Brevi indugi in malinconie inessenziali

di Lisbeth Salander
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Barriere ***
Capitolo 2: *** I figli della guerra ***
Capitolo 3: *** Riconoscersi ***
Capitolo 4: *** Riflessi ***
Capitolo 5: *** A saltare senza contare ***
Capitolo 6: *** And nothing else compares ***
Capitolo 7: *** Una buona scusa ***
Capitolo 8: *** The deepest thoughts of an heartless woman ***



Capitolo 1
*** Barriere ***


 
Brevi indugi in malinconie inessenziali


Barriere
 
C’è un treno che parte e una bambina che resta indietro.
È questo l’inizio della storia.
Si ripete ogni anno, per sette anni, davanti a una barriera per un mondo in cui ha scoperto di non essere la benvenuta.
C’è un treno che parte per un mondo che non conoscerà mai, che corre veloce portando lontano sua sorella.
Petunia ha tredici anni quando vede per la prima volta quella locomotiva che collega i due mondi, che porta Lily lì dove lei non sarà mai accettata. 
Ha tredici anni e vorrebbe sentirsi speciale anche lei, come Lily che incanta tutti facendo muovere fiori
 È nell’età in cui il mondo per lei non dovrebbe avere confini, dovrebbe offrirle solo possibilità quando scopre la più amara delle verità. 
Nel vapore di quel treno scopre qual è la consistenza dell’ingiustizia: una condanna inappellabile ad una banale normalità. 

 
C’è un treno che parte e una ragazza che resta indietro.
Succede sempre questo.
Non accade mai, nemmeno una volta, che la storia prenda una piega diversa.
Lei su quel treno non è mai salita e mai potrà salirvi.
È così che va e non c’è modo di cambiare la storia.
La locomotiva va e viene dal mondo che l’ha rifiutata.
C’è un treno che torna e riporta Lily a casa ma, ogni volta che sua sorella si ritrova nel mondo cui lei è condannata, Petunia pensa che quel posto abbia trattenuto una parte di lei.
Ad ogni ritorno Lily è sempre diversa, sempre più lontana: ci sono barriere, tra loro, più pesanti dei mattoni di King’s Cross. 
Ci sono barriere fatte di parole, intrise di rabbia e di incomprensione tra chi è nato speciale e chi è condannato ad essere normale.
 
C’è un treno che parte ed un bambino con gli occhi di Lily che torna lì, nel mondo in cui Petunia non è stata voluta.
Non lo guarda mai attraversare quella barriera che ha sempre popolato i suoi incubi di bambina: l’ha visto per molti anni, ogni notte, un muro di cemento contro cui si sono infranti sogni ed affetti.
Non lo vede attraversare la barriera ma sa che lo farà, che è ancora lì pronta a separare i condannati alla normalità da tutti gli altri.
C’è un treno che torna e porta indietro il bambino con gli occhi di Lily.
Petunia si chiede sempre se riporti a casa un po’ di lei. 
 

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Capitolo 2
*** I figli della guerra ***


Storia nata dall’iniziativa Scrivimi del gruppo Facebook Caffè e Calderotti.



I figli della guerra

 

La guerra travolge e porta con sé morte e distruzione ma, di tanto in tanto, si distrae ed anche tra i campi di battaglia fioriscono nuove vite.
La guerra è equa, non fa differenze nella morte e nella nascita. 
Non distingue, non guarda agli schieramenti, non vede qual è il sangue che scorre nelle vene dei neonati.
È il millenovecentottanta ed è l’anno dei figli della guerra. 
A partorirli sono guerriere, combattenti, nascoste in rifugi sicuri almeno per quel momento, o matrone chiuse nelle stanze perfette delle loro case. 
La guerra è equa nel dare e togliere la vita ma non c’è equità nell’esistere.


Lucius guarda suo figlio con l’aria di chi ha appena trionfato: Draco è l’erede che aspetta da sempre, che desidera da quando il ventre di sua moglie ha cominciato ad ingrossarsi.
Nasce in un giorno di inizio giugno, quando la primavera sta lasciando spazio all’estate. 
È avvolto tra fasce bianche quando la levatrice glielo mette tra le braccia, dinanzi allo sguardo emozionato ed orgoglioso di Narcissa. 
Il neonato stringe il mignolo di suo padre, ancora lievemente assonnato, prima di spalancare gli occhi.
Lucius si compiace nel vedere incastonati nel figlio i suoi stessi occhi: grigio nel grigio, di padre in figlio. 
È il suo erede, in tutto e per tutto. 
È la prova vivente che i Malfoy non possono morire: Draco è il futuro, la perfetta assicurazione che i Malfoy continueranno ad esistere, che quel sangue così puro non può estinguersi mai.
Lucius deglutisce quando incontra gli occhi grigi di Draco. 
È
grigio nel grigio: è parte di lui.
È nel grigio degli occhi di Draco che Lucius scopre quanto è semplice riconoscersi.

 

Il trentuno luglio è un giorno rovente e James rischia di sciogliersi dalla felicità.
C’è Lily stanca e scomposta che stringe il loro bambino tra le braccia, quel bambino per cui devono vincere quella guerra, che ricorda loro ogni istante l’importanza di essere vivi, qui ed ora, e di combattere ancora, di combattere sempre
È un bambino che hanno desiderato nel mezzo della guerra, dannatamente folli ed egoisti nel volersi accaparrare contro ogni buon senso la felicità di diventare genitori mentre intorno la gente continua a morire.

Harry ha tanti capelli neri, già disordinati, proprio come quelli di suo padre e Lily lo bacia in continuazione e ride nel dire che solo un vanitoso come James poteva fare un figlio a sua immagine e somiglianza.
Quando James lo prende tra le braccia, le minuscole labbra di Harry si aprono in un sorriso involontario.
È quella piccola smorfia che compare sul viso del figlio che è già in grado di far tremare le sue gambe.
Harry apre gli occhi e James rintraccia il verde degli occhi di Lily, la stessa forma degli occhi che ammira da quando aveva undici anni, il dettaglio che più ama di lei.
È la prova che il loro amore è reale, che è esistito, che lui e Lily sono fermi lì, incastonati sul viso di Harry, tra quei capelli già indomabili e gli occhi verdissimi. 
Non importa quel che accadrà, saranno sempre eterni sul viso di Harry.
James fissa suo figlio rapito, si perde in quel
verde - il colore della speranza, perché una speranza di vittoria, di vita, esiste ancora, esisterà sempre
È nel verde degli occhi di Harry che James scopre quanto è facile sperare ancora ed innamorarsi una volta di più.

 

L’ingiustizia della guerra non cancella i sentimenti dei padri.
È una guerra ingiusta quella che stanno combattendo, basata sulla primazia del sangue.

Basterebbe poco per realizzare che davanti agli occhi dei figli, in pace ed in guerra, tutti i padri sono uguali.


Note: La storia è nata nell'ambito dell'iniziativa Scrivimi da un prompt assegnatomi da SeveraBartySha. Personaggi: Lucius Malfoy e James Potter (non in ship!)
Prompt: della prima volta che hanno visto gli occhi del figlio
Genere: Introspettivo
Mi rendo conto che forse si nota un po' il distacco nel modo di scrivere di James che è uno dei miei personaggi preferiti in assoluto e Lucius che è un personaggio che non mi fa impazzire. L'obiettivo ultimo era comunque cercare di rimarcare le differenze caratteriali, le convinzioni ideologiche dei due, dinanzi alla medesima gioia. 
Grazie ancora per essere giunti fino a qui. 

 

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Capitolo 3
*** Riconoscersi ***


 

Riconoscersi

 

Non c’è altro posto dove vorrebbe essere, nessun altro in cui vorrebbe andare.
Quell’indirizzo è un dettaglio impresso da dodici anni nella sua mente. 
Lo ricorda pronunciato dalla voce cristallina di Lily nel salotto di casa Potter, davanti a un camino scoppiettante. 
Non lo ha mai dimenticato: si è aggrappato a quel pensiero con la stessa forza con cui anela la vendetta.
Non ha dubbi sulla sua destinazione.
Sirius è un grosso cane nero che corre fino al Surrey, fino ad un sobborgo babbano, per rivedere quel che è rimasto di buono della sua vita andata in pezzi.
Lo trova con la bacchetta in mano ed il baule al seguito. 
Lo avrebbe ritrovato ovunque
Riconosce tutto, ogni dettaglio. 
È come una Giratempo che lo riporta indietro di vent’anni, quando James dormiva nel letto accanto a suo e Lily lo guardava con i suoi occhi verdi dal banco accanto.
È tutto ancora lì, tranne loro, certo, tranne loro. 
È tutto lì in Harry, su Harry, anche se James e Lily sono polvere sepolta nella terra.
Ci sono i capelli indomabili, le gambe magre, gli occhiali sul naso leggermente più corto, il verde di quegli occhi a mandorla.
È tutto lì ed è come riaverli per un istante, ancora una volta.
È come se dodici anni ad Azkaban non ci fossero mai stati, come se non fosse passata tanta vita misera e distrutta tra la prima volta che ha preso Harry in braccio e quella in cui lo rivede.
Harry, però, non lo riconosce e cade all’indietro come quella volta che nel salotto di Godric’s Hollow imparava come muovere passi, sicuro che ci sarebbe sempre stato uno di loro a prenderlo.
È un déjà-vu che può ricordare solo lui. 
Cade all’indietro nello stesso modo ma non è buffo come allora, non ci sono più risate a riempire l’aria.
C’è un ragazzino di tredici anni disteso a terra, un cane nero e il  rumore del Nottetempo che spezza l’aria.
Non è possibile riconoscersi, pensa Sirius.
Non questa volta.


Lo vede ancora.
Non ha resistito perché esiste qualcosa di più forte, di incontrollabile, che lo porta ogni volta da Harry. 
È la sensazione di casa che ha provato una sola volta rivedendolo - la stessa che provava vedendo James.
Non è mai stato bravo a domare gli istinti, ha sempre agito ascoltandoli, non è in grado di vivere andando contro se stesso. 
Gli ripetevano sempre di imparare a controllarsi, suggerivano cambiamenti radicali ma non sarebbe mai stato possibile, pensa Sirius, non tornare da Harry che ricompone passato e presente, che sospende il tempo.
C’è una pioggia che non dà tregua a bagnargli il pelo nero, ma non la avverte.
Non ha mai patito nulla quando c’era qualcosa di più importante.
Che importa del freddo, del gelo, della pioggia e dei Dissennatori se oggi può vedere Harry volare? Esiste qualcosa al mondo che conti di più?
Harry vola ed è bravo come suo padre, forse anche di più - è questo che direbbe James se solo potesse vederlo.
Per Sirius è come essere catapultati indietro di quasi vent’anni.
Passato e presente non sono mai stati così confusi.
Sente la pioggia e quel gelo familiare ad invadergli muscoli, cuore e mente ma non si muove.
C’è Harry che gioca e lui non può perdere anche questa partita. 
Ha perso troppo negli ultimi dodici anni - partite, occasioni, momenti.
Nulla può raggelarlo, nemmeno una schiera di Dissennatori, ora che ha riconosciuto una parte di sé. 

 

Non c’è tempo per fermarsi a riconoscersi la terza volta che si incrociano.
È notte fonda e il cuore di Sirius scalpita per l’avvicinarsi della resa dei conti. Deve saldare un conto aperto da dodici anni, ripagare l’ingiustizia con la vendetta. 
Non può permettersi di distrarsi.
Eppure scosta la tenda del letto di Harry e vorrebbe soltanto dirgli che non era quello il letto di James, che dorme nel letto sbagliato di Remus, che in quel momento non sono giusti il passato ed il presente che si materializzano davanti ai suoi occhi. 
Vorrebbe solo dirgli di dormire dall’altro lato della stanza. 
Ha una vita intera da raccontargli, se solo ci fosse il tempo di riconoscersi ancora.

 

Quando Harry lo vede, lo vede davvero, è naturale ritrovarsi.
Riconoscersi non è mai stato più facile: in Sirius alberga la memoria di un'esistenza passata, Harry ha ereditato tutto di quella vita.
C'è quello stesso unico pensiero che legava Sirius e James ad unire anche lui e Harry. 
È così che ci si riconosce; è così che si incontrano le persone che si appartengono, trovando chi tiene l’altro capo di un filo di cui non si conosceva neppure l'esistenza. 
Sirius non saprebbe dire se è trascorsa una vita intera o solo un istante dall’ultima volta che hanno giocato insieme nella stanza in cui il loro mondo è esploso.
Sa soltanto che nulla è cambiato, che il tempo non è niente se è arrivato Harry a dar un senso a quei dodici anni di dolore. 
Harry sospende il tempo - lo ha capito ormai - gli restituisce brandelli di vita passata insieme al diritto di ricordarla e la speranza di una vita migliore.
Si dà dello sciocco - una, due, tre volte.
Come avrebbe potuto non riconoscere l’unica famiglia che ha mai avuto?

 


Note: gli eventi narrati ripercorrono gli incontri tra Sirius ed Harry - più o meno consapevoli - in "Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban": quando Harry scappa da Little Whinghin, quando Sirius (rectius, Felpato) si avvicina alla partita Grifondoro contro Tassorosso, quando Sirius entra nel dormitorio di Grifondoro per cercare Crosta e distrugge il letto di Ron e l'ultimo incontro nella Stamberga Strillante.
Ho sempre pensato che Harry fosse, in fin dei conti, l'unico in grado di placare almeno per un po' l'oscurità dentro di lui ma che tendesse a sovrapporre piani proprio per questo legame istintivo naturale che si instaura da subito tra loro. Nonostante trascorra più tempo con Remus, il legame che si crea subito tra Sirius ed Harry è immediato e riecheggia tantissimo il rapporto tra Sirius e James (dissento, però, con la Sig.ra Weasley quando pensa che Sirius confonda James ed Harry).
Grazie ancora per essere arrivati fino a qui. 
Fede 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Riflessi ***


Storia partecipante all'iniziativa A scatola chiusa del gruppo Facebook Caffé e calderotti.

 

Riflessi

 

Il maglione sdrucito che un tempo era stato di suo padre, le occhiaie segnate da una notte di luna piena non ancora smaltita, il volto pallido e malaticcio.
È questa l’immagine di se stesso che lo specchio gli restituisce. 
Remus sospira rassegnato: ha trentacinque anni e se ne sente almeno il doppio. 
Quegli anni in più se li vede tutti addosso, nelle rughe che gli attraversano la fronte, che spuntano - traditrici di mille preoccupazioni - intorno ai suoi occhi, nei capelli grigi che non può  più nascondere.
Cerca ancora in quell’immagine il riflesso del ragazzo di un tempo.
Si scruta a lungo ma non riesce a trovarlo. 
Lo ritrova nel sorriso che gli sbuca quando avverte un portaombrelli cadere qualche piano più giù.

 

Ninfadora ha i capelli rosa cicca, la felpa di una band Babbana che Remus ha ascoltato un paio di volte e il volto di chi è nel fiore dei suoi vent’anni. 
Ha la risata che inonda l’aria e che è in grado di coinvolgere Remus. 
Ci riesce sempre, anche quando lui si promette di evitarlo. 
Ninfadora ha vent’anni e Remus non può permettersi di pensare a come potrebbe essere tra loro, soldati di una guerra che sembrano destinati a perdere.
Lei ha l’entusiasmo di chi combatte le prime battaglie, la fiducia di un mondo migliore ancora possibile, lui ha le spalle incurvate da una guerra che gli ha portato via tutto.

 

Remus cerca sempre di mantenere il controllo quando lei è nei paraggi ma, quando quella ragazzina di ventidue anni o poco più è accanto a lui, quando la sfiora soltanto per sbaglio, non riesce più ad essere padrone di se stesso.
A frenarlo ci sono i troppo - troppo vecchio, troppo povero, troppo pericoloso - che sono tra loro. 
Poi, però, Ninfadora Tonks lo guarda e Remus scopre che nei suoi occhi non c’è alcuna traccia dell’uomo che vede ogni giorno allo specchio.
Nello sguardo di Ninfadora c’è riflesso il ragazzo che Remus era una volta, l’aria quasi spensierata. Gli pare quasi che il luccichio di quegli occhi che lo fissano curiosi ed innamorati sia in grado di spogliarlo del peso e dei segni di anni di pura sofferenza.

 

È negli occhi di Dora che Remus intravede per la prima volta il riflesso di una nuova possibilità.
 

Quanto è facile cedere a quella possibile felicità davanti a due occhi che ti guardano come se fossi una magia, Remus? 
 


Note: la storia nasce nell'ambito dell'iniziativa A scatola chiusa del gruppo Facebook Caffè e calderotti, basata su un'iscrizione al buio e sull'assegnazione di una traccia soltanto in un momento successivo all'iscrizione. La traccia, assegnataci da Jodie Graham, era la seguente: Scegli una persona che ti guardi come se fosse una magia." (Frida Kahlo).
La storia si colloca idealmente tra il 1995 e il 1996 - per intenderci nell'arco narrativo ricoperto da Harry Potter e l'Ordine della Fenice - ed è ambientata a Grimmauld Place come si può intuire dal riferimento al portaombrelli che Tonks fa ripetutamente cadere e descrive le primissime fasi dell'innamoramento tra Tonks, ormai bella che andata, e Remus, che ancora prova ad opporre qualche resistenza. 
Che dire, non so se sono riuscita a cogliere pienamente il senso del prompt ma ho istintivamente pensato a questa coppia!
Grazie ancora per aver letto fino a qui. 
Fede

 

 

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Capitolo 5
*** A saltare senza contare ***


La storia nasce in ragione del Gioco di scrittura del Gruppo Facebook Caffé e Calderotti.
Più precisamente, il Gioco in questione consiste nello stilare una lista di personaggi o nel farsela stilare, come è stato nel mio caso da parte di 
Traumerin_ . Soltanto successivamente, alla lista di personaggi è stata affiancata la lista dei generi/note.
In questo caso, il pacchetto di questa storia è questo: 
Kidfic, 5 e 9 (Rose Granger -  Weasley, Hermione Granger)

 

 

A saltare senza contare

 

«Dai, Rose, ripeti con me: uno, due, tre…»

 

Ha sempre avuto un rapporto conflittuale con il mare, un senso di infinito e di incertezza che le ha sempre trasmesso agitazione.
Quel giorno non fa eccezione, anche se è un giorno di festa, se tutti sono in acqua ed aspettano anche lei. 
Il mare della Cornovaglia, nella baia di Porthcurno1, non sembra poi così minaccioso. Deve solo guardare il viso di Ron, il suo sorriso rilassato e divertito, lo sguardo fisso su di lei in attesa del tuffo.

 

«Uno»

 

Rose reclama la sua attenzione e le stringe la mano. 
Aspetta solo il momento di saltare e tuffarsi in quel gioco che da ore fa con Ron, Harry, James ed Albus.
Hermione sorride nervosamente, ricambiando la stretta e fissando nuovamente il mare.
«Non fate le fifone e tuffatevi», le incita Ron.
«Sei pronta, Rose?», chiede Hermione, «Mi raccomando. Al mio tre saltiamo. Contiamo insieme». 

 

«Due»

 

Rose annuisce e sorride guardando estasiata suo padre, pronto ad afferrarla un istante dopo il salto.
«Uno», dice Hermione.
Il primo sospiro a cercare di spazzare via l’ansia immotivata.
«Uno» ripete Rose.
Fanno un passo avanti entrambe, avvicinandosi alla punta di quel piccolo scoglio.
«Due», continua Hermione ma Rose non ascolta.
Le lascia la mano e salta in acqua, senza timore, verso suo padre.
Hermione trattiene il respiro fino a quando non vede Rose stretta tra le braccia di Ron.
«È più divertente senza contare, mamma», le dice stringendosi ancora di più a suo padre.
«Ma avevamo detto di contare insieme», protesta.
«Non mi piace contare», ripete testardamente, «Ora tuffati anche tu».
Hermione chiude gli occhi, un piccolo passo e salta.

 

«Tre»

 

Se solo si ferma a pensare per un istante, la maternità è stata questo: un salto nel vuoto senza tenere i conti.
Non le è servito leggere qualsiasi libro esistente sulla maternità - non è riuscita ad imparare prima come essere madre.
Deve improvvisare ed improvvisare non è mai stato facile per Hermione, perennemente abituata a tenere il conto e cui la vita ha dato in sorte una figlia che i conti li detesta.
«Ancora un altro insieme, mamma».
Le basta questo per ritrovarsi fuori dall’acqua, in momentanea balìa di una bambina di quattro anni, nuovamente sulla punta dello scoglio.
«Sei pronta?», le chiede con leggera apprensione.
Le basta guardare il viso di Rose per capire che lei è già pronta e saltare senza contare è l’unico modo per starle dietro.
Hermione annuisce e sorride mentre stringe più forte la manina di Rose.

 

«Senza contare»

 

«Salta adesso, mamma».
E Hermione scopre che, senza contare, nemmeno il mare la spaventa più.

 

Io con te ho imparato a dire
Ti voglio bene
E a saltare senza contare
E che conta quel che rimane
Cambia il tutto, ma quello resta
Sempre uguale
E credo che sia questo amore
E credo che sia questo amare

Promettimi - Elisa


Si tratta di un mio personalissimo headcanon, così come la sensazione di ansia che Hermione prova dinanzi al mare, che si può ritrovare nella storia Footprints in the sand - Chiacchierate in riva al mare è che Percy e la moglie vivano in Cornovaglia, a pochi passi dalla baia di Porthcurno.


Note: Questa storia mi ronzava in test da un po', anche se, ad onor del vero, il bambino doveva essere Hugo ma poi dalla combinazione del gioco mi è spuntata Rose e ho riadattato questa idea, scrivendo questa storia molto di getto. 
Ho sempre immaginato che Hermione abbia fatto fatica nell'approccio alla maternità, abituata com'è ad avere tutto sotto controllo e dinanzi ad una cosa che non si può studiare, prima di variabili ed imprevisti. In questo caso è solo un salto ma ho tentato - per quanto possibile, non avendo io alcun tipo di esperienza diretta con la maternità - di proiettare questo suo sentimento anche in un gesto tendenzialmente banale come il salto.
Il titolo della flashfic è ripreso dalla canzone di Elisa, riportata sul finale, Promettimi, che è stata dedicata a suo figlio ed è veramente meravigliosa.
Grazie ancora per aver letto ed essere arrivati fin qui.
Fede
 

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Capitolo 6
*** And nothing else compares ***


 
La storia partecipa all'attività Apri le Challenge indetta da Gaia Bessie su Facebook.


And nothing else compares

È quasi giorno, è quasi casa, è quasi amore.

F. De Gregori, Generale

I.

L’esperienza del campeggio con i Weasley - Potter è una delle tradizioni che ama di più, avvolto da un senso di famiglia che lo lascia sempre un po’ incredulo. 
La parte migliore è l’alba, quando dormono tutti, c’è soltanto silenzio e ci si deve sforzare per sentire il respiro di chi dorme accanto.
A Teddy piace alzarsi prima di tutti gli altri, prima che il sole sorga, per godersi quell’atmosfera irreale, quel senso di pace assoluta. 
Si muove piano, pianissimo, attento a non svegliare nessuno, soprattutto James che gli dorme accanto, e sgaiattola fuori dalla tenda.
Esce fuori a piedi nudi, con l’erba a solleticargli la pelle, per godersi lo spettacolo.
Poi arriva la parte più bella, annunciata dal lieve rumore di passi dietro di sé.
Teddy non si volta perché, tanto lo sa, Victoire arriva sempre e poggia la testa sulla sua spalla. Restano fermi così, senza dire una parola, fino a quando uno dei due non sussurra «È quasi giorno».

II.

Quando le gite finiscono, Teddy resta sempre qualche passo indietro.
Aspetta sempre un momento preciso, quello in cui Victoire lo cerca in mezzo a fratelli, zii e cugini e fa per andare in direzione contraria per raggiungerlo e mettere distanza tra loro due e tutti gli altri
Camminano piano, più lenti, diluendo il tempo che li separa dall’arrivo alla Tana, quando rimanere per un po’ soli, con le mani che si cercano e si sfiorano quasi per caso, diventerà un’impresa degna di una prova del Torneo Tremaghi.
Ogni tanto lo sguardo di qualche adulto si poggia su di loro, qualcuno prova ancora a sollecitarne il passo, pur sapendo che arriveranno dopo, come tutte le volte.
Poi Victoire si ferma, quando la casa dei suoi nonni s’intravede già all’orizzonte, gli prende la mano e dice «Rimaniamo ancora qui. Tanto è quasi casa».

 

III.

Teddy ha scoperto che, di quelle gite, c’è un momento che ama più di ogni altro.
Come in ogni suo momento felice, c’è sempre Victoire - è la costante della sua vita. 
Quando restano soli, quando percorrono un piccolo sentiero insieme, quando arrivano al ruscello e lei chiacchiera, si scioglie i capelli, finalmente in disordine: non c’è niente al mondo che possa essere paragonabile a quel preciso istante.
Qualche volta si lamenta e dice che le scarpe le fanno male, che non vuole camminare più. 
Ci sono volte in cui Teddy sorride e la trascina tenendola per mano, altre in cui non esita a farla salire a cavalcioni, altre ancora - e sono le sue preferite - in cui si tolgono entrambi le scarpe e corrono senza che nessuno dei due avverta la stanchezza.
In quei momenti Victoire ha i piedi sporchi di terriccio, i capelli in disordine e il sorriso sulle labbra, spogliandosi dell’aura di perfezione che l’accompagna sin dalla nascita.
Teddy potrebbe guardarla per ore mentre lo anticipa e gli indica un sentiero nuovo da scoprire, un nuovo fiore da guardare con sospetto. Ancora non lo sa ma è quasi amore.

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Capitolo 7
*** Una buona scusa ***


Personaggio: Lucius Malfoy
 
Una buona scusa 


I corridoi del Ministero sono un luogo perfetto per tessere trame, per trovare nuove alleanze, per riscrivere e cancellare una causa sbagliata.
Il braccio di Lucius non brucia più e l’inchiostro del marchio è nascosto, come si nasconde la cenere sotto il tappeto.
Tra i corridoi del Ministero, Lucius rinnega il suo Signore non una, ma tutte le volte che gli sono necessarie.
C’è una legge non scritta, che si tramanda di padre in figlio, per cui ogni cosa è concessa purché un Malfoy passi indenne attraverso i cambiamenti della società.
Dopotutto, salvi il nome e il prestigio gli sono sempre sembrati una buona scusa per tradire. 


[107 parole]

Note: la drabble ha partecipato all’iniziativa di Rosmary sul forum di Efp, “Personaggi in cerca d’autore!

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Capitolo 8
*** The deepest thoughts of an heartless woman ***


Drabble scritte in occasione della Serata Drabble organizzata su Facebook da Gaia Bessie.
Tutte e quattro le drabble sono dedicate al personaggio di Walburga Black


The deepest thoughts of an heartless woman

I.

 
“Haven’t you heard? I don’t have an heart. Everyone knows that” (Downton Abbey)
Fede (2)

 
Ti sembra di sentire ancora le voci fastidiose dei domestici, dei ritratti, dei tuoi precettori e qualche volta persino di tua madre.
“Non ha un cuore. Il suo cuore batte per mero dispetto”.
Anche tuo fratello ti guarda con uno sguardo di pietà, quasi a volerti dire che è tua la colpa, che sei tu ad avere alzato delle mura impossibili da scavalcare.
Tuo marito è al di là di quel muro, nascosto perennemente nel suo studio, protetto da un eterno silenzio che solo Sirius cerca di infrangere.
“Sei senza cuore” ti grida il tuo primogenito dall’alto delle scale, convinto di ferirti.
Non sa che è da tutta una vita che ti muovono la stessa accusa.

II.

 "Perderti era il divenire di me stessa"
Caterina (1)

 
È difficile dire quand’è che tu abbia perso tutta la tenerezza.
C’è stato un momento, quando sono nati i tuoi figli, in cui hai creduto che tutto quel sentimento avrebbe finito per sopraffarti, per farti soffocare.
C’è voluto un lungo, lunghissimo esercizio per riuscire a non cedere e non snaturarsi.
Hai detto addio alla spensieratezza, ai sorrisi spontanei nel vedere i visi di Sirius e Regulus, hai detto addio a qualsiasi brivido ti facesse provare il tocco, per quanto imposto, di Orion.
Ti ci è voluta tanta fatica per restare te stessa, per rimanere ancorata ai tuoi principi, così tanta fatica da dover rinunciare al tuo essere madre.

III.

"L'amore è un malinteso tra due pazzi" (Oscar Wilde)
Severa (2)

 
Da quando è morto, non fai che pensare alle parole non dette.
Qualche volta ti sembra che riecheggi in quella casa così grande e così vuota tutto quel che in più di vent’anni di matrimonio non vi siete saputi dire.
Hai trovato rotoli infiniti di pergamene con le parole che Orion non ha avuto il coraggio di sussurrarti a voce, convinto che in quel matrimonio non avessi messo un briciolo di emozione.
Adesso che sei sola, in questa casa troppo grande, vorresti dirgli delle volte in cui anche il tuo cuore - quello che tutti dicevano non avessi - ha battuto per lui e solo per lui.
Vorresti solo sussurrargli che i vostri vent’anni di matrimonio sono stati solo un lungo malinteso tra due pazzi.

IV.

"Siamo sulle giostre, salgo io e poi sali pure tu"
Malibu - Sangiovanni
Gaia (2)
 
Ci sono notti in cui il delirio ti dà tregua, in cui i pensieri non sono incubi spaventosi ma sogni dolci che riescono a cullarti, che cambiano l’orrore dei tuoi giorni, confondono una realtà sbagliata e dolorosa.
Ci sono notti in cui Sirius è ancora a casa - e non rinchiuso in una cella - e ti sorride dall’ultimo gradino. Ci sono notti in cui Regulus è ancora in salotto a leggere un libro - e non giace in un luogo che non hai nemmeno potuto conoscere.
Ci sono notti in cui sei la madre che non sei riuscita ad essere, in cui alla domanda impertinente di Sirius (Mamma, sali anche tu sulla giostra) hai semplicemente risposto di sì.
Ci sono notti in cui sulla giostra salgono loro e poi sali pure tu.
 
 
 

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