L'eleganza della fenice

di Mary Grhantam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il risveglio ***
Capitolo 2: *** Catarsi ***
Capitolo 3: *** La Cerimonia ***
Capitolo 4: *** Casa ***
Capitolo 5: *** Il Ministro della Magia ***
Capitolo 6: *** Non finirà mai ***



Capitolo 1
*** Il risveglio ***





Un rumore sordo, secco e ritmico riportò Harry alla veglia. 
 
Fu come risvegliarsi dalla morte, pensò, mentre con gli occhi ancora chiusi si sforzava di mettere ordine nella mente confusa dal sonno. 
Le palpebre pesanti, come non si fossero più aperte da anni. 
Il corpo indolenzito e dolorante. 
Le mani formicolanti e tese come se in poche ore avessero fatto quello che normalmente richiede una vita per essere compiuto. 
 
Harry aprì lentamente gli occhi: macchie sfocate di luce gli vorticarono nell’iride dandogli un brutto senso di disorientamento, quasi di nausea. 
Senza accorgersene si portò una mano sugli occhi a schermare quel bagliore, mantenendo le palpebre ben aperte sotto le dita serrate, sforzandosi di svegliarsi.
Si concentrò sul nero davanti a sé, come se il fatto di tenere gli occhi aperti ma privi di cose da osservare gli permettesse di vedere meglio cosa c’era nella sua testa. 
 
Restò così per quelli che potevano essere pochi secondi o alcune ore, non sarebbe mai stato in grado di dirlo, mentre il rumore secco e sordo che lo aveva svegliato continuava.
 
Al ritmo di quel suono la distesa nera davanti al suo sguardo iniziò a dipanarsi e le fila intricate dei ricordi colorarono quella vista scura: corridoi distrutti, urla, lampi di luce e…Harry sentì il corpo tendersi di colpo, un fiume di urgenza e adrenalina invase i suoi muscoli donandogli una strana forza. 
In un gesto involontario scattò in piedi, si levò le dita dal volto e camminò in avanti.
La luce lo investì nuovamente ma questa volta, come spinto inconsciamente da quella strana forza, la sua mano volò chissà dove intorno a lui e afferrò i suoi occhiali, appoggiandoglieli sul naso.
 
Il dormitorio dei Grifondoro era vuoto, inondato di luce e immerso nel silenzio. 
 
Così come si era teso il corpo di Harry si rilassò facendolo barcollare un poco sul posto. Un nuovo ricordo gli affiorò alla mente, sostituendo quelli che lo avevano indotto ad alzarsi: il corpo senza vita di Voldemort gettato nel ripostiglio delle scope. 
 
Non doveva più correre da nessuna parte. Da nessuna parte.
 
Quell’urgenza nervosa che lo aveva accompagnato negli ultimi anni della sua vita rendendolo sempre vigile e reattivo anche se allo stremo delle forze; quella strana pressione sia emotiva che corporea che lo induceva ad andare avanti; quella spinta involontaria che il suo corpo attuava ogni qual volta era desto, la stessa che lo aveva fatto alzare non più di pochi secondi fa, lo abbandonò del tutto.
 
Harry si lasciò cadere a terra appoggiando la schiena contro le pietre fredde del pavimento, lo sguardo rivolto al soffitto.
Per un attimo non sentì niente: fu come essere sordo, cieco, muto e privo di fantasia tutto allo stesso tempo. 
Poi un torpore iniziò a solleticargli le piante dei piedi salendo su fino alle gambe, risvegliando il dolore diffuso di ogni livido e taglio, fermandosi all’altezza dell’ombelico quel tanto da fargli tornare un vago senso di nausea.
Il petto, lì dove l’anatema di Voldemort lo aveva colpito, bruciava come se gli avessero messo petardi accesi e firewhiskey all’interno della cassa toracica. 
Le mani, le braccia e la schiena erano forse le parti che gli dolevano di più: fisicamente erano messe meglio delle gambe ma ancora cariche di quel peso immane a cui gli ultimi anni della sua vita lo avevano condannato.
 
Tutto al di sotto del collo era caldo, doloroso e indolenzito.
La testa però…quella era fresca come una mattina di primavera. 
 
Con sua grande sorpresa Harry si rese conto che nulla, assolutamente nulla all’interno della sua mente gli faceva male. Anzi ogni ricordo, anche quelli più brutti legati a coloro che erano morti, era sovrastato da una spessa e pesante cortina di…di…pace. 
 
Pace.
 
Era quella la parola.
 
Pac…SBAM!
 
La finestra del dormitorio si frantumò in mille pezzi ricoprendo Harry di vetri colorati. Un forte urlo acuto non appartenente ad un essere umano rimbombò nella stanza e una pioggia di cose leggere e lisce lo investì. 
 
Harry in un attimo si tirò su a sedere sul pavimento, leggermente allarmato.
Erano…lettere. Un immenso cumulo di lettere di ogni colore e dimensione sparpagliate ovunque per la stanza circolare. 
 
L’urlo acuto si ripeté nuovamente e Harry volse lo sguardo alla sua destra: un gigantesco barbagianni ambrato lo fissava con aria torva, facendo scoccare il becco. 
 
Ecco cos’era quel suono, pensò Harry sorpreso. Il barbagianni doveva aver battuto per ore alla sua finestra in attesa che lui gli aprisse per entrare, beccando così intensamente il vetro da romperlo.
 
Harry tese una mano in direzione del pennuto ed egli gli si avvicinò sbattendo le ali ma, appena le dita del ragazzo gli sfiorarono il becco, un altro urlo stridulo gli uscì fuori e una nuova ondata di vetri travolse Harry. 
 
Ora non uno ma dieci, forse venti pennuti riempivano la stanza, carichi di lettere e pacchi. 
Ovunque Harry potesse guardare c’erano ali che sbattevano, piume che turbinavano e un forte odore di escrementi. 
 
Il ragazzo proruppe in una fragorosa e selvaggia risata, di quelle che si fanno con la pancia, d’istinto. 
Quella scena surreale gli ricordò una domenica di quasi otto anni fa. Quando ancora non sapeva di essere un mago, quando ancora non sapeva nulla…ed era solo Harry.
Il salotto dei Dursley era stato riempito da uno stormo di gufi pieno di lettere d’ammissione a Hogwarts e i suoi zii avevano iniziato ad urlare.
 
Continuò a ridere e in fondo al suo cuore si sentì, per la prima volta dopo tanto tempo, solo Harry. Un ragazzo come tutti gli altri, un bambino con il cuore puro.
 
La sua risata si trasformò in pianto. Lacrime salate gli rigarono la faccia come un fiume in piena appannandogli la vista. La gioia più genuina si mischiò al dolore più profondo, alla rabbia più animale. Ripensò a Sirius, a Fred, a Tonks a tutti coloro che non erano più lì. Si ricordò dell’angosciante voce di Voldemort dentro alla sua testa, delle sagge parole di Silente. Rivisse la paura ed il tormento, la stanchezza…
 
Pianse come non aveva mai fatto invita sua.
Stropicciò le lettere ai suoi piedi e urlò forte, a pieni polmoni, rischiando di strozzarsi con la sua stessa saliva.
Strappò le spesse tende rosse dal suo letto a baldacchino e rovesciò il comodino alle sue spalle, distruggendo ogni cosa gli capitasse a tiro. 
 
Dopo quello che sembrò un tempo interminabile si calmò, abbandonandosi di nuovo a terra e respirando forte.
 
I gufi, per niente spaventati dalle urla di Harry, gli si strinsero intorno, quasi comprensivi. 
 
Harry attese qualche minuto, abbandonato al senso di vuoto profondo che segue un lungo pianto. 
 
Poi, con una lentezza estrema, si rimise a sedere e osservò le lettere. Venivano da ogni parte del mondo e mostravano le calligrafie più disparate.
Distrattamente raccolse quella a lui più vicina e l’aprì:
 
Al sig. Harry Potter,
 
da diverse ore ormai il mondo magico è caduto nel caos più totale.
Il Ministero della Magia britannica è caduto e un nuovo Ministro è stato eletto. 
Diverse celle del carcere di Azkaban sono state aperte per liberare una lunga lista di prigionieri ingiustamente condannati.
Gufi di ogni taglia e dimensione sfrecciano nei cieli di ogni paese.
Interi dipartimenti di Auror operano senza sosta la caccia a coloro che erano devoti a colui che non deve doveva essere nominato.
I maghi e le streghe di ogni dove urlano signor Potter, di rabbia e di giubilo. 
Il mondo magico è nel caos signor Potter, nel caos amorfo che segue la fine di tutte le guerre.
 
Per questo io la ringrazio Signor Potter, la ringrazio di cuore!
Che da oggi possa esserci un lungo periodo di quiete per tutti coloro che hanno sofferto!
 
Con tutta la devozione di cui sono capace,
 
Georgia Simford.
 
 
Harry sbattè le palpebre, asciugandosi il viso ancora umido con il dorso della mano. Gettò in terra la lettera e ne prese un’altra:
 
 
Lei ci ha salvati Signor Potter!
Lei ha fatto ciò che nessun’altro era in grado di fare! Un giorno la storia la loderà per questo!
Oggi però sono io a lodarla! Grazie a lei la mia adorata bambina è viva, tutta la mia famiglia è viva!
 
Che Merlino la abbia in gloria!
 
Vanessa Goldstin
 
 
Harry aprì un’altra lettera e poi un’altra ancora. Lesse freneticamente tutte quelle che gli capitavano a tiro. Erano lettere di gioia, devozione, ammirazione, gratitudine, sfogo e dolore. Erano lettere di chi aveva scoperto che un periodo oscuro della storia era finito. 
 
Attaccati ad alcuni gufi c’erano pacchi colmi di dolciumi e fiori, oggetti di valore e fotografie. 
 
 
Harry si sentì stordito: tutte quelle lettere, tutte quelle persone avevano scritto a lui? 
Cosa doveva farne? 
Si strinse nelle spalle: non era ancora pronto ad affrontare il mondo esterno, a confrontarsi con gli altri. Aveva bisogno di pensare, di capire. O forse solo di aspettare.
Al momento non era in grado di pensare nemmeno a cosa avrebbe fatto di lì a pochi minuti, figuriamoci a cosa stava succedendo al di fuori del castello.
 
Il castello. In quel momento si ricordò di non essere solo in quelle mura. Da quando si era svegliato era come se tutto il mondo conosciuto fosse costituito dalla stanza circolare che era il dormitorio e che le uniche forme di vita fossero lui e i pennuti. 
Fece mente locale: chissà che ore erano, quanto tempo era passato da quando era salito alla torre per dormire. 
Sarebbero potuti essere giorni come poche ore, non ne aveva la benché minima idea.
 
Harry si alzò faticosamente in pedi e, nello sforzo, la sua pancia emise un forte brontolio: stava morendo di fame. 
Immediatamente l’unica cosa a cui gli riuscì di pensare fu il cibo.
 
Vagliò la stanza alla ricerca della sua bacchetta e ne scorse l’impugnatura al di sotto del comodino rovesciato.
Lo rimise in piedi delicatamente, grato di vedere la sua bacchetta ancora tutta intera. Se dopo essere riuscito a ripararla con la bacchetta di Sambuco l’avesse rotta schiacciandola sotto un comodino sarebbe stato capace di picchiarsi da solo e gettarsi nel lago nero.
 
Si infilò la bacchetta nei pantaloni e si avvicinò alla porta. Non era veramente ancora pronto per il mondo esterno. Uscendo da quella stanza avrebbe potuto imbattersi in chiunque, per quanto ne sapeva tutta la popolazione magica avrebbe potuto essere radunata pochi piani più in basso. Decise allora di coprirsi con il mantello dell’invisibilità e, non appena celato sotto il suo incantesimo, discese lentamente le scale in direzione della sala comune.
 
Harry si sarebbe aspettato di trovarla vuota, vuota come il suo dormitorio e deserta come nella sua mente era deserto il castello; invece ospitava un gran numero di persone. 
Aveva fatto bene a mettersi il mantello, pensò. 
 
In uno dei divani principali presenti nella sala, quello più grande e confortevole, sedeva la signora Weasley: i suoi occhi erano chiusi ma la sua bocca intonava una dolce canzone, simile ad una ninna nanna. 
Tra le sue braccia giacevano addormentate due figure minute: una aveva folti capelli rossi e l’altra un cespuglio intricato di ricci. 
Molly Weasley accarezzava con calore le teste di Ginny ed Hermione, stringendole a sé come un tesoro prezioso da dover proteggere. 
Ai suoi piedi, distesi supini sul tappeto di fianco al camino e raggomitolati in delle coperte, Percy e George guardavano distrattamente il soffitto, in contemplazione. Il braccio del fratello più grande era avvolto intorno alle spalle dell’unico gemello rimasto come a sostenerlo, come ad evitare che anche lui potesse scivolare via da un momento all’altro. 
 
Ad Harry venne nuovamente da piangere, quella scena aveva un che di meraviglioso e raccapricciante allo stesso tempo. 
 
Il resto della stanza era ghermita di quei pochi studenti maggiorenni di Grifondoro che erano rimasti a combattere e che grazie a Merlino erano sopravvissuti, accompagnati dai loro famigliari. 
Genitori commossi stringevano a sé i propri figli, gli aiutavano a preparare i bagagli per tornare a casa, controllavano le ferite e si complimentavano con loro.
 
Dean Thomas e Seamus Finnigan stavano raccontando concitati come avevano fatto a far esplodere il ponte ad un’incredula signora Finnigan. 
Calì Patil abbracciava e stringeva quella che doveva essere la mamma di Lavanda Brown: una signora alta e bionda, gli occhi talmente arrossati dal pianto da non distinguerne il colore; davanti a sé aveva il baule aperto della figlia morta e sistemava con cura ogni oggetto, quasi come se rivedesse la sua amata bambina in ogni forma. 
 
Nonostante le tante persone il volume della stanza era molto basso: chi parlava o gioiva lo faceva sottovoce, nel totale rispetto di chi piangeva i propri morti o semplicemente si riposava.
 
Harry cacciò indietro le lacrime e uscì da buco del ritratto. Era decisamente troppo presto per affrontare il mondo esterno.
 
 
***
 
 
Appena fu nel corridoio si diresse spedito verso le cucine. “Mangiare” borbottò tra sé, prima di ogni altra cosa doveva mangiare. 
Raggiunse il corridoio che portava alla grande stanza in cui gli elfi domestici preparavano i deliziosi banchetti di Hogwarts: alcuni studenti di Tassorosso stavano decorando giganteschi vassoi argentati. 
Il professor Vitious dirigeva l’operazione insegnando loro particolari incantesimi di abbellimento.
“Professore!” esordì uno dei ragazzi “il mio nastro continua a cambiare colore e spara scintille invece di illuminarsi!” 
“Questo perché impugna la bacchetta come se stesse affrontando un mangiamorte signor Donald…” ribattè divertito il professore “ci vuole più delicatezza, ecco faccia come me…”
 
Quel commento rasserenò Harry: nessuno si sarebbe mai sognato di dire una cosa del genere tra quelle mura pochi giorni prima, se non ore. Harry non sapeva quanto tempo fosse effettivamente passato dalla fine della battaglia. 
Il fatto che qualcuno potesse citare i mangiamorte liberamente, fare addirittura dell’ironia a riguardo, gli fece realizzare ancora una volta che la guerra era finita. Finita sul serio. 
 
Superò il gruppetto di studenti e entrò in quella che era la cucina. Una trentina di elfi domestici erano all’opera: pentole colme di salse sfrecciavano per la stanza rovesciando qualche goccia sul pavimento, una dozzina di tacchini giravano a mezzaria sopra il fuoco, una torta alta come una persona veniva decorata da tante piccole sac à poche colorate.
Harry rimase sorpreso sulla soglia: perché tutti quegli elfi erano li? Non erano stati evacuati? Per chi stavano cucinando e soprattutto per quante persone?
L’infilarsi nella cucina per sgraffignare qualcosa di nascosto, senza essere notato, si stava rivelando per Harry più difficile di quanto non avesse immaginato. 
 
Provò ad entrare cautamente nella stanza. Subito una padella bollente lo urtò violentemente sul fianco cadendo per terra.
“Stai attenta Winkie!” gridò un elfo particolarmente grinzoso verso l’altro lato della cucina “Abbiamo così tanto da cucinare che non possiamo permetterci questi incidenti!”
Winkie squittì desolata risollevando la padella caduta e pulendo il pavimento.
 
Harry si sentì vagamente in colpa: essendo coperto dal mantello le pentole incantate non potevano schivarlo. 
Decise allora di chinarsi e camminare a quattro zampe sul pavimento, raggiungendo una teglia di patate al forno. Veloce afferrò una forchetta, un piatto e lo riempì di patate al forno; senza rendersi conto che nei vari movimenti i piedi erano fuoriusciti dal mantello.
 
“Potter!” Esclamò una voce.
Harry si irrigidì, colto sul fatto.
La professoressa Mcgranitt si avvicinò decisa a lui togliendogli il mantello da dosso: il ragazzo era curvo e piegato in avanti con la bocca aperta pronto ad addentare una patata arrosto. 
“Potter, ma le sembra questo il modo di comportarsi?!” la professoressa lo fissò con un cipiglio di rimprovero.
Pazzesco, pensò Harry, nonostante avesse sconfitto Lord Voldemort giusto qualche ora prima il cipiglio della Mcgranitt riusciva lo stesso ad intimorirlo come se avesse avuto ancora undici anni. 
“Ehm…mi scusi professoressa?” provò Harry.
“Risparmi le sue scuse Potter e fili in infermeria! Santo cielo ha ancora tutti gli abiti sporchi di sangue e le sue ferite non sono ancora state rimarginate. Dov’è stato tutto questo tempo? Corra a farsi medicare la prego! Io devo sbrigare delle urgenti ma non appena avrò finito la raggiungerò.”
Harry deglutì profondamente: “Certo professoressa” la sua voce era ferma ma poco convinta.
Ciò nonostante si avviò verso l’uscita con lo stomaco che brontolava più di prima.
“Ah Potter?” la Mcgranitt si rivolse nuovamente a lui, la sua voce era leggermente più dolce “Non sta dimenticando qualcosa?”
Harry si girò e vide la professoressa tendergli il piatto pieno di patate arrosto insieme al mantello dell’invisibilità.
La guardò sorpreso.
“Deve star morendo di fame…e capisco che lei voglia passare inosservato dopo tutto quello che è…ecco, successo. Mi raccomando però: vada in infermeria e ci resti fino al mio arrivo, ho diverse cose da dirle.”
Harry le sorrise annuendo, un sorriso spontaneo, quasi divertito.
Prese il mantello e il piatto dalle mani della Mcgranitt e fece per uscire.
“Potter un’ultima cosa…”
Il ragazzo si girò ancora una volta, gli occhi della professoressa fissi su di lui.
“Grazie” disse lei. 
La parola le era uscita in maniera naturale e diretta, una parola semplice e allo stesso modo carica di significato.
Harry annuì ricambiando il suo sguardo, poi si gettò addosso il mantello e scomparve nel corridoio; gustandosi finalmente il suo agognato piatto. 
 
 

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Capitolo 2
*** Catarsi ***


 
 
 
 
Harry dovette aspettare quasi un’ora prima che Madama Chips facesse ritorno in infermeria.
Vista la grande quantità di feriti era stata costretta, dopo aver aiutato i casi più gravi, ad aspettare l’arrivo di altri medimaghi dal San Mungo per far fronte all’entità dei danni. 
Inoltre, nonostante ella fosse una maga incredibilmente capace, non aveva né le competenze né i mezzi per curare malesseri ben più gravi di arti mancanti e ossa rotte: la confusione psicologica lasciata dalle maledizioni, lo shock dettato dalla battaglia.
 
“Queste sono le persone abbastanza stabili da poter essere trasferite al San Mungo. Purtroppo vista la confusione di queste ore non ci è possibile avvertire tutti familiari di coloro che verranno spostati, la prego di appendere questa lista alla bacheca…nel caso qualcuno si presentasse qui.” Disse Madama Chips in tono asciutto e pratico a un uomo sui quaranta che Harry non aveva mai visto, tendendogli una grande pergamena.
L’uomo fece un breve cenno con la testa e si avviò nel corridoio. La donna invece si diresse all’interno della stanza camminando inconsapevolmente in direzione del ragazzo, ancora coperto dal mantello dell’invisibilità.
 
“Madama Chips” sussurrò Harry per non spaventarla.
“Chi è là!” borbottò la donna leggermente sorpresa e allarmata.
“Sono Harry, Harry Potter” il ragazzo si tolse il mantello, nascondendosi dietro un paravento per evitare di essere visto dai pochi pazienti presenti nell’infermeria.
“Santa cielo! Signor Potter! Mi ha fatto venire un colpo, lei più di tutti dovrebbe capire che dopo ciò che è successo stanotte non è bene arrivare alle spalle di una povera donna senza preavviso!”
Harry si sentì in colpa. Nonostante la battaglia fosse finita da diverse ore? Giorni? I nervi di tutti erano ancora troppo tesi e provati.
“Mi spiace signora.” Rispose guardandola in viso.
La medimaga gli rivolse un largo sorriso, forse il primo da quando la conosceva, per poi tornare rapidamente asciutta e pratica: “Venga qui Signor Potter, si faccia visitare. Ma come mai ci ha messo tanto a venire da me? Guardi com’è ridotto”.
Dopo aver detto il suo nome così forte un leggero brusio si animò nella stanza ma, prima che chiunque potesse affacciarsi per vederlo, Madama Chips lo sdraiò sul letto e lo circondò con altri paraventi.
Harry apprezzò molto quel gesto. 
 
***
 
Circa due ore più tardi Harry si sentiva rinato. Come se avessero sostituito tutte le parti del suo corpo con pezzi nuovi e mai usati.
Madama Chips lo aveva spogliato medicando scrupolosamente ogni ferita, ogni graffio e rivestendolo con un morbido pigiama che sapeva di pulito.
Nonostante avesse dovuto ingerire diverse pozioni dal gusto discutibile, ora percepiva il suo corpo quasi come lo aveva sentito durante l’incontro con Silente a King’s Cross.
Quel ricordo lo fece sussultare. Chissà cos’era stato, chissà dove si fossero ritrovati. 
“Bene Potter…” la voce della medimaga lo riscosse dai suoi pensieri “Qui ho finito. Potrebbe sentire ancora dei dolori al petto lì dove lo ha colpito la maledizione…purtroppo…beh, nessuno prima d’ora è mai sopravvissuto all’anatema che uccide.”
Harry la guardò in viso, leggermente confuso.
“Purtroppo nessuno ancora sa prevedere quali saranno le conseguenze di ciò che le è capitato o se ci saranno delle conseguenze.” La voce della McGranitt si sovrappose a quella di Madama Chips mentre con delicatezza si faceva largo tra i paraventi per poi sedersi al suo fianco.
“Harry, caro ragazzo…” disse con voce insolitamente dolce. 
Quelle parole risuonarono così simili a quelle che avrebbe usato Silente che Harry per poco non si commosse. 
“Mi dispiace disturbarti ora che sei ancora debole ma ci sono delle questioni urgenti da affrontare e non posso rimandare oltre.” Continuò la professoressa con tono leggermente più deciso ma comunque delicato.
“Quanto tempo è passato dalla fine della battaglia?” le chiese Harry con un po’ di imbarazzo. Ancora non riusciva a collocare gli eventi susseguitesi al suo risveglio in una scala temporale che potesse dargli qualche indizio.
“Dieci ore. Poco dopo la fine della battaglia diversi maghi e streghe hanno raggiunto la scuola per dare una mano. Molti erano ex membri del ministero durante il mandato di Caramel, altri invece semplici membri della comunità magica. Hanno aiutato chi di noi non era ferito a soccorrere coloro che ne avevano bisogno, a mettere in sicurezza la scuola, chiamare le famiglie e informare la comunità magica. È incredibile la quantità di gente che si è mobilitata. 
Kingsley Shacklebolt ha riunito tutti quelli che ha potuto per evacuare il ministero da coloro fedeli a Voldemort e ha messo diverse squadre sulle tracce dei mangiamorte in fuga, prima che lascino il paese.
Tra poco dovrebbe tenersi una riunione straordinaria per eleggere un governo provvisorio, almeno in un primo momento. Dopodichè inizieranno i primi piani di sostegno alle famiglie dilaniate dagli ultimi mesi e i primi processi. Ma la strada verso un ritorno all’ordine è ancora lunga.”
 
Il viso della Mcgranitt era stanco, incredibilmente teso ma brillava di una luce sfavillante che sapeva di speranza. “Non ti nego Potter…” continuò “che per molti di noi la sensazione che non sia ancora finita, che una minaccia peggiore della morte sia ancora dietro l’angolo è ancora presente. Confido però che il riposo e il passare dei giorni possa portare a tutti un po’ di pace.”
 
Harry annuì serio. Sapeva perfettamente a cosa si riferiva. Il solo fatto che la battaglia fosse conclusa e che il corpo di Voldemort giacesse al momento privo di vita non sembrava ancora un motivo abbastanza valido per cantar vittoria. I cuori di tutti erano ancora così colmi di dolore e paura che l’idea di farvi entrare della luce per poi doverla veder sparire terrorizzava a morte. 
La McGranitt però aveva ragione: se era finita, finita davvero, il tempo e il riposo avrebbero riportato il sole sulle loro teste. 
 
“Ad ogni modo” disse ricomponendosi un pochino “i volontari del San Mungo sono finalmente arrivati qualche ora fa e molti pazienti sono già stati trasferiti. Abbiamo fatto un primo censimento dei morti e costituito un bollettino. Alcuni volontari si stanno occupando di coprire le salme e stasera verrà organizzata una veglia, penso che ci saranno parecchie persone.”
 
“È per questo che il professor Vitious e alcuni studenti stavano decorando il castello prima?” domandò Harry.
 
La professoressa annuì decisa: “Sì, vogliamo dare una degna riconoscenza a chi ha combattuto, non solo stanotte, ma in tutti gli anni bui in cui Voldemort è stato al potere.”
 
Harry le sorrise e annuì nuovamente. Dopo un attimo un vago senso di inquietudine gli pizzicò lo stomaco: “Professoressa…cosa mi stava dicendo prima sulle conseguenze della maledizione?”
Aveva quasi paura a chiederlo. L’idea di rimanere compromesso, di non poter andare avanti o di rimanere per qualche motivo indissolubilmente legato a Voldemort lo spaventava più di ogni altra cosa.
 
La McGranitt però, percependo chiaramente la sua preoccupazione, gli sorrise: “Al fine della battaglia mi sono presa la libertà di andare nell’ufficio del preside. Converrà con me Signor Potter che le persone non resuscitano tutti i giorni senza una spiegazione. Sapevo che l’unica risposta l’avrei trovata tra gli effetti personali di Silente e così è stato.”
“Il pensatoio?” chiese Harry.
La professoressa annuì: “Appena capito cosa fosse capitato mi sono messa immediatamente in contatto con il reparto maledizioni del San Mungo. Come le ho detto però nessuno è mai sopravvissuto all’anatema che uccide o…alla morte di un horcrux all’interno di sé. Pertanto solo il tempo e visite costanti ci diranno se avrà delle conseguenze e come curarle.”
 
Harry si sentì leggermente sollevato: avrebbe potuto anche non averne. Si concentrò su questo pensiero per recuperare un po’ di pace.
 
Un colpo di tosse da parte di Madama Chips ricordò ad entrambi che era ancora lì con loro.
“Tranquilla Poppy, ora lo lascio riposare. Prima però…Potter” il tono della professoressa era tornato autorevole e secco come al solito “per quanto io capisca la sua necessità di essere lasciato tranquillo e di riposare…Spero si renda conto che non potrà nascondersi per sempre. Stasera alla veglia si aspettano tutti che lei ci sia. In particolare nei prossimi giorni non solo dovrà rendere conto ai giornali ma anche e specialmente al nuovo ministero. La sua testimonianza sarà fondamentale. Credo dovrà presenziare anche a diversi processi in futuro.”
 
Harry era una statua di sale. Forse ora sapeva qual’era la cosa che lo spaventava più di ogni altra: non erano le conseguenze della maledizione ma l’attenzione di tutto il mondo magico rivolta su di sé.
 
La Mcgranitt trattenne gentilmente una piccola risata e si alzò: “Suvvia Potter, c’è di peggio che essere un eroe a questo mondo. Le consiglio di cambiarsi, presto riceverà visite!” 
Gli lanciò ancora un’occhiata leggermente divertita e sparì dietro i paraventi.
 
***
 
Poco dopo l’uscita della professoressa le prime e timide teste fecero capolino sul suo letto. 
Erano quasi tutti studenti, ragazzi che come lui avevano combattuto quella sera. 
Alcuni gli andarono addosso abbracciandolo altri, più timidi, si limitarono a grandi sorrisi e occhi lucidi.
Tutti però gli lasciarono un dono: un fiore fatto comparire magicamente, un origami di carta volante, delle caramelle o semplici stelle filanti sprigionate dalle bacchette. 
Per quanto questo via vai di persone mettesse Harry a disagio, quei gesti erano talmente sinceri che si commosse. Inoltre quei ragazzi non erano estranei giunti al castello per complimentarsi ma persone che avevano duellato al suo fianco passando quell’orribile notte con lui. 
Loro sapevano.
 
Nuovamente il dolore per coloro che non c’erano più si fece largo nel cuore di Harry: il senso di mancanza riflesso in ogni sguardo che gli veniva rivolto.
Ingoiò rumorosamente, come a voler spazzare via un rospo dalla gola.
 
“Harry” lo richiamò una voce gentile.
Il ragazzo alzò lo sguardo incontrando due grandi occhi neri: “Ciao Cho” disse sorridendo.
La ragazza gli si gettò tra le braccia stringendolo in una morsa che per poco non gli spezzò il fiato.
“Oh Harry! Lo sapevo che ce l’avresti fatta! Lo sapevamo tutti!”
“Già proprio tutti Harry! L’abbiamo sempre detto che eri Il prescelto, l’unico, il solo…” le fece eco la voce di George, appena comparso facendosi largo tra la folla “certo che però, se eri tanto speciale, avresti potuto almeno farmi ricrescere l’orecchio”
Cho ridacchiò liberando Harry dall’abbraccio, gli scoccò un bacio sulla guancia e si fece da parte per far avvicinare il gemello sopravvissuto.
“Oh scusami George se sono stato un po’ occupato ultimamente, sono veramente spiacente” ribattè il grifondoro.
Tutti risero e l’aria si fece più leggera.
“Si beh credo che potrò perdonarti. E visto che sono un ragazzo dal cuore grande ti offro questo omaggio in segno di pace!” 
George si frugò nelle tasche ed estrasse una scatola di confetti. Harry esitò un momento, sospettoso.
“Avanti prendili, mica ti mordono!”
Il ragazzo si convinse e prese la scatola, l’aprì delicatamente e si mise in bocca un paio di confetti giallo lime.
Subito un forte pizzicore alla lingua lo travolse, le labbra iniziarono a gonfiarsi e una fiammata come quella di un drago gli uscì dall’orecchio destro.
Un altro scroscio di risate riempì l’infermeria.
George era quello che rideva più di tutti: “Sai Harry avrai anche sconfitto il mago oscuro più potente di tutti i tempi ma per certi versi rimani ancora un fessacchiotto!”
 
Harry per un attimo rimase perplesso ma si unì presto al coro di risa. Vedete George divertirsi, anche se solo per un momento, gli riempì il cuore. Incredibile come nonostante la morte di Fred, avvenuta poche ore prima, fosse comunque in grado di essere sempre ed irrimediabilmente sé stesso.
 
“Beh amico George non ha mica tutti i torti” disse una voce al di là di tutte le teste ammassate intorno al suo letto.
Il ragazzo si tirò meglio a sedere per vedere l’ingresso della grande sala, raggiante.
Ron e Hermione erano appena entrati nell’infermeria, entrambi avevano un sorriso a trentadue denti e si tenevano per mano.
Anche il resto degli studenti si girò e, in maniera quasi reverenziale, aprì un varco per permettere ai due ragazzi passare.
“Fossi in te non farei tanto il furbo Ronald Weasley, sbaglio o ci sei cascato anche tu poco fa…” lo canzonò Hermione dandogli un buffetto sulla spalla.
Tutti ridacchiarono nuovamente ed Harry si mise in piedi andandogli incontro. 
A quel gesto Hermione lasciò la mano di Ron e gli corse addosso per abbracciarlo: se la forza di Cho aveva rischiato di fargli perdere il fiato quella di Hermione avrebbe potuto ucciderlo.
La ragazza però si staccò dopo poco per includere anche Ron nella stretta.
 
I tre si abbracciarono per quelle che sembrarono loro ore intere, c’era tutto in quella morsa: gli anni trascorsi insieme, i misteri, le sfide, la lotta, la determinazione, il dolore, la paura, l’amore, l’amicizia…tutto.
Ogni singolo momento della loro interminabile avventura era racchiuso tra le loro braccia, nei loro respiri, all’interno dei loro cuori. 
 
Fu in quell’attimo preciso, davanti ad un’infermeria inondata di luce e colma di gente, che i tre maghi insieme ebbero un sommo momento di catarsi: ce l’avevano fatta, erano vivi ed erano insieme. Il passato poteva finalmente farsi da parte ed accogliere il futuro, un futuro adatto ai loro diciassette anni. 
La grande maturità acquisita per necessità avrebbe potuto sfiorire un pochino e lasciare spazio alla leggerezza, alla frivolezza.
 
Una punta d’amaro però cera: sebbene si aprissero le porte di una nuova vita nessuno, né tra di loro né nel mondo magico, sarebbe potuto tornare innocente.
Una stanza buia sarebbe sempre rimasta nelle loro anime.
 
Tenere chiusa o aperta quella stanza però era una scelta che solo il tempo e la volontà di guarire avrebbero determinato. 

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Capitolo 3
*** La Cerimonia ***


Quando Harry varcò la porta della Sala Grande insieme a Ron e Hermione non poteva credere ai suoi occhi.
Le macerie della battaglia erano state tolte e le vetrate riparate. 
Il soffitto incantato risplendeva di una notte stellata senza nuvole, lungo tutte le pareti pendevano ghirlande di fiori dai colori vivaci illuminate da candele blu di ogni forma e dimensione.
Non c’erano tavoli, solo una moltitudine di vassoi sospesi a mezz’aria con calici e bicchieri che gli vorticavano intorno.
L’altare al fondo dell’ampia sala, normalmente dedicato alla tavolata degli insegnati, era adorno di crisantemi bianchi con piccole sfere di luce gialla che gli danzavano a fianco.
 
Ogni segno dello scontro era sparito, solo i muri presentavano il passaggio della notte rimanendo scalfiti lì dove erano stati colpiti dalle maledizioni.
 
“Sono sicura che la McGranitt ha voluto lasciarli come segno di ciò che è stato. Per non dimenticare.” disse Hermione che doveva avergli letto nel pensiero.
“Serviranno come deterrente per gli studenti dell’anno prossimo, pregheranno come matti pur di non farsi smistare in serpeverde.” replicò Ron ghignando e guadagnandosi un’occhiataccia da parte della ragazza.
 
Insieme si addentrarono nella grande folla che riempiva la sala.
 
“Ragazzi! Per di qua!” li chiamò Neville facendosi spazio ed agitando energicamente un braccio. Harry non lo vedeva dalla battaglia.
“Eccovi finalmente! Dov’eravate finiti?! È da un’ora che tutti vi cercano, non so quanta gente mi ha chiesto di voi. Prima un signore che scrive per la Gazzetta del Profeta mi ha scambiato per te Harry e non la smetteva di farmi domande! Per fortuna l’ho depistato ma devi fare attenzione se non vuoi farti accalappiare. Seguitemi sono tutti vicino all’altare, Luna vi ha tenuto degli zuccotti di zucca. La guerra l’abbiamo combattuta noi eppure quelli a mangiare di più sono gli ufficiali del ministero, quei vigliacchi. Arrivano giusto adesso per prendersi un po’ di gloria ma durante lo scontro nessuno li ha visti! Dico bene Harry?”.
Neville parlava velocissimo e aveva l’espressione più gioiosa che si potesse avere. Con una sicurezza che mai gli era appartenuta fino a quel momento spingeva persone a destra e a sinistra per facilitargli il passaggio. 
“Dici benissimo Neville!” gli rispose Harry contagiato dalla sua energia.
“Harry!” urlò Ginny quando raggiunsero i piedi dell’altare.
La ragazza gli rivolse un sorriso di pura luce e gli si gettò tra le braccia chiudendo le sue labbra in un bacio appassionato.
Fischi e urli d’approvazione partirono tutto intorno a loro ma Harry a stento li sentì, perso nell’inebriante profumo dei capelli di Ginny e nel calore delle sue guance. 
“Ehem!” un colpo di tosse da parte di Ron gli fece capire che era l’ora di staccarsi. 
La ragazza si scostò da Harry e fece una linguaccia in direzione del fratello: “Guarda che solo perché adesso ti credi un eroe non vuol dire che ti dobbiamo dar retta, rimani sempre un brontolone impiccione.”
“Dai Ginny” la rabbonì George “questa volta Ron ha ragione, non puoi tenerti Il Prescelto tutto per te!”
Harry si girò un po’ imbarazzato in direzione del gemello accorgendosi solo in quel momento di aver baciato Ginny di fronte a tutta la famiglia Weasley, i membri sopravvissuti dell’ordine e molti dei suoi compagni Grifondoro che ridacchiavano divertiti.
“George ha ragione, lascia un po’ di salvatore del mondo magico anche per noi!” rincarò Seamus dando una gomitata d’intesa a Dean che annuì in finta aria solenne.
“È vero Harry, adesso che sei una star non puoi più permetterti il lusso di avere una ragazza sola. Vieni qua! Fatti baciare.” lo canzonò Luna avvicinandosi per dargli un affettuoso bacio sulla guancia. 
 
Se possibile l’imbarazzo di Harry crebbe ancora di più e toccò l’apice quando uno degli orecchini a ravanello della ragazza gli pizzicò il naso facendolo starnutire e rendendolo ancora più paonazzo.
 
In fondo però tutto ciò lo divertiva, anzi era grato che i suoi amici lo trattassero come sempre e non come chissà quale eroe. Se c’era una cosa che Harry odiava con tutto il cuore era stare sotto i riflettori.
 
Ciononostante fu immensamente grato alla McGranitt quando, dall’altare, richiamò l’attenzione di tutti i presenti puntandosi la bacchetta alla gola per amplificare la voce. 
 
“Signori e signore…ragazzi. È con grande gioia che vi accolgo tutti qui stasera per celebrare quella che spero sia la fine di un lungo periodo di buio.” la professoressa prese una breve pausa.
La sala era piombata in un rispettoso silenzio.
“Come tutti voi sapete gli ultimi ventotto anni della nostra storia hanno visto profondersi la crudeltà di un mago, dotato di innegabile talento ma reso cieco dal potere e dalla volontà di imporsi su chiunque altro. Voldemort…” nell’udire questo nome alcune persone fremettero trattenendo il respiro “…voleva sterminare chiunque non fosse dotato di poteri magici e costituire un nuovo ordine tale per cui solo coloro considerati degni avrebbero potuto continuare a vivere.
Se lui avesse vinto, da stanotte, maghi e streghe di sangue puro avrebbero condotto scure esistenze assoggettati al volere di un tiranno, di un uomo il cui unico interesse è sempre stata la propria egemonia.”
 
Nel parlare la McGranitt rivolgeva lo sguardo a tutta la sala: “Voldemort però non ha vinto. La vittoria gli è stata portata via, un pezzo alla volta, da tutte le streghe e i maghi che hanno deciso di combatterlo. Non solo stanotte ma dal principio, da quando la sua ascesa ha avuto inizio. È grazie al coraggio e alla tenacia di coloro che si sono ribellati all’odio e all’oppressione che oggi possiamo sperare in un futuro più luminoso.”
La professoressa fece un’altra breve pausa stringendo più saldamente la bacchetta.
 
“Ma anche se questa guerra si è conclusa il pericolo non finisce stasera. Altri maghi accecati dal potere penseranno di riuscire lì dove Voldemort ha fallito. Altri maghi più o meno potenti di lui vorranno un giorno assoggettare i loro simili e imporre la propria visione. 
Altri maghi in futuro, così come in passato, porteranno crudeltà e sofferenza nel nostro mondo. 
È necessario pertanto non dimenticare. È dovere di ognuno di noi rimanere all’erta e prevenire il fomentarsi della paura: perché è da essa che nasce la debolezza di non opporsi.”
 
Gli sguardi di tutti i presenti erano piantati sulla McGranitt: molti avevano gli occhi lucidi e arrossati, altri si stringevano ai propri vicini.
 
“Siate forti e vigili, raccontate a coloro che verranno ciò che è accaduto e insegnateli a reagire alla cieca crudeltà di un individuo. Fate sì che tutti coloro che hanno dato la vita per la nostra libertà non lo abbiano fatto invano.”
 
Alla professoressa tremò il labbro e non riuscì a trattenere una lacrima.
Dietro di lei il professor Lumacorno fece un passo avanti e le posò una mano sulla spalla.
Poi, puntandosi anch’egli la bacchetta alla gola, disse: “Rendiamo omaggio ai caduti e gioiamo per questo prezioso futuro che oggi abbiamo conquistato.”
Il professore si staccò la bacchetta dal corpo per puntarla verso il soffitto e un sottile fiotto di luce argentata si sprigionò dalla punta: ne guizzò fuori un pesciolino che prese a nuotare per la stanza.
 
Uno alla volta, sotto suo esempio, tutti i presenti in grado di compiere l’incantesimo sprigionarono i loro patronus.
 
In breve l’intera stanza era un groviglio di fili argentati di ogni forma e dimensione. Gli animali danzavano insieme tra loro trascinandosi in abbracci e salti. Il cane di Ron, la lontra di Hermione e il cervo di Harry si inseguirono fino a scomparire nel cielo incantato.
Una musica dolce e allegra partì lì dove il professor Vitious aveva incantato uno spartito e subito l’intera sala si mise a volteggiare.
Ballavano tutti: chi a coppie e chi in goffi abbracci di gruppo.
 
Quel momento durò per un tempo che Harry non seppe quantificare. Venne abbracciato, tirato e roteato da chiunque. Prima Hermione gli fece un inchino scherzoso per invitarlo a ballare, poi George lo librò in aria come fosse stato una ballerina di danza classica. La signora Weasley lo stritolò in una morsa amorevole che solo una mamma sa fare, Ron gli pestò un piede e Dean lo sorresse dal cadere un paio di volte. 
Diversi membri del ministero tentarono di intercettarlo tra un movimento e l’altro ma il signor Weasley, Percy e Bill fecero ogni volta da scudo ad Harry.
 
Al termine erano tutti accaldati e col fiatone ma le risate avevano sostituito le lacrime. 
 
***
 
La serata proseguì lunga e caotica. Diverse persone salirono sul palco per tenere un discorso ed Harry avrebbe voluto seppellirsi quando chiamarono lui.
In un attimo si ritrovò da solo a guardare una folla immensa di persone con gli occhi fissi su di lui, in attesa di chissà quale monologo.
Andò nel panico. Non aveva la più pallida idea di cosa dire.
 
Fu solo quando vide gli sguardi incoraggianti dei suoi amici che si decise a parlare: “Alcuni di voi si aspettano che gli faccia un lungo discorso, che magari vi racconti come ho sconfitto Voldemort o di come sono riuscito a scappare dalla Gringott sul dorso di un drago.”
Alcuni risero.
“Qualcuno prima mi ha chiesto come ci si senta ad essere il mago più giovane e famoso di tutti i tempi, ad essere un eroe: il Prescelto. Beh la verità è che non lo so, perché non lo sono. Il fatto che Voldemort avesse identificato me come l’unico in grado di distruggerlo in seguito ad una vaga profezia è stato un caso. “
 Il suo sguardo andò in direzione di Neville.
“Il suo avermi trasferito dei poteri la notte che uccise i miei genitori è stato un caso. La verità è che ci sarebbe potuto essere chiunque al mio posto. 
Non so dirvi che mago sarei diventato se non mi fosse successo quello che mi è successo o quali esperienze avrei avuto. Ma sono sicuro di una cosa: prescelto o no avrei combattuto. Avrei dato tutto quello che avevo per sconfiggere Voldemort, così come lo hanno fatto molte persone in questa stanza. “
Harry prese un lungo respiro: ”Sempre qualcuno…” e adesso guardò precisamente in direzione di un giornalista della Gazzetta “…mi ha domandato come un semplice ragazzo da solo avesse potuto sconfiggere uno dei maghi oscuri più potenti di tutti i tempi. Nuovamente, mi dispiace, ma non vi so rispondere” disse in tono ironico.
“Perché non sono mai stato solo. In tutto questo tempo ho avuto al mio fianco persone preziose che mi hanno aiutato, guidato e confortato. Persone eccezionali che con le loro forze e capacità mi hanno, ci hanno condotto qui stasera. Non è stato un ragazzo a sconfiggere Voldemort ma tante streghe e maghi di grande coraggio e sagacia.”
 
Un boato ruppe il silenzio: tutti gli amici di Harry, i membri dell’ordine, i professori e quasi tutti gli studenti fischiarono e applaudirono.
Gli scatti delle camere suonarono all’impazzata e Harry approfittò di quel caos per squagliarsela.
Scese giù dal palco e andò verso i Weasley.
 
“Ecco che arriva il Prescelto” lo canzonò Ron.
Harry gli diede una botta sulla testa e il ragazzo sghignazzò “Dai non era così male il discorso. Molto da Caramel…” 
Harry lo guardò nuovamente male ma gli sorrise.
“Bene ragazzi” disse la signora Weasley “Credo sia ora di tornare a casa, abbiamo tutti bisogno di riposo.”
“Sci decisamonte” si intromise Fleur “Arrì ho radunato tutte le tue lettre dans ma sac. Ho dovuto pulirle però, erano toutes plain di escremonti di gufo.”
Ginny roteò gli occhi al cielo ma non disse nulla.
“Grazie Fleur, non c’era bisogno” le rispose Harry.
“Si ragazzi è meglio andare” continuò il signor Weasley “domani ci aspetta una lunga giornata. Sono abbastanza sicuro che Kingsley verrà a farci visita e avrà particolare interesse a parlare con te Harry.”
 
Fu così che l’intera famiglia Weasley con Hermione ed Harry, dopo aver salutato con abbracci e baci i loro amici, si diresse discretamente nell’ufficio della McGranitt, prese una manciata di metropolvere e urlò forte e chiaro la destinazione di casa: la Tana!

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Capitolo 4
*** Casa ***


Un gioioso raggio di sole accarezzò la cicatrice di Harry mentre la sua mente era ancora in un profondo dormiveglia.
Immagini della battaglia si susseguivano nella sua testa, maledizioni e corpi senza vita si confondevano tra di loro creando mostruose immagini di morte. 
In mezzo alla folla stava cercando qualcosa…un qualcosa: senza né forma né nome. 
Era arrabbiato e abbattuto perché più cercava e meno riusciva a ricordarsi a cosa dovesse assomigliare questo qualcosa o quale fosse il suo scopo.
Intorno a lui le persone continuavano a morire ma non poteva aiutarle, non riusciva nemmeno a toccarle; era sotto un incantesimo: fino a che non avesse trovato non avrebbe potuto aiutare.
La frustrazione crebbe in lui e così il pizzicore alla cicatrice.
 
In un baleno l’inconscio di Harry risalì tutti gli stadi del sonno per raggiungere la veglia: pizzicava veramente!
Le sue dita scattarono sulla saetta e prese a massaggiarsela allarmato.
Il pizzicore percepito però si spostò gradualmente dalla cicatrice al dorso della sua mano, segno che la fonte del fastidio non risiedeva sulla sua fronte. 
Aprì gli occhi: la camera sua e di Ron era ancora immersa in un buio profondo garantito dagli scuri ma alcuni raggi di luce filtravano dai listelli rotti. Uno di questi puntava dritto alla sua fronte.
 
Ad Harry venne da ridere un po’ istericamente: da quando un raggio di sole sul viso era in grado di svegliarlo in allarme come fosse stato un urlo? 
 
“Da quando c’è stata la guerra” gli rispose la sua testa. 
Ebbe un leggero fremito.
Fino a qualche giorno prima tutto il suo essere era teso ad un solo ed unico obiettivo: sconfiggere Voldemort.
Il dolore e l’urgenza erano così forti che non si era mai soffermato, nemmeno per un secondo, a chiedersi come sarebbe stato il dopo…se ci sarebbe stato un dopo Voldemort.
 
Ed ora eccolo lì: sdraiato in un morbido e caldo letto, al sicuro, in una casa con le persone a lui più care. Vivo
Dopo essersi immerso nei ricordi di Piton qualcosa in lui era cambiato. 
La consapevolezza di dover morire, di averlo sempre dovuto fare come ultimo gesto per sconfiggere Voldemort aveva distorto un poco la visione della sua esistenza. 
 
Prima nonostante tutto aveva sempre avuto speranza, quasi una sorta di integra innocenza giovanile. 
Quando però aveva abbracciato la morte decidendo coscientemente di attraversare la foresta proibita…beh…non si torna indietro da una cosa così.
Decidere di morire, anche per la più nobile delle ragioni, è qualcosa di potente…di profondo: trovi la forza intellettiva di sconfiggere l’istinto primordiale di rimanere in vita ad ogni costo.
 
Una cosa in particolare cambia, rifletté Harry in quel momento: essere vivo non è più lo stato di natura condizione imprescindibile della stessa esistenza ma un’opzione, una scelta, una casualità. 
 
Lui adesso era vivo ma avrebbe potuto non esserlo…e probabilmente esistere comunque.
D’altronde Silente esisteva a King’s Cross no? Lui stesso aveva detto che quando si muore si va avanti e che solo pochissimi scelgono di rimanere indietro ad una vita terrena sotto forma di fantasmi giusto?
In un mondo complesso come quello magico dove la morte in persona si era palesata donando addirittura dei doni cosa voleva dire essere morti?
 
I pensieri di Harry si susseguivano come un turbine infinito manifestando la loro presenza sotto forma di mal di stomaco. 
Trasse un profondo respiro e decise di alzarsi andando ad aprire la finestra.
 
Una brezza d’aria fresca e profumata lo investì. Il sole era alto nel cielo, doveva essere quasi ora di pranzo, e non c’era una nuvola. Il rumore delle cicale riempiva il giardino della Tana, i maiali grugnivano in lontananza e qualcuno stava ridendo sotto un albero lì vicino.
Era proprio una bella giornata.
Cercò di rilassarsi portando indietro le spalle e stendendo il collo ma una fitta al petto gli fece capire che forse non era il modo migliore di distendersi. Gli tornarono a mente le parole della McGranitt sulle possibili conseguenze dell’anatema…
 
Per Merlino! Possibile che non riuscisse a pensare a niente di allegro per più di mezzo secondo?!
Sbuffando si diresse verso il suo baule per cambiarsi. Il letto di Ron era vuoto e rifatto, doveva essere già sceso da un pezzo. 
Si tolse il sopra e il sotto del pigiama rimanendo in mutande e si guardò nel grande specchio sull’anta dell’armadio: in quegli ultimi mesi aveva perso parecchio peso. Non che fosse mai stato un ragazzo robusto, anzi era sempre stato piuttosto smilzo, però adesso era decisamente pelle e ossa. 
La caccia agli Horcrux e i suoi scarsi pasti lo avevano fatto assomigliare un po’ ad una modella babbana: tante ossa, niente ciccia e qualche muscolo incredibilmente definito.
Fece una smorfia di disgusto diretto al suo riflesso.
 
“Hey Harry dormiglione! Vieni a mangiare?” disse Ginny aprendo d’improvviso la porta ed entrando nella stanza.
“Oh, scusami” aggiunse quando si accorse che il ragazzo era in mutande “non pensavo ti stessi cambiando.”
Harry avvampò per l’imbarazzo “n-non ti preoccupare, st-tavo per scendere, arrivo subito!”
La ragazza gli rivolse un sorriso sghembo e divertito: “Va bene, ti aspettiamo giù. Sbrigati!” e richiuse la porta.
Il ragazzo la sentì borbottare per le scale: “Come se non avessi mai visto un ragazzo nudo…ho sei fratelli per Godric! Beh..” la sua voce perse una tonalità “…cinque ora.”
 
***
 
Quando scese in cucina tutta la famiglia Weasley con Hermione era già seduta in tavola.
“Eccolo! Il Salvatore del mondo magico, colui che ha sconfitto Voi-sapete-chi!”
“Oh piantala George!” lo rimbottò Ginny.
“Non starlo a sentire Harry caro, siediti! Sarai affamato, hai dormito tanto stamattina!” lo invitò la signora Weasley ed Harry prese posto vicino ad Hermione.
“Doveva riprendersi dal grande peso di aver condotto la nostra comunità alla vittoria!” continuò George imperterrito, ignorando i calci sotto il tavolo della sorella.
“Mi sono perso qualcosa?” chiese Harry guardando Ron ed Hermione che sghignazzavano.
“No Harry tranquillo” gli rispose quest’ultima dandogli un buffetto sulla spalla “È solo che stamattina, mentre dormivi, la casa è stata invasa da lettere di tuoi ammiratori. Ne sono arrivate addirittura più che ad Hogwarts! Diciamo quindi che George si annoiava e si è preso la briga di leggerne un paio ed ora non fa che citarle da ore.”
“Beh devo ammettere che alcune sono veramente divertenti” gli disse Ron ridendo “C’è gente là fuori matta da legare! Una vecchia strega della Cornovaglia ti offre sua figlia in sposa e un’altra ancora sostiene di essere la tua sorella perduta!”
“Allora dovrei dirle che è stata fortunata a non dover passare la sua infanzia insieme ai Dursley” replicò Harry stando al gioco.
“A proposito di Dursley Harry! È arrivata una loro lettera” lo informò George tendendogli una busta color pesca.
La mascella del ragazzo non sfiorò per poco il pavimento. “Una lettera dai Dursley?” 
“Sì, è arrivata pochi minuti fa. Dai aprila”
Harry la prese in mano delicatamente osservandola con cura, come fosse un ordigno pronto a esplodere, poi l’aprì.
 
Harry,
 
come ricorderai un anno fa abbiamo dovuto lasciare la nostra casa e le nostre vite perché nel vostro mondo di fattucchieri c’era un dittatore e noi eravamo in pericolo a causa tua. 
Quando siamo stati portati via un figuro con un occhio di vetro ci ha consegnato una pietra rossa dicendoci che il giorno in cui il pericolo sarebbe cessato essa sarebbe diventata verde e noi saremmo potuti tornare a casa.
Ebbene ieri il colore della pietra è cambiato e nessuno ancora ci è venuto a prendere.
 
Vogliamo tornare a casa Harry!
 
Zia Petunia
 
 
“Signore e signori ecco la zia di colui che ha salvato il mondo dei fattucchieri!” sghignazzò con lo stupore di tutti Percy per alleggerire la tensione.
“Quell’arpia” si piccò la signora Weasley “Come si permette! Né lei né tantomeno il suo grasso figlio sarebbero mai stati in grado di fare anche solo una di tutte le sfide che ha dovuto affrontare Harry. Ha passato un anno al sicuro protetta dall’ordine mentre lui rischiava la sua vita e adesso pretende di tornare a casa che bast…”
“Mamma!” la interruppe Ginny.
“…arda” concluse la signora Weasley con decisione.
 
Harry scoppiò a ridere, l’indole protettiva di Molly nei suoi confronti lo intenerì. 
“Non vi preoccupate, ci sono abituato” rispose ancora sorridente.
“Lascia che me ne occupi io Harry” si offrì il signor Weasley “A momenti arriverà la lettera di convocazione al ministero e temo che non te la caverai con una chiacchiera di qualche ora. E poi…” gli occhi di Arthur si accesero “avrò modo di guidare una macchina e girare per i sobborghi babbani!”
“Grazie signor Weasley” rispose Harry contento di non doversi occupare del ritorno a casa dei Dursley.
 
Il pranzo proseguì animato e rumoroso. 
Harry non ci aveva riflettuto ma era praticamente un anno da prima della battaglia che lui, Ron e Hermione non parlavano con la famiglia Weasley. 
Per quasi otto lunghissimi mesi ognuna delle persone presenti a quel lungo tavolo imbandito aveva ricoperto un diverso ruolo nella lotta a Voldemort ma, cosa nello specifico avessero fatto, Harry si rese conto di non saperlo. 
George raccontò di Radio Potter e di come lui, Fred e Lee Jordan avessero dovuto tessere una lunghissima rete di contatti al fine di tenere l’effettivo conto dei morti; a volte, specialmente con i babbani, era difficile scoprire i nomi degli assassinati. 
Ginny invece si lanciò in un dettagliato resoconto del suo ultimo anno ad Hogwarts: la crudeltà dei Carrow, le punizioni prese per difendere gli studenti più piccoli, le incursioni dei mangiamorte e infine il nascondiglio nella stanza delle necessità.
Ad ogni racconto della ragazza sulla violenza subita la signora Weasley tremava un poco, come se il male fisico potesse viverlo lei sulla sua pelle in quel momento. 
D’altronde non doveva essere stato affatto facile per lei vivere con la costante paura che più di uno dei suoi figli potesse morire da un momento all’altro.
Ad ogni modo diversi rischi gli avevano corsi anche lei e Arthur: entrambi avevano lavorato con costanza insieme all’Ordine per intercettare e sventare le missioni dei mangiamorte rischiando spesso di venir feriti gravemente.
La cosa peggiore però, raccontò il signor Weasley, fu dover vedere tanti colleghi del ministero, nati babbani o mezzosangue, privati delle loro bacchette e portati via insieme alle loro famiglie senza poter fare nulla.
“Vedete per coloro che venivano processati, se condannati colpevoli, finire ad Azkaban non era la peggiore delle ipotesi…pare…abbiamo il sospetto che alcune famiglie ecco…siano state direttamente portate ai mangiamorte, i quali…” al signor Weasley si ruppe la voce. 
“Beh avete capito…Insomma…ovviamente è stato un crescendo: inizialmente chi si sottoponeva a processo senza opporre resistenza aveva una sorte migliore di coloro che scappavano e venivano catturati in seguito. Ma poi…sempre più maghi e streghe terrorizzati dal potere di Voldemort hanno iniziato a dar credito ai mangiamorte e la violenza, le delazioni e la paura non ha fatto altro che aumentare.” 
La signora Weasley abbracciò il marito e Percy strinse a sua volta la madre.
“Ah ragazzi…” sospirò Arthur “non mi sembra ancora vero che sia finita…”
“Credo che non ci sembrerà vero ancora per un po’ signor Weasley” disse con un filo di voce Hermione mentre si massaggiava l’avambraccio dove solo una settimana prima Bellatrix l’aveva marchiata senza pietà, forse lei più di tutti poteva immaginare cos’era successo alle famiglie babbane lasciate nelle mani dei mangiamorte.
 
Un silenzio carico di dolore calò sulla tavola ma lo spirito forte ed ostinato di Ginny Weasley lo lacerò dopo una manciata di minuti “Stamattina mi sono alzata presto e ho preparato una torta deliziosa! Che ne dite di mangiarne una fetta e uscire a giocare a Quiddich?”
Le labbra di Ron si shiusero in un sorriso: “Io sto in porta! Però prima dobbiamo riparare uno degli anelli, quei maledetti gnomi l’hanno rosicchiato tutto!”
“Invece che lamentarti potresti aiutarmi a disinfestare il giardino una volta tanto” lo rimbottò la signora Weasley.
“Dai mamma! Dicevo per dire…e poi è Hermione quella brava con gli incantesimi, dovresti chiedere a lei.”
La ragazza roteò gli occhi al cielo e si alzò sorridente ad aiutare Ginny a servire il dolce.
 
La torta ristorò l’animo di tutti e nel giro di pochi minuti l’intera famiglia era fuori a godersi il sole estivo: Ginny, Ron, George, Percy ed Harry giocavano a Quiddich mentre Hermione leggeva sdraiata all’ombra di un albero. 
La signora Weasley aveva portato fuori il suo grammofono incantato e la dolce musica delle Sorelle Calderone invadeva l’aria profumata mentre lei ed Arthur ballavano sul prato. 
 
Fu solo verso il tramonto che giunse la lettera di convocazione al ministero: Hermione, Ron ed Harry erano attesi la mattina seguente alle 10:00 in punto nell’ufficio del neoeletto Ministro della Magia. 

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Capitolo 5
*** Il Ministro della Magia ***


 
Erano le 9:30 ed Hermione, Harry e Ron erano in cucina a far colazione, già vestiti di tutto punto, quando una voce sconosciuta accompagnata da un netto crepitio li fece sobbalzare.
I tre si precipitarono in salotto e con grande sorpresa vi trovarono nientemeno che Mafalda Hopkins intenta a spazzolarsi la metropolvere dai vestiti.
“Buongiorno ragazzi!” li salutò la donna con un largo sorriso.
“Buongiorno” le risposero un po’ spaesati i ragazzi. “Ci perdoni, non aspettavamo il suo arrivo” aggiunse Hermione piena di imbarazzo: l’ultima volta che si erano visti lei l’aveva schiantata per prendere le suo sembianze grazie alla pozione polisucco.
“Oh non vi preoccupate, so bene che non ero attesa! A dire il vero quella di venirvi a prendere è stata una decisione dell’ultimo minuto: il nuovo ministro ha pensato che magari non avreste gradito giungere all’appuntamento dall’ingresso principale del ministero vedete…alcune modifiche apportate da voi-sapete-chi non sono ancora state distrutte. Come potete ben immaginare dalla fine della battaglia dell’altro ieri sono successe molte cose e non si è avuto molto tempo per…ecco…cancellare tutti i segni.” 
La voce squillante di Mafalda si abbassò di qualche ottava nel pronunciare l’ultima frase, ma così come si era spenta si riscosse: “Ad ogni modo questa non è l’unica ragione! Al ministero ci sarà moltissima gente oggi: il Ministro nominerà nel pomeriggio i nuovi membri del consiglio e i capi dei diversi ministeri, per non parlare del completo rifacimento del reparto Auror! Visto quello che è successo Kingsley ha proposto una nuova e diversa organizzazione della difesa, con nuovi addestramenti e corsi di sensibilizzazione riguardo l’instaurarsi di un regime suprematista e totalitario. Insomma ci sarà un vero e proprio via vai e se anche solo uno di voi tre entrasse dalla porta principale…beh…non passerebbe dicerto inosservato. Abbiamo pensato che avreste gradito un po’ di discrezione” concluse la strega aprendosi in un sorriso benevolo.
Nell’udire le parole della donna l’entusiasmo di Harry era passato da appena sveglio a partita di Quiddich: la riorganizzazione del ministero e in particolare quella del reparto Auror lo entusiasmarono moltissimo riempiendogli la testa di domande. 
“Si credo che incontrare il ministro in sordina sia meglio, grazie” rispose Hermione, ancora leggermente imbarazzata, a Mafalda.
“Molto bene! Direi che è ora di andare allora, dopo di voi.” la strega guardò prima l’orologio e poi distese il braccio facendoli segno di entrare nel camino.
I tre ragazzi entrarono nel focolare in silenzio seguiti da Mafalda Hopkins che, dopo aver preso una manciata di metropolvere dal vaso sulla cappa, urlò forte e chiaro: “Ufficio del Ministro della Magia!”.
Harry non fece in tempo a intravedere i contorni dei camini aperti di altre case che erano già arrivati: tutti e quattro uscirono dall’angusto spazio spolverandosi gli abiti e tossendo un poco.
“Benvenuti” li accolse una voce calda e rassicurante “spero abbiate fatto un buon viaggio! Mafalda grazie di esserti presa cura di loro.”
La strega rispose all’uomo con un cenno del capo “È stato un piacere ministro” e, lanciando un sorriso ai ragazzi uscì dalla stanza.
“Prego accomodatevi” li invitò Kingsley facendo apparire tre ampie poltrone di fronte alla scrivania “Dovete perdonarmi, ma come Mafalda vi avrà già informato non abbiamo avuto molto tempo per occuparci dell’arredamento” disse aprendosi in un sorriso.
I tre giovani maghi presero posto ringraziando e, una volta seduti, lo fissarono intensamente.
Kingsley li guardò uno ad uno studiandoli per alcuni minuti: “È veramente finita?” domandò infine in tono grave.
“Lo è, si.” rispose Harry serio. Quella domanda il mago l’aveva posta a nessuno in particolare ma il ragazzo sapeva che era implicitamente rivolta a lui.
“Harry…tu sei l’unico ad avere tutti i tasselli di quanto accaduto. Per quanto a noi dell’Ordine Silente abbia spiegato molto, che Merlino lo abbia in gloria, non ci ha mai spiegato abbastanza. Come ben sai Albus amava tenere diverse cose per sé e anche nella lotta a Voldemort non ha fatto eccezioni. Pertanto devo chiederti di spiegarmi con chiarezza cos’è successo. Lo so che ti chiedo molto, gli ultimi mesi devono essere stati per te più duri e bui che per chiunque altro, ma spero tu capisca che io devo sapere.”
Harry annuì, sapeva che questo momento sarebbe arrivato.
Dalla fine della battaglia non aveva spiegato veramente a nessuno ciò che era successo, a parte ovviamente a Ron ed Hermione; nemmeno ai Weasley aveva detto granchè: loro per rispetto nei suoi confronti aspettavano che fosse lui a volerne parlare e Harry aveva approfittato di questa gentilezza per riordinare le idee.
Ora però doveva fare uno sforzo: “È molto complicato” rispose il ragazzo con difficoltà. 
Hermione gli strinse la mano per fargli coraggio.
“Tutto è iniziato durante il mio sesto anno: Silente decise di fissare con me degli incontri privati durante l’anno al fine di rendermi partecipe delle sue scoperte su Voldemort. Quasi sempre iniziava mostrandomi dei ricordi nel pensatoio, suoi o di altre persone. Mi fece ripercorrere tutta l’infanzia di Tom Riddle: dai suoi giorni in orfanotrofio fino al suo ultimo anno ad Hogwarts. In uno dei ricordi il giovane Voldemort chiedeva al professor Lumacorno di dargli qualche informazione in più su una pratica magica chiamata Horcrux, giustificandola come interesse accademico.”
A quell’ultima frase gli occhi di Kingsley si sgranarono e un lampo di sconcerto li attraversò, ciò nonostante non interruppe il ragazzo.
“Lumacorno glielo spiegò e, una volta conclusi gli studi, Tom Riddle girovagò per il mondo per approfondire la sua conoscenza delle Arti Oscure. Nel suo girovagare incontrò diversi maghi che piano piano divennero suoi seguaci, ma non creò il primo Horcrux fino a che non ritornò lì dove suo padre e suo madre avevano vissuto. Vede…”
Harry si interruppe per un momento, nonostante ormai conoscesse quelli avvenimenti come il palmo delle sue mani faceva fatica a dargli un ordine preciso, a concentrarsi per non omettere i dettagli importanti.
“…Tom Riddle lui…era un mezzosangue e discendente di Salazar Serpeverde. Sua mamma era una specie di magonò molto povera che si era invaghita di un babbano ricco della zona. Lo sedusse attraverso un filtro d’amore e quando smise di somministrarglielo lui se ne andò lasciandola sola e incinta. Ella allora si recò fuori da un orfanotrofio babbano e morì durante il parto.”
Kingsley questa volta non si mostrò sorpreso, Silente doveva avergli raccontato questa parte.
“Quando Voldemort una volta adulto scoprì questa storia si recò nella villa del padre e lo uccise, così come i nonni. È in seguito a questa morte che creò il suo primo Horcrux…e…e lo depositò dentro un medaglione appartenuto a Salazar Serpeverde in persona secoli prima.  Da lì in poi Voldemort diede vita a diversi Horcrux fino a raggiungere il numero di sei: tutti custoditi in oggetti preziosi appartenuti ai fondatori di Hogwarts.” 
Harry prese un respiro profondo.
Kingsley annuì vigoroso “È per questo motivo che Voldemort non morì quando…quando i tuoi genitori vennero uccisi.”
“Sì…Quella notte però successe un’altra cosa…Quando lui mi colpì colpendosi a sua volta una parte della sua anima si strappò…andando a depositarsi nell’essere vivente più vicino” concluse il ragazzo con fatica.
Il ministro quasi non cadde a terra dallo stupore: “Harry mi stai dicendo che tu eri…”
“Il settimo Horcrux” concluse quest’ultimo.
Un silenzio assordante calò nella stanza: Kingsley fissava incredulo Harry mentre Hermione e Ron lo confortavano con lo sguardo.
“Perciò…” proseguì il mago.
“Perciò è per questo che Hermione, Ron ed io non siamo tornati a scuola quest’anno: per trovare e distruggere gli Horcrux. Ed è sempre per questo motivo che sono andato nella foresta proibita le sera della battaglia: se volevo renderlo mortale dovevo far sì che lui uccidesse la parte di sé che viveva in me. “
Il Ministro lo guardò sgomento, come se si rendesse veramente conto solo in quel momento del grande fardello che Harry aveva portato sulle spalle. Come se realizzasse solo ora l’enorme coraggio che quel giovane mago e i suoi amici avevano dovuto avere. 
“Incredibile. Veramente incredibile! Però…come hai fatto a non morire quando l’anatema di Voldemort ti ha colpito?”
Harry si aspettava anche quella domanda ma non era sicuro di voler rispondere: “Ecco io…non so se…”
“Ministro” lo interruppe Ron “Credo che questa informazione potrebbe creare dei problemi se uscisse da questa stanza. Vede se qualcuno scoprisse che ciò di cui Harry è entrato in possesso esiste veramente potrebbe cercare di riappropriarsene. Certo uno di loro è andato distrutto però questo non ci assicura che legato agli altri non possa comunque funzionare. Mi dispiace chiederglielo ma se vuole saperlo deve pronunciare il voto infrangibile!”
Kingsley sgranò gli occhi per la centesima volta nell’arco degli ultimi minuti. Ron aveva parlato con voce ferma e decisa che non ammetteva repliche.
“Sì, credo anche io sia la scelta migliore” aggiunse Hermione seria.
“Beh…allora temo di non avere altra scelta. Signoria Granger sarebbe così gentile da farci da testimone?” ribadì il Ministro allungando il braccio verso Harry.
Quest’ultimo un po’ spaesato si alzò in piedi e strinse la mano del mago mentre Hermione sfoderava la bacchetta e la posava sulle loro dita. 
“Giuri tu, Kingsley Shacklebolt, Ministro della Magia e membro dell’Ordine della Fenice di non rivelare né ora né mai a essere umano o qualsivoglia creatura fantastica ciò che il qui presente Harry Potter le racconterà in merito al suo essere rimasto in vita dopo l’anatema che uccide di Voldemort?”  
“Lo giuro.”
Un serpente argenteo si strinse tra le mani del Ministro e quelle di Harry per poi scomparire con un sibilo.
I due tornarono a sedersi e dopo un lungo sospiro il ragazzo riprese il racconto: “Quella notte non sono morto perché possedevo tutti e tre i Doni della Morte, ero quindi il Padrone della morte.”
Questa volta Shacklebolt si portò una mano alla bocca e guardò Harry come se fosse stata una creatura mitologica: “I Doni della Morte?! Esistono veramente? Ma come…?!”
“La bacchetta di sambuco la possedeva il professor Silente, sperava che con la sua morte volotaria il suo potere morisse con lui ma così non è stato. La notte della sua morte sulla torre di Astronomia Draco Malfoy lo disarmò e la bacchetta cambiò proprietario. Quando poi a Malfoy Manor fui io a disarmare Draco ella riconobbe me come il legittimo padrone. La pietra della resurrezione era incastonata in uno degli oggetti che Voldemort aveva usato come custode di uno dei suoi Horcrux. Il mantello invece…”
“Il mantello te lo ha dato tuo padre. Questo lo so, James me lo ha mostrato una volta.” lo interruppe il mago.
“Incredibile! Assolutamente straordinario! Straordinario! Ma ora…dove sono i Doni?”
“La Pietra l’ho persa nella Foresta proibita mentre la bacchetta l’ho spezzata e nascosta. Il mantello invece…vorrei tenerlo…in fondo, è mio.”
Kingsley annuì serio: “Non vedo perché non dovresti. In fondo, come tu stesso hai detto, apparteneva alla tua famiglia” fece una pausa “Sei stato molto saggio signor Potter, molto saggio a rompere la bacchetta di Sambuco e disperdere la pietra. È stato molto lungimirante anche lei Signor Weasley a farmi pronunciare il voto infrangibile! Concordo con voi: se, con la paura che hanno tutti da dopo la guerra e con diversi Mangiamorte ancora a piede libero, venisse fuori che i Doni della Morte esistono sicuramente qualcuno cercherebbe di trovarli. Vi prego dunque di costudire con giudizio questa informazione. Ad ogni modo…che storia incredibile!! Ragazzi avete dimostrato un coraggio e una maturità non comuni, lasciatevelo dire! Il mondo magico vi deve molto, moltissimo!” gli occhi del mago brillarono di sincera ammirazione.
Nessuno dei ragazzi sapeva come rispondere: erano imbarazzati e leggermente a disagio nel ricevere quei complimenti anche se, nel fondo dei loro cuori, sapevano di meritarseli.
 
La porta dell’ufficio si aprì con un cigolio e vi entrò Mafalda Hopkins reggendo un grande vassoio colmo di tazze e tramezzini: “Scusate il disturbo Ministro ma ho immaginato che i ragazzi potessero gradire qualcosa da mangiare, è quasi ora di pranzo.”
“Oh certo certo, prego appoggi pure qui il vassoio.” le rispose il mago.
Mafalda lasciò il vassoio sul tavolo davanti ai ragazzi e, prima di uscire, gli fece un’occhiolino di incoraggiamento.
“Su ragazzi non fate complimenti, servitevi pure!” li invitò Kingsley ed Harry, Ron ed Hermione furono felici di potersi ristorare con un po’ di the.
“La ringrazio di avermi raccontato questa storia Signor Potter, ora mi è tutto molto più chiaro. Posso pensare di affermare senza ombra di dubbio che Voldemort non ritornerà.”
“Pensiamo di poterlo affermare anche noi” asserì Hermione.
“Ora, come penso immaginerete, io non sono il solo ad aver avuto bisogno di chiarimenti: tutta la comunità magica è in attesa di un resoconto ufficiale degli eventi. Ovviamente voi non siete i soli ad aver combattuto e diverse altre sono le informazioni che andranno comunicate al fine di fornire un quadro preciso. Ovviamente però la vostra era la storia che mi premeva di più. Per questioni di sicurezza mi piacerebbe pubblicare una versione ufficiale del ministero il prima possibile: vorrei evitare eventuali incomprensioni o il diffondersi di false e, Merlino ce ne scampi, allarmanti notizie. Perciò, ahimè, avrei bisogno di un racconto un po’ più dettagliato di quello che mi ha fornito Signor Potter.”
Ad Harry si annodò lo stomaco, per quanto ne capisse la necessità non aveva alcuna voglia di ripercorre nel dettaglio gli eventi di quegli ultimi due anni. Il solo pensarci gli faceva venire mal di testa.
“Penso non ce ne sarà bisogno ministro. In questo quaderno troverà tutte le informazioni che le servono: è un resoconto dettagliato di tutto ciò che è successo. L’ho scritto durante la ricerca degli Horcrux per avere sempre sott’occhio tutti gli elementi che potevano servirci e l’ho aggiornato l’altra notte” rispose prontamente Hermione tendendo un grande quaderno rilegato al mago.
Harry credette di non aver mai amato tanto la sua amica come in quel momento!
“Oh molto bene! Ancora meglio! Grazie signorina Granger.” la ringraziò Kingsley prendendo in mano gli appunti e sfogliandoli velocemente.
Hermione sorrise gentile.
“Bene! Ora che questa faccenda è sistemata dobbiamo discutere di alcuni accorgimenti. In primo luogo, come penso sappiate, i vostri nomi sono sulle bocche di tutte le streghe e i maghi del continente e presto anche i nostri vicini americani lo sapranno. Ahimè, che lo vogliate o no, siete dei personaggi pubblici ora, così come alcuni degli altri valorosi maghi e streghe che hanno preso parte alla battaglia di Hogwarts. Questo significa che d’ora in poi non solo non passerete più inosservati ma avrete una grande responsabilità pubblica per tutto ciò che direte o farete, specialmente se riguarda la guerra. Mi rendo conto sia una bella seccatura per voi ma d’altronde non potrebbe essere diverso. Pertanto in quanto Ministro della magia avrei alcune richieste da farvi: come già accennato vorrei dare una linea informativa chiara e unita ai nostri cittadini, perciò vi pregherei di aspettare la pubblicazione ufficiale del ministero prima di rilasciare qualunque intervista o dichiarazione. Non temete, mi atterrò scrupolosamente a ciò che mi avete raccontato e dopo il rilascio sarete liberi di parlare con chi volete, vi prego solo di farlo sempre con criterio. “ Nel pronunciare quest’ultima frase Shacklebolt li guardò con sguardo penetrante ricordando vagamente Silente.
“Altra questione che mi preme molto è la vostra partecipazione ad alcuni processi come testimoni oculari e non. Ovviamente non posso obbligarvi ma credo che la vostra testimonianza potrebbe essere in molti casi preziosa: diversi saranno coloro che giureranno di aver eseguito gli ordini di Voldemort perché sotto imperio e altrettanti quelli che giureranno il falso pur di far finire qualche innocente ad Azkaban. I processi di guerra purtroppo rischiano di risultare un banco di tornaconti personali e voi siete tra quelli che più di tutti hanno visto chi era al fianco di Voldemort. Ora mi rendo conto che non sarà facile per voi però…”
“Lo faremo” rispose Harry asciutto. Ovviamente non era entusiasta all’idea di passare ore intere chiuso in qualche buia aula di tribunale ma allo stesso tempo voleva fare tutto ciò che era in suo potere perché chi avesse ucciso così tante persone avesse ciò che si meritava.
Hermione e Ron annuirono in accordo.
“Ottimo! Ottimo! Appena gli avremo fissati allora vi manderò un gufo con gli orari delle udienze.” disse Kingsley soddisfatto. 
“Bene! Direi che possiamo passare all’ultima questione…”
“Signore…” lo interruppe Harry.
“Dimmi pure Signor Potter” rispose il mago in tono gentile.
“Ecco io volevo chiederle una cosa…prima quando la signorina Hopkins è venuta a prenderci ci ha parlato di alcuni cambiamenti che state facendo al ministero, specialmente riguardo al reparto auror. Ecco io volevo sapere se…”
“È proprio quello che stavo per dirvi signor Potter! Come apprendo ora Mafalda vi avrà riferito stiamo “ristrutturando” diciamo così l’organizzazione del Ministero. Il mio interesse principale al momento è quello di creare una fluida e giusta operazione giudiziaria nonché ampliare la comunicazione diretta del ministero con i cittadini, in modo da avere un’informazione il più possibile chiara e trasparente. Se Caramel non si fosse nascosto dietro un dito creando tanta mala informazione probabilmente molte vite sarebbero state risparmiate. Vorrei inoltre istituire dei corsi obbligatori per tutti di sensibilizzazione sulla Magia Oscura e i suoi usi in modo da scongiurare il nascere di un nuovo Signore Oscuro. A questo si aggiungerà un seminario, sempre obbligatorio, di babbanologia: l’odio nei confronti dei babbani è qualcosa che va combattuto con la conoscenza. In fine riprogetterò l’intero apparato auror…” e in questo preciso punto fece una grossa pausa “estendendo gli anni dell’accademia preparatoria da 2 a 5 e dividendolo in più reparti specializzati. Non bastano maghi addestrati a combattere sul campo: servono strateghi, statisti, informatori ed esperti di pozioni e incantesimi. L’ammissione ovviamente sarà possibile solo con un diploma di M.A.G.O. e voti alti nelle inerenti.” Concluse. 
Harry abbassò il capo deluso. Se voleva intraprendere la carriera da Auror sarebbe stato costretto a concludere il suo ultimo anno ad Hogwarts, cosa che visti i recenti avvenimenti non aveva molta voglia di fare.
“Ministro a questo proposito, come sarà organizzato il ritorno ad Hogwarts? Insomma la scuola deve essere ancora rimessa a posto e molti studenti sono ecco…ancora in condizioni molto critiche.” Domandò Hermione prendendo un lungo sorso di The.
“Non posso ancora dirvi nulla con certezza a riguardo purtroppo, fra due giorni ho un incontro con la Preside McGranitt e insieme decideremo come è meglio procedere. Per il momento posso dirvi che l’idea è quella di far cominciare le lezioni il 15 ottobre, in modo da lasciare tempo a studenti e famiglie di riprendersi dalla guerra. Inoltre, visto la dubbia istruzione degli ultimi mesi, tutti gli studenti saranno invitati a frequentare nuovamente l’anno di studio; prenderemo provvisoriamente degli insegnanti in più per gestire il maggior numero di studenti dovuto a questo procedimento ma dal prossimo anno tornerà tutto come prima.”
“Capisco. Quindi potremo tornare a scuola anche noi? Nonostante non ci siamo presentati lo scorso primo settembre? Ho letto nel regolamento scolastico che non presentarsi volontariamente a scuola è motivo di espulsione.” chiese Hermione preoccupata.
Ron rovesciò gli occhi al cielo ridacchiando.
“Suvvia Signorina Granger! Non penerà mica che i tre ragazzi a cui tutti noi dobbiamo la pace vengano espulsi per non essersi presentati a scuola?! Soprattutto dal momento che erano a rischiare la loro vita per distruggere Voldemort!” ribattè Kingsley tra l’incredulo e il divertito.
Hermione arrossì.
“Tuttavia per voi tre potrebbe presentarsi una diversa possibilità…” riprese il Ministro e tutti e tre i ragazzi gli rivolsero la loro più completa attenzione.
“Mi sono confrontato con diversi membri del ministero e molti di loro trovano che sarebbe prezioso avervi con noi già da quest’anno. Ovviamente siete liberi di scegliere ma potrebbe essere una buona opportunità. Come vi ho detto siete dei personaggi pubblici ormai quindi la vostra presenza qui aiuterebbe di gran lunga a donare nuovamente credibilità e solidità al Ministero. La nostra proposta pertanto è la seguente: potete scegliere liberamente uno dei vari percorsi accademici che il nostro Ministero offre e, nel corso dei primi due anni, integrare con corsi part-time le materie che non avete svolto nel vostro ultimo anno ad Hogwarts. Ovviamente questo richiederà grande impegno e dedizione, non sarà facile, ma credo che nessuno più di voi tre possa avere modo di riuscirci!”
Harry, Ron ed Hermione rimasero basiti: tutto si aspettavano tranne che quella proposta.
Dopo diversi minuti Ron ruppe il silenzio: “Beh ecco…questa è una proposta incredibile! Siamo sicuramente molto lusingati però…potremmo…ecco pensarci?” domandò un po’ titubante arrossendo fino alle punte dei capelli.
Kingsley si aprì in una risata: “Oh ma certo! Certo che sì, prendetevi pure tutto il tempo di cui avete bisogno!”
“Grazie signore” dissero Hermione ed Harry in coro.
“Ma figuratevi! E adesso credo sia l’ora di lasciarvi andare, penso di avervi travolto abbastanza di parole per oggi! Vi invierò presto il calendario dei processi, nel frattempo riguardatevi mi raccomando!” e così dicendo si avvicinò al camino tendendogli un vaso pieno di metropolvere.
I ragazzi si congedarono a loro volta salutando e ringraziando.
Quando finalmente furono di nuovo a casa si sentirono terribilmente esausti da quell’incontro e si afflosciarono sullo spazioso divano casa Weasley.

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Capitolo 6
*** Non finirà mai ***


"Com'è andata?” domandò la signora Weasley entrando nel soggiorno e vedendo i tre ragazzi seduti e pensierosi.
“Com’è andata cosa?” rispose Ron assottigliando un po’ gli occhi per concentrarsi.
“L’incontro con Kingsley! Com’è andato, cosa vi ha detto?” replicò la donna. 
“Tante cose…” 
“Si ma cosa di preciso?” il tono della mamma di Ron non era inquisitorio, solo curioso.
“Ci ha chiesto la nostra versione dei fatti…ci ha fatto un lungo discorso sull’essere personaggi pubblici ormai e quando gli abbiamo domandato della scuola…” Ron tentennò.
“Ci ha risposto che inizierà il 15 ottobre e che saremo riammessi” concluse Harry.
Hermione annuì.
 
Nessuno dei tre voleva parlare della proposta che gli era stata fatta, non ancora almeno. Avevano bisogno di rifletterci e prendere quella decisione, a differenza di tutte le altre prese fino a quel momento, con calma e lucidità.
 
“Oh benissimo! Benissimo! Potrete tutti quanto conseguire i M.A.G.O! Sarà un anno molto importante per voi!” replicò entusiasta la signora Weasley prendendo posto sulla poltrona di fronte ai ragazzi.
Appena le sue braccia sfiorarono i braccioli i suoi occhi si fecero più seri.
“Lo so che…beh…è finito tutto da poco e che per voi, come per tutti noi, non è facile tornare a…pensare a quelle cose che prima…ci sembravano tanto importanti e che ora ci fanno sorridere ma…i M.A.G.O…” la donna si schiarì la voce e fece una piccola pausa.
“Quello che voglio dire è che capisco che dopo tutto quello che avete passato per voi la scuola possa non avere la stessa importanza di prima, ed è totalmente comprensibile…ma in realtà mai come ora è importante!
Kingsley ha ragione nel dire che siete dei personaggi pubblici adesso e che, almeno per un po’, le vostre mosse saranno seguite da vicino. 
É una bella seccatura ma tutta questa attenzione potete sfruttarla a vostro vantaggio: nessun mago esiterebbe ad assumervi una volta finito la scuola…
Avrete gli occhi del mondo magico puntato addosso e se brillerete nei M.A.G.O. potrete accedere a qualunque carriera vogliate. 
So che siete ancora giovani e potrebbe non sembrarvi importante ma, per quanto la sconfitta di Voldemort potrà cambiare le cose, la comunità magica rimane ancora molto classista e non tutti i nati babbani o purosangue in indigenza possono conseguire determinati percorsi…”
 
La signora Weasley abbassò gli occhi in evidente difficoltà, non doveva essere facile per lei fare quel discorso così diretto.
 
“Avete lottato tanto…lo so…e capirei benissimo se adesso voleste solo tenere le responsabilità lontane per un po’… ma… credo sia importante…”
Molly si interruppe nuovamente e prese un profondo respiro.
“Insomma quello che vi chiedo è di vedere quest’anno come un’ultima grande battaglia da compiere. Date il meglio di voi stessi e ripagate le vostre sofferenze aprendovi un futuro luminoso che vi permetta di avere una vita serena e che vi appaghi…fate che le circostanze nelle quali vi siete trovati siano state un fardello nel passato ma un privilegio nel presente!
Inoltre…e ancora una volta vorrei non dovervelo dire perché ai miei occhi beh…sarete sempre i miei ragazzi…e avete già fatto tanto…” la voce le si ruppe un poco.
“Ma non basta una guerra per cambiare le cose! Gli ideali di Voldemort esistevano prima ancora che lui nascesse e altre persone in futuro li condivideranno. Per evitare un altro orrore bisogna lavorare duramente, tutti i giorni della vostra vita e…” la signora Weasley si bloccò di colpo, con un movimento fluido si alzò e incominciò a girovagare per la stanza senza più guardarli negli occhi. 
“Lo capirò se non vorrete farlo, se decideste di vivere una vita diversa e lontana dalla comunità magica io vi sosterrei sempre! Sempre! Però per le persone che siete e per il ruolo che avete avuto in questa guerra…voi…avete la possibilità di fare la differenza, di lottare per una società diversa.”
 
La silhouette paffutella della donna si fermò proprio sotto l’orologio incantato.
 
“Quello che voglio dirvi è che se solo lo vorrete potrete ottenere molto, per voi e per gli altri. Questo sarà un anno decisivo e spetta solo a voi sfruttarlo a pieno oppure no.”
 
Diversi minuti di silenzio seguirono l’ultima frase pronunciata da Molly, la quale fissava la lancetta di Fred appoggiata alla mensola sottostante. 
Harry era sul punto di dire qualcosa quando la donna si voltò verso di loro con un ampio sorriso “Oh ma che ore che si sono fatte! Devo assolutamente mettermi a preparare il pranzo, voi ragazzi sareste così gentile da andare fuori a raccogliere un po’ di erbe aromatiche?” e con passi veloci si diresse in cucina.
 
Il ragazzo rimase interdetto: era come se la signora Weasley avesse momentaneamente cambiato personalità per poi ritornare quella di sempre.
“La mamma non è mai stata molto brava nei discorsi, specialmente in quelli che non prevedono grosse lavate di capo” spiegò Ron tra il serio e il divertito mentre ancora guardava il punto dov’era sparita la donna.
“Per questo le rare volte in cui è costretta a farlo borbotta cose un po’ sconclusionate e poi fa finta di nulla, credo sia il suo modo di essere d’aiuto senza però infierire…”
“D’aiuto o meno ora sono più agitato e confuso di prima!” replicò Harry la cui testa era un nugolo di pensieri sfuggenti.
“Molly però ha ragione” aggiunse Hermione “e lo sapete anche voi…”
I tre si guardarono intensamente: sì Molly Weasley aveva perfettamente ragione.
Forse non si era espressa nel migliore dei modi ma Harry quelle parole le aveva capite e la lieve e precaria sensazione di tranquillità acquisita negli ultimi due giorni era svanita, al suo posto un grosso e massiccio senso di responsabilità. 
 
“Andiamo” disse Hermione “usciamo in giardino a fare due passi e raccogliere le erbe aromatiche, ci penseremo più tardi.” 
 
***
 
Quel più tardi si trasformò in una settimana: per giorni interi i ragazzi evitarono il discorso, sia tra loro che con gli altri membri della famiglia Weasley. 
Trascorrevano le ore a giocare a Quidditch, leggere, giocare a scacchi, aiutare la mamma di Ron a cucinare, insomma qualunque cosa potesse rimandare lo scontro con la realtà di un altro poco. 
Harry dal canto suo era quello che meno di tutti voleva uscire da quella bolla di indolenza: non voleva pensare, non voleva decidere e tantomeno voleva rendere conto a qualcuno. 
Era come se la sua mente avesse abbandonato il suo corpo ed esso si muovesse in maniera istintuale e leggera.
Diversi mesi prima, quando ancora la crudeltà di Voldemort mieteva vittime in ogni dove, Harry aveva immaginato come avrebbe potuto essere una volta finita; lo aveva fatto nel dormiveglia quando la sua fantasia viaggiava a briglia sciolta senza la paura di poter anche solo sperare di vincere; si era immaginato avvolto nel nulla: sé stesso in forma di bambino avvolto da una densa e pesante nebbia grigia, l’immagine non era minacciosa anzi somigliava ad un caldo e sicuro utero, un limbo simile a quello di King’s Cross. 
Ed ora che tutto si era concluso era esattamente così che si sentiva: nel nulla. Nel pacifico, tiepido e indolente nulla. 
E non sapeva come uscirne. 
 
Una sera decise di prendersi del tempo per sé e provare a decifrare il suo stato d’animo, cosa in cui non era mai stato molto bravo.
Si avviò all’ultimo piano della Tana dove c’era la stanza sua e di Ron: sul soffitto vi era una piccola botola dalla quale scendeva una scala, Harry ci si arrampicò e sbucò sul piccolo terrazzino sgangherato che sormontava l’abbaino.
L’aria della notte era fresca e odorosa, il brillio delle lucciole animava il giardino sottostante e la campagna dormiva in silenzio.
Il ragazzo inspirò forte con il naso e si perse a guardare l’orizzonte. 
 
Un’ora dopo non era cambiato nulla: Harry era lì fermo come uno stoccafisso e del perché si sentisse a quel modo non ne aveva capito una mezza cioccorana. 
Sbuffò abbattuto.
“Tutto bene Harry?” lo fece sobbalzare una voce: Ginny Weasley, bella come non mai illuminata dalla luna, si stagliava contro il cielo in sella alla sua scopa. 
“Gin! Mi hai spaventato, cosa ci fai qui?”
La ragazza alzò le spalle: “Stavo facendo un giro per distrarmi un po’, sai ho molti pensieri per la testa in questi giorni…”
“Non so cosa sia peggio: avere tanti pensieri o non averne nessuno” ribattè Harry. 
Ginny sorrise comprensiva, come se da quella breve frase avesse capito molto di più sulle sue emozioni di quanto il ragazzo non avesse mai fatto in tutta la sua vita.
“È così che ti senti? Senza pensieri?”
“Si! Cioè no, non senza pensieri nel senso che non ho nulla a cui pensare ma nel senso che non riesco a pensare a nulla.”
Ginny ridacchiò e con agilità saltò giù dalla scopa e si sedette al fianco di Harry sul terrazzo: “Questa si che è una frase astrusa! Però ho capito…” 
Il ragazzo le sorrise: “Mi sento come avvolto da un mantello o bloccato sott’acqua, ovattato. So che devo concentrarmi e pensare a un milione di cose ma non ci riesco.” 
“Non ci riesci oppure non vuoi?” 
Harry distolse lo sguardo, maledetta Ginny Weasley e la sua intelligenza: “Non voglio” replicò turbato.
“Io…la verità è che sono stanco e arrabbiato e stufo e… insomma se ripenso a tutta la mia vita non c’è stato un momento, nemmeno uno che fosse normale e sereno. Sono stato cresciuto da una famiglia sempre fredda con me e che mi ha sempre trattato come un peso poi, quando ho scoperto di essere un mago e finalmente le cose iniziavano ad avere un senso, ho trascorso anni a cercare di tirarmi fuori da assurde e sempre più pericolose situazioni. Sono stato ferito, emarginato e poi adorato, ricoperto di responsabilità da uomo maturo ma poi trattato come il più ingenuo dei ragazzi, manipolato, tradito e quasi ucciso un’infinità di volte. E lo so che non sono l’unico, lo so benissimo che altri hanno sofferto come me se non di più, che sono stati uccisi o hanno perso tutto ciò che avevano. Ma anche se lo so non mi sembra la stessa cosa! Prima di andare ad Hogwarts non avevo niente, né amici né famiglia, poi ho incontrato Ron ed Hermione, te e la tua famiglia, Sirius, Remus, Silente e decine di altre persone…finalmente mi sembrava di aver trovato il mio posto…e ora la metà di loro è morta! Persa per sempre! E anche gli attimi felici della mia esistenza ora piangono dolore perché sono stati costituiti da persone che non ci sono più, che mi mancano!” 
La voce di Harry era salita di un’ottava ad ogni frase portandolo a gridare ed agitarsi come un pazzo.
“Ho così tanto dolore dentro di me, così tanta ira. Sai…finchè Voldemort era in vita, finchè la priorità è stata cercare di sconfiggerlo io non ho mai guardato alla totalità delle cose, ho affrontato pezzo dopo pezzo diretto consciamente e inconsciamente verso un solo scopo: sconfiggerlo. Ora però, ora che lui non c’è più…non posso fare a meno di guardarmi indietro e farmi un’unica e sola domanda: Perché?! 
Perché io, perché tutta quella sofferenza, perché tutti quegli avvenimenti?! Molly ha detto una verità terribile giorni fa, ha detto che gli ideali di Voldemort esistevano prima ancora che lui nascesse e che altre persone in futuro li condivideranno. Ed è esattamente così! Prima di Voldemort Grindelwald ha cercato di riportare i maghi al posto che secondo lui spettava loro, lo stesso Albus Silente aveva il medesimo intento! E chissà quanti ce ne sono stati nel passato e ce ne saranno nel futuro. 
Questa è una guerra infinita, una guerra che non termina con la morte di Voldemort! E se non è finita, se non finirà mai, allora perché?! Perché sono dovuto stare così male, perdere così tanto?
E perché adesso dovrei stare meglio? Non ho nessun motivo di farlo, nessun motivo per pensare che d’ora in poi possa essere diverso. 
L’unica cosa che mi ha dato questa stramaledetta guerra è l’apatia, un denso e pesante strato di apatia che mi permette almeno di dormire la notte. E se non sentire nulla è la mia unica alternativa al dolore voglio rimanere in questa situazione. Voglio non pensare, non decidere e soprattutto non prendermi nessuna responsabilità. Ed invece no: la gente a scuola, i giornalisti, il ministro della magia e persino tua madre mi chiedono di riflettere, valutare, pianificare e soprattutto continuare a lottare per qualcosa! Non mi risulta che a qualcun altro l’abbiano chiesto, non penso che alle madri che hanno perso i loro figli in battaglia venga domandato di superare in fretta il dolore per dedicarsi subito ad altre faccende. Perché a me si?! Io non voglio, io non l’ho mai voluto, io…”
Harry scoppiò in un pianto disperato, le urla forsennate avevano lasciato posto a incontenibili e rumorosi singhiozzi. 
Ginny, che lo aveva ascoltato per tutto il tempo, aveva gli occhi lucidi ed era anche lei prossima alle lacrime; anche se non avrebbe mai potuto sapere fino in fondo cosa provava il ragazzo sentiva di capirlo e soprattutto era devastata dal constatare che aveva ragione: non sarebbe mai finita.
Si accostò a lui e lo abbracciò senza dire una parola. 
Piansero entrambi per ore: Harry in maniera più sguaiata e isterica mentre lei lacrimava sommessamente, quasi fosse stata un dolce accompagnamento dei suoi singhiozzi. 
 
***
La luce dell’alba lambiva dolcemente la campagna e i primi uccellini iniziavano a cinguettare, Ginny ed Harry stavano dormendo abbracciati sul piccolo terrazzo ormai umido dalla rugiada della notte quando quest’ultimo si svegliò. 
Il ragazzo aprì lentamente gli occhi gonfi e, ancora stordito dal torpore del sonno, si guardò intorno: non ricordava di essersi addormentato, lui e Ginny dovevano aver pianto fino ad assopirsi.
Con i muscoli indolenziti dalla superficie dura e ruvida del terrazzino fece lo sforzo di mettersi seduto, spostandosi con cura di non svegliare la ragazza; l’orizzonte riluceva di un’intensa luce viola, tipica delle albe estive, conferendo alla distesa di campi sottostante un connotato sublime, quasi divino. 
L’emotività lo investì di nuovo.
La sera prima era stato devastante: il cuore di Harry si era aperto come una sorgente che sgorga in superficie dopo secoli di vita sottoterra, riversando fuori il contenuto di anni; aveva finalmente espresso ad alta voce la sua frustrazione e gridato contro un nemico invisibile.
Ma, anche se ora si sentiva leggermente meglio, non significava che quelle consapevolezze e quei dolori fossero spariti; anzi lo sfogo cieco e impetuoso della notte lo aveva portato a percepire tutto in maniera ancora più concreta ed inesorabile, spingendolo verso la quiete depressione della rassegnazione. 
Si portò le mani alla faccia strofinandosi gli occhi.
“Harry” lo chiamò una voce al suo fianco, Ginny si era svegliata.
“Ciao Gin, mi sa che ci siamo addormentati qui ieri notte. Hai freddo? Faremmo meglio a rientrare” disse il ragazzo con un debole sorriso.
La ragazza annuì assonnata e come una bambola si fece guidare dai movimenti di lui per scendere le scale.
Il forte russare di Ron invadeva l’aria e i due quasi si inciamparono nel buio della stanza.
“Ti porto in camera tua, vieni” sussurrò il grifondoro aprendo delicatamente la porta e trascinando Ginny con sé. 
Una volta giunti in camera della rossa Harry la fece sdraiare nel letto e le rimboccò le coperte, accarezzandole dolcemente una guancia.
“Grazie, grazie per essere stata con me ieri sera” gli occhi verdi brillanti come smeraldi e trasparenti come il cielo.
“Sai…” incominciò Ginny che ora era più sveglia è vigile “…le cose che mi hai detto ieri…non andranno via se non le affronti, se ti arrendi. L’apatia che senti ora cesserà prima o poi e il dolore tornerà più forte di prima se non fai qualcosa. Io…ieri ero a Diagon Alley, dovevo comprare della cera nuova per la scopa e per la strada ho notato un volantino” la ragazza allungò un braccio e aprì il cassetto al suo fianco estraendone una piccola pergamena.
“Harry io…” la mano ancora stretta intorno al pezzo di carta in modo che il ragazzo non potesse leggerne il contenuto “…penso che tu abbia bisogno di aiuto, un aiuto vero. Per queste cose, per questi dolori non basta parlarne con chi ti vuol bene, bisogna andare da qualcuno più preparato.”
Harry la fissò senza capire e Ginny gli allungò la piccola pergamena.
“Hai bisogno di un dottore Harry, di un medico specializzato. Il San Mungo ha messo a disposizione moltissimi medimaghi per questo genere di cose e molta gente…”
“Stai dicendo che dovrei andare da uno strizza cervelli?!” domandò il ragazzo con fastidio.
“Non so cosa sia uno strizza cervelli, ma se intendi la versione magica di qualcuno che ti ascolta e ti aiuta a migliorare nell’animo allora sì, intendo uno strizza cervelli.”
Harry spalancò la bocca e osservò il pezzo di carta: 


Ospedale di San Mungo per le Malattie e le Ferite Magiche
La guerra può lasciare delle grandi ferite, non affrontarle da solo!
L’ospedale San Mungo mette a disposizione sedute gratuite con i migliori medimaghi specializzati del paese per tutti colori che sono stati coinvolti nei recenti avvenimenti che hanno scosso la nostra comunità.
Questa iniziativa rientra nel progetto del nostro nuovo Ministero di aiutare e tutelare i suoi abitanti, ricordandogli che non sono soli e che altri come loro hanno sofferto.
Le sedute sono sia individuali che di gruppo, per ulteriori informazioni rivolgersi alla segreteria dell’ospedale.


“Harry ti prego fidati di me, non te lo direi se non pensassi che potrebbe aiutarti. Perché pensi che il Ministero della Magia abbia aperto uno sportello gratuito per tutti i maghi e le streghe coinvolti negli scontri se non ritenesse questa terapia un valido aiuto?”
Il ragazzo tentennò, gli occhi ancora incollati al foglio.
“Io…io non…”
“Lo so, hai paura e non sei convinto ma ti scongiuro fidati! Tantissime persone ci stanno andando, molti nostri compagni di Grifondoro hanno iniziato le sedute qualche settimana fa.”
Ginny gli prese il braccio e lo costrinse a guardarla.
“Ci penserò” rispose Harry incontrando i suoi occhi.
“Va bene, prenditi il tempo che ti serve” disse lei sorridendogli con dolcezza.
“Ora ti lascio dormire… ci vediamo dopo” e così dicendo si alzò in direzione della porta.
“Harry” lo richiamò la ragazza “ti voglio bene.”
“Anche io ti voglio bene Gin” e dopo un sorriso si chiuse la porta alle spalle.
 
 

 
 
 
Spazio Autrice
 
Innanzitutto mi scuso per il terribile ritardo di questo aggiornamento anche se di scuse proprio non ne ho. 
Per ciò che riguarda la storia invece, mi rendo conto che forse il discorso iniziale non è tanto da signora Weasley, anche se in realtà lei è una donna molto intelligente, spesso è solo il suo essere estremamente protettiva a farla sembrare “sciocca”.
Però tutte le figure di riferimento come Silente, Sirius, Lupin, Malocchio sono morte, pertanto trovo che sia anche giusto che Molly senta più di prima il dovere di essere lei a dire certe cose ai ragazzi. 
 
A tutti coloro che invece seguono questa storia perché è una drarry e si sono spaventati a leggere l’episodio di complicità tra Harry e Ginny, non vi preoccupate il momento di Draco arriverà!
Semplicemente, per quanto non abbia mai amato il nostro protagonista insieme alla giovane Weasley, ho sempre riconosciuto che i due potessero avere un legame speciale e alcuni rapporti importanti ogni tanto non si perdono ma si trasformano…
 
 

 

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