a
detenere il potere in quella discussione fosse lui.
“Cos'è
sei sorda? Sei lenta di comprendonio? Devo farti un disegno
così lo
capisci meglio? Vi ho detto di andarvene,alzate i tacchi,levate le
tende,togliete il disturbo,sparite,perché la battaglia che
avevate
in programma di iniziare oggi non ci sarà.”
Nessuno
si sarebbe aspettato una risposta simile,tutti i soldati,i maghi,i
sacerdoti e tutte le razze li presenti,in quel semplice pezzo di
terra occupato da invasori di una terra vicina,dove il nemico della
città dalle bianche mura si sentiva più
potente,con i suoi
uomini,la sua grande armata e la sua notevole potenza bellica,era
stata insultata,sbeffeggiata e messa in ridicolo dal misero portavoce
di una ragazzina fuggiasca e riconosciuta come criminale
dall'imperatore in persona. E metterci la faccia era lei,Nevia
Placidia Sannita ad essere trattata a pesci in faccia da
quell'uomo,che la stava fissando con quell'aria da semidio,doveva
avere qualche problema di raziocinio,perché se credeva che
si
sarebbe fatta trattare così di fronte ai suoi uomini,che con
tanta
fatica,sangue e sacrifici si era guadagnata il loro rispetto,a
discapito del fatto di essere la prima donna nell'impero non solo ad
essere riconosciuta al pari dei suoi colleghi maschi,ma anche di
comandare un intera legione,lei,una donna. No,non avrebbe accettato
un trattamento simile,sguainò una delle sue spade e la
puntò in
direzione del petto di Milziade. Gli occhi di Nevia trasmettevano una
rabbia tanto palpabile che il guerriero poteva sentirla addosso di se
e il viso contratto in un ira incandescente,che snudava i denti della
giovane donna facendola sembrare un feroce e massiccio mastino che ha
stento veniva tenuto dal debole collare della razionalità.
La lama
scintillava della luce del sole,percorrendo tutto il filo del gladio
di nobile fattura,che sembrava alquanto rigida ma lievemente
scossa,da quella mano pregna di febbricitante voglia di uccidere
l'uomo che aveva di fronte.
“TU
OSI PRENDERTI GIOCO DI ME STRACCIONE? TU? NEL MEZZO DEL MIO
ACCAMPAMENTO? NEL PIENO CENTRO DELLA MIA LEGIONE? QUALE IMPUDENZA LA
TUA,FOLLE DISSENNATO. QUALE PROBLEMA NELLA MENTE TI HA FATTO CREDERE
CHE PER UN SOLO ISTANTE DI POTERMI PARLARE COSI' E USCIRNE
VIVO?”,
urlò lei con tutto il fiato che aveva in gola,mentre l'arma
vibrava
nelle sue mani e le ali dell'armatura fremevano dall'emozione
incontrollabile.
“Il
fatto che siate stati così stupidi da pensare di attaccare
una
città-stato neutrale in grado di difendersi,quando un
baraonda di
selvaggi proveniente dalle terre più a nord sta per entrare
ai
confini dell'impero.”,disse lui piattamente e senza un filo
di
emozione,come a voler mostrare di aver il totale controllo della
situazione. Nel sentire quelle parole la rabbia che aveva posseduto
Nevia ora stava lentamente facendo spazio alla sorpresa,il viso si
rilassò e il suo sguardo da furioso si fece
indagatore,voleva capire
il significato di quella frase,ma la spada restava sempre li,tremante
di rabbia,che seppur diminuita era pur sempre presente,gli scorreva
ancora dentro e difficilmente gli sarebbe passata come se nulla
fosse. Quel vile galoppino l'aveva presa in giro di fronte all'intero
esercito e per questo l'avrebbe pagata,ma non prima di scoprire
qualcosa su quella nuova informazione.
“Di
cosa stai parlando?”
“Sto
parlando di un invasione da parte delle tribù libere,sono
dirette
verso Magentius e intendono attaccare su vasta scala e voi sapete
bene che quella gente non è tipica a conquistare
insediamenti,preferiscono distruggerli,ma non c'è bisogno
che vi
faccia una lezione di storia vero?”
“Dato
che me l'hai detto così spontaneamente ora speri vivamente
che io
creda alla tua storia,non'é forse così?
Oltretutto dovresti avere
con te una prova affinché io possa....”,ma il
comandante non fece
in tempo a finire la frase che Milziade tirò fuori da uno
dei
bracciali di bronzo quello che sembrava un foglio di pergamena e glie
lo gettò ai piedi. Lei di certo non si era aspettata un
azione
simile e vedere quel pezzo di cartapecora brutta e ingiallita ai suoi
piedi la aveva momentaneamente spiazzata. Raccolse con la mano libera
il foglio di pergamena senza però distogliere lo sguardo
dall'uomo,aprì il foglio con la mano libera e
cominciò a leggere.
Le parole segnata dall'inchiostro riassumevano un insieme di brevi
resoconti di diverse squadre di ricognitori sui confini più
a
settentrione dell'impero,segnalando diverse incursioni di piccoli
assembramenti di barbari,orchi e altri razze che si erano addentrati
per fare razzie di villaggi e fortini militari. La nota terminava con
l'ordine di richiamare la ventiduesima legione di terminare l'assedio
alla città-stato di Aegis e di fornire supporto alla settima
e alla
quindicesima legione già di stanza sul confine con effetto
immediato. Sul fondo del foglio era presente anche il simbolo di una
corona d'alloro con all'interno la testa di un lupo,simbolo personale
di Lucio Cornelio Silla. Lei osservò ancora la lettera con
minuziosa
attenzione,per poi accartocciarla e gettare a terra,mostrando una
smorfia di sdegno verso l'uomo,che non sembrava affatto impressionato
da quella reazione.
“Credevi
forse che sarei cascata in questo trucco? L'imperatore mi aveva
avvertito della presenza di un mago al servizio di Midas,qualunque
mago di basso rango saprebbe riprodurre una lettera in latino,con la
stessa calligrafia e uso delle lettere in codice del nostro servizio
postale. Beh se il tuo piano consisteva in quello di sorprendermi ti
sei sbagliato di grosso,ci vuole molto di più per ingannare
Nevia
Placidia Sannita,comandante della ventiduesima legione.”
“Comandante
Nevia....”
La
ragazza si girò in direzione della nuova voce che si era
intromessa
nel suo monologo. Era un nano,dalla corta e folta barba bianca simile
a quella che si poteva vedere sui busti degli antichi
filosofi,indossava una toga rossa,tipica dei maghi di servizio nelle
armate di Nova e una corona di foglie d'alloro gli cingeva il
capo,correva a più non posso sulle sue corte e tozze gambe.
Giunto
davanti a lei la fissò con timoroso rispetto con i suoi
occhietti
piccoli e dalle pupille verdi.
“Parla
mago.”
“Ave
comandante,sono spiacente per l'interruzione ma deve vedere
questa,appena arrivata.”, e il nano a quel punto le
passò qualcosa
che teneva in mano,era una pergamena pulita e
arrotolata,contrassegnata dal sigillo in cera lacca del servizio
postale militare,che si riconosceva da un aquila dalle ali spiegate
che tiene una pergamena tra gli artigli. La ragazza titubò
per
qualche secondo prima di ritirare la spada nel fodero,rompere il
sigillo e srotolare completamente la pergamena contente l'urgente
messaggio. Milziade rimase immobile,osservando con attenzione lo
svolgimento della scena che si era già fatto nella sua mente
e che
adesso si stava svolgendo di fronte a lui,la prova che
confermò le
sue aspettative furono presto evidenti nella reazione della
soldatessa noviana. Nevia lesse la lettera con occhi spalancati e
sguardo perso nel vuoto,ormai aveva riconosciuto il testo del
messaggio ed era scritto nello stesso identico modo,la calligrafia,la
tonalità dell'inchiostro,la disposizione delle lettere e gli
spazi,persino il simbolo dell'imperatore era il medesimo. Non poteva
crederci,il testo era esattamente lo stesso,combaciava in tutto e per
tutto alle parole scritte sul foglio che si trovava malamente
arrotolato ai suoi piedi.
“Com'è
possibile? Non può essere,ma come.....”,non fece
in tempo a finire
la frase che subito si fece prendere da un nuovo attacco di
collera,gettò via la pergamena e puntò il dito
contro Milziade.
“Tu,perché
siete venuti qui?”
“Che
intendi dire?”
“Se
sapevate già che il messaggio sarebbe arrivato,allora
perché siete
venuti nel mio accampamento? Non c'era ragione per la quale vi
sareste dovuti incontrare con me.”
“Oh
è qui che ti sbagli.”,disse lui mostrando poco
alla volta un
sorriso sardonico, “Non hai notato nulla di particolare? Non
trovi
che ci sia qualcosa di sospetto nel nostro arrivo?Non ci
arrivi?”,fece una breve pausa,la seconda del loro
incontro,come se
volesse darle il tempo di rendersi contro dell'errore che aveva
fatto,ma l'espressione sorpresa di lei gli fece intuire di non aver
colto la soluzione del dilemma e per questa ragione fu lui a dovergli
dare una risposta.
“Il
tuo errore e stato quello di aver dato inizio a questo
incontro,appena entrato ho capito subito quanto ti era adoperata per
fare bella figura con noi tre,il seguito della principessa
fuggiasca,scommetto che pregustavi la vittoria,persino quando ci hai
accolti hai preferito fare sfoggio della tua legione piuttosto che
constatare il vero problema della situazione.”
“Ha
importanza? Posso sempre radunare le mie forze per tempo e assaltare
la città come precedentemente pianificato,non vedo cosa sia
cambiato
in tutto questo.”
“Il
fatto è che ora non puoi più disporre del tuo
vantaggio tattico,noi
tre siamo venuti qui solo per farti perdere tempo,tra poco parte
dell'esercito di Aegis uscirà dalla porta principale e in
breve
tempo occuperanno il campo,mentre tu ora sei costretta a prendere una
decisione. Puoi combattere questa battaglia,sapendo che parte del tuo
esercito verrà distrutto,conquisti la città e
prendi la
principessa,ma in tal caso ti verrà difficile tornare
indietro e
fronteggiare l'onda di selvaggi che sta per abbattersi su Magentium e
perdere una delle città più fortificate dei
territori
settentrionali. Oppure abbandonare la vallata,tornare indietro appena
in tempo per salvare Magentium e scacciare gli invasori appena prima
che possano varcare i confini di Nova,ma così perderai la
principessa,tornando dal tuo imperatore a mani vuote. Quindi? Cosa
scegli?”
Lei
continuava a fissare il mercenario con rabbia,mentre le sue mani
erano ansiose di estrarre le spade e saltargli addosso,per passarlo
da parte a parte con i suoi gladi tirati a lucido,lo avrebbero ucciso
sul posto,come meritava per l'impudenza che aveva mostrato nei suoi
confronti era intollerabile,l'avrebbe pagata cara per questo
affronto. Ma non riusciva a dirgli nulla,troppo presa da ciò
che gli
era stato di fare dai suoi superiori,sapeva quale scelta doveva
fare,sia per il proprio bene,ma anche per i soldati al suo comando,ma
sopratutto per la nazione,che stava per essere invasa da
chissà
quali mostri e barbari,in grado solo di distruggere e annientare
tutto quello sui cui mettevano mano. Non avrebbero permesso una cosa
simile,sia come soldato che come cittadino di Nova,eppure,tornare
indietro senza rispettare i desideri dell'imperatore sarebbe stata
per lei la peggiore delle sconfitte,non riuscire in quell'intento
sarebbe stata un enorme delusione per Silla,non osava immaginare la
reazione dell'imperatore quando avrebbe ricevuto la notizia del suo
arrivo.
“Prenderò
questo silenzio come una risposta,quindi,a questo punto posso anche
andarmene.”,Disse Milziade mentre si dirigeva verso la sua
cavalcatura. Aveva terminato il suo compito e ora poteva tornare,a
malincuore,dai suoi due accompagnatori. Il piano era andato
esattamente come se l'era aspettato,attirare l'attenzione su di se
mentre il consiglio disponeva l'esercito fuori le mura e prendeva il
controllo del campo di battaglia,dal punto di vista tattico lui era
stato solo un diversivo,un utile distrazione in grado di mettere
pressione ad un nemico più grande e con capacità
maggiori alle sue.
Le informazioni ricevute dai contatti del mago e la sua
abilità a
farsi odiare alla prima conoscenza gli avevano permesso di giocare in
anticipo,minacciando il comandante nemico che avrebbe perso
comunque,costringendola a fare la scelta che gli avrebbe arrecato
meno danno. Era fatta,ora sarebbe tornato dietro le mura e appena
c'è
ne sarebbe stato il tempo avrebbe trovato una buona locanda,dove
avrebbe mangiato,bevuto,passato due orette con una donna di facili
costumi,si sarebbe fatto un bagno e poi si sarebbe riposato un po' e
la cosa più bella e che lo avrebbe fatto lontano dai suoi
nuovi
compagni di squadra. Dopotutto se lo meritava,aveva evitato uno
scontro da solo,aveva tutto il diritto di starsene in pace per conto
proprio.
“Ehi
messaggero,anch'io ho un messaggio da consegnare alla tua
signora....”
Nevia
chiamò a se l'uomo con voce fiera e carica di sentimento. Il
prezzolato si girò lentamente verso la sua
interlocutrice,sbuffando
all'idea che si sarebbe dovuto trattenere un altro po'.
“Sentiamo,cosa
vuoi che....”,ma non fece in tempo a finire la frase che
subito si
ritrovò contro la figura di Nevia che gli si era lanciata
contro,
impugnando entrambe le spade,dandosi la spinta con l'enorme forza che
risiedeva nelle ali dell'armatura. Il mercenario fece appena in tempo
ad accorgersi dell'attacco fulmineo che con prontezza balzò
all'indietro,evitando il feroce attacco della ragazza che gli
passò
accanto,mentre lei si era sollevata a pochi centimetri dal suolo.
Era stato solo un istante ma lui aveva notato lo sguardo di lei da
molto vicino,erano pieni di una rabbia sopita,che ora si era liberata
in quel volo,degno di un letale rapace. La ritrovò in
aria,con le
ali d'acciaio che si spiegavano larghe su tutta la loro lunghezza e
sbattevano tanto forte da far tintinnare le piume di metallo,che se
non fosse stato per il suono si sarebbero dette vere. Le voci stupite
e sorprese di tutti i presenti alla scena,che sconcertati
assistettero a quello scatto di furia omicida senza sapere cosa
dire,nessuno se lo sarebbe aspettato,eppure sapevano che non era il
tipo di donna che si faceva mettere i piedi in testa da nessuno,si
sarebbero aspettati che lo avrebbe fatto imprigionare,oppure lo
avrebbe fatto frustare o picchiare,ma ad arrivare a volere qualcuno
morto in quella maniera era uno spettacolo mai visto prima sotto il
suo comando,una scena che certamente non si sarebbero mai sognati di
vedere,non in quella maniera.
“Hai
fegato verme,nessuno ha mai avuto l'ardire di rivolgersi a me in quel
modo,nemmeno i miei uomini migliori. Tuttavia ti sei burlato di me di
fronte all'intera legione,quindi,non aspettarti di uscire vivo da
qui,perché prima di ritirarmi farò in modo che i
tuoi amici
rimandino indietro la tua testa in città,un monito di quello
che gli
riserva il futuro.”
Milziade
osservò con attenzione la posa della soldatessa che gli
svolazzava
sopra la testa da diversi metri,con una certa freddezza negli occhi.
Il piano aveva anche funzionato,ma non aveva calcolato con esattezza
la reazione finale delle vittime delle sue “burle
tattiche”,come
le definiva lui. Le spade nelle mani,le ali spiegate al massimo e un
aura omicida che aleggiava nell'aria come come un vento di tempesta.
L'aria era pregna di violenza e negli sguardi di quei soldati si
poteva leggere l'attesa del bagno di sangue. Questa volta Milziade
non aveva fatto perdere le staffe ad un capobanda ubriacone o il capo
delle guardie locali,aveva a che fare con un militare di alto rango,
avrebbe dovuto esserne preoccupato,sentire del pentimento per la sua
azione sconsiderata,ma no,non lui,non quando c'era quella bandiera
attorno a lui. Non quando quella schifosissima aquila dorata svettava
sulle insegne lucenti e sugli stendardi che aveva tanto imparato ad
odiare con tutto se stesso. Sentiva l'odio scorrergli nelle vene come
le acque di un fiume in piena e i muscoli del suo corpo irrigidirsi
come macigni all'idea di combattere un soldato noviano di
così alta
levatura,anche se donna. Estrasse la spada e si mise in posizione di
combattimento. Era da un po' di tempo che la vita non gli dava
più
soddisfazioni del genere.
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Capitolo 11 *** La furia alata ***
Lui
con i piedi per terra mentre lei si librava in aria,armato solo della
sua spada e della sua spavalderia mentre Nevia era equipaggiata in
tutto e per tutto con due gladi e poteva usufruire di un armatura
magica,ma dal punto di vista di Milziade la cosa peggiore era il
vantaggio che le offrivano le ali,il solo fatto di poter permettere a
quella donna di volare gli faceva notare il notevole vantaggio che
lei aveva sul mercenario,il controllo del campo di battaglia. Lui era
limitato allo spazio del terreno e il suo attaccamento fisico alla
terra gli avrebbe reso impossibile raggiungere il comandante sia con
la spada che con la lancia,che era rimasta nella sua custodia sulla
sella di Briseide. Tutt'altra storia invece era per la noviana, che
poteva spostarsi liberamente in cielo e godere così non solo
di uno
spazio maggiore ma anche di un ottimo posizione di vantaggio,il che
rendeva ancora più sbilanciate le forze in campo. Ma per
quanto
potesse essere sfavorita la sorte con lui,il mercenario si mise in
posizione mentre compiva qualche saltello sul posto,come se trattasse
la cosa come un semplice allenamento. L'inizio fu rapido e
brutale,una discesa in picchiata veloce come una folata di vento fu
impercettibile ai più quando subito si mosse verso terra con
il
rombo improvviso del boato che si era creato per la spinta
improvvisa. Ali distese come quelli di un feroce rapace e due lame
non meno pericolose degli artigli del medesimo predatore scendevano a
velocità impressionante su quello che sarebbe stata una
preda facile
come Milziade,che appariva indifeso come un agnello preda di
aquila,ma invece schivò il colpo rotolando di lato e appena
riprese
la posizione stabile cercò di colpire a sua volta,mantenendo
la
posizione bassa e girando alle sue spalle per metà del suo
asse. Ma
non ci fu nulla da fare,per quanto il contrattacco fosse stato veloce
Nevia gli volò via ancor più velocemente e con
altrettanta
prontezza tornò in aria elemento che sembrava favorire la
sua
strategia d'attacco. Non si era nemmeno fermata per eseguire il
colpo,era volata giù fin quasi a toccare il suo lasciando
che le
spade giungessero al bersaglio non muovendo le braccia,ma lasciando
che il movimento aereo facesse tutto il lavoro,esattamente come un
aquila che scende in picchiata sulla preda,quella donna era una vera
predatrice,sia nei modi di fare che nel suo approccio al
combattimento. Una volta risalita in aria la vide fare il giro
dell'intero campo attorno a lui,si spostava lentamente,sbattendo le
grandi ali metalliche di tanto in tanto,allo stesso di modo che fanno
le aquile quando girano sopra la loro preda. Volava e continua a
fissarlo,la sua preda,il suo provocatore,il suo beffeggiatore,era
arrivato all'interno del suo campo apparendo ai lei come qualcuno che
chiedeva la resa oppure un qualche traditore di bassa lega,feccia
della peggior specie senza onore e senza dignità, o almeno
aveva
creduto lei all'inizio. Invece si era rivelato la più infida
delle
serpi e il più lurido dei randagi,all'inizio si era fatto
beffe di
lei e naturalmente la cosa la mandò su tutte le furie ma
quando capì
che lui sapeva già l'esito di quell'assedio,mostrandogli
prima la
copia della missiva e poi lesse la missiva che era giunta
direttamente dall'alto comando,dimostrando così non solo il
suo
vantaggio su di lei,ma lo aveva fatto di fronte ai suoi più
stretti
e intimi collaboratori,compreso il suo servo che era rimasto dentro
gli alloggi di Nevia,che sicuramente aveva visto la scena per intero.
La rabbia in lei era grande quanto la sua legione,ma ancora
più
della rabbia fu la vergogna,perché non solo aveva ricevuto
il danno
della ritirata obbligatoria,dandola vinta alla città-stato
di
Aegis,ma anche la beffa di non poter recuperare la nobile
traditrice,ma anche di essere stata insultata di fronte al suo
esercito da una nullità come quella e per giunta lasciarlo
andare
via come se nulla fosse era troppo,pensare che aveva superato ogni
genere di difficoltà per giungere alla posizione che si era
meritata
in anni spesi in addestramento,comprensione dei principi di base
della guerra,il costante allenamento fisico alla quale si era
sottoposta ma sopratutto il tempo che aveva impiegato per guadagnarsi
il diritto di essere chiamata comandante ed essere la prima donna
della storia della sua nazione a meritarsi un titolo prestigioso come
quello,solo per poter essere presa in giro da quella sottospecie di
brigante armato era la cosa più inconcepibile che gli fosse
mai
capitata in tutta la sua vita. Era un trattamento inaccettabile e per
questo lo avrebbe decapitato seduta stante,poi avrebbe spedito la
testa alla sua signora e il resto del corpo gettato nelle latrine,un
luogo fin troppo degno per una bestia simile. Presa com'era
dall'emozione accelerò il volo con un altro poderoso colpo
d'ali e
si preparò ad un altra carica a testa bassa,questa volta gli
avrebbe
portato via almeno una gamba,quale arte migliore da prendere come
bersaglio se non quello che gli avrebbe permesso di andarsene via
dalla sua collera? Milziade stava osservando il giro che la sua
avversaria stava compiendo per tutto il campo d'allenamento,aveva
già
compreso che quella ragazza possedeva un temperamento focoso e se
provocata si dimostrava aggressiva,tanto da farsi venire il sangue
alla testa e ciò sembrava influire sul suo metodo di
combattimento,la sua capacità di volare gli concedeva
affondi rapidi
e cariche devastanti con quale fare a pezzi gli avversari e nel caso
il colpo andasse a vuoto poteva sempre ritirarsi e tentare un nuovo
approccio e ciò non gli permetteva di contrattaccare
abbastanza
rapidamente da colpirla abbastanza velocemente. Cosa poteva fare?
Avrebbe potuto chiedere aiuto all'elfo? Infondo era un arciere e
giocando sulla distanza avrebbe potuto colpirla,il problema che non
sarebbe stato visto come una scorrettezza e i soldati li attorno
avrebbero potuto intervenire e bloccarlo per tempo. Cosa poteva fare?
Continuava a chiederselo ma non trovava una soluzione al suo problema
e intanto lei stava tornando indietro a tentare un altro assalto,non
gli restava altro da fare se non riflettere e trovare una soluzione.
Rallentò la respirazione e come sempre gli capitava nei
momenti di
peggior pericolo abbassò l'arma,prese un lungo respiro e
tornò alla
mente ad un vecchio ricordo,un frammento di un passato che ormai e un
pallido riflesso di un esperienza importante. Fu per un solo istante
ma ricordò a malapena l'immagine sbiadita di un vecchio
soldato
dall'armatura arrugginita,una zazzera di capelli bianchi e una
barbetta bianca,il tutto condito da una benda sull'occhio
sinistro,con uno sguardo fiero e accattivante.
“Sai
perché hai perso? E perché non ci ha ragionato
abbastanza. La
chiave della vittoria sta nel sapersi adattare a qualunque
situazione.”
Gli
venne da sorridere a quelle parole, “Dannato
vecchio.”,si disse
Milziade pensando alla figura dell'anziano monocolo,anche da morto
continuava a ricordagli le sue lezioni,che sempre gli si sono
rivelate utili,anche in quel accampamento la valenza di quelle parole
si erano rivelate più preziose dell'oro. Il problema
comunque
persisteva,cosa poteva fare per compensare lo svantaggio? Doveva
spremere le meningi e in fretta,la figura alata di quella donna si
stava avvicinando a grande velocità e senza poter far nulla
di
diverso se non schivare l'ennesimo colpo. Lei tornò a
lanciarsi
contro il mercenario ad altissima velocità mentre si teneva
pronta
per il nuovo e rapido attacco che precedente le era mancato,le spade
erano di nuovo pronte mentre si preparava a sferrare il nuovo
assalto. Lui rimase fermo in attesa di schivare anche questo
attacco,ed eccolo arrivare esattamente come prima,rapido come una
folata di vento e lui ancora che rotolava di lato per evitare il
colpo,ormai si era preparato a gestire quel tipo di approccio.
Peccato per lui che aveva cantato vittoria troppo
presto,perché lei
non era disposta ad un secondo fallimento. Per la seconda volta aveva
mancato il bersaglio anche se sapeva benissimo che ormai aveva capito
come funzionava la sua mossa d'entrata. Di solito quella mossa era
sufficiente ad iniziare e finire un uccisione,sul campo di battaglia
si era rivelata utile per penetrare nelle formazioni nemiche
più
vulnerabili e penetrare duramente,portando scompiglio e generando
decine di vittime anche solo un battito di ali e negli scontri
singoli si era rilevata utile,si per sfuggire ad avversari
più forti
di lei,uomini o bestie che fossero e colpire con la forza d'impatto
di quel singolo attacco volante. Quelli che in pochi sapevano e che
il suo vero stile di combattimento era ben più articolato e
mobile
di quello che dava a vedere. All'improvviso la ragazza si
appallottolò su se stessa a mezz'aria bloccando
così anche il
movimento delle ali,poi nello slancio del movimento piantò i
piedi
per terra,si girò di spalle verso Milziade e con un ennesimo
battito
d'ali si lanciò di nuovo verso di lui,ma questa volta
restando a
livello del suolo approfittando così della temporanea
distrazione
del suo avversario,che fece a malapena in tempo a capire cosa stesse
facendo la ragazza. Neanche il tempo di focalizzare la nuova
situazione che subito sentì con il suo corpo l'enorme forza
sprigionata da quella armatura,sentendo chiaramente una fortissima
spallata in pieno petto che gli mozzò il respiro e sentendo
le ossa
del torace comprimersi come se fosse stato colpito da un macigno,tale
fu la forza del colpo che lo spinse indietro e dovette impiegare
tutta la forza che possedeva negli arti inferiori per non cadere a
terra. Ma nemmeno il tempo di riprendersi che subito Nevia
ripartì
all'attacco lanciandosi a testa bassa in un furioso impeto di collera
e muovendo i primi fendenti di spada che non si limitavano agli
attacchi singoli come aveva fatto le prime due volte optando per il
combattimento ravvicinato.
“MUORI.”
urlò
lei prima di muovere tre colpi,i primi due vennero da destra e il
terzo da sinistra,mostrando la sua abilità con entrambi i
gladi,per
risposta Milziade li parò tutti e tre parando con la parte
piatta
delle sua spada ricurva mostrando che era si dolorante ma non
indifeso,nel corso della sua vita aveva subito ogni tipo di colpo
immaginabile,una spallata in pieno petto non lo averebbe di certo
ucciso,ma doveva constatare che anche se indossava la sua corazza di
bronzo il colpo non era stato leggero,senza di essa si sarebbe
ritrovato con il petto sbriciolato allo stesso modo di una porta
cittadina che veniva sfondata da un ariete d'assedio,una grossa crepa
nel centro del suo corpo era l'ultima cosa che desiderava in quel
momento. Lo scontro si stava dimostrando più difficile di
quello che
si era immaginato,meglio che trovasse una soluzione per vincere il
duello o presto la sua testa sarebbe stata veramente separata dal
resto del suo corpo e di certo non era una cosa che desiderava
accadesse.
Nel
frattempo,sopra le mura di Aegis.
La
ragazza dalla pelle d'ebano continuava ad osservare l'andamento dello
scontro tra il mercenario e il comandante,si leccò la punta
delle
dita quando finì di assaporare il dolce sapore dell'ennesimo
dattero
che aveva appena addentato mentre con occhi attenti e maliziosi
controllava che Milziade non ci lasciasse la pelle. Aveva appena
assistito alla scena della spallata che aveva appena incassato e che
ora era costretto a stare sulla difensiva,se non altro non era
morto,pensò lei con un pizzico di dispiacere misto ad
interesse.
“Povero
soldatino e pensare che era andato solo per convincerla a
ritirarsi,ma da come ha reagito lei vuol dire che ha esagerato con le
parole e adesso giustamente vuole pestarlo come un tamburo,certo che
a volte Milziade ha il tatto di un elefante in un laboratorio di
ceramiche.”
Disse
lei parlando tra se e se, lo conosceva da tempo e per la sua
professione poteva dire di essere ben informata sul suo conto:era
burbero,incivile e poco incline ai rapporti personali, era
provocatorio e offensivo cosa che molto spesso lo faceva cacciare nei
guai,ma che per un motivo o per un altro sapeva togliersene di torno
e scampare alla morte per pochissimo,tanto da credere che i suoi dei
lo amassero,sempre ne aveva ovviamente dato il suo cinismo. Ma era
anche vero che se veniva assunto per un lavoro lo portava a
termine,sempre e comunque,da questo punto di vista poteva essere
considerato un professionista nel suo campo e oltretutto tendeva alla
lealtà e non colpire mai alle spalle i suoi colleghi,anche
se non
era stati pochi quelli che non lo erano stati con lui solo per
ritrovarsi con uno squarcio nel petto oppure con qualche osso
rotto,nel caso non avesse le sue armi con se. Se fosse morto sarebbe
stato un problema per lei,dopotutto lei era ad Aegis anche per lui,
oltre che ad un altra faccenda in sospeso,ma per quello aveva ancora
tempo e dal suo che proveniva molto al di sotto di lei non le fu
difficile intuire che l'esercito di Aegis si stava preparando allo
scontro e che la mancata organizzazione alla battaglia da parte della
legione era una chiara conseguenza dello scontro che si stava
svolgendo di fronte a tutti quei legionari,chiara conseguenza delle
azioni di Milziade. Forse era giunto il momento di partecipare a
quella baraonda e di fare la sua parte,per tanto allontanò
la lente
dall'occhio e la ripose nel sacchetto,si alzò e scese dal
tetto
della torre con una grazia pari a quella di un felino,tanto pareva
che il suo corpo era leggero che non aveva fatto alcun rumore,o
quasi,quando i suoi piedi toccarono terra. La sua attenzione fu
presto attratta dal rumore di passi di una guardia che risaliva una
rampa di scale li vicino,le sue orecchie gli permettevano percepire
anche i suoni più accentuati alla stessa
intensità di due persone
che conversano con un tono di voce normale,anche se il suono dei
pesanti calzari avrebbero potuto essere uditi anche da una persona
normale. Non poteva farsi assolutamente vedere in quel punto della
città o la sua presenza ad Aegis sarebbe stata notata e
questa era
una cosa che non doveva accadere e lei sapeva esattamente cosa fare.
Si passò la mano destra sopra l'avambraccio sinistro e
pronunciò
poche parole sottovoce.
“Per
la furtività di Bastet.”
Una
formula magica,una cosa molto utile per situazioni come quella,cosa
che nel suo lavoro accadeva più di quello che si pensava,il
soldato
arrivò sopra le mura per il consueto giro di ronda e vide
che non
c'era nessuno sulle mura, neanche il tempo di iniziare il suo turno
di pattuglia che sentì qualcosa che strusciava vicino ad un
piede e
di conseguenza abbassò lo sguardo e quel vide lo
lasciò sorpreso.
Era un gatto,dal corto pelo nero e due grandi occhi azzurri. Il
soldato restò imbambolato per un attimo alla vista di quel
piccolo
felino non riuscendo a capire come fosse giunto li,in cima alla cinta
muraria. In ogni caso non poteva restare e con un qualche gesto di
minaccia allontanò il gatto,che scese subito le scale e
scomparve
alla vista della guardia che poté iniziare il controllo
della zona a
lui indicato. Fortuna che la trasformazione era una delle grandi doti
che possedevano le ragazze come lei,la quale un pizzico di magia di
tanto in tanto non faceva mai male. Scese le scale fino a giungere a
livello del suolo,passando di tanto vicino ad alcune guardie che
erano intente a svolgere il loro compito di sorveglianza,passando
quasi inosservata e suscitando una leggera perplessità in
chi la
incrociava mentre passava di fronte a loro in quella piccola forma
felina,ma del resto sembrava un gatto in tutto e per tutto e quindi
non destava alcun sospetto particolare potendo così giungere
di
nuovo in strada come se nulla fosse. Ora che aveva la strada libera
poté tornare a confondersi nella calca di cittadini che
passavano
incuranti della sua presenza. Presto sarebbe tornata alla sua vera
forma,ma non era ancora giunto il momento e fino ad allora il
mercenario se la sarebbe dovuta cavare da solo.
Colpo
dopo colpo Milziade e Nevia si stavano ancora scontrando come se
fossero all'inizio del combattimento,nessuna pausa e nessun
riposo,solo il clangore del metallo che batteva duro e forte su altro
metallo. I fili delle tre lame si incrociavano ancora accompagnati
dai movimenti esperti di entrambi gli sfidanti. Ma nonostante la
notevole esperienza di entrambi Nevia continuava a sfruttare il suo
vantaggio sugli spostamenti aerei e la sua abilità con il
maneggiare
due gladi contemporaneamente la rendeva un avversario veramente
difficile,forse anche senza quell'armatura si sarebbe dimostrata
comunque letale,l'unica cosa certa e che gli serviva una scappatoia
per sfuggire a quei rapidi assalti mordi e fuggi e improvvisare un
contrattacco che gli permettesse di rispondere efficacemente contro
Nevia,ma non poteva chiedere aiuto dato il fatto che fosse comunque
un duello,sbilanciato,ma comunque era uno scontro uno contro uno e
seppur senza supporti magici come quelli della noviana e
perciò non
poteva far altro se non sfruttare le risorse a sua disposizione.
Aveva bisogno di cambiare tattica e riportare dalla sua parte il
vantaggio tattico,ma come fare? Prima di tutto avrebbe dovuto trovare
un modo per contrastare la velocità e rapidi movimenti che
l'armatura alata concedeva alla sua proprietaria,una volta riuscito a
compensare lo svantaggio sarebbero stati alla pari, se solo fosse
stato più veloce avrebbe potuto anche farcela contro di
lei,veloce
quanto una folata di vento,almeno quanto Briseide quando correva al
massimo della sua potenza,di certo gli avrebbero fatto comodo un paio
di gambe per....ci pensò un attimo e subito gli si accese
una
scintilla che tornò a incendiare la sua astuzia,come aveva
fatto a
non pensarci prima? Era così logico e per di più
non avrebbe
chiesto aiuto a nessuno,senza contare che contava come una sua
proprietà e quindi non era necessariamente imbrogliare,cosa
che di
certo non avrebbe fatto indignare i legionari presenti allo scontro.
Ma prima però doveva convincere Nevia a fare il suo
gioco,sapeva di
poterla provocare e sapeva benissimo come riuscirci,bastava solo che
la fortuna,l'audacia e un pizzico di fortuna fossero dalla sua
parte,era tempo di fare la sua mossa. Schivò l'ennesimo
colpo della
donna scartando di lato la lama in arrivo e subito le
saltellò di
lato,puntandole la punta della spada verso il fianco.
“Accidenti
che colpi,davvero niente male però te lo devo dire,il fatto
che ti
serva un armatura del genere per uno come me la dice lunga sulle tue
abilità personali.”
La
donna non sopportò la provocazione e come previsto
cercò di
colpirlo con un colpo d'ala,ma lui si abbassò per tempo e
schivò
senza troppa fatica per poi indietreggiare verso Briseide.
“Guarda
che lo dico solo per il tuo bene non pensare male,personalmente
credo che tu sia insicura,non fa bene alla tua autostima usare
trucchi simili,poi detto tra noi il fatto che tu sia una donna in
mezzo a tanti uomini non è bello mostrarti così
emotivamente
sensibile,se combattessimo ad armi pari secondo me ti rispetterebbero
di più.”
Altri
due colpi portati da entrambi i lati con le spade e lui
saltò
indietro avvicinandosi ancor di più alla sua fedele
alleata,ormai
poteva sentire la rabbia di Nevia aumentare ancor di più,lo
percepiva da come portava i colpi e dal fatto che fossero si
più
potenti ma meno precisi,rendendo prevedibili le sue azioni.
“Visto
che stai combattendo male? Prima eri più concentrata ma
adesso devo
dire che stai peggiorando sempre più e questo non
è una bella cosa
da far vedere ai tuoi uomini,devi cercare di essere più
rilassata,come me,respira ed espira,respira ed espira,piano
piano,senza fretta.”
“STA
ZITTO”
La
voce di lei uscì furiosa dall'elmo come il grido di una
bestia
inferocita,odiava la voce di quell'uomo,odiava l'aspetto di
quell'uomo,ma soprattutto odiava il suo modo di fare,proprio come
prima. Mai come in quel giorno Nevia aveva provato così
tanto
disprezzo per una persona e per lo più una persona che aveva
saputo
rovinare completamente le sue prospettive di fama,onore e gloria. Era
giunto nel suo accampamento accompagnato da un nano,un elfo e le
sue poche possibilità di successo,eppure,con qualche frase
spregiudicata,un atteggiamento provocatorio come non aveva mai visto
e la copia di una lettera ufficiale del comando militare noviano era
riuscito non solo a scacciare via una intera legione con
così pochi
elementi,ma in più era riuscito a farla apparire debole di
fronte ai
suoi soldati,una donna a capo di un intero esercito,scacciata e
umiliata da un solo uomo,questo voleva forse dire che una donna,per
quanto potente e con una posizione di prestigio,restava comunque
inferiore ad uno straccione trasandato ma pur sempre uomo? No,non
poteva accettarlo,non lei, non Nevia Placidia Sannita e lo avrebbe
dimostrato a tutti quanto valeva veramente,doveva solo mozzare la
testa di quel lurido saltimbanco che non faceva altro che schivare i
suoi colpi. Anni e anni di faticoso lavoro per giungere dov'era
arrivata e meno di un ora per sentirsi derisa e umiliata di fronte ai
suoi uomini,era una condizione intollerabile per lei,avrebbe lavato
quell'onta con il sangue di quell'insulso essere,goccia dopo
goccia,dopo che lo avrebbe decapitato e appeso a testa in
giù come
un maiale al macello. Presa dalla furia cominciò ad
attaccare a
testa bassa dando più ragione al fuoco che sentiva dentro
piuttosto
che all'esperienza acquisita sui numerosi campi di battaglia che
aveva attraversato con fatica e sudore, eseguiva attacchi
alti,attacchi bassi e laterali,aveva persino spiccato nuovamente il
volo un paio di volte solo per poter attaccare immediatamente e
ridiscendere in maniera pesante su Milziade,ogni attacco era veloce e
potente ma prevedibile e privo di complesse strategie d'attacco,ormai
la cosa per lei era diventata talmente personale che non riusciva a
vedere come stesse cadendo nella trappola nella quale il mercenario
la stava trascinando. Nym e Gordlack assistevano allo scontro con due
umori molti diversi,il nano aveva uno sguardo vispo ed
energico,agitandosi ogni volta che veniva mosso un colpo o veniva
effettuato un movimento particolare si emozionava come un
bambino,ignorando il mondo circostante preso com'era dal
combattimento non riusciva a concentrarsi ad altro se non al
combattimento in se di per se, Nym invece manteneva una calma e una
concentrazione uniche nel loro genere,non stava solo seguendo il
combattimento ma restava attento anche alla situazione generale, i
legionari che stavano assistendo allo scontro non erano pochi e fin
tanto che loro due continuavano a tirar di scherma l'attenzione su
Gordlack e su di lui sarebbe stato l'ultimo dei loro pensieri,presto
l'esercito di Aegis avrebbe occupato il campo di fronte alle mura
cittadine e presto i noviani sarebbero stati costretti alla ritirata
e avrebbero smontato il campo,odiava ammetterlo ma il piano di quel
mercenario aveva sorpreso persino lui,che solitamente restava
indifferente a questo genere di tattiche disperate,ma ora il problema
che sussisteva era un altro. Anche nel caso di una vittoria di
Milziade,cosa che per lui era alquanto improbabile,era difficile che
li avrebbero lasciati andare come se nulla fosse. Se per un motivo o
un altro ne fosse uscito vittorioso dubitava che sarebbero stati
liberi di andarsene,certamente lui,il nano e quell'odioso di un umano
rappresentavano Lucilla in sua vece presso l'accampamento della
legione,ma non potevano certo dichiararsi una potenza politica di
spicco,erano comunque le guardie di una nobile fuggiasca e una
sacerdotessa che ufficialmente aveva rotto i voti sacri che aveva
preso presso il tempio nella quale risiedeva. Quindi il loro peso
come emissari era nullo e loro tre valevano solo come guardie
personali di Lucilla e ciò non garantiva loro alcun
salvacondotto
per tornare in città. La loro era situazione non
brutta,peggio. Un
altro attacco spinto dalla rabbia,un altro passo indietro verso la
vittoria,Nevia continuava a colpire spinta dalle proprie
emozioni,nessun tattica,nessuna strategia,solo una furia aggressiva
riempiva i suoi pensieri,un fendente dopo l'altro,un colpo d'ala e
poi un altro ancora,continuava a colpire senza accorgersi di essere
giunta al limite del campo, dove gli altri due compagni e centinaia
di soldati continuavano ad osservare lo scontro con grande stupore.
Anche per i veterani della superba era raro vedere il comandante
esibirsi in duelli così lunghi e quello era decisamente uno
dei più
impegnativi nella quale Nevia si era mai cimentata,l'attenzione era
tale che solo i soldati più vicini alle mura del castrum
poterono
notare i movimenti dell'esercito nemico e non potendo far niente se
non aspettare che il comandante desse un qualsiasi ordine per poter
affrontare l'armata in arrivo. Il mercenario era pronto a fare la sua
mossa,ma prima diede un ultimo sguardo con la coda dell'occhio alle
sue spalle,ancora un passo e sarebbe stato nella posizione
più
adatta per il suo contrattacco,doveva schiarire la mente e
controllare il respiro,il tempismo sarebbe stato di vitale
importanza. Milziade era ormai giunto di fronte a Briseide che
nitrì
leggermente in presenza del suo cavaliere,che a sua volta si
limitò
ancora una volta a parare e deviare le spade del comandante noviano.
Lei continuava a colpire con forza mostruosa nonostante il peso
dell'armatura e i brevi attacchi in volo che ogni volta che lo faceva
gli portava via sempre più energia,ragionava a fatica e
l'unica cosa
che riusciva a fare era attaccare tanto era grande la sua smania di
uccidere quell'individuo che aveva osata deriderla di fronte a tutti.
Era indietreggiato abbastanza verso la sua giumenta,il tempo di fare
la sua mossa era giunto, vide l'ennesima fendente tentare di colpirlo
in pieno e lui appena lo vide scartò di lato con tutto il
corpo
facendo andare a vuoto l'ennesimo tentativo di Nevia di colpirlo
mortalmente,ma questa volta Milziade non si sarebbe limitato a
restare sulla difensiva e avrebbe risposto con tempestività
a quel
furente approccio della noviana.
“Tocca
a te bella.”
Urlò
Milziade alla giumenta mentre con la mano libera diede una forte
botta con la mano aperta sulla schiena di Briseide,che appena
ricevuto il colpo emise un forte nitrito per poi alzarsi sulle zampe
posteriori,cogliendo di sorpresa la ragazza.
“Ma
cosa.....”
L'animale
si ergeva per tutta la sua stazza mentre con il peso del suo corpo
cadde in avanti puntando le zampe anteriori verso Nevia,che presa
alla sprovvista non poté far altro che sbattere le grandi
ali
metalliche lanciandosi indietro per non subire il peso dell'equino
che rischiava di travolgerla e fargli seriamente male.
Rialzò subito
la testa e vide Mialziade in groppa alla bestia che l'aveva
aggredita,notando che stavolta il guerriero non impugnava
più la
spada,ma bensì una lunga lancia.
“Oh,sei
salito a cavallo pensando che la cosa possa darti un vantaggio? Sei
solo un povero stolto che temporeggia nel tentativo di ritardare la
morte. La tua fine è già segnata.”
“Come
la prendi sul personale,avevo sentito dire che le ragazze noviane si
scaldano velocemente ma tu ragazza mia prendi subito fuoco,attenta ad
uscire nei giorni di pioggia ho rischi di spegnerti.” Disse
Milziade puntando la lancia verso la donna e guardandola in maniera
provocatoria,mostrandole chiaramente un ghigno di soddisfazione.
Nevia colse la battuta sarcastica sul suo carattere come un ulteriore
presa in gira di fronte ai suoi uomini alimentando ancor di
più le
fiamme della rabbia che le montava dentro come un incendio e senza
pensarci due volte decise di attaccare ancora una volta di passare
all'offensiva,balzando in avanti ed attaccando con l'intento di
attaccare il cavaliere con un pesante affondo portato con entrambe le
spade,ma Milziade si accorse della manovra e tirando con le redini
fece cambiare direzione a Briseide che subito scartò di lato
impuntandosi con entrambe le zampe posteriori,mettendo distanza con
le zampe anteriori tra Nevia e Milziade,per poi cominciare a correre
percorrendo tutto il perimetro dell'area di allenamento. Milziade
aveva fatto la scelta giusta nel voler utilizzare la giumenta per
combattere il comandante noviano. Se lei dalla sua parte disponeva
del vantaggio areo e di una maggiore protezione ora lui poteva
contare sulla velocità e la potenza d'affondo che la sua
lancia
poteva infliggere in carica,senza contare del vantaggio dovuta alla
posizione rialzata della cavalcatura e la lunghezza dell'arma in asta
che teneva in pugno,resistere a quell'offensiva spietata aveva dato i
suoi frutti ed ora potevano giocare ad armi pari,più o meno.
Nevia
rispose a quella ritirata strategica del suo avversario muovendosi di
nuovo in aria e posizionandosi a diversi metri sopra il centro
campo,per ottenere il vantaggio della posizione centrale che gli
permetteva di osservare il percorso che Milziade compiva col
cavallo,per contro Milziade girava tutt'attorno tenendo sott'occhio
la ragazza,che mantenendo la sua posizione in volo restava
ferma,mentre le ali d'acciaio continuavano a sbattere ritmicamente
per mantenersi in aria senza spostarsi,ora lo scontro si era portato
su tutto un altro livello di maestria. I soldati restavano
immobili,mentre l'aria di montagna riempiva i loro polmoni e il sole
del pomeriggio li faceva sudare sotto le loro loriche segmentate. Era
tempo di porre fine a quel duello una volta per tutte,si guardarono
un attimo mentre ognuno manteneva la propria strategia di
approccio,comprendendo entrambi che le ultime energie a loro
disposizione stavano per lasciarli definitivamente. Da una parte
c'era Milziade,che a forza di arretrare e difendersi aveva consumato
troppe energie per evitare che la sua avversaria lo facesse a pezzi
con l'ausilio della sua armatura magica, il che aveva del notevole
tenuto conto che combattere un avversario ben equipaggiato come
quello senza alcuna difesa appropriata era qualcosa di più
unico che
raro, dall'altro Nevia,che nei continui tentativi di portare a
termine al più presto lo scontro e optando per un approccio
tanto
aggressivo quanto stancante in termini di fatica fisica l'aveva
portata di nuovo al suo limite sopportabile ed ora era costretta ad
una tattica evasiva,anche se in volo e ciò le portava via
altre
energie,in sostanza entrambi non se la passavano troppo bene e
ciò
li metteva sulla stesso piano e ciò li costringeva entrambi
ad un
unica soluzione definitiva. Terminare lo scontro con un ultimo
colpo,non c'era altra scelta. Si guardarono un attimo mentre entrambi
si preparavano per l'atto finale di quello scontro e con le ultime
forze si mossero entrambi a fare la propria mossa. Lei fiera e
violenta come un aquila si lanciò verso il
mercenario,planando verso
terra con entrambe le braccia che puntavano rigide verso l'esterno e
le lame dei gladi che tagliavano l'aria,così da poter
rendere più
aerodinamico il corpo e diminuire così l'attrito con l'aria
e
rendere meno stancante la manovra e lui che facendo girare la
giumenta per tutto il tutto il campo l'aveva tenuta in movimento
così
da non farle perdere la sua forza d'impatto dovuta alla velocità,di
vitale importanza per i cavalli dato che il movimento in situazione
di pericolo era la loro arma migliore e quando la fece girare per
correre incontro alla noviana non perse la sua velocità ma
anzi lo
scatto finale fu quanto meno più energico ed
esplosivo,consentendo
così a Milziade la possibilità di poter
effettuare con la lancia un
colpo potente e inarrestabile. Difficile a dirsi chi dei due avrebbe
vinto. Entrambi caricarono al massimo della loro velocità
intenzionati ad usare tutta l'energia rimanente in loro pur di
vincere lo scontro,poco importava se dopo non avessero avuto la forza
di rialzarsi,la morte del nemico era l'unica cosa che contava in quel
momento,tutto il resto sembrava superfluo,non contava nient'altro.
L'assedio fallito,il ritiro delle truppe,la missione della
principessa fuggiasca,nulla contava,c'era solo la violenza nei loro
pensieri e presto quella sete di sangue e morte si sarebbe placata in
un solo ed unico colpo. L'aria che sferzava il viso,il vento che
passava sopra le lucidi ali di metallo,la velocità era
padrona
dell'atto finale. Lei mosse una sola delle sue spade contro la figura
del mercenario quando si accorse che la giumenta spiccò un
balzo dal
suolo mentre Milziade cercò di affondare il colpo contro la
ragazza
in volo,evitò all'ultimo il fendente poiché non
era mai stata sua
l'intenzione di attaccare al primo colpo ed una volta oltrepassato
cavallo e cavaliere si girò su se stessa eseguendo per la
seconda
volta quella bizzarra manovra,girando su se stessa a mezz'aria per
poi caricare una seconda volta alle spalle del nemico e finirlo in un
azione rapida da un punto ceco nella difesa avversaria.
“MUORI
COME IL DANNATO PEZZENTE CHE SEI”
Pregustava
il sapore della vittoria misto alla sete di morte e di rivalsa che
sentiva di dover soddisfare nei suoi confronti e dimostrare ancora
una volta che Nevia Placidia Sannita era la donna giusta per
comandare la ventiduesima Legio Superba e lo avrebbe dimostrato con
una violenza feroce ed immediata. Le sue armi erano pronte a ghermire
la preda e il suo corpo a schiacciarlo con tutta la forza che gli era
rimasta,non c'era più bisogno di manovre,nessuna
necessità di una
tecnica sopraffina perché così combatteva un vero
comandante di
Nova, con forza,vigore e audacia,era così che faceva lei le
cose e
ancora una volta aveva funzionato e ancora una volta avrebbe vinto.
Milziade aveva mancato il bersaglio e la sua schiena era ormai
vulnerabile,troppo piegato in avanti perché potesse girarsi
e troppo
esposto affinché potesse mettersi sulla difensiva,la
situazione era
disperata e le possibilità di vincere erano quasi nulle.
Tuttavia la
cosa strana in tutto ciò e che nonostante il fallito attacco
e la
sconfitta ormai imminente il suo volto era calmo e nei suoi occhi non
c'era più scherno,ma una serietà e una
lucidità di pensiero che in
pochi avevano visto nei suoi occhi e buona parte di loro era morta
nel constatare l'esistenza di un suo atteggiamento così
caricò di
forza e allo stesso tempo concentrato e pieno di determinazione. Il
suo colpo sarà andato anche a vuoto,ma questo non voleva
dire che
non aveva altri assi nella manica, o per meglio dire....nello
zoccolo. Con l'affondo della lancia andato a male sapeva, o per
meglio dire,sperava che la sua avversaria reagisse di conseguenza e
compisse un attacco alle spalle,sicura di avere la vittoria in
pugno,senza tenere conto però che anche Briseide era
presente nello
scontro e che a differenza dell'armatura magica,ragionava con una
mente tutta sua ma in totale connubio con il suo padrone.
“ORA
BELLA.”
La
giumenta non se lo fece dire due volte e piantando con forza le zampe
anteriore nel suolo si slanciò in maniera completamente
inaspettata,muovendo entrambe le zampe posteriori verso il retro del
corpo,come a voler tirare due potenti calci in maniera
difensiva,nella stessa direzione in cui stava arrivando Nevia,il
tutto accadde in una manciata di secondi. Lei sicura della sua finta
si era già lanciata alla carica non accorgendosi per tempo
di quel
colpo improvviso tirato da un equino che non dava l'impressione di
essere poi così sveglio e reattivo. Era troppo tardi per
virare in
un altra direzione e parare il colpo era impossibile data
l'imprevidibilità dell'animale e la posizione delle braccia
non le
consentivano di parere il colpo con gli arti superiori. Con lei che
si era spinta in avanti e il cavallo che aveva calciato con la forza
di un muro di lancia l'impatto fu inevitabile, Gli zoccoli presero in
pieno la testa del comandante noviano che subì un colpo
tanto forte
da sentire la botta che andava ben oltre le difese fisiche
dell'armatura,facendo sbattere la testa così forte da
sembrare una
mazzata dritta in volto,cadendo rovinosamente al suolo,con la testa
ciondolante in preda al dolore e allo stordimento appena subiti.
Milziade scese subito da cavallo e si avvicinò al comandante
sconfitto e poi si inginocchio, per poi togliergli l'elmo con la
parte infondo della lancia e puntargli alla gola la punta che tanto
l'aveva ingannata. Il volto di Nevia e sporco del sangue che le
usciva dalla bocca,cosa ampiamente dimostrata dal fatto che stesse
digrignando i denti rossi in maniera arrabbiata,ma intontita com'era
non era chiaro se fosse consapevole di quello che era appena accaduto
oppure fosse ancora incosciente per il colpo che aveva incassato
male. Negli occhi di lui non c'era alcuna pietà ne alcuna
esitazione,avrebbe potuto finirla se avesse voluto,sarebbe stato
facile e la cosa non gli avrebbe fatto perdere il sonno,ma poi come
ne sarebbe uscito vivo con tutti quei soldati presenti durante il
combattimento? Erano ancora immobili per lo stupore della scena
appena vista e nessuno seppe che cosa fare. In anni e anni di
carriera nell'esercito imperiale nessuno dei veterani della
ventiduesima aveva mai osato immaginare un evento simile,Nevia
Placidia Sannita,la prima donna ad essere riuscita a salire i ranghi
dell'esercito e divenire comandante,che si era fatta un nome durante
la guerra civile e le due guerre di espansione venute quasi subito
dopo,era stata sconfitta da un uomo dall'armatura squarciata e una
giumenta pezzata. Non esisteva sogno che avevano fatto in vita loro
che potesse lontanamente avvicinarsi a quell'eventualità, a
dimostrazione che a volte la realtà vinceva
sull'immaginazione,ma
quel giorno aveva trionfato alla grande e senza risparmiare nessuno
degli spettatori presenti.
“Allora,immagino
che oggi non manderai la mia testa come monito alla ragazza,o
sbaglio? Detto tra noi,hai combattuto veramente male,ci vediamo
dolcezza,forse la prossima volta ci penserai due volte prima di dare
di matto.”
E
con queste ultime parole si allontanò dalla ragazza tornando
in
groppa a Briseide,diede un ultimo sguardo a Nevia,che si stava
riprendendo dal colpo subito,la sua soddisfazione non era stata
pienamente appagata e per questo non poteva ritenersi
soddisfatto,sentire di essere ad un passo dal potere eliminare un
altra figura di spicco dell'impero gli avrebbe dato un certo grado di
godimento personale,ma prima delle questioni personali veniva il
lavoro e lui in una maniera o nell'altra rispettava sempre i propri
incarichi,per cui si sarebbe limitato ad infliggere un cocente
umiliazione all'immagine di un militare noviano, anche se donna,cosa
che non lo toccava minimamente,come molte altre del resto.
“Fer-matelo.”
Una
voce dolorante,indebolita,ma carica di rabbia tornò a farsi
sentire
alla orecchie del mercenario e la cosa non gli piacque per niente. Si
girò preoccupato e poi la vide li,in piedi,confusa,lo
sguardo vacuo
di chi aveva ricevuto un forte colpo alla testa. Riusciva
faticosamente a stare in piedi e dovette far uso di tutte le forze
rimaste,contando anche quelle che aveva consumato per tenere indosso
l'armatura e usarne le capacità magiche era incredibile che
non
fosse crollata come un sasso nonostante la pesante botta ricevuta in
testa. Il suo sguardo era simile a quello degli ubriachi e la testa
ciondolava ancora in preda a quella sensazione di vuoto mista a
nausea che gli vorticava nella scatola cranica mentre puntava una
spada verso l'uomo.
“Fermatelo...lui
e quel suo schifoso ronzino, vi ho dato un ordine soldati,
eseguitelo.....SUBITO.”
Presi
alla sprovvista i primi ad aver sentito con chiarezza l'ordine
estrassero il proprio gladio e chi poteva imbracciava anche anche lo
scutum mostrando chiaramente la loro intenzione ad eseguire l'ordine
nel più preso possibile. Milziade maledisse mentalmente
quella donna
incapace di accettare la sconfitta e cominciò a guardarsi
attorno
come a cercare una via di uscita in quella situazione. Cercò
con lo
sguardo Nym e Gordlack,ma anche loro sembravano straniti e non
seppero che cosa fare, allora cercò una via libera in mezzo
ai
soldati,ma anche se avesse superato i primi cento che stavano
assistendo allo spettacolo si sarebbe dovuto confrontare con un
intera legione per poter fuggire e difficilmente l'esercito cittadino
sarebbe corso in suo aiuto per salvarlo.
“Adesso
si che siamo nei guai.”
Disse
Milziade mentre girava Briseide in tutte le direzioni,nel disperato
tentativo di uscire da quella pessima situazione. Ma proprio quando la
situazione sembrava disperata un leggero profumo lo distrasse
dalla catastrofe imminente. Lo aveva già sentito in qualche
incarico
precedente e tutte le volte era legato ad una sfilza di tante
ricompense quanti erano i guai che le seguivano.
“Loto
azzurro...forse era meglio che mi facevo catturare”
E
non ebbe nemmeno il tempo di parlare che il vento si fece
più forte
che i soldati che si stavano avvicinando a lui cominciarono a
comportarsi in maniera strana,all'inizio cominciarono a barcollare
come ubriachi in preda al vino,poi cominciarono a far cadere le armi
a terra ed infine crollarono direttamente al suolo. Era l'occasione
che stava aspettando e senza indugiare cominciò a galoppare
verso
l'uscita,se la fortuna era la sua presto l'intero accampamento si
sarebbe ridotto in quello stato. Ancora una volta c'è
l'aveva
fatta,ma sapeva che era ancora presto per cantare
vittoria,perché se
aveva indovinato chi era l'artefice di quella scappatoia allora aveva
di che preoccuparsi,perché se mai anche lei era li in
città allora
la cosa non poteva che rivelarsi problematica,ogni volta che c'erano
lei erano guai,guai molto grossi. Poteva solo sperare di uscirne vivo
anche questa volta.
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Capitolo 12 *** Una vecchia conoscenza ***
Non
ci volle molto per Milziade,Nym e Gordlack fuggire dall'accampamento
degli invasori,l'intenso aroma floreale che volteggiava nell'aria
dietro di loro si stava diffondendo a macchia d'olio per tutto il
campo,soldati ogni tipo,razza e grado veniva invaso da quella che
sembrava una nebbiola bluastra che si formava qualche secondo dopo
che la presenza di quel dolce aroma invadeva il naso e facesse
crollare a terra coloro che lo sentivano.
“In
nome di Odino,che diavolo è quella roba?” Chiese
il nano mentre
osservava il dilagarsi di quella nebbia dall'aspetto sinistro.
“Tu
pensa a muovere quel cavalluccio e non perderti in cose inutili,per
ora allontaniamoci da qui.”,disse Nym con tono calmo e
distaccato.
Il ritmo sostenuto delle tre cavalcature era molto e spinto al
massimo della loro prestanza,anche il più piccolo stava
dando sfogo
a tutte le sue energie e in qualche modo,nonostante le zampe tozze e
la statura più piccola riuscì a stare al passo
con gli altri due
cavalli,nonostante anche il peso dell'armatura che il nano si portava
appresso, Milziade era rimasto stupito da quanto quel piccolo equino
potesse essere resistente. Arrivarono nei pressi dell'ingresso
principale e la,dove i soldati a guardiato del perimetro del castrum
presidiavano la porta,ancora incerti sul da farsi,in quanto incerti e
confusi su quello che stava accadendo all'accampamento,dal loro punto
di vista c'erano i tre figuri che avevano fatto passare all'interno
del campo e ora stavano correndo verso l'uscita,dopo che una nube blu
si stava spostando per tutto l'accampamento. Per loro era chiaro come
il sole che c'entrassero qualcosa con tutto quello che stava
succedendo. Milziade li vide e sospettò che avrebbero
cercato di
formare il muro di scudi,così da impedire loro di fuggire
dal
campo,mentre gli arcieri posti sul muro li avrebbero bersagliati una
volta bloccati,bisognava fare qualcosa affinché
ciò non accadesse.
Fortuna che tra loro tre ci fosse un arciere.
“Nym,che
ne dici se....”,Milziade fece per parlare all'elfo ma questo
aveva
estratto l'arco e aveva già scagliato un paio di frecce
contemporaneamente e aggiustando leggermente la mira
scoccò,lasciando
che le tue asticelle appuntite facessero il loro lavoro. Mentre i
soldati si prepararono ad un approccio difensivo le due frecce
andarono a colpire i due soldati al centro della formazione di scudi
avrebbe tentato di trattenerli. Con tutto il metallo che avevano
addosso era difficile che un colpo diretto sarebbe stato mortale per
loro,ma c'era un buon motivo se gli elfi erano conosciuti come
tiratori provetti. Fece volare le due frecce che andarono dritte
contro due soldati al centro della formazione incompleta,il tempo di
sentire le frecce sibilare vicino ai loro volti che andarono a
sbattere contro le spalliere segmentate delle corazze e finire contro
l'orlo degli elmi,sorprendendo le due guardie che non riuscirono a
chiudere il muro per tempo,poiché si stavano già
trovando contro i
tre fuggiaschi a tutta velocità contro di loro. La
devastante carica
dei tre fu così intensa e aggressiva che i soldati che
tentarono di
bloccarli furono travolti dai cavalli e chi di loro fu spintonato o
investito si ritrovò a terra,ancora vivo ma molto
dolorante,permettendo così ai tre di uscire dalla porta
principale e
dirigersi in città e far ritorno alla torre. Entrare in un
accampamento imperiale, sconfiggerne il comandante e uscire vivi non
era un impresa che si poteva compiere come se nulla fosse e facendo
sorgere il dubbio che forse solo una volontà divina avrebbe
potuto
compiere un miracolo simile. Ma poi il mercenario si ricordò
che era
spuntata quella nebbia bluastra che stava infestando l'intero castrum
e pensò che ci fosse state veramente un intervento divino e
quel dio
ci tenesse veramente a lui allora non avrebbe salvato con quella
comparsa inaspettata del loto azzurro,per cui no, semplicemente se
l'erano cavata per un soffio. Quanto era bella quella
sensazione,sapere di essere ormai al sicuro e che anche gli arcieri
posti sulle mura tentavano di colpirli nonostante i loro bersagli
fossero a cavallo e ormai lontani tentarono comunque di
colpirli,senza il ben che minimo successo e lasciandoseli
scappare,solo per finire anche loro travolti da quel profumo
inebriante e collassare a terra anche loro.
“Ci
è andata bene,questa volta abbiamo rischiato veramente
grosso,di un
po' matto di un umano,come ci riesci?”, Chiese Gordlack
dubbioso
diretto a Milziade.
“Riesco
in cosa?”
“A
inimicarti tutti quelli con cui a che fare,ti conosciamo da meno di
ventiquattro ore e ti abbiamo visto combinare più casini di
un orco
in una taverna.”
“Forse
è dovuto al mio fascino,voglio dire,non sono io che cerco i
casini
sono i casini che cercano me. Io sono solo un umile mercenario che
cerca qualche incarico solo per poter riempire lo stomaco...e la
coppa del vino.”
“Sarà
ma secondo me porti sfortuna.”
Il
mercenario non disse nulla riguardo a quel giudizio,anche
perché
sentire Gordlack parlare non era esattamente tra le sue
priorità e
perciò non gli importò molto. La sua mente era
diretta
completamente altrove e diede un sguardo al castrum che si erano
lasciati indietro,un intera guarnigione pronta alla battaglia ora
giaceva a terra,addormenta e completamente indifesa,facile da
uccidere anche nel caso qualcuno fosse stato tanto resistente da non
giacere al suolo come tutti gli altri,si sarebbe ritrovato con gli
stessi effetti che sente un uomo dopo una gara di bevute con
l'ubriacone del villaggio e perciò vulnerabile. Il loto
azzurro,conosceva bene i suoi effetti e quanto potente potesse
essere, ma c'era una persona sola che conosceva in grado di farne una
nebbia tanto grande e densa da stendere così tante persone
in così
poco tempo e lui sperava vivamente che non fosse li in città
di
Aegis .Perché se le cose stavano a così allora
sarebbe stato meglio
tenersi pronti all'ennesimo incontro,cosa che non aveva intenzione di
fare. Ora che erano fuori pericolo poterono tornare nella
città-stato
di Aegis,dove le grinfie dell'impero non avrebbe potuto
raggiungerli,non con un esercito fuori gioco dal profumo di un fiore.
Aveva
perso,lei era stata mandata per sottomettere la città dalla
bianche
mura e aveva perso,era andata per catturare,o in quel caso,uccidere
una principessa traditrice e dichiarata nemico dallo stato e lei
aveva perso. Era stata insultata,umiliata e sbeffeggiata di fronte ai
suoi soldati,da un banale e patetico uomo da niente e lei aveva perso
per mano sua e di quel dannato cavallo. Era la giornata più
nera di
tutta la sua carriera militare. Il suo esercito era impotente,le sue
mire sulla principessa andate in fumo e lei era stata sconfitta di
fronte a tutti i suoi uomini e onta peggiore di quella non poteva
immaginarla. Lei non era caduta sotto l'influsso del loto azzurro per
via dell'elmo,reso magico anche quello e quindi poteva fornire una
protezione eccellente anche dalle sostanze volatili come quelle. Ma
anche se non respirava la stessa cosa che aveva steso la sua legione
era chiaro che la battaglia era ormai persa in partenza e l'assedio
era stato un fiasco completo e quando l'imperatore sarebbe venuto a
saperlo,perché sarebbe venuto a saperlo,avrebbe dovuto dare
spiegazioni di persona per quella disfatta e lei sapeva bene che
farlo arrabbiare era un rischio molto alto per essere uccisi di sua
mano,nel senso letterale del termine. Ma proprio quando le sorprese
erano finite ecco che ne arrivava un altra. Nel mezzo della fitta
nebbia blu intravide a malapena la figura di un uomo ancora in
piedi,ma non riusciva a definirlo con esattezza e quindi non poteva
vedere con chiarezza chi era ne tanto meno cosa voleva.
“Non
temere,Nevia Placidia Sannita,sappi solo che la tua ora non
è ancora
giunta e che il tuo imperatore ha bisogno ancora di te.”
“Chi
sei tu?”, disse lei debolmente mentre a malapena riusciva a
reggersi in piedi.
La
figura si fece ancora più vicino a Nevia mostrandosi
più
chiaramente allo sguardo della donna. Era un uomo giovane,dai capelli
corti e castani, con gli occhi verdi e indossava una lunga veste
bianca con sopra un corto mantello rosso decorato con due fibule
nere,al cui centro erano intagliati in un immagine di Giove e
nell'altra quella di Apollo.
“Chi
sei? E perché tu non sei svenuto come tutti gli altri?
Conosco ogni
sacerdote dentro la mia legione e tu non sei nessuno di loro.”
“Il
mio nome è Permone e in questo preciso istante non mi trovo
di
fronte a te.”
“Che
stai dicendo? Ti vedo con i miei stessi occhi.
“Puoi
star certa che non mi trovo fisicamente qui e se lo fossi non potrei
parlare con te. Ora,tu è il tuo esercito non potete
combattere
contro le forze di Aegis,tuttavia,posso offrirti protezione.”
“E
come?”
“Abbi
fede comandante,poiché il futuro si trova sulle ginocchia di
Giove.”
E
così dicendo l'immagine dell'uomo si dissolse poco alla
volta,come
una nube di fumo soffiata via da un vento immateriale,lasciando
basita la donna che non seppe spiegarsi cosa fosse appena successo.
Rimase da sola nel suo accampamento,senza possibilità di
vittoria,senza alcun soldato pronto al combattimento e senza alcuna
risposta su quello che era successo. Poteva solo aspettare senza
poter fare nulla.
I
tre fuggiaschi si erano ormai messi in salvo dalle grinfie della
legione che stava per assediare Aegis e nell'avvicinarsi alle bianche
mura videro i soldati alleati marciare nella loro direzione. Le prime
linee di fanteria erano ben visibili e si distinguevano molto
chiaramente per la loro formazione tipica degli opliti,una lunga
linea di uomini,armati di tutto punto che sfruttavano la presenza
dell'hoplon, il grande scudo rotondo originario delle terre di Argo e
con gli elmi visibili da lontano,tanto che erano riconoscibili a
grande distanza e dietro di essi vi erano anche le unità
più
leggere,come gli arcieri e i frombolieri,uomini dotati della
frombola,una lunga fionda fatta di cuio il compito principale era
lanciare sassi rotondi attentamente levigati per poter avere la
massima efficienza contro i nemici,che anche se ben protetti
rischiavano di restare tramortiti per colpa del sasso scagliato
contro le loro teste e nei casi più gravi anche la morta
immediata,cosa che faceva di quei propulsori di pelle animale delle
armi tanto semplici quanto letali. Ai lati della fanteria pesante e
dei tiratori erano presenti altre truppe,molto differenti da quelli
presenti nella zona centrale. Piccole squadre formate da individui
di ogni razza presente ad Aegis formavano le squadre più
disparate,ma tutte formate in modo da formare unità solide e
compatte. Come ad esempio i nani armati di lunghe lance a due mani in
grado di respingere le unità di cavalleria,gli gnomi
spadaccini
protetti da leggere protezioni metalliche e armati solo di una spada
corta dalla lama ricurva,ideale per attacchi veloci e schermagli
improvvisate,dato il vantaggio della loro bassa statura erano in
grado di spostarsi nella mischia generale con relativa
facilità e
rendere più difficile colpirli negli scontri ravvicinati.
I
tre si arrestarono un attimo di fronte all'armata che gli si muoveva
incontro e videro l'enorme muro prima linea avanzare come un sol
uomo,con una marzialità e una precisione tali da non
invidiare per
nulla le formazioni e l'addestramento delle legioni di Nova.
“E
per oggi abbiamo dato abbastanza ragazzi,consiglio vivamente di
tornare in città e goderci una pausa più che
meritata. Sia chiaro
però,io per almeno mezza giornata non voglio vedervi,giusto
il tempo
di riposarmi per conto mio.”,disse Milziade con tono
rilassato.
“E
con il consiglio come fai? Vorranno sapere com'è andata al
campo dei
noviani e capire cos'era quella nebbia blu comparsa
all'improvviso.”,
Disse Nym con tono serio.
“Sono
certo che voi due saprete compiere questa nobile impresa anche senza
di me,lascio tutto nelle vostre mani,ripongo una grande fiducia nelle
vostre capacità oratorie.”
Mentre
avanzavano verso le truppe i tre rallentarono la corsa,ormai in
prossimità della prima fila di opliti. Tra loro
però vi era
presente anche un individuo che col resto dell'esercito non centrava
assolutamente nulla. Era il mago,facilmente distinguibile con il suo
vecchio abito blu e il suo bastone,anche perché stava
fluttuando
sopra le truppe in movimento. All'improvviso l'intero esercito si
arrestò di colpo e l'unico a muoversi tra di loro fu la
figura del
mago che sorvolando i soldati si avvicinò al trio in
traiettoria
rapida e lineare.
“Che
notizie portate dall'accampamento dei nostri assalitori?”,
Chiese
il mago in tono piatto.
“E
tu che ci fai qui? Credevo che saresti rimasto a palazzo insieme a
quei simpaticoni del consiglio.”, Disse Milziade con tono
rilassato.
“Sono
venuto a verificare di persona se l'esito degli eventi e stato
proficuo per la nostra situazione. E poi, ho percepito la presenza di
un altro individuo,ma non saprei dire chi sia veramente. Voi intanto
andate,parleremo dopo.”
“Non
me lo faccio ripetere due volte.”, e senza neanche pensarci
su
Milziade si rimise in marcia verso la città,seguito dal nano
e dal
suo piccolo destriero,mentre si facevano spazio tra le formazione
dell'esercito cittadino. Nym invece restò fermo sul
posto,mentre
distrattamente osservava la sagoma del mercenario farsi sempre
più
piccola all'orizzonte,con dubbi e domande su chi fosse veramente
quello strano umano.
“Qualcosa
non va Nym?”, chiese il mago con tono garbato.
“No....però
quel mercenario è un tipo strano.”
“Che
intendi dire?”
“Non
lo so nemmeno io....però ho la strana sensazione che non la
racconti
giusta,temo che dovremmo stare attenti anche a lui.”
“Dici
che non c'è da fidarsi?”
“Assolutamente,non
partecipa a questa spedizione per dovere,ma per ricavarne un
profitto. Infondo è un mercenario,potrebbe passare
dall'altra parte
e venderci per un prezzo più alto.”
“N'è
dubito,gli ho imposto il marchio,sa bene cosa gli succederà
se
trasgredirà il suo compito. E poi il compenso per le sue
imprese è
già stato deciso è lui ha accettato di buon
grado. Puoi star certo
che non ci tradirà così facilmente. Ora
vai,stanno per giungere
problemi che al momento nessuno di voi può
affrontare”
E
senza discutere l'elfo avanzò in mezzo ai ranghi deciso a
seguire le
istruzioni del vecchio incantatore,mentre i soldati,ligi ai doveri
cittadini,attendevano immobili l'ennesimo ordine da eseguire. Nel
frattempo, Milziade e Gordlack raggiunsero le bianche mura della
città,la cui stazza rappresentava in tutto e per tutto il
valore
difensivo di quella difesa imponente,la cui vista meravigliava e
metteva in soggezione chiunque le ammirasse,che fossero
viaggiatori,locali o invasori. Fortunatamente il portone era rimasto
aperto per far uscire gli ultimi soldati della retroguardia ed
approfittando dell'occasione i due entrarono in città senza
troppe
scuse. Normalmente sarebbero stati fermati dalle guardie che
presidiavano la porta,ma visto che erano state date specifiche
direttive verso i tre accompagnatori di Lucilla e averli visto sia
andare che tornare non ebbero problemi a passare,anche se era
piuttosto insolito che degli stranieri potessero oltrepassare le mura
cittadine come se nulla fosse,sopratutto in quella situazione
critica. L'atmosfera in città era ben visibile
già dopo aver fatto
i primi passi in città, le molte persone presenti in strada
avevano
formato una massa preoccupata e timorosa di un attacco nemico,sapendo
bene che un esercito stava si assediando le mura della loro
città,ma
non si aspettavano certo uno scontro in campo aperto,cosa aveva
preoccupato la popolazione più del solito,non abituati alla
vista di
assalti diretti ad Aegis. Vedendo ciò il mercenario
girò lentamente
il cavallo di lato e si allontanò poco alla volta,un passo
dopo
l'altro e il nano accortosi della cosa lo richiamò a se.
“Ehi,dove
pensi di andare?”
“L'ho
detto prima, ci vediamo dopo.”
“Ma
dove vai?”
“Ovunque
possa trovare un minimo di pace,mettermi qualcosa di caldo nello
stomaco e riposarmi come merito. E poi dopo quello che ho fatto sono
un eroe,merito anche io una pausa no?”
E
così facendo Milziade se né
andò,lasciando Gordlack da solo col
suo piccolo cavallo,mentre la figura del mercenario si allontanava
sempre di più,mentre la folla,nervosa,restava nei pressi
della
porta,in attesa di ricevere risposta dall'esercito che sarebbe
tornato in città.
“FA
COME VUOI RAZZA DI STUPIDO,MA SE POI QUANDO TORNI A PALAZZO TI DANNO
UNA STRIGLIATA NON VENIRE A LAMENTARTI DA NOI
CHIARO?”,urlò il
nano per farsi sentire in mezzo alle mille voci li presenti,ma
l'umano non si girò e continuò per la sua strada
senza che abbia
ascoltato una singola parola del suo basso compagno di squadra,che
rimase li,in attesa di Nym che era rimasto indietro per ragioni che
il nano in quel non comprendeva. Milziade nel frattempo si
allontanato abbastanza da poter di nuovo sentirsi libero,proprio come
lo era il giorno precedente,prima si fosse unito a quello che lui
considerava una specie di circo ambulante. Molte persone intorno a
lui spingevano e sgomitavano per farsi spazio e giungere nei pressi
delle mura,dalla quale le guardie avrebbero dato notizia sull'esito
dello scontro con l'esercito invasore,che si era occupato poco fuori
alla città. Milziade sorrideva con amarezza pensando a tutta
la
fatica che aveva fatto per sopravvivere allo scontro quella pazza
furiosa del comandante noviano,giunto al campo solo per invitare,a
modo suo,un intera legione a lasciar perdere l'assedio e tornare a
presidiare i confini imperiali. Ci era riuscito rischiando anche di
perdere la testa e per questo non sarebbe stato ringraziato,fare la
vita del mercenario sarà stata anche fruttuosa per certi
versi,ma
buona parte del tempo era una vita ingrata. Potevi essere assunto per
fare la guardia ad un nobile che si era inimicato un rivale politico
e a fine contratto,se tutto andava bene,ricevevi per intero la paga
prestabilita e tanti saluti,senza neanche troppe cerimonie,oppure
potevi essere ingaggiato come cacciatore di mostri occasionale,non
molti uomini prezzolati andavano a scontrarsi con qualcuno che non
fosse un umano o una creature simile,troppi rischi e la maggior parte
di loro non tornava a casa. Ma per Milziade era diverso,aveva una
certa esperienza anche con creature all'infuori dell'ordinario,buona
parte delle volte erano delle tane di goblin oppure uno stormo di
arpie che aveva preso di mira nave di un commerciante di pesce. Ogni
lavoro andava bene,purché non fosse troppo
immorale,rifiutava sempre
lavori come sicario o la riscossione dei debiti,incarichi fin troppo
personali e di solito andavano a prendere un qualche poveretto che
probabilmente o non c'entrava niente o si era ritrovato in una
situazione sfortunata,Milziade era fatto così,nulla di
più e nulla
di meno, incarico,soldi,un altro incarico e altri soldi,la sua vita
era così e a lui non dispiaceva...il più delle
volte. Si era
inoltrato ancor di più tra le strade vicino alle mure
allontanandosi
dalla marmaglia che si era compattata vicino alle bianche difese
della città. Le strade erano quasi vuote e lui
continuò per la sua
strada incrociando di tanto in tanto qualche cittadino che si
rintanava in casa oppure un gruppo di ragazzini che venivano portati
a forza da i genitori a rientrare in casa per paura che potesse
succedergli qualcosa visto che buona parte delle guardie e dei
soldati erano fuori dalle mura a combattere e per strada c'era il
timore che squadre di furfanti e sciacalli occasionali girassero per
le vie secondarie e approfittare dell'occasione per derubare qualcuno
o entrare a casa di un ignaro cittadino e portare via denaro e
oggetti preziosi. Stava svoltando ad un angolo di una stradina
deserta,quando ad un certo punto sentì un leggero profumo
farsi
appena sentire nell'aria del vicolo,subito Milziade sentì il
bisogno
di mettere mano alla spada nel timore che anche lui svenisse come era
successo ai legionari nell'accampamento,ma subito si accorse che
l'odore era diverso,ugualmente buono,ma diverso. A naso avrebbe
potuto dire che ricordava un misto di latte e menta,cosa che lo fece
desistere dall'estrarre la lama,ma non per questo lo rese
più
rilassato e con sguardo perso nella via di fronte a lui si diede per
vinto capendo ormai con cosa avesse a che fare...o con chi.
“Puoi
anche uscire allo scoperto Amunet,immagino che lo spettacolo che ti
sei goduta prima ti sia decisamente piaciuto.”
E
da uno dei vicoli adiacenti uscì la snella figura di una
ragazza dai
tratti ameniti,ricordava bene i suoi occhi di gatta e il suo sguardo
furbo,con un leggero tratto di malizia nei suoi occhi,cosa che la
rendeva sensuale e al tempo stesso pericolosa,cosa che lui sapeva
bene e dalla quale cercava di stare attento il più
possibile.
“Vedo
che dopo tutto questo tempo ti ricordi ancora di me,allora
dimmi,com'è il tuo nuovo incarico?”, disse lei
mentre si
appoggiava al muro adiacente con fare attraente.
“Ne
ho avuto di migliori,ma non mi lamento più di tanto,tu
piuttosto
perché sei qui? Non dirmi che anche tu centri con questa
storia.”
“Io?
Mah chissà,forse percorriamo la stessa strada ma con
obbiettivi
differenti. Vedo che ti trovi bene con i tuoi nuovi amici,conoscenze
interessanti?”
“A
tal punto che intendo averci a che fare il meno possibile,tu del
resto da quello che ricordo non sei il tipo di persona che fa
amicizia con qualcuno se non né ricava un
profitto.”
“Così
mi ferisci soldatino,fai di me il mostro che non solo,sappi che non
fosse stato per me saresti caduto in mano di un esercito noviano e tu
sai bene che le legioni non ci vanno tenero con i prigionieri di loro
interesse.”
“E
se non fosse per me tu saresti stata spacciata decine di volte se non
fossi intervenuto io a salvarti,ti sei dimenticata di quella volta
che hai pensato bene di derubare un signore della guerra delle
tribù
libere nella sua stessa tenda?”
“Mi
era stato detto che il campo era libero e non correvo rischi,quella
guardia corrotta mi ha tradito all'ultimo. Tu piuttosto non ti eri
ritrovato solo,all'interno di una piramide dove guarda caso la
sottoscritta e giunta in tempo a salvarti la vita da un branco di
scarabei giganti?”
“E
stato un caso che avessero fatto il nido vicino alla camera del
tesoro e se proprio vuoi saperlo potevo anche scappare senza bisogno
del tuo aiuto,erano grossi ma per niente veloci. Comunque, se hai
qualcosa da dirmi fa in fretta,perché sto morendo di fame e
sentirti
parlare non riempirà il mio stomaco.”
“Conosco
un posto in città dove fanno autentica cucina Amenosita
degna di un
faraone. Vieni ti faccio strada.”
Lucilla
era ancora spossata per quello che le era successo quella mattina. Le
era stato portato un piatto di minestra di verdure,con pane morbido
come contorno nel caso il suo appetito avesse bisogno di qualcosa di
più sostanzioso che riempire lo stomaco,ma mangiò
quanto bastava
per rimettersi in forze e si rimise a letto,coperta e tenuta al caldo
nonostante fosse estate e fuori facesse un discreto caldo. Il suo
corpo era ancora debole e brividi freddi dovuti allo sforzo e alla
perdita di sangue che aveva vomitato in precedenza la rendevano
debole e incapace di fare un qualunque sforzo per potersi di nuovo
muovere con le proprie gambe. Osservava il soffitto,mentre con una
mano si stuzzicava l'anello che si era rimesso al dito facendolo
girare,cosa che faceva tutte le volte che sentiva il bisogno di
tornare alla mente a ricordi per lei importanti,se non addirittura
indispensabili. Ripensò a casa sua,vicino alla
città di Nova,dove
la villa di famiglia sorgeva in mezzo ad una natura bucolica e
tranquilla e le colline facevano da sfondo per il rilassante
panorama.
Ricordava
come i campi d'erba risplendevano alla luce del sole come un grande
mare di smeraldo e le colline erano grandi onde di terra immobili che
si illuminavano di un pallido arancione quando il sole sorgeva e poi
si tingevano di un forte arancione al tramonto. Da quello che
ricordava le era sempre piaciuto il giorno,il momento della giornata
più energico e vitale si potesse vivere e quando usciva per
giocare
in giardino o quando leggeva i testi degli antichi saggi sotto le
fronde del grande Olmo del suo giardino sentiva quella luce
raggiungerla anche tra le fronde degli alberi sentiva il calore del
sole toccarla delicatamente,dandogli un senso di benessere unico nel
suo genere e quella grande stella che svettava nel cielo come un re
glorioso la faceva sentire protetta e al sicuro. Ma crescendo si
accorse che per quanto caldo fosse il sole non poteva distruggere il
male che dimorava sulla superficie del mondo illuminato,male che
aveva travolto lei e suo padre due anni prima che lei lasciasse la
Domus Lucis senza il consenso imperiale e che il farlo l'aveva resa
una fuggitiva,una reietta della sua stessa casa,del suo stesso trono
e del suo stesso impero,che per diritto le aspettava e che le era
stato sottratto da Lucio Cornelio Silla,un uomo spietato e violento.
Non avrebbe mai potuto dimenticare,nemmeno volendo,il giorno in cui
la sua vita era cambiata per sempre,il giorno in cui aveva perso
tutto per colpa di un solo,singolo,uomo. Ricordava ancora il suo
volto,lo vide una sola volta,ma gli fu sufficiente per ricordarsi il
suo aspetto, occhi azzurri privi di qualsiasi pietà,pieni di
un
incandescente ferocia mentre sul volto,liscio e scultoreo,la
rigidità
dei muscoli del volto non traspiravano alcuna emozione, se non un
impassibile volontà di avanzare.
“Padre...”
Disse
la giovane mentre una lacrima traditrice le scese da un occhio
rivelando a se stessa che era tornata con la mente ad eventi
più
oscuri del presente. All'improvviso però udì due
colpi alla
porta,qualcuno stava bussando.
“Lucilla,sei
sveglia? Sono Braxus,posso entrare?”
Lei
si riprese dai suoi pensieri e portandosi una mano sulla parte
bagnata del volto si tolse i segni della goccia che le aveva rigato
il viso e si tolse dagli occhi l'acqua restante,scacciando insieme ad
essa buona parte della malinconia.
“Si...entra
pure.”,disse lei sforzandosi di alzare la voce.
La
porta si aprì e il giovane entrò nella stanza,poi
chiuse la porta
lentamente e in pochi passi fu vicino al letto dove Lucilla stava
passando la sua convalescenza. Sul volto di Braxus si poteva leggere
chiaramente uno sguardo preoccupato, poiché vedere la
ragazza
ridotta in quelle condizioni lo spaventava più di affrontare
un
branco di leoni,circondato ed armato solo di un pugnale.
“Come
stai?”,chiese lui titubante.
“Bene,il
mago dice che sono fuori pericolo,ma che ho ancora bisogno di un po'
di riposo. Pare che abbia rischiato di bruciarmi da sola,sono proprio
una stupida non trovi?”,disse lei ridacchiando alla fine
della
frase,come a voler sdrammatizzare la sua situazione.
“Ma
che dici? Non pensarlo neanche per scherzo,tu sei stata fortissima a
giungere fin qua con così poche persone a proteggerti,quello
che è
successo oggi è stata una cosa inaspettata certo,ma devi
tenere
conto anche del fatto che ti sei sottoposta ad uno sforzo immenso per
poter arrivare ad Aegis giunto in tempo per poterti sottrarre alle
grinfie di Silla,questo deve pur dire qualcosa.”
“Spero
di si,ho rischiato di morire per colpa di un incantesimo che ancora
non so gestire al meglio,mi spiace solo di darvi così tante
preoccupazioni.”
“Tu
adesso non pensarci e continua a riposarti,devi riprendere le energie
se no non potrai riprendere la missione. E comunque per ora non
potremo andare da nessuna parte finché quell'armata noviana
resta
accampata fuori dalle mura,quindi adesso stai calma e guarisci,va
bene?”
Lei
annuì con la testa mentre lui le rimboccava la calda coperta
che la
circondava,poi si guardò attorno e vide che la camera del
mago era
piena zeppa di pergamene,pietre runiche e altre curiosità
magiche.
C'erano ben tre scaffali,di cui due pieni zeppi di rotoli di papiro e
altri scritti di vario genere e un altro pieno di oggetti
curiosi,come una palla di cristallo,un mucchietto di pietre
runiche,un piccolo specchio col manico a forma di serpente e altre
cose della quale Braxus non ci capiva niente e che sapeva bene era
meglio non toccare.
“Comunque,ti
ringrazio per esserti unito anche tu in questa impresa. Il tuo aiuto
è più che apprezzato in questo gruppo.”
“Figurati
e poi da quanto tempo ci conosciamo? Quattro-cinque anni al massimo?
Se non fosse stato per tuo padre io avrei continuato a combattere
nell'anfiteatro fino alla mia liberazione o fino a quando non sarei
morto per mano di un altro gladiatore o tra le fauci di una bestia
feroce. Se sono libero e ho acquistato la mia dignità come
persona
lo devo a lui. Non hai nulla di cui dover ringraziare,anzi sono io
che devo a te e a tuo padre la persona che sono oggi.”
“Grazie,sei
un buon amico.”
“Si...amici.”
E
in quel momento la ragazza tornò a sorridere sapendo che al
suo
fianco aveva persone come Nym,Gordlack e Braxus della quale poteva
fidarsi ciecamente e sulla quale poteva contare quando lei si sentiva
più sola e l'aiuto di una mano amica si sarebbe mostrata a
lei con
lo stesso candore della luce di un sole di primavera pronto a
scacciare le tenebre quando più si sarebbero fatte cupe ed
opprimenti. Braxus dal canto suo sapeva che Lucilla era una ragazza
sensibile e che quando ne sentiva il bisogno avrebbe dovuto avere
qualcuno vicino a rincuorare la sua amica quando più
l'avrebbe vista
a terra e sconsolata. Ma dentro di lui qualcosa gli fece sentire un
piccolo vuoto vicino al cuore,sentirsi chiamare amico in qualche modo
lo faceva sentire bene quando stava con lei,ma allo stesso tempo era
come se una fitta nel petto lo facesse sentire male. Non sapeva
definirlo e forse era solo una sua impressione, ma in ogni caso le
sarebbe stato accanto per sempre,fino a che non sarebbe stato libero
dal suo giuramento,ma forse da qualche parte nel suo essere sperava
che quel giuramento non dovesse mai essere mai sciolto.
Ci
avevano impiegato meno di un ora a giungere nella taverna indicata da
Amunet. La vacca abbondante, una bettola che dall'aspetto esterno non
sembrava nulla di che,si trovava vicino alla strada principale.
Dall'aspetto non sembrava un posto così esclusivo,l'aspetto
era
quello di una classica taverna amenita,un grande edificio
rettangolare ricoperto da stucco bianco e l'immagine di una grossa
vacca dalle lunghe corna appuntite,con un grosso disco rosso in mezzo
ad esse a simboleggiare il sole,disegnata di profilo,nel tipico stile
del regno delle piramidi. Era facile dedurre che nonostante il
richiamo alla terra natia quella bettola non poteva essere stata
fatta allo stesso modo dello stile che voleva imitare,primo
perché
se fosse stata fatta veramente con mattoni di fango allora in caso di
pioggia violenta non sarebbe resistita nemmeno un giorno e inoltre il
tetto era fatto di legno e non con un semplice rivestimento di paglia
com'era tipico dei territori più caldi,per qualcuno che
aveva
viaggiato tanto come lui ne aveva viste di cose e di certo Milziade
avrebbe riconosciuto gli evidenti errori stilistici lontano miglia.
Ma aveva troppa fame per badare con voglia a queste attrazioni da
locali che avevano voglia di mangiare qualcosa di esotico e decise di
seguire la donna senza fare troppe storie dentro la locanda,ma prima
avrebbe lasciato Briseide nella piccola stalla li vicino,per
comodità
avrebbe potuta legarla fuori,ma essendo estate ed era mezzogiorno
passato era chiaro che la giornata sarebbe stata calda anche se si
fossero trovati in montagna e non se la sentiva di lasciarla sotto il
sole,per cui ci mise il suo tempo a legarla all'ombra vicino
all'abbeveratoio e ad una balla di fieno nel caso avesse avuto
fame,prese i soldi che aveva ricevuto come paga per scortato la
principessa fino ad Aegis e li divise a metà,una parte se la
sarebbe
tenuta con se e l'altra l'avrebbe lasciato dentro la
borsa,così nel
caso avesse perso i soldi in un modo o nell'altro né avrebbe
avuto
una parte con la sua fedele compagna così da aver un
gruzzolo
d'emergenza e alla fine entrò. Il locale all'interno era
molto più
apprezzabile di quello che sembrava dall'esterno,l'atmosfera
all'interno era colmo dell'odore del pane appena sfornato e il dolce
aroma delle tante pagnotte calde lo aveva già preso alla
gola,mentre
nel contempo aveva seguito la ragazza ad un basso tavolo,un piccolo
tavolino quasi a raso terra dove i clienti mangiavano sopra una
stuoia di papiro poggiata a terra sulla quale Milziade non si sentiva
poi così scomodo come credeva. Era molto che non aveva a che
fare
con le usanze tipiche di quella civiltà del deserto.
Arrivarono le
pietanze per entrambi:Amunet aveva preso un piatto d'anatra
accompagnata con verdure miste,un po' di pane non lievitato e un
bicchiere di vino rosso,mentre Milziade aveva preso un grosso pezzo
di manzo cotto in una salsa d'erba cipollina ed aglio,portato insieme
ad un piattino di dolci fatti di zucchero e mandorle,il tutto
accompagnato da un grande bicchiere di birra scura.
“Allora
Amunet,mi spieghi perché ti trovi in
città?”,chiese Milziade
mentre con un coltello tagliava una parte di carne e se la portava
alla bocca.
“Sei
serio? Sai già la risposta a questa
domanda.”,disse lei mentre
masticava un po' di pane.
“Ma
perché qui ad Aegis,se anche sei immischiata con questa
assurdità
sapevi benissimo che saremmo giunti fin qua,immagino però
che tu sia
giunta qui ben prima del nostro arrivo.”
“Una
settimana fa per l'esattezza,ma come ben sai non posso dirti nulla,se
non che tu e i tuoi nuovi amici siete in gravi guai.”
“Davvero?
Avanti dimmi qualcosa che non so.”,disse lui prima di bere un
sorso
di birra.
Lei
prese qualche pezzo d'anatra insieme a un po' di cipolla che
mandò
giù con un sorso di vino,si guardò attorno e poi
ricominciò a
parlare.
“Posso
solo dirti questo e sappi che te lo dico solo perché sei tu.
Il
regno di Amenosi ha iniziato a mandare spie in tutto l'impero,con lo
scopo di tenere conto delle vostre traccie,ovviamente sanno della
fuga di Lucilla dai suoi doveri come sacerdotessa di Apollo e queste
ha destato preoccupazioni al vertice del potere,sapendo che se
l'imperatore dovesse mettere le grinfie sul vostro bottino sarebbe
una catastrofe.”
“Posso
immaginarlo.”
Passò
una decina di minuti mentre tra un morso e un altro finivano il loro
pasto in tutta tranquillità,sopratutto per Milziade che
finalmente
era riuscito a staccarsi dal nano e dall'elfo e avere così
del tempo
tutto per se e potersi godere del meritato riposo. Certamente non
poteva dire che stare a contatto con quella gatta di Amunet lo
facesse sentire al sicuro,ma se non altro si poteva dire che lei era
del suo stesso ambiente e la cosa lo faceva sentire più suo
agio
pur non dimenticando di non adagiarsi sugli allori. Ora che i piatti
erano vuoti e il loro bere era concluso il mercenario si
guardò
attorno,notando che molti dei presenti erano ancora intenti a
mangiare e pensare agli affari propri,poi si rivolse alla ragazza con
tono tranquillo.
“Bene
Amunet,adesso che abbiamo finito che ti va di fare?”
“Non
saprei,tu a cosa pensavi?”,disse lei in maniera
provocante,alludendo a un qualche poco velato doppio senso.
“Alla
stessa cosa che pensavi tu...ma senza che i tuoi amici ci
seguano,sai,certe cose mi piace farle ancora alla vecchia
maniera.”,disse lui indicando due energumeni a qualche tavolo
indietro. Dalla faccia di Amunet si capiva la delusione di non essere
riuscita a farla al vecchio collega e che i suoi due scagnozzi che
gli facevano da guardie del corpo non erano passate inosservate.
Sapeva bene che Milziade era un tipo guardingo e attento ai
dettagli,ma si chiedeva sempre come riusciva ad essere così
intuitivo.
“Forse
la prossima volta mio caro,oggi la mia lista e piena di impegni e non
vorrei arrivare in ritardo.”
“Come
immaginavo...”
Il
guerriero si alzò,lasciò due scudi d'oro sul
tavolo.
“Tranquilla
offro io. E stato un piacere rincontrarti,ci vediamo.”
Disse
lui prima di allontanarsi ed uscire dal locale,mentre lei lo
osservava allontanarsi seguendo con lo sguardo interessato i
movimenti di quel corpo scultoreo e dei muscoli ben allenati del
mercenario che poco alla volta sparivano dalla sua vista.
“Prego
soldatino,il piacere e stato tutto mio.”
Parlò
tra se e se mentre pensò con riluttanza al dover sopprimere
i suoi
istinti animali,sapendo bene e più di una volta come
Milziade
sapesse quali fossero le abilità di Milziade,anche quelle
sotto le
coperte. Tirò un sospiro di rassegnazione e si
consolò a malapena
sapendo che quello non sarebbe stato il loro ultimo incontro.
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Capitolo 13 *** Un trattamento inaspettato ***
Qualche
istante prima,fuori dalle mura di Aegis.
Il
mago,nel suo restare distaccato dal suolo librandosi come privo di
peso era seguito dall'armata di Aegis,che avanzando a passo serrato
marciava nella valle con l'intento di prendere possesso
dell'accampamento noviano e prendere in possesso,o per meglio dire in
ostaggio,le truppe che intendevano assalire la città.
L'incantatore
era davanti a tutti i soldati che lo seguivano nella stessa maniera
nella quale avrebbero seguito un qualunque altro comandante generale
dell'esercito,sapendo che un individuo simile,come tutti gli
individui dotati di poteri magici erano considerati pericolosi e
temibili e per tanto non andavano sottovalutati. Per questo lo
seguivano senza emettere un fiato e passo dopo passo furono in vista
del Castrum,intuendo che avendo occupato il campo di battaglia era
solo questione di rapidità e di numeri che gli avrebbero
permesso di
scacciare l'invasore imperiale fuori dalla loro amata e indipendente
città-stato. Tutto sembrava filare liscio per il mago e i
soldati
dietro di lui,quando all'improvviso l'aria sopra di loro,chiara e
limpida come solo in montagna poteva essere,poco alla volta divenne
tetra e sinistra,con scure nuvole che comparse dal nulla si
moltiplicavano e si espandevano abbastanza in fretta da riempire
quella porzione di cielo,che già cariche di energia
emanavano saette
e scintille tanto da far credere che presto avrebbe tuonato. Gli
uomini erano preoccupati e a quella vista alzarono gli scudi pronti a
ricevere colpi nel caso fossero arrivati,ma tutto quello che videro
furono lampi e saette scendere dalle nuvole in maniera tale da non
permettere ne al mago ne ai soldati dietro di lui di avvicinarsi
ulteriormente al castrum.
“Questi
fulmini non scendono in maniera normale.”,disse il mago tra
se e
se.
Aveva
notato come i lampi, i fulmini e i tuoni non scendessero in maniera
casuale come in una tempesta normale,ma piuttosto erano
dritti,perfettamente lineari e non colpivano altri punti,se non
quelli di fronte a loro,come se qualcosa volesse impedire di farli
avanzare e formando così un perimetro difensivo di pura
elettricità.
Per lui era chiaro come il sole che ci fosse una qualche
volontà a
fomentare quell'evento inaspettato.
“Mostrati
a me e rivelami la tua vera natura,affinché io possa
riconoscerti
come mio pari nelle arti magiche.”,disse il mago in maniera
calma
statuaria,senza alcuna emozione nella voce.
Poco
alla volta di fronte a lui,oltre la barriera di fulmini comparve poco
alla volta la figura di un uomo dalla corta capigliatura castana,gli
occhi verdi e indossava vesti imperiali che lui aveva già
identificato.
“Vedo
che adesso intervengono anche gli auguri delle capitale a sostenere
le legioni imperiali,per caso i vostri sacerdoti da guerra non sono
più all'altezza delle mire di Nova?”,disse il mago
rivolto alla
figura evanescente che aveva di fronte.
“Risparmia
il fiato vecchio,so benissimo quali contatti hai con l'imperatore e
so anche che ti sei messo alla ricerca del Demiurgo,perché
tu e i
tuoi alleati vi prendete la pena di dare protezione ad una
principessa fuggiasca?”
“E
tu perché ti affanni tanto a darle la caccia?”
“Non
sono qui per lei,in realtà sono qui per impedire che un
intera
legione venga spazzata via nel suo peggior momento di
vulnerabilità,per volontà dell'imperatore Lucio
Cornelio Silla e
dell'onnipotente Giove Ottimo Massimo.”
“E
immagino che il tuo potente Giove e sua augusta maestà
l'imperatore
siano disposti a contrattare data la necessità di questo
improvviso
intervento,dico bene?”
L'ugure
rimase in silenzio per un po' mentre i fulmini continuavano a
scendere ripetutamente nei soliti punti,impedendo così a
chiunque di
oltrepassare quella difesa mortale e senza possibilità di
essere
superata.
“Che
cosa vuoi?”
E
fu in quel momento che il mago arrivò al punto che
più gli
interessava. Sapeva che se Silla avesse perso un intera armata
imperiale,oltre al fatto di aver dichiarato guerra alla
città-stato
di Aegis,metterla sotto assedio e poi fallire nell'attacco che non
avvenne mai sarebbe stata un onta troppo grande affinché la
reputazione della pericolosità della forza bellica di Nova
sarebbe
stata decisamente messa in ridicolo e se diffusa la notizia avrebbe
spinto i nemici ai confini ad attaccare con arroganza e
superiorità,cosa che avrebbe costato caro all'impero,anche
in caso
di vittoria,poichè per quanto potente potesse essere
Nova,non poteva
combattere su troppi fronti,non in quel momento almeno. Per il mago
sarebbe stato un gioco facile far accettare a quel sacerdote le sue
richieste. Infondo ne andava dell'onore dell'aquila dorata.
Gordlack
fece andare al passo la sua piccola cavalcatura dato che ormai non
aveva alcuna fretta nel dirigersi verso il palazzo,dove avrebbe dato
il resoconto della loro impresa nell'accampamento noviano e alla
quale il consiglio avrebbe ricevuto da li a breve. Il nano rimuginava
sugli ultimi eventi che erano accaduti in meno di ventiquattro ore:
Avevano incontrato Milziade e lo avevano portato,a malincuore,da
Lucilla e da lei era stato reclutato,avevano subito un aggressione da
parte di un branco di goblin e di un paio di orsi a dir poco
anormali,uno strano tizio con capacità degne di una bestia
avevano
attaccato lui e Milziade nei pressi di un villaggio distrutto,erano
precipitati dal cielo dopo che Lucilla aveva evocato un incantesimo
di sua invenzione e nel frattempo erano stati attaccati anche da un
soldato dotato di un armatura in grado di volare,che tra l'altro era
la stessa che indossava quella donna a capo della legione,Luccila ha
vomitato sangue per poi svenire e portata via dal mago, poi sono
stati arrestati e convinti dall'ultimo arrivato nel gruppo ad entrare
in un accampamento noviano solo per rischiare la pelle e
chissà come
fuggire all'ultimo e salvarsi appena in tempo dalla cattura per la
comparsa di una nebbia profumata. C'era da dire che ne erano successe
di assurdità in meno di ventiquattro ore. Pensava che nella
sua vita
da nano ne avesse viste di cose strane,ma mai come quel
Milziade,così
sfrontato,spaccone,incurante della propria vita e sopratutto
sbruffone che avesse mai visto e lui di umani ne aveva conosciuti
parecchi. C'era da dire però che aveva le sue buone
qualità e
nonostante i suoi difetti si era dimostrato un ottimo combattente
anche se aveva il vizio di usare quelli che Gordlack definiva
“strani
trucchi”,combatteva in maniera per nulla leale,disonesta e
per
nulla lineare,non come lui che appena vedeva il nemico doveva
combatterlo direttamente,doveva fargli sapere che stava per essere
schiacciato dal suo maglio ma non per fare lo spaccone,ma
perché era
un vero guerriero e lui doveva affrontare a viso aperto
l'avversario,così combatteva un vero guerriero,tutte le
altre
manovre che parevano evasive era una cosa da elfi,che ci pensassero
quei mingherlini a danzare con le loro lame sul campo di battaglia.
Fu a quel punto che pensando agli elfi giunse un altra sua
conoscenza,che di tanto in tanto gli era antipatica quasi quanto
quella lama venduta. Sentì un suono di zoccoli battere sul
suolo
cittadino e girandosi vide Nym andargli incontro al trotto e
raggiungerlo in breve tempo.
“Vedo
che non sei ancora giunto a palazzo,ti credevo già
li.”
“Lascia
perdere elfo,ho perso tempo nel trattenere quel dannato umano a
venire a palazzo per spiegare la situazione che si è
verificata al
castrum,ma ha preferito allontanarsi dicendo che voleva allontanarsi
per un po', per quanto mi riguarda può stare lontano da noi
anche
per sempre.”
“Per
una volta sono d'accordo con te,anche se dubito che possa accadere un
evento simile. Quell'uomo ha deciso di restare per motivi che solo il
mago sa...è poi,gli ha imposto il marchio.”
“Il
marchio?Davvero?Adesso sono sicuro che resterà con noi per
tutto il
tempo necessario e nel peggiore dei casi sarà molto tempo da
passare
insieme a lui. Però spiegami una cosa,perché il
mago gli ha imposto
il marchio?”
“E
cosa vuoi che ne sappia io,lui non mi ha chiesto il motivo di questa
scelta e io non ho voluto insistere,lo sai che anche se uno di noi
insistesse a voler sapere qualcosa di più non caveremmo un
ragno dal
buco. Se non vuole parlare non parla.”
“Si
lo so è che visto che tu lo conosci da più tempo
credevo sapessi le
sue ragioni,tutto qui.”
“Magari
fosse così semplice,con lui non lo è
mai.”
“Già,se
lo dici che lo conosci meglio di tutti.”
“Dimentichi
Lucilla,lei lo ha incontrato molto prima.”
“Vero,chissà
perché lo dimentico sempre,comunque,cosa dovremmo fare con
quel
Milziade? Voglio dire,capisco che il marchio sia una garanzia nel
caso ci tradisse,ma se invece trovasse una maniera per aggirare il
problema?”
“In
tal caso non dovremmo far altro che assicurarci che non possa
nuocerci in alcun modo,fosse anche infilargli una freccia nella testa
sta pur certo che non mi troverei contrario,il problema e Lucilla. Se
è convinta che quell'umano debba venire con noi non dubito
della sua
parola,ma è tanto buona quanto ingenua e non posso dire che
sia
completamente al sicuro con quel tipo. Per ora teniamo gli occhi
aperti.”
La
strada era ancora lunga per giungere al centro della
città,dove
risiedeva il palazzo del consiglio e dove tutti e tre,compreso
Milziade avrebbero dovuto presentarsi di nuovo per riferire
dell'esito della loro impresa,anche se con uno in meno non si poteva
dire che il comportamento dell'ultimo arrivato fosse esemplare per
rispecchiare la serietà della squadra ai loro collaboratori
di
Aegis,anche per un mercenario il modo di comportarsi era una maniera
per sottolineare la qualità di una persona,tra gli elfi
almeno
doveva essere così...o almeno quello che la maggior parte
delle
razze pensasse di loro. Passarono per le strade della città
e videro
che la gente sembrava preoccupata,addirittura alcuni si stavano
mettendo al riparo,ma l'umore generale era vagamente tranquillo,o
comunque non così spaventati da scappare al primo segno di
battaglia,anche per il fatto che lo scontro si stesse svolgendo
all'infuori delle possenti mura cittadine e che in generale ci si
sentisse al sicuro dietro quelle mastodontiche opere difensive e che
la sicurezza che trasmettevano non era poca. Continuando verso
l'interno della città raggiunsero in breve tempo una piazza
dedita
al commercio,per lo più di generi alimentari e oggetti per
la vita
di tutti i giorni. Il numero di persone qui era più numeroso
e anche
qui la preoccupazione per le sorti della battaglia erano
palpabili,forse qualcuno aveva intenzione di finire le loro compere e
di tornare a casa il più presto possibile,così
almeno da potersi
mettere al riparo e qualche donna allegramente continuava a fare la
spesa come se non stesse succedendo nulla di particolare,comprando
carne,grano,verdura di vario genere per poi tornare a casa e
preparare il pranzo come se fosse un giorno come un altro e
addirittura portandosi dietro i bambini che non in pochi occupavano
il posto. I mercanti tra l'altro non sapevano bene come prendere la
cosa,da una parte c'era chi stava per chiudere bottega lo stesso
giorno e cercare riparo nei loro alloggi o in qualche vicolo li
vicino,cosa però non consigliata data la presenza di
ladri,occasionali e quelli di esperienza,che di tanto in tanto quando
l'occasione lo permetteva arraffavano come potevano quello riuscivano
ad ottenere con i loro sforzi e di solito ci avrebbero pensato le
guardie ad acciuffarli,privarli del bottino e punirli secondo la
legge comune contro il furto, qualche bacchetta sulle mani,tanto per
fargli male ma non rompergli le dita,in alcuni casi li buttavano
anche in cella,alla torre,dove loro erano stati portati come comuni
criminali. Ma quel giorno le guardie erano occupate con il controllo
e la salvaguardia della popolazione nei diversi settori di
Aegis,facendo mantenere la calma alle folle e formare una forza di
difesa nel caso i noviani fossero penetrati in città.
“Sembrano
tranquilli,di solito la gente é abituata a scappare e
mettersi al
sicuro quando sanno che un esercito invasore viene per prendersi la
città nella quale vivi. Non li capisco, e come se fossero
semplicemente aspettando la fine del tutto.” Disse Nym mentre
osservava la scena intorno a se.
“Beh...forse
si comportano così perché si sentono al sicuro
dietro le
mura,voglio dire,hai visto quando sono spesse quelle cinta difensive?
Sembrano opere murarie degne di una fortezza nanica e se lo dico io
che sono nato sui monti di ferro,allora ti posso assicurare che prima
che crollino questa città farà in tempo a
diventare polvere. Ma
quelle mura non le abbatti così facilmente, Thor mi fulmini
se ho
detto qualcosa di sbagliato in tutto questo.”, disse Nym con
fare
fiero.
Nym
dal canto suo non seppe cosa dire per controbattere. Certo,erano mura
possenti e su questo non c'era nulla da dire,ma Nova non era una
potenza da sottovalutare,già in passato quando prima
dell'impero
Nova era una dei tanti staterelli che cercava un proprio posto nel
mondo e in confronto a civiltà più antiche,come
quella di Amenosi
dalle leggendarie piramidi o l'antico regno di Argos, patria del
pensiero filosofico e considerata un tempo la culla della
civiltà
imperiale,dalla quale prese grande ispirazione per le proprie
opere,sia pubbliche che private e che spaziavano dall'architettura
all'istruzione,seppur mantenendo un proprio stile personale,cosa che
manteneva nelle proprie guerre e nel trattamento che avevano con i
loro nemici,che adesso il loro gruppo era tra di loro.
Ripensò alla
faccenda del Demiurgo e si chiese come fosse possibile che per la
ricerca di qualcosa di cui non si sapesse bene cosa fosse si erano
inimicati la nazione più potente della loro epoca e per di
più
l'imperatore in persona teneva un occhio vigile sulle loro azioni
solo perché una ragazza,seppur la figlia del precedente
imperatore,si era messa in viaggio contro la volontà dello
stesso
Silla. Possibile che un uomo del genere potesse temere una fanciulla
che di norma non avrebbe fatto del male ad una mosca,nemmeno volendo?
E anche se fosse stata pericolosa,cosa che Nym non si sentiva di dire
di Lucilla,perché mai mandare un intera armata per assediare
la
città che l'avrebbe tenuta al sicuro,quando avrebbe potuto
mandare
una squadra di sicari,che se non altro avrebbero destato meno
sospetti e meno clamore di un intera legione che per qualche oscuro
motivo era stata atterrata da una nebbia sinistra? C'erano troppo
cose in quella storia che non avevano senso e difficilmente lo
avrebbero avuto anche in un contesto più logico. Forse si
trattava
di qualche gioco di potere e la città di Aegis c'era finita
di mezzo
oppure la città-stato c'entrava qualcosa con la faccenda del
Demiurgo,ma in che maniera e in quale misura? Era presto per porsi
certi dilemmi e se qualcosa aveva imparato dalla sua esperienza come
arciere avrebbe dovuto attendere e restare calmo,aspettando il
momento che la chiarezza di quella storia sarebbe volata contro i
suoi dubbi,come una freccia che vola verso il bersaglio con la
massima potenza...ma per ora,sarebbe andato con Gordlack a parlare
con i membri del consiglio,il resto sarebbe venuto da se.
Tempo
presente,da qualche parte ad Aegis.
Pace,tranquillità,rilassarsi
con le cose semplici della vita. Una panchina di pietra,un bicchiere
di nettare di pera bevuto ad un chiosco all'angolo della strada,un
po' d'ombra sotto le fronde di uno dei tanti alberi presenti nella
zona. Milziade se ne stava seduto in santa pace in uno dei tanti
giardini pubblici presenti in città,forse non uno dei
più grandi o
nemmeno dei più belli,era un area verde chiusa su se stessa
dalle
case della zona,ma offriva protezione dalla calura del pomeriggio e
la relativa pace offerta dal luogo era un toccasana per il corpo e la
mente. Sentiva ancora il colpo che quella maledetta noviana gli aveva
inferto quando lo aveva colpito alle spalle e se non fosse stato per
la corazza avrebbe dovuto dire addio alla vita e non lamentarsi della
botta,visto che il colpo,se fosse stato preso senza alcuna protezione
gli avrebbe certamente spezzato la spina dorsale. Con lo sguardo
perso nel vuoto e le membra stanche era tornato a pensare a quella
vicenda che adesso era il suo ennesimo incarico. Ripensò a
Lucilla e
sull'armata imperiale che era stata mandata per conquistare la
città
e prendersi la vita della giovane principessa,una mossa troppo
esagerata per i suoi gusti,ma per quanto gli riguardava la paga era
buona e il premio finale sarebbe stato ancora più
ghiotto,così gli
aveva detto il mago. Già,la paga,ormai era così
che vedeva il suo
“lavoro”,sempre se così lo si potesse
definire,in quanto fare il
mercenario non era esattamente una delle attività
più invidiabili
al mondo. Il mercenario e quel genere di personaggio considerato alla
stregua di un brigante comune o un pirata,un combattente da poco che
per il giusto prezzo venderebbe la propria madre al miglior offerente
e cambiare bandiera al momento opportuno. In realtà era una
professione che nel suo caso bisognava possedere due
capacità
importantissime:la prima era professionalità,la seconda era
l'impegno. Fare il mercenario ti mette in quella condizione in cui
non stai da nessuna parte,ma allo stesso tempo bisognava rispettare
gli impegni presi,non dichiari la tua fedeltà a nessuno ma
allo
stesso tempo non devi tradire la fiducia del cliente. A fine lavoro
si riceve il compenso e in quel caso il cliente decide di terminare
il rapporto di lavoro o prolungare il periodo di lavoro per il tempo
in cui era richiesto la presenza del suddetto professionista. Nel
caso di Milziade però non era così semplice,lui
preferiva i
contratti scritti,così che almeno la legge lo avesse
protetto entro
i limiti della legalità,ma oltre era scoperto e non sempre
Milziade
aveva fatto cose che andassero a favore delle norme vigenti,fosse
stato all'interno dei confini di Nova o di altre nazioni in cui era
stato e lui aveva viaggiato tanto. Ed ora si trovava li, Ad Aegis,
non l'aveva mai vista in precedenza e tutto sommato era una
bellissima metropoli. Doveva ammetterlo,la città dalle
bianche mura
era un toccasana per gli occhi e quel parchetto lo faceva sentire
così bene con se stesso,tanto da avergli quasi fatto
dimenticare i
suoi attuali problemi e persino Briseide si godeva un momento di
tranquillità,brucando un po' d'erba ed infine sdraiandosi a
terra,con il prato a fare da appoggio per le sue membra stanche per
il combattimento di prima.
“Sai
Briseide,ti chiedi mai se la vita che conduciamo ci faccia bene?
Voglio dire non stiamo mai fermi troppo a lungo in un posto,certo a
volte ci capita di restare fermi per una settimana o a volte anche
dei mesi,però sai,ogni tanto mi piacerebbe trovare un
posticino
tranquillo. Nulla di esagerato sia chiaro. Una casetta,un piccola
stalla solo per te,magari potrei iniziare un allevamento di
cavalli,tanto i soldi non mi mancano. Così almeno io
continuo a
campare senza dover infilzare più nessuno e tu potrai
accasarti con
uno stallone,sia chiaro un buon partito,ti trovi un buon cavallo,fai
su qualche puledro e ti metti a posto. Non sarebbe male come vita
eh?”,disse Milziade rivolto alla sua fedele compagna a
quattro
zampe. Spesso aveva la sensazione che Briseide capisse
veramente,unica fedele alleata che l'aveva sempre seguita da quando
l'aveva cavalcata per la prima volta.
“Ma
sappiamo entrambi che non è così
facile,combattere e l'unica cosa
che mi sia mai riuscita veramente bene ed l'unica cosa che a me mette
il pane sotto i denti e a te la biada di qualità. A volte mi
chiedo
se sia stato io a scegliere questa vita o e stata questa vita a
scegliere me,ma dubito di conoscere la risposta a questa
domanda...”
Il
mercenario si alzò dalla panca e facendo un paio di passi si
avvicinò alla giumenta per poi abbassarsi sulle ginocchia e
dargli
qualche pacca vicino al posteriore.
“Andiamo
pigrona,se no poi chi li sente gli altri,già sono una palla
solo
starli a sentire,figuriamoci poi che mi tormentano per il fatto di
non essermi presentato al consiglio per tempo.”
E
così facendo Briseide si alzò lentamente da terra
e nitrendo in
segno di malavoglia per il doversi di nuovo mettere in cammino mosse
leggermente di lato,indicando al suo cavaliere di salirgli in groppa.
“Tranquilla,so
come ti senti.”
Lui
le salì sopra e con un leggero tocco dei talloni
indicò all'animale
di iniziare a muoversi in direzione della torre,luogo della quale
avrebbe fatto volentieri a meno di fare ritorno. Peccato che se non
lo avesse fatto c'era il rischio che il suo cuore smettesse di
battere,cosa della quale sarebbe stato decisamente contrario. Mentre
si spostava per il parco notava le persone nei dintorni godersi
appieno,o quasi i piaceri di quel luogo,data la battaglia che
credevano si stesse svolgendo al di fuori delle mura. Se avessero
saputo che la forza d'assedio che li preoccupava tanto era stata
addormenta a causa di una ladra con delle somiglianze con un gatto
non ci avrebbero mai creduto,ma se non altro si sarebbero fatti una
risata generale. La gente,seppur preoccupata,non mostrava evidenti
segni di paura generale e per la maggior parte delle persone la
situazione era più che accettabile,dato che sembrano
confidare così
tanto nella loro cinta di mura bianca come il marmo più
pregiato,ma
si sa che anche il muro più duro o il più alto
non sono difese
invincibili e che esistono molti modi per aggirare o oltrepassare
mura così portentose. Ma in quel caso forse era lui che era
troppo
pragmatico e che doveva rilassarsi per il momento. La sua battaglia
era vinta,era giunto il momento che si godesse la gloria
personale....anche se nessuno di quei cittadini sarebbe mai venuto a
saperlo. Poco importa,aveva il denaro,per ora bastava quello.
Superato il giardino e dove aver attraversato una ventina di minuti a
cavallo,senza andare troppo di fretta,si ritrovò nella
piazza
principale della città,dove l'atmosfera generale era
relativamente
tranquilla,forse li più di qualunque altro punto della
città. Ma
non c'era tempo per perdersi in quello spettacolo di vita sociale e
si diresse subito verso l'ingresso della torre. Le numerose guardie
poste ai lati della porta videro il mercenario avvicinarsi
all'ingresso e per le disposizioni che gli opliti avevano ricevuto
non si preoccuparono più di tanto della sua presenza,dato
che era
stato segnalato da parte del consiglio come “collaboratore
speciale
per le trattative con le forze armate dell'impero”, in parole
povere e un modo alquanto vago per indicare un mercenario che faceva
da portavoce per conto del governo di Aegis e nel caso le cose
fossero andate male loro non c'entravano nulla. Insomma,la solita
solfa che era parte del suo lavoro, se c'è la fai bene, se
no muori
e tanti saluti. Milziade scese dalla giumenta e l'affidò ad
uno dei
soldati a guardia della porta,poi si addentrò al pian
terreno,dove
tra le migliaglia di persone al suo interno vi era anche una grande
presenza di guardie armate poste nella grande sala,nel caso i nemici
fossero giunti fino al cuore del governo indipendente di Aegis. Si
diresse verso il centro del piano dove la piattaforma lo avrebbe
portato direttamente alla sala del consiglio e guardando le numerose
scale presenti per arrivare all'ultimo piano non invidiava di certo
chi avrebbe dovuto percorrerle tutte,senza pensare a chi avrebbe
dovuto pulirle e quasi provò pietà per quelli che
avrebbero avuto
quel compito. Mentre giungeva alla piattaforma vide un altro gruppo
di guardie presidiare il dispositivo magico e con loro c'era la
guardia carceraria che aveva condotto lui e gli altri tre all'ultimo
piano.
“Ma
guarda chi si rivede,caro,carissimo....”
Disse
Milziade scherzando con l'anziana guardia carceraria e nel mentre
continuare a schioccare le dita nel tentativo di ricordarsi il nome.
“Veramente
non ti ho detto come mi chiamo. Comunque, vedo che sei ancora
vivo.”
“Avessi
una moneta per ogni volta che me l'hanno detto avrei più
soldi di un
re.”
“Gli
altri sono già arrivati e faresti meglio a
raggiungerli.”
“Beh
è per questo che sono qui,insomma,qualcuno dovrà
pur dare la buona
notizia no?”
5
minuti dopo
“Starai
scherzando spero? Ti rendi conto di quello che hai
combinato,mercenario?”
Disse
l'uomo dalla testa di sciacallo con tono furente verso Milziade.
“Non
capisco di cosa hai da lamentarti. Ho fatto il mio lavoro e l'ho
fatto egregiamente,com'era nei piani.”
“Com'era
nei piani? COM'ERA NEI PIANI? No il piano,come c'è lo avevi
descritto era che avresti parlato con il comandante e lo avresti
convinto ad allontanarsi da Aegis sfruttando l'informazione
dell'invasione dei barbari verso i confini imperiali e invogliarlo a
lasciare perdere l'assedio della città. Non che l'avresti
deliberatamente insultato,preso in giro e sconfitto di fronte alla
sua legione provocando così un incidente diplomatico,per non
parlare
che Nova tende a ricordarsi di certe umiliazioni e fidati,le fanno
pagare a caro prezzo queste cose. Hai trasformato un singolo assedio
in una guerra aperta e quel che è peggio e che torneranno
con molti
più uomini e molte più risorse. Spero che tu sia
soddisfatto del
tuo risultato.”
La
situazione all'interno della sala era più calda di un giorno
nel
deserto Amenosiano in piena estate e ciò era dovuto agli
umori che
che si stavano scaldando in quel momento. Milziade era riuscito nel
suo intento di scacciare l'armata dalle mura della
città,anche se
non completamente per merito suo,visto com'erano andate le cose.
Aveva combattuto per una città che non conosceva
è non era la prima
volta, aveva raggiunto dei risultati sperati con mezzi poco ortodossi
è non era la prima volta ed era stato criticato per la
conclusione
raggiunta,questo a dire il vero non accadeva molto spesso,di solito
veniva pagato,se ne andava e poi i guai dei casini che si lasciava
indietro non lo inseguivano. Ma in questo caso si. Il consiglio lo
stava guardando male,i suoi compagni di squadra non avrebbero fatto
nulla per salvarlo e il presidente della
città,quell'energumeno
biondo dorato se ne stava in silenzio con espressione serissima
l'intera faccenda. La situazione non poteva essere più nera
di
così...o forse no. Comunque il prezzolato non se la stava
passando
troppo bene.
“Cos'hai
da dire a tua discolpa?”
Dopo
la domanda scese il silenzio e per un attimo sembrò che
nemmeno lo
spudorato Milziade,arrogante e sempre con la battuta pronta non
avesse il coraggio di dire niente. Ma come sempre era pronto a
disilludere le speranze altrui e tornò a dare fiato alla
bocca come
solo lui sapeva fare.
“Nulla...se
non in presenza del mio avvocato.”, Disse Milziade con la
faccia
più seria che riusciva a fare in quel momento.
La
rabbia e l'indignazione di Kemuti erano giunti a un punto tale che
stava per chiamare per far chiamare a se le guardie e farlo portare
in cella. Gli sarebbe bastato poggiare la mano su uno dei suoi
bracciali e men che non si dica sarebbero arrivati con una piccola
squadra e lo avrebbe lasciato marcire in gatta buia fino a nuovo
ordine.
“Mercenario...”
Fu
la voce di Midas a rimbombare con chiarezza tra le mura della regale
sala. Una voce non dura e autorevole,come si era dimostrata scherzosa
e allegra fino a quella mattina,ma neanche così raggiante da
metterlo al sicuro dalle intenzioni dell'uomo sciacallo che aveva
intenzione di fargliela pagare. Le intenzioni del presidente erano
incerte.
“Devo
ammetterlo,la tua azione di oggi ha dimostrato la tua prodezza,il tuo
valore da guerriero e la tua capacità di rovesciare un
azione
ritenuta impossibile e per questo devo farti i miei
complimenti...”
“Ma
presidente...”,rispose Kemuti nell'intento di far ragionare
Midas,temendo di avvalorare la giustificazione di Milziade. Tuttavia
Midas alzò una mano,possente è forte come il
resto del suo corpo.
“Ciò
non di meno,ti sei preso gioco di un comandante imperiale e per
quella gente è un offesa gravissima,poiché
infangare la reputazione
delle forze di Nova e come gettare fango su Nova stessa e questa
è
una cosa che non faranno passare liscia. Come presidente della
città-stato di Aegis non posso cacciarti da questa
città,poiché
essa rappresenta la libertà e la tolleranza di tutti i
popoli del
mondo che intendono collaborare per costruire l'unico luogo al mondo
che rappresenta tutte le civiltà del mondo. Ma se fosse
l'imperatore
in persona a chiedere la tua testa non potrei far nulla per impedirlo
e sarei costretto a consegnarti a chi verrà a reclamarla per
conto
suo. Mi spiace mercenario,comprendo quale fosse il tuo piano e le tue
vere intenzioni,ma devo difendere questa città. Avrei
preferito che
le cose non fossero andate così.”
Un
altro breve attimo di silenzio,ma questa volta molto più
pesante e
carico di energia. Milziade e Midas si guardarono l'un l'altro dritti
negli occhi e anche se uno era seduto su di un trono e l'altro in
piedi come un uomo qualsiasi i due si osservarono. Non con astio o
indiffirenza,Milziade non sapeva come chiamare quella
sensazione,forse rispetto,o almeno ci si avvicinava il più
possibile,ma di sicuro non era disprezzo,almeno quello per una volta
lo aveva risparmiato per qualcuno o ben pochi non ricevevano quel
sentimento da Milziade.
“Tranquillo
ragazzone,me la sono andata a cercare. Quindi che si fa? Mi gettate
di nuovo in cella?”
“No,semplicemente
aspetteremo il risultato delle tue azioni,per ora siete confinati a
palazzo fino a nuovo avviso. Ho fatto preparare delle stanze per il
vostro gruppo nei piani inferiori,al piano degli ambasciatori
stranieri dove saresti scortati da un gruppo di guardie che vi
aspettano alla piattaforma,potete andare.”
E
con questo ultimo ordine da parte di Midas i quattro accompagnatori
di Lucilla si allontanarono dalla sala senza fare troppe storie.
Milziade aveva compiuto la sua parte e nonostante ciò era
stato
punito ugualmente,lui insieme al resto della squadra. Non era la
prima che qualcuno non era soddisfatto del suo operato per quanto
fosse stato efficace o non avesse coinvolto vittime inutili,a questo
c'era abituato,ma quello che non sopportava era quando nel suo lavoro
entravano questioni come la politica o gli accordi con le parti
prese. Pretendevano che il suo fosse un lavoro pulito e senza troppe
macchie durante lo svolgimento,eppure non gli sembrava che fossero
stati loro a rischiare la testa in quella impresa e ora pretendevano
anche che avesse dovuto fare il tutto alle loro condizioni,che tra
l'altro non erano state ne specificate ne tanto meno condivise con
lui. Che andassero tutti nell'Ade pensava lui,era bravo nel suo
lavoro e lo svolgeva a modo suo ed ora per un po' di orgoglio ferito
gli avevano detto che avrebbe pagato le conseguenze del suo gesto.
Forse solo Midas si salvava,lui per lo meno non sembrava schifarlo o
almeno non abbastanza da rimproverargli il suo combattimento con
quella donna,ma in fondo che ci poteva fare per lui?Nulla. Era uno
straniero che aveva svolto un compito per una nazione,seppur piccola
e contava come una città,straniera e per la quale avrebbe
dovuto
essere premiato invece che punito. Il mondo a volte girava in modo
strano e a volte non lo capiva e forse, sarebbe stato meglio non
capirlo.
In
quello stesso istante, a Nova.
Il
sole stava per calare anche su quella parte del mondo,con il cielo
notturno che si faceva sempre più presente nella volta
celeste e la
luce dell'astro incandescente faceva spazio al più pallido e
delicato satellite che era la luna,che quella sera mostrava solo la
parte di se che la faceva assomigliare alla lama di una falce.
Più
in giù,sulla terra degli esseri mortali,Silla,sovrano della
più
grande potenza della sua epoca,era semplicemente vestito di un
gonnellino bianco tenuto da una cintura di cuoio grezzo,ruvida ed
aderente,se ne stava con il resto del corpo nudo,in un campo
rettangolare lungo centoventi piedi e largo novantacinque,situato a
lato dell'immenso edificio dedito all'imperatore per i suoi
allenamenti personali con la guardia pretoriana nel
combattimento,elle tattiche di guerra e nelle formazioni,ma alla sera
il campo era di proprietà esclusiva di Silla,che faceva
portare al
suo interno guerrieri e creature di ogni sorta,affinché
potesse
allenarsi in evenienza di qualsiasi scontro che la vita avesse potuto
mettergli contro... o almeno quelli che avrebbe potuto fronteggiare
fisicamente. Il suolo sabbioso del campo d'addestramento quella sera
aveva accolto,se così si poteva dire,una chimera,una
creatura
magnifica e terrificante ai più,dotata di un corpo da
leone,ma con
l'aggiunta della testa di una grossa capra dagli occhi rossi e al
posto della coda aveva un lungo serpente dal corpo flessibile e
scattante,pronta ad affondare i suoi denti velenosi come i suoi
cugini più comuni. Era stata catturata nelle lontane e
selvagge
terre di Kalikintaros,una regione selvaggia e dalla natura
incontaminata,patria di numerosi mostri tipici delle vecchie leggende
del passato ed ora invece,ridotte a mero spettacolo per le masse che
le vedevano esibirsi contro la loro volontà nelle arene di
tutto
l'impero. Ma quella sera non c'era alcun pubblico se non poche
guardie al seguito dell'imperatore,che come molte altre sere prima di
quella aveva l'abitudine di scontrarsi contro queste bestie per puro
allenamento fisico. Il mostruoso ibrido ruggì con la sua
testa
leonina con una tale potenza che avrebbe fatto mettere sull'attenti
anche il più coraggioso dei cacciatori di mostri,ma non
lui,Silla,che restò perfettamente immobile di fronte ad una
creatura
che era stata portata li con l'aiuto di quattro minotauri che lo
avevano condotto li con delle catene di ferro incantate da un
sacerdote di Vulcano,la cui benedizione garantiva la
resistenza,l'efficacia e la qualità di qualunque oggetto di
ferro,acciaio o qualunque altro minerale adatto a scopi simili. Lui
invece restava freddo e imperscrutabile,il volto una maschera
inespressiva e le braccia conserte non si mossero nemmeno,nemmeno gli
occhi,dallo sguardo tagliente e deciso non mostrarono alcuna
esitazione. E dopo il ruggito la chimera fece la sua mossa,a distanza
di venti metri da Silla si lanciò alla carica come avrebbe
fatto un
predatore della sua stazza,che tra l'altro era poco più
piccolo di
un elefante,ma quattro volte più pericoloso in condizioni
vantaggiose. Il mostro continuò ad avanzare mentre con la
bocca si
preparava ad azzannare l'umano che aveva di fronte,forse credendo che
fosse impietrito dalla paura del suo precedente urlo bestiale. Fu
vicino,pochi metri di distanza e spiccò un balzo in
direzione di
Silla,pronto ad azzannargli la testa e a maciullarla con i denti,
simili a punte di lancia,tanto erano affilati da sembrare tali,ma
Silla non era il tipo da farsi cogliere impreparato. La sua reazione
fu rapida ed inaspettata per tutti i presenti,quando le mani,prima
ferme all'altezza del petto si mossero più veloci del vento
quando
arrivarono all'altezza del suo volto,strinsero la parte bassa del
mandibola della testa di leone e con una forza inumana e la tecnica
di un vero lottatore lo buttò a terra con una tale potenza
che la
botta stordì la prima testa,con gli occhi che si rivoltarono
all'indietro per il trauma cranico subito. La testa leonina era fuori
gioco,ma la capra e il serpente erano ancora coscienti e nonostante
la botta subita si rialzò quasi subito,ancora intontita dal
colpo
subito,per reazione alla testa svenuta la capra diede qualche botta
al leone nel tentativo di farla rinvenire,ma tutto quello che ottenne
fu qualche rantolio sofferente. Silla era rimasto fermo per la
seconda volta e fece nulla per terminare l'opera,semplicemente si
mise ad aspettare che il mostro tornasse all'attacco,magari con
maggior efficacia e perciò si mise in posizione di
combattimento,con
la schiena leggermente curva ed entrambe le braccia alzate,proprio
come avrebbe fatto un pugile durante un incontro.
“Tutto
qui quello che sai fare bestia? Avanti,mostrami la tua vera
forza.”,
disse impassibile l'imperatore senza che la sua voce emettesse alcuna
emozione.
Non
avrebbe saputo dire se la chimera fosse conscia del significato di
quelle parole oppure reagì per conto suo,ma in un caso o
nell'altro
la capra e il serpente si caricarono di un intenzione omicida ancora
più forte ed entrambe si prepararono a combattere.
Nonostante il
leone fosse svenuto il resto del corpo era ancora
funzionante,dimostrato dal fatto che la le zampe da felino si mossero
verso il corpo di Silla,con gli artigli intenti nel volergli
dilaniare la carne mentre la testa della capra abbassava di tanto in
tanto la testa per attaccare con le corna appuntite,nell'intento di
confondere l'avversario. Ma l'imperatore si dimostrò ancora
una
volta dannatamente abile e nella sua posizione rimase sulla
difensiva,incassando i colpi e parandosi la testa e il tronco col
solo ausilio delle braccia mentre con i pugni poco distanti dal volto
proteggevano la fronte da un probabile attacco alto che la chimera
avrebbe potuto effettuare di nascosto con il serpente,che era rimasto
fermo tutto il tempo ad osservarlo. Colpo dopo colpo la bestia faceva
sempre gli stessi colpi,potenti,ma ripetitivi,senza strategia e senza
cambi nell'approccio di combattimento,attaccava e basta e sarebbe
stata questa la sua rovina,poiché Silla comprese a pieno
quale fu il
punto debole del mostro. L'ennesima incornata della capra e la
risposta di Silla Arrivò tanto veloce quanto potente,rimasto
tutto
il tempo sulla difensiva all'improvviso evitò la testa
spostandosi
di lato e in meno di un battito di ciglia diede un pugno diretto al
volto della testa di capra,un diretto tirato a lato della chimera che
la sorprese facendola piegare la testa di lato per la botta subita e
stordendola momentaneamente e da qui l'imperatore scaricò
una serie
di pugni in rapida successione usando movimenti rapidi e precisi e
mettendoci il minimo della forza necessaria,che già era
mostruosamente enorme. Colpi in rapida successione così
numerosi da
cadere sulla seconda testa come se fossero gocce di pioggia,ma
abbastanza pesanti che anche la capra dovette cedere e così
facendo,inevitabilmente crollò anch'essa e nel mentre anche
la
coda di serpente attaccò,aspettando che Silla fosse
distratto e
girato di spalle non potesse vederlo,mentre scattava in avanti come
un colpo di frusta e i due grossi denti veleniferi si piantassero
nella carne e così poter uccidere l'imperatore con il suo
potente
veleno. La tossicità del serpente avrebbe avuto successo
dove la
ferocia del leone e la resistenza della capra avevano fallito. Ma
anche questo colpo mancino non andò a buon
fine,poiché anche se
Silla continuò ad osservare la testa della capra collassare
come
quella del leone la sua mano si spostò veloce come un
fulmine verso
il collo del rettile,che una volta preso bloccò il tentativo
dell'ultima testa rimasta e non dovette far altro che stritolare
abbastanza da far perdere coscienza al serpente senza più
aria nei
polmoni e anche l'ultima testa della chimera era stata neutralizzata
e così lo scontro si concluse,con una certa delusione del
vincitore,che con aria insoddisfatta si allontanò dal luogo
dello
scontro,mentre un arietta fresca di quella sera d'estate si fece
sentire come un capriccio del vento e non come uno dei soliti
tentativi dell'elfa di ucciderlo,che fino a quel momento avevano
sempre fallito. Passo dopo passo si accorse per l'ennesima volta di
come la sua squadra di pretoriani lo stesso osservando,non come un
uomo,ma come un mostro dotato di una forza e un autocontrollo
sovrumane,non aveva alcuna paura ad affrontare una creatura simile,da
solo e a mani nude,un impresa che di comune mortale aveva ben poco.
Uno dei pretoriani gli si avvicinò a Silla con fare cauto e
leggermente intimorito.
“Signore,è
comparsa un emanazione di Permone,dice di avere delle novità
sulla
situazione riguardante la faccenda di Aegis. Vi aspetta al tempietto
interno del campo d'allenamento.”
“Bene.”
E
detto ciò l'imperatore si incamminò
più velocemente verso il luogo
indicato,ma prima di fare ciò fu interrotto dalla stessa
guardia.
“Signore...”
“Parla.”
“Cosa
né dobbiamo fare di quella creatura?”
“Non
mi interessa,viva o morta che sia ha perso e il suo destino non mi
riguarda più. Fatene ciò che volete.”
E
senza dare il tempo al pretoriano di rispondere a riguardo si rimise
a camminare con passo lesto e senza alcun indugio. Il luogo
dell'incontro era vicino,sotto un porticato di calcestruzzo con un
tetto di tegole in argilla dipinte di rosso,dove si trovavano nelle
vicinanze anche una sala dedicata ai bagni termali ed palestra dotata
di strumenti ginnici di ogni sorta. La stanza nella quale
entrò
invece consisteva in un piccolo tempio dove sul fondo vi era un
piccolo altare votivo di legno con all'interno due statuette d'avorio
con le effigi di Giove e Marte e di fronte ad essa vi era la figura
di Permone intenta a prestare qualche omaggio al dio della guerra e
al signore dell'olimpo.
“Quali
notizie mi porti da Aegis?”
Permone
si girò e alle sue spalle si trovò Silla,che lo
stava osservando
con aria arcigna.
“Non
buone.”
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Capitolo 14 *** Intrusione ***
Silla
restò li,fermo,senza dire neanche una parola. Aveva
ascoltato con
attenzione tutto quello che l'augure aveva da dire sulla questione
Aegis,dallo scontro tra il mercenario e il generale fino alla
contrattazione con il mago riguardo alla vergognosa disfatta della
ventiduesima legione,che era crollata come di sasso per colpa di una
nebbia che odorava di loto azzurro. Il volto di Silla era
statuario,con occhi freddi e rigidi a tal punto che per tutta la
conversazione non aveva sbattuto gli occhi,a guardare l'imperatore
dritto in volto era difficile comprendere quali emozioni provasse,ma
stava di fatto che l'espressione del viso aveva un non so che di
tremendamente inquietante,sembrava nell'ascoltare il resoconto di
Permone l'imperatore non stesse nemmeno respirando.
“E
questo è quanto.”, disse Permone con tomo calmo e
controllato.
Silla
non rispose e restò muto nel suo silenzio,che rendeva l'aria
nella
stanza ancora più pesante. Un silenzio da cimitero,che
faceva
sembrare la frescura della sera un gelo invernale,brividi lungo la
schiena si sarebbero fatti sentire da chiunque altro fosse stato li
dentro,ma non Permone,che seppur non presente fisicamente sul posto
la sua immagine restò ferma come nulla fosse.
“Nient'altro
da aggiungere?”
“No,era
tutto quello che avevo da dire.”
“Capisco,Puoi
andare.”
Permone
non disse nulla e limitandosi ad un cenno del capo e un leggero
inchino la sua immagine svanì lentamente,con una fiamma che
si
estingue per colpa di un vento troppo forte,lasciando solo
l'imperatore nel piccolo tempio a rimuginare sulle pessime notizie
appena ricevute. I suoi occhi si fissarono sulle due statuette poste
all'interno del piccolo altare votivo e pensando tra se e se si
chiese se in qualche modo non fossero gli dei, o un altra grande
forza cosmica ad fatto subire alla ventiduesima legione quell'onta
all'odore di fiori del deserto. Interruppe lo scorrere dei suoi
pensieri e si allontanò dalla stanza e dirigendosi verso i
bagni. Il
passo pesante e la camminata svelta era segni del suo pessimo umore
ad aver sentito com'erano andate le cose ad Aegis, non solo Nevia
aveva dato spettacolo di se combattendo contro un guerriero
dall'identità sconosciuta,ma aveva persino perso lo
scontro,nonostante indossasse l'armatura della Legio
Superba,lei,Nevia Placidia Sannita,conosciuta anche come la furia
alata,aveva perso contro un ometto qualsiasi. Non era possibile,aveva
scelto lei per quella delicata missione,personalmente,sapeva cosa
fosse in grado di fare e glielo ha visto fare,una ragazza carente
nella tecnica e mancava dell'esperienza di molti altri generali e
comandanti precedenti alla sua candidatura come comandante di
legione,titolo ambito da molti e quando fu lui,Lucio Cornelio Silla a
conferirglielo ci furono subito delle lamentele,zittite in una
manciata di secondi dopo ordinò il silenzio generale di
fronte
all'intera ventiduesima,quel giorno nessuno si azzardò ad
alzare la
voce per dire la propria. Ma le mancanze della ragazza erano colmate
da ben altre virtù,come il coraggio,l'ardore e lo spirito
combattivo
al di sopra della maggior parte dei soldati,qualità che
erano rare
da trovare anche tra i soldati inveterati. Lui lo sapeva bene, la
loro carriera all'interno dell'esercito era iniziata quasi allo
stesso tempo,quando lei iniziò come semplice legionario e
lui...ricopriva ben altro ruolo all'interno dell'esercito. Una volta
passato parte del corridoio e superata un altra porta si
trovò
all'interno dei bagni, la stanza era decorata semplicemente da
qualche mosaico che recava alcune scene di svago tra soldati e alcune
scene di allenamento accompagnata da scritte nere anch'esse fatta con
le tessere dei mosaici e recavano frasi come “Siate fieri e
orgogliosi,l'aquila vi favorisce.”, oppure, “Uno
spirito forte
risiede in un corpo allenato e una mente attenta.”,insomma
frasi di
incoraggiamento per le truppe che dopo gli allenamenti nel campo
andavano nei bagni a togliersi la lordura del sudore mescolata alla
polvere del campo e poi,quale buon noviano si poteva definire tale se
non apprezzava un buon bagno e distinguersi così dai
selvaggi che
vivevano oltre il confine? La grande stanza era suddivisa in una
piscina centrale molto ampia affiancata da tre aree più
piccole: Il
caledarioum,una piscina dotata di acqua calda, il frigidarium, una
piscina dotata di acqua molto fredda e il laconicum,una stanza
dedicata alla sudorazione e più piccola delle altre
due,dedicata
alla sudorazione del corpo e all'eliminazione delle impurità
della
pelle. Prima di spogliarsi controllò che le sue vesti
fossero già
presenti nella stanza,che trovò subito nello spogliatoio
presente
all'interno di un armadietto di legno,accuratamente piegati e
stirati. Una volta tolti i vestiti rimase completamente nudo,armato
solo di un largo panno di stoffa per asciugarsi dopo il bagno e che a
malapena copriva le carni scoperto del corpo scultoreo di
Silla,muscoli gonfi pieni di forza ma allo stesso tempo dalle forme
aggraziate e anatomicamente ideali,come le statue di marmo che
omaggiavano gli eroi del mondo antico in tutta la loro nuda gloria.
Si mosse verso la prima vasca,che secondo l'abitudine noviana
consisteva prima di immergersi nella piscina dell'acqua calda per
pochi minuti,per poi passare al frigidarium ed immergersi nell'acqua
fredda,poi di nuovo nell'acqua calda e ancora nell'acqua fredda,lui
da abitudine non faceva più di quattro immersioni,due in
quella
calda e due in quella fredda,sapendo che era il minimo necessario
affinché il corpo,compiendo quello che sembrava un giro
assurdo per
chi non viveva in una delle grandi città dell'impero,
ottenesse i
benefici non solo di un corpo pulito ma avesse anche degli effetti
benefici sulla salute,in quanto i medici ritenessero che fare
ciò
migliorasse la circolazione sanguigna e i muscoli beneficiavano di
salutare metodo di rilassamento. Finito ciò passò
nella vasca
principale,molto più grande delle altre e si mise a
nuotare,da parte
a parte delle vasca con falcate lente e continue affinché il
rituale
di rilassamento potesse essere completo,poi stancatosi di percorrere
la vasca si appoggiò contro la parete della vasca e
finalmente poté
rilassarsi nel vero senso della parola. L'espressione dura del volto
di Silla sembrava essersi rilassata,mentre l'acqua,leggermente
calda,gli donava una sensazione di benessere che in quella grande
stanza,di solito usate da una moltitudine di soldati,chiassosi e
goliardici con i compagni di camerata,ora sembrava un luogo per
estraniarsi dal mondo e tutto ciò che lo circondava. Il
silenzio
della stanza occupata solo da lui era rotto solo dal suono dell'acqua
provocato dai suoi movimenti,un suono quieto che rilassava la mente e
distendeva i nervi. Beneficio per il corpo e la mente. Ma Silla
sapeva che doveva sfruttare quelle ore di pace per prepararsi al
giorno seguente e dare la notizia al senato del infausta situazione
nella quale si trovava e trovare una giustificazione per ciò
che
fosse avvenuto ad Aegis,a patto che una qualche spia al soldo di un
senatore non avesse già dato la notizia al padrone e
informarsi
prima che fosse l'imperatore a dare la notizia,cosa che accadeva
più
del previsto all'interno della camera. Già, i senatori,un
organo di
governo che esisteva fin da prima che Nova divenisse un impero,
creato per dare al popolo una voce che potesse arrivare direttamente
alle orecchie dello stato,com'era ormai già diversi secoli,membri
eletti dal
popolo per parlare per il popolo,o così pensavano ai
più. La verità
era che l'interno della camera del senato era un covo di
serpenti,tutti pronti a pugnalare o evitare di farsi pugnalare tra di
loro per i poteri concessi dalle cariche e i titoli guadagnati,molto
più spesso comprati,barattando favori o uccidendo i propri
avversari
politici e persino lui,Lucio Cornelio Silla,rischiava tanto quanto
gli altri. La forza dei suoi muscoli contavano ben poca cosa se messa
a confronto all'esercito di politicanti,avvocati,principi del foro,ex
militari,consoli e un altra sfilza di personaggi di poco conto che si
difendevano e attaccavano con un arma ben più pericolosa
della punta
di un pugnale o del filo di una spada. La politica. Certo,se avesse
voluto spremere qualche centinaio di teste ci sarebbe riuscito in
pieno e senza alcuna difficoltà,ma che si poteva dire di un
imperatore che massacrava i portavoce del popolo di Nova? Un uomo,per
quanto potente potesse essere,non poteva governare da solo senza
l'appoggio dei senatori e del popolo,era comunque un uomo,un uomo
mortale,bello,forte e con diverse decine di legioni ai suoi
comandi,ma pur sempre un uomo e per nulla invincibile. Per questo
durante la fine della guerra civile aveva fatto in modo di
guadagnarsi il volere dell'esercito,che già possedeva in
gran parte
durante il conflitto,la casta sacerdotale,ridando lustro e prestigio
ai luoghi di culto e ai diversi santuari della capitale e donando
tesori al tempio di Giove Ottimo Massimo,di Minerva,che era la
protettrice della città e al santuario dei gemelli Romulus e
Remus,i
cui corpi erano sepolti in città e venivano onorati,fin nei
tempi
antichi come i numi tutelari della città. Poi vi fu il
popolo che fu
il più difficile da soddisfare,anni di guerra intestina
avevano
rischiato di portare allo sfacelo l'intero sistema governativo
imperiale, il cibo era difficile da reperire,le strade principali
erano impraticabili per il continuo afflusso di soldati che partivano
per il fronte dell'ennesimo scontro e ciò rallentava o
bloccava il
trasporto di merci e prodotti di prima necessità,come il
grano,la
carne,frutta e verdura,pesce e ciò includeva anche il
trasporto
marittimo poiché gli scontri avvennero anche in alto mare e
sulla
costa. Fu ricordato come uno dei periodi peggiori di tutta la storia
dell'impero,passato ai posteri come “Il grande
sisma”,per la
grandezza in cui si evolse il conflitto interno più brutto
capeggiato da un generale contro il suo stesso sovrano....e vinse. Ma
ormai quella era storia vecchia e Silla era uno della sua generazione
che ancora ci pensava,il potere è come l'acqua,appena pensi
di
tenerla stretta nel pugno ti scivola tra via tra le dita e cade a
terra,lasciandoti nulla in mano. La situazione di Aegis era un
esempio di questa considerazione sul potere. La sua inviata si lascia
trasportare dall'emozione e ceduta di fronte all'ira combatte con
questo sconosciuto,che utilizzando solo una spada e un cavallo
sconfigge un comandante di legione bardata di tutto punto con una
delle più celebri armature mai state costruite per le forze
armate
di Nova,oltre la beffa si aggiungeva anche il danno,quando proprio
quell'uomo stava per essere catturato una strana nebbia azzurra
compare dal nulla e addormenta tutti i soldati presenti
nell'accampamento e permettendo così agli inviati della
principessa
fuggiasca di allontanarsi dal pericolo. Ma la cosa peggiore e che
quel mago,quel dannato mago ora si metteva a fare proposte che
odoravano di minacce,fatte un individuo che usava trucchi e
incantesimi e che anche se lo avevi davanti non potevi essere certo
delle sue intenzioni. Non sapeva chi era,non conosceva il suo nome,ma
sapeva fin troppe cose sul Demiurgo,abbastanza da dire che ne sapesse
quanto Silla,se non di più ed ora doveva inventarsi qualcosa
per
risolvere quella situazione e trarne il maggior vantaggio possibile.
Ammesso che ci fosse qualcosa da guadagnarci certo. Silla restava in
silenzio in compagnia solo dei suoi pensieri e delle scocciature che
il giorno dopo avrebbe potuto affrontare mentre i suoi occhi scendeva
a guardare il palmo della mano e come d'abitudine la chiuse di
colpo,osservando il pugno,gesto della sua determinazione ad andare
avanti,sempre e comunque in qualunque situazione,Lucio Cornelio Silla
non era uomo da tirarsi indietro,mai. Si
alzò,uscì dalla piscina e
si mise gli abiti puliti senza nemmeno preoccuparsi di essere
asciutto,ci avrebbe pensato la fresca aria dell'estate ad
asciugarlo,tanto che in città l'afosa aria del giorno era
più che
sufficiente per riempire di sudore i vestiti,tanto vale godersi
quella sensazione di fresco che il cielo notturno portava con se.
Uscì dai bagni e si diresse direttamente a palazzo,dove il
corpo
della sua guardia stava già aspettando alla porta di
ingresso del
campo d'addestramento,percorse il corridoio e presto si
trovò
all'ingresso,ampio e spazioso per accogliere in fila ben dieci uomini
in orizzontale,nel caso i soldati della guardia dovessero uscire o
entrare in formazione e si presentava per lo più spoglio e
senza
troppe decorazioni se non si contavano la stele del giuramento del
pretoriano e dall'altra parte,inchiodata alla parete,il vessillo
personale di Silla,un pugno chiuso che stringe con forza una corona
d'alloro. Quattro pretoriani erano fermi di fronte alla porta,con
lancia in mano e lo scutum posato contro il terreno e posizionati in
modo da controllare la strada di fronte all'edificio. Come c'era da
aspettarsi Silla vide il proprio corpo di guardia già
disposto in
strada occupando entrambi i lati del breve,ma sorvegliatissimo
tragitto che lo collegava al mastodontico palazzo imperiale,che nella
sua immensità dava l'impressione di voler assorbire al suo
interno
tutti gli edifici circostanti,facendo sembrare le ville dei
senatori,dei consoli,dei patrizi e di tantissimi altri personaggi
illustri piccole colline che circondava una montagna. Fece pochi
passi quando ad un tratto una voce riecheggiò tra le strade
buie e
mal illuminate.
“Non
ti sei ancora stancato di pestare bestie e mostri? Del resto non
dovrei essere sorpreso,sei sempre stato uno di quei rari uomini
ossessionati dalla forza.”
Era
la voce di un uomo,parlò con tono divertito e alla fine
della frase
sembrò udirsi il verso di una risolino strozzato,come di
qualcuno
che si mette a ridere in un momento inopportuno e fa di tutto per
nasconderlo,pur non riuscendoci. I soldati attorno all'imperatore
strinsero le mani sulle lance e i pesanti scudi rettangolari venne
alzati dal suolo mentre si mettevano a formare un rettangolo attorno
all'imperatore,come imposto dal rigido addestramento. Gli occhi delle
guardie vagarono in tutte le direzioni,mentre con gli scudi posto di
fronte al volto,mantenendo la posizione e con le le lance acuminate
puntavano verso l'esterno,come un grosso riccio pronto a difendersi
nel caso di un attacco proveniente da qualunque direzione. Ma Silla
non fece un passo in più o in meno e non si mise nemmeno in
posizione di combattimento,non si mosse per nulla,restando freddo e
statuario,impassibile e concentrato. I suoi occhi non guizzarono a
destra e a manca,non la minima esitazione o un segno di nervosismo
comparve sul volto duro e arcigno e nessun brivido scosse i suoi
muscoli. Sapeva chi era,riconobbe la voce e quindi sapeva bene cosa
fare,non senza ponderare bene la situazione nella quale si trovava e
agire di conseguenza sarebbe stato di vitale importanza. I pretoriani
continuarono a sorvegliare la zona circoscritta e nonostante la
preoccupazione non si azzardarono a fare un passo senza che
l'imperatore dicesse loro qualcosa,quando Silla era coinvolto in una
situazione pericolosa insieme a uomini in armi,fosse il corpo della
guardia pretoriana o un intera armata era lui a dettare gli
ordini,almeno che non lasciasse l'incarico direttamente a qualcun
altro,cosa che accadeva solo con chi più gli ispirasse
fiducia e
fosse sotto i suoi ordini diretti,come nel caso di Nevia, o in casi
particolari solo se la situazione richiedesse l'intervento di
personaggi con capacità adatte ad altri scopi,come l'elfa
che di
tanto cercava di ucciderlo,ma fallendo miseramente. Per un breve
istante ebbe la sensazione che qualcosa sotto i suoi piedi si stesse
muovendo e istintivamente saltò di lato avendo ragione a
preoccuparsi,dato che al posto di un porzione di strada c'era un
grosso buco,o meglio un foro perfettamente levigato e dove prima
c'erano pietra e terra ora c'era solo sabbia,sabbia fine come quella
del deserto,la stessa che era presente nel regno delle piramidi.
“Agile
come sempre vedo,restare a panciolle a comandare un impero non ti ha
indebolito come pensavo.”
Era
di nuovo quella voce,se le cose stavano così allora era
tornato per
davvero.
“Esci
dall'ombra manipolatore delle sabbie,sei in errore se credevi di
cogliermi impreparato .”
I
pretoriani,ancora sorpresi per l'accaduto non seppero come agire e
rimasero fermi e a guardarsi attorno,ancora increduli per essersi
lasciati prendere di sorpresa. Dall'angolo buio di una stradina
laterale comparve un personaggio alquanto particolare che subito fu
adocchiato da una delle guardie. Era uno strano essere umanoide,dalla
pelle grigia,con una capigliatura brizzolata corta e dritta,sulla
testa portava due lunghe orecchie da asino e poco sotto vi erano
presenti due occhi neri. Il petto nudo e le braccia scoperte
mostravano un fisico asciutto e attorno al collo portava un ciondolo
recante la testa di una non ben chiara bestia fatta in oro,dal muso
lungo e le orecchie alte e lunghe,indossava un gonnellino nero tenuto
da una cintura rossa decorata con piccoli monili in oro,mentre ai
piedi portava un paio di semplici sandali. Ma l'oggetto più
impressionante che l'uomo si portava dietro era una sottile asta
nera,decorato al centro con una piccola ma prezioso rubino rosso
sangue e sulla parte più alta del bastone vi era presente
una
decorazione in onice,simile alla ciondolo che portava al collo.
“Fermo
dove sei,getta il bastone lontano da te e mettetti subito a
terra.”,urlò il primo pretoriano che si
trovò di fronte.
Lo
straniero osservò divertito il veterano che era rimasto
fermo e che
nella sua posizione di guardia era pronto a scattare al minimo
segnale,con altri due compagni pronti a seguirlo. L'uomo tuttavia
sembrava divertito dalla minaccia della guardia e tutto ciò
che fece
fu ruotare il bastone e poggiarlo su una spalla mentre sul suo viso
un grosso sorriso provocatorio gli comparve lentamente sul volto.
“Sei
forse sordo per caso? Ti ho detto di gettare il bastone e metterti a
terra. Questo è un ordine.”,disse ancora una volta
la guardia
esasperata facendogli segno con la punta della lancia rivolta verso
il terreno.
“Io
ti ho capito benissimo,solo non voglio obbedire.”
“che
cosa?”
“Hai
mai dato ordini ad un cumulo di sabbia? Ti posso assicurare che la
cosa risulterebbe impossibile.”
E
in quell'istante l'uomo fece un semplice gesto con la mano libera e
dal terreno si tirò su una quantità di polvere
grigia proveniente
dal suolo pietroso di cui era composta la strada,agli occhi di chi la
osservava aveva una forma oblunga e indefinita,che si sollevava dal
suolo come una serpente pronto a mordere.
“Ma
che...”
La
matassa informa si mosse rapidamente e senza alcun preavviso verso il
volto del pretoriano che colto alla sprovvista subì
l'insolito
attacco. Il colpo non fu nemmeno coperto dallo scudo,perché
tale fu
la velocità dell'attacco che la manciata di sabbia animata
si
slanciò animato di vita propria verso il volto del
soldato,compattandosi all'ultimo momento colpì con forza di
una
pesante mazza e rompendogli il naso e facendogli sputare un paio di
denti. L'uomo cadde a terra prima ancora di rendersi conto di quello
che era successo, ciò che aveva visto era un mucchio di
polvere che
alla vista parve leggera come fumo ma nel colpire sembrò
dura come
roccia. La vista si sfocò e prima di svenire vide il
serpente di
sappia disgregarsi in aria e poi svanire completamente,come polvere
sospinta dal venticello della sera.
“Maledetto....”,gridò
una delle due guardie vicino al compagno aggredito, “formare
il
muro,proteggiamo l'imperatore.”
I
soldati più vicino al caduto sorpassarono il pretoriano a
terra e in
breve tempo,con tattica e disciplina,dieci uomini avevano formato una
barricata vivente,formando con gli scutum una piccola linea difensiva
e con le lance che sporgevano dalla formazione come gli aculei di un
ricci. Altri due soldati che non intervennero nello scontro si
mossero a soccorre il compagno ferito e a trascinarlo via dalla
mischia. Lo straniero dal canto suo continuava a sorridere e
cambiando posizione,più per noia che per
necessità continuò ad
osservare la figura di Silla,quel possente umano dallo sguardo freddo
e distaccato,che a sua volta lo osservava,immobile,senza mostrare
alcuna voglia di agire. Stava fermo e basta,non sapeva cosa
aspettarsi da lui. Tuttavia ora erano gli altri pretoriani a
preoccuparlo,o per meglio dire infastidirlo,avevano formato una linea
di difesa nel caso fossero colpiti anche loro dalla magia di quello
strano essere dalle orecchie d'asino. Avanzavano passo per passo nel
tentativo di farlo allontanare da Silla,con gli scudi saldi e le
punte delle lance pronte ad affondare nella carne,ma l'uomo non si
toglieva dalla strada né
indietreggiava,anzi,restò,con quel ghigno
stampato sul volto e nessuna intenzione di allontanarsi.
“Fate
sul serio? Contenti voi.”
L'uomo
tolse il bastone dalle spalle per poi farlo vorticare sopra la testa
con entrambe le mani,mentre dal rubino sul bastone una fievole luce
rossa si manifestò di fronte agli occhi dei soldati.
“FOSSA
DIVORATRICE”
L'essere
fermò il bastone e con presa salda di entrambe le mani
puntò la
base del bastone contro il suolo e rilasciando tutto il potere che
aveva accumulato in quel momento. Da sotto i piedi dei pretoriani il
terreno stradale si fece improvvisamente più fragile,come il
terriccio secco di un orto che appena si bagna inizia a sfaldarsi e a
collassare su stesso. Improvvisamente si sentirono trascinare verso
la terra e ai loro piedi quello che videro non fu più solida
terra,ma una larga buca sabbiosa che si materializzò attorno
ai
dieci uomini,che non riuscendo a tenere in piedi la linea di difesa
cominciarono a sprofondare verso il sottosuolo,come se la terra
stessa cercasse di mangiarli. Le armature,gli scudi e le armi
rendevano i loro tentativi di uscire dalla fossa erano
inutili,provarono a muoversi per uscire da quella bizzarra
trappola,ma la sabbia si comportava esattamente come l'acqua di un
potente temporale quando riempe un pozzo e per di più
maggiore era
lo sforzo che i pretoriani facevano per salvarsi,maggiore era
l'impaccio che la sabbia entrasse nelle protezioni e nelle
vesti,aumentando ancor di più il peso e facendoli
sprofondare ancor
di più verso morte certa.
Silla
osservò la situazione e ancora una volta i suoi pugni
fremevano
dalla voglia di combattere,non sapeva cosa ci facesse li e cosa
volesse da lui,ma non c'erano dubbi,attaccando le sue guardie aveva
dichiarato le sue intenzioni ostili e adesso ne avrebbe pagato le
conseguenze. Se violenza era venuto a cercare,violenza avrebbe
ricevuto. Mentre i pretoriani affondavano disperati Silla
saltò la
fossa perfettamente da fermo e con il grande balzo che
spiccò
preparò il pugno pronto a colpire il suo aggressore senza
alcuna
pietà,un solo movimento del grande braccio dell'imperatore e
il suo
pugno si mosse,carico di forza erculea. L'uomo vide Silla caricare
nella sua direzione e con una rapida reazione lasciò la
presa di
entrambe le mani sul bastone e con una mano libera prima
indirizzò
il palmo aperto verso la strada e poi di gettò verso il
cielo.
“
MURA
DI GEB.”,gridò l'uomo e dal terreno comparve uno
spesso e
massiccio muro di terra e pietra che lo avrebbe difeso dal colpo
dell'imperatore...o almeno lo sperava,sapendo quando fosse forte
quell'individuo. Il colpo di Silla si fece sentire sulla terrea
barriera e con forza devastante ne abbatté una grande parte.
Lo
aveva sentito sulle sue nocche,il muro che aveva colpito non era mera
magia da due soldi,era una solida difesa salita velocemente dal
basso,evoca dalle mistiche arti di quell'individuo,terra abbastanza
da dura degna di essere un valido muro,ma non certo per il suo
pugno,che lo abbatté senza troppa
difficoltà,lasciando solo due
lati del muro ancora in piedi, a dimostrazione della forza
dell'imperatore espressa in un unico colpo. Tuttavia l'uomo dalle
orecchie d'asino non sembrò essere stupito della cosa e
nonostante
il muro fosse crollato,lui non fece altro che cambiare posa facendo
roteare ancora una volta il bastone,ma solo per fare scena e mettere
dietro alla schiena.
“Umar,come
al tuo solito giochi ancora con la terra. Cosa ci fai qui?”
“Come
sei freddo Lucio,non mi chiedi neanche come sto? Sei il solito musone
antipatico,possibile che dopo tutto questo non sei cambiato neanche
un po'?”
“Rispondi
alla domanda Amenita,parla o ti strapperò la
verità di bocca con
queste mani.”
“Se
ci tieni tanto....”
Umar
non finì la frase che prese il bastone con entrambe le mani
e con la
testa in cima al bastone facendole toccare un punto del pavimento
posto dietro di lui,per poi menare un fendente contro l'aria,dal
basso verso l'alto e rilasciando un improvvisa scia di sabbia
così
sottile che se non fosse stata per la luce della luna a malapena si
sarebbe potuta vedere.
“BREZZA
DI SETH”
La
sottile scia si compattò immediatamente e spinta da una
improvvisa
forza magica si diresse contro Silla che nel vederla arrivare si mise
in posizione di difesa e portando entrambe le braccia all'altezza del
volto. Quando il colpo arrivò sentì sugli
avambracci una sensazione
di dolore improvviso,come se il filo di una lama impercettibile lo
avesse ferito,restando in posizione diede uno sguardo veloce ai punti
lesionati e vide che da entrambi gli avambracci due gocce di sangue
colavano lentamente da due strisce rosse l'asciate dall'attacco. Era
ben diverso dagli attacchi di taglio che Filora gli lanciava di tanto
in tanto durante i suoi tentativi di omicidio,come la brezza di
quella sera d'estate,tanto placida e tranquilla,ma il peso dell'aria
spostata si sentì benissimo,non come una rapida pugnalata ma
piuttosto come la lama di una grande falce che miete il grano,o in
quel caso la carne. Un attacco veloce e pulito,tanto che forse un
uomo di gran lunga più debole sarebbe stato decapitato sul
colpo.
Silla non perse tempo e passò al contrattacco,scattando
rapidamente
verso l'avversario e caricando entrambe le mani per i prossimi due
attacchi. Lo slanciò dovuto alla forza delle sue gambe era
degna di
un atleta,l'esecuzione alla partenza fu così veloce che a
malapena
Umar poté prepararsi adeguatamente a quella risposta,si era
avvicinato troppo presto alle sue aspettative e la massa muscolare di
Silla lo faceva sembrare lento e goffo,traendo facilmente in inganno
nemici convinti di poterlo semplicemente essere più agili o
più
svegli di lui per poterlo sconfiggere. Quanto si sbagliavano.
Arrivò
in un istante è il suo pugno fu pronto a colpire compiendo
un
movimento perfettamente lineare,ora che l'amenita era a portata di
braccio l'imperatore piantò la punta del piede sinistro sul
terreno,ruotò tutto il tronco da destra verso sinistra per
dare
forza al colpo e il suo pugno,un magnifico diretto destro venne
spinto in avanti ad una velocità straordinaria.
“Dannazione...”
Fece
il più in fretta possibile di posizionare il nero bastone di
fronte
al quel macigno di pugno che stava per arrivargli contro il volto e
che lui sapeva già,se non l'avesse parato,gli avrebbe fatto
saltare
via la mandibola a una decina di metri dal resto della testa e con
tutta la forza fisica che aveva in corpo,non molta a dire il
vero,accarezzò leggermente il dorso bastone e la pietra
rossa si
illuminò per l'ennesima volta. Quando il pugno
arrivò incontrò il
bastone nella sua traiettoria e quello,chissà per quale
ragione non
si spezzò,anzi,una strana forza respingeva il poderoso pugno
di
Silla,non senza difficoltà e con fatica immane,tanto da far
digrignare i denti a Umar,che con un notevole sforzo tentava di non
restare sopraffatto da quell'uomo,tanto grosso da far impallidire
anche un orso bruno ritto sulle zampe posteriori.
“Notevole....”,disse
Silla mentre continuava a spingere con il pugno, “Ma
insufficiente.
Ora lascia che sia a ricordarti chè cos'è un vero
colpo”
Se
il pugno tirato forza normale non era riuscito nel suo intento
avrebbe dovuto ricorrere ad un altro tipo di forza,più
maestoso e
potente di quelli che usava solitamente per combattere nelle prime
fasi di un combattimento,solitamente era raro che ne facesse uso e
per una buona ragione. Troppo potente e stancante,ma se usata nella
maniera giusta poteva far pendere l'ago della bilancia dalla parte
dell'imperatore. Caricò molte delle energie che aveva in
corpo,sapendo che il bastone di Umar era in grado di contrastare
anche armi magiche,i muscoli del braccio destro si fecero ancora
più
duri e gonfi,mentre il sangue nel suo corpo fluiva più
velocemente e
con più foga,con le fasce muscolari dell'intero arto,dalla
spalla al
braccio duri quanto l'acciaio.
“Tecnica
di potenziamento muscolare inferiore: Forza del leone nemeo.”
Quelle
di Silla furono semplici parole dettate con la calma più
assoluta,senza foga e senza rabbia,mentre una spinta improvvisa e
maggiore andò a rafforzare il suo attacco contro
l'avversario dalle
orecchie d'asino. Il bastone non resse oltre e venne sbalzato di
lato,permettendo così al pugno di Silla di raggiungere le
carni di
Umar. Il pugno,più simile ad un macigno tirato da una
catapulta che
a ad una mano chiusa,si schiantò contro il plesso solare
dell'amenita,schiacciandogli violentemente gli organi interni e
comprimendo dolorosamente anche tutti i muscoli e le ossa in quella
zona. Lo spinse lontano,dieci metri con un singolo colpo e se non
fosse stato per il bastone sicuramente sarebbe andato ancora
più
lontano,rotolando diverse volte contro il suolo e strisciando contro
la strada pavimentata,sentendo così anche la dura roccia
aggiungere
dolore ad altro dolore,ma sempre più lieve in confronto a
ciò che
aveva subito. Silla riprese la sua posizione neutrale e diede un
occhiata alla fossa dov'erano finiti i pretoriani,la sabbia
all'interno della fossa aveva finito di scendere e nessuna delle sue
guardie era in pericolo di vita,seppur bloccati e quasi
impossibilitati a muoversi. Non diede peso a loro e iniziò a
camminare verso la figura di Umar,che stava dando segno di volersi
rialzare,seppur dolorante e visibilmente indebolito e così
lo
raggiunse lentamente,un passo alla volta,come chi sa di avere
già
vinto lo scontro. Era sua abitudine non affrettare mai dove non c'era
bisogno di correre,che l'avversario fosse uomo o bestia,mostro o
quant'altro una volta che aveva la certezza che non fosse
più un
pericolo per lui allora non sentiva più bisogno di esternare
visivamente la sua forza sovrumana e tornava alla sua posizione
rigida e scultorea,un calma di cui tutto il corpo si doveva pervadere
e con la mente cancellare la tensione accumulata negli scontri
più
difficili,anche se in quel caso non c'è ne era stato bisogno
e per
tanto il suo corpo non sentiva il bisogno di rilassarsi,visto che lo
era già. Umar si riprese da quella grande botta subita e a
fatica
riuscì a respirare solo dopo numerosi colpi di tosse dopo
che si era
sentito mancare l'aria a causa della forte pressione subita da quel
pugno pesante quanto uno di quei blocchi di pietra usati per
costruire le piramidi della sua terra. Se non fosse stato per la il
bastone che aveva deviato buona parte della forza subita e il
ciondolo che portava al collo in quel momento sarebbe divenuto una
poltiglia sanguinolenta,un macilento pezzo di carne devastato,aperto
come la carcassa di un bue divorata dalle bestie del deserto.
Alzò
la testa e lo vide davanti a se,con i suoi occhi azzurri puntati su
di lui e intendo a squadrarlo come se cercasse di comprendere
qualcosa che gli impediva di finirlo. Per contro Umar era fermo sulle
proprie ginocchia e il suo bastone era troppo lontano
affinché
potesse chiamarlo a se per tempo ed usarlo di nuovo come arma,ma a
quale scopo poi,se l'unico risultato sarebbe stato quello di essere
devastato nuovamente? Meglio non tentare nulla di stupido. Non era
nella posizione di poterlo fare e le energie rimaste in corpo erano
poche,tanto vale vedere come sarebbe andata a finire.
“Che
cosa mi nascondi Umar?”, chiese Silla freddamente.
L'uomo
ai suoi piedi sorrise come a voler trattenere una risata,mostrando i
denti,sporchi di sangue per il conato vermiglio che aveva dovuto
trattenere a forza.
“Non
capisco di cosa stai parlando.”, disse Umar facendo il finto
vago.
“Mi
hai attaccato lo stesso sapendo che saresti stato sconfitto in uno
scontro diretto. Quindi perché mi hai attaccato sapendo
quello che
ti sarebbe successo? Il tuo potere sulla terra favorisce il controllo
del campo di battaglia,non le tattiche aggressive. Non ti sei
impegnato nemmeno la metà di quello che sapresti fare
veramente.”
“Vedo
che la tua ossessione per i combattimenti non è diminuita
dal
termine della guerra. Otto anni e non sei cambiato nemmeno un
po'...la tua mania per i dettagli degli scontri è sempre
stata una
tua peculiarità.”
“Dimmi
che cosa vuoi,prima che stritoli la testa e ne faccia
polvere.”,disse
Silla mentre gli mostrava una delle sue mani che si chiudeva
lentamente,mostrandogli fisicamente quello che gli poteva
capitare.”
“Le
buone maniere non sono mai state il tuo forte. E va bene te lo
dico,pare che il regno di Amenosi abbia cominciato a muovere le sue
spie per informarsi al meglio riguardo alla situazione di Aegis, alla
regina fa comodo sapere che la legittima erede al trono di Nova
sia sana e salva.”,disse l'amenita mentre si rialzava
barcollante.
“E
credi che la cosa debba preoccuparmi? Sono anni che le loro spie si
muovono alla mia corte e tu credi che io non abbia fatto nulla per
contrastare le loro azioni? Devono soltanto provare ad uscire
dall'ombra che impiegherò un nulla per ucciderli,por poi
rimandare i
cadaveri in patria come avvertimento. Se vogliono un altro conflitto
sono pronto darglielo. Ma non ti sei fatto massacrare solo per questo
vero?”
“Vuoi
sapere la verità? E va bene. Volevo sapere di persona sei i
tuoi
pugni erano ancora forti come un tempo. Tutto qui”
Silla
non reagì immediatamente a quella curiosa rivelazione.
Tuttavia la
sorpresa che si leggeva nel suo sguardo era impossibile da non
notare,il volto,seppur fermo nella sua inespressività non
potevano
nascondere la reazione del suo sguardo,che tradivano la mancanza di
prontezza a quell'affermazione.
“I
miei pugni?....Tu ti sei fatto massacrare,solo per poter sapere se i
miei pugni erano ancora forti? Hai rischiato di restarci secco
idiota,avresti potuto combattere seriamente piuttosto che attaccare
senza alcun schema preciso.”
“Non
capire male,il mio era un atto studiato. Mi conosci così
poco da
credere veramente che avrei attaccato a testa bassa senza sapere a
cosa andavo incontro? Questi sono tempi oscuri Lucio,non percepisci
come la sabbia della clessidra abbia cominciato a scorrere verso il
fondo? Non dirmi che non te ne sei accorto,perché non ci
credo.”
Silla
non rispose a quella domanda e al contrario sollevò la testa
e
iniziò a guardale la falce di luna posta sopra le loro
teste,li nel
cielo notturno,dove chissà quale divinità o altra
forza cosmica in
gioco li stesse guardando da lassù e si fermò a
riflettere per un
attimo a questo suo dubbio personale. Poi abbassò di nuovo
il capo e
tornò a guardare Umar.
“Vattene
finché sei in tempo figlio di Seth. Per stasera sono stanco
di
giocare.” E Silla gli diede le spalle e iniziò ad
allontanarsi
verso i pretoriani finiti nella fossa. Tirarli fuori da quella buca
sarebbe stato uno scherzo con la sua forza disumana.
“Come
sta Nevia? A parte l'umiliante sconfitta che ha subito ad Aegis si
intende. E Filora?ti vuole ancora morto? Mi sto dimenticando
qualcuno...ah si ora ricordo,quel bonaccione di.....”
Ma
l'uomo con le orecchie d'asino non fece in tempo a finire la frase
che Silla si girò di scattò verso il suo
interlocutore e in atto di
rabbia batté il piede a terra così forte da far
tremare il suolo
stradale. Nei suoi occhi si poteva vedere la furia prendere controllo
delle sue emozioni.
“Non
osare fare il suo nome in mia presenza. Ha voluto fare la sua scelta?
Benissimo,libero di fare ciò che vuole,non sarò
io a chiedergli di
tornare indietro.”
“Ma
Lucio...”
“Sapeva
a cosa andava incontro e ha scelto liberamente,ha preferito fare il
pacifista piuttosto che comandare il suo destino. Per me è
bandito.”
E
con con queste parole fece per allontanarsi ancora più
velocemente
di prima.
“Come
vuoi...”, disse Umar mentre richiamava a se il bastone
tramite la
sua connessione con il terreno,che lo assorbì e subito dopo
lo
risputò fuori facendolo viaggiare sotto terra e riprenderlo
velocemente con la mano, “Comunque,giusto che tu lo sappia,ho
saputo il nome dell'uomo che ha sconfitto Nevia. Ha l'aspetto di un
militare, un certo Milziade se non sbaglio.”, poi
affondò nel
sottosuolo,scomparendo nell'abbraccio della nuda terra. Silla non si
mosse,immobile come una statua di marmo,ma questa non per il lucido
autocontrollo di se,ma per quello che aveva sentito.
Milziade,quell'uomo,era ancora vivo. Strinse ancora il pugno
chiamando a se tutta la forza che aveva nel braccio,fino a far
pulsare le vene dell'arto che dallo sforzo,tanto che a prima vista
sembravano voler esplodere ed aprire la porzione di pelle sopra di
esse. Il Demiurgo,il mago ed ora lui,non poteva credere che fosse una
coincidenza,che razza di gioco era mai quello che le forze in gioco
nell'universo stavano facendo con il suo fato? Che sorte gli
aspettava nel corso di quella corsa verso l'ambizione che tutti gli
uomini più potenti osavano inseguire,anche a costo di
innumerevoli
sacrifici? Non lo sapeva,non gli era ancora chiaro,ma se Nevia era
stata sconfitta da Milziade allora se ne era uscita ancora viva
allora doveva ritenersi fortunata,ma questa era una cosa che si
sarebbe tenuto per se. Quella sera era stato testimone di un
intrusione da parte di una vecchia conoscenza,aveva evitato di
sentire un nome che le sue orecchie non volevano udire e un uomo
ritenuto parte del suo passato era tornato a frapporsi fra lui e il
suo obbiettivo. Un violento squillo di trombe riecheggiò tra
le
strade del quartiere nobiliare e riscosse l'imperatore dal suo mondo
interiore,riportandolo alla realtà e facendogli perdere
pressione
nel braccio,che si rilassò le fasce muscolari e fece
scorrere di
nuovo il sangue in maniera normale. Quel suono segnalava l'intervento
dell'intero corpo della guardia pretoriana di servizio in quel
momento,qualcuno dei nobili,forse un fedele servitore,probabilmente
aveva dato l'allarme dato lo spettacolo gratuito alla quale avevano
assistito dai balconi e dalle finestre delle loro ville e dalle quale
avevano fatto bene a tenersi a distanza da quella baruffa di strada.
Per quella sera aveva dato abbastanza di se al suo popolo,poteva
anche ritirarsi.
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Capitolo 15 *** Altro giorno, altro incontro ***
Secondo
giorno
insieme,secondo giorno che non li poteva vedere,il manichino,la
decorazione da giardino,lo sbarbatello e raggio di sole,come li
definiva Milziade. Si ritrovarono tutti insieme nella stanza del
mago,che era divenuta temporaneamente la stanza di Lucilla,dove poco
alla volta la principessa si stava riprendendo dalle ferite riportate
durante il suo rovinoso arrivo in città. Nella stanza la
luce del
sole illuminava la stanza con una luce splendente e carica di
energia,che agli occhi della ragazza era la manifestazione
presente,ma intangibile dello sguardo di Apollo sulla loro missione.
“Che bello,sono
felice che possiamo mangiare tutti insieme allo stesso tavolo. Magari
sta mattina riesco a mangiare qualcosa.”,disse la ragazza
placidamente.
Lucilla
era ancora
vestita con la veste del giorno precedente ed era ancora pulita dato
il fatto che era rimasta tutto il tempo a letto e a malapena era
riuscita a fare qualche passo senza rischiare di crollare a terra,a
causa della spossatezza e dei forti dolori alle viscere,ancora
ustionati per la grande energia che aveva usato per creare il carro
attraverso il suo potere. Ma dopo essere stata accuratamente visitata
dal mago e fatto bere un infuso nauseabondo a base di erbe,radici e
incantamenti medicamentosi si sentiva più energica e
frizzante,ma
ancora incapace di riprendere il viaggio a piene forze. Si sedette
insieme al resto del gruppo ad un tavolo dove solitamente il mago ci
teneva sopra piatti,ciotole e contenitori di vario genere,dove
all'interno teneva ingredienti di origine minerale polverizzati,tra
questi anche di gemme preziose,come il rubino,lo zaffiro e il
topazio. Ma per quella mattina avrebbe contenuto solo piatti e
ciotole contenenti qualcosa di ben più comune ma molto
più
sostanzioso,la colazione. Era stata ordinata appositamente dal mago
affinché Lucilla potesse iniziare la giornata con tutta la
comitiva.
Gli altri invece erano si presenti di fronte alla principessa,ma solo
con i loro vestiti,privi di armi,armature e qualunque altra cosa si
portassero addosso durante i loro spostamenti.
“Allora,immagino
che non sono stato l'unico costretto a consegnare tutto quello che
possedevo,o sbaglio?”,disse Milziade mentre allungava le mani
su un
tozzo di pane e una fetta di formaggio salato.
“Già,sembra che
dopo la tua spacconata con l'esercito qui fuori e la tua punizione da
parte del consiglio hanno voluto privarci dei nostri averi,nel caso
fossimo scappati ed abbandonato qui lei. Quindi matto dalla barbetta
appena accennata,io senza il mio maglio non mi sento bene. E tu vedi
di lasciare quel salamino elfo dei metallici stivali,l'ho visto prima
io e poi voi elfi non dovreste magiare solo vegetali?”,disse
Gordlack mentre si lasciava portare via il pezzo di salume dal
compare più alto e magro.
“Allora,questa
storia che noi elfi mangiamo soltanto frutta e verdura e uno
stereotipo molto diffuso,ci conosciamo da anni e sai bene che io ho
una dieta variegata,solo perché non mi ingozzo come te non
vuol dire
che io non ho diritto a mangiare carne e derivati.Comunque questo
è
mio.”,disse Nym mentre si gustava il suo pezzo di salamino
con
gusto in faccia al nano.
“Suvvia,fate i
bravi,anche se bisticciate so che infondo vi volete
bene.”,disse
Lucilla mentre si portava alla bocca una tazza di latte ancora caldo
accompagnata da una manciata di biscotti.
“Io? A lui? E
quando mai?”,dissero Gordlack e Nym contemporaneamente le
stesse
parole.
Passò
qualche
minuto e l'abbondante colazione era quasi terminata. Sul tavolo
improvvisato piatti e ciotole di vario genere si accumulavano vuoti
l'uno accanto all'altro. Era stata una colazione abbondante e per
loro ci voleva proprio data la giornata precedente fin troppo
caotica.
“Comunque,punizione
o no,io ho dormito benissimo....”,intervenne braxus dopo che
ebbe
mandato giù un grosso pezzo di mela che stava addentando,
“Dopo
che ci hanno separato due guardie mi hanno condotto in una stanza ben
attrezzata,una di quelle dove ci dorme la gente ricca. Mi hanno
confiscato il tridente è poi mi hanno chiuso
dentro.”
“Aspetta,per caso
nella stanza c'era anche una vasca piena d'acqua calda è un
vassoio
con un maialino al latte sopra ad un tavolino più piccolo di
questo?”, chiese Milziade con fare indagatore.
“Si,come fai a
saperlo?”
“Perché mi hanno
mandato in una stanza simile,dove ovviamente hai approfittato del
lusso presente li dentro e avrai fatto un bagno,mangiato e andato a
dormire come un pupo in preda al sonno. Ma qualcosa mi dice che anche
voi due vi siete stati trattati da re,o sbaglio?”,chiuse la
frase
Milziade posando i suoi occhi sia sul nano che sull'elfo.
I
due fecero un
cenno con la testa,confermando così i sospetti di Milziade
sulla
loro attuale situazione.
“Per essere stati
puniti dal consiglio non vi sembra che ci stiano trattando troppo
bene?”
“Già,ma
perché?”,disse Nym anche lui sospettoso della cosa.
“Perché siamo la
scorta di una principessa rinnegata, unica degna erede al trono
dell'impero di Nova,per non parlare che è una sacerdotessa
del dio
sole,una fanciulla consacrata ad Apollo è una che non
vorresti mai
far arrabbiare,quindi,essendo la sua scorta personale,non ci
potrebbero mai torcere un dito. Questo ci dona una stato
di...immunità diplomatica,se vogliamo metterla
così.”
“Insomma,adesso
saremmo delle cariche politiche? Ma fammi il piacere mercenario,stai
volando con l'immaginazione.”
“Tu credi? Dopo
che siamo stati scarcerati ci hanno trattato con la giusta
deferenza,alla quale ora noi siamo tutti sottoposti,eccetto per quel
fatto sullo scontro all'accampamento,li ci hanno guardato un po'
male,anche se il vero colpevole sono io,sempre se di colpevole si
può
parlare. Ma dato che la cosa non mi compete è ho portato a
termine
il compito assegnato posso dire con assoluta noncuranza una sola
cosa...non può fregarmene di meno.”
“Buon per te,noi
rischiamo la testa per colpa delle tue bravate e tu fai il
menefreghista,complimenti,sei un vero professionista come
venduto.”
“Uh,attento
elfo,insieme alla frecce rischi di finire anche le
frecciatine.”
Il
sarcasmo di Nym
sarebbe stato anche fuori luogo,ma la battuta di Milziade era stata
persino peggiore,tanto da bloccare l'elfo per un breve istante e solo
dopo aver fatto una smorfia per trattenere un altro commento l'elfo
decise di non continuare e di finire il suo pasto in relativa pace.
Milziade invece non si era scomposto nemmeno un po',sempre con
quell'aria da sbruffone tranquillo,al pari con una spudorata
arroganza che di tanto in tanto fuoriusciva e spesso gli aveva
causato non pochi problemi.
“Su adesso
basta,fate i bravi e non litigate. Siamo una squadra e dobbiamo
essere tutti amici qui,giusto?”,disse Lucilla mentre
terminava i
suoi biscotti.
“Certo mia
signora.”,rispose Nym
“Cosa? Ah si si,ci
vogliamo tutti un mondo di bene.”, rispose Milziade senza
prendere
seriamente la richiesta della ragazza.
“Resta il fatto
che adesso ci tocca aspettare e vedere cos'hanno intenzione di fare
quelli del consiglio di Aegis,a questo punto non so nemmeno io cosa
pensare a riguardo.”,disse Braxus con aria dubbiosa.
“Tranquillo,vedrai
che andrà tutto bene,basterà solo avere un po' di
pazienza,infondo
sono alleati,non ci venderebbero mai al nemico.”, Disse
Gordlack
mentre si puliva la bocca dalle briciole di un grossa fetta di pane.
Ma
non ci neanche il
tempo di convincersi della veridicità di quella frase che la
porta
della stanza si aprì,mostrando la figura del mago intenta ad
osservare gli stranieri mentre restava sull'uscio.
“Nobile
Lucilla,signori,siamo convocati nella piazza cittadina da Midas in
persona. Ma prima seguitemi,immagino che vogliate recuperare il
vostro equipaggiamento.
Senza
fare storie
tutta la squadra si alzò dal tavolo e si misero a seguire il
mago
senza dire neanche una parola. Una volta giunti sulla piattaforma
scesero fino al pian terreno,dove solitamente l'immensa aria gremita
di di persone da ogni dove era stranamente vuota. Nessun emissario
straniero,nessun inviato commerciale,nessun viaggiatore o comune
cittadino si trovava ad ammirare le numerosissime scene ritratte sui
muri,ma solo un grande vuoto riempiva lo spazio per intero.
“Da questa
parte.”,rimbombò la voce del mago nell'area con
eco prorompente.
Ogni
passo che
facevano produceva un flebile suono che rimbalzava sui muri e poi
tornava indietro alla medesima tonalità,sembravano alle
orecchie
degli ascoltatori tante piccoli passi da formica che marciano senza
ritmo sincronizzato. Faceva strano vedere così poche persone
dentro
un spazio immensamente grande giornalmente occupato e ciò
dava alla
principessa,al mercenario e il suo seguito una strana sensazione.
“Scusi signor
mago,che fine ha fatto tutta la gente che era qui.?”,chiese
Lucilla
a voce bassa per evitare che il suo solito modo di
parlare,solitamente allegro e avvolte troppo entusiasta alzasse di
troppo l'intensità del suono di ritorno prodotto dall'eco.
“E stata evacuata.
Ma non temete,nulla di grave,solo normale amministrazione nel caso
durante lo svolgimento dell'evento richieda di occupare l'entrata nel
caso di un attacco da parte di forze esterne.”
“Eh di quale
evento si tratta?”
“Oggi all'alba è
giunto un messaggio dall'imperatore in persona tramite un portaordini
dell'esercito invasore,pare che abbia intenzione di interrompere
l'assedio alla città e firmare una tregua con noi e fin qui
tutto
bene. Se non fosse che ha voluto sottolineare una condizione che
siamo obbligati ha rispettare,pena il blocco militare alla
città e
di conseguenza dell'unica strada maestra che conduce ad Aegis,con
tutto quello che ne segue.”
“Di quale
condizione si tratta?”
“Dovrete
presentarvi di fronte al comandante dell'esercito noviano insieme a
Midas e al consiglio. E perciò ci stiamo dirigendo verso il
magazzino del palazzo,che sarebbe quella porta
laggiù...”,il mago
indicò un grosso portone di pietra,dritto di fronte a loro.
“Li sono tenute le
vostre armi e le vostre armature. Non desideriamo certo che i nostri
ospiti vengano derubati dei loro averi,sopratutto dopo che Midas ha
disposto che le vostre cose fossero potenziate o sostituite con pezzi
su misura alle vostre capacità. Ecco,siamo
arrivati.”
La
porta ora
sembrava molto più grande rispetto a prima e nelle sue reale
dimensioni si mostrava tanto grande e larga da farci passare due
elefanti adulti l'uno vicino all'altro. Sulla superficie della stessa
era presente nella parte bassa una serie simboli e lettere,come le
rune dei popoli del nord o i geroglifici della terra delle
piramidi,messi accuratamente l'una vicina all'altra,come a comporre
una parola. Il mago vi passò due dita,percorrendo tutta la
parte
scritta per due volte,da sinistra verso destra e viceversa.
“Che intendete
dire con potenziate?”,chiese l'elfo dubbioso.
“Nulla di che,un
piccolo omaggio da parte del presidente per la riuscita della vostra
missione.”
La
porta si aprì
lentamente emettendo un suono granitico,quello prodotto da pietra che
strofina altra pietra,facendo capire ai presenti quando potesse
essere rilevante la funzione difensiva di una porta di pietra
così
grande. Una volta aperta al suo interno poterono intravedere una
grande stanza contenente diverse casse di legno dall'aspetto
piuttosto anonimo.
“Prego,da questa
parte.”,disse l'anziano incantatore facendo loro segno di
seguirlo.
Entrarono all'interno incerti su cosa si potessero aspettare di
trovare li dentro,mentre il loro sguardo girava tutt'attorno sulle
imponenti casse che giacevano in appositi sostegni di legno,che
andavano dal basso verso l'alto,come in magazzino mercantile.
“Eccole la
signori.”
Il
mago indicò
quattro casse messe a terra e già scoperchiate. Preso dalla
curiosità il primo ad avvicinarsi ad una delle casse fu
Braxus e
preso dalla giovanile energia né scoperchiò una
è quello che vide
gli riempì gli occhi di meraviglia.
“Gordlack
vieni,credo proprio che questa sia per te.”
Il
nano si sentì
colto alla sprovvista e si mosse un po' incerto nel vedere quale
fosse il contenuto della cassa. Si dovette mettere sulla punta dei
piedi per poter ammirare il tesoro al suo interno. Un imponente
martello a due dal manico nero e la testa lucidata,dove ai lati erano
incise delle rune che Gordlack conosceva molto bene. Accanto ad esso
vi era presente la sua armatura,apparentemente rimasta la stessa,se
non per le riparazione e le saldature che l'armatura aveva ricevuto e
quell'aspetto da ferro vecchio era stato completamente rimosso da una
buona lucidata,con oli e panni appositi. Sembrava uno dei lavori
della sua gente,anche se ai suoi occhi capiva subito che si
avvicinava a malapena ad un autentica lavorazione nanica,anche se il
risultato era più che apprezzabile.
“Per i capelli
d'oro di Sif,sembrano nuovi,ma come ci siete
riusciti?”,chiese il
nano al mago con espressione incredula.
“Abbiamo
contattato una bottega di specialisti in lavorazioni magiche presente
in città,Il presidente non ha badato a spese e non abbiamo
risparmiato tempo per farle fare.”
“Ehi,stecchino con
l'aria da saputello,prova un po' a vedere se hanno fatto un regalo
anche a te,anche se non te lo meriteresti. E tu giovane non restare
qui impalato,dai un occhiata al tuo di tesoro.”
Il
nano si era
rivolto prima a Nym e poi a Braxus e quest'ultimo,preso
dall'entusiasmo si fiondò sulla cassa alla sua destra e
tolse subito
il coperchio,trovando all'interno ben più di quello che
osò
aspettarsi. All'interno erano presenti il suo tridente lucidato a
specchio,una nuova rete metallica,lo spallaccio rimesso a nuovo e in
più una lunga manica di cuoio spesso,una protezione tipica
dei
gladiatori che andava dalla spalla al polso,che Braxus riconobbe
immediatamente.
“Ho fatto
aggiungere anche quella nel tuo equipaggiamento sapendo quale
addestramento hai ricevuto. So che non ti va di essere considerato
ancora un gladiatore è se non vuoi indossarla
comprenderò.”,disse
il mago con tono calmo.
“No anzi è
utilissima,ti ringrazio per questo pensiero.”,rispose Braxus
estasiato.
Nym
si avvicinò con
calma ad una delle classe,che anche lui aprì e subito
riconobbe le
sue armi e la sua armatura. Non avevano subito nessun cambiamento
radicale,se non un ritoccata al legno,una corda nuova dello stesso
tipo di quella precedente e una rifilatura alla lama dell'ascia
è
nuove frecce ,dal fusto sottile e dalle punte piatte a forma di
foglia e le bianche penne dell'oca dei ghiacci,tipiche dei popoli
elfici del lontano nord. L'armatura di cuoio era rimasta la stessa e
non aveva subito nessuna modifica,compreso il mantello,il cappuccio e
il resto dell'abbigliamento. Solo diverse cuciture qua e la per
riparare agli eventuali danni che il suo vestiario aveva subito.
“Ti conosco da
tempo Nym è so per certo che non cambieresti nulla del tuo
armamentario. Le uniche modifiche fatte sono solo alcuni
miglioramenti che io so,apprezzerai come arciere.”
L'elfo
non disse
nulla,ma rispose solo con un leggero cenno del capo,sapendo che con
quell'uomo non c'erano bisogno di parole di troppo. Per tanto non
volle dire nulla che risultasse superfluo.
Milziade
invece
fissò l'ultima cassa rimasta con attenzione e prima di
aprirla fece
qualche giro attorno alla cassa. Gli diede qualche piccolo colpo con
la punta del piede e ancora indeciso decise di non toccarla.
“Qualcosa non va
mercenario? Ti vedo titubante.”, chiese il mago con tono
neutrale.
“Dopo l'ultimo
scherzo che mi hai fatto non sono tanto sicuro di voler ricevere
qualcos'altro da te.”,disse Milziade alzando il braccio e
mostrandogli la catena incisa sulla pelle intorno al polso.
“Quella è solo
una precauzione nel caso volessi tirarci uno scherzo di pessimo
gusto,come scappare o tradirci. Devi ammettere che la maggior parte
dei tuoi colleghi non esattamente le persone più ammirevoli
per la
loro scarsa lealtà. Devi ammettere che come ragionamento non
fa una
piega.”
“L'unica piega che
vedo é che il mio cuore è tenuto in ostaggio
sotto la minaccia di
un infarto fulminante che potresti scatenare in qualunque
momento.”
“Considerala una
clausola sul contratto che hai promesso di portare a termine. La
ricompensa per il tuo lavoro sarà più che
generosa. Immagino che
tutti gli sforzi che farai d'ora in avanti saranno giustificati dal
pagamento finale.”
Milziade
non rispose
e senza esitazione tolse l'ultimo coperchio e controllò
l'interno
dell'ultima scatola e quello che vide lo lasciò senza fiato.
La
nuova spada presentava della stessa lunghezza e la stessa forma di
quella precedente,ma lama era decisamente più brillante e il
corpo
più sottile mentre il manico presentava un impugnatura
più
solida,con un pomolo sul fondo a forma di una piccola testa di leone
in bronzo. Accanto ad essa vi era posata un un armatura degna di
questo nome. Un armatura da oplita completa di tutti gli
accessori,pettorale,schinieri,calzati,guanti,bracciali ed elmo
completamente nuovi e con ,l'elmo in particolare portava un
pennacchio blu sulla testa e ai lati dell'elmo due occhi dipinti con
cura da una mano esperta. Vedendoli quella magnificenza di opera
metallurgica non seppe come reagire,dato che aveva già visto
armature simili,molto tempo addietro,che per la sua memoria parve un
altra epoca,quando non una,ma migliaia di queste armature marciavano
sul campo di battaglia.
“La tua vecchia
armatura era così malandata che rischiava l'ossidazione e il
presidente a preferito farne fare una nuova,per non parlare del
pettorale squarciato che l'aveva resa inservibile l'elmo,proprio come
la spada è un aggiunta voluta da Midas in persona,un segno
di
riconoscenza per l'azione di ieri che lui stesso definisce non
necessaria...ma certamente gradita. La lancia invece è
ancora in
buono stato nonostante qualche segno di usura sul manico,quindi
abbiamo preferito lasciartela così com'era. Anche se non
hanno mai
vista una simile da queste parti.”
“E tutto molto
interessante,però ho una domanda. Insieme alle mie cose non
mi
avrete mica cambiato anche il cavallo. No perché se
è così potrei
essere molto infastidito dalla cosa.”
“Tranquillo,abbiamo
intuito che tu sei molto affezionato alla tua giumenta. L'abbiamo
lasciata nelle stalle del corpo di guardia,insieme al cavallo di
Nym.”
“Allora va tutto
bene,almeno che il cavallo dell'elfo non decida di ingravidare la mia
Briseide,in quel caso sarei furioso.”
“Non né
dubito,ora se non vi spiace,fareste meglio a indossare i vostri nuovi
paramenti,oggi ci aspetta una mattinata importante.”
Dopo
questa battuta
tutti e quattro presero le loro cose,vecchie o nuove che fossero e
cercarono di prepararsi il più presto possibile. Pezzo dopo
pezzo,nodo dopo nodo,la sensazione che quegli oggetti potessero
esseri così robusti e forti era data dalla
qualità e dalla cura
nella lavorazione di ogni oggetto assegnato a ciascuno di loro,che
tutti,persino Nym,abituato a non meravigliarsi mai di niente si era
sentito in dovere di fare un sorrisetto compiaciuto di come il cuoio
ora sembrava più flessibile e leggero e di come la corda
dell'arco,accarezzandola,pareva di pizzicare la cordicella di un arpa
elfica. In breve tempo tutti e quattro indossarono le nuove migliorie
che gli erano state preparate accuratamente,eccetto Milziade,che a
parte l'elmo aveva deciso di indossare tutto il resto,l'elmo
restò
nella scatola e decise di lasciarlo li,dandogli giusto un ultima
occhiata,sapendo bene quanto lavoro e impegno erano state impiegate
per realizzarlo. Ma a lui la testa serviva libera di muoversi e la
sua vista non poteva essere ostacolata da tutto quel metallo gli
bloccava il raggio visivo,cosa che per il suo metodo di combattimento
era molto importante. Per tanto,niente elmo...e poi gli avrebbe
scompigliato i capelli ed anche questo gli avrebbe dato
fastidio,molto fastidio,quasi quanto sopportare i suoni nuovi
compagni di squadra.
“Milziade,non lo
indossi l'elmo? Eppure credevo che rispecchiasse i tuoi
gusti.”,chiese il mago incuriosito.
“Beh no,insomma è
molto bello,fatto in maniera impeccabile e sia chiaro che lo apprezzo
molto....”
“Ma cosa?”
“Io mi sento
soffocare la dentro e poi siamo in estate,insomma,chi lo vuole un
elmo di metallo sulla testa con questo caldo?”
“Io il mio elmo lo
indosso sempre con l'armatura completa.”,disse Gordlack di
punto in
bianco,sentendo il bisogno di dar voce ai suoi pensieri,sempre
diretti e concisi.
“Si,ma per te la
questione è differente. Tu sei un piccolo barile di metallo
la cui
unica funzione in uno scontro e quello di menare colpi con la stessa
furbizia di un orso in calore e quindi hai bisogno di tutta la difesa
possibile mentre impugni quel abnorme martello. Io invece mi sentirei
limitato da qualcosa di così ingombrante e anche la mia
vecchia
armatura aveva il minimo peso necessario per poter reggere in un
lungo scontro corpo a corpo e l'elmo sarebbe un peso eccessivo per le
mie necessità. Ergo niente elmo.”
“Se non vuole
indossare l'elmo non ha alcuna importanza hai fini della vostra
presenza,ciò che conta e che voi siate presentabili. Ora
muoviamoci,la nostra presenza e necessaria.”
“Scusa venerabile
mago,ma io non ho nulla da indossare. Ho solo questa semplice veste e
anche se sono soldati non credo di dovermi presentare in queste
condizioni.”,disse Lucilla mentre dava un occhiata
imbarazzata al
semplice indumento con la quale si era alzata dal letto.
Effettivamente
era
un problema. Presentarsi in quel modo di fronte ad un comandante
noviano,seppur sconfitto di fronte a tutta la sua legione,restava pur
sempre un comandante e come tale meritava di essere ricevuto nel
migliore dei modi,almeno secondo le regole della diplomazia. In
realtà secondo lei non meritava neanche di essere
ricevuto,pur non
sapendo chi fosse era al servizio dello stesso uomo che le era
nemico,aveva conquistato il trono con la forza,spodestato suo padre e
costretto lei alla vita sacerdotessa,anche se quest'ultima parte si
era rivelata più vocazione che una condanna. Ma
ciò non toglieva il
crimine subito e come principessa,sacerdotessa di Apollo e come
ragazza falsamente accusata di tradimento verso la nuova forza al
potere di Nova lo giudicava infedele verso il trono,peccaminoso
contro il volere divino e anche un deposta senza pietà che
avrebbe
preferito vedere una ragazza che lui riteneva pericolosa
morta,piuttosto che complice dei suoi nemici. Eppure anche lei
avrebbe dovuto presenziare,per il bene della città di
Aegis,che
sarebbe rimasta sotto assedio e a lungo andare anche la potente
città
dalle bianche mura avrebbe sofferto gli stenti di una lungo
logoramento che un esercito appostato avrebbe potuto proseguire per
mesi,se non addirittura anni.
“Tranquilla,lascia
fare a me.”
Il
mago fece un
semplice schiocco di dita e tutto d'un tratto la veste bianca della
sacerdotessa fu sostituita da una lungo chitone azzurro,con uno
bianco a coprirgli le spalle e il suo diadema dorato a coprirgli
nuovamente la fronte regale. La ragazza guardò il proprio
corpo e
incredula iniziò a punzecchiare la veste con l'indice. Era
vera in
tutto e per tutto.
“Mago ma come...”
“Un vecchio trucco
nel caso ci si dovesse presentare in pompa magna ad incontro
dell'ultima ora.”
“Beh,se non alto
non mi presenterò come una fuggiasca,anche se in
realtà lo sono.”
“Siete la
legittima erede al trono,fuggiasca o meno che siate in voi scorre il
sangue reale di vostro padre,di vostra madre e di tutti i vostri
antenati. Avete tutto il diritto di rivendicare ciò che vi
spetta.
Ora maestà,sarebbe meglio non tardare oltre il nostro
appuntamento.
Abbiamo un invasore con la quale accordarci.”
E
ancora una volta
mossero i loro passi su indicazione del vecchio incantatore,diretti
questa all'ingresso del palazzo,dove una volta usciti si sarebbero
incontrati con il presidente e il consiglio,in attesa del comandante
noviano,con tutta la città che avrebbe assistito all'evento
memorabile. Un assedio era quello che l'imperatore aveva ordinato di
compiere contro Aegis e adesso tutto d'un tratto quello stesso
esercito se ne sarebbe andato senza dire nulla più che il
necessario
per potersene andare facendo la parte dei degni avversari. Ma allora
perché c'era bisogno anche della loro presenza? E
perché avevano
ricevuto un equipaggiamento migliore del precedente?Milziade stava
pensando alla natura della situazione in se e il perché mai
loro,la
scorta della principessa avrebbero dovuto accompagnarla per la tregua
della città che le aveva offerto protezione? Fosse stata una
questione di politica allora soltanto lei avrebbe dovuto fare la sua
comparsa insieme alle altre figure di spicco della città,lei
insieme
a quel gigante biondo di Midas avrebbe fatto la sua bella figura e il
consiglio avrebbe fatto da mera presenza. Ma loro quattro?cosa
centravano in tutto questo? Erano solo la scorta personale della
principessa,la loro presenza non aveva alcuna rilevanza per la tregua
che avrebbe dato un attimo di respiro e le relazioni con Nova forse
sarebbero migliorate. Non tanto da tenerla lontana da un altro
assedio,ma se non altro i barbari ai confini dell'impero avrebbero
dato il tempo alla città di prepararsi per un altro
attacco,nel caso
fosse avvenuto. Più ci pensava e più era convito
che qualcosa non
quadrasse. Il mercenario aveva ottenuto un nuovo armamentario di
tutto rispetto se confrontato a quei ferri vecchi che usava ormai da
tempo è un regalo del genere era giunto con un tempismo al
quanto
singolare. Gli servivano più informazioni per giungere ad
una
spiegazione accettabile,ma per ora se ne sarebbe rimasto zitto...cosa
che gli riusciva molto difficile quando voleva dire la sua. Una volta
giunti all'ingresso il mago,per la seconda volta in un lasso di tempo
così breve per quella mattina si avvicinò anche a
questa porta ma
questa volta non recitò alcuna formula magica o fece nulla
di troppo
incomprensibile. Semplicemente batté la punta del proprio
bastone
contro la porta per due volte e l'ingresso qualche secondo dopo si
aprì da solo. La luce del sole entrò lentamente
all'interno della
grandissima sala al pian terreno del palazzo,scorrendo al suo interno
come un faro accecante che abbagliò tutti tranne il
mago,poiché
come sempre si celava il volto dietro dietro un cappuccio e
così
poté mantenere la sua impenetrabile aura di mistero e
autorevolezza
che circondava la sua persona. Per Lucilla invece la sensazione di
quella luce così potente e radiosa la fece sentire
meglio,sia
fisicamente,poiché la luce di quella grande stella la faceva
sentire
bene,ridandole energia e buon umore,come solo l'astro del dio dai
capelli d'oro sapeva fare. Fuori dalle porte si potevano vedere una
ventina di opliti equipaggiati di tutto punto divisi in due file
laterali,disposti come un corpo di guardia farebbe con dei personaggi
di alto lignaggio. Fece qualche passo fuori dall'entrata e si accorso
con immenso stupore,tranne il mago,che l'intera piazza era
disabitata. L'immensa calca che era presente il giorno prima ora era
completamente scomparsa,con i suoi mercanti,i contadini,gli
artigiani,i ladri e i mendicanti. Gente del territorio e di altre
terre,umani e non erano come dissolti nel nulla e solo l'esercito,con
le migliaia di fanti,cavalieri e tiratori occupavano il grandissimo
centro cittadino,disposti in ranghi serrati,come se fossero pronti
alla battaglia. E in mezzo al loro cammino,ad attenderli,c'era lo
stesso Midas. Se ne stava con le mani sui fianchi e come distratto da
chissà quali pensieri teneva la testa abbassata e lo sguardo
perso
nel vuoto.
-”Presidente...Presidente...”,disse
piano il mago richiamando l'attenzione di Midas.
L'omone
dalla chioma
dorata si riscosse,allontanando la mente dai suoi pensieri e
accorgendosi solo in quel momento della presenza dell'anziano
collaboratore e della principessa,col suo seguito annesso. Midas
riprese la sua solita espressione bonaria e sorridente e come
destatosi da un sogno ad occhi aperti si rivolse ai suoi ospiti con
fare gioviale.
“Oh,scusate se non
mi sono accorto subito di voi,stavo pensando all'incontro con il
comandante dell'esercito noviano. Francamente non mi intendo molto di
politica e la mia retorica è pessima. I grandi paroloni non
sono il
mio forte,ma parlerò con il cuore e lo spirito che sono
degne della
mia autorità e dei miei doveri.”
“Ed è per questo
che forse sarà meglio che parli io per conto vostro...almeno
nelle
parti più delicate si intende. Voi presidente siete troppo
emotivo
quando si tratta di parlare di questione importanti,sopratutto quando
si parla di Aegis.”,
“Sciocchezze
mago,qualunque uomo libero,re o mendicante che sia,deve parlare come
se avesse il cuore di un leone e la fierezza di un patriota. Solo
così anche il più umile dei servi
potrà dire di non aver mai
piegato la testa di fronte a un tiranno. E sta pur certo che
né io,
né questa città lo farà mai.”
“Voi fidatevi di
me e lasciatemi fare.”
“Come vuoi vecchio
saggio...”,Il presidente voltò lo sguardo verso i
quattro che
seguivano la principessa, “Oh,vedo che apprezzate i doni che
vi ho
fatto,sono contento che li abbiate indossati,anche perché
tutto
quello che non abbiamo potuto recuperare lo abbiamo fatto buttare
via. Venite,ora dobbiamo solo presentarci al meglio e sperare che
questa cosa finisca al più pres....”
Ma
Midas non fece in
tempo a finire la frase che un potente squillo di trombe
riecheggiò
dall'altra parte della città,tanto vasto e potente erano
riconoscibili le numerose trombe che annunciavano l'arrivo di un
armata noviana,tanto grande era la smania di gloria dell'impero che
anche nella mancata vittoria,se non definirla una vera e propria
disfatta,doveva mostrare tutta la sua pomposità,dando
l'illusione
che anche nella sconfitta bisognasse presentarsi al nemico a testa
alta,anche quando non c'era nulla di cui potersi vantare. Il rumore
della folla in lontananza che si distoglieva agli angoli della
strada,dei mercanti che spostavano i loro carri pieni di merci dalle
vie principali e i bambini,che disorientati da quel cadenzato suono
di passi che quasi andavano all'unisono,accompagnati dal suono del
metallo delle protezioni segmentate dei comuni legionari erano
riconoscibili da molto lontano producendo un suono unico nel suo
genere e che era riconoscibile da chiunque avesse mai visto un
esercito simile,come molti c'è n'erano dalla terra di
determinati
conquistatori dalla quale provenivano,la giornata era cominciata
nella maniera più fastidiosa immaginabile.
“Hanno fatto prima
del previsto. Come presidente e giusto che li ricompensi della loro
presenza,alla maniera che più si conviene ad una
città-stato come
la nostra.”
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Capitolo 16 *** Una tregua instabile ***
Nevia
stava facendo
ricorso a tutta la sua pazienza,che non era molta, per non ordinare
alle sue truppe di attaccare la città di Aegis e passare a
fil di
spada ogni cittadino che si sarebbe opposto alla dominazione noviana
e riconquista della città un tempo appartenuta giustamente
all'impero,poi resasi indipendente grazie al precedente imperatore,
Flavio Equo IV,un uomo forte,giusto,ma troppo buono per poter
ricoprire una carica così forte e onerosa. Ricordava
ancora,quando
era un semplice legionario,ufficialmente la prima donna a indossare
un armatura,sotto il diretto comando di Silla,ancora generale,che
aveva deposto il precedente sovrano con l'uso della forza,la sua
forza,grande e maestosa,per lei pari forse a quella di Ercole alla
sua massima espressione. Il sangue e la morte scorrevano per le
strade della capitale come vino durante un baccanale e l'orgia di
violenza che scatenava fratello contro fratello,padre contro
figlio,cittadino contro cittadino era infine giunta con la presa
della corona d'alloro e la fuga della famiglia imperiale verso lidi
più sicuri,facendo divenire il generale Silla come nuovo
dominatore
di tutte le terre dell'impero,dai gelidi confini delle libere terre
del nord,fino ai territori dove sabbia e sole cocente facevano da
padrone,ai confini con il regno di Amenosi,nemico da ormai
lunghissimo tempo. Tutte le terre,eccetto una,Aegis. Nevia intendeva
terminare quella cosa il più presto possibile e andarsene,ma
non
prima di aver rivisto lui,l'uomo che l'aveva umiliata di fronte
all'intero esercito,che l'aveva sconfitta con un dannato cavallo,un
equino,un animale da soma. Indossava l'armatura alata con orgoglio
mentre i cittadini venivano tenuti a bada dalle truppe cittadine,atte
alla salvaguardia e al controllo della popolazione in quel giorno
così delicato,permettendo ai legionari,di malavoglia,di
passare
indisturbati per la strada principale. Il passo dei soldati imperiali
era inconfondibile,le armi e le armature emettevano gli stessi suoni
all'unisono,gli stessi movimenti in un singolo istante facevano
sembrano quei singoli individui tante piccolissime parti di una sola
e grande macchina militare che aveva fama di voler conquistare il
mondo intero. Questo pensiero nella maggior parte delle persone
incuteva di norma paura e rispetto. La maggior parte delle volte
paura se non eri noviano. Lei,di fronte a quella calca di
cittadini,spiccava di fronte a tutti anche perché pur
essendo il
comandante in capo della legione aveva preferito andare a piedi,parte
della ragione era dovuta al fatto che le possenti ali metalliche non
le avrebbero consentito una posizione comoda quando si sarebbe messa
in sella,in parte perché in quel momento di cavalli non
n'è avrebbe
voluto vedere nemmeno uno. La sconfitta del giorno precedente le
bruciava ancora dentro e la fiamma che alimentava la sua rabbia non
si era affievolita col passare delle ore,tanto che la notte aveva
faticato ad addormentarsi e c'era stato bisogno di una tisana alla
camomilla preparata dal suo servo per farla calmare. Il suono delle
trombe,dritti e lucidi strumenti di gloria militare,riecheggiavano in
strada come una cerimonia per il ritorno degli eroici legionari,che
ancora una volta mettevano piede a casa,nell'impero,la terra dei loro
avi dopo un ennesima conquista che sarebbe stata ricordata nei secoli
a venire. Un tempo Aegis era casa,ora era qualcosa di molto
più
pericoloso,come una serpe in seno che con la sua esistenza mordeva al
capezzolo della madre patria,rivoltandosi contro di essa e contro
chi,le aveva permesso di nascere e divenire quello che era adesso.
Poi giunsero nel luogo prestabilito per l'incontro e di fronte alla
ventiduesima legio Superba si aprì ai loro occhi la visione
della
grande piazza cittadina,con la sua imponente torre,che da quella
distanza sembrava un opera degna degli dei,come poche c'è ne
erano
al mondo e molte di esse erano all'interno dei territori di Nova. Un
breve ordine della ragazza,qualche gesto impartito con la mano ai
suonatori e tutti soldati smisero di marciare e insieme a loro anche
la musica cessò di colpo. Arrivati al margine che precedeva
l'entrata nella piazza,si arrestarono,restando vigili e attenti,in
attesa del prossimo ordine.
“Mantenere la
posizione.”,disse lei sbrigativamente è subito
dopo si staccò dai
propri uomini.
Pochi
passi in
avanti e fece sbattere le grandi ali d'acciaio,sorvolando a pochi
metri da terra la piazza per giungere nel punto specifico come da
entrambi le parti richiesto. Le bastò uno sguardo attraverso
l'elmo,che come gli occhi di un aquila riuscì a scrutare con
attenzione,la figura di un uomo alto,forte e dalla folta peluria
bionda dorata in testa e sul viso,accompagnato da altri sei
individui,tra cui un individuo incappucciato,dalla lunga barba e si
reggeva a stento su un vecchio bastone. Li riconobbe
subito,sopratutto lui,il bastardo che aveva infangato il suo
onore,questa volta però non aveva con se il suo cavallo.
Pazienza,per stavolta avrebbe dovuto saltare i suoi tentativi di
vendetta. Questa volta doveva essere gli occhi,le orecchie e la bocca
dell'impero,sopratutto la bocca,quella che diceva cose più
utile
alla pace che alla guerra,che tra l'altro quest'ultima era il suo
mestiere. Scese a terra con un movimento che a stento tratteneva la
sua smania di sfoderare le spade uccidere tutti i presenti,specie se
con l'uomo che aveva imparato ad odiare c'era anche la traditrice che
stava cercando,un occasione così ghiotta e non poterla
cogliere la
mandava in bestia per quanta rabbia aveva in corpo. Scese al suolo,si
tolse l'elmo è si rivolse al gruppo davanti a lei.
“Io,Nevia Placidia
Sannita,comandante della ventiduesima legio Superba,sono venuta a
trattare le condizioni della tregua e la cessazione di ogni
attività
ostile da parte di Nova. Chi di voi parlerà a nome di questa
città?”,disse lei con tono fermo e
controllato,solo in apparenza.
“Io...”,disse
Midas facendo pochi passi verso la ragazza. “Sono
Midas,presidente
della città-stato di Aegis e suo primo custode. Ti do il
benvenuto,augurando pace e comprensione tra i nostri due
popoli.”
“Io sono qui per
trattare una tregua. Se è la pace che vuoi,consegnami la
traditrice
è sarà stabilita. E già che ci sei
anche il maledetto li
infondo,giusto per assicurarmi delle tue buone
intenzioni.”,disse
lei mentre indicava Milziade,scrutandolo con sguardo iniettato
d'odio,di risposta il mercenario mosse appena le labbra,mandandole un
bacino come provocazione. Lei dovette trattenersi ulteriormente per
non saltargli addosso è provocare un altro scontro,cosa che
non
permettersi in quel momento così delicato.
“Mi spiace ma non
posso farlo. Le leggi di questa città stabiliscono
letteralmente che
la libertà di ogni individuo è sacra,senza
contare che persino
quest'uomo,questo mercenario,per quanto sgradevole possa sembrare in
apparenza,ha solo cercato di difendere la libertà della
nostra
democrazia. E inoltre la principessa,la qui presente nobile Lucilla
Flavia Equo,discendente della gens Equa e non di meno legittima erede
al trono di Nova è sotto la nostra
protezione,così come le persone
che l'hanno scortata fino a qui,al sicuro dalle mani del vostro
imperatore. Per contro non possiamo accettare le vostre
richieste.”
“Davvero? Questa
città un tempo era parte dell'impero in tutto e per tutto,ed
ora,solo perché siete riusciti a mantenere la vostra
neutralità
durante la guerra civile,pensate di essere un popolo libero di avere
un governo vostro? Non siate stupidi, sapete benissimo che il vostro
momentaneo stato di neutralità e dovuta solo al fatto che
l'imperatore,Lucio Cornelio Silla,non ha ancora rivendicato la
città
nei suoi domini, ho sbaglio?”
“La città-stato
di Aegis è una libertà concessa al nostro popolo
dalla volontà del
vero imperatore,Flavio Equo IV,che ha dichiarato personalmente,come
volontà di creare una pace duratura con tutti i popoli la
fondazione
di uno stato,libero e autonomo nella quale chiunque sarebbe potuto
essere cittadino,mescolandosi ad altre razze e popoli. Siamo grati
per l'opportunità resa al padre della nostra ospite e
continueremo a
difendere quella volontà,costi quel che costi.”
“Allora rischi la
guerra presidente.”
“Forse,ma non
oggi. Oggi siamo d'accordo su come la nostra ostilità non
porta
vantaggio a nessuno,di certo non a noi,che in caso di assedio saremmo
isolati dal mondo e per voi,i nostri assalitori,rischiate di perdere
una delle città più importanti sul confine del
vostro impero e la
vostra legione e una delle più veloci per poter intervenire.
Quindi
siamo d'accordo?”
“Si,siamo
d'accordo. Permone,stringi il patto.”
A
quel richiamo
parve poco alla volta la figura dell'augure. Sorse di fronte a loro
l'immagine di questo giovane uomo,dalla chioma bionda,gli occhi verdi
e che indossava una veste bianca con un mantello rosso. Ma la sua
presenza per loro era più simile a quella di un fantasma che
quella
di un essere vivente. Pareva semitrasparente e il suo corpo a prima
vista sembrava leggerissimo come l'aria.
“Mi presento,sono
Permone,Augure di rango superiore di Giove Ottimo Massimo e
accompagnatore speciale della ventiduesima legio Superba. Oggi
sarò
incaricato per la firma della tregua e del conseguente trattato di
non aggressione da parte di Nova.”
A
questo punto
intervenne il mago,facendo un passo in avanti e portandosi un passo
indietro al fianco di Midas.
“Io sono Etimandro
di Moyos,mago al servizio della città-stato di Aegis e a
nome del
presidente Midas e del consiglio supremo di Aegis,accettiamo la
vostra richiesta al procedimento alla firma del suddetto
accordo.”
I
due incantatori si
avvicinarono l'uomo all'altro,seppur Permone non fosse fisicamente
sul posto ciò contava era il gesto. Poi si fermarono a una
distanza
di cinque passi ed entrambi il mago per primo fece un gesto con
entrambe le braccia,avvicinando i due pugni chiusi sopra l'altro e
poi alzarne uno verso il cielo,come se stesse srotolando una lunga
pergamena,manifestando tra una mano e l'altra un fascio di luce
bianca come la pergamena e tramutandosi subito in un foglio in tutto
e per tutto. Per contro l'augure,nella sua spettrale figura
manifestò
una piccola scintilla carica di elettricità e con un gesto
calmo e
delicato lo lanciò simbolicamente sul foglio e imprimendo
sulla
parte dello stesso un aquila e nella parte sotto una lupa che allatta
due bambini. Nel mezzo, fiumi di parole scritte in piccolo,contenenti
tutti i dettagli sul patto di non belligeranza,che specificava in
ogni dettaglio,in ogni lettera e parola,ogni virgola ed ogni
apostrofo,le condizioni nella quale era stata stipulata tale
trattativa e nel caso fosse stata infranta,da una delle due parti
senza giustificazione alcuna,che le conseguenze di tale disastroso
tradimento sarebbe state punite da Giove in persona.
“Io
qui,Permone,applico la mia firma per conto dell'imperatore. Se mai si
dovesse trasgredire a tale accordo,possa Giove fulminarlo,Marte
squartarlo e Plutone farlo precipitare negli inferi. Lo giuro su
tutti gli dei dell'Olimpo.”
E
come d'incanto Il
nome di Permone,comparve in un piccolo spazio sul fondo del foglio,in
caratteri latini. La firma fu applicata e di colpo il foglio si
disintegrò,lasciando solo del pulviscolo luccicante,che poi
cadde al
suolo e scomparve,come se non fosse mai esistito.
“Bene,ora che
l'accordo è stato stabilito possiamo...”
“Aspetta un attimo
vecchio...”,fu in quel momento che Nevia interruppe
bruscamente il
mago,usando un tono di voce che di pacifico non aveva nulla,
“Noi
non abbiamo stabilito assolutamente niente.”
“La firma
dell'augure conferma che ora abbiamo stabilito una pace
momentanea,vuoi forse dire che sei pronta ad essere punita da quanto
stabilisce il giuramento sul nostro accordo?”
“E per cosa dovrei
essere punita? Io sono venuta per conto dell'imperatore a firmare il
patto di non aggressione tra il mio governo e il vostro. Voi con me
non avete stabilito niente.”
“Che intendi
noviana?”
“Che i vostri
protetti non sono al sicuro dal patto stipulato. Anche se la
principessa è vostra ospite resta comunque una ricercata e
quindi,secondo la legge dell'impero, è una criminale e come
tale
deve essere punita. Tra l'altro voi stato dando appoggio ad una
ricercata è quindi siete complici di una fuggiasca,il che fa
di voi
dei criminali a vostra volta. E vero che non possiamo più
assediare
la città,ma cosa vi fa credere che fra queste mura
sarà al
sicuro?”,disse Nevia completando la frase con fare
canzonatorio.
Un
sorrisetto
malizioso le nacque maligno è sapeva per certo che aveva
ragione.
Midas strinse i pugni per l'indignazione che gli montava dentro e con
voce carica d'emozione si rivolse nuovamente a Nevia.
“Un attacco
diretto ai danni della nobile Lucilla sarà visto come un
attacco
personale alla città di Aegis.”
“Davvero? Esistono
molti modi per uccidere una persona senza necessariamente farlo
apparire come un omicidio. Forse una pietanza avvelenata,oppure una
caduta accidentale,una tegola in testa,un carro che corre troppo
veloce per la strada. Sai,tra i ranghi delle nostre forze armate
esistono professionisti in grado di fare questo genere di cose. E in
caso di morte accidentale,quale vostro alleato potrebbe entrare in
guerra in vostra difesa senza una motivazione,una casus belli,una
giustificazione per entrare in guerra. Fidatevi della mia parola,noi
siamo una civiltà che fin dalle nostre origini ha fatto
della guerra
un sistema efficiente e ben calibrato. Sappiamo come farne scoppiare
una e sappiamo come evitarla. Quindi,sapete a cosa andate incontro.
Addio per ora,godetevi la vostra libertà finché
potete. Presto
sarete puniti come meritate.”
Nevia
si girò per
allontanarsi,aprì di nuovo le ali e si preparò
per innalzarsi in
volo.
“Aspetta.”
La
voce di una
ragazza,quella di Lucilla,candida e dolce penetrò
quell'atmosfera
carica di rancore e sete di guerra represse in maniera completamente
inaspettata. Così docile all'apparenza eppure
così forte nelle sue
intenzioni. Il comandante si girò mostrando un espressione
irritata.
“Mi ricordo di te.
Eri con Silla quando prese il palazzo con la forza.”
“Si e con ciò?”
“Perché sei al
servizio di quel mostro? Sai meglio di me come preferisca distruggere
e schiacciare ogni opposizione che cerchi di contrastarlo. Non ha
esitato a sottomettere o uccidere le stesse persone che aveva giurato
di servire. Ha tradito la nazione dei nostri antenati. Con quale
diritto viene a prendersi la mia vita dopo che mi ha costretto al
sacerdozio?....Con quale diritto a ucciso mio padre?”
Lucilla
cercava di
mantenere una voce calma e pacata,forte,ma controllata. Ma era facile
notare per chi le stava vicino che la voce le tremava,che aveva gli
occhi inumiditi per le lacrime di rabbia che stava trattenendo con
sforzo sovrumano e che i palmi delle mani emettevano un leggero
bagliore lucente,dalla quale,si poteva percepire un leggero calore.
Tutto il suo corpo fremeva. Nevia d'altro canto fece un piccolo
risolino,mostrando i denti bianchi in una smorfia più simile
a
quella di una belva feroce che un serena risata,la crudeltà
era in
procinto di manifestarsi.
“Vuoi sapere
perché l'imperatore ha fatto quello che ha fatto? Per quale
motivo
ha rischiato di distruggere una civiltà che esiste da
più di un
millennio? Vuoi sapere perché e stato così
brutale nel prendere il
potere?”
Una
breve pausa,un
attimo di relativa calma prima della tempesta che voleva buttargli
contro. Cosa ne sapeva lei,quella principessina tutta fronzoli e
accessori,quella bambolina di pezza che della vita fuori dalla corte
non sapeva niente. Non sapeva nulla di com'era il mondo fuori dalla
sua bolla di sapone,agi e sfarzi non ti insegnano nulla sul dolore,la
fatica,la derisione e la vergogna. Non sapeva nulla e pretendeva di
giudicare,meritava una lezione è l'avrebbe ricevuta,parola
per
parola.
“Va bene
traditrice,ecco come stanno le cose. Lucio Cornelio Silla ha fatto
ciò che ha fatto per un solo ed unico motivo. La forza. Nel
suo atto
di ribellione Silla ha espresso il pensiero che tutti i cittadini
dell'impero non osavano ammettere pubblicamente. La crisi economica,i
territori persi nelle guerre a est con i popoli orientali,le
invasioni dei barbari provenienti dalle selvagge terre del nord,la
corruzione della camera del senato. Oh c'erano molti motivi per la
quale tuo padre meritava di essere destituito,solo che Silla lo ha
fatto nella maniera più violenta possibile. Gli ci
è voluta una
guerra civile,migliaia di morti e la distruzione di una dinastia per
rimettere le cose a posto,per restituirci la gloria,la sicurezza e la
prosperità che avevamo perso da tempo. I senatori sono
tornati al
loro posto,l'esercito di nuovo efficiente,i mostri abbattuti e la
nostra terra non è mai stata così splendida e
maestosa come oggi.
Tuo padre era troppo debole per poter regnare,Silla no. Tuo padre era
un inetto, Silla no. Tuo padre era la causa di molte delle disgrazie
del suo malgoverno,Silla ha solo risolto il problema alla radice.
Quindi,se mi stai chiedendo se lui ha fatto bene ha ribellarsi e
scatenare tutta quella distruzione ti risponderò di si. Quel
giorno
tuo padre fu detronizzato,se poi anni più tardi fu ucciso,fu
causa
lui stesso della sua fine. Se l'era meritato.”
Questo
era troppo.
Sentire quelle parole l'aveva ferita così nel profondo che
poche
volte nella sua giovane vita aveva provato una rabbia così
intensa
verso una singola persona e lei,Nevia Placidia Sannita,stava per
subire il prezzo di quella rabbia. Lucilla non era mai stata una
ragazza violenta è gli insegnamenti di Apollo sono messaggi
di
cultura e di pensiero razionale,ma quella rabbia era troppa ed era
questione di secondi prima che il sole che era in lei esplodesse.
Agli inferi la salute precaria e l'incidente del giorno prima.
Nym,Gordlack e Braxus non avrebbero fatto in tempo per
fermarla,mentre il mago restava fermo e Midas si accorse appena in
tempo di quello che stava per accadere.
“BASTA”
La
voce di Midas
venne udita in maniera chiara e concisa,più simile al
potente verso
di una bestia che alla voce di un uomo. Nessuno ebbe il coraggio di
dire la propria,chi per timore,chi per cautela. Il presidente,da uomo
calmo e cortese si era mostrato ai suoi ospiti ora appariva sotto un
aspetto più agguerrito e feroce di quanto avessero mai visto
da
quando lo avevano incontrato. La peluria dorata sul suo corpo
sembrava risplendere di luce propria e le pupille degli occhi ora
apparivano allungate e strette,come quelle di un mostro. Tutta la sua
persona sembrava emanare un qualche spirito guerriero sopito.
“Come ho già
detto prima,auguro pace e comprensione tra i nostri popoli. Ma se
venite qui a insultare i miei ospiti,la mia città e gli
ideali di
uguaglianza e libertà sulla quale Aegis e divenuta
indipendente,allora mi costringete a combattere e non
esiterò a
colpire per primo se necessario. Abbiamo i mezzi per resistere
anni,addirittura decadi senza ricevere aiuti dal mondo esterno. Il
nostro esercito non è grande come il vostro e forse non
avrà la
vostra ferrea ed estrema disciplina sul campo di battaglia. Ma i
nostri soldati amano questa terra con tutta l'anima e i progressi che
abbiamo conseguito nel campo della magia ci ha permesso di fare balzi
da gigante nel progresso e nella difesa di questa città,come
il
raggio che ha rischiato di uccidervi comandante. Siamo propensi alla
pace,ma non esitiamo a uccidere i nostri oppressori quando questi
vogliano fare del male a noi e a chi vogliamo proteggere.
Quindi,siete pregati di andarvene il prima possibile. Un solo giorno
di guerra,anche senza morti è un insulto per questa
democrazia,per
la sua libertà e per l'amore che per quella
libertà siamo disposti
a combattere,a morire se necessario. Siete avvisati.”
A
quelle parole,o
meglio,al modo in cui furono fisicamente espresse aveva
dell'anormale,il timbro della voce aveva un qualcosa di bestiale e
tremendamente irascibile,come un qualcosa che fosse all'infuori della
natura umana. Non osarono indagare ne tanto meno fare un commento di
qualunque genere,persino Milziade,abituato a dire la sua in ogni
situazione preferì non parlare e rischiare di subire una
qualunque
conseguenza dalla quale molto probabilmente non si sarebbe salvato.
Anche gli altri membri della squadra,non osarono mettere bocca sulla
questione,sopratutto la stessa Lucilla,che impaurita da quella
manifestazione di forza da parte del presidente,che non aveva fatto
nulla se non alzare la voce,aveva rilasciato un impeto innaturale con
la sola forza della sua voce. Anche Nevia,con il suo carattere duro e
inflessibile rimase stupita da una tale potenza che non seppe come
reagire,proprio come Lucilla si trascinata a forza da un primordiale
istinto di sopravvivenza restò immobile ad ascoltare
Midas,incapace
per paura istintiva di poter fare altro. Solo il mago e l'augure
restarono calmi e seri nelle loro pose statiche,da parte di uno
perché conosceva da tempo l'animo del presidente e aveva
fatto bene
a proporsi a parlare per conto suo,anche se si aspettava un
rispettoso rifiuto da parte di Midas. L'altro invece,complice il
fatto di non essere fisicamente presente in quella situazione,data la
sua forma incorporea e complice anche il fatto che forse di
carattere,ma non solo quello, era abituato a restare calmo con quello
che era considerato l'uomo più potente dell'impero e
dominatore dal
carattere freddo e distaccato,ma in grado di bruciare di furia
omicida come una pagliuzza in un incendio. Quindi anche Permone aveva
una buona dose di calma dalla sua. Midas per un attimo chiuse gli
occhi,ispirò profondamente col naso,rilasciò
lentamente l'aria
raccolta e poi li riaprì di nuovo. Il furore emanato da
quell'aura
intimidatoria era passata con la stessa velocità con la
quale era
arrivata. Midas avrebbe preferito fare a meno di usare simili
abilità
durante una negoziazione,visto anche perché erano
più legate al
combattimento che alla politica,ma c'è ne era stato bisogno
e la
necessità richiedeva una dimostrazione di forza,quel tanto
che
bastava per rimettere le cose a posto. Forse ci era riuscito.
“Tranquillo
presidente,non sono qui per riaprire il conflitto. L'imperatore non
vedrebbe di buon occhio la cosa. Va bene,tregua sia allora.
Tuttavia....”
“Tuttavia?”
“Chiedo il
permesso di poter scambiare due parole in privato con la scorta della
principessa. Secondo gli accordi per questo incontro si
intende.”
Midas
sembrò
riluttante a questa proposta,ma ora che poteva nuovamente pensare con
lucidità era importante che ricevesse un saggio consiglio
riguardo
alla questione e quindi sapeva bene a chi chiedere per una questione
così delicata.
“Cosa ne pensi
Etimandro?”,chiese il presidente rivolto al mago
“Gli accordi presi
stabiliscono che possono rivolgersi direttamente ai nostri
ospiti,purché ciò che non sia causa di conflitto
o di svantaggio
per la nostra democrazia. Hanno diritto di fare ciò solo in
misura
degli accordi presi,tutto il resto può essere considerato
come un
azione di ostile.”
“D'accordo,in
questo non posso obbiettare,ma porta via la principessa è
rimasta
per più tempo del necessario.”
Midas
si rivolse
nuovamente al comandante noviano.
“Di quello che
devi dire,ma nulla di più.”
Nel
mentre il mago
si avvicinò alla ragazza quasi a fatica provato dalla
propria età.
Di tanto in tanto si poteva vedere come l'anziano si appoggiava al
lungo bastone di legno con più forza del solito.
“Nobile
signora,accompagneresti questo povero vecchio nelle mie,oltre che tue
stanze? Sai l'età non giova più alla mia
forza.”,disse il mago
con tono provato dalla stanchezza.
“Vorrei ma non
posso lasciarli qui in compagnia di quella...quella....”
“Non perdete il
controllo delle vostre emozioni per gente che non merita di stare
alla vostra presenza. E poi se uno solo di loro e bastato a
sconfiggere una come lei cosa potrebbe andare storto con la vostra
guardia al completo e un intera città pronta a combattere
per voi?
Credetemi,sono più al sicuro loro di quanto lo siate voi in
questo
istante. Andiamo.”
La
ragazza sapeva
che quello che l'anziano diceva era giusto. Nonostante la rabbia
verso il comandante dell'esercito noviano e il voler restare per il
suo orgoglio di principessa sapeva di doversi allontanare il prima
possibile da quel luogo e con un gesto delicato prese per mano il
vecchio saggio e lo accompagno gentilmente verso la torre. Sapeva
esattamente che la richiesta del mago era solo una scusa,dato che
ormai lo conosceva da molto tempo e quindi sapeva quando stava
recitando. Oltre che mago era anche attore,pensò Lucilla.
Diede un
ultima occhiata di disprezzo verso Nevia e da lei fu ricambiata allo
stesso modo e poi si allontanò definitivamente.
“D'accordo,ora che
siamo rimasti soli veniamo a noi...”,disse la ragazza noviana
rivolgendosi ai quattro accompagnatori della principessa fuggiasca,
“Quindi voi siete la scorta di quella traditrice,capisco.
Vediamo
chi abbiamo qui. Voi due vi conosco,Nym e Gordlack,anche voi eravate
nella capitale durante la presa del potere di Silla. E così
siete
ancora vivi. Personalmente non ci credevo.
“Esatto umana,hai
qualcosa da dire a riguardo?”,disse Gordlack mentre batteva
leggermente la testa del maglio sul palmo della mano libera e il suo
sguardo era carico di pessime intenzioni.
“Infetti ora mi
spiego per quale motivo quella sciocca e riuscita sopravvivere tanto
a lungo. Era ovvio che da sola nel mondo non sarebbe durata un solo
giorno senza qualcuno che gli facesse da servitù,certo che
questi
nobili sono proprio degli smidollati quando si tratta di fare le cose
da se.”
“Piano con le
parole comandante,se pensi che il mio collega nanico abbia un pessimo
carattere non conosci il mio. Credimi,non ti accorgeresti del tempo
che ci metto a prendere l'arco,scoccare una freccia e stenderti al
suolo. Neanche il tempo di esprimere un pensiero a riguardo.”
Disse
Nym con tono neutro e freddo,ma non per questo meno ostile.
“Certo,peccato che
basterebbe una freccia per scatenare una guerra,dico bene
elfo?”
Lo
sguardo di Nevia
si posò sul ragazzo in mezzo al gruppo e rimase colpita dal
fatto
che poteva avere la stessa età della principessa.
“Tu sei il ragazzo
con la quale mi sono scontrato in aria,sono sorpresa dal tuo stile di
combattimento,mi ricordi un retiarius. Comunque sia,come ti
chiami?”
“Braxus e sappi
che se proverai a fare del male alla principessa non esiterò
a
infilzarti come un pesce.”,disse Braxus puntando il tridente
contro
la donna.
“Che paura,voglio
proprio che ci provi. Comunque, Braxus non era anche il nome di un
famoso gladiatore? Anche lui un retiarius giusto? Ma non puoi essere
lui sei troppo giovane,anche se di viso gli assomiglio un
po',curioso....”
Poi
infine i suoi
occhi si girarono verso Milziade sapendo già quali parole
voleva
rivolgergli. Lo odiava con ogni fibra del suo essere,lo voleva
morto,fatto a pezzi,annegato nel suo stesso sangue e il suo cavallo
con lui. Non esitò un solo istante a sputargli addosso tutto
il suo
disprezzo.
“E per quanto
riguarda te,io.....”
Ma
non fece in tempo
a finire la frase che quando volle rivolgersi al
mercenario,quest'ultimo era accovacciato sulle ginocchia,intendo ad
osservare intensamente il suolo in maniera completamente distratta.
“Oh guarda,una
formichina,chissà dove sta andando.”,disse
Milziade in maniera
interessata
Non
era possibile,di
tutte le reazioni che si poteva aspettare qualunque cosa ci si poteva
aspettare da una persona normale e invece lui,era più
interessato ad
una formica. Una formica,un insetto pressoché
insignificante,non
solo in quell'attimo ma in qualunque momento della vita,lui dava
importanza ad una formica che a lei,la donna che parlava a nome di un
imperatore,l'unica donna ad aver condotto sotto il suo comando un
intera legione,la stessa donna che aveva tentato di ucciderlo e lui
la ignorava come se non valesse niente,come se nemmeno ci fosse. In
due giorni aveva dimostrato di essere l'essere più irritante
che gli
dei avessero mai consentito di esistere.
“Non osare
ignorarmi maledetto.”
Lei
faceva fatica a
trattenere la rabbia,ma lui sembrava ancora interessato a quella
formica che osservava con sguardo annoiato,come un bambino che cerca
di distrarsi in qualche modo perché troppo annoiato,restando
in
attesa di fare qualcosa di coinvolgente.
“GUARDAMI QUANTO
TI PARLO. SO BENISSIMO CHE MI STAI ASCOLTANDO.”
La
ragazza tirò
fuori tutta la sua frustrazione è il suo urlo
sembrò ottenere
l'effetto sperato,attirando l'attenzione di Milziade. Ma quest'ultimo
non si alzò dalla sua posizione e ricevette in cambio uno
sguardo
pigro e disinteressato.
“Cosa? Scusa in
realtà non ti stavo ascoltando. Mi sono disinteressato
all'intera
questione quando avete incominciato con queste noiose trattative.
Voglio dire,io che c'entro in tutto questo? Arrivi qua,tu inizi coi
grandi paroloni,Midas comincia coi grandi paroloni,il tizio comparso
dal nulla dice qualcosa,il vecchio dice qualcosa,tutti dicono
qualcosa riguardo l'uno dell'altro,ma per quanto mi riguarda
perché
ci devo essere anche io di mezzo? Non c'entro niente con tutto questo
e francamente non ci voglio entrare. Se è di politica che
volete
parlare,bene,volete parlare di rancori passati,bene,ma non
coinvolgetemi. In questa storia io sono neutrale.”
“Neutrale....NEUTRALE
DICI? Mi hai messo in ridicolo di fronte alla mia legione. Mi hai
sbeffeggiato di fronte a questa città e come se non bastasse
ti sei
preso gioco di un intero esercito noviano e così facendo hai
messo
in ridicolo il prestigio imperiale,oltre quello dell'imperatore in
persona. Credi davvero che dopo quello che hai fatto te ne puoi
lavare le mani come se non fosse successo nulla? Che il fatto
verrà
dimenticato e perdonato? Non so chi ti ha aiutato a uscire vivo
dall'accampamento,ma sta pur certo di una cosa. Ieri avresti fatto
meglio a morire,perché ieri ti avrei finito sul colpo,la
prossima
volta implorerai di avere una morte rapida.”
Milziade
non rispose
subito alle parole di Nevia e preferì osservare attentamente
la sua
reazione. Come volevasi dimostrare Nevia era così preda
dalle
proprie emozioni che a stento sapeva trattenere la propria furia
omicida. Da parte sua Milziade mantenne una tale rigida a se stesso
da non comportarsi come al suo solito,sempre ironico,sfrontato e con
quella punta di arroganza che tanto aveva dimostrato il giorno prima
al castrum,adesso invece non sembrava quasi lui,persino i suoi
compagni di squadra trovavano che c'era qualcosa di diverso nel
prezzolato. Fino a qualche minuto fa sembrava antipatico e scostante
come da quando l'avevano conosciuto ed ora,nonostante col corpo
compisse azioni fuori norma per una trattativa,come ignorare
completamente l'interlocutore,manteneva un certo distacco verso la
donna che aveva cercato di decapitarlo.
“A te piace tanto
parlare vero?”,disse lui in maniera piatta.
“Come ti
permetti,tu non sai....”,disse lei rispondendo a rima.
“Io non so cosa?
Dimmelo avanti. Io non so cosa? Con chi ho a che fare? Contro chi mi
sto mettendo? Le conosco le persone come te,quelle che parlano tanto.
Bla bla bla. Scommetto che sei così abituata a dare ordini e
farti
obbedire che quando si tratta di fare sul serio non sai come
affrontare un problema più grosso di te ti fai prendere
dalla rabbia
e smetti completamente di ragionare. Parli tanto ma combini poco e ti
dico che sono bastati una spada,una lancia,un cavallo e balordo come
me a sconfiggere un comandante noviano con indosso un armatura magica
allora che ci ho preso in pieno. Sei tutto fumo e niente arrosto,uno
spreco di aria come la maggior parte dei soldati imperiali che ho
incrociato e malmenato personalmente. Non sei diversa da loro,anche
se donna e con un po' di attrezzatura in più,l'ennesima
brutta copia
di un vero condottiero. E francamente avere a che fare con una come
te non mi rende più ricco n'è più
sazio di prima e come mercenario
questa cosa mi da fastidio....”
Milziade
si alzò e
senza più degnarla di uno sguardo gli diede le spalle.
“E dato che tu sei
fonte di quel fastidio io me ne vado.”
E
detto questo
cominciò a muovere i primi passi verso il palazzo,senza
aspettare il
consiglio o il permesso di nessuno.
“Aspetta un attimo
pezzente,non ti ho ancora detto la parte più
bella.”,disse lei con
tono pieno di rabbia e disprezzo.
“Non mi
interessa,non hai nulla che possa attirare la mia attenzione.”
“E se ti dicessi
che l'imperatore e qui?”
Nel
sentire quelle
ultime parole Milziade si fermò,dandole comunque le spalle.
Non
voleva che vedesse i suoi occhi sbarrati per quella affermazione
tanto inaspettata.
“Cosa? Come
sarebbe a dire che l'imperatore e qui? Umana,dici cose senza
senso.”,disse il nano confuso.
“Già,com'è
possibile che l'imperatore sia qui? Se fosse vero non solo noi,ma
l'intera regione si sarebbe accorta della cosa. Silla non è
il
genere di uomo che quando viaggia nell'impero lo fa senza essere
annunciato come minino una settimana prima.”,disse l'elfo con
fare
dubbioso.
Sul
volto della
ragazza si accese un mezzo sorriso di trionfo,più una feroce
smorfia
che un vero segno di felicità.
“Perché credete
che l'augure che mi accompagna sia trasparente? Non vi è
sembrato un
po' strano che non sia presente fisicamente qui con me?”
Nessuno
dei presenti
che fu bersaglio di queste domande seppe formulare una risposta che
potesse essere soddisfacente a quel dubbio che ora sembrava occupare
la loro mente. Persino Milziade,non volendosi girare seppe cosa
pensare.
“Ve lo dico
io...”,disse lo spettro con fare pacato, “Nella
maggior parte dei
casi un augure è un sacerdote il cui compito consiste
nell'interpretare la volontà divina,oppure intravedere il
futuro
attraverso il volo degli uccelli o nel caso degli aruspici aprire il
fegato di una pecora sempre per lo stesso motivo. Nel mio caso
però
io posso guardare di persona gli eventi a me molto lontani,il che
significa che quello che state vedendo adesso non è uno
spettro,ma
la mia forma in spirito in quanto il mio corpo fisico si trova nella
capitale,ciò significa che con determinati mezzi collegati a
me può
osservare direttamente un evento alla quale io stesso mi trovo
presente. In parole povere, se Nevia Placidia Sannita e in questo
momento la bocca dell'imperatore e le sue spie le sue orecchie,io
invece sono i suoi occhi. L'imperatore può essere ovunque,se
non con
il corpo lo è nella volontà e noi siamo
estensioni di quella
volontà. Così vuole Giove Ottimo
Massimo.”
Non
c'era più nulla
da dire,ora lo sapevano per certo. Non solo Milziade ma anche tutti
gli altri erano giunti alla stessa identica conclusione.
L'imperatore,Lucio Cornelio Silla, aveva richiesto anche la loro
presenza per osservarli con attenzione,capire in quali condizioni si
trovassero,ma sopratutto,osservare con attenzione chi si era unito
alla causa della principessa fuggiasca e in quanti fossero. Ecco il
perché della loro presenza durante la firma della
tregua,ecco perché
gli invasori avevano richiesto che ci fossero anche loro insieme alla
principessa. Nascondersi non faceva parte dei loro piani ora che
erano giunti in un luogo sicuro come Aegis,ma sapere che il loro
nemico principale li stesse osservando tutti insieme li fece sentire
come la grande e forte mano di Silla li tenesse tutti nel suo palmo e
li stesse guardando come un bambino guarda dei ciottoli raccolti da
terra. Per la prima volta dopo tanto tempo,Silla aveva fatto in modo
che entrassero nel suo raggio d'azione,portandoli a confrontarsi con
lui indirettamente,attraverso coloro che erano al suo servizio. La
trappola di Silla era scattata e loro ci erano cascati in pieno.
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Capitolo 17 *** I pitagorici ***
Il
corpo
debole,leggero,che ha sopportato decadi di esperienze
differenti,passando da un incantesimo ad un altro come fossero pagine
di un libro molto ampio e pieno di conoscenza. Lucilla pensava a
questo mentre aiutava il mago a tornare a palazzo,come da lui chiesto
così pacatamente e affettuosamente,come un maestro che
chiede
sostegno all'allievo,anche se i due operavano la magia in due maniere
perfettamente diverse e la traevano da fonti differenti.
“Come vi sentite
adesso nobile Lucilla?”chiese il mago all'improvviso.
“Come? Io sto
bene,i dolori di ieri non sono così' forti
è....”
“Sapete bene che
non mi riferivo a quello di dolore...siete ancora arrabbiata?”
“Ecco,io....no e
solo che....”
Non
sapeva cosa
dire,o meglio,sapeva cosa voleva dire,ma non era adatto ai modi e al
verbo di un principessa. Non se la sentiva di dire che voleva
bruciare quell'arpia dalle ali metalliche,invocare a se il potere di
Apollo per scioglierla come un mucchietto di neve in una giornata di
torrida afa.
“Si,sono ancora
arrabbiata.”,disse lei limitandosi a quello.
“E
comprensibile,d'altronde chi non si arrabbierebbe per aver udito
parole tanto ingiuste sul proprio padre. Imperatore o meno che sia.
Voleva provocarvi e ci stava riuscendo. Vi direi di essere
più
accorta,ma so per certo che non mi ascoltereste,in questo siete
uguale a vostro padre.”
“ Ed è un bene?”
“Senza dubbio.”
Già,suo
padre,il
precedente imperatore Flavio Equo IV,discendete della gens Flavia e
l'uomo che governava Nova in una posizione per nulla facile.
Ricordava quando diversi anni fa,nel tempo in cui la vita era
tranquilla e pacifica suo padre,quando non era impegnato a fare il
sovrano era un uomo come tanti altri,addirittura meglio. Lucilla lo
ricordava alto,snello e con corpo agile e vigoroso,dato anche la sua
carriera militare e il suo intervento personale in molte
campagne:contro le selvagge tribù di orchi provenienti dalle
steppe
nord-occidentali,patria di popoli nomadi,che si spostavano in massa e
tutte insieme sembravano così grandi da formare intere
nazioni.
Oppure contro l'impresa contro Meneo, un drago che devastava intere
città sulle montagne della regione dei cinque cancelli,dove
si
diceva che conducevano verso gli inferi e che li aveva mobilitato un
armata per porre fine a quel disastro. Lui stesso aveva prestato
soccorso,le genti rimaste coinvolte nel terribile scempio e si diceva
che lo stesso imperatore si mosse per primo per cercare tra le
macerie gli sventurati colpiti da quella calamità alata. Ma
nel
quotidiano era un uomo colto e istruito,che preferiva la pace alla
guerra,il dialogo alle armi. Ricordava di come quando era piccola era
abituata a sfuggire alle grinfie della severa,ma buona balia e che
subito,quando poteva andava alla ricerca del padre e lo trovava
sempre intento a leggere qualcosa nella biblioteca,che in
realtà
consisteva in una stanza da lettura con un solo,ma grande scaffale di
scuro ebano,colmo di pergamene,i cui argomenti spaziavano dalla
storia,alla commedia,fino alla filosofia,di cui il padre sembrava un
forte sostenitore. Non erano poche le volte che accorreva nella sala
e gli correva incontro per stare con lui quando poteva,visto che
spesso era lontano nella capitale,da dove teneva le redini
dell'impero. Dalla luce della stanza ricordava dell'aspetto del
genitore: i capelli erano neri con qualche ciuffo bianco dovuti al
passare degli anni,aveva gli occhi marroni,un naso un po' grosso e
una barba folta,ma ben curata che gli circondava la bocca,com'era di
moda ad Argos. Lui non si spazientiva di quelle entrate a sorpresa
nei suoi attimi di riposo ed era sempre pronto ad accoglierla quando
veniva da lui,correndogli incontro,con le braccia spalancata e un
sorriso caldo e radioso,proprio come la luce del sole.
Già,era bei
tempi quelli. Ma ora era del presente che doveva preoccuparsi e della
sua missione per cercare il Demiurgo. Era giunta fino ad Aegis
rischiando la propria incolumità per cercare sicurezza dalle
uniche
persone che appoggiavano apertamente la sua causa e la sua
missione,ed ora che era al sicuro non sapeva più come
procedere.
Sentiva su di se tutto il peso della responsabilità di
quell'intoppo
sul loro viaggio e non sapeva più come procedere. Non aveva
indizi
su come fosse fatto questo demiurgo,su quale fosse la sua vera
natura,su che aspetto si sarebbe dovuta aspettare di trovare.
Niente,niente di niente. Ed era anche per questo che era giunta fino
ad Aegis,oltre alla protezione avrebbe ottenuto la conoscenza e per
acquisirla sapeva a chi rivolgersi.
“Mago,so che state
facendo di tutto per la mia salvaguardia e per questo vi sono molto
grata. Ma....”
“Senti il bisogno
di proseguire il prima possibile vero?”
“Devo sapere se i
nostri nemici non siano in vantaggio su di noi e che non siano
riusciti ad entrare in possesso di una qualunque cosa non li abbia
avvicinati al Demiurgo,se non esserne entrati direttamente in
possesso. Ho bisogno di lasciare questa città il prima
possibile.
Non oso immaginare se uomini come Silla riuscissero a mettere le mani
sul Demiurgo prima del nostro arrivo. No non posso
permetterlo,io...”
“Calmatevi
altezza. Sapevo che non vi sareste mai trattenuta a lungo nonostante
la nostra proposta di ospitarvi in città,almeno fino a
quando la
situazione con Nova non sarebbe migliorata. Ma i nostri nemici sono
più determinati che mai e Silla più di tutti.
Proprio per questo
non ho smesso con le mie ricerche riguardo alla locazione del
Demiurgo. Abbiamo molto di cui parlare e pochissimo tempo per
organizzarci.”
“Di cosa state
parlando?”
“Ti spiegherò
tutto,ma prima dobbiamo rivolgerci al consiglio.”
Impiegarono
un po'
di tempo per giungere di fronte alla porta del palazzo,dove le truppe
in armi attendevano ansia celata,l'esito dello scontro,nella speranza
che in quell'occasione si potesse risparmiare un bagno di sangue.
Erano uomini fedeli alla patria,che per quanto piccola potesse essere
ricambiava i suoi difensori con una vita libera e abbondante,nessuno
era schiavo ad Aegis e nessuno avrebbe permesso che ciò
accadesse,nemmeno alla nazione più potente del mondo,che di
fatto
geograficamente circondava l'intera città-stato,ma in quanto
a
realtà politica e potenza indipendente poteva contare come
una
nazione a parte. Passarono attraverso i soldati il più
velocemente
possibile,passando in mezzo alle file composte degli opliti in
armatura pesante,senza neanche sfiorarle da come erano perfettamente
posizionate. Lucilla teneva stretto a se il mago e passando tra i
soldati tornò a sentirsi al sicuro,seppur solo in
parte,perché loro
non erano come i suoi compagni di viaggio,i suoi accompagnatori,come
Gordlack e Nym,come Braxus,come Milziade...già,Milziade.
Pensò a
lui più di tutti gli altri e gli venne in mente di nuovo
quell'immagine che aveva visto la scorsa notte. Una città in
fiamme,urla di gente disperata e un aquila dorata. Sapeva benissimo
cosa volesse dire e Nova in qualche modo c'entrasse con quel
mercenario,ma perché una visione? Perché mai
Apollo le aveva
mandato una visione tanto orribile e chi era quell'uomo,che a quanto
pare era stato in grado di tenere testa ad un intera legione e
uscirne illeso? Più ci pensava e più considerava
l'impresa degna di
una leggenda,come quelle degli eroi del passato,quelle epiche figure
senza tempo che narravano di uomini e donne dalla capacità
straordinarie,che con le loro gesta esaltavano il meglio della loro
natura imperfetta e la mettevano al servizio di un bene superiore.
Guardò le armature oplitiche dei soldati e le venne in mente
che
quando era giunto dinnanzi a lei indossava vesti e protezioni
simili,persino la spada aveva un aspetto simile a quelle di quei
soldati che tenevano come arma di riserva e anche adesso,con la spada
e l'armatura nuova,lo stile delle protezioni ricalcava il loro stile.
Che fosse solo una coincidenza? Non aveva tempo per pensarci,altro
occupava i suoi pensieri. Giunsero di fronte all'ingresso della torre
e subito il grande portone si aprì alle due piccole
figure,che la
oltrepassarono,ritirandosi all'interno della sua fortissima
struttura.
“Bene,ora potete
lasciarmi andare.”
“Ma non stavate
male?”
“Per i nostri
sgraditi ospiti si,ma questa messinscena e durata abbastanza.”
Lucilla
non disse
una parola e delicatamente lasciò la presa sul vecchio corpo
dell'incantatore. Appena si staccò il mago tornò
ad appoggiarsi al
suo bastone con più forza,mantenendo comunque quell'aspetto
pieno di
mistero e di dignità che lo circondavano.
“Seguitemi
altezza,il consiglio ci sta aspettando.”
“Per quale
ragione?”
“Lo vedrete
presto.”
Si
diressero alla
pedana mobile e subito la pedana iniziò ad alzarsi. Piano
dopo
piano,sezione dopo sezione,sempre più in alto,sempre
più vicino
alla cima,si fermarono ad un piano prima dell'ultimo,dove risiedeva
la sala del consiglio e del presidente di Aegis. Il piano presentava
a prima vista come un luogo abbastanza stretto,c'era solo un piccolo
corridoio,largo a malapena per farci stare quattro persone.
Nell'angusto passaggio erano presenti i quattro membri del consiglio
cittadino, ognuno era fermo di fronte a quello che sembrava uno
spesso portone di pietra,molto simile a quello presente al pian
terreno,tuttavia presenta una sola differenza. Questa non presentava
nulla sulla superficie,nessuna incisione,nessuna runa,lettera o glifo
di sorta era presente sulla pietra. Solo spoglia,naturale,roccia
lavorata. Nulla più che questo. Tutti e quattro i membri del
consiglio si voltarono verso i due arrivati e chinarono un rispettoso
inchino verso la ragazza.
“Nobile
Lucilla.”,disse Kemuti con tono pacato, “Ci
scusiamo per il
disturbo,ma con il poco tempo che aveva a disposizione per la vostra
presenza alla firma della tregua e il trambusto di ieri,oltre alla
vostra convalescenza era necessario farvi venire qui il più
presto
possibile.”
“Qui?Perché cosa
c'è qui?”,chiese lei confusa.
“Ci troviamo di
fronte alla porta degli archivi principali del palazzo. Crediamo che
qui sia celato un indizio per trovare la locazione del
Demiurgo.”
La
ragazza non
riuscì a credere alle sue orecchie. Sapeva bene cosa aveva
sentito,ma farselo dire così di punto in bianco aveva un che
di
inaspettato. Era giunta ad Aegis per un riparo e un luogo sicuro dove
sostare e forse se ne sarebbe andata con qualcosa di più di
un
semplice aiuto da parte dei suoi sostenitori.
“Bene
signori,apriamo.”
Tutti
e quattro i
membri del consiglio si avvicinarono alla parete di fronte a
loro,poggiarono la mano destra sulla pietra con il braccio ritto e
immobile e infine recitarono tutti le medesime parole.
“Nella libertà
vivo,nella pace credo,nella giustizia confido,nella speranza
persisto.”
Lucilla
lo aveva
sentito bene. Non riusciva a credere alle sue stesse orecchie,queste
parole le aveva già udite,da un altra persona,una che aveva
amato
con tutta se stessa e che da lei era stata ricambiata. A stento
riuscì a parlare,quelle stesse parole che da tanto tempo
aveva
dimenticato ora riecheggiavano dal profondo della sua mente,come il
grido di un aquila che si propaga tra i monti.
“Mago. queste
parole erano....erano di....”
“Di vostro
padre....Il suo ricordo per la gente di questa città
è ancora
vivido nella loro memoria.”
La
lastra di pietra
si smosse,sprofondando nel pavimento e liberando così la
strada per
la meraviglia che giaceva dall'altra parte. Dal corridoio riusciva a
vedere quello che sembrava uno scaffale pieno di pergamene e dietro
di essa altri corridoio con altri scaffali.
“Prego
principessa,seguitemi.”
Il
mago le fece
strada ancora per pochi passi e la ragazza ancora muta nella sua
incertezza lo seguì. Pochi metri da percorrere e quando
entrò
dall'altra parte vide ciò che aveva già osservato
da quel piccolo
spazio,ma stavolta più in grande e in tutta la sua gloria.
Una
gigantesca sala piena di scaffali di legno,dove vi erano adagiati in
gran numero pergamene,libri,papiri,tavolette di cera lacca e persino
di pietra e argilla,che non erano più in circolazione da
migliaia di
anni. La luce del sole entrava nella sala per mezzo di alte
finestrelle ricavate dalla spessa roccia di cui la torre era
fatta,donando un atmosfera simile a quelli che si percepiva
all'interno di un tempio o di un sacrario di qualche genere. E li
,tra tutte le cose,mentre si dilungava ad osservare gli scaffali e i
tavoli da lettura,tra le numerose targhe in bronzo che indicavano
ogni argomento di un determinato scaffale e l'intonaco bianco e
azzurro della gigantesca stanza,lo vide,li tra le tante cose da
ammirare e contemplare,lei lo rivide li,non in carne e ossa,ma in
marmo,in una posa calma e rilassata. Suo padre,Flavio Equo IV. Era
stato ritratto in una statua a grandezza naturale posta in una
nicchia sul muro. Era stato scolpito mentre vestiva una semplice
toga,come amava fare quando era a casa sua in campagna e teneva
stretto in una mano una pergamena aperta e nell'altra uno stilo,forse
con l'intenzione di scrivere. Lucilla sapeva che suo padre era un
uomo che a tempo perso scriveva i suoi pensieri sui rotoli o le
pagine bianche,cosa che faceva appena ne aveva il tempo,insieme alla
lettura dei sapienti del passato. Ritrovarlo li,così lontano
da casa
e anche se era soltanto una statua di pietra ,gli infondeva un calore
nel cuore che era pari a quella del sole,se non più forte e
più
intensa. Sotto la scultura c'era un iscrizione in latino.
“Agli uomini e
alle donne,che hanno preferito convivere con i popoli che
sottometterli,di amarli e rispettarli più che piegarli e
conquistarli. Possa essere questa città un Egida per tutti
gli
abitanti del mondo.”
Lesse
come rapita da
quella frase. Si,quelle erano parole che sue padre avrebbe potuto
pronunciare dato lo stile e la forma con quale erano state incise
nella pietra.
“Dunque mio padre
è stato qui?”
“Voi cosa sapete
di Aegis?”,chiese il mago in maniera enigmatica.
“So che prima del
dominio di Silla era una città dell'impero e che nei tempi
antichi e
stata una città molto importante nella difesa dei territori
di Nova
quando ancora non aveva raggiunto lo status di impero,ma a parte
questo so poco.”
“Vedete nobile
Lucilla,Aegis in argosiano si può tradurre con egida,che
sarebbe lo
scudo della dea Atena,o Minerva per il culto noviano,ma voi siete una
sacerdotessa e queste cose le sapete meglio di me. Ufficialmente il
nome Aegis è stato dato a questa città a
testimonianza che tutti
coloro che cercassero un luogo dove vivere felici,in una
città nella
quali tutti si sarebbero sentiti al sicuro. Ma questa è una
storia
che va bene per la maggior parte delle persone. No,la verità
di
questo luogo,di questo archivio,di tutta Aegis e della stessa
democrazia che qui è nata a origine dalla parola stessa che
fa da
nome alla nostra città. Aegis.”
“Non riesco a
seguirvi.”
“C'è una cosa che
dovete sapere su questa città. Quando venne costruita,circa,
sette
secoli fa,prima di essere una metropoli era solo una piccola
cittadina arroccata tra i monti. Non era un luogo importante e a
malapena qualcuno si sarebbe degnato della sua esistenza. Poi,quando
Nova era ancora una repubblica decise di espandersi,notando i
vantaggi che questa zona di montagna possedeva,tra cui le miniere di
quarzo,per la realizzazione di oggetti magici è le fertili
valli
sottostanti e le foreste,che sembravano distribuire legname a non
finire decisero di costruire una città. Prima
però dovevano
occupare la zona,a quel tempo popolata da tribù di
centauri,grifoni
e numerose tribù barbare nella zona. Le spese militari e gli
uomini
inviati al fronte furono esorbitanti,ma alla fine riuscirono
nella...colonizzazione,se così possiamo definirla. Una volta
insediati,i soldati che scelsero di vivere qui portarono con se le
loro famiglie e altri cittadini giunsero in questo luogo con la
speranza di trovare nuova fortuna alla frontiera. Fin qui nulla di
strano, una normale spedizione di conquista finita nella costruzione
di una città. Ma quello che in pochi sanno e che tra i nuovi
arrivati,si celavano tra di loro numerosi accoliti di una setta
segreta di illuminati,rivolta allo studio e alla contemplazione di
tutte le materie che avessero a che fare con la logica e la
matematica,ma più di tutto al centro delle loro ricerche
c'era un
elemento che li ossessionava più di tutto il resto. Il
Demiurgo. Non
si sa molto su di loro,una delle cose che sappiamo e che costoro
erano conosciuti come Pitagorici.”
“Pitagorici?”,ripeté
Lucilla come ad affermare che non li avesse mai sentiti nominare.
“Si,il nome della
setta deriva dal nome del loro maestro,Pitagora,un umano,un antico
dotto e filosofo originario di Argos. Era convito che nella natura
dell'universo,tutto fosse regolamentato dai numeri e che tutto nel
creato esisteva proprio perché all'inizio della creazione
erano
presenti tutti gli elementi necessari alla creazione dell'universo e
che gli dei fossero o primi scopritori di quegli elementi
necessari,che avevano estrapolato dal caos primordiale dalla quale
derivavano. Ma nel caos non poteva esserci ordine e così
dalla
materia primordiale e dalle idee degli esseri ancestrali,ovvero le
divinità,nacque un essere,diverso da tutti gli altri
poiché era
l'unico a poter definire con precisione il posto esatto di ogni cosa.
Egli era il demiurgo.”
“Aspettate nobile
mago,io ho sempre pensato che il Demiurgo fosse un oggetto,mentre
invece è un essere vivente in tutto e per tutto,quindi
anch'esso è
un dio?”
Il
mago si portò
una mano sulla barba e iniziò a lisciarsela,come se fosse in
preda
ad un pensiero complicato da ragionare e difficoltoso da esporre.
“Stando alle
credenze di Pitagora si,ma da quello che sappiamo sul demiurgo non
può affermare con precisione esso sia effettivamente un
essere
vivente,un oggetto,un dio o qualunque altra cosa che ci sfugge. Le
poche informazioni in nostro possesso derivano da scritti,ricerche e
riflessioni di altri sapienti e pochi accennano a questa setta e per
lo più in maniera sporadica e senza certezza che queste
informazioni
siano vere,false o inesatte,la questione e molto complessa
principessa.”
Etimandro
si rivolse
alla ragazza vestita di bianco con tono tenue e delicato
“Egle,per favore
recupera il libro e la mappa.”
La
ragazza si mosse
verso una sezione dell'archivio,sparendo dietro ad uno dei grandi
scaffali della sala. Quando Egle si allontanò intervenne la
ragazza
dai capelli rossi.
“Mago,sei certo
che questa storia della setta possa essere vera? Se fosse
così
perché non abbiamo trovato prima tracce della loro
esistenza? Poi
qui ad Aegis la conoscenza della magia e molto ampia. Mi pare strano
che non n'è sapessimo nulla.”
“Se avessi la
certezza che i Pitagorici siano il gruppo di cui quei pochi parlano
allora non mi stupirei se la loro esistenza fosse nota a pochi e poi
Rhufna, non credi che sia giusto provare?”
“Non per questo
dobbiamo credere ad una storia che sembra campata per aria. E poi sai
che io preferisco l'azione,sono figlia di guerrieri del glaciale nord e
credo più nella filo dell'ascia che s dell'inchiostro su
della pergamena.”
“Forse hai
ragione,ma per ora facciamo così. Tagliare teste ora come
ora
potrebbe essere controproducente. Uno scontro a viso aperto con Nova
non sarebbe visto di buon occhio dai nostri alleati,soprattutto se
fossimo volenterosi a continuare le ostilità e sai bene che
la
tregua che ho appena firmato a nome di Midas ci garantisce un momento
di pausa per contrastare le mire di Nova. Non sarà una pace
duratura,ma ci darà il tempo necessario per garantirci un
vantaggio
in questo conflitto. Ti chiedo di avere pazienza.”
Lei
non rispose alle
parole del mago,ma sapeva che il vecchio arcanista aveva ragione.
Anche se si vedeva che gli ribolliva il sangue per i legionari dentro
la città,doveva mettere da parte la sua anima da guerriera e
rispettare il suo ruolo come membro del consiglio cittadino. Il
benessere degli abitanti,in particolar modo quelli del quartiere
nordico credevano il lei e lei non avrebbe messo in gioco le loro
vite per quella era una sua opinione personale. Dopotutto la loro era
una democrazia. Rilassò il viso e lo sguardo battagliero si
attenuò.
Poco dopo comparve Egle,con in una mano un grande rotolo di pergamena
e nell'altra un libro spesso,dall'aspetto vecchio e consunto dal
tempo e dall'incuria. Li posò su di un tavolo e il mago si
riunì
alla ragazza dai capelli castani con sguardo rapace sulla pergamena
ingiallita. Gli altri senza dire una parola si avvicinarono senza
essere chiamati e anche i loro occhi furono catturati da quei due
oggetti. Il piccolo Glomi dovette aiutarsi con una sedia per poter
vedere anche lui il contenuto posto sul tavolo.
“Bene,maestà
osservate con attenzione...”, Etimandro aprì
delicatamente la
pergamena,srotolandola,mentre l'odore della pelle antica,misto ad una
leggera sventolata di polvere investì tutti quelli attorno
al
tavolo,disturbando alcuni e intaccando per nulla gli altri. Quello
che videro era una mappa,una mappa di Orbis,il loro mondo. Orbis, una
parola in latino che voleva dire orbe,sfera,in sostanza la forma del
mondo per com'era fisicamente. Lucilla sapeva bene che quello era il
nome del mondo per come lo chiamava chi abitava nell'impero,altri
popoli lo chiamavano con altri nomi,ma erano così tanti che
generalmente si usava il nome Orbis,poiché il latino era la
lingua
più usata per estensione geografica e molti lo avevano
additato
addirittura come una lingua internazionale,cosa che era accaduta solo
con poche altre civiltà nel resto della storia. La mappa era
un
autentico capolavoro di cartografia. Vi erano state riprodotte con
esattezza tutti i dettagli fisici di tutte le terre allora
conosciute. Nova che occupava una vasta porzione del foglio era
particolarmente visibile,ma anche il regno di Amenosi,con le sue
piramidi e il vastissimo deserto,segnato con nome di Mare Sabulum,il
mare di sabbia. Più a nord,le fredde e sconosciute terre del
nord,dove foreste,steppe e climi freddi facevano da casa a popoli
altrettanto duri e brutali,alcuni ancora legati da costumi
tribali,per non dire barbari. E più a est le misteriose
terre dei
popoli orientali,terre di mercanti,razziatori e imperi
dimenticati,dove desideri di espansioni noviane attendevano ancora di
essere esauditi. Qui,insieme alla scrittura nacquero le prime
civiltà
conosciute. E con le terre vi erano segnate anche le isole e le
montagne,le strade principali e quelle secondarie,con nomi e dettagli
che solo una mente minuziosa,quasi ossessiva aveva potuto documentare
su una singola pergamena.
“Guardate
principessa...”,disse il mago mentre con la mano sfiorava il
foglio
in pelle di pecora,“Come ben sapete questo è il
nostro mondo,tutto
ciò che è segnato e stato riprodotto con grande
minuzia affinché
sei mai un membro della setta avesse avuto bisogno di spostarsi,per
un motivo o per un altro,avrebbe saputo esattamente dove
andare.”
“Capisco,ma questo
come può aiutarci nella nostra ricerca?”,chiese
Lucilla perplessa.
“Vedete nulla di
particolarmente appariscente sulla mappa? Un punto diverso da tutti
gli altri?”
La
ragazza diede un
occhiata generale alla mappa e non gli parve di vedere nulla in
particolare. Certamente erano segnati punti più grandi e
piccoli,come le città principali dell'impero e quelle
più piccole
per importanza,alcune catene montuose,laghi,fiumi,mari ma niente che
fosse stato segnato in maniera particolarmente appariscente. Lei fece
un cenno di negazione in direzione della mappa.
“Bene,perché
questa e solo una mappa...all'apparenza. Se una normale persona senza
talento nella magia risulterà solo una normale mappa,ben
fatta,ma
comunque una mappa. Ma,se invece dovessi toccarla
io,guardate...”
Etimandro
poggiò
delicatamente la mano sulla pergamena,con il palmo aperto e le dita
ben estese.
“Casa delle
quattro verità.”
Disse
il vecchio
incantatore è il l'enorme libro si aprì da
solo,sfogliando
numerosissime pagine come se venissero spostate da un potente vento
di tempesta,veloce e intangibile,poi smise immediatamente come era
giunto e senza lasciare alcuna traccia della sua presenza. Il mago
staccò la mano dalla e con il dito indice passò
sulla parte
lasciata aperta dal vento invisibile e si fermò quando la
punta del
suo dito vecchio e scarno,quasi sovrastato dalla manica della sua
veste si fermò in un paragrafo specifico,segnata da un
grande titolo
a metà tra due spazi bianchi.
“Eccola
qua,trovata,la casa delle quattro
verità....”,disse il mago dando
una breve occhiata a tutti i presenti e soffermandosi un attimo sulla
principessa,per poi tornare sulla pagina,avvicinando il viso al libro
come se facesse fatica a vedere, “Nel luogo dove giace la
nostra
prima casa,la,dove il maestro è giunto per la prima volta,ha
piantato i semi della curiosità e li ha fatti crescere nelle
piante
del nuovo sapere,mettendo radici nella vecchia conoscenza e
incoraggiando a nutrircene per ramificare e crescere verso vette di
infinite possibilità. Da questa consapevolezza nascono
quattro
verità,quattro elementi che sono la base del nostro
mondo.”
Etimandro
finì di
parlare e giunto alla fine della frase indicò un immagine
posta in
uno spazio in bianco poco sotto le parole appena recitate. Vi era
l'immagine di una strana creatura,con il corpo da uomo,la testa di
leone e un serpente ad avvolgerne il corpo.
“Che
cos'è?”,chiese la principessa curiosa.
“Questo mia
signora è il Demiurgo,o meglio,la sua forma idealizzata. Non
ho idea
perché lo abbiano riprodotto in questa maniera,anche se
deduco che
ci sia una spiegazione simbolica dietro questa rappresentazione,anche
se mi sfugge il significato. Tuttavia,la cosa importante e che
sappiamo dove si trova il primo indizio per cercare il
demiurgo.”
“Dove?”
“Dalle poche
informazioni in mio possesso so che le prime lezioni impartite da
Pitagora furono date in una città chiamata Samo,situata
sull'isola
di Patmos.”
“Patmos? Ma è a
leghe di distanza da qui e oltretutto il viaggio non è dei
più
semplici.”
“Lo sappiamo. Ed è
per questo che abbiamo già organizzato il viaggio.
Normalmente una
spedizione simile richiederebbe tempo,risorse e spese di viaggio a
non finire. Fortunatamente non tutti vedono di buon occhio la salita
al trono di Silla e non pochi sono disposti ad aiutarci,non tutti
pubblicamente,ma confidiamo nel loro sostegno.”
“Certo,capisco.”
“Oltretutto ho
fatto preparare tutto il necessario per la vostra partenza,pur
mantenendovi leggeri e mobili,così da non rallentarvi. Ci
sono
vestiti puliti,accessori,provviste,medicinali e una scarsella da
mille scudi d'argento per le spese di viaggio e imprevisti vari.
Appena sarete pronti partite,ma non prima di esservi cambiata mia
signora. Vorrei ricordarvi che anche se questa è un
illusione di una
nobile veste,voi state indossando delle vesti per la notte.”
“Ah già...mi ero
completamente dimenticata. Appena avrò tempo
andrò a mettermi
qualcosa di più consono.”
“Tra i vostri
effetti da viaggio gli abiti non mancano. Vi chiedo scusa se il
vostro guardaroba non conterrà abiti degni del vostro
lignaggio,ma
ho preferito inserire solo abbigliamenti più consoni ad un
viaggio
che al vostro illustre lignaggio. Vogliate perdonarmi.”
“Ma no anzi sono
io che dovrei esservi riconoscente...”,Lucilla si rivolse
anche ai
membri del consiglio, “E riconoscente anche verso di
voi,verso
Midas e verso questa città. Grazie di tutto.”
I
quattro membri del
consigli si limitarono ad un ossequioso cenno del capo ricolmo di
sincero rispetto e grati di quelle parole la guardarono con rinnovata
stima.
“Vostro padre era
un amico di questa città e tutti noi possiamo dire che
averlo
conosciuto di persona e stato un onore è un privilegio,non
di minor
valore che esserci confrontati con la figlia. Vi auguriamo buona
fortuna,per tutto quanto.”,disse Kemuti,che dei quattro era
quello
più incline alla diplomazia e per tanto il miglior oratore
del
gruppo.
“Ora,perché non
andate a riposare? E stata una mattina piena di emozioni e vi ho
costretta a sforzarvi più del dovuto. Non c'è
bisogno che vi
spieghi come funziona la piattaforma,una parola è vi portare
nelle
vostre stanze in men che non si dica.”
“Va bene,allora
con permesso io andrei signori.”
Tutti
i presenti
chinarono leggermente il capo verso la sacerdotessa e lei
contraccambiò,si girò e si diresse verso le sue
stanze,ma non prima
di aver dato un ultima occhiata alla statua di suo padre,che tanto
dolorosamente dovette staccarsene,anche se era solo un immagine
scolpita nella pietra . Ci impiegò pochi minuti per giungere
nella
stanza del mago,ora adibita per le sue necessità. Si
coricò a letto
e quando il suo corpo urtò contro il letto l'illusione della
veste
regale si dissolse e tornò a vedere la veste bianca usata
durante la
sua convalescenza. Con la testa poggiata sul cuscino guardò
il
soffitto e sentì la testa farsi più leggera,ora
che era lontana da
quella cerimonia,se così la si poteva definire,per la firma
della
tregua,un momento di pace forzata tra una potenza imperialista e una
piccola città indipendente che voleva soltanto proclamare la
sua
libertà. Era scesa con gli altri solo perché
doveva fare bella
figura e perché il loro nemico,Lucio Cornelio
Silla,l'imperatore, o
meglio,l'usurpatore aveva ordinato che ci fosse anche lei durante la
firma del trattato,chissà perché poi si
chiedeva,che lei ci fosse o
meno non faceva alcuna differenza. Ma le venne in mente anche un
altro fatto curioso,alla quale solo adesso,non più al centro
della
piazza,dove lei era presente solo per fare bella presenza. Quella
donna in armatura,l'aveva già vista in passato. Ricordi
sbiaditi di
un giorno catastrofico,caotico e violento. Ricordava ancora il giorno
in cui Silla era giunto in città e l'aveva raggiunta,insieme
a suo
padre e al corpo delle guardie pretoriane,che aveva il compito di
difenderli. E dietro il generale ribelle c'era lei,memoria sfumata
dell'unica donna armata in mezza a tanti uomini,se si soffermava un
attimo ricordava che anche a quei tempi impugnava due spade,ma
indossava una lorica hamata,una semplice armatura di cuoio molto
leggera,accompagnata da una mantellina rossa di riconoscimento e la
sua espressione,gli pareva diversa,sembrava più nervosa e
incerta,quasi come ogni altra ragazza in uno scenario di guerra.
Invece quella mattina si era trovata una donna completamente diversa.
L'armatura alata di puro acciaio,con alla cintola due lame
scintillanti e il volto,ma questa volta era feroce e i suoi occhi
erano colmi di una durezza e di una violenza tali che sembrava
più
un mastino da guerra che una donna. Ma quello che la sconvolse e la
fece arrabbiare,ma forse anche raggelare era il modo in cui aveva
parlato di Silla,descrivendolo come un eroe e non come un ambizioso
guerrafondaio senza scrupoli. Quello che aveva sentito nella sua voce
non era semplice lode,peggio,ma cieca devozione. Com'era possibile
che un uomo simile potesse essere obbedito,lodato a tal punto,da
spingere qualcuno a difenderlo,nonostante le sue azioni? Lucilla non
avrebbe saputo darsi una risposta a quel dilemma,ma in fondo l'impero
era grande e dentro ci viveva la gente più disparata.
Comunque ora
sapevano dove dovevano dirigersi e quale fosse la loro prossima
destinazione. Forse non era la tappa finale,ma sempre meglio che
vagare a vuoto senza direzione da seguire. Ora non doveva far altro
che aspettare che quella farsa che si teneva nella piazza finisse e
che Nym,Gordlack,Braxus e Milziade Tornasse a palazzo e discutessero
sul da farsi. Per ora avrebbe riposato fino al loro ritorno,lontana
da tutti,lontana da Nova,lontana dal male del mondo.
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Capitolo 18 *** Partenza ***
Ormai
non era
rimasto più nulla da dire. Midas aveva detto quello che
aveva da
dire, Nevia aveva detto quello che aveva da dire,Permone restava in
disparte in quanto il suo compito era terminato con la firma della
tregua,Nym,Gordlack e Braxus scrutavano il comandante noviano con
aria omicida e Milziade se ne restò li,fermo e
immobile,mentre un
miscuglio di sentimenti negativi e la voglia di lanciare la spada
ricurva che portava al fianco contro la gola di Nevia lo invitava a
commettere un omicidio di fronte a tutta la città e mandare
a monte
tutto quanto,solo per una soddisfazione vana e momentanea.
“Non farti
prendere dalla rabbia stupido ragazzo. Atena ti ha fatto dono
dell'intelligenza. Quindi vedi di usarlo.”
Ancora
la voce di
quel vecchiaccio,pensò lui tutto ad un tratto.
Chissà perché ogni
volta che le sue emozioni stavano per prendere il sopravvento sulla
sua capacità di pensare,gli veniva in mente quell'uomo. La
cosa lo
fece sorridere per un attimo,in preda a ricordi di
felicità,di
tristezza e di rimpianto irreparabile. Fece un lungo
respiro,rilassò
i muscoli di tutto il corpo e raccolse tutta la calma che
possedeva,non avrebbe ceduto a quella provocazione,non ora che Silla
lo stava guardando,non ora che quel maledetto lo stava scrutando da
dove lui non avrebbe potuto danneggiarlo in alcun modo...almeno
che,non avesse usato un altro metodo e in quel momento sapeva che
cosa fare. Si girò nuovamente in direzione della ragazza
noviana e
tornò nuovamente alla carica con la sua espressione
più arrogante
che riuscisse a mostrare.
“Come come come?
Bocca? Orecchie? Occhi? Per tutti gli olimpi che cos'è
questo
Silla,un imperatore o un chirurgo? Dai andiamo,la fate tanto lunga
sul fatto che è così potente,così
glorioso e onnisciente,ma quando
si tratta di una ragazzina in fuga non ha saputo fermarla in alcun
modo? Davvero? Certo che la cosa ha veramente del ridicolo. Ma
forse,anche il vostro imperatore è altrettanto ridicolo.
Nevia
notò ancora
una volta come quell'uomo,così inferiore a lei,stava
deridendo
deliberatamente l'uomo,che lei stessa aveva constatato di
persona,come l'essere più forte che avesse mai visto,come se
fosse
un individuo da nulla. Era troppo. L'aveva umiliata e questo la
faceva infuriare,l'aveva sconfitta di fronte all'esercito e questo
faceva nascere in lei una profonda sete di sangue,del suo sangue,che
avrebbe raccolto in una coppa e l'avrebbe offerta in dono all'altare
di Bellona,con testa annessa. Ma parlare così
dell'imperatore,Lucio
Cornelio Silla,in quel modo tanto spavaldo,arrogante e pieno di boria
la mandava su tutte le furie. In confronto quello che aveva subito
per mano di Milziade era uno scherzo di pessimo gusto,se messo in
paragone con quello che sentì in quel momento. Senza
più alcun
controllo delle sue emozioni lei estrasse una delle sue spade e la
puntò contro il mercenario,separati da una distanza di
sicurezza
mentre le ali dell'armatura vibravano come pronte a scattare.
“Miserabile
animale senza ritegno,dovrei mutilarti li dove ti trovi e prendermi
la tua testa come trofeo.”
“Te l'hanno mai
detto che hai un grande senso dell'umorismo? Il modo in cui confondi
la realtà con l'immaginazione fa ridere anche i polli
è fidati,non
è un impresa facile.”
Nevia
stava per
replicare quando in mezzo alla traiettoria dei due si intromise
Midas,con la sua stazza e la sua aura di solenne comando. Milziade e
Nevia non avevano scordato in fretta la strana sensazione che il
presidente di Aegis emanò qualche attimo prima e in quel
momento
entrambi,nel profondo,si pentirono di aver continuato il loro
battibecco.
“Signori,gradirei
che entrambe le parti,sia quella che rappresento,che quella che
ospito nella mia città cessino immediatamente le
ostilità il più
presto possibile e inoltre aggiungo che,data la firma richiesta per
la tregua e stata approvata chiedo a tutti i presenti,compreso il
sottoscritto,di ritirarsi. Questo incontro e giunto al suo
termine...o preferite continuare a litigare come bambini e pagarne le
conseguenze?”,concluse Midas dando un occhiata truce rivolta
sia al
mercenario che al comandante noviano.
Milziade
dal canto
suo non disse nulla,preferendo la saggezza del silenzio alla
stupidità dell'eccessiva ostinazione. Nevia da parte sua
rinfonderò
la spada e osservò il presidente con misto di ostinazione e
senso di
sfida.
“Abbiamo
finito...per adesso.”,disse Nevia,mentre spiegava le ali di
metallo,dandosi una potente spinta che la fece balzare indietro e le
permise di volare in direzione della sua armata,saldamente in
attesa,pronta a ricevere nuovi ordini,mentre l'incorporeo augure
svanì senza dire nulla.
Midas
e la scorta
della principessa sentirono dal centro della piazza lo squillo delle
lunghe trombe militare penetrare l'aria con il loro fragore
assordante e con esso videro le prime file dei legionari ritirarsi
per la via principale in direzione del castrum. Avevano vinto. Nova
avrebbe cessato le ostilità,ma per quanto ancora? In quel
momento
non parve avere importanza e lo stesso presidente apparve sereno e
rilassato,tanto da tirare un sospiro di sollievo e fare un sorriso di
autentica gioia. Midas si rivolse a gli altri quattro presenti.
“Signori,c'è
l'abbiamo fatta. Per ora l'impero non attaccherà Aegis e di
contro,noi non diffonderemo la notizia che un intera legione e stata
umiliata da un sol uomo. Se non ricordo male mercenario avevamo
ricevuto notizie della comparsa di una nube blu comparsa nel campo
nemico. Ora comprendo perché quella ragazza fosse molto
arrabbiata
con te,mercenario.”
Milziade
guardò il
presidente con aria appagata,trattenne a malapena un sorrisetto
compiaciuto,mentre gli altri tre lo guardarono con aria
accusatoria,come a ricordargli che con il gesto del giorno prima
aveva rischiato di scatenare una guerra. A quel punto li
guardò a
loro volta con sguardo accigliato.
“Mai che vi
facciate una risata voi.”
“Comunque
sia...”,continuò il presidente, “Ora che
anche questo grattacapo
e risolto possiamo dire che siamo al sicuro,almeno per ora. Ma non
dobbiamo adagiarci sugli allori e quindi,ritengo più
opportuno che
vi prepariate al più presto per continuare il vostro
viaggio.
Torniamo a palazzo,abbiamo molto sulla quale discutere.”
Ci
vollero poco più
di una ora per tornare al castrum,rimettere gli uomini alle loro
postazioni e ordinare a tutti di prepararsi per smantellare il campo
e andarsene il più presto possibile,cosa che avrebbe
richiesto del
tempo anche con un numero di soldati così impressionante.
Nevia
tornò all'interno dei suoi alloggi personali e lontano da
tutti,ripose l'armatura sul manichino e quando ebbe finito prese con
forza una delle sedie vicino al suo tavolo personale e con entrambe
le braccia la schiantò contro il pavimento di legno
così forte da
mandarla in frantumi,poi con l'ira ancora in corpo prese a pugni la
vasca di bronzo,lasciando bozzi e crepature che un uomo normale,per
quanto forte potesse essere non sarebbe mai riuscito a fare. Come
aveva osato? Mai in tutta la sua carriera gli era capitata di
incontrare un uomo simile. Aveva sconfitto generali e mostri di ogni
sorta,aveva percorso e sorvolato alcuni dei campi di battaglia
più
cruenti della storia recente,aveva combattuto insieme a Silla durante
la guerra civile e si era guadagnata l'armatura alata della
ventiduesima Legio Superba, una delle legioni più rinomate
dalla
nascita della civiltà noviana, ed ora,uno straccione da
nulla aveva
saputo metterla in ridicolo,non solo di fronte al suo esercito,ma
anche di fronte all'alto comando militare e persino lo stesso
imperatore,che la costringeva a firmare una tregua momentanea con la
città-stato di Aegis,con i traditori della patria che si
erano
dichiarati indipendenti dall'impero. Due vergogne in due giorni di
seguito,mantenere la calma in una situazione simile sarebbe stato
difficile per chiunque,se non impossibile.
“Mia
signora...”,la voce del satiro era preoccupata e carica di
ansia,pensando che la sua padrona fosse in pericolo quando invece si
era lasciata prendere da un feroce attacco di furia incontrollata.
Nonostante
la voce
servo fosse stata flebile in quel momento lei si girò nella
sua
direzione e anche se gli stava ad una distanza di sicurezza a lei
parve realmente fastidiosa e si girò verso di lui,con un
espressione
degna di una furia tormentatrice.
“CHE VUOI?”,urlò
lei come in preda ad una rabbia incontenibile.
“E arrivata
questa...poco dopo che avete lasciato l'accampamento.”,disse
glauco
mentre mostrava titubante un piccolo rotolo di pergamena che teneva
in una mano.
Lei
senza dire nulla
si avvicinò al servo con occhi spiritati è gli
strappò la
pergamena di mano,come se avesse dovuto strappare un oggetto da un
cadavere,non curante della sua presenza. Lo osservò per un
attimo e
vide che era chiuso con un sigillo di cera lacca recate una corona
d'alloro con dentro la testa di un lupo. Il marchio personale
dell'imperatore che imponeva di sua mano. Quando lo vide le si
bloccò
il cuore in gola,lasciando che la rabbia svanisse e al suo posto
giunse il timore.
Strappò
via il
sigillo e riluttante srotolò la lettera,quasi perfettamente
linda se
non poche parole scritte da quella calligrafia impossibile per lei da
non riconoscere.
“Torna a palazzo.”
Non
c'era scritto
nient'altro,non aveva bisogno di dire altro. Era l'imperatore e se
lui diceva una cosa quella doveva essere rispettata,ma con Silla
qualunque cosa era un ordine tassativo e quando voleva una cosa non
doveva indicare in quale momento lo voleva,se fra cinque minuti o tra
un ora,se dava un ordine e perché si aspettava che venisse
eseguito
nel minor tempo necessario e nel suo caso era adesso. Si
avvicinò al
tavolo e gettò la lettera sopra di esso di esso,mentre con
la testa
si trovava già da tutt'altra parte.
“Glauco...”,disse
lei con voce bassa e priva di emozione, “Informa Quirilo di
prendere il mio posto e di continuare quanto stabilito dall'alto
comando militare. L'imperatore ha richiesto la mia presenza a palazzo
e non so quando tornerò. Che raggiungano Magentius il prima
possibile,anche se dovessero giungere con marce forzate. Non possiamo
permetterci che quella orda di bestie barbare sfondino il limes.
“Capisco,ma forse
le truppe preferirebbero sentirlo da lei,sono sicuro che...”
“Fa come ti ho
detto.”,disse Nevia ferocemente,mentre nello stesso momento
andò
al manichino per indossare nuovamente l'armatura.
“Obbedisco.”,disse
lui imbarazzato e passo dopo passo uscì dal pretorium.
Nevia
non ci mise
molto a montare i pezzi dell'armatura e senza pensarci troppo
uscì
dai suoi alloggi,sbatté le grandi ali d'acciaio un paio di
volte e
subito si fiondò verso il cielo,con destinazione la
capitale. Non si
prese cura di informare i soldati della sua assenza né si
prese la
briga controllare i preparativi per smontare il castrum,sapeva che il
suo secondo in comando,Quirilio,era un veterano con moltissima
esperienza sulle spalle ed era un vero esperto nella logistica e nel
comando con i lavori da campo e quindi sapeva di aver lasciato la
Superba nelle mani giuste. Ma sapeva anche che il messaggio le era
stato mandato per una sola ed unica ragione,la vergognosa figura che
aveva fatto di fronte alle porte di Aegis. Ora che la tregua era
stata firmata non c'era più motivo per continuare a tenere
sotto
assedio la città-stato e la sua legione sarebbe stata
comunque
costretta a lasciar perdere comunque,poiché sul Limes,il
confine
dell'impero, avrebbe subito un attacco da parte dei barbari dai
territori settentrionali,cosa che non accadeva da moltissimo tempo e
dato che erano i più vicini a quella zona sarebbero corsi a
dare man
forte. Ma la sconfitta subita da parte di quell'uomo e lo strano
attacco della nube azzurra aveva costretto il comando militare a far
un passo indietro con i piani di occupazione di Aegis,sentendosi
costretti a scendere a patti con gli assediati per non far sfigurare
l'impero,cosa che avrebbe potuto incoraggiare i nemici storici,come
Amenosi e i territori orientali a considerare l'attuale posizione
dell'impero debole nella scacchiera delle potenze attuali e prendere
slancio contro i territori appena occupati. E adesso lui l'aveva
convocata a palazzo. Non il comando militare,non il magister
militum,ma lui,Lucio Cornelio Silla,l'imperatore in persona,l'unica
persona che non si sarebbe mai azzardata a contrariare,l'unica che
non avrebbe mai voluto deludere,ed ora l'unica che avrebbe deciso
della sua sorte. Le ali sbattevano come dotate di vita propria,mentre
il suo volo,costante è regolare le avrebbe permesso di
giungere
nella capitale nel giro di pochi giorni,anche due o tre in caso di
venti favorevoli e di soste regolari,tra un castellum è un
altro,i
fortini militari stanziati in punti strategici delle terre imperiali.
Il suo sarebbe stato un viaggio irrequieto è pieno di
preoccupazioni,in attesa del suo incontro con l'imperatore,fino ad
allora,il volo non sarebbe stato per nulla piacevole.
Quella
notte stessa.
Dopo
essere tornati
a palazzo con Midas Milziade e gli altri si rincontrarono con
Lucilla,che spiegò loro quanto scoperto nell'archivio sui
pitagorici
e la loro prossima meta,cosa che lasciò gli altri membri
della
squadra alquanto preoccupati dalla cosa. Prima di tutto raggiungere
la città di Samo era un impresa,considerato che per Nova era
dei
ricercati non avrebbero mai potuto prendere le strade principali
senza destare un minimo di sospetto per le guardie che controllavano
i diversi posti di blocco presenti per tutto l'impero e che ogni
legionario,guardia cittadina e cittadino modello avrebbe fatto di
tutto per consegnarli alla giustizia e già questo complicava
le
cose,ma infondo era logico dato che erano dei fuggiaschi e che anche
prima della sua comparsa davano la caccia a Lucilla e quindi il
primo problema era già presente da quando aveva accettato
l'incarico. Secondo: Il viaggio di per se sarebbe stato lungo e pieno
di imprevisti. Per quanto avessero preparato le loro cavalcature al
meglio non avrebbero potuto contare tutte le cose che sarebbero
potute accadere durante il tragitto. Banditi,incidenti,disastri
naturali,mostri,avversità di diversa natura e poi non era
detto che
tutti i cosiddetti alleati di Aegis avrebbero collaborato per
aiutarli nella loro impresa. Non era la prima volta che qualcuno dava
la propria parola e poi se la rimangiava all'ultimo,cosa che nel suo
mestiere accadeva più di quello che voleva ammettere e anche
qui
c'era una falla,ma d'altronde lui non si fidava di nessuno,se non di
se stesso,di Briseide e pochi altri che aveva conosciuto e quindi per
principio era guardingo verso tutti. E infine Terzo ed ultimo
problema principale. Mettendo caso che fossero giunti a Samo sani e
salvi e possibilmente senza attirare l'attenzione di
nessuno,sopratutto degli imperiali,una volta giunti li cosa avrebbero
dovuto fare? Lo sapevano? Avrebbero dovuto tirare a indovinare e
improvvisare sul momento? Questa storia non gli piaceva,troppe
incognite,troppi punti vuoti e nessuna certezza di successo. Le
possibilità di riuscita erano minime,se non inesistenti.
Ma,se anche
ci fosse stata la speranza di riuscire nell'impresa,se anche il solo
provarci avrebbe assicurato loro il successo del trionfo,se avessero
trovato questo Demiurgo,allora forse non sarebbe stata una fatica
vana. Da quando aveva iniziato la sua carriera come mercenario non
gli era mai parsa davanti una posta in ballo così ricca e
ghiotta
come quella gli era stata promessa,la vendetta. Quella fiamma che
dentro di lui,sepolta dietro quelle risate canzonatorie,sotto quei
sorriso arroganti e tutte le volte che si era dato delle
arie,compiaciuto e fiducioso in se stesso,nascondevano al mondo
quell'incendio che lo consumava dentro e che avrebbe goduto nel
momento in cui le fiamme della sua ira avrebbero divampato sulla
carne di quell'unico essere che odiava più di tutto il
resto,persino
di Nova,la cui natura militaristica gli faceva desiderare nuovi
territori e nuove civiltà da sottomettere. Lui lo sapeva
bene. Era
nella sua stanza,disteso sul letto intento a guardare il
soffitto,mentre rilassava i muscoli dopo che tutti e quattro i
protettori di Lucilla si erano diretti nel pomeriggio verso il
ginnasio,dopo un pranzo nutriente a base di zuppa di
fagioli,accompagnata con fette di pane tostato e vino rosso. Gli
allenamenti del pomeriggio li avevano sfiancati:chi colpì di
spada e
lancia come Milziade,chi invece menò colpi devastanti col
maglio
come Gordlack,chi scoccò con rapidità e
precisione come Nym oppure
si allenò a schivare,infilzare e intrappolare con rete e
tridente
come Braxus,ma non mancarono anche sollevamento pesi e allenamenti a
corpo libero. Ora,dopo aver cenato a base di manzo alla brace e un
bagno ristoratore poteva dire che farsi una lunga e buona dormita gli
avrebbe dato le energie per affrontare una nuova e sconsiderata
missione,che se fosse andata bene forse avrebbe smorzato il fuoco che
ardeva dentro di lui. Cominciò a sentire gli occhi farsi
più
pesanti e la mente sempre più annebbiata,il sonno era vicino
e lui
lo accolse con immensa gioia,sapendo che il sonno gli avrebbe dato un
po' di pace,prima del prossimo risveglio...ma non quella notte.
Ricordava il sole al tramonto,il cielo limpido,il mare calmo...e gli
innumerevoli cadaveri che riempivano l'intera città.
Ricordava le
fiamme che lambivano gli edifici,le urla degli innocenti che morivano
attorno a lui e il muro della falange spezzarsi sotto il potente
assalto delle legioni imperiali. Poi tra gli innumerevoli
legionari,le insegne dell'aquila dorata,accompagnate dai maghi e i
sacerdoti da guerra comparve lui. Quell'uomo,alto,possente e con
occhi più gelidi del ghiaccio lo vide dirigersi verso di
lui,a mani
nude,armato solo dei suoi pugni.
“Affrontami
strategos,dimostrami che la tua fama è ben
meritata.”
Si
svegliò di
soprassalto,come preso da un incubo,mentre la violenza lo assaliva e
il suo corpo,reattivo quanto la sua mente,si preparava già
al
combattimento a mani nude,che per istinto era già pronto a
colpire o
atterrare l'ennesimo aggressore che cercava di coglierlo impreparato.
Tornò subito alla realtà e l'unica cosa che vide
fu Lucilla accanto
al suo letto,gin una posa tipica di chi arretra di fronte ad uno
spavento improvviso. Notò che era vestita con una corta
gonna
arancione che le arrivava poco sopra il ginocchio in tessuto rigido e
indossa un corpetto di cuoio leggero sopra una veste di lana a
maniche lunghe blu,abbastanza leggera e calda per affrontare un lungo
viaggio a cavallo e ai piedi portava degli stivaletti di cuoio da
donna,tipici delle più aspre terre meridionali.
“Tu che ci fai
qui?”,disse lui nervoso.
“Ero venuta a
svegliarvi. Volevo farlo personalmente così non avremmo
perso tempo
prezioso per la partenza,poi ti ho sentito urlare e così
sono
entrata. Avevo il timore ti fosse successo qualcosa.”,disse
lei
preoccupata.
“Devo aver fatto
un brutto sogno,sai,cose che capitano quando hai una vita abbastanza
frenetica...”,il tono di voce del mercenario parve
più rilassato
mentre l'espressione sul suo viso si fece meno dura,accentuando un
piccolo sorriso rassicurante, “Ma tranquilla raggio di
sole,sto
bene,comunque,immagino sia quasi l'alba adesso dico bene?”
Lei
fece un
silenzioso cenno col capo.
“Bene,in questo
caso,dobbiamo partire il più presto possibile. Sveglia gli
altri,io
intanto mi cambio,forse non lo sai,ma sotto le coperte,in estate,un
uomo non indossa molti vestiti,non so se mi spiego...”
La
ragazza dovette
impiegare qualche secondo per capire che Milziade,sotto le
coperte,stesse indossando solo il perizoma,cosa che si poteva intuire
dal fatto che i vestiti,fossero appoggiati su una cassapanca
è
l'armatura appositamente sistemata in un angolo della stanza,dove non
potesse dare alcun fastidio. E mentre l'imbarazzo si faceva sempre
più evidente quando gli occhi della principessa non poterono
distogliere lo sguardo dal petto nudo dell'uomo davanti a lei,con
quei muscoli scolpiti dalla fatica,gli sforzi e agli innumerevoli
scontri alla quale aveva partecipato. A quel punto Lucilla
cominciò
a balbettare qualche parola di scusa scoordinata,mentre si copriva
gli occhi e uscì dalla stanza alla stessa
velocità con la quale era
entrata,sbattendo la porta con più forza di quanta volesse
usare.
Milziade,osservando quella scena cominciò a ridere a bassa
voce,cercando di trattenere le risa nel pensare a quella scena
assurda appena vissuta e per un istante sentì tutta la
rabbia
spegnersi in lui,sostituita da una genuina felicità. Da
tempo ormai
non gli capitava di divertirsi realmente di fronte ad una situazione
tanto assurda e inaspettata. Mai avrebbe detto che avrebbe fatto
scappare via una principessa e sacerdotessa di Apollo da lui solo
perché era stato visto mezzo nudo da una ragazza,alla cui
età cose
come vedere un uomo a petto nudo all'infuori del padre o dei fratelli
era qualcosa di scandaloso e decisamente imbarazzante. Da parte sua
quella giornata non poteva cominciare meglio di così.
Intanto
Lucilla,fuori nel corridoio non riusciva a smettere di pensare a
quanto accaduto e il suo volto divenne rosso come una fragola matura
al solo pensiero del mercenario nudo sotto le coperte. Non seppe fare
mente locale e imbarazzata com'era non smetteva di agitarsi,
camminando avanti e indietro come uno di quei piccoli cani da
compagnia che abbaiano in continuazione e non stanno mai fermi. I
muscoli,la forza,il petto gonfio e le braccia allenate,tutto sommato
era un bell'uomo per quanto potesse essere
scontroso,sfacciato,irriverente e arrogante. Forse avrebbe dovuto
fare come gli altri che l'accompagnavano e considerarlo solo un
mercenario,qualcuno che compiva quell'impresa solo per profitto
personale e non per lealtà o per il bene comune. Gli
dicevano che
era troppo buona con gli altri e che tendeva a dare fiducia a chi non
la meritava,in questo a caso a Milziade secondo loro,ma lei era fatta
così e forse era anche per il suo carattere,così
amichevole e
generoso la distingueva da molte nobile del suo stesso rango,se non
da molte persone che vivevano nel loro mondo. Proprio per
questo,quando si era alzata presto,quando il suo amato astro del
giorno si stava per alzare ecco che lei si stava già
vestendo con
gli abiti di viaggio che gli erano stati consegnati,rinunciando alle
sue nobile vesti da principessa e a tutti gli inutili orpelli,era
andata a svegliare i suoi fidi accompagnatori e quando stava per
bussare alla porta del prezzolato ecco che lo sentì,un urlo
e senza
pensarci due volti aprì di tutta fretta la porta e si
lanciò dentro
la stanza senza pensarci due volte. Lo vide agitarsi nel letto e lei
cercò di chiamarlo a se scuotendolo,ma appena lo
toccò,accadde di
nuovo. Rivide la città in fiamme,i legionari e l'aquila
dorata come
nella precedente visione,ma questa volta c'era un elemento in
più
che aveva scorto nella nuova visione. Lo vide a malapena e di
fretta,pochi attimi,ma la figura di quel gigante d'uomo,con
l'armatura da comandante e quello sguardo,quello sguardo glaciale e
senza pietà,sapeva chi era,del resto era un individuo,o un
mostro
secondo alcuni,inconfondibile. Lucio Cornelio Silla. Si
appoggiò al
muro pensosa e con le mani aperte dietro la parte bassa della
schiena,con la precedente vergogna ormai passata e sostituita da una
cupa amarezza quando intuì che in qualche modo la visione
della
città assediata,il mercenario e il generale usurpatore erano
in un
qualche modo collegati,ma come? Dovette interrompere il flusso dei
suoi pensieri quando sentì che la porta della stanza di
Milziade si
aprì e da essa uscì il prezzolato,equipaggiato di
tutto punto e con
un espressione rilassata,tornando ad essere il Milziade di sempre.
“Io sono pronto e
gli altri?”,chiese lui non vedendo Nym,Gordlack e Braxus
fuori dai
loro alloggi.
“Ah si,io...stavo
riflettendo su una cosa...che riguardava il viaggio
e....”,Lucilla
si zittì,non trovando le parole giuste per continuare la
frase,
“Sarà meglio partire il prima possibile.”
“Mi trovo
d'accordo.”,disse lui col suo classico tono ironico.
Lei,imbarazzata,bussò
alle altre porte vicino a alla stanza del mercenario e quando
sentirono la voce di Lucilla che li esortava a vestirsi e a preparare
le loro cose per il viaggio,ricevendo in cambio una sommessa e
rispettosa obbedienza. Dopo una decina di minuti gli altri si fecero
trovare fuori nel corridoio e si diressero verso la piattaforma,che
li portò al pian terreno,dirigendosi verso l'entrata del
palazzo,dove trovarono: i cavalli,della quale uno era lo stesso usato
da Gordlack per andare all'accampamento e uno per Braxus,dal manto
giallo e la criniera bionda,borse e sacche con tutto il necessario
legato agli animali,i quattro membri del consiglio e Midas.
“Principessa...”,parlò
il presidente con tono basso, “Sono rammaricato per non
potervi
aver aiutato più di così,so che dovete partire
quindi non vi ruberò
troppo tempo. C'è una porta secondaria per entrare in
città,viene
usata dai cittadini che abitano nella zona agricola di Aegis,li i
legionari non possono passare con tutti i loro numeri e i nostri
esploratori ci hanno assicurato che la strada e libera,senza
dimenticare che il nostro nemico sta smontando l'accampamento
è per
tanto non tenteranno di inseguirvi,non quelli di fronte alla
città
almeno. La porta è ben riconoscibile anche da qui quindi la
troverete senza troppe difficoltà. Inoltre,il nostro caro
mago
voleva consegnarvi questi...”
Il
presidente
consegnò la mappa è il libro che aveva usato il
giorno prima negli
archivi del palazzo,che teneva tra le mani come se fossero
preziosissimi tesori.
“Mi ha
raccomandato di farveli avere. Voleva farlo già ieri sera,ma
doveva
controllare delle cose è ha chiesto a me di farveli avere.
Prego,tenete.”, Midas passò la mappa è
il libro alla
principessa,che li prese con le sue piccole e delicate mani,facendo
attenzione a non farli cadere.”
“Grazie,per tutto
quanto. Seppur breve la ospitalità è stato un
dono ben
gradito.”,Lucilla pronunciò queste parole rivolte
a Midas che ai
quattro membri del consiglio,in cambio loro chinarono leggermente la
testa in segno di rispetto.
“Andate ora,il
sole non è ancora sorto è i noviani non sanno
della vostra
partenza. E il momento giusto per partire.”
I
quattro salirono
sulle rispettive cavalcature,con Lucilla che prendeva posto dietro
Nym, Braxus e Gordlack che a stento riusciva a trattenere le
lamentele per aver ricevuto nuovamente un animale così
piccolo per
il viaggio,cosa che avrebbe fatto imbarazzare qualsiasi nano.
Milziade invece diede un occhiata a Briseide è si accorse
che i
paramenti e la lancia non erano state n'è cambiate
n'è
ritoccate,accorgendosi probabilmente che quelli erano pezzi rarissimi
da quelle parti e che la lancia che solitamente usava in selle alla
sua giumenta era un pezzo unico nel suo genere,proprio come la
sella,le redini e tutto il resto. L'unica aggiunta che avevano
apportato erano i sacchi e le borse che avevano aggiunto agli animali
e che contenevano tutto il necessario per il viaggio che li
attendeva. Diede un occhiata al cielo,scuro ma una leggera patina
verde chiaro sul fondo,segno che il sole si stava lentamente
avvicinando,mentre l'aria frizzante della mattina che si sostituiva
alla notte li teneva svegli e riempiva i quattro viaggiatori di nuove
energie e nuove speranze. Milziade rivolse lo sguardo verso Midas e i
membri del consiglio.
“Signori,sono
certo che il poco tempo che abbiamo passato insieme e stato,se non
bello,almeno stimolante e se mai dovessi passare di nuovo da questi
parti,sappiate che i miei servigi sono a vostra disposizione...per la
giusta somma ovviamente.”
“Non contarci,dopo
il disastro che hai combinato con il comandante abbiamo rischiato
veramente un conflitto armato. Preferiamo farne a
meno.”,disse
Kemuti in tono piatto.
“Scommettiamo? E
tu ragazzone,pensi di farcela senza il mio aiuto,ho devo far
impazzire un altro comandante per salvare nuovamente questa
città?”
Midas
sul momento
non disse nulla ma a stento trattenne un sorriso divertito per quella
descrizione sullo stato attuale delle cose.
“Per il momento
penso che potremo farcela da soli,la nostra sarà anche una
giovane
democrazia,ma sappiamo difenderci molto bene quando la situazione lo
richiede e per ora,possiamo dire di tirare un sospiro di
sollievo.”
“Fino al termine
degli accordi.”
“Già,fino al
termine degli accordi....Buona fortuna.”
Un
ultimo sguardo
tra il mercenario e il presidente e la stima da parte di entrambi si
fece più grande. L'uomo che combatteva per denaro e l'uomo
che
difendeva il suo stato,così diversi ma in qualche modo
così simili.
Il cielo si fece ancora più chiaro e si mostrava poco sopra
le mura
un leggero bagliore tra l'arancione e il rosato,segno che a momenti
il sole sarebbe sorto e non trattenendo più gli indugi
Milziade fu
il primo a scuotere le briglie e incitando Briseide ad una rapida
partenza l'animale nitrì eccitato e ancora una volta
partì verso un
altra destinazione,ma questa volta seguito da una principessa votata
a un dio,un ragazzo vestito da gladiatore,un elfo tremendamente
ironico e un nano scorbutico. Un avventura simile non se lo sarebbe
mai aspettato,a prescindere da quanto lo avrebbero pagato per credere
ad una storia simile. Midas e il consiglio li videro farsi sempre
più
piccoli,mentre scorrazzavano per la via principale e raggiungendo la
porta che li avrebbe condotti verso il confine più rurale
del
piccolo governo di Aegis.
“Signore,lei si
fida così tanto di lasciare l'unica vera erede dell'impero
di Nova
in compagnia di un simile bifolco?”,disse Kemuti dubbioso
sulla
cosa.
“Ha
ragione,infondo cosa sappiamo di lui? E un mercenario e combatte solo
per soldi. Forse avremmo dovuto trattenerlo in cella e lasciare
partire gli altri.”,disse Ruhfna scontrosa verso Milziade.
“Forse,ma io
ritengo che sia un bene,che un individuo come lui sia stato scelto
per questo compito. Perché se quello che il mago ha detto su
di lui
è quel Milziade è la metà dell'uomo
che era un tempo,allora
possiamo stare certi che è stato un bene che si sia unito a
loro,qualunque sia la motivazione che lo spinge.”
“Temo che la
vostra fiducia in quell'uomo sia troppo grande
presidente.”,disse
Kemuti con lo stesso tono di prima.
“Forse si,forse
no. Comunque sia rientriamo signori,oggi possiamo goderci una
giornata di riposo,infondo,c'è lo siamo meritati.”
In
quello stesso
istante,in un altro punto del palazzo,il vecchio incantatore era
tornato nelle sue stanze. Era intento a consultare una pergamena,una
lettera,recante il marchio dell'imperatore. Finito di leggere la
pergamena prese improvvisamente fuoco e in men che non si dica
divenne cenere e cadde al suolo,spargendosi per il pavimento.
“Eh così hai
deciso di fare la tua mossa Silla. Molto astuto da parte
tua,però mi
chiedo se hai preso tutte le misure che la situazione impone. Dopo
tutto,non potevi aspettarti che fosse ancora vivo e del resto
perché
avresti dovuto? Mi sto forse sbagliando....ladra?”
Dietro
di
lui,incuriosita,Amunet guardava tra gli scaffali e il tavolo i
diversi oggetti magici presenti nella stanza,tra cui libri,alcuni
scritti in geroglifico e vecchi di diversi secoli,pietre
preziose,erbe e pozioni di vario genere,tutte cose che gli sarebbe
piaciuto prendere e vendere a chi conosceva lei,o da usare per
facilitare il suo mestiere,anche se sapeva benissimo che non gli
conveniva prendere senza consenso,sapendo che trappole e maledizioni
di ogni sorta avrebbero colpito il malfattore in caso di furto e
quindi non avrebbe rischiato...per lo meno non con lui.
“Chissà perché
voi maghi avete la brutta abitudine di parlare da soli,anche con
qualcuno in vostra presenza. Personalmente ritengo che sia per la
vostra tendenza a stare più in compagnia di libri e
pergamene che
con le persone...o la vecchiaia a seconda dei casi. Per la
cronaca,non saprei cosa risponderti,pare che tu conosca l'imperatore
più di quanto tu voglia ammettere, che per inciso
niente...mi sto
forse sbagliando,mago?”
“Astuta,bella e
astuta. Un miscela che io,personalmente,ritengo assai pericolosa. Ma
basta parlare di queste sciocchezze, immagino che tu abbia rivisto il
tuo amico,il mercenario,dopo quello che hai combinato
all'accampamento dei noviani. Dimmi,come ti è
sembrato?”
“Sempre il solito.
Spaccone,esageratamente fiducioso delle sue capacità e anche
stavolta si è guadagnato l'antipatia altrui. Direi il solito
soldatino che ho imparato ad apprezzare.”
“E a proposito di
lui,vorrei che lo seguissi e ovviamente non ti faccia notare,se
non,quando la situazione lo richiederà,poiché
è di vitale
importanza che Lucilla e i suoi compagni di viaggio trovino il
Demiurgo prima che lo faccia qualcun altro.”
“E suppongo che
c'è qualcosa in ballo di cui non li hai informati e
vero?”
“Forse,ma ha
importanza per il tuo lavoro?”
“No,ma se c'è
qualcosa che io è Milziade abbiamo in comune e che non ci
piace
farci pugnalare alle spalle dalle persone con cui lavoriamo,solo
questo.”
“Affascinante
punto di vista,ora se permetti,gradirei che anche tu ti metta in
viaggio. Sono certo che con il denaro e i mezzi che ti ho dato,tu non
abbia problemi a svolgere il lavoro per cui ti ho assolto. Puoi
andare adesso.”
Senza
che glielo si
dicesse due volte la gatta uscì dalla stanza del mago senza
produrre
il che ben minimo rumore e così facendo sarebbe uscita dal
palazzo
senza nemmeno essere vista. Il mago da parte sua non si girò
neanche
a controllare se Amunet fosse uscita dalla porta o dalla finestra,ma
infondo non gli interessava molto. Quello che gli interessava era lo
svolgimento degli eventi che da poco si erano evoluti e avevano
rispettato tutte le sue aspettative,non tutte come avrebbe
previsto,ma gli ultimi avvenimenti si erano sviluppati in maniera
più
che soddisfacente e sotto molti punti di vista. Milziade,Lucilla e
Silla, i tre personaggi più importanti di questa storia si
erano
mossi,ognuno a modo suo e nel caso della principessa e del prezzolato
non da soli,ma spinti ad agire insieme ognuno da i propri obiettivi
personali. Il sole stava sorgendo e l'inizio di un nuovo giorno si
stava mostrando di fronte a quel mondo di sfide e ricompense,dove
ognuno,a modo suo,giocava un ruolo fondamentale in quell'intricata
storia che era appena iniziata. Ora non restava altro che
aspettare,in attesa di nuove opportunità.
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Capitolo 19 *** Trappola a Cherunensis ***
Avanzava
placido,tranquillo e pensando solo agli affari suoi. Cercando a terra
col grosso naso,piatto e umido qualcosa da mangiare a terra,fossero
bacche,semi o frutti di qualsivoglia sorta. Era beato,distratto...e
poi morto. Si rovesciò a terra con una freccia a lato del
collo,preso esattamente nella zona cervicale,con la punta d'acciaio
infilata tra le vertebre del corto e spesso collo da suino che si
trovava. Nemmeno un lamento è il grosso cinghiale
lasciò questo
mondo senza alcun dolore,come se si fosse addormentato e Nym,con
l'arco trattenuto ancora nella salda mano si inginocchio di fronte
alla creatura,controllò che non ci fosse alcun pericolo
attorno a
lui,poi posò l'arco a terra ed infine recitò
alcune parole rivolte
agli spiriti della foresta e al cinghiale,per quello che comunque era
risultato un uccisione e da ciò non aveva tratto ne gioia
né
orgoglio per la propria abilità. Tornò indietro
con il grosso
animale gettato sulle spalle,cosa che non fu un problema per le sue
braccia e tornò indietro dal gruppo in attesa del suo
ritorno.
Camminò per dieci minuti prima di intravedere un fuoco
acceso in
mezzo ad un accampamento già presente sul posto,allestito da
banditi
e poco lontano dalla via principale che conduceva verso la prima
tappa del loro viaggio,il piccolo avamposto di Cherunensis. Situato
poco fuori dai confini orientali del territorio occupato dalla
città-stato di Aegis sorgeva l'avamposto di Cherunensis,era
un
piccolo fortino militare dove i legionari pattugliavano il confine
con la piccola democrazia confinante,anche se nell'ultimo periodo di
pace dopo la guerra civile era stato limitato al compito di
pattugliare la zona è impedire a merci contrabbando di
passare il
confine,oltre che impedire a criminali,briganti e fuggitivi di ogni
sorta di cercare la salvezza oltre i confini imperiali,cosa che la
maggior parte delle volte non aveva successo e i malcapitati venivano
consegnati alla giustizia e puniti a seconda del crimine compiuto.
Erano in viaggio dall'alba è fino ad ora tutto bene,nessun
mostro,nessun brigante,nessun pericolo inaspettato si era fatto
presentare alla loro presenza,che ora,verso la prima
mattina,riposavano tranquilli,intenti a consumare una colazione a
base di pane,formaggio salato e olive e da bere della semplice
acqua,una colazione leggera e nutriente,adatta per una mattina
d'estate così soleggiata,mentre un leggero venticello si
insinuava
tra le fronde degli alberi e portava freschezza in quella radura
selvatica. Quando l'elfo tornò dal gruppo notò
come tutti erano
beatamente impegnati a non fare niente,tranne Lucilla,che continuava
ad osservare la mappa e teneva in mano il libro,che il mago le aveva
offerto per aiutarla nel suo viaggio. Era intenta a tracciare il
percorso usando solo gli occhi come strumento di precisione e il
libro aperto accanto a se per apprendere le informazioni riguardanti
i pitagorici,il misterioso gruppo di maghi e filosofi che si erano
interessati al demiurgo sia come materia di studio che come
obbiettivo,concreto e tangibile dei loro studi e delle loro teorie.
Riposavano placidamente ma tenevano addosso le loro protezioni e le
loro armi a portata di mano,mentre i loro sensi restavano
sull'attenti,in attesa di dover ricevere brutte sorprese.
“Mia
signora.”,disse Nym avvicinandosi a Lucilla,mentre teneva
ancora
per le mani l'arco e la sacca della cacciagione.
“Oh Nym...”,disse
lei di soprassalto,mentre staccava gli occhi dalla mappa e dal libro
che occupavano gran parte della sua attenzione, “Sei
tornato,com'è
andata la caccia?”
“Bene,ho trovato
un cinghiale e per oggi possiamo dire di esserci guadagnati il
pranzo,per la cena invece possiamo attendere direttamente
all'avamposto direttamente dietro il confine. Ci vorrà
ancora molto
tempo prima che i noviani capiscano che abbiamo lasciato Aegis e
quindi,darci il tempo di entrare di nuovo nell'impero senza destare
troppi sospetti. In ogni caso,credo che almeno per stanotte potremmo
riposare in un un letto caldo. Comunque,scoperto qualcosa in
più?”
“No nulla di
rilevante. Conosco la meta ma il tragitto non mi è noto,non
ho
visioni di alcun genere e per quanto riguarda questa setta per ora ho
solo letto di teorie e filosofia di questi pitagorici,ma per ora
nulla di pertinente al nostro viaggio.”
“Capisco. In ogni
caso non si sforzi troppo e trovi del tempo per riposare quando
può.”
“Lo farò
senz'altro,grazie Nym.”
L'elfo
fece un breve
cenno con la testa e si separò dalla ragazza,portando la
defunta
bestia vicino al focolare allestito, che Gordlack e braxus si erano
occupati di montare mentre Milziade era rimasto al campo a fare la
guardia,ma sarebbe stato meglio dire a non fare niente.
“Ehi matto di
orecchie a punta,cosa ci hai portato di buono oggi?”,disse
Gordlack
mentre sistemava una manciata di rami e rametti che avevano raccolto
nei dintorni.
“Cinghiale,anche
se non te lo meriteresti.”
“Quindi c'è né
di più per me?”,disse Milziade mentre era intento
a controllare la
nuova spada e la qualità del metallo lavorato,che come le
altre
attrezzature ricevute in dono erano di fattura più che
eccellente.
“Per te ancora
meno mercenario.”
“Ogni giorno che
passa ti voglio sempre più bene elfo.”,disse
Milziade con tono
chiaramente ironico.”
Nym
non ricambiò
affidandosi alla sua classica natura calma
distaccata,qualità più
che adatte ad un arciere e si limitò a sedersi vicino agli
altri tre
e prendendo anche lui la sua parte di colazione e mangiando poco alla
volta la sua parte.
“Comunque,ancora
un paio d'ore e saremo giunti al confine con le terre di Nova e da li
bisogna passare per l'avamposto di Cherunensis. Se tutto va bene
passeremo il confine senza nemmeno che si accorgano che Lucilla sia
tornata nel suo impero senza neanche che le guardie al confine se ne
accorgano. Certo,controlleranno le merci e dovremmo pagare una
piccolo dazio per far passare tutte le cose che ci portiamo dietro,ma
a parte questo,prevedo che passeremo senza problemi.”
“Tu
dici?...”,intervenne Braxus con tono preoccupato,
“Non vorrei che
si fossero accorti che abbiamo lasciato Aegis e che adesso
controllino il confine alla ricerca della principessa. Se fosse
così
non avremo modo di passare.”
“Se fosse così i
reparti di cavalleria di quell'esercito posto fuori dalla
città ci
avrebbe già inseguito e dubito che avessero così
tanti ricognitori
da poterli spargere in ogni punto attorno alla città e anche
se
avessero potuto osservarci e coordinarsi per riferire della nostra
fuga avrebbero dovuto inseguirci ,cosa comunque
improbabile,perché
avrebbero rotto la tregua appena stipulata,cosa per nulla opportuna
per l'imperatore,oltre che perdere tempo e tardare alla richiesta di
rinforzi alla quale sono stati costretti a lasciare l'assedio. Sia
dal punto di vista tattico che logistico la nostra fuga per loro
è
un problema minore visto che il loro compito principale era la presa
della città di Aegis.”
“Ma a che scopo
prendere Aegis? Non sarebbe stato meglio inseguire noi piuttosto che
iniziare un assedio? Tutto questo non ha alcun senso.”,chiese
il
nano confuso riguardo al discorso.
“Da quello che ho
capito la città-stato prima era parte dell'impero
è il suo
presidente era disposto a dare sostegno alla vostra principessa,in
qualche modo è venuto a saperlo è ha deciso di
muovere guerra ad
Aegis sapendo il loro intento e così,sia nel tentativo di
riprendersi la città che impedire ad una fuggiasca e i suoi
collaboratori di trovare rifugio in una nazione straniera,avendo sia
le motivazioni che la giustificazione,o casus belli come dicono a
Nova,di poter attaccare senza che nessuno potesse dire qualcosa e
impedire a Silla di fare la sua mossa. Il resto lo sapete
già.”
Nym
erano rimasti
in disparte nel discorso ma aveva ascoltato tutta la spiegazione
senza battere ciglio e doveva ammettere che il mercenario aveva
ragione. Tornava tutto,il tempismo,il numero di uomini,i mezzi e le
circostanze avevano portato Aegis,il loro porto sicuro dagli artigli
dell'aquila dorata era divenuto un obiettivo strategico e centro
d'interesse per le mire dell'imperatore,sia dal punto vista militare
che da quello personale,in quanto anche lui alla ricerca del
Demiurgo. Purtroppo nella lista dei loro nemici Silla era senza
dubbio il peggiore. Feroce,spietato,attento,calcolatore e con una
forza fisica da far impallidire persino il peggiore dei mostri. Uno
così di certo non vorresti mai averlo contro.
“C'è un problema
riguardo al tuo ragionamento”,disse Nym pensieroso,
“Se è vero
che Silla ora è stato costretto a scendere a patti con Aegis
per
coprire lo scandalo della disfatta di un suo generale e della
rinuncia della conquista di Aegis per far inviare rinforzi da un
altra parte,cosa ci garantisce che le sue spie,ammesso che ci fossero
ad Aegis,non abbiano aspettato che fossimo usciti dalla
città per
poi essere catturati appena giunti a Cherunensis?”
Milziade
si prese un
attimo di tempo per raccogliere le idee e cercare di dare la miglior
risposta a lui più conveniente,in quanto Nym aveva tirato in
ballo
un ottima questione. Doveva riordinare le idee,ragionare,concentrarsi
sulla situazione è valutare tutte le
disponibilità possibili. Dare
la risposta migliore e dare una risposta che piacesse a tutti non era
la stessa cosa.
“Nulla...assolutamente
nulla. Per quello che ne potete sapere potevate essere seguiti fin
dall'inizio e non esservene accorti ed ora,con me in mezzo a voi e
noi,che stiamo per mettere la testa tra le fauci del lupo,o della
lupa se preferisci,potremmo anche cadere in una trappola. Ma
tuttavia,ritenete saggio restare in questi territori,seppur al
sicuro,bloccati mentre l'imperatore e chissà chi altro trova
questo
Demiurgo e ci fa quello che gli pare e piace? Rispondete
onestamente.”
“No
Milziade....”,disse Lucilla tutto a un tratto,staccando la
sua
attenzione sulla mappa e dal libro, “Non possiamo permetterci
di
restare fermi quando sappiamo che qualcun altro,la fuori,nel
mondo,potrebbe usare il potere del Demiurgo per scopi puramente
malvagi ed io,Flavia Lucilla Equo,sacerdotessa di Apollo ed erede al
trono di Nova non posso permetterlo,al di là di ogni mia
paura,di
ogni mia incertezza io devo riuscire nell'impresa o per lo meno
tentare. Voi restereste fermi a guardare ciò che
più amate sapendo
che rischiate di perderlo,se non farete nulla per impedirlo?”
Restarono
tutti in
silenzio. Sentirla parlare in quel modo la faceva sembrare molto
più
grande dell'età che dimostrava,che agli occhi del mercenario
pareva
andasse tra i quindici e i diciassette anni,ma non si era informato
sulla cosa,sia perché il saperlo non lo ripagava in alcun
modo,sia
perché non era veramente interessato,eppure,con quel
tono,così
pacato e allo stesso tempo così serio la faceva sembrare in
tutto e
per tutto una vera e propria regina. Nym,Gordlack e Braxus non
osarono parlare e sapevano bene quale fosse la risposta più
ovvia da
dare a quella domanda. Sapevano a cosa si stava riferendo e
imbarazzati non aprirono bocca,le loro espressioni parlarono per
loro. Passò il tempo nel silenzio generale e quando fu l'ora
del
pranzo iniziarono a preparare il cinghiale,lo tagliarono grazie agli
utensili che avevano ricevuto,insieme a molte altre cose di cui erano
stati forniti,lo spellarono,lo fecero a pezzi,accesero il fuoco e
grazie ad una sapiente disposizione della legna e della carne,insieme
a due piastre di ferro dalla superficie ondulata prepararono una
griglia di fortuna e misero a cuocere i diversi pezzi dell'animale.
L'ora del pranzo si rivelò particolarmente
ricostituente,poiché la
carne del cinghiale,che venne poi salata e aromatizzata con alcune
erbe selvatiche locali che l'elfo conosceva bene,diede un sapore
più
acceso e corposo al selvatico suino che ora riempiva i loro stomaci.
La sacerdotessa come sempre mangiava piano e senza ingordigia come
l'era stato insegnato per i costumi dell'alta società e
completamente all'opposto il nano mordeva,strappava e di tanto in
tanto doveva pulirsi la lunga barba con cura e usando la mano
pulita,quella con la quale non stava tenendo la carne,mentre gli
altri tre mangiavano più o meno alla stessa maniera,in
particolar
modo l'elfo,che se ne stava leggermente in disparte dagli altri e
mangiava appoggiato ad un albero,restando ad una distanza che gli
permettesse di controllare i dintorni e allo stesso tempo non essere
troppo distante dal gruppo. Una volta terminato il pranzo decisero di
passare un altra oretta per digerire e mettere a posto le proprie
cose. Poi partirono,allontanandosi ancor di più dalla
sicurezza
della città di Aegis.
Erano
passati un paio di giorni da quando aveva subito quell'orrenda ferita
all'occhio. Odio,per la preda che aveva osato ferirlo rovinosamente.
Odio,per l'umano che lo aveva sconfitto e umiliato,facendolo sentire
un debole. Odio,odio,odio e nient'altro che odio. Nimerin sentiva
solo odio in quei due giorni passati ad aspettare. Aveva trovato un
altura rocciosa,che sormontava,il sottostante avamposto di
Cherunensis,che lui sapeva un tempo,prima della costruzione della
zona di controllo era presente un villaggio dove una volta sorgeva un
sito cerimoniale,dove un tempo i barbari della zona offrivano animali
in sacrificio per calmare o ingraziarsi le forze della natura,ed
ora,vi era stato costruito un avamposto militare. Sulla sua pelle
erano nuovamente presenti i precedenti tatuaggi che aveva dovuto
sacrificare,insieme a buona parte del suo potere per salvarsi la vita
contro quell'umano,che era riuscito a imbrogliarlo così
maledettamente bene che si era reso vulnerabile al contrattacco della
sua preda. Miele,miele delle api di bronzo,quante
probabilità
c'erano che c'è ne fosse una scorta in un magazzino
abbandonato?
Poco importava oramai,sapeva bene che quell'umano sarebbe dovuto
passare di li se voleva tornare all'interno dei confini imperiali. I
presagi erano giusti e gli dei parlavano attraverso coloro che
stavano ad ascoltarli,questa volta non avrebbe fallito e l'orda
selvaggia avrebbe tratto solo vantaggi da questa nuova offensiva.
L'ultima volta aveva confidato in orsi e goblin per i suoi agguati.
Si guardò alle spalle e li in alto,insieme a lui,questa
volta,si
sarebbe accompagnato a bestie e umanoidi ben più spaventosi
ed
agguerriti per la sua nuova ed ennesima brutalità,in attesa
che
questa volta fossero tutti insieme per cadere nella sua trappola. Il
lupo questa volta avrebbe pranzato con il cadavere della pecorella e
lo avrebbe fatto con estremo piacere. I rinforzi erano
presenti,l'inganno preparato e questa volta aveva usato anche la
malizia tipica della gente civilizzata. Ora doveva solo aspettare.
Arrivarono
a
pomeriggio inoltrato,di fronte alla muraglia di pietra che difendeva
il confine. L'avamposto di Cherunensis era di fronte a loro. Erano
giunti in quel punto attraverso una delle vie principali,in questo
caso quella settentrionale controllate da Aegis,dalla quale molti
viaggiatori e mercanti,dovevano passare per giungere alla
città
dalle bianche mura o per fare la strada contraria e tornare
nell'impero,che fosse da una parte o dall'altra. In quel momento la
strada era poco percorsa,a parte l'ora,dalla quale si poteva intuire
che passare non sarebbe stato difficile,almeno fisicamente. Nella
pratica invece c'erano una serie di pali di legno appuntiti e uniti
tra loro e disposto in modo da formare un primo perimetro
difensivo,come quando si montava un castrum,utili per rallentare le
cariche di fanteria e arrestare completamente quelle di
cavalleria,solo la strada non era stata occupata,per ovvi motivi
legati alla viabilità del passaggio. Oltre a ciò
era un piccolo
manipolo di guardie,una decina di uomini,semplici legionari sotto il
controllo di un ufficiale diretto con il compito di controllare i
passanti e ciò che si portavano dietro. Nulla di che,solo
una
semplice mansione di controllo.
“Bene,ci conviene
scendere da cavallo e metterci in coda. Se tutto va bene,passeremo
senza destare sospetti.”,disse Milziade con tono neutrale e
muovendosi per primo,incoraggiando gli altri quattro e se stesso a
mettersi in coda con altre persone,tutte intente a voler passare il
posto di guardia.
Il
prezzolato sapeva
bene come bisognava comportarsi in queste situazioni e gli era
capitato più di una volta di dover oltrepassare un
confine,un posto
di blocco,un zona sotto controllo militare per motivi legali,o meno e
a seconda della situazione la cosa poteva andare bene o male,ed
essere giunto vivo fino a quel momento voleva dire che conosceva il
suo mestiere meglio di molti altri. A mano a mano che le persone
avanzano,la maggior parte venne fatta passare senza troppi
problemi,mentre due nani,vestiti come mercanti di gemme e con tanto
di carro,con valori in oro e gemme vennero riconosciuti e arrestati
immediatamente. Accusati pubblicamente di essere due truffatori
implicati nel commercio di false pietre preziose,erano ricercati da
tempo vennero riconosciuti dalla guardie,grazie anche ad alcuni
documenti di identificazione che vennero distribuiti alla forze
militari presenti in zona. Furono presi di forza,legati ai polsi e
scortati da un paio di legionari dentro l'avamposto e scomparendo
dietro la porta d'ingresso. Dopo questa scena il morale del gruppo
calò leggermente,ma ciò non gli impedì
di avanzare ulteriormente e
avanzarono ancora,altri passi,prima della verità,prima di
sapere se
il loro passivo inganno avrebbe funzionato,o no. Si fecero avanti
tutti insieme quando toccò al loro e le guardie
sospettose,com'era
implicito nel loro lavoro e li scrutarono con fare serio e rigido. A
loro si avvicinò un soldato,un umano,un uomo maturo,non
troppo
alto,ma con le spalline ornate e la corta mantella che gli coprivano
le spalle indicavano un rango superiore,seppur di poco,alle altre
guardie presenti al posto di blocco. L'uomo,con espressione dura sul
volto si rivolse
“Fermi,siete in
gruppo per caso?.”,disse il soldato con tono autoritario.
“Si
signore...”,rispose Milziade con tono falsamente pacato e
tranquillo, “Siamo un gruppo di avventurieri,ci siamo mossi
verso
Aegis in cerca di lavoro,abbiamo superato il confine noviano qualche
giorno fa.”
“Davvero? E come
siete usciti dalla città se era sotto assedio?”
“Non eravamo in
città al momento dell'assedio. Ci trovavamo fuori,nella zona
rurale,poco fuori dalle mura,stavamo svolgendo un compito per conto
di un cliente che intende restare anonimo,in quanto ha richiesto per
contratto,che non facessimo parola riguardo allo svolgimento del
nostro compito.”
“E il contratto?”
“Terminato e
rimasto in mano al cliente come da regolare richiesta.”
“E il pagamento?”
“In moneta
sonante,che adesso stiamo trasportando con noi.”
Il
soldato continuò
ad osservare il mercenario con fare torvo e attento,volendo imporre
la sua autorità anche con lo sguardo. Milziade sapeva che
quell'uomo
non era stato convinto completamente dalla sua storia. Ma sapeva
anche che oltre a fare il suo compito,non poteva fare molto altro.
“Va bene
entrate...ma state attenti al vostro argento,non sarebbe bello se
qualcuno ve lo portasse via sotto il naso. Ora andate.”,disse
il
soldato con aria provocatoria.
Milziade
chinò
leggermente il capo e lui e gli altri passarono il posto di blocco
senza nemmeno che i soldati li perquisissero le borse o chiedessero
loro di dichiarare quali oggetti portassero con se,oltre alle
vesti,le protezioni e le armi che già impugnavano. Una volta
passati
attraversarono l'ingresso è si trovarono all'interno della
zona
fortificata che appariva a tutti i viaggiatori,come un piccoli
fortino militare,attorniata da una cinta di mura in pietra,il tutto
costruito circondati da un piccolo bosco di abeti,che ricopriva anche
una grande altura rocciosa che si innalzava a di sopra delle difese
in pietra lavorata. L'interno dell'avamposto invece sembrava una
delle tante stazioni di posta, o mansio nella liingua dell'impero e
consistevano in postazioni di origine militare,e che offrivano
vitto,alloggio e cavalli freschi nel caso c'è ne fosse stato
bisogno
a tutti i viaggiatori che ne avessero avuto bisogno ed erano
distribuiti in ogni parte dell'impero. Presero alloggio alla taverna
del forte,il soldato squattrinato,così si chiamava la
taverna e
misero i tre cavalli nella stalla,poi quando arrivò l'ora di
cenare
si misero ad un tavolo e fu portata loro,per una modica somma di
cinque cesari d'argento,alcuni piatti con:pane,formaggi locali,pollo
grigliato,zuppe di fave e di fagioli e vino rosso,richiamando
l'appetito di tutti gli occupanti del tavolo.
“Bene
ragazzi,anche questa è fatta,abbiamo superato il confine
senza che
destassero sospetti.”,disse Braxus mentre agguantava del pane
lo
usava per raccogliere una manciata di fave e buttarle giù
con
entusiasmo.
“Abbasso la voce
sbarbatello,vuoi forse farci scoprire?”,disse Gordlack
irritato per
quel comportamento da ragazzo irresponsabile.
“Oh scusa.”
Tutti
stavano
mangiando tranquillamente quella cena abbondante che li avrebbe
aiutato a cedere al sonno e soprattutto a soddisfare i loro stomaci
affamati. Tuttavia Milziade e anche Nym avevano una strana
espressione sul volto. Erano pensierosi e il suo sguardo vagava
chissà dove mentre addentavano passivamente qualcosa e lo
accompagnavano ad un po' di vino.
“Ehi
Milziade,tutto bene?”,chiese Braxus con tono di voce
più cauto e
accorto,per non farsi nuovamente rimproverare.
“No,temo di no.”
“No? Di che
caspita stai parlando matto di un umano? Abbiamo passato il confine
con Aegis e siamo nuovamente dentro Nova. Mi spieghi cosa
c'è che
non va?”
“C'è che qualcuno
ci ha scoperti.”
Tutti
smisero di
mangiare e le espressioni sul loro volto si fecero più serie.
“Continuiamo a
mangiare,cerchiano di non destare più sospetti di quelli che
abbiamo
già rivelato.”
“Sei certo ci
abbiano scoperto? Eppure avrebbero dovuto arrestarci al confine come
hanno fatto con quei due nani qualche ora fa. Perché allora
farci
passare?”,chiese preoccupata la sacerdotessa.
“Più che sicuro e
immagino di non essere stato l'unico ad accorgersene,vero
Nym?”
Milziade
si rivolse
all'elfo,che con calma apparente continuava ad affondare il cucchiaio
di legno nella zuppa e mangiava,come se non fosse successo nulla.
“Avevo il sospetto
che ci fosse qualcosa che non andava. Quel soldato con cui hai
parlato,ha accennato a dell'argento.”,disse Nym rivolto al
mercenario.
“E io ho accennato
a del denaro contante...non ho mai nominato dell'argento. A questo
punto le spiegazioni sono due: Ho qualcuno dei soldati li presenti
vede attraverso le superfici e questo mi pare il caso più
improbabile,oppure....”
“Sapeva già del
contenuto,il che vuol dire che lo sapeva di suo oppure qualcuno lo ha
informato. Ma perché sembrava interessato
all'argento?”
“Perché è
corrotto. Sembrava interessato ai nostri soldi e non al fatto che
stiamo scortando una criminale imperiale. Può darsi che sia
stato
informato dell'argento ma non della principessa...”
“Quindi chi lo ha
informato della cosa non voleva fargli sapere di Lucilla,ma voleva
coinvolgerlo per poterci ostacolare.”
“E qui siamo in
trappola. Quel soldato mi sembrava un sottufficiale,ha
l'autorità
necessaria per informare il comandante di questo avamposto e chiudere
ogni nostra via di fuga,ma forse,conoscendo la sua avidità
possiamo
sfruttarla a nostro favore.”
“E come?”,chiese
Gordlack mentre imboccava pane e pollo tutti insieme.
“Prima mangiamo,ci
serviranno energie in caso di azione e poi è ancora presto
per
agire,tranquillo,ho già in mente qualcosa. E tu mia
cara...”,disse
Milziade rivolgendosi a Lucilla con un sorriso degno di un lupo,
“Avrai un ruolo cruciale in quello che sto per
fare.”
Lucilla,rimase
interdetta e spaventata di fronte a quel ghigno malefico,mentre il
nano,ancora con la bocca piena di cibo,prese d'istinto il maglio in
mano,tenendolo pronto vicino alla sedia. Mugugnando qualcosa sul
voler spaccare la testa al mercenario e giustificandosi per
l'omicidio con i soldati all'avamposto per legittima difesa.
Qualche
ora più
tardi
Il
cielo si era
fatto scuro,coprendo di nero la volta celeste,mentre le stelle in
lontananza brillavano come tanti gioielli ricamati su una stoffa
preziosa. Dalla taverna uscì il sottufficiale,allegro e con
un
sorriso che solo chi aveva il vizio di bere molto,ma non a cadere al
terzo bicchiere di vino forte,dal gusto selvatico e acidulo,come
piaceva agli imperiali. Si guardò attorno,soddisfatto e
sicuro di
se,quando all'improvviso,sentì qualcosa urtargli la
spalla,fece per
guardarsi attorno,che fosse per l'ora tarda o per gli effetti del
vino che si facevano sentire,non riuscì a vedere chi fosse
stato e
si accorso solo di un foglio di pergamena,forse caduto a terra da chi
lo aveva spinto. Lo raccolse e notò che sopra c'era scritto
qualcosa,in latino.
“Comodo
arricchirsi con i soldi altrui vero? Sarebbe un peccato non
condividerne con un compagno d'armi non trovi? So di come sottrai
soldi ai viaggiatori e se non vuoi che spifferi tutto al centurione
in comando e sappi che le prove non mi mancano. Vai nella stanza del
gruppo di avventurieri che hai fermato oggi e preleva tutto il denaro
che possiedono,secondo piano terza stanza,poi dirigiti alle
stalle,li troverai altre istruzioni. Attento a ciò che
fai,ti sto
osservando.”
Quando
finì di
leggere il suo cuore iniziò ad accelerare sempre
più forte. Com'era
possibile che fosse stato scoperto? Era un attività che
andava
avanti da anni ed era stato più che attento a non farsi
scoprire. Ma
chi era e da quanto tempo lo sapeva? Possibile che avesse veramente
delle prove?Che avesse trovato gli ori e i preziosi che conservava
nella sua stanza? Che sapesse anche delle monete sottratte ai due
truffatori di quel pomeriggio e che non aveva dichiarato durante la
perquisizione? Non sapeva più cosa pensare e preso dalla
paura e
dalla disperazione rientrò nella taverna,salendo le scale a
perdifiato. Una volta giunto non impiegò molto tempo per
trovare la
porta indicata nella lettera e come scritto,controllò se ci
fosse
qualcuno nella stanza,appoggiando l'orecchio alla porta e quando non
sentì nessuno,aprì leggermente incurante del
pericolo. La stanza
era illuminata da una finestra che dava sulle stalle e dalla sua
angolazione,permetteva alla luce di entrare quel tanto che bastava
per illuminare la zona centrale,dalla quale si potevano intravedere
nel semi oscurità della stanza un letto singolo e ai suoi
piedi un
piccolo baule di legno,stranamente non era stato chiuso a chiave,ma
poco importava al soldato e decise di aprire il baule,al cui interno
trovò un pesante sacchetto contenente monete della
città di Aegis
per un valore di cinquemila cesari d'oro,con una paga da soldato come
la sua non avrebbe potuto raggiungere una tale cifra in così
breve
tempo nemmeno se fosse stato ufficiale in periodo di guerra. La prese
e appena si alzò andò alla finestra,per
controllare se ci fosse
qualcuno alle stalle. All'inizio non gli parve di vedere
qualcuno,però,con la coda dell'occhio,notò in
lontananza una strana
figura affacciarsi all'angolo esterno della stalle e dirigersi verso
l'entrata dell'edificio. Appena scomparve fece per andare alla
porta,ma quando tentò di aprirla,la trovò
bloccata,fece per tirare
la maniglia,ma se prima la porta,di semplice legno,aveva un peso di
pochi chili adesso invece,sembrava di trascinare un macigno a mani
nude,qualunque cosa ci fosse dall'altra parte a spingere.
“Che ti avevo
detto,c'è un ladro nella nostra stanza. Presto va a chiamare
le
guardie,io lo tengo qui dentro.”
Un
ladro?Le
guardie?Ma lui era un soldato di Nova,non poteva farsi trovare in
quella stanza,che ne sarebbe stata della sua carriera?Della sua
rispettabilità? I ladri secondo il codice penale noviano
scontavano
un periodo in prigione e la maggior parte delle volte finiva
abbastanza bene,senza troppe conseguenze. Ma se un soldato veniva
scoperto a rubare a cittadini noviani e viaggiatori,che secondo la
legge vantavano gli stessi diritti dei cittadini fin tanto che non
infrangevano la legge o non venivano riconosciuti come criminali e
nemici dello stato erano protetti anche loro, veniva congedato con
disonore,processato,fustigato pubblicamente,imprigionato o anche
fatto schiavo,per crimini contro lo stato e per disonorato il
giuramento fatto di fronte agli dei quando venne riconosciuto come
legionario. Non poteva farsi catturare. Disperato,guardò la
finestra
e con i soldi in mano decise di gettarsi dalla finestra. La caduta
non fu rovinosa,ma atterrò male su una gamba,che gli dolse
sotto la
pianta del piede e col favore delle tenebre si diresse alle
stalle,confuso e per nulla sicuro di quello che stesse succedendo.
Entrò nelle stalle,dove coperto dall'interno buio,dove
animali come
cavalli,asini e muli erano intenti a dormire e riprendere le energie
dal trascinare i carri,mercanzie o più semplicemente i loro
padroni,che dopo miglia e miglia di faticosi e difficili
passi,potevano sdraiarsi a terra,circondati dalla paglia per tenerli
caldi e nutriti con biada e cereali quali orzo e avena,più
nutrienti
della semplice erba e acqua a volontà per dissetarsi. Si
guardò
attorno e non vide nessuno,troppo buio per vedere se c'era
qualcuno,troppo agitato per capire cosa stesse succedendo e il vino
che gli circolava in corpo di certo non lo aiutava a pensare meglio.
“Hai portato i
soldi?”
Una
voce
improvvisa,da uomo,non capiva dove fosse e agitato estrasse il gladio
e puntò l'arma di fronte a se,dove credeva di aver sentito
la voce.
“Si.”
“Bene,adesso
rispondi ad un mia domanda,come facevi sapere dei soldi?”
“Cosa?”
“Oggi
pomeriggio,quando siamo passati hai fatto riferimento a dell'argento
che quegli avventurieri si portavano dietro e non mi pare che
avessero specificato di avere dell'argento con loro. Chi ti ha dato
l'informazione?”
“Ha importanza? Ti
ricordo che stai minacciando un soldato,per giunta un
sottufficiale,quindi,se non vuoi passare dei guai arrenditi
e.....”
Non
fece in tempo a
finire la frase che sentì qualcosa colpirlo dritto sul naso
e farlo
cadere a terra,poi,qualcosa gli venne rovesciato addosso,sentiva che
era qualcosa di liquido,acqua forse? No aveva un odore inteso e
familiare,qualcosa che aveva consumato qualche momento fa. Vino? Era
forse vino quello?
“Ma cosa stai
facendo?”
“Condivido una
brocca di vino,ma aspetta,tu se non sbaglio dovresti dovresti essere
a letto a quest'ora,non a bere e a derubare i passanti. Hai preso
proprio un brutto vizio lo sai?”
“Non ti conviene
fare il furbo con me.”,disse lui ancora più
nervosamente,cercando
di rialzarsi. Ma venne spinto di nuovo a terra e altro vino gli fu
buttato addosso.
“Quanto vale la
parola di un soldato ubriaco e per giunta ladro? Sono sicuro che
tutti i presenti a Cherunensis siano curiosi di sapere cosa ci fa un
loro superiore con del denaro che non gli appartiene,che stava per
andare a nascondere chissà dove inseme ad altra refurtiva
non
dichiarata. Chi ti ha dato l'informazione? Ti consiglio di dirmelo,
ho tra pochi minuti ti troverai un gruppo di legionari pronti a darti
un trattamento peggiore del mio.”
“Io...io non lo
so.”,disse il sottufficiale spaventato
Altro
vino gli venne
gettato addosso
“CHI TE L'HO HA
DETTO?”, tuonò la voce,tanto violentemente e
improvvisa che alcuni
cavalli li vicino si mossero intimoriti,nitrendo per lo spavento
appena subito.
“Non lo so è la
verità. Si è presentato un paio di giorni fa un
viaggiatore,era
sera è mentre bevevo mi ha appoggiato un sacchetto pieno di
soldi è
mi ha detto che sapeva che sottraevo denaro ai passanti duranti i
controlli della merce. Mi ha promesso che se avessi visto un gruppo
formato da tre umani,un nano ed un elfo avrei dovuto fermarli e che
avrei avuto solo da guadagnarci.”,disse il soldato ormai
impaurito
e preda del terrore di essere colto in flagrante.
“Come faceva
sapere dell'argento?”
“E io che n'è so?
Mi ha solo detto che sapeva dei soldi. Ho preso quelli che ha offerto
è aspettato il loro arrivo.”
“Che aspetto
aveva?”
“Aveva una
cicatrice sul volto ed era parzialmente cieco. Era coperto da un
mantello,ma era a petto nudo e portava dei tatuaggi neri,come quelli
delle tribù barbare. Qui molti dei locali discendono da
quella
gente.”
“E poi? C'è
dell'altro?”
“Ha detto solo che
avrei dovuto trattenerli qui all'avamposto per una qualunque ragione,
ma è tutto ciò che so te lo giuro.”
All'improvviso
però
la luce di alcune fiaccole illuminò le stalle,portando la
luce
emessa da quelle piccole fiammelle,accompagnato dai pesanti passi di
uomini in armature metalliche. Il passo dei legionari era
inconfondibile.
“Adesso,chiunque
tu sia,prendi i soldi se vuoi,ma non farmi arrestare ti
prego.”
“Avresti dovuto
pensarci prima,avresti dovuto farti furbo invece che avido. Paga le
conseguenze delle tue azioni noviano.”
L'area
in cui si
trovava il sottufficiale si illuminò a giorno e se prima il
suo
interlocutore non c'era più ora sapeva di essere veramente
nei guai.
Ora al suo posto vi era un manipolo di guardie,con le loro loriche
segmentate e spada alla mano guardavano il loro superiore,con aria
disgustata e piena di giudizi verso l'uomo che per loro avrebbe
dovuto essere un esempio di marziale rettitudine e che invece si era
rivelato un volgare ladro da due soldi,ubriaco e senza alcun
ritegno,sdraiato a terra in mezzo all'olezzo di sterco e paglia.
“Signore...”,disse
uno dei legionari con voce colma di sdegno e autorità,
“Lei è
accusato di furto e incriminato per probabile corruzione,in quanto
sospettato non solo di aver sottratto illecitamente denaro ai
criminali arrestati,ma anche di essere in combutta con criminali e
trafficanti di vario genere. Lei è in arresto.”
“No aspettate,non
potete,mi hanno incastrato lo giuro.”
Altri
due
legionari,gli sottrassero le monete d'argento è lo alzarono
di
forza,legandogli le mani dietro la schiena con una corda e
spingendolo in avanti verso l'uscita delle stalle,mentre gli
animali,nervosi,nitrivano e ragliavano,confusi a quella scena,con le
fiaccole accese e il suono delle armi contro le armature tenne gli
animali da soma svegli e nervosi ancora per un po',prima che si
calmassero e tornassero a riposare. Mentre arrivarono all'uscita,uno
dei soldati,che teneva la borsa si avvicinò ad una coppia,un
uomo e
una ragazza,in attesa vicino alle stalle.
“Ecco signori,il
vostro denaro,mi auguro che ci sia tutto.”,disse il
legionario,mentre si avvicinava all'uomo,che preso il sacchetto,lo
legò alla cintura di cuoio del gonnellino. Il sottufficiale
squadrò
entrambi e riconobbe,la ragazza,che aveva osservato brevemente quando
era passata e lui,l'avventuriero. Gli passò per la mente un
pensiero,una vaga idea della loro presenza li,fuori dalla stalla,nel
cuore della notte. Erano Milziade e Lucilla.
“Aspetta...”,disse
il sottufficiale mentre guardava l'uomo,
“Aspetta,tu,lei,siete
quelli di oggi. Mi avete incastrato. Mi avete incastrato,bastardi.
Fermatevi,fermatevi ho detto,sono un vostro superiore...”
L'unica
risposta che
ricevette quando si mise a protestare,fu un forte schiaffo sulla
nuca,intimandogli di avanzare e di stare in silenzio,se non voleva
aggravare la sua situazione.
“Vi ringrazio
signori per il vostro aiuto,se non fosse stato per voi non avremmo
recuperato i nostri risparmi. Io e la mia fidanzata siamo andati a
trovare un suo zio mercante di tessuti,che soggiornava ad Aegis dove
aveva fondato la sua attività. Ma con il rischio di un
conflitto
siamo dovuti partire subito e oggi abbiamo passato,il
confine.”,disse
il mercenario,mentre teneva a braccetto la sacerdotessa,fingendo con
una certa abilità di essere il suo fidanzato.
“Capisco,l'importante
e che non ci sia stata alcuna violenza da parte del nostro superiore.
E dire che non avremmo mai sospettato di lui se non fosse stato per
questo episodio.”
“Si beh,ora io e
la mia fidanzata,nonché promessa sposa,potremmo tornare a
casa e
convolare a nozze e per fortuna con la sua dote ancora intatta. Vero
cara?”
Lucilla
non
rispose,troppo timida e impacciata per dire anche una sola singola
bugia,si ritrasse in se stessa,anche perché non voleva farsi
smascherare per una pessima messa in scena come avrebbe potuto essere
per le sue pessime capacità recitative. Ma fortunatamente
Milziade
era pronto anche per quella situazione.
“Temo che sia
rimasta sconvolta per quello che è appena accaduto,sa che
come sono
le ragazze,così facilmente impressionabili. Non so se mi
spiego.”
“Si
certo,comprendo. Ora se volete scusarmi....”
“Aspetti,per
ringraziarvi volevo offrire un giro di bevute a lei e al suo gruppo,
io e la mia fidanzata sentiamo il bisogno di sdebitarci in qualche
modo. So che non è molto però...”
“Molto gentile,ma
ora non possiamo siamo in servizio. Guardi,come se avessimo
accettato,tuttavia...se volete sdebitarvi,vi chiedo a nome del mio
comandante, e di questa centuria si intende,se poteste evitare di
raccontare quanto accaduto qui,sapete...non vogliamo dare una brutta
immagine dei soldati noviani, soprattuto di quelli che lavorano
presso i confini,non so se mi sono spiegato.”
“Si
certamente...”,Milziade si passò una mano sulle
labbra chiuse,come
se ci avesse passato un ago e un filo,segno di essersele cucite a
dimostrare che non avrebbe detto niente.
“Grazie
infinite,buona notte e che Mercurio protegga il vostro viaggio.
Così
facendo il
soldato fece un leggero cenno con la testa e tornò presso ai
suoi
compagni per scortare il sottufficiale,o meglio,ex sottufficiale per
scortarlo nella sua cella e da li in avanti,il suo destino era
già
stato segnato.
“Milziade,posso
farti una domanda?”,chiese Lucilla come in preda ad un dubbio
atroce.
“Dimmi.”
“Mi spieghi come
sei riuscito ad organizzare tutto quanto? Io veramente non ci ho
capito nulla.”
“Oh ma è semplice
raggio di sole. Basta pensarci su.”
Per
lui era facile
parlare,pensare ad un piano tanto orchestrato quanto campato all'aria
era proprio nel suo stile e la cosa più assurda e che buona
parte
delle volte funzionava. Il tutto era stato fare in modo che ognuno
facesse la sua parte. Non era difficile intuire che il sottufficiale
sarebbe andato a farsi una bevuta dopo il suo turno di lavoro,da li
in poi il piano si sarebbe svolto in maniera rapida e precisa. Nym
aveva aspettato che il soldato entrasse a farsi una bevuta e
nell'attesa avrebbe aspettato,come avrebbe fatto ogni buon cacciatore
e quando sarebbe uscito,rilassato e in preda agli effetti del vino
avrebbe spintonato il soldato e sarebbe filato via,lasciando a terra
un foglio di pergamena,uno dei tanti che il mago aveva consegnato nel
caso avrebbero dovuto mandare un messaggio o annotare qualcosa con
dell'inchiostro. Appena il sottufficiale sarebbe salito per prendere
i soldi sarebbe stato il turno di Gordlack,che appena vicino alle
scale,sarebbe salito anche lui e nel breve lasso di tempo avrebbe
usato tutta la sua forza nanica per tenere la porta e fingere che
stesse parlando con qualcuno e incitando la figura fittizia da andare
dalle guardie e lasciando la finestra,ovviamente,aperta il soldato si
sarebbe gettato giù non volendo essere scoperto in
flagrante. Qui
entravano in gioco Milziade e Lucilla. Milziade con la scusa di
controllare Briseide si era portato con se tre otri di vino,che aveva
nascosto nella cella della giumenta e a quel punto sarebbe uscito,si
sarebbe accompagnato alla principessa verso la caserma dei legionari
e inventarsi una storia su un furto avvenuto nella loro stanza e che
una strana figura si era diretta verso le stalle,sapendo che,le
guardie non avrebbero potuto rifiutare la sua richiesta d'aiuto in
quanto seppur un avventuriero non poteva farsi giustizia da solo e
sguainare la spada come se nulla fosse. Avrebbero dovuto pensarci i
legionari a quella situazione e così,raccolsero un manipolo
di
uomini e controllare che il malfattore fosse li. Da qui
entrò in
scena Braxus,che giunse nella cella di Briseide,vide il vino e sapeva
già cosa fare. Aspettò il soldato e nel buio
delle stalle il
vantaggio fu suo,passò esattamente vicino alla cella di
Briseide,da
li lo interrogò e gli buttò addosso il
vino,ricordando le
istruzioni del mercenario,si fece dire quello che doveva sapere e
quando arrivarono le guardie dovette solo andar via. Ora non restava
altro da fare che aspettare il giovane e ricevere le informazioni che
aveva estrapolato dal sottufficiale. Un piano complicato,ma
necessario affinché il noviano corrotto potesse essere
catturato non
solo con le mani nel sacco,ma che non potesse nemmeno difendersi e fu
così,che quella accurata messa in scena si era conclusa nel
migliore
dei modi e senza colpo ferire. Quello che non sapevano però
e che la
notte non aveva ancora finito di portare
novità,perché nell'ombra
c'era chi aveva osservato la scena con molta cura e aspettava solo il
momento per attaccare. Snudava le zanne mentre un ghigno che non
aveva nulla di sano attendeva di affondare artigli e denti nella
carne del mercenario e di tutti coloro che lo accompagnavano. Aveva
recuperato le forze e questa volta aveva dalla sua parte aveva numeri
ben più efficienti dalla sua parte. Aveva visto
abbastanza,ora
poteva attaccare.
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Capitolo 20 *** Tra l'incudine e il martello ***
Una
volta sistemato
il sottufficiale,tutti e cinque poterono tirare un po' di fiato e
rilassarsi a dovere. Data l'ora tarda non aveva più senso
scendere
in taverna per potersi riunire tutti insieme ad un
tavolo,poiché in
quel momento ci sarebbe stata si un po' di pace,ma parlare di certe
cose con tutte le guardie del turno precedente,che sarebbero entrate
per farsi un goccio di vino,per lo più annacquato
perché dovevano
restare lucidi anche fuori servizio,quindi,di occasione per ascoltare
una loro conversazione c'è ne sarebbero state. Quindi,per
sicurezza
si chiusero nella camera di Lucilla e iniziarono a discutere riguardo
all'accaduto.
“Ed è tutto
quello che ha detto?”,chiese Milziade pensoso.
“Si. Oltre a
questo non sapeva altro.”,Concluse Braxus.
La
storia che il
giovane purtroppo confermava i suoi sospetti poiché sapeva
esattamente di chi stava parlando,non era passata neanche una
settimana e subito quella specie di bestia tornava all'attacco.
“Oh capito,se è
così che stanno le cose allora è
tornato.”
“Di chi
parli?”,chiese Nym realmente curioso.
“Dell'uomo che ha
sterminato quel villaggio,prima di arrivare ad Aegis. Lo stesso che
ci ha fatto attaccare da goblin e orsi giganti. Un mezzelfo se non
ricordo male.”
“Aspetta...”,si
alzò da terra il nano con espressione stupefatta,
“parli di quel
mingherlino squinternato che si comportava come un pazzo mentre
faceva sbucare artigli e zanne come se nulla fosse? Ma non lo avevi
ucciso?”
“Ho provato a
dirvelo ma...”
“Ma?”
“Mi sono
completamente scordato che mi era sfuggito.”,disse Milziade
con
calma piatta,come se fosse una cosa normale.
“Ti sei
dimenticato?”,disse Nym mentre lo fissava come se avesse
intenzione
di saltargli addosso, “Vuoi farci credere,che per questi due
giorni,c'è un pazzo la fuori che potrebbe averci seguito per
tutto
il percorso senza che potessimo rendercene conto e probabilmente
assalirci,solo perché tu ti sei dimenticato di
dircelo?”
“Beh detta così
la fai sembrava una cosa grave,però, tra il volo improvviso
per
Aegis,lei che sta male e tra poco non ci lascia la
pelle...”,indicando Lucilla che era seduta sul letto,
“il
combattimento con quella donna al campo dei noviani e la tregua
stipulata con l'impero, direi che di cose da ricordare erano anche
troppe...e comunque c'era anche il nano con me.”
Nym
rivolse subito
la sua attenzione verso Gordlack,che in quel momento lo
guardò iroso
a sua volta.
“Io me ne sono
andato dopo che avevo lasciato fare a lui e per tanto,se lui non l'ha
finito e adesso ci sta ancora seguendo e colpa di questo mercenario
che non sa fare il suo lavoro.”
“ Ehi ehi ehi
piano con le parole comodino dal pelo selvaggio,ti ricordo che se non
fosse stato per me quel tizio ti avrebbe ucciso,dato che eri troppo
impegnato ad agitare quel martello come se fosse un
ventaglio.”,
rispose Milziade all'affermazione del nano.
“ Comodino dal
pelo selvaggio? Oh, va bene adesso è troppo,adesso faccio di
te un
frittata e vediamo se la tua giumenta ti riconoscerà
ancora.”
“Provaci,sempre
che tu non inciampi su te stesso dato quell'arma così grossa
a
sbilanciare quelle zampette da talpa che ti ritrovi.”
“Zampette da
talpa? Zampette da talpa? Per la barba di Odino hai superato ogni
limite,fatti sotto.”
“Smettetela,tutti
e due.”,disse Lucilla cercando di riprendere il controllo
della
situazione mentre il nano stava per afferrare il possente maglio e
Milziade restava rilassato mentre allargava le braccia,come ad
accogliere la sfida. Ma Lucilla fu lesta e forte,sia della sua
autorità che del fatto di essere quella con il carattere
più
docile,ma inflessibile quando si trattava di disordini,cosa che aveva
concepito già da tempo da quando conosceva Nym e
Gordlack,anche loro
con le loro discussioni alle spalle.
“Ascoltate,litigare
adesso per una simile inezia non ha alcun senso e sapendo che nessuno
di noi all'interno di questo gruppo e perfetto dobbiamo considerare
anche l'eventualità che possiamo fare degli errori.
Ciò che conta
ora e cosa possiamo fare a riguardo.
“Dobbiamo
andarcene.”,disse Milziade per primo.
“Cosa? Ma qui
siamo all'interno di un avamposto. Ci sono legionari che potrebbero
proteggerci da eventuali attacchi e poi l'uomo che ci voleva portare
via il nostro denaro adesso è in cella. Da parte dei soldati
non
corriamo alcun pericolo.”,disse Braxus mentre teneva le
braccia al
petto e poggiava la schiena contro il muro.
“Esatto,da parte
dei soldati. Hai detto che quell'uomo ha ricevuto del denaro per
arrestarci e tenerci qui dentro...”, il mercenario si
girò verso
l'arciere, “Ti ricordi quando abbiamo trovato quel simbolo in
mezzo
alla foresta? E subito dopo siamo stati assaliti?”
“Si me lo
ricordo.”
Poi
Milziade si
rivolse verso il nano,che ancora lo fissava accigliato e teneva sul
viso un broncio irato.
“E tu,quando siamo
entrati in quel villaggio,quando abbiamo visto tutti quei resti di
persone sparse per terra,te lo ricordi?”
Il
nano se ne restò
in silenzio per qualche secondo mentre guardava gli altri membri
della squadra in cerca di sostegno per non rivolgersi a Milziade,ma
presto la rabbia sfumò e al suo posto si fece la
ragionevolezza.
“Si...si mi
ricordo di quello orribile scempio.”
“Bene,ora
riflettete attentamente,cosa vi viene in mente?”
Nessuno
parlò,troppo
intenti a cercate una risposta che fosse valida a quella situazione.
Avevano subito le stesse imboscate per due volte di fila e con
andamenti nello scontro molto simili. Due gruppi separati,in entrambe
le volte,in maniera differente,ma simili. Orsi e goblin la prima
volta,poi goblin e il mezzelfo in persona,ma il principio di base non
cambiava e stavolta,come la seconda volta c'era un elemento
artificiale predominante in quella supposizione. Milziade
tornò a
dare le sue attenzioni all'elfo e quest'ultimo si accorse che il
mercenario aveva intuito qualcosa del pensiero che si era fatto.
“Immagina di
cacciare nuovamente lo stesso cinghiale di oggi,cosa faresti se
sapessi che colpirlo con una sola freccia potrebbe ferirlo ma non
basterebbe ad ucciderlo,cosa faresti?
“Farei in modo di
annullare la sua velocità,colpendolo ad una zampa o alla
schiena,rendendolo inabile”
“E cosa sta
facendo il nostro assalitore per renderci più
vulnerabili?”
Nym
ormai conosceva
la risposta,ma osservando Milziade sembrava un uomo completamente
diverso dal solito umano con la quale aveva a che fare. Gli occhi
attenti e inespressivi come quelli di un rapace,il viso,solitamente
atto a mostrare un sorriso beffardo e un espressione rilassata,ora
era più cupa,seria e in qualche modo minacciosa. Non verso
Nym,ma
alla situazione che si stava creando,come se quell'occasione avesse
preso forma e quella lama venduta ne stesse facendo un suo personale
avversario.
“Ci sta
azzoppando...rendendoci inabili.”
“Esatto,farci
arrestare con una falsa accusa ci avrebbe privato delle armi,delle
armature e delle nostre cavalcature e restare chiusi in cella ci
avrebbe impedito non solo di continuare il viaggio,ma anche di
spostarci in qualche modo. A quel punto sarebbe intervenuto lui e in
qualche maniera,si sarebbe presentato al nostro cospetto,eliminando
noi quattro e prendendo lei,per i suoi scopi,in qualche modo legati
al demiurgo, a detta sua dall'ultima volta che ho avuto il dispiacere
di fare la sua conoscenza. In parole povere,questo posto è
la sua
trappola,fatta a posta per noi....per questo dobbiamo
andarcene.”
“C'è un
problema...”, disse Lucilla con tono pacato,
“Sarà pure una
stazione di servizio per i viaggiatori,ma questo resta pur sempre un
avamposto militare,presidiato da un cospicuo manipolo di legionari e
in posti simili so che durante le ore notturne vige l'obbligo che
nessuno può uscire senza autorizzazione,prima che sorga il
sole.”
Raggio
di sole aveva
ragione,pensò Milziade,sapeva anche lui che nei luoghi dove
i
soldati presidiavano una posizione era impossibile passare senza
particolari aiuti,agganci o come nel caso di Amunet,la ladra di
lontana conoscenza che tante volte l'aveva vista adoperare sotterfugi
e magie per passare inosservata e silenziosamente senza farsi
scoprire. Ma lui non possedeva oggetti o movenze tali per non farsi
scoprire,lui era un abile combattente,con una buona mente certo,ma
isuoi approcci con le circostanze inaspettate richiedevano una certa
dose di impegno diretto,una leggera dose di bugie e tanto rischio non
tutto calcolabile. E poi uscire senza farsi scoprire per loro sarebbe
stato impensabile,per assurdo se fossero stati in un centro urbano
abitato con tante persone sarebbe stato anche più
facile,visto che
un ambiente più vasto e popolato avrebbe aumentato anche il
numero
delle risorse a loro disposizione,ma li in quella piccola zona di
sosta il numero delle guardie era troppo elevato perché uno
solo di
loro fosse stato in grado di passare le mura senza farsi notare. No,
il rischio era troppo elevato per provare un qualche azzardo senza
una possibilità di successo,doveva arrendersi all'evidenza e
aspettare l'arrivo dell'alba,possibilmente dormendo. Tornò
ad un
espressione più rilassata e seppur non tanto allegro,decise
di
sdrammatizzare sulla situazione attuale.
“Va bene gente,a
questo punto arrovellarsi il cervello per un pericolo che potremmo
non correre è una cosa stupida e mentalmente sfiancante.
Siamo
relativamente al sicuro è dato che ho dichiarato per tutti
noi che
siamo degli avventurieri non dovremmo avere problemi riguardo alla
nostra vera identità,visto che in teoria ci credono ancora
ad Aegis.
Quindi,andiamo a dormire,riposiamoci e vedrete che domani mattina
andrà tutto be...”,ma non fece in tempo a finire
la frase che dal
secondo portone principale,quello che dava verso la strada principale
imperiale,si sentì un fortissimo boato,come qualcosa di
grosso che
sbatteva contro le difese dell'avamposto.
“Che
succede?”,disse Lucilla preoccupata mentre si precipitava
alla
finestra e da li si poté udire un fortissimo squillo di
tromba
echeggiare per tutta . L'allarme era stato lanciato. Gli altri
quattro le stettero dietro volendo assistere anche loro
all'improvviso caos che si stava formando vicino al portone,mentre
dalla caserma e dagli alloggi dei soldati,arrivarono i primi gruppi
armati,capeggiati dai più comuni legionari,in formazioni
rettangolari,strette e compatte e da sopra le mura,le sentinelle,per
la maggior parte arcieri regolari,che puntavano gli archi contro il
buio della notte,illuminati a malapena da fiaccole poste a distanza
regolare sulle mura.
“Ehi fatemi
spazio,non vedo niente.”,disse il nano mentre cercava di
farsi
spazio nel tentativo di scorgere qualcosa anche lui,oltre ai suoi
colleghi di più favorevole statura,ma che veniva bellamente
ignorato,poiché troppo presi dall'evento.
“NUMI
DELL'OLIMPO,ABBATTETE QUELLA COSA. SCOCCARE A VOLONTA'.”,fece
eco
l'urlo di un soldato,probabilmente un sottufficiale intento a
comandare un manipolo di tiratori. Il sibilo delle frecce
penetrò
l'aria giungendo fino alla loro stanza,ma per quanto continuasse ci
vollero altri due boati,prima che il portone esplose in grandi pezzi
di legno e numerosissimi ciocchi,come se fosse stata abbattuta da un
ariete e subito dopo un urlo feroce,che non aveva nulla di umano, si
udì per tutto l'avamposto. E da lontano lo videro,era la
figura di
un uomo,grande,alto,troppo alto e troppo grande,un autentico gigante.
Le poche fiamme accese mostravano un essere dalla forma umana,tanto
alta da raggiungere con la fronte la loro stanza al primo piano e
pareva trascinare con se un lungo albero di pino,come se fosse una
clava. Dietro di lui si fece eco un altro grido,poi un altro e un
altro ancora e come se non bastasse,giunsero altri,non giganti,ma
più
piccoli,numerosi e feroci e subito,Nym,Gordlack,Milziade,Braxus e i
soldati presenti alla porta riconobbero quel grido,selvaggio e
inconfondibile,che a tratti si mescolavano a latrati e urla cavernose
e un solo grido si udì con chiarezza nella lingua di Nova.
“BARBARI,SERRARE I
RANGHI,PREPARATE I PILUM.”
I
legionari,lasciando per il momento le loro lame ancora nel fodero e
con la mano libera presero da dietro i loro scutum una delle due
pesanti lance in dotazione ad ogni legionario.
“PRIMA SELVA,SUL
GIGANTE,TIRARE.”
Volarono
i pilum,
scagliati con la forza di ogni braccio a difesa dell'avamposto verso
il grande umanoide che stava per lanciarsi contro la prima linea di
soldati,alzò l'albero con entrambe le braccia e quando fu il
momento
di attaccare,non riuscì a far nulla. Le dure punte delle
lance da
tiro si conficcarono numerose nel corpo del gigante,la maggior parte
lo presero in pieno sulle gambe e il ventre,ma non furono poi poche
quelle che raggiunsero anche torace e gola,qualcuna arrivò
persino
in volo,probabilmente qualche tiro dei soldati inveterati con anni di
esperienza militare alle spalle. Un grido di dolore seguì
all'attacco dei legionari,ma questo non fu sufficiente a fermare le
sue violente intenzioni. Il gigante,ripresosi dall'attacco dei
legionari,prese nuovamente il pino scorticato con entrambe le mani e
questa volta fu più veloce dei legionari e
scaricò tutta l'energia
in un unica singola mossa,abbassando la rudimentale arma verso il
suolo,in direzione del primo manipolo che si trovò a
tiro,schiacciando e sbriciolando le ossa di una decina di soldati e
ferendone altrettanti intorno alla zona del colpo. Poi seguì
un
altro urlo del mastodontico selvaggio e li,le cose andarono di male
in peggio. Dalla porta principale passarono decine e decine di
altrettanti barbari,questa volta di dimensioni normali,dalla loro
stanza non riuscirono chiaramente a capire di che razza fossero,ma
giravano voci sulle selvagge tribù delle terre
più gelide a nord
del mondo,dove si raccontava che tra gli umani,combattessero anche
orchi,goblin e chissà quale altra mostruosità
partorita dalle lande
della nebbia e del gelo,come le chiamavano alcuni saggi risiedenti a
Nova. L'ennesimo squillo di trombe e poi fu veramente il caos.
Avevano risolto un problema molto piccolo con quel sottufficiale
corrotto,ora però toccava loro una sfida molto
più grande. Nemmeno
il tempo di uscire dalla relativa sicurezza di Aegis e subito il
mondo cercava di ucciderli.
“Dobbiamo
andarcene,prima che sia troppo tardi.”,disse Milziade
anticipando
il pensiero di tutti gli altri.
“Ah si? Forse non
te ne sei accorto,ma c'è un gigante che ha appena
sbaragliato mezzo
manipolo é si è portato dietro i rinforzi,come
pensi di uscire con
tutta quella fiumana di gente che sta entrando qui dentro?”,
chiese
Nym indicando fuori dalla finestra,evidenziando il fatto che fosse
una pessima idea.
“Per prima cosa
recuperiamo i cavalli,anche perché la mia Briseide in questo
schifo
non c'è la lascio. Le scuderie sono dall'altra parte della
strada e
in quanto a distanza siamo vicini,ma dovremmo superare i soldati di
guardia e i possibili barbari,se le difese non reggono abbastanza a
lungo.”
“E poi?”,disse
Braxus anticipando l'elfo.
“E poi ci pensiamo
dopo. Le mie deduzione arrivano fino ad un certo punto,ma credo che
dovremmo combattere,questo è poco ma sicuro.”
“Quindi hai deciso
di farci ammazzare tutti facendoci gettare tutti in strada sperando
di trovare una via di fuga? Questo piano è più
che assurdo è
completamente folle.”
“Forse,ma lo è di
più che stare qui ad aspettare di farci uccidere,con il
numero
sempre maggiore di barbari che entrano nella locanda,ci uccidono e
portano via lei. La trappola è scattata e sono sicuro che
tra di
loro ci sia anche quel maledetto. Comunque qui è meglio non
restare
e francamente dubito che quella fila di legionari possa resistere
ancora a lungo.”
“Scendiamo.”,parlò
Gordlack,mentre stringeva tra le mani il manico del nuovo maglio,
“sarà anche un figlio di buona donna,ma ha
ragione. Noi nani
andiamo fieri delle nostre strutture e sappiamo riconoscere quando un
edificio non è adatto a subire troppi danni e questa taverna
è un
ottimo esempio. Se scendiamo in strada,anche in caso di scontro
diretto,avremmo più possibilità di difenderci.
Restando qui
resteremmo imbottigliati e voi due...”,indicando Nym e
Braxus, “uno
che usa un arco e uno che combatte con un tridente è una
rete non
dovrebbero rischiare di combattere in posto simile,ho
ragione?”
L'elfo
fissò un
attimo il nano negli occhi e riconoscendo la cocciutaggine del
vecchio e più basso collega si portò un mano di
fronte al viso e la
fece scorrere dall'alto verso il basso,come a non voler di dovergli
dare ragione,sapendo come Gordlack si sarebbe sentito in seguito.
“Ti odio quando
hai ragione,lo sai vero?”
“No,tu odi quando
un nano ha più ragione di un orecchie a punta.”
Nym
doveva
rassegnarsi,sapeva che sarebbe andato avanti per lunghe e quindi,per
orgoglio e perché non c'era più tempo per
tergiversare,si mise
l'animo in pace e prese la sua decisione.
“E va
bene,scendiamo e vediamo che succede. Ma immagino che abbiano
già
sbarrato l'entrata e l'unico modo è passare per la finestra
è anche
se siamo al primo piano rischiamo di farci male,ci serve un modo per
scendere.”
“Sono
d'accordo,prendiamo delle coperte è visto che siamo in
cinque
possiamo prenderne una per ogni stanza che abbiamo noleggiato. Le
useremo per improvvisare una corda.”
“Si ma
io?...”,disse Gordlack indicando se stesso, “Con
tutto questo
metallo addosso non posso semplicemente scendere giù per una
corda
come se nulla fosse,sono troppo pesante.”
“Tranquillo,ho
pensato anche a questo, ma ne parliamo dopo.”
Non
ci misero
nemmeno una manciata di secondi che avevano recuperato le coperte,le
avevano arrotolate e strette ai margini per formare una corda,lunga e
abbastanza resistente.
“Ora,per prima
cosa leghiamo Gordlack,lo issiamo sulla finestra e poi lo facciamo
scendere il più delicatamente possibile.”
“Cosa? Tu matto di
un umano,ti sembro un salame forse?”
“Beh per l'aspetto
e il peso direi che sei un ottimo salame e anche molto saporito.
Preferisci scendere con le tue forze oppure preferisci che ti
aiutiamo?”
Il
nano non seppe
obbiettare e con fare capriccioso,tipico dei bambini,se ne
restò in
silenzio,ma evidenziando un espressione imbronciata. Lo
legarono,improvvisando delle fasce di sicurezza,legandole poco sotto
il bacino e attorno al costato,Stavano per issarlo quando Gordlack li
fermò gesticolando con la mano aperta.
“Un attimo,mi
tolgo del peso.”
Senza
troppo
preavviso sollevò la pesante arma,la espose fuori dalla
finestra e
come se nulla fosse la fece cadere di sotto,con il tonfo del pesante
martello che giunse a terra. I tre più alti guardarono fuori
dalla
finestra assicurandosi che nessuno fosse stato preso dal lancio
dell'arma. Fortunatamente prese solo la strada. Lo sollevarono con
tutta la forza che possedevano in corpo e una volta giunto sul
bordo,il nano vide l'altezza della probabile caduta libera,circa
diciotto piedi dal suolo,una misura abbastanza ampia da ferire un
uomo,se non addirittura spezzargli una gamba.
“Sei sicuro che
funzioni?”,chiese il nano preoccupato,guardando il mercenario
dubbioso.
“Certo,l'ho già
fatto altre volte.”,mentì,non l'aveva mai
fatto...se non con un
forziere pieno di preziosi che aveva sottratto da un rifugio di
pirati,nelle isole più a sud. Ma con un nano in armatura
completa,mai.
“Ora datemi una
mano a portarlo giù,lentamente,pronti? Al mio via.”
Attese
che gli altri
due stringessero le mani attorno alle coperte attorcigliate,lasciando
Lucilla fuori dall'impresa,che se avesse potuto avrebbe aiutato. Ma
in una principessa noviana,di solito, la forza fisica non è
una
qualità molto comune tra le donne del suo ceto sociale e lei
di
certo,non era un amazzone.
“Via.”,disse il
mercenario,mentre il nano,rivolgendo una piccola preghiera a Thor
affinché tutto andasse bene saltò e
inaspettatamente non
precipitò,scendendo lentamente e senza subire alcun danno.
In
compenso però i tre sopra si resero conto di aver fatto male
i
calcoli,motivati,ma non troppo,dal fatto che Milziade avesse fatto i
calcoli giusti per riguardasse il peso del nano e quello
dell'armatura che indossava messi assieme,escluso il maglio. In
realtà un nano medio pesava quasi il doppio di un comune
umano in
quanto i loro corpi si erano adattati a vivere in zone rocciose e
dure,come le montagne,le scogliere e colline ricche di giacimenti
minerari e per tanto,con l'abitudine di scavare e sollevare pensanti
minerali,i loro muscoli e le loro ossa si erano compattati e
appesantiti,facendoli diventare famosi per i corpi tozzi,ma prestanti
per i lavori fisici. I loro armamenti invece erano basati sulle loro
caratteristiche fisiche e quindi favorivano la forza fisica e la
sorprendente resistenza alla fatica,rendendoli capaci di sollevare e
indossare armi e armature che non solo risultavano fastidiose alla
maggior parte delle razze,ma anche molto pesanti e nettamente
ingombranti. Quindi per i tre dovettero far ricorso a tutta la loro
forza,che non fu poca e persino Milziade,che sentendosi trascinato
dal peso eccessivo,dovette appoggiare un piede poco sotto alla
finestra,per fare da perno al peso totale di Gordlack e per non
cadere fuori,rischiando di spaccarsi la testa contro il pavimento e
per gli altri due più indietro non fu più facile.
Ma alla fine ci
riuscirono. Gordlack si liberò dell'imbrigliatura e
recuperò
l'arma,si guardò attorno e notando i soldati che stavano
passando
per la via principale dell'avamposto si rivolse alla finestra.
“Via libera,non
c'è nessuno.”
A
quel punto
Braxus,che era l'ultimo infondo alla corda,prese l'estremità
di una
delle coperte è la legò a uno dei piedi del letto
e dopo di che
tutti,uno alla volta scesero dalla corda,anche Lucilla,che seppur un
po' a fatica scese anche lei,non essendo abituata a tali
sforzi,rischiò più volte di cadere di sotto e
quando
scendeva,capitava che scivolasse troppo velocemente,facendosi male
alle mani per la strisciata di scatto che aveva subito al palmo e
alle dite,ma uscendosene semplicemente con delle leggerissime
escoriazioni e un po' di arrossamento.
“Muoviamoci,prima
che qualcuno ci noti.”,disse Nym mentre guardava si guardava
attorno per vedere se qualcuno li avesse notati.
Ora
che si trovavano
nelle vie secondarie non dovevano essere troppo sicuri di se stessi.
Certo,forse non era stati visti con il caos che c'era all'ingresso
che dava sulla strada principale per le terre di Nova,ma era anche
vero che loro non avevano idea di chi si potesse trovare in quei
vicoli bui,privi di qualunque informazione utile al loro scopo di
raggiungere le stalle. Stavano per muoversi completamente alla cieca.
Si spostarono in una formazione ben precisa: Gordlack
davanti,Milziade al suo fianco ma qualche passo indietro,Lucilla al
centro e infine Nym e Braxus alle sue spalle,per coprirla in caso di
attacco. Si mossero velocemente,controllando solo appena giravano
l'angolo e passando solo quando la via era sgombra. Le
difficoltà di
muoversi in una circostanza simile aveva dell'incredibile. Per prima
cosa dovevano stare attenti per entrambe le parti in conflitto,da un
parte i noviani,che stavano difendendo l'avamposto e se fossero stati
individuati non ci sarebbe stato tempo per le domande e rischiavano
di essere catturati o peggio,dato che non avevano motivo di trovarsi
fuori dal loro rifugio e non in mezzo ad uno scontro. Dall'altro gli
attaccanti,i barbari,selvaggi che secondo le voci e le leggende erano
più intenti al massacro indiscriminato,facendo a pezzi
quello che si
trovavano davanti senza porsi troppi scrupoli,più che al
dialogo. E
poi c'era lui,l'uomo che li aveva già attaccati per ben due
volte di
fila,due trappole,due imboscate e adesso l'ennesima,solo che stavolta
rischiavano di essere presi in mezzo ai due schieramenti opposti.
L'incudine e il martello,due forze nemiche e loro schiacciati nel
mezzo,un piano efficiente. Continuarono a spostarsi e giunti in un
punto che sembrava loro sicuro passarono in tutta fretta,attenti a
non farsi vedere. A quel punto era chiaro che tutti coloro che
potevano combattere per difendere la postazione erano vicino alla
porta e quanti più legionari fossero stati presenti alla
difesa
della porta,meno erano i problemi che si sarebbero ritrovati a
fronteggiare dei soldati esperti,essendo loro molto più
indietro e
lontano dalla zona dello scontro. Una breve occhiata dalla strada
principale permise loro di osservare l'andamento dello scontro. Il
gigante,ancora in piedi di poco,urlava,in preda alla furia e al
dolore,senza l'albero come arma e ormai piegato dalla fatica
è
presto sarebbe stato sopraffatto. Attaccare per primo ed essere usate
come ariete per gli assalitori aveva dato un notevole vantaggio
iniziale e quel primo colpo era stato devastante per la prima linea.
Ma la seconda e la terza sembravano ancora reggere bene la fatica e
subito erano passati al contrattacco diretto alle gambe dell'enorme
umanoide,nell'intento di farlo cadere sotto il suo stesso peso e
spingendo sulle lunghe tibie con gli scudi,in modo di farlo cadere
all'indietro,così che il cadavere schiacciasse i rinforzi
provenienti dall'esterno. Ma non c'era tempo per controllare la
situazione e si precipitarono dall'altra parte,in direzione delle
stalle. Leste falcate di gambe permisero al gruppo di oltrepassare la
porta delle stalle,dove gli animali,intimoriti e
imbizzarriti,nitrivano,muggivano e ragliavano in preda alla
confusione e al nervosismo,chiusi e non sapendo dove fuggire. La
vista delle bestie spaventate turbò il sensibile animo della
principessa,che seppur rattristata per quella visione non
poté far
altro che andare avanti,sapendo che era per il bene della missione,se
non poteva far nulla per loro.
“Ehi
Lucilla...”,disse Milziade a bassa voce, “Non
potresti chiamare
nuovamente quel cervo gigante dell'altra volta? Sai sarebbe utile
visto che dobbiamo fuggire e se avesse del peso in meno da portare la
mia Briseide te ne sarebbe molto grata.”
“Oh tu parli di
una indigitamenenta.”
“Una cosa?”
“Una
indigitamenta. E un rituale con la quale si chiama una
divinità
specifica è....in parole povere non potrei chiamare di nuovo
la
cerva di cerinea. Non qui è non i breve tempo.
“Va bene...allora
restiamo dell'idea originale. Prendiamo i cavalli e appena la
situazione c'è lo permette,c'è ne andiamo via di
qui. Fortuna che
siamo quasi arrivati.”
Superati
i diversi
animali,giunsero infine al gruppo di celle delle loro cavalcature.
Dentro era buio è non fu facile giungere fin la,dovendo
abituare la
vista e l'udito all'ambiente poco confortevole per i loro
spostamenti,ma ci arrivarono e videro,seppur con poco nitidezza,le
figure dei tre equini.
“Ehi bella,sono
tornato a prenderti.”
Briseide
cominciò a
battere gli zoccoli anteriori contro il pavimento e a nitrire
leggermente e agitando la testa,spostando la criniera in maniera
irregolare. Milziade sapeva cosa voleva dire quando faceva
così e
lentamente portò la mano sul manico della spada.
“Nei sei sicura?
D'accordo.”,disse Milziade accarezzando il muso della
giumenta.
“Mia
signora...”,disse Nym sottovoce, “Vi ricordate di
quella sera al
passo di Camus? Quando abbiamo rischiato in quell'agguato da parte
dei briganti?”
“Si perché?”
“Conviene che lo
rifaccia.”
“Ho capito.”,disse
Lucilla risoluta “, “Braxus,Gordlack state
pronti.”
Il
ragazzo e il nano
annuirono e quando Nym portò una sulla corda dell'arco e con
la
freccia già in pugno,si sentì il suono della
tensione della corda
che veniva tirata,come se stesse incoccando e pronto a tirare.
Milziade aveva il corpo teso e i muscoli pronti allo scatto,lui lo
sapeva,Briseide lo sapeva e anche tutti gli altri lo sapevano. Non
aveva idea di cosa stessero parlando la sacerdotessa è i
suoi tre
vecchi compagni di viaggio,ma qualunque cosa volevano fare,sarebbe
stato a loro vantaggio e li avrebbe tirati fuori da quella
situazione.
Nel
buio della
stalla si sprigionò una tenue luce chiusa in due mani
strette tra di
loro,che vennero mosse verso l'alto e si aprirono di scatto,come a
rilasciare qualcosa di molto caldo e subito dopo,la voce di una
ragazza che incarnava in se tutto l'orgoglio della sue nobili origini
si udì in tutto l'edificio.
“TORCIA DI
APOLLO.”
Un
incantesimo,un
globo di luce venne lanciato verso l'alto per poi bloccarsi in aria
sopra le loro teste,espandendo la luce che emanava in un primo
improvviso,pulsante bagliore e poi li videro,nascosti nel buio,tra le
celle degli animali e l'attrezzatura degli stallieri. Barbari,un
piccolo gruppo,nascosto nel buio,umani dall'aspetto rozzo e rude,con
grandi corpi muscolosi e possenti,armati di qualche ascia,delle lance
corte e qualcuno impugnava anche uno scudo. Un gruppo disorganizzato.
I più vicini al globo rimasero accecati dall'intenso
bagliore che la
sfera aveva emesso e non ci volle molto perché tre di loro
furono
uccisi immediatamente. Due morirono per mano di Gordlack,che diede
due colpi di maglio in pieno petto a entrambe le vittime,tanto rapide
quanto pesanti,spezzando loro la gabbia toracica e compromettendo gli
organi interni mentre l'ultimo fu colpito da Milziade,che gli recise
la gola con un solo movimento di spada. Ora lo scontro si poteva dire
iniziato. Erano circondati,i loro avversari avevano il vantaggio del
numero,circa due o tre selvaggi per ogni membro della squadra,cavalli
esclusi naturalmente,mentre loro invece possedeva il vantaggio di una
difesa compatta,una posizione sicura,un equipaggiamento migliore e
una sacerdotessa di apollo tra i loro vantaggi. Attaccarono. Barbari
muniti di rozze asce ad una mano,più attrezzi da taglialegna
che
vere e proprie armi,si scagliarono per primi in risposta al
contrattacco dei loro compagni morti. Tre morirono subito per mano
dell'arciere,che scoccò rapido come il vento,nonostante la
relativa
vicinanza alla loro posizione e furono colpiti alla trachea,alla
fronte e dritto al cuore,rispettivamente il primo il secondo e il
terzo,uccisi in questa maniera e nel seguente ordine. Attaccarono
altri tre subito dopo con armi identiche e si trovarono Braxus che
non aspettò che colpissero per primi e mosse la rete contro
il volto
di uno di loro,i cui pesi a lato del rete metallica gli
sfondò la
mascella e cadde a terra prono e il secondo più vicino fu
catturato
nella rete aperta e imbrigliato nella rete cadde su se stesso e fu
reso inagibile e infine il terzo,che attaccando senza alcun tattica e
senza disciplina fu infilzato in pieno ventre, dove i rebbi del
tridente presero non solo gli intestini e parte del fegato,ma
raggiunsero anche la colonna vertebrale subito dietro,recidendola di
netto con la punta di mezzo,morendo sul colpo e nel mentre
mollò un
pestone sulla trachea a quello intrappolato nella rete,uccidendolo
sul colpo. Poi estrasse le punte della carne della vittima e
recuperò
la rete per mezzo di una cordino che era stato messo per quella nuova
rete,così da poter essere recuperata senza doversi esporre
per
riprenderla. Un aggiunta non male all'armamentario del ragazzo. Lo
scontro peggior ulteriormente e si fece più intenso.
Attaccarono di
nuovo e questa volta in maniera disordinata,peggio di prima,spinti da
chissà quale violenza ne caddero altri per mano di Milziade
e di
Gordlack,la rapidità e la scaltrezza del mercenario era
nuovamente
in sintonia con la robustezza e la resistenza del nano,supportati
dall'abilità dell'elfo e con le imprevedibilità
del ex gladiatore.
Ma era Lucilla ad essere il vero perno dello scontro. Lei era al
centro del gruppo,protetta da tutti i lati e quindi impossibile
attaccarla direttamente in uno sconto diretto senza prima doversi
confrontare con i suoi difensori. Il suo unico scopo in quello
scontro era quello di fare luce con la sua magia,una cosa banale ad
un primo e superfluo sguardo. Ma se non fosse stato per lei in quel
momento avrebbero rischiato di essere sopraffatti dai loro assalitori
e combattere in un ambiente buio e al chiuso,se non si dispongono di
particolari vantaggi,può essere molto pericoloso,se non
addirittura
fatale. Era lei che permetteva ai suoi compagni di combattere come se
si stessero battendo in pieno giorno,anche se quella luce non era
ovviamente né tanto intensa,né tanto calda
nemmeno quanto un raggio
della grande stella che illumina il giorno,ma dava luce e permetteva
a Milziade e agli altri quattro di combattere in condizioni
efficienti. E a qualcuno questo non piaceva. Mentre il mercenario
continuava ad agitare con la solita abilità di
sempre,uccidendo
l'ennesimo barbaro che gli venne incontro solo per morire infilzato
da un fianco,si accorse,che tra i pochi rimasti,due soltanto per la
precisione, comparve,al limite che la luce poteva raggiungere,una
figura non ben definita alla quale i due assalitori rimasti si
rivolsero in uno strano linguaggio incomprensibile per il mercenario.
Poi,come se nulla fosse,caddero a terra,mentre si trattenevano con
una mano il lato del collo,come se qualcuno avesse loro reciso
l'arteria a lato del collo. Poi la figura si avvicinò
abbastanza da
essere illuminata e si mostrò ai loro occhi per chi era
davvero.
Nimerin.
“Dunque è così
che stanno le cose,così tanta fatica,così tanti
sforzi,solo per
morire qui. Che spreco di energie non credi anche tu?”
“Oh guarda chi
rivede,l'uomo dallo sguardo più bello del mondo. Sei venuto
per dare
un occhiata o sei qui per fare qualcosa di concreto?”,lo
canzonò
Milziade con tono ironico.
E
mentre il
mercenario e il selvaggio mezzelfo si confrontavano gli altre
compagni armati si prepararono ad attaccare,mentre Lucilla restava
impegnata a mantenere la piccola,ma intensa sfera di luce attiva. Se
avesse potuto anche lei avrebbe combattuto,ma per quanto fosse dotata
nelle arti magiche era ancora una dilettante e usare i suoi
incantesimi da combattimento e mantenere un incantesimo di supporto
nello stesso momento era uno sforzo eccessivo per qualunque novizio
alla magia,anche per una favorita di Apollo. Ma anche impegnata
com'era non le fu difficile notare quell'abominevole sguardo su di
lei,la sensazione che quell'occhio serpentino la stesse scrutando era
inconfondibile. La stava osservando in una maniera che non le piacque
affatto.
“Oh,tu devi essere
la profetessa,la favorita dal dio del sole noviano...”,disse
Nimerin mostrando un sorriso bestiale,a malapena coperto dai capelli
neri che gli coprivano il viso è l'orrenda cicatrice,
“puoi stare
certa che una volta che avrò ucciso i tuoi amici,ti
prenderò con me
è mi dirai tutto quello che sai sul Demiurgo. Che tu lo
voglia o
no.”
Lucilla
sentì un
brivido lungo la schiena. La sensazione che quell'essere gli faceva
sentire aveva un non so che di viscido e ripugnante,come se quella
malvagia apparenza avesse nel profondo qualcosa di ben più
crudo e
macabro dalla quale tenersi alla larga e non c'era bisogno saper
leggere nel futuro quello che avrebbe potuto fargli per farla
confessare è la cosa la inquietava. Nym accanto a lei tenne
la corda
dell'arco nuovamente tesa,puntando l'ennesima freccia contro il nuovo
bersaglio.
“Tu prova soltanto
ad avvicinarti animale è sta pur certo che morirai senza
nemmeno che
tu te ne accorga.”,disse Nym con tono minaccioso.
“Un elfo che
protegge una noviana? E anche un nano? Siete traditori della vostre
origini e della vostra razza. Voi e tutti quelli che convivono con
gli umani di questo impero. Siete pecore in mezzo ad altre
pecore,degni solo di sprofondare con la civiltà che tanto
ostentate.
Farvi divorare dalle bestie della foresta sarebbe una gioia in
confronto alla pena che meritereste veramente. Ma questa volta ci
siete tutti è dato che la volta scorsa non è
andata come previsto
ho apportato alcune modifiche al mio piano. Per tanto...”,non
terminò la frase. Ma in compenso spalancò le mani
verso i due
uomini che lui stesso aveva ucciso per poi abbassarsi subito e
affondare le mani dotate di altri artigli nella loro carne e subito
dopo cominciò a parlare con voce profonda e gutturale. Nym
scagliò
una freccia verso il macabro selvaggio,ma la stessa punta che avrebbe
dovuto bucargli il petto e probabilmente perforare i polmoni
intaccò
solo la pelle e i tessuti sottostanti,come se fosse stato fermato
dalla spessa pelle di un mostro e a quel tentativo Nimerin non si
fermò,ma anzi sorrise di gusto quando continuando a recitare
quelle
parole incomprensibili strappò violentemente le mani dai due
cadaveri e quando accadde,videro qualcosa di orribile. I due corpi
stesi sul pavimento iniziarono a muoversi. Primi furono solo pochi
spasmi muscolari,poi,poggiandosi sulle mani si alzarono lentamente in
piedi e nel mentre,qualcosa dentro di loro sembrava farsi strada tra
la pelle e i muscoli.
“NON VI DI SPIACE
SE ANCHE IO MI SERVO DI UN PICCOLO AIUTO
VERO?”,urlò il mezzelfo
frenetico,eccitato dalla chiara furia omicida e dalla sete di sangue
che ormai faceva fatica a trattenere,mentre snudava le innaturali
zanne da lupo che già una volta aveva mostrato al nano e al
mercenario. I due corpi rianimati si deformarono poco alla volta,pur
restando eretti in una posizione bipede era chiaro che i due cadaveri
stavano subendo una mutazione di qualche tipo. Braccia e gambe si
fecero più grosse e forti,la schiene si incurvarono in
avanti e
strani simboli neri,simili a quelli che avevano gli orsi giganti
nella foresta comparvero su braccia petto e volto. Sulle mani
comparvero nuove protuberanze ossee simili a scaglie e che coprivano
le mani,i polsi e metà degli avambracci,mentre sulle tibie e
le
ginocchia comparvero spuntoni simili agli aghi di una rosa o di un
rovo selvatico,ma erano leggermente ricurvi,simili ad uncini. Infine
petto e testa si fece più grandi e spessi e gli occhi
vitrei,cominciarono a puntare contro il gruppo,come quelli di due
cani rabbiosi.
“Te l'avevo
promesso umano. Che ti avrei ucciso tra tormenti e supplizi che non
avresti mai osato immaginare.”disse Nimerin mentre si sfilava
la
freccia dal petto.
Il
mercenario si
preparò ancora una volta a scontrarsi una seconda volta con
il
mostruoso essere che aveva di fronte. Certo,questa volta era tutta la
squadra a dargli man forte,compreso Gordlack che dall'esperienza
passata aveva imparato a non sottovalutarlo solo per il suo aspetto
trasandato. Ma dall'altra parte Nimerin aveva il supporto due di
aiutanti e anche loro per nulla nella norma è in
più erano in mezzo
ad uno scontro tra una guarnigione dell'esercito noviano da una parte
è un orda di barbari dall'altra, giunti chissà
come all'interno
delle terre imperiali,per di più al confine con Aegis,che
era
abbastanza lontana dai confini più a nord. Briseide era
bloccata
nella sua cella e tirarla l'avrebbe messa ancora più in
pericolo di
quanto non lo fosse in quel momento. La situazione per loro non era
delle migliori e non avevano vantaggi significativi contro loro tre.
Per tanto gli fece l'unica cosa che gli restava da fare in momenti
come quelli. Essere se stesso.
“Posso farti una
domanda?”,disse Milziade con tono calmo e controllato.
Nimerin
sorrideva
mostrando le zanne acuminate.
“Toglimi una
curiosità. Preparare tutta questa messinscena solo per
noi,gli
invasori,l'assalto all'avamposto e il tuo perfetto tempismo per
comparire di nuovo di fronte a me,immagino che ti sarà
costato un
occhio della testa?”
Il
mezzelfo capì la
battuta canzonatoria del mercenario e abbassò il ghigno in
due
semplici labbra serrate dalla rabbia . Ora non sorrideva
più. La
preda si prendeva nuovamente gioco del predatore.
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Capitolo 21 *** Indigitamenta ***
L'aria
della
stalla,pregna dell'odore degli animali e dei loro escrementi era
stata rincarata dalla paura e dal nervosismo che le bestie
provavano,sia per la battaglia che si svolgeva fuori,tra i legionari
e i barbari,sia per lo scontro che stava per riprendere li dentro,tra
il gruppo della principessa fuggiasca e Nimerin,insieme ai due
mostruosi energumeni innaturalmente deformi. Ora non avevano
più a
che fare con un branco di goblin,ma con due vere e proprie
bestialità,tre contando il creatore. Il malvagio mezzelfo si
voleva
rallegrare della morte che stava per infliggere a quell'arrogante di
un umano,ma vederlo li,così sicuro di se,delle sue
capacità e della
sua precedente vittoria,che lo aveva privato di un occhio lo faceva
solo arrabbiare. Gli montava addosso una furia che a stento riusciva
a tenere sotto controllo e avrebbe voluto strappargli quel
ghigno,quel sorriso da lupo che solo un predatore poteva
mostrare,quando snudava le zanne per addentare la preda e invece
lui,quella pecora che osava prendersi gioco di lui,era li,di fronte a
lui,a sfidarlo,a combatterlo e a resistergli. Un simile affronto
andava pagato col sangue...e sangue avrebbe ottenuto.
“Prendete la
ragazza e uccidete l'elfo,il nano e l'altro
umano....”,Nimerin fece
scroccare le dite artigliate,facendo sentire al mercenario,come le
sue mani stessero subendo un altro mutamento, “Tu sei la mia
preda.
Per tanto solo io ho il diritto di ucciderti.”
“Se
proprio non vedi l'ora...”,Disse Milziade lanciando la sua
sfida al
suo orbo avversario,con un altra battuta e poi,come insulto
finale,gli fece un occhiolino.
Fu
la goccia che fece traboccare il vaso. Il barbaro trasformista si
lanciò come una bestia inferocita spingendosi in un balzo
degno di
una lepre e con le braccia tenute larghe,magre come quelle di uno
spaventapasseri,allargò le dita,le quali si distanziarono
l'una
dall'altra ancor più di una mano normale mentre gli artigli
si
allungarono,nella degna maniera che solo un mostro sapeva fare.
Colpì
con entrambe le mani,volendo menare due fendenti letali e con le dita
allargate in quel modo sperava di infliggere più danni
possibili
allargando l'estensione delle sue artigliate. Ma Milziade era memore
dell'ultima esperienza e rammentava bene i metodi di attacco e difesa
del suo nemico e quando vide quelle zampe umanoidi che volevano
colpirlo da entrambe le parti fece semplicemente un piccolo balzo
indietro,quel tanto che bastava per evitare il colpo e subito dopo
contrattaccare in velocità. La sua deduzione fu esatta ed
entrambe
le mani mancarono il torace del mercenario e lesto,con un leggero
spostamento in avanti in punta di piedi Milziade colpì
leggermente
di punta con la nuova arma,colpendo solo di striscio il plesso solare
del selvaggio,che non fece in tempo a difendersi e si trovò
con un
piccolo squarcio nella parte alta dell'addome,ma fece in tempo ad
uscire dal raggio d'azione della corta lama.
“Dovresti
guardare quello che fai. Più attento la prossima
volta.”
Un
altra beffa,un altro ferita al suo orgoglio di predatore. Lo avrebbe
ucciso e avrebbe goduto della sua sofferenza. Uno dei due redivivi si
mosse contro Gordlack e Nym,rispettivamente il primo davanti e
l'altro più indietro. Il mostro camminava goffo e pesante
diretto
contro il nano,intenzionato a iniziare per primo lo scontro.
“E
così pensi di essere grosso
vero?”,incalzò il nano stringendo con
forza il maglio, “Ho calpestato sassolini più
grossi di te. Fatti
sotto.”
Gordlack
non aspettò e scattando più veloce che
poté sulle gambette tozze
avanzò dirigendosi contro il suo bersaglio. L'abominio mosse
una
delle mosse una delle pesanti mani nell'intento di sferrare un
pesante pugno diretto alla testa di Gordlack, ma i nani avevano
esperienza per affrontare avversari più alti di loro,anche
se
creature più basse di un nano erano veramente poche e quindi
gli fu
facile piegare il collo e inclinare la testa per evitare il pugno e
rispondere subito con una martellata al ginocchio,che andò a
segno,ma non produsse l'effetto desiderato,dato che la creatura non
crollò,pur avendo un leggero barcollamento. Un colpo simile
su un
uomo normale gli avrebbe sbriciolato la rotula,invece quella cosa si
era semplicemente destabilizzata un attimo,come se avesse inciampato
su un gradino. Si riprese velocemente e con una mossa inaspettata
afferrò il manico del maglio e trascinò a se
Gordlack,che preso
alla sprovvista non seppe reagire. Ma una freccia improvvisa
volò
dritta contro il braccio del mostruoso umanoide e si
conficcò
nell'avambraccio che reggeva il manico,poco sotto il polso,scatenando
uno spasmo improvviso nella mano dell'essere che subito
rilasciò
l'arma,permettendo al nano di attaccare di nuovo,puntando questa
volta al viso,facendogli girare la testa dall'altra parte,mentre il
suono di un osso rotto,forse la mandibola o uno zigomo si
udì nelle
orecchie del nano e dell'elfo,uno perché vicino e l'altro
per
l'orecchio fino,allenato in decadi e decadi in mezzo alla natura. Ma
la testa tornò alla posizione precedente, tornando a
guardare il
nano con occhi inespressivi.
“MI
SA CHE STAVOLTA L'HO FATTO ARRABBIARE.”,Disse Gordlack
diretto a
Nym.
Nel
frattempo l'altro abominio puntava a Braxus e a Lucilla,ma il ragazzo
gli si poneva davanti impugnando con fierezza il tridente e la
rete,sapendo di essere l'unica difesa tra quell'obbrobrio e la
principessa. Braxus non era irriverente come Milziade e nemmeno
provocatorio come Gordlack durante uno scontro,ma le sue azioni
parlavano per lui e fu così che mentre il mostro si faceva
avanti,lo
colpì in pieno volto con i rebbi del tridente,mentre teneva
stretto
a se la pesante rete,che lui reggeva come se fosse un lenzuolo
arrotolato o un mucchio di papiri stretti alla rinfusa,tanto forte
era nonostante la giovane età. Colpiva velocemente e si
spostava di
lato,come una fiera impegnata in uno scontro con un altro
animale,schivava e attaccava,schivava e attaccava ancora,attento a
non incespicare nei cadaveri dei barbari precedentemente uccisi.
L'essere rispose agli attacchi colpendo sgraziatamente con le grosse
mani,dure come la pietra,menando pugni a destra e a manca,mosso
più
da un istinto animale che da una vera abilità in
combattimento,ma
Braxus era attento a come si muoveva e dopo l'ultima schivata fece un
piccolo balzo indietro e nel mentre lanciò la rete,che
allargandosi
a mezz'aria intrappolò solo la parte superiore del corpo del
mostro,troppo grande per essere bloccato interamente e con la
cordicella nella mano libera tirò a se la rete,che essendo
ancora
impigliata si strinse ancor più nel corpo dell'orrendo
energumeno,che non riusciva a togliersi la pesante rete di metallo.
“Non
so che razza di abominio della natura tu sia,ma se credi di poterti
avvicinare alla principessa,allora hai fatto i conti col retiarius
sbagliato.”,disse Braxus con un certo orgoglio nel tono di
voce.
Ma
proprio quando il vantaggio sembrava dalla sua parte l'essere fece un
balzo in avanti,alla cieca,data la presenza delle rete che gli
occludeva parzialmente la vista. Braxus avrebbe potuto schivarlo se
non fosse che la potenza e la velocità della bestia furono
talmente
rapide che il ragazzo vide a malapena l'azione,rendendosi vulnerabile
alla ginocchiata che gli arrivò in pieno volto. Cadde a
terra sulla
schiena,con la botta alla bocca che aveva subito e ai segni degli
uncini sulla tibia che gli aveva strisciato di poco la pelle del
mento,fortunatamente senza recidere la trachea o le arterie poste ai
lati del collo. Ma il mostro lo sovrastava in tutta la sua stazza e
senza aspettare una reazione di Braxus questo gli portò le
mani
attorno al collo e iniziò a strangolarlo con la sua enorme
forza e
Braxus che provò a colpire le braccia dell'aberrazione come
gli
avevano insegnato tempo fa nelle tecniche di combattimento
ravvicinato,colpendo con i pugni chiusi nell'intermezzo tra
l'avambraccio e il braccio e poi fare forza per spingere via le
braccia dell'aggressore,ma era come un gatto che si dimenava nella
stretta di un enorme serpente e quelle braccia parevano dure come
rocce. Sentiva l'aria iniziare a mancargli,le forze venire meno. Il
suo destino era segnato.
“PRIMI
RAGGI DELL'AURORA”
Era
la voce della principessa,urlò il nome di un incantesimo e
sul volto
del mostro un piccolo frammento di luce,simile per lunghezza ed
aspetto ad una freccia,esplose all'impatto,producendo un piccolo
bagliore della durata di una scintilla,costringendo il mostro ad
alzarsi ed arretrare di qualche passo,mentre portava le grosse mani a
coprirsi il volto,segno che il colpo era stato particolarmente
doloroso,tanto da renderlo vulnerabile e poi né
arrivò un altro in
pieno petto,poi un altro nel basso ventre,un altro in una spalla e un
altro nuovamente in pieno viso. L'essere emise un urlo di sofferenza
e in preda al dolore Braxus ebbe il tempo di rialzarsi e riprendere
nuovamente le armi,chiedendosi se era lui che stava difendendo
Lucilla, o piuttosto se era la nobile sacerdotessa a difendere il
giovane ex gladiatore. Lucilla vide con i suoi occhi gli effetti
della sua magia contro il massiccio abominio. Aveva usato un semplice
incantesimo di luce,uno dei primi che aveva imparato alla Domus
Lucis,come prescelta di Apollo. Era un incantesimo da battaglia tra i
più elementari in combattimento che usava la
luce,dividendola in
piccoli dardi e li rendeva quasi tangibili,così da non
lasciare
l'utilizzatore indifeso,se mai avesse dovuto difendersi da un
aggressore pur tenendosi a distanza di tiro. Ma un incantesimo di
quel tipo non avrebbe mai dovuto infliggere così tanti danni
ad un
mostro così pericoloso e lei lo aveva usato solo per
distrarlo,in
quanto doveva mantenere le forze,mentre la piccola luce sopra di lei
illuminava ancora la stalla. Ma allora com'era possibile che avesse
avuto una tale efficacia,come?...almeno che...ma
certo,perché non ci
aveva pensato prima? A volte si sentiva così stupida
nonostante la
sua passione per i libri e la sete di conoscenza che sua padre le
aveva trasmesso. Forse adesso aveva trovato il modo di fare la
differenza in quello scontro.
“E'
una magia corrotta...”, disse piano come se volesse
assicurarsi che
la sua convinzione fosse quella esatta...”E' UNA MAGIA
CORROTTA,SO
COME INDEBOLIRLA, MA NECESSITO DI TEMPO. RESISTETE FINCHE'
POTETE”,
Urlò con convinzione la principessa,tanto forte da farsi
udire nel
mezzo dello scontro. Lucilla dovette concentrarsi sulla luce posta
sopra di loro e in quel momento dovete ricorrere a un indigitamenta.
Come quando chiamò a se il potere del suo dio per evocare il
carro
del sole.
“Apollo,io
ti invoco come signore della luce,tu che conduci il carro del sole,tu
che scacci le tenebre della notte e del male,invoco il tuo divino
aiuto per proteggerci dalle mostruosità che ci
perseguitano,invoco
il tuo nome affinché mi conceda protezione....”,ma
a differenza
dell'ultima volta nella foresta,non invocò subito
l'incantesimo e
ripeté le parole del rituale,lentamente,senza
fretta,confidando
nella fiducia che i suoi compagni di viaggio l'avrebbero aiutata,come
Nym,Gordlack e Braxus che l'avevano aiutata quando aveva deciso di
fuggire per intraprendere quel viaggio pieno di insidie e come
Milziade,il cui arrivo era stato predetto prima ancora che lui si
unisse al gruppo,seppur controvoglia.
Nimerin
stava nuovamente subendo un altra trasformazione,qualcosa all'interno
del suo corpo stava mutando con violenza,con il rumore delle ossa,dei
nervi e dei tendini che dislocavano e si piegavano su se stessi,come
privi di un punto saldo alla quale riattaccarsi. Al mercenario non
piacque per nulla quello strano suono provenire dal corpo del barbaro
trasformista.
“Va
bene te lo devo riconoscere. Fai veramente schifo,in tutto quello che
fai. Giusto per curiosità, ti stai mettendo d'impegno a
farti
disgustare o è una cosa che ti riesce naturale?”
Finito
di dire quello che si teneva dentro Milziade menò una serie
di
attacchi di taglio provenienti da entrambi i lati,ma Nimerin
migliorò
la sua difesa,iniziando a schivare i colpi meglio di prima e rendendo
inutili gli i fendenti di Milziade. Non l'abilità in se del
mezzelfo
era migliorata,quanto piuttosto il suo corpo,si piegava e si
contorceva in maniera imprevedibile,piegando,allargando o stringendo
parti del corpo che normalmente sarebbero già state
mozzate,recise o
perlomeno ferite in maniera grave. All'ennesimo colpo mancato,Nimerin
rispose attaccando in maniera inaspettata,allungando il collo come se
fosse il corpo di un serpente,lungo e quasi informe e con le sue
bestiali zanne affondo un morso, a lato del collo,dove l'armatura non
copriva la carne, provocando non pochi danni al prezzolato. Milziade
strinse i denti dal dolore e proprio quando la sua attenzione si
stava rivolgendo al punto colpito vide,con la coda dell'occhio,alla
sua destra,una mano artigliata pronto a colpirlo in pieno
volto,desiderosa di tranciargli il viso,possibilmente con il resto
della testa. Allora Milziade rispolverò il suo repertorio di
tecniche di combattimento corpo a corpo e proprio come aveva imparato
in passato,seppe come reagire a quell'insolita presa di lotta. Fece
cadere la spada al suolo e con la mano libera attese che la mano
nemica arrivasse abbastanza vicino da reagire con efficacia. Ed ecco
il momento. Prima ancora che gli artigli potessero sfiorarlo
afferrò
con la mano libera il polso dell'avversario e col fattore sorpresa
dalla sua,mise tutta la forza che possedeva nel braccio per
indirizzare gli artigli verso un nuovo bersaglio,la faccia
dell'assalitore. Nimerin non controllò la forza del colpo e
una
volta deviato si colpì da solo in pieno viso,con i suoi
stessi
artigli che affondavano nella guancia e con uno strattone della mano
da parte di Milziade la mano scese ancora di
più,raggiungendo il
mento e sfiorando di poco le labbra. Nimerin allontanò le
sue fauci
dalla spalla ma quando credette di essersi messo in salvo Milziade
iniziò la sua offensiva,afferrando con una mano la spalla
del
selvaggio,passando da sotto l'ascella e passando le dita da dietro e
con l'altra afferrò la parte dietro del ginocchio,sollevando
una
gamba del mezzelfo e facendo forza sulla spalla,lo tirò
verso il
basso,mentre con il corpo avanzò di due rapidi passi per poi
precipitargli sopra,facendo cadere rovinosamente a terra piegato su
un fianco e piegandosi su di lui e schiacciandogli il bacino con il
peso del suo corpo,per bloccarlo a terra e non permettergli di
girarsi su stesso,nel caso tentasse di liberarsi. Ora la bestia
avrebbe dovuto combattere con le regole del prezzolato. Il
mercenario,aveva portato il selvaggio nel suo mondo. Il primo colpo
fu un un diretto alla zigomo contro l'uomo a terra e non sapendo
rispondere in quella posizione ricevette il primo colpo dritto
sull'osso. Il secondo un altro pugno,un gancio diretto alla bocca,che
seppur irta di zanne bestiali,sapeva che per istinto un nemico
completamente inerme cerca di ottenere la difesa più
efficacie
possibile e Nimerin rimase fermo,portando per istinto il braccio
libero,quello non schiacciato a terra contro il viso per
difendersi,ma Milziade gli afferrò il polso con l'altra mano
e così
poté colpirlo senza lasciargli scampo,prendendo il pugno in
pieno
viso e subendo l'ennesimo colpo. La terza mossa invece non fu un
pugno,ma si alzò dal bacino Nimerin e subito si
buttò a terra,di
lato,mentre portava le gambe al collo della bestia,per poi chiuderle
attorno alla gola,mentre con un gamba gli bloccava la spalla del
braccio ancora tenuto a terra,mentre gli chiuse il braccio libero
sotto un ascella mentre il suo braccio gli avvolgeva l'arto e con
l'altra mano la poggiò a terra,dietro la schiena e con
quella stessa
mano si fece forza per tirarsi indietro,mentre con le gambe soffocava
il mezzelfo e con braccio che avvolgeva il gomito di Nimerin lo
portò
verso di se,provocandogli un violenta torsione nel senso contrario al
naturale piegamento dell'avambraccio,provocandogli un forte
dolore,tanto che il barbaro trasformista urlò dal
dolore,tanto da
credere che il braccio si sarebbe spezzato. A quanto pare anche
lui,come le sue vittime,le pecore come gli piaceva definirle,aveva
paura,timori e preoccupazioni come gli altri comuni mortali. Il
mostro picchiava duro e per quanto Gordlack cercasse di farsi valere
grazie alla potenza e alla stazza del suo maglio,l'essere sembrava
aver migliorato il suo approccio contro quell'arma tanto temibile
quanto pesante. Usava la testa del maglio per deviare e colpire i
pugni che gli arrivavano contro e nel frattempo cercava di entrare
nella guardia aperta della creatura e di tanto in tanto tentava di
tirare un colpo,ma il mostro non faticava più a tenere a
freno il
tozzo nano,intuendo ben presto il modo in cui si muoveva e attaccava.
“Per
tutte le barbe intrecciate dei miei antenati,sei duro da buttare
giù
bestione. Vuoi il gioco duro? E allora il gioco duro avrai.”
E
fu qui,dopo la sua provocazione,che strinse nuovamente tra le mani il
manico della sua arma e tornò ad attaccare,ma questa volta
non si
sarebbe trattenuto. Gli avrebbe fatto vedere come combatteva
veramente un nano. Fece un piccolo scatto in avanti,con il maglio
tenuto più in alto di quanto poté sopra la testa
e quando vide
l'ennesimo pugno arrivargli contro,questa volta in direzione del viso
si abbassò in fretta e con tutta la forza che aveva nelle
braccia
abbassò la pesante testa del maglio,verso il piede del
mostro,prendendolo in pieno. Istintivamente l'abominio si
piegò per
il dolore e a differenza degli altri colpi questo aveva oltrepassato
le difese che quel nuovo corpo offriva a quel cadavere redivivo e
neanche il tempo di alzarsi e reagire gli arrivarono due frecce in
pieno viso da parte dell'arciere elfico,ma queste,pur penetrando la
pelle del viso e i muscoli sottostanti,sembravano non aver fatto
nulla al mostro e senza neanche aver distratto,visto che subito
allungò le mani per afferrare il nano con tutta la forza che
possedeva e alzarlo sopra la propria testa,come se fosse leggero come
una piuma.
“Mettimi
giù,mettimi subito giù così posso
picchiarti come si deve.”
La
bestia,come a voler soddisfare la richiesta del nano lo strinse con
forza e lo lanciò via,in direzione dell'elfo,che era intento
a
incoccare un altra freccia,ma vedendo il nano che gli veniva contro,a
mezz'aria e con il dolce peso di non meno di cinquanta chili,alla
stessa facilità con cui si lancia un sasso,Nym si
spostò di
lato,abbastanza da evitare il compagno volante e notare che
precipitò rovinosamente a terra dietro di lui. Poi vide
l'essere corrergli
incontro mentre caricava altre frecce sulla corda dell'arco,sarebbe
stata questione di pochi secondi prima la creatura gli fosse addosso
e le frecce oramai non procuravano tutti questi danni,era giunto il
momento per il combattimento ravvicinato. Braxus nel frattempo era
costretto sulla difensiva,l'essere si era fatto più violento
e il
modo in cui gli stava addosso gli impediva di attaccare in maniera
efficacie,dato che il suo stile da reziario si basava sull'essere
leggero,a spostarsi e punzecchiare l'avversario da una distanza di
sicurezza,per poi alterare i colpetti con potenti affondi e pesanti
attacchi laterali portarti di taglio con tutte e tre le punte ed
usare la rete per bloccare,far inciampare o catturare l'avversario in
una morsa letale. Ma i rebbi non erano abbastanza accuminati da
penetrare la difesa di quell'abominio e la rete,per quanto pesante
non poteva sottomettere la creatura che possedeva una forza e una
stazza pari,da rete quasi inutile la sua arma secondaria. L'essere,
in un movimento inaspettato,afferrò la rete con una delle
sue grosse
e scagliose mani e iniziò a strattonare il ragazzo a destra
e
manca,forse nel tentativo di farlo crollare e di farlo cadere al
suolo,ma il giovane aveva esperienza in quelle tattiche e si tenne
ben in equilibrio,seguendo il moto in cui il mostro voleva portare
Braxus,ma la mancanza di protezioni pesanti e di grossi e ingombranti
mezzi di difesa gli permettevano di aver un buon equilibrio senza
sacrificare la velocità. C'era da dire che per ora se la
cavava
abbastanza bene,ma se quel gioco continuava troppo a lungo rischiava
di stancarsi e restare bloccato in quella situazione di certo non gli
sarebbe stato favorevole. Doveva agire e in fretta. Fu così'
che
all'ennesimo strattone seguì nuovamente la direzione imposta
da
quell'obbrobrio in forma quasi umana ma quando fece strattonare
ancora la rete Braxus decise di lasciare la rete,cogliendo di
sorpresa la creatura convinta che avrebbe seguito lo stesso identico
andazzo. Con un movimento tanto rapido quanto imprevisto l'ex
gladiatore afferrò il tridente con entrambe le mani,ma dalla
parte
opposta,poco sotto la testa appuntita e improvvisamente diede una
forte bastonata sulla testa della bestia,che non gli fece molto
male,dato che il manico dell'arma era leggero,ma non era quello il
punto focale del suo attacco. La creatura,distratta per il colpo
smise di interessarsi alla rete e con un braccio libero
tentò di
tirare un pugno piuttosto grossolano,che venne abilmente deviato col
manico del tridente,poi Braxus rispose con il puntare i rebbi
dell'arma contro la rete,infilzarla e con uno strattone deciso la
fece cadere di mano dal mostro per buttargliela sulle gambe irte di
spine,che si aprì da sola e con il resto della rete ancora
chiusa la
tirò a se,restando all'altezza delle gambe dell'abominio e
intrecciarla anche sull'altra gamba,infine,con una capriola che
oltrepassò il lato del mostro Braxus tirò a se la
rete rimasta
incastra sia nelle gambe irte di spine,che nelle punte acuminate del
tridente e tirò a se con entrambe le mani la rete e
l'essere,nel suo
muoversi in maniera impacciata perse l'equilibrio e cadde a
terra,come solo un bestione come quello riusciva,in maniera pesante e
rumorosa,ma non quanto lo scontro che si stava tenendo fuori dalla
stalla. Parola dopo parola,preghiera dopo preghiera,sapeva cosa
doveva fare e sapeva bene come farlo,il guaio era che richiedeva del
tempo e molte energie per eseguire il rituale e Lucilla non voleva
correre il rischio che aveva corso quando era giunta ad Aegis dal
cielo. Se questa volta fosse accaduto l'irreparabile non ci sarebbe
stato il mago a salvarla,quindi stavolta avrebbe fatto le cose per
bene,come gli insegnamenti delle sacerdotesse più vecchie
gli
avevano trasmesso. Mentre recitava la formula Lucilla notava il caos
attorno a lei,la lotta nella stalla,gli animali imbizzarriti,la
battaglia tra l'esercito noviano e i barbari invasori,tutt'attorno a
lei era caos,puro semplice caos. Eppure,mentre svolgeva
l'indigetamenta sentiva nel profondo del suo essere,qualcosa che la
scaldava,che le trasmetteva un calore particolare,un tepore unico nel
suo genere,avvolgente e intenso,sempre più forte,sempre
più
grande,ma mai oppressivo e violento come avrebbe fatto un
incendio,no,era più come il sole di una giornata di
primavera,caldo,abbastanza da scacciare via il gelo,ma abbastanza
tenue da non soffocare chi restava sotto la sua luce. C'era pace
nella sua anima...ma non era pace quella che cercava in quel momento.
I compagni attorno a lei continuavano a combattere,ma presto o tardi
si sarebbero stancati,poiché vedeva come i due mostri,per
quanto
fossero poco abili a combattere,disponevano,di forza,energia e
resistenza ben oltre le normali creature di carne ed ossa,come gli
animali o le persone comuni,quelli rientravano ancora nella norma. Ma
quei due esseri erano mostri nati dalla morte e che dalla morte si
erano nuovamente destati con una nuova forma,deforme e abominevole e
come tale andavano trattati alla stregua di abomini poiché
abomini
erano,agli occhi suoi come a quelli del suo lucente dio. Aveva
accumulato abbastanza potere,lo sentiva scorrere dentro di
lei,attraverso la carne,le ossa,la mente e lo spirito. Apollo le
aveva concesso di ottenere ancora più luce di quella che gli
era
concessa normalmente,era giusto che la usasse contro un male che solo
le tenebre potevano concepire. Le bastò pronunciare poche
parole e
il potere si liberò in tutta la sua gloria.
“APOLLO
AVERRUNCUS.”
Da
qui fu il disastro per le creature,la luce sopra di lei si fece molto
più intesa a tal punto che se prima serviva solo ad
illuminare le
tenebre dentro la stalla,ora appariva come un pezzo di stella caduta
dal cielo,la cui luce era tanto forte da illuminare l'intero edificio
a giorno e accecare temporaneamente chiunque osasse osservare
direttamente il globo sopra le loro teste,come se si stesse guardando
direttamente il sole. Ma per i due mostri fu peggio. Quando la nuova
luce apparve e si espanse all'interno della stalla entrambi i mostri
cominciarono ad urlare,in preda a chissà quale inumana
sofferenza.
Quello che stava correndo in contro all'elfo smise di correre e si
gettò in ginocchio e battendosi le mani sul tutto il
corpo,come se
fosse in preda a fiamme che non poteva scacciare e anche
l'altro,caduta a terra per colpa di Braxus iniziò ad
agitarsi e
urlando in preda all'agonia che non poteva scacciare. Le ferite
aperte da entrambe le mostruosità cominciarono a sanguinare
e tutti
gli urti e le contusioni si fecero sentire in tutta la loro dolorosa
forza.
“SONO
VULNERABILI,UCCIDETELI, NEL NOME DI APOLLO CHE SCACCIA IL
MALE.”
Non
fu un suggerimento,ma un ordine. Che fosse l'impeto della
battaglia,le sue nobili origini,o fosse perché in lei,in
quell'istante,scorreva l'energia di un dio,o forse una parte di tutte
e tre di quelle cose,ora più che una giovane e vulnerabile
principessa ora dava l'impressione di un imperiosa regina,coscia del
suo potere e conscia di saperne fare uso ordinava ai suoi difensori
di uccidere i mostri e spazzare via la minaccia che ora incombeva sul
loro cammino. Ci volle un niente e subito Nym e Braxus colpirono le
creature sofferenti,uno col tridente e l'altro con la piccola ascia
che nascondeva dietro il mantello e incredibilmente, quando colpirono
le bestie,fu come penetrare uno dei barbari che precedentemente
avevano ucciso durante l'agguato,come se fossero semplicemente
tornati umani e una volta morti restarono a terra immobili,con quella
loro forma ormai deformata dall'oscura magia che aveva infettato i
loro corpi. La sfolgorante luce di Lucilla aveva raggiunto anche
Nimerin e Milziade,il primo a subire la presa d'acciaio del
mercenario e il secondo a sfruttare tutta la sua abilità e
forza per
impedirgli di compiere altre eccentricità da incantatore,con
la sua
magia barbare e quell'animalesca maniera di uccidere. Poi si
sentirono le urla dei mostri dolenti e li il barbaro mingherlino si
accorse del rovesciamento della situazione a favore dei suoi nemici e
questo gli inflisse un dolore nel suo malevolo orgoglio che solo un
sentore di sconfitta sapeva infliggere.
“No,non
può essere. La vittoria era mia,era mia,come la tua
sacerdotessa.”,
disse il mezzelfo ormai incredulo a quell'avvenimento
“Beh,mi
spiace contraddirti,in realtà non troppo,ma credo che tu
abbia perso
una seconda volta. E già,non prendertela,una svista capita a
tutti
di tanto in tanto.”,disse Milziade prendendolo in giro
sull'occhio
mancante per l'ennesima volta.
Un
altra battuta,un altra parola di scherno,si era stancato di essere
preso in giro da quell'umano gradasso e presuntuoso. Mai gli era
capitato di aver a che fare con qualcuno di più spavaldo di
quell'uomo,che nonostante la fatica era riuscito ancora a
sconfiggerlo,lui e il suo gruppo non erano stati uccisi dai goblin ed
erano proseguiti,non erano stati uccisi dagli orsi di cui ne aveva
corrotto la natura ed erano proseguiti,ed ora non solo le sue nuove
creazioni si erano rivelate deboli contro la purezza della magia di
quella ragazza ma era stato nuovamente sopraffatto dalla forza,dalla
velocità e dall'imprevidibilità del nuovo
acerrimo nemico. La sua
preda designata,la sua vittima sacrificale all'altare della sua
gloria predatrice,si era rivelato un animale che nemmeno lui,con le
abilità e la sua capacità di imitare parti e
peculiarità,sia
fisiche che comportamentali delle più pericolose bestie
presenti in
natura era stato in grado di uccidere. E a quel pensiero gli
tornò
alla mente quella sensazione a lui ben nota,la odiava. Sentirsi
debole,inadeguato,goffo,incapace di fare qualunque
cosa,gracile,piccolo,insicuro....e li montò la rabbia. Ma
non era
una rabbia normale,no,era qualcosa di più primordiale e
profondo e
presto sostituì il senso di inadeguatezza. Ma più
si sarebbe
sentito così,mai più sarebbe stato quello
debole,mai più sarebbe
stato quello da prendere in giro,mai più. Ma non quella
sera. Quella
sera era stato sconfitto.
“SACRIFICIO
DELLA VECCHIA....”
Ma
Nimerin non fece in tempo a formulare nuovamente l'incantesimo di
fuga che quando nessuno se lo aspettava qualcosa penetrò
all'interno
della stanza,distruggendo buona parte del muro laterale che dava
verso la strada principale ed entrò con tale forza,che
Milziade fu
costretto a lasciare la presa e così si fece sfuggire il
violento
incantatore che non esitò ad allontanarsi a distanza di
sicurezza
dalle mani del mercenario.
“E
adesso che succede?”,chiese Milziade alzandosi da terra e
raggiungendo la spada precedentemente abbandonata.
Le
macerie del muro che volavano di qua e di la,parte del tetto
completamente crollato e il caos della battaglia presente per strada
non aiutava di molto a comprendere cosa fosse successo in quel
momento. Nym,Braxus e Gordlack,ormai rialzatosi da e ripresosi dal
lancio improvviso,si avvicinarono al punto dell'edificio
sfondato,mentre alcuni animali,liberi dalla loro postazione fuggirono
in strada in preda alla paura,mentre nella corsa cercavano di evitare
qualcosa che quasi sbarrava loro il cammino. Lucilla invece restava
ferma dov'era,come in preda del suo stesso potere,ma non ignara di
ciò che stesse succedendo,mentre Milziade nel contempo si
rimise in
posizione di combattimento pronto a ricevere l'ennesimo
aggressore,fosse il mezzelfo o quell'altra cosa appena arrivata.
Quello che videro tutti in quel momento fu uomo,alto e
muscoloso,aveva una lunga chioma rossa raccolta in una treccia
accompagnata da una folta barba del medesimo colore e la potente luce
di Lucilla gli illuminò gli occhi di un verde smeraldo molto
intenso. Attorno al collo portava un torque,un tipico girocollo di
metallo intrecciato molto comune in alcune tribù barbare
conosciute
e veniva portato solo da valorosi guerrieri e capi tribù che
si
erano distinti per le loro gloriose gesta e come status sociale
presso la tribù d'appartenenza,nel suo caso ne indossava uno
in
argento,con due boccini del medesimo materiale all'estremità
di
entrambe le parti,mentre più in basso indossava solo delle
braghe di
cotone dai colori spenti a metà tra il grigio e un verde
molto
pallido,tenuti su da un cinturone di cuoio la cui fibbia di ferro
assomigliava alla testa di una croce intrecciata dalle
estremità a
mezzaluna e il petto era nudo con un peluria rossa che spiccava in
mezzo ai pettorali fino ad arrivare al basso ventre,le braccia erano
anch'esse nude e ai piedi portava dei morbidi stivali di cuoio. Ma
più di tutto era l'arma che portava con se a suscitare
maggior
attenzione. Uno Spadone. Un enorme spadone,dalla lama liscia,lunga e
larga quanto la mano di un uomo adulto che andava dal polso fino alla
punta del medio,dal lungo manico nero,intarsiato da dettagli in
oro,una guardia a croce a difesa delle mani di chi la impugnava e un
pomolo che consisteva in un piccolo blocco di ferro,con delle strane
piccole incisione fatte a regola d'arte. La sola immagine di
quell'arma poteva far intuire quanto fosse forte l'uomo che la
impugnava,poiché era raro vedere spade così
grosse nell'impero e
Milziade sapeva bene che quella non era un arma molto comune
all'interno dei territori dell'impero.
“Dumnoris,tu
qui?”,chiese Nimerin con grande stupore verso l'omone appena
arrivato, “Bene,adesso che ci sei anche tu possiamo uccidere
queste
pecorelle e prenderci la ragazza. Dai aiutami.”
Ma
l'uomo non si mosse se non per poggiare la grande spada contro il
pavimento e guardare la scena con fare pensieroso,rimanendo immobile
nella sua staticità,in particolare i cadaveri dei barbari a
terra
ancora umani e dei due deformati dall'oscura magia del mezzelfo.
“Sei
stato tu a convincere questi uomini a
seguirti,Nimerin?”,parlò il
rosso rivolgendosi al suo compare con tono calmo e voce cavernosa.
“Si
sono stato io,hai visto come si sono lanciati nel cuore della
battaglia? Hai visto come sono morti per la causa del nostro
popolo?”
Il
mezzelfo si avvicinò in maniera feroce e crudele a
Dumnoris,con un
serpente che striscia veloce verso un riparo sicuro,nel tentativo di
salvarsi da un predatore più grosso.
“
Dai
uccidiamoli,con la tua
forza e la mia magia riusciremo...”
Ma
non fece in tempo a finire la frase che una mano del possente
guerriero afferrò il mezzelfo per la gola,strangolandolo e
sollevandolo da terra,proprio come un uomo afferra una gallina per il
collo,per la cena. Nessuno si aspettava quel colpo di scena,tanto
quanto nessuno si aspettava l'arrivo di questo misterioso individuo
che invece di aiutare il presunto alleato,lo stava lentamente
uccidendo,mentre Milziade e gli altri guardavano la scena confusi e
la luce di Apollo si affievoliva di intensità e Lucilla
riprendeva
controllo di se,osservando anche lei quel curioso spettacolo e come i
suoi difensori non seppe se intervenire oppure prepararsi a qualcosa.
Stettero tutti con le armi pronte all'uso,pur non mettendosi in
alcuna posa di combattimento. Il mezzelfo si agitava convulsamente in
cerca di una via di fuga e nel disperato tentativo di liberarsi
provò
di tutto,dall'afferrare con gli artigli il braccio che lo stava
soffocando a nominare un incantesimo,uno di quelli che gli permetteva
di fuggire, o almeno di divincolarsi. Ma gli artigli non servirono a
niente e la voce strozzata non gli permetteva di chiamare a se la sua
magia e dall'unico occhio si poteva vedere che la paura aveva preso
il sopravvento sulla precedente feroce che aveva mosso le sue
intenzioni.
“Tu,schifoso
verme senza onore. Guardali bene,guardali. I corpi dei nostri
fratelli,alcuni dei quali appartenenti al nostro clan,giacciono a
terra,per le strade di questo luogo,uccisi per mano dei noviani. Li
hai convinti a seguirti approfittando della tua posizione come druido
per reclutare quanti più guerrieri sei riuscito a radunare
per
seguirti in attacco contro questo avamposto,ma non per il nostro
popolo,non per mandare un messaggio agli imperiali,no,lo hai fatto
solo per i tuoi scopi personali.”
Sul
volto di Dumnoris la rabbia era evidente e se avesse potuto
trasformare ogni singolo e rosso pelo dei capelli,della barba e del
petto in una scintilla quell'uomo sarebbe divenuto fuoco puro. Era
facile intuire che volesse ucciderlo.
“Tu
non sei un predatore come tanto ti piace dichiarare. Sei solo un
maniaco che prova piacere a saziarsi di violenza e morte,un viscido
pervertito che gode del sofferenza altrui per sentire forse di fronte
a chi è più debole. Persino la tua magia e un
riflesso della tua
putrescente anima e tradisci le tradizioni della nostra cultura e del
consiglio dei druidi. Sei tale e quale hai mostri che crei,se non
peggio.”
La
mano si abbassò velocemente così come il resto
del corpo e sbatté
a terra Nimerin così forte da tramortirlo,per poi
risollevarlo,con
la testa ciondolante,segno che aveva perso i sensi.
“Ma
non ti ucciderò. Per quanto tu sia ripugnante sei comunque
un membro
della mia tribù e io non ho il diritto di uccidere uno della
mia
gente,né andrebbe del mio onore di guerriero.”
Si
girò verso il grosso buco nella parete e incurante dei
cinque che lo
stavano scrutando,diede loro le spalle e si incamminò verso
l'esterno della stalla.
“Aspetta.”
Fu
Lucilla a parlare,rivolgendosi al grande uomo. Lui smise di
camminare,ma non si girò in direzione della sacerdotessa di
Apollo.
“Perché
state attaccando l'impero?”,chiese lei con voce quasi
implorante,molto diversa da quando emanava tutto quel potere
concessole dalla sua brillante divinità.
“Nobile
Lucilla.”,lo chiamò Braxus che preoccupato che
quella specie di
gigante in miniatura potesse girarsi e attaccare in preda a
chissà
quale furia animalesca.
Invece
l'omone se ne restò fermo,mentre teneva il piatto della
spada
poggiato su una spalla e teneva per la gola il mezzelfo svenuto.
“Ti
interessa saperlo,nonostante tu abbia perso il tuo trono?”,
disse
lui con tono serio,nonostante l'ultima parte della frase potesse
risuonare come una sorta insulto o provocazione.
“Si.”
Il
barbaro se ne restò un attimo in silenzio,mentre faceva
vagare lo
sguardo sul campo di battaglia,dove i molti corpi dei assedianti e
dei difensori rimanevano inerti in terra e in lontananza si potevano
udire il continuo cozzare delle armi e boati degli scudi che si
scontravano ancora,per l'avamposto.
“Il
mio nome e Dumnoris,campione della tribù dei Mitocaunni e
quello che
posso dirti,principessa e che le profezie dicono il vero e se era
vero che voi vi trovaste qui,in questa notte,in questo luogo e nel
mezzo di questo scontro,allora siamo destinati a incontrarci ancora e
la prossima volta sarà come nemici. Il sangue della mia
gente
macchia la terra per uno scontro che non doveva avvenire. Ci
scontreremo perché il mio popolo e il tuo non possono vivere
in
pace,ci combatteremo perché il tempo del sangue e della
morte e
giunto e una delle due parti morirà,perché
così i tuoi dei,i miei
e quelli di altre tribù e di altri popoli che seguono l'orda
hanno
voluto così. Ci rivedremo.”
Senza
più nulla da dire il barbaro si allontanò dalla
stalla,diretto
chissà dove,scomparendo nel caos della battaglia,tra i
numerosi
cadaveri che ricoprivano il suolo.
Se
ne restarono un attimo fermi,confusi su quello che era successo
nell'arco di una sola serata: un ufficiale noviano corrotto,pagato da
un folle mezzelfo,che intendeva rapire una sacerdotessa di apollo,che
aveva chiamato a se un armata di barbari,tra cui un
gigante,nell'intento di assaltare un avamposto noviano,solo per
stanare loro cinque,costringendoli ad affrontare due cadaveri
rianimati in mostri per concludere il tutto con un grosso
omone,armato di una spada gigantesca che aveva steso il
mezzelfo,citando una specie di profetica minaccia su un loro prossimo
incontro. Bisognava dirlo,la serie di stranezze che si erano
susseguite in un arco di tempo così breve aveva realmente
dell'incredibile.
“D'accordo...
A questo punto credo che la porta d'accesso per l'impero sia
aperta,nel vero senso della parola. Direi che è il momento
di
andarcene senza fare troppi complimenti.
In
quello stesso istante,poco lontano dall'avamposto di Cherunensis.
Da
un albero distante in mezzo alla foresta,Amunet,ancora intenta a
mangiare datteri,osservava attraverso l'occhio do Horus,la lente
magica con la quale gli piaceva guardare le situazioni interessanti
da un punto vista sicuro,aveva osservato l'intero svolgimento dello
scontro,se ne stava posata su un ramo,con la schiena poggiata contro
l'albero in un equilibrio precario,che solo una donna come lei faceva
sembrava un comodo triclinio. Aveva osservato tutto quello che poteva
vedere da li: L'inganno di Milziade ai danni del soldato corrotto,la
battaglia e Milziade e gli altri entrare nella stalla,senza contare
che aveva visto quello strano spaventapasseri guercio entrare nella
stalla prima che lo facessero i suoi bersagli ed ora,osservava
divertita tre equini,di cui uno piccolino,uscire
dall'avamposto,destreggiandosi senza troppa difficoltà tra i
barbari
rimasti,di cui molti si stavano dando alla fuga,segno che l'assalto
era stato un autentico fallimento e i noviani di guardia erano
resistiti abbastanza da respingere gli assalitori. Molto
probabilmente avrebbero ricevuto un encomio per il valore con la
quale avevano difeso la postazione al confine con la città
stato di
Aegis. Se avesse voluto intervenire nello scontro per supportare il
mercenario lo avrebbe fatto,cosa che aveva già dimostrato
all'accampamento dei noviani,ma non riteneva opportuno esporsi troppo
per ogni singola disgrazia,agguato,tentativo di
omicidio,assalto,rissa,battaglia,complotto e tante altre cose che
coinvolgevano il suo combina guai preferito, se no, tanto vale che
facesse coppia con Milziade per ogni lavoro che gli capitava a tiro e
per i suoi gusti,lui né accettava fin troppi. Ma lei
ragionava da
ladra e il mercenario aveva tutto un altro approccio al lavoro,quindi
normale che la sua filosofia di vita fosse diversa da quella
dell'uomo che era stata incaricare di spiare,oltre al resto del
gruppo ovviamente. Staccò la lente dall'occhio,ormai certa
che per
quella notte non doveva tenere conto degli spostamenti del
gruppo,visto che sapeva che avevano intrapreso la strada principale
ed ora si sarebbero diretti verso territori ad una quota più
bassa,a
quella che si trovavano,allontanandosi dalle montagne per una zona
più collinare e rurale. Non aveva fretta di seguirli.
Guardò ai
piedi dell'albero e controllò con attenzione i due corpi ai
piedi
dell'albero. Abiti di lino azzurri,maschere nortuarie ornate con
geroglifici verdi e il tipico tatuaggio del cobra che si arrotola
attorno al braccio,oltre che i piccoli punteruoli d'avorio dalla
punta avvelenate . Si,erano certamente due zanne di Uadjet,spie
al servizio del faraone,per conto del culto di Uadjet,dea dalla testa
di cobra della religione Amenosiana,protettrice delle famiglie reali
che governano il regno delle sabbie. Adesso anche il faraone in
persona voleva unirsi alla festa. La faccenda si faceva interessante.
Con agili balzi se ne andò via,saltando di ramo in
ramo,allontanandosi dalla sua postazione sicuro. Per quella notte
aveva smesso di compiere i suoi doveri.
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Capitolo 22 *** Punizione ***
Due
giorni dopo, primo pomeriggio.
Quel
giorno d'estate faceva caldo,la capitale Nova,con i numerosi villaggi
e città limitrofe,antiche sedi di tribù e
civiltà antiche,erano
centri cittadini per la maggior parte abitati da
contadini,allevatori,artigiani e qualsiasi altro membro della umile e
laboriosa classe agricola della civiltà noviana,che
affondava le sue
radici in quella terra da tempo immemore. Colline riarse dall'afa
stagionale facevano divenire l'erba secca e stopposa,mentre di verde
rimanevano i boschi di lecci e faggi,anche qualche macchia sporadica
di pioppi dispersi qua e la. Lei vedeva tutto questo da
lassù,nel
cielo,mentre sfrecciava nell'aria,nella quale non passava alcun vento
fresco a lenire il caldo di quel pomeriggio. Ma non ci pensava,anche
se l'alta velocità consentita dalle ali d'acciaio e
l'altezza alla
quale stava volando non le facevano sentire il caldo,non era quello
che la impensieriva. Era altro a occupare la sua mente preoccupata.
Dopo due giorno di volo quasi ininterrotto,fermandosi solo per
magiare e riposare nei castellum sparsi per il tragitto,aveva cercato
di raggiungere più in fretta che poteva la capitale e di
conseguenza,il palazzo reale. L'imperatore era un uomo paziente,ma
era meglio non farlo aspettare più del dovuto.
Torna
a palazzo
Questo
c'era scritto nella missiva e questo solo doveva essere
presente,nulla di più,nulla di meno. Questo era
l'imperatore,niente
fronzoli inutili,niente giri di parole,dritto al punto della
questione. Punto e fine. E adesso,lo stesso uomo che l'aveva messa al
comando della ventiduesima legio Superba adesso poteva decidere del
suo destino,come se fosse stato a tessere i fili del ricamo di cui
ogni uomo,donna e bambino e tessuta la sua vita e lui teneva in mano
le forbici che avrebbe reciso il tessuto dal telaio delle parche,ad
imporsi ad essere al di sopra delle tre sorelle del destino,di essere
colui che iniziava il lavoro,che ne decideva la lunghezza e che dava
la sforbiciata finale quando la morte giungeva. L'imperatore,per
quanto fosse un solo uomo,teneva in mano il destino di un vasto
impero,che valore poteva avere la sua vita,nella vastità di
tutti
gli esseri che abitavano quel vasto territorio che era Nova?
Mentre
stava sorvolando i vasti spazi aperti si accorse in lontananza
l'avvicinarsi di due figure dai contorni ben riconoscibili,grazie
alla magia che dimorava all'interno dell'elmo,dote più che
consona
ad un elmo che reca l'aspetto della testa di un aquila. Avevano
l'apparenza di normali aquile reali,piumaggio marrone,becco giallo e
sguardo incisivo. Ma via via che si avvicinavano si facevano sempre
più grosse,sempre più grandi,fino ad assumere le
dimensioni di un
elefante e con un apertura alare così larga da raggiungere
diciotto
cubiti,una misura notevole per quello che normalmente un piccolo,ma
letale,predatore di montagna. Sopra le due aquile,sedevano due
soldati,tenuti ai grandi rapaci per mezzo di un piccolo manubrio di
legno e poggiando il proprio peso su di una sella appositamente
conforme alla schiena delle aquile. Indossavano una particolare
armatura di cuoio,imbottita di lana,che copriva tutto il corpo,tranne
la testa,che veniva protetta da un elmo del medesimo
materiale,rinforzata da piccole fascette di metallo,unite tra di loro
da un imbottitura di lana posta sotto una leggera cotta di maglia
uniti in piccoli anelli di metallo,alle mani e ai piedi portavano
guanti e stivali di cuoio. Non certo il tipico abbigliamento dei
soldati imperiali. Ma più appariscente era lo stemma che
recavano i
soldati sui due lati del petto,una nuvola in procinto di scagliare
fulmini sulla destra e un aquila in volo sulla sinistra. Li aveva
riconosciuti. Erano due membri della sesta legione ausiliaria, Rex
Aquilae, un corpo d'armata specializzato nell'addestramento e nel
combattimento con aquile giganti. Conoscenza strappata agli elfi
delle lontane vallate occidentali,che tempo addietro seppero umiliare
le legione noviane,con i loro rapidi e potenti attacchi fulminei.
Si
dirigevano verso Nevia e nel vederli la ragazza si chiese se fosse
giunta al limite della capitale. Guardò in basso e lo
vide,il fiume
Satulis,o Satulo come veniva chiamato in latino,antico confine tra la
prima città di Nova e la tribù dei Satuli,uno dei
primi ad essere
conquistati dai tempi della fondazione della capitale.
Sapeva
cosa doveva fare,per tanto,scese lentamente verso il suolo,nei pressi
della riva del fiume,ampio e abbondante,arrivata al suolo venne
raggiunta poco dopo dai cavalieri volanti,scesero entrambi e si
avvicinarono,armati solo di un uncinus,o uncino,nome dato dai
legionari ad un arma tipica dei cavalieri elfici di aquile
giganti,simile ad un grosso uncino di metallo,simile ad un falcetto
per il grano,ma più grosso e con la lama più
pesante,adatto per
colpire con la lama ricurva per tranciare gli arti,che con l'uncino
posto alla fine della lama,utile per afferrare,infilzare e colpire
con leggeri attacchi di taglio. Un arma strana,ma letale in mani
esperte.
Nevia
si tolse l'elmo rivelando la propria identità,poi
appoggiò il pugno
contro il petto facendo il saluto militare.
“Ave.
Sono Nevia Placidia Sannita,comandante della Ventiduesima Legio
Superba. Ho ordine di incontrarmi con l'imperatore. Chiedo il
permesso il passare.”
“Ave...,disse
uno dei soldati scesi a terra ,“Abbiamo ricevuto la notizia
del
vostro arrivo e avete il permesso di superare il confine. Prego
procedete pure comandante.”
I
tre si scambiare un ultimo saluto e ognuno proseguì per la
propria
strada,Nevia verso la capitale e i due legionari del cielo per un
giro di controllo,alla ricerca di mostri,bande di criminali o altre
calamità. Agli occhi di un estraneo un evento di tale
piccolezza
sembrava una cosa stupida,mandare due soldati a cavallo di
gigantesche bestie alate solo per far passare un militare poteva
sembrare stupido,ma non era così. In passato numerose guerre
civili
ed eserciti stranieri avevano visto la capitale come obbiettivo fisico
di una campagna militare e gli assedi,pur non essendo stati
molti,furono comunque terribili e da tempo immemore,per volere del
senato,qualsiasi importante figura militare,avesse portato con se un
esercito e con esso avesse attraversato il Satulo con tale
armata,sarebbe stata dichiarata un azione di guerra. Lo stesso Silla
aveva oltrepassato il fiume dalla stessa direzione di Nevia con
l'intenzione di assediare la città. Ma lei aveva portato con
se solo
l'armatura e se stessa al suo interno,in caso contrario i due soldati
avrebbero visto le truppe in movimento già da molto lontano
e
sarebbe tornati indietro per riferire e prepararsi a intercettare
l'esercito nemico o a difendere la città. Passò
il fiume e superate
diversi gruppi di grandi colline finalmente la vide,era solo un
puntino indistinguibile,ma già ne poteva avvertire la
potenza e la
maestosità. Nova era davanti a lei. Vedeva sotto di se la
Via
Flaminia,che adesso si trovava sotto di lei,una delle strade
più
importanti,se non la più importante,di tutto l'impero,che si
estendeva per buona parte dell'impero,estendendosi per buona parte a
nord e a sud dalla capitale,per poi incrociarsi per altre
vie,primarie e secondarie e che facevano affluire da entrambe le
parti numerosi individui,da ogni parte dell'impero,di ogni razza,di
ogni etnia ed ogni civiltà ora sotto il controllo di Nova.
Vide la
porta principale,la porta di Giano,o l'ingresso di Giano,dedicato
all'omonimo divinità noviana del passato e del
futuro,custode
dell'entrate e delle uscite,ma non era li che era diretta. Fece un
giro più ampio delle mura e si trovò ad un altro
punto delle
immense difese della capitale,dove in punto ben preciso vi era
installata un altra entrata,più piccola di quella principale
e
utilizzata solo dai convogli militari e dalle piccole squadre di
legionari,quando non rientravano in città per essere
acclamati dalla
folla adorante per un altra gloriosa vittoria nel nome dell'impero.
Non aveva un nome preciso e spesso veniva definita semplicemente come
la porta del soldato,senza gloria e senza infamia. Scese lentamente
al suolo,facendosi notare dalle truppe a difesa delle mura,sapendo
che non sarebbe stata attaccata. Una volta scesa si presentò
all'ingresso secondario,un enorme portone di legno aperto,dalla quale
alcuni giovani legionari,probabilmente fresche di recluta,facevano da
guardia all'ingresso. Per la seconda volta in quel giorno,Nevia fece
il saluto militare e si presentò alla porta e senza troppe
cerimonie
chiedeva il permesso di poter entrare in città.
Inaspettatamente
però dietro al legionari c'era un vecchio nano,uno schiavo
visto le
semplici vesti grige,ma comunque in salute e abbastanza curato
nell'aspetto. Forse uno schiavo dedito al lavoro tra i soldati.
“Nobile
comandante, mi è stato ordinato di dirvi,da parte diretta
dell'imperatore e del magister militum,che avete il permesso,anzi
dovete,portare l'armatura in città,ma che vi è
comunque vietato
l'utilizzo di qualsiasi potere o magia connessa ad essa.”
“Cosa?
Perché?”,chiese lei incredula.
“Riguardo
a ciò non so rispondervi signora,ma mi è stato
anche detto che un
carro coperto vi è stato messo a disposizione,per
raggiungere la
vostra destinazione senza dare nell'occhio.”
Nevia
superò lo schiavo e si introdusse in città
attraverso la zona più
umile della città. Le insule,le palazzine alte dai tre fino
ai
cinque piani,erano le abitazioni della gente più
umile,solitamente
abitata da molte famiglie numerose,spesso affollate in stanze
umide,piccole,con a malapena lo spazio necessario per tenere qualche
letto,la cucina e nient'altro. Nevia poteva vederci le donne in
casa,intente nelle faccende domestiche,mentre i bambini,scorrazzavano
per strada,giocavano con i gusci di noce per il gioco delle fossette
o a palla,oppure,nel caso delle bambine,intente ad accudire delle
bambole,fatte di stoffa e cucite alla meno peggio per le classi
più
povere della società noviana. Per un attimo si fece
distrarre da
quella semplice vista di vita quotidiana,con i rumori della strada di
un giorno come tanti,senza nulla di speciale. Quanto tempo aveva
trascorso sui campi di battaglia e quanti ancora ne restavano,prima
che la vecchiaia giungesse a toglierle ogni energia,oppure,quando la
morte sarebbe arrivata quando meno se ne sarebbe accorta,che fosse
durante lo scontro con un nuovo nemico oppure fuori dal campo di
battaglia,per i motivi più assurdi. Molte volte aveva visto
la morte
negli occhi eppure,mai come qualche giorno fa,per mano di un uomo che
non pareva possedere nessuna abilità degna di nota,uscito
vincitore
solo con l'aiuto del suo cavallo,l'aveva sopraffatta e adesso,se ne
stava tranquillo,al sicuro dentro le mura di Aegis,da dove
lei,purtroppo,non poteva raggiungerlo e la cosa gli montava dentro
una rabbia che ancora adesso non era ancora sopita. Si distrasse al
pensiero di quell'uomo quando i bambini che giocavano in strada si
accorsero della sua presenza e la fissarono,o meglio,fissavano la sua
armatura,bella e maestosa,ampia e possente,distraendoli dai loro
giochi. Non voleva ancora dare spettacolo della sua presenza e si
guardò attorno alla ricerca del carro e lo vide. Era un
carro
pesante coperto a quattro ruote,uno di quelli usati per le
vettovaglie e gli approvvigionamenti per l'esercito,attaccato a due
grossi cavalli da traino e con un uomo già al posto di
guida. Salì
dietro,con qualche problema dovuto dalle grandi ali di metallo e
senza nemmeno un posto a sedere,si appoggiò sul legno,a
gambe
incrociate,attenta a non incastrarsi,nel telone del veicolo,poi
partirono,lasciandosi dietro le mura della città.
Perché mai quella
decisione? Entrare in città senza essersi tolta l'armatura?
Mai da
quando era entrata a far parte dell'esercito aveva mai sentito di una
cosa simile. Era regola,fin dai tempi della fondazione della
città,che mai,un qualsiasi individuo in possesso di un
armatura o di
un arma dotata di magia propria,a capo di un armata,potesse entrare
in città senza che il proprietario fosse momentaneamente
spogliato
del potente oggetto e poi restituito quando esso sarebbe tornato in
servizio. La magia,fin dai tempi delle prime leggi,era severamente
controllata e limitata allo stretto necessario. Persino i maghi e i
sacerdoti,di sesso maschile e considerati dei novizi, dovevano
prestare servizio attivo per almeno tre anni nell'esercito o in una
mansione statale,prima di essere riconosciuti e ad autorizzati dalla
legge a far uso delle loro conoscenze. Ma allora perché a
lei era
stato imposto di tenere l'armatura del comandante della Superba?
Perché? A quale scopo l'imperatore e persino il magister
militum
avevano imposto un tale obbligo? C'era qualcosa che non quadrava,ma
non riusciva a venire a capo di quel dilemma. Mentre il carro
avanzava per la strada,poté udire in lontananza un ondata di
urla di
gioiose,del clangore delle armi e dello squillo delle trombe,erano
appena passati vicino al giardino di Bellona,la più grande
arena mai
costruita in tutto l'impero. Passò un altra decina di minuti
prima
di sentire un altro suono,quello dell'acqua,tanta acqua,acqua che
scorre con moto potente,ma controllato,non aveva bisogno di
affacciarsi per capire che stavano passando il Latium,il potente
fiume che divideva in due la capitale,attraversabile attraverso i
quattro grandi ponti presenti in città,situati,l'uno a
distanza
dall'altro per la medesima lunghezza,permettendo a chiunque volesse
raggiungere l'altra sponda senza troppe difficoltà,anche
quando
nelle giornate più calme c'era sempre un po' di traffico,per
non
parlare poi durante,le feste sacre e le parate militari,in quei
momenti si rischiava di non passare per ore,se si era fortunati.
Superata un altro po' di tempo Nevia poté sentire un forte
chiacchiericcio,urla sovrapposte che si assordavano le une con le
altre,poi giunsero gli odori,di cibi e pietanze,di profumi e di
spezie esotiche, non poteva non riconoscerlo,era giunta nel forum
commercium, la piazza del commercio,una vasta piazza dedita al
commercio di qualsiasi mercanzia,per lo più occupato dai
macella,
piccoli edifici a pianta quadrata specializzati nella vendita di
carni e verdure fresche,ma anche preparate in precedenza,già
cucinate e subito pronte alla vendita e disponibile anche a trovare
ingredienti rari per clienti affezionati,al giusto prezzo si intende.
Insieme ad essi non mancavano le taverne e le locande,ma vi erano
presenti anche aree specializzate nella vendita di bovini,di pesci,di
mobili,di libri,persino gli schiavi si potevano vendere
tranquillamente sotto gli occhi di tutti,per tutti i cittadini
liberi,per tutte le classi sociali e per tutte le esigenze. Ci volle
per liberarsi dal traffico delle strade principali che passavano per
il mercato e dopo un altro po' di tempo vi si poteva sentire un altro
genere di suoni presente in città,un po' più
ricercato e utile
all'occorrenza,quando se ne aveva più bisogno. Il suono dei
cimbali
in strada,delle sacre litanie emesse in strada e delle preghiere ai
lati della strada capì di essere giunta nell'area sacra,ma i
cittadini lo chiamavano il colle,l'unica zona della della capitale
che aveva subito pochi lavori di rinnovamento architettonico
dell'urbe fin dai tempi di Romolus. Numerosi erano i templi situati
nella zona è più in alto ci si innalzava verso la
punta del
colle,più grande era l'importanza della divinità
venerata.
Certo,proprio come per il mercato centrale della capitale,seppur la
maggioranza delle aree mercantili,ma non tutte, si trovavano in
quella area anche i templi situati sul colle,seppur erano i
più
importanti,non era tutti quelli presenti in città,che
sarebbero
stati troppi visto il loro numero e contando solo quelli dedicati
alle divinità noviane e tralasciando quelle dei popoli
stranieri. Ma
perché fare quel tragitto? Certo,la zona del colle,era
situata
dietro al palazzo reale,l'immenso edificio di marmo che occupava,da
solo, un intero quartiere,ma c'era una strada principale che
conduceva direttamente al palazzo e non era quella che stava facendo
adesso. C'era qualcosa che non quadrava in tutta quella faccenda e se
prima era preoccupata,ora si stava domandando che intenzioni aveva
l'imperatore con lei e il palazzo,c'entrava poco o nulla.
Tutto
ad un tratto il carro si fermò e dal posto del conducente si
sentì
una voce che parlò attraverso una fessura nel mezzo del telo.
“Siamo
arrivati signora.”
“Arrivati?Dove?”,si
chiese lei ad alta voce,mentre con qualche difficoltà
scendeva dal
carro,e poggiando i piedi non sul pavimento di pietra della
città
urbanizzata,ma la nuda terra,non ancora soffocata dal resto della
città. Si guardò attorno confusa notando di
essere in una zona a
metà tra il sacro colle e il palazzo,che con la sua
mole,occupava
una buona parte del campo visivo. Vide i templi costruiti quasi l'uno
sopra l'altro fin sopra la punta e tornando con lo sguardo verso
terra si accorse di loro,il corpo della guardia pretoriana,tutti in
fila,a fare la guardia ad una piccola stradina,dall'aspetto antico e
poco curato,che si inoltrava verso il basso,scendendo sotto terra,tra
gli sfarzosi edifici sacri,ornati di marmo,preziose statue e altri
orpelli di bell'aspetto non c'era niente,non un tempio,non un
sacrario,nemmeno una statua o una targa che segnava qualcosa. Il
vuoto più assoluto . I pretoriani restavano vigili,attenti a
non
muoversi di un solo fremito,quando Nevia,con ancora indosso
l'armatura camminava ,scendendo sempre più verso il fondo di
quella
strada che non aveva idea di dove portasse. Passo dopo passo,si
accorse delle lucerne posto sui muri che illuminavano il
sentiero,scendendo giù,sempre più giù
fino a trovarsi di fronte ad
una grande sala semibuia,dove ai lati otto grandi bracieri di
ottone,illuminavano la sala,dove illuminate a malapena,era presenti
sui due muri ai due lati della stanza dei
mosaici,possenti,maestosi...macabri. Le tessere univano due scene
differenti,sulla parte sinistra era raffigurata una scena di vita
quotidiana,in un paesaggio agreste,dov'erano presenti il sole,il
cielo azzurro,i boschi,le campagne e gente intenta a lavorare nei
campi. Fin qui nulla di strano...se non fosse che le figure presenti
erano tutti scheletri. Scheletri piccoli da bambini,scheletri grandi
da adulti,che aravano la terra,che raccoglievano la frutta,che
seminavano il grano e l'orzo e alcuni erano persino seduti ad un
tavolo intenti a mangiare. Nell'altra scena invece,quella di
destra,era raffigurato un cimitero,un cimitero molto grande,che Nevia
riconobbe molto bene. Era il cimitero cittadino,situato fuori dalla
capitale e qui erano presenti tutti gli elementi caratteristici di un
cimitero,le tombe,le urne votive,le statue e ovviamente,i morti.
Anche qui scheletri,tutti intenti a camminare in fila,precisi ed
ordinati,diretti verso una grande buco nero presente nel suolo,forse
una fossa o l'entrata di una caverna e dall'altra parte del buco
c'era una donna,vestita con lunga stola nera che le arrivava fino
alle caviglie,le braccia erano pallide come quelle dei cadaveri e sul
volto portava un velo nero che copriva il viso,ma a lei parve di
vedere la metà di un teschio che le mise i
brividi,perché ebbe la
sensazione che stesse osservando proprio lei,con la sua orbita vuota
e i suoi denti sporgenti.
“Cos'hai
da dire comandante?”
Una
voce la fece trasalire,la voce di un uomo,possente e al contempo
fredda e dura come il marmo delle tombe reali,non poteva non
riconoscerla. L'imperatore, Lucio Cornelio Silla era li. Si
girò a
volgere lo sguardo in cerca della figura del
dominatore,guardò più
in la nel buio e le parve che a malapena,il contorno di un uomo
possente,forte e vigoroso fosse molto più in la nella
stanza,coperto
dall'ombra,ma che le lingue di fuoco nei bracieri seppero dare una
forma indefinita,confusa. Lei non parlò non sapendo cosa
dire,solitamente forte,sicura di se e furente per la minima sfida che
le veniva lanciata da un nemico,ora si sentiva piccola,debole e
indifesa. Non lo dava a vedere,ma cominciava a non sentirsi
più al
sicuro e non era quel tetro luogo a farle paura. Non più di
quanto
potesse farlo lui.
“Ti
ho fatto una domanda. Che cos'hai da dire in tua difesa,Nevia
Placidia Sannita?”
Il
tono della voce era freddo e piatto,nulla di diverso dal solito,ma
sentiva che in quelle parole si nascondeva un emozione repressa,tanto
grande che la sola presenza era quasi tangibile nell'aria,come la
nebbia in una giornata d'autunno,presente,impalpabile,ma troppo
grande per non essere notata.
“Nulla
che tu già non sappia...maestà.”,disse
lei,mentre nel frattempo
si toglieva l'elmo,per mostrare il volto all'imperatore volendo
dimostrare che non si stava nascondendo dietro un pezzo d'acciaio,per
quanto intimorita potesse sentirsi da quella conversazione.
“Nulla
che già non sappia? Da quando in qua sai di quali
informazioni sono
in possesso? Forse preferirei sentirlo dalla donna alla quale ho
affidato l'assedio di Aegis...e ha fallito. Avanti parla. Il tuo
silenzio peggiorerà solo le cose.”
La
ragazza sentì un brivido gelido scendergli lungo la spina
dorsale e
quando capì che tenere la bocca chiusa non le avrebbe
giovato in
alcun modo si fece carico del peso che si teneva dentro e
iniziò a
parlare. Ora la sua sorte era nelle mani di quello spietato Ercole.
Gli raccontò tutto,dell'inseguimento della principessa sopra
il
cielo di Aegis e del raggio che per poco non la uccideva. Gli disse
del mercenario,del duello, della sua sconfitta e di come la nebbia
azzurra comparve nel in mezzo ai legionari. Poi passò alla
firma
della tregua e del piccolo battibecco che ebbe con la principessa e
il suo seguito.
“E
questo è quanto,non ho altro...”
“Da
dire? Sei certa di non esserti dimenticata qualcosa?”
La
voce si era fatta leggermente più aggressiva.
“Signore?”
“Se
non ci arrivi da sola ti aiuto io a fare mente locale...”
Un
veloce spostamento d'aria le venne contro e per istinto
saltò via di
diversi metri grazie allo sbattimento di ali che la portarono al
sicuro,lontano da qualsiasi cosa le fosse venuto contro.
All'improvviso l'intera sala si illuminò per mezzo dei
bracieri,la
cui fiamme in quel momento parvero così intense da
disperdere le
tenebre,come un incendio che consuma una foresta in piena notte.
Estrasse le spade in un gesto involontario dettato
dall'istinto,acquisito in anni di scontri sui campi di battaglia e
pochi di questi come comandante. Era sul punto di rispondere quando
poi lo vide li, a una distanza di cinquanta
passi,alto,forte,possente...furioso,nelle sue vesti imperiali a
cingerne il massiccio ed allenatissimo corpo. Non aveva bisogno di
averlo vicino per capire che in quel momento era un autentico titano
che covava all'interno del suo essere una rabbia che non era comune
vedere in lui e che non ci teneva a vedere nuovamente. Silla teneva
il pugno serrato,con il braccio steso in avanti in tutta la sua
lunghezza. Nevia sapeva che non era stai lei a schivare il colpo,ma
era lui che si era fatto annunciare da quel colpo d'aria,tanto forte
che solo una forza sovrumana avrebbe potuto creare spingendo l'aria
con il pugno chiuso,colpendo con abbastanza forza e velocità
da
creare quella leggera pressione. La testa girata verso di lei,gli
azzurri occhi di ghiaccio la guardavano come volesse squartarla. La
sua ira era più che evidente.
“SPIEGAMI
NEVIA,COME E' RIUSCITO UN COMANDANTE DELLA VENTIDUESIMA LEGIO SUPERBA
A CONSEGUIRE BEN TRE FALLIMENTI IN SOLI DUE GIORNI?”
“Signore,posso
spiegare.”
“PUOI
STARE CERTA CHE HO GIA' TROVATO LE TRE RISPOSTE CHE HO BISOGNO. IL
TUO PRIMO FALLIMENTO E STATO NEL CEDERE ALLA PROVOCAZIONE,NON ERI
TENUTA A COMBATTERE E UN COMANDANTE CHE SI ESIBISCE IN DUELLO COME
UNA COMUNE GLADIATRICE E UNO SPETTACOLO VERGOGNOSO. IL SECONDO E
STATO QUELLO DI AVER PERSO,NON MI INTERESSA SE QUELL'UOMO HA
IMBROGLIATO,INDOSSAVI UN ARMATURA MAGICA DI ALTISSIMA QUALITA' E IL
FATTO CHE TU ABBIA PERSO HA GETTATO VERGOGNA NON SOLO SU DI TE,MA
ANCHE SULLA TUA LEGIONE. E TERZO,LA COSA PEGGIORE CHE POTESSI FARE E
STATA PERDERE LA CITTA' DI AEGIS. MENTRI ERA IMPEGNATA A COMBATTERE
NON TI SEI ACCORTA CHE L'ESERCITO CITTADINO AVEVA GIA' OCCUPATO IL
CAMPO E HAI PERSO LO SCONTRO CAMPALE PRIMA ANCORA DI INIZIARLO. MA
QUELLO CHE HA GETTATO VERGOGNA SU DI ME,SUL SENATO E SU NOVA STESSA E
STATA LA FIRMA DELLA TREGUA,PERDENDO COSI' IL VANTAGGIO SUL PIANO
STRATEGICO SU DEI DISERTORI DI VECCHIA DATA CHE SULLA FIGLIA DEL
PRECEDENTE IMPERATORE,PERMETTENDOGLI DI LASCIARE LA CITTA' ED ENTRARE
NEI CONFINI DELL'IMPERO.
Nevia
non credette alle sue orecchie. Sentire di quell'ultima parte,quella
di dove Lucilla aveva passato il confine Noviano,non poteva
crederci,non voleva crederci.
“Cosa?”
L'imperatore
non cambiò espressione n'è tanto meno sembrava
volersi calmare,ma
cominciò ad avanzare verso la ragazza come un toro che si
preparava
a caricare a testa bassa,mentre Nevia,impietrita e confusa sul da
farsi restò bloccata,mentre stringeva contro il costato
l'elmo dalla
testa d'aquila,come a volersi aggrappare a qualcosa,come un naufrago
che si aggrappa ad una tavola di legno nel mezzo di un tempesta per
non affogare. Gli si fermò di fronte,tanto vicino al viso
che
avrebbe potuto infilzarla solo con lo sguardo,tanto appuntite e
piccole parevano quelle iridi chiare per l'ira che parevano delle
stalattiti pronte a colpirla in mezzo al cuore.
“E
arrivato un rapporto,dai confini con il territorio di
Aegis...”,l'imperatore parve tornare a parlare con tono calmo
e
controllato,ma era chiaro come la luce del sole che il rancore di
Silla era ben lontano dall'essere calmo, “L'avamposto di
Cherunensis e stato attaccato da un esercito di barbari,probabilmente
entrati nell'impero per mezzo di qualche punto scoperto. Per
assurdo,pare che durante lo scontro con gli invasori,molti abbiano
visto delle strani luci all'interno delle stalle e nel frattempo vi
echeggiavano all'interno i suoni di un altro scontro. Fortunatamente
la guarnigione a guardia posto ha respinto gli invasori,anche se
hanno subito ingenti danni. Ma la cosa più assurda e quando
lo
scontro era terminato,i barbari in fuga e i soldati impossibilitati a
continuare la lotta,un gruppo non ben identificato ha lasciato
Cherunensis in fretta e furia,approfittando del caos generale per
entrare a Nova. Ora dimmi Nevia...E una mia impressione,ho il
collegamento tra le luci,il gruppo in fuga è l'attacco ad un
avamposto di confine hanno qualcosa in comune? Non ho le prove
certo,ma io sono convinto che non sia stato un caso. Oh
sbaglio?”
“Signore,io
non avevo idea che avessero lasciato la città. Ho appostato
ricognitori in ogni punto accessibile e dalla quale sarebbero potuti
uscire e anche se fosse,perché tornare nell'impero? Non ha
senso.”
“Forse
no,ma ultimamente accadono troppe cose che non hanno senso. Ed
è
proprio per questo motivo che ho voluto che tu mi raggiungessi in
questo posto. Sai in questo momento dove ti trovi?”
Nevia
scosse la testa in segno di negazione.
“Guarda
quella figura lassù,quella donna vestita di nero col velo
coperto.
Sai chi é?”
“No
Signore.”
“E
Libitina, un antica divinità noviana,il cui dominio e la
morte,cadaveri e spettri sono legati al suo culto. Plutone
controllerà anche gli inferi,ma è Libitina ha
rappresentare la
morte nella sua forma fisica. C'è una antica leggenda legata
alle
prime legioni di Nova. Insieme a Marte,Giove e Bellona era nominata
anche lei dai comandanti prima di una grande battaglia. Ma col
passare del tempo e con l'aumentare delle vittorie si perse la
tradizione di chiamarla sui campi di battaglia,perché i
legionari,oltre che i comandanti,credevano che fosse malasorte
invocare la morte sul proprio esercito,che fosse di pessimo auspicio
ingraziarsi chi tra i suoi seguaci annovera nulla che non sia vivo.
Quindi,ora ti chiedo,se dovessi invocare la morte per combattere un
temibile nemico,che fare il nome di Libitina fosse l'unica cosa che
ti permettesse di vincere,lo faresti?”
La
ragazza ci pensò un attimo prima di rispondere.
“Si.”
“Bene,in
questo caso è un bene che tu abbia l'armatura della legio
Superba
con te.”
Disse
Silla allontanandosi di una decina di passi dal comandante per poi
girarsi,incrociare le braccia al petto e guardarla nuovamente,ma
questa volta con sguardo più cattivo e deciso,come se stesse
osservando un nemico e li,Nevia,rivide le fiamme della rabbia che
bruciava in lui,in quello sguardo che poteva dire una sola cosa e
lei,conosceva bene cosa voleva dire quell'occhiataccia.
“Perché
ho intenzione di mettere alla prova la forza della tua determinazione
soldato,attaccami.”
Nevia
non voleva credere a quelle parole,a quell'atteggiamento,a quelle
intenzioni. Lo conosceva da troppo tempo e aveva combattuto tante
volte insieme a lui perché potesse fargli del male,il solo
sfiorare
la figura dell'imperatore,per lei era come mettere la mano sul fuoco.
“Maestà,non
puoi chiedermi questo. L'imperatore è un essere sacro,un dio
in
terra e dato che siete voi l'imperatore a maggior ragione,nessuno
oserebbe fare del male al capo supremo dello stato.”
“Cos'è
questo improvviso servilismo Nevia? Ti sei forse rammollita con la
sconfitta da parte del tuo ultimo avversario?
Attaccami,ora,dimostrami che meriti ancora di indossare
quell'armatura. Non lo ripeterò una seconda volta.”
Il
comandante non aveva scelta,doveva combattere e se era Lucio Cornelio
Silla a volere lo scontro,non poteva tirarsi indietro,se lui voleva
il combattimento,il combattimento avrebbe avuto. A Malincuore Nevia
dovette cedere alla richiesta e si rimise l'elmo,per poi impugnare le
spade,estendere le pesanti ali metalliche e mettersi in posizione di
combattimento.
“Mostrami
quello che vali davvero,comandante della ventiduesima legio
Superba.”,disse l'imperatore con un certo ardore nella voce.
Le
ali si estesero verso l'alto al massimo della loro lunghezza,poi,in
un battito di ciglio,scattò,come un fulmine a ciel sereno.
Gli ci
volle un niente per raggiungere Silla e mosse una delle lame per
colpire alla gola l'imponente picchiatore. Ma la lama,piuttosto che
affondare,sembrò rimbalzare come se avesse colpito nuda
pietra e lei
volò avanti,frenando coi piedi contro il suolo per
interrompere la
carica,poi si girò e lo vide di schiena,nella stessa
identica
posizione. Non si era mosso,immobile come una statua.
“Patetico,tutto
qui quello che sai fare? Riprova.”
La
ragazza cercò di non darsi ancora per vinta e
tentò di ripartire
all'attacco,carica di una grinta che non seppe spiegarsi. La schiena
era un punto debole molto ampio alla quale puntare,facile da colpire
e offriva poca,se non nessuna difesa. Silla si aspettava un buon
colpo? E un buon colpo avrebbe ricevuto. Puntando tutto sulla forza
d'impatto e sulla velocità Nevia prima spiccò un
balzo verso il
soffitto,che era abbastanza alto per essere un tempio costruito poco
sotto il livello del suolo pubblico,fece un giro all'indietro
sfruttando la corrente d'aria che stava creando con le ali e
poi,quando tornò con il busto in direzione del suolo si
gettò in
avanti con tutta la forza che poteva generare in quel momento e con
entrambi i gladi messi di punta,come due frecce in direzione del
bersaglio,sperando che un impatto degno di un ariete d'assedio di
media grandezza potesse riuscire nel suo intento. Colpì di
punta,con
una forza tale che un uomo normale sarebbe stato spaccato in due,come
un coltello che taglia in due una mela. Ma Nevia non era un coltello
e Silla non era una mela...n'è tanto meno un uomo comune.
Quello che
doveva essere un colpo di grande forza si ridusse ad un secondo
fallimento,le due spade sbatterono così forte contro la
schiena del
possente guerriero a mani nude che caddero di mano alla
ragazza,mentre lei convinta di avere la presa salda,fece per salire
di nuovo e tentare un nuovo attacco,accorgendosi solo all'ultimo che
non solo aveva perso le armi,ma che una mano,più veloce del
vento,la
prese per una caviglia,con una potenza tale,che poteva sentire le
dita stringersi sui calzari di metallo,come se fossero fatti di
corteccia di betulla.
“DELUDENTE.”
Urlò
Silla in preda alla rabbia repressa che tentava di tenere sotto
controllo.
Con
la forza degna di un eroe degli antichi miti tirò
giù la ragazza
dalla sua posizione a mezz'aria così forte da trascinarla
verso il
basso e sbatterla al suolo in una sola,singola,mossa. Lo schianto col
terreno fu così forte che il suono dell'armatura che si
schiacciava
al suolo e con lei,anche Nevia per nulla riparata. Cadde di lato e
sentì le ossa,in particolare il costato,fargli un male
atroce e i
muscoli sottostante pure. Ma quel che era peggio fu lo schiacciamento
subito,tanto grande da premergli su gli organi in
interni,schiacciando anche i polmoni così forte da non
permetterle
di respirare. Annaspava in cerca dell'aria e alla fine,quando con la
bocca aperta tentava di immettere più aria che poteva nei
polmoni,alla fine ci riuscì,strabuzzò gli
occhi,intontita per
quello che era appena successo. L'armatura fu completamente
inutile,le spade non scalfirono Silla nemmeno di un graffio e aveva
eseguito solo due attacchi,prima di essere sconfitta così
facilmente. Era umiliante.
“Tecnica
di potenziamento muscolare inferiore: pelle del leone nemeo. Ho
pronunciato il nome di questa tecnica nell'esatto istante in cui
partivi all'attacco e per ben due volte ti sei limitata alla potenza
fisica piuttosto che alla strategia. Possedevi tutti i mezzi
necessari per combattere in maniera di gran lunga migliore e
invece....sono deluso Nevia,credevo di averti insegnato qualcosa
riguardo le vere arti del combattimento. Ma se non altro ora,capisco
come hai fatto a perdere contro quell'uomo.”
Silla
parlò con tono piatto e monotono,la rabbia pareva sparita e
non
c'erano tracce nella voce che stesse nascondendo la fiamma
dell'ira,tra una parola e l'altra,come se con quell'unica presa si
fosse scaricato con quel violento gesto. La superò con una
piccola
falcata di gambe,tanto fisicamente forte pareva che volesse
schiacciarla con i piedi e invece la superò,come farebbe una
qualunque persona con una fastidiosa pozzanghera. Fece una serie di
passi in avanti,poi si fermò e girò leggermente
la testa,ma senza
guardarla,sentiva che stava ricominciando a muoversi e a mettersi in
piedi.
“Prima
che tu svenga,sappi che ti sono revocate l'armatura e il comando
della ventiduesima. Sarai condotta a palazzo di fronte al magister
militum e al senato. La tua punizione sarà decisa in
seguito.”
Nevia
si sfilò l'elmo dalla testa e sputò a terra un
grumo di
sangue,ritrovandosi il volto simile a quando aveva ricevuto gli
zoccoli del cavallo sul volto. Claudicante,provò ad
avvicinarsi
all'imperatore e allungando una mano verso di lui nel tentativo di
toccarlo,di chiamarlo a se. La testa gli faceva male,era confusa e
sentiva che le gambe le stavano cedendo e quando le forze le stavano
venendo meno,tornò con la mente a quel giorno, a quel
maledetto
giorno di molti anni addietro,quand'era solo una ragazzina,stesa a
terra,dalle vesti strappate,piena di lividi e di fronte a uomini
malvagi,dall'anima di bestia e marci tanto nel cuore che nella mente,
vide lui,un ragazzo più grande di lei, girato di
spalle,vestito solo
di una semplice tunica e armato solo dei suoi pugni,a frapporsi tra
una giovane innocente e mostri dall'aspetto umanoide.
“Lu-Lucio...ti
pre..go...non...non...abb...non abbandon...”
Cadde,svenne
e cadde al suolo senza che riuscì a chiamarlo a se,come un
tempo,quando ancora non era l'imperatore,quando ancora non era un
soldato,quando ancora,era soltanto Lucio. Solo Lucio. Gli occhi si
fecero pesanti,la mente oscurata e le energie venirle meno. Adesso
nei suoi pensieri,c'era solo l'oblio.
Si
svegliò,di soprassalto,di getto,come in preda ad un incubo.
Boccheggiò in cerca dell'aria,come se tutto il peso dello
scontro le
fosse rimasto dentro e nel mentre il suo sguardo vagava confuso e
agitato,in una stanza ben arredata immersa nella penombra della
notte,illuminata da qualche raggio di una pallida luna,visibile da
una ingresso che dava su un piccolo balcone. Si guardò e
vide che
era vestita solo di un semplice chitone bianco a maniche corte e il
suo corpo poggiava su un morbido letto coperte solo da un leggero
lenzuolo di lino Amenita,ideale per le caldi notti d'estate. Si
alzò
di busto per nulla intenzionata a restare a letto,qualunque cosa
stesse succedendo,doveva capire come fosse finita li.
“Non
provare ad uscire,ordini di Silla.”
Riconobbe
quella voce di donna,li,nascosta nella penombra,illuminata da una
striscia di luce lunare la figura di un elfa vestita di pelle
nera,poggiata ad un muro,in attesa,com'era abituata a fare.
“Filora?
Dove mi trovo?”
“Sei
a palazzo. Ti è stata riservata una stanza in attesa che tu
possa
affrontare il processo. I medici di corte hanno confermato che non
hai subito lesioni gravi,ma per il momento è meglio se non
esci di
qui. Dubito che Silla abbia voglia di vederti dopo quello che hai
combinato ad Aegis.”
“Dopo
quello che ho combinato? Proprio tu mi parli di colpe quando so per
certo che non passa giorno che non tenti di ucciderlo, o per lo meno
ci provi. Dimmi elfa delle tenebre, che cosa hai usato oggi per
attentare la sua vita?”
L'elfa
era indignata per quel tono di voce accusatorio che Nevia stava
usando contro di lei. Lei non era un suo bersaglio,ma il modo in cui
stava difendendo l'imperatore le dava sui nervi e la tentazione in
quel momento di piantargli un pugnale nel cuore era molto forte.
“Ho avvelenato di nascosto
un bicchiere di vino con la cicuta,resa più forte con
l'estratto di
alcune ghiandole velenifere di una vedova nera potenziata con la
magia. Dopo che ha bevuto mi ha detto che la prossima volta avrei
dovuto aggiungere il doppio della dose,tanto per essere sicura che il
composto forse avrebbe fatto effetto. Una miscela simile avrebbe
ucciso un mostro in meno di pochi secondi...ma non certo lui a quanto
pare. Ma a te cosa importa? Infondo stiamo parlando dello stesso uomo
che presto ti farà condannare,perché lo
difendi?”
“Perché
sono un soldato è gli ho giurato
fedeltà,finché sarò viva
continuerò a servirlo,sempre.”
Filora
e Nevia si guardarono in cagnesco,ognuna fissa sulla propria
posizione riguardo al sovrano di Nova,la prima intenta ad
ucciderlo,anche se tutte le volte che ci provava,qualunque mezzo
usasse,non veniva mai punita,anche se nel caso degli agguati e i
tentativi di omicidio più diretti Silla si accontentava di
respingerla fisicamente e con assurda facilità. L'altra
invece era
appena stata privata del suo titolo di comandante,messa sotto accusa
per il fallimento dell'assedio di Aegis e si aperto un processo
contro di lei,eppure,restava fedele all'imperatore,nonostante la
prova di forza dalla quale era uscita sconfitta e dolorante. Due
donne,l'una l'opposta dell'altra. L'assassina uscì dalla
penombra e
si diresse verso il balcone ed arrivata al cornicione guardò
l'ex
comandante della ventiduesima legio Superba e illuminata dalla
luna,l'elfa dalla pelle scura guardò Nevia con i suoi
occhi,rossi
come il sangue.
“Chi
voglio uccidere in questo palazzo è solo il tuo tanto
adorato Lucio
Cornelio Silla. Non so in che modo siate legati voi due n'è
tanto
meno mi interessa,ma ti avverto,l'uomo che hai deciso di servire
è
una bestia senza cuore n'è anima,quindi,se fossi in te,mi
farei due
domande su chi sia realmente questo imperatore.”
“Ah
si? Allora dimmi,perché desideri tanto ucciderlo?”
“Questo
non devo dirlo a un ingenua come te è comunque,le mie
ragioni sono
mie e basta.”
La
conversazione non continuò perché con un rapido
scatto si fiondò
contro il cornicione del balcone e con un balzo si lanciò in
basso,veloce come il vento e altrettanto sfuggente.
Nevia
restò ferma in quel punto per qualche
attimo,osservò la luna e
sfiancata per la giornata assurda che aveva vissuto si rimise a
letto,tirandosi il sottile lenzuolo di lino che gli copriva il
corpo,come a volersi proteggere da qualche pericolo che si annidava
nella sua anima. Nonostante il dolore,nonostante la vergogna e
nonostante la punizione che doveva ancora subire lei gli era ancora
fedele. Il suo corpo era dell'imperatore,come la sua mente,la sua
anima...persino il suo cuore,gli apparteneva. Si,la sua dedizione a
Lucio Cornelio Silla nasceva già in un tempo assai
lontano,nella
quale la memoria del presente si perdeva con il retrocedere nei
ricordi e quando l'ascesa di un giovane ragazzo con una forza degna
di essere paragonata a quella di un Ercole non ancora uomo poteva
uccidere un orco armato di tutto punto in singolo duello e non subire
un graffio,o così pareva. Ma le cicatrici sul suo corpo
raccontavano
altre storie,storie di combattimenti negli anni a venire che hanno
rischiato di ucciderlo ed ognuna era divenuta un simbolo di un nuovo
picco di forza e tecnica che aveva raggiunto e che ancora tentava di
scalare quelle vette di miglioramento che ancora non era riuscito a
superare. Anche a quel tempo,quando lo aveva conosciuto,non accennava
a sorridere o dare un segno di gioia e restava perennemente chiuso
nella sua apatica espressione per buona parte del tempo,ma non era
cattivo,era inespressivo,alle volte arrabbiato ma non cattivo. Ma gli
anni passarono e con il tempo e gli eventi che vennero insieme
accompagnati da esso mutarono la natura del futuro imperatore,ma non
lo abbandonò mai,anche perché fu lei,da quel
triste giorno a
seguirlo e se lui nel tempo sviluppò un animo sempre
più cupo e
bellicoso lei invece sviluppò verso di lui sentimenti
più profondi
e intimi,tanto da desiderare di potergli stare accanto,con tutta se
stessa per sempre con lui,ma che silenziosamente e dolorosamente
avrebbe nascosto nella parte più interna delle sue emozioni.
E quel
pomeriggio era tornata al pensiero che più di tutti potesse
fargli
male. Che l'abbandonasse a se stessa. Si rannicchiò su se
stessa e
istintivamente si abbracciò il petto,fino a toccarsi le
costole e
poi fece quello che non gli accadeva da molto tempo. Pianse. Gli
occhi si fecero umidi mentre un groppo alla gola cominciò a
farla
singhiozzare e qual punto le lacrime scesero e pianse,pianse a
dirotto,come un fontana,la forte ragazza,dalla scorza dura come la
pietra,che aveva piegato centinaia di soldati a trattarla con tutti
gli onori che si davano a un qualunque altro comandante,onorata come
un vero condottiero dai suoi stessi uomini,ora era solo un a ragazza
come tante altre,col cuore pesante e il timore di non essere
ricambiata da chi ritiene più importante della sua stessa
vita.
Stringeva i denti più che poteva per non farsi scoprire
così
fragile,così inerme di fronte alle ingiustizie della vita.
Perché
era toccato a lei una simile sorte? Perché era toccata a
lei,provare
un amore che sapeva non sarebbe mai stato ricambiato? Solo la luna
lassù era testimone del suo struggimento,per l'uomo
più potente di
tutto l'impero.
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Capitolo 23 *** Innocenza e colpevolezza ***
Fu
mattina e Nevia si svegliò,ancora scossa dalle forte
emozioni
provate la sera precedente. Riaprì gli occhi e
sentì ancora
lievemente il dolore dei forti colpi che Silla gli aveva inferto nel
loro ultimo e tesissimo incontro. Non aveva più
l'armatura,non aveva
più il comando della Superba e non aveva più
alcuna fiducia in se
stessa,si sentiva una larva priva di qualsiasi forza. Ricordava
ancora le lacrime versate per Silla,uomo dal cuore di pietra per la
quale si struggeva e soffriva per un sentimento che sapeva non
sarebbe stato ricambiato, n'è ora, n'è mai. Si
sentiva priva di
ogni energia,ogni sforzo pareva inutile,ogni gesto vano e ogni
scintilla di vita sembrava volersene andare dal suo essere. Pensava
solo a quanto ora l'imperatore fosse lontano da lei,sia con il
corpo,che con il cuore,aveva fallito ed ora,n'è pagava le
amare
conseguenze. La luce del giorno non dava alcuna gioia,il lontano
rumore delle masse pareva appena percettibile come un vago eco di
montagna,tutto un altro mondo,tutt'altri problemi,ma a lei non
importava quanto quella grande città potesse essere bella e
complicata da lassù,dove si trovava lei,il suo mondo era da
tutt'altra parte e in quel momento,il suo mondo,non voleva avere
niente a che fare con lei. Già,il suo mondo,Silla per Nevia
era il
mondo,era la forza e la maestà,un porto sicuro alla quale
tornare
quando lei in tutto il resto vedeva un esistenza di sole
guerre,barbarie,atrocità e conquiste e Silla invece era il
completo
opposto. Eppure lei c'era quando lui aveva iniziato la carriera
militare e lei gli era rimasto a fianco,lo aveva visto conquistare la
fiducia dei suoi uomini e nel contempo combattere e sconfiggere i
nemici di Nova quando ancora era presente il vecchio imperatore e lui
di certo,non era stato un uomo tenero,fu migliore di molti altri
sotto molti aspetti,ma di certo non poteva essere considerato,un uomo
tenero,n'è buono. Ma a lei importava questo? No,come poteva
importargli? Era nella posizione di essere l'uomo che governava tutto
un impero,che si espandeva a sud toccando il Mare Sabulum,il vasto
deserto di cui gli Ameniti controllavano una grande parte,seppur
piccola rispetto al resto di quel territorio sabbioso e a nord con le
selvagge lande glaciali,ma per lei,restava Lucio,lo stesso ragazzo
che le diede la possibilità di iniziare una nuova vita,una
vita più
felice e meritevole di essere vissuta a pieno. E adesso,la stessa
vita che gli aveva donato...ora gli veniva tolta. Sempre per mano
dello stesso individuo. Che tragica ironia la vita.
Bussarono
alla porta.
“Signora,signora
è permesso?...”,una voce di donna si fece udire
fuori dalla
stanza.
“Avanti.”,rispose
Nevia in tono apatico.
La
porta si aprì ed entrò una giovane schiava,una
ragazza umana,che
reggeva con entrambe le mani una veste,piegata su stessa con cura.
“L'imperatore
richiede che voi indossiate questo vestito e ha ordinato che una
volta finito di cambiarvi vi facciate scortare dalle due guardie che
aspettano fuori dalla vostra stanza. Con permesso.”
La
schiava uscì dalla stanza,lasciando il vestito sopra un
tavolino li
vicino poggiato contro il muro. Nevia si alzò dal letto con
lo
sguardo che puntavano curioso su quella veste che stava attirando la
sua attenzione. Lo raggiunse e lo prese con entrambe le
mani,lasciando che il tessuto si mostrasse in tutta la sua mirabile
figura. Una lunga tunica rossa come le veste dei legionari
accompagnata dalla palla,un lungo mantello usato a mo di sopravveste
per coprire la tunica sottostante per coprire le vesti più
sottili e
a seconda del materiale usato per tessere la dignitosa mantella,si
poteva indicare lo status sociale,in questo caso, era di lana,ma non
la classica lana,grezza e semplice,come quella lavorata dai pecorai
più poveri,ma di un tipo particolare,ottenibile solo da un
determinato tipo di pecora,la cui lana era così preziosa che
era
appannaggio dei cittadini di status medio-alto,costosa,ma
accessibile. Era di color giallo oro,come le insegne delle aquile
delle legioni e infine un cingulum,una sottile cintura per cingere la
veste,di stoffa rossa scarlatta,ornamento da non
sottovalutare,poiché
non portare una cintura per tenere legati gli indumenti era uso
comune per i poveri,i briganti e le prostitute,cosa disdicevole per
una qualunque persona che voleva essere ritenuta onesta dal resto
della società. Non era sua abitudine indossare abiti
femminili,sempre abituata a indossare la semplice tunica del
soldato,l'armatura e poco altro sopra gli indumenti intimi. Vestiti
da uomo,semplici e pratici,così era abituata e
così vestiva. Questo
era ciò che la rappresentava. Ma quel
vestito,così femminile e
aggraziato,non era abituata ai costumi comuni delle donne
noviane,sapeva come indossare un simile capo di vestiario,ma solo
perché sapeva farlo non vuol dire che gli piacesse. Ma poi
l'osservò
ed ebbe il sospetto del perché di quella richiesta da parte
dell'imperatore. La dignità,lui le stava facendo dono della
sua
stessa dignità,della dignità di lei,come donna,ma
anche come
soldato,di fronte a lui e all'intera camera del senato e a quel punto
il suo cuore iniziò a battere più velocemente,le
sue gote ad
arrossirsi e sul suo viso comparve un piccolo e tenero sorriso di
fanciulla. Ma allora non l'aveva abbandonata,che tenesse ancora a
lei? Che non l'avesse ancora allontanata dalla sua gloriosa presenza?
Era felice,non aveva la certezza per rincuorarsi di quello che
credeva,ma le dava nuova energia credere che forse,molto forse,il suo
destino non era ancora segnato. Si vestì pervasa da una
nuova
energia,sistemando la veste femminile che Silla stesso le aveva
ordinato di indossare. Sistemò con cura la mantella sopra la
veste e
con la stessa cura si legò la cintura alla vita,per quanto
riguardava i capelli non poteva farci niente,era un taglio corto e
pratico,più adatta alla vita militare che quella a corte. Si
fermò
un attimo e fece qualche respiro,nel tentativo di calmarsi e non dare
l'impressione all'intera corte di essere una donna
fragile,insicura,manipolabile...debole. Lei non era una donna debole
è né avrebbe dato piena dimostrazione.
Spazzò via l'amaro ricordo
delle lacrime che aveva versato la notte precedente e assunse la sua
solita posizione da comandante: schiena dritta,sguardo fisso e
fiero,espressione del viso dura e nessuna incertezza nella voce. Era
pronta,la resa dei conti con le sue azioni era giunto.
Uscì
dalla stanza,mentre le due guardie,due membri della guardia
pretoriana stavano fermi ai lati dell'ingresso,armati e protetti di
tutto punto,nel caso Nevia avesse tentato qualche gesto improvviso.
“Sono
pronta,conducetemi di fronte al senato.”
Si
aspettarono una donna impaurita e fragile è invece si
dimostrò
all'altezza della sua fama come imperterrito militare fermo ed
orgoglioso,pronta ad affrontare il suo destino che sarebbe stato
scelto da altri. Non parlarono,non risposero all'ordine ricevuto,si
scostarono dalla loro posizione e rompendo la posa d'attesa
accompagnarono,uno davanti ed uno dietro la ragazza verso la
preziosissima scala di marmo bianco,che l'avrebbe condotta al
cospetto del senato,del magister militum e di lui,Lucio Cornelio
Silla. Saliva gli scalini mentre da li,si poteva vedere l'interno del
palazzo imperiale, o come la chiamavano alcuni,la piccola
città
dell'imperatore. Da quando se ne ha memoria,il palazzo imperiale,le
cui dimensioni equivalevano a quella di una piccola città
fortificata,con percorsi e corridoio paragonali a strade e le stanze
e i saloni potevano essere identificati come piccoli edifici a
se,dov'erano presenti ai diversi piani ogni forma di
amministrazione,da quella politica a quella economica,dalla zona dei
banchetti a quella delle cerimonie religiose esclusivamente legate
alla famiglia imperiale,che spesso si legavano alla ragione di stato.
Senza contare poi la fiumana di persone che passavano al suo interno
e andavano dai dignitari agli emissari,passando per
cortigiani,schiavi,soldati,arredatori,cuochi,economisti e molto
altro,senza contare poi lei spie,quelle imperiali e quelle
straniere,che si guerreggiavano in
continuazione,nell'ombra,ingaggiando battaglie segrete di spionaggio
e contro spionaggio,di informazioni recuperate ed occasioni mancate.
Si poteva dire che il palazzo dell'imperatore non era solo un
edificio di dimensioni titaniche,non era solo un quartiere unico in
tutta Orbis,no,per come funzionavano le cose li dentro,si poteva
definire quel posto,come un mondo completamente differente. Una Nova
dentro Nova, uno stato all'interno dello stato. Il vociare della
gente più in basso per lei contava poco,quando a qualche
piano più
in alto,esattamente a metà tra il piano terra e il soffitto
risiedeva la camera del senato,i cento posti degli uomini che
amministravano la legge nell'impero,avrebbero assistito alla suo
giudizio e ne sarebbero stati testimoni diretti,sia come spettatori
sia come rappresentati del popolo noviano,che l'avrebbero
osservata,giudicata e avrebbero partecipato alla sua sentenza
finale,ma l'ultima parola sarebbe spettata a Silla,ultima voce a
parlare,la più importante e solenne li dentro,come in tutto
l'impero. Salì un altra rampa di scale e poi un altra e un
altra
ancora fino a che,non la vide,l'ingresso alla sala,con le sei colonne
di marmo nero che reggevano la pesante volta di pietra,con i seggi
senatoriali ai lati,muti come il marmo che rivestiva la stanza e
infondo alla sala,per quanto piccolo sembrasse da quella grande
distanza,la sua presenza la faceva sentire schiacciata,stritolata da
una morsa più dura del ferro. L'imperatore la stava
guardando,non
aveva bisogno di vederlo dritto negli occhi,sapeva che era li,seduto
sul trono,fiero e consapevole della propria potenza,non aveva bisogno
di guardarla da così lontano,sapeva che non si sarebbe
tirata
indietro. Si fece coraggio e mosse altri passi verso la sua sorte e
quando varcò la porta,i primi senatori che furono superati
dalla
figura di Nevia si sollevarono dai loro posti e nel mentre la
guardarono,fu la volta della seconda fila di senatori e fecero la
stessa cosa della prima e poi la terza e la quarta e così
via. Da
entrambe le parti della camera i senatori,vestiti nella loro preziosa
toga con la striscia rossa,simbolo della loro posizione,si alzavano e
la guardarono,giudicandola già in cuor loro. Poi,dopo che
superò
l'ultima fila vide un lungo tavolo di legno posto poco prima del
trono,alla quale erano seduti cinque individui quattro erano generali
di alto grado, membri dell'alto comando militare imperiale,veterani
troppo vecchi per scendere sul campo ma richiesti per la loro
esperienza militare,almeno ufficialmente. In verità anche
tra i
soldati c'è chi scavalcava i ranghi dell'esercito grazie
all'aiuto
del denaro e delle influenze dettata dalla politica e le sue promesse
di profitto e prestigio e forse,anche quei quattro non erano esclusi
dal quel sistema non proprio corretto. No,non erano loro quattro il
problema,il quinto membro lo era,quello che sedeva al centro e si
distingueva tra tutti i presenti nella stanza. Era un elfo,molto
anziano ma con l'apparenza di un uomo di mezz'età,tipico
degli elfi
anziani,portava una lunga chioma argentea legata in una lunga treccia
che gli cadeva dietro la schiena e portava un paio di baffi dello
stesso colore e tenuta in maniera molto curata,al pari di un nobile
capo famiglia. Aveva gli occhi blu scuro come il lontano e glaciale
mare del nord in inverno con una cicatrice che passava in diagonale a
metà volto,come a tagliarlo in due parti ,che si estendeva
dalla
fronte alla guancia. Indossava un abito bianco,stretto,con dettagli e
ghirigori blu a motivo floreale,rarissimo caso,se non unico in tutto
l'impero per quel tipo di vestiario,calzoni stretti simili alla parte
superiore del vestito e stivali di pelle morbidissimi blu
scuro,particolarmente raffinati. Ma nulla di tutto quello poteva
battere in appariscenza con l'arma che portava al fianco,una lunga
frusta,non di pelle,ma di tantissimi e piccole lame d'acciaio legate
tra di loro per mezzo di sottilissimi anelli di metallo. Nevia sapeva
bene chi era e tra tutti quelli con la quale aveva incrociato lo
sguardo in quella mattina era il più pericoloso e il
più
temibile,all'infuori dell'imperatore,che se ne restava ancora
seduto,inespressivo e perfettamente immobile.
“Potete
andare.”,disse l'elfo accompagnando le parole con un gesto
della
mano e le due guardie si allontanarono,dirette ognuna a un lato
dell'ingresso della stanza.
“Seduti.”,la
voce dell'elfo si fece più forte ed echeggiò per
tutta la camera
del senato,permettendo a quest'ultimi di rimettersi al proprio
posto,restando in rispettoso e timoroso silenzio.
L'elfo
e gli altri veterani si passarono alcuni fogli di pergamena e
consultandoli velocemente lesse il giusto che doveva sapere,poi si
rivolse a Nevia,scrutandolo attentamente con l'unico occhio a sua
disposizione.
“Io,Vilnares,Magister
Militum,presiedo questa questa corte militare per il processo che si
tiene alla qui presente imputata,Nevia Placidia Sannita,per l'accusa
di negligenza e di mancanza dello svolgimento dei proprio doveri
nell'adempimento del servizio reso allo stato in quanto soldato. Si
dia inizio al processo.”
Il
magister Militum parlava con una tale tranquillità che
faceva
sembrare quell'accusa come se stesse tranquillamente conversando con
un conoscente nel suo tempo libero. Per lei invece la situazione era
più tesa della corda di un arco,si sentiva rigida e
impacciata e per
quanto stesse facendo di tutto per mantenere la sua
dignità,di
soldato e di donna,sapeva che Silla la stesse osservando. Non
guardava i senatori,non guardava i quattro veterani o
Vilnares,guardava lei,come un aquila che osservava la preda inerme
nell'attesa di lanciarsi e ghermirla. Non osava ricambiare la vista
per osservare ancora una volta quello sguardo carico di ira nei suoi
confronti.
“Allora,secondo
le testimonianze e le prove a vostro carico voi,Nevia Placidia
Sannita,comandante della ventiduesima Legio Superba,non avete saputo
svolgere a pieno i vostri doveri di comandante,quindi,gradiremmo
sapere anche la vostra versione dei fatti,se non le dispiace e non
ometta niente,neanche il minimo dettaglio. Prego.”
Nevia
iniziò a parlare,spiegando per filo e per segno le stesse
identiche
cose che aveva già detto in privato a Silla nel tempio di
Libitina e
proprio come il giorno prima evitò di omettere qualsiasi
dettaglio e
nel frattempo,piccoli mormori dovuti al cicaleccio dei
senatori,sdegnati e stupiti di sentire con le proprie orecchie
l'andamento dei fatti. Molti si chiedevano se fosse proprio il fatto
che fosse una donna ad aver imbracciato le armi e ad avere fallito
così' miseramente nel suo compito avesse portato ad una
simile
disfatta,sia sul piano bellico che quello politico e diplomatico. Ma
da parte sua Nevia li ascoltava mentre sussurravano e chiacchieravano
a bassa voce,con tono di disapprovazione quello che aveva fatto e
dentro di se,Nevia si domandava schifata,con quale diritto la
giudicavano? Che ne sapevano loro del campo di battaglia? Loro,che
vivevano nel lusso e nell'agiatezza? Loro che vivevano al sicuro
nella capitale,che frequentavano la corte imperiale,esibendo con
falsa modestia le loro conoscenze e i loro possedimenti. Erano
marci,individui marci,marci e smidollati,deboli e vigliacchi,non
sapevano nulla e si permettevano di giudicarla? Erano
porci,anzi,persino peggio.
“Capisco,quindi,da
come ci avete raccontato gli eventi vissuti,possiamo concordare,io e
i miei colleghi,che lei,Nevia Placidia Sannita,vi siete macchiata
delle accuse che vi sono state mosse contro. Avete qualcosa da dire a
vostra difesa?”
“Si...”,Nevia
si guardò attorno,osservando con attenzione i volti dei
senatori,del
magister e dei suoi colleghi,ma sopratutto,il volto di Lucio Cornelio
Silla,che se ne stava immobile sul suo trono di marmo nero,con la suo
fare da sfinge,fermo ed enigmatico,così difficile capire
cosa stesse
pensando veramente e quali fossero le sue intenzioni. L'aveva sfidata
e l'aveva sconfitta e se avesse voluto l'avrebbe fatta già
condannare,con la prigionia,la morte,o peggio,la
schiavitù,sorte che
lei aveva visto da molto vicino,più di tanti altri.
“Io
so bene di aver sbagliato,come ovvio che sia e non nego i miei
errori,le mie colpe e la mancanza ai miei doveri,come soldato e come
fedele cittadina di questo glorioso impero. Ma,ho fatto ciò
che ho
fatto perché ho ritenuto giusto farlo. Sono stata
sbeffeggiata da un
volgare taglia gole che senza saperlo mi ha giocato e
io,purtroppo,sono caduta nel suo inganno. Sono colpevole delle accuse
che mi vengono mosse contro,ma ho agito secondo coscienza e se nel
tentativo di difendere il mio onore e quello della mia legione io
debba essere condannata per questo,allora lo rifarei,pur sapendo a
cosa vado incontro,qualunque sia l'esito di questa sentenza.”
Il
vociare degli spettatori si fece ancora più chiassoso,erano
rimasti
basiti per quello che avevano sentito. Con quale impudenza quella
donna osava giustificare il proprio operato? Che avrebbe rifatto
ciò
che aveva fatto perché lo riteneva giusto? Una simile
sfacciataggine
era degna di un amazzone,di quelle barbare a cavallo di cui parlavano
le antiche leggende su quei popoli esotici. Se voleva fare la
selvaggia allora sarebbe stata giustamente punita,questo pensavano in
senatori e così protestarono. Urlavano parole come
vergogna,oppure,come osi in segno di diniego di quel modo di parlare
tanto osceno. L'elfo invitò i senatori ad abbassare la
voce,ma
quando tentò le prime volte fu subito zittito,insieme a
tutti gli
altri,da un solo,singolo battito di mani che lo stesso Silla lo aveva
fatto,così' forte da rimbombare in tutta la sala e tutti
coloro che
fecero rumore furono subito intimati di smettere. Silla avrebbe
potuto colpire nuovamente il trono con un pugno,ma data l'ultima
crepa lasciata al bracciolo forse era meglio evitare di distruggere
il seggio del suo potere,anche perché poggiare le natiche su
un
cumulo di ciottoli,seppur ciottoli di marmo nero,non sarebbe stato
né
comodo né tanto meno dignitoso,per cui no,niente
più pugni sul
trono. Il silenzio era tornato nella sala e così facendo
Vilnares
poté tornare ai suoi compiti come giudice.
“Grazie...”,disse
rivolto all'imperatore per aver ristabilito l'ordine,per poi
rivolgersi nuovamente a Nevia, “Quindi,se ho capito
bene,lei,sta
cercando di dire che anche se si presentasse nuovamente l'occasione
lei farebbe le stesse identiche cose che l'hanno fatta portare in
giudizio di fronte a questa corte? E per cosa? L'onore della legione?
Vorrei ricordarle comandante,che lei è stata invitata a
parlare per
avere la possibilità di difendersi e a me,oltre che ai miei
colleghi
qui presenti, questa non sembra una difesa,ma più ammissione
di
colpa.”
“Si,in
effetti lo è. Non mi aspetto di essere assolta né
tanto meno di
essere compresa, ma,ogni mia azione ed ogni conseguenza alla quale
esse hanno portato solo il risultato della mia volontà di
difendere
la dignità dei miei uomini,che sono stati presi in giro da
un sol
uomo,la mia,che sono stata sbeffeggiata di fronte alla mia legione e
Nova,che è stata insultata direttamente dal nostro
nemico,una città
ribelle che si pavoneggia di essere libera all'interno dell'impero e
che solo grazie agli avvenimenti dovuta al grande sisma,l'ultima
guerra civile che ha rischiato di dividere un impero e alle alleanze
che essa a stipulato con i nostri nemici riesce a mantenere la sua
indipendenza.”
“Ed
ora lei,Nevia Placidia Sannita,ha garantito alla città-stato
di
Aegis anche un armistizio,che se non sbaglio,ha garantito un
nascondiglio sicuro alla precedente succeditrice al trono,Lucilla
Equo, di restare al sicuro all'interno delle mura. Cosa al quanto
sconveniente per questo governo,instaurato solo da otto anni. Lei si
rende conto della minaccia che scaturisce la principessa fuggiasca al
comando dell'attuale imperatore?”
“Si.”
“E
si rende conto che se mai dovesse trovare il modo di salire
nuovamente al trono,ciò potrebbe scaturire in un altra
guerra
intestina? Come se già non bastassero Amenosi e le orde
barbare che
premono ai nostri confini. Se non sbaglio,la sua legione,la
ventiduesima Legio Superba è andata in soccorso della
città di
Magentius e con ciò,ha lasciato le mura di Aegis e
così,anche del
relativo controllo che avevamo sugli spostamenti della
principessa,cosa impedisce alla figlia del precedente imperatore di
lasciare la città,ammesso che abbia un buon motivo per
farlo.”
Nevia
restò stupita dalle ultime affermazioni del magister
militum. Era
stato troppo specifico nell'ipotesi che la principessa avrebbe potuto
lasciare Aegis,cosa che per lei,purtroppo,era avvenuta. Non aveva
molto da pensarci infondo,lei stessa,come tutti i soldati,sapeva che
tutte le informazioni recuperate dalle forze armate e dalle squadre
di spie,ricognitori,informatori e traditori passavano direttamente
per l'alto comando militare e poi per l'imperatore in persona e di
conseguenza,il magister militum di conseguenza sapeva già
che la
principessa era scappata. Che stupida si disse, a non esserci
arrivata subito,colpevole anche la tensione,il timore e il nervosismo
che stava provando in quel momento. Si sentì una donna sola
in mezzo
a tanti uomini,umani e non che la guardavano e la giudicavano dai
loro scranni di prezioso marmo,nelle loro toghe linde e pinte e
lei,veniva vista non per la posizione che si era conquistata,ma per
quello che loro vedevano. Una donna,solo una donna,una femmina umana
che pretendeva di fare qualcosa alla quale solo agli uomini a Nova, e
in tante altre civiltà precedenti era stato concesso di
fare,un
lavoro da uomo. Era sola e nessuno l'avrebbe aiutata.
“Quindi
mi dica,la mia deduzione e corretta,comandante Nevia?”
“Si.”
“E
questo comporta un problema non trascurabile a questo governo,per
tanto,una tale serie di mancanze da parte di un soldato del suo rango
è giusto che sia punito con la giusta punizione,ora
sarà emessa la
sentenza.”
“Un
momento...”
Un
altra voce,proveniente da uno dei tanti posti a sedere,in mezzo a
tanti senatori,si alzò un uomo, o meglio,una creatura in
particolare. L'essere indossava la toga da senatore come tutti gli
altri suoi colleghi,ma il dettaglio più evidente fra tutti
non era
tanto il corpo muscoloso o le zampe inferiore,muniti di due dure dite
e piccoli calcagni appuntiti su arti pelosi...ma la grossa testa
bovina dal pelo bruno chiaro che sporgeva dalla veste,con un palco di
corna bianche, curve e lische poste sopra il capo. Era un minotauro.
Si,un minotauro nella camera del senato,quello che un tempo poteva
essere considerato una bestia violenta e selvaggia,priva di logica e
raziocinio, ora invece sedeva tra i più illustri e rinomati
membri
di spicco della società noviana. Nella sua pesante mole
appariva
tranquillo e composto,con entrambe le mani posate sul grembo e con
gli occhi,i suoi grandi occhi bovini,osservava la stanza con fare
solenne.
“Temo
che ci sia una violazione delle regole imposte dalla forma per un
processo degno di questo nome.”
Vilnares,come
i suoi colleghi furono colti alla sprovvista per quell'intervento
improvviso.
“E
lei senatore,sa che sta interrompendo un processo indetto
regolarmente dallo stato? E sopratutto,posso sapere il suo
nome?”
“Certo,il
mio nome é Seleuco...e sono un principe del foro.”
“Un
avvocato?...”,chiese un attimo l'elfo e poi,veloce come una
brezza
giocosa,un pensiero gli sfiorò la mente,come se avesse
ricevuto un
illuminazione.
“Ah
ma certo,ora ricordo. La bestia della pubblica difesa,il feroce
accusatore, o ancora, colui che si aggira nei labirinti burocratici.
Ne ho sentite di tutti i colori,ma non immaginavo che certe voci di
corridoio fossero vere.”
“Lieto
di aver reso reali quelle voci.”
“Certo...tuttavia,posso
sapere perché siete intervenuto? Questo è un
processo tenuto in
ambito militare.”
“Ma
tenuto in un edificio civile,per tanto, il segreto militare non
è
applicabile a questa corte,anche perché il processo non
è segreto
di stato e per tanto a portata di tutti...”, il minotauro
rivolse
le sue attenzioni verso Silla, “Vostra Augusta
Maestà,chiedo di
poter difendere l'imputata.”
Nessuno
osò parlare mentre Seleuco scrutava i volti stupefatti di
molti suoi
colleghi vedendo un senatore rivolgersi direttamente a quel titano di
pura potenza seduto al suo posto,immobile come una roccia e
altrettanto inespressivo.
“Procedi.”
Una
sola parola,una sola parola e la volontà dell'imperatore era
stata
espressa. Nessuno ebbe da ridire,nessuno voleva. Il minotauro si
alzò in tutta la sua statura,che a vederlo bene non superava
di
troppo la statura di un uomo medio,ma per via della sua natura
appariva forte e fisicamente spesso,caratteristica naturale della sua
razza. Scese i gradini con tutta la dignità di un uomo del
suo
status e si incamminò,con passò deciso e sicuro
verso il tavolo dei
militari,fino a fermarsi vicino a Nevia che guardava l'essere con
fare curiosa e stupita,chiedendosi perché mai quel
minotauro,per
giunta un senatore aveva deciso di difenderla,se prima era certa
della sua sorte ora non sapeva più cosa pensare su come
sarebbe
finita quella giornata. Questa cosa di certo,l'aveva colta di
sorpresa.
“Bene...”,disse
L'elfo sfregiato incredulo, “Dato che sua maestà a
concesso
all'imputata di difendersi,il suo avvocato,si prende la piena
responsabilità della sua cliente. Come stavo dicendo,prima
di essere
interrotto,l'alto comando militare,che io rappresento,giudico
l'imputata,Nevia Placidia Sannita,comandante della legio ventiduesima
Superba,colpevole per inadempienza ai propri doveri.”
“Obiezione.”,disse
Seleuco secco e deciso,come se avesse tenuto quella parola in bocca
prima ancora della conferma della sentenza.
“Riguardo
a cosa avvocato?”,disse l'elfo pacatamente.
“Riguardo
alla condanna,mi pare essere stata formulata in malo modo,magister
militum.”
“E
su cosa basa le sue affermazioni?”
“Innanzitutto
bisogna guardare al contesto e alla situazione del momento,in questo
caso l'intera sequenza che va dal ricevere i tre individui giunti
all'accampamento,al momento in cui l'intera legio Superba viene
neutralizzata prima ancora che potesse scendere sul campo di
battaglia e, guardare il tutto da un altro punto di vista. Lasciate
che vi spieghi attentamente dal mio punto di vista,onorevoli
signori.”
Il
minotauro fece qualche passo indietro,guardo Nevia,poi diede una
breve occhiata a Silla,che lo ricambiò ma senza cambiare la
sua
espressione ed infine,si guardò attorno,interessato al vero
obiettivo di un buon avvocato in ogni processo pubblico,che si
svolgesse nel mezzo del foro,in un aula di giustizia o li,nella
camera del senato. La vera preda dell'avvocato,non è
convincere il
giudice o la giuria,nemmeno l'avvocato che lavora per la parte
opposta,no,la vera preda dell'avvocato e il pubblico,la calca
osservante,che osserva e si intrattiene nel vedere di persona lo
spettacolo dell'arena legislativa,lo scontro delle parti opposti,con
l'oratoria come tecnica e le parole come armi.
Già,poiché il
processo infondo a Nova,non era altro che uno scontro tra gladiatori:
il giudici come arbitro,gli avvocati come sfidanti,il pubblico come
folla e la sorte dell'imputato,come premio della vittoria. La sete di
sangue,seppur metaforica,era evidente negli occhi dei senatori li
presenti,seppur di razze e provenienze diverse,che fossero nati in
città o provenissero dalle parti più lontane
dell'impero ora erano
li,ad assistere,a guardare,ad intrattenersi. Bene,si disse Seleuco,
era esattamente quello che voleva che accadesse. Era in quel
momento,che i veri giochi avevano inizio.
“Dunque,per
prima cosa dobbiamo ricordarci del resoconto che è giunto un
paio di
giorni fa su ciò che è accaduto ad
Aegis,ricordandoci che gli
eventi avvenuti quel giorno sono stati riportati con un attenzione al
dettaglio più che minuzioso,cosa che tra l'altro ci si
può
aspettare dall'alto comando militare. Il guaio e che qui,mi pare che
si stia giudicando più la forma,che la sostanza. Mi
spiegherò
meglio. Partiamo dall'inizio dell'incontro che vi è stato
tra i tre
uomini,un nano,un elfo ed un umano e il comandante della Superba.
Ora, Cercate attentamente di ricordare questo preciso momento della
faccenda. L'umano che si è rivolto alla qui presente
Nevia,si è
espresso in maniera volutamente,volgare,irrispettosa e sopratutto
ingannatrice,allo scopo di attirare l'attenzione del comandante e
impedirgli di agire e disporre gli uomini per il confronto con le
truppe di Aegis. Noterete bene,miei cari signori che secondo la
gerarchia di comando,quando un militare di alto grado riceve una o
più persone,che si identificano come emissari,portavoce e
diplomatici,secondo i doveri della sua autorità di
presenziare e
discutere degli accordi direttamente con gli stessi,farlo,sarebbe una
grave mancanza ai suoi doveri,quindi,da questo punto di vista, Nevia
Placidia Sannita e innocente. Io dico che ella è innocente
da questa
colpa.”
“Il
comandante sapeva benissimo quali fossero i suoi obblighi. Il fatto
di essere stata ingannata non è una scusante.”
“No,Magister?
Era stata offesa e umiliata di fronte ai suoi uomini e con lei,anche
l'intera legione,era normale che fosse in collera e questo,per me,
è
un motivo per la quale Nevia Placidia Sannita ha avviato uno scontro
con il cosiddetto umano. Il lasciarlo andare senza punirlo della sua
insolenza l'avrebbe fatta apparire debole e inetta di fronte alla sua
legione. Uccidere colui che si era fatto beffe della Superba e del
suo comandante,era l'unico modo per risanare la dignità
calpestata.
Quanto all'esito dello scontro è stato quel che è
stato è nessuno
può cambiarlo.”
“Ha
perso,quindi,oltre la beffa anche il danno e solo per questa ragione
la condanna è più che meritata. Senatore
Seleuco,per quanto ci
possa provare a difendere questa donna e gli olimpi sanno solo loro
il perché,l'accusa resta invariata.”
“Eppure
io non credo che la vicenda venga giudicata per quello che è
realmente.”
“E
sarebbe?”
“Un
piano ben orchestrato.”
“Si
esprima meglio.”
“Io
sono convinto che nella disgrazia del comandante e di quello che
è
avvenuto dopo è stato parte di un organizzazione
meticolosa,studiata
ogni dettaglio. Persino la parte in cui quella strana nebbia azzurra
inizia a comparire nel campo e fa svenire tutti i soldati presenti
nel castrum,tranne il comandante Nevia,dando il tempo necessario ai
tre uomini giunti al campo di scappare e poter tornare all'interno
delle mura,al sicuro dalle mani dell'esercito. Ora vi state rendendo
conto,signori miei,di quale sia la verità?”
“Se
deve dire qualcosa,la dica chiaramente è senza fare giri di
parole.”
“La
verità e che per un motivo o per un altro,Il comandante
Nevia
Placidia Sannita,non avrebbe mai dato inizio a quello scontro,non
glielo mai avrebbero permesso.”
“l'individuo
o il gruppo che ha fatto comparire quella strana nube dagli effetti
narcotici è chiaro. Il vero obbiettivo del fautore della
fuga dei
tre inviati non era farli fuggire,o almeno credo che non sia solo
quello,ma anche di impedire l'assedio.”
“Aegis
possiede numerosi mezzi a sua disposizione e un imponente
esercito,per non parlare poi della magia,nella quale i maghi di
quella città sono particolarmente esperti. Perché
mai impegnarsi
così tanto per impedire una battaglia,che sapevano
già che non
sarebbe mai avvenuta? La cosa non ha senso.”
“Invece
si,se teniamo conto che c'era una principessa fuggiasca in quella
città e che adesso,ha superato i confini
dell'impero,tornando così
nella sua nazione d'origine. Non volevano perdere tempo è un
assedio,anche nel caso fallisca,chiude ogni via di fuga,impedendo
così agli assediati di uscire all'esterno,restando
così isolati dal
mondo. Per un motivo o per un altro, La principessa Lucilla non
intendeva restare ad Aegis per più tempo del necessario.
Ecco perché
credo che Nevia Placidia Sannita non sia colpevole.”
“Capisco...ma
all'infuori di tutto questo parlare,tenuto conto che quelle che ha
tirato fuori sono e restano pur sempre congetture e teorie a
riguardo,ha qualche prova a favore di questa innocenza,o tutto quello
che ha tirato fuori da questa interruzione e solo una grossa perdita
di tempo?”
Tra
Vilnares e Seleuco c'era un duello in corso,fatto di parole e rapidi
scambi di domande e risposte. Ovviamente il minotauro non aveva prove
a confermare le sue teorie,che anche si fossero rivelate
veritiere,senza nulla che possa dimostrare la veridicità di
quanto
accaduto e quindi,il suo punto debole era stato scoperto di fronte
all'intera camera del senato e dell'imperatore. Non aveva prove e
come diceva il detto: innocente fino a prova contraria e lui di prove
contrarie non né aveva a disposizione,quindi,Nevia restava
l'unica
colpevole imputabile.
“No
signore,non ho prove.”
“Ha
dei testimoni?
“Nemmeno.”
“Quindi,niente
prove e niente testimoni fanno di questa arringa solo un inutile
spreco d'aria,senatore Seleuco. Quindi,passiamo alla sentenza e
concludiamo questo processo,visto che di tempo se n'è
è perso anche
troppo. Per le accuse precedentemente elencante dal
sottoscritto,Nevia Placidia Sannita,siete ritenuta colpevole per le
colpe della quale siete accusata. La parola infine va
all'imperatore,che detterà la condanna. Prego
Maestà.”
Il
gigante se ne restava fermo nella stessa identica posizione da quando
Nevia aveva fatto ingresso nella grande sala è da lui non
giunse
alcuna risposta. Restava in silenzio,con lo sguardo fisso verso
Nevia,mentre il volto,piatto nella sua inespressività,non
mostrava
segno visibile di alcuna emozione.
“Imperatore,stiamo
aspettando una risposta.”
Gli
occhi di Silla si spostarono lentamente verso l'elfo,che seduto al
suo posto aspettava la decisione finale riguardo il destino della
ragazza sotto accusa.
“E
una risposta avrai,ma prima,ho delle domande da porre,prima di
giungere ad una conclusione.”
“Signore,con
tutto il rispetto,sarà meglio terminare al più
presto questo
processo. In quanto magister militum ho delle altre questioni da
sbrigare che necessitano della mia presenza e...”
Silla
si alzò dal trono e non curandosi di Vilnares si
incamminò
lentamente verso la ragazza,mentre l'osservava dritta negli occhi e
lei,non aspettandosi quel mossa da parte dell'imperatore si
irrigidì,osservandolo a sua volta,mentre cercava di
trattenere i
piccoli brividi dettati dalla paura e dalla tensione che solo il
possente dominatore sapeva esercitare su di lei. Nemmeno Seleuco si
sarebbe aspettato un comportamento simile,da quando si era seduto per
la prima volta nella camera del senato,circa quattro anni prima,non
gli era mai parso che Silla si fosse comportato in quel modo. Sapeva
bene che l'imperatore era un uomo che difficilmente tendeva ad
ascoltare il consiglio altrui e buona parte delle volte faceva di
testa sua,senza preoccuparsi troppo dell'opinione altrui,ma alzarsi
di punto in bianco ed ignorare completamente un proprio funzionario
imperiale,per di più il magister militum,secondo di grado
solo
all'imperatore per importanza sul piano militare di tutta
Nova,snobbato e lasciato a se stesso come un qualunque e petulante
cortigiano,rompeva qualsiasi legge di comando dettata dalla norma
della sua posizione. E ora invece si stava avvicinando a loro due,con
passo calmo e cadenzato,forte e possente,con quel corpo massiccio e
al contempo armonico nelle forme,un passo dopo l'altro,come un lupo o
un leone,il passo di un predatore,la camminata di una bestia che non
si fa ingabbiare ma al contrario,non esita a mostrarsi in tutta la
sua maestosità...ed era una visione sconvolgente e allo
stesso tempo
intimidatoria. Si fermò di fronte a lei,la fissò
per un attimo e
disse niente,non fece niente, se non guardarla,con sguardo freddo e
indifferente. Nessuna emozione,nessuna espressione e l'ansia di Nevia
crebbe ancora di più,non perché si stava
mostrando violento verso
di lei,ma perché non stava facendo assolutamente nulla.
“Senatore
Seleuco...”,disse improvvisamente l'imperatore senza
distogliere lo
sguardo da Nevia, “Sei convinto dell'innocenza di questa
donna?”
“Signore?”
“Rispondi
alla domanda.”
“Beh,secondo
la legge ogni cittadino a diritto ad un giusto processo....
“Non
ti ho chiesto cosa ne pensa la legge,ti ho chiesto se sei convinto
dell'innocenza di questa donna.”
“S-Si...”,rispose
il minotauro intimorito,ma non per questo meno deciso nelle sue
convinzioni, “Assolutamente convinto.”
“E
tu magister? Sei convinto della sua colpevolezza?”,disse
ancora una
volta Silla senza togliere gli occhi di dosso dalla ragazza,che anche
lei,vibrante di timore verso di lui e quello che poteva fargli non
riusciva a distogliere lo sguardo.
“Si,sono
convinto della sua colpevolezza.”
“Capisco.”
L'imponente
sovrano fece un paio di passi indietro,osservò con
attenzione i
molti senatori presenti nella sala,tutti catturati dalla sua possente
figura,forte e gloriosa. I loro sguardi erano su di lui e l'attesa
straziante del suo verdetto aumentava la tensione presente li
dentro,come il gladiatore che si appresta a finire l'avversario in un
incontro importante o come il commediante finisce di interpretare la
scena più importante dell'opera. Tutti lo stavano
guardando,ansiosi
di sapere come sarebbe concluso il processo al comandante della
Superba. I senatori aspettavano,Seleuco e Vilnares aspettavano e
Nevia,aspettava con il cuore in gola e le membra tremolanti,non lo
dava a vedere,o meglio,non voleva darlo a vedere,ma lui lo notava
facilmente,non poteva nasconderglielo,la conosceva da tutta una vita.
“Sono
giunto ad una conclusione...”,immediatamente i suoi gelidi
occhi
azzurri tornare a fissare Nevia,ma questa volta parevano più
feroci
e implacabili,proprio come il giorno prima nel tempio di Libitina,la
stessa gelida sensazione provata la sotto,le percorreva la pelle,come
se l'anima avesse lasciato il corpo e adesso ne restava solo un
freddo guscio ricolmo di paura e incertezze,che temeva divenissero
realtà.
“Nevia
Placidia Sannita,comandante della legio ventiduesima Superba, per le
colpe attribuite di negligenza e mancanza ai propri
doveri....colpevole.”
Infine
la sentì,colpevole,quella parola che tanto temeva,che non
avrebbe
voluto sentire,non da lui. Colpevole,la colpa era stata ammessa e
adesso non aveva più speranze di salvezza,abbassò
la testa
sconfitta e chiuse gli occhi. Era condannata e adesso niente avrebbe
potuto salvarla.
“Sia
subito rimessa in libertà.”
Rialzò
la testa e osservò l'imperatore con sguardo
confuso,incredula a
quella contraddizione che aveva sentito,come tutti i senatori ancora
seduti al loro posto,come Seleuco che non seppe interpretare il
verdetto di Silla e dal magister militum e dai suoi illustri
colleghi,che non sapevano come rispondere,senza ingarbugliare i
propri pensieri in quella matassa caotica che era divenuto il
contenuto della razionalità che albergava nelle loro menti.
“Come
ha detto imperatore?”,chiese Vilnares confuso.
“Nevia
Placidia Sannita è colpevole,rilasciatela.”
“Non
capisco.”
“Non
devi capire. Hai ricevuto un ordine...eseguilo.”
Vilnares
non poté fare a meno di obbedire,anche se questo andava
contro ogni
logica esistente. Non sapeva cosa pensare,non sapeva come
controbattere a quell'assurda richiesta,per tanto,eseguì la
richiesta.
“Comandante
Nevia Placidia Sannita,con l'approvazione di questo consiglio e di
sua maestà...siete libera di andare.
Sentendo
quelle parole il cuore della ragazza riprese a battere di gioia e il
timore di una severa punizione si era sciolto come neve in primavera.
Non ricordava da quanto tempo aveva sentito il petto così
pesante il
petto,la bocca così secca e i brividi di paura prendere il
sopravvento sul suo autocontrollo,non che fosse mai stata famosa tra
i soldati per la sua pazienza,che a dire il vero era poca. Il
sollievo della assoluzione era qualcosa di così
idilliaco,anche con
le voci di dissenso dei senatori,contrari a questa svolta era
lampante,dalle loro parole e ai numerosi gesti e movenze per tale
finale.
“Maestà...”,disse
Nevia,prendendo l'ardire di rivolgersi direttamente a Silla,
“Vi
ringrazio per la vostra immensa pietà,non so come
ringraziarvi...”
“Pietà?
Pietà dici? E di chi avrei avuto
pietà?...” Disse lui posando il
suo gelido sguardo sulla ragazza,che se prima era tornata ad essere
la Nevia di sempre adesso pareva nuovamente confusa.
“Beh,avete
detto che sono libera.”
“Infatti,libera.
Ma il prezzo della libertà e alto mia cara e tu dovrai
pagarlo
appieno. La tua colpa ti ha portata qui e a quella colpa dovrai
trovare rimedio. Questa è la tua condanna....e la tua unica
salvezza...”
Silla
si interruppe momentaneamente,voleva assicurarsi che tutti
ascoltassero,che tutti fossero attenti alle sue esatte parole. Doveva
dirne solo due,il loro significato sarebbe stato più che
chiaro.
“Ignominiosa
missio.”
Ignominiosa
missio,la condanna al congedo con disonore. Una macchia indelebile
sul nome del soldato che veniva marchiato come vergogna
dell'esercito,che veniva privato dei suoi privilegi come militare e
non più idoneo a svolgere il servizio militare. Per Nevia
questa era
una condanna troppo pesante da subire,persino per lei e nemmeno il
minotauro accanto a lei sapeva come ribattere a quella
sentenza,inaspettata persino per lui,che di solito era bravo a
rovesciare il favore dei giudici e delle giurie a suo favore.
“Ma,poiché
sei stata ritenuta degna di essere difesa,anche da uno solo dei
presenti,ti concedo il diritto di salvare la reputazione,la carriera
e la dignità, se accetterai di svolgere un ultima
missione,accetti?”
“Si.”
Nessuna
esitazione,nessun pentimento. Rispose in fretta e con decisione. Se
questo fosse servito a salvarla dalla pena. Se questo fosse servito a
renderla di nuovo degna agli occhi dell'imperatore...il suo
imperatore.
“Bene.
Rintraccia la principessa,trovala e portami la sua testa...e sappi
che non intendo in senso figurato. Non mi interessa come farai o
quanto tempo ci metterai,ma non farai nient'altro che compiere questa
missione,che si concluderà solo con la morte di Lucilla o la
tua.
Recluta una piccola squadra se devi...”
Silla
si girò verso Seleuco e lo fissò con aria
pensierosa.
“Puoi
cominciare da lui...”
“Scusi
signore io,ma non credo di essere il più adatto per questo
genere di
cose,senza contare che sto seguendo alcune cause molto importanti
e...”,disse Seleuco preoccupato per quel azzardato consiglio.
“Il
mio non era un suggerimento. Tu hai voluta difenderla e ora tu te ne
prendi la responsabilità. Se ti consola,il tuo intervento
è stato
più utile ad influenzare la mia decisione. Potete ritirarvi
e
aspettate nuove istruzioni.
E
fu così che Silla si allontanò e si diresse verso
le sue stanze,ma
prima si fermò di colpo,inclinò leggermente il
capo a voler dietro
le spalle ancora una volta Nevia.
“Un
ultima cosa,comandante.”
La
ragazza restò immobile,come un soldato semplice in attesa di
ordini.
“Si?”
“Quando
hai firmato la tregua con Aegis c'era un vecchio che accompagnava la
principessa vero?”
“Si
signore.”
“Forse
mi è sfuggito qualcosa,ma per caso,ti ha detto qualcosa in
privato?
Qualcosa che ha rivelato solo a te?”
“No
signore.”
“Capisco.”
Poi
se ne andò,senza dire nient'altro raggiunse la porta e si
diresse
nelle sue stanze,lasciando la sala e tutti i suoi occupanti a se
stessi. Nevia si girò improvvisamente verso Seleuco con
espressione
irata,con il fuoco dell'astio a infiammargli lo sguardo.
“Perché
sei intervenuto?”,chiese lei bruciante di disprezzo.
“Beh,ho
visto che nessuno ha preso le tue difese e non mi pareva giusto che
ti accusassero in quel modo senza darti la possibilità di
difenderti. Era tuo diritto comandante.”
“Mi
stavo difendendo più che egregiamente minotauro. Ascoltami
attentamente,non mi interessa quale carica ricopri né di
quali
potenti amicizie puoi fare affidamento,ti avverto...” Nevia
si
fermò un attimo per puntargli un dito contro il muso della
testa
bovina,in segno di minaccia.
“Se
mi sarai d'ostacolo,se mi sarai d'intralcio o non farai altro che
darmi fastidio,ti assicuro che con te ci farò un
spezzatino,sono
stata chiara?”
Seleuco
non pareva troppo preoccupato dalle minacce della ragazza,ma di certo
non osava prenderla sotto gamba. Il solo fatto di minacciare un
senatore e già di per se darsi una zappa sui piedi a livello
legale,in quanto minacciare o mostrarsi violento contro un individuo
che ricopriva una carica statale era già di per se un
crimine
punibile con l'incarcerazione per un breve periodo di tempo,nei casi
più innocui,se così si poteva dire. Ma gli altri
senatori erano già
impegnati a spettegolare tra di loro sull'andamento del processo e
stavano ignorando i due che rischiavano di dar spettacolo. Forse si
erano presi qualche occhiata di sfuggita,ma nulla di serio. Seleuco
da parte sua restò calmo e comprensivo e decise di mantenere
un
atteggiamento amichevole.
“Trasparente.
Ora, Io devo dare la notizia ad alcuni miei clienti della mia nuova
situazione,mentre lei comandante,cosa intende fare?”
“Vado
agli alloggi della guardia cittadina. Anche vestita così non
ci
metteranno molto a riconoscermi e fornirmi dell'equipaggiamento di
base. Ti troverò io.”
“Si
ma....”
E
fu così che anche Nevia si allontanò dalla sala
dei senatori e
senza aspettare il suo nuovo compagno di missione. Era stata
graziata? Oppure era stata condannata? Non sapeva cosa pensare
dell'operato di Silla. Era stata processata,giudicata colpevole e
nonostante ciò,era stata liberata per compiere un ultima
missione,uccidere la principessa Lucilla. Il sangue della figlia del
precedente imperatore gli avrebbe permesso di ripulire l'onta del
disonore,ma ancora meglio,avrebbe avuto l'opportunità di
potersi
vendicare di quell'animale che si era permesso di
sbeffeggiarla,insultarla,umiliarla e quel che peggio l'aveva anche
scampata. Non sapeva il suo nome,non sapeva chi fosse o da dove
venisse,ma una cosa era certa. Se Lucio Cornelio Silla le aveva
ordinato di portargli la testa della principessa fuggiasca allora lei
si sarebbe presa quella dell'uomo che era venuto a parlare per conto
di lei e di tutta Aegis. Non importava quanto tempo ci avrebbe
messo,non gli importava come ci sarebbe riuscita, si sarebbe presa la
sua vita e lo avrebbe punito come meritava. Si,non solo si sarebbe
impegnata con tutta se stessa nel farlo,ma ne avrebbe anche goduto.
Il tempo del riscatto e della vendetta sarebbero giunti,ma per
ora,gli servivano un arma e un armatura. Il resto,sarebbe venuto da
se.
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Capitolo 24 *** Tra i campi di grano ***
In quello
stesso istante, Provincia dell'Arborige.
L'arborige,terra
di pascoli e allevamento,terra benedetta da campi abbondanti. Fin da
tempo immemore queste praterie avevano sfamato numerose
tribù e regni di antiche civiltà
barbariche,dedite alla pastorizia e alla vita agraria,tanto quanto alle
razzie e alle piccole guerre contro i loro vicini,fino a che non giunse
Nova,con le sue legioni a imporre il suo dominio su tutti coloro che
avevano posto il loro dominio su quella provincia ed ora,era una delle
terre più fertile e floride di tutti i territori
settentrionali dell'impero. Situata a metà tra le montagne
del piccolo territorio della città-stato di Aegis e le
province dal clima più temperato,L'arborige costituiva un
territorio con un clima afoso in estate e freddo in inverno,con
stagioni,non troppo dissimili per durata l'una dalle altre. I suoi
campi erano colmi di grano, ma anche di segale,farro e orzo e
molto presente era l'allevamento di bovini,presenti in maniera molto
forte nella regione. Tipici di questa zona dell'impero erano la
presenza di piccoli cittadine rurali,difese da semplici palizzate di
legno e poche città importanti,costruite,dopo la conquista
imperiale sopra i resti di insediamenti precedenti. Ed era proprio in
una di queste cittadine autosufficienti e dai ritmi lenti,tipici delle
comunità agrarie,che una ragazza e i suoi compagni di
viaggio,si godevano una giornata in piena tranquillità. Il
sole bruciava la terra e l'aria era afosa. Se ne stavano tutti e cinque
all'ombra di un grosso edificio,il granaio della
comunità,mentre i tre cavalli erano intenti a dissetarsi ad
un abbeveratoio posto vicino ad un piccola fontana,collegata ad una
sorgente vicina. Normalmente a quell'ora sarebbero stati in viaggio
come nei due giorni precedenti dalla loro fuga da Cherunensis,restando
in movimento avrebbero evitato di essere scorti nel caso li stessero
cercando attivamente,spostandosi sulle strade principali,solo quando la
situazione lo permetteva. Ma quel pomeriggio era così
caldo,che dovettero fermarsi forzatamente,in quanto ne loro ne le loro
cavalcature avrebbero fatto molta strada e avrebbero speso troppe
energie e perciò si fermarono,in cerca di un po' di tregua
da quella arsura così feroce.
“Oggi
fa un po' troppo caldo per continuare a viaggiare. Forse oggi
ci conviene allestire un campo qui vicino e domani mattina
ripartiamo. Oppure si può convincere Apollo a
farlo salire più in alto nel cielo e allontanare il sole
dalla superficie della terra. Tu principessa,hai qualche soluzione a
riguardo?”
“Chiese
Milziade con la schiena appoggiata con il muro,mentre si toglieva il
sudore dalla fronte con il palmo della mano.
“Mi
spiace,ma nemmeno un alta sacerdotessa può obbligare il
proprio dio a fare quello che vuole lei,sarebbe una violazione
dell'ordine naturale delle cose. Figurati io,che quando sono scappata
dalla Domus Lucis era poco più di un iniziata ai suoi
misteri.”
Disse
Lucilla seduta con le gambe incrociate a terra e la testa
abbassata,segno che era provata dal clima torrido.
“Ci
fosse almeno una foresta da queste parti almeno potremmo ripararci
sotto le fronde degli alberi.”,disse Nym seduto,intento ad
controllare la corda dell'arco.
“O
una galleria sotterranea. Una di quelle usate come ghiacciaie per
tenere fresco il cibo.”,disse Gordlack disteso al
suolo,rassegnato all'idea di non potersi rinfrescare più di
così.
“In
un caso o nell'altro,qui si muore di caldo. Nemmeno il vento osa
soffiare per timore che anch'esso possa evaporare sotto il
sole.” E infine anche Braxus fece il suo commento,anche
appoggiato contro il muro e sventolandosi in volto con una mano,nel
tentativo di ottenere dell'aria fresca,anche se per breve tempo. Chi di
loro portava protezioni di metallo,come Milziade e Gordlack se le
dovettero togliere e metterle all'ombra separatamente,in quanto
soffocare dentro le loro stesse armature sarebbe stato come fare la
fine di un pollo allo spiedo dentro un forno e questo
ovviamente,cercarono di evitarlo.
“Briseide
non stare sotto il sole. Se poi ti prendi un insolazione che
faccio?”,disse Milziade rivolto alla giumenta,che osservando
per un attimo il suo cavaliere lo guardò,per poi tornare a
ignorarlo,restando in piedi,nello stesso identico punto.
“Giuro
che a volte proprio non ti capisco. Fa come ti pare”
E
tornò a rilassarsi,sapendo di non poter convincere la sua
vecchia compagna di avventure e tornò alla pace che
quell'ombra gli poteva offrire. Passò almeno un ora che
nessuno di loro facesse niente e nessuno di loro,nemmeno Lucilla,che
era la più desiderosa di tornare a viaggiare era
così volenterosa di compiere neanche un passo sotto la
cocente potenza del suo lucente signore. Forse una pausa poteva anche
concedersela. Dopotutto era una principessa,una reale di una nobile
dinastia,doveva pur approfittare dei propri privilegi,pensò
lei scherzosamente. Ad un certo punto,quando tutti e cinque stavano per
appisolarsi all'ombra del granaio,videro comparire,poco alla volta,una
figura assai bizzarra in mezzo alla strada. Era un uomo,basso,dal petto
piccolo e la pancia gonfia. Aveva la testa rotonda quasi come un
pallone e un naso appuntito. Indossava solo un cappello di paglia a
tesa larga e una semplice veste di semplice stoffa grezza marrone
chiara e gli arrivava fino a metà coscia e ai piedi portava
delle solae,dei semplici sandali di cuoio. Trascinava un piccolo
carretto,tanto piccolo da arrivargli ai polpacci,quasi un
giocattolo,che trascinava per mezzo di un corda lacera e rovinata. Si
guardò attorno,come in cerca di qualcosa o di
qualcuno,girando prima in una direzione e poi in un altra,ma tenendo le
braccia strette al corpo. Nevia osservò lo strano ometto e
gli parve spaesato e in qualche modo confuso.
“Perché
quell'uomo e sotto il sole? Finirà per prendere un
insolazione.”,disse la ragazza con cuore tenero.”
“Non
è un nostro problema, prima si toglie da sotto il sole,prima
potrà stare meglio. In ogni caso la cosa non ci
riguarda.”, disse Milziade disinteressato della sorte del
poveretto.
Ma
Lucilla non lo stette ad ascoltare e senza dire nulla si
alzò e uscì dall'ombra,dirigendosi verso l'ometto
sotto il sole. Tutti,tranne il mercenario,volevano chiamarla a se e per
istinto stavano per chiamarla con il suo titolo di principessa,ma non
potevano permettersi di essere scoperti e perciò la cosa
migliore che riuscirono a fare era stare muti e tenere pronte le
armi,nel caso fosse stato necessario un rapido intervento.
“Mi
scusi buon uomo,si è perso?”
L'ometto
sembrava troppo distratto per dare attenzione alla ragazza e
continuò a guardare in giro.
“Scusi,signore,mi
sente?”
“Allora
vediamo,doveva essere qui da qualche parte. Dunque,dovevo girare a
destra due villaggi fa,poi dritto fino...o forse dovevo girare a
sinistra e poi dritto...no prima a destra,poi svoltare a sinistra e
infine dritto...però si nasconde così bene in
mezzo ai campi...
“SIGNORE.”
Lucilla
dovette alzare la voce per farsi sentire,al punto che
urlò,facendo trasalire il buffo personaggio,che quasi balzo
sul posto per lo spavento. Si accorse del pessimo comportamento che
aveva tenuto nei confronti dell'individuo e pur non urlando con rabbia
o indignazione si dispiacque per quello che fece,sapendo che una
principessa e, in particolar modo una sacerdotessa non si sarebbe
dovuta comportare in quella maniera.
“Le
chiedo scusa signore per il mio comportamento,ma un attimo fa lo vista
bloccarsi in questo punto e mi parso le servisse aiuto. Ho temuto che
con questo caldo potesse prendersi un insolazione.”
“Come?
Oh no,io con me ho Palea e lui mi protegge dal sole,vedi?”
L'uomo
indicò con un dito il capello di paglia e poi se lo
tolse,mostrando una capoccia calva e due occhietti,piccoli e
innocenti,quasi fossero quelli di un ragazzino. Ora che lo vedeva
bene,si comportava in maniera strana,non sapendo però dire
se fosse un comportamento voluto oppure la conseguenza di qualche
stranezza,ma non percependo alcun senso di pericolo provenire da lui
non si allarmò.
“Si
lo vedo...mi pare che stesse cercando qualcosa,o qualcuno. Forse posso
aiutarla in qualche modo.”
“Oh
ti ringrazio gentile ragazza,sono certo che tu lo abbia
visto.”
“Di
chi parlate?”
“Dello
spirito del grano? E cosa sarebbe di preciso?”
“Lo
spirito del grano è lo spirito del grano. Se lo vedi lo vedi
e se non lo vedi non lo vedi. Lui è fatto
così.”
“Capisco...”,disse
Lucilla cominciando a pensare che il piccolo uomo non avesse le idee
molto chiare,forse per colpa del caldo soffocante,ma sentiva che non
c'era alcuna cattiveria nelle sue intenzioni e lasciarlo li in preda
dell'afa sarebbe stata una cosa crudele e decise di giocare,con nobili
intenti,con la sua condizione.
“Senta,le
andrebbe di sedersi all'ombra con me e i miei compagni di viaggio? Sono
certa che se si riposerà un attimo, e se saprà
aspettare,lo troverà di sicuro. Venga.”
“Grazie,sei
così gentile.”
Lei
gli fece cenno con la mano di seguirlo e lui le stette
dietro,portandosi dietro quel piccolo carretto di legno,con le rotelle
che cigolavano ad ogni giro compiuto. I quattro accompagnatori non
seppero cosa pensare di quella situazione,pronti com'erano all'azione e
con armi alla mano si erano aspettati,giustamente,che potesse succedere
qualcosa alla ragazza e che l'uomo in realtà la stesse
raggirando,approfittando così del suo tenero cuore di
fanciulla.
“Ecco
siediti qui,vicino a me.”
“Grazie.
Si,qui si sta proprio bene.”
L'uomo
si sedette a terra vicino alla ragazza a gambe
larghe,così,come fanno i bambini,mentre ancora con la
mano,stringeva la corda del carretto,che sembrava custodire quasi con
gelosia.
“Scusi,posso
sapere perché si porta dietro quel carretto? Forse stava
trasportando qualcosa prima?”
“Si,lo
spirito del grano è un vero giocherellone,gli piace saltare
in mezzo ai campi,a nascondersi in mezzo alle spighe e a volte gli
piace fare i dispetti ai contadini quando seminano il grano,oppure
quando lo mietono. Tra poco sarà la festa del
raccolto e non puoi immaginare quante né
combinerà. Però, a forza di giocare in mezzo alle
messi lo spirito si stanca e io mi offro di dargli un posto dove
riposarsi e allo stesso tempo di postarsi. Gli piace tanto il mio carro
e io lo porto sempre con me.”
“Dev'essere
dura stare dietro ad uno spirito che scorrazza dove gli pare e
piace.”
“Eh
si,però io lo so perché fa così. Lo fa
perché lui controlla che il grano cresca bene e
rigoglioso,così che si possa mietere e dare da mangiare a
tutti. Il grano è una cosa buona e tutti ne devono godere.
Posso chiederti come ti chiami?”
“Ah
si certo...io...”
Lucilla
non poteva rivelargli il suo vero nome e già i suoi compagni
la guardavano preoccupati. Ma non se la sentiva di lasciarlo sulle
spine e così gli disse il primo nome che gli venisse in
mente.
“Galla.
Mi chiamo Galla. E lei invece?”
“Popilio.
Tutti mi chiamano Popilio.”
“Bene
Popilio. E un piacere averla incontrata.”
“Anche
per me,sei una brava ragazza,mi piaci. Senti,tu e i tuoi amici non
avete un posto dove stare vero?”,disse lui mostrandole un
sorriso infantile.
“Che
occhio lungo amico,come mai tutto questo interesse per
noi?”,intervenne Milziade nella conversazione con tono
ironico. Ma Popilio non sembrò influenzato dal tono del
mercenario e perciò continuò a parlare come se
nulla fosse successo.
“Beh,ultimamente
da queste parti si sono viste delle persone cattive.”
“Persone
cattive? Di chi parla?”,tornò a parlare Lucilla.
“Persone
cattive. Li ho visti ogni tanto aggirarsi da queste parti mentre
cercavo lo spirito del grano. E gente cattiva,non ben vista dai
contadini. Picchiano i contadini,rubano il grano,poi se ne vanno e poi
ritornano. Allo spirito del grano non piace questa gente. Ma loro
quando mi vedono mi lasciano stare,mi ignorano,come fa la gente che
abita qui. Dicono che la mia testa non è apposto e per
questo la gente mi lascia cercare lo spirito del grano in pace.
Però la mia testa sta bene e quindi gli altri che non
capiscono niente. Lo dice sempre Clara.”
“Clara?”
“Si,Clara
è una sacerdotessa di Cerere e gestisce il tempio di tutte
le comunità della zona. Lei è buona e mi permette
di dormire nel fienile,visto che io una casa non c'è l'ho.
Se volete potete passare la notte li e a noi non dispiace avere delle
persone da ospitare.”
“Per
dormire anche noi sul fieno?...”,intervenne nuovamente
Milziade con tono ironico, “Non vorremmo privarti dei tuoi
comodi agi o nobile sign...”
Ma
non terminò la frase che un dito della ragazza gli
sfiorò la mano e un improvvisa e rovente scottatura lo fece
sobbalzare,facendogli scattare la mano e portandosela al petto,mentre
con l'altra massaggiava il punto ustionato dal potere della ragazza.
“Accettiamo
con piacere,vero?”,disse lei rivolgendosi al resto del
gruppo,ma puntando il suo sguardo in particolar modo verso
Milziade,osservandolo con sguardo deciso.
“Vero?”
“Ma
certo..Galla...sarebbe una vera scortesia rifiutare una simile
generosità.”
“Eccellente,andiamo
subito,così potrò farvi conoscere Clara e
avvertirla del vostro soggiorno.”
L'omino,preso
dalla foga della contentezza si alzò sgraziatamente e si
allontanò.
“Aspetti
buon uomo...”,intervenne Nym, “potrebbe aspettarci
solo cinque minuti? C'è una cosa della quale dobbiamo
parlare tra di noi. Non ci metteremo molto.”
“Va
bene. Vi aspetto qui vicino.”
E
così facendo Popilio si allontanò dalla vista del
gruppo,che a quale punto,Milziade,Gordlack,Nym e Braxus iniziarono a
voltare lo sguardo verso Lucilla,guardandola in maniera ammonitrice.
“Che
cosa c'è? Perché mi guardate
così?”,chiese Lucilla preoccupata.
“Cosa
c'è? Ah non lo so,diccelo tu...Galla. Perché hai
detto di si a quell'uomo?”,l'ammonì Milziade
mentre ancora si massaggiava la mano.
“Io
ho solo accettato l'ospitalità di quell'uomo e non mi
è sembrato giusto rifiutarla. Se questo fosse l'aiuto
inviato da un dio non sarebbe giusto rifiutarlo.”
“Peccato
che quello li non mi pare sembri sia così divino dato il suo
aspetto e a tal proposito,come sai che in realtà non sia una
trappola?”
“Odio
ammetterlo ma ha ragione...”,parlò Nym con tono
calmo e controllato, “Dare confidenza agli sconosciuti non
è una mossa molto saggia principessa. Abbiamo già
un imperatore che può mandarci contro intere legioni se solo
volesse e ora anche un forza d'invasione di tribù barbare
che non sappiamo come,sanno del viaggio che stiamo compiendo.
Maestà, arrivati a questo punto c'è da chiedersi
quanti altri sono che sanno di noi e quando li incontreremo,se mai
dovessimo incontrarli e quell'uomo,mia signora,potrebbe essere uno di
loro. Non possiamo permetterci simili errori. Non con quello che
c'è in ballo.”
Lucilla
stette a sentire con attenzione le parole che l'elfo gli aveva rivolto
e nell'ascoltarlo adesso si sentiva in colpa e anche un po' stupida.
Abbassò la testa pentita di non aver pensato alle
conseguenze della sua ingenuità,colpevole di rischiare
veramente di essere finita in trappola di un probabile nemico. Come
aveva fatto a non pensarci? L'eccessiva bontà del suo tenero
cuore non gli aveva mostrato il probabili pericoli che adesso rischiava
di correre,esponendosi a un probabile nemico e adesso si era
esposta,mettendo in pericolo lei e gli altri membri del gruppo.
“Mi
dispiace. Non volevo mettervi nei guai. E solo che vederlo
così mi ha tenerezza ed io non sono riuscita a resistere. Vi
chiedo scusa.”
Nessuno
nel gruppo volle replicare quella tenera affermazione,anche se Milziade
voleva continuare a farle la ramanzina,ma gli altri tre sarebbero
intervenuti per proteggerla dalle sue accuse e quindi non
continuò.
“Adesso
che facciamo? Riusciamo a togliercelo dai piedi?”,chiese
Braxus preoccupato per la situazione.
“No,
a questo punto ci tocca seguirlo e nel bene o nel male vedremo l'esito
di incontro. Per ora accettiamo la sua offerta,mal che vada saremo
nuovamente pronti a combattere. Meglio non farlo aspettare.”
E
fu Nym a chiudere la faccenda sul da farsi con Popilio e uscirono tutti
dal vicolo in ombra,per affrontare un altra marcia sotto la cocente
stella del giorno. Quel pomeriggio Apollo,non sembrava voler allentare
il suo potere su quella parte dell'impero. Usciti dal
villaggio,sapevano che avrebbero dovuto seguire i passi del piccolo
uomo e non volendo pesare sui fedeli equini già accaldati
decisero di non salirci sopra e che li avrebbero condotti per le
briglie e ciò li avrebbe alleggeriti del loro peso,ma la
calura pareva davvero insopportabile e dovettero restare
leggeri,lasciando le i pezzi delle armature più pesanti
legate ai cavalli e sole le armi potevano essere portate senza troppa
fatica. Camminavano ormai da diverso tempo,forse venti-trenta minuti,il
caldo era così soffocante che ormai il sudore scendeva come
rivoli di una sorgente naturale e l'intero gruppo soffriva sotto
l'astro diurno nemmeno fossero stati a contatto diretto con la fucina
di Vulcano in persona. Popilio invece stava bene, o almeno
così pareva,non dava segni di stanchezza e l'afa non
sembrava avere effetto sul suo corpo,mentre trascinava il carretto
vuoto come un bambino porta con se il suo giocattolo
preferito,trascinandolo con inerzia per la sottile cordicella guardando
avanti per la strada,senza distogliere lo sguardo davanti a se.
“Non
c'è la faccio più, ho sete,rischio un colpo di
calore e tra poco userò quel carretto per farmi portare da
quel matto. Se non vedo dell'acqua entro i prossimi cinque minuti giuro
che svengo e muoio.” disse Gordlack con passo ciondolante e
trascinava il martello,troppo stanco per impugnarlo correttamente.
“Addio
Gordlack. E stato bello finché è durato,ma adesso
dobbiamo separarci. Muori in pace e non ostruire la strada. Sei troppo
pesante da sollevare e daresti solo fastidio”
Replicò Nym sarcastico,mentre cercava di darsi un
contegno,ma doveva anche lui sopportare a fatica quell'arsura,mentre
tentava di resistere con tutte le sue forze al calore che investiva
brutalmente la grazia del suo fisico elfico.
“Eccola,laggiù,siamo
arrivati.”
Tutto
il gruppo osservò Popilio,che a sua volta stava indicando un
edificio in lontananza. Dall'aspetto pareva un grande edificio di
legno. Una specie stalla o un granaio,non sapevano dirlo con
certezza,ma nonostante l'aspetto rustico era di notevoli dimensioni.
Popilio da parte sua iniziò a correre trascinandosi il
carretto al meglio delle sue capacità,mentre
loro,accaldati,sudati e assetati,non si capacitavano di come quel buffo
personaggio non solo aveva energia che sprizzava da tutti i pori,ma era
come se non si fosse mai stancato. Vederlo scattare in quella maniera
li stancava ancora di più.
“Bene
gente,adesso sappiamo dove vive questo lunatico. Andiamo a scoprire se
ha dell'acqua potabile. Francamente mi serve un bagno.”,disse
Milziade mentre si umettava con la lingua le labbra riarse.
“E
perché noi no?”,rispose Braxus mentre si copriva
gli occhi dalla luce con una mano posta contro la fronte.
“Io
ho bisogno di acqua,non mi importa se è putrida,ho bisogno
di bere.” disse la sua il nano ormai moribondo.
Vedendo
ormai il luogo nella quale si sarebbero dovuti dirigere si
pensò per un attimo di usare i cavalli per raggiungerlo. Ma
stancarli ulteriormente per una meta così vicina,nonostante
la fatica dell'alta temperatura di quel pomeriggio si resero conto che
stancare gli animali non sarebbe stata una buona idea,poiché
già con il peso delle loro cose che si portavano dietro era
affidato alla loro capacità di carico non ebbero cuore di
stancarli più del dovuto,visto che anche i tre equini
soffrivano al pari loro,se non più con tutto peso che
avevano addosso. Quindi si misero il cuore in pace e decisero di fare
anche quell'ultimo tratto a piedi e peggio ancora,adesso la strada si
faceva in salita. Giunsero alla fine di quella che parve una larga
collina,circondata da campi di grano e l'intera area era priva della
ben che minima presenza di vegetazione,per tanto non solo dovettero
farsela in salita,ma senza la ben che minima copertura dal sole e
quindi il doppio della fatica. Una volta arrivati in cima,notarono con
maggior precisione cosa fosse quel grande edificio di legno che videro
dalla strada. La struttura era si un granaio,o meglio, né
aveva l'aspetto. Era molto simile a quello presente nel villaggio
appena lasciato,ma le sue dimensioni erano più quelle di un
grande edificio pubblico,come un anfiteatro oppure le terme di una
piccola città,ma l'architettura stessa dell'edificio
presentava delle incongruenze per essere un semplice magazzino per i
cereali. La struttura consisteva in un grande edificio di
legno,sostenuto però da numerose e larghe colonne di legno
di legno,tanto che ad una vista più attenta si sarebbe
potuto dire che i sostegni della struttura erano veri e propri
tronchi,sagomati e dipinte appositamente di marrone scuro per
integrarsi al meglio con il resto della costruzione. Si potevano vedere
una decina di uomini,andare avanti e indietro, a scaricare grandi
sacchi da alcuni carri e portarli dentro l'edificio,passando attraverso
una larga entrata,con un architrave,sostenuta da due colonne nella
quale erano state dipinte due grosse spighe di grano maturo e sopra
sull'architrave,l'intaglio raffigurante una donna dal capo
velato,intenta a stringere tra le braccia una fascina di grano,legata
da un nastro. Lucilla aveva capito dov'erano giunti,la raffigurazione
della donna ai suoi occhi era una figura molto nota nella religione
noviana.
“Cerere.
Non è un semplice granaio,questo è un tempio
dedicato a Cerere. Ed anche abbastanza importante a giudicare dalle
dimensioni.”,disse Lucilla con tono meravigliato.
“Per
essere corretti signorina...”,disse uno degli uomini che
stava trasportando un sacco di grano su di una spalla,un umano dalla
fisico robusto e la pelle abbronzata,tipica dei contadini,che
lavoravano molto tempo sotto il sole. Aveva una folta e disordinata
chioma nera,occhi marroni,una folta barba e una semplice veste
sgualcita, “Questo tempio fu edificato dalla nostre gente
circa trecentosette anni fa,quando coloni proveniente da terre
più a sud cercarono fortuna tra questi campi per costruire
delle nuove comunità e quando videro tutti questi campi di
grano credettero che fosse un dono di Cerere per i nuovi arrivati e
costruirono qui,su questa collina,un tempio degno della patrona di
tutte le messi ed infondo ci crediamo anche noi. Anche voi siete
viaggiatori?”
“Si.
Siamo giunti fin qui seguendo un uomo,forse la visto. E piccolo e si
trascina dietro un carretto vuoto,lo so sembra strano.”
“Popilio?
Lo visto passare qualche attimo fa e andava di corsa dentro il tempio.
Probabilmente è andato da Clara,forse oggi avrà
visto lo spirito del grano. Buon anima quell'uomo,ma la sua testa non
funziona come dovrebbe,però lui qui e di casa. Oh che
sbadato,non mi sono presentato,sono Florio,lavoro nel tempio e accolgo
i visitatori e i viaggiatori,oltre che aiutare a riempire il magazzino
del tempio. Abbiamo delle camere libere e anche dei bagni se volete
darvi una sciacquata...e a giudicare da questo caldo vi farebbe un gran
bene.”
“Saremo
ben lieti di fermarci per la notte e...” Ma Lucilla non
finì di parlare che vide con la coda dell'occhio un nano
correre all'impazzata,con un maglio stretto nel pugno correre dentro il
tempio. Cosa che lasciò tutti spiazzati.
“ACQUA,ACQUA,TOGLIETEVI,STO
MORENDO DI SETE.”
Era
Gordlack,così accaldo e stanco che ormai,ha sentire la
parola bagno,non ci aveva pensato due volte e si era lanciato a tutta
velocità,scattando con le piccole gambette che si trovava a
cercare un po' d'acqua.
“Lui
è con noi. Ma faremo finta di non conoscerlo per almeno
qualche ora,o tutta la notte se ci è possibile. Dove
possiamo lasciare i cavalli?”,disse Milziade con noncuranza
dopo aver fatto dell'ironia sul nano.
“Si,ecco...non
abbiamo una stalla nel vero senso della parola,visto che la maggior
parte dei viandanti sono contadini e fattori della zona,ma abbiamo un
pagliaio ed è abbastanza grande per tenere i vostri animali.
Sempre se non è un problema.”
“Aspetta
chiedo.”
Milziade
si girò verso il muso della giumenta.
“Che
ne dici,a te sta bene?”
La
cavalla in tutta risposta gli nitrì in faccia.
“Si
a lei sta bene.”
“Bene...se
non vi di spiace potete lasciarmi i cavalli e nel frattempo potete
rivolgervi alla sacerdotessa. Sarà ben lieta di darvi un
alloggio.”
Floro
passò per tutte e tre le cavalcature e se le
portò dietro,diretto chissà dove,mentre
percorreva tutto il giro del tempio.
“Bene.
Andiamo a recuperare Gordlack,prima di vederlo affogare nel primo
secchio per i pavimenti che trova.”
Disse
Nym con tono rassegnato,conoscendo il vecchio compagno dalla corta
statura,oltre che di pazienza e prendendo l'esempio dell'arciere si
diressero tutti all'interno del tempio. Passata l'entrata recante
l'effigie della dea,si trovarono subito nell'area dedicata al culto di
Cerere. L'ambiente mostrava una lunga ed alta sala centrale,dove i
fedeli e alcune giovane ancelle erano intente a pregare, i primi e
a officiare i riti,le seconde,benedicendo le numerose spighe
di grano ammucchiate sull'altare e poste dentro cesti di vimini,insieme
ad altre offerte,come grosse forme di pane di farina di grano,ma anche
di segale,farro,orzo e con gli stessi cerali,erano presenti anche
numerose focacce,secche,morbide e alcune bagnate con olio d'oliva. La
sala in se invece,dal punto di vista architettonico era stato costruita
con un tipo di legno molto resistente,quercia o faggio,di una
lavorazione semplice,ma adatta ad una popolazione di ceto basso come lo
erano i contadini e gli allevatori e sui muri erano stati attaccati,per
mezzo di corde o chiodi,numerosi attrezzi agricoli,come
falcetti,roncole,zappe e c'era anche una ruota di pietra appartenente
ad una macina per la farina. Un offerta curiosa per Lucilla,seppure
ovvia,per una dea legata alle coltivazioni e anche tutto ciò
che riguardava i cerali in generale.
“Bisogna
riconoscerlo,per essere un tempio somigliante ad una stalla ha il suo
fascino. Rustico,ma ha comunque fascino.”,Disse Braxus
guardando osservando l'area principale dell'edificio.
“Già
è dire che questo posto è stato costruito con
materiali piuttosto comuni. Ha dell'incredibile come gente abituata al
lavoro nei campi abbia eretto qualcosa di così bello e al
contempo umile. La fede nell'animo dei devoti è in grado di
fare cose magnifiche.”,disse Lucilla contemplando la struttura
“Mentre
la fede nell'animo degli stupidi bastardi gli fa compiere atti della
peggior specie.”,disse il mercenario non curante del luogo in
cui si trovava.
Lucilla
a sentire quelle parole si indignò e diede un occhiataccia a
Milziade,fulminandolo con lo sguardo. Lui d'altro canto non
sembrò meravigliarsi della cosa e restò
passivamente piatto a quella reazione molto poco regale.
“Cerca
di vederla dal mio punto di vista. Tu puoi contare sui poteri concessi
da un dio è questa non è una cosa comune. Le
canaglie prezzolate come me devono ingegnarsi su come arrivare al
giorno dopo senza contare sull'aiuto di nessuno e c'è l'ho
sempre fatta. Quindi non stupirti se questo posto non mi rende un anima
pia. Non ricordo di aver mai avuto un dio, o una dea,al mio
fianco.”
Lo
sguardo di Milziade non sembrava né arrabbiato né
tanto meno provocatorio,ma qualcosa nella sua voce tradiva un certo
cinismo,come a voler lanciare una sfida verso le convinzioni
più profonde della ragazza che gli stava di
fronte,sottolineando con il tono di voce,una certa ostilità
quello che per lei era realtà,presente e concreta, e per
lui,solo un concetto astratto,tanto indefinibile quanto incalcolabile.
Due persone completamente opposte riguardo allo stesso argomento.
“Forse
hai ragione,ma questo non vuol dire che non esistano o non ti tengano
in considerazione e dovresti essere più rispettoso verso di
loro. Meglio avere un dio che ti ignora che uno che ti punisce. Forse
sanno essere ben più feroci di quello che raccontano nei
miti e io spero,con tutto il cuore,che tu non lo venga mai a
sapere,tanto quanto non voglio saperlo io.”
Finirono
di confrontarsi sullo stesso tema e quando terminarono le parole si
accorsero che nella loro direzione si stava avvicinando una figura
già a loro nota. Era Popilio che zampettava felice verso di
loro,ma stavolta senza il carretto di legno e accanto a lui vi era una
donna. La figura femminile era un umana,anziana,ma ancora in forze e il
suo fisico presentava ancora i segni di una buona salute. Portava una
lunga chioma raccolta in una coda di cavallo che gli si appoggiava su
di una spalla e poi scendeva vicino al seno. Gli occhi erano di un blu
acceso e sulla pelle ben poche rughe solcavano il volto gioviale.
Indossava una lunga veste di bianco cotone,ornata da una striscia verde
che percorreva il contorno dell'abito,che gli scendeva fino alle
caviglie e gli copriva le braccia fino ai polsi,lasciandogli scoperte
le mani. Sopratutto sulla parte frontale della veste era presente un
elaborato disegno,composto da una serie di spighe di grano,dorate,ritte
e cariche di semi. La donna si avvicinò ai quattro
mostrandosi ben disposta verso di loro,anche perché sul
volto era stampato un sorriso smagliante.
“Voi
dovete essere i viaggiatori che Popilio ha condotto fin
qui,vero?”,chiese lei con tono accomodante.
“Si
signora,lei chi sarebbe?”,chiese Nym con tono garbato.
“Sono
Clara,sacerdotessa di Cerere presso questo santuario, la casa dello
spirito del grano. Siate i benvenuti e riposate le vostre stanche
membra. I miei trasportatori stanno portando i vostri averi verso le
vostre stanze.”
“Le
siamo grati per l'ospitalità che ci sta offrendo signora.
Lasceremo una piccola donazione per il disturbo.”
“Nessun
disturbo,siamo lieti di ospitare dei viaggiatori stanchi e offrirvi del
pane fresco,così da poter riprendere il viaggio.”
“Scusi
signora...”,disse Lucilla con tono incuriosito,
“Prima ha chiamato il tempio la casa dello spirito del grano,
prima anche Popilio ha accennato a qualcosa di simile,cosa
sarebbe?.”
“Ah
capisco,immagino che lo abbiate trovato a gironzolare sperduto in cerca
di qualcosa giusto?...”
La
donna si girò verso l'ometto e lo guardò con
espressione ammonitrice,ma non severa, “Popilio,quante volte
ti ho detto di non andare in giro alla ricerca dello spirito del grano?
Lo sai che ultimamente girano i banditi in questa zona e poi, adesso fa
troppo caldo è se ti succedesse qualcosa? E
pericoloso.”
“Lo
so,ma io lo so che lo spirito del grano gira sempre da queste parti
è se mi succedesse qualcosa lui interverrà
ad aiutarmi. Io lo so,lui è buon con me ed
è giusto che io lo aiuti come posso.”
“Va
bene,ma la prossima volta sta più attento. Ora va a
riposarti che più tardi si mangia.”
Tutto
felice,Popilio si allontanò a gran velocità
superando i presenti,scattando,come avrebbe fatto un bambino. Nel
vederlo allontanarsi il viso di Clara,ora sembrava incupirsi e divenire
più cupo e triste. Lucilla notò la cosa e volle
chiederle il perché di quell'espressione,ma non fece in
tempo,perché un nano di loro conoscenza,comparve
all'improvviso,completamente zuppo d'acqua,con gli abiti fradici e
stretto ancora a se il suo fedele maglio.
“Dovreste
provare i bagni che hanno qui,per essere una gigantesca stalla non sono
certo messi male in quanto a servizi.”,disse Gordlack tutto
contento,mentre si strizzava la folta barba gocciolante.
“Vedo
che ti sei dato alla pazza gioia piccolo uomo. Sicuro di non aver
rischiato l'annegamento?”, disse Milziade intento a volerlo
prendere in giro.
“Seriamente
Gordlack si può sapere che ti è preso? Ti sei
lanciato come un matto e poi sei completamente sparito.”,
parlò Braxus confuso sulla scena che Gordlack aveva fatto
una decina di minuti prima.
“Ah
voi creature alte non potete capire. Nani e gnomi hanno problemi quando
si tratta di disidratazione lo sapevi? Siamo piccoli e quindi questo ci
impedisce di tenere tanti liquidi all'interno del corpo e dobbiamo bere
più frequentemente di altre creature.”
“
E per quanto riguarda gli alcolici invece? Anche quello riguarda il
problema della disidratazione?”
“In
parte,soprattutto per noi nani. Gli alcolici in generale sono
più igenici dell'acqua e quindi per noi e più una
questione di salute...inoltre sono anche buoni.”
“Signori,vedo
che conoscete questo nano bisogno di un po' d'acqua.”
“Si,ci
spiace se ha creato problemi.”,disse Nym vergognandosi al
posto del nano.
“Io
non creo problemi,semmai rendo le conoscenze più
interessanti.”,si difese il nano con tono deciso.
“Ma
no non fa niente,siamo sempre disposti a offrire aiuto ad un
viaggiatore stanco o assetato...anche se devo ammettere che quando
è entrato mi sono preoccupata un po' del suo stato. Si
è precipitato qui dentro come una furia e quando Popilio mi
ha detto che era stato lui a condurlo qui ho capito che aveva bisogno
di aiuto. Aveva chiesto dove poteva trovare una vasca e gli ho indicato
i bagni. Mai visto nessuno di così' bisognoso di
acqua.”, disse Clara divertita,mentre sul suo viso si formava
nuovamente un espressione distesa e rilassata.
“Il
vostro amico non è di certo il peggior individuo che sia
passato da queste parti,anzi è un bene che sia giunto fin
qui,proprio come voi,in questo luogo. Ora se volte scusarmi mi devo
occupare di alcune cose,ma voi accomodatevi pure e prendete una stanza.
Ci vediamo a cena.”
E
Clara si allontanò lasciando il gruppo alle prese con le
propria sistemazione.
“Avete
sentito? Non sono il peggior individuo passato da queste
parti.”,disse Gordlack tronfio per quell'affermazione.
“E
sono certo che non sei nemmeno tra i migliori.”,disse Nym al
nano,con tono accusatorio.
Passarono
altre quattro ore. Il sole stava calando sulle colline,mentre il cielo
si colorava poco a poco da un intenso arancione ad un violetto pallido
pallido,segno che la sera si stava facendo più scura.
Lucilla se ne stava da sola nella camera che aveva scelto,con una
finestra che dava su due colline che nel mezzo davano spazio per far
passare la dorata luce di Apollo,mentre la ragazza,immaginava che il
dio alla quale era devota stesse passando con il suo carro e lo stesse
portando a riposare,li,dove solo gli olimpi poteva dimorare. In
realtà sapeva che il suo mondo,Orbis per l'appunto,era una
sfera e che molto probabilmente il sole faceva un giro completo del
mondo,ma aveva il vizio di far volare l'immaginazione e spesso si
ritrovava a fantasticare su cose che riteneva belle e
sorprendenti,forse inutili,ma era un suo piacere personale,il suo
vizietto privato. Ma quel pomeriggio vide qualcosa che l'aveva colpita
al cuore. Quel buffo ometto,Popilio, era parso nel suo campo visivo
come qualcuno che avesse bisogno di aiuto,lo aveva visto
indifeso,piccolo e debole, in cuor suo sentiva di dover fare qualcosa.
Eppure ora che ci pensava non aveva dato segni di aver bisogno di
aiuto,era un piccolo uomo che si portava dietro un carretto vuoto e per
quanto potesse bizzarro,non era una cosa stranissima,o almeno non
troppo fuori dalla norma. Ma allora perché sentiva
pietà per lui? Perché mai sentiva il bisogno di
aiutarlo? Cosa attirava la sua attenzione verso di lui? Non sapeva
darsi una risposta. Gli altri gli avevano detto che era stata una
sciocca a fidarsi così ciecamente di uno sconosciuto,eppure
qualcosa in lei gli diceva che aveva fatto la cosa giusta a seguirlo
fin li. Stava alla finestra,con i gomiti appoggiati alla finestra,da
dove poteva vedere,sotto di lei,gli uomini intenti a ritirarsi per la
sera,dopo la giornata di lavoro. Molti entravano nel tempio,mentre
altri si allontanavano scendendo per la collina e imboccando la discesa
che li avrebbe riportati sulla strada principale. Sentì
bussare alla porta.
“Chi
è?”,rispose lei tranquilla.
“Sono
Braxus,stiamo andando a cenare.”
“Cinque
minuti e arrivo.”
Lucilla
si mosse verso il letto,dove trovò il libro che gli aveva
dato il mago e che fino a mezz'ora fa stava leggendo in cerca di
informazioni. Lo prese e lo rimise tra le sue cose,che erano state
portate su dai lavoratori presenti al tempio nel pomeriggio,facendo lo
stesso anche con l'attrezzatura dei loro compagni. Controllò
che tutto fosse a posto,aprì la porta ed uscì in
corridoio. Ci mise poco tempo a giungere nella zona delle
cucine,passando prima per i bagni,dove tutto il gruppo, a turno si fece
un bagno per togliersi il sudore e lo sporco che due giorni di
viaggio,da quando avevano lasciato Cherunensis,che si erano trovati
addosso,dovendo dormire all'agghiaccio e sopportando quell'afa che
colpiva la provincia dell'Arborigie. Si ritrovò nella sala
principale,dove alcuni viaggiatori e anche alcune officianti del
tempio,erano intenti a cenare. Vide qualcuno seduto ai tavoli in
lontananza alzare un braccio per farsi notare da lei,era Milziade,che
gli fece segno di raggiungerli e poco dopo,districandosi tra i tavoli
la ragazza era tornata in mezzo ai suoi protettori.
“Vi
siete riposati?”,chiese Lucilla con genuino interesse.
“Beh
bambina mia,dopo essermi fatto un bagno e aver bevuto più
acqua di quanto avrebbe fatto un bue,sono andato nelle mia stanza e mi
sono addormentato. Mai stato così bene da quando abbiamo
lasciato Cher....quel posto li insomma.”,disse Gordlack
evitando di voler rivelare il nome dell'avamposto di confine,nel timore
che qualcuno potesse averli seguiti fin li.
“In
ogni caso abbiamo potuto tirare un po' il fiato per un paio di giorni
senza che ci attaccassero. Dovremmo prendere in considerazione l'idea
di fermarci più spesso in luoghi che possiamo considerare
sicuri e,quando possiamo,percorrere le strade principali solo in punti
che possiamo ritenere sicuri per poter agevolare il nostro
viaggio.”,disse Milziade mentre tamburellava le dita sul
tavolo in attesa che arrivasse da mangiare.
“Non
saprei,essendo un piccolo gruppo potremmo spostarci anche
solo per strade secondarie. Il nostro viaggio sarebbe più
lungo,ma almeno avremmo la possibilità di viaggiare con
minori probabilità di essere riconosciuti ed evitare
così altri eventuali personaggi che sanno dei nostri
spostamenti.”,disse Nym replicando con tono piatto le parole
del mercenario.
“E
qui ti sbagli caro il mio biondino. L'uomo che ci ha teso l'imboscata
nelle stalle e lo stesso che ci ha attaccato in quel villaggio
abbandonato e approfittava proprio di luoghi stretti oppure isolati per
attaccare e chiaro che sapeva chi siamo,o meglio,chi siete voi. Per non
parlare poi di quel gigante d'uomo,stanchi e affaticati com'eravamo
avremmo faticato a combattere anche con lui,ma fortunatamente si
è ritirato.”
“Però
sapeva del Demiurgo.”
“Proprio
come l'altro maledetto mezzelfo. E chiaro che ci sono troppi poteri in
gioco in questa storia per potersi definire una semplice
casualità. In ogni caso dovremmo stabilire un percorso ben
preciso e cambiare strada solo quando necessario. Possibilmente uno che
attraversi anche delle città importanti. Necessitiamo di
rifornimenti e le nostre scorte non dureranno per sempre. Raggio di
sole ,hai già in mente un idea della nostra prossima
destinazione?”
“Beh,se
devo essere sincera non ho un percorso ben preciso. Ho studiato la
mappa e molte delle strade percorribili sono probabili punti che
potremmo attraversare. Sia la tua proposta che quella di Nym
sono entrambe fattibili. Ma se fossi io a decidere,in questo caso
potremmo raggiungere Clotovis.”
“Clotovis?
Non ci sono mai stato,ma ho sentito dire che è una splendida
città. Dicono che li ci siano delle sorgenti termali che
alimentano delle grandi terme. Mi piacerebbe passarci se possibile e
poi,un giorno di riposo non ci farà male...anche
due.”, disse Braxus stiracchiandosi le braccia verso
l'alto,come di chi sia ripreso da una pennichella pomeridiana.
“Ehi
ragazzo,non siamo mica in vacanza,abbiamo un compito da svolgere e se
non te ne sei reso conto più tempo passa più
rischiamo di fallire miseramente. Non devi alloggiarti sugli
allori,così rischi solo di
rammollirti.”,intervenne Gordlack serio.
“E
va bene rilassati,stavo solo scherzando...quasi.”
Lucilla
a sentire Braxus e la sua risposta gli scappò un
sorriso,quasi si mise a ridere.
“Beh
in effetti non sarebbe male,ma anche se dovremmo passare di li,credo
che non ci resterebbe molto tempo da impiegare per le frivolezze.
Però di tanto in tanto un po' di riposo non guasterebbe.
Proprio come adesso.”
Ci
volle ancora qualche minuto di attesa ed infine arrivò la
cena,portata da due giovani novizie del tempio. Pane e focacce
secche,accompagnate da alcuni formaggi di capra e olive e da bere solo
dell'acqua. Un pasto frugale,buono,seppur non eccezionale. Mangiavano
tranquillamente senza fare battute,senza parlare della missione,del
viaggio o di quello che sarebbe successo il giorno dopo. Nulla di nuovo
e nulla di che solo un po' di pace e di tranquillità. Un
bene raro per il loro gruppo. La sera proseguì tranquilla e
così anche il resto della serata e finito di
mangiare si pensò bene di voler godere della serata,ormai
scura e con le stelle che brillavano in cielo, andando fuori e godere
un po' di quella pace,breve,ma preziosa,perché il giorno
dopo sarebbero ripartiti. Uscirono dal tempio e con tutta calma
decisero di godere della quiete notte che si prospettava. Ma neanche il
tempo di prendere una boccata d'aria fresca e subito,nella notte,un
nitrito nervoso ruppe il sacro silenzio di quel luogo. Aguzzarono la
vista e videro in lontananza una serie di piccole luci rosse poste
più in alto della normale altezza d'uomo. Cavalli,uomini e
cavalli, più in là,vicino all'entrata del
santuario.
“E
quelli chi sono?”,disse Braxus,ponendosi la domanda ad alta
voce.
Nemmeno
il tempo di ricevere una risposta che il misterioso gruppo emise un
urlo all'unisono e subito dopo,si lanciarono contro di loro
all'unisono. Non avevano con loro ne le armi e nemmeno le armature,le
une erano state trasportate in camera insieme al resto della loro
attrezzatura e le altre,riposte insieme alle prime,credendo che non
avrebbero avuto problemi per quella notte. Quanto si erano sbagliati.
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Capitolo 25 *** Il fuoco della rabbia ***
“CORRETE A PRENDERE LE ARMI,ADESSO.”
Urlò Milziade rivolto a tutto il gruppo,mentre i cavalli,con
i loro cavalieri. Si misero a correre a perdifiato,superando l'ampio
ingresso e trovandosi immediatamente dentro l'area di preghiera e
superandola tutta di corsa,cercando di raggiungere le loro camere il
più in fretta possibile. Dentro il tempio erano rimasti i
fedeli,le giovani iniziate,viaggiatori e contadini e tra di loro c'era
chi correva all'impazzata in cerca di un riparo,chi restava nascosto al
meglio dietro un angolo,oppure sotto un tavolo,mentre le sacerdotesse
invece si riparavano dietro all'altare di Cerere,convinte che la dea
dei campi e delle messi le avrebbe protette. Ma i loro
inseguitori,senza alcun rispetto per il luogo sacro entrarono con i
cavalli e le fiaccole in mano,che all'improvviso,gettarono
contro i sostegni di legno e le semplici stoffe che decoravano la
struttura.
“Ma che stanno facendo? Perché dissacrano il
tempio della dea?”,chiese sconvolta Lucilla,guardando allo
scempio che stavano commettendo i profanatori.
“Lascia perdere,piuttosto,approfittiamo dell'occasione per
tornare alle nostre camere,prendere le nostre cose e andarcene,la cosa
non ci riguarda.”,disse Milziade cinico e senza alcuna
delicatezza.
“Ma non possiamo lasciare che il tempio venga
disonorato...è un sacrilegio”
“Si che possiamo,basta tener conto del fatto che non
è un nostro problema. Fidati,in molti occasioni questa linea
di pensiero funziona.”
Nel mentre della loro discussione,uno dei cavalieri girò il
cavallo verso il gruppo e si lanciò alla carica,dopo aver
estratto dalla cinta un piccolo martello da lavoro dalla cinta. Quando
lo vide Nym si guardò attorno alla ricerca di un oggetto che
potesse usare contro il rapido assalitore e poi lo vide,appeso al
muro,un falcetto,uno di quelli che si usa per il lavoro nei campi,ora
lasciato al tempio come offerta alla dea. Con un velocità
degna della sua abilità di arciere fece uno scatto felino
verso la parete,che si trovava abbastanza vicino a loro. Lo
staccò al volo,diede una rapida occhiata al cavaliere e con
un rapido calcolo,dettato più dall'istinto che da un attenta
analisi,alzò il braccio piegandolo dietro la testa e poi
lanciò la piccola lama ricurva,che roteando a
mezz'aria,colpì in pieno volto l'aggressore,con tale forza
da penetrare le ossa delle faccia.
“Bel colpo.”,disse Milziade stupito.
“E non è uno dei migliori che abbia mai
fatto.”,disse l'elfo quasi assente.
Il corpo cadde a terra e nello stesso istante il cavallo si
fermò di colpo,incapace di comprendere cosa fosse successo
ed ora,senza più ricevere comando,restò
fermo,bloccato sul momento. I compagni dell'aggressore si accorsero
dell'accaduto,mentre alimentavano le fiamme o colpivano chi passava
accanto a loro.
“D'accordo ragazzi,prendete quello che
potete.”,disse Gordlack avvicinandosi al muro più
velocemente che poté staccando una vanga dal muro,Braxus un
forcone e Nym prese un paio di roncole. Milziade invece dovette
accontentarsi di un bastone dal lungo manico di legno,probabilmente
appartenuto ad un pastore di ovini oppure ad un coltivatore come
appoggio per una pianta rovinata in via di guarigione.
“Ma dai,sul serio?”,disse il mercenario deluso.
“Bambina mia sta dietro di noi.”,disse Gordlack
mettendosi davanti a Lucilla,volendole fare da scudo,seguito dagli
altri quattro,facendo da barriera tra lei e gli assalitori a cavallo. A
vederli bene in quel momento,si accorsero che le loro vesti erano molto
diverse da quelle del tipico cittadino imperiale. Vestivano di una
camicia di lana e sotto la cinta portavano dei calzoni di colore verde
o marroni tenuti in alto per mezzo di una semplice cintura di cuoio
grezzo e ai piedi portavano degli stivali. Anche il loro aspetto
estetico non era tipico degli imperiali. Alcuni portavano i capelli
corti e selvaggi,altri invece li portavano più lunghi,legati
in una coda intrecciata che scendeva fino alle spalle ed alcuni di loro
portavano sul viso un vistoso paio di grandi baffi.
“Uccidiamoli,nel nome di Sucellos.”,disse uno degli
uomini e si lanciarono nuovamente contro il gruppo,gli unici che
opponevano resistenza contro la loro opera di distruzione.
Nym decise di ritentare la sorte e lanciò l'ennesimo oggetto
che si era trovato in mano contro il primo cavaliere che gli
capitò nuovamente. Ma questa volta decise di non mirare
all'uomo sulla sella,bensì alla bestia,scagliando la roncola
contro una delle zampe anteriori del cavallo,così che la
cavalcatura inciampò in avanti,facendo cadere,insieme a lui
e al proprio cavaliere,anche altri due cavalli,con i rispettivi
padroni. Milziade,Nym e Gordlack notando lo scompiglio che si era
creato nella carica avversaria,decisero di approfittare di questa
battuta d'arresto nel loro attacco e partirono all'assalto,nel
tentativo di spezzare la loro offensiva. Non ebbero pietà
quando giunsero di fronte a tre cavalieri e contemporaneamente,i tre
attaccarono quasi all'unisono e ognuno,con un colpo ben
assestato,fecero cadere tre del gruppo degli assalitori,causando
così ulteriore caos nelle fila dei profanatori del tempio.
La fiamma che ardeva nel petto degli aggressori si rivelò
presto per essere nient'altro che un mero miraggio,illudendosi di non
trovare alcuna resistenza e invece,un gruppetto mal armato quanto
loro,se non peggio,li stava respingendo dal basso del loro svantaggio
numerico,colpendoli come potevano,ma con un rigore e un
abilità pari solo a quella dei soldati più
disciplinati e loro,con la coda di paglia,stavano subendo il
contrattacco di una manciata di uomini. Stavano cadendo come mosche e
sole tre di loro era nel centro del combattimento,pur avendo lo
svantaggio di usare attrezzi agricoli mal ridotti e arrugginiti si
battevano al meglio di tutti loro messi assieme. Altri cadaveri avevano
seguito il primo,due,tre,quattro e così
via,finché,al sesto morto,si videro costretti a
indietreggiare.
“Via,via,andiamo via. Tanto il messaggio e stato
recapitato”,disse spaventato uno degli uomini e tutti lo
seguirono a ruota,uscendo di fretta dall'ingresso principale. Il tutto
si stava risolvendo per il meglio,quando all'improvviso,dalla stessa
entrata,comparve Clara,la cui figura fu appena visibile poco oltre la
soglia dell'ingresso. Li vide arrivagli contro,i cavalieri dalla coda
di paglia e non potendo evitare in alcun modo il loro passaggio,accadde
che,inevitabilmente,fu travolta dalla forza del gruppo in
fuga,calpestata brutalmente,mentre con la schiena poggiata a terra,gli
zoccoli gli passano sul corpo,prendendo la zona del tronco,delle
braccia e purtroppo,un paio di colpi li ricevette anche in testa.
“RIDATECI LA NOSTRA SPIGA D'ORO. RIDATE AL DIO DEI CAMPI LO
SPIRITO CHE BENEDICE IL NOSTRO POPOLO.”, urlò uno
dei cavalieri prima di scomparire insieme ai compagni rimasti tra le
colline,illuminate da una pallida luna.
Il gruppo,vista la scena,stava per prestare soccorso all'anziana
sacerdotessa,quando delle urla,dall'interno della sala principale si
fecero udire nel mezzo della baraonda.
“AL FUOCO,AL FUOCO. IL TEMPIO BRUCIA.”
Le fiamme si fecero sempre più forti e sempre rapide a
spargersi,divorando velocemente legno,paglia e tutto ciò che
poteva ardere. La gente li presente iniziò ad uscire il
più velocemente che poté,attraverso l'ingresso
principale,accalcandosi gli uni contro gli altri nella folla disperata.
“CLARA.”,urlò Lucilla nella direzione
della donna e preso atto che stava per essere ulteriormente investita
dalla fiumana di gente,Il mercenario rivolse velocemente alcune parole
verso i compagni di viaggio.
“Va bene,voi recuperate la nostra roba,a lei ci penso
io.”
E senza aspettare Milziade fece uno scatto,anche perché
privo della pesante armatura,degno di un atleta
professionista,anticipando la calca fuori controllo,recuperò
la donna con un solo braccio poco prima di spiccare un balzo in avanti
tanto forte da costringerlo a rotolare in avanti e a fermare la propria
impresa con la mano libera,facendo presa contro il
terreno,ritrovandosi,all'aperto,poco fuori dalla struttura. Clara era
la tra le sue braccia e a vederla in quel momento le condizioni della
donna non erano delle migliori. Respirava a fatica e aveva numerose
contusioni in diverse parti del corpo,peggio ancora nelle zone
importanti degli organi vitali. Doveva trovare un posto sicuro,lontano
dalla calca e dall'edificio che in breve sarebbe stato preda delle
fiamme. La prese e la portò lontano dal muro di legno,in
direzione delle stalle,in un punto del cortile dove nessuno sarebbe
passato,se non per prendere i propri animali,poi la distese
accuratamente a terra,cercando di non fargli più male di
quante avesse già subito.
“Ehi,dai svegliati vecchia,non morirmi qui.”,disse
Milziade brusco.
Il prezzolato notò il petto alzarsi e abbassarsi
lentamente,quasi impercettibile al suo occhio attento ai
dettagli,stringeva i denti e si lamentava pianissimo,con la voce e la
coscienza soffocate entrambe dal dolore. Lui si fece nervoso passando
alla vista il tempio,dalla quale iniziava a uscire del fumo e gli altri
non erano ancora usciti. Senza perdere tempo decise di tastare diverse
parti del corpo,in cerca di fratture,squarci ed emorragie di vario
genere,pur non essendo un dottore,aveva imparato nel corso della sua
esperienza in fatto di combattimenti,scontri e risse di vario genere
come cucire un taglio,come cauterizzare e pulire una ferita per
impedire che si infettasse e sapeva anche come trattare una frattura e
fu quello che purtroppo trovò,nella zona del costato. Poteva
sentirlo,alcune costole si erano rotte,ma non poteva dire se avesse
problemi anche agli organi interni,cosa possibile,visto che le costole
rotte poteva perforare punti come i polmoni,lo stomaco oppure il
fegato,che il feroce calpestio di un cavallo poteva fare senza troppe
difficoltà. Non perdeva sangue dalla bocca né da
altri punti, come orecchie o gli occhi,che tra l'altro erano chiusi, a
quel punto poteva solo sperare che Clara non fosse stata ferita in
maniera grave,il resto spettava agli dei e alla fortuna.
“Avventuriero...”,disse flebilmente la donna.
Aveva ripreso coscienza e parlava. Questo era già un buon
segno.
“Ehi ben sveglia,hai preso una brutta botta....più
che una botta una banda di maniaci ha pensato bene di passarti sopra,ma
sta tranquilla,adesso però stai tranquilla,vedrai che si
risolverà tutto e...”,diceva scherzoso Milziade
con la sua solita ironia.
“Non devono prenderla,non devono prendere la spiga
d'oro.”
“Va bene come vuoi ma adesso non agitarti...”
“Popilio,non lasciare che lo prendano...lui....lui non
è quello che sembra...”
“Cosa?Di che stai parlando?”
“Non lasciare che lo prendano...non lo capirebbero,non lo
controllerebbero...”
Clara svenne,senza riuscire a farsi capire dal mercenario,che la
guardava confuso riguardo il significato delle sue parole dal criptico
messaggio. Milziade non seppe cosa pensare a riguardo di quello che
l'anziana sacerdotessa gli aveva detto,ma doveva controllare se fosse
ancora viva e con una mano gli mise due dita a lato del
collo,esattamente sopra l'arteria carotidea e con l'altro gli tastava
il polso,entrambi punti molto sensibili per controllare la presenza di
battito cardiaco. Si c'era,flebile,ma era presente. Ora però
doveva pensare al passo successivo,portarla in un posto sicuro
è....il suono di un naso di qualcuno che tirava sul col
naso,alle sue spalle,controllò chi fosse e lo vide. Popilio.
Stava piangendo,come un bambino di fronte ad un immane
tragedia,piangeva senza ritegno e senza freni,con calde lacrime che
scendevano giù per il viso.
“E morta?”,disse Popilio con la voce rotta dal
dolore.
“No lei....sta dormendo...”,disse Milziade allo
strano omino allo stesso modo in cui si sarebbe rivolto ad un bambino.
“Non è vero è morta. Gli uomini
cattivi,i briganti,le hanno fatto del male...Ma lui li
punirà per questo.”
D'un tratto una raffica di vento li raggiunse e soffiò
forte,come un rapido vento di tempesta che annuncia l'arrivo di un
tremendo temporale. Milziade non capì cosa fosse successo,ma
era innaturale che un vento improvviso,così forte e tanto
veloce a venire quanto ad andarsene era comparso,soffiato da
chissà quale forza della natura,al momento imperscrutabile.
Le fiamme iniziarono ad uscire dal legno ed anche a manifestarsi
all'esterno.
“Era buona,era gentile con me,era l'unica a capire
Popilio...”,parlò Popilio di se stesso in terza
persona, “Ma lui non perdona i malvagi. Loro sono cattivi
è a lui non piacciono le persone cattive. Presto le messi
che crescono tra queste colline si bagneranno di sangue.”
“Ascolta,adesso devi stare calmo,fai dei respiri profondi e
parliamone...”.
Milziade aveva un brutta sensazione riguardo allo strano comportamento
del buffo omino,che se diverse ore prima pareva goffo,impacciato e un
po' sciocco,adesso sembrava più lucido e feroce che
mai,investito da un rabbia profonda e sorda ad ragionevolezza. Aveva
lasciato il bastone che aveva usato nel precedente combattimento dentro
il tempio e adesso era ridotto in cenere. L'unica arma sulla quale
poteva affidarsi era il proprio corpo. Pugni,calci e prese erano
l'unica cosa sulla quale potesse fare affidamento in quel momento.
Stringeva il pugno pronto al combattimento e i muscoli delle gambe
pronte allo scatto. La strana luce negli occhi di Popilio non piacevano
per niente.
“Ehi,lama venduta.”
Milziade riconobbe la voce del nano e quando si girò a
guardare la bassa figura del tarchiato umanoide dalla folta barba,lo
vide in tutta la sua nanica gloria,con armatura e maglio e vicino a lui
c'erano tutti gli altri,con i loro equipaggiamenti e i loro averi e nel
caso di Lucilla,che di solito non portava niente,aveva con se un grosso
taglio di pelle,probabilmente dove aveva riposto il libro e la mappa
che teneva sempre con se,mentre l'elfo e il ragazzo portavano entrambi,
un metà del carico del mercenario,armi e armatura comprese
“State indietro,questo qui non la racconta
giusta...”
Milaziade fece per guardare nuovamente Popilio,ma quando si
girò per indicarlo,lui non c'era più. Non voleva
crederci,fino ad un attimo fa stava interagendo con lui,sapendo
benissimo quanto fosse reale e tangibile,tanto quanto Clara sofferente
sotto di lui e i compagni che ora lo avevano raggiunto.
“Era qui,che Zeus possa fulminarmi in questo istante se dico
il falso.”
Non seppe darsi una spiegazione per quanto accaduto e gli altri di
certo erano troppo occupati a preoccuparsi per le condizioni della
sacerdotessa di Cerere per ascoltare quello che pareva un delirio
dell'immaginazione.
“E viva?”,chiese Lucilla al mercenario con
l'intento di intervenire.
“Cosa?...”,disse Milziade riprendendosi una volta
chiamato dalla principessa, “Si,respira a malapena e ha delle
costole rotte. E viva,ma non mi sembra molto in salute.
“Va bene. Dobbiamo salvarla. Ci serve un posto sicuro dove
poterla tenere al sicuro.”
“Il ragazzo alla quale abbiamo dato i cavalli li ha portati
in un fienile.”,disse Nym ricordando l'avvenimento nel
pomeriggio.
“Bene,se l'edificio è isolato dal resto del tempio
non c'è rischio che le fiamme si propaghino fin li. Non
è un luogo igenico,ma la paglia è morbida ed
è una calda coperta nelle in caso di necessità.
Per ora portiamola li,il resto lo vediamo dopo.”
Lucilla aveva nuovamente tirato fuori quella vena di
bontà,misto ad una buona dose di intelligenza e prontezza
d'animo. Compiere un opera buona verso una persona che nemmeno
conosceva a quanto pare gli veniva naturale,pensò Milziade,
un animo nobile che in molto occasioni cozzava con il
suo,cinico,scontroso e ribelle. I due erano tanto diversi nell'animo
quanto nelle scelte che compivano ogni giorno. Il prezzolato non se lo
fece ripetere e riprese delicatamente Clara tra le sue braccia,mentre
accanto gli stava Lucilla ad osservare le condizione della donna e nel
contempo,Gordlack,Nym e Braxus tenevano sotto controllo il
tragitto,mentre con le armi recuperate si preparavo ad un altro
scontro,nel caso avessero ricevuto un altro attacco. Fortunatamente non
accadde nulla di allarmante e riuscirono a raggiungere il pagliaio,un
edificio basso e largo,dalla base,i muri e le porte interamente di
legno,mentre il tetto,era fatto di paglia,da qui il nome,sostenuto da
un scheletro di legno. Aperto la grande porta, si trovarono dentro la
costruzione,il cui interno consisteva in cumuli e cumuli di paglia
ammassato in lato e poi ammassata, di volta in volta, in grosse balle
di fieno,usate dai contadini per alimentare gli animali da allevamento
e da soma,e, nel caso del tempio,probabilmente era fatto dai coloro che
lavoravano e che poi,rivendevano agli allevatori che passavano dalla
zona. Nella semioscurità del pagliaio
però,intravidero delle figure nascoste nell'ombra,a malapena
visibili,dietro i covoni di paglia ammucchiati dentro l'umile
costruzione. Nym tese la corda dell'arco e incoccò una
freccia.
“Se fossi in voi non farei mosse brusche. Uscite allo
scoperto.”,disse l'elfo autoritario.
“Fermo,stiamo uscendo. Non fateci del male.”
E dall'ombra uscì un ragazzo con le mani alzate,che subito
il gruppo riconobbe.”
“Tu sei quello che ha preso i cavalli oggi,sei uno di quelli
che lavora al tempio.”
L'arciere abbassò l'arma e rimise la freccia nella
faretra,intuendo che non correvano alcun pericolo.
“Si...”
Il ragazzo fece segno con la mano verso l'oscurità e da essa
ne uscirono un gruppetto di persone,per la maggior parte ragazzi e
alcune ragazze dalle vesti leggere,probabilmente delle giovani iniziate
al sacerdozio.”
“Ci siamo rifugiati quando l'attacco e iniziato. Stavano
andando a dormire nei nostri alloggi,quando abbiamo sentito le urla
provenire dal centro e abbiamo pensato di venire qui.”
“E avete fatto male,se avessero deciso anche di bruciare gli
edifici circostanti a quest'ora sareste preda di un incendio e chiusi
dentro,sareste morti di sicuro. Vi conveniva fuggire tra le
coltivazioni,li avrebbero fatto più fatica a
trovarvi.”,disse Nym critico riguardo alla loro decisione dei
giovani di rifugiarsi in quel punto del tempio.
Il ragazzo abbassò lo sguardo imbarazzato per la proprio
sbadataggine,vergognandosi un pochino di quella loro azione
sconsiderata. Mentre gli occhi vagavano in preda a qualche pensiero
nefasto,il ragazzo si accorse della persona che Milziade reggeva in
braccio.
“Ma quella è...”
“Ci serve aiuto,dobbiamo medicarla e tenerla al
sicuro.”disse Lucilla in tono supplichevole.
“Si ma certo,venite....”
E il giovane si fece da parte,imitato subito dopo dai suoi giovani
compari preoccupati quanto lui. In tutta fretta,ma stando attento a non
urtare Clara,Milziade pose la donna su un largo mucchio di fieno
,abbastanza alto e morbido da essere confortevole per chi ci si
sdraiasse sopra e poi,una volta stesa, Il mercenario
indietreggiò di qualche passo,prima che la ragazza si
precipitasse a controllare le condizioni della donna.
“Cosa le è successo?”,chiese preoccupata
una delle iniziate del tempio.
“E stata travolta dai sacrileghi che hanno attaccato a
cavallo,stavano fuggendo a cavallo.”,disse Lucilla senza
voltarsi a guardare la ragazza.
“Ma c'è la farà...vero?”
“Non lo so...ma posso provare a salvarla.”
Lucilla eseguì gli stessi identici controlli e gli stessi
identici movimenti che aveva eseguito il prezzolato poco prima
all'esterno.
“Avevi ragione Milziade,alcune costole hanno subito delle
fratture...”
Poi,mentre tastava il fianco destro,si accorse di un buco dove avrebbe
dovuto esserci l'osso unito tutto d'un pezzo,preoccupata della
cavità che aveva appena scoperto.
“E penso che una di esse abbia perforato lo stomaco. Conosco
un solo modo per intervenire.”
La ragazza pose entrambe le mani aperte sul ventre della donna ed
incominciò a intonare una litania a bassa voce. Lentamente e
dolcemente,una fioca luce cominciò ad illuminare i palmi
della ragazza che poco a poco si fecero sempre più forte e
potente,ma candida e radiosa,come il sole nella sua fulgida gloria.
“Apollo Medicus.”
Lo disse dolcemente,con una grazia che solo chi rispetta e custodisce
la vita,come solo chi vuole fare del bene al prossimo,può
intonare quel titolo con tale dolcezza. Il viso di Clara si fece
più rilassato e tranquillo mentre le ossa che si era
spezzate, si rinsaldarono lentamente e il foro nello stomaco si chiuse
da solo. La ragazza si allontanò dalla donna,facendo pochi
passi indietro,lasciando spazio alla sacerdotessa di Cerere che
ora,riposava beata,cosa che si poteva notare dal petto che si abbassava
e si alzava regolarmente,avrebbe voluto controllare lo stato del suo
battito,ma era convinta che c'è l'avrebbe fatta per quella
notte. Un sorriso comparve sul volto della principessa,mentre si girava
verso tutti gli altri.
“C'è la farà. Adesso è fuori
pericolo.”
“Siano ringraziati tutti i numi ultraterreni per il tuo aiuto
viaggiatrice,grazie.”,disse la giovane iniziata che d'istinto
le prese la mano con la sua e con l'altra tentava di trattenere il
pianto di commozione ed un volta lasciata andare anche gli altri
giovani presero a fare la stessa cosa. Era la prima volta che qualcuno
la ringraziava per aver compiuto uno dei suoi prodigi e il fatto che
nessuno di quei semplici lavorati sapesse che lei non solo era di
nobili natali,ma che fosse la figlia del precedente imperatore faceva
di quell'avvenimento un evento unico nel suo genere,in tutta la storia
di Nova. Avere a che fare con la propria gente da così
vicino,il proprio popolo,i propri sudditi in maniera così
diretta la faceva sentire come se fosse una di loro,lei,che era
abituata a vestire di stoffa e ricami preziosi,lei che un tempo dormiva
in letti in piume di cigno e che un tempo poteva contare su un
patrimonio di milioni e milioni di cesari d'oro,ora veniva accolta e
lodata da semplici ragazzi della provincia,abituati ai lavori nei campi
e a sudare sotto il sole cocente,con la pelle che si
abbronzava,divenendo color del rame brunito. I semplici gesti di
semplice gente,quale ringraziamento migliore da fare ad una
principessa?Quando i giovani smisero con i ringraziamenti e Lucilla
spiegò loro di non disturbare il suo sonno si
girò verso l'entrata del fienile e fuori,vide il triste
spettacolo che stava diventando il tempio della dea delle messi,un
edificio in preda alle fiamme e la gente che si era potuta salvare era
fuori,ferma li fuori ad osservare inermi il fuoco divorare il legno e
coloro che erano rimasti dentro,purtroppo,non si poteva fare
più nulla. Tre dei suoi compagni stavano osservando anche
loro lo spettacolo,mentre Milziade,si stava rivestendo dell'armatura,si
legava il cinturone con la spada e si riapproprio della sua lancia,che
solitamente usava da cavallo.
“Perché hanno fatto una cosa simile?”,
chiese Lucilla senza rivolgersi a qualcuno nello specifico.
“Chi le sa queste cose bambina mia? I pazzi ci sono
dappertutto,anche in posti tranquilli come questo.”,disse il
nano senza trovare una spiegazione logica a quell'efferatezza.
“No Gordlack,una ragione c'è ne sono
certa.”
“Anche se fosse mia signora,gli aggressori saranno ormai
lontano,con il vantaggio dei cavalli ormai si saranno nascosti in mezzo
alle colline e dubito che troveremo il covo di quella marmaglia. Quel
Pupilio non aveva detto che ultimamente dei briganti si aggirano nei
dintorni? Forse potremmo chiedere informazioni nei
villaggi.”,disse Nym con tono freddo e controllato.
“Ottima idea,domattina inizieremo la ricerca.”
“Fermi,fermi,fermi tutti quanti...”disse Milziade
che aveva appena terminato di rivestirsi del suo equipaggiamento e
aveva ascoltato la conversazione in ogni singolo dettaglio,
“Ne stato parlando come se questa storia ci riguardasse in
qualche modo è,ammesso che ci sia un pretesto sano di mente
per entrare in questa storia, ed io credo fermamente che non ci
sia,avreste la cortesia di spiegarmi perché mai dovremmo
intervenire in una faccenda che non ci riguarda affatto?”
“Perché è la cosa giusta da
fare.”,disse Lucilla come se fosse una cosa ovvia.
“Ma tu nemmeno la conosci questa gente. Abbiamo appena
passato il confine dell'impero col rischio di essere stati scoperti
è tu,una nobile ricercata come traditrice niente
poco di meno che dall'imperatore in persona,che avrà
sguinzagliato come minimo ogni risorsa in suo possesso per darti la
caccia,ucciderti e probabilmente esporre il tuo cadavere,possibilmente
ancora integro e non decomposto in mezzo alla capitale,mentre siamo
alla ricerca di non so cosa di potentissimo e pericolosissimo nelle
mani sbagliate è a te,salta la balzana idea di metterti a
fare l'eroina dei racconti popolari per contadini,perché
è la cosa giusta da fare? Sei seria?”
“Sono la legittima erede al trono di Nova. Se non aiuto la
mia stessa gente come posso pretendere di meritare il trono di mio
padre meglio ancora di Silla?Sarei veramente migliore di lui se
ignorassi coloro che soffrono per mano dei malvagi?”
“Ti prego non dirmi che stai dicendo sul serio.”
“E invece sono serissima,aiuteremo questa gente,che ti
piaccia o no.”
Milziade non sapeva più cosa pensare e in un ultimo
tentativo di convincerla si rivolse agli altri tre con sguardo
speranzoso.
“Ragazzi,fatela ragionare voi,per favore,aiutatela a
ritrovare il senno.”
Nym,Gordlack e Braxus si guardarono un attimo tra di loro,per poi
fissare il mercenario restando in silenzio,come se avessero
già dato una risposta.
“Oh no, anche voi no.”
“Abbiamo fatto un giuramento matto di un umano,siamo i suoi
custodi e le dobbiamo obbedienza.”,disse Gordlack
irremovibile.
“Non pretendiamo che tu comprenda,ma le cose stanno
così. Fine della discussione.”,disse Nym piatto.
“E poi,conoscendola andrebbe da sola e senza
scorta,quindi,tanto vale seguirla e impedirle che si faccia del
male.”,disse Braxus divertito dalla sua stessa affermazione.
Milziade aveva perso ogni speranza nel ricavare del buon senso dagli
accompagnatori della principessa. Certo non si aspettava che
accogliessero a braccia aperte la sua protesta riguardo alla loro
intromissione in quella storia,che con il loro viaggio non c'entrava
assolutamente niente. Non poteva crederci,non voleva crederci. Si
rassegnò a quanto sentito e si rese conto che quel viaggio
sarebbe stato più lungo di quanto avrebbe creduto e
forse,non sarebbe mai giunto alla fine. Chiuse le palpebre e
appoggiò due dita sugli occhi chiusi.
“Va bene,va bene...”
Milziade fece qualche passò indietro,riaprì gli
occhi e si inoltrò lentamente verso l'interno del pagliaio.
“Dove vai?”,chiese Nym confuso.
“Dalla mia giumenta,dovrò pur interagire con un
essere intelligente all'infuori del sottoscritto.”
E fu così che Milziade decise di non voler avere a che fare
con i compagni di viaggio per il resto della serata,salvo quando
avrebbero dovuto fare la guardia per la notte,visto che sarebbe toccato
dormire li,in mancanza di un alloggio,che in quel momento stava
bruciando,illuminando quel punto in mezzo alle colline,nemmeno fosse
stata la pira funeraria di un gigante. Restarono gli altri
quattro,più i giovani rimasti fuori dall'assalto dei
profanatori,a guardare il grande e sacro edificio ridursi poco alla
volta in cenere,tanto grande era il calore che sprigionava che pareva
si stesse sprigionando nella loro direzione. Un orrendo scempio era
stato compiuto quella sera e il motivo per tutti quelli che stavano
assistendo,era ancora ignoto.
“Immagino che provare a spegnere l'incendio sia inutile
vero?”,disse la principessa osservando impotente il disastro
di fronte a lei.
“Non ci sono fiumi ne strutture idriche presenti per
attingere abbastanza acqua per domare il fuoco e anche se ci fossero,a
meno che non si riesca a chiamare a se la pioggia,ci vorrebbero troppe
persone per poter tentare di estinguere l'incendio e le fiamme ora sono
troppe alte per potere fare qualcosa. Nemmeno una coorte di vigiles
urbani potrebbero fare qualcosa contro un simile fuoco. Lasciate
perdere mia signora,purtroppo,per stasera e andata così. Per
stanotte risparmiamo le forze,domani,vendicherete questo
torto.”,disse Nym pacato e delicato,tentando di consolare la
protetta di Apollo.
Per quella notte avrebbero dormito al meglio delle loro
possibilità,mentre gli altri scampati
all'attacco,piansero,si arrabbiarono o si rannicchiavano in se
stessi,convinti di aver perso il favore di Cerere e quindi,il luogo
avrebbe perso i suoi miracolosi raccolti,come punizione inviatagli
dalla dea per non aver protetto il suo luogo sacro. La ragazza non
conosceva alcun indigitamenta,che non fossero strettamente legate al
culto di Apollo e giusto un paio di Artemide,in quanto le due
divinità oltre ad essere fratello e sorella erano pure
gemelli,per il resto si sentiva inutile e il suo bisogno di aiutare il
prossimo si riduceva ad aver salvato la vita di Clara. Pensò
a Milziade che era stato bravo a verificare personalmente e,con
attenzione,le condizioni della anziana sacerdotessa e doveva dire che
la sua diagnosi era corretta. Lui non aveva l'aspetto del medico o del
chirurgo,ma lei di certo non era una cima in medicina,anche se Apollo
era dio legato anche all'ambito medico,non quanto il figlio
Esculapio,dio della medicina per eccellenza,ma se non altro lei aveva
delle conoscenze basilari e i suoi poteri di certo l'aiutavano non poco
in quel campo, a lei in gran parte sconosciuto. Domattina avrebbero
dovuto fare un quadro generale della situazione e intervenire a
riparare il torto subito. Anche quel tempio sperduto vicino ai confini
dell'impero,era parte dei suoi domini legittimi e prima ancora di suo
padre,avrebbe fatto giustizia,com'era vero il sole illumina il
giorno,non avrebbe permesso ai malvagi di vincere. Questa era una
promessa.
In quello stesso istante, da qualche in mezzo alle colline.
I restanti membri della banda che avevano attaccato il tempio,si
fermarono per la notte in una vecchia casa abbandonata in mezzo ad un
piccolo bosco dove un tempo viveva un taglialegna,con annesso deposito
per il legno,che da tempo usavano come rifugio dopo una delle loro
incursioni. Si stavano riposando ai margini di un fuoco,dove stavano
arrostendo un po' di selvaggina su una brace improvvisa con degli
spiedi e un po' di pane.
“Gente...”,disse uno dei malviventi,
“L'attacco che abbiamo condotto stasera contro i dannati
noviani è una vittoria per i nostri fratelli tribali. Presto
o tardi Nova dovrà rendersi conto che quest terra e nostra
è che noi,discendenti delle antiche tribù
dell'Arborige rivendichiamo il nostro diritto di governare la nostra
terra,con le nostre usanze. Sucellos ci darà ragione per
quello che stiamo facendo.”
“Per quello che mi riguarda a me interessa solo che questi
imperiali se ne vadano.”,disse un altro del gruppo,
“Sucellos o no,la mia famiglia ha abitato in queste terre da
secoli e francamente voglio continuare a seguire le nostre tradizioni
senza che un noviano venga a portarmi qui i suoi marci dei e poi,ho
sentito che c'è stato un attacco al confine più a
nord,da parte di barbari delle terre esterne. Questo è un
buon segno no?”
Tutti erano d'accordo su quello che dissero i due uomini facendo eco
alle parole dei due,mentre bevevano e mangiavano ciò che era
stato preparato sul momento.
“Qualcuno a visto Dunmonico è da un po' che non
torna.”,disse uno del gruppo mentre si guardava attorno
stranito.
“Sarà con Bertorax in esplorazione,magari si sono
fermati a svuotare la vescica. Che hai da
preoccuparti?”,disse un altro a sua volta.
Poi dal sottobosco vicino si sentì un fruscio di fogliame
che si muoveva,come scosso dal passaggio di qualcuno.
“Visto che ti dice...”
Ma non fece in tempo a terminare la frase che una serie di oggetti
furono scagliati contro il fuoco al centro del campo e andarono ad
urtare alcuni membri intenti a masticare la loro cena
“Ma che cosa...”
Si lamentò un altro sentendo qualcosa che lo aveva colpito
alla schiena ed infine vide a terra l'oggetto che lo aveva urtato,un
paio di secondi per capire cosa fosse e poi,la vide. Mezza testa. La
mezza testa di un uomo tranciata verticalmente. Poi videro una mano,un
piede,parte di torace,un braccio, un occhio e altre parti di corpo
ridotti a scarti di macelleria e poi,fu il panico. Urlarono
terrorizzati e svelti presero le armi,o meglio,gli attrezzi che aveva
in mano nella speranza di potersi difendere da qualunque cosa fosse
giunta nei pressi della loro postazione. Una folata di vento in mezzo a
loro e il fuoco si spense,eliminando così il vantaggio della
luce e l'oscurità della notte si fece più
pesante. La luce della luna illuminava a malapena la loro zona coperta
dagli alberi e tutto ciò che videro fu il buio e una figura
in lontananza,retta su quattro zampe non ben definibile a causa della
penombra.
“MOSTRO SCHIFOSO,UCCIDIAMOLA.”, urlò uno
nelle parte più esterna al gruppo.
Si lanciarono in quattro in direzione della creatura ,armati di
falcetti e piccoli martelli e mentre si stavano avvicinando,la
bestia,senza fare un solo passo,o nessuno che potesse
vedere,svanì,come un fantasma,lasciando i
quattro,nell'intento di muovere il primo colpo,senza alcun bersaglio
alla quale mirare. Non videro nulla e non sentirono
nulla,poi,l'evidenza del loro errore si fece visibile,quando un altra
folata di vento soffiò e all'improvviso due di loro finirono
a faccia in terra,senza più gambe sulle quale reggersi
poiché troncate di netto all'altezza delle cosce. Gli altri
erano terrorizzati e non seppero cosa fare e così anche un
terzo durante un altro soffio all'altezza del viso,fu privato di una
parte della testa,perdendo così un occhio e tutto
ciò che si trovava a ridosso dell'emisfero sinistro del
cervello,ossa comprese. Il quarto ad una paura incontrollabile si mise
a correre in mezzo agli alberi,ma il vento soffiò ancora
all'altezza delle caviglie e la caviglia destra del fuggiasco esplose
come colpita da un proiettile di pietra scagliata da uno scorpione
d'assedio,cadde a terra e un altro soffio contro la gola e quest'ultima
fu asportata completamente con forza devastante e morì in
una manciata di gorgoglii. Gli uomini rimasti non seppero cosa fare e
seppur il buio era colpevole della loro confusione sentirono
chiaramente le urla di dolore dei loro compagni. Presi dall'istinto si
misero in cerchio,come a volersi difendere a vicenda e restarono
fermi,senza sapere dove guardare. Un ringhio feroce,di un
predatore,vorace e assetato di sangue.
“Qualcuno riesce a vedere qualcosa?”,disse uno
all'interno del cerchio mentre cercava di catturare ogni movimento
minimamente sospetto.
“No e troppo buio. Per tutti numi degli antenati che razza di
mostro è quello?”,disse un altro imitando il suo
compagno.
Nessuno sentiva niente,nessuno vedeva niente e l'aria tutto a un tratto
aveva smesso di soffiare. Restavano vigili e attenti,facendo spalla a
spalla per proteggersi ma non con la compostezza e l'ardore dei soldati
in formazioni,ma paurosi e riluttanti a combattere,come pecore
impaurite preda di un branco di lupi. Poi ricominciò e un
altra brezza soffiò in mezzo al gruppo, un altro urlo,un
altra gamba mozzata,cadde al centro del gruppo e tutti,con fatale
errore si distrassero ad osservare l'accaduto e quello fu il loro
peggior errore perché ciò diede
l'opportunità al mostro di colpire in maniera ancora
più violenta e ferale. Non riuscirono a difendersi,non
poterono far nulla impreparati com'erano,in pochi attimi,pezzi di corpi
volavano a destra e a manca in un orgia di violenza non comune,con
braccia,gambe,muscoli e pezzi di carne varia che si disperdevano in
tutte le parti e il tutto,accompagnati sempre da un vento leggero e
fugace. Ne rimase uno solo di loro,paralizzato,scosso,terrorizzato a
tal punto da essersi bagnato le braghe con il rilascio della vescica e
nella sua orrenda solitudine,tra corpi squartati come stracci di
pergamena vecchia e poi il sangue,insieme agli organi e alle budella
sparse in quella piccola area lo vide,illuminato in parte dalla luna
piena e coperto dal fogliame poste sui rami. Un omino piccolo,basso e
goffo,che portava dietro di se un carretto di legno adatto ad un
bambino.
“Avete fatto del male ad una persona alla quale Popilio vuole
molto bene e a lui questo non piace. Avete offeso la casa del grano e
fatto del male alla donna che si prende cura del grano e questo,allo
spirito del grano non piace. Popilio e lo spirito vogliono la stessa
cosa. La morte degli uomini cattivi.”,disse l'omino con fare
cupo e minaccioso.
Un ultimo soffio,un ultimo cadavere. Lo vide a malapena quando gli
arrivò addosso,zanne? Artigli? Non lo sapeva,non lo avrebbe
mai saputo,gli bucò il petto strappandogli il cuore. E
così,anche l'ultimo di quella marmaglia morì.
Popilio vide la scena e sul suo volto tornò espressione
rilassata e serena,come quella di quel pomeriggio,quando aveva
accompagnato la brava ragazza e i suoi amici,come li identificava lui e
soddisfatto,guardò al carretto vuoto come se ci fosse sopra
qualcuno,o qualcosa.
“E stato un bene che ti abbia trovato o non avremmo potuto
punire gli uomini cattivi. Adesso però dobbiamo ancora
cercare altri uomini cattivi e fargli loro tanto male. E giusto che i
cattivi vadano trattati in maniera cattiva.”
E fu così che si allontanò da quella macabra
scena come se non fosse successo nulla,tirando a se il carretto dalle
rotelle cigolanti con la logora cordicella e si inoltrò
nella boscaglia,intento a continuare quel circolo di morte e
distruzione. La notte era ancora lunga e il giorno era ben lontano da
illuminare quelle colline,la dove il grano cresceva rigoglioso,la dove
ci sarebbe dovuta essere sola vita,ora,si stava spargendo morte.
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Capitolo 26 *** Spirito e uomo ***
Fu di nuovo
mattina quando Lucilla,Gordlack,Nym,Braxus e Milziade si alzarono dai
loro giacigli di paglia,che non furono tra i più raffinati
tra i
letti nella quale avevano dormito,ma fu sempre meglio che dormire
all'addiaccio,con il ruvido pavimento a far riposare scomodamente le
loro ossa. Tutti loro,tranne la principessa,fecero la guardia ad ore
alterne per quella notte e nulla per fortuna accadde durante la loro
permanenza nel pagliaio,dopo che il tempio venne dato alle fiamme da
un gruppo di malviventi non ancora identificati. Quella fu una notte
senza sogni e l'essersi addormentati non implicò che quella
fu
esattamente una buona notte. I neri fumi provenienti dalla carcassa
del tempio,ciò che rimaneva della travi del tetto,dei
muri,dei
sostegni e di tutto ciò che un tempo fosse quel tempio ora
era solo
un mucchio confuso macerie annerite e molto probabilmente,sotto la
grande catasta di legno bruciato ardeva ancora qualche tizzone in
procinto di spegnersi. Coloro che passarono per il tempio come
viaggiatori o fedeli del posto,se ne andarono per tempo
finché
poterono,allontanandosi il più in fretta possibile
già nel cuore
della notte,tornando alla propria casa o continuando per la propria
strada. Gli unici rimasti erano coloro che dimoravano nel sacro
edificio di Cerere,come lavoratori o le ragazze che prestavano
servizio nel tempio come giovani apprendiste del sacerdozio...e
loro,per sfortuna di Milziade. Che dormiva ancora,coperto dalla
paglia e privo dell'armatura,dopo che se l'era messa nuovamente la
sera prima credendo che avrebbero ripreso il cammino e invece,l'aveva
tenuta solo per fare la guardia,per poi farsi dare il cambio da
qualcun altro del gruppo.
“Sveglia
Milziade.Ehi,svegliati.”,disse Braxus mentre smuoveva il
mercenario
mettendogli una mano sulla spalla e poi scrollarlo un po'.
Fu una
pessima idea,perché quando lo agitò di scatto il
prezzolato si
mosse rapido afferrandogli il polso della mano che lo stava scuotendo
e glielo torse,facendolo piegare su un ginocchio,rendendolo
inoffensivo.
“Ahia,che
fai?”,chiese Braxus bloccato nella manovra.
Milziade,svegliato
di soprassalto si stava lentamente riprendendo dall'istinto di
autodifesa,unito da un risveglio brusco e improvviso. Quando si
accorse di quello che stava facendo lasciò immediatamente il
polso
del giovane gladiatore,che si massaggiò il polso dolorante e
rivolgendo uno sguardo irato contro il mercenario.
“Sei
matto
a svegliare così un mercenario ragazzo? Col mestiere che mi
ritrovo
a fare devo stare in guardia anche quando dormo.”
“E
tu sei
matto a farmi male in quel modo? Potevi spezzarmi il polso
maledetto.”,disse il ragazzo astioso intento a
rialzarsi,mentre sul
volto,di tanto in tanto,emergevano delle smorfie di dolore.
“E
va bene
mi spiace,sono stato un po' brusco. Comunque,come sta la
vecchia?”
“Da
quello
che ho visto Clara respira e sembra star bene. Di più non so.
“E
il
nanetto?”
“Il
nanetto?”
“Si
il
nanetto,Popilio,quel piccolo squinternato che andava in giro con un
carretto per bambini che ci ha portato fin qua.”
“Ah
lui...e da ieri sera che non lo più visto.”
Milziade
rifletté sulla cosa e la cosa certamente non poteva
rivelarsi in
nulla di buono. Ricordava ancora quando dopo aver soccorso l'anziana
sacerdotessa aveva visto quell'ometto,a prima vista così
buffo e
strampalato, apparve a lui,carico di odio e rancore,con un
espressione in volto che ricordava più una bestia che un
uomo,per
poi girarsi un attimo e non trovarlo più davanti a se. Aveva
un
sesto senso per comprendere quando la situazione si faceva davvero
brutta e in quel caso,altro che brutta,era pessima. Era sveglio da
meno di cinque minuti e sentiva odore di disastro,oltre a quello di
legno bruciato.
“Va
bene,dammi un attimo che prendo le mie cose e arrivo.”
Braxus si
allontanò che cercava ancora di lenire il dolore al polso e
si
allontanò. Milziade rimase un attimo fermo ad osservare il
soffitto,si passò entrambe le mani sul viso e si chiese cosa
avesse
fatto di male per trovarsi li in quel momento,ed era sicuro di
trovare qualche azione passata che definire una pessima
scelta,sarebbe stato un eufemismo. Si alzò dal suo giaciglio
di
paglia dandosi l'energia e,quasi la voglia,di raggiungere gli
altri,anche se avesse preferito filare via dal problema,che tra
l'altro sentiva non riguardarlo personalmente e di andare a vedere
come stava Briseide. Impiegò poco tempo a montare l'armatura
ed
allacciare la cintola con spada annessa e si diresse verso la sua
fedele compagna di mille e più avventure. Gli ci vollero
poco più
di una ventina di passi per giungere nel punto in cui si trovavano i
loro animali,gli unici rimasti per quella notte. La giumenta,insieme
al cavallo di nym e al piccolo cavallo per Gordlack,era tenuta ferma
per mezzo di una semplice corda legata ad uno delle travi di sostegno
della struttura. Non proprio una maniera furba per assicurare un
animale per non farlo scappare,in quanto con uno strattone troppo
forte avrebbe potuto anche spostare a trave,che non pareva
resistentissima e togliere equilibrio al tetto,se non addirittura
farlo crollare completamente.
“Allora,mia
nobile amazzone dal sorriso smagliante,come hai dormito
stanotte?”,chiese Milziade in maniera scherzosa.
La giumenta
in tutta risposta mosse la testa,scuotendo la criniera con decisione.
“Ah
si? Si
anche per me non è stato male. Si insomma,abbiamo dormito in
posti
migliori,ma di sicuro non rimpiangiamo le volte in cui abbiamo
passato la notte in posti ben peggiori,dico bene?”
Briseide non
rispose distogliendo l'attenzione dal mercenario e concentrandosi su
di una balla di fieno vicino a lei ed iniziando a mangiare.
“Hai
ragione,anch'io dovrei fare colazione,se sono fortunato riesco a
mettere qualcosa sotto i denti,mal che vada troviamo un villaggio e
prendiamo qualcosa alla prima bancherella che troviamo. Ci vediamo
dopo.”
E con quel
saluto si staccò da Briseide e si diresse verso i suoi
compagni di
viaggio,che erano seduti attorno al giaciglio di Clara,che in quel
momento,più che un letto di fortuna pareva più il
suo capezzale.
Restavano in silenzio,intenti ad aspettare che l'anziana sacerdotessa
si riprendesse dal suo sonno e nel mentre Nym controllava quante
frecce fossero rimaste nella sua faretra,Gordlack controllava se
sulla sua armatura ci fossero delle ammaccature dopo il suo ultimo
scontro con quei mostri semi-immortali affrontati all'avamposto di
Cherunensis e Braxus stava semplicemente in attesa,aspettando che la
principessa gli dicesse ancora cosa fare. Solo Lucilla non smetteva
di togliere gli occhi di dosso da Clara,preoccupata per la sua
sorte,dopo che aveva fatto il possibile chiamando a se la gloria del
suo lucente signore,anche patrono delle arti mediche,oltre della
divinazione e della musica. Per Milziade non parve difficile capire
cosa stesse passando per la mente della principessa fuggiasca, aveva
usato i suoi poteri per tenerla in vita al meglio delle sue
capacità
e di più non poteva fare e ciò la faceva sentire
a metà tra la
sensazione della vittoria e quella della sconfitta. Era in bilico tra
la probabilità di essere riuscita a salvarla e allo stesso
tempo di
non avere fatto abbastanza. Era come un libro aperto per lui,anche se
lei non faceva tuttta questa fatica per essere indecifrabile agli
altri,non aveva niente da nascondere,non ai suoi accompagnatori
almeno.
La ragazza
si accorse dell'arrivo di Milziade e tornando in se stessa la sua
espressione pensierosa mutò nuovamente in una più
calma e
rilassata,riprendo un po' di quel calore che emanava il suo solito
umore.
“Buongiorno
Milziade.”,disse lei con tono pacato,quasi triste.
“Ciao
anche a te. Sei riuscita a dormire?”chiese lui più
tranquillo.
“Un
po'.
Ho chiuso gli occhi giusto per qualche ora.”
“Lo
immaginavo. Non dovresti dormire poco, non fa bene alla salute ed
è
uno spreco di energie.”
“Lo
so,ma
sono comunque preoccupata per lei.”
Il
mercenario non rispose,ma non perché non sapeva cosa dire,ma
solo
perché gli parve che affrontare l'argomento fosse
inutile,oltre al
fatto,che continuava a pensare che la faccenda non li riguardasse e
non avrebbe cambiato opinione.
“In
ogni
caso,Galla,cosa facciamo adesso?”,chiese Braxus rivolgendosi
a
Lucilla con il falso nome che si era dato il giorno precedente.
“Per
prima
cosa dobbiamo aspettare che si riprenda e poi...”
“Aspettare
che si riprenda?”,chiese stupito Milziade, “Ti
rendi conto che
noi abbiamo già un tabella di marcia da rispettare vero? Con
tutto
quello che abbiamo passato fino ad ora adesso ti metti a giocare a
fare cosa,l'eroina del popolo? Ti metterai ad offrire aiuto ad ogni
singola persona che ha un problema da risolvere?”
“E
tu
avresti avuto il coraggio di farla morire? Aveva bisogno di aiuto e
hai visto anche tu che hanno attaccato il tempio di Cerere,non
abbiamo avuto scelta è poi, quale bestia senz'anima
lascerebbe una
donna bisognosa di cure?”
“Volevi
curarla? Bene,lo hai fatto,ti faccio i miei complimenti per aver un
animo così generoso,nonostante il mondo intera sembra
volerti
catturare,o uccidere. Ma...se dobbiamo rallentare per ogni impulso
d'altruismo che ti passa per la testa,fanno in tempo a trovarci e a
ucciderci,perché mentre tu sei intenta a salvare i comuni
mortali
dalle loro disgrazie ,noi dobbiamo proteggerti e mettere a
repentaglio le nostre vite perché tu possa continuare questo
viaggio
è porre fine a questa storia una volta per tutte,qualunque
cosa
stiamo cercando e in qualunque modo andrà a finire,tu non
puoi
permetterti di perdere,perché se tu non trovi quello che hai
intenzione di trovare, non c'è bisogno di essere un veggente
per
capirlo,noi finiamo male e con noi tutti i tuoi buoni propositi,che
adesso non elencherò qui,per non farmi sentire da orecchie
indiscrete,non porterai mai a termine,se blocchi questo viaggio,per
ogni,singolo problema che non ti riguarda. Mi sono spiegato raggio di
sole?”
Lucilla non
seppe cosa dire e gli altri tre erano sul punto di alzarsi e
conciarlo per le feste. Rivolgersi in quel modo all'erede legittima
dell'impero,nonché loro protetta di lunga data aveva del
colmo.
Nessuno prima dell'arrivo di quel mercenario,che sapesse chi era
realmente quella ragazza e non fosse un nemico,si era rivolto a lei
in quel modo. Le si doveva il rispetto che si dava ad un membro della
famiglia reale,tutti coloro che li avevano aiutati e delle poche
persone di cui si potevano fidare la trattavano con garbo ed
educazione,tutti....ma non lui. Sapeva chi era e quale ruolo
ricopriva in realtà la sua carica,eppure,non faceva nulla
per essere
rispettoso,non faceva nulla per entrare nelle sue grazie e non faceva
nulla per comportarsi come si doveva con una ragazza del suo rango.
Milziade era ai loro occhi il peggior farabutto con la quale si
poteva avere a che fare,la personificazione assoluta del disprezzo
per l'autorità,per il decoro,la rispettabilità
dell'individuo,insomma,una bestia selvaggia travestita d'uomo. Era
stato arrogante al loro primo incontro,lo era stato anche con il
consiglio della città di Aegis e il presidente Midas,lo era
stato
con il comandante di una legione nel suo stesso accampamento e poi
nella piazza di Aegis. Quest'uomo non aveva ritegno per
niente,persino la più alta delle cariche o l'idea di aver
sfiorato
la morte sembrava non sembrava toccarlo minimamente. Questo
prezzolato, questo Milziade,era il disprezzo fatto a persona.
“Potete
anche provare ad uccidermi per quanto mi riguarda,ma so quello che ho
detto e non cambio idea a riguardo.”
E proprio
quando i tre stavano per alzare la voce contro il mercenario un
improvviso gemito di dolore venne dalla voce di Clara,che
aprì le
palpebre debolmente e sempre debolmente rinvenne dal lungo sonno che
l'aveva separata momentaneamente dalle pene dell'esistenza terrena.
Il volto di Lucilla si riempì nuovamente di quella dolce
gioia che
solo sapeva trasmettere e con l'animo da bambina che possedeva in
quell'istante cercò di restare seduta in maniera
composta,come fosse
giusto per un membro di spicco della casa reale,ma il suo
corpo,pervaso di quella genuina felicità che le scorreva nel
sangue
la fece sentire come se volesse farla saltare per tutta la stanza e a
malapena seppe trattenersi.
“Dove
mi
trovo?”,chiese l'anziana sacerdotessa più a se
stessa che agli
altri.
“Siete
nel
fienile del tempio di Cerere,signora. Abbiamo visto cos'è
successo e
siamo intervenuti come potevamo. Fortunatamente sono riuscita ad
intervenire per tempo.”,disse Lucilla mentre mostrava alla
donna un
piccolo sorriso.
“E
il
tempio?”
“Beh
ecco...purtroppo è bruciato. Il fuoco ha consumato
tutto,fino alle
fondamenta.
“Oh
no. Il
tempio no,tutto ma non quello...”
“Però
se
né può sempre costruire un altro,sono certa che
con una richiesta
dal parte del governatore è spiegando il motivo
dell'accaduto dubito
che non potrà intervenire e...”
“No
cara,non si tratta del tempio in se,quello si può sempre
ricostruire. Tu non puoi capire ragazza,tu non conosci la storia di
questo luogo come lo conosco io. Voi non sapete quale pericolo questa
zona sta correndo...”,Clara si guardò attorno
girando solo gli
occhi,poiché ancora indolenzita per i colpi subiti.
“Dov'è
Popilio?”,chiese la donna preoccupata,poi fissò
Milziade dritto
negli occhi,con lo sguardo di chi cerca speranza in una risposta,
“E
ancora qui vero? Tu c'eri ieri sera. Rammenti quello che ti
dissi?”
“Si
rammento,però mi sfugge il significato di quelle parole. E
comunque
no,lui se né andato.”,disse Milziade confuso.
“Cosa?”
“Si,quando
sei svenuta me lo sono ritrovato alle spalle e ha creduto che tu
fossi morta. Quando l'ho visto era molto diverso dall'uomo che
abbiamo incontrato ieri. Ma adesso,ho bisogno di farti una
domanda,vecchia. Chi è realmente l'uomo che ci accompagnati
fin
qui?”
La donna
restò in silenzio,guardò in alto dando
l'impressione che preferisse
guardare il soffitto piuttosto che dar loro una risposta.
“Nobile
Clara,se c'è qualcosa che dobbiamo sapere a riguardo
c'è lo dica.
Per favore.”,disse Lucilla con tono caritatevole.
L'anziana
non volle staccare il suo sguardo dal soffitto,volendo evitare in
tutti i modi di doversi confrontare con quegli avventurieri di
passaggio che in un qualche modo parevano volerla davvero aiutare.
Non avevano nulla a che fare con lei e con la tragedia che aveva
appena colpito lei e il tempio della quale doveva custodirne la
sacralità oltre è,purtroppo,anche il segreto che
si celava alla
base della costruzione dell'edificio,della quale ormai restavano solo
pochissimi resti,quasi scomparsi sotto le fondamenta e che ora,si
trovava sotto le nere macerie delle travi,delle colonne,dei pali e di
tutti quello che prima era solido e massiccio legno,ora era divenuto
carbone. Tanto vale che parlasse,forse,era giusto che sapessero.
“Tempo
addietro,quando ancora i primi popoli delle terre selvagge abitavano
queste terre fu eretto un tempio in onore di Sucellos,un antico dio
dell'agricoltura il cui culto era molto forte in questa zona fu
eretto in suo onore un santuario in suo onore,qui,dove adesso e
presente il tempio di Cerere,o meglio,dove sorgeva fino a ieri sera.
Un antica tradizione del luogo voleva che si facessero offerte ad un
essere che le antiche tribù chiamavano lo spirito del
grano,un
essere misterioso che viveva in mezzo ai campi e alle coltivazioni,la
cui presenza pare facesse crescere le coltivazioni in maniera assai
abbondante. Uno spirito tranquillo,che normalmente non farebbe male a
nessuno e generoso con i contadini e chiunque si prenda cura della
terra. Ma c'è un lato oscuro che si accompagna a questa
leggenda.”
Un attimo di
silenzio,il tempo di riordinare i fatti avvenuti in passato e
rievocare memoria lontane,sepolte sotto la coscienza. Lucilla e i
suoi accompagnatori restarono in ascolto,catturati dalla
curiosità e
bisognosi di informazioni su cosa potesse collegare l'attacco dei
predoni con la storia sullo spirito del grano.
“Lo
spirito del grano come ho già detto è per natura
un essere buono e
innocuo,ma,quando gli si manca di rispetto,bruciando i
campi,distruggendo le fattorie oppure uccidendo i contadini che
stanno lavorando diviene una furia omicida senza controllo.”
“Un
momento venerabile Clara..”,la interruppe Lucilla con tono
pacato,
“Se fosse così ogni volta che scoppia un conflitto
o avviene un
attacco di briganti da qualche parte vicino ad un campo di grano i
racconti su queste creature dovrebbero riempire le strade di tutto
l'impero. Perché non né ho mai sentito
parlare?”
“Il
tuo
dubbio è ragionevole ragazza. Le apparizioni di queste
creature sono
ormai divenute rare è difficilmente se ne sente parlare.
Solo le
zone agrarie con radici ben radicata negli antichi culti dei popoli
ancestrali ricordano ancora queste storie. Le legioni dell'impero
avevano già esperienza con questo genere di pericoli e si
premunirono,portando tra le loro file anche sacerdoti di Giove e
Marte e offrendo sacrifici alle divinità
locali,affinché non
attirassero su di se qualche tipo di occulta disgrazia. Probabilmente
non hanno mai avuto a che fare con lo spirito del grano,ma compiendo
questi rituali,si sono protetti da molte influenze nefaste. Compreso
lo spirito del grano. In seguito,dopo la conquista della regione da
parte di Nova l'antico tempio di Sucellos venne abbattuto e al suo
posto venne costruito il tempio di Cerere,affinché il nuovo
culto
imperiali potesse sostituirsi a quello più antico,acquisendo
così
la priorità sulla sacralità dei raccolti che qui
crescono tanto
rigogliosamente.”
“Capisco,ma
l'attacco di ieri sera come c'entra in tutto questo?”
“Anche
se
qui il culto degli dei Imperiali ha una presenza molto forte non ha
sostituito completamente i culti legati ai vecchi dei. Molte famiglie
qui offrono doni alle loro divinità tribali e tale devozione
passa
da una generazione ad un altra,pur tuttavia offrono preghiere anche
alle nostre divinità. Questa è una terra di
confine e certe
tradizioni sono dure da sostituire.”
“E
riguardo Popilio?”
“Popilio,lui
beh è solo una vittima di un disprezzo che non ha avuto
ancora
termine...”
La donna
sentì il bisogno di riprendere fiato,quasi le stesse
emozioni che
stava provando in quello stesso momento la stessero soffocando. Gli
occhi si fecero lucidi per le lacrime trattenute e la stessa Clara
sembrava sul punto di cedere e interrompersi li. Il groppo alla gola
le faceva male nell'anima più di quanto non gli lo facesse
nella
carne.
“Ero
più
giovane quando accadde,circa cinquant'anni fa. Ero appena stata
iniziata ai segreti di Cerere e giunsi da poco più di tre
mesi
quando cominciai a prestare servizio nel tempio. In quel periodo ci
furono dei tumulti scatenati da molte comunità della
regione,scatenate dal fatto che molti luoghi sacri delle antiche
tribù fossero stati occupati per essere sostituiti da templi
del
culto imperiale e il santuario dedicato alla dea del grano non faceva
eccezione. In molti chiesero il ripristino di tali luoghi ma le
autorità non vollero sentire ragioni riguardo alla questione
e i
tumulti divennero presto aperta rivolta e gli adoratori delle antiche
divinità iniziarono con le violenze contro i cittadini
fedeli
all'impero. Il governatore di allora,Prisco Mancia,ordinò
alle
truppe stanziate nella provincia di reprimere la sommossa con ogni
mezzo necessario e non ci volle molto,che la violenza dilagò
in
tutta la regione. Per tre mesi girarono voci dei legionari che
passarono a fil di spada uomini e donne che parteciparono agli
scontri armati di quello che avevano,tentando di resistere contro
soldati armati di tutto punto e come accade in questi casi,quelli che
non muoiono vengono presi come schiavi mentre altri,che sfuggono alla
morte o alla prigionia si danno alla macchia o vengono lasciati a se
stessi. Un giorno,al tempio,mentre ero intenta ad andare a benedire i
campi vidi per strada un bambino. Piangeva ed era da solo,se ne stava
in piedi a strillare con tutta la voce che aveva in gola...ed era
zuppo di sangue. Mi avvicinai preoccupata per quella piccola creatura
e notai che in testa recava un colpo sul capo,lo portai con me
immediatamente al tempio e avvisai la nostra sacerdotessa
anziana,affinché il bimbo fosse tenuto al sicuro e lei
acconsentì.”
I cinque
attorno all'anziana sacerdotessa ascoltavano quella storia con
autentico interesse. Non un singolo suono uscì dalle loro
bocche e
persino Milziade,che solitamente pareva così ironico e
sprezzante si
era messo ad ascoltare in rispettoso silenzio. Parevano rapiti dalle
parole della donna e ognuno restava silenzio,consentendo a Clara di
esporre non solo a loro,ma anche a se stessa,tutte quelle
emozioni,che volente o nolente aveva tenuto dentro di se,ora lo stava
lasciando andare. Lucilla in particolar modo pareva quella che nel
gruppo sembrava stregata da quella vicenda,forse perché per
il suo
buon animo era spinta ad aiutare il prossimo, forse perché
anche lei
era stata iniziata alla vita religiosa in giovane età e
vedeva in
Clara una collega più anziana,oppure,era semplicemente una
persona
testimone della vulnerabilità di un altra persona,tenuta su
un
giaciglio di paglia,ferita,dolente e incapace di muoversi,ma che
anche in questo caso si preoccupava di qualcun altro che non era li
in quel momento,più della sua stessa vita. C'era dolore in
quelle
parole e Lucilla riusciva a sentirlo più di tutti gli
altri,complice
la sua sensibilità,ma lei poteva dirlo,poteva sentirlo. In
qualche
modo sapeva,che il continuo di quel racconto,non sarebbe migliorato.
“Passarono
i giorni e dopo le cure che ricevette,quel bambino parve riprendersi
dalla paura e dalla violenza che aveva subito e così al
tempio
cercammo di ritrovare tra i fedeli i genitori del piccolo o almeno
cercare qualche informazioni su di essi,ma parve che nessuno ne
sapesse niente. Anche quando la ribellione alla fine venne soffocata
per il piccolo non ci furono miglioramenti per la sua sorte,nessuno
si fece avanti per reclamarlo e portarlo a casa e a quel punto
decisi,sempre con il consenso della nostra sacerdotessa anziana e
potei dargli una casa nella quale vivere. Passarono gli anni e crebbe
felice in mezzo a noi,nel corpo...ma la sua mente,rimase quella di un
bambino,pensammo che fosse volere degli dei che lui restasse
così,anche dopo che la ferita alla testa guarì
completamente non
divenne mai realmente adulto e quindi rimasi così,come voi
lo avete
conosciuto. La cosa più scioccante però non erano
tanto le sue
condizioni quanto piuttosto le sue bizzarre abitudini.”
“Bizzarre
abitudini?”,chiese Gordlack confuso su quello specifico
termine.
“Si,avrete
certamente notato che quando lo avete conosciuto portava con se un
carretto giocattolo? O che vi abbia parlato del fatto che stesse
andando in giro alla ricerca dello spirito del grano? Beh,sono certa
che lo sappiate già questo,ma quello che non potete sapere e
quello
che fa quando perde il controllo di se e credetemi...lui sa essere
molto più pericoloso di quello che sembra.
“Pericoloso
in che senso?”,chiese Braxus.
“Popilio
e
per natura buono con tutti,ma nasconde un lato selvaggio e violento
dentro di se. Alle volte capita che alcune persone di passaggio non
siano esattamente delle persone rispettabili,come i profanatori che
hanno fatto scempio del tempio di Cerere,non è la prima
volta che
abbiamo a che fare con questi fanatici e io stessa credevo che questa
storia fosse finita da tempo. Ma ogni volta che hanno creato problemi
il giorno dopo scomparivano,come se non avessero lasciato alcuna
traccia ed ogni volta che accadeva Popilio non era mai al tempio e
tanto meno nelle sue vicinanze. Quando tornava era sempre macchiato
di sangue e ogni volta che gli chiedevo come si fosse ridotto in quel
modo lui mi rispondeva sempre che era andato a...punire gli uomini
cattivi. Non mi ci volle molto per capire cosa intendesse veramente.
All'inizio non ci volli fare troppo caso,ma in seguito iniziarono a
girare delle voci nella zona che descrivevano di attacchi non solo ai
gruppi di fanatici e predoni che giravano da queste parti,ma anche a
persone e famiglie,che venivano trovate in condizioni
raccapriccianti,come se fossero state attaccate da una bestia
feroce,ma la cosa più sorprendente e che tutti coloro che
sono stati
uccisi in questa maniera avevano sempre delle caratteristiche in
comune,che fosse nella capigliatura,nei vestiti o negli accessori in
loro possesso.”
“E
sarebbero?”,chiese Milziade con tono piatto.
“Erano
tutte in qualche modo connessi ai costumi degli antichi popoli
barbarici.”
A
quell'ultima rivelazione cadde un secondo silenzio di tomba e
questo,era più carico di sinistre sensazioni e brividi che
correvano
lungo la schiena. L'immagine che il gruppo adesso aveva di Popilio,da
piccolo strano ometto strampalato,ma buono e innocente, adesso era
mutato nella loro immaginazione come qualcosa di più
orripilante ed
abbietto. Erano stati condotti in quel luogo senza neanche poter
immaginare che Popilio in realtà fosse un omicida
seriale,uno di
quei rari individui che uccidono saltuariamente per motivi che
conoscevano soltanto loro e che a conoscere la loro vera natura
avrebbe fatto disgusto persino ai grandi mostri degli antichi miti.
Milziade nella sua professione purtroppo aveva già
incontrato,uomini
che facevano il suo stesso mestiere,ma che accettavano di svolgere
lavori di dubbia natura e che parevano farlo più per
l'occasione di
uccidere un povero malcapitato da contratto,che per la paga in se.
Purtroppo al mondo esisteva gente anche come quella.
“In
parole
povere,sapevi di avere in casa un maniaco e in tutto questo tempo non
hai fatto nulla per fermalo. Dico bene?”
Clara non
parlò e il suo muto silenzio fu un messaggio più
forte di qualunque
urlo.
“E
cosa
vuoi che facciamo? Che lo andiamo a cercare,lo prendiamo e lo
riportiamo qui? Così potrà continuare con questa
malata abitudine e
tu che farai nel frattempo? Continuerai ad ignorare il problema e
lascerai che il tuo caro Popilio possa continuare in questo modo?
Perché è così che farai vero?
“Milziade
non puoi...”,disse Lucilla interrompendo il mercenario nel
mentre
del suo acido giudizio della sacerdotessa.
“Io
non
posso cosa,Galla?”,disse lui alterato, “Non posso
fare una
critica costruttiva su un problema così idiota? Sai che
c'è,hai
ragione,mi sto arrabbiando troppo per un problema che non è
mio,anzi,non è neanche nostro. Sapete che c'è?
Esco, a sentire
certe scemenze nemmeno una sfinge riuscirebbe a trovare una soluzione
ad un problema tanto idiota. Diventerebbe scema prima ancora di
giungere alla fine di questa storia.”
E
fu
così che il prezzolato si allontanò dal resto
della squadra e uscì
dal fienile,visibilmente frustrato dal sentire quella storia tanto
tragica quanto grottesca. Sentire una persona come
Clara,apparentemente tanto saggia e caritatevole,in realtà
aveva
coperto un segreto così grande e pericoloso per tanto tempo
che era
difficile non giudicarla per quell'esperienza che aveva appena
condiviso con degli sconosciuti. Lucilla e tutti gli altri sembravano
combattuti nel voler comprendere appieno quale fosse il ruolo svolto
nella vicenda appena appresa e nell'incendio della sera precedente.
Possibile che le due storie fossero strettamente connesse? E se si
come? Avevano sentito appieno la storia di Clara e tuttavia,non
capivano quale potesse essere il nesso. Mancava qualcosa,ma Clara
stessa sembrava nasconderlo,oppure,anche lei ne ignorava la ragione.
Che fosse possibile? Essere complice dell'omicida e tuttavia non
conoscere la verità appieno? Bisognava fare le domande
giuste,forse
solo così si poteva giungere ad un nesso,solido e valido tra
le due
vicende.
“Clara...”,parlò
l'elfo con in volto un espressione pensosa, “Hai detto di
aver
trovato Popilio in giovane età,quando era ancora un bambino
giusto?”
“Si
l'ho
detto.”
“E
le
sommosse contro il culto imperiale erano ancora in corso,dico
bene?”
“Si
vero.”
“E
non
siete mai riuscita a risalire alla famiglia naturale del bambino
giusto?”
“Corretto
anche questo.”
“Nym...”,intervenne
Lucilla, “Ti è venuto in mente qualcosa?”
“Stavo
pensando ad una cosa. E se in realtà Popilio è lo
spirito del grano
fossero strettamente collegati l'uno con l'altro, o meglio...fossero
in realtà la stessa identica creatura?”
“Cosa?
E
questa castroneria di ipotesi dove l'hai tirata fuori? Disse Gordlack
sbigottito.
“Tra
gli
elfi si racconta che gli spiriti legati al mondo naturale si
comportano esattamente come le creature che abitano il mondo
materiale così come lo conosciamo e così assumono
sembianze e
comportamenti uguali in tutto e per tutto all'essere che loro
scelgono di imitare ma inizialmente questi esseri non possiedono un
corpo o una forma ben definita,sono pura energia.”
“Va
bene,ma il collegamento dove sarebbe?”
“Vi
ricordate quando lo abbiamo visto la prima volta in quel villaggio?
Pareva stesse cercando qualcosa e lui stesso ha rivelato che stava
cercando lo spirito del grano.”
“E
con
ciò?”
“Era
l'unico tra tutta la gente che abbiamo incontrato prima di lui che
non soffrisse quell'afa atroce e in pieno pomeriggio. Anche il
più
resistente dei legionari non riuscirebbe a resistere ad un caldo
simile senza una scorta d'acqua e lui aveva fatto chiaramente
intendere che era passato di villaggio in villaggio a cercare questo
spirito del grano.”
“Ma
se è
lui lo spirito del grano perché dire che lo stava cercando?
Non ha
senso.”
“Ho
due
ipotesi riguardo a questa faccenda. O Popilio è un ottimo
bugiardo...o non sa di essere lui stesso lo spirito del
grano.”
“Che
cosa?
Dannato di un mastica verdure dalle orecchie a punta,parla chiaro per
Thor. Maledizione, a te e alle tue bizzarre teorie.
“Insomma
cocciuto di un nano,possibile che tu non abbia ascoltato con
attenzione tutto il discorso? Sto dicendo che Popilio e che questo
spirito del grano o qualunque cosa sia realmente ha preso la forma di
un essere umano e si mescolato nella comunità. Ti basta come
spiegazione,ottusa talpa da miniera?”
“Scusa
Nym...”,disse Lucilla rivolta all'arciere. “Ho un
dubbio. Se lo
spirito della volpe e una creatura del folclore degli antichi popoli
liberi,perché attacca la sua stessa gente? Se fosse
così dovrebbe
attaccare tutte le persone di origine noviane legate al culto
imperiale,come me ad esempio e non coloro che combattono per
restaurare le antiche usanze. Non credi anche tu?”
“Beh
riguardo a ciò io....non so cosa dire. Intuisco cosa possa
essere
realmente Popilio,ma riguardo alle sue motivazioni per quello che fa
non ho risposte a riguardo.”
“Capisco...”
Lucilla si
alzò dalla piccola matassa di paglia a mo di cuscino di
fortuna,si
passò le mani sulla gonna per togliersi la paglia e rivolse
uno
sguardo carico di energia verso i suoi tre guardiani.
“Andiamo
a
cercare Popilio.”,disse Lucilla con forte determinazione.
“E
da dove
cominciamo?”,chiese Braxus incerto su quell'improvvisa
decisione.
“Non
lo
so,ma da qualche parte deve pur essere e poi,abbiamo un dovere verso
coloro che ci hanno ospitati. Quindi ora risolviamo questa
situazione,in un modo o nell'altro.”
Nym,Gordlack
e Braxus non persero tempo e prese le loro cose fecero per andare a
prendere i cavalli.
“Non
c'è
bisogno di andare a prendere i cavalli...”
Fu la voce
di Milziade a distrarli dalle loro intenzioni,mentre l'elfo,il nano e
il gladiatore lo scrutavano come per chiedergli del perché
non se ne
fosse ancora andato via da li.
“E
già
qui.”
Salve a
tutti. Sono lieto che questa storia abbia il suo piccolo seguito di
appassionati e per tanto,vorrei ringraziare tutti coloro che
continuano a seguire questa sgangherata fanfic senza troppe pretese.
Vi saluto e vi auguro una buona lettura.
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Capitolo 27 *** Odio ***
Appena
ricevuta la notizia Lucilla e gli altri uscirono dal pagliaio nemmeno
avessero sentito i passi dei legionari in marcia verso di loro. La
prima cosa che videro furono i lavoratori del tempio intenti a
cercare tra i resti delle persone seppellite sotto le macerie fumanti
del tempio,girando in mezzo alle cataste fumanti e mucchi di legno
ormai divenuto carbone,nero e grigio,mentre deboli fiammelle ardevano
ancora sotto le pile di quello che fino alla sera precedente era una
meraviglia del luogo,centro di ristoro per viaggiatori stanchi e
bisogno,ora,ridotto a nulla più di una maceria bruciata.
Tutti però
si fermarono quando videro una piccola figura spuntare in lontananza.
Un piccolo uomo,goffo nel camminare e all'apparenza inoffensivo,con
quell'aria sprovveduta e quello sguardo vago,da
bambino,mentre,proprio come un bambino,trascinava un carretto,con
fare innocente,quasi fosse un gioco. Però non vi era nulla
di
innocente nell'immagine che Popilio sembrò dare di se stesso
in quel
momento,poiché il sangue di cui era coperto in quel momento
era
tale,che le sue umili vesti dalle tinte spente ora erano pregne di
sangue fresco e anche il carretto,semplice giocattolo,ora pareva un
macabro altarino su ruote,dedicato a chissà quale
divinità degli
inferi tanto era sporco anch'esso di sangue. Camminava verso il
tempio come se nulla fosse,estraneo al mondo che lo circondava mentre
gli altri lo guardavano,come se avessero incrociato il cammino con
uno spirito malefico,poiché sapevano chi era,ma
mai,avrebbero osato
immaginare,che un giorno,lo avrebbero visto in un tale stato. L'omino
avanzava imperterrito con quello sguardo perso nel vuoto,mentre
parlava da solo,perso nei suoi discorsi,forse intento a parlare con
qualcuno,o forse solo a se stesso. Non si capiva,non lo capiva
nessuno.
“Per
tutti
gli dei...”
Fu L'unica
cosa che seppe dire Lucilla nel vedere quel inquietante spettacolo.
Non seppe continuare perché a vedere il piccolo uomo nella
sua
direzione pregno della rossa violenza di cui lui era stato
responsabile,lo bagnava,dalla testa ai piedi,come se ci si fosse
immerso dentro.
“Bambina
mia stai indietro.”,disse Gordlack mentre prendeva
delicatamente la
ragazza per un polso e la metteva dietro di se,mentre tutti gli altri
le si paravano davanti a farle da scudo.
Ognuno con
le proprie armi in mano e le armature addosso,non sapevano come
avrebbe agito Popilio,ma qualunque cosa avrebbe fatto,lui,non si
sarebbe avvicinato a quel fienile,per nessuna ragione al mondo. Ad un
certo punto,mentre si avvicinava a loro, Popilio si fermò in
mezzo
alla strada e iniziò a guardarsi intorno,mentre osservava su
di se
gli sguardi dei lavoratori del tempio in mezzo alle macerie.
“Ciao...”,disse
il piccolo uomo mentre incassava la testa in mezzo alle spalle con
fare timoroso, “Perché state tutti guardando
Popilio? Popilio non
ha fatto niente.”
In quel
momento parve un bambino confuso e intimorito nonostante la piccola
corporatura avesse comunque l'aspetto di un uomo vissuto,continuava a
comportarsi come un ragazzino sprovveduto e bisogno di attenzioni.
Forse per questo,in quel momento,tutti i presenti sentivano una nota
di stomachevole ambiguità nel suo carattere taciturno.
Mentiva.
Mentiva come fanno i bambini colti sul fatto,quando prendono un dolce
di nascosto oppure prendono il giocattolo di un amico senza
permesso,ma qui,non si trattava di un dolce o di un gioco,era sangue
quello che aveva sui vestiti,sul carretto e nella coscienza.
“Popilio
è
innocente, Popilio non ha fatto niente,Popilio è una brava
persona.”
Si stava
innervosendo,poco alla volta,mostrando i segni di un agitazione che
col passare dei secondi faceva fatica a trattenere sempre
più,quasi
stesse per esplodere. Tremava,mentre tutti lo osservavano indignati e
inorriditi dal suo aspetto,scialbo e trasandato per la violenza della
notte scorsa.
“Popilio,perché
hai quel sangue addosso?”,chiese una delle giovani iniziate
al
sacerdozio.
“Che
cosa
hai fatto Popilio? Parla.”,disse un altro ragazzo in mezzo
alle
macerie.
“Parla
subito,altrimenti...”,disse un altro dei lavoratori
circondato dai
suoi compari.
Le voci
iniziarono ad alzarsi irritate e spaventate per l'orrida visione che
avevano davanti e tutti li in mezzo cominciarono ad urlare. Quello
che fino ad allora avevano considerato una strana presenza
all'interno del tempio,un ospite di lunga data di quel luogo,ora,lo
trattavano come se fosse la peggiore delle bestie.
“Dobbiamo
fare qualcosa,potrebbero fargli del male. Aiutiamolo.”,disse
Lucilla in preda all'impulso di raggiungerlo.
“Mia
signora ve ne prego restate dove siete,ne va della vostra
sicurezza.”,disse Nym mentre impugnava l'arco e pronto a
scoccare
al primo segno di pericolo.
“Ma
potrebbero attaccarlo,potrebbero fargli male.”
“Comprendo
la vostra preoccupazione ma dovete cercare di comprendere la
situazione. Non possiamo fidarci di quell'essere.”
E nel mentre
Popilio iniziò ad agitarsi,mentre impaurito si strinse con
entrambe
le mani il capello di paglia contro la testa come a voler evitare gli
sguardi e le grida contro di lui.
“Basta,smettetela,Popilio
ha paura.”
Ma loro
continuavano ad inveirgli contro,urlando e pronunciando insulti e
minacce,ma senza avvicinarsi,per timore o disgusto.”
“Basta,basta...basta...per
favore.”
Tremava
impaurito,scosso e innervosito da tutta quella discriminazione e
incomprensione che aveva attorno. Non sapeva cosa fare,era
terrorizzato dalla paura. All'improvviso,per mano di
qualcuno,qualcuno gli buttò contro un pezzo di legno,uno di
quelli
che componeva la struttura principale della costruzione che lo
colpì
esattamente sulla cima del capo. Il colpo risultò
così forte da
farlo cadere a terra e con lui,anche il cappello,mostrando per la
prima volta,sia a Lucilla che agli altri membri del gruppo,una
profonda cicatrice sulla testa,una specie di spaccatura biancastra
nel mezzo del cranio. Le voci delle persone a quel punto smisero di
colpo. Nessuno si aspettava quel ciocco di legno lanciato da una mano
in mezzo alla folla,forse,nemmeno lo stesso individuo che aveva mosso
la mano per compiere violenza,alla fine,forse era pentito di quel
lancio,nel momento stesso in cui il pesante pezzo di legno si era
ormai separato dalla mano. Ma ormai era troppo tardi. Il piccolo uomo
si mise lentamente sul ginocchio e poi,sempre con lentezza si rimise
in piedi,ma senza riprendere il cappello di paglia. La sua
espressione,se prima impaurita e piangente ora,era più
simile a
quella di una bestia feroce e in quell'istante una leggera brezza si
alzò nell'area. Le braccia di Popilio ciondolavano vicino ai
fianchi
con le mani aperte,come se fossero pronte ad afferrare qualcosa.
Digrignava i denti,che parevano più zanne che denti umani e
gli
occhi parevano iniettati di sangue. L'ira dell'omino ora,era evidente
a tutti.
“Siete
cattivi con Popilio e lo spirito del grano prova solo rabbia per voi.
Siete cattivi...”
Il tempo di
un battito di ciglia e dove prima c'era Popilio non c'era
più
niente. Nessuno ebbe il tempo di chiedersi cosa fosse successo che
uno scatto improvviso,una brezza feroce verso colui che aveva colpito
Popilio sulla distanza e il braccio che aveva usato per recare
offesa,volò via,di circa un metro,dopo essere salito in alto
e poi
ricadere in basso. L'uomo si girò verso il moncherino
sanguinante,confuso e incredulo,e sotto di esso vide Popilio al suo
fianco che lo osservava,come una bestia che sta per azzannare la
preda.
“E
come le
persone cattive,meritate di morire per mano nostra.”
L'uomo
urlò,ma non passò nemmeno un secondo,che subito
Popilio,con un
balzo lo colpì al volto con una mano e simile ad una zampata
penetrò
il volto del lavoratore del tempio,creandogli un buco in mezzo alla
testa. Dove prima erano presenti il naso,la bocca e tutto quello che
c'era dietro,finì di esistere,in un singolo colpo. Fu
l'inizio del
caos. L'urlo di un iniziata fece scattare nuovamente
Popilio,trapassandogli il torace con una mano e bucargli i bronchi
lasciandola a morire,soffocata nel suo stesso sangue. Provarono a
scappare ma non fu difficile capire per il gruppo della principessa
capire che era tutto inutile,era troppo veloce,troppo forte e troppo
feroce perché li lasciasse scappare e, dopo l'ennesima
mattanza,con
arti recisi,organi demoliti e corpi quasi irriconoscibili,quello che
prima si era limitato ad essere i resti bruciati di un prestigioso
edificio sacro,caduto vittima per mano di un manipoli di invasati
incendiari,ora,era stato testimone di una spietata carneficina opera
di un solo,piccolo e apparentemente insignificante omino,che per la
sacerdotessa di Apollo,fino al giorno prima,si era dimostrato
l'essere più innocuo del mondo. Lucilla si sentì
svuotata per quel
macabro spettacolo della quale era stata testimone,mentre i tre
fedeli accompagnatori e il guerriero prezzolato le si paravano
davanti,increduli,ma non indifesi di fronte a quello che avevano
appena visto.
“No...Popilio...tu
non hai...tu non puoi...”,disse Lucilla mentre i suoi occhi
esaminavano la scena cercandovi una logica che non riusciva a trovare
in mezzo a tutti quei cadaveri.
“Per
tutti
i numi dell'olimpo,cos'è appena successo?”,chiese
Braxus confuso
di fronte a quello che aveva visto.
“E
appena
successo che quella specie di bambino cresciuto male ha appena
combinato un dannato macello. Ecco cosa diamine e successo
ragazzino...”,sbottò Milziade a sentire quella
domanda,la cui
risposta gli pareva fin troppo ovvia,per la sua capacità di
controllo di fronte a quella vista, “Dannazione,qualcuno
è
riuscito a vedere i suoi movimenti?”
“Quasi,
non sono molte le volte che ho avuto a che fare con qualcosa di
così
veloce. E quell'essere è veloce.”,disse Nym che
pareva essere
rimasto completamente di ghiaccio,nonostante la carneficina.
“Visto
o
non visto,giusto su Thor che se si avvicina gli spacco quel corpicino
che si ritrova e lo faccio diventare una frittella. Che ci provi per
la miseria,non sa quanto può essere duro un
nano.”,disse Gordlack
arrabbiato,ma lucido,mentre stringeva con forza entrambe le mani sul
manico del maglio.
Una volta
completato l'eccidio che aveva dato inizio,nella quale aveva liberato
tutta la bestialità di cui era capace,ora,pareva
tranquillo,sereno e
fiero,con quell'orgoglio che solo un bambino può
sentire,come se
avesse risolto un problema di matematica che gli era stato affidato
dal istruttore pubblico o che fosse riuscito a spostare una sedia
adatta ad un adulto e portarla dove al genitore facesse più
comodo.
Ma non c'era nulla di andare orgogliosi,aveva ucciso
indiscriminatamente tutti i presenti che non erano loro,che erano
rimasti fuori da quella scena di isteria collettiva,diretta contro
Popilio e che adesso era stata soffocata nel sangue. Popilio si
diresse nuovamente verso il carretto,ma quando stava per raccogliere
la cordicella per terra,si accorse di Lucilla e degli altri che aveva
portato fino al tempio,quindi li salutò alzando una manina
sporca di
sangue e agitandola come avrebbe fatto un bambino.
“Ciao
Ragazza,guarda ho trovato lo spirito del grano. Lo vede? E proprio
li.”
Popilio
indicò il carretto vuoto dove nessuno, a parte
lui,riuscì a vedere
qualcosa.
“Lo
vedi?”
“Si
Popilio...lo vedo.”,disse lei mentendo,mentre tentava di
nascondere
lo stato di angoscia nella quale era caduta.
“Ah
bene,adesso ha bisogno di riposare è stanco
perché è stato fuori
tutta la notte e io ho dovuto seguirlo. Non volevo che le persone
cattive gli facessero del male. Però,ora che il tempio non
esiste
più Popilio non sa più dove andare. Clara
è morta...”
Il piccolo
uomo abbassò la calva testa e il suo sguardo parve perdersi
nel
vuoto. L'espressione sul suo volto si fece cupa.
“E
io ora
sono solo. Nessun altro mi vuole bene,nessuno vuole Popilio. Solo lo
spirito del grano mi ha voluto con se...e Clara”
Poi come dal
nulla,un pensiero,un idea che sapeva di speranza,di una nuova
possibilità,gli si presentò in quel momento. Un
sorriso
infantile,una felicità pura,un desiderio di comprensione.
Tornò a
guardare Lucilla con il cuore colmo di gioia,poi le puntò un
dito
nella sua direzione e negli occhi,uno sguardo ricolmo di speranza.
“Ma
c'è
sempre la ragazza. La ragazza è stata buona con Popilio e
Popilio
vuole ricambiare questa bontà. Ragazza,io e lo spirito
possiamo
venire con te?”
La ragazza
sbiancò a sentire quella richiesta tanto innocente e quanto
folle.
La genuina felicità del piccolo uomo era in contrasto con lo
scempio
dei corpi che ora era sparsi in quella piccola area del tempio. Corpi
dilaniati come animali passati per le mani di un cruento
macellaio,braccia e gambe recise da una bestia priva di
pietà e
qualche giovane decapitato nella furia omicida del momento. Davvero
aveva intenzione di venire con lei? E poi,a che scopo portarselo
dietro se tutto quello che sapeva fare era uccidere in maniera
così
mostruosa? Come avrebbe potuto ad un uomo,ad un essere come quello di
seguirla? Lei era una consacrata di Apollo,un dio di luce,di
verità,di intelligenza e logica e l'animo di Popilio,non
pareva
possedere queste qualità. Eppure,la sua mente e la sua
coscienza,le
dicevano che c'era qualcosa sotto a quella strana condizione che
influenzava l'omino davanti a lei,forse era la pietà,forse i
suoi
sentimenti di bontà e compassione,ma,doveva indagare
più a fondo in
quella questione. Non poteva prenderlo con se,ma doveva comunque
sapere di come un apparenza così' docile potesse nascondere
un anima
così brutale.
“Signor
Popilio...”,disse Lucilla tentando di usare un tono il
più calmo e
rilassato possibile,nel tentativo di non farlo innervosire.
“Non
signore,ragazza,sono solo Popilio.”
“Si
certamente...Popilio. Posso farti una domanda Popolio? Non ti arrabbi
se te la faccio vero?”
“Certo
che
no,le domande non mi fanno arrabbiare. Le domande non mi hanno fatto
niente.”
“Perché
uccidi la gente?”
“Perché
sono persone cattive,ma Popilio non può riuscirci da
solo,quindi lo
spirito lo aiuta. Insieme puniamo le persone cattive,gli facciamo
male e quando lo facciamo loro muoiono e non fanno più cose
cattive
contro gli altri.”
“E
quante
sono le persone cattive che avete ucciso?”
Popilio si
portò un indice alla bocca con fare infantile e
iniziò a pensare
con lo sguardo verso l'alto.
“Tante.”
“Tante
quante?”
“Tante
tantissime. Ma Popilio non è bravo con i numeri. Io non sono
bravo
come i ragazzi più grandi.”
Nel sentire
quella descrizione che Popilio aveva fatto di se stesso a Lucilla
venne in mente un serio dubbio sulla moralità del piccolo
uomo alla
quale si stava riferendo. Il modo in cui parlava e come si rivolgeva
agli altri e anche prima dello sterminio dei giovani del
tempio,quella rabbia,quella paura. Certo,era evidente che lo stesso
Popilio avesse delle difficoltà nel comportarsi come un uomo
adulto,nonostante la piccola statura e il corpo non propriamente
tipica di una persona della sua età. Ma non credeva che i
suoi
sospetti potessero essere così fondati e poi,quella
cicatrice sulla
testa,probabilmente causata da un forte urto di qualche
tipo,possibile che quel segno e la storia di come Clara avesse
incontrato Popilio potessero avere una causa in comune. La
principessa sapeva che avrebbe dovuto fare una domanda specifica per
confermare la sua teoria.
“Popilio
senti,tu quanti anni hai?”
“Io
ho...io ho...”
Ci dovette
pensare un attimo e poi allungò le mani davanti a
se,mostrando le
mani a coloro che lo stavano osservando.
“Io
ho
tanti anni così”
Ora lo
sconforto in Lucilla si fece ancora più
profondo,perché adesso
sapeva il perché di quel comportamento allucinante di fronte
alla
violenza di cui era capace.
“Un
bambino. Le mani di un omicida con la mente e la capacità di
giudizio di un bambino.”
Ora ne aveva
la conferma,era un bambino. Non aveva alcuna importanza se il suo
corpo era quello di un uomo,per quanto fosse rimasto piccolo per la
sua età,era pur sempre un uomo adulto,ma solo nel corpo
perché la
sua mente era rimasta a quando fu trovato da Clara,in quel lontano
giorno di molti anni fa. Le parole che aveva detto Lucilla non
uscirono da quella bocca in modo da essere udite anche da Popilio,ma
furono pronunciate piano,un sussurro,appena udibile da coloro che gli
stavano facendo da muro,tra lei e Popilio. Non ebbe il coraggio di
dirlo ad alta voce,non ebbe il coraggio di rivelare quella
verità a
se stessa,che non sapeva più giudicare
quell'uomo,quell'umano in
miniatura come un mostro oppure come la sfortuna vittima,di una
condizione che aveva scelto. E per quanto riguardava lo spirito non
sapeva dire se effettivamente se quello che ci fosse dentro a Popilio
fosse effettivamente questo spirito del grano,in quanto loro non lo
avevano mai visto,oppure ci fosse dell'altro dentro quell'uomo. Una
cosa era certa,andava fermato,li ed ora.
“Senti
Popilio.”,disse Lucilla in maniera triste.
“Si?”
“Per
quale
motivo hai ucciso così tante persone?”
Il volto di
Popilio si fece nuovamente cupo,con una nota di rabbia mal celata.
“Perché
erano persone cattive è le persone cattive fanno del male
agli altri
e quando fanno del male agli altri a loro non importa niente. A noi
hanno sempre fatto del male.”
“Tu
e allo
spirito?”
“Si.
Popilio ricorda ancora quando mamma e papà sono morti, per
colpa
degli uomini che pregavano gli antichi dei. Non avevano fatto del
male a nessuno,ma sono stati uccisi lo stesso solo perché
pregavano
i nuovi dei. Stavamo camminando per strada quando sono stati colpiti
dagli uomini cattivi,poi hanno colpito anche me,sulla testa. Dopo
ricordo solo che sono giunto qui e poi...ho incontrato lei.”
“Intendi
Clara?”
“Si.”
“E
lo
spirito del grano? Quando l'hai visto la prima volta?”
“Quando
gli uomini cattivi sono tornati a fare del male ad altre persone.
Giocavo vicino ai campi di grano con il mio carretto,quando mi
accorgo che dalle spighe esce un animaletto,un topo,uno di quelli
piccoli che si trovano in mezzo alla campagna. Era ferito e
sanguinava,quindi lo preso con me e lo portato al tempio,nella mia
camera,riservata solo per me. Gli ho dato da mangiare,da bere e lo
tenuto nel mio carretto. Il giorno dopo era guarito,come per magia.
In quel momento ho capito che era speciale e che era il mio unico
amico,infatti,lui parla solo con me.”
“E
cosa ti
disse la prima volta che ti ha parlato?”
“Che
lui
sapeva quello che mi era successo e che anche lui era stato fatto del
male. Diceva che dovevamo vendicarci dei torti subiti. Lui dice che
da quel giorno siamo diventati una sola cosa,però non ho mai
capito
cosa vuol dire. So solo che quando vogliamo andare ad uccidere le
persone cattive lui vuole che io vada con lui e io lo seguo. Ma brava
ragazza,perché fai tutte queste domande? Popilio
è confuso.”
Lucilla ora
sapeva abbastanza da poter avere un idea più o meno chiara
sulla
condizione di Popilio. L'aggressione in giovane età,l'essere
incontrato nel campo e il fatto di essere divenuto una sola cosa con
lo spirito. In qualche modo era posseduto,eppure,aveva la sensazione
che lo spirito da solo non poteva rispondere da sola a tutta quella
violenza,forse non era posseduto,ma solo influenzato e quindi,non si
sentiva obbligato ad agire in quel modo,ma semplicemente convinto ad
uccidere. Popilio il corpo,lo spirito la mente nascosta dietro alle
numerose atrocità. Due esseri diversi,ma una sola ed unica
entità.
Entrambe colpevoli,entrambe impossibili da salvare. Lucilla sapeva
cosa andava fatto,lo avrebbe fatto,a malincuore,ma lo avrebbe fatto.
L'ingenuità di Popilio non era una colpa,l'omicidio si. Ma
nell'esatto istante in cui la principessa aprì bocca per
rivolgersi
nuovamente all'omino imbrattato di sangue,Nym,con ancora in mano
l'arco,rilassò la tensione della corda portandola alla sua
posizione
originale,ma tenendo la freccia stretta tra le dita pronto ad
usarla,quando sarebbe giunta la necessità,poi,fece qualche
passo in
direzione di Popilio,abbastanza vicino per potergli parlare faccia a
faccia,ma abbastanza lontano per poter usare l'arco.
“Perché
lei,signore,non può venire con noi.”
Il piccolo
uomo fece un espressione indignata per la risposta che aveva ricevuto
dall'elfo. Vedere che fosse stato quest'uomo,questo elfo a rivolgersi
a lui,quando in realtà voleva parlare con la ragazza. Il
piccolo
uomo iniziò ad agitarsi.
“Perché
no?”
“Per
le
persone che hai ucciso.”
“Erano
cattive,tutte le persone che ho ucciso erano cattive. Anche loro
quelli che lavoravano al tempio. Facevano finta di essere buoni,ma io
li sentivo,quando pensavano di non esseri controllati. Parlavano male
di Popilio,dicevano cose brutte cose,cose che le persone buone non
dicono ad altre persone. E poi c'erano quelli che pregavano gli
antichi dei e odiavano quelli nuovi,loro attaccavano le persone che
non avevano fatto nulla a Popilio e poi rubavano il grano e
uccidevano delle brave persone. Io sono buono,abbiamo fatto solo del
bene ad ucciderli.”
“C'è
una
netta differenza tra il difendersi da un attacco e iniziare uno
sterminio per placare la propria sete d'odio. Quando la giustizia si
macchia con la feroce violenza della vendetta allora non è
più
giustizia è solo sete di sangue.”
“Che
cosa
ne sai tu? Tu non sei stato scacciato dalla gente solo
perché il tuo
aspetto non è come quello degli altri, tu non sei stato
deriso
perché la gente ti crede stupido o ti lasciavano da solo
perché non
volevano nemmeno averti attorno. Popilio ha sofferto troppo per colpa
delle persone. Se lo sono meritato.”
“Lo
so
invece,lo so eccome. Anch'io lo sentita,la sete di vendetta,molto
tempo fa. So cosa vuol dire covare tanto odio per troppo tempo e
conosco bene quella sensazione,quella furia omicida che ti scorre
dentro le vene,tanto da entrare a far parte di te,del tuo essere,fino
a mescolarsi al tuo sangue. Mi creda, lo so meglio di tanti
altri.”
“Quindi,anche
tu hai sofferto quello che ha sofferto Popilio?”
“No,ma
l'odio e odio,qualunque sia la sua origine. Io ho abbandonato il
mio,lei invece,no.”
“Quindi
e
per questo che non posso venire con voi?”
“Anche
per
questo.”
“Capisco...”
Popilio
Iniziò a sgranchirsi le mani e lo sguardo omicida che aveva
assunto
in precedenza,ma stavolta l'uomo spalancò le labbra
mostrando un
folle sorriso a trentadue denti. In quel momento in lui vi era
più
della bestia e meno dell'uomo. Nym tese leggermente la corda con la
freccia che già teneva in mano,pronto al combattimento.
“Nym...”,lo
chiamò a se Lucilla
“Proteggete
la nobile Lucilla. A lui ci penso io.”
Popilio era
pronto per lanciarsi nuovamente all'attacco. Le mani erano pronte, le
intenzioni erano violente e gli occhi dell'umano,ora,parevano
più
quelli di una bestia inferocita che quelli di un uomo. Le mani erano
pronte a squartare e l'arco pronto a rilasciare il colpo. La violenza
era nell'aria.
“In
questo
caso,allora vi uccideremo tutti. Se volete impedirci di uccidere i
malvagi,allora siete malvagi a vostra volta...”,disse
Popilio,ma
con un tono di voce più profondo e sinistro,quasi,non fosse
nemmeno
la sua,“Uccideremo tutti coloro che meritano di morire.
Uno...alla...volta.”
Una
folata di vento colpì in pieno Nym all'altezza del petto e
quando
l'aria gli finì contro,l'arciere scattò di lato
nell'esatto istante
in cui Popilio si era gettato in avanti appena visibile a mezz'aria
mentre con una mano colpiva l'aria,allo stesso modo in cui un orso o
un leone piantano gli artigli nella carne della preda. Nym fece per
tendere l'arco e scoccare il colpo,ma la freccia non prese Popilio
che subito atterrò e scattò nuovamente lontano
dall'elfo,veloce
come il vento. Nym rimase calmo,facendo ricorso alla sua pazienza
alla sua esperienza come tiratore dall'esperienza secolare. Una mano
salda ad impugnare il corpo dell'arma,l'altra intenta a prendere un
altra munizione,il respiro regolare,i piedi pronti a balzare al
minimo segnale di pericolo. Un altra folata,questa volta contro il
fianco e in risposta balzò di avanti,facendo perno sulla
punta di un
piede e girarsi di spalle subito dopo,con l'omino giunto nel
precedente punto in cui era fermo Nym,ora privo dell'arciere ,che
stava puntando addosso la freccia nella direzione di Popilio,pronta a
centrare il bersaglio. Prese la mira per la seconda volta e la
seconda freccia partì,ma per la seconda volta l'elfo
mancò
l'obbiettivo. Era raro che Nym mancasse un bersaglio e tutti nella
compagnia,tranne Milziade,conoscevano bene l'esperta mira
dell'elfo,ma quell'essere era imprendibile. Popilio non usava alcuna
strategia o tattica specifica,limitandosi ad attaccare con la forza
di una bestia e la velocità del vento,tanto,che ogni attacco
era
anticipato da una leggera brezza che indicava la posizione di Popilio
e la traiettoria dell'attacco e per Nym era facile prevedere la
direzione del colpo e quindi rispondeva schivando per tempo e
contrattaccare con arco e frecce,l'arma migliore a sua disposizione.
Ma allora perché sbagliava il colpo? Era certo che una volta
che
avesse schivato il colpo lo avrebbe colto di sorpresa e finito sul
posto,ma così non fu. Stava sbagliando qualcosa,doveva
riflettere,rimanere obbiettivo e restare concentrato. La principessa
per il momento era al sicuro,con gli altri che le facevano da
barriera da quel misterioso individuo e per il momento era lui
l'obiettivo di Popilio,poiché aveva deciso di esporsi per
primo. Un
arciere in uno scontro diretto,chi l'avrebbe mai detto? Eppure non
era una così improbabile,non per un elfo...non per un elfo
come lui.
Da tempo ormai non praticava l'arte che era stata tramandata dalla
sua gente,una conoscenza segreta,passata di generazione in
generazione,lassù,nel gelido nord del mondo. Con Popilio non
sarebbe
bastata la comune conoscenza dell'arco tra gli elfi. Aveva bisogno
della sua conoscenza personale dell'arco,di quello che gli era stato
insegnato e di come applicarlo in una situazione come quella. Non
aspettò l'ennesimo soffio di vento che gli venisse
incontro,poiché
non si sarebbe limitato a schivare i colpi di Popilio. Li avrebbe
rese totalmente inefficaci. Iniziò a correre,dritto,con
sorpresa di
tutti,che in un combattimento non lo avevano mai visto comportarsi
così. Arrivato ad un certo punto presa dalla faretra un
altra
freccia e sfiorando con le dita le altre,tenendo conto di quante ne
fossero rimaste a sua disposizione. Aveva ancora cinque frecce,
sufficienti per attuare il suo piano. Presa la prima freccia tra
quelle rimaste e con un rapido movimento la conficcò nel
terreno
soffice,fece lo stesso con la seconda,ma invece di conficcarla nella
terra lo fece nel cadavere di un ragazzo vicino al punto in cui stava
correndo. Sentì una folata di vento da dietro la schiena e
senza
pensarci due volte,deviò dal percorso e iniziò a
correre in mezzo
alle macerie del tempio,conficcando la terza freccia in un cumulo di
legno carbonizzato,senza preoccuparsi se Popilio lo stesse seguendo o
no. Non era ancora pronto per rispondere ai suoi assalti.
Uscì dai
resti del tempio e continuò a correre,fino a giungere
dall'altra
parte dell'area dedito alla dea e giunto ad un certo punto si
fermò.
Aveva solo due frecce nella faretra e una di esse l'avrebbe usata al
momento più opportuno. La strategia era stata ideata,le
energie
ancora in corpo,il fiato ancora nei polmoni,le mani ancora pronte a
scoccare. Era una scommessa con il fato e lui non era mai stato bravo
ad affidarsi alla fortuna,ma era sempre stato abile nella caccia e
nell'uso dell'arco,fin da quando era un bambino,come tutti gli elfi
che si dedicavano a quell'arte. Era una cosa innata nella loro
razza,se i nani avevano sviluppato corpi piccoli,ma forti e
prestanti,gli elfi,nel corso della loro storia avevano sviluppato
sensi acuti e un modo di pensare tanto sottile quanto elaborato,la
loro capacità di coordinare vista e udito li aveva aiutati a
sopravvivere nelle prime ere del loro popolo,nel lontane terre del
nord,dove la natura sa essere una maestra spietata con coloro che non
comprendono le sue lezioni e lui,come la tribù dalla quale
discendeva,erano stati ottimi studenti. Ma oltre l'abilità
lui
doveva tutto alla sua insegnante,di cui lui aveva ancora buona
memoria. Ma non era quello il momento di lasciarsi andare ai ricordi
e il presente era fin troppo pericoloso per rilassarsi. Avrebbe
dovuto aspettare il prossimo attacco,da li,avrebbe fatto scattare la
sua trappola. Ne era convinto,avrebbe vinto,per lei,per la sua
sicurezza e perché non poteva lasciare nel mondo un essere
come
Popilio in giro per il mondo. Quale fosse il suo problema era
evidente che non riusciva a gestirlo e questo lo rendeva estremamente
pericoloso,sopratutto per la principessa,troppo buona per accorgersi,
o per accettare il male che albergava in quell'umano. Doveva
ucciderlo,per il bene di molti,per il bene della ragazza alla quale
aveva giurato fedeltà e sopratutto,la persona che lo aveva
salvato
nel momento più buio della sua vita. Il vento
soffiò nuovamente,di
nuovo alle sue spalle e questa volta,non schivò il colpo,ma
estrasse
una delle due frecce nella faretra,si girò di spalle e
scoccò in
direzione del colpo. Un taglio si generò vicino al costato
destro,ma
non si preoccupò del colpo e iniziò a
correre,facendo il giro del
tempio in rovina. Correva a più non posso ignorando il
dolore del
colpo subito,doveva resistere,almeno fino all'ultima mossa
congegnata. Raggiunse la freccia conficcata nel terreno la prese e
subito la incoccò e appena sentì l'ennesimo
sibilo alle spalle si
girò in direzione del vento e scoccò una seconda
volta,stavolta il
colpo lo prese di striscio alla fronte,quasi vicino agli occhi. Non era
abbastanza,doveva ritentare. Ricominciò a correre,questa
volta
in direzione della freccia nel cadavere e appena raggiunse il
corpo,sentì un altro soffio di vento e anche questo era di
spalle,si,la sua strategia stava andando come previsto. Non aveva
ancora recuperato la freccia e prima di fare
ciò,slacciò il
mantello e lo gettò indietro,poi prese la
freccia,incoccò ancora e
colpì,al centro del mantello. Una matassa piccola e contorta
si
dimenò per un attimo a mezz'aria dentro il mantello,che si
squarciò
e cadde al suolo,ma non prima di mostrare nel tessuto una grossa
chiazza di sangue. Ancora poco,c'era quasi. Iniziò a correre
verso
l'ultima freccia rimasta a terra,quella che aveva lasciato nei resti
bruciati del tempio. Correva a più non posso,espellendo dai
suoi
polmoni tutta l'aria che gli era rimasta in quell'ultimo tratto che
gli restava da percorrere. Ancora due frecce,solo due frecce ancora
da poter usare. Il vento spirò ancora una volta,ma questa
volta
contro il viso,segno che Popilio si stava adattando a quella specie
di rincorsa senza capo ne coda. Incoccò la freccia,ma questa
volta
non la rilasciò subito,vedendo un enorme trave,probabilmente
una
trave che prima apparteneva al soffitto era conficcata tra gli altri
resti,molti dei quali rimasti sotto la grande trave e appena la
vide,ci saltò sopra e correndo su di essa,schivando il
colpo,ma
stavolta non rispose all'offensiva di Popilio. Giunto al termine
della trave,saltò nuovamente e nel salto vide l'esatta
posizione
dell'ultima freccia che doveva recuperare e quando toccò
nuovamente
il suolo,piegando le gambe per attutire l'impatto,si lanciò
contro
di essa e con due grosse falcate raggiunse l'ultima freccia che aveva
lasciato per terra. Ma non la raccolse. Di nuovo il vento
soffiò
contro di lui,questa volta in pieno petto e in questo caso,estrasse
l'ultima freccia nella faretra e scoccò l'ennesima freccia
nella
direzione contraria alla sua,solo che questa volta scelse di non
togliersi dalla traiettoria del colpo,ma solo piegarsi di lato,nel
tentativo di evitare le mortali mani di Popilio. Schivò il
colpo
appena in tempo,subendo una seria lacerazione del corpetto di cuoio
nella leggera armatura da arciere e per un attimo lo vide,il piccolo
umano dalla celerità sovrumana,con lo spirito del grano che
gli
faceva dono della sua stessa essenza. La mano da bambino come a voler
strappare brandelli di carne dal corpo dell'elfo,che aveva subito un
colpo serio,un colpo pericoloso,uno squarcio che andava da una parte
all'altra del torace. E fu quello il momento che l'elfo stava
aspettando. Sapendo che Popilio sarebbe saltato via come negli
attacchi precedenti,approfittò di quell'attimo,di
quell'esatto
istante in cui il piccolo umano doveva rallentare al punto d'arrivo
per poter saltare nuovamente e lanciare un nuovo attacco e con la
mano che afferrava l'arco sopra la testa di Popilio,in modo da
bloccarlo in avanti con il corpo di legno e vicino la nuca invece la
corda,poi lo tirò a se con la mano che reggeva
all'arco,facendo
scontrare Popilio contro il suo ventre,con stretta forte e
possente,che con secoli di tiro con l'arco gli avevano avevano
irrobustito le braccia,tanto che Popilio non riusciva a liberarsi,per
quanto si sforzasse. Poi con la mano libera,Nym raccolse la freccia
conficcata nella trave bruciata,la strinse nella mano con tutta la
forza che possedeva e poi colpì,da dietro,nella spina
dorsale.
Popilio spalancò la bocca per urlare ma da essa non
uscì alcun
suono. L'elfo lasciò la presa su Popilio e nel mentre
strappò via
la freccia dalla schiena,ormai inservibile e la lasciò
cadere a
terra. Il piccolo umano girò su se stesso prima di toccare
il
suolo,girandosi di schiena,mentre lentamente la vita lo lasciava.
Rantolava alla ricerca dell'ossigeno e nel mentre guardava il suo
uccisore,dal basso,mentre l'azzurro cielo di quel giorno d'estate era
limpido e puro,come l'animo del bambino che Popilio appariva agli
altri.
“Dunque
alla fine,moriamo anche noi. Non è
così?”,disse Popilio,con la
calma di chi ormai si sta rassegnando alla sua ultima ora.
Nym lo
osservò per un attimo e da come parlava Popilio,nonostante
la ferita
subito e il suo modo di parlare in terza persona,proprio come gli
aveva parlato prima di iniziare lo scontro,si accorse che non era
l'umano a parlare,o meglio,non la sua parte umana. Non nè
era
certo,ma forse,era lo spirito a parlare,l'altra parte di
Popilio,quella che ancora non si era espressa pienamente,se non,con
la violenza.
“Tu
sei lo
spirito del grano,dico bene?”,chiese nym piatto,mentre il
sangue
gocciolava lentamente dalle ferite.
Popilio si
fece scappare una risata,che subito si interruppe in un colpo di
tosse,accompagnato da una smorfia di dolore.
“Spirito
del grano,mi chiedo se sia giusto usare questo nome per un essere
come me. Ormai,non bado più ai campi per molto tempo, a
differenza
del resto della mia specie.”
Altri colpi
di tosse seguirono le parole dell'essere che parlava con la bocca del
piccolo umano,che ora pareva assente dalla conversazione. Un suono di
passi che si faceva sempre più vicino a loro due segnalava
che il
gruppo di avventurieri si avvicinava alla loro posizione e con
loro,c'era anche Clara,che lentamente veniva trasportata da Braxus e
Milziade,che la stavano aiutando a reggersi in piedi,mentre passo
dopo passo,si fece sempre più testimone della terribile
mattanza che
vi era stata in quel luogo e come ultima vittima di quella
violenza,lo stesso carnefice che l'aveva causata. Popilio quando la
vide però non parve emozionarsi,restando distaccato a quel
riavvicinamento con la donna che lo aveva cresciuto e tenuto in quel
tempio,come se fosse stato un figlio.
“Dunque,
tu sei l'essere che dimorava all'interno del mio amato
Popilio”disse
l'anziana sacerdotessa triste e indebolita.
“Ha
importanza?”
“Si
c'è
l'ha. Per l'umano con la quale hai condiviso il corpo si.”
“Mi
spiace
per lui. Non era colpevole di nulla. Fra tutti voi era l'unico che
non meritava di fare questa fine. L'unica persona alla quale non ho
voluto fare del male.”
“Perché
spirito? Perché hai usato il mio povero Popilio per compiere
tutti
quegli omicidi? Anni e Anni di cadaveri,per che cosa poi? Cosa volevi
ottenere?”
“L'odio
umana, Odio. Odio per tutti coloro che sporcano la purezza della
terra,che usurpano l'innocenza del solo per la propria smania di
possesso.”
Un cupo
silenzio carico di tensione scese su tutti i presenti intenti ad
ascoltare.
“Odio?”,disse
Nym confuso,come se non riuscisse a comprendere quella semplice
spiegazione.
“Si
elfo,odio. Per voi può sembrare una cosa ridicola,priva di
significato,ma queste terre,all'inizio dei tempi era
pacifica,pura,immacolata. C'è ne erano altri come
me,tantissimi,tanti da occupare quasi ogni singolo filo d'erba in
queste terre fertili. Nel corso delle ere abbiamo assistito
all'arrivo di diverse razze,gnomi,elfi e quant'altro,tutti di
passaggio,prendendo dai campi solo ciò di cui avevano
bisogno,per
poi andarsene senza recare alcun fastidio. Ma poi,dopo ere,giunsero
gli umani. I primi umani notarono che queste terre erano fertili e
abbondanti e quindi decisero di stanziarsi qui,con le loro tende e i
loro accampamenti e all'inizio eravamo in pace con questi nuovi
arrivati. Poi giunse l'agricoltura e iniziarono a coltivare e a
mietere il grano regolarmente ogni qualvolta queste cresceva e
diveniva maturo e in ciò,vedemmo un opera buona e
salutare,vedendo
come questa razza rendesse più semplice il nostro compito di
rendere
i campi rigogliosi e disponibili per tutti coloro che se ne
nutrivano. Ma col tempo gli umani nella zona aumentavano di numero e
più si espandevano più i gruppi si
diversificavano e con la
differenze arrivarono le divergenze e con esse la violenza.
Iniziarono le prime guerre e con i primi morti noi spiriti della
natura imparammo cosa fosse la violenza e non ci
piacque,perché era
malsana e crudele e non aiutava nessuno. Molti della mia specie
iniziarono ad abbandonare i campi,per rifugiarsi in luoghi
più
pacifici e poco alla volta i campi divennero spogli di quelli come
me,a badare i campi di grano e ciò mi intristì.
Generazioni e
generazioni di umani che si erano divisi e nel corso dei secoli
iniziarono a pregarci,i pochi di noi che erano rimasti furono
assimilati ai miti e ai culti delle entità che loro
lodavano,ma la
violenza non finiva,affamati com'erano di espandere i loro territori
e la loro influenza sui loro simili. E poi,giunsero qualche tempo fa
i popoli del sud,con i loro umani e con i loro riti,molto diversi da
quelli che avevo assistito qui. Vinsero e conquistarono queste
terre,portando i loro culti e i loro dei,ma l'odio era rimasto e
ancora oggi e così.”
“Quindi,stai
dicendo che hai ucciso così tante persone,solo
perché dei gruppi di
umani hanno occupato delle terre che già appartenevano a
degli
spiriti?”
“No,ovviamente
non capisci. L'ho fatto perché gli umani hanno portato tutto
ciò
che c'è di sbagliato nella loro razza.
Violenza,avidità,egoismo,tutte cose che ho imparato da
loro...e mi
disgusta che io abbia imparato tutto questo da loro.”
“E
Popilio? Anche lui è umano.”
“Umano
si,ma non come tutti gli altri,lui ha mantenuto la sua innocenza,la
sua purezza. Ha molte più cose in comune con uno spirito
della
natura che con l'animo corrotto dei suoi simili. Mi ricordava com'ero
io un tempo,prima che divenissi simile a loro...”
Altri colpi
di tosse,il corpo di Popilio che sobbalza di colpo in colpo. Si stava
indebolendo,ormai era giunto ai suoi ultimi respiri e in
quell'istante,il suo sguardo si posò su Lucilla,che
osservava la
scena in preda all'angoscia e allo sgomento. Pareva incredula a
quella scena colma di sofferenza,di quell'umano li steso a terra,un
po' bambino è un po' mostro,due anime in un solo corpo.
“Ma
c'è
una cosa che voglio dire,prima di morire. Grazie giovane umana,la tua
gentilezza era genuina,la tua bontà sincera verso questo
piccolo
umano scartato da tutti. Che strano,proprio un umano ,doveva essere
così buono...con lui...lui...che di umano....non aveva
niente...di
malvagio.”
Non disse
più nulla e i suoi occhi vitrei parevano guardare verso il
cielo.
Era morto. Nym si inginocchiò verso il corpo che lui stesso
aveva
martoriato. Posò l'arco a terra e iniziò a
intonare una
preghiera,ma stavolta non in elfico,ma in latino,così che
tutti
potessero capirlo.
“Possa
tu
percorrere il nero fiume che conduce a Tuonela,l'oscura
città dei
buoni e dei malvagi,sulla barca condotta da Tuonen Piika,la sposa
della morte. Trova la pace,nella mente e nello spirito che in vita
non hai trovato. Riposa in pace,figlio degli uomini.”
Finì
così
la sua preghiera e osservò anch'egli il cielo.
Ripensò al
combattimento di prima e notò solo in quel momento le frecce
che
trapassavano il corpo di Popilio,troppo preso dalla conversazione
precedente. Lo aveva visto spostarsi ad una velocità
superiore a
molte creature alla quale aveva dato la caccia,tanto da non poterlo
seguire con lo sguardo. Una velocità che non poteva essere
semplicemente dettato da un fattore fisico e quindi affrontarlo tutti
insieme sarebbe stato pericoloso,lasciando esposta Lucilla ad un
probabile attacco. Ma aveva individuato un punto debole
nell'approccio offensivo di Popilio,i suoi attacchi erano
lineari,senza curve o cambiamenti di direzione durante l'attacco e fu
allora che tornò alle origini del sua esperienza con l'arco.
Se non
poteva seguire gli spostamenti di Popilio,allora avrebbe fatto in
modo che Popilio avrebbe seguito i suoi. Correndo attorno alle
macerie e posizionando tre frecce in punti prestabiliti aveva creato
un percorso da seguire che solo Nym conosceva e non era necessario
che seguisse una tappa prestabilita durante la corsa,se prima avesse
preso la freccia nelle rovine,poi dalla terra e poi dal
cadavere,oppure,prima il cadavere poi le rovine e poi quella a terra
non avrebbe fatto alcuna differenza,ciò che importava era
l'inizio e
la fine,la prima e l'ultima freccia che avrebbe usato. Tutto
ciò
serviva soltanto ad attirarlo a se e renderlo vulnerabile ai suoi
colpi in risposta. Era lo stile della sua gente,della sua
tribù,che
gli fu insegnato a nord,nella sua gelida terra natale.
“L'arco
per gli elfi e qualcosa di più che legno e corda. L'arco e
un corpo
e la corda e l'arteria che l'arciere tende per farlo vivere. Impara
ad usarlo in qualunque situazione e sentirai che esso non è
uno
statico oggetto da usare solo sulla lunga distanza. Infondi vita
nella corda e l'arco pulserà vivo nelle tue mani.”
Le parole di
lei,quella donna,alta,bionda,dagli occhi azzurri e il cuore gentile.
Non l'avrebbe mai dimentica.
“Grazie...madre.”
Lo disse
solo a se stesso,nei suoi pensieri e nel mentre,Clara iniziò
a
piangere,ad urlare,a sfogare il suo dolore. Nessuna gloria per quella
vittoria,nessuna gioia per essere ancora vivo. Il dolore era
palpabile,come il sangue delle ferite che l'elfo aveva subito.
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Capitolo 28 *** Il fuoco della passione,la forza dell'ambizione ***
In
quello stesso istante a Nova. Quartiere dei templi.
La
capitale,come ovvio che fosse,era disseminata di
santuari,più o meno
grandi a seconda dell'importanza del culto seguito. La religione di
stato restava prima fra tutte le altre quella che includeva Giove e
l'intera schiera Olimpica e con essa erano state inserite le antiche
divinità noviane,tra cui Marte,divinità della
guerra,delle legioni
e secondo credenze più antiche anche della
fertilità,dopo tutto,fu
lui a unirsi carnalmente con la vestale Rea Silvia,che da quella
travolgente passione nacquero i gemelli,Romolus e Remus,capostipiti
della futura Nova. Poi c'erano i culti legati alle divinità
dei
sabbie più a sud,importate con le conquiste imperiale in
territorio
Amenosiano,come Ra o Amon,in particolare Iside, Dea della magia,i cui
riti erano segreti a coloro che non erano iniziati ai suoi misteri e
infine,le pratiche religiose introdotte da proseliti di
divinità
orientali,come Cibele, la misteriosa divinità femminile
conosciuta
anche per la sua doppia natura di divinità creatrice e
distruttrice
i cui sacerdoti si diceva,si castrassero volontariamente,offrendo la
propria fertilità alla dea e da qualche tempo si parlava
anche di un
certo Mitra,una divinità maschile della quale si sapeva
pochissimo,importato dai legionari di stanza nelle province
più a
oriente e che combatterono con le antiche civiltà che
padroneggiavano l'arte della cavalleria,nelle immense distese
illuminate dalle luce di Apollo. Tra queste religioni esotiche
però
non erano permessi apertamente i culti delle civiltà
barbariche,
poiché essi praticavano anche il sacrificio umano nei casi
di più
estrema necessità,ma questo non voleva dire che nel privato
certe
cerimonie non venissero praticate,anche se illegalmente. Tuttavia
Nevia non era li per nessuna di loro,non per quelle
divinità,ma per
una in particolare,una divinità che solitamente non sarebbe
mai
stata associata ad una donna come lei. In quel momento Nevia non
indossava nulla che avrebbe ricordato il suo rango all'interno
dell'esercito,ma si era tenuta la veste che gli avevano fatto dono lo
stesso imperatore,che per lei,valeva più di tutti i titoli
militari,le corone d'alloro e i bottini di guerra nell'intera storia
di Nova messi assieme. Il frontone del maestoso edificio davanti a
lei si trovava in una delle arterie principali del complesso ed
elaborato sistema urbano che caratterizzava le vie principali della
città. Una grande entrata in candida pietra bianca divideva
in due
una grande parete frontale sulla quale erano state scolpiti due
bassorilievi di graziose fanciulle vestite di un semplice veste
dall'aspetto nobile e leggero e che copriva le spalle,il petto e le
gambe poco sopra il ginocchio,lasciando allo scoperto l'addome piatto
e il collo e attorno le fanciulle erano presenti dettagli come
colombe ed eroti, piccoli bambini dotati di alette in atteggiamento
spensierato o giocoso e sopra la porta,sulla parte del tetto in
tegole rosse spiccava la statua di bronzo di una donna nuda,alta e
formosa,intenta a coprirsi le zone intime in un atteggiamento a
metà
tra il pudico e il lascivo. Nevia si guardò attorno e
controllo che
la palla,la mantellina adibita all'abito che ormai gli era tanto caro
fosse ben sistemata sopra la testa nell'intento che ciò
potesse
nascondere la sua identità, in quanto la mantellina,nel caso
fosse
abbastanza lunga poteva essere usata anche come velo per coprire la
testa e per sua fortuna la sua poteva farlo. Entrò
nell'edificio con
grande imbarazzo,come se fosse la prima volta che ci entrava e subito
si ritrovò nella grande sala principale dell'edificio. Una
vasta
stanza rettangolare lunga seicentocinquanta piedi e larga centotrenta
al cui interno erano presenti molte decorazioni raffinate e
sensuali,come drappi di morbida stoffa rosa e dorata appesa ai muri e
tutte collegate tra di loro,mentre per tutto il perimetro delle
grandi finestre facevano passare la luce,filtrata da sottili tende di
lino bianco sulla quale erano ricamate delle colombe i cui disegni
erano stati tessuti con sottili fili d'argento e al centro della
stanza,una grande piscina ricolma d'acqua spiccava per quasi tutta la
lunghezza della stanza,al cui centro era stata installata la scultura
di un enorme conchiglia aperta al cui centro spiccava la statua di
marmo di una fanciulla seduta su di un lato del corpo con la lunga
chioma che le scendeva dietro la schiena e solo il petto scoperto era
visibile ai passati,mentre con le ginocchia vicino al ventre copriva
la nuda femminilità del suo essere. Molte persone erano
all'interno
dell'edificio,molte erano donne,giovani e anziane,ma erano presenti
anche degli uomini,tutti in coppia con una ragazza o una donna
più
grande. Quel luogo non si poteva dire che facesse per lei e molte
delle abitudini che aveva la facevano sembrare un amazzone in un
mondo di soli uomini piuttosto di una ragazza,nel fiore della
giovinezza alla quale quel posto non avrebbe dovuto fare alcuna
impressione. Eppure anche lei era una donna e come tale,non poteva
sfuggire a certe usanze,cerimonie e tradizioni del suo popolo. Era
una donna in armi,una donna più forte di molti uomini,ma pur
sempre
una donna e certe cose,volente o nolente,doveva pur farle. Per il suo
bene e anche per non recare offesa alla dea,che in quel momento,come
in altri in passato,doveva chiedere assistenza. E sapeva esattamente
a chi rivolgersi. Camminò lentamente cercando di essere
più
femminile che poteva,dopo anni nell'esercito,in un ambiente dove a
Nova il mestiere della guerra era appannaggio degli uomini le aveva
trasmesso maniere e modi tipici di un veterano piuttosto che di una
fanciulla della sua età,che per tradizione avrebbe dovuto
pensare
solo ad essere una donna rispettabile,sposarsi,avere figli ed essere
la custode del focolare domestico. Ma a lei quel tipo di vita era fin
troppo lontano dalle sue esperienze personali per poter condurre una
vita simile,ma,il fatto che lei fosse in quel luogo,in quel preciso
momento della giornata,voleva dire che anche lei,sotto quella scorza
dura,temprata dal dolore,dal sangue e dalla violenza,si trovasse un
pizzico di dolcezza,di quella candida fragilità che se
avesse
potuto,se gli fosse stato concesso dal fato,anche solo una piccola
opportunità, avrebbe dedicato all'unico uomo,l'unico essere
nel
mondo intero,alla quale avrebbe mostrato la sua vera natura,gli
avrebbe dato tutto di lei,corpo,mente e anima,ogni fibra del suo
intero essere,il suo destino,la sua gioia,nella mani di lui. Lucio
Cornelio Silla. In cuor suo solo Lucio. Passo dopo passo vide delle
ragazze allontanarsi entusiaste,probabilmente bisbigliando il nome di
alcuni ragazzi per la quale provavano una cotta
adolescenziale,affiancò anche il percorso di una coppia di
giovani
sposi,giovani per così dire,in quanto elfi e per tanto
potevano
vivere per interi secoli,lei con un vistoso pancione,felice come lui
di quella nascita tanto attesa e per un attimo,solo uno,Nevia
provò
un poco di invidia per quella donna,la gioia di coltivare il frutto
di un amore,libero e spontaneo e non doverlo nascondere a tutto un
impero,all'esercito,al suo imperatore. Com'era fortunata quell'elfa.
Giunse alla fine della vasca e davanti si trovò ad un grande
altare
di candido marmo bianco,decorato con un sottile strato di foglia
d'oro sulla quale erano stati sbalzati dalle mani di un abile orafo
la scena di una festa bucolica,nella quale erano numerosi
invitati,molti umani tra uomini e donne e in mezzo a loro,quasi
nascoste tra gli alberi,delle ninfe,donne di straordinaria
bellezza,spiriti della natura dall'aspetto di giovani fanciulle dalla
grazia irraggiungibile,alla pari di quella degli elfi,com'era di
solito pensare la gente comune del popolo del lontano nord. Ma era
sopra l'altare l'opera più bella di tutte in quel punto
preciso
della sala,una grande statua di bronzo,alta quasi nove cubiti e
decorata con un pendente d'argento con una pietra rosa e una
coroncina d'argento fatte appositamente in scala per la scultura
rappresentava Venere,la dea della bellezza,dell'amore,del sesso e
della passione e quel grande edificio era il tempio dedicato a lei,in
tutta la sua graziosa gloria,come la più bella tra le
divinità
dell'Olimpo. Di fronte all'altare erano presenti alcuni persone
intente a lasciare offerte ai piedi dell'altare,tutte di natura
floreale:ramoscelli di mirto,rose e papaveri, alcuni portavano anche
una mela,solitamente gialla,a ricordare il mito del pomo d'oro, che
fu alla base di un antico conflitto nel nome di una donna. Vicino
all'altare era presente una ragazza umana,.vestita di un abito bianco
ornato di dettagli floreali che ricordavano il mirto,era più
alta
delle tipiche ragazze noviane,aveva i capelli lunghi,rossi,chiusi in
una coda di cavallo,occhi verde chiaro e labbra sottili. Era intenta
ad accogliere e benedire i fedeli che lasciavano offerte ai piedi del
simulacro di bronzo,con un tono di voce caldo e delicato,come solo un
accolita della dea dell'amore poteva essere. Nevia gli si
avvicinò,tenendo la testa china e leggermente di lato come a
non
voler rivelare la propria identità agli altri presenti.
“Ho
bisogno di un consulto privato per una questione sentimentale.
Necessito di colei che lenisce i dolori del cuore.”
“Vai
pure colombella,lei ti sta già aspettando.”
E
la ragazza gli indicò con la mano aperta un ingresso sul
fondo,che
collegava ad un altra sezione del tempio e Nevia,dopo aver chinato
leggermente il capo in segno di ringraziamento si allontanò
dalla
ragazza e proseguì per la sua strada.
“Ah,colombella...”,pensò
ironicamente Nevia a quel dolce appellativo.
Se
avesse saputo chi fosse realmente lei in realtà avrebbe
visto nei
suoi occhi la fierezza di un aquila reale,un fiero uccello da preda
che guardava con occhio attento verso il basso in cerca di una nuova
preda di cui nutrirsi e non una specie di piccione completamente
bianco il cui unico scopo era quello di essere divorato,oltre che
essere l'animale sacro di Venere questo è certo. Ma era un
aquila
ferita nell'orgoglio,un rapace umiliato di fronte ad un assemblea di
pomposi pavoni con indosso la toga senatoriale e adesso,costretto a
volare più in basso di quanto faceva prima,sia
metaforicamente,che
letteralmente,in quanto con il grado e il comando,gli fu portata via
anche l'armatura della sua legione,la ventiduesima legio Superba.
Superò la soglia indicata dalla ragazza e subito si
ritrovò in una
sezione del tempio molto diversa dalla sala precedente. Un piccolo
giardino interno a cielo aperto era circondato da un portico
rettangolare sostenuto da colonne fini e ben decorate,dove sui muri
erano presenti scene legate al culto della dea dell'amore. Venere che
esce dalla spuma del mare e poggia i piedi sulla terra,che nuda,cerca
di coprirsi con la prima cosa che trova,un cespuglio di mirto,che per
appunto e sacro alla dea. Le scene d'amore con i numerosi amanti:
Adone,Marte,Anchise da cui ha avuto Enea,leggendario personaggio
legato alle origini di Nova e molti altri,sposa di Vulcano, dio della
forgia, che puntualmente tradiva con altri uomini. Dea dell'amore
si,della fedeltà coniugale no di certo,per quella ci si
rivolgeva a
Giunone,moglie e sorella di Giove. La carica erotica di alcune scene
aggiungeva altro imbarazzo all'ex comandante della ventiduesima,che
non pratica di certe esperienze distoglieva lo sguardo,per quanto
potesse da quei murali che in pubblico si sarebbero detti osceni e si
concentrò sulla figura del giardino,vero punto d'interesse
di Nevia
e motivo della sua visita al tempio. Il giardino era ricolmo di
cespugli di mirto,di rose e un grosso appezzamento di terra legato
alla cura e alla crescita dei tulipani,ma niente di quelle piante
poteva sconfiggere in bellezza e maestosità l'unico albero
di tutto
il giardino. Un grande melo,più grosso di molti altri suoi
simili,dai rami lunghi e folti,dalla quale crescevano delle mele
dalla buccia d'orata,così lucenti,da sembrare che fossero
realmente
fatte d'oro. Nevia si incamminò per una scaletta di pietra
che
scendeva di pochi gradini e poi,si entrava in diretto contatto con la
morbida erba del prato,ma prima,sull'ultimo gradino,si tolse i
sandali,per non offendere il luogo sacro con la polvere della strada.
Nonostante il tempio si trovasse in piena città in quel
punto
specifico pareva che i suoni della capitale,anzi,del mondo esterno,di
certo una cosa bella dei templi,almeno per quanto riguardava
l'architettura noviana,nella loro struttura e costruzione,per la
maggior parte delle volte,quando non erano in corso
festività
particolari,sapevano essere edifici silenziosi e pacifici,in grado di
ristorare l'anima dei fedeli con il sacro silenzio che i visitatori
erano obbligati a rispettare nei momenti di preghiera e di
offerta,creando così,piccoli mondi a se stanti e il divino
ne faceva
da assoluto padrone. La ragazza si mosse pian piano verso il grande
albero,dove sotto le fronde,in lontananza era seduta una piccola
donna,una gnoma,alta quanto una qualunque bambina umana,intenta a
parlare con l'albero. Una situazione alquanto bizzarra per un
qualunque visitatore. Ma non Nevia,che sapeva esattamente cosa stava
succedendo,non essendo la prima volta che assisteva a quello
spettacolo. Più si avvicinava e più vide che
nella corteccia
dell'albero sacro spuntava il contorno di una donna,una fanciulla che
si muoveva nell'albero,modificando in continuazione la
corteccia,facendolo sembrava acqua quando si spostava. L'essere non
aveva esattamente caratteristiche tipiche delle persone comuni,in
quanto non aveva capelli,ne arti,in quanto era immersa nel vegetale e
soprattutto,non aveva organi di senso,come il naso o la bocca,ma due
fessura all'altezza degli occhi davano l'impressione che il viso
fosse una maschera,un imitazione di un volto umanoide, senza
bocca,senza naso e senza orecchie,ma solo due inespressive orbite di
legno.
“Ancora
a parlare con le piante Cleia?”,disse Nevia rivolta alla
gnoma.
La
gnoma,sentendo quella voce,si girò lentamente verso la
ragazza.
Cleia aveva capelli castani,lunghi e leggermente ricci,che scendevano
elegantemente su di una spalla e poi le cadevano vicino al petto,in
una nobile acconciatura,degna del suo ruolo in quel luogo. Aveva
occhi nocciola e un sorriso dolce e indossava un piccolo peplo
rosa,con un sottile e raffinato cingulum di cotone finissimo,rosso
acceso,a significare la passione e su una spallina portava una spilla
d'oro a forma di un cuore trafitto da una freccia,chiaro riferimento
ad Eros,dio della passione e figlio di afrodite.
“Quest'albero
si dice venga direttamente dal giardino delle esperidi,dove pare che
Ercole abbia preso tre mele d'oro per conto di re Auristeo.”
“Mi
avrai raccontato questa storia almeno un centinaio di volte.”
“Tutte
le volte che sei venuta qui a farmi visita.”
“Già.”
Nevia
si mise su di un ginocchio e poi allungò le braccia verso la
gnoma,che senza aspettare un altro secondo di
più,delicatamente,le
arrivò al petto e l'abbracciò,senza fare la ben
che minima forza.
“Mi
sei mancata piccola sacerdotessa.”
“Mi
sei mancata anche tu,amica mia.”
Cleia
sentì le braccia di Nevia stringerla a se dolcemente,in un
gesto di
reale e sincero affetto,per quella piccola creaturina che a fatica
gli arrivava all'altezza del bacino. Poi la gnoma si staccò
da quel
caldo abbraccio e tornò a osservare il volto di Nevia con un
sorriso
raggiante.
“Oh
ti prego,siediti pure,non fare complimenti.”
Lei
due si sedettero a piedi nudi sull'erba,fresca e delicata al contatto
con la pelle,segno che la terra era buona e il verde curato da mani
esperte.
“Allora
Nevia,hai già incontrato la nuova iniziata al
tempio?”
“Si,
sembra brava ad accogliere i fedeli.”
“Già.
Eubea è portata per il sacerdozio. Un giorno con un po' di
fortuna
potrà arrivare al rango di sacerdotessa esperta. E una brava
ragazza,se lo meriterebbe.”
“E
tu invece? Nell'ultima lettera mi hai scritto che sei diventata somma
sacerdotessa. Immagino che gestire il più importante tempio
di
Venere in tutto l'impero non sia un impresa facile.”
“Beh,diciamo
solo che alcuni giorni sono più duri di altri,credimi,la
vita come
sacerdotessa è tutt'altro che rosa e fiori,come credi che
sia. Ma ti
dico,vedere nuove coppie che si formano e mettere su
famiglia,benedire le donne che cercano di avere un figlio. Giovani
amanti che vengono a chiedere alla dea di proteggere il loro amore.
Queste cose danno le loro soddisfazioni.”
“Si,lo
immagino.”
Il
volto dell'ex comandante si fece più triste e alla
sacerdotessa di
Venere,non sfuggì quell'aria truce. Cleia
cancellò il sorriso dal
proprio volto e si rivolse nuovamente all'umana accanto a lei.
“Confessami
i segreti del cuore ferito,cosicché la dea possa alleggerire
la
sofferenza del cuore.”
Quelle
parole,quelle esatte parole che Cleia le diceva ogni volta che veniva
a trovarla,per dar sfogo ai suoi pensieri,alle sue paure,a tutte le
sue incertezze,sapendo che con lei, avrebbe potuto dar sfogo ad un
fiume di parole per dire quello che provava in quel momento,mentre
con lui,la ragione di quel la sofferenza,non avrebbe saputo far
uscire nemmeno una parola,un respiro,nemmeno un sibilo,su quello che
provava realmente. Il solo immaginare di poter confessare i suoi
sentimenti a Silla gli mozzava il fiato in gola.
“Non
temere,nulla di ciò che dirai sarà giudicato o
divulgato. Lo giuro
sul nome di Venere che protegge gli amanti.”
Di
nuovo questa frase, un sacro giuramento che la sacerdotessa fa nel
non divulgare niente di quello che gli viene confessato riguardo ai
problemi di cuore di chiunque venga a esporre il suo dilemma
sentimentale,pena,la scacciata dal tempio e la maledizione da parte
della dea. Una punizione da parte dello stato,in caso di calunnia e
quindi legalmente perseguibile,l'altra di origine divina il che
poteva cambiare da colpevole a colpevole, dal ricevere ad un aspetto
orrendo fino alla morte e nel mezzo anche la sterilità. La
dea
dell'amore sapeva punire in modi crudeli e sinistri.
Nevia
fece un sospiro è si fece coraggio. Il momento di liberarsi
da quel
peso era giunto.
“Sono
tornata da poco a Nova,dopo che ho lasciato la mia legione per ordine
di tornare subito nella capitale e lui...mi stava aspettando,ma non
era felice di vedermi.”
“Lui
era arrabbiato?”,chiese Cleia preoccupata.
“Molto.”
“Ti
ha fatto del male?”
“Mi
ha chiesto di mettere alla prova le mie capacità contro di
lui. Ho
perso di fronte alla sua forza.”
“Non
hai risposto alla mia domanda.”
“Abbiamo
combattuto...ma era ovvio che non potessi vincere. Gli è
bastato un
solo colpo per mettermi fuori combattimento.”
“Poi
cos'è successo?”
“Mi
sono risvegliata in una stanza del palazzo,a letto è
sconfitta.
Prima di svenire mi aveva detto che ero stata privata del mio titolo
e del mio rango nell'esercito. Ieri sono stata processata è
adesso
devo espiare la mia colpa con un altra missione e non potrò
fare
ritorno a Nova finché non avrò terminato questo
compito,pena il
congedo con disonore.”
“E
l'uomo per la quale provi questo amore era presente a questo
processo?”
“Si.
Era lui che faceva da giudice.”
“Capisco.
Come ben sai non so nulla della vita militare o di cosa voglia dire
essere un soldato e sai bene cosa penso al fatto che una donna faccia
un mestiere da uomo,sopratutto il soldato. Ma capisco quando una
donna è in difficoltà riguardo a ciò
che prova per un altra
persona e credimi,i sentimenti che provi per quest'uomo sono
pericolosi.”
“Che
vuoi dire?”
“Voglio
dire che stare vicino a questo individuo non possa farti alcun bene.
Da come lo descrivi sembra un uomo violento,il genere di personaggio
che preferisce farsi obbedire attraverso il pugno di ferro invece
della bontà d'animo e temo,che tu sia caduta vittima di
questo
strano fascino a che ha fatto presa su di te.”
Nevia
abbassò la testa,come ferita da quelle parole
così sincere e
dirette,dette con autentica preoccupazione più ad una amica
che ad
una delle tante ragazze giunte da lei in cerca di comprensione e
Nevia di comprensione ne aveva molto bisogno. Cleia lo sapeva bene.
Quante volte gli capiva di sentire le confessioni di ragazze e di
donne, che venivano maltrattate,picchiate o peggio dai mariti
violenti e non avevano il coraggio di denunciare o quanto
meno,lasciare la casa e chiedere asilo dentro il tempio,dove
sarebbero state protette sotto il nome di Venere e mai più
perseguitate dai coniugi maneschi. Il timore che anche l'amica,solita
portare la splendente armatura da comandante fosse un altra vittima
di questa vergognosa pratica da parte di un uomo,che non meritava
tale affetto. Quello che gli aveva detto poco prima, rabbia,una prova
di forza ed una punizione, parevano tutti segni di un atto di
violenza fine a se stessa in tutto e per tutto. La gnoma,voleva
indagare più a fondo sulla questione.
“Nevia,ho
bisogno di sapere una cosa e vorrei che tu fossi completamente
sincera con me,te lo chiedo sia come sacerdotessa che come
amica.”
Nevia
non rispose ancora,preda di quelle parole che gli erano state dette
poco prima.
“Lui,ti
ha mai fatto qualcosa che possa aver compromesso la tua
innocenza?”
Nevia
rialzò la testa,mostrando alla piccola donna un espressione
a metà
tra il confuso e l'inorridito,come se avesse compreso solo per
metà
cosa cercava di dirgli.
“Ti
ha mai fatto qualcosa,della quale tu ti sia mai dovuta
vergognare?”
L'umana
pareva ancora più infastidita da quello che aveva appena
sentito
uscire dalla bocca di Cleia.
“Dimmelo.
Se ti ha fatto del male ti prego,dimmelo. Se ti ha fatto del male,se
avesse abusato della sua posizione su di te allora dimmelo. Non
saresti la prima,credimi. Non sarebbe tua la colpa di quanto ti
è
accaduto.”
“Mi
stai chiedendo se mi ha mai...per chi mi hai preso Cleia? Non
confondermi con le fragili donnette che vengono qui a elemosinare
pietà per problemi che potrebbero risolvere con le loro
stesse mani.
Credimi amica mia,altri hanno provato a prendermi sotto gamba solo
per il fatto di essere una donna in mezzo a tanti uomini e hanno
avuto di che pentirsene...amaramente e con dolore,tanto che non si
sono più permessi di compiere nuovamente lo stesso
errore.”
Il
modo in cui aveva pronunciato quella frase aveva risvegliato per un
attimo quella sua caratteristica personale,quella fiammeggiante
ferocia che animava ogni sua azione,che fosse dentro o fuori
dall'esercito. Il fuoco che animava Nevia era una fiamma dettata
dalla durezza e dalla cruda realtà che l'aveva temprata come
ferro
grezzo,fino a modellare la forte e determinata donna che era adesso.
Per Nevia essere considerata una donna fragile e inerme era un
insulto personale che andava punito nel medesimo istante in cui era
stato lanciato. In quel momento la piccola donna era leggermente
intimorita da quella quella ragazza dall'anima così' cocente.
“Ma...”
Nevia parve calmarsi di colpo,raffreddando la cocente furia che in
quel momento alimentava il suo spirito,così combattivo e
votato allo
scontro, “Quando mi trovo di fronte a lui,quando penso a
lui,io mi
sento come inerme,vulnerabile,fragile,come una servetta
qualunque,timorosa di fare qualcosa di sbagliato di fronte al padrone
di casa. Anche adesso,in questo istante,la sua sola immagine nei miei
pensieri mi fa tremare le gambe,sento il cuore accelerare il battito
e inizio a sentire che ogni fibra del mio essere inizia a bruciare e
quando gli sono vicino sento che potrei prendere fuoco da un momento
all'altro,se mi toccasse con la stessa delicatezza con cui si tratta
una donna desiderata.”
“Nevia,capisco
quello che provi,ma dovresti chiederti se sia un sentimento sano
quello che provi per lui e sopratutto,lui merita questo tuo amore
incondizionato?”
“Se
non lui,allora nessun altro a questo mondo lo merita. Gli devo ben
più del mio amore per lui. Gli devo la mia
lealtà,la mia vita e se
potessi gli darei anche l'anima. Io cederei a lui tutto il mio
essere,se sapessi che ciò possa concedermi anche solo un
pezzo,un
singolo frammento del suo affetto,delle sue attenzioni per me. Se
solo lui mi vedesse come una donna. Se solo lui pensasse a me come
vorrei che facesse nei miei sogni più proibiti.”
La
ragazza,chiuse le mani strette all'erba del prato,come a volerla
strappare via dal giardino curata con tanto amore,affondare le forti
dita nella terra,strappare il suolo terroso che appartiene a
Venere,con la stessa forza che aveva Silla,avrebbe strappato le
fondamenta stessa del tempio,fino ad affondare con le mani nel suolo
della città,distruggere tutto,per appagare il dolore che
stava
confessando in quel momento.
“E
invece lui,invece lui....per lui sono solo un soldato. Una dei tanti
uomini alla quale dare ordini e dispiegare al fronte per poter
prendere nuove terre nel nome dell'impero,o difendere un punto
strategico a fini bellici. Mi ha assegnato una legione e mi ha
spedito dove c'era bisogno di me. Poco mi importava che fosse nel
nord,gelido e senza civiltà,o nel cocente sud,dove la sabbia
rovente
brucia la pelle come in un forno e l'aria secca del deserto non da
tregua alla fatica delle marce forzate. Persino durante la guerra
civile,prima che divenissi comandante,gli sono stata a fianco,
più
di chiunque altro sul campo di battaglia,seguendolo sempre,come
farebbe un cane fedele col suo padrone,o meglio,come una schiava
innamorata del padrone. Ho combattuto per lui,ho sputato sangue per
lui, ho fatto tutto quello che uomini più deboli non
sarebbero
riusciti a fare,faticando,sudando,soffrendo,al punto che spesso mi
sono sentita morire e temendo che ancora uno sforzo in più
mi
avrebbe condotta direttamente negli inferi,solo per vedere i suoi
occhi che incontravano i miei,sapere che era orgoglioso di me,che gli
avevo reso onore,nella speranza che un giorno,se gli dei avessero
voluto,che fosse venuto da me,mi avesse preso tra le sue fortissime
braccia,mi avesse fatto una carezza,mi avesse baciato,mi avesse
toccato e fatto di me quello che voleva,spogliandomi di ogni
innocenza e di ogni imbarazzo. Che si fosse impossessato della mia
castità e mi avesse fatto sua,come gli eroi degli antichi
miti
facevano con le loro amanti,tanto gloriosi,quanto passionali.”
Ad
ogni parola che Nevia pronunciava la figura dell'orgoglioso
soldato,con la sua armatura lucente e il suo sguardo fiero faceva
posto ad una fanciulla innamorata,un piccolo fiore in balia della
tempesta delle sue passione segrete,che si apriva in maniera
dolce,delicato e fragile,ma così pieno di
vita,così bello e
forte,con tutta la sua vulnerabilità e la sua fulgida,ma
naturale
bellezza. Cleia che la stava ascoltando in quel momento poteva
sentire tra una parola e l'altra il suono di un cuore spezzato,colmo
di dolore e di disperazione,ma allo stesso tempo così
pulsante,vivo
e carico di speranza. Di fronte a lei c'era un dilemma che persino
lei non sapeva come risolvere. Una ragazza innamorata che non poteva
rivelare il suo amore all'uomo che desiderava, costretta a stare a
fianco della fiamma della passione che la divorava ma rischiando al
contempo di bruciarsi se si fosse avvicinata troppo e di morire
congelata se gli fosse stata troppo lontano. Di certo questa era la
confessione d'amore più complicata ed enigmatica che lei
avesse mai
sentito pronunciare da una singola persona e definire questo
sentimento come straziante era un piccolissimo eufemismo.
“Vorrei
solo che una volta,che almeno una volta,mi vedesse per quella che
sono davvero. Vorrei che si accorgesse di quello che provo per lui e
che mi amasse. Una volta sola,anche una sola volta in tutta una
vita,per un singolo istante dell'intero scorrere delle nostre
vite,cosa provo per lui e mi ricambiasse. Agli dei Cleia,chiedo solo
questo. Nient'altro che questo.”
Rabbia,angoscia,ansia,tristezza.
Un fiume di emozioni era scaturito dall'anima di Nevia e la corrente
di quelle affermazioni era così forte,che la piccola
sacerdotessa
non seppe come replicare sul momento,non trovando in tutto il
monologo di quella ragazza un solo attimo in cui riuscì a
replicare
una singola parte di tutta quella rivelazione. Cleia ci
pensò un
attimo prima di rispondere,cercando attentamente quale parole usare
con l'amica di vecchia data,conoscendola doveva rivolgersi a lei in
maniera molto dolce e comprensiva. Lo sfogo che aveva appena udito
era la chiara dimostrazione della fiammeggiante natura di quell'umana
abituata ad indossare l'armatura,piuttosto che i più consoni
e
leggiadri abiti delle sue coetanee.
“Io
non...non immaginavo che le tue emozioni per quest'uomo fossero
così
grandi. Nei nostri precedenti incontri non ti eri mai mostrata
così...aperta,nel rivelare quello che si cela nel tuo cuore.
Sono
colpita,dico davvero. Ma,forse,sono io che ho interpretato male la
natura di colui che tu ami più di te stessa. Sai,non mi hai
mai
parlato di lui,se non qualche sporadico dettaglio del vostro
rapporto. Non mi hai mai detto come vi siete conosciuti o come
è
nato questo legame che vi unisce in maniera alquanto bizzarra. Cosa
sai dirmi di lui?”
“Che
è un uomo forte,ancor più nel fisico lo
è nel carattere. Non l'ho
mai visto sorridere,nemmeno una volta. Non riesco mai a capire cosa
gli passa per la testa è a volte mi riesce difficile
comprendere
alcuni dei compiti che mi affida. Ha un animo duro,impassibile,da
molta importanza alla forza,sia quella fisica che quella dello
spirito. Anche quando ascolta gli altri segue unicamente la propria
volontà. Ma...fin da quando lo conosco,non ha mai fatto
nulla che ai
miei occhi possa ritenersi non degno di un uomo del suo calibro.
Nonostante i suoi difetti, sa essere
fiero,orgoglioso,coraggioso,leale è onorevole. Non ha mai
approfittato della sua posizione per aggirare gli ostacoli che gli ha
imposto la sorte né ha reso più facile la sua
vita con
intrighi,inganni e giochi di potere tipici del suo ruolo. Mi ha
aiutata ad essere più forte,a credere in me,a non arrendermi
e nel
contempo mi ha addestrata a combattere,me,una donna. L'ho seguito
perché lo amo e lui non mi ha scacciato e nemmeno mi ha
accolta. Mi
ha trattato con durezza è non mi ha mai reso le cose facili.
Ma mi
ha concesso la mia libertà,senza impormi alcun obbligo o
divieto,
quindi puoi immaginare perché ho più cose in
comune con i maschi
che con le femmine. Potrei andare avanti all'infinito a parlare di
quell'uomo. Ma immagino che questo basti per immaginare che genere
d'uomo sia colui alla quale ho consacrato il mio cuore.”
“A
dire il vero no. Mi sfugge ancora la natura di quest'essere che tu
segui ciecamente. Lo hai descritto come un essere formato da elementi
che si contrappongono tra di loro, un anima complessa non
c'è che
dire...”
Cleia
si interruppe non sapendo con quali parole dire quello che pensava
riguardo a tutto quello che aveva appena sentito sull'individuo da
lei amato e francamente, non era certa che dandogli una qualche
risposta,Nevia avrebbe capito,o meglio,accettato,dato che ormai era
chiaro che l'amore che provava cancellava ogni ragionevolezza,ogni
criterio sensato, un sentimento così intenso che la forza di
tale
amore pulsava da ogni parola detta in precedenza dalla ragazza che la
gnoma stessa,per un attimo temeva di essere aggredita dalla stessa
Nevia. Un amore così cieco e folle che solo Eros,con le sue
frecce
potesse innestare nell'anima di un mortale una passione così
travolgente,pura e passionale,cancellava ogni forma di intelligenza
degna di una persona razionale e la faceva tornare ad uno stato di
selvaggia pulsione,degna di un animale.
“Non
posso obbligarti a chi donare il tuo affetto,questo è una
violazione
contro i principi di Venere sull'amore e sulla passione della quale
lei ci ha fatto dono e sarebbe crudele dirti di non provare
più
nulla verso questa persona.”
“Ti
ringrazio per la tua comprensione e....”
Ma
Cleia la interruppe appoggiandogli la piccola mano da bimba sulla
sua,che al contrario era grande,forte e dura,mano di soldato,abituata
a reggere armi e agli allenamenti più duri. Non esattamente
la mano
di una tipica fanciulla in età di marito.
“Ma
ti d'ho due consigli,come sacerdotessa e come amica. Come
sacerdotessa ti dico di rinunciare a questa vita da soldato. La dea
stessa non ama i conflitti è disapprova il fatto che una
fanciulla
che dovrebbe pensare alle passioni dettate dalla giovinezza
preferisca la guerra e le marce solo per amore di un uomo. Ma come
amica ti dico di stare attenta,spesso,l'amore che proviamo per
qualcun altro ci attrae a persone pericolose,come una falena che
viene attratta dalla fiamma. E vero che al cuore non si
comanda,questo è un dato di fatto, ma possiamo scegliere
come
vogliamo essere trattati da coloro che teniamo di più a
questo
mondo. Venere ci insegna che l'amore è un sentimento
libero,passionale,molte volte cieco e irrazionale,ma mai e poi mai,
incatenato a qualcuno. Non essere schiava di un sentimento che non
viene ricambiato, certe passioni sono una falsa speranza,non donano
alcuna gioia e alla fine si è preferito inseguire un sogno
che
accettare la realtà. La verità fa male, ma un
amore disilluso può
fare di peggio.”
Nevia
si girò quel tanto da poter intravedere l'amica da sotto la
mantellina che le faceva da velo,scrutando nello sguardo di Cleia una
preoccupazione,reale e sincera. Nevia la guardò sconsolata e
con
ancora la mano della gnoma sulla sua,la prese nel suo palmo e la
strinse dolcemente,consapevoli di quel silenzio,che pareva
più forte
di qualsiasi urlo è più intenso di qualunque
grido di battaglia.
C'erano solo loro in quel momento nel giardino,a parte la ninfa
naturalmente.
“Sai...”,disse
Cleia tutto d'un tratto, “Oggi non ho molto da fare. Ti
andrebbe di
farmi compagnia? Oggi pomeriggio danno uno spettacolo di Clemodio,le
sue commedie mi fanno sempre morire dal ridere. Ti va di
venire?”
Nevia
ci pensò un attimo,indecisa se andare oppure no. Ma
si,infondo,se
proprio doveva soffrire per amore fino alla fine dei suoi giorni,
tante valeva che si facesse due risate prima di lasciare questa vita.
“Si,senz'altro.
Ci fermiamo a mangiare da qualche parte a pranzo?”
Cleia
annuì desiderosa di aiutare l'amica a distrarsi per un po'.
Se solo
Nevia avesse saputo quello che la piccola sacerdotessa sapeva di lei.
Ogni volta che entrava in contatto con la ragazza,con ogni
abbraccio,con ogni tocco gentile,con tutte le volte che era entrata a
contatto con la pelle dell'umana il dono fattole dalla dea le
permetteva di intravedere chi fosse l'individuo citato da lei ogni
volta che veniva a parlare di lui. Entrando nell'intimità
del cuore
di Nevia attraverso il contatto fisico,Cleia intravedeva tutte le
volte la stessa identica figura dai contorni poco
chiari,poiché solo
agli dei era concessa la piena consapevolezza delle visioni che
facevano dono ai loro protetti. Un uomo alto,forte e con muscoli
massicci. Aveva l'impressione che fosse una figura autoritaria e che
da quella possanza emanasse un aura di solenne potenza e
maestosità
assai rara. Gli veniva in mente un uomo solo presente in
città,però...no,non poteva
essere,perché se l'uomo descritto da
Nevia fosse stato lui,allora quell'amore era destinato già
in
partenza ad essere un disastro. Così grosso,così
possente,così
bello e dagli occhi di ghiaccio. No, certo che no,non poteva essere
lui. C'erano così tante persone in città e magari
la capitale
dell'impero era pieno di persone così nell'esercito. Ma
si,si sarà
sicuramente sbagliata, questo era quello che credeva Cleia.
Si,sicuramente aveva interpretato male la visione mandatale dalla
dea. Si, sicuramente era così.
Qualche
ora prima,nel palazzo dell'imperatore.
La
camera dell'imperatore era sommersa nella semi-oscurità e
nella
riservatezza più assoluta. Sudore,caldo,umidità.
Sesso. Nudo e
possente, statuario e orgoglioso. Energico,eroico, grandioso. Lucio
Cornelio Silla guardava il soffitto con aria seccata,mentre sul suo
letto,quattro delle più ammirevoli e rispettate sacerdotesse
di
Venere giacevano nude nel suo letto,stanche,sudate,spossate per la
poderosa potenza con la quale erano state soddisfatte,tutte e tre
contemporaneamente. Le sacre prostitute di Venere,così
venivano
definite le sacerdotesse che prendevano servizio sotto la custodia
della dea, addestrate nelle arti segrete dell'amore,a
truccarsi,vestirsi ed apparire come simulacri di carne ossa della dea
stessa,come se la stessa Venere fosse scesa in terra a sedurre un
altro mortale. Ansimavano tutte e tre debolmente,senza fiato,senza
energia e nemmeno con i loro poteri amorosi erano state in grado di
piegare quell'uomo,quel toro,quel dio fatto uomo,per quante volte
avessero insistito,per quanto si fossero impegnate,per quanta
fatica,per quanto ardore,passione,amore per l'atto sessuale in
se,niente. Più di una volta l'imperatore era stato in grado
di
soddisfarle con i suoi colpi di bacino,con la forza dei suoi fianchi
e con la potenza della sua virilità e per quante volte le
tre sacre
amanti di letto,non gli davano alcuna gioia,l'atto del
coito,già
stancante di per se un uomo comune,lui lo aveva ripetuto più
e più
volte,ma lui niente,si sentiva esattamente come prima del rapporto.
Una prova di forza,quel poderoso atto sessuale era stato per lui una
prova di forza,nulla di più. Si sentiva ancora in forze e le
energie
non l'avevano abbandonato,era vigoroso e carico e quelle tre di
certo,non erano state una sfida degna per le sue prestazione. Si
alzò
dal grande letto senza badare alle tre ragazze ancora in preda al
piacere dell'atto,o meglio,degli atti precedenti,si rivestì,
con
assoluto disinteresse per le tre ospiti e uscì dalla sua
stanza,senza un saluto,un accenno o l'ordine di sgombrare la loro
presenza da li. Non gli importava niente,com'erano arrivate se ne
potevano anche andare,tanto,non sarebbe state le prime sacerdotesse a
salire sul suo letto,non sarebbero di certo state le ultime, o
almeno,fino al giorno in cui non avrebbe preso moglie. Già
moglie.
Era già nel corridoio che divideva la stanza dalla camera
del senato
e i busti nel corridoio dei precedenti imperatori sembravano
testimoni silenziosi dei suoi pensieri. Una moglie, una imperatrice
consorte, una fedele compagna,la madre di un suo erede,insomma,una
seccatura. Come in tutti i paesi,i regni,gli imperi,dalla
comunità
più piccola,selvaggia e insignificante,al trono
più maestoso e
regale che si potesse immaginare un capo,non poteva non avere una
compagna,perché senza una compagna non si poteva avere figli
e senza
figli,non c'erano eredi legittimi. Seppur fossero passati otto anni
da quando era salito sul trono e aveva spodestato la vecchia
dinastia,non si era interessato in alcun modo a perpetrare il suo
sangue e quindi il trono sui cui si poggiava il suo potere e
l'equilibrio del suo impero,si trovava su di un equilibrio precario e
in timore che l'imperatore non potesse avere figli,annualmente,il
senato dovette promuovere una mozione che andava a favore del bene
dello stato e contro l'autorità dello stesso Silla,che
avrebbe
preferito evitare una simile idiozia. Per questo la prima volta fu
chiamata una sola sacerdotessa per verificare se l'imperatore fosse
effettivamente in grado di generare un figlio e quando il primo atto
finì,la sacerdotessa uscì dalla stanza
più stravolta e sfiancata
di quanto credesse e commentando all'intero senato che l'imperatore
aveva in corpo l'energia e la prestanza di un dio in terra,una cosa
che mai uomo mortale di norma riuscirebbe mai a fare. E
così,di anno
in anno,Silla e costretto a ripetere quel rituale quattro-cinque
volte l'anno,nella speranza che la virilità del imperiale
sovrano
non vada scemando col tempo e fino a quel momento,le sue imprese in
nome dello stato non avevano mai deluso. Semmai era lui ad essere
deluso,o meglio,seccato da questa inutile preoccupazione. Moglie e
figli saranno arrivati a tempo debito,quando avrebbe voluto lui. Ora
aveva ben altro nella testa. Uscì dal corridoio e vide che
non c'era
nessuno nell'immensa aula. Bene,per una volta i senatori non lo
avrebbero tediato con i problemi riguardanti le guerre,l'economia,le
ultime mode in voga nel popolo contro la morale pubblica,i nuovi
culti,i trattati con gli altri paesi,la diatriba ancora aperta con il
regno di Amenosi e tante altre cose della si potevano occupare anche
loro,se tanto ai senatori stava a cuore il benessere dell'impero e
della sua morale,quando loro stessi di morale in realtà ne
avevano
ben poca e l'unica cosa candida e pulita che c'entrasse con i padri
coscritti era il marmo sulla quale poggiavano la loro pomposa
persona. Che spreco di spazio per buona parte di loro,dato che molti
di senatori,secondo Silla,non servivano a niente. Passò la
porta e
superò un manipolo di guardie pretoriane,che nell'esatto
momento in
cui stavano per seguirlo a lui bastò un semplice cenno della
mano
per bloccarli sul posto. Che non lo seguissero, visto che dov'era
diretto la loro presenza sarebbe stata scomoda. Restò sempre
all'ultimo piano del palazzo-quartiere dell'imperatore,girando a
piedi per almeno un ora,tanto quanto un uomo avrebbe percorso una
normalissima strada della capitale e nemmeno una delle più
importanti. Tutte le persone che incontrava sul suo cammino,non
esitavano a farsi da parte quando vedevano Silla venirgli incontro e
tutti a salutarlo con un leggero inchino della testa,seguito dal
saluto Ave imperator,salute imperatore,pronunciato con un misto di
riverenziale timore,verso l'uomo che con un solo pugno era in grado
di abbattere una temibile bestia,anche con un pugno solo e senza
sforzo. Camminò e camminò,con passo deciso e
orgoglioso,come sempre
del resto,fino a quando,a lato,non vide un grande ingresso
laterale,senza porta,dove sopra l'entrata era stata collocata la
statua di un aquila,che reggeva tra le zampe una saetta e appena la
vide,si girò verso l'ingresso e lo superò,senza
nessuna esitazione.
Fece pochi passio dentro l'area e subito si trovò di fronte
ad un
corridoio quasi buio,illuminato a malapena da numerose e piccole
ampolle di vetro attaccate ai due lati del corridoio,dove all'interno
si trovavano dei piccoli globi bianchi,composti da una piccola massa
fulmini e saette sospese all'interno delle sfere trasparenti.
Percorso tutto il corridoio, Silla si ritrovò in una piccola
stanza
rotonda al cui interno era presente una grande statua di Giove seduto
sul trono,nell'intento di reggere un lungo scettro bronzo in una mano
che gli arrivava fino ai piedi,affiancato da un aquila del medesimo
materiale e nell'altra mano reggeva una sfera,anch'essa di bronzo. Ma
la vera particolarità della statua era un altra. Appoggiato
contro
le gambe del divino sovrano vi era un grande e largo specchio,con un
cornice in onice e la superficie riflettente era stata fatta con una
lega metallica formata in buona parte da argento,con una sottile
presenza di mercurio,per rendere il riflesso liscio e
lucido,tanto,che l'imperatore poteva vedere la sua stessa figura
senza alcuna sfumatura.
“Il
futuro giace sulle ginocchia di Giove.”,disse Silla rivolto
allo
specchio.
Lo
specchio iniziò ad illuminarsi della stessa luce emessa dai
piccoli
globi ricolmi di fulmini e saette e subito dopo l'immagine
cambiò
mostrando una stanza nella quale si trovava una figura tanto
conosciuta quanto sgradita a Silla. Il mago. L'incantatore era
intento a consultare un libro dal contenuto poco chiaro,mentre sedeva
tranquillamente,con il bastone appoggiato contro il tavolo della
stanza.
“Buongiorno,o
nobile imperatore Lucio Cornelio Silla. Qual buon vento, o
meglio,quale buona saetta vi ha messo in contatto con un povero e
anziano mago come me?”
“Risparmiami
le tue scemenze per la corte di Aegis,pare che i vecchi buffoni
siano ben apprezzati al consiglio di quella città.”
“Sempre
regale Silla,anche negli insulti,ma non perdiamo tempo di fronte ai
nostri reciproci mezzi di comunicazione e vediamo di giungere al fine
di questa conversazione. Dimmi,che cosa hai bisogno da questo umile
studioso delle arti arcane?”
“Hai
incontrato il mio generale nella piazza principale di Aegis,eppure
non hai rivelato le informazioni che intendevi riferirmi. Hai forse
dimenticato il nostro accordo?”
“No
imperatore, non ho dimenticato il nostro armistizio e sono venuto a
patti con le tue condizioni.”
“Menti,quando
Nevia è tornata qui le ho chiesto se gli hai detto
qualcosa,ma non
mi pare che tu abbia detto qualcosa a riguardo al Demiurgo.”
“Non
che lei sappia qualcosa a riguardo dell'argomento.”
“Ciò
non di meno, non hai rivelato nulla al mio generale,per tanto non hai
rispettato gli accordi. E tu sai cosa potrei farti pur di ottenere
quelle informazioni.”
“Oh
ma io ho rispettato la parola data,infatti,ad un generale ho rivelato
quello che volevi sapere.”
“Di
chi parli?”
“Ma
si un generale,un militare,se la memoria non m'inganna era al tuo
fianco durante la presa della capitale. Era con te quando hai ucciso
il precedente imperatore,però,da quello che ho scoperto era
riluttante all'idea di aiutarti a spodestare un degno
sovrano.”
E
in quel momento Silla lo sentì di nuovo,quel fremito alle
braccia,quella sensazione di gonfiore in tutti i muscoli che andavano
dalle spalle fino alla punta delle dita. La ferocia sopita verso quel
dannato vecchio che vedeva nello specchio lo faceva sembrare talmente
vicino,che la voglia di allungare il braccio per cingergli la
mandibola e strappargliela di netto era così forte che
quasi,ci
avrebbe anche provato,se non fosse che non intendeva farsi prendere
in giro dal mago per quella rivelazione tanto improvvisa quanto
indigesta.
“Cosa
c'è imperatore,ho forse dato le mie informazioni alla
persona
sbagliata? Oh che sciocco che sono. Mi sono ricordato solo adesso che
ha perso la tua fiducia,dopo che hai scoperto che ha disertato dal
tuo comando e proprio durante l'assedio del palazzo imperiale.
Scusami Silla,sono proprio uno sbadato.”
Nella
voce del mago c'era solo un feroce sarcasmo,usato appositamente per
far irritare il forzuto sovrano che dall'espressione del suo volto,si
poteva leggere la malcelata aria omicida che aleggiava intorno al
corpo di Lucio,come se la sua stessa forza volesse uscire dal suo
corpo,per poter raggiungere il vile incantatore che si nascondeva
nella torre di Aegis e ucciderlo con l'intensità dei suoi
pensieri.
“Quando
ci rincontreremo,vecchio,sta pur certo che questa volta,mi
assicurerò
che il tuo cadavere giaccia a terra,smembrato e distrutto con le mi
stesse mani. Sono certo che non hai dimenticato la sorte che hai
sfiorato di un soffio,dal nostro scontro.”
“Si.
Incredibile come un energumeno armato della sola forza fisica sia in
grado di resistere a incantesimi così potenti. Anche tu hai
sfiorato
la morte per un soffio.”
“Le
scuse dei vermi sono sempre patetiche, ma le tue sono semplicemente
disgustose. Come te dopotutto.”
“Hai
sempre parole gentili verso il sottoscritto,ti auguro di essere
altrettanto buono quando il tuo vecchio compagno d'armi
giungerà a
te per fermarti. A presto imperatore e...buon fortuna con la ricerca
del Demiurgo.”
Un
gesto della mano del mago e Silla vide lo specchio tornare alla sua
superficie lisca e nitida. Nel riflesso vide se stesso intento a
contenere la collera che a fatica stentava a trattenere,tanto,che i
muscoli del suo corpo era divenuti più duri dell'acciaio e
il cuore
batteva il doppio più forte per la rabbia che gli scorreva
nelle
vene,mista al sangue. Un fuoco gli bruciava dentro come se Marte in
persona attizzasse nel suo cuore le fiamme del conflitto che
albergavano nel suo animo.
“Quindi
è così allora...”,pensò
Silla con rabbia, “Dunque,quel
patetico vecchio a deciso di informare anche lui, quel traditore. Un
inutile tentativo per rallentarmi. Se il destino ha voluto che mi
rincontrassi con quel disertore,così sia dunque. Il mio
pugno non
indietreggerà di fronte a questo capriccio della
sorte.”
E
fu così, che il potente dominatore uscì da quella
stanza con più
rabbia di quanto vi era entrato. Il suo passo era pesante,le mani
strette a pugno,il cuore pesante e la mente indietro con i ricordi.
Tornò indietro con la memoria,quando era ancora un giovane,
al tempo
in cui era seguito da una ragazzina che vestiva di stracci che aveva
salvato da un gruppo di malviventi e da un altro giovane,con il
sorriso sempre sulle labbra,il cuore tenero e l'animo gentile.
Ricordava i luoghi della sua infanzia,ricordava
l'allenamento,ricordava il dolore,ricordava la forza,ricordava e
ricordare faceva male, più di ogni cicatrice che aveva
inciso sulla
pelle. Ricordava e non voleva farlo, perché ricordare voleva
dire
soffrire e soffrire voleva dire essere vulnerabile,vulnerabile voleva
dire debole e debole lui non lo era,non lo era mai stato. Era giunto
al punto in cui era arrivato con la forza dei muscoli e della sua
adamantina volontà. La vita è dolore,il dolore
insegna la forza e
la forza è il pilastro sulla quale si sostiene l'unica
autentica
verità che Silla riconosceva nel mondo. La forza
è tutto è senza
la forza non sei niente. Di corpo,di mente, di spirito,solo con la
forza si può piegare il destino e il Demiurgo era la
dimostrazione
di questa verità assoluta. Avrebbe dovuto confrontarsi con
il suo
passato? Così sia dunque,non sarebbe fuggito,non sarebbe
arretrato
di un solo passo. Che il mago tessesse pure le sue trame
nell'ombra,che il fato gli mandasse contro personaggi dei tempi
andati e che gli dei lo mettessero pure alla prova. Avrebbe superato
e distrutto ogni ostacolo, anche se ciò avesse voluto
sacrificare
ogni energia di tutto il suo essere. Così aveva deciso.
Così aveva
deciso, il potente ed Erculeo, Lucio Cornelio Silla.
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Capitolo 29 *** Il medico ***
Due
giorni dopo,regione dell'Arborige.
Erano
passati un paio di giorni da quando si erano separati da Clara e il
massacro avvenuto per mano di Popilio e dello spirito che albergava
in lui. Il loro saluto alla sacerdotessa di Cerere,unica
sopravvissuta al massacro e alla caduta del tempio della dea del
grano fu lesto,a malapena un triste addio di fatto di fretta che
subito dovettero prendere le tre cavalcature e fuggire via,come
banditi dopo un saccheggio per paura di essere colti in fragrante del
crimine ed ora,dopo altri due giorni di calura torrida e del timore
di incontrare soldati alla ricerca delle loro identità erano
giunti
a Clotovis ,la prima grande città che avevano trovato dopo
aver
lasciato la città-stato di Aegis. Clotovis era una grande
centro
urbano,famosa per le sue grandi terme nella zona nord-occidentale
dell'urbe,dove prima di fondare la metropoli odierna,pare che prima
della fondazione ufficiale della città,un astuto senatore
originario
della regione, Tullio Emilio Prugno,avesse fatto costruire di tasca
propria un centro termale di modeste dimensioni sopra una grande
sorgente d'acqua calda,dove un tempo i legionari di passaggio avevano
preso l'abitudine di passare il tempo libero in quelle acque calde a
rilassarsi e a far riposare le membra stanche,tra un marcia e uno
scontro tra le tribù locali. Ora,quello che un tempo era una
sorgente naturale a cielo aperto,adesso era stata ampliata e attorno
ad essa era stata costruita,pezzo dopo pezzo,una comunità
ricca e
florida è proprio grazie a quelle acque calde,che mese
fatturavano
alla città un introito considerevole,non tanto per le terme
in se,in
quanto il mantenimento di tutti gli edifici ad uso civile,come
teatri,anfiteatri,musei,biblioteche e infine le terme,erano a spese
dello stato e per entrare era necessario pagare un cesare di
bronzo,un pagamento simbolico per rientrare solo in parte delle spese
statali. No,il vero guadagno consisteva nell'economia che girava
attorno alle terme stesse,poiché erano le taverne,gli
ostelli,i
negozi e l'industria dei cosmetici e degli unguenti di bellezze,per
la quale le ricche matrone e i ricchi pomposi spendevano una fortuna
per acquistare le piccole,ma preziosissime,ampolle piene di oli e
pomate colme degli ingredienti più disparati,per acquisire o
mantenere una bellezza tale,da far invidia persino ad Adone. O almeno
così dicevano i venditori locali. Ma per loro cinque,bastava
semplice una giornata di assoluto riposo. Nym,Gordlack,Braxus,Lucilla
e Milziade si stavano godendo una giornata di meritato riposo, a
bordo della piscina centrale delle terme,dove centinaia di persone si
godevano le acque rinfrescanti della grandissima vasca al centro
della struttura,tanto grande,da tenere al suo interno l'intera
piazzetta di una piccola città di provincia,dove le famiglie
andavano con i bambini a rilassarsi,le comitive di ragazzi ad
approcciare le ragazze di buona famiglia e gli avventurieri
stanchi,come loro,a fermarsi per un attimo dal lungo viaggio per
riprendere le energie dopo gli ultimi avvenimenti. In quel momento a
bordo piscina,del gruppo erano tutti presenti tranne Lucilla,che a
giudicare dal ritardo pareva che non fosse ancora uscita dallo
spogliatoio per le donne, dove un due paia di guardie in coppia
impedivano l'accesso ai furbetti che intendevano dare una sbirciata
dove non avrebbero dovuto e nel caso,arrestato anche eventuali
ladri,con l'intento di prendere oggetti e beni che a loro,non
appartenevano. I quattro uomini del gruppo indossavano un
subligaculum pulito appositamente concesso all'entrata col pagamento
dell'ingresso,mentre tutti i loro beni venivano momentaneamente messi
in una cassetta apposita,tranne le armi,che venivano depositate in un
altro punto della struttura e tenute,sotto stretta sorveglianza da
personale autorizzato.
“Levatevi
tutti,adesso vado trovare il dio Aegir sul fondo
dell'abisso.”,disse
il nano mentre si lanciava a capofitto in acqua,al pari di un
qualunque bambino e schizzando acqua da tutte le parti e investendo
in pieno Milziade e Nym, entrambi intenti a galleggiare in acqua.
“E
bello sapere che qualcuno ha ancora il suo bimbo interiore ancora
vivo nello spirito. Se non altro è un bambino molto piccolo
visto
che vive dentro un nano.”, Disse Milziade ironicamente.
“Da
come lo dici sembra che tu voglia farti passare per un uomo
adulto.”,disse l'elfo punzecchiando il mercenario.
“Mi
sa che è un po' troppo profonda l'acqua per te,mio
scheletrico
compagno di lavoro. La zona per i bambini e dall'altra parte,qui
giocano i bimbi grandi.”
“Infatti,allora
perché sei qui?”
E
mentre l'arciere il mercenario si rispondevano a vicenda,con il loro
tiro e molla di battutine taglienti Braxus se ne stava in
disparte,seduto a terra e guardandosi attorno. Era strano che dopo
tanto tempo non si fosse ancora abituato a quell'idea,anche dopo
anni,di poter godere dei più semplici piaceri della
vita,come un
qualunque altro cittadino noviano. Ricordava ancora l'angusto
corridoio a malapena illuminato dai fori sul soffitto,mentre la
folla,la cosiddetta gente civile,urlava e sbraitava alla vista
dell'ennesimo combattimento,assaporando lo stesso gusto di morte
della quale i più semplici individui della
società erano
ghiotti,mentre la sabbia dell'arena si macchiava nuovamente di
sangue,che fosse quello di un altro gladiatore,di un animale,o di un
mostro esotico proveniente da lontano non aveva importanza. La morte
e morte ed aleggia dappertutto,dietro ogni angolo,ad ogni crocevia
del mondo,ad ogni vicolo cieco ed ogni grotta,in città e
fuori,in
cielo o in terra,la gente comune non se ne rende conto e da per
scontato che la vita sia qualcosa di pacifico,poveri illusi,beati
illusi,illudersi che l'esistenza e qualcosa di semplice e
prevedibile. Che bella illusione,la civiltà e le sue false
sicurezze,lui lo sapeva bene,tridente e rete gli ricordavano bene
quel grave insegnamento. Il giovane pareva immerso in se stesso,come
se nulla potesse scuoterlo da quella scena di pace idilliaca che
stava vivendo in quel momento,ma che allo stesso tempo non riusciva a
concepire come sua,la serenità era per ancora qualcosa di
così
estraneo.
“Braxus...Braxus...ti
senti bene?”
Fu
preso alla sprovvista a sentire quella voce così pacata e
gentile e
subito si sentì tornare al presente e quando si accorse di
lei,la
vide,come non la vide mai da quando l'aveva conosciuta. La pelle
candida e rosea che a lui pareva come un sintomo della purezza
dell'anima e della bontà che traspirava da ogni suo gesto.
Indossava in quel momento un subligaculum a coprire la sua
intimità
è uno strophium, una fascia per il seno indossato dalle
donne,solitamente in ambito ginnico o indossato dalle
danzatrici,mentre la lunga chioma bionda,era raccolta in una coda,da
una cordicella di cuoio presente tra le loro cose per il viaggio.
Vederla vestita a quel modo, o meglio,svestita a quel modo era una
cosa che Braxus non aveva mai contemplato,nemmeno nelle sue
più
fervide fantasie,con così tanta pelle esposta di fronte a
lui,il
giovane divenne tutto ad un tratto come un qualunque ragazzo della
sua età,con le stesse identiche voglie e le stesse identiche
vergogne.
“Principessa...io...io...ecco
io...”
“Si?”,chiese
Lucilla confusa riguardo a quel curioso atteggiamento.
Se
prima l'eccitazione era stata la fiamma che aveva catturato
l'attenzione del gladiatore ora per l'imbarazzo,nella sua mente si
era creato un vuoto totale,una completa assenze di idee e di
cognizioni logiche,con ogni parte della mente in allarme,senza aver
l'opportunità di spiegarsi a parole né tanto meno
a gesti,quasi
avesse perso la capacità di comunicare. Si fece prendere
dall'istinto nemmeno si fosse trovato in una situazione mortale e
avesse dovuto scegliere se scappare o combattere e perciò
fece
l'unica cosa che gli parve giusta in quel momento. Si alzò e
più
velocemente che poté si buttò in acqua,senza
alcuna grazia.
“Mmhh...”,mugugnò
la principessa, “bravo ragazzo,ma a volte mi sembra un po'
strano.”
Si
avvicinò al bordo della piscina e si sedette,immergendo solo
i
piedi,godendo di quella frescura,che negli ultimi due giorni era
mancata. Per due giorni aveva pensato allo strano incontro con
Popilio,un uomo all'apparenza tanto strano quanto gentile. Mai
avrebbe pensato che una persona tanto mite potesse rivelarsi un
essere dall'animo così distorto,tanto da uccidere
così tante
persone in un arco di tempo così grande. Anni e anni a
covare un
odio così forte e così profondo,da attecchire
nell'anima e poi
rivelarsi così tutto ad un tratto,senza se e senza ma. Lo
spirito
del grano,l'essere che condivideva quel corpo piccolo e inoffensivo,
certo, le capacità di Popilio nel massacro della quale era
stata
presente non avevano nulla di normale e di certo,una persona tanto
semplice non avrebbe potuto sviluppare simili abilità.
Eppure, era
possibile che fosse solo colpa dello spirito del grano? E se anche
Popilio fosse stato parte integrante dell'essere che albergava in
lui? Un bambino smarrito,rimasto bambino anche da adulto,un
entità
naturale che aveva assorbito tutto ciò che c'era di negativo
nelle
comunità che li aveva prosperato. Qual'era la motivazione
che
giustificava così tanta morte? Qual'era l'impulso che faceva
scatenare quella triste bestia dalla natura conflittuale? Era buono o
cattivo? Era davvero colpevole per le azioni che aveva compiuto
oppure era innocente in quanto non aveva controllo per quello che
faceva? Non lo sapeva,in due giorni si era posta la domanda ma non lo
sapeva. Molto probabilmente non lo avrebbe mai saputo. Si sentiva una
vigliacca per essere fuggita così su due piedi,il tempo di
fare
delle condoglianze e poi andare via,lasciando Clara in mezzo a quella
mattanza,con i corpi degli adepti del tempio macellati come bestie li
a terra,insieme al loro carnefice,trafitto dalla frecce di
Nym,più e
più volte in quello scontro di prima mattina. Non dovevano
essere
scoperti,non dovevano essere notati,non dovevano far sapere a nessuno
della loro presenza in quella terra,in nessuna terra e farsi
avvistare dalle legioni di Silla era inconcepibile. No,il viaggio
aveva la priorità su tutto,ma non poteva dimenticare la
sensazione
di quel sole mattiniero che non scaldava la pelle,né tanto
meno il
cuore. Avrebbe voluto fare di più per Clara e per Popilio,ma
non
poteva,non né aveva il potere ed ora era di nuovo in
viaggio,in un
altro posto,sempre verso la sua meta. Adesso era li seduta a
contemplare una piacevole giornata dedicata solo a loro stessi e la
cosa la faceva sentire un po' egoista,ma al contempo, gli pareva
così
bello non avere a che fare con mostri,briganti,nemici provenienti da
oltre i confini dell'impero e soprattutto alle schiere di legionari
pronti a catturarli,se non ucciderli appena scoperta la loro
identità
come viaggiatori. Osservava Nym e Milziade intenti in un
battibecco,mentre Gordlack pareva essere scomparso sul fondo della
piscina e Braxus,che stranamente si stava allontanando a nuoto,verso
l'altro versante dell'immensa vasca.
“E
voi due,smettetela di litigare.”,disse Lucilla divertita da
quella
scena,un po' come una balia che tenta di separare due bambini
capricciosi.
I
due si girarono verso la principessa e mentre Milziade parve
impassibile con la sua aria da sbruffone Nym al contrario parve
improvvisamente restare a bocca aperta ad osservare La ragazza
sbiancando completamente,nel notare che la sua signora era
più nuda
che vestita,con solo quei due pezzi di tessuto a coprirle il corpo.
“Mia
signora,non dovreste essere conciata a quel modo.”disse Nym
imbarazzato.
“Perché?
Qui dentro tutte le ragazze si vestono in questa maniera. Non vedo
perché non dovrei fare lo stesso.”
“Si
questo è vero...però
maestà...”
L'arciere
non riuscì a terminare la frase è il nervosismo
fu tale che gli
morirono le parole in bocca e non poté fare altro che dargli
ragione. In effetti Lucilla non aveva tutti i torti e quel luogo era
perfetto per nasconderla la sua vera identità da reale,in
mezzo a
tutta quella gente,quella gente felice ed ignara era il suo
popolo,per diritto di successione al trono era il suo popolo,di nome
e di fatto e loro erano ignari di esseri al cospetto di una degna
erede all'impero di Nova.
“E
dai elfo rompiscatole è giovane lasciala divertirsi. Se
raggio di
sole non fa un po' esperienza di mondo adesso che è
impegnata a
viaggiare non lo farà più.”
“Posso
immaginare che razze di esperienze stai andando a suggerire
mercenario. La mia signora non ha tempo da perdere con inutili
perdite di tempo.”
“Disse
quello che si trovava a galleggiare seminudo in una vasca colma
d'acqua. Il bue che da del cornuto all'asino.”
“Riposo
e svago sono toccasana necessari per il corpo e la mente,questo
è
innegabile. Farne un uso smodato per il semplice diletto o la noia
sono uno spreco di risorse e di energie. Questo viaggio non
è per
puro diletto è un dovere che sente di dover compiere e noi
la
scortiamo come giusto che sia. Tu sei qui solo per la promessa di una
ricompensa a fine lavoro. Non c'è nulla di nobile in quello
che
fai.”
“Forse,però
questo non sembra essere un problema per quelli che adesso mi pagano
per accompagnarvi fino alla fine di questa storia,quindi,dato che
quel momento non è ancora giunto,purtroppo,dovremmo
sopportarci
ancora un po'...elfo.”
“Sai
che gioia...umano.”
“Scusate...”,intervenne
Lucilla nella conversazione, “Avete visto Gordlack?”
“Gordlack?
Ha fatto un tuffo è poi l'ho abbiamo visto scendere verso il
fondo.
Mi domando come faccia a risalire con il corpo che si
ritrova.”,disse
Milziade scherzando.
“In
effetti i nani non sono grandi nuotatori...”,disse Nym
riflettendoci un attimo.
I
due si guardarono un attimo sconcertati,poi guardarono il pelo
dell'acqua e poi,presi come da un panico improvviso,si
inabissarono,scomparendo alla vista della principessa,dopo pochi
secondi tornarono entrambi in superficie,più sconcertati di
prima.
“Non
c'è...”,disse Nym consufo.
“Che
vuol dire che non c'è?”,chiese Lucilla spaventata.
“Non
c'è. Come se fosse scomparso.” disse Milziade
guardandosi
attorno,nella speranza che fosse risalito.
“Chi
è scomparso?”
Fu
Gordlack a parlare da dietro le spalle della principessa,che presa
dallo spavento,cadde in acqua ritrovandosi a sbracciare sul pelo
dell'acqua,nel tentativo di restare a galla.
“Principessa...”
Fu
Nym a slanciarsi verso Lucilla e in due brevi falcate fu subito sotto
di lei,sostenendola e riportandola a bordo piscina,dove con la forza
delle braccia la sollevò e la mise sdraiata sul bordo,poi si
tirò
fuori dall'acqua e subito controllo le condizioni della ragazza,che
annaspava in cerca dell'aria.
“Principessa,principessa
mi sentite?”,disse Nym le sollevava il capo poggiandole una
mano
sotto la nuca.
“Bambina
mia,che ti è preso?”,chiese il nano spaventato.
L'elfo
girò il capo e con sguardo furente fisso Gordlack in malo
modo.
“MA
MI DICI CHE TI DICE QUEL CERVELLO DI TUFO CHE TI RITROVI? LE HAI
FATTO VENIRE UN COLPO.”
“Di
che stai parlando?”
“Non
ti abbiamo visto più risalire in superficie e abbiamo
pensato che
fossi annegato.”
“E
vi siete accorti adesso che non c'ero più sul
fondo?”
“Come
avremmo potuto accorgercene se eri sott'acqua? E poi, si può
sapere
dov'eri finito?”
“Mi
sono fatto una camminata sul fondo e poi con un po' di sforzo sono
risalito in superfice a mezza vasca, Per Thor non credete di aver
viaggiato un po' troppo con l'immaginazione?”.
Nel
mentre una folla di passanti si era fermata ad osservare la scena,in
parte preoccupati per l'accaduto e in parte perché la scena
era
avvenuta all'improvviso e a parte assistere,nessuno sembrava
intenzionato ad intervenire,anche perché l'elfo e il nano si
erano
già avvicinati a prestare soccorso.
“Scusate,per
favore,fatemi passare.”
Un
voce al di sopra dei mormorii di molti si udì più
in alto di tutto
il resto,mentre tra i curiosi si faceva largo una figura
grossa,ingombrante per la calca che si era formata attorno alla
ragazza,che non sfuggì alla vista di Gordlack,Nym e di
Milziade,che
restava ancora in acqua,osservando la scena restandone
all'esterno,ancora confuso sull'accaduto. L'essere era alto e
grosso,coperto da un himation,un abito che consisteva in un lungo
rettangolo di tessuto bianco allacciato attorno al ventre e fatto
passare attorno anche alle gambe poco sopra la caviglia e infine
arrotolato sopra e sotto l'ascella sinistra e sotto portava una
leggera tunica di cotone a maniche corte,mentre ai piedi portava dei
semplici sandali di cuoio. Il volto invece era coperto da un
cappuccio bianco ,del medesimo colore dell'himation e portava una
borsa di cuoio a tracolla,con una borchia di bronzo molto
particolare,la cui forma rammentava quella di un serpente il cui
corpo avvolge un lungo bastone. Ma la cosa che saltava di
più
all'occhio era il grosso braccio sinistro,completamente verde,proprio
come i piedi,parzialmente coperti dal cuoio delle semplici calzature.
“Sono
un medico, ve ne prego fatemi vedere la ragazza.”
l'elfo
e il nano si fecero subito da parte lasciando spazio allo
sconosciuto,che senza perdere tempo si accostò subito vicino
a
Lucilla,dando un rapida occhiata al volto della ragazza,poi
tastò il
polso e mise due dita a lato del collo,sulla carotide.
“Il
polso e debole,devo intervenire manualmente.”
Il
medico poggiò entrambe le mani sul plesso solare,esattamente
poco
sotto il petto,completamente aperte,l'una sopra l'altra e
iniziò a
spingere,con brevi ma forti colpi sul punto molle.
“Uno,due,tre,quattro.”
Disse
il medico tenendo conto delle spinte impresse sul punto della
ragazza,poi,spostò il volto verso quello di Lucilla,gli
aprì la
bocca e poi,avvicinando la bocca a quella di lei,la chiuse con le
labbra in quello che parve un bacio,se non fosse che iniziò
a
buttare tutta l'aria che aveva nei polmoni e riversarla nella gola
della principessa. Gordlack mal interpretando l'accaduto e giudicando
la scena solo con i propri occhi,iniziò ad innervosirsi.
“Ehi,che
stai facendo,razza di pervertito?”
Il
nano sentì l'impulso di assaltare lo sconosciuto e gli
avrebbe dato
anche un pungo in faccia,se non fosse che l'elfo lo trattenne per un
polso,non senza sforzo.
“Vedi
di calmarti pazzo di un nano. Non è quello che
sembra.”
“Non
è quello che sembra? Quello gli sta infilando la lingua in
gola
altro che aiutarla. Lasciami prima che ti spezzi quella manina di
fata che ti ritrovi.”
Ma
mentre i due litigavano,sentirono all'improvviso dei brutti colpi di
tosse provenire dalla ragazza mentre ad ogni colpo,sputava fuori
l'acqua e nel mentre riprendeva aria. Lucilla era fuori pericolo.
Quando riaprì gli occhi vide il suo salvatore,in ginocchio
accanto
a lei,notando in parte il braccio scoperto,che faceva contrasto con
la candida veste che indossava. Con la vista annebbiata vide il suo
soccorritore prendere qualcosa dalla borsa che portava con se e
tirare fuori una fialetta di vetro con un tappo di sughero,con dentro
una polvere verde, sfilò il tappo e mise la boccetta sotto
il naso
di Lucilla,che respirò parte della polvere e subito si
sentì
rinvigorita,tanto che la maggior parte della pressione dovuta al
soffocamento,sparì,facendo ristabilire il corretto ritmo
dell'attività respiratoria,seppur lasciando la principessa
ancora un
po' affaticata.
“Come
ti senti,signorina?”,disse il medico con tono gentile.
“Bene...adesso
mi sento bene. Cos'è questo odore?”
“Un
miscuglio di piante officinali dal forte effetto rinforzante.
Dovresti essere in grado di respirare senza problemi.”
“Non
so come ringraziarla,grazie.”
“E
mio dovere. Sono un medico e non merito alcun elogio solo per aver
fatto il mio compito.”
Il
medico si alzò e si girò ad osservare Nym e
Gordlack che erano
rimasti in disparte.
“Potete
stare tranquilli,la ragazza aveva solo un po' di acqua nei
polmoni,fortunatamente non era nulla di grave.”
Il
nano preso ancora dalla rabbia si avvicinò al medico con
forte
aggressività.
“Non
fare il furbo con me,bell'imbusto. Ti ho visto cosa facevi con la
bocca,pensi che siamo ciechi? Avanti,non fare il codardo e confessa
le tue azioni,maniaco.”
“Le
assicuro signore che non è come pensa. La prego di non
fraintendere
le mie intenzioni,non è quello che sembra,lo giuro sul nome
di
Ippocrate.”, disse il medico mentre portava le mani in
avanti,come
a voler cercare di calmare l'animo rovente del nano guerriero.
“Ah
si? E pensi di cavartela così facilmente?...”,
disse Gordlack
mentre alzava i pugni in segno di minaccia.
“Non
mi importa niente di quanto sei grosso. Avanti,togliti quella cosa
dalla testa e battiti con me,abbi almeno la decenza di affrontarmi a
viso aperto, mascalzone.”
Ma
il nano non fece in tempo a dire altro che Nym gli mollò uno
scappellotto dietro la nuca,tanto celere e doloroso,che pareva un
colpo di frusta tirato da un esperto schiavista e mentre il nano si
accarezzava la nuca per lenire il dolore,l'elfo si mise accanto al
suo dolorante compagno di viaggio.
“Le
chiedo perdono per il comportamento del mio amico nano, non
è
cattivo,ma al vizio di misurare il mondo col suo metro di giudizio.
Sono mortificato.”
“Ma
no si figuri e facile fraintendere certe situazioni,sopratutto quando
c'è in ballo la vita di una fanciulla così
graziosa. Non vorrei
sembrare brusco o maleducato,ma per caso conoscete la
ragazza?”
“Si,siamo
conoscenti dei suoi genitori per la precisione. L'abbiamo notata
quando siamo entrati ai bagni e dev'essere a quel punto che
è
scivolata in acqua. A quanto pare non è molto brava a
nuotare,ma per
fortuna c'era lei o non oso pensare come sarebbe andata a
finire.”
“Ma
no non ho fatto nulla di così importante,anzi,ho notato come
siete
stato svelto a intervenire per tempo, è lei che ha impedito
il
peggio,io ero solo di passaggio,fortuna voleva che consegnassi alcuni
medicinali ad un paziente un po' sbadato che si era dimenticato di
venire a ritirare. Ora devo andare,altri necessitano dei miei
servizi, Addio.”
E
fu così che poco alla volta il medico si
allontanò,mescolandosi
alla folla,che ora,si sparpagliava,tornando ai propri interessi.
“Si
può sapere perché mia colpito,stupido di un elfo?
Adesso vedi se
non ti metto le mani addosso abbraccia alberi.”,disse
Gordlack
appena ripresosi dal colpo tirato da Nym.
“Stupido
io? Per poco non rischiavi di compromettere l'intero andamento del
viaggio,folle attaccabrighe di un nano,almeno sapevi chi era l'uomo
che volevi attaccare?”
“Ha
importanza?”
“Certo
che c'è l'ha,non hai visto il simbolo sulla borsa che si
portava
dietro? Ha detto di essere un medico,ma ho riconosciuto la borsa che
si portava dietro. E un seguace di Esculapio,il dio noviano delle
arti mediche.”
“Era
un sacerdote?”
“No,o
meglio,non mi pare che lui lo fosse. Ne ho visti pochi nel corso dei
miei viaggi,ma ho sentito dire che possiedono conoscenze segrete
riguardo alla medicina,sono in grado di curare qualunque malattia
conosciuta,riparare qualunque osso come se non si fosse mai
rotto,ricucire gli arti staccati come se non fossero mai stati recisi
e persino riportare in vita i morti senza atti blasfemi. Forse e
meglio non inimicarsi uno così.”
“Sarà,
ma quel tipo allungava troppo le mani per essere un curatore e poi,
hai visto il braccio verde? E poi era anche grosso,troppo grosso per
un comune noviano.”
“Si
è sembrava parecchio forte. Sembrava più il
braccio di un lottatore
che di un uomo di medicina. Comunque,l'importante che ora Lucilla
stia bene.”
Nym
si girò in direzione della ragazza e gli porse una mano.
“Riuscite
ad alzarvi principessa?”
“Si,
sto bene.”
Lucilla
prese la mano dell'elfo che la tirò in piedi molto
delicatamente,con
una grazia che solo un elfo avrebbe saputo mettere in un gesto
talmente semplice. Lucilla stava in piedi,ma tuttavia si vedeva che
era ancora provata dall'accaduto. Tremava leggermente e ogni tanto lo
sguardo pareva perdersi nel vuoto,come se la sua attenzione fosse
catturata da altri pensieri.
“Principessa,forse
era meglio evitare il punto più alto della vasca,sapete
che...”
“E
tutto a posto Nym,adesso sto bene.”
“Ma...”
“Ho
detto che sto bene,non c'è bisogno che ti
preoccupi.”
Con
quella frase la sacerdotessa mostrò una rabbia
improvvisa,come lo
sbuffo improvviso di un vulcano sopito. Era raro vedere Lucilla
così
arrabbiata,sopratutto per qualcosa che per molti avrebbero
interpretato come un semplice ammonimento e nulla di più.
Quello che
appariva come una sfuriata da nulla per Nym aveva un significato
più
profondo.
“Certo,perdonate
la mia irruenza.”
Sentendo
quelle parole la ragazza parve tornare in se,non che la rabbia fosse
sfumata completamente,ma in quel momento chiuse gli
occhi,ispirò
lentamente e poi buttò fuori in un piccolo sbuffo.
“No,scusami
tu,ho esagerato.”
In
quello stesso istante vicino al bordo si appoggiò Milziade
con
entrambe le mani e uscì fuori dall'acqua con una
semplicità tale
che l'acqua pareva quasi non aver peso sul suo fisico ben
allenato,con una sola spinta delle braccia,tornando con i piedi sul
pavimento di pietra.
“Si
può sapere dov'eri finito mercenario? Per poco non affogava
e un
aiuto anche da parte tua non sarebbe stato sgradito.”
Nym
si rivolse a Milziade,ma quest'ultimo pareva guardare da tutt'altra
parte,come se la sua attenzione fosse stata catturata da ben
altro,dirigendo lo sguardo nella stessa direzione in cui il medico si
era allontanato e che ora pareva una figura tra tante altre in
lontananza.
“Ehi
mi senti?”
“Avete
notato anche voi come si muove?”
“Come
si muove chi?”
“Quello
di prima con la testa coperta. E da prima che lo sto osservando. Era
come se non volesse farsi vedere.”
“Non
farsi vedere? Con quella stazza, i vestiti e quella grossa borsa di
cuoio,difficilmente sarebbe stato possibile nascondersi. Guarda
quanta gente c'è qua attorno.”
“Esatto,per
questo non lo avete notato prima. Non voleva che lo vedessimo noi.
Perché credi sia rimasto in acqua per tutto questo tempo
è no se te
lo stai chiedendo, non sono rimasto in acqua solo perché mi
sto
godendo la nuotata. L'ho tenuto d'occhio fin da quando l'ho visto
girare per la piscina e credimi,non era poi così lontano
quando è
intervenuto in soccorso della ragazza...”
Nym
avrebbe tanto voluto non credere alle parole di Milziade,tanto gli
pareva egoista è arrogante quell'individuo,che la credenza
comune
sulla sfacciataggine degli elfi pareva uno schiaffo d'umiltà
in
confronto all'attitudine di quell'umano di dire e fare quello che gli
pareva e piaceva con chiunque avesse a che fare,fosse il più
comune
dei passanti fino all'autorità più alta e solenne
che aveva di
fronte. Eppure,non poteva negare che quel mercenario,un uomo avvezzo
ad offrire la propria esperienza e la propria abilità,oltre
che la
lama,per vile denaro, avesse le sue buone qualità. Non lo
conosceva,ma di certo non lo sottovalutava. Non gli credeva sulla
parola,ma quel sospetto campato in aria,aveva un che di interessante.
“E
poi, ho avuto la sensazione che faceva di tutto per non avvicinarsi a
voi, ma o come l'impressione che non stesse puntando direttamente a
voi.”
“Ah
no?”,disse Nym sarcastico
“No...perché
era me stava osservando,anche quando cercava di far rinvenire
Lucilla.”
“E
come fai a sapere che ti stava guardando se ti stava guardando se
aveva il cappuccio che gli copriva gli occhi?”
“Perché
mentre tu e Gordlack eravate indietro ad osservare la scena, io ero
vicino al bordo,proprio sotto lo sguardo vigile del medico è
te lo
posso assicurare,era più interessato a me che a lei. Voi
restate qui
con Lucilla, io vado a fare conoscenza con quell'anima pia del nostro
eroe.”
Milziade
si incamminò nella stessa direzione che aveva preso il
medico, con
passo calmo e disinvolto,cercando di essere il più naturale
possibile per non farsi notare dal suo diretto interessato. L'elfo e
il nano osservavano la lama prezzolata allontanarsi con quel modo di
fare beffardo e sicuro di se,mentre Lucilla,era intenzionata a
fermare Milziade,per dirgli solo di stare attento,ma i suoi pensieri
parevano essere altrove e riusciva difficile concentrarsi sue due
problematiche alla volta. Non era certa delle parole del
mercenario,certo,non aveva motivo di dubitare su quello che aveva
detto e in quanto era svenuta e non aveva coscienza di quello che era
successo sul momento,ma davvero l'uomo che l'aveva salvata potesse
avere delle oscure intenzioni? Proprio come Popilio? Negli ultimi
giorni le sue normali concezioni di bene e male era state messe a
dura prova e in quell'istante non avrebbe saputo da un giudizio
lucido su quanto accaduto. Nella sua mente tornava a galla,come
cadaveri sepolti sul fondo del mare,i ricordi di un tempo. Ricordava
le onde e la nave,ricordava quella notte,ricordava l'abbraccio caldo
di quella donna tanto amata,ricordava l'acqua salata che le sommerse
di colpo,la nave che si girava,poi la perdita e infine il dolore. Per
quanto combattesse la sensazione che Nettuno volesse chiamarla a se
non s'è n'era mai andata via,anche li,nelle grandi terme di
Clotovis, per quanto combattesse,la paura restava,restavano i
ricordi,restava il dolore. Di quella donna non rimase niente,nemmeno
il corpo,sprofondato nel gelido e bagnato regno del dio dei mari.
Lo
pedinò tranquillo e sicuro di se,come sempre del resto.
Sicuro,già,sarebbe stato meglio dire arrogante e
sfacciato,certo,ma
mai sprovveduto o indifeso,non aveva con se le armi e
l'armatura,n'è
il supporto della sua fedele giumenta,ma aveva il suo corpo e il suo
addestramento,la forza del pugno e la mente celere,che molte volte lo
aveva salvato da situazioni che molti avrebbero descritto come
impossibili da cui uscirne vivi e infine,forse,una sfortuna
sfacciata,di quelli che si accompagna ai manigoldi,ai saltimbanchi e
alle canaglie dei vicoli,di quelli che non vengono presi dalle
guardie dopo una rapina ai danni di un pomposo nobile altolocato con
troppa grana nella scarsella. Non sapeva bene cosa gli impedisse di
finire ammazzato come un miserabile simile a tanti altri,ma una cosa
lo sapeva con certezza,era troppo ottuso e ostinato per non tentare
la sorte quando l'occasione gliene dava l'opportunità,a
patto che il
guadagno valesse il rischio e per l'appunto, pedinare uno sconosciuto
che ha appena salvato dall'affogamento una principessa ricercata
dallo stato noviano,mentre fai di tutto per non essere riconosciuto
con poche,se non alcuna certezza di farcela,allora le cose sono due.
O sei un pessimo spione,oppure,stai facendo di tutto per attirare
l'attenzione su chi vuoi che ti veda e nel caso di Milziade,molto
probabilmente,tra le due possibilità la seconda era la
più
fattibile. Dopo pochi minuti e alcuni giri per alcuni
corridoio,Milziade vide il medico imboccare la porta che andava per
gli spogliatoi maschili,suscitando un naturale sospetto nella mente
del mercenario. Perché mai dirigersi negli spogliatoi se in
realtà
non si era neanche cambiato per entrare in piscina e per lo
più,avendo tutte le sue cose con se,la cosa odorava di
trappola,ma
ormai che era li,tanto vale tentare. Una volta attraversata la porta
vide l'area occupata da qualche occupante,più o meno giovane
ed uno
schiavo intento a pulire la stanza e nel caso,a prestare servizio
agli occupanti dello spogliatoio nel caso ci fosse stato bisogno per
avere un asciugamano pulito,oppure di consegnare o tenere le chiavi
per le cassette nelle quali erano risposti gli oggetti più
piccoli e
preziosi,come denaro,gioielli e così via, che venivano
tenute
separate da armi,armature ed altri oggetti ritenuti pericolosi.
Milziade aguzzò lo sguardo e vide il suo interessato girare
dietro
una serie di armadietti,per poi scomparire con tutta la sua mole. Lo
seguì e quando fece per girare anche lui vide la figura del
medico,seduto su di una panca di legno che la gente usava per
appoggiarsi quando si cambiava d'abito e con la grande borsa di cuoio
poggiata sulla panca e con l'imbracatura poggiata sopra. Il medico
mosse appena la testa in direzione del mercenario,senza sporgere
troppo gli occhi,tanto meno il volto,come a voler nascondere la
propria identità a chiunque cercasse di guardarlo
direttamente. La
tensione era nell'aria e mentre Milziade lo guardava l'altro
continuava a tenere la testa dritta davanti a se,volendo impedire al
mercenario di scrutare il suo volto.
“Salve
o saggio discepolo di Asclepio. Sa,io e miei amici siamo in viaggio
da almeno una settimana e volevo chiederle se per caso potesse
consigliarci qualcosa contro gli spioni e i ficcanaso. Sa e da un po'
che ci infastidiscono e mi chiedevo se lei avesse la medicina per
poter far passare questo brutto problema.”,disse Milziade con
tono
provocatorio,mentre preparava mente e corpo per il combattimento.
“Questo
è un morbo dalla cura molto facile da applicare,basta non
fare nulla
di sconveniente e il problema sparirà da se,ma temo che
questo nel
vostro caso non sia un malanno facile da curare. E comunque,ritengo
che nel vostro gruppo ci siano problemi più gravi da
risolvere...Strategos”
Strategos...ogni
volta che sentiva quel titolo pronunciato da qualcun altro era come
se un pezzo del suo essere si ribellasse per uscire allo scoperto e
per quante poche fossero le volte in cui era stato chiamato in quel
modo,il suo corpo si preparava all'istinto del combattimento,la sua
mente ad annegare nei ricordi di un lontano passato che aveva sepolto
da tempo e la sua anima di nuovo in preda delle fiamme dell'ira. Ma
sapeva che non conveniva attaccarlo a testa bassa,tanto meno in un
luogo pubblico e sapeva bene che se scoperto non avrebbe saputo come
giustificare quell'aggressione.
“Chi
sei maledetto? Come fai a sapere chi sono?”
“Sono
solo un uomo che vuole curare i mali di quest'epoca colma di oscuri
presagi. Il tuo male più di tutti non è qualcosa
che le mie
pozioni e i miei preparati possono curare,perché il veleno
che
corrode la tua anima è un male che nessuno può
curare,se non tu
stesso.”
“E
cosa consigli di fare?”
“Rinuncia
alla vendetta,rinuncia all'ira che ti sta consumando. Ricorda il
tempo in cui eri un essere ben più nobile dell'uomo che sei
ora. Non
divenire come il mostro che tu stesso vuoi uccidere.”
Milziade
non seppe più che cosa dire,chi era costui e cosa voleva da
lui? Non
sapeva che cosa dire,ne tanto meno e ancora meno cosa pensare. Non
capiva cosa volesse da lui questo medico né tanto meno quale
fosse
il suo scopo,ma per istinto non poteva ignorare ciò che
sentiva
sulla pelle,quella sensazione di pericolo che attivava ogni fibra del
suo corpo e lo spingeva al conflitto con l'ennesimo avversario
eppure,in quel momento non sapeva come reagire,non sapeva se doveva
aggredire o difendersi,se allontanarsi o avvicinarlo,non sapeva come
interpretare quella calma né come contrastarla. Per la prima
volta
si trovava a che fare con qualcuno che scombussolava ogni sua tattica
d'approccio e a ogni difesa ben congegnata. Doveva ammetterlo,era in
crisi.
“E
se non dovessi darti ascolto...orco?”
Lo
aveva visto in volto,la,nella piscina,quando stava salvando Lucilla
con le tecniche imparate tempo addietro dai sacerdoti di Esculapio e
lui purtroppo non poteva far nulla per evitare gli occhi di Milziade
che lo stavano guardando da sotto il filo dell'acqua,nascosto alle
attenzioni della gente che si era stretta attorno alla ragazza
svenuta e l'orco non avrebbe potuto allontanarsi da lei senza destare
sospetti, a metà del suo tentativo di salvataggio.
Quell'umano era
più astuto di quanto credesse.
“Comunque
è strano che un orco sappia parlare e comportarsi come una
persona
civile, le poche volte che mi sono scontrato con la tua specie mi
siete parsi dei barbari sanguinari,pronti a uccidere e distruggere
tutto quello che trovate sul vostro cammino. Devo forse credere che
tu sia un eccezione alla regola?”
“So
che tu sei un eccezione tra molte lame vendute,strategos,devo forse
credere che ora vendi il tuo onore in cambio di mera pecunia?”
L'orco
si alzò e diede le spalle al mercenario,in procinto di
incamminarsi
verso l'uscita.
“Qui
a Clotovis,nel vecchio quartiere si trova un insula abbandonata
adibita a luogo di cura per i poveri e i bisognosi. Chiedi della casa
del bianco serpente e la,verso sera,sarò disponibile a
visitarti per
trovare una cura al tuo male. Chiedi di Alcmeone hai derelitti e
sapranno indirizzarti da me. Scoprirai che entrambi cerchiamo
qualcosa dallo stesso uomo che ha distrutto la tua vita...e
condannato la mia.”
Finito
di parlare si allontanò definitivamente,lasciando il
mercenario solo
con i suoi pensieri...e la sua rabbia. Si sedette sulla
panca,aspettando che le fiamme dell'ira si attenuassero
lentamente,sapendo,che non sarebbero mai sparite completamente.
Strategos, un titolo che ormai non gli apparteneva più e mai
più
sarebbe stato disposto a riaverlo. Era parte del suo passato,quel
lontano passato che lui rifuggiva tutti i giorni e che tornava a
ricordare ogni notte,nelle memorie di un tempo, glorie e onori di un
tempo che fu e che ora restavano sepolte sul fondo della memoria,come
cadaveri nascosti da un losco criminale,per impedire che si possano
ritrovare i resti delle sue vittime e le sue vittime,lui,le ricordava
ancora. Sarebbe rimasto li ancora per un po' in attesa, di tornare
alla maschera che il mondo gli vedeva sul viso ogni giorno,quell'aria
da sbruffone menefreghista che tutti conoscevano. Peccato che i
ricordi non fossero come Lucilla,lei stava realmente rischiando di
annegare,i ricordi invece non affondano,no,i ricordi sono come gli
squali,si nascondono sul fondo,per poi salire velocemente e poi
ghermire la preda,con un morso devastante che non lascia
scampo,affondando i denti nella coscienza,sbranandola e facendola a
pezzi. Tutta l'acqua di quelle terme,non sarebbe bastata ad
affogare un singolo ricordo che assaliva la sua anima,nemmeno il
più
piccolo.
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Capitolo 30 *** Un passato colmo di dolore ***
Si
era fatta sera quando Milziade,dando spiegazioni più o meno
vaghe
sul separarsi dagli altri per qualche ora per non vedere i loro
brutti musi e usando come scusa il voler fare due passi in
solitudine,cosa che al resto del gruppo,tranne Lucilla,non dispiacque
così tanto,anzi,lo lasciarono andare ben volentieri. Poco
gli
importava della loro opinione e comunque partecipava a quel viaggio
per la paga promessa,non certo per bontà d'animo o per
compiere un
impresa degna di un eroe,come Ercole o Teseo,no,agli altri la
gloria,lui voleva solo quello che gli era stato promesso,nient'altro
gli importava. Era uscito senza l'armatura e senza Briseide,la fedele
giumenta,ma solo con le sue vesti di viaggio e la spada,nel caso
avesse dovuto combattere nel luogo in cui ora si stava recando.
Ricordava ancora le parole dell'orco vestito da medico incontrato in
piscina. Alcmeone,aveva detto di chiedere di Alcmeone ai
derelitti,nel vecchio quartiere,quello abitato dalle classi
più
umili,per non dire le più povere,li,come in molte altre
città
dell'impero. Appena giunto nel vecchio quartiere di Clotovis vide le
insule della zona, le palazzine adibite a case per le persone
più
umili, mal ridotte e dall'intonaco rovinato,con i graffiti sui muri
fatti dai teppisti locali,dove incidevano sui muri,con ciottoli
trovati per strada frasi ingiuriose verso qualcuno,disegnini osceni
oppure maledizioni dirette verso uno specifico malcapitato mentre
l'ideatore di tale gesto ovviamente restava ignoto. Per le strade gli
capitò,li come in altre città, derelitti e senza
tetto dormire per
strada e insieme ad essi c'erano anche ubriaconi,prostitute,
ladri,streghe che promettevano di fare il malocchio per poche monete
di bronzo e quant'altro. Gente strana,gente pericolosa,gente la quale
il mercenario li considerava suoi pari,anzi,membri dello stesso
popolo,stessa feccia,stessa spazzatura,ma viva e sincera,come
lui,schietta e indifferente. Molto spesso si considerava come loro,un
uomo di niente,che vaga nel mondo vendendo le sue abilità
per un bel
gruzzolo sonante. Continuare a vivere perché si era venuti
al mondo
e continuare a combattere perché a parte la violenza,nel
mondo,restava ben poco di concreto. Le strade parevano rovinate e le
case erano fatiscenti e mentre passava gli capitò di notare
un
piccolo gruppo di persone molto particolare,erano tutti abitanti
della zona visto gli stracci che indossavano al meglio delle loro
possibilità. Tra di loro c'era un vecchio che zoppicava per
via di
una gamba storta,una coppia di bambini,un maschio ed una femmina,si
tenevano per mano ed entrambi erano preda di una bruttissima
tosse,molto forte e catarrosa,poi vi era una donna,che si copriva il
volto con un panni arrotolato intorno alla bocca e si massaggiava una
guancia,come se tentasse di alleviare un qualche tipo di dolore.
Forse quel gruppetto di sventurati poteva aiutarlo a trovare
Alcmeone. Per prima cosa però avrebbe dovuto anche lui
fingersi un
disadattato,anche se con una spada al fianco,difficilmente sarebbe
passato per un comune cittadino,quindi,per prima cosa si nascose in
un vicolo buio e cercò nella spazzatura qualcosa con la
quale
sporcarsi e imbruttirsi un po',nella speranza di passare anche lui
per un derelitto bisognoso di aiuto è fortunatamente aveva
deciso di
non portarsi dietro il borsello con le monete dietro,cosa che avrebbe
reso il tutto più credibile. Mise la mano alla ricerca di un
po' di
avanzi di frutta e verdura,abbastanza facile da trovare tra i rifiuti
e appena la trovò,si sporcò le vesti in qualche
punto ben visibile
e per la schiena si buttò di spalle contro un mucchio di
sporcizia e
per aumentare l'efficacia della farsa prese la spada insieme al
fodero è sporcò anche quelle. Poi uscì
nuovamente in strada e si
diresse verso il gruppo,imitando una camminata stanca,come di chi non
ha più le forze per reggersi in piedi.
“Aiuto...aiu...aiutatemi.”,disse
Milziade mentre camminava verso il gruppo,per poi cadere di peso a
terra.
Uno
del gruppo, un giovane umano,si avvicinò al mercenario
seriamente
preoccupato.
“Ehi
signore,che le succede?”
Milziade
lo guardò dal basso verso l'alto con un espressione triste e
sofferente.
“Oh...Oh
sfortunato me,deriso dalla sorte e maledetto dalla sorte. Oh
dei,dei,perché mi avete abbandonato?”.
“Si
calmi,che cose l'è successo per invocare gli
Olimpi?”
“La
sfortuna ragazzo,la sfortuna è il fato avverso. Ero insieme
al mio
gruppo,tutti avventurieri,in viaggio per snidare un gruppo di
selvaggi che erano stati avvistati nella regione dopo l'attacco a
Cherunensis. Eravamo da quelle parti,poco oltre il confine quando in
lontananza vedemmo i barbari lanciarsi a frotte contro la fortezza e
in quel momento capimmo che saremmo stati spacciati se fossimo
rimasti invischiati nella lotta. Ci allontanammo il più
possibile,percorrendo tutta la misura necessaria per restare fuori
dallo scontro,ma nemmeno il tempo di sentirci al
sicuro,che...che...che uno dei nostri fu colpito da una pietra,un
colpo di frombola,dietro la nuca. Morì sul colpo. Poi li
vedemmo e
ci furono addosso. Solo io sono sopravvissuto,vivo,ma
disgraziato,senza soldi,senza più i miei compagni,senza
niente nello
stomaco e credo di iniziare a sentirmi male.”
Il
ragazzo,insieme agli altri del gruppo,restarono fermi ad osservare lo
sfortunato uomo che si presentava di fronte a loro,sentendo la sua
storia,come se fosse la loro. Milziade non era certo di aver recitato
bene la sua parte,ma se non altro era sicuro di aver attirato la loro
attenzione,sperando nel contempo,di non aver attirato alcun sospetto
su di lui.
“Beh,forse,quell'uomo
potrà certamente aiutarvi. Si gente,portiamo dal medico.
Adesso
alzati e seguici.”
“Oh
grazie,grazie anime pie,Giove misericordioso,grazie,grazie di vero
cuore.”
Era
fatta,si sarebbe fatto guidare verso l'orco,mescolandosi tra i
più
poveri e i miserabili della città, così da
poterlo osservare,senza
dare troppo nell'occhio. Cosa fare dopo,lo avrebbe visto sul
momento,per ora,avrebbe continuato con quella recita,al resto ci
avrebbe pensato dopo. Man mano che il gruppo avanzava per le strade
brulicavano anche altri mendicanti e senzatetto che andavano a
ingrossare il gruppo,la quale poi,si era amalgamato ad un gruppo
ancora più grande e così via,fino a che la strada
principale del
quartiere più vecchio della città non venne
intasata da ogni genere
di persona. Vecchie e giovani,umani e non,cittadini e stranieri,tutti
senza dimora o con disponibilità economiche molto basse,ma
comunque
persone che vivevano ai margini della civiltà,reietti e
disadattati
che vivevano per strada,senza riparo e senza alcuna
possibilità di
arrivare al giorno dopo ancora vivi. Ma quando li vide li tutti
insieme,a formare quel corteo silenzioso e senza cori,come una festa
cittadina condotta da una marcia funebre,aveva un qualcosa di
speciale,persone solitamente viste di sfuggita agli angoli dei vicoli
e intente a dormire vicino alle strade,a mendicare una moneta o
cercare un tozzo di pane ammuffito conteso con i ratti ed eccoli
li,ora,a camminare tutti insieme diretti chissà dove a
cercare una
speranza,oltre ad un supporto che il resto della
popolazione,solitamente,non avrebbe mai dato. Camminò
insieme alla
calca di senzatetto per una cosa come una manciata di minuti per poi
fermarsi vicino ad un insula fatiscente,con i muri di mattoni
rovinati dal tempo e più in alto,agli ultimi piani della
palazzina,fatti di legno e paglia,erano divenuti marci e privi di
qualsiasi riparazione,presto o tardi sarebbero divenuti inservibili,o
peggio,sarebbero crollati al minimo tocco. All'ingresso
dell'insula,su uno dei muri laterali,era stato disegnato in maniera
grezza e approssimativa,la figura di un sottile serpente
bianco,probabilmente fatto con del gesso e li,di fronte al disegno
dell'animale una serie di persone intonava delle preghiere e delle
invocazioni molto basilari,al meglio delle loro
capacità,chiedendo
semplicemente ad Esculapio,dio della medicina,di proteggerli dai
malanni e dalle malattie e di mantenerli in salute. Milziade guardava
la scena e sentiva un senso di diniego verso quelle suppliche. Non
era mai stato particolarmente religioso o fedele verso una certa
divinità,certo,di tanto in tanto gli era capitato di fare un
esclamazione nella quale nominava Zeus,padre di tutti gli olimpi
nella lingua di Argos,oppure Atena,dea della sapienza e delle arti,ma
non si era mai identificato come una persona
bisognosa
dell'aiuto di una qualche entità celeste,sotterranea o da
dovunque
esercitava la sua influenza sui mortali,poiché l'unico aiuto
della
quale puoi fare affidamento e solo e unicamente su te stesso, questo
era quello che credeva. Il mondo è un posto sporco e
infimo,troppo
cattivo,troppo marcio e ingannevole per credere che un dio,un essere
talmente potente da vedere i mortali come un bambino guarderebbe a
delle formiche era una cosa incredibilmente semplice da capire per
lui,perché avrebbe dovuto aiutarli? Per venerazione? Per
adulazione?
Per vanità? O forse per noia? No,lui preferiva credere nelle
proprie
capacità e nel saperle sfruttare a pieno quando la
situazione lo
richiedeva. Lui lo sapeva bene,lo sapeva meglio di tutta quella gente
presente in strada. All'ingresso della palazzina comparve nuovamente
la figura di Alcmeone,tanto grosso pareva il suo corpo da orco,che
quasi occupava l'unico punto d'accesso all'edificio e la gente,appena
lo vide,iniziò a supplicare di essere ricevuta per avere le
cure
necessarie ai propri mali,mentre l'orco,pareva restare placido e
tranquillo nella sua posizione,come se attendesse qualcosa, o forse
osservava la folla,Milziade non seppe dirlo con certezza,ma fatto sta
che era veramente li dove aveva detto di cercarlo. Riguardo a questo
punto,l'orco era stato di parola.
“Per
favore gente...”,disse Alcmeone alzando le braccia e facendo
segno
a tutti di contenersi, “Devo chiedervi di lasciare la
precedenza
alle donne incinte,ai bambini e agli anziani,agli altri chiedo di
essere pazienti,se non per immediate emergenze. Vi ringrazio per la
collaborazione.”
E
fu così che il medico tornò dentro
l'edificio,lasciando che i più
in salute facessero passare i più fragili e i
bisognosi,mentre a
tutti gli altri sarebbe toccato aspettare. Passò un ora e
Milziade,ancora mescolato in mezzo alla folla si avvicinò al
muro di
una casa e si mise ad aspettare,fingendo un disagio e un malessere
che in realtà non aveva,se non quello di sapere che qualcuno
in
quella città lo aveva chiamato con il titolo che tanto
odiava,
strategos, gli ricordava il passato e il passato gli faceva male,ma a
parte quello,la situazione era meglio di quello che si aspettava.
Osservava silenziosamente la calca di mendicanti e straccioni che era
giunti di fronte a quella palazzina in rovina,nella speranza di
essere guariti dai mali di cui soffrivano e nell'attesa,i
più in
salute tra di loro,si mettevano a parlare,a discutere e chi poteva,
anche a farsi qualche risata,come se fossero buoni vicini di casa e
parlassero del più e del meno come se nulla fosse,mentre che
stava
peggio,aspettava il proprio momento per farsi visitare,magari
lamentandosi dei dolori ed altri,soffrendo in silenzio. Di tanto in
tanto capitava di vedere entrare qualcuno,che avanzava con fare
rassegnato,come se il suo destino fosse ormai segnato dalla sorte e
poi,una volta uscito,era come rinato,felice e spensierato nonostante
la sua condizione di miseria,eppure era nuovamente contento e senza
più preoccupazioni. Che fossero guariti completamente?
Oppure i loro
mali venivano soltanto alleviati e resi meno insopportabili? Non
avrebbe saputo dirlo con certezza,non conosceva quella gente,non
voleva conoscerla,non gli importava nulla,ma vedere quella gente
così
felice dopo che pareva avessero sopportato il peso delle peggiori
torture del Tartaro,tra fame,sporcizia e malanni vari,lo faceva
sentire all'infuori della loro felicità,così
estraneo alla loro
gioia. Il loro piacere non era la sua preoccupazione, le loro
disgrazie non intenerivano il suo animo duro e cinico. Per alcuni di
quei disgraziati le loro sofferenze pareva terminate,o almeno lenite,
le sue invece era ancora radicate in lui,anzi,parevano essere
divenute parte integrante del suo essere,così fuse con la
sua
anima,che a stento comprendeva quando finiva la sua gioia e iniziava
il suo dolore. Non lo sapeva,non lo sapeva più da molto
tempo. Passò
un altra ora di finto malessere e vide l'ennesimo miserabile,un
ragazzino umano, uscito dall'insula come se gli fosse stato predetto
un fortunato vaticinio da un veggente,tornò in strada come
se la
vita potesse migliorare,quando in realtà era semplicemente
tornato
alla sua vita,in mezzo ai rifiuti e ai topi. Cosa poteva mai aver
ricevuto,oltre ad una cura,che potesse renderlo così felice?
Non lo
capiva,non li capiva,loro,quella gente,così sfortunata da
dover
vivere per strada e arrivare al giorno dopo con lo stomaco vuoto? Non
li capiva proprio,ma non li voleva capire,voleva l'orco,la loro
felicità non era affar suo. Ad un certo punto della
serata,l'orco,con il capo ancora coperto dal cappuccio uscì
dall'insula e si rivolse direttamente alla gente rimasta.
“ Per
stasera finisco qui,per coloro che necessitano di cure passino domani
per una visita. Mi spiace di non poter fare più di
così”.
I
poveri rimasti di fronte all'insula emisero tutti insieme un lamento
di delusione e poco alla volta,seppur malvolentieri,se ne
andarono,sgombrando lentamente la strada. Solo Milziade
restò,ancora
seduto a terra,mentre fissava la figura di Alcmeone ancora presente
sul ciglio dell'ingresso,immobile come una statua,mentre osservava la
fiumana di persone venute speranzose per il suo aiuto.
“E
molto che aspetti, mercenario?”,chiese l'orco con tono pacato.
“Quel
tanto che basta per farmi visitare. Avrei bisogno del parere di un
esperto,forse tu puoi aiutarmi.”
“ Vedrò
quello che posso fare, intanto entra.”
E
detto questo il medico tornò nuovamente dentro l'insula e
stavolta
Milziade non avrebbe aspettato ulteriormente per un secondo incontro
con l'orco e stavolta,avrebbe ottenuto le informazioni che voleva da
lui. Chi era? Cosa voleva da lui? E perché gli si era
avvicinato
tanto da mettere a repentaglio la sua copertura? Non lo sapeva,ma lo
avrebbe scoperto molto presto. Con passo cauto e sguardo attento
Milziade entrò nell'insula controllando che non ci fossero
altre
persone dentro l'edificio e nel mentre teneva sempre una mano
aperta,nel caso fosse stato costretto ad estrarre la spada. Vide
l'interno della rustica palazzina,formata principalmente da una rampa
di scale in pessimo stato,ancora in piedi,ma dubitava che il legno di
cui era composta fosse di qualità e quindi salire sarebbe
stato un
rischio,mentre vicino ad essa spiccavano un cavedio,un piccolo spazio
quadrato adibito per la diffusione della luce naturale proveniente
dall'alto,per mezzo di uno spazio posto sul tetto,completamente
vuoto,dalla quale si poteva osservare il cielo,tipico di quel tipo di
edifici e una porta di legno posta sul fondo un corridoio,dove
spiccava per essere l'unica porta al pian terreno all'infuori
dell'ingresso. Dubbioso sul voler salire quelle scale dall'aspetto
marcio e volendo evitare il rischio di spezzarsi il collo senza il
rischio di un guadagno,decise di dirigersi verso la porta sul fondo
del corridoio,che tra l'altro,essendo socchiusa,spiccava la fioca
luce di una lucerna,segno che qualcuno si trovasse li.
Avanzò,passo
dopo passo,con la mano sempre pronta ad estrarre la lama fino a
giungere alla porta,spingendola lentamente e trovandosi all'interno
di una grande stanza,spiccavano all'interno un gran numero di mazzi
di piante attaccate al soffitto per mezzo di sottili cordicelle e
tutte emettevano un particolare aroma, che riempiva la stanza di un
miscuglio di odori differenti,che dava all'aria dentro la stanza un
aroma di selvatico,seppur non soffocante,anche per via di una piccola
finestrella che collegava con l'ambiente esterno. All'interno erano
presenti uno scrittoio,due armadietti aperti colmi di piccoli
recipienti di vetro,ognuno contraddistinto al suo interno da una
polvere,un olio o altri impasti di vario genere e tutti stipati in un
apposito spazio con sotto diversi nomi,a distinguere il contenuto ed
infine un larghissimo foglio di pergamena attaccato al muro per mezzo
di alcuni chiodi,dov'erano rappresentati due corpi differenti,uno
spellato e con esposto l'intero apparato muscolare e l'altro era uno
scheletro,un immagine inquietante per chiunque lo vedesse. Alcmeone
era intento a osservare quell'immagine con fare attento e
scrupoloso,come se cercasse qualcosa.
“Questa
pergamena rappresenta la mappa di un corpo umano da due punti di
vista anatomici differenti,il primo e quello muscolare il secondo
invece è solo lo scheletro. Da molto tempo ormai i medici
degni di
questo nome,studiano ed apprendono l'esistenza ogni singolo disturbo
o anomalia conosciuti in medicina: traumi e ferite di ogni
sorta,malformazioni,disturbi fisici,senza poi contare le malattie e
le infezioni. Sappiamo tanto su come curare i problemi riguardanti il
corpo,eppure,per quanto riguarda la mente,le emozioni e persino
l'anima,ammesso che essa sia legata al corpo e non sia qualcosa di
scollegato,sappiamo ancora molto poco su come curare queste
cose.”
“Saltiamo
le scemenze da ciarlatano e passiamo ai fatti...”,disse
Milziade
con un tono che non ammetteva repliche, “Che cosa vuoi da
me?”.
L'orco
si girò lentamente verso Milziade,poi,portando le mani
sull'orlo del
cappuccio e lo abbassò,rivelando il volto. Come tutti gli
orchi
aveva la testa grande e il volto largo,tuttavia il suo aspetto non
lasciava a desiderare come Milziade si sarebbe aspettato. Aveva due
grandi occhi neri,due orecchie simili a quelle degli umani,ma
più
grandi e larghe,seppur non esageratamente grosse,un naso largo e
schiacciato vagamente simile a quello dei gatti,la mascella larga e
due piccole zanne che uscivano verso l'esterno della bocca
dall'arcata inferiore dei denti. Tutto nella norma stando alla
descrizione che si faceva degli orchi nelle storie degli avventurieri
e dei legionari che tempo addietro li combatterono nelle guerre
d'espansione verso le terre selvagge del nord e dell'est,ma,altro
nell'apparenza del suo volto smentiva queste descrizioni. Portava una
corta capigliatura nera,tagliata accuratamente e con la chioma che
pendeva leggermente verso destra e portava una barba corta e ben
curata e la cosa che per Milziade fosse più sorprendente sul
volto
non portava anelli, punte di metallo,cicatrici o tatuaggi di
sorta,che come si diceva,fosse segno di grande orgoglio verso i
possenti selvaggi dalla pelle verde,che venivano descritti e
lui,Alcmeone,confermava e allo stesso tempo smentiva le dicerie
riguardo a questa razza,non troppo comune a Nova. Doveva
ammetterlo,anche se lo aveva già visto sotto al cappuccio in
piscina,vederlo in quel momento,così,gli pareva un essere
civile e
socievole,molto lontano dall'idea che si faceva la gente degli orchi.
“Devo
chiederti di non proseguire questo viaggio,o meglio,di non proseguire
il viaggio a te e a coloro che ti sei unito.”
“Ah
si? E vorresti dirmi il perché o devo arrivarci da solo? Sai
sono
confuso riguardo alla questione.”
“Tu
non capisci.”
“Tu
non ti spieghi.”
“Il
viaggio che avete intrapreso è male,per te,per me,per tutti
noi.
Posso immaginare quello che ti hanno promesso per la riuscita di
questa impresa,ma ti prego,anzi,vi prego, rinunciate adesso
finché
potete.
“Pessima
spiegazione,magari se aggiungi qualche dettaglio in più mi
aiuti a
comprendere meglio,ehi, voglio dire, io non sarò l'uomo
più
intelligente del mondo, ma tu di certo non mi aiuti a capirci molto.
Però sai, se ti piace tanto parlare,dimmi una cosa...tu chi
sei? E
come mai un orco si spaccia per un seguace di Asclepio? Ma
sopratutto,cosa c'entra quello spietato bastardo di Silla?”
Alcmeone
non rispose immediatamente,come se stesse tergiversando a voler
tirare fuori altre parole. Sospirò,come rassegnato a dover
affrontare le conseguenze di quell'incontro,che lui stesso aveva
cercato.
“Puoi
non crederci,strategos,ma non mi spaccio per un medico,anzi,lo sono
per davvero. E in quanto all'imperatore,beh,non è l'uomo che
pensi
sia...è molto più pericoloso di quello che credi.
Pensi che quella
forza straordinaria sia l'unica cosa che possiede? Le sue conoscenze
e le sue abilità vanno oltre alla tua immaginazione e per
quanto
riguarda il Demiurgo,lui sa bene cosa sta facendo per tentare di
ottenerlo. Rinuncia a questa spedizione,se tieni alla tua vita
è
quel poco di buon che ti è rimasto.”
“Oppure?
Se non volessi rinunciare? Se non mi andasse giù l'idea di
voler
finire qui? Che cosa mi fai?”
“Quello
che non vorrei fare...”
L'orco
mosse un braccio,velocissimo,toccando esattamente il punto posto
sopra il cuore,colpendolo con il palmo della mano,causando a Milziade
un fortissima fitta e spingendolo indietro,quasi a farlo scontrare
contro il muro vicino all'entrata. Il mercenario non seppe spiegarsi
cosa fosse appena successo,lo aveva colpito,velocissimo,tanto da non
aver saputo reagire a quell'attacco,così forte da averlo
sentito
fino al cuore,addirittura pensava di aver perso qualche battito nel
ritmo regolare dell'organo,che riprese a battere dopo mezzo secondo.
Preso dall'istinto di sopravvivenza estrasse la spada e si mise in
posizione di difesa al meglio della sua capacità.
“Non
posso lasciarti andare,mercenario. Non senza avere la certezza che ti
fermerai dal proseguire.”
“Bastardo,che
cosa mi hai fatto?”
“Ho
esercitato una pressione sul cuore,nella speranza di farti svenire,ma
evidentemente sei più resistente di quanto credessi. Un uomo
normale
sarebbe crollato a terra appena sentito il colpo. Ma tu,non sei un
uomo normale,giusto?”
Milziade
non aveva idea di cosa gli avesse fatto l'orco,mai subito un colpo
simile in tutta la sua vita,eppure,in qualche modo,quel colpo a mano
nuda,gli ricordava lui,Silla.
“Anche
tu...anche tu come lui...a mani nude.”
“No,ti
sbagli, il mio stile e il suo sono completamenti differenti. Ma tu
non puoi capire. Arrenditi.”
“Meglio
morto.”
“Non
credo di dover arrivare a tanto. Sono un medico, io salvo le vite,non
le uccido. Nemmeno la tua.”
Ancora
provato dal colpo il mercenario puntò la spada contro
l'orco,che
restava calmo e impassibile ,mentre Milziade invece,si stava facendo
nervoso ed era visibilmente provato per l'attacco appena subito,che
lo aveva colto alla sprovvista. Non era sicuro di cosa fare
né tanto
meno come agire,ma doveva escogitare qualcosa per poter uscire da
quella situazione. Era in trappola è la cosa che lo fece
sentire
stupido in quel momento,era che ci si era messo da solo. Una brutta
situazione,anzi,pessima. Cosa poteva fare per sfuggire? Cosa poteva
per ribaltare la situazione in suo favore? Doveva
pensare...pensare...e pensare ancora,fino a quando non avrebbe
escogitato la miglior strategia disponibile. Gli occhi di Milziade
erano fissi su Alcmeone,ma allo stesso tempo analizzava tutto quello
che avrebbe potuto usare contro il suo avversario. Pensare,la chiave
della vittoria stava nell'avere una buona idea e adoperarla,doveva
solo partire da un ottima intuizione,il resto,lo avrebbe formulato di
seguito.
“Quindi,vorresti
farmi credere,che se io morissi,per te sarebbe un problema? Ma dici
sul serio? Uno come me?”
“Si,anche
uno come te.”
Eccola,la
sentì,la scintilla di un idea balenargli in testa. Anche la
sua vita
era importante? Questo era l'idea di cui aveva bisogno.
Rischiosa,folle,a dir poco audace e maledettamente stupida,ma era
l'idea che lo avrebbe salvato e forse,lo avrebbe fatto uscire tutto
intero,o almeno,abbastanza in salute da poter continuare il viaggio.
Milziade abbassò la spada,mostrandosi arreso e incapace di
continuare lo scontro,ancora sofferente per la botta al petto che
aveva appena subito.
“Beh,se
le cose stanno così allora...”
E
fu in quel momento che il mercenario,mosse velocemente la lama della
spada verso l'avambraccio sinistro e li,si taglio
volontariamente,lasciando un lungo solco che andava dal gomito fin
quasi al polso. L'orco non riusciva a credere ai propri occhi,l'umano
che aveva davanti a se aveva inflitto a se stesso un danno molto
serio,per non dire mortalmente rischioso. Sapeva bene che in quel
punto passava un arteria principale,più le vene e numerosi
vasi
sanguigni,per non parlare dei tendini e dei nervi,che con quel taglio
rischiava seriamente di essersi danneggiato la sensibilità
all'arto.
“In
nome di Esculapio,che cosa hai fatto? Devo subito medicarti,prima
che...”
“Non
muoverti da li,medico dei miei calzari. Un passo falso e mi
colpirò
un altra volta.”
“Sei
più folle e scellerato di quello che
credessi,strategos,perché hai
fatto una cosa simile?”
“Tu
hai detto che anche la mia vita è importante,giusto? Hai
affermato
che tu salvi le vite,ma che non le uccidi,quindi,in quanto medico,se
tu mi attacchi mentre sono già ferito,non sarebbe etico per
la tua
professione. Ho ragione? Quindi, visto che ti fai degli scrupoli
morali nei confronti di una canaglia come me,intendo sfruttare questo
tuo difetto a mio vantaggio. Tornando a noi, perché non vuoi
che
continui con questo viaggio? E solo un lavoro come un altro per
me,né
più,ne meno. A te cosa ne viene se smetto adesso
eh?”
“Tu
parli di cose che non conosci, la tua vita vale così da
doverla
buttare in un impresa senza certezza di riuscita?”
“Allora
illuminami, o potente saggio. Potessi io possedere una singola
briciola del sapere sconfinato sarei un uomo più
felice.”, disse
Milziade con tono sarcastico.
“Prendimi
in giro se vuoi,ma sappi che non otterrai quello che vuoi. Nulla ti
potrà restituire quello che hai perso.”
L'espressione
sul volto del mercenario si fece lentamente più seria e
corrucciata,un emozione sopita sotto quella spessa corazza che gli
era cresciuta dentro,sotto la pelle,fatta di
arroganza,sarcasmo,pessimo umorismo e un quasi totale assenza di
senso del pericolo stava uscendo allo scoperto. Glielo si poteva
leggere negli occhi, nella mascella serrata,nei muscoli contratti del
corpo e nella mano stretta sul manico della spada,che premeva ancora
di più sul braccio,incurante del dolore e del rivolo di
sangue che
colava a terra.
“Che
cosa nei sai tu di quello che ho perso? Cosa né puoi sapere
tu di
quello che ho passato dopo quella battaglia? Dopo che le forze di
Silla sono giunte in città,intente a distruggere e uccidere
tutto
quello che conoscevo,tu che parli tanto,dimmi una cosa,come sai
così
tante cose su di me e sul bastardo,figlio di cagna che adesso siede
sul trono? Non credi di dover delle spiegazioni al sottoscritto?
Parli tanto,ma dici poco.”
“Ti
basti sapere che lo conosco da molto più tempo di quanto tu
possa
immaginare,lo conoscevo da prima ancora che divenisse imperatore,da
prima ancora che entrasse nell'esercito. Dimmi,sei disposto a pagare
qualunque prezzo,anche il tuo stesso sangue,pur di vendicarti? Dai
così poco valore alla tua vita che l'unica cosa che ti fa
andare
avanti in questo mondo è l'odio che ti scorre nelle vene. Il
te del
passato si vergognerebbe di cosa sei diventato adesso.”
“Parole
forti per uno che nasconde il proprio aspetto sotto un
cappuccio,sicuro che io sia l'unico che si dovrebbe vergognare di
qualcosa? Dimmi la verità,quante delle persone che hai
aiutato
stasera sanno che sei un orco? Lo sai che forse alcuni di loro lo
hanno capito,ma che non potendo permettersi delle cure a pagamento
vengono da te?”
“Le
tue parole sono crudeli.”
“La
vita è crudele, gli dei sono crudeli,le persone sono
crudeli,ma
quello che dico è pura sincerità,se non ti piace,
puoi sempre
tapparti le orecchie e lasciarmi andare”
I
due si guardavano l'un l'altro con sguardi carichi di tensione. Da
una parte Milziade,che teneva in ostaggio se stesso facendo leva
sull'altruismo di un orco,razza famosa come esseri amanti della
guerra e della violenza in generale e a trovarne uno così
civile e
ben educato all'interno di Nova gli pareva un gigantesco
controsenso,visto che quelli come lui erano normalmente considerati
come barbari- Dall'altra Alcmeone,un orco con la tendenza ad aiutare
il prossimo,da quello che aveva visto Milziade in piscina e nella
zona più povera della città e che ora,restava
fermo per non far
agitare ulteriormente il mercenario,che con quella spada in
mano,rischiava seriamente di uccidersi,dato l'afflusso di sangue che
usciva dal taglio sul braccio. La situazione era ferma ad uno stallo
e nessuno dei due sembrava voler cedere.
“Oggi
alle terme mi hai detto una cosa molto particolare che ha suscitato
la mia curiosità. Hai detto che Silla ha condannato la tua
vita,che
intendevi dire con quelle parole?”
L'orco
parve restio rispondere a quella domanda,mentre osservava come il
sangue fluiva,goccia dopo goccia,in piccoli rivoli dal braccio del
mercenario,spinto dall'istinto di voler tappare quella ferita il
prima possibile,usando acqua pulita,poi avrebbe usato ago e filo per
suturare la ferita,ripulito il sangue con batuffoli di cotone per poi
spargere su tutto il taglio una mistura in polvere di diverse piante
dagli effetti emolitici e infine,avrebbe avvolto tutto l'avambraccio
con bende sterili. Si,gli sarebbe bastato poco per riparare a quel
danno madornale potenzialmente letale,nella speranza che il taglio
non avesse preso punti vitali,come le vene o peggio,l'arteria. Ogni
secondo che passava c'era il rischio che la ferita peggiorasse.
“Ti
ho fatto una domanda,medico,rispondi.”
“Si
è vero,l'ho detto. Tu pensi che l'umano conosciuto come
Lucio
Cornelio Silla sia solo un bruto dissennato senza sale in zucca e
così,vero? E proprio qui che ti sbagli,lui non è
il genere di
persona che fa le cose senza avere una buona ragione. Anche la mia
condanna è una di queste.”
“Che
vuoi dire?”
“Molto
tempo fa ho combattuto al fianco di Silla per aiutarlo a giungere
dove si trova ora ed oltre alla forza ho prestato anche il mio aiuto
come medico d'accampamento. E stata durante la guerra civile che mi
sono accorto che cosa intendeva fare Silla è una volta
giunti a
Nova,quando mi sono reso conto che ormai non sarebbe mai più
tornato
su i suoi passi,a rendersi conto di quello che si era lasciato
dietro,non ho avuto il coraggio di continuare. L'ho
abbandonato...poco prima che entrasse nel palazzo
dell'imperatore.”
“Quindi
non eri presente durante la conquista di Argos?”
“No.”
“Allora
come diamine fai a sapere chi sono,se io e te non ci siamo mai
incontrati?”
“Non
c'è né stato bisogno,altri sanno chi sei e come
te,non vedono di
buon occhio l'imperatore.”
“E
questi altri cosa vogliono da me?”
“Da
te niente...per ora,ma sono io che voglio che tu interrompa il tuo
viaggio.”
“E
perché dovrei?”
“Perché
se continuerai a proseguire arriverà il momento in cui tu e
Silla vi
rincontrerete e vorrei evitare che ciò accada.”
“Un
orco dal cuore nobile,che storia commovente. Ho assistito a tragedie
più allegre di questa storia.”
“Credimi,
la nobiltà d'animo non c'entra niente...ascolta,tu non devi
incontrare l'imperatore,anzi,se vuoi guarire dal male che ti affligge
devi lasciar perdere la vendetta.”
“E
perché dovrei? Io mi sento bene,sto in forma,faccio
attività fisica
e poi faccio un lavoro dinamico e salutare. Come puoi vedere,sono il
ritratto della salute.”
“No,al
contrario,sei un uomo giunto al limite della propria esistenza. Sei
arrabbiato,trovi sfogo ai tuoi dispiaceri solo nelle cose
più
autodistruttive,svolgi lavori che molti altri riterrebbero un
suicidio portare a termine e così facendo giochi con la tua
vita di
continuo. Il tuo non è sprezzo del pericolo,strategos,ma un
triste e
disperato sintomo di autodistruzione. Hai bisogno di aiuto.”
“Aiuto?
Aiuto dici?...”
La
presa sul manico della spada si fece più forte nel tentativo
di
attenuare un sentimento che a fatica riusciva a tenere sopito dentro
di se,mentre il sangue sulla lama andava a ricoprire la punta e
scendeva per tutto il filo,fino a scendere sulle dita e bagnare il
manico,rischiando che la presa sull'arma divenisse scivolosa.
“E
dimmi della gente di Argos invece,non avevano anche loro bisogno di
aiuto? E delle donne,che stringevano a se i figli nel tentativo di
fuggire mentre i legionari bruciavano la città invece? Anche
loro
non avevano bisogno di aiuto? E dell'esercito a difesa della
città
invece? Più di ventimila uomini,tra
opliti,cavalieri,frombolieri e
volontari,mentre i sacerdoti di Atena restavano al sicuro in
città,mandando avanti gli uomini comuni a morire per
proteggere
l'Acropoli,anche loro non avevano bisogno di aiuto? Avevamo tutti
bisogno di aiuto e adesso arrivi tu,che non sai niente di quello che
ho visto quel giorno,della forza d'urto che Silla ci ha schierato
contro,mentre avanzava con la sua dannata legione e le sue diaboliche
macchine d'assedio,mentre i sacerdoti di Marte lanciavano incantesimi
e benedizioni per rafforzare le loro truppe e ancora peggio,quando
lui stesso è sceso sul campo di battaglia,fu li,in
quell'istante,che
avremmo avuto bisogno di aiuto. Nessuno ci aiutato quel giorno,ne gli
uomini,ne gli dei...ci hanno lasciato soli,a morire,schiacciati sotto
il peso di questa nazione non fa altro che espandersi, ed espandersi
senza alcun ritegno,mentre Nova prospera,Argos diveniva
cenere,sepolta dal passo dei legionari che ci marciavano
sopra,finendo i feriti gravi e facendo schiavi i sopravvissuti.
Duemila anni di civiltà,spazzate via,come se non fosse mai
esistita.
Credimi,quel giorno,avevo bisogno di aiuto e dimmi,tu
dov'eri?”
Man
mano che parlava negli occhi di Milziade si faceva strada uno sguardo
colmo d'ira,una rabbia che lo riempiva di energia,sempre più
grande,sempre più intensa,era lei e lo sentiva,come sempre
del
resto.
“Io,francamente,non
posso saperlo dove ti trovavi tu,mai la vuoi sapere una cosa? Non mi
interessa chi tu sia,cosa vuoi da me o cosa ti aspetti che faccia.
Non mi importa niente,non può fregarmene di meno,ma se pensi
che tu
o chiunque altro possa fermarmi dall'ottenere quello che
voglio,allora non sperare di farmi arrendere tanto facilmente. Non mi
fermerà nessuno,mortale,mostro,dio,quell'ignobile bastardo
di
Silla...
Il
momento era giunto,c'era sangue più che a sufficienza per
fare la
sua mossa.
“NE'
TANTO MENO TU...”
Con
un rapido gesto della mano Milziade mosse velocemente la lama contro
Alcmeone, o meglio,contro i suoi occhi. Sapeva che non avrebbe potuto
prenderlo dato la distanza di sicurezza che il mercenario aveva messo
tra loro due,ma del resto non aveva intenzione di ferirlo,no,la sua
idea era un altra. Il colpo a vuoto era parte integrante della sua
contromossa,poiché il sangue gocciolante rimasto su tutta la
lama si
sparse in aria,formando un arco proprio di fronte all'orco,che colto
alla sprovvista fu preso in pieno negli occhi dalla rossa linfa che
sgorgava fresco dalla ferita aperta. Era il momento che stava
aspettando. Milziade non aspettò oltre e iniziò a
correre,non verso
la porta d'ingresso,ma verso la finestra aperta,scattando con le
gambe muscolose verso l'uscita al momento più accessibile in
quel
momento. L'orco a sua volta,tentò di afferrarlo nel
tentativo di
prenderlo,ma gli andò male poiché Milziade
scartò la grande mano
verde con destrezza e in tutta fretta corse fino a giungere in meno
di una manciata di secondi la finestra,dalla quale saltò con
un
balzo degno di un atleta ai giochi sacri,che essendo al pian terreno
collegava direttamente con la strada, atterrando sulla strada di
ciottoli e iniziò a correre,dando adito a tutte le sue
energie per
sfuggire allo strano tizio che quella sera aveva rischiato seriamente
di porre fine alla sua vita,oltre che alla sua carriera. Sentiva il
colpo che l'orco gli aveva inflitto,nel punto sopra il cuore. Era
stato solo per un attimo,un singolo istante,ma gli era parso in
qualche modo,in maniera sgradevole,uno strano attacco a mani nude,la
potenza del medico non era paragonabile a quella di Silla,ma gli era
parso altrettanto pericolosa e in quel momento si chiese se non si
fosse trattenuto nel tentativo di approcciarsi al mercenario in
maniera più diplomatica,se quello era il termine giusto da
usare in
quel momento. Ormai non aveva importanza, chiunque fosse se l'era
lasciato alle spalle. Sperava per sempre,ma con gli accadimenti degli
ultimi tempi poteva non esserne troppo certo. Le strade erano buie,
lui era ferito e di incontrare altri guai per quella sera non
né
aveva voglia e cosa peggiore,sarebbe dovuto tornare alla taverna e
spiegare perché si fosse provocato quella ferita
sull'avambraccio,avrebbe potuto trovare un medico a pagamento in
città e farsi ricucire senza troppi problemi,il guaio e che
di soldi
dietro non né aveva,certo,c'era sempre Lucilla,che con la
sua magia
aveva saputo fare delle guarigioni di gravità molto
semplice,ma
avrebbe dovuto comunque dare delle spiegazioni. Poco male,avrebbe
raccontato una menzogna di poco conto e se la sarebbe cavata con un
occhiataccia e un rimprovero per la bella faccia tosta. Come sempre
del resto.
L'orco
era rimasto nella stanza,illuminata dalla fioca luce della lucerna
che ancora brillava,di quella fiammella sulla punta,piccola,ma calda
e luminosa. Come la speranza. Alcmeone aveva basato quell'incontro
sulla speranza,la speranza di risolvere quella situazione,la speranza
di poter guarire un animo cupo e senza speranza,la speranza,che
forse,non tutto era andato perduto. E anche li,che si era ripulito
gli occhi da quell'attacco a sorpresa guardò la finestra e
tristemente si rese conto che aveva fallito. Fece pochi passi e si
sedette ad un tavolo,piccolo e di poco conto,più adatto per
appoggiarci i vasi che per ospitare uno della sua stazza e
allungò
una mano verso la borsa di cuoio appoggiato ad una delle
gambe,frugò
un po' e da esso tirò fuori un serpente,un piccolo serpente
completamente bianco,grande nemmeno la metà della sua mano.
Lo
stringeva nel pugno,con gentile premura e il rettile si stringeva
sulle spire,arrotolandosi nel palmo della grande mano,mentre con gli
occhi grandi e senza palpebre osservavano il volto mogio del medico.
“Mi
è sfuggito,mio piccolo amico. Devo riconoscerlo,quel
Milziade è il
paziente più ostico che abbia mai conosciuto.”
Già,era
riuscito a resistere al palmo che tocca l'anima,uno degli attacchi
più semplici a sua disposizione,eppure,molto efficace contro
i
soldati e i guerrieri più forti,anche quando usato a bassa
intensità. Era necessaria una grande resistenza fisica a
sopportare
un colpo simile, e quell'umano,che sembrava così debole e
facile a
vincere,aveva mantenuto tutte le sue precedenti qualità come
stretegos. Vero anche il fatto che lo avevano avvertito riguardo a
chi fosse il personaggio che voleva rintracciare,ma non immaginava
fosse un tipo tanto testardo quanto azzardato,se non addirittura
folle,tanto,da mettere in gioco la sua stessa vita pur di avere una
speranza,una soltanto, di poter farla franca e ci era riuscito. Forse
avrebbe dovuto mettere più forza in quel colpo,ma non se
l'era
sentita di esagerare,dopotutto voleva solo tramortirlo,non
ucciderlo...una parte del suo carattere,che Silla tempo
addietro,aveva fatto un commento a riguardo.
“Il
tuo punto debole è la mancanza di determinazione. I tuoi
colpi sono
leggeri e la tua tecnica è priva di impatto. Sei troppo
debole per
imparare a combattere,non tanto nel corpo,quanto più nello
spirito.
Lascia perdere.”
Già,
troppo debole di carattere per uccidere un nemico,preferiva guarire
piuttosto che danneggiare,curare più che distruggere. Come
orco la
gente si era aspetta da lui che fosse al pari di una bestia
sanguinaria,privo di scrupoli e con una smisurata sete di sangue e
invece,tutto l'opposto. Ricordava un tempo in cui disprezzo e
ignoranza era parte del sua sofferenza,un tempo lontano,in cui era un
piccolo umanoide verde,spaurito e con due piccole zanne che gli
uscivano dalla bocca,poi ,incontrò lui,un altro ragazzino
umano,biondo,con gli occhi di ghiaccio,simili a quelli di un lupo
è
un volto truce e combattivo,molto diverso da quello di un qualunque
bambino della sua età. Ma ora quel tempo era lontano e le
cose erano
andate com'erano andate è lui,era rimasto quello di
sempre,più o
meno. Ora che l'aveva incontrato di persona era certo e che il tempo
delle scelte importanti era giunto. Nessuna fuga,nessun
pentimento,nessuna scusa,non più,non quella sera.
“Mio
piccolo amico,sono pronto a confrontarmi con il mio passato e questa
volta,sono pronto a confrontarmi con il mio male personale. La
guarigione non sarà semplice,ma devo tornare,se voglio
guarire e
chissà...forse...guarirò anche lui.”
Si,doveva
fare ritorno,da lui,una macchia scura sull'anima che per lungo tempo
lo aveva fatto soffrire,e che ora,era pronto a cancellare. Si,sarebbe
tornato a Nova,per lui,per se stesso,per il bene di tutti. Non poteva
attendere oltre,Silla andava fermato.
Presto
sarebbe partito,ma per ora,avrebbe curato chi di dovere,sapendo che
gli altri avrebbero fatto del bene in sua vece. La sua anima,ora,era
più quieta.
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