Hence Nothing Remains, Except for our Regrets

di Mary Rosemary
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione: We might be dead by tomorrow ***
Capitolo 2: *** II. Funeral of Hearts ***
Capitolo 3: *** III. Fade to Black ***
Capitolo 4: *** IV. Great Expectations ***
Capitolo 5: *** V. Goodbye ***
Capitolo 6: *** VI. Dark Paradise ***
Capitolo 7: *** VII. The Long and Winding Road ***
Capitolo 8: *** VIII. Glowing Eyes ***
Capitolo 9: *** IX. Issues ***



Capitolo 1
*** Introduzione: We might be dead by tomorrow ***


Hence Nothing Remains,

Except for our Regrets



Give me all your love now, 'cause for all we know we might be dead by tomorrow”

We Might Be Dead by Tomorrow - Soko






L'occhio si abitua abbastanza in fretta all'oscurità: dopo i primi attimi di confusione e smarrimento comincia a delineare le sagome di oggetti, persone ed animali. Poco a poco i colori si fanno strada nel buio e, seppur alle volte falsati o poco riconoscibili, vengono colti.
La pupilla si dilata fino a raggiungere la propria massima espansione, necessitando sempre meno del sole, del quale a lungo termine non potrebbe fare a meno. Dopo almeno un minuto l'organo visivo si trova in grado di orientarsi nei prossimi dintorni; molto prossimi tuttavia, ridotti a qualche metro oltre i propri piedi.
Il cervello elabora le immagini, le riconosce in millesimi di secondi e facilita di parecchio la comprensione dell'ambiente.
Tecna sapeva perfettamente che nell'oscurità andare in panico fosse completamente inutile; un respiro particolarmente affannoso le avrebbe fatto inalare il velo di polvere che ricopriva la zona – lo vedeva fluttuare attraverso gli spiragli di luce provenienti dall'esterno.
Così cercò di restare calma, sollevando lentamente il busto e liberandosi da vetri e calcinacci che doveva aver urtato durante il suo brusco risveglio. Di certo sanguinava, ma le ferite non potevano che essere trascurabili.
Al momento le sue priorità erano altre.
Seppur avesse eseguito l'intera procedura in maniera perfetta, senza tralasciare alcun dettaglio, non aveva ottenuto il risultato sperato; in verità non ci era andata neppure vicina. Non doveva decisamente andare in tale modo, neanche nella peggiore dell'eventualità.
Che avesse creato uno squarcio spazio-temporale nel momento della sua partenza?
In ogni caso, se ciò fosse stata vera, avrebbe provato sulla propria pelle la sensazione di essere attratta da una gravità maggiore a quella a cui era abituata nell'attimo del trasferimento del proprio corpo: inoltre aveva iniziato il viaggio con le sue fidate compagne, nella scarsa credibilità dell'ipotesi avrebbero dovuto risvegliarsi con lei.
Invece a farle compagnia era solamente il silenzio.
Com'era possibile? Che avesse fatto un errore di calcolo?
Le apparenze dovevano averla ingannata più del previsto; eppure aveva prestato particolarmente attenzione alla sicurezza del procedimento, per evitare appunto spiacevoli sorprese. Per tale motivo il luogo in cui si trovava, così come le emozioni che le trasmetteva, non aveva un minimo nesso logico con ciò che aveva tenuto da conto.
Nonostante non fosse mai stata in un edificio simile sentiva crescere dentro di sé uno strano ed ingiustificato legame affettivo; nelle pause fra i brevi e faticosi respiri i dintorni avevano una parvenza di famigliarità, una fine aroma che avrebbe potuto etichettare come 'casa'.
Tuttavia non apparteneva a tale distopico mondo, né l'aveva mai visitato prima di allora. E non riusciva ad ignorare la fastidiosa nausea che l'aveva posseduta tutto d'un tratto, una reazione corporea portata dalla condizione mentale di deja-vu in cui era caduta.
Per una persona come la fata della tecnologia era terribile non trovare una risposta ragionevole a ciò che le stava accadendo: i dubbi si accumulavano nel suo selettivo organo cerebrale, privandola anche di un singolo momento di pace.
Perché?
Il suo piano avrebbe dovuto migliorare il presente, non deformarlo fino a tal punto; intervenire nel corso del tempo aveva i propri rischi per chi non ne fosse pienamente consapevole, ma lei lo era. E lo era stata anche nel modificare la causa di due anni e mezzo di guai, con la certezza che un fallimento di gravità simile non sarebbe stato che lo 0,0001% dei casi.
Forse non aveva considerato tutte le possibilità, oppure non avrebbe potuto farlo; c'era qualcosa che mancava, qualcosa che non sarebbe mai arrivata a conoscere senza un'approfondita ricerca nel passato dei soggetti che aveva deciso di considerare.
In ogni caso risultava troppo tardi per piangere sul latte versato.
Avrebbe ponderato le proprie idee sul da farsi e le avrebbe esposte alle altre: sempre che fosse riuscita a trovarle in tempo.



Una volta messi a fuoco i dintorni Aisha poté constatare che non fosse cambiato molto da ciò che ricordava. Alcuni fatti sarebbero per forza dovuti cambiare, ma personalmente si sarebbe aspettata qualcosa di molto peggio.
Il villaggio delle Pixie si era mostrato davanti ai suoi occhi esattamente come lo ricordava: almeno, nonostante qualche modifica per apportare miglioramenti, le sensazioni di sicurezza e calore rimanevano le stesse. Il silenzio notturno era leggero quanto una piuma e scivolava sulla scura pelle della fata con la delicatezza della seta; le piccole fate erano tutte a riposo e non le andava di disturbarle facendo loro delle all'apparenza insensate domande.
Se voleva sapere le bastava uscire dal villaggio e capire da sola cosa fosse successo modificando un solo, ma fondamentale evento. Così, senza rifletterci troppo, si alzò facendo meno rumore possibile, raccogliendo nell'intanto lo zaino con il minimo indispensabile che si era portata per il viaggio – una borraccia piena, qualche barretta energetica e della carne secca, il tutto ben contestato dalle altre cinque fate nel momento in cui aveva deciso di portare tali cose – per poi avviarsi all'uscita. Non era solitamente problematico per lei trovarla, in quanto negli ultimi tempi aveva passato più giorni lì che al palazzo di Andros; tuttavia, seguendo la strada che aveva sempre percorso, si trovò di fronte ad una spessa barriera magica.
Esso fu il primo dettaglio a farle accrescere dei consistenti dubbi sull'invariabilità di un presente dove lei stessa non avesse mai frequentato Alfea ed incontrato le proprie nemiche: sembrava troppo strano che le Pixie avessero alzato le difese in tale maniera in assenza di un imminente pericolo, come potevano essere le streghe.
Che le avessero anticipate?
Sembrava improbabile, non avrebbero mai potuto venir a conoscenza di una strategia estrema per eliminare il problema alla radice come la loro. Se le altre sei avessero seguito il suo consiglio – a parer suo toglierle completamente di mezzo era la scelta migliore – forse ogni cosa sarebbe andata ancora meglio. Era comunque presto per giudicare il mondo, del quale vedeva solo qualche misero metro quadrato: vi erano molti motivi per cui le piccole fate ricorrevano a chiudere la barriera, come ad esempio l'abbassamento della temperatura nelle rigide notti invernali, che impediva loro di preservare il fiore atto a far prosperare l'intero popolo; tuttavia non avevano mai usato tanto potere per proteggersi.
Qualsiasi cosa ci fosse al di fuori del villaggio sarebbe stata migliore se le streghe fossero morte.
E se fosse stata peggiore?
Aisha scosse leggermente la testa: da quando si perdeva in pensieri inutili prima di agire? Per scoprire di cosa o di chi le Pixie avessero paura era sufficiente varcare ciò che la separava dal mondo esterno. E stava per farlo, se non si fosse accorta che qualcuno l'aveva raggiunta alle sue spalle.

Aisha, cosa ci fai ancora sveglia?” nel solo udirne la voce riuscì immediatamente a riconoscere Lockette, e di certo non avrebbe sperato in fortuna migliore: sarebbe stata in grado di aprirle una fenditura nella barriera senza andare a distruggerla completamente, lasciandola uscire a perlustrare l'esterno.
Pensavo di andare a controllare la situazione là fuori.”
Aisha, no! – l'inaspettato cambio di atteggiamento della piccola fata la mise in allerta – Lo sai che è pericoloso… Noi non usciamo dal nostro villaggio da anni ormai, là fuori non è rimasto nulla per noi.”
Tale affermazione le aveva fatto mancare il respiro per qualche attimo: cosa significava?
Per la prima volta nella sua breve vita sentiva di non avere il coraggio per chiedere spiegazioni, né per rimanere in una situazione di stallo senza sapere. Eppure le sue gambe restavano immobili, rigide, i piedi inchiodati al suolo.
I pensieri riguardanti la barriera che aveva formulato in precedenza tornarono a prendere prepotentemente possesso della sua mente, portandola ad immaginare come poteva essere un mondo talmente inospitale da spingere un intero popolo a chiudersi nel proprio villaggio per un così lungo periodo di tempo.
Non era molto brava a figurare i luoghi, ma anche quel poco che riusciva a vedere la aiutava a spronarsi dalla propria posizione eretta.

Non voglio chiederti spiegazioni – cominciò, acquistando sicurezza ad ogni parola pronunciata – ma devo vederlo con i miei occhi. Non tornerò presto, ma so difendermi, quindi non dovete preoccuparvi troppo per me, okay?” e prese un passo in avanti, alzando una mano verso la barriera.
Devo uscire ad ogni costo, Lockette. Aprirmi un varco ti costerebbe meno energia che a ricostruire tutta la barriera.”
La Pixie, non ancora del tutto convinta, prese la chiave che portava sempre con sé: non aveva altra scelta se non farla passare, non avrebbe rischiato l'incolumità del proprio popolo perché non voleva accontentarla. Uno scuro squarcio si aprì nella notte che circondava il piccolo villaggio, mostrando qualche accenno di secco terreno, così in contrasto con la rigogliosa erba sulla quale poggiava Aisha.
Senza una parola si mosse ad attraversarlo, trattenendo il respiro come prima d'immergersi sott'acqua. Non se ne pentì, ma ciò che vide fu molto peggio dell'alternativa più terribile a cui aveva pensato.



L'opprimente oscurità continuava a crescere e crescere, soffocando la luce solare in una coltre di nere nubi; alzare lo sguardo era a lei pressoché impossibile.
Concentrati sui tuoi nemici continuava a dirsi concentrati su ciò che devi fare: poco importava se il sole era scomparso, aveva il potere di fermare tale disastro e non ne era minimamente spaventata.
Oppure lo era?
Non faceva altro che guardare la distruzione ai suoi piedi, la scarsa illuminazione rifletteva ombre sanguigne sulle innumerevoli crepe dell'asfalto. Soffocare il senso di terrore che aveva preso possesso del suo cervello era talmente difficile da portarla quasi al rinunciarvici; ma ancora una volta la sua determinazione la stava salvando dal baratro.
Stella non avrebbe potuto osservare in silenzio un orripilante spettacolo come quello che aveva davanti senza alzare un dito per riportare tutto alla normalità: il problema stava nel cosa doveva salvare?
Cos'era esattamente l'ambiente in cui si trovava?

Stella, smettila di perdere tempo a guardarti le scarpe, abbiamo bisogno di te qui.” a parlare fu Musa, che in pochi secondi l'aveva raggiunta; a differenza della bionda lei aveva tenuto ben alto lo sguardo fin da subito.
Dovrò ricomprarle, guarda come sono ridotte.” rispose, nel tentativo di dare all'altra una parvenza di normalità. Il tono spento ed il leggero tremore della voce non giocarono esattamente a suo vantaggio, decise quindi di accantonare la farsa per qualche istante.
Ma cos'è successo? Perché siamo qui e non a Magix?”
L'asiatica la guardò per un attimo prendendo qualche profondo ed importante respiro.

Stella, questo posto è Magix.” disse tutto d'un fiato, indicandole alcuni posti dove – in passato o nel vero presente? – avevano trascorso felici pomeriggi parlando del più e del meno. A lato della strada, dalle finestre sprangate e la grande vetrata in frantumi, giaceva silente il bar che le streghe di Torrenuvola erano solite frequentare per i loro aperitivi.
Qualcosa doveva essere passato di lì non poco tempo prima, qualcosa capace di sradicare completamente i ricordi dalla memoria di chi passava da tale luogo, lasciando solo un infelice senso di vuoto.

Ma non è possibile, noi abbiamo agito nel giusto! Di sicuro è colpa di quelle tre psicopatiche, ci avranno beccato e avranno deciso di farci questo scherzo di pessimo gusto.”
Non lo so, anche io credo che noi non abbiamo fatto niente di sbagliato. La Dimensione Magica aveva bisogno di riscattarsi ed essere un posto migliore; però mi sembra quasi impossibile che se ne siano accorte, in fondo le uniche che si ricordano il presente per com'era prima della missione siamo noi.”
La fata del Sole e della Luna a tal punto allargò le braccia, rivolgendo la propria attenzione alla strada che conosceva così bene, ma che non era in grado di riconoscere.

Allora com'è accaduto tutto questo? Una città bella come Magix non diventa inospitale da un momento all'altro!”
Mi ascolti quando parlo? – disse leggermente alterata la mora, per poi darsi un contegno. Non era decisamente né il luogo né l'attimo per mettersi a litigare con l'amica – Non ne ho idea di come sia potuto succedere. Ma credo che la cosa migliore, a questo punto, sia trovare direttamente le Trix. Tu hai qualche idea?”
Non ho un'idea precisa, ma quando le abbiamo trovate erano qui in città. Di sicuro non sono andate tanto lontane.” e detto ciò la bionda si chinò a raccogliere la borsa, cadutale durante il non del tutto sicuro atterraggio.
Stella, non ti sei accorta di star sanguinando?” la avvertì Musa, facendo uno scatto per raggiungere l'amica e rivolgendo lo sguardo alle sue ginocchia; Stella seguì il suo sguardo e storse leggermente le labbra, per poi estrarre il proprio cellulare dalla tasca posteriore dei pantaloncini.
Non lo sai che i lividi e le ferite sono aesthetic al giorno d'oggi?”
Sei incredibile.” le rispose aspramente, tuttavia non poté nascondere il mezzo sorriso provocato dalla consapevolezza che la sua compagna non aveva perso la testa nel vedere il suo luogo preferito ridotto ad una discarica.
Forse poteva sbagliarsi, di certo non completamente.



Una terra così arida raramente l'aveva vista in vita sua; nemmeno nelle simulazioni del professor Palladium si era imbattuta in una simile desolazione e, nonostante di base fosse una persona calma, si sentiva ad un passo dal perdere la testa.
L'assenza di natura nell'ambiente ovviamente non la tranquillizzava: si era svegliata all'improvviso, ansimando per riempire di ossigeno i propri brucianti polmoni e finendo per respirare solo i tossici fumi della metropoli.
Il carbone nel quale giaceva le aveva annerito completamente i vestiti e l'ambrata pelle, rendendola quasi invisibile nei cumuli bui che costituivano quasi interamente il paesaggio; nella distanza intravedeva degli alti palazzi, illuminati da un'insalubre luce rossastra, le quali cime rimanevano celate da spesse nubi oscure atte a muoversi fiaccamente verso di lei. Una piccola strada più chiara, appena visibile data la scarsa luminosità del cielo – era notte? Non erano partite durante il giorno? – si snodava per una decina di chilometri fra catasti abbandonati e fuliggine, di tanto in tanto qualche pietra spuntava ai lati di essa in un patetico tentativo di delinearla.
Se avesse passato troppo tempo in un luogo simile di certo non sarebbe sopravvissuta: l'aria prima di tutto era immensamente più pesante di quella che era solita respirare e tutte le polveri sottili che stava inalando non giovavano alla sua salute. Tuttavia era esausta, riusciva a malapena a sollevare il busto.
Nel viaggio per tale mondo sconosciuto era stata colta di sorpresa ed aveva finito per cadere dal cielo, atterrando sulla schiena: in parte, quindi, avrebbe dovuto ringraziare la presenza di cumuli di polvere nera ad attutirle la caduta. Non riuscendo a guardare nulla all'infuori dell'assenza di colore si lasciò cullare dal movimento delle nuvole, cercando di non andare completamente nel panico.
Che Tecna avesse sbagliato? No, impossibile.
L'aveva vista provare innumerevoli volte che la percentuale di fallimento della missione fosse ad un livello talmente basso da esser considerato trascurabile: disturbare il corso del tempo non era cosa da farsi, ma quale alternativa avevano?
Dopotutto a mali estremi, estremi rimedi, così aveva sentito dire.
Non c'era altro metodo per salvare la Dimensione Magica e, seppur avesse voluto optare per una variabile meno pericolosa del piano, aveva ammesso di non aver avuto altra scelta che partecipare attivamente.
Forse era ora di calmare il proprio tremore e cercare di riunirsi con le altre, non avrebbe concluso nulla lasciandosi morire in un tossico e pesante mare; sola, in un ambiente ostile, si alzò lentamente, scostandosi gli sporchi capelli dal viso. Levarsi più in alto era stato un sollievo per i suoi polmoni, ma Flora non poté fare a meno di credere di aver commesso un grave errore. Ciò che vide non le piacque affatto, ma prima che pensasse anche solo di tornare ad osservare il cielo nella sua beata ignoranza, qualcosa premette contro la corona della sua testa.
Una mano dalla carnagione leggermente più scura della sua reggeva qualcosa di pericoloso, forse un'arma magica, e senza alcun tremore restava rigida, pronta a fare fuoco.

E' lei il bersaglio?” disse con tono cadenzato la figura, caricando l'oggetto con il pollice; con la coda dell'occhio la fata scorse un cellulare nella sua altra mano ed una cascata di lunghi capelli neri a sfiorarle la vita.
Una voce profonda dall'altro capo del telefono parlò per almeno due minuti, nei quali entrambe le donne rimasero immobili, quasi trattenendo il respiro. Avrebbe dovuto trasformarsi e difendersi, ma il pensiero di non essere abbastanza veloce per salvarsi da un proiettile alla testa la paralizzava a tal punto da impedirle di usare i propri poteri contro il suo aggressore.
Sarebbe morta per non esser stata in grado di difendersi?

Smettila di tremare, tesoro – la donna richiamò a sé l'attenzione dopo aver chiuso la chiamata, Flora la sentì riporre la propria arma con l'accenno di un'amara risata – Sembravi alquanto patetica. Oggi è il tuo giorno fortunato, vedi di cominciare a farti passare l'insensata paura della morte. Altrimenti crepi davvero.”
La fata della natura restò immobile finché non cominciò ad udire i passi allontanarsi dal suo corpo; i suoi muscoli si rilassarono e solo allora la sua mente si riattivò.

Aspetta!” non urlò, ma parve bastare ad arrestare la camminata della mora.
So che sembra una domanda strana da fare, ma dove siamo?”
Dieci chilometri da Magix – disse senza voltarsi, ma nonostante ciò la fata poté figurarsi una malsana espressione dipingerle il volto – E questa meraviglia, cara mia, è la verdeggiante foresta di Selvafosca.”






Avvertenze e condizioni per l'uso:

Premetto che questa è l'introduzione di qualcosa che non è ancora stato precedentemente scritto (di solito faccio il contrario per far fronte a qualsiasi situazione in cui, ad esempio, non riesco a scrivere) ma questa volta voglio provare ad essere veramente costante.
Proverò ad aggiornare ogni due settimane. (Sperando di avere le idee abbastanza chiare, mio dio)
Nel pubblicarla metto l'avvertimento AU, perché tecnicamente sarebbe un universo alternativo, nonostante sia sempre la Dimensione Magica (accetto consigli, la situazione è particolarmente complicata); in pratica non è l'universo magico in cui è ambientata la serie, ma un universo profondamente modificato per la mancanza di un avvenimento che all'apparenza avrebbe portato solo cambiamenti positivi.
Spero si capisca qual è nonostante non l'abbia detto esplicitamente.
Ps: Non ho dimenticato Bloommete, l'ho lasciata apposta per il prossimo capitolo. Almeno nel primo non la dovete sopportare ihihihi
Ringrazio chi mi ha sostenuta fino a qui nelle altre storie, ed anche voi lettori che siete arrivati fin qui, in fondo a questo delirio.


Mary


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Capitolo 2
*** II. Funeral of Hearts ***


II.

Funeral of Hearts



The funeral of hearts, and a plea for mercy
When love is a gun, separating me from you”

Funeral of Hearts – H.I.M






Era veramente bella, ciò era innegabile agli occhi di chi la scorgeva.
I capelli sciolti, lunghi fino alla vita, davano l'impressione d'essere morbidi come un vestito di seta, le gambe lunghe e snelle, dalla carnagione lattea, rappresentavano oggetto di invidia per le numerose ragazze di città.
Era perennemente sicura di non passare inosservata, ed un tempo ciò era stato il suo vanto.
Avrebbe certamente potuto essere più bella se ci si fosse impegnata, ma al momento l'esteriorità le sembrava un particolare talmente insignificante da farsi considerare trascurabile.
Aveva ben altre faccende per la testa.
Camminando svelta per le vie, Icy affondò le mani nelle tasche della felpa – di due o tre taglie in più – rivolgendo uno sguardo carico di disgusto verso l'intera vista che aveva su Magix.
Non le sarebbe mancata per niente.
Odiava la metropoli; la numerosa gente che la urtava nel marasma delle vie del centro, l'eccessivo rumore delle automobili truccate, l'afa estiva ed in generale l'eccessiva possibilità di incontrare un qualsiasi idiota che si curasse di fermarla con le proprie avances, facendo perdere minuti preziosi alla sua causa. Una sola, breve occhiata le
pervadeva il corpo con una sensazione di disprezzo che mai avrebbe pensato di provare nei confronti della grande città.
Dopo averci speso parecchi anni della propria vita poteva affermare con certezza che avrebbe colto qualsiasi opportunità pur di lasciarsi alle spalle il caos, le stupide feste delle fate più grandi di lei ed il lezzo dei quartieri bassi alle tre di notte.
Le vetrine chiuse dalle saracinesche, imbrattate dai graffiti, erano divenute orribili da vedere; le persone false che l'avevano circondata credendosi degli anticonformisti non facevano altro che seguire la massa e rendersi sempre più patetici ai suoi occhi.
Aveva sviluppato con l'adolescenza un'avversione per la società che aveva portato avanti quasi inconsciamente, accorgendosene solo quando l'aroma del pub che frequentava ogni sera aveva cominciato a stufarla fino a darle la nausea.
I drink erano sempre gli stessi, così come le persone, le situazioni in cui si trovava: ogni cosa conosciuta, che in precedenza l'inebriava e le faceva credere di star vivendo appieno la propria vita, aveva finito per annoiarla a morte, portandola forzatamente in un limbo di freddezza ed apatia.
Il piacere era andato perduto in fondo a qualche bottiglia di vodka con il collo particolarmente stretto, di modo che non le fosse in alcun modo possibile recuperarlo; vittima di una routine che non aveva più un suo significato, aveva deciso di concentrarsi maggiormente sul proprio obiettivo, smettendo di procrastinare inutilmente.
Era destinata a cose ben più grandi rispetto a vivere la propria esistenza come una semplice cittadina di Magix; a lei spettava la gloria, l'onore.
L'unico modo possibile per uscire dalla propria condizione risiedeva nel piano che aveva meticolosamente programmato: avrebbe avuto il mondo, raggiungendo finalmente la soddisfazione.
Perciò aveva trovato un'appetibile alternativa in Torrenuvola: né a lei né alle sue sorelle servivano particolari insegnamenti magici, ma avere un appartamento nel college era di certo meglio di qualsiasi altra opzione che avesse considerato.
Inoltre avrebbe conferito loro un alibi nella ricerca della Fiamma del Drago, alla quale lavorava da anni ormai in modo pressoché passivo.
Certamente, in occasioni nelle quali era in grado di prendere due piccioni con una fava con conseguenze nettamente favorevoli, non osava indugiare nemmeno per un momento. Aveva atteso fino al proprio diciottesimo compleanno, pazientando e risparmiando tutto ciò che poteva, per iscrivere sé stessa e le proprie sorelle alla scuola.
Ed ora non poteva sopportare oltre: avrebbe finalmente, a tutti gli effetti, messo in atto il proprio piano.
Per far tornare ciò che voleva allo splendore di un tempo.







122 giorni, 23 ore, 34 minuti e 8 secondi dalla fine.




Si era svegliata da almeno un'ora, eppure il suo respiro non si era ancora deciso a calmarsi.
Dopo aver aperto i cerulei occhi aveva subito riconosciuto le pareti chiare, i disegni di luoghi fantastici realizzati con una precisione millimetrica, il sole primaverile che penetrava il fitto tessuto delle tende sul porpora; l'aroma di una vita che non era stata sua le era giunta all'olfatto, facendole dimenticare di controllare l'orologio riposto sul comodino.
Ci era voluto poco per farle avere un vero ed autentico attacco di panico: il respiro aveva cominciato a mancarle tutto in un colpo, lasciandola con la schiena ben premuta contro il materasso a boccheggiare.
Avrebbe voluto chiedersi cosa ci facesse lì, ma non osò: tale reazione giustificava pienamente il fatto che conoscesse esattamente la risposta alla domanda. Ed essendo estremamente sincera con sé stessa, la situazione non le piaceva per niente.
Non era stato solo il risvegliarsi a casa propria, a Gardenia, ad averla mandata in panico, ma la profonda conseguenza che ne derivava: la sua vita era crollata frammento dopo frammento quando l'incontro portante della propria esistenza – quel caldo giorno autunnale al parco, aveva scorto gli alberi risplendere di una luce innaturale, ma allo stesso tempo non artificiale – vi era stato rimosso.
Come aveva potuto non pensarci prima?
Si sarebbe preparata a ciò che avrebbe dovuto sacrificare per la pace della Dimensione Magica e non avrebbe sprecato ulteriore tempo nel cercare di riprendersi. Era chiaro fin dal principio che, impedendo alle Trix di arrivare fino a tale punto nel corso degli eventi, Stella non sarebbe stata costretta a rifugiarsi a Gardenia per potersi difendere e Bloom, seppur battendo il medesimo percorso, non avrebbe potuto incontrare nessuno atto ad introdurla nel mondo magico.
Così la sua esistenza era proseguita sulla Terra all'oscuro del proprio potenziale, svolgendo le mansioni che aveva sempre svolto nella stessa maniera. Non vi era stata nessuna guerra, nessun trionfo e, per un momento, ciò l'aveva fatta sentire improvvisamente vuota e delusa dalla piega che il tempo aveva deciso di prendere per lei.
Le nemiche per la fulva – e solo per lei, ne era più che sicura – avevano assunto la nascosta funzione di svolta positiva, talmente celata agli occhi di chiunque che anche i propri non erano stati in grado di coglierla; se n'era resa conto solamente nel preciso istante in cui si era destata dal sonno ed aveva intravisto la continuazione di una vita che non aveva vissuto, in poche parole quanto era già troppo tardi.
Si era trovata un lavoro, oppure aveva deciso di frequentare l'università?
Quante scelte aveva fatto il suo corpo in tale presente, senza la sua consapevolezza?
Non si era mai trovata in un a situazione simile; per pochi secondi si era separata dal suo corpo ed aveva guardato sé stessa ed i dintorni con particolare attenzione, esprimendo una sola considerazione sulle immagini che le sue iridi memorizzavano, muovendosi senza che lei ne conoscesse la direzione né il senso.
Tale vita non era la sua e non lo sarebbe mai stata.
Ma, la dolorosa separazione, le era anche stata utile come calmante, estraniandola dal proprio ed egocentrico modo di pensare: aveva fatto una scelta ben precisa, ne stava affrontando le conseguenze.
In precedenza non avrebbe dovuto struggersi nel cercare la felicità, ci era talmente vicina da non doverci mettere il minimo impegno; eppure, per un bene superiore, ciò non importava.
Allora si sarebbe impegnata di più, avrebbe corso più forte per raggiungere la soddisfazione personale in altri modi, finché non l'avrebbe trovata.
E ciò sembrò rallentare i suoi battiti, calmarne il respiro.
Era l'ora di smettere di perdere tempo.
Quando le parve che la sua mente fosse tornata in una condizione di quiete si decise a sollevare il busto, ripiegando indietro le coperte che lo riscaldavano – non che ce ne fosse uno specifico motivo, data la temperatura esterna.
Le questioni su di sé avrebbero dovuto attendere, in quanto la prima cosa da farsi sarebbe stata cercare di contattare le altre, per capire se nell'universo magico tutto fosse andato come previsto dal loro piano. La sua mano chiara toccò il liscio legno del comodino prima di richiudersi per afferrare il telefono e portarlo più vicino al volto.
Prima di comporre in numero di Stella – aveva dovuto ringraziare la propria memoria per questo – si perse per un attimo con lo sguardo fra i numeri del tastierino. Alle innumerevoli reazioni causa-effetto che l'assenza delle streghe poteva portare nella loro adolescenza non aveva pensato neppure per un momento, nonostante normalmente si questionasse su qualsiasi cosa accadesse intorno a lei.
Solo allora le era sembrato infinitamente strano il non essersi preoccupata di alcuna possibile conseguenza quando stava per attraversare il portale che l'avrebbe condotta nello stesso luogo in cui si trovava, ma cinque anni prima.
Poteva esser stata l'impazienza, oppure il disperato bisogno di una soluzione immediata.
O forse si era creduta conscia che sarebbe semplicemente dovuta andare a quel modo.
In ogni caso avrebbe dovuto muoversi: le sue dita si spostarono velocemente da una cifra all'altra e, questione di secondi, si era già portata il telefono all'orecchio.
L'attesa, in un momento simile, era d'obbligo.
Si stava parlando di Stella, dopotutto.



122 giorni, 20 ore, 12 minuti e 59 secondi dalla fine.




Perché le strade sono tutte uguali? Insomma, guarda, la stessa sporcizia, la stessa puzza di sangue e vetri ovunque. Che schifo, che schifo!”
Le scarpe di Stella – infelicemente per la stessa – avevano in poco tempo assunto uno spento grigio fumo, nonostante avesse preoccupato di fermarsi ogni cinque minuti a togliere con un fazzoletto usa e getta lo spesso strato di polvere che andava a crearsi.
Lei e Musa stavano camminando da ore lungo la medesima via e, fino ad allora, non avevano ancora incontrato alcuna anima viva.
Dovevano trovarsi nei sobborghi della città quando avevano cominciato ad intravedere i primi fuochi, scambiandoli a primo impatto per dei semplici falò. Bruciavano senza sosta, illuminando le abbandonate abitazioni di un rosso vivo e fornendo l'unica fonte di illuminazione della zona; cenere ancora incandescente si levava al cielo per poi cadere in movimenti delicati, come una scura neve che aveva da tempo ricoperto i davanzali, le automobili rimaste incustodite ed i bassi marciapiedi.
Il crepitio del fuoco, se in altre occasioni avrebbe potuto rappresentare un rumore rassicurante e quasi celebrativo, accompagnato da uno strano e sgradevole odore non aiutava le fate a farsi forza.
Colonne di fumo nero si aggiungevano alle altrettanto scure nubi, creando una spessa cortina che non avrebbe reso visibile uno spiraglio di volta celeste nemmeno in caso di forte vento; i vetri delle case popolari, totalmente sporcati dallo smog, non erano in grado di riflettere il minimo bagliore.
Tuttavia il peggio per le due Winx doveva ancora arrivare: non erano abbastanza vicine ai fuochi, non avevano sguardi abbastanza potenti per comprendere la vera natura della cenere. Arti brucianti levavano le proprie dita verso l'alto in un ultimo, disperato tentativo di salvezza, le spalle ancorate nella brace, cominciavano a perdere la loro forma. Le fiamme sprigionavano la propria forza nel carbonizzare i teschi appartenuti a chissà quale tipo di creature magiche, che si erano ritrovate nel luogo per quel motivo o quell'altro e che, nel posto a cui appartenevano, non avrebbe fatto ritorno che l'anima.
Dei corpi avevano perso la propria forma su un letto di legna ardente, diventando sempre più fini ed insignificanti fino a disperdersi nell'inquinata aria della metropoli.
Fu Musa la prima ad accorgersi di non esser di fronte a dei falò, bensì a delle pire atte a bruciare i defunti: vederne così tanti le fece correre dei freddi brividi lungo la schiena. Stella, nel procedere, aveva protestato vivamente con un fazzoletto di seta – riportante lo stemma reale di Solaria – premuto a proteggerle le vie respiratorie.

Ora abbiamo trovato qualcosa, mi sembra.” il sarcasmo di cui doveva essere intrisa la frase era completamente assente in un attimo come quello, dove entrambe le ragazze non erano in grado di distogliere lo sguardo dall'orrore che avevano davanti, nonostante le sgradevoli sensazioni che esso comunicasse.
Vorrei che qualcuno mi spiegasse cosa sta succedendo. E lo vorrei adesso.” rispose Stella, socchiudendo gli occhi nel tentativo di togliersi dalla vista tutto l'ammasso di carni che occupava gran parte della via principale – doveva per forza essere la via principale, data la larghezza.
Fece scivolare una mano incerta nella borsa, cercando con le lunghe dita affusolate il proprio cellulare, la speranza che almeno per un minuto avrebbe potuto chiamare le sue compagne cominciava a prendere piede nella sua mente. Ma l'asiatica non sembrava essere dello stesso parere, in quanto la fermò afferrandole delicatamente il braccio.

E' inutile, se era scarico prima di certo non funziona adesso. L'unica cosa che possiamo fare è andarcene da qui e trovare le altre il prima possibile. Sta per fare notte ed ho come la sensazione che non sarà piacevole essere in giro. Quindi per oggi troviamoci un posto distante da qui dove stare e riposarci, almeno domani possiamo riprendere la ricerca tutte intere.”
Per una volta mi trovo d'accordo con te, sì – disse l'altra, lasciando perdere la propria inutile ricerca – Lontano da qui è meglio. Sono troppi, sono davvero troppi, non oso pensare a cosa succederebbe se chiunque abbia fatto questo ci trovasse.”
La mora scrollò appena le spalle per togliersi l'inquietante immagine dalla testa, oltrepassando le pire per poter proseguire il cammino: era difficile non pensare a cosa sarebbe successo in caso fossero state trovate.
Da chi?
Creature o loro pari?
Non avrebbe saputo dire quale delle due alternative la spaventasse di più: la crudeltà a cui una specie magica poteva arrivare oppure l'istinto di una bestia. Tuttavia era certa che, per il fatto di aver visto un macabro spettacolo minuziosamente allestito, doveva trattarsi di un essere razionale, quali fate, maghi e streghe.
In quale mondo distorto ciò sarebbe stato possibile non le era ben ancora chiaro.




122 giorni, 22 ore, 25 minuti e 16 secondi dalla fine.




Magix non era disabitata come pareva ad una prima occhiata: chi ci aveva trascorso parecchio tempo sapeva scegliere bene la propria dimora, celandosi perfettamente nella profondità della notte.
Le luci al neon conferivano all'enorme capannone una fredda luce biancastra, rendendo le piastrelle simili al pavimento che si potrebbe trovare in un ospedale; e lo sarebbero state se, di tanto in tanto, il colore del chiaro granito non fosse stato macchiato dal vermiglio del sangue.
Le gocce scorrevano sulle pareti, le urla erano ormai cessate da parecchi minuti. Un paio di giovani si erano già impegnati a raccogliere gli ultimi zampilli arteriosi che, senza un attimo di pausa, sgorgavano sempre più deboli dall'ultimo corpo della fila, assicurato ad una sedia da una pesante catena.

Sinceramente mi sto abituando a questo tipo di lavoro.” esordì uno dei due, passandosi l'avambraccio sulla fronte imperlata di sudore per evitare di dover usare le mani, talmente colme di liquido rossastro da confondersi con il contenitore in legno che saldamente reggeva. Di certo era giovane, ed il brivido per essere entrato in un giro d'affari abbastanza grosso da garantirgli la sicurezza non sembrava abbandonarlo tanto presto.
Non erano stati tempi particolarmente facili per lui, come non lo erano stati per i suoi due compagni che l'avevano appoggiato in tale compito; in passato sì, avrebbe anche ammesso che non sarebbe ricorso a metodi simili nemmeno se costretto.
In passato era tutto parecchio diverso: le nuvole erano chiare ed appena visibili, si poteva benissimo scorgere l'azzurro del cielo. Vi aveva rivolto lo sguardo più volte, durante il suo primo anno all'Accademia per maghi di Fonterossa, appena prima di sferrare il colpo finale ad uno dei tanti duelli che svolgevano.
Allora non colpiva per uccidere, né mai l'avrebbe fatto.
Eppure la pace era sempre stata talmente fragile da frantumarsi in qualsiasi palmo; le cose erano cambiate radicalmente in fretta, talmente in fretta da non lasciargli nemmeno il tempo di realizzare le conseguenze che ciò avrebbe portato.

Non so te, Riven, ma io lo faccio solo perché mi tiene le spalle coperte. Di sicuro avrei cercato qualcosa di meglio.” gli rispose dopo qualche attimo il compagno, le punte dei capelli biondi sulle quali era schizzato del sangue cominciavano ad accostarsi alla pelle del collo.
Non ti lamentare, almeno ho salvato il culo a te e al tuo amichetto. Potevo benissimo lasciarti nella merda, vostra altezza.”
Data la situazione, nessuno degli altri due ragazzi riuscì a trovare la voglia per continuare la discussione. Nessuno di loro avrebbe voluto trovarsi in un luogo simile a svolgere dei compiti assurdi come giustiziare chiunque fosse comparso sulla lista di nomi che il terzo, Brandon, reggeva nella mano destra.

Per oggi dovremmo aver finito.” disse con tono un po' incerto, raggiungendo i compagni per dar loro man forte.
Se tutto fosse rimasto come lo ricordava non avrebbe mai dovuto vedere tanto sangue, quanto ne aveva visto in dieci miseri giorni. Lui e Sky avevano trovato Riven quasi per caso, ed era stata per entrambi una grande fortuna: evidentemente qualche clan aveva già messo gli occhi su di loro, etichettandoli come potenziali pericoli.
Del resto tale era la procedura per ogni ex studente di Fonterossa che fosse rimasto nei dintorni della metropoli; per quanto lui ed il principe avrebbero avuto un luogo piuttosto sicuro in cui tornare, non ne avevano i mezzi. Né, negli ultimi tempi, alcuna navetta esterna avrebbe potuto avvicinarsi per recuperarli, data la spessa cortina di fumo che aveva rimpiazzato l'atmosfera.
La scelta di entrare a far parte dell'unico clan che accettasse gli Specialisti fra le sue file era stata una decisione abbastanza forzata, ne valeva della loro vita: certamente il loro capo era un idiota, tuttavia non avrebbero potuto lamentarsi più di tanto.

Per fortuna – sospirò il biondo, sollevandosi per sgranchirsi leggermente le gambe – Almeno domani è il mio giorno libero.”
Fortunato.” fece il moro, accennando un sorrisetto. Per del tempo non sarebbe riuscito che a piegare leggermente all'insù gli angoli della bocca, suggerendo qualcosa che avrebbe dovuto ricordare il suo solito sorriso beffardo, del quale era rimasta solo una misera ombra.
Le luci sfarfallarono leggermente, ma fu un dettaglio talmente trascurabile da non metterli in allarme: accadeva piuttosto spesso nella zona, non c'era da preoccuparsi.
Rumori che in ciò che non potevano più chiamare normalità – non esisteva da troppo tempo – avrebbero definito come inquietanti ora facevano parte della quotidianità.
Non fecero quindi caso, nel trascinare le sedie, al cigolio di un'apertura di metallo poco lubrificata, il definitivo spegnimento di uno dei fari, il respiro di un estraneo.
Continuarono a finire il loro lavoro a testa bassa, arrivando fino al quadro elettrico per lasciar cadere il capannone fra le braccia della sera.
Con il senno di poi avrebbero dovuto mantenere alta la guardia.
Ho localizzato i bersagli
Con il senno di poi, tuttavia, sarebbe stato fin troppo facile.







Avvertenze e condizioni per l'uso:

Premetto che al momento so quasi cosa sto facendo, nell'introduzione sono stata abbastanza frettolosa quando si trattava di pubblicare.
Volevo troppo buttarla fuori dal mio computer quella roba.
In ogni caso, ci è voluto il suo tempo per strutturarla e costruirla tutta, di modo che riesca a portare avanti la trama in modo pseudo regolare, nonostante non la abbia tutta pronta prima di pubblicarla.
In ogni caso qui ho poco da dire, non ci sono molte domande da fare come nell'introduzione, se non spendere un paio di parole sulla struttura di ogni capitolo da qui alla fine.
Ci sarà un pezzo iniziale che riguarderà il passato invariato, cioè che è rimasto uguale per entrambe le linee temporali, fino ad arrivare all'avvenimento della modifica. Quando arriverà alla conclusione con l'avvenimento, il capitolo iniziale stile sottospecie di flashback sparirà, lasciando spazio alla narrazione del presente, scandita dal tempo mancante alla fine.
Per la fine, non posso darvi nessuna informazione.
Ringrazio Applepagly per aver recensito ed inserito la storia nelle preferite, Ghillyam per aver recensito a sua volta ed aver inserito la storia nelle seguite.
Ringrazio inoltre i lettori silenziosi che stanno cominciando a seguire questo pallido tentativo di inserire atmosfere cupe ecc.
Grazie a tutti,


Mary

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Capitolo 3
*** III. Fade to Black ***


III.

Fade to Black



Emptiness is filling me to the point of agony
Growing darkness taking dawn, I was me but now, he's gone”

Fade to Black - Metallica






Gli ultimi anni della sua vita non erano stati un granché, secondo il suo modesto parere; e per ultimi intendeva un lasso di tempo di cinque anni e mezzo, nel quale non aveva fatto altro che annoiarsi ed intrattenersi con qualche scappatella.
L'adrenalina la caricava a tal punto da farla uscire di corsa dal proprio appartamento, la borsa vuota e pronta per essere riempita da qualsiasi cosa le fosse saltata in mente: ovviamente avrebbe pagato solo metà della merce che vi avrebbe sistemato dentro.
Nel correre rischi inutili molti non avrebbero trovato alcun interesse, avrebbero preferito cercare il brivido in modi di gran lunga più sicuri e meno illegali; Stormy, dal canto suo, non aveva nemmeno considerato tale opzione.
Lei si era vista detestare la routine e, pur di trovare una maniera di interromperla, era stata disposta ad esporsi al pericolo molto più di quanto qualsiasi altro avrebbe fatto. E, da quel punto di vista, la dimora che condivideva con le sorelle era il posto peggiore per dimenticarsene.
Entrambe vi erano così legate da farle salire un conato di vomito lungo l'esofago al solo sguardo: quando poteva vederle, dato che spesso e volentieri Darcy passava le ore nella propria camera – non si era mai interessata a capire cosa facesse oltre a leggere tomi di dubbio gusto – ed Icy si faceva viva solo durante il weekend per via del lavoro, del quale non voleva mai discutere.
Seduta a gambe incrociate sul comodo divano nero, non poteva impedire che la noia s'impossessasse della sua mente, impigrendone il corpo e non lasciandole altra scelta che fuggire da tale ambiente tossico: se avesse dovuto essere pienamente sincera con sé stessa avrebbe ammesso di star attendendo da anni il giusto momento per andarsene.
Del resto ben poche cose la trattenevano in quell'appartamento, ed era pressoché sicura che, una volta compiuto il primo passo lontano da lì, fare altri chilometri sarebbe stato solo più facile. In ogni caso le altre due streghe non si sarebbero accorte della sua assenza.
Non era stupida come pensavano che fosse, aveva capito che per loro due non era che un problema; con le proprie trasferte, le cauzioni che la maggiore aveva dovuto pagare per i furti in cui non aveva avuto abbastanza accortezza per garantirsi una fuga e la sua insana fissa per i dischi di autori terrestri – dannatamente costosi – finiva spesso per far innervosire la strega delle illusioni, con la quale era solita litigare. E le parole che le venivano rivolte erano il più delle volte inequivocabili.
Inoltre, com'era ovvio che fosse per quanto riguardava il lato finanziario, non era l'unica ad esser infastidita dal suo comportamento da adolescente. Soprattutto quando il bilancio non era dei migliori.
Lei non aveva mai capito nulla di questioni simili, quindi viveva nella credenza che ciò di cui parlassero le sorelle fossero solo stronzate gratuite. Nel profondo, era conscia di apparire a loro come una presenza che non aveva avuto altro modo per attirare l'attenzione e trovare un attimo di pace che nell'uscire e lasciar libero sfogo alla propria frustrazione.
Era la sorella minore, la stupida, quella che non sarebbe mai stata abbastanza per il grande piano – chissà se non fosse stata solo una copertura per tenerla fra loro, nessuna delle due gliene aveva ancora parlato – che la strega dei ghiacci architettava da anni e che era in procinto di mettere in atto. Non sarebbe stata abbastanza sveglia da cogliere nell'immediato il proprio compito.
Era ormai talmente evidente da renderla in grado di accorgersene?
In assenza di un qualsiasi dialogo aveva ampliato, seppur di poco, le proprie capacità deduttive, riconoscendo quasi ogni comportamento delle sorelle, nelle rare volte in cui esse si facevano vedere – oppure quando una delle due non rientrava a notte fonda con più alcol che sangue in corpo.
Il giorno del compleanno di sua sorella maggiore – assente tra l'altro, se ne doveva essere dimenticata – in particolare si era avvicinata pericolosamente al punto di rottura e, dopo l'ennesimo litigio dovuto al fatto che avesse spostato di mezzo millimetro uno dei libri di Darcy, si era messa a sbraitarle contro. Non ricordava ogni singola parola, ma la rabbia aveva esternato molte delle sue considerazioni che spesso usava tenere per sé.
Considerazioni che almeno avevano zittito la sorella, permettendole di raccattare le proprie cose e varcare la soglia di casa. Senza aver organizzato nulla aveva sbattuto la porta e si era avviata in una direzione casuale, qualcosa di certo le sarebbe venuto in mente.
Non era sicuramente un'avventura a spaventarla e, almeno per un paio di notti, si era convinta di non voler tornare affatto.
In fondo a chi sarebbe importato?
Non a lei.









121 giorni, 19 ore, 50 minuti e 48 secondi dalla fine.



Le voci si facevano sempre più profonde, mischiandosi fra di loro in un incomprensibile brusio: anche se esse fossero state chiare e se avessero pronunciato parole scandite, Flora non sarebbe riuscita a comprenderli.
La regolazione del proprio respiro e del battito cardiaco occupava gran parte della sua mente, così come delle sue energie. Era tutto ciò che potesse fare per evitare che le voci si arrestassero e gli oscuri corpi a cui esse appartenevano si apprestassero a raggiungere la sua posizione.
Nonostante i toni aspri, le voci parevano armonizzarsi perfettamente nell'inquieta notte, i suoni dispersi nel buio, le parole divorate dalla nera fuliggine. Avrebbe dovuto trasformarsi e raggiungere in fretta la capitale: era sicura che lì avrebbe trovato almeno una delle proprie compagne, ed affrontare il nuovo presente in compagnia di una mente più forte della sua sarebbe stato di gran lunga più facile.
Eppure era rimasta immobile per ore, incapace di controllare il proprio corpo. Il solo pensiero che uno sbaglio le sarebbe stato fatale le impediva di rilassare i muscoli e reggersi sui propri arti inferiori, quando avrebbe dovuto farlo con una particolare fretta.
Le ombre, disperse nella polvere nella quale era nascosta, si muovevano leggermente, si avvicinavano e si allontanavano dal malmesso e sporco asfalto, battendo con le suole quasi lo stesso terreno. Una voce maschile, di volume più alto, scandì un paio di parole dirette al gruppo: restando eretto, pareva indicare un punto imprecisato della distesa di carbone, ma a differenza di Flora gli individui compresero al volo cosa volesse dire.
Fiaccamente, la donna più vicina al suo nascondiglio le diede le spalle, raddrizzando la schiena e sollevando leggermente il mento ad osservare la nera distesa. I corpi parvero immobilizzarsi al di sotto delle immobili nuvole, da un leggero spiraglio di cielo filtrò debolmente la luce lunare.
Le dune ora risultavano più lucide agli occhi della fata, intenta ora a spostarsi leggermente per seguire i rigidi movimenti dell'alto uomo dalla carnagione scura: dirigendosi a passo di carica verso sud, non osava distogliere in alcun modo lo sguardo da qualcosa di non più così distante.
Retto come da una mano fantasma, un fioco bagliore ondeggiava nelle tenebre in direzione del gruppo: il possessore si era preoccupato di celarsi in modo impeccabile, tanto che seppur la lanterna illuminasse un discreto spazio intorno a sé di esso non si poteva scorgere nemmeno l'ombra. Nel guardare la luce spostarsi in modo quasi autonomo Flora venne scossa da rapidi brividi, ma non poté dire lo stesso dell'uomo che, nonostante l'inquietante visione, non aveva mai smesso di avanzare.
Nel cominciare a salire lungo la duna le sue scarpe affondavano leggermente nel carbone, qualche frammento scivolava a riempire il vuoto creato dai passi, scendeva dalla cima, ruzzolando lungo il fianco, dove la traballante fiamma si spostava verso destra. Eppure il possessore non lasciava alcuna evidente impronta nella sabbia nera.
Sentì sbraitar l'uomo – non riuscì a comprenderne distintamente le parole – prima che chinasse la sua possente schiena per aiutarsi nella risalita con tutti e quattro gli arti; non era particolarmente lontano se la lanterna non avesse continuato a spostarsi, cosa che non fece: ma invece di allontanarsi ulteriormente dall'individuo, fluttuò lentamente verso di lui. La luce gli si posò sui delicati lineamenti del viso, delineandone i chiari occhi e le sottili labbra; vedendone il profilo, Flora concluse che non dovesse trattarsi che di un ragazzo ambizioso, seppur il suo tono di voce fosse già piuttosto grave.
Con la bocca piegata in un ghigno, estrasse il pugnale che aveva affrancato alla cintura, la lama di un perfetto verde smeraldo ricordava a tratti la spada che Brandon era solito usare. La fiamma della bianca candela che ardeva protetta da un fine vetro tremolò appena al movimento e si arrestò di fronte a quel volto cresciuto troppo in fretta, come ad osservarlo attentamente: alle soglie dell'azione, sia il possessore che il ragazzo restarono immobili, cercando nelle tenebre un tacito consenso.
Ogni cosa era muta ed immobile, entrambi i contendenti dovevano aver trovato chi stessero cercando: eppure la fata non vedeva ancora alcuna ombra dietro al bagliore della lanterna. I vetri non rifletterono un volto nemmeno quando la fiamma fu spenta da un soffio appena accennato; ed ecco il verde dello smeraldo fendere la notte per infliggere fatali ferite all'avversario. I movimenti fluidi e precisi suggerivano una spiccata esperienza, inusuale in un soggetto così giovane, seppure in ogni caso non sarebbero mai bastati.
Ferire l'aria non l'avrebbe aiutato a vincere sul bersaglio, così come il non conoscerne la posizione; la lanterna, ora sopra alla sua testa, aveva posto le basi per una nuova situazione di stallo, anche se non duratura.
Sarebbe stata lei stessa ad interromperla, impattando con il nero suolo ed affondandoci lentamente al suo interno. Per la prima volta in tale notte, Flora comprese qualcosa che il ragazzo ed il suo gruppo non capirono in tempo.
Avrebbe riconosciuto un incantesimo di magia oscura simile anche ad occhi completamente chiusi: nonostante fosse raro, data la potenza di una magia come quella, aveva già visto un materiale trasformarsi in scura e densa acqua.
In un attimo di terrore, le parve di scorgere sua sorella minore allungare le mani in un tentativo di fuga da tale liquido inferno. E mentre il gruppo affondava nella melma, le loro urla assumevano il timbro di Miele nella sua mente, impedendole qualsiasi movimento.
Fortunatamente, non durò che un attimo.

Magia bianca allo stato puro. Da anni non vedevo qualcuno che ne facesse uso vicino a Magix.” normalmente, una calma voce femminile non sarebbe bastata a distrarla: ma, data la familiarità nel tono, essa le aveva fatto letteralmente dimenticare la somiglianza della situazione rispetto ciò che aveva vissuto su Linphea.
Avrebbe potuto arrivarci dal tipo di magia che aveva usato, dal modo di gestire i nemici così differente rispetto alle altre semplici streghe. Se ne fosse stata in grado, ora non avrebbe rischiato la morte per mano di Darcy.

Nessun segno di decadimento, hm? Strano.” la sentì alle proprie spalle, ma nel voltarsi non vide nulla che non fosse celato da una fitta oscurità; le urla cominciavano ormai a cessare. Percepiva su di sé gli ambrati occhi intenti a scrutarla, la mente concentrata a scegliere il miglior incantesimo per finirla. Se non avesse raccolto la forza necessaria alla trasformazione sarebbe lentamente andata incontro alla sua fine: la strega delle illusioni doveva avere un motivo ben preciso per averle risparmiato la stessa sorte dei mercenari.
Pertanto, avrebbe dovuto farlo con una particolare fretta.

Non trasformarti, non serve. – rivolgendo la coda dell'occhio alla propria destra la fata scorse qualcosa muoversi – Non ho nessuna intenzione di eliminarti, a differenza loro non ti trovavi qui per incassare la taglia sulla mia testa.”
Nell'avvicinarsi la sua pelle si fece più corporea, in netto contrasto con le tenebre delle quali si era circondata: nell'aspetto era cambiato ben poco, degni di nota erano i tondi occhiali appoggiati sulla punta del naso ed i capelli, leggermente più corti, raccolti insieme alle ciocche bionde in una coda bassa. Con la sua comparsa i pochissimi dubbi sulla sua identità sparirono completamente dalla mente della fata, ancora sulla difensiva.
Dovette controllarsi parecchio per non pronunciare il suo nome.

Chi sei?” disse invece, rimanendo eretta e tesa come un elastico.
Non qui, fatina, non sei l'unica a voler evitare certi incontri. Ti fidi abbastanza da seguirmi?”
Avrebbe voluto dirle di no.
Ma aveva veramente possibilità di scelta?
Era esausta, aveva camminato quasi ininterrottamente per una giornata intera, aggrappata alla speranza di ritrovare le altre. Non avrebbe retto un altro chilometro per raggiungere la capitale, senza tener conto di chi avrebbe potuto trovarla.
Del resto non tutti sarebbero stati pressoché ragionevoli nel lasciare andare qualcuno che non fosse stato 'il loro bersaglio', – ed aveva ringraziato più volte Madre Natura per quello – creature magiche come il ragazzo e la sua compagnia non avrebbero esitato a porre fine alla sua vita. Considerando, inoltre, che a quanto pareva poteva definirsi un elemento utile alla strega, la sua proposta prese validità.
Dopo una trentina di secondi, durante i quali quest'ultima non le aveva mai staccato gli ipnotici occhi di dosso, si limitò ad annuire.
In fondo non aveva nessun valido motivo per rifiutare.
Ed inoltre, non avrebbe trovato occasione migliore per poterla tenere d'occhio.




120 giorni, 10 ore, 45 minuti e 59 secondi dalla fine.




Ciò che aveva appena visto di certo non rientrava in una delle immagini che aveva figurato nella sua mente, una volta lasciato il villaggio delle Pixie. Nonostante il suo carattere forte, si era trovata pienamente spiazzata dalla vista che si era trovata davanti: evidentemente non aveva conosciuto abbastanza violenza nella sua vita per potersi considerare preparata ad uno spettacolo simile.
Il secondo conato di vomito l'aveva raggiunta troppo in fretta e si era vista costretta a chinarsi e serrare la bocca per evitare di cedervi, sorreggendosi con una mano laddove il bianco muro non fosse stato dipinto da sangue altrui. Non aveva avuto il coraggio di fermarsi a riposare su una delle dieci sedie poste in fila, poggiate su un lago color cremisi.
Non era nemmeno rispettoso sedersi sulla tomba di qualcuno.
L'odore era inconfondibile e, nonostante non fosse la prima volta che il suo olfatto ne percepiva uno simile, l'aveva leggermente stordita. Aisha sapeva che avrebbe dovuto muoversi, ma se nell'avvicinarsi avesse dovuto trovare una serie di scene del delitto come quella, avrebbe preferito tornare al villaggio e fare finta di nulla.
Abbandonare tutto non era nel suo stile, ma mai si era trovata in una situazione dove i muscoli del suo addome si stavano sforzando fino allo sfinimento per tenere la bile nello stomaco ed evitare che si riversasse sul pavimento. La sola comparsa del luogo nella sua mente le aveva fatto riaffiorare i ricordi di quando a corte, durante la sua infanzia, usava avere il terrore del buio.
Il tocco della paura sulla sua pelle era stato abbastanza forte da intrappolarla nelle proprie memorie, lasciandole solo un disperato ed impossibile tentativo di combatterle anche in un inospitale luogo come quello; la solitudine era tornata a stringere il suo corpo in una fatale morsa, trascinandola nella stessa situazione che aveva vissuto nell'anno precedente, alle Wildlands, la stessa che l'aveva portata allo sviluppo del proprio Charmix.
Seppur considerando la similitudine, la sua condizione risultava abbastanza differente da abbattere le sue non trascurabili difese: in un giorno di cammino non aveva scorto alcuna traccia delle amiche e la stanchezza aveva portato con sé una serie di insicurezze che era certa di aver ben sepolto dentro di sé molto tempo addietro.
La luminosità della stanza non l'aveva aiutata a sconfiggere l'oscurità che, dal suo petto, si stava espandendo intorno a lei con incredibile rapidità: questa volta, ogni spiraglio di luce era stato soffocato dal colore rosso.
Sarebbe andata incontro ad un vero e proprio esaurimento, se non avesse udito il cigolio della porta metallica: rumore non del tutto rassicurante, ma che bastò a riportare la sua vagante mente a terra. Trattenendo il respiro, attese per lunghi secondi interminabili, fino a liberare il fiato con un lungo e sentito sospiro di sollievo.

Incredibile. E' pienamente in funzione.” come la voce di Tecna avesse potuto essere così calma davanti all'immagine di un ambiente imbrattato dal sangue era rimasto un mistero finché la fata di Andros non aveva alzato lo sguardo di scatto, scorgendola intenta a consultare il proprio palmare.
Mentre la sua bocca rimase completamente asciutta per la presenza dell'amica –l'addome si rilassava e la schiena tornava diritta – la fata della tecnologia manteneva le proprie emozioni sotto controllo e non osava alzare gli occhi dallo schermo. Non le pareva il momento di farsi prendere da sentimentalismi, non quando la sua ipotesi si era appena confermata esatta e lei doveva mettersi a pensare ad un modo per radunare anche le altre; eppure, quando Aisha si avvicinò a lei con qualche passo incerto, non rifiutò il forte abbraccio che le diede.

Cosa ci fai qui dentro?” chiese una volta separatasi da lei e, velocemente, storse la bocca in un'espressione di disgusto nel poggiare le proprie iridi chiare sui dintorni.
Non lo so con certezza, ma uscire da qui mi farebbe immensamente piacere.”
Concordo.” rispose la zenithiana, piazzando di nuovo gli occhi sull'aggeggio elettronico e dirigendosi all'uscita. La compagna le si avvicinò, le ginocchia ancora leggermente tremanti ed instabili.
Sei riuscita a sviluppare un software in grado di rintracciare anche le altre?” disse con una leggera ed ingiustificata sorpresa nella voce: non avrebbe dovuto sorprendersi, conoscendo le incredibili doti di Tecna nel campo dell'elettronica.
Potenziando questo palmare con la magia ed installando un programma apposito creato da me in precedenza, supponendo che qualche parametro avrebbe portato fuori calibrazione i calcoli, sono in grado di seguire le vostre tracce magiche. Tu eri la più vicina. – dopo qualche battito di ciglia della principessa, però, si affrettò a riassumere in modo più conciso e meno tecnico – In pratica sì, ho anche le posizioni delle altre nel giro di cinquanta chilometri.”
Aisha accennò un sorriso, appoggiando saldamente una mano sulla spalla dell'altra – che sussultò appena al contatto – e prendendo un bel respiro una volta raggiunto l'esterno.

Lasciatelo dire, Tecna, sei un genio!”
Lei, invece di ringraziarla, mise nuovamente mano al palmare e si concentrò sulle piccole luci che lampeggiavano debolmente.

Se la mappa di Magix non è cambiata, dovremmo fare in fretta. L'entrata della città non è lontana, dobbiamo cercare di far attenzione ai cecchini.”
Data l'urgenza, la bruna lasciò perdere la mancanza di educazione arrecatale e si concentrò maggiormente sul da farsi.

Cecchini? Aspetta, cosa devo aspettarmi quando arriverò là?”
Anche se razionalmente non avrebbe senso, pensa alle condizioni peggiori in cui Magix potrebbe versare. Ciò che troverai sarà molto peggio.” le rispose, sollevando la testa all'unico scopo di guardarsi intorno. Nella testa atmosfera, qualcosa di vicino aveva attirato il suo fino udito; un'ovattata vibrazione si percepiva a malapena, captarne la direzione con i soli sensi sarebbe stata una perdita di tempo.
Senza farne cenno all'amica, che aveva detto qualcosa non comprensibile alla sua impegnata mente, Tecna concentrò i suoi poteri nell'intercettare le onde elettromagnetiche emesse da qualsiasi cosa facesse tale rumore.
Dalla lunghezza d'onda percepita, pareva essere un comune cellulare – grazie al cielo, nonostante la società fosse regredita di parecchio, almeno quelli erano rimasti esattamente come li conosceva – nell'atto di ricevere una chiamata. Che fosse criptata o meno, non sapeva dirlo con assoluta certezza.
Dopo qualche attimo di smarrimento causato dallo strano comportamento della compagna, anche Aisha si era decisa a muoversi nella sua stessa direzione, più per capire cosa andasse cercando che per altro: era un'opzione migliore al semplice stare ferma ad aspettarla, inoltre qualora ci fosse stato un problema avrebbe potuto dare man forte nella risoluzione.
Le sporche mura del capannone, imbrattate da graffiti, erano ora alla loro destra, proiettate per almeno una decina di metri verso lo scuro cielo: era difficile comprendere, dalle annerite finestre, che le luci al suo interno fossero rimaste accese. I carbonizzati ciocchi di legna ammassati lungo il loro cammino si spezzavano con facilità sotto i loro piedi, producendo qualche lieve tonfo nell'accennato silenzio del primo pomeriggio.
Dal cielo non si direbbe, avrebbe volentieri aggiunto la bruna, ma il suo buonsenso aveva ritenuto l'occasione inadatta.

Si è fermato. Il tempo mi è stato però sufficiente a localizzarne il segnale sul palmare.” nel concludere la frase abbassò il tono ed aggrottò appena le sopracciglia; sul proprio schermo comparve la posizione di un volto che, immobile, la scrutava attraverso lo schermo con i propri occhi azzurri.
Gli stessi occhi che Aisha avrebbe trovato dischiusi ad osservare il vuoto, in un'angusta nicchia: il medesimo viso rigido, chinato verso il basso come ad evidenziare il proprio petto gravemente lacerato. Compiendo il terribile errore di proseguire senza l'amica, la principessa di Andros aveva nuovamente posto lo sguardo sul sangue, ormai secco sulla chiara pelle di chi, un tempo, era stato principe di Eraklyon.
Il respiro le si era mozzato, mentre non poteva far altro che rivolgere le iridi altrove, lontane dall'inerme corpo che non era in grado di ricollegare alla persona che conosceva; sforzandosi di non piangere, si sporse leggermente per farsi vedere da Tecna.

Non venire qui. Ti prego, non farlo.” il controllo sulla sua voce si allentò tutto in una volta, ma dai suoi occhi non cadde alcuna lacrima.
“ … Credo di capire perché.” a segnalare che neanche la zenithiana fosse rimasta indifferente alla notizia fu l'affannarsi del suo respiro, mentre si tratteneva dal raggiungere di corsa il retro dello stabile ed assicurarsi, avendone esperienza diretta, che la sua ipotesi fosse veritiera. Al momento, seppur fosse stato contro ogni suo principio, avrebbe preferito ingannarsi con una menzogna.
Con il pensiero che sarebbe stata in grado di trovare la causa ad un cambio così radicale nel presente, riportando l'intero universo alla normalità.
Rimettendo Sky nella sua originaria posizione, riportandolo ai suoi giorni da vivente.
Eppure, davanti ad una scoperta simile, il senso di inutilità della sua persona era andato aumentando. Anche impegnarsi di più, probabilmente, non avrebbe portato alcun risultato.
Inoltre, di fronte all'evidenza, il suo cervello poteva solo ripetere le due parole, che ancora nessuna delle due si era azzardata a pronunciare.
Le stesse due parole che, una volta trovata, avrebbero dovuto comunicare a Bloom, mostrando un risentimento che entrambe avrebbero preferito seppellire sotto tre metri di terra, insieme al corpo dello Specialista.









Avvertenze e condizioni per l'uso:

Vogliamo parlare di questo parto naturale? Oddio, è stato doloroso e complicato.
Soprattutto mostrare delle emozioni diverse dall'esultanza alla morte di Sky e no, non l'ho fatto perché lo detesto (o forse sì), ma semplicemente non serviva a chi aveva commissionato la cattura degli Specialisti.
E' un principe, sai quanti problemi dà da vivo, soprattutto conoscendo l'esercito di Eraklyon che non fa esattamente schifo – anzi.
Sto cercando di allungare sempre di più i capitoli inserendo le descrizioni, spero solo che non siano super noiosi e che li possiate leggere in modo scorrevole, o voi poveri lettori che siete capitati qui.
Lasciate ogni speranza o voi che entrate.
Okay, basta con i ricordi della terza superiore, dovrei concludere qui.
Ringrazio Ghillyam e Applepagly per aver recensito lo scorso capitolo.
Ringrazio anche
Stealthy_step per aver inserito la storia fra le seguite.
Ci si vede con il prossimo capitolo quando avrò ripreso in mano la mia vita (T^T)


Mary


Ps: Sto cercando di scrivere meglio siccome di solito mi faccio sempre schifo, lol. Speriamo venga decentemente qualcosa.

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Capitolo 4
*** IV. Great Expectations ***


IV.
Great Expectations



Everybody leaves and I'd expect as much from you
I saw tail lights last night in a dream about my old life
Everybody leaves so why, why wouldn't you?”
Great Expectations – The Gaslight Anthem





Non era la prima volta che si ritrovava a pensare quanto le mancasse terribilmente la sua vecchia vita: quella nel piccolo cottage ad una quindicina di chilometri da Magix, dove lei e le sue sorelle erano cresciute con la madre.
Non erano stati i pochi ricordi piacevoli a riportala con la mente al luogo, nemmeno la memoria della propria progenitrice – che raramente aveva visto comportarsi come tale – e neppure i lontani e spensierati tempi dell'infanzia; aveva scoperto trattarsi del semplice desiderio di far tornare ogni cosa al suo posto.
La sua esistenza, al momento, non risultava esattamente come l'aveva immaginata in passato. Si poteva dire che non ci somigliasse nemmeno.
Osservandola dall'alto e vedendosi occupare un misero appartamento per la maggior parte della giornata, si era resa conto di non essere pienamente soddisfatta degli anni che sarebbero dovuti essere i migliori della sua vita.
Un'adolescenza normale non le aveva mai fatto particolarmente gola, seppure alle volte, nell'osservare gli altri intorno a sé, si era ritrovata ad invidiarla: poteva pensarla come voleva, ma il fatto che non avrebbe avuto diciassette anni a lungo era una verità inconfutabile. Nel cercare le ragioni che l'avevano portata a vivere in modo quasi miserabile aveva dovuto fare parecchi passi indietro, fino a sentire sotto i propri piedi il prato ed il muschio, l'odore dei pini nelle sue narici.
Non credeva avrebbe nuovamente cercato risposte nel passato, nel principio di tutto; si era convinta a lasciar andare le immagini che, con i propri occhi, si era impressa nella mente. Con l'ultimo fallimento, aveva compreso che probabilmente non ci sarebbe mai riuscita.
Tornare a quella calda notte estiva le provocava sempre una fitta di dolore alle tempie che raramente avrebbe provato in altri casi: nonostante fosse una dodicenne, non c'era stato attimo che non avesse ricordato.
Le mura si erano tinte di rosso, il legno sembrava sciogliersi sotto il liquido denso che lo ricopriva: schizzi sulle finestre colavano lentamente verso il rosmarino poggiato sul davanzale interno, un tappeto scarlatto andava allargandosi in soggiorno.
Le soffocate urla l'avevano destata dal profondo sonno in cui era, allarmandola leggermente ma non abbastanza da fornirle la prontezza per balzare in piedi e correre a vedere. Forse per la stanchezza, forse per la paura, aveva semplicemente affondato il capo nel cuscino, cercando di ignorare ciò che il suo udito percepiva.
Se si fosse fatta coraggio, sarebbe entrata in possesso della verità, senza doversi perdere in congetture ricercandola. Non avrebbe atteso nel silenzio interminabili attimi, aggrappandosi alla vana speranza che tutto ciò fosse frutto della propria immaginazione.
I respiri si erano ridotti in rantoli, non una voce né il suono delle armi; a renderli appena udibili era il sordo suono di grosse gocce che impregnavano della loro consistenza il legno. Il cigolio della porta d'ingresso era stato l'ultimo rumore, prima che la quiete notturna riprendesse il possesso della casa: nonostante ciò, Darcy non avrebbe serrato gli occhi né in tale momento né lungo l'intera durata della notte.
Era stato il primo oppure il secondo?
Qualcuno doveva esser per forza entrato, prima di uscire e portare con sé pochi – all'apparenza dannatamente infiniti – minuti di terrore. Le domande avevano affollato talmente la sua scatola cranica da impedirle di prestare attenzione al metallo dei cardini.
Domande che aveva riversato sulla sorella una volta che questa, con il respiro affannoso e gli azzurri occhi appena sgranati, aveva aperto tremante la porta.
'Dei sopravvissuti di Domino' aveva pronunciato le parole velocemente in un sussurro, prima di raccogliere tutte le loro cose con l'ausilio della magia: non avrebbe saputo dire se reazione dell'albina fosse stata dettata dall'acuto nervosismo o dalla stessa paura che stava costringendo la strega delle illusioni al letto.
Eris giaceva impotente sulla grande sedia di vimini nella quale era solita sedere, nell'unica ed ultima occasione in cui l'avrebbe colta nell'essere sé stessa. Vi aveva gettato un veloce sguardo appena prima che la mano destra della maggiore si fosse posata sui suoi occhi, oscurandole la vista così come la sinistra aveva fatto con Stormy.
Aveva capito che a colare copioso era stato il sangue, sul pregiato tappeto sotto ai piedi della madre e sul parquet, sulla cera delle candele che illuminavano i vetri e sul legno della grossa porta che delimitava il salotto: in pochi istanti aveva colto tutti i particolari di cui necessitava e li aveva marchiati a fuoco nei propri ricordi.
Nel lasciarsi alle spalle tutto ciò che aveva conosciuto, la nebbia che aveva celato la loro fuga si era fatta insopportabilmente pesante: il controllo delle Antenate sulla loro vita e sulla loro dimora, tuttavia, sembrava essersi affievolita, ma senza dimenticare di prometterne un eventuale ritorno.
Non sapeva cos'avrebbe fatto lontana dalle mura atte a proteggerla da qualsiasi influenza esterna, come sarebbe riuscita ad andare avanti con ciò che aveva visto e vissuto; eppure sua sorella maggiore non aveva avuto problemi simili nel procedere dentro l'oscurità della foresta, nel soffocare la ragazzina che era stata per pianificare un glorioso futuro – profondamente diverso da ciò che l'aveva preceduto – da imporre a loro ed a sé stessa.
Abbandonando la madre nelle mani del tempo e le aveva condotte verso le sfavillanti luci della promettente metropoli.
Seppur inizialmente non fosse stato così differente rispetto alla sua esperienza precedente, in un solo mese i fatti si erano rivelati ai suoi occhi, travolgendola completamente; ancora attendeva, ed a lungo avrebbe atteso l'imminente cambiamento che l'avrebbe portata ad una vera e propria vita, che sarebbe valsa la pena di vivere.
L'aveva sentito dannatamente vicino e si era fatta forza nel pazientare per coglierne l'arrivo.
Era stata in grado di resistere per lungo tempo alla chiamata dei ricordi, si era imposta di non raggiungere in alcun modo la vecchia ed umile dimora in legno per evitare di rimanerci intrappolata un'altra volta: ma, nel tenersi sotto controllo, la propria sanità mentale andava perdendo colpi verso un punto di non ritorno.
I dubbi avevano preso troppo potere e, crescendo, la situazione non aveva fatto altro che peggiorare. Nell'ampliare il suo intelletto si era ritrovata a ripercorrere con la mente i passi della propria fuga: con il viso volto sempre al passato, si era preparata al fatto che, prima o poi, un avvenimento simile sarebbe dovuto accadere.
Eppure, quando i ragionamenti si erano incastrati come tessere di un puzzle, era stata colta totalmente impreparata.
I rumori, il cigolio della porta, la gola attraversata da un profondo ed impreciso taglio della madre: nessun soldato avrebbe svolto un lavoro con tale imperfezione, data l'esperienza di cui erano muniti. Inoltre nessun civile era sopravvissuto alla furia delle Antenate, almeno così credeva.
I leggeri passi, l'assenza del suono emesso da una qualsiasi arma.
Ed il sangue.
Il sangue sulla pelle di Icy e sull'orlo della sua candida camicia da notte.









118 giorni, 2 ore, 33 minuti e 5 secondi dalla fine.



Aveva dovuto ammettere – solamente a sé stessa, mai alla diretta interessata – che per una volta Stella aveva avuto un'idea brillante quasi quanto il suo potere: aveva finalmente usato il cervello e Musa, nello scoprire che non fosse sottosviluppato quanto credeva, non aveva potuto fare a meno di stupirsi.
Non l'avrebbe mai detto ad alta voce in ogni caso e, nel camminare per le soleggiate vie di Gardenia era rimasta in silenzio, cercando di evitare un qualsiasi contatto visivo con la bionda. Anche per formulare il solo pensiero riferito alla sua geniale trovata aveva dovuto ben ingoiare il proprio orgoglio.
Lei stessa non sarebbe mai giunta alla conclusione che l'unico modo di riunirsi con Bloom fosse stato dirigersi sulla Terra, era rimasta nella ferma convinzione che anche lei si fosse ritrovata nel loro medesimo mondo e che, cercando in ogni putrido angolo di Magix, prima o poi l'avrebbero trovata.
Contrariamente a ciò che aveva creduto, la principessa di Solaria si era imposta nell'affermare che la fulva non avrebbe potuto in alcun modo essere lì: i ricordi erano riapparsi nei suoi dorati occhi, gli alberi del parco facevano ombra alla radura nella quale era impegnata nella lotta che avrebbe determinato l'inizio di tutto.
Senza le streghe intente a darle la caccia per il suo scettro, nulla si era avviato per come in precedenza lo conosceva: non poteva perciò che essere lei a proporre un trasferimento dimensionale per riunirsi con la loro leader, in quanto la vicenda che era venuta a mancare la riguardava molto da vicino.
Nel muovere veloci passi sui marciapiedi della città terrestre, in direzione della dimora dell'amica, Stella manteneva lo sguardo fisso davanti a sé: le immagini della lontana estate tornavano vive e straordinariamente attuali, nonostante fossero passati almeno tre anni.
Ricordò la fuga che l'aveva portata su un pianeta ormai privo di magia, con le mani aggrappate alla propria unica salvezza, lasciatale in eredità dalla madre; ricordò la forza e la tenacia che era stata costretta a mostrare nel fronteggiare i nemici; rievocò anche l'immenso stupore, nel vedere un potente calore infiammare il corpo della terrestre che, dopo esser stata attirata dai suoni della battaglia, si era schierata in sua difesa.
Non poteva avere inizio diversamente, la serie di avventure che sarebbero seguite all'incontro: il presente in cui si erano ritrovate ne era la prova. In loro assenza, nessuno era stato in grado di arrestare l'opera delle streghe: la loro azione sul passato doveva esser stata insufficiente, non vi era altra spiegazione plausibile.
Le venne da pensare che, dopotutto, Aisha non aveva avuto affatto torto nel proporre di toglierle di mezzo definitivamente, ma Tecna era stata in parte contraria, affermando che il proprio piano era il più sicuro; Musa invece aveva esitato davanti a quegli occhi color verde acqua.

Stella, guarda che siamo arrivate. Tu stai andando troppo avanti.” la voce leggermente scocciata dell'asiatica la richiamò alla realtà, facendo arrestare la sua camminata: effettivamente stava superando la dimora dell'amica senza farci minimamente caso.
Guarda che lo sapevo, stavo solo testando la tua memoria, cara Musa.” le rispose incrociando le braccia, per poi dirigersi verso la porta d'entrata.
Per la fata della musica il ricongiungimento con Bloom sarebbe stato un avvenimento di cui gioire, non solamente per aver ritrovato un'amica – considerando le condizioni di Magix non sarebbe stata una stranezza non trovarla affatto – ma avrebbe alleggerito la tensione creatasi fra lei e la bionda. Non si erano mai particolarmente sopportate, nelle situazioni di pericolo il loro rapporto tendeva sempre e soltanto al peggioramento.

Non starai aspettando che bussi io, spero.”
No, certo che no. Mai scomodare una principessa a fare un gesto così da popolana.”
Stella roteò gli occhi, aspettando di udire il rumore delle nocche della compagna sul massiccio legno della porta: sperò ardentemente che qualcuno si apprestasse a rispondere, altrimenti se la propria condizione fosse rimasta tale, non ci sarebbe voluto molto a farle perdere completamente il controllo.


Si era dovuta impegnare particolarmente per poter restare a letto: Vanessa non era facile da ingannare con le false malattie volte a saltare giorni di scuola, né Bloom avrebbe voluto mentirle sulla propria salute; ma la situazione richiedeva del tempo per essere risolta, tempo che non avrebbe avuto se fosse uscita per andare a lezione.
Inoltre, nel cercare di contattare Stella, si era resa conto che il suo telefono aveva bisogno delle migliorie che Tecna le aveva applicato durante la loro prima uscita a Magix, pertanto non avrebbe potuto chiamare al di fuori della dimensione terrestre: avrebbe dovuto ingegnarsi in qualsiasi modo le fosse venuto in mente.
Poteva contare sulla Fiamma del Drago, che sapeva giacere latente nel suo corpo: avrebbe faticato nell'allenarlo a sopportarne la forza, ma si sarebbe messa d'impegno per riuscirci. Del resto, con ciò che era accaduto e le nuove incombenze, la fulva aveva totalmente dimenticato la ricerca delle proprie origini ed, in particolare, l'affannarsi a trovare i genitori biologici, ovunque essi si trovassero. Capire come risolvere l'attuale questione era di maggiore importanza: inoltre, le streghe erano ancora vive e, nonostante il radicale cambiamento, non sarebbe stato insolito se si fossero dedicate ad un piano differente ma ugualmente distruttivo.
La prima vera guerra fra loro era stata sufficiente a darle un'idea ben chiara su chi si fosse trovata davanti: modificando un solo, importante avvenimento avrebbe sì comportato una maggiore tutela per le medesime azioni compiute in passato, ma non avrebbe coperto ciò che le menti delle streghe sarebbero arrivate ad architettare in ogni caso.
La Dimensione Magica necessitava quindi, ancora una volta, dell'intervento delle Winx; o almeno così credeva.
Nel rimuginare sull'ultima battaglia, alla quale aveva seguito il rischiato collasso di Andros, si apprestò ad infilarsi i primi vestiti che era riuscita ad afferrare in mezzo al mucchio che occupava il suo armadio; perdersi in riflessioni su un passato che non avrebbe mai, fortunatamente, fatto ritorno, non sarebbe servito assolutamente a nulla.
Fu in quel momento che la porta si spalancò, rivelando la figura di un'irritata ragazza bionda a lei piuttosto famigliare.

Non è possibile che tu non sia nemmeno capace di bussare!” esclamò, introducendosi nell'abitazione con il dorato sguardo rivolto verso l'asiatica di bassa statura, poco dietro di lei, che in risposta le riservò l'onore di veder alzarsi il suo dito medio.
Il corpo di Bloom si immobilizzò nel scendere gli ultimi gradini delle scale; la sua mente impegnata a metabolizzare ciò che sostava davanti alle azzurre iridi; la sensazione del grosso peso, posto sul suo ventre, scompariva velocemente. Presa com'era a scervellarsi per trovare il modo di ricongiungersi con le amiche, non avrebbe mai pensato ad un loro arrivo: colta totalmente impreparata, puntò lo sguardo sulle figure all'apparenza troppo belle per essere vere.
Il sentore di battaglia che le aveva annebbiato momentaneamente l'intelletto, si dissolse completamente nel giro di qualche secondo.
Non ebbe bisogno di sciogliersi per raggiungerle, quando i suoi nervi cominciarono a distendersi, Stella si era già apprestata a cingerla in un caldo e sentito abbraccio: non si scambiarono nemmeno una parola nei brevi attimi, il contatto risultava sufficiente.
Era trascorsa quasi una settimana dall'ultima volta in cui le loro pelli si erano sfiorate, il giorno in cui ogni cosa era stata profondamente cambiata dalla loro magia: il giorno in cui si era sentita in contatto con ognuna delle sue amiche, con i loro sentimenti ed ideali; dove il loro desiderio di pace era stato portato all'inizio della propria realizzazione.
In seguito a tale connessione, una settimana separata completamente del mondo che aveva amato e protetto, dalle amiche che aveva sostenuto e dalle quali, a sua volta, era stata sostenuta, era parsa pressoché infinita.
La fata della Fiamma del Drago non poté che chiudere gli occhi in quella dimostrazione d'affetto, distendendo il viso e sorridendo in modo sincero.

Bloom, non ci crederai mai che l'idea di venirti a prendere è stata di Stella.” disse Musa quasi a bassa voce, unendosi per un attimo all'abbraccio: non era molto dell'umore, ma del resto la mancanza dell'amica si era fatta ben sentire anche per lei.
E' incredibile – accennò una risata, la fulva – Ma sono estremamente felice che l'abbia fatto!”
La fata della musica fece un sorriso tirato in direzione della compagna, trovandosi a pensare se veramente dovesse gioire in un momento simile: la felicità dell'altra, del resto, sarebbe stata presto smorzata sulla condizione della Dimensione Magica che lei e la principessa di Solaria le avrebbero comunicato; tuttavia non sentì il bisogno di informarla particolarmente in fretta.
L'atmosfera molto meno cupa che la sua dimora terrestre presentava era una sorta di luogo di riposo per l'animo dell'asiatica: forse, per un po', avrebbe potuto godersi in silenzio la gaiezza che aleggiava fra tali mura.
Anche Stella non poteva dirsi estranea a quelle riflessioni: nel lasciare lentamente andare il corpo della propria migliore amica, nell'osservare il bagliore negli occhi di chi ancora riponeva qualche speranza nella salvezza di Magix, aveva sentito le proprie viscere attorcigliarsi ed appesantirsi.
Eppure avrebbe dovuto prender coraggio nel dirle ciò che, in ogni caso, le avrebbe chiesto: scorgeva la domanda sulle sue labbra, una motivazione ai dettagli che avrebbe saputo, alla quale nemmeno entrambe le compagne avrebbero saputo dare risposta.

Si può sapere cosa avete tutte e due?” ovviamente nulla era sfuggito alla diretta interessata, che con tono leggero pareva spronarle a darle una qualsiasi spiegazione: la delicata mano che si poggiò sulla sua spalla le fece tendere leggermente il viso in un'espressione tutt'altro che serena.
La bionda non usava mai tale gesto, se non in situazioni particolarmente gravi.
Aveva forse sbagliato a dichiararsi così positiva?
Che le streghe, non controllate dalla preside e dalle insegnanti di Torrenuvola, avessero fatto qualcosa di ben peggiore rispetto ad evocare l'esercito oscuro?
Lo smarrimento più profondo si fece strada negli occhi di Bloom, mentre la sua migliore amica, puntando il dorato sguardo a terra, s'accingeva a descriverle la situazione.




120 giorni, 22 ore, 21 minuti e 17 secondi dalla fine

.



L'ambiente appariva caldo ed accogliente, considerando anche che alcuni degli oggetti posti in vendita sugli scaffali non rientrassero nella categoria descrivibile con i medesimi aggettivi. Ne aveva visti parecchi di negozi magici, ma sicuramente quello risultava il più particolareggiato e personale che avesse mai osservato.
Un paio di piante aromatiche sul bancone contribuivano all'atmosfera di quiete e sicurezza creatasi: nel suo caso, generalmente, qualsiasi vegetale era in grado di metterla maggiormente a suo agio.
Darcy, alle sue spalle, sistemava nel giusto ordine gli infusi che si era attardata, nella notte, a produrre: al solo sentirne l'aroma, Flora poteva dirsi certa che fossero ottimi.
Nel profondo del proprio animo non era ancora in grado di comprendere per quale motivo avesse deciso di seguire la strega, in quanto nel suo interesse sarebbe potuto essere un grave errore. Il retro della sua mente non l'aveva ancora esclusa dall'avere una parte di responsabilità nella rovina di Magix, seppure nel vederla e nell'ascoltare le sue parole, nel cogliere i suoi pacati ed ipnotici gesti, la possibilità della sua colpevolezza si era affievolita di molto.
Era conscia di trovarsi davanti allo sbaglio di trovare della bontà anche in chi non ne aveva dimostrata, lo faceva spesso; tuttavia una serie di fattori l'avevano fatta desistere dall'essere troppo diffidente verso la mora.
Aveva dimostrato di non conoscerla, ciò doveva essere abbastanza per mantenersi appena più quieta; inoltre, al momento della scelta, aveva capito che rifiutare sarebbe stato un vero e proprio suicidio.
Alla fine le aveva offerto un pasto ed un posto in cui passare la notte, senza chiedere null'altro in cambio che la sua presenza.

Flora, giusto? Non ho ancora capito cosa ci facesse una fata non compromessa in un luogo simile. Non sei di qui suppongo.” parlò mantenendo lo sguardo sugli scaffali, i vasetti di vetro nella sua mano tintinnarono debolmente nell'urtarsi.
Non avevano dialogato granché durante la notte, la strega si era limitata a sistemarle un letto, preparare qualcosa da mettere sotto i denti e fare buon uso degli ingredienti che aveva raccolto nel suo viaggio verso la metropoli, motivo che spiegava la sua posizione nella scura distesa; e lei non aveva osato interrompere il suo ritmo con la propria voce.
Aveva fin troppi pensieri per la testa, fra i quali l'essersi esposta ad un rischio non del tutto trascurabile in mancanza di un'alternativa valida. Com'era ovvio che fosse, i continui dubbi non l'aiutavano a trovare qualche attimo di pace.

Sì, esatto. Hai usato un termine simile anche ieri, cosa significa? Da dove provengo non esistono fate con una natura magica diversa dalla mia.”
Darcy le rivolse il viso, gli occhi color del grano la scrutarono attentamente con una punta di incredulità. Flora lo notò appena nell'incontrare il suo sguardo, qualcosa di diverso e ben celato la differenziava dalla versione di lei che aveva imparato a conoscere, supponendo che il suo essere fosse il medesimo di ciò che usava mostrare.
Aveva veramente il diritto di affermare di conoscerla?

Quindi stai dicendo che provieni da un mondo dove le fate non fanno dell'uccidere il proprio mestiere. Non credevo esistesse ancora un luogo simile.”
Uccidere?” nel deglutire, i ricordi della fata della natura andarono a quando aveva ascoltato Aisha dichiarare che eliminare le Trix sarebbe stata la scelta migliore: la loro magia bianca sarebbe stata macchiata da tale delitto, se avessero osato farlo?
Ogni tanto, l'avrebbe negato infinite volte per preservare la propria innocenza, un simile pensiero aveva sfiorato anche lei: non ci sarebbe stata alcuna pace con la loro presenza.
Eppure sarebbe stato profondamente sbagliato credere che la loro morte avesse rappresentato l'unica soluzione.

Esattamente. Dipende da quanti omicidi il soggetto compie: dai primi, con del tempo ed un grande controllo, si può guarire. Proseguendo invece la magia bianca tipica di voi fate viene macchiata indelebilmente: comincia con il perdere le proprie caratteristiche, il proprio potere e, perseverando, porta il soggetto al completo esaurimento di essa.
La magia bianca perde la capacità di rigenerarsi ed in breve tempo la fata in questione muore.”
La concisa spiegazione rimbombò qualche volta nella mente della fata, prima che questa potesse pensare anche solo un'altra domanda da sottoporre alla strega delle illusioni. Nella Dimensione Magica che aveva conosciuto non le era mai stato spiegato tale dettaglio, in quanto non era mai stato necessario.

Non ne eri a conoscenza?” l'anticipò, dopo aver notato la reazione non del tutto positiva a ciò che le aveva appena detto.
No… Provengo da un mondo dove le fate non hanno mai avuto la necessità di uccidere.”
Dev'essere un bel luogo allora. La frase che hai appena pronunciato a Magix risulterebbe come un'utopia.” l'accenno di sorriso che seguì la frase sortì lo stesso effetto della precedente espressività dei suoi occhi: non vi era certezza che non la stesse ingannando, eppure le leggere diversità che presentava dalla manipolatrice che più volte aveva affrontato la tranquillizzavano appena.
Sembrava avesse sepolto le proprie folli ambizioni nel passato, trovando il modo di portare avanti la propria esistenza in assenza di un assurdo desidero di conquista e un'enorme sete di potere; nel cercare un motivo del suo cambiamento, si sentì leggermente stupida a non aver notato prima un dettaglio estremamente importante.
La sua attenzione per i piccoli cambiamenti in Darcy, per l'ambiente e per ciò che lo costituiva le aveva tolto da davanti allo sguardo ciò che avrebbe dovuto vedere fin da subito: l'abitudine a scorgerla in un atmosfera diversa, in un modo diverso, non aveva giocato affatto a suo favore.
Non poteva di certo chiederle spiegazioni, non avrebbe avuto motivo di sapere in quanto, nell'esperienza della strega, si erano incontrate la notte prima e di lei conosceva solamente il nome: esordire con una frase riguardante le sue assenti sorelle avrebbe destato fin troppi sospetti, qualsiasi fosse la loro situazione della quale non sapeva nulla.

Uhm… Vivi qui da sola?” decise di rimanere vaga, facendola sembrare una semplice domanda per fare conversazione. In base alla sua risposta avrebbe provato a trarre qualche conclusione, sperando in tale maniera di alleviare il peso dei propri dubbi.
Le domande riguardanti la metropoli avrebbero dovuto attendere.
La mora appoggiò per un attimo i gomiti al bancone, incurvando leggermente la schiena.

Per la maggior parte del tempo sì. Di tanto in tanto torna mia sorella minore dalla città, ma non credo ti sia di particolare disturbo qualora avessi intenzione di fermarti. O almeno, farò in modo che non lo sia.”
Ah, una sorella. Siete solo voi due?” nell'esprimere il quesito Flora incrociò volontariamente il suo sguardo: fermo e risoluto, si sollevò dal bancone per mantenere il contatto visivo. Senza un singolo movimento in più del necessario, Darcy tornò eretta ed impassibile.
Esattamente. Nessun altro.”















Avvertenze e condizioni per l'uso:
Non so come possa essere venuto questo capitolo, ma mi sono fatta attendere un po' e mi scuso per questo. Mi ero accorta di non aver sistemato cosa avrei dovuto scrivere in ogni capitolo ed andare avanti allo sbaraglio non mi avrebbe portata da nessuna parte.
Quindi in parte ho sistemato.
Spero solo che tutto vada come me lo sono immaginato e che possa piacere almeno a qualcuno (vorrei anche esserne pienamente convinta ogni tanto ehehe).
Presto le prime spiegazioni arriveranno, non temete.
Come di consueto, passiamo ai ringraziamenti:
Ringrazio con tutto il cuore Ghillyam ed Applepagly che sfruttano ogni occasione per far comparire un sorriso sul mio faccino, sono molto felice che questa storia vi stia appassionando e spero veramente di non deludervi in nessun modo, per poter creare qualcosa che magari potrete rileggere più avanti.
Ringrazio inoltre i lettori silenziosi, sperando che anche loro apprezzino questo tentativo di incupire ulteriormente il mio stile per questa sottospecie di What If.
Grazie per aver letto!
(Sembra molto quei ringraziamenti che mettono alla fine di ogni videogioco)


Mary







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Capitolo 5
*** V. Goodbye ***


V.
Goodbye



Let the bed sheet soak up my tears
And watch the only way out disappear
Don't tell me why, kiss me goodbye.”

Goodbye – Apparat ft. Soap&Skin





L'avrebbe volentieri fracassato a terra, quel maledetto aggeggio infernale.
Da un paio di ore ormai stava procedendo sul rettilineo che si allontanava da Magix, sbattendo leggermente la suola dei propri anfibi sull'asfalto ad ogni passo eseguito – doveva pur sfogare la crescente rabbia in qualche modo, ed era tutto ciò che le era venuto in mente che non avesse comportato un eccessivo sforzo fisico o la distruzione di ciò che, per ora, la stava intrattenendo. E quest'ultimo non presentava ancora alcuna notifica, nemmeno un messaggio di scuse da quella stronza di sua sorella.
La frustrazione l'avrebbe portata a compiere azioni sconsiderate, se le almeno mille e cinquecento canzoni presenti sulla sua libreria musicale non l'avessero salvata da un pessimo crollo emotivo: la dipendenza dalla musica, del resto, era diventata l'unica ancora a tener in vita il maltrattato dispositivo.
Constatando che nessuna delle due streghe avesse cercato di contattarla, si trovò a chiedersi se effettivamente l'avrebbero mai cercata, una volta scoperta la sua fuga; ma scacciò in fretta il pensiero convincendosi che, in fondo, non gliene fregasse granché.
La veridicità dell'affermazione, tuttavia, cominciava a vacillare nella sua affollata mente.
Non credeva di contare, nella realtà, così poco per entrambe: talmente poco da permetter loro di lasciarla andare con tale facilità.
Il modo in cui si sentiva, le forti e negative emozioni che sempre provava; che fossero state create dalle loro colpe? Dalla loro esclusione nei suoi confronti?
Non ci aveva mai veramente riflettuto, la ricerca di una qualsiasi distrazione che l'avrebbe allontanata dalla situazione in cui era aveva assorbito a lungo tutte le sue energie: ora, tuttavia, avrebbe avuto molto più tempo per farlo.
Con la sola rabbia che stava covando avrebbe potuto proseguire per giorni, fino a trovare finalmente un posto abbastanza lontano dove alloggiare, un luogo nel quale non l'avrebbero mai trovata qualora fosse venuta loro in mente l'idea di partire alla sua ricerca.
Ipotesi altamente improbabile, dati i due soggetti con i quali aveva trascorso la propria esistenza.
In fondo non era mai andata d'accordo con nessuna delle due, non aveva granché da perdere nel tagliare i ponti; Darcy le era stata ostile in quasi ogni sua scelta, evidenziando le carenze intellettive – delle quali, ingoiando dolorosamente l'orgoglio, era conscia – ed utilizzandole per manipolarla a suo favore.
Vivendo nella stessa dimora, spesso i litigi erano inevitabili: seppure Stormy avrebbe sempre dato la colpa alla sorella, forse la sola effettiva responsabile era la loro profonda diversità. L'una era pressoché l'opposto dell'altra e nessuna delle due si era mai sforzata di arrivare a dei compromessi in favore del quieto vivere.
Sacrificandolo, perfino lei stessa si era accorta a cosa stesse andando incontro: ma un po' per orgoglio ed un po' per il suo essere parecchio testarda, non si era mai permessa di arrestarsi; ottenendo lo stesso riscontro dall'altra parte, il loro rapporto non avrebbe potuto che mandare avanti il proprio declino.
Le basi create nel passato, atte a reggerlo, erano ormai diventate troppo lontane e sfocate: il ricordo di qualche accennata ed innocente dimostrazione di affetto era scomparso senza lasciare traccia, facendo vacillare le fondamenta dei loro rari dialoghi che potevano essere definiti tali.
Non era quindi esagerato pensare che non fosse rimasto nulla per cui sarebbe valsa la pena restare.
Allo scopo di distrarsi dall'attività cerebrale – già troppa per i suoi standard – affondò le mani nelle tasche della propria giacca di pelle, sfiorando con i polpastrelli le numerose banconote che aveva portato con sé: qualche decina proveniente dai suoi furti, il resto un'ingente somma presa dai risparmi della sorella di volta in volta, in previsione di un emergenza come quella.
Avrebbe dovuto sentirsi anche leggermente in colpa nel sottrarle continuamente del denaro, tuttavia non si era mai ritrovata a provare un'emozione simile: la maggiore, in qualche modo, per il suo atteggiarsi da dittatore nei loro confronti, si era meritata un tradimento simile.

Maledetta troia.” borbottò nel rimuginare le infinite situazioni in cui l'aveva pensato, senza però osare esporre la propria considerazione ad alta voce.
Cosa?”
Completamente concentrata sulle proprie riflessioni, non aveva notato la chiara automobile accostarsi al lato destro della strada: si irrigidì momentaneamente, scrutandola con la coda dell'occhio per poterne cogliere tratti che non avrebbe voluto in alcun modo nemmeno immaginare.
Credeva praticamente impossibile il fatto che Icy fosse tornata di fretta in favore della sua ricerca, senza perdere un minuto nel colpevolizzare la mezzana come usava fare.
Tuttavia il dubbio che si era insinuato nella sua mente non seguitò ad andarsene finché, voltandosi verso la sua interlocutrice, non vi vide tratti totalmente differenti dai lineamenti dell'albina. La ragazza intenta ad osservarla attraverso gli occhiali da sole aveva dei lunghi capelli corvini – dei quali spostò una ciocca dietro all'orecchio destro nello sporgersi sul sedile del passeggero – ed il suo viso, pensò la strega, risultava allo sguardo profondamente diverso da qualsiasi altro abitante della metropoli.
Delicato e caratteristico, per metà ombreggiato dal sole, pareva brillare leggermente di luce propria, in contrapposizione ai neri occhi a mandorla resi visibili dal suo impacciato liberarsi degli occhiali. Le rosee e piccole labbra si mossero appena, ma nessun suono ve ne uscì.
Poi Stormy si accorse di star portando ancora gli auricolari.

Cos'hai detto?” le chiese con fare non del tutto garbato, ma cercando comunque di tenere a freno il proprio temperamento: dare dell'occhio era l'ultima cosa che avrebbe dovuto fare nella situazione in cui si trovava.
Il tono provocò nella mora un accenno di ilarità, celato appena dal movimento che compì nel girare la chiave dell'automobile e finalmente avvicinarsi a dovere al finestrino.
I capelli parevano essere l'unico aspetto in grado di bilanciare, con la propria dolcezza nell'ondeggiare, lo sgraziato muoversi della minuta ragazza; in un attimo di distrazione dalla sua apparenza, la strega si chiese come riuscisse ad arrivare ai pedali con una statura simile.
Non che lei stessa fosse tanto più alta.

Ti ho chiesto se avevi bisogno di un passaggio, nel caso andassimo dalla stessa parte.” la sua melodiosa voce presentava un accento mai sentito, il che confermò ulteriormente l'ipotesi della minore: non aveva idea del luogo dal quale la sua interlocutrice venisse, ma era ormai certa non fosse di Magix.
Basta che non vai verso la città e a me va bene. Me ne stavo andando da là.” le rispose senza troppe proteste, lasciando prevalere la pigrizia sull'orgoglio: al momento le importava poco conoscere chi le stesse offrendo un passaggio, le sue priorità erano ben altre.
Ammazzare il tempo non rientrava ancora fra di esse.

Questo somiglia più a 'scappare'.” avrebbe voluto dirle l'asiatica, ma ben pensò di tenere tale considerazione per sé stessa: conosceva il soggetto abbastanza da credere che non avrebbe messo piede nella sua auto qualora avesse pronunciato la frase ad alta voce. Trattenne a forza la lingua, ricacciando qualsiasi aspro pensiero, ed accennò un sorriso alla strega delle tempeste; tirò leggermente gli angoli della delicata bocca verso la sorte alla quale lei e le altre l'avevano destinata.
Sto andando a sud, nella direzione che stavi seguendo. Ho ancora parecchi chilometri, ti va bene?”
Nel vederla annuire e posizionare il suo all'apparenza pesante zaino sui sedili posteriori, la sua mente venne attraversata da un assurdo e singolare pensiero; perfettamente costruito durante l'intero svolgimento del piano e dal quale non si sarebbe liberata fino all'epilogo.
Inseguendo la più volte citata giustizia non si era permessa di dubitare delle proprie azioni fino ad allora; allora, l'esatto momento in cui la strega chiuse la portiera e si sistemò sul sedile del passeggero; l'attimo in cui Musa si chiese veramente se tutto ciò fosse giusto.
Per il bene della Dimensione Magica qualche esistenza avrebbe dovuto essere sacrificata, ne era consapevole: eppure da una semplice affermazione, come erano arrivate a ritenere giusto l'atto di strappare il passato dalle mani della minore delle Trix? Poteva realmente rientrare in tale categoria?
Pervasa dal dubbio, la fata della musica rivolse un veloce sguardo alla sua nemica di un tempo, al suo aspetto aggressivo di sedicenne: la fragilità, mal celata, le tirava il viso dai tratti ancora infantili. Le sue ignare iridi restavano fisse sullo schermo privo di notifiche del cellulare.
Davanti allo smarrimento nei suoi occhi, Musa esitò.
La flebile speranza che potesse cambiare idea, che non s'addentrasse in una condizione della quale non sarebbe stata in grado di affrontare le conseguenze, le sfiorò inconsciamente i pensieri; silenziosa, le aveva sussurrato all'orecchio con una fine e delicata voce che forse, se l'avesse lasciato accadere, avrebbe interrotto il contatto con ogni dubbio.
Si era trovata a pochi secondi dal farlo, se non fosse stato troppo tardi: e lo capì nella manciata di secondi in cui Stormy gettò il dispositivo elettronico dal finestrino, rifiutandosi perfino di seguirne la traiettoria.






118 giorni, 0 ore, 3 minuti e 15 secondi dalla fine.




Non sarebbe stato particolarmente esagerato affermare che, vedendo Magix in condizioni simili, al di là di ogni sua funesta figurazione, Bloom aveva provato del dolore fisico: una fitta salire dallo stomaco fino alla schiena, incurvando le sue spalle sotto il peso della schiacciante verità.
Aveva boccheggiato per qualche attimo, tirando con forza il poco ossigeno presente nell'aria viziata e gonfiando il petto per contenerlo il più possibile: il suo respiro si stava affannando fin troppo per permetterle di metabolizzare lucidamente le terribili informazioni che aveva raccolto dalle testimonianze delle amiche.
Nella sua mente, ascoltando le parole di Stella, ogni cosa era parsa migliore di quanto, nella realtà che si stagliava per chilometri davanti ai suoi occhi, fosse. La ridotta visuale fornita dagli stretti vicoli che sboccavano sulla piazza principale della metropoli era sufficiente a mostrarle la meravigliosa fontana, sul bordo della quale usava sedere per riposarsi qualche attimo: davanti ad un monumento in rovina, inghiottito dalla cenere, i giorni dello shopping sfrenato e delle passeggiate con il suo ragazzo risultavano estremamente distanti.

Come hanno fatto quelle tre a fare una cosa del genere?” sussurrò in direzione delle altre due, puntando con decisione l'indice verso il rovinato marmo e le persone che lo sorpassavano, camminando in fretta.
Lo sai benissimo che potrebbero fare qualsiasi cosa.” le rispose Stella, storcendo leggermente il naso all'orribile vista e procedendo in tale direzione: dopo giorni in cui aveva evitato ogni contatto con il centro, era giunto il momento di comprenderlo nelle proprie ricerche. Non sarebbe stato difficile trovar lì le loro acerrime nemiche, supponendo che non volessero farsi vive per prime e sfruttare l'effetto sorpresa.
Sentite, ragazze, non ne ho idea. Se fosse veramente colpa loro ci avrebbero già attaccate: inoltre chi sono tutti quei tizi? Quando hanno evocato l'Armata Oscura ogni luogo era completamente deserto, invece qui è pieno di gente. E dubito che siano tutti ai loro ordini, non possono nemmeno essere in possesso della Fiamma del Drago per minacciarli.”
Geniale, Musa. E secondo te chi può aver fatto una cosa simile, se non le streghe?”
La diretta interessata gonfiò appena le guance nell'essere contrariata in modo così sgarbato e sarcastico, incrociando le braccia ad esprimere tutto il proprio disappunto verso il comportamento della principessa di Solaria.

Tu le hai viste? Ci avrebbero già attaccate senza darci il tempo di ambientarci se questo – allargò con enfasi il braccio verso il luogo maggiormente popolato – fosse veramente opera loro. Ho cominciato a dubitarlo da quando niente ha cercato di ucciderci: non sono a conoscenza dei loro piani, ma sono sicura che si sarebbero accorte di noi appena avremmo messo piede a Magix, non ci avrebbero lasciate agire indisturbate.”
Bloom non gradiva particolarmente la grave atmosfera che stava procedendo a circondarle e fece per intervenire in favore della fata della musica e dei dubbi che era stata in grado di porle: del resto aveva espresso dei validi motivi a sostenere il proprio pensiero sulla questione, ed effettivamente la logorante attesa alla quale erano state sottoposte non faceva parte dei metodi delle Trix.
Per ampliare il loro potere avrebbero necessitato della Fiamma del Drago, non era quindi sconsiderato che avessero voluto costruire una situazione nella quale la sua custode fosse isolata e separata dal resto del gruppo: tuttavia nel suo breve periodo a Gardenia, trascorso nello spacciarsi per una comune umana, non aveva subito alcun attacco da parte di qualsiasi cosa riconducibile alle streghe.
E scacciare tale dubbio dalla propria mente in favore della conoscenza del nemico – della loro smisurata crudeltà, carenza di empatia ed abbondanza di qualsiasi male conosciuto dalla Dimensione Magica, secondo il suo modesto parere – le risultava parecchio difficoltoso. Non sarebbero bastati i ricordi del dolore e della distruzione, che in passato le tre avevano causato a chiunque si fosse frapposto al loro obiettivo, a distoglierla dal misero, ma dall'importante forza, pensiero che nell'attuale realtà sarebbe stato più utile cercarle come vittime e non come carnefici: in occasioni simili la sua testardaggine era utile a non farla perdere in un labirinto di idiozie al quale proseguire su tale via l'avrebbe portata.
Tuttavia, quando fece per aprire bocca e condividere la propria opinione, venne interrotta dallo stizzito tono di Stella.

Non ci credo: le stai difendendo adesso? Ti sei per caso dimenticata di ciò che hanno fatto al nostro mondo, Musa? Non avrei mai pensato che ti saresti fatta condizionare da quella sclerata a tal punto da cambiare idea sulla natura di chi non ha fatto altro che uccidere per inseguire i propri folli scopi.” la fata della Fiamma del Drago non seppe dire se fu effettivamente la voce della bionda o le parole da lei pronunciate a far avvampare di rabbia l'asiatica. Se con loro ci fosse stata Flora, oppure Tecna, sarebbe stata in grado di aiutare a smorzare il litigio che andava intensificandosi: in assenza di esse, avrebbe dovuto provarci da sola, seppur fosse a conoscenza dell'impossibilità di successo.
La ragione ed il torto oscillavano fra le due, confondendo le sue idee e riportandola lievemente a dare la colpa alle streghe, più per abitudine che per altro: i ragionamenti, infatti, l'avrebbero fatta convergere sulla posizione opposta.

Musa, Stella...”
Adesso non tirare in ballo quella cosa! Di certo mi sono impegnata più di te nel contribuire al piano, non è stato facile separare Stormy dalle sorelle per un lungo termine. Tu invece cos'hai fatto, per poter criticare così liberamente le mie azioni?” Musa la ignorò, dando fiato alle proprie parole per imporre una sottospecie di autorità sull'altra amica, che ora stava oltrepassando il limite come aveva fatto ben altre volte: la collera che accendeva il suo animo pareva la stessa che l'aveva infiammato durante il suo primo anno ad Alfea, nel quale aveva scoperto di non esser stata l'unica a mirare alle attenzioni di Riven.
Ma al momento, nel suo petto, le emozioni ardevano maggiormente a causa del fatto che la fata del Sole e della Luna avesse di proposito cercato l'animata discussione.

Anche io ho avuto la mia parte: ciò che non ho fatto è stato perdere tempo ad instaurare un dialogo con quella là, a differenza tua.”
La fulva la sentì: la goccia che aveva fatto traboccare il vaso; intervenire a tal punto della vicenda sarebbe stato come gettare benzina sul fuoco, poteva vederlo chiaramente dalla colorazione assunta dal volto dell'asiatica.
Ma quale alternativa aveva?
Quest'ultima non era stata mai entusiasta di portare a termine il proprio compito e, nel svolgerlo, la poca forza di volontà era andata scemando: dubbi che non avrebbe mai ammesso né a sé stessa, né alle altre, si erano aggrappati ai suoi ricordi e ne avevano annullato la natura. Si era ritrovata a questionare ogni certezza riguardante ciò che fosse necessario, ripercorrendo il passato fino alla prima sera a Magix, la sera del primo e non del tutto amichevole incontro con le nemiche.
Aveva celato lo sconforto in qualsiasi modo possibile, sforzandosi di proseguire per un bene che avrebbe giovato alla maggior parte: ma non a tutti, no, non tutti.
Non lasciar trasparire la propria debolezza davanti alle amiche delle quali maggiormente si fidava era doloroso, ma era stata questione d'orgoglio; Musa avrebbe portato le proprie ferite nella tomba.
Per tale motivo, messa alle strette dalla principessa di Solaria, si controllò per evitare di dimostrarle che, seppure parzialmente, avesse ragione sul suo stato d'animo: sopportò le ultime accuse, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche.
Separarsi non sarebbe stato per nulla costruttivo, ma la fata della musica non riuscì a negare d'aver lasciato che il pensiero prendesse forza nella sua mente.

Ragazze, non è il momento di litigare.” provò ad imporsi Bloom, arrestando la serie di riflessioni che avrebbero portato l'amica a considerare veramente la malsana idea di proseguire la missione per conto proprio: per esserne in grado, si pose fisicamente fra le due litiganti.
Avrebbe cercato di mostrarsi il più neutrale possibile, celando il fatto che, se avesse dovuto scegliere, avrebbe spostato di poco l'ago della bilancia in favore della fata del Sole e della Luna: nonostante i dubbi intenti a crescere senza posa dentro di lei – che per poco non l'avevano portata a cambiare idea sul trio di nemiche – aveva decretato che non potessero esserci altri colpevoli con dei poteri pari o superiori a loro; e per la Fiamma del Drago, non aveva pensato all'eventualità che effettivamente non sapessero dove si trovasse prima di scontrarvisi contro.
Nell'osservare Musa, cercò invano di comprendere cosa l'avesse spinta a sguainare metaforicamente la spada in favore di Stormy: il tempo trascorso con quest'ultima era stato a tutte utile, ma a nessuna dilettevole; e lei non faceva eccezione.
Almeno, così credeva.
Mantenendo una mentalità chiusa alle proprie convinzioni, respingendo qualsiasi altro punto di vista, non sarebbe mai stata in grado di scorgere la verità che l'asiatica, fra la fitta folla sempre più vicina, cominciava ad intravedere.
Essendone conscia si sarebbe aperta all'acuta voce, all'eco dei suoi strilli in fondo alla propria mente, alle domande che stavano lasciando senza spazio alcuno la sua scatola cranica. Si sarebbe aperta alla compagna, cercando di accogliere ciò che nessun altro all'infuori di lei avrebbe potuto scoprire in un breve lasso di tempo; in un viaggio in macchina; in qualche giorno in due camere separate di un motel.
Non si sarebbe soffermata ai taglienti sguardi, alle crudeli espressioni ed avrebbe tentato di provare qualcosa di nuovo nei confronti di chi aveva posto un gran impegno nel rovinare tre anni della sua vita.
Invece preferì far sopire quella voce, seppellire i pensieri dove sapeva non li avrebbe riesumati fino alla negazione dell'evidenza.

Allora muoviamoci.” fece Stella, l'irritazione si lesse nel suo fermo sguardo nell'atto superare la fulva: quest'ultima non seppe definire se fosse rivolta a lei, oppure al litigio lasciato in sospeso senza ragione alcuna.
Sotto al cupo cielo di una Magix in trance, nell'avvicinarsi alla disordinata folla che fiaccamente proseguiva le proprie mansioni – come un distorto ricalco del centro che un tempo all'apparenza estremamente lontano, nelle loro memorie usavano conoscere – due del gruppo composto da tre non avrebbero guardato abbastanza avanti da mirare la verità: sarebbero arrivate ad essa, forse, solamente nel giorno in cui avrebbero riconosciuto di star percorrendo la via del non ritorno.




117 giorni, 11 ore, 9 minuti e 56 secondi dalla fine.




Tre interi giorni di ricerche a vuoto le avevano portate dove, molto probabilmente, non avrebbero voluto mettere piede con la Dimensione Magica in condizioni simili: i passi che precedentemente davano per scontati, gli stessi che avevano compiuto infinite volte nel varcare tale dannatamente famigliare soglia, avevano acquisito un'importanza inaspettata nel momento in cui vennero compiuti.
Nel voltarsi verso le torri, alzare il naso in direzione della terrazza, quella terrazza, Aisha non scorse alcun cambiamento fisico: ma l'atmosfera, l'aria un tempo di pace, spensieratezza ed un po' di serietà che ad una scuola di magia non guastava mai, era totalmente differente.
Seppure l'esterna distruzione non avesse toccato Alfea, le sue difese non erano state in grado di contrastare la morsa dell'oscurità;
il cielo sovrastante, del resto, era lo stesso della metropoli.
F
orse la sensazione era data da ciò che avevano visto nel corso del loro viaggio; dal breve e silenzioso funerale che avevano celebrato molte ore prima, inconsce del fatto che le avrebbe seguite come un'indelebile ombra. Il peso sulle loro spalle era il medesimo, da quando le avevano piegate, anche se leggermente, sotto la pressione di quelle emozioni troppo forti da contenere.
A
lla principessa di Andros, in realtà, Sky non era mai piaciuto: aveva saputo cos'era arrivato a fare, conosceva il tipo di persona che si celava nelle sue membra. La sua relazione con Bloom, apparentemente solida, lasciava intravedere le profonde crepe sulle pelli di entrambi, falde generate dalla mancanza di fiducia da ambe le parti, fori che nemmeno il tempo sarebbe riuscito a chiudere.
Eppure era rimasta in silenzio, non si era intromessa neppure quando la condizione dell'amica l'avesse richiesto: avrebbe
permesso alla loro storia di raggiungere la fine che s'aspettava, facendo scivolare a posteriori le proprie azioni. Ma ciò era ben lontano dalla totale indifferenza nei confronti del principe di Eraklyon qualora gli fosse successo qualcosa di terribile: abbastanza terribile da esser paragonato alla morte.
Davanti all'improvvisa fine non avrebbe mai potuto gioire: e nell'attimo in cui aveva incontrato le sue iridi s'era accorta di ciò che non avrebbe pensato di provare, mentre le sprezzanti parole, che aveva pronunciato quando il piano era ancora in stato embrionale, rimbombavano nelle sue orecchie. Il suo carattere non sarebbe bastato a farle mantenere il sangue freddo nel realizzare tale frase, nell'uccidere le streghe che stavano mandando in rovina il suo regno.
Sarebbe bastato il loro sguardo a farla desistere dal suo intento; gli occhi ricchi di ambizione e determinazione; le chiare iridi in grado di celare più di mille segreti ed un passato imperfetto, macchiato dal sangue.
Sarebbe bastato tutto ciò che di loro non conosceva.
Distogliendo lo sguardo dalla terra smossa, aveva ritrovato il proprio buonsenso: con il senno di poi, si era sorpresa ad affermare che avrebbe voluto riappropriarsene in un modo meno estremo, meno doloroso.
Distogliendo lo sguardo dalla terra fredda, aveva incontrato quello della fata di Zenith, chiedendosi se anche lei stesse provando la forza della stretta al petto che le toglieva il respiro; ma Tecna aveva soffocato le proprie emozioni in favore dell'incessante ricerca di una soluzione.
C
on ancora nulla di chiaro su come potesse essersi sviluppata una situazione simile, l'alternativa più utile ad un ulteriore buco nell'acqua, era stata far ritorno alla scuola che, nel normale corso degli eventi, avrebbero dovuto frequentare: riunirsi con le altre era certamente una priorità, ma farlo con qualche informazione in più avrebbe velocizzato di parecchio i tempi. Qualcuno che aveva vissuto gli anni da loro perduti avrebbe conosciuto gli avvenimenti caratterizzanti che l'avrebbero portata a scoprire il fantasma intento a celarsi dietro ai grattaceli di Magix.
E chi di migliore, se non Faragonda?
Avevano nuovamente attraversato i cancelli di Alfea, con una punta di nostalgia nell'animo, proprio per tale scopo; inoltre avrebbe distratto le loro menti dalla pesante ed immobile immagine che le infestava da giorni.

Dici che dobbiamo andare direttamente nel suo ufficio?” esordì Aisha, lo sguardo ancora puntato sul proprio alloggio, così freddo e distante da fornirle l'evidenza che non le appartenesse più.
No. Con ogni probabilità si è già accorta del nostro arrivo.” le rispose l'altra, soffermandosi sulla desolazione del cortile che, nemmeno per una volta in tre anni, era stato così sgombro. S'era resa conto, nell'uscire da Selvafosca ed avvicinarsi all'imponente edificio, di aver attraversato una sorta di intangibile barriera: la sua tracciabile presenza, eppure, non aveva respinto né lei né la sua compagna.
Aveva sfiorato l'idea che essa fosse solamente utile a segnalare eventuali intrusi, tuttavia non era riuscita a capire perché lasciarli entrare, quando impedirne l'avvicinamento sarebbe stato di gran lunga più vantaggioso: voltandosi verso la scalinata che, tempo addietro, aveva percorso con un leggero nervosismo nelle carni, si appuntò mentalmente di porre alla donna che le stava raggiungendo tale dubbio.

Delle fate ancora degne di tale nome – disse la preside di Alfea, scandendo bene le gentili parole con la cadenza che erano solite ricordare – Gradirei darvi il benvenuto nella mia scuola, ma purtroppo le circostanze mi hanno costretta a chiudere le iscrizioni.”
Di fronte a loro, Faragonda presentava le stesse caratteristiche del loro presente: solamente lo spirito combattivo che mostrava nei momenti di pericolo sembrava esser stato perduto nel flusso del tempo. La compagnia della luce, nella linea temporale in cui erano capitate, risultava alla memoria un glorioso e lontano tempo che non avrebbe potuto in alcun modo ripetersi: la donna stessa, lasciando sfuggire l'inestinguibile scintilla che accendeva le sue iridi al momento del bisogno – la stessa alla quale negli attimi peggiori, quando ogni sconfitta pareva definitiva, ravvivava gli animi di tutte le studentesse del college – aveva rinchiuso tali giorni in un piccolo antro di memoria, dove sapeva non li avrebbe recuperati nel tentativo di fuggire dalla realtà circostante.

Lo sappiamo.” le rispose istintivamente Aisha.
Esatto. Le nostre iscrizioni sono state respinte esattamente due anni e quarantacinque giorni fa.” Tecna prese la palla al balzo, nonostante non apprezzasse particolarmente i metodi della compagna: nelle loro condizioni, tuttavia, l'intervento impulsivo di quest'ultima era stato utile a farle elaborare una veloce strategia.
Siamo riuscite a raggiungere Magix solamente pochi giorni fa, per capire cosa fosse effettivamente successo.” continuò, facendo cadere leggermente il tono nel delineare una sensazione di sconforto: sarebbe risultata poco credibile se non avesse fatto altrimenti.
“… Capisco. E' molto rischioso, non avreste dovuto venire fin qui in cerca di risposte.”
Sì, ne siamo consapevoli – questa volta fu la principessa a rispondere – Tuttavia avevamo bisogno di una qualsiasi spiegazione: se dovesse esserci qualche rischio per il resto della Dimensione Magica, personalmente non esiterei ad offrire il mio aiuto per debellarlo.”
Nel pronunciare la frase non si sarebbe aspettata di assistere al cambiamento più radicale, sfuggito alle apparenze, che aveva subito la donna: il suo volto si era tirato leggermente, lo sguardo rivolto verso la sua intera scuola; gli inquieti pensieri alle proprie alunne rimaste.
Con la rassegnazione come espressione, permise ad un sospiro di passare fra le proprie labbra.

Temo che non ci sarà alcuna rivolta contro chi sta piegando Magix al proprio volere. In passato, organizzandoci, ci abbiamo provato: ma il nostro nemico era già entrato in possesso di modi a noi sconosciuti per aumentare esponenzialmente la magia. A nulla è servito opporci a maghi, streghe e fate che avevano scelto la via più facile per ottenere il potere: il loro numero e la loro forza si era rivelata di molto superiore alla nostra.
Così non ci rimase che difenderci… Torrenuvola fece lo stesso subito dopo; Fonterossa, invece, andò incontro ad un destino ancora più crudele e cadde insieme a Saladin e la maggior parte dei suoi specialisti.
Magix non è più un posto sicuro per apprendiste fate: per questo motivo mi sono ritrovata a dover chiudere le iscrizioni.”
Cogliendo il non poco insolito comportamento della preside, Aisha rivolse una veloce occhiata alla fata della tecnologia, prima di esprimere il proprio dispiacere verso le innocenti vittime della strage alla quale, forse inconsciamente, aveva assistito tempo fa. L'amica accolse lo sguardo con la stessa perplessità, incapace di riconoscere l'ombra di Faragonda nella donna che sostava davanti a loro: l'arrendevole e rassegnata figura ch'era diventata non aveva che l'aspetto da accomunare a chi, in un diverso presente, non avrebbe mai chinato il capo davanti a qualsiasi nemico.
Oppure, l'avrebbe fatto solo coronando le sue azioni con la propria morte.
Per quanto sarebbe stato doloroso restare, altre risposte erano necessarie per poter delineare la situazione di un mondo al quale non appartenevano: così Tecna si sforzò mantenersi disinteressata alle scelte dell'anziana fata.

Sono spiacente per le vostre perdite, non la disturberò oltre: prima di andare, tuttavia, vorrei qualche chiarificazione sulle condizioni della città e su chi è stato in grado di mantenere il comando.”
Attendendo che pronunciasse i loro nomi, entrambe le fate irrigidirono i propri muscoli: un brivido, con diverse intensità, le percorse; la principessa di Andros venne scossa dal ricordo del torbido ed inquieto mare, delle sirene tramutate in potenti mostri; la zenithiana dalle immagini simili alla guerra consumatasi alla fine del suo primo anno, i poteri delle Trix legati alla fiamma del drago a trascinare dietro di loro una scia di morti scarlatte.

In città ognuno deve guardarsi troppo le spalle per poter emergere e prendere in mano tutto il potere: se sono nomi quelli che cercate sarò lieta di condividerli con voi nel mio ufficio. A quanto pare agite per il bene, ma badate bene dall'avvicinarvi al centro: c'è ancora chi ricerca costantemente le fate capaci di usare la pura e quasi scomparsa magia bianca per i propri scopi e non esiterebbe a rischiare la morte pur di ottenerla.”
E per quanto riguarda la Fiamma del Drago?” domandò Aisha nel salire i primi gradini: Faragonda si arrestò e la osservò per un breve attimo, prima di rivolgerle un sorriso.
Mia cara, la Fiamma del Drago non è che una leggenda ormai.”















Avvertenze e condizioni per l'uso:
Lo so che sono sempre super drammatica con i capitoli, ma questa volta non esagero: per un insieme di cose, scrivendo costantemente tutti i giorni, ci ho messo tipo due settimane a finire sta roba.
E non lo so, non so neanche se mi piace o meno.
Spero di aver dato abbastanza bene le informazioni che volevano trasparire, informazioni che verranno riprese in seguito dalle conclusioni tratte da Tecna ed Aisha in base a ciò che Faragonda dirà loro.
Spero inoltre di non avervi annoiato, siccome questo è più o meno un capitolo di transizione: dovevo buttare le basi di alcune informazioni indispensabili per il seguito, alle quale altrimenti avrei dovuto solo accennare e pensavo fosse poco chiara la cosa.
Quando dicevo che i capitoli erano faticosi non avevo idea cosa questo mi avrebbe riservato. Ghhhh.
Potete sentirmi ad emettere ringhi da chihuahua, eh?
Okay, diamo un taglio alle stupidate e passiamo ai ringraziamenti:
Ringrazio le solite mie sostenitrici, che adoro, Ghillyam ed Applepagly per aver recensito anche lo scorso capitolo, grazie grazie per non mancare mai!
Ringrazio inoltre
LadyNabla che, capitando in questa sezione, ha trovato la storia ed ha usato parte del suo tempo libero per farmi conoscere il suo parere. Grazie mille per aver inserito la storia fra le ricordate e per avermi dedicato gentili parole, complimenti e anche per avermi posto i tuoi dubbi di modo che io potessi rispondere e fare luce su qualche mistero.
Concludo ringraziando tutti quelli che leggono questa storia, sperando di non deludervi mai e fornirvi ciò che vi aspettate.
Grazie mille per aver letto, alla prossima missione!


Mary


PS: La conclusione alla Metroid ci stava troppo, chiedo venia.

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Capitolo 6
*** VI. Dark Paradise ***


VI.
Dark Paradise



And there's no remedy for memory, your face is like a melody
It won't leave my head
Your soul is haunting me and telling me that everything is fine
But I wish I was dead
(Dead, like you).”

Dark Paradise – Lana del Rey





La pazienza dell'albina era stata messa a dura prova nell'esatto momento in cui aveva varcato la soglia di casa; lo sguardo della sorella non era stato in grado di celarle la preoccupazione e l'angoscia che ne avevano preso il possesso.
Non era stato difficile capire cosa non fosse al proprio posto, data l'assenza della terza figura nella casa; senza andare ad esclusione, era giunta quasi immediatamente alla conclusione che l'atmosfera creatasi fosse stata il frutto di un ennesimo litigio.
Forse il peggiore al quale avrebbe dovuto porre rimedio fino ad allora.

Mi stupisco di te, Darcy – continuò il discorso che aveva cominciato non appena fosse riuscita ad etichettare con precisione la situazione; l'asprezza nelle parole, dirette a colpevolizzare la sorella, tagliò l'aria fino ad arrivare a ferirla – Ne ho veramente abbastanza dei vostri litigi e guarda dove vi hanno portate. Adesso fammi almeno il favore di alzarti da quel divano ed andare a cercarla.”
Non le piaceva il tono che aveva adoperato, ne era conscia: Icy sapeva scegliere con cura le armi da usare in casi di grande tensione, principalmente per mantenere l'ormai inesistente controllo che morbosamente andava cercando ogni volta che tornava nella propria dimora.
La mora aveva imparato a riconoscere perfettamente tale comportamento, nonostante mutasse la sua forma con il passare delle settimane, crescendo più schiacciante ed insopportabile; eppure non aveva ancora osato buttar giù la sorella dal suo fittizio piedistallo.

Perché invece non ci vai tu? Con te sembra andare molto più d'accordo, siccome non deve nemmeno vivere sotto il tuo stesso tetto. Ti ricordi che faccia ha oppure devo descrivertela?” il tono calmo della strega delle illusioni lasciò andare un po' di duro sarcasmo, che bastò a far scattare i nervi dell'albina.
Lo schiaffo, di man rovescio, risuonò fra le vuote mura della casa.
Darcy restò per qualche attimo con gli occhi puntate alle bianche federe del divano, il volto girato: il rossore cominciava a farsi strada sulla guancia offesa, risaltando sulla chiara pelle.

Non osare parlarmi in quel modo.”
Lo stress al quale era stata esposta durante le due settimane di lontananza dalle proprie sorelle era stato particolarmente intenso, tale da spingerla a compiere un'azione che, in passato, si era ripromessa di non fare; avrebbe voluto porgere le sue scuse, se ne fosse stata capace.
L
'orgoglio era sempre più che sufficiente a trattenerla con una presa ferrea dal farlo: infatti la sua voce non tremò neanche allora, nell'accentuare la propria autorità sulla sorella che ancora stava realizzando cosa fosse effettivamente accaduto.
Nell'ultimo periodo non erano state poche ed insolite le volte in cui aveva perso il controllo: la propria vita le stava sfuggendo come sabbia fra le dita, se n'era accorta ormai da parecchie settimane, perciò era giunta alla conclusione
di doverla necessariamente riportare in carreggiata.
Se qualcuno glielo avesse detto in passato, mai
l'avrebbe creduto.
E
ppure la condizione nella quale versava appariva ora chiara ad i suoi occhi, riportandola a quando ogni cosa era stata talmente difficile da abbattere le sue aspettative.
Sembrare sicura di ciò che stesse facendo, della direzione in cui avesse deciso di procedere, non stava a significare che lo fosse; in realtà il panico aveva preso possesso delle sue glaciali iridi e l'aveva spinta verso affrettate scelte delle quali poteva solamente pentirsi.
Il suo impiego ne era un esempio lampante, seppur all'epoca avesse avuto ben poche alternative: aveva semplicemente posto fine ad un periodo buio e s'era addentrata nel successivo, simile, più scuro; e si era resa conto di esser capace solamente di afferrare tale opzione.
Nonostante avesse
“deciso” – la differenza risiedeva nella consapevolezza? – lei stessa di far intraprendere al proprio destino tale via, per necessità, per costruire qualcosa di solido dal quale partire, non era ancora riuscita a comprendere per quale motivo la situazione fosse rimasta immutata.
L'ombra di Eris non aveva smesso di seguirla molto da vicino, nemmeno nel momento in cui le aveva voltato le spalle; era stata un'illusa nel credere di poter modificare il proprio futuro, nel donare alle sorelle un'esistenza differente che anche lei, nel profondo, aveva a più riprese desiderato.
Tuttavia non era stata in grado di divergere dal percorso che la madre aveva già segnato per lei: camminando lungo i suoi insegnamenti, come poteva pensare di poter vivere in un modo a lei sconosciuto?

I bambini hanno la testa piena di sogni idioti.” così si era giustificata con sé stessa, nel riconoscere il medesimo sguardo di colei che stava imparando ad odiare nell'ovale specchio della propria stanza.
L'iscrizione a Torrenuvola, ormai, era diventata l'unico obiettivo al quale aggrapparsi, l'unico modo per sollevare la schiena e togliersi di dosso il peso del cadavere della progenitrice, ancora ben presente. Del resto, non contava quanti esseri magici avesse ucciso per interessi di altri, quanti volti avesse visto contrarsi in una smorfia di dolore, prima del rilassamento eterno; il primo omicidio sarebbe sempre stato un funesto termine di paragone, una memoria alla quale non sarebbe mai stata in grado di scappare.
Accompagnata da tale fantasma, aveva lasciato il soggiorno in un silenzio di tomba, dirigendosi a controllare cosa la minore avesse deciso di portare con sé per determinare la gravità della situazione: forse, anche per trovare in qualche modo un sollievo nell'occupare i propri pensieri verso altre azioni.
Darcy avrebbe dovuto mantenere alta la propria attenzione, altrimenti nulla sarebbe sfuggito al controllo e la strega delle tempeste non sarebbe scomparsa: avrebbe, in ogni caso, fatto un tentativo di ricerca, ma conoscendo l'imprevedibilità del soggetto era ben conscia della scarsità di risultati che rischiava di ottenere.
Tuttavia, se fosse stata in grado di agire in fretta, forse avrebbe potuto intercettarla.
Con parecchie idee su potenziali luoghi, Icy riprese in fretta il proprio soprabito e, senza rivolgere alcuno sguardo alla sorella, uscì di casa.
Quella stupida di sicuro sarebbe andata il più lontano possibile solo per farle preoccupare ed ottenere le attenzioni che aveva sempre desiderato.
Mentre metteva in moto l'automobile per partire nell'immediato, una spiacevole sensazione le appesantì la testa, facendovi rimbombare all'interno il secco suono dello schiaffo.
Che fosse senso di colpa per aver colpito la sorella?
Era l'unica conseguenza alla quale poteva ricondurre la leggera confusione che stava provando: molte emozioni sfuggivano all'analisi del suo intelletto, gli impulsi deboli dovevano essere semplicemente soffocati e respinti al loro arrivo.
Precisare se fosse stato effettivamente senso di colpa le sarebbe costato tempo per riflettere: e lei non ne aveva.
Fremette al pensiero della possibilità di aver sentito qualcosa di simile, e strinse le mani sul volante fino a vedere il candore sulle proprie nocche. Sradicarlo ed eliminarlo le stava richiedendo più energia di quanto si sarebbe aspettata, ma non avrebbe ceduto a qualcosa di talmente stupido.
Non avrebbe fatto altro che intralciarla, deviare la sua concentrazione che necessitava d'essere impeccabile.
Non si sarebbe mai concessa il lusso di essere debole, nemmeno qualora non sarebbe riuscita ad estendere la propria protezione su entrambe le sorelle: rimanere fredda era l'unica cosa che sapesse egregiamente fare.
Mantenersi distaccata in ogni modo era sempre stato comunque più utile che lasciarsi andare all'abbraccio delle emozioni.






118 giorni, 4 ore, 2 minuti e 13 secondi dalla fine




Contrariamente alle aspettative che per sé stessa si era posta, Flora impiegò solamente due giorni a trovare il coraggio per dar voce alle proprie domande: la situazione richiedeva una spiegazione ulteriore, delucidazione che solo Darcy poteva darle.
Del resto, facendo attenzione ai suoi comportamenti mentre l'aiutava a coltivare particolari erbe, non aveva scorto in lei alcun particolare che l'avrebbe portata a tradirsi: mantenendo la propria riservatezza, la strega non aveva provato ad avvicinarla nemmeno nel sonno della notte.
L'ultima volta che si erano parlate con termini più che monosillabi risaliva a più di quarantotto ore prima e, francamente, la fata non si sarebbe mai azzardata a tornare sullo spinoso argomento: la reazione dell'altra era stata sufficiente a farle provare una forte sensazione di disagio; eppure, non avrebbe presto smesso di chiedersi o di immaginare cosa fosse potuto accadere.
Risultava allora evidente come la scarsa famigliarità con il soggetto non l'avrebbe fatta andare più in là delle apparenze, nemmeno ora che l'avrebbe voluto: la figura della strega era ancora troppo sfuggente per permetterle oltrepassare le barriere del suo falso sé. Nonostante ciò, nonostante il prolungato silenzio che l'aveva in uno strano modo rassicurata, desiderava intensamente trovare qualche attimo per approfondire la propria conoscenza riguardante la sua persona: almeno, dopo esser stata in grado di comprendere appieno la situazione nella quale era capitata, per la quale avrebbe dovuto lasciar da parte la propria immaginazione; cosa che le avrebbe richiesto un discreto impegno.

Beh, se hai qualcosa da dire non vedo perché tu non debba farlo. Esprimiti pure.” l'anticipò la mora, al momento chinata a sistemare la scura vetrina in vista del giorno seguente. Senza smettere né voltarsi, attese pazientemente che l'improvvisata coinquilina si avvicinasse con quel suo passo silenzioso ed incerto.
Come...” si limitò a dire Flora nel raggiungerla.
Occasionalmente ti scorgo lanciarmi parecchi sguardi. E questa sera, dopo la chiusura, non hai mai smesso di fissarmi, così ho deciso di spingerti ad affrontare la situazione. Cosa c'è, cosa vuoi dirmi?” si voltò verso di lei nel risponderle, osservando attentamente le reazioni scatenate dalle sue parole. In fondo era parzialmente stufa della pesante atmosfera che era andata creandosi quando aveva rivolto anche un solo pensiero a…
Poco importava.
Per lei non era nessuno da molto tempo ormai.
La fata respirò a fondo, maledicendosi mentalmente per non aver tenuto a mente quanto la sua ex nemica fosse attenta ai dettagli: con ogni probabilità, dato il suo comportamento poco discreto, l'altra non aveva nemmeno dovuto ricorrere alla sua capacità di poter leggere il pensiero; il che l'aveva fatta sentire maggiormente una stupida.

Il fatto è che sono arrivata a Magix da poco, senza sapere nulla a riguardo. La metropoli, la foresta… Io li ricordavo diversi. E non ho la minima idea di cosa possa essere successo per ridurre un meraviglioso ambiente in un luogo così pericoloso ed inospitale.”
L'avevo capito – fece Darcy, mettendo al proprio posto un grazioso candelabro di vetro – Ritenevo comunque piuttosto strano il fatto che non sapessi nulla.”
Flora si irrigidì impercettibilmente.

Non preoccuparti, non ho abbastanza tempo per dubitare di te: ho ben altre cose a cui pensare. Sappi che ti ci vorrà del tempo per capire bene di cosa io stia parlando.” alzandosi incontrò gli smeraldini occhi della fata della natura, leggendovici un leggero sgomento con una punta di curiosità: non era certa fosse pronta a vedere l'inevitabile declino di un luogo a cui era probabilmente affezionata.
Eppure la verità restava la scelta migliore da compiere: non avrebbe fatto altro che intralciarla qualora non ne fosse venuta a conoscenza.
La seguì con lo sguardo mentre s'apprestava a sedersi, attendendo con pazienza ed un lieve tremore alle mani di udire la sua voce.

L'inizio di tutto fu talmente lento da passare inosservato: c'è sempre stata criminalità in certe zone di Magix, perciò una leggera ascesa, pur sempre isolata in qualche quartiere, di alcune bande non preoccupò più di tanto i cittadini, figuriamoci la Dimensione Magica. Nessuno era al corrente di cosa stesse accadendo di preciso e tutti si limitavano semplicemente ad evitare alcune vie piuttosto che altre.
Non credo sia diversa la situazione in altre grandi città dell'universo magico: per tale motivo in pochi avrebbero previsto una presa di potere così immediata, costruita da anni di lavoro pressoché invisibili alla società. Magix è crollata in fretta, a dirla tutta: non ha mai avuto delle grandi difese contro attacchi magici, soprattutto parlando di incantesimi di una certa forza.
La scuola per maghi seguì entro pochi giorni la metropoli, costringendo le altre due scuole a barricarsi in vista di un nuovo attacco, che per motivi a me poco chiari non arrivò. A quanto pare i gruppi di esseri magici non erano abbastanza uniti da non farsi la guerra per chi avrebbe assunto il potere una volta risolti i conflitti, un tempo molto più accesi di adesso.
Tuttavia non ho nessun modo di confermare questa ipotesi.
Le acque si calmarono con l'ascesa di un uomo che, fortunatamente, non ho mai avuto il piacere di incontrare: a quanto pare, dopo anni, qualcuno è stato capace di coprirsi le spalle come si deve. Detiene ancora il potere, per quanto la confusione della metropoli possa essere governata; ma nelle occasionali faide nessuno ha mai osato attaccarlo.
Per quanto riguarda il potere che ha permesso loro di prendere il possesso della città ed incutere terrore alla Dimensione Magica, non si tratta di niente di naturale.” s'interruppe momentaneamente, muovendosi dalla sua postazione per dirigersi dietro al bancone: con un fluido movimento fece comparire una chiave, con la quale aprì uno dei grandi cassetti.
Flora la guardò sollevare una piccola provetta trasparente e ben chiusa, piena di incolori cristalli.

Non sono riuscita ad identificare le componenti di questo composto chimico, tuttavia ne conosco gli effetti e l'uso. A quanto pare triplica il potenziale magico di chi ne usufruisce, dandogli la possibilità di avere un potere pressoché illimitato; tuttavia la sua assunzione deve essere associata ad un antidoto, che riduce i danni che l'organismo riporta a causa del suo alto livello di nocività.
Capisci che chiunque ne faccia uso ha una prospettiva di vita piuttosto limitata, ma non abbastanza breve da far desistere la maggior parte di loro dal continuare ad affidarvici.”

Come possono essere riusciti a creare una sostanza simile?” intervenne timidamente la fata, non osando avvicinarsi di un solo millimetro: riflettendoci per qualche attimo, le informazioni che le erano state fornite giustificavano in pieno la rapida ascesa della criminalità in Magix, con la sua conseguente trasformazione in un anarchico cumulo di detriti.
Nonostante ciò le pareva al limite dell'incredibile come un singolo composto chimico avesse potuto rovesciare le sorti di una violenta insurrezione: senza di esso avrebbero con ogni probabilità ottenuto il mondo senza pericoli che avevano desiderato.

Non ne ho idea.”
Entrambe, nello stesso attimo, sperarono che Darcy potesse sapere di più.
Forse avrebbe potuto, ma il prezzo richiesto per le informazioni delle quali necessitava sarebbe stato troppo alto: in una situazione in cui non si sarebbe permessa di rischiare qualsiasi azzardo in tale direzione sarebbe risultato come totalmente fuori luogo.
Al fatto di non esser in grado di ignorare i pericoli conseguenti a tale azione si sarebbe poi aggiunto il dover calpestare il proprio orgoglio.
Perché avrebbe avuto un aggancio al quale rivolgersi; tuttavia, anni addietro, aveva giurato a sé stessa di non incrociare in alcun modo quello sguardo finché esso non fosse stato spento dalla morte.
Flora la osservò pensare in silenzio: la sua espressione s'era indurita leggermente, lasciando intuire in modo lieve l'ombra di un qualcosa da lei premurosamente celato.
Per quanto avrebbe voluto chiederle di cosa si trattasse, la fata si mantenne in religioso silenzio: le domande sarebbero arrivate a loro tempo, quando avrebbe scoperto abbastanza caratteristiche per costruire un fondamento di fiducia; e, seppure non fosse una persona strettamente diffidente, trovava difficile creare anche solo un contatto con la strega dopo gli avvenimenti che aveva causato nella sua precedente forma.
Tuttavia, nel profondo, sentiva di poter superare – non senza impegno – i pregiudizi che negli anni aveva innalzato a proteggerla dalle nemiche: guardando il fine volto di Darcy, perso nella solitudine del locale, si promise di provare realmente a conoscerla, come non s'era mai sforzata di fare in nome di una causa, della quale giustizia cominciava a vacillare.




117 giorni, 23 ore, 48 minuti e 21 secondi dalla fine.




Erano trascorsi almeno dieci minuti da quando si era allontanata di qualche passo dalle amiche: impegnate a guardarsi in giro non l'avevano scorta, mentre osservandole dalla folla s'era apprestata a disperdersi in essa.
Conosceva a grandi linee i rischi a cui sarebbe potuta andare incontro, ma un quarto d'ora per sbollire la rabbia e chiarificare le proprie idee non avrebbe portato alcune, definitive conseguenze: almeno, così fermamente credeva.
Inoltre, facendo particolarmente attenzione alle reazioni altrui, aveva dedotto che in realtà nessuno pareva accorgersi della sua presenza; il che stava giocando decisamente a suo vantaggio.
Musa, con il naso all'insù e lo sguardo rivolto agli sfarzosi ed alti palazzi del centro, non smise di proseguire nella direzione opposta, rispetto alle sue compagne. La discordanza con la periferia, dalla quale lei e Stella erano venute, era ora evidente: trovandosi sotto alle lontane e scintillanti luci degli edifici più alti, il divario economico fra le due zone non avrebbe potuto essere più ovvio.
Per ciò che ne sapeva della gerarchia instauratasi a Magix in una vita che non era stata in grado di vivere, ciò sarebbe potuto derivare da un'improvvisa e precaria presa di potere, oppure dall'esistenza di un individuo dotato di una forza magica superiore alla media: non era particolarmente brava a ricostruire delle vicende per arrivare alla verità, decise dunque di lasciar perdere dopo due scarsi minuti di riflessione.
Scervellarsi sul motivo di tutto il malessere circostante non l'avrebbe migliorato, tanto valeva impegnarsi per così poco.
Del resto se non vi era alcun colpevole, che senso aveva continuare inutilmente a cercarlo?
Ciò che Bloom e Stella non avevano capito appariva a lei talmente evidente da portarla a ricercare in sé qualcosa di mal funzionante, qualcosa che non andasse; qualcosa che la differenziasse completamente dall'unidirezionale modo di pensare delle amiche con le quali aveva passato gli anni migliori della sua esistenza.
Eppure lei stessa non aveva mai percepito un divario d'idee così grande e spesso s'era trovata a condividere certe malevole considerazioni sulle nemiche: ed aveva espresso il suo consenso quando Tecna aveva presentato a lei, come alle altre, il piano atto a portare la pace nella Dimensione Magica a scapito della vita delle streghe.
Aveva anche creduto di star agendo per il bene: ma quando la realtà le si era presentata davanti agli occhi, i dubbi avevano fatto il loro trionfale ingresso nella sua mente.
E Musa se li era portati dietro, gestendo la confusione che essi andavano creando: o meglio, nel bel mezzo del conflitto interno nel quale staticamente rimaneva, ci stava provando.
Nuove domande avevano rimpiazzato le precedenti, travolgendo la loro superficiale natura con la profondità degli argomenti trattati; cosa parevano cercare in loro stesse?
Cos'era stato loro sottratto che solo la magia era in grado di rimpiazzare?
Sotto quanti metri di terra era stata volutamente sepolta la loro empatia?

Sopportandole ed ignorandole per qualche mese, le questioni erano tornate più forti di prima a richiedere completamente la sua attenzione: la pressione da esse esercitata la rendeva tesa ed insicura sul da farsi, ma la cosa non era emersa prima di allora.
Sentirsi messa a nudo da chi non era in grado di comprendere l'avrebbe sempre fatta innervosire più del dovuto.
Nel ripensare alla discussione, la fata strinse i pugni ed allungò il passo: la grande via che stava percorrendo tendeva a svuotarsi, andando proporzionalmente con la lontananza dalla ricchezza del centro.
I palazzi si facevano maggiormente bassi, comparivano i primi edifici abbandonati e decadenti, ribadendo il contrasto fra zone confinanti della grande città: contrasto che, nel presente che riteneva autentico, non avrebbe mai trovato alcun posto. Tuttavia, per qualche motivo, l'atmosfera che la circondava le piaceva maggiormente di quella che aleggiava ad un chilometro di distanza.
La quiete ed il silenzio, interrotto solamente da qualche rumore sordo, risultavano quasi rassicuranti al confronto con il violento vociare della centrale piazza di Magix: la violenza scemava in un'assenza di azioni ed il cielo pareva perfino farsi più chiaro con l'allontanarsi.
Per chi necessitava qualche attimo di pace quel quartiere poteva rappresentare il luogo giusto: certo, se si era in grado di passar sopra alle vetrine sprangate, alla sporcizia ed all'oscurità che – da chissà quanto – tutto avvolgeva; fortunatamente Musa vantava la qualità di dare attenzione ad altro rispetto all'aspetto esteriore.
A differenza di qualcun altro.
Probabilmente ancora non s'era accorta: vero o no, riteneva opportuno riprendere la strada che aveva percorso, riavvicinandosi alle amiche e cercando di ignorare le loro considerazioni; ora che aveva ritrovato un briciolo della calma, della quale necessitava, si sentiva pronta a sostenere nuovamente un dialogo con loro.
Quindi fece per voltarsi, lasciando nel passato le parole di Stella, e ripercorrere quella scura e lastricata via che l'aveva portata fino a lì: o almeno, l'avrebbe fatto se dei cocci di vetro non avessero cercato accidentalmente – accidentalmente? – di ucciderla.
D'istinto si buttò a terra, permettendo a qualche imprecazione di sfuggirle dalla bocca, mentre una figura dalle ridotte dimensioni atterrava sulla schiena a qualche metro da lei: probabilmente era ciò che aveva provocato la rottura della grande finestra alla sua destra, della quale qualche frammento impattava al suolo con degli attimi di ritardo, producendo un forte rumore dagli alti toni.
Una sottile polvere si sollevò di qualche centimetro a separarle, nascondendo la fata dalla sua visuale per qualche attimo: finché l'ombra non si alzò soffocando parolacce fra i denti, dirette a chiunque all'interno dell'edificio avesse osato attaccarla a tale modo; allora all'altra non sarebbe rimasto che trasformarsi nel momento in cui si fosse accorta della sua presenza.
Avrebbe dovuto essere veloce per completare la trasformazione prima di ricevere il primo attacco, del quale non conosceva la natura siccome il soggetto fosse a lei nuovo: quindi si tirò velocemente a sedere, pronta a schivare un eventuale attacco e compiere la propria metamorfosi.
Sarebbe stata rapida, se ciò fosse stato destinato ad accadere; ma il fato, al momento, aveva programmato qualcosa di diverso.
Qualcosa che spinse entrambe le ragazze – oltre la coltre di fuliggine aveva scorto dei ricci capelli lunghi fino alle scapole ed un fisico tutt'altro che virile – a perdersi qualche secondo nell'osservarsi con una genuina espressione sorpresa.

Tu?!” esclamò la giovane con un po' troppa enfasi, prendendosi due veloci passi per assicurarsi di avere a che fare con chi credeva.
Musa fece per risponderle a mezza voce, ma un ulteriore schianto proveniente dal cadente edificio la interruppe sul nascere.

Merda.” biascicò la sua interlocutrice, prima di farle segno di tirarsi su in fretta: dal nuovo punto di vista la fata riuscì a scorgere qualche taglio provocato dai vetri su un viso ancora troppo giovane per l'età che sapeva avere.
Anche allora, con indosso un trench coat di pelle che le arrivava alle ginocchia e le stava largo di spalle, non era in grado di prescindere dal suo aspetto fisico per rimembrare che avesse ben due anni in più di lei. Aveva cominciato a pensarvici nel vederla sul ciglio della strada, battendo l'asfalto con i suoi anfibi troppo grandi: nei suoi sedici anni neppure il rossetto nero era stato in grado di rendere maggiormente minaccioso il suo viso da bambina, dai delicati e tondeggianti lineamenti che l'avevano portata ad esagerare con il trucco pur di farsi riconoscere come strega.

Cazzo, dobbiamo muoverci!”
La presa sul braccio della fata la riportò bruscamente alla realtà, facendola voltare con una punta di incredulità verso la ex nemica, intenta a tirarla leggermente verso ovest.

Noi?” le venne naturale dirlo, l'aveva conosciuta in due modi differenti e non era sicura dell'effetto che il nuovo presente avrebbe avuto su di lei, nonostante potesse dirsi speranzosa nel scorgere aspetti che, nella versione che aveva sempre conosciuto, non sarebbe mai arrivata a conoscere.
Sì, noi. Del resto ti devo la mia cazzo di vita, dimentichi? – il sorrisetto che le rivolse, meno malevolo dei suoi simili, la fece sentire abbastanza a suo agio da farle muovere i primi passi nella direzione indicatale – Ora però dobbiamo correre.”
E lasciandosi trasportare, la fata della musica cominciò a correre, seguendo la rapida ombra di una persona che, neppure nel passato, aveva visto nella sua interezza; una persona che permetteva alla propria rabbia di scemare sulle note di una chitarra elettrica; che si perdeva nell'osservare verdeggianti foreste e piane lontane dalla metropoli; che si spingeva più distante dalla propria casa con la sola forza dell'orgoglio.
Lo sviluppo inaspettato della situazione non dispiacque a Musa: trovare qualcuno con il quale poteva avere un dialogo decente, visti i trascorsi, non avrebbe fatto altro che giovarle.
Tuttavia ciò aveva anche qualche contro.
Permettendosi di ignorare il trascurabile avrebbe comunque dovuto tenere in considerazione il proprio aspetto, che non sarebbe di certo passato inosservato agli occhi della strega: seppure non fosse esattamente la persona più sveglia della Dimensione Magica, ciò che era evidente lo sarebbe stato anche per lei. Una spiacevole sensazione crebbe nella mente della fata che, nel tentativo di soffocarla, rallentò leggermente.
Il respiro affannoso, sintomo del prolungato sforzo fisico che aveva fatto, non la stava affatto aiutando a calmarsi e, fortunatamente, la strega delle tempeste se ne accorse appena in tempo per potersi avvicinare senza averla persa di vista.
Si guardò intorno velocemente, assicurandosi che nessuno fosse in vista.

D'accordo, basta così. Da qui un cazzo di nessuno dovrebbe tracciarci se dovessi teletrasportarci.” e con pochissimo preavviso, senza permetterle di opporsi, l'afferrò nuovamente e concentrò il proprio potere.
Musa, effettivamente, stentò ad accorgersene: come magia risultava totalmente diversa da quella graduale di Stella, più veloce ed immediata.
Fortunatamente, la conseguente nausea provata per il trasferimento durò ben poco, evitando di compromettere l'attenzione che avrebbe dovuto concentrare sul nuovo ambiente: il piccolo appartamento nel quale si trovava era sorprendentemente pulito e quasi ordinato, con pochi ma essenziali mobili.
La cucina era a dir poco perfetta, come se non fosse stata mai usata: e probabilmente era così, data la scarsità di cibi e condimenti che, a prima vista, presentava.

Senti, lo so che fa cagare, ma è l'unico posto abbastanza sicuro che sono riuscita a trovare. Nessuno è ancora stato capace di trovarlo.” borbottò la padrona di casa, piegando e buttando una confezione di cibo precotto che era rimasta sul tavolo della cucina dalla sera precedente.
Non vedo perché non dovrebbe andar bene.” le rispose la fata, calmando lentamente il proprio respiro: dopo gli immediatamente precedenti accaduti non le risultò particolarmente facile.
Beh, meglio. Perché cazzo sei venuta a Magix, non sai che posto di merda è diventato?”
Diciamo che me ne sono accorta.” ironizzò in risposta, strappando ad una Stormy abbastanza diversa da quella che si figurava una sonora risata: tale pensiero le fece nascere un appena accennato sorriso.
E' quasi inquietante come tu sia rimasta uguale nonostante siano passati cinque anni. Cazzo hai fatto, un patto con il demonio?” scherzò la strega, ridendo appena del proprio scherzo e, fortunatamente, non notando la tirata espressione della sua interlocutrice per esser stata colta sul fatto.
Anche solo per un secondo, aveva sperato che non lo notasse.
Non aveva pensato a tale eventualità nello svolgere la sua missione – se non quando era stata ormai conclusa – forse per la credenza che non avrebbe più avuto a che fare con colei che aveva visto il suo attuale aspetto; avrebbe potuto giustificarsi con il fatto che il presente non somigliava minimamente a ciò che si sarebbe aspettata, tuttavia si limitò a pentirsi di non aver preso quella specifica precauzione.
Modificando il suo aspetto, nessun dubbio sarebbe nato nella mente di Stormy.

Forse.” riuscì a risponderle sforzando un sorrisetto nella speranza di risultare credibile.
Appena avrebbe avuto tempo le sarebbe toccato ringraziare qualche dio, per aver fatto cambiare subito argomento all'altra, dopo che avesse alzato le spalle in modo abbastanza teatrale.

Comunque puoi stare quanto vuoi. E' un po' un buco, ma troverò dove sistemarti.” le disse sovrappensiero, guardandosi già intorno per capire come procedere.
Musa non la vide muoversi a spostare qualche mobile per creare dello spazio: restò immobile a pensare quanto fosse curioso che, nel darle il benvenuto, avesse usato le medesime parole che lei le aveva rivolto quando le aveva fornito un luogo in cui stare.

















Avvertenze e condizioni per l'uso:
Volevo scrivere tutte le note a codici a barre, ma poi ho preferito evitare.
Del resto ne ho imparato a memoria qualcuno che in cassa non passa mai: tutte queste cavolate per dire che il capitolo si è fatto attendere più del dovuto a causa del nuovo lavoro, che mi terrà impegnata tutta l'estate.
Tuttavia troverò sempre il tempo, fra un turno e l'altro per scrivere, quindi non temete!
A parte tutto, questo capitolo ho impiegato veramente parecchi giorni a scrivere, sfruttando quasi ogni momento di libertà. Spero solo che vi piaccia e che si incastri bene con la storia: qui c'è un po' più di azione, ci sono più spiegazioni ecc.
Spero davvero possa piacervi.
Ringrazio moltissimo Applepagly, Ghillyam e LadyNabla che hanno recensito l'ultimo capitolo, così come tutti i capitoli finora pubblicati. Grazie mille per il vostro supporto, spero che sia ricambiato con qualcosa che vi possa piacere.
Sappiate che non finirò mai di ringraziarvi, come non finirò nemmeno con i lettori silenziosi: lo so che spero sempre un sacco, ma anche qui spero che nelle mie storie stiate trovando ciò che cercate, che in un qualche modo vi renda felici vedere un capitolo nuovo.
Riflettendo sulla mia esperienza come lettrice, ho compreso quante emozioni una storia può farmi provare e spero che anche questa storia faccia lo stesso effetto a chi la legge.
Ultimo, ma non meno importante, ringrazio
Morredson per aver inserito la storia nelle ricordate: grazie molte!
E grazie anche a te che sei arrivato fin qui, dopo queste note spaccaco*****i (censuro contro il volere di Stormy).
Alla prossima missione!


Mary (che deve smetterla di concludere le note con la frase finale della saga Metroid)

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Capitolo 7
*** VII. The Long and Winding Road ***


VII.

The Long and Winding Road



And still they lead me back to the long and winding road
You left me standing here a long, long time ago
Don't leave me waiting here, lead me to your door.”

The Long and Winding Road – Beatles





Se glielo avessero chiesto, Tecna avrebbe affermato, senza falsa modestia, che il piano da lei ideato l'aveva resa fiera delle proprie straordinarie capacità intellettive.
Del resto, la precaria situazione stessa l'aveva spinta a superare il suo limite per poter trovare una soluzione che non fosse risultata nella distruzione della Dimensione Magica per mano delle loro nemiche, di nuovo – era bastato lo scuro ed innaturale colore dell'Oceano di Andros a ricordarle di cosa fossero capaci.
L'idea geniale si era a lei presentata alle tre di notte di un giorno infrasettimanale e, ad essere franchi, non avrebbe potuto scegliere un attimo peggiore: tuttavia, la fata aveva vinto la stanchezza con fare fiacco e lento e si era messa a lavorare, cercando di recuperare man mano le facoltà mentali impiegate durante il giorno.
In realtà aveva creduto in un'epifania più plateale ed inaspettata; l'ipotesi in grado di risolvere tutti i problemi di Magix in una volta era sempre stata sotto gli occhi di tutti e la cosa l'aveva messa un po' di cattivo umore. Con ogni probabilità la soluzione era comparsa nella mente di ogni singolo abitante del mondo magico appena una volta ma, sia per mancanza di capacità che per carenza di malevolenza, nessuno s'era prodigato nell'attuarla.
Le Trix avevano avviato qualsiasi catastrofe a cui potesse pensare e, con loro ancora in azione, i danni non sarebbero di certo diminuiti: l'unico modo per preservare salvezza e pace era estirpare il problema alla radice. Il solo pensiero andava contro a molti principi che lei e le sue compagne si erano imposte di rispettare, ma date le condizioni critiche in cui versavano – condizioni che sarebbero andate solo peggiorando – riteneva giusto metter da parte gli ideali, almeno per una volta.
Giustiziarle al momento avrebbe avuto una scarsissima percentuale di riuscita: il loro potere era accresciuto a tal punto da renderle quasi intoccabili, senza considerare che Valtor, il loro alleato, disponeva di un potere ancora superiore.
Eppure sarebbero dovute sparire per garantire la pace.
Senza di loro la Fiamma del Drago non sarebbe mai stata usata per creare l'esercito oscuro; Darkar non avrebbe mai conquistato tutte le parti del codice delle quali necessitava, né sarebbe riuscito ad avvicinarsi così tanto al proprio obiettivo; ed il temuto stregone che ora terrorizzava la Dimensione Magica con i suoi incantesimi non sarebbe mai stato in grato di uscire dalla Dimensione Omega e ritrovare la libertà.
La loro dipartita avrebbe assicurato il passato, il presente ed il futuro di Magix ed era un'opportunità tanto rara quanto impossibile da non cogliere, nonostante la considerevole probabilità di insuccesso.
Avrebbe dovuto impegnarsi a produrre un piano senza fianchi scoperti e riducendo i rischi al minimo, trattandosi di un nemico potente: e sicuramente tale piano avrebbe avuto luogo a distanza dal bersaglio.
In uno scontro diretto niente avrebbe potuto salvare lei e le compagne dalla disfatta, ma se fosse stata in grado di produrre un programma abbastanza potente...

Tecna, si può sapere cosa stai facendo? Saranno due ore che stai smanettando con quella tastiera.” Musa si era alzata, nel sentirla così indaffarata: il suo sonno era diventato leggero negli ultimi tempi, e non era complicato capirne il motivo.
Con la situazione senza precedenti in cui versava il Mondo Magico, le fate avevano appena il tempo per dormire, quando ci riuscivano: di stare anche un minimo tranquille non se ne parlava.
Valtor e le Trix potevano attaccarle da un momento all'altro e, dati i trascorsi, un'operazione di guerriglia nel cuore della notte non era affatto da escludere; oppure qualche strano incantesimo atto a confinarle in un incubo che prosciugava loro la forza vitale – le streghe, il più delle volte, non erano molto fantasiose e tendevano a seguire il proprio modus operandi.
Tecna non alzò lo sguardo alla domanda, continuando come in uno stato di trance: i codici le passavano veloci davanti agli occhi, che li studiavano e catalogavano; ma, nonostante ciò, era riuscita a sentire la voce della compagna di stanza.

Mi sentivo ispirata, così mi sono messa a studiare tutte le informazioni che abbiamo sulle Trix: senza di loro Valtor si troverebbe abbastanza scoperto. Forse so cosa potremmo fare, anche se è solo un'idea.”
Nella mente della zenithiana si stava componendo un'accurata e dettagliatissima strategia, l'unica in grado di risolvere la situazione senza troppe perdite: la strategia che avrebbe permesso loro di non dover affrontare il temibile stregone evaso dalla Dimensione Omega, così come le streghe; avrebbe evitato il male causato da Darkar, la distruzione della vecchia fortezza di Fonterossa, le migliaia di vite che l'armata oscura aveva troncato.
Non avendo il tempo di celare un incantesimo di tale potenza, il rischio che venissero scoperte ed intercettate era elevato, ma come recitava il detto terrestre che le aveva riferito Bloom una volta: a mali estremi, estremi rimedi. E quella era esattamente l'occasione in cui andava applicato.
Avrebbe dovuto essere molto precisa e cominciare a lavorare al programma, che andava formandosi tra i suoi pensieri, fin da subito. Non avendo altro su cui concentrarsi, sarebbe stato meno difficile del previsto.

Sul serio?! – chiese Musa, avvicinandosi nell'immediato all'amica per osservare cosa stesse facendo – E come pensi di fare?”
La fata le fece segno di aspettare: le sue dita si muovevano veloci sulla tastiera, facendo comparire il testo in linguaggio C sullo schermo nero: il software poteva essere molto simile a quello presente nella sala delle simulazioni, ma avrebbe avuto bisogno di maggiore potenza ed un apporto di magia superiore.
Non era una simulazione che stava cercando: affinché funzionasse, le serviva un ritorno fisico nel tempo passato.

Chiama le altre, Musa.” le disse poi, senza smettere di fissare lo schermo.
Vi spiegherò quello che ho intenzione di fare.”
Doveva trovare il momento giusto in cui agire e le scarse informazioni che aveva sulle streghe non aiutavano affatto: eppure era sicura che ci fosse, l'attimo tramite il quale, inserendo una modifica, avrebbe cambiato irrimediabilmente il futuro della Dimensione Magica.
Doveva riuscire a trovare il punto di rottura, ed avrebbe eliminato le Trix senza usare la loro stessa violenza: avrebbe semplicemente impedito che si presentassero loro delle occasioni per far del male. Il programma cominciava ad avere una struttura portante, alla quale di sicuro avrebbe lavorato per giorni e giorni: un progetto di una simile mole non sarebbe stato possibile in una sera sola; ma si sentiva quasi certa di aver trovato la soluzione che stavano cercando da mesi, forse anche da anni.
L'adrenalina della scoperta le aveva tolto tutto il sonno che aveva provato una volta svegliatasi dal torpore e l'aveva spinta a non prendersi nessuna pausa: avrebbe potuto aspettare che le altre Winx si svegliassero, invece quando queste fecero il loro ingresso nella sua stanza, non le vide nemmeno.
Era troppo presa nel suo lavoro, fiera d'aver trovato un modo pratico ed attuabile per togliere di mezzo una considerevole minaccia: tutti avrebbero potuto pensare ad una cosa simile per riportare Magix alla pace ed alla tranquillità, ma solo lei stava riuscendo a rendere tale desiderio reale.

Allora? Tecna?” la spazientita voce di Stella – sapeva quanto odiasse essere svegliata prima delle sue otto ore di sonno – bastò a farle dedicare almeno un minimo di attenzione alle compagne, desiderose di sapere quale fosse la sua scoperta.
Sedetevi, ragazze. Quando finirò questo programma non dovremmo più preoccuparci né delle Trix, né di Valtor.”




117 giorni, 11 ore, 9 minuti e 56 secondi dalla fine.




L'ufficio di Faragonda, contrariamente al resto dell'edificio, non era cambiato granché: la scrivania, le librerie, perfino gli affetti personali, erano nella stessa posizione che Tecna ricordava. Il pesante ed antico libro sulla storia di Domino giaceva addossato ad altri tomi di storia della magia nel medesimo scaffale di un tempo: era coperto solo da più polvere, come se non ci fosse stato alcun bisogno di usarlo dal giorno in cui il regno fu distrutto dalle Streghe Antenate.
La preside, nel loro presente una delle fate più potenti dell'intera Dimensione Magica, prese posto a sedere con fare malinconico: la vetrata dietro di lei non rifletteva più il cielo terso e le immagini di spensierate studentesse intente a godersi il tempo libero nel cortile, ma una coltre di nubi scure ed una desolazione che entrambe le fate non avevano mai visto nella loro scuola, nemmeno negli attimi più critici.

Posso offrirvi una tazza di tè, ragazze?” chiese lei cortesemente, accennando un sorriso sul volto stanco.
Magari un'altra volta, abbiamo un po' di fretta. Ma grazie lo stesso.” rispose subito Aisha, occupando insieme a Tecna le poltrone di fronte alla scrivania. Anch'esse erano rimaste identiche, ma davano alla fata di Andros una lieve sensazione di freddezza, come se nessuno ci si fosse seduto per un lungo tempo.
Vi darò i nomi – disse allora lei, le labbra ora tirate in un'espressione seria. Alla bruna ricordava i momenti in cui le minacce per l'incolumità di Magix si facevano particolarmente gravi, oppure quando qualcuna delle Winx aveva compiuto un atto troppo sconsiderato e pericoloso, mettendo a rischio la propria vita inutilmente, ed alla donna toccava riprenderla – vi spiegherò tutto nel dettaglio se volete, ma promettetemi che resterete fuori da Magix e da questa storia. Come vi ho già detto: ormai non possiamo fare nulla per salvarci. Dobbiamo solo restare al sicuro ed attendere tempi migliori.”
Tecna si voltò verso la compagna, cercando complicità: s'era preparata un paio di strategie per risolvere le cose con la Faragonda che avrebbero trovato in un presente diverso dal loro, ed era ora arrivata ad un bivio.
La principessa di Andros ricambiò lo sguardo, inarcando appena le sopracciglia.
Era rischioso, ma avrebbero dovuto farlo, altrimenti la preside non sarebbe riuscita a fidarsi abbastanza da dar loro informazioni complete. Proteggere eccessivamente le ragazze più giovani, carattere che aveva sempre avuto, si stava dimostrando un difetto considerevole per la loro missione.
Il prolungato silenzio cominciava a minare un poco la fiducia che la donna stava riponendo nelle fate che aveva davanti; la loro esitazione significava solo una cosa: non avevano intenzione di restare lontane dai guai. Le osservò ancora per qualche secondo, poi socchiudendo gli occhi e sistemandosi gli occhiali sul naso con l'indice.

Qualcosa mi dice che volete intervenire, invece.” disse, indurendo appena il tono: quando riaprì gli occhi, l'espressione sul volto delle fate era rimasta molto seria.
Nelle mani di Tecna era comparso un dispositivo elettronico grande quanto un suo polpastrello: era simile ad una puntina, dalla testina tonda e metallica, nel quale era incastonato un piccolo contenitore di vetro contenente un liquido color rame, all'apparenza molto denso; da esso scendeva un tubicino capillare, che terminava in una punta in acciaio all'apparenza affilata.

Per il rispetto che proviamo nei suoi confronti non dovre-” cercò di dire la zenithiana, prima che l'amica, di gran lunga più impaziente di lei, non afferrasse l'oggetto e lo premesse sul dorso della mano di Faragonda: furono questioni di secondi, quest'ultima non riuscì nemmeno a realizzare cosa stesse succedendo.
Oh, muoviamoci Tecna. Possiamo perderci delle ore a spiegarle la situazione.” disse con tono sbrigativo, sedendosi nuovamente al suo posto.
Ci avrebbe coperto le spalle nel caso non avesse funzionato.” si giustificò lei, guardandola con la coda dell'occhio per poter tenere sotto controllo le reazioni della preside di Alfea: la vide allungare due dita verso il dispositivo per poterlo togliere, ma parve fermarsi non appena la sua pelle sfiorò il metallo.
Cos'hai detto? Potrebbe non funzionare?! Dovevi dirmelo prima!” protestò la fata dei fluidi, voltandosi verso Tecna con una punta di esasperazione a piegarle le labbra. Era chiaro che se avesse saputo della probabilità di fallimento non si sarebbe azzardata in una mossa così rischiosa; non osò rivolgere lo sguardo alle conseguenze della sua azione sul volto della donna che sedeva di fronte a loro.
L'avevo detto quando abbiamo elaborato questa strategia, ma dato che evidentemente non sei stata attenta te lo ripeto: l'incantesimo ha una probabilità dello 0,95% di fallire. Per quanto infima, non mi prenderei la libertà di non considerarla.” spiegò con pazienza, scatenando un accesso di ira dell'altra.
Mi hai fatto perdere dieci anni di vita per una probabilità così bassa?!” alzò il tono, sbattendo un palmo sul tavolo; lo sguardo che le rivolse l'amica le fece capire abbastanza in fretta di doversi dare una calmata.
Faragonda le stava ancora osservando del resto: gli occhi vuoti e spenti si riempivano di ricordi che non le appartenevano; della sua figura che comunicava con quelle due ragazze, insieme ad altre quattro fate, nell'ufficio in cui si trovava, ancora illuminato dalla luce del sole; delle sue parole nel pronunciare un complesso incantesimo, con le mani poggiate sul dispositivo che l'aveva punta; delle sue dita, che trasformavano il liquido in milioni di informazioni che avrebbe dovuto tenere a mente.
Istintivamente si portò una mano alla tempia, chiudendo gli occhi per poter controllare e riordinare l'apporto d'immagini riguardanti un passato ed un presente che un'altra versione di sé aveva vissuto; e le sembrava di tornare ad osservare la fiumana di nuove allieve attraversare i cancelli, con la meraviglia negli occhi ed un ampio sorriso stampato sulle labbra. Si vedeva affacciata alla vetrata, come usualmente faceva all'inaugurazione dell'anno accademico, un'espressione rilassata andava formandosi sul suo viso mentre faceva correre lo sguardo sull'ordinato cortile affollato, sulla finezza architettonica delle torri che difendevano la scuola, sulle forme armoniche ed ondulate delle terrazze.
E nell'aprire di nuovo gli occhi, riconobbe i lineamenti delle due fate come se le conoscesse da una vita: dischiuse la bocca, e subito i loro nomi erano sulle sue labbra.

Tecna, Aisha?” chiese, sbattendo un paio di volte le palpebre con fare incredulo.
Sì, siamo noi – disse Aisha, tirando un po' le labbra in un sorriso – E tu che mi avevi fatta preoccupare per niente.” aggiunse poi sottovoce, diretta a Tecna che la degnò appena di uno sguardo molto eloquente.
Ci dispiace di aver usato metodi così poco ortodossi, ma al momento non possiamo permetterci di perdere tempo. Siamo separate dalle altre e dovremmo ritrovarle in fretta per capire quale parametro va modificato affinché la situazione si volga per il meglio, o per scoprire chi si è intromesso nella nostra missione.” spiegò concisa ed efficace, conscia del fatto che ora Faragonda era a conoscenza di tutti i dettagli riguardanti il loro piano per riportare, in maniera definitiva, la pace nella Dimensione Magica.
E noi abbiamo dei chiari sospetti.” intervenne la principessa di Andros.
Suppongo stiate parlando delle Trix.” dichiarò la preside.
Esatto. Vorremmo sapere dove si trovano per poterle confrontare una volta per tutte.” le rispose la zenithiana. La fata più anziana si prese qualche attimo per riflettere, alzandosi dalla sedia per prendere qualche passo verso la vetrata: l'esterno era ancora dominato dal cupo colore del carbone che ora sostituiva la foresta di Selvafosca.
Temo di non potervi aiutare. Non ho informazioni su nessuna delle tre streghe da quando sono fuggite dal loro pianeta natale; purtroppo non posso escludere la possibilità che siano morte dopo l'ascesa al potere di Rick e dei suoi sottoposti.
Ora ricordo l'alto livello con cui sono entrate a Torrenuvola nel vostro presente: delle streghe così potenti possono essere un pericolo. Se si trovavano ancora qui a Magix è probabile che le abbia eliminate.” ammise, intrecciando le mani dietro la schiena.
“Questo 'Rick' è così potente da poterle far fuori tutte e tre?” chiese Aisha, irrigidendosi: una parte di lei le imponeva di rimanere scettica, ma l'altra parte si fidava di Faragonda e, se per lei fosse una minaccia considerevole, avrebbe fatto meglio a temerlo a sua volta.

No, non ha un grande potenziale offensivo, né tende ad agire di persona. Sono le sue due guardie del corpo ed il suo esercito ad essere un problema: per nostra sfortuna hanno tutti accesso ad un potere pressoché illimitato.
Finché rimane coperto dai suoi uomini non possiamo toccarlo: abbiamo provato a separarlo dalle sue guardie durante la guerra, ma si sono dimostrate più forti del previsto.”

Potrebbe darci i dettagli?” Tecna aspettò a malapena che la preside finisse di parlare, prima di tirar fuori il suo palmare ed aprire il blocco note: la osservava attentamente, pronta a prendere appunti non appena avesse ripreso a parlare.
I suoi soldati migliori sono Hecate e Hades: non è mai stato visto senza almeno uno di loro. Ovviamente sono entrambi nomi falsi, inoltre le loro identità sono sempre celate: a quanto pare solo il loro capo conosce il loro vero aspetto, così come la vera fonte dei loro poteri.
Tranne che nella guerra, nessuno è mai sopravvissuto per dare un quadro dettagliato del tipo di magia che entrambi usano. Io ho affrontato Hades, ed in tutti gli anni in cui sono stata preside di questa scuola, non ho mai visto qualcuno usare la necromanzia al suo livello: è stato in grado di evocare, seppure per poco tempo, le Streghe Antenate al massimo della loro forza; può controllare una decina di spiriti nello stesso momento, portando la superiorità numerica dalla sua parte: e si parla di spiriti potenti, tra i più potenti della Dimensione Magica. Inoltre anche la sua forza fisica è notevole: nella forma in cui solitamente si presenta è alto quasi due metri, ed ha una corporatura alquanto possente.
Hecate invece punta principalmente sulla propria magia e sulla velocità: identificare la sua magia è molto difficile, in quanto evita di mostrarla di proposito. Con ogni probabilità lo fa per non mostrare debolezze; l'ho vista uscire illesa da un gruppo di una ventina di specialisti nel giro di una manciata di secondi durante l'ultima battaglia.
Ad affrontare Hecate è stato Saladin, ma… Non è sopravvissuto per raccontarlo.” fece una pausa, abbassando leggermente il capo nel ricordare la dipartita del suo caro amico. L'aveva trovato riverso a terra, la tunica lacerata in più punti; le tracce della magia che la donna aveva usato per finirlo erano scomparse: pareva che il colpo mortale fosse scaturito dall'interno del suo corpo, trafiggendo tutti i suoi organi interni fino all'epidermide.
E, se ad un primo sguardo le ferite non apparivano gravi, le sue interiora erano ridotte ad una poltiglia di carne e muscoli.
Faragonda si era ritrovata a sperare che la sua aguzzina l'avesse ucciso in fretta, senza farlo soffrire eccessivamente.
Scosse appena la testa, forzando un sorriso verso Tecna ed Aisha.

Ora conosco la vostra forza, so che avete dalla vostra parte la Fiamma del Drago; ma vi sconsiglierei comunque un'azione contro Magix. E' troppo pericoloso e non vorrei essere responsabile di altre perdite.
Allo stesso tempo non posso fermarvi: quando sarete unite e cercherete un posto sicuro in cui stare, potrete tornare qui. Solo le fate prive di corruzione possono passare la barriera.”

L'ha detto lei: adesso ci conosce. Sa che non ci faremo sconfiggere da un paio di tirapiedi.” affermò decisa Aisha; accanto a lei, Tecna, osservava le note che aveva raccolto in modo alquanto preoccupato.
Le Trix non erano la causa dei disordini, e lei non sapeva se esserne sollevata oppure ancora più turbata.




117 giorni, 23 ore, 31 minuti e 7 secondi dalla fine.




Sei sicura di averla vista andare di là?”
Bloom era stata visibilmente preoccupata da quando lei e Stella si erano accorte che Musa, dopo essersi allontanata un attimo per, a detta sua, pensare un po' da sola, non aveva più fatto ritorno né era nel punto in cui s'era fermata.
La piazza di Magix dove usualmente si teneva la festa della Rosa, doveva aveva più volte camminato su petali rossi, era gremita di gente dall'aria poco raccomandabile: l'acceso rosso dei suoi capelli spiccava perfino dal vicolo in cui lei e l'amica si erano rifugiate per poter fare il punto della situazione.
I palazzi che circondavano le vie principali s'erano fatti fatiscenti, intrisi della nebbia scura che pareva soffocare perennemente la città: da qualche finestra, qualcuno osservava le persone dall'alto, studiando il loro da fare. O aspettando il compimento dei loro obiettivi.
Di ogni persona che transitava vicino alla loro posizione, fortunatamente senza fare troppo caso a loro, la fata non ne aveva vista nessuna sprovvista di un'arma magica.
Si sentì stringere il cuore nel pensare Musa sola in un ambiente simile: sarebbe dovuta intervenire prima.
Non avrebbe dovuto lasciarla andare.

Sì, sono sicura Bloom! E' la terza volta che te lo ripeto.” disse la principessa di Solaria sottovoce, rivolgendo qualche occhiata nervosa alla folla: non riconosceva nessuno ancora, le persone passavano davanti ai suoi occhi grige e veloci, prive di un qualsiasi particolare identificativo; se non si fosse soffermata sui loro volti incattiviti dall'ambiente, intristiti da una vita che non coincideva con i loro scopi, non sarebbe riuscita a distinguerli come esseri diversi gli uni dagli altri.
Il senso di colpa le aveva preso lo stomaco, prima lentamente e poi tutto in una volta: sapeva che se a Musa fosse successo qualcosa, sarebbe stata esclusivamente colpa sua. Certo, lei non si sarebbe dovuta allontanare, ma era stata provocata e Stella conosceva bene il suo carattere e cosa fosse in grado di fare quand'era arrabbiata. Forse anche allora le Trix l'avrebbero trovata, presa di mira con altre streghe; forse la storia si sarebbe ripetuta esattamente com'era stata in tale frangente.
Ricordava il suo viso spaventato e paonazzo per aver corso a perdifiato, cercando di non soccombere ai numerosi attacchi delle nemiche; le gambe le tremavano dallo sforzo ed il suo petto si alzava ed abbassava in fretta.
A Stella venne un tuffo al cuore mentre l'immagine della sua espressione sollevata nel veder arrivare i rinforzi le si impresse di nuovo nella mente; l'eventualità che la fata della musica non tornasse dalla missione era ora ben presente e, com'era ovvio che fosse, si sentiva responsabile di qualsiasi danno avesse subito in seguito al loro litigio.
Pensò che ogni tanto avrebbe dovuto imparare a tenere la bocca chiusa.

Finché stiamo qui non la troveremo mai, comunque. Potremmo salire su uno di quei tetti per riuscire a vedere meglio. Uno non troppo alto magari.” disse poi, indicando un po' nervosamente l'edificio che le teneva nascoste dal resto degli abitanti: era uno dei più alti della piazza – superava i quattro piani e pertanto impallidiva di fronte ai grattacieli della periferia – quello in cui, durante il loro primo anno ad Alfea, s'erano appostate le streghe per giocar loro un brutto scherzo e poter usare Riven come spia. Dai cornicioni delle finestre scendevano striature grige che intaccavano l'intonaco bianco, le poche decorazioni che fieramente portava durante le feste, erano ridotte ad ammassi di pietra crepata, priva di una forma.
Guardandole, Bloom si chiese di nuovo se Musa non avesse avuto ragione; si chiese se le Trix fossero davvero in grado di causare danni simili, contando che non avessero ancora messo mano alla Fiamma del Drago. Conosceva fin troppo bene il loro potere, eppure mettere in ginocchio l'intera capitale era troppo per ciò che sapevano fare: i loro anni passati altrove rispetto a Torrenuvola potevano confermare ciò che l'amica sosteneva.
L'unica opzione che era in grado di considerare dopo aver assistito a tanto degrado senza che delle sue acerrime nemiche si vedesse l'ombra, era che avessero scoperto il loro piano fin dall'inizio.
Dovevano aver trovato un modo per fendere lo spazio-tempo e dirigersi in un altro presente, modificato dall'incantesimo di Tecna, per contrattaccare il loro sabotaggio; eppure avevano compiuto ogni azione con estrema cautela, tanta che nessuno all'infuori di loro sei, Faragonda e la Griffin conoscesse nulla.
All'apparenza era impossibile: tuttavia sapeva di cosa fossero capaci quelle tre. Mentre, seguendo la fata del sole e della luna, si celava nei portici dell'edificio accanto per trasformarsi, meno esposta alla vista dei malviventi, ammise a sé stessa d'essere combattuta sulla questione.
Per quanto si sforzasse a vedere le nemiche come persone crudeli, disfunzionali e senza speranza, la vista di una giovane Stormy, che somigliava più ad una ragazzina abbandonata al suo destino che ad una pazza sanguinaria, non aveva giovato nemmeno a lei.
Nonostante non avesse preso parte al litigio scoppiato tra le sue compagne, ora che spiegava le ali e volava rasente a finestre rotte e polverose, dalle tende squarciate e macchiate di sangue, cominciava a dubitare seriamente di aver fatto qualcosa di buono nel togliere una parte di passato alle streghe. Ma l'altra parte di lei, che era sempre stata la più forte, le diceva che ad aver portato Magix nel baratro erano state loro; e lei non sapeva minimamente che posizione prendere.
Poggiò le suole degli stivali sul tetto, muovendo la polvere che vi regnava con i battiti delle sue ali; Stella atterrò accanto a lei in silenzio, prendendo un paio di passi per avvicinarsi al parapetto.

Da qui dovremmo farcela.” finì appena di dire la bionda, prima di percepire la canna di una pistola magica appoggiarsi sulla sua testa; Bloom vide il braccio di un uomo coperto da un'elegante camicia bianca, teso a tenere ferma l'arma. I gemelli dorati sul polsino brillarono appena alla luce artificiale proveniente dalla strada.
Stella deglutì a fatica, restando immobile: un brivido di freddo le percorse la spina dorsale, mentre l'acciaio ancora caldo premeva contro i suoi capelli. Nessun tremolio, nessuna esitazione: la mano che lo controllava era rigida e decisa, pronta a premere il grilletto in ogni momento.
Poteva quasi sentire il respiro di lui sul collo, il suo ghigno malefico sulla sua pelle.
“Guarda, guarda Hecate: fate non corrotte! Pensavo fossero sparite anni fa – disse divertito l'uomo – Giratevi, fatevi vedere per bene.”
Fece un movimento con la pistola, imitando una rotazione: entrambe trasalirono, ma si voltarono lentamente per vedere a loro volta chi avessero davanti; se solo avesse abbassato il tiro, avrebbero potuto attaccarlo; o almeno così speravano.
La figura di un uomo sui trent'anni, dai brillanti occhi verdi simili a quelli di un serpente, si formò davanti a loro; il suo sorriso, per quanto affascinante, non prometteva nulla di buono e dal completo pulito e costoso doveva trattarsi di qualcuno d'importante. Di fianco a lui c'era una ragazza dai lunghi capelli neri e la carnagione olivastra: non sembrava voler proferire parola, né prendere parte all'insensato divertimento provato dal compagno.
Le studiava con gli occhi scuri, mantenendo un'espressione neutra sul volto.
Lui prese un passo avanti, puntando l'arma contro la testa dell'una e poi dell'altra, osservandole con lo stesso sadismo di un gatto intento a torturare le proprie prede. Nessuna delle due osò muovere un muscolo per attaccarlo; non avendo mai visto una pistola simile non erano in grado di conoscerne la portata di fuoco, la potenza e le specifiche. Conoscevano bene la pistola che usava Timmy nelle missioni, ma essa era ben diversa sia nella forma che nella dimensione.
“Oggi dev'essere un giorno meraviglioso, non credi?” stuzzicò di nuovo la donna al suo fianco, aspettandosi una risposta.
Hecate, a quanto pare così si chiamava, roteò gli occhi, prendendo un lungo respiro come a ricorrere a tutta la sua pazienza. Bloom dedusse, senza staccare lo sguardo da entrambi, che fossero piuttosto in confidenza se lui le permetteva comportamenti simili.

Come ti pare, Rick. Non m'interessa se esistono ancora fate pure in questo mondo, ho del lavoro da fare. E tu mi stai facendo perdere tempo.”
Lui si lasciò scappare una risata asciutta: dalle labbra emersero appena i denti, ed alla fulva parve di guardare un predatore in procinto di sbranarle.

Tu lavori per me, cara. E trovare due fate mi sembra molto più importante che ammazzare una misera taglia. Quello puoi farlo anche domani, questo quando ricapita?”
Cosa volete da noi?” trovò il coraggio di parlare Bloom, stringendo i pugni fino a far comparire delle fiammelle sulle nocche. La sua reazione attirò l'attenzione di Hecate, che si concentrò sulla crescita del suo potere per capirne la natura.
Sapere come siete sopravvissute. Ho appena avuto un'idea: sarete nostre ospiti, così potremmo studiarvi quanto vogliamo: non preoccupatevi, voi in cambio avrete cibo, un posto in cui dormire e la nostra protezione.
Ah, e con 'nostre ospiti' – e si voltò verso la ragazza, che non mosse un muscolo in quanto già sapeva cosa volesse comunicarle – intendo dire che staranno a casa tua.”

No.” rispose secca lei, continuando ad osservare entrambe le fate per cogliere altre manifestazioni di potere. Non degnò Rick di uno sguardo, ma lui scrollò le spalle come se ci fosse abituato: dei due, le due allieve di Alfea non riuscivano a capire chi avrebbero dovuto temere maggiormente.
Cosa ti fa pensare che accetteremo?” disse Stella, ispirata dalla decisione con cui l'amica li aveva sfidati.
Non avete scelta: o accettate, o morite. Sarebbe un peccato uccidervi, ma per avere delle fate pure non sono disposto a sacrificare il mio prezioso tempo.”
La fata di Solaria deglutì a fatica un groppo di saliva dopo tali parole: l'uomo lo notò e ne gioì, allargando ulteriormente il sorriso beffardo che dominava sul suo volto. Abbassando la pistola, guardò con soddisfazione il loro farsi meste: sapeva che sarebbe loro mancato il coraggio di reagire dopo tali parole. Le fate erano fin troppo facili da manipolare, secondo la sua onesta opinione: e lui poteva dirsi un esperto.

Oh, sono onorato che abbiate accettato. Ora vado a dare la bella notizia a chi di dovere, se volete scusarmi. Le affido a te, Hecate.” le superò, salutandole con un irritante cenno della mano; in una manciata di secondi era già sparito dietro alla porta che conduceva alle scale interne dell'edificio.
Le due fate rimasero davanti ad Hecate, che, se non per uno sbuffo, non si disturbò di rispondere al suo capo. Lasciò calare il silenzio per un minuto, in cui non si permise di staccare lo sguardo dai loro occhi; nonostante non stesse facendo niente di pericoloso, Stella sentì crescere nel petto una forte sensazione di disagio.
Tuttavia, ora che non erano più sotto tiro, avrebbero potuto provare a reagire.

Conoscete già il mio nome – si decise a parlare, con un tono estremamente piatto – Potete dirmi i vostri, come potete anche non dirmeli: per me non fa differenza.
Se avete domande su dove vi trovate o cosa sta succedendo qui in giro, chiedete pure, ma una alla volta e senza pressarmi troppo. Odio chi mi riempie di domande.
E seguitemi senza fiatare, sono stata chiara?
Una volta a casa mia potete fare quello che volete, tranne toccare le mie cose.”
Stella storse la bocca, voltandosi verso Bloom per sussurrarle all'orecchio.
“Si è subito messa a sparare sentenze questa.” le disse stizzita, rivolgendo un'occhiataccia alla loro accompagnatrice; con ogni probabilità l'aveva sentita, ma invece di commentare prese a camminare, dando loro le spalle.
Aveva un bel portamento, ebbe modo di notare la fulva; ma non riusciva a notare molto altro. A primo impatto, la sua personalità insipida non spiccava per nessun lato: non era crudele come il suo superiore, né buona come una persona intenzionata ad aiutare.
Non le stava nemmeno controllando, sarebbero potute fuggire: si voltò verso la bionda, rivolgendole uno sguardo complice e preparandosi a prendere il volo.
Stella ricambiò lo sguardo, facendo comparire lo scettro di Solaria per coprire la loro fuga da eventuali attacchi.
Come se l'avesse letta nel pensiero, Hecate si voltò, riducendo gli occhi a due fessure.
Un forte potere premette sui loro corpi, cominciando a schiacciare i loro piedi al suolo: per quanto provassero ad alzarsi in volo, le loro ali non riuscivano a sollevarle.

Ah, non pensate di scappare: non ci penserei due volte ad ammazzarvi.” le avvertì, concentrando un enorme apporto di magia oscura nelle proprie mani.

































Avvertenze e condizioni per l'uso:
Innanzitutto mi scuso per averci messo più di un anno ad aggiornare, mi sento veramente una persona schifosa: questa storia si è bloccata e tra università e tutto il resto è caduta nel dimenticatoio: la mia ispirazione per quanto riguarda questa AU si era presa un anno sabbatico.
Mi dispiace davvero tanto che chi segue questa storia abbia dovuto aspettare tanto, e spero che la cosa non si ripeta con il prossimo capitolo.
Compaiono dei personaggi originali per la prima volta qui, spero che possano piacervi nel corso della storia: ne manca ancora qualcuno, uno dei quali è stato già citato.
Come di consueto, passo ai ringraziamenti perché non so più come scusarmi: ringrazio infinitamente le onnipresenti Ghillyam, LadyNabla e Applepagly per aver recensito lo scorso capitolo, ormai già vecchio e decrepito. Grazie davvero per la pazienza che avete sempre avuto e per l'attesa, avete dovuto davvero aspettare un'eternità. Ringrazio tutti quelli che mi stanno sostenendo seguendo la storia ed anche i lettori silenziosi che forse hanno aspettato i secoli per questo capitolo, forse no.
Ho alleggerito lo stile negli ultimi tempi, spero sia migliorato e sia più scorrevole di prima: spero anche che la differenza non stia troppo male con gli altri capitoli.
Detto questo, alla prossima missione!
(Che spero non esca con la stessa cadenza dei giochi di Metroid).


Mary


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Capitolo 8
*** VIII. Glowing Eyes ***


VIII.

Glowing Eyes


This room is far too dark
For us to stay around
Redemption’s not that far
And darkness is going down”
Glowing Eyes – Twenty One Pilots





Ripetimi un po' come ti chiami.”
Con il naso fuori dal finestrino ed un paio di tondi occhiali da sole, Stormy osservava il graduale cambiamento di paesaggio, laddove la foresta di Selvafosca cominciava a lasciare il posto alle praterie: aveva sempre sentito parlare di un luogo simile ai confini di Magix, le verdi distese prima delle montagne che ne delimitavano il confine con il resto dell'universo magico, e non l’aveva mai visto nemmeno in foto.
La ruralità del paesaggio l'aveva sempre affascinata – nonostante la città riservasse molte più sorprese – aveva un profumo che le ricordava un tempo lontano ed inafferrabile, un tempo che non era sicura di aver vissuto. Non essendosi mai spinta oltre la periferia, voleva gustarsi il panorama: sporse la testa a guardare come il sole baciasse il limitare della foresta, le cime delle fronde degli alberi ed i fili d'erba che ondeggiavano al passaggio dell'automobile magica. Le colline si susseguivano una dietro l’altra, la strega ne tracciava i contorni con gli occhi scorgendo come, di tanto in tanto, le loro depressioni nascondessero paesini cresciuti ai loro piedi.
Inspirò profondamente il lontano profumo degli aghi di pino, voltandosi verso la città; ed era così lontana da permetterle di allontanarsi anche dalla propria vecchia e infelice vita.

Musa. Hai la memoria così corta?” la melodyana si sforzò di usare un tono scherzoso; l’altra non si accorse del suo fingere e roteò gli occhi, continuando a sporgersi fuori dal finestrino.
Probabilmente non ho neanche ascoltato. E' che sono successe un sacco di cose ed ho troppi cazzi per la testa.” rispose, appoggiando il mento all’avambraccio e sollevando gli occhiali, che stavano per cadere, con il pollice.
Puoi parlarne, se vuoi. Sai, per sfogarti.” tentò Musa.
Avrebbe voluto voltarsi verso di lei, ma una curva stretta le impedì di distrarsi; la strada cominciava a serpeggiare sul fianco delle colline.
Stormy si spostò i capelli dal viso con una mano, guardandola con la coda dell'occhio.

Ti conosco appena, non te ne potrebbe fregar di meno.” le disse: il suo tono era un po' spento, molto meno sarcastico del solito; la fata le rivolse un veloce sguardo, cercando di studiare in breve il suo comportamento così inusuale.
Non ci riuscì; riportò lo sguardo sulla strada, accelerando appena.

Non è detto: ho capito che sei scappata di casa, non posso sapere cos'è successo, ma non posso fare a meno di notare che quel qualcosa ti sta facendo stare male.
Ti ho dato un passaggio perché non volevo lasciarti là, sola sulla strada; ma se non vuoi parlarne, mi sta bene.” rispose, cercando di riprendere il tono che aveva usato fino ad allora per non destare sospetti.
A tali parole la strega girò il volto completamente verso di lei, abbassandosi gli occhiali da sole fino alla punta del naso con l'indice; la guardò con aria scettica per una manciata di secondi, studiando le sue reazioni per capire se stesse facendo sul serio.

Cosa c'è?” esordì dopo il silenzio: si sentiva osservata e, guardando con la coda dell’occhio il posto del passeggero, aveva scoperto la ex nemica a fissarla.
Sentirsi
le sue pupille addosso aveva un effetto diverso rispetto a come lo ricordava: non percepiva la rabbia e il rancore che provava nei suoi confronti manifestarsi, la tensione di uno scontro in procinto di cominciare, il disgusto per le cattiverie gratuite che le aveva rivolto a più riprese; ma una flebile tristezza in crescendo, un’inspiegabile sensazione di comprensione e compatimento; come se la fata stesse iniziando finalmente a capire cosa ci fosse dietro a tutti i suoi comportamenti violenti e iracondi.
Dici sul serio? Non è che devi per forza ascoltarmi.” parlò dopo qualche secondo di silenzio; la curiosità si percepiva appena nel tono, ma Musa aveva l’orecchio allenato a sentire intonazioni diverse, per quanto minime – ancora una volta, doveva ringraziare il suo potere.
L’atteggiamento della strega andava ammorbidendosi con lentezza, zittendo quella diffidenza che s’era ostinata a mantenere per la prima ora di viaggio.
Alla melodyana venne da pensare che si fosse sciolta in quanto, nella sua quotidianità, nessuno volesse mai
ascoltarla parlare; la sentiva stupirsi di avere l’attenzione di qualcuno, e si rimproverò di non averlo notato prima.
In fondo era così evidente in ogni occasione nella quale il proprio gruppo si scontrava con il suo: Stormy doveva assumere il ruolo della forza distruttiva fuori controllo, attaccava quando le sorelle la sguinzagliavano, altrimenti non aveva libertà d’azione. Doveva essersi stufata da tempo della sua subordinazione, e non erano mancate le occasioni in cui la questione le si era presentata davanti agli occhi; ma lei aveva scelto di non farci caso, perché la strega era solo un
nemico crudele e sadico, causava dolore solo per il gusto di farlo e lei la odiava talmente tanto che il pensiero di volerla morta l’aveva sfiorata in più occasioni.
Deglutì un groppo di saliva, stringendo le mani sul volante; pensare alla consapevolezza che stava prendendo delle sue forti emozioni negative verso le nemiche la stava facendo sentire poco bene. Non credeva di poter arrivare a tanto, ma essendosi considerata sempre dalla parte giusta – quella in difesa della Dimensione Magica – non s’era fermata a riflettere sulla sua moralità ambigua.
La strega delle tempeste la stava ancora fissando, con le sopracciglia inarcate.

Certo, altrimenti non te l'avrei chiesto.” le disse sincera, alzando un po' gli angoli della bocca. Evitò il suo sguardo con la scusa di dover mantenere il proprio sulla strada; non avrebbe retto il confronto, non conoscendo ciò che avrebbe dovuto fare.
L’idea di abbandonarla stava perdendo la g
loria che aveva provato verso la nobile causa di salvare il mondo, per cui quell’azione sarebbe stata indispensabile; ci aveva messo un’ora e mezza per capire che nulla del loro piano fosse morale.
Eppure non tutte le scelte giuste erano morali; o così le avevano detto.
Il compito doveva essere eseguito per il bene di tutti; tranne quello di Stormy, pensò.
E al dovere andavano sovrapponendosi le immagini della possibile vita della sua nemica, prima che si intromettesse in quella di Musa, rivoluzionandola e spazzando via ogni traccia di tranquillità con la stessa forza dei suoi tornado; prima delle sue disturbanti mire di conquista del mondo.
Poteva quasi immaginarla nella
propria stanza, sola, alla ricerca di una qualsiasi occupazione che fosse in grado di tenerla impegnata; si chiese se avesse avuto contatti esterni oltre alle sorelle, se non si fosse annoiata a non fare nulla; poteva vederla scappare dalla finestra – forse avevano una scala antincendio come aveva visto in alcuni film terrestri, ma pensandoci bene non le sarebbe servita in quanto le sarebbe bastato volare – per un’ora o due di libertà in cui sarebbe riuscita a sfogare la sua frustrazione, o forse non avrebbe avuto abbastanza tempo, abbastanza libertà e le sorelle l’avrebbero rintracciata subito.
Cercando di figurarsela, tornò a rimuginare sul fatto che di lei non sapesse assolutamente niente, oltre la superficialità che riusciva a vedere.

Magari era solo una domanda di circostanza.” Stormy alzò le spalle, prendendo un bel respiro come se fosse costretta a confessare uno dei suoi segreti più oscuri; con ogni probabilità – pensò la fata, nel vederla prepararsi un minimo il discorso – non ne aveva mai parlato con nessuno e non sapeva da dove iniziare.
Staccò per un momento gli occhi dalla strada per sforzarsi di guardarla arricciare appena le labbra nell'appoggiare il mento al palmo della mano, concentrando la sua attenzione alle villette sparse tra le colline.

Mi sono rotta di stare con le mie sorelle, tutto qui. Sono pressanti e non le sopporto più: grazie agli dei non mi hanno mai considerata più di tanto.” disse.
Musa attese qualche momento, credendo che volesse continuare a parlare, ma Stormy non disse altro.
Aveva sempre dato per scontato che, in qualche modo, andassero d’accordo; alcune volte aveva fantasticato su un vincolo di sangue o su ‘qualche strano rito oscuro da strega’ con il quale Icy aveva legato a sé le sorelle, obbligandole a seguirla in qualsiasi impresa le fosse passata per la mente, ma aveva lasciato tale idea alle battute divertenti da tirar fuori con le amiche in momenti più tranquilli di quello in cui era capitata.
In realtà, durante gli anni in cui aveva combattuto per la Dimensione Magica, non s'era mai interessata più di tanto alla relazione che le Trix potessero avere tra di loro; oscillavano tra il mostrare la loro unione genealogica con orgoglio ed il comportarsi come se l’unica cosa che le smuovesse fosse la prospettiva di regnare su tutti gli esseri magici e stroncare chiunque osasse ribellarsi al loro potere, permettendo al loro legame di passare in secondo piano.
Tuttavia
notava fratture più profonde della superficialità alla quale, di solito, si fermava nell’osservare i loro comportamenti; come Stormy era più di un’isterica che cercava in tutti i modi di rovinare la vita di Musa e delle sue compagne senza un apparente motivo all’infuori del malato divertimento personale, i rapporti con le sorelle dovevano essere più complessi di una semplice gerarchia verticale.
Sentendola esitare ancora, le venne in mente che forse, a parti invertite,
si sarebbe stufata anche lei di farsi mettere i piedi in testa; avrebbe raccolto le sue cose e si sarebbe trovata su quella stessa strada alla ricerca di un posto migliore in cui poter godere della propria libertà.
Devono esser state delle belle stronze se sei arrivata a… beh, scappare di casa.” le disse, premendo appena sul freno per impostare la curva. Stormy tornò a guardarla, allungando la bocca in un sorrisetto.
Molto più di quanto immagini. Non penso esistano persone peggiori delle mie sorelle nell’intera Dimensione Magica.” dichiarò soddisfatta, atteggiandosi come se non vedesse l’ora di parlar male con qualcuno delle sorelle.
La fata non faticò a crederle, ma colse l’occasione per scucirle qualche informazione, più a titolo personale che per riuscire a portare alle altre qualche informazione.

Oh, andiamo, credo di aver conosciuto persone peggiori – le disse, ricambiando l’espressione beffarda; la strega era testarda ed orgogliosa, non avrebbe mancato l’occasione di poter competere – O vuoi farmi cambiare idea?”
Era stata una mossa rischiosa; ma Stormy emise una risatina e si abbassò nuovamente gli occhiali, piegando la bocca in una smorfia divertita.

Fidati, fatina. Non ne hai idea.” scandì bene le parole, la soddisfazione le si leggeva sulle labbra; per un attimo il pensiero che il rapporto poco sano tra lei e le sorelle non fosse esattamente qualcosa di cui vantarsi le sfiorò la mente, ma fu un attimo troppo breve per permetterle di considerarlo.
Devono fare proprio schifo, allora.” rispose, evitando di calcare la mano; l’irascibilità della strega delle tempeste poteva prendere il sopravvento in un attimo, e voleva evitare di volerla gestire quando, secondo la sua modesta, ma sufficiente, esperienza nemmeno le sorelle erano in grado di calmarla; eppure ancora, continuava a rendersi conto di sapere molto meno di quanto si aspettasse sul conto delle nemiche.
Si domandò se si sarebbe stupita nello scoprire che le streghe si comportassero in modo totalmente diverso da ciò che facevano apparire; percepì la curiosità crescere notevolmente al solo pensiero.
Stormy fece un’alzata di spalle, mettendo una mano fuori dal finestrino e tamburellando le dita nell’aria con un movimento sinuoso.

Se un giorno dovessimo rincontrarci, potrei raccontarti un po’ delle stronzate che ho dovuto sopportare.” fece, distratta dal vento le passava tra le dita.
Musa accennò un sorriso nella sua direzione; e poi un’epifania la colse.
Accostò il prima possibile, sotto gli occhi perplessi della strega delle tempeste, che schiuse la bocca per parlare.
Ma la fata fu più veloce.

Non hai un posto dove stare qui intorno, giusto?”
Era stata impulsiva, era conscia di star sbagliando; davanti a lei c’era Stormy, la strega che aveva osato colpire suo padre con uno dei suoi fulmini pur di sfidarla e umiliarla davanti a un folto pubblico, che aveva evocato l’armata oscura nel tentativo di conquistare l’universo magico, – e suddetta armata aveva fatto migliaia di morti tra i civili di Magix – che aveva ridotto Flora in condizioni critiche con un solo, potente attacco; davanti a lei c’era uno dei peggiori pericoli che la Dimensione Magica avesse mai ospitato.
Ma quella Stormy non aveva fatto nulla di tutto ciò: sembrava solo una ragazza persa, che nessuno si era preoccupato di considerare, men che meno aiutare.
Si trovò a considerare che forse la causa dei suoi comportamenti violenti fosse da ricercare in simili mancanze.

No, ma so cavarmela. Non è la prima volta che me ne vado: l’unica differenza è che questa volta col cazzo che torno.” le disse, usando lo stesso tono sprezzante che le rivolgeva in battaglia; poteva avere la stessa parlata, ma non era l’isterica sanguinaria che aveva rovinato tutta la sua esperienza al college di Alfea.
Non lo era ancora; e forse aveva la possibilità di evitare che lo diventasse, forse
quella era la sua possibilità di renderla una persona migliore.
Perché ti sei fermata? Devo scendere?” chiese poi, vedendo che Musa non accennava a rispondere, né a rivolgerle lo sguardo.
No, no. Vieni con me su Melody; ho pensato che potresti stare per un po’ a casa mia.”
La strega sgranò gli occhi e sollevò le sopracciglia, incapace di contenere la sorpresa per quell’uscita impulsiva; se la melodyana non avesse dovuto mantenere un atteggiamento sicuro, avrebbe riprodotto la sua espressione.
Cosa diavolo le era venuto in mente?
Convivere con la sua acerrima nemica era un’impresa ben più grande di lei.

Mi sembra abbastanza lontano da Magix.” rispose Stormy, rilassando i suoi lineamenti in un sorriso; le sue piccole labbra si erano tirate così dolcemente da lasciarla quasi senza fiato.
Era un’impresa ben più grande di lei, ma per qualche motivo si sentiva pronta ad affrontarla.






110 giorni, 13 ore, 23 minuti e 4 secondi alla fine




Con un elegante gesto della mano, pregno di magia, Darcy chiuse la porta della bottega; sulla vetrata comparvero in un bagliore scritte dalla dimensione talmente piccola da risultare quasi illeggibili. Si mossero in senso orario ad un comando della strega, formando un sigillo; l'ametista sull'anello di lei brillò per una frazione di secondo, e la vetrina tornò buia come in precedenza.
Flora aveva visto raramente le streghe usare un tipo di magia non strettamente offensiva, perciò trovò il rito a cui aveva assistito affascinante; prima di allora, la strega l’aveva scortata nel suo appartamento prima che chiudesse in modo così preciso e laborioso il suo negozio.
Non le aveva mai permesso di vedere il modo in cui le sue dita affusolate seguivano le linee geometriche e dorate del sigillo, così delicate e allo stesso tempo molto precise; non aveva curvato nemmeno un angolo.
Forse stava cominciando a capire di potersi fidare, pur mantenendo la sua caratteristica riservatezza.
In circostanze normali, la fata
avrebbe tenuto a freno il desiderio di arricchire la sua cultura, ma ora che non doveva più aver paura della strega dell'oscurità, capì che non avrebbe avuto senso esitare. Si avvicinò al vetro, percependone la pregnante magia senza il bisogno di allungare le dita per sfiorarlo; la strega la osservò senza proferir parola, chiedendosi se fosse la prima volta che la fata prestasse attenzione ad una stregoneria difensiva.
Gli occhi smeraldini di
Flora si mossero su ogni angolo della vetrata con ammirazione, notando come la forza dell'incantesimo mirava a pareggiare la solidità delle barriere che venivano instaurate in difesa di Alfea; lei stessa aveva contribuito a rafforzarla in più occasioni, pertanto non poteva che lodare il lavoro della sua ex nemica nel completare una magia protettiva di tale potenza da sola.
Accennò un sorriso, voltandosi verso di lei.

Ho letto di stregoneria protettiva con l'aiuto di sigilli solo sui libri, non ne ho mai vista una dal vivo. Hai un potere veramente notevole.” ammise con piacere; Darcy apparve disorientata dal complimento per una frazione di secondo, come se avesse perso l'abitudine a ricevere le attenzioni che, durante i suoi anni a Torrenuvola, l'avevano portata ad essere una delle ragazze più popolari.
Di fatto, la mezzana che aveva davanti, l'abitudine non l'aveva mai presa; nonostante ciò, Flora si stupì nel non vederla piena d'orgoglio per il suo apprezzamento.

Sono stata costretta ad imparare in fretta. Ma grazie per il complimento.” rispose, piegando appena all'insù gli angoli della bocca: non l'avrebbe detto ad alta voce, ma il carattere supportivo e quieto della fata le stava piacendo.
Al di fuori della sorella minore e della
sua personale spia che s'occupava di aggiornarla sulla situazione a Magix con regolarità in cambio della sua protezione, non aveva molti contatti né forzava una conversazione con i clienti che varcavano la soglia del suo emporio; non ne vedeva il motivo.
Condividere informazioni personali con estranei l'avrebbe portata ad esporsi, cosa che
già in circostanze normali non adorava fare; poi, da quando aveva scoperto che era stata messa una taglia sulla sua testa, s’era fatta ancora più riservata di quanto lo fosse stata in precedenza.
Pur vivendo lontana dalla metropoli, non si sentiva di abbassare la guardia; aveva visto girare esseri magici poco raccomandabili anche nei pressi del suo negozio, e non aveva nessuna intenzione farsi
scortare da quel megalomane che aveva osato metterla al bando.
Flora era silenziosa e si dava da fare; non faceva domande scomode, non la disturbava mentre era impegnata, e non apriva bocca nemmeno con i clienti – che se avessero scoperto la sua vera natura, di fata non corrotta, avrebbero scatenato il putiferio.
Non aveva ancora pensato a cosa farne di lei; ennesima stranezza della settimana, siccome non stressarsi su una questione spuntata dal nulla in un battito d’ali era una delle ultime cose che faceva; era stata impegnata, si disse.
Impegnata a capire da dove venisse, perché non fosse stata corrotta, cosa fosse venuta cercando in una città malconcia e desolata come Magix; ovviamente senza chiedere nessuna informazione alla diretta interessata.
Era arrivata a pensare che potesse essere l’ennesimo tentativo di sua sorella maggiore per aiutarla a rimanere al sicuro; aveva scacciato il pensiero dicendosi che sua sorella avrebbe fatto meglio ad aiutare sé stessa prima di mandare fatine agli altri, e si era concentrata sul proprio lavoro.
Del resto, credeva con fermezza che ad Icy non importasse che di sé stessa.
Una fata della natura
le era utile per crescere erbe particolari, per le quali rischiava di farsi seguire e trovare, così aveva deciso che non sarebbe stata una cattiva idea permetterle di restare per più tempo; inoltre poteva soddisfare la propria curiosità in merito al suo arrivo, prendendosi un doppio guadagno con un’azione sola.
Flora si era adattata in fretta e si era resa utile in ogni modo le fosse possibile; aveva mantenuto sempre alta l’attenzione per non compromettersi, senza però privarsi di iniziare a sentirsi a suo agio con la strega.
Le piaceva dirsi di starsi rilassando perché non aveva altra scelta se non condividere l’appartamento con Darcy, che si faceva mille scrupoli pur di tenere lei e sé stessa al sicuro; e, di tanto in tanto, le strappava qualche informazione mascherando le sue domande come un modo per far luce nella confusione che, plausibilmente, regnava nei suoi pensieri.
Non poteva affermare in pieno di starle mentendo siccome, da quando si era svegliata in ciò che rimaneva di Selvafosca ed aveva rischiato un paio di volte la vita, aveva capito ben poco della realtà distorta in cui era capitata; e sperava sempre che tra quelle informazioni ce ne fosse qualcuna relativa all’avvistamento di una delle sue compagne; stava tentando di usare la situazione a proprio vantaggio, anche se negare di starsi affezionando con lentezza a quella versione della strega dell’oscurità sarebbe stato alquanto ipocrita.
Quando la strega si mosse, Flora la
seguì in silenzio sul retro dell’edificio, fermandosi di fronte a lei come da prassi; si era abituata a quel procedimento e non temeva più che potesse nascondere un eventuale tentativo della strega di sottrarle i poteri.
Darcy prese due passi verso il muro opposto, facendovi scorrere sopra le dita:
parvero far attrito con la pietra dei mattoni, rigidi e freddi, nel muoversi con grazia da sinistra a destra e vice versa, ma alla sesta ripetizione del movimento, la loro consistenza si fece più morbida e setosa, il colore più uniforme. I polpastrelli della strega propagavano ora delle pieghe sul tessuto della tenda, che aveva preso il posto della parete; nel momento in cui la scostò con un gesto lento, i mattoni laterali si piegarono perpendicolarmente verso l’interno, andando uno ad uno a comporre i due pilastri di una modesta arcata; sulla chiave di volta regnava lo stesso sigillo di protezione che la fata le aveva visto tracciare sulla vetrina del negozio.
Anche se non era la prima volta che vedeva cadere un’illusione così realistica – aveva toccato lei stessa la parete, senza essere in grado di percepire la differenza tra la realtà e l’inganno,
tra pietra e tessuto – Flora percepì un senso di fascino nel vedere la strega che entrava nel passaggio nascosto, tenendo alzata la tenda con l’avambraccio.
Pur trattandosi di una sua nemica, che doveva tenere costantemente sott’occhio e della quale non poteva fidarsi, la fata si permise di provare ammirazione per la capacità della strega di ingannare non solo lo sguardo, ma tutti i sensi.
La seguì in fretta, quando si accorse di star esitando un po’ troppo davanti al passaggio; e, persa nei suoi pensieri, per poco non sbatté contro la schiena di Darcy, che si era arrestata a un paio di metri dall’arcata. Flora si sporse oltre lei per capire cosa, o chi, l’avesse spinta a fermarsi: scorse un uomo seduto nella penombra del portico, dalla bocca sottile e la mascella scolpita illuminate dalle braci di una sigaretta. Quando le vide si alzò, appoggiando la schiena al muro; la fioca luce rossa illuminò un sorriso strafottente sul suo volto.

Credevo non prendessi apprendisti, Darcy. E’ strano vederti in compagnia di qualcuno che non sia tua sorella.”
Darcy sbuffò alla provocazione.
“Era da un po’ che non ti facevi vivo, pensavo ti fossi fatto ammazzare – lo ripagò con la stessa ironia, procedendo verso di lui – Parliamone dentro, è più sicuro.”
Flora la seguì in silenzio, cercando di capire perché quella voce le sembrasse così famigliare; avvicinandosi, i suoi occhi si abituarono al buio, cominciando a delineare le fattezze dell’uomo – che ora aspettava paziente che Darcy annullasse la potente magia protettiva che avvolgeva l’abitazione.
Dovette trattenersi con tutte le sue forze dal sussultare;
non poteva riconoscerlo in un mondo in cui, di fatto, non si erano mai incontrati. Riven fu il primo ad entrare; e la fata poté constatare che oltre al carattere dello Specialista che lei aveva conosciuto, aveva mantenuto anche il suo portamento.
Le circostanze in cui si era trovato avevano cambiato
il suo aspetto, marcando il suo viso con un paio di vistose cicatrici, così come il rapporto che aveva sviluppato con la strega; non sembravano particolarmente intimi, ma a Flora parevano trovare la compagnia reciproca confortevole.
S
i trovò a domandarsi quanto fosse stato diverso il loro primo incontro, rispetto a quello che le compagne le avevano raccontato durante il Giorno della Rosa; non adorava ficcare il naso negli affari altrui, ma approfondendo il motivo per cui stessero collaborando avrebbe potuto regalarle un indizio sui responsabili della distruzione di Magix, o almeno una pista da percorrere per ritrovare le compagne.
Si
chiuse la porta alle spalle, lasciando che la strega dell’oscurità riattivasse le proprie difese; l’aria tesa che andava costruendosi le fece capire che Riven non si aspettasse di trovare qualcun altro oltre a Darcy; ipotizzò che dovesse parlarle di qualcosa d’importante, notando la sua visibile impazienza che si manifestava nel tamburellare le dita sulla scarpiera all’ingresso.
Vado in stanza a riposare.” esordì quindi, dandogli le spalle con una strana fretta, dettata dal disagio crescente che stava provando.
Darcy le aveva dato la stanza di Stormy nell’attesa di trovarle un’altra sistemazione, e la fata
aveva sperato, e ancora sperava, che ciò sarebbe successo prima del ritorno della minore; non aveva idea di come fosse la Stormy che si aggirava per quella versione di Magix, ma i ricordi dei suoi violenti scatti di rabbia, seguiti da fulmini e tempeste, erano abbastanza vividi nella sua memoria da farle desiderare di non doverla incontrare per tutta la sua permanenza.
Di tanto in tanto si sentiva nervosa ad aver a che fare con una delle Trix, non osava immaginare quale sarebbe stata la sua reazione quando sarebbero diventate due, nello stesso luogo e senza che lei potesse contare sull’appoggio delle compagne.

La strega le rivolse un veloce sguardo, terminando il suo incantesimo.
Come vuoi.” le rispose, prendendo posto sulla poltrona con un movimento fiacco; invitò il ragazzo a sedersi, ma questi preferì restare in piedi, appoggiato con le mani allo schienale del divano.
F
lora accostò la porta, allontanandovisi a sufficienza per evitare che Darcy la scoprisse ad origliare, ma non abbastanza per non sentire la sua voce.
E’ una fata non corrotta. L’ho trovata a Selvafosca una settimana fa e abbiamo deciso di unire le forze: lei non aveva un posto in cui stare ed il suo aiuto è molto utile per il mio negozio.
Questo è quanto.”

Questo è quanto? – rispose subito Riven – Non si vede una fata pura a Magix da cinque anni, non mi sembra una cosa da poco. Cos’hai intenzione di farci?”
Niente, una sola fata non basta. Ho intenzione di cercarne altre, se si trovassero a Magix si potrebbe fare qualcosa. Informerò mia sorella, tu tieni gli occhi aperti quando riparti.”
Riven sorrise, ironico.

Mi permetti di restare? Gentile da parte tua, ti stai facendo influenzare?”
Oh, smettila Riven. Piuttosto: suppongo tu sia tornato qui per portarmi delle notizie, quali sarebbero?” gli rispose, troppo stanca per reggere il suo gioco provocatorio.
Il ragazzo esitò, prendendo finalmente posto a sedere; appoggiò i gomiti alle ginocchia, piegandosi verso il tavolino da caffè che li separava.

Ho ripreso i contatti con Sky e Brandon per capire cosa stessero architettando i membri rimasti degli Specialisti: li ho trovati in una condizione miserabile, costretti ad accettare del lavoro sporco di merda per sopravvivere, ma il punto non è questo. Non possiamo contare su di loro, Rick deve aver messo una taglia anche sulla loro testa.
Ero con loro quando Sky è stato ucciso, e sono abbastanza sicuro che Brandon sia stato preso prigioniero, sai già per cosa vorranno usarlo. Ho rischiato la pelle anche io, se non fosse stato per il tuo incantesimo protettivo.”

Se è stato Rick a dare il via a tutto questo, non è detto che il mio incantesimo sia abbastanza potente da proteggerti un’altra volta, quindi cerca di stare attento.” lo interruppe.
Infatti non era sufficiente, ma sono stato fortunato. Quella che ci ha trovato era tua sorella e mi ha risparmiato.”
Fu Darcy ad esitare, corrugando la fronte a tale notizia.
“Mi avrà riconosciuto.”

Non penso sia per quello. – gli disse, ancora perplessa – Deve aver riconosciuto l’incantesimo, avrà capito che lavori per me. Icy ti ha sempre odiato, non avrebbe sprecato l’occasione di farti fuori. Sei riuscito a capire cosa sta facendo?”
Ti stai preoccupando?”
Affatto” rispose secca.
“Sto solo cercando di capire cos’ha in mente. Se dovessi trovare altre fate pure non voglio che mi intralci per cercare di conquistare il mondo o cazzate simili.”
Riven l’ascoltò con un sorrisetto sarcastico: sapeva che una delle poche cose in grado di far imprecare Darcy era tirar fuori sua sorella maggiore, e provava uno strano senso di compiacimento nel vedere quanto si innervosisse a parlarne.

E poi non ho bisogno della sua pena.”
Beh, la sua pena mi ha salvato il culo. Ma la mia stima per tua sorella finisce qui: ora che so che non vuole farmi fuori cercherò di rintracciarla e tenerla d’occhio.
Non sembrava lavorare per qualcuno, forse aveva solo bisogno di soldi.”

Resta comunque in guardia. Non si sa mai come possa reagire nel vederti troppo spesso e la situazione potrebbe ritorcertisi contro.”
Il ragazzo fece un’alzata di spalle.

Ho i miei metodi, lo sai. Forse ho in mente qualcosa che le farebbe credere che io sia più utile di quanto pensi.”
Flora smise di ascoltare, allontanandosi per sistemare le poche cose che era riuscita a recuperare per sé.
Darcy le aveva mentito: aveva due sorelle, come la strega che lei, per tre anni, aveva conosciuto; eppure capiva perché aveva omesso il particolare, aveva colto il tono di disprezzo con cui aveva parlato di Icy.
Il particolare che aveva richiamato la sua attenzione riguardava direttamente lei come fata: la strega voleva usarla, necessitava del suo potere per uno scopo; scopo del quale Riven era a conoscenza e per il quale, con ogni probabilità, stava lavorando da tempo.
Doveva assolutamente scoprirne i dettagli, curandosi di non tradirsi.
In una situazione del genere, non poteva rivelare a Darcy di esser venuta a Magix con altre cinque ‘fate pure’: il rischio che comportava la sua fiducia era troppo alto.




118 giorni, 22 ore, 58 minuti e 25 secondi dalla fine.




Una volta discese le scale infinite dell’edificio che torreggiava su una delle piazze principali di Magix, Hecate aveva aperto con fatica una modesta botola di metallo sotto un cumulo di calcinacci; la magia le impregnava le dita, il che aveva fatto pensare a Bloom che, in fondo, la sua sequestratrice non avesse una forza fisica straordinaria.
La donna fissò i suoi grandi occhi neri su di loro;
un paio di ciocche di capelli entrarono nel suo campo visivo quando alzò il volto.
Dovete entrare, se non l’avete capito.” il tono uscì più flemmatico che minaccioso, ma fu sufficiente a far muovere le due fate; Stella decise – con suo estremo disgusto – di essere la prima a scendere dalla scala arrugginita che si intravedeva all’estremità della botola: come fata del Sole e della Luna poteva illuminare lo spazio circostante che, scendendo mano a mano, notò essere nero come la pece.
Quando la luce traballante dell’edificio cominciò a venir meno, Stella faticava
a vedere dove mettesse i piedi e le mani; percepì le vibrazioni della scala, segno che anche Bloom fosse stata gentilmente invitata a scendere e, dopo una manciata di minuti, – non era sicura si trattasse effettivamente di minuti, siccome il tempo sembrava dilatarsi ad ogni piolo – la botola venne chiusa con un movimento secco, che echeggiò nell’antro oscuro.
S
tella toccò il suolo in quel momento, schioccando le dita per crearsi una luce; seppur debole nel sottosuolo, il suo potere illuminò abbastanza da permetterle di vedere la prima parte di una galleria dal soffitto basso, costellata di stalattiti a loro tempo limate e distrutte.

Non usare i tuoi poteri.” udì subito alle sue spalle; l’istinto la fece voltare, e per poco non prese un infarto nel vedere Hecate proprio dietro di lei, con la mano sopra alla sua fonte di luce, intenta a soffocarla.
“Non c’era bisogno di essere così inquietante.” borbottò,
soffocando l’urlo che aveva avuto la decenza di controllare; chiuse la mano a pugno con un solo ed elegante movimento, ed entrambe sprofondarono nuovamente nell’oscurità.
E
ssendo stata l’ultima a passare attraverso la botola, non avrebbe dovuto raggiungerla prima che l’avesse fatto Bloom, ma Stella era troppo stanca e nervosa per chiedersi come avesse fatto. Sarebbe stato inutile scervellarsi su qualcuno che non avesse ancora mostrato la natura della sua magia; ipotizzò fosse teletrasporto, ma poteva esser stato veicolato anche da un oggetto magico – lei stessa era in grado di spostarsi grazie al suo anello, del resto.
Non dovete far vedere la vostra magia in giro, pensavo fosse chiaro.” rimarcò la donna in modo neutro.
La principessa di Solaria non riusciva a delineare il suo volto, ma poteva esser sicura di avere il suo pungente sguardo addosso, sguardo che ricambiò più che volentieri.
Allora cosa facciamo, camminiamo al buio? Mi sembra un’ottima idea, così se qualcuno, o qualcosa, dovesse attaccarci non lo vedremmo neanche.” le rispose sarcastica, prendendo un passo laterale verso la via d’entrata sia per allontanarsi dalla sua sequestratrice, che per assicurarsi che l’amica fosse in procinto di arrivare; e per poco non si fece schiacciare una mano dalle sue scarpe.
Hecate ignorò il tono della principessa di Solaria, mantenendo il suo atteggiamento indifferente.

Conosco bene la strada. E se incontreremo qualcuno, me ne occuperò io.”
E prese subito a camminare davanti a loro, con l’intenzione di non perdere tempo; Bloom prese la mano di Stella, rimandando mentalmente una nuova strategia di sopravvivenza a quando sarebbero state sole – o almeno, sperava di trovare l’ispirazione durante il tragitto – e appoggiò con cautela una mano sulla spalla della donna.
Poté sentirla irrigidirsi sotto i vestiti, ma
lei non proferì parola e proseguì nel suo percorso.
Avanzarono
per una quindicina di minuti nell’oscurità più completa, seguendo i passi di Hecate, prima che la fata della Fiamma del Drago non riuscì più a stare in silenzio e diede voce ai dubbi che le frullavano per la testa da almeno un’ora.
Cos’avete intenzione di fare con noi?”
Hecate percorse un altro metro senza aprir bocca, prima di rispondere.

Potreste arrivarci da sole – fece una pausa per ascoltare le loro ipotesi, ma sentendo che nessuna delle due fosse intenzionata a parlare, sospirò – Rick vi vuole per il vostro potere, ovviamente. Soprattutto quello della biondina, che ha raggiunto il livello massimo conosciuto finora.”
Stella roteò gli occhi allo scarso interesse che traspariva
dalla spiegazione molto sintetica che aveva loro dato; una risposta simile non l’aiutava affatto a capire cosa stesse succedendo al mondo magico.
E tu invece cosa vuoi farci con il nostro potere?” le chiese in tono provocatorio, provocazione che l’altra, come d’abitudine, non colse.
Niente. A me voi non interessate; se non avessi da guadagnarci seguendo gli ordini di Rick, sareste già state libere da un pezzo.”
Bloom percepì sotto la sua mano che la donna aveva alzato le spalle con fare indifferente.
Non sapeva ancora che dinamiche di potere intercorressero tra i due, ma per quanto disinteressata e all’apparenza calma, Hecate le era sembrata più potente del suo stesso superiore; non riusciva a trovare un senso nel loro rapporto, soprattutto perché ai suoi occhi la donna pareva guadagnarci solo una serie di seccature.
Inspirò ed espirò quell’aria viziata, prima di prender coraggio e decidersi a parlare.

Sembri più forte di Rick, che motivo avresti di stare ai suoi ordini?”
Di nuovo, sentì i muscoli della loro sequestratrice irrigidirsi.

Non rispondo a domande personali.” e con ciò, fece nuovamente calare il silenzio tra loro.
La mezz’ora che le separava dalla superficie trascorse lenta, con il rumore di tre paia di passi che rimbombava nell’antro; oltre ad esso, le fate non erano in grado di udire nulla.
I luoghi sotterranei che avevano visitato fino ad allora tendevano ad essere umidi, invece l’aria nella galleria era fredda e secca, e nonostante la presenza di acqua, che scorreva sulla roccia calcarea, doveva esserci stata in precedenza – altrimenti le stalattiti sul soffitto non avrebbero avuto modo di formarsi – nessuna delle due poteva sentire una singola goccia cadere al suolo.
Hecate proseguiva dritta e a buon passo, quasi fosse certa di non trovare un’anima oltre a loro in un luogo così remoto; poi, d’improvviso, svoltò a destra, abbassandosi per infilarsi in una galleria secondaria.
Sentendo venir meno il contatto con la sua spalla, Bloom si abbassò a sua volta, rivolgendo la testa verso Stella.

Ci stiamo abbassando, Stel.” sussurrò, portando in alto la mano che reggeva la sua per farle toccare la roccia appena sopra le loro teste: scoprì di non avere molto spazio di movimento, e la sensazione che la donna le stesse portando in un posto particolarmente isolato per eliminarle e disporre dei loro resti cominciò a prendere piede nella sua mente; a favore di tale tesi c’era il suo trattare lei e Stella come se fossero un fardello da portarsi appresso – con ogni probabilità lo erano, dato che il suo superiore gliele aveva appioppate senza sentir lamentele – ma a smentirla nell’immediato si ripresentò l’idea che la donna le avesse condotte nel sottosuolo per evitar loro di incontrare qualche figura pericolosa.
S
e avesse voluto disfarsi di loro si sarebbe limitata ad esporle, o a lasciarle dove le aveva trovate; allora poteva aver mentito dicendo che non aveva alcun interesse per loro, e volerle con sé solo per poter usare la loro magia al momento giusto.
Pur confusa, sapeva di non potersi fidare; aveva avuto un assaggio del suo potere poco prima e, nemmeno aggrappandosi a tutto l’orgoglio che possedeva, avrebbe potuto affermare di avere una chance
contro di lei; non padroneggiava abbastanza la Fiamma del Drago per arrivare ad una concentrazione di magia simile e, anche se ne fosse stata in grado, avrebbe rischiato di perdere il controllo attingendovi così velocemente e senza preparazione. Hecate non s’era mostrata minimamente affaticata dopo averle schiacciate al suolo, soffocando i loro poteri a tal punto da costringerle a ritrasformarsi.
Avendo un momento per riflettere, s’interrogò su come la donna potesse aver raggiunto una preparazione simile; se le circostanze l’avevano spinta a superare il suo limite, anche gli altri esseri magici dovevano possedere un potere notevole; non riusciva a capire da dove potessero averlo sviluppato.
Decise che avrebbe provato a domandarglielo una volta si fosse trovata al sicuro; Hecate la inquietava, ma al momento era l’unica in grado di darle le risposte che cercava; inoltre avrebbe potuto strapparle qualche informazione sul luogo in cui si trovavano le Trix, supponendo che si trovassero effettivamente a Magix e non agli antipodi della Dimensione Magica.
Hecate si arrestò di colpo e Bloom, impreparata, sbatté il naso contro la sua schiena, facendo inciampare anche Stella, che fortunatamente riuscì a reggersi in piedi; la donna ignorò il contatto, disegnando con il palmo della mano un cerchio all’altezza del suo viso: un portale bluastro risplendette nella galleria, permettendo finalmente alle fate di vedere qualcosa.
Ma prima che potessero guardarsi intorno, Hecate si fece da parte.

Entrate.”
Dove porta?” chiese subito Stella, assottigliando lo sguardo; la donna non rispose.
Lo chiedo perché non sei la persona più affidabile che conosca, e non so se stai cercando di liberarti di noi o meno.” aggiunse seccata.
Nonostante la luce piuttosto scarsa, entrambe le fate riuscirono a vedere la loro sequestratrice alzare gli occhi al cielo.

Non perderei tempo ad uccidervi, mi bastava lasciarvi là fuori. Non ci sarebbe voluto molto.” e per la prima volta, si percepì una nota di nervosismo nel suo tono; Bloom pensò che non fosse così paziente come l’aveva immaginata, ma in fondo stava rispondendo alla fata del Sole e della Luna nello stesso modo in cui rispondeva a Rick; forse la differenza stava nella mancanza di una punta di disgusto.
Non può essere peggio di questo posto.” disse allora, rivolta verso l’amica; tirò le labbra in un sorriso, per comunicarle che finché fossero rimaste insieme, sarebbero uscite da quella situazione. Non seppe se Stella colse il messaggio segreto, ma le strinse leggermente la mano e, con lei, si avviò verso il portale.














Avvertenze e condizioni per l’uso:
Buonasera a tutti, o buongiorno, o buon pomeriggio; dipende a che ora state leggendo questo capitolo, ma facevo prima a dire “buon tutto”.
Vi ricordate quando vi avevo detto che speravo di non metterci un altro anno e mezzo ad aggiornare? Eccoci qua.
Del resto ci ho messo solo un anno e due mesi, è già un miglioramento – miglioramento per cui sono comunque desolata, e per cui la scusa è sempre la stessa: questa testina si deve laureare.
Quindi, nonostante la pandemia mi abbia donato molto più tempo in casa davanti al computer, il tempo volava in lezioni, studio e crolli psicologici, mentre continuavo a rimandare la sistemazione di questo capitolo prima di pubblicarlo; del resto non mancava molto alla stesura, eppure mi ci è voluto un secolo.
Vi chiedo scusa.
Spero che questo 2020 sia stato più clemente con voi di quanto lo sia stato con me ma, ehi, almeno ho una chance di laurearmi in corso.
Come di consueto, ringrazio
LadyNabla e Ghillyam onnipresenti, ma anche Applepagly che c’è con il pensiero – aspetto novità da tutte voi, soprattutto tu Erin. Che il mondo possa ispirarti in ogni modo possibile, prego che anche tu possa ritrovare un po’ di tempo.
Ringrazio tutti per la somma pazienza e spero davvero tanto di non tenere questo ritmo imbarazzante. Mi piacerebbe finire questa storia in un tempo utile.
Alla prossima missione, sperando che non sia come l’uscita di Metroid Prime 4 (che doveva uscire qualcosa come due anni fa). Mi sono accorta che ho scritto una cosa simile anche nelle note dello scorso capitolo, ma la mia cadenza davvero mi sta preoccupando.


Mary

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Capitolo 9
*** IX. Issues ***


IX.

Issues


This is the death of me, I feel it constantly
Just like an enemy that wants to see me bleed
So I try to be silent while my words they explode like hand granades
I just gotta stay calm, before I let this time bomb blow up in my face.”
Issues – Escape the fate





Scuro sangue, sangue del suo sangue, sgorgava in zampilli tiepidi da una delicata pelle di qualche tonalità più scura della sua; la carne lacerata ancora pulsava debolmente sotto l'esaurirsi dei battiti del cuore.
E lei non riusciva a smettere, non riusciva a fermarsi: ormai
pregna del liquido ripeteva il movimento con rinnovata forza, come se tutti i colpi che aveva inferto fino ad allora non fossero stati sufficienti.
Il coltello affondava in una pelle fatta burro,
penetrando in profondità ancora e ancora, sempre più a fondo a far a brandelli i muscoli e i nervi; forse solo così si sarebbe finalmente liberata senza la paura che, un giorno, quel corpo sarebbe tornato a cercarla vendicando l'omicidio, uccidendola sotto l'ira dei suoi colpi.
U
n paio di occhi chiari, sgranati e spenti, offuscati dalla morte, erano puntati sulla ragazzina ansimante che non aveva visto crescere, una bestia che non aveva colto nel suo formarsi; quella stessa ragazzina in rosso dalla sporca espressione carica d'odio, le lacrime agli occhi mentre ora le pugnalava il collo, ora il petto, ora le spalle.
Aggrappata al
l’arma, arrestò il suo folle attacco solamente quando vide l'ultima goccia di sangue versarsi sulle sue cosce sottili: e con un conato, poi un altro, la coscienza tornava a impadronirsi di lei, sussurrandole con intensità crescente la gravità del massacro che aveva appena concluso.
Era
come esser stata svegliata da un incubo tremendo, per poi scoprire che la scena che stava mettendo a fuoco davanti a sé fosse più che reale.
L’
ammasso di tagli, sangue, membra e brandelli di tessuto rossi e pendenti era stato sua madre; ed era stata lei a farle ciò.
L’aveva uccisa, l’aveva uccisa e aveva continuato ad accoltellarla anche dopo aver sentito il suo ultimo respiro.
Ma non aveva avuto scelta, si
era giustificata, pulendosi le mani sulle parti ancora bianche della camicia da notte.
Aveva trascorso le due giornate per intero, fino all'ultima sera, in un limbo: un piede ancora nella giovinezza, l'altro nell'oscurità e nel terrore, alla mercé di chissà quale presenza.

I loro corpi saranno a vostra disposizione presto.” aveva sentito sua madre pronunciare.
I loro corpi saranno a vostra disposizione presto.”
S’era chiesta fino all
o sfinimento cosa significasse.
E si era chiusa in sé stessa abbastanza a lungo, nel
la paura racchiusa da tali parole: i cerulei occhi sgranati nel vuoto a cercare una risposta, il respiro mozzato e le labbra che involontariamente ripetevano e ripetevano la frase.
Il fatto che si riferisse a lei e alle sorelle le era apparso talmente limpido da non lasciarle alcun dubbio, abbastanza sicuro da abbandonarla in un nauseante stato di trance.
Cosa avrebbe dovuto fare?
Oh non sarebbe finita bene.
E come ne sarebbe uscita?
Non poteva esser conscia dell'intrinseco significato di una vita, non aveva idea di quanto valesse né la sua, né quella delle sorelle, né quella di chissà quale altro essere magico; ma sapeva che non voleva morire, e non voleva veder morire le uniche persone a cui teneva.
Era stata costretta ad una scelta: o lei, o loro.
Non
voleva ucciderla, mai l’avrebbe voluto se le circostanze non l’avessero richiesto; aveva pensato a molte alternative prima di capire di non averne alcuna.
Del resto non era in grado di fare altrimenti: n
on aveva imparato che a distruggere, era stato stupido da parte sua pretendere di essere capace d'altro.
Aveva osservato le sorelle con una velata nostalgia per quei due giorni:
Darcy aveva dodici anni ed usava spesso leggere anche per tutto il giorno, ignorando le esercitazioni. Aveva cambiato occhiali da poco, preferendo un modello più piccolo rispetto al precedente, che quasi le faceva sparire il viso nelle tonde lenti: o meglio, aveva espresso la sua preferenza alla madre e aveva sperato nella fortuna.
Tutto ciò a cui poteva avere accesso erano trattati o racconti riguardanti Whisperia, il loro paese natale, in una lingua rigorosamente differente da quella parlata: non poteva permettersi ciò che veniva venduto a Magix, sarebbe stata una distrazione dagli studi a lei destinati.
Nel guardarla, ad Icy si era stretto lo stomaco e l'espressione, lasciata incontrollata, aveva assunto un'ombra di tristezza – o qualcosa che ci fosse andato vicino.
Stormy aveva appena compiuto undici anni e ancora sfoggiava una mentalità alquanto infantile: cercava di uscire di nascosto per esplorare, conoscere, e aveva un’avversione non indifferente verso gli ordini che la madre le dava.
Ribelle quanto la sua chioma, veniva ripetutamente ripresa e sempre più le stava apparendo chiaro ciò che per tutta la vita la gente sarebbe andata ripetendo.
Ch'era un'incapace, che non avrebbe mai concluso nulla.
Al momento era intenta a dondolarsi sul davanzale, carezzata dal tiepido vento estivo. Se avesse continuato a ricevere un colpo dopo l'altro la sua pelle si sarebbe fatta fragile e violacea; il suo animo debole e senza vita. E sarebbe stata soffocata una volta per tutte.
Immaginare cosa sarebbe potuto accadere se non avesse agito in fretta,
aveva levato ogni dubbio: Icy sapeva cosa avrebbe dovuto fare.
A
veva pensato di agire da sola, evitando accuratamente lo scontro diretto, e senza esitazione l'aveva fatto: aveva lasciato esplodere le emozioni che aveva compresso fino ad allora, ed era saltata al collo della madre, lacerandolo da parte a parte con la lama che, forse con troppa forza, stringeva nella mano. E non s'era fermata a ciò, ma fendendo un colpo dopo l'altro aveva continuato a trafiggerla: con un movimento quasi meccanico e perpetuo del braccio, affondava ed estraeva il coltello, e il sangue schizzava e schizzava sul suo viso contratto dal dolore, sulle sue braccia, sul suo petto, che irregolarmente si alzava e si abbassava.
Una volta svuotata da tale odio s'era allontanata ad ammirare la sua opera, e aveva deglutito a fatica un conato di vomito: il raccapricciante cumulo di carne rossa davanti a lei era sua madre.
E l'aveva fatto lei, tutta da sola.
Senza l'aiuto delle sorelle, si era detta, con una malsana punta d’orgoglio.
Le dita che erano rimaste aggrappate all'arma la lasciarono in un colpo solo: il rumore metallico risuonò come una sveglia nei suoi timpani e in un attimo si era ritrovata chin
a sul lavandino a tossire e sputare, l'esofago in fiamme e le lacrime agli occhi per lo sforzo. Giunse troppo in fretta la soffocante sensazione che non avrebbe saputo definire: la sensazione creata dall'immagine ormai impressa nella sua mente che le stava tirando la pelle del petto dall'interno, mozzandole il respiro; e che le stava facendo bagnare le palpebre e generava della sua gola dei raccapriccianti rantoli. Doveva essere qualcosa di spaventoso e il non poterlo riconoscere rendeva il suo corpo, sporco e colpevole, ancora più teso e nervoso.
Si chiese più e più volte cosa stesse succedendo.
Dove avesse sbagliato.
Infinite coltellate fendevano l'aria vicino al suo orecchio,
accompagnate dal il rumore degli schizzi che seguivano l’alzarsi del suo braccio, dal tepore del liquido che le scivolava sotto la veste; aveva ucciso, aveva ucciso e stava impazzendo; il sangue su di lei era ancora caldo e pulsante, passava sotto la sua pelle ed entrava nella sua carne.
La carne di un assassino.
Bruciava sulle guance e doveva tornare indietro, indietro in quel corpo che non avrebbe dovuto toccare, non avrebbe dovuto
macellare: era sua madre, una figlia doveva voler bene alla propria madre e lei invece le aveva tagliato la gola e pugnalato il torace una ventina di volte almeno; e cos'era diventata, cosa diavolo era diventata.
U
n panico mai provato prima la cingeva a sé mentre in silenzio urlava contro quel riflesso che non riconosceva: chiedeva chi fosse, quando s'era sostituito a lei, perché aveva fatto ciò a l'unica cosa che la teneva attaccata alla vita; perché, perché buttare via tutto così presto. E continuò ancora per poco nella quiete della notte, fino a che il suo viso non tornò alla solita espressione impassibile che tanto le donava: il suo cuore rallentava considerevolmente la corsa e le restituiva la dignità persa nelle tubature del lavello.
Il rassicurante freddo l'abbracciò di nuovo,
sfiorandole il sudicio volto e consigliandola dolcemente sul da farsi. E dopo poco tempo era tornata a riconoscersi nel riflesso della finestra, candida e pulita dal crimine che aveva commesso: gli occhi lo guardavano con fare maniacale fra i capelli ancora umidi e lasciati sciolti, cercando una qualsiasi traccia di impurità; ma no, era sempre lei.
S
empre la stessa di prima.
S'era preoccupata per niente, dopotutto: era bastato pulire un po' e seppellire i propri sensi di colpa – se così potevano essere chiamati – in fondo al torrente insieme all'arma e al sangue lavato via dalla camicia da notte; era bastato asciugarsi per un po' vicino al camino acceso, forzandosi ad osservare Eris gelida ed immobile, la bocca spalancata e lo sguardo rivolto nella sua direzione; e svegliare le sorelle mantenendo l'alibi che andava creandosi nella sua testa.
Un paio di sopravvissuti all’ira delle antenate, originari di Domino, erano venuti per cercare vendetta; sarebbero tornati per loro, pertanto dovevano muoversi e correre il più lontano possibile; non era una giustificazione infallibile, ma era la migliore che era riuscita a pensare in pochi minuti di riflessione.
Alle sorelle, spaventate da un risveglio così brusco, era bastata.
Icy s
i decise ad uscire dalla soffocante dimora una volta per tutte, lasciandosela alle spalle: il corpo ancora tremante apriva la strada alle altre due bambine e la sensazione di aver dimenticato qualcosa di importante, di indispensabile, per poter scampare al crimine commesso.
Ma non aveva tempo per assicurarsene: sforzandosi nel regolarizzare il respiro, procedette nel silenzio più assoluto, convinta di aver seppellito con la sua coscienza quella storia.
Eris tornò quella sera, tornò per anni e non se ne andò mai completamente.
Nonostante ciò mai Icy avrebbe ammesso di aver provato qualcosa nel compiere il suo primo omicidio: né
che ancora ricordasse ossessivamente le azioni da lei compiute della serata; ma la macabra posa e quegli occhi che non smettevano mai di scrutarla, osservarla o giudicarla…
Scacciando nuovamente le vivide immagini color cremisi, si era passata una mano sulla fronte, spostandosi appena i capelli dal bianco viso: il sole aveva cominciato a levarsi sopra alle montagne, donando una rosea sfumatura ai suoi sensibili occhi.
Senza perdere troppo tempo, si sollevò dai sedili posteriori e indossò la voluminosa giacca di pelle che aveva usato come coperta. Aveva fatto parecchia strada senza scorgere nemmeno la minima traccia della sorella, ma avendo estorto un giorno libero al suo asfissiante compagno avrebbe potuto dedicarsi ulteriormente alla ricerca.
Altrimenti tutto ciò che
stava facendo, e aveva fatto, sarebbe stato completamente inutile.
Lasciarsi alle spalle una lunga scia di omicidi in ogni posto nel quale avesse messo piede aveva portato l'unico vantaggio di poter tenere al sicuro le sorelle; sentire l'unica certezza che aveva sviluppato fino ad allora venir meno, la indusse a stringere istintivamente le mani sul volante, come quella sera, nell'ombra, aveva fatto con il manico del lungo coltello pregno del suo stesso sangue.




107 giorni, 5 ore, 17 minuti, 45 secondi alla fine.




Aveva cominciato ad abituarsi alle notte di Magix: buie quanto il giorno, senza stelle.
Certe notti ombre di creature magiche sempre in guerra le une con le altre venivano proiettate sul muro, al quale il materasso sui cui riposava era appoggiato, dal bagliore dei fuochi; aveva smesso di spaventarsi come la prima notte, eppure il sonno tardava a venire e, con il passare dei giorni, le sue otto ore di riposo si erano già ridotte a cinque scarse.
Fortunatamente aveva scoperto subito che nemmeno Stormy dormisse granché; spesso sembrava aver preso il detto ‘dormire con un occhio aperto’ troppo sul serio, e Musa non poteva fare a meno di continuare a domandarsi se non ci fosse una motivazione a spingerla a farsi cauta e stranamente silenziosa.
Usciva dall’appartamento solo per stretta necessità, o per quello che lei chiamava lavoro: una sorta di incarico da mercenario che sfruttava la sua velocità nel raccogliere informazioni, o oggetti preziosi da una o dall’altra gang, per poi darsela a gambe e consegnarle al miglior offerente.
Lavoro sufficiente a giustificare un nascondiglio a prova di inseguitori, ma non l’atteggiamento schivo, coperto con un tono superficialmente amichevole, che aveva mantenuto durante la loro convivenza.
Cercò di capire quali fossero i dettagli che la strega voleva nasconderle a tutti i costi, studiando i suoi comportamenti molto più controllati rispetto a come la ricordasse; osservando il modo in cui si assicurava che le uscite non potessero essere viste o sfondate dall’esterno, come sopprimeva la propria energia magica per evitare di essere rintracciata.
Precauzioni che la Stormy che aveva conosciuto lei non avrebbe mai preso, che andavano oltre al semplice adattamento ad una situazione critica.
E una sera, dopo pomeriggi trascorsi in chiacchiere di circostanza – non poteva dirsi esattamente a suo agio con la strega – Musa ebbe il coraggio di rendere sonora la domanda che aleggiava nella sua testa da quando l’aveva incontrata.

Perché sei venuta a Magix se sapevi a cosa andavi incontro?”
La scorse girarsi nella penombra, scostandosi le lenzuola dal viso; le piantò gli occhi verdi addosso come ad assicurarsi che le avesse davvero parlato.
“Beh, non potevo approfittarmi per così tanto della tua ospitalità. Tu e tuo padre non dovete mantenere anche me.” disse a mezza voce; Musa sostenne il suo sguardo, tentando di delineare gli occhi e il labiale insieme, ma il buio andava riempiendosi di ricordi che non le appartenevano, ricordi in cui Stormy era impegnata a raccogliere i suoi averi nella stanza degli ospiti, a Melody.
Ricordava le sue mani e il suo ginocchio sinistro premere senza pietà sulla valigia che aveva appena comprato, imprecando fino a chiuderla.

Non sei mai stata un disturbo per noi, lo sai. Ti davi anche da fare.” si accorse a malapena di quello che disse, mentre l’immagine di Stormy che presentava a lei e il padre, inginocchiati l’uno di fronte all’altro davanti al tavolino basso, il primo pasto commestibile che era stata in grado di preparare le passava davanti agli occhi.
“Fatemi aprire la finestra, che qui si sta crepando di caldo” aveva borbottato appoggiando i piatti, e subito aveva fatto scorrere la vetrata alle spalle di Musa, facendo entrare una tiepida brezza estiva che, per qualcuno che era stato ai fornelli per almeno un’ora, doveva essere rinfrescante e rigenerante.
L’aveva vista prendere un ampio respiro, prima di sedersi a gambe incrociate al lato corto del tavolo.

Ero comunque un’altra bocca da sfamare. E poi non volevo mettervi nei casini.” le rispose, immergendola in un’altra onda di memorie: Stormy s’era immobilizzata con la tazza di tè in mano, con le gambe a dondoloni tra le sbarre di legno del portico; teneva gli occhi sgranati e la bocca socchiusa, non le aveva risposto e si era chiusa completamente in sé stessa.
Da allora,
come se qualcun altro le avesse piantato in testa quell’idea, aveva deciso che doveva andarsene; e doveva farlo in fretta.
Si era alzata e si era chiusa nella sua stanza, impacchettando tutto ciò che poteva; Musa percepì il dolore e la solitudine che la sua partenza aveva lasciato nella dimora.
“Quali casini?” le chiese, facendosi più vicina a lei; la scorse esitare, passarsi nervosamente una mano tra i ricci corvini.
Riconobbe lo stesso gesto di quando l’aveva fermata sulla soglia, chiedendole spiegazioni; e lei s’era scusata perché non poteva dirle niente, intrecciando le dita nei suoi capelli e voltandole le spalle; era stata l’ultima volta che l’aveva vista, prima di ritrovarla tutta impolverata, tra le strade malmesse di Magix.
Casini con le mie sorelle.” rispose stringata.
Un nuovo risentimento animò le parole di Musa; parole che le scivolarono dalla lingua come se non fosse
in grado di controllarle.
Credo tu mi debba una spiegazione, a questo punto. Siamo in questa situazione insieme: è chiaro che non posso tornare su Melody, visto che a quanto pare i trasporti saranno bloccati, quindi non ha senso che mi tagli fuori dai tuoi problemi. E poi non mi hai mai dato una spiegazione quando te ne sei andata, vorrei capire se sono io il problema e mi stai mentendo o…” si prese una brevissima pausa, che tuttavia bastò alla strega per inserirsi nel discorso.
Tu non sei e non sarai mai il problema, Musa. Cazzo, mi hai tirata su dalla strada, mi hai servita e riverita e io non potrò mai ringraziarti abbastanza per quello che hai fatto per me, ma tu non ti meriti di esser trascinata nei miei casini. Sono casini belli grossi.” la sua voce si era aperta ad una nota dolce che la fata credeva non avesse.
“Non mi credi abbastanza forte per poterti aiutare?” le chiese, addolcendo
il tono a sua volta, ma senza rinunciare a una punta di orgoglio.
Forse nemmeno io sono abbastanza forte.” ammise, distogliendo gli occhi con vergogna per ciò che aveva appena detto; nonostante la situazione, a Musa venne da sorridere con benevolenza.
“Ma sì che lo sei. E ora lo sono anche io, posso darti una mano.”
Ripiombarono in un silenzio momentaneo; dopo qualche attimo, Stormy si mosse per avvicinarlesi, guardandola fissa negli occhi; affondò la bocca sotto le coperte, appoggiando il mento sulla sua spalla, come a volerle rivelare un segreto.
“Me ne sono andata perché mi ha chiamata Darcy. Ha detto che qualcuno stava cercando di rintracciarci, e che secondo lei quel qualcuno era nostra sorella maggiore – Musa ricordò che negli anni che avevano passato insieme non aveva mai osato chiamare sua sorella maggiore per nome – e me l’ha detto con un’urgenza tale che non me la sentivo di ignorarla. Era veramente spaventata.”

E quindi sei andata da lei?”
Sì – rinforzò la sua affermazione annuendo con il capo – o almeno, per un po’ di tempo. Poi mi sono trovata qualcosa da fare che potesse farmi almeno capire che cazzo stesse succedendo. E, oltre a quello, cercare di anticipare mia sorella nella sua ricerca; se la trovo prima io e la ammazzo posso risolvere il problema alla radice.”
La fata faticò a capire se stesse scherzando o meno; il tono non l’era parso serio, eppure non scorgeva nessun segno del suo caratteristico sorrisetto sarcastico.

Mi sembra un po’ esagerato.” le disse quindi in modo leggero, evitando di caricare le parole di una serietà che avrebbe potuto troncare la discussione.
Stormy fece un’alzata di spalle, piegando la testa verso sinistra per appoggiargliela sulla spalla scoperta; Musa si stupì di non provare nessun disagio nella vicinanza, accogliendo la sensazione di comfort e abitudine che quel gesto le infondeva.

Se ci cerca per eliminarci è legittima difesa; altrimenti può anche continuare a farsi i cazzi suoi, per quanto me ne freghi.”
Quindi mi stai dicendo che con Darcy hai risolto.”
Già.”
E aggiunse subito dopo: “In fondo non è così male.”
Il silenzio calò nuovamente nella stanza, un silenzio differente dai precedenti: non era pregno di tensione
e attesa, non era segnato dalla difficoltà nel portare avanti una conversazione che Musa, nel suo mondo, non era abituata ad avere; era bensì confortevole, s’incastrava perfettamente nel loro discorso senza prendere troppo spazio, né troppo poco.
Eppure qualcosa accadde: parevano due paia di passi, accompagnati da bisbigli tenui che si riverberavano nella tromba delle scale dell’edificio; Stormy si separò velocemente da Musa, che si tirò su seduta di scatto, concentrandosi sulla frequenza dei suoi in grado di amplificare con il suo potere.

Non è possibile.” bisbigliò, fissando il suo sguardo sulla porta d’entrata.
Cosa non è possibile?” domandò brusca la strega, alzandosi e prendendo grandi passi verso la porta per assicurarsi che la magia che proteggeva le vie di accesso o uscita del locale fosse ancora al suo posto.
Ah, non fa niente. Tanto la porta è incantata, nessuno è ancora riuscito ad entrarci; e se entrano li carbonizzo.” disse voltandosi verso la fata, dopo non aver ricevuto nessuna risposta.
Musa si alzò lentamente in piedi; conosceva le due voci in procinto di avvicinarsi, eppure non riusciva a fidarsi dei suoni che percepiva; se Tecna aveva trovato un modo per rintracciarle tutte, perché non l’aveva fatto prima?
Perché le aveva permesso di trascorrere più di una settimana rinchiusa nel bilocale di Stormy per evitare di venir uccisa dai malviventi di Magix?
I passi si fermarono davanti alla porta; la fata chiuse la distanza che la separava dalla sua ex nemica e, in un bagliore purpureo e violaceo, permise che un paio di grandi ali luminose emergesse dalle sue scapole.




107 giorni, 4 ore, 53 minuti, 20 secondi alla fine.




L’appartamento dev’essere protetto con la magia; ecco perché il segnale continuava a sparire e riapparire.” dichiarò Tecna, analizzando con sguardo attento quella che sembrava essere una porta di legno malmessa, il cui spazio tra le assi rivelava un ambiente oscuro e polveroso.
Aisha avvicinò con cautela il viso alle fessure, strizzando un occhio per poterci guardare attraverso; l’ambiente appariva sgombro e minuscolo, con una sola finestra, dalla quale penetrava la scarsa luce proveniente dalle strade; il pavimento era composto da piastrelle rotte e intonaco scrostato, coperto da uno spesso strato di polvere, che non presentava alcuna traccia di passaggio per almeno un anno intero.
Tirandosi indietro, si sporse verso Tecna per controllare che il suo palmare segnalasse proprio l’interno della stanza; la mappa che era andata componendosi gradino dopo gradino mostrava esattamente la conformazione della stanza, e Musa era rappresentata vicino alla porta.

Sì, dev’essere una barriera – si convinse allora – E suppongo che Musa non possa neanche sentirci da là dietro.”
Non ne ho idea. Potrebbe non essere in grado di disattivarla.” alzò lo sguardo verso la porta, distendendo una mano; il palmo aperto percorse l’altezza del legno con lentezza, arrestandosi appena prima di sfiorare il suolo.
Nel momento
in cui raddrizzò le ginocchia, linee verdi perpendicolari si allungavano dallo stipite alto, lungo i lati lignei della cornice, innervando la superficie fino al cemento spoglio; Tecna le seguiva attentamente con lo sguardo, assottigliando gli occhi per poter mettere a fuoco i dati in codice binario che comparivano nei quadrati creati dalla griglia.
S
postò gli occhi da uno stipite all’altro, toccando il quadrato centrale per studiare il grafico che la sua magia aveva composto. Appoggiò il polpastrello sul picco di magia nera, prima di rivolgersi alla compagna.
Potremmo avere una pista, Aisha. La traccia di ogni magia è riconoscibile e riconducibile al suo proprietario.” disse a mezza voce, spostando il viso dall’alto in basso per cercare il punto debole da forzare per aprire una breccia nella barriera: ogni barriera ne aveva uno, l’aveva scoperto nel suo primo anno ad Alfea.
Stai dicendo che questa traccia è già nel tuo database?” tentò la compagna.
Esattamente.” le rispose, appoggiando il pollice sulla vena della superficie magica; aveva sempre trovato abbastanza ironico pensare che le barriere fossero come vetro: un colpo ben assestato nel punto giusto era sufficiente a farle andare in frantumi.
Ruotò il polso, circoscrivendo l’area più fragile con attenzione;
nel compiere il lento movimento guardò Aisha con la coda dell’occhio.
Concentra la tua energia, quando ho finito dovrai colpire questo punto con un attacco abbastanza potente da rompere la barriera.”
La principessa di Andros annuì.

Dobbiamo aspettarci uno scontro, suppongo. Ipotesi su chi potremmo trovarci davanti?”
Tecna alzò nuovamente lo sguardo verso la porta, osservando nuovamente il grafico nel quadrato centrale, prima di dischiudere le labbra per rispondere.
Aisha la precedette, agguantandola per una spalla e tirandola indietro con forza; con l’altra mano aveva già formato uno scudo a proteggerle.
La porta si era aperta con uno schianto, rivelando un piccolo appartamento illuminato flebilmente dai fuochi di strada.

Che cazzo fai, ma sei scema?!” si sentì una voce irritata fuori dal loro campo visivo; ma entrambe le fate, pronte all’attacco, s’erano bloccate davanti alla persona che sostava sull’uscio, le cui grandi ali passavano a malapena dalla cornice della porta.
Era Musa.

Siete veramente voi?” chiese subito, portando le mani davanti a sé per preparare un eventuale attacco. La diffidenza veniva da entrambe le parti, siccome Tecna la stava già scrupolosamente analizzando dai piedi alla punta dei capelli con lo sguardo.
Sì che siamo noi, ti abbiamo trovate grazie al dispositivo che ha sviluppato Tec. Ricordi? Per evitare che ci perdessimo se fosse successo qualcosa, come infatti è successo.” le rispose Aisha, più positiva nell’ignorare il dubbio sull’identità della fata della musica; ma rivolse uno sguardo nervoso alla zenithiana prima di continuare.
Tecna annuì appena.

Affermativo, è veramente Musa.”
Stiamo cercando anche le altre; prima ci uniamo, meglio è.” aggiunse la fata dei fluidi.
Quindi queste due stanno dalla tua parte?” la voce tornò a farsi sentire, e la sua proprietaria uscì dalla penombra per squadrare le nuove arrivate con un’espressione scettica; il suo corpo minuto, coperto solo da una maglietta oversize che le arrivava fino a metà coscia, contrastava in modo netto con l’aspetto etereo dell’Enchantix di Musa.
Nonostante nessuna delle due l’avesse mai vista così, con i capelli arruffati e l’impronta del cuscino sulla guancia, non mancarono di riconoscerla.

E me lo chiedi anche? Non sarei qui a parlarci se non stessimo dalla stessa parte.” le disse Musa, inclinando la testa nella sua direzione e rivolgendole un sorrisetto appena accennato.
Stormy ricambiò velocemente lo sguardo, prima di riportarlo sulle fate, ancora in silenzio e con gli occhi fissi su di lei.

Allora falle entrare. Più ce ne stiamo qui con la porta aperta, più attireremo l’attenzione.” e fece loro segno con la mano di entrare in modo frettoloso.
Quando le due fate
furono entrambe in salotto, la strega delle tempeste cacciò fuori la testa, guardandosi intorno, prima di chiudere e porre le mani pregne di magia sul legno della porta.
Aisha ne approfittò per avvicinare le labbra all’orecchio di Musa, non mancando di tenere d’occhio i movimenti della strega.

Cosa ci fai qui con quella?” sussurrò.
La fata della musica si fece tesa, mettendosi sulla difensiva.

Se non avessi incontrato lei probabilmente sarei morta, quindi se sto bene e al sicuro è solo merito suo. E poi credo sia palese che almeno lei non c’entra niente con tutto questo casino.” disse, trattenendo a stento l’asprezza che le era rimasta in gola dopo il litigio con Stella.
Quanto era passato? Le sembrava di essersi separata da lei e da Bloom da mesi, eppure non doveva esser passata più di una settimana.

Dopo ciò che ci ha detto Faragonda, è probabile che le Trix non lavorino insieme. Quello che stai dicendo non è una novità per me, ci ho pensato a lungo venendo qui.” intervenne Tecna
Siete state ad Alfea?” Musa aggrottò le sopracciglia, accorgendosi di come il ricordo della scuola per fate si fosse offuscato di fronte alle immagini di un passato che non le era mai appartenuto.
Con ogni probabilità, la Musa che era al momento non aveva mai frequentato il college, e i due anni passati in compagnia delle sue più care amiche andavano svuotandosi di significato.

Sì, non riusciresti a capire quanto è cambiata neanche se te la descrivessi nei minimi dettagli.” rispose Aisha con una smorfia poco rassicurante. La melodyiana poteva solo immaginare il peggio.
Come dicevo – riprese Tecna, infastidita dall’essere interrotta – sono arrivata a costruire un’ipotesi, confermata dall’atteggiamento di Stormy nei tuoi, e di conseguenza nei nostri, confronti:
le streghe potrebbero avere un ruolo marginale in tutta questa faccenda, o addirittura nessun ruolo.”
E allora chi avrebbe fatto un casino di queste proporzioni?” chiese la principessa di Andros, scettica.

Tecna rifletté un momento; il suo sguardo ricadde su Stormy, che staccava le mani dalla porta con uno sbuffo mal contenuto.
Ne riparliamo quando saremo sole.” sussurrò la fata, in parte celando il fatto che non avesse una risposta a quella domanda. O almeno, non ancora.
La strega tornò da loro, squadrandole una seconda volta.

Fammi capire, ce ne sono altre come te, Musa? Perché se ce ne sono, non ho tutto lo spazio del mondo per nasconderle nel mio appartamento.” fece, incrociando le braccia.
Altre tre, ma se conosci qualche posto sicuro possiamo trasferirci altrove. E poi dovremmo avere un p
iano per allora?” le rispose Musa, rivolgendo uno sguardo esitante a Tecna, che annuì.
Ho già qualche idea, si può pensare a qualcosa di più concreto.”
A
tali parole, Stormy piegò le labbra in un sorrisetto.

Beh, se quello che volete fare è far saltare questa società di merda, allora ci sto.”
Aisha si voltò verso Tecna con le sopracciglia aggrottate, schiudendo la bocca per sussurrarle ‘non vorrai…’; ma la compagna la precedette.
In un certo senso. Più siamo, meglio è, quindi siediti: ti spiegherò tutto.” disse alla strega, che prese a sedere sul divano con un ghigno soddisfatto.
Includere Stormy nella loro operazione poteva sembrare una decisione affrettata, ma tenendola all’oscuro dei dettagli più oscuri – come il fatto che Tecna avesse tutte le intenzioni di cancellare l’errore che aveva creato quella linea temporale, eliminando di conseguenza anche lei – sarebbe stata un aiuto prezioso.
Per quanto sia lei che Aisha fossero in grado di orientarsi con la carta sul suo palmare, avere al proprio fianco qualcuno che conosceva la città dall’interno, pericoli compresi, era un vantaggio che Tecna non voleva lasciarsi scappare.

Allora sputa il rospo.” le disse la strega, incrociando le gambe e affondando comodamente la schiena tra i cuscini.









Avvertenze e condizioni per l’uso:
Sono stupita dal fatto che questa volta, invece che un anno e mezzo, ci ho messo solo tre mesi.
Non abituatevi troppo, ma io stessa sono esaltata da questa “conquista”; in ogni caso mi sento di scusarmi, perché è comunque un tempo di aggiornamento imbarazzante.
Al momento sono presissima con la sessione (infatti non so manco come sono riuscita a tirar fuori questo capitolo, forse perché era già mezzo pronto da quasi un anno), quindi non saprei dare una data al prossimo aggiornamento. Forse settembre? Spero veramente di sì.
E’ estate e auguro a tutti un’estate divertente e finalmente un po’ più libera dalla pandemia. Divertitevi voi che potete!
Ringrazio, come sempre,
Ladynabla, Ghillyam e Applepagly (che so che lurka sempre perché me lo dice) per essere onnipresenti e sopportare questo tempo di aggiornamento veramente incredibile, nonché sorbirmi i miei scleri su vari argomenti, compreso il tempo che non è mai abbastanza.
Siete veramente la forza che spinge il mio cervello, fuso e disfatto, a farmi scrivere.
Questa storia andrà avanti ancora un bel po’, perché io stessa voglio vedere la fine.
Grazie anche a tutti i lettori silenziosi, siete preziosissimi e sono davvero contenta se la storia vi piace e vi tiene compagnia durante questi mesi estivi (anni, contando che l’ho iniziata tipo nel 2018?).
Se avete voglia, ditemi cosa ne pensate! Anche con un messaggino, non serve per forza la recensione.
Alla prossima missione, sperando di vedere il giorno in cui il mio ginocchio sarà a posto e non continuerò a rompermelo.


Mary

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