Scorci di vita

di Placebogirl_Black Stones
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vino ***
Capitolo 2: *** Speranza ***
Capitolo 3: *** Cera ***
Capitolo 4: *** Filo ***
Capitolo 5: *** Neve ***
Capitolo 6: *** Sogno ***
Capitolo 7: *** Merletto ***
Capitolo 8: *** Incisione ***
Capitolo 9: *** Giglio ***
Capitolo 10: *** Tatuaggio ***
Capitolo 11: *** Purezza ***
Capitolo 12: *** Oro ***
Capitolo 13: *** Respiro ***
Capitolo 14: *** Celare ***
Capitolo 15: *** Armatura ***
Capitolo 16: *** Belladonna ***
Capitolo 17: *** Drago ***
Capitolo 18: *** Sentiero ***
Capitolo 19: *** Argento ***
Capitolo 20: *** Sottosopra ***
Capitolo 21: *** Arco ***
Capitolo 22: *** Fuga ***
Capitolo 23: *** Presagio ***
Capitolo 24: *** Legno ***
Capitolo 25: *** Sospiro ***
Capitolo 26: *** Frammento ***
Capitolo 27: *** Tramonto ***
Capitolo 28: *** Toccare ***
Capitolo 29: *** Saturno ***
Capitolo 30: *** Incanto ***
Capitolo 31: *** Credere ***



Capitolo 1
*** Vino ***


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» Prompt: Vino
» N° parole: 202

VINO 

Prendo il calice infilando lo stelo fra l’indice e il medio, sorreggendo la coppa sul palmo della mano e facendo oscillare il liquido rosso al suo interno. Me lo porto alla bocca e sorseggio quel vino aromatizzato che porta il mio stesso nome, l’unico che posso definire davvero mio. Non sono più Sharon, non sono più Chris. Non è rimasto niente di quella che ero. Sono solo Vermouth, la strega dai mille volti, la favorita del boss.
Improvvisamente il vino mi sembra diventato amaro, ma continuo a berlo nella speranza che il sapore cambi, nello stesso modo in cui attendo che Silver Bullet venga a salvarmi.
Il Vermouth è l’ingrediente base di molti cocktail, così come io sono preziosa e indispensabile per questa organizzazione.
Grazie alla miscela di erbe aromatiche contenute in esso, il Vermouth può avere lo stesso sapore di un vino invecchiato pur essendo giovane, così come il mio corpo resta giovane per via di un farmaco mentre gli anni passano.
Sono vecchia dentro, una mela marcia.
Prendo la bottiglia e verso altro vino nel mio calice ormai vuoto. Vorrei che mi aiutasse a dimenticare ma non è così. Detesto queste notti fredde e malinconiche che mi fanno sentire vulnerabile.

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Capitolo 2
*** Speranza ***


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» Prompt: Speranza
» N° parole: 235
SPERANZA 
 
Cammino per la strada affollata di Beika con la busta della spesa in mano, diretta verso casa. Voglio preparare qualcosa di caldo per cena, penso che farà piacere anche a papà.
Un’improvvisa folata di aria fredda mi investe, costringendomi a sistemarmi meglio la sciarpa leggera che ho messo intorno al collo: a quanto pare l’estate è ormai giunta al termine. Anche tu sei un po’ come il vento: arrivi dal nulla, senza preavviso, e con la stessa velocità sparisci di nuovo per farti rivedere non si sa quando. È dalla gita a Kyoto che non ci vediamo, ci siamo scambiati solo qualche messaggio e un paio di telefonate. So che sei molto impegnato con i tuoi casi da risolvere, ma mi manchi tanto Shinichi. Ora che siamo ufficialmente una coppia vorrei poter fare tutte quelle cose che fanno due fidanzati: tenersi per mano, andare al cinema, condividere un gelato.
D’un tratto mi paralizzo e sgrano gli occhi: mi sembra di vedere la tua figura tra la folla. Mi metto quasi a correre per raggiungerti, ma alla fine scopro che non sei tu. Ultimamente mi capita spesso di scambiare dei perfetti estranei per te. Ti vedo sempre, ti vedo ovunque.
Mi stringo una mano sul petto per cercare di calmare i battiti accelerati del mio cuore. Anche se alla fine resto sempre delusa, non smetto di sperare nemmeno per un attimo.
Tornerai prima dell’inverno, vero Shinichi?

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Capitolo 3
*** Cera ***


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»Prompt: Cera
»Words: 204

 
CERA
 
Sto pulendo e sistemando la pistola nella semioscurità del mio appartamento. Ho acceso qualche candela profumata sperando che mi aiutasse a rilassarmi, ma non sta funzionando. Mi vengono ancora i brividi freddi lungo la schiena se ripenso a quanto ho rischiato grosso oggi: sarebbe bastata una sola, piccola goccia in più per trasformare quell’onda in uno tsunami diretto verso di me. Non avrei mai immaginato che Korn, il più taciturno di tutti, avesse così tanto da dire in poche e semplici parole. Conosce il volto del mio complice, l’uomo che avrebbe dovuto essere morto nel tentativo di portarmi via da loro. Se riuscisse a collegare tutti i tasselli del puzzle insieme, per me sarebbe la fine. Non posso permettere che accada, non voglio fare la fine di mio padre.
Mentre rifletto su tutto ciò continuo a fissare la fiamma di una delle candele, che sta sciogliendo lentamente la cera mentre brucia instancabile. Non posso fare a meno di pensare che anche la mia vita sia come la cera di quella candela: apparentemente solida ma pronta a liquefarsi di fronte al fuoco divoratore. Chissà quanto tempo mi resta prima che si esaurisca completamente.
Soffio sulla fiamma e la spengo: per oggi ho vinto ancora io.



ANGOLO DELL'AUTORE
La scena è ambientata la notte del caso narrato nei capitoli dal 1061 al 1066.

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Capitolo 4
*** Filo ***


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»Prompt: Filo
»Parole: 246
FILO
 
Mi guardo allo specchio e a stento mi riconosco con questo nuovo taglio di capelli. Non che sia brutto, la Signora Yukiko ha fatto un ottimo lavoro, ma non sono più abituato a non avere i capelli lunghi. Inoltre, tutti i miei colleghi continuano a ridere e fare commenti quando mi vedono e mi sento in imbarazzo. Akai si è scusato, ma non è colpa sua: a volte è necessario sacrificare qualcosa per ottenere qualcos’altro. Mi ha salvato la vita con le sue indicazioni, non potrei mai avercela con lui.
Noto che sulla spallina della canottiera bianca che sto indossando c’è rimasto ancora un capello. Lo prendo fra il pollice e l’indice e lo osservo, un filo quasi invisibile. Oggi anche la mia vita è rimasta appesa ad un filo per ore, mentre scappavo dall’Organizzazione e mi nascondevo ovunque possibile su quell’isola deserta. Se ripenso al fatto che mi sono sepolto vivo sottoterra mi vengono ancora i brividi. Il momento peggiore però è stato quando mi hanno sparato: anche se le risme di carta hanno attutito il colpo e impedito al proiettile di raggiungere il mio cuore, l’impatto è stato forte e ho temuto davvero che fosse giunta la fine.
Da oggi in poi dovrò vivere come un fantasma, Akai ha detto che né io né lui dovremmo esistere in questo mondo. Se quelli dell’Organizzazione riconoscessero la mia faccia sarebbe la fine.
Lascio andare il capello e lo osservo mentre cade leggiadro fino a terra, lentamente.



ANGOLO DELL'AUTORE
La scena è ambientata dopo i fatti narrati nei capitoli dal 1061 al 1066.

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Capitolo 5
*** Neve ***


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»Prompt: Neve
»Parole: 256

 
NEVE
 
Sono affacciato alla finestra del mio appartamento, con i gomiti posati sul davanzale, mentre Haro mi guarda incuriosito.
- Purtroppo non possiamo uscire per il momento- gli dico sorridendo.
Oggi sembra non voler smettere di nevicare, i fiocchi cadono leggeri ricoprendo tutta Tokyo di una coltre bianca come il latte, rendendo le cose uguali e irriconoscibili.
La neve nasconde i segreti e fa riaffiorare i ricordi.
Anche la pelle di Elena era bianca come la neve, insieme ai suoi capelli biondi che la rendevano facilmente riconoscibile come una straniera agli occhi dei giapponesi. Sembrava così delicata, un angelo sceso sulla terra. Ma la vita gli aveva insegnato che anche gli angeli possono cadere all’inferno se fanno la mossa sbagliata e questa era la sorte toccata a Hell Angel. Eppure lui conservava ancora un bel ricordo di quella donna, l’unica che aveva compreso i suoi sentimenti e la sua condizione di hāfu, perché anche lei li aveva vissuti sulla propria pelle.
Quando se n’era andata dallo studio medico che gestiva insieme al marito, aveva desiderato tanto rivederla ancora una volta. Nelle giornate di neve come quella, si metteva alla finestra a fissare il bianco, sperando di vederla apparire. Poi un giorno aveva capito che Elena non sarebbe tornata e aveva smesso di sperare.
Sospirò e chiuse i vetri della finestra, riportando l’attenzione sul piccolo Haro.
Hell Angel non sarebbe tornata nemmeno oggi, le fiamme avevano sciolto la neve di cui era fatta la sua pelle. Perché una volta che finisci all’inferno non puoi più tornare indietro.

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Capitolo 6
*** Sogno ***


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»Prompt: Sogno
»Parole: 255

SOGNO
 

Nascosto in un angolo dove nessuno può vedermi, insieme a Chianti aspetto in silenzio di ricevere ordini da Gin. Dobbiamo far fuori qualcuno, come sempre.
Osservo quel gigantesco cerchio di ferro con un’insegna colorata al centro e tante sfere pronte ad ospitare chiunque vorrà godere di una vista dall’alto. Più che osservarlo, lo sto proprio fissando. La mia attenzione è totalmente concentrata su di esso, tanto da non accorgermi nemmeno che alle mie spalle Chianti ha appena ricevuto un messaggio sul cellullare e sta blaterando qualcosa che alle mie orecchie arriva come un insieme di suoni incomprensibili.
 
- Forza, andiamo- mi dice secca.
 
Dovrei risponderle, dovrei chiederle perché dobbiamo andare via, se il piano è cambiato e cosa diceva quel messaggio, ma tutto quello che mi riesce e di restare lì, in piedi, immobile come una statua a fissare la ruota panoramica.
 
- Cosa c’è? Vuoi farci un giro sopra?- mi chiede.
 
Arrossisco a quelle parole: da brava cecchina qual è ha fatto centro. Non posso certo dirle la verità, come potrei confessare che vorrei lasciar perdere per un attimo la missione e fare un giro sulla ruota panoramica? Da bambino l’ho desiderato tante volte, ma il mio sogno non si è mai avverato.
Cerco di tornare in me e quando il rossore sul viso è completamente scomparso mi giro verso di lei.
 
- Certo che no- rispondo, mentendo a lei e a me stesso.
 
Mi incammino lentamente lasciandomi alle spalle per l’ennesima volta quel sogno e torno ad essere semplicemente Korn, il cecchino dell’Organizzazione.



ANGOLO DELL'AUTORE
La scena è tratta dallo special Case Closed Episode One: The Great Detective Turned Small. 

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Capitolo 7
*** Merletto ***


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»Prompt: Merletto
»Parole: 318

 
MERLETTO
 
Si guardò un’ultima volta allo specchio, soddisfatta del risultato. Nonostante la natura non le avesse donato un generoso decolté, quel reggiseno bianco decorato con del merletto le stava proprio bene, sembrava fatto su misura per lei. Vi indossò sopra una maglia a maniche corte molto semplice e completò il look con dei jeans, delle scarpe da ginnastica leggere e un giacchetto in pelle. Prese il casco e uscì dalla stanza dell’hotel in cui alloggiava, diretta verso il cafè nel quale doveva incontrarsi con Ran e Sonoko.
 
Dopo una quindicina di minuti alla guida della sua moto arrivò al posto stabilito. Le sue amiche la stavano già aspettando. Erano vestite in modo molto grazioso, con degli abiti dai colori pastello. Sonoko aveva detto che quel cafè era un posto alla moda e che bisognava vestirsi bene, in modo femminile, per adattarsi all’atmosfera del locale.
Si tolse il casco e salutò le sue amiche con un sorriso raggiante.
 
- Ma come ti sei vestita?!- le chiese l’ereditiera - Avevo detto “femminile”- rimarcò quella parola.
- Infatti mi sento molto femminile oggi- rispose fiera.
- E cosa c’è di diverso nei tuoi abiti rispetto al solito?- chiese scettica l’amica.
- Sto indossando un reggiseno con il merletto!- le fece l’occhiolino - Guarda-
 
Cercò di abbassare il colletto della maglia più che poteva, sporgendosi in avanti, fino a quando non riuscì a far vedere un pezzo del reggiseno.
 
- Basta così, è sufficiente!- la fermò Ran, prima che tutti i passanti vedessero.
- Allora, cosa ne pensate?- chiese soddisfatta - Non vi sembro carino?-
- Beh…ecco…- dissero in coro le due ragazze.
- Cosa c’è? Non vi piace?- assunse quell’espressione da cucciolo bastonato a cui era impossibile dire di no.
- Ma no, figurati! Ti sta molto bene!- rispose Ran, scuotendo le mani.
- Lo penso anche io- annuì, tornando a sorridere - Adesso entriamo però, voglio assaggiare la torta con le fragole!-

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Capitolo 8
*** Incisione ***


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»Prompt: Incisione
»Parole: 283


INCISIONE
 

Si chinò un istante per posare a terra davanti alla lapide il mazzo di fiori freschi che aveva appena acquistato: delle gerbere di vari colori. Non era mai stato bravo a scegliere quelli giusti, per questo aveva sempre lasciato quel compito a Jodie.
Tornato in posizione eretta, congiunse le mani e rimase a fissare l’incisione sulla lastra di granito. Quella era stato lui a sceglierla insieme al colore della lapide, perché Jodie era troppo piccola e spaesata per farlo.
 
Ryan Lewis Starling
1957 - 1995
Beloved father and husband
FBI Special Agent
 
Andava a trovare il suo vecchio amico ogni volta che poteva, pregava affinché  potesse riposare in pace e lo rassicurava che la sua adorata figlia stesse bene. Non era facile essere padre e spesso si chiedeva se da lassù Ryan fosse soddisfatto di come aveva cresciuto quella ragazza al posto suo.
A volte mentre era lì, nel silenzio assoluto del cimitero, gli sembrava di sentire l’eco delle risate che facevano insieme, quando ancora nessuno dei due avrebbe mai potuto immaginare cosa sarebbe successo di lì a poco. Gli mancava il suo amico, ma davanti a quella ragazzina indifesa non poteva mostrare il suo dolore, perché lei era quella che stava soffrendo più di tutti.
Lo salutò un’ultima volta, sfiorando la lapide con i polpastrelli; poi si voltò e s’incamminò verso l’uscita del cimitero.
 
“Che bei baffoni che hai oggi”
 
La voce di Ryan risuonò nell’aria: si era sempre divertito a prenderlo in giro per quei baffi.
Rise sonoramente fino a quando le lacrime non scesero dai suoi occhi, ma non riuscì a comprendere se fossero lacrime per il troppo ridere o per la nostalgia di un tempo che non sarebbe tornato.
 

 
ANGOLO DELL’AUTORE
Il nome del padre di Jodie l’ho inventato, dal momento che non è mai stato detto nel manga, così come le date di nascita e morte. Ho ripreso il tutto dalla mia fanfiction Tomorrow (I’m with you).

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Capitolo 9
*** Giglio ***


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»Prompt: Giglio
»Parole: 490

 
GIGLIO
 
Procedeva a rilento nel traffico, come ogni mattina mentre si recava al lavoro. Si trovava in fila ad un semaforo e tamburellava le dita sul volante in attesa che scattasse la luce blu. Si guardò intorno e fu allora che vide poco lontano dalla sua auto suo marito fermo davanti a un negozio di fiori. Stava parlando con il fiorista, il quale poi gli mostrò alcuni tipi di fiori. Sentì il cuore batterle forte nel petto: quel giorno era il loro anniversario, quindi non doveva essere un caso che Goro fosse lì. A cos’altro potevano servirgli dei fiori se non a farle un regalo?
Sorrise felice e anche quando arrivò al lavoro l’entusiasmo non la lasciò nemmeno per un istante. Chissà, forse Goro sarebbe venuto a portarle i fiori in ufficio o forse le avrebbe fatto una sorpresa invitandola a cena.
 
- La vedo di buonumore oggi, avvocato Kisaki- le disse la sua assistente.
- Già, oggi è un giorno speciale- annuì.
- Davvero? E che giorno è?-
- Credo che lo scoprirai presto-
 
Nel suo fantasticare ad occhi aperti, però, non aveva considerato nemmeno per un istante che le cose potevano andare in modo diverso da come se le era immaginate. Attese tutto il giorno di ricevere quei fiori, che non arrivarono mai. Quando il sole che tramontava illuminò di arancio il suo studio, portò via con sé anche la sua ultima speranza che Goro si fosse ricordato del loro anniversario. Quei fiori dovevano essere per un’altra donna.
Arrabbiata e delusa, spense il computer e lasciò il suo ufficio. Prese l’ascensore e quando arrivò al piano terra uscì dal portone del palazzo, diretta alla sua auto. Lì trovò la persona che aveva atteso per tutta la giornata: suo marito. Se ne stava con la schiena appoggiata alla portiera della sua Mini Cooper mentre fumava una sigaretta. Aveva indosso un abito elegante e nella mano sinistra stringeva un mazzo di gigli rosa.
 
- Goro, cosa ci fai qui?- chiese sorpresa, anche se in cuor suo sapeva già la risposta.
- Non dirmi che te ne sei scordata!- brontolò lui, gettando la sigaretta ormai finita a terra e sfregandovi un piede sopra per spegnerla - Non sai che giorno è oggi?-
- Certo che lo so!- rispose piccata.
- Tieni, questi sono per te- le allungò il mazzo di gigli, fingendo di non mostrare entusiasmo mentre lo faceva.
 
Era sempre il solito vecchio brontolone orgoglioso.
 
- Grazie, sono bellissimi- sorrise, mentre annusava il profumo - Hai già cenato?-
- Veramente…- si grattò la nuca, visibilmente imbarazzato.
- C’è un ristorante qui vicino, un posto carino e non troppo caotico dove si mangia bene. Ti va di farmi compagnia?- gli propose.
 
Non sapeva come sarebbe andata la serata, se quel detective da strapazzo l’avrebbe rovinata come solito o se per una volta si sarebbe comportato bene. Sapeva solo che non avrebbe voluto trascorrere quella serata con nessun altro se non con lui. 

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Capitolo 10
*** Tatuaggio ***


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»Prompt: Tatuaggio
»Parole: 180

 
 
TATUAGGIO
 
Nella cultura giapponese si dice che le farfalle siano le anime dei morti che restano sulla terra per condurre le altre anime nell’aldilà. Ovviamente io non credo nel paradiso o cose simili, anche perché sono certa che finirò all’inferno, però quando ho scelto di tatuarmi questa farfalla intorno all’occhio ho pensato proprio a questo: anche il mio compito è quello di mandare all’altro mondo le persone, quando le centro in pieno con il mio fucile. Lo so benissimo che non c’è la stessa poesia, ma onestamente pensate che me ne importi? L’Organizzazione mi paga per essere una ragazzaccia, non certo una principessina. E poi le farfalle sono creature effimere, muoiono subito, proprio come le persone. Avete presente quando toccate le ali delle farfalle e queste non riescono più a volare? Ecco, la stessa cosa succede alle persone: se un proiettile le tocca nel punto giusto, non riescono più a muoversi. Il solo pensiero mi eccita!
Chissà, forse dovrei farmi un altro tatuaggio…magari proprio un proiettile, oppure un fucile, o meglio ancora la testa mozzata di Vermouth. Chi la sopporta quella!

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Capitolo 11
*** Purezza ***


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»Prompt: Purezza
»Parole: 801


 
PUREZZA
 
- Bene ragazzi, oggi faremo un esercizio diverso dal solito: dovete pensare a una sola, singola parola che descriva al meglio il vostro compagno o la vostra compagna di banco. Poi scrivete la parola su un foglio di carta senza che il vostro compagno la veda e ripiegatelo. Una volta che avrete terminato leggerete a turno le parole che avete scritto e spiegherete perché il vostro compagno vi ha fa pensare a quel termine specifico- terminò la spiegazione il professore.
 
Kazuha sorrise e si chinò immediatamente sul foglio per scrivere la parola che secondo lei lo avrebbe descritto. Si sorprese di come non avesse riflettuto nemmeno un secondo prima di scriverla, qualunque essa fosse, mentre lui stava lì con la penna in mano a fissarla. La sua pelle chiara, il suo sorriso innocente, le sue labbra rosee…in realtà anche lui sapeva bene quale parola associare a lei, ma aveva paura che scrivendola su quel pezzo di carta bianco si sarebbe esposto troppo e non voleva farlo davanti a tutti. Era da un pezzo che voleva confessarle il suo amore, ma di certo non progettava di farlo davanti ai loro compagni di classe. Se avesse scritto ciò che realmente pensava lo avrebbero deriso e lui era troppo orgoglioso per sopportarlo. Alla fine scrisse un’altra parola che lo avrebbe salvato dall’umiliazione pubblica.
Quando arrivò il momento di leggere le loro parole, Kazuha iniziò per prima.
 
- Signorina Toyama, che parola ha scelto per descrivere il Signor Hattori?- le chiese il professore.
- “Forza”- rispose lei, senza esitare - Heiji è forte. Sa sempre cosa fare, è coraggioso e non si dà per vinto. Si può contare su di lui-
 
La fissava a bocca aperta, meravigliato dalle belle parole che stava spendendo per lui. A differenza sua, Kazuha non aveva nessuna paura di mostrare i suoi sentimenti. Sentì qualche bisbiglio alle sue spalle e capì che i loro compagni li stavano deridendo.
 
- E Lei, Signor Hattori? Che parola ha scelto per descrivere la Signorina Kazuha?- gli chiese il professore.
 
Esitò per un momento, non sapendo cosa fare. Ormai non poteva più cambiare la risposta e in ogni caso gli sguardi dei suoi compagni lo dissuasero dal farlo.
 
- “Ingenuità”- disse infine - Kazuha si fa fregare facilmente, si fida anche di chi non dovrebbe. Dovrebbe prestare più attenzione e capire che non c’è sempre del buono in tutte le persone-
 
Aveva assunto un atteggiamento da saccente, come faceva quando si comportava da sbruffone. Gettò un’occhiata veloce per guardarla e si accorse che se ne stava a testa bassa, con la frangia calata sugli occhi. Non riusciva a vederla bene in faccia, ma di certo quel sorriso di prima era sparito dal suo volto. Si sentì terribilmente in colpa: sapeva di averla ferita.
Durante le restati ore di lezione, Kazuha non lo guardò nemmeno una volta. Quando fu il momento di tornare a casa, si avvicinò a lei per chiederle se voleva un passaggio, ma la sua risposta lo colpì come un pugno nello stomaco.
 
- Scusa Heiji, devo prestare attenzione a chi dare confidenza. Non in tutte le persone c’è del buono-
 
Ora che aveva citato le sue stesse parole poteva finalmente comprendere quanto facessero male se pronunciate dalla persona che ami. Aveva commesso un grosso errore a non scrivere la verità su quel foglio e ora ne stava pagando le conseguenze.
 
 
Quella stessa sera, sdraiato sul letto in camera sua, non riusciva a smettere di pensare a quella stupida parola che aveva scritto. Se avesse potuto tornare indietro nel tempo avrebbe scritto ciò che davvero pensava.
D’un tratto ebbe l’illuminazione su cosa fare per ottenere il perdono di Kazuha: prese un foglio da sopra alla scrivania e vi scrisse sopra la parola giusta. Lo piegò e se lo mise in tasca, poi si diresse a casa sua.
Quando arrivò era tardi e non voleva suonare il campanello per non disturbare i suoi genitori: così le mandò un messaggio sul cellulare:
 
“Sono sotto casa tua, devo dirti una cosa importante. Per favore, puoi scendere?”
 
Non era certo che sarebbe scesa sul serio, forse avrebbe cancellato il messaggio o peggio ancora lo avrebbe ignorato. Invece, dopo qualche minuto di attesa la porta si aprì.
 
- Che cosa c’è?- gli chiese brusca.
- Non voglio trattenerti molto, volevo solo darti questo- rispose, allungandole il foglio.
 
Kazuha lo prese e lo aprì, svelando la parola scritta sopra.
Purezza.
 
- Che cosa significa?- chiese, non capendo.
- È la parola che avrei dovuto scrivere oggi in classe- ammise - Tu non hai paura di dire la verità, non temi il giudizio delle persone. Sei pura di cuore, non ingenua-
 
Le sue guance si tinsero di rosse mentre le diceva quelle cose quasi sdolcinate e la guardava ritornare a sorridere. Si sentiva un idiota, ma un idiota felice.

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Capitolo 12
*** Oro ***


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»Prompt: Oro
»Parola: 283


 
ORO
 
Chiuso nella sua stanza d’albergo, si rigirava fra le mani quella medaglia d’oro che aveva vinto poche ore prima, l’ennesima di una lunga serie. Era felice per quella vittoria e soddisfatto di se stesso, ma sentiva che gli mancava qualcosa. Che gusto c’è a raggiungere dei successi se poi non hai nessuno al tuo fianco con cui condividerli? Non si pentiva del percorso che aveva scelto di intraprendere, ma in momenti come quello si sentiva solo.
Prese il cellulare e scattò una foto alla medaglia, per poi inviarla all’unica persona con cui avrebbe voluto condividere quel momento.
Poco dopo il cellulare squillò: era lei.
 
- Pronto?-rispose.
- Ce l’hai fatta, hai vinto!- esclamò la ragazza dall’altro capo, con la sua voce pimpante e cristallina - È stata dura?-
- Il mio avversario era bravo, ma non è stato l’incontro più difficile che mi sia capitato-
- Quando tornerai a Tokyo? Dobbiamo assolutamente andare a mangiare una fetta di torta in un locale carinissimo che ho scoperto da poco!-
- Spero di poter tornare presto-
 
Purtroppo non gli era possibile scegliere la meta dove andare, altrimenti sarebbe volato da lei subito dopo l’incontro. Aveva tanta voglia di vedere il suo sorriso.
 
- Questa medaglia la dedico a te, Sonoko- le disse all’improvviso, mettendosi con la schiena dritta come se stesse facendo un discorso importante davanti a un pubblico.
- Dici sul serio? Grazie!- ne fu entusiasta.
 
Avrebbe voluto dirle altro, avrebbe voluto dirle che ai suoi occhi lei aveva molto più valore di quel cerchio dorato e che brillava molto di più, ma non era bravo con le parole come lo era con calci e pugni.
Così alla fine rispose semplicemente “Grazie a te”.

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Capitolo 13
*** Respiro ***


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»Prompt: Respiro
»Parola: 226

 
RESPIRO
 
La stanza era immersa nell’oscurità, l’unica luce che filtrava dalla finestra era quella della luna resa ancora più flebile dalle tende che Yumi aveva voluto mettere per “abbellire” la stanza da letto. Erano quasi due mesi che avevano ripreso a vivere insieme, dopo che lei aveva accettato di sposarlo non appena fosse riuscito a collezionare tutti e sette i titoli dello shogi. Non era più abituato ad avere qualcuno nel letto e ogni tanto gli capitava di svegliarsi e di restare a guardarla mentre dormiva profondamente. Yumi era buffa quando dormiva, spesso apriva la bocca e qualche volta l’aveva persino sentita russare.
Appoggiò un gomito sul cuscino per tenere di poco sollevato il busso e si mise la mano chiusa a pugno sulla guancia, restando a fissarla con il sorriso sulle labbra. La sua fidanzata era bellissima e lui non vedeva l’ora che diventasse sua moglie. Da quando si erano lasciati non aveva mai più provato un sentimento simile per nessun’altra donna. L’aveva attesa pazientemente, fiducioso che prima o poi le loro strade si sarebbero incontrate di nuovo.
Le accarezzò delicatamente la testa, stando attento a non svegliarla. Nel silenzio della notte rimase ad ascoltare il suo respiro pesante, simile a un sussurro, pensando a quanto gli era mancato sentirlo. Senza nemmeno accorgersene, chiuse gli occhi e il sonno venne a far visita anche a lui.

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Capitolo 14
*** Celare ***


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»Prompt: Celare
»Parola: 266


 
CELARE
 
Sono mesi ormai che vivo a casa tua sotto mentite spoglie, nascosto dietro a questi grandi occhiali e alla paura di non riuscire a ritornare a vedere il mio vero volto riflesso nello specchio. Non sai quanto mi faccia male non poterti dire la verità, ti sto ingannando e mi sento un traditore della peggior specie. A volte anche una bugia bianca può essere difficile da sopportare. Mi ripeto che lo sto facendo per il tuo bene, per quello di tuo padre, per tutti quelli che mi stanno intorno. Se cado non voglio trascinarvi con me.
Spesso mi chiedo cosa penseresti di me se sapessi la verità…Mi ameresti ancora? Perdoneresti le mie bugie? È facile perdonare un bambino, con i suoi occhi innocenti che non distinguono il bene dal male: la cosa difficile è perdonare un adulto che finge di essere un bambino perché è rimasto vittima di un gioco pericoloso più grande di lui. Diverse volte ti sei avvicinata a scoprire la mia vera identità, ma ogni volta sono riuscito a farti cambiare idea. “Conan è solo Conan” hai detto a Sera l’ultima volta che ha provato ad insinuare il dubbio nella tua testa, ma Conan non esiste.
 
- Conan sbrigati o farai tardi a scuola!- sento la tua voce fuori dalla porta del bagno.
- Arrivo!- ti rispondo, con la mia nuova voce da bambino di sette anni.
 
Fisso per l’ultima volta la mia immagine riflessa e sospiro abbassando la testa. Anche oggi sarà un altro giorno uguale a tutti gli altri in cui dovrò celare al mondo il mio segreto.
Io sono Shinichi.

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Capitolo 15
*** Armatura ***


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»Prompt: Armatura
»Parole: 317


 
ARMATURA
 
- Scoperto l’obiettivo del nemico, non bisogna agitarsi ma solo difendersi con calma. “Sii inamovibile come la montagna!”-
 
Sollevo l’elmo con la mano destra e mostro a tutti il mio volto, lasciando sbigottita persino Uehara. Nessuno si aspettava di sentire un’armatura da samurai parlare, specie se fino a poco prima si trovava ferma e immobile nella sua rigidità. Ho trovato un ottimo nascondiglio, perfetto per il piano.
Mi alzo in piedi aiutato dalla mia stampella che avevo accuratamente nascosto vicino a me: non è facile per la mia gamba portare il peso di quella montagna di ferro, ma devo resistere. Non posso permettere a questi criminali di vincere.
Uno di loro ordina agli altri di farci tutti fuori prima che arrivi la polizia, ma prontamente gli lancio l’elmo che mi sono appena tolto e lo colpisco in pieno volto. Inizia una breve lotta a cui prende parte anche il ragazzino con la pelle scura e l’accento del Kansai. È molto abile ad usare la katana, ne sono sorpreso.
Stendo un altro membro del clan con un pugno mentre Tatsue Torada, la diabolica mente dietro agli omicidi, cerca di spararci imbracciando il suo fucile. Alla fine riusciamo a metterli tutti fuori gioco, appena in tempo prima che fuori dall’abitazione inizino a sentirsi le sirene della polizia. Adesso posso togliermi questa armatura di dosso.
 
- Vuoi una mano, Kan-chan?- mi chiede Uehara avvicinandosi.
- No, ce la faccio da solo- rispondo, iniziando a togliere pezzo dopo pezzo.
 
Non me la sento ancora di trattarla come la mia amica di infanzia Yui, né come la mia ex sottoposta. È troppo presto, abbiamo entrambi bisogno di tempo. Mi rendo conto solo ora, dopo averla rivista a distanza di anni, quanto sia pericolosa per me. Davanti a Yui devo continuare ad indossare la mia armatura invisibile, perché lei è l’unica che possa arrivare a colpirmi e farmi male se non mi proteggo.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
La scena fa riferimento al famoso caso del Furinkazan (file 613 - 618)

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Capitolo 16
*** Belladonna ***


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»Prompt: Belladonna
»Parole: 389


 
BELLADONNA
 
Nessuno di loro era in servizio quel giorno, così avevano deciso di uscire e fare qualcosa. Sapeva che a Naeko piacevano i fiori e per farla felice l’aveva portata in un giardino botanico.
Insieme alle altre persone del gruppo camminavano tra le piante fiorite, ammirando colori, forme e profumi, mentre una guida illustrava loro le varie tipologie.
 
- Questi fiori invece sono Amaryllis, denominati anche “Belladonna”- spiegò, fermandosi davanti a dei fiori rosa dalla forma a calice con i petali a punta leggermente incurvati - Nel linguaggio dei fiori esprimono timidezza-
- Che belli!- disse Naeko, meravigliata da quelle piante.
 
La guardò con la coda dell’occhio, arrossendo: erano decisamente i fiori adatti a lei. Ci aveva messo parecchio tempo a dirgli chi fosse in realtà e ogni volta che lo vedeva si nascondeva dietro a qualcuno oppure arrossiva e balbettava. Era davvero graziosa, proprio come quei fiori rosa.
 
…………………..
 
- Allora, ti sei divertita ieri con Chiba?- le chiese Yumi mentre camminavano verso i loro armadietti.
- Sì, siamo andati in un bellissimo giardino botanico- rispose entusiasta, ancora memore della giornata trascorsa.
- Certo che vi divertite con poco, eh!-
- Perché? A te non piacciono i fiori?- si stupì.
- Preferisco altre cose, come i cioccolatini oppure i gioielli-
 
Yumi era sempre stata più materialista rispetto a lei, non era una grande sognatrice. Eppure a lei quell’appuntamento con Chiba era sembrato così romantico…
Si fermò davanti al suo armadietto e lo aprì: la prima cosa che gli si presentò davanti fu un piccolo mazzo di Amaryllis Belladonna, uguali a quelli che aveva visto nel giardino botanico il giorno prima. Sgranò gli occhi e spalancò la bocca, emettendo un verso di sorpresa che catturò l’attenzione della sua collega.
 
- Cosa c’è?- chiese Yumi avvicinandosi.
 
Ignorò totalmente la sua domanda, in quel momento non sarebbe riuscita a dire niente di sensato. Era la sorpresa più bella che avesse mai ricevuto e sapeva esattamente chi gliela aveva fatta.
 
- Ma guarda un po’ il nostro Chiba, fa proprio sul serio!- la punzecchiò Yumi, dopo aver visto il contenuto dell’armadietto.
 
Arrossì al punto da sentire le guance calde, prese il mazzo di fiori e ne annusò il profumo. “Nel linguaggio dei fiori esprimono timidezza” si ricordò delle parole della guida.
Sì, quelli erano decisamente i fiori perfetti per descrivere lei e Chiba. 

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Capitolo 17
*** Drago ***


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»Prompt: Drago
»Parole: 483

 
 
DRAGO
 
Il turbinio di colori, musica e voci che li avvolgeva rendeva quel posto una specie di luogo magico e senza tempo. Quel giorno il proprietario del Poirot aveva deciso di tenere chiuso il locale per andare anche lui a vedere la “la danza del dragone d’oro” che si teneva solo due volte all’anno nel tempio di Kinryū-zan Sensō-ji: il diciotto marzo durante la cerimonia dell’ Honzon-jigen-e e il diciotto ottobre durante la cerimonia commemorativa dei crisantemi. Il tempio si trovava nel quartiere di Asakusa a Tokyo ed era il più antico della città, nonché uno dei più importanti templi buddisti dell’intero Giappone.
Amuro le aveva chiesto se voleva andarci anche lei e alla fine aveva accettato, nonostante fosse restia a farsi vedere con lui in certe occasioni: non voleva che girassero voci su una possibile relazione fra loro in quanto ciò avrebbe potuto comportare la perdita di diverse clienti al Poirot. Amuro era molto popolare fra le ragazze, che andavano al locale più per vedere lui che per i piatti che serviva loro; se fossero venuto a sapere che era fidanzato e per di più con la cameriera di quello stesso locale, per lei e per i guadagni sarebbe stato un disastro.
 
- Allora, ti piace?- le chiese quest’ultimo, vedendo come si guardava intorno meravigliata.
- È sempre molto emozionante venire a vedere la Kinryu no Mai- sorrise.
- Lo sai come è nata questa danza?-
- So che è legata alla dea Kannon, a cui questo tempio è dedicato. Però non ricordo di preciso l’origine- ammise imbarazzata.
- La Kinryu no Mai, ovvero la danza del dragone d’oro ha avuto origine nel 1958 per celebrare la ricostruzione della Kannodo Hall. È basata su una leggenda secondo cui la dea Kannon era scesa sulla terra dal cielo sotto le sembianze di un drago dorato. Durante la notte la dea diede vita a un bosco di mille pini, che simboleggiava un raccolto prosperoso. Uno dei danzatori controlla una sfera a forma di fiore di loto che rappresenta proprio la dea, mentre altri otto danzatori muovono il dragone intorno alla sfera, a cui deve fare da guardia. Pensa che quel dragone è lungo diciotto metri e pesa ben ottantotto chili! - spiegò.
- Caspita, sei davvero informatissimo!- si stupì - Conosci proprio tutto!-
- Beh, diciamo che amo il mio paese e ci tengo a sapere tutto sulla sua cultura- rispose, grattandosi la nuca imbarazzato.
- Certo che però deve essere difficile per i danzatori muoversi portando tutto quel peso- rifletté.
- Sono allenati per questo-
 
La loro conversazione fu interrotta dal gruppo di hayashi che iniziò a suonare la musica tipica di accompagnamento della danza del dragone. Poco dopo i danzatori entrarono in scena e il drago dorato fece la sua comparsa, lucente come sempre.
Grazie alla spiegazione di Amuro, da quel giorno in poi avrebbe guardato quella danza celebrativa con ancora più ammirazione.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE:
Quanto raccontato da Amuro sul tempio e sulla danza del dragone sono tutte informazioni reali, così come quelle sul tempio stesso nel primo paragrafo della storia. Vi lascio di seguito le fonti che ho utilizzato:
https://www.ambassadors-japan.com/en/tokyodailylife/397/
https://www.ambassadors-japan.com/en/tokyodailylife/314/
https://www.gotokyo.org/en/spot/ev169/index.html
https://it.wikipedia.org/wiki/Sens%C5%8D-ji

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Capitolo 18
*** Sentiero ***


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»Prompt: Sentiero
»Parole: 430

 
SENTIERO
 
“Il giovane detective percorreva solitario quel sentiero che costeggiava il fiume, avvolto dalle ombre della notte. La luce della luna si rifletteva sull’acqua, illuminandone le increspature. Anche lui era in cerca di un’illuminazione, dell’ultimo tassello che gli mancava per risolvere quel caso intricato”.
Scrisse quelle poche righe al computer ma poi, rileggendole, storse il naso e le cancellò. Gli mancava poco per terminare il suo nuovo romanzo, doveva solo trovare il finale adatto che non fosse né troppo scontato né troppo poco credibile: un romanzo giallo doveva sorprendere il lettore senza lasciarlo perplesso. Eppure sembrava non riuscire proprio a trovare quello che cercava, un po’ come il detective della storia.
Sospirò, appoggiandosi allo schienale della sedia e portandosi le mani dietro alla nuca mentre fissava la pagina bianca sullo schermo del computer.
 
- Ecco il tuo tè Yu-chan- la voce squillante di sua moglie lo colse alle spalle di sorpresa.
 
La ringraziò e prese la tazzina, bevendo un sorso: era ancora troppo caldo per gustarselo.
 
- Eh?! Ma non hai ancora scritto niente!- gli fece notare, osservando anche lei la pagina bianca.
- Lo so- replicò lui stizzito, facendo una smorfia e guardandola storto.
 
Non aveva bisogno che la sua adorata mogliettina gli facesse notare che la sua ispirazione se n’era andata in vacanza e non sembrava volerne sapere di tornare.
 
- Perché non fai una pausa?- gli suggerì - Forse sei talmente ossessionato dal finale di questo romanzo che più ci pensi e meno l’idea giusta arriverà. A volte bisogna cercare l’ispirazione altrove, staccare la spina- sorrise la donna, posandogli le mani sulle spalle per poi abbracciarlo da dietro.
 
Effettivamente non aveva tutti i torti, probabilmente aveva davvero bisogno di una pausa e di fregarsene della scadenza in cui era prevista la consegna della bozza. Gli scrittori sono persone, non macchine.
 
- Hai ragione, ma dove potrei andare a cercare l’ispirazione alle undici di sera a Los Angeles?-
- Perché non ci facciamo un bel viaggetto lungo la Route 101?- propose eccitata.
- Adesso?- la guardò perplesso.
- La notte è giovane!- batté le mani - So che non è il sentiero lungo il fiume del tuo detective, ma è pur sempre un sentiero a suo modo. Il panorama è mozzafiato!-
 
Nonostante fosse scettico, alla fine dovette accontentare il capriccio di sua moglie, trascinato dalla sua euforia. Fu così che si ritrovò a guidare la moto di Yukiko lungo la strada federale più famosa degli Stati Uniti, con le montagne rocciose da un lato e l’oceano dall’altro. Era decisamente meglio del sentiero lungo il fiume del suo giovane detective. 

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Capitolo 19
*** Argento ***


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»Prompt: Argento
»Parole: 202

 
ARGENTO
 
Seduti nel salotto di villa Kudo, riesaminavano le informazioni che avevano raccolto fino a quel momento e gli errori commessi durante l’attuazione dei loro piani, in modo da non ripeterli più. A volte si vince e a volte si perde, questo lo sapevano bene, ma come tutti anche loro preferivano vincere. C’erano in gioco tante cose e non potevano permettersi di perderle, non più di quelle che avevano già perso.
Fuori dalla finestra il vento freddo e la pioggia avevano ormai sancito l’arrivo dell’autunno. Ormai erano mesi che collaboravano insieme, potevano definirsi una squadra a tutti gli effetti, con vari alleati annessi. Jodie, Camel e James con relativi colleghi dell’FBI; Hidemi alias Kir, infiltrata nell’Organizzazione nonché membro della CIA che ora passava informazioni anche all’FBI; Tooru Amuro, altro infiltrato dell’Organizzazione che ora lavorava sotto mentite spoglie al caffè Poirot ma la cui vera identità è quella di agente della polizia segreta giapponese e infine i coniugi Kudo. Un cast eccezionale, ma di cui le punte di diamante restavano sempre loro. I più temuti dall’Organizzazione, i più arguti, i più lungimiranti: i “Silver Bullet”, come li aveva soprannominati Vermouth.
Loro erano i proiettili d’argento in grado di arrivare al cuore dei lupi cattivi.

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Capitolo 20
*** Sottosopra ***


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»Prompt: Sottosopra
»Parole: 339

 
SOTTOSOPRA
 
Fece un salto per afferrare il gatto ma quello fu più veloce di lui e balzò via, con il risultato di farlo cadere a terra come un sacco di patate, sbattendo la faccia. Cercò di rialzarsi lentamente, il corpo scosso da fremiti di rabbia. Quella “dannata bestiaccia”, come l’aveva chiamato più volte nelle ultime due ore, stava mettendo a dura prova i suoi nervi. Non era la prima volta che Eri gli affidava il suo gattino e di solito si comportava abbastanza bene, ma quel giorno sembrava che fosse stato posseduto dal demonio e in poco tempo era riuscito a mettere sottosopra tutto il suo ufficio: carte sparse ovunque sul pavimento, libri caduti dagli scaffali, la cornetta del telefono che penzolava dalla scrivania, un bicchiere rovesciato sul tavolino. Sembrava che fosse passato un tornado in quell’ufficio.
 
- Se ti prendo giuro che ti metto nel forno e diventerai la mia cena!!!- inveì contro l’animale.
 
Quest’ultimo rispose con un miagolio per poi ignorarlo e mettersi a giocare con una pallina di carta che si era procurato rovesciando il cestino sotto alla sua scrivania.
Prima che quella specie di fuga-inseguimento riprendesse, la porta del suo ufficio si aprì ed entrarono Ran e Conan, di ritorno da scuola.
 
- Santo cielo papà, ma cosa è successo?!- si guardò intorno preoccupata sua figlia - Non dirmi che sono venuti i ladri!-
- Ma quali ladri! È tutta colpa di quella bestiaccia!!!- puntò il dito contro il gattino, che aveva smesso di giocare e si era avvicinato a Conan in cerca di coccole.
- Stai dicendo che è stato Goro a fare tutta questa confusione? Non posso crederci!- rispose la ragazza.
- Ti giuro che è la verità!-
- Non è che gli hai fatto qualcosa e si è indispettito?- chiese Conan.
- Io non ho fatto un bel niente!!!- si arrabbiò ancora di più il famoso detective.
- D’accordo, ora però rimettiamo tutto in ordine- disse Ran, iniziando a raccogliere dei fogli di carta e radunarli.
 
“Siamo alle solite!” pensò il piccolo detective.

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Capitolo 21
*** Arco ***


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»Prompt: Arco
»Parole: 279

 
ARCO
 
Sono qui, steso a terra e incapace di muovermi. Il mio sangue rappreso mi circonda, così come le foglie cadute dagli alberi che hanno ormai ricoperto il mio corpo. Ho gravi lesioni, inclusa una all’anca che mi ha impedito di rialzarmi, ma ormai non sento quasi più il dolore. Ad essere onesto non sento quasi più nulla, nemmeno il mio respiro. Senza cibo e senza acqua da una settimana, il mio corpo deperito sta cedendo.
Dentro questo precipizio buio nessuno mi troverà, la luce del sole non arriva qui e nessuno passa mai da queste parti. Sono completamente abbandonato al mio destino.
“Dunque è così che finirai i tuoi giorni, agente Kai Kuroto” ripeto a me stesso. La popolarità non mi è mai interessata, ma non pensavo che la mia morte sarebbe stata così triste e solitaria. Di fianco a me c’è il mio povero cavallo, che è passato a miglior vita prima di me.
Sto ancora stringendo in mano il mio arco, il simbolo vivente della ragione per cui sto morendo. Non ho mai mancato un bersaglio e questo deve aver infastidito qualcuno. Non avrei mai pensato che la Signora Tatsue Torada sarebbe arrivata a tanto. Quando me la sono trovata davanti con il fucile in mano, non ho realizzato che fossi io il suo obiettivo. Un colpo, un solo colpo sparato fra le gambe del mio cavallo ed entrambi siamo caduti dentro al precipizio sotto il suo sguardo compiaciuto.
Tuttavia, non ho paura. So di aver lasciato degli agenti capaci dietro di me, che sapranno risolvere il caso.
Con questo pensiero a scaldarmi il cuore, chiudo gli occhi e smetto di soffrire. Ora posso riposare in pace.
 

 
ANGOLO DELL’AUTORE
La scena fa riferimento al famoso caso del Furinkazan (file 613 - 618)

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Capitolo 22
*** Fuga ***


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»Prompt: Fuga
»Parole: 375

 
FUGA
 
Correva lungo quella strada buia e deserta mentre la pioggia scrosciante la inzuppava da capo a piedi, appiccicandole i capelli alla faccia e i vestiti al corpo. Le lacrime le offuscavano la vista e si mescolavano alle gocce che cadevano. Correva, correva senza sosta e senza una meta, spaventata a morte e incapace di riflettere lucidamente. L’unica cosa che sapeva era che doveva fuggire dai suoi nemici. Un tempo faceva parte di loro, ma poi li aveva traditi e ora le davano la caccia per toglierla di mezzo. La sua esistenza era diventata una fuga continua e la paura l’accompagnava come una fedele compagna di viaggio.
Durante la sua corsa avvistò un vicolo e non appena vi fu di fronte vi si infilò dentro. Si fermò di colpo quando si accorse che non vi era nessuna via d’uscita. Non era uno di quei vicoli aperti che conducevano ad un’altra strada: era un vicolo cieco. La ruota della fortuna non aveva girato dalla sua parte.
Si girò lentamente, gli occhi sgranati e il cuore che le stava per scoppiare nel petto, consapevole che la sua fuga era finita. Non sarebbe mai più uscita lì, non con le sue gambe almeno. I polmoni le bruciavano e non riusciva a respirare: quel corpo di bambina non era fatto per sforzi fisici di quel genere.
Sentì i passi dei suoi inseguitori avvicinarsi, fino a quando non la raggiunsero. Fu allora che si ritrovò davanti Gin, il suo nemico numero uno, quello che più di tutti voleva vederla morta. Dietro di lui Vodka, suo fedele braccio destro, rideva e attendeva che l’uomo dai capelli argentati premesse il grilletto della pistola che stringeva nella mano.
Gin le parlò, ma le orecchie le fischiavano troppo per capire anche solo una parola. Si lasciò cadere a terra in ginocchio come un condannato sul patibolo che accettava in silenzio la sua punizione.
L’ultima cosa che sentì fu il rumore di uno sparo.
 
Si svegliò di soprassalto, madida di sudore e ansante. La luce della stanza si accese, probabilmente doveva aver urlato svegliando il Dottore, che ora la fissava preoccupato e le chiedeva se andasse tutto bene. Si rese conto che era stato tutto un incubo.
Era ancora lì.
La sua fuga non era finita.

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Capitolo 23
*** Presagio ***


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»Prompt: Presagio
»Parole: 215

 
PRESAGIO       
 
“C'è chi crede che i corvi guidino i viaggiatori verso la meta. Altri pensano che avvistare un corvo solitario porti fortuna. E che, invece, uno stormo di corvi sia un cattivo presagio”
- Lucas Scott (One Tree Hill)-
 

Sto provando a chiamarti al cellulare ma non rispondi, nonostante i miei squilli prolungati. Sono consapevole che a volte ti isoli e preferisci startene per i fatti tuoi, ma data la recente situazione in cui ci troviamo il fatto che tu sia sparito mi fa preoccupare. Camel sostiene che forse stai dormendo per recuperare le ore di sonno perse durante il caso, ma io sono dubbiosa.
Chiedo a Conan se vuole tornare con noi all’ospedale, ma lui risponde che è venerdì tredici e quindi è meglio che ritorni a casa. Ripenso alle parole che mi hai detto prima che lasciassi la stanza in cui ci trovavamo insieme a James:
 
“Ah, Jodie?”
“Che c’è?”
“Stai attenta. Oggi ho un brutto presentimento…”
Oh, perché è venerdì tredici, vero? Ma io non faccio caso a queste cose.”
 
Il tuo sguardo era strano, come se fossi preoccupato ma al tempo stesso anche dispiaciuto, però io non vi ho prestato molta attenzione. Se avessi saputo quello che sarebbe successo poche ore dopo, di sicuro non avrei preso alla leggera il tuo presagio.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
La scena è ripresa dal Clash of Red and Black (file 585 - 609)

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Capitolo 24
*** Legno ***


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»Prompt: Legno
»Parole: 240

 
LEGNO
 
Seduta davanti al mio portatile sto leggendo l’ultimo articolo del blog più discusso del momento: a quanto pare l’autrice degli articoli ha ritrattato tutto. Nel primo articolo postato qualche giorno fa aveva affermato di aver visto Shinichi Kudo, detective liceale scomparso dai radar da un po’ di tempo, risolvere un caso a Kyoto; ma in questo nuovo articolo sostiene invece di essersi sbagliata e che la persona che ha visto non era lui. Shinichi Kudo, scomparso nel nulla all’improvviso e poi riapparso come un lampo nella notte, ora è sparito di nuovo. Il mio istinto mi dice che c’è qualcosa sotto.
Terminata la lettura, il mio sguardo si sposta su quel pezzo di legno da cui non mi separo mai e che una volta apparteneva a te. Dicevi che era il tuo portafortuna, lo tenevi sempre in tasca, ma non fu mai trovato sulla scena del crimine.
Una pedina dello shogi.
Un alfiere.
 
“Si dice che con un alfiere che fa la guardia c’è sempre una buona mossa! Nonostante ciò, dici che verrò ucciso lo stesso?”
 
Sono queste le ultime parole che mi hai detto prima di morire, risuonano ancora nella mia testa come un rumore assordante.
Mi porto una mano sull’occhio destro e lo tengo premuto: ogni volta che penso a te mi fa male, più delle silenziose cicatrici sulle mie braccia e sulla mia schiena.
Alla fine sei morto anche se avevi il tuo alfiere accanto a te.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
La scena è da collocarsi alla fine del file 1008 del manga.

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Capitolo 25
*** Sospiro ***


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»Prompt: Sospiro
»Parole: 344

 
SOSPIRO
 
La folla scalpita, intorno a me centinaia di persone urlano e alzano le mani acclamando a gran voce i nomi delle loro beniamine. Non li giudico, alla fine anche io sono qui per lo stesso motivo: vedere la mia adorata Yoko cantare dal vivo. Oggi è il mio giorno libero e non potevo non approfittarne per venire all’idol festival.
Indosso una t-shirt leggera e mi sono legato alla fronte una fascia con scritto “I ♥ Yoko”: se mi vedessero i miei colleghi sarebbe la fine, si prenderebbero gioco di me per sempre. Soltanto il Signor Furuya è a conoscenza della mia passione per Yoko, dal momento che ho avuto modo di conoscerla mentre effettuavo un’indagine per suo conto.
Al microfono annunciano la sua entrata in scena, ancora pochi secondi e potrò finalmente vederla dal vivo. Il mio sogno ad occhi aperti viene interrotto dal cellulare che vibra nella tasca dei miei pantaloni. Senza nemmeno guardare chi sia, rispondo alla chiamata.
 
- Pronto?- dico, in tono quasi seccato.
- Kazami? Sono Furuya. Oggi è il tuo giorno libero?-
 
Dall’altro lato del telefono c’è il mio capo, devo moderare il tono e non mostrarmi infastidito.
 
- Sì, sono all’idol festival. Fra poco canterà Yoko Okino- rispondo, senza curarmi di nascondere il debole che ho per lei.
- Mi spiace ma dovrai rimandare- mi risponde, ma le urla dei fans coprono quelle parole.
- Mi perdoni ma c’è molta confusione qui e non ho capito cosa mi ha detto-
 
Stavolta mi copro l’altro orecchio con un dito per ovattare i suoni, cercando di concentrarmi sulle sue parole.
 
- Ho detto che devi venire qui subito!- ripete il Signor Furuya, alzando il tono della voce.
 
Quelle parole mi cadono addosso come un macino. So che è il mio capo ma…che cosa vuole da me nel mio giorno libero e soprattutto mentre sta per cantare Yoko Okino?!
Sospiro, sapendo di non potermi sottrarre al mio dovere. Giro le spalle al palco e mi faccio largo tra la folla per andarmene. Yoko, purtroppo dovrò aspettare per vederti cantare dal vivo.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
La scena è ripresa dai file 1076 - 1078

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Capitolo 26
*** Frammento ***


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»Prompt: Frammento
»Parole: 367

 
FRAMMENTO
 
Ormai il sole era tramontato completamente e le prime ombre della sera erano calate sulla città. Nascosta dietro la tenda, osservava la strada dalla finestra della stanza d’albergo dove alloggiava. Masumi non era ancora rientrata: probabilmente si era trattenuta con quelle due sue amiche, la figlia del famoso detective dormiente e la ricca ereditiera. Ogni tanto era giusto che si godesse i suoi ultimi anni da adolescente, non poteva forzarla a vivere costantemente come un’adulta alla ricerca di informazioni e di una soluzione per farla tornare alla sua reale età. Quel corpo di bambina le stava sempre più stretto ogni giorno che passava.
Camminò fino alla cassettiera e aprì uno dei cassetti dove aveva sistemato i suoi nuovi vestiti da dodicenne. Spostò alcuni maglioncini e nell’angolo apparve una scatola quadrata, sottile e non molto grande. La prese e la portò sul letto, sollevando il coperchio: dentro vi erano alcune vecchie foto di famiglia. Una con lei, Masumi ancora bambina e Shuukichi, una con Shuichi e Shuukichi da bambini, una con lei, Tsutomu e Shuichi neonato e infine una con solo lei e Tsutomu quando erano ancora solo due fidanzati in procinto di sposarsi. Le mise tutte in fila in ordine cronologico e restò a fissarle per qualche secondo. Ricordi che il tempo non poteva cancellare. La cosa triste di quelle fotografie era che in nessuna c’era tutta la famiglia al completo. Mancava sempre qualcuno. Questa era la cosa che le faceva più male di tutte: non essere riuscita a tenere unita la famiglia. Sapeva che non era colpa sua, eppure non riusciva a darsi pace all’idea che Masumi fosse cresciuta senza un padre e che il maggiore dei suoi figli fosse morto nel tentativo di scoprire la verità. A volte si chiedeva se ci sarebbe mai stata una giustizia e soprattutto se questa giustizia sarebbe stata in grado di ridargli indietro quello che avevano perso.
Prese la foto che ritraeva solo lei e il marito scomparso diciassette anni prima, frammento di un tempo che non sarebbe tornato. Sorridevano entrambi, ignari di quello che sarebbe accaduto anni dopo nelle loro vite. Una lacrima sfuggì al suo controllo, scendendo lungo la guancia.
 
- Tsutomu…- sussurrò nel silenzio della stanza.

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Capitolo 27
*** Tramonto ***


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»Prompt: Tramonto
»Parole: 313

 
TRAMONTO 
 
Il sole al tramonto sta dipingendo il paesaggio di una luce aranciata che s’intona perfettamente al giallo dorato delle foglie di ginkgo in autunno. Sotto quest’albero, in questo posto così speciale a me caro, ti sto di nuovo aspettando come faccio ormai da anni. L’ultima volta sei arrivato in ritardo, pensavo che non saresti venuto come tutte le altre volte; invece alla fine mi hai trovata, dopo quarant’anni dalla nostra promessa. Stavolta sarà diverso: sai già dove trovarmi, non ci sono più indizi complicati da risolvere.
Dal giorno in cui ti lasciai quella lettera e me ne andai senza nemmeno salutarti, promisi di ritornare in questo luogo ogni dieci anni con la speranza di poterti incontrare di nuovo. Non ti ho mai dimenticato, Hiroshi. Vorrei poterti dire quello che provo per te, ma ho paura che rideresti sapendo che per tutti questi anni non ho amato altri uomini all’infuori di te. Tu, che hai saputo vedere oltre il mio aspetto non tipicamente giapponese e che hai apprezzato questi capelli che io odiavo con tutta me stessa.
Quando ci siamo rivisti due anni fa l’emozione che ho provato è stata indescrivibile. Per un momento, vedendoti con i tuoi nipotini, mi sono sentita triste all’idea che fossi andato avanti con la tua vita e mi avessi dimenticata. Sono proprio una sciocca. Risalendo in macchina mi ero detta che non sarei più tornata in questo posto, ma poi le tue parole mi hanno fatta cambiare idea, arrivandomi dritte al cuore.
 
“Adoro le foglie di ginkgo, adesso più che mai!”
 
Alla fine non sono riuscita ad attendere altri dieci anni prima di rivederti.
Mi guardo intorno a destra e a sinistra, impaziente di vederti apparire tra le foglie di ginkgo che danzano nell’aria cadendo dagli alberi. Ma tu come sempre riesci a sorprendermi.
 
- Fusae- sento la tua voce alle mie spalle - Eccomi, scusa il ritardo-
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Il racconto contiene dei riferimenti ai file 410 - 412.

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Capitolo 28
*** Toccare ***


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»Prompt: Toccare
»Parole: 320

 
TOCCARE
 
Osservo i miei compagni giocare mentre gli spettatori fanno il tifo per loro e non posso fare a meno di sentirmi tagliato fuori, anche se so perfettamente che non poteva essere altrimenti. Per oggi resterò in panchina a fare lo spettatore anche io, purtroppo l’infortunio che ho subito nella scorsa partita non mi ha permesso di partecipare in prima persona al match contro i Tokyo Spirits.
Mentre mi aggiro per le tribune con indosso un berretto e gli occhiali da sole per non farmi riconoscere, noto qualcuno che mi sembra di conoscere. Una bambina con i capelli ramati, seminascosti dal cappellino blu che sta indossando, intenta a fissare un pupazzetto che stringe fra le mani.
 
- Sei tu?- le chiedo, catturando la sua attenzione - Sei la ragazza che ho incontrato durante il caso del ristorante Asuka-
 
Mi fissa con gli occhi spalancati, colta alla sprovvista. Le sue guance si tingono di rosso, probabilmente è timida o forse è solo imbarazzata perché una persona famosa le sta rivolgendo la parola. Non mi piace definirmi famoso, ma so che agli occhi della gente non appaio come una persona comune.
 
- S-sì- mi risponde infine, abbozzando un sorrisetto.
 
Ora che posso osservare meglio da vicino il suo pupazzetto, noto che sono proprio io. Probabilmente agli stand devono aver aggiunto fra i gadget anche questi cordini da appendere al cellulare. A volte mi dimentico che ormai il calcio non è più solo uno sport ma anche un modo per fare business.
Senza chiederglielo le prendo il pupazzetto dalle mani per guardarlo meglio, sollevandomi per qualche secondo gli occhiali da sole.
 
- Non mi somiglia molto ma è carino- commento, per poi restituirglielo.
 
È diventata ancora più rossa e questo mi fa sorridere. Il suo volto è così innocente, mi fa sentire in pace. Non avrei mai nemmeno lontanamente immaginato che il solo toccare quel pupazzetto che mi ritraeva avrebbe potuto renderla così felice.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
La storia fa riferimento al file 998.

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Capitolo 29
*** Saturno ***


»" Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it "
»Prompt: Saturno
»Parole: 278

 
SATURNO
 
Osservava il cielo notturno fuori dalla finestra aperta mentre fumava una sigaretta nel silenzio di villa Kudo. Si era tolto la maschera e la parrucca ed era tornato ad essere sé stesso, almeno fino quando il sole non sarebbe sorto nuovamente. Di giorno Subaru, di notte Shuichi: quella era diventata la sua vita.
Milioni di stelle stavano brillando nel cielo, piccoli puntini bianchi e splendenti a cui molte persone amavano rivolgere i loro desideri più profondi. Un punto in particolare, più grosso e luminoso degli altri catturò la sua attenzione: doveva trattarsi di Saturno, che in quei giorni era visibile anche ad occhio nudo. Nell’antichità si diceva che Saturno fosse la personificazione di Chronos, dio greco del tempo, il più antico fra le divinità. Il pianeta dai mille anelli simboleggiava molte cose, tra cui il dovere, la privazione, la logica, la capacità di concentrazione e la vecchiaia. Non era il tipo da credere alle leggende, all’astrologia o agli oroscopi, ma a ben pensarci anche lui era un po’ come Saturno: dedito al proprio lavoro al punto tale da metterlo davanti ad ogni cosa, privandosi persino della sua stessa felicità. Concentrato sul suo obiettivo, razionale, saggio quanto una persona con il doppio dei suoi anni. Probabilmente agli occhi degli altri poteva sembrare uno di quei trentenni vecchi dentro e forse lui dentro era invecchiato realmente, consumato dal silenzioso dolore a cui la vita lo aveva sottoposto. L’unica differenza era che Saturno poteva brillare libero nel cielo, mentre lui si era oscurato e viveva nell’ombra. Subaru poteva esistere, ma lui…lui no.
Diede un ultimo tiro alla sigaretta prima di spegnerla e chiudere la finestra, dando le spalle al cielo stellato.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Le informazioni su Saturno le ho trovate qui:
https://www.simbolisulweb.it/astrologia/significato-del-pianeta-saturno-sua-simbologia/

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Capitolo 30
*** Incanto ***


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»Prompt: Incanto
»Parole: 405


 
INCANTO
 
- Caspita Ai, hai vinto ancora!- esclamò meravigliata Ayumi.
- Complimenti, sei proprio brava!- si congratulò con lei Mitsuhiko.
- Uffa, non è giusto!- si lamentò Genta, mangiando l’ennesimo cracker salato della serata.
- Forse se smetti di abbuffarti e ti concentri puoi vincere anche tu!- replicò piccata la vincitrice.
- Dai Ai, non essere cattiva- la riprese il Dottore, ma senza alcuna cattiveria.
 
Erano ancora tutti riuniti a casa del Dottor Agasa, nonostante fuori fosse ormai buio. Li aveva invitati a restare per cena per poi testare tutti insieme un nuovo videogioco e alla fine l’orologio a pendolo aveva suonato le dieci.
 
- Forse è meglio se andiamo a casa adesso- disse Ayumi.
- Già, si è fatto tardi- notò lo scienziato.
- No, io voglio vincere almeno una partita!- si oppose Genta.
“ Certo che l’ha presa proprio sul personale!” pensò Conan, ma senza esternarlo a voce.
 
Uno scoppio proveniente dall’esterno della casa interruppe bruscamente la loro conversazione, costringendo tutti a voltarsi verso la finestra per capire cosa fosse successo. Un altro scoppio seguì al primo, poi altri due.
 
- Sembrano fuochi d’artificio- osservò Conan.
- Andiamo a vedere!- esclamò Genta, che si era già dimenticato della rivincita al videogioco.
 
I tre bambini corsero verso la porta, incuranti del povero scienziato che ripeteva loro di aspettare. Si precipitarono fuori in giardino, giusto in tempo per ammirare i colori di quelle esplosioni che illuminavano il cielo notturno.
 
- Wow, che spettacolo!- dissero in coro.
 
Poco dopo vennero raggiunti anche dal Dottore e dagli altri due bambini, più pacati e apparentemente disinteressati. Era proprio in momenti come quelli che si notava la differenza: chi fra loro era davvero un bambino di sette anni aveva la capacità di vedere la magia del mondo anche in cose semplici come dei fuochi d’artificio, mentre chi era un bambino solo all’apparenza aveva perso quella capacità lungo la strada.
Per Conan e Ai l’incanto e la spensieratezza erano solo un ricordo, ma sorrisero comunque di fronte all’entusiasmo dei loro amici. A volte li invidiavano, come un adulto invidia un bambino perché sa quest’ultimo può vedere cose che per lui invece sono diventate invisibili.
 
- Dai, venite qui!- li invitò a raggiungerli Ayumi.
 
Ai guardò Conan e quest’ultimo, senza rispondere, si avviò verso i tre amici. Alla fine anche lei lo seguì.
Per una notte potevano fingere di avere davvero sette anni e provare di nuovo a meravigliarsi delle cose comuni.

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Capitolo 31
*** Credere ***


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»Prompt: Credere
»Parole: 301


 
CREDERE
 
Premette il pulsante di arresto per interrompere anche quell’ultima registrazione ed estrasse la cassetta dal registratore, riponendola nella sua custodia. Era consapevole che non le restava molto tempo da vivere e perciò si sentiva in dovere di lasciare le sue ultime parole a quella figlia che non avrebbe mai visto crescere. Si sentiva in colpa per questo e il minimo che poteva fare era darle una spiegazione, sperando che avrebbe capito non appena raggiunta l’età giusta per comprendere certe cose.
Mise in fila le quattro cassette e le numerò da uno a venti, suddividendo i numeri in gruppi da cinque. Le avrebbe affidate alla figlia maggiore, colei che ancora troppo piccola avrebbe dovuto portare il peso di occuparsi della sorellina, ma lei aveva fede che entrambe le due figlie fossero forti abbastanza da cavarsela anche da sole, nonostante tutto.
 
“La verità è che la tua mamma sta lavorando a un farmaco davvero spaventoso in questo momento. I miei compagni di laboratorio sono elettrizzati da questo progetto, dicono che sia il farmaco dei sogni: per questo io e tuo padre stiamo riponendo tutte le nostre speranze in questo progetto e lo chiamiamo “Il Proiettile d’Argento”. Ma per completare questo farmaco tuo padre ed io dobbiamo lasciare te e tua sorella. Ti prego, cerca di capire, Shiho…”
 
Ripensò alle parole che aveva appena registrato per la figlia neonata e una lacrima sfuggì al suo controllo. Le avrebbe ascoltate solo al compimento del suo diciottesimo compleanno, un compleanno che non avrebbero avuto occasione di festeggiare insieme. Quel giorno, probabilmente, il loro progetto sarebbe ormai stato completato da tempo. Credeva davvero che il Proiettile d’Argento sarebbe stata la pallottola della giustizia, qualcosa che avrebbe rivoluzionato il mondo cambiandolo in meglio. Ma a volte credere fermamente in qualcosa non significa necessariamente che quel qualcosa si avvererà.

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