Doveva soltanto aspettare

di Kim WinterNight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In fondo se l'era cercata ***
Capitolo 2: *** Ne era valsa la pena ***



Capitolo 1
*** In fondo se l'era cercata ***


A Evelyn,
sorella di scrittura,
fonte inesauribile d'ispirazione,
di risate, di affetto e di supporto.
Una parte fondamentale di me,
musa ispiratrice per scrivere e vivere.
Buon compleanno, sorella ♥






In fondo se l'era cercata
 
 
 
 
 
 
[Lammetera – Bollicine]
 
 
Peter avvertiva le bollicine dello champagne solleticargli la lingua e teneva gli occhi verdi fissi sulla figura di Robert.
Il tastierista chiacchierava con Terry e beveva a sua volta, felice per l’ultima data del tour andata alla grande.
E lo provocava con la sua sola presenza.
Sorseggiava dal suo calice e si godeva il corpo magro e slanciato dell’altro, i suoi capelli lunghi e vaporosi che gli accarezzavano la schiena sudata alla quale aderiva la maglia bianca che indossava, i movimenti rapidi delle sue dita affusolate mentre gesticolava e la sua voce profonda che lo faceva fremere.
Era di una bellezza disarmante in ogni suo aspetto e per Peter stava diventando difficile resistergli.
Erano diventati amanti da poco e il loro cercarsi era quasi morboso, talmente da rendere complicato per loro starsi lontani quando si trovavano in compagnia del resto della band.
Il bassista si lasciò scivolare altre bollicine sulla lingua e rabbrividì, socchiudendo appena le palpebre in un attimo di pura estasi.
Le riaprì quando udì la risata familiare di Robert e si accorse che si era voltato verso di lui.
«Vero, Peter?»
Il bassista cadde letteralmente dalle nuvole e deglutì, rischiando che lo champagne gli andasse di traverso. «Immagino di sì…» biascicò, senza sapere cos’altro dire.
«Almeno l’hai ammesso, per fortuna!» esclamò Robert, dando di gomito a Terry, il quale era rosso in volto per il troppo champagne che aveva già bevuto.
«Ammesso? Cosa?» farfugliò Peter confuso.
«Che lasci sempre le mutande sporche in giro per la stanza» lo punzecchiò il tastierista.
Il biondo si portò una mano tra i capelli e fece per sistemarli, assumendo un atteggiamento altezzoso. «Sono tutte balle, Bobby, ti stai confondendo con te stesso!» replicò piccato.
«Che fai, prima lanci il sasso e poi nascondi la mano?» lo canzonò Terry, per poi esplodere in una fragorosa risata.
«Io non…» cominciò a dire Peter, poi ci ripensò quando un’idea gli attraversò la mente. Si sistemò sulla poltroncina e accavallò le gambe, sollevando il calice come se volesse brindare. Le labbra gli si incurvarono in un ghigno malizioso e subito le umettò con la punta della lingua. «Beh, può essere…» ammise, fingendo indifferenza. «E allora? Bobby a volte le raccoglie e se le mette, quando finisce le sue pulite!»
Il tastierista strinse appena i bellissimi occhi blu, mentre le risa di Terry diventavano sempre più forti e incontrollabili.
Peter, senza staccare lo sguardo dal viso del suo amante, buttò giù l’ultimo sorso di champagne e avvertì le bollicine solleticargli la bocca.
Avrebbe voluto che fosse qualcun altro – qualcos’altro – a farlo rabbrividire in quel modo fresco e caldo al tempo stesso.
Poi voltò il capo e prese a ignorare completamente Robert, attaccando bottone con Lee e Laudir.
E da quel momento in poi il tastierista non smise per un solo istante di mangiarselo con gli occhi.
Ormai era fatta: doveva soltanto aspettare che Robert trovasse il modo per rimanere solo con lui e se lo scopasse senza preamboli.
In fondo se l’era cercata.
 
 
 
 
[Lindanny – Messaggio vocale]
 
 
Danny afferrò il cellulare e se lo rigirò tra le mani, indeciso sul da farsi.
Ne aveva parlato con Terry, gli aveva chiesto consiglio e alla fine si era detto che non poteva più tenere nascosta la verità a Linda.
Solo che non sapeva come fare per dirgliela; Terry gli aveva chiaramente fatto intendere che comportarsi da codardi non era il modo giusto per rendere duratura una relazione, e Danny a livello teorico era stato d’accordo con lui.
Ma nel concreto era un senza palle e questo sua moglie gliel’aveva spesso fatto notare senza troppi giri di parole, visto il suo carattere schietto e inquietantemente simile a quello del suo migliore amico di una vita.
Però era giunto il momento di tirare fuori gli attributi e raccontare a Linda quello che aveva combinato durante l’ultimo tour.
Aveva vagliato l’opportunità di parlarle personalmente non appena fosse tornato a Los Angeles, poi però si era convinto a dirle tutto prima; non tanto perché avesse fretta, quanto per non doverla fronteggiare nell’esatto istante della rivelazione.
Sospirò e si decise ad aprire WhatsApp in modo da registrare un audio da inviare a sua moglie.
Si passò una mano sulla pelata e la trovò fastidiosamente sudata.
Con dita tremanti premette sullo schermo e, dopo aver tirato un altro lungo respiro, si schiarì la gola e cominciò a parlare.
«Ciao Linda, tesoro, come stai? Sto registrando un audiomessaggio per parlarti di una cosa. Nulla di grave, cara, però ci tenevo a dirtelo prima che… beh, niente, lascia stare. Un paio di giorni fa eravamo in Brasile e sai come sono lì, no? Calorosi, accoglienti… e io ero ubriaco. Non tantissimo, cioè, ero brillo. Non arrabbiarti, amore mio! Il punto è che una donna ha voluto fare una foto con me e… ecco, mi ha messo le mani sulle chiappe. Ho cercato di scacciarla, giuro, per me esisti solo tu! Te lo giuro! Ma lei, proprio mentre un tizio ci scattava una foto, mi ha baciato e… sì, sulla bocca, ecco, e… e… io… non volevo che lo sapessi da qualcun altro. Ma non è successo niente, niente! Poi l’ho spinta via, amore, per me esisti solamente tu! Non sono più un donnaiolo come pensi, stavolta non è stata colpa mia! Giuro! Linda, ti amo!»
Danny interruppe la registrazione e lasciò cadere il cellulare in grembo, prendendosi la testa tra le mani.
Ormai era fatta: doveva soltanto aspettare che Linda ascoltasse l’audio e gli chiedesse il divorzio.
In fondo se l’era cercata.

 
 
 
 
[Parazankow – Asciugamano]
 
 
James uscì dal bagno con un asciugamano legato in vita, ben sapendo che nella camera tripla c’era anche Walter.
Peccato che la condividessero anche con Lee, il quale però era intento a leggere una rivista specializzata in scii di fondo e indossava il suo maglione preferito: un orribile golfino che sponsorizzava la famosa località sciistica di Aspen.
Walter, invece, se ne stava disteso sul proprio letto e a stento riusciva a evitare che le lunghe gambe magre fuoriuscissero dal materasso un po’ troppo piccolo per la sua stazza.
James sorrise intenerito: in effetti il sassofonista aveva l’aria buffa, un po’ goffa, incastrato com’era in quello spazio angusto.
Si leccò appena le labbra e si diresse al minibar, rendendosi conto di avere la gola secca.
«Certo che potresti anche vestirti!» commentò Lee, sollevando appena lo sguardo dalla pagina patinata di fronte a sé.
«Che cambia? Non hai mai visto un uomo nudo?» lo apostrofò James con sufficienza, chinandosi in avanti e aprendo l’anta del frigorifero; recuperò una lattina di birra e fece schioccare la linguetta, poi tornò a raddrizzarsi e si voltò a osservare il trombettista. «Poi, da che pulpito viene la predica! Sei decisamente più ridicolo con quel maglione addosso, faresti più bella figura se te lo togliessi» aggiunse, sorseggiando con noncuranza il liquido fresco.
Udì Walter ridacchiare e avvertì il suo sguardo addosso.
Il trombonista gli fece l’occhiolino, notando il disappunto sul volto tirato di Lee.
«A nessuno deve interessare la mia nudità» borbottò in tutta risposta il trombettista, scuotendo il capo.
«Ecco perché non rimorchi mai» gli fece notare Walter con una risata.
«Esatto.» James annuì e con un gesto noncurante si slacciò il telo, rimanendo completamente svestito di fronte ai due compagni di band. «Che c’è di male?» proseguì, per niente imbarazzato o a disagio.
Vide Walter sollevare appena le sopracciglia, mentre un piccolo ghigno gli increspava le labbra. «Forse Lee ha paura di scoprire che ce l’ha piccolo rispetto a noi» osservò.
Il trombonista assentì con il capo, facendo un paio di passi avanti. Sorseggiò ancora un po’ di birra e accidentalmente qualche goccia scivolò sul proprio petto villoso. «Cazzo» borbottò, chinandosi per raccogliere l’asciugamano – nel farlo si piegò a novanta, rivolgendo il fondoschiena chiaro proprio in direzione di Lee.
Il trombettista aveva il viso paonazzo e congestionato di imbarazzo e si era irrigidito sulla poltroncina su cui sedeva, le nocche bianche a furia di stringere le mani a pugno sulle pagine della rivista. «Jimmy, fai schifo!»
«Io non sono d’accordo.»
Mentre James si strofinava il petto con l’asciugamano appena afferrato, si voltò a incrociare gli occhi ardenti di Walter, trovando insolito che si fosse lasciato sfuggire un commento tanto spudorato di fronte a qualcun altro.
«An, no?» sussurrò il trombonista, inclinando la testa di lato.
«Ehi, voi due! Piantatela di flirtare come due fidanzatini!» sbottò Lee, prendendo ad agitarsi sempre più a disagio.
Walter si puntellò sui gomiti e si sollevò, scoppiando a ridere nel notare l’espressione del trombettista. «Sei geloso, ammettilo!»
«In fondo la sezione fiati dei Chicago siamo noi tre…» insinuò James, ancheggiando sensualmente verso Lee. «Magari vuoi consolidare il legame della Hole in the ass gang anche sotto le lenzuola… eh, Lee?»
Il povero malcapitato strabuzzò gli occhi e si alzò di scatto. «Io me ne vado, non voglio ritrovarmi con…» Si interruppe, il volto sfigurato dalla rabbia che stava evidentemente montando in lui.
«…un grosso arnese piantato tra le chiappe?» tentò di indovinare Walter, gli occhi sempre più divertiti.
I tre si scambiarono occhiate divertite, poi scoppiarono a ridere.
Lee alzò lo sguardo al soffitto e scosse la testa. «Vi lascio soli, pervertiti!»
James lo guardò mentre si aggirava per la stanza, raccattando alcuni dei suoi effetti personali.
Ormai era fatta: doveva soltanto aspettare che Lee uscisse dalla stanza per poter raggiungere Walter sul letto.
In fondo se l’era cercata.
 
 
 
 
[Greterry – Racchetta]
 
 
Terry entrò in casa fischiettando allegramente, di ritorno da un giro in centro insieme ai ragazzoni della band.
Trovò sua moglie Greta alle prese con un libro di ricette, un’espressione concentrata e contrariata dipinta sul volto attraente.
La raggiunse e si chinò a baciarla sulla tempia, stringendola da dietro con il braccio sinistro.
Lei sobbalzò e si abbandonò contro il suo petto ampio, emettendo un sospiro rassegnato.
«Che succede, tesoro?»
Lei indicò la pagina spiegazzata del ricettario e sbuffò. «Volevo preparare una torta per il compleanno di Linda, ma non trovo quella giusta: hanno tutte troppo zucchero, troppe uova, troppo burro… sai che ci tiene alla prova costume, non accetterà mai di mangiare qualcosa pieno di grassi!»
Terry annuì, anche se non riusciva proprio a capire quella bizzarra fissazione che contraddistingueva tutte le donne della sua vita.
«A te com’è andata? Che hai comprato stavolta?» domandò sua moglie, intuendo che come al solito il chitarrista non era rientrato a mani vuote.
Era diventato ormai una sorta di rituale: quando Terry usciva senza di lei, doveva per forza acquistarle un regalino, anche se il più delle volte si trattava di oggetti inutili, capaci soltanto di scatenare l’ilarità in Greta.
Lui si esibì nel suo proverbiale sorriso equino e sollevò la mano destra, nella quale stringeva quella che aveva l’aspetto di una racchetta da tennis giocattolo.
Greta sollevò maggiormente le sopracciglia. «A cosa dovrebbe servire?» indagò.
«Per uccidere gli insetti! Vedi, qua ci ho messo le batterie…» spiegò Terry, indicando un punto del manico. «Con questa levetta si accende, mentre questo tasto serve per azionarla: quando vedi una mosca o una zanzara, basta avvicinare la racchetta e l’insetto si fulmina non appena tocca le corde!»
«Non ho capito» replicò la donna confusa.
«Se io schiaccio il tasto, le corde della racchetta diventano… mmh… piene di tensione elettrica? Sì, ecco, e fulminano gli insetti!» proseguì il chitarrista, annuendo energicamente per darsi un tono. «Ora hai capito?»
Greta incrociò le braccia sul petto e lo guardò dal basso in alto. «Sì.»
«Amore mio, ti piace?» chiese lui speranzoso, porgendole l’oggetto.
In tutta risposta, sua moglie scoppiò a ridere e tornò a gettare un occhio sul ricettario. «La prossima volta comprane una anche per Linda, così gliela regaliamo per il compleanno! Almeno quell’affare non la farà ingrassare…» esalò.
«Non vedo l’ora di provarla!» esultò Terry, impugnando meglio la racchetta e guardandosi attorno, in cerca di qualche vittima per il suo nuovo acquisto.
Ormai era fatta: doveva soltanto aspettare che una mosca si azzardasse a incrociare il suo cammino.
In fondo se l’era cercata.
 
 
 
 
 
 
♥ ♥ ♥ ♥
 
Salve a tutti, eccomi qui con un nuovo piccolo progettino nel fandom dei Chicago!
E quale occasione migliore del compleanno della mia adorata Evelyn per rimettere le mani in questa categoria? *___*
Ho deciso di suddividere questa dedica speciale in due capitoli, e quando leggerete il prossimo capirete perché ;)
So che Evelyn avrà colto tutti i riferimenti che ho disseminato qua e là durante la narrazione, ma qualcosa ci tengo a spiegarlo per chi invece non può averli colti ^^
Le quattro coppie che ho deciso di trattare sono state create da lei: la Lammetera (Robert Lamm/Peter Cetera) è la sua OTP Suprema, la Parazankow (Walter Parazaider/James Pankow) che mi ha fatto amare, e le due het Lindanny (Linda/Danny) e Greterry (Greta/Terry), di cui fanno parte due membri dei Chicago e due OC create da lei. I nomi di queste due ultime ship li ho coniati io per l’occasione!
Evelyn, tesoro, spero che tutto questo ti sia piaciuto, ci ho messo davvero il cuore e mi auguro che anche il prossimo capitoletto sia di tuo gradimento, eheheheheheh ^^
Per i prompt che trovate tra parentesi accanto al nome della coppia devo ringraziare Soul e mia madre che mi hanno suggerito due parole a testa XD
La racchetta l’ho interpretata in un modo un po’ particolare, visto che proprio oggi ho comprato una di quelle che servono per ammazzare gli insetti ahahahahahahahahahahahahahahah!
Ci sentiamo domani con il prossimo aggiornamento, e ancora tantissimi auguri alla mia carissima sorella di scrittura ♥

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Capitolo 2
*** Ne era valsa la pena ***


Ne era valsa la pena
 
 
 
 
 
 
[Lammetera – Viaggio]
 
 
Robert lo spinse dentro la stanza che condividevano e sbatté la porta alle proprie spalle.
Peter l’aveva provocato fin troppo mentre erano ancora nel backstage, doveva fargliela pagare nel modo che più piaceva a entrambi.
Lo afferrò per le spalle e lo costrinse a camminare all’indietro, finché il bassista non inciampò sul materasso e cadde all’indietro, trascinandosi addosso il compagno.
Robert subito lo bloccò sotto di sé e cominciò a baciarlo, mordendogli le labbra con ardore e insinuando le dita tra le sue ciocche dorate.
Lo torturò finché non udì un gemito infrangerglisi sulla bocca; a quel punto sorrise malizioso e si sollevò sui gomiti, fissando i propri occhi azzurri su quelli verdi venati di grigio di Peter.
Si fissarono intensamente per alcuni istanti, poi il bassista cominciò a spogliarlo, partendo proprio dalla maglietta bianca e sudata.
Robert si lasciò privare di quell’indumento ingombrante e si sbarazzò a sua volta della camicia in jeans dell’altro.
Subito si distese meglio su di lui e cominciò a strofinarsi sul compagno, facendo frizionare dolcemente i loro petti villosi.
Udì Peter mugolare di piacere e lasciò che infilasse le dita tra le sue ciocche castano scuro.
Tornarono a baciarsi con rinnovato desiderio, mentre le loro eccitazioni si scontravano, ancora intrappolate al di sotto degli abiti.
«Mio piccolo Pete…» sussurrò Robert, scendendo a lambire la pelle del suo collo pallido.
Il bassista gemette spudorato e allacciò le gambe alla sua vita, in modo da averlo ancora più vicino e mantenere il contatto tra i loro membri gonfi.
Si desideravano da impazzire, era sempre così: si provocavano di fronte a tutti, ma dovevano per forza aspettare di essere soli per consumare la loro passione clandestina.
Robert cercò nuovamente le sue labbra e riprese a divorarle con baci furiosi, mentre percorreva i fianchi dell’amante con dita tremanti e vogliose.
Raggiunse il bordo dei pantaloni e si fermò, scostandosi dal viso di Peter per poterlo osservare meglio.
«Bobby…» esalò il biondo, rovesciando il capo all’indietro.
Il tastierista ne approfittò per avventarsi ancora sul suo collo e marchiarlo di nuovi morsi e vigorose lappate; dopodiché scivolò verso il basso, avvertendo le mani del compagno tra i capelli: premevano sulla sua nuca, lo spingevano con urgenza, sapevano dove condurlo.
E Robert non aveva aspettato altro per ore interminabili: aveva desiderato di farlo godere, di possederlo e sentire quei suoi gemiti acuti e armoniosi riempirgli le orecchie.
Affondò con il viso tra le sue cosce ancor prima di spogliarlo, e per un po’ rimase in quella posizione: le labbra premute contro il rigonfiamento intrappolato nei jeans di Peter, il naso a ricercare quell’aroma di cui tanto era dipendente, le mani strette sui fianchi nudi e bollenti dell’uomo che amava con tutto se stesso.
Poi decise di distendersi nuovamente sul petto dell’amante e di prendersi ancora un po’ di tempo per baciarlo e assaporarlo a fondo, mentre con le mani cominciava a liberarlo dei pantaloni.
«Fammi sentire il rumore del mare…» mugolò Peter tra un sospiro e l’altro.
E Robert sorrise: finalmente quel momento era arrivato.
Stava per intraprendere l’ennesimo viaggio tra le onde di quelle emozioni che soltanto Peter sapeva trasmettergli.
Aveva dovuto aspettare, ma ne era valsa la pena.
 
 
 
 
[Lindanny – Scatola]
 
 
Linda era in piedi sulla soglia di casa e batteva nervosamente il piede destro per terra.
Aspettava il rientro di suo marito, una mano sullo stipite della porta e l’altra a tormentare nervosamente il bordo del prendisole che indossava.
Danny l’aveva combinata grossa e lei aveva architettato la sua vendetta nei minimi dettagli; aveva avuto a disposizione un bel po’ di tempo e aveva studiato ogni particolare con minuzia.
Udì il rombo di un motore in avvicinamento e allungò il collo per sbirciare in strada, notando un furgoncino grigio che avanzava lentamente. Il mezzo rallentò e ben presto si fermò qualche casa più in fondo – a occhio e croce di fronte alla villetta di Terry.
Linda sospirò e, dopo essersi puntata le mani sui fianchi, camminò sul vialetto fino a piazzarsi sul marciapiede.
Notò Greta correre fuori di casa e gettarsi tra le forti braccia di suo marito, senza dargli neanche il tempo di uscire completamente dal furgoncino.
A poco a poco, tutti i componenti della band emersero sotto il sole del tardo pomeriggio, chiacchierando tra loro e scaricando i bagagli dal mezzo.
Linda intercettò lo sguardo di suo marito e incrociò le braccia sul petto, osservandolo mentre si faceva timidamente avanti nella sua direzione: spalle basse, capo chino, aria colpevole.
Era proprio così che voleva farlo sentire.
«Questa è tua» lo apostrofò immediatamente, senza perdere tempo in convenevoli.
Il batterista sbirciò intimorito e Linda indicò una grossa scatola in cartone che aveva precedentemente posizionato all’ingresso del vialetto.
Lo vide sobbalzare e portarsi le mani sulla pelata. «Lo sapevo… vuoi il divorzio, vero?» esalò disperato, la voce flebile e quasi inudibile.
Lei finse di pensarci un po’ su. «Tu che ne dici?» buttò lì.
«Io… amore, io non ho fatto niente!» esclamò Danny in tono lamentoso.
Linda si godette la sua espressione smarrita, gli occhi lucidi e le mani che tremavano appena. Si sentì un pochino in colpa, ma aveva aspettato quel momento con ansia e non poteva cedere fin da subito.
«Hai baciato un’altra, cosa ti aspetti? Ringraziami: ho pure perso tempo a mettere la tua roba dentro questo scatolone!» replicò glaciale Linda.
«Io non l’ho… lei mi ha assalito, io…»
La donna notò che suo marito era quasi in lacrime e decise che forse stava esagerando: in fondo non era arrabbiata con lui, non lo era stata neanche quando aveva sentito il suo messaggio vocale.
Fece un passo avanti e lo scrutò meglio, tentando di mantenere un’aria severa. «Chi me lo assicura?»
«Puoi chiedere a chi vuoi, ti giuro che…» Danny si interruppe e chinò ancora il capo, sottraendosi al suo sguardo.
Linda sorrise e si disse che poteva bastare così.
Con un rapido movimento, raggiunse Danny e gli gettò le braccia al collo. Lo strinse forte a sé e scoppiò a ridere, avvertendo pian piano la tensione dell’uomo scemare.
«E la scatola?» piagnucolò Danny, aggrappandosi a lei con tutte le sue forze.
«È vuota: ho dovuto ordinare una nuova lavatrice e mi è rimasta la confezione!» Linda continuava a ridere. «Perfetta per farti uno scherzo, eh?»
«Non sei arrabbiata? Non vuoi il divorzio?» chiese ancora conferma il batterista.
In tutta risposta, lei gli lasciò un lungo bacio sul collo e mormorò: «No».
Aveva dovuto aspettare, ma ne era valsa la pena.
 
 
 
 
[Parazankow – Lettere]
 
 
Walter osservò la porta richiudersi e Lee scomparire dal suo campo visivo, così come dalla sua attenzione.
Il fulcro del suo interesse, nudo e bellissimo, se ne stava tranquillamente in piedi al centro della stanza; James teneva le braccia lungo i fianchi e non pareva affatto a disagio senza alcun vestito addosso.
Lo aveva volontariamente provocato, complice anche la presenza del trombettista fino a poco prima, il quale si era quasi scandalizzato per l’audacia di James.
«Jimmy, fai schifo» aveva detto.
E Walter non era riuscito a trattenersi dal mostrare il suo disaccordo.
Era stupendo, già pronto per essere amato come solo lui sapeva fare.
«Jimmy?» lo richiamò.
Il trombonista si volse lentamente e gli sorrise con malizia, compiendo con esasperante lentezza i passi che lo separavano dal letto dell’amante.
Walter allargò le gambe e le braccia, pronto ad accoglierlo, e quando finalmente se lo ritrovò disteso addosso subito lo abbracciò forte.
Affondò le dita nelle sue natiche sode e se lo premette contro con fare possessivo, dispiaciuto di non essere a sua volta senza vestiti per poter avere il giusto contatto con la pelle dell’altro.
Chiuse gli occhi e lasciò che James si accoccolasse contro il suo petto, solleticandogli il collo con il respiro caldo e placido.
Walter lasciò andare i suoi glutei e risalì a percorrere la schiena leggermente arcuata, beandosi di quel contatto che tanto lo faceva sentire completo.
Mentre con le dita disegnava ghirigori immaginari sui fianchi del trombonista, con l’altra mano prese ad accarezzargli i capelli soffici – di quel castano chiaro che a volte pareva quasi biondo, se lo si osservava sotto la brillante luce del sole.
Sentì James sospirare. «Wally?»
«Sai, potrei prenderti subito, visto come ti sei comportato poco fa…»
James ridacchiò, il suo fiato caldo lo fece rabbrividire quando gli carezzò il collo. «Ti è piaciuto quando mi sono messo a novanta e il mio culo è finito quasi in faccia al povero Lee?»
«Mi è piaciuto tantissimo.» Walter lasciò andare le ciocche dell’amante e tornò a sfiorare una delle sue natiche. «Ma adesso voglio fartela pagare, farti aspettare prima di darti ciò che vuoi…» Riportò entrambe le mani sulla schiena nuda di James e ghignò. «Indovina che lettere disegno» aggiunse.
«Lettere? Ma che…» farfugliò l’altro confuso.
«Concentrati, dai» lo incoraggiò il sassofonista, cominciando a tracciare forme immaginarie.
«Questa è una i, è semplice!» esclamò James entusiasta. «Continua, mi sto divertendo!»
Walter sghignazzò e proseguì a scrivergli sulla schiena in punta di polpastrelli, finché non ebbe composto una frase.
James aggrottò la fronte e si sollevò per guardarlo negli occhi.
Si fissarono per un po’, sorridendosi teneramente.
Walter sapeva che James aveva afferrato il messaggio.
«Vale anche per me, Wally» sussurrò il trombonista, accostandosi alle sue labbra per baciarle con delicatezza.
Il sassofonista ricambiò e lo strinse più forte, continuando a goderselo nudo e bellissimo tra le braccia.
Lui amava James e non aveva saputo resistere alla tentazione di scriverglielo sulla pelle.
Aveva dovuto aspettare, ma ne era valsa la pena.
 
 
 
 
[Greterry – Lungomare]
 
 
Greta era sconcertata.
Quando aveva proposto a Terry di uscire dopo cena per fare due passi sul lungomare di Santa Monica, non aveva certo tenuto in considerazione la nuova e inquietante fissazione di suo marito.
Quel pomeriggio era rientrato con una paletta per le mosche a forma di racchetta da tennis e da allora non l’aveva più lasciata andare.
Così aveva insistito per portarsela dietro anche durante la loro passeggiata serale, asserendo che gli insetti potessero nascondersi dietro ogni angolo.
Greta però si vergognava da morire a girare insieme a uno che camminava con un oggetto come quello in mano, agitandolo ogni volta che gli sembrava di intravedere una qualsiasi forma di vita volante.
La donna sentiva gli sguardi di tutti addosso e non desiderava altro che ficcare la testa sotto la sabbia come gli struzzi.
«Terry, ti prego, mettila via!» sibilò a un certo punto, afferrandolo per il braccio massiccio.
Lui scoppiò a ridere e le lanciò un’occhiata colma d’entusiasmo. «Niente affatto, mi sto divertendo da matti! E poi, dove vuoi che la metta? Non ho una borsa e nella tua non ci sta!»
«Ma ci guardano tutti, per carità! Sembriamo due cretini!» lo apostrofò ancora, sempre più sommersa dall’imbarazzo.
Terry si esibì all’improvviso in uno sguardo spiritato e aprì la bocca, emettendo un suono acuto e fastidioso. «Ora ti prendo, maledetta!» esclamò, spingendo via la moglie per poi tuffarsi in avanti e brandire la racchetta a batterie.
Greta barcollò appena e si batté una mano sulla fronte. «Gesù, perché tutte a me le disgrazie?»
Osservò basita il marito che, giunto nei pressi di una coppia intenta a spingere un passeggino, muoveva convulsamente il suo ultimo giocattolino e sbraitava contro insetti che solo lui poteva vedere.
Rischiò di sbattere contro i malcapitati, i quali lo fulminarono con occhiate furenti e presero a lamentarsi di quanto fosse inopportuno e maleducato.
«Terry!» tentò di richiamarlo, ma lui ormai era partito all’inseguimento di chissà quale moscerino invisibile e faceva faticosamente lo slalom tra i passanti.
Greta stava per scoppiare in lacrime dalla disperazione e dalla vergogna che stava provando, quando vide Terry schiantarsi letteralmente contro un cestino dell’immondizia.
Lo raggiunse in fretta e notò che sollevava la mano destra, osservando la racchetta con le sopracciglia aggrottate.
«No, cazzo, non è possibile! L’avevo comprata oggi, non è giusto!» protestò il marito.
Greta tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto che nell’impatto la racchetta in plastica si era quasi spezzata in due ed era divenuta inservibile. «Signore, ti ringrazio!» esalò.
«Non sei di aiuto, Greta! E adesso come facciamo?»
La donna si strinse nelle spalle e indicò il cestino di fronte a loro. «Sei già nel posto giusto, ora sì che puoi metterla via!» esclamò.
L’omone la guardò imbronciato, poi rivolse un’ultima occhiata alla racchetta rotta e infine si arrese a gettarla nella spazzatura.
Greta sorrise soddisfatta e lo prese sottobraccio. «Ora possiamo finalmente fare la nostra passeggiata!»
Era estremamente felice che la sorte l’avesse aiutata a liberarsi di quell’aggeggio infernale.
Aveva dovuto aspettare, ma ne era valsa la pena.
 
 
 
 
 
 
♥ ♥ ♥ ♥
 
Ed eccomi qui con il secondo e ultimo capitoletto di questa raccolta a metà tra il demenziale, l’erotico, il romantico e il fluff ^^
Non so veramente come ringraziare, anche stavolta, Soul e mia madre per i prompt che mi hanno suggerito ^^
Forse quello del viaggio è molto marginale, ma pazienza, così mi ha guidato l’ispirazione!
Una piccola nota sul rumore del mare: è un piccolo tributo alla Lammetera ideata proprio da Evelyn, ed è il suono che i due amanti amano udire quando fanno sfregare i loro petti villosi l’uno contro l’altro :3
Mi auguro che vi sia piaciuta la struttura che ho ideato per questo progetto, e anche il fatto che io abbia voluto giocare sui filoni narrativi di ogni coppia e trattarli da entrambi i punti di vista!
Grazie a chiunque abbia anche soltanto letto, davvero, io mi sono divertita a creare questo roba ;)
Evelyn, ci ho messo tutto il mio impegno e ho scritto con il cuore, spero di aver fatto un buon lavoro e che questo regalino di compleanno ti abbia soddisfatto :3
E ancora tantissimi auguri, sorella mia ♥

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