Our Family

di crazy lion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Matrimonio ***
Capitolo 3: *** Scelta ***
Capitolo 4: *** Cena di famiglia ***
Capitolo 5: *** Attesa ***
Capitolo 6: *** Litigio ***
Capitolo 7: *** Primo incontro ***
Capitolo 8: *** A casa ***
Capitolo 9: *** Momenti felici ***
Capitolo 10: *** Breve vacanza e scuola di danza ***
Capitolo 11: *** Famiglia ***
Capitolo 12: *** I regali più belli ***
Capitolo 13: *** Nuovi amici ***
Capitolo 14: *** Picnic e veterinario ***
Capitolo 15: *** Primo giorno ***
Capitolo 16: *** Compleanno ***
Capitolo 17: *** Siamo una famiglia ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Our Family


 
 
 

Piccola prefazione

 
 
Non avrei mai pensato di scrivere una fanfiction sui Bangtan Boys, o BTS che dir si voglia. Ascolto principalmente musica in inglese, ma una mia amica con le sue storie mi ha fatta appassionare a questo gruppo e una conoscente mi ha dato le informazioni che mi servivano per scrivere questa fanfiction. Avendo quelle, tutto è stato più semplice e mi è venuto naturale.


Questa storia può essere letta come un’originale con i BTS come prestanome.
Non l'ho ambientata in Corea perché so che i coreani sono molto rigidi riguardo l'adozione da parte di coppie omosessuali, e sinceramente non so nemmeno se si possano fare. Ho cercato informazioni, ma non ho trovato nulla, così ho deciso di ambientare la storia a San Francisco. Conosco molto bene le leggi sull'adozione in California, perché le ho usate anche per un'altra storia ancora in corso, quindi quello non è stato un problema.


Spero di aver dato il giusto peso alle tematiche trattate e di aver approfondito abbastanza ogni cosa. Mi auguro che questa storia possa piacere a voi lettori almeno la metà di quanto piace a me. Mi ci sono impegnata molto, non è stato facile, anche perché è la prima volta che scrivo una storia con un prologo e un epilogo che, per me, sono stati i più difficili da scrivere. So che non tutti li amano, soprattutto i prologhi e che a volte li saltano, ma vi chiederei di non farlo perché sono importanti.


Questa storia mi resterà sempre nel cuore e, mi auguro, anche in quello di qualcuno di voi.

 
 
 

Prologo

 
Il salotto era piccolo ma confortevole, con un divano e due poltrone al centro e la televisione di fronte. Alle finestre erano appese tende color crema.
Due bambini stavano seduti sul tappeto. Davanti a loro c'erano due bambolotti. La bimba più piccola ne prese uno e disse, con una voce dolcissima:
"TaeTae, giochiamo? Giochiamo? Ti prego!"
Lui, che aveva dodici anni – sette in più di sua sorella – stava per dire di no. Le bambole non erano certo il suo gioco preferito, lui amava i giochi di guerra alla play station. Ma come avrebbe potuto resistere a quegli occhi da cucciolo?
"Va bene" rispose.
"Yay!" esclamò Mi Sun, alzando le braccia in aria.
Taehyung sorrise: adorava il suo entusiasmo anche per le più piccole cose, quello che lui non aveva più.
"Allora, io sono il papà e tu sei la mamma di questi bambini."
Taehyung si trattenne dal ridere.
"Non sarebbe giusto il contrario, visto che io sono un maschio e tu una femmina?"
"No, voglio che tu sia la mamma."
"Come preferisci, principessa."
Mi Sun arrossì. Tae la chiamava spesso così, perché aveva dei meravigliosi occhi scuri e una cascata lucente di capelli castani.
"Ciao, piccola!" esclamò Taehyung, rivolto alla bambola, con tutta la dolcezza possibile. "Vieni, è ora della pappa."
Con un dito a mo' di cucchiaio fece finta di darle da mangiare.
"Vuoi che ti aiuti?" chiese Mi Sun.
"No, me la cavo, tu dà da mangiare all'altro.
Una volta finito, li misero a dormire sul divano e si sedettero accanto a loro.
"Dov'è la nonna?" chiese la bambina.
"In cucina a preparare il pranzo."
"E il nonno?"
"Con la nonna. Hai bisogno di loro?"
Il sorriso sparì dal visino di Mi Sun, che si fece seria. Taehyung non l'aveva mai vista così. Che le mancassero mamma e papà? Loro due erano cresciuti con i nonni perché i genitori lavoravano fuori città, ma venivano a trovarli ogni venerdì e rimanevano fino alla domenica. Era giovedì.
"Mamma e papà torneranno presto" la rassicurò.
"Io non voglio essere una mamma che lavora sempre, voglio stare sempre con i miei bambini" rispose lei.
"Vuoi dei bambini?"
Poteva sembrare strano pensare già ai figli a quell'età, ma Mi Sun aveva un grande istinto materno non solo verso le sue bambole, ma anche verso i bambini più piccoli di lei.
"Sì, ne voglio almeno dieci. E tu?"
"Dieci? Non sono un po' troppi?"
"No, sono pochi, ma rispondimi!" insistette l'altra.
In tutta sincerità, Taehyung non sapeva cosa dire. Si era reso conto da un po' che gli piacevano i ragazzi. Era nato in America, negli Stati Uniti, da genitori coreani, e sapeva che gli USA erano molto più aperti della Corea riguardo l'omosessualità, ma era ancora confuso e troppo giovane per capire cosa voleva davvero.
"Non lo so" rispose. "Forse."
"Secondo me saresti un papà bravissimo. Ce l'hai una fidanzata?"
"No." Non mentiva. Molte ragazze gli andavano dietro, ma lui se ne disinteressava. "E non so se l'avrò. E tu?"
"Io ce l'ho, si chiama Kevin."
Inizi presto pensò Taehyung.
Poi gli tornò in mente Jungkook, il suo compagno di banco. Erano migliori amici, anche se da un po' di tempo Taehyung si sentiva attratto da lui in modo diverso. Non avrebbe saputo descriverlo, però, così si teneva tutto dentro.
"Mi canti la canzone che mi canta la mamma prima di dormire?" chiese Mi Sun al fratello.
"Hai sonno? Fra poco si mangia."
"No, voglio solo sentirla."
Per avere la madre più vicina, probabilmente, o almeno questo fu quello che pensò Taehyung. Non ricordava tutte le parole in coreano, ma ci provò e, dopo, la piccola parve più rilassata.
"Grazie."
"Figurati, piccola."
"Piccola? Io sono grande."
"Hai ragione, scusa."
"A tavola!" chiamò la nonna e i due fecero a gara a chi arrivava per primo.

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Capitolo 2
*** Matrimonio ***


Capitolo 1.

 

Matrimonio

 
Erano passati molti anni da quel giorno. Ora Taehyung ne aveva venticinque, e con il tempo aveva capito di essere gay. Se n'era vergognato, all'inizio. Si era sentito fuori posto, sbagliato, anche perché non aveva idea di come la sua famiglia avrebbe reagito nello scoprire che il loro figlio era di quell'orientamento sessuale, ma non poteva farci niente. Si era sentito sollevato quando, al liceo, Jungkook gli aveva detto che anche lui era gay. Era stato proprio il ragazzo a fargli capire che non doveva vergognarsi e che lo aveva spinto a fare coming out. Se i genitori di Taehyung erano rimasti sorpresi, ma avevano accettato la situazione senza tanti problemi, non era stato così per i nonni.
"Questa è la mia natura" aveva cercato di spiegare lui, con le mani che gli tremavano. Dio, quanto avrebbe voluto che Jungkook fosse lì con lui. "È ciò che sono."
"Ciò che sei non mi piace," aveva detto il nonno, "ma se sei felice così, d'accordo."
Il ragazzo si era sentito sollevato. Si era tolto un gran peso dal cuore. Jungkook aveva fatto coming out da tempo e anche i suoi genitori avevano reagito bene. Da allora ne era passata di acqua sotto i ponti, i due si erano fidanzati ufficialmente a diciassette anni e adesso Taehyung si stava preparando alla notte prima delle nozze con Jungkook. Lo chiamò.
"Ehi, che stai facendo?" gli chiese, tanto per rompere il ghiaccio.
"Bevo un caffè, tu?"
"Guardo il soffitto."
"Ascolta, c'è una cosa che non sai di me e che ti devo dire."
"Una cosa che non so?" domandò l'altro, stupito. "Credevo non ci fossero segreti, tra noi, Jungkook."
"Non ce ne sono, Taehyung, ma questa è una cosa delicata. Io… io sono stato adottato."
La voce di Jungkook aveva tremato a quelle parole. Seguì un breve silenzio.
"D'accordo. Perché dovrebbe essere un problema? Perché non me l'hai detto prima?" chiese Taehyung con dolcezza.
Sentì un respiro tremante provenire dall’interfono. Non doveva essere facile, per Jungkook, parlare di cose simili.
"Perché sono stato preso in giro a scuola anche per questo, ma forse non te ne sei mai accorto."
"No, almeno non su questo argomento."
"I miei, da qui, hanno fatto un'adozione internazionale e sono venuti a prendermi in Corea. Avevo due mesi, quindi non ricordo nulla. Me l'hanno detto quando avevo dieci anni. Non so perché non te ne ho mai parlato in tutto questo tempo, non è che temessi di essere preso in giro da te, solo… questo era il momento giusto, ecco."
"Capisco. Beh, ora lo so e sono ancora più fiero di te. I bambini adottati ne passano tante. Sai qualcosa sui tuoi genitori naturali?"
Taehyung si diede dell'idiota per aver posto quella domanda. Era giusto voler sapere, ma doveva anche rispettare i sentimenti del suo fidanzato. E se gli avesse fatto male? E se avessero litigato?
"Sono morti con mio fratello maggiore nella capanna dove vivevamo. È scoppiato un incendio e…"
"E tu ti sei salvato per miracolo, quindi."
Lui trasse un profondo respiro.
"Fortunatamente sì, mamma è riuscita a portarmi fuori, in un prato, dove sono stato trovato e poi portato all'orfanotrofio. I miei hanno cercato di salvarsi e di salvare mio fratello, ma non ci sono riusciti."
Taehyung sospirò.
"Oh, Jungkook, che storia triste mi hai raccontato. Almeno potessi avere più informazioni. Voglio dire, se fossero vivi potresti cercarli, conoscerli, ma così è impossibile."
"Già. Non ho nemmeno una loro foto, niente, solo i documenti dell'adozione” disse con amarezza. “Ma nonostante questo sono felice, e sai perché? Eravamo molto poveri al villaggio, mentre qui ho avuto una bella vita, con genitori amorevoli, amici fantastici e un fidanzato strepitoso e che amo più della mia stessa vita."
Taehyung sentì il cuore battere forte nel petto a quelle parole.
"Grazie" rispose con un fil di voce.
Dopo poco si salutarono e andarono a dormire. Nessuno dei due riposò quella notte e la mattina dopo fu tutta una corsa per prepararsi.
Quando Taehyung vide Jungkook attraversare la spiaggia dove avevano scelto di sposarsi, a Venice Beach a Los Angeles, gli venne da piangere. Avevano scelto quella località, a sette ore di distanza da casa a San Francisco, perché ci erano stati quando si erano fidanzati e l’avevano amata così tanto che nessun altro posto avrebbe potuto essere più perfetto. Jungkook indossava una cravatta e un paio di jeans attillatissimi, che mettevano in risalto le sue gambe snelle. Portava un paio di scarpe bianche. Taehyung era vestito più o meno nella stessa maniera, ma con scarpe color crema. Erano tutti lì: i genitori, i nonni e gli amici dei due, ovvero Yoongi, Jimin, Seokjin, Hoseok e Namjoon. Sarebbe stato Yoongi a ufficiare la cerimonia.
"Sei bellissimo" disse Jungkook al fidanzato quando gli fu accanto.
"Anche tu, ti trovo incantevole."
Nonostante fossero coreani, i genitori avevano lasciato scegliere loro, da grandi, di che religione essere, se animisti come loro o di qualunque altra religione, ed entrambi avevano scelto il cristianesimo.
Yoongi chiese silenzio assoluto. Si udiva solo il rumore delle onde del mare che andavano su e giù, il sole splendeva, i gabbiani volavano sopra le loro teste e ai due sposi parve di non aver mai visto un cielo così azzurro.
"Siamo tutti qui riuniti oggi per celebrare il matrimonio fra Taehyung e Jungkook."
Dopo la professione di fede, i due recitarono altre preghiere, seguiti dagli amici anche loro cristiani.
Quando fu ora di leggere il Vangelo, dopo la Preghiera dei Fedeli, ci pensò Hoseok.
“Il Signore sia con voi” disse.
“E con il tuo spirito” risposero tutti.
“Dal Vangelo secondo Giovanni.”
“Lode a te o Signore.”
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri»."
La predica di Yoongi fu breve. Parlò dell'amore di Dio, che ama incondizionatamente tutti, anche quelli che sono di altre religioni, che farebbe di tutto per noi e che non ci lascia mai soli.
"Amatevi gli uni gli altri, ha detto. Ricordate di dire sempre "Ti voglio bene" o "Ti amo" alle persone a voi vicine. Troppo spesso queste parole sembrano scontate, perché si sa che chi ci è accanto ci vuole bene e viceversa, ma non è così! Hanno un valore grandissimo, non dimenticatelo mai."
Dopo qualche altra preghiera, Yoongi riprese la parola.
"Taehyung, vuoi prendere tu Jungkook come tuo legittimo sposo, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, e prometti di amarlo e onorarlo tutti i giorni della tua vita, finché morte non vi separi?"
"Lo voglio" rispose.
Quando Jungkook si sentì porre la stessa domanda, disse "Lo voglio" con un fil di voce, tanto era emozionato.
I due si misero reciprocamente gli anelli al dito.
"E ora," riprese Yoongi, "per il potere che mi è stato conferito, io vi dichiaro marito e… marito."
Scoppiò un applauso e gli sposi si abbracciarono e si baciarono davanti a tutti, senza vergogna. Fecero alcune foto, poi venne tirato loro del riso addosso e infine, dopo altre fotografie, andarono al ristorante. Il pranzo fu pieno di portate squisite, mangiarono così tanto che alla fine non ne poterono più.
Una volta a casa, Taehyung prese in braccio Jungkook e lo portò dentro. Abitavano lì da tre anni ormai, ma ora quell'abitazione appariva nuova e più piena di vita.
"Ti amo" sussurrò Jungkook all'orecchio di Taehyung, facendolo rabbrividire.
"Ti amo anch'io."
In camera si spogliarono a vicenda. Dopo aver fatto l'amore giacquero entrambi, stanchi ma felici, l'uno vicino all'altro. Sarebbero partiti per la luna di miele a Soria, in Spagna, due giorni dopo. Finalmente si erano sposati. Erano un corpo solo e una cosa sola, si amavano ed era soltanto questo a contare.
 
 
 
CREDITS:
dal Vangelo secondo Giovanni, 15,9-11.
 
 
 
NOTA:
Jungkook non è stato adottato. È una cosa di mia invenzione.

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Capitolo 3
*** Scelta ***


Capitolo 2.

 

Scelta

 
Taehyung sapeva che qualcosa non andava. Ne era convinto. Da un po' di tempo a quella parte, Jungkook era strano. Era sempre stato un tipo introverso ma mai così silenzioso come allora.
"Stai bene?" gli chiese una sera, a cena, dopo che erano tornati entrambi dal lavoro.
Taehyung lavorava in una fioreria, mentre Jungkook era il direttore di un negozio di vestiti.
L'altro aprì la bocca, ma la richiuse subito e mangiò due patatine fritte.
"Non posso aiutarti, se non mi dici che cosa c'è che non va" gli disse Taehyung con dolcezza.
"Non è niente."
"È qualcosa, invece. Avanti, parla."
"È solo che…" si schiarì la voce. "Stavo pensando, siamo sposati da tre anni, conviviamo sotto questo tetto da molto, abbiamo delle entrate regolari e forse sarebbe ora di pensare a una famiglia. Tu hai ventotto anni, io ventisei e non voglio aspettare troppo prima di avere un bambino.” Fece una piccola pausa. “Volevo solo dirti che sono pronto a diventare padre. Se tu non lo sei, lo capirò e lo accetterò, anche se mi farà male."
Le sue ultime parole uscirono in un sussurro e Jungkook si portò una mano al petto come per diminuire la sofferenza che avrebbe provato.
Taehyung rifletté per qualche secondo. Avevano parlato spesso di un figlio. Lo volevano entrambi e lo sapevano, ma una cosa era parlarne così alla leggera, una ben diversa era decidere di averlo. Eppure, lui si sentiva abbastanza maturo per questo.
"Lo desidero anch'io" disse con un gran sorriso e i due si abbracciarono.
"Lo dici per davvero , o solo perché non vuoi farmi male?"
"Per davvero. Non ti mentirei mai su una cosa del genere."
"Hai ragione, scusa."
"Ora che facciamo?"
"Finiamo la cena e ci informiamo."
Dopo aver terminato ognuno il proprio hamburger, i due lavarono i piatti insieme, per far prima, dopodiché andarono in salotto, si accomodarono al tavolo e accesero il PC. A Jungkook piaceva molto quel tavolo, era antico, appartenuto a sua nonna. Aveva più di cento anni e ancora reggeva, per questo l'avevano tenuto, anche se avevano dovuto dargli una sistemata. Sua nonna ora non c'era più, ma sarebbe stata felice della scelta del nipote. Jungkook sorrise a quel pensiero.
I due si misero a cercare su internet un'agenzia che accettasse anche i gay e le lesbiche come possibili genitori adottivi. Ne trovarono due in particolare, ma continuarono a informarsi sull’adozione, sia nazionale sia internazionale, per mesi. Lessero testimonianze di coppie gay che avevano adottato bambini, ormai conoscevano a memoria i requisiti per l’adozione e alla fine si decisero. Jungkook avrebbe chiamato il giorno dopo uno dei due numeri che avevano trovato.
"Ma ci pensi? Un bambino tutto nostro!" esclamò Taehyung quando andarono a letto.
L'altro lo baciò.
Le due agenzie che avevano trovato si occupavano sia di adozioni nazionali che internazionali.
"Tu cosa vorresti, un maschio o una femmina?" gli chiese Taehyung accarezzandogli uno zigomo.
"Per me è lo stesso, basta che stia bene."
"Dai, lo so che in fondo sai la risposta."
"Okay, se proprio insisti preferirei una femminuccia, ma non so se una neonata o una bambina un po' più grande."
"Non pensi che sarebbe difficile crescerla senza la presenza di una figura materna?" chiese Taehyung, dubbioso.
"Io non credo, Tae. Molti genitori gay hanno adottato delle bambine e noi ne conosciamo. Sono famiglie come tutte le altre."
"D'accordo, vedremo quello che succederà domani."
Nessuno dei due dormì quella notte.
Il giorno dopo, Jungkook si portò in negozio un foglio con nomi e numeri delle agenzie e, quando a metà mattina riuscì a staccare dal lavoro, si mise al telefono. Gli rispose una segretaria che gli disse che l'avrebbe richiamato nel giro di mezz'ora. Così fu.
"Mi dispiace, ma l'assistente sociale è fuori città fino alla fine del mese" gli disse.
"Ah." Dal tono di voce di Jungkook traspariva tutta la delusione che provava. Era l'inizio di marzo, non potevano aspettare così tanto. "Grazie lo stesso, arrivederci."
Provò con il secondo numero, sperando di essere più fortunato. Spiegò alla donna il motivo per cui le aveva telefonato e fissò, per sé e il marito, un appuntamento per il venerdì di quella settimana.
"Non so se mi abbia risposto l'assistente sociale o una segretaria," disse Jungkook a Taehyung quando si ritrovarono per pranzo, "ma aveva una voce giovanile e gentile e mi è piaciuta molto."
Arrivare al venerdì – era lunedì – fu una vera e propria tortura per entrambi. Non facevano altro che pensare all’adozione.
"Che tipo di adozione nazionale sceglieremo? Quella di una madre naturale che ci darà il suo bambino o quella di un bimbo che è già in affidamento?" chiese Jungkook, più confuso che mai,
Taehyung lo allontanò dallo schermo del computer.
"Secondo me ci stiamo riempiendo la testa di informazioni senza capirci molto, perciò aspettiamo e vediamo cosa ci dirà l'assistente sociale venerdì."
Jungkook sospirò.
"Okay."
Quel venerdì i due si svegliarono prima del solito, fecero colazione in veranda, si prepararono e attesero le nove, poi partirono con l'auto e alle dieci in punto erano davanti all'ufficio di Aleicia Harper, in Maple Street. La donna era una degli assistenti sociali che lavoravano in quell'agenzia. Era stata lei a rispondere a Jungkook. Lui e Taehyung si trovarono di fronte una donna giovane, sulla trentina, con i capelli biondi lasciati sciolti sulle spalle e un sorriso dolce.
“Mi aspettavo qualcosa di molto diverso” dichiarò stupito Taehyung.
“Diverso? Cosa intende?”
L’attenzione dell’assistente sociale si acuì e fissò il ragazzo per lunghi istanti.
“Mio marito mi aveva detto che lei sembrava giovane e gentile, ma pensavo avrebbe avuto un’aria più seria, invece sorride sempre. Il che mi conforta” aggiunse, perché non sembrasse che la stava giudicando male.
“Grazie, in effetti io sorrido molto. Devo rassicurare i miei clienti, quando c’è bisogno.”
Li accolse nel suo studio e offrì a ciascuno una tazza di tè. Quando i due ebbero finito di bere, lei parlò.
"Cominciamo dall'inizio. Siete sposati o convivete?”
“Ci siamo sposati tre anni fa” disse Jungkook.
“Bene. Perché volete adottare un bambino?"
Gli occhi della donna erano vivaci e penetranti., perché dovevano osservare e valutare attentamente sia le madri naturali che gli aspiranti genitori adottivi. Doveva assicurarsi che Taehyung e Jungkook non avessero qualche disturbo psichico e che non desiderassero un figlio per le ragioni sbagliate, come quei genitori che cercavano di salvare un matrimonio. Con la stessa accortezza lei valutava le madri naturali.
"Per molte ragioni" disse Taehyung. "Tanto per cominciare, entrambi amiamo i bambini e siamo pazienti con loro. In più, vorremmo dare una casa e soprattutto stabilità e amore a un bambino meno fortunato."
"Credo che essere padre sia una cosa meravigliosa e vorrei dare a un bambino lo stesso amore che mio padre ha dato a me."
Volevano essere sinceri e speravano che lei lo capisse.
"Immagino," disse Taehyung, "che un'adozione sia un modo per aiutare qualcuno e vogliamo mettere un bambino al centro della nostra vita."
"Quanti anni avete?"
"Io ne ho ventotto" disse Taehyung.
"Io ventisei. Siamo troppo giovani?"
"No, non siete troppo giovani."
"Che lavori fate?"
Glielo spiegarono.
“Quindi lavorate da mattina a sera. Come farete con un bambino?”
“Posso fare un part-time” disse Taehyung.
“E io posso modificare i miei orari come voglio, essendo il direttore.”
“Qualcuno di voi ha mai sofferto di depressione o di altri problemi?”
“No” risposero entrambi.
“Ecco, veramente un nostro amico, Jimin, ha sofferto di anoressia, ma ora ne è uscito, sta bene.”
“Verificherò” disse solo Aleicia.
"Io sono stato adottato quando avevo pochi mesi" la informò Jungkook e le raccontò la sua storia.
"Questo ha influito in qualche modo sulla vostra scelta?"
"Non lo so. È difficile dire quale sia il fattore determinante. Io ho avuto una famiglia meravigliosa e mi piacerebbe darne una altrettanto bella a un bambino."
“Io sono cresciuto con i miei nonni in campagna,” disse Taehyung, “perché i miei genitori lavoravano fuori città.”
“E non le sono mancate quelle figure di riferimento?”
“Io e mia sorella minore sentivamo la loro mancanza, ma venivano a trovarci ogni fine settimana e, comunque, i nonni hanno saputo farci da mamma e papà. Non ci hanno mai fatto mancare l’affetto, ma anche i nostri genitori ci vogliono un gran bene.”
"Capisco. La sua situazione è un po’ particolare. Dovrò parlare con i suoi nonni e i genitori. Quindi avete una solida posizione finanziaria e immagino viviate in una bella casa, ma lo verificherò con una visita nella quale vi porrò altre domande."
L'assistente sociale spiegò ai due l'intero procedimento e le scelte che avrebbero dovuto compiere: se adottare un bambino americano da una madre naturale, oppure uno che era in affidamento, o uno con esigenze speciali, o uno straniero.
"Non me la sento di adottarlo con bisogni speciali" disse Jungkook. Sarebbe troppo difficile per noi occuparcene, credo."
Taehyung fu d'accordo. I due dissero che desideravano un bambino americano, perché non se la sentivano di rimanere mesi o settimane, in un albergo disperso chissà dove, in attesa che la parte burocratica relativa all'adozione terminasse.
"Ne vorremmo uno che è già in affidamento" dissero poi.
Ci avevano pensato bene prima di prendere quella decisione. Un neonato trovava subito una famiglia, mentre un bambino di quattro o cinque anni aveva meno chance.
“Solo uno, o siete disposti ad adottare anche un gruppo di fratelli?”
“Siamo aperti anche a questa possibilità” disse Taehyung.
"D'accordo. Tutto quello che avete detto mi sembra ragionevole. Vorrei cominciare fra un paio di settimane le indagini sul vostro conto. Dovrete sottoporvi a esami clinici, rispondere ad altre domande, ricevere più visite in casa vostra in modo da verificare se è adatta a un bambino, o a capire come renderla agibile, farvi prendere le impronte digitali e dimostrare che la vostra fedina penale è pulita. Lo avete già detto alle vostre famiglie?"
"No, non ancora, ma non penso ci saranno problemi" ammise Jungkook.
Aleicia li guardò attentamente.
"Non ne siate tanto sicuri. Hanno accettato la vostra omosessualità, e questa è una cosa bellissima, ma potrebbero far fatica a capire perché volete un figlio."
I due non riuscivano a immaginare una cosa simile.
"Vi forniremo dei moduli. Iniziate a compilarli e poi riportateli qui. Vorrei cominciare prestissimo le indagini sul vostro conto e sentire anche i vostri genitori, gli altri parenti, gli amici, i colleghi di lavoro, ma preferirei che prima ci parlaste voi. In ogni caso, se si presentasse la possibilità di un bambino in breve tempo, voi dovrete essere in grado di sapere cosa fare."
“Accade spesso che le cose vadano in fretta?” chiese Taehyung.
“Con questo tipo di adozione no, ci possono volere anni di burocrazia. Ma non disperate, mi sembrate due persone ragionevoli e intelligenti e saprete aspettare.”
Jungkook e Taehyung diedero all'assistente sociale i numeri di casa, del lavoro e di cellulare. Usciti da lì, tornarono al lavoro. Erano emozionatissimi per quello che stavano per fare. Si domandavano cos'avrebbero pensato i nonni e i genitori di Jungkook e la mamma, il papà e la sorella minore di Taehyung.
La settimana seguente furono contattati dall'assistente sociale. Intanto la coppia le aveva mandato tutti i moduli.
"Vi prenderò le impronte digitali nei giorni successivi" disse e li salutò cordialmente.
Avevano fatto la scelta più importante della loro vita.
 
 
 
NOTA:
Maple Street esiste davvero, l’ho scoperta nel libro di Danielle Steel Appuntamento al buio.

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Capitolo 4
*** Cena di famiglia ***


Capitolo 3.

 

Cena di famiglia

 
La settimana successiva Taehyung e Jungkook invitarono a casa propria le loro famiglie per una cena tutti insieme.
"C'è qualche motivo particolare per questa cena?" chiese la nonna di Jungkook.
"No, è solo che vogliamo stare assieme a tutti voi."
Quella risposta sembrò accontentarla.
Le prime indagini nella loro casa erano già cominciate e Aleicia aveva detto che non c'erano pericoli per un bambino. Li mandò anche a fare dei corsi per aspiranti genitori adottivi. Un'assistente sociale spiegò i problemi che potevano avere i bambini adottati dopo l'adozione, perché soprattutto i più grandi potevano sentirsi arrabbiati con il mondo per non avere accanto i genitori naturali. Spiegò anche l'iter adottivo per l'adozione nazionale e internazionale e lì Taehyung e Jungkook si annoiarono perché ormai lo sapevano a memoria. L'assistente sociale parlò anche degli adoption party, dei giorni in cui aspiranti genitori adottivi incontravano bambini in attesa di adozione, per parlarci un po'.
"Che schifo" disse Taehyung quando, alla fine del primo incontro, salirono in macchina.
"Che cosa, il corso?"
"No, questi stupidi adoption party. Non li capisco, secondo me mandano in confusione i bambini, e poi un bambino non è un cucciolo in un negozio."
Batté le mani sul volante.
"Sta' calmo" lo rassicurò Taehyung. "Noi non ci andremo, non pensarci."
Giunta la domenica, in casa dei due piombarono non solo le famiglie, ma anche i loro amici, che avevano invitato all'ultimo per dare anche a loro la notizia. Dopo i saluti si accomodarono a tavola e Jungkook servì un'invitante pasta al forno.
"Che buona!" esclamò Mi Sun assaggiandola.
"Aspetta che tutti inizino a mangiare, tesoro" la rimproverò bonariamente la mamma.
"Scusa, hai ragione."
"Come va al college?" chiese Taehyung alla sorella.
"Molto bene. Sto prendendo bei voti agli esami e, se tutto va come deve, l'anno prossimo dovrei finire. A te come va con il lavoro?"
"Stiamo vendendo bene, sono soddisfatto."
Anche gli altri chiacchieravano, domandando a Jungkook del suo impiego.
"Ora basta parlare di lavoro" disse la maknae.
"E di cosa vorresti parlare?" le chiese Namjoon.
"Non lo so, di qualcosa di più allegro."
Jungkook batté la forchetta sul bicchiere per fare silenzio e Taehyung si schiarì la voce.
"Avremmo una notizia da darvi" iniziò il secondo.
"Avete vinto alla lotteria?" chiese il nonno di Taehyung.
"No" risposero i due all'unisono.
"Allora avete i soldi per comprarvi una Ferrari rossa fiammante" disse la mamma di Jungkook.
"No, non è nulla di tutto questo. Se ci lasciate parlare, ve lo spieghiamo" disse Taehyung. "Vuoi che lo dica io?" chiese poi, rivolto al marito.
"No, faccio io. Abbiamo deciso, dopo esserci informati e averci pensato bene, di adottare un bambino. Siamo già stati da un'assistente sociale che ci ha valutati e spiegato l'intero procedimento. Faremo un'adozione nazionale di un bambino che si trova in affidamento. Aleicia - si chiama così - vorrà fare delle domande anche a voi."
Gli occhi delle due mamme si riempirono di lacrime.
"Un bambino? Perché volete un bambino?" chiese quella di Jungkook.
Lo stipendio di Jungkook era abbastanza alto, ma quello di Taehyung no. Come avrebbero fatto a crescere bene un bambino?
"Pensiamo di essere pronti a diventare genitori" disse Tae. “Ci sentiamo abbastanza maturi.”
"Ma siete così giovani!" esclamò il papà dell'interessato. "Perché non aspettate un po'?"
"Non capisco dov'è il problema." Jungkook alzò la voce. "Siamo sposati, abbiamo abbastanza soldi, siamo adulti e vaccinati, perché non dovremmo avere un bambino?"
"Un figlio è un impegno importante e gravoso" aggiunse la mamma di Taehyung. “Se diventa troppo pesante non si può restituirlo come un pacco.”
"Ce ne rendiamo conto…"
Taehyung stava per continuare, ma la mamma di Jungkook lo fermò.
"No, non ve ne potete rendere conto perché non avete ancora figli."
"Hai ragione" le rispose Taehyung, "ma lo immaginiamo. E, comunque, non abbiamo nessuna intenzione di restituirlo, non lo faremmo mai!" esclamò, inorridendo a quel solo pensiero.
"Avete delle entrate regolari?" domandò il padre di Jungkook.
"Sì, stiamo lavorando tutti e due, anche se io ho scelto di iniziare già da adesso a fare un part-time, in modo da stare più tempo con il bambino."
"Perché non avere un figlio tutto vostro con la maternità surrogata?" chiese il Yoongi.
"Esatto. Non sarebbe più semplice così?" domandò Hoseok.
"Ci abbiamo pensato e abbiamo capito che non fa per noi. Vogliamo aiutare un bambino, non averne uno nostro. E, in ogni caso, entrambe le procedure non sono facili né prive di incognite” disse Jungkook.
"Io credo sia un'idea meravigliosa!" Mi Sun sorrise alla coppia. "Sono felice per voi."
Sembrava l'unica, lì dentro, ad aver accolto bene la notizia. Tutti gli alri l’avevano presa male.
"E se all'improvviso si presentasse un problema?" chiese Jimin. "Se non veniste accettati? E se vi succedesse qualcosa? E se vi lasciaste?"
"Anche le coppie eterosessuali hanno dei problemi e possono lasciarsi" rispose la nonna di Taehyung. "Io vi ammiro, ragazzi. Siete coraggiosi a volere un figlio alla vostra età."
Almeno Mi Sun e la nonna erano dalla loro parte.
"Siamo pronti, ve lo possiamo assicurare" asserirono i due e alzarono le mani al cielo.
“Dobbiamo appoggiare questa decisione,” disse Mi Sun rivolta a tutti, “a meno che non vogliamo che Taehyung e Jungkook si allontanino da noi. Anch’io, pur essendo giovane, ho le vostre preoccupazioni, ma quella è la loro vita e hanno il diritto di gestirla come vogliono.”
"Se ne siete convinti, accettiamo la vostra decisione" dichiarò il padre di Jungkook.
"E cosa direte al bambino, se sarà un neonato, quando si renderà conto di avere due padri e non una madre?" chiese la mamma di Tae.
"Quando sarà grande abbastanza per capire, gli spiegheremo ogni cosa."
"E se avesse problemi a scuola perché i suoi genitori sono gay? Se fosse vittima di bullismo?" domandò quella di Jungkook.
"Anche i figli delle coppie etero sono vittime di bullismo" disse Taehyung. "In ogni caso, speriamo di renderci conto del problema e di superarlo tutti e tre insieme. O quattro, se saranno più bambini."
"Più bambini?" Le due madri erano sconcertate. "Quanti ne volete?"
"Potremmo essere abbinati a un gruppo di fratelli" le spiegò Jungkook. "L'assistente sociale ci ha detto che i bambini in affidamento possono essere gruppi di fratelli, o appartenere a una diversa etnia. Raramente sono neonati."
“Mamma,” chiese Taehyung, “tu sei felice di avermi avuto?”
“Certo tesoro! Che domande fai?”
“E tu, mamma, sei felice di avermi adottato?”
“Sì, e anche tuo padre, Jungkook. Perché ce lo chiedete?”
“Perché vogliamo che gioiate della nostra scelta” disse Tae.
Gli altri amici reagirono in maniera diversa da loro, facendo addirittura un brindisi a quel futuro bambino.
Quando il pranzo terminò e tutti se ne furono andati, Taehyung e Jungkook si accomodarono sul divano. La conversazione che avevano intavolato li aveva sfiniti e ora si sentivano senza forze sia fisiche che mentali.
"Speravo che le nostre famiglie avrebbero reagito in maniera diversa" ammise Jungkook.
La conversazione, il fatto che quasi tutti avessero visto solo i lati negativi della cosa e non quelli positivi l'aveva turbato e messo di cattivo umore. “Credono forse che siamo dei ragazzini?” sbottò, furioso nei confronti della madre come degli altri.
"Lo so, anche a me." Taehyung prese una mano del marito fra le sue. Era fredda. Accadeva sempre, quando era triste o nervoso. "Ma vedrai che capiranno. Diamo loro del tempo. E poi, per i genitori noi siamo sempre bambini, e in questo caso bambini che stanno per adottare un bambino. Diamo loro il tempo di abituarsi alla notizia."
“Le nostre madri si preoccupano troppo per noi” si lamentò Jungkook.
“È una madre, è normale che si preoccupi.”
"E se dicessero all'assistente sociale quello che hanno detto a noi? E se le facessero venire dei dubbi sul nostro conto?" chiese Jungkook.
"Speriamo non succeda."
Quella prospettiva li preoccupava molto e i due non sapevano cosa aspettarsi dal futuro.

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Capitolo 5
*** Attesa ***


Capitolo 4.

 

Attesa

 
Erano passati otto mesi e lo studio sulla loro casa era quasi terminato, almeno secondo le parole di Aleicia. Poi avrebbero solo dovuto essere accettati e aspettare un abbinamento con un bambino. I due erano sfiniti.
"Forse lo stiamo facendo nel modo sbagliato" disse Taehyung a colazione.
"Che intendi?"
Jungkook si versò del latte di soia.
"In tutti questi mesi abbiamo parlato solo ed esclusivamente di adozione. E non soltanto fra noi, ma anche con le nostre famiglie e i nostri amici. Forse, se ci rilassiamo un po', se facciamo altro, se allentiamo la tensione, Aleicia se ne accorgerà e ci accetterà come genitori adottivi."
"Non è una cattiva idea."
Il giorno dopo uscirono per una cena insieme in un ristorante cinese dove non si pagava molto e si godettero nuvolette di drago, involtini primavera e riso alla cantonese. Parlarono di lavoro, della partita di calcio che si stava disputando in quel momento e che veniva trasmessa in televisione, discussero di tutto fuorché dell'adozione.
Il giorno dopo Jungkook era a casa. Non sarebbe andato al lavoro quella mattina perché lavorava il pomeriggio e ricevette una visita a sorpresa dall'assistente sociale che, invece, di solito si annunciava sempre con una chiamata.
"Vedo che non c'è suo marito" asserì guardandosi intorno.
"È al lavoro, io andrò il pomeriggio."
"Capisco. Mi dispiace non vedervi tutti e due. Ritiene che, per suo marito, il lavoro sia più importante del bambino?"
"Per entrambi il bimbo è la cosa più importante, glielo posso assicurare."
"Scusi per la domanda. Ormai vi conosco, so che è così, ma il mio lavoro mi impone di porla comunque. Ero venuta a darvi una notizia, ma la dirò solo a lei, poi la comunicherà anche a suo marito."
Jungkook trattenne il fiato, ma quando capì di cosa si tratttava sorrise.
Quando Taehyung tornò a casa per pranzo - svolgendo ora anche lui un part-time aveva finito di lavorare - Jungkook gli sventolò davanti al naso una lettera.
"Cos'è?" domandò Taehyung, incuriosito.
"Il report dell'assistente sociale su di noi, è venuta qui questa mattina. Aprilo."
Taehyung lo fece.
"C'è scritto… c'è scritto che siamo stati accettati!" esplose, abbracciando suo marito.
Finalmente era finita. Dopo varie visite, milioni di domande ripetute fino allo sfinimento, telefonate la mattina presto per avvertire che sarebbe passata, Aleicia aveva dato il suo benestare.
Invitarono famiglia e amici.
"L'assistente sociale ha accettato la nostra richiesta!" esclamarono i due all'unisono.
Si alzarono i calici e tutti brindarono a quell'evento meraviglioso che aspettavano da tempo. In quei mesi i genitori avevano riflettuto molto sulle scelte dei figli e alla fine le avevano accettate con gioia.
"E adesso?" chiese la mamma di Taehyung. "Quand'è che diventerò nonna?"
"E adesso si aspetta, Ma. Si aspetta che l'assistente sociale ci richiami. E potrebbero volerci altri mesi."
“Come va il lavoro?” chiese Jungkook a Yoongi.
Il ragazzo lavorava come veterinario in un rifugio per gatti abbandonati. Il maknae doveva ammettere di aver pensato più di una volta di prenderne uno, ma alla fine non l’aveva mai fatto. Magari sarebbe capitato in futuro, se il figlio o la figlia avesse voluto un gatto. Sorrise a quel pensiero, tanto bello che decise di condividerlo con tutti.
“Il rifugio è sempre aperto, venite quando volete!” esclamò Yoongi raggiante.
“Grazie. Sarebbe bello rendere nostro figlio felice con un regalo del genere” disse Taehyung.
Passarono altri tre lunghissimi mesi prima che Aleicia si facesse viva. Li chiamò un sabato mattina, di aprile, quando erano tutti e due seduti sul divano davanti alla tv.
"Ho un possibile abbinamento per voi." Il cuore dei due perse un battito. "Sono quattro fratellini, due sorelline e due maschietti, di nove, cinque, quattro e due anni.”
“Parlaci di loro” disse Jungkook.
“I loro genitori sono morti entrambi di tumore e i bambini sono stati affidati alla zia, che però si è resa conto di non potersi occupare di così tanti bimbi. Per questo, non avendo altri parenti in vita, sono stati affidati ai servizi sociali e adesso si trovano in affidamento presso una coppia e aspettano una famiglia."
"Quattro sono tanti" disse Taehyung. "Non ci aspettavamo una cosa del genere."
"No, infatti" disse Jungkook. "Crede che potremmo farcela, Aleicia?"
"Penso di sì, altrimenti non ve l'avrei proposto. Potete pensarci per qualche ora, ma poi mi dovrete dare una risposta."
Si accordarono così e, per un paio d'ore, i due parlarono dei pro e dei contro di quell'adozione.
"Sono quattro bambini con età ed esigenze diverse e non credo che con il lavoro riusciremmo a crescerli tutti al meglio. Tu che ne pensi, Tae?"
L'altro sospirò.
"Mi verrebbe da dire di sì all'assistente sociale, visto che abbiamo aspettato undici mesi per un abbinamento, contando anche il tempo dello studio della casa, ma mi rendo conto che per noi quattro sono troppi, anche per la casa in cui abitiamo. Non abbiamo stanze a sufficienza e, in quella degli ospiti, di certo non ci stanno quattro bambini."
Dissero ad Aleicia che si sentivano più a loro agio con un neonato o con un bambino o due un po' più grandicelli, ma non con quattro.
"Immaginavo, ma chiedere non costa niente. Vedrete che quei quattro bambini troveranno comunque una famiglia meravigliosa."
"Mi sento in colpa, mi sembra di averli abbandonati" disse Jungkook.
"Non deve. Lei non ha fatto niente di male nel rifiutare questa proposta. Ce ne saranno altre e, come le ho detto, quei bambini troveranno una casa."
"D'accordo, allora aspettiamo" disse Taehyung con un sospiro.
"Non riesco a immaginare cosa si debba provare a rimanere in una casa-famiglia, o in un orfanotrofio, o in una famiglia affidataria in attesa di un'adozione" confidò Jungkook al marito. "Io sono stato fortunato a essere adottato in un'età in cui non si ricorda niente del proprio passato, ma sono stato in Corea più volte e ho visto le condizioni dei bambini in orfanotrofio." La sua voce tremò. "Vuoi che te ne parli?"
"Solo se te la senti, piccolo" sussurrò Taehyung con dolcezza, accarezzandogli la testa.
"Dato che in Corea la famiglia di sangue è molto importante, per i coreani è difficile accettare di adottare un bambino. Spesso le mamme single li abbandonano nelle ruote degli esposti vicino alle chiese, perché sono troppo povere per prendersene cura. Molto spesso questi bambini non vengono registrati, e diviene quindi impossibile per loro essere adottati con l'adozione internazionale."
"Ma non è giusto!" esclamò Taehyung.
"Lo so" rispose tristemente il marito.
"E poi che succede?"
"Le madri single in Corea vengono stigmatizzate. Si sentono imbarazzate di fronte agli amici e provano il desiderio di nascondersi."
Taehyung non riusciva a immaginare niente del genere. Negli Stati Uniti c'erano tantissime mamme single e, anche se alcune agenzie non le accettavano come possibili genitori adottivi, la maggior parte lo faceva e la società aveva ormai capito che le famiglie potevano anche essere monoparentali.
"Per rispondere alla tua domanda, dopo che un bambino è stato abbandonato nella ruota viene chiamata la polizia. Questa prepara dei documenti dettagliati su com'è fisicamente il bambino, quanto è lungo e così via. Poi un assistente sociale viene a prenderlo e lo porta in un ospedale per farlo visitare, infine finisce in un orfanotrofio.” La voce gli si spezzò. “Non riesco a proseguire, scusa. Mi fa troppo male."
Jungkook non si era nemmeno accorto che grosse lacrime gli stavano bagnando il volto. Jungkook gliele asciugò.
"Sfogati, tesoro, sfogati. Ne hai tutto il diritto."
"Lo so che ho avuto una famiglia meravigliosa e che mi ha amato e mi ama più di se stessa, ma ogni tanto penso ai miei genitori e al mio fratellino, al fatto che sono morti tentando fino alla fine di salvarsi e mi viene da pensare: perché io sì e loro no?"
"Non lo so, amore, ma evidentemente Dio ha voluto così" sussurrò Taehyung.
Era una magra consolazione ma l'unica cosa che potesse dire.
In quel momento squillò il telefono. Pensando che fosse Aleicia, Taehyung si precipitò a rispondere.
"Pronto?"
"Pronto, Tae, sono Seokjin. Ti disturbo?"
"No, stavo guardando la televisione assieme a Jungkook. Che succede?"
"Ho invitato gli altri nel mio cottage al lago Tahoe per il weekend, vi va di unirvi a noi?"
Tae lo chiese a Jungkook.
"Sì, veniamo volentieri."
Prepararono due borsoni con un po' di roba e si misero in macchina. Il viaggio durò parecchie ore. Era febbraio, il lago Tahoe era ancora ghiacciato e, quando sccesero, calpestarono la neve. Tutto era ricoperto da quel manto bianco e nell'aria si sentiva odore di pini. Il lago era ghiacciato e i due videro gli amici fare ice skating. Ci provarono anche loro, con scarsi risultati, visto che caddero più volte. Poi tutti andarono a fare una passeggiata sulla neve. Quel bianco rendeva i loro passi ovattati ed erano circondati da un meraviglioso silenzio, da una pace che a San Francisco si sognavano.
"Da piccolo credevo che gli angeli dipingessero la Terra con la loro purezza quando nevicava" disse Namjoon.
"Che cosa poetica!" esclamò Jungkook.
"Che cosa sdolcinata e mielosa" disse Jimin.
"Beh, comunque la pensiate, a me piace crederci ancora oggi. Deve rimanere in noi un po' di quella magia che avevamo da bambini."
"Su questo ti do ragione" disse Jimin. "Infatti io credo ancora a Babbo Natale."
I sette amici passarono un weekend fantastico, facendo ice skating e arrostendo marshmallow sul fuoco.
"Che buoni!" esclamò Hoseok riempiendosi la bocca.
Si divertirono come pazzi a lanciarsi palle di neve e a costruire pupazzi come i bambini che più non erano.
Passarono altri weekend così e trascorsero prima settimane, poi mesi. L'attesa stava snervando Jungkook e Taehyung, che ogni tanto si informavano da Aleicia se qualcosa non andava.
"No. Semplicemente non ho ancora trovato l'abbinamento giusto. State tranquilli" diceva loro.
Ma non era facile.
Un giorno Taehyung tornò a casa dal lavoro e trovò Jungkook sul loro letto con un orsacchiotto fra le braccia. Gli amici avevano cominciato a dare loro qualche giocattolo in attesa dell'arrrivo del bambino o dei bambini, anche se loro avevano preferito non ricevere più regali e nascondere quelli che avevano in una scatola dentro un armadio, per non vederli più e starci male.
"Tesoro, che succede?"
Gli si avvicinò e gli accarezzò i capelli pregni di sudore.
"Non ce la faccio più, quest'attesa mi uccide." Jungkook tirò su col naso. Aveva gli occhi rossi. "Sono passati altri sei mesi. Voglio così tanto un bambino che sto perdendo la ragione.
"Anch'io piccolo, ma fidiamoci di Aleicia, okay? Lei è sempre stata carina e gentile con noi e si è dimostrata affidabile."
"Hai ragione, ma per quanto ancora dovremo aspettare?"
"Non lo so, il tempo necessario. Intanto possiamo pregare."
 
 
NOTA:
1. per le informazioni sulle madri single in Corea mi sono informata sul sito www. thegroundtruthproject.org.
2. Per chi non lo sapesse, non è fan dei BTS o non conosce il coreano, maknae significa il più giovane.

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Capitolo 6
*** Litigio ***


Capitolo 5.

 

Litigio

 
La settimana seguente, Aleicia Harper telefonò all'ufficio di Jungkook.
"Ho delle notizie interessanti per voi, ma ne saprò di più nel giro di qualche giorno" gli comunicò.
Il ragazzo sorrise e chiamò subito il negozio di fiori dove lavorava il marito per dirglielo.
"Possiamo sperare?" chiese lui.
"Credo di sì. Mi è sembrato che fosse tranquilla e serena, speranzosa."
Era maggio e tutto a Los Angeles era in fiore. La primavera era sbocciata in tutta la sua pienezza e nei giardini, dall'ufficio di Jungkook, si potevano vedere tanti fiori di mille colori.
Quella sera, quando Jungkook tornò a casa, trovò Taehyung seduto vicino al pianoforte a suonare. La melodia era dolce, sembrava una ninnananna.
"Sei bravissimo come sempre" gli sussurrò il marito all'orecchio.
"Grazie."
"Non so come tu ci riesca. Il massimo che so fare io è suonare il flauto."
"Mi sono impegnato molto e ho preso lezioni di piano per anni."
"Pensi che nostro figlio suonerà come te?”
"Può darsi. Vedremo per cosa sarà portato."
L'assistente sociale ritelefonò qualche giorno dopo.
"Abbiamo dieci bambini in affidamento dai tre ai sei anni. Volete vedere le loro foto? O incontrarne uno? O più di uno?”
"Sì, molto volentieri" disse Taehyung raggiante. "Quando potremo farlo?”
"Un operatore sociale vi contatterà per presentarveli tutti."
"Fantastico! Grazie!"
"Devo tornare al lavoro, scusate" disse Tae alzandosi e uscì.
"Possiamo telefonarle?" chiese Jungkook ad Aleicia.
"Certo, in qualsiasi momento e se doveste avere dei dubbi."
Quel giorno Taehyung si sentiva raggiante. Lavorò molto di più e con più precisione del solito, anche se era già molto bravo a creare composizioni floreali da consegnare ai clienti. Quella sera tornò a casa con un mazzo di orchidee.
Trovò Jungkook sdraiato a letto, sotto le coperte, con un orsacchiotto lì vicino.
"Ti ho portato una cosa. Come mai sei già a letto? Hai l'influenza?”
Gli sfiorò la fronte con le labbra, ma era fresca.
"Rose? Sul serio, Taehyung?" sbottò Jungkook alzandosi di scatto e gettando via le coperte.
"Che succede? Credevo che i fiori ti piacessero."
"Cosa succede? Mi chiedi cosa succede?" domandò, facendo la voce grossa. "Succede che mio marito ha preso una decisione importantissima senza ascoltare la mia opinione , né rifletterci un momento."
"Credevo fossimo sulla stessa lunghezza d'onda. Tu vuoi un bambino tanto quanto lo voglio io, e pensavo che incontrandoli ci saremmo fatti un'idea. Potremmo avere un bambino subito. Potrebbe passare un anno prima che ci si ripresenti un'altra occasione."
"Oppure potremmo dire ad Aleicia di abbinarci ad un solo bambino e aspettare. E poi quello che ci ha proposto è né più né meno simile a un adoption party e noi siamo contrari a queste cose" gli fece notare Jungkook. "Mi spieghi come facciamo a scegliere fra dieci bambini? Li porteremmo a casa tutti. E poi non sono cuccioli in un negozio. Questo tipo di adozione non dovrebbe nemmeno esistere."
"Hai ragione" gli rispose Taehyung dopo qualche momento di pausa. "Il fatto è che voglio un bambino presto. Sono passati quattordici mesi da quando abbiamo iniziato il procedimento e non è ancora successo niente."
"Anch'io voglio un bambino, ma non così."
"Non sono d'accordo. Riusciremmo a sceglierlo anche vedendoli tutti."
"Quindi stai cambiando di nuovo idea? Non ti capisco, Tae.”
"Non mi capisco nemmeno io. Vado a fare una passeggiata."
Il giorno dopo Jungkook si svegliò fra le braccia di Taehyung. Era andato a letto subito dopo il loro litigio senza nemmeno cenare, e si era addormentato piangendo. Non aveva idea di quando Taehyung fosse tornato, ma non importava. La cosa fondamentale era che fosse lì e che, il ragazzo lo sperava, avrebbero chiarito.
"Ho deciso di adottare un bambino che ci proporrà Aleicia e di non vederli tutti" disse Taehyung a colazione.
"E cosa ti ha fatto cambiare idea così improvvisamente? Ieri sera mi sembravi piuttosto confuso.
Jungkook si versò del caffè e diede un morso a uno dei waffle alla Nutella che aveva preparato.
"Mentre vagavo per la città senza una meta, ho chiamato mia madre. Lei, mio padre e Mi Sun mi hanno fatto capire che non sarei stato in grado di scegliere, che è ingiusto che si possa scegliere un bambino" continuò, calcando su quella parola. "E insomma, mi hanno suggerito di fare come hai detto tu. Mi sono reso conto che non sarei in grado di scegliere nessuno di quei bambini. Voglio un abbinamento solo con uno di loro e basta."
Si sistemò meglio la cravatta e si passò una mano fra i capelli scuri, domandandosi cos'avrebbe detto Jungkook.
"Allora è tutto a posto? Pace?"
"Pace."
Si strinsero la mano e telefonarono ad Aleicia informandola che avrebbero preferito aspettare di essere abbinati soltanto a un bambino.
"Immaginavo, ma non c'era niente di male a proporvelo. Mi farò sentire il prima possibile."
"D'accordo" dissero i due e riattaccarono.
"E aspettiamo, e aspettiamo, e aspettiamo" sospirò Taehyung.
"Che ne dici di andare al rifugio di Yoongi per accarezzare un po' di gatti? Potrebbe farci bene.
Salirono in auto e partirono.
Il rifugio aveva un bel giardino in cui molti gatti gironzolavano, oppure rimanevano distesi al sole.
“Sono bellissimi, Yoongi” gli disse Taehyung.
“Lo so, e la cosa bella è che, se non vengono adottati, restano qui, perché non li lasciamo mai andare, mai, e diamo loro tutto l’amore possibile.”
Jungkook si avvicinò a un gattino che gli saltò letteralmente in braccio e gli leccò la faccia.
“Wow, questo è amichevole” commentò.
“Magari ne adotteremo uno per nostro figlio, un giorno” disse Taehyung.
"Sì, sarebbe bello."
I due rimasero lì a lungo, a coccolare i gatti, e quando tornarono a casa si sentirono molto meglio e più rilassati.
La coppia continuò la sua vita come sempre. Il negozio di fiori stava andando così bene che il salario di Taehyung aumentò. Passarono altri sei mesi senza notizie e i due non facevano che domandarsi quando la burocrazia sarebbe terminata e avrebbero potuto finalmente adottare un bambino.

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Capitolo 7
*** Primo incontro ***


Capitolo 6.

 

Primo incontro

 
Dopo alcuni giorni, Aleicia ritelefonò proprio come aveva promesso.
"Ho una possibile adozione per voi" disse. "Abbiamo una bambina di quattro anni che ha perso i genitori in un incidente d'auto due anni fa. C'era anche lei, ma per fortuna è rimasta illesa perché la cintura del seggiolino era legata. Quelle dei genitori invece no e sono letteralmente volati fuori dal finestrino. La piccola si trova da due anni in affidamento e ha cambiato quattro famiglie. Non perché dia problemi, anzi, dalla foto sembra molto graziosa e dolce, ma nel sistema dell'affidamento capita spesso che i bambini cambino famiglia. Magari restano pochi giorni con una e poi vanno da un'altra."
"Ma è terribile!" esclamò Taehyung alzandosi dal divano per poggiare il bicchiere d'acqua vuoto che teneva in mano.
"E non è giusto" asserì Jungkook.
"Lo so, avete ragione, ma è così che funziona, purtroppo. Comunque, questa bambina è adottabile. Ho una sua fotografia, come dicevo, e se volete ve la posso mandare per email."
"La mandi alla mia" disse Jungkook.
E quando arrivò, i due rimasero stupiti dalla dolcezza del viso della bambina. Aveva i capelli biondi, gli occhi azzurri e la pelle bianca.
"È davvero carina" disse Taehyung con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
C'era anche scritto il nome.
"Audrey è molto bello" osservò Jungkook. "Allora, la incontriamo?"
"Assolutamente!"
Ritelefonarono ad Aleicia, che disse che avrebbe contattato i genitori affidatari e fissato un appuntamento.
"Pensi che ricordi qualcosa dei genitori o dell'incidente? È possibile avere ricordi di quell'età?" chiese Jungkook, preoccupato.
"Se sono molto gravi sì, ma lei è tranquilla, pare non ricordare nulla di quello che è successo, anche se sa che i genitori sono in cielo con Gesù perché l'assistente sociale che gliel'ha spiegato le ha detto così."
"Ha fatto bene" commentò Taehyung.
Dopo alcuni minuti ricevettero un'altra chiamata. Aleicia li informava che l'appuntamento era stato fissato due settimane dopo.
"I genitori lavorano e lasciano la bambina ai vicini. Il sabato e la domenica delle prossime settimane saranno fuori città con lei, ma il weekend successivo saranno liberi" spiegò loro Aleicia.
"Capisco" disse Jungkook un po' rattristato.
Lui e il marito avevano sperato di incontrarla molto prima.
"Cosa dobbiamo fare nel frattempo? Prepararci per il suo arrivo?" chiese Taehyung.
"Beh, se il primo incontro andrà bene vi consiglio di farlo da allora. La vedrete qualche volta in casa dei genitori affidatari e poi potrete portarla con voi."
Ma i due non resistettero. Nei giorni seguenti, dopo il lavoro, pulirono la camera degli ospiti, che – lo speravano ardentemente – sarebbe diventata quella della loro figlia, misero un lettino singolo, i giocattoli che avevano in un cesto, ma non comprarono vestitini o altri accessori perché prima volevano incontrare la piccola.
Quelle due settimane furono tra le più lunghe che avessero mai vissuto. L'attesa pareva infinita e Jungkook, ogni mattina a colazione, si avvicinava al calendario per controllare che giorno fosse.
“Sei ossessionato da queste due settimane, eh?" gli chiese Taehyung un giorno, ridendo.
"Dici che sbaglio?"
"No, lo farei anch'io, ma mi sale l'ansia. Dai, vieni qui." Lo fece sedere sulle sue ginocchia. "Manca solo una settimana, possiamo resistere" mormorò carezzandogli i capelli.
"Hai ragione, possiamo. Abbiamo aspettato quattordici mesi, vuoi che non riusciamo ad attendere una settimana?"
"Ci sono coppie o single che ci mettono molto di più ad avere un bambino, dobbiamo ritenerci fortunati" disse Taehyung.
Sui forum avevano letto che alcuni ci avevano impiegato più di due anni.
Quando il giorno fatidico arrivò i due si presentarono venti minuti prima dell'appuntamento, come del resto l'assistente sociale che era già lì.
"Si vede che ci tenete molto anche dal fatto che siete arrivati così presto" disse ai due e sorrise loro.
Jungkook e Taehyung ricambiarono il sorriso e le strinsero la mano per salutarla. Passarono quei venti minuti in un bar lì accanto, bevvero un caffè, Jungkook mangiò anche una brioche alla crema e aspettarono. Furono i venti minuti più eterni, perché di cosa diavolo potevano parlare con un'assistente sociale se non dell'adozione? Non erano in confidenza con lei.
"Come hanno preso le vostre famiglie la notizia quando gliel'avete comunicato? So che è passato tempo e non ve l'ho mai chiesto. Di questo mi scuso."
"All'inizio non tanto bene" disse Taehyung, "ma poi hanno cambiato idea."
Aleicia sorrise.
"Mi fa piacere."
Quando il momento fatidico arrivò, l'assistente sociale suonò il campanello. Le aprì una donna sulla trentina, con i capelli neri corti e gli occhi marroni.
"Voi dovete essere Taehyung e Jungkook." Sorrise loro con dolcezza. "Io sono Allison e questo è mio marito Jim."
"Abbiamo in affidamento Audrey da sei mesi" spiegò l'uomo.
"Dov'è?" chiese Taehyung.
"In camera sua, e non vuole uscire da lì. Le abbiamo spiegato che sareste venuti per incontrarla e forse adottarla, e quando ha sentito questo è scappata."
A loro si avvicinò un'altra donna dall'aspetto sconvolto.
"Ho provato a farla scendere, ma non ci sono riuscita. Mi chiamo Christy Andrews, sono l'assistente sociale che segue il caso di Audrey."
"Possiamo provare a parlarle noi?" chiese Jungkook piano.
Non era sicuro, come del resto non lo era Taehyung, che fosse la cosa giusta. Forse, trovandosi in compagnia di sconosciuti, la bambina si sarebbe spaventata ancora di più.
"Va bene," disse Christy, "ma verrò anch'io nel caso ci fossero probblemi."
Li guidò su per una scala a chiocciola, finché non si ritrovarono in un ampio corridoio sul quale c'erano delle stanze, di sicuro le camere. Christy aprì la prima. Nell’entrare, e Jungkook e Taehyung poterono chiaramente udire dei lamenti sommessi e qualcuno che si soffiava il naso. La camera era immersa nel buio più totale, così l'assistente sociale accese la luce, aprì le finestre per far cambiare l'aria e la spense. La camera era dipinta di rosa e aveva appesi alle pareti poster con immagini di animaletti e di cartoni animati.
"È una camera molto graziosa" disse Jungkook e, a sentire una voce sconosciuta, la bambina sprofondò ancora di più nelle coperte.
"Piccola, queste persone sono venute a conoscerti ed è possibile che ti adotteranno" disse l'assistente sociale con tutta la dolcezza possibile,
Lei non si mosse. Aveva sentito un’altra volta quel discorso, con una coppia di un uomo e una donna, che poi se n’erano andati e non aveva più visto. E se fosse capitato di nuovo?
Taehyung si avvicinò al letto.
"Ciao, Audrey. Io sono Taehyung e qui con me c'è Jungkook. Lo so che forse non era quello che ti aspettavi, che avresti voluto una mamma magari, che ti mancano i tuoi veri genitori, ma noi siamo entusiasti di conoscerti e ti assicuriamo che, se ti adotteremo, non ti faremo mancare nulla, soprattutto l'amore. Se esci possiamo parlare."
Si diede dell'idiota perché, forse, quel discorso era troppo difficile per una bambina di quattro anni, ma lei pian piano uscì dalle coperte e li osservò, sempre rimanendo a letto. Poi si alzò di scatto. Indicò loro una fotografia incollata sopra la testiera del letto.
"Sono mamma e papà" disse. "Possiamo portarla con noi se verrò a casa vostra?"
"Ma certo!" le rispose Jungkook.
La bambina mostrò loro i suoi giocattoli e disse che ne aveva tanti anche in salotto.
"Perché non scendiamo e non giochiamo là?" le propose Taehyung e lei disse di sì.
Una volta di sotto i genitori affidatari furono molto felici di vedere Audrey, che si sedette sul tappeto accanto a un cesto di giochi.
"Ma che bella Barbie!" esclamò Taehyung. "Come si chiama?"
"Shayleen. È una principessa."
"Davvero?" chiese Taehyung. "Vive in un castello?"
"Sì, e ha tante dame di compagnia" disse la bambina tirando fuori altre bambole.
Con l'aiuto dei due uomini le pettinò e le vestì, poi ci giocarono insieme.
"Oh, sono una bella principessa" disse Jungkook facendo una voce in falsetto e sentendosi uno sciocco.
"E io la tua dama di compagnia" disse Taehyung.
"Adesso siamo a un ballo" disse la principessa e fece qualche passo di danza. "Mi piace imparare a ballare" disse Audrey.
I due sorrisero per quel verbo sbagliato.
"E perché non ce l'hai mai chiesto?" domandò Jim.
"Poco" disse la bambina, volendo far intendere che ci pensava da poco.
Giocarono ancora tutti e tre insieme con i peluche, per esempio Jungkook e Taehyung avevano in mano due leoni che inseguivano una gazzella che teneva Audrey, ma alla fine la bambina volle che i tre facessero amicizia.
"Volete adottarmi?" chiese la bambina a un certo punto. "I miei genitori sono morti."
Si rabbuiò e alcune grosse lacrime le corsero giù per le guance. Meglio che non si ricordasse dell'incidente, ma era comunque consapevole della scomparsa dei genitori e questo le faceva male.
"Non ricordo niente" disse.
"Lo sappiamo, piccola" mormorò Taehyung con tutto il tatto possibile. "E ci dispiace."
Avevano notato che la bambina parlava molto bene e pareva più grande della sua età, soprattutto quando parlava di argomenti come quelli. Tutto ciò che aveva passato doveva averla fatta crescere più in fretta del normale.
"Certo che vogliamo adottarti!" esclamò Jungkook abbracciandola.
"E tu vuoi che ti adottiamo?" chiese Taehyung.
Benché la bambina fosse piccola, gli pareva giusto chiedere anche il suo consenso.
"Sì, credo di sì. Mi piacete."
I due sorrisero.
Poco dopo l'incontro finì.
"Ci vediamo la settimana prossima" disse Aleicia. "Faremo un incontro a settimana per un totale di quattro, fino a fine maggio, sia per vedere come si comporta Audrey con voi e voi con lei, sia per darvi il tempo di prepararvi al suo arrivo" spiegò quando furono usciti. "Poi l'avrete in affidamento preadottivo per un certo tempo e io verrò a controllare ogni mese come vanno le cose. Alla fine, dopo un anno o poco più, se tutto andrà bene si finalizzerà l'adozione in tribunale. Di solito, se non ci sono ostacoli o impedimenti, è una semplice formalità."
I tre si salutarono e Jungkook e Taehyung tornarono a casa.
"Come ti è sembrato l'incontro di oggi?" chiese il primo al secondo.
"Difficile all'inizio, poi molto più semplice. Audrey soffre tanto, ma è anche adorabile."
"Anche a me è sembrato così."
Nelle settimane seguenti la videro altre volte e quasi sempre serena, a parte qualche momento nel quale piangeva per i genitori e perché non ricordava niente di loro. Taehyung, Jungkook e Audrey parvero alle assistenti sociali un trio perfetto. Parlavano, giocavano insieme, disegnavano e andavano d'accordo.
"È la bambina giusta per voi" disse Aleicia alla fine del settimo incontro. "La settimana prossima potrete portarla a casa."
"Davvero?" chiesero i due all'unisono.
Dovevano sbrigarsi. Non avevano ancora preparato niente perché aspettavano che Aleicia dicesse una cosa del genere. Nei giorni successivi ridipinsero la camera di un giallo acceso e il soffitto di blu, comprarono dei giocattoli adatti all'età della bambina, sistemarono il letto e le coperte, presero dei vestiti, dei biscotti al cioccolato che di sicuro avrebbe gradito, cereali per la colazione, latte - loro bevevano solo caffè - e tutto ciò che serviva. Si fecero anche aiutare dagli amici e, quando arrivò il giorno di portare a casa Audrey, erano pronti.
“Allora, sei pronta?” le chiesero quando la videro.
“Sì!”
L’assistente sociale aveva spiegato loro che, a parte la foto dei genitori, la bambina non avrebbe potuto portare a casa niente da quel luogo, compresi i vestiti che indossava. Jungkook e Taehyung la portarono in camera a prendere la foto.
“Dobbiamo cambiarti” le disse Jungkook. “Guarda cosa ti abbiamo portato?”
Le mostrò un vestitino blu bordato di pizzo.
“Ma è bellissimo!” esclamò la bambina.
“Cosa si dice?” chiese Taehyung.
“Grazie.”
“Brava. Sai cambiarti da sola o dobbiamo aiutarti?”
“No, non ancora” rispose lei.
I due avevano portato per lei anche canottiera e mutande, e quando si vide nuda davanti a loro la bimba si imbarazzò tantissimo. Anche Taehyung e Jungkook erano a disagio.
“Fosse stato un maschio sarebbe stato più facile” sussurrò il primo al secondo in modo che la bambina non sentisse.
Superati i primi momenti di imbarazzo i due la vestirono e poi scesero le scale.
Mentre la facevano salire in macchina con loro, legando il seggiolino, si resero davvero conto che ora erano responsabili di un altro essere umano. Finalmente avevano coronato il loro sogno ed erano una vera famiglia.

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Capitolo 8
*** A casa ***


Capitolo 7.

 

A casa

 
Una volta a casa, tutti scesero dall'auto in silenzio.
"Eccoci arrivati, piccolina" disse Taehyung chiudendo la portiera.
"La porto in garage" dichiarò Jungkook.
"Cos'è un gara?" chiese la bambina.
"Garage" la corresse Taehyung. "È un posto dove si parcheggia la macchina."
Quando la bambina vide che papà Jungkook scendeva con l'auto giù per lo scivolo, fece un balzo all'indietro.
"Sta scendendo in un buco nero!" gridò, aggrappandosi al braccio di Taehyung.
"No, è solo uno scivolo. Guarda, ci andiamo insieme" disse, visto che Jungkook aveva già aperto il portone e stava mettendo dentro la macchina.
"No, non voglio!" esclamò la bambina.
"Proviamo, e se poi è un buco nero avrai ragione tu e vedremo come uscirne."
"D'accordo."
Si diedero il cinque, si presero per mano e scesero lentamente. Arrivati in fondo, Audrey capì che non c'era nulla di cui preoccuparsi.
"Benvenuta a casa, piccolina" dissero Taehyung e Jungkook.
"Grazie."
Una volta dentro, Audrey iniziò ad esplorare la casa.
"Wow, c'è la tv nuova!" esclamò.
"Sì, l'abbiamo presa qualche giorno fa perché l'altra era diventata troppo vecchia. Vuoi guardare i cartoni?"
"No, non adesso, voglio vedere il resto della casa."
Andò in cucina e disse di aver fame. I genitori, pur sapendo che lo zucchero fa male, le prepararono un panino con la Nutella. Per una volta non le avrebbe fatto niente.
"Mmm, è buonissimo!" esclamò, con la bocca tutta sporca di cioccolato.
Jungkook gliela pulì quando finì e poi le chiese se avesse voluto vedere la sua stanza.
"Sì!" rispose la bambina, eccitata all’idea.
Quando Taehyung aprì la porta, Audrey alzò gli occhi e spalancò la bocca.
"Guarda che, se non la chiudi, ci entreranno le mosche" disse Jungkook ridendo e prendendola garbatamente in giro.
La bambina rise e scoprì che il letto era comodissimo. Il soffitto dipinto di blu la colpì.
"Sembra il cielo" disse con voce sognante.
Aveva una delle voci più dolci che i due avessero mai sentito.
"Ti piace?" le chiese Taehyung.
"Sì, moltissimo. Dove sono i miei giocattoli?"
"In un cesto in salotto" disse Jungkook.
Quando la bambina lo vide, rimase senza fiato. Era pieno di Barbie, altre bambole, peluche, animali di plastica, c'era tutto quello che un bambino avrebbe potuto desiderare.
"Sono tutti miei?" chiese.
"Sì, nessuno escluso" disse Jungkook.
"Ma sono bellissimi."
Si accomodò vicino al cesto e tirò fuori un orsacchiotto nero di peluche, iniziando a fargli fare la lotta con un leopardino di plastica.
"Vinco io!" esclamò facendo parlare l'orso.
"No, io sono più forte" disse l'orso.
I genitori la guardarono giocare per diversi minuti senza intromettersi.
"Una volta ho sentito dire che un bambino che gioca è felice" sussurrò Jungkook all'orecchio di Taehyung.
"Davvero? Allora spero che lei lo sia."
"Pare di sì, per il momento."
Quando arrivò l'ora del pranzo la bambina mangiò volentieri la pasta al ragù fatto con le polpette che i genitori le prepararono e bevve latte freddo, come spesso capita nei pranzi americani.
"Posso un po' d'acqua?" chiese alla fine.
"Naturale o frizzante?"
Jungkook aveva assunto un tono formale, da cameriere, per farla ridere. E funzionò, perché la bambina scoppiò in una risata argentina e dolce che sciolse i cuori dei due uomini.
"Naturale" rispose poi la piccola e bevve molto volentieri l'acqua.
Poco dopo disse ai genitori che voleva riposare.
"Abbiamo sonno, eh?" chiese Jungkook.
"Abbastanza."
La accompagnarono in camera e la lasciarono sola. La bambina si addormentò pochi minuti dopo. Anche se avrebbe voluto una mamma, pensò di trovarsi benissimo con quei papà e di volere loro un gran bene.
Anche Taehyung e Jungkook andarono a sdraiarsi e il pomeriggio e la sera passarono fra giochi e divertimento. Andarono anche al parco e la bambina salì sull'altalena.
"Più in alto! Più in alto!" esclamava.
"Vuoi andare ancora più in alto?" le chiese Taehyung, mentre Jungkook li guardava preoccupato.
"Attenta Audrey! Tieniti bene alle catenelle o rischierai di cadere."
Non voleva che le capitasse niente di male, ma quando correndo la bambina scivolò e si sbucciò un ginocchio i genitori si affrettarono a raggiungerla. Dalla ferita usciva sangue ed era sporca di terra e la bambina urlava per il dolore e lo spavento.
"È solo una sbucciatura, tesoro, ora passa tutto" disse Taehyung con voce dolce per rassicurarla.
La portarono a casa e le pulirono la ferita con acqua prima e disinfettante poi. La piccola gridò per il bruciore, ma poco dopo si sentì meglio.
"Sei sicuro che non sia rimasto del terriccio nella ferita?" domandò Jungkook a Taehyung, preoccupato per una possibile infezione.
Si chiedeva anche se non fosse il caso di portarla dal medico di famiglia e si disse che avrebbero dovuto trovarle un pediatra.
"No tranquillo, ho controllato."
Poco dopo Jungkook chiamò sua madre, mentre Taehyung metteva un cerotto sulla sbucciatura di Audrey e la portava in cucina a fare un disegno per distrarla.
"Ciao mamma" le disse, quando la donna rispose al secondo squillo.
"Ciao! Come stai?"
"Un po' preoccupato ma bene, grazie."
"Che succede?"
"Oggi abbiamo portato a casa Audrey!" esclamò, felice.
"Davvero? Che bello! Quando potrò conoscere mia nipote?"
"Ora è tropo presto, vogliamo che si ambienti in casa, prima." Poi le raccontò quanto successo quel pomeriggio. "Mi sono preoccupato tantissimo. E se l'assistente sociale decidesse di togliercela perché si è fatta male?"
"Innanzitutto, solo un giudice può decidere se togliervla o no, l'assistente sociale può soltanto dare un parere, positivo o negativo che sia. Ma tutti i bambini si sbucciano un ginocchio qualche volta. È più che normale e non devi preoccuparti."
Jungkook sorrise, più rilassato.
"Grazie mamma, mi sento meglio ora."
"Figurati, tesoro."
"Che cosa stai disegnando?" chiese Jungkook alla bambina quando entrò in cucina.
"Siamo noi" disse lei, mostrandogli tre figure.
Erano pur sempre schizzi infantili, ma li aveva ritratti piuttosto bene.
“È un disegno bellissimo" disse Taehyung. "Attacchiamolo in camera tua."
Lo fissarono con lo scotch di fronte al letto della bambina, così avrebbe potuto vederlo ogni volta che avesse voluto.
"Possiamo guardare un cartone animato?" chiese la piccola.
"Ma certo!" Taehyung si alzò e tirò giù dalla mensola sopra la televisione tutti i DVD che avevano, molti dei quali erano cartoni della Disney che anche loro, pur essendo grandi, amavano. La cosa bella di quei cartoni era che erano pieni di messaggi che a volte gli adulti dimenticavano, come amore, amicizia, dolcezza e molti altri. "Scegli quello che vuoi" disse, togliendo quelli che non erano cartoni.
La bambina li guardò per un po’.
"Li ho già visti tutti quando ero con i miei genitori affidatari" si lamentò. Jungkook e Taehyung stavano pensando a un'idea, quando ad Audrey si illuminò il volto. "Tarzan? Che nome strano. Non l'ho mai guardato."
Junkook lo mise nel lettore DVD e lo fece partire.
Iniziava con una tempesta e una famiglia la cui barca prendeva fuoco.
Put your faith in what you most believe in
Two worlds, one family
Trust your heart
Let fate decide
To guide these lives we see
"Il bambino morirà, o moriranno tutti!" esclamò Audrey, nascondendo la testa sotto il braccio di Taehyung.
"No, il bambino starà bene, continua a guardare" la rassicurò lui.
Softly tread the sand below your feet now
"La canzone mi piace" disse Audrey mentre questa proseguiva, mentre in televisione il piccolo Tarzan rideva e indicava un albero. Passò qualche altro minuto e alcune scimmie stavano giocando felici. “Cosa sono?” domandò.
“Gorilla” rispose Taehyung. “Vedi? C’è un gruppo di queste scimmie, ma l’attenzione si concentra su un papà, una mamma e il suo piccolo.”
Il padre prendeva in braccio il cucciolo e o lanciava per aria, facendogli fare gridolini adorabili.
Ma poi il piccolo seguì na rana.
“Perché non sta con i suoi genitori?” chiese Audrey.
Prima che Jungkook e Taehyung potessero rispondere, un leopardo inseguì la piccola scimmia e la mangiò senza che i genitori potessero fare niente.
“L’ha mangiato! No, questo cartone è brutto, non lo voglio guardare.”
“Poi diventa bello, non preoccuparti” le disse Taehyung.
“Se hai troppa paura cambiamo cartone” rispose invece Jungkook.
La bambina si prese un momento per riflettere.
“No, voglio continuare a guardarlo. Perché ora il bambino piange?"
"Perché si sente solo e abbandonato. Il leopardo Sabor, che vedrai di nuovo fra poco, ha ucciso la sua famiglia."
"Ma così rimarrà solo."
"Aspetta e vedrai" disse Jungkook.
Intanto la gorilla Kala, dopo aver perso il suo cucciolo per mano del leopardo, sentiva il bambino piangere e cominciava a correre.
Somewhere something is calling for you
Two worlds, one family
Trust your heart
Let fate decide
To guide these lives we see
"La canzone dice che il cuore la sta chiamando" disse Audrey.
"Esatto, verso il bambino" le disse Taehyung. "Senti come piange? E vedi come lei corre verso quell'albero?"
"Sì."
"Ecco, aspetta un po' e vedrai una scena bellissima."
La bambina attese che Kala aprisse la porta. Tutto era silenzioso, si sentiva soltanto qualche uccello cinguettare. La gorilla annusò l'aria, poi notò i due corpi distesi a terra.
"Sono i genitori del bambino! E sono morti!"
Alla madre mancava una mano e, nel notarlo, la bambina si nascose sotto il braccio di Taehyung, stavolta.
"Tranquilla piccola, ora passa."
Poco dopo la musica cambiò e Audrey sentì Kala avvicinarsi a quel suono e aprire un'altra porta.
"Uh?" chiese la gorilla, guardando confusa il bambino.
Non aveva mai visto un essere umano in tutta la sua vita e doveva domandarsi a che specie appartenesse.
"Eh?" rispose il piccolo e Audrey rise.
Lo fece anche poco dopo, quando il bambino rideva giocando con la coda della gorilla e mettendole le dita nelle su narici. Quando Tarzan non fu più un bambino piccolo ma uno un po' più grande, di quattro o cinque anni, Audrey perse interesse. Lo guardò, ma senza amarlo particolarmente, forse perché non capiva i messaggi importanti che lanciava. Si addormentò a metà cartone e Jungkook la prese con dolcezza e la portò a letto.
"Era distrutta" disse.
"Già, ma almeno la prima parte le è piaciuta. Beh, andiamo a letto anche noi."
Una volta sotto le coperte, i due parlarono ancora.
"È stato bello vedere quel cartone con lei, vero?" chiese Taehyung.
Jungkook stava per rispondere, ma dei piccoli colpetti alla porta lo distrassero.
"Entra, Audrey" disse.
La bambina lo fece e Taehyung accese la luce.
"Hai fatto un brutto sogno?" le chiese.
"No. Ho solo pensato che Kala ha fatto la stessa cosa che avete fatto voi con me: lei ha adottato Tarzan, voi me, in questo siamo molto simili."
"Hai ragione, e l'ha amato come se fosse stato davvero suo figlio, come facciamo noi con te" disse Jungkook.
"Sei stata brava a fare questo ragionamento, è molto maturo per la tua età" osservò Taehyung.
"Grazie."
Dopo poco Audrey tornò nella sua stanza e tutti riuscirono a dormire sonni tranquilli.
 
 
 
CREDITS:
Phil Collins, Two Worlds

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Capitolo 9
*** Momenti felici ***


Capitolo 8.

 

Momenti felici

 
Un urlo straziante seguito da un pianto svegliò di soprassalto Taehyung e Jungkook.
"Audrey!" esclamarono entrambi correndo nella sua cameretta.
Scoprirono così che aveva fatto la pipì a letto.
"Piccola, che succede?" le chiese dolcemente Taehyung.
"Sono volati fuori dal finestrino… i miei genitori" disse ansimando.
"Ha ricordato una parte dell'incidente. È una gran cosa, visto che aveva solo due anni" disse Jungkook.
Poi la cambiarono tutta, infilandole un paio di mutandine e un pigiama nuovi, la portarono nel loro letto, misero a lavare le coperte e il coprimaterasso e tornarono dalla bambina, che si era un po' calmata.
"Posso solo immaginare che sia stato un ricordo terribile" disse Jungkook alla piccola. "Ma ora ci siamo qui noi e non ti succederà più niente di brutto."
"Vuoi un po' di latte?" le chiese Taehyung.
Lui ne beveva spesso una tazza prima di dormire, perché gli conciliava il sonno.
"Sì, grazie" rispose la bambina in un sussurro.
"Domani pensavo di andare a fare un po' di shopping per te" disse Jungkook.
"Sì, lo voglio fare" rispose.
"Vuoi rimanere nel nostro letto, stanotte?" le chiese Taehyung.
"Oh sì, per favore papà, posso?" domandò a Jungkook che non aveva detto niente.
"Ma certo che puoi."
Dopo aver bevuto una tazza di latte caldo con il cacao la bambina si infilò sotto le coperte, fra di loro, e si addormentò poco dopo.
"Ha avuto proprio un brutto incubo" disse Jungkook. "Capitava anche a me. Benché non ricordassi niente del mio passato, mi succedeva di fare degli incubi molto brutti nei quali sognavo un incendio, delle persone che gridavano e un bambino che piangeva. La psicologa da cui sono andato ha detto che nei sogni rivivevo il trauma subito."
"Non lo sapevo, mi dispiace" disse Taehyung, non immaginando nemmeno quanto orribili dovessero essere stati gli incubi di Jungkook.
"Ora vengono solo qualche volta, ma sono molto meno brutti di anni fa."
Poco dopo, anche loro si addormentarono.
Il giorno seguente fecero colazione con i pancake preparati da Taehyung.
"Sono buonissimi" disse Audrey.
"Non si parla a bocca piena, ma grazie."
Poco dopo la bambina si riaddormentò sul divano.
"L'abbiamo svegliata troppo presto" disse Taehyung. "Aspettiamo che si risvegli prima di partire."
Ma la bambina ebbe un altro incubo, lo stesso della notte prima, si mise a urlare e a tirare pugni al divano. I genitori la abbracciarono e la confortarono con parole dolci. Le diedero anche del'acqua e la bambina si calmò.
Jungkook preferì contattare Aleicia Harper per raccontarle di questi incubi e Taehyung fu d'accordo.
"Resti a guardare la tv mentre i tuoi papà vanno a fare una telefonata?" chiese Jungkook.
La bambina, che si stava ancora asciugando le lacrime dagli occhi, fece segno di sì.
I due andarono in cucina e composero il numero dell'assistente sociale. Questa rispose al secondo squillo.
"Pronto?"
"Pronto, signorina Harper, sono Jungkook."
"Salve, signore. Come sta andando?"
"C'è stato qualche piccolo problema" continuò Taehyung. "Ha avuto due incubi, uno la notte appena passata, un altro stamattina. Ha ricordato vagamente quello che è successo nell'incidente e siamo preoccupati che questi incubi possano sconvolgerla troppo."
"Per ora non c'è da preoccuparsi. Non ha avuto incubi per molto tempo. Se dovessero persistere, si potrebbe pensare di farla parlare con una psicologa, ma per il momento aspettiamo."
"D'accordo" disse Jungkook.
"Possiamo stare tranquilli?" chiese l'altro.
"Se riuscite a calmarla direi di sì. Se dovesse diventare aggressiva nei vostri confronti o avere spesso incubi, chiamatemi immediatamente. Una psicologa potrebbe aiutarla ad affrontare il trauma che ha subito, anche se era piccola. Molti bambini, dopo essere stati adottati, sono supportati da uno psicologo."
"Allora vedremo come andrà nei prossimi giorni" disse Taehyung e dopo i ringraziamenti e i saluti la telefonata si concluse.
"Voi non avete un lavoro?" chiese la bambina ai genitori quando tornarono in salotto.
"Sì, ma fino ad agosto, quando tu andrai all'asilo, staremo a casa con te."
Taehyung si era preso ferie e Jungkook, essendo il direttore, poteva fare come voleva.
"Cos'è l'asilo?"
"Un posto dove ci sono tanti altri bambini con i quali potrai giocare, fare amicizia e tanti disegni" le spiegò Jungkook.
"Bello! Andiamo a comprarmi dei vestiti?"
I due assentirono.
Arrivati al negozio furono letteralmente assaliti da tantissime persone che facevano loro foto.
"Ma che cavolo succede?" chiese Taehyung facendo la voce grossa.
"Siete così diversi da vostra figlia!" esclamò loro una donna.
Erano forse giornalisti venuti per una celebrità, che vedendo la differenza del colore della loro pelle e dei capelli avevano pensato di scriverci qualche articolo su di loro e sull'adozione?
"L'abbiamo adottata, e allora? Non mi sembra un crimine" sbottò Taehyung.
"No, la vostra storia potrebbe essere molto bella e interessante da raccontare. Vi va di venire al nostro giornale per qualche domanda?"
"Assolutamente no" disse Jungkook con voce ferma, mentre la mano di Audrey gli stritolava la sua.
Entrambi i genitori potevano leggere la paura, anzi, il terrore nei suoi occhi e la bambina sentiva il cuoricino battere forte.
"Non vi azzardate a scrivere qualcosa su di noi!" Jungkook era adirato, stringeva le mani a pugno e conficcò le unghie nei palmi fin quasi a farsi male. "Lasciateci passare" ordinò.
I giornalisti provarono a convincerli, ma non ci fu niente da fare. Non volevano essere trattati come "quei bravi genitori che hanno adottato una povera bambina".
Spinsero e riuscirono a farsi strada dentro il centro commerciale, dove per fortuna non trovarono altri giornalisti.
"Andiamo al bar a prendere qualcosa?" chiese Taehyung, più che altro per calmare la bambina.
I due adulti bevvero un caffè e Audrey un succo alla pesca a temperatura ambiente.
"Mi piace tanto, grazie" disse.
Sorrideva, sembrava più serena e i genitori decisero di andare a fare shopping. Comprarono pantaloni, maglie e magliette, jeans, scarpe e tutto ciò che serviva alla bambina. Aveva i piedi molto piccoli, ma il numero ventisette le calzava a pennello. Uscirono con tre borse cariche di vestiti e scarpe e, una volta a casa, Audrey era stanchissima. Si addormentò sul divano poco prima di pranzo, mentre i genitori sistemavano le cose nel suo armadio e, quando fu pronto, Taehyung la chiamò. Durante i loro giri per negozi la bambina gli aveva confidato che amava il riso alla cantonese e lui gliel'aveva preparato. Audrey lo gradì moltissimo, e dopo un altro riposino lei e i genitori andarono in gelateria. Era un posto in cui facevano coppe giganti, che bastavano per un pranzo o una cena.
"Ma sono enormi!" Audrey era sorpresa. "Come faccio a mangiarne una intera?"
"Ce ne sono di più piccole, oppure puoi chiedere di fartene fare una" disse Taehyung.
La bambina accettò quell'ultima proposta e ordinò fragola e cioccolato, mentre Taeghyung e Jungkook presero entrambi il David, un gelato con riso soffiato, panna montata e cioccolato.
"Posso assaggiare il vostro?"
Jungkook gliene diede una generosa cucchiaiata.
"È buonissimo!" esclamò estasiata. Ne chiese ancora e stavolta fu Taehyung a dargliene. "Grazie a tutti e due" disse infine la bambina, leccandosi le labbra che Jungkoook le pulì con una salviettina.
Mangiata la loro coppa di gelato si sentirono più che sazi.
Quella sera, Audrey si addormentò presto, ma poco dopo sentì uno schianto fortissimo. Gridò con tutto il fiato che aveva in gola.
"Tesoro, che succede?"
I suoi genitori erano lì, accorsi accanto al suo letto.
"C'è stato un rumore fortissimo nell'incidente!" esclamò la bambina.
Taehyung la abbracciò forte.
"Ora è passato, piccolina. Vuoi parlarne?”
“Non ricordo tanto, solo lo schianto e i miei genitori che volavano dal finestrino, poi sono svenuta.”
“Vuoi che ti canti una ninnananna?” le chiese Tae. “Lo so che non sei più una bambina piccola, ma magari ti farà stare meglio."
"Va bene" sussurrò la bambina.
"Twinkle twinkle little star,
How I wonder what you are,
Up above world so high,
Like a diamond in the sky,
 
When the blazing sun is gone,
When there's nothing he shines upon,
Then you show your little light,
and Twinkle, twinkle, through the night.
In the dark blue sky you keep,
And through my curtains you often peep
For you never shut your eye,
Till the sun is in the sky
[…]"
Alla canzone si era aggiunto anche Jungkook. All'inizio Taehyung aveva pensato di cantare alla bambina una canzone coreana, ma lei non avrebbe capito niente, così aveva optato per una nursery rhyme inglese. Audrey si riaddormentò cullata dalle parole della canzone.
"E se la portassimo nella nostra casetta nel campeggio in montagna per il weekend?" propose Jungkook quando furono a letto.
"Buona idea! Audrey si divertirà moltissimo. Prima, però, vorrei presentarla alle nostre famiglie."
“Dovremo chiederle se le va bene.”
“Lo faremo domani, a colazione.”
Poco dopo, i due presero sonno.
 
 
 
CREDITS:
Twinkle, Twinkle, Little Star è una ninnananna la cui melodia è francese, intitolata Ah! Vous Dirai-Je, Maman, di M. Bouin. Le parole, invece, sono state scritte per la prima volta da Jane Taylor in una poesia intitolata The Star.

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Capitolo 10
*** Breve vacanza e scuola di danza ***


Capitolo 9.

 

Breve vacanza e scuola di danza

 
Quella mattina, a colazione, Audrey alzò lo sguardo dal suo latte con i cereali al cioccolato per guardare i suoi genitori che volevano chiederle qualcosa.
"Cosa?" domandò la piccola.
"Ti piacerebbe venire in montagna con noi questo fine settimana?" chiese Jungkook.
Lui e il marito avevano cambiato idea, decidendo di fare quello prima che Audrey incontrasse la famiglia e gli amici, per darle il tempo di abituarsi a loro due. Avevano avuto settimane per farlo, ma comunque ritenevano che fosse troppo presto per incontrare famiglia e amici.
"Sì, non sono mai stata in montagna" rispose. "È lontano?"
"Due ore di auto" disse Taehyung.
Fu così che passarono qualche giorno a preparare le valige e Audrey aiutò come poteva. Partirono la mattina presto, quando il sole stava ancora per sorgere, per non trovare traffico durante la strada. Audrey dormì quasi tutto il viaggio e Jungkook guidò. Trovarono un incidente a metà strada, che aveva creato qualche chilometro di coda. Rimasero bloccati nel traffico circa un'ora, poi continuarono senza difficoltà. Una volta arrivati andarono al bar-ristorante a salutare i padroni del campeggio, che accolsero Audrey con gioia. Lei arrossì quando la salutarono.
La loro casetta, con annessa roulotte, non era molto grande ma confortevole. Aveva una piccola veranda con due panchine con il cuscino e un tavolo sul quale si mangiava o si poteva lavorare al computer. La roulotte conteneva i letti e un bagno chimico.
"È una casetta molto bella" disse Audrey. "Da quando l'avete?"
"L'abbiamo comprata l'anno scorso per le feste di Natale e siamo stati qui mentre fuori nevicava."
"Oh, dev'essere bellissimo!" esclamò Audrey con voce sognante. "A San Francisco non nevica quasi mai. Io la neve non l'ho mai vista."
"Allora ti ci porteremo anche quest'inverno" disse Taehyung.
Il primo giorno non fecero niente a parte passeggiare per il campeggio e chiacchierare con qualcuno.
Il secondo gli adulti prepararono i French toast e Audrey chiese cosa fossero.
"Dei toast con uova e burro" disse Jungkook. "Li hai mai provati?"
"No."
"Te ne do solo un pezzettino, se non ti piace ti darò qualcos'altro."
Alla bambina piacque molto, ma indicò un liquido che i genitori avevano posto nel suo piatto.
"È sciroppo d’acero" le disse Taehyung. Puoi immergerci il pezzo di toast, se vuoi. È molto buono."
Lei ci provò e sentì in bocca un gusto dolce, ma non troppo, poi chiese dell'altro French toast e mangiò finché si sentì piena.
Il giorno seguente i genitori la portarono a fare una passeggiata nel bosco.
"Troveremo gli gnomi?" chiese la bambina.
"Non lo so, forse" disse Taehyung.
Non voleva rovinare i sogni della bambina.
Camminarono per un lungo tratto circondati dal silenzio. Si sentiva solo qualche uccellino cinguettare.
"Perché non troviamo gli gnomi?" chiese Audrey. "Perché?"
"Hanno paura degli uomini e si nascondono dentro le cavità degli alberi" disse Jungkkook.
"Ci sono anche animali che fanno le tane lì" disse Taehyung.
In quel momento una lepre sfrecciò davanti a loro.
"Coniglio! Un coniglio!" esclamò la bambina.
"È una lepre, tesoro" la corresse gentilmente Taehyung.
Videro anche dei caprioli in lontananza.
Quel sabato sera andarono al bar-ristorante perché quel giorno i padroni, che erano italiani di origine, facevano la pizza. Audrey scelse una pizza baby con patatine fritte e wurstel, gli altri una margherita.
"È ottima" disse la piccola.
Una radio diffondeva una musica allegra e, dopo cena, vennero tolti tavoli e sedie per creare una pista da ballo.
"Vuoi ballare?" chiese Jungkook ad Audrey.
"Ma non sono brava, non ho fatto danza, non ancora."
"Ti iscriveremo ad una scuola di danza quando torneremo a casa, ma qui l'importante è divertirsi."
La prese a braccetto e la portò al centro della pista, si chinò alla sua altezza e, in quella posizione, ballò con lei. In quel momento c'erano solo loro, chiusi nel loro mondo come in una bolla. Poco dopo gli applausi riempirono la sala.
"Applaudono a noi?" chiese Audrey timidamente.
"Sì, perché siamo stati bravi."
Poco dopo si mise a piovere. Piovve tutta la notte e tutto il giorno dopo, per cui Jungkook e Taehyung preferirono fermarsi un giorno in più in montagna, perché non se la sentivano di guidare sotto il diluvio universale. Dovettero rimanere chiusi in casa, e giocarono con Audrey insegnandole qualche semplice gioco di carte. La piccola, comunque, si annoiò molto, e per cambiare la sera la portarono al bar-ristorante, nonostante la pioggia. Sulla strada di ghiaia c'era un buco e Jungkook dovette fare qualche accelerata con la macchina per superarlo.
Durante la cena, fatta di spaghetti al ragù che Audrey adorò, Taehyung si accorse che era caduto un lampione.
"Cazzo!" urlò.
I proprietari del campeggio accorsero a vedere cos'era successo. La terra sotto era franata e il lampione, non avendo niente a cui aggrapparsi, era finito a terra. Nelle casette lì vicino non c'era nessuno, ma i proprietari avvertirono chi ci abitava di quello che era successo e transennarono l'area franata – per fortuna, per arrivare alla loro casetta, Taehyung e Jungkook non dovevano passare di lì.
"Ho paura!" esclamò Audrey vedendo quello che era successo.
"Non preoccuparti, piccola, non succederà niente."
I tre partirono il giorno seguente, quando per fortuna la situazione era più tranquilla e la tempesta si era calmata.
"Voglio un cucciolo!" esclamò Audrey sulla via del ritorno.
"Voglio non esiste, si dice vorrei" le fece notare papà Jungkook.
"Vorrei un cucciolo."
"Cane o gatto?" domandò Taehyung.
"Gatto, magari anche due."
"Io e papà ci penseremo, d'accordo? Non ti promettiamo niente, però" le disse Jungkook.
"D'accordo" gli fece eco lei, un po' triste.
Sperava che i genitori avrebbero accolto la sua richiesta con entusiasmo, invece non era stato così. Audrey era ancora troppo piccola per capire che un cane o un gatto richiedevano impegno, soprattutto un cane.
Due settimane dopo, né più né meno come si erano ripromessi, i tre andarono in cerca di una scuola di danza nel pomeriggio, di un posto dove Audrey avrebbe imparato a ballare, visto che, a quanto genitori avevano capito, era un suo grande desiderio.
Nella prima scuola non venivano seguiti i principianti, ma solo bambini più grandi che avevano già fatto danza in passato. Nella seconda, le mamme che guardavano le figlie danzare continuavano a urlare loro contro.
"Che stupide" disse Jungkook. "Trattano male le figlie."
"Vogliono che siano perfette," rispose Taehyung,, "la smania di successo può portare anche a questo."
Audrey non aveva capito tanto bene cosa i genitori avessero detto, ma sapeva che quella scuola non le piaceva. La terza era la più lontana dalla loro casa, ci misero mezz'ora ad arrivare. Si chiamava Dream Dance Academy e aveva un grande giardino antistante l'edificio in mattoni rossi. Jungkook suonò il campanello e, quando fu loro aperto, i tre attraversarono il giardino a grandi passi. Audrey saltellava e correva,
 tanta era la sua eccitazione. Dentro, l’atrio era grande e spazioso. La bambina fu accolta da un'insegnante molto carina e gentile.
"Vuoi fare danza classica o moderna?" le chiese.
"Moderna" rispose la bambina.
"Accettiamo bambini dai tre anni in su. Lei quanti ne ha?"
"Quattro" disse Jungkook.
"Allora sarai nella mia classe, Ti aspetto domani pomeriggio alle quattro, se per i tuoi genitori va bene."
"Sì, certo" dissero entrambi.
"Dovreste andare a parlare con la direttrice per l'iscrizione" disse ancora la ragazza.
La direttrice era una donna sulla sessantina, con il volto segnato da qualche ruga e con i capelli grigi.
"Buongiorno!" esclamò facendoli entrare nel proprio ufficio. "Immagino vogliate iscrivere questo angioletto alla nostra scuola,"
"Sì, esatto" disse Jungkook.
Firmarono alcuni documenti sul suo stato di salute fisico e mentale, se fosse stata vaccinata o meno - l'assistente sociale aveva detto loro di sì - e su altre questioni riguardanti il fatto se avesse già svolto qualche corso di danza o no.
Poi tornarono a casa, e per tutto il giorno Audrey non fece che agitarsi, non rimanendo ferma un minuto.
"E adesso come ti acconcio i capelli?" domandò Jungkook.
Stava facendo il bagno ad Audrey e le lavava la schiena, mentre pensava se lasciarle i capelli sciolti o raccoglierglieli in una coda o in una treccia, ma non sapeva fare nessuna delle due cose.
"Serve una mano?"
Taehyung entrò nel bagno, riscaldato da una stufetta elettrica nonostante fosse maggio, perché Audrey non prendesse freddo.
"Come le acconciamo i capelli?" chiese Jungkook mentre faceva scorrere via l'acqua.
"Non lo so, intanto asciughiamoli."
Quella era la parte che Audrey amava di più, perché le permetteva di rilassarsi mentre i suoi genitori le passavano le mani fra i capelli. Cercarono di farle una treccia, ma non ci riuscirono, così optarono per una semplice coda di cavallo.
Quando arrivò il pomeriggio seguente, si presentarono lì dieci minuti prima della lezione. Gabrielle lavorava con i principianti e disse ai genitori che avrebbero potuto guardare, ma non fare commenti, per non disturbare i ballerini. Sì, perché con sua grande sorpresa Audrey scoprì che, oltre ad altre cinque bambine, c'era anche un bambino un po' più piccolo di lei.
Che strano pensò, ma non lo era così tanto se rifletteva sul fatto che aveva già visto ballerini in televisione.
"Ciao bambini, io sono Gabrielle, la vostra insegnante." Sorrise loro e i bambini ricambiarono. La conoscevano già, ma voleva presentarsi anche alla nuova arrivata. “Da oggi qui c’è una nuova bambina, di nome Audrey. Di’ loro quanti anni hai, piccola.”
“Quattro.”
La stanza era dipinta di azzurro e aveva sul pavimento un orbido trappeto.
"Per oggi non vi insegnerò nulla di particolare. Ballate come sapete e come vi viene. Ora metterò la musica."
Era un buon modo per cominciare si dissero Jungkook e Taehyung mentre, seduti su alcune sedie vicino al tappeto con le altre mamme, aspettavano che la canzone partisse.
"Quest'anno ci alleneremo su questa e altre" disse Gabrielle. "Nel caso di oggi si tratta di My Attic di Pink, una cantante molto famosa. Alla fine dell'anno ci sarà un saggio in cui balleremo con questa, ma prima dobbiamo fare pratica. Dai, sbizzarritevi!"
My attic is full of pages, full of crazy
Cluttered spaces that you could not cross
My attic is full of bones and full of hopeless
Young emotions that just won't grow up
I keep hiding the keys in all these
Places even I can't find
Hopin' one day you'll find them all
And I will let you see inside my attic
 
Inside this olive skin are paper thin
Illusions that I'm tougher than I am
And I'm guarded, castle walls from all the falls
And break up calls and 'never should've beens'
But don't go pushin' too hard
I'm not so easy to manipulate
I will give you all of my secrets
If you promise you can brave my attic
I bambini si scatenarono su quella ballata ritmata ma non troppo veloce, ballando come sapevano. Alcuni conoscevano dei passi di danza, altri si muovevano a caso come capitava. Così faceva Audrey che, vedendo che anche altri si comportavano nello stesso modo, non si vergognò affatto.
"Bene, ora vi mostro come si balla davvero" disse Gabrielle e cominciò a danzare.
Sembrava una farfalla, pensò Audrey, che volava nella stanza muovendosi con eleganza e grazia.
"Diventeremo mai brave quanto lo sei tu?" chiese una bambina alla fine.
"Anche di più, ma ci vogliono anni di pratica."
Quella lezione finì e Audrey avrebbe dovuto aspettare la settimana seguente per la successiva.
"Allora, ti è piaciuto?" chiese Taehyung a sua figlia, anche se il suo sorriso enorme valeva più di mille parole.
"Sì, tantissimo!" esclamò la piccola mentre saltellava.
"Dovremo andare a comprare delle scarpe adatte, come quelle delle tue compagne" disse Jungkook e lei assentì.
Ci andarono subito e presero anche abiti carini e sempre con pantaloni elasticizzati per la danza. Era strano, per Taehyung e Jungkook, ritrovarsi a girare i negozi nel reparto dei bambini e poi non sapevano mai se un vestito o un paio di scarpe le sarebbe andato bene o no.
"È troppo stretto" disse la bambina quando ne provò uno.
Jungkook allora entrò nel camerino, glielo tolse e gliene infilò un altro.
"Questo va bene."
"Perfetto, allora lo compriamo."
Fu un intenso pomeriggio di shopping, ma alla fine tutti tornarono a casa soddisfatti. Audrey aveva appena fatto una nuova esperienza e i genitori si augurarono che, se le era piaciuta così tanto, avrebbe adorato anche le lezioni seguenti.
 
 
 
CREDITS:
Pink, My Attic

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Capitolo 11
*** Famiglia ***


Capitolo 10.

 

Famiglia

 
Quando il campanello suonò, quella domenica, Audrey fece letteralmente un salto sul divano sul quale era seduta a guardare i cartoni.
"Sono i nostri familiari" disse Taehyung.
Avevano preparato la bambina al loro arrivo dicendole che sarebbero stati tutti gentili con lei, ma lei era comunque nervosa.
"Andrà tutto bene, tesoro" la rassicurò Taehyung.
Quando aprirono la porta entrarono cinque persone. Una ragazza, la prima a presentarsi ad Audrey, era giovane e si chiamava Mi Sun.
"Sono tua zia, la sorella di Taehyung" disse con dolcezza abbassandosi al suo livello.
Ad Audrey piacque subito.
"Noi siamo Jun-Yong e Ji-won e siamo i tuoi nonni. Io, Jun-yong, sono il papà di Taegyung e lui di Jungkook."
"Noi, invece, siamo le tue nonne, Song-min e Hyong-jin."
"Avete tutti dei nomi strani" disse la piccola ridendo.
"Sono nomi coreani" le spiegò Mi Sun.
"Non so se li imparo subito, ma sono belli" considerò la piccola.
"Grazie" risposero tutti all'unisono.
"Tra poco arriveranno anche alcuni amici miei e di papà," disse Taehyung, "ma nessuno vorrà farti del male, okay? Qui siamo tutti gentili."
"Quanti?" chiese la piccola.
"Sei."
Fece un breve calcolo. Sapeva i numeri fino al venti e giunse alla conclusione che ci sarebbero state quindici persone in casa. Troppe. Scappò di sopra e sbatté la porta con violenza.
"Che è successo?" chiese la mamma di Taehy
hyung.
"Non lo so, vado a vedere."
 
 
 
Intanto, in cucina, Jungkook stava preparando involtini primavera e riso alla cantonese.
"Come vanno le cose, figliolo?" gli chiese suo padre.
"Bene. Noi ci troviamo bene con lei e la amiamo e Audrey fa lo stesso con noi."
Lui e il marito avevano deciso di fare quel pranzo a casa per far sentire più sicura Audrey.
"Avete avuto dubbi sull'adozione mentre non avevate ancora Audrey in casa?" chiese la madre.
"No, nessuno, eravamo convinti della nostra scelta e lo siamo ancora, abbiamo fatto la cosa più bella e migliore della nostra vita."
I genitori gli sorrisero. Aveva appena detto qualcosa di stupendo.
 
 
 
"Audrey, fammi entrare!"
Non c'era la chiave alla porta, ma la bambina ci si era addossata contro e non voleva spostarsi.
"No!" esclamò, dando un pugno alla porta.
"Se mi spieghi qual è il problema possiamo parlarne."
"No."
"Che sta succedendo?" Jungkook gli arrivò alle spalle e lo spaventò. "Scusa amore, non volevo spaventarti. Che c'è?"
"Non vuole uscire, credo abbia paura di qualcosa."
"Forse abbiamo invitato troppe persone. Vuoi che dica ai nostri amici che ci incontriamo la prossima domenica per un picnic?"
"Forse è meglio."
"D'accordo, telefono subito a Namjoon."
"Non se la prenderanno, vero?" chiese Taehyung.
"Non penso proprio."
Jungkook sparì e in quel momento Audrey aprì la porta.
"Posso entrare?"
"Sì, papà. Ho sentito che ci sarebbero state tante persone e ho avuto tanta paura" confessò.
Stava ancora tremando e il suo respiro era ansimante.
"Lo so, piccola, mi dispiace. Non abbiamo nemmeno pensato che questo potesse essere un problema, per te."
"Non importa, ma non respiro."
"Sì che respiri, stai solo avendo un attacco di panico. Guardami. Guardami" ripeté, visto che la bambina fissava il vuoto. "Respira. Dentro, fuori, dentro, fuori."
Dopo alcuni tentativi Audrey si sentì meglio.
Scese e, durante il pranzo, si sedette vicino a Mi Sun.
"Vai ancora a scuola?" le chiese.
"Sì, al college."
"Io non vado ancora all’asilo."
"Ci andrai presto e ti divertirai moltissimo, ne sono certa."
"Che giochi ti piace fare?" le chiese Ji-won, suo nonno.
"Nascondino, fare i puzzle, giocare a palla, andare in altalena e divertirmi con le bambole e i miei animali."
Nel sentirla parlare, Jungkook e Taehyung si dissero che c'erano ancora un sacco di cose che avrebbero potuto fare con lei.
"Adesso ti prendo!"
Il pranzo era finito e Jungkook e Taehyung erano usciti in giardino assieme agli altri. Mi Sun stava correndo dietro ad Audrey che cercava di nascondersi.
"Tanto non mi prendi, tanto non mi prendi!" esclamava la piccola.
La bambina si divertiva a correre e a saltare mentre la zia era sempre più stanca, ma alla fine la fece vincere e si lasciò prendere.
"Cavolo! Mi hai fatta penare" disse Mi Sun.
"Scusa, zia, mi stavo divertendo troppo."
"Non preoccuparti, anch'io ero così alla tua età."
Dopo poco giocarono a lanciarsi la palla anche assieme ai nonni e ai genitori. Se la tiravano l'un l'altro o con le mani o con i piedi
Quando le famiglie se ne andarono, Audrey era esausta. A seguito di una cena frugale si addormentò sul divano, felice di aver conosciuto i nonni e la zia.

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Capitolo 12
*** I regali più belli ***


Capitolo 11.

 

I regali più belli

 
Né più né meno come le avevano detto, Jungkook e Taehyung svegliarono presto Audrey.
"Oggi c'è il picnic, giusto?" domandò lei, con gli occhi ancora assonnati e la voce impastata.
Odiava quella sensazione, ma con un sorso d'acqua si sarebbe sentita meglio.
"Esatto. Ti abbiamo svegliata perché pensavamo ti avrebbe fatto piacere preparare assieme a noi le cose per il picnic" le disse Jungkook.
"Lo faremo in giardino e abbiamo invitato alcuni nostri amici. Ti va di conoscerli?" chiese Taehyung.
"Quante persone sono?”
“Sei, tutti maschi. Avrebbero dovuto venire ieri, ma il tuo spavento ci ha fatto cambiare idea e abbiamo detto loro di venire oggi.”
"Oh, mi dispiace" rispose la piccola a Taehyung.
Con la sua ansia aveva rovinato i loro piani.
"No, piccolina, non ti preoccupare. Vuoi dormire ancora un po'?"
"Posso?"
"Ma certo, tanto i nostri amici arriveranno per pranzo."
La bambina si girò fra le coperte e riprese sonno.
 
 
 
"Taehyung, ma quale picnic!" esclamò Jungkook mentre l'altro tagliava il pane.
"Perché?"
"Oggi è lunedì, i nostri amici sono al lavoro. Mi hanno appena mandato un messaggio scusandosi e pensando che fosse domenica. Lo faremo questo fine settimana.”
"Sì, ma Audrey ci resterà male. Che cosa possiamo fare per rendere questa giornata speciale per lei?"
Non trovarono nulla di divertente, così restarono a casa a giocare.
Passarono tre giorni e, per un motivo o per un altro, i suoi amici non riuscirono a venire a fare un picnic con loro, magari il pomeriggio e non la mattina, ma nemmeno passare per un saluto. Namjoon si era preso una brutta febbre ed era accudito dagli altri.
Giugno era ormai poco oltre la metà quando ai due genitori venne un'idea.
"Aveva detto che voleva due gattini, mi sembra, giusto?"
"Sì Tae, ma un gatto è un impegno. Abbiamo adottato Audrey solo qualche settimana fa, siamo pronti per questo?"
"Secondo me sì. In fondo un gatto è più indipendente di un cane, ha bisogno di meno attenzioni."
"Hai ragione, forse siamo pronti. Prima dobbiamo organizzarci, però."
E così, mentre Audrey dormiva e Jungkook stava con lei, Taehyung andò a comprare tutto il necessario: una lettiera, della sabbia e qualche giocattolo, due cucce confortevoli e due cuscini da metterci dentro, per far stare i mici più comodi. Quando gli sembrava che non mancasse niente, chiamò un suo amico che faceva il falegname e gli chiese di costruire una porticina basculante.
"Ci vorrà qualche giorno" lo avvisò l'altro.
"Non è un problema."
Tanto avrebbero preso i gatti da piccoli, per cui non sarebbero andati fuori subito. Avrebbero anche dovuto chiamare qualcuno che se ne intendesse di finestre per fare un buco sulla portafinestra della cucina. Jungkook prese le misure e disse al suo falegname quanto grande voleva che fosse la porticina,
"D'accordo. Fai bene a non volerla molto grande" fu la risposta dell'uomo.
"Perché?"
"Mi è già capitato di sentire persone che avevano fatto porticine basculanti grandi e poi gli zingari hanno mandato dentro i bambini a rubare attraverso di esse."
"Merda" disse Taehyung.
"Quindi vi consiglio di farla piccola."
Il falegname venne a casa loro a prendere le misure per la porticina e se ne andò.
 
 
 
In quel momento Audrey si svegliò e, dopo colazione, i genitori le dissero di avere del lavoro da fare lì a casa.
"Per il negozio di vestiti o per la fioreria?"
"Per un'altra cosa che ora non possiamo dirti" le fece sapere Jungkook e, mentre la bambina si sedeva a guardare i cartoni animati, loro due andarono in cucina.
Per prima cosa controllarono i rifugi per gatti abbandonati nella zona, compreso quello di Yoongi. In tutti c'era scritto che, prima di avere un gatto, bisognava venire per un mese ad accarezzarlo e conoscerlo, per essere sicuri che fosse il micio giusto.
"Non ti sembra esagerato?" chiese Taehyung a Jungkook.
"Un po'."
Alcuni rifugi, compreso quello di Yoongi, avevano come altro requisito quello di mandare un volontario a casa degli adottanti per verificare che il gatto fosse in sicurezza e che la famiglia non vivesse vicino a una strada trafficata.
"Noi abitiamo vicino a una di queste strade, non ce lo lasceranno mai" disse Taehyung, mesto.
Controllarono così gli annunci di qualcuno che vendeva o regalava gattini. Fu allora che dissero ad Audrey quello che stavano facendo e lei si avvicinò al computer con il cuore che le martellava nel petto e un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
"Davvero mi volete prendere un gattino?"
"Anche due," le disse Taehyung, "ma volevamo sceglierli con te."
La bambina ne fu entusiasta e osservò le foto e le descrizioni, che i genitori le lessero. Alla fine, dopo molti "No", Audrey rimase colpita da una foto di quattro gattini, uno bianco, due rossi e uno grigio.
"Sono bellissimi!" esclamò.
Era vero, sembravano meravigliosi in foto, e i due genitori erano sicuri che dal vivo lo sarebbero stati ancora di più. I proprietari abitavano a un'ora di distanza da lì. I quattro si vestirono, si misero in macchina e partirono. Lungo il tragitto cantarono alcune canzoni che passavano in radio in quel momento. Intanto Taehyung, che non guidava, telefonò alla famiglia per sapere se fossero a casa. Era possibile che fossero al lavoro. Rispose una voce femminile dal tono gentile e allegro.
"Saremmo interessati a vedere i gattini e forse ad adottarne un paio" disse.
"Ma certo, venite quando volete. Io sono sempre a casa perché faccio la casalinga e mio marito oggi esce prima dal lavoro."
"Ottimo, siamo già per strada."
Arrivati nel luogo dove risiedeva la famiglia, scoprirono di trovarsi in piena campagna. Tutto lì era silenzio e pace e gli unici rumori che si sentivano erano quelli degli uccelli che cinguettavano. Taehyung suonò all'indirizzo scritto sull'annuncio e una donna sulla trentina venne ad aprire, ma non li fece entrare. Poco dopo uscì anche un ragazzo.
"Abbiamo due bambini" disse l'uomo presentandosi. Era alto un metro e novanta circa e aveva mani grandi e lisce. "E non vogliamo che vedano che qualcuno porta via i loro gatti, o ci resteranno male."
"Ma sanno che li date in adozione?" chiese Jungkook.
Se non fosse stato così, lui e Jungkook l'avrebbero ritenuto profondamente ingiusto nei confronti dei bambini, che avevano il diritto di sapere.
"Sì, l'abbiamo spiegato loro" rispose la donna. "Ma non vogliamo che vedano, tutto qui. Venite."
Li guidarono in una legnaia. Tutto lì era pulito e in ordine. Una gatta bianca e rossa era sdraiata all'interno della legnaia, ma uscì seguita dai quattro cuccioli quando sentì dei passi avvicinarsi.
"Gattini!" esclamò Audrey, si avvicinò con uno scatto e ne prese uno in braccio.
"Devi fare piano con loro" le disse Jungkook. "Sono ancora piccoli e si spaventano."
"Oh, mi dispiace."
"Non ti preoccupare. Ora lo sai."
Il gattino, comunque, le rimase in braccio. Era quello grigio.
"È una femmina, sai piccola?" le disse la donna.
Audrey sorrise.
"E gli altri?"
"Due maschi e una femmina."
La bambina e i genitori passeggiarono nel portico con la gattina in braccio ad Audrey, che sembrava decisa ad adottarla.
"Sai, a casa mia ci sono tanti giochi per te e una bella cuccia."
Il pelo di quella gatta era corto e morbidissimo e la bambina si accorse che aveva una piega sulla punta della coda.
"Si è fatta male?" chiese alla padrona.
"No, è nata così. È una sua particolarità. Tranquilla, puoi toccarla in quel punto, non le fa male."
"Vorrei un maschietto" disse la bambina.
Si avvicinò agli altri gattini e si fece indicare i due maschi. Provò a prenderne uno, ma questi scappò in mezzo a dei bancali. Poi la mamma gatta richiamò tutti i cuccioli dentro il trasportino che Taehyung e Jungkook avevano portato e loro obbedirono al suo richiamo. Quando gli altri uscirono e i due rimasti, quelli che Audrey voleva adottare, restarono dentro, Taehyung stava per chiudere il trasportino, ma scapparono fuori entrambi.
"No!" esclamò Audrey.
"Hanno solo paura, adesso li prendiamo" la rassicurò Jungkook.
Riuscirono a prendere la femmina subito, ma per il maschietto ci volle circa un'ora, perché correva da tutte le parti e si nascondeva.
Alla fine li ebbero tutti e due nel trasportino.
"Dobbiamo darvi qualcosa, pagarvi?" chiese Jungkook.
L'annuncio diceva Cuccioli in regalo, ma non si poteva mai sapere.
"No, assolutamente" rispose loro l'uomo. "Basta che vogliate loro bene."
"Su questo può stare tranquillo. Li ameremo come membri della nostra famiglia" rispose Taehyung.
Quando salirono in macchina fu Audrey a voler tenere il trasportino. I micetti dormirono quasi tutto il viaggio, solo quando arrivarono a casa si svegliarono.
"Vuoi uscire?" chiese Audrey al maschietto quando poggiarono il trasportino sul tappeto.
Intanto la femmina era già uscita e si guardava intorno con curiosità e un po' di paura. Doveva essere difficile per loro, pensò Audrey. Non avevano più la mamma e i fratelli e forse si sentivano soli, ma il fatto di essere insieme dava loro forza. Avevano fatto bene a prenderne due. Mentre il maschio usciva, Audrey prese di nuovo in braccio la gattina stupendosi di quanto fosse piccola e leggera. Era nata il primo maggio, quindi aveva poco più di un mese e mezzo.
"Come li vuoi chiamare?" chiesero insieme i due genitori.
"Lei Star e lui Red" rispose, mentre anche il maschietto, che si era nascosto in fondo al trasportino, usciva.
"Sono due bellissimi nomi."
Insegnarono ai gatti dove fosse la lettiera mettendoceli dentro e scoprirono, con loro grande sorpresa, che sapevano già andarci. Poi li portarono in cucina e i due gatti riconobbero l'odore dei croccantini Kitten che gli adulti avevano acquistato.
Quella sera, Star e Red si addormentarono su un vecchio maglione di Taehyung e i tre andarono a letto sereni, sapendo che ora erano in cinque. I genitori avevano detto alla bambina che avrebbero tenuto dentro i gatti per tre o quattro mesi, in modo che si abituassero alla casa, ai suoi abitanti e ai suoi odori. Poi, se i mici avrebbero espresso la volontà di uscire, avrebbero costruito la porticina basculante. Per Audrey Red e Star erano stati i regali più belli che i genitori avrebbero potuto farle.

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Capitolo 13
*** Nuovi amici ***


Capitolo 12.

 

Nuovi amici

 
"Papà, mi racconti una favola?"
Audrey era già sotto le coperte, il martedì sera, dopo aver preso i gatti il giorno prima, ma non riusciva a dormire. Capitava spesso che accadesse. Aveva confessato ai genitori che aveva paura di fare gli incubi e per questo cercava di stare sveglia il più possibile. Così, Jungkook e Taehyung avevano cominciato a raccontarle qualche storia per aiutarla a dormire meglio e a darle una tazza di camomilla prima di andare a letto.
"Ma Certo, prima finisci la camomilla, però."
Le raccontò Cappuccetto Rosso e la bambina si addormentò a metà storia.
"È crollata" disse piano Taehyung quando chiuse la porta della camera.
"Andiamo a dormire anche noi, sono stanco."
Dato che in quelle settimane gli incubi di Audrey erano aumentati, Taehyung e Jungkook ricontattarono l'assistente sociale in una giornata di fine giugno. La donna disse che andare da una psicologa avrebbe aiutato la bambina e diede loro due nominativi.
Il primo era un uomo, che si dimostrò molto maleducato dicendo che non aveva tutto il giorno per stare al telefono con loro, quando in realtà parlavano da neanche cinque minuti.
"Io Audrey da quello non ce la porto" disse risoluto Taehyung.
"Nemmeno io. Mi domando come faccia ad avere clienti e come li tratti. Speriamo che il secondo sia migliore."
Rispose una donna gentile, che li fece sentire a proprio agio.
"Io a luglio e agosto non lavoro, ma potete portarmela qui il primo settembre alle 16:00, se per voi va bene."
"D'accordo" rispose Taehyung. "Grazie."
"Ne parliamo subito con Audrey o aspettiamo?"
"È quasi luglio, aspettiamo un paio di settimane e poi iniziamo a spiegarle che dovrà andare da una dottoressa per stare meglio."
L'altro annuì.
"Ho visto una cosa interessante. Qui vicino c'è un cartello che dice che una ragazza legge in biblioteca ai bambini. Sarebbe bello portarci Audrey, magari sentirà favole diverse da quelle che le raccontiamo noi la sera.
"Non è una cattiva idea, anzi. Potrebbe aiutarla stare con altri bambini. Certo, ci sta quando va al parco, ma preferisce giocare da sola."
Quando si svegliò, i genitori glielo proposero e Audrey si dimostrò entusiasta.
"Quando andiamo? Quando andiamo?" non smetteva di ripetere.
"Domani pomeriggio alle 15:00 c'è il primo incontro, sta' tranquilla" le disse Taehyung.
"Voglio che sia subito domani pomeriggio. Adesso faccio una magia come le Winx!" esclamò e fece un movimento con il braccio. "Non è successo niente."
I suoi occhietti si riempirono di lacrime. I genitori sorrisero, inteneriti da quella scena, e poi Jungkook la prese in braccio.
"Perché gli umani non sono magici, soltanto i maghi, le fate e le streghe lo sono."
"E non si può imparare da una fata ad essere magica?"
"No, non si può. Ma sai cantarmi da sigla delle Winx?”
"Sì!" trillò la piccola. "Si intitola Il segno di Winx" aggiunse, per far capire che era informata.
"Notte magica, si illumina il cielo
Fra le stelle la sfida per me inizierà
Su una nuvola io volo nel tempo
Con gioco e fantasia coloro la mia vita
 
Le mie ali nel cielo
 
Winx! La tua mano nella mia più forza ci darà
Con lo sguardo vinceremo insieme
Winx! Nuove fate siamo noi e un'amica tu sarai
Solo un gesto e voleremo ancora
[…]"
Aveva cantato solo una parte di quella canzone, cioè quella che facevano sentire in televisione. Sapeva, però, che la versione originale era molto più lunga e aveva anche visto su internet, con i genitori, tutte le parole, ma ora non le ricordava.
I due applaudirono.
"Vado a fare la spesa" disse Taehyung. "Venite con me?"
"No, io voglio giocare!" esclamò la bambina.
Poco dopo l'uscita di Taehyung, mentre Audrey si stava divertendo con una bambola, qualcuno suonò alla porta
"Jimin" esclamò Jungkook vedendolo.
"Ciao. Ho pensato di farvi un saluto prima del picnic di domenica" disse.
"Hai fatto bene. Vuoi conoscere Audrey?"
"Certo. Sono qui per questo."
"Ah, per questo, eh? Non per vedere un tuo amico" lo canzonò l'altro.
Jimin gli diede un piccolo schiaffo sul braccio.
"Ti ha colpito!" gridò Audrey. "Ti ha fatto male, papà?" E poi, rivolta a Jimin: "Vai via, tu sei cattivo."
"Tesoro, calmati, respira. Jimin è una delle persone più buone che io conosca, te lo posso assicurare. Non mi ha dato un vero e proprio schiaffo, ma solo un colpetto affettuoso perché stavamo scherzando fra di noi."
La bambina si rilassò visibilmente. Guardò Jimin che le sorrise e allungò una mano.
"Ciao, io sono Jimin, uno degli amici dei tuoi papà" si presentò.
"Io mi chiamo Audrey" disse la bambina, "e ho quattro anni. Ne compio cinque il 22 dicembre."
"Questo l'assistente sociale non ce l'aveva detto, non ci aveva parlato del tuo compleanno."
"Adesso lo sapete."
"Sai cosa ti fa fare Oppa, ora?" chiese Jimin.
"Oppa? Ma come parli?"
Audrey rise: da quando era arrivata non aveva mai sentito pronunciare quella parola.
"È coreano. Lo usano i ragazzi più grandi per riferirsi a ragazze più piccole di loro o a bambine" le spiegò Jungkook.
"Ah, okay."
Oppa, che parola buffa pensò Audrey.
"Cosa mi fai fare?" chiese poi, rivolta a Jimin.
Questi la fece sedere sul tappeto, poi la sollevò in aria e la mise sopra la sua testa esclamando:
"Vola!"
La bambina rideva un sacco mentre Jimin la portava in giro per il salotto in quella posizione e, anche se il ragazzo era basso, lei vedeva il mondo da un'altra prospettiva. Dopo un po' Jimin si sedette sul divano e fece scendere Audrey, posandola con delicatezza sul tappeto.
"Ti sei divertita?"
"Sì Jimin, lo facciamo ancora?"
"Non adesso ma sì, te lo prometto."
"Grazie. Papà, ho volato con Jimin, è stato bellissimo!"
Ad Audrey brillavano gli occhi.
"Lo so, ho visto,"
In quel momento, il cellulare di Jungkook suonò.
"Pronto, Taehyung?"
"Ciao. Senti, non trovo i cereali che mangia di solito Audrey, il commesso ha detto che sono finiti. Posso prenderne di un'altra marca?"
"Se sono al cioccolato sì, non credo faccia differenza. Li amerà comunque. Non dimenticarti di comprare la frutta omogeneizzata, perché la adora."
"D'accordo. Come va lì?"
"È venuto Jimin. Sai che l'ha fatta volare?"
"Che cosa?" Taehyung era preoccupato. "Dimmi che non si è fatta male o lo uccido" scherzò, ma sperò davvero che non fosse successo niente."
"Non si è fatta nulla, solo divertita molto, e poi Jimin ci sa fare con i bambini."
Lavorava in un asilo nido come maestro.
"Va bene, sono più tranquillo. Torno a casa fra un po'."
"Okay, ti aspetto."
"Non l'ha presa bene, vero? Mi dispiace, è che ai bambini dell'asilo nido dove lavoro piace e pensavo che potesse divertirsi anche lei."
"L'ha fatto e non è successo niente. Taehyung si è solo un po' preoccupato, ma è normale per un genitore, e poi sai che è sempre stato apprensivo."
"Già."
Intanto Audrey stava mostrando a Jimin tutti i giocattoli che aveva.
"Sono davvero tantissimi, tesoro" le disse.
Poco dopo arrivò anche Namjoon, che si presentò ad Audrey. Lo trovò molto simpatico, anche se un po' troppo silenzioso e sulle sue per i suoi gusti.
Quando tornò Taehyung, gli amici e Jungkook smisero di giocare con Audrey per aiutarlo a mettere via la spesa.
"Ma quanta roba hai comprato?" chiese Namjoon divertito.
"Abbastanza, volevo riempire il frigo che è quasi vuoto."
Poco dopo, Jimin e Namjoon se ne andarono. Avevano un appuntamento con gli altri.
"Sono simpatici, mi piacciono" disse Audrey ai suoi papà e loro ne furono molto contenti.
Poco dopo il campanello suonò di nuovo.
"Yerim, che ci fai qui?" chiese Taehyung.
"Sono venuta a trovarvi. Volevo conoscere la new entry del nostro gruppo."
"Audrey, Yerim è la fidanzata di Yoongi, un altro nostro amico che conoscerai. Per il momento, solo io e papà e loro due abbiamo qualcuno accanto, ma sicuramente anche gli altri lo troveranno prima o poi" spiegò Taehyung.
"Coraggio, sii educata e saluta la nostra ospite" disse Jungkook.
La bambina non disse niente e andò a nascondersi dietro il divano. Si accucciò e rimase lì, ferma.
"Jungkook, posso parlarti un momento?" chiese Taehyung.
"Certo."
"Yerim, vieni anche tu."
Si sedettero in cucina, attorno al tavolo.
"Credo che abbiamo sbagliato con lei" disse Taehyung.
"Sbagliato? In che senso? Le diamo tutto l'amore del mondo, ha giochi, presto andrà all'asilo…"
"Sì, lo so, ma non basta. È figlia di genitori gay e da quando l'abbiamo adottata, a fine maggio, non l'abbiamo fatta quasi mai incontrare con una persona di sesso femminile, a parte Mi Sun una volta, mentre avremmo dovuto."
"Mi sa che hai ragione. Ma è passato poco tempo, vuoi che sia già così spaventata?"
"Se ha avuto quella reazione, evidentemente lo è" disse Yerim.
Jungkook si sentì un emerito idiota per non averci pensato prima.
"Cosa posso fare perché non abbia paura di me?" chiese Yerim.
La reazione di Audrey l'aveva colpita e messa un po' a disagio.
"Sii te stessa" le disse Taehyung.
La ragazza si inginocchiò sul divano, con la testa rivolta verso la bambina.
"Non voglio farti del male, nessuno lo vuole. Non devi aver paura, piccola. So che non hai incontrato altre ragazze di questi tempi, ma io sono buona e dolce e ti voglio già bene, mi sento una specie di zia nei tuoi confronti. Sai che sarò io a leggere ai bambini in biblioteca?"
Audrey alzò la testa.
"D-davvero?"
"Davvero. Vi racconterò tante favole, te lo prometto. Ora, se vieni fuori da lì, possiamo giocare insieme."
Con molta, molta lentezza, la bambina tornò sul tappeto.
"E questi bei gattini chi sono?"
Prima Jimin non li aveva visti perché erano nelle loro cucce, ma ora erano usciti. Audrey sorrise.
"Lei è Star, lui Red."
"Sono stupendi e hanno anche dei bellissimi nomi. Posso accarezzarli?"
Audrey fece cenno di sì e Yerim si avvicinò a Red che soffiò.
"Lui è il più spaventato" le disse Taehyung. "Prova con l'altra."
Intanto Red era andato a nascondersi sotto un carrellino sul quale Taehyung e Jungkook tenevano il telefono e altri oggetti. Yerim si fece più vicina a Star, la quale fu ben felice di farsi coccolare e, poco dopo, si addormentò anche in braccio a un'estranea.
"Che carina!" commentò la ragazza.
"Guardiamo un cartone tutti insieme?" propose Audrey.
Gli altri accettarono e lei scelse Frozen. La canzone che le piacque di più fu quella cantata da Elsa mentre mostrava i suoi poteri al massimo, creando un castello di ghiaccio, Let It Go.
"Voglio essere Elsa!" dichiarò alla fine del cartone.
"Perché?" le chiese Yerim,
"Perché è bella e ghiaccia tutto."
La ragazza fece un sorriso amaro. Audrey era ancora troppo piccola per capire che Elsa era stata sempre sola nella sua vita, che questo le aveva fatto male e che era caduta in una sorta di depressione. Dati i suoi poteri, i genitori l'avevano tenuta isolata, ma era stata anche lei a farlo, perfino quando i genitori erano morti e la sorella Anna avrebbe avuto bisogno di lei.
"Tutto bene, Yerim?"
"Sì Jungkook, tutto bene. Riflettevo sul film. Audrey, ti va di fare un disegno con me?"
Disegnarono Elsa, Anna, il pupazzo di neve Olaf, Kristoff e tutti i personaggi del film, poi attaccarono con lo scotch quei capolavori al frigo.
"Vi siete date molto da fare, vedo" commentò Taehyung ammirando quelle opere.
Non erano perfette, ma avevano cercato di renderle il più realistiche possibile.
Poco dopo Yerim se ne andò, dicendo che doveva preparare la favola e i lavori per il giorno dopo.
"Quali lavori?"
"Lo vedrai presto, Audrey. A domani" disse rivolta agli altri e alla piccola.
Tutti la salutarono e lei se ne andò.
Quella sera, sotto le coperte, con i gattini che, a fatica, si erano arrampicati sul materasso per stare con lei, Audrey pensò di aver trovato una nuova amica e anche due amici in Jimin e Yoongi, e che Yerim le piaceva tantissimo.
Il giorno seguente, martedì, i tre erano in biblioteca dieci minuti prima dell'inizio. Yerim arrivò poco dopo.
"Ciao. Vedo che siete puntuali, anzi, anche in anticipo."
"Meglio arrivare prima che in ritardo" disse Taehyung.
"Giusto."
Yerim sistemò la sua borsa su una sedia, ne estrasse un libro e lo posò sul grande tavolo in legno davanti a lei. Aspettarono tutti un po' e, piano piano, i bambini cominciarono ad arrivare con i genitori. Quando ci furono tutti e venti, la donna disse alle mamme e ai papà che potevano andare e tornare un'ora dopo. Ottenuto il silenzio, e dopo aver spiegato che in biblioteca bisognava parlare a voce bassissima, aprì il libro e cominciò a leggere.
"C'era una volta, nella foresta, un leone che dormiva tranquillo. Un topolino gli passò accanto per raggiungere gli amici a una piccola festa che si teneva lì intorno e il leone si svegliò per il trambusto. Il topo era ancora a poca distanza da lui e il leone gli disse:
"Hai osato svegliare il re della foresta? Ora non ho fame, altrimenti ti mangerei in un sol boccone."
"Sono piccolo in confronto a te, e mi spiace di averti svegliato, ma un giorno sarò io ad aiutarti."
Yerim modulava la voce, più grossa e grave per il leone, più acuta per il topolino. I bambini la ascoltavano in religioso silenzio, non staccando mai gli occhi da lei.
Ci fu un attimo di pausa.
"Tu? Un essere così minuscolo che aiuta il re della foresta? Questa sì che è bella" disse il leone, facendosi una grassa risata.
"Vedrai," gli rispose il topo, "sarà così."
Un giorno il leone rimase impigliato in alcune corde che formavano la trappola di un cacciatore. Ruggì e si dimenò, ma non riusciva proprio a liberarsi! Allora il topolino venne in suo soccorso e masticò le corde fino a romperle.
"Hai visto? Anche i grandi possono aiutare i piccoli" gli disse, e da quel giorno furono sempre amici." Yerim fece una pausa. "In questo libro c'è scritta la morale della storia, cioè cosa insegna: anche i grandi possono aiutare i piccoli. Voi avete quattro o cinque anni. Avete mai aiutato i vostri genitori a fare qualcosa?"
"Sì" disse una bambina. "A cucinare."
"Che brava! Qualcun altro?”
Audrey alzò la mano.
"A preparare la tavola" disse.
"A rifare i letti" fu il commento di un bambino.
"Uh, un compito difficile" disse la ragazza.
Poi chiese a ognuno di disegnare o il topo o il leone, o anche tutti e due che diventavano amici, Tutti si misero all'opera.
"Ciao." Salutò la bambina alla sua sinistra. "Io sono Audrey."
"Io Alaya."
Era una bambina di colore, per questo forse aveva un nome strano.
"Wow, che bel nome!" Era vero, ad Audrey piaceva proprio tanto. "Hai animali?"
"Sì, un cane che si chiama Pioggia. E tu?"
"una gatta di nome Star e un gatto che si chiama Red. Sono cuccioli, li ho presi da poco."
Mentre parlavano, disegnavano.
"Quanti anni hai?" chiese Audrey.
"Cinque, tu?"
"Quattro."
"Dov'è la tua mamma? Prima non l'ho vista."
"La mia mamma e il mio papà sono in cielo" disse abbassando lo sguardo e impedì a una lacrima di scivolarle lungo la guancia.
Non avrebbe mai dimenticato che loro erano senza cintura.
"Mettetevela" aveva detto.
"Lo faremo presto, dopo questa curva" le aveva risposto il padre, mentre svoltava a destra.
Audrey non avrebbe mai dimenticato lo schianto di poco dopo, il suo corpicino spinto in avanti dalla forza della frenata che, però, non era stata in grado di evitare l'incidente. Lei sentiva il rumore dello schianto ogni giorno, anche quando pensava ad altro. Non avrebbe mai smesso di rifletterci.
"Ma allora chi…"
"Sono stata adottata dai miei papà. Ne ho due, Taehyung e Jungkook."
"Quindi i tuoi genitori sono gay?"
"Esatto."
La bambina le sorrise, per farle capire che, per lei, questo non costituiva un problema e Audrey si sentì sollevata.
Yerim, con il permesso della bibliotecaria, appese assieme ai bambini tutti i disegni su una parete priva di scaffali, dicendo che erano tutti bellissimi. Un'ora passò veloce e i bimbi tornarono a casa con i genitori.
"Ci vediamo la settimana prossima, stesso giorno, medesimo orario" disse Yerim a tutti.
"Allora? Ti è piaciuto?" chiese Jungkook a sua figlia.
"Tantissimo! Yerim è fantastica, legge benissimo, e poi ho trovato una bambina, Alaya, che mi sta molto simpatica. Non abbiamo parlato molto, ma la conoscerò meglio più avanti."
La giornata giunse presto al termine e, sotto le coperte, Audrey pensò che nella sua vita stava andando tutto bene.

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Capitolo 14
*** Picnic e veterinario ***


Capitolo 13.

 

Picnic e veterinario

 
La domenica arrivò in un baleno. Audrey si svegliò, corse in camera dei genitori e saltò sul letto.
"È domenica! È domenica!" urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
"Ma che bel risveglio" mugugnò Taehyung, con il viso affondato nel cuscino.
"Sì, davvero" disse Jungkook, più sveglio di lui. "Audrey, sono le sette e un quarto, lasciaci dormire un'altra oretta e riposa anche tu, ti servirà."
Ma anziché riposare, Audrey andò a vedere i gatti. Dormivano sul divano, tenendosi una zampina, proprio come due bambini che si stringono una manina. Avrebbe voluto avvicinare Red a lei in qualche modo, ma non se la sentì di svegliarli. Erano troppo carini. Rimase a guardarli a lungo, immobile, quasi non respirando per paura di destarli, poi tornò a letto e, con quell'immagine in mente, sorrise nel sonno.
Alle nove tutti erano in piedi. Avevano già fatto la spesa giorni prima.
"Audrey, mi dai una mano?" chiese Jungkook dalla cucina.
"Sì, papà."
Non le fece tagliare il pane, era troppo piccola, ma le fece mettere gli affettati dentro il pane. Ogni tanto le concedeva di assaggiare qualcosa, come una fetta di prosciutto, anche se non capiva come Audrey potesse aver voglia di una cosa simile dopo aver fatto colazione.
"Vene piccola, ora finisco io con i panini, tu puoi andare a giocare."
E lei ci andò, ma si avvicinò al carrellino sotto il quale c'era Red. Mise una mano lì e restò immobile. Il gatto la leccò più volte. Era un primo passo. Audrey avrebbe voluto tirarlo fuori di lì e coccolarlo, ma i genitori le avevano spiegato che gli serviva più tempo per ambientarsi di quanto fosse servito a Star. Red uscì e corse in cucina a mangiare, per cui Audrey si concentrò su Star che, sdraiata sul tappeto a pancia in su come una lontra, andò alla ricerca di coccole. Audrey fu ben contenta di accarezzarla e, quando le fece il solletico, la gatta fece un miagolio strano, simile a una risata. Audrey rise con lei.
"Sei bellissima, sai?" le domandò.
"Domani dovremo portarli dal veterinario per la prima visita" disse Jungkook alla figlia che assentì.
A mezzogiorno arrivarono Jimin, Hoseok, Namjoon, Yoongi e Seokjin. Audrey fece così la conoscenza di quelli che ancora le mancavano e tutti furono molto gentili con lei.
"Prima di iniziare, però, dovremmo esserci proprio tutti tutti" disse Taehyung.
Il campanello suonò e la bambina seguì i suoi papà per vedere chi era. Quando aprirono il cancello corse fuori gridando:
"Yerim!"
"Ciao, piccola."
La ragazza la prese in braccio e la portò dentro.
"Bene, ora che ci siamo tutti possiamo uscire in giardino" decretò Taehyung.
Una volta fuori, tutti videro che i padroni di casa avevano disteso una coperta sull'erba del giardino e che sopra c'erano vari cestini coperti con dei tovaglioli.
"Prendete quello che preferite e mangiate!" esclamò Jungkook.
"Che buono questo panino con il formaggio fuso!" esclamò Hoseok, che sembrava goderselo molto.
"Anche quello al salame non è male" disse Sepljin.
Audrey , attaccata a Yerim come una cozza, si stava godendo il suo panino al prosciutto.
"Allora ragazzi, come va al lavoro?" chiese Taehyung. "Noi ci siamo presi una pausa fino a settembre per stare con lei."
"Bene, anche se in questi giorni ho lavorato a un caso difficile" disse Seokjin. Era un medico chirurgo. "Una bambina ha avuto un incidente. La madre è morta e lei ha avuto un trauma cranico fortissimo che avrà delle conseguenze sulla sua vita. È stata in coma due settimane. Per il momento non sente e non parla, poi si vedrà come e se recupererà. Verrà affidata alla zia."
"Cazzo!" esclamò Yoongi. "Mi ricorda tanto un libro che ho letto di Danielle Stil, Silent Night."
Ma anche se la situazione era uguale, quella era la vita vera, non si trattava delle pagine di un romanzo, purtroppo.
Audrey pensò a quella povera bambina. Quanto doveva soffrire! Perlomeno c’era la zia con lei.
"Io sono stata fortunata" disse. "Non mi sono fatta niente nell'incidente ma i miei genitori sì, purtroppo. Speravo fossero vivi, ma poi un poliziotto mi ha detto di no. Sono morti! Sono morti!" urlò.
Le aveva spiegato la situazione con tutto il tatto di cui era stato capace, ma Audrey era comunque scoppiata in singhiozzi e aveva gettato per terra il bicchiere pieno d'acqua che l'uomo le aveva porto, scagliandolo con forza. Perché non era giusto, non era giusto che i suoi fossero morti, avevano ancora tante cose da fare insieme, momenti da vivere, compleanni da festeggiare.
Pensando a tutto ciò ad Audrey venne da piangere.
"Piangi, piccolina, piangi" le disse Jungkook abbracciandola.
"Scusatemi, non avrei dovuto parlare del mio caso."
Seokjin si sentì un idiota, ma gli amici lo rassicurarono.
"Non hai sbagliato, è solo che lei ha avuto un passato difficile e le hai ricordato involontariamente i suoi genitori" disse Taehyung.
"Erano due persone buone" continuò la bambina soffiandosi il naso. "Mi volevano bene, tanto."
"Mi fa piacere, tesoro," le disse Taehyung, "e né io né Jungkook possiamo toglierti il dolore con la bacchetta magica, ma con il tempo vedrai che diminuirà. In ogni caso, ora siamo insieme e affronteremo ogni cosa, te lo prometto."
La bambina sospirò, bevve un sorso d'acqua e si sentì più tranquilla, anche se sempre triste.
"Io sto preparando le lezioni per l'anno prossimo" disse Hoseok.
"Sei un maestro?" gli domandò Audrey, che era rimasta colpita dal racconto di Seokjin.
"Sì, insegno in una scuola elementare qui vicino, quella dove tra qualche anno andrai anche tu."
"Allora ti avrò come insegnante!"
"Sì, può essere."
"Io sto continuando a scrivere il mio libro" disse Namjooon e poi spiegò ad Audrey: "Non sono uno scrittore di professione, non ancora."
Raccontò che aveva cominciato con le prime storie e i racconti a sedici anni, si era anche dilettato nella poesia, ma aveva presto capito che la sua passione era la prosa, che erano i romanzi. Ne aveva scritti molti, alcuni mai terminati e cancellati, altri pubblicati su un sito di scrittura amatoriale. Poi aveva scoperto un blog in cui una editor dava consigli su come migliorare la propria scrittura e si era iscritto a una piattaforma che lei aveva messo in piedi con varie videolezioni. Aveva anche seguito un corso di scrittura creativa.
"Ti sei dato da fare, insomma" disse Yerim.
"Sì, esatto. Voglio continuare a migliorare sotto ogni aspetto."
"E di cosa parla il tuo libro?" chiese Audrey, curiosa.
"È un fantasy. Parla di una ninfa che trova un bambino umano abbandonato nel bosco, ma le ninfe e gli umani hanno paura le une degli altri per un motivo che non ti posso dire. Sono a pagina centoventicinque e non ho ancora finito."
"Quanti capitoli avrà, lo sai già?"
"Trentanove. Mi sono preparato bene con i corsi che ho seguito, prima di scrivere ho progettato ogni scena, anche se poi ci ho aggiunto del mio, e devo dire che in questo modo sto scrivendo meglio e più in fretta."
"E poi lo pubblicherai con una casa editrice o in self publishing?" chiese Hoseok.
"Credo con una casa editrice, nel modo tradizionale. Di sicuro il romanzo avrà bisogno di un editing e voglio fare le cose fatte bene."
"Cos'è il self publishing?"
"Brava Audrey, l'hai detto correttamente" disse Seokjjin. "È quando pubblichi su una piattaforma come Amazon, utilizzando il computer e internet. Vai lì e pubblichi il tuo romanzo da solo, senza che nessuno a parte te l'abbia controllato."
"Ho capito, grazie zio Seokjin."
"Prego, piccola."
"E l'editing cos'è?"
"È difficile da spiegare a una bambina della tua età" disse Namjoon. "Diciamo che è una correzione profonda del libro, si vanno a scovare errori che spesso sfuggono allo scrittore, e non sto parlando di errori di battitura ma anche di forma del testo stesso. E a te, Yoongi, come va la vita?"
"Bene, lavoro nel mio rifugio per gatti e riesco a farne adottare molti. Sono felice ne abbiate presi due anche voi, benché non da me."
"Anch'io sono un'appassionata di gatti come il mio ragazzo. Ne ho quattro a casa" disse Yerim, con gli occhi che le brillavano.
"Anche a me le cose stanno andando bene. Faccio il commesso in un supermercato che fa parte di una grossa catena, quindi la paga è piuttosto alta."
"Namjoon?"
"Dimmi, Audrey."
"Ma se scrivi e basta come fai a mangiare?"
Lui sorrise.
"Ottima domanda. Sono un collega di Jimin, lavoriamo insieme, per cui scrivo quando ho tempo, la sera. Anche perché arriva un momento in cui scrivere di notte è un vero piacere."
"Ma tu non dormi mai?"
Tutti risero per la domanda della bambina.
"Certo che sì, so regolarmi."
Dopo il pranzo andarono tutti in un parco vicino nel quale c'era un laghetto.
"Anatroccoli! Degli anatroccoli!" esclamò Audrey saltellando.
"Non ti avvicinare al laghetto senza di noi" la ammonì Jungkook.
"Posso metterci dentro le mani?"
"Certo."
"Non è fredda" disse.
Scoprirono, perché lo disse loro il padrone del bar lì vicino, che si poteva anche fare il bagno. Corsero tutti nelle loro case a mettersi costume e rema solare e tornarono lì.
Il primo a entrare in acqua fu Hoseok.
"Che fredda!" esclamò, ma ben presto il suo corpo si abituò.
A San Francisco quel giorno splendeva il sole, quindi l'acqua non era davvero fredda. Pian piano entrarono anche tutti gli altri.
"Attenta" disse Jungkookl ad Audrey prima che andasse dentro, "nel lago l'acqua è molto profonda. Sai nuotare?"
Fece cenno di sì.
"Un po'. Mia mamma mi stava insegnando, mi portava in piscina ogni sabato da quando avevo due anni."
Parlare della mamma che non c'era più la rattristò molto. Jungkook la abbracciò e le diede un bacio.
"Lo so che ti manca, anche a me manca la mia mamma vera benché non abbia ricordi di lei. Ma oltre al dolore, sono sicuro che lei vorrebbe vederti felice. In questo momento, cosa ti renderebbe felice?"
"Fare il bagno" mormorò asciugandosi un'altra lacrima.
"Perfetto! Per sicurezza ho portato questi." Le mostrò due braccioli che le infilò. "In questo modo starai a galla."
"Grazie papà, per tutto."
Stare tutti insieme in acqua era bello. Audrey nuotò un po', poi inseguì Yerim che fece finta di essere più lenta per farsi acchiappare. A un certo punto Seokjin prese Audrey e se la mise sulla schiena, gattonò nell'acqua bassa e urlò:
"Ranabus!"
Non era una parola, e lo sapeva, ma l'aveva appena inventata.
"Sì! Sì, zio Seokjin, portami in giro" diceva lei e rideva a più non posso.
Quando Hoseok e gli altri finirono di schizzarsi come bambini, tutti uscirono e si distesero al sole, su degli asciugamani prestati dal proprietario del bar, ad asciugarsi. Quando furono asciutti comprarono del mangime e lo diedero alle anatre.
"Hai visto come salgono in superficie per mangiare?" chiese Yerim alla piccola.
"Sono bellissime" fu il suo commento.
Dopo giocarono con un pallone che Taehyung aveva portato. Se lo tirarono l'un l'altro fino a sentirsi letteralmente stremati, ma Audrey sbagliò un tiro e la palla finì n acqua.
"La mia palla!" gridò e corse verso il lago.
Prima che qualcuno potesse reagire ci era già dentro e un'inonda la investì, inzuppandole i capelli e facendola tossire. Non poté fare altro che vedere la sua palla scomparire lontano.
"Tesoro, stai bene?" Taehyung venne a tirarla fuori. "Non devi correre così nell'acqua, ci hai fatti spaventare. Può essere pericoloso, capisci?"
"Scusate papà, volevo solo la mia palla."
Tornò a casa triste e non volle nemmeno assaggiare la pizza con le patatine fritte che i genitori le avevano ordinato. Andò a letto salutando a mala pena gli altri.
Il giorno dopo, trovò in salotto una palla.
"È tornata"! esclamò. "La mia palla è uscita dal lago ed è tornata da me!"
Taehyung gliene aveva comprata un'altra, ma vista la reazione non glielo disse.
"Visto?" chiese Jungkook.
"Ieri sera ero così triste perché quella me l'ha regalata la mia mamma quando avevo tre anni."
Se solo non fosse andata tanto lontano! Saputo questo i due sarebbero corsi a cercarla, ma ormai era troppo tardi.
"Ci dispiace, piccola, ma vedi? La tua mamma te l'ha rimandata" disse Taehyung.
"Dici che è stata lei, davvero?"
"Certo. E chi, sennò?"
"Prendo un appuntamento con il veterinario" disse Jungkook.
Glielo diede per quella mattina, così misero nel trasportino Star e dovettero inseguire Red e ignorare i suoi soffi per farcelo stare, ma alla fine ci riuscirono. Lo studio del veterinario non era lontano, ma quando sentì la macchina muoversi il gattino cominciò ad agitarsi e a miagolare forte.
"Che abbia paura di essere abbandonato?" chiese Taehyung.
"Non credo, prima viveva in una famiglia amorevole."
La veterinaria fu molto gentile con loro e con Audrey, alla quale diede un leccalecca al cioccolato. Disse ai due adulti di appoggiare il trasportino sul tavolo.
"Dove li avete presi?"
"Da una famiglia a un'ora da qui."
"Hanno le pulci e dei parassiti nelle orecchie, vi prescrivo un paio di prodotti per l'una e l'altra cosa. Se glieli date una volta dovrebbe andar via tutto, poi l'antipulci dovrete darlo ogni mese o due."
La temperatura era normale, il battito cardiaco veloce ma di sicuro a causa dell'agitazione che provavano, le mucose erano a posto e, insomma, erano gattini sani. Controllò anche le feci, che Jungkook aveva portato. Le analizzò e disse che dentro c'erano gli ascaridi, dei vermi un po' difficili da debellare. Prescrisse solo una piccola pastiglia da nascondere nella pappa e disse di darne un'altra dopo tre settimane.
"Poi verrete qui da me e rifaremo l'esame sulle feci. Se, come penso e spero, saranno guariti, tutto a posto, altrimenti dovremo provare qualcos'altro."
"Per le vaccinazioni?" chiese Jungkook.
"Si aspettano i tre mesi d'età. Intanto teneteli in casa, sono proprio piccoli."
Con le idee più chiare, tutti e tre uscirono e andarono a comprare quando serviva. Mettere le gocce nelle orecchie ai due gatti non fu facile, ma fu ancora più difficile con l'antipulci. Stranamente fu Red quello che rimase immobile, perché Star scappò ai piani superiori.
"Cavolo, era proprio spaventata" commentò Taehyung.
"O incazzata" disse Jungkook.
"Secondo me era incazzata."
"Audrey, non si dicono le parolacce!"
"Ma papà Jungkook, tu ne hai appena detta una. Perché io non posso?"
"Perché sei troppo piccola per certe cose."
La bambina sbuffò.
Lavorò tutto il giorno per far avvicinare Red, che ora si faceva accarezzare, pur restando un po' in tensione e lasciava che lei lo prendesse in braccio leccandole la faccia come un cagnolino. I genitori erano impressionati dal lavoro che la figlia aveva fatto con lui e non sapevano se loro ci sarebbero riusciti.
 
 
 
 
Quella sera, a letto. Taehyung e Junkook parlarono di una cosa molto seria.
"Quando daremo un fratellino o una sorellina ad Audrey?" chiese il primo. "Prima o poi ce lo domanderà."
"Vorresti già adottare un altro bambino? Non so se possiamo, dobbiamo ancora finalizzare questa, di adozione."
"Non intendo adesso, dico fra un anno o due."
"Ah! Allora sì, certo che glielo daremo."
Si addormentarono con quel pensiero in testa e il sorriso sulle labbra.

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Capitolo 15
*** Primo giorno ***


Capitolo 14.

 

Primo giorno

 
Le visite mensili dell'assistente sociale andavano benissimo. Audrey si era inserita bene nel contesto familiare e andava d'accordo sia con i genitori che con i gatti. Adesso era l'inizio di settembre e, già sveglia prima dei genitori, la bambina si augurò di non essere in ritardo. Quello era un giorno importante e arrivare tardi era l'ultima cosa che voleva.
"Sei già qui. amore?"
La bambina fece un balzo all'indietro. Suo padre Taehyung era sdraiato sul divano.
"Tue papà avete litigato?" chiese.
"No, affatto. Solo che avevo caldo, così sono venuto qui. Ma tu che ci fai sveglia? Potresti dormire un'altra mezz'ora."
"Ma non voglio. Ho fame e sono agitata!"
"Vuoi il latte con i cereali al cioccolato che ti piacciono tanto?"
"No, li ho già mangiati ieri. Posso avere del latte con il caffè e una brioche al cioccolato."
"Con il caffè? Senti senti cosa mi dice questa signorina. Sei troppo piccola per berlo, tesoro, anche quello decaffeinato che compriamo noi. Posso darti del miele, se vuoi, o del cacao con lo zucchero."
"Cacao e zucchero va bene, grazie papà."
"Figurati, piccola."
Dopo colazione, la bambina si lavò mani e faccia e si lasciò vestire e pettinare.
Le lezioni di danza procedevano bene, le bambine stavano imparando diverse posizioni e tanti modi di ballare, e la bambina che il primo giorno era vicino a lei, Georgie, di un anno più grande, gliene aveva parlato bene. Aveva detto che le maestre erano simpatiche e che avrebbero fatto tanti giochi e disegni. Certo, non sarebbero state in classe insieme e non potevano ancora definirsi amiche, in fondo si vedevano soltanto a lezione di danza, ma almeno avrebbe avuto qualcuno di sua conoscenza.
Jungkook e Taehyung le avevano preparato uno zaino con un cambio e un pacchetto di fazzoletti. Quando anche Jungkook si svegliò glielo misero in spalla, poi uscirono, salirono in macchina e partirono alla volta dell'asilo. Audrey non dimenticò di portarsi un orsetto di peluche nel caso avesse sentito, ed era sicura di sì, la mancanza dei genitori.
Le madri dei bambini rimasero sconcertate quando videro una coppia omosessuale portare all'asilo la propria bambina, ma per fortuna evitarono di fare commenti omofobi. Si limitarono a guardarli con disgusto, anche se non tutte lo fecero. Alcune sorrisero loro, incoraggiandoli.
Tutti i bambini si misero a piangere e si aggrapparono alle gambe delle mamme e dei papà.
"Non andate via!" supplicavano i più grandi, che sapevano già parlare bene, come Audrey, che singhiozzava a più non posso.
"E se mi odiassero?" chiese ai genitori.
"Sono sicuro che non lo faranno, non ne hanno motivo e oggi pomeriggio sono sicuro che ci racconterai quanti amici ti sei fatta. Torneremo presto."
I genitori le diedero un bacio sulle guance e se ne andarono. Le maestre smistarono le classi e Audrey finì con quelli della sua età.
Peccato pensò.
Aveva sperato che le classi fossero miste, così da stare con Georgie, la bambina che aveva conosciuto a danza. L'aveva vista e si erano salutate con la mano prima di andare ognuna nella sua classe.
La maestra diede a ogni bambino un foglio.
"Fate un bel disegno" disse con un gran sorriso.
Audrey disegnò un prato fiorito con qualche albero, e quando lo mostrò alla maestra questa le sorrise.
"È molto bello, tesoro. Fanne altri, se vuoi."
Audrey si divertì a disegnare la sua famiglia, i gatti e gli amici dei genitori, poi alle dieci andarono tutti in salone per la merenda. Potevano scegliere: pane e Nutella, pane e marmellata o omogeneizzato di frutta. Audrey scelse il primo mentre Briony, che riuscì a sedersi accanto a lei, il secondo. L'ambiente era accogliente, notò Audrey in quel momento. Le pareti erano ricoperte di adesivi colorati, a destra c'era uno scaffale con alcuni libri che avrebbe voluto leggere se solo avesse saputo come si faceva, e a sinistra un cesto enorme di giocattoli di ogni forma e tipo. Alcuni erano anche sparsi per terra, lasciati lì da qualche bambino che si era stancato di giocarci.
Poi ai bambini fu concesso giocare tutti insieme. Briony e Audrey si infilarono in una casetta in plastica, poi uscirono e andarono a prendere due bambole, due tazzine e una teiera finte.
"Vuole il tè, signora?" chiese Audrey a Briony.
"Mi piace molto" disse, sbagliando tempo verbale senza rendersene conto.
"Ora lo preparo."
Audrey finse di farlo, poi lo versò nelle tazzine.
"Vuole zucchero?"
"Sì, grazie, due cucchiaini."
"Anch'io, così è più meglio, diventa più buono."
Anche lei sbagliò, ma nessuna delle due se ne rese conto tanto erano prese dal gioco. Poi vestirono le bambole come delle ballerine e le fecero danzare sempre in quella casetta in plastica. Corsero e saltarono su dei materassi ridendo fino a rimanere senza fiato e, quando fu ora di pranzo, scoprirono di avere molta fame. Mangiarono una pasta al forno e poi carne tenera e patate al forno. Come dolce scelsero un budino al cioccolato.
"Adesso si dorme un po'" disse la maestra alla classe di Audrey, ma anche le altre stavano facendo lo stesso.
I bambini si addormentarono in comodi lettini che le maestre avevano preparato in una grande stanza. Meno male, perché una volta, al parco, Audrey aveva sentito un bambino dire che nel suo asilo si dormiva su tappeti impolverati. Riposò benissimo, il materasso era comodo e confortevole e dormì un sonno tranquillo per un paio d'ore.
Venne l'ora di fare merenda, e stavolta la bambina scelse una banana, che mangiò con gusto. Dopo ciò, i genitori ritornarono a prendere i bambini.
"Com'è andata?" chiese Taehyung.
"Bene! Ho giocato con Briony e disegnato."
I due genitori sperarono che presto si sarebbe fatta altri amici, ma comunque quello era un inizio.
"Adesso dobbiamo andare da quella dottoressa che mi avete spiegato? Quella che mi aiuta?"
"Esatto. Come stai, Audrey?"
"Non so, mi sento strana."
Erano l'agitazione, l'ansia, la paura, tutte emozioni che provava, ma che ancora faticava a esprimere a parole.
Lo studio della dottoressa Anne Blake era accogliente, con due poltrone in pelle e un tavolinetto sopra il quale si trovava un pacco di fazzoletti.
"Potete lasciarmela" disse la donna, "tornate fra un'ora."
La bambina non si sentì bene nel vedere i genitori andare via. Provò un senso di abbandono che aveva sentito solo quando erano morti i suoi genitori, e dovette sforzarsi più che poté per non scoppiare a piangere. Si domandò se in quello studio i bambini o le persone piangessero spesso.
"Allora Audrey, come stai?"
Anne era una donna sulla cinquantina, con i capelli neri e lunghi e un paio di occhiali scuri.
"Bene" disse, e non mentiva.
Le raccontò la giornata appena trascorsa.
"Oh, che bello! Sono felice tu ti sia divertita tanto"
"Georgie è proprio simpatica."
"Mi fa piacere."
"Posso fare un disegno?"
"Certo."
La psicologa tirò fuori un album da disegno e dei pennarelli. La bambina se lo mise sulle gambe e iniziò a disegnare. Prima linee confuse, poi persone che prendevano forma.
"Chi sono?" chiese Anne quando Audrey le mostrò il prodotto finito.
"I miei genitori e io nella macchina. Stavamo andando dalla nonna e avevamo tutti dimenticato di mettere la cintura, anche se poi mamma me l'ha detto e io l'ho fatto. Poi c'è stato un boom e…"
Scoppiò a piangere disperatamente e la psicologa le allungò il pacchetto di fazzoletti. Audrey non era una bambina che aveva perso i ricordi, doveva solo tirarli fuori. Probabilmente quello che doveva dire era troppo doloroso per lei al momento e Anne aveva tutte le intenzioni di darle il tempo che voleva per riuscire a farne parola.
"Vuoi che ci fermiamo qui, stavolta?" le chiese con dolcezza.
"S-sì, p-per favore."
La voce tremante della bambina le fece provare pena per lei e richiamò i genitori affinché venissero a prenderla.
"Ha fatto un disegno dell'incidente e me ne ha un po' parlato, sono comunque passi avanti. Non credo, comunque, che soffra di disturbo post traumatico da stress, o PTAD, altrimenti avrebbe sintomi come deconcentrazione, giochi ripetitivi che ricordano l'evento scatenante e altri che non sto a elencarvi. Non appena avrà tirato fuori tutto si sentir meglio, ma potrebbero volerci molte sedute."
"Lo capiamo" disse Jungkook.
"Oggi ci siamo conosciute, mi ha parlato un po' di lei e poi ha voluto subito cambiare argomento. Non l'ho forzata a parlare dell'incidente se è questo che pensate."
"Non lo pensiamo" disse Taehyung.
"Bene, ne sono contenta. Comunque, oggi era solo un incontro introduttivo per conoscerci un po'. L'obiettivo della terapia non è tanto ricordare l'incidente, quanto fare in modo che, con o senza ricordi confusi, la bambina riesca a stare bene anche con gli altri. E potrebbero volerci mesi o anni per arrivarci, si vedrà."
Audrey si rese conto, sulla via del ritorno, di aver parlato poco con la psicologa, ma era passata a parlare dell'incidente e non di quello che era successo prima. Non aveva detto che i suoi avevano preso la pizza e avevano mangiato insieme anche la torta al cioccolato preparata dalla mamma. Beh, non importava. Si era sentita confusa, lì da sola con quella dottoressa gentile, e aveva detto ciò che le era venuto istintivo. Avrebbe avuto tanti altri incontri per parlare.
"Come ti sei trovata?" chiese papà Jungkook.
"Bene, anche se ho parlato poco e mi dispiace."
"Era la prima volta," disse Taehyung, "è normale che tu fossi nervosa. Vi va se andiamo a prendere un gelato?"
Alla parola gelato gli occhi di Audrey si illuminarono, e dieci minuti dopo era seduta a un tavolino con una coppetta di bacio e cioccolato. Presto l’estate avrebbe lascito il posto al più freddo autunno, ma per il momento la gente si godeva gli ultimi caldi raggi, come stavano facendo loro.
La giornata si concluse con una pizza da asporto e alcuni cartoni animati. Audrey crollò sul divano con Red accoccolato sulle gambe. Taehyung lo prese con dolcezza e lo mise nella sua cuccia. Il cucciolo rimase dov'era. Poi prese in braccio Audrey e la portò a letto. Quello era stato il primo giorno per tante cose per lei, non c'era da stupirsi che fosse crollata.

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Capitolo 16
*** Compleanno ***


Capitolo 15.

 

Compleanno

 
I mesi erano volati. Audrey si era fatta nuove amiche della sua età all'asilo e le visite dell'assistente sociale andavano benissimo.
"Di questo passo, l'anno prossimo potrete finalizzarla in tribunale" disse loro a dicembre.
"Davvero?" domandarono Taehyung e Jungkook insieme.
"Ci vorrà un altro po' di tempo ma sì, davvero."
"Che bello! Che bello! Ma cosa vuol dire finazzare un'adozione?"
"Finalizzare" la corresse con dolcezza Jungkook. "Significa che, anche davanti alla legge, saremo una famiglia."
Audrey non capì bene: non erano già una famiglia? Ma se i genitori e l'assistente sociale dicevano che fare quella cosa era importante, lei si fidava.
Anche le lezioni di danza andavano bene. La bambina imparava ogni settimana qualcosa di nuovo.
I gatti, ormai, entravano e uscivano dalla porticina basculante come e quando volevano, ma nonostante questo erano rimasti coccoloni e giocherelloni.
Quella mattina Audrey si svegliò stanca. La  notte prima non aveva dormito, scossa da un'ansia che sapeva benissimo da cos'era scatenata. Restò semplicemente lì, sotto le coperte, a poltrire e a pensare. Era il su o primo compleanno senza i genitori.
"Tesoro, è ora di svegliarsi."
"Non voglio andare a scuola, papà Jungkook, per favore!"
Sia lui che il marito si erano aspettati una risposta del genere, visto il giorno.
"Facciamo così, se dopo colazione non avrai voglia di andare a scuola, ti terremo a casa, va bene?"
Lei accettò.
Arrivata in cucina trovò davanti al suo posto un piatto di Waffle con la Nutella che Taehyung aveva preparato.
"Grazie, papà."
"Beh, piccola, oggi è il tuo compleanno e ti ho fatto il dolce che ti piace di più."
Dopo aver mangiato, la piccola scoppiò a piangere.
"È il primo compleanno senza i miei genitori, non voglio festeggiarlo" mormorò, scossa dai singhiozzi.
Non le pareva giusto. E non le sembrava nemmeno corretto che fuori, quel giorno d'inverno, ci fosse un pallido sole. Avrebbe tanto desiderato che tutto fosse avvolto da una nera oscurità, almeno per quel giorno. Ma non era lei a comandare il cielo, non poteva mandare via il sole. Lo disse ai genitori, per renderli partecipi del suo dolore.
"Adesso sei con noi e sono sicuro che i tuoi genitori siano felici di questo."
"Stanotte li ho sognati. Eravamo in un prato fiorito e c'era il sole. Mi sono venuti incontro e mi hanno detto:
"Noi ti amiamo, devi essere felice perché hai ancora tanto da vivere, tante cose da fare."
Poi sono scomparsi. Io sono felice di stare con voi, ma non riesco a esserlo davvero."
Per avere cinque anni si era spiegata molto bene, sembrando più grande della sua età.
"Ci riuscirai, piccola. Giorno dopo giorno ci riuscirai" le disse Taehyung.
"Allora, ti va o no di andare a scuola?"
Audrey sapeva che, quel giorno, i genitori avrebbero dovuto tornare a lavorare. Si sarebbe sentita troppo in colpa a dire loro di voler stare a casa, costringendoli a prendersi ferie, quindi fece cenno di sì e non aggiunse altro. Avrebbe solo voluto piangere.
"Ho freddo" si lamentò quando salirono in macchina.
Quel giorno, a San Francisco, faceva più freddo del solito, nonostante il sole.
"C'è una coperta vicino a te, Audrey. Copriti con quella, è calda" la rassicurò Jungkook.
Ma anche con la coperta a coprirla dalle spalle ai piedi Audrey aveva ancora freddo, non fuori ma dentro.
"Possiamo andare al cimitero a trovarli, questo pomeriggio?"
L'assistente sociale aveva detto ai due genitori dove si trovavano le tombe dei due e che la bambina era stata con lei al funerale.
"Ma certo, ci andremo non appena avrai finito la scuola, promesso" disse Taehyung mentre parcheggiava l'auto.
Una volta dentro l'asilo, i genitori la salutarono e se ne andarono dopo baci e abbracci. Audrey incontrò Briony, una sua amica della sua stessa età. Georgie, più grande di loro, aveva iniziato la prima elementare a settembre.
"Mi manca" disse a Briony mentre ne stavano parlando.
"L'anno prossimo la vedi, tranquilla."
"Sì, ma un anno è lungo" rispose con sguardo triste.
E, da quando i suoi genitori erano morti, ogni secondo le pareva durasse un'eternità.
"Oggi è un giorno molto brutto per me."
"Perché un compleanno deve essere brutto?"
"Perché lo passo senza i miei veri genitori" mormorò.
"Oh."
Non sapendo cos'altro dire, Briony la abbracciò forte.
"Grazie" disse Audrey, che aveva ormai imparato che, in alcuni casi come in quello, il silenzio vale più di mille parole.
Quando arrivarono tutti i bambini, vennero come al solito smistati in classi. Briony finì vicino al banco di Audrey.
"Disegnatevi" disse la maestra. "Disegnate come vi sentite oggi e quale emozione provate."
Che cosa difficile! Audrey provava mille emozioni diverse. Si mise a disegnare se stessa domandandosi se era così che la vedevano gli altri. Le fece gli occhi con le lacrime e la bocca che faceva un timido sorriso. Sì, si disse, le era venuto proprio bene.
La maestra raccolse tutti i disegni e, guardandoli uno a uno, cercava di indovinare quale emozione il bambino provasse e, se sbagliava, questi la correggeva.
"Rabbia" disse, dato che il bambino era dipinto di nero.
"No, tristezza" rispose questi.
"Felicità, euforia" disse riguardo quello di Briony, che raffigurava una bambina sorridente che correva.
"Esatto!" trillò la piccola.
"Triste" disse quando arrivò ad Audrey. "Triste ma con un piccolo sorriso."
"Sì, è così" ebbe appena la forza di mormorare la bambina, a cui girava la testa.
Il dolore per la perdita dei genitori si faceva sentire sempre più anche nel fisico. Si alzò, come avevano fatto gli altri bambini, per prendere il suo disegno, ma cadde e svenne.
"Io farei un salto in ospedale per essere più sicura."
Quella fu la prima voce che sentì quando si svegliò sdraiata su un lettino.
"D'accordo" disse qualcun altro, che riconobbe come uno dei suoi papà.
"Papà" disse piano, per far capire che si era svegliata.
"Tesoro!" Fu Taehyung ad avvicinarsi per primo. "Come ti senti?"
"Mi gira un po' la testa, ma sto bene."
"Adesso andiamo in ospedale a fare qualche controllo, eh?"
"Non serve. Sono svenuta per il dolore per la mancanza dei miei genitori, ne sono sicura!"
"Ma io e papà Jungkook siamo preoccupati e vogliamo che tu stia bene."
All'ospedale, stranamente, non dovettero attendere molto prima che la facessero entrare.
"È svenuta all'asilo, avete detto" constatò una giovane dottoressa.
"Esatto. Lei dice che è per il dolore per la morte dei suoi genitori, ma volevamo sapere se c'erano delle cause fisiche per questa sincope."
I dottori le fecero gli esami del sangue, un elettrocardiogramma, le misurarono la pressione, ma tutto era nella norma.
"Dobbiamo farle fare la curva di carico" disse la solita dottoressa.
"Che cos'è?" chiese Taehyung.
Nessuno di loro aveva mai sentito quelle parole.
"È un test utilizzato per scoprire se il paziente ha o no il diabete mellito. Questo tipo di diabete può essere causa di svenimento."
I medici diedero alla bambina una bottiglietta di sciroppo con dentro una soluzione a base di glucosio.
"Devi berla tutta" le disse il dottore. "Non importa se ci metti tanto, è normale."
Lei assaggiò.
"Bleah, è dolcissima, troppo dolce!" esclamò, ma poi iniziò a bere e in meno di cinque minuti aveva finito.
I dottori erano sorpresi
"Di solito i bambini ci mettono mezz'ora" disse uno di loro.
Poi le fecero dei prelievi del sangue ogni quarto d'ora per due ore di fila, per valutare il livello di glicemia.
"La glicemia si è alzata con la soluzione glucotica che le abbiamo dato" disse la dottoressa ai due papà, "ma vostra figlia non ha il diabete."
Un sospiro di sollievo lasciò la bocca di entrambi.
"E allora, qual è stata la causa della sincope?"
"Le abbiamo fatto tutti gli esami possibili," disse la dottoressa di prima, "però vanno bene, quindi credo che possa trattarsi del dolore per la morte dei suoi, come mi spiegavate. È strano svenire per il dolore, ma succede."
Dopo la visita in ospedale, la bambina volle tornare all'asilo sostenendo di essere stanca, ma di sentirsi bene per il resto.
"Audrey!" gridarono tutti i bambini della sua classe vedendola arrivare.
La abbracciarono, fecero il trenino intorno all'atrio, le chiesero dov'era stata e come si sentiva.
"Va tutto bene, andate" mimò con le labbra ai suoi genitori, che dopo un attimo di esitazione obbedirono.
L'asilo era pieno di palloncini colorati e a forma di orsetto.
"Mi sono spaventata, prima. Cosa ti hanno fatto in ospedale?"
"Mi dispiace, Briony. Niente, qualche esame per capire cos'avevo, ma alla fine hanno capito che sono svenuta per il dolore."
Solo non era la parola giusta vista la situazione, soprattutto perché il dolore la stava soffocando come un macigno sul petto.
Tutti i bambini, anche i più piccoli, cantarono ad Audrey Tanti auguri a te e poi le maestre diedero a ognuno una fetta di torta.
"È buonissima!" esclamò Audrey a bocca piena.
Vedendo tutti quei colori e la festa che avevano organizzato solo per lei, si sentiva meglio e il dolore era diminuito.
Una volta tornata a casa, alle quattro di pomeriggio, durante il viaggio non stette zitta un momento e continuò a raccontare cos'era successo a scuola.
Una volta a casa sentì un:
"Sorpresa!"
Gli amici dei suoi papà erano lì e c’era anche Yerim.
"Ciao!" Audrey era senza parole, anche loro erano venuti a festeggiarla. "Come state?"
"Bene, siamo felici di essere qui" disse Yerim parlando per tutti.
In cucina  c'era una torta al cioccolato con cinque candeline sopra.
"Esprimi un desiderio, ma non dirlo, altrimenti poi non si avvera" disse Jungkook.
La bambina ci pensò per qualche istante, con le mani sulle tempie, poi lo espresse mentalmente.
"Ora soffia sulle candeline e spegnile" disse Jungkook.
Lei lo fece e, dopo tre tentativi, ci riuscì. Tutti applaudirono e poi ci fu il taglio della torta, che tutti trovarono squisita. Audrey aprì i suoi regali, principalmente bambold, peluche e qualche vestito che le faceva fare una smorfia.
"Non fare così" la rimproverò bonariamente Taehyung. "Hai tanti giochi e questo ti può servire, sii gentile con Namjoon."
"Hai ragione, grazie zio Namjoon. Un giorno mi farai vedere quello che hai scritto?"
Il suo romanzo ora era in fase di editing da parte di una casa editrice.
"Il romanzo no, sei troppo piccola per leggerlo, ma se vuoi ti posso far vedere le mie fanfiction."
"Che cosa sono?" chiese Hoseok.
"Che nome strano" disse Yoongi.
"Nemmeno noi l'abbiamo mai sentito" dissero insieme Hoseok e Seokjin.
"E voi, papà, sapete cosa sono?"
"No" risposero i due all'unisono.
"Venite a casa mia. Ho il computer e ve lo spiego."
Tutti assentirono, un po' straniti.
La casa di Namjoon era piena di librerie e libri di ogni genere e grandezza, dai romanzi ai thriller. Audrey, che ora sapeva leggere un pochino grazie alle lezioni dei suoi genitori, lesse qualche parola.
"Jeffrey Deaver, Il silenzio dei rapiti."
"Questo è un thriller, te lo sconsiglio" disse Namjoon. "Quando l'ho letto sono stato male."
"Danielle Steel, Il fantasma."
"Questo è un romanzo d'amore, a dispetto del titolo. Tra qualche anno te lo presterò, ma prima devi crescere. Le regalò un libro adatto alla sua età che raccontava una storia attraverso tante figure e poche parole. Poi guidò tutti in camera da letto, accese il computer portatile e aprì il browser. Scrisse qualcosa e aprì un sito, Archive of Our Own.
"Qui si trovano storie in tutte le lingue, anche in coreano" disse. "Ne scrivo anch'io, guardate."
Andò nel suo account e mostrò una serie di storie e racconti scritti in inglese.
"Non scrivi nella tua lingua originale?" chiese Yoongi.
"No."
"Perché?" domandò Hoseok.
"Perché in quel modo le mie storie avrebbero meno visibilità e recensioni. A me basta anche solo una recensione per storia, mentre se guardate le storie in coreano hanno pochissimi commenti. E poi mi alleno con l’inglese."
In effetti, constatarono gli amici, era vero.
"Sto scrivendo una storia su di noi, o meglio, su Taehyung e Jungkook dove ci siamo anche noi. Si intitola Our Family."
"Possiamo leggerla?" chiese insieme la coppia.
"Ma certo."
Dopo aver dato un'occhiata alla trama, tutti cominciarono a leggere. La storia era molto bella e ben scritta, raccontava molto bene tutto l'iter adottivo con gli alti e i bassi della coppia, ma senza andare troppo nel personale, poi l'entrata di Audrey in famiglia e tante altre avventure.
"Sei uno scrittore nato, Namjoon."
"Credevo di offendervi parlando di voi, non ho ancora pubblicato questa storia perché non ero sicuro l'avreste apprezzata."
"Non ci hai lesi o offesi in nessun modo" disse Taehyung.
"Esatto, tranquillo" lo rassicurarono gli altri e anche Audrey fu d'accordo.
"Allora inserisco subito la trama, il disclaimer e il primo capitolo."
Namjoon non stava nella pelle.
"Ma allora cosa sono le fanfiction? E il disclaimer?" domandò Audrey.
Namjoon se la mise sulle ginocchia.
"Le fanfiction sono storie scritte dai fan su qualcosa: un libro, un film, un personaggio famoso. La mia, invece, è una storia originale che prende spunto dalla vita vera."
Pubblicò il primo capitolo con loro lì presenti e disse che, dato che la storia era già completa, ne avrebbe messo uno al giorno.
"Vuoi andare in cimitero?" chiese Taehyung alla bambina prendendola da parte.
"Vorrei, ma mi dispiace lasciare qui gli altri."
"Non preoccuparti, aspetteranno."
Taehyung informò Jungkook dei loro piani e lui li fece sapere ai ragazzi.
"Allora vi aspettiamo, così ceniamo insieme" disse Namjoon.
Il viaggio fino al cimitero fu silenzioso. Audrey guardava il paesaggio invernale, le foglie che si muovevano con il vento e quel pallido sole che in quel giorno tanto odiava.
"Eccoci qui" disse Taehyung spegnendo il motore.
Attraversarono una strada lastricata, poi alcuni gradini e infine un terreno ricoperto di ghiaia appena dopo il cancello del cimitero.
"Si chiamavano Hannah Bell e Rodney Johnson" disse la bambina per informarli, in questo modo avrebbero trovato più facilmente le tombe.
Dire quei nomi non era stato facile, non ne aveva nemmeno parlato con la psicologa, dalla quale continuava ad andare con  regolarità, e anche in quel momento le era costata un'enorme fatica.
Lì il silenzio era totale, assoluto, interrotto solo ogni tanto dal canto triste di un  uccellino.
"Li ho trovati, forse. Sono loro?" chiese Jungkook indicando due foto.
"Sì" mormorò Audrey e si avvicinò.
Non vedeva i volti dei genitori dal gennaio dell'anno prima, cioè dal giorno dell'incidente. Certo, aveva la foto, ma quella era ancora migliore. Non ricordava che sua madre avesse le lentiggini. Lei non le aveva e nella foto in camera sua non erano state raffigurate, chissà perché. Il papà, invece, aveva la barba lunga, mentre nella foto che aveva lei, più recente, era rasata. Ma entrambi erano bellissimi e vedere lì i loro volti, essere tanto vicina ai suoi genitori  biologici le provocò una fortissima emozione. Una sola lacrima scese dal suo viso. Ne aveva piante molte quel giorno e sentiva che altre sarebbero arrivate presto.
"Diciamo una preghiera?" propose Taehyung.
"L'eterno riposo
dona a loro oh Signore
e splenda ad essi la luce perpetua.
Riposino in pace,
Amen"  dissero tre volte.
"Ave oh Maria," iniziò Audrey seguita dagli altri, "piena di grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto il frutto del tuo seno. Gesù.
Santa Maria, madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte, Amen."
Poi dissero un Padre Nostro, un Gloria al Padre, un Angelo di Dio e qualche altra preghiera che per Audrey fu più difficile, come L'Atto di Dolore.
"Ciao mamma e papà" disse la bambina piangendo. "M-mi spiace non essere venuta prima, ma ho cambiato tante famiglie, tutto era strano e non sono riuscita a venire a trovarvi. Ora, però, ho una bella famiglia, due genitori che mi vogliono bene e tante amiche all'asilo. Voi mi avete detto di essere felice. Ci provo, ma mi mancate tanto. Fate dolci sogni, lassù. Vi voglio bene."
"Possiamo dire qualcosa anche noi a loro?" chiese Jungkook alla bambina.
"Sì."
Fu lui il primo ad avvicinarsi.
"Mi spiace non ci siate più e che la vita di vostra figlia sia drasticamente cambiata, ma adesso è con noi ed è il dono più prezioso che abbiamo."
"Esatto" continuò Taehyung. "Grazie, Signore, per averci fatti incontrare." Poi si rivolse ai genitori di Audrey: "Mi spiace per come sono andatele cose, ma noi vogliamo molto bene a vostra figlia, è in buone mani con noi. Riposate in pace."
Dopo quella visita, i tre si sentirono molto meglio, anche Audrey che iniziò a sorridere di più.
La serata si concluse con una pizza tutti insieme.
A letto, la bambina pianse ancora fra le braccia dei genitori, ma si addormentò con il sorriso ricordando quanto avessero fatto i suoi compagni, i genitori e gli amici per lei, per farla stare bene anche in un giorno triste come quello. Non l'avrebbe più dimenticato.

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Capitolo 17
*** Siamo una famiglia ***


NOTA INIZIALE:
in questo capitolo sono presenti alcune frasi simili al capitolo 60 di Cuore  di mamma, una mia fanfition su Demi Lovato, perché qnche là si finalizzava unìadozione, anche se di due bambine e con una stoira totalmente diversa a quella di Audrey. Alcune le ho solo modificate parlando di Taehyung e Jungkook e non di Demi, altre le ho lasciate così.



 
 
 

Capitolo 16.

 

Siamo una famiglia

 
Le festività passarono molto più velocemente di quanto tutti si sarebbero aspettati. Nel frattempo l'assistente sociale aveva consigliato caldamente a Taehyung e Jungkook di trovarsi un avvocato che li rappresentasse in aula. Dopo giorni d'attesa che parvero loro infiniti, ricevettero la tanto agognata telefonata dal Tribunale dei Minori: l'udienza per finalizzare l'adozione era stata fissata per il 2 febbraio. Mancavano due settimane.
Quando Taehyung e Jungkook lo dissero ad Audrey, la bambina si emozionò.
"Diventeremo una famiglia vera, papà Taehyung e papà Jungkook? Staremo davvero insieme per sempre?"
"Sì, tesoro!" esclamò Taehyung stringendo sua figlia al cuore. "Mi è stato detto che potrai venire anche tu con noi quel giorno. Chiederò anche ai nonni e ai nostri amici se vorranno accompagnarci, sempre se tu sei d'accordo, Audrey."
"Sì!"
Quando avevano ricevuto la telefonata, quella mattina, la prima cosa che Taehyung avevano fatto era stata fatto era stata avvertire l'avvocato. Gli avevano poi mandato via email una copia dei documenti dell'adozione, quindi sia quelli che avevano firmato durante l'iter, sia quelli riguardanti il riassunto del suo percorso adottivo con i rapporti dell'assistente sociale. Lui le aveva assicurato che li avrebbe letti con attenzione. Avrebbe presentato il caso al giudice. Quest'ultimo, comunque, avrebbe già letto prima dell'udienza tutto ciò che riguardava l'adozione. L'avvocato aveva anche aggiunto che di solito le domande del Giudice non erano mai molto difficili e che, se questi sarebbe stato bravo, l'avrebbe messa a suo agio e che, di solito, quelle udienze non duravano più di trenta minuti.
Nei giorni seguenti la coppia non cambiò la propria routine di una virgola: giocarono con la loro bambina e si occuparono di lei con amore. Furono sollevati nel constatare che Audrey si sentiva molto meglio. Era più serena, giocava di più, aveva voglia di uscire, insomma, era tornata ad essere la bambina di sempre.
Quando arrivò il grande giorno, Taehyung e Jungkook si svegliarono alle cinque di mattina. Non avevano dormito tutta la notte e, continuando a stare a letto, si sarebbero solo innervositi. L'appuntamento era fissato per le 9:00. I ragazzi passarono le tre ore successive a pulire la casa fino a renderla splendente. Era un modo per tenersi occupati e non pensare. Quando ebbero finito, fecero colazione e poi andarono a svegliare la bambina. Taehyung fece indossare a Audrey dei jeans, una maglietta e una camicia, poi la pettinò e, quando la guardò, le sembrò ancora più bella del solito.
Dopo aver fatto colazione, Audrey disse che era agitata.
"Cosa succederà se non diventeremo una famiglia?" chiese poi. "Mi porteranno via da voi?"
"Non succederà niente, perché noi saremo una famiglia, fra non molto. Vedrai, tesoro, andrà tutto bene. Andremo là e un giudice ci porrà qualche domanda, ci farà firmare un documento e tutto sarà a posto" dissero i due sorridendo.
Nei loro cuori sapevano che, quel giorno, nulla sarebbe andato storto.
Audrey ricambiò il sorriso, ma Taehyuung e Jungkook potevano ancora vedere l'insicurezza e la paura dipinte nei suoi occhi. Anche loro erano agitati, sebbene non lo dessero a vedere. Sapevano di doversi sforzare per guardare la situazione in positivo. Non volevano trasmettere la propria ansia alla figlia.
"Coraggio, andiamo!" esclamò Jungkook, marciando con Audrey in braccio.
Taehyung fece salire la bambina in macchina e poi si mise al posto di guida. Erano le 8:20. Si disse che, forse, erano partiti troppo tardi e sperava davvero che per strada non ci sarebbe stato troppo traffico. Odiava arrivare in ritardo in qualsiasi occasione, ma se fosse successo quel giorno sarebbe stato un completo disastro. La sua ansia si placò un po' quando vide che la strada era abbastanza libera. Durante il tragitto non fece altro che pensare a quello che sarebbe successo dopo, come del resto accadeva a Jungkook. Entrambi cercavano di dirsi che tutto sarebbe andato per il meglio, ma una parte di se stessi aveva paura che qualcosa avrebbe potuto distruggere la meravigliosa vita che loro e Audrey stavano, pian piano, costruendo insieme. Sbuffarono. Come al solito pensavano troppo. Guardarono la bambina e la videro assorta a osservare le macchine che passavano. La loro figlia sembrava più tranquille di loro. Arrivarono al tribunale con dieci minuti di anticipo.
Quando entrarono, i genitori di Taehyung e Jungkook, Mi Sun, Yoongi, Namjoon, Jimin, Seokjin e Hoseok erano tutti lì.
"Siete arrivati da molto?" chiese Taehyung.
"No, da pochi minuti" lo rassicurò la mamma, sorridendogli.
"Siete emozionati?" chiese Namjoon.
"Non stiamo più nella pelle" disse Jungkook.
"Io non vedo l'ora che tutto questo finisca, non ce la faccio più" disse Taehyung.
"Anch'io" mormorò Audrey. "Voglio che siamo una famiglia davvero e presto."
"Una segretaria ci ha detto che oggi ci sono altri genitori venuti a finalizzare l'adozione dei loro figli" spiegò loro il papà di Taehyung.
Taehyung e Jungkook si guardarono intorno. Vide quattro coppie di genitori, di cui un'altra omosessuale e una donna single. Le donne tenevano in braccio un bambino o una bambina. La coppia gay si avvicinò a Taehyung.
"Salve!" esclamò uno dei due. "Io sono Jeremy, lui è mio marito Alaric."
"Il piacere è tutto nostro. Sono Jungkook, e questo è mio marito Taehyung."
"Come si chiama il vostro bambino?" chiese loro Jungkook sorridendo loro.
"George" rispose Alaric. "Lo abbiamo adottato otto mesi fa."
Le altre coppie le guardavano e parlavano tra loro. Due di esse sembravano conoscersi molto bene, dato che discorrevano da quando i tre erano entrati e che si scambiavano grandi sorrisi; inoltre le due donne si tenevano per mano. Taehyung pensò che i quattro dovevano essere vecchi amici.
"Voi, invece?" chiese Jeremy a Taehyunmg."
"Siamo entrati in un programma che dava in adozione bambini. Lei era in affidamento. Ci sono voluti tanti mesi prima di portarla a casa."
"Capisco. A noi ci sono voluti quattro anni per avere un bambino e non è stato affatto semplice" spiegò Alaric.
"La corte chiama Alaric e Jeremy Gilbert."
I due si alzarono ed entrarono.
"Papà, quando diventeremo una vera famiglia?" chiese
"Presto, tesoro, te lo prometto. Ti ricordi quella ragazza che è entrata da poco? Quando uscirà, entreremo noi e poi diventeremo una famiglia."
"Io voglio che lo diventiamo subito!"
Jungkook e Taehyung sorrisero.
Audrey era una bambina dolcissima!
"Lo so, anche noi," disse Jungkook, "ma ci sono altre persone che sono venute qui con i loro bambini per diventare delle famiglie e dobbiamo lasciare il tempo anche a loro. Abbi ancora un po' di pazienza, d'accordo?"
"Va bene."
Dopo un po' la stessa porta di prima si aprì e la coppia uscì. Jungkook e Taehyung furono felici di vedere che un sorriso enorme le illuminava il volto.
"Ho qui il certificato di adozione che il Giudice ha appena firmato! Ora siamo veramente madre e figlio anche di fronte alla legge!" esclamò, raggiante. "Sono così felice che mi metterei a saltare!"
"Congratulazioni, Catherine!" esultarono Jungkook e Taehyung, alzandosi.
Anche gli altri, avvocati compresi, fecero loro le congratulazioni.
"Cosa farete per festeggiare?" le chiese Jungkook.
"Ora andremo a casa e festeggeremo con i nostri genitori. Voi, invece?"
"Una cena in famiglia" disse Jungkook.
In quel momento, la porta si aprì ancora e si sentì la stessa voce di prima dire:!
"La Corte chiama Kim Taehyung e Jeon Jungkook."
Quando la porta si richiuse, i due si incamminarono con Audrey per mano, e le famiglie e l'avvocato dietro di loro.
Entrarono tutti nell'aula del tribunale e il Giudice, un uomo sulla cinquantina, disse loro di accomodarsi.
"Io sono il Giudice James Buster" iniziò l'uomo. Il suo sguardo era serio, il tono grave. "Signori Kim e Jeon, alzatevi, prego."
I ragazzi ubbidirono. Lo sguardo e la voce di quel giudice incutevano un certo timore, anche a uomini come loro, così l'avvocato, che lo notò, mise a Jungkook una mano sulla spalla per fargli coraggio.
"Ho letto tutto ciò che riguarda l'adozione di Audrey. So che oggi voi siete qui per finalizzarla."
"Sì, esatto, Signor Giudice" disse Taehyung.
Jungkook continuava a guardarlo negli occhi. Era deciso a non abbassare lo sguardo temendo che, se l'avesse fatto, sarebbe potuto succedere qualcosa di brutto.
"Avvocato Jones, mi presenti il caso, prego."
"Sì, Signor Giudice" disse questi, che era rimasto in piedi fin da quando era entrato. "I miei clienti hanno iniziato l'iter adottivo nel 2019 e l'ha concluso quattordici mesi dopo. Ha rifiutato l'abbinamento con quattro fratellini perché lo riteneva troppo gravoso e poi non avevano spazio, mentre ha accettato con gioia l'arrivo di Audrey nella sua vita. Sono due genitori amorevoli nei confronti della loro figlia, che comunque è attorniata da figure femminili come le donne qui presenti. Ha avuto incubi riguardo i genitori morti, ma da settembre va da una psicologa."
"Capisco."
"All'inizio avevano pensato di adottare un neonato."
"E cosa vi ha fatto cambiare idea, signori?"
"Il fatto che i neonati vengono adottati subito, mentre quelli più grandi hanno meno possibilità" disse Taehyung.
"Capisco; e come mai avete deciso di adottare pur essendo single?"
"Desideravamo mettere un bambino o più bimbi al centro della nostra vita e dare loro moltissimo amore per cui, anche se è stato un percorso difficile, abbiamo optato per l'adozione e non ci pentiremo mai di questa scelta."
"Vada pure avanti, avvocato, se ha altro da dire."
"Vuole che le racconti la storia della bambina, Signor Giudice?"
"No, avvocato; dato che è qui presente, non è il caso. L'ho letta e posso solo immaginare quanto, per
Audrey, dev'essere stata dura. Come avete intenzione di prendervi cura delle bambine, in futuro? Intendo dire, come vi occuperete della sua istruzione?"
"Audrey va già all'asilo da settembre e si trova molto bene, si è fata tante amiche" disse Taehyung.
"Esatto," proseguì l'altro, "e conosciamo una scuola elementare qui a Los Angeles. Sono scuole miste, nelle quali ci sono bambini non solo americani, ma anche di altri Paesi. A quanto so sono scuole molto buone.
"Come sono i rapporti tra vostra figlia e le vostre famiglie?" chiese invece.
"Le nostre famiglie adorano Audrey!"
"Io ci gioco molto insieme, quando vado a trovarli" disse Mi Sun.
Il Giudice fece qualche domanda anche ai familiari in proposito e tutti dissero di volere alla bambina un bene immenso.
"Kim Taehyung e Jeon Jungkook, ve lo chiedo anche se lo vedo già dai vostri occhi e da ciò che mi avete raccontato: siete felici di aver adottato?"
"Sì, è la cosa più bella che abbiamo fatto nella nostra vita!" esclamò Taehyung, parlando sinceramente.
"Lo rifarei altre mille volte" disse Jungkook.
"Ora vi farò due domande che pongo sempre agli adottanti" riprese il Giudice. "Siete consapevoli che, come padri, avete l'obbligo di far crescere la vostra bambina in un ambiente sicuro, di amarla, di darle cibo, vestiti e un'istruzione?"
"Sì, lo siamo" dissero all'unisono.
"Conoscendo i vostri doveri, volete adottare Audrey?”
"Sì, lo vogliamo!"
Il Giudice mostrò loro un foglio.
"Questo è il certificato di adozione, grazie al quale vostra figlia acquisirà il vostro cognome, che dovrete scegliere fra Jeon o Kim."
"Kim" disse Taehyung, dato che avevano già deciso.
"Ora io lo firmerò. Grazie a questo atto voi avrete la custodia permanente, legale e irrevocabile, di Audrey.
Inoltre, le farò firmare il loro nuovo certificato di nascita. Firmandolo, voi sarete quindi riconosciuti come i suoi padri di fronte alla legge." Il Giudice firmò il certificato di adozione e poi lo passò ai ragazzi, che fecero lo stesso. Subito dopo, fece firmare a Taehyung e Jungkook il certificato di nascita della bambina. "Questi li terremo noi in tribunale e ve ne darò subito una copia da portare a casa e conservare assieme agli altri documenti per l'adozione" spiegò loro l'uomo, indicando le varie carte.
Fece una copia dei documenti e poi esclamò sorridendo: "Congratulazioni!"
"Grazie, Signor Giudice!" esclamò Jungkook.
I ragazzi erano raggianti e anche Audrey era felice: da ora in poi Taehyung e Jungkook sarebbero stati, veramente e per sempre, i suoi genitori.
Per tutti quello fu un momento meraviglioso. Si sentivano uniti più che mai ed erano ancora più felici di quanto lo fossero stati nei mesi precedenti.
Quando uscirono dal tribunale, per un po' nessuno parlò. Tutti erano immersi nei loro pensieri, godendosi quella serenità che riempiva i loro cuori. Dopo un po' si strinsero in un abbraccio e cominciarono a saltare e a ballare, non facendo caso alla gente che li guardava senza capire.
Descrivere i sorrisi che splendevano sui volti di quelle persone, illuminandoli di una luce diversa, era impossibile.
Dopo un po' il papà di Jungkook chiese:
"Vi va se ci troviamo stasera in un ristorante a mangiare una pizza?"
Tutti accettarono e Jungkook disse che avrebbe prenotato lui un tavolo e offerto la cena.
La giornata passò tranquillamente per i genitori e la bambina, tra giochi e divertimento.
La sera si trovarono tutti in un ristorante in centro città, che era sempre pieno di gente. Quando aveva prenotato, però, Jungkook aveva chiesto che riservassero un tavolo in un luogo tranquillo, così i proprietari del locale trovarono loro una saletta appartata, lontano dalla confusione.
La serata fu divertente: Mi Sun raccontò alcune barzellette e poi come aveva conosciuto una nuova amica. I nonni raccontarono come si erano conosciuti.
"Mi pare di aver già sentito queste storie" disse Mi Sun. "Solo una volta, però."
"Beata te" disse Jungkook, ma in realtà stava ridendo.
"Io non le avevo mai sentite" disse Audrey.
Mangiarono tutti un dolce e poi tornarono a casa
"Adesso siamo una famiglia" mormorò Audrey quella sera, a letto, felice più che mai.

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Capitolo 18
*** Epilogo ***


Epilogo

 
Erano passati cinque anni. Ora Audrey frequentava la quarta elementare e in quel momento era in classe seduta vicino a una sua amica, Ashley.
"Cos'hai chiesto per Natale?" le domandò questa, spostandosi una ciocca bionda che le era finita davanti agli occhi.
"Un cappello e che il mio fratellino arrivi."
I suoi papà avevano cominciato un anno prima l'iter adottivo per un'altra adozione, sempre nel sistema dell'affidamento.
"Sarebbe un bel regalo, lo spero per te."
"Bambine, smettete di parlare e seguite la lezione, per favore" le richiamò l'insegnante di inglese.
"Scusi Mrs. Randolf" dissero insieme le due.
Quando la campanella suonò, una folla di bambini si precipitò giù per le scale e fuori in cortile, fino al cancello dove li aspettavano nonni o genitori. Iniziavano le vacanze natalizie.
"Facciamo l'albero?" chiese Audrey ai suoi quando salirono in macchina.
Avrebbero dovuto farlo l'otto dicembre, era una tradizione di famiglia, ma Taehyung e Jungkook erano stati così impegnati con la fioreria e il negozio di vestiti che non avevano proprio avuto tempo. Ad Audrey era dispiaciuto molto non seguire la tradizione, ma aveva capito che a volte c'erano cose più importanti e che i suoi genitori avevano da fare.
Era il 23 dicembre e non avevano ancora comprato i regali. Avrebbero dovuto fare in fretta.
Dopo pranzo, tutti si misero al lavoro. Tirarono fuori da uno scatolone impolverato l'albero di Natale, che montarono in fretta.
"Audrey, potresti attaccare questi gancetti alle palline, così poi io e papà li appendiamo?" chiese Taehyung
"Ma certo."
La bambina si divertì moltissimo a svolgere quell'attività, anche se a volte doveva litigare con un gancetto che si attaccava male a una pallina. Dopo le palline, i genitori appesero le stelle filanti, i nastri d'argento, le lucine colorate e, con l'aiuto di una scala, il puntale.
"Ecco fatto!" esclamò Jungkook.
"Ora vedremo come si comporteranno i gatti" disse Audrey.
Ricordava ancora che, due anni prima, si erano addormentati fra i rami, e l'anno precedente l'avevano fatto cadere, costringendo la famiglia a rifare tutto. A quel solo pensiero la bambina si mise a ridere e poi raccontò ai genitori il perché di quell'improvvisa ilarità, coinvolgendo anche loro. Audrey chiese di poter guardare Frozen 2 e i genitori la accontentarono. Fu molto bello, per lei, rivedere Anna ed Elsa, e ancora di più quando il papà Jungkook portò in salotto una scatola di cioccolatini. Audrey chiese il permesso e ne assaggiò uno.
"Buoni. Papà, li hai comprati tu?"
"No, io" disse Taehyung, "ho pensato ti avrebbero fatto piacere."
"Molto, grazie."
E così, guardarono il film e poi un cartone animato mangiando cioccolatini. Questo cartone, Mermaid Melody, prendeva molto Audrey pur essendo grande, perché parlava di alcune sirene che combattevano le Black Veauty Sisters, cioè l'incarnazione della cattiveria e del male, ma soprattutto perché c'erano delle canzoni davvero belle. Le protagoniste erano tre: Lucia, Hanon e Rina, tutte principesse sirene di un mare diverso.
"È stato bellissimo, vero?" chiese.
Con la loro voce e le loro perle, le principesse erano ancora una volta  riuscite a sconfiggere le Black Beauty Sisters.
"Mi piace, si dà molto valore all'amicizia in questo cartone" disse Taehyung.
"Esatto, ed è una cosa bellissima."
Poco dopo guardarono Sugar Sugar, la storia di due bambine, Chocolat e Vanilla,  che Taehyung disse essere dolcissima come Audrey, mentre Chocolat aveva una personalità più spumeggiante.
"Anche qui si dà peso al valore dell'amicizia" disse Audrey. "Sono i miei cartoni preferiti."
Quando la bambina si addormentò, quella sera, i due sposi rimasero sul divano a coccolarsi
"Dobbiamo proprio invitare i nostri amici a Natale?" chiese Jungkook.
"Sì, altrimenti che Natale è?"
"Dai amore… ce ne stiamo io, te e la bambina sotto una coperta a sorseggiare cioccolata calda."
"Mmm, sai che la proposta mi alletta?" chiese Taehyung. "Magari faremo così l'anno prossimo, quest'anno avevamo deciso di invitarli e lo faremo."
"D'accordo."
Jungkook sorrise.
Avrebbe voluto starsene tranquillo, ma anche festeggiare con gli amici non sarebbe stato male, come tutte le altre volte.
Entrò nel gruppo WhatsApp chiamato Amici pazzi che lui stesso aveva creato e scrisse:
Ciao. Siete tutti invitati a casa nostra per Natale.
"Ecco fatto, così non dovrò telefonare a tutti, anche se penso che quest'anno non verranno."
"Perché?" chiese Jungkook
"Hanno passato l'anno scorso da noi, ora credo che vogliano stare con le loro famiglie. Non ti pare ragionevole?"
"Hai ragione. Vedremo cosa risponderanno."
Solo Yerim disse che poteva, gli altri declinarono con gentilezza l'offerta visto che festeggiavano con le famiglie. Il giorno dopo Taehyung chiamò Yerim a metà mattina, quando riuscì a staccare dal lavoro.
"Non stai assieme a Yoongi quel giorno? Sei la sua fidanzata."
"Quel giorno? Tae, oggi è la Vigilia, ne parli come se Natale dovesse arrivare fra un anno." Rise. "La famiglia di Yoongi… insomma, non siamo in ottimi rapporti, quindi preferisco venire da voi per evitare tensioni. Lui è d'accordo, anche se gli dispiace separarsi da me."
"Come mai siete in brutti rapporti, se posso chiedere?"
"Perché io non sono della loro stessa religione, sono atea, quindi non festeggio il Natale, la Pasqua e tutte le altre festività cristiane. Lo faccio solo per Yoongi e per voi, ma non verrò alla messa di Natale o cose simili. Ecco, la famiglia del mio fidanzato non accetta che io sia atea, che non creda in niente."
"Ma non è giusto, anche Namjoon è ateo, eppure lo accettano a casa loro come amico di Yoongi" proruppe Taehyung.
"Che vuoi che ti dica?" Yerim sospirò. "In ogni caso, Namjoon mi ha detto che ci raggiungerà nel pomeriggio. Posso preparare io qualcosa per pranzo?"
"Va bene, ti illustro il menu che io e Jungkook avevamo pensato."
Parlarono un altro po', poi Taehyung dovette staccare e si rese conto che aver parlato di cibo gli aveva messo una gran fame. Per fortuna un suo collega aveva portato delle brioche e lui ne prese una al cioccolato.
Con il grande albero addobbato, non restava che occuparsi della preparazione delle pietanze. A differenza di tutti gli americani, che facevano il cenone di Natale, "È Natale! È Natale!"
Un piccolo terremoto di nove anni saltava sul letto dei genitori, proprio sopra i loro piedi.
"Sì, lo sappiamo, tesoro" rispose Taehyung  liberandosi.
"Ma che bel risveglio" disse Jungkook.
Fece una faccia imbronciata per un secondo, poi sorrise alla figlia. Ci voleva un po' di vivacità in casa, anche in un giorno di festa, e l'arrivo di Audrey aveva portato loro gioia e serenità. Non erano mancati momenti brutti, tanti incubi e notti nelle quali ancora piangeva, ma nell'ultimo periodo anche la psicologa la vedeva più serena.
Dopo colazione andarono alla messa di Natale. Il coro che cantò fu bravissimo e le voci riempirono la chiesa assieme a quelle della gente lì presente.
Fu Jungkook ad andare a leggere il Vangelo.
"Il Signore sia con voi" disse.
"E con il tuo Spirito" fu la risposta generale.
"Dal Vangelo secondo Luca."
"Gloria a te oh Signore."
In quel tempo l'Imperatore Augusto con un decreto ordinò il censimento di tutti gli abitanti dell'impero romano.
Questo primo censimento fu fatto quando Quirino era imperatore di Siria.
Tutti andavano a far scrivere il loro nome nei registri, e ciascuno nel proprio luogo di origine.
 
Anche Giuseppe partì da Nàzaret, in Galilea, e salì a Betlemme, la città del re Davide, in Giudea.
Andò la perché era discendente diretto del re Davide, e Maria sua sposa, che era incinta, andò con lui.
 
Mentre si trovavano a Betlemme, giunse per Maria il tempo di partorire, ed essa diede alla luce un figlio, il suo primogenito.
Lo avvolse in fasce e lo mise a dormire nella mangiatoia di una stalla, perché non avevano trovato altro posto.
 
In quella stessa regione c'erano anche alcuni pastori. Essi passavano la notte all'aperto per fare la guardia al loro gregge.
Un angelo del Signore si presentò a loro, e la gloria del Signore li avvolse di luce, così che essi ebbero una grande paura.
L'Angelo disse:
"Non temete! Io vi porto una bella notizia che procurerà una grande gioia a tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato il vostro salvatore, il Cristo, il Signore.
Lo riconoscerete così: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia."
 
 
Subito apparvero e si unirono a lui molti altri angeli. Essi lodavano Dio con questo canto:
“Gloria a Dio in cielo e pace in terra agli uomini che egli ama.”
Poi gli angeli si allontanarono dai pastori e se ne tornarono in cielo.
 
Intanto i pastori dicevano gli uni agli altri:
“Andiamo fino a Betlemme per vedere quel che è accaduto e che il Signore ci ha fatto sapere.”
Giunsero in fretta a Betlemme e la trovarono Maria, Giuseppe e il bambino che dormiva nella mangiatoia.
Dopo averlo visto, dissero in giro ciò che avevano sentito di questo bambino.
Tutti quelli che ascoltarono i pastori si meravigliarono delle cose che essi raccontavano.
Maria, da parte sua, custodiva gelosamente il ricordo di tutti questi fatti e li meditava dentro di sé.
I pastori, sulla via del ritorno, lodavano Dio e lo ringraziavano per quel che avevano sentito e visto, perché tutto era avvenuto come l'angelo aveva loro detto."
La predica del Parroco fu breve. Parlò della gioia per la nascita di Gesù, un bambino che dà speranza a tutto il mondo.
"Lui è venuto a portarci la luce, a scacciare le tenebre. E dobbiamo tenere questa luce con noi per tutto l'anno, non solo oggi."
Il rito si concluse piuttosto in fretta e i tre tornarono a casa. Prepararono la tavola e, quando suonò il campanello, Audrey corse ad aprire.
"Yerim!" esclamò, gettandosi fra le sue braccia.
"Ciao tesoro. Mi riservi sempre una bella accoglienza, eh?"
"Perché ti voglio bene."
Quella risposta scaldò il cuore della ragazza, che le diede un bacio.
"Spero non abbiate preparato il pudding al cioccolato e le mince pies, perché ci ho pensato io" disse poi, andando a prenderli in macchina.
Tutti mangiarono delle buonissime crespelle al formaggio, arrosto e patate al forno e i dolci che Yerim aveva portato. Alla fine erano tutti così pieni, che se solo avessero ingurgitato qualcos'altro avrebbero vomitato.
"Vi va un caffè?" chiese Taehyung.
"Sì" risposero tutti, Audrey compresa.
"Tu no, sei ancora troppo piccola. Ti scaldo del latte."
"Va bene. Yerim, come va al lavoro?"
Lei lavorava come insegnante di sostegno ai bambini che ne avevano bisogno, come i non vedenti, ma conosceva anche il linguaggio dei segni.
"Beh, adesso sono in vacanza, ma va tutto bene. Seguo due bambini, una non vedente e uno sordo."
"E quello che non vede come fa a leggere e a scrivere?"
"Usa una macchina che si chiama Dattilo Braille. Il Braille è la scrittura dei non vedenti, si chiama così." Spiegò che era simile a una macchina da scrivere, con nove tasti, di cui sei servivano per scrivere le parole. "Più avanti userà il computer con uno strumento che si chiama Barra Braille e la sintesi vocale, una voce che legge ciò che c'è scritto, ma per ora è ancora troppo piccolo."
Tutto questo affascinò tantissimo Audrey, che le pose ancora molte domande sul bambino e sul suo modo di approcciarsi al mondo. Quel giorno imparò davvero tanto.
"È incredibile quello che fai" disse Taehyung.
"No, per me è normale. Aiuto solo dei bambini in difficoltà."
"Per me resta incredibile."
Yerim sorrise.
"Pensate a quanto ha fatto la tecnologia per queste persone, a come si è evoluto il Braille nel tempo arrivando fino a oggi" disse Jungkook.
"È vero" assentì Yerim.
Audrey finì il suo latte e chiese di poter andare a riposare. Ascoltare era stato bello, ma ora aveva bisogno di dormire un po'. Il permesso le fu accordato e salì in camera, dove trovò Star e Red che dormivano sul suo letto. Fece piano per non svegliarli, si spogliò, si infilò il pigiama, chiuse le imposte e andò a dormire.
Si svegliò quando arrivò Yoongi. Quella sera mangiarono tutti gli avanzi del pranzo e chiacchierarono del lavoro, dei gatti di Yoongi e di tante altre cose.
Il 31 dicembre arrivò prima di quanto si sarebbero aspettati. Le feste stavano per finire, ma Audrey aveva terminato i compiti delle vacanze già qualche giorno prima. Aveva persino scritto un tema il giorno di Natale, nonostante i suoi genitori le avessero detto che, almeno quella volta, avrebbe potuto riposare.
Festeggiarono il Capodanno con gli amici, mangiando salatini, affettati e frutta secca. Poi, Jungkook mostrò ad Audrey quelle che dall'involucro sembravano grosse caramelle.
"Tira da questa parte e io lo farò dall'altra. Vedrai che succede!"
Lei obbedì e ne uscì un giocattolo, che la bambina prese perché aveva aperto la caramella per prima. Si trattava di una piccola renna di peluche.
Guardarono i fuochi d'artificio dalla finestra e ne scoppiarono qualcuno anche loro. Non ne diedero nessuno ad Audrey, per paura che si facesse del male, ma a lei non interessava. Voleva solo guardare tutte quelle luci e i colori. Erano bellissimi. Jungkook le fece assaggiare lo spumante dopo gli auguri di buon anno. Entravano nel 2027.
"È buono, frizzante. Posso averne ancora un po'?"
"Per questa volta, ma poco."
Tutti andarono a letto alle tre di notte.
Il giorno dopo vennero svegliati alle nove da una chiamata.
"Vai tu" disse Jungkook al marito.
"No, vai tu. Ma chi diavolo chiama a quest'ora il primo dell'anno?"
I due si riaddormentarono, così ci andò Audrey, anche se con un certo fastidio, dato che stava dormendo benissimo.
"Pronto?"
"Pronto, Audrey, sono Aleicia Harper, l'assistente sociale."
"Sì, ho capito chi sei dalla voce."
"Posso parlare con i tuoi papà? Ho novità importanti."
"Stanno dormendo, ma vado a svegliarli."
Fu Taehyung a prendere in mano il cordless.
"Pronto?" chiese, la voce impastata dal sonno e mise il vivavoce.
"Salve. Mi dispiace di avervi svegliati così presto, ma ci sono delle novità. Posso passare a casa vostra per parlarne?"
"Ma certo," disse Jungkook, "ci dia solo il tempo di renderci presentabili. Non che la notte scorsa ci siamo ubriacati, affatto, siamo solo stanchi e abbiamo bisogno di una doccia."
"Certo, immagino. A presto, allora."
"Che novità ci saranno sull'adozione?" chiese Audrey saltellando.
Si immaginava già di avere un fratellino o una sorellina.
Taehyung e Jungkook non dissero niente: non volevano illudersi.
Si fecero tutti e tre una doccia, poi si sedettero sul divano, con i gatti vicino, ad aspettare. Quando il campanello suonò, fecero tutti e tre un salto. Taehyung andò ad aprire e l'assistente sociale gli sorrise. Si accomodò, con il permesso dei padroni di casa, su una poltrona di fronte al divano.
"So che sono passati mesi e non mi sono fatta sentire, ma non c'era nessun bambino da dare in adozione, o almeno nessuno senza esigenze speciali" disse.
"Allora, se non ce n'è nessuno, non capisco come mai è venuta qui" disse Jungkook, indispettito.
Taehyung gli prese la mano.
"Amore, lasciala parlare" gli disse con dolcezza e l'altro si rilassò visibilmente.
"Ora abbiamo dodici bambini sotto i tre anni. Si trovano tutti presso famiglie affidatarie che non stanno considerando la loro adozione. Credo che voi siate la coppia più preparata per questo tipo di adozione, anche se immagino vi sareste aspettati un bambino un po' più grande."
"Beh, sì," disse Jungkook, "ma Audrey aveva quattro anni quando l'abbiamo adottata, tre o quattro non fa molta differenza."
"Vi mostro le loro foto."
"Non voglio scegliere" sussurrò Taehyung all'indirizzo del marito. "Non sono cuccioli, sono bambini."
"Aspettiamo e vediamo."
Sapevano che era maleducato parlarsi all'orecchio con l'assistente sociale lì presente, ma non avevano potuto fare altro.
La prima foto era quella di due gemellini, un maschio e una femmina.
"Hanno sette mesi" disse loro l'assistente sociale.
Erano biondi con gli occhi azzurri, proprio come Audrey. Taehyung e Jungkook si innamorarono subito di quelle manine e guanciotte paffute e Audrey li guardava con gli occhi che brillavano.
"Vogliamo vedere loro" decretarono insieme i due sposi.
Aleicia Harper insistette sul fatto che aveva altre schede, che c'erano altri bambini che avrebbero potuto vedere, ma loro si rifiutarono.
"Allora, se avete deciso di andare a conoscere loro, vi do qualche informazione. Non si sa molto, in realtà. Il padre è sconosciuto, la madre una donna morta per overdose a venticinque anni di età. I bambini sono stati trovati in una casa diroccata con la madre morta lì vicino. Sono stati in ospedale perché hanno sofferto della sindrome di astinenza da eroina, ma ora stanno bene, altrimenti i dottori non li avrebbero lasciati andare."
"Cos'è l'eroina?" chiese Audrey.
Se fosse stata piccola Jungkook le avrebbe risposto "Quella delle favole", ma decise di essere sincero.
"Una droga."
"Ma perché quella donna si drogava? Non voleva bene ai suoi figli?"
"Non lo so, tesoro" disse l'assistente sociale, sospirando mesta. "Ci sono mille motivi per cui si può cadere in quel baratro. Allora chiamerò la famiglia affidataria e dirò che siete interessati. Vi comunicherò via email la data dell'incontro."
Detto questo se ne andò.
"Beh, direi che sono state gran belle novità!" esclamò Taehyung.
"Forse avrò dei fratellini, giusto?" chiese timidamente Audrey.
"Esatto, tesoro" disse Jungkook.
Nessuno di loro dormì bene le notti seguenti e, quando dopo una settimana la'email arrivò dicendo che l'incontro era fissato per il giorno successivo, non dormirono per nulla.
Il giorno dopo, l'assistente sociale aspettava i tre davanti alla grande casa di cui aveva dato l'indirizzo. Quando suonarono il campanello, fu un uomo ad aprire.
"Siete qui per vedere i bambini, immagino" disse.
Taehyung e Jungkook annuirono. Avevano lasciato Audrey dalla nonna, anche se la bambina si era opposta.
"No, voglio venire con voi!" aveva detto.
"Tesoro, non sappiamo se adotteremo quei bambini o no. Non vogliamo darti false speranze, capisci?"
"Ma io voglio vederli davvero!"
Era stato un errore tenerla lì durante la visione della foto, si erano resi conto i genitori. Taehyung si era piegato all'altezza della figlia.
"Ascoltami. Avrai un fratellino o una sorellina, te l'abbiamo promesso, ma non so se saranno questi bambini o altri. Non posso saperlo, visto che non li ho ancora incontrati." Aveva incrociato lo sguardo di suo marito che aveva annuito: era d'accordo. "Quindi ora tu stai qui con i nonni e noi andiamo, poi vediamo cosa succede."
"Adottate loro, vi prego!" aveva esclamato la bambina.
"Vedremo, piccola" aveva detto Jungkook baciandola. "Ma ti prego, non piangere."
"Abbiamo sbagliato tutto con Audrey. Ora si sarà fatta un sacco di film mentali nei quali ci vede con i bambini" aveva detto Taehyung  entrando in macchina.
"Già. Non siamo stati bravi genitori. Ma tutti sbagliano, no? Anche e soprattutto i genitori."
I due avevano sospirato. Ma ora erano lì, era quello l'importante. Speravano che Audrey avrebbe giocato con i nonni e si sarebbe svagata.
L'uomo, che disse di chiamarsi Mark, li fece entrare. La casa era piena di giocattoli.
"Abbiamo adottato già quattro bambini in questi ultimi anni" disse. "Lo faremmo anche con loro due, ma la casa è troppo piccola. Venite. Mia moglie sta dando da mangiare al maschietto, la femmina dorme."
"Possiamo vederlo?" chiese Taehyung.
"Ma certo, venite."
Li guidò nel salotto, tra i giocattoli lasciati in giro, fino a una  piccola e accogliente cucina, con le pareti dipinte di un delicato giallo. Al tavolo sedeva una donna sulla quarantina, con i capelli neri e gli occhi scuri, che stava dando la minestra a un bambino seduto sul seggiolone. Il piccolo mangiava di gusto.
"Andrea, questi sono i possibili genitori adottivi" disse Mark.
La donna alzò la testa e sorrise a Taehyung e Jungkook.
"Verrei a stringervi la mano, ma se smetto di dargli da mangiare piange o si lamenta" spiegò.
"Non si preoccupi. Posso provare a dargliene io?" chiese Jungkook.
Taehyung sapeva che lui era molto bravo con i bambini, ma non credeva ne avesse mai nutrito uno.
"Ma certo." La donna si alzò e gli lasciò il posto. "Prego."
"Grazie. Ciao, piccolo!"
Il bambino gli sorrise.
"Come si chiama?" chiese Taehyung.
"William" disse la donna.
Jungkook prese il cucchiaio.
"C'è un aereo che arriva" disse e poi riprodusse il suono facendo ridere tutti, anche il bambino. Gli diede la minestra e in poco tempo il piccolo finì il suo pasto. "Ecco fatto, ora puliamo la bocca e siamo a posto."
"È stato bravissimo!" si congratulò Andrea.
"Grazie."
"Sono impressionato" disse Taehyung.
"Vuole tenerlo in braccio?" chiese la donna a Jungkook.
Lui non se lo fece ripetere due volte, slacciò la cintura che teneva il bambino assicurato al seggiolone e lo prese fra le braccia con tutta la delicatezza e le attenzioni possibili.
"Aaaaah" mormorò il bambino quando l'uomo lo sollevò.
Sembrava a suo agio con Taehyung e Jungkook, perché anche quando il primo lo prese in braccio non pianse. Lo fece solo dopo un po'.
"Che abbiamo fatto?" chiese Jungkook.
Ora erano seduti sul divano di casa e guardavano i bambini adottati dalla famiglia giocare indisturbati.
"Niente, è che loro due non riescono a stare molto tempo separati. I dottori hanno detto che, probabilmente, hanno stabilito un forte legame che hanno solo i gemelli."
"Capisco. Quindi dovremmo portarlo dalla sorellina?" chiese Taehyung.
In quel momento, un altro pianto si unì a quello di William.
"Courtney si è svegliata. Venite con me."
Andrea, che aveva appena parlato, li guidò in una piccola stanza con due culle. In una, una bambina piangeva disperatamente e si dimenava sotto le coperte.
"Ciao, piccola" disse Taehyung e la bambina si calmò all'istante.
Andrea e Mark lo guardarono senza parole.
"Qualcosa non va?" domandò lui.
Forse aveva sbagliato tono.
"No no, è che né io né mia moglie riusciamo a calmarla così in fretta. La prenda pure in braccio."
Qualche lacrima brillava ancora negli occhi della piccina, ma almeno non piangeva più. Taehyung lo fece e si sedette sul divano vicino a Jungkook, poi si voltò verso di lui e il sorriso di Courtney, nel vedere William, divenne ancora più grande. La bambina gli strinse un dito con la manina, mentre il bimbo esplorava con le sue il viso di Jungkook. Restarono per un po' così, tutti e quattro a guardarsi a vicenda, finché Jungkook provò a mettere il maschietto per terra e scoprì che riusciva a sostenersi da solo. Iniziò anche a rotolarsi sul tappeto e la bambina, messa giù anche lei, a strisciare.
"Si sviluppano in fretta" commentò Jungkook.
"Tra un mese o forse meno inizieranno a gattonare" disse Andrea. "La cosa brutta, se così si può definire,  è che bisogna avere mille occhi perché mettono tutto in bocca."
L'incontro si concluse poco dopo. Ce ne sarebbero stati altri, come con Audrey.
"Credo che siate entrati in sintonia con quei bambini" disse l'assistente sociale.
"Li vogliamo?" chiese Jungkook.
"Sì," rispose Taehyung, "li vogliamo."
"Come per l'altra volta, ci saranno altri sei incontri settimanali, dopodiché potrete portarli a casa."
Durante l'incontro avevano scattato qualche foto dei piccoli da mostrare ad Audrey e la bambina ne fu entusiasta.
"Ma sono bellissimi!" esclamò. "E anche molto simpatici."
"Vuoi venire con noi al prossimo incontro?" le chiese Taehyung.
Lei ci rifletté per qualche momento. Ricordava il suo primo incontro con quei possibili genitori e, anche se sarebbe stato bello conoscere i fratellini, non avrebbe voluto che questo le facesse ricordare cose spiacevoli, come il fatto che all'inizio per lei non era stato semplice.
"Preferisco aspettare che li portiate a casa" disse.
"Come vuoi."
Gli altri incontri andarono di bene in meglio. I progressi dei bambini erano evidenti e all'ultimo sapevano gattonare.
Nel frattempo i genitori avevano preparato due lettini da mettere in camera loro. Fino all'età di un anno li avrebbero tenuti lì, poi li avrebbero messi in un'altra stanza che con il tempo erano riusciti a ricavare da uno sgabuzzino che avevano pulito e sistemato. In quelle settimane furono anche in grado di prepararsi per comprare tutto ciò che serviva a due bambini: pannolini, latte in polvere, giocattoli, vestitini e molto altro.
Quando Audrey, rimasta a casa con Yerim, vide la macchina arrivare, tirò un grido di gioia e corse fuori ad accogliere i genitori.
"Dove sono i miei fratellini?" chiese, impaziente.
"Qui, tranquilla" rispose Jungkook,  mostrandole che erano in due seggiolini.
Ognuno dei due adulti prese in braccio un bambino e lo portò dentro. Diedero il maschietto in braccio ad Audrey, il cui cuore saltò un battito, e quando prese la femmina si commosse.
"Venite, venite!"
Audrey aveva già cominciato a giocare con loro e ora muoveva un campanello per attirarne l'attenzione. I bambini le si avvicinarono gattonando. Courtney poi si fece più vicina al cesto dei giocattoli e prese una ranocchia che si strinse al petto.
"Mi sa che le piace" disse Taehyung.
Poco dopo, i genitori si accorsero che i bambini avevano biogno di essere cambiati. Lo fecero prima con il maschietto e non ci misero molto.
"Siamo dei super papà!" esclamò Jungkook.
"Aspetta, con Courtney credo sarà più difficile."
"Perché?"
E aveva ragione, in quanto la bambina non stava ferma un attimo, dimenava braccia e gambe e rideva.
"Sta' buona, ti prego!" esclamò Taehyung.
"Fosse stata anche lei un maschio tutto sarebbe risultato più facile, te l'avevo detto."
La bambina, però, sembrava a disagio. Jungkook, allora, le mise un asciugamano sopra la pancia.
"Va meglio così? Tranquilla, anch'io mi sentirei come te" le mormorò.
Da quel momento la bambina fu più calma e si lasciò cambiare. Ad Audrey, che voleva aiutare, toccò buttare via i pannolini sporchi.
Poco dopo fu l'ora della pappa.
"Sai Taehyung, ho sempre pensato che avrei voluto assaggiare gli omogeneizzati di carne che mangiavo da piccolo."
L'altro rise assieme ad Audrey, che stava aiutando i genitori ad apparecchiare la tavola mentre i bambini, in cucina, gattonavano.
"Se vuoi, provane uno."
Jungkook aprì un vasetto di omogeneizzato di pollo e lo assaggiò con un cucchiaino.
"Ma è buonissimo! Audrey, vuoi?"
Dopo un attimo di esitazione, anche la bambina fece quell'esperimento.
"Molto buono" commentò.
Dopo aver nutrito entrambi i bambini, i genitori li misero a dormire con una ninnananna e una favola raccontata da Audrey, che si sentiva un po' una mammina. Ora in casa c'erano due piccole creature da proteggere e da amare, anche lei l'aveva capito.
"Va' anche tu a riposare, Audrey" le consigliò Jungkook. "Dobbiamo dormire mentre loro riposano, altrimenti dopo saremo stanchi."
Mentre scivolava nel sonno, Audrey pensò che ora la loro famiglia era al completo. Ora aveva non uno, ma due fratellini. Ed era bellissimo.

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