Così fan tutte

di Severa Crouch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le regole del gioco ***
Capitolo 2: *** L'eccezione alla regola ***
Capitolo 3: *** Di necessità virtù ***



Capitolo 1
*** Le regole del gioco ***


Capitolo 1 - Le regole del gioco
 
 

Hogwarts, 31 ottobre 1943
 
“Hai sentito?”

Walburga alza la testa dal compito di Pozioni in cui è immersa, Emily Parkinson l’ha distratta con le sue chiacchiere, alza un sopracciglio e si scambia uno sguardo sarcastico con Darlene Rowle, seduta come sempre di fronte a lei.

“Cosa?” domanda Cassandra Selwyn, le loro voci sono fin troppo eccitate per la tranquillità della biblioteca. Darlene si sistema la cravatta di Corvonero e i suoi occhi azzurri vanno oltre le spalle di Walburga, le mima con la bocca l’argomento di quei pettegolezzi: “matrimonio”.
Entrambe, in sincrono, alzano gli occhi al cielo e trattengono una risatina. Sono sempre state in sintonia, loro due.

“Pare che Avery abbia concluso un contratto matrimoniale,” cinguetta la Parkinson eccitata.

“Cosa? Ma è al quinto anno!”

La Selwyn ha ragione, è troppo presto per pensare ai contratti matrimoniali, non ha nemmeno i G.U.F.O. e se si mostrasse per l’idiota che è? Walburga vorrebbe tornare al suo tema di Pozioni, ma proprio non riesce a concentrarsi con quel chiacchiericcio alle sue spalle.

“Esatto!” trilla la Parkinson, troppo felice e ansiosa di condividere i dettagli del suo patetico scoop. “Pare che quest’estate si sia divertito un po’ troppo con Lizzie Goyle, e non è un caso che lei sia stata trasferita a Beauxbatons…”

Le due ridono tra loro e Walburga riesce a immaginare perfettamente gli sguardi che si scambiano, le gomitate e persino il gesto delle virgolette sull’accenno al trasferimento in un’altra scuola. Come se non si sapesse che è solo un gesto di decenza per non rovinare la reputazione di quella povera ragazza… Nessuno crede che Lizzie si sia trasferita in Francia, eppure durante le feste di Yule, con spietata crudeltà, non faranno altro che chiederle resoconti della scuola francese.

Sua madre, Irma, le ha spiegato perfettamente come funziona la società Purosangue, il piacere che gli altri provano nel coglierti in fallo e il gusto sadico con cui girano il coltello nella piaga. Benché sia diventata maggiorenne da pochi mesi, Walburga ha assistito a un discreto numero di scandali e ha già dovuto affrontare l’umiliazione del matrimonio di Cedrella, la cugina di suo padre che ha sposato un Weasley. Il solo ricordo di quelle sensazioni (i mormorii preoccupati dei suoi genitori, i sorrisi imbarazzati di suo padre, le battute rivoltanti delle altre famiglie) era bastato a farle desiderare di stare alla larga da ogni situazione potenzialmente compromettente.

“Eh, io so che bacchette ha visto la Goyle…” le insinuazioni della Parkinson erano rivoltanti, ma era questo a cui si andava incontro se si violavano le regole. Davanti a lei, Darlene le mimò il gesto di una pancia e Walburga sospirò nauseata. Salazar, quelle due pettegole erano insopportabili.

Il bibliotecario, l’anziano signor Garamond, mise fine a quel tormento e invitò gli studenti ad affrettarsi verso l’uscita e consegnare o prendere in prestito i volumi: la biblioteca avrebbe chiuso prima per consentire le celebrazioni di Samahain.

Walburga uscì in compagnia di Darlene che le domandò: “Cosa ne pensi?”

“Penso che mi dispiace per la Goyle, che poteva stare attenta, che un Filtro Anticoncepimento è qualcosa di imprescindibile di questi tempi, e che ha dei pessimi gusti in fatto di ragazzi.”

Darlene scoppiò a ridere: “Non pensi che abbia voluto incastrare Avery?”

“E perché mai? Era carina Purosangue, non aveva bisogno di abbassarsi a usare simili mezzucci. Le loro famiglie erano compatibili. Credo sia stata solo un’incosciente.” Arrivarono all’ingresso della Sala Grande e Walburga si congedò dalla sua compagna di studi: “Verrai più tardi al dopocena organizzato dal professor Lumacorno?”

“Oh, sì, a dopo!”

Walburga osservò la sua amica allontanarsi verso il tavolo dei Corvonero, ancora ricordava quanto era stato difficile per loro due, cresciute insieme, separarsi al primo anno. I Rowle avevano fatto una tragedia per lo Smistamento di Darlene, ma poi sembrava tutto essere andato a posto e Darlene era solo una Purosangue dalla mente brillante con cui era piacevole studiare. Al contrario di sua cugina Annabeth Crabbe che si agitava dal tavolo come un cagnolino in festa, e Walburga detestava i cani e la loro esuberanza.

“Sempre in biblioteca, eh? Sempre con la Rowle?”

“Sei gelosa, Annabeth? Non ti farebbe male studiare un po’” Walburga rispose impettita, mentre prendeva posto al fianco della cugina. Si servì una porzione di carote saltate nel burro e sollevò lo sguardo verso il tavolo di Corvonero dove Darlene scuoteva la testa divertita. Sedevano sempre in modo da vedersi, così riuscivano a intessere una conversazione fatta di sguardi complici e comprensione reciproca. Dopo, prima del coprifuoco, avrebbero trascorso gli ultimi minuti della giornata a chiacchierare.

Annabeth scoppiò a ridere, le lunghe onde bionde dei suoi capelli oscillarono morbidamente seguendo i movimenti della sua testa. Walburga non capiva come facesse Annabeth ad avere i capelli sempre in ordine, lei non sopportava il modo in cui si sporcavano i capelli, l’umidità che li rendeva crespi e li trasformava in un cespuglio indomabile, così, fin da quando era bambina, aveva imparato a portarli legati in lunghe trecce o in eleganti chignon. Sua madre, poi, diceva che mettevano in risalto il bel viso e gli eleganti occhi grigi.

Persino Darlene, la sua migliore amica, condivideva l’idea di portare i capelli legati per una questione di ordine e per non sembrare una ragazzina leggera.

“Io studio, Walburga, dovresti saperlo, i miei voti parlano per me!” esclamò continuando a ridere, “Solo che preferisco anche divertirmi! Il prossimo anno potremmo essere sposate e con la responsabilità di una casa o di una famiglia, ci pensi?”

Walburga sentì il sangue gelare nelle vene. Annuì composta e sorrise nel modo che aveva imparato per nascondere il proprio disappunto. Non aveva nessuna intenzione di sposarsi, e con chi, poi? Il solo pensiero l’atterriva, nessuno dei suoi compagni di scuola era degno di lei e quelli degli anni passati… Beh, era meglio sorvolare.

Annabeth, invece, sembrava decisa a trovare marito e si era lanciata in quell’attività che era diventato il passatempo preferito di molte compagne di Casa. Walburga aveva scelto un approccio diplomatico, anche perché non voleva creare alcun problema in famiglia, non voleva che arrivassero strane voci – sicuramente esagerate – a sua madre che già l’assillava abbastanza. Così, sorrideva e fingeva interesse perché sommergere di domande gli altri, nel suo mondo, era il modo migliore per sfuggire alle domande nei propri confronti.

“E sentiamo, Annabeth, in che modo ti staresti divertendo? Hai sentito di Lizzie Goyle?” lasciò scivolare l’ultima domanda con una punta di perfidia, scrutando la reazione della cugina, pronta a cogliere ogni tentativo di dissimulare la verità.

“Non sono affari tuoi, dopo tutto,” commentò Annabeth, “Sì, ho sentito di Lizzie, poveretta, mi è dispiaciuto molto, certo che, pure lei, poteva fare attenzione…”

“Chissà perché lo stesso livello di attenzione non è mai chiesto agli uomini,” si domandò Walburga.

“Oh, Walburga, non essere ingenua, siamo noi che dobbiamo gestire le conseguenze, sono le regole del gioco, no?”

“Sì, e Avery si è trovato incastrato in un matrimonio con la Goyle. Bastava un po’ più di attenzione da parte sua e sarebbe stato ancora libero, ma, come dici tu, sono le regole del gioco.” Lasciò cadere il discorso e si concentrò su chiacchiere e convenevoli vari come l’imminente partita di Serpeverde contro Corvonero, i progetti per Yule, i compiti e i piani di ripasso fino a quando non arrivarono alla festa del professor Lumacorno. Intorno a lei, il professore chiacchierava con il suo stuolo di studenti prediletti e da quando era arrivato Alphard, lei era stata declassata. Nessuna Black valeva quanto un Black qualsiasi. Sospirò seduta sul divano guardandosi intorno. Darlene era stata fermata da alcuni compagni di Corvonero e sembrava non riuscisse a liberarsi.

Sui divanetti di fronte a lei, invece, Judith Nott rideva con quell’oca della Bulstrode e anche loro parlavano di accordi matrimoniali in un modo che diede la nausea a Walburga. Non era mai stata una sentimentale e le era perfettamente chiaro il senso dei matrimoni combinati: era grazie a quel sistema che la sua famiglia poteva fregiarsi di essere la più antica e più pura famiglia del mondo magico. Eppure, quel mercato non era accettabile, e neppure decoroso. Frasi del tipo “tutti i migliori presto andranno via e dovrò accontentarmi degli scarti” le davano i brividi. Cosa avrebbe dovuto dire ai suoi figli? Che aveva scelto il padre come una carta pescata dal mazzo?

Il mago che avrebbe sposato, che le avrebbe tolto il nome dei Black per condurla nella nuova famiglia, sarebbe stato un uomo per cui sarebbe valsa la pena fare un simile passo. Altrimenti, tanto valeva rimanere zitella e tenersi il proprio nome di famiglia, come zia Lycoris che tra zio Arcturus e zio Regulus aveva trovato la sua libertà.

Era immersa in quei pensieri, quando la sua attenzione venne catturata da un ragazzo del quinto anno che stava tenendo un discorso. Era il nuovo Prefetto di Serpeverde, e un paio di volte lo aveva visto rimproverare alcuni Grifondoro del primo anno, le sembrava che si chiamasse Riddle. Aveva un portamento elegante e un’eloquenza forbita che raramente si rinveniva negli studenti. Tra l’altro, era tra gli studenti modello e il suo nome era circolato diverse volte tra le studentesse nel dormitorio. Walburga non lo aveva mai considerato, ma adesso, mentre si guardava intorno annoiata, la sua figura risaltava sulla mediocrità che li circondava.

“Vedete, il problema dei Nati Babbani è che loro non si rendono conto della decadenza che seminano nel mondo magico. Non avete idea della grettezza che gira tra i Babbani. Sono esseri corrotti, abietti! I maghi devono preservare la purezza del loro sangue!”

“Stai zitto, Riddle!” Bartemius Crouch interruppe Tom. Walburga strizzò gli occhi cercando di capire come mai quel viscido di Bartemius si fosse esposto, quando intravide le onde vaporose di Annabeth oltre le spalle del ragazzo. Quell’oca rideva alle battute di quel bellimbusto e improvvisamente le fu chiaro con chi si divertisse Annabeth. Walburga si sentì indignata per tutto il discorso di sua cugina su matrimoni, divertimento e senso di responsabilità. Le faceva la morale e poi si accompagnava a quel viscido leccapiedi, tutto salamelecchi e ossequi.

L’indignazione le diede il coraggio di prendere parola.

“Crouch, hai qualcosa contro la purezza?”

“Black, ti vanti di essere pura ma hai l’animo così nero…” Walburga si lasciò andare a una risatina sarcastica. Tutto qua?

“Ci vuole forza, abilità e talento per stare nell’oscurità più pura, Crouch, ma cosa ne sai,” intervenne Tom Riddle, subito interrotto dal professor Lumacorno. Walburga si ritrovò vicino il Prefetto di Serpeverde. “Grazie, Riddle.”

“Di niente, Black. Allora, è vero quello che si dice?”

“A proposito di cosa?”

“Lizzie Goyle non è finita a Beauxbatons e Avery diventerà papà prima di quanto immaginasse…” Tom Riddle le rivolse uno sguardo complice, per nulla a disagio o imbarazzato dal trovarsi a parlare con lei. Era piuttosto raro riuscire a fare conversazione con una mente brillante, con qualcuno che fosse in grado di fare ragionamenti acuti, e che si lasciasse andare a commenti sarcastici ma mai fuori luogo o inappropriati. Tom Riddle era il giovane impeccabile che Walburga cercava da una vita, peccato che fosse un Mezzosangue.

“Lo so cosa pensi, Walburga, la cosa mi lusinga parecchio, ma non è ancora nata la Black che possa seguire i miei passi.”

Walburga sospirò e bevve un sorso di Acquaviola. Gli occhi neri di Tom la fissavano e lei non riusciva a togliere lo sguardo da quella bocca perfetta. “È così difficile trovare una mente acuta come la tua, Tom,” convenne, “sei più impeccabile di gran parte dei figli Purosangue. In questi momenti inizio a domandarmi cosa sia la Purezza, se basti il cognome o serva l’integrità d’animo e l’intelligenza viva che ti caratterizza.”

Tom Riddle le sorrise: “Detto da te, Walburga, vuol dire molto… Ti va di fare due passi?”

Walburga annuì e seguì Tom fuori dalla festa, camminarono lungo il corridoio del sotterraneo e arrivarono fin quasi l’atrio principale per poi tornare indietro.

“Come vedi sto cercando di mettere un po’ di sale in zucca a quei debosciati dei nostri compagni di Casa,” le disse, “Capisco benissimo il tuo disagio a pensare di dover rinunciare al tuo nome per uno di loro.” Riddle sorrideva sarcastico. Walburga lo studiava in silenzio, intimamente divertita dal fatto che lui le stava dando ragione.

“Immagino che non si possa avere tutto dalla vita e che ad un certo punto occorra fare delle scelte,” disse Walburga. Non sapeva spiegarlo, ma sentiva una certa affinità con quel ragazzo educato e impeccabile, sentiva che poteva aprirsi e raccontare ogni cosa di sé, certa che lui avrebbe custodito le sue confidenze e non le avrebbe rivelate a nessuno. Era come se lui fosse in grado di leggere dentro di lei.

“Attenta alle scelte che fai, Walburga Black,” le disse con un fondo di tristezza nella voce. “Non commettere l’errore di mia madre. L’amore rende deboli. Forse basta solo un bel faccino, non lo so, ma mia madre ha insozzato il sangue di Salazar Serpeverde mescolandolo con quello di uno sporco Babbano.” La voce di Tom cambiò improvvisamente, divenne dura, fredda, Walburga sentì un brivido scivolarle lungo la schiena. Erano seduti su un muretto lungo quel corridoio deserto, intenti a scambiarsi confidenze. Walburga allungò la mano su quella di Riddle. Il sorriso triste che lui le rivolse le spezzò il cuore. Tom portò la mano alle labbra e poi la strinse vicino il cuore: “Ho toccato con mano la natura abietta dei Babbani, Walburga, non ho intenzione di farti una cosa simile. Il sangue è la cosa più preziosa che hai, preservala, a qualsiasi costo.”

“Anche se ciò dovesse significare sposare un idiota?”

“Se ha il sangue giusto, sposare un idiota potrebbe essere il miglior affare della tua vita. Non cercare l’amore nel matrimonio, Walburga, trova un partner in affari, qualcuno che condivida la tua visione o che possa essere influenzato da te. Lascia perdere i principi azzurri, le principesse finiscono sempre ammazzate.”

“Credo che tu abbia proprio ragione, Tom,” sorrise, “Rifletterò sulle tue parole, non ho fretta di sposarmi.”

“No, ma te ne metteranno, ho visto abbastanza del tuo mondo per capire come va. Le tue compagne hanno aperto la stagione della caccia al marito.”

“Sì, ma io sono una Black e non ho bisogno di cacciare proprio niente, devono venire con il cappello in mano a chiedermi la mano, sottostare al giudizio di mio padre e superare un tè con mia madre e poi, forse, li prenderò in considerazione.”

Tom si lasciò andare a una risatina divertita. Walburga alzò un sopracciglio e lui le disse: “Perdonami, non intendo ridere di te, provavo solo a immaginare quale dei nostri compagni di Casa avrebbe le carte in regola per sopravvivere a un tale percorso a ostacoli.”

“Temo nessuno,” disse Walburga.

“Lo temo anch’io e mi sembra di capire che questo sia il tuo obiettivo. Sei tanto perfida quanto bella, Black.”

“Detta così, suona così… inappropriata,” sospirò Walburga.

Tom le stringeva ancora la mano e la portò nuovamente alle labbra. La osservava con i suoi occhi neri, così profondi che Walburga sentì lo stomaco stringersi. Il sorriso che lui le rivolgeva le faceva sentire le ginocchia deboli e la gola secca.

“Perdonami, Walburga, non intendevo apparire inappropriato. Mi sentirei privilegiato a poter godere della tua compagnia.” Le labbra di Tom erano così invitanti e il suo sguardo era in grado di farle sentire la terra tremare sotto i piedi. Si disse fortunata ad essere seduta su quel muretto. Si sporse verso Tom e le loro labbra si sfiorarono. Il bacio che ne seguì fu perfetto, come nemmeno quello con Mulciber l’anno precedente. Sentì il braccio di Tom cingerle il fianco mentre i loro corpi si avvicinarono.

“Oh, Salazar…” sospirò Tom, “sei perfetta.”

Il tossicchiare nervoso di alcuni loro compagni di Casa li interruppe. Tom si congedò da lei con un galante baciamano e le diede la buonanotte promettendole che ci sarebbero state altre occasioni per loro due, in futuro.

“Dove eri finita?” La voce di Darlene la riportò con i piedi per terra. Walburga però non era in grado di rispondere a quella domanda.

“Non ti sarai imboscata con Riddle?” le domandò. “Ti prego, tua cugina è stata sufficientemente imbarazzante… con un Crouch, ma come si fa? Adesso, non mi dire che tu con Riddle… Siete due Black, siete in Serpeverde, cosa vi dice il cervello? Non avete idea di quanto sia difficile trovare marito fuori dalla vostra sala comune…”

Walburga sorrise all’amica e non disse niente, punta sul vivo. Riddle era perfetto, ma non era alla sua altezza e questo poteva renderlo, al massimo, un piacevole passatempo. Sospirarono entrambe, sedute sul divano della festa. Darlene le passò un calice di Acquaviola.

“Annabeth aveva detto che ci sarebbe stato dell’alcol,” sospirò Walburga che sentiva di aver bisogno di qualcosa di forte. Darlene sembrò studiarla, forse alla ricerca di qualche turbamento, così Walburga tornò ad assumere la sua espressione imperscrutabile, quella che teneva sempre in casa: non voleva allertare Darlene, chissà che fantasie si sarebbe fatta, sarebbe stata capace di scrivere a casa e creare un polverone per difendere la sua migliore amica dai tentativi di seduzione di un Mezzosangue, ne era certa. Walburga voleva solo bere e smettere di pensare a tutte quelle regole che la stavano asfissiando. Darlene, invece, in quel mondo sembrava trovarsi fin troppo bene, le negò l’alcol dicendo: “Fa male alla salute e domani abbiamo una giornata impegnativa, senza contare che sono calorie inutili. Non mi arriverà nessuna proposta di matrimonio, vero?”

“Desideri così tanto sposarti?”

“Beh, hai visto che fine ha fatto mia cugina Euphemia Rowle? Smistata in Tassorosso, piuttosto che darla in sposa a un Potter l’hanno avviata a una carriera da istitutrice.”

“Potter? Quello che poi ha sposato zia Dorea?”

“Proprio lui. Io sono finita a Corvonero, ma la storia non cambia, i Rowle sono spietati con chi non finisce in Serpeverde, quasi che non fossimo sufficientemente Purosangue.”

“Tu sei più pura di tanti Serpeverde, Darlene. Secondo me, il Cappello Parlante era rimasto stordito dalla puzza di Robertson quando poi ha Smistato te, altrimenti non si spiega, ma se non volessero trovarti un marito cosa farai?”

“Voglio studiare Medimagia e diventare Guaritrice. Un giorno diventerò la Direttrice del San Mungo e sarò così famosa che le famiglie Purosangue si pentiranno di non avermi nel loro albero genealogico. Fanno a gara per quelle oche della Parkinson e della Selwyn e rifiutano me, una Rowle!”

“Sai che non mi dispiacerebbe studiare Medimagia con te? Almeno finché non verrò incastrata in un matrimonio!”

“Allora è deciso, dopo i M.A.G.O. ci iscriveremo all’Accademia di Medimagia del San Mungo! Felice Samhain!”

“Felice Samhain!” Brindarono con l’Acquaviola e Walburga sperò che non fosse di cattivo auspicio.



 
Note dell’Autore:
Di Walburga sappiamo poco, solo l’immagine che un Sirius rancoroso e braccato dal Ministero e dai Mangiamorte e costretto a nascondersi, ci riferisce. La conosciamo attraverso il suo ritratto da anziana, che non è altro che colore, memoria e magia, secondo quanto pubblicato dalla Rowling in Wizardingworld.com. Com’è diventata quella donna così severa al punto da cancellare un figlio dall’arazzo di famiglia? È sempre stata così o c’è stato un tempo in cui era diversa? Esiste una Walburga che Sirius non ha mai voluto o potuto conoscere, visto che è fuggito di casa a quindici anni?
Ecco, ho provato ad andare oltre quello che sappiamo, a ricamare con una serie di miei headcanon personali (il rapporto con Edward e Darlene) per provare a vedere come si sia arrivati alla Walburga che conosciamo. L’idea non è tanto quella di raccontare la vita di Walburga, quanto di mostrare la società Purosangue e i suoi meccanismi attraverso gli occhi di qualcuno è cresciuto al suo interno.

Il prossimo capitolo arriva il 18 agosto, mentre il 20 arriverà il capitolo conclusivo! 
A presto,
Sev



 

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Capitolo 2
*** L'eccezione alla regola ***


Capitolo 2 - L'eccezione alla regola
 



Grimmauld Place, 21 giugno 1949
 
 
Lo scorrere degli anni aveva portato con sé una serie di sopracciglia alzate, soprattutto da parte di sua madre, delle zie e delle cugine. Ci aveva pensato Lucretia a riportare tutti con i piedi per terra, aveva finito per sposare quello smidollato di Ignatius Prewett con il trucco più vecchio del mondo: era rimasta incinta e zio Arcturus, piuttosto che affrontare lo scandalo, aveva preferito fingere di non sapere e acconsentire al matrimonio.

Suo papà, Pollux, sollevato al pensiero che sua figlia non sembrasse così interessata ai ragazzi da rischiare uno scandalo, aveva iniziato a concentrare i suoi sforzi nel tentativo di accasare Alphard.

“Spiegami perché con te hanno smesso di insistere,” le disse il fratello entrando nella sala da lettura dove era intenta a consultare un libro di Medimagia e prendere appunti per il caso di un suo paziente che la stava arrovellando. Alzò lo sguardo verso Alphard e gli rivolse un sorriso ironico: “Perché sono una strega adulta, lavoro al San Mungo e sono in grado di badare a me stessa, ma soprattutto papà si è reso conto che il mio nubilato gli permette di non dover pagare alcuna dote e avere una Black in più nell’albero genealogico.”

“Sei perfida Walburga.”

Sorrise in direzione del fratello: “Mi spiace ma io sono troppo pura e troppo preziosa per perdere il cognome e unirmi a qualcuna delle famiglie decadenti che ci circondano.”

“Possibile che non hai mai preso in considerazione nessuno?” le domandò Alphard. Avevano gli stessi occhi grigi e la medesima espressione altera, ma se lei era una Black fatta e finita, suo fratello aveva qualche tratto della linea materna dei Crabbe, lo si intuiva dal profilo più morbido, meno spigoloso e da quella luce che non sembrava avvertire costantemente il peso del cognome che portava. Forse, però, lui non ne sarebbe stato mai privato, era qualcosa che sarebbe stata parte di lui per sempre, lo avrebbe donato alla sua sposa e questa sarebbe entrata in famiglia.

Walburga scosse la testa e gli domandò in rimando: “E tu?”

Alphard curvò le labbra in un sorriso canzonatorio: “Ho fatto un pensierino sulla Parkinson.”

“Per Salazar!” esclamò saltando sulla sedia. Alphard scoppiò a ridere e si lasciò cadere sulla poltrona alle sue spalle. Aveva le lacrime agli occhi mentre cercava di riprendere fiato. “Dovresti vederti, Wal, sei uno spasso!” continuava a prenderla in giro.

“Sii serio, Alphard!”

“Pensavo alla Parkinson perché so che ti sta tanto simpatica! Potresti averla come la tua nuova sorella!”

“Potrei vomitare…” mormorò nauseata, “ma piuttosto, se vuoi trovarmi una sorella interessante cosa ne pensi di Darlene?”

“La Rowle?” domandò con un sopracciglio alzato. “Suvvia, ma l’hai vista?”

“Certo, è impeccabile, a modo, gentile, colta ed è anche una perfetta Purosangue, cos’ha che non va?”

“È imbalsamata, Wallyna cara, farlo con lei deve essere peggio che farlo da soli, almeno da solo puoi dare spazio alla fantasia!”

“Alphard! Non sono argomenti appropriati!”

Suo fratello scoppiò a ridere, ancora una volta, alzò le mani in segno di resa e sospirò: “Come vuoi, Wallyna, ma a te e Darlene non farebbe male la compagnia della Parkinson, so che con lei ci si diverte molto!”

“Fuori di qui!” indicò la porta e tornò a concentrarsi sugli strani sintomi che aveva uno dei suoi pazienti. Non aveva proprio tempo per le spiritosaggini di Alphard. Lei e Darlene avevano dato seguito alla promessa che si erano scambiate durante la festa di Lumacorno il loro ultimo anno: entrambe si erano iscritte all’Accademia di Medimagia del San Mungo ed erano diventate due Guaritrici promettenti.

Pollux era felice di sapere che sua figlia avesse scelto una carriera prestigiosa e che non passasse il tempo a fare la muffa in casa in attesa di un marito. Inoltre, Walburga aveva iniziato a guadagnare e non aveva più tempo per spendere soldi che, dal punto di vista di suo padre, era un saldo decisamente positivo. Sua madre, invece, continuava a borbottare, a sostenere che non fosse appropriato che una donna dell’alta società lavorasse, ma Walburga le rispondeva ogni volta che avrebbe lasciato il lavoro quando si sarebbe sposata.

Kreacher bussò alla porta e annunciò una visita per la padroncina, interrompendo ogni proposito di studio di Walburga. Chiuse il libro stizzita e scese al piano di sotto, nel salone in cui era stata convocata.

“Walburga, cara, guarda chi è venuto a farci visita.”

Irma era raggiante e Walburga sentì le vene gelare nei polsi quando vide zia Charis, zio Caspar e il loro primogenito, Bartemius Crouch. Osservò attentamente i capelli color paglia di quel lontano cugino. Una vocina nella sua mente le suggerì che era così lontano che poteva non essere considerato un cugino. Aveva l’aria annoiata e forse nemmeno lui era felice di trovarsi in quella situazione, si disse che le speranze non erano del tutto perse, anche se, a memoria, Bartemius era un tipo testardo, fissato con le regole, per cui avrebbe dovuto fare attenzione e fondare ogni obiezione su dati oggettivi.
Sorrise educata. “Grazie per la visita, accomodatevi!”

“E così lavori,” esordì Bartemius per rompere il ghiaccio. Walburga annuì: “Sì, sono diventata Guaritrice al San Mungo, al momento lavoro nel reparto delle ferite da scoppio di calderone, ma sogno di specializzarmi nella ricerca sul sangue di Drago, tu?”

“Io sono un Auror. Sai, combatto quei pazzi che sostengono che i Babbani vadano uccisi e che il mondo magico debba essere dominato dai Purosangue.”

Non ci fu bisogno di dire nulla, fu Pollux a cacciare di casa zio Caspar, zia Charis e il loro figlio. Walburga li accompagnò alla porta fingendosi offesa, mentre dentro di sé saltellava per la gioia di quel passo falso. Come poteva essere stato tanto sciocco?

“Adesso basta, Irma! Sono stufo di partecipare a questi incontri imbarazzanti! Ha ragione Walburga! È pieno di smidollati, deboli e traditori!” Suo padre era furioso, era corso verso il carrello dei liquori per versarsi un bicchiere di Firewhisky e lo beveva mentre si sistemava nervosamente il panciotto di velluto verde del suo completo.

Sua madre scuoteva la testa sconsolata ed era così agitata che qualche capello le era sfuggito dalla crocchia stretta che portava da anni. Il volto era arrossato dalla delusione e dallo sconcerto per la reazione del marito, sicuramente si stava domandando cosa avrebbero detto le sue amiche dell’ennesimo fallimento. “Ma Pollux, dobbiamo sistemare nostra figlia! Persino Cygnus si sposerà a breve! Non è possibile che lei e Alphard siano ancora non impegnati! Sai cosa hanno sussurrato i Rosier durante le negoziazioni?”

“Certo che lo so, ero presente, ma non mi interessa! Cygnus farà dei figli e porterà avanti il nome dei Black, Walburga può solo perdere il cognome!” Suo padre mandò giù il Firewhisky in un sorso solo e poggiò malamente il bicchiere di cristallo sulla mensola del camino. Sua madre, però, sembrava intenzionata a non lasciar perdere, continuò: “È il dovere di una Purosangue continuare la linea di sangue del proprio marito e io mi rifiuto di credere che mia figlia sia così sconsiderata da rifiutarsi di adempiere a un simile compito!”

Pollux chiuse gli occhi e sospirò, sembrava stanco di quelle discussioni che si ripetevano ciclicamente da anni. Walburga era stanca tanto quanto suo padre, decise di intervenire. “Come puoi chiedermi una cosa del genere, madre? Come puoi chiedermi di accontentarmi e di mescolare il mio sangue purissimo con quello di gente così mediocre, di traditori del sangue? Cosa dovrei fare? Prendere il loro cognome, unire il sangue e portarne in grembo il frutto? Per cosa? Per allargare una stirpe decadente? Per consentirti di non sentirti diversa dalle tue amiche? Organizza il matrimonio di Cygnus e dimentica il mio!”

Sua madre rimase a bocca aperta, guardò il marito, in cerca di sostegno, ma Pollux si limitò solo a rispedirla in camera. Quei discorsi si intensificarono con l’avvicinarsi della data delle nozze di suo fratello Cygnus con Druella Rosier. Walburga sospirava stoicamente e ciò che la confortava era che Darlene, la sua migliore amica, condivideva la stessa sorte e la stessa sfortuna in amore. Darlene, però, si sarebbe accontentata, sarebbe scesa a patti pur di rimanere nelle Sacre Ventotto, mentre i Rowle sembravano intenzionati a declassarla e darla in sposa a qualche Purosangue che non appartenesse all’elenco delle Sacre Ventotto.

Il giorno del matrimonio di Cygnus si ritrovarono entrambe avvolte in un elegante abito verde scuro, circondate da amiche e conoscenti che parlavano di gravidanze e figli e le coinvolgevano solo per avere consigli medici sullo stato di salute dei loro marmocchi. A metà pranzo Walburga era nauseata. Fece cenno a Darlene ed entrambe si allontanarono da quel salone smielato per andare a prendere una boccata d’aria fresca. Fuori, il sole di agosto illuminava i giardini del Wiltshire.

“Wal!”
Una voce attirò la sua attenzione, si voltò e incontrò il sorriso sornione di suo cugino Orion in compagnia di un suo amico.

“Orion!” esclamò divertita, “ma cosa ci fai qua?”

“Ci nascondiamo, ovvio, non fanno altro che parlare di marmocchi là dentro, è qualcosa di nauseante.”

“Beh, spero che a voi risparmino i dettagli medici,” scherzò Darlene e Walburga fece le presentazioni. L’amico di Orion si chiamava Edward ed era il suo migliore amico. “Purtroppo no,” ammise l’amico, “i dettagli medici sono qualcosa che mi perseguita da quando mi presento”.

“Tu sei parente del Dottor Turner del San Mungo?”

“I dottori Turner,” precisò, “Ci sono mio padre, Robert, mio zio Philip e mio nonno Edward senior.”

Walbuga sorrise: “Sono nell’équipe medica di tuo zio, allora, mentre Darlene è in quella di…”

“Tuo padre,” si inserì Darlene.

Edward sembrò impressionato dal trovarsi di fronte due Guaritrici, esclamò allegro: “Per tutti i Draghi! Unitevi a bere con noi e non parliamo del San Mungo, sarebbe scortese nei confronti di Orion!”

Walburga rimase colpita da quella affermazione, dall’attenzione che Edward aveva avuto verso il suo amico e dopo anni le sembrò di vedere un Purosangue in grado di comportarsi decentemente. Sedettero intorno al tavolino, intenti a chiacchierare, finché gli elfi domestici non li invitarono a tornare al tavolo per l’arrivo di altre pietanze. Walburga e Darlene si diressero stoicamente verso il tavolo delle coppiette di neosposi, tutte intente a parlare di pargoli. Darlene le disse: “Dobbiamo trovare il modo di sfuggire a questo strazio.”

Walburga annuì e cercò con lo sguardo Orion che le faceva segno di non riuscire a muoversi. Dovettero attendere che l’orchestra di strumenti magici aprisse le danze e Orion ed Edward si presentarono per invitarle a danzare.

“Turner, mi sorprende tanta audacia, vuoi creare scalpore?” domandò Walburga mentre prendeva la mano con cui Edward Turner la stava invitando a ballare.

“Non riesco a credere che nessuno ti abbia chiesto di ballare,” rispose conducendola sulla pista da ballo.

“Dicono che intimorisco i ragazzi,”

“Come potresti? Sei una ragazza così beneducata!”

“Adesso mia madre si farà strane idee…”

“Siamo colleghi al san Mungo, se ti serve una scusa per giustificare questo ballo,” le suggerì divertito. Edward la osservava con due occhi marroni, caldi e vivaci, le sorrideva gentile e la conduceva con eleganza e garbo. Walburga si sentiva leggiadra sulla pista da ballo, incurante di sua madre, degli sguardi, persino di suo fratello e Druella, o di Alphard che era impegnato a bere con la vecchia zia Lycoris. Non le importava nemmeno dei Rosier, dei Rowle e di tutte le famiglie Purosangue che finora l’avevano considerata troppo pura, troppo rigida, troppo composta. Walburga stava dando dimostrazione di cosa fosse la perfezione nel portamento, l’eleganza nel ballo e la compostezza nei modi: Edward era un ragazzo affascinante e impeccabile nel modo che lei ricercava da tempo.

Alla fine del ballo si congedarono con un inchino, secondo il cerimoniale tradizionale, mentre Walburga continuava la danza tra le braccia di suo cugino Orion che aveva un sorriso fin troppo sornione.

“Meglio confondere le acque, non credi?” le domandò.

“Convengo che sia opportuno.”

“Non ti vedevo sorridere così da anni.”

“Dove nascondevi un amico tanto impeccabile?” Orion scosse la testa divertito e le domandò in rimando: “E tu un’amica così carina?” Walburga alzò gli occhi al cielo, felice, di una felicità diversa dalla solita soddisfazione o dall’autocompiacimento per un risultato raggiunto, era una felicità che la faceva sentire viva e che sembrava aver risvegliato il cuore, ravvivato il suo corpo. Persino il mondo aveva una luce nuova, più intensa. Era come se il torpore che l’aveva avvolta fino a quel momento fosse improvvisamente scomparso.

“Mi par di capire che io e te abbiamo un accordo,” le disse Orion che le sorrideva mentre con lo sguardo cercava Darlene che danzava con Edward.

Nei giorni successivi, mentre Cygnus era in luna di miele con Druella e i suoi genitori continuavano a organizzare appuntamenti ad Alphard, nessuno si curò di Walburga né le fecero domande sul ballo con Orion o con il suo affascinante amico e neppure si interessarono dei gufi che lei e Darlene si scambiavano. Sembrava che la sua famiglia avesse smesso di preoccuparsi di lei, e non sapeva se la ritenessero sufficientemente matura da autodeterminarsi o senza speranze, un caso su cui non valesse la pena investire. Persino quando suo cugino Orion si presentò a casa per invitare Walburga ad uscire, nessuno ebbe da dire nulla e la lasciarono andare senza bisogno di accompagnatori.

“Si vede che zia Irma si fida di me,” le disse Orion con un ghigno sul volto strappandole una risata. Walburga scosse la testa: “È molto più probabile che si fidino di me! Dove andiamo?”

“È una sorpresa, ma devi prima passare a prendere Darlene. Non ho voglia di fare il terzo incomodo.”

“Allora ti è piaciuta?”

“Oh, Walburga, non hai idea dei biglietti che ci scambiamo! Non vedo l’ora di rivederla!”

Similmente ai Black, persino i Rowle non sollevarono alcuna obiezione quando Walburga si presentò a casa di Darlene per invitare l’amica a fare una passeggiata in campagna. La sua amica le andò incontro sorridente e Walburga non credeva di aver mai visto gli occhi di Darlene brillare tanto di gioia. Orion le aveva dato le coordinate del posto in cui Materializzarsi, così, le due amiche salutarono i Rowle e si affrettarono a raggiungere i due ragazzi.

“Sai di cosa si tratta?” le domandò Darlene, “Secondo te sono vestita bene?”

“Oh, Darlene, lui è pazzo di te. Non ha fatto altro che parlarmi di te per tutto il tempo!” la tranquillizzò Walburga mentre iniziava a sentire un po’ di ansia con la prospettiva di rivedere Edward. Si strinsero nei mantelli e si guardarono intorno: quello non era di certo il Wiltshire.

“Benvenute in Galles!” esclamò Edward andando loro incontro insieme a Orion. Walburga sorrise sorpresa: Edward indossava un completo in tweed verde che gli dava l’aria di un gentiluomo di campagna, così diverso da Orion che mostrava tutto il suo essere londinese nel suo completo antracite, come un bancario che si fosse perso.

“Perché siamo in Galles?” domandò Darlene mentre raggiungeva Orion. I due si osservarono impacciati e si salutarono con una stretta di mano prima di accorgersi di quanto fosse fuori luogo quel saluto. Si irrigidirono di nuovo e poi Orion provò ad abbracciarla e posarle un bacio sulla guancia. Walburga vide Darlene sciogliersi e diventare completamente rossa.

“Orion non fa altro che parlare di Darlene,” le disse Edward posandole un bacio sulla guancia. Walburga sentì il respiro sospendersi per un istante, come se tutto il suo corpo fosse rapita dal profumo del ragazzo. Si scambiarono un sorriso e lui le porse la mano invitandola a seguirlo: “Ecco il motivo per cui vi abbiamo invitato! Hai detto che vorresti specializzarti nello studio del Sangue di Drago, giusto?”

Walburga annuì perplessa, mentre lui continuava a sorriderle, le sussurrò: “Ho pensato che sarebbe stato meraviglioso conoscere la materia prima!”

“Non avrai mica…” stava per domandare quando voltò l’angolo e si trovò davanti un enorme Drago.

“Trovato un Gallese Verde? Certo che sì!” continuò entusiasta mentre la conduceva verso l’animale. “Non avere paura!”

“No, certo, i Draghi sono notoriamente creature cortesi!” esclamò sarcastica. Edward ridacchiò: “Ti posso assicurare che la cara Nessie è un Drago ben educato!”

Walburga non seppe rispondere, ma si fidò del suo accompagnatore. Lo vide avvicinarsi al Drago senza alcuna paura, come se i due si conoscessero. Edward accarezzò la creatura e poi fece le presentazioni e Walburga non era mai stata presentata a un Drago in modo tanto educato. Era così incredula di quanto le stesse capitando che nemmeno si sorprese quando si ritrovò sul dorso del Drago, aggrappata ad Edward, mentre l’animale spiccava il volo. Era terrorizzata e al tempo stesso inebriata dal sentire il vento tra i capelli, il profumo di Edward e le sue risate entusiaste mentre dialogava con Nessie.

Presero quota e Nessie rallentò, in quel momento Walburga realizzò che si stava stringendo un po’ troppo a Edward. Lui voltò la testa all’indietro per accertarsi di come stesse, le sfiorò le mani che stringevano la sua vita magra e le loro dita si intrecciarono per un attimo, mentre si scambiavano l’ennesimo sorriso. Non riusciva a smettere di sorridere.

Quando tornò con i piedi per terra, Walburga aveva il cuore che le batteva all’impazzata, mentre alternava lo sguardo tra Edward e Nessie.

“È una creatura incredibile, vero?” le domandò.

Walburga annuì e sospirò: “È l’esperienza più bella della mia vita.” Fu in quel momento che Edward le prese il viso tra le mani e la baciò sulle labbra mentre il cuore di Walburga batteva all’impazzata. In quel mondo di regole ipocrite e apparenza, era riuscita a trovare la felicità, quella vera, con un gentiluomo appassionato di Draghi. E forse ci voleva proprio un ragazzo abituato ad avvicinarsi ai Draghi perché scorgesse la bellezza in lei. Walburga ricambiò i baci di Edward e si strinse a lui e solo quando l’aria mancò si accorse dell’assenza di Darlene.

Edward sorrise imbarazzato: “Orion è sempre stato più bravo di me con le ragazze, sarà il fascino dei Black, non ha avuto bisogno di un Drago per fare colpo!” La strinse a sé e mentre Walburga ricambiava l’abbraccio gli disse: “Non avevi bisogno di Nessie per fare colpo!”

“Beh, ma adesso saprai che se so gestire Nessie potrò gestire anche la tua famiglia, Walburga Black.”

“Lo sai che tutto questo finirà non appena ufficializzerai le tue intenzioni?”

“Lo so, i fidanzati hanno meno libertà degli amanti clandestini, ma sei una gentildonna e meriti di essere trattata come tale.” Si scambiarono altri baci e passarono il pomeriggio stesi al sole su un telo, immersi nei prati gallesi. “Aspetta, ti prego,” gli disse con la paura che l’assaliva ogni qualvolta la sua famiglia rischiava di essere coinvolta.

“Non voglio aspettare, Walburga, ho aspettato a lungo e so che non esiste una ragazza come te.”

“Ma io sono troppo vecchia per te,” gli sussurrò amareggiata.

“Non dire sciocchezze, tu sei perfetta.” La strinse nuovamente e Walburga tornò a sentire il corpo di Edward contro il suo, i suoi occhi marroni erano luminosi mentre le posava baci sulle labbra, sul collo e le mani correvano su tutto il corpo.

“Hai mai?” le domandò pudico. Walburga arrossì e scosse la testa. Si vergognava di dire che nessuno era mai stato sufficientemente coraggioso di avvicinarsi tanto a lei da vincere ogni sua difesa.

“Tu?” gli domandò in rimando, curiosa e un po’ gelosa di chi avesse avuto quel privilegio. Edward sorrise imbarazzato: “Beh, sì, ma sai com’è con noi ragazzi… Ci trattano come degli animali. Arriva un’età in cui ti prendono e ti portano in una casa di piacere e ti dicono qualcosa tipo Oggi imparerai come far felice una donna! È tutto così poco romantico… Ti conservi per il matrimonio?”

“No, aspettavo solo qualcuno per cui ne valesse la pena.”

“Allora perdonami, spero di non farti attendere ancora a lungo,” le disse intrecciando le dita alle sue. Walburga sorrise, il cuore le scoppiava di gioia.

Non dovette attendere molto, il giorno dopo Edward Turner si presentò a Grimmauld Place vestito elegantemente, con un meraviglioso bouquet di rose bianche – purezza, reverenza, umiltà e devozione – e l’aria tranquilla, cortese e sicura di sé.

Irma lo accolse scambiandosi uno sguardo perplesso con Pollux. “Dove sono i tuoi genitori?” gli domandò per prima cosa.
“Sono al San Mungo, hanno degli interventi piuttosto urgenti e non potevano assentarsi, ma ho parlato con loro e mi hanno dato la loro approvazione. Sono qui per chiedere ufficialmente la mano di vostra figlia Walburga.”

“Tu? Un Turner?” domandò Irma perplessa.

“Lady Black la mia famiglia ha da secoli famosi Guaritori e Alchimisti, siamo Purosangue e assolutamente in grado di provvedere alla felicità di vostra figlia e al suo tenore di vita.”

Walburga lo osservava parlare con la schiena dritta, per nulla intimorito da Pollux e Irma Black: una spanna sopra quei fifoni che si nascondevano dietro i cognomi o che lasciavano parlare i genitori, e per nulla paragonabile a quegli sbruffoni che arrivavano convinti di poterla avere. Edward era orgoglioso del suo lignaggio, seriamente intenzionato a sposarla e per nulla scortese o intimorito dai genitori. Del resto, era abituato a dialogare con i Draghi, i Black non potevano essere peggio.

“Ti sembra che noi stiamo cercando un matrimonio d’affari, ragazzino?” domandò Pollux, alterato per l’insinuazione.

“No, lord Black, non ho insinuato nulla di simile, voglio solo mostrarvi la mia idoneità a prendermi cura della felicità di vostra figlia. Sono innamorato di lei.”

“L’amore è un terreno fragile su cui costruire un matrimonio.”

“Lo consolideremo con tutto ciò che è necessario, con la vostra benedizione.”

“Vedi, Turner, sei un ragazzo sveglio e sono certo che capirai, io non ho fretta che Walburga si sposi, non ho fretta di svendere mia figlia.”

“Non le sto chiedendo di svenderla. Ho l’approvazione dei miei genitori, ho preso una splendida casa georgiana nel quartiere residenziale di Diagon Alley, avrebbe elfi domestici e tutto quanto occorre a una fanciulla del suo rango. Sono qui per la vostra benedizione, nient’altro, lord Black. Non ho altre condizioni.”

“Il punto è che Walburga non prenderà il cognome di qualcuno che non sia nelle Sacre Ventotto.”

“I Turner sono sempre stati troppo impegnati al San Mungo per curare i rapporti con Cantankerus Nott che non li ha considerati nel suo elenco. In compenso, il nostro albero genealogico non ha bruciature di alcun tipo.” Edward con un gesto fluido della bacchetta evocò l’albero genealogico dei Turner e lo mostrò a Pollux Black orgoglioso.

Suo padre, tuttavia, non la prese bene, si allontanò scuotendo la testa, le mani intrecciate dietro la schiena, guardò l’arazzo di famiglia. Walburga sentiva che alcune bruciature su quell’arazzo erano ferite che ancora scottavano sulla sua pelle.

“La mia risposta non cambia, ragazzo, non avrai la mia benedizione. Walburga è destinata a una famiglia del suo rango, non a una setta di Guaritori come i Turner. Lei è una Black e questa è la mia ultima parola sul punto.”

Walburga rimase con il mazzo di rose in mano, seduta sul divano, pietrificata e con la stessa espressione sofferente che poteva leggere sul volto di Edward. Lui non nascose la delusione né il dolore, come i Black avevano sempre insegnato a fare ai figli, ma lo indossò con estrema dignità. Chinò la testa e si limitò a dire: “Ne prendo atto. Sono innamorato di sua figlia, ma rispetterò la volontà della famiglia. Grazie del tempo che mi ha concesso.” Si voltò verso di lei, entrambi avevano gli occhi lucidi. Walburga sentì la sua mano tremare quando prese la sua e le fece un baciamano perfetto. “Addio, cara Walburga, ti auguro ogni felicità. Te lo meriti.”

“Addio, Edward.”

Sentì le mani di sua madre afferrarle le spalle, come per sorreggerla, mentre Edward veniva accompagnato alla porta da Kreacher e a lei sembrava che l’aria sparisse all’improvviso e il mondo diventasse completamente buio.













 
Note:
Eccoci con il secondo capitolo di questa minilong tutta dedicata a Walburga Black. 
Da quello che sappiamo dalla Rowling, Walburga è nata nel 1925 mentre Orion nel 1929, quindi lui è più giovane di 4 anni e, per quanto a Hogwarts si siano incrociati, dubito che un certo tipo di interazioni avrebbero potuto esserci mentre lei era all'ultimo anno e lui era un mocciosetto del terzo anno. Ho preferito, quindi, far passare qualche anno dopo la fine di Hogwarts, quando Orion ha 20 anni e Walburga ne ha 24 e la differenza si sente di meno.

Venerdì arriva l'ultimo capitolo!
Un abbraccio,
Sev

 

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Capitolo 3
*** Di necessità virtù ***


Capitolo 3 – Di necessità virtù

 
 
Grimmauld Place, marzo 1950
 
Erano passati sei lunghissimi mesi dal giorno in cui Edward Turner si era presentato davanti ai suoi genitori per chiederle la mano e i loro sogni erano stati bruscamente interrotti.

Walburga aveva perso appetito, peso e voglia di vivere. Il mondo era tornato incolore tra le pareti di casa Black e il fatto che suo padre le avesse impedito di continuare a lavorare al San Mungo le aveva tolto ogni distrazione possibile. Irma le diceva di reagire, Alphard aveva fatto di tutto per sollevarle l’umore e persino Pollux aveva vacillato di fronte quella tristezza così persistente, anche se non era bastato per fargli fare marcia indietro.

Si erano ritrovati tutti quanti a casa Prewett, per l’annuncio dell’arrivo del secondo (terzo) genito di Theseus Prewett, il fratello di Ignatius, e la sua signora che già avevano avuto due rumorosissimi gemelli.

Quella giornata, tuttavia, era occasione di festa e di incontri in società. Walburga si guardava intorno alla ricerca di facce amiche, mentre continuava a sfuggire alle domande su quanti altri pretendenti avesse fatto fuggire. La verità era che Edward era scomparso e nessuno si era fatto più avanti lasciandola sola e con il cuore spezzato. Orion le aveva spiegato che Edward era stato male per il dolore, che i genitori gli avevano dato dei calmanti e che aveva trascorso dei mesi senza nemmeno essere cosciente di sé.

Si congedò dai festeggiati alla ricerca di un po’ di tranquillità. Odiava tutta quella gente. La felicità ostentata di chi aveva concluso un matrimonio vantaggioso, gli sguardi ammiccanti dei flirt e i tradimenti che iniziavano a palesarsi dopo i primi anni di matrimonio. Abraxas Malfoy sorrideva a una Nott e un paio di volte aveva provato a fare il viscido con lei. Walburga, però, con il tempo si era guadagnata l’appellativo di algida e nessuno osava più fare il cretino con lei, allungare le mani o sperare che lei si infrattasse come una sgualdrinella qualsiasi.

L’unica persona per cui avrebbe fatto quel passo era stata impeccabile nella risposta e lei conviveva con l’ammirazione per la sua tempra e il rimpianto per ciò che avrebbe potuto essere. Guardò il corridoio davanti a sé, finalmente deserto, quando vide Orion con l’aria stravolta. Tutto urlava sconvolgimento: la cravatta storta, i capelli spettinati, la rasatura imperfetta. Nemmeno capiva come zio Arcturus lo avesse fatto uscire di casa conciato in quel modo.

“Walburga,” sospirò con un filo di voce, come se avesse appena visto un fantasma.

“Orion, cosa è successo?”

Suo cugino deglutì e le fece cenno di seguirlo in un salottino riservato. Aprì la porta guardandosi intorno nervosamente, entrò incerto e non appena realizzò che erano solo loro due Orion si lasciò cadere sul divano nascondendo il viso tra le mani. Walburga iniziava a preoccuparsi per quella reazione, si avvicinò al cugino e gli posò una mano sulla spalla. “Puoi dirmi tutto, Orion.”

“È un disastro, Wal, non so come fare,” alzò lo sguardo e Walburga notò le occhiaie profonde che segnavano gli occhi, il pallore più intenso del solito, ben lontano dell’aplomb che era solito mostrare in quel genere di eventi. Lasciò a Orion il tempo di raccogliere le idee anche se aveva un presentimento su cosa avesse potuto gettarlo in quello stato.

“Ieri ho annunciato ai miei genitori l’intenzione di chiedere la mano di Darlene,” disse, “è scoppiato un putiferio. A quanto pare nemmeno una Rowle va bene per un Black.” La voce gli moriva in gola e Walburga tornò a sentire la violenza del dolore che l’aveva schiacciata nei mesi scorsi.

“Coraggio,” gli disse con un filo di voce, flebile come quella di Orion. Come poteva essere convincente? Erano passati sei mesi e quella era la prima occasione in cui metteva il piede fuori casa e si sentiva soffocare, manteneva a fatica il contegno che l’appartenenza ai Black esigeva e l’impeccabilità richiesta a una strega del suo lignaggio.

“Non so come riuscirò ad affrontare Darlene… Arriverà a momenti, convinta che potrò chiedere la sua mano alla famiglia e dovrò spezzarle il cuore.”

Walburga afferrò il polso di Orion in un goffo tentativo di arrivare a tenergli la mano per fargli forza e gli sussurrò: “Puoi contare su di me, sono certa che Darlene capirà. Troveremo una soluzione.”

“Non c’è soluzione…” mormorò disperato.

Il silenzio che scese tra loro due venne interrotto dall’apertura della porta cui seguì il volto sorridente – e del tutto fuori luogo – di Lucretia, sembrò sorpresa di trovarli insieme. “Venite di là, vi stanno cercando, dobbiamo posare per le foto di famiglia.”

Orion annuì e si trascinò seguendo Lucretia. Ogni tanto voltava lo sguardo indietro per cercarla, sembrava un condannato che si dirigeva verso il patibolo cercando di mantenere una qualche parvenza di dignità. Walburga rimase accanto al cugino, sapeva troppo bene quanto stesse soffrendo e apprezzava l’incerta compostezza con cui stava riuscendo ad affrontare quella giornata, anche se era certa che più che forza era rassegnazione. Orion era stato prosciugato di ogni energia vitale ed entusiasmo proprio come era capitato a lei sei mesi prima. Lo chiamavano il prezzo della purezza, quegli ipocriti, per nascondere gli accordi che scambiavano figli per tessere alleanze e consolidare assetti di potere.

I Rowle erano Purosangue come i Turner, ma i Rowle erano anche parte delle Sacre Ventotto, quindi non ci sarebbero stati problemi se non per il fatto che il vecchio Sirius Black aveva litigato con Erbert Rowle secoli fa. Pareva che Hesper Gamp, la moglie di Sirius, fosse stata corteggiata e oltraggiata da un Rowle e il vecchio Arcturus non avrebbe mai acconsentito che un suo figlio sposasse una Rowle dopo quanto accaduto ai suoi genitori, non era altro che una banale vendetta giocata sulla pelle dei figli.

Arrivata nel salone, tra gli ospiti che chiacchieravano distrattamente fingendo una perfezione che non apparteneva loro, Walburga incontrò gli occhi marroni di Edward Turner. Entrambi rimasero immobili con la flûte di champagne in mano, in posizione speculare, si osservavano cercando di mantenere il contegno richiesto dal trovarsi in quel salone pieno di ospiti annoiati alla ricerca di un qualcosa su cui spettegolare. Edward doveva saperlo bene, la salutò cortesemente e le chiese come stesse.

Walburga, tuttavia, non ebbe la forza di rispondere a quella domanda. Era assolutamente disdicevole dire che erano sei mesi che aveva smesso di vivere. Liquidare il tutto con un bene, di routine, come se lui fosse un ospite qualsiasi, era una menzogna che Edward non meritava. Fu sufficiente uno scambio di sguardi per rendersi conto del dolore che entrambi provavano e che, a dispetto dei mesi passati, i loro sentimenti non erano cambiati.

“Credo che Orion e Darlene passeranno i nostri stessi problemi,” gli disse senza nascondere la preoccupazione. Darlene era la sua migliore amica e Orion era suo cugino e il migliore amico di Edward, non potevano lasciarli da soli ad affrontare una simile notizia di fronte tutti quei pettegoli. Walburga, per lo meno, aveva avuto l’occasione di affrontare un simile dolore nell’intimità delle mura domestiche, lontano da quegli sguardi, quei ghigni che non aspettavano altro che un passo falso dei Black per animarsi. L’antichissima e purissima casa dei Black che si rivelava decadente al pari delle altre, uno spettacolo troppo allettante che riecheggiava i giorni del matrimonio di Cendrella con Septimius Weasley.

“Darlene sembrava felice,” le disse Edward. Riusciva a mantenere l’espressione impeccabile e distinta, come se stessero parlando del tempo. Walburga sentiva di amarlo ancora di più in quel momento, mentre sorseggiava lo champagne composto.

Sentiva la gola secca e aveva bisogno di qualcosa che le desse un po’ di coraggio, prese un sorso di champagne e gli spiegò sottovoce: “Ancora non lo sa. Ho appena visto Orion, la sua famiglia ieri sera ha negato il consenso alle nozze, lei crede che oggi lui chiederà la sua mano ai Rowle.”

“Oh, Salazar…” Edward si congedò da lei con un baciamano e le sussurrò: “Io vado da Orion, tu prova a stare vicino a Darlene. Troviamo un posto tranquillo dove possano parlare.”

Walburga annuì. Ignorò gli sguardi che suo padre le aveva lanciato quando si era avvicinata a Edward, notò il sollievo che comparve sul volto dei suoi genitori non appena loro due si allontanarono, scosse la testa. Raggiunse Darlene, le rimase accanto mentre salutava gli altri invitati e le si strinse il cuore al pensiero che tutta quella felicità presto si sarebbe trasformata in dolore.

Darlene era sempre stata una ragazza sveglia, un’ottima osservatrice, il suo animo analitico avrebbe messo in fila tutti gli indizi e presto comprese che c’era qualcosa che non andava, che tutta quella premura e vicinanza da parte di Walburga era insolita, così come era strana l’assenza di Orion.

“Walburga, cara, la foto di famiglia,” le ricordò sua madre che, per la prima volta guardò severamente Darlene. Loro due si scambiarono uno sguardo sorpreso, stava accadendo qualcosa di cui non era consapevole. Forse zia Melania aveva informato sua madre delle intenzioni di Orion, forse pensavano che Darlene fosse un’arrampicatrice sociale in cerca di un marito prestigioso. In quel mondo i sentimenti nemmeno venivano considerati.

Venne trascinata in una stanza, con i Prewett e i Black, con Lucretia e Ignatius avanti con i due futuri genitori. Dietro i loro il resto delle famiglie, i fratelli, gli zii, i cugini. Orion scivolò al suo fianco e le disse: “Stammi vicino, Wal, ho bisogno di un volto amico al mio fianco.” Walburga annuì impercettibilmente continuando a guardare verso la macchina fotografica con il volto serio, lo sguardo aperto e la postura eretta ed elegante che le avevano insegnato e che era diventata parte della sua stessa natura.

Alphard arrivò al suo fianco e la spinse leggermente contro Orion, la mano di Walburga scivolò lungo il fianco e le loro dita si intrecciarono tra le pieghe della sua gonna e la veste da mago di Orion. Era la loro alleanza, un modo per ricordarsi che in quella famiglia non erano soli e che l’uno avrebbe sempre potuto contare sull’altro.

Quando il fotografo li liberò si scambiarono un sorriso, Orion le sussurrò: “Grazie.” Fu sufficiente che quel rapido sguardo venisse intercettato da Irma e Melania che, come ogni madre preoccupata per i propri figli, non li perdevano di vista. Walburga sentì Melania dire: “Li hai visti?”

“Non sarebbe una cattiva idea, dopo tutto,” concordò Irma mentre allungava la mano all’indietro alla ricerca del braccio di Pollux. Walburga fingeva di parlare con Orion e gli intimava di non guardare i loro genitori che avevano qualcosa in mente.

“Prenderemo due piccioni con una fava,” aggiunse Melania. “Sai, ieri Orion parlava proprio di fidanzamento, ma le candidate sono tanto inadeguate. Walburga sarebbe perfetta, anche se è un po’ vecchia per Orion, ma sembrano andare d’accordo.”

Entrambi impallidirono e si allontanarono immediatamente l’uno dall’altro. Si fecero cenno di andare nel salottino in cui avevano parlato prima giungendovi da percorsi diversi. Oltre la porta trovarono Darlene ed Edward ad attenderli.

“Edward mi ha detto tutto, Orion,” gli disse Darlene che fremeva di rabbia e cercava di non piangere. “Non è giusto.”

“Non lo è, io amo te, ma i miei stanno iniziando a parlare di un fidanzamento con Walburga,” sbottò Orion. Non era mai stato bravo a contenere le sue intemperanze, al contrario di Edward che si irrigidì sul divano. Walburga gli sedette accanto e prese la mano di Edward e se la portò alle labbra.

“È vero, Walburga? I vostri genitori stanno discutendo di un vostro fidanzamento?” le domandò con la voce che tremava. Walburga annuì. “Siamo fuggiti appena abbiamo capito di cosa stessero parlando. Temo che dovremo affrontare uno scandalo.”

“Non te lo perdoneranno,” le disse Edward, “non me lo perdoneranno,” si corresse, “Ci daranno la caccia e io non voglio che tu debba vivere come una reietta, come una traditrice del sangue, non lo meriti. Tu hai tutto il diritto di camminare a testa alta in società, di mostrare alle streghe cosa vuol dire essere impeccabile, non potrei sopportare che spettegolino su di te.”

“Sei molto caro, Edward, ma che alternative abbiamo?” si domandò disperata.

“Forse abbiamo un’alternativa, Wal,” disse Darlene. Si era alzata e guardava fuori dalla finestra verso la brughiera che circondava la villa dei Prewett. “Ricordi cosa ti disse Tom Riddle durante il nostro ultimo anno?”

“Che un marito stupido poteva essere il miglior affare della mia vita?”

“Non cercare l’amore nel matrimonio, Walburga, trova un partner in affari, qualcuno che condivida la tua visione o che possa essere influenzato da te. Lascia perdere i principi azzurri, le principesse finiscono sempre ammazzate.”

“Non capisco, Darlene.”

“Diamo loro quello che vogliono, no? È una sciocca questione di alberi genealogici e patrimoni, giusto?” Darlene sembrava convincersi ad ogni parola, mentre tutti loro la ascoltavano perplessi. “Le famiglie delle Sacre Ventotto che accetterebbero i miei genitori non vogliono una Corvonero, ma questo non è un problema per i Turner, giusto? Edward è abbastanza benestante da piacere alla mia famiglia, siamo colleghi al San Mungo oramai. Voi due vi sposerete e sarete i Black che tutti desiderano e ammirano. Lasciamo loro credere quello che vogliono, avremo case nostre e potremo frequentarci e tu potrai continuare a stare con Edward e io con Orion.”

“Un matrimonio di facciata?” domandò perplessa.

“Non è l’essenza dei matrimoni combinati? Se esci fuori vedrai Roland Lestrange che si vanta del suo primogenito avuto dalla seconda moglie, mentre la povera Agatha Yaxley era agonizzante sul letto di morte. Tutti sanno che l’unico che piange la morte di Agatha è il vecchio Avery, il vero vedovo. E Mulciber? È sposato con la figlia di Selwyn, ma da sempre ha una storia con lady Nott. Ad ogni ricevimento ci rifilano la loro patetica recita, perché questo è l’unico modo per sopravvivere a questo mondo.”

“Dovremo fare di necessità virtù?”

“Esattamente. Mostriamo il nostro aplomb e difendiamo il nostro segreto.”

“Ma io non amo Orion, al massimo provo un po’ di affetto, ma come verso un cugino,” obiettò preoccupata che la loro recita non apparisse sufficientemente convincente. Darlene sorrise: “Sono anni che veniamo etichettate come algide, nessuno si sorprenderà se non sembriamo innamorate e manteniamo un contegno impeccabile.”

Edward intervenne: “E come la mettiamo con i figli? I Black vorranno dei figli, questo significa che Orion…” le parole gli morirono in gola. “A te andrebbe bene, Darlene? Tu accetteresti di portare in grembo dei figli miei e non di Orion?”

Darlene si soffermò a riflettere e disse: “Se è il solo modo possibile per continuare a stare con Orion, sì, l’alternativa è che i miei genitori organizzino il matrimonio con qualcun altro e continuare a vedere Orion in modo clandestino sarebbe molto più complicato, quindi, sì, Edward, porterò in grembo i tuoi figli e farò tutto ciò che è richiesto a una moglie Purosangue. Non un passo in più né un passo in meno. Farò il mio dovere e offrirò ogni copertura alla tua storia con Walburga. I nostri figli cresceranno insieme e nessuno si sorprenderà di due coppie di amici che si frequentano con i coniugi e i bambini.”

“Potrebbe funzionare,” disse Orion. Il viso sembrò riprendere un po’ di colore. “Eviteremmo ogni scandalo.”

“E se dovessero scoprirci?”

“Affronteremo le conseguenze al momento, tutti insieme, ma sarà uno scandalo diverso e minore di quello che accadrebbe se dovessimo fuggire,” ribatté Orion prontamente. “Di certo non ti sfiderò a duello se dovessero trovarti tra le braccia di Walburga,” scherzò.

Edward si morse le labbra, stringeva la stoffa dei pantaloni sopra le ginocchia mentre rifletteva. Si voltò verso Walburga e le disse: “Dovrò imparare ad ammirarti da lontano e non avrò mai il piacere di entrare in una sala e osservare come ti guardano pensando di avere una moglie perfetta.”

“Forse entrerò al braccio di Orion, e al tuo braccio ci sarà Darlene, ma saremo liberi di pensare e tu saprai che il mio cuore appartiene a te,” gli disse stringendo le sue dita sottili. Edward sospirò e sorrise incerto, le posò un bacio sulla fronte e poi non seppe trattenersi oltre e l’attirò a sé in un abbraccio.

“Siamo tutti convinti?” domandò Darlene. “È una messinscena dalla quale non si torna indietro.” Loro quattro annuirono convinti, sollevati dalla speranza di poter vivere insieme. “Bene, allora, Orion, credo che tu e Walburga dobbiate raggiungere le vostre famiglie, mentre Edward dovrà chiedere qualcosa ai miei genitori. Seguiamo la procedura in modo impeccabile.”

Furono tutti molto bravi e decisamente convincenti a interpretare il ruolo dei fidanzati. Walburga e Orion liquidarono con una scrollata di spalle la notizia del fidanzamento di Edward e Darlene, sostenevano di essere contenti che i loro migliori amici stessero in ottime mani e che era inevitabile che sposassero qualcun altro visto che i Black avevano negato la benedizione alla loro unione. Qualche sopracciglio si sarebbe sollevato se Orion non avesse interpretato un corteggiamento perfetto.

Walburga e Darlene non esitavano a informarlo sui commenti delle madri durante i tè pomeridiani, così lui correggeva il tiro e mandava gufi con messaggi d’affetto, sempre molto composti, che Walburga gradiva molto dicendo di non amare i sentimentalismi. Durante la primavera organizzarono diverse passeggiate con le madri al seguito e all’inizio dell’estate, nel giorno di Litha, celebrarono il loro matrimonio secondo il rito tradizionale.

Walburga e Orion erano due sposi malinconici, entrambi consapevoli che avrebbero voluto un’altra persona e, al tempo stesso, convinti che quella fosse l’unica strada possibile per continuare a stare con i loro amati. Persino il rito della consumazione del matrimonio passò velocemente e sia Walburga che Orion vi si conformarono come a un adempimento burocratico. Orion fu il primo uomo con cui andò Walburga e le lenzuola sporche la mattina successiva riempirono di orgoglio le loro famiglie con commenti su quanto brava, impeccabile e composta fosse stata la sposa e quanto dignitoso fosse stato lo sposo. Si attendevano grandi cose da quella unione.

Ciò che nessuno sapeva, tuttavia, era che sbrigata l’incombenza del matrimonio, sarebbero partiti per la luna di miele dopo aver partecipato alle nozze di Darlene ed Edward.

L’aristocrazia Purosangue sapeva che entrambe le coppie – come da tradizione – avrebbero viaggiato per l’Europa, ma nessuno aveva idea che loro quattro si erano dati appuntamento al porto di Marsiglia per imbarcarsi su una nave battente bandiera italiana e partire per una crociera sul Mediterraneo. Nessuno sapeva nemmeno che le loro cabine erano vicine e che Walburga avrebbe trascorso tre lunghe settimane d’amore con Edward e lo stesso avrebbe fatto Orion con la sua amata Darlene.

Erano liberi, tra maghi e streghe del sud europa che si sorprendevano della scelta eccentrica delle due uniche coppie di inglesi.

“Di solito i maghi inglesi, e anche i francesi, prediligono altre compagnie,” aveva spiegato un’anziana strega portoghese. “Cosa vi ha spinto a cambiare?”

“La voglia di conoscere gente nuova,” rispose Edward stringendo Walburga. La strega sorrise loro: “Siete così belli…” Sorridevano mentre la nave lasciava il porto di Marsiglia e il sole offriva loro lo spettacolo di un meraviglioso tramonto sul Mediterraneo.

Walburga intrecciò le dita a quelle di Edward e gli disse: “Vieni.” Lo guidò fino alla loro cabina e mentre iniziava a sciogliere le chiusure della sua veste da strega, lo sguardo di Edward si tingeva di sorpresa e un sorriso gli compariva sul volto.

“Un anno fa, a quest’ora, ti ho detto che stavo aspettando qualcuno per cui ne valesse la pena, che ne dici di riprendere da dove abbiamo interrotto?” gli domandò impaziente.

Edward si avventò sulle sue labbra, le mani di lui le accarezzarono il volto e scesero lungo la schiena a scoprirla dagli strati di stoffa che separavano i loro corpi. Walburga aveva iniziato a spogliarlo e gli posava baci sulle labbra, sul viso, sul collo.

“Sei bellissima, Walburga,” le sussurrò guardandola con indosso solo la lingerie in pizzo candido da luna di miele. La guidò sul letto, tra le lenzuola che profumavano di sapone di Marsiglia.

Walburga tremò al contatto della sua pelle, riscaldata dal sole, con le carezze di Edward. Osservava gli occhi marroni di lui che la guardavano attentamente, il sorriso che finalmente era comparso sui loro volti mentre le mani esploravano i loro corpi. Edward si chinò a baciarle il collo, scese a stringerle i seni e poi, sfilandole lo slip in pizzo, le disse: “Ti insegnerò il piacere, Walburga Black.”

Walburga chiuse gli occhi quando le labbra di Edward si posarono tra le sue gambe e iniziò a baciarla, leccarla, succhiarla regalandole sensazioni che non credeva possibile provare. “Rilassati,” le disse, “fidati di me.” Fece un respiro profondo e provò a rilassarsi, lasciandosi guidare da quelle nuove sensazioni, dal calore che si sprigionava nel basso ventre, come se tutto il suo ghiaccio si stesse sciogliendo e il mondo tornasse ad essere a colori.

Edward entrò dentro di lei piano, posandole baci sul viso e continuando a guardarla negli occhi, a sorriderle innamorato con le sue labbra sottili, i ciuffi di onde castane che perdevano la compostezza e oscillavano seguendo i movimenti dei loro corpi. Gli ultimi raggi del sole filtravano attraversò l’oblò e illuminavano di arancio la loro stanza, come le vecchie fotografie che facevano capolino negli album di famiglia. Gli affondi iniziarono ad accelerare il ritmo, si era abituata alla presenza di Edward e il suo corpo reagiva inondandola di piacere, lasciando che ogni fibra tremasse al loro sfiorarsi, dentro e fuori di lei. Fremeva per quegli affondi che sembravano riempire il vuoto che per anni l’aveva consumata, rabbrividiva ogni volta che i suoi seni sfioravano il petto esile di Edward e sentiva un enorme calore diffondersi dalle spalle che le mani di Edward stringevano come se volesse abbracciarla. Quello doveva essere il senso dell’appartenersi. Bastò quel pensiero, unito al sorriso di Edward e agli affondi più decisi perché Walburga provasse quello che aveva letto nei romanzetti che le aveva prestato Lucretia e che i manuali di Medimagia chiamavano orgasmo. Aveva esercitato sufficientemente a lungo la professione da Guaritrice per saper decifrare i sintomi: l’aumento del battito cardiaco, il respiro corto, le secrezioni umorali dentro di lei, i brividi del corpo. Ciò a cui era impreparata e che non avrebbe mai potuto immaginare prima di quel momento fu l’intensità del piacere. Più assoluto di quando aveva cavalcato un drago stretta ad Edward, più intenso di quando aveva ricevuto i G.U.F.O., decisamente lontana da quella volta che aveva pomiciato con Tom Riddle e nemmeno paragonabile ai goffi tentativi di Mulciber o alla riluttanza di Orion. Era perfetto, intenso, selvaggio e assoluto, e in quel momento le fu perfettamente chiaro perché le madri erano terrorizzate dall’idea che le figlie scoprissero un tale piacere, perché era un’esperienza da cui non si tornava indietro. Vide Edward abbandonarsi dentro di lei, ben protetta dai suoi Filtri Anticoncepimento, stringerla e riempirla di baci.

“Perdonami per averti fatto attendere tanto, ti prometto che non accadrà più,” le disse lasciandole una scia di baci lungo la spalla nuda.

Si coprirono con un lenzuolo e rimasero stretti l’uno all’altra fino all’ora di cena, e così per le successive tre settimane di navigazione, e persino dopo, quando lei e Orion riempirono Grimmauld Place di minacciose teste di elfi domestici per intimorire i ficcanaso e si ripararono dagli sguardi indiscreti dietro spesse tende di velluto verde scuro, nascondendo l’amore dietro il rigore, perché in quel mondo non c’erano alternative.
 
 


FINE




 

Note:
Ciao a tutti, eccoci giunti all'ultimo capitolo di questa minilong su Walburga Black. Ovviamente era impossibile condensare in soli tre capitoli la vita di Walburga, ma spero di aver dato un'idea di cosa l'abbia portata a diventare la strega che è diventata e soprattutto giustificare la freddezza e il rigore che mostrerà nei confronti dei figli. Adesso che la minilong è terminata, vi posso svelare il pacchetto del contest.
Pacchetto
Il grande Gatsby - Voglio la descrizione del decadente mondo purosangue (possibilmente durante la I Guerra Magica, ma sentitevi assolutamente liberi; non sarete in alcun modo penalizzati). Mi aspetto delle descrizioni puntuali di un mondo fatto di apparenze, di sfarzo e champagne al di fuori, ma che in realtà è marcio e corrotto dentro. Voglio storie di sepolcri imbiancati, di polvere che invade la vita delle persone e viene spazzata sotto il tappeto.
Divieto: Personaggi fatti con lo stampino: sì, devono essere tutti simili in quanto tutti nascondono un segreto e farebbero di tutto per nasconderlo, ma da lì in poi dovete crearmi un cast colorato (l’assassino, il traditore, l’arrampicatore sociale, la pettegola, etc etc etc)
Obbligo: Inserite almeno una scena lemon

Grazie a tutti coloro che hanno dedicato del tempo a questa storia e chi la leggerà in futuro e se vorrete lasciarmi un feedback, degli scleri, un "vai al diavolo, Walburga non era così pucciosa!" o se volete discuterne, mi fa solo piacere. Sono veramente molto affezionata a lei.
Un abbraccio,
Sev

 

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