Il pittore di stelle

di justalexie9
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'affascinante sconosciuto ***
Capitolo 2: *** Una proposta allettante ***
Capitolo 3: *** L'Atelier dell'artista ***



Capitolo 1
*** L'affascinante sconosciuto ***


L’AFFASCINANTE SCONOSCIUTO


Il cocchiere maneggiava con maestria le redini che guidavano i cavalli al trotto lungo il selciato.
La vettura lasciava alle sue spalle, durante il passaggio, un’infinità di paesaggi.
La campagna inglese era ormai un lontano ricordo, ora che la carrozza era diretta verso la città.
James era immerso nella lettura di un libro.
Si trattava di un saggio che gli era stato consigliato vivamente da un amico, mentre, suo fratello maggiore, Arthur, dal sedile opposto, osservava da attraverso il vetro, con aria assente e distratta, le lunghe distese verdi che scorrevano via dal suo sguardo.
« Forse dovresti cominciare a riflettere meglio sul tuo futuro, James. A nostro padre non va molto a genio questa tua iniziativa di fare l’artista. »
Il maggiore della casata fu il primo ad interrompere il silenzio che finora aveva caratterizzato quel lungo viaggio dalla casa in campagna, utilizzata solitamente dalla famiglia del marchese Louis De Bethencourt per trascorrervi le vacanze estive.
Eccezionalmente, però, quell’anno il marchese aveva spedito il figlio James per un breve soggiorno anche durante il periodo autunnale, poco prima dell’arrivo dell’inverno, affinché potesse ravvedersi lontano dalla città e “cercare di riacquistare il senno”, o almeno così aveva borbottato il padre.
Il giovane diciannovenne sospirò, chiudendo il libro e lasciando a metà la sua lettura.
« Davvero non comprendo le ragioni del suo affanno. So muovermi bene all’interno della società, non gli ho mai arrecato imbarazzo e non sono mai stato neppure scortese con nessun membro dell’alta nobiltà che ha partecipato ai nostri banchetti. Oltretutto, essendo il figlio maggiore, sarai tu alla morte di nostro padre ad ereditare il suo titolo, quindi non vedo proprio come il mio futuro possa essere affar suo. Sei tu piuttosto quello che dovrebbe preoccuparsi. Hai già tante di quelle responsabilità ed ogni passo della tua vita è già stato deciso. Delle volte non capisco come tu faccia a non sentirti soffocato da tutta questa forma, da tutte queste regole. Almeno io, che non sono costretto a tutti i tuoi stessi vincoli, vorrei poter scegliere che cosa farne della mia vita! »
Arthur si massaggiò le tempie, esausto di quella ennesima discussione, ma poi le sue labbra si curvarono in un sorriso divertito.
« Sei proprio un ribelle, James. Esistono anche persone che hanno bisogno di vivere in un contesto sociale con delle regole prestabilite e con un percorso di vita già deciso, sai? E poi, se io fossi in te, non mi adagerei così tanto su questa certezza. Ti ricordo che nell’eventualità in cui io venissi a mancare, automaticamente l’unico erede del nostro patrimonio saresti tu! »
Il minore strabuzzò gli occhi, balzando quasi sul posto a causa della sorpresa di quella rivelazione, che poi tanto segreta effettivamente non era, suscitando il divertimento dell’altro.
L’ereditarietà del titolo nobiliare prevedeva, infatti, il passaggio al figlio maggiore alla morte del possedente in carica.
« Per carità, non dirlo neppure per scherzo! Promettimi che non morirai, fratello! »
Per Arthur fu praticamente impossibile a quel punto riuscire a trattenere una fragorosa risata, specialmente quando il minore aveva abbandonato il suo posto per accomodarsi accanto a lui ed aveva avvolto la sua mano tra le proprie, in un gesto quasi supplichevole.
« Sei incorreggibile! Invece di preoccuparti di me che potrei morire, sei più angosciato all’idea di ereditare il titolo nobiliare! »
James assottigliò lo sguardo e corrugò la fronte, lanciandogli un’occhiata contrariata.
« Non c’è assolutamente niente di divertente in quello che hai detto! Smettila di ridere, sei tu che mi angosci! »
Si strinse istintivamente in maniera protettiva contro il corpo del fratello, quasi come se semplicemente attraverso quel gesto potesse salvarlo dalla morte e proteggerlo da qualsiasi pericolo imminente.
« Va bene, va bene. La smetto di prendermi gioco di te. »
Lo rassicurò l’altro, accarezzandogli il capo con affetto, da sempre affezionato a quel suo lato infantile ed adorabile, mentre raggiungevano con la carrozza da passeggio il cuore della città.

 

Londra era sempre un luogo piuttosto caotico.
Le vie brulicavano di carrozze e di passanti e quella dei fratelli De Bethencourt si fermò nel mezzo di quel flusso ininterrotto di vita mondana.
« Io devo discutere un attimo d’affari con Lord Browne. Non ci vorrà molto, perciò aspettami qui. », gli raccomandò Arthur, prima di congedarsi e scendere dal veicolo per adempiere ai suoi doveri.
James si limitò ad annuire ed approfittò dell’assenza del fratello per tornare ad immergersi nella lettura che aveva lasciato a metà.
Ora che aveva fatto ritorno in città, aveva la sensazione che la sua libertà sarebbe stata sicuramente limitata dai tentativi del padre, primo fra tutti con la presenza di un assiduo valletto che lo avrebbe assistito in tutte le sue attività giornaliere nella villa di famiglia.
A volte si sentiva fuori posto.
Tutto ciò che voleva non era convenzionale alla posizione sociale che rivestiva e delle volte, quando lo era, improvvisamente ne perdeva interesse.
Quella volubilità giovanile probabilmente prima o poi lo avrebbe portato alla rovina.
Forse il marchese Louis De Bethencourt ed Arthur avevano ragione quando lo ammonivano di confarsi a ciò che gli standard sociali gli richiedevano, eppure c’era qualcosa dentro di lui, una scintilla che lo spingeva a proseguire lungo quella strada che aveva deciso di intraprendere, senza voltarsi a guardare indietro.
Si rassestò un riccio dei lunghi capelli scuri che gli ricadevano fin sulle spalle e girò un’altra pagina, notando soltanto in quel momento, troppo preso dai suoi pensieri, che Arthur stesse impiegando più tempo di quanto gli avesse riferito.
James decise allora di porre di nuovo da parte la sua lettura per potersi questa volta sgranchire un po’ le gambe e dedicarsi al disegno.
Sistemò meglio la cravatta bianca, perfettamente in contrasto con l’abito elegante di color blu scuro ed il soprabito in velluto con lunghezza fino al ginocchio, provvisto di uno strato di pelliccia sul collo, per proteggersi dal freddo di quelle giornate uggiose.
Amava particolarmente ritrarre paesaggi in condizioni climatiche simili, soprattutto quelli urbani.
L’architettura e gli scorci che si intravedevano in città lo avevano sempre affascinato, anche per via dei numerosi volti sconosciuti che la attraversavano.
Egli si soffermava spesso ad osservarne i lineamenti e le fattezze, tentando di imprimerli nella memoria e comprenderne i pensieri, gli atteggiamenti e le emozioni attraverso le espressioni facciali.
Scese dalla carrozza ed iniziò a guardarsi intorno alla ricerca di quelle prospettive e di quelle fisionomie a cui era tanto interessato.
La mano cominciò a muoversi da sola, a tracciare delle linee decise sulla carta.
Poco a poco, la struttura di quel paesaggio urbano stava prendendo forma e diventava sempre più nitida e chiara.
Tra i vari passanti, uno in particolare catturò la sua attenzione e quasi senza rendersene conto la sua matita aveva già cominciato a delinearne i lineamenti.
L’uomo aveva un’aria distinta ed elegante, il suo volto era incorniciato da folti capelli biondi.

A giudicare dai suoi abiti, si trattava di un membro dell’alta aristocrazia ed aveva sicuramente almeno una decina d’anni in più rispetto a lui; eppure, facendo parte di quel mondo, era certo che se avesse rivestito un titolo nobiliare, lo avrebbe certamente conosciuto.
Da dove sbucava fuori improvvisamente quello sconosciuto così affascinante?
Il tratto del disegno si interruppe repentinamente nel momento in cui i loro sguardi si incrociarono.
Senza alcuna apparente ragione, James sentì una vampata di calore invadergli il viso e la mente annebbiata, come se quegli occhi color smeraldo lo avessero penetrato fino al cuore.
James distolse frettolosamente lo sguardo, provando un insolito senso di disagio e vedendo finalmente il fratello fare ritorno, ne approfittò per rifugiarsi nella carrozza il più in fretta possibile.
Lungo il tragitto verso casa non fece altro che osservare quello schizzo fulmineo che era riuscito ad estrapolare di quell’uomo misterioso.

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Capitolo 2
*** Una proposta allettante ***


UNA PROPOSTA ALLETTANTE


James non amava particolarmente gli eventi mondani, nonostante questo, faceva tutto il necessario per mantenere il determinato decoro richiesto dall’etichetta.
Quella sera erano stati invitati a casa Willoughby, la quale era stata decorata per l’occasione.
L’arredamento del salone era sfarzoso, metteva perfettamente in risalto lo status sociale dei padroni di casa, esprimendo il massimo del lusso, anche attraverso le tinte accese ed i contrasti cromatici forniti dai colori dell’arredo.
I vari mobili erano abilmente abbinati alle carte da parati ed alla moquette ed i decori presenti sui camini rendevano l’ambiente sicuramente più degno di attenzione.
Il tavolo di grandi dimensioni era in grado di accogliere tutti i numerosi commensali ed infatti i partecipanti all’evento erano decisamente molti.
Ricevimenti di quel tipo erano un’occasione rinomata per tutti i membri dell’alta nobiltà, soprattutto per chi faceva il suo primo ingresso in società.
Quella sera, in particolare, erano davvero numerose le giovani debuttanti, tutte vestite rigorosamente di bianco.
I loro indumenti giocavano un contrasto piacevole alla vista, specialmente quando durante i balli di cortesia le pieghe delle gonne creavano dei movimenti leggiadri e sinuosi, in contrasto con il rosso in tinta unita delle pesanti tende che rivestivano le ampie vetrate delle finestre.
Per ogni debuttante era fondamentale saper danzare, conoscere le regole di comportamento e sapersi inchinare e camminare con grazia: da tutto questo dipendeva la possibilità di riuscire a combinare un matrimonio vantaggioso per ambedue le parti; infatti, questa preoccupazione era ampiamente condivisa anche da tutti quei giovani che debuttavano in società.
Il marchese Louis De Bethencourt fremeva in particolar modo affinché James concordasse al più presto una proposta di matrimonio con una delle bellissime debuttanti, se di buona famiglia e possedente di territori importanti sarebbe stato ancora meglio!
Mancava ormai un anno perché suo figlio minore raggiungesse la maggiore età, eppure non finiva mai di dargli grattacapi e preoccupazioni: James non voleva proprio saperne di adeguarsi alla vita che il suo status gli richiedeva, soprattutto perché era decisamente difficile trovare un buon partito per il secondogenito, poiché non avrebbe ereditato alcun titolo nobiliare, se non a seguito della morte prematura del primo figlio e per di più sprovvisto di discendenza.
Il giovane Lord, perciò, non gli rendeva affatto vita facile.
Nonostante l’impossibilità di ereditare un tale prestigio, il figlio minore godeva di molta considerazione presso i nobili, sia tra i gentiluomini, che lo consideravano piuttosto sveglio e preparato riguardo alla politica, sia tra le fanciulle, tra le quali riscuoteva un successo non alquanto indifferente a causa dei suoi modi cortesi e raffinati, del suo charme e per via di quell’aria misteriosa ed interessante che trapelava con prepotenza dal suo sguardo e dalla sua gestualità.


James aveva trascorso gran parte della serata ad intrattenere conversazione con gli altri ospiti, spesso anche in compagnia del fratello Arthur e del marchese, di fronte ai quali, nonostante fossero più adeguati a quello stile di vita, non sfigurava affatto.
Aveva tenuto compagnia in egual misura anche ad alcune dame, con le quali aveva danzato e scambiato qualche parola.
Aveva anche intrapreso un ballo con la contessa Bouchard, la quale in svariate occasioni aveva manifestato la sua intenzione di proporgli in matrimonio la figlia minore.
James non aveva mai espressamente rifiutato per non essere scortese, ma non aveva mai neppure acconsentito.
Fortunatamente, notando l’imbarazzo dipinto sul volto del fratello, dovuto dall’insistenza della nobile dama, che non perdeva mai occasione di ribadire quella proposta, ogni qualvolta si svolgessero cerimonie simili, Arthur venne in suo soccorso, invitando la donna a concedergli il ballo successivo.
Inevitabilmente, al giovane Lord non poté che sfuggire un sospiro di sollievo ed automaticamente il suo corpo si rilassò, quando vide la contessa allontanarsi con il fratello per aprire le nuove danze insieme ad altre coppie.
Si spostò dal centro della sala per lasciare spazio ai danzatori e ne approfittò per sorseggiare del buon vino, osservando le varie coppie che in quel momento si stavano cimentando in un valzer.
In particolar modo, il suo sguardo ricadde su Arthur e sulla contessa Bouchard.
Il maggiore dei De Bethencourt era sempre ben voluto, James stesso, nonostante il suo modo di essere risoluto ed orgoglioso, non poteva far altro che ammirarlo e volergli bene.
Fin da bambino era sempre stato il suo modello e nonostante fossero piuttosto simili fisicamente e nei tratti del volto, i quali differivano soltanto perché i lineamenti di James erano molto più dolci dei suoi, delle volte invidiava la sua diplomazia e la sua capacità di integrazione.
Sarebbe stato più facile avere la sua stessa indole e la sua pazienza.


Mentre le gonne bianche delle debuttanti e quelle colorate delle donne già entrata a far parte della società, e dunque sposate, continuavano a volteggiare lungo la pista, accompagnate dagli abiti scuri da sera dei loro cavalieri, dall’altra parte della stanza, il suo sguardo si incatenò in maniera del tutto naturale a quello dell’uomo che qualche giorno prima aveva catturato tra i passanti il suo occhio d’artista.
Dopo qualche attimo di stordimento, sussultò nel sentire quegli occhi profondi su di sé e distolse lo sguardo, come la prima ed unica volta che li aveva incrociati, colto dalle medesime sensazioni di turbamento e disagio.
Poggiò il calice da cui stava bevendo e si allontanò dal salone, approfittando della presenza di un balcone laterale per uscire a prendere una boccata d’aria fresca e tentare di calmarsi.
Fortunatamente gli altri invitati erano troppo assorti nelle loro faccende sociali per potersi accorgere della sua assenza.
Qualche attimo dopo, però, il rumore di alcuni passi raggiunse le sue orecchie e la figura di un uomo lo affiancò.
« L'inverno è alle porte, eppure il tempo questa sera non è affatto male, non trovate? »
L’intruso indesiderato scalfì il silenzio della sera e per qualche istante non si sentì altro nell’aria, se non il brusio proveniente dalla sala principale ed il soffio lieve del vento.
La sua voce era calda e rassicurante e nonostante James non si fosse ancora voltato per scoprire chi fosse il suo interlocutore, dal modo in cui il suo cuore batteva all’impazzata ed il suono di quella voce giungesse ovattato alle sue orecchie, non aveva dubbi che si trattasse dello sconosciuto che inspiegabilmente lo sconvolgeva tanto.
« Siete molto popolare Lord De Bethencourt, sapete? Sto cercando da tutta la sera l’occasione perfetta per rivolgervi la parola, ma siete sempre circondato sia dai gentiluomini che dalle giovani dame. »
James cercò di darsi un contegno e quando si sentì finalmente di nuovo padrone di se stesso, si voltò per affrontarlo a viso aperto.
« Voi chi sareste? Non mi sembra di avervi mai incontrato prima d’ora. »
L'uomo, evidentemente sorpreso, dilatò leggermente le pupille, ma poi si ricompose immediatamente, assumendo un’espressione che volesse quasi suggerire che in realtà apprezzasse la caparbietà del giovane Lord.
« Avete perfettamente ragione. Perdonatemi per non essermi ancora presentato. Io sono il conte William Borthwick. Non avete mai avuto occasione di conoscermi perché finora ho vissuto in Scozia, ma adesso le circostanze hanno voluto che facessi ritorno in Inghilterra. Anche se non concordo con voi, quando dite che questo è il nostro primo incontro. »
Il conte Borthwick lanciò un’occhiata divertita e maliziosa all’altro, prima di proseguire con il suo discorso, notando lo stupore sul volto del ragazzo.
« Sbaglio o l’altro giorno, mentre eravate in città ad osservare i passanti, mi stavate ritraendo? »
James assunse immediatamente un’espressione che lasciasse ben intuire quanto fosse sia indignato che imbarazzato dalle sue parole.
Il primo sentimento era in risposta all’insolenza dell’uomo per potergli aver rivolto un’insinuazione simile con così tanta arroganza; mentre, il secondo era dovuto al fatto di essere stato colto letteralmente con le mani nel sacco.
« Mi state sicuramente confondendo con qualcun altro. Vi ripeto che è la prima volta che vi incontro. », ci tenne a ribadire il giovane Lord, volendo rimanere fermo sulla sua affermazione: mai e poi mai avrebbe ammesso una cosa del genere, ancor meno al diretto interessato.
William sembrava essere piuttosto incuriosito dal carattere vivace e deciso dell’altro, quindi pensò bene di non girarci troppo intorno ed essere diretto.
« Forse avete ragione, evidentemente devo avervi confuso con qualcun altro. Eppure sono certo che un viso come il vostro non mi sarebbe passato facilmente inosservato. Vedete, sono anch’io un artista piuttosto esigente e sono pochi i volti che riescono davvero a catturare il mio interesse. Arriverò dritto al punto, Lord De Bethencourt. Vorrei che voi faceste da modello per i miei prossimi dipinti. »
James rimase abbastanza sorpreso da quella richiesta inaspettata, tant’era che esitò qualche attimo prima di rispondere: « E secondo voi, per quale motivo dovrei accettare la vostra proposta? »
I loro sguardi si incrociarono di nuovo, immergendosi l’uno in quello dell’altro; in particolar modo, quello del conte era piuttosto intenso.
« Perché se accettaste di posare per me, io in cambio potrei darvi delle lezioni d’arte. Non è di certo un segreto che vostro padre sia contrario alla vostra inclinazione artistica e se voleste apprendere qualcosa in più al riguardo, vi assicuro che sono perfettamente in grado di insegnarvi. I miei quadri riscuotono parecchio successo in Scozia. Vi prego di pensarci bene. »
Lord Borthwick certamente sapeva essere piuttosto persuasivo; oltretutto, era riuscito anche a catturare l’interesse del giovane Lord, il che era abbastanza raro, ma per qualche strana ragione, nonostante quella fosse una proposta piuttosto vantaggiosa per entrambi, vi era qualcosa che lo tratteneva.
« Perché prima di darmi una risposta non valutate voi stesso con i vostri occhi? Venite nel mio atelier. Vi mostrerò alcuni dei miei ultimi lavori, così sarete in grado di rifiutare oppure di accettare la mia offerta. »
Perché stava esitando così tanto? In fin dei conti che cosa aveva da perdere?
Era un’ottima opportunità per apprendere qualcosa di nuovo e confrontarsi con un altro nobile che come lui era interessato all’arte.
Avrebbe fatto visita al suo atelier e valutato scrupolosamente le sue opere e se fossero state di suo gusto, da un uomo più grande di lui non avrebbe avuto altro se non da imparare.
« D’accordo. Mi avete convinto, Lord Borthwick. Verrò a far visita al vostro atelier, dopodiché avrete la mia risposta. »


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Capitolo 3
*** L'Atelier dell'artista ***


L’ATELIER DELL’ARTISTA



 

Quando era in casa, James trascorreva spesso gran parte del suo tempo in biblioteca.
Amava immergersi in profonde letture di fronte al caminetto acceso.
Shakespeare era uno dei suoi autori preferiti: aveva riletto svariate volte molte delle sue opere teatrali più degne di nota.
La mobilia della biblioteca di casa De Bethencourt era in mogano e le poltrone, rigorosamente con i braccioli poiché conferivano maggiore comodità, di colore bordeaux, mentre il parquet era ricoperto da ampi tappeti che riprendevano il colore della tappezzeria in verde delle pareti.
Il giovane Lord era comodamente seduto su una delle pregiate poltrone, preso per l’ennesima volta nella lettura di Amleto.
Uno dei suoi passi preferiti era il famoso monologo “ To be or not to be” e si dilettava spesso nel tentativo di recitarlo a gran voce, come se fosse un attore di teatro.
« Essere, o non essere, questo è il problema: se sia più nobile nella mente soffrire i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni e, contrastandoli, porre loro fine? Morire, dormire… nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali di cui è erede la carne: è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo, perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale deve farci riflettere. Questo è lo scrupolo che dà alla sventura una vita così lunga. Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo, il torto dell’oppressore, la contumelia dell’uomo superbo, gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge, l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo che il mento paziente riceve dagli indegni, quando egli stesso potrebbe darsi quiete con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli, grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa, se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte, il paese inesplorato dalla cui frontiera nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà e ci fa sopportare i mali che abbiamo piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti? Così la coscienza ci rende tutti codardi, e così il colore naturale della risolutezza è reso malsano dalla pallida cera del pensiero, e imprese di grande altezza e momento per questa ragione deviano dal loro corso e perdono il nome di azione. »
James rimase in silenzio, riflettendo per l’ennesima volta su quel monologo.
Amleto, riferendosi a tutta l’umanità, ragiona su quelli che sono i vantaggi e gli svantaggi della vita, ritenendo questi ultimi decisamente in netta superiorità rispetto ai primi.
Il desiderio di morte è perseguibile, purché non sia attraverso il suicidio.
Secondo Amleto, la morte non è altro che un sonno e non possiamo controllare i nostri sogni, perciò l’ignoto di ciò che ci aspetta dopo la morte non ci garantisce che sia meglio del presente e che possa realmente porre fine a tutte le nostre sofferenze.
Un viaggio senza ritorno, una volta oltrepassato un confine dal quale non si può più tornare indietro, non può che spaventare.
James non temeva particolarmente la morte, forse proprio perché sembrava avere davanti a sé tutta una serie di esperienze ancora da poter sperimentare; temeva, piuttosto, la possibilità che essa potesse sopraggiungere precocemente, prima che fosse riuscito a realizzare qualcosa ed a vivere pienamente la sua vita come avrebbe voluto.
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dall’ingresso in biblioteca del valletto, il quale si era palesato nella sala soltanto dopo aver ottenuto il consenso del giovane Lord.
« Perdonate l’intrusione, Lord De Bethencourt. Avete visite. »
« Di chi si tratta? », chiese, chiudendo il libro che stava leggendo poc’anzi e riponendolo in uno degli scaffali della libreria.
« Si tratta di Lord Borthwick. »
Il braccio di James, per una breve frazione di secondi, rimase sospeso in aria, tra il suo corpo e lo scaffale in cui aveva appena riposto il libro, poi assunse di nuovo una postura adeguata e si rivolse al valletto.
« Ditegli che può accomodarsi. Lo riceverò qui nella biblioteca. »
« In realtà, mio signore… Lord Borthwick ha insistito perché vi dicessi che vi attende nella sua carrozza. Mi ha riferito che voi avrete sicuramente ricordato il vostro impegno. »
L’insolenza del conte infastidiva non poco il giovane Lord, ma d’altronde aveva preso effettivamente un impegno e non era affatto nella sua indole non mantenere fede alla parola data.
« Va bene. Prepara il mio soprabito. »
« Con permesso. »
Il valletto si congedò con un inchino, tornando poco dopo con il suo soprabito, aiutandolo ad indossarlo; poi lo scortò fino all’esterno della villa, dove vi era ad attenderlo la carrozza del conte.
Il cocchiere gli aprì la porta e lo fece accomodare all’interno della vettura.
James prese posto di fronte a Lord Borthwick, scrutandolo per qualche istante, prima di avviare una conversazione.
« Vi avevo dato la mia parola che avrei fatto visita al vostro atelier, ma non credevo che vi sareste presentato qui di punto in bianco. »
L’uomo sorrise per via dell’espressione scocciata dell’altro.
« So che siete un uomo di parola, ma ho pensato che fosse meglio non temporeggiare. Non vi piacciono le persone che hanno spirito di iniziativa? »
« Non ho affermato questo. Ho soltanto espresso il desiderio di essere avvisato con anticipo la prossima volta. »
Il conte assunse un’espressione compiaciuta: che il riluttante Lord De Bethencourt avesse accettato non solo di seguirlo fino al suo atelier, ma che avesse persino menzionato la possibilità che ci sarebbe stata un’altra volta, aumentava enormemente la speranza che avrebbe accettato di posare come modello per lui.
L’andamento della carrozza era costante e James, che era solito osservare il paesaggio ogni volta che viaggiava e non aveva un libro con sé, era totalmente assorto da quello urbano della città.
Londra era suddivisa in differenti quartieri: quelli di lusso, quelli della classe media, quelli commerciali ed infine quelli poveri.
In particolar modo, uno tra questi ultimi, Whitechapel, durante il periodo adolescenziale di James, era diventato piuttosto famoso per i macabri omicidi conseguiti da Jack lo squartatore.
Anche in casa De Bethencourt, nonostante questa si trovasse in uno dei maggiori quartieri di lusso londinesi, giunsero notizie legate a quegli inquietanti delitti.
Anche se si trattava di una realtà completamente distante dalla sua, James non poteva che sentirsi indignato e sconvolto, ripensando a quei terribili eventi.
Ogni volta che venisse ancora menzionato quel quartiere degradato e maleodorante, gli si formava un nodo alla gola.
Era in momenti come questo che si rendeva conto di quanto fosse fortunato e privilegiato a dover sottostare a quell’etichetta che tanto gli andava stretta.
I quartieri di lusso avevano un aspetto oltremodo differente: erano caratterizzati da parchi e case eleganti, le ville includevano un curato giardino ed ogni residente aveva a disposizione tutte le strade più rinomate di Londra.

Improvvisamente la carrozza si fermò ed il cocchiere corse ad aprire loro la porta.
James dedusse che fossero giunti a destinazione.
Era piuttosto curioso di sapere dove alloggiasse l’uomo durante il suo soggiorno a Londra.
Non era affatto stupito di vedere che il conte risiedesse in una delle ville più belle e prestigiose di Chelsea, uno dei quartieri di lusso più famosi della città.
Il giovane Lord seguì il conte all’interno della sua villa, scortati dal maggiordomo dei Borthwick, finché non giunsero di fronte alla porta di accesso ad un’area della casa che era stata allestita come atelier personale del padrone di casa.
« Fai in modo che nessuno venga a disturbarci. », gli raccomandò, attendendo che il domestico si congedasse per entrare nel suo luogo di lavoro insieme all’altro.
Gran parte dello studio era occupato da numerose tele, dalle dimensioni più disparate e disposte in maniera confusa in tutti gli angoli della camera.
L’illuminazione dell’ambiente era garantita dalla presenza di un ampio finestrone e da quella di un lucernario.
Vi erano anche una sezione allestita per dipingere in comodità ed un grosso divano sul quale sicuramente il conte era solito riposare o mettere in ordine i suoi pensieri.
L’attenzione di James fu immediatamente catturata dai diversi soggetti esposti sulla tela.
Il tratto di Lord Borthwick era decisamente sapiente e deciso.
Rispecchiava abilmente la sua personalità ed era stata utilizzata una tecnica davvero particolare, che non aveva ancora mai avuto modo di sperimentare o conoscere.
Il soggetto prediletto dell’uomo era sicuramente il paesaggio notturno.
Ad esso aveva dedicato diversi quadri, in ognuno rappresentato con condizioni atmosferiche ed illuminazioni differenti rispetto agli altri.
Lo sguardo di James scorreva entusiasta da un dipinto all’altro, apprezzando in particolar modo l’incurvatura delle pennellate ed i giochi cromatici usati per rappresentare le stelle.
« A giudicare dal vostro interesse, credo proprio che siano di vostro gradimento. »
James si schiarì la voce ed assunse nuovamente un atteggiamento composto.
« Devo ammettere che non sono affatto male. »
William sorrise divertito, scuotendo leggermente il capo, rassegnato di fronte al fatto che l’altro non gli avrebbe mai dato alcuna soddisfazione.
« Allora perché non giudicate anche qualcuno dei miei ritratti? Vorrei posaste per me proprio per realizzarne un paio. Se la nostra collaborazione dovesse funzionare e mi sentissi adeguatamente ispirato, vorrei cimentarmi anche in altre sperimentazioni. »
« Fossi in voi, Lord Borthwick, non darei subito per scontato che io accetti la vostra proposta, però sono interessato ad osservare più da vicino anche i vostri ritratti. »
Il giovane Lord si avvicinò ad una delle numerose pile di tele confinate negli angoli della stanza e ne studiò attentamente il contenuto.
Erano numerosi i volti di chi le solcava e le pennellate dell’artista erano così verosimili che i soggetti sembravano quasi voler saltare fuori dal quadro.
Lo colpì molto il primo piano di una donna bellissima.
I suoi occhi vagarono a lungo sulla tela, analizzando ogni dettaglio e domandandosi chi potesse essere quella donna misteriosa: era certo che se fosse appartenuta all’alta nobiltà, l’avrebbe sicuramente riconosciuta.
Forse si trattava di una giovane borghese oppure di qualche nobildonna scozzese.
« Chi è questa bellissima donna? Non l’ho mai vista da nessuna parte prima d’ora. »
« Non mi sorprende, Lord De Bethencourt. Non avete affatto l’aspetto di un assiduo frequentatore di un bordello. »
James sussultò sorpreso sul posto, voltandosi a guardarlo.
« Volete dire che la donna raffigurata nel dipinto sia una prostituta? »
« Esattamente. Mi piace ritrarre soggetti provenienti da differenti classi sociali. »
Il giovane Lord annuì, tornando a posare lo sguardo sul maestoso ritratto.
« Dunque qual è la vostra risposta? »
« Mi avete convinto, Lord Borthwick. Vi farò da modello, ma in cambio dovrete insegnarmi a dipingere le stelle come voi. »


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