A Game of Gods

di Virgo_no_Cinzia98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 2: *** Cosa successe veramente ***
Capitolo 3: *** Tornare ***
Capitolo 4: *** Al cospetto di Atena ***
Capitolo 5: *** Questioni di cuore ***
Capitolo 6: *** Potremmo essere una famiglia ***
Capitolo 7: *** La Dea della Caccia ***
Capitolo 8: *** Vorrei potermi fidare di te ***
Capitolo 9: *** Un bacio proibito brucia più del fuoco ***
Capitolo 10: *** Una nuova armatura per Gemini ***
Capitolo 11: *** I guerrieri di Zeus ***
Capitolo 12: *** Dio in trappola ***
Capitolo 13: *** La calma prima della tempesta ***
Capitolo 14: *** Filo spinato e cocktail in riva al mare ***
Capitolo 15: *** Vendetta all'aroma di vino e frumento dispettoso ***
Capitolo 16: *** Dubbi e scoperte ***
Capitolo 17: *** L'ultimo battito di Antares ***
Capitolo 18: *** Il sacrificio di Gemini ***
Capitolo 19: *** Insperate coalizioni divine ***
Capitolo 20: *** Colui che rinuncia alla speranza rinuncia alla vita ***
Capitolo 21: *** Lasciti e rese dei conti ***



Capitolo 1
*** Di nuovo insieme ***


Capitolo 1 – Di nuovo insieme
 
- Questi sono i loro cosmi- constatò la Valchiria
- Sì- confermò la Dea
- È ora?-
La Dea annuì.
***
- Ti va un gelato?- chiese Milo saltellando allegro come un bambino
Camus lo fissò - Un gelato?-
- Sì- confermò tutto contento
L’Acquario sbuffò - Se ci tieni così tanto a diventare ciccione-
- Ciccione per un gelato? Andiamo Cam… Vabbè aspettami qui allora. Anzi, vai ad occupare quella panchina là prima che qualcuno ce la rubi-
Lo Scorpione si voltò e raggiunse quasi di corsa la gelateria all’angolo, non scorse, però, il sorriso appena accennato del compagno che si avviò verso la panchina indicata camminando silenziosamente.
Pochi minuti dopo Milo si sedette accanto a lui con una coppetta (o meglio, “coppona” a giudicare dalle dimensioni) piena di crema, cioccolato e fragola.
- Ne vuoi un po’?- chiese
Camus scosse la testa. Milo scrollò le spalle e assaggiò il suo “spuntino”.
- Mmh, proprio buono. Sicuro di non volerlo anche tu?-
- Ho detto di no- ribadì il francese, ma allo scorpioncello non sfuggì lo sguardo indagatore che lanciò al gelato. Il greco riempì di nuovo la palettina e la fece ondeggiare tentatrice sotto il naso raffinato dell’altro.
- Allora?- insistette
- Solo un assaggino- sussurrò Camus
Milo sorrise: aveva vinto lui.
Quando il gelato finì, il greco abbandonò la testa sulla spalla del francese. - Atena dovrebbe lasciarci più tempo libero non trovi?-
- Siamo cavalieri Milo, non possiamo permetterci il lusso di passeggiare per la città tutte le sere. Abbiamo dei doveri da rispettare. Questa è stata solo un’eccezione.-
- Chiamalo un contentino dopo l’ennesimo sacrificio- si lamentò Milo
- Atena ci ha salvato la vita, Milo. Se non avesse richiamato a sé i nostri cosmi mentre si allontanava dagli Inferi noi non saremmo qui.-
- Già. Di nuovo in vita, di nuovo cavalieri, ancora una Dea da proteggere - sospirò - Sai Camus, avevo accettato l’idea della morte. Specialmente dopo quello che è successo ad Asgard. Ma adesso mi ritrovo qui- sollevò la testa e fissò i propri occhi azzurri in quelli nocciola del francese
- Lo trovi così brutto?- chiese l’Acquario
- No, se con me ci sei tu- rispose Milo prima di sfiorargli le labbra con le sue. Camus, come inevitabilmente accadeva tutte le volte, arrossì.
- Milo, siamo in pubblico- lo rimproverò quando riprese il suo contegno
-E allora? Nessuno ci conosce qui- sorrise sornione il greco - E poi, non mi sembra che ti sia dispiaciuto- lo stuzzicò
Camus arrossì di nuovo. Come era tenero quando faceva così. Milo si divertiva a sciogliere quel ghiacciolo ogni qualvolta ne aveva l’occasione e ogni volta che ci riusciva, era una piccola vittoria.
---
Quando era tornato in vita, si era risvegliato sul pavimento dell’Ottava Casa. Appena si era reso conto di essere vivo e di trovarsi al Santuario era corso fino all’Undicesima Casa; lì vi aveva trovato Camus e senza indugi era corso ad abbracciarlo, l’Acquario aveva risposto al suo abbraccio e aveva iniziato a carezzargli i riccioli dorati, mentre Milo si era lasciato andare alle lacrime.
-Perdonami Cam- singhiozzò
-Per cosa Milo?-
-Io… ho lasciato passare Hyoga, e lui poi ti ha ucciso, se l’avessi trattenuto, tu… - altro singhiozzo
-Milo, calmati- sussurrò Camus sempre carezzandogli i capelli - Io ho lasciato che Hyoga mi uccidesse, è stata colpa mia, tu non c’entri-
-Invece sì- continuò Milo caparbio. L’intensità dei tremiti dovuti al pianto però, diminuì.
-Sono io che ti devo chiedere scusa Milo-
-No! Quando sei tornato come Spectre ho creduto che tu fossi un traditore, Cam. Ho pensato che tu avessi tradito Atena. Dico a me stesso di amarti e poi mi faccio convincere dalle apparenze. Tu sembravi un traditore e io ti ho visto tale. Non ho visto il tuo cuore in pezzi, non ho saputo…- gli si incrinò la voce
-Perché io, come Saga e Shura, dovevamo essere credibili agli occhi di un Dio, Milo. Per poterlo ingannare dovevamo celare i nostri veri sentimenti. Non è colpa tua se hai visto solo ciò che ci eravamo imposti di mostrare… Poi ad Asgard… ho combattuto contro di te per mantenere fede a una promessa fatta ad un amico. Alla fine sono riuscito a dare pace alla sua anima, ma… - Camus fece un respiro profondo, cercando di evitare di essere sopraffatto dalle emozioni che celava gelosamente - … per farlo ho rischiato di perdere la persona a cui tengo di più al mondo-
Milo sollevò lo sguardo verso il volto del suo compagno -Quindi non ce l’hai con me?-
Lui scosse la testa – Perché dovrei?-
-Ma io… ho perfino tentato di strangolarti, quella volta…- disse riaffondando il volto sulla spalla del francese
- Eri preda dello sconforto per aver visto la tua Dea morire, è comprensibile. In ogni caso non l’hai fatto, anzi, sei crollato sul mio petto a piangere, più o meno come ora- lo stuzzicò Camus
- Ma questa è la tua spalla -
Camus sorrise e prese il volto di Milo tra le mani - Je t’aime-
Milo sfoderò il suo sorrisone a trentadue denti - Moi aussi - biascicò in un francese piuttosto ellenico. Non ebbe tempo di dire altro perché le labbra di Camus si impossessarono delle sue.
---
Stava per baciarlo di nuovo quando entrambi furono distratti da un cosmo. Non era amico, ma piuttosto, anzi, palesemente, ostile. Scattarono in piedi. “Addio serata romantica” bofonchiò Milo tra sé e sé. Davanti a loro comparvero tre figure in armatura. Il cielo si oscurò.
- Cavalieri di Atena? Ma che bello, finalmente ci si diverte- disse uno
Gli altri due erano meno loquaci del primo, si limitarono infatti a lanciare loro sguardi ostili.
Milo e Camus  vestirono le rispettive armature dello Scorpione e dell’Acquario e si prepararono a dar battaglia. In quel momento il cielo fu squarciato da una saetta.
-Soccombete- ordinò il solito uomo
- Non è nei miei programmi spiacente, riprova un altro giorno- lo canzonò Milo
-MILO!- l’avvisò Camus. Appena in tempo. Un fulmine colpì il punto dove pochi istanti prima stava il cavaliere dello Scorpione. Muoversi alla velocità della luce aveva i suoi vantaggi, come quello di evitare di diventare un Milo arrosto.
-Mancato- ghignò lo Scorpione mentre sfoderava l’artiglio e lanciava una cuspide scarlatta contro ciascuno dei suoi avversari. Allo stesso tempo Camus lanciò una polvere di diamanti. I guerrieri nemici non seppero fronteggiare due attacchi contemporanei: uno fu colpito da una scarica di ghiaccio, gli altri due vantavano una bella puntura velenosa sul petto. Non era facile parare due attacchi simultanei. Milo era sicuro che Camus avesse aspettato che lui lanciasse la sua Scarlet needle proprio per mandare in confusione i nemici che, così facendo, non avevano saputo quale colpo parare. La piccola vittoria non segnò però la fine dello scontro. I tre uomini si disposero a triangolo circondando i due Cavalieri d’oro.
-Siete finiti- disse un altro di loro -Siamo tre contro due-
La terra tremò
-Sbagliato-  intervenne una voce di donna che Milo non conosceva. Vide Camus irrigidirsi.
I tre guerrieri si voltarono verso la sorgente della voce. Il primo che aveva parlato aprì la bocca per ribattere ma non ebbe tempo di dire niente perché una valanga di terra li investì, facendoli cadere in ginocchio. Furono avvolti da spire di fuoco che sciolsero le loro armature e, in mezzo alle loro urla, anche i corpi.
Il fuoco si spense e la valanga di terra scomparve insieme  a ciò che rimaneva dei cadaveri.  Il cielo tornò limpido e la luna tornò a splendere. Milo volse lo sguardo verso la donna che aveva sconfitto così velocemente tre nemici in un colpo solo. Indossava un’armatura nera come la notte, attraversata da striature d’oro, un mantello anch’esso dorato ondeggiava dietro di lei. Si avvicinò con passo lento ed elegante. Camus fece un passo verso di lei.
-Ce n’est pas possible- mormorò
La donna raggiunse l’Acquario. - Camus- sorrise e lo abbracciò
Milo sentì una fitta allo stomaco. Chi era quella? Come osava abbracciare Camus? E soprattutto, perché il suo fidanzato ricambiava quel gesto?
Dopo quelli che a Milo parvero anni, LEI ebbe la decenza di staccarsi da Camus. -Perché non mi presenti al tuo amico prima che si strugga nella gelosia?-
Milo si scosse -Io, geloso? Tsk-
La ragazza inarcò un sopracciglio. Era familiare quel gesto. Somigliava a… Si soffermò a guardarla per la prima volta.
Una massa di capelli rosso fuoco. La stessa sfumatura di quelli di Camus. Buffo, anche la pettinatura era la stessa.
Gli occhi erano di un caldo color nocciola anche se sotto la luce di quella luna vantavano delle striature rossastre. Come quelli di Camus.
Il naso piccolo ed elegante come quello di Camus.
La pelle chiara come quella di Camus.
Il greco iniziava ad avere un certo sospetto…
- Milo, lei è Daphne, mia sorella- la presentò Camus.
- Non sapevo che avessi una sorella-
- Non potevi, non te l’ho mai detto-
- E perché?-
Camus abbassò lo sguardo. Faceva sentire Milo terribilmente in colpa quando faceva così.
-Ero morta- tagliò corto Daphne
-Un vizio di famiglia- borbottò Milo
Camus lo guardò male o, per meglio dire, glaciale.
- E tu chi sei mio bel cavaliere?- domandò Daphne sorridendo sorniona
Milo raccolse il guanto gettato - Milo dello Scorpione, Custode dell’Ottava Casa, Cavaliere d’Oro della Dea Atena, mademoiselle- rispose suadente accompagnando la presentazione con un baciamano.
Camus aggrottò le sopracciglia in chiaro segno di disapprovazione.
Daphne accennò un inchino - Io sono Daphne, Cavaliere della Dea Artemide, Valchiria del Dio Odino e Custode del Valhalla-
Artemide aveva dei Cavalieri? Valchiria di Odino? Boh, Milo non ci capiva nulla ad essere sinceri.
Lei sorrise - Percepisco la tua confusione, Milo - si rivolse al fratello - E anche il tuo bisogno di risposte-
Camus annuì. -Bene- proseguì Daphne - Vi prego di condurmi da Atena, vi spiegherò qualcosa strada facendo-
L’Acquario sembrò soddisfatto dalla risposta e si avviò con passo cadenzato. Sua sorella lo seguì. Milo non poté fare a meno di notare come si somigliassero anche nel modo di camminare. Sembravano gemelli. Espresse il suo pensiero ad alta voce.
Daphne ridacchiò -No, io sono sua sorella maggiore, ho nove anni più di lui-
-Nove? Quindi dovresti avere- fece un rapido calcolo - Ventinove anni? Beh te li porti bene-
Lei sorrise amara - Non mostro questi anni poiché non appartengono al mio corpo, ma soltanto alla mia anima-
-Non capisco- s’incuriosì Milo
-Morii quando avevo sedici anni. Ho passato i successivi nell’Ade. Sai, negli Inferi il tuo corpo non invecchia ..se si può parlare di corpo-
Camus, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, intervenne - Ti prego Daphne, spiegami cosa è successo esattamente-
Lei si fermò - Vuoi sapere anche di mamma, papà, Gustave e Antoinette, vero?-
Il “fratellino” annuì - Raccontami cosa successe veramente da quella notte in poi, non sono più un bambino-
-Hai ragione- sospirò lei. Fece un cenno col capo verso Milo - Può sapere tutto anche lui?-
- Ciò che riguarda me, riguarda anche lui- disse Camus serio in volto, mentre un lieve rossore gli colorava le guance.
Milo sapeva che stava per venire a sapere tutto sul passato e sulla famiglia del suo compagno. Erano informazioni che aveva sempre richiesto a Camus preda della curiosità che da sempre lo contraddistingueva, ma ogni volta il discorso veniva sviato. Ora Milo capiva perché. Camus non gli aveva mai dato quelle risposte perché nemmeno lui le aveva. In quel momento l’Acquario stava per venire a conoscenza di una verità importante e stava permettendo a Milo di conoscerla a sua volta. Il greco sorrise. Camus gli stava donando il suo passato e lui era ben felice di ricevere quel dono. Si avvicinò al suo fidanzato e intrecciò le dita con le sue per fargli sentire la sua presenza, la sua vicinanza, il suo amore.

Nota dell'autrice: ecco il primo capitolo della mia long-fic. Come sempre i commenti sono i benvenuti, quindi fatemi sapere cosa ne pensate!

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Capitolo 2
*** Cosa successe veramente ***


Capitolo 2 – Cosa successe veramente
-- Flashback --
-Daphne-
-Sì mamma?-
-Porta qui i tuoi fratelli, il signore che è arrivato vuole vedervi-
-Perché?-
-Tu portali qui-
Fine del discorso. Quando sua madre dava un ordine quello era. Raggiunse la camera di Gustave e Antoinette e li svegliò. Si somigliavano molto, come lei e Camus d’altra parte. Gustave aveva undici anni, Antoinette otto. -Alzatevi, forza. È venuto un signore che ci vuole vedere-
-Uffa, perché?- si lamentò la bambina. Il fratello sbadigliò in segno di appoggio all’”uffa”.
-Non lo so- rispose con sincerità Daphne
Si diresse verso la camera sua e di Camus. Dormivano insieme nello stesso letto. Non che ci fossero tante alternative viste le dimensioni della casa: tre piccole camere, un bagno e una cucina-sala da pranzo-salotto. Non si potevano permettere altro. Prima che suo padre perdesse il vecchio lavoro vivevano in una casa più bella e più grande, poi però la casa era andata distrutta in un incendio, la ditta dove lavorava papà era fallita e sua nonna si era ammalata gravemente. Da allora suo padre era riuscito a trovare un nuovo lavoro in una fabbrica, ma la paga era bassa, sua madre lavorava saltuariamente come cameriera e quando non era a lavoro si occupava della nonna nella sua piccola stanza situata sopra un bar lì vicino. Quanto costavano quelle medicine, e avevano anche dovuto comprare una nuova casa dove vivere. Poi era nato Camus, sua mamma era incinta quando la vecchia casa prese fuoco. Camus non aveva mai visto quella che avrebbe dovuto essere la sua camera. Visto che i suoi genitori erano sempre impegnati per portare a casa un po’ di soldi, Daphne si era dovuta occupare della casa e dei fratelli. Camus era gracile e spesso malato, ma lei ci si era affezionata molto, era come un figlio visto che praticamente l’aveva cresciuto lei. Non frequentò più la scuola. Diciamo che Daphne divenne il punto di riferimento per i fratelli più piccoli, come una seconda mamma. I suoi genitori tornavano a casa soltanto la sera tardi stremati. Sua nonna era morta pochi giorni prima la visita di quello straniero, quello straniero che ora sedeva in cucina e aveva chiesto di loro.
Camus stava dormendo. Gli carezzò la testa delicatamente. Lui aprì gli occhietti, un po’ assonnato.
- Vieni petit ange. C’è un signore che vuole vederci-
-Un signore?- chiese titubante
-Sì, andiamo,dai-
Lui si tirò su a sedere
- Ce la fai a camminare?- chiese, premurosa. Camus era reduce dall’ennesima febbre che lo aveva lasciato piuttosto debole, anche perché è dura riprendersi in fretta dalle malattie se di costituzione fragile e con il cibo che scarseggia.
Lui annuì piano e si calò giù dal materasso. Le porse una piccola manina candida che Daphne strinse nella sua e lo condusse in cucina.
-Mamma, siamo qui-
Sua madre stava per risponderle ma fu preceduta dall’uomo seduto di fronte ai suoi genitori.
-Quindi sono questi i vostri figli… mmh vediamo-
A Daphne non piaceva la sua voce. Troppo roca per i suoi gusti e con un tocco altezzoso. Indossava un completo elegante che stonava parecchio con la casa.
-Dunque erano due questi … cosmi, giusto?- chiese suo padre
L’uomo squadrò attentamente Camus e lei, poi sospirò -Due cosmi molto potenti, peccato che uno sia sprecato-
Daphne sentì lo sguardo dell’uomo su di sé nella parte finale della frase -Potrebbe spiegarsi meglio, di grazia?- domandò educatamente
Lui la guardò con sufficienza come se non valesse la pena risponderle, poi disse - Un cosmo di tale potenza contraddistingue i cavalieri d’oro, peccato che tu sia una ragazza. Le donne possono diventare Sacerdotesse Guerriere, ma di certo non Cavalieri d’Oro-
Si sistemò meglio sulla sedia probabilmente aspettandosi che la ragazza facesse ulteriori domande, visto che lei non avrebbe dovuto sapere niente di Cavalieri, ma lui non sapeva che Daphne aveva origliato l’intera conversazione avvenuta tra i suoi genitori e quell’uomo.
-Perché mai una donna non può diventare cavaliere d’oro, eh?- sibilò mentre tentava di tenere a freno la voglia di raggiungere quell’essere e strangolarlo.
-Daphne non mi sembra il caso di…- cercò di ammonirla suo padre, ma fu interrotto sempre dal solito stoccafisso che ora sorrideva compiaciuto.
-Le donne sono così: si credono nostre pari o addirittura superiori ma sta di fatto che non è la realtà- gongolò
Daphne sentiva la sua soddisfazione nel deriderla e sentiva anche la propria rabbia crescere. Strinse i pugni, ma sua madre la fermò - Vieni, aiutami a mettere a letto i tuoi fratelli - disse con tono tranquillo.
La invidiava per quella sua calma perpetua. Non si lasciava mai andare troppo alle emozioni, manteneva sempre il controllo di se stessa in tutte le situazioni.
-Ce la faccio da sola, tu resta pure qui-
-Vai a letto anche tu Daphne, sei stanca-  Sembrava un consiglio, ma sotto le righe c’era scritto: “vattene da questa stanza prima di combinare casini, lascia stare”.
Daphne prese in braccio un Camus tremante e uscì dalla stanza, seguita anche da Gustave e Antoinette. Quando raggiunse camera sua poggiò il fratellino sul letto e lo coprì.
-Torno subito, tu dormi petit ange- gli disse
Gli baciò delicatamente la fronte e si voltò per uscire dalla stanza
-Daphne- mormorò Camus
Lei lo guardò: era pallido. -Stai male di nuovo?- chiese
Lui scosse la testolina, facendo ondeggiare lievemente i capelli rossi -Ho paura-
-E di cosa?- sorrise -Ci sono qua io con te-
-Quell’uomo vuole portarmi via-
-Non lo farà-
-Io non voglio andare via. Voglio restare con te- sussurrò il bambino. Una lacrima scese lungo la guancia
Daphne si sedette accanto a lui e lo abbracciò -Io sarò sempre con te. Nessuno, nessuno ti porterà via da me-
-Me lo prometti?-
-Promesso- fece una pausa durante la quale si limitò a carezzargli i capelli -Dormi ora, tra qualche minuto torno-
Lui sembrò tranquillizzarsi e si sistemò sotto le coperte. La ragazza sorrise, poi si alzò e si avvicinò in punta di piedi alla cucina. Percepì l’ansia dei suoi genitori. Aveva da sempre avuto il potere di sentire cosa provavano le persone, lei era, diciamo, empatica. Avvertì anche che l’uomo arrogante stava iniziando a perdere la pazienza.
-Io devo portare via quel bambino. E così farò. Il suo destino è scritto.-
“Scritto dove?” si chiese Daphne.
-Perché non può portare anche nostra figlia? Ha detto che ha un cosmo potente anche lei.- chiese speranzoso suo padre
- Sono venuto in cerca di futuri Cavalieri d’Oro, non di semplici Sacerdotesse- lo zittì lo stoccafisso
-Ma Camus è così piccolo e debole. Lui è molto affezionato a sua sorella. Potrebbe non sopportare il distacco…-  tentò ancora suo padre
-Ho detto che porterò con me al Grande Tempio solo il bambino- ribadì quello
Portarle via Camus? No, nessuno poteva farlo. Lo aveva promesso a suo fratello poco prima. E lei manteneva le promesse. Fece un respiro profondo per frenare l’istinto omicida ed entrò in cucina con passo sicuro.
-Lei non porterà via Camus se io resto qui- annunciò -Dove va lui vado anch’io-
L’uomo la guardò: in quello sguardo lesse quanto poco tollerasse la sua insolenza. “Insolenza tu la chiami, eh? Come vorrei mandarti via a calci”
- E come me lo impediresti? Non puoi- si alzò
Sua madre si frappose -La prego signore, noi non abbiamo soldi a sufficienza per sfamarli tutti. Soffriamo nel vedere i nostri figli patire la fame. Porti con sé anche nostra figlia. Ha detto che è potente, diventerà una brava guerriera-
-Taci donna- ruggì l’uomo - Non mi importa niente se i vostri figli muoiono di fame-
-Ma…- tentò ancora sua madre
Quello le colpì il volto con il dorso della mano, facendola cadere a terra. Suo padre si alzò e aiutò la moglie ad alzarsi. Guardò con occhi fiammeggianti l’”ospite”.
-Come….- iniziò
-…osi?- terminò Daphne
Nessuno poteva toccare la sua famiglia. Tantomeno un arrogante misogino sconosciuto.
- Dici di servire la Dea della Giustizia e colpisci una donna indifesa? E resti indifferente alle preghiere di una madre che non sa come sfamare i propri figli? Tu mi fai ribrezzo- sibilò la ragazza
L’uomo la squadrò torvo - Dovrò insegnarti le buone maniere ragazzina-
Daphne sentì una forza strana sprigionarsi da quell’essere. Che fosse quello il cosmo di cui aveva parlato? Ben presto si rese conto che aveva difficoltà a muoversi. -Cosa…?-
- Resterai paralizzata mentre io porto via tuo fratello sotto i tuoi occhi- detto questo, rise di gusto e s’incamminò verso la porta.
Con suo orrore Daphne si rese conto che nemmeno i suoi genitori potevano muoversi. No, no. Non poteva succedere davvero. Quell’uomo voleva portare via Camus e lei non poteva fare niente per fermarlo. La rabbia montò nel suo corpo e si sentì pervadere da una forza sconosciuta che riscaldò le sue membra e la circondò come un alone protettivo. Poteva di nuovo muoversi. I suoi genitori e l’uomo la guardarono stupiti.
- Ho detto che nessuno può separarmi da mio fratello- scandì
Qualcosa però non andava. Il calore che prima le aveva dato fiducia stava diventando troppo intenso. L’alone che la circondava si espandeva senza che lei ne avesse il controllo. La terra tremò e il pavimento sotto i suoi piedi iniziò a fumare. La sorpresa dei presenti mutò in terrore.
- Fermati- ordinò l’uomo
Il terremoto crebbe d’intensità e la casa iniziò ad andare a fuoco.
- Fermati- questa volta sembrava implorare
- Daphne!- gridò sua madre - Se sei tu smettila-
La casa ondeggiava scossa dal sisma e le fiamme avviluppavano i muri e i mobili
-Non posso! Non ci riesco- urlò la ragazza disperata
Il fuoco raggiunse l’uomo, lui iniziò ad urlare mentre i vestiti e la carne bruciavano. Daphne si voltò verso i suoi genitori: le fiamme avevano raggiunto il tavolo intorno al quale si trovavano e lambiva ormai i loro vestiti.
-Prendi i tuoi fratelli e scappa!- urlò suo padre mentre iniziava a contorcersi dal dolore
La sua mente si era bloccata. Prendere i suoi fratelli? Doveva andare da loro. Doveva fare presto, prima che l’incendio li raggiungesse
- Salvati- gridò sua madre mentre veniva avvolta dalle spire
Daphne non riusciva a reagire. Tutto quello stava avvenendo a causa sua? Perché?
Una trave crollò dal soffitto, ma lei fece un balzo per scansarla. Il movimento la riscosse. Vide i corpi quasi carbonizzati dei suoi genitori e dell’uomo cadere a terra ancora preda di urla agghiaccianti. Le urla provenivano anche dalle camere da letto. I suoi fratelli! Corse verso la camera di Gustave e Antoinette e urlò i loro nomi. Ma di loro ormai non rimaneva poco più che ossa bruciate. Represse un conato di vomito e raggiunse camera sua e di Camus con il fumo che iniziava ad impedirle di vedere.
-Camus!- urlò
-Daphneeee!- sentì piangere in risposta suo fratello. Corse verso il suono mentre le fiamme le lambivano la pelle senza ferirla. Trovò il bambino rannicchiato vicino al letto.
-Ma cosa…?-
Una barriera di ghiaccio arginava il fuoco che si avvicinava a Camus. “Com’è possibile?”
Lo raggiunse e lo prese in braccio -Cosa succede?- chiese terrorizzato il bambino
-Aggrappati a me- gli rispose brusca. Doveva cercare un modo per uscire il più in fretta possibile. Individuò la finestra e corse verso di essa. Si lanciò di schiena e infranse il vetro. Una volta fuori si rialzò e, sempre con Camus stretto in braccio, si allontanò dalla casa in fiamme a passo di corsa. Non si voltò. Ormai ciò che era successo non poteva essere cambiato. Aveva distrutto la loro casa, aveva ucciso quell’uomo, aveva ucciso la sua famiglia. Rimanevano solo lei e Camus. Cosa avrebbe fatto?
La risposta non tardò ad arrivare. La sua meta era chiara: Grande Tempio. Fortunatamente aveva sentito dall’uomo dove si trovava.
- Daphne- la chiamò Camus
- Sì?-
- Dove sono mamma e papà? E Gustave e Antoinette?-
- Loro… - iniziò la ragazza
- Non torneranno più vero?- domandò Camus
- No- rispose lei. Poggiò il fratello a terra e si lasciò cadere in ginocchio mentre il suo corpo iniziava ad essere scosso dai singhiozzi
-Perché piangi? Perché è successo tutto questo? Dove andiamo? Daphne…-  si mise a sedere e pianse anche il bambino
Daphne riprese il controllo di se stessa. Doveva essere forte per sé e soprattutto per Camus. Non poteva lasciarsi andare. Cinse le esili spalle di Camus con un braccio.
- Ti ho promesso che non ti avrei lasciato da solo- iniziò
E ora? Cosa poteva dire ad un bambino che aveva appena perso la famiglia e la casa?
- Andiamo in un posto, sta in Grecia. È un po’ lontano, ma ci arriveremo-
- Lì troveremo di nuovo mamma e papà?- chiese speranzoso
- No- sospirò cercando le parole adatte - ma lì imparerai ad essere forte-
Lui la fissò con gli occhi nocciola -Ci sarai anche tu?-
-Certo, io con te ci sarò sempre petit ange, sempre-
***
Avevano raggiunto il Santuario finalmente. Stanchi e affamati ma vivi. Era stata dura, ma il loro lungo viaggio era praticamente giunto al termine. E allora perché non sapeva cosa fare? Era giunta fin lì, dalla Francia, e adesso? Come poteva presentare Camus senza farsi riconoscere come una ragazza? L’uomo che era andato a prenderli aveva detto che le Sacerdotesse venivano addestrate separatamente dai futuri Cavalieri e lei non voleva allontanarsi da suo fratello.
- No, non così- diceva il maestro
L’allievo sbuffò - A me piace fare così-
Da qualche giorno Daphne si era messa a spiare l’addestramento di un futuro Saint di Atena. Da lontano era difficile giudicare, ma sembrava avere più o meno la sua età. Era stata attratta dai sentimenti del ragazzo, così discordanti tra loro. Per quel poco che ne capiva quel giovane sembrava avere una potenza pazzesca, sarebbe rimasta oltre a seguire la lezione ma ormai si stava facendo buio e non le piaceva lasciare Camus da solo a lungo. Scivolò via dal nascondiglio pestando con il piede un rametto che, come succede sempre se vuoi fare silenzio, si spezzò con un sonoro crack. – Merde - imprecò a denti stretti. Il giovane si girò, ma per fortuna non la vide.
- Per oggi finisce qui - annunciò il maestro - Riprendiamo domani-
Daphne sgattaiolò tra gli alberi e raggiunse la piccola grotta che aveva adottato come rifugio momentaneo.
- Eccomi qui- si annunciò
Camus la guardò - Hai fatto un pochino più tardi del solito-
- Lo so. Ma guarda che bella mela che ho trovato-
Gliela sventolò sotto il viso. Lui la fissò avidamente.
-Mangiala. È per te-
-Tutta?- chiese il bambino, stupito
- Sì, io ho già mangiato la mia durante il ritorno. Mangia e poi dormi, ormai è tardi-
Non era vero. Lei non aveva mangiato, ma Camus era così gracile. Lui aveva davvero bisogno di cibo. Era diventata una ladra provetta, ma i suoi furti erano abbastanza limitati nella quantità, non voleva rischiare di dare nell’occhio. Camus finì la mela e si sistemò per dormire.
- Daphne, perché stiamo qui senza fare niente?- chiese diretto suo fratello
- Aspettiamo il signore che deve venirci a prendere per presentarci al Tempio- inventò di sana pianta la ragazza
-Mmh, allora buona notte-
Il bambino si girò su un fianco e chiuse gli occhi. Poco dopo già dormiva. Menomale, altrimenti avrebbe sentito lo stomaco di Daphne lamentarsi. La ragazza cinse l’addome con le braccia per cercare di alleviare il dolore, ma il tentativo fu vano. Si ritrovò a piangere silenziosamente e a pregare una qualsiasi divinità di indicarle la via.
Un rumore la distrasse dai suoi pensieri. Si parò la bocca con una mano per non urlare e svegliare così suo fratello. Il ragazzo che spiava durante l’addestramento era lì davanti a lei con un fagotto tra le braccia. Fece qualche passo per avvicinarsi, ma Daphne si ritrasse d’istinto.
-No, non voglio farti del male. Ti ho portato del cibo- disse
Bisogna dire che almeno una fortuna Daphne l’aveva avuta: sua nonna era di origini greche. Prima che si ammalasse le aveva insegnato il greco, così adesso la ragazza riusciva a capire quello che dicevano in quel paese per il resto del tutto nuovo a lei.
Sollevò lo sguardo sul giovane davanti a lei. Aveva due meravigliosi occhi verdi come il mare e una massa di capelli blu che ricadeva in lunghe ciocche sulla schiena, era alto un po’ più di lei, la muscolatura si faceva vedere sulle braccia scoperte.
Visto che non otteneva risposta, il ragazzo si avvicinò e posò il fagotto davanti a Daphne.
-Io…  ti ho vista mentre mi allenavo, così ti ho seguita- iniziò titubante - e beh ecco… pensavo tu avessi bisogno di aiuto…- aveva parlato rivolto al fagotto, ma prese coraggio e alzò i suoi occhi smeraldini sul volto della ragazza. Lei lo fissava. Lui la fissava. Entrambi arrossirono.
-Il mio nome è Saga- si presentò il ragazzo dopo qualche secondo di imbarazzo, porgendole la mano.
Daphne aveva imparato a diffidare delle persone, specialmente se uomini e se tu sei una ragazza. Rabbrividì al ricordo di ciò che era successo quella volta. Tuttavia percepiva la bontà delle intenzioni di quel ragazzo. Allungò una mano tremante - Daphne- sussurrò
Saga sorrise -Beh, ci vediamo, Daphne-
Corse via, lasciando Daphne imbambolata per quel sorriso. Quando si riprese aprì il fagotto per scoprire due grosse e calde pagnotte e tre mele rossissime. Era tantissimo cibo considerando quanto erano abituati a mangiare da quando…  da quando la sua famiglia non c’era più. Quel ragazzo le aveva portato da mangiare senza chiedere niente in cambio se non il suo nome e una stretta di mano. Daphne si alzò di scatto e corse nella direzione in cui era fuggito Saga. Probabilmente era già lontano, ma sussurrò ugualmente un grazie rivolta alle foglie, convinta che lui l’avesse sentita.
Saga tornò anche la sera dopo. Questa volta diede sfogo alla curiosità chiedendo a Daphne chi fosse il bambino, da dove venissero e perché fossero lì. La ragazza raccontò parte della verità, dicendo che l’uomo che era andato a prendere lei e suo fratello in Francia era stato colto da un infarto durante il viaggio di ritorno, lasciandoli soli. Espresse poi il desiderio, o meglio, il bisogno di rimanere vicina al fratello.
- Vorresti dire che non vuoi intraprendere l’addestramento come Sacerdotessa?-
- Già. Ti dirò di più. È mia intenzione diventare Cavaliere d’Oro- rispose Daphne seria
Saga parve capire il senso e iniziò a massaggiarsi le tempie mentre pensava. A Daphne parve quasi di sentire gli ingranaggi del cervello mettersi in moto.
- Potremmo fare così. Presenterò entrambi al Grande Sacerdote, ma separatamente. È  molto probabile che lui sapesse già che i cosmi avvertiti in Francia appartenessero a un maschio e una femmina. Prima porterò tuo fratello davanti a lui. Qualche giorno dopo dirò che ti ho trovata per caso, ma ti presenterò come un ragazzo greco. Cosa ne pensi?-
- Che non dovrò farmi chiamare Daphne-
Saga rise - Daf potrebbe andare?-
La ragazza ci pensò su, poi annuì.
- Scusa Saga, ma resta sempre un problema-
- Cioè?-
- Ecco… io posso dire di essere un ragazzo, ma resto pur sempre una donna. Nel senso, a fare la doccia credo che la cosa dia nell’occhio- spiegò un po’ imbarazzata
Il ragazzo arrossì fino alla punta delle orecchie - Beh ecco, faremo in modo di rimanere ad allenarci un pochino più degli altri, poi quando se ne saranno andati via tutti potrai… lavarti tranquilla mentre io controllo fuori-
La ragazza sollevò un sopracciglio - Non è che ti metterai a spiarmi vero?- Non lo pensava veramente, ma Saga sembrava veramente imbarazzato dalla cosa, quindi decise di punzecchiarlo un pochino. Era pur sempre un’adolescente, no?
-Nno… certo che no- balbettò lui in risposta mentre la sua faccia diventava più rossa delle mele più mature
Daphne rise - Allora siamo d’accordo-
La parte più dura fu quando dovette spiegare a Camus che non avrebbe dovuto riconoscerla.
- Per una qualsiasi necessità io ci sarò, sappilo- cercò di consolarlo
Lui tirò su col naso - Avevi promesso…-
-Camus, mon petit ange, lascia che ti dia un ultimo consiglio. Guardami per piacere- lo pregò
Camus sollevò lo sguardo e i loro occhi s’incrociarono - Devi essere forte. Lascia il tuo cuore libero da intrusioni esterne. Non lasciare che nessuno te lo controlli, perché le emozioni sono la nostra più profonda debolezza. Lascia il tuo cuore nelle mani di qualcuno e sarai in sua più completa balia. Scegli bene coloro ai quali ti aprirai-
Gli carezzò la guancia e sfiorò la fronte con le sue labbra. Lui l’abbracciò, ma si staccò poco dopo per raggiungere Saga. Lui sorrise incoraggiante e si avviò, seguito dal piccolo francese. Daphne li osservò allontanarsi, una lacrima le scivolò lungo la guancia. Avrebbe rivisto suo fratello, cercò di tranquillizzarsi. Ma Camus non sarebbe stato più suo fratello, sarebbe diventato un Cavaliere, un Saint della Dea Atena. Udì un crash: il suo cuore era andato in mille pezzi.
*** qualche tempo dopo
- Ahia- si lamentò la sua schiena dopo un colpo contro la colonna. Questa me la paghi Saga. Sfiorò la terra con la mano e liberò la sua energia. Il suolo tremò e il suo compagno di allenamenti perse l’equilibrio. Con un balzo gli fu sopra e tentò di colpirlo con un cazzotto, ma Saga le prese i fianchi e invertì le posizioni.
- Aha, in trappola-
- Non cantar vittoria troppo presto- bofonchiò la ragazza
Una folata di vento investì Saga, solo che Daphne aveva sbagliato direzione. L’aria avrebbe dovuto spingere il suo avversario lontano da lei, invece se lo ritrovò schiacciato addosso con la faccia a pochi millimetri dalla sua. Il vento cessò e Saga si rialzò velocemente.
- Credo che possa bastare per oggi- disse rivolto ad un interessantissimo sasso
- Mmh, sì- concordò l’altra rivolta alla colonna di prima
Si alzarono e raggiunsero lo spogliatoio con le docce, ormai svuotato dagli altri allievi. Daphne fece la sua doccia veloce e uscì, lasciando via libera a Saga. Si diresse verso la casupola dove abitava il gemello di Saga, Kanon. Dormiva lì. Ciò accadeva perché in genere i futuri Saint alloggiavano in camerate con due o tre ragazzi e lei non poteva permettersi di coabitare con altri ragazzi senza che essi scoprissero la verità: pensate solo al problema di mettersi il pigiama. Saga allora aveva pensato che potesse condividere la casetta del gemello. Le aveva quindi presentato il fratello che restava sconosciuto al resto del Santuario. Daphne aveva apprezzato subito la compagnia del minore: più estroverso e malizioso del fratello, un po’ più come era lei prima che la sua vita diventasse un inferno. Inoltre lui sapeva tante cose del gemello: il suo colore preferito, cosa gli piaceva mangiare…
- Accidenti- imprecò. Aveva scordato la protezione in cuoio per il petto che indossava durante l’allenamento un po’ per protezione, un po’ per nascondere il seno. Corse allo spogliatoio ed entrò pensando che Saga avesse già fatto, visto che non sentiva scorrere acqua.
- Eccoti qui- rimproverò il pezzo di cuoio in questione, lo prese e fece per andarsene quando si trovò davanti un Saga appena uscito dalla doccia con solo un asciugamano in vita. L’occhio le cadde sui pettorali e sugli addominali scolpiti, per poi scivolare sulle spalle e sulle braccia che vantavano una stupenda collezione di deltoidi, bicipiti e tricipiti. E poi, quell’asciugamano era stretto così in basso…
-Daphne, cosa ci fai qui?- chiese un esterrefatto Saga
- Io… - arrossì - avevo scordato questo e… me ne stavo giusto andando-
Mosse un passo verso la porta alle spalle di Saga, ma scivolò nel tentativo e finì dritta dritta addosso al suo compagno di allenamenti. Lui la sorresse con le braccia.
- Scusa- mormorò col volto appoggiato ai suoi pettorali. Non poté fare a meno di notare che il ragazzo si fosse alzato di qualche altro centimetro. Sentì un braccio di Saga circondarle meglio la vita.
- Perché ti scusi?- chiese suadente sollevandole il volto con una mano.
Oddio (o meglio, oddei)! Perché doveva essere così bello, affascinante, sexy e chi più ne ha più ne metta…
- Io…- non trovò parole perché il suo cervello era andato in ferie, il suo corpo in completa balia degli ormoni adolescenziali. Ma non ebbe bisogno di articolare alcunché perché Saga chinò il volto e poggiò le proprie labbra su quelle della ragazza. Daphne lasciò le mani libere di accarezzare il petto del ragazzo che la stava baciando mentre per la prima volta sperimentava cosa voleva dire “avere le farfalle nello stomaco”. Quando la bocca di Saga si staccò dalla sua il sogno s’interruppe di botto ed entrambi si ritrovarono rossi in volto come peperoni. Daphne fuggì via approfittando di quel breve momento di lucidità.
Kanon aprì la porta e lei si fiondò in camera.
- Daphne? Tutto bene?- chiese preoccupato
La trovò col volto immerso nel cuscino
- Caspita! Così tanto sonno?-
Nessuna risposta. Kanon si avvicinò
- Ohi! Tutto bene?-
Daphne sollevò il volto. Si sentiva un ebete, ma non riusciva a smettere di sorridere.
- Io… è… lui… uhhh….è…-
Il gemello minore la guardò attentamente - Ok. O sei malata o … -
- Lui mi… mi ha…-
- baciata- terminò Kanon per lei
La ragazza si scosse - E tu come lo sai?-
Lui sogghignò - A me dice tutto-
- Tutto cosa?-
- Per esempio, che è cotto di te-
- Lui è…-
- Innamorato di te, sì. Ti prego smettila di fare quella faccia, sembri una mentecatta-
- Una mentecatta felice, spero-
Risero entrambi. Kanon si ricompose - Ho bisogno di sapere una cosa- disse serio
- Chiedi pure-
- Anche tu sei innamorata di lui, vero? Perché se non lo sei o fai finta e poi intendi scaricarlo….-
- Non ho intenzione di far soffrire Saga. Io credo… sì, sono innamorata di lui-
Kanon annuì - Bene, perché io non avrei voglia di fargli da prete per ascoltare i suoi problemi amorosi. Che chieda al suo amico Aiolos per quello-
Daphne rise - No, no tranquillo-
Erano così particolari i due gemelli. O almeno di questo poteva essere certa una ragazza dotata di empatia. Le emozioni di Saga erano così confuse, difficili da interpretare. Sembrava che dentro il solito corpo vi fossero due diverse anime ognuna con le proprie idee e i propri sentimenti. Kanon era simile ma opposto al tempo stesso: percepiva un solo flusso di emozioni, ma l’anima da cui proveniva sembrava divisa in due metà opposte e complementari tra loro. Onestamente trovava più difficile riuscire a decifrare i sentimenti di Saga: doveva smistare le ondate che la investivano e cercare di capire a quale animo appartenessero e, soprattutto, cercare di capire quale di quei due animi avesse di fronte, quale dei due si mostrasse al momento sul volto del gemello maggiore. Forse era questo che l’attraeva così tanto e l’aveva fatta innamorare del futuro Saint dei Gemelli.
***
- Ce l’hai fatta- si congratulò Daphne
Saga si sedette al tavolo della mensa – Sì - riuscì a mormorare
- E tu che ti preoccupavi tanto per questa temibile “prova finale”- continuò a prenderlo in giro
- Quasi gli tremavano le gambe - s’intromise Aiolos, fresco Saint del Sagittario, sedendosi di fronte a loro
La ragazza inarcò un sopracciglio sdoppiato – Tremarella, eh?-
Saga sorrise rilassando la schiena - Anche tu, Aiolos, non eri da meno: volevi correre in bagno ogni cinque minuti-
Il greco dai corti capelli castani rise - Già. E tu Daf?-
Daphne lo guardò - Io cosa?-
- Ho sentito il tuo maestro dirti che potevi provare a conquistare il Cloth dello Scorpione…-
- Non so se mi sento pronto- tagliò corto la francese
Era vero. Qualche giorno prima il suo maestro l’aveva fermata alla fine dell’allenamento per dirle che secondo lui era pronta per tentare di superare la prova finale dell’addestramento e riuscire a conquistare l’armatura. Nel suo caso l’armatura in questione era quella dello Scorpione, suo segno zodiacale. Tuttavia un giorno, nel recarsi dal Grande Sacerdote, aveva visitato l’Ottava Casa e aveva visto il Cloth dello Scorpione. Emanava un’aura potente, pungente quasi. Ma non sentiva niente di particolare. Era come se quell’armatura non la volesse, come se fosse destinata a qualcun altro. Era giunta sin lì per diventare Cavaliere d’Oro, ma l’armatura del suo segno zodiacale non era destinata a lei. I suoi maestri lodavano le sue capacità di controllo degli elementi e la potenza del suo cosmo, ma non sembrava esserci alcuna armatura adatta a lei. Non esiste un Cavaliere senza armatura.
Saga le sfiorò una spalla - Tutto bene?-
Daphne tornò alla realtà - Sì. Ho solo bisogno di un po’ d’aria- Si alzò e uscì dalla mensa
Poco dopo fu raggiunta dai neo Cavalieri dei Gemelli e del Sagittario. Aiolos era un angelo fatto umano: sempre solare e gentile, specialmente con i bambini. Era il miglior amico di Saga. A Daphne dispiaceva nascondergli la verità quando invece lui non aveva segreti con nessuno: detestava mentire, anzi, lui stesso sosteneva di non esserne capace.
- Devo recarmi dal Grande Sacerdote- annunciò Saga
Daphne annuì - Certo, va pure-
Il suo ragazzo si avviò, il mantello bianco che ondeggiava dietro di lui. Il suo ragazzo, ormai si erano dichiarati. Per questo dovevano ringraziare Kanon. Aveva detto a Saga di raggiungerlo nella sua casupola il mattino presto senza però dirlo a Daphne, che, ignorante dell’astuto piano del gemello minore, si era alzata aspettandosi di trovare Kanon intento a trangugiare la colazione… invece si era trovata davanti Saga con gli occhi ancora arrossati dal sonno, di Kanon nemmeno l’ombra. Sperando che ciò che raccontava il malefico Loki greco ai due innamorati sul conto della rispettiva metà fosse vero, erano riusciti a dichiararsi. Durante il bacio da lieto fine il minore dei gemelli  era entrato rumorosamente in casa facendo intendere che era rimasto nelle vicinanze a spiarli per tutto il tempo, probabilmente sghignazzando come un matto.
- Ti va di aiutarmi a tenere d’occhio i bambini, gli altri futuri Saint?- chiese Aiolos
Oh quanto avrebbe voluto parlare con suo fratello… Ma non poteva. Tutti avrebbero notato la loro somiglianza da vicino.
- Scusa, devo parlare con il mio maestro- mentì Daphne
- Come vuoi. Ci si…-
Non ebbe tempo di finire perché si levarono delle grida dal cortile vicino la mensa. Si voltarono entrambi e corsero verso il rumore.
- Ma cosa…-
Due enormi manticore stavano terrorizzando un gruppo di giovani reclute.
Aiolos impugnò l’arco dorato della sua armatura - Portali via da qui, Daf, e chiama aiuto. Io li trattengo-
- Puoi scordartelo. Non riesco a dare le spalle ad una battaglia- ribatté la ragazza
Il Sagittario sospirò e si lanciò all’attacco del nemico più a sinistra. Daphne si voltò verso il suo avversario.
- A noi-
Questa volta avrebbe avuto davanti un nemico vero. Aveva un periodo di addestramento sulle spalle che le aveva insegnato a controllare il suo cosmo. Poteva, doveva farcela.
Lo scontro iniziò bene. Riusciva a schivare i tentati affondi del pungiglione di quella creatura e attaccava facendo arretrare la belva. Ma ad un certo punto iniziò a sentire la stanchezza. I suoi movimenti diventarono più lenti… Con la coda dell’occhio vide Aiolos venire scagliato contro un masso da una zampata della creatura. Il pungiglione stava per calare sul suo corpo inerme, ma Daphne concentrò il suo potere per racchiudere in una palla di terra l’arma del nemico rendendola inutilizzabile. Eruttò poi una valanga di fuoco che intrappolò la bestia.  Esultò mentalmente, ma ebbe come l’impressione che qualcosa fosse andato storto. Perché sentiva quel bruciore al fianco? Si voltò per vedere con orrore il pungiglione della sua manticora conficcato nella carne. Un calore insopportabile le invase le vene, diffondendosi per tutto il suo corpo. Iniziò a sentire ovattato e a vedere annebbiato. Sentì un grido disumano e intravide una scarica potentissima di energia colpire le manticore e ridurle in polvere. La ragazza, sempre più debole, cadde a terra.
- Daphne!- qualcuno si inginocchiò al suo fianco
Riuscì a distinguere dei capelli blu e i meravigliosi occhi smeraldo di Saga. Sollevò una mano nel tentativo di carezzarlo, ma era troppo debole.
- Saga…-
Lui le prese la mano tra le sue - Non morire, tu guarirai- disse, mentre le lacrime iniziavano a solcargli il volto
- Non piangere- mormorò la ragazza
Lui portò la mano della francese sulla sua guancia -Ti prego. Ho bisogno di te-
- Promettimi che veglierai su mio fratello finché non diventerà Cavaliere. Promettimelo-
Saga annuì.
Un brivido scosse il corpo di Daphne. Si lasciò sfuggire un lamento. “È questa la mia punizione? Sto scontando la pena per aver ucciso la mia famiglia?” Sentiva di meritarselo, non si era mai perdonata quel che successe quella notte, ma al tempo stesso non voleva morire. Si ritrovò a piangere anche lei.
-Saga… io non voglio morire-
-Resisti-
-Non ce la faccio… ho paura-
Altro spasmo, altro lamento doloroso. Saga la abbracciò -Ti amo-
Daphne sorrise e rispose facendo appello alle poche forse che le rimanevano - Anch’io Saga-
Percepiva il calore di Saga, anche attraverso l’oro dell’armatura, percepiva il suo enorme dolore, la sua tristezza immensa per ciò che stava per avvenire. L’ultima cosa che sentì fu il suo nome sussurrato dal Cavaliere dei Gemelli. Poi il buio.

Nota dell'autrice: si ringrazia gentilmente Kanon per aver inventato "Uomini e Donne" prima che Maria de Filippi lo portasse sulle reti Mediaset. La storia di questa poveraccia di Daphne è un po' triste, lo so, ma se consideriamo che ha il privilegio di stare con quel figo di Saga... beh, come direbbe il Maestro di Buffy l'Ammazzavampiri: - bisogna accontentarsi!-.
Spero che la mia storia vi stia interessando e... a presto ^-^!

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Capitolo 3
*** Tornare ***


Capitolo 3 - Tornare

-- Flashback --
Sentì di nuovo l’aria fresca del mondo dei vivi sulla pelle. Erano passati tredici anni, tredici anni passati negli Inferi. Lì, nel regno di Ade, la sua Signora l’aveva trovata e addestrata. Le aveva detto che sarebbe giunto il momento di uscire allo scoperto, di abbandonare la “copertura” offerta dall’Oltretomba per tornare tra i vivi. Lo spirito della Dea era di fronte a lei.
- Divina Artemide, perché non siamo al Grande Tempio?- chiese alla sua salvatrice-maestra
- Al Grande Tempio è in corso una guerra alla quale non è destino che tu partecipi. Espandi il tuo cosmo, percepisci ciò che sta avvenendo-
Daphne obbedì. Sentì subito che qualcosa era terribilmente sbagliato. Riconobbe la sfera emotiva di Saga e la sondò. No, quello non poteva essere Saga, il suo Saga. Aveva da sempre percepito la dualità nel suo animo, ma questa volta… il flusso “buono” dei suoi sentimenti era schiacciato da quello malvagio. Non era il Saga che aveva conosciuto a tenere le redini adesso, era la parte che il Cavaliere dei Gemelli nascondeva nella parte più profonda di se stesso. Ma il problema non era solo Saga.
- No… - mormorò sconvolta
Percepì il cosmo di suo fratello espandersi: stava combattendo. Seguì atterrita lo scontro finché non sentì l’altro Cavaliere prevalere su Camus. Cercò di avvicinarsi ai sentimenti del fratello e con suo sommo stupore percepì la soddisfazione e l’orgoglio nel suo cuore. Com’era possibile? Camus era soddisfatto dal Cavaliere che lo aveva battuto? Orgoglioso del Cavaliere che lo stava uccidendo? All’improvviso non sentì più il suo cosmo. La sua anima aveva lasciato il mondo dei vivi, il mondo in cui lei era tornata dopo tredici anni.
- No!- questa volta lo urlò - Camus… non può essere… vero-
Si lasciò cadere in ginocchio nella neve. Non si chiese il perché di quella neve, non si chiese dove si trovasse. Guardò verso Artemide riversando in quello sguardo tutta la sua rabbia e la sua frustrazione. La Dea sembrava triste.
- Ho anch’io un fratello, posso immaginare cosa stai prov…- iniziò piano
- No non potete - la interruppe - Vostro fratello è un Dio, lui non può morire. Mio fratello invece è appena morto e io non ho potuto fare un bel niente per aiutarlo. Perché?-
Artemide sospirò  - Purtroppo non è ancora giunto il momento giusto-
- Momento giusto per cosa?- urlò cercando di evitare che i singhiozzi prendessero il sopravvento, spezzandole la voce
La Dea restò in silenzio.
Passarono così alcuni minuti, o forse ore, chissà. Artemide non parlava e fissava il cielo. Daphne fissava la neve attraverso le lacrime. La situazione cambiò quando la ragazza avvertì il cambiamento dello stato d’animo di Saga: la sua parte buona aveva ripreso il sopravvento. Sentì il suo terribile dolore, lo straziante senso di colpa. Poi non sentì più nemmeno il suo cosmo. Una sola spiegazione era possibile: anche Saga era morto.
- Anche tu- mormorò al terreno
Non provava niente, si sentiva svuotata. I due uomini che amava di più al mondo erano morti e lei era tornata nel mondo dei vivi proprio in quel momento. A quale scopo? Sentirli morire? Era crudele. Il suo cuore gridava e batteva con forza contro il torace per fuggire da quell’incubo. Non voleva piangere ancora, non serviva a niente, ma il suo corpo non le obbedì. I singhiozzi tornarono e le lacrime ripresero a scendere copiosamente. Urlò il suo dolore al cielo e picchiò i pugni per terra sprigionando una potente onda sismica. La sua rabbia esplose e un vento congelante si alzò, scompigliandole i capelli rossi come il fuoco che divampava dentro di lei.
- Due ore- disse la Dea - Aspetterò due ore, poi dovrai seguirmi. Fa’ quello che vuoi, basta che tu resti lontana dal Grande Tempio. Sfoga la tua rabbia e il tuo dolore come meglio credi-
Sfogarsi? L’unico modo che aveva per sfogarsi era vendicarsi dell’assassino di suo fratello, ma non poteva andare al Santuario quindi doveva trovare qualcos’altro. Vendetta. Aveva bisogno di vendicarsi, di sfogare il suo dolore su qualcosa, qualcuno… La sua mente volò alla soluzione. C’era un uomo che avrebbe dovuto soffrire per ciò che aveva fatto in passato. Si era promessa che si sarebbe vendicata un giorno, e quel giorno era arrivato. Sparì in un turbine nero come la sua armatura.
Quell’uomo era un medico, lo aveva incontrato durante il suo viaggio verso la Grecia con Camus. Suo fratello si era ammalato e lei non sapeva cosa fare. Poteva rubare del cibo, ma delle medicine? Non sapeva di cosa avesse bisogno suo fratello… Si era rivolta a quell’uomo dopo aver letto l’etichetta che lo indicava come dottore sulla porta di un edificio. Non aveva soldi per pagarlo, ma l’uomo disse che non erano necessari i soldi, bastava lei. Daphne aveva capito: per curare Camus avrebbe dovuto vendere il suo stesso corpo. Purtroppo non c’erano altre alternative.
Ora, davanti a quella stessa porta, non sentiva paura come quella volta, adesso sentiva il bisogno di vendetta. Spalancò la porta convergendo l’aria che aveva intorno e indirizzandola contro di essa. Andò alla ricerca dell’uomo e lo trovò a sonnecchiare con un giornale in mano su una sedia. Si avvicinò e strappò il giornale dalle sue mani, lo prese per la cravatta e lo tirò in piedi. Lui si svegliò
- Cosa… Chi sei tu?-
- Non mi riconosci? Peccato- il suo tono di voce era gelido, non una singola emozione trapelava.
Lui strinse gli occhi
- Ti aiuto. Più di dieci anni fa tu abusasti di me-
L’uomo sembrò riconoscerla – Oh! Quella ragazza stracciona… Perché avrei dovuto riconoscerti subito?- domandò sprezzante
- Risposta sbagliata- disse sbattendolo contro il muro
- Ahi!-
- Oh questo non è niente, fidati- ghignò sadicamente la ragazza
Gli mollò un pugno nello stomaco facendolo piegare su se stesso con un lamento - Perché?-
- Perché? Mi sto vendicando… schifoso, lurido…-
Continuò ad insultarlo mentre accompagnava un colpo all’addome ad ogni parola. Non provava più niente. Invece che abbandonarsi al dolore e alla disperazione aveva deciso di estraniarsi dai sentimenti: finché avesse rischiato di soffrire, il suo cuore sarebbe stato di pietra.
- Adesso inizia il divertimento-
Concentrò il suo potere e una fiamma comparve sul suo palmo destro. Avvicinò la mano al braccio dell’uomo e lo osservò contorcersi mentre il fuoco divorava i suoi vestiti e la sua carne. Fece lo stesso trattamento anche all’altro arto. Sapeva che non era normale, ma provava piacere nel vederlo soffrire, non si sentiva minimamente in colpa. Con due calci ben assestati gli ruppe le ginocchia, poi bruciò anche le gambe. Non sapeva se fosse ancora cosciente o se addirittura fosse già morto, non le importava, voleva solo sfogarsi. Bruciò i capelli e le orecchie. Qualcuno spalancò la porta: forse le urla dell’uomo avevano svegliato l’intero edificio o l’odore di bruciato stava iniziando a diffondersi. Ghignò all’idea. Lei non le aveva quasi sentite le urla dell’uomo, tant’era presa dall’infliggergli dolore. Il grido di una donna accorsa nella stanza si levò nell’aria notturna. Con un colpo netto, Daphne tranciò la gola del medico usando un artiglio di ghiaccio. Dopodiché scomparve per ritornare da dove era partita.
Artemide la stava aspettando - Seguimi-
Daphne obbedì.
- Verrà il momento in cui potrai tornare al Grande Tempio, ma non è ancora l’ora. Fino ad allora tu servirai Odino come capo delle sue Valchirie. Toglierai l’ultimo respiro ai guerrieri morenti e accompagnerai i meritevoli al Walhalla. Dovrai impedire che i defunti che lì alloggiano tornino nel mondo dei vivi e al tempo stesso dovrai impedire l’accesso a coloro i quali non lo meritano. Sono stata chiara?-
- Sì, Divina Artemide. Posso farvi una domanda?-
- Parla pure-
- Perché mi mandate a servire Odino se sono un vostro Cavaliere?-
- Tu sei il mio unico Cavaliere, Daphne, ma io e Odino siamo votati alla stessa causa. Vogliamo la pace, la stessa che vuole Atena. Quando ella avrà bisogno di aiuto nella guerra che è stata prevista dall’Oracolo di mio fratello Apollo, troverà in noi due pronti alleati. Fino ad allora meglio non rivelarsi.-
Daphne capì cosa volesse dire la Dea - Posso chiedervi un’altra cosa?-
Artemide annuì
- Perché mi avete salvata dalla Morte e addestrata come vostro Cavaliere?-
- Io sono la Dea della Caccia, della Luna, ma sono anche la protettrice dei parti, dei bambini e delle vergini. Quando tu eri piccola tua madre cantava le sue preghiere come ninne nanne, non ho potuto ignorarle. Ti chiederai perché non ti ho aiutata prima… Purtroppo certe cose devono succedere e nessuno può cambiarle, la volontà delle Moire non si discute. Nemmeno mio padre, il Sommo Zeus, può -
Daphne rimase in silenzio e seguì la Dea che la stava conducendo ad Asgard. Notò che gli intarsi dorati della sua armatura si facevano più luminescenti - È stato Odino a donarmi questa armatura?-
- Quasi. Quell’armatura apparteneva a Brunilde, poi lei morì per amore- storse la bocca - Odino me l’ha inviata e io l’ho gettata nel fiume Stige, per renderla invulnerabile. Ne è risorta una nuova armatura più potente della precedente-
- Bisogna ammettere che il colore non è certo rassicurante come quello delle armature dei Gold Saint-
Artemide sorrise - Il nero indica la notte e, essendo io identificata con la Luna, è un chiaro riferimento a chi appartiene l’armatura-
Daphne drizzò la schiena - Al Cavaliere di Artemide-
La Dea si fermò. Erano giunte a destinazione - Và adesso, Daphne. Ci rivedremo presto-
- Quando sarà il momento giusto - completò la ragazza - Fino ad allora, Divina Artemide, servirò Odino con i miei poteri-
Si inchinò davanti alla sua Dea facendo ondeggiare il mantello dorato dietro di sé.
Artemide sembrò compiaciuta dal gesto. Mosse la mano e un cocchio argentato trainato da cervi comparve dal nulla. Lo spirito della Dea vi salì - Un’ultima cosa. Qualsiasi cosa accada, segui gli ordini che Odino ti impartirà, anche se andassero contro il tuo cuore -
Detto questo, sparì nella luce dell’alba.
Daphne non capì subito a cosa si riferisse. Quando però percepì i cosmi dei Cavalieri d’oro lì ad Asgard, allora capì. La tentazione di disobbedire fu forte, voleva rivedere suo fratello e Saga più di ogni altra cosa, ma non poteva disobbedire, aveva dato la sua parola ad Artemide, e lei manteneva le promesse.
-- Fine flashback --

Milo fischiò - Anche tu ne hai passate delle belle-
Daphne scrollò le spalle
- Chissà - continuò Milo - se tu non fossi morta forse mi avresti rubato l’armatura-
Lei rise - Non credo proprio. Quell’armatura sembrava dirmi “stammi lontana o ti pungo”-
Anche il suo ragazzo rise.
Camus si beò di quel suono. Increspò le labbra in quello che poteva essere l’accenno di un sorriso. Tuttavia scomparve quasi subito. Erano giunti alla soglia della Prima Casa. Non faceva la scalata delle Dodici Case da quando era tornato come Spectre: l’ultima volta che aveva salito quei gradini lo aveva fatto come apparente traditore insieme a Saga e Shura. Milo si accorse della sua esitazione.
- Cam, tutto bene?-
- Certo- riprese a camminare dirigendosi verso la casa dell’Ariete
Sentì l’attento sguardo di sua sorella sulla sua schiena. Lei sapeva. Anche Milo sapeva, ne era certo. Era in compagnia delle uniche due persone sulla faccia della Terra (e anche degli Inferi) in grado di leggere attraverso la maschera di ghiaccio. Sua sorella grazie all’empatia, Milo… non sapeva come, ma sta di fatto che era sempre stato in grado di capire le sue emozioni anche se ben celate, sin da bambini. Forse era un dono naturale dei nati sotto il segno dello Scorpione. “Assurdo” Scacciò il pensiero. Erano sulla soglia della Prima Casa.
Mu, Cavaliere dell’Ariete, camminò piano verso di loro.
- Ciao Mu - lo salutò Milo
L’interessato sorrise e ricambiò il saluto. A Camus si rivolse in tono meno confidenziale ottenendo in risposta  un lieve cenno del capo. Mu si rivolse allora a Daphne
- Chi siete? Cosa vi conduce al tempio di Atena?-
Sua sorella chiuse la mano destra a pugno e la portò al petto -Daphne, Cavaliere di Artemide e Custode del Walhalla. Vengo a nome della Divina Artemide e del Dio Odino per parlare con la Dea Atena -
- Posso chiedere il motivo?- indagò l’abitante del Jamir
- Vi basti questo, Cavaliere. Una guerra incombe -
Mu annuì, ma anche se fu turbato da ciò che aveva udito non lo diede a vedere. In quel momento da dietro una colonna spuntò un bambino dai capelli arancioni: Kiki, l’allievo di Mu.
- Un’altra guerra? Sul serio? Di questo passo finiamo gli Dei però- brontolò
Milo scoppiò a ridere, Daphne si trattenne, Camus non mutò espressione.
Mu si voltò verso il bambino - Kiki, avverti gli altri cavalieri e di’ loro di precederci alla Tredicesima Casa. E, visto che hai origliato tutto, avverti Lady Saori di chi la cerca e a nome di quali Divinità è giunta sin qui-
- Vado- disse il bambino
- Aspetta un attimo- lo fermò Milo - Riferisci agli altri Cavalieri e ad Atena stessa che io e Camus siamo stati attaccati da tre guerrieri sconosciuti e intendiamo fare rapporto alla riunione imminente-
- Dobbiamo fare rapporto- lo corresse il Cavaliere dell’Undicesima Casa
Kiki annuì e, voltatosi, partì a corsa.
- Grazie della precisazione. Sai, per un verbo si muore oggi- bofonchiò Milo
Camus inarcò un sopracciglio, scettico.
-Venite, vi accompagno- Mu s’intromise in quella che probabilmente si sarebbe evoluta in una divertente schermaglia romantica per il Cavaliere dello Scorpione, in una superflua discussione per il Signore delle energie fredde.
Si avviarono, tre uomini e una donna in armatura, tutti votati a proteggere la loro Dea, in nome della Giustizia e della Pace sulla Terra.

Nota dell'autrice: sto iniziando a chiedermi perchè Saori sia così benvoluta dai suoi familiari divini... Kiki ha ragione, tra poco qui si finisce gli Dei. A questo punto sembrerebbe legittimo chiedersi che cosa ha fatto di male questa poeraccia di Atena. Ma chi sarà il nemico questa volta?

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Capitolo 4
*** Al cospetto di Atena ***


Capitolo 4 – Al cospetto di Atena

Varcarono la soglia della Tredicesima Casa. Milo, Camus e Mu si schierarono insieme agli altri Cavalieri d’Oro ai lati della Dea. Atena sedeva sul trono posto in fondo alla sala, lo scettro nella mano destra.
- Vieni avanti-
Non era un invito, era un ordine. Anche se conosceva Daphne da poco, Milo aveva la netta impressione che non le piacesse ricevere ordini. La ragazza, infatti, inarcò un sopracciglio in segno di disappunto. Fortuna voleva che Saori fosse troppo lontana per vederlo o avrebbe iniziato a starnazzare per la maleducazione. Daphne obbedì e si fece avanti, camminando imperiosa e lasciando ondeggiare i capelli ramati e il mantello dorato in uno strepitoso effetto scenico da “guarda bene chi sono”. Sì, era decisamente la sorella di Camus. O forse era solo un comportamento legato all’essere francesi. Mmh, bella domanda. Questi erano i veri dilemmi della vita.
I Cavalieri d’oro scrutarono attentamente la ragazza nel mentre che lei avanzava. Milo notò chiaramente Aiolos assumere un’espressione da “Ehi, ma io ti conosco! Aspetta, non eri un ragazzo?”. Saga fissava il pavimento, Kanon, invece, accennò un sorriso sorpreso. Deathmask squadrò Daphne da capo a piedi ghignando. Dohko lanciò una rapida occhiata a Camus come per assicurarsi di non essersi sbagliato. Aiolia e Aldebaran la guardarono curiosi. Shura seguì attentamente i suoi passi. Aphrodite lanciò un sorriso seducente alla ragazza da sopra i petali della rosa rossa che si era portato appresso. Shaka fissava intensamente le sue palpebre, come sempre.
Daphne raggiunse il fondo della sala e si inchinò al cospetto della Dea, senza però inginocchiarsi, come a dire “lo faccio solo per educazione, ma non aspettarti altro”. Saori drizzò la schiena indispettita. Cosa si aspettava? Il baciamano forse?
- Dea Atena, io, Daphne, Cavaliere di Artemide e Custode del Walhalla, vengo al vostro cospetto a nome di due divinità: la Dea Artemide, Signora della Notte  e il Signore di Asgard, Odino.-
- Va avanti- la esortò la Dea
- Come voi saprete, il fratello gemello della mia Signora controlla il famigerato Oracolo di Delfi. Ebbene, questo oracolo ha previsto un nuovo ed imminente scontro tra divinità, ma voi non sarete in grado di vincerlo da sola questa volta. Gli Dei che rappresento vi offrono il loro appoggio in questa guerra incombente, nonostante non si sappia ancora chi sarà il nemico da combattere.-
- Come fai a sapere che non sarò in grado di vincere questa guerra da sola? Ho una schiera di Cavalieri che mi proteggono e combattono per me. Puoi qui vedere schierati i miei guerrieri d’Oro  -
- Oh li vedo benissimo, ma grazie di avermelo ricordato -
Milo trattenne una risata.
- In ogni caso, non sono io a dirlo, ma il Dio Apollo-
- Perché allora Apollo non mi offre anche lui il suo aiuto?- chiese ancora Saori
“Ma è la Dea della Saggezza o no? Per una volta che due divinità non le dichiarano guerra ma le offrono aiuto, decide di comportarsi come una stupida ragazzina. Mah. Però in fin dei conti è una donna, e la psiche delle donne è molto complicata. Non per niente il mio fidanzato è un uomo. Non che la mente di Camus sia semplice… Ma lui viene dalla Francia, è scusato. Tutti i transalpini hanno qualche rotella fuori posto.” pensò Milo
- Apollo non intende schierarsi da nessuna parte, preferisce rimanere neutrale. Per ora questa è la sua decisione - Daphne fece una pausa - In ogni caso non capisco perché non gioiate subito all’idea di avere degli alleati. Capisco che voi siete protetta da una schiera di valorosi Cavalieri, ma non pensate che con un qualche aiuto da parte di altre divinità i vostri guerrieri subirebbero meno perdite?-
“Uh! Questa è proprio da Scorpione. Punta sul vivo Atena!” Tra le righe stava scritto: “visto che non alzate mai il vostro divino fondoschiena per combattere e preferite ripararvi dietro semplici mortali preoccupatevi almeno di diminuire il numero di guerrieri che perdono la vita per proteggervi”
Saori si agitò sullo scranno - Perché non sono qui di persona questi Dei che mi offrono il loro appoggio?-
- Odino deve tenere sotto controllo il suo regno, inoltre è impossibile per lui manifestarsi fisicamente sulla Terra reincarnandosi in un corpo umano. Immagino che i vostri Cavalieri vi abbiano raccontato la difficoltà con cui Lithia, una delle dame di Hilda di Polaris, sia riuscita a incanalare il potere del Dio per breve tempo. Per quanto riguarda Artemide la questione è un po’ più complicata.-
- Odino non può presentarsi fisicamente? Le altre divinità possono, perché lui no?- chiese Dohko, interrompendo il mutismo dei Cavalieri d’Oro
Daphne alzò le spalle - Gli Dei del Nord non camminano su questo mondo da molto tempo, possono esistere solo in dimensioni ultraterrene. La loro voce è l’unica cosa che può raggiungere questa terra. Possono altrimenti usare dei mortali per canalizzare il loro cosmo, come è successo durante lo scontro con Loki, quando Odino ha prestato la sua forza al Cavaliere del Leone tramite il corpo umano di Lithia-
- Eppure Loki era fisicamente su questa terra- constatò il Cavaliere di Libra
- Quello che ha fatto Loki non mi riguarda, lui è il Dio degli Inganni. Io sono qui in vece di Odino e vi riporto ciò che mi è stato detto dalla sua Sacerdotessa-
- E Artemide?- chiese allora Aiolia
- Per poter attingere al suo potere nella sua totalità nel momento in cui ve ne sarà bisogno, Artemide necessita del suo corpo fisico originario-
Atena riprese la parola - Come fece Ade nei Campi Elisi-
Sembrava una cosa semplice. Perché allora Daphne aveva detto che la questione era più complicata?
- E la fregatura dov’è?-  domandò Milo, che non riusciva più a stare zitto
Daphne sospirò - Il corpo della Dea si trova sull’isola di Delo, suo luogo natio-
Anche Kanon parlò  - Non può impossessarsene da sola come fece Ade, vero?-
La ragazza sorrise amara - Per permettere al suo spirito di prendere possesso del suo corpo qualcuno deve prima spezzare il sigillo che lo tiene relegato –
Deathmask rise - Ahahah, chi va a svegliare la Bella Addormentata?-
- Tu non parlerai in questo modo della mia Dea un’altra volta- lo minacciò Daphne
- Altrimenti?-
Si squadrarono per qualche secondo lanciandosi sguardi infuocati, poi qualcuno intervenne.
- Litigare non porta a niente- disse Shaka con voce pacata
Il Cavaliere del Cancro ammutolì, il Cavaliere di Artemide alzò le spalle e distolse lo sguardo. Non conoscendo Shaka, non poteva essere rimasta scioccata da un suo “divino” intervento.
- Comunque il problema non è solo questo - riprese Daphne dopo qualche secondo - Artemide rispetta un voto di castità sin dai tempi più antichi e chiunque tenti di liberare il suo corpo deve rispettare i canoni imposti da quel voto -
- Perché la Dea non ci manda il suo Cavaliere?- chiese Aphrodite facendo ruotare la rosa nella mano, scansando accuratamente le spine.
Daphne aveva tutta l’aria di voler fare un barbecue con i suoi arti, ma trattenne i suoi istinti omicidi.
Atena si sistemò meglio sul trono - Quindi Artemide ha bisogno del mio aiuto -
- Spezzare quel sigillo non richiede altro che una goccia di sangue puro. La mia dea vi sta offrendo il suo appoggio in una guerra per la quale avrebbe potuto dichiararsi neutrale ed in cambio vi chiede solo di aiutarla a liberare il suo corpo - spiegò la ragazza, iniziando a perdere la pazienza
Saori ci pensò su un pochino, poi annuì - Va bene, uno dei miei Cavalieri si recherà all’isola di Delo. Curioso però come il suo unico Cavaliere non possa farlo -
Daphne strinse i pugni rimanendo in silenzio
Atena si compiacque della vittoria e si voltò verso i suoi Cavalieri - I miei guerrieri rispettano questo voto, ne sono sicura -
Si levarono dei bassi mormorii, poi Deathmask scoppiò a ridere - Magari non proprio tutti -
La Dea avvampò, mentre Daphne inarcò le labbra in un ghigno vittorioso. Calò un silenzio imbarazzato, poi Shaka si fece avanti - Mi recherò all’isola, divina Atena, se me ne darete il permesso -
Saori sembrò riprendere a respirare – Certamente Virgo. Ti consiglio di partire il prima possibile-
Il Custode della Sesta Casa si inchinò e lasciò i ranghi, dirigendosi verso l’uscita. Fu fermato dalla voce di Daphne - Sta’ alla larga dal corpo di Apollo, non desidera che la sua forma fisica venga disturbata… E aspetta che si sia levata la luna prima di lasciar cadere il tuo sangue. Questo è tutto ciò che ti necessita sapere.-
Shaka chinò la testa in segno di saluto e raggiunse l’uscita, scomparve poi all’esterno della Tredicesima Casa.
Atena riprese la parola - È tutto?- chiese, rivolta a Daphne
Lei annuì
- Bene. Possiamo sciogliere il consiglio - decretò, alzandosi dal trono
I Cavalieri s’inchinarono e iniziarono a lasciare l’edificio. La Dea si voltò un’ultima volta verso Daphne - Per quanto riguarda l’alloggio…-
- Divina Atena - disse Camus inginocchiandosi - permettetemi di ospitare mia sorella -
Atena fece saettare lo sguardo da Camus a Daphne, poi tornò sull’Acquario  - Certo -
Detto questo si ritirò nelle sue stanze. Milo vide Daphne fare il verso a Saori.
- Non ti piace?- chiese divertito
- Nemmeno un po’-
Lei si voltò verso il fratello - Grazie per l’ospitalità Camus, ma ora devo parlare con una persona -
Scappò via con i capelli e il mantello ondeggianti sulle spalle.
Milo aveva capito da chi stava andando. Per tutta la durata del Consiglio Saga aveva accuratamente evitato lo sguardo di Daphne, mentre lei lo cercava ogni volta che ne aveva l’occasione. Probabilmente gli altri non se n’erano accorti, ma lui captava certe cose come nessuno.
Camus forse non aveva capito appieno - Perché tutta questa furia?-
- Cam, andrà dal suo innamorato, no?-
- Il suo cosa?-
- Secondo te perché gli lanciava occhiate di continuo? E perché Saga non l’ha mai guardata? Devono chiarire qualcosa mi sa…-
- Milo, a cosa alludi?-
- Credo che stanotte non tornerà all’Undicesima Casa per dormire- disse maliziosamente lo Scorpione
Camus, per tutta risposta, si diresse verso l’uscita, Milo al seguito. Quando raggiunsero la casa dell’Acquario Camus si voltò verso il compagno e lo spinse contro una colonna.
- Non hai intenzione di andartene via, vero?-
- Perché?- chiese innocentemente lo Scorpione
- Sai… visto che molto probabilmente mia sorella non torna…- rispose il francese giocando con i ricci dorati del greco, l’armatura che si staccava dal suo corpo e si ricomponeva in un angolo.
Anche Milo si liberò della sua, poi prese in braccio Camus e lo portò in camera da letto - Ragazzaccio che non sei altro -
***
Daphne raggiunse finalmente la Casa dei Gemelli. Aveva fatto le scale di corsa, menomale erano in discesa. Scorse Saga appoggiato ad una colonna intento a fissare il firmamento. Era un po’ più alto di quando… di quando l’aveva visto l’ultima volta. I capelli erano un po’ più lunghi, ma gli occhi, il profilo del naso, la postura… era sempre il suo Saga. La scia di emozioni che captava però era molto diversa, un grande peso sembrava affliggerlo. Daphne sapeva cosa era successo durante quei lunghissimi anni di separazione, ma non per questo i sentimenti che provava per lui erano cambiati. Lei lo amava ancora, niente avrebbe potuto impedirlo. Gli si avvicinò silenziosamente - Ti sei dato al birdwatching?-
Lui si voltò, ma non la guardò negli occhi – Daphne - mormorò
Lei fece un altro passo verso di lui – Guardami - gli ordinò
Il Cavaliere dei Gemelli alzò lo sguardo riluttante.
- Perché evitavi il mio sguardo, Saga?-
- Tu non sai quello che ho fatto- disse con voce carica di rammarico
- Sì, invece-
- Perché allora sei qui? Sono un mostro-
Daphne gli prese una mano - No che non lo sei-
- Invece sì. Ho rinchiuso mio fratello in una prigione. Ho quasi ucciso la mia Dea. Ho ordinato l’esecuzione del mio migliore amico. Ho causato la morte di quattro Cavalieri d’Oro mentre cinque Cavalieri di Bronzo tentavano di salvare Atena. Sono tornato come Spectre e ho usato l’Urlo di Atena, il colpo proibito, per ben due volte contro i miei vecchi compagni d’armi -
La ragazza carezzò il viso del suo uomo - Per quel che mi risulta tu ti sei ucciso quando hai ripreso possesso del tuo corpo, prendendo il sopravvento sul tuo lato malvagio evitando così il rischio di causare altri danni. Sei tornato come Spectre e hai usato il colpo proibito per poter risvegliare l’armatura divina di Atena e mettere la Dea nelle condizioni di combattere alla pari contro Ade. Ti sei sacrificato insieme agli altri Cavalieri d’Oro per abbattere il muro del Lamento. Hai accettato di buon grado il compito che Odino aveva affidato a te e agli altri Cavalieri d’Oro, sconfiggendo Loki. Per come la vedo io, hai riscattato appieno le tue colpe.-
Lui sospirò - Non sono riuscito a salvare te-
Daphne scosse la testa - Quello non è stata colpa tua, se io non mi fossi distratta… Avrei dovuto tenere d’occhio entrambe le manticore, non concentrarmi su una sola-
- Se fossi arrivato prima…-
- Tu non c’entri, Saga.- scandì la francese
- Perdonami- implorò lui, con gli occhi che diventavano lucidi – Ho anche causato la morte di tuo fratello, ti avevo promesso…-
Lei sospirò - Non devo perdonarti niente-
- E allora perché sto così male? Mi sento indegno di essere tornato in vita.-
- Parli a una che ha ucciso la propria famiglia- gli ricordò lei amara
Saga la guardò - Come hai fatto ad andare avanti?-
- Mi sono perdonata- spiegò - Non è stato semplice all’inizio. Ma non potevo abbandonarmi al dolore e ai sensi di colpa. Devi farlo anche tu, Saga. Perdona te stesso.-
- Non ci riesco- singhiozzò
- Anch’io non ci riuscivo. Non mi sono mai perdonata completamente finché non sentii che stavo per morire. Mi sembrava una giusta punizione, la mia pena da scontare per i miei crimini. Ora sono in pace con me stessa. Tu ti sei già riscattato, Saga-
Lui la guardò
Daphne gli carezzò ancora una volta il volto - I tuoi sacrifici per salvare la tua Dea e per difendere l’umanità hanno già cancellato i tuoi peccati. Tu sei vivo perché te lo meriti. Sei qui perché Atena ha bisogno di Cavalieri forti e valorosi come te.-
Finalmente Saga accennò un sorriso - E tu perché sei qui?-
- Perché ti amo- rispose la ragazza prima di baciarlo con passione.
Quanto gli erano mancate quelle labbra. Cinse il suo collo con le braccia mentre Saga l’abbracciava forte. Sentire di nuovo il suo corpo così vicino la fece rabbrividire, gli era mancato così tanto. Non voleva aspettare altro tempo. Nemmeno Saga voleva, perché la condusse dentro la Terza Casa dirigendosi verso gli alloggi privati.
“Artemide non sa cosa si perde” pensò Daphne quella notte, mentre ascoltava il battito del cuore di Saga con la testa poggiata sul suo petto. Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal ritmo del respiro del suo uomo.

Qualche casa più su, per esattezza l’Undicesima, un altro guerriero era preda di profondi ragionamenti.
- Secondo te… - iniziò Milo attorcigliando una ciocca di capelli rossi intorno al dito -… oltre a Shaka, c’era qualche altro Cavaliere casto e puro?-
Camus sbuffò - Cosa vuoi che ne sappia? Non mi impiccio degli affari altrui come te-
- Io?- chiese con aria innocente il greco
- Sì, tu. E adesso dormi Milo -
- Vuoi già dormire?- domandò con un sorriso sornione
Il Cavaliere dell’Acquario non si fece corrompere - Mia la casa, mie le regole-
Milo continuò a sorridere. Sapeva come far cedere il dominatore dei ghiacci, infatti non aveva intenzione di dargliela vinta tanto facilmente. Lasciò vagare la mano sotto le lenzuola e ben presto la sua teoria fu confermata.
- Chi era il ragazzaccio?- chiese Camus
Lo Scorpione lo zittì con un bacio, poi partì all’attacco.

Nota dell’autrice: non so se s’è capito, ma Saorina mi sta un pochino sul…la strada, possibilmente con un tir sopra. Comunque questo è il quarto capitolo, fatemi sapere cosa ne pensate! ^-^

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Capitolo 5
*** Questioni di cuore ***


Capitolo 5  - Questioni di cuore

Aprì gli occhi e girò il volto verso il lato destro del letto, ma Saga non c’era. Riluttante, si alzò e iniziò a vestirsi. Accidenti, quel letto era davvero comodo! Sentì delle voci provenire da fuori. Ipotizzò che venissero dalla cucina visto che era ora di colazione.  Il suo stomaco gorgogliò approvazione.
- E allora?-
- E allora cosa Kanon?- sbuffò la voce di Saga
- Dai Kanon, lascialo stare- intervenne una terza voce. Aiolos? Quando era arrivato?
Svoltò l’angolo ed entrò nella stanza. Saga sedeva al tavolo sorseggiando un caffè, Aiolos stava davanti a lui, dando le spalle a Daphne. Kanon invece usava il tavolo come sedia mentre smangiucchiava un panino iperfarcito con aria immensamente soddisfatta.
- Ben sveglia amica non-morta- la salutò il minore dei gemelli
Aiolos si voltò a guardarla.
- Ciao Aiolos- iniziò la ragazza un po’ titubante.
Lui si alzò e l’abbracciò - Daf o Daphne, amico o amica, non cambia niente. L’amicizia che ci lega rimane la stessa. Mi è stato detto che tutto ciò che hai fatto è stato per proteggere tuo fratello. Ti capisco, anch’io farei qualsiasi cosa per proteggere Aiolia-
Lei ricambiò la stretta - Avrei voluto dirti la verità, davvero, ma meno persone sapevano più sicuro era il mio segreto-
Aiolos si staccò - Contro quelle manticore… Ecco io… Ti devo delle scuse. Sei intervenuta per difendermi e così facendo ci hai rimesso la vita.-
- Non mi devi delle scuse. Al massimo puoi ringraziarmi per aver salvato i tuoi arti da una probabile mutilazione involontaria. E poi tu avresti fatto lo stesso per me-
Il Cavaliere del Sagittario aprì la bocca per dire qualcosa, ma non fece in tempo.
- Sì ok, vi siete salutati. Vuoi fare colazione Daphne?- chiese Kanon saltando giù dal tavolo
Saga fulminò il fratello con lo sguardo. Su questo non era cambiato: non aveva mai tollerato chi interrompeva gli altri o interveniva a sproposito.
Lo stomaco della ragazza mugolò - Perché no?-
- Io torno da Aiolia. Diventa inquieto quando scompaio per più di venti minuti- disse Aiolos apprestandosi a lasciare la Terza Casa
- Ha paura che Saga ti faccia fuori con dei cereali?- rise Kanon
Saga, che precedentemente aveva alzato lo sguardo dal caffè per seguire lo scambio di battute tra i presenti, abbassò gli occhi.
Il Cavaliere del Sagittario se ne accorse e sospirò - Senti- disse rivolto a Daphne - io l’ho perdonato. Non ce l’ho con lui, è lui che ce l’ha con se stesso. Ho provato a farlo ragionare, ma sa essere un ottimo testardo. Prova a farglielo capire tu. -
- Ci proverò-
Lui annuì - Allora buona colazione- Fece un cenno ai gemelli per salutarli, poi uscì.
- Cereali, un bel panino, caffè, latte, cioccolata, biscotti… Cosa desidera mia cognata?- chiese Kanon spalancando armadietti
Saga quasi affogò nel caffè, la ragazza tossicchiò - Cognata?-
- Allora? Biscotti?- chiese ancora il minore con una confezione invitante in mano
- Va bene, biscotti!-
- Sai scegliere bene-
Daphne stava per avventarsi sul pacchetto di biscotti, ma vide Saga massaggiarsi una tempia sospirando  - Kanon, potresti lasciarci soli un minuto?- chiese il gemello maggiore
C’era una leggera incrinatura nella voce, quasi del tutto nascosta. La ragazza l’avvertì comunque.
Forse anche il fratello l’aveva percepita perché lo fissò per un momento con uno sguardo misto tra il sorpreso e il preoccupato, poi scrollò le spalle e uscì lasciando il pacchetto di biscotti sul tavolo.
Daphne raggiunse Saga e si sedette sulle sue ginocchia. Appena in tempo. Il Cavaliere dei Gemelli poggiò il volto sulla sua spalla e iniziò a singhiozzare. Lei prese a carezzargli i capelli lentamente.
- Butta tutto fuori. Tranquillo, io sono qui - cercò di tranquillizzarlo
- Perdonarmi, perdonarmi, come può? … Io … credo di poter sopportare … invece …  quando lo vedo davanti a me non posso … -
Daphne lo lasciò sfogare per qualche minuto mentre continuava a passare le dita tra quei ciuffi color del mare, poi decise di intervenire - Saga, smetti di guardare al passato. Non si può tornare indietro, ciò che è successo è successo. Guardami-
Lui sollevò la testa.
- Ora siete vivi. Entrambi. Pensa al futuro, hai già pagato per le tue colpe - gli sfiorò la guancia con una mano, asciugando qualche lacrima - Hai di nuovo il tuo migliore amico, no? Non fartelo scappare -
Saga sorrise. Era così bello quando sorrideva, anche con le lacrime che gli solcavano il volto. Sentì le sue mani circondarle il volto, poco dopo si stavano baciando. Daphne pensò che sarebbe stato un momento idilliaco se il suo stomaco non si fosse messo in mezzo.
- Ok, io devo ancora fare colazione-
***

Milo sbadigliò sonoramente.
- Ben sveglio - commentò Camus che, stranamente, era immerso nella lettura di un libro. Con la mano sinistra impugnava un croissant, con la destra teneva l’angolo della pagina.
Lo Scorpione gli si avvicinò e gli rubò il cornetto dalla mano.
- Ehi!- si lamentò l’Acquario
- Vieni a prenderlo-
Camus sbuffò - Come sei infantile-
- Gne gne. Lo vieni a prendere o lo mangio io?-
Silenzio.
- Uffa, certo che anche tu potresti stare al gioco qualche volta- borbottò Milo prima di addentare, non troppo deluso, il suo bottino. Si sedette accanto a Camus e diede una sbirciatina al libro che stava leggendo.
- Cosa leggi?-
In risposta, il rosso chiuse il libro. Sembrava turbato. O meglio, Milo vedeva che era turbato, chiunque altro avrebbe visto soltanto il solito Camus con la solita espressione corrucciata.
- Cam, c’è qualcosa che non va?-
- Quante divinità gentili e altruiste conosci?-
- Come scusa?-
- Oltre ad Atena, abbiamo mai incontrato un Dio o una Dea che non intendesse distruggere l’umanità, o che aiutasse le persone per puro altruismo?-
- Sì, avevo capito la domanda. Ma perché me lo chiedi?-
- Rispondimi-
- Beh, fammi pensare… Nessuno? Ma dove vuoi arrivare Cam?-
Si ritrovò gli occhi nocciola di Camus puntati addosso - Perché Artemide ha salvato mia sorella dagli Inferi?-
- Magari aveva bisogno di un Cavaliere… boh ma che ne so io?-
- Artemide ha una schiera di giovani vergini che la accompagnano durante le sue Cacce, cosa se ne fa di una ragazza resuscitata che, per di più, non è nemmeno vergine, investita di un’armatura e del titolo di Cavaliere? Perché Daphne ha servito al Walhalla? Cosa c’entra Odino in tutto questo?-
- Tu ti fai troppe domande. Dimmi, le pensi la notte o ti vengono così, mentre mangi cornetti?-
Camus si alzò di scatto, prese il libro e uscì dalla cucina. Milo lo seguì. Mentre camminava il greco iniziò a capire il senso dei dubbi del compagno, i neuroni si erano messi in moto. Poverini, non si può pretendere che siano già pronti e scattanti appena svegli. Finì a sbattere contro la schiena di Camus che si era fermato e aveva riposto il libro nel suo posto su uno dei numerosi ripiani della libreria-salotto dell’Undicesima Casa.
- Scusa- bofonchiò - Comunque hai ragione-
- Questo è certo-
- Senti, Mr Modestia, chi è infantile adesso?- lo punzecchiò lo Scorpione
Camus aggrottò le sopracciglia e si lasciò scivolare sulla poltrona più vicina.
- Qui c’è qualcosa sotto Milo. E non mi piace per niente.-
Milo si avvicinò e si accomodò sul bracciolo. - Pensi che Artemide voglia ingannare Atena?-
- No. Sarebbe troppo azzardato – il francese incrociò le braccia spazientito - Non lo so. Non ho idea di cosa giri per la mente di quella Dea. Non ho idea del perché abbia riportato in vita mia sorella. Non ho idea del perché ci offra il suo aiuto in questa fantomatica guerra che dovremo combattere. Non ho idea del perché il suo corpo divino sia protetto da un sigillo. Non ho idea di chi dovremo combattere. Non so niente. Tutto è confuso e nulla è certo. Detesto non sapere le cose-
Milo scrutò la figura che aveva accanto. Perfino con quell’aria imbronciata che aveva stampata sul volto in quel momento Camus era perfetto. Purtroppo però aveva ragione: non sapevano niente di Artemide. E se si fosse rivelata loro nemica? Avevano accettato di buon grado l’idea che finalmente una qualche divinità non dichiarasse guerra al Grande Tempio, ma anzi si offrisse di aiutare la loro causa. Sembrava troppo bello. La voce del francese lo distolse dai suoi pensieri.
- Pensi che parlarne con Daphne potrebbe esserci d’aiuto?-
- Vorresti chiederle se pensa che la sua Dea abbia intenzione di tradire la fiducia di Atena? Se sa quali sono i veri piani di Artemide? Andiamo Cam…  O Daphne è d’accordo con la sua Dea qualsiasi piano lei abbia in mente, o Daphne ne sa quanto noi-
- Intendi dire che mia sorella potrebbe… Artemide potrebbe averla riportata in vita e nominata suo Cavaliere perché… -
- Perché?-
- Se Daphne fosse il fulcro di tutto il suo piano?-
- Oh beh, non era quello che intendevo, ma… Cosa vuoi dire?-
Niente da fare, ormai Camus era partito. Si alzò in piedi e iniziò a parlottare. - L’armatura… cosa aveva detto? Artemide aveva usato le acque dello Stige per renderla più forte… lo Stige…-
Raggiunse uno scaffale e iniziò a scorrere i titoli dei tomi con l’indice smaltato di rosso. Milo non lo seguiva. Il francese trovò quello che stava cercando e tornò alla poltrona iniziando a sfogliare le pagine.
- Secondo la mitologia greca lo Stige è uno dei fiumi che attraversano gli Inferi…-
- E allora?-
- Non mi interrompere- lo gelò Camus – Lo Stige era chiamato in causa dagli Dei nei giuramenti. Ma essi stessi ne temevano la potenza, giurando sullo Stige un dio rischiava di intaccare la relazione che lo legava ai principi creatori-
- Oh- fu la risposta di Milo
- Mon dieu, Milo. Non capisci?-
- Aspetta, vuoi dire che Artemide ha usato le acque dello Stige non solo per rendere più forte l’armatura, ma anche per…-
- legare a sé Daphne con un giuramento di fedeltà inviolabile- concluse il francese
- Uffa però. Lo stavo per dire io- si lamentò lo scorpione incrociando le braccia e mettendo su un adorabile broncio.
- Resta ancora da capire perché Artemide sia così interessata a mia sorella-
- Questo non lo troverai scritto su un libro- grugnì Milo
Camus sbuffò - Lo so. Milo puoi smettere di fare il bambino arrabbiato?-
- No-
Trovava molto divertente cercare di farlo spazientire, anche se a momenti rischiava di scoppiare a ridere e mettere così fine al gioco. Una voce proveniente dall’entrata dell’Undicesima Casa  interruppe il divertimento dello Scorpione.
- Yuuuh! C’è nessunooo?-
- Come osa urlare così nella mia Casa?- sibilò l’Acquario.
Scattò subito in piedi, indossò l’armatura dorata e raggiunse l’entrata dell’edificio. Milo si alzò svogliatamente dal bracciolo della poltrona e richiamò le vestigia dello Scorpione assemblate in un angolo della biblioteca. Erano talmente presi dai loro ragionamenti che non si erano accorti dell’avvicinarsi di quattro cosmi ormai ben conosciuti lì al Santuario. Milo aveva riconosciuto a chi apparteneva la voce in questione: un certo ronzino alato che poteva contare sulle dita di una mano monca il numero di cavalieri d’oro che avrebbe provato dispiacere nello spezzargli le ossa.
- Ah, eccolo il tuo maestro, Hyoga. Se l’è presa comoda- continuò spavaldo Seiya
Camus si fermò davanti ai quattro bronze saint, la schiena dritta e il mento alto.
- Buongiorno Maestro- disse Hyoga a voce bassissima, tanto che Milo faticò a udirlo
- Cavaliere di Aquarius- lo salutò Shyriu con un cenno del capo in segno di rispetto
- Bella giornata eh?- fu l’arguto intervento di Pegasus
Shun fissava il pavimento con aria terrorizzata.
Milo percepì chiaramente il cosmo di Camus farsi leggermente ostile a quell’uscita di Seiya. Per evitare che la situazione degenerasse (tradotto: per evitare di trovare un gelato al gusto di equino o che Shun svenisse dalla paura...) il Cavaliere dell’Ottava Casa decise di intervenire.
- Cosa vi porta qui, Cavalieri?-
I quattro si voltarono stupiti verso di lui: probabilmente ritenevano inconcepibile che Camus potesse intrattenere un qualsiasi tipo di rapporto con i suoi colleghi. Salutarono anche lui, più o meno allo stesso modo di poco prima.
- Siamo tornati ora dal Giappone e andavamo a fare un saluto a Saori-
- Lady Saori, Seiya- lo corresse il Dragone
- Sì, vabbè-
- Dovresti mostrare un po’ più di rispetto alla tua Dea- disse Camus con voce glaciale
Shun impallidì. “Ma che problemi ha? Speriamo che non vomiti sul pavimento dell’Undicesima o chissà cosa potrebbe combinare Camus… altro che imprecazioni in francese” pensò Milo.
Seiya parve farsi piccolo piccolo. Quando voleva incutere timore, Camus ci riusciva benissimo. Tra lui, Saga, Kanon, Shaka e i muri della quarta casa avrebbero potuto fare una bella gara. Anche Shura forse…
- Maestro, potremmo attraversare la casa per raggiungere Atena alla Tredicesima Casa?- chiese Hyoga, questa volta a voce un pochino più alta.
Camus annuì e si spostò leggermente di lato per lasciarli passare. Mormorarono tutti un grazie e si affettarono a passare, evitando di attardarsi un minuto di più per scongiurare un probabilissimo raffreddore, date le temperature dell’Undicesima Casa. Hyoga si staccò dal gruppetto all’ultimo secondo e tornò indietro per trovarsi di fronte a Camus.
- Ehm… Maestro?-
- Sì?-
- Dopo dovrei chiedervi una cosa e… magari avrei anche bisogno di un consiglio- disse titubante il Cigno
- Non puoi chiedere ora?-
- Potrebbe volerci un pochino di tempo, non volevo far aspettare gli altri-
Camus aggrottò le sopracciglia sdoppiate – Allora perché ti sei fermato?-
- Vi ritrovo qui dopo?-
Il francese annuì - Sì, ma…-
- Grazie- disse Hyoga prima di correre via.
Il Signore dei Ghiacci guardò la figura del suo allievo sparire oltre le colonne del tempio e perdersi nella luce mattutina per raggiungere i compagni - Je ne comprends pas- mormorò
Milo gli si avvicinò - Che c’è, Cam?-
- Cosa mi dovrà mai dire? Ormai è un Cavaliere, cosa deve chiedere al suo Maestro?-
- Non so, magari vuole sapere come si cucina una crêpe-
- Ma perché a me?- continuò imperterrito, togliendo l’armatura e tornando verso la biblioteca
Milo lo imitò. - Vorrà un tuo parere-
- Che gli importa di cosa penso io? Insomma… voglio dire- farfugliò Camus lasciandosi cadere sul divano.
Il greco si sedette vicino a lui. Raramente il rosso diceva parole scollegate tra loro - Cam, tutto bene?-
- Milo, io… Perché si ostina a cercarmi?-
- Che vuoi dire? Sei il suo maestro, no?-
- Sì, però…-
Milo iniziava a preoccuparsi, il respiro di Camus era accelerato e la sua voce era carica di tristezza. Non era da lui, non era assolutamente da lui.
- Cam, rilassati. Adesso, con calma, mi dici tutto quello che non va- avvicinò una mano ai capelli del compagno e iniziò a girare le ciocche ramate tra le dita.
- Sono il suo maestro, solo il suo maestro. Perché deve interessargli cosa penso? Perché non chiede un consiglio ai suoi amici? Perché a me?-
- Tu lo hai addestrato quando era un bambino, in te vede una figura di riferimento, qualcosa di molto simile a un padre-
Camus scosse la testa - Ma io non sono suo padre, sono stato il suo insegnante. Il mio compito era tramandargli le mie tecniche e fare di lui un Cavaliere, solo questo. Perché vuole rendere tutto più difficile?-
- Più difficile?-
L’Acquario lo guardò. Gli occhi nocciola di Camus erano lucidi - Quando ero in Siberia con Hyoga e Isaac, cercai di convincermi… io… cercai di non affezionarmi a loro. Sapevo che una volta ottenuta l’armatura nessuno di loro due avrebbe più avuto bisogno di me…  ma io non ce la feci. Sin da quando sono giunto qui ho cercato di nascondere i miei sentimenti, ma ho fallito miseramente. Prima mi sono innamorato di te…-
Il cuore di Milo saltò un battito. Succedeva ogni volta che il suo compagno esternava i suoi sentimenti, specialmente quando i sentimenti in questione erano quelli che li legavano. Quello era uno di quei rari momenti in cui il fiero e algido guerriero dei ghiacci si scioglieva. Lasciava sbocciare ciò che di più bello e fragile aveva dentro e ogni volta che ciò accadeva Milo si rendeva conto di quanto fosse splendida la persona a cui aveva donato se stesso e, soprattutto, di quale grande cuore egli fosse custode. Camus era come un fiore fuori stagione. A primavera ci sono così tanti fiori che tutti sembrano belli, ma quando i petali si fanno spazio tra la neve nel gelido inverno, quello è uno spettacolo che lascia a bocca aperta, che mozza il respiro.
-… poi sono arrivati loro due, due bambini a cui non ho potuto fare a meno di affezionarmi. Loro… sono stati per me come dei figli. Poi sai cos’è successo ad Isaac… Hyoga invece è riuscito a conquistare l’armatura del Cigno. Di lì in poi avrebbe dovuto continuare da solo, non aveva più bisogno di me. Ma il destino ha voluto che le nostre strade si intrecciassero di nuovo. La prima volta, quando me lo ritrovai di fronte come avversario... sai com’è andata…-
Milo annuì
- Io… non potevo farlo capisci? Non potevo ucciderlo, non potevo. Sarebbe stato come… come…-
A quel punto Camus non fu più in grado di fermare le lacrime. Milo lo circondò con le braccia e lasciò che il francese abbandonasse il volto sulla sua spalla - come uccidere una parte di me- riuscì a finire tra un singhiozzo e l’altro.
Restarono così per qualche minuto, l’unico rumore a rompere il silenzio che li circondava era il pianto di Camus che andava scemando.
- Forse anche Hyoga ha le tue stesse paure.- si decise a parlare Milo
- Quoi?-
- Anche per lui il vostro rapporto è qualcosa di più del semplice legame maestro-allievo, spera che tu non voglia distaccarti da lui. Nemmeno lui vuole perderti-
- E tu come fai a saperlo?- chiese Camus sollevando il volto per guardarlo negli occhi
- Lo sai che riesco a capire le persone meglio di chiunque altro qui al Grande Tempio. Io le studio. Fidati di me.-
Era questa, infatti, una delle caratteristiche peculiari di Milo di Scorpio. Amici, avversari, nessuno escluso venivano studiati accuratamente in ogni loro aspetto. La scelta delle parole, il tono della voce, le espressioni del volto, le posture del corpo, i tic, la coerenza di ciò che veniva detto con ciò che veniva mostrato con gli occhi, con l’angolatura delle labbra, con l’inclinazione delle sopracciglia. Non si lasciava sfuggire niente. Dipingeva nella sua mente un ritratto di ciascuno. Molti lo consideravano un tipo impulsivo, per certe cose era così. Ma nessuno studiava le persone come lui, nello scegliere di chi fidarsi era tutto tranne che impulsivo. Non per niente nutriva già dei dubbi sul conto di Arles prima della scalata dei Cavalieri di Bronzo. Hyoga poi, lui era un libro aperto. Per il Cigno, Camus era il padre che non aveva mai avuto e soltanto il suddetto Camus non se n’era reso conto, troppo intento a tormentarsi.
- Milo-
- Mmh?-
- Ti ho bagnato tutta la maglia-
- Stai cercando una scusa per farmi spogliare?-
Camus diventò dello stesso colore dei suoi capelli e Milo rise.
- Vado a prenderne un’altra giù all’Ottava, va bene? Non sia mai che faccio stare in pensiero il mio pinguino-
Fece per alzarsi, ma la mano di Camus sul suo polso lo fermò - Non mi hai ancora dato il buongiorno-
- Hai ragione, sono proprio un maleducato- scherzò lo Scorpione
Gli carezzò una guancia con una mano e lo baciò dolcemente - Buongiorno, amore-
- Bonjour, Milò- rispose soddisfatto Camus
 
Nota dell’autrice: cosa ne pensate del rapporto maestro-allievo tra Camus e Hyoga? Io lo vedo più come un legame padre-figlio, comunque tornerò su questo punto anche nei prossimi capitoli. Ci tengo a ricordare che i commenti sono sempre ben accetti. =^-^=

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Capitolo 6
*** Potremmo essere una famiglia ***


 Capitolo 6 – Potremmo essere una famiglia

Shaka usò il teletrasporto per raggiungere l’isola di Delo. Poggiò piede su quel suolo sacro dove, neppure nel ventunesimo secolo, non un singolo umano vi abitava. Percepì da subito l’immenso cosmo irradiato dai corpi dormienti degli dei gemelli. Si concesse di aprire gli occhi per ammirare quelle rovine incontaminate, poi s’incamminò seguendo la traccia del cosmo di Artemide. Superò prima la Casa dei Nassi, poi l’Altare Keraton. A Nord-est di quest’ultimo individuò il tempio consacrato alla dea della caccia. Pochi passi e si trovò sulla soglia di quello che un tempo sarebbe stato, probabilmente, un maestoso edificio. È questo che fa il tempo, consuma e porta via, lasciando pochi ruderi a memoria di ciò che è successo su questa Terra. Tutto è effimero, se confrontato all’inesorabile scorrere del tempo, i sentimenti, la vita, la morte… tutto viene risucchiato dal vortice di Crono per scomparire per sempre. Questo Shaka lo sapeva. Vita o morte, la differenza era pressoché inesistente per l’Illuminato. Richiuse le palpebre e si diresse verso la fonte del cosmo. Quel potere sembrava rispecchiare la personalità della Dea stessa. Nobile e fiero, come il cervo simbolo di Artemide. Insidioso e pericoloso, come la notte più buia. Indomito e inarrestabile, come la cacciatrice che lei era. Aprì gli occhi e si avvicinò al corpo che riposava su un altare argentato. “Aspetta che la luna splenda nel cielo” aveva detto il Cavaliere della Dea. Gettò una rapida occhiata al cielo e vide le nuvole allontanarsi. Ben presto la luna fece capolino in tutto il suo fulgore.
“Una goccia di sangue puro basterà”. Riluttante, come sempre quando doveva sprecare il suo sangue immacolato, tagliò la pelle della mano per lasciar cadere una goccia scarlatta sulle mani intrecciate sul petto della Dea.
La luna brillò di più nel cielo notturno e l’altare si illuminò. Il cosmo divino si fece più intenso, poi spirò una leggera brezza. Shaka fu sicuro di sentire una risata, ma gli sembrò assurdo. Seguì il suono con lo sguardo, ma non vide nessuno. Non c’erano umani lì, chi poteva ridere e, soprattutto, perché? Scacciò il pensiero sperando fosse tutto frutto della sua immaginazione, ma rimase all’erta: lui non sbagliava mai.
- Cavaliere di Atena-
L’interpellato si voltò per trovarsi davanti una giovane donna, un’affascinante giovane donna. I capelli castani erano raccolti in uno chignon un po’ spettinato sopra la testa, gli occhi erano argentati come l’altare su cui quel corpo riposava fino a pochi istanti prima. La corporatura era esile, nessuno si sarebbe aspettato che quella figura sottile appartenesse a una dea cacciatrice; vestiva una corta tunica greca, anch’essa argentata. La fascia di una faretra attraversava il petto, l’arco era fissato ad essa sulla schiena. Shaka si ritrovò a pensare che fosse bellissima. “Cosa ti prende? È una dea!” Chiuse gli occhi per evitare di sostare oltre su quella visione che, doveva ammettere, non era affatto spiacevole. Si inchinò facendo ondeggiare il mantello.
- Divina Artemide, io sono Shaka di Virgo, Cavaliere della Dea Atena e Custode della Sesta casa. Come avevate chiesto sono venuto qui per risvegliare il vostro corpo-
- Ti ringrazio, Cavaliere di Virgo. Ora ti pregherei di condurmi al Grande Tempio per parlare con la tua Dea-
Il tono con cui lo disse non ammetteva repliche, ma almeno le parole usate erano cortesi.
- Seguitemi- le rispose
***

- Ora è tutta un’altra cosa- sospirò Daphne massaggiandosi lo stomaco con aria soddisfatta.
Saga scosse il sacchetto di biscotti – Ti rendi conto che hai finito un pacchetto intero?-
- Erano proprio buoni e poi…-
- quel cioccolato è superbo- finì Kanon per lei
- E tu quando sei entrato?- chiese il maggiore dei gemelli
- Mentre ti eri imbambolato a guardare la tua fidanzata-
- Non mi ero “imbambolato”- brontolò Saga sprofondando nella sedia
- Sì, e io sono Albus Silente- ridacchiò il minore
- E chi è?- chiese spaesato l’altro - Il cattivo di Harry Potter?-
Kanon inarcò un sopracciglio – Mi fai pena fratello -
- Silente era il vecchio, Saga- intervenne Daphne mentre tentava di trattenere le risate
- Ah - commentò l’ex Grande Sacerdote – Ma era buono o cattivo?-
La ragazza non ce la fece più e scoppiò a ridere. Kanon la seguì poco dopo, anche se la sua fu più una risata dettata dalla disperazione.
- Vado a trovare mio fratello- disse la francese quando riprese controllo di sé – non abbiamo avuto molto tempo per parlare ieri-
- Ottima idea, così io faccio fare al mio un rewatch completo di Harry Potter- l’appoggiò il gemello minore
- No- mormorò Saga
Kanon si voltò verso di lui ghignando  - Oh sì –
- Beh, allora buona visione- li salutò Daphne
Il suo fidanzato la guardò disperato. Troppo coccoloso. Gli si avvicinò e lo baciò lentamente.
- Dai mon amour, mi farò perdonare- promise con voce suadente, carezzandogli il petto.
- Non vedo l’ora tesoro- rispose lui circondandole la vita con un braccio.
Kanon tossicchiò
- Che c’è fratellino? Ti mettiamo a disagio per caso?-
Il “fratellino” lo fissò con sguardo omicida – Il rewatch sarà di tutti e otto i film-
La sicurezza di Saga vacillò. Lasciò andare Daphne e sospirò - Questa volta hai vinto-
La francese ridacchiò - Non vi ruberò un minuto di più, allora-
Si voltò e uscì dalla cucina. Imboccò il corridoio che conduceva all’atrio della Terza Casa per poi sbucare all’aria aperta. Inspirò a pieni polmoni l’aria mattutina mentre un leggero venticello le faceva ondeggiare i capelli rosso fuoco. Si preannunciava una giornata calda. Doveva ammettere che un po’ le era mancato il caldo della Grecia, dopo il gelo di Asgard, era proprio quello che ci voleva. Si stiracchiò e richiamò l’armatura, non le piaceva  l’idea di affrontare il tragitto fino all’Undicesima Casa vestita come una normale ragazzina. Era una bella donna, questo era vero, ma non voleva essere vista così. Lei non era come Saga, che riusciva a ispirare devozione e ammirazione con la sua sola presenza, quasi come un dio. Aiolos era considerato un angelo venuto dal cielo. E lei? Lei voleva essere rispettata e, perché no, magari anche temuta. Si avviò con passo deciso verso la Quarta Casa.
- Ma guarda chi si vede. Che c’è bambolina, vuoi attraversare la Casa del Cancro?-
Daphne si bloccò. Richiamò gli eventi del consiglio della sera prima e ricordò che era quasi arrivata a fare a botte con quel Cavaliere. Si partiva male.
- Non chiamarmi bambolina- scandì
- Perché no?-
- Io sono un Cavaliere di…-
- Minchia oh- sbuffò lui - Basta con questa storia. Piuttosto, cosa facevi alla Casa dei Gemelli? Non ti doveva ospitare tuo fratello?-
- Conosco entrambi i Cavalieri dei Gemelli. Ero passata a scambiare qualche parola.-
- Si si come no. Sappi che per quel tipo di compagnia potevi fermarti anche qui, risparmiavi qualche scala- ghignò il Cancro
- A meno che…- continuò lui - oh, certo. Non te ne bastava uno. Hai parecchio appet…-
Non poté finire la frase. Difficile farlo mentre si viene sbattuti contro una colonna.
- Cosa succede qui?- chiese una voce maschile proveniente dall’altra parte della Casa.
Deathmask si affrettò a rialzarsi - Niente-
- Dal livello dei vostri cosmi non sembrerebbe. Avevate intenzione di battervi?- chiese ancora l’uomo.
Pochi secondi dopo, la figura di Aiolia del Leone si stagliava sulla soglia della Quarta Casa.
- Batterci, noi? Bella questa- cercò di salvare la situazione l’italiano.
- Mi piace mangiare granchio a colazione- commentò invece Daphne mentre tentava di fare sbollire la rabbia. Quel “Cavaliere” le aveva appena dato della poco di buono e lei, come suo fratello, ci teneva molto all’onore. Non poteva lasciare un simile fatto impunito.
- Perché sei qui?- chiese Aiolia rivolgendosi alla ragazza
- Ero venuta a salutare Saga e Kanon. Ora tornavo da mio fratello-
- E perché stavate litigando?-
- Sicuramente avrò mal interpretato la gentilezza di questo cavaliere- spiegò con innocenza lei, una volta ritrovata la calma.
- Mal interpretato un corno. Non te la bere solo perché ti fa gli occhi dolci, gattino. Mi ha attaccato senza motivo e senza preavviso- si lamentò Deathmask
Aiolia evidentemente non approvò il “gattino” perché si voltò irato verso l’altro Cavaliere
- Minchia, non li azzecco proprio i nomignoli oggi, eh- borbottò
- Vieni, ti accompagno da tuo fratello- disse Aiolia rivolto alla francese
Probabilmente era l’unica cosa saggia da fare per evitare scontri in quella zona. Daphne annuì, sorpassò Deathmask e seguì il greco che le faceva strada.
- Che tu lo sappia, Atena proibisce gli scontri tra Cavalieri-
- La prima parte del mio addestramento si è svolta qui, conosco le regole.-
Lui la guardò sorpreso. - Davvero? Eppure io non ti ho mai vista, e neppure Marin-
- Marin?-
Aiolia arrossì – Sì lei è… è una Sacerdotessa guerriera, cavaliere d’argento dell’Aquila-
Daphne sorrise. E anche il leoncino aveva una cotta. Pensò di stilare una tabellina per i Cavalieri barrando quelli “rincitrulluliti”.
- Mi addestrai insieme a Saga e tuo fratello Aiolos-
- Conosci Aiolos?-
- Certo. Una brava persona-
- Un vero Cavaliere, devoto alla nostra Dea fino al midollo.- concordò Aiolia orgoglioso
Ormai avevano raggiunto la Quinta Casa. Una donna in armatura con una maschera sul volto stava sulla soglia.
- Allora? Cosa stava succedendo?-
- Niente, un piccolo fraintendimento. Sai com’è fatto Deathmask- rispose il Cavaliere
Daphne scrutò quella che dedusse essere Marin. Così quella era una Sacerdotessa, quello che anche lei sarebbe dovuta diventare. Rabbrividì al solo pensiero di indossare una maschera come quella allo scopo di mascherare la propria femminilità. Sentì la rabbia montarle in corpo. Avrebbe preso volentieri quell’affare per frantumarlo in mille pezzi, ma pensò che non fosse una buona idea visto che aveva già un litigio all’attivo per quel giorno. Si limitò a salutarla educatamente, poi chiese ad Aiolia il permesso di attraversare la Casa del Leone.
- Puoi andare da sola o devo accompagnarti per evitare che tu faccia a botte anche con gli altri?- chiese dubbioso
- No, terrò a bada i bollenti spiriti. Grazie del pensiero.-
Si avviò a passi decisi lasciando ondeggiare il mantello dorato. Oltrepassò velocemente la sesta casa, dato che il suo custode non era al Santuario al momento, bensì sull’Isola di Delo a risvegliare il corpo di Artemide.
Trovò il Cavaliere d’oro di Libra seduto sui gradini davanti alla Settima Casa.
- Buongiorno Cavaliere- la salutò cordiale alzandosi in piedi
Non sapeva perché, ma quell’uomo le ispirava simpatia – Buongiorno anche a te, chiamami pure Daphne-
- Un bel nome. Io sono Dohko- si presentò porgendole la mano
Lei la strinse – Il Maestro dei Cinque Picchi di cui parlavano Saga e Aiolos?-
- In persona. Nella versione più giovane, comunque. –
- Chiedo il permesso di attraversare la casa della Bilancia- disse allora, tornando al vero motivo della sua presenza
- Uff, tutti questi formalismi. Certo che puoi passare. Siamo alleati, o no?-
- Così sembra-
Lui mostrò un sorriso sghembo – Beh, buona scalata. Con questo caldo, credo che me ne starò qui seduto tutto il giorno. Tanto per non perdere le vecchie abitudini. Invece che una cascata fisserò il sole o il soffitto-
Daphne accennò una risata – Non intendo rubarti altro tempo utile allora-
Mosse un passo, ma in quel momento fu investita da un’ondata di tristezza proveniente dal Cavaliere di Libra. Si fermò, indecisa sul da farsi. Il suo compito non era fare da psicologo, né tanto meno aveva il diritto di farsi gli affari degli altri, però…
- Perché ti sei fermata?-
- C’è qualcosa che non va, Dohko?- si decise a chiedere
Lui si sedette su un gradino e sospirò – Empatia?-
Lei lo imitò – Come lo hai capito?-
- Il fatto che ti sia fermata implica che hai percepito qualcosa, ma mi hai chiesto cosa non andava, quindi riesci a sentire ciò che turba le persone, ciò che provano, ma non il motivo-
- In certi casi riesco a capire anche quello, ma non sempre. Comunque la mia domanda resta la solita-
Dohko prese fiato – Nostalgia. Mi manca Sion, il mio compagno di battaglia, il mio migliore amico. È dura pensare di essere il solo a essere tornato in vita-
- Certe volte un amico è proprio ciò di cui hai bisogno- concordò la ragazza
Lui la guardò di sottecchi – Non mi risulta che tu abbia solo un amico alla Terza Casa, o sbaglio?-
Lei alzò gli occhi al cielo – Ma è di dominio pubblico? Comunque ho anche un amico alla Terza Casa-
Dohko si stiracchiò – Sion mi mancherà è vero, ma ho anche altre persone. Ho una Dea da proteggere e un allievo su cui vegliare, nonostante sia già un saggio cavaliere. Va’ pure, Daphne. Le mie sono solo nostalgie di un vecchio. Goditi la vita finché puoi-
- Strano sentirsi dire questo da un diciottenne. Comunque, ci si vede… matusa- lo salutò scherzosamente
Rimuginò sulle parole del Cavaliere di Libra mentre si affrettava a raggiungere l’Ottava Casa prima di sciogliersi al sole. Un po’ di caldo faceva bene, certo, ma forse doveva avere il tempo di riabituarcisi. Finalmente raggiunse il tempio in questione. Quella doveva essere la dimora di Milo, il Cavaliere che, se le sue percezioni-osservazioni-supposizioni erano giuste, era anche il fidanzato del suo fratellino.
- Milo? Sei qui?- chiamò
Rumori di oggetti che cadevano e borbottii vari raggiunsero le sue orecchie - Milo?- provò di nuovo
- Uffa, non si può neanche lottare in pace con gli armadi al giorno d’oggi. Chi osa interrompere le mie battaglie?- mugugnò il Cavaliere dello Scorpione spuntando dal corridoio che conduceva agli alloggi privati.
Non indossava l’armatura. Aveva indosso solo un paio di jeans aderenti e degli anfibi. In mano teneva una maglia un po’ sgualcita.
- Battaglie?- indagò la francese
- Sai quanto è complicato e faticoso pigiare dentro l’armadio tutte le mie cose senza lasciarne fuori nessuna? Fosse per me le terrei in giro per la stanza, ma poi chi lo sente Camus: “Milo cos’è questa confusione?” “Milo, non puoi tenere la tua camera in questo modo indecente” …-
Fu interrotto dalle risate di Daphne
- È così divertente?-
- Sì, fidati- rispose lei, tra una risata e l’altra
Quando riuscì a calmarsi, notò che Milo era ancora senza maglia – Puoi indossarla, sai-
- Cosa? Ah già!- infilò la maglia coprendo la carrozzeria di pettorali, addominali, bicipiti & co che erano il marchio di fabbrica di un Cavaliere.
Milo notò il suo sguardo indagatore – Che c’è? Ti piacevo di più senza?-
Lei sorrise sorniona – No, è a Camus che piaci-
- Touché- commentò lo Scorpione - A proposito… Come l’hai capito?-
- Chiamala empatia, chiamalo spirito d’intuizione femminile. Sai, per certe cose noi donne abbiamo una marcia in più. In ogni caso basta guardarvi per capirlo-
Milo arricciò le labbra dubbioso. Quell’atteggiamento gli dava una buffissima aria da bambino troppo cresciuto.
- Andavi a trovare tuo fratello?-
- Esattamente-
- Trovata qualche difficoltà lungo la via? Non so… magari verso la Quarta Casa?- indagò il greco
- Cosa te lo fa pensare?- chiese Daphne sulla difensiva
Lui scrollò le spalle – Oltre al fatto che ieri hai guardato Deathmask in cagnesco? Niente direi-
Lei sospirò – L’ho soltanto lanciato contro una colonna-
- Aha, lo sapevo- disse Milo ridendo
- Mi aveva offesa- cercò di difendersi la ragazza
- Sappi una cosa allora. Non starlo ad ascoltare, non aspetta altro che attaccare briga… Tornando a Camus, facciamo la strada insieme?-
- Perché no?-
Neanche il tempo di fare un passo che Milo ricominciò a parlare, Daphne era dell’idea che nemmeno una maledizione l’avrebbe zittito.
- Raccontami qualche aneddoto su mini-Camus, dai- iniziò a punzecchiarla
- Ho come l’impressione che non mi lascerai in pace finché non ti avrò accontentato- sospirò rassegnata la ragazza
- Visto? Iniziamo a conoscerci-
Il Cavaliere dello Scorpione indossò la propria armatura dorata e si avviò all’esterno, Daphne al seguito. Non ebbero nemmeno il tempo di raggiungere la Nona Casa che un razzo con i capelli arancioni li investì.
- Kiki! Che succede?- chiese Milo
- Shaka è tornato, c’è anche Artemide con lui!- gli spiegò tutto infervorato – Stavo andando a riferire tutto a Lady Saori-
Detto ciò corse via
***

- Maestro?- chiese Hyoga, affacciandosi titubante nella biblioteca dell’Undicesima Casa
- Sì?- rispose pacata la voce di Camus, seduto su una morbida poltrona a leggere.
- Posso?-
- Praticamente sei già entrato- notò freddamente Aquarius
- Se disturbo, torno più tardi- disse allora il Cigno, con una nota dispiaciuta nella voce
Non era quello che intendeva dire Camus. Perché doveva essere così difficile comunicare senza fraintendimenti? Con Milo non aveva questo tipo di problema, con lui bastava uno sguardo per capirsi. Ma Hyoga non era Milo. Cercò di rimediare all’errore appena commesso.
- No, non disturbi. Vieni pure- cercò di addolcire il suo normale tono altero e distaccato, ma il risultato fu abbastanza deludente
Hyoga avanzò comunque nella stanza e si sedette sul divano di fronte a Camus. Rimase poi in silenzio.
“Per piacere, di’ qualcosa” pensò il Cavaliere dell’Undicesima dopo quelle che gli parvero ore. Non sapeva cosa fare, cervello in pappa. Poi, dai meandri della mente, giunse il ricordo delle parole del suo allievo.
- Dovevi chiedermi qualcosa?- chiese allora, chiudendo il tomo che teneva poggiato sulle ginocchia
- Ecco… Lady Saori ci ha detto che sarebbe meglio che anche noi cavalieri di bronzo restassimo qui al Santuario. Mu e Aldebaran si sono già offerti di ospitarci, Sirio starà alla Settima Casa con il suo Maestro e mi chiedevo se… Se potevate ospitarmi qui alla vostra casa, Maestro-
- Non devi più chiamarmi maestro, Hyoga-
- Perché?-
Quel perché detto così innocentemente gli ricordò tantissimo il bambino che giunse in Siberia anni prima. Quanto tempo era passato da allora. Hyoga non era più un bambino adesso, era cresciuto ed era un Cavaliere di Atena a tutti gli effetti. Un Cavaliere di Atena a cui aveva tramandato tutte le sue tecniche, perfino le più difficili. Non aveva niente di cui lamentarsi, era orgoglioso di ciò che Hyoga era diventato. Era migliore di lui sotto molti aspetti.
- Perché io ti ho insegnato tutto quello che so. Tu non hai più bisogno di un Maestro- disse piano Camus, alzandosi per rimettere a posto il libro e cercando di nascondere le emozioni che minacciavano di sopraffarlo di nuovo come era successo con Milo quella stessa mattina.
Sentì Hyoga sospirare profondamente – Avete ragione. Non mi serve più un maestro… Io… io ho bisogno di un padre-
Camus lasciò cadere il libro che aveva in mano. Lo aveva detto davvero? E se non si stesse riferendo a lui? Ma allora perché sarebbe venuto a parlare con lui?
Il giovane russo si alzò e raccolse il libro da terra. Lo posò su uno scaffale, poi si rivolse a Camus guardandolo con gli occhi lucidi – Siete come un padre per me, io… volevo che lo sapeste-
Detto questo Hyoga si voltò e fece per andarsene. Camus non capiva più niente, il cuore che batteva fortissimo. Allora aveva ragione Milo? Sentiva l’impellente bisogno di abbracciare il suo ex-allievo, di fargli capire quanto in realtà tenesse a lui, ma non riusciva a fare niente. Soltanto allora gli balenò nella mente l’immagine degli occhi lucidi di Hyoga. Stava piangendo per colpa sua?
Non seppe perché, ma gli tornò alla mente un ricordo di tanti anni prima, quando Hyoga era arrivato da poco in Siberia. Fuori infuriava una tormenta, Isaac dormiva sereno, ma il piccolo russo era preda di incubi sulla morte della madre. Si era intrufolato nel letto di Camus e gli si era raggomitolato vicino, bisognoso di protezione. Quel gesto aveva sciolto il proverbiale cuore di ghiaccio del Cavaliere dell’Acquario, che non aveva potuto fare a meno di circondare con un braccio e stringere a sé quella piccola creatura impaurita.
Camus riuscì finalmente a riprendere controllo del suo corpo. Allungò una mano per fermare il braccio di Hyoga e lo abbracciò forte, cercando di trasmettergli tutti i sentimenti che in quegli anni aveva seppellito sotto strati di ghiaccio. Il giovane ricambiò la stretta.
- Puoi restare qui quanto vuoi- disse il francese quando riacquistò la facoltà di parlare
Sentì Hyoga mormorare contro la sua spalla – Grazie… papà-
 
Nota dell’autrice: per chi non capisse il senso della parola “rincitrullulito” lo invito a farsi un rewatch di Bambi (sì, il cartone animato), in alternativa può tentare di salvare Saga dalle grinfie di Kanon!
Spero che la mia storia vi stia piacendo e… a presto! =^-^=

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Capitolo 7
*** La Dea della Caccia ***


Capitolo 7 – La Dea della Caccia
 
Milo attraversò la Nona e la Decima Casa di corsa: doveva avvertire Camus che Artemide era finalmente giunta al Santuario. Daphne aveva preferito andare incontro alla sua Dea di persona, promettendo però di fermarsi prima della Quarta Casa. “La prudenza non è mai troppa” aveva detto lei “e non sono sicura di resistere alla tentazione di spezzare le chele a quel granchio”. Milo era scoppiato a ridere in risposta.
Finalmente raggiunse la Casa dell’Acquario. Si mosse a passi decisi verso la biblioteca dove, era sicuro, avrebbe trovato Camus. La scena che si trovò davanti lo lasciò interdetto, e ce ne voleva per zittire Milo dello Scorpione. Trovare Camus intento ad abbracciare il suo allievo con fare paterno non era una scena che si ripeteva tutti i giorni. Onestamente, credeva che gli sarebbe occorso molto più tempo per riuscire a chiarire la questione con Hyoga. Non aveva intenzione di rovinare quel momento, ma sapeva che l’Aquario si sarebbe arrabbiato moltissimo a sapere che una Dea stava già salendo le Dodici Case senza che lui ne fosse informato. Milo si schiarì la voce per annunciare la sua presenza.
Hyoga sollevò lo sguardo e lo vide - Ciao Milo!- lo salutò allegro
Camus fulminò Milo con lo sguardo mentre si scioglieva dall’abbraccio. “Guardami pure storto, tanto non ce la fai a restare arrabbiato con me” pensò il greco trattenendo un sorrisetto.
- Cosa vuoi?- chiese l’Acquario, gelido come sempre
- Mmh, Artemide è arrivata al Santuario e sta salendo le Dodici Case per andare a parlare con Atena, credevo ti interessasse-
Camus aggrottò le sopracciglia biforcate e indossò l’armatura – Me lo dici solo ora? Muoviti, dobbiamo andare alla Tredicesima Casa-
- Ehi! Sono venuto a dirtelo appena l’ho saputo-
Anche Hyoga indossò l’armatura – Sarà meglio che vada a cercare Seiya e gli altri-
Uscirono tutti e tre dall’Undicesima Casa, i due Cavalieri d’Oro diretti verso quella dei Pesci, il Cigno nella direzione opposta.
- Allora? Vi siete chiariti?- chiese Milo anche se conosceva già la risposta.
Camus sorrise – Avevi ragione-
- Come sempre- concordò lo Scorpione
Il francese accelerò il passo indispettito
- Dai Cam! Te la prendi proprio per tutto- rise il biondo
Raggiunsero la Casa dei Pesci dove un Aphrodite appena sveglio, a giudicare dall’aspetto dei suoi capelli, si lamentava a voce alta.
- Insomma, non mi sembra proprio il modo!-
- Cos’è successo?- indagò Milo, curioso come sempre
- Succede che quel bambino non aveva voglia di aspettare che rimuovessi tutte le rose velenose e quasi perde i sensi correndoci in mezzo, fortuna vuole che mi possa muovere alla velocità della luce e l’abbia fermato in tempo! Per non parlare del fatto che una Dea decide di arrivare al Santuario di prima mattina e io mi sono appena svegliato! - disse tutto d’un fiato lo svedese
- Terribile- commentò Milo ironico
Sarebbe anche scoppiato a ridere se Camus non l’avesse gelato con lo sguardo. Letteralmente.
Restava il fatto che Aphrodite scarmigliato era uno spettacolo più unico che raro.
- Tutti i Cavalieri d’Oro dovranno trovarsi nella Tredicesima Casa quando Artemide ne varcherà la soglia. Ti conviene affrettarti- lo informò il Signore delle Energie fredde con voce glaciale
Aphrodite sbuffò – Sì, sì lo so. Voi avviatevi. Vi raggiungerò in tempo- li liquidò con un cenno della mano
Camus non se lo fece ripetere due volte e si avviò con passo deciso, seguito a ruota da Milo.
- Con quei capelli era da foto- commentò lo Scorpione, una volta giunto a distanza di sicurezza dalle orecchie dello svedese
- Non essere stupido- commentò il rosso, nascondendo a stento un sorriso.
***
 
Le porte della Tredicesima Casa si spalancarono per lasciare entrare Mu e Shaka, che avevano accompagnato Artemide nella scalata delle Dodici Case. Si sistemarono nei ranghi insieme agli altri undici Cavalieri (compreso Kanon). Poco dopo dalle doppie porte entrarono la Dea della Caccia e il suo Cavaliere. Daphne avanzava poco dietro la sua Signora, la schiena dritta e il mantello ondeggiante dietro le ciocche ramate dei suoi capelli. Camus focalizzò la sua attenzione sulla divinità che aveva riportato in vita sua sorella per un motivo a lui ancora ignoto. Non era molto alta, o meglio, non superava il metro e ottanta come quasi tutti i presenti in quella sala. Il corpo minuto era vestito di una corta tunica argentata, ai piedi calzava classici sandali alla greca. Arco e faretra, anch’essi argentati, non potevano mancare per completare il ritratto della Dea cacciatrice. Sembrava uscita da un libro: la figura che avanzava nella sala era identica a molte delle illustrazioni che Camus aveva trovato nei libri più antichi ereditati dal suo predecessore. Una figura nel complesso poco imponente che poteva trarre facilmente in inganno. Bastava sentire la potenza del cosmo emanato per capire che Artemide non era una Dea da sottovalutare. Camus sperò con tutto il cuore che si rivelasse loro alleata: affrontarla si sarebbe rivelata un’ardua sfida. Tenne comunque i sensi all’erta, come dovrebbe fare ogni Cavaliere che si rispetti. Atena attese che l’altra divinità giungesse ai piedi del suo trono, poi parlò.
- Sono felice che tu sia giunta sin qui senza problemi, sorella-
- Non chiamarmi in questo modo, sai bene che non lo siamo- la voce di Artemide era ferma e autoritaria.
Saori si agitò un po’ sullo scranno. Non era proprio il miglior modo di iniziare un’amichevole conversazione - Il tuo Cavaliere è stato alquanto vago quando mi ha riferito di questa guerra predetta dall’Oracolo di Apollo. Contro chi dobbiamo combattere, è possibile saperlo?- chiese allora Atena, decidendo di andare subito al nocciolo della questione
- Mio fratello non è stato chiaro al riguardo. Per questo sono andata a indagare di persona sull’Olimpo-
- E cosa hai scoperto?- la incalzò Saori
- Finora tu e tuoi Cavalieri avete affrontato Poseidone e Ade, giusto?-
Si levò un mormorio di assenso da parte dei presenti
- Chi sono i tre fratelli che sconfissero Crono e si spartirono cielo, mare e oltretomba?- domandò ancora Artemide
Fu Saga a rispondere – Zeus, Poseidone e Ade-
Nel mentre che pronunciava quei nomi la verità iniziò a farsi spazio nella mente di tutti
- No…- mormorò Atena – Perché nostro padre vorrebbe…-
- Attaccare te, che l’umanità difendi? Forse il cielo non gli basta più. O più probabilmente, adesso che i suoi fratelli sono fuori circolazione, può permettersi di ingaggiare battaglia contro di te e i tuoi Cavalieri, conscio che né Poseidone, né Ade, interverranno a suo sfavore- concluse la signora della notte
- Un momento- intervenne Dohko - Intendete dire che Zeus attaccherà Atena? Insomma, è stato lui ad affidarle in compito di difendere l’umanità, o no?-
- Ciò che dici è giusto, Cavaliere di Libra-
Saori si scosse – E allora perché mi vuole combattere? Come fai ad esserne sicura?-
- Dubiti di ciò che ti dico?- chiese la Signora della Notte
- Ma gli altri dei? Tutto l’Olimpo deve essere messo al corrente- continuò Atena
- L’Olimpo ormai ne è al corrente- le rispose Artemide, mettendo una particolare enfasi sul verbo “è” - Mi ci sono recata di persona per controllare la situazione e farmi un’idea delle intenzioni degli altri Dei-
“E quali sono le tue intenzioni allora?” pensò Camus “Se l’Oracolo di Apollo ha previsto questo conflitto, perché non era a conoscenza di quelli precedenti contro Ade, Poseidone o Loki? O se lo era, perché non ha informato Atena? Qual è il motivo per cui hai riportato in vita mia sorella, Artemide? Qual è il tuo piano?”
Come se fosse riuscito a percepire i suoi pensieri, Milo si voltò verso di lui.
- Tutto bene?- chiese sottovoce
Il Cavaliere dell’Acquario scosse la testa e fortunatamente Milo capì che non era il momento giusto per parlare. Lo Scorpione tornò a fissare Artemide con la solita espressione sorniona velata però da un tocco d’inquietudine. Il francese vide con la coda dell’occhio sua sorella che lo fissava di sottecchi.
“Deve aver percepito il dubbio che mi affligge. Devo stare più attento. Se Milo ha ragione, o Daphne è a conoscenza dei piani della sua Dea e, con ogni probabilità, è d’accordo con lei, o non sa quali siano le sue intenzioni, come il resto di noi d’altronde”. Tornò con la mente a ciò che stava succedendo alla Tredicesima Casa.
- E cosa pensano gli altri Dei?- stava chiedendo Atena
- Mio fratello Apollo si è dichiarato neutrale, Ares è felice soltanto a parlare di guerra, figuriamoci a combatterla veramente. Era è d’accordo con Zeus, abbastanza ovvio se si considera che tu, Atena, non sei figlia sua, ma frutto dell’ennesimo tradimento. Per quanto riguarda…-
- Afrodite cosa pensa?- chiese Deathmask ghignando – Se vuole combattere me ne occupo io-
Aphrodite Cavaliere d’Oro dei Pesci lo avvelenò con gli occhi. In risposta il Cavaliere del Cancro scoppiò a ridere, ma un leggero colpo di tosse di Saga fu sufficiente a farlo smettere immediatamente. Nessuno si era dimenticato l’esperienza dispotica di Arles e tutti, compreso Camus, continuavano a provare un certo timore nei confronti del gemello maggiore.
Artemide intervenne per fare luce sui dubbi dell’italiano della Quarta Casa
- Afrodite è favorevole alla guerra, ma si riserva la facoltà di scegliere successivamente da quale parte schierarsi-
Aiolia aggrottò le sopracciglia – Che vuol dire?-
- Vuol dire che interverrà “a favore dell’eroe che la commuoverà di più”- spiegò la Dea della Caccia con tono sdegnoso.
Il Cavaliere del Leone non sembrava avere le idee molto chiare
- Aiuterà chi sarà protagonista della storia d’amore più interessante di tutte- tagliò corto Kanon alzando gli occhi al cielo
Anche il Cavaliere d’Ariete prese la parola – E il divino Efesto cosa pensa? Se non erro, nonostante il matrimonio, non sono mai andati molto d’accordo-
- Già- convenne Artemide – Infatti Efesto si è apertamente dichiarato neutrale-
- Demetra, Dioniso e Ermes cosa pensano?- chiese Dohko
- Dioniso ha detto che offrirebbe volentieri da bere a Zeus se vincesse, ma non ha intenzione di prendere parte al conflitto. Demetra sembrava intenzionata a dichiararsi neutrale, ma Era ha iniziato a confabulare con lei mentre me ne stavo andando quindi non sono certa della sua posizione. Ermes… non ci si può fidare di ciò che dice, è solito cambiare idea ogni minuto. Dopotutto, cosa si può pretendere dal dio dei viandanti e dei ladri?-
- Quindi contro di noi avremmo Zeus, Era e Ares sicuramente. Demetra, Ermes e Afrodite in forse. Efesto, Dioniso e Apollo neutrali. Giusto?- sintetizzò Aldebaran
- Poseidone ci ha aiutati a inviare le nostre armature nell’Elisio per dare manforte ai Cavalieri di Bronzo. Lui cosa ha intenzione di fare?- chiese Aiolos
- Ritengo che Poseidone sia rimasto troppo indebolito dall’ultima guerra contro di voi per prendere parte ad un conflitto. Non era nemmeno presente sull’Olimpo- rispose Artemide
- Ho un’altra domanda per te- riprese la parola Atena – Se tutti gli Dei presenti al consiglio sull’Olimpo si sono pronunciati sulla posizione che intendono assumere riguardo questo conflitto, tu cosa hai detto al Sommo Zeus, nostro padre?-
- Gli ho fatto capire che sono contraria a questo conflitto, ma che può ugualmente contare su di me nel caso in cui avesse bisogno- rispose la Dea
- Quindi gli hai mentito?- chiese esterrefatta la Signora della Saggezza
“O sta mentendo a noi” puntualizzarono i neuroni di Camus.
- In gran parte. Oh, andiamo Atena. Non fare quella faccia. Fargli credere di essere dalla sua parte in caso di bisogno vuol dire che potrebbe rivelarmi parti importanti dei suoi piani. Non credi? Inoltre lui ha sempre avuto fiducia in me, sfruttiamo questa cosa a nostro favore-
“Questa cosa non mi piace” pensò Camus. Una Dea che non aveva scrupoli a fare il doppio gioco ingannando il proprio padre non era l’alleato che il Cavaliere dell’Acquario sognava di avere a fianco in battaglia.
- Dimmi Artemide, perché hai deciso di schierarti dalla mia parte allora? Come faccio a credere che tu non stia cercando di ingannarmi come dici di aver fatto con nostro padre?- continuò a indagare Saori comportandosi, finalmente, da Dea della Sapienza.
- Zeus vuole conquistare tutto il mondo e tenere in scacco l’umanità. Chi mi assicura che nel caso di vittoria non decida che sono una figlia superflua e mi getti nell’abisso del Tartaro? Dovresti sapere cosa fece Crono ai figli. La storia insegna a non fidarsi dei propri parenti, l’hai studiata, no?-
- Quindi schierarti dalla mia parte ti garantisce più sicurezza? Non ti interessano minimamente la pace e la giustizia?-
- Certo che mi interessano la pace e la giustizia, Atena. Altrimenti mi sarei dichiarata neutrale invece di schierarmi con te, no?- rispose Artemide stizzita
- Però hai mentito a nostro padre. Perché non dirgli come la pensi  veramente?- continuò Atena
- Ma non capisci?- sbuffò la Dea della Caccia - Come tu hai imprigionato l’anima di Poseidone anche quella di Zeus può esserlo-
Saori aggrottò le sopracciglia – E come intendi imprigionarlo?-
- Sarà lui stesso a dirmelo, credendomi dalla sua parte- Artemide fece una pausa – Credi che una bugia possa essere un equo prezzo da pagare per vincere la guerra? O preferisci perseguire la via dell’onestà? Se così credi andrò da nostro padre e gli rivelerò le mie vere intenzioni. In fondo sei tu la Dea della Saggezza, quindi rispetterò la tua decisione. Sappi però che se io dirò a Zeus che, secondo me, lui è nel torto, né io né il mio Cavaliere muoveremo un dito a tuo favore in questa guerra. Anch’io voglio la pace e la giustizia, ma non bramo il sacrificio, non metterò a repentaglio la mia vita e quella di Daphne per aiutare una Dea che rifiuta di vincere perché aborra l’inganno- concluse Artemide
Atena drizzò la schiena sullo scranno – Meglio fallire con onore anziché riuscire con l'inganno. Comunque, ti prego di lasciarmi qualche minuto per consultarmi con i miei Cavalieri. Dopodiché saprò dirti la nostra decisione-
Detto questo si alzò e si diresse dietro la tenda che copriva il fondo della sala. Camus e gli altri Cavalieri la seguirono. Imboccarono un passaggio sotterraneo che li condusse all’interno della Torre della Meridiana. Dopo aver salito qualche rampa di scale sbucarono in una stanza con un grande tavolo circondato da quattordici scranni. Su dodici di essi vi erano scolpiti i simboli delle costellazioni dello zodiaco. Numerose colonne incorniciavano la sala e su dodici di esse campeggiavano le statue delle dodici costellazioni, che all’ingresso dei Cavalieri iniziarono a emettere un bagliore dorato. I guerrieri si scambiarono sguardi interrogativi, nessuno di loro era mai stato in quel posto.
Atena si avvicinò a uno dei troni senza simbolo situato a capotavola. L’unica particolarità dello scranno era una piccola civetta intagliata sulla cima dello schienale - Sono la Dea della Giustizia, questo vuol dire che tengo conto anche dei pareri dei miei Cavalieri, in quanto guerrieri più esperti di me. Questa è la Sala d’Oro, il luogo del Santuario dove si tiene il Chrysos Synagein, la riunione di tutti i Gold Saint. Come potete vedere vi è un trono per ognuno di voi…-
Kanon si lasciò sfuggire un debole colpo di tosse
-… ognuno di voi tredici Cavalieri d’Oro- terminò Atena
- Temo che vi sia sfuggito un dettaglio- disse il minore dei gemelli – io non indosso nessuna armatura d’oro al momento-
Saori sorrise – Sono sicura che potremo rivolgerci ad Efesto per questo. Non vedo perché non possa avere un’altra armatura dei Gemelli visto che nelle mie schiere ho due Cavalieri degni di essa. Per il momento siediti pure sul seggio della Terza Casa, Kanon-
Kanon sembrò confuso e lanciò uno sguardo interrogativo al gemello. Camus pensò di aver capito dove volesse arrivare la loro dea. In una guerra c’è bisogno di un comandante. E il comandante dei Cavalieri di Atena era il Grande Sacerdote… e chi poteva essere Grande Sacerdote se non…
- Saga- disse Atena rivolgendosi al maggiore dei gemelli – Ti prego di sederti di fronte a me, al posto del Grande Sacerdote-
… il Cavaliere d’Oro riconosciuto come più forte perfino da Loki?
Saga sbiancò – Atena, io… Non posso…-
- Nonostante tutto, sei il mio Cavaliere con più esperienza. Hai commesso degli errori, questo è vero, ma questo ti impedirà di compierli ancora. Sbagliando si impara, si dice. Inoltre, molti ti considerano il Cavaliere d’oro più forte. I nemici indietreggiano soltanto a sentire il tuo nome-
- E hanno ragione- mormorò Saga – Atena vi prego…-
- Non te lo sto chiedendo Gemini, questo è un ordine- tagliò corto Atena
- Agli ordini, allora- Saga si mosse e andò a sedersi sullo scranno dedicato al Grande Sacerdote posto all’altro capotavola
Saori sospirò e fece cenno anche agli altri Cavalieri di prendere posto.
- Vediamo di essere rapidi. A differenza di Artemide, a me piace essere di parola. Cosa pensate, miei Cavalieri?-
- Che è astuta- iniziò Milo – Più di quanto mi aspettassi dalla dea della caccia-
Kanon annuì in approvazione – Sarebbe problematico ritrovarsela contro-
- Sì - concordò Dohko – Non dobbiamo assolutamente sottovalutarla-
- Io non capisco- intervenne Aiolos – Non si fa scrupoli a mentire e a combattere contro il proprio padre. Perché non confrontarsi con lui verbalmente? Magari potrebbe farlo ragionare ed evitare così una guerra-
- È quello che penso anch’io, ma volevo conoscere il parere di tutti voi- rispose pacata Saori
- Chi se ne frega se è suo padre- prese parola Deathmask – Lei pensa a salvarsi la pelle e fa bene. Dopotutto chi glielo fa fare di difendere la pace sulla Terra? Mica ci guadagna qualcosa, nemmeno un pacchetto di cicche-
Aphrodite storse il naso – La tua schiettezza ci illumina come sempre-
- Grazie per aver apprezzato, bocciolo-
Il Cavaliere dei Pesci lo fulminò con lo sguardo – Ringrazia che non ho le mie rose qui con me…-
Mu cercò di placare gli animi – Siamo qui per confrontare le nostre opinioni non per commentarle-
- Esatto- intervenne Shaka. Tutti i presenti si voltarono verso di lui
-Dobbiamo decidere se accettiamo o no Artemide come alleata, al prezzo di basare le nostre migliori possibilità di vittoria su un inganno-
- Tu cosa pensi, Virgo?- lo interrogò Atena
- Ritengo che far prevalere la pace sia della massima importanza. Quanto ai mezzi per farlo, ognuno sceglie la via che ritiene più adatta. C’è chi sacrifica vite sul campo e chi ricorre a meschini espedienti. Non c’è strategia migliore se non quella che ognuno di noi ritiene tale- rispose l’Illuminato
- E quale sarebbe la migliore secondo te?- chiese Aldebaran, visibilmente concentrato per non lasciarsi sfuggire anche solo una parvenza di riposta velata dalle parole dell’indiano.
- Non c’è alternativa migliore. Ci sono alternative efficaci ed efficienti, ma soltanto mettendole in pratica potremmo raggiungere la soluzione. Avendo una sola possibilità, siamo costretti a decidere secondo i criteri che riteniamo più giusti…-
Kanon alzò gli occhi al cielo, Deathmask sbuffò, Aiolia iniziò a dare segni di insofferenza e Milo si schiarì la voce con impazienza. Gli occhi di tutti furono allora puntati sullo Scorpione.
- Doveva essere una cosa veloce- si giustificò lui – E, non per essere scortese Shaka, ma se aspettiamo che tu ci dia una risposta la battaglia è già finita-
Aiolia mormorò in approvazione
- Insomma – continuò Milo – non possiamo permetterci di farci sfuggire non una, ma due alleate. Voi non c’eravate, ma io e Camus abbiamo visto Daphne far fuori tre guerrieri, che suppongo appartenessero alla legione di Zeus, in un solo colpo. Artemide non avrà un esercito, ma il suo Cavaliere vale più di tutti i nostri Silver Saint messi insieme-
- Può combattere alla pari con un Cavaliere d’Oro senza problemi- concordò Saga, mettendo fine al suo mutismo – Non credo che tutti voi lo sappiate, ma Daphne ha iniziato qui il suo addestramento. Già a quel tempo il suo cosmo era molto potente. Durante la permanenza negli Inferi Artemide l’ha addestrata, sono sicuro che avrei serie difficoltà a batterla in un duello-
- Per non parlare dei suoi poteri empatici- aggiunse Kanon
- Dunque cosa suggerite?- chiese Atena
I gemelli si scambiarono una rapida occhiata, come per assicurarsi di avere la stessa cosa in mente
- Non possiamo lasciarci sfuggire l’opportunità di avere Artemide e il suo Cavaliere dalla nostra parte…- iniziò il maggiore
- Diresti la stessa cosa anche se tu non ti portassi a letto la rossa?- lo interruppe Deathmask
Il modo in cui lo disse non piacque né al fidanzato né tantomeno al fratello della nominata - Modera i toni, Cancer- intervenne Camus – È di mia sorella che stai parlando-
L’italiano scrollò le spalle. – Tanto oggi non è giornata, litigo con tutti- bofonchiò
- Deathmask, sii serio- lo rimproverò Shura con voce bassa.
Saori spostò lo sguardo sul Cavaliere dell’Undicesima Casa – Non hai ancora preso parola, Aquarius. Dimmi, cosa pensi di Artemide?-
- Penso che abbiamo bisogno di lei. Una divinità in più al nostro fianco sarà di notevole aiuto. Inoltre, Zeus potrebbe rivelarle come rinchiudere la propria anima affinché lei impedisca che si avveri, teoricamente. Stando a quanto è scritto sui libri, Artemide e Zeus difficilmente si sono trovati contro. Dobbiamo sfruttare questa cosa a nostro favore-
Atena sospirò – Quindi dobbiamo fidarci di lei?-
Il francese scosse piano la testa – Propongo di sfruttare la sua alleanza, ma non possiamo fidarci di lei. Niente ci garantisce che non stia ingannando anche noi-
- Un momento- intervenne Dohko – Chi ci dice che Artemide non faccia il doppio gioco per Zeus? Magari conta di conquistare la nostra fiducia per aiutarlo a vincere-
- No- disse Saga –Probabilmente…-
-… ha un terzo fine che non è né a vantaggio nostro né di Zeus- terminò Kanon per lui
Camus annuì. I gemelli avevano dato voce ai suoi dubbi.
Saori aggrottò le sopracciglia – Come possiamo allearci con una persona di cui non ci si può fidare per combattere una guerra?-
- Fidatevi Atena- la tranquillizzò il gemello minore – Si può fare benissimo-
- E come?-
- Terremo d’occhio ogni sua mossa. E in caso di necessità… Come abbiamo sconfitto Poseidone, Ade e Loki, possiamo farlo anche con lei- rispose Saga
Aiolos alzò le mani – Aspettate, voi volete allearvi con qualcuno…-
-Tenendo questo qualcuno con un pugnale contro la schiena- lo interruppe Kanon
- Ma…- tentò di protestare il Saint del Sagittario
- Terrei a puntualizzare che anche noi potremmo averne uno contro la nostra di schiena- lo interruppe Milo
Atena sospirò – Dohko, tu cosa ne pensi?- chiese, rivolgendosi al Maestro dei Cinque Picchi
L’interpellato respirò a fondo – Temo che Camus e i gemelli abbiano ragione. Abbiamo bisogno di Artemide come alleata, ma non possiamo fidarci di lei. Dobbiamo tenere d’occhio anche il suo Cavaliere, i suoi poteri non sono da sottovalutare-
- Quindi la maggior parte di voi è propensa ad accettare l’alleanza?- riassunse Saori
- Non mi sembra che abbiamo alternative migliori- sentenziò Aphrodite rigirandosi un ricciolo tra le dita
Aiolos continuava a scuotere la testa contrariato
Saga si massaggiò una tempia – La cosa non ti convince, Aiolos?-
Il Sagittario fissò i propri occhi in quelli smeraldo dell’amico – Neanche un po’. Ci stiamo buttando nell’acqua alta da soli e rischiamo di affogarci-
- Noi abbiamo il salvagente però- ribatté il neo proclamato Grande Sacerdote
- E quale sarebbe? Spiare Daphne per capire le mosse della sua Dea?-
- No- intervenne Kanon – È una daga d’oro ammazza-dei che terremo sempre a portata di mano-
- I pugnali bucano i salvagenti – continuò imperterrito Aiolos
- Basta così- sentenziò Atena – La maggior parte di voi intende accettare l’offerta di Artemide, giusto?-
- Con la clausola del ti-uccido-se-mi-tradisci-o-almeno-ci-provo – aggiunse Milo
Qualche Cavaliere lasciò andare una debole risata
- Con quella clausola- concesse Saori – Siete d’accordo?-
Saga, Kanon, Camus, Milo, Dohko, Aphrodite, Shura e Deathmask, dopo che l’italiano ebbe sbuffato un “Eh oh, non c’è tanta scelta”, annuirono subito. Mu, Aiolia e Aldebaran li seguirono dopo essersi consultati con gli sguardi. Aiolos continuò a scuotere la testa, Shaka rimase impassibile con le palpebre serrate.
- Allora è deciso- Atena si alzò e fu immediatamente imitata dagli altri Cavalieri – Saga, in quanto mio nuovo Grande Sacerdote, lascio a te il compito di decidere come terremo sotto controllo le mosse di Artemide e del suo Cavaliere-
Saga fissò la Dea intensamente – Come ordinate-
Saori sembrò soddisfatta – Andiamo a dire ad Artemide che accettiamo la sua offerta-
***
 
- Sono sicura che la nostra collaborazione porterà ottimi risultati- commentò Artemide dopo che la decisione le fu riferita
“Ottimi risultati. Sì, ma per chi?” pensò Milo dubbioso
Lasciò cadere lo sguardo sulle vetrate. Il sole stava iniziando a calare sul Grande Tempio, il consiglio era durato più del previsto. Anche Atena se ne accorse.
- Artemide, la Tredicesima Casa può ospitarti per la notte, se lo desideri-
- Non devi preoccuparti. La notte è la mia dimora e la Luna è mia ospite- rispose la Dea della Caccia – Se hai bisogno di me, Atena, rivolgiti al mio Cavaliere-
Detto ciò, la Dea si voltò e uscì dalle doppie porte con passo leggero.
“Un po’ strana è”
- Miei Cavalieri, potete tornare alle vostre occupazioni- li congedò Saori
I Gold Saint s’inchinarono e ruppero i ranghi. Milo vide Saga allontanarsi abbastanza spedito seguito a ruota dal fratello. Lo Scorpione si voltò allora verso Camus, sembrava abbastanza pensieroso.
“Di questo passo i suoi neuroni chiederanno uno sciopero” pensò
Gli si avvicinò e gli sfiorò furtivamente una mano. Nessuno sapeva di loro due, a parte Daphne e forse Mu o Aiolia. Né Milo né Camus avevano idea di cosa avrebbe detto Atena se ne fosse venuta a conoscenza. Per quanto ne sapeva il greco, a due Cavalieri non era vietato essere una coppia, ma non ne era sicuro al 100% vista la sua scarsa conoscenza, e osservanza, delle regole. Il francese si voltò verso di lui.
- Andiamo?- chiese allora lo Scorpione
Lui annuì, ma prima di avviarsi, si rivolse alla sorella che si trovava ancora nella Tredicesima Casa - Je voudrais parler un peu avec toi, si ça te fait rien-
- Pas de problèmes. Nous allons parler cette soir, ça va?- rispose Daphne
- Ça va bien-
Camus si voltò e uscì dalla Tredicesima Casa, Milo al seguito.
- Traduzione?- chiese il biondo
- Eh?-
- Che cosa avete detto? Non capisco il francese io- si lamentò lo Scorpione
- Le ho detto che vorrei parlarle- spiegò allora l’Acquario
- E lei che ti ha risposto?-
- Che parleremo stasera-
- Uffa- brontolò Milo – Io avevo altri programmi per stasera-
Il francese lo guardò – Da oggi Hyoga sarà ospite nella mia Casa. Quindi frena i tuoi istinti, Milo-
Il greco mise il muso – Però non è giusto-
 
Nota dell’autrice: cosa ne pensate delle parole della Dea della Caccia? Atena e i suoi Cavalieri hanno fatto la scelta giusta o hanno fatto il passo più lungo della gamba?
Lascio le vostre testoline a rimuginarci su…
 

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Capitolo 8
*** Vorrei potermi fidare di te ***


Capitolo 8 –  Vorrei potermi fidare di te


Dopo aver assistito a una divertente litigata tra Deathmask e Aphrodite, Milo e Camus raggiunsero finalmente la Casa dell’Acquario.
- Troppo forti- sghignazzò Milo – Credi che Deathmask avrà veramente il coraggio di nascondere tutti i rossetti di Aphrodite?-
- È più probabile che Aphrodite tempesti la Quarta Casa di rose come ha minacciato di fare- commentò Camus
- Tanto è già orrenda, peggio di così è dura-
Si tolsero le armature e sbucarono in cucina.
“Mmh, Hyoga non si vede” pensò Milo “Che peccato”
Spinse il compagno contro il tavolo e lo baciò con trasporto. Un Camus non troppo contrariato gli passò un braccio intorno alla vita per avvicinarlo di più a sé.
- Maestro? Siete tornato?- chiamò la voce di Hyoga poco lontano
Il rosso fu costretto ad allontanare Milo in fretta e furia.
- Sì, Hyoga- rispose
Poco dopo il russo fece la sua comparsa sulla soglia.
- Certo che è durata abbastanza questa riunione- commentò – Milo che ci fai qui?-
“Che domande, mi faccio il tuo maestro” pensò lo Scorpione, ma ipotizzò che non fosse la cosa più arguta da dire, considerando l’età di Hyoga e, soprattutto, il carattere di Camus.
- Avevo fame e volevo scroccare uno spuntino- disse allora facendo l’occhiolino – Tu hai fame?-
Il Cigno ci pensò un po’ su, poi annuì.
- Che bello! Cuciniamo qualcosa allora!- esclamò Milo tutto contento avvicinandosi al frigo.
- No- lo fermò Camus – Allontanati da lì!-
- Perché?- chiese innocentemente il greco
- Perché sei un danno in cucina-
- Tsk, sta’ a vedere-
Furono interrotti dalla risata di Hyoga.
Milo vide Camus irrigidirsi. Perché faceva così? Lo avevano fatto ridere, cosa c’era di male? Poi capì. Probabilmente il suo compagno aveva paura di sembrare sciocco o patetico agli occhi del suo allievo. “Che stupide paranoie”.
- Ti diverti, Hyoga? Su, vediamo cosa sai fare te - lo provocò Milo
Hyoga tossicchiò – Non sono proprio una cima. Insomma, a villa Kido ci sono decine di cuochi e quando siamo fuori Seiya ci trascina nel primo fastfood che trova-
- C’è sempre una prima volta. Forza, tanto peggio di me non puoi fare- continuò lo Scorpione
Il russo guardò verso il maestro – Non voglio combinare guai-
“Servita sul piatto d’argento. Forza papà-Camus, abbocca!” lo spronò mentalmente il greco
- Milo ha ragione, peggio di lui è impossibile. Vieni, dammi una mano come facevi in Siberia-  lo invitò Camus con un accenno di sorriso
“Sì” esultò Milo “Ha abboccato”
Gli occhi di Hyoga si illuminarono e si avvicinò al maestro. – Cosa devo fare?-
Camus si spostò un ciuffo di capelli dagli occhi con aria pensierosa. – Prendi la padella dentro quel mobile laggiù- disse poco dopo indicando il mobile in questione all’allievo.
Nel mentre l’Acquario iniziò a tirare fuori dal frigo e dalla dispensa ciò di cui aveva bisogno.
- Ehm – si intromise Milo – E io che faccio?-
- Tu apparecchi e stai-lontano-dai-fornelli- ordinò Camus
Milo si avviò mogio mogio alla ricerca di tovaglia, piatti, posate e bicchieri. Dopotutto non era colpa sua se quella volta aveva bruciato tutto quello che c’era ai fornelli e aveva quasi sciolto un piatto nel microonde. Per non parlare delle uova rotte in terra e dei gusci finiti dentro il cibo, quella era colpa della forza di gravità.
- Trovata!- esclamò Hyoga – E ora?-
- Olio e aglio in padella e accendi il fuoco- rispose Camus
- Sì, papà-
Hyoga si bloccò rendendosi conto di ciò che aveva appena detto. Si voltò verso Camus per vederne la reazione. Con sommo stupore dei due biondi presenti nella stanza, il francese continuò a tirare fuori dal frigo ciò che gli serviva come se non fosse successo niente. Poco dopo si voltò e vide l’allievo ancora fermo.
- Che c’è Hyoga?-
- Ehm, niente- si riprese il Cigno andando alla ricerca di olio e aglio.
Milo si avvicinò allora al compagno e gli baciò teneramente la guancia mentre Hyoga era voltato. – Ben fatto- mormorò mentre Camus arrossiva
***
 
A fine cena Hyoga nascose l’ennesimo sbadiglio con la mano.
- Stanco?- chiese Milo
Il russo annuì – Io e gli altri Cavalieri di Bronzo ci siamo allenati tutto il giorno. Seiya aveva voglia di sfogarsi perché Atena non aveva chiamato anche noi alla riunione-
“Arrogante, quel Pegasus” pensò Camus
- Beh, le riunioni di una certa importanza sono riservate ai Cavalieri d’Oro, credevo lo sapesse- commentò Milo
- Forse lo sapeva, ma sperava che Lady Saori facesse un’eccezione. Comunque…- disse Hyoga alzandosi - … credo di aver bisogno di una bella dormita-
Guardò verso Camus, come a cercare una muta autorizzazione.
- Va’ pure- rispose allora il francese all’implicita richiesta – Per qualsiasi cosa… basta che tu chieda-
Hyoga accennò un sorriso – Grazie, maestro. Buonanotte-
- Buonanotte, Hyoga- augurò Camus mentre osservava il profilo dell’allievo allontanarsi verso la camera da letto.
Appena il Cigno fu del tutto fuori portata d’occhio e d’orecchio il Cavaliere dell’Acquario lasciò andare un sospiro di sollievo.
- Dai Cam- lo tranquillizzò Milo – Sei andato benissimo!-
- Non è quello… Milo, perché devo sempre essere così nervoso quando c’è Hyoga? Ho il terrore di sbagliare qualcosa e rompere quello che stiamo costruendo- mormorò Camus con aria sconsolata
- Errare è umano. Non sarà certo uno sbaglio che farà dimenticare a Hyoga quanto ti vuole bene. Oggi però è filato tutto liscio, si può sapere di cosa ti preoccupi?-
- Io… non lo so- ammise Camus
Milo ridacchiò e si alzò per andarsi a sedere sulle gambe del francese - Cam, dovresti rilassarti un po’-
- Rilassarmi? Milo siamo vicini all’ennesima guerra! Come poss…- iniziò il rosso
Il resto non poté dirlo perché la sua bocca fu bloccata da quella del greco.
- Se non vuoi proprio rilassarti vorrà dire che troverò il modo di farti sfogare- lo tentò lo Scorpione
Furono però interrotti dal rumore di qualcuno che si schiariva la voce.
- Daphne!-
- Ciao fratellino, se disturbo ripasso un’altra volta- lo salutò la ragazza indicando col mento Milo, ancora sulle ginocchia del francese
- Nno… puoi restare. Milo ti puoi levare?-
- Ma io ci sto proprio bene- si lamentò il greco – Però se me lo chiedi con questi occhioni mi tocca darti ascolto-
- Merci. Vieni Daphne- la invitò Camus dirigendosi in salotto. Una volta arrivatovi si sedette sulla sua poltrona prediletta, quella più grande, blu come la notte, nonché la più vicina al tavolo stracolmo di libri che non entravano più sugli scaffali straripanti. Fece cenno alla sorella di accomodarsi, così lei si sedette composta sul divano di fronte al padrone di casa. Milo invece si raggomitolò sulla poltrona più vicina al compagno, come di abitudine.
- Volevi parlarmi?- ruppe subito il ghiaccio la rossa
“A noi” pensò Camus “Vediamo quanto riesco a capire senza farti sapere che dubito della tua Dea”
- Sì. Ero curioso di sapere com’è Artemide, come ti ha trovata, perché ti ha salvata. Sai, qui al Santuario conosciamo Atena e gli Dei contro cui abbiamo combattuto finora, ma di lei abbiamo solo miti-
Daphne alzò le spalle – Ero negli Inferi. Minos e gli altri giudici stavano litigando su dove mandarmi…-
- Tutti e tre i giudici? Perché?- la interruppe Milo
- Non lo so. Quando Lune lesse il mio nome chiamò subito Minos e poco dopo arrivarono anche Aiacos e Rhadamante. Non so dirvi il perché-
Il greco iniziò a mordicchiarsi un’unghia con aria pensierosa. Camus lo guardò male, non gli piaceva quando lo faceva.
- Comunque- riprese Daphne – finalmente presero una decisione, ma non vidi mai il luogo di dannazione a cui ero predestinata perché Artemide mi salvò poco prima di giungerci-
- Perché salvarti? Non fraintendermi, sono felice che tu sia tornata, ma non capisco la motivazione di tutto ciò- domandò Camus
- Artemide è anche la patrona dei parti e dei bambini. Quando ero piccola mamma era solita cantare le sue preghiere come ninne nanne, la mia Dea non ha potuto ignorarle. Addirittura si scusò con me perché non era potuta intervenire prima per volontà delle Moire. Atena si è mai scusata con voi?-
- Tantissime volte- borbottò Milo sarcastico
“Ti ha salvata per delle preghiere… Sarà vero?”
- Dopo che ti ha salvata ti ha addestrata, giusto?- chiese allora Camus
- Artemide mi ha insegnato a sfruttare le mie capacità empatiche come armi. Mi ha inoltre aiutato a dominare il settimo e l’ottavo senso. Mi ha nominata come suo Cavaliere e mi ha donato l’armatura che ora indosso-
- A proposito dell’armatura- continuò a indagare il francese – appartiene ad Artemide o no?-
- Apparteneva a Brunilde, una delle Valchirie, ma lei morì tempo fa. Odino la diede allora ad Artemide a patto che io servissi al Wahlalla per un certo periodo, e così fu-
- Scusa, Daphne- intervenne Milo – Se io tornassi in vita, la prima cosa che farei sarebbe andare a cercare le persone che amo…-
“Cosa che hai fatto ad Asgard. E mi hai trovato schierato dalla parte sbagliata, di nuovo. Pardonne-moi, mon amour, ti ho fatto soffrire per una stupida promessa”
-… perché allora non sei venuta subito al Grande Tempio?- terminò il biondo
La ragazza sospirò – Credimi, volevo farlo. Artemide però mi disse che non potevo perché al Santuario era in corso una guerra a cui non era destino che prendessi parte. Obbedirle quella volta fu una delle scelte più difficili che abbia mai fatto. Ti sentii morire, Camus, stessa cosa per Saga. Fu terribile. Tornai in vita appena in tempo per la vostra morte. Non ho mai provato tanta rabbia come in quel momento-
- Ti posso capire- disse Milo- Perdere qualcuno che ami e non poter fare niente per salvarlo è orribile-
Alla fine della frase abbassò gli occhi con aria triste. Camus si sentì terribilmente in colpa, si sentì un mostro per farlo stare male così.
“È colpa mia, Milo. Tu non c’entri. Ho lasciato che Hyoga mi uccidesse, non è  stata assolutamente colpa tua. Come puoi pensarlo? Io non ti accuserei mai. Tu sei il mio sole che illumina anche le giornate più fredde e nuvolose. Io sono come la luna, senza il sole non posso risplendere perché non sono dotato di luce mia, sei tu la mia luce, amore mio. Ti amo, Milo, non sai quanto. Vorrei solo essere capace di dirtelo a parole, invece di dover sempre sperare che tu mi capisca.” pensò Camus
Milo si voltò verso di lui, come se avesse avvertito i suoi pensieri. Come faceva? Mentre Camus era ancora preda dei ragionamenti, il biondo fece scivolare la mano su quella del compagno. Il rosso sollevò lo sguardo per fissarlo nei magnifici occhi azzurri dell’altro, intrecciò allora le dita alle sue, cercando di trasmettere con quel gesto tutto l’amore che provava.
Daphne fece finta di niente e continuò il racconto – Artemide mi ordinò allora di servire Odino fino a quando fosse giunto il momento propizio. Servii al suo cospetto come Valchiria. Anche qui la parte più difficile fu riuscire a trattenersi dal disobbedire all’ordine di non interferire nel conflitto contro Loki. Volevo aiutarvi, ma non potevo. Quando i vostri cosmi svanirono, fu l’ennesima pugnalata. Non ne potevo più di avvicinarmi sempre di più a te e a Saga per poi perdervi per un soffio. Era frustrante. Poi finalmente giunse il giorno in cui Artemide mi disse che era il momento giusto. Mi precipitai qui senza aspettare oltre e arrivai giusto in tempo per divertirmi un po’ con quei tirapiedi di Zeus-
- Già- convenne Milo – Uno di quei tre voleva cuocermi a puntino-
Lei ridacchiò –Sì, non erano molto gentili, non si sono nemmeno presentati-
- Tornando ad Artemide- prese parola Camus – Che persona è?-
- Fiera di sé e molto orgogliosa. Con me però è sempre stata giusta e cordiale, è un onore per me essere al suo servizio-
“Devo provare a sbilanciarmi”
- La seguiresti qualsiasi cosa ti chiedesse?-
Daphne inarcò un sopracciglio – Devo tutto a lei. Le mie abilità, la mia armatura, la mia stessa vita-
- Forse non mi sono spiegato bene. Nel caso in cui ti ordinasse di fare qualcosa che non ritieni giusto, lo faresti?-
- Io ho fiducia in Artemide. Sono sicura che non mi chiederebbe mai di agire contro la morale-
- Se ti ordinasse di uccidere degli innocenti, tu obbediresti?-
- Se la mia Signora me lo ordinasse, quelle persone non sarebbero innocenti. Camus perché mi fai queste domande? Vuoi testare la fiducia che nutro nei confronti della mia Dea?-
Il Cavaliere dell’Undicesima scosse la testa – Daphne, avere fiducia nella Dea che servi non vuol dire obbedire a testa bassa a qualsiasi ordine. Ricordati che anche tu hai una testa con cui pensare-
Daphne respirò a fondo – So che sono capace di pensare da sola, ma so anche che Artemide non vuole la guerra né brama inutili massacri. Perché non vi fate le stesse domande su Atena allora?-
- Atena è la Dea della Giustizia, lo dicono anche i miti. Artemide è la Dea della Caccia, della Notte. Non è la Dea della strategia militare né quella della saggezza.-
- A cosa alludi?- domandò lei dubbiosa
“Ormai mi sono esposto troppo. Proviamo ad andare fino in fondo”
- Artemide dice che vuole la pace sulla terra. Mi sto chiedendo se questo è ciò che le interessa davvero-
- Quindi dubiti della mia Dea? Per quale motivo vi siete alleati con lei allora?- iniziò a scaldarsi Daphne
- Non è che dubitiamo di Artemide… ma è difficile fidarsi appieno di qualcuno che si conosce appena- cercò di salvare la situazione Milo
- Io mi fido di Artemide, ma non mi fido di Atena. Eppure non sono venuta a chiedervi se credete che intenda ordinarvi un massacro-
- Atena non lo farebbe mai- commentò il greco
- Nemmeno Artemide-
Nella stanza calò il silenzio. Dopo qualche minuto di muta tensione Daphne riprese la parola
- Voi dubitate di Artemide, ma volete che mi fidi di Atena. Ora ditemi, cosa ha mai fatto Atena per meritarsi la mia fiducia? Cosa ha fatto la Dea della Giustizia per me?- il tono di voce si era gradualmente alzato dall’inizio alla fine della frase
“A dire il vero, niente” pensò amaro Camus
- Niente! Lei ha solo rovinato la mia vita!- urlò nel pronunciare le ultime parole
- Non è che la nostra sia stata tutta rose e fiori- borbottò Milo
- Vero. Voi avete fatto un duro addestramento per diventare cavalieri, poi avete combattuto e siete morti per lei. Cosa ha fatto per voi Atena? Vi ha forse ridato la vita ogni volta che la perdevate a causa sua? Prima è stato Ade a riportarvi in vita, poi Odino…-
- Ora siamo vivi grazie a lei- le fece notare Camus
- Già. Guarda caso proprio prima che scoppi l’ennesima guerra. Lei vi sta usando e basta. Anche voi dovete aprire gli occhi e pensare con la vostra testa, non solo io-
- Morire per Atena vuol dire morire per la pace, Daphne. Ci sacrifichiamo per la pace, non per lei- intervenne Milo
Daphne si alzò in piedi - E cosa ci guadagni? Niente, sei morto. Io sono morta difendendo delle reclute e un amico. Atena ha forse mosso un dito per me? No. Se non fosse intervenuta Artemide io sarei ancora a subire la dannazione eterna negli Inferi. Atena mi ha rubato la vita, Artemide me l’ha ridata-
- Onestamente, non è che la nostra vita fosse perfetta prima che venisse fuori questa faccenda- osservò Camus
La ragazza lasciò andare una risata carica di amarezza – Ascoltami fratellino, io avevo una famiglia, ma Atena è riuscita a portarmela via-
Il Cavaliere dell’Undicesima Casa sollevò un sopracciglio – Non è stata certo lei ad uccidere la nostra famiglia- le fece notare con una punta di accusa che non riuscì a nascondere.
- Sì, sono stata io, grazie per avermelo ricordato. È anche vero che niente di quello che successe quella sera avrebbe avuto luogo se noi non avessimo avuto un cosmo, se non fossimo stati destinati a diventare Cavalieri. Capisci cosa dico?-
- Incolpi Atena per averti portato via la famiglia…-
- E ti meravigli che la detesti? Giunti qui siamo stati costretti a separarci dopo che avevamo attraversato mezza Europa. Ti avevo promesso che avrei sempre vegliato su di te, ma ho potuto farlo solo da lontano. Atena… Prima mi porta via te, poi prende direttamente la mia vita e mi abbandona negli Inferi. Questa è la giustizia che lei predica?- sibilò Daphne
Camus rimase in silenzio. Con le sole parole, o peggio, fatti, sua sorella era riuscita a far sembrare la Dea della giustizia un mostro.
Milo tentò allora un attacco velenoso – Se la detesti così tanto… Perché non hai convinto la tua Dea a schierarsi contro di lei?-
- Perché avrei dovuto combattere contro i Cavalieri di Atena. La Dea della Giustizia si fa parare le spalle da semplici mortali. Buffo, non trovate?- rispose lei con tono canzonatorio
- In ogni caso-  riprese - Artemide si è schierata dalla parte che riteneva più giusta, e anche se non sopporto la vostra Dea, combatteremo fianco a fianco-
- Di questo ne sono certo. Spero solo che Artemide e Atena si trovino d’accordo- commentò Camus
- Non ho intenzione di trovarmi a combattere contro di voi… Vedete di far ragionare quell’oca. Sarà anche la Dea della Saggezza, ma questa reincarnazione mi sembra un po’ svampita-
Milo fece oscillare il capo in una classica espressione da “non-ha-tutti-i-torti”.
La francese fece per andarsene, ma un’ultima domanda del fratello la fermò – Nel caso in cui Atena rischiasse la vita, tu l’aiuteresti?-
Lei inarcò un sopracciglio – Non ho giurato fedeltà a lei-
“Come posso fartelo capire? Nel caso in cui Artemide si rivelasse malvagia, saresti dalla nostra parte? O agiresti guidata da un paraocchi?”
- Ma se ti rendessi conto che lei fa parte dei “buoni”? Se tu vedessi la giustizia e la pace che intende far regnare sulla terra?- tentò
- Ho sperimentato la giustizia di cui parli. Posso farne anche a meno- concluse
Detto questo si voltò e si allontanò dall’Undicesima Casa a passo spedito.
“Daphne, posso fidarmi di te?”
Camus respirò profondamente. Quella conversazione non era andata come aveva sperato. Non aveva nemmeno immaginato che sua sorella provasse tutto quel rancore nei confronti di Atena, anche se, guardando le cose dal suo punto di vista, non aveva tutti i torti.
La voce di Milo lo distolse dai suoi ragionamenti – Allora? È andata come speravi?-
Il francese scosse la testa – Non immaginavo che Daphne provasse tutto questo astio nei confronti di Atena… Spero solo che nel caso in cui Artemide si riveli nostra nemica lei scelga la parte giusta con cui schierarsi-
- Lo spero anch’io- commentò lo Scorpione – Andiamo a dormire?- chiese, cambiando totalmente tono di voce e discorso
- Resti qui?- domandò Camus
- Perché non dovrei?-
- Milo, c’è Hyoga- gli fece notare
- E quindi?-
- Non pensi che domattina si chiederà perché non sei tornato all’Ottava Casa dopo cena?-
Milo si fissò i piedi con aria triste – Mi lasci dormire da solo?-
- Non hai tre anni!-
Il biondo sospirò – Uffa… allora buonanotte-
Si avviò verso l’uscita dell’Undicesima Casa strusciando i piedi. A Camus venne voglia di dirgli che poteva restare, ma cosa poteva inventarsi con Hyoga? Comunque Milo aveva venti anni, poteva dormire da solo senza problemi!
- Bonne nuit- augurò allora al compagno prima di dirigersi in camera da letto
Rimase in boxer e canottiera e si infilò sotto le lenzuola.
“Tutti e tre i giudici infernali discutevano su dove mandarla… Strano. Ci sta che Lune chiami Minosse, è il suo capo, ma Aiacos e Rhadamante? Insomma, Artemide decide di salvarla… i tre giudici degli Inferi si interessano a lei… Qui c’è qualcosa sotto. Non credo proprio che Artemide l’abbia salvata per le preghiere di nostra madre. Deve esserci un altro motivo… un motivo che neanche Daphne conosce. Qual è?”
Si girò su un fianco continuando a tormentarsi. “Accidenti! Perché deve essere tutto così confuso? Vorrei solo avere delle risposte, est-ce que je demande trop?"
“Daphne… Perché Odino ti ha voluta al suo servizio anche se per poco tempo? Perché sono tutti così interessati a te? Sorella mia, chi sei veramente?”
Camus continuò a rigirarsi inquieto sotto le coperte. Inconsciamente cercò Milo alla sua destra, poi si ricordò che era andato giù all’Ottava Casa. Mugolò insoddisfatto. Non l’avrebbe mai ammesso pubblicamente, ma averlo accanto lo faceva stare bene, lo faceva sentire al sicuro, lo faceva sentire amato.
- Mi hai fatto proprio perdere la testa, Milò- disse a bassa voce
Qualcuno ridacchiò sull’uscio della stanza – Già, ti faccio anche parlare da solo-
Il francese trasalì e si rizzò a sedere – Cosa ci fai qui?-
Il Cavaliere dello Scorpione si avvicinò e si sedette sul bordo del letto – Ho pensato che non avevo voglia di stare senza di te. Ora che ti ho ritrovato, non intendo lasciarti mai più-
Camus abbassò lo sguardo arrossendo – Nemmeno per andare in bagno?- provò a chiedere per nascondere l’imbarazzo suscitato dalla spontanea dichiarazione di Milo
- Neanche per quello- sorrise lo Scorpione, chinandosi per baciarlo.
Il rosso affondò le dita nei suoi riccioli dorati per approfondire il contatto.
- Resti qui stanotte?- chiese l’Acquario quando si separarono
Milo accennò un sorrisetto – Ma non c’è Hyoga?-
“Sì, lo so, ma vorrei tanto poter stare con entrambi. Voi due… voi due siete la mia famiglia”
Tentò di esprimere ad alta voce i suoi pensieri, ma le parole si fermarono in gola. Deglutì, ma non riuscì a dire nulla. Il greco lo fissò con attenzione
- Che c’è, Cam?-
“E se Milo non volesse aver a che fare con Hyoga? Insomma, lui non l’ha addestrato. Non è affezionato a lui quanto me… Non lo considera come un figlio”
Milo gli passò le dita tra i capelli – Dai amore, a me puoi dire tutto, lo sai-
Camus respirò a fondo, tentando di vincere il suo blocco – Io… Milo io… Pensi che potremmo…-
“No, no. Se Hyoga venisse a conoscenza della nostra relazione, cosa penserebbe di me? Lo direbbe a qualcun altro o manterrebbe il segreto? Gli ho insegnato a non lasciarsi dominare dai sentimenti e poi…”
- Potremmo?- lo incalzò il biondo
Il francese prese fiato e sputò il rospo – Milo, non voglio nascondere le cose a Hyoga. Voglio che sappia di noi, non ci devono essere segreti tra me e lui-
Se avesse avuto un muro a portata di collo, Camus ci avrebbe sbattuto la testa. Era riuscito davvero a esprimere così maldestramente i suoi pensieri? Con suo sommo stupore però, Milo sfoderò il suo bellissimo sorriso
- Sono d’accordo con te. Se vuoi costruire qualcosa con Hyoga, devi farlo entrare nella tua vita, come hai fatto con me-
Camus sbatté le palpebre – Ma… Milo, tu praticamente non lo conosci-
Milo rise – Cam, se Hyoga è importante per te, lo è anche per me. Io ti voglio felice. Se averlo nella nostra… famiglia… ti rende felice, per me va bene così-
- Famiglia?- Camus era rimasto spiazzato. Milo voleva la sua felicità più di ogni altra cosa, Milo avrebbe accolto Hyoga nella loro vita, Milo aveva parlato di famiglia.
Fu il greco che abbassò lo sguardo imbarazzato questa volta – Io… Scusa-
- Scusarti di cosa?-
- Fai finta che non abbia detto quella parola. Tu avevi una vera famiglia prima di venire qui… Cioè, posso capire che tu non voglia…- la voce gli si spezzò
“Quando mai non è capace di finire un discorso?”
Camus iniziò a preoccuparsi  – Il fatto che avessi una famiglia non vuol dire che non possa farmene una nuova- respirò a fondo e prese la mano di Milo tra le sue - Io… tu e Hyoga siete la mia famiglia-
Gli occhi azzurri dello Scorpione si alzarono di scatto. Erano lucidi.
- Cam, io…-
- Milo si può sapere cosa c’è?- chiese il francese, spiazzato da quelle reazioni totalmente inaspettate
- Tu sei la mia unica famiglia, Cam. Da sempre. Non ne ho mai avuta un’altra, cioè in realtà sì, ma … non so cosa significa essere parte di una vera famiglia-
Milo sembrava veramente triste. Per una volta era lui quello che appariva debole. “Quante volte mi ha consolato?” pensò Camus. Adesso era lui che doveva aiutarlo.
Gli fece cenno di stendersi accanto a lui e Milo non se lo fece ripetere due volte. Camus rilassò la testa sul cuscino e poco dopo si ritrovò quella del compagno sulla spalla. Il francese gli passò un braccio intorno alle spalle - Abbiamo tutta la notte, Milo. Raccontami del tuo passato prima di giungere qui- lo incoraggiò
- Non c’è da dire tanto- mugolò lui contro la sua pelle chiarissima
- Tu conosci il mio, ora voglio conoscere il tuo-
- Va bene- acconsentì il greco – Mio padre era una bastardo, mio fratello pure e mia mamma ha ben pensato di squagliarsela non appena ne ebbe l’occasione, fine-
- Potresti spiegarti meglio?- chiese Camus conscio di andare a toccare un nervo evidentemente ancora scoperto
Milo sbuffò – Mio padre era violento. Generalmente se la prendeva con me e mi picchiava, ma qualche volta si arrabbiava anche con mia madre quando lei si degnava di muovere un dito per difendermi-
- Perché faceva così?- Camus non riusciva a capire.
- Credeva che non fossi figlio suo anche se in realtà non era così, vista la nostra somiglianza. Era sicuro che mia madre lo tradisse, il che, infatti, era vero. Inoltre diceva che sembravo una barbie con questi riccioli biondi mentre lui voleva un figlio forte e robusto, come mio fratello, lui era nato da un suo precedente matrimonio. Mio padre beveva parecchio e quando qualcosa andava storto se la prendeva con me e iniziava a picchiarmi. Quando non lo faceva lui ci pensava mio fratello, lui aveva otto anni più di me, non potevo fare molto per difendermi. Parlando di carattere, lui era il vero figlio di mio padre-
Camus era abbastanza sconvolto – Ma tua madre non provava a difenderti o a fare qualcosa per aiutarti?-
Milo lasciò andare una risata amara – Non gliene importava assolutamente niente di me. Quando mio padre esagerava veramente provava a intervenire, ma allora lui se la prendeva anche con lei, così smise-
- Milo, cosa vuol dire “quando esagerava veramente”?- chiese il francese preoccupato
- Vuol dire che quando arrivai qui ero già abituato a pulirmi il sangue dalle ferite- rispose lui con tono monocorde.
“Mio Dio” pensò Camus “Che infanzia hai avuto?”
- Un giorno beccai mia madre con il suo amante, ma non capii cosa significava, infatti mi scappò detto quando c’era anche mio padre, allora successe un po’ il finimondo. Lui si arrabbiò tantissimo e iniziò a picchiare mia madre, ma lei si rifugiò in camera, quindi lui si accanì contro di me. Quando però sentì la voce di quella donna al telefono mi scaraventò in un angolo e corse a fermarla: mia madre stava chiamando il suo amante per chiedere aiuto…-
“Chiede aiuto per sé e non per il figlio… Non avevo mai immaginato che tu avessi passato queste cose” il rosso era scioccato dalle parole del compagno e dall’apatia con cui le pronunciava. “Quella donna…” lui non si sarebbe mai riferito così a sua madre.
-… io cercai di scappare, vista la confusione, ma mio fratello mi bloccò e iniziò a malmenarmi. Non ne potevo più, Camus, credimi- disse Milo
“Milo ti credo”
- Alla fine svenni. Mi risvegliai qualche ora dopo per vedere un uomo che litigava con mio padre. Dopo un po’ di tempo quell’uomo se ne andò seguito da mia madre mentre sia lui che mio padre urlavano “io ti denuncio, io ti ammazzo” o cose simili. Non mi ricordo molto bene perché ero ancora parecchio intontito, ma mi sembra che quell’uomo scambiò qualche parola con mia madre guardando nella mia direzione, ma lei lo trascinò insistentemente per un braccio continuando a dire qualcosa tipo “no, lascia perdere… andiamo via”. Credo che quell’uomo volesse aiutarmi, ma mia madre lo convinse a lasciarmi lì, non so né come né perché. Non me ne importò niente, pensai solo che allora mio padre si sarebbe sfogato su di me. Così sarebbe stato se qualcuno non avesse bussato alla porta: l’allora Grande Sacerdote, Sion dell’Ariete. Mio padre fu ben felice di liberarsi di me, l’unico a cui gli dispiacque fu mio fratello… probabilmente avrebbe sentito la mancanza del suo punching-ball preferito. Comunque, Sion mi portò al Grande Tempio e… si può dire che questa è stata la mia prima vera casa- concluse Milo sempre senza lasciar trapelare alcuna emozione, come se quei ricordi non ne suscitassero alcuna in lui
- Milo io… Non ho parole- commentò l’Acquario – Credimi, mi dispiace davvero per quello che hai passato-
- Sì, beh… Acqua passata- liquidò l’argomento il greco
- Milo…-
- Senti Camus, non puoi cambiare quello che è successo. Ho avuto un’infanzia terribile, lo so-
- Tu non hai mai avuto una famiglia- realizzò Camus
- Già-
“Forza, ce la puoi fare…  tu es à même de le lui dire, tu es un Chevalier d’Or… puoi farcela” si incoraggiò il francese
- Milo, sarò io la tua famiglia- gli disse dopo aver preso un bel respiro
Lui sollevò il volto ritrovandosi a pochi centimetri da quello dell’Acquario – Davvero?-
- Sì- lo rassicurò Camus fissandolo negli occhi – Io, te e Hyoga. Saremo una famiglia- promise prima di colmare la breve distanza che separava le loro labbra.
- Ti amo- sussurrò quando si separarono
Milo sorrise e si sistemò meglio sotto le coperte, poggiando la testa sul petto di Camus.
- Sì, lo so- gongolò felice
 
 
§ Traduzione francese-italiano (richiesta da Milo)
Merci= grazie
Pardonne-moi, mon amour= perdonami, amore mio
Bonne nuit= buona notte
est-ce que je demande trop ?= chiedo troppo ?
tu es à même de le lui dire, tu es un Chevalier d’Or= sei in grado di dirglielo, sei un Cavaliere d’Oro
 
Nota dell’autrice: ed ecco qui l’ottavo capitolo. Secondo voi Camus ha ragione a preoccuparsi per sua sorella o le sue sono solo inutili paranoie? Chi è veramente Daphne e perché sembrano tutti così interessati a lei?
Perdonatemi eventuali errori col francese. Detto tra noi, non è proprio la mia lingua preferita! Ma acqua in bocca con Camus, sennò si offende! A presto =^-^=

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Capitolo 9
*** Un bacio proibito brucia più del fuoco ***


Capitolo 9 – Un bacio proibito brucia più del fuoco
 

Daphne stava scendendo le scale di corsa per raggiungere la Terza Casa, ormai era alla Quarta, mancava ancora poco. Doveva assolutamente parlare con Saga e magari anche calmarsi, lo scontro con suo fratello l’aveva scossa abbastanza.
“Dubitano di Artemide… Perché? Cosa ha fatto per suscitare questa diffidenza? Invece di accoglierla a braccia aperte si interrogano sulla veridicità delle sue intenzioni. Come osano pensare che la mia Dea abbia in mente piani malvagi? Lei vuole la pace come tutti noi… Perché non lo capiscono?”
“Fidarmi di Atena… Perché dovrei farlo? Cosa ha fatto lei per meritarsi la mia fiducia?”
- E cosa ha fatto per mio fratello? Niente. Anzi, peggio. Ha solo provocato la sua morte e quella degli altri Cavalieri d’Oro più volte. Io ho dato tutto per proteggere Camus e lei, Dea della Giustizia, cosa fa? Si fa salvare da semplici umani. Oh, ma certo!- non si era accorta che ormai stava esprimendo i suoi pensieri ad alta voce – La logica della Dea della Saggezza è ancora più inesistente di quella di Afrodite!-
- Rossa, che ti prende?- la voce di Deathmask interruppe i suoi ragionamenti
- Cosa c’è?- chiese bruscamente
- Ho sentito la tua soave voce lamentarsi della Dea che servo- ghignò – E non erano proprio belle parole-
- Deathmask, per favore, non è il momento-
Lui si appoggiò ad una colonna - Perché?-
- Lasciami passare-
- Minchia oh, come sei scortese. Tuo fratello è molto più educato- la canzonò
- Cancer, chiedo formalmente il permesso di passare dalla Quarta Casa. In qualità di Cavaliere di Artemide interpreterò un tuo eventuale rifiuto come un’offesa alla mia Signora-
L’italiano sbuffò e si spostò di lato – Visto? Non ci voleva tanto-
Daphne lo sorpassò e raggiunse finalmente la Terza Casa. Si stava dirigendo verso gli alloggi privati quando sentì le voci dei gemelli che parlavano.
- Tu ti preoccupi troppo, Saga- stava dicendo Kanon
Lei non era il tipo di persona che le piaceva origliare, ma interrompere una conversazione era da maleducati…
- Mi preoccupo troppo? Kanon, ho ucciso il Grande Sacerdote, ho tentato di assassinare Atena senza esitare a puntare una daga contro la gola di una neonata! Ho ordinato a Shura di uccidere il mio migliore amico! Non te lo ricordi, fratello?-
Perché Saga era così agitato? Lui manteneva la calma, di solito. Cosa poteva turbarlo così tanto?
- Certo che me lo ricordo, ma quello non eri tu-
- Sì che ero io. Per te è facile dire così, non hai vissuto queste cose di prima persona-
Kanon sbuffò – Hai ragione, le ho vissute dalla prigione in cui tu mi avevi rinchiuso-
- Sei qui per tirarmi su di morale o no?-
- Sono qui per farti ragionare, visto che tu ti rifiuti di farlo-
Saga sospirò – Kanon, un tempo diventare Grande Sacerdote era il mio sogno, il mio obiettivo. Ora però…-
“Grande Sacerdote?” Daphne non resistette alla tentazione di affacciarsi. Si ritrovò davanti i gemelli seduti sul letto di Saga uno di fronte all’altro a gambe incrociate. Speculari.
-… hai paura di commettere gli stessi errori.- terminò per lui Kanon
Il maggiore alzò gli occhi verdi e li fissò in quelli identici dell’altro – Se ignori il passato, metti a repentaglio il futuro-
L’ex Dragone del mare accennò un sorriso – Se c’è una cosa giusta che Atena ha detto è che si impara dai propri errori. Non piangere per ciò che è stato e non temere per ciò che sarà. Sono sicuro che sarai un ottimo Grande Sacerdote, devi solo avere fiducia in te. Credi in te stesso, o nessun altro lo farà. Poi…- aggiunse dopo una breve pausa – …per qualunque cosa puoi contare su di me, fratello. Sarò al tuo fianco accada quel che accada-
Saga sollevò una mano e scompigliò i capelli blu di Kanon – Grazie, fratellino-
Il minore fece l’occhiolino e si alzò dal letto, accingendosi a lasciare la stanza.
- Ah, dimenticavo- disse tornando a fissare il fratello – Nel caso in cui Arles minacci di spuntare fuori, fammi un fischio, così corro a nascondere Risiko-
Dopo questa simpatica uscita, corse via dalla stanza scansando per un pelo una cuscinata. Una volta al sicuro si voltò verso Daphne.
- ‘sera cognata. Ah, fa’ attenzione, ci sono cuscini indemoniati lì dentro- la avvisò prima di scomparire nella penombra del corridoio.
Daphne ridacchiò, poi entrò nella stanza del, a quanto pareva, neo Grande Sacerdote.
Decise di rompere subito il ghiaccio – Sei stato nominato Grande Sacerdote?-
Saga annuì – Preferirei lasciar perdere l’argomento per un po’-
La ragazza fece spallucce – Okay, come vuoi- Si stese sul letto e incrociò le braccia dietro la testa – Di cosa vuoi parlare allora?-
Lui gettò una rapida occhiata all’orologio appeso alla parete – Dove sei stata?-
La francese si rizzò a sedere – Da mio fratello. Per caso sei geloso, Saga?-
- No… era così per sapere. Avete parlato?-
- Svicoli il discorso eh? Allora sei geloso-
- Non sono gel… okay forse un pochino, ma è legittimo, considerando che dove c’è tuo fratello c’è anche Milo-
Daphne scoppiò a ridere – Sei geloso di Milo?-
Saga sembrò un po’ spiazzato dalla risata – Non dovrei? Tra poco flirta anche con gli alberi-
- E tu credi che mi farei conquistare da uno come lui?- chiese lei senza smettere di sghignazzare
- No… è che… Ma perché non la smetti di ridere?-
“Perché Milo è il fidanzato di mio fratello. Come fai a non saperlo? È abbastanza evidente”
- Comunque credo che sia già impegnato- disse
Saga spalancò gli occhi – Non ci credo nemmeno se lo vedo. Con chi starebbe?-
- Non lo so. Però sei curioso, eh? Poi siamo noi donne pettegole…-
Il greco borbottò qualcosa di incomprensibile in risposta
- Tornando alla tua domanda di prima- riprese il filo Daphne – Abbiamo parlato un po’-
Saga si stese su un fianco reggendosi la testa con un braccio – Ti ascolto-
“Non fissarlo o ti incanti, non fissare…”
Niente da fare, il suo sguardo cadde “involontariamente” sul corpo dell’uomo di fronte a lei e il suo cervello andò in pappa. Perché ogni volta che se lo trovava davanti i suoi neuroni non connettevano? Certo che anche lui, stendersi in quel modo provocante…
- Ti distraggo?- chiese con un sorrisetto tutt’altro che innocente
“Sì” – No- mentì di sana pianta
Le sembrò di ricordare che le sue intenzioni erano quelle di chiedere a Saga se la pensava come Milo e Camus su Artemide, ma non aveva tenuto conto del potere del suo fidanzato terribilmente sexy che, infatti, stava mandando all’aria tutti i suoi piani.
“Forza, chiudi in fretta questa faccenda così ti puoi approfittare di questo adone per tutta la notte”
- Saga, pensi che Artemide e Atena andranno d’accordo?-
Lui sembrò preso in contropiede dalla domanda – Si sono alleate, no?-
- Tu ti fidi di Artemide?-
Saga aggrottò le sopracciglia – Perché mi fai questa domanda?-
- Prima ho parlato con Camus e Milo ed è venuto fuori che non si fidano di lei. Credono che lei non voglia veramente la pace come dice… Ma si sbagliano!-
- Perché Artemide non dovrebbe volere la pace?-
- Esatto! Lei non brama la guerra, vuole solo che finisca il prima possibile. Perché non lo capiscono?-
- Sai, Daphne, finora abbiamo conosciuto soltanto divinità che intendevano combattere Atena, ad eccezione di Odino. È difficile pensare ad uno degli Olimpi come alleato, non so se mi spiego. Abbiamo paura che la speranza di avere un alleato offuschi la nostra capacità di giudizio. In poche parole stiamo cercando di non farci fregare- spiegò Saga
- Ma di Artemide vi potete fidare! È una dea onorevole, non vorrebbe mai la distruzione della pace!- ribadì Daphne sull’orlo di un crollo psicologico
- Non possiamo esserne certi fino a che non scenderemo in campo per la battaglia o finché non avremo una prova assoluta. Capisci quello che ti dico?-
- Sì, però… Ti sembra che io servirei una dea malvagia?- chiese quando le prime lacrime iniziavano a scendere. Le aveva trattenute per troppo tempo, aveva bisogno di sfogarsi e l’unico con cui poteva farlo era Saga.
- No che non lo faresti. Il tuo cuore è puro, lo so-
- Saga?-
- Dimmi-
- Potresti abbracciarmi?-
Lui sorrise e si avvicinò a lei, poco dopo Daphne si sentì circondare dalle sue braccia forti. Ormai non riusciva più a trattenere le lacrime, così le lasciò andare.
Sentì le mani di Saga carezzarle i capelli – Sfogati pure, amore, io sono qui-
Mano a mano che quelle gocce salate abbandonavano i suoi occhi sentì la tensione, la rabbia, la frustrazione e l’inquietudine scivolare via. Stare vicino a Saga la faceva sentire bene, con lui poteva liberare le sue debolezze senza paura di essere giudicata. Lui l’amava per quella che era veramente.
- Saga…- mormorò quando sentì le sue labbra sfioragli il collo
- Sì?- soffiò lui sulla sua pelle – Non posso coccolarti un po’?-
Daphne si lasciò sfuggire un ghigno: si preannunciava una notte movimentata.
***

Shaka si sentiva inquieto. Qualcosa, o forse qualcuno, turbava il suo animo. Decise che una passeggiata lo avrebbe aiutato a schiarire le idee, meditare come suo solito non faceva che peggiorare la situazione e l’Illuminato non ne capiva la ragione. Iniziò a scendere le scale e ben presto raggiunse la Casa dell’Ariete. Mu, Aldebaran e Aiolia stavano sulla soglia a parlare.
- Shaka- lo salutò l’energumeno brasiliano – Cosa ti porta qui?-
- Oggi troverò la pace interiore fuori dalle mura della Casa della Vergine-
- Ehm, sì- commentò Aiolia
- Se desideri passare fa’ pure, non importa che tu chieda- lo anticipò il Cavaliere dell’Ariete
- Grazie, Mu-
Shaka sorpassò i tre e uscì all’aria notturna della Grecia. Iniziò a passeggiare in direzione della spiaggia cercando di non pensare e seguendo la via che gli suggeriva il cosmo. Sentì l’istinto di aprire gli occhi e così fece. Si ritrovò a fissare la luna piena e il cielo privo di nubi. Poco avanti c’era un’esile figura femminile seduta su uno scoglio che fissava anch’essa il firmamento.
“Tutto ciò è inconcepibile. Il mio cosmo mi suggerisce di allontanarmi dalla Sesta Casa e mi conduce di fronte alla ragione del mio penare”
- Cavaliere di Virgo- lo salutò la donna
- Divina Artemide-
La Dea si voltò e fissò i suoi occhi argentati in quelli dell’indiano. Quel contatto visivo suscitò in Shaka reazioni contrastanti: una parte di lui avrebbe preferito richiudere le palpebre, un’altra avrebbe voluto che quel momento durasse all’infinito, una terza si era persa nell’argento fluido di quelli occhi divini. Anche Artemide sembrò a disagio, infatti tornò a fissare il cielo.
- Spesso gli umani non apprezzano la maestosità della Luna e hanno paura della notte. Tutto ciò non ha senso logico- notò la Signora della Caccia
- Ci sono molte cose illogiche che condizionano la breve esistenza umana, prime fra tutte le emozioni. Gli umani credono che per esse valga la pena vivere, ma così facendo perdono l’essenza stessa della ragione della loro esistenza che altro non è che una continuità di vita-morte, in un ciclo impalpabile di cui essi sono al tempo stesso artefici e vittime-
- Eppure tutto ciò sembra non riguardarti. Tu sei diverso, Virgo. Cosa ti distingue?-
- Io ho raggiunto la verità-
- La verità… Certe volte vorrei avere anch’io tutte le risposte, ma non posso. Come puoi tu, pur sempre umano, trovare la verità anche se ben celata quando io, divinità, non ne sono capace?-
- Quali verità vi sono precluse, divina Artemide?-
Artemide si alzò in piedi con leggerezza facendo frusciare piano la corta tunica argentata. Si avvicinò con passo lento senza lasciare una singola orma sulla sabbia. Shaka si ritrovò a fissarla come era successo la prima volta che aveva potuto ammirare quel corpo.
“Smettila! Cosa ti prende?”
Chiuse gli occhi per evitare di sostare oltre su quella figura esile ed elegante.
- Da quando hai risvegliato il mio corpo c’è un interrogativo a cui non riesco a dare risposta. Mi chiedevo se tu potessi essere in grado di riuscire dove io ho fallito-
- Fallire vuol dire che non si è provato abbastanza-
- Oppure è solo paura di arrivare al traguardo. Non è forse così?-
“No. Non può saperlo. Ho cercato di nasconderlo in ogni modo possibile”
- Anche tu hai un quesito irrisolto. Dimmi se sono in errore, Shaka-
Il suo nome pronunciato da quella bocca gli fece venire i brividi. “Mentirle non servirà. Lei sa già la risposta, come io d’altronde”
- Siete nel giusto-
- Allora dimmi, anche tu percepisci il legame che si è instaurato tra i nostri cosmi?-
Shaka non riuscì a fare altro che annuire.
- Guardami-
Il Cavaliere di Virgo aprì gli occhi respirando profondamente. Ogni volta che la guardava la trovava sempre più bella. Shaka non capiva, non aveva mai provato interesse per una donna e adesso…
- Queste sono sensazioni umane, io non ci sono abituata. Questo legame che sento, cosa vuol dire?- anche Artemide sembrava confusa quanto lui
- Temo che gli umani usino una parola per definirlo…- iniziò il Cavaliere, ma fu fermato dal proprio istinto
“Cosa fai? Ti estranei dalle emozioni e poi… cosa ti succede? Ti innamori di una dea!”
Il cosmo che emanava Artemide era così… diverso, unico, superiore. Parlava di libertà e fierezza. Raccontava la storia di una divinità che da sempre aveva escluso quell’emozione, l’amore, dalla sua vita riconoscendola come debolezza. Descriveva una dea indomita, forte e indipendente.
- Amore?- azzardò la dea chinando gli occhi
Shaka abbassò lo sguardo – Vi giuro, io non avevo intenzione di farmi coinvolgere…-
-… io ho sempre vissuto lontano da certi sentimenti…- continuò Artemide
Entrambi alzarono i volti per ritrovarsi faccia a faccia. Shaka non aveva mai sentito il suo cuore battere così forte. Lo sentiva spingere contro la gabbia toracica, come un animale in catene che lottava per uscire. “È forse questo ciò che provano normalmente gli umani?”
Non seppe come, ma si ritrovò con le proprie labbra a contatto di quelle della Dea. Gli sembrò di sentire i loro cosmi entrare in sintonia, ma non solo… Una risata, la stessa che aveva sentito a Delo. Il ricordo gli fece prendere coscienza di ciò che stava facendo, lo stesso fu per Artemide. Si staccarono, rossi in volto per l’imbarazzo. Entrambi corsero via in direzioni opposte, allontanandosi da quel luogo di perdizione. Mentre tornava al Santuario Shaka cercò invano di cancellare dalla memoria ciò che era successo. Lui, l’asceta, aveva ceduto alle emozioni come un qualsiasi umano. Come era possibile? Era questo il suo limite? Comprendere l’essenza stessa della vita, ma non riuscire a sfuggire alle passioni? Eppure… doveva ammettere che quel bacio proibito gli era piaciuto. E questo lo preoccupava non poco.
***
 
Era il momento. Stava per dire il fatidico “sì”, ma fu interrotto dall’arrivo di suo padre che urlava a squarciagola che l’avrebbe fermato. Milo si ritrovò paralizzato, incapace di muovere un muscolo. Fu Camus a intervenire: rinchiuse suo padre in una bara di ghiaccio come se niente fosse e si voltò a guardarlo, in attesa della risposta tanto agognata. Una voce proveniente da lontano lo strappò via da quel luogo idilliaco in riva al mare.
- Milò- lo stava chiamando Camus – È giorno. Su, alzati-
- Dai, lasciami dormire ancora un pochino, ci stavamo sposando- biascicò il greco
Con gli occhi ancora impiastricciati dal sonno vide il compagno diventare più rosso dei suoi capelli. Milo non si fece però sfuggire il sorriso che attraversò il suo volto.
- Va bene, quando il matrimonio è finito vieni pure a fare colazione- si riprese il francese
- Ma non mi dai il buongiorno?- chiese lo Scorpione
- Quando ti degnerai di venire di là- gli rispose l’altro poco prima di uscire dalla stanza lasciando ondeggiare i lunghi capelli ramati.
- Uffa, mi tocca alzarmi- sbuffò Milo mentre sgusciava via da sotto le coperte controvoglia.
“Chissà cosa mangerà stamani il mio pinguino preferito…”
La risposta gli si parò davanti non appena mise piede in cucina: Camus era armato di croissant alla marmellata.
“Uh, ma che strano! Un cornetto!”
Si avvicinò silenziosamente per cercare di rubarglielo, ma lui se ne accorse e mise in salvo la preda dello scorpione mangiando l’ultimo boccone.
- Potresti stare al gioco qualche volta- si lamentò il greco
- Sei tu che non sai perdere- gli rispose l’altro con un sorrisetto innocente stampato in faccia
“Non so perdere, eh?”
Milo allungò la mano e agguantò il compagno per la vita
- La mia preda eri tu… mica il cornetto- lo informò prima di baciarlo
Il rumore di un cucchiaino che cadeva dentro una ciotola costrinse il biondo a interrompere il contatto.
- Un momento, voi due… state insieme? Cioè, com’è possibile?- chiese un allibito Hyoga, seduto di fronte ad una tazza di cereali
Camus era color porpora – Vedi Hyoga, avevo intenzione di dirtelo… se qualcuno- si voltò verso Milo trucidandolo con gli occhi nocciola – non si fosse lasciato trasportare…-
Il qualcuno in questione sorrise innocentemente – Ti ho risparmiato la fatica-
Hyoga continuava a far saettare lo sguardo dall’uno all’altro – Ma… cioè… siete gay?-
- Sì, siamo entrambi uomini, ma grazie per avercelo ricordato- rispose Milo senza il minimo imbarazzo
Camus sembrava trovare il pavimento veramente interessante.
“Forza, sbloccati!” lo incitò mentalmente lo Scorpione
- A me era parso di aver sentito dire a delle sacerdotesse che…- riprese il russo
- Oh, quelle sono state solo qualche scappatella prima di mettermi con Camus- liquidò l’argomento il Cavaliere dell’Ottava Casa agitando le mani
- Da quanto tempo state insieme?- chiese Hyoga ancora visibilmente scosso
- Qualche anno- rispose Camus a voce bassa
- Ma maestro, voi… voi mi avete insegnato a non cedere mai ai sentimenti-
- Lo so, Hyoga, ma… certe volte sono proprio quelli che ti permettono di superare le tue debolezze, l’importante è non farsi dominare da loro in battaglia. È quando combatti che non puoi permetterti di lasciarti andare alle emozioni- spiegò il francese un po’ sulla difensiva
- Non capisco, l’amore vi ha permesso di superare delle debolezze? Quali?-
Camus sollevò la sguardo verso il compagno – Milo mi fa sentire al sicuro, mi fa capire quando una cosa è giusta o quando è sbagliata, lui mi sostiene quando la mia sicurezza vacilla. L’affetto che tu provi per tua madre ti dà forza in battaglia, Milo è la mia ancora-
“No, Camus. Tu sei la mia ancora”
- Ma allora perché cercavate di troncare il mio rapporto con mia madre dicendo che mi rendeva debole?-
- Perché ancora non avevo capito quanto il legame tra me e Milo fosse importante. Quando siamo stati separati ho realizzato quanto fossi in errore. Non mi sono reso conto di ciò che avevo finché non l’ho perso davvero. Forse quella volta mi hai fatto tu da maestro – rispose Camus accennando un sorriso
Hyoga si alzò in piedi – Voi mi avete insegnato tutto. Quella volta mi avete permesso di acquisire il settimo senso senza esitare a sacrificarvi. Non mi sono mai perdonato per quello-
- Non è stata colpa tua Hyoga-
- Sì invece. Sono stato io a lanciare quel colpo, non vi ricordate?- continuò il Cigno sull’orlo delle lacrime
- Hyoga io… non ti accuso di niente-
- Se voi non ce l’avete con me, almeno Milo dovrebbe…-
“Oh, Hyoga. Ce l’ho più con me che con te. Non torturarti così”
-… dopotutto, ho ucciso la persona che ama. Io non capisco, perché non mi odiate tutti e due?-
Il giovane non resistette più e scoppiò in lacrime. L’indecisione di Camus sul da farsi era evidente così Milo lo spronò con una spintarella. Il rosso avanzò verso l’allievo e, dopo un bel respiro profondo, lo abbracciò cercando di consolarlo.
- Io… ti voglio troppo bene. Non potrei mai avercela con te, Hyoga-
“Hai un cuore così grande, Camus. Eppure non te ne rendi conto” ridacchiò dentro di sé lo Scorpione
- Siete sicuro, maestro?- chiese il russo, il volto premuto contro la maglia del maestro, come a cercare protezione
- Sicurissimo. Comunque, smettila di darmi del voi... mi fai sentire un vecchio -
Hyoga alzò gli occhi come per assicurarsi che Camus fosse sempre Camus. Forse non era del tutto privo di senso dell’umorismo. Hyoga sembrò convincersi che quello che aveva di fronte era sempre il solito Aquarius, così lo abbracciò con più forza.
- Magari lasciami respirare-
- Scusa- mormorò il Cigno staccandosi
“Okay, gli ho lasciato abbastanza spazio. Ora tocca a me”
Milo non riusciva più a stare in disparte, così si avvicinò e posò una mano sulla spalla di Hyoga.
- Visto che ora fai parte della famiglia, sappi che qui vige una regola-
Camus sollevò un sopracciglio con aria scettica. Il russo sembrava invece molto interessato – Sarebbe?-
- Il telecomando della televisione è mio-
La risata di Hyoga, seguita da quella, molto composta e appena accennata, di Camus, si propagò per tutta l’Undicesima Casa, come a farsi beffe della nuova guerra che era sul punto di scoppiare.
***
 
“Svegliati, Daphne”
La voce di Artemide si propagò nella sua mente come un’eco. Parlare col pensiero era una delle tante capacità della sua dea. A dire il vero, tutti gli dei avrebbero dovuto esserne capaci, ma probabilmente non usavano quell’abilità per parlare con i loro cavalieri o soldati vari. Forse non li ritenevano abbastanza degni. Chissà se Atena lo faceva. Si promise di chiederlo a Saga quando ne avrebbe avuto l’occasione.
“Raggiungimi fuori dal Santuario”
Daphne aprì gli occhi e si alzò stiracchiandosi. Il Cavaliere dei Gemelli dormiva ancora al suo fianco, i capelli blu sparsi sul cuscino. Sarebbe rimasta a osservare quel corpo bagnato dalla luce mattutina all’infinito, ma aveva ricevuto un ordine. Riluttante, indossò l’armatura e si avviò verso l’uscita della Terza Casa. Mentre superava la cucina vide un Kanon piuttosto assonnato e scarmigliato setacciare i ripiani alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Il rumore dell’armatura sul pavimento lo fece girare.
- ‘giorno- biascicò – Dove vai così di primo mattino?-
“Fa’ in fretta”
“Sì, mia Signora” rispose mentalmente
Le sue abilità telepatiche non erano delle migliori, ma fu abbastanza sicura che il messaggio fosse giunto a destinazione.
- Dovere- rispose al gemello
Kanon sbuffò – Almeno Atena non ci chiede l’orario non-stop. Ti faccio trovare qualcosa quando torni?-
Lei sorrise – Improvviserò, grazie-
- Tanto avrebbe lavorato Saga, mica io- ridacchiò
- Sei sempre il solito- disse Daphne poco prima di andarsene con il sorriso sulle labbra
Raggiunse la Seconda Casa e fu tentata di rimanerci a fare colazione visto il profumino che c’era nell’aria. Ma Artemide le aveva detto di sbrigarsi, quindi si limitò a chiedere il permesso di passare, che le fu immediatamente accordato da Aldebaran. Anche Mu fu altrettanto rapido nel darle in consenso di attraversare la Casa dell’Ariete.
Seguì il cosmo della sua Dea e ben presto la raggiunse su una scogliera. Artemide le dava le spalle mentre scrutava il sole appena nato la cui luce si rifletteva nella veste argentata creando tanti piccoli arcobaleni. Notò un particolare che però non prometteva nulla di buono. La Dea impugnava l’arco.
“Sta per succedere qualcosa”
- Daphne- la chiamò
- Sono qui, divina Artemide- disse inchinandosi
- Il sole nascente mi ha portato un messaggio di mio fratello: Zeus sta per lanciare un attacco contro il Santuario-
- Un attacco? Ora? Come ha fatto Apollo a saperlo?-
- Stava suonando nei giardini dell’Olimpo, sai com’è fatto, deve far sentire a tutti la sua bravura. È il dio della musica, se non fosse il migliore mi preoccuperei… Comunque, mentre mio fratello suonava Demetra e Persefone passavano di lì e la dea delle messi stava giusto raccontando a sua figlia l’idea di Zeus-
“Okay, le opzioni sono due. O Demetra è scema, o Zeus voleva farcelo sapere. No no. Sicuramente la prima. È anche vero però che Apollo si è dichiarato neutrale quindi Demetra avrà pensato che non gli sarebbe interessato. Peccato che quella tocca non ha considerato che questi dei gemelli si raccontano tutto. Cip e Ciop sono una coppia divorziata in confronto” pensò Daphne
- Quindi Demetra si è alleata con Zeus?-
Artemide storse la bocca – Questo non te lo so dire-
- Tornando all’attacco, quando avverrà?-
- Oggi. Non so quando di preciso, ma entro la mezzanotte il Santuario sarà in lotta-
- Cosa vuol dire “il Santuario sarà in lotta”? Divina Artemide, noi combatteremo al loro fianco, no?-
- Non combatteremo apertamente al loro fianco-
- Perché? Siamo loro alleati!- si lamentò la ragazza
- Lo so benissimo. Sappi però che Zeus non manderà le sue forze al completo. Diciamo che questo sarà una specie di test, o almeno così mi ha riferito mio fratello. Probabilmente questo attacco è un contentino per Ares, non vedrà l’ora di iniziare a far scorrere del sangue. In ogni caso servirà a mio padre per farsi un’idea del nemico che dovrà affrontare e, se mio fratello non avesse interferito, il suo esercito avrebbe usufruito del fattore sorpresa, cosa non da poco in guerra-
- Cosa faremo noi?-
- Agiremo da dietro le quinte-
Daphne iniziava a capire – Voi volete che Zeus creda di combattere solo contro Atena e i suoi Cavalieri-
Artemide annuì – Non saprà mai che anche noi li abbiamo aiutati. Deve pensare di averli sottovalutati-
- Voi volete che Zeus si senta messo alle strette-
- Esattamente, così verrà a chiedermi aiuto, rivelandomi qualcosa di importante-
“Cos’è questo qualcosa?”
- Sapete già cosa vi dirà?-
- No- fu la secca risposta. Daphne fu però sicura che non fosse la verità.
“Perché non mi volete dire tutto ciò che sapete? Potete fidarvi di me. Avete forse paura che i Cavalieri di Atena possano venire a conoscenza di cose che non li riguardano attraverso me… Valutando la logica di quella Saori, non avete tutti i torti a salvaguardare così le vostre informazioni, mia Signora”
- Cosa faremo in concreto?- si decise a chiedere dopo qualche secondo di riflessione
La Dea accennò un sorriso – So bene che non posso chiederti di stare in disparte un’altra volta…-
“Vorrei anche vedere”
-… potrai combattere in prima linea se vuoi, ma devi stare molto attenta: chiunque ti abbia vista non dovrà essere capace di raccontarlo-
- Non lascerò tracce… solo cadaveri- le assicurò la francese
- Bene. Va’ a riferire tutto ad Atena, o meglio, ai suoi Cavalieri d’Oro. Mi sembra che siano più loro quelli che decidono e che usano il cervello-
“Come darvi torto” - Voi interverrete solo in caso di estrema necessità?- chiese Daphne
- Sì. Ma come ti ho già detto, non ce ne sarà bisogno. In ogni caso, meglio tenere il mio cosmo celato. Non voglio rovinare i miei piani-
“Dobbiamo solo aspettare che Zeus cada dritto nella trappola. Se l’aiuto di Artemide è il formaggio, speriamo che sia abbastanza gustoso agli occhi del Signore del Cielo” si augurò la ragazza
- Vado a riferire, mia Signora- si congedò con un breve inchino
Fece per voltarsi, ma Artemide la chiamò – Daphne…-
- Sì?-
La Dea sembrò indecisa sul da farsi. Strano, non era da lei.
- Niente… va’ pure-
Daphne fece dietrofront e tornò verso il Santuario chiedendosi il perché di quella strana reazione. In quel momento di insicurezza Artemide le era sembrata… come dire… non Artemide, aveva avuto un atteggiamento… umano.
“Chissà cosa la turba”
 
Nota dell’autrice: cosa ne pensate del rapporto che sta nascendo tra Artemide e Shaka? A chi apparterrà quella strana risata?
Comunque… meglio che vada a controllare come sta il cignetto, potrebbe essere ancora sconvolto.
Alla prossima!  =^-^=
 

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Capitolo 10
*** Una nuova armatura per Gemini ***


Capitolo 10 – Una nuova armatura per Gemini
 
 
- Un attacco?-
- Oggi?-
- Quando?-
- Contro chi combatteremo?-
- Siamo sicuri?-
La notizia dell’imminente scontro aveva seminato un po’ di agitazione tra i Cavalieri d’Oro
“Così ci siamo” pensò Milo “Sta per iniziare”
- Uno per volta- calmò gli animi Saga
Se anche era a disagio nel nuovo ruolo di Grande Sacerdote, non lo dava a vedere. Stava seduto sul trono della Tredicesima Casa con fare regale, come se fosse nato per quello.
Le voci cessarono immediatamente. Aveva sempre avuto il potere di farsi ascoltare da tutti, Arles o no. Una dote veramente utile quando si ha a che fare con tante persone, o peggio, con dei bambini. Milo ridacchiò al pensiero di quante volte il Cavaliere dei Gemelli aveva sgridato lui e Aiolia quando erano piccoli.
Fu Shura a prendere la parola – Come ha fatto Artemide a saperlo?- chiese con voce grave
- Ha ricevuto un messaggio da suo fratello Apollo stamani al sorgere del sole- spiegò Daphne
- Quando sarà di preciso quest’attacco?- si informò Dohko
- Entro stanotte. Zeus invierà un contingente per farsi un’idea del nemico che dovrà affrontare, è però sicuro di avere dalla sua parte il fattore sorpresa-
- Una prova generale in miniatura, sperando di trovarci impreparati- riassunse Milo
- Artemide cosa intende fare? Smascherarsi o restare nell’ombra?- intervenne Kanon andando dritto al punto come suo solito. Al gemello minore non piacevano i giri di parole.
- La mia Dea interverrà solo in caso di estrema necessità-
- Parla tanto, ma non ha voglia di alzare le chiappe, via- intervenne Deathmask
A giudicare dal modo in cui digrignava i denti, Daphne stava per rispondergli per le rime, ma la voce glaciale di Camus lo impedì - Se Artemide vuole rimanere neutrale agli occhi di Zeus, non può rischiare di farsi scoprire scendendo in campo. Il suo cosmo sarebbe avvertito sicuramente dal Signore del Cielo. Senza contare che sarebbe del tutto inutile, considerando che non combatteremo contro le intere forze di Zeus, bensì contro una singola parte-
- E tu?- domandò allora Mu rivolgendosi a Daphne – Combatterai o no?-
- Sarò sul campo di battaglia-
- Ma non c’è il rischio che qualcuno dei nemici ti riconosca come Cavaliere di Artemide?- prese parola Aiolia
La ragazza ghignò – Nessuno sarà in grado di raccontarlo-
Milo notò le labbra di Saga incurvarsi in un sorrisetto compiaciuto dall’aria leggermente inquietante.
“Speriamo che Atena torni presto dalla sua visita mattutina ai Bronze Saint” pensò lo Scorpione “Non vorrei che quel trono risvegliasse la parte occhietti-rossi-potrei-uccidere-qualcuno di Gemini”
- Sì, in effetti dovrei ristrutturare un po’ il  salotto. Se ti avanza qualche testa potr…- iniziò il Cavaliere del Cancro, ma fu fermato da un pugno in testa di Aphrodite
- Indecente- lo brontolò
Deathmask si massaggiò il capo borbottando in siciliano.
Saga si rivolse a Daphne – È tutto?-
- Sì- rispose lei -Cosa intendete fare?-
- Dobbiamo riferire tutto ad Atena e poi decidere una strategia da…-
- Non potete deciderla voi la strategia? Insomma, sarete voi a combattere mica lei- lo interruppe la ragazza
- Effettivamente- concordò Milo a bassa voce
Camus lo sentì e lo trucidò con lo sguardo, poi rispose alla sorella - Atena deve essere informata dell’attacco prima che procediamo a discutere su come agire-
Saga annuì in segno di approvazione
In quel momento le doppie porte della Tredicesima Casa si aprirono e Saori fece il suo ingresso nella sala - Perdonate il ritardo, Cavalieri. Vi prego di aggiornarmi sulle novità-
Lanciò una rapida occhiata a Daphne, poi si diresse a passo deciso verso la tenda che drappeggiava il fondo della sala.
- Seguitemi- disse ai Gold Saint
- E io cosa faccio? Vi aspetto qui?- chiese indignata Daphne
- Il Chrysos Synagein non è aperto a tutti- spiegò Atena
- Ma…-
Saga si schiarì la voce attirando l’attenzione di Daphne. Vi fu un rapido scambio di sguardi, poi la ragazza sbuffò - Come volete, Divina Atena- disse scocciata, marcando attentamente l’appellativo che generalmente riservava solo alla sua Dea
- Bene- commentò Saori
Pochi minuti dopo erano tutti riuniti nella Sala d’Oro e avevano aggiornato Atena quanto all’attacco previsto - Visto che Zeus non manderà un grosso contingente non vedo la necessità che voi combattiate in prima linea-
Milo fu tentato di sturarsi le orecchie per assicurarsi di aver capito bene
- Chi dovrebbe combattere allora?- chiese Kanon tamburellando con le dita sul bracciolo del trono della Terza Casa
- I miei valorosi Cavalieri di Bronzo e i Silver Saint rimasti saranno pienamente in grado di sconfiggere questa minaccia- disse Saori come se fosse la cosa più naturale di questo mondo
“I suoi valorosi Cavalieri di Bronzo… e noi che siamo? Nanetti da giardino?” pensò Milo
- Silver Saint rimasti? Quanti sono a parte Marin?- chiese Aiolia
- Preoccupato per la tua bella?- chiese Deathmask, non troppo sconvolto dall’idea di Atena di lasciar da parte l’artiglieria dorata
Aiolia si agitò un po’ sullo scranno.
- Ma Atena- intervenne Aiolos – Noi Cavalieri d’Oro abbiamo il dovere di proteggervi e difendere il Santuario! Non possiamo rimanere da parte e far combattere i Cavalieri di Bronzo!-
- Voi presiederete le vostre Case. Nel caso in cui qualche nemico riesca a oltrepassare i Cavalieri di Bronzo e d’Argento, voi li fermerete- spiegò Atena – Io sarò alla Tredicesima Casa. Se voi adempierete il vostro dovere, nessuno sarà in grado di raggiungermi-
- Atena, lasciate che…- intervenne Saga
- No. Voi avete già fatto abbastanza. Inoltre non sarà necessario il vostro intervento per vincere questa battaglia-
- Adesso mi ascoltate- continuò il Cavaliere dei Gemelli con un tono che non ammetteva repliche
Saori aggrottò le sopracciglia. Probabilmente non era abituata ad ascoltare quello che altri le dicevano, ma Saga sembrava intenzionato a farglielo imparare - In qualità di Grande Sacerdote ho il dovere di consigliarvi- iniziò
- Sì, lo so. Ma ribadisco che…- lo interruppe lei
Mai. Mai interrompere Saga di Gemini.
- E voi avete il dovere di darmi ascolto- disse fulminandola con lo sguardo – Se mi avete nominato Grande Sacerdote vuol dire che vi fidate di me, quindi terrete conto di ciò che ho da dirvi-
Atena sospirò, ma non disse niente. A Milo sembrò una bambina che era stata appena sgridata. In effetti, considerando la differenza di età fra i due, Saga sarebbe potuto quasi essere suo padre.
- Il nostro piano è quello di dare una massiccia prova di forza, al fine di convincere Zeus di necessitare dell’aiuto di Artemide per sconfiggerci. Per battere agilmente i nemici che ci troveremo ad affrontare oggi stesso è quindi necessario che noi Cavalieri d’Oro entriamo in azione. Non possiamo lasciare tutto nelle mani dei Bronze e dei Silver Saint rimasti- illustrò il Grande Sacerdote
- Ti ringrazio per il tuo consiglio, ma continuo a credere che non sia l’idea migliore. Se i guerrieri di Zeus venissero sconfitti senza il vostro intervento, darò prova di essere capace di fronteggiare un attacco senza l’impiego dei miei migliori guerrieri- ribatté Atena
Kanon scosse la testa – Questo è il miglior modo per perdere una guerra-
Milo ridacchiò. Il gemello minore aveva dato voce ai suoi pensieri.
Fu il turno di Aldebaran di esprimere la sua opinione – Non possiamo rischiare di perdere dei Cavalieri in un confronto che si prospetta abbastanza semplice, se confrontato con gli ultimi a cui abbiamo preso parte. I Silver Saint rimasti sono pochissimi, Marin, Shaina e chi altro? Per non parlare del fatto che i Cavalieri di Bronzo sono sì valorosi, ma sono anche dei ragazzini-
- Già- convenne Dohko – Ragazzini reduci da un numero non esiguo di battaglie-
- Il loro coraggio è ammirevole- intervenne Aiolia - Ma sono sfiniti-
- Sì- nessuno si sarebbe aspettato l’intervento di Camus sull’argomento – Ho avuto modo di constatare come il cosmo del mio allievo sia flebile. Quasi consumato-
Si fermò di colpo, come se avesse paura di dire troppo. O meglio, gli altri pensarono che Camus avesse terminato di dare voce ai suoi pensieri, ma Milo sapeva che c’era qualcos’altro che il francese avrebbe voluto dire. Gli venne in aiuto - I Cavalieri di Bronzo hanno bisogno di un periodo di tregua. Non possono andare avanti a questo ritmo serrato, finirebbero per spezzarsi. E nessuno di noi lo vuole. Apprezziamo ciò che hanno fatto finora, ma non possiamo permettere che venga loro affidato il compito di difendere il Santuario mentre noi aspettiamo che un nemico attraversi la soglia della Casa che presidiamo. Per una volta che non sembra necessario ricorrere a tutte le risorse a vostra disposizione, Atena, vi pregherei di lasciare da parte quei ragazzi, dando così loro la possibilità di recuperare e rimettersi in forze-
Dopo il discorso di Milo diversi Cavalieri annuirono in approvazione. Lo Scorpione incrociò lo sguardo di Camus e accennò un sorriso, cercando di non dare troppo nell’occhio.
- Infatti – intervenne Aiolos – Scenderemo in campo e lasceremo a quei ragazzi un po’ di riposo. Se lo meritano. Non credete anche voi, Atena?-
Di fronte all’unanimità dei Gold Saint, Atena non poté fare altro se non acconsentire alle loro richieste.
- Se pensate che questa sia la soluzione migliore, mi fido del vostro giudizio, miei Cavalieri. Seiya e i suoi compagni saranno qui con me alla Tredicesima Casa per difendermi in caso di necessità. Voi invece vi occuperete del nemico in prima linea. Lascio a voi decidere la strategia che ritenete più opportuna-
Saori si alzò, imitata dagli altri presenti, e si apprestò a lasciare la Sala d’Oro. Poco prima di raggiungere l’uscita però, si voltò - Saga, in qualità di mio Grande Sacerdote, ti incarico di intercedere in mia vece presso Artemide riguardo la questione dell’armatura di tuo fratello. Credo che lei possa recarsi più in fretta di me da Efesto-
Lui annuì – Lo farò, mia Signora-
Atena si voltò e uscì dalla stanza in un fruscio di seta.
- Quindi…- prese parola Aphrodite – riguardo la strategia da usare in battaglia?-
Kanon alzò le spalle – Vedi un nemico, gli vai addosso, lo accoppi. Poi passi a quello dopo-
- Mi piace- concordò Milo
- Meglio sarebbe farne fuori più di uno alla volta, ma non posso pretendere troppo da alcuni- continuò il gemello minore con un ghigno
Deathmask si sentì punto sull’orgoglio – Devo ricordarti che al momento sei privo di armatura?-
- A questo stiamo per porre rimedio- tagliò corto Saga – Andiamo, Kanon-
- Aspettate- intervenne Shura – E se doveste recarvi da Efesto di persona e non foste di ritorno per l’attacco?-
Saga si voltò – Mu ha poteri telepatici, nel caso in cui l’attacco iniziasse prima del nostro ritorno ci avvertirà e noi arriveremo qui immediatamente, con o senza armatura. Aiolos, lascio il Santuario nelle tue mani-
l Cavaliere dell’Ariete e del Sagittario annuirono in segno di accettazione dei compiti mentre i gemelli lasciavano la stanza a grandi falcate
- Mu, spero per te che siano già tornati quando Zeus invierà i suoi soldati. Non ti invidierei affatto a dover comunicare mentalmente con quei due- borbottò Aiolia
- Aiolia!- lo rimproverò il fratello
- Che c’è? Entrambi hanno qualche rotella fuori posto, è di dominio pubblico-
Aiolos non sembrava aver voglia di lasciar cadere la questione, ma il buonsenso ebbe la meglio
- Dobbiamo prepararci per la battaglia- disse il Cavaliere del Sagittario – Meglio farci trovare pronti-
***
 
I gemelli riferirono a Daphne la loro intenzione di rivolgersi ad Efesto per un’armatura supplementare per Kanon
- Giusto! La tua armatura. Andiamo da Artemide a sentire cosa ci consiglia di fare per contattare Efesto-
- Dov’è Artemide ora?- chiese Saga
- Fuori dal Santuario, le piace stare in mezzo alla natura. Seguitemi- rispose la ragazza iniziando la discesa delle Dodici Case - Di cosa avete parlato di bello al Cristo Sinagoga… No, non era così, vabbè- indagò curiosa Daphne
- Chrysos Synagein- la corresse Saga – Niente di particolare. Atena voleva lasciarci nelle retrovie e far combattere i Cavalieri di Bronzo e d’Argento, ma siamo riusciti a farla ragionare-
La francese si fermò e si voltò sollevando un sopracciglio
- No. Non stiamo scherzando- l’anticipò Kanon
Lei sollevò le mani e ricominciò la discesa.
Finalmente raggiunsero Artemide. La Dea era seduta sul ramo più basso di un pino, gli occhi persi a scrutare l’orizzonte. Daphne s’inginocchiò e richiamò la sua attenzione - Mia Signora, abbiamo bisogno del vostro aiuto-
Artemide scese dall’albero con agilità – Ditemi-
Saga si fece avanti e s’inchinò – A nome di Atena, vi chiedo di dirci come trovare Efesto-
- Efesto? Per quale motivo avete bisogno di lui?-
- Abbiamo bisogno di un’armatura e solo il Dio fabbro sarà capace di forgiarne una capace di eguagliare quelle d’oro- spiegò il Grande Sacerdote
Artemide si lisciò un sopracciglio – Efesto mi deve un favore. Potrete richiedere quest’armatura come saldo del suo debito con me. Le sue fucine si trovano nelle profondità del vulcano Etna, il vostro cosmo vi permetterà di individuarle nonostante siano un luogo generalmente precluso ai mortali. Vi consiglio di partire subito, potrebbe aver bisogno di un po’ di tempo per forgiare l’armatura-
Daphne annuì – Rivendicheremo il favore che Efesto vi deve e saremo di ritorno con l’armatura prima dell’inizio del conflitto-
- Molto bene- commentò la Dea prima di tornare sul solito ramo a scrutare l’orizzonte
La ragazza si rivolse ai gemelli - Mmh… Voi sapete teletrasportarvi? Perché io posso farlo solo di notte-
- Solo di notte? Figo!- commentò Kanon – E perché?-
- Artemide mi ha insegnato a viaggiare sfruttando l’oscurità. Saltare di ombra in ombra di notte è un metodo molto rapido per spostarsi-
- Sfruttare un’altra dimensione è ancora più efficace- intervenne Saga
Lei inarcò un sopracciglio – Usi l’Another Dimension come teletrasporto?-
Il gemello maggiore alzò le spalle – Meno faticoso di correre alla velocità della luce-
Si voltò e lanciò il suo colpo aprendo uno squarcio nello spazio-tempo - Dopo di voi-
- Come sei cavalleresco oggi, fratello- disse Kanon prima di entrare nel varco
Daphne lo seguì con qualche dubbio, non le era mai piaciuto quel colpo, la innervosiva non poco.
I suoi dubbi furono però infondati. Daphne non si accorse nemmeno dello spostamento: un attimo prima era in Grecia, un battito di ciglia più tardi inspirava fuliggine. Erano sbucati sull’entrata delle fucine del Dio.
- Saga, la prossima volta facci bussare almeno. Dov’è finita la tua educazione?- lo rimproverò Kanon
Un uomo massiccio con indosso una tuta e un grembiule da lavoro completamente ricoperti di fuliggine stava martellando qualcosa sul piano da lavoro dando loro le spalle. Il fuoco del forno emanava un calore potentissimo, prevedibile, considerando la collocazione delle fucine.
“Menomale che Camus non è qui” pensò Daphne
La ragazza tentò di annunciare la propria presenza schiarendosi la voce, ma il rumore del martello la sovrastò.
Saga si fece avanti – Divino Efesto-
La sua voce profonda riuscì a richiamare l’attenzione del Dio. Lui si voltò e Daphne fu costretta a trattenere un conato di vomito. I miti avevano ragione a definirlo brutto, dato che lo era veramente. La barba era un cespuglio incolto con pezzetti di lava incrostati, il naso enorme dava una vaga aria da facocero mentre le sopracciglia folte erano praticamente unite in un unico blocco. Qualche vecchia bruciatura cospargeva il collo e la fronte, quest’ultima in parte coperta dai capelli impiastricciati di cenere e unto.
- E voi chi siete?- chiese con voce roca
- Io sono Saga dei Gemelli, Grande Sacerdote della Dea Atena e questi è mio fratello, Kanon di Gemini-
Daphne si riprese e si presentò a sua volta
Il Dio sembrò confuso – Che volete da me?- chiese burbero – Io non intendo schierarmi da nessuna parte in questa guerra-
- Non siamo venuti qui per questo- intervenne Kanon – Abbiamo bisogno di un’armatura e ci siamo rivolti al miglior fabbro dell’Olimpo-
- Chi sarebbe?-
- Voi, divino Efesto-
- Mmh- Efesto sembrò compiaciuto dalla risposta
“Affabulatore lingualunga che non sei altro, Kanon” pensò Daphne. Poi si ricordò di quello che le aveva detto Artemide riguardo quel favore che il Dio le doveva, allora prese la parola.
- Divino Efesto, Artemide chiede che forgiate quest’armatura per il Cavaliere d’Atena per saldare il debito che avete con lei-
Efesto tentò di levare un po’ di sporco dalle mani con un cencio, invano – Oh, Sacro Stige! Se le lega tutte al dito-
Sospirò e rinunciò a pulire le mani – Okay, forgerò quest’armatura. Ditemi, avete un modello da imitare?-
- Sì- risposero in coro i gemelli. Saga si svestì del Cloth e lo lasciò ricomporsi in totem davanti al Dio fabbro.
- Oh!- esclamò ammirato il Dio – Queste armature d’oro sono veramente sublimi, nonostante non sia stato io a forgiarle. Beh, non posso farne una copia di eguale potere poiché, come saprete, le dodici armature d’oro appartenenti alle costellazioni situate sull’eclittica racchiudono la luce del sole. Nessuna può essere duplicata però…-
Iniziò a girare per la fucina rovistando un po’ ovunque alla ricerca di solo-lui-sapeva-cosa. All’improvviso si voltò verso i gemelli - Voi due appartenete entrambi alla costellazione di Gemini e l’armatura vi riconosce entrambi come suoi proprietari?-
- Sì- rispose Kanon cercando invano di capire cosa stesse cercando il Dio
- Quindi ognuno di voi potrebbe teoricamente indossare solo una metà dell’armatura?- chiese ricominciando a vagare per la fucina
- Questo non lo sapp…- iniziò Saga
- Sì, certo che potete. La sua lealtà è scissa tra voi due… quindi, vediamo… Forgerò un’armatura complementare a questa, in modo che ognuno di voi indossi una parte di quella d’oro e una parte di… Quale materiale potrei usare?-
Si bloccò di colpo e puntò nuovamente lo sguardo sui gemelli – Chi di voi due non è stato il “primo” proprietario?-
- Io- disse Kanon
- E come ti sentivi quando tuo fratello indossava l’armatura e tu no?-
- Io…- lanciò un’occhiata di sfuggita a Saga, poi abbassò lo sguardo – Io ero la sua ombra-
Efesto sembrò illuminarsi – Ma certo! Questa armatura sarà l’ombra della compagna dorata. Nessuno di voi due indosserà tutta l’armatura dorata o tutta quell’altra, no… Voi sarete al tempo stesso luce e ombra di voi stessi-
Corse dalla parte opposta della fucina e si mise al lavoro.
Daphne si avvicinò a Saga – Ma che gli è preso?-
Lui scosse la testa, poi sussurrò – Credo che abbia trovato l’ispirazione-
Efesto lavorava velocissimo e pieno di entusiasmo – Sarà una delle mie migliori creazioni. Cioè, ne ho già tante… Ma anche questa non sarà da meno-
Grazie ai suoi poteri divini, il lavoro fu terminato in breve tempo. Il Dio mostrò la sua creazione ai Cavalieri con aria immensamente soddisfatta. Il totem era identico a quello del Cloth di Gemini, ma il colore era molto più scuro, un nero cupo. L’armatura sembrava però inconsistente, come un’ombra.
“Speriamo che pari i colpi in battaglia” pensò Daphne un po’ dubbiosa
Saga e Kanon si avvicinarono all’armatura appena forgiata con aria quasi venerante.
- Emana la stessa aura di potenza- commentò il Grande Sacerdote incredulo – Com’è possibile?-
- Ogni oggetto ha un’ombra. Io non ho fatto altro che plasmare quella del Cloth di Gemini. La forza che emana questa armatura è pari a quella del Cloth originario perché È quella del Cloth originario- spiegò il Dio, poi si voltò verso Kanon – Tu eri l’ombra di tuo fratello, ma eri potente egualmente. Quest’armatura è l’ombra di quella d’oro, ma ha la stessa forza-
I gemelli avevano la stessa espressione di due bambini che scartano i regali di Natale
- È magnifica, divino Efesto- commentò Kanon
- Sì, insomma… Sono il Dio fabbro, tutte le mie creazioni lo sono. Comunque ora andate. Non vorrei che si credesse che mi sono schierato con Atena
Efesto puntò il dito contro Daphne – Tu ricorda ad Artemide che adesso ho ripagato il favore che le dovevo-
Lei accennò un inchino – Lo farò-
- Oh e voi due, vedete di far fare bella figura alla mia creazione. Intesi?-
I gemelli sogghignarono – Sarà fatto-
- Bene, adesso sparite. Tanto ho l’impressione che ci incontreremo di nuovo abbastanza presto- li congedò Efesto
Daphne fu tentata di chiedere al dio cosa intendesse, ma vide Saga voltarsi e lanciare l’Another Dimension – Mu mi ha appena contattato- spiegò – Muoviamoci-
***
 
Come Saga gli aveva ordinato, Aiolos aveva preso in mano la situazione per organizzare la difesa del Santuario.
- Visto che a combattere saremo noi tredici Cavalieri d’Oro più il Cavaliere di Artemide, propongo di dividerci in quattro gruppi per difendere il perimetro del Grande Tempio a Nord, Est, Sud e Ovest. Così facendo avremo una difesa più capillare che impedirà a chiunque di oltrepassare la nostra linea e avvicinarsi alle Case. Obiezioni?-
Nessuno parlò
- Bene, allora inizierei a…-
“L’effetto sorpresa, Zeus  è sicuro di aver dalla sua parte l’effetto sorpresa” si ricordò Camus “Non possiamo lasciarci sfuggire questa cosa”
- …dividerci in gruppi di tre o quattro Cavalieri e stabilire quale lato del Santuario difenderà ciascun gruppo- terminò Aiolos
- Ricordiamoci che Zeus è convinto di coglierci di sorpresa con quest’attacco- intervenne Camus
Una serie di mormorii percorse la sala
- E allora cosa dovremmo fare? Non organizzarci?- chiese confuso Aldebaran
- Certo che dobbiamo organizzarci, ma non dobbiamo farci trovare pronti ad aspettare il nemico visto che, teoricamente, non dovremmo essere a conoscenza di quest’attacco- rispose il francese
- Mmh, non credo che farsi trovare in quattordici a pattugliare il perimetro sia auspicabile quindi- prese parola Dohko
- Avete ragione- commentò Aiolos – Uno solo di noi starà fuori ad aspettare l’arrivo del nemico. Appena ciò accadrà, darà l’allarme. Allora scenderemo in campo tutti quanti e ci divideremo sui vari fronti-
- Giusto- concordò Milo – Quindi ci serve la vittima sacrificale-
- Io no- disse Deathmask
- Non ne avevamo dubbi- borbottò Aphrodite – Se mettiamo in palio una botte di vino ci stai però, eh?-
- Ne potremmo discutere- replicò l’italiano
- Darò io l’allarme- si propose Aiolia
- Ehi! Ma volevo offrirmi io!- si lamentò Milo
“No!” Il cuore di Camus saltò un battito. Il pensiero di usare Milo come “esca” non gli piaceva per niente. “Stupido” si rimproverò una volta ritrovata la calma “Non è niente di pericoloso! Milo non rischierebbe nulla… stupido cuore innamorato”
Anche Shura e Aldebaran si offrirono per l’incarico
- Prima dividiamoci e assegniamo a ogni gruppo un lato del Santuario, poi sceglieremo chi si farà trovare dal nemico apparentemente impreparato- calmò le acque Aiolos
Milo e Aiolia misero il broncio – E va bene- mugugnarono
- Però- continuò il Leone – Non provare ad affibbiarmi i gemelli, specialmente Saga-
- Aiolia si può sapere cosa ti hanno fatto?-
Il fratello più piccolo sembrò sprofondare nel trono della Quinta Casa – Ti hanno ucciso. Le loro menti malvagie hanno partorito quell’idea. Non è stato Shura, né nessun altro. Loro due-
Aiolos sospirò – Vedi di passare oltre questa cosa. Siamo in guerra, non possiamo permetterci alcun tipo di astio tra di noi. Siamo compagni di battaglia adesso e qualsiasi cosa sia successa in passato non importa. Comunque, se proprio ritrovarti a combattere al loro fianco ti dà fastidio, Saga, Kanon e io formeremo una squadra. Difenderemo il lato Sud, quello dell’entrata della Prima Casa-
Aiolia sgranò gli occhi – Ma fratello…-
- Niente ma, Aiolia. Tu combatterai con Milo e Camus-
Guardò verso Camus in cerca di approvazione. Il francese annuì – Ci occuperemo del versante Nord, nel caso decidessero di prendere d’assalto il Santuario dal retro-
“Speriamo solo che quei due non si mettano a bisticciare” si augurò Camus
- Bene. Mu, Aldebaran e Dohko, voi prenderete il lato Est. Shaka, Shura, Aphrodite e Deathmask, voi l’Ovest- terminò il Sagittario
- No dai, col santone no- piagnucolò Cancer
Aphrodite lo guardò male, probabilmente gli avrebbe anche tirato una botta in testa se lo scranno della Dodicesima Casa fosse stato più vicino a quello della Quarta – Piantala di fare il cretino per una buona volta-
“Almeno Milo riesce un po’ a controllarsi durante le riunioni che trattano argomenti seri” si rallegrò Camus “Se facesse i suoi soliti commenti provocanti anche in mezzo a tutti gli altri Gold sarei costretto a congelarlo”
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce di Shaka
- La tua mancanza di serietà ci porta a domandarci se tieni davvero a veder vincere Atena in questa guerra - disse il custode della Sesta Casa -Non turbarti però, Cancer, sarò in grado di riportarti sulla retta via nel caso in cui tu rischi di cedere alle vecchie abitudini nel corso dello scontro. Ormai ho imparato cosa vuol dire misericordia-
Deathmask si alzò in piedi – Mi prendi in giro?-
- Temo che le mie parole abbiano velato il messaggio che volevo trasmetterti. Ti prego di calmarti, Cancer, non era mia intenzione offenderti-
- Mmh- l’italiano non sembrò convinto, ma di fronte a Shaka, meglio non sollevare questioni. Shura gli fece cennò di tornare seduto e Deathmask si lasciò scivolare di peso sul seggio della Casa del Cancro
- E Daphne?- chiese Milo – Con chi combatterà?-
Aiolos si passò una mano tra i riccioli castani – Sceglierà lei. Vado a cercarla per riferirle il nostro piano-
- Ehi!- lo fermò Aiolia prima che potesse muovere un passo – Quindi chi darà l’allarme?-
Il Cavaliere del Sagittario sospirò. Chiunque avrebbe già perso la pazienza, ma non Aiolos. Riusciva a mantenere la calma all’infinito, una dote innata - Camus, posso fidarmi di te, vero?-
Il francese annuì – I nostri nemici non faranno in tempo a comparire all’orizzonte che sarete già avvisati-
Aiolos sembrò soddisfatto – Bene. È tutto allora- disse prima di lasciare la Sala d’Oro per raggiungere il Cavaliere d’Artemide
Anche Camus si alzò e uscì dalla stanza per recarsi ad adempiere il compito affidatogli. Mentre camminava per raggiungere i confini del Santuario inspirò un po’ d’aria fresca e si lasciò scompigliare i capelli dal vento godendosi quei brevi momenti di pace prima della battaglia.
“Milo in ansia tra trois, deux… un”
- Cam!-
“Come volevasi dimostrare”
Continuò ad avanzare con il suo solito passo cadenzato mentre Milo lo affiancava
- Perché gli hai detto di sì?- chiese trafelato
- Milo non essere stupido-
- Ma volevo farlo io. Uffa. Ti va di fare a cambio?-
- Ma che dici?- sbuffò il rosso – Si può sapere perché ci tieni così tanto a dare l’allarme?-
Lui sollevò le spalle e allargò le braccia – Volevo essere il primo in assoluto ad avvistare il nemico. In quanto custode dell’Ottava Casa questo non è generalmente possibile-
- Ti rendi conto che quello che dici non ha un minimo di senso?-
- Certo!-
Camus non poté trattenere un sorriso. Non era possibile. Milo riusciva sempre ad averla vinta, in qualche modo.
- Ah! Ti ho visto! Quello era un sorriso- disse il greco tutto contento
L’Acquario tornò serio – Assolutamente no- ribatté mentre scendeva i gradini della Prima Casa
Milo ridacchiò – Sì, se quello non era un sorriso tu non eri vergine la prima volta che l’abbiamo fatto-
Camus diventò color porpora. Il biondo gli passò accanto con aria innocente – Resto a farti compagnia?-
Il francese ritrovò l’autocontrollo e sollevò il mento in un gesto di stizza – Devo perlustrare i confini da solo. Va’ a prepararti per la battaglia-
Milo scrollò le spalle - Okay, va bene-
Fece per voltarsi, ma all’ultimo secondo si fermò e agguantò Camus per un braccio - Voglio divertirmi un po’ con quei tirapiedi di Zeus, quindi vedi di dare l’allarme immediatamente appena ne vedi uno, occhio di falco-
- Come sei ansioso, dovresti calmarti un po’, sai? In battaglia è meglio essere tranquilli-
- Mmh, punti di vista- borbottò il biondo
- Non sono punti di vista, devi capire che quando combatti dovrest…-
- Tu parli troppo invece- lo fermò Milo
Camus ebbe appena il tempo di guardarlo negli occhi prima che lo Scorpione catturasse le sue labbra in un bacio focoso. Il pensiero che lì chiunque avrebbe potuto vederli attraversò la mente del francese come un fulmine a ciel sereno, ma il suo cervello aveva staccato la spina. Con Milo intorno andava sempre così, i neuroni di Camus scioperavano e lui si ritrovava a naufragare nel mare delle sue emozioni tanto celate.
Quando il contatto terminò le sinapsi del signore delle energie fredde tornarono a funzionare - Milo! Cosa fai? Chiunque potrebbe averci visto!-
- Sì, vabbé…-  gli fece l’occhiolino – Buon lavoro-
Camus respirò a fondo “Meglio iniziare a pattugliare la zona, prima che mi venga la voglia di trasformarlo in un ghiacciolo”
Mentre solcava il terreno con passi lenti e misurati, un ricordo di quella mattina riaffiorò nella sua mente: il sogno di Milo. Quando era andato a svegliarlo Milo gli aveva detto che “si stavano sposando”. Il pensiero lo fece sorridere. Si immaginò davanti all’altare mentre il suo Milo gli metteva la fede al dito.
“Certe volte vorrei essere una persona normale e avere una vita come tante” Non credeva che l’avrebbe mai pensato, ma da quando Milo era entrato nella sua vita… era cambiato. Avrebbe voluto avere una casa, una famiglia, una vita normalissima da dividere quotidianamente con il suo amore. Ma questo non era quello che il destino aveva scelto per lui. Lui era un Cavaliere di Atena, non esisteva casa né famiglia per un Saint della Dea della Giustizia, solo il dovere. Niente però gli poteva impedire di fantasticare su come sarebbe stata la sua vita con Milo dopo un eventuale matrimonio. Si immaginò il biondo alle prese con la lavatrice e fu costretto a trattenere una risata. Non ce lo vedeva assolutamente. Pensò a come sarebbe stato bello andare insieme a cena in un ristorante, vedere un film al cinema o passeggiare per i mercatini di Natale tenendosi per mano. Ad un certo punto iniziò a vedere appannato, non si era accorto che gli occhi si stavano riempiendo di lacrime.
“Stupido” si rimproverò “Tu sei un Cavaliere. Quello che sogni non potrà mai avvenire”
Sbatté le ciglia per cancellare quella traccia di debolezza che un Gold Saint non si poteva permettere.
I suoi ragionamenti furono però bruscamente interrotti dalla percezione di cosmi ostili.
“Arrivano”
 
Nota dell’autrice: perdonate l’attesa ma ero in lutto per la morte del mio personaggio preferito nella serie tv di Robin Hood T_T  
 

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Capitolo 11
*** I guerrieri di Zeus ***


Capitolo 11 – I guerrieri di Zeus
 

Daphne poggiò di nuovo i piedi sulla terra dopo il viaggio ultradimensionale Etna-Santuario con Air Gemini e per poco non sbatté contro Aiolos.
- Ti stavo cercando- disse il Cavaliere del Sagittario un po’ sorpreso dalla comparsa improvvisa – Volevo riferirti il nostro piano di difesa prima di attuarlo, ma pare che non abbiamo più tanto tempo-
- Allora spara- lo spronò la ragazza
- Ci siamo divisi in quattro gruppi per difendere i vari lati del Santuario. Kanon e Saga, voi due siete con me-
- Quale lato?- chiese Saga
- Sud-
- E io?- chiese Daphne
- Volevo chiederti con chi preferivi combattere, ma…-
In quel momento un fulmine squarciò l’aria che separava le spalle dei gemelli
- Ehi- si lamentò Kanon – Non provate ad abbrustolire mio fratello! Solo io ho il diritto di corcarlo di mazzate-
- Quando mai mi avresti “corcato di mazzate”?-
- Facciamo che andiamo tutti e quattro a difendere il territorio antistante la Prima Casa prima che sia invaso dai nostri amici elettricisti, che ne dite?- li interruppe Daphne
- Buona idea- acconsentirono gli altri
Una volta sul luogo i Cavalieri della Terza Casa richiamarono il Cloth di Gemini. Accanto ad esso comparve anche la nuova armatura forgiata da Efesto. Saga e Kanon si guardarono
- Proviamola- decisero dopo qualche secondo di esitazione
L’effetto fu unico. La parte destra dell’armatura d’oro e la sinistra di quella d’ombra rivestirono il corpo del Grande Sacerdote, mentre le altre andarono a Kanon. Il Cloth di Gemini risplendeva come non mai, mentre le metà forgiate dal Dio fabbro sembravano quasi risucchiare ogni qualsiasi forma di luce intorno ad esse, come un buco nero. Questo nuovo design dei Cavalieri della Terza Casa rispecchiava appieno la loro personalità: una parte buona e onorevole, dorata come la luce del sole; l’altra oscura e misteriosa, come la notte senza stelle.
- Caspita!- esclamò Aiolos – L’ha forgiata Efesto? Il Dio in persona?-
Saga annuì – Sì. Ho la netta impressione che quel Dio sappia più di quanto lasci credere…-
Daphne era pienamente d’accordo con lui. Efesto aveva detto che secondo lui si sarebbero rivisti presto… Ma in quale occasione? Incontro pacifico o battaglia?
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce del gemello minore
- Stanno arrivando... Mmh, vediamo di divertirci un po’-
I guerrieri di Zeus entrarono nel loro campo visivo. Indossavano armature grigie come il cielo in tempesta che ricoprivano loro il torace e le gambe, lasciando scoperti il collo e l’inguine, oltre alle braccia. Quello che probabilmente era il loro comandante aveva invece un’armatura più massiccia che forniva maggiore protezione agli arti superiori. L’elmo arrivava a coprire tutto il capo.
- Tsk. Questo mette pure l’elmo- borbottò Kanon
Come al solito infatti, né lui né il fratello portavano il loro. Daphne non poteva ridire molto, dato che nemmeno lei l’avrebbe indossato se le avesse fasciato tutta la testa in quel modo. Infatti tollerava il suo solo perché somigliava più a una specie di diadema di metallo con delle ali ai lati piuttosto che a un vero elmo.
I loro nemici si schierarono di fronte a loro e iniziarono a sghignazzare - Ci affrontano solo in quattro? – chiese uno, un po’ spiazzato
- Si vede che non vedono l’ora di morire- gli rispose un altro
- Idioti! Non hanno avuto tempo di organizzarsi. È ovvio che non ci saremmo trovati davanti tutti i più forti Cavalieri di Atena schierati- li zittì il comandante
Daphne fu tentata di mettersi a ridere, ma riuscì a trattenersi.
Il guerriero del Signore del Cielo si fece avanti – Oggi sono di indole misericordiosa. Vi do la possibilità di sfidarmi in singolar tenzone. Quando vincerò, e state sicuri che accadrà, gli altri tre di voi dovranno arrendersi, ma saranno risparmiati. Che ne dite? Morirà soltanto uno di voi- disse lasciando andare una risata gracchiante
Kanon si schiarì la voce – Prima di accettare un simile incontro, preferirei sapere il nome di colui che dovrei combattere-
- Giusto! Io sono Anfione del Lampo- si presentò il guerriero – E tu, Cavaliere? Mi dici il tuo nome o hai paura di batterti con me?-
- Oh, non sono intenzionato a combatterti. Voglio avere salva la vita. Magari mio fratello è disposto a farlo- disse Kanon lanciando un’occhiata di sbieco a Saga
Lui alzò un sopracciglio, poi sogghignò e si fece avanti – Il mio nome è Saga, della costellazione di Gemini-
I nemici indietreggiarono a sentire il suo nome. Per questo Arles era stato molto utile. La fama della sua malvagità aveva fatto il giro dell’Olimpo, non che quella di Kanon fosse tanto inferiore, ma forse il gemello minore aveva preferito andare sul sicuro.
- Che c’è?- chiese Saga per interrompere il mutismo delle due file – Non vuoi più combattere?-
Anfione sembrò brancolare nel buio per qualche secondo. Poverino, trovarsi di fronte al Cavaliere di Atena ritenuto più potente e con una personalità altalenante non era proprio la miglior cosa. Dopo qualche secondo si scosse - Ah! Credevate davvero che avrei rinunciato al vantaggio numerico per cavalleria?-
- Se fossi stato sicuro di vincere l’avresti fatto- ribatté Kanon con un sorrisetto.
Anfione digrignò i denti – No! Il mio scopo era solo quello di prendere tempo. In questo momento mio fratello Zeto sta attaccando il retro del vostro Santuario e voi non potete fare nulla per fermarlo-
Si voltò verso i suoi soldati ricevendo un’acclamazione, poi tornò a guardare i suoi avversari – Stolti! Venendo qui avete lasciato completamente scoperte le spalle del vostro amato Tempio!-
“Okay, se vogliamo continuare a far reggere il gioco del Oh-ci-avete-colti-di-sorpresa è meglio che tu inizi a sfoggiare le tue abilità recitative, Daphne” si incitò la ragazza
Portò una mano alla bocca cercando di assumere un’aria terrorizzata - No! Tu menti!-
Anfione sembrò soddisfatto dell’effetto – Eh no ragazza. Anfione è un uomo di parola. Mio fratello raderà al suolo tutto!-
– Non può essere vero. L’entrata della Prima Casa è qui. Tuo fratello non raggiungerà mai Atena!- Daphne fu tentata di mettersi a vomitare dopo aver finto di essere preoccupata per la sorte di Miss-quanto-sono-Dea-Saori
- Siete proprio stupidi. Il nostro scopo non è quello di uccidere Atena, ma di far fuori tutto il suo esercito. Senza quello, lei non è più una minaccia per il Sommo Zeus-
- Non dovreste sottovalutare Atena, né tantomeno il suo esercito- intervenne Aiolos
- Sicuro, fringuello?- lo canzonò Anfione accennando alle ali della sua armatura
Il Cavaliere del Sagittario impugnò l’arco dorato – Non avanzerete più di così-
- Lo vedremo- ringhiò Anfione, poi si voltò verso i suoi soldati e li fece schierare. I guerrieri rimasero in attesa di ordini, pronti a scattare all’attacco.
In quanto Cavaliere di Artemide, a Daphne non poteva mancare l’arma prediletta della sua Dea: arco e frecce. Richiamò l’arco argentato come Artemide le aveva insegnato e affiancò Aiolos - Chi ne prende di più vince un biscotto-
- Un biscotto?-
- Sì. Ma uno di quelli che sai fare tu con il cioccolato, sennò non vale-
Il Cavaliere del Sagittario sorrise – Ci sto-
Kanon si voltò verso di loro e squadrò attentamente i due archi – Mmh… Mi è venuta un’idea-
- Soldati, all’attacco!- urlò Anfione, poi sfoderò un’ascia bipenne da non si sa dove e si lanciò verso di loro
- Combatte con un’ascia… in che condizioni- mormorò Saga scuotendo piano il capo
- Kanon, se hai un’idea magari è meglio se ce la dici- intervenne Daphne
Il gemello minore sogghignò – Saga, tu occupati pure di quel simpaticone, voi due Robin Hood state pronti-
- Per cosa?- chiesero Aiolos e Daphne in coro
Kanon si buttò nella mischia
- Grazie della risposta- mugugnò la ragazza
Poco dopo un’Another Dimension inghiottì qualche guerriero di Zeus, mentre i loro compagni si guardavano intorno confusi.
“Ho come l’impressione che…”
Kanon riaprì la dimensione oscura lasciando uscire i soldati precedentemente catturati in un piccolo spiazzo perfettamente a portata di freccia per Aiolos e Daphne.
- Per questo!- urlò Kanon in risposta alla domanda di prima lasciata in sospeso
I due arcieri incoccarono le frecce e iniziarono a fare piazza pulita. Mentre bersagliava di colpi i vari nemici che piano piano Kanon faceva affluire al patibolo, Daphne espresse i suoi pensieri ad alta voce.
- Pensa te nel Medioevo quando gli arcieri usavano frecce normalissime e dovevano andare a riprendersele quando le finivano-
- Ti sembra il miglior momento per fare conversazione?- la rimproverò Aiolos
- Che c’è? Tanto li prendo tutt…- la sua freccia non andò a segno e mancò il nemico – …quasi tutti-
Per rimediare, richiamò una folata di vento in modo che l’arma cambiasse il proprio corso e si conficcasse nella nuca del soldato.
- Ehi, ma così non vale- protestò il greco
Un’esplosione richiamò la loro attenzione
- Scusate- disse Kanon – Mi ero stancato-
La Galaxian Explosion aveva lasciato un buco nel terreno dove prima stavano i guerrieri di Zeus
- Oh, non fa niente- lo tranquillizzò Daphne – Fa’ solo attenzione a non distruggere la Prima Casa però-
Lui scrollò le spalle – Tanto non è la mia-
Poco più in là, Saga scansava senza problemi i colpi dell’ascia di Anfione - Devo trattenerlo ancora per molto o posso polverizzarlo?- chiese con aria scocciata
- Polverizzarmi, ah! Questa sì che è bella. Ti piacerebbe riuscirci, vero?-
- Magari potrebbe sapere qualcosa di utile- intervenne Aiolos – Potremmo lasciarlo vivere-
Kanon si picchiettò il mento con un dito – Nah… Piuttosto lasciamo vivo suo fratello dato che gli hanno affidato l’incarico di attaccare il retro del Santuario. Quello di Anfione era solo un diversivo con lo scopo di convogliare tutte le nostre difese qui-
- Allora lo uccido- sentenziò Saga
- No, aspettate, cos…- iniziò Anfione
Il Grande Sacerdote sollevò una mano e lanciò il suo colpo più devastante contro il guerriero di Zeus.
- Hai sbagliato, fratello- gli fece notare Kanon - Questo non è polverizzare, è disintegrare-
- È  morto. Questo importa-  ribatté Saga, poi si voltò verso Aiolos – A chi hai affidato la difesa del lato Nord? Se Kanon ha ragione, il grosso della spedizione di Zeus dovrebbe convergere lì-
- Camus, Aiolia e Milo- rispose il custode della Nona Casa
“Camus!” il suo istinto di sorella maggiore le suggeriva di andare ad aiutarlo, aveva il terrore di perderlo di nuovo. Non si sarebbe mai perdonata se gli fosse successo qualcosa. Questa volta aveva la possibilità di aiutarlo e non voleva lasciarsela sfuggire.
Fece per voltarsi, ma Saga capì le sue intenzioni e la fermò tenendola per un braccio.
- Non ha bisogno del tuo aiuto- le disse
- Cosa ne sai?- chiese lei, conoscendo già la risposta
- È un Cavaliere d’Oro, è capace di badare a se stesso. Inoltre ci sono anche Milo e Aiolia con lui, nessun esercito scadente come questo sarà in grado di torcergli un solo capello-
- E se quell’esercito guidato dal fratello di questo Anfione fosse più potente delle loro possibilità?- continuò caparbia la ragazza
- Non lo sarà- rispose lui – Inoltre dobbiamo ancora difendere questo posto. Non è detto che l’armata inviata da Zeus sia finita qui-
- Tu resta pure qui- replicò Daphne – Io vado da mio fratello. Tu, Kanon e Aiolos siete più che sufficienti per difendere il lato Sud-
Saga sbuffò e la lasciò la presa sul suo braccio – Allora fa’ come vuoi- la liquidò alzando le spalle
Daphne si sentì quasi in colpa, Saga non aveva mai avuto quell’atteggiamento scocciato con lei. Ma lei non era un Cavaliere di Atena e non era obbligata a stare agli ordini del Grande Sacerdote. E poi… il terrore di perdere suo fratello le stringeva il cuore in una morsa gelata. Se non si fosse trattato di un esercito da quattro soldi?
Si voltò e corse lungo il perimetro del Grande Tempio per raggiungere il versante Nord mentre sondava la sfera emotiva di suo fratello. Calma e concentrazione. Sembrava tutto sotto controllo.
***
 
Milo imprecò. Non aveva proprio un bel niente sotto controllo. Già sentiva nella mente la strigliata di Camus “Perché non mi hai dato retta?”, seguita probabilmente da qualche accidente in francese.
Non era colpa sua se Camus gli aveva detto di aspettare e lui non lo aveva ascoltato. Era colpa del suo sangue di Scorpione che gli imponeva di agire, del suo cuore pulsante che bramava la battaglia. Aiolia poi non era da meno, dopo che Milo era scattato all’attacco, l’aveva seguito di slancio.
Purtroppo però Milo non aveva considerato che i nemici erano molti più di loro. Ben presto i Cavalieri dello Scorpione e del Leone si erano ritrovati circondati. Mentre loro cercavano una soluzione per uscire da quella situazione compromettente, il resto dell’esercito stava andando addosso a Camus che attendeva i guerrieri di Zeus in posizione più arretrata e più alta, adatta a fronteggiare un numero non esiguo di nemici. Quando era scattato in avanti verso il nemico Milo non aveva sentito nessun urlo di frustrazione da parte del Cavaliere dell’Acquario, niente di cinematografico come un bel “MILOOOO! Io ti uccido”.
Niente di tutto questo, solo un lungo, temibile e letale rivolo ghiacciato sulla nuca. Il segnale di Camus per “se sopravvivi ti uccido io”. Era un tipo silenzioso Camus, ma riusciva a dare un’efficacia ai suoi messaggi impareggiabile.
- Ehm…- lo richiamò al presente Aiolia – Cosa facciamo ora?-
Milo abbassò lo sguardo sul reticolato elettrico che piano piano si stringeva sempre di più costringendo i due Saint ad arretrare fino a trovarsi schiena contro schiena.
- Sai che, forse, la mia non è stata proprio una bella idea?-
- Ma va! E io che ti ho pure seguito-
- Dovevamo ascoltare Camus- concluse Milo
- Già- concordo Aiolia
- Dici che se lo salto non funziona, eh?- disse lo Scorpione accennando al recinto elettrico
- No ma… A me non fa niente. Diamine, Milo. Faresti rincoglionire perfino Einstein!- esclamò Aiolia
Poco dopo lanciò uno dei suoi colpi che controllava la ionizzazione dell’aria e neutralizzò l’arma nemica
- Comunque credo che si dica Ainstain- gli fece notare Milo
- Ma è una “e”!-
- Ma Camus lo pronuncia così-
- Allora mi fido-
Mentre battibeccavano non si erano accorti che i nemici di fronte a loro avevano lasciato un varco per far passare un guerriero più massiccio degli altri.
- E questo bestione chi sarebbe?- borbottò Aiolia
Il guerriero si batté un pugno sul petto – Eracle dell’Aquila-
Milo non poté fare a meno di pensare che avesse un’espressione un po’ tonta dipinta in viso.
- E no! Marin è il Cavaliere dell’Aquila, brutto colosso di latta che non sei altro-
Milo sillabò attentamente l’epiteto che il suo compagno d’armi aveva riservato a Eracle
- Aiolos ci tiene alle buone maniere. Ogni volta che uso le parolacce mi rimprovera- spiegò il custode della Quinta Casa alzando le spalle
- Tu sei un po’ complessato, amico- commentò Milo
- Allora- tuonò la voce del guerriero di fronte a loro – Chi di voi due moscerini vuole essere schiacciato per primo?-
Il Cavaliere del Leone fece un passo avanti – Vediamo se sei degno di questo nome, Eracle-
Eracle, dall’alto dei suoi due metri abbondanti ghignò – Piccolo greco, fatti sotto-
Milo iniziava a fremere d’impazienza, voleva la mischia, un bel mucchio di nemici da avvelenare a morte, o un bel duello all’ultimo colpo o, come sarebbe più appropriato dire, all’ultima puntura.
Neanche il tempo di finire il pensiero che un altro guerriero si fece avanti. Non era grande e grosso quanto Eracle e non aveva nemmeno la solita espressione idiota dipinta sul volto.
- Calmati Cavaliere di Atena. Lacedemone dell’Egida è pronto a sconfiggerti-
Eracle si voltò verso il nuovo arrivato – Cosa ci fai tu qui?-
Lacedemone lo guardò di sottecchi – Il Sommo Zeus aveva previsto che i Saint di Atena potessero essere validi combattenti… Aveva bisogno di qualcuno che gli riferisse le loro abilità-
- Cosa intendi dire?-
- Quegli stupidi di Anfione e Zeto si sono buttati nella mischia senza conoscere i propri nemici, contando solo sul fattore sorpresa- Lacedemone sospirò – Il nostro esercito sarà completamente sconfitto con quei due alla guida-
Eracle aggrottò le sopracciglia – Quindi adesso comandi tu?-
- No sciocco. Io sono quello che tornerà dal Sommo Zeus a riferire tutto ciò che ha visto. E adesso fa’ quello per cui sei stato addestrato. Uccidi quel Cavaliere- ordinò Lacedemone
- Agli ordini-
Eracle si voltò verso Aiolia – Ti schiaccerò, moscerino-
- Io sono un Leone. I Leoni non si fanno sconfiggere- replicò Aiolia
Mentre i due si lanciavano nella lotta, Milo si voltò verso quello che suppose essere il suo avversario
“Questo Lacedemone sembra essere piuttosto astuto e subdolo, fai attenzione”
- Vediamo… a giudicare dal tuo Cloth direi che tu sei… Scorpio, dico bene?-
- Esattamente-
- Non è mia intenzione ucciderti, Scorpio. Non mi piace eliminare un nemico al primo incontro. Non preoccuparti però, da’ pure il meglio di te se non vuoi rimanere in fin di vita. Voglio avere qualcosa di molto interessante da raccontare al Sommo Zeus-
- I tuoi arti inviati per posta prioritaria saranno abbastanza, sta’ tranquillo-
Lacedemone sorrise cordiale – Mi piaci, Scorpio. Sarà un peccato vederti morire in questa guerra-
- Spiacente, ma sono già fidanzato- commentò Milo prima di saltare all’attacco
Uno dei fattori su cui contava Milo durante la lotta era la sua velocità, ma Lacedemone lo era altrettanto. Questa volta avrebbe dovuto trovare qualcosa di alternativo.
Capì abbastanza in fretta perché si chiamava Lacedemone dell’Egida. Il suo nemico fece infatti comparire uno scudo sul quale era scolpita la testa della Gorgone. All’inizio Milo vedeva lo scudo come uno strumento di difesa, ma dovette ricredersi. Il guerriero di Zeus agitò lo scudo e il cielo si oscurò. Nubi temporalesche squarciate da lampi e saette coprirono il sole.
“Ma che fa questo? Il meteorologo?”
Lacedemone mosse il braccio e un fulmine scese dal cielo in direzione di Milo. Il Cavaliere dell’Ottava Casa riuscì a scansarsi, ma un nuovo attacco seguì. Evitò anche quello, poi ne arrivò un altro.
“Accidenti!” pensò Milo mentre si scansava alla velocità della luce per sopravvivere “Devo trovare una soluzione o qui finisco alla brace”
In quel momento i guerrieri di Zeus che tentavano di assaltare il Grande Tempio oltrepassando il punto di difesa scelto da Camus iniziarono a incitare in coro quello che Lacedemone aveva detto essere il loro comandante.
- Zeto! Zeto! Uccidilo! Zeto! Zeto!-
“Uccidilo? Camus!”
Milo fu costretto a voltarsi. Per sua fortuna anche Lacedemone fu incuriosito dalla scena. Infatti smise di agitare l’Egida, dando qualche momento di tregua al greco.
Ma lo Scorpione non era interessato a cosa stesse facendo il suo avversario, la sua attenzione era tutta per Camus. Era circondato da praticamente tutto l’esercito meno Eracle e Lacedemone. Quello che probabilmente era Zeto lo fronteggiava impugnando una lunga lancia.
 “È colpa mia. Se lo avessi ascoltato…”
- Camus!- urlò Milo
Vide il suo compagno muovere lo sguardo nella sua direzione. Quello che vi lesse gli diede forza: non c’era paura in quegli occhi, solo determinazione.
- Oh tranquillo. Morirà in fretta… almeno spero per lui- intervenne Lacedemone
Milo tornò a osservare il suo nemico – Lui-non-morirà- scandì
- Ah no? In ogni caso tu non potrai essergli molto d’aiuto-
Ma lo Scorpione non lo ascoltava più. Aveva avuto un’idea, aveva capito quale era il punto debole del suo nemico. “Tu parli un po’ troppo, carissimo. Anche se non sembra, hai abbassato la guardia”
Milo lanciò le sue onde paralizzanti all’improvviso e bloccò il braccio che impugnava l’Egida.
- Cos… Come ti permetti?- ringhiò Lacedemone
“Anch’io avevo il tuo vizio. Mi lasciavo andare alle chiacchiere e perdevo la concentrazione, ma Camus mi ha aiutato a risolvere il problema. Non abbasso più la guardia quando combatto… tralasciando quella volta contro Hyoga che mi congelò quasi l’armatura…”
Sapeva però che non poteva permettersi di perdere tempo. Lacedemone avrebbe presto trovato il modo di liberarsi. Stava per lanciare la Scarlet Needle, ma un’ovazione dei guerrieri di Zeus lo distrasse
- Forza. Finiscilo! Zeto! Zeto!-
Milo lasciò vagare lo sguardo alla ricerca di Camus e quando lo trovò il suo cuore perse un battito. Il francese era finito a terra, Zeto gli puntava la lancia alla gola.
- Oh!- commentò Lacedemone – Il tuo amico sembra sul punto di morire-
“No… non accadrà. Io devo aiutarlo”
Milo si rese conto di tremare. Doveva fare qualcosa per Camus. Era colpa sua se era in quelle condizioni, se solo avesse rispettato il suo piano…
- Uh, guarda. Sta per ucciderlo- disse contento Lacedemone
Era vero. I soldati urlavano più forte incitando il loro comandante. Zeto sollevò la lancia preparandosi a colpire.
“Camus… avrà un piano, certo. Lui ha sempre un piano…”
Ma Camus non si muoveva.
- No!- urlò Milo
Lasciò perdere Lacedemone e corse verso il Cavaliere dell’Acquario. Sentì un fulmine abbattersi vicino al suo piede, probabilmente il suo nemico si era liberato, ma non gli importava. Doveva salvare Camus.
Un’altra saetta si abbatté di fronte a lui e lo costrinse a fermarsi. Quando il bagliore della luce scemò, Milo guardò la lancia abbassarsi. Non vide altro perché i soldati si strinsero di più intorno alla scena bloccando la visuale.
- NO!- gridò con tutto il fiato che aveva in gola
- Andiamo, non fare tutta questa storia- disse calmo Lacedemone - Era solo un tuo amico-
 Il cosmo di Milo si accese, alimentato dalla rabbia e dalla frustrazione. La sua unghia velenosa si mosse da sola andando a colpire Lacedemone con una decina di Scarlet Needle contemporaneamente. L’attacco fu talmente rapido, potente e inaspettato che il guerriero di Zeus riuscì a scansarne a malapena una. Milo non si curò di lui e corse dove aveva visto Camus l’ultima volta. Uccise con pochi colpi la decina di guerrieri che ancora infestava il luogo. Non ebbe molto da lavorare dato che una moltitudine di soldati era già a terra, morta. Lì la temperatura era più bassa di circa venti gradi. Milo cercò Camus con lo sguardo e finalmente lo vide. Corse da lui, pestando qualche cadavere. La lancia era abbandonata su una roccia, la punta insanguinata. Zeto era riverso a terra, il corpo congelato. Camus era accovacciato a terra  con una mano poggiata sul torace.
- Cam!-
Milo corse da lui e lo abbracciò. Lasciò le mani libere di carezzare le ciocche di capelli ramati, mentre lo stringeva convulsamente a sé.
- Milo, sto bene- farfugliò Camus
- Santo cielo, Cam. Io temevo… temevo di averti perso- sussurrò sentendo gli occhi che si riempivano di lacrime
Accidenti! Perché doveva essere sempre così emotivo?
Poco dopo, infatti, stava piangendo sempre abbracciando forte Camus.
- Milo, tranquillo… è tutto a posto- cercò di calmarlo il rosso
- Amore, è stata tutta colpa mia… se ti avessi dato retta… sono un testardo e uno stupido. Ho messo a repentaglio la tua vita, la mia, quella di Aiolia e di tutti gli altri qui al Santuario-
Una mano di Camus gli carezzò la guancia – Già. Se non fossi sfinito ti ucciderei seduta stante… eppure ti amo lo stesso, Milò- disse piano, sorridendo
Milo pensò che non ci fosse cosa più bella di vederlo sorridere. Ma fu ancora più bello quando Camus avvicinò il volto al suo e lo baciò, noncurante che qualcuno potesse vederli.
Qualcuno però gli interruppe
- Che cosaaaa?- esclamò un allibito Aiolia
Milo e Camus si separarono immediatamente.
“E con Aiolia siamo a due… No, tre. C’è anche Daphne. Beh, ma almeno lei non ci ha colti sul fatto”
- Vvo… Voi due- Aiolia deglutì – No… Non lo posso concepire-
- E perché no?- chiese Milo
- Perché… cioè… Posso accettare che Camus sia gay, ma da te Milo proprio non me lo aspettavo-
Camus sembrò punto sull’onore – Sembro gay?-
- Beh, hai quell’aria perfettina, le unghie tinte… Non me lo aspettavo, ma è sempre meno scioccante di Milo, considerando i suoi, ehm, precedenti-
- Aiolia, sei appropriato come un dito in un occhio- gli fece notare Milo
Il Cavaliere del Leone stava per ribattere qualcosa, ma il rumore di qualcuno che correva lo distrasse. Daphne comparve nel loro campo visivo.
La ragazza si guardò intorno con aria sconcertata - Qu’est-ce qu’il s’est passé ici?-
- Che ha detto?- chiese Aiolia
Milo sollevò le spalle. Sapeva solo qualche parola di francese, ma se anche avesse avuto un vocabolario più ampio non avrebbe capito ugualmente una mazza dato che sia Daphne che Camus quando parlavano nella loro lingua madre andavano a mitraglia, neanche gli stesse correndo dietro un ghepardo.
- Che cos’è successo qui?- si tradusse la ragazza
- Oh, abbiamo fatto piazza pulita- la informò Milo
- Anfione aveva ragione. La maggior parte dell’esercito è venuta ad attaccare il Grande Tempio alle spalle- disse Daphne con aria pensierosa.
- Li avremmo sconfitti più facilmente se questi due mi avessero ascoltato- intervenne la voce di Camus
Milo si fece piccolo piccolo – Lo so, scusa Cam-
L’Acquario gli lanciò un’occhiata non molto amichevole e si alzò in piedi accompagnando il movimento con una smorfia di dolore
- Cam? Tutto a posto?- chiese Milo un po’ preoccupato
Camus lo allontanò da sé con la mano che prima teneva poggiata sul torace. Lasciò così visibile uno squarcio nell’armatura imbrattato di rosso. Solo allora Milo capì perché la lancia di Zeto fosse insanguinata.
- Cam! Ma sei ferito!-
- Ti ho detto che sto bene- scandì il francese
- A me non sembra. Lascia che ti aiuti- si offrì il biondo
Fece per avvicinarsi, ma Camus arretrò – Ce la faccio da solo-
- Camus- prese parola Daphne – Dobbiamo curare quella ferita-
- È tanto difficile lasciarmi in pace?- chiese esasperato il rosso
Tentò di muovere un passo in direzione del Grande Tempio, ma gli cedettero le gambe e cadde in ginocchio. Milo, Daphne e Aiolia corsero ad aiutarlo.
- Sei sempre convinto di stare bene?-
- Milo, se tu ti fossi attenuto al mio piano starei bene-
- Sei arrabbiato con me?-
- Non mi dire- rispose ironico Camus
Ahia. Quando Camus ripiegava sull’ironia voleva dire che era veramente arrabbiato. Milo si sentì più sporco di una pozza di fango.
- Cam, mi dispiace…-
- Avrete tempo dopo per le scuse, ora dobbiamo sistemare questa ferita- lo fermò Daphne
- Sì- disse Aiolia – Portiamolo al Grande Tempio, così posso curarlo-
- Andiamo allora- decise Daphne
Aiutarono Camus a rialzarsi e lo portarono via. Milo si lasciò scivolare in ginocchio.
“È colpa mia. Ha ragione ad essere arrabbiato con me, per poco non lo facevo uccidere. Sono proprio uno stupido”
Si voltò e lanciò un’occhiata alla lancia di Zeto abbandonata a terra. Fu preso da uno scatto d’ira e la distrusse con un unico colpo. Quell’arma aveva quasi spezzato Camus e niente o nessuno aveva il permesso di farlo. Un movimento nella spianata sottostante dove avevano combattuto lui e Aiolia catturò la sua attenzione: Lacedemone era ancora vivo.
Corse verso il nemico il più silenziosamente possibile, ma lui lo sentì ugualmente.
- Scorpio. Come sta il tuo amico? Sembra sopravvissuto. Notevole, dovrò riferirlo al Sommo Zeus-
- Tu non riferirai proprio un bel niente a Zeus-
- Invece credo di sì. Ci sono molte cose interessanti da dirgli. Ad esempio, non sapevo che il Cavaliere di Artemide fosse qui in visita al Santuario-
“Accidenti, ha visto Daphne! Brutto bastardo, deve essere rimasto qui a cercare di carpire altre informazioni”
- Cavaliere di Artemide? Vaneggi per caso?-
- Non fare il finto tonto, Scorpio. Riconosco quella donna. Ci siamo già incontrati sull’Olimpo una volta. La mia domanda è, se lei è qui, dov’è Artemide? Perché ha lasciato il suo Cavaliere libero di aiutare il Grande Tempio?-
“Inventati qualcosa, o il piano di sfruttare la fiducia che Zeus ripone in Artemide andrà a farsi benedire”
- Non ci ha aiutati a combattere. Era una semplice visita di cortesia. Sai, il mio amico è suo fratello. Lei voleva cercare di convincerlo ad abbandonare la lotta… Roba da donne- cercò di coprirla Milo
- Mmh- Lacedemone aveva un’aria pensierosa – Sì, in effetti le donne parlano e parlano, ma alla fine si tirano sempre indietro. Sai cosa ti dico Scorpio?-
- Che la Forza sia con te?-
Lacedemone non sembrò capire la battuta – Io vado da Zeus a riferirgli ciò che ho visto. Spero di rivederti presto-
- Tu non andrai da nessuna parte- lo minacciò Milo
- E come intendi fermarmi? Non puoi acchiappare una nube-
Milo all’inizio non capì, poi Lacedemone sparì in una nuvola temporalesca lasciando lo Scorpione a fissare il nulla - Detesto il teletrasporto- borbottò – E detesto questo Lacedemone-
Lanciò uno sguardo carico di rabbia al cielo – Quando ti incontrerò di nuovo, ti pentirai di aver giocato con Milo dello Scorpione. Questa è una promessa, Lacedemone dell’Egida-
Detto ciò, si avviò verso il Grande Tempio, sperando che l’arrabbiatura di Camus fosse in parte sfumata. Era stata colpa sua, certo, e continuava a sentirsi uno schifo, ma Camus arrabbiato era proprio intrattabile.
 

Nota dell’autrice: ciao a tutti! Ho impiegato un po’ più del solito per aggiornare, pardon. Era periodo di Olimpiadi ed ero molto impegnata a fare il tifo per lo Zar e gli altri azzurri dell’Italvolley (anche se alla fine si sono dovuti accontentare solo dell’argento… grrr).
Spero che la mia storia vi stia interessando e… a presto!
 

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Capitolo 12
*** Dio in trappola ***


Capitolo 12 – Dio in trappola


- Ho detto che sto bene, Daphne. Puoi andare-
Sua sorella non sembrò convinta, ma sollevò le mani in segno di resa – Come vuoi-
Girò sui tacchi e se andò dall’Undicesima Casa lasciando ondeggiare dietro di sé il mantello dorato.
Camus sospirò. Si era pentito per come aveva trattato Milo poco prima. Era ancora arrabbiato con lui perché non aveva seguito il suo piano, questo è vero, ma quando lo aveva allontanato da sé in quel modo lo aveva ferito, lo aveva visto nei suoi occhi. Sarebbe volentieri tornato indietro nel tempo per modificare le cose, detestava far stare male Milo. Ma in quel momento aveva perso la calma. Se c’era una cosa che Camus dell’Acquario non sopportava era mostrarsi debole agli altri. Già il fatto di essere rimasto ferito lo irritava non poco, poi si era reso conto che per colpa di quella ferita non riusciva nemmeno a reggersi in piedi e a camminare da solo. Quando Milo si era fatto avanti per aiutarlo, una parte di lui si sarebbe fatta sorreggere volentieri dalle sue braccia forti, un’altra parte avrebbe preferito ucciderlo seduta stante. Il Signore delle Energie fredde non aveva bisogno dell’aiuto di nessuno, tantomeno di chi aveva rovinato il suo piano.
“Sei proprio uno stupido” si rimproverò “Tutti hanno bisogno di qualcuno e tutti, prima o poi, se ne accorgono”
In quel momento Milo fece il suo ingresso nella camera di Camus. Teneva la testa bassa, come un bambino quando viene sgridato. Camminò piano e raggiunse il letto del francese, sedendovisi.
- Come va la ferita?-
Camus avrebbe preferito inondarlo di scuse per come l’aveva trattato, ma le parole si fermarono in gola. Rispose allora alla sua domanda - Aiolia l’ha medicata. Per fortuna sulla lancia non c’era alcun tipo di veleno-
- Ti fa male?- chiese, sempre tenendo lo sguardo basso
- Un po’- ammise Camus, con lui poteva essere sincero
Finalmente Milo sollevò gli occhi azzurri, rossi di pianto, e li puntò in quelli nocciola di Camus - Cam, ti giuro, mi dispiace. Non volevo combinare tutto questo casino. Ho sottovalutato i nostri nemici e mi sono lanciato nella mischia… Peraltro non ho nemmeno ucciso il mio avversario. Sono proprio un disastro-
- Milo, anch’io ti devo chiedere scusa. Ti ho trattato male prima, non volevo. Detesto mostrarmi debole agli occhi degli altri… Solo con te posso lasciar libere le mie debolezze. Scusa- riuscì a farfugliare il francese
Milo accennò un sorriso – Io seguo i tuoi piani e tu non mi allontani più così, che ne dici?-
Camus rispose al sorriso – Direi che può andare-
Tentò di sporgersi per baciarlo, ma una fitta di dolore gli attraversò il petto. Istintivamente portò una mano sulla benda che fasciava la ferita.
- Tutto a posto?- chiese apprensivo il greco
Camus non fece in tempo a rispondere perché Hyoga piombò nella stanza. Shun e Shyriu tentarono invano di trattenerlo, ma il russo si liberò dalla stretta e corse ad abbracciare il maestro.
- Hyoga, sto bene. Puoi calmarti- lo tranquillizzò Camus
- Quel cretino di Deathmask è arrivato alla Tredicesima Casa e dicendo che eri in fin di vita- spiegò il giovane staccandosi
- E tu gli credi pure?- sbuffò Milo
- È quello che gli ho detto io- mugugnò Shyriu
- Mi sono fatto prendere dal panico- si giustificò Hyoga a voce bassissima – Ma adesso lo vado a cercare e…-
Un’occhiata di Camus fu sufficiente a far desistere il ragazzo.
Milo si schiarì la voce – Potreste lasciarci soli un minuto?-
Hyoga arrossì – Ehm, sì certo-
Raggiunse i compagni d’arme e lasciò la stanza.
“Grazie al cielo” pensò Camus
Sospirò e si abbandonò sul letto con un lamento. La ferita bruciava ancora, ma non solo dal punto di vista fisico. Si era lasciato quasi sconfiggere da un guerriero nettamente inferiore a lui. Poco importa che alcuni dei soldati di Zeto fossero intervenuti per aiutare il loro comandante.
“Un Cavaliere d’Oro come si deve li avrebbe battuti ad occhi chiusi”
Niente da fare, era rimasto deluso da se stesso.
Milo lo osservò con aria pensierosa - Potrei chiedere a Mu, o a Dohko- disse all’improvviso
Il rosso inarcò un sopracciglio – Per cosa?-
- Magari hanno qualcosa per aiutarti a guarire prima-
Camus accennò un sorriso – No. Grazie Milo, ma non importa-
- Oh, okay. Allora… magari è meglio se ti lascio riposare- disse alzandosi
- Aspetta- lo fermò Camus – Dove vai?-
- Credevo che tu volessi stare un po’ da solo… Per i tuoi standard oggi hai interagito anche troppo con gli esseri umani-
- Ma tu non sei un essere umano qualsiasi-
- Ah no?-
Camus gli fece cenno di stendersi accanto a lui. Milo non se lo fece ripetere due volte e in pochi secondi fu sotto le coperte.
- Amore?- lo chiamò lo Scorpione
- Che c’è?-
- Posso usarti come peluche stanotte?-
Senza aspettare risposta, Milo lasciò scivolare un braccio lungo la vita di Camus, sotto la ferita, poi poggiò la testa sulla sua spalla.
- Buonanotte- sussurrò
Camus abbassò il volto e posò un bacio sulla testa di Milo – Bonne nuit, mon amour-
***
 
Artemide spalancò le porte della Sala dei Dodici. Il trono del Signore del Cielo occupava il centro della stanza, su di esso sedeva Zeus.
- Perché mi hai chiamata sull’Olimpo, padre?- chiese la Dea senza preamboli. Ovviamente sapeva già la risposta, ma non era il caso di darlo a vedere.
Un uomo era inginocchiato ai piedi di Zeus. Probabilmente era uno dei pochi guerrieri, se non l’unico, ad essere sopravvissuto al tentato assalto del Santuario.
“Una spedizione a dir poco deprimente, nemmeno un caduto tra i guerrieri di Atena. Mio padre non è mai stato un ottimo stratega, dichiarare guerra alla Dea della saggezza e della strategia militare non è stata una delle sue idee migliori”
Suo padre le fece cenno di avvicinarsi –Artemide, figlia mia, questo mio soldato mi ha riferito tutto ciò che ha visto al Grande Tempio di Atene-
- Quindi?- domandò, ostentando la sua solita e indistruttibile sicurezza. Se non voleva destare alcun sospetto era meglio mostrarsi sicura di sé, come sempre.
- Pare che a combattere tra le fila di Atena ci fosse anche il tuo Cavaliere-
“Daphne! Le avevo detto che nessuno avrebbe dovuto vederla o rimanere vivo per raccontarlo... Vabbè, era prevedibile che almeno uno le sfuggisse. Risolverò questa cosa senza problemi”
La Dea incrociò le braccia al petto e inarcò un sopracciglio con aria scettica - Ti assicuro che ciò non è vero-
- Lacedemone dell’Egida è sicuro di ciò che dice- ribatté convinto suo padre
“Uff, com’è fastidioso questo mortale. Me ne occuperò di persona” - Metti la mia parola contro quella di un mortale?- chiese oltraggiata la Dea sollevando il mento
Zeus si agitò un po’ sul trono – Quindi neghi che il tuo Cavaliere si trovasse in Grecia?-
- Non ho detto questo. Ti posso confermare che il mio Cavaliere durante l’attacco si trovava, e anche ora continua a trovarsi, al Grande Tempio. Tuttavia posso assicurarti che non ha preso parte al conflitto. Le ho comandato di andare lì solo per studiare i Saint di Atena, nonché quella Saori Kido. Dubitavi forse della mia fedeltà, padre?-
Il Signore del Cielo si sistemò meglio sul seggio – Certo che no, Artemide- le rispose accennando un sorriso - Sai che non dubiterei mai di te-
Artemide rispose al sorriso anche se per un motivo ben diverso da quello di suo padre - Allora perché mi hai chiamata?- chiese lei, fingendosi poi confusa.
In realtà sapeva benissimo perché lui l’aveva convocata lì. Aveva capito che non poteva vincere quella guerra contando solo sulle sue forze. Aveva anche quelle di Ares ed Era dalla sua parte, certo. Ma il Dio della Guerra era uno di quei tipi tanto fumo e niente arrosto, mentre la sua matrigna… beh, era stupida. Non c’era altro modo per definirla.
“Forza, dillo” pensò
- Lasciaci, Lacedemone- ordinò suo padre al soldato – E non osare mai più riportarmi false informazioni-
Lacedemone chinò il capo talmente in basso che per poco non si baciò le scarpe.
- Padre- intervenne Artemide – Non prendetevela a male con questo tuo soldato, lui vi ha riferito solamente ciò che il mio Cavaliere doveva mostrare. Se perfino il vostro guerriero è caduto nella mia trappola vuol dire che tengo in scacco sia Atena che i suoi Saint. Loro credono il mio Cavaliere un loro amico, nemmeno immaginano che potrebbe rivelarsi il contrario-
Zeus lasciò oscillare il capo – Sì, in effetti hai ragione…-
- Mio Signore, se posso permettermi di…- prese parola Lacedemone
- Sparisci, dobbiamo parlare di cose importanti-
Lacedemone si alzò e s’inchinò – Come volete, mio Signore- disse, avviandosi verso l’uscita
Una volta che il guerriero ebbe lasciato la stanza, Zeus parlò – Artemide, forse sai già perché ti ho chiamata…-
“Infatti”
- Non posso vincere questa guerra così. Tu sei l’unica di cui mi posso fidare ciecamente… Ho bisogno del tuo aiuto, figlia mia-
“È stato fin troppo semplice farlo cadere nella trappola” pensò Artemide
- Ditemi di cosa avete bisogno, padre. Potete fidarvi di me-
***
- Quindi c’è stato un solo sopravvissuto a quest’attacco- commentò Kanon, seduto sul tavolo della cucina della Terza Casa
- Sì- confermò Saga – Milo ha detto che si chiama Lacedemone-
- Lacedemone dell’Egida?- chiese Daphne
- Proprio lui- rispose il Grande Sacerdote – Lo conosci?-
Lei alzò le spalle – Lo incontrai una volta sull’Olimpo in occasione di una seduta dei Dodici Dei. Io avevo accompagnato Artemide e mentre aspettavo che il summit degli Olimpi finisse quel cretino ci provò con me-
Saga drizzò la schiena – Come scusa?-
- Credeva di fare il figo a raccontarmi tutte le sue eroiche, a detta sua, imprese. In pratica ho passato la maggior parte del tempo a sbadigliare- spiegò la ragazza
Kanon ridacchiò – Potevi anche dirgli che su di te fa colpo il ragazzo gentile e un po’ complessato- accennò a Saga – No?-
Il gemello maggiore lo guardò di sbieco – Sta di fatto che io ho la ragazza e tu no-
- Non mi interessa avere una ragazza-
- Ah scusa, preferisci un ragazzo?- lo stuzzicò Saga – Negli Inferi Rhadamantys sembrava nutrire un certo interesse per te…-
Il minore lo fulminò con lo sguardo – Ma no!-
- Ho solo chiesto- disse l’altro sollevando le mani
- Cambiando discorso… - disse Daphne - …la nostra difesa sembra aver sortito gli effetti sperati-
I gemelli la guardarono interrogativi
- Artemide è stata convocata da Zeus sull’Olimpo-
Kanon sogghignò – Zeus è caduto nella trappola?-
- Di testa- confermò Daphne
Saga si sistemò meglio sulla sua sedia prediletta, quella a capotavola, da dove poteva tenere sotto controllo l’ambiente – E allora? Che cosa le ha rivelato?-
- Questo dovrei dirlo in una riunione ufficiale- li tenne sulle spine il Cavaliere d’Artemide
Kanon sbuffò, poi fu colto da un’illuminazione - Saga, tu sei il Grande Sacerdote. Tira Saori giù dal letto e convoca gli altri Gold Saint-
- Non ne ho proprio voglia. Ci sono state più riunioni ufficiali da quando siamo tornati in vita che in tutto il tempo in cui sono stato Grande Sacerdote… cioè, prima di ora… avete capito, su-
- Sì, sì- lo tranquillizzò Kanon – Però dovrei precisare che non ce n’è stata nemmeno una quando avevi la congiuntivite… somigliava molto a una dittatura-
- Per certe cose funzionava anche meglio- borbottò Saga
- Come scusa?- chiese il gemello minore mettendo una mano intorno all’orecchio – Ho sentito bene?-
Saga prese la prima cosa che gli capitò a portata di mano e gliela tirò addosso
- Ehi!- si lamentò l’altro scansandosi – Questo è maltrattamento-
- Vabbè- intervenne Daphne – Sembra che quello che Zeus ha detto ad Artemide non vi interessi più-
- No, aspetta- dissero in coro i gemelli in perfetto stile Fred e George Weasley.
- Daphne, ti ricordo che devi ancora farti perdonare per oggi- prese parola il maggiore alzandosi per raccogliere l’oggetto, un portapenne, precedentemente lanciato contro il fratello
La ragazza drizzò la schiena - A proposito, perché te la sei presa? Volevo solo aiutare Camus-
Saga si voltò - Perché io…- iniziò abbassando lo sguardo – Ecco… La scorsa volta che hai combattuto… con Aiolos, contro quelle manticore…-
Daphne iniziò a capire. L’ultima volta che Saga l’aveva vista ingaggiare battaglia lei era morta. Non era stata certo colpa del Cavaliere dei Gemelli, ma lui non la pensava allo stesso modo. Gliel’aveva detto la prima volta che si erano parlati dopo tutti quegli anni: “non sono riuscito a salvare te”. Saga non aveva voluto che lei andasse da Camus perché temeva per lei.
-… avevo paura che potesse succedere di nuovo. Non volevo e non voglio trovarmi troppo lontano per aiutarti una seconda volta- riuscì a finire
Daphne lo raggiunse e gli prese una mano tra le sue – Non è stata colpa tua quella volta, ma della mia scarsa esperienza in battaglia. Smettila di tormentarti-
Lui l’abbracciò - Tormentarmi è una delle cose che mi riesce meglio- commentò
- Sì, me ne rendo conto- ridacchiò la ragazza poggiando il volto contro il suo petto – Forse dovresti cercare di smetterla-
- Ma se mi tormento per te va bene?-
- Beh, diciamo che in quel caso potrebbe andare- concesse Daphne, sfiorando con le labbra quelle di Saga in un dolce bacio
- Qui si va sul sentimentale- borbottò Kanon scendendo dal tavolo – Raccontamelo domattina quello che Zeus ha rivelato alla tua Dea-
- È inutile che tu faccia tanto il superiore alle faccende di cuore, Kanon- lo riprese Saga – Tanto prima o poi ci cascherai anche tu-
- Io? Innamorarmi? Questa è bella fratello-
- Quando succederà sarò pronto a dirti “te l’avevo detto”-
- Allora aspetta e spera. Buonanotte piccioncini- li salutò Kanon mentre si avviava in camera sua
Saga fissò il profilo del gemello che spariva oltre l’angolo - Giuro che quando troverà qualcuno che gli piace…- iniziò, ma il resto non poté dirlo visto che Daphne aveva catturato nuovamente le sue labbra. Era un ottimo metodo per zittirlo.
Quando si staccarono per mancanza di ossigeno Saga si sedette sulla sua solita sedia e la fissò attentamente – Adesso mi dici che cosa sa Artemide che ci permetterà di vincere la guerra-
- Caspita, sei proprio ossessionato da quest’idea del vincere!- si sedette anche lei – Hai in mente come è stata imbrigliata l’essenza di Poseidone?-
- Intendi in quella specie di vaso col sigillo di Atena?-
- Esattamente. Beh… adesso sappiamo anche come farlo con Zeus-
***
 
- Siamo finalmente in possesso dell’informazione che ci permetterà di sconfiggere Zeus?- chiese Atena seduta sul suo scranno della Tredicesima Casa
- Esattamente- confermò Daphne
Quella mattina tutti i Cavalieri d’Oro erano stati convocati d’urgenza. Milo avrebbe preferito restare a dormire, ma Camus non aveva voluto sentire storie. Nemmeno il fatto che non fosse ancora guarito del tutto era riuscito a tenerlo fermo all’Undicesima Casa.
“Io ne avrei approfittato per dormire fino a mezzogiorno” ammise con sé stesso lo Scorpione
Nascose uno sbadiglio e riportò l’attenzione al presente. Tutti i Gold Saint erano schierati ai lati del trono di Atena, Saga, in qualità di Grande Sacerdote, stava alla destra della Dea. Daphne si trovava di fronte allo scranno di Saori, la schiena dritta e il mento alto. Milo non poté fare a meno di notare quanto lei e Camus si somigliassero. Stesso portamento elegante, stessa grazia, stessi capelli setosi rosso fuoco… Si ritrovò a fissare Camus senza accorgersene. Lasciò scivolare lo sguardo dalle sopracciglia biforcate al piccolo naso leggermente all’insù. Studiò attentamente i lineamenti delicati degli zigomi e del mento e quelle labbra sottili che non chiedevano altro che essere baciate. Camus si accorse degli occhi di Milo puntati su di sé e arrossì leggermente. La voce di Daphne riportò il greco al presente, costringendolo a distogliere lo sguardo dalla visione idilliaca del suo ragazzo.
- Come voi saprete visto che l’avete già fatto con Poseidone, esiste un modo per sigillare l’essenza stessa di un Dio in modo che non costituisca più una minaccia-
- E Artemide ha scoperto come fare la stessa cosa con Zeus- ipotizzò Saori
Daphne annuì – Possiamo intrappolare il cosmo di Zeus sfruttando un sigillo che il Dio stesso ha da sempre cercato di nascondere e proteggere-
- Cos’è questo sigillo?- chiese Dohko
- Non sappiamo cosa è. Ma sappiamo dove è- rispose il Cavaliere di Artemide
“Meglio che niente” pensò Milo
- Per raggiungere il luogo dove è custodito questo sigillo, bisogna usare un passaggio situato nel Tempio di Zeus Olimpio ad Atene-
- Un passaggio?- domandò Mu – Dove conduce?-
Daphne sembrò cercare le parole adatte – Come si può dire? È un po’ come l’Olimpo. Esiste, ma al tempo stesso non si trova sulla Terra, ma nemmeno nel regno dei morti… è una specie di altra dimensione. Ebbene questo sigillo si trova in questa dimensione intermedia che non è né Terra né Inferi. La stessa delle fucine di Efesto potremmo dire. Sono dei luoghi generalmente riservati agli Dei in cui i mortali non dovrebbero mettere piede-
- Okay- intervenne Aiolos – Una volta che riusciamo a raggiungere questo posto, cosa ci aspetta?-
- Zeus è il “capo”, diciamo, di tutti gli Dei. Il sigillo che permette di imbrigliare la sua anima è protetto come nessun altro. Dovremo superare delle prove, ciascuna legata agli altri undici dei dell’Olimpo più Ade ed Estia. Artemide è stata incaricata dal Signore del Cielo di controllare che gli altri Dei adempiano il loro dovere, sottoponendo le prove che più ritengono adatte a chi tenterà di impadronirsi del sigillo-
- Quindi sarebbero tredici prove da superare- riassunse Aiolia
- Sì. Ma dobbiamo levare Atena, Artemide, che è dalla nostra parte, Ade, che è stato sconfitto nei Campi Elisi, e Poseidone, che è ancora troppo debole- fece chiarezza Kanon
- Quindi resterebbero Era, Demetra, Ares, Apollo, Afrodite, Efesto, Estia, Dionisio ed Ermes- notò Saga
- Di questi sappiamo che Era e Ares sono sicuramente dalla parte di Zeus, e quasi sicuramente anche Demetra- commentò Aldebaran
“Contare quanti dei ci sono contro non serve a niente però” pensò Milo “Sarebbe meglio sapere che tipo di prove dovremo affrontare”
Anche Aphrodite ebbe il suo stesso pensiero – Ma che genere di prove ci troveremo ad affrontare?-
Daphne scosse la testa – Non lo so. Dipende dal Dio, da qual è il suo campo, se intende ostacolarci o meno-
- Quindi non sappiamo cosa aspettarci- commentò Camus
Sua sorella annuì – Esattamente. Ma riuscire a imprigionare Zeus è l’unico modo che abbiamo per sconfiggerlo… Quindi dobbiamo rischiare-
Milo era d’accordo con la francese: il gioco valeva la candela.
- Miei Cavalieri- prese parola Atena – Per noi è di vitale importanza sigillare l’essenza del dio del tuono, ma al tempo stesso il Grande Tempio non può essere lasciato senza difese. Come proponete di agire?-
Saga si massaggiò una tempia – Affrontare queste prove è necessario e prima riusciamo a entrare in possesso di quel sigillo, prima saremo in grado di vincere. Non dobbiamo però dimenticarci che Zeus dispone ancora di gran parte del suo esercito, più le forze di Ares ed Era. Potrebbe scegliere di attarci in qualsiasi momento-
- Infatti- concordò Kanon – L’unica scelta è dividersi-
- Dividersi?- domandò un Aiolia un po’ sconcertato – Ma così dimezzeremo le nostre forze per difendere Lady Saori e il Santuario-
- È vero- concesse il Grande Sacerdote – Ma cosa è meglio? Aspettare che Zeus ci attacchi con il suo esercito e rischiare di essere sconfitti senza essere in grado di fermare il Signore del Cielo una volta per tutte o limitare il numero di Cavalieri qui schierati per trovare la chiave in grado di farci vincere?-
Calò un silenzio carico di tensione nella Tredicesima Casa durante il quale tutti pensavano a quale potesse essere la strategia migliore. Fu Aiolos a rompere il mutismo dei Cavalieri
- Anche se non mi piace come idea, dividersi resta la scelta migliore-
- Sì- convenne Dohko – Prima riusciamo a bloccare Zeus, prima metteremo fine a questa guerra. Coloro che rimarranno qui a difendere il Tempio dovranno resistere il più possibile per dare più tempo agli altri di superare le prove e imprigionare Zeus-
- Mmh…- Kanon si massaggiò il mento con aria pensierosa – Daphne, sai di quante unità si compone l’esercito di Zeus?-
Lei sollevò le spalle – Non ne ho idea. Comunque sono molti, tranquillamente più di noi. Per organizzare il suo esercito Zeus ha bisogno di almeno un giorno-
- Già. Se quella che hanno mandato ieri era solo l’avanguardia…- commentò Milo pensando alla moltitudine di nemici che si erano trovati ad affrontare non molte ore prima
- Quindi suggerite di inviare alcuni di voi al tempio di Zeus Olimpo ad Atene per entrare in possesso di questo sigillo- riassunse Atena
I Cavalieri d’Oro annuirono.
- Allora dobbiamo decidere chi andrà ad affrontare le prove degli altri Dei- continuò Saori – Qualcuno si offre volontario?-
Kanon si fece avanti – Permettetemi di andare, mia Signora-
Saga non rimase indietro – Anch’io, lady Saori-
Milo avrebbe giurato di aver visto il Grande Sacerdote e Atena scambiarsi uno sguardo d’intesa. Che si fossero già accordati prima della riunione?
Anche lo Scorpione si sarebbe offerto volentieri per la missione, però… Sapeva che non era un pensiero da Gold Saint, ma lui sarebbe stato al fianco di Camus. L’aveva già perso una volta e non aveva intenzione di lasciare che ciò accadesse di nuovo. Non gli importava molto di rimare vivo o morire, ormai le cose non gli sembravano poi così diverse. Bastava poter rimanere accanto a Camus. Si sentiva un po’ egoista a pensarlo, ma era la pura verità che dettava il suo cuore.
“Probabilmente Camus non si offrirà visto che non è ancora guarito dalla ferita…” pensò, ma fu smentito poco dopo
- Lasciate che vada anch’io- disse il rosso rivolto alla sua Dea
“Appunto”
- Mi offro anch’io- lo seguì lo Scorpione
Atena si rivolse allora a Daphne – Artemide cosa intende fare?-
- Accompagnerà i Cavalieri fino al sigillo. Anch’io sarò con loro- rispose la ragazza
- E quando ritiene opportuno partire?- chiese Saori
- La notte porta consiglio. Preferirebbe recarsi al tempio di Zeus all’alba di domani mattina, cosicché abbiamo anche il tempo di organizzare la difesa del Grande Tempio prima che ci dividiamo-
- Concordo- Atena si alzò – Domani mattina al levarsi del sole Saga, Kanon, Milo e Camus , voi vi recherete ad affrontare le prove per impadronirvi del sigillo-
Si avviò verso la tenda posta sul retro della sala, poi si voltò – Dato che l’esercito di Zeus è molto numeroso e quindi mio padre necessita di molto tempo per organizzarlo, discuteremo della difesa del Santuario questo pomeriggio. Per ora…- sospirò – Godetevi quest’ultima mattina di pace-
Detto questo, lasciò la sala. Anche i Cavalieri la imitarono. Milo cercò Camus con lo sguardo e lo vide appoggiarsi ad una colonna. In pochi secondi fu accanto a lui
- Ti fa ancora male la ferita, vero?-
Camus lo fissò per un istante, poi abbandonò il sostegno della colonna e si diresse a passo sicuro verso le doppie porte della Tredicesima Casa.
“Lo prendo per un sì”
Milo respirò profondamente prima di seguirlo. Quel francese sapeva essere un ottimo testardo - Se ti dà ancora fastidio, perché ti sei offerto per recarti ad affrontare le prove degli Dei?- chiese il biondo affiancandolo
- Perché non ho intenzione di perdere di vista Artemide nemmeno per un secondo. Hai forse dimenticato che non possiamo fidarci di lei?-
- Come facevi ad essere sicuro che anche lei sarebbe venuta lì?-
Camus oltrepassò la Casa dei Pesci e raggiunse la frescura dell’Undicesima. Una volta sotto il colonnato della propria dimora si voltò verso il greco - Artemide vuole vedere Zeus sconfitto e l’unico modo per realizzare questo obiettivo è sigillare l’essenza del Signore del Cielo. Era ovvio che lei sarebbe venuta lì, deve assicurarsi che ciò avvenga-
- Quindi lei farà di tutto per permetterci di superare le prove- commentò lo Scorpione
Il rosso annuì – Si è rivolta ad Atena non perché la vuole vedere vincitrice, ma perché vuole la sconfitta di suo padre. Ecco perché sia lei che Daphne verranno con noi al tempio di Zeus. Ad Artemide non importa niente delle sorti della battaglia che avrà luogo qui al Santuario-
Camus aveva ragione, come al solito. Milo iniziava a trovarlo un po’ ripetitivo. Stava per esprimere i suoi pensieri, ma l’Acquario si piegò in due con un lamento.
- Cam!-
- Sto… bene. Non preoccuparti-
Cercò di rialzarsi, ma il movimento gli provocò un’altra fitta di dolore.
- Stai bene un corno- borbottò Milo – Vieni, ti aiuto-
Rimosse l’armatura e lo portò in camera, sollevandolo di peso.
- Milo, ho detto che sto bene-
- Sì, come no. Ora vado a chiamare Aiolia e Mu. Tu non ti muovere- gli ordinò
Si girò e scattò alla ricerca dei suoi amici. Erano i migliori guaritori fra tutti i Cavalieri. Quando finalmente li trovò, li portò quasi di peso da Camus.
- Ieri mi sembrava sulla via della guarigione- disse Aiolia, sinceramente sorpreso, una volta rimossa la fasciatura.
- Mmh- mormorò Mu – Sembra che la ferita tenti di rimarginarsi, ma senza riuscirci. Aiolia, sei sicuro che non ci fosse alcun tipo di veleno?-
- Sì- esclamò il Cavaliere del Leone – Non c’era traccia di veleno sulla pelle-
L’abitante del Jamir si grattò un sopracciglio (che non aveva) con aria pensierosa – Forse non si tratta di un veleno… Sapete di che materiale era fatta l’arma che ha provocato la ferita?-
Camus scosse la testa – Non lo so. Ma forse i soldati che hanno portato via i corpi dei guerrieri di Zeus sanno dove è la lancia…-
- Ehm ehm- si schiarì la voce Milo – Temo che la lancia sia andata distrutta-
Tutti e tre lo guardarono male, poi Mu riprese in mano la situazione – Probabilmente era fatta di un materiale che rende difficile la guarigione…-
Camus sembrava mantenere la calma anche se Milo sapeva benissimo che era scocciato da quella situazione. Se fosse stato al suo posto il greco avrebbe dato di matto.
- Ma guarirà, vero?- chiese il biondo
- Certo Milo- lo calmò Aiolia
- Nella mia Casa dovrei avere qualcosa che fa al caso nostro. Vado a prenderlo- disse Mu
- Grazie- mormorò Camus
Il Cavaliere dell’Ariete sorrise – È un piacere aiutare i miei compagni di battaglia -
Milo lo osservò scomparire nel corridoio dell’Undicesima Casa, ma un lamento di Camus lo distrasse. Lo Scorpione si voltò e si sedette accanto al padrone di casa.
- Dai Cam… vedrai che Mu troverà un rimedio e domani sarai nel pieno delle forze- lo consolò carezzandogli una guancia
- Lo spero- mugugnò lui
“Se solo gli avessi dato retta… se avessi seguito il suo piano… Niente di tutto questo sarebbe successo”
- Che c’è Milo?-
- Nulla… pensavo che… ecco, è stata colpa mia- ammise il biondo
Sentì una mano di Camus sulla sua – Quel che è successo non può essere cambiato-
- Lo so, ma… mi dispiace, Cam. Per colpa mia ti sei fatto male. Quei soldati di Zeus… possono colpirmi, ferirmi e farmi sanguinare quanto gli pare, ma non si possono permettere di fare del male al mio Camus. Gliela farò pagare-
- Li sconfiggeremo, questo è certo- replicò convinto il francese
Milo si chinò sul suo volto e lo baciò. Si era però dimenticato che non erano soli. Aiolia tossì imbarazzato
- Potreste lasciare certe effusioni a quando siete soli?-
- Perché?- chiese lo Scorpione – Tu e Marin non lo fate?-
Il Cavaliere del Leone arrossì fino alla punta delle orecchie – Noi non… non stiamo insieme-
Milo sollevò un sopracciglio, o almeno ci provò. Non era sicuro di riuscirci. Si era esercitato allo specchio, ma le poche volte che riusciva nel suo intento… beh non gli veniva mai bene come a Camus. Lui e sua sorella erano dei maestri nell’arte dell’inarcare sopracciglia con aria scettica.
In quel momento Mu fece il suo ingresso nella stanza, portava con sé una piccola anfora - Questo è un antico unguento del Jamir. Il mio maestro mi ha insegnato a fabbricarlo, è molto utile per un Cavaliere-
- Che cosa fa?- chiese Aiolia curioso
- Aiuta le cellule a riprodursi in modo da accelerare le guarigioni- disse
Svitò il tappo e spalmò un po’ di prodotto lungo i bordi della ferita di Camus.
- Applicalo anche stasera prima di addormentarti. Generalmente questo unguento cura le ferite già dopo il primo utilizzo, ma considerando che questa, molto probabilmente, non è una ferita normale è meglio raddoppiare la dose-
Posò il piccolo recipiente sul comò accanto al letto, poi si diresse verso l’uscita.
- Adesso scusate, ma credo di avere un po’ di armature da sistemare in vista della battaglia-
- Grazie, Mu- disse Milo prima che il Cavaliere d’Ariete se ne andasse
Lui sorrise – Vedete di non affaticarvi troppo in vista di domani. La nostra vittoria dipende dal successo della vostra missione-
Camus fece per alzarsi, ma Aiolia lo bloccò - Non ci provare, sai. Prima devo bendarla di nuovo-
Il rosso respirò a fondo, ma lo lasciò fare.
“Starà contando in francese per ritrovare la calma” pensò Milo “Lo fa sempre”
Quando Aiolia ebbe finito, si apprestò ad uscire. Prima di andare lasciò un’ultima raccomandazione
- Fossi in te, io eviterei di sforzarmi troppo. Domani devi essere nel pieno delle forze- disse rivolto a Camus
- Non ti preoccupare- lo tranquillizzò Milo – Lo controllo io-
- C’è da fidarsi- ridacchiò Aiolia mentre usciva
Lo Scorpione gli fece una linguaccia alle spalle, poi si voltò verso Camus
- Va un po’ meglio?-
Lui si tirò su a sedere – Un pochino. Quell’unguento di Mu sembra funzionare-
“Menomale” pensò Milo. Poi si alzò e si stiracchiò - Io ho un po’ di fame. Ti va di mangiare qualcosa?... Cam, dove vai?-
Neanche il tempo di girarsi un secondo che il rosso era già balzato in piedi.
- Aiolia e Mu ti hanno consigliato di riposare- tentò di farlo ragionare
- Domani qui infurierà una battaglia. Devo accertarmi delle condizioni di Hyoga prima di partire-
- Che vuoi dire?-
Camus poggiò una mano contro lo stipite della porta e sospirò – Voglio allenarlo un’ultima volta-
- Un’ultima volta? Cam, è una battaglia come tante altre. Vinceremo anche questa. Capito?- disse il biondo raggiungendolo
- Milo, nel caso in cui io dovessi morire… voglio essere in pace con me stesso, voglio adempiere i miei doveri di maestro fino in fondo-
Quell’allusione alla morte non piacque per niente a Milo. Credeva che non gli importasse molto di vivere o morire, ma si sbagliava. Credeva che l’unica cosa importante fosse rimanere vicino a Camus. Questo era vero, ma voleva farlo da vivo. Vedere Camus ferito aveva accresciuto la sua determinazione. Non si sarebbe accontentato di condividere la stessa sorte del Cavaliere dell’Acquario, si era stancato di viaggiare in continuazione tra vita e morte. Questa volta sarebbero sopravvissuti entrambi e avrebbero vissuto insieme i giorni che li aspettavano.
- No, amore. Tu non hai capito. Non morirai. Punto e basta- disse deciso Milo
Dopo questa guerra sarebbero stati ancora insieme e avrebbero vissuto la vita che meritavano, non aveva intenzione di rinunciare al loro futuro insieme.
Camus gli passò le braccia intorno al collo - Nemmeno tu- ordinò perentorio
Milo poggiò il volto contro la sua spalla - Promesso-
 
Nota dell’autrice: seriamente, avete notato che Mu è privo di sopracciglia?

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Capitolo 13
*** La calma prima della tempesta ***


Capitolo 13 – La calma prima della tempesta
 
 
- La potenza dei tuoi colpi è ottima, Hyoga. Ma non devi perdere di vista gli altri aspetti- disse Camus
Il suo allievo abbandonò la posizione di attacco – Gli altri aspetti? A cosa vi riferite, maestro?-
- I Cavalieri d’Oro sono superiori agli altri Saint perché sono in grado di muoversi e di attaccare alla velocità della luce. Un colpo è sì efficace quando è potente, ma deve essere anche veloce, altrimenti il tuo nemico avrà tempo di scansarlo. Combattendo come ora rischieresti di prosciugare le tue energie senza aver inferto alcun danno al tuo avversario. Capisci cosa intendo?-
- Sì maestro- rispose il russo – Devo riuscire a concentrarmi sia sulla qualità che sulla velocità dei miei colpi-
- Bene. Allora torna in posizione-
Hyoga si preparò per continuare l’allenamento. Espanse il suo cosmo e si preparò a lanciare l’Aurora Execution.
“Ti ho appena detto di focalizzarti anche sulla velocità dell’attacco. Questo non è il colpo di più rapida esecuzione che ti ho insegnato”
Camus concentrò il cosmo nella mano e lanciò una Diamond Dust contro l’allievo, colpendolo in pieno. Non era stato un attacco molto potente, ma il francese non era interessato a quello. Doveva far capire a Hyoga l’importanza della rapidità dei colpi.
- Non provare subito con le cose più difficili. L’Aurora Execution è il colpo che raggiunge la temperatura dello zero assoluto, devi impiegare una grande quantità di energia per eseguirlo. Per allenarti inizia prima a lanciare altri attacchi più deboli alla velocità della luce-
Hyoga si alzò in piedi – Come faccio a concentrarmi sia sulla potenza che sulla velocità dei miei colpi?-
- Devi tentare. Non puoi raggiungere risultati se prima non ti alleni a sufficienza-
Il Cigno sospirò – Ma Zeus attaccherà domani. Non riuscirò a lanciare un’Aurora Execution abbastanza potente alla velocità della luce quando ci attaccheranno-
Camus incrociò le braccia al petto - Lo so che sembra difficile, ma ce la puoi fare. Sei abbastanza potente per riuscirci… lo hai già fatto quando mi battesti all’Undicesima Casa, solo che non te ne sei reso conto. Devi imparare ad essere cosciente di ciò che fai, senza affidarti al caso. Devi dominare il settimo senso, non farti dominare da esso- fece una breve pausa, sufficiente per far giungere il messaggio all’allievo. Hyoga si concentrò sulle parole del maestro cercando di trarne guida.
- Ti ho detto di partire dai colpi più semplici- riprese il Cavaliere dell’Undicesima Casa - Utilizza colpi che padroneggi da più tempo e su cui ti senti più sicuro. Forza, prova ancora- lo incitò
Hyoga spostò i capelli impiastricciati di sudore dalla fronte con una mano, poi si rimise in posizione d’attacco ed espanse il suo cosmo. Quando il Cigno lanciò la Diamond Dust Camus tentò di scansarsi, ma il colpo era troppo veloce e lo sfiorò ugualmente.
- Molto bene- commentò Camus -  Prova di nuovo. Vedrai che ogni volta ti avvicinerai di più al tuo obiettivo-
Il russo tentò ancora e questa volta il suo colpo prese in pieno il braccio del maestro.
- Visto? Stai già facendo progressi. L’esercizio premia, ricordalo Hyoga-
Stavano per prepararsi ad un nuovo scontro, ma furono interrotti dalla voce di Milo
- Camus!- si sentì chiamare
Il francese si voltò – Cosa c’è?-
Milo li raggiunse nell’arena con un salto degno dei migliori acrobati da circo – Sta per iniziare il Chrysos Synagein per organizzare la difesa del Santuario-
Camus sospirò – Hyoga, continua ad allenarti- disse rivolto all’allievo, poi seguì il Cavaliere dello Scorpione – Andiamo Milo-
Dopo qualche minuto avevano raggiunto la Sala d’Oro all’interno della Meridiana. Quando i due Cavalieri entrarono, trovarono Saga, Kanon e Aiolos intenti a confabulare. Probabilmente preferivano accordarsi prima della seduta sulla strategia che ritenevano migliore, in modo da evitare litigi. In effetti non era affatto semplice mettere d’accordo tredici persone, ma se almeno tre di loro lo erano già… beh, era un bel passo avanti. Se poi si considera che Saga e Aiolos erano considerati un po’ da tutti come i loro “capi” vista la lunga esperienza di babysitting dei due… non era un sistema molto democratico, perché condizionava gli altri Gold ad accodarsi alla strategia già decisa dai due e Kanon, ma funzionava e questo importava a Camus dell’Acquario. Quanto a strategie, il rosso si trovava generalmente d’accordo con i gemelli, quindi non aveva di che lamentarsi. I Cavalieri della Terza Casa sapevano riconoscere quando qualcosa era necessario e non stentavano a metterlo in atto, indipendentemente dalla sua moralità. L’intervento di Aiolos serviva probabilmente a smorzare questo tratto poco cavalleresco del loro carattere.
Vide Milo avvicinarsi allo scranno dell’Ottava Casa, ma prima di sedervisi si rivolse a Saga.
- Come hai convinto Saori a lasciarti partire? Il Grande Sacerdote non resta generalmente al fianco della Dea?-
- Ne avevamo già discusso prima della seduta-
- Mi pareva- commentò Milo, accomodandosi al suo posto
- Sapete bene che non possiamo fidarci di Artemide. Sono sicuro che una volta che Zeus sarà imprigionato lei metterà in atto il suo piano- continuò Saga – Per questo Atena mi ha affidato questa-
Con un movimento fluido, lasciò comparire la celeberrima daga d’oro da sotto le vesti sacerdotali.
- Dobbiamo impedire che ciò avvenga- s’intromise Aiolos – Atena è disposta a rischiare la propria vita privandosi del Grande Sacerdote pur di aumentare le nostre possibilità di successo nel fermare Artemide-
- Lo spirito di sacrificio non le manca di certo- borbottò Milo – Tanto tocca a noi salvarla-
Camus lo fulminò con lo sguardo. Non poteva permettersi di parlare così della loro Dea.
Quando anche gli altri Gold Saint ebbero preso posto nella Sala d’Oro, il Chrysos Synagein poté iniziare.
- Propongo di organizzare la difesa su due livelli- cominciò Saga – Il primo comprenderà tutto il perimetro del Santuario, cioè anche il territorio dell’Arena e degli altri edifici circostanti. Il secondo sarà un livello difensivo di emergenza che proteggerà il mero territorio delle Dodici Case-
- Di emergenza?- chiese Aldebaran
- Sì- intervenne il Cavaliere del Sagittario – Ripiegheremo sul secondo livello solo nel caso in cui la nostra difesa rischi di essere sopraffatta dall’avversario-
- Esatto- convenne Kanon – Se l’esercito di Zeus si rivelasse incontenibile, è prioritario proteggere le Dodici Case in modo che nessuno possa rischiare di sfuggirci e arrivare così da Atena-
Anche Dohko prese la parola – Mi sembra una buona idea. Se non riusciamo a proteggere l’intero Santuario dobbiamo tagliare fuori dal nostro anello difensivo tutto ciò che è superfluo-
Anche gli altri Cavalieri annuirono in segno di approvazione
- Bene- commentò Saga – Aiolos guiderà le truppe in mia vece, farete capo a lui durante la battaglia-
Il Custode della Nona Casa annuì – Dohko, Shura e Mu, voi sarete i miei sottoufficiali- lasciò scivolare lo sguardo su ciascuno dei nominati per essere sicuro che accettassero l’incarico
Camus notò Aiolia incrociare le braccia al petto. Probabilmente era rimasto deluso dal fatto che il fratello non l’avesse scelto come sottoufficiale.
“Aiolos è stato saggio. Ha scelto i Cavalieri meno impulsivi per comandare il resto delle truppe. In battaglia bisogna riflettere attentamente prima di dare un ordine”
- Quando inizieremo a schierarci?- domandò Shura
- Visto che Zeus ha bisogno di circa un giorno per organizzare il proprio esercito direi di cominciare a prepararci domani all’alba- rispose il Cavaliere del Sagittario
- All’alba?- sbuffò Deathmask
- Non possiamo farci cogliere impreparati- gli fece notare Aphrodite
- Scusa fiorellino e il tuo sonnellino di bellezza?-
- Ringrazia che sei troppo lontano per rimanere avvelenato dal mio sangue- replicò a denti stretti lo svedese
- Come siamo suscettibili oggi, hai le tue cose?- continuò a stuzzicarlo il custode della Quarta Casa
Il Cavaliere dei Pesci stava per perdere la pazienza, ma Saga richiamò entrambi all’ordine con la sua voce cupa - Silenzio. E non fare quella faccia scocciata, Cancer, altrimenti ti faccio dormire nelle prigioni stanotte-
Deathmask sembrò farsi piccolo piccolo. Tutti sapevano che le minacce di Saga non erano parole al vento. Dopotutto, aveva rinchiuso suo fratello a Capo Sounion perché aveva parlato di tradimento senza tanti preamboli.
- Bene- commentò il Grande Sacerdote una volta calmate le acque – Se nessuno di voi ha altre domande, potete tornare alle vostre occupazioni-
I Gold Saint si alzarono e abbandonarono la Sala d’Oro, ma qualcosa incuriosì l’imperturbabile Camus. Shaka sembrò allontanarsi dalla stanza più in fretta del solito, il francese osò addirittura pensare che fosse… turbato, preoccupato.
“Magari è stata solo un’impressione. Io non sono bravo come Milo a leggere le emozioni altrui”
***

Shaka raggiunse la tranquillità della Casa della Vergine quando il sole cominciava la sua lenta discesa. I muri e le colonne si tinsero di arancione. Non fu molto sorpreso di vedere quell’esile figura femminile che ormai riconosceva bene sull’entrata della sua dimora.
- Non sei mai venuto a trovarmi dopo quello che è successo, Shaka-
- Tu ti sei tenuta lontana dalle Dodici Case-
Non seppe perché si era rivolto a lei con quel tono così confidenziale. In un certo senso, sentiva di troppo ogni qualsiasi forma di distanza che li separasse, sia fisica che verbale. Quando lei era vicina, tutte le basi su cui Shaka si poggiava sembravano perdere consistenza e svanire, come nebbia.
“Perché hai mantenuto le distanze dal Santuario, Artemide? Perché ti sei allontanata da me?”
La Dea fece qualche passo nella sua direzione – Mi sembri confuso. Qualcosa non va?-
Come faceva a dirglielo? Aveva visto Saga mostrare la daga d’oro con cui avrebbe dovuto uccidere Artemide nel caso in cui lei si fosse rivelata malvagia. Shaka non voleva che ciò avesse luogo, ma al tempo stesso non si fidava pienamente di quella Dea… quella stessa Dea che ora si trovava di fronte a lui… quella stessa Dea di cui si era innamorato.
“Vorrei potermi fidare di te, Artemide”
- Ho bisogno di sapere una cosa- si decise a dire il Cavaliere della Vergine chiudendo gli occhi per evitare forme di distrazione
- Dimmi-
Niente da fare. Non era solo l’aspetto di Artemide a distrarlo, ma anche la voce decisa, il profumo di pino, l’aura potente che emanava il suo cosmo. Tutto di lei sembrava attrarlo come una calamita, come un buco nero spaziale che risucchiava tutte le convinzioni sulle quali lui stesso, l’Illuminato, aveva da sempre basato la propria esistenza.
Cercò di estraniarsi da tutte quelle sensazioni tornando al suo quesito - Tu dici che vuoi vedere tuo padre sconfitto perché hai paura che lui si rivolti contro di te. È esatto?-
- Sì-
- Quindi ti sei rivolta ad Atena per puro istinto di sopravvivenza?-
- Sì. Shaka, perché mi chiedi queste cose se le ho già dette alla tua Dea quando parlammo alla Tredicesima Casa?- chiese lei
- Perché non capisco- quelle parole uscirono a fatica dalle sue labbra. Come poteva ammettere di non capire, lui, che aveva raggiunto l’Illuminazione? - Se noi riuscissimo a imprigionare Zeus, Atena manterrebbe il suo ruolo di protettrice dell’umanità e tu?-
- Io cosa?-
- Torneresti a fare quello che facevi prima come se nulla fosse successo?-
Artemide sospirò  – L’intenzione era quella-
Shaka percepì che si era messa a sedere su un muricciolo - Era?- chiese, accomodandosi a sua volta
- Io non volevo entrare dentro tutta questa storia, ma poi ho visto cosa succede qui sulla Terra. Atena dice di proteggere l’umanità… Onestamente, ti sembra che stia facendo un lavoro egregio? Guarda cosa succede nel mondo, Shaka. Omicidi, guerre, terrorismo… gli umani si uccidono tra loro senza sosta. Atena non dovrebbe impedirlo? Come può essere degna di “regnare” se non ferma tutti questi massacri?-
- Il compito di Atena è quello di proteggere la Terra dalle grinfie di altre divinità che minacciano di privare essa della pace e della giustizia di cui l’umanità ha bisogno-
- Dice di difendere la pace e lascia gli umani ad ammazzarsi tra loro. Come fai a fidarti di una persona simile? Perché tu e gli altri Cavalieri siete pronti a sacrificare le vostre vite per lei?- chiese la Dea
- Sai Artemide, spesso giudicare le persone per il loro operato non è corretto. Bisogna guardare le loro intenzioni, solo dopo averle esaminate accuratamente puoi decidere se fidarti o meno di quella persona- rispose Shaka aprendo gli occhi
Vide Artemide aggrottare le sopracciglia – E quali sono le intenzioni di Atena che ti hanno convinto a seguirla?-
- Atena è l’unica divinità che non ritiene deplorevole reincarnarsi in forma umana, è infatti la Dea che ha la più alta stima del genere umano. Si propone di difendere la pace e la giustizia sulla terra senza ricevere niente in cambio. Lei è disposta a mettere a rischio la sua stessa vita spinta dall’amore incondizionato che prova nei confronti dell’umanità- spiegò il custode della sesta casa
Artemide sembrò riflettere sulle parole dell’indiano – E se si facesse avanti qualcun altro per sostituire Atena?-
“Perché mi chiedi questo? Vorresti forse prendere il posto di lady Saori?”
- Io ho giurato fedeltà ad Atena. Non la tradirò-
- Ma lei dice di voler difendere l’umanità e si fa scudo con voi Cavalieri che non siete altro che semplici umani. Non ti sembra un controsenso?-
- Dove vuoi arrivare? Perché mi stai facendo queste domande?- chiese Shaka
Cosa voleva ottenere? Metterlo contro la sua stessa Dea? L’Illuminato detestava non riuscire a rispondere ai suoi quesiti.
- Io… Vorrei che tu ti fidassi di me- rispose la Dea affondando il volto tra le mani
- Vorrei poterlo fare…- replicò Shaka
“…ma ho come l’impressione che farlo vorrebbe dire tradire Atena e in qualità di Saint devo anteporre il mio giuramento ai sentimenti”
Perché doveva essere tutto così complicato? I suoi sentimenti stavano ostacolando la sua capacità di giudizio. Doveva ritrovare quella situazione di superiorità alle emozioni e quel distacco dalla realtà terrena che da sempre lo contraddistinguevano dai suoi compari Saint. Quello che aveva detto Artemide… sapeva che dietro c’era qualcosa, lei aveva in mente un piano, un piano diretto a spodestare Atena eppure… quello che aveva detto Artemide era giusto… proteggere la pace e la giustizia vorrebbe dire fermare anche tutti i massacri in corso tra gli umani, non solo sconfiggere le altre divinità.
“E se ci fosse qualcuno in grado di svolgere il compito affidato ad Atena in modo… migliore?”
Il solo passaggio nella sua mente di quel pensiero lo fece inorridire. Quel compito era stato affidato ad Atena ai tempi del mito perché lei era la più giusta tra gli Dei. Nessuno poteva adempiere il suo dovere in maniera migliore semplicemente perché non esisteva altra divinità votata alla Giustizia.
La voce di Artemide lo distrasse dai suoi ragionamenti – Se tu fossi costretto a scegliere, Shaka… tu sceglieresti Atena, vero?- domandò fissando i suoi occhi argento liquido in quelli azzurri del Saint
Quello sguardo fece crollare tutta la sua sicurezza. Come poteva dirlo? Se avesse scelto seguendo la ragione avrebbe detto Atena, ma se avesse seguito il cuore…
- Preferirei non dover scegliere affatto. Mente e cuore fanno parte della stessa persona, non si possono scindere queste due parti, si romperebbe l’equilibrio-
“Quindi ho fallito. Un asceta non dovrebbe seguire né mente né cuore, solo la verità. Sono un umano come tanti altri, le emozioni mi stanno portando via dal sentiero che avevo iniziato a percorrere con fierezza” ammise con se stesso Shaka
La stessa calda brezza che si era levata quando aveva risvegliato il corpo della Dea gli scompigliò i capelli biondi. Chinò il volto e baciò Artemide sfogando tutte quelle emozioni che sin da piccolo non lo avevano mai toccato. Sentì di nuovo quella risata imperversare nell’aria, ma questa volta né lui né Artemide se ne curarono.
Un pensiero attraversò la mente dell’indiano, un pensiero che lo fece rabbrividire “La verità illumina la mente, ma non sempre porterà la felicità al tuo cuore”
***
 
Daphne stava osservando dalle gradinate dell’arena l’allievo di suo fratello che continuava imperterrito ad allenarsi, ma un rumore di passi la distrasse.
- Ciao Saga- lo anticipò. Se anche non avesse percepito il suo cosmo lo avrebbe riconosciuto ugualmente. Il suo incedere era unico, nobile e fiero come quello dei principi. Saga ispirava grandezza, quella stessa grandezza che l’attraeva così tanto.
Lui si sedette al suo fianco – Cosa stai facendo?-
- Guardavo l’allenamento di quel Saint-
Saga lanciò una breve occhiata all’arena – Hyoga del Cigno, l’allievo di Camus-
La ragazza annuì – Mio fratello è un ottimo maestro. In questo non mi assomiglia-
Il Cavaliere dei Gemelli aggrottò le sopracciglia - Perché dici così?-
- Io non potrei mai fare da insegnante. Considero i miei poteri come una conquista personale, sono gelosa di loro. È un po’ egoista come pensiero, lo so, ma è più forte di me. Non potrei mai tramandare le mie tecniche a qualcun altro-
- Forse non hai mai trovato qualcuno che ne reputi degno-
- Può darsi- ammise lei
Saga sospirò – Insegnare è un’arte. Non è detto che tutti siano portati per essa-
Si alzò in piedi e le porse la mano in un gesto cavalleresco. Daphne non lo avrebbe mai ammesso pubblicamente, ma adorava i gesti cavallereschi, la facevano crollare subito e Saga, che quando ci si metteva d’impegno sapeva essere un manipolatore abile come pochi, lo sapeva benissimo – Ti va una passeggiata?- le chiese, come se lei avesse potuto rifiutarsi dopo un invito simile.
Tuttavia percepì una certa agitazione nel suo stato d’animo. Che fosse legato alla missione imminente?
Scacciò il pensiero e prese la mano che lui le porgeva - Perché no?-
Era da tanto tempo che non avevano occasione di passare del tempo insieme. Chissà, forse quella sarebbe stata l’ultima.
“No. Nessuno morirà questa volta. Né io, né Saga, né mio fratello, né nessun altro”
Mentre seguiva il suo compagno fuori dal territorio delle Dodici Case percepì ancora quella sensazione di ansia provenire da Saga - Che cos’hai? Sembri un po’… agitato. È per la missione?-
- No. Quello che accadrà domani non c’entra niente-
Risposta molto brusca. Nascondeva sicuramente qualcosa.
- Allora cos’è?-
Saga sospirò – Io… ecco, non sono una cima in queste cose…- iniziò a dire fissando i propri piedi mentre camminava
Daphne non poté fare a meno di notare quanto fosse tenero con quell’aria impacciata. Probabilmente era l’unica persona in grado di trovare dei risvolti teneri in un uomo capace di distruggere cose e persone solo schioccando le dita, ma vabbè, lei era fatta così.
-  … ormai ho ventotto anni, o giù di lì, tra morti e resurrezioni varie ho perso un po’ il filo… e in tutti questi anni non c’è mai stata nessuna nel mio cuore all’infuori di te…-
Daphne si fermò, un po’ perché avevano raggiunto il bordo di una scogliera, un po’ perché il suo cuore stava battendo all’impazzata. Dove voleva arrivare Saga?
- E insomma… pensavo che, quando anche questa battaglia sarà finita, potremmo…- sollevò lo sguardo verso l’enorme distesa marina che si stagliava davanti a loro lasciando riflettere la luce del tramonto nei suoi meravigliosi occhi smeraldo
- Potremmo?- lo incitò la ragazza
- Ecco… ho studiato il regolamento in ogni sua parte e non ho trovato…-
- Vuoi finire questa maledetta frase?- Il cuore minacciava di saltarle fuori dal petto. Se Saga non si fosse mosso, lo avrebbe ucciso.
Il Cavaliere dei Gemelli volse finalmente lo sguardo verso di lei, prese un respiro profondo e s’inginocchiò davanti a lei – Daphne, vuoi sposarmi?-
“Sposarmi, sposarmi… voce del verbo sposare, prima coniugazione, modo infinito, tempo presente… significato: prendere una persona come moglie o marito, contrarre matrimonio…”
Mentre il suo cervello ricercava nella memoria tutti i significati possibili di quel verbo, il suo corpo si mosse automaticamente. Gettò le braccia al collo di Saga riuscendo a far finire per terra tutti e due.
- Lo prendo per un sì?- chiese lui
- Sì- mormorò Daphne quando ebbe riacquistato la capacità di parlare –Sì- ripeté poi con più convinzione
***
 
Milo si svegliò nel pieno della notte. Cercò Camus con la mano, ma non riuscì a trovarlo. Si alzò a sedere di scatto preso dal panico. Si era addormentato accanto a lui, com’era possibile che non fosse lì? Si era immaginato tutto di nuovo? Possibile che quello fosse stato soltanto un sogno? Il suo cuore galoppava impazzito. Camus era morto. Non c’era stata nessuna resurrezione, nessuna carezza, nessun bacio dopo la scalata delle Dodici Case ad opera dei Cavalieri di Bronzo.
Milo continuò a cercare il compagno con la mano nel buio della stanza
- No, no, no… ti prego- mormorò disperato
- Cam?- provò a chiamare
Nessuna risposta
- Amore mio, dove sei?- chiamò ancora con gli occhi che si riempivano di lacrime
- Sono qui, Milo- gli rispose la voce del suo compagno
- Cam?-  il greco alzò lo sguardo sull’elegante figura di Camus sulla soglia della camera – Sei veramente tu?-
- E chi dovrei essere?- domandò il rosso avvicinandosi al letto
Un abbraccio fu la risposta, poi lo Scorpione sprofondò il volto nell’incavo della spalla del francese. Poco dopo iniziò a singhiozzare
- Milo, che succede?- chiese preoccupato Camus stringendolo a sé.
- Cam, io… tu non sai… cosa ho passato… quando non c’eri. Mi sentivo vuoto, come una notte senza stelle... Senza di te io non sono niente-
L’Acquario gli asciugò una lacrima - Ma cosa dici? Si può sapere che ti è preso?-
Milo prese fiato – Dopo la tua morte ti sognavo di continuo. Alla fine dei sogni andavamo a dormire insieme, ma quando mi svegliavo… ero solo, tu non c’eri. Certe volte ti vedevo anche quando ero sveglio… sono quasi impazzito senza di te, lo sai? Tu sei la mia luce. Quando non c’eri il mio cammino era diventato buio. Non sapevo dove andare, cosa fare… Mi mancavi, Cam. Sei tutto per me. Questo cuore…- disse indicandosi il petto –… non ha motivo di battere se viene separato da questo- concluse, poggiando l’altra mano sul petto del francese
- Ti amo- sussurrò infine fissando gli occhi nocciola del compagno
Camus abbassò lo sguardo imbarazzato dalla dichiarazione inaspettata - Milo io… lo sai che non riesco a esprimere a parole quello che provo…-
- Allora non usarle- lo fermò il greco
Il Cavaliere dell’Acquario mostrò un sorrisetto sornione, cosa alquanto insolita - Tu l’as dit- disse, poco prima di baciare appassionatamente Milo.
Il biondo non si lamentò e, benché sorpreso, lasciò via libera al compagno. Quando però Camus allontanò le labbra dalle sue, lo Scorpione rimase deluso.
- Mi piace quando prendi l’iniziativa, continua!-
- Domani dobbiamo partire per una missione-
- E allora? Sei un Gold Saint o no?- lo stuzzicò il greco
L’Acquario si girò su un fianco, dandogli le spalle – Dobbiamo riposare. Domani all’alba dobbiamo essere pronti-
- Dai, Cam. Uffa…- piagnucolò
- Milo, c’è Hyoga di là!-
- Quindi?-
- Non voglio che ci senta!- esclamò Camus
- Dai, mica gli blocchiamo la crescita! E poi… sei tu quello che fa confusione- replicò Milo con un sorrisetto innocente
Colpito sull’onore, il francese tirò su le lenzuola fino al collo e si rannicchiò sul lato opposto del letto.
“Eccoci. Ora si è offeso”
Il Cavaliere dello Scorpione stronfiò - Scusa Cam… però te la prendi subito-
Nessuna risposta
- Mi lasci a dormire in quest’angolino?- tentò ancora Milo
Silenzio
Il biondo sbuffò – Uffa… Vabbè, ‘notte- mugugnò sistemandosi meglio sotto le coperte
Stava per appisolarsi, ma un fruscio delle lenzuola lo distrasse. Poco dopo sentì un qualcosa di fresco circondargli la vita.
“Un… braccio?”
Aprì gli occhi e vide la testa di Camus adagiarsi sul suo petto
- Quasi quasi ora faccio io l’offeso- borbottò Milo
- Tanto non lo fai. Ti piace sempre quando ti uso come cuscino- ribatté quell’altro
“Dannatamente vero”
- Vabbè, hai ragione… però tesoro hai una temperatura corporea di dieci sotto zero!-
***
 
Daphne sentì Saga muoversi al suo fianco, probabilmente era già sveglio. A giudicare dal fatto che nessuna luce filtrava dalle palpebre socchiuse, ipotizzò che non fosse ancora l’alba.
“Voglio godermi questo letto comodo fino all’ultimo secondo disponibile”
Lo stipite della porta scricchiolò, qualcuno ci si doveva essere appoggiato.
- A giudicare dalla tua faccia felicemente idiota direi che è andata bene-
“Kanon. Solo lui ha questo talento per i buongiorno” pensò la giovane
Sentì una mano di Saga carezzarle piano i capelli - Già- mormorò
- Quindi vi sposerete finita la guerra?- domandò Kanon
- Sì- confermò a bassa voce il maggiore – Cosa c’è che non va, Kanon?-
- Niente- rispose l’altro con tono monocorde.
Un rumore di passi nel corridoio suggerì a Daphne che il gemello minore si stesse allontanando, sentì infatti Saga muoversi, probabilmente per raggiungerlo.
- Sei forse geloso?-
- No… è solo che… Daphne è praticamente la mia unica amica. Sai come ci rimasi male quando morì…-
- Non me ne hai mai parlato-
- Ovvio! Tu vedevi solo la tua sofferenza, io non contavo niente. Specialmente dopo la sua morte io… mi sentii abbandonato- sbottò
Saga non ribatté.
- Perché credi che mi accanii anche contro Aiolos?- continuò Kanon – Lo reputavo responsabile di ciò che era successo. Ma non solo lui, anche te, il Grande Sacerdote e Atena. Tutti. Prima mi avevano portato via te, poi mi hanno portato via anche la mia unica amica. Non avevo più nessuno-
- Io c’ero sempre- disse piano Saga
- C’eri? Più passava il tempo e più mi trascuravi. La gente ti adorava, non avevi certo tempo da passare col tuo gemello, la tua triste copia. Meglio pavoneggiarsi con la nuova armatura insieme al tuo amico Aiolos! Almeno fino a quando c’era Daphne non ero completamente solo, poi anche lei se n’è andata- la voce di Kanon quasi tremava
Daphne percepiva ondate di rabbia e soprattutto di dolore provenire dal gemello minore. Stava dando sfogo a tutti i sentimenti, tutta la frustrazione che aveva represso per tutti quegli anni.
- Tu non sai cosa vuol dire sentirsi abbandonato e non voluto, Saga. Non l’hai mai saputo. Eri tu il preferito dei nostri genitori, eri tu quello che doveva essere addestrato qui al Santuario, eri tu il legittimo proprietario del Cloth di Gemini. Io ero solo la tua ombra, una tua patetica imitazione, niente di più-
- Per me non eri solo la mia ombra, Kanon. Tu sei mio fratello. Non avrei mai potuto dimenticarlo-
- Allora perché l’hai fatto? Mi hai abbandonato- ormai la voce di Kanon era praticamente spezzata, Daphne percepiva tutto il dolore grondante dalle parole. Era a dir poco straziante.
- Io ero l’oscurità- continuò il gemello minore – Per questo dovevo stare nascosto. Ma la solitudine non ha fatto altro che accrescere il mio dolore e la mia rabbia. Alla fine sono riuscito a portarti sulla via del male, Saga. Tu eri la luce e io dovevo starti lontano per evitare di traviarti, ma non è andata così. Ti ho avvelenato, fratello, ho risvegliato l’oscurità che era in te allontanandoti dal sentiero del bene-
- Tu non mi hai avvelenato-
- Sì, invece. È questo che succede alla luce quando viene a contatto con il buio. Si perde, per poi diventare buio anch’essa-
Dalle palpebre socchiuse, Daphne vide Saga appoggiare una mano sulla spalla del fratello – No, Kanon. Tu eri la mia luce. Più ti allontanavo da me, più mi avviavo sulla via del male. Io ero l’oscurità- fece una breve pausa – Persi completamente la via del bene quando ti rinchiusi a Capo Sounion. Credevo che così facendo avrei scacciato l’oscurità da me, ma mi sbagliavo. Agendo in quel modo allontanai definitivamente la luce dal mio cuore, perché eri tu la luce, Kanon, non io-
Il gemello minore fissò gli occhi in quelli identici dell’altro – Davvero?-
Saga accennò un sorriso -Sai, in natura i gemelli come noi nascono da un’unica cellula. Noi siamo nati per essere uniti e nessuno può separarci perché ognuno ha bisogno dell’altro. È contro natura dividerci, infatti hai visto cosa è successo quando siamo stati separati, sono stati spezzati i principi stessi dell’equilibrio tra bene e male, luce e oscurità. Noi siamo legati, Kanon, e nessuno riuscirà mai più a impedirci di stare vicini-
Kanon abbracciò il fratello – Sei il mio punto debole… però ti voglio bene, fratello-
Il maggiore ricambiò il gesto – Anche tu sei il mio, ma ti voglio bene lo stesso-
Daphne iniziò a intravedere la luce dell’alba dagli occhi socchiusi.
“Via, hanno avuto il loro momento di intimità. Adesso dobbiamo andare”
Aprì gli occhi e si stiracchiò – Buongiorno- biascicò
Vide Kanon sciogliersi in fretta dall’abbraccio – ‘giorno cognata-
Per una volta il termine non fece imbarazzare né Saga, né Daphne. Ormai era ufficiale.
- Giusto!- esclamò la ragazza, poi puntò un dito contro Saga – Tu dici di sposarci finita la guerra, ma sai quanti preparativi occorrono? Bisogna scegliere il luogo, fare la lista degli invitati, i testimoni, le damigelle, gli anelli, il mio vestito, la torta…-
Il suo futuro marito quasi sbiancò – Io credevo di fare una cosa abbastanza sempl…-
- No!- lo bloccò Daphne – Io ho intenzione di sposarmi in grande stile. Sono francese e noi francesi ci teniamo alla forma!-
Kanon picchiettò con una mano sulla spalla del fratello – Mi dispiace, hai fatto la tua-
Saga riuscì a riprendere il controllo – Prima vinciamo questa guerra, poi pensiamo ai preparativi-
- Mmh, buona idea- ammise lei
Indossarono tutti e tre le loro rispettive armature e si diressero fuori dalla Terza Casa. Una volta raggiunto il piazzale antistante la Casa dell’Ariete, vi trovarono Mu e Aldebaran. Poco dopo arrivarono anche gli altri Cavalieri d’Oro. Mancavano all’appello solo Deathmask, Aphrodite e Shura.
Aiolos iniziava ad agitarsi – Gli avevo detto che dovevano essere qui per l’alba-
Dohko si fece avanti – Saranno qui a momenti. Ho lasciato Shura e Aphrodite a tirare giù dal letto Deathmask-
- Tipico- borbottò Aiolia
Saga si avvicinò al vecchio compagno di allenamenti – Ti affido il Santuario, Aiolos-
Il Cavaliere del Sagittario sorrise – Voi vedete di imprigionare per bene Zeus. Ah… Saga, tieni lontana Daphne dalle manticore-
- Tranquillo- intervenne la ragazza – Ormai mostriciattoli come quelli me li mangio a colazione. Tu piuttosto, non fare distruggere tutto il Grande Tempio-
- Nemmeno un graffio- garantì Aiolos
Kanon si schiarì la voce – Credo che dovremmo andare-
- Giusto- convenne Daphne – Artemide ci sta aspettando al Tempio di Zeus Olimpo-
- Andiamo allora- disse Saga, facendo cenno a Milo e Camus di seguirli
Stava per aprire la dimensione oscura per usarla come teletrasporto, ma furono distratti dall’arrivo di un Bronze Saint. Trafelato, il Cavaliere del Cigno stava correndo verso di loro.
- Non ti ho augurato buona fortuna ieri sera- si giustificò Hyoga rivolgendosi al maestro
- Non sarà la fortuna a garantirci la vittoria- ribatté Camus
- Però aiuta- disse il russo abbracciandolo
Daphne fu abbastanza sorpresa. L’unica persona con cui suo fratello aveva qualche tipo di contatto fisico era Milo, perché si lasciava abbracciare dal suo allievo?
- Buona fortuna, papà- sussurrò il giovane
Le sue orecchie captarono ugualmente i suoni. Una parola in particolare la colpì: papà.
Papà?
- Ricorda quello che ti ho insegnato, Hyoga. Domina i tuoi poteri, non farti dominare da essi-
Papà?
- Lo farò- rispose il Cigno allontanandosi
Suo fratello aveva un figlio e non gliel’aveva detto? Com’era possibile che Camus fosse padre? Quel ragazzo non era troppo grande per essere suo figlio? E poi… suo fratello non era gay?
- Quello non era il tuo allievo?- chiese
Camus annuì - Sì -
- E perché ti ha chiamato papà?-
Suo fratello arrossì leggermente – L’ho addestrato sin da quand’era bambino, è come un figlio per me-
“Ahhhhh! Hai fatto proprio la figura della deficiente, complimenti!”
- Anche perché mi sembrava strano- commentò la ragazza sovrappensiero - Era un po’ troppo grande per essere tuo figlio e poi… non ti ci vedo a tradire Milo-
- Tradire Milo?- chiesero in coro i gemelli
“Seconda figura a pirla nel giro di mezzo minuto. Ma che brava che sei oggi!”
Suo fratello la fulminò, giustamente, con lo sguardo.
- Cioè- s’intromise Kanon – Tu- indicò Camus – e tu- indicò Milo – State insieme?..... Nah, non me la bevo-
Saga si limitò a sbattere le palpebre – Ah- commentò
- Solo “ah”?- Milo sembrava quasi deluso
Daphne continuava a percepire lo sguardo di Camus addosso… cominciava a sentire anche un certo freddo alla base della testa.
“Se mi congela il cervello mi fa un piacere” ammise con se stessa
- Forza- intervenne il Grande Sacerdote – Dobbiamo recarci al Tempio di Zeus, non c’è tempo da perdere-
Si voltò e lanciò l’Another Dimension. Uno dopo l’altro entrarono nella dimensione oscura lasciandosi avvolgere dal tetro abbraccio delle tenebre. Il Santuario ormai era alle loro spalle, la loro missione era appena iniziata.
 
Nota dell’autrice: ciao a tutti! Ci sono stati un po’ di chiarimenti e discussioni sdolcinate in questo capitolo, che ne dite? Chissà cosa aspetta i nostri valorosi paladini… A presto!
 

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Capitolo 14
*** Filo spinato e cocktail in riva al mare ***


Capitolo 14 – Filo spinato e cocktail in riva al mare
(per le note * guardare in fondo al capitolo)
 
 
Milo respirò di nuovo l’aria fresca, erano appena sbucati nel Tempio di Zeus.
“Se Tempio si può chiamare…” pensò tra sé e sé
Le rovine presenti erano l’unica testimonianza dell’antico edificio ellenico. Una quindicina di colonne segnava il perimetro di quello che doveva essere stato un magnifico tempio. Qualcosa però spezzava la normale fisionomia dell’opera.
- Quella colonna è svenuta o l’hanno concepita così, sdraiata a pezzettini sul pavimento?- chiese lo Scorpione
Camus sospirò – Nessuna delle due. Nel 1852 durante un temporale fu abbattuta da un fulmine-
- Grazie Wikipedia-
Il francese scosse la testa con aria rassegnata. Milo però sapeva che gli piaceva dare sfoggio della sua cultura ogniqualvolta se ne presentava l’occasione. “Che secchione”
Saga si guardò intorno – Dov’è Artemide?-
- Cavalieri- proferì una voce alle loro spalle
- Mia Signora- rispose Daphne accennando un inchino
La Dea della Caccia sfoggiava la solita corta tunica argentata corredata di arco e faretra - Seguitemi- intimò senza tante cerimonie.
Si diresse a passo deciso verso un punto della pavimentazione identico a tutti gli altri.
Milo fu tentato di chiedere che cosa avesse di particolare quel metro quadrato, ma qualcosa lo distrasse. Tutta l’energia del luogo sembrava convergere lì, come se il tempio stesso avesse un suo cosmo e quel punto ne fosse la fonte. Lanciò un’occhiata agli altri Cavalieri per essere sicuro di non essere l’unico ad avere quella sensazione, ma anche loro sembravano confusi quanto lui.
- Un tempo qui sorgeva una statua di mio padre in avorio e oro- spiegò la Dea – Serviva ad indicare il passaggio che conduce al luogo dove si trova il sigillo per imprigionare Zeus… È un vero peccato che voi mortali vediate questo tempio com’è ora, rovinato e consumato dal Tempo. Un tempo era il più grande e maestoso di tutta la Grecia… dopo quello di Efeso a me dedicato, naturalmente-
“Naturalmente... Sono un po’ pieni di sé questi dei?” pensò Milo
Artemide incoccò una freccia argentata e la scagliò dove, forse, lei era in grado di vedere la statua di Zeus di cui aveva parlato. Subito si aprì un vortice all’interno del quale l’aria sembrava farsi liquida.
- Questo è il passaggio?- chiese Saga
La Dea annuì – Una volta oltrepassato, non sarete più nel regno dei mortali-
Uno alla volta, i Cavalieri entrarono nel vortice. Il mondo sembrò rovesciarsi e diversi rumori indistinti giunsero alle orecchie dei Saint, poi, così com’era iniziato, tutto finì. Si ritrovarono in piedi davanti all’entrata di un tempio. Milo lo squadrò, aveva qualcosa di familiare... Indicò la colonna davanti - Sulla cima non ci sono quelle specie di foglioline come sulle colonne del tempio da dove siamo venuti?-
- Milo, sono capitelli corinzi, non foglioline- lo corresse Camus
Il greco sbuffò, a lui non piaceva la storia dell’arte. E poi, scherzi a parte, somigliavano davvero a delle foglie.
- Questo è il tempio da cui siamo venuti- notò Kanon
- In questa dimensione il potere di Crono non ha effetto, essendo lui rinchiuso nel Tartaro- spiegò Artemide
Chiunque avesse studiato un minimo di mitologia greca si sarebbe ricordato quel nome: Crono mangiò i suoi figli per paura che uno di loro lo spodestasse, ma Zeus si salvò e, dopo aver sconfitto il padre, lo imprigionò nel Tartaro. Vatti a fidare dei parenti.
Il gruppetto avanzò verso l’entrata dell’edificio - E adesso cosa dovrebbe succedere?- chiese Daphne dando voce ai dubbi di tutti
Artemide continuava a tenere in mano l’arco – Dovrete affrontare le prove degli…-
Un’improvvisa luce abbagliò gli occhi dei presenti. Milo portò istintivamente una mano a coprirsi il volto.
- Guarda chi c’è… la mia sorellina preferita!- esclamò una voce musicale
- Apollo, quante volte ti devo dire che sono nata prima io?- replicò Artemide con aria scocciata
- Dettagli- commentò il Dio del Sole
Apollo indossava una corona di alloro che cingeva i riccioli biondi. Un sorriso caldo gli illuminava il volto, la tunica alla greca che indossava era dorata come la luce che sembrava sprigionarsi dall’arco e dalla faretra.
Il Dio si voltò verso i Cavalieri – Quindi questi sarebbero i guerrieri di Atena? Uh, guarda! Voi due siete gemelli- disse indicando Saga e Kanon – Anche a voi capita di litigare su…-
- Fratello- lo interruppe la Dea – Vuoi sottoporli alla tua prova?-
- Mi sono dichiarato neutrale e devo sottoporli ad una prova… Secondo me non ha senso-
- Sì, va bene. Muoviti-
- Okay, okay… sennò chi la sente Era o quelle vecchiacce delle Moire- borbottò il Dio
Squadrò attentamente i Cavalieri di Atena – Non ho intenzione di ostacolarvi, però… - si picchiettò l’arco sulla testa con aria pensierosa – Vediamo…-
Artemide sospirò – Stai improvvisando, vero?-
- Certo che… ehm, sì- ammise Apollo – Ma io sono il Dio delle arti, quindi l’improvvisazione è il mio mestiere-
Milo si schiarì la voce – Scusi, divino Apollo, ma non avremmo tutto il giorno…-
Apollo lo fissò attentamente. Il sorriso che prima era stampato sul suo volto si spense di colpo. Il greco si sentì un po’ troppo al centro dell’attenzione, essere squadrati in quel modo da un Dio metteva lievemente in soggezione. Artemide si schiarì la voce per riportare il fratello al presente.
- Oh giusto, la prova- si sbloccò lui – Mmh… Qualcuno di voi sa cantare o suonare?-
Che diamine di prova era? Dovevano imprigionare Zeus o vincere Olimpo’s got talent? Quel Dio doveva essere afflitto da una specie di demenza senile divina.
Saga lanciò un’occhiata di sbieco a Daphne. Lei sbuffò
- Mi tocca- mugugnò – Cosa dovrei fare divino Apollo?-
- Canta qualcosa… sono il dio della musica, deliziami-
Daphne sembrò brancolare nel buio per qualche secondo, poi iniziò a cantare la “Marseillaise” sfoggiando  tutto il suo patriottismo francese. Quando finì, Apollo batté le mani con aria soddisfatta - Quasi quasi ti assumo… così posso dare il benservito a quella musona di Melpomene*-
- Scordatelo, è il mio Cavaliere- gli ricordò Artemide
Il dio del sole alzò le mani – Scusa sorella… Un’ultima cosa, Cavalieri… Primo soccorso- annunciò
I Saint si lanciarono occhiate perplesse. Adesso era diventato un gioco con domande per categoria?
- Cosa ci fate su una distorsione?-
- Ci si applica del ghiaccio e si tiene a riposo l’arto- rispose Camus, un po’ confuso dalla domanda
- Esatto!- si complimentò il dio – Ora potete andare-
Artemide fissava il fratello con aria disperata – Questa era la tua prova?-
- Sì. Se mi dichiaro neutrale vuol dire che non sono intenzionato né a ostacolare né a favorire chi vuole raggiungere il sigillo per imprigionare Zeus. Ho sottoposto i guerrieri alla mia prova, il mio dovere l’ho fatto. Punto- dichiarò risoluto – Ci vediamo Cavalieri-
Lanciò un’ultima occhiata a Milo, poi salì su un cocchio dorato spuntato dal nulla. Lo Scorpione fu però sicuro di sentire la voce del Dio nella sua testa.
“Mi dispiace”
Due parole, solo due, cariche di rammarico. Milo non capì a cosa si riferisse, riusciva solo a percepire che non avevano niente a che fare con la loro missione.
“Cosa vuol dire? E perché mi fissava in quel modo?”
Si voltò verso Camus come a cercare una spiegazione, ma il francese non fece in tempo a dargliela, se anche ne avesse avuta una. Una muraglia di filo spinato comparve dal nulla, separando in due gruppi i Cavalieri: Milo e Camus da una parte, i gemelli e Daphne dall’altra. Una piccola bandiera era incastrata su una spina.
La ragazza si avvicinò al pezzo di stoffa rossa – Un cinghiale e un cane…-
-… gli animali sacri ad Ares- finì suo fratello
Artemide sospirò – D’ora in poi dovrete cavarvela da soli- disse prima di scomparire in un bagliore argenteo lasciando i Cavalieri in balia della nuova divinità.
“Perché se n'è andata se desidera vederci vincitori?”
Il cielo sembrò tingersi del colore del sangue. Ciò bastò a far concentrare Milo sulla loro situazione e a lasciare le domande sul comportamento di Artemide a dopo.
- Non promette bene- borbottò Kanon con lo sguardo rivolto al cielo
Milo non poteva dargli torto, apprestarsi ad affrontare Ares senza l’appoggio della loro unica alleata divina non era una delle migliori situazioni auspicabili. Finalmente il Dio della Guerra apparve. Ares indossava la propria armatura, ricca di spunzoni, rossa e nera. Milo dovette ammettere con se stesso che quella mise ricordava vagamente Arles.
Ares proruppe in una risata roca - Ma che carini! Avete anche riconosciuto i miei animali sacri nonostante non vada più di moda venerare gli Dei- lasciò scivolare lo sguardo su Daphne – Cosa ci fa una bella ragazza come te qui?-
Lei alzò il mento dando sfoggio (per l’ennesima volta) della somiglianza col fratello - Servo la mia Signora- rispose decisa
- Sei un Cavaliere? Un vero spreco- disse il Dio avvicinandosi alla francese
Saga fece un passo avanti – Non provare nemmeno a toccarla-
Ares si grattò il mento – Tu sei… Saga dei Gemelli, ecco chi sei. Le tue gesta sono giunte fin sull’Olimpo. Un bel lavoro, complimenti! Ma potevi fare di meglio eh… Quel pentimento all’ultimo minuto ha rovinato tutto… e io che tifavo per te…-
Il Grande Sacerdote s’irrigidì. Essere apprezzato dal dio della guerra, guerra nel senso di sete di sangue, non doveva essere nei suoi piani.
- Sai che ti dico? Magari ti risparmio… e tuo fratello Kanon pure, anche lui mi ha deliziato con le sue imprese, ma quel cambio di rotta improvviso… ah, dovevi lasciar morire Atena infilzata da quel tridente. Avevi fatto tutto quel lavoraccio per ingannare il vecchio Acciuga… Però via, vi lascerò vivere tutti e due. Potrei riportarvi sulla via del male- guardò di nuovo Daphne – Anche tu hai fatto un po’ di macello quando hai distrutto la tua casa e ucciso la tua famiglia… Con la motivazione giusta sei inarrestabile, hai un buon potenziale, potrei lasciar viva anche te-
- Non ci importa un bel niente se ci consideri degni di vivere o meno, Ares- intervenne Kanon – Siamo qui per affrontare la tua prova-
- Gne gne… Non voglio farvi affrontare nessuna prova. Voi tre vi porterò dalla mia parte, potreste diventare degli ottimi Berserker… Questi altri due- si voltò verso Milo e Camus - li ucciderò di persona-
“Bello vedere come sono apprezzato dalle divinità” commentò Milo fra sé e sé.
Il Dio scomparve in una nube di polvere e ricomparve dall’altro lato del filo spinato.
- Noi non diventeremo mai dei guerrieri al tuo servizio!- esclamò Saga – Abbiamo giurato fedeltà ad Atena, moriremmo piuttosto che tradirla-
- Io servo Artemide, non un fantoccio che brama il sangue e la battaglia-  rincarò Daphne
Milo sollevò le spalle e si rivolse al Dio – Non hai molti follower… Sembra che dovrai ucciderci tutti, Ares-
Lui rise – Beh… non mi dispiace così tanto. Più nemici, più sangue-
“Siamo cinque Cavalieri contro un Dio, possiamo farcela?”
Il Dio della Guerra si voltò verso i Cavalieri dello Scorpione e dell’Acquario – Prima tocca a voi-
Prima che potesse fare alcunché Ares fu interrotto da una voce femminile- No!-
Il Dio della Guerra si voltò verso la donna che aveva parlato – Nemesi! Cosa vuoi?-
“E questa chi è?”
La Dea avanzò verso Ares – Sei qui per sottoporre questi guerrieri ad una prova. Non devi combatterli in prima persona, sai quali sono le regole-
- Che me ne importa delle regole? E tu cosa c’entri in tutto questo?-
- Sono la dea della vendetta, distribuisco la giustizia compensatrice per garantire l’ordine e l’armonia-
- E che ci fai qui?-
- Se ti scontri in questa sede con questi guerrieri, sarò costretta a far loro giustizia per il torto subito- dichiarò Nemesi
Ares sollevò le mani – Quale torto? Io li voglio solo uccidere-
- Tu devi sottoporli alla tua prova. Non combatterli direttamente-
Milo seguiva lo scambio di battute tra i due Dei facendo saettare lo sguardo da uno all’altra come ad una partita di tennis. Non aveva idea del perché una Dea si fosse interessata a prendere le loro parti, ma la cosa non gli dispiaceva per niente.
- La mia prova consiste nel cercare di sconfiggermi- ribatté Ares
- Non è una prova leale. Se così farai, interverrò a tuo sfavore, vendicandoli- replicò risoluta la Dea
Il Dio della guerra sbuffò – Come vuoi- si voltò verso i Cavalieri – Buona fortuna per sconfiggere la mia armata del Terrore- augurò ghignando
Nemesi sospirò e se ne andò così com’era arrivata. Qualcosa diceva a Milo che, nonostante l’intervento della Dea, non sarebbe stato facile superare quella prova. Lanciò un’occhiata a Camus
- Conosci i guerrieri di Ares?-
- Ai tempi del mito combatterono contro Atena, erano noti per la loro ferocia in battaglia- rispose il rosso
- E io che credevo di annoiarmi-
I Berserker comparvero dal nulla. Si divisero in due gruppi e si schierarono ai lati del filo spinato, poi guardarono il loro Signore in attesa di ordini.
Ares incurvò le labbra in quello che doveva essere un sorriso – Armata del Terrore, distruggete questi Cavalieri. Nessun sopravvissuto-
Agitò la mano e il filo spinato crebbe in altezza – Fossi in voi, non proverei ad oltrepassarlo, ma se volete morire più in fretta fate pure…-
Milo scrutò la barriera che li separava, sembrava intrisa di cosmo divino.
-… Sarete divisi fino a che non avrete superato tutte le prove- disse il Dio – almeno che non desideriate finire in brandelli-
Kanon provò a superare l’ostacolo usando il controllo dimensionale che lui e il fratello padroneggiavano, ma senza successo. Evidentemente il cosmo di Ares impediva ogni forma di ricongiungimento tra i due gruppi di Cavalieri.
- Accidenti!- imprecò il gemello minore
“Proprio simpatico questo dio… E ora come facciamo?” pensò Milo
Non poté fare a meno di notare che la maggior parte dei guerrieri nemici si era allineata di fronte a Saga, Kanon e Daphne.
- Milo, Camus!- li richiamò la voce di Saga – Sconfiggete i vostri nemici e poi entrate nel tempio. Ci rivedremo al sigillo-
- Ci dividiamo?- chiese Milo
- Non abbiamo alternativa, dobbiamo fare il più in fretta possibile per limitare il rischio di perdite al Grande Tempio- rispose il Grande Sacerdote
I due annuirono e si voltarono verso i propri avversari
- Allora Cam, finalmente combattiamo fianco a fianco-
- Contro Loki cosa abbiamo fatto?-
- Quello era un Dio, non era divertente-
I Berserkers scattarono all’attacco, ma ben presto alcuni di loro furono investiti da una Diamond Dust.
Milo accennò alle loro armature – Sono massicce-
- Sì, questo li rallenta- notò Camus
- Allora sono la mia preda- ghignò lo Scorpione sfoderando l’artiglio
Si lanciò a corsa verso le file nemiche tempestando i guerrieri di punture. Camus nel frattempo concentrò il proprio cosmo e portò le mani sopra la testa, preparandosi a lanciare il suo colpo più potente. Milo si spostò dalla traiettoria dell’attacco mentre sentiva la voce del francese
- Aurora Execution-
I pochi guerrieri che rimasero fuori dal raggio d’azione del potere congelante del Cavaliere dell’Undicesima Casa furono bloccati dalle onde paralizzanti di Milo. I Berserkers si guardarono intorno sconcertati.
- Sì, siete fregati- li rassicurò Milo prima di finirli con cinque o sei punture a testa
I nemici caddero a terra con un tonfo sordo - Mmh, fragilini- commentò un po’ deluso – Non sono arrivati nemmeno a otto-
Sperò con tutto il cuore che anche i guerrieri che si apprestavano a ingaggiare battaglia al Grande Tempio fossero altrettanto scarsi.
Osservò come se la stavano cavando gli altri al di là del filo spinato. I guerrieri di Ares li superavano in numero, ma i Cavalieri sembravano in grado di tenere loro testa.
- Milo- lo chiamò Camus – Muoviamoci, non possiamo perdere tempo-
Il greco annuì e seguì il compagno nel tempio. Avevano già superato due prove, ma erano stati costretti a dividersi. Milo non era sicuro che gioire fosse una buona idea.
***
 
Camus avrebbe voluto sapere cosa aspettarsi. Detestava trovarsi impreparato di fronte ad un ostacolo. Non sapeva quale divinità si sarebbe trovato davanti, non sapeva a quale prova sarebbe stato sottoposto, non sapeva se sarebbe stato in grado o meno di superarla. Ma da quella missione dipendeva la vittoria di Atena, non poteva permettersi di dubitare di se stesso o dei suoi compagni nemmeno per un secondo. Zeus doveva essere imprigionato a tutti i costi.
La voce di Milo lo distolse dai suoi ragionamenti – Cam?-
- Mmh?-
- Perché Apollo mi ha fissato in quel modo?-
L’Acquario non era sicuro della risposta da dargli, il suo era solo un sospetto. Come poteva dire a Milo che lui e Apollo… si somigliavano? Il sorriso luminoso, la spontaneità, la voce capace di scaldare anche il più freddo dei cuori…
- Ehi! I Berserkers ti hanno tagliato la lingua? Oppure sono così bello che ti distraggo?-
- Già… Cioè- arrossì – Volevo dire, non lo so. Queste divinità sono imprevedibili, Milo. Io non mi preoccuperei troppo, meglio focalizzarci sulla prossima prova-
- Era per fare un po’ di conversazione mentre aspettavamo di imbatterci nel prossimo svitato-
Si fermarono all’improvviso entrambi. Un attimo prima stavano correndo dentro un tempio greco, perché adesso si trovavano in una terrazza in riva al mare? Una leggera brezza solleticava la nuca di Camus scompigliando piano i ciuffi di capelli rossi. Qualcosa non andava… Si guardò addosso e non vide più l’armatura. Perché non indossava il Cloth?
- Milo, dove siamo finiti?-
- Speravo lo sapessi tu- fu la rassicurante risposta
Lasciò scivolare lo sguardo sulla terrazza. Non era molto grande, lo spazio era occupato da due sdraio e un basso tavolino su cui erano adagiati un paio di libri e qualche bicchiere da cocktail.
“Deve essere un illusione” pensò Camus “Ma quale Dio creerebbe un’illusione di questo tipo?”
Quello sembrava uno scenario da sogno, ma tra gli dei rimanenti non c’era alcuna divinità dei sogni… Guardò verso Milo. La luce del sole che tramontava tingeva i suoi capelli biondi di sfumature dorate e arancioni. Gli occhi azzurri illuminati dai riflessi del mare… Nemmeno lui indossava l’armatura. Una camicia sganciata in alto lasciava intravedere i pettorali mentre le maniche arrotolate scoprivano le braccia muscolose, frutto di anni e anni di duri allenamenti. Le gambe atletiche erano fasciate da jeans stretti… Camus non poté fare a meno di notare che quei pantaloni gli facevano un didietro da urlo… Ma cosa andava a pensare? Erano in missione. Eppure lui non indossava armatura… ne era proprio sicuro?
Milo si accorse che lo guardava – Cam, che succede? Hai lo sguardo un po’ perso- lo raggiunse con pochi passi
Camus non riusciva a ragionare. Cosa ci facevano lì? Perché non erano più nel tempio? Ma la presenza di Milo lo distraeva… tutto quello scenario lo distraeva.
- Come siamo arrivati qui?- chiese lo Scorpione
La mente del francese non collegava, non riusciva a concentrarsi. Non era da lui. Cioè, farsi distrarre da Milo era normale, ma non nel bel mezzo di una missione. Un solo pensiero gli attraversava il cervello.
“Bacialo, bacialo… siete soli, avete tutto il tempo..”
Passò il braccio intorno alla vita di Milo avvicinandolo a sé. Si lasciò inebriare per qualche secondo dall’aroma di cannella del suo profumo, poi lo baciò. Senza rendersi conto di quello che faceva, lo spinse verso una delle sdraio.
- Cam?-
Il rosso non rispose e si avventò sui bottoni ancora allacciati della camicia di Milo. Ad un certo punto le mani del greco lo bloccarono.
- Milo, che stai facendo?- chiese confuso
- No, Cam. Tu che stai facendo?-
Camus non capiva. Perché lo fermava?
- Siamo in missione!- esclamò Milo – Questa è un’illusione, non è reale. Ci deve essere una divinità dietro tutto questo… e inizio anche a capire di chi si tratta-
Missione? Divinità? Sentiva che quelle parole avrebbero dovuto dirgli qualcosa…
- Cam! Forza, riprenditi! Tutto questo deve essere opera di Afrodite-
La risata di una donna risvegliò la mente di Camus. Si rese conto di ciò che stava facendo e si alzò di scatto arrossendo. Una donna comparve sulla veranda, una veste rosata che lasciava intravedere le forme le ricopriva il corpo. I capelli biondi erano raccolti in un’elaborata acconciatura sopra la testa ornata da un diadema di perle.
- Milo dello Scorpione- esordì con voce suadente – Non mi aspettavo che i miei poteri si sarebbero rivelati inefficaci con te-
Camus si sentiva bruciare le guance. Lui, il Signore delle Energie Fredde, era rimasto vittima del potere della Dea dell’Amore. Se Milo non lo avesse fermato…
“Che vergogna” riuscì solo a pensare
Afrodite si voltò verso di lui – Oh, non devi tormentarti, Camus. Era normale che tu rimanessi sedotto da questa situazione, considerando quanto cerchi di sottomettere le emozioni-
- Cosa volete dire?-
- Per chi relega i suoi sentimenti nel profondo, venire a contatto con i miei poteri è più… come potrei dire? Sconvolgente. Il mio cosmo fa appello alle emozioni che vengono lasciate libere così raramente…-  si accomodò su una delle sdraio – Farle venire a galla tutte insieme rischia di sommergere chi le nasconde strenuamente come te. Per questo motivo l’illusione ha avuto più influenza su di te che su Milo. Il tuo compagno si lascia guidare dalle emozioni, non ha avuto molti problemi a riconoscere che quello che stava vivendo non era reale, soprattutto quando ha visto cosa ti stava succedendo-
Camus si sentiva ancora in imbarazzo. Aveva sconfitto dei guerrieri di Ares e non era riuscito a superare un’illusione di Afrodite? Vinceva il Dio della Guerra e si faceva battere dalla divinità dell’Amore? Sembrava il riassunto della sua vita.
- Molti sottovalutano il mio potere- continuò la Dea bevendo un cocktail – Eppure perfino gli Dei cadono sotto i miei colpi-
- Perfino le altre divinità?- commentò Milo
Afrodite sembrò grata dell’attenzione – Oh sì. Di recente ho fatto caracollare una Dea che fin da sempre mi era resistita-
“Le uniche dee che sono sempre resistite alle sue tentazioni sono Estia, Atena e Artemide. Possibile che Afrodite abbia fatto innamorare la nostra Dea? Oppure si riferisce a qualcun’altra?”
- Chi?- continuò curioso il greco
- Beh, non si può dire. Pensare che si è innamorata di uno dei vostri compagni d’arme!-
- Una Dea si è innamorata di un Cavaliere? Una cosa simile è permessa?- domandò Camus
- Nell’Olimpo le regole non vengono mai rispettate come si deve. Quanti semidei ed eroi sono nati dall’unione di una divinità con un mortale?-
“Effettivamente”
La Dea sospirò – Ho sperato fino all’ultimo che capitasse quel Cavaliere qui davanti a me, ma, ahimè, è rimasto a proteggere Atena al Santuario-
- Un momento. Divina Afrodite, voi avevate detto che vi sareste schierata dalla parte del guerriero con la storia d’amore più interessante- intervenne Camus
- Hai fatto centro, Aquarius. Infatti sono dalla parte di Virgo, cioè dalla vostra-
- Virgo?- Milo spalancò gli occhi per la sorpresa
“Virgo? Forse è per questo che all’ultima riunione sembrava così turbato…”
Afrodite sorrise – Già. Ho lasciato mio figlio Eros a controllare il corpo di Artemide con l’ordine preciso di scoccare la sua freccia per far innamorare quella cacciatrice di chi l’avrebbe risvegliata, uomo o donna che fosse. All’inizio volevo farla cadere preda di un amore non ricambiato, poi ho cambiato idea. Un po’ perché la vendetta non mi si addice, sono troppo buona, e un po’ perché sono pur sempre la dea dell’Amore e mi dispiace vedere le persone afflitte da problemi di cuore. Così decisi di usare il mio potere anche su Virgo. Non sapete com’è bello vederli preda dei loro conflitti interiori: lo amo, ma non posso; la amo, ma devo rimanere fedele alla mia Dea; lo amo, ma lui è un umano; la amo, ma lei è una Dea e così via…-
- E voi lo trovate divertente?- Camus non capiva
- Oh sì- rispose la Dea – Ma è anche molto tenero, non trovate?-
Fortunatamente Milo ebbe la decenza di sviare il discorso per evitare discussioni inutili con quella Dea - Non vorrei sembrare sgarbato, divina Afrodite, ma avremmo una missione da compiere, non possiamo trattenerci a lungo, sebbene la conversazione sia alquanto interessante-
- Giusto, il dovere prima di tutto- disse Afrodite pensierosa. Agitò una mano e lo scenario dell’illusione scomparve. Si trovavano di nuovo nel tempio e indossavano entrambi le loro armature
La Dea si sistemò meglio il diadema di perle sui capelli - Avete superato la mia prova, quindi potete proseguire-
Milo e Camus fecero per avviarsi, ma la voce di Afrodite li fermò
- Se sopravvivrete a questa battaglia, avrete la vita che avete sempre sognato, insieme. Vi assicuro che farò di tutto per aiutarvi, credo che siano poche le coppie che sono riuscite a farmi emozionare come voi. Fate tesoro dei vostri sentimenti perché saranno la vostra salvezza, il vostro punto di appiglio nei momenti di difficoltà-
Le parole di Afrodite riscaldarono il cuore di Camus. Che fosse sempre opera del suo potere? Si sentì più carico, più deciso e determinato. La promessa della vita che desiderava lo aveva acceso, avrebbero vinto quella guerra a qualsiasi costo.
***
 
Daphne sentì qualcosa colpirla alla schiena, cadde contro la dura terra, imprecando in francese.
- Le donne dovrebbero stare lontane dai campi di battaglia, è risaputo- commentò una voce carica di arroganza alle sue spalle – Dovrebbero occuparsi della casa e dei figli-
“Detesto questi discorsi”
- Ah sì?- si rialzò in fretta e mandò il nemico a sbattere contro il filo spinato sfruttando le correnti d’aria – Benvenuto nel XXI secolo-
- Non mi hai fatto niente- disse quello con tono canzonatorio – Puoi impegnarti quanto vuoi, ma non potrai mai battere Enomao dell’Avvoltoio-
- Scommettiamo?-
- Non scommetto con le signore. Il tuo fidanzato, piuttosto, non dovrebbe proteggerti?-
- Io non ho bisogno di essere protetta- ringhiò la ragazza. Gli tirò un pugno, come a confermare ciò che aveva appena detto, ma lui si scansò
- Questo è tutto quello che sai fare?-
- Tu sai solo attaccare alle spalle?-
Enomao lanciò una colonna di fuoco nella sua direzione senza preavviso, ma Daphne si lasciò investire in pieno: lei controllava tutti e quattro gli elementi. Come previsto, le fiamme le lambirono il volto senza ferirla.
- Ma cos…?-
- Ops! Sembra che il tuo attacco non abbia avuto effetto. Davvero credevi che quel fuocherello potesse farmi qualcosa?- lo canzonò
Il Berserker digrignò i denti e allungò una mano verso il filo spinato alle sue spalle. Quello si mosse seguendo la sua volontà e strisciò verso di lui. Enomao lo impugnò come una frusta – Vediamo quanto sei veloce a scappare-
Daphne sentiva ancora il cosmo di Ares sprigionarsi dal filo ed era piuttosto sicura che non fosse proprio un buon auspicio.
Enomao agitò con aria divertita l’arma e quella si mosse come un serpente, cercando di bloccare la ragazza tra le spine. Daphne riuscì a scansarsi, ma sentì una parte del mantello squarciarsi. Si voltò verso il suo nemico appena in tempo per vedere un altro pezzo di filo spinato piombare verso di lei. Rotolò di lato mentre una spina le graffiava la guancia. Continuò così per qualche minuto, lui che l’attaccava con le fruste animate dal cosmo di Ares e lei che si scansava. Nonostante per il momento non avesse incassato alcun colpo serio, la francese iniziava a sentire crescere l’ansia. Quel combattimento le stava ricordando quello con le manticore… lei che si scansava dal loro pungiglione una volta, due volte… Se non avesse interrotto quella sequenza al più presto, il panico l’avrebbe assalita. Non è facile levarsi dalla testa come si è morti. Purtroppo aveva come la sensazione che Enomao stesse giocando proprio su quello.
“No. Questa volta è diverso. Sono più consapevole dei miei poteri, sono più potente di allora. Posso batterlo, devo batterlo”
Cercò di fare mente locale sugli insegnamenti di Artemide. La Dea le aveva fatto capire come utilizzare la propria empatia come un’arma. Non era più capace di leggere le emozioni altrui e basta, adesso era in grado di suscitare nel suo nemico quelle che voleva. Questa tecnica le richiedeva un ingente dispendio di energie, ma era l’unico modo per battere Enomao: vista la velocità dei suoi attacchi non avrebbe avuto il tempo materiale per lanciare uno dei suoi attacchi o una freccia senza rimanere colpita dal filo spinato intriso di potere divino. Si concentrò attentamente mentre scansava i colpi del Berserker ormai meccanicamente. Focalizzò bene il nemico nella sua mente, studiando il flusso delle sue emozioni. Rabbia, gioia perversa, voglia di sangue… quell’essere era a dir poco abominevole, sondare la sua sfera emotiva si rivelò una battaglia contro l’istinto di vomitare.
“Questa non è una persona, è un animale. Nemmeno, una macchina creata per uccidere, che prova piacere nell’uccidere e seminare terrore”
Il suo pensiero le diede l’ispirazione. Avrebbe istigato in lui una paura di intensità tale da farlo impazzire. Richiamò il cosmo e si concentrò. Si aggrappò alla sfera emotiva di Enomao e iniziò a manovrarla, a plasmarla come lei voleva, lasciando fluire il terrore più puro in lui. Il guerriero iniziò a diminuire la frequenza degli attacchi, Daphne sentiva la paura dilagare in lui, permeare tutte le parti del suo corpo. Il veleno che lei gli stava buttando in corpo risalì dalle radici fino a raggiungere le parti più profonde del suo io, radicandovisi. Enomao fermò completamente i movimenti delle fruste.
- Cosa… sta… succedendo?- chiese, la voce tremante, quasi irriconoscibile
- Sto usando la tua stessa moneta. Non provi forse piacere nel terrorizzare le persone?-
- No…-
Sulle parti lasciate libere dall’armatura iniziavano a comparire gocce di sudore, il volto del guerriero impallidì. Enomao cadde a terra, il corpo scosso da tremiti. Daphne non era sicura al cento per cento che quella tecnica potesse permetterle di uccidere materialmente qualcuno, non era un’esperta di medicina e non sapeva se fosse davvero possibile “morire di paura”. Decise così di risolvere il problema e finire il nemico in quel momento di netta inferiorità. Si avvicinò al Berserker
- E pensare che si dice che le donzelle siano più paurose degli uomini- commentò sarcastica prima di soffocare il nemico sotto un massiccio strato di terra
Sarebbe stato interessante vedere se il suo potere fosse stato in grado di uccidere Enomao, ma il tempo stringeva. Camus e Milo erano già dentro il tempio ad affrontare le altre prove, dovevano fare in fretta.
Osservò la situazione nel resto del campo di battaglia. Si stupì di vedere Phobos e Deimos, gli altri due comandanti dell’armata del Terrore, combattere tra loro. Kanon e Saga avevano appena finito di fare piazza pulita dei rimanenti Berserkers.
“Ma perché quei due combattono tra loro? Sono scemi?”
Saga la raggiunse – Tutto a posto?-
- Sì-
Accennò al graffio sulla guancia provocato dal filo spinato - Sei ferita…-
- Saga, sto bene- lo tranquillizzò
- Ti piace lo scherzetto che abbiamo fatto ai fratelli comandanti?- s’intromise Kanon
- Come avete fatto?-
- Genro mao ken- rispose Saga
- È una tecnica molto complicata- commentò Daphne. Aveva già sentito quel nome durante il suo periodo di addestramento al Grande Tempio e le sembrava di ricordare che fosse una prerogativa del Grande Sacerdote o che comunque il segreto connesso all’uso di quella tecnica fosse sotto sua custodia.
- Non per niente siamo i più forti- disse Kanon con tranquillità – Non fare quella faccia, Saga. È vero-
Sentirono provenire delle urla da dietro di loro. Si voltarono tutti e tre per vedere Phobos inginocchiarsi accanto a Deimos.
- Uh! Sembra che la divinizzazione della paura abbia appena fatto fuori la divinizzazione del terrore provocato dalla guerra!- disse il gemello minore con aria divertita
- Si sono definiti loro in questo modo- aggiunse Saga, in risposta all’espressione confusa di Daphne
Phobos ringhiò e si lanciò contro il Grande Sacerdote – Tu! Mi hai fatto uccidere mio fratello! E tu- si voltò verso Kanon – Tu hai fatto combattere Deimos contro di me. Io vi uccido!-
- Sì, va bene. Nelle condizioni in cui ti trovi dubito che tu ne sia capace- commentò Saga con aria sufficiente
Sollevò il braccio e investì il Berserker con il suo colpo più distruttivo. Inutile dire che di Phobos rimase ben poco.
- Potevi lasciarlo a me, però- borbottò Kanon
- Phobos era il mio avversario, non è colpa mia se Deimos si è fatto ammazzare-
- Uffa, ti sei preso il berserker più potente- continuò a lamentarsi il minore
- No, sono io che sono più potente di te- ribatté Saga
- Questo è da vedere-
Daphne si schiarì la voce richiamando i gemelli al presente. Era divertente vederli bisticciare come due bambini, ma non potevano permettersi di perdere tempo.
- Ne discuteremo un’altra volta- promise il maggiore – Ora dobbiamo vincere una guerra-
Si avviarono tutti e tre di corsa verso il tempio che si stagliava di fronte a loro scansando i cadaveri dei vari Berserker sconfitti.
- Sì… adesso la guerra, poi ti devi sposare… ammettilo che hai solo paura di me- borbottò Kanon
Saga ridacchiò – Mi sei mancato, fratellino-
- Tu per niente- gli rispose l’altro senza riuscire a nascondere un mezzo sorriso
Daphne scosse la testa divertita e scrutò attentamente le colonne che campeggiavano di fronte a lei. Quante prove mancavano ancora? Sette, otto? Il numero non aveva importanza, le avrebbero superate tutte, dalla prima all’ultima.
 
 
 
°°°note°°°
* Melpomene è la Musa della tragedia. Perdonate il gioco di parole con “musona” :P
Nota dell’autrice: per il soprannome “Wikipedia” si ringrazia un mio compagno della classe di francese che era solito chiamarmi così durante le lezioni.
A presto =^-^=
 

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Capitolo 15
*** Vendetta all'aroma di vino e frumento dispettoso ***


Capitolo 15 – Vendetta all’aroma di vino e frumento dispettoso
 

Daphne vedeva scorrere ai suoi lati le colonne del tempio come alberi dal finestrino di un treno in corsa. Si concentrò sul ritmo della respirazione per non farsi prendere dall’ansia. Tra quanto tempo sarebbe uscita allo scoperto l’ennesima divinità? Detestava i tempi morti. Lei, Saga e Kanon continuavano a correre in attesa della successiva prova, in attesa che qualcosa cambiasse in quello scenario ormai monotono. L’unico rumore che accompagnava i loro passi era quello degli stivali delle armature sulla pavimentazione del tempio.
Finalmente Daphne percepì un cosmo. Aveva qualcosa di familiare, come se avesse già incontrato la divinità a cui apparteneva. Le sue supposizioni si rivelarono fondate non appena si avvicinò abbastanza da vedere il volto del Dio che si stagliava davanti a loro: sopracciglia folte e capelli incrostati di fuliggine, naso un po’ deforme e pelle bruciacchiata. Non c’era dubbio, quello era Efesto.
- Guarda chi si vede- cominciò il Dio – Beh, vi avevo detto che ci saremmo rivisti abbastanza presto-
- Lei è un dio di parola- commentò Daphne
- Grazie, è una qualità che apprezzo molto- batté le mani – Comunque, siete qui per superare la mia prova-
- Già- dissero in coro Saga e Kanon. Il tempo di finire la parola e i due si lanciarono uno sguardo omicida: detestavano parlare in coro.
- Allora, non voglio rendervi la vita difficile, mi state simpatici… e poi, voi due- indicò i gemelli – avete fatto fare bella figura alla mia creazione-
Kanon fece una specie d’inchino - Divino Efesto, lei ci lusinga-
- No , macché. Siete stati bravi, avete fatto piazza pulita di quei maledetti guerrieri di Ares… Come non sopporto quello sbruffone tutto guerra e sangue. È un essere incivile-
“Giusto… Efesto non deve andare molto d’accordo con Ares dato che lui era l’amante di sua moglie” pensò Daphne
- Quindi, la prova… dovete dirmi quella che secondo voi è stata la mia migliore invenzione e motivare la vostra scelta- annunciò Efesto
Per un momento Daphne pensò che il Dio stesse dando di matto, poi rifletté. Era il motivo della loro scelta che gli interessava, non la scelta in sé per sé. Dovevano trovare un’invenzione di Efesto che… Che cosa doveva avere di particolare? Che tipo di scelta avrebbe apprezzato il Dio?
- Voglio una risposta da ciascuno di voi- avvertì il Dio fabbro iniziando a solcare il corridoio con le sue lunghe falcate – Quindi evitate di suggerirvi-
“Perfetto! E ora che mi invento?” Daphne sperava di contare sulle improvvisazioni di Kanon, ma, a quanto pare, ognuno doveva cavarsi d’impaccio da solo.
“Vediamo un po’…”
Brancolò nel buio per qualche minuto, poi fu colta da un’illuminazione. Poco prima Efesto aveva criticato Ares per il suo attaccamento alla guerra e per la sua sete di sangue. Forse quella era la chiave per superare la prova. Efesto aveva costruito molte armi, armature e simili per gli Dei o per gli eroi, ma molto probabilmente non erano le opere di cui andava più fiero, essendo esse legate alla guerra. Forse il Dio voleva che trovassero qualcosa che non avesse nulla a che fare con il campo di battaglia. Daphne ripensò al perché Efesto detestava Ares.
“Lui era l’amante di sua moglie Afrodite… c’era un mito al riguardo, ma non ricordo cosa in particolare…”
Si picchiettò la fronte con la mano sperando così di stimolare le sinapsi. “Aha! Ci sono! Efesto intrappolò i due amanti a letto con una rete da lui fabbricata… geniale!”
Guardò in direzione di Saga e Kanon per vedere se anche loro erano giunti a una soluzione. Entrambi sembravano soddisfatti.
- Avete una risposta alla mia domanda?- chiese Efesto fermandosi
- Sì- rispose Saga a nome di tutti
Il Dio allargò le braccia in segno di invito – Vi ascolto-
I gemelli si voltarono a guardarla – Prima le signore- disse Kanon con un inchino accennato.
- Ma che gentiluomini- commentò lei sarcastica -  Divino Efesto, mi ha colpita molto l’idea che avete avuto di fabbricare una rete per imprigionare a letto vostra moglie con il suo amante-
Efesto la fissò per qualche interminabile secondo durante il quale Daphne pensò di aver toccato un tasto dolente.
“Idiota, ricordagli pure che è cornuto…”
Passarono dei minuti terribili, ma alla fine il Dio scoppiò a ridere – Ahahahah, è vero. Quella è stata proprio una delle mie migliori creazioni, non mi sono mai sentito così realizzato come quando ho visto la faccia di Ares e di Afrodite colti in flagrante da tutto l’Olimpo- si strofinò le mani – Adesso tocca a voi, gemelli. Chi mi dice la sua risposta per primo?-
I gemelli si guardarono e Kanon alzò le spalle – Ti lascio campo libero, fratello. Il meglio da ultimo-
Saga scosse la testa e si rivolse al Dio – Io ho pensato all’Egida, divino Efesto. È uno scudo molto particolare, è sì un’arma usata da Zeus per scatenare le tempeste, ma è anche uno strumento di difesa della dea Atena-
- Sì è vero, certe volte l’Egida è attribuita anche ad Atena. Per quale motivo suscita il tuo interesse?-
- Perché è al tempo stesso strumento di difesa o di offesa. L’Egida può essere usata in modi diversi, complementari tra l’oro, come se avesse due facce, una l’opposto dell’altra- spiegò il Grande Sacerdote
“Due facce… proprio non riesci ad accettarlo”
- Due facce… ho come l’impressione che ti rispecchi molto in questa descrizione, non è forse vero, Cavaliere?- domandò Efesto
Saga abbassò lo sguardo per una frazione di secondo cercando di mascherare il disagio. Daphne percepì comunque il suo dolore mescolato al senso di colpa con una spolveratina di tristezza “Amore, quando riuscirai a perdonarti davvero?”
- Allora- riprese la parola il Dio – Sentiamo cos’ha da dire quest’ultimo Cavaliere- si voltò verso Kanon
Lui sogghignò - Il trono d’oro su cui rimase imprigionata Era-
Efesto accennò un sorriso soddisfatto – Oh, sì. Questa sì che è la ciliegina sulla torta-
-  Vi vendicaste di vostra madre…- iniziò il gemello minore
-… per avermi gettato giù dall’Olimpo quando vide che ero così brutto. Già- termino per lui il Dio – Detesto mia madre, non l’ho mai perdonata-
- Credetemi, divino Efesto, so cosa vuol dire essere considerati uno scarto…- mugugnò Kanon
Efesto incrociò le braccia- Ragazzi, non sono tagliato per fare lo psicanalista, ma qui mi sembra che siate tutti e due stracolmi di problemi personali e per arrivare a capirlo io… cioè, quello che voglio dire è che avete bisogno di una pausa. Credo che dovreste farlo presente ad Atena quando finirà questa guerra-
“Non ha tutti i torti” notò Daphne “Di questo passo tutti i Saint richiederanno una seduta settimanale dallo psicologo…”
Kanon e Saga si guardarono – Stiamo benissimo- borbottarono
Il Dio di fronte a loro aggrottò le sopracciglia – Se lo dite voi… Comunque avete superato la mia prova. Volevo che capiste ciò che si nasconde dietro l’apparenza delle mie invenzioni, non che apprezzaste solo la loro fattura o la loro gretta utilità. Bel lavoro-
- Quindi possiamo passare alla prova successiva?- chiese dubbia Daphne
Si sentiva un po’ confusa. Prima avevano cantato e giocato al quiz del pronto soccorso con Apollo, poi avevano rischiato la vita per battere i Berserkers, poi… avevano dovuto nominare quella che, secondo loro, era la migliore creazione di Efesto. Mah, quegli Dei erano davvero strani. Daphne iniziava a capire perché si facessero guerra a vicenda… Erano semplicemente fuori di testa, ecco perché.
- Certo che potete! Volete stare qui tutto il giorno?- domandò burbero il Dio
- No- risposero in coro i Cavalieri
- Muovetevi allora. Ah! Vi prego, superate in un batter d’occhio la prova di mia madre e quella di mia mogl.. no quella l’hanno già fatta i vostri amici… quindi concentratevi solo per far fare una brutta figura a mia madre-
- Un momento… la prova di Afrodite è stata superata?- chiese Kanon
Efesto annuì
Quella notizia fece tirare un sospiro di sollievo: suo fratello e Milo stavano bene… in teoria.
- Menomale- mormorò il gemello minore
- Sì, ma adesso muovetevi. Forza- li spronò il Dio
I tre obbedirono e sorpassarono Efesto a corsa.
- E io che volevo restare neutrale… alla fine mi sono schierato ugualmente- lo sentirono borbottare
***
 
L’aroma del vino si propagò nell’aria. Milo capì quale Dio sarebbe apparso di lì a poco: il dio del vino e della liberazione dei sensi, Dioniso.
I Cavalieri si guardarono intorno alla ricerca della fonte di quell’odore – Fammi indovinare, Dioniso?- domandò lo Scorpione
Una voce alle loro spalle rispose - Cosa te lo fa pensare?-
Milo e Camus si voltarono, il Dio era dietro di loro. Sembrava quasi più giovane dei due Saint.
- Sembra di essere entrati in un’enoteca- mugugnò Milo
- Oh, non preoccupatevi. La mia prova non consiste nel farvi ubriacare…-
“Menomale, altrimenti potremmo già dargliela vinta…” pensò Milo, poi si ricordò che Camus era in grado di tirare giù diversi bicchieri di vodka come se fossero acqua. Il periodo di permanenza in Siberia aveva dato i suoi frutti. Gli venne quasi da ridere al ricordo di quella volta in cui aveva cercato di far ubriacare il suo compagno per provare l’ebbrezza di una notte un po’ più movimentata, ma aveva fallito. Cioè, non era riuscito a far sbronzare Camus, ma per il resto il piano aveva funzionato alla grande… non era necessario far bere il francese per certe cose, bastava accenderlo… e Milo ormai aveva imparato come si faceva.
Dioniso stava continuando a parlare – L’odore che sentite sta risvegliando la vostra parte più primordiale e selvaggia, la stessa cosa che fa una bella sbronza a dirla tutta… Comunque, dovrete riuscire a resistere a voi stessi- si grattò il mento con fare pensieroso – Anzi, soltanto uno di voi affronterà questa prova, l’altro starà qui con me ad osservarne il fallimento-
“Fallimento… ti piacerebbe eh”
Il Dio scrutò i due Cavalieri – Tu- indicò Milo – Tu affronterai la mia prova, ho già qualcosa in mente per te- agitò la mano e un tralcio di vite si avvinghiò alla vita di Camus – Tu non ti muovere se ci tieni a respirare-
Il rosso lanciò un’occhiata assassina al Dio
- Tranquillo, Cam- disse Milo – Non mi ci vorrà molto-
L’Acquario inarcò un sopracciglio – Fa’ attenzione-
- Tranquillo Cam, fa’ attenzione, gne gne gne… come siete noiosi- si lamentò Dioniso alzando gli occhi al cielo.
“Ma sarai noioso te” stava per dirlo ad alta voce, ma pensò che prima di mettersi a litigare con un Dio fosse meglio superarne la prova.
La flagranza ormai diffusa nell’aria iniziava ad avere un qualche effetto, Milo si sentiva come uno quando si accorge di aver bevuto un po’ troppo. Una nebbia fitta lo avvolse, impedendogli di vedere Camus e Dioniso. All’improvviso comparve davanti al greco la figura di suo padre.
- Ma che cavolo…-
- Non sei ubriaco se te lo stai chiedendo- intervenne da lontano la voce di Dioniso – Quello è veramente tuo padre-
Milo si avvicinò un po’ all’uomo che aveva tormentato la sua infanzia. Era invecchiato, ma sotto le rughe che iniziavano a farsi vedere sulla fronte e intorno agli occhi suo padre era facilmente riconoscibile.
- Non ci credo, guarda chi mi trovo davanti dopo tutti questi anni- disse con tono canzonatorio suo padre – Credevo di essermi liberato di te per sempre, invece…-
- Pensa, speravo la stessa cosa- fu la secca risposta
- Tu devi portarmi rispetto-
- Io porto rispetto a chi se lo merita-
- Piccolo arrogante, sono pur sempre tuo padre- ringhiò
- Non ne sembravi molto contento tempo fa, Alexis- lo chiamò per nome, non avrebbe mai usato l’appellativo “papà” riferito a quell’uomo un’altra volta, lo aveva giurato a se stesso.
Suo padre lo squadrò attentamente – Già, purtroppo sei mio figlio. Ma picchiarti a quanto pare non è servito a niente, non sai cosa sia la disciplina e scommetto che sei sempre pronto a frignare come una femminuccia-
- Frignare?- ripeté Milo
- Già! Da bambino piagnucolavi di continuo, un vero incubo-
- Mi picchiavi a sangue!- sbottò lo Scorpione
- Te lo meritavi. Dovevi prendere esempio da tuo fratello, lui è diventato un vero uomo- continuò convinto Alexis
Milo iniziava a non reggere più la tensione. Rivedere suo padre e sentire quelle argomentazioni stavano facendo ribollire la sua rabbia. Stava cercando di trattenersi, ma ben presto sarebbe scoppiato e non soltanto per colpa del potere di Dioniso no… la colpa principale era dell’uomo di fronte a lui. Ricordava ancora vivamente come si coricava tutte le notti: la pelle arrossata e bruciante per il dolore e le lacrime ancora più infiammate che gli solcavano il volto. Non poteva permettersi di piangere di fronte a suo padre o a suo fratello, doveva nascondersi sotto le coperte e girarsi verso il muro per essere sicuro che nessuno lo vedesse. Non un singhiozzo poteva essere lasciato libero se non desiderava altre botte. La sua era stata un’infanzia vissuta nel terrore, nel terrore che le ferite che cercava di medicarsi da solo non si sarebbero mai più rimarginate… quel terrore che certe volte si tramutava in desiderio. Più di una volta si era ritrovato a sperare di addormentarsi e non risvegliarsi più per mettere la parola fine a quell’incubo, ma ogni mattina arrivava la solita sveglia: un calcio di suo fratello ben assestato sulle costole.
“Adesso ce la metto eccome la parola fine…” pensò Milo ormai conscio di non poter più tenere a freno la rabbia e la voglia di vendetta.
- Credi pure che mi metta a frignare ogni cinque minuti…- disse sfoderando l’artiglio velenoso – Ma sappi che oggi sarai tu quello che piangerà lacrime di dolore e che vedrà scorrere il proprio sangue-
- Uh, non vedo l’ora-
- Implorerai che ti finisca una volta per tutte-
Gli sembrò di sentire una voce nella sua testa che lo pregava di non farlo, di trattenere la rabbia, ma non gli diede ascolto. Quel giorno Milo dello Scorpione si sarebbe riscattato e avrebbe avuto la sua vendetta. Si lanciò contro la figura di Alexis
- Scarlet Needle!-
La puntura si conficcò nella sua carne senza problemi. Suo padre s’inginocchiò a terra per il dolore improvviso.
- Cosa… brucia! Com’è… possibile?-
Altra puntura
- Il veleno dello Scorpione non conosce clemenza-
- Fallo smettere!-
“Tu non ti fermavi. O svenivo o tu ti annoiavi e mi lasciavi per terra agonizzante. Non conoscevi pietà… pur di sfogare la tua rabbia picchiavi a sangue un bambino, il sangue del tuo sangue”
- C’è un solo modo per farlo smettere, una sola parola: morte- accompagnò la spiegazione con un altro colpo
- No… sono tuo padre non puoi…-
Sono tuo padre? Quell’uomo non aveva alcun diritto di dirlo. Lui non era suo padre, non era nemmeno un uomo, era una bestia.
Un’altra puntura
- Non posso? Oh, a dire il vero posso- continuò lo Scorpione
“No Milo, no” di nuovo quella voce nella sua testa
- Ti prego- implorò Alexis
Un’altra Scarlet Needle colpì l’uomo accasciato ai piedi del custode dell’Ottava Casa
- Dillo ancora- ordinò il biondo
- Ti pre…go-
Stava per lanciare nuovamente il suo attacco, ma qualcosa lo fermò.
“Milò”
Il suo nome pronunciato a quel modo, gli ricordava qualcuno…
Suo padre continuava a implorare clemenza - Ti supplico… fallo… smettere-
- Ti accontento- disse. La successiva puntura avrebbe messo fine al bruciore della Scarlet Needle, dando ad Alexis ciò che si meritava. Ma soprattutto quella puntura avrebbe messo la parola fine alla sofferenza che Milo si portava dietro da tutti quegli anni.
“Milò ascoltami!”
- Cam?-
Perché sentiva la sua voce provenire da così lontano?
“Non devi lasciarti controllare dal rancore, la rabbia non cancellerà il torto che hai subito. Tu sei un Cavaliere di Atena, ma lei non predica la vendetta” continuò la voce di Camus nella sua mente.
Fu tentato di dargli ascolto, ma il suo cosmo era incandescente. Doveva prendere la sua rivincita. Si preparò a lanciare un altro colpo di Scarlet Needle,  l’ultimo a giudicare dalle condizioni in cui era ridotto suo padre.
“Fermati mon amour! Non puoi ottenere la tua vendetta in questa sede. Devi combattere il tuo istinto, è in questo che consiste la prova di Dioniso! Combatti la tua natura, non assecondarla!”
Milo bloccò il pungiglione a pochi centimetri dal corpo di Alexis – Hai ragione, Cam-
L’odore ormai nauseante di vino che l’aveva ipnotizzato scomparve.
Milo guardò suo padre negli occhi - Atena avrebbe pietà di te, ma non io. Ti lascio vivere non perché te ne reputi degno, ma perché la tua vita è talmente insignificante che togliertela non mi darebbe alcun tipo di soddisfazione-
- Quindi te la sei fatta sotto alla fine- mugolò Alexis da terra
Milo lo ignorò. Finalmente la nebbia che gli aveva impedito di vedere qualsiasi cosa all’infuori di suo padre si dissolse. La sua rabbia si affievolì, lasciando solo il dolore, quello che si portava con sé dai tempi dell’infanzia. Quella sofferenza che non avrebbe mai dimenticato a dispetto di tutto ciò che aveva visto da Cavaliere.
Dioniso mise il broncio – Stavi per fallire. Uffa. Però non riesco a capire che cosa ti abbia fatto cambiare idea all’ultimo secondo- agitò la mano facendo scomparire il tralcio di vite che bloccava Camus.
- Ha superato la prova- disse il francese
- Sì, ma voglio sapere come c’è riuscito-
Milo non capiva. Non era stato Camus ad aiutarlo? Com’era possibile che Dioniso non avesse sentito la sua voce se lui c’era riuscito?
- Bah, sapete che vi dico? Non me ne importa… Menadi!-
Due donne comparvero alle spalle del Dio – Portate quest’uomo dove l’avete trovato- ordinò indicando Alexis ancora steso a terra
Prima che le donne lo raggiungessero Milo gli si avvicinò e fermò il deflusso di sangue – Sono sicuro che me ne pentirò-
Le sacerdotesse di Dioniso aiutarono il padre del Cavaliere ad alzarsi e scomparvero così com’erano arrivate.
Lo Scorpione si voltò allora verso il Dio, ma Dioniso era svanito – Caspita! C’è rimasto proprio male- commentò – Però spiegami, Cam. Come mai io ho sentito la tua voce e Dioniso no?-
Camus scosse la testa – Io non ho parlato, Milo-
- Come no? Io ti ho sentito… nella mia testa. Hai poteri telepatici?-
- Io non riuscivo a comunicare con te, né a parole né con la mente- rispose il rosso
- Ma allora come ho fatto…- continuò Milo pensieroso
- Cosa ti diceva la mia voce?- chiese curioso l’Acquario
Il Cavaliere dell’Ottava Casa ci pensò su un attimo - La prima cosa che ha suscitato la mia attenzione è stato il mio nome-
Camus sembrò deluso - Il tuo nome?-
- Sì, ma pronunciato alla francese come sai fare tu-
Com’era prevedibile, il suo compagno arrossì.
- Il resto… ma davvero, ora voglio sapere perché sentivo la tua voce-
L’aveva presa come una sfida personale. Com’era possibile? Lui aveva sentito la voce di Camus dentro la sua testa ma lui non aveva parlato…
Camus gli si avvicinò – Non ho bisogno né della mente né delle parole per comunicare con te, Milò. Possono dividerci in tutti i modi possibili, ma non potranno mai separare i nostri cuori- gli posò una mano sul pettorale sinistro dell’armatura – Abbiamo combattuto insieme contro il tuo desiderio di vendetta, uno degli istinti più selvaggi dell’uomo, con il sentimento più nobile a cui l’uomo possa aspirare…- accennò un  sorriso –… l’amore-
Milo non lo credeva possibile. Camus aveva fatto un discorso così sdolcinato? Nel bel mezzo di una missione?
- Che ti succede Cam? Hai ancora i postumi di Afrodite?-
Il francese abbassò la mano e voltò la testa dall’altra parte – Per una volta che ero riuscito a dire qualcosa di romantico tu me lo rovini-
- Dai amore… mi hai colto alla sprovvista- si giustificò Milo
Lo agguantò per un braccio e tentò di baciarlo per farsi perdonare, ma Camus sgusciò via dalla sua presa.
- Abbiamo una missione da portare a termine. Sii serio-
- Ora ti riconosco- mugugnò il greco. Aveva fatto la sua. Non abboccare a uno dei pochi momenti in cui Camus diventava un tenero pinguino di miele voleva dire sopportare la sua espressione imperturbabile per almeno ventiquattrore. Beh, tanto ne avevano ancora per un po’ con quegli dei.
Si avviarono nuovamente a corsa verso le profondità del tempio.
***
 
Daphne iniziò a sentire qualcosa di strano sotto gli stivali dell’armatura mentre correva. Abbassò lo sguardo per vedere delle spighe di grano cercare di fermare i suoi movimenti.
- Ehm… ragazzi, queste piante non sembrano amichevoli-
Kanon strappò una spiga da terra per liberarsi – La famosissima lotta contro il frumento…- borbottò
- Sai fratellino, magari maltrattare il grano non è stata una buona idea- lo riprese il gemello
- Un attimo, adesso mi scuso con la pianta-
- COME OSI?- strillò una donna
Saga si passò una mano tra i capelli – Appunto…- mugugnò
Demetra, la dea delle messi, bloccava loro la strada. Indossava una tunica greca arancione pastello e portava un fascio di spighe in mano. A essere sinceri, era identica a tutte le sue rappresentazioni che Daphne avesse mai visto - Solo perché adesso la vostra agricoltura non è più dipendente dalla bella stagione non potete permettervi di maltrattare il mio frumento!-
Kanon accennò un inchino – Sono mortificato di avervi offesa, non era mia intenzione-
- Vorrei anche vedere… se lo fosse stata ti avrei ucciso seduta stante-
- Divina Demetra- intervenne Saga cercando di distrarre l’attenzione della Dea dal fratello – Siamo qui per affrontare la vostra prova-
- Oh sì, certo. Siete qui per la prova… Mai nessuno che si interessi a me di questi tempi…-
Daphne roteò gli occhi “Ci mancava solo la Dea con i problemi esistenziali…”
- … un tempo ero venerata- continuò Demetra – Adesso sono l’ultima ruota del carro… Dico, vi sembra giusto?-
- Certo che no- disse Kanon
La Dea lo guardò male, probabilmente attaccare il frumento era un crimine orrendo – Sapete che nell’antichità i riti misterici più famosi erano legati al mio culto?-
- I Misteri Eleusini- rispose prontamente il Grande Sacerdote
Gli altri due Cavalieri si guardarono sillabando le sue parole. Né Kanon né Daphne avevano idea di cosa stesse parlando.
Saga alzò le spalle – Mi piace la storia-
Gli occhi di Demetra si illuminarono – Oh, li conosci! È bello vedere che qualcuno continua a seguire il loro culto… Come mai non ne ero al corrente? Certo, il tempio di Eleusi a me consacrato fu distrutto da quei vandali dei Visigoti… i Misteri non si possono più svolgere lì…- iniziò a picchiettarsi il fascio di spighe sulla tempia
Daphne continuava a chiedersi cosa avessero di strano quegli dei… ma soprattutto avrebbe gradito sapere cosa fossero quei misteri eleusini.
La Dea si voltò verso Saga – Quindi dove pratichi i riti di iniziazione?-
Lui sbarrò gli occhi – Io non pratico quei riti… non sono più seguiti da secoli e… millenni-
Demetra sospirò – Me lo immaginavo… Ho trovato! Supererete la mia prova solo quando riuscirete a far tornare in voga i Misteri… oh, sì! Un centinaio di nuovi adepti potrebbe bastare-
Daphne non sapeva ancora cosa fossero quei riti, ma aveva come l’impressione che quello che veniva loro chiesto fosse alquanto impossibile. Chi avrebbe praticato il culto di Demetra nel XXI secolo?
Saga tossicchiò – Divina Demetra, per fare ciò avremmo bisogno di molto tempo…-
- Allora iniziate subito. Riportate i Misteri Eleusini alla luce!-
- Non abbiamo tutto questo tempo!- protestò un Kanon dall’aria un po’ spazientita  – I nostri amici rischiano di morire, abbiamo bisogno di superare le prove degli Olimpi, non possiamo aspettare ancora a lungo-
Demetra sollevò la testa stizzita – Visto? Tutto è più importante di me... Non volete affrontare la mia prova? Allora non imprigionerete mai Zeus!-
“Brutta stupida oca… Questa vuole essere venerata mentre il resto degli dei si fa la guerra”
- Non potremmo cercare un compromesso?- mormorò Daphne
La Dea delle Messi scosse la testa. La francese iniziò a perdere la speranza, come avrebbero fatto?
- Compromesso?- ripeté una voce alle loro spalle – Io non ne vedo la necessità-
Mai la voce di Artemide fu più gradita che in quel frangente.
Demetra impallidì – Artemide, cosa stai facendo?-
La ragazza si voltò. La sua Signora teneva l’arco teso con la freccia incoccata a pochi centimetri dalla gola di una giovane donna.
- Mi sembra evidente. Sottoponi questi guerrieri ad una prova più giusta e tua figlia non riporterà alcun danno- rispose la Dea della caccia
“Tua figlia? Artemide vuole ricattare Demetra tenendo in scacco sua figlia… come si chiama? Ah giusto, Persefone.  ”
- Riportare in auge i Misteri Eleusini è una prova giusta-
Artemide rise – Evidentemente non mi sono spiegata bene… Sottoponi questi guerrieri ad una prova facile e veloce così da non attardarli o la qui presente Persefone se ne tornerà nel regno degli Inferi dall’ingresso principale-
Ecco dov’era finita Artemide dopo che loro avevano superato la prova di Apollo. Era andata a caccia di Persefone per poter ricattare Demetra… Non era propriamente un suo comportamento… cioè, andare a caccia era tipico di Artemide, ma di solito il suo hobby non includeva anche esseri umani. Forse le circostanze lo richiedevano a tutti i costi.
- Cosa? Mi stai minacciando?- chiese la Dea delle messi
- No, ti sto ricattando-
- Ma non è leale- protestò Demetra – Chiamerò…-
Artemide si avvicinò di più a Persefone, arrivando a premerle la freccia sul collo – Chiama chi ti pare, ma tua figlia morirà in ogni caso se non fai come ti dico-
La poverina tremava come una foglia – Madre… vi prego-
Demetra però non voleva demordere – Tanto non lo farai… non hai fegato-
- No?- chiese con aria innocente Artemide – Forse è vero- esercitò una leggera pressione sull’asta della freccia in modo da indurre la punta argentata a tagliare la pelle diafana di Persefone
- Ferma!- urlò Demetra
La Dea della Caccia si bloccò – La tua prova. Semplice e veloce. Muoviti- ordinò
L’altra divinità sospirò – Da cosa era formato il pane usato durante i Misteri?-
“E questa sarebbe facile?” pensò disperata Daphne “Saga dimmi che lo sai… ti prego”
 Kanon strabuzzò gli occhi, confuso quanto lei. Per fortuna Saga si era veramente documentato – Segale cornuta, cioè segale contaminata con il fungo Ergot- rispose come se fosse la cosa più facile del mondo
Daphne iniziò a pensare che suo fratello non fosse l’unico secchione del Santuario…
Demetra annuì con aria sufficiente, poi si rivolse alla Dea che continuava a tenere in ostaggio sua figlia  – Contenta?-
Artemide abbassò l’arma e spinse Persefone tra le braccia della madre - Sì-
- Te la farò pagare- ringhiò la dea delle messi
- Se ne avrai l’occasione fammi un fischio- si voltò verso i Cavalieri – Potete proseguire-
I tre non se lo fecero ripetere due volte. Demetra continuava a guardare in cagnesco Artemide tenendo stretta la figlia, il cosmo che iniziava a ribollire.
- Perché Artemide? Perché ti sei schierata con Atena?- chiese
- Non mi fido di mio padre-
- Non raccontarmi frottole-
La Dea della notte le si avvicinò – Quando capirai il perché delle mie azioni, sarà troppo tardi- sussurrò vicino al suo orecchio
- Che cosa hai fatto?-
La signora della notte sorrise enigmatica - Lo vedrai, zia cara, lo vedrai- si allontanò dalle due Dee e scomparve in una nube argentata.
Per fortuna Demetra sembrò turbata dalle parole della nipote, così non fece molto caso ai tre Cavalieri che si stavano allontanando silenziosamente nelle profondità del tempio.
Tuttavia le parole di Artemide non avevano fatto effetto solo sulla dea delle messi, anche Daphne si ritrovò a rimuginare su ciò che la sua Signora aveva detto. “Quando capirai il perché delle mie azioni, sarà troppo tardi…” Di quali azioni parlava Artemide? Si riferiva al semplice fatto di essersi alleata con Atena o c’era qualcos’altro sotto?
“Artemide non mi nasconderebbe mai niente, non ha motivo di farlo” disse a se stessa.
Nel momento stesso in cui quel pensiero prendeva forma nella sua mente qualcosa fece click. Si ricordò della conversazione avuta con la Dea alla vigilia dell’attacco al Grande Tempio di qualche giorno prima.
“Artemide era già a conoscenza dell’incarico che suo padre le avrebbe affidato. Lei sapeva che Zeus l’avrebbe incaricata di sovrintendere alla custodia del sigillo controllando che gli altri dei sottoponessero alle loro prove noi Cavalieri…”
Non era vero che la sua Dea non le nascondeva niente.
“E se mi stesse nascondendo altre cose?”
No, non aveva senso. Artemide non agiva dietro le quinte.
Le tornò però alla mente la solita conversazione. “Agiremo da dietro le quinte” parole testuali della sua Dea
Ripensò a come Artemide avesse puntato la freccia alla gola di Persefone senza la minima esitazione.
“Non l’avrebbe uccisa davvero, serviva solo a mettere pressione a Demetra” si convinse. Me ne era  veramente sicura?
“Artemide dice che vuole la pace sulla terra. Mi sto chiedendo se questo è ciò che le interessa davvero” le parole di suo fratello risuonarono come un gong nella sua testa. Lei aveva difeso strenuamente Artemide durante quella discussione attaccando Atena in risposta. Non aveva mai veramente provato a capire ciò che Camus aveva detto. Lui l’aveva messa in guardia. Aveva forse ragione?
“No. Io mi fido di Artemide. Lei mi ha salvata dalla dannazione eterna, mi ha addestrata e mi ha dato nuova vita. Non c’è motivo di dubitare di lei. Se mi tiene nascoste delle cose sono certa che ha le sue buone ragioni per farlo”
Si sentiva confusa. La sua natura abbastanza scettica la spingeva a dubitare della sua Dea, ma al tempo stesso si sentiva in colpa a non fidarsi appieno della persona a cui doveva tutto.
- Daphne- la chiamò Saga – Stai bene?-
Non si era accorta di essersi fermata
“Artemide non tradirebbe mai la mia fiducia. Tutto ciò che sta facendo è al fine di garantirci la vittoria”
- Daphne?-
La ragazza si scosse – Sì, tutto a posto-
Lui la scrutò attentamente con i suoi occhi verdi, non sembrava affatto convinto
- Andiamo?- li spronò Kanon – Non abbiamo tutto il tempo di questo mondo, vi farete dopo gli occhi dolci-
- Infatti- convenne Daphne rimettendosi a correre
Non c’era motivo di dubitare di Artemide, le sue erano solo paranoie frutto della tensione accumulata.
 

Nota dell’autrice: salve a tutti! La nostra Daphne inizia ad avere qualche dubbio sulle intenzioni di Artemide… e voi?
 

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Capitolo 16
*** Dubbi e scoperte ***


Capitolo 16 – Dubbi e scoperte
 

Camus fermò la sua corsa, un cosmo aveva richiamato la sua attenzione.
- Cam? Perché ti sei ferm…- iniziò Milo – Oh, un altro Dio-
Il francese annuì.
- A chi tocca adesso?- continuò lo Scorpione
Davanti a loro comparve la figura di un giovane uomo appoggiato a una colonna. Indossava una corta tunica greca, una specie di copricapo-elmo alato e sandali anch’essi alati.
- Carini, ora gli chiedo dove li ha comprati- sussurrò Milo accennando ai sandali
- Cavalieri- li salutò il Dio con un cenno del capo. Fortunatamente non aveva sentito le parole del greco
- Divino Ermes- rispose Camus
- Siete qui per superare la mia prova, esatto?- chiese Ermes
I due Saint annuirono
- Bene, allora non vi farò perdere altro tempo- si staccò dalla colonna e fece un passo verso di loro – Guardatemi. Non vi sembra che mi manchi qualcosa?-
Camus osservò il Dio di fronte a lui. L’elmo, i sandali… Era vero, c’era qualcosa in quel quadro che mancava all’appello. Cos’altro aveva di particolare Ermes? La risposta gli balenò nella mente  – Dov’è il Caduceo?-
- È la stessa domanda che mi sono posto anch’io questa mattina- commentò il Dio – La vostra prova consiste nel trovarlo e riportarlo qui da me-
- Mmh… per caso avete una vaga idea di dove potrebbe essere, divino Ermes?- chiese Milo – La Terra è abbastanza grande, se ci mettessimo a setacciarla tutta ci potremmo impiegare un’eternità-
- Il Caduceo è impregnato del mio cosmo, seguite il suo segnale e lo troverete- fu la risposta
- Naturalmente - mugugnò lo Scorpione
Camus non gli prestò molta attenzione, la sua mente era già al lavoro per cercare una soluzione al problema. “Ermes ha perso il Caduceo? Com’è possibile che un Dio perda uno dei suoi simboli più importanti? A meno che…”
- Vi concedo un altro indizio- intervenne Ermes – La vostra ricerca non dovrà basarsi tanto sul dove quanto sul chi-
Camus cercò di dare un senso a quelle parole “Ma certo! Qualcuno, probabilmente un’altra divinità, deve aver rubato il Caduceo… Ma chi?”
Sobbalzò quando sentì la mano di Milo stringere la sua. Sul suo volto Camus lesse solo calma e determinazione. Com’era possibile che il suo compagno mantenesse la calma in un momento simile? Il tempo stringeva e si trovavano di fronte una prova apparentemente impossibile.
- Andiamo, Cam-
- Dove?- domandò un po’ spaesato
- So cosa vuol dire quel chi- rispose lui
Detto questo si voltò e iniziò a camminare spedito. Ipotizzando che si stesse avviando verso l’uscita del tempio, Camus lo seguì senza fare altre domande. Non che la cosa gli piacesse molto, di solito era lui che si comportava in quel modo: prendere in mano la situazione e dare risposte vaghe era il suo compito, non di Milo. Ma in quel momento lui era a secco di idee, quindi non aveva altra scelta.
Il percorso fatto in senso inverso si rivelò più rapido dell’andata, così ben presto si trovarono fuori all’aria aperta. Camus raggiunse Milo e lo agguantò per un braccio
- Adesso mi puoi spiegare?-
Lo Scorpione non ebbe il tempo di rispondere perché una luce abbagliante li investì, obbligandoli a chiudere gli occhi. Quando poterono riaprire le palpebre, scoprirono che non si trovavano più nello stesso posto.
Camus era alquanto confuso. Non capiva un bel niente di quello che stava succedendo.
- Scusate il teletrasporto un po’… abbagliante- intervenne una voce alle loro spalle
I due Saint si voltarono. Apollo, i riccioli coronati d’alloro, se ne stava tranquillamente appoggiato ad un albero con una lira in mano.
Milo lo puntò col dito – Non potevi farlo subito o presentarti direttamente lì al tempio invece di parlarmi nella testa?-
Camus iniziò a capire qualcosa. Apollo aveva detto telepaticamente a Milo di uscire dal tempio. Ma perché?
Il Dio sollevò lo sguardo sul greco – No, credo che Ermes si sarebbe arrabbiato se mi avesse visto comparire con il suo Caduceo in mano-
- Tu gliel’hai rubato- commentò Camus. Non era una domanda, ma una semplice affermazione.
Apollo spostò gli occhi su di lui – Già-
- Perché?- chiese Milo
- Credo che il tuo amico lo sappia- rispose il Dio – Mi pare uno che di storia ops… mitologia, se ne intende-
Il rosso sospirò, gli Dei sapevano essere davvero infantili  – Da piccolo Ermes aveva rubato una mandria di vacche sacre ad Apollo. Riuscì a farsi perdonare donandogli la lira che aveva appena inventato…-
- Credeva che mi bastasse- lo interruppe Apollo – ma me la sono legata al dito e di tanto in tanto gli faccio qualche piccolo dispetto-
“E poi ci meravigliamo che gli Dei si combattano tra loro… Non sono altro che bambini viziati e capricciosi, Deathmask in confronto è la persona più matura che conosca”
- Rubare il Caduceo non mi sembra un piccolo dispetto- notò il Cavaliere dell’Ottava Casa
- Sì, beh… Avevo bisogno di una scusa per parlare con te in privato-
Camus inarcò un sopracciglio. Perché Apollo voleva parlare con Milo in privato? Che cosa doveva dirgli un Dio? Sentì una specie di morsa alla bocca dello stomaco.
No, lui non era assolutamente geloso. Il fatto era che nessuno poteva parlare con Milo in privato, era una semplice questione di…  okay, era geloso, ma solo un pochino.
- Perché?- chiese Milo – Perché prima mi dici “mi dispiace” e poi mi porti qui? Perché vuoi parlare con me?-
Apollo si scostò dall’albero a cui era rimasto appoggiato per tutto il tempo – Il tuo amico…-
“Senti un po’, io sono il suo fidanzato non il suo amico” Camus aveva una gran voglia di rispondere per le rime a quel Dio: quel giochino del so-qualcosa-ma-non-lo-dico era alquanto irritante.
- Qualsiasi cosa tu dica a me la puoi dire anche a lui- lo interruppe lo Scorpione furioso – Basta che tu ti muova a darmi una motivazione-
Il Dio sospirò – Non dovrei dirtelo… Nessuno ne è al corrente. Okay, nessuno a parte mia sorella e un’altra persona-
- Chi?- chiesero in coro i due Saint
Apollo fissò attentamente Milo – Tua madre-
- Cosa c’entra lei in tutta questa storia?-
- C’entra eccome. Vedi… c’è un motivo per cui tuo padre… come dire… non ti sentiva figlio suo-
Camus vide le mani del suo compagno stringersi a pugno.
- E quale sarebbe?- ringhiò il custode dell’Ottava Casa
- Biologicamente tu sei figlio suo, ma… Non so come spiegarlo… Quel Cavaliere di Bronzo, come si chiamava? Ah, Shun. Lui era il tramite umano di Ade. Insomma… Alexis, tuo padre, lui era il mio. Uno dei tanti, insomma -
- Quindi?- chiese Milo. Un leggero tremore nella voce
- Tua madre era una donna fantastica, ma fu ingannata. Lei non si era innamorata di Alexis… ma di me- fece una breve pausa – Lei non aveva conosciuto chi era veramente tuo padre, perché ero io a… ehm, controllarlo in quel periodo-
Milo cercava di mantenere un’espressione impassibile, ma il suo nervosismo era evidente – Perciò tu saresti mio padre?-
- In un certo senso… Non so nemmeno io come definirmi- Apollo sembrò scrutare il cielo alla ricerca delle parole adatte –Fisicamente potrai anche somigliare ad Alexis… è anche vero che io e lui un po’ ci somigliamo… ma ti posso assicurare che il cosmo che possiedi lo hai ereditato da me-
- Questo dovrebbe fare di me una specie di semidio?- chiese lo Scorpione con aria confusa
Il Dio scosse la testa – No, quando sei stato concepito io non stavo usando il mio corpo divino, quindi non sei un semidio. Il fatto che tuo padre in quel momento fosse posseduto dall’anima di un Dio vuol dire che il tuo cosmo ha una derivazione divina che ti ha permesso di diventare Cavaliere d’Oro e fare un po’ di confusione nel Fato-
- Cosa significa? Non ero destinato a diventare un Gold Saint?-
- Originariamente qualcun altro era destinato a divenire possessore del Cloth di Scorpio. La tua nascita ha però scombussolato il destino-
“Qualcun altro era destinato a diventare Cavaliere d’Oro dello Scorpione…” La mente di Camus lavorava febbrilmente per cercare una risposta. Sentiva che era lì, davanti ai suoi occhi.
“Qualcuno nato sotto l’egida di Antares… Con un cosmo potente… Avrebbe sicuramente attirato l’attenzione del Grande Tempio”
Oh, certo che l’aveva attirata. Finalmente un pezzo del puzzle trovava il suo posto. Daphne, Scorpione, un cosmo possente come quello di un Cavaliere d’Oro. Ecco perché sua sorella non aveva ricevuto alcuna investitura, il Fato che le aveva affidato il Cloth di Scorpio era stato cambiato dalla nascita di Milo.
- Beh, diciamo che perfino il destino subisce il mio fascino- riprese parola Apollo massaggiandosi il mento con aria pensierosa – Come faceva a non riservare un’armatura d’Oro a mio figlio, il figlio del Sole!-
Di certo non era il Dio del senso dell’umorismo
- Cosa è successo dopo?- chiese Milo, le mani sempre strette a pugno. Probabilmente si sarebbe conficcato le unghie nella pelle se non avesse avuto il vizio di smangiucchiarle.
Il Dio lo guardò – Dopo? Beh, poco prima che tu nascessi me ne sono andato… o meglio, ho lasciato il corpo di tuo padre-
- Perché?-
- Agli Dei non è più permesso fare figli con gli umani-
- Quindi hai semplicemente abbandonato mia madre nelle grinfie di Alexis senza sapere perché tutt’a un tratto l’uomo di cui si era innamorata fosse diventato un mostro-
- Non potevo dirle la verità…- si giustificò Apollo – Ma credimi, sarei rimasto con lei se mia sorella non mi avesse riportato alla realtà ricordandomi chi ero. Un Dio deve adempiere i suoi doveri, non può lasciarsi distrarre…-
“Quindi Artemide ha ricordato ad Apollo i suoi doveri quando Milo ormai era stato concepito” pensò Camus. “Non le serviva mia sorella come Cavaliere d’Atena… ma come qualcos’altro… Perché?”
La voce di Milo lo riportò alla realtà – Perché mi hai detto “mi dispiace”?-
La luce che illuminava le iridi di Apollo si spense – Perché è così. Mi dispiace di essere andato via. Mi dispiace di aver abbandonato tua madre. Mi dispiace di averti lasciato crescere con quel padre-
Camus osservò attentamente il volto di Milo. Non vi trovò traccia di comprensione.
Visto che non otteneva risposta, il Dio continuò – Perdona tua madre, Milo, ti prego. Lei ha imputato il cambiamento di suo marito alla tua nascita. Inconsciamente ti riteneva responsabile della scomparsa dell’uomo che amava. Per piacere, perdonala. Non devi essere arrabbiato con lei-
Gli occhi di Milo erano duri – Il Caduceo-
Apollo sembrò spaesato – Milo…-
- Siamo venuti qui per trovare il Caduceo. Hai detto che ce l’hai tu, no?-
Il Dio abbassò lo sguardo – Certo, la vostra missione-
Agitò la mano e il bastone di Ermes comparve davanti a loro – Prendetelo e portatelo ad Ermes. Il tempo scorre-
“Sei tu che ci hai tenuti a chiacchierare” notò tra sé Camus, ma il pensiero che Artemide avesse qualcosa di losco in mente continuava a frullargli per la mente.
E il fatto che sua sorella ne fosse il fulcro non gli piaceva nemmeno un po’.
Milo prese il Caduceo e fissò Apollo – Il teletrasporto- gli ricordò
- Giusto- acconsentì lui con aria mesta, probabilmente le cose non erano andate come sperava – Ci rivedremo presto-
La luce abbagliante li investì nuovamente. Quando il bagliore cessò, Milo e Camus si ritrovarono nel tempio, davanti a loro c’era Ermes che li fissava.
- Tu guarda, quel simpaticone di Apollo c’aveva di nuovo messo il suo zampino-
Il greco porse il Caduceo al Dio – Già- commentò amaro
Ermes prese il bastone – Beh, avete superato la mia prova. Ci si vede in giro, ragazzi-
Detto ciò scomparve con un leggero “puf”. Camus non badò molto al Dio poco loquace e si voltò verso il compagno insolitamente silenzioso.
Certo, il fatto che Artemide avesse manipolato Apollo e indirettamente il Fato stesso per evitare che Daphne diventasse Cavaliere di Atena gli arrovellava i neuroni, ma non poteva non notare che Milo non sembrava aver preso molto bene la notizia del Dio del Sole – Stai bene?- gli chiese
Gli occhi del greco erano velati di lacrime - Sì, perché?-
“No, tu non stai bene, Milò. Rivangare il tuo passato ti fa sempre male…”
Il biondo posò la testa sulla sua spalla – Cam…-
Il francese gli carezzò la testa - Dimmi-
Avevano una missione da portare a termine, sì, ma potevano permettersi mezzo minuto di pausa. In fin dei conti Milo aveva appena scoperto la causa scatenante dell’incubo che era stata la sua infanzia.
- Io… - mormorò lo Scorpione - Cosa dovrei provare? Compassione, rabbia… cosa?-
“Compassione per un padre che ti ha abbandonato perché costretto? Rabbia perché in tutto questo tempo non si è mai fatto vivo?”. Camus aveva idea di cosa avrebbe dovuto provare qualcuno in una situazione simile. Lui a malapena ricordava i propri genitori…
- Non saprei, Milò. Tu cosa provi?-
- Nulla, Cam. Non sento assolutamente nulla. Vorrei essere arrabbiato con Apollo o almeno provare sollievo nell’aver capito che non era colpa mia se mia madre mi detestava… niente- sospirò - È come se questa faccenda non mi riguardasse-
Camus non sapeva cosa dire. Primo, perché non era molto bravo con le parole e secondo, perché non aveva proprio idea di cosa dire per sollevare di morale Milo. Per fortuna il greco gli risparmiò ogni tentativo di risposta.
- Cam… finiamo questa missione il prima possibile, così posso prendere a calci nel sedere Apollo-
Camus non poté fare a meno di accennare un sorriso – Allora andiamo- lo spronò
***
 
Daphne ripulì la mente da tutti i dubbi che la attanagliavano sul conto di Artemide, doveva concentrarsi in vista della prossima prova. Quale divinità li aspettava?
Davanti a lei, Kanon si fermò – Saga…- chiamò
- Sì- rispose il gemello – Un altro cosmo divino-
- Ma che bravi! Avete percepito il mio potere- annunciò la sua presenza la divinità
- Fatti vedere- il tono di Saga non ammetteva repliche
La Dea comparve davanti a loro in tutta la sua maestosità - Come siamo autoritari… Ci si rivolge così alla regina degli dei? Io sono Era!-
- La Dea del… matrimonio?- chiese Kanon cercando di mantenere un’aria solenne. Cosa alquanto difficile per uno che considerava il matrimonio come una maledizione. “A meno che non abbia cambiato idea a mia insaputa…”
- Certo! Dea del matrimonio e dei parti!- precisò Era – Questo non vuol certo dire che tu non abbia motivi per temermi, Cavaliere-
- In effetti mi spaventa più l’idea di un matrimonio che una guerra- commentò il gemello minore
No, non aveva cambiato idea.
- Tanto non ti sposerebbe  nessuno- borbottò Saga dopo l’ennesima frecciatina del fratello
- Divina Era- intervenne Daphne prima che i due si mettessero a bisticciare – Potrebbe sottoporci alla sua prova? Non abbiamo tanto tempo-
- Non consideri importante la mia prova?-
- Certo che no - si affrettò a precisare la francese  – Solo che… Vorrei che la guerra finisse in fretta così posso sposarmi!-
Avrebbe battuto volentieri la testa contro un muro dopo una risposta così stupida, ma evidentemente Era non la pensava allo stesso modo. Essendo la dea dei matrimoni doveva trovarla una motivazione più che valida.
- Oh, hai ragione- commentò comprensiva facendo saettare lo sguardo da lei a Saga – Mi è sempre piaciuto il legame tra voi due, così forte e duraturo. Ha un qualcosa di puro… tralasciando il fatto che certe cose si dovrebbero fare solo dopo aver pronunciato i voti coniugali…-
Saga arrossì fino alla punta delle orecchie accompagnato dalla risata appena trattenuta di Kanon
-… tuttavia siamo nel XXI secolo e i costumi sono cambiati. Nonostante tutto però, voi siete miei nemici. Non posso far altro che ostacolarvi, non posso permettervi di imprigionare mio marito. Sapete, lealtà coniugale-
- A me risulta che vostro marito vi abbia tradita molte volte- puntualizzò Daphne. Purtroppo si rese conto troppo tardi di aver toccato un tasto dolente. Sperava di riuscire a far crollare la volontà di Era di sostenere il marito in battaglia ma si sbagliava. Di grosso.
- Come osi?- tuonò la Dea – Lo vedremo se anche il tuo ti rimarrà fedele!-
Saga spalancò gli occhi – Ma cosa c’entro io?-
- Sono sempre gli uomini a tradire per primi!- continuò infervorata Era
Kanon intervenne a favore della popolazione maschile del pianeta – Adesso esageriamo un po’, eh-
- Ma perché dovrei tradire Daphne?- chiese Saga
Era aveva preso il via - Perché succede sempre così! Prima dite di amarci e tutto, poi arrivano i figli. Noi mogli dobbiamo pensare a loro mentre voi, poveri annoiati mariti, andate a cercare qualcun’altra!-
Il Grande Sacerdote sembrava abbastanza confuso, come Kanon e Daphne d’altronde. Quella Dea aveva bisogno di uno psichiatra e alla svelta. O magari potevano mandare Era e suo marito a “C’è posta per te”. Mmh, forse un consulente del matrimonio era sufficiente.
“Ma perché toccano tutte a me le divinità problematiche?” si disperò tra sé e sé Daphne.
Il fatto che la Dea fosse convinta che Saga avrebbe tradito la sua futura consorte sembrava però aver colpito l’orgoglio del gemello maggiore – Perché dovrei tradirla?- ribatté a metà tra il confuso e l’infervorato.
- Te l’ho detto! Noi donne pensiamo ai figli e voi uomini non ci state, no! Lo vedrai a breve-
- Perché a breve?- domandò Saga
- Perché la tua futura moglie è incinta! Non lo sapevi?- spiegò la Dea
- COSA?!- urlarono sia Daphne che i gemelli
La ragazza si voltò verso Kanon - Tu che c’entri?-
- Mi avete colto di sorpresa. Non sono pronto a diventare zio- si giustificò cercando di ritrovare il contegno
- Tu non sei pronto a diventare zio…- mormorò Saga leggermente impallidito
Kanon, ripreso dallo shock, assestò una sonora pacca sulla spalla del fratello – E bravo il fratellone! Stai cercando metodi alternativi di suicidio?… - Saga lo guardò malissimo, ma lui continuò – Però hanno inventato i contraccettivi, ne eri a conoscenza?-
Il Grande Sacerdote riacquistò subito il colore, un po’ troppo forse. Daphne gli venne in aiuto – Beh, forse ci siamo fatti prendere un po’ troppo dal momento…-
- Non voglio entrare nei dettagli- liquidò l’argomento Kanon agitando le mani. Poi la squadrò da capo a piedi – Tu non sembri molto shockata dalla notizia- notò
- Io accuso dopo. Devi dare il tempo all’informazione di arrivare al cervello- spiegò lei mimando il percorso con le dita
Effettivamente non era ancora pienamente consapevole della notizia. Non sapeva nemmeno se quello che stava succedendo fosse reale, non era pienamente sicura che non fosse tutto un sogno. Forse era troppo concentrata ad osservare il piede di Era battere per terra ritmicamente, segno evidente di impazienza.
- Quando avete finito…- mugugnò
- Abbiamo finito- rispose Daphne – Puoi sottoporci alla tua prova-
- Mi dispiace informarti che non saprai mai se tuo marito ti tradirà o meno perché morirete prima- disse Era con un’alzata di spalle
“Oh giusto. Ha appena ritrovato la calma e ci minaccia di morte, che bello!”
- Preparatevi a… AHI!-
Una freccia argentata si era conficcata nella spalla della Dea.
- Il tuo cosmo si stava facendo un po’ troppo ostile per i miei gusti- intervenne Artemide
- Come… osi?- sibilò Era
Artemide incoccò un’altra freccia – Ti riserverò lo stesso trattamento di Demetra. Prova facile, muoviti-
- Tu credi veramente che io poss… No non farlo- implorò quando vide la corda dell’arco tendersi
- Allora sbrigati- ordinò la Signora della Notte
- Brutta piccola ingrata, frutto dell’ennesimo tradimento di…-
-… tuo marito. Sì, grazie per gli insulti che non hai detto, adesso sottoponili alla tua prova, è un ordine-
Era masticò amaro poi si voltò verso i Cavalieri – Come scelgo i miei guerrieri?-
Daphne doveva riconoscere che sapeva poco, o nulla, di mitologia. Fortunatamente Saga sapeva anche questa – Ricevono una piuma di pavone, animale a Lei sacro-
Lei annuì – Adesso sparite. Devo distruggere questa ribelle-
- L’unica cosa che sai fare è vendicarti sugli umani, Era. Cara matrigna, lo sappiamo entrambe che sei solo una fifona quando si tratta di scontrarsi con altre divinità tue pari-
- Tu non sei una mia pari!- urlò Era. Richiamò il cosmo e sembrò prepararsi a dare battaglia – Ho capito quello che è successo, sai? Oh, in quale guaio ti sei cacciata, Artemide! Non hai idea di ciò che le tue azioni causeranno!-
- Sei tu che non ne hai idea- la liquidò Artemide, poi si rivolse a Daphne e ai gemelli – Andate, manca poco ormai-
In quanto Cavaliere, Daphne non poteva lasciare la sua Dea sola in battaglia. – Mia Signora…-
- Va’ Daphne. Dovete imprigionare Zeus, di lei me ne occupo io-
- Perché tutta questa furia? Non vuoi che scoprano quello che hai in mente di fare?- intervenne Era
“Cosa?”
- Daphne, muoviti!- ordinò la sua Dea
- No, resta. Ti spiego quello che lei ha fatto e ciò che ancora deve fare, accomodati pure- continuò la regina degli Dei
La mano di Artemide tremò per una frazione di secondo - Non ascoltarla. Vuole soltanto farvi perdere tempo-
“Quali sono le tue vere intenzioni, Artemide? Mi hai mentito veramente?”
Daphne era bloccata. Voleva sapere che cosa avesse mai scoperto Era, ma non poteva disobbedire alla sua Dea.
- Devi fermare Zeus, Daphne. Questo è un ordine-
Daphne, volente o meno, doveva rispettare gli ordini che le venivano impartiti, aveva fatto un giuramento. Ben presto la lealtà ebbe la meglio sul dubbio e sulla curiosità. Si voltò per addentrarsi sempre di più nel tempio, ma Saga e Kanon sembravano intenzionati a sentire ciò che Era aveva da dire.
- Andiamo!- li richiamò – Aiolos e gli altri stanno combattendo al Santuario. Più tempo impieghiamo qui, più loro rischiano-
Il pensiero dell’amico sembrò convincere Saga. Fece un cenno al fratello e si avviò a corsa precedendo Daphne.
“Sapremo in un altro momento cosa crede di aver scoperto Era. Adesso pensiamo a fermare Zeus” cercò di convincersi. Tuttavia stava mentendo a se stessa. Qualcosa ormai si era rotto, la sua fiducia in Artemide era stata scossa e il dubbio si era insinuato nel suo cuore.
“Io voglio fidarmi di voi, mia Signora. Spero di fare la cosa giusta”
***
 
Milo si fermò all’improvviso. Non si aspettava di trovarsi di fronte una ragazzina, seduta davanti ad un fuoco, dentro un tempio.
“Perché mettersi a fare i falò qui?”
Camus invece non sembrava per niente sorpreso. Avanzò con la sua solita camminata elegante e quando raggiunse la ragazzina accennò un inchino – Divina Estia-
- Aquarius- lo salutò la Dea – Accomodati pure al mio focolare. Anche tu, Scorpio-
Onestamente Milo non riteneva necessario per la missione sedersi a chiacchierare intorno al fuoco, ma, dallo sguardo che gli lanciò Camus , capì che era meglio accettare l’invito. Inoltre Estia era la Dea del Focolare, rifiutare un simile invito avrebbe potuto farla adirare e Milo non aveva intenzione di litigare con altre divinità per un po’. Si sedette accanto al compagno scrutando il volto della ragazzina attraverso le fiamme.
- So per quale motivo siete qui- iniziò tranquillamente la Dea – Dovete superare la mia prova per riuscire a imprigionare l’anima di Zeus-
- Già- commentò il greco
- Non è mia intenzione ostacolarvi o favorirvi. Non ho mai preso parte ai conflitti dei miei parenti e non ho intenzione di iniziare oggi-
Il fuoco continuò a crepitare nel silenzio del tempio mentre i due Cavalieri aspettavano che la Dea continuasse il discorso, ma ciò non avvenne.
- Non ha intenzione di sottoporci alla sua prova?- chiese allora Camus  – Ma per imbrigliare l’anima di Zeus…-
- Non è obbligatorio che tutti gli Dei vi sottopongano ad una prova, anche se nessuno di loro se lo ricorda perché erano troppo impegnati a fare i loro comodi e a non ascoltare ciò che gli veniva detto. Vi sono solo due prove obbligatorie per chi vuole sconfiggere mio fratello, quelle degli altri Olimpi servono a indicare che avete la loro autorizzazione per affrontarle. Non è necessario superare questa specie di “test” con ogni divinità, basta che otteniate il loro permesso per accedere alle vere prove-
Milo osservò meglio la Dea - Quali prove?-
- Una volta che avrete ottenuto l’implicita autorizzazione da parte di tutti gli Dei potrete accedere alle due stanze successive di questo tempio. In ognuna di esse vi sono due sigilli: quello di Crono e quello di Rea, i genitori di Zeus. Una volta sbloccati, potrete finalmente imprigionare l’anima di Zeus- spiegò la Dea
Camus spostò un ciuffo di capelli dagli occhi – Ma se non avete intenzione di sottoporci la vostra prova, divina Estia, perché siete qui?-
La Dea sorrise mesta – Sono qui per mettervi in guardia-
Milo drizzò le orecchie come un gatto “Metterci in guardia…” - Da cosa?- chiese precipitoso
- Sono la più anziana della prima generazione di Dei, ho una sensibilità superiore ai miei fratelli e sorelle. C’è qualcosa, qualcuno, che si sta risvegliando…- sospirò – qualcuno che è rimasto assopito per molto tempo-
- Un’altra divinità?- domandò Camus misurando attentamente le parole
- Non posso dare una risposta a questo quesito. Non oso pronunciare il suo nome-
- Ma quindi voi sapete chi è che si sta risvegliando?- la incalzò Milo
Estia non rispose alla domanda – Dovete essere pronti. La fine della vostra missione non è altro che l’inizio-
- L’inizio di cosa?- chiesero praticamente in coro i due Saint
La Dea del focolare li squadrò attentamente – Della guerra. Non contro Zeus, ma contro qualcun altro. Sappiate che questa volta i vostri poteri di Cavalieri d’Oro non saranno sufficienti. Questa volta avrete bisogno dell’aiuto degli Dei-
Milo sbuffò - Forse avete dimenticato che molte divinità ci detestano-
Estia alzò le spalle – Davanti al pericolo peggiore amici e nemici si tendono la mano-
Nel tempio calò un silenzio carico di tensione durante il quale tutti i presenti si abbandonarono ai loro pensieri. Milo era stato turbato dalle rivelazioni della dea: la loro battaglia non era altro che un preludio a qualcosa di più grande? Quale divinità poteva essere così pericolosa da indurre Estia a non pronunciare il suo nome? L’incombere di una sfida di tale portata sembrava gettare un’ombra sul loro cammino, ma Milo non poteva perdersi d’animo. Una cosa veniva subito insegnata ai neoarrivati al Grande Tempio: “mai perdere la speranza, per quante buie sembrino le cose”.
La voce di Camus ruppe il mutismo - Divina Estia, voi sapete perché Artemide ha riportato in vita Daphne, il suo Cavaliere?-
La Dea si spostò per fissare direttamente negli occhi il francese – Tua sorella è una parte fondamentale del piano-
- Quale piano? Quello di Artemide?-
- Credo che ormai tu abbia capito che non si tratta di lei…- rispose lei alzandosi
- Divina Estia, aspettate…- cercò di fermarla Camus
La Dea si lisciò la veste – Aquarius, so che brami risposte. Io non posso dare una soluzione a tutti i tuoi quesiti, ho solo interpretato i segni, non ho risposte certe. Spero vivamente di sbagliarmi-
Fece per andarsene ma questa volta fu Milo a bloccarla – Se non riuscissimo a ottenere l’aiuto degli Dei, cosa succederebbe?-
Estia agitò la mano facendo scomparire il focolare - Sarebbe la fine- disse, dissolvendosi insieme alle ultime spirali di fumo. L’ombra delle sue cupe parole continuò però ad aleggiare nell’aria.
Milo picchiò un piede per terra dalla frustrazione – Fine un corno! Non sono tornato in vita per morire l’ennesima volta! Ci siamo sempre arrangiati senza coalizioni divine e ci riusciremo anche stavolta. Andiamo Cam, vediamo quale altro Dio ci aspetta-
Camus però non lo guardava, il sui occhi erano rivolti verso la mastodontica porta che si trovavano davanti – Credo che abbiamo ottenuto l’autorizzazione di tutti gli Dei-
Lo Scorpione osservò la porta, un mucchio di bassorilievi e ghirigori strani la decoravano. Mentre cercava una maniglia o qualcosa di simile il suo sguardo cadde su una scritta posta al centro: Κρόνος
“Kronos, il padre di Zeus”
- Cam… credo che quest….-
- Sì, lo so- lo interruppe il rosso – Oltre questa porta troveremo il sigillo di Crono-
- Allora cosa stiamo aspettando?-
Camus si lanciò un’occhiata intorno.
“Oh, ecco chi stai aspettando”
- Cam, sono sicuro che tua sorella sta bene, come Saga e Kanon. Probabilmente sono alla porta che conduce al sigillo di Rea- lo rassicurò
- Sì, saranno lì-
Milo gli si avvicinò e prese le sue mani tra le sue – Non pensare a quello che ha detto Estia. Affronteremo un problema per volta e quando questa fantomatica divinità si risveglierà, la spediremo di nuovo nel mondo dei sogni, con o senza aiuto degli Dei, chiaro?-
Camus annuì lasciando soddisfatto Milo. Il greco si avvicinò allora alla mastodontica porta e la spalancò.
 

Nota dell’autrice: badabum! Ci sono stati due bei colpi di scena in questo capitolo e un avvertimento alquanto criptico…
Fatemi sapere cosa ne pensate! =^-^=
 

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Capitolo 17
*** L'ultimo battito di Antares ***


Capitolo 17 – L’ultimo battito di Antares
 

“Ῥέα”. Daphne squadrò l’unica scritta presente sull’enorme porta che si era materializzata sul loro cammino. La sua comparsa significava due cose: uno, che la missione non era ancora finita e due, che Milo e suo fratello erano riusciti a superare le prove degli altri Olimpi.
- E questa cos’è?- domandò Kanon rivolto più a se stesso che agli altri
- Una porta- notò Saga
- Non mi dire… e io che pensavo fosse un chiosco per gelati!- ribatté il fratello alzando gli occhi al cielo – Intendevo, cosa dobbiamo farci?-
- Aprirla?- suggerì il maggiore con sufficienza
- Non ti rispondo male solo perché sei suscettibile e potresti tornarmi utile durante la missione-
Saga non fece molto caso al gemello e spalancò la porta con decisione – Qualsiasi cosa ci sia oltre questa porta dovremo affrontarla, non ha senso stare qui a farsi domande-
I tre Cavalieri varcarono la soglia. Daphne non sapeva cosa avrebbe trovato in quella stanza, ma di certo non si aspettava un pavimento ricco di strane incisioni. Seguì con gli occhi il disegno della scanalatura: partiva dalla base della porta, attraversava tutta la stanza e risaliva su un piedistallo posto sul muro di fondo. Non c’erano altre porte o corridoi. Quello era evidentemente il capolinea.
“Dove sono Camus e Milo, allora?”
Tornò a fissare l’incisione con attenzione, doveva avere un senso.
- Sono delle lettere- notò il Grande Sacerdote dopo aver girato intorno all’oggetto della loro attenzione come una tigre che punta una preda.
Anche Daphne riuscì a decifrare il disegno, nonostante le decorazioni e i riccioli vari.
“Ζε”
- Potrebbe essere l’inizio del nome di Zeus- commentò la ragazza – Mi sa che questa è una specie di prova finale-
Kanon si avvicinò al piedistallo, su di esso era poggiata un’anfora – E questa serve per imprigionare l’anima del nostro nemico. È molto simile a quella di Poseidone-
Avvicinò una mano tremante al coperchio e tentò di sollevarlo. Inutile dire che non ci riuscì.
- Ovviamente dobbiamo prima superare la prova per riuscirci…- iniziò a dire Saga, ma fu interrotto
Un forte vento si alzò, cosa alquanto strana dato che si trovavano al chiuso. Quando cessò, un’aquila era poggiata sull’anfora. Sembrava priva di consistenza, come un fantasma.
“Cavalieri” proferì nella loro mente una voce maschile “Io sono Perifa, trasformato in aquila dopo la morte dal sommo Zeus come ricompensa per essere stato un uomo onesto e giusto. In quanto tale ho il dovere di dirvi come superare questa prova. Per aprire questa anfora è necessario che i sigilli di Rea e di Crono siano attraversati ciascuno dal sangue di un Cavaliere. Quando il flusso della linfa vitale avrà raggiunto questo vaso, esso potrà aprirsi e imprigionare l’anima del Sommo Zeus”
Visto che sulla porta che avevano attraversato vi era inciso il nome di Rea, Daphne ipotizzò che quello che si trovavano davanti fosse il sigillo di Rea.
“Ma allora dov’è l’altro?” si chiese
Kanon diede voce ai suoi pensieri – E il sigillo di Crono? Dov’è?-
“Altri Cavalieri se ne stanno occupando” rispose Perifa
- Milo e Camus- commentò Saga
Qualcosa non tornava. Perché quella specie di fantasma era venuto lì a spiegargli cosa fare? Se era una sorta di guardiano al servizio di Zeus non avrebbe dovuto ostacolarli? - Perché ci stai dicendo come fare?- intervenne allora Daphne – Così non tradisci forse il tuo Signore?-
“È giusto che voi sappiate come affrontare la prova, anche se non vi sarà mai permesso di superarla. Il mio Signore si sta già occupando di persona degli altri Cavalieri.”
La francese sentì crescere l’agitazione - Come sarebbe a dire? Zeus sta affrontando Milo e mio fratello? Ma non doveva combattere al Grande Tempio?-
“Lui non vuole essere imprigionato, vi fermerà a tutti i costi. I vostri compagni al Santuario stanno già morendo sotto i colpi del suo esercito e di quello di Ares, gli altri due Cavalieri non supereranno mai il sigillo di Crono vivi. Il sommo Zeus glielo impedirà, anzi, lo sta già facendo” terminò Perifa prima di scomparire così com’era arrivato. Il vento che lo portò via sembrò trascinare con sé le possibilità di vittoria, lasciando la stanza pervasa da un gelo profondo che sembrava stringere i cuori dei Cavalieri in una morsa. Non potevano combattere contro Zeus in persona, non ce l’avrebbero mai fatta.
“Artemide, mia Signora, abbiamo bisogno del vostro aiuto. Non possiamo sconfiggere un Dio in uno scontro diretto” pregò Daphne mentre tentava di digerire le informazioni appena ricevute, ma un rumore proveniente da poco dietro di lei la distrasse. Saga aveva tirato un pugno contro il muro, lasciandovi un bel segno.
- Questa non ci voleva. Zeus non doveva scendere in campo qui!- imprecò a denti stretti
- Andate- disse Kanon
Saga e Daphne si voltarono verso di lui – Come scusa?- chiese lei
- Andate ho detto. Mi occupo io del sigillo di Rea, voi raggiungete Milo e Camus. Non possono farcela da soli contro un Dio-
- Kanon, ti rendi conto che…- iniziò il fratello
- Sì, per riempire il sigillo e far arrivare la mia “linfa vitale” all’anfora è necessario impiegare una bella dose di sangue-
Daphne osservò meglio il disegno e capì quello che i gemelli stavano dicendo. Chiunque avesse provato a sbloccare il sigillo avrebbe dovuto usare una quantità di sangue troppo ingente.
- Questa prova è fatta per uccidere chi tenta di superarla- realizzò
- Milo e Camus stanno affrontando un Dio in questo momento- continuò Kanon come se nulla fosse – Non possono combattere e pensare al sigillo allo stesso momento. Muovetevi, qui ci penso io-
- Non te lo permetterò- disse Saga
- Infatti non ho chiesto il tuo permesso- ribatté il gemello. Si alzò in piedi e rimosse l’armatura, poi allungò una mano verso Saga – Mi farebbe comodo un pugnale-
“No, Saga. Non farlo”
Riluttante, il fratello gli porse ciò che gli era stato chiesto
- NO! Ci deve essere un altro modo- implorò Daphne
- Invece no- Kanon poggiò la lama sulla pelle e fece un taglio trasversale sul braccio. Passò il pugnale a Saga mentre il sangue cominciava a scendere copioso.
Daphne guardò il maggiore – Non puoi lasciarglielo fare!- urlò
Saga voltò gli occhi alla vista del sangue del fratello che andava a incanalarsi nel sigillo
- Datevi una mossa!- li spronò Kanon – Milo e Camus potrebbero già essere in fin di vita. Salvateli, loro non hanno la coscienza sporca come la mia-
- Kanon…- cercò di farlo ragionare lei con le lacrime che le inondavano gli occhi
- Non iniziare a fare la sentimentale, Daphne! Lo sai anche tu che è necessario. Va’ ad aiutare tuo fratello-
Daphne sentì la mano di Saga stringerle il polso – Andiamo- disse trascinandola verso l’uscita della stanza
- Io vado a salvare mio fratello mentre tu lasci il tuo qui a morire!-
Lui non rispose e attraversò la soglia. Daphne tentò invano di divincolarsi dalla presa mentre si allontanavano  dalla porta, da Kanon. Non poteva credere che Saga, il suo Saga, lo stesse facendo sul serio. Stava veramente lasciando suo fratello a morire? Daphne capiva che superare quel sigillo fosse necessario, certo, ma come poteva accettare di sacrificare un suo amico? E Saga, come poteva abbandonare così suo fratello? Controvoglia e inorridita da ciò che sarebbe successo a Kanon, assecondò i passi affrettati del Grande Sacerdote che la stava conducendo alla ricerca di Milo e Camus, probabilmente seguendo la traccia dei loro cosmi.
“Non posso abbandonare Kanon, devo provare a far cambiare idea a Saga”
- Lo stesso sangue vi accomuna, Saga! Come puoi lasciargli fare una cosa simile?- provò ancora a convincerlo
Il greco si bloccò – Lo stesso sangue…- ripeté a mezza voce – Daphne, hai ragione!-
- Cosa?-
- In me e mio fratello scorre lo stesso sangue- spiegò Saga – Io o lui, non fa differenza. La nostra “linfa vitale” è la solita-
- Quindi?… oh, ah! Muoviti allora!- disse spintonandolo
- Ma Zeus… non puoi andare lì da sola nelle tue… ehm... condizioni, è troppo pericoloso-
- Pericolo è il mio secondo nome, tu pensa al sigillo di Rea. Ho mandato una richiesta di aiuto ad Artemide per Zeus, se vuole sconfiggerlo sarà meglio che ci aiuti a non morire prima di essere riusciti a sbloccare anche il sigillo di Crono-
- Per il sigillo di Crono, anche tu e Camus siete fratelli, nelle vostre vene scorre lo stesso sangue- le fece notare
“È vero. Perché non ci sono arrivata prima io?”
Sondò la sfera emotiva di Camus e ciò che scoprì non le piacque per niente
- Pensa al tuo di fratello, ci vediamo dopo- lo liquidò voltandosi
- Daphne- si sentì chiamare – Vedi di non morire stavolta-
- E tu non ti suicidare- lo rimbeccò
Si voltò e partì a corsa, la traccia emotiva di suo fratello come pista.
***
 
Non andava bene. Non andava per niente bene. Camus era capace di organizzare piani per superare le situazioni più difficili, ma scontrarsi contro un Dio faccia a faccia? Beh, nemmeno il Signore delle Energie fredde aveva una soluzione per quel problema.
- Devo ammettere che siete stati bravi, arrivare fin qui non è per niente facile- commentò Zeus
Non era stato difficile riconoscerlo. Occhi azzurri come il cielo, barba e capelli in confusione tanto che sembravano colpiti da un fulmine. L’unico particolare che differiva dalle solite rappresentazioni del dio del Cielo era il piccolo tatuaggio a forma di saetta sul collo. Doveva essere una conquista recente visto che il Dio gliel’aveva mostrato orgoglioso prima di presentarsi. “Simbolo del ventunesimo secolo” aveva detto. Camus non era sicuro che i tatuaggi all’henné fossero uno dei caratteri distintivi del secolo, ma contraddire un dio, specialmente se nemico, non era mai una buona idea.
- Però non posso permettervi di sbloccare il sigillo di Crono- continuò Zeus – Ne vale della mia incolumità. Avrei preferito di gran lunga trovarmi sul campo di battaglia a mietere vittime tra le vostre fila, ma ahimè, non posso permettermi questo lusso-
- Oh che peccato- commentò a mezza voce Milo
- Avrete l’onore di essere uccisi da Me in persona-
- Ti avviso, non sarà affatto facile- lo mise in guardia lo Scorpione
- Ma io sono un Dio, sprovveduto Cavaliere-
Mai provare ad avere l’ultima parola quando si discute con Milo - E noi ne abbiamo sconfitti di Dei, sprovveduto Dio-
Zeus accennò un sorriso – Sei sfacciato, mi stai simpatico. Peccato che devi morire. Il tuo collega invece… mi ricorda qualcuno… Qual è la tua costellazione, Cavaliere?-
- Acquario- rispose Camus
- Oh Acquario certo!- il Dio si batté una mano sulla fronte – Bello e raffinato come il mio adorato Ganimede! Conosci il mito?-
- Sì- rispose freddamente il francese
Secondo il mito Ganimede era un affascinante giovane, figlio di Troo, re di Troia. Zeus non poté resistere alla sua bellezza, così lo rapì e lo portò con sé sull’Olimpo, facendone il coppiere degli Dei nonché, secondo diverse versioni, il suo amante. In genere la costellazione dell’Acquario viene identificata col personaggio di Ganimede.
Zeus sospirò - Ah, mi manca tanto. Però avrei proprio bisogno di un nuovo coppiere…- disse guardando in tralice Camus – E tu saresti proprio adatt…-
- Non ci provare- lo interruppe Milo
Anche lui conosceva il mito.
- Prego?- disse innocentemente Zeus – Gli sto offrendo la possibilità di entrare al mio servizio e avere salva la vita, tu non ti intromettere-
- Mi intrometto eccome!-
“No, Milo”
Il Dio si avvicinò a Camus – Che ne dici? Vivere sull’Olimpo?-
Milo si spostò e, testardamente, si mise davanti al Cavaliere dell’Undicesima Casa
- Milo…-  il francese tentò, invano, di farlo desistere
- Mi stai forse ostacolando, umano?-
- Non provare ad avvicinarti a Cam-
Zeus alzò un sopracciglio - Altrimenti?-
Prima che Milo potesse rispondere, Camus lo affiancò e fronteggiò il Dio – Ho fatto un giuramento di fedeltà ad Atena, avere salva la vita non è nei miei interessi-
- Rifiuti la mia offerta?- domandò il Signore del Cielo a metà tra il sorpreso e l’offeso
- Non ho mai pensato di accettarla- ribatté il Cavaliere
La metà sorpresa di Zeus si convertì all’offesa. Il Dio corrugò le sopracciglia e richiamò il cosmo – Nessuno può permettersi un simile affronto. Muori allora, Aquarius-
Un tuono rimbombò al di fuori del tempio. Improvvisamente un fulmine squarciò il soffitto diretto verso Camus, troppo veloce, troppo potente. Tentò di proteggersi con uno scudo di ghiaccio impenetrabile, ma quando il fragore della saetta risuonò nella stanza non era il suo scudo ad essere stato colpito, né tantomeno lui. Milo si trovava davanti a lui, le braccia incrociate a x nel tentativo di difendersi dalla potenza del colpo divino. Camus si rese conto di quello che era successo solo quando lo vide cadere in ginocchio. Milo era sempre stato più veloce di lui, ma anche più testardo, più stupido…
- No- un monosillabo pronunciato con un filo di voce
Milo lasciò andare un lamento di dolore mentre poggiava le mani in terra per sorreggersi
- Milo!- si chinò accanto a lui, avvolgendolo con le braccia – Che cosa hai fatto?-
Non voleva piangere, detestava cedere alle lacrime, ma sentiva che erano in arrivo. Gettò un rapido sguardo alla ferita: attraversava il petto del greco trasversalmente, l’armatura distrutta nel punto in cui la folgore si era abbattuta.
- Ti ho… salvato- ansimò lui
Camus iniziò a vedere appannato. Perché doveva avere la nomea di Cavaliere più freddo e distaccato se poi non era vero? Si trovava nel bel mezzo di una battaglia, non poteva mettersi a piangere. Milo era stato colpito, lui doveva  restare impassibile…
Ma cosa pensava? Come poteva rimanere indifferente davanti a una cosa simile? Milo, il suo compagno, gli aveva fatto da scudo e ora rischiava di morire. Il suo Milò stava morendo per causa sua…
- Stupido, stupido, sei un idiota- singhiozzò Camus
- Gentile da parte tua… avermelo ricordato-
- COME OSI?- urlò irato Zeus – Quel fulmine non era destinato a te! Ma adesso morirete tutti e due, non preoccupatevi, non potrete salvarvi a vicenda-
Camus fu costretto a lasciare Milo. Si alzò in piedi fronteggiando il dio a testa alta. Zeus era più forte di lui, ma non importava. Se il suo destino fosse stato morire combattendo, Camus lo avrebbe accettato.
- Umano, pensi davvero di essere in grado di sconfiggermi?-
L’Aquario sentì un cosmo divino ormai noto avvicinarsi.
- Io sì-
La voce di Artemide fu la benvenuta alle orecchie del Custode dell’Undicesima Casa
- Artemide? Figlia mia, cosa ci fai qui?- chiese spaesato Zeus
La Dea si rivolse a Camus – Tu pensa al sigillo, mi occupo io di lui-
Camus non se lo fece ripetere due volte. Milo aveva bisogno di cure, doveva fare in fretta se voleva almeno provare a salvarlo.
“No, non provare. Milo si salverà, punto. Non ho intenzione di lasciarlo andare”
Milo si lamentò mentre cercava di alzarsi
- Tu non ti muovere- gli disse Camus mentre creava un pugnale di ghiaccio abbastanza appuntito per tagliare la pelle
- Cam…- lo chiamò
- Non parlare. Resisti e basta-
- No Cam non farlo… Usa il mio sangue… tanto, sto già morendo-
- No!-  Camus prese il suo volto tra le mani – Tu non morirai, capito? Nessuno di noi due morirà, ce lo eravamo promesso, ricordi?-
- Non sono bravo… a mantenere le promesse- riuscì a dire il greco tra un respiro e l’altro
- Vedi di diventarlo- lo zittì
Milo non ribatté. Il francese pensò di averlo convinto, ma la cosa non gli tornava, il greco era troppo testardo per lasciarsi persuadere così facilmente. Gli lanciò una rapida occhiata mentre si tagliava la pelle diafana per lasciar scorrere il sangue nel sigillo. Milo teneva gli occhi chiusi, una mano sul petto, il volto contratto in una smorfia di dolore.
- Resisti Milò-
- Cam… perché l’hai fatto… così morirai- mormorò il biondo
- Non morirò-
“…spero” fu tentato di aggiungere. Aveva capito come aggirare il problema del sigillo già da un po’, ma aveva bisogno di sua sorella. Se le sue supposizioni erano esatte, il sangue di due fratelli si sarebbe rivelato ugualmente efficace. Al momento però non poteva fare altro che sperare nell’arrivo di Daphne se voleva sopravvivere.
Sentì la voce di Milo provenire da lontano - Cam-
Aprì gli occhi. Quando li aveva chiusi?
- Cam… parlami-
Si sentiva debole, molto debole. Guardò il sigillo e vide che una buona parte era attraversata dal suo sangue, doveva averne perso molto.
“Daphne, ti prego”
Le palpebre erano così pesanti…
“Devo rimanere cosciente…”
Le forze lo stavano abbandonando, si accasciò su un fianco mentre il sangue continuava a scorrere dal suo braccio.
- Camus!- questa volta non era la voce di Milo
Daphne piombò accanto a lui – Scusa per il ritardo- borbottò mentre armeggiava con l’armatura.
- Cosa… ci fa lei qui?- chiese Milo, una nota di sorpresa nella voce
- Gli salvo la vita- rispose Daphne mettendo il braccio sopra il sigillo
- Ma…-
- Daphne è mia sorella. Lo stesso sangue scorre nelle nostre vene- spiegò piano Camus mentre cercava di riprendersi. Con i suoi poteri aveva raffreddato il braccio per limitare la circolazione mentre con la mano esercitava pressione per ridurre la fuoriuscita di sangue.
- Tu… lo sapevi- realizzò lo Scorpione – Ecco perché… non volevi che io…-
- Smetti di parlare e risparmia le forze- lo zittì Camus. Tuttavia il fatto che continuasse a parlare lo tranquillizzava, voleva dire che la ferita non lo avrebbe ucciso nel giro di qualche minuto come aveva temuto all’inizio. Fortunatamente i Cavalieri godevano di capacità di guarigione nettamente superiori rispetto alle persone normali, altrimenti Milo sarebbe morto sul colpo.
“Milo ce le farà. Quando avremo imprigionato Zeus lo porterò al Grande Tempio per farlo curare” si convinse. Ma una vocina proveniente da un angolo remoto della sua mente si intromise
“Non pensi a quello che ha detto Estia?”
La fine della vostra missione non è altro che l’inizio. Questa volta avrete bisogno dell’aiuto degli Dei. Tua sorella è una parte fondamentale del piano…
Tutte quelle informazioni continuarono a ronzargli fastidiosamente nella testa come uno sciame di api. La voce di sua sorella lo fece disperdere
- Certo che il mio sangue fa veramente schifo. Guarda com’è… “sanguinoso”- si lamentò
- Vi lamentate di tutto… voi donne- mormorò Milo, la sua voce sempre più debole
“Quella ferita è molto grave, nonostante lui cerchi di nasconderlo comportandosi come se niente fosse… spero che la battaglia a cui faceva riferimento Estia non sia immediatamente successiva alla sconfitta di Zeus, siamo troppo deboli”
Come per dare conferma alle sue teorie, Milo si piegò in due dal dolore. Il rosso si precipitò subito ad aiutarlo, ma il movimento improvviso gli provocò un capogiro e ben presto si ritrovò appoggiato al greco.
- State lì buoni e cercate di sopravvivere- borbottò Daphne
Camus non badò molto alle parole di sua sorella. Prestò più attenzione al fatto che il sangue aveva ormai raggiunto il piedistallo in fondo alla stanza. Il Cavaliere si sentiva ancora debole, ma riusciva a parlare senza problemi – Daphne, voi avete incontrato Estia?- si decise a chiedere
- No. Perché?-
- Lei ha detto che la guerra che stiamo combattendo non è contro Zeus-
- Intendi dire che il vero nemico è qualcun altro?-
- E questo qualcun altro si desterà dopo che l’anima del Dio del Cielo sarà imprigionata. Secondo Estia avremo bisogno dell’aiuto degli altri Dei per sconfiggere questa nuova minaccia- terminò
Daphne portò istintivamente una mano sopra la ferita per fermare il deflusso di sangue – Vuoi dire che imprigionando Zeus libereremo un’altra divinità?-
Camus annuì – Lei ha detto che la fine della nostra missione non è altro che l’inizio della guerra contro un nuovo nemico-
- E ovviamente non sappiamo chi è- commentò Daphne. Spostò la mano lasciando nuovamente libero il sangue di scendere.
- Estia diceva… che sperava… di sbagliarsi- intervenne Milo
Camus sentì il suo respiro farsi più lento e affaticato. Scrutò attentamente il suo volto e ciò che vide non gli piacque per niente. Milo era pallido, la pelle sudata, gli occhi socchiusi e le sopracciglia aggrottate in una smorfia di dolore. Non sarebbe resistito ancora per molto – Devo portarti via di qui, Milo-
- Cosa?... No- la sua voce era ormai un debole sussurro
- Hai bisogno di essere curato!-
- Anche tu… sei… debole- le sue parole furono appena udite dalle orecchie di Camus
- Sono abbastanza forte per entrambi-
- No… pensa a… te- mormorò lo Scorpione chiudendo gli occhi
- Milo!- gli prese una mano tra le sue – Resta sveglio!-
- Ti… amo- pronunciò con un filo di voce il greco, poi la sua testa si abbassò sulla spalla del francese.
- NO! Milo, resta con me! Regarde-moi Milò… Ti prego- implorò prendendo il suo volto tra le mani
Il petto del biondo Cavaliere era immobile, l’ultimo respiro utilizzato per dare l’ennesima prova dei suoi sentimenti.
- MILO!- gridò Camus, gli occhi ormai pieni di lacrime. Abbracciò il corpo dell’amato cercando di trattenerlo con sé, impedendogli di andare via, di abbandonarlo.
Un improvviso bagliore illuminò la stanza. Camus era troppo accecato dal dolore per rendersi conto dell’urlo di rabbia di Zeus. Udiva e vedeva quello che stava succedendo ma non sentiva né osservava, l’unica cosa di cui era conscio era il suo cuore di ghiaccio che si stava sbriciolando in mille schegge.
- Artemide! Mi hai tradito, perché?- urlò Zeus
- Il tuo dominio sull’Olimpo è finito- rispose Artemide
- Figlia mia, cosa ti ho fatto?-
La Dea lanciò un’occhiata al fondo della stanza. Non c’era più alcun muro, il piedistallo su cui era poggiata l’anfora per imprigionare l’anima di Zeus era l’unica separazione tra le lettere che costituivano il sigillo di Rea, Ζε, e quelle del sigillo di Crono, ύς. Tutte e quattro le lettere che componevano il nome del capo degli Dei erano intrise di sangue, così come le scanalature dell’anfora.
Artemide si avvicinò al piedistallo – Questa è la tua fine- decretò
Sollevò il coperchio nonostante Zeus la implorasse di non farlo. Una specie di uragano avvolse il Dio da capo a piedi trascinandolo verso la sua prigione, poi la figura del Signore del Cielo si avvolse su se stessa e fu inghiottita dall’anfora.
Camus non si rendeva conto di quello che stava succedendo. Stringeva ancora Milo tra le braccia, il volto affondato nei suoi riccioli dorati. Non era vero, era un incubo. Il giorno dopo si sarebbe svegliato con Milo al suo fianco, come sempre.
Sentì appena la voce di Saga – Allora? È fatta?-
Fu sua sorella a rispondere – A quanto dice Estia, questo è solo l’inizio-
- Cos’è… successo?- mormorò un debole Kanon – Milo, Camus… state bene?-
“Certo che stiamo bene, è un sogno, non ve ne rendete conto? Tutto questo non è reale”
Una mano si posò piano sul suo braccio – Camus… alzati, su- la voce di sua sorella
- No- singhiozzò lui in risposta
- Camus, so che è dura ma…-
Sentì dei passi avvicinarsi, poi Saga parlò – Milo è…-
- Zitti! Lasciateci stare!- lo interruppe il Cavaliere dell’Undicesima Casa, il suo volto ormai completamente bagnato dalle lacrime. Perché non volevano capire? Non era reale…
Ma allora perché stava piangendo?
- Milo non tornerà- continuò imperterrita Daphne
Quelle parole risuonarono come una campana nella sua testa. Era vero. Non era un sogno, quello che lui stava vivendo, quel terribile momento… era reale, era tutto reale.
La stretta di sua sorella si fece più decisa – Alzati! Non puoi fare più niente per lui-
Camus non la stava ascoltando. Milo era morto e con lui tutti i loro sogni. Sentiva un vuoto profondo dentro di sé. Era una sensazione nuova, gli era capitato spesso di non provare niente ma quel vuoto era qualcosa di diverso, non era dovuto alla sua impassibilità, no… Era qualcosa di più cupo e straziante. Un silenzio assordante che si propagava all’infinito nel suo essere lasciando dietro di sé una scia di dolore e disperazione. Quello che batteva nel suo petto non era più un cuore, era un semplice strumento che lo teneva in vita pompando il sangue nelle vene, nulla di più. Non avrebbe più accelerato il proprio ritmo quando Milo gli sorrideva.
“Non vedrò mai più il suo sorriso” un singhiozzo più violento dei precedenti lo scosse
- Camus- lo chiamò sua sorella
- È stata colpa mia!- gridò tra le lacrime – Si è messo davanti a me per proteggermi… non doveva andare così-
- Capisco il tuo dolore…- Camus era sicuro di non aver mai sentito la voce di Saga assumere un tono così comprensivo -  ma non puoi abbandonarti ad esso-
- Non posso- gemette il francese – Abbandonare il dolore sarebbe come abbandonare Milo, non posso lasciarlo andare-
- Combatti il dolore, non farti consumare l’animo-
Saga aveva ragione. Lui era un Cavaliere e come tale doveva continuare a combattere, non poteva abbandonarsi  al dolore della perdita che aveva subito. Si costrinse a lasciare Milo e ad alzarsi in piedi, ma la vista del suo corpo senza vita lacerò la sua anima. Fu come se tutta l’energia, tutto il suo cosmo, gli fossero stati strappati.
“È questo ciò che ha provato Milo quando mi ha trovato all’Undicesima Casa dopo lo scontro con Hyoga?”
Quella volta era stata colpa sua. Voleva far diventare il suo allievo padrone del settimo senso a tutti i costi, anche a costo della sua stessa vita. Non si era reso conto che così facendo aveva ferito Milo più di se stesso.
“Io gli ho fatto provare tutto questo e adesso… anche adesso è colpa mia. Quel fulmine avrebbe dovuto colpire me, non lui”
- Pardonne-moi , mon amour – mormorò – Ti ho fatto male così tante volte… io non ti merito, non ti ho mai meritato-
Avrebbe fatto ammenda per la sua colpa, non poteva vivere con la vita di Milo sulla coscienza. Si sarebbe sacrificato volentieri in quella battaglia se si fosse rivelato necessario, non aveva motivo di vivere senza di lui.
“Ma cosa sto dicendo? Milo non vorrebbe che buttassi via così la mia vita, cosa penserebbe? E Hyoga? Non posso abbandonarlo, non ora che l’ho trovato davvero. Devo essere forte, come un vero Gold Saint”
Si chinò sul corpo dell’amato e baciò piano le sue labbra fredde – Addio, amore mio-
“Vivrò per tutti e due, Milò. Veglierò su Hyoga come se fosse il figlio che non abbiamo mai avuto”
Si voltò dall’altra parte per evitare di fissare oltre il volto senza vita di Milo, privo del solito calore, del suo sorriso smagliante che illuminava anche i giorni più bui. Mentre si girava giurò di aver visto una lacrima solcare le guance di Saga.
La voce di Artemide riportò i quattro Cavalieri alla realtà – Daphne- chiamò. Non sembrava più sicura come prima, era accasciata a lato del piedistallo, l’anfora con dentro l’anima di Zeus tra le mani.
- Mia Signora-
- Che cosa ho fatto?-
- Avete sconfitto Zeus, no?-
- Ho imprigionato mio padre… ma c’è dell’altro- disse con voce tremante
- Non credo di capire- rispose tentennante la giovane
La Dea abbassò lo sguardo - Io… non ero in me. Lei mi controllava. Perdonatemi, non volevo-
- Lei chi?- chiesero in coro i gemelli
Improvvisamente, Daphne cadde a terra. Saga si chinò subito accanto a lei – Daphne!- la chiamò. Provò di nuovo, ma non ottenne risposta. Puntò il suo sguardo furibondo su Artemide – Cosa le hai fatto?-
La Dea si appiattì contro il piedistallo – Io non volevo, mi dispiace…-
Saga si alzò in piedi – Cosa ci stai tenendo nascosto?- chiese
- Non è colpa mia, lei mi faceva agire secondo la sua volontà-
- Dimmi chi- sibilò il Grande Sacerdote, la daga d’oro apparsa magicamente in mano
- Non è contro di me che dovresti usare quell’arma… ma contro di lei- disse Artemide accennando a Daphne
Camus osservò sua sorella alzarsi in piedi. C’era qualcosa di strano, quella non era Daphne, il cosmo che la circondava non le apparteneva, gli occhi intrisi di un bagliore scuro, antico.
Lei inspirò profondamente - Finalmente libera-
- Chi sei?- domandò Camus – Che ne hai fatto di mia sorella?-
Temeva di conoscere già la risposta alla seconda domanda. Ecco perché Daphne era stata riportata in vita… sua sorella era la reincarnazione della divinità a cui aveva fatto riferimento Estia. Artemide l’aveva scelta perché le era stato ordinato di farlo. Restava da capire quale divinità si trovavano davanti.
- Tua sorella è andata, Cavaliere. Adesso inchinatevi tutti al cospetto della Madre Terra- ordinò
- Tu sei Gea- realizzò Camus
La Dea della Terra, della potenza divina, la dea primordiale, la più potente in assoluto. Estia aveva ragione, non ce l’avrebbero mai fatta senza l’aiuto degli altri Olimpi. A giudicare dallo sguardo terrorizzato di Artemide, quella era una battaglia persa in partenza.
 
 

Nota dell’autrice: scusate se aggiorno con un po’ di ritardo, ma la scuola mi ha tenuta particolarmente occupata in questi giorni. Detto questo… una valanga di allegria in questo capitolo, vero?  T.T
È finalmente uscita allo scoperto la nostra nemica: Gea… che ne dite, ve lo aspettavate? Fatemelo sapere!
A presto!  =^-^=

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Capitolo 18
*** Il sacrificio di Gemini ***


Capitolo 18 – Il sacrificio di Gemini
 
 
Shaka capì che qualcosa non andava. Aveva tenuto sotto controllo i cosmi dei suoi compagni d’arme in missione durante tutta la battaglia per percepire ogni loro minima alterazione e quello che era appena successo non era un buon segno. Il cosmo di Milo era praticamente svanito e quello di Kanon si era indebolito, ma per quale causa? Camus sembrava destabilizzato mentre sua sorella, il Cavaliere di Artemide, sembrava essere stata schiacciata da qualcosa di ampiamente più forte di lei… Un cosmo divino? La situazione era molto confusa. Shaka aveva chiaramente percepito l’anima di Zeus venire imprigionata eppure la minaccia non era stata ancora estirpata. La verità si fece allora spazio nella sua mente turbata.
“Non era lui il nostro nemico”
Sondò attentamente il cosmo che si era appena rivelato… un cosmo potente e antico. Capì subito che quel nemico non rientrava nella sfera di competenza dei Cavalieri.
“Di qualunque divinità si tratti, i soli umani non sono in grado di sconfiggerla” realizzò
Doveva informare Atena. Se volevano sconfiggere quella minaccia avevano bisogno del suo aiuto più che mai.
Si diresse deciso verso la Tredicesima Casa abbandonando il campo di battaglia.
- Dove vai, Shaka?- lo fermò Mu
- Atena deve sapere ciò che sta succedendo agli altri Cavalieri, hanno bisogno di aiuto-
- La situazione è molto grave?- chiese l’abitante del Jamir
- Non si può definire ciò che non si conosce appieno, ma posso dire che gli eventi hanno preso una piega a noi nettamente sfavorevole- rispose l’indiano
Shaka percepì il Cavaliere dell’Ariete annuire e farsi da parte per lasciarlo passare. Una volta che il cammino fu libero accelerò il passo in direzione della Tredicesima Casa: se le sue supposizioni erano vere, non poteva permettersi di perdere tempo.
- Virgo, cosa ci fai qui?- chiese Saori quando lo vide oltrepassare la soglia
- Mia Signora, il fato ci si sta rivolgendo contro, dobbiamo agire in fretta per il bene di tutti- disse inginocchiandosi
- Hai percepito cosa è successo?-
Il Cavaliere della Sesta Casa annuì
La Dea si alzò dal trono e si diresse verso di lui - Cosa posso fare?- domandò più a se stessa che a Virgo - I miei Cavalieri non sono abbastanza forti per combattere la divinità che si è destata… e io nemmeno-
- Voi siete la Dea della Giustizia, non c’è bene più grande al mondo che possa vincerla- ribatté Shaka
- Shaka tu non capisci… La divinità che si è risvegliata… –  sospirò –  …si tratta di Gea, dobbiamo combattere la Madre Terra, non possiamo vincere-
Shaka si alzò in piedi. Non poteva accettare che la sua Dea si definisse sconfitta già in partenza.  – Molti dei vostri Cavalieri direbbero che non si può definire impossibile una vittoria senza aver provato a conquistarla-
- Se anche intervenissi di persona non potrei batterla, è troppo forte per me. Avrei bisogno dell’aiuto di qualcun altro-
- Artemide è già lì- le fece notare il Custode della Sesta Casa
- Artemide è sua alleata, l’ha aiutata a risvegliarsi!- esclamò Saori
Il Cavaliere scosse la testa – No, mia signora. Aiutare Gea non era nelle sue intenzioni-
Atena parve sorpresa - Come fai a saperlo?-
Shaka non sapeva come dirglielo. Lui aveva visto il cuore di Artemide, non c’era malvagità in esso. Quando aveva percepito il risveglio di una divinità così antica un pezzo del puzzle dell’infinito aveva trovato il suo posto nel creato. Il turbamento di Artemide, la sua continua ambiguità tra Dea benevola e spietata calcolatrice. Aveva capito che le domande che la signora della notte gli aveva rivolto erano una forma di ribellione al controllo che Gea esercitava su di lei, un modo per fargli capire che lei non era il mostro di freddezza che poteva sembrare, il suo modo per mandare un’implicita richiesta di aiuto. Shaka non poteva ignorare quella richiesta. Purtroppo aveva capito troppo tardi il significato di quelle domande della Dea, troppo accecato dai suoi sentimenti per vedere la verità che si celava dietro le parole.
- Dovete fidarvi di me, mia Signora. Sono sicuro che Artemide si unirà a voi, ma da sola non può fare niente per opporsi a Gea. Atena, voi dovete intervenire-
- Il mio compito è difendere l’umanità- disse Saori  – Se morissi nel tentativo di proteggerla, cosa succederebbe?-
- Vi sarete sacrificata per la causa a cui siete votata- rispose l’indiano – Secondo la logica di un Cavaliere, morire combattendo è più onorevole che perdere restando a guardare-
Atena chiuse gli occhi e fece un respiro profondo - Hai ragione. Se non facessi niente condannerei l’umanità e i miei Cavalieri, non posso avere questo peso sulla coscienza- la Dea lo sorpassò e raggiunse le porte della Tredicesima Casa, poi si voltò a guardarlo – So di privare il Santuario di un’importante Cavaliere per la sua difesa, ma è anche vero che la battaglia non è mai stata realmente qui. Virgo, sarai con me?-
- Fino all’ultimo respiro di questa vita-
***
 
Gea incombeva minacciosa su tutti loro. Camus riteneva che il portamento maestoso e l’armatura color ossidiana di Daphne rendessero la scena ancor più grave e minacciosa - Non vi avevo forse ordinato di inginocchiarvi davanti al mio cospetto?- domandò la Dea usufruendo della voce di sua sorella, deformata dalla sete di potere e dalla rabbia racchiuse nelle parole.
- Non mi inchinerò mai davanti a te- sibilò Saga – Di certo non finché utilizzerai il suo corpo come tramite-
Camus e Kanon lo affiancarono: anche se tutti e due un po’ malconci, avrebbero combattuto fino all’ultimo senza esitazioni.
- Oh, ti inchinerai davanti a me, non ti preoccupare, la tua sete di potere è troppo grande-
- Non ti servirò mai- ribatté il Grande Sacerdote
Kanon guardò in tralice il fratello - Mi sono perso qualcosa?-
Gea sorrise. Camus lo trovò alquanto irritante, il sorriso di sua sorella era deformato dalla malvagità dell’essere che adesso controllava il suo corpo – Hai tenuto le nostre chiacchierate nascoste, Saga? Non racconti più a tuo fratello i tuoi sogni come facevate da piccoli?-
- Saga, di cosa sta parlando? Sapevi già che lei si stava risvegliando?-
Il gemello maggiore abbassò lo sguardo – Sapevo che una divinità si stava risvegliando, ma non sapevo chi. Gea mi parlava nei sogni tentando di corrompermi, mi ha promesso potere nel nuovo mondo che costruirà in cambio dei miei servigi-
- Quali servigi?- indagò il fratello
- Quella piantagrane di Artemide ha cercato di ostacolarmi- spiegò Gea - Ha fatto di Daphne un suo Cavaliere e donandole un’armatura immersa nelle acque dello Stige l’ha legata a sé con un giuramento di fedeltà inviolabile. Non posso uccidere Artemide di persona con questo corpo-
“Interessante” notò Camus: le azioni della Dea della Caccia iniziavano ad avere finalmente un senso logico. Artemide, sotto l’influsso di Gea, aveva fatto in modo che il posto di Cavaliere dello Scorpione fosse ricoperto da qualcun altro (Milo), lasciando così libera Daphne da uno scomodo giuramento di fedeltà ad Atena. Successivamente, in una fase di lucidità, la Signora della Notte si era mossa per ostacolare il disegno di Gea, legando a sé la ragazza in qualità di suo Cavaliere.
- Gea voleva che assassinassi Artemide e Atena- terminò Saga
Kanon aggrottò la fronte- Perché ucciderle?- domandò rivoltò alla Madre terra -  Non siete forse la Dea più potente in circolazione?-
Gea non si lasciò affabulare dalla lusinga - Certo che sì, ma nel mio nuovo regno non ci saranno altri Dei all’infuori di me. Saga avrebbe dovuto uccidere Artemide e fare lo stesso con Atena. Vista la fiducia che quella ragazzina ripone in voi Cavalieri, sarebbe stata una passeggiata farla fuori-
Camus iniziò a intravedere una speranza. Se Gea voleva servirsi di Saga per uccidere quelle due Dee voleva dire che c’era veramente la possibilità di sconfiggerla. Come aveva già preannunciato Estia, sarebbe stato necessario creare un’alleanza divina per battere la Madre Terra e questo la loro nemica lo sapeva, dato che aveva cercato di eliminare due nemici ben prima del suo risveglio. Gea non voleva creare un mondo senza Dei su cui regnare, voleva dominare un mondo privo di nemici in grado di contrastarla.
- Se proprio volete i miei servigi- riprese Saga – Dovrete rispettare una condizione-
Kanon lo fulminò con lo sguardo - Non avrai intenzione di unirti a lei, vero?-
- Sentiamo un po’- disse Gea carezzandosi il mento con aria pensierosa – Vorresti forse che lasciassi libera la tua fidanzatina? Davvero commovente, ma te lo puoi scordare-
- Perché? Perché proprio lei?-
Camus non poteva dargli torto. Aveva appena perso Milo, non voleva perdere anche sua sorella.
- Perché è stato scritto così, Daphne è il mio unico tramite, il Fato non si può cambiare-
“Daphne sarà anche il suo unico tramite, ma gli Dei hanno un corpo divino originario. Ade utilizzò il suo nei campi Elisi per combattere contro Atena, Artemide lo sta facendo adesso… Perché Gea non ha obbligato Saga a risvegliare il suo corpo originario?” pensò Camus. Decise di tentare la sorte con una domanda azzardata – Perché non avete chiesto a Saga di risvegliare il vostro corpo divino?-
Gea sbuffò - Sono una dea primordiale, umano. Io non sono nata confinata in un corpo, sono nata in un’era in cui spirito e corpo erano due cose distinte, o meglio, un’era in cui il corpo ancora non esisteva. Ora i tempi sono cambiati, un’anima, per quanto potente, deve avere una manifestazione fisica per poter agire. Nel nuovo mondo che creerò, si tornerà alle origini. Metterò fine alla subordinazione dello spirito al corpo-
- Davvero interessante. Mai pensato di fare una campagna elettorale?- borbottò Kanon
Camus non si lasciò però sfuggire il luccichio che attraversò gli occhi del gemello minore. Come l’Acquario sperava, anche Kanon aveva capito qual era il punto debole di Gea: la Dea aveva bisogno di un corpo per mettere in atto il suo piano. “Dobbiamo riuscire a liberare Daphne dal suo controllo. Quando ci saremo riusciti, Gea sarà vulnerabile”
- Comunque hai sbagliato- disse la Dea rivolgendosi a Saga – Dovevi accettare la mia offerta quando ne avevi l’opportunità. Ora le condizioni cambiano, tu mi servirai non per scelta, ma per costrizione. Come ho controllato Artemide, controllerò anche te, piccolo e inutile umano-
Camus percepì il cosmo oscuro di Gea avvelenare l’aria. Si preparò a dover fronteggiare un attacco, ma non successe niente. O almeno, a lui non successe niente.
- No- mormorò Saga arretrando di un passo
- Invece sì. La malvagità che alberga nel tuo cuore è troppo invitante per lasciarsela sfuggire, forse è per questo che Daphne era così attratta da te, come darle torto. Mi renderai ottimi servigi-
Saga si inginocchiò e affondò la testa nelle mani lasciando cadere la daga d’oro precedentemente sfoderata – No… no, non di nuovo-
Kanon gli si avvicinò - Lascia stare mio fratello- ringhiò rivolto a Gea
- Non lo farò- rispose la Dea. Agitò la mano e sia Kanon che Camus si ritrovarono schiacciati contro la parete senza possibilità di muoversi.
- Perché lui?- continuò il minore dei gemelli – Usa me al suo posto-
- Perché voi umani siete così… emotivi. Voi non potete immaginare quanto sia difficile controllarvi, ho bisogno di qualcuno che approvi il mio operato e mi obbedisca per sua volontà-
- Io… non… ti…obbedirò-  disse Saga a denti stretti, come se stesse soffrendo nel cercare di scacciare il fantasma di se stesso che tornava a perseguitarlo
- Non te, ma l’altro te lo farà volentieri- precisò Gea sorridendo soddisfatta
Saga si voltò verso il fratello – Mi dispiace-
- No! Combattilo, Saga-
- È troppo forte…- gli lanciò un’occhiata disperata – Perdonami-
- NO!-
Il Grande Sacerdote si girò e raccolse la daga d’oro, la chioma di capelli che gli scendeva sulle spalle più scura. Si voltò di nuovo verso di loro, un rossore sinistro che dardeggiava nei suoi occhi – Dicevi, Kanon?-
Camus non riuscì a decifrare l’espressione sul volto di Kanon: le labbra furono attraversate da un tremore finché i denti non si conficcarono a forza nella carne facendola sanguinare. Probabilmente Milo sarebbe riuscito a capire il significato di quel gesto. “Milo non c’è più, mettitelo in testa. Non c’è più per colpa tua…”
Rischiò di annegare nuovamente nel senso di colpa, ma Gea riprese la parola, riportandolo al presente  – Torniamo a noi, Saga. Artemide è lì davanti a te, incapace di fare alcunché per difendersi… uccidila-
Effettivamente Artemide sembrava entrata in una specie di trance, non parlava, non si muoveva, osservava passivamente ciò che succedeva tantoché Camus si era quasi dimenticato della sua presenza. Saga avanzò verso la Dea, la daga d’oro in pugno. Lei non si mosse, probabilmente subiva ancora il controllo di Gea.
“Non possiamo permettere che la uccida, se vogliamo sconfiggere Gea avremo bisogno anche del suo aiuto”
Kanon sembrò avere i suoi stessi pensieri – Saga, non farlo-
- Perché? La Mia Signora me l’ha ordinato-
- Tu servi Atena, non Gea!- esclamò il gemello minore riuscendo a vincere la forza che lo teneva bloccato alla parete
Saga si avvicinò ad Artemide - Oh, tu proprio non capisci, fratellino-
Il Cavaliere dei Gemelli fece un passo verso il fratello scuotendo la testa - Invece capisco eccome! Tu non riesci a sconfiggere te stesso perché ti rifiuti di combattere!-
- Taci Kanon, se non vuoi che questa lama colpisca te- minacciò il Grande Sacerdote
- Com’è irritante- sospirò Gea – Ora capisco perché l’hai rinchiuso a Capo Sounion- liquidò l’argomento con un semplice gesto della mano che mandò il gemello minore a sbattere contro il muro.
Ovviamente ciò non era sufficiente per zittire Kanon. Caparbiamente, si rialzò e attaccò nuovamente il fratello – Combatti contro di me, allora-
Camus non sapeva cosa fare. Non conosceva Saga a sufficienza per cercare di riportarlo dalla loro parte, gli unici in grado di farlo erano Daphne, ma lei era fuori combattimento, e Kanon. Si sentiva piuttosto inutile a stare lì a guardare l’evolversi della situazione con le mani in mano, ma lui non aveva strumenti per aiutare Saga. Inoltre, nella precaria situazione in cui si trovavano, non potevano certo permettersi di combattere contro di lui.
- Ora basta- sibilò Gea – Esegui i miei ordini, Saga- intimò la Dea prima di voltarsi verso Kanon e Camus. I suoi occhi, o meglio, quelli di Daphne, si accesero di un cupo bagliore. Ben presto i due Cavalieri si ritrovarono completamente immobilizzati.
- Mer… credi*- imprecò a mezza voce l’Acquario. Se anche avesse avuto una mezza idea di cosa fare non avrebbe potuto metterla in atto. Il cosmo emanato da Gea soltanto con lo sguardo gli impediva non solo di muoversi, ma di ricorrere ai suoi poteri in generale.
Saga, ormai davanti ad Artemide, sollevò la daga d’oro per ucciderla.
- Saga, dammi ascolto per una buona volta- la voce di Kanon era quasi implorante
Il Grande Sacerdote lanciò un ultimo sguardo di sfida al fratello, poi abbassò l’arma
- Ma cos…?- Con enorme sorpresa da parte di tutti i presenti, il pugnale non colpì la Dea, ma rimase fermo a mezz’aria. A Camus sembrò di vedere una specie di barriera dorata proteggere Artemide, ma non sembrava essere originata dal suo cosmo, anzi… quello scudo aveva qualcosa di familiare…
- Non ucciderai Artemide con quel pugnale- disse la voce pacata di Shaka della Vergine – Di certo non eseguendo gli ordini di Gea-
“Cosa ci fa Shaka qui? Non dovrebbe essere a difendere il Santuario?”
Saga fronteggiò il Cavaliere della Sesta Casa – E chi me lo impedirà, tu?-
- No, sarò io- Atena fece il suo ingresso nella stanza, lo scettro di Nike nelle sue mani
Camus capì allora qual era il motivo della presenza di Shaka. Grazie ai suoi poteri doveva aver percepito il risveglio di un’altra divinità e convinto Atena ad intervenire in loro aiuto.
- Saga…- chiamò piano la voce di Daphne
Il Cavaliere dell’Acquario spostò lo sguardo su sua sorella, gli occhi erano tornati del normale nocciola, il cosmo di Gea momentaneamente assopito.
Anche l’attenzione del gemello maggiore fu catturata dalla ragazza – Daphne?-
- Perché lo stai facendo, Saga? Perché esegui gli ordini di Gea?- chiese lei
- Lo faccio per noi- rispose lui dopo un attimo di esitazione
- No… non è vero-
- Pensa…- disse raggiungendola -… con l’aiuto di Gea posso sconfiggere tutti gli altri Dei. Quando sarà rimasta solo lei, la toglierò di mezzo-
Daphne scosse la testa - No, Saga. Lei è troppo forte-
- Tu la stai combattendo-
- Sono riuscita a riprendere il controllo perché hai attaccato Artemide, il mio giuramento di fedeltà mi ha dato la forza di reagire… ma non ci riuscirò per molto- ribatté lei scivolando in ginocchio
- Insieme riusciremo a sconfiggerla-
Il Cavaliere di Artemide scosse la testa - Gea deve essere sconfitta subito e abbiamo bisogno del tuo aiuto per farlo-
- Chi ha bisogno del mio aiuto? Gli Dei? Per me possono morire tutti- sibilò Saga – Chi gli dà il diritto di governarci? Gli umani non sono forse un popolo?-
Daphne sembrò confusa - Sì, ma cosa c’entra?-
- Se ogni popolo ha il diritto di autogovernarsi, perché non deve essere lo stesso per la razza umana? Perché dobbiamo essere sottomessi agli Dei?-
Camus seguì il ragionamento di Saga-Arles. Aveva inconsciamente creduto che la parte malvagia del Grande Sacerdote fosse guidata dal puro desiderio di potere e sangue, ma vi era anche una sua logica, seppur contorta, sotto tutto quello.
 - Noi non siamo sottomessi agli Dei!- rispose Daphne
- Ah no? Allora dimmi, perché gli Dei non si combattono tra loro direttamente invece di utilizzare noi umani come giocattoli? Perché dobbiamo subire noi i risultati delle loro dispute? Mi sono stancato di essere una ridicola marionetta nelle loro mani, se gli Dei vogliono giocare, che lo facciano con le loro vite, non con quelle degli umani-
Daphne lo fissò negli occhi – Se gli Dei fossero tutti sconfitti, chi proteggerebbe l’umanità?-
- Proteggere? Chi ha parlato di proteggere? Io sto parlando di governo, controllo… Quello che già stanno facendo gli Dei-
- No, Saga. Atena protegge l’umanità-
Saga scoppiò a ridere – Proprio tu lo dici? Mi sembrava che tu avessi un conto in sospeso con lei, o sbaglio? Proteggere l’umanità… è quello che ci vuole far credere. Secondo te, perché gli altri Dei sono sempre in lotta con lei? A loro non interessa “difendere” l’umanità, a loro interessa controllarla, lo stesso vale per la nostra povera, piccola e innocente lady Saori-
- Rispondi alla mia domanda, Saga. Chi metteresti al posto di Atena?-
- Me- rispose Saga con un ghigno
- Perché tu?- mormorò lei – Perché tu dovresti “governare” gli umani?-
- Perché io sarò il loro salvatore, sarò colui che avrà liberato l’umanità intera dalla tirannia degli Dei-
- L’umanità dovrebbe essere libera, non governata-
- L’umanità sarà libera di autogovernarsi- precisò Saga – Per quanto potente, io sono pur sempre un umano, non lederei assolutamente il principio di autodeterminazione dei popoli in quanto l’umanità sarà governata e guidata da un umano-
Camus non poté fare a meno di notare quanto la sete di potere rendesse contorta una mente. Come faceva Saga a vivere così? Una parte dedita alla giustizia tantoché avrebbe sacrificato la vita per difendere il prossimo, l’altra consumata dal desiderio di potere, in grado di calpestare chiunque pur di raggiungere i suoi scopi…
Saga lasciò cadere il pugnale e prese le mani di Daphne – Insieme, io e te governeremo il mondo. Ogni dettaglio dipinto a nostro piacimento, saremo noi i padroni del nostro destino, nessuno ci impedirà di fare ciò che vogliamo, nessuno ci dirà cosa fare, non più-
La giovane lo guardò con aria disperata – No… Non è questo che voglio, non è nemmeno quello che vuoi tu-
- Perché? Vuoi che nostro figlio viva in un mondo subordinato al volere degli Dei, dove gli umani non sono altro che giocattoli nelle loro mani?-
- Se invece gli umani fossero giocattoli nelle tue mani andrebbe bene?- chiese Daphne con gli occhi lucidi
- Perché no?-
Lei scosse la testa scoraggiata - Perché ciò che dici è impossibile! Gea è troppo potente, non puoi usarla per sconfiggere gli altri Dei perché loro sono la nostra unica possibilità per vincere!-
- No, troverò un altro modo per sconfiggerla-
- C’è un modo- Daphne raccolse la daga d’oro e porse il manico a Saga – Gea è vulnerabile adesso-
Camus sapeva che presto sarebbe arrivato quel momento. Conosceva sua sorella e il suo senso del dovere: sapeva che non avrebbe esitato a sacrificarsi per salvare tutti dalla minaccia di Gea. Lui non voleva che andasse così, Daphne era l’unica famiglia che gli fosse rimasta. Tuttavia non poteva opporsi alla scelta di sua sorella… se si fosse trovato al suo posto, avrebbe fatto la stessa cosa.
Saga spalancò gli occhi, non avrebbe mai levato la mano contro la donna che amava, era chiaro - No… non puoi chiedermi questo-
- Solo così potrai sconfiggere Gea. Uccidimi e questo incubo avrà fine- insisté lei
Lui allontanò l’arma - Non posso farlo-
- Dici di voler proteggere l’umanità dalla tirannia degli Dei, ma non sei disposto a pagare il prezzo di una singola vita per salvarne miliardi?-
- Non se la vita è la tua- rispose Saga
- Allora non sei diverso dagli Dei, sei egoista come loro- concluse Daphne, le guance ormai solcate dalle lacrime
Un bagliore cremisi illuminò le iridi rosso sangue del Grande Sacerdote - Sto cercando di salvarti la vita e tu mi chiami egoista?-
La francese scosse la testa - Tu mi vuoi salvare perché hai paura di rimanere solo, lo fai per te stesso, non per me-
Le lacrime iniziarono a scendere anche sul volto di Saga. Ad ogni goccia salata che lasciava i suoi occhi, il sinistro rossore che li illuminava sembrava diminuire – È davvero questo ciò che pensi?-
- Saga, se mi ami davvero…- gli porse nuovamente il pugnale – uccidimi e liberami dall’influsso di Gea. Non resisterò ancora per molto-
- Tu prima non volevi che condannassi mio fratello, io non voglio sacrificarti-
- Ti prego… Gea sta per riprendere il controllo. In cambio della mia vita ne salverai miliardi-
Saga prese il pugnale – La tua vita vale più di tutte le altre… non posso avere il tuo sangue sulla coscienza-
- No…- mormorò Daphne
- Mi dispiace… non posso farlo -
Camus capiva. Capiva Daphne che aveva offerto la sua vita per permettere loro di sconfiggere Gea, ma capiva ancora di più Saga che, personalità malvagia o meno, si era rifiutato di farlo. Se al posto di Daphne ci fosse stato Milo, Camus avrebbe agito allo stesso modo. Capiva l’importanza di salvare l’umanità, ma capiva anche il peso che uccidere la persona che ami comporta. “Ecco perché in battaglia bisognerebbe essere freddi e distaccati da tutto e tutti. Non si può condannare molti per il bene di uno, ma questo il cuore non lo capisce. Qui sta la differenza fondamentale tra un Dio e un umano. Gli umani seguono i sentimenti, non la logica, e per questo spesso giungono a errori, ma le loro intenzioni non cambiano mai. Ogni essere umano cerca sempre di fare ciò che il suo cuore ritiene giusto, questa è la nostra più grande qualità, perché ci sprona a migliorarci, a trovare modi diversi per raggiungere i nostri obiettivi, ma al tempo stesso è anche la nostra più grande condanna”
- Saga… ti prego- implorò Daphne
- Troverò un altro modo per sconfiggerla, te lo prometto-
Daphne non riuscì più a opporre resistenza a Gea. I suoi occhi si scurirono, i suoi lineamenti furono nuovamente distorti dall’animo malvagio della Dea. Il cosmo di Saga tornò oscuro, il ritorno della Madre Terra aveva cancellato gli sforzi di Daphne per farlo tornare dalla loro parte.
Gea si alzò in piedi come se non fosse successo niente – Atena, sei stata così gentile a passare per farmi visita-
- Non sono qui per una visita di cortesia-
La Madre Terra sbuffò – Certamente… sai che con quel ridicolo scettro non mi farai niente, vero?-
Saori lanciò uno sguardo preoccupato ad Artemide. La Signora della Notte sembrava ancora spaesata, non in grado di combattere. Shaka le si avvicinò e iniziò a parlarle, ma Camus non riuscì a sentire le sue parole.
- Speriamo che Shaka la rimetta in sesto, o questa battaglia passerà alla storia come una delle più brevi di sempre- mormorò Kanon al suo fianco
Camus non poteva dargli torto. Atena non era sufficiente per sconfiggere Gea, se Artemide non si fosse ripresa… la loro Dea avrebbe dato la vita per niente.
- Saga- ghignò Gea – Perché non prendi la tua rivincita contro Atena? Mi sembra che tu, lei e quella lama abbiate un conto in sospeso-
- Con immenso piacere, mia Signora-
Camus tentò di muoversi e con somma gioia si rese conto che la forza che teneva imprigionati lui e Kanon era svanita. Forse quando Daphne aveva ripreso il controllo del suo corpo il potere di Gea era stato momentaneamente neutralizzato, come se fosse stato messo in stand-by. Saga avanzò verso Saori
- Saga, io ho fiducia in te- disse Atena senza indietreggiare di un passo – So che non lo farai-
- Allora morirete fiduciosa-
Camus stava per intervenire, ma sentì lo sguardo di Kanon su di sé.
- Mi occupo io di mio fratello- gli disse con aria grave – Tu pensa a quello che succederà dopo-
Il Cavaliere dell’Acquario non ebbe il tempo di rispondere a quell’ordine criptico che Kanon era già corso a proteggere la Dea. Si mise davanti a lei, la schiena dritta e lo sguardo fisso negli occhi del fratello
- Togliti di mezzo, Kanon-
- Prima di toccare Atena passerai sul mio cadavere-
- Levati, ho detto- ringhiò Saga
- No- replicò l’altro, risoluto – Prima di uccidere la Dea della Giustizia dovrai macchiarti del sangue di tuo fratello-
Saga sembrò tentennare, per un momento la mano che sorreggeva la daga tremò, poi tornò stabile – Come desideri-
Camus era sicuro che Kanon si sarebbe difeso. Era sicuro che il suo scopo fosse distrarre Saga facendolo combattere contro di lui, ma si sbagliava. Per l’ennesima volta ebbe la conferma che non sapeva leggere le intenzioni delle persone. Anche Saga sembrò sorpreso di vedere il pugnale trapassare l’armatura del gemello senza che lui opponesse resistenza. Kanon cadde in ginocchio, il sangue che iniziava a sporcare la lama maledetta scendendo poi sull’armatura. Il gemello minore non emise un singolo lamento, soltanto un ghigno attraversò il suo volto – Ti ho fregato -
Il bagliore rosso che tingeva gli occhi del Grande Sacerdote svanì di colpo, i capelli riacquistarono la normale sfumatura blu – Kanon- mormorò inginocchiandosi accanto al fratello. Estrasse la daga d’oro e la lanciò lontano come a cercare di scacciare l’ennesimo crimine di cui le sue mani si erano macchiate, per cancellare il nuovo peccato che sporcava la sua coscienza  – Fratello, cos’hai fatto?-
Kanon accennò un sorriso – Ho saldato… il mio debito- tossì – Una volta ti… ti ho condotto sulla via del male…-
Saga abbracciò il fratello – Non è stata colpa tua- disse lasciando libera una lacrima
- Sì invece… Adesso ti ho aiutato… a ritrovare la luce-
- Come facevi a sapere che avrebbe funzionato?-
- Non lo sapevo… ho solo… avuto fiducia… in te- ansimò il minore dei due
- Kanon io…- singhiozzò Saga – Ho tradito la tua fiducia per la seconda volta… ti ho…- non riuscì a finire la frase
- Non pensare… a me- mormorò Kanon chiudendo gli occhi
- GEMINI!- urlò furibonda Gea – Uccidi Atena! Non mi importa se tuo fratello è morto-
- Importa a me!- ribatté il gemello maggiore – Non eseguirò i tuoi ordini, Gea. Scordatelo!-
- Vorrà dire che morirai come tutti i tuoi amici- sibilò la Madre Terra. Raccolse il suo immenso cosmo e si preparò a colpire i Cavalieri della Terza Casa
Atena però si mise davanti a loro – Ferma, Gea. Non è con loro che devi combattere-
- Sai che la tua sola forza non basterà per sconfiggermi, vero?- disse Gea sorridendo
- Non sarà da sola- intervenne la voce di Artemide
- Oh, hai ripreso tutte le forze all’improvviso? Tanto nemmeno i vostri poteri uniti riusciranno a sconfiggermi- le canzonò la Madre Terra
Artemide impugnò il suo arco argentato e affiancò Atena - Questo è da vedersi-
- Non c’è da vedere proprio niente- Gea  raccolse il suo cosmo e si preparò ad attaccare le due Dee. Quando lanciò il suo attacco distruttivo, Atena e Artemide tentarono invano di proteggersi. Furono scagliate contro il muro, proprio come era successo prima a Camus e Kanon, con la sola differenza che il potere usato dalla Madre  Terra era cresciuto in maniera esponenziale. Tuttavia anche Gea fu costretta ad arretrare dopo aver lanciato il suo attacco, probabilmente il confinamento in un corpo umano che si rifiutava di obbedirle limitava la sua forza. La Dea si accasciò contro la parete opposta, inspirando rapidamente, come se avesse il fiatone.
Approfittando della momentanea tregua, Shaka si avvicinò ad Artemide, aiutandola ad alzarsi. Camus notò che il custode della Sesta Casa teneva gli occhi aperti, cosa alquanto insolita. Scacciò il pensiero e andò ad aiutare la sua Dea.
- Non potete farcela da sole- mormorò l’indiano
- Lo so- fu la secca risposta della Dea della Notte
- Virgo- lo chiamò Atena mentre Camus l’aiutava a rialzarsi – Voi dovete allontanarvi subito da qui-
- Il nostro scontro potrebbe avere effetti distruttivi- continuò Artemide – Mettetevi in salvo-
“No, in quanto Cavaliere di Atena non posso abbandonarla a combattere una battaglia persa” pensò Camus. Si rivolse a Saori – Mia signora, noi siamo i vostri Cavalieri, non vi abbandoneremo mai-
- No, Aquarius. Avete già subito troppe perdite- disse Atena con le lacrime agli occhi – Milo, Kanon… Non posso tollerare che i miei Cavalieri sacrifichino così le loro vite-
- Ma non riuscirete a sconfiggere Gea voi due soltanto- replicò Shaka
- Già- commentò Artemide, poi si rivolse al soffitto  – Fratello si può sapere dove sei? Perché sei sempre introvabile quando servi?-
Per un momento Camus pensò che fosse impazzita, poi fece mente locale e ricordò che praticamente tutte le divinità avevano una qualche sorta di potere telepatico.
Una luce improvvisa attraversò la stanza, poi Apollo comparve sulla soglia - Sorellina, stavo giusto arrivando-
- Perché ci hai messo tanto?-
Apollo lanciò uno sguardo al corpo senza vita di Milo – Ho sentito cosa gli è successo-
Camus iniziò a intravedere una speranza. Apollo era il Dio della medicina, se c’era qualcuno che poteva salvare Milo, quello era lui. Avrebbe pagato qualsiasi prezzo pur di poter stringere nuovamente Milo tra le sue braccia – Tu puoi guarirlo?- chiese speranzoso, accorgendosi in seguito di aver mancato di rispetto al Dio rivolgendoglisi in quel modo – Cioè, voi, divino Apollo, pot…-
- Dopo tutto quello che non ho fatto per lui, non posso abbandonare mio figlio- disse il Dio con aria mesta
- Tuo figlio?- chiese Saori confusa
- Lunga storia, Saorina bella- liquidò l’argomento il Dio – Mi sono recato da Asclepio, avevo bisogno di una cura efficiente, ecco perché ci ho messo tanto ad arrivare, Artemide-
- Quale cura?- chiese Camus, incapace di far connettere il cervello. Il pensiero di poter rivedere Milo era più forte di qualsiasi altra cosa
- Il sangue che scorre nelle vene del fianco destro di Asclepio ha poteri curativi, può guarire mali mortali e, in alcuni casi, può addirittura riportare indietro le persone che se ne sono già andate-
Gli occhi di Camus si illuminarono – Quindi potete salvarlo?-
Apollo si avvicinò al corpo del Cavaliere dello Scorpione – Considerando che Milo è mio figlio, deve aver ereditato parte dei miei poteri curativi. Le poche gocce di sangue che Asclepio mi ha concesso dovrebbero essere sufficienti- porse una boccetta a Camus – Tu gli vuoi bene più di chiunque altro, è giusto che sia tu a somministragli la cura-
- Ma…-
- Insisto. Io non merito un simile onore-
Il francese accettò di buon grado – Grazie, divino Apollo- Senza attendere oltre, versò le poche gocce disponibili sulle labbra fredde di Milo, la mano libera che stringeva quella senza vita del compagno.
La pelle del greco riacquistò il colore, la sua mano divenne mano a mano più calda. Camus sentì il cuore accelerare i battiti e l’ansia crescere mentre aspettava che quei magnifici occhi azzurro cielo tornassero a fissarlo. Non riusciva a capire quanto tempo stesse passando perché il rumore dei suoi battiti gli rimbombava nelle orecchie, come quando si è corso troppo. Dopo quelle che a Camus parvero ore, ma che in realtà altro non furono che pochi secondi, Milo aprì gli occhi. Piantò i suoi stupendi zaffiri negli occhi nocciola del compagno, che non seppe resistere alle lacrime. Mentre il greco cercava di alzarsi, fu investito dall’abbraccio di Camus che lo strinse forte a sé – Non farlo mai più Milò-
Non gli sembrava vero. Camus sentiva che il proprio cuore aveva ricominciato a battere insieme a quello di Milo, riattivando la circolazione che portava ossigeno a tutto il suo corpo, riportando i colori in un mondo che ormai era degradato in una scala di grigi.
- Che cosa ho fatto?- mormorò con voce un po’ roca il biondo
- Non provare mai più a lasciarmi solo- singhiozzò Camus affondando il volto nella sua spalla                              
Sentire di nuovo il calore del suo corpo ridiede vigore all’animo tormentato del Signore delle Energie Fredde, riaccendendo il suo cosmo e ravvivando la fiamma della speranza.
- Non per interrompervi, ragazzi- intervenne Apollo – Ma Gea si sta riprendendo e non ho intenzione di dover tornare da Asclepio a chiedergli aiuto-
- Gea?- chiese Milo, visibilmente confuso – Apollo, che ci fai qui?-
- Apollo ti ha salvato la vita- spiegò velocemente Camus – Gea si è impossessata di Daphne…-
- E vuole distruggere il mondo?-
Camus asciugò furtivamente una lacrima - Più o meno-
Milo schioccò le labbra e balzò in piedi - Allora prima facciamo fuori lei, poi pensiamo a come sono tornato in vita-
Subito pronto a combattere, come sempre. Camus lasciò andare un sospiro di sollievo. Sì, il suo Milo era tornato e con lui era tornata la speranza, quella speranza che l’Acquario temeva di aver perduto. Gea sarebbe stata confitta.
 
 

Nota dell’autrice: ciao a tutti! Perdonate l’attesa (-sempre che qualcuno fosse in attesa del tuo capitolo- nd mia gatta stinfia, cicciona e coccolosa). Lo scontro contro Gea non si preannuncia facile… cosa succederà ai nostri paladini?
*Mer… credi= sarebbe stata un’imprecazione francese (merde), ma Camus è troppo educato quindi l’ha prontamente corretta (mercredi=mercoledì)
PS: non so se qualcuno di voi ha visto la serie tv dei Medici, ma la morte di Lorenzo mi ha distrutta T.T
e niente, volevo solo rendere pubblico questo mio dolore esistenziale
A presto! =^-^=
 

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Capitolo 19
*** Insperate coalizioni divine ***


Capitolo 19 – Insperate coalizioni divine
 

Milo chinò la testa prima a destra e poi a sinistra riuscendo a far scrocchiare il collo, morire lo lasciava sempre un po’ incordato. Lasciò scivolare lo sguardo sui presenti per farsi un’idea di ciò che era successo nel mentre che lui recitava la parte del cadavere. Oltre a lui, Camus, Apollo e Artemide, nella stanza c’erano anche Atena, Shaka, Daphne e i gemelli. Capì subito che qualcosa non andava.
Primo: Atena si trovava in quella stanza, nel bel mezzo della battaglia. La situazione doveva essere davvero grave.
Secondo: Cosa ci faceva Shaka lì?
Terzo: perché Saga si stava comportando in quel modo? Stringeva tra le braccia il fratello, il volto affondato nella sua spalla e il corpo scosso dai singhiozzi. Perché piangeva? E soprattutto, perché Kanon non si muoveva?
Fece un passo incerto verso di loro – Cos’è successo?-
Il gemello maggiore alzò lo sguardo su di lui –  È stata colpa mia…- mormorò riabbassando gli occhi – È tutta colpa mia…-
- Kanon si è sacrificato per permettere a Saga di riprendere il controllo di se stesso- gli spiegò Camus dando sfoggia, per l’ennesima volta, della sua mancanza di empatia.
Milo non poteva crederci, Kanon non poteva essere morto. Lui era uno dei Cavalieri d’Oro più potenti, uno dei più valorosi e uno tra i più fedeli in assoluto… Certo, aveva commesso degli errori in passato, ma si era anche dimostrato disposto a subire qualsiasi tipo di punizione pur di provare la sua redenzione, Milo lo sapeva. Lo sapeva perché era stato lui a lanciare contro Kanon quattordici colpi della Cuspide Scarlatta per testare la sua fedeltà ad Atena. Milo era stato il primo Saint a riconoscere Kanon come un degno membro della casta dei Cavalieri d’Oro, era stato il primo a mostrargli fiducia, era stato il primo che lo aveva accolto come un alleato.
“Non è giusto, lui non meritava questo…”
Con la coda dell’occhio vide Daphne alzarsi dalla parte opposta della stanza – Vi ho lasciato anche troppo tempo per giocare… adesso vi distruggerò-
- Non credere che sarà così facile- la ammonì Artemide
“Questa non può essere la fine di Kanon, non deve andare così…”
Si voltò improvvisamente verso Apollo – Tu sei il dio della medicina, puoi aiutarlo!-
- A dire il vero…- iniziò il Dio
- Hai riportato in vita me, perché non puoi guarire anche lui?-
- Ho già fatto uno strappo alla regola riportando indietro te, non posso…- tentennò Apollo
Gea richiamò il cosmo e si preparò ad attaccare. Tutti e tre gli Dei si voltarono verso di lei. Atena lanciò un rapido sguardo al Dio del Sole – Puoi davvero aiutare il mio Cavaliere?-
Lui la ignorò e richiamò il proprio arco dorato per prepararsi a combattere, ma Saori insisté – Ti prego, se puoi fare qualcosa…-
Non ebbe tempo di dire altro perché tutti e tre gli Dei furono costretti a scansarsi a ipervelocità dal colpo che Gea scagliò loro contro. Fortunatamente furono abbastanza rapidi.
Artemide allontanò un ciuffo di capelli castani dagli occhi con uno sbuffo – Fratello, muoviti- brontolò rialzandosi in piedi
- Ma mi sono appena mosso!-
- Va’ a curare quel Cavaliere!-
- Ah, in quel senso- disse Apollo tirandosi su – Ma ho appena detto che non posso, Zeus non vuole…-
- Vuoi darti una mossa?-
Il Dio sollevò le braccia in segno di resa e raggiunse Kanon con pochi passi. Nel frattempo Gea si stava preparando per lanciare un nuovo attacco, ma l’arrivo di qualcuno la distrasse.
- Oh, sei tu Gea- commentò la dolce voce di Afrodite – Dovevo immaginarlo, un cosmo così rozzo…-
- Brava Afrodite, tienila a chiacchierare per un po’- borbottò Apollo. Posò una mano sulla spalla di Saga, convincendolo a lasciare il fratello, dopodiché si mise a studiare la ferita
Milo non poté fare a meno di intervenire – Puoi fare qualcosa per aiutarlo?-
- Non è ancora morto, c’è ancora una debole traccia di vita dentro di lui… la ferita però è piuttosto grave, inferta con una lama maledetta, capace di uccidere un Dio…-
- Quindi?- chiese Saga
Apollo lo guardò – C’è solo una cosa che posso fare- Dopo un attimo di esitazione, unì le mani a coppa e vi soffiò dentro. Un bagliore dorato illuminò i suoi palmi per poi diventare una specie di fluido. Il Dio avvicinò le mani alla ferita e vi lasciò scivolare quella specie di luce allo stato liquido.
- Non è possibile- mormorò Camus a occhi sgranati
Milo non capiva cosa potesse essere impossibile. Il Dio della medicina stava usando i suoi poteri curativi, cosa c’era di strano?
- Cosa non è possibile?- chiese Apollo dando voce ai suoi pensieri
- Quello era… icore?-
- Sì, era il mio sangue, fuso col mio cosmo-
Camus inarcò un sopracciglio - Ma l’icore di un Dio è letale per un essere umano-
“Oh, quindi l’icore è il sangue di un Dio… e anche oggi ho imparato una cosa nuova”
- Se viene preso da una ferita di un Dio è così, ma in questo caso è diverso- spiegò Apollo – Mescolare il mio sangue immortale al mio cosmo con poteri curativi rende l’icore stesso una cura capace di guarire ogni ferita… be’, ogni ferita causata da un’arma normale. Quella daga d’oro porta con sé una maledizione che la rende capace di uccidere un essere divino, quindi la mia cura non è sufficiente per una completa guarigione. Kanon è momentaneamente fuori pericolo, ma necessita di cure adeguate. Ho salvato la sua vita, per il momento, ma dovete portarlo al Santuario il prima possibile-
Un colpo di tosse li distrasse – Cosa… cosa ci fate tutti qui?- chiese Kanon cercando di alzarsi
Apollo lo tenne giù – Ehi, Cavaliere. La mia cura può essere usata una sola volta quindi vedi di fare attenzione-
- Attenzione?- sbuffò Kanon – Io devo combattere-  Ignorò il Dio e si alzò con un lamento, fu però costretto ad appoggiarsi a Saga per evitare di cadere
Il Dio del Sole sospirò – La tua ferita non è ancora guarita e se vuoi evitare di perdere i sensi di nuovo non devi sforzarti e devi muoverti il meno possibile. Anzi, non ti muovere affatto, rischi di perdere troppo sangue-
Il gemello minore non fiatò, restò appoggiato al fratello in silenzio, il volto pallido e una mano premuta sulla ferita. Se Kanon non rispondeva per le rime a qualcuno, voleva dire che stava piuttosto male, come testimoniato dalla sua aria cadaverica.
- Grazie- mormorò Saga rivolto al Dio
Lui stava per rispondere ma la voce della sorella lo anticipò - Apollo!- esclamò
- E adesso cosa c’è, sorella?-
- Vuoi venirci ad aiutare o no?-
Apollo sollevò le braccia con aria disperata - Deciditi! Devo curare persone o combattere?-
La risata di Gea interruppe il battibecco tra gli Dei gemelli – Siete proprio ridicoli… e pensare che siete pure miei discendenti. Non volete capirlo? Non riuscirete mai a battermi-
- Tu invece inizi a essere ripetitiva, bisnonna cara- commentò Apollo. Il Dio richiamò il suo cosmo inondando la stanza di luce, dopodiché scagliò una specie di palla-abbagliante-senza-consistenza contro la Madre Terra. Gea fu scagliata contro la parete, abbattendola.
Artemide pestò un piede per terra – Cos’hai fatto?-
- Mi aveva stufato, l’ho soltanto messa ko per un po’-
- Credo che così tu l’abbia solo fatta arrabbiare- replicò Afrodite con voce tremante
Artemide aprì la bocca per ribattere, ma fu battuta sul tempo da Atena – Dobbiamo trovare un modo efficace per contrastarla. Gea è molto potente ma può essere sconfitta-
- Se mi dici come, Saorina bella…- mugugnò Apollo
Saori lo ignorò – Artemide, la prima volta che incontrai Daphne lei parlò a nome tuo e di Odino. Entrambi avete offerto il vostro aiuto per questa guerra, ma dov’è lui?-
La Dea della Caccia sbuffò – Odino non si è mai interessato alla difesa della Terra, il suo unico scopo era proteggere Asgard. Mentre stavo addestrando Daphne negli Inferi mi contattò. Stringemmo un patto, lui mi avrebbe donato l’armatura appartenuta a Brunilde, in cambio avrei dovuto permettere a Daphne di servire come Valchiria al Walhalla-
- Perché?- domandò Atena
Dalla parte opposta della stanza, Gea si rialzò con un grugnito – Posso risponderti io, Atena. Per servire al Walhalla Daphne avrebbe dovuto giurare fedeltà ad Odino e ad Asgard stessa. Il giuramento che la lega ad Artemide mi impedisce di ucciderla con questo corpo, ma posso pur sempre ordinare a qualcun altro di assassinarla. Il giuramento che fu pronunciato davanti a quel Dio barbaro invece mi impedisce di fare qualsiasi cosa contro Asgard, non posso attaccarla di persona né ordinare a un esercito di farlo-
Afrodite aggrottò le sopracciglia – Non capisco, cosa cambia da un giuramento all’altro?-
- Gea è la dea primordiale, un giuramento sulle sacre acque dello Stige è facilmente arginabile per lei… invece il giuramento che lega Daphne ad Odino è antico quanto Gea stessa, proviene da una cultura completamente diversa dalla nostra… avrei dovuto capirlo prima- commentò amara Artemide
- Infatti non sei la Dea della furbizia, torna a fare la boscaiola… ti si addice di più- la canzonò Gea con un sorriso incredibilmente falso e odioso sulle labbra
- Quindi Odino non verrà ad aiutarci- riassunse Atena
Apollo sospirò – Saorina bella, la sua Asgard è al sicuro, perché rischiare la pelle?-
Un improvviso terremoto scosse il suolo, facendo perdere l’equilibrio a tutti i presenti. Kanon perse il suo precario equilibrio e crollò addosso a Saga, Milo invece picchiò una testata contro la parete. Stava per lasciare libero un torrente di imprecazioni, ma il fatto che Camus fosse finito addosso a lui lo distrasse, parecchio – Cam, giuro che appena abbiamo finito qui…-
- Taci- lo zittì il francese
Gea avanzò imperiosa verso i quattro Dei che si stavano rialzando – Questo è soltanto l’inizio-
Artemide si rialzò velocemente, incoccò una freccia argentata e senza tante cerimonie la lanciò contro la Madre Terra. La freccia si fermò a mezz’aria a pochi centimetri di distanza dal petto di Daphne – Patetico… tutti voi siete patetici- aggiunse quando un dardo dorato scagliato da Apollo fece la stessa fine – Sono troppo potente per voi-
Atena convogliò il proprio cosmo con lo scettro di Nike e attaccò Gea, ma nonostante la potenza del colpo la loro nemica arretrò solo di qualche passo – Come facciamo a sconfiggerla?- domandò esasperata
Afrodite sgranò gli occhi – Sei tu la Dea della strategia militare-
- Quindi?-
- Sei tu che dovresti trovare una soluzione, no?- squittì
Milo percepì un altro cosmo divino avvicinarsi, ma appena lo riconobbe non fu certo che fosse una buona notizia. Ares fece il suo ingresso trionfale lanciando un’ascia da guerra contro Gea, ascia che si polverizzò nella mano della Dea – Vi sono mancato?- chiese tronfio, probabilmente convinto di aver messo a segno un colpo da maestro
Atena digrignò i denti quando lo vide – Ares-
- Non gradisci il mio aiuto per caso?-
- Non sei l’alleato che ci si sogna la notte- rispose secca Saori. Milo pensò che il fatto che non si fossero ancora attaccati fosse un buon segno. Aveva imparato che tra Ares e Atena non correva buon sangue e, pensandoci bene, essi rappresentavano due parti opposte della guerra: Ares, la sete di sangue e Atena, la strategia e l’arguzia militare. Questo almeno era ciò che gli aveva insegnato Camus.
Ares lanciò una rapida occhiata ai Cavalieri – Dovrei uccidere quei due senza perdere tempo- disse additando i gemelli – Hanno usato quel loro trucco maledetto per far combattere due dei miei guerrieri più valorosi tra loro, non sono stati leali-
- Disse quello che scagliò un’intera legione della sua armata contro soli cinque Cavalieri- commentò a denti stretti Milo – Peccato che i tuoi soldati fossero così scarsi-
Ares lo fulminò con lo sguardo, ma Gea richiamò l’attenzione dei presenti con un nuovo terremoto – Bando alle ciance- continuò il Dio della guerra – Come la facciamo fuori questa vecchiaccia?- chiese lanciando una rete di filo spinato contro la Madre Terra per rallentarla.
Saori lo trafisse con un’occhiata per niente amichevole - Non ho intenzione di collaborare con te finché non avrai ritirato tutte le tue armate dal mio Santuario-
- Non le hai ancora ritirate?- esclamò Afrodite – Sei proprio un cafone! Arrivi qui, tutto tronfio e fiero di te, e i tuoi soldati stanno ancora combattendo contro i Saint? Meriteresti…- la Dea dell’Amore iniziò a picchiargli il petto con i pugni continuando a blaterare.
Il Dio della Guerra alzò gli occhi al cielo – Va bene, va bene… Ho mandato l’ordine, contenta? Almeno adesso starai un po’ zitta…-
Alla notizia della ritirata delle armate di Ares Atena sembrò rilassarsi. Lo stesso fu per gli altri Cavalieri, i loro compagni avrebbero avuto un migliaio di nemici in meno a cui pensare.
Gea si liberò della rete da guerra di Ares ma fu ben presto sommersa da una serie di automi di metallo
- Scusate- s’intromise la voce burbera di Efesto – Sembrava che aveste bisogno di aiuto-
- Uh, guarda chi c’è- brontolò a mezza voce Afrodite
- Ti ho sentita-
- Marito mio, che piacere! Perché non attacchi per primo? La prima linea è tutta tua- cinguettò innocentemente la Dea dell’Amore
Milo non poté fare a meno di chiedersi perché il divorzio non fosse ammesso sull’Olimpo, avrebbe probabilmente risparmiato una lunga serie di guerre e litigi. “Sempre che gli Dei conoscano la differenza tra queste due parole…”
- Allora- riprese il filo Atena – Dobbiamo sconfiggere Gea, ma lei è troppo potente. Dobbiamo trovare un modo per renderla vulnerabile ai nostri attacchi-
- Mia Signora…- intervenne Camus. Tutti gli Dei si voltarono verso di lui, distogliendo lo sguardo dalla loro nemica che cercava di disfarsi dei numerosi automi di Efesto che la attaccavano – Poco dopo il suo risveglio Gea ha detto che per poter agire in questo mondo necessita di un corpo-
- Cosa intendi dire Aquarius?-
- Gea sarà vulnerabile solo quando la sua anima sarà separata dal corpo di Daphne-
- Dice così perché vuole liberare la sua amica- commentò Ares
- Dice così- s’intromise Artemide – perché nel momento in cui Gea sarà priva di un corpo fisico la sua capacità di attaccarci e di difendersi sarà ridotta. Se vogliamo provare a imprigionarla di nuovo dobbiamo riuscire a separarla dal corpo di cui si è impossessata-
- Quindi il nostro obiettivo è scacciare Gea dal corpo di Daphne- riassunse Apollo – Ammesso che ciò indebolisca Gea, cosa di cui dubito… Come facciamo? Non esistono esorcismi per liberare umani dalla possessione divina che io sappia…-
Afrodite stava per rispondere, ma fu costretta a scansare un automa scagliato a velocità luce contro di lei. Gli occhi dei presenti furono nuovamente concentrati su Gea – Potete confabulare quanto volete, ma non troverete mai un modo per sconfiggermi- concentrò nuovamente il cosmo e attaccò i sei Dei schierati davanti a lei. Questi tentarono di proteggersi dal colpo facendosi scudo con i loro cosmi, ma riuscirono soltanto a deviare il flusso di energia di pochi centimetri, Efesto e Apollo, i più esterni dello schieramento divino, furono investiti in pieno. Si schiantarono contro la parete lasciandovi qualche crepa. Atena e Artemide risposero attaccando Gea simultaneamente. La Madre Terra finì a terra, concedendo agli Dei il tempo di consultarsi.
- Ci potrebbe essere un modo per liberare Daphne- intervenne Afrodite
- Quale?- chiese Saga mettendo fine al suo mutismo
- Gea è la dea primordiale, più antico di lei c’è solo il Caos stesso, il vuoto. Gea è la prima entità materiale della creazione, è più antica di tutto, capite?-
Dei e Cavalieri si guardarono confusi – No-
- Cos’è che lega di più gli umani alla loro vita terrena? Gli affetti, la famiglia, l’amore… Gea non conosce il significato di queste cose, Gea è più antica dei sentimenti stessi-
- Oh, ti prego Afrodite- commentò Ares affondando la faccia in una mano
- Invece ha ragione- intervenne Artemide
Apollo si voltò a guardarla – Sorella, sei sicura di stare bene?-
- Gli umani vivono in un turbinio di emozioni… continuamente. Gea non è abituata a questa cosa, l’ha detto lei stessa che un essere umano è difficile da controllare perché è troppo emotivo. Lei è estranea a qualsiasi tipo di emozione, amore, amicizia, pietà, lealtà… Tutte queste cose sono incompatibili con la sua anima. Un contenitore deve essere compatibile con il contenuto o l’equilibrio si spezza- spiegò Artemide
- È quello che volevo dire io- commentò Afrodite
- Detto un po’ meglio- borbottò Efesto
- Quindi dobbiamo fare leva sui sentimenti di Daphne per riuscire a liberarla da Gea- riassunse Atena – Una volta che Gea non avrà più un corpo a disposizione potremo sconfiggerla-
La Madre Terra avanzò verso di loro, una luce assassina negli occhi – Non potete sconfiggermi, vi farò a pezzi… uno ad uno…-
Senza attendere oltre Gea lanciò un colpo intriso del suo cosmo antico contro i sei Dei. Fu vano il tentativo di difesa degli Olimpi. La Madre Terra stava per colpire di nuovo, ma Milo fu distratto da un movimento alla sua destra
- Cam, che fai?-
Senza alcun preavviso, Camus si piazzò davanti a Gea – Prima di finire loro, uccidi me- disse con glaciale calma
- Non mi interessi, tu sei solo un Cavaliere, non costituisci una minaccia per il mio nuovo mondo-
L’Acquario non rispose, cosa per niente insolita, e continuò a fissare negli occhi Gea-Daphne
- Perché fai così? Vuoi proprio morire?- domandò confusa la Dea
- Camus!- esclamò Atena – Cosa vuoi fare?-
Milo aveva capito le intenzioni di Camus, come sempre. Avevano detto di fare leva sui sentimenti di Daphne, quindi perché non obbligarla ad uccidere suo fratello? Era la stessa tecnica che aveva usato Kanon poco prima per aiutare Saga… Milo iniziava a sentirsi un po’ escluso a causa di quella moda per l’amore fraterno. Comunque, chiunque conoscesse Daphne sapeva che aveva e avrebbe fatto di tutto per Camus, per il suo fratello più piccolo. Questo Camus lo sapeva, per questo era pronto a mettere a repentaglio la propria vita. Milo però non poteva permetterlo. Tentò di raggiungere il custode dell’Undicesima Casa, ma si accorse di non potersi muovere. Abbassò lo sguardo e notò una serie di anelli di ghiaccio tenerlo bloccato – Maledizione, Cam!-
- Cerco di salvare mia sorella- rispose il francese alla precedente domanda di Atena
- Non puoi- protestò Saori. Fece per alzarsi, ma una mano di Artemide la bloccò – Conosco Daphne, so quanto tiene a suo fratello-
- Sei disposta a sacrificare una vita per sconfiggere Gea?-
- Sono disposta a sacrificare una vita per proteggere il creato dal dominio incontrastato di Gea? Sì - rispose secca Artemide, poi aggiunse – Comunque non è detto che debba sacrificarsi-
Gea scoppiò a ridere – Questo è il vostro piano? Credete che mettendomi davanti il fratello del mio tramite riuscirete a sconfiggermi?-
- Non saremo noi a sconfiggerti- precisò Afrodite – Sarà Daphne-
- Impossibile- commentò la Madre Terra – Lei è sotto il mio completo controllo e adesso ve lo dimostrerò-
La Dea plasmò il suo cosmo creando una specie di palla nella propria mano e si preparò a lanciarla. Quando Gea scagliò il colpo contro Camus, il cosmo concentrato nel palmo della dea primordiale si dissolse, come se si fosse esaurita la batteria.
- Cos…?- esclamò incredula Gea. Tentò nuovamente, ma l’effetto fu il solito – Adesso mi sono veramente stufata, una stupida ragazzina non può permettersi di ostacolarmi-
All’improvviso una specie di vortice avvolse il corpo della Dea da capo a piedi, i suoi occhi furono attraversati da un bagliore scuro. Una falce nera come la morte comparve in mano sua – Sono stata io a costruire la falce che Crono usò per evirare Urano. Non esiste arma più antica, con questa metterò fine alla tua effimera vita, umano-
Milo riuscì finalmente a liberarsi dagli anelli di ghiaccio di Camus e corse verso di lui, o almeno lo avrebbe fatto se Apollo non lo avesse tenuto fermo. Gea alzò la lama, poi tentò di abbassare il braccio per colpire, invano. Qualcosa, o meglio, qualcuno, glielo impediva. A Milo sembrò di sentire la debole presenza del cosmo di Daphne
- No…- mormorò Gea-Daphne – Non lo farai-
 - Non ci credo, funziona!- esclamò Ares
La risata agghiacciante di Gea schiacciò il tentato risveglio del Cavaliere di Artemide. Forte di un cosmo che cresceva di secondo in secondo, la Dea abbassò la falce, ma prima che potesse colpire Camus la lama fu inghiottita da una voragine oscura
- No, Daphne. Non ti permetterò di macchiarti del mio stesso crimine- disse la voce cupa di Saga dei Gemelli
- TU!- ringhiò Gea – Ridammi subito la mia falce!-
- E tu libera Daphne-
- MAI!- urlò rabbiosa la Dea – Muori Gemini- minacciò accentrando il cosmo intorno a sé
Artemide affiancò i due Cavalieri ottenendo l’attenzione di Gea – Daphne, so che puoi sentirmi... –
- Sorella! Cosa vuoi fare?- domandò spiazzato Apollo
La Dea della Caccia lo ignorò – Daphne, so che questa situazione è in gran parte colpa mia. Se fossi riuscita a opporre resistenza a Gea sin dall’inizio tu non ti troveresti in queste condizioni. Ora che conosci il vero motivo per cui ti ho salvata dagli Inferi e ti ho addestrata potresti detestarmi e avresti pienamente ragione a farlo. Ti ho mentito per tutto questo tempo sia per costrizione sia perché non ho avuto la forza e, soprattutto, il coraggio di combattere Gea. Faccio appello alla tua lealtà di Cavaliere, al tuo onore. Questo è il momento in cui devi far vedere quanto vali davvero, abbiamo bisogno del tuo aiuto per sconfiggere Gea, ora più che mai. Le sorti dell’intero pianeta dipendono da te. Uccidimi pure, se lo ritieni necessario, ma ti prego di ascoltarmi, segui questo mio ultimo ordine, combatti Gea, non lasciarti controllare come ho fatto io.-
Prima che l’immenso cosmo della Madre Terra si abbattesse su Artemide e sui due Cavalieri accadde qualcosa. Un altro cosmo iniziò a raccogliersi opponendosi a quello di Gea – Basta, hai giocato fin troppo con me- sibilò Daphne
La risposta di Gea risuonò forte e chiara nelle menti di tutti i presenti “No… tu porti il nome di una mia sacerdotessa, non puoi ribellarti a me!”
Milo sperò che il fatto che la Dea avesse parlato per via telepatica significasse una cosa: il suo controllo sul corpo di Daphne stava diminuendo. “Forza Daphne”
- Sì, invece-
Il cosmo di Daphne esplose in tutte le sue forme: un uragano investì la sala mentre le fiamme iniziavano a lambire le pareti, l’acqua iniziò a scrosciare dal soffitto cadendo sulla terra attraversata da violenti scosse. Per un attimo Milo riuscì a percepire i sentimenti e le sensazioni di tutti i presenti della sala, assaporando per una volta ciò che costituiva la normalità per Daphne. Tuttavia non fu solo il cosmo del Cavaliere di Artemide ad opporsi a quello di Gea, un altro cosmo si unì a quello della ragazza… un cosmo che Milo riconobbe. Era un cosmo possente, sembrava portare con sé il peso di migliaia di anni e il freddo delle lande ghiacciate del Nord. Un cosmo antico che poteva appartenere a un Dio soltanto.
- Non posso permettere che tu minacci l’umanità intera, Gea. C’è un equilibrio nel mondo che non deve essere spezzato - riecheggiò nella sala la voce di Lyfia, sacerdotessa di Odino.
- Odino!- esclamò meravigliata Atena
Una specie di urlo assordante perforò le orecchie dei presenti, costringendoli a portarsi le mani alla testa. Il cosmo di Gea abbandonò il corpo di Daphne dopo un’ultima, violenta scossa del suolo che fece aprire una voragine nella stanza. Camus, Daphne e Saga ci sarebbero finiti dentro se il Grande Sacerdote non avesse usato la Dimensione Oscura per portarli al sicuro.
- A quanto pare ti sbagliavi sul conto di Odino, sorella- commentò Apollo
Artemide, allontanatasi dalla voragine con un abile balzo divino, lanciò una rapida occhiata a Lyfia – Sono di natura diffidente-
- Pessimista forse è più appropriato- replicò il Dio del Sole
Lyfia si avvicinò ad Atena, indossava quel solito disgustoso fiocco sui capelli turchesi, ma Milo ipotizzò che bruciarlo potesse essere considerato un gesto sgarbato – Lady Saori, Odino sentiva il dovere di sdebitarsi con voi-
- Per quale motivo?- chiese Atena
- I vostri Cavalieri, i Gold Saint, hanno combattuto per difendere Asgard dalla minaccia di Loki-
- Sconfiggendolo non hanno protetto solo il regno di Odino, ma il mondo intero. Loki era una minaccia per tutti noi - precisò Saori – I miei Gold Saint hanno fatto solamente il loro dovere-
“Rimettendoci la vita, tanto per cambiare” fu tentato di aggiungere Milo, ma si trattenne
I due God Warrior sopravvissuti dopo lo scontro contro Loki, Frodi di Gullinbursti e Sigmund di Grani, affiancarono Lyfia – Dovremmo tornare ad Asgard- disse Frodi – Non è sicuro qui-
- Infatti- convenne Lyfia – La minaccia di Gea non è ancora stata estirpata, il compito di Odino non è ancora giunto a termine-
Come la ragazza aveva detto, Gea non era ancora stata sconfitta. Certo, adesso era priva di un corpo fisico, ma questo non significava vittoria. Milo continuava a percepire la presenza della Madre Terra nell’aria, come un alone di morte invisibile che permeava la stanza.
- Gea è ancora tra noi- disse Ares con voce profonda – State in guardia, potrebbe attaccarci da un momento all’altro e… no scusate non ci riesco, come fate a rimanere sempre così seri?- scoppiò a ridere – Come può attaccarci? Non ha più un corpo!-
Una specie di nube oscura si addensò dalla parte opposta della stanza finché non prese la forma di una donna. La falce che Saga aveva spedito nell’Another Dimension comparve nella sua mano – Notevole, ma non basterà a fermarmi-
Milo provò a sostenere lo sguardo di quell’essere, ma quelli non erano occhi, sembrava di guardare dentro le viscere della terra, come osservare il pianeta ai raggi x. Senza sfiorare il terreno, raggiunse Ares e lo colpì con la falce. Il Dio della Guerra cadde a terra privo di sensi. Gea si voltò verso gli altri Dei – A chi tocca adesso?-
Apollo scagliò una freccia dorata contro di lei, ma l’arma attraversò Gea come se fosse fatta di fumo, cosa che in effetti era vera. La Madre Terra tentò di colpirlo con la falce, ma il Dio riuscì a scansarsi – Menomale così doveva essere vulnerabile… - borbottò - Qualche idea?-
- Gea non ha consistenza fisica, non è con le armi tradizionali che la sconfiggeremo- rispose Artemide
- L’unica soluzione potrebbe essere rinchiuderla- disse Atena – Imprigionarla come abbiamo fatto con Zeus-
La Dea della Caccia scansò un affondo di Gea – Lei è molto più potente di nostro padre, rinchiuderla potrebbe avere effetti devastanti!-
- Lo so- convenne Saori – Ma è già stato fatto ai tempi del mito e poi… non abbiamo altre alternative- Si voltò verso i Cavalieri – Andate, non c’è più niente che possiate fare qui, mettetevi in salvo-
- Ma…- tentò di protestare Saga
- No Saga. Riunendo i nostri cosmi divini cercheremo di imprigionare Gea per sempre, tuttavia il nostro scontro potrebbe avere ripercussioni su tutto il mondo. Il vostro compito è contenere questi effetti distruttivi evitando che la battaglia dei nostri cosmi annienti il pianeta- spiegò Atena
- Cosa succederà a voi invece?- domandò pacato Shaka. Era rimasto in silenzio così a lungo che Milo si era praticamente dimenticato della sua presenza. Qualcosa nel tono del Cavaliere della Sesta Casa lo incuriosì, c’era una nota di apprensione nella sua voce. “Il potere di Afrodite ha davvero avuto effetto su di lui?”
- Noi sopravvivremo – rispose Apollo - Dopotutto, siamo immortali-
- Perché il nostro nemico non lo è…- mugugnò Ares rialzandosi dopo il colpo subito
- L’importante è che voi creiate uno scudo protettivo con i vostri cosmi- continuò Artemide ignorando il Dio della Guerra – Non vi deve premere ciò che succederà a noi, noi faremo solo il nostro dovere- disse guardando furtivamente Shaka
Milo non si fece sfuggire quel piccolo e intrigante dettaglio “Qualcosa mi dice che il nostro Budda non è preoccupato solo per Atena… Non sottovaluterò mai più la Dea dell’Amore”
Gea mulinò nuovamente la falce, questa volta contro Efesto, ma il Dio parò il colpo con un martello estratto in fretta e furia dalla cintura degli attrezzi – Forza, ragazzi- disse rivolto ai Cavalieri – Fate come vi ha ordinato la vostra Dea- continuò poi a tenere occupata Gea inventando il primo duello a base di cacciaviti, martelli, chiavi inglesi, chiodi e compagnia bella.
Saga non era convinto – Atena, in qualità di Grande Sacerdote non posso lasciarvi qui, tantomeno posso permettere che vi sacrifichiate-
Saori sorrise – Gemini, sacrificarmi per difendere l’umanità è il mio preciso compito. Il Santuario è affidato a te-
- No… Atena…-
La Dea della Guerra impugnò lo scettro di Nike – Va’ adesso. Chissà, forse ci vedremo in occasione della prossima guerra santa-
Saga abbassò la testa – Come ordinate, mia Signora-
Milo non poteva permetterlo. Saori certe volte si era comportata più come una bambina viziata che come la reincarnazione di Atena, ma rimaneva sempre la loro Dea. Lui aveva fatto un giuramento di fedeltà e non intendeva venire meno alla parola data, questione di onore di Cavaliere. Stava per ribattere, ma Camus gli poggiò una mano sulla spalla. Milo si voltò verso di lui e nel suo sguardo lesse ciò che temeva di trovarvi. – Cam… - Non potevano lasciare che Atena si sacrificasse, in quanto suoi Cavalieri il loro compito era quello di proteggerla, o morire con lei.
Saga si avvicinò a Daphne, ancora un po’ rintontita dalla possessione divina – Ce la fai?-
Lei si alzò da terra – Sì, sto bene – disse, poi si rivolse ad Artemide – Mia Signora…-
- Va’ Daphne… hai già fatto fin troppo-
- Artemide- continuò la ragazza – Io continuo ad esservi grata per tutto quello che avete fatto per me, la mia stima nei vostri confronti non è stata assolutamente compromessa -
La Dea accennò un sorriso – È stato un onore averti come Cavaliere-
Daphne chinò la testa – Anche per me è stato un onore, mia Signora-
- Se tutto andrà secondo i piani ci rivedremo al Grande Tempio, altrimenti…-
 Un lamento distrasse i presenti. Efesto stava continuando a tenere occupata Gea, ma sembrava aver finito gli assi nella manica… o meglio, nella cintura – Capisco che gli addii siano una cosa molto commovente, ma potreste venire a darmi una mano?-
Ares si buttò nella mischia con aria immensamente contenta. Probabilmente credeva di trovarsi al parco di divertimento divino Olympusland.
- Andate – disse Atena – e proteggete la Terra e i suoi abitanti come avete sempre fatto, miei valorosi Cavalieri-
Saga si inchinò davanti alla sua Dea, poi raggiunse il fratello e lo aiutò ad alzarsi, portandosi un suo braccio sulle spalle – Muoviamoci- disse rivolto agli altri Gold Saint
Milo avrebbe avuto ancora qualcosa da ridire. Qualche volta si era lamentato del comportamento della sua Dea, ma vederla buttarsi in un attacco suicida non lo faceva assolutamente sentire meglio – Saga…-
- È un ordine – ribadì il Grande Sacerdote con voce ferma
Milo non fiatò, non era mai una buona idea mettere in discussione gli ordini di Saga e, comunque, l’ordine era partito da Atena. Lui e Camus si inchinarono un’ultima volta al cospetto della loro Dea, poi si voltarono per andarsene. Anche Shaka rese omaggio a Saori, ma quando si voltò verso di loro Milo lesse qualcosa nel suo sguardo. Nel suo sguardo? Virgo stava tenendo gli occhi aperti? Inaudito. La cosa ancora più strana fu sentire il nome dell’Illuminato pronunciato da Artemide – Shaka…-
Il Cavaliere della Sesta Casa posò gli occhi sulla Dea che lo aveva chiamato. Sembrò indeciso sul da farsi, poi le si avvicinò – Sopravvivi-
Davvero poco buddista come addio.
Artemide rispose con un bacio, cosa che a Shaka non parve dispiacere.
Questo era ancora meno buddista. Anzi, non lo era per niente.
“Ma qui sono tutti impazziti? Saori è disposta a sacrificarsi…. Shaka bacia una Dea… non è che quest’aria ha qualcosa di velenoso?”
Calò il silenzio. Gli unici rumori che si sentivano erano quelli dello scontro tra Gea e i due Dei.
- Io non commento- mugugnò con un filo di voce Kanon. Afrodite, che aveva osservato la scena  con le mani giunte e un sorriso ebete in faccia, gli scoccò un’occhiataccia.
L’intervento dell’ex Dragone del Mare parve rianimare i presenti. Gli Dei gemelli incoccarono le frecce e Atena strinse in mano lo scettro di Nike – Andate- intimò Atena
- Anche voi- disse Lyfia rivolta a Frodi e Sigmund
- Cos…- iniziò Frodi
- Non discutere- lo zittì – Quando Hilda si sarà completamente ristabilita riprenderà il suo ruolo di Sacerdotessa, confido in voi per la protezione di Asgard-
I due God Warrior, con evidente riluttanza, obbedirono e seguirono i Cavalieri d’Oro. Mentre si allontanavano, i guerrieri sentirono chiaramente la voce di Atena levarsi imperiosa – Gea, il tuo dominio è finito ancor prima di cominciare! Che la battaglia tra i nostri cosmi divini abbia inizio-
Milo si sentiva un fuggiasco, allontanarsi dalla battaglia non rientrava nella sua natura. Guardò verso Saga, il suo sguardo era più determinato che mai. Possibile che avesse accettato di lasciare Atena a morire? Lui non ci credeva. Una volta giunti fuori dalle mura del tempio, la sua teoria fu confermata.
- Daphne- chiamò il Grande Sacerdote – Porta Kanon al Grande Tempio, ha bisogno di cure immediate. Ora che è buio puoi teletrasportarti-
Lei lo guardò in tralice – Cosa vuoi fare?-
- Atena ci ha detto di proteggere l’umanità, è quello che intendo fare-
- Vuoi aiutarla, non è così?-
- Con i nostri cosmi la sosterremo durante la battaglia, non possiamo permettere che si sacrifichi senza fare niente- rispose lui lanciando uno sguardo a Milo, Camus e Shaka.
I tre Cavalieri gli si avvicinarono – Abbiamo fatto un giuramento- disse Milo – La proteggeremo al massimo delle nostre possibilità-
- Le armature divine ci permetteranno di liberare una quantità di cosmo sufficiente a salvarla- intervenne Camus
- O almeno speriamo che lo sia- precisò Saga
Daphne sospirò – Vorrei aiutare voi e Artemide, ma le mie forze sono state praticamente prosciugate-
Il Grande Sacerdote scosse la testa  – Tu hai già fatto molto. Sottrarsi al controllo di Gea non è stata un’impresa facile. Ti chiedo solo un favore, accompagna mio fratello al Santuario. Non so quanto ancora possa resistere-
Daphne annuì e aiutò Saga a spostare il peso di Kanon sulle proprie spalle. Il gemello minore emise un brontolio – Cosa sono… un pacco regalo?-
- Zitto e non morire- gli ordinò il fratello
- Lo stesso vale per te- lo rimbeccò Daphne – Anzi, per tutti voi- disse rivolta ai vari Cavalieri. Diede uno sguardo al cielo poi svanì come un’ombra nell’oscurità della notte che andava calando.
 
 

Nota dell’autrice: sono tornata! Perdonate la lunga assenza, ma quest’anno mi è toccata la maturità e ho dovuto studiare come una matta -.-''
Gli Dei sembrano aver capito che devono allearsi per battere Gea, ci riusciranno? I Cavalieri d’Oro saranno in grado di salvare la loro Dea?
Tutto questo lo scoprirete nella prossima puntata!
A presto =^-^=

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Capitolo 20
*** Colui che rinuncia alla speranza rinuncia alla vita ***


Capitolo 20 – Colui che rinuncia alla speranza rinuncia alla vita
 

Daphne si materializzò accanto all’Arena degli allenamenti. O meglio, quel che ne rimaneva. Il Santuario era un vero e proprio campo di battaglia. Macerie erano sparse ovunque, cadaveri ricoprivano il terreno e schizzi di sangue imbrattavano tutto. Cercando di non farsi distrarre troppo dai morti, si avviò verso la Prima Casa sorreggendo Kanon.
- Numi del cielo…- mugolò lui – Cos’è successo?-
- Lo scontro deve essere stato molto cruento. Speriamo che Aiolos e gli altri stiano bene-
Iniziò a salire i gradini che conducevano alla Casa dell’Ariete, ma un lamento di Kanon la distrasse – Ehi, resisti ancora un po’…-
Si interruppe quando vide il sangue che ricominciava a fuoriuscire dalla ferita all’addome. Il peso del Cavaliere sulle sue spalle sembrò aumentare – No, no. Ci siamo quasi, forza amico mio-
La paura di perderlo aumentò il livello di adrenalina e, nonostante fosse sfinita, accelerò il passo ignorando i muscoli che ruggivano dalla stanchezza e la sua testa che pulsava insistentemente da quando si era liberata della presenza di Gea. Non poteva fare a meno di pensare che se Kanon si trovava in quelle condizioni, appeso a un filo tra la vita e la morte, era in parte colpa sua. Se fosse riuscita a opporre resistenza al controllo di Gea prima che la Dea costringesse Saga a cedere di nuovo al suo lato oscuro Kanon non avrebbe avuto quella terribile ferita maledetta. Si sentiva in colpa. Non osava immaginare cosa sarebbe potuto succedere se Camus, Saga e Artemide non le si fossero parati davanti rischiando la loro vita. Solo il loro coraggio le aveva permesso di risvegliarsi da quella specie di trance in cui si trovava. Essere posseduti da un dio, specialmente se con tendenze omicide e dispotiche, non era molto piacevole. Sembrava di trovarsi in un sogno: avete in mente quando si cerca di correre ma si resta fermi o, nella migliore delle ipotesi, si corre al rallentatore terribilmente scoordinati, incapaci di andare dritto? Ecco, pensate di correre come un homo erectus, che ha appena imparato a stare su due arti, con i pattini, su una strada piena di buche e di vedervi sfrecciare accanto un corridore professionista. Beh, l’atleta è la divinità che si fa beffe di voi mentre utilizza il vostro corpo come una marionetta, mentre la scimmia incapace siete voi.
Persa nei ragionamenti, Daphne non si era accorta di aver raggiunto la Settima Casa – Ma si può sapere dove sono tutti?-
Continuò per il suo percorso, sperando di trovare qualcuno al più presto. Non era a conoscenza di eventuali effetti collaterali da possessione divina, ma la sua vista iniziava a farsi appannata e i suoi movimenti somigliavano sempre di più a quelli del primato che era in lei. Diciamo anche che farsi tutte quelle scale nelle sue condizioni da ex burattino di Gea portandosi dietro un Kanon semisvenuto non era impresa da poco. Stava arrancando sui gradini che portavano alla Casa dello Scorpione quando intravide la sagoma di un giovane alto con i capelli ricci, una fascia a tracolla gli teneva fermo un braccio.
- Daphne e… santi numi, Kanon! Cosa gli è successo?- esclamò precipitandosi verso di loro
- Aiolos- mormorò lei – Aiutami per favore. Dobbiamo portarlo subito da un medico-
Lui scese i pochi gradini che li separavano e spostò il peso di Kanon sulle sue spalle con il braccio sano – Abbiamo improvvisato un ospedale alla Tredicesima Casa, era la più grande e una delle poche prive di danni. Tu stai bene?-
- Sì- mentì Daphne – Pensa a lui, io vi raggiungo dopo-
Aiolos, viste le condizioni di Kanon, decise che non era il caso di insistere e si avviò verso la Tredicesima Casa. Daphne si lasciò scivolare a terra per riprendere fiato. Dopo qualche minuto tentò di rialzarsi, ma il mondo stava girando vorticosamente e le sue articolazioni bruciavano come tizzoni ardenti. Intravide una sagoma indistinta avvicinarsi, ma le sue palpebre si chiusero prima che potesse distinguere a chi apparteneva.
- Aiolos ha detto che si trovava più o meno qui - disse una voce di donna che non riconobbe
- È qui, Shaina! - la voce di Aldebaran. Sentì qualcuno sollevarla delicatamente, poi perse completamente i sensi.
***
 
I cosmi degli Dei si accesero, pronti a dar battaglia alla loro nemica. Camus lanciò uno sguardo a Saga, aspettando l’ordine.
- La forma mortale della nostra Dea rischia di essere schiacciata dalla potenza di questo scontro, dobbiamo impedire che ciò avvenga- sentenziò il Grande Sacerdote – Attendete il mio segnale-
I cosmi di Atena, Artemide, Apollo, Odino, Efesto, Afrodite ed Ares crebbero di intensità, ma un’altra forza altrettanto potente li fronteggiava: l’immenso potere della Dea primordiale, la prima entità della Creazione. Anche le altre divinità rimaste si unirono alla battaglia: i cosmi di Ermes ed Era si innalzarono insieme a quelli degli altri Olimpi, subito seguiti da Demetra e Dioniso.
“Era ora, cosa aspettavano?” si chiese Camus. Una cosa però era certa: se tutte quelle divinità si trovavano a combattere dalla stessa parte, la situazione doveva essere piuttosto grave.
Il pavimento del tempio e il terreno circostante iniziarono a vaporizzarsi, l’aria diventava sempre più rarefatta…
- Mmh, Saga…- intervenne Milo
- Ora!-
I quattro Cavalieri d’Oro concentrarono il proprio cosmo, dando sfogo a tutta la loro potenza. Le loro Gold Cloth assunsero la forma di armature divine come era avvenuto nello scontro finale contro Loki. La forza di quattro Gold Saint non era certo paragonabile a quella di tutti e dodici, ma sarebbe stata sufficiente a proteggere la loro Dea.
- Per Atena!- gridarono in coro i Cavalieri di Gemini, Aquarius, Scorpio e Virgo.
Riunirono la loro forza per creare una specie di scudo protettivo, perfino i due God Warrior, Frodi e Sigmund, si unirono a loro. Il cosmo di Gea però stava continuando ad espandersi pericolosamente, come se undici divinità non fossero sufficienti per arrestare il potere della Madre Terra. Ad un certo punto, però, le sorti della battaglia iniziarono a pendere a favore degli Olimpi. Qualcosa era cambiato. Il cosmo di Atena, prima mescolato a quello dei suoi “colleghi”, si era innalzato a guida per le altre divinità, risplendendo forte e determinato. Come un potente catalizzatore, la Dea della Giustizia focalizzò gli sforzi degli Dei creando un unico fronte contro la Dea primordiale. Gea iniziò ad arretrare, non più in grado di contrastare la forza che la ostacolava.
“NOOO!” urlò rabbiosa “Non potete vincere…”
Il cosmo di Atena sembrò parlare a nome della Saggezza che ella stessa rappresentava “La forza non sta nella gretta potenza, bensì nell’unione di coloro che perseguono il medesimo fine”
Perfino il cosmo di Estia si unì allo scontro, quello di Gea iniziava invece ad essere schiacciato dalla coalizione dell’Olimpo. Ben presto della Dea primordiale non rimase che una flebile scintilla.
“Atena… non credere di aver vinto. Un nemico rassegnato è vinto per sempre, ma uno caduto può sempre risollevarsi”
Le sue ultime parole sembrarono scuotere le viscere della terra, ma nessuno si fece distrarre. Dei e Cavalieri restarono concentrati sul loro compito, annientando l’ultimo barlume di cosmo della Madre Terra. Un’enorme onda d’urto si levò allora dal tempio dentro cui si trovavano le divinità, espandendosi nel territorio circostante. Camus voleva fermarla, ma le poche forze che gli rimanevano erano ancora occupate a proteggere la forma mortale della sua Dea.
- Voi pensate ad Atena- ordinò Saga
Il Grande Sacerdote allargò le braccia e aprì uno squarcio nello spazio-tempo mentre una luce immensa si sprigionava dal tempio, costringendo Camus a socchiudere le palpebre. Quando le riaprì, il potere devastante dell’onda d’urto era stato assorbito dall’Another Dimension. Una volta che il varco dimensionale fu richiuso, le ultime propaggini della battaglia scomparvero. Saga scivolò in ginocchio, sfinito. Probabilmente aveva dato fondo alle sue energie residue per imbrigliare quell’enorme potenza. Camus, dal canto suo, si sentiva esausto. Ricorrere alla propria God Cloth era già uno sforzo ingente di per sé, ma farlo per proteggere la propria Dea in uno scontro di cosmi divini era a dir poco estenuante.
Milo barcollò fin da lui – Menomale che Estia non si schierava mai nei conflitti-
Camus alzò le spalle – Quando sei circondato dalla guerra, alla fine devi scegliere da che parte stare-
- Sì, hai ragione- commentò il greco
Un rumore li distrasse: gli Dei stavano uscendo dal tempio. O meglio, stavano scansando le rovine di quello che prima era il tempio. Quella specie di onda d’urto l’aveva praticamente distrutto. Con sommo piacere dei Cavalieri, Atena era illesa. Anche gli altri Dei sembravano stare bene, erano un po’ malconci, ma illesi. Artemide e Apollo, gli Dei gemelli, si sorreggevano a vicenda.
- Per altri due millenni sono a posto- commentò il Dio del Sole
La sorella alzò gli occhi al cielo.
Atena si avvicinò a Saga – Mi sembrava di avervi ordinato di non intervenire. Dovevate solo proteggere l’umanità dagli effetti del nostro scontro, o sbaglio?-
Il Grande Sacerdote si alzò in piedi a fatica, cercando di nascondere la stanchezza – Perdonatemi mia Signora, non potevo venire meno al mio giuramento, ne valeva del mio onore. Senza onore, la vittoria è priva di significato-
- Ti ringrazio, Saga. È merito tuo e degli altri Cavalieri se sono ancora in vita-
- Abbiamo fatto il nostro dovere- puntualizzò Milo
Saori sorrise – La ricerca stessa dell’onore vi fa onore, Cavalieri. Nessun dono potrà mai eguagliare il valore della vostra fedeltà-
Camus fu distratto da un movimento di Shaka. Il Cavaliere della Sesta Casa si stava avvicinando ad Artemide, probabilmente per sincerarsi delle sue condizioni, ma fu costretto a fermarsi perché Demetra si lanciò come un fulmine verso la Dea della Caccia.
- Tu- ringhiò la Dea delle messi – Tu hai osato puntare una delle tue maledette frecce alla gola di mia figlia, la mia adorata Persefone!-
- Già- convenne Era – E hai avuto l’ardire di obbligarmi a sottoporre quei guerrieri ad una prova sin troppo semplice…-
Artemide non sembrava affatto spaventata – Ero sotto il controllo di Gea, per me era impossibile controllare le mie azioni. Oh…- fece una pausa – Forse però non ne eravate al corrente, visto che vi siete fatte vive solo al termine della battaglia-
- Piccola ingrata- sibilò Era – Non fare tanto la smorfiosa, mio marito al momento è prigioniero e non può proteggerti come fa di solito-
- Sto tremando- commentò apatica la Signora della Notte – Comunque vi ripeto: le mie azioni erano dettate da Gea. Niente di ciò che vi ho fatto era intenzionale-
- Allora perché eri l’unica povera dea nelle sue grinfie?- chiese acida Demetra
Artemide la fissò negli occhi – Probabilmente perché sono l’unica capace di fare qualcosa. Gea non se ne faceva niente di voi-
Demetra ed Era sembravano pronte ad innescare una rissa, ma Apollo si mise in mezzo – Ehi! Che ne dite se ne riparliamo un’altra volta? Ora siamo tutti contenti perché abbiamo sconfitto un’antica nemica, no? E poi… guardate come sono bello, dovrei attirare io l’attenzione, non mia sorella-
Tutte e tre le Dee lo guardarono in cagnesco – Sparisci- gli ordinarono in coro
Atena, che aveva seguito attentamente l’accesa conversazione, sospirò e si rivolse ai suoi Cavalieri – Andate al Grande Tempio. Io mi occupo di loro-
Saga le lanciò uno sguardo interrogativo – Siete sicura di volerlo fare?-
Camus non capì a cosa si stesse riferendo il gemello maggiore, ma ebbe come l’impressione che prima di partire per quella missione Atena avesse scambiato quattro parole con il neo-proclamato Grande Sacerdote. La cosa sembrava averle giovato.
- Stipulare una specie di trattato di pace con tanto di giuramento sulle antiche acque dello Stige è l’unica cosa che può tenerci lontani da altri conflitti in futuro-
Saga accennò ad Ares – Dovrete includere anche lui, altrimenti la prenderà come un’offesa personale-
Saori si morse un labbro – Già. Anche lui- alzò le spalle – In fin dei conti… bisogna tenersi stretti gli amici, ma ancora più stretti i nemici. Me l’avete insegnato tu e tuo fratello- disse con un sorriso
Saga accennò un inchino – Allora vi aspetteremo al Grande Tempio, mia Signora-
Fece cenno agli altri Cavalieri di seguirlo, così da allontanarsi dalla matassa di divinità. Milo affiancò il Grande Sacerdote – Non è stata un’idea di Saori, vero?-
Saga accennò un sorrisetto – Cosa te lo fa pensare?-
- Il fatto che sia un’idea sensata-
Con la coda dell’occhio Camus vide Lithia avvicinarsi a Saori. Scambiarono qualche parola e si strinsero la mano, poi la sacerdotessa di Odino si allontanò seguita dai due God Warrior.
- Dite che quel fiocco non glielo posso strappare?- borbottò Milo accennando al terribile nastro sui capelli della ragazza asgardiana
- Piantala- tagliò corto Camus. Meglio non dare corda a Milo, specialmente dopo una battaglia. Passato il pericolo era solito iniziare a parlare a vanvera. Cioè… più del solito.
- Forza- disse Saga invitando Shaka ad avvicinarsi a loro – Torniamo al Santuario-
Il Cavaliere della Sesta Casa non sembrò molto felice e lanciò uno sguardo furtivo ad Artemide, sguardo che non sfuggì ai Cavalieri.
- Oh, la rivedrai- lo tranquillizzò Milo con aria sorniona
Camus gli avrebbe tirato uno scappellotto se non fosse stato preoccupato per qualcosa… anzi, qualcuno. Durante lo scontro con Gea era stato troppo impegnato a salvare se stesso, gli altri o il mondo intero per poter verificare le sue condizioni. Adesso poteva, ma ciò che aveva scoperto lo metteva in ansia. Il cosmo di Hyoga era instabile.
Milo si accorse che qualcosa non andava – Cam? Che succede?-
- Hyoga…- non riuscì a dire altro. Il pensiero che gli fosse successo qualcosa di grave gli era appena balenato nella mente. Aveva paura di perderlo. Il cosmo di Hyoga non sembrava così indebolito, ma il terrore si era ugualmente fatto spazio. Tenere tra le braccia il corpo senza vita di Milo gli aveva fatto capire quanto facesse male perdere qualcuno che si ama. “Maledette emozioni, possibile che riescano a distorcere tutto?” Camus sapeva che il suo allievo non era in pericolo di vita eppure… si sentiva responsabile per qualsiasi cosa gli fosse capitata.
- Cam, vedrai che Hyoga sta bene. Se fosse in serio pericolo lo sapresti- cercò di tranquillizzarlo Milo
- Sì, è solo che… non lo so-
Si sentiva ridicolo a parlare così in pubblico. Di solito lasciava trasparire simili debolezze soltanto quando lui e Milo erano soli, non quando c’era anche qualcun altro. Tuttavia la cosa non gli importava. Voleva sentire la voce del suo compagno dirgli che andava tutto bene, solo quello lo avrebbe calmato. “Ma come ragiono? Odio queste emozioni”
Nel mentre che loro parlavano, Saga aveva aperto un varco nell’Another Dimension per tornare al Santuario.
- Dai Cam - disse Milo tirandogli una pacca sulla spalla – Abbiamo scoperto il tuo nuovo punto debole: l’istinto paterno -
Saga si voltò all’improvviso – Non toccare quell’argomento-
Camus non aveva mai visto il Cavaliere della Terza Casa così impaurito, tuttavia non aveva idea del motivo di tanta apprensione. Milo lo guardò corrugando le sopracciglia – Perché… Aspetta, tu… Nah, non ci credo! Sul serio?-
- Sul serio cosa?- chiese Camus che, ovviamente, non capiva di cosa stessero parlando. Come si può capire l’argomento di una conversazione se gli interlocutori non mettono insieme una sequenza di soggetto, verbo e complementi? Mah.
Saga indicò il varco dimensionale – Ve lo spiego dopo. Ora, se volete muovervi, vorrei vedere se mio fratello è ancora vivo-
***
 
Kanon era ferito, doveva aiutarlo. Ma lei non aveva poteri curativi, come poteva guarire quella ferita? Saga le aveva detto di portarlo al Grande Tempio, doveva muoversi. Sentiva il peso di Kanon sulle spalle schiacciarla sempre di più, ma lei continuava a correre. Doveva aiutarlo. Era colpa sua, Gea aveva agito usando il suo corpo, la sua voce. Saga aveva perso il controllo per colpa di Gea… Daphne però sapeva che la colpa ricadeva su di lei. Se solo avesse opposto resistenza sin da subito… Come aveva potuto permettere a quella Dea di usarla come un burattino?
- Tu sei debole, umana-
No, non di nuovo. Se ne era liberata.
- E questi Dei sono stolti… se credono di sconfiggermi così…-
 Non era vero, gli Dei la stavano combattendo. Presto sarebbe stata imprigionata per sempre.
- Non basterà a fermarmi…-
La sua voce cupa scuoteva le viscere della terra, risaliva nelle sue ossa fino a farle gelare il sangue. Cercò di non ascoltarla, di ignorare le sue parole. Ma il terrore la pervadeva, diffondendosi in lei come un veleno.
- Vattene…-
Una mano gelata le serrò la gola. Presto iniziò a mancarle l’aria, non riusciva più a respirare. Scalciò cercando di liberarsi dalla stretta, ma era troppo forte. Stava per cedere…
- No, ti prego…-
All’improvviso si sentì rinvigorire, il cosmo di Saga e quello di suo fratello risplendevano come non mai. Le diedero la forza che le mancava. Portò le mani al collo e strattonò quelle dita gelate che le schiacciavano la trachea impedendo all’aria di raggiungere i polmoni, come una diga che sbarra il corso di un fiume. Una luce poderosa squarciò le tenebre. Sentì un ultimo ruggito colmo di rabbia impregnare la terra, poi più niente.

Aprì gli occhi. Era sdraiata su un letto improvvisato circondato da una tenda improvvisata in quella che dedusse essere un’infermeria improvvisata. Si tirò su a sedere con un grugnito poco femminile.
- Ehi! Come ti senti?- le chiese Aiolos, seduto accanto al suo letto.
Daphne si allontanò i capelli impiastricciati di sudore dal volto – Come un pancake schiacciato da una mandria di cavalli zoppi imbizzarriti. Comunque sono viva e questo mi basta- lanciò un’occhiata al braccio di Aiolos, tenuto fermo con una fascia a tracolla – Il tuo braccio?-
- Oh, lui? Un simpatico guerriero di Ares trovava irritante che tempestassi i suoi compari di frecce così ha deciso di mettermi ko un braccio. Con uno solo è difficile usare un arco. All’inizio Mu temeva di dovermelo amputare, l’arma che mi ha colpito era avvelenata… o maledetta, non saprei. Aiolia, tuttavia, non era d’accordo con il collega. Si è fatto in quattro per riuscire a sistemarlo e direi che ha fatto un ottimo lavoro, tempo due settimane e tornerà come nuovo-
Daphne percepì l’orgoglio trasudare da tutti pori del Cavaliere della Nona Casa - Sei molto fiero di lui, vero?-
Aiolos sorrise. Era incredibile come riuscisse a mettere chiunque di buonumore con quel sorriso. Forse perché i suoi sorrisi erano puri come pochi – Sì- le rispose – È diventato un grande Cavaliere, sono molto orgoglioso di lui. Anche tuo fratello, comunque, non è da meno. La missione in cui vi siete lanciati non era affatto semplice-
Anche Daphne accennò un sorriso, ma poco dopo tornò seria – Come sta Kanon?-
- Mu e Aiolia si sono occupati subito di lui, era in condizioni critiche-
- È salvo?-
Aiolos esitò. Brutto segno. Aiolos diceva sempre la verità e se non rispondeva subito voleva dire che stava cercando un modo per girarci intorno o per rendere la notizia meno pesa - Ci vorrà un po’ di tempo, ma dovrebbe rimettersi-
Daphne si rizzò a sedere - Dovrebbe?-
- Mu dice che dobbiamo aspettare che si svegli prima di essere sicuri che sia fuori pericolo, ma Kanon è molto forte- cercò di tranquillizzarla Aiolos
La francese non si fece distrarre dall’ultima affermazione – Cosa pensano esattamente Mu e Aiolia?-
Il Cavaliere del Sagittario deglutì e iniziò a spostare continuamente lo sguardo, senza mai fissare gli occhi su qualcosa per più di pochi millisecondi. Altro brutto segno. Significava che Aiolos stava cercando un’insperata idea per cambiare discorso o tranquillizzare il suo interlocutore – Ehm…-
Daphne non aspettò risposta e scese dal letto, ma il Cavaliere della Nona Casa tentò di fermarla – Dove credi di andare?-
- Da Kanon. È mio amico, voglio stargli vicina-
Aiolos storse la bocca – Lascia almeno che ti accompagni-
Daphne scostò la tenda che parava il suo letto e si ritrovò in una Tredicesima Casa riconvertita in infermeria, come aveva precedentemente ipotizzato. La sala era occupata da file di letti e brandine, alcuni di essi erano circondati da tende per garantire un po’ di privacy ai poveri malcapitati. Aiolia trottava in giro da ferito a ferito, delegando i compiti più semplici ai Cavalieri illesi o comunque in grado di aiutare. Mu invece non si vedeva, probabilmente si stava occupando di Kanon. Anche Kiki, l’allievo del Cavaliere dell’Ariete, si dava da fare. Correva in qua e là, distribuendo unguenti e pomate particolari secondo le indicazioni dei due neo-eletti guaritori. Dohko stava arrancando per la Tredicesima Casa appoggiato ad una stampella insistendo per aiutare Mu e Aiolia, ma Aldebaran lo riportò quasi di peso al suo posto. Nemmeno l’energumeno brasiliano era illeso: una spessa benda gli ricopriva la fronte, ma tutto sommato sembrava stare bene. Poco più a destra Deathmask si teneva l’addome mugolando in siciliano.
- Vitti 'na crozza supra nu cannuni, fui curiusu e ci vosi spiari. Idda m'arrispunniu: A un gran duluri muriri senza toccu di campani. Larallelleru lalleru…-
- Smettila- lo riprese Aphrodite. Il Cavaliere dei Pesci era in piedi accanto al letto dell’italiano appoggiato a delle stampelle: la sua gamba destra era completamente fasciata, dall’inguine fino alla caviglia.
- Smettila un corno, mi fa male-
- Cantare in quella lingua volgare non ti aiuterà- ribatté lo svedese
Il Cavaliere del Cancro ringhiò – Il siciliano non è volgare-
- Volgare nel senso di linguaggio del volgo… - iniziò a dire il custode della Dodicesima Casa prima di essere interrotto dall’amico che aveva ripreso a cantare (mugolare).
- C'è nu jardino a menzu di lu mari, tuttu ntessutu d'arangi e di xjuri. Tutti l'aceddi ci fannu l'amuri. Larallelleru lalleru lalleru…-
Aphrodite sembrò resistere all’impulso di tapparsi le orecchie – In ogni caso… Mu ti aveva detto di non prenderla tutta insieme quella medicina-
- Minchia, poteva dirlo che non scherzava- esclamò Deathmask
Il Cavaliere della Dodicesima Casa roteò gli occhi e sbuffò – Vado a vedere come sta Shura-
- No, non puoi abbandonare il tuo amico morente- si lamentò Cancer – Torna qui o ti faccio appassire tutte le rose!-
Aphrodite non si voltò e continuò a camminare coadiuvato dalle stampelle mentre Deathmask elargiva ai presenti la sua ampia conoscenza del vocabolario degli insulti siciliani.
- Sembra che qualcuno si stia innervosendo, non vi pare?- commentò con aria innocente il Cavaliere dei Pesci quando incrociò lo sguardo di Daphne e Aiolos – Forse i medici farebbero bene a sedarlo-
Daphne era abbastanza certa che il rapporto di amicizia che legava quei due Cavalieri fosse alquanto strano. Anche quello tra lei e Kanon era particolare, ma sicuramente non erano mai arrivati ad offendersi. Certo, si divertivano a fare scherzi insieme, come quella volta in cui misero la schiuma da barba al posto della panna delle fragole della mensa… roba da poco, insomma. Il ricordo di quello scherzo le provocò una stretta allo stomaco: Kanon era il suo migliore amico, il suo compagno di marachelle, non avrebbe mai permesso a quella ferita di portarglielo via. Si incamminò tra le file di letti seguendo il proprio istinto, usandolo come guida per raggiungere il posto dove si trovava Kanon, il suo futuro cognato. Fu presa per un attimo da un capogiro. Nelle ultime ore la sua vita privata aveva avuto delle svolte interessanti: il matrimonio e, soprattutto, la notizia che Era le aveva dato con tanta sufficienza…
- Santi numi- disse appoggiandosi ad una colonna
Aiolos la raggiunse – Cosa c’è? Ti senti male?- chiese preoccupato
- Devo dirti una cosa-
Il povero greco la guardò con aria confusa – Dimmi pure-
- Sono incinta- mormorò la ragazza
Aiolos strabuzzò gli occhi – Cosa? Cioè… tu e Saga… Insomma, davvero?-
Daphne annuì – La Dea della famiglia ne sembrava piuttosto convinta-
Il Cavaliere del Sagittario la travolse con un abbraccio – Ma è una notizia bellissima, sono contento per voi! Congratulazioni!-
La sua voce sprizzava autentica felicità, come se il futuro genitore fosse lui. Daphne si lasciò contagiare per un momento dalla sua positività. Quando Era le aveva dato la notizia la sua mente non aveva ben recepito di cosa si trattasse. Ripensarci in quel momento, a missione compiuta e con Gea sconfitta… beh, faceva sembrare tutto più reale, come infatti era. Sarebbe diventata mamma, insomma… lei e Saga avrebbero avuto un figlio di lì a nove mesi. Il solo pensiero la faceva impazzire e gioire al tempo stesso. Decise di abbandonare momentaneamente l’argomento per parlarne con Saga quando sarebbe tornato. In quegli ultimi giorni ne avevano passate parecchie, forse un po’ troppe.
Un mugolio proveniente da una brandina la riportò con i piedi per terra - Okay- si riscosse – Troviamo Kanon-
Non ci volle molto per raggiungerlo. Il suo cosmo, seppur indebolito, spiccava come pochi. Daphne scostò la tenda e raggiunse il letto su cui era disteso, privo di sensi, il neo Cavaliere dei Gemelli. Mu stava spalmando una specie di crema sulla ferita, mentre Aiolia stava preparando delle bende.
- Cos’è quella crema?- chiese curiosa Daphne
Mu sollevò lo sguardo – Un unguento del Jamir, lo stesso che ho usato per Camus. Sto usando una dose doppia rispetto alla norma-
Aiolos si avvicinò - È così grave?-
- La ferita è stata inferta con una lama maledetta, si capisce solo guardandola- commentò Aiolia – Com’è successo?-
Tutti e tre i Gold Saint si voltarono verso il Cavaliere di Artemide, unica testimone dell’evento in questione. Daphne stava per parlare, ma qualcuno la interruppe.
- Sono stato io, con la daga d’oro- disse la voce grave di Saga – Gea aveva risvegliato l’altro… la mia altra parte. Stavo per colpire Atena, ma Kanon si è sacrificato per proteggere lei e salvare me-
Mu si bloccò di colpo e Aiolia stritolò le bende che teneva in mano. Aiolos si limitò a fissare i propri occhi in quelli dell’amico – Atena sta bene, vero?-
- Sì- lo rassicurò Saga – In questo momento sta presentando una proposta di pace duratura agli altri Dei-
I Cavalieri della Prima, Quinta e Nona Casa sembrarono tornare a respirare alla notizia che la loro Dea era salva. Mu e Aiolia ripresero a occuparsi di Kanon.
- C’è qualcosa che non capisco…- mormorò Mu – Sembra che la ferita sia già stata guarita in parte…-
- È stato Apollo- spiegò Saga – Ha usato il suo potere per…- la voce gli si spezzò
- dargli più tempo- gli venne in aiuto Daphne. Sentiva che Saga era sull’orlo del crollo. Era sfinito dalla battaglia appena conclusa e il senso di colpa per ciò che aveva fatto al fratello sembrava divorare le poche energie che gli rimanevano. Se Kanon non ce l’avesse fatta… No. Daphne si rifiutò di finire quel pensiero. Kanon si sarebbe rimesso, punto.
Mu aveva finito di applicare il suo unguento, così Aiolia iniziò a fasciare la ferita con le bende che aveva precedentemente immerso in una ciotola piena di un liquido che Daphne non aveva riconosciuto.
Saga si avvicinò al fratello – Come sta?-
Mu sospirò – Non è facile dirlo, la ferita è stata inferta con una lama maledetta ma è stata in parte curata da un potere divino…-
- Mu- lo fermò il Grande Sacerdote – Voglio la verità-
L’abitante del Jamir spostò il peso da un piede all’altro, a disagio – Abbiamo provato di tutto, le bende che sta applicando Aiolia sono state imbevute di una soluzione derivata dell’ambrosia-
- L’ambrosia è molto potente- commentò Aiolos – Prerogativa degli Dei-
Aiolos aveva ragione: nettare e ambrosia erano il cibo degli Dei. L’ambrosia aveva anche dei poteri di guarigione che, tuttavia, potevano rivelarsi fatali per coloro che non appartenevano alla stirpe divina.
- Abbiamo usato solo un derivato, l’ambrosia pura è molto pericolosa per i mortali- si intromise Aiolia – Se nemmeno questo funziona…-
Il Cavaliere del Leone lasciò sospesa la frase, ma non era difficile capire cosa volesse intendere. Quella era la loro ultima risorsa, se nemmeno quella avesse avuto effetto allora… allora Kanon non ce l’avrebbe fatta.
- Ecco fatto- disse tra sé e sé Aiolia mentre finiva di sistemare l’ultima benda
- Avete finito?- chiese brusco Saga

Non riusciva più a tenersi tutto dentro. Daphne lo sentiva. Sentiva quelle forti emozioni premere contro le barriere che le tenevano intrappolate, ribellandosi alla gabbia in cui erano rinchiuse.

Il custode della Quinta Casa fu sorpreso dal tono – Si… non possiamo fare altr…-
- Allora andatevene- disse perentorio il Grande Sacerdote

Tutto quel dolore. Lei lo percepiva. Percepiva quel gelido fuoco che ruggiva dal suo cuore ferito, che urlava il suo dolore a squarciagola.

Aiolos posò una mano sulla spalla di Saga – So che ti può sembrare…-
- Andatevene ho detto- ripeté. Poi aggiunse, abbassando la testa – Vorrei rimanere da solo con mio fratello-

Minacciava di saltare tutto fuori, rompendo le dighe, straripando dagli argini, distruggendo tutto ciò che era stato costruito.

- Oh, certo- commentò il Cavaliere del Sagittario – Vi lasciamo soli- disse facendo cenno agli altri di seguirlo
Daphne osservò gli altri allontanarsi mentre cercava di non farsi affondare dalle emozioni di Saga. Quando riuscì a riprendere il controllo fece per andarsene anche lei, ma il suo compagno la fermò prendendole la mano – Rimani, ti prego-
Lei intrecciò le dita alle sue – Sono qui con te-
Saga si sedette accanto al fratello con calma, poi le lacrime iniziarono a segnargli il viso. Daphne sapeva cosa fare in quelle situazioni. Doveva lasciarlo sfogare, lasciarlo libero di esternare le emozioni più profonde che sempre celava per sembrare il forte capo dal pugno di ferro, il fiero guerriero dal cuore di pietra. Ma Saga non era solo il potente Cavaliere che tutti vedevano, no… Saga era prima di tutto un uomo. E come qualsiasi uomo aveva delle debolezze. L’amore per suo fratello era una di queste, nonostante la vita lo avesse messo di fronte a delle situazioni che parevano testimoniare il contrario.
- Fratello mio…- singhiozzò – Già una volta rischiai di ucciderti… questa volta l’ho fatto sul serio. Perché? Perché non hai provato a difenderti? Era proprio necessario che ti sacrificassi?-
Daphne poggiò una mano sulla sua spalla, facendogli sentire la propria presenza e il proprio sostegno. Di questo aveva bisogno Saga nei momenti di difficoltà: qualcuno a cui appoggiarsi.
- Kanon, ricordi quando ti ho detto che tu eri la mia luce?- continuò Saga – Tu non puoi lasciarmi da solo o l’oscurità mi riprenderà con sé. Resta con me fratello e indicami la via del bene, non posso farcela senza di te-
Il gemello maggiore strinse la mano del minore mentre le lacrime continuavano a scivolare sul suo volto, cadendo poi sulle bende che ricoprivano la ferita, come piccole gocce d’acqua che tentano invano di spegnere un enorme fuoco. Quelle lacrime, simbolo della colpa di cui si era macchiato il loro padrone,  cercavano di raggiungere e affrontare il male come una muta richiesta di perdono per l’ennesimo crimine.
Daphne rimase lì accanto a Saga, incapace di aiutare il suo amico. Poteva solo aggrapparsi alla speranza, quel barlume di luce che, anche nei momenti più bui e tenebrosi, resta sempre vivo perché si sa, colui che rinuncia alla speranza rinuncia alla vita.
***
 
Quando Camus mise piede nella Tredicesima Casa si diresse a passo sicuro dove lo conduceva il suo cuore. Le parole di Milo lo avevano confortato e lui stesso era stato capace di riordinare un po’ le idee nella scalata che li aveva portati all’ultima Casa, tuttavia voleva vedere Hyoga vivo e vegeto con i propri occhi. Zigzagò tra i letti improvvisati per raggiungere il suo allievo. Finalmente lo trovò. Il giovane russo era steso su un letto, ma era sveglio e stava chiacchierando con uno dei suoi amici, Shun di Andromeda, a giudicare dalla corporatura esile.
- Maestro!- esclamò Hyoga appena lo vide – State… stai bene?-
- Sì- rispose con il solito tono freddo e distaccato. Non era sua intenzione apparire così poco coinvolto, ma la presenza di quel Cavaliere di Bronzo lo metteva a disagio.
Fortunatamente Shun captò la tensione che aleggiava nell’aria – Io vado a controllare che Seiya non si sia allontanato di nuovo dal suo letto. A dopo- disse allontanandosi in fretta
- Che cosa ha combinato Seiya?- chiese Milo che, ovviamente, aveva seguito Camus come un’ombra
Il Cigno alzò le spalle – Una commozione cerebrale e fratture sparse in giro per il corpo, ma lo hanno rimesso insieme. Considerando i suoi standard, questa volta gli è andata bene-
Camus (al quale, onestamente, non importava molto del Cavaliere più casinista del Santuario) cambiò discorso – Tu come stai?- chiese all’allievo
- Mu mi ha ricucito una ferita al petto inferta da un guerriero di Zeus, mi sono svegliato poco fa. Adesso sto bene, più i minuti passano più mi sento meglio-
Camus si lasciò sfuggire un sorriso – Sono felice di sentirtelo dire-
Si rese conto di ciò che aveva fatto: per una volta era riuscito a far parlare direttamente il suo cuore. Era incredibile come si sentisse leggero dopo aver esternato a parole quello che provava dentro. Sembrava così semplice eppure gli riusciva così raramente… Anche il tono di voce che aveva usato, generalmente freddo e distante, era più umano, più… caldo.
Il suo allievo rispose al sorriso – I vos…  i tuoi insegnamenti mi hanno aiutato molto, ho sconfitto un’infinità di nemici. Ho avuto un grande maestro-
- Tu sei stato un grande allievo- commentò in tutta sincerità Camus
Hyoga si sistemò meglio a sedere - Un grande allievo è ciò che il maestro spera di essere- disse – L’ho letto da qualche parte… Ma credo che sia sbagliato-
Camus fu colto alla sprovvista da quell’affermazione – Cosa c’è di sbagliato? Io speravo di essere un grande Cavaliere e tu lo sei. Non c’è niente di sbagliato-
Il russo abbassò lo sguardo - Tu sei un grande Cavaliere- rialzò gli occhi - e come tale mi hai ispirato a diventarlo-
L’algido guerriero dei ghiacci fu commosso da quelle parole. Essere apprezzato così dall’allievo a cui voleva bene come un figlio gli fece venire gli occhi lucidi. Avrebbe voluto rispondere a Hyoga, ma preferì fargli capire ciò che provava nella maniera più diretta: lo abbracciò. Aveva sempre disdegnato il contatto fisico, forse perché riusciva a riassumere in sé fiumi di parole e sentimenti a lungo sepolti. Era una forma di comunicazione troppo trasparente per i suoi gusti: poteva esprimere solo verità. Ecco perché ne era spaventato. Tuttavia, di fronte a certe situazioni, era l’unica forma di interazione a cui poteva fare appello.
- Sono fiero di te- mormorò
Sentì la stretta di Hyoga farsi più salda – Grazie p…-
Qualcuno, che stranamente non era Milo, spezzò quel momento – HYOGA!- gridò Seiya
Camus si staccò dall’abbraccio e si ricompose mentre il Cavaliere di Pegasus continuava a urlare a squarciagola.
- Oh, stai bene amico- disse – Menomale-
- Tu non dovevi restare fermo a letto?- gli fece notare il Cigno
Pegasus si passò una mano tra i capelli - Beh, non ne avevo voglia- rispose con semplicità – E poi non sai cos’è successo-
- Cosa?-
- Kanon è gravemente ferito e… sembra che sia stato Saga a ferirlo!-
Il russo strabuzzò gli occhi – Non può essere vero!-
Seiya indicò un punto a caso dietro le proprie spalle – Ho incontrato Aiolia e Mu. Nessuno dei due sembrava molto convinto che Kanon ce la facesse-
Camus non poteva credere che Kanon si trovasse seriamente ad un passo dalla morte. Seiya doveva aver capito male. Apollo in persona era intervenuto per cercare di aiutarlo.
- Come sarebbe a dire?- ringhiò Milo – Apollo aveva detto che era fuori pericolo…-
E se non fosse stato abbastanza? L’arma con cui era stato ferito Kanon era la celeberrima daga d’oro, non un pugnale qualsiasi.
-… se ha mentito giuro che lo ammazzo- continuò lo Scorpione
Camus andò alla ricerca del cosmo di Kanon. Quando lo individuò ciò che scoprì non gli piacque per niente. Il poderoso cosmo del Cavaliere dei Gemelli era ridotto a una debole fiammella, una singola lingua di luce che fronteggiava l’enorme e oscuro abisso.
Le sue probabilità di farcela erano molto basse. Nessun Cavaliere avrebbe potuto farcela.
Ma Kanon non era un Saint qualsiasi. Era sopravvissuto alla prigione di Capo Sounion, aveva ingannato il Dio Poseidone in persona, aveva sconfitto Lune di Balrog con un solo dito e aveva annientato Rhadamante della Viverna privo della sua armatura. Kanon non era assolutamente un Saint qualsiasi.
Sentì al proprio fianco Milo mormorare – Resisti amico mio, siamo con te-
Se qualcuno poteva riuscire in quell’impresa disperata, quello era Kanon dei Gemelli. Camus si sentiva impotente, non aveva alcuno strumento per aiutare il compagno di battaglia. L’unica cosa che poteva fare era sperare. Sul momento gli sembrò una cosa inutile, poi ricordò.
Kanon era un Cavaliere di Atena, un Cavaliere della Speranza.

Nota dell'autrice: eccomi qui! Non sono stata rapita dagli alieni, sono solo sopravvissuta al mio primo anno da studentessa universitaria fuori sede. Come sempre vi invito a farmi sapere cosa pensate della mia storia. A presto (si spera)! =^-^=

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Capitolo 21
*** Lasciti e rese dei conti ***


Capitolo 21 – Lasciti e rese dei conti
 

“Tanti anni abbiamo vissuto insieme fratello e tutti gli ho passati a guardarti nel cuore
E cosa hai visto?
L’angelo sul volto e il demone nel cuore”
A ripensarci dopo tutti quegli anni non poteva fare a meno di chiedersi se quelle parole non fossero state la causa scatenante, il punto di partenza della sua corsa nell’oscurità. La sua e quella di suo fratello. Cosa sarebbe successo se non avesse pronunciato quelle fatidiche parole?
Kanon non ne aveva idea.
Eppure, in quel momento, il dubbio che quelle parole fossero state la fiammella che aveva scatenato l’incendio lo affliggeva.
Se non avesse cercato di portare suo fratello dalla parte sbagliata tutto sarebbe andato diversamente.
O forse no?
Suo fratello era destinato ad attentare alla vita di Atena anche senza il suo contributo?
Le Moire certe volte sapevano essere molto beffarde. Loro e quel maledetto destino… quell’ombra che oscurava il sole delle giornate più calde, facendole diventare fredde come l’inverno russo.
Kanon aveva sempre odiato vivere in una gabbia. Quel destino, quella “stella maligna” sotto cui era nato, lo aveva messo dietro le sbarre ben prima che suo fratello lo rinchiudesse a Capo Sounion.
Una cosa era certa. Saga era scivolato nell’abisso del male per colpa sua. Poco importa che vi fosse già destinato o meno. Kanon non aveva visto con i propri occhi il cambiamento di suo fratello, ma lo aveva percepito. Nemmeno la lontananza gli aveva impedito di sentire il mutamento. I gemelli sono più legati di due normali fratelli, non sarebbe stata la distanza fisica a dividerli. Nemmeno la morte era capace di recidere del tutto il filo che li teneva uniti.
La morte… Kanon sapeva che quella parola avrebbe dovuto significare qualcosa di particolare in quel momento, ma non riusciva a ricordare il perché. Si sentiva confuso.
Una sola immagine gli girava all’infinito nella testa: lo sguardo di Saga, quegli occhi malvagi, animati da un bagliore rosso come il sangue. Quello sguardo gli aveva fatto venire i brividi. Forse perché era abituato a vedere gli occhi di suo fratello identici ai propri, forse perché l’animo nascosto dietro quelle lenti smeraldo era ben noto a Kanon. L’uomo che invece si celava dietro quelle iridi scarlatte non era assolutamente suo fratello. Quella cosa lo aveva spaventato terribilmente: Saga si era trasformato in una persona a lui totalmente sconosciuta.
Kanon ricordava che la prima cosa che gli era passata per la mente era stata: “sono stato io?”
Aveva sentito un dolore lancinante al petto, come una lama che affondava profondamente nel suo io. Temeva di aver risvegliato in qualche modo quella parte recondita dell’anima di Saga, temeva di averlo nuovamente condotto sul sentiero sbagliato. Poi la paura aveva fatto spazio alla logica: non era stato lui a traviare suo fratello, era stata la loro nemica, Gea. La Dea primordiale voleva servirsi del lato oscuro di Saga per mettere in atto i suoi piani.
Kanon non poteva permetterlo. Non poteva permettere a Gea di usare così suo fratello e non poteva permettere a Saga di commettere gli stessi errori del passato.
Ma soprattutto non poteva permettere a se stesso di fare il medesimo sbaglio.
Saga aveva bisogno di aiuto e lui era l’unico in grado di fornirglielo. Questa volta non gli avrebbe voltato le spalle, gli avrebbe porto la mano per aiutarlo a tornare sulla retta via. Lo avrebbe aiutato a rialzarsi o sarebbe caduto con lui.
Ricordava Saga avanzare verso la loro Dea, ricordava di essersi messo a braccia aperte davanti ad Atena, per proteggerla. Ricordava di aver sentito ancora quel bruciore terribile al petto nel sostenere quello sguardo cremisi, quello sguardo che non apparteneva al suo gemello.
L’angelo sul volto e il demone nel cuore
Magari si sbagliava. Magari quel demone non albergava nel cuore di Saga, ma in quello di entrambi. Quel demone che ora impugnava una daga pericolosissima.
Sentiva che suo fratello cercava di ribellarsi al controllo, ma i suoi tentativi erano vani. Quell’ombra era troppo forte perché lui riuscisse a sconfiggerla da solo.
Kanon sapeva che non poteva lasciar vincere quel demone un’altra volta. Lo avrebbe sconfitto una volta per tutte, così lui e suo fratello sarebbero stati liberi per sempre dalla sua influenza.
Ricordava di aver fissato ancora una volta quegli occhi iniettati di sangue, sopportando la fitta al petto che quel contatto visivo gli provocava.
Ad un certo punto il dolore si fece più intenso. Qualcosa gli bloccava il respiro, impedendo ai polmoni di riempirsi di ossigeno.
Allora capì il perché di quel dolore…
La daga d’oro aveva perforato la sua armatura, nel punto esatto in cui la metà dorata e quella d’ombra di congiungevano.
“Ti ho fregato” pensò
Aveva sempre cercato di combattere il destino che gli era stato predetto, di fuggire quella stella maligna che lo aveva marcato. Ma cercando di controllare il destino non aveva trovato pace, solo ora capiva che quella non era la via giusta. Il dolore al petto iniziava a farsi insopportabile, ma Kanon si sentiva finalmente in pace.
Non aveva più cercato di controllare il proprio destino. Lo aveva accettato e lo aveva affrontato. Adesso quel demone non sarebbe più esistito.
Kanon era riuscito a sconfiggere il proprio destino.
Lui e suo fratello avevano sconfitto insieme l’oscurità che da sempre li aveva perseguitati. Da quel momento in poi sarebbero stati liberi dall’influenza di quel demone.
Il dolore al petto però continuava ad aumentare… non riusciva più a respirare. Quella situazione gli ricordava il periodo di prigionia a Capo Sounion, quando annaspava cercando di non annegare. Questa volta però si sentiva molto stanco. Non ce l’avrebbe fatta.
Stava per perdere le speranze, poi qualcosa cambiò.
Sentì una mano stringere forte la sua tirandolo in alto. Quella stretta…
Guardò in alto cercando di identificare il suo salvatore, ma non riuscì a vedere niente se non una fortissima luce.
Allora capì. La sua luce era una e una soltanto.
Non era mai stato solo, nemmeno nei momenti di maggiore solitudine. Perché quella luce c’era sempre, nascosta o lontana che fosse. La sua rabbia certe volte gliel’aveva fatto dimenticare. Ma adesso capiva.
Ricambiò quella stretta, aggrappandosi con forza al suo unico faro.
Non avrebbe mollato, non si sarebbe arreso. Non ora che lui e suo fratello avevano scacciato quel demone una volta per tutte.
***
 
Milo non lo trovava giusto. Per quale motivo lui era tornato dopo la morte senza dover muovere un muscolo mentre Kanon doveva combattere strenuamente per rimanere attaccato alla vita? Menomale Apollo aveva detto che doveva essere fuori pericolo… tsk.
Quell’uomo, pardon… quel dio gli dava sui nervi. Ma non voleva pensare a lui in quel momento.
Gea sembrava sconfitta, eppure Milo aveva la sensazione che non fosse ancora tutto finito. Gli sembrava di sentire un pizzicore alla nuca, come se si fosse scordato qualcosa. Peccato che non ricordava cosa. Ovviamente.
Cercò di convincersi che fosse solo l’effetto dell’adrenalina ancora in circolo. Parlare di adrenalina per uno appena resuscitato suonava un po’ strano, ma si sa, ormai i Cavalieri di Atena avevano preso il fatto di morire e tornare in vita come uno stile di vita.
Mentre girovagava per la Tredicesima Casa perso nei suoi pensieri il Cavaliere dello Scorpione notò il collega della Quinta Casa appoggiato ad una colonna, intento a prendersi un momento di pausa dal lavoro post-bellico. Aiolia se ne stava a occhi chiusi con una pezzuola imbevuta di acqua fresca sulla fronte, in evidente fase zen. La vicinanza alla Casa della Vergine aveva sortito i suoi effetti.
- Shaka si è impossessato di te?-
Aiolia trasalì – Milo! Mi hai fatto prendere un colpo…-
Lo Scorpione gli girò intorno – Cosa stai facendo?-
L’altro riassunse il suo contegno – Tu non hai idea di che caos regnasse in questa Casa subito dopo la battaglia… roba che il Genro mao ken di Saga ti lascia meno mal di testa-
Milo scoppiò a ridere. Lui non aveva mai sperimentato la tecnica in questione del Cavaliere della Terza Casa e di sicuro non ci teneva a farlo in futuro.
Aiolia gli tirò una pacca sulla spalla – Allora, quali prove avete dovuto affrontare?-
Il Cavaliere dell’Ottava Casa alzò le spalle – Ma sai, un po’ di tutto. Abbiamo fatto a pezzetti qualche guerriero di Ares, ho litigato con Apollo, ho restituito il Caduceo ad Ermes, ho quasi ucciso mio padre…-
Ripensare a tutte quelle cose a freddo gli faceva un effetto strano. Era successo tutto veramente? Milo trovava difficile metabolizzare di essere imparentato con un Dio, anche se in maniera indiretta. Se Apollo non si fosse intromesso nel Fato, Milo non sarebbe nemmeno diventato un Cavaliere, non sarebbe mai venuto a conoscenza di Atena e dei Saint e non avrebbe mai conosciuto Camus.
“No, non è certo merito suo se l’ho conosciuto” brontolò tra sé e sé il Cavaliere dell’Ottava Casa “Mi ha causato un sacco di problemi, figuriamoci se lo ringrazio”
La risata di Aiolia lo distrasse dai suoi pensieri - Ma quante ne hai combinate? Amico mio, non ti posso lasciare da solo nemmeno per una missione!-
- Io?- chiese con aria innocente lo Scorpione – Credi che solo io abbia fatto un po’ di confusione?-
Il Leone tornò subito serio – Certo che no, considerando con chi ti sei ritrovato a combattere… Saga ha massacrato qualche altro innocente?- domandò con voce aspra
L’astio nei confronti di Saga era ancora vivo, l’omicidio di suo fratello una ferita ancora aperta grondante rancore. Durante la missione ad Asgard Aiolia aveva dissipato il risentimento nei confronti di Shura, ma non aveva ancora affrontato il gemello maggiore. Sebbene fosse stato il Cavaliere del Capricorno a vibrare il colpo mortale, Aiolia aveva sempre addossato gran parte della colpa all’allora Custode della Terza Casa: era stato Saga ad ordinare l’omicidio di Aiolos e a macchiare d’infamia il suo nome bollandolo come traditore. Questo Aiolia non l’aveva mai tollerato. Nonostante tutti sapessero che Saga era controllato dalla sua metà malvagia quando aveva impartito il fatidico ordine, Aiolia covava ancora rancore nei suoi confronti. Milo aveva più volte consigliato all’amico di affrontare il problema con un bel faccia a faccia, fisico o verbale che fosse, per lasciarsi tutto alle spalle, ma il Leone si era dimostrato molto testardo e sembrava preferire che la situazione rimanesse immutata.
- Saga ha fatto il proprio dovere- tagliò corto - Come ci si aspetta da un qualsiasi Cavaliere di Atena-
- Certo… e ora è pure Grande Sacerdote, nomina più che meritata…- mugugnò Aiolia
Una voce proveniente dalle loro spalle si intromise nella conversazione – La nomina è stata fatta da Atena in persona, mio caro fratello. Confido che tu non dubiti delle scelte della Dea della Giustizia, o sbaglio? – domandò Aiolos
Milo avanzò l’ipotesi che il Cavaliere della Nona Casa avesse usato le ali dell’armatura per arrivare alle loro spalle senza farsi sentire. Come facevano alcuni Cavalieri a camminare in assoluto silenzio con gli stivali dorati? Non che lui ci avesse mai provato anzi, Milo riusciva a fare confusione anche quando indossava i suoi anfibi preferiti con la suola di gomma…
Un grugnito incomprensibile fu la risposta di Aiolia alla domanda del fratello.
Il Cavaliere del Sagittario sospirò – Sai, Aiolia, dovresti smetterla di avercela con lui…-
- Perché?- lo interruppe il Leone
- Perché anche lui soffre, lo sai? Credi che Saga non provi dolore nel convivere ogni giorno con il ricordo di ciò che ha involontariamente fatto, nel vedere riflesso nello specchio il volto di un assassino e non il suo? Prova ad immedesimarti nelle persone, Aiolia, se vuoi capire quello che provano veramente-
Aiolia incrociò le braccia, avviandosi sulla difensiva – Non ho mai visto tutto questo dolore di cui parli- mugugnò
Milo non poté fare a meno di intervenire – Non ti aspetterai che Saga vaghi piangendo per le Dodici Case…-
- Ah ah-
- Il dolore si può manifestare sotto diverse forme- riprese Aiolos – Non puoi pretendere di vedere con gli occhi ciò che prova Saga, lui non è una persona estroversa, tende a camuffare ciò che prova. Solo chi lo conosce bene può riuscire a vederlo-
Aiolia puntò gli occhi sul fratello – Tu vedi questo dolore?-
- Sì- rispose deciso il maggiore – E soffro nel vederlo, perché vorrei che il mio amico non si tormentasse per ciò che è stato-
Il Cavaliere della Quinta Casa spostò il peso da un piede all’altro per qualche secondo, meditando sulle parole del fratello – Mi fido di te, Aiolos. Ma il suo carattere continua a non piacermi, non so come faccia a piacere a Daphne…-
Milo, che fino a quel momento aveva mantenuto un rigoroso silenzio, scoppiò a ridere – Allora sorge spontaneo chiedersi come tu faccia a piacere a Marin!-
Aiolia arrossì di colpo, ma decise di tirare fuori gli artigli e rispondere all’attacco – Beh, tu piaci a Camus! E con questo ho detto tutto-
Aiolos strabuzzò gli occhi – Cosa? Perché io non ne sapevo niente?-
- Sei rimasto un po’ indietro, capita- lo consolò il fratello – Pensa che in tutti questi anni io non mi sono mai accorto che Milo e Camus erano fidanzati… eppure ora che ci penso avrei potuto arrivarci!-
Milo stava per mettersi a ridere di nuovo, ma un rumore lo distrasse: Aldebaran era appena arrivato alla Tredicesima Casa, aveva l’aria piuttosto trafelata.
- Atena non è ancora tornata?- chiese col fiatone
 I tre Cavalieri d’Oro scossero la testa – No-
- Allora devo trovare Saga, ho un importante messaggio da riferirgli- disse con voce grave
- Ti faccio strada- si offrì Aiolos
I quattro Saint si diressero verso il capezzale di Kanon, dove avrebbero trovato il Grande Sacerdote. Milo percepiva una certa agitazione, cosa poteva mai essere successo di così importante? Aldebaran non era mai stato troppo legato alle formalità, se voleva parlare direttamente con Saga doveva trattarsi di un problema serio.
- Riguarda Atena?- chiese Aiolia, incapace di trattenersi
Il Cavaliere del Toro scosse la testa – Per quanto ne so lei sta bene, sono gli abitanti del villaggio qui vicino ad essere in pericolo-
Date le circostanze urgenti, Aiolos dovette ricorrere a modi piuttosto bruschi – Saga- disse, scostando la tenda – Abbiamo un problema-
Il Grande Sacerdote si stava alzando dal letto del fratello: doveva averli sentiti arrivare – Cos’è successo?- chiese senza lasciare trasparire alcuna emozione
Aldebaran si fece avanti – Rodorio, il villaggio, è sotto attacco-
- Di chi?-
- Non lo so- ammise il Toro – Io e Mu stavamo perlustrando l’area in cerca di eventuali feriti quando abbiamo sentito delle urla, poco dopo è arrivato il fumo. Sono corso qui ad avvertire il prima possibile-
Saga posò lo sguardo su Aiolos – Alcuni dei nostri nemici si sono dati alla fuga al termine della battaglia?-
Il Cavaliere del Sagittario si passò una mano tra i riccioli castani – È possibile, erano così tanti che era impensabile averli sconfitti tutti-
- Allora non c’è un minuto da perdere. Milo e Aiolia, trovate Camus e avviatevi a Rodorio, create un perimetro di sicurezza e disponete le difese per proteggere i civili. Io vi seguirò non appena avrò radunato i Cavalieri in grado di combattere-
Aiolos stava per aprire bocca, ma fu prontamente fermato da Saga – No Aiolos, tu non sei in grado di combattere con quel braccio e nemmeno tu, Daphne- aggiunse quando vide la ragazza avvicinarsi a lui
- Me ne rendo conto- asserì lei – Io veglierò su Kanon-
Saga sembrò sorpreso di averla convinta con così tanta facilità a non buttarsi nella mischia, ma evidentemente la possessione divina indeboliva parecchio: Daphne aveva ancora un colorito pallido, e il rosso dei suoi capelli sembrava meno vivo del solito.
- Fa’ attenzione – raccomandò il Cavaliere di Artemide – Ce n’è già uno di voi due in convalescenza, vedi di non imitarlo-
Il Grande Sacerdote annuì, lanciò un ultimo sguardo al fratello, poi si avviò alla ricerca dei rimanenti Cavalieri in grado di sostenere uno scontro.
***
 
Buona parte del villaggio era divorata dalle fiamme: gli assi e gli architravi dei tetti crollavano, un fumo nero si innalzava da gran parte delle abitazioni, l’odore di bruciato intasava le narici.
Camus detestava quell’odore, gli ricordava il giorno in cui aveva perso la sua famiglia. Per un attimo fu come ritrovarsi in quella notte di diciassette anni prima, le urla delle persone terrorizzate sembravano quelle dei suoi fratelli e dei suoi genitori intrappolati. Questa volta però era tutto diverso. Camus era un Cavaliere e come tale aveva il potere e il dovere di salvare quelle persone innocenti.
- Bastardi – sibilò Aiolia – Fuggono dalla battaglia per uccidere innocenti e indifesi-
- Facciamo vedere loro qual è la punizione giusta per un simile scempio- disse Milo sfoderando l’artiglio scarlatto
Camus non poteva che essere d’accordo. Poco prima che si buttassero nella mischia la voce di Mu raggiunse telepaticamente i Cavalieri “Sto trattenendo uno degli ufficiali di Zeus, ce ne sono altri due della sua armata e alcuni di quella di Ares…”
- Così tanti?- commentò Milo – Non sembrerebbe una cosa pensata sul momento…-
- Probabilmente era già tutto programmato- asserì Camus
Così tanti ufficiali che fuggono dal campo di battaglia per andare ad incendiare un villaggio pieno di civili… Non aveva senso. Il Cavaliere dell’Undicesima Casa sapeva che c’era qualcosa sotto.
- Ma avete detto che Ares aveva ordinato alle sue truppe di ritirarsi – si inserì Aiolia – Perché non obbedire?-
- Ares è un pazzo che odia Atena e i suoi Cavalieri – rispose Milo – Non mi sorprenderebbe se avesse casualmente dimenticato di dare l’ordine a una parte del suo esercito…-
Dei rumori alle loro spalle catturarono l’attenzione dei Cavalieri: Saga li aveva raggiunti. Con lui c’erano Shaka, Aldebaran e qualche Cavaliere di rango inferiore un po’ malconci che Camus non riconobbe.
- Mu sta combattendo nella zona Est del villaggio. Shaka, Aldebaran e Aiolia, raggiungetelo e spingete i nemici verso il centro- ordinò il Grande Sacerdote, poi si rivolse ai Cavalieri che Camus non conosceva – Voi occupatevi di mettere in salvo la popolazione-
I Saint chiamati in causa scattarono per eseguire gli ordini. Milo stava per aprire bocca, ma Saga lo precedette – Tu verrai con me. Entreremo da Ovest e prenderemo i nostri nemici alle spalle-
Milo sogghignò – Manovra a tenaglia-
Saga annuì – Camus, quelle fiamme non si spegneranno con dell’acqua normale, i tuoi poteri dovrebbero riuscire a domarle-
Il Cavaliere dei Gemelli stava per allontanarsi, ma Camus lo fermò – Attaccare così un villaggio non ha senso, potrebbe essere una trappola…-
- È sicuramente una trappola- convenne Saga – Volevano farci uscire allo scoperto, ma voglio vedere se riescono a sconfiggere ben sette Cavalieri d’Oro-
- Abbiamo già affrontato una dura battaglia contro Gea e fatto ricorso alle armature divine… non siamo proprio al cento per cento – notò il Cavaliere dell’Acquario – Potrebbero sfruttarlo a loro vantaggio-
Milo era fremente – Che ci attacchino in quanti vogliono, la Cuspide Scarlatta li attende-
- Non abbiamo tempo per stare a chiacchierare- tagliò corto Saga – Teniamo gli occhi aperti-
Aveva ragione, non potevano permettersi di perdere altro tempo. Camus non si attardò oltre e raggiunse le prime abitazioni avviluppate tra le fiamme. Le supposizioni di Saga si rivelarono fondate: quel fuoco non derivava da cause naturali. Avvicinandosi, il Cavaliere dell’Acquario percepì chiaramente un cosmo ostile sprigionarsi dalle spire infuocate.
“Chi può avere un simile potere?” si domandò
Non si trattava di Ares, ne era certo. Ormai aveva familiarizzato con il cosmo del Dio della Guerra e quello che dava origine alle fiamme non era certo il suo. Ma di chi poteva essere allora?
Si concentrò ed iniziò a contrastare l’incendio facendo ricorso ai suoi poteri. Il pensiero di essere finiti dritti in una trappola però non accennava ad abbandonarlo. Un odore diverso raggiunse le sue narici, distraendolo dai suoi ragionamenti. Un’improvvisa colonna di fiamme si era levata dal nulla e stava bruciacchiando i bordi del suo mantello candido. Il francese se ne liberò con un gesto di stizza e scagliò una Diamond Dust per fermare il fuoco. La fiamma si congelò tramutandosi in una stalagmite innaturalmente bella. Venature blu e azzurre attraversavano il blocco di ghiaccio, la luce ambrata del tramonto trafiggeva la fiamma congelata creando meravigliosi giochi di luce che facevano sembrare il fuoco ancora vivo. I riflessi colorati provenienti dalla stalagmite si specchiavano negli occhi nocciola di Camus: in quei giochi di luce, in quelle movenze soffuse lui rivide la sua camera venire divorata lentamente. Ricordò di essersi messo a piangere e di aver chiamato i suoi genitori.
Mama, papa… où est-ce que vous êtes?”
Lui li aveva chiamati, ma nessuno era venuto. Il fuoco stava per raggiungere il suo letto: era in trappola. Sentiva il cuore battere all’impazzata nel petto, un ritmico tum-tum gli rimbombava nelle orecchie. Terrorizzato, aveva lasciato saettare lo sguardo per la stanza, poi lo aveva piantato di nuovo sulla soglia della camera, sperando che qualcuno arrivasse. Continuava a chiamare i suoi genitori, ma loro non venivano…
“Daphne…” chiamò sconsolato
All’improvviso sua sorella comparve sulla soglia, le fiamme le lambivano le vesti e la pelle senza ferirla. I suoi capelli cremisi sembravano un tutt’uno con il fuoco. Camus ebbe paura, per un momento fu spaventato dalla sua stessa sorella. In qualche modo sentiva che quell’incendio era legato a lei, non sapeva come.
Un urlo improvviso squarciò l’immagine creata dal ricordo. Il Cavaliere dell’Acquario si scosse. Non aveva mai rivissuto quell’esperienza, non in quella maniera. I suoi ricordi di quella notte erano sempre stati limitati a dei flash, niente di più. Possibile che quell’incendio avesse risvegliato dei ricordi ormai perduti?
Camus si rese conto di ansimare, il suo battito cardiaco era accelerato. No, quelli non erano ricordi improvvisamente risvegliati… il cosmo maligno che aveva avvertito sin dall’inizio si era fatto più potente.
Camus chiuse gli occhi: doveva cercare di ritrovare la calma. Chiunque ci fosse dietro quel meschino trucco, doveva essere vicino. La sua mente lo trasportò nelle lande innevate della Siberia, l’aria fresca e pulita gli riempiva i polmoni, il freddo pungente lo faceva sentire a casa. Due bambini cercavano di fare un pupazzo di neve, ma si ritrovavano ogni cinque minuti a prendersi a pallate.
- Isaac, aspetta- si lamentò il biondo dei due – Prima finiamo il pupazzo-
- Okay- convenne l’altro – Ma dopo ti stendo-
Camus sorrise. Sentì il respiro farsi regolare, così come la frequenza del battito. Sarebbe rimasto lì ad osservarli giocare liberi e spensierati per ore, ma non poteva abbandonarsi ai ricordi. Il dovere lo chiamava. Il piccolo finlandese si avvicinò a lui: - Maestro, possiamo finire da soli, non importa che tu ci aspetti-
Camus allungò una mano per scompigliare i capelli all’allievo, poi aprì gli occhi. La stalagmite di ghiaccio era ancora lì, terribilmente bella. Il Cavaliere dell’Undicesima Casa sollevò la mano, il palmo rivolto verso l’alto, e, senza smettere di fissare quel blocco di ghiaccio, la chiuse a pugno. La fiamma congelata andò in frantumi, schegge di ghiaccio furono scagliate in ogni direzione, molte di loro caddero al suolo, ma nessuna sfiorò anche lontanamente il Signore delle Energie fredde.
- Notevole- commentò una voce alle sue spalle
Aquarius si voltò. Una donna dalla pelle ambrata e folti capelli bruni lo fissava. Un’armatura rosso cremisi le proteggeva il petto e l’addome, i fianchi erano avvolti da una gonna incandescente, in mano stringeva una spada con l’elsa incastonata di rubini. Il tessuto della gonna svolazzava facendola sembrare avvolta da spire infuocate
– Ovviamente…- continuò la guerriera – …ti starai chiedendo chi sono perché nessuno stupido mortale è in grado di riconoscere una divinità minore-
Camus la interruppe – Tu sei Enio-
La Dea sembrò sorpresa – Oh, esatto… ma te lo dirò ugualmente. Io sono Enio, dea della guerra, della distruzione e della sete di sangue- finì con tono lirico
Il Cavaliere dell’Undicesima Casa liberò la mente dalle ultime propaggini dell’illusione della dea e si concentrò sulla sua avversaria: Enio era una delle divinità della guerra che erano solite infestare i campi di battaglia. Di solito dove c’era Ares, c’era anche questa Enio, ma non era chiaro quale tipo di rapporto vi fosse tra i due (secondo alcuni era una sorella, secondo altri un’amante, secondo altri ancora si trattava soltanto di divinità affini). Camus si preparò ad affrontarla: combattere contro una divinità minore non sarebbe certo stato come combattere contro uno degli dei dell’Olimpo, ma non sarebbe stata nemmeno una passeggiata.
La Dea alzò la spada e tagliò l’aria con un fendente: dalla lama della spada si sprigionò un’onda di fuoco diretta verso Camus. Il Cavaliere si scansò, ma un’altra ondata era già sopraggiunta. Fece allora ricorso ai suoi poteri e creò un muro di ghiaccio che assorbì le fiamme.
- Cosa vuoi fare Cavaliere?- lo apostrofò Enio – Non puoi scappare e nasconderti all’infinito-
No, non poteva, Camus lo sapeva benissimo. Aveva però bisogno di tempo per escogitare un piano. Sapeva di non essere in grado di sconfiggerla da solo dopo tutto quello che aveva affrontato nelle ultime ore e sapeva che il suo obiettivo primario in quanto Cavaliere era neutralizzare il fuoco che divorava Rodorio. Per aver ragione di quelle fiamme doveva però mettere fuori gioco la sua fonte: Enio.
La mente del Signore delle Energie Fredde lavorava febbrilmente per trovare una soluzione a quel circolo vizioso mentre prendeva tempo scansando gli attacchi dell’avversaria e assorbendone il calore con le sue tecniche congelanti.
Continuava ad arretrare verso il centro del villaggio incalzato dagli attacchi della dea quando qualcosa lo distrasse: da una delle case in fiamme proveniva il pianto di un neonato. Eppure si era assicurato che non ci fossero ancora civili in zona, aveva usato il suo cosmo per percepire ogni forma di vita prima di arretrare in quella direzione. Possibile che non avesse percepito prima la presenza di quel bambino? O forse era la sua mente che gli creava brutti scherzi inventandosi pianti inesistenti? Per un attimo fu preso dall’atroce dubbio di aver attirato gli attacchi della dea in una zona ancora abitata da civili indifesi. No, non c’era nessuno fino a poco prima, ne era certo.
Il pianto si fece più insistente. Non se lo stava certo immaginando. Sarebbe corso subito ad aiutare il bambino, ma avrebbe solo rischiato di farlo colpire dalla Dea. Doveva agire in fretta.
Concentrò il suo cosmo intorno a sé in modo da crearsi una barriera di aria gelida intorno, la sua armatura dorata iniziava a presentare segni di congelamento.
- Basterà – borbottò
Non appena la Dea scagliò l’ennesimo colpo, Camus vi si lanciò contro. Attraversò indenne il muro di fuoco che aveva davanti e si ritrovò faccia a faccia con Enio. Prima che la Dea potesse riprendersi dalla sorpresa il Cavaliere dell’Undicesima Casa lanciò il suo attacco
- Freezing coffin!-
Una bara di ghiaccio avvolse la divinità in una morsa siberiana. Camus usò tutte le energie che gli rimanevano per abbassare la temperatura fino allo zero assoluto. Una volta finito, scivolò in ginocchio per lo sforzo, ma si rialzò immediatamente: doveva salvare quel bambino.
Entrò nella casa alla sua destra incurante delle fiamme. I ricordi minacciavano di ricomparire e di sommergerlo da un momento all’altro, ma riuscì a mantenere il sangue freddo. Si precipitò al piano di sopra e trovò il neonato in questione: una trave del tetto era caduta a pochi centimetri da dove si trovava il bambino. Camus lo raggiunse e notò che le fiamme non sfioravano la copertina che avvolgeva il pargolo.
- Le stelle ti hanno protetto- mormorò
Solo allora fece caso alla traccia di cosmo che emanava quel bambino. Com’era possibile che si fosse lasciato sfuggire la presenza di un neonato che possedeva un cosmo? Fu attraversato dal pensiero che qualcuno (magari qualcuno ai piani alti) avesse cercato di liberarsi di quel bambino approfittando della battaglia.
- Che idea meschina- sospirò mentre prendeva in braccio il neonato
Uscì dalla casa tenendolo stretto a sé, ma una volta fuori il bambino continuava a piangere.
- Che cosa c’è? Sei al sicuro ora, tranquillo…- disse Camus mentre lo avvolgeva meglio nella copertina – O forse dovrei dire tranquilla, eh? Pardon -
Come se fosse soddisfatta, la neonata si tranquillizzò.
Camus gettò una rapida occhiata intorno a sé: dov’era finita la bara di ghiaccio? Ed Enio? Si era già liberata? Non sentiva più il suo cosmo, sembrava che fosse svanita nel nulla. Anche le fiamme che divoravano il villaggio sembravano aver perso la loro fonte di energia. Aquarius approfittò dell’occasione per annientare tutti i rimanenti incendi della città: un’ultima Aurora Execution e le ultime lingue incandescenti svanirono.
Camus abbassò gli occhi sulla bambina che teneva in braccio – Immagino che di te debba occuparmi io, vero?-
La neonata, per tutta risposta, si mise ad acchiappare i capelli ramati di Camus emettendo vagiti soddisfatti.
- Lo prendo per un sì-
***
Milo tentò nuovamente di colpire quella specie di guerriero fantasma che continuava a volteggiargli attorno.
- Prima o poi ti disintegro- ringhiò a denti stretti
- È inutile- disse Saga – Questi sono Makhai, spiriti della battaglia-
- E cosa dovrei fare? Ignorarli?- rispose Scorpio stizzito
- Cercherò di confonderli con delle illusioni, tu occupati dei guerrieri in carne ed ossa-
Era una buona idea. I fantasmini evanescenti non erano proprio il tipo di avversario che Milo preferiva. A lui piaceva combattere alla vecchia maniera: uno contro uno, guerriero contro guerriero, senza stratagemmi o trucchetti vari.
Continuando a falciare i soldati che si paravano davanti a loro, Milo e Saga avevano ormai raggiunto gli altri Cavalieri. La piazza centrale del paese era immersa nel caos: Aldebaran stava sfracellando a pugni un gruppetto di guerrieri di Ares, Mu e Aiolia avevano accerchiato dei fedeli di Zeus mentre Shaka stava facendo fare un trip mistico-buddista a quelli che sembravano due sottoufficiali dell’esercito del Dio della Guerra.
- Vuoi unirti alla festa, Scorpio?- chiamò una voce dal tetto di un edificio
Milo ghignò. Finalmente aveva capito cosa si stava dimenticando: la sua partita con Lacedemone dell’Egida, il comandante dell’esercito del Dio del Cielo, era ancora aperta.
- Hai avuto il coraggio di mostrarti, era l’ora- continuò il guerriero – Stavo iniziando a preoccuparmi, per un momento ho pensato che non fossi tornato vivo dalla tua missione-
- Se ti riferisci alla missione in cui abbiamo rinchiuso il tuo padrone in un vaso da fiori, è andato tutto bene… ma sei stato gentile a preoccuparti per me-
Lacedemone saltò giù dal tetto e atterrò davanti a lui - Non avrei voluto dover rinunciare al piacere di sconfiggerti personalmente-
- Adesso mi fai arrossire-
- Basta chiacchiere- sentenziò il guerriero di Zeus – Ora si fa sul serio-
Fece comparire l’Egida sul suo braccio sinistro, l’agitò e il cielo si ricoprì di nubi temporalesche. Milo sapeva cosa stava per succedere: non appena sentì l’aria caricarsi di elettricità si spostò, evitando per un soffio il fulmine. Lacedemone non si dette per vinto e cominciò a tirargli addosso quante più saette possibili. Milo però aveva già combattuto contro il suo avversario e in qualche angolo della sua mente si andò ricreando lo schema degli attacchi che il guerriero di Zeus aveva usato nel loro precedente scontro.
- Non credere di scappare all’infinito- lo sentì urlare
Ma Milo aveva impostato il pilota automatico. Lacedemone era scaltro e veloce, sì, ma il disegno dei suoi attacchi era prevedibile. O meglio, prevedibile per un Cavaliere come Milo che durante le battaglie studiava e memorizzava attentamente le tattiche degli avversari.
- Tanto non mi prendi- lo canzonò il biondo all’ennesimo attacco scansato
Farlo arrabbiare era fondamentale per fargli perdere il controllo della situazione. Quell’attacco al villaggio era sicuramente opera sua quindi stavano combattendo su un campo scelto in tutto e per tutto dal guerriero di Zeus e questo a Milo non piaceva. L’unico problema era che facendolo arrabbiare i suoi attacchi sarebbero diventati più impulsivi e meno attenti e precisi. Doveva trovare in fretta una soluzione prima di ritrovarsi in riserva di energie.
Nel corso del loro scorso scontro Lacedemone era rimasto vittima delle sue onde paralizzanti, ma era riuscito a liberarsi non appena Milo si era distratto. Questa volta sarebbe rimasto concentrato sull’obiettivo, certo, ma era anche vero che non affrontava il duello fresco e riposato come invece era successo per la volta precedente.
Lacedemone aveva resistito a dieci cuspidi scarlatte l’ultima volta, quindi Milo avrebbe dovuto fare ricorso, probabilmente, ad Antares per sconfiggerlo. Il suo avversario era però molto veloce, perciò doveva trovare un modo di immobilizzarlo per avere il tempo di scagliargli contro i quindici colpi fatali.
Lanciò uno sguardo veloce alla situazione del campo di battaglia e gli venne un’idea. Fu una cosa talmente improvvisa che si immaginò la lampadina spuntata sopra la sua testa… Ripassò mentalmente come il suo avversario aveva scansato le cuspidi scarlatte che gli aveva lanciato contro la volta precedente e gettò nuovamente lo sguardo intorno a sé: Aiolia stava falciando i nemici a suon di Lighting Bolt… Milo osservò attentamente la velocità e la direzione dei colpi dell’amico per calcolare il tempismo e l’angolazione perfetti.
- Vediamo se sei davvero così veloce, Lacedemone…-
Il Cavaliere dello Scorpione si voltò verso il nemico e lanciò uno Scarlet Needle. Come aveva previsto, Lacedemone smise di attaccare e scartò verso destra, in posizione leggermente arretrata rispetto a dove si trovava prima. Fu un attimo. Il movimento lo aveva portato esattamente sulla traiettoria del colpo del Cavaliere di Leo: il Lighting Bolt lo investì in pieno. Il comandante delle truppe di Zeus urlò e si accasciò in ginocchio. Milo non perse tempo e lo investì con quattordici punture cremisi tutte in una volta.
- Ehi!- esclamò Aiolia – Ma che modi sono?-
Scorpio era troppo concentrato sul suo nemico per sentire il commento dell’amico. Si avvicinò con passi cadenzati all’avversario ormai alla sua mercé
- Avevo promesso che ti saresti pentito di aver giocato con me, Lacedemone. E Milo dello Scorpione tiene fede alla parola data-
- Uccidimi- mormorò lui – Cosa aspetti?-
Gli angoli della bocca di Milo si inclinarono in un ghigno soddisfatto – Aspettavo che tu me lo chiedessi… ma prima, devi ammettere che ho vinto-
- Bastardo…- ringhiò il guerriero di Zeus con tutto l’odio che aveva in corpo – Però lo riconosco, hai vinto-
Soddisfatto della propria vittoria, Milo sfoderò l’artiglio scarlatto e graziò il suo nemico dal dolore – Scarlet Needle Antares!-
Aiolia finì il gruppetto di nemici che aveva di fronte, poi raggiunse Milo con passo spedito – Hai usato il mio colpo contro il tuo avversario!?-
- È stata una mossa molto calcolata, non sminuirla così- rispose il Cavaliere dello Scoprione – Anzi, credo che sia stata una delle mie mosse migliori-
- Quindi la tua nuova tecnica è sfruttare le tecniche degli altri- commentò Aiolia ridendo – Sei diventato pigr…-
- ATTENTI!- lo interruppe la voce di Saga
Milo e Aiolia si voltarono in tempo per vedere una rete di filo spinato, lanciata probabilmente da uno degli ultimi ufficiali di Ares, diretta verso di loro a velocità incredibile. Entrambi tentarono di scansarsi dalla traiettoria, ma qualcosa gli impediva di muoversi. Milo sentiva già la voce di Camus in testa “Ecco cosa succede a distrarsi nel bel mezzo di una battaglia”.
- Accidenti!- imprecò Aiolia
Qualsiasi cosa li tenesse bloccati, impediva loro anche qualsiasi forma di contrattacco. La mente di Milo brancolava nel buio, non sapeva cosa fare, anche perché non poteva fare nulla.
- Another Dimension!-
L’attacco nemico fu catapultato in un’altra dimensione dal pronto intervento del Custode della Tredicesima Casa. Il guerriero di Ares sbuffò e si preparò a colpire di nuovo, ma Saga lo investì prontamente con un’esplosione galattica.
- Grazie- disse Milo mentre si preparava mentalmente a una strigliata
Aiolia preferì invece mantenere un silenzio imbarazzato.
Il guerriero che Saga aveva sconfitto doveva essere il responsabile della loro impossibilità di fare alcunché perché sia Milo che Aiolia poterono di nuovo muoversi liberamente.
- Il campo di battaglia non è il posto migliore per le chiacchiere- sentenziò il Grande Sacerdote
Milo incassò il colpo in silenzio, se lo era meritato. All’improvviso però sopra le loro teste si aprì una voragine di pura oscurità. Quello che successe dopo fu abbastanza confuso. Milo vide Saga spingere via lui e Aiolia mentre il filo spinato piombava giù dal cielo. Gemini contrattaccò, ma il suo colpo neutralizzò la minaccia metallica troppo tardi: le prime spine acuminate lo avevano già raggiunto. Il grido di Saga perforò le orecchie di Milo. Lo vide cadere in ginocchio e portarsi una mano al volto.
- Saga!- urlò Aiolia precipitandosi dal compagno di battaglia
- Saga- ripeté Aiolia con tono di voce più controllato – Fammi vedere la ferita-
Milo si avvicinò per vedere di persona: l’armatura lo aveva protetto, ma la metà sinistra del volto del gemello maggiore era ricoperta di sangue.
- Lasciami vedere- insisté il Leone
Saga sospirò, ma lo accontentò e allontanò la mano dalla ferita.
Milo rabbrividì: una linea cremisi tagliava verticalmente il sopracciglio e l’occhio, attraversava lo zigomo, per poi fermarsi sulla guancia. Il Cavaliere del Leone fissò attentamente lo squarcio che si era aperto sul bulbo oculare.
Pochi istanti dopo fu raggiunto da Mu: la scena doveva aver catturato l’attenzione del Cavaliere dell’Ariete. L’abitante del Jamir si mise ad ispezionare la ferita, ma la sua espressione non preannunciava nulla di buono – Cos’è successo?-
- Il varco dimensionale si è riaperto – rispose Saga. Aveva l’aria esausta e confusa – Non so come sia potuto accadere –
Mu si rialzò – Vado al Grande Tempio a prendere le medicazioni necessarie. Voi non muovetevi – ordinò perentorio prima di sparire
Saga non sembrava avvezzo a ricevere ordini, infatti si stava già rimettendo in piedi, ma Milo e Aiolia lo bloccarono – Mu ha detto di aspettare – ricordò lo Scorpione
- Dobbiamo sconfiggere gli ultimi nemici rimasti…-
- Shaka e Aldebaran hanno quasi finito di fare piazza pulita- commentò il Cavaliere dell’Ottava Casa dopo aver lanciato un’occhiata ai colleghi – Non credo che avranno particolari problemi-
Mu ricomparve all’improvviso a due centimetri dal naso di Milo – Scusa- mormorò, poi si avvicinò a Saga per medicare e bendare la ferita
- Mu- lo chiamò il Grande Sacerdote – Sii sincero-
Il Cavaliere dell’Ariete finì di sistemare la ferita con calma, poi fissò il compagno d’armi nell’occhio sano – Temo che la cicatrice rimarrà… per quanto riguarda l’occhio…-
- Possiamo usare l’ambrosia – intervenne Aiolia – Se la…-
-  No, Aiolia, non possiamo – lo fermò Mu – Rischieremmo soltanto di ucciderlo. Il derivato dell’ambrosia ci è stato utile per curare la ferita di Kanon perché la ferita era stata inferta con una lama maledetta, in grado di uccidere esseri divini. Usare il derivato su una ferita normale ridurrebbe chiunque in fin di vita o peggio –
- Ma…- continuò testardo il leone – Non possiamo rassegnarci così-
- Aiolia – disse Saga alzandosi in piedi – Basta –
Il Cavaliere della Quinta Casa sembrava sul punto di scoppiare – È stata colpa mia!- gridò – Io ho distratto Milo… –
- Aiolia… -
- Devo poter fare qualcosa… Io… Perché non mi urli addosso? Tirami un pugno, fa’ qualcosa! - sbottò
- Ho ancora l’altro occhio, Aiolia – rispose calmo Saga. Anche se forse la calma delle sue azioni derivava più dalla stanchezza che dalle sue vere emozioni – Non è questa grande disgrazia-
Il Cavaliere della Quinta Casa abbassò lo sguardo – Perdonami, non volevo che succedesse –
– Non c’è niente da perdonare – il Grande Sacerdote poggiò una mano sulla sua spalla – Sono io che ti chiedo perdono per ciò che ho fatto a te e a tuo fratello -
Aiolia alzò gli occhi incredulo, ma prima che potesse dire o fare qualcosa Saga si era già allontanato, diretto verso il centro della piazza dove Shaka e Aldebaran avevano sconfitto gli ultimi guerrieri di Zeus e Ares rimasti.
- Com’è la situazione?- domandò Gemini
- Abbiamo sconfitto tutti i nemici e gli altri Cavalieri hanno messo in salvo la popolazione in tempo: c’è solo qualche ferito lieve, ma niente di grave- disse il Cavaliere della Seconda Casa
- Allora possiamo rientrare al Grande Tempio – commentò Saga – Mu, raduna gli altri Cavalieri e aiutate la popolazione a tornare nelle loro abitazioni. Gli sfollati saranno accolti al Grande Tempio finché le loro case non saranno risistemate. Quando avrete finito, rientrate anche voi al Santuario –
Mu annuì e si avviò ad adempiere il suo dovere. Milo non poteva fare a meno di riconoscere che Saga avesse l’innata capacità di assegnare ai singoli Cavalieri i compiti che più si addicevano loro. La calma intrinseca di Mu avrebbe certo aiutato la popolazione a ritrovare la pace nonostante la terribile esperienza appena vissuta.
- Allora? – domandò la voce di Camus dietro le loro spalle – Li abbiamo sconfitti? –
Milo si voltò: il suo compagno era illeso, nemmeno un graffio sfiorava la sua pelle perfetta. Stava per dirgli che aveva sconfitto Lacedemone con un’idea brillante, ma il suo sguardo fu catturato da ciò che Camus teneva in braccio – Quello cosa sarebbe? –
- Questa è una bambina. L’ho trovata tra le fiamme –
- Sì avevo capito che era un neonato – commentò il greco – Ma perché la tieni tu? –
- È stata abbandonata, Milo –
- E perché devi occupartene proprio tu? –
- Non ha nessuno! Non posso lasciarla sola –
- Cam, sei un Cavaliere, non puoi adottare tutti gli orfani che trovi –
Camus sembrò molto offeso dalla sua ultima affermazione. Aprì la bocca per ribattere, ma la neonata iniziò a piangere. Il francese lanciò a Milo un’occhiataccia come per dire “è colpa tua”, poi iniziò a cullare la bambina mormorando in una lingua strana.
Milo aggrottò le sopracciglia, stizzito. Camus si era tirato indietro da quello che sembrava l’inizio di un litigio per dedicarsi a quella piccola creatura che teneva tra le braccia. - Cos’è questa nenia? Elfico? – lo attaccò
Il suo compagno lo ignorò. Come lo detestava quando faceva così.
- È bretone – si intromise Saga – Muovetevi adesso, litigherete dopo –
- Giusto – commentò Aiolia – Meglio tornare al Santuario –
Vista come si era conclusa l’ultima volta che aveva aperto un varco dimensionale, Saga si avviò a passo spedito verso il Grande Tempio, seguito a ruota dagli altri Gold Saint.
Milo fece un respiro profondo seguito da un esamino di coscienza: forse era stato un po’ troppo brusco con Camus. Certo che anche lui se la prendeva subito, ma questa non era assolutamente una novità. Il greco si avvicinò al compagno con l’intento di farsi perdonare. Camus fece finta di non averlo visto, ma Milo sapeva che non era così.
- Ehm – cominciò – Ma almeno ha un nome? –
- Speravo che ne trovassi tu uno carino – il francese lo guardò finalmente negli occhi – Sai, la mia fantasia lascia molto a desiderare –
- Questo è vero – concordò Milo
Fortunatamente Camus non se la prese. Il greco si picchiettò il dito sul mento mentre pensava a un nome; poi gli venne un’idea. Ad occhio e croce la bambina era nata da pochi giorni, quindi era nata sicuramente sotto il segno della Vergine… Come si chiamava la stella più luminosa della costellazione?
- Spica! – esclamò soddisfatto – L’avrei chiamata anche Antares, ma non credo che Shaka avrebbe apprezzato –
Camus accennò un sorriso – Che ne dici? – disse rivolto alla bambina – Ti piace Spica? –
La neonata sembrò soddisfatta e tentò di acchiappare i riccioli biondi di Milo con le manine minuscole – I capelli no! –
- Vuoi provare a prenderla in braccio? – chiese Camus divertito
- Credo sia meglio di no, sai che ho le mani di burro –
Camus rise, una risata leggera e cristallina, una risata che Milo non sentiva da tanto tempo.
 
Nota dell’autrice: sono viiiva – semicit (grazie Mushu per la licenza). Mi scuso per la lunghissima attesa, ma prometto che questa fanfiction verrà completata. Manca poco ormai, quindi vi prego di sopportarmi ancora per un pochino. A presto (si spera)! =^-^=
PS: il bretone è una lingua di origine celtica parlata nella Bretagna, una regione nel Nord-Ovest della Francia. Nel mio personale headcanon Camus e sua sorella sono originari di questa regione.

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