Kokoro No Unmei

di BlackVanilla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lontano ***
Capitolo 2: *** Mistero alle Rovine ***
Capitolo 3: *** Che tu lo voglia o No ***
Capitolo 4: *** La Forza di un Imperatore ***
Capitolo 5: *** Il chiosco di Sangoro ***
Capitolo 6: *** Il segreto di Gwennie ***
Capitolo 7: *** Amore ***
Capitolo 8: *** Don't touch my Trio ***
Capitolo 9: *** Che le danze abbiano inizio! ***
Capitolo 10: *** Imprigionati ***
Capitolo 11: *** Yuki-Onna ***
Capitolo 12: *** Rivelazioni Inopportune ***
Capitolo 13: *** Jonnmaru-sama ***
Capitolo 14: *** Rapimento ***
Capitolo 15: *** Incontro Fugace ***
Capitolo 16: *** Emozioni ***
Capitolo 17: *** Emersione ***
Capitolo 18: *** AVVISO PER I LETTORI ***
Capitolo 19: *** Fuoco e Fiamme ***



Capitolo 1
*** Lontano ***


Gwennie si accasciò al suolo lasciando che le lacrime cadessero sulle sue ginocchia formando dei piccoli cerchi scuri sul tessuto turchese del suo kimono.
Singhiozzò forte coprendosi gli occhi con l’ampia manica del suo abito…desiderò tanto che quel dolore feroce che sentiva in mezzo al petto scomparisse, che Law tornasse indietro per rassicurarla come faceva sempre, che le stesse vicino.
Invece era lontano, immensamente lontano.
La fitta che aveva sentito peggiorò lasciandola senza fiato ma lei non se ne curò, ormai si sentiva svuotata come lo era stata in passato a Marineford, mentre vedeva Ace morire sotto i suoi occhi, mentre lo vedeva cadere a terra con un buco enorme sulla schiena.
Lo sapeva cosa era accaduto, ne era perfettamente consapevole…aveva sognato proprio lui, Pugno di Fuoco, e gli aveva detto che le mancava, che gli voleva bene e che era e sarà sempre speciale nel suo cuore…adesso lo ricordava…adesso che era sconquassata dalle fitte e sentiva la febbre salire le era tornato tutto in mente, era tutto chiaro.
Perché Law si era arrabbiato era chiaro…ma lei non ne capiva il motivo, i suoi sentimenti per lui non erano mai cambiati, erano sempre gli stessi…forti ed intensi.
Mentre cercava di alzarsi aggrappandosi a un blocco di pietra, la giovane capì che anche lei al posto del chirurgo della morte si sarebbe sentita a disagio davanti a certe parole se le avesse dette il pirata.
Tossì coprendosi la bocca con la mano.
Quando la tolse dal viso, poco dopo, vide del sangue rosso brillante sul suo palmo e capì di essere in piena crisi…aveva bisogno di aiuto ma in quel momento era sola.
Che strano…era sempre stata bene ultimamente, Law stesso era ottimista osservando questo miglioramento che durava nei giorni...si era trattato dunque di un fuoco di paglia?
Le gambe non la reggevano e cadde pesantemente in avanti, l’erba era profumata vicino al suo naso e la solleticava leggermente…il vento faceva muovere le ciocche di capelli che erano sfuggite all’incredibile chignon stile Wano…sentiva di star per svenire.
Cercò di non lasciarsi andare…doveva chiarire con Law…gli doveva dire tutto…che era normale per lei sognare ogni tanto Ace…perché comunque gli voleva bene…ma che adesso il suo cuore era del chirurgo e di nessun altro.
Doveva parlargli subito, era stata una sciocca ad aspettare tanto…perché non lo aveva fatto prima?
Perché invece che starsene zitta non era andata a parlare con lui…in fondo non aveva nulla da nascondere…aveva sprecato tempo prezioso…tempo che forse non avrebbe più avuto.
Aprì gli occhi ma non vide nulla.
Un forte ronzio le riempì le orecchie.
Poi il silenzio.
 
Molto bene.
Dopo tre o quattro secoli sono qui…sono ancora viva!!! :D
Oda permettendo riparte l’avventura della nostra Gwennie che, speriamo, guarisca da questo virus…ehm…possiamo definirlo fastidioso??? -.-  
Spero che i lettori e le lettrici di Heart & Life vorranno leggere anche questo mio racconto a cui ho dato un titolo in giapponese per via della tematica Wano!
Insomma taglio corto, spero vi piaccia!!!!
Alla prossima!
BV
 

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Capitolo 2
*** Mistero alle Rovine ***


Orca sbadigliò rumorosamente: era piuttosto stanco e aveva una gran voglia di dormire ma non poteva, Penguin era andato a prendere qualcosa da mangiare in città e lui era rimasto alle rovine del castello di Oden per vegliare su Gwen.
I membri dei pirati Heart avevano iniziato a chiamarla affettuosamente Gwen anziché con il suo nome completo e a lei la cosa faceva decisamente piacere, così era praticamente diventata un’abitudine.
Il pirata si stiracchiò le braccia indolenzite e diede uno sguardo alla ragazza sdraiata poco lontano: aveva un febbrone terribile, sudava parecchio e delirava leggermente.
Quando, non molto tempo prima, si erano accorti che Gwen si era sentita male, purtroppo il capitano era già lontano, in direzione di Cappello di Paglia, per cercare di prevenire qualche possibile casino che lo scapestrato poteva fare.
Vedendo le condizioni della ragazza, avevano cercato di chiamare Law con tutto il fiato che avevano in corpo, ma il dottore aveva usato i suoi poteri per raggiungere la città e non li avrebbe mai potuti sentire, nemmeno se avesse voluto.
Penguin ed Orca avevano allora fatto ciò che sembrava loro più giusto: portato Gwen al riparo all’interno delle rovine del castello, spogliata lasciandola con solo lo hiyoku e poi avevano iniziato a metterle sulla fronte un pezzo di stoffa fresca e umida.
Il ragazzo guardò il panno bianco e pensò se potesse servire davvero in una situazione come quella…la gravità dello stato della loro amica era evidente e quel triangolo candido sembrava decisamente ridicolo, una specie di presa in giro, come ad esempio poteva esserlo cercare di riparare una mongolfiera usando un cerotto.
Tuttavia poco dopo si alzò, prese il morbido involto umido e lo immerse nel catino di legno dove Penguin aveva messo dell’acqua, lo strizzò con energia e lo rimise dove si trovava poco prima.
Sospirò.
Almeno da qualche minuto la giovane non delirava più…o meglio, non che delirasse proprio ma ripeteva un nome in continuazione, con fare evocativo, come se stesse esprimendo il suo ultimo desiderio…la cosa che voleva fare prima di morire era di certo vedere quella persona.
Orca aveva smesso di contare quando Gwen aveva ripetuto quel nome ben trentasette volte nell’arco di quattro ore.
La ragazza stava dimenandosi leggermente, faceva rotolare la testa a destra e a sinistra, le mani cercavano qualcosa sul ventre…ogni tanto una contrazione faceva storcere i bei lineamenti, ma per fortuna passava quasi subito.
Un rumore distrasse il pirata, Penguin era tornato e reggeva con la mano un cesto carico di frutta.
“Come sta?”, chiese posando il suo bottino poco lontano dalla porta.
“Non molto bene…non si sveglia”, Orca non aveva voglia di parlare, nel suo cuore c’era un forte turbamento.
Il suo compagno lo intuì, si conoscevano da una vita e non aveva certo bisogno di particolari confessioni da parte dell’amico per capire cosa stava bollendo in pentola.
“Ancora non ti è passata? Diamine Orca, ne hai conosciute di belle donne eh…proprio con lei ti dovevi impallinare?”, sospirò notando l’espressione da cane bagnato del suo interlocutore, “sai, qui a Wano ci sono un sacco di ragazze molto carine e dolci, magari quando tutto sarà finito, io e te potremmo fare un giretto e…”.
Il pirata si alzò, non intendeva sentire altro.
“Esco qualche minuto, mi serve aria fresca”, disse asciutto.
 
Da quando erano arrivati a Wano, le cose tra Gwen e il capitano sembravano essere cambiate, erano più lontani e non si sedevano più uno accanto all’altra nelle occasioni di riunioni collettive o durante i pasti.
Questo dettaglio non era di certo sfuggito ad Orca, che aveva iniziato a formulare diverse ipotesi: la prima, per lui più probabile, era che il capitano si fosse stancato di lei come di solito faceva con le ragazze che incontrava e decideva di portarsi a letto.
Certo questo non succedeva molto spesso, Law non era per niente un donnaiolo, sebbene la maggior parte delle donne dimostrasse un forte interesse per il pirata, di conseguenza i nakama non erano nemmeno tanto abituati ad avere donne in giro per il Polar Tang.
La seconda ipotesi era che a Gwen fosse tornato in mente il suo…diciamo ex ecco.
Tutti sapevano che era stata la donna di Pugno di Fuoco, si era quasi fatta ammazzare a Marineford per impedirne l’esecuzione ed erano stati proprio loro, i pirati Heart, a salvare lei, Jinbe e Rufy da morte certa, aiutandoli a fuggire e successivamente curando le loro ferite.
La Marina aveva anche cercato di affibbiarle un nomignolo poco dopo la fine della guerra, la portoghese la chiamavano, ed era tutta una strategia per riuscire a catturarla più rapidamente possibile dato che temevano lei potesse aspettare un bambino dal defunto Ace.
Certo non volevano ritrovarsi tra vent’anni con una situazione simile con al posto del figlio di Roger, il nipote del Re dei Pirati!
Mah, Orca era confuso…confuso perché, purtroppo per lui, si percepiva molto bene ciò che Gwennie provava per il capitano e gli pareva davvero strano che la seconda ipotesi si potesse in qualche modo realizzare.
Sospirò per la ottocentesima volta in quella giornata.
Doveva tornare dentro e, onestamente, non vedeva l’ora.
 
Quando Orca e Penguin gli avevano detto che Cappello di Paglia era arrivato a Wano, Law aveva subito avuto un piccolo infarto: per tutto quel tempo, lui e Kin’emon insieme ad una parte dei Mugiwara e ai suoi nakama, avevano cercato di infiltrarsi nella popolazione del paese nel miglior modo possibile.
Franky, Usopp e Robin avevano perfino iniziato a lavorare in città, il primo come carpentiere, il secondo vendeva olio di rospo come ambulante e la terza stava studiando per diventare geisha e in questo modo poter accedere alle stanze private dello shogun, dove avrebbe potuto facilmente carpire preziose informazioni.
Ecco, pensandoci bene, forse Law qualche pensiero lo aveva anche prima dell’arrivo di Rufy.
Difatti Zoro era uno di quei personaggi che agiva parecchio per istinto e in quel momento loro tutti non potevano certo permettersi di seguire i propri colpi di testa.
In ogni caso il Chirurgo della Morte stava cercando di raggiungere Cappello di Paglia per salvare la loro copertura, quando sentì dei fortissimi rumori provenire non molto più in là, aguzzando la vista vide arrivare in lontananza Basil Hawkins, uno dei tirapiedi di Kaido.
Se lui era là, significava solo una cosa: Law era arrivato troppo tardi.
Ma non si perse d’animo, i rumori che aveva appena udito provenivano da sud-est, Hawkins aveva ancora della strada da fare per giungere laggiù, di conseguenza lui avrebbe potuto fargli perdere del tempo per permettere a Mugiwara di non essere scoperto.
Si guardò intorno e notò una piccola bottega dove vendevano armi e altri accessori per i soldati del paese, c’era una vasta scelta ma soprattutto c’era esattamente quello che il pirata stava cercando: aveva bisogno di celare la sua identità e quindi doveva coprirsi il volto.
Ed eccolo là, in un angolino, un elmo di paglia rotondo, con delle piccole fessure che gli permettevano di vedere ma che avrebbe impedito ad Hawkins di capire chi era lui.
In realtà dubitava che il suo inganno sarebbe durato a lungo, ma ogni minuto era prezioso in una situazione come quella, dunque prese il copricapo e corse fuori, sperando di essere ancora in tempo.
 
Penguin pulì il viso di Gwen: la giovane aveva avuto un attacco di tosse sputacchiando anche parecchio sangue, ormai il suo abito era completamente macchiato da minuscole stelline rosse, non appena avesse rivisto Kin’emon gli avrebbe chiesto di dargliene uno di nuovo.
Mentre stava per addentare una delle mele che aveva comprato in città, il ragazzo sentì la voce dell’amica, si avvicinò nuovamente a lei cercando di capire se avesse qualche richiesta in particolare, se le servisse qualcosa insomma, ma poté udire solo e soltanto il solito nome, quello che aveva invocato per quarantasei volte da quando lui aveva iniziato la veglia.
Okay, d’accordo…poteva comprendere i sentimenti di Orca, non si sceglie di chi ci si innamora, e sapere che la ragazza che ami è talmente presa da un altro deve essere terribile.
Era pomeriggio inoltrato, il sole stava calando pigro nel cielo e il tipo colore del tramonto stava inondando l’intera vallata, perfino le rocce nude delle rovine acquisivano una tinta romantica.
Il pirata preparò in un fagotto delle cose che gli sarebbero servite quella notte: aveva difatti deciso che sarebbe andato a cercare il capitano in città, era certo che, senza le cure necessarie, Gwen non avrebbe potuto ammirare l’alba di domani.
Orca si era dimostrato d’accordo offrendosi stare vicino alla ragazza per tutta la notte se necessario, tanto non sarebbe riuscito ugualmente a dormire.
Stava per mettere un paio di frutti nel suo involto, quando Penguin sentì delle voci provenire dall’esterno, lasciò tutto sul tavolo e si precipitò fuori, inforcò i suoi binocoli e guardò con attenzione verso la valle: non poteva crederci, c’erano Cappello di Paglia, il capitano e una donna a bordo di un enorme cane un po’ strano.
Presto sarebbero stati lì!
Orca raggiunse il suo amico e capì il motivo della sua gioia, sentendo l’urgenza di avvisare Law in merito allo stato di salute della ragazza, corse insieme a Penguin in contro alla strana compagnia, lasciando sola l’ammalata per pochi minuti.
 
Kiku era davvero commossa, vedere le rovine del castello Oden era un’emozione fortissima, tanti ricordi passavano veloci per la sua mente e si sentiva decisamente sopraffatta, decise di scendere dal cane per percorrere qualche metro accanto all’antico edifico e cercare così di riprendere contegno.
Poco lontano due uomini stavano correndo verso Rufytaro e l’altro pirata, facevano un gran chiasso, parlavano assieme e non si capiva cosa volessero dire.
Ma ad un tratto, la giovane guerriera sentì un’altra voce, femminile e sofferente, provenire dall’interno delle rovine.
Si chiese chi fosse.
Trovò il modo di entrare passando per una fessura dove un paio di grosse assi di legno robusto avevano sorretto le pesanti pietre durante il crollo della magione, anni addietro.
Ciò che vide catturò subito la sua attenzione.
 
“Che avete?? Siete più strani del solito!”, rise Rufy mentre ascoltava gli strani suoni emessi dai due pirati Heart che erano da poco sopraggiunti.
Orca lo guardò malissimo. 
“Guarda che parliamo di una tua nakama, dovresti essere più responsabile, non ti importa di lei?”, gli gridò contro esasperato e stanco dopo la tensione che aveva sopportato nelle ultime ore.
Cappello di Paglia si fece immediatamente serio, domandò spiegazioni intuendo di chi stavano parlando ed ascoltò con la massima attenzione.
“Era svenuta, capitano, in mezzo al prato con la faccia in giù…deve aver sputato sangue perché il suo kimono era macchiato. Ha la febbre alta e delira a tratti ma non ha mai ripreso conoscenza, sembra inoltre lamentare dei dolori al petto. Abbiamo cercato di aiutarla come potevamo ma la situazione non è cambiata!”, Penguin aveva spiegato al capitano ciò che era accaduto.
La faccia di Law era una maschera di incredulità, ciò che il suo sottoposto gli aveva appena descritto corrispondeva ad una delle peggiori crisi che Gwen aveva mai avuto, eppure da giorni stava bene, non lamentava nessun dolore, era abbastanza energica e godeva di un discreto appetito.
Qualche giorno prima si era perfino allenata lungamente con la sua arma e ne era stata davvero felice.
Scese veloce dal cane gigante ed entrò nelle rovine, dovette aspettare che gli occhi si abituassero al cambiamento di luce prima di riuscire ad individuare la ragazza stesa su un vecchio e logoro futon.
Dormiva serena, accanto a lei era seduta Kiku, le mani in grembo e un’espressione enigmatica.
“Che diavolo succede? Stava malissimo un minuto fa!”, Orca aveva sgranato gli occhi dallo stupore, il viso della pirata era ora disteso, rilassato, le guance leggermente rosa,  le labbra incurvate in un appena accennato sorriso.
Kiku si alzò dicendo che quando era entrata la ragazza stava già così, raccolse la katana che aveva appoggiato un momento sul tatami e uscì svelta tenendo lo sguardo in basso.
Qualsiasi cosa fosse accaduta in quei pochi minuti nei quali avevano lasciato sola Gwen, era davvero un mistero.
 
Carissimi!!!
Credevate che vi facessi uno scherzetto eh?
Che vi buttassi lì una storia nuova e poi magari mi dileguassi… e invece no!
Sono qui e qui resterò per moooooltissimo tempo, quindi rassegnatevi! XD
Scherzi a parte, posso garantirvi la pubblicazione di un nuovo capitolo ogni due settimane sempre di giovedì, salvi problemi o imprevisti!
Detto ciò, aspetto le vostre recensioni con molta ansia, spero il capitolozzo vi piaccia!!!
Un abbraccio!
BV

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Capitolo 3
*** Che tu lo voglia o No ***


Gwennie si mise seduta sul vecchio futon dove era stata sdraiata per diverse ore in completa agonia.
Stiracchiò le braccia rattrappite sentendosi davvero diversa: i dolori erano scomparsi, la febbre sparita e il corpo sembrava essere rinato, la forza scorreva nelle sue membra…non si era più sentita così da moltissimo tempo…era come se fosse tornata ad essere quella che era prima dell’inoculazione del virus, una ragazza sana e forte.
In quel momento era sola, ma poteva sentire parlare nella stanza accanto…di certo c’era Kin’emon e le pareva di udire anche molte altre voci che le giungevano familiari, le ci volle un momento buono per capire che Rufy e gli altri dovevano essere finalmente arrivati a Wano.
Era molto contenta, stava per alzarsi e raggiungerli quando si rese conto di non indossare altro che una hiyoku malandata e sporca di sangue, la vista di quelle macchie rosse le riportò alla mente quello che era successo poco prima.
Sospirando si alzò, usò l’acqua che era in una ciotola lì vicino per lavarsi il viso e le mani, pettinò rapidamente i lunghi capelli sciolti e rassettò come poteva il suo unico indumento.
Cercò qualcosa da mettere almeno sulle spalle prima di andare a raggiungere gli altri, ma non trovò altro che il suo kimono, quello turchese, completamente macchiato ed impossibile da usare.
Sospirò di nuovo: non voleva farsi vedere in quel modo ma non aveva altra possibilità, in quel posto non c’era nemmeno un vecchio scialle o una logora coperta, quindi fece scorrere la leggera porta che separava i due ambienti e spiò nella stanza adiacente.
Aveva ragione, Rufy, Sanji, Brook e Nami erano arrivati!
C’era anche Carrot con loro!
Nel vedere Sanji, Gwennie si commosse…era tornato, era lì davanti a lei…le era tanto mancato e desiderava abbracciarlo forte per dirgli quanto era entusiasta, così tanto da dimenticare completamente il suo abbigliamento e da corrergli incontro per stringerlo in un abbraccio fraterno.
La reazione del cuoco fu quella che tutti si aspettavano, gli sgorgò un fiotto notevole di sangue dal naso ed iniziò a dire frasi del tipo “anche io ti amo” oppure “mia adorata il mio cuore sarà solo tuo”.
Gli altri presenti sorrisero davanti a quella scenetta e successivamente si prodigarono per chiedere a Gwennie come si sentisse, se stava un pochino meglio dato che Penguin ed Orca avevano riferito di un terribile febbrone con tanto di delirio annesso.
“Adesso sto bene, grazie. E’ passata e mi sento in forma. Chiedo scusa per l’interruzione Kin’emon, ma dovevo chiederti gentilmente un altro kimono dato che il mio non è più integro”, la ragazza cercava di non pensare di essere abbigliata solamente con un leggero strato di stoffa semitrasparente.
Arrossì.
“Ma certo O-Gwennie, anzi, stavo per abbigliare anche i nostri amici, dobbiamo far sì che siate tutti scambiati per cittadini di Wano. Presto, mettevi una foglia sul capo!”, il samurai si mise in posizione ed usò i poteri del suo frutto per dare nuovi abiti a tutti.
Quello che per Nami doveva essere un abito da kunoichi, si dimostrò in realtà essere uno striminzito vestito che copriva malamente le abbondanti forme della navigatrice.
Ovviamente la rossa si infuriò, facendo volare pugni a destra e a manca, una volta in testa a Kin’emon, colpevole di tanta impudenza e una volta in testa a Sanji, che non riusciva a smettere di sanguinare dal naso, facendo preoccupare Carrot che era seduta lì vicina.
Alla visone coniglio, il samurai aveva dato un kimono corto, che arrivava fino alle ginocchia e le donava davvero moltissimo, la giovane era molto carina e semplice, cosa che era anche dovuta al suo animo innocente e genuino.
A Gwennie stavolta era toccato un komon con lo stesso piccolo motivo ripetuto che adornava lo haori di Law, solo che i colori qui erano invertiti, il fondo era giallo e il disegno era nero, come era nero anche l’obi che camuffava al suo interno la cintura di cuoio necessaria per sorreggere il chakran, saggiamente nascosto nel fiocco dell’obi stesso.
I capelli erano tenuti fermi in una coda sulla nuca da un nastro doppio, nero e giallo e la pettinatura ricordava molto quella delle miko, semplice ma ordinata.
Gwennie si avvicinò a Rufy, lo abbracciò e si complimentò con il suo capitano per aver riportato indietro il loro cuoco di bordo, chiese anche dettagli su Big Mom e cappello di paglia le raccontò qualche fatterello.
Mentre Kin’emon riprendeva il racconto dove spiegava i fatti di vent’anni prima, quando la madre di Momonosuke li aveva fatti viaggiare nel futuro usando i poteri del suo frutto del diavolo, la giovane cercò Law e gli altri.
Non erano lì.
Certo, loro tutti sapevano già quella storia, il samurai l’aveva raccontata agli alleati presenti poco dopo il loro arrivo a Wano grazie al Polar Tang: alla vista delle lapidi con sopra incisi i nomi dei guerrieri e del piccolo erede del clan Kozuki, erano insorte diverse ed ovvie domande che avevano avuto bisogno di una dettagliata spiegazione.
La pirata decise di provare ad uscire e scelse una delle tante porte che circondavano la piccola stanza diventata il loro rifugio segreto, la fece scorrere piano ed uscì.
Penguin, Orca e Law erano proprio lì fuori, stavano parlando fitto fitto ma non si sentiva bene cosa stavano dicendo, poco lontano c’era anche Bepo che in quel momento stava osservando pensieroso il panorama boschivo.
La ragazza si fece notare per non dare l’impressione sbagliata di stare origliando e sorrise a tutti e quattro, Orca e Penguin si dimostrarono incredibilmente sorpresi di vederla in piedi davanti a loro come se, poche ore prima, non avesse avuto una delle peggiori crisi alla quale i pirati avessero mai assistito.
Law la osservò intensamente, il colorito era buono, l’andatura sicura, non dimostrava segni di debolezza alcuna ma i suoi occhi dicevano altro…trasmettevano un qualcosa che il dottore non sapeva in quel momento decifrare.
“Gwen! Incredibilei…stai bene!”, fece Penguin non appena la pirata fu vicina.
Lei farfugliò qualcosa di incomprensibile e sorrise debolmente, poi diede uno sguardo rapido verso Law per tastarne lo stato d’animo: da quel poco che ricordava, prima di essersi sentita male, lui era stato furibondo per la faccenda del sogno e di quello che lei avrebbe detto proprio mentre dormiva.
In quel momento però non le sembrò particolarmente adirato, anzi, pareva assolutamente normale.
Di solito le riusciva bene intuire lo stato d’animo delle persone, ma ovviamente con Law non sempre funzionava dato che era molto coinvolta, non riusciva ad essere obiettiva e lucida con lui.
Bepo piombò sul gruppo come un meteorite attratto dai poteri di Fujitora, afferrò Gwennie e la strinse in un abbraccio colmo di affetto, sollevandola da terra e seppellendo il viso della ragazza nel suo morbido pelo bianco.
“Dopo il racconto di questi due, mi ero tanto spaventato signorina! Credevo avessi deciso di lasciarci!”, gridò commosso.
In realtà le parole del visone non si discostavano molto da ciò che era successo, non che lei avesse desiderato lasciarli, ma era perfettamente consapevole di essere stata vicina alla morte come non mai, mentre aveva la febbre le era parso chiaro come il sole che la sua vita stava esaurendosi, consumata dal virus.
Logicamente tenne tutto per se e cercò di calmare il grosso orso bianco.
Gli disse che era tutto passato, adesso stava bene e si sentiva in forma come non mai.
I nakama stavano per lasciare la giovane sola con il loro capitano, in modo che potessero parlare tranquilli, quando Gwen bloccò Penguin ed Orca tenendoli per un braccio.
“Ragazzi, io devo ringraziarvi davvero. Mi siete stati vicino ancora una volta, aveva vegliato su di me a lungo…vi voglio bene e lo sapete già, ma sappiate che troverò il modo per sdebitarmi in modo opportuno!”, si avvicinò al viso di entrambi e diede a tutti e due un bacio sulla guancia.
Penguin arrossì e le assicurò di averlo fatto volentieri, per lui era allo stesso livello dei suoi compagni pirati Heart, ne avevano passate tante insieme e la riteneva un membro della ciurma.
Orca non era in grado di formulare una frase di senso compiuto e fu trascinato via dall’amico con il supporto di Bepo.
Una volta soli, Gwennie sospirò forte e si voltò verso Law, il pirata la stava guardando come era solito fare, senza esprimere nessun sentimento, senza lasciar trapelare nulla dalla sua mimica facciale.
La ragazza si avvicinò, tra di loro non c’erano che una ventina di centimetri, riordinò i suoi pensieri e partì in quarta con il suo discorso: voleva aprire il suo cuore come mai aveva fatto prima di allora.
 
 
Poco lontano Orca riprese a respirare.
Si sentiva imbambolato e strano, non aveva mai provato una sensazione del genere prima di allora.
“Ce la pensi di fare?”, Penguin era seduto accanto a lui sul prato lussureggiante.
L’erba fresca aveva un profumo rilassante e i fiori colorati che la tempestavano erano davvero gradevoli alla vista, davano una sensazione di pace e tranquillità.
Bepo si era addormentato e russava pesantemente sdraiato accanto ad un cespuglio di strane bacche violacee.
“Certamente, per chi mi hai preso…”, cercò con lo sguardo il capitano e Gwen.
Penguin sospirò.
“Senti Pen,te lo ho già detto…io non ho scelto di innamorarmi di lei...non posso farci niente. Non piace nemmeno a me questa situazione”, fece una pausa, “glielo hai detto?”.
“Certo. Finché eri al bagno”, il pirata staccò un lungo filo d’erba e ci giocherellò.
Orca non parlò subito, piuttosto osservò la scena che aveva davanti: lei parlava tenendo le braccia incrociate sul petto, la testa ben sollevata, fiera, non c’era ombra sul suo viso, sembrava quasi felice e sollevata.
E bella.
Poi si accorse di qualcos’altro, di un dettaglio che prima non aveva mai notato o che forse aveva preferito non vedere…lo sguardo del capitano…la guardava assorbendone ogni piccolo dettaglio, ogni particolare, ogni sciocchezza…la ascoltava con tutta la sua attenzione, non perdeva mezza parola.
E fu allora, su quel prato fiorito, fuori dalle rovine del castello Oden, che Orca capì.
Quei due erano innamorati, Penguin aveva ragione, non si trattava di una storiella o di un mordi e fuggi.
Si amavano.
“Hai fatto bene, amico…”, mormorò infine.
Penguin si voltò incredulo, era davvero Orca quello che aveva parlato?
Mentre il suo nakama era andato al bagno, non molto tempo prima, Pen aveva deciso di parlare da solo col capitano proprio per non mettere in imbarazzo il suo amico di una vita.
“Capitano, Gwennie non ha fatto che ripetere un nome mentre stava male e ti assicura che non era mai stata così male prima di adesso, credevo stesse per morire…insomma, era decisamente come se stesse esprimendo il suo ultimo desiderio, non si se mi spiego!”.
Law aveva ascoltato con interesse…forse era quel nome la soluzione al pasticcio che si era creato tra di loro, un nome detto in un momento di sofferenza, in un momento di estrema vulnerabilità…l’ultimo desiderio, l’ultima persona che si desidera vedere prima della morte.
“Sì capisco, è tutto molto strano però…la crisi così violenta ma passata in un battito di ciglia…non mi convince”, il medico aveva pensato a voce alta, ma Penguin lo aveva interrotto bruscamente, voleva che sapesse la verità e seguisse il suo di discorso.
“Beh, ecco capitano…lei non ha fatto che cercare te per tutto il tempo….abbiamo smesso di contare le volte che ha chiamato il tuo nome…”.
Una folata di vento riportò il pirata al presente: Orca aveva davvero detto quello che aveva poco prima sentito???
“Ehi, stai bene?”, si voltò per guardarlo in faccia.
Sembrava….contento?
“Tutto bene, amico. Avevi ragione su loro”, indicò Law e la giovane, “adesso lo vedo anche io”.
Pen gli domandò se aveva intenzione di togliersela dalla testa, finalmente, e stava per riprendere il discorso inerente alle fanciulle di Wano, quando un gesto della mano di Orca lo interruppe.
“Anche se lei ama un altro, e si tratta proprio del nostro capitano, tutto ciò non mi impedisce di amarla lo stesso. Se necessario sacrificherò la mia vita per lei, lo farei con gioia e mi sentirei onorato. Ovviamente non mi metterò in mezzo a loro…il capitano ha tutto il mio rispetto, lo sai.”
L’amico gli posò una mano sulla spalla e si complimentò con lui, aveva parlato come un vero uomo.
 
Il vento scompigliava i capelli di Gwennie ed arruffava la folta pelliccia del cappello di Law, sembrava una semplice folata fresca, ma in realtà si trattava di qualcosa di decisamente diverso dal solito.
In quel momento nessuno poteva anche solo immaginarlo.
Tuttavia, nonostante la brezza insistente, la ragazza continuava a starsene dritta davanti al chirurgo della morte, stava memorizzando il suo viso perché, nonostante stesse per dirgli una cosa estremamente importante, non sapeva come lui l’avrebbe presa e, di conseguenza, temeva che quella fosse l’ultima volta dove avrebbe potuto stargli così vicina.
Prese fiato ed iniziò.
“Non voglio sapere cosa ho detto nel sonno. So di non aver detto nulla di compromettente. E ne sono certa per un semplice motivo. Posso confermarti di aver sognato Ace, mi capita da quando abbiamo iniziato ad avvicinarci a Wano, non accadeva da molto tempo. Tuttavia, anche se ho parlato nel sonno e di certo avrò chiamato il suo nome, non lo facevo per la motivazione che credi tu”, incrociò le braccia.
Law non poté reprimere uno dei suoi sorrisi sinistri, uno di quelli che facevano balzare dal petto il cuore della ragazza per poi tornarvi facendo mille capriole.
Le chiese di proseguire e lei prese fiato.
“Trafalgar Law, che tu lo voglia o no…ecco…io…”, sentì il viso andare a fuoco e si odiò per questo, non sopportava di arrossire a quel modo ogni volta che c’era in ballo un discorso importante.
Lui scosse la testa divertito, sorrise di nuovo nel suo modo particolare.
Bene, pensò lei, fallo di nuovo le mie orecchie si inceneriranno tra pochi secondi!!!
Cercò di proseguire con il suo monologo ma la voce andava e veniva, come la canzone incisa su di un disco in vinile che però salta dispettoso mentre gira veloce sul piatto del giradischi.
“Lo so, non occorre che tu dica altro. Mi scuso per la reazione che ho avuto e per quella frase che ti ho detto prima. Credo di aver esagerato nell’interpretazione di quanto hai detto mentre dormivi”, spostò Kikou da una spalla all’altra mentre parlava.
Gwennie rimase a bocca aperta.
Letteralmente.
Non proferì parola.
Law era chiaramente divertito e decise di approfittare della situazione per farla rosolare un pochino, d'altronde la storia del sogno gli aveva tolto il sonno per diverse notti e, per quanto avesse fiducia nei sentimenti di lei, lo aveva lasciato un poco con l’amaro in bocca.
Ripensò a quel famoso pomeriggio, sul Polar Tang, lei dormiva e lui studiava poco lontano dal letto, sul tavolo della sua scrivania.
La ragazza era famosa per le sue chiacchierate nel sonno, epico era ormai l’episodio durante il quale aveva dichiarato il suo amore al bel chirurgo, tempo addietro.
Ad un tratto però, aveva iniziato un piccolo discorso strano.
“Che fai…”, biascicava piano, “non te ne andare Ace…resta qui…non ho capito niente…”.
Il dottore si era avvicinato per ascoltare con maggiore chiarezza.
“Non capisco niente…ma i fiori sono belli…”, e il sogno solitamente finiva con Gwen che faceva letteralmente un salto sul letto dallo spavento.
Gwennie non si perse d’animo e ripescò il fiato riempendosi i polmoni di aria fresca.
“No, io te lo devo dire…quel cavolo di sogno strambo che non capisco…io non voglio che rovini il nostro rapporto…io ci tengo tantissimo ad Ace, gli voglio ancora bene…ma lo sai…io…”, per quanto cercò di sforzarsi, non riuscì a mantenere un colore normale, il suo viso era decisamente tra lo scarlatto e il bordeaux ma ciò non le impedì di terminare finalmente la sua frase.
Prese un altro bel respiro e chiuse gli occhi.
“Trafalgar Law, che tu lo voglia o no, io ti amo e lo farò finché avrò vita perciò vedi di ficcartelo bene nella zucca!!!”, preferì tenere ancora gli occhi chiusi.
Di fatto, era la prima volta che si dichiarava in piena lucidità e questo la imbarazzava tantissimo, anche perché lui, bello come il sole e perfetto nel suo kimono, poteva vantare una poker face da fare invidia al giocatore di carte più incallito del mondo.
“Ti ho detto che lo sapevo già e ti rinnovo le scuse per lo scatto poco giustificato che ho avuto”, si avvicinò a lei e, nonostante Penguin, Orca e Bepo potessero vederli, le diede un delicato bacio sulle labbra.
Al contatto, Gwen riaprì gli occhi di botto, trovandosi a poter ammirare lo splendido grigio di quelli del suo dottore, a pochi centimetri da lei.
Come si sentiva felice, non c’erano parole per esprimerlo.
Ma doveva dirgli un’altra cosa.
“Ah ecco...sei sempre ben informato eh!”, cercò disperatamente di tornare al suo abituale colorito mentre continuava, “…ma devo dirti dell’altro. Mi sono resa conto che Kaido è un nemico molto potente da sconfiggere e che sarà difficile per noi tutti vincere questa battaglia. Insomma voglio essere di aiuto anche io, per quel poco che posso fare, e quindi ho preso una decisione. Vedi io…”.
La ragazza non ebbe il modo di finire la frase.
Il cielo, prima sereno e privo di nubi, si era all’improvviso oscurato, numerose nuvole scure avevano iniziato a girare vorticosamente per formare una specie di cerchio volante, gli alberi si piegavano obbedienti sotto al volere del vento che ordinava severamente loro il ritmo da seguire in quella strana danza.
Orca inforcò i binocoli e osservò la cupola che, fino a poco prima, era stata azzurra, mentre Penguin ipotizzò che stesse per arrivare della pioggia.
“No!”, gridò Law osservando preoccupato il cambiamento climatico.
I nakama raggiunsero il capitano e la loro amica attraversando di corsa il prato.
Il chirurgo della morte chiamò subito fuori Rufy e, non appena cappello di paglia fu lì, si spostarono tutti dove la collina iniziava a calare verso la pianura, in quel modo avevano la miglior visuale.
Anche gli altri pirati si unirono ai capitani ed uscirono sullo spiazzo erboso incuriositi da tanta emergenza, le nuvole a cerchio iniziarono piano ad aprirsi e da esse spuntò la zampa di un maestoso ed enorme dragone: aveva lunghi baffi neri attorcigliati, le spire del suo corpo erano spaventosamente massicce, il suo sguardo poteva pietrificare il guerriero più coraggioso.
“Che succede Traffy?”, chiese Rufy osservando a bocca aperta il drago sospeso a mezz’aria.
Gwennie guardava con occhi sgranati ora l’animale mitologico, ora il suo capitano, ora Law.
No, non poteva essere…
“Quello è Kaido!”, spiegò infine il medico con un’espressione truce sul bel viso.
Un pesante silenzio calò sull’intera compagnia…eccolo davanti a loro uno dei Quattro Imperatori, il temibile Kaido, il capitano dei pirati delle Cento Bestie!!!
 
Ciao a tutti i miei lettori!
Come state? Tutto bene? :D
Passata bene la Pasqua?
Spero di sì…e spero anche Vi piaccia il capitolozzo di oggi!
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un abbraccio!
BV

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Capitolo 4
*** La Forza di un Imperatore ***


Gwennie stava cercando di mettere ordine ai pensieri che le frullavano rapidi per la testa… da un lato era davvero incantata dalla figura imponente dell’Imperatore: il drago possente avvolgeva le spire del suo enorme corpo con una naturalezza incredibile, i colori che contraddistinguevano l’animale mitologico erano ipnotici, quasi mistici per quanto intensi.
Dall’altro lato era perfettamente conscia di esserne come non mai terrorizzata… la forza di Kaido di sentiva molto chiaramente anche per una persona non in grado di usare l’haki della percezione, quell’uomo era indubbiamente un valoroso guerriero e avrebbe dato del filo da torcere a tutti loro.
Il vento continuava a soffiare con prepotenza, le stoffe colorate dei vari kimono ondeggiavano allegre facendo bella mostra della loro leggerezza e raffinatezza, mentre il silenzio era ancora pesante tra i pirati che popolavano le rovine del castello Oden.
Nessuno parlava, sembravano tutti troppo sorpresi, troppo sbalorditi…o forse semplicemente impauriti di fronte a quella creatura leggendaria che stava volando sopra al cielo di Kuri, le nuvole scure ancora attorno al corpo come la cornice di uno spaventoso quadro.
 
Al villaggio di Kuri, il capo dei banditi di montagna Shutenmaru e uno dei migliori uomini di Kaido, Jack la Siccità, stavano duellando ferocemente.
Lo scagnozzo dell’Imperatore non avrebbe mai pensato che il suo avversario fosse così tenace ed infatti, dopo aver fatto cozzare più volte le lame delle loro armi, il bandito era riuscito a ferire Jack in modo abbastanza serio, tanto che quando Kaido aveva fatto la sua comparsa, involontariamente aveva salvato la vita del suo sottoposto.
Il capo dei pirati delle Cento Bestie era completamente ubriaco, difatti singhiozzava rumorosamente, ma appena posò lo sguardo brillo su Shutenmaru lo riconobbe all’istante.
“Io mi ricordo di te…”, disse farfugliando a causa della sua ebbrezza, “sei Shutenmaru…beh, se diventerai mio subordinato…ecco…potrei anche decidere di dimenticare il passato!”.
Per tutta risposta il bandito rifiutò categoricamente la proposta mentre, poco più in là, Jack veniva soccorso e fasciato in modo da bloccare la notevole perdita di sangue dovuta alla ferita ricevuta nel combattimento che era appena terminato.
In realtà anche i sottoposti dell’Imperatore erano piuttosto stupiti nel vederlo al villaggio.
Holdem, la Star sconfitta poco prima da un Rufy molto arrabbiato per il rapimento e la tortura della piccola Tama, era rimasto pietrificato dal terrore: visto il suo recente fallimento aveva temuto seriamente che il suo capo fosse intervenuto personalmente per eliminarlo.
Appena comprese che il motivo della visita del suo boss doveva essere un altro, si permise di tirare un grosso sospiro di sollievo tornando a prestare attenzione a ciò che stava accadendo.
 
Poco più in là, precisamente alla collina Oden, tutti si stavano chiedendo come mai Kaido fosse a Kuri…  soprattutto Kin’emon  il quale lo chiese ad alta voce, esprimendo così tutta la sua perplessità.
“Chiedo scusa Kin’emon, ma io e Cappello di Paglia siamo stati scoperti”, confessò infine Law sospirando.
Stava per completare il suo racconto quando Rufy, preoccupato per la gente del villaggio, iniziò a correre a perdifiato verso la parte dove la radura si trasformava in una ripida discesa erbosa,  con l’intento di raggiungere velocemente il centro abitato.
Nami richiamò il suo capitano e fece per rincorrerlo, ma il medico la fermò immediatamente.
Spiegò infine ai presenti la vicenda della nave tesoriera, del fatto che Rufy l’avesse praticamente rubata ai pirati delle Cento Bestie per offrirla alla popolazione del villaggio in modo da onorare il gesto della piccola Tama, la quale gli aveva cucinato senza riserve tutto il poco riso che aveva.
Aggiunse amaramente che Mugiwara, agendo in quel modo, aveva reso nota la sua presenza a Wano e, di conseguenza, anche quella del Chirurgo della Morte in quanto era di pubblico dominio il fatto che i due avessero stretto un’alleanza.
“Ma siamo stati scoperti solo noi…quindi voi rimanete nascosti, non fatevi vedere. Se si venisse a sapere che i pirati di Cappello di Paglia e i pirati Heart sono a Wano, si scatenerebbe una caccia all’uomo e il nostro piano andrebbe di conseguenza a rotoli. Lasciate che ci pensi io a lui”, continuò.
Detto ciò usò i suoi poteri per raggiungere più rapidamente possibile Rufy.
Bepo allungò un braccio peloso e lo chiamò forte, ma il suo capitano non poteva più sentirlo tanto si era allontanato, ovviamente il visone era in pensiero per la situazione e vedere Law andarsene da solo non lo rassicurava per nulla.
Gwennie lo comprendeva, avrebbe desiderato seguirlo anche lei, ma sapeva bene che rimanere nascosti seguendo le indicazioni del capitano dei pirati Heart, era decisamente la cosa migliore da fare.
Si strinse la mani sottili quasi fino a sentire un leggero fastidio, sapeva di non avere molte frecce al suo arco, ma era sua intenzione riuscire ad usarle tutte prima che il suo tempo scadesse.
Si girò e cercò Kiku con lo sguardo, la donna le si avvicinò senza dare nell’occhio e, appena furono abbastanza isolate dal gruppo, parlarono in modo da non sfarsi sentire dagli altri.
“O-Gwennie sei riuscita a parlare con lui?”, domandò gentile la guerriera.
“Purtroppo siamo stati interrotti. Ti prego di farmi un favore… so bene che sono già in grosso debito con te, ma promettimi un’ultima cosa!”, la giovane consegnò alla ragazza di Wano un foglio di carta accuratamente ripiegato.
La pirata spiegò rapidamente di cosa si trattasse e a chi lo avrebbe dovuto consegnare in caso fosse perita in battaglia, inoltre chiese di spiegare tutta la faccenda sempre alla stessa persona alla quale avrebbe dato il bigliettino.
“O-Gwennie, io accetto la tua missiva… ma ti prego di non ringraziarmi per quello che ho fatto… in realtà credo proprio che non avrei dovuto compiere un simile gesto, soprattutto dopo quello che mi aveva già spiegato Kin’emon…”, il suo bel viso assunse un’espressione amareggiata.
“No, Kiku! Tu mi hai aiutata e stai certa che era la cosa migliore da fare… per me è importante poter aiutare in qualsiasi modo i miei amici in questa difficile situazione! Quindi, qualsiasi cosa accada, non sentirti in colpa! Anzi, sappi che mi hai reso felice!”, la giovane dagli occhi verdi abbracciò forte l’amica per enfatizzare il valore di quanto appena detto.
Nel suo cuore però sapeva di rischiare davvero grosso.
 
Law stava cercando di concentrarsi sul grosso imprevisto che si stava trovando ad affrontare: un furioso l’Imperatore era nei pressi di Kuri, certamente non con buone intenzioni, e Mugiwara stava cercando di fare tutto in suo potere per rovinare tutto il lavoro fatto dagli alleati fino in quel momento per non farsi scoprire.
Tuttavia, per quanto si sforzasse, non ci stava riuscendo.
Nella sua testa c’era un campanello d’allarme che non aveva più smesso di suonare da quando aveva visto Gwennie dopo la crisi che la giovane aveva avuto: sembrava in forma, il colorito era abbastanza buono e le gambe la reggevano senza sforzo alcuno.
Tutto ciò non era possibile, dopo uno dei suoi soliti episodi di malessere acuto, la ragazza aveva bisogno le fossero somministrati dei farmaci precisi per riuscire a riprendersi e, in ogni caso, le ci volevano minimo tre o quattro giorni.
Ora, dopo la crisi piuttosto intensa che l’aveva colpita, come minimo avrebbe dovuto sentire il bisogno della mascherina di ossigeno per riuscire a respirare in modo appropriato, dato che i polmoni erano uno degli organi maggiormente debilitati dal virus.
Quando l’aveva osservata, non molto tempo prima, aveva notato un paio di cose… gli occhi erano stanchi e stavano comparendo delle leggere occhiaie scure, ma la cosa più importante era stata la temperatura del suo corpo: non appena il dottore aveva posato le labbra su quelle della ragazza, aveva percepito un calore anomalo… segno probabile della presenza di qualche linea di febbre.
Come aveva fatto dunque ad avere un recupero così rapido?
E perché, nonostante il fisico sembrasse aver superato il brutto momento, la febbre persisteva seppur in modo leggero?
Qualcosa non quadrava e questo pensiero non lo faceva stare tranquillo: sapeva che la situazione clinica di Gwennie era critica, il corpo della giovane non avrebbe potuto sopportare ancora per molto la presenza del bacillo artificiale, era necessario quindi consultare la grande biblioteca di Wano per cercare l’esistenza di un frutto con proprietà antiveleno.
Una volta trovato, sarebbe stato facile estrarne il principio attivo per creare in laboratorio un vaccino in grado di debellare definitivamente il virus.
Quello che stava per mancare al chirurgo era il tempo.
“Mugiwara! Che diavolo fai? Vuoi farti scoprire???”, gridò non appena si fu avvicinato abbastanza al suo alleato.
“Traffy…. pensi che la gente del villaggio starà bene?”, Rufy dimostrava come sempre il suo animo altruista.
Per tutta risposta Law sbottò, tutta quella confusione si era creata unicamente in conseguenza alla consegna della nave tesoriera, sottratta agli scagnozzi di Kaido, al villaggio di Okobore.
Stavano ancora discutendo su questo argomento, quando furono interrotti dal passaggio rapido sopra alle loro teste del governatore di Wano, l’enorme drago aveva deciso improvvisamente di dirigersi verso le rovine del castello di Oden.
Non ci fu molto tempo per pensare al motivo che lo avesse spinto a farlo, l’animale mitologico era giunto infatti nei pressi della collina e, dopo aver spalancato le fauci, lanciò un terribile raggio di luce verso le rovine stesse.
L’esplosione fu devastante, i blocchi di pietra che un tempo aveva costituito il magnifico catello di Lord Oden, erano ora ridotti a piccoli sassolini che rotolavano inermi tra i fili verdi del prato il quale aveva circondato la magione.
Un tetro fumo saliva pigro verso il cielo, cosa fosse accaduto ai pirati che si erano nascosti dove adesso c’erano solo macerie desolate, non era possibile indovinarlo da quella distanza.
Rufy spalancò la bocca, era quella allora la vera potenza di un Imperatore… era impressionante ma allo stesso tempo lo stimolava ancora di più nel perseverare per ottenere ciò per cuoi erano giunti a Wano, ossia far cadere Kaido.
Nel cuore di Law, invece, c’era un vero e proprio tumulto: i suoi nakama erano alle rovine, lui stesso aveva suggerito loro di rimanere nascosti lì… e Gwennie era con loro.
Il chirurgo strinse i pugni… sperava che in qualche modo se la fossero cavata, altrimenti… altrimenti sapeva che non se lo sarebbe mai potuto perdonare.
Chiuse gli occhi per un momento rievocando così l’immagine della giovane che arrossiva mentre gli parlava, poco prima, aprendogli il suo cuore come mai prima d’ora.
Aveva giurato di guarirla, di farla stare bene… non avrebbe permesso a nessuno di mettergli i bastoni tra le ruote.
 
Carissimi, eccoci al nostro appuntamento!
^.^
A voi il capitolo!
Buona lettura!
Un abbraccio
BV

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Capitolo 5
*** Il chiosco di Sangoro ***


“Cosa? Rufy è stato catturato dal nemico dopo che Kaido lo ha messo ko con un solo colpo???”, Sanji non credeva alle sue orecchie.
Law, poco lontano da lui, aveva appena finito di raccontare a tutti lo svolgersi dei fatti durante il loro breve allontanamento dal gruppo che aveva abitato le rovine del castello Oden.
Tutti i pirati erano riusciti a salvarsi dall’attacco dell’Imperatore grazie ad una tecnica della kunoichi Shinobu, alleata di Kin’emon da molto tempo, la quale aveva usato i poteri del suo frutto del diavolo per far maturare il terreno, creando così una specie di buca dove gli alleati avevano trovato protezione dalla terribile esplosione.
 Il chirurgo della morte aveva inoltre spiegato di aver tentato di portare in salvo Rufy, ma che era purtroppo intervenuto Basil Hawkins: l’headliner gli aveva impedito di farlo neutralizzando i poteri del medico per mezzo di un chiodo fatto di agamaltolite.
“Stai bene capitano?”, si sincerò Bepo con il suo solito modo di fare composto.
“Sì, mi ha solo infilzato il muscolo del braccio… nulla di grave”, rispose laconico Law mentre cercava Gwennie con lo sguardo.
La ragazza aveva ascoltato attentamente tutto il racconto del dottore, non si era persa alcun dettaglio e si capiva che non vedeva l’ora di entrare in azione… questo preoccupava parecchio il pirata, il quale non aveva ancora capito il motivo del suo improvviso miglioramento.
Tuttavia tenne per se i suoi pensieri concentrandosi sul da farsi.
“Direi che possiamo continuare a distribuire i biglietti con il puzzle, in modo da radunare i samurai alleati. Ovviamente io dovrò celare al meglio la mia identità dato che ho avuto diversi incontri con Hawkins. Faremmo meglio a separarci”, sistemò la fedele Kikoku sulla spalla.
Decisero quindi che Sanji, sotto le mentite spoglie di un venditore di soba, si sarebbe recato nella capitale in modo da portare con se Gwennie in veste di aiutante al chiosco, man mano che i clienti si fossero fatti avanti avrebbero potuto consegnare il messaggio segreto alle persone giuste.
Nami e Shinobu si sarebbero infiltrate nella dimora dello Shogun, proprio quella sera Orochi aveva organizzato un banchetto e quella sarebbe stata l’occasione ideale per riuscire a scoprire importanti informazioni riguardo il Festival del Fuoco.
Gli altri avrebbero potuto continuare la distribuzione del puzzle individuando gli alleati nella folla, come avevano fatto fino a quel momento.
“Non sarò molto lontano, ma non posso farmi vedere con voi, altrimenti sarà palese il nostro legame”, Law fece un gesto di intesa ai suoi nakama con il capo, successivamente sparì silenziosamente nella foresta.
 
Un paio di giorni dopo nella capitale non si faceva altro che parlare di Sangoro dal soba speciale, tutte le fanciulle di Wano facevano la fila per acquistare una scodella del delizioso impasto, rendendo così il proprietario del chiosco decisamente felice.
Gwennie aiutava Sanji con le ciotole, le lavava e gliele metteva ben in ordine in modo che lui le potesse riempire alla velocità necessaria per soddisfare le sue clienti, infatti quasi nessun maschio si era ancora presentato alla bancarella.
Quel giorno Usopp e Robin si erano riuniti ai nakama e avevano decisamente approfittato dell’occasione per gustare un’ottima ciotola di soba.
“O-Robi cara, dimmi cosa ne pensi!”, cantilenò il cuoco mentre preparava altra pasta con mani agili e rapide.
“Davvero buono, Sangoro!”, la ragazza stava mangiando con appetito tenendo saldamente la ciotola bollente.
Era davvero bellissima con il suo prezioso kimono da geisha, i colori che lo contraddistinguevano erano vivaci ma allo stesso tempo eleganti, il piccolo ricamo perfetto della stoffa dava un tocco di raffinatezza alla figura già favolosa della giovane donna, mentre i capelli corvini erano raccolti in una delle classiche pettinature di Wano, numerose decorazioni spuntavano dalle nere colline giusto per richiamare la tonalità viva e femminile dell’abito ai quali erano coordinati.
Nel complesso Robin era strepitosa.
“Sei davvero incantevole O-Robi”, le disse sorridendo Gwennie mentre stava portando le scodelle pulite al chiosco, la fila delle clienti aumentava sempre più.
Robin le rispose notando il miglioramento di salute dell’amica, inoltre i colori scelti da Kin’emon per il suo nuovo abito, secondo lei, le donavano molto per non parlare poi della pettinatura che la dava un tocco di naturalezza.
Usopp, invece, stava gustando felice il fantastico soba preparato da Sanji, era immensamente contento di poter assaporare di nuovo la cucina del suo nakama: dopo che il biondo era stato praticamente sequestrato da Big Mom non aveva creduto di poter ripetere un’esperienza simile in futuro.
Gwennie parlottava con i suoi amici, si discuteva delle mirabolanti proprietà dell’olio di rospo venduto abilmente dal cecchino sotto copertura, Franky elencava entusiasta tutti i lavori di carpenteria che aveva eseguito, mettendo bene in chiaro che il fascino degli edifici di Wano era qualcosa di davvero magnifico.
Robin aveva descritto le estenuanti prove di danza che aveva dovuto sopportare per alzare il livello delle sue prestazioni: lo Shogun ammetteva alle sua presenza solo le geishe migliori, le danzatrici che riuscivano ad ammaliarlo con le loro movenze leggiadre e lo incantavano suonando per lui lo shamisen.
Ascoltando tutto con molto interesse, la giovane aveva depositato altre ciotole vicino al chiosco di soba e stava per prendere la pila di stoviglie da lavare, quando vide avvicinarsi tre uomini.
Usopp fece un gesto d’intesa verso Franky facendogli notare che alla fine erano arrivati anche clienti maschi, il cyborg si mise a ridere mentre posava la sua scodella ormai vuota.
“E così sei tu il famoso Sangoro… dicono che il tuo soba sia squisito…”, iniziò uno dei figuri, poi si guardò intorno con fare annoiato.
Robin, Usopp e Franky erano seduti poco lontano dalla bancarella, per cui sembravano semplici clienti che stavano consumando la loro ordinazione, mentre Gwennie, le maniche del komon tenute ferme da un nastro per permetterle di lavorare senza che le dessero fastidio, dava decisamente l'idea di essere una dipendente di Sangoro.
“E questa chi sarebbe? La tua cameriera?”, rise squadrandola in modo poco gradevole, poi le si avvicinò con un ghigno sulle labbra.
Il tizio in questione era tale Kaku, uno degli scagnozzi migliori di Kyoshiro e si muoveva sempre in compagnia dei suoi soci, Kuni e Suke, i quali lo stavano effettivamente supportando facendo bella mostra delle loro katane con face decisamente minaccioso.
“Hai pagato per aprire la tua bancarella? Questo è il territorio della famiglia Kyoshiro”, esclamò il tipo smilzo accanto a lui, spiegando che senza tributo, loro non avrebbero potuto proteggerlo adeguatamente in caso di bisogno.
“Non necessito di protezione, so badare a me stesso. Se non volete acquistare una scodella di soba, vi chiederei di andarvene subito…”, aggiunse il cuoco con uno sguardo che era tutto un programma.
Kaku cambiò completamente espressione, passando dal sorriso sardonico che era stato fino a quel momento dipinto sul suo volto, a un ghigno di pura stizza rabbiosa.
Con un movimento rapido fece rovesciare la pentola dove stava cuocendo la pasta preparata da Sangoro, gli spaghetti di soba finirono malamente a terra: ormai quelle porzioni erano decisamente da buttare.
Il cuoco era letteralmente furioso, si capiva chiaramente che si trovava sul punto di esplodere, così Gweenie decise di provare ad intervenire per calmare gli animi: dovevano infatti cercare di dare nell’occhio il meno possibile.
“Per favore, fate come ha detto lui… andatevene. Non ci occorre la vostra protezione”, fece un piccolo e cortese inchino.
Kaku scoppiò in una risata senza gioia, si aggiustò la katana che pendeva dalla molle cintura e diede un colpetto alle spalle come per sistemare meglio la veste.
Era chiaro che si stava preparando ad uno scontro fisico, infatti allungò improvvisamente le braccia verso la giovane in modo da poterla afferrare per il collo, il suo scatto era stato piuttosto rapido ma non riuscì a cogliere di sorpresa la ragazza, la quale si aspettava una reazione simile e si era mossa leggermente di lato per poter dare un colpo energico agli arti tesi dell’avversario.
Una volta abbassate le braccia dell’uomo, Gwennie lo colpì a palmo aperto sul naso con un movimento secco verso l’alto, in modo da poter centrare in pieno il setto nasale e fargli perlomeno lacrimare gli occhi.
La tattica ebbe successo, Kaku si teneva la mano sul naso sanguinante mentre cercava di asciugare le lacrime che gli scorrevano abbondanti sul viso, non che stesse piangendo, ma era decisamente la conseguenza diretta della botta che aveva appena ricevuto.
Guardò la figuretta della ragazza: era uno scricciolo secco, come aveva potuto lasciarsi colpire a quel modo?
Il suo onore esigeva vendetta.
Fu in quel momento che Robin notò una strana bambina: aveva avuto in mano una ciotola di soba fino a quando Suke, infuriato per l’onta subita dal suo compare, non si era avvicinato e gliela aveva rovesciata con un colpo di mano, facendo finire a terra tutto il contenuto.
Lo sgherro aveva poi ordinato a tutte le persone che erano in fila di andarsene immediatamente, non voleva testimoni scomodi che potessero raccontare quello che sarebbe accaduto da lì a poco: avrebbero di sicuro fatto fuori sia il biondino che la sua aiutante, nessuno aveva il diritto di toccare uno di loro, gli uomini del boss Kyoshiro, figuriamoci due miseri ambulanti senza il benché minimo senso del pericolo… glielo avrebbero fatto vedere presto cosa si rischiava ad essere impudenti.
Robin corse a prendere la bambina e la condusse con lei e Usopp leggermente più lontano dal chiosco, in una zona più riparata, mentre Franky pregustava un bello scontro… ci voleva un poco di sano movimento.
Il cyborg prese di mira lo scagnozzo più grosso e, dopo una breve lotta, gli cinse la vita in una morsa d’acciaio, lo condusse sul tetto di un edificio e si lanciò con lui da quell’altezza assurda, completando così la sua famosa mossa di supplex.
Inutile dire che Suke non mosse più nemmeno un dito.
Sanji invece era furibondo: non solo Kaku aveva tentato di aggredire la dolce Gwennie, ma aveva anche versato a terra dell’ottimo soba che ora non era più commestibile.
Mentre l’uomo gli si era avvicinato con fare borioso, il cuoco gli aveva assestato un velocissimo calcio in pieno volto facendolo andare al tappeto in tempo zero, probabilmente il nemico non aveva nemmeno avuto modo di rendersi conto di cosa stava accadendo.
Gwennie individuò Usopp e Robin poco lontano, decise così di andare a controllare se era tutto a posto:  si incamminò verso di loro slacciando il nastro che teneva raccolte le maniche del suo kimono in modo da permettere loro di cadere liberamente sulle magre braccia.
Quando fu abbastanza vicina poté udire la voce della bambina ridanciana: le parole uscivano fuori dalla sua bocca come un torrente in piena.
“Sapete ero così felice di poter finalmente assaggiare il soba speciale di cui aveva tanto sentito parlare, ho fatto la fila, ho aspettato a lungo e poi ero anche riuscita a comperarlo… avevo messo da parte qualche soldo apposta! Ma poi me lo hanno buttato a terra e sono diventata così triste!”, prese fiato un momento.
Gwennie pensò che non sembrava proprio una bambina triste, ma il suo sorriso doveva essere certamente un atto di forza, avrebbe potuto infatti mettersi a piangere vedendo il suo soba a terra, ma invece manteneva le piccole labbra in una deliziosa curva all'insù.
Nel frattempo Sanji si era unito al gruppetto portando con se una scodella fumante: spiegò di aver controllato al chiosco trovando ancora una porzione commestibile di spaghetti, giusto necessari per una persona, quindi porse il piatto alla bambina la quale sgranò gli occhi dalla felicità.
Robin sorrise nel vederla mangiare di gusto, poi le venne in mente di chiederle il suo nome.
“Mi chiamo Toko e lavoro nella capitale, sono già in ritardo in effetti…  ma dovevo assolutamente assaggiare questo soba! Ehi, volete sentire una cosa divertente? Provate a mettere una O davanti al mio nome!”, disse ingurgitando gli spaghetti.
Usopp aggrottò la fronte, “…come O-Toko?”, chiese infine.
“Sì, ma io sono  una femmina!”, infatti OTOKO significava letteralmente MASCHIO.
Tutti si misero a ridere, la piccola Toko compresa, poi finì veloce di mangiare e riconsegnò la ciotola al cuoco ringraziandolo per il delizioso pasto.
“Devo proprio correre adesso! Ci sarà la processione della cortigiana! Venite anche voi!”, salutò con la mano allontanandosi.
Si diceva che la cortigiana fosse un'autentica bellezza...uno spettacolo da ammirare assolutamente, così i pirati decisero di prendere parte al piccolo evento.
 
Assistere alla processione delle cortigiane era un'occasione speciale a Wano, ma essere presenti al corteo della cortigiana Komurasaki era qualcosa di incredibile: moltissime persone si erano radunate per poter ammirare la bellezza favolosa della fanciulla più attraente del paese, anche Gwennie e gli altri erano davvero curiosi di poterla vedere ed erano riusciti a sistemarsi nelle prime file tra il pubblico.
Appena le varie kamuro fecero la loro comparsa nella via principale della capitale, la folla si animò, un violento chiacchiericcio riempì l’aria rendendo quasi impossibile sentire le parole della persona che si aveva accanto.
Quando arrivò Komurasaki, Gwennie rimase a bocca aperta: definirla bella non era abbastanza, era una dea dai lineamenti fini e nobili, i lunghi capelli lucenti raccolti in uno sfarzoso chignon adornato da tanti piccoli kanzashi meravigliosi, il jūnihitoe che indossava aveva colori ipnotici ed eleganti che facevano slanciare ancora di più la figura perfetta della donna.
Sanji era letteralmente impazzito nel vederla, un miracolo stava impedendogli di morire dissanguato causa la sua solita emorragia dal naso e anche Franky ne era magicamente ammaliato.
Un rumore riportò i pirati alla realtà: un gruppo di tre uomini stava brandendo dei coltelli e minacciava la cortigiana per qualche motivo che in quel momento non si riusciva a capire, fu quando Komurasaki parlò che le cose acquistarono un senso.
“Bingou caro, tu hai dato a me dei soldi dicendo appunto che erano per la mia persona, non vedo il motivo per il quale tu possa arrabbiarti dato che li ho spesi tutti proprio per me stessa. Odio le persone povere… vedi, per me gli uomini sono solo cani che mi portano i soldi…”, le sue parole furono come un coltello piantato nel cuore per quel povero vecchio che brandiva incerto una lama.
“Komurasaki! Ho venduto tutto quello che avevo per comprarti e farti divenire mia moglie! Adesso sono sul lastrico e lo Shogun ha bandito me e i miei fratelli dalla capitale! Siamo rovinati!”, gridò disperato.
Una guardia si fece avanti e lo scaraventò a terra con violenza intimandogli di andarsene subito.
Poco dopo la processione continuò fino a che la cortigiana non sparì dalla vista di tutti loro.
Gwennie aveva assistito alla scena rimanendo basita: la donna era davvero bellissima, anzi era probabilmente la donna più graziosa che avesse mai visto, ma le sue parole erano state orribili… il suo istinto le suggeriva che ci fosse qualcosa di strano dietro.
Accantonando i suoi pensieri, si unì agli altri per ritornare al chiosco.
 
Robin era stata convocata al palazzo da Orochi in persona che la desiderava alla sua festa di quella sera, mentre Franky si era recato dal suo capo per ottenere finalmente i progetti del castello dello shogun, per cui al chiosco erano rimasti solo Sanji, Gwennie e Usopp.
I tre stavano cercando di sistemare il disastro creato da Kaku e i suoi scagnozzi ripulendo la via dai vari detriti generati dalla lotta di quel pomeriggio: diversi pezzi di legno e macerie occupavano la piccola strada causando disagio ai tranquilli abitanti del quartiere, così i pirati li stavano accumulando per poi poterli smaltire il giorno seguente.
La sera stava calando lenta, i colori del tramonto misero malinconia a Gwennie, la quale iniziava a sentire la mancanza di un certo medico: erano difatti alcuni giorni che non vedeva Law.
Sospirò, avrebbe dovuto mantenere alto lo spirito, non le era permesso avere di questi pensieri.
Stava per concentrarsi nuovamente sul suo lavoro quando vide che proprio il suo Law era comparso all’improvviso nella via dove si trovava la bancarella di soba, munito dell'elmo di paglia che usava per celare il proprio volto.
 “Gamba nera devi nasconderti! Ne hai steso uno vero?”, disse controllando di non essere notato.
“Sì, certo ma dove sta il problema, se tornano gliene darò ancora!”, il cuoco era confuso, non capiva dove volesse arrivare il medico.
“Il problema è che questi qui sanno chi siamo, coraggio venite!”, fece un gesto per invitarli a fuggire con lui.
Il gruppo iniziò a correre a perdifiato e Gwennie fu molto soddisfatta nel constatare che ce la faceva benissimo, non le mancava il respiro e le gambe la sostenevano forti e solide.
“Se uno di noi verrà visto in giro, inizierà una vera e propria caccia all’uomo per scovare anche gli altri!”, spiegò trafelato Law.
“Oh no! Robin e Nami saranno in pericolo! Tu, Gwennie, sei già al mio fianco per cui non devi assolutamente preoccuparti, il tuo cavaliere ti proteggerà da qualsiasi pericolo!”, se avessero potuto, gli occhi del biondo avrebbero assunto la forma di due cuori.
“Ma che cavolo dici! Prima si è difesa da sola… se avesse aspettato te, quel tizio le avrebbe di certo rotto l’osso del collo!”, commentò sardonico Usopp.
Law lanciò un’occhiata severa verso Gwennie la quale gli fece un sorrisetto innocente in risposta, il chirurgo non poteva certo pensare che la giovane se ne sarebbe stata ferma ferma ad aspettare di essere salvata dagli altri… era una cosa che non le era mai piaciuta, fare da sola era sempre stato per lei motivo di orgoglio.
“In ogni caso, se venite catturati non fate una singola parola a riguardo dell’alleanza, dei visoni e dei samurai! Niente deve trapelare! Dovete morire portando il segreto con voi!”, concluse secco il capitano dei pirati Heart.
Usopp si rifiutò categoricamente di farlo, ribadendo la sua idea: se fosse stato reso prigioniero avrebbe spifferato ogni cosa pur di salvare la pelle e giudicò il chirurgo il peggior capitano di sempre.
“Sì, rispetto a Mugiwara sono più pungente”, ammise il dottore strappando così una risatina a Gwennie che correva accanto a lui.
Pungente o no, non lo avrebbe mai desiderato diverso da com’era, in nessun minimo dettaglio.
Un forte botto catturò l'attenzione di tutti loro: sopra alle loro teste stava volando niente meno che una casa...l'immobile era stato proiettato in aria da qualcuno di estremamente forte e arrabbiato, poco dopo si iniziarono ad udire delle voci provenire dalla direzione del lancio.
"Sangoro! Presto, vieni qui!", sembrava una donna in stato di disperazione assoluta.
Nemmeno a dirlo, Sanji si precipitò: un headliner molto forte facente parte della ciurma di X Drake, Page One, stava facendo a pezzi il chiosco di soba di una semplice ed innocente coppia di coniugi, con lo scopo di attirare il pirata reo di aver alzato le mani sulla famiglia Kyoshiro.
Lo scagnozzo di Kaido sorrise nel vedere arrivare il cuoco, aveva assunto la forma che gli aveva donato il suo frutto del diavolo Drago Drago modello Spinosauro, e con le sue forti fauci stava letteralmente demolendo tutto ciò che poteva aver a che fare con il soba.
"Che dici Traffy, mantenere la nostra forza combattiva per la battaglia finale è bene...ma anche diminuire quella del nemico non sarebbe affatto male, no? Basta che non lo scoprano...chi sono intendo!", Sangoro prese qualcosa dalla tasca, era la capsula che suo fratello gli aveva dato a Whole Cake...il potere della scienza della Germa 66 poteva essere utile al suo scopo?
Per scoprirlo non gli rimaneva che provare.

Carissimi, ben trovati!
Capitolo online!!!!!
Spero vi piaccia!!!
^.^
Un abbraccio!!!
BV

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Capitolo 6
*** Il segreto di Gwennie ***


Dato che Gamba Nera non aveva intenzione di lasciare perdere la città, a Law non rimaneva altro che assistere allo scontro in compagnia degli altri nakama di Mugiwara.

Mentre l'Uomo Naso e il Robotico erano completamente assorti nell'ammirare la trasformazione misteriosa del cuoco, il medico ne approfittò per scambiare un paio di parole con Gwennie.

Anche la ragazza guardava con interesse ciò che stava facendo il biondo, ma prestò tutta la sua attenzione verso il capitano dei pirati Heart, non appena questi le diede un colpetto al braccio.

"Che intendeva prima nasolungo? Quando ha detto che hanno provato a spezzarti il collo?", il suo tono era un misto tra preoccupazione ed irritazione.

La giovane riassunse rapida il piccolo scontro che lei e gli altri avevano avuto con gli uomini di Kyoshiro, sottolineando che avevano perlomeno provato ad agire nel miglior modo possibile.

Law sospirò, non era quello il punto.

"Non sei assolutamente in grado di sostenere uno scontro...sarai anche momentaneamente migliorata ma non sei di certo guarita...".

Lei mise il broncio e partì in quarta.

"Sono una pirata, Law. Malata, è vero, ma rimango sempre una pirata...non sono forte quanto gli altri miei nakama, ma la mia piccola parte mi piace farla. I pirati combattono, non si nascondono...ti ho promesso che avrei fatto attenzione e di sicuro manterrò la mia parola. Ma non puoi mettermi sotto ad una campana di vetro...non in questa situazione, con un Imperatore furioso che vuole la tua testa e quella di Rufy!"

Il chirurgo la guardò dritto negli occhi, non poteva certo darle torto ma davvero avrebbe voluto chiuderla nel Polar Tang finché non avesse trovato una cura per il suo male...tuttavia sapeva di non avere il diritto di farlo.

"Ascolta, Law...io ho bisogno di parlarti...devo spiegarti una cosa. Appena ci sarà possibile, ti prego trova il tempo di ascoltarmi!", arrossì come era solita fare.

Il capitano dei pirati Heart rimase attonito: allora aveva ragione, Gwennie aveva fatto qualcosa, il suo miglioramento non era stato naturale… perché era a quell'argomento che la ragazza stava alludendo, il pirata ne era certo.

E le prospettive sull'evolversi della faccenda non erano per nulla buone.

 

Sanji si sentiva strano: da una parte sapeva di essere molto più forte di quanto lo fosse mai stato in vita sua, la tuta che stava indossando era favolosa, gli permetteva di spiccare dei salti assurdamente alti, lo proteggeva dagli urti e, cosa in assoluto più importante, gli permetteva di diventare invisibile, celando così al nemico la propria posizione.

Purtroppo, il fatto di indossare una tuta studiata e realizzata dagli scienziati di suo padre, Vinsmoke Judge, gli dava il voltastomaco...non voleva essere scambiato per uno di loro, per un soldato della Germa 66.

Mentre osservava lo sguardo confuso di Page One, il quale non riusciva ad individuarlo grazie alla strategia prima descritta, si sentiva stranamente soddisfatto: il suo sogno infantile di poter diventare invisibile si era realizzato...e a permetterlo era stato ironicamente proprio suo padre, quel genitore che tanto aveva odiato e che continuava a detestare.

Lo scontro andava avanti e Sanji decise di suggerire agli altri compagni di precederlo...lui avrebbe pensato con calma a dare una lezione al sottoposto di Drake.

"Perchè ce ne andiamo?", chiese Usopp lanciando un'occhiata verso il cuoco di nero vestito, la tuta che indossava era infatti completamente di quel colore, fatta eccezione per un grande tre stampato sullo svolazzante mantello.

La città stava subendo le conseguenze del violento scontro tra i due pirati, le case si afflosciavano debolmente a terra mentre le macerie volavano rapide in aria per poi ricadere a diversi metri di distanza.

"Lo ha detto lui. Inoltre il fracasso sarà sempre peggio...dopo di quello arriveranno altri scagnozzi di Kaido e poi altri ancora, per un pò non potremo venire nella capitale. Dovremmo rifugiarci a Ebisu", Law correva rapido con la fedele Kikoku appoggiata alla spalla.

Franky teneva il passo, Usopp in spalla, rivolgendo ogni tanto una fugace occhiata verso il luogo della battaglia, augurava al suo amico di vincere in fretta e di poterli così raggiungere.

Gwennie annuì convinta, sentiva che il suo nakama aveva tutte le carte in regola per poter uscire vittorioso dallo scontro, non avrebbe avuto alcuna difficoltà.

 

Qualche tempo dopo, i cinque pirati trovarono rifugio in una casa abbandonata, situata nel villaggio di Ebisu.

Law aveva ottenuto un giornale e stava leggendo avidamente le notizie: di Rufy non si parlava, mentre era citata la fuga dalla prigione da parte di Eustass Kidd, il capitano dei pirati di Kidd, che al momento era alleato con Basil Hawkins e Scratchmen Apoo.

Sanji aveva nel frattempo raggiunto i compagni ed era rimasto malissimo nel venire a sapere che Komurasaki, la bellissima cortigiana, era stata uccisa dal boss Kyoshiro presso il castello di Orochi.

"Deve essere accaduto qualcosa durante il banchetto...Robin e gli altri staranno bene?", chiese Gwennie sedendosi accanto al cyborg.

"Usopp, perchè non provi a contattarli usando quella specie di lumacofono di Wano?", suggerì Franky spostandosi leggermente sul logoro tatami.

L'abitazione che li stava ospitando era davvero malridotta, le porte leggere erano tutte rotte e inutilizzabili, il tatami era pieno di buchi dovuti ad anni e anni di usura...per non parlare delle pareti sulle quali c'erano aloni di ogni tipologia.

La gente di quel villaggio viveva nella miseria più profonda e per Gwennie era una cosa intollerabile...i contadini non avevano nemmeno la possibilità di coltivare la propria terra per colpa dell'inquinamento, lo stesso valeva per l'allevamento degli animali, il quale non poteva avvenire sempre a causa della scarsità di cibo commestibile.

Senza mangime per le bestie non era certo possibile allevarle in modo sano e produttivo.

I compagni del gruppetto di Robin non rispondevano alle varie chiamate del cecchino, il quale sospese i tentativi di contatto...avrebbe riprovato più tardi.

"Basta piangere Sanji! Hai visto quella donna una volta sola!", sbottò, stufo della sconsolata nenia, il creatore del favoloso Pirata di Ferro.

Il cuoco non aveva smesso di disperarsi un solo minuto da quando aveva saputo della triste notizia.

"La morte di una bella donna è sempre una tragedia! Sei un insensibile!!!", aveva prontamente ribattuto il biondo asciugandosi gli occhi con un fazzoletto candido.

"Beh, era davvero la donna più bella che io avessi mai visto... le foto non le rendono giustizia...", commentò mogia Gwennie, spiando alle spalle del medico il giornale che stava leggendo.

Poi sbadigliò coprendosi la bocca con la mano.

Usopp le fece allora notare che quel giorno aveva lavorato parecchio al chiosco di soba portando avanti ed indietro le ciotole per i vari clienti e che, data la relativa tranquillità del momento, avrebbe potuto concedersi un riposino, se lo desiderava.

L'idea le piacque parecchio e accettò volentieri di sdraiarsi qualche minuto su un soffice futon raggomitolato nella piccola stanza accanto.

Poco dopo stava già dormendo.

Rompendo all'improvviso il silenzio che si era creato, Franky decise di chiedere una cosa al dottore...voleva saperlo da molto e aveva pensato di cogliere il momento giusto.

"Senti... è solo un miglioramento temporaneo?", domandò indicando la stanza adiacente alla loro...ricordava fin troppo bene quando a Zou credevano tutti di averla persa, dopo lo scontro con Calixte.

Law abbandonò a terra il giornale...rispose a voce bassa che non era di certo guarita e che avevano bisogno di trovare in natura un fattore purificante in grado di annientare la riproduzione del virus.

Al resto avrebbe pensato lui grazie alle sue conoscenze e ai suoi poteri.

"Ci manca il tempo però...", concluse amaro.

Il silenzio si impadronì nuovamente della stanza.


Mezz'ora più tardi, Law decise di andare a dare un'occhiata a Gwennie.

La ragazza era nella stessa identica posizione di quando si era sdraiata, non aveva mosso un muscolo e stava dormendo davvero profondamente.

Solo in quel momento il medico realizzò di non averla sentita dire nemmeno una parola nel sonno, fatto assai strano per lei, la quale era solita fare veri e propri discorsi onirici.

La mente razionale del pirata stava già facendo ipotesi in merito quando notò una cosa che lo fece allarmare: sulla porzione di futon vicino alle narici di Gwennie si era allargata una macchia di sangue rosso vivo.

Avvicinandosi, il dottore constatò che la giovane stava avendo una piccola emorragia al naso, cosa che le accadeva molto spesso prima di un peggioramento nello stato di salute.

Decise di svegliarla subito scuotendola dalla spalla.

Lei si mosse immediatamente, anche questo fatto piuttosto strano, rotolò sulla schiena come per potersi stiracchiare ma quando decise di inspirare a fondo, dovette soccombere ad un attacco di tosse sanguinolenta.

Ovviamente il sangue che era prima colato dal naso, era sceso lungo la trachea quando la ragazza aveva cambiato posizione, provocando così la tosse.

Gwennie si sorprese non poco nel vedere le macchie rosse sulla sua mano, guardò poi Law  con uno sguardo indecifrabile.

"Come ti senti? Ho notato il sangue e così ho deciso di svegliarti...", le posò le dita sul collo per poter rilevare il polso carotideo.

Era accelerato e non di poco, lo spavento appena provato non bastava di certo per causare quel ritmo.

La giovane riprese apparentemente il controllo di se stessa, affermò di sentirsi perfettamente e di non accusare nessun sintomo preoccupante.

"E questo come lo chiami? Sai bene che tra poco avrai un peggioramento...", il dottore la squadrò mentre l'aiutava a rimettersi in piedi.

Gwennie si sentì davvero spaccata in due: voleva assolutamente raccontargli tutto, detestava avere segreti con lui ma, purtroppo, sapeva benissimo come avrebbe reagito il chirurgo.

Infatti ne aveva la prova lampante esattamente davanti agli occhi: era letteralmente furioso.

"Law ne abbiamo già parlato...per favore lasciami combattere al vostro fianco...non potrei mai starmene semplicemente a guardare! E poi non avrò un peggioramento...ho solo perso la concentrazione, non accadrà più", spiegò riferendosi alla perdita di sangue dal naso.

Capì tardi di aver parlato un pò troppo.

"Che cosa significa? Come puoi essere certa di quanto hai affermato?", le si avvicinò tanto da poter sentire la delicata fragranza alla vaniglia che da sempre la caratterizzava.

La ragazza agì d’impulso, si gettò tra le braccia del medico e chiuse gli occhi riuscendo perfino a percepire, seppur lievemente, il battito del cuore di lui...quanto lo amava...avrebbe voluto stare così per sempre.

"Law, io mi fido di te...e delle tue abilità mediche. Trovo l'idea di trovare un frutto antiveleno a dir poco brillante e sono certa che ci riusciremo, lo scoveremo e tu mi farai guarire. Lo avresti già fatto se il virus non avesse eccezionali capacità mutagene.", confidarsi senza guardarlo negli occhi le riusciva più semplice, in quel modo non sarebbe diventata paonazza rischiando così di perdere il filo del discorso.

Il chirurgo pensò che Gwennie aveva ragione: se non fosse stato per le straordinarie proprietà di ricombinazione del bacillo, l'avrebbe guarita in un battito di ciglia estraendo le molecole del virus come aveva fatto su se stesso liberando il proprio corpo dal morbo del Piombo Ambrato, anni addietro sull'isola di Swallow.

Il pirata le cinse la vita con un braccio stringendola a sé... come era difficile accettare il fatto che lei volesse a tutti i costi combattere, partecipare alla battaglia che si sarebbe tenuta al Festival del Fuoco... ma in qualche modo avrebbe dovuto farlo.

"Capisco le tue ragioni, vuoi fare la tua parte. Ma promettimi ancora una volta di fare attenzione...", si staccò leggermente da lei per poterla guardare negli occhi, "...devi dirmi altro?".

La giovane si perse per un momento nelle grigi iridi di lui... ogni volta che le ammirava era come se fosse le prima, e il suo cuore perdeva puntualmente qualche battito.

Non poteva tacere ancora, il dottore doveva sapere.

"Sì, devo dirti una cosa...", iniziò incerta.

Stava per proseguire quando un leggero bussare allo stipite della porta attirò la loro attenzione: era Franky, li voleva informare del fatto che Sanji era sparito.

"Non vorrai dire che...", la ragazza lasciò in sospeso la frase.

Il cyborg sospirò.

"Credo di sì Gwennie, Sangoro sarà andato alla ricerca delle terme femminili! Figurati se non desidera provare il suo nuovo potere per spiare le donne nude!!! Qualunque uomo lo farebbe!", poi, notando l'espressione non propriamente benevola della giovane, aggiunse, "Sì, insomma ecco...beh è andato!".

Abbassando lo sguardo sul tatami, Gwennie espresse a voce alta la speranza che il cuoco non si facesse notare in qualche modo sconveniente, la situazione era già abbastanza complicata così com'era.

Mentre si avviarono per raggiungere Usopp, capì che anche quell'occasione di parlare con il chirurgo era svanita e che, molto probabilmente, non ne avrebbe avute altre.


Circa dieci minuti dopo, Gwennie si stava lavando il viso con la poca acqua pulita che Tonoyasu, uno strano abitante di Wano sempre disposto ad aiutare tutti, era riuscito a fornire ai suoi ospiti.

L’uomo, precedentemente, aveva dato una mano anche a Zoro, il quale si era perso per le campagne come suo solito...una volta arrivati al villaggio però, lo spadaccino si era accorto della sparizione di una delle sue preziose katane.

"Lo avete mancato davvero per poco!", aveva spiegato il buffo ometto, "si era sdraiato proprio dove siete voi adesso, su questo tatami per riposare un poco...ad un tratto si è svegliato gridando: ne manca una!!!".

Asciugando il viso con l'aiuto di un piccolo asciugamano rosso, la ragazza pensò ad uno Zoro arrabbiato che correva alla cieca per il paese...era terribile, già si perdeva in un ambiente circoscritto come un sottomarino, figuriamoci in una nazione grande come quella dove di trovavano adesso.

Sospirò mentre scioglieva i capelli e cercava di dare loro un senso passando tra le varie ciocche le dita affusolate.

In realtà Zoro poteva cavarsela benissimo, era inutile che continuasse a mentire a se stessa...la causa della sua preoccupazione era ciò che lei e Kiku avevano fatto.

Subito le era sembrata una buona soluzione per permetterle di essere finalmente di aiuto, ma dopo la piccola emorragia che aveva avuto, non ne era più così tanto sicura... anzi.

E poi il fatto di avere agito senza consultare Law le dava fastidio in modo assurdo...ma purtroppo in quel momento, alle rovine di Oden circa una settimana prima, lui non era stato presente...era dovuto andare a cercare di impedire a Rufy di creare confusione in città.

Afferrò i due nastri gialli e neri, raccolse i capelli sulla nuca cercando di fare una coda bassa... mentre si dava da fare, riportò la mente ai fatti accaduti quel famoso giorno.

Aveva avuto la crisi peggiore della sua vita, era stata decisamente male ma le cose si erano dimostrate diverse dal solito: i dolori al petto l'avevano brutalmente squarciata mentre la febbre le aveva fatto pulsare la testa, dandole l'impressione che stesse per esplodere a momenti.

All'improvviso che si era resa conto di essere in fin di vita.

Sarebbe morta di lì a poco, senza vedere Law per un'ultima volta, senza sentire la sua voce...senza poterlo salutare.

Aveva pianto in silenzio.

Poi il buio l'aveva misericordiosamente avvolta tra le sue braccia e in quel frangente, che a lei era parso breve ma che in realtà era durato parecchie ore, tutti i dolori erano sembrati meno acuti, fino quasi a sparire del tutto.

In realtà, meno dolore sentiva, più si avvicinava alla morte.

Ad un tratto era riuscita ad aprire gli occhi, era rimasta sola in quella grande stanza, intorno a sé non riusciva a vedere nessuno...aveva provato a chiamare qualcuno con tutte le poche forze che aveva.

Non molto tempo dopo era comparsa Kiku, la guerriera e Gwennie avevano avuto modo di stringere amicizia appena la pirata era arrivata a Wano.

"Ti prego Kiku...fallo...", aveva pregato la ragazza sofferente con un filo di voce, cercando di muovere la mano tremante.

"O-Gwennie ne abbiamo parlato...non sarebbe una soluzione. Il tuo male avanzerebbe ugualmente, solamente che tu non ne sentiresti gli effetti per un certo numero di giorni. Finito il tempo saresti travolta dai sintomi che non hai patito e credo...credo che potresti soccombere", mentre parlava aveva cercato di sistemare il canovaccio umido sulla fronte bollente dell'amica.

"Morirò tra poco...senza poterlo vedere...un...un'altra...volta...", gli occhi colmi di lacrime mentre il petto sembrava andare a fuoco, "...per favore...lui mi può salvare...ci serve solo un'informazione che potremo...trovare qui a Wano...una volta finito tutto...ma se morirò qui, adesso...".

Kiku aveva fatto un gesto con la mano come per chiederle di fare silenzio.

Quando Kin'emon era giunto a Wano portando con se degli alleati, la guerriera era stata subito diffidente, non conosceva quelle persone e nel suo paese gli stranieri non erano sempre benvoluti.

Dopo qualche giorno dal loro arrivo, Kiku aveva desiderato conoscerli meglio, la curiosità aveva vinto sul timore, e così aveva deciso di avvicinarsi all'unica ragazza presente nel gruppo.

Gwennie era stata molto cordiale e semplice, tra di loro si era instaurato quasi immediatamente un rapporto di amicizia, e durante una delle loro chiacchierate, la pirata si era confidata con Kiku, parlandole del virus e della nuova speranza che si era prospettata nel suo orizzonte.

La giovane di Wano era rimasta amareggiata nel sentire le dolorose parole della sua nuova amica, aveva desiderato poterla in qualche modo aiutare e così le aveva svelato di conoscere una tecnica antica usata dai samurai durante gli scontri più cruenti ma anche importanti.

"Capitava che i samurai, anche quelli più valorosi, si trovassero fisicamente provati nel bel mezzo della battaglia. Fu per evitare che i guerrieri perissero nel mezzo delle faide che fu studiata la tecnica di cui ti parlerò adesso: permette al corpo di non accusare i sintomi delle ferite, dei colpi e dei vari malesseri che possono comparire...questo effetto dura per alcuni giorni, tutto dipende dalla forza d'animo della persona alla quale è stata applicata la digitazione. Se il guerriero perde la concentrazione, la tecnica perderà effetto...ma se sarà così abile da ritrovarla, allora anche il benessere continuerà. Per mettere in atto tutto questo, io dovrei premere alcuni punti particolari del tuo corpo...", aveva parlato tranquilla, senza rendersi conto di ciò che aveva scatenato nella sua interlocutrice.

Gwennie le aveva chiesto di provare su di lei la tecnica, desiderava così tanto stare bene per aiutare i suoi nakama.

Kiku aveva ribadito la pericolosità del Do-In, ovvero il nome di questa antica arte, soprattutto quando veniva applicata su un fisico già gravemente provato, e si era quindi rifiutata di accontentare la giovane.

Alle rovine del castello di Oden, però, la situazione era cambiata...la guerriera aveva intuito che la morte stava paurosamente bussando alla porta della pirata e, agendo d'impulso, aveva messo in atto la particolare tecnica.

Le erano bastati pochi minuti, il sollievo era intervenuto quasi subito permettendo a Gwennie di riprendere le forze per mezzo di un profondo sonno ristoratore...in quel momento entrambe si erano sentite sollevate e speranzose.

Ma adesso, fuori da quella piccola abitazione fatiscente nel villaggio di Ebisu, la ragazza si chiese se sarebbe stata in grado di usare al meglio l'opportunità che le aveva dato la sua amica: era bastata la rassicurante presenza di Law per farle accusare qualche preoccupante sintomo, con lui accanto aveva involontariamente abbassato la guardia.

Finì di sistemarsi i capelli legando due fiocchi belli stretti.

Da quel momento in poi non si sarebbe più permessa di compiere un errore tale, la sua forza combattiva, seppur nettamente inferiore a quella di altri guerrieri dell’alleanza, l’avrebbe aiutata a mantenersi completamente concentrata.

Buonsalve a tutti!!!!
^.^
Ecco a voi il capitolo!
Un bacio grosso!!!
BV

 

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Capitolo 7
*** Amore ***


Ben trovati!
Questa volta il mio angolino precede il capitolo per due motivi:
  1. Da questo momento in poi chiamerò Orca con il suo nome originale, ovvero Shachi… mi sembra più corretto;
  2. In questo capitolo, come forse avete intuito dal titolo c’è una scena d’amore… scriverla è stato per me complicato dato che volevo che stessero insieme ma non desideravo descrivere il momento in modo troppo esplicito o volgare. Sarebbe favoloso se, una volta letto, mi diceste cosa ne pensate. Io ci ho messo tutta me stessa.
Grazie a tutti quelli che leggono puntualmente la mia fiction, a quelli che la commentano e a quelli che l’hanno messa nelle preferite, seguite, ricordate.
GRAZIE DAVVERO, VI VOGLIO BENE!
Detto ciò…buona lettura!
BV
 
 
 
 
Il piccolo gruppo formato da Franky, Usopp, Law e Gwennie avrebbe passato la notte al villaggio.
Era questa la conclusione alla quale erano arrivati dopo un’accesa discussione: il carpentiere, infatti, avrebbe voluto andare alla ricerca di Sanji, il quale si era certamente recato in città presso le terme femminili.
Law si era opposto spiegando che dividersi ulteriormente non sarebbe stato d’aiuto in quel momento e che, almeno lo sperava, così mascherato Gamba Nera non era facilmente riconducibile alla ciurma di Cappello di Paglia...perciò l’anonimato era al sicuro.
Tonoyasu fu così gentile da procurare loro del cibo non contaminato, non molto a dire il vero, ma bastava a saziare la fame dei pirati: in un cesto malandato fecero bella mostra di sé alcune mele rosse, un paio di pere e dell’uva nera.
Successivamente arrivarono anche diversi pezzi di pane integrale, un poco di riso cotto al vapore e alcune porzioni di pesce essiccato.
Usopp masticò infelice un pezzo di pane ripensando al favoloso soba che aveva assaporato qualche tempo prima...non c’era paragone tra i due pasti.
“Coraggio Usopp, puoi farcela!”, esclamò ridendo Gwennie mentre distribuiva solerte le porzioni ai suoi compagni.
Il cecchino la guardò sconsolato...non aveva scelta purtroppo...ma forse avrebbe potuto ottenere un altro poco di riso al vapore, era stato cotto alla perfezione e gli faceva decisamente appetito.
“Ummph… dai Gwennie mi daresti un altro poco di riso? Per favore… in cambio ti cedo una bottiglia del mio mirabolante olio di rospo...vedrai gli effetti miracolosi di questa lozione con i tuoi stessi occhi!”, miagolò furbo.
“Mi spiace Mister Oliodirospo...il riso è per Law. A lui non piace il pane, di conseguenza quello lo mangeremo noi e gli lasceremo in cambio qualcosa che invece gradisce”, aveva parlato mentre stava finendo di sistemare le pietanze.
Leggermente più tardi si rese conto di quello che aveva detto e, soprattutto, di come lo aveva detto: in modo decisamente premuroso...forse troppo premuroso.
Magari gli altri non avrebbero fatto caso a questa cosa, si disse mentre cercava il coraggio per alzare lo sguardo dal tatami sul quale lo aveva piantato poco prima causa forte imbarazzo.
Quando guardò in faccia Usopp ebbe la conferma di essersi completamente sbagliata: il suo compagno la guardava stranito mentre, senza distogliere lo sguardo da lei, afferrava un pezzo di pane che era stato precedentemente tagliato e disposto sul kotatsu che fungeva da tavolo da pranzo.
Cos’era quell’espressione che le parve di notare sul bel viso del dottore?
Una specie di sorriso che il diretto interessato stava cercando di celare?
Pazzesco, era forse riuscita a farlo ridere in presenza degli altri nakama???.
“Ehm, cioè… credo sarebbe meglio fare così, ecco”, si alzò rapida, “scusatemi, vado a prendere dell’acqua...torno subito!”.
Gwennie uscì più velocemente possibile dalla piccola stanza, raggiunse il giardinetto dove un corvo spaventato prese immediatamente il volo e si coprì la bocca con la mano...poi scoppiò a ridere come una matta...perché pazza lo era per davvero...pazza di amore per Trafalgar Law.
 
La notte era arrivata lentamente...il cielo aveva iniziato a scurirsi mentre gli uccelli volavano rapidi nel cielo per tornare ai loro rifugi, una leggera brezza faceva danzare le foglie verdi degli alberi creando così una coreografia magica.
Law non riusciva a prendere sonno...nella sua mente si accavallavano tanti pensieri e, stranamente per lui, non riusciva ad escluderne uno per dedicarsi completamente ad un altro.
In quel momento si trovava nel piccolo spiazzo erboso adiacente alla casa dove gli altri stavano dormendo, era uscito per prendere un pò d’aria e cercare di far chiarezza nella propria testa.
Appoggiato ad una vecchia staccionata di legno logoro, il dottore ammirò il cielo stellato...quella sera la luna sembrava una sottile falce, così fine da faticare per trovarla in quel blu scuro così intenso.
Un rumore lo riportò bruscamente alla realtà: si girò guardingo stringendo con la mano la sua nodachi, pronto a sguainarla in tempo zero, se fosse stato necessario.
Ma davanti a lui c’era soltanto Gwennie, la quale indossava semplicemente una hiyoku di seta leggera e ne stava tenendo chiusi i lembi sul petto con le sottili mani.
“Sei qui…”, constatò lei avvicinandosi piano, “...non ti ho visto dentro e mi sono chiesta dove ti trovassi…”.
Prese posto accanto a lui, alla staccionata… rivolse automaticamente lo sguardo verso l’alto, rimanendo rapita dal favoloso spettacolo che la natura stava loro offrendo.
Quello, pensò il dottore, era uno di quei momenti dove la sua mente analitica andava letteralmente a farsi benedire… guardò la giovane: i capelli sciolti, un poco arruffati, la sottile veste che ondeggiava ad ogni minimo movimento di lei, il dolce profumo che emanava...si rese conto di desiderarla ardentemente.
La ragazza, completamente ignara del fuoco che stava consumando il chirurgo, stava raccontando incerta di una scelta che aveva preso qualche giorno prima...ma lui non riusciva in alcun modo a prestare la dovuta attenzione.
L’afferrò per la vita facendola avvicinare tanto da permettere ai loro corpi di potersi toccare, la guardò dritto negli occhi senza dire nulla...le iridi verdi di lei si velarono di sentimento mentre il medico posava le labbra su quelle della giovane in un tenero bacio.
Gwennie abbassò le palpebre...era certa di avere il viso scarlatto, ma non le importava...quel lato del suo carattere non sarebbe mai potuto cambiare, se ne rendeva conto...quello di cui non era conscia era l’effetto che il suo rossore aveva sul bel dottore.
I circa trenta centimetri che differenziavano la loro statura erano ben visibili quando si trovavano così, uno davanti all’altra...per darle un secondo bacio, questa volta decisamente più intenso e passionale, Law dovette chinarsi verso la fanciulla che altro non aspettava se un nuovo contatto di quel genere.
La ragazza posò le mani dapprima sul petto di lui per poi scegliere di cingergli il torace in un abbraccio possessivo, con le dita sottili esercitò una leggera pressione sulla schiena del suo compagno in modo da fargli intendere cosa anche lei desiderava.
Poco lontano c’era una piccola baracca, doveva essere stato uno stanzino per degli attrezzi agricoli un tempo, ma ora era completamente vuoto...a terra erano rimasti solo alcuni sacchi vuoti di mangime per animali.
I due pirati entrarono senza fare alcun rumore, quando il capitano dei pirati Heart chiuse la porta alle sue spalle, Gwennie sentì il proprio cuore perdere colpi...era sempre così quando era con lui, anche per questo lato del suo essere non poteva farci proprio nulla...aveva amato moltissimo Ace, davvero...ma Law era un’altra cosa.
Lui stese sui sacchi vuoti il suo haori, posò Lamento Spettrale lì accanto, dove avrebbe potuto prenderla facilmente in caso di bisogno, e infine rivolse tutta la sua attenzione alla giovane...la aiutò prima a sedersi e poi a stendersi sul loro letto improvvisato, stava per darle un bacio quando lei lo sorprese.
“Mai, prima di adesso, ho amato qualcuno come amo te…”, gli mise le braccia intorno al collo prima di posare le sue labbra sulla bocca di lui, si lasciò andare con un bacio passionale ma anche carico di amore.
In risposta il dottore prese posto accanto a lei, le passò le dita tra i capelli con fare assorto mentre cercava le parole adatte per esprimere ciò che stava provando...non era così semplice per lui.
Fu distratto dal movimento delle mani della giovane che stavano tentando di sciogliere il nodo dell’obi del suo kimono, quando ci riuscì fece scivolare la stoffa delicata a terra per poi dedicarsi completamente al resto dell’abito: la veste cadde elegantemente a terra accanto alla cintura, lasciando il medico abbigliato con la sola biancheria.
Non più in grado di controllarsi, il dottore ricambiò il gesto facendo altrettanto con la fanciulla, la sottile hiyoku cedette all’abile manipolazione del ragazzo e finì presto sulla vetta del piccolo mucchietto di abiti che giaceva lì accanto.
Altri baci e carezze furono scambiati, dapprima in modo paziente, successivamente con passione e urgenza...il desiderio si faceva strada nei cuori dei due amanti, i quali non poterono far altro che assecondarlo.
Una volta liberati anche dagli ultimi indumenti che li coprivano, il medico entrò energicamente in lei provocandole un brivido di piacere che la scosse tutta… ne osservò poi il viso completamente rapito dall’intenso momento...era abbandonata al suo solo istinto...senza vergogna, senza alcuna inibizione.
Quando lui iniziò a muoversi avanti e indietro, deciso ed inesorabile, Gwennie si perse completamente nelle sensazioni che stava provando...era così forte, così vivido...così speciale...era sempre come la prima volta, come se non avessero mai fatto l’amore prima di allora.
Era come se tutto il resto fosse svanito...il tempo si fosse fermato.
I corpi allacciati in una convulsa danza erotica, i cuori battevano rapidi mentre gli sguardi scambiati freneticamente avevano il potere di esprimere tutto ciò per cui le semplici parole non sarebbero mai potute bastare.
Ad un tratto il ritmo dei movimenti si intensificò, la ragazza si aggrappò saldamente alla forte schiena di lui mentre un nuovo brivido la fece sussultare, sentì all’improvviso di essere sull’orlo del baratro e gemette forte quando effettivamente lo raggiunse.
Non molto dopo fu il turno di Law... raggiunse le vette del piacere affondando il viso tra i capelli di lei, sciolti sul pavimento, e riprese fiato riempiendosi i polmoni con la fragranza della sua amante, la quale giaceva tremante tra le sue braccia.
Per qualche minuto nessuno dei due ebbe modo di dire anche solo una parola.
Infine lui riprese il completo controllo di se stesso: afferrò un lembo del suo haori e coprì il ventre nudo della sua compagna per poi tornare a sdraiarsi su quel letto improvvisato.
Portò le mani dietro alla nuca, rimase fermo in quella posizione ad osservare il soffitto senza vederlo realmente, la mente in tumulto mentre seguiva un pensiero preciso.
Gwennie girò la testa per poterlo guardare bene in viso: sembrava lontano anni luce.
“Anche per me è la stessa cosa”, esclamò all’improvviso il chirurgo.
La giovane si mise seduta vestendosi rapida con la sua hiyoku prontamente recuperata dal mucchietto di abiti abbandonati, non desiderava infatti lui potesse vedere le sottili cicatrici che le solcavano la schiena.
Quelle orribili linee bianche parallele erano infatti il frutto delle terribili frustate che Gwennie aveva ricevuto da Doflamingo a Dressrosa, presso la Stanza dei Semi, e temeva potessero evocare nella mente del dottore degli amari ricordi...come del resto succedeva spesso anche a lei stessa.
Una volta ricomposta lo fissò intensamente.
“Quello che hai detto prima… tu mi stai facendo provare sentimenti e sensazioni che non sapevo nemmeno potessero esistere”, la baciò poi con lentezza, come per assaporare ogni piccola sfumatura racchiusa in quel gesto.
Anche se il medico non aveva usato un’inflessione particolarmente romantica della voce per dire quelle parole, come era naturale aspettarsi da lui, la giovane fu estremamente commossa...gli occhi le divennero lucidi mentre deglutì a vuoto per provare a controllare delle dispettose lacrime che volevano poter scorrere libere sulle sue guance ancora arrossate.
Tornò a sdraiarsi accanto a lui e quando gli fu vicino si accoccolò sul suo petto...avrebbe davvero voluto che quel momento durasse in eterno, pensò felice mentre Morfeo la stava conducendo inevitabilmente nel regno dei sogni.
 
Gwennie si svegliò di colpo: qualcuno la stava scrollando per la spalla con energia...si girò rapida e si sorprese notevolmente vedendo Usopp inginocchiato accanto a lei.
I ricordi della notte precedente fecero capolino nella mente della ragazza causandole un momento di autentico panico: se il suo nakama era lì significava che aveva scoperto di lei e Law?
Si erano addormentati insieme e solo parzialmente vestiti… oh che guaio!
La giovane si mise a sedere scrutando agitata l’ambiente intorno a lei: rimase sbalordita nel constatare di trovarsi nella stanzetta che le era stata assegnata nella casa-rifugio dove avevano dormito tutti gli altri.
Capì dunque ciò che era accaduto: Law si doveva essere svegliato presto e averla riportata ancora addormentata nella sua stanza, impedendo così ai loro compagni di poterli scoprire.
Si appuntò mentalmente di ringraziarlo.
“Gwennie presto, Nami e gli altri sono arrivati…”, il cecchino pareva turbato, infatti, dopo una piccola pausa, proseguì, “...e non ci portano buone notizie...Bepo, Shaci e Penguin sono stati catturati!”.
La ragazza smise di respirare per qualche secondo, successivamente si alzò recandosi verso il suo komon accuratamente ripiegato in un angolo, lo indossò veloce facendo cenno all’amico di condurla dagli altri nakama.

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Capitolo 8
*** Don't touch my Trio ***


da qualche parte nel Nuovo Mondo - a bordo di una certa nave della Marina
 
Leroy masticò con aria assente un boccone del suo panino imbottito mentre con la mano cercò goffamente di afferrare il bicchiere di carta che conteneva la sua bibita.
Era talmente assorto che finì per urtare il contenitore in malo modo...in pochi attimi tutto il contenuto si riversò a terra andando a colorare di arancione le mattonelle bianche che formavano il pavimento.
Sospirò rassegnato cercando con lo sguardo qualcosa di utile con cui poter pulire.
Finché era impegnato in questa sua particolare ricerca, la mente gli ripropose le parole che il suo superiore gli aveva detto quel mattino, all’alba, quando buona parte dell’equipaggio stava ancora dormendo beatamente.
Ma il commodoro Sasaki non stava affatto dormendo, infatti aveva convocato Leroy con urgenza nel suo ufficio: c’erano importanti novità in merito alla figlia di King.
Dal rapporto che aveva ottenuto dal suo informatore era chiaro che la ragazza, probabilmente con l’aiuto dei suoi compagni, era riuscita a mettere fuori gioco la Aubert… di conseguenza qualcun altro era stato mandato per completare la missione fallita dall’ avvenente bionda.
Leroy ricordò di aver sorriso quando aveva sentito quale sorte aveva colpito Calixte… quella gallina aveva avuto senz’altro ciò che meritava… mai aveva conosciuto essere più irritante e cafone di quello.
Ora, la questione spinosa di cui voleva parlare Sasaki era proprio in riferimento alla persona mandata a completare la missione… il suo informatore non aveva dubbi, si trattava del famigerato Senza Anima, nomignolo affibbiato a John Smith, un sicario senza scrupoli che agiva all’ombra di pezzi molto grossi della società.
Smith era uno dei peggiori elementi che il commodoro avesse mai conosciuto… lo aveva quasi visto in azione e ne era rimasto negativamente impressionato: non conosceva pietà, non aveva sentimenti...il suo unico scopo era completare la sua missione e, per farlo, utilizzava qualsiasi mezzo a sua disposizione.
In parole povere, la King era praticamente già morta.
Sasaki aveva già nutrito parecchi dubbi in passato sulla faccenda del VDM-03, ma quando aveva saputo che Smith era stato messo alle calcagna della ragazza, ogni sua incertezza in merito si era completamente dissipata.
“Qualcosa non va, Leroy… la King è una ragazzetta malandata, Smith è un sicario sanguinario e violento, non ha senso affidare ad un tipo come lui un incarico del genere. La pentola sta bollendo ma io non ho la minima intenzione di essere presente quando il coperchio salterà”, aveva parlato sorseggiando una tazza di tè verde appena fatto.
Leroy si era mosso a disagio: gli seccava molto ammetterlo ma anche lui percepiva qualcosa di strano…la loro missione era stata caratterizzata da una particolare segretezza fin da subito, nemmeno il suo superiore ne sapeva tanto più di lui.
I fascicoli sul padre della King erano stati secretati e in quel poco che il giovane marine aveva potuto esaminare si raccontava una storia decisamente diversa da quella che avevano propinato loro.
L’unica cosa davvero chiara era la presenza di un burattinaio il quale doveva avere preziose conoscenze ai piani alti della Marina.
Questa conclusione aveva fatto storcere lo stomaco di Leroy… dov’era finita la sua Marina?
Quella che applicava indiscriminatamente la giustizia, che proteggeva gli innocenti e aiutava i bisognosi… esisteva ancora o era stata completamente spazzata via da questa misera organizzazione che ne portava senza merito il nome?
“Quali sono le sue direttive, signore”, aveva chiesto pacatamente il giovane riprendendosi.
Il suo superiore aveva sorbito tutta la sua bevanda prima di rispondere, si era poi alzato per andare a posare la tazza ormai vuota sul piccolo tavolino posizionato vicino alla finestra.
Sospirando aveva ammirato il mare per qualche minuto prima di rispondere.
Mentre passava energicamente alcuni pezzi di carta da cucina sul pavimento per rimediare al disastro causato dalla sua spremuta d’arancia, Leroy non riuscì reprimere un piccolo sorriso...la giustizia non era morta, pensò tra sé, la giustizia esisteva ancora ed era più forte che mai.
 
 
Paese di Wano
 
In un’abitazione più grande, erano riuniti tutti gli altri: c’erano Sanji, Nami, Kanjuro, Shinobu, Franky, Robin e Law, quest’ultimo con un’espressione grave sul viso, e stavano discutendo sul da farsi.
A quanto pareva, il significato del puzzle che avevano usato per radunare gli alleati era divenuto palese, facendo capire così al nemico che c’era qualcosa che bolliva in pentola.
“L’orso e quegli altri avranno sicuramente spifferato tutto! Sono stati imprigionati e poco dopo vediamo il nostro piano andare praticamente a monte!!”, Shinobu gridò disperata.
Law ribadì fermo che i suoi compagni avrebbero preferito morire piuttosto che parlare...era davvero furioso, lo si capiva chiaramente.
“I prigionieri vanno eliminati! Subito! Prima che possano rivelare anche dell’altro!”, continuò la kunoichi ignara dell’effetto delle sua parole.
Improvvisamente tutti tacquero.
Un lampo argentato era comparso dal nulla attraversando la stanza silenziosamente, poco dopo una mezzaluna lucida si andò a piantare decisa sulla parete legnosa a pochi centimetri dal viso della guerriera alleata storica di Kin’emon, quella sgranò gli occhi palesando così il suo spavento.
Il braccio di Gwennie tornò lento a posarsi sul fianco, sul viso della giovane c’era un’espressione di autentico furore, gli occhi verdi sembravano pietre dure, la bocca era caratterizzata da un segno deciso.
“Non permetterti mai più di parlare così dei miei amici, chiaro?”, sibilò appena udibile.
Tutti i presenti voltarono lo sguardo su di lei: erano rimasti letteralmente senza parole, Usopp aveva aperto la bocca ma non ne era uscito alcun suono.
“Tu non capisci!”, si riprese Shinobu, “stiamo aspettando questo momento da ben vent’anni! Non possiamo…”.
Ma la pirata non la lasciò terminare, le fece notare che la fuga di notizie poteva provenire da qualsiasi delle persone alle quali avevano consegnato il foglietto del puzzle e non necessariamente dai loro compagni che erano stati catturati.
La kunoici però non fu da meno, sottolineò nuovamente che il significato dell’enigma era stato rivelato esattamente dopo la cattura dei tre pirati Heart, ribadendo che difficilmente poteva trattarsi di una coincidenza.
Gwennie mosse dei rapidi passi verso la donna, allungò il braccio per recuperare la metà del suo chakram e dischiuse le labbra per poter ribattere, quando la mano di Law le si posò sulla spalla.
Franky tirò un sospiro di sollievo: vedendo la sua amica così arrabbiata, aveva temuto per un attimo che la situazione potesse degenerare.
“Non dimenticare che oggi hai dubitato dei miei compagni. Non esiste che mi faccia guardare le spalle da qualcuno di cui non mi fido...soprattutto quando si tratta di vita o di morte”, il dottore si rivolse freddo a Shinobu e per un momento parve che volesse quasi infilzarla con lo sguardo.
Dopo qualche istante di silenzio, il medico girò sui tacchi e fece per andarsene.
Gwennie lo guardò uscire dalla porta e capì al volo cosa fare: si volse verso i compagni inchinandosi profondamente.
“Ragazzi, voi siete i miei nakama...ma io adesso devo andare con lui. Mi dispiace ma le parole di Shinobu sono state orribili anche per me... Bepo e gli altri mi sono sempre stati accanto, hanno vegliato su di me nonostante al tempo non mi conoscessero affatto...hanno salvato anche Rufy a Marineford…”, fece una pausa.
La gola le si strinse mentre immaginava suo malgrado ciò che probabilmente stavano subendo i suoi amici...chiuse un momento gli occhi per cercare di far sparire quei pensieri dalla mente.
“...non posso tollerare tutto questo...questo giudizio gratuito su delle persone che si conoscono appena...mentre loro in chissà in quale stato si trovano!!!”.
Sollevò lo sguardo per poi posarlo su ogni suo compagno, ignorò Shinobu che non si era mossa di un millimetro, fece un piccolo sorriso a Kanjuro, il quale stava cercando di placare gli animi, e lo pregò di non dire altro...successivamente li salutò tutti con la mano e, prima che potessero proferire parola, seguì rapida il capitano dei pirati Heart.
 
 
Law era talmente furioso che non si accorse della presenza di Gwennie per un bel pò...fu quando decise di sedersi su di una grossa roccia presso l’inizio del bosco che la vide trotterellare sui suoi passi.
“Che ci fai qui?”, il suo tono fu forse troppo brusco, infatti lei decise di non rispondere, prese invece posto accanto a lui, in silenzio.
Passarono diversi minuti...gli uccelli tracciavano degli ampi cerchi nel cielo azzurro mentre il vento scompigliava delicato i rami degli alberi facendo cadere qualche foglia ingiallita che turbinava al suolo con la delicatezza meravigliosa che solo la natura può vantare di possedere.
“Scusami”, la voce di lui ruppe il filo dei pensieri della giovane.
“E di cosa…”, si avvicinò un poco, “...pensi che...insomma...staranno bene?”.
Il medico la osservò voltando la testa verso di lei: era davvero molto preoccupata per Bepo e gli altri...forse quanto lui...ma come poteva rassicurarla se lui stesso era in serio pensiero per i suoi compagni?
Orochi era un sadico senza cuore, in quel momento era anche terrorizzato dal possibile avverarsi della profezia enunciata da lady Toki prima della sua morte, ovvero il ritorno del clan Kozuki...probabilmente aveva dato ordine di estrapolare dai tre pirati quante più informazioni possibili…e per farlo aveva di sicuro concesso l’utilizzo di qualsiasi mezzo.
Cercò comunque di farsi venire in mente qualche frase, giusto per non mostrarsi così preoccupato quando la ragazza posò il capo sulla sua spalla.
“Non devi sentirti in obbligo di seguirmi...è tua libera scelta quella di stare con i tuoi compagni…”, Law parlò piano sperando che Gwennie comprendesse il vero significato delle sue parole.
“Non potrei...Shinobu ha ferito anche i miei di sentimenti...non può parlare così del mio Trio…”, sollevò decisa la mano stretta a pugno.
“Il tuo cosa?”, il chirurgo ruotò il busto per poterla vedere bene in viso.
Lei arrossì vistosamente abbassando il braccio.
“Ecco...loro tre sono spesso insieme...così nella mia mente...così...io.... ehm, io li ho soprannominati il Trio Artico…”, distolse lo sguardo notevolmente imbarazzata.
Gwennie sentì le guance andare a fuoco...come sempre, in situazioni simili a quella, doveva aver assunto un colorito piuttosto acceso ma questo non la dissuase nello scendere dal suo scranno improvvisato e andare a posizionarsi dritta in piedi esattamente davanti al dottore.
Stava sfoderando un particolare sorriso… un sorriso decisamente agguerrito.
“Allora, andiamo a prenderli?”, domandò infine alzando un angolo della bocca.
Sul bel viso del capitano comparve un ghigno mentre pensava tra sé che Penguin aveva proprio ragione… lei era una di loro, una dei pirati Heart.
 
Usopp e Nami erano seduti su di una panchetta in legno presso una delle fatiscenti abitazioni del villaggio di Ebisu.
I bambini giocavano per le strade nonostante avessero fame e sete, riuscivano a rallegrare lo spirito degli adulti che li guardavano mantenendo sempre il sorriso sulle labbra.
Un’anziana stava parlando con dei concittadini in merito ad alcuni nuovi arrivati...erano appena stati espulsi dalla capitale dato che non avevano più un soldo.
“Maledizione”, sbottò ad un tratto il cecchino, “Traffy si è infuriato ed è andato via...senza contare Gwennie che lo ha seguito! Spero proprio che tornino...perché Shinobu ha dovuto dire tutte quelle cose!!!”.
Nami sospirò, le gambe accavallate e la mano a reggere il mento.
“La posso capire...aspettano questo momento da vent’anni...deve essere stata dura per loro…”, aveva parlato osservando un anziano mentre stava intrecciando dei robusti fili di paglia in modo da poter infine confezionare un cesto.
Usopp espresse la sua solidarietà verso Bepo e gli altri, non li avrebbe di certo biasimati se avessero effettivamente parlato, soprattutto dopo aver subito una probabile tortura.
“Uhm… tortura dici? Forse io avrei resistito...facciamo tre secondi?”, la rossa scoppiò in una risata senza gioia, sperava davvero che gli alleati stessero bene.
“Capisco anche Gwennie. Ha passato tanto tempo con loro e logicamente sono diventati amici...quel che mi preoccupa è che lei voglia aiutarli in qualche modo. Adesso come adesso sarebbe meglio non fare niente per recuperarli, immagino.”, appoggiò entrambi i piedi a terra allungando le gambe per stirarsi.
“Forse...ma dopo la sfuriata di Shinobu credo che Law vorrà recuperare i suoi nakama prima possibile, proprio per dimostrare la loro innocenza. E Gwennie andrà con lui di sicuro…”, Usopp guardò lontano.
La navigatrice annuì, la pensava allo stesso modo.
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Che le danze abbiano inizio! ***


Kiku osservò per l’ennesima volta l’imponente figura di O-Lin: era una donna molto robusta e alta, si percepiva una immensa forza combattiva in lei anche se il suo viso, almeno in quel momento, aveva un’espressione molto mite e dolce.
Quando l’avevano trovata svenuta sulla spiaggia di Kuri, diverse ore prima, Choppemon l’aveva subito riconosciuta: quella naufraga era nientemeno che uno dei Quattro Imperatori, la terribile Big Mom.
Molto probabilmente aveva inseguito Rufy a Wano, arrabbiata ed indispettita per quello che era accaduto a Whole Cake, ma soprattutto desiderosa di vendicarsi cancellando la supernova dalla faccia della terra.
Quando aveva aperto gli occhi però, avevano potuto capire che fortunatamente la donna non ricordava chi in realtà fosse, il suo stato mentale era regredito fino a farle pensare di essere tornata una semplice bambina affamata alla continua ricerca del suo piatto preferito.
Al villaggio degli avanzi Tsuru aveva preparato per O-Lin una ciotola di shiruko e la donna aveva molto apprezzato sia il cibo che il gesto della moglie di Kin’emon: nonostante la povertà di quella gente fosse decisamente palese, avevano fatto in modo di riuscire ad omaggiare la loro ospite donando quel poco che avevano.
Era poi iniziato il loro viaggio verso Udon, dove si trovava prigioniero Rufy, in groppa ad un enorme coccodrillo che Big Mom aveva convinto a collaborare grazie ad un paio di pugni ben assestati.
Durante il percorso la naufraga aveva chiacchierato amabilmente con O-Tama, Momonosuke si era allenato con la sua katana di bambù desiderando essere d’aiuto durante lo scontro finale mentre Choppemon si trovava in perenne stato di ansia, aveva infatti raccontato all’enorme donna che, dove stavano andando, avrebbe potuto mangiare shiruko a sazietà.
In realtà non sapeva se e dove avrebbero potuto trovare una quantità tale di dolce da poter saziare Big Mom...ma la cosa importante era tenerla con loro in modo che non recuperasse la memoria rischiando così di diventare un ulteriore ostacolo per gli alleati.
All’improvviso Kiku sentì Momonosuke lanciare un grido mentre calava pesantemente la shinai e lo ammonì di non usare più quel termine che, a detta del bambino, gli era stato insegnato da Zorojuro.
La guerriera si avvicinò al rampollo del clan Kozuki per spiegargli che quella parola non era propriamente adatta ad una persona del suo rango, le sembrava di averne sentita una simile in passato in un villaggio lontano di Wano.
Soddisfatta per la reazione del bambino si girò per tornare a sedersi dove era poco prima, quando notò un quadratino bianco che svolazzava inerme sulla pelle del coccodrillo...subito non capì di cosa si trattava, ma quando mangiò la foglia si gettò sul foglietto di carta afferrandolo con entrambe le mani prima che potesse volare via.
Si trattava della missiva che le aveva affidato O-Gwennie diversi giorni addietro, smarrirla sarebbe stato a dir poco imbarazzante...si chiese come aveva potuto perderla dato che l’aveva ben nascosta nel suo obi.
Cadendo e rimanendo diversi minuti in balia della brezza, il foglio di carta si era aperto, Kiku cercò di non leggerne nemmeno una sillaba mentre lo ripiegava rapida ma i suoi sforzi furono vani.
I suoi occhi avevano percepito una sola parola ed era bastata per farla rimanere a bocca aperta: chiese scusa mentalmente a Gwennie, riaprì il messaggio e lo lesse tutto avidamente.
Quando ebbe terminato lo ricompose mettendolo di nuovo tra le fasce della cintura del suo variopinto kimono, poi osservò le sue mani abbandonate in grembo mentre le sottili dita si stringevano a formare un pugno.
Non solo aveva tralasciato la cosa più ovvia, ma aveva anche stupidamente applicato la tecnica del Do-In sul fisico provato di Gwennie, la quale avrebbe di sicuro sfruttato il momento per combattere al pieno delle sue capacità… senza purtroppo pensare alle reali conseguenze della sua scelta.
Era stata una sciocca.
Inoltre aveva promesso di consegnare la lettera solo nel caso in cui la sua amica fosse perita in battaglia, quindi non poteva parlare di quanto aveva letto nemmeno con il destinatario del messaggio, in caso fosse stata in grado di raggiungerlo.
Ad un tratto ebbe un’idea, si avvicinò a Choppemon e gli chiese un paio di informazioni...lui era un medico e forse l’avrebbe potuta aiutare a fare un pò di chiarezza così da capire se la sua illuminazione poteva essere corretta o meno.
Per la mezz’ora successiva ascoltò con attenzione le esaustive risposte della piccola renna sentendosi un pò meno angosciata… se O-Gwennie fosse riuscita a sopravvivere forse lei avrebbe avuto modo di sistemare quel pasticcio che aveva involontariamente creato, ma prima avrebbe dovuto obbligatoriamente parlare con una persona.
 
Penguin chiuse gli occhi: un’emicrania terribile gli faceva pulsare fastidiosamente le tempie, aveva fame e molta sete, inoltre si sentiva decisamente colpevole... colpevole di essere stato catturato e di essere quindi diventato un problema per il suo capitano.
Ma sapeva di essersi comportato bene durante le varie torture...non aveva detto una parola, nemmeno quando il dolore era stato talmente intenso da togliergli momentaneamente la capacità di vedere o sentire come ad esempio quando le orecchie avevano fischiato intensamente mentre lui aveva accusato dei colpi di bastone alla testa.
Riaprì le palpebre pesanti...cercò Shachi con lo sguardo trovandolo accasciato al muretto poco più in là...era letteralmente coperto di sangue, le narici ne erano incrostate mentre il kimono ne era macchiato in diversi punti.
Non si muoveva e Penguin sperò con tutto se stesso che stesse semplicemente recuperando le forze, avrebbe voluto spostarsi per mettersi accanto al suo amico ma non era in grado di muovere un singolo muscolo in quel momento.
“Tranquillo, è vivo…”, sussurrò un altro prigioniero che stava in piedi accanto a lui.
Era piuttosto robusto, aveva i capelli molto chiari, biondi o addirittura bianchi...Penguin non avrebbe saputo dirlo con certezza, la vista gli era ancora tornata del tutto normale.
Il tizio gli si avvicinò porgendogli una piccola tazza che conteneva un liquido trasparente ed inodore, sorrise vedendo comparire sul viso del pirata un’espressione decisamente diffidente. 
Decise di provare a rassicurarlo: quel ragazzo era stato davvero tenace durante gli interrogatori… era naturale che non si fidasse di nessuno e, a dirla tutta, faceva bene...in quella situazione la prudenza non era mai troppa.
“Ti capisco...non credi che questa sia della semplice acqua...magari io non sono un prigioniero ma una delle guardie di Orochi che si è infiltrata qui per riuscire ad estorcerti delle informazioni fingendomi tuo amico...ma vedi...io non lo sono. E lo puoi constatare tu stesso…”, l’uomo indicò la propria caviglia dove spiccava scuro il tatuaggio di una mezzaluna crescente inversa.
Penguin afferrò la tazza e ne bevette avido tutto il contenuto, poi spostò automaticamente lo sguardo su Shachi, il quale però non si era mosso di un millimetro.
“Non preoccuparti...si riprenderà. Mi sembrate piuttosto forti voialtri...ne sono contento e sollevato. Siamo i vostri alleati. Purtroppo ci troviamo qui a causa di una fuga di notizie…”, il biondo sedette pesantemente a terra passandosi rapido una mano sul volto.
“Noi non abbiamo parlato!”, esclamò il pirata ritrovando la voce.
L’altro annuì convinto e aggiunse che li ammirava per questo.
Un leggero lamento catturò l’attenzione di entrambi: dal suo angolino Shachi si era leggermente mosso iniziando a riprendere conoscenza per la somma gioia del suo compagno il quale si lasciò andare con un gran sospiro di sollievo.
 
Dietro alla prigione dove erano rinchiusi Shachi, Penguin e Bepo c’era una piccola zona riservata al mercatino settimanale: sulle bancarelle che lo popolavano si poteva trovare veramente di tutto… dai generi di prima necessità come frutta e verdura, riso, pesce e perfino carne ma anche abiti, stoffe e monili di vario genere, oggetti per la casa, attrezzi da lavoro inoltre non mancavano neppure i famosi chioschi simili a quello di Sangoro, dove degli abili cuochi preparavano delle prelibatezze da leccarsi i baffi.
I proprietari dei vari banchetti erano molto gentili e loquaci, infatti sapevano bene che la loro possibilità di vivere nella capitale dipendeva esclusivamente dalla capacità di avere un buon lavoro che fruttasse denaro.
Law e Gwennie gironzolavano tra le bancarelle allo scopo di studiare bene la prigione, le varie possibilità di entrare e uscire, il numero e la posizione delle varie guardie e altri piccoli particolari che il medico aveva precedentemente elencato.
Mentre stava osservando estasiata degli splendidi gioielli, la ragazza aveva voluto sapere il motivo di tutto questo dato che il chirurgo avrebbe usato i suoi poteri per far evadere il Trio.
“L’imprevisto è sempre dietro all’angolo. E’ meglio essere preparati per ogni evenienza”, aveva risposto lui guardandola emozionarsi davanti ad alcuni ninnoli d’argento.
Dato che a Gwennie era venuta fame, decisero di fermarsi ad un piccolo chiosco dove servivano del soba...la giovane ricordò di avere qualche soldo in tasca e comprò una porzione più alcuni onigiri da una bancarella accanto.
Sedettero su dei gradini di pietra e la ragazza consumò avidamente il suo pasto sotto lo sguardo inquisitore di Law.
“Non avresti tutta quella fame se a Ebisu avessi diviso equamente il riso invece che darlo quasi tutto a me…”, osservò con un sorrisetto malizioso sulle labbra.
“Touchè!”, esclamò lei sorridendo, non potendo impedire alle proprie guance di prendere il solito colorito acceso.
Il chirurgo sorrise tra sè...doveva ammettere di sentirsi vagamente compiaciuto quando riusciva a farla arrossire in quel modo anche solo dicendo poche e semplici parole.
La sua mente analitica aveva infatti notato che quando a farle dei complimenti o a dirle qualcosa di estremamente galante era un altro, ad esempio Gamba Nera, l’incarnato di Gwennie rimaneva assolutamente immutato.
Doveva pure ammettere di trovarla particolarmente carina quando le accadeva di arrossire, constatò guardandola posare le bacchette di legno sul bordo della ciotola ormai vuota.
Successivamente la ragazza tornò al chiosco per restituire la scodella quando notò del trambusto poco lontano: sembrava che tutti i proprietari delle bancarelle stessero smantellando alla svelta i loro banchetti.
Decise di saperne di più interrogando il venditore di soba in merito al motivo di tanta confusione.
“Ci sarà un’esecuzione presso la prigione! Dobbiamo sgomberare tutto alla svelta!”, aveva risposto l’uomo afferrando le sue cose e mettendole nel carretto di legno che usava per spostarsi.
Gwennie aveva nettamente percepito lo stomaco mentre si contraeva...un’esecuzione alla prigione dove erano rinchiusi Penguin, Shachi e Bepo?
No, si rassicurò mentalmente… non può essere uno di loro!
“Mi scusi ma chi…”, iniziò a domandare con la voce che le si affievoliva a causa della crescente preoccupazione.
“Il Ragazzo di Mezzanotte! Lo hanno catturato proprio oggi!”, gridò in risposta l’uomo del banchetto degli onigiri, “Lui fa avere dei soldi alle persone che ne hanno più bisogno...agisce sempre di notte, per questo gli è stato dato quel nome! E’ il benefattore dei poveri!”.
La giovane si sentì suo malgrado sollevata...certo le dispiaceva per l’ingiusta sorte del misterioso Ragazzo ma era senz’altro soddisfatta nel constatare che non era uno dei suoi amici a dover andare al patibolo.
Inoltre lei e Law avrebbero potuto approfittare del trambusto che si era creato per avvicinarsi all’edificio in questione senza dare nell’occhio.
Tornò di corsa dal medico il quale aveva preferito aspettare in disparte con il suo elmo di paglia cacciato in testa, una volta raggiuntolo gli spiegò tutto il più rapidamente e chiaramente possibile.
“E’ la nostra occasione!”, esclamò infatti lui dopo aver ascoltato attentamente.
Vedendo che la ragazza stava faticando a riprendere fiato, sollevò l’elmo per sincerarsi che stesse effettivamente bene: non gli sembrava una semplice mancanza di respiro causata da un’improvviso sforzo fisico...pareva quasi che stesse per avere un vero e proprio attacco d’asma. 
Gwennie mangiò subito la foglia.
“Sto bene… ho solo fatto una corsa mentre ero in fase digestiva...aveva appena mangiato ricordi? Ed è una cosa da evitare…”, abbozzò un sorriso.
Lui annuì poco convinto pensando che in effetti poteva accadere: dopo aver consumato un pasto, il sangue irrora maggiormente lo stomaco per facilitare la digestione causando così un leggero rallentamento nelle funzioni degli altri organi.
Quando apparentemente lei si riprese, si incamminarono cercando di mimetizzarsi tra la numerosa folla che si stava radunando davanti all’ingresso della prigione in modo da poter constatare chi si celasse realmente dietro alla leggendaria figura del Ragazzo di Mezzanotte.
La pirata sospirò di sollievo...era riuscita a convincere Law che il suo piccolo problema respiratorio fosse soltanto passeggero.
Stringendo tra loro le mani sottili pensò determinata che in quel momento il medico doveva potersi concentrare unicamente per salvare il Trio… lei non avrebbe causato nessun tipo di distrazione in questa loro missione.
Se per colpa del suo stato di salute avessero fallito non se lo sarebbe mai perdonata.
 
Diversi fatti accaddero poco dopo il distacco di Law e Gwennie dal gruppetto che si stava nascondendo ad Ebisu.
Il primo fra tutti era che Zoro aveva conosciuto la sorella di Momonosuke, Hiyori, la quale era una bellissima ragazza di ormai ventisei anni che aveva vissuto nascosta con la sola compagnia della piccola O-Toko, che la allietava grazie al suo animo leggero.
Lo spadaccino aveva tentato di proteggere lei e la bambina dalle cattive intenzioni di un killer mandato direttamente da Orochi.
L’individuo, piuttosto forte e svelto, era conosciuto con il nome di Kamazo il killer: per combattere usava delle falci, due per la precisione, e per riuscire a portare a termine la sua missione non esitava ad eliminare tutti quelli che decidevano di mettersi in mezzo.  
Zoro aveva combattuto senza particolare difficoltà se non fosse stato per l’intromissione di Gyukimaru, il bandito del ponte, il quale lo aveva distratto concedendo a Kamazo la possibilità di infilzare la spalla destra del suo avversario con una delle sue falci.
Il suddetto bandito aveva precedentemente sottratto a Zoro Acqua d’Autunno, la spada che era appartenuta a Ryuma il samurai, credendo che il pirata l’avesse sottratta anni addietro direttamente dalla tomba del famoso guerriero di Wano.
Gyukimaru era poi fuggito attraversando il ponte e facendo così perdere le sue tracce.
Nonostante la ferita, lo spadaccino dai capelli versi aveva dimostrato ancora una volta il suo immenso potere combattivo: non solo aveva trattenuto nel suo corpo la lama di Kamazo, ma aveva sfruttato l’arma del suo avversario per lanciargli il fendente decisivo, quello che alla fine lo aveva messo al tappeto.
Hiyori aveva condotto Zoro presso la sua modesta abitazione situata nel villaggio di Ringo, e gli aveva prestato le cure necessarie per fermare la copiosa emorragia causata dalla brutta ferita che gli era stata inferta.
Con loro c’era anche O-Toko, il killer era stato mandato per eliminare lei, ma la cosa non sembrava darle la minima preoccupazione… o forse preoccupata lo era, ma l’espressione del suo faccino non cambiava mai...rimaneva sempre con il suo caratteristico sorriso.
Mentre i tre stavano riposando al caldo, infatti nella zona di Ringo nevicava molto, Brook era comparso dal nulla dimostrando profonda invidia per lo spadaccino, il quale giaceva addormentato accanto a Hiyori.
Il musicista aveva spiegato la strategia suggeritagli da Kin’emon: avrebbe dovuto usare la sua abilità di far uscire l’anima dal corpo spacciandosi per il Fantasma dello Scheletro Affamato per poi reclamare cibo in cambio della sua benevolenza.
La cosa funzionava dato che la ragazza aveva notato diverse offerte alimentari accanto al piccolo pozzo nella sua proprietà… Brook si era giustificato affermando di non sapere che la casa fosse già occupata, l’aveva scelta credendola abbandonata come tante altre anche in quel villaggio.   
Sanji e gli altri avevano invece saputo della cattura di Tonoyasu, e si erano recati nella capitale per constatare se la notizia fosse vera: non solo era vera, ma l’uomo era stato condannato a morte in quanto la sua vera identità era quella di Yasuie Shimotsuki, ultimo daimyo di Hakumai.
Dato il particolare rapporto che un tempo lo aveva legato ad Oden, Orochi aveva deciso immediatamente per il patibolo, fissando l’esecuzione in concomitanza con i funerali della cortigiana Komurasaki che si sarebbero tenuti presso la prigione del quartiere Rasetsu.
La scelta particolare del luogo per la veglia funebre era dovuto al fatto che la donna si era macchiata di un terribile crimine opponendosi alla volontà di Orochi stesso e quindi non le era stata concessa una tumulazione onorevole. 
Prima di morire, Yasuie, conoscendo e condividendo il piano degli alleati, aveva pubblicamente confessato di aver creato lui il puzzle solo per gioco e ridicolizzando lo shogun reo, secondo le sue parole, di essere caduto vittima del terrore in una profezia.
In questo modo, l’ex daimyo aveva letteralmente scagionato Kin’emon e gli altri, permettendo così ai suoi amici di un tempo di proseguire nel loro intento, ovvero rovesciare Kaido.
L’esecuzione fu orribile: Orochi, intervenuto personalmente arrivando in carrozza, aveva brandito un fucile maledicendo Yasuie e le sue parole, non contento aveva infine deciso di sparargli personalmente colpendolo più volte.
La situazione era così esplosa: l’arrivo della piccola Toko, figlia dell’ultimo daimyo, aveva mandato su tutte le furie lo shogun il quale la riteneva personalmente responsabile per la morte di Komurasaki e desiderava ucciderla in memoria della bellissima cortigiana.
Kamazo il killer era stato mandato proprio per quello scopo.
Per salvare la bambina che si era gettata ai piedi del padre, erano intervenuti contemporaneamente sia Sanji che Zoro, il quale era arrivato separatamente in compagnia di Hiyori e Brook, scatenando così un vero e proprio putiferio.
Zoro era conosciuto come un fuorilegge avendo assassinato un magistrato non molto dopo il suo arrivo a Wano, mentre il nome di Sangoro era ben noto grazie ai fatti inerenti al chiosco di soba.
Le danze si erano infine aperte, non rimaneva altro che iniziare a ballare.
 

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Capitolo 10
*** Imprigionati ***


Mentre questi fatti si stavano svolgendo sul piazzale principale, qualcuno attendeva pazientemente davanti alle robuste sbarre della prigione, l’arrivo di un certo personaggio.
Quando, poco dopo, vide un uomo dal volto celato grazie ad un elmo di paglia intento a scrutare con attenzione tra le sbarre della gabbia, Basil Hawkins capì che la sua attesa era finalmente finita: Trafalgar Law era infine arrivato per liberare i suoi nakama.
Tra le inferriate di legno comparvero speranzosi i volti di Penguin e Shachi, visibilmente stanchi e malconci, i quali chiamarono a gran voce il loro capitano, davvero felici di poterlo rivedere.
“Sapevo che saresti venuto, Trafalgar…”, sentenziò il Mago con tono tranquillo.
Law notò l’assenza di Bepo e chiese come mai l’orso bianco mancasse all’appello.
“Con i tuoi poteri ci metteresti un attimo a fare uscire gli ostaggi dalla prigione. Credi davvero che li lascerei tranquillamente tutti e tre alla tua vista? Mi credi forse così stolto?”, sorrise in modo sgradevole mentre iniziava a guardarsi attorno.
Sembrava cercasse qualcosa.
O qualcuno.
“Coraggio, esci fuori! So che ci sei anche tu ragazza! Le carte mi hanno rivelato molte cose, compresa la tua presenza!”, esclamò forte in modo da farsi ben sentire.
Il capitano dei pirati Heart strinse le dita intorno alla saya scura di Kikoku...Hawkins stava diventando una vera e propria spina nel fianco.
Quando, ore prima, avevano deciso di andare a recuperare i loro compagni, il dottore era stato chiaro...con i suoi poteri avrebbe potuto cavarsela da solo senza particolari problemi, per cui Gwennie lo avrebbe atteso nascosta vicino alla prigione.
Una volta salvati Bepo, Shachi e Penguin, sarebbero fuggiti dalla piazza insieme, pronti per riunirsi agli altri alleati...il piano era parso perfetto.
La ragazza sussultò sentendosi chiamare, era stata molto cauta nel celare la sua presenza ma probabilmente i suoi sforzi non erano serviti a molto dato che sembrava avessero a che fare con un individuo in grado di vedere nell’immediato futuro.
Con riluttanza abbandonò il suo nascondiglio...ma prima di uscire completamente allo scoperto si assicurò che il chakram fosse correttamente agganciato alla cintura di pelle e lo camuffò al meglio sotto al fiocco voluminoso del suo obi nero.
Una volta completata l’operazione andò a prendere posto accanto a Law al quale fece un piccolo cenno d’intesa.
“Gwen!!! Ci sei anche tu?!?”, chiese istintivamente Shachi, contento di vederla ma allo stesso tempo leggermente preoccupato...gli sarebbe piaciuto saperla al sicuro e non sotto il tiro di quel pazzo di Hawkins.
Lei allungò le mani per stringere quelle degli amici, era sollevata nel constatare stessero abbastanza bene, tranne per qualche livido e diverse ferite che però non sembravano particolarmente gravi.
Sorrise ad entrambi con affetto.
Nel frattempo l’headliner squadrò la pirata da cima a fondo, poi spostò lo sguardo sibillino sul chirurgo...infine tornò a studiare la giovane.
“Sì, credo sia proprio tu...intendo la figura femminile che compare nei tarocchi ogni volta che li interrogo sulle possibili azioni di Trafalgar...”, gongolò notando l’irrigidimento di Gwennie.
Law stava per intervenire quando il Mago riprese il suo discorso avvicinandosi di qualche passo, poi gli si rivolse direttamente.
“La Morte ha appoggiato la lunga lama della Falce sul suo collo...ma immagino tu lo sappia, sei un medico...”, osservando l’espressione di entrambi gli interessati, lo scagnozzo di Kaido annuì.
Si mosse lentamente per poi riprendere il discorso, sembrava che l’argomento lo interessasse parecchio.
“Dimmi ragazza, come hai fatto ad eludere la nostra Signora e Padrona? Dovresti essere già morta...e io su queste cosa non mi sbaglio. C’è forse di mezzo la tua abilità medica, Trafalgar? Ma se così fosse non vedrei la Scura Ombra ancora minacciosa dietro alle sue spalle...”, indicò Gwennie aspettando una risposta.
La ragazza impugnò rabbiosa il suo chakram: quella supernova arrogante aveva già parlato abbastanza per i suoi gusti…adesso avrebbe assaggiato la lama tagliente del cerchio argentato.
Usò l’indice destro per far girare velocemente l’arma e stava per lanciarla verso l’avversario quando un gesto appena percettibile del chirurgo la fermò...in pochi secondi bloccò la rotazione tornando in attesa.
“Se non me lo volete dire adesso non ha importanza...tra poco sarete tutti insieme dentro alla gabbia e allora avrò il modo e il tempo di sapere ciò che voglio...”, stava infatti dicendo Basil indicando vago la prigione poco distante da loro.
Law gli fece allora notare che era stato proprio lui, non molto prima, ad evidenziare il fatto che con i poteri del frutto Ope Ope, liberare i suoi amici sarebbe stato davvero semplice.
“Ma tu hai dimenticato cosa posso fare con i miei di poteri?”, alzò il braccio sinistro mentre con il destro posò l’affilata lama della spada sulla sua pelle, tagliandola leggermente.
Contemporaneamente, nella gabbia, Shachi gridò di dolore mentre un taglio compariva sul suo di braccio, esattamente nel punto dove il Mago si era procurato la ferita.
Gwennie si avvicinò all’amico cercando di capire cosa fosse successo, mentre capitano dei pirati Heart mangiò immediatamente la foglia: lanciò uno sguardo furente verso Hawkins stringendo convulsamente la mascella.
“Io adesso possiedo quattro vite. Se volete ammazzarmi dovete prima uccidere i vostri tre amici...”, spiegò gelido.
Le mani di Gwennie, che stava cercando di fasciare alla meglio il braccio sanguinante dei Shachi attraverso le grosse sbarre, si bloccarono all’istante: ciò che aveva appena udito era a dir poco terribile, un brivido le percorse la schiena mentre annodò svelta i lembi dello straccio che stava fungendo da medicazione.
“Maledetto!”, digrignò rabbiosa mente pensava sconsolata che nemmeno il suo nuovo trucchetto l’avrebbe potuta aiutare in quella situazione.
Con le dita della mano sinistra toccò appena il bracciale di cuoio nero che portava al polso, sapientemente camuffato dalle svolazzanti maniche nel suo komon, riuscendo a percepire la punta arrotondata di uno dei lunghi aghi che aveva nascosto al suo interno.
I giorni passati in compagnia di Kiku le avevano regalato la possibilità di conoscere antiche arti praticate dalle kunoici, tecniche di combattimento efficaci ma allo stesso tempo molto semplici da mettere in atto, come quella che Gwennie aveva scelto di approfondire.
“Davvero Kiku? Tra i capelli?”, aveva domandato strabiliata la pirata alla sua amica.
Erano sedute su una panchetta di legno, presso le rovine del castello di Oden, la guerriera di Wano le stava elencando diverse tecniche giusto per far passare un poco il tempo.
“Ma certo, gli aghi avvelenati venivano adornati come dei classici kanzashi, per cui carpire la loro vera natura era davvero arduo se non impossibile. Al momento più opportuno, la kunoichi lo afferrava direttamente dai suoi capelli per poi lanciarlo verso il suo obiettivo, possibilmente alla gola, e tutto finiva in pochi attimi”, aveva pazientemente spiegato la samurai.
Gwennie era rimasta completamente estasiata dall’idea di poter usare una tecnica simile e aumentare così la sua possibilità di essere utile in combattimento, per cui aveva tempestato di domande la sua interlocutrice che aveva suo malgrado tentato di rispondere adeguatamente.
Non molto dopo, la pirata era riuscita a procurarsi i suddetti aghi, la cui misura era di circa sette centimetri, e aveva iniziato un duro allenamento per riuscire a lanciarli nel modo corretto ma soprattutto centrando al millimetro il suo bersaglio.
I primi tentativi erano stati terribili, la giovane aveva perso intere ore per ritrovare i suoi aculei dato che aveva più volte mancato clamorosamente il bersaglio facendo volare le punte argentate nel mezzo dell’enorme distesa erbosa che circondava l’effettivo bersaglio fissato al tronco di un albero.
La testardaggine che contraddistingueva la ragazza si era fatta rapidamente largo tra i sentimenti di sconforto e stanchezza, complice anche la sua malattia, permettendole di continuare nel suo intento nonostante i risultati tardassero ad arrivare.
Aveva quindi iniziato ad alzarsi all’alba per poi consumare soltanto un rapido pasto nel mezzo della giornata...per il resto del tempo si dedicava completamente al suo allenamento.
Law stesso si era dimostrato decisamente compiaciuto nel vederla così decisa, anche se aveva preferito tenersi in disparte in quanto in quel periodo era fortemente turbato a causa del malinteso inerente al misterioso sogno di Gwennie.
Shachi e Penguin avevano fatto il tifo per lei ad ogni tentativo, aiutandola ogni tanto a ritrovare gli aghi tra i lunghi fili d’erba, mentre Bepo le aveva dato qualche consiglio su come tenere il polso mentre effettuava il lancio: non per nulla ma il visone era un esperto di arti marziali.
Un tardo pomeriggio, poco prima del tramonto, la ragazza era letteralmente piombata dai pirati Heart, in quel momento impegnati in un’avvincente partita di mahjong, annunciando felice di avercela fatta...aveva finalmente colpito il bersaglio.
Da quel momento in poi era diventata sempre più abile nel lancio degli aghi, fino a diventare quasi infallibile nel centrare il suo obiettivo...le era costata tanta fatica ma alla fine aveva appreso una nuova tecnica, un nuovo modo di combattere che, aggiunto al suo sempre presente chakram, l’avrebbe resa più forte e decisiva in battaglia.
Tornando al presente però sospirò frustrata...se avesse lanciato un ago contro Hawkins le conseguenze del gesto le avrebbe subite uno dei suoi amici, quindi non le era assolutamente possibile provare.
Portò lo sguardo verso Law… non lo aveva mai visto così arrabbiato...comprese lo stato d’animo del medico poiché anche lei si sentiva allo stesso modo, avevano le mani legate.
“Grazie!”, una voce ruppe il filo dei suoi pensieri, era stato Shachi a parlarle indicando la medicazione di fortuna che gli aveva fatto al braccio ferito.
“Vorrei poter fare di più…”, sussurrò mordendosi il labbro inferiore.
Penguin si avvicinò alle sbarre afferrandone una con la mano, fece un gesto d’intesa al suo amico prima di iniziare a parlare.
“Gwen… noi non temiamo le conseguenze di tutto questo… tu e il capitano dovete portare avanti il piano, non badate a noi…”, usò un tono di voce basso in modo da farsi sentire solo da lei.
La ragazza sgranò gli occhi, ammonì il pirata intimandogli di non dire mai più una cosa del genere, li avrebbero salvati...su questo non c’era alcun dubbio.
“Non vogliamo essere un peso, una complicazione…”, aggiunse mogio Shachi.
Gwennie allora si bloccò: era esattamente ciò che provava ogni volta che il suo stato di salute precario obbligava i suoi compagni a prendersi cura di lei oppure a proteggerla, mettendo così a repentaglio le loro stesse vite.
Sorrise materna verso i due corsari.
“Non lo sarete mai. Siamo compagni, giusto? I compagni si aiutano in ogni situazione e questa non sarà di certo un’eccezione!”, chiuse la mano a pugno e la sollevò all’altezza del petto.
Shachi e Penguin fecero lo stesso, distendendo le loro labbra in un ghigno d’intesa.
 
 
Mentre a Udon Rufy aveva praticamente preso il completo controllo della prigione, nella capitale dei fiori le cose stavano andando in modo decisamente differente.
Law era stato costretto ad arrendersi ad Hawkins: prima di essere ammanettato con l’agalmatolite, aveva però cercato di usare i suoi poteri per teletrasportare Gwennie il più lontano possibile, in modo da metterla in salvo, ma purtroppo non aveva fatto in tempo.
Infatti, appena il minerale aveva sfiorato la pelle del dottore, la ROOM che aveva appena creato era praticamente svanita all’istante.
“Va bene così”, lo aveva rassicurato lei, notandone lo sguardo frustrato, “Il mio posto è qui, con voi…”.
E non c’erano dubbi che lo pensasse realmente.
Successivamente erano stati rapidamente separati senza avere più occasione di riuscire a vedersi.
Muovendosi quel poco che le era permesso fare, la ragazza cercò di studiare la prigione: era fatta principalmente di robusto legno, alle pareti erano fissate diverse coppie di manette, alcune di comune ferro ma altre di agalmatolite.
L’ambiente non era di certo pulito, ma comunque manteneva un certo decoro, cosa che lo accumunava alla maggior parte degli edifici di Wano, come aveva avuto modo di notare anche Franky, tempo addietro.
D’un tratto percepì l’arrivo di qualcuno.
“Eccola qui. Avevo ragione, vero?”, era uno dei tirapiedi di Kaido e stava parlando con un suo collega.
“Accidenti sì...”, confermò quello iniziando ad avvicinarsi alla giovane, “...che sguardo glaciale...”, aggiunse divertito, notando l’occhiataccia che la pirata aveva scoccato loro.
Era piuttosto alto e molto muscoloso, indossava un paio di pantaloni di pelle neri e un gilet dello stesso colore e materiale, la testa era rasata ma in compenso portava una specie di cerchietto con due piccole corna fissate sopra.
Sorrideva in modo disgustoso, facendo bella mostra dei suoi denti marci e giallognoli.
Gwennie chiuse gli occhi, ma non per evitare di assistere a quel patetico spettacolo, bensì per cercare la giusta concentrazione.
“Cos’è? Fai la timida?”, la prese in giro lui raggiungendo nuovamente il suo compare.
Una volta vicini chiese conferma dell’effettiva posizione di Drake e Hawkins, quei due non dovevano sapere della loro piccola visita alla nuova prigioniera.
Deglutì a vuoto pensando a cosa gli sarebbe potuto accadere se Drake lo avesse scoperto, non era uno che le mandava a dire, gli piaceva regolare i conti personalmente e una delle cose che meno tollerava era che qualcuno non rispettasse le sue direttive.
“Per che diavolo credi che ti abbia portato qui adesso? Mi prendi per un idiota?”, replicò piccato quello.
Il tizio alto liquidò la questione con un gesto della mano, poi chiese di essere lasciato solo con la ragazza, alla quale stava lascivamente accarezzando la guancia con l’indice.
Si sentiva eccitato come non mai.
 
Bentrovati!
Vi anticipo subito che la pubblicazione del prossimo capitolo molto probabilmente slitterà al 5 settembre!
Se riesco, sarò molto felice di pubblicare qualcosa ad agosto, ma non posso promettere nulla!
Detto ciò, spero che questo di capitolo di piaccia!
Fatemelo sapereeeee!!!
E buone vacanze a tutti!!!!
BV

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Capitolo 11
*** Yuki-Onna ***


Drake incrociò le braccia al petto mentre osservava meditabondo il chirurgo della morte: incatenato, seduto a terra con la schiena appoggiata alla parete, sul corpo aveva diverse ferite, tre le quali una abbastanza importante alla tempia sinistra.
Nonostante tutto questo, ostentava beffardo un sorriso privo di paura.
Non avrebbe mai parlato.
Lo stava per far notare ad Hawkins, quando una delle guardie arrivò correndo.
“Chiedo scusa! Abbiamo un’emergenza con la nuova prigioniera!”, era piuttosto trafelato così si accorse solo dopo della presenza del medico proprio in quell’ambiente.
Impallidì all’istante, annaspando.
Law drizzò le orecchie senza però lasciar trapelare nessun particolare interesse.
Il Mago fece cenno a Drake e alla guardia di seguirlo fuori dalla porta, non voleva che Trafalgar potesse sentire, in fin dei conti la ragazza era proprio di una delle persone alle quali il dottore teneva di più e i due headliner avevano in progetto di sfruttare questa situazione per convincerlo a vuotare il sacco.
“Non abbiamo ancora capito il motivo, ma Bashu e Konz si trovavano dalla prigioniera. La ragazza è riuscita a rompere un dito al primo, successivamente ha utilizzato due aghi avvelenati per mettere al tappeto entrambi. Sono stati portati in infermeria. Attendiamo il responso del medico.”
“Aghi? Ma non l’avete perquisita a fondo al momento della cattura?”, esplose Hawkins avvicinando minaccioso il viso a quello del povero sottoposto.
Ricordava di aver visto un paio di guardie mentre le requisivano l’arma, inoltre si erano premurati di ispezionare e successivamente sottrarre anche i due bracciali di cuoio che portava ai polsi, i quali celavano abilmente diversi aghi avvelenati.
Tremando visibilmente, la guardia rivelò che la giovane aveva nascosto in bocca degli aculei, infatti questi che aveva usato contro Bashu e Konz, erano decisamente più corti di quelli che le avevano trovato addosso.
“Maledizione!”, imprecò furioso il cartomante, “Qualcuno ha assistito alla scena?”.
“N..non che io sappia, signore!”, quello era il peggior momento della sua carriera lavorativa, pensò la giovane guardia.
“Piuttosto, che ci facevano lì quei due…”, riflesse a voce alta Drake, portandosi una mano al mento.
Basil gli scoccò un’occhiata furtiva: da quando avevano catturato Trafalgar, l’atteggiamento del suo pari era cambiato, sembrava come stranito.
“Avevo dato precisi ordini in riferimento alla ragazza”, continuò il rosso iniziando a passeggiare per la stanza.
La sentinella emise un leggero sospiro di sollievo quando vide un determinato gesto da parte Hawkins: aveva avuto il permesso di andare ed intendeva obbedire nel più breve tempo possibile.
 
Gwennie immaginava che, tra non molto, qualcuno sarebbe venuto a punirla per la sua azione, ma non ne era minimamente preoccupata: quei due avevano soltanto avuto ciò che si meritavano.
Peccato avesse terminato i piccoli aghi che aveva imparato a celare sotto alla lingua.
Esisteva infatti un metodo molto preciso mediante il quale, chi li nascondeva sul proprio corpo, non potesse rimanere accidentalmente vittima del veleno del quale erano intrisi.
Si sentiva davvero soddisfatta di essere riuscita in quella piccola impresa, non era stato per nulla facile convincere Kiku a rivelare certi piccoli segreti.
D’un tratto, un’ombra scura ed imponente le comparve davanti, facendo coprire di nero le mani che teneva strette in grembo.
Era Drake.
Il rosso notò che la ragazza non aveva consumato nè cibo, nè acqua...le misere porzioni giacevano ancora intatte a terra.
“Puoi mangiare e bere, nulla di quanto vedi è stato in qualche modo alterato”, le fece sapere indicando il pavimento.
Lei mantenne un cauto silenzio.
“Sappi che se Trafalgar continuerà a rifiutarsi di parlare, verrà brutalmente torturato e infine ucciso”, comunicò infine.
Gwennie tornò a chiudere gli occhi: avrebbe voluto dire e fare mille cose, ma sapeva bene che la scelta migliore era quella di non lasciar trasparire nulla, neanche il più piccolo stato d’animo.
“Se tu parli al posto suo, sarà semplicemente tenuto prigioniero e non gli sarà fatto del male”, continuò l’uomo.
Gwennie alzò le palpebre puntando poi lo sguardo in quello di lui.
“Se Law ha deciso di non parlare, rischiando addirittura di andare incontro alla morte, io rispetto la sua volontà. Per quanto mi riguarda, la penso allo stesso modo: da me non saprete mai niente.”, aveva parlato con tono molto calmo.
Drake annuì silenziosamente, poi girò sui tacchi per tornare da dove era venuto ma, con sua somma sorpresa, al suo posto comparve un altro individuo, uno che Gwennie conosceva fin troppo bene.
 
Law era rimasto momentaneamente solo: Drake e Hawkins avevano lasciato la cella rapidamente, dopo l’intervento della sentinella, e non erano ancora tornati.
Decise così di prestare attenzione al chiacchiericcio delle due guardie che stavano sorvegliando il corridoio.
“Guardiamo la locandina…”, suggerì uno.
Un rumore di fogli riempì l’aria.
“Eccola qua...sembra un pochino diversa però…”, disse incerto l’altro.
“Come la chiamano quelli del Governo?”, un certo tremore nella voce.
“Qui dice solo Gwennie e null’altro...”.
Silenzio.
“Raccontavano anche a te, quando eri piccolo, la leggenda di Yuki-onna?”, chiese uno dei due.
“Sì certamente. Me la narrava sempre mia nonna per convincermi a non andare tra i monti, soprattutto di inverno, con la neve…”, rispose l’altro.
“Anche a me la raccontavano, e di frequente dato che abitavamo fuori paese, ai piedi delle montagne. Ebbene, quella ragazza me la ricorda, Yuki-onna. Mai visto nessuno tanto freddo. Sempre. Non abbassa mai la guardia. E lo sguardo? Mi ha rivolto una sola occhiata e mi sono sentito gelare il sangue nelle vene. Per non parlare di cosa è riuscita a fare a Bashu e Konz…”.
“Ora che me lo hai fatto notare, anche la sua carnagione è simile a quella dello yōkai, molto pallida, quasi traslucida… inoltre non si può certo negare che sia graziosa...”.
Ci fu una pausa.
“Speriamo non tocchi di nuovo a me portarle le razioni di cibo...potrebbe averne ancora di quegli aghi. Non è mia intenzione finire con la lingua penzoloni come quei due. A proposito, che dice il dottore?”.
“Soltanto che si tratta di una potente tossina. Stanno studiando il caso”, la guardia si spostò per poter lanciare un’occhiata al prigioniero, il quale era con la testa appoggiata al muro e gli occhi serrati: non sembrava avesse prestato loro attenzione quindi tornò a chiacchierare tranquillamente con il suo collega.
Law alzò le palpebre: aveva assorbito ogni piccola sillaba di quella conversazione ed era sollevato nel sapere che l’incidente del quale aveva sentito parlare poco prima, non aveva coinvolto Gwennie in veste di parte lesa.
Ghignò suo malgrado: era quindi riuscita ad imparare la tecnica necessaria per celare senza pericolo gli aghi avvelenati nella cavità orale, come si era prefissata di fare.
Era davvero una delle persone più testarde che il medico avesse mai conosciuto, non c’era più alcun dubbio.
Sospirò: non riusciva a perdonarsi il fatto di non essere riuscito, anche se solo per un soffio, a farla fuggire usando i suoi poteri e sperò con tutto se stesso che Gwennie non avesse una crisi durante la prigionia.
Ripensò all’improvviso al nuovo soprannome che le due sentinelle avevano affibbiato alla pirata: Yuki-onna.
Sorrise.
Effettivamente, quando combatteva, la ragazza si trasformava completamente...era come se indossasse una maschera che ne copriva i delicati lineamenti del viso, rendendoli duri ed impenetrabili come roccia.
Non riuscì a fare a meno di paragonare la scena descritta dagli scagnozzi Kaido, con il ricordo relativo alla loro ultima notte passata insieme, quando si era infine addormentata con la testa appoggiata sul suo petto.
Il dottore aveva approfittato dell’occasione per studiare avidamente ogni centimetro del bel viso di lei, soffermandosi in particolare sulle morbide linee che definivano eleganti la forma a cuore della piccola bocca.
L’aveva baciata delicatamente, poi aveva accarezzato leggero i fini capelli castani lasciandoli infine ricadere ed osservando curioso gli strani disegni che erano andati a formare.
I suoi pensieri furono interrotti dall’arrivo di qualcuno, quando vide di chi si trattava, il medico dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non lasciarsi sfuggire nessuna espressione di stupore: fuori dalla sua cella, c’era Gwennie.
 
Bentornati carissimi!
Avete trascorso bene le vacanze?
A me sono letteralmente volate… :O
Con un piccolo anticipo pubblico il capitolo, spero di fare cosa gradita!
Alla prossima!
BV

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Capitolo 12
*** Rivelazioni Inopportune ***


Seguì un lungo momento di silenzio.
La ragazza non si mosse né proferì verbo, era rigida e a disagio, teneva gli occhi bassi mentre guardava il pavimento senza però vederlo realmente.
Dietro di lei fece la sua comparsa Hawkins, un sorriso compiaciuto sul volto.
“Prima mi hai chiesto di lasciarla andare, come ho accettato di fare con gli altri tuoi compagni, ma ho rifiutato. Ho giustificato la mia decisione facendoti notare che il nostro patto era valente solo per i membri della tua ciurma, ma non quelli di Cappello di Paglia. Ebbene, devo ammettere di non essere stato proprio sincero: per prima cosa, volevo sfruttare la sua presenza qui per farti parlare, ma ho visto che la cosa non si è rivelata utile. Ho tentato di fare anche il contrario, ovvero usare te per far parlare lei, ma la qui presente si è dimostrata piuttosto glaciale, non lasciandosi sfuggire nemmeno una sillaba...”, fece una piccola pausa dove costrinse Gwennie a fare qualche passo in avanti, verso le sbarre, “...ma la cosa che più mi incuriosiva era sapere come era riuscita a rimandare la sua morte. I tarocchi non mi avevano mai mostrato una cosa del genere, per cui li ho interrogati più e più volte ma il risultato finale non è mai cambiato: la Signora manteneva la sua posizione, bramando la vita di questa ragazza. Adesso che ho finalmente scoperto il suo segreto, ti comunico, Trafalgar, che la lascerò andare immediatamente”.
“La stessa cosa vale anche per te. Non dire nulla a Mugiwara-ya in merito alla mia cattura”, furono le uniche parole che il chirurgo pronunciò, guardandola fissa negli occhi.
Lei fece per rispondere, quando Basil le abbassò con un gesto secco la manica del komon: nell’incavo della spalla era presente un livido verdastro della dimensione di una moneta.  
La pirata cercò di coprirsi, ma l’headliner la bloccò facilmente.
“Sai cosa significa questo?”, chiese il Mago al dottore, indicando la macchia che spiccava sulla pelle diafana della prigioniera, “Mi sembra di capire che tu non ne sia al corrente...beh, te lo dirò io…”.
“No!”, gridò Gwennie provando inutilmente a liberarsi dalla stretta dell’uomo, il quale si limitò a ghignare divertito per poi riprendere il suo discorso.
“Scoprirlo è stato davvero un colpo di fortuna... sai, sono molto appassionato di questo genere di cose. Il fato ha voluto che una delle guardie abbia potuto notare il livido e che, essendo a conoscenza del mio interesse, mi abbia suggerito di cercarne altri di simili su tutto il corpo. Un'antenata della mia sentinella era una rinomata guaritrice, ed è per questo che il nipote conosce bene la tecnica del Do-In”.
“Sei un bastardo!”, gli sputò in faccia lei in un moto di rabbia.
Law osservò l’ematoma rotondo: era praticamente certo che non ci fosse l’ultima volta che erano stati insieme, lo avrebbe sicuramente notato se così non fosse stato.
“Ebbene i lividi come questo, sono una specie di orologio: quando iniziano a diventare scuri, significa che la tecnica sta cominciando a perdere la sua efficacia...come è giusto che sia essendo semplicemente un modo per guadagnare un poco di tempo da vivere…”, continuò implacabile il cartomante, lasciando finalmente che la giovane potesse ricoprire la propria spalla.
Gwennie fece per giustificarsi con Law, ma nemmeno quella volta ne ebbe l’opportunità.
“Ti ribadisco di non dire niente della mia cattura a Mugiwara-ya”, la interruppe seccamente lui, evidentemente non interessato a quanto lei aveva da dirgli.
Gwennie impallidì vistosamente: era come se le avessero infilato un coltello nel cuore.
Sapeva bene di aver agito in modo sconsiderato chiedendo a Kiku di usare su di lei il Do-In, ma era anche ben conscia di non aver avuto altra scelta, in quel momento.
Inoltre, se anche ne avesse parlato prima con il dottore, lui le avrebbe sicuramente impedito non solo di farlo, ma anche di prendere parte alla battaglia.
Non riuscì a distogliere lo sguardo da quello di lui: la fiducia reciproca è una delle basi in rapporto di coppia, lei aveva tenuto nascosta al suo compagno una cosa davvero importante…anche se aveva più volte tentato di dirglielo, sempre senza successo, era ugualmente imperdonabile.
Qualcosa dentro di lei si ruppe.
L’amarezza che aveva potuto leggere negli occhi di Law, era stata peggio di qualsiasi dolore fisico che avesse fino ad allora provato, e il suo corpo reagì di conseguenza: del sangue scuro iniziò a colare impietoso da una narice.
Si portò rapidamente una mano al naso e, vedendo le proprie dita macchiate di rosso, distolse lo sguardo mentre la fronte le si imperlò di sudore freddo.
Il dottore ebbe un impercettibile sussulto.
Notando l’epistassi, Hawkins si affrettò ad ordinare ad un paio di guardie di portarla immediatamente fuori, compito che eseguirono afferrandola rudemente per le ascelle e trascinandola verso l’uscita.
“Ho dimenticato di informarti in merito ad un’altra caratteristica di questa particolare tecnica: se chi l’ha subita non mantiene il completo controllo delle proprie emozioni, l’effetto potrebbe svanire molto prima del previsto e in modo assolutamente non prevedibile”, notando un vago sgomento sul volto del pirata, Basil continuò, “Cuore e corpo sono in qualche maniera collegati, non credi?”, iniziò poi a camminare lentamente lungo il corridoio finendo poi per eclissarsi completamente.
Law strinse i pugni: adesso si spiegavano parecchie cose.
 
 
Boden Schwarz - Nuovo Mondo
 
Il Direttore accese l’ennesima sigaretta aspirandone avidamente il fumo.
Era piuttosto teso e il suo stato d’animo traspariva in modo cristallino nonostante cercasse di nasconderlo in tutte le maniere.
Infine l’interfono gracchiò facendolo vistosamente sobbalzare, per fortuna era solo e nessuno aveva potuto vederlo.
“Falla entrare”, ordinò all’apparecchio.
La sua voce era più rauca del solito.
Poco dopo la porta di pesante quercia del suo studio si aprì e fece la sua comparsa la persona che Axel Meier stava aspettando: la donna, di rara bellezza, era squisitamente abbigliata, indossava infatti un completo color salvia confezionato su misura, scarpe dall’altissimo tacco di vernice nera che contribuivano a slanciare favolosamente la snella figura della visitatrice e, per completare l’outfit, al collo portava legato un sottile foulard che richiamava minuziosamente il verde dell’abito e il nero delle calzature.
I capelli di un castano ramato erano deliziosamente mossi, incorniciavano un armonioso viso sul quale era stampato un sorriso decisamente spavaldo, gli occhi color mogano facevano trasparire una granitica autorità.
Anche se non era più giovanissima, Clio Agos era ancora una donna affascinante, non c’erano dubbi al riguardo.
“Signora Agos, benvenuta”, salutò educato il padrone di casa.
Con un gesto le offrì di sedersi e lei accettò di buon grado.
“Meier, non perdiamo tempo. So che hai sguinzagliato Smith”, la donna accavallò le lunghe gambe.
Il Direttore deglutì a vuoto iniziando a spiegare le ragioni del suo gesto, ovvero il fallimento della Aubert, ma la signora Agos lo bloccò subito alzando la mano.
“Non mi interessa. La King non deve essere uccisa, almeno per il momento. E questo tu lo sapevi già dall’inizio. Ma hai voluto fare il furbo, so delle varie offerte di denaro che hai ricevuto per il VDM-03...e so che sei stato contattato addirittura dalla Marina”, sistemò i capelli con un elegante gesto della mano.
Meier non riuscì a trovare la voce, si limitò ad osservare la sua ospite con aria alquanto preoccupata.
“I nostri accordi erano ben diversi. Certo, posso immaginare che i soldi e la protezione del governo Mondiale ti abbiamo fatto venire l’acquolina in bocca, vero? Peccato però che io ti abbia scoperto…”, si alzò in piedi per poi iniziare a passeggiare lentamente.
“Aspetti! Io posso spiegare...non avrei mai fatto uccidere la King se non avessi avuto dei buoni motivi...in fondo la ragazza sta morendo comunque, le avremmo solo risparmiato delle inutili sofferenze…”, balbettò posando la sigaretta sul portacenere.
Clio sorrise.
“Meier Meier Meier.... So bene come si prendono decisioni di questo tipo, non credi? A suo tempo fui io stessa ad autorizzare l’uccisione di Arthur King”, si interruppe notando lo stupore sul viso smunto del suo interlocutore.
La donna guardò distrattamente fuori dalla finestra per qualche minuto, poi riprese.
“Mi dispiace, Axel, ma la nostra collaborazione termina qui.”
L’uomo sgranò gli occhi dal terrore.
Tentò un ultimo disperato tentativo di fuga, ma quando riuscì a raggiungere con difficoltà la porta del suo ufficio si bloccò impietrito: dietro alle spalle percepì distintamente il respiro affannoso di una qualche bestia, un animale talmente grosso da riuscire a proiettare una notevole ombra scura sulla parete.
Axel Meier girò lentamente la testa, successivamente gridò.
Quella fu l’ultima cosa che riuscì a fare.
 
 
I pirati Heart si erano riuniti in un luogo appartato per discutere sul da farsi: tutti erano d’accordo, avrebbero recuperato il loro Capitano senza coinvolgere Mugiwara rispettando così gli ordini ricevuti.
Shachi sedeva su una panca di legno, non molto lontano dal suo compare Penguin.
“A quanto ho capito, abbiamo preso una decisione!”, esclamò Jean Bart accomodandosi a terra.
“Io sono d’accordo”, confermò Ikkaku.
Indossava uno splendido kimono di un rosa cipria delicato, adornato da ricami a forma di petali di fiore di ciliegio dal rosa più deciso...nel complesso era davvero molto carina.
La donna guardò lontano, attraverso le fitte fronde degli alberi: un piccolo uccellino saltellava felice da un ramo all’altro, nel becco custodiva dei fili di paglia che gli sarebbero di certo serviti per costruire il suo nido.
Clione si grattò la testa coperta dal immancabile cappuccio a punta, poi annuì vigorosamente.
Penguin e Shachi mostrarono all’unisono i loro pollici rivolti all’insù.
Mario comunicò a tutti il suo assenso alzando verso il cielo la mano stretta a pugno.
“Molto bene”, concluse Bepo, “Il piano può aspettare...il nostro Capitain è più importante!”.

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Capitolo 13
*** Jonnmaru-sama ***


Il chirurgo della morte si alzò dalla cassa di legno sulla quale era stato seduto mentre aveva interrogato Basil Hawkins in merito ad un paio di punti che avevano suscitato la sua curiosità.
Osservò quello che fino a poco prima era stato il suo carceriere: giaceva seduto a terra, la schiena appoggiata alla parete mentre un taglio netto aveva separato il suo busto dalle gambe...anche le mani erano abbandonate lontano dalle braccia.
Ghignò pensando alla piccola discussione che aveva avuto con lui, tempo addietro, su cosa era in grado di fare ognuno di loro con i rispettivi poteri… bene, Hawkins aveva avuto modo di sperimentare le potenzialità del frutto Ope Ope in prima persona.
“Non è stato bello sapere della faccenda del Do-In in quel modo, eh? Scommetto che la ragazza sarà già morta adesso...eri talmente furioso con lei che lo sarebbe riuscito a vedere anche un cieco...le hai dato il colpo di grazia, Trafalgar!”, sputò velenoso il Mago con quel briciolo di forza che gli rimaneva.
Law emise un suono dalla gola, sembrò una specie di ruggito rabbioso, poi si girò fulmineo e assestò un micidiale fendente il quale impedì all’headliner di aggiungere anche solo un’altra sillaba al suo monologo.
Girando sui tacchi il dottore fece per uscire dalla cella, quando una figura scura comparve alla sua sinistra.
“Se liberami fa parte del tuo complotto...così sia, ne approfitto volentieri”, esclamò camminando verso l’uscita.
L’uomo misterioso rimase in silenzio.
Il medico continuò deciso per la sua strada quando, con la coda dell’occhio, vide un certo oggetto appoggiato su uno dei numerosi tavoli che reggevano impietosi i vari strumenti di tortura usati solitamente dagli scagnozzi di Kaido.
Si trattava del chakram di Gwennie, completo di cintura nella di cuoio e dei suoi bracciali, nei quali spiccavano ancora i famosi aghi avvelenati che la ragazza aveva da poco imparato ad usare.
Il chirurgo afferrò gli oggetti e strinse la mascella: non solo quando Hawkins l’aveva liberata la ragazza aveva avuto un peggioramento di salute, ma adesso si trovava ad essere anche completamente disarmata.
 
 
La notte calò su Wano.
Ai margini della capitale, in una modesta baracca disabitata, aveva trovato rifugio Gwennie.
La ragazza giaceva su di un vecchio futon che aveva trovato arrotolato in quella che doveva essere stata la camera da letto del proprietario dell’abitazione.
Era riuscita a fermare l’epistassi con molta fatica, ne erano la prova lampante i vari pezzi di stoffa insanguinati che giacevano sul logoro tatami che fungeva da pavimento.
Si sentiva fiacca e le girava la testa, imputò il tutto alla notevole perdita di sangue che aveva subito, mentre cercava di raggruppare le forze necessarie per uscire di lì e raggiungere i pirati Heart, ovunque i corsari si trovassero. 
Dovevano portare in salvo Law, questo era il suo pensiero fisso.
Si alzò reprimendo un forte capogiro.
Un vago senso di nausea le salì in gola, costringendola ad uscire dalla baracca il più rapidamente possibile per poi rigettare il misero contenuto del suo stomaco dietro ad un cespuglio spinoso.
Si pulì la bocca con il dorso della mano mentre il respiro affannoso iniziò pian piano a regolarizzarsi.
Passò una mano sul viso, percependo immediatamente un anomalo calore...aveva la febbre, e anche piuttosto alta.
Sospirò.
Un rumore alla sua sinistra la distrasse: un piccolo tanuki era spuntato fuori dalla boscaglia e la osservava con aria interrogativa, successivamente riprese il suo cammino fino a che non arrivò a destinazione, ovvero la riva di un piccolo ruscello che scorreva non molto lontano da lì.
Gwennie pensò che non sarebbe stato male fare un bagno veloce, molto probabilmente l’acqua fresca avrebbe potuto aiutarla ad abbassare la febbre, almeno di un poco.
Raggiunse la riva imitando il piccolo animale, scelse un posto dove l’erba fosse meno rigogliosa per abbandonare momentaneamente il suo komon, poi entrò nell’acqua.
Era fredda e la fece rabbrividire con violenza. 
Chiuse gli occhi abituandosi pian piano a quella temperatura.
I suoi pensieri corsero a Law...allo sguardo freddo e carico di delusione che le aveva rivolto poco prima che Hawkins la liberasse.
Si morse il labbro mentre delle lacrime iniziarono a pungerle imperiosamente gli occhi.
 
 
Setsuko, una famosa juuyo della capitale dall’esotica bellezza, osservò il suo accompagnatore di quella sera e sentì una fitta di preoccupazione stringerle spiacevolmente lo stomaco.
Era abituata ad avere a che fare con uomini ai quali piaceva bere ed ubriacarsi, ma quello era decisamente un caso particolare: il tizio che l’aveva pagata per trascorrere con lui la serata e la successiva notte, aveva bevuto più di quanto avesse mai visto chiunque altro fare in tutta la sua carriera.
“Voglio altro sake”, esclamò all’improvviso dopo aver deposto il bicchiere ormai vuoto sul tavolino.
La donna afferrò lesta la bottiglia e fece il gesto di versare, ma il contenitore risultò essere ormai vuoto.
“E’ finito”, comunicò cauta.
“Voglio altro sake”, ripeté l’uomo passandosi una mano sulla testa completamente rasata.
Setsuko fece un cenno al cameriere, il quale fece un piccolo inchino prima di recarsi nel retro del locale, dove era collocato il magazzino.
“Dov’è il mio sake?”, domandò imperioso l’accompagnatore della juuyo.
Lei deglutì forzatamente aggiustando con nervosismo il magnifico kimono color scarlatto che indossava quella sera: era infatti uno dei suoi preferiti dato che quel particolare colore sembrava avere il potere di far risaltare la strepitosa lucentezza della sua nera chioma.
“Non agitarti, mio caro. Arriverà subito”, sorrise nel modo più naturale che in quel momento le riuscisse.
Lui calò pesantemente un pugno sul tavolo, poi la afferrò malamente per il braccio costringendola ad avvicinare il viso al proprio.
“Non dirmi mai cosa devo fare. Chiaro?”, sibilò guardandola dritta negli occhi scuri.
Lei boccheggiò, incapace di trovare la voce, i voluminosi orecchini dorati che portava dondolarono vistosamente a causa dello strattone che aveva ricevuto.
In quel momento fece la sua comparsa il proprietario del locale, il signor Tai, il quale si inchinò profondamente prima di comunicare dispiaciuto al suo ospite che le scorte di sake erano terminate.
“Vuoi dire che non c’è più sake?”, domandò il cliente osservando con eccessiva attenzione le unghie delle proprie mani.
“Sono desolato, ma è terminato”, confermò chinando il capo.
“Jonnmaru-sama, possiamo andare in un altro locale, non credi?”, Setsuko posò le sottili dita sul braccio del suo accompagnatore.
L’uomo la ignorò completamente, preferì invece alzarsi in piedi in modo da potersi avvicinare al proprietario del locale.
“Non c’è problema…farò come ha detto la signorina qui presente. Andremo semplicemente in un altro locale”, comunicò con tono atono mentre prendeva distrattamente in mano un paio di hashi che giacevano su di un tavolino poco distante.
“Grazie. Sono certo grato per la sua comprensione...e sono certo che…”, Tai fu malamente interrotto dal suo ospite, il quale gli mostrò una foto che aveva pescato dalle pieghe del suo prezioso kimono.
Gli domandò se avesse già visto la ragazza ritratta.
“Io...sì, mi sembra sia la cameriera di Sangoro dal soba speciale. Non conosco il suo nome, ma avevano una bancarella qui vicino. Adesso sono entrambi ricercati se non sbaglio…”.
Jonnmaru sorrise soddisfatto mentre riponeva la foto al sicuro.
Fece roteare tra le dita le bacchette di legno sfoggiando una grande abilità, sapeva di avere addosso lo sguardo di tutti i clienti presenti nel locale.
Era esattamente il tipo di attenzione che desiderava.
Sempre sorridendo chiese alla sua accompagnatrice di raccogliere le sue cose, poi rivolse lo sguardo verso il signor Tai, il quale fissava con preoccupazione quello strano personaggio che aveva malauguratamente scelto la sua locanda per passare la serata. 
Quello che successe dopo fu veloce quanto macabro, nessuno si accorse del movimento fulmineo dell’uomo mentre conficcò con forza le hashi nel collo del signor Tai.
Spruzzi di sangue si alzarono imperiosi.
I clienti inorriditi poterono solo assistere all’agonia del povero proprietario mentre cercava inutilmente un aiuto che, anche se fosse arrivato, sarebbe stato del tutto inutile.
La juuyo si portò le mani alla bocca, completamente incapace di emettere anche il più flebile suono.
Jonnmaru sputò con disprezzo sul corpo dell’uomo il quale era appena spirato dopo essersi pesantemente accasciato a terra.
“Se io voglio ancora sake, tu devi portarmi sake”, concluse a voce bassa.
Cinse con un braccio la vita della terrorizzata Setsuko e si avviò con lentezza verso l’uscita.
 
Carissimi,
eccomi con il capitolo.
Attendo vostre eventuali recensioni!!!
Un abbraccio
BV
 

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Capitolo 14
*** Rapimento ***


Al campo base dei mugiwara regnava una discreta tranquillità.
Zoro aveva accettato di rendere al paese di Wano Acqua d’Autunno, considerata dagli abitanti una vera e propria reliquia dato che era appartenuta al grande Ryuma, l’eccezionale spadaccino vissuto in passato e natìo proprio di quella terra.
Hiyori aveva proposto di sostituire Shuusui con Enma, la preziosa katana che era stata di suo padre, Lord Oden, e che era riuscita a scalfire le scaglie di Kaido durante un combattimento, perciò il pirata si stava allenando con la nuova spada: l’arma era davvero molto potente e tagliava decisamente più di quanto desiderato...era quindi necessario prendere la giusta confidenza.
Rufy era da poco tornato da Udon, era stremato per essersi duramente allenato per riuscire ad usare il suo Busoshoku Haki come spiegato da Hyo, uno dei prigionieri conosciuti durante la sua cattura e rivelatosi poi nientemeno che uno dei nove foderi rossi.
Insomma ogni membro dell’alleanza aveva qualcosa che lo teneva impegnato.
Robin uscì rapida da una delle tende in tessuto che stavano usando per dormire, facendo ben attenzione a non fare alcun rumore.
“Si è addormentata?”, le chiese Nami, comparsa alla sua destra e reggendo in mano una tazza di tè fumante.
L’archeologa annuì.
Aveva cullato e consolato Toko per ore dopo che il padre le era praticamente morto davanti agli occhi...era stato un compito difficile ma lo aveva svolto con estremo affetto.
In quel momento ricordò come si era sentita lei, ancora bambina, mentre assisteva impotente al rogo della sua casa, Ohara...avrebbe desiderato avere una spalla amica su cui piangere, su cui sfogare la propria rabbia, tristezza, desolazione...ma invece non aveva avuto nessuno accanto a sé.   
Chopper interruppe il filo dei suoi malinconici pensieri.
“Ecco, tenete”, porse ad entrambe dei piccoli pacchettini fatti con una stoffa pesante di un colore marrone scuro, gli involti erano tenuti fermi da uno spago.
Il dottore spiegò che si trattava di un mix di erbe curative facilmente assimilabili in caso di bisogno.
“E’ possibile anche applicarle su di una ferita, bloccheranno l’emorragia e impediranno ad una eventuale infezione di avanzare!”, sorrise dolce, come sempre del resto.
La navigatrice fermò la piccola renna: volle sapere se era vero ciò che Rufy aveva raccontato, ovvero che a Udon era stato contagiato da un terribile virus, ma che Chopper era stato in grado di trovare facilmente un antidoto.
“Sì, era il virus Zombie sviluppato artificialmente da Queen...sembra che quel tipo abbia per hobby la creazione di bacilli estremamente aggressivi”, spiegò il medico sistemandosi lo zainetto in spalla.
Robin posò l’indice sul mento.
“Potresti quindi trovare un antidoto anche per quello di Gwennie…”, pensò ad alta voce la corvina.
“Purtroppo il suo caso è molto diverso. Non solo il VDM-03 è fortemente mutageno, ma ha anche la caratteristica di logorare gli organi bersaglio con grande velocità. Se anche trovassi un antidoto, una volta somministrato sarebbe efficace solo per un piccolo periodo di tempo...poi il virus muterebbe per poter tornare ad essere attivo. Ne ho lungamente parlato anche con Law il quale mi ha spiegato tutto ciò che ha scoperto studiando i campioni prelevati da Gwennie...”, concluse amaro guardandosi con nervosismo i piccoli zoccoli.
“Perciò è condannata”, sbuffò tristemente la rossa.
Chopper negò con forza.
“Law è convinto di poter trovare un fattore purificante in qualche frutto o erba presente qui a Wano...mi ha detto di voler consultare la biblioteca nazionale una volta sistemato Kaido. Se solo ci contattasse tramite lumacofono…”.
Per un momento nessuno parlò.
In effetti era da parecchio tempo che Law non si faceva sentire...precisamente dalla sfuriata di Shinobu, la quale aveva accusato Bepo, Shachi e Penguin di aver spifferato il piano dell’alleanza durante la loro prigionia.
“Speriamo che torni…”, sussurrò Nami osservando distrattamente Momonosuke mentre si allenava con la sua katana di bambù.
Il dottore ci pensò un attimo, poi decise che fosse arrivato il momento di andare a recuperare altre erbe medicinali...voleva essere preparato al massimo per poter aiutare i suoi nakama durante la battaglia.
Robin sedette accanto all’amica, il movimento fluido accompagnato dal leggero fruscio del suo kimono colorato.
“Sei pensierosa Nami…”.
“In effetti hai ragione...sono preoccupata…”.
Sospirò.
“Lo sono anche io. Tuttavia non possiamo fare altro che sperare nelle potenzialità di Law...sono certa che si stia impegnando al massimo per aiutare Gwennie…”.
La navigatrice drizzò la schiena dopo aver appoggiato i palmi delle mani sul tronco dove si era accomodata.
“Non lo metto in dubbio ma...sarà sufficiente?”.
 
Rufy aveva fame.
Si erano allenato molto con Hyo e ora non desiderava altro che poter mangiare della favolosa carne cucinata da Sanji.
Il cuoco aveva provato a ricordare al proprio capitano che tutti gli animali di Wano erano in qualche modo avvelenati e quindi non esattamente commestibili, ma Cappello di Paglia aveva dimostrato di non preoccuparsene quando si era presentato all’accampamento con un grosso bovino appena cacciato.
In quel momento, mentre la carne cuoceva meravigliosamente, il ragazzo di gomma riusciva a trattenere a stento il desiderio di afferrare un grosso pezzo e di portarselo alla bocca.
Ne era la prova inconfutabile l’abbondante bava che colava dalle sue impazienti labbra.
“E’ pronta?”, domandò per la quattromillesima volta.
“Quasi”, rispose laconico il biondo che nel frattempo aveva preparato un delizioso sughetto dove intingere la carne.
Arrivò Zoro, attratto dall’appetitoso profumo.
“Si mangia?”, grugnì sedendosi accanto al capitano.
Sanji sbottò infastidito...quell’alga umana non aveva proprio maniere.
“Hai finito di tagliuzzare cose a caso?”, provocò girando con forza e abilità l’ingombrante l’arrosto.
Lo spadaccino lo ignorò, molto probabilmente completamente rapito dal piatto che il cuoco stava posando sul tavolo da pranzo improvvisato che Franky aveva fabbricato quel pomeriggio.
Poco dopo furono tutti a tavola.
“Nessuna notizia degli altri?”, bofonchiò Usopp trangugiando rapidamente dell’acqua, aveva rischiato di strozzarsi a causa della mole esagerata di cibo che si era messo in bocca.
Franky scosse la testa, aveva le mandibole troppo impegnate per poter parlare.
“Non importa, forse non verranno più…”, disse Shinobu che aveva preso posto accanto a Momonosuke.
“Cosa dici Shinobu? Law è fortissimo! Hai mai visto cosa è in grado di fare?”, esclamò stupito Chopper mentre si serviva riempiendo il proprio piatto.
La donna non commentò preferendo abbassare lo sguardo.
“Quindi Gwennie è con loro, giusto?”, fece Rufy tra un boccone e l’altro.
Nami confermò e il capitano annuì soddisfatto...non c’era niente al mondo che potesse preoccupare in qualche modo Monkey D.Rufy, lui viveva semplicemente e non si faceva inutili problemi.
“Speriamo che la sua salute non abbia qualche peggioramento…”, pensò ad alta voce Brook, intento a pulirsi la bocca con un tovagliolo.
“Torao è un bravissimo dottore...mi ha salvato la pelle...se Gwennie è con lui, non corre pericolo. Mi fido di Traffy!”, comunicò Mugiwara gettando un osso completamente ripulito dalla carne che lo aveva avvolto fino a poco prima.
Robin sorrise appoggiando il bicchiere che teneva in mano sulle morbide labbra.
L’archeologa era molto affezionata alla ragazza, la sentiva un pò come una sorellina minore...aveva un buon rapporto anche con Nami, ma la Gatta Ladra era talmente esplosiva da non aveva bisogno di alcun supporto.
Gwennie era diversa.
Nonostante il suo carattere forte e determinato, a volte dimostrava anche una forte sensibilità che la portava inesorabilmente a far emergere il suo lato più fragile.
Robin sentiva di dover fungere da spalla in quei momenti particolari e si offriva volentieri di ascoltare le pene dell’amica, regalandole parole di conforto.
Era stata la profonda natura del loro rapporto a permetterle di intuire cosa legasse in realtà Law e Gwennie, ma aveva saggiamente scelto di tenere tutto per sé.
“Robin!”, la chiamò il cyborg, “Credi che qui a Wano ci siano numerosi poignee griffe? O ce ne sarà solo uno magari di colore rosso?”.
“Secondo me troveremo qualcosa di decisamente interessante...non dimentichiamo che questa nazione è esattamente dove quelle pietre sono state create”, posò il bicchiere incrociando le braccia sotto al seno.
“Le troveremo tutte e andremo di volata a Raftel!”, esclamò radioso Usopp, gli occhi sognanti.
Rufy mise il broncio, esattamente come era accaduto all’interno dell’albero a forma di balena, a Zou.
“Sì, sì, lo sappiamo che vuoi combattere”, borbottò il cecchino scuotendo la mano come per liquidare la cosa.
Nami rise sotto ai baffi.
Zoro vuotò il suo bicchiere per poi alzarsi: avrebbe continuato il suo allenamento con Enma, annunciò agli altri.
Il banchetto proseguì spensieratamente: ogni membro dell’alleanza serbava nel cuore la gioiosa speranza di un esito positivo della battaglia che, tra non molto, si sarebbero trovati a dover affrontare.
Ogni piccolo gesto a tavola era un modo per esorcizzare il timore del fallimento, della sconfitta...sentimento presente soprattutto in Kin’emon e negli altri foderi rossi, abitanti di Wano costretti a vedere il proprio amato paese nelle grinfie di uno spietato dittatore.
Tuttavia l’animo leggero dei mugiwara li coinvolse, riuscendo a regalare loro dei momenti di pura spensieratezza.
Nessuno di loro poteva solo immaginare cosa invece stava accadendo a Gwennie in quel esatto momento, nei pressi della capitale...e forse fu decisamente meglio così.
 
Gwennie provò a muoversi ma senza apparente risultato.
La testa le doleva, sentiva il proprio sangue pulsare fastidiosamente sulle tempie.  
Dopo aver aperto gli occhi constatò di non notare nessuna differenza...e ciò poteva significare solo una cosa: in quel momento doveva trovarsi in una stanza completamente buia.
Provò a ricordare nel dettaglio cosa le fosse successo, ma la cosa risultò molto più complicata di quanto credesse...tutto ciò che riusciva a far riemergere dalla memoria era la scena a cui aveva assistito poco prima di perdere i sensi, ovvero quella di uomo piuttosto alto che le si avvicinava rapidamente.
Poi il buio più totale.
Emise un grugnito rabbioso, questa situazione le dava sui nervi.
Ad un tratto una porta scorrevole fu aperta e una debole luce penetrò nella stanza.
“Ti sei svegliata”, constatò una voce maschile.
Qualcuno si avvicinò a Gwennie e la prese per le braccia, le mani erano strettamente legate dietro alla schiena da una corda piuttosto ruvida ed estremamente fastidiosa sulla pelle.
Una volta che la prigioniera fu in piedi, venne condotta nella stanza adiacente.
Ci vollero diversi minuti affinché gli occhi della pirata si abituassero alla luce che proveniva dalle diverse finestre che adornavano le pareti, ma alla fine riuscì a scorgere un uomo seduto davanti ad un piccolo tavolino di legno scuro.
Sembrava intento a versare del tè bollente in una piccola tazza color argilla.
“Benvenuta Gwennie King. Gradisci del tè?”, domandò con gentilezza.
Non ne sapeva il motivo, ma quell’uomo non dava un’impressione negativa alla giovane che, dopo averci pensato qualche secondo, accettò l’offerta.
Ignorava quanto tempo avesse trascorso in quella stanza, al buio e legata, ma una cosa era certa: era decisamente assetata.
Un uomo le liberò i polsi da quella dannata corda, erano rossi e irritati, perciò se li massaggiò con delicatezza in modo da poter ristabilire la circolazione del sangue alle mani intorpidite.
Sedette al tavolino studiando il suo interlocutore: era massiccio ed imponente, non sembrava originario di Wano, difatti i suoi capelli erano decisamente corti, tagliati a spazzola.
I lineamenti duri davano una parvenza di militaresco, tuttavia aveva una dimestichezza notevole nel servire il tè, cosa che portò la giovane a pensare che per lui fosse un rito quotidiano.
“Come sapete il mio nome? Chi siete?”, domandò infine appoggiando le mani in grembo.
L’uomo le fece cenno di aspettare.
Le porse poi una tazza fumante e, poco dopo, versò la bevanda anche per sé.
“Per prima cosa vorrei chiedere scusa per il trattamento che hai subito, ma non ci hai lasciato altra scelta. Continuavi a scappare senza voler sentire ragioni...quindi abbiamo dovuto usare un potente sedativo per riuscire a catturare la tua persona e quindi la tua attenzione”, posò la tazza sul tavolino.
Gwennie sorbì un sorso di tè ma preferì mantenere il silenzio.
“Noi siamo qui per il VDM-03”, annunciò infine.
Alla ragazza quasi cadde di mano il recipiente che teneva tra le dita, fece per parlare ma con un gesto l’uomo la bloccò.
“Lascia che ti spieghi tutto. Solo in questo modo potrai capire bene la situazione.”, alzò la mano verso uno degli individui che aveva aiutato la ragazza ad alzarsi, poi gli chiese di chiamare qualcuno.
Seguirono diversi minuti di attesa silenziosa, dove entrambi si preoccuparono solamente di svuotare la propria tazza.
Infine entrò un altro uomo: era piuttosto alto, decisamente bello, dagli occhi castani e i capelli dello stesso colore ma con riflessi biondi, tagliati corti ma non troppo e portati spettinati, il volto era gentile ma suscitava un certo timore, un timore dovuto alla sua forza combattiva, probabilmente.
Prese anche lui posto presso il tavolo.
“Così tu saresti Gwennie King. Sei un pò diversa dalle foto”, sorrise genuino, strizzando leggermente gli occhi.
La sua voce era profonda e calma, decisamente affascinante.
“Noi siamo marine, il mio nome è Sasaki, mentre lui è Leroy.”, intervenne il tizio che aveva servito il tè.
La giovane fece per alzarsi di scatto, ma Leroy le posò delicatamente una mano sul braccio per bloccarla.
“Siamo dalla tua parte, non ricominciare a correre per favore!”, sorrise nuovamente come aveva fatto poco prima.
Lei lo guardò valutando se potergli credere o meno...decise infine di rimettersi seduta per sentire cosa avevano da dire.
“Calixte Aubert ha viaggiato sulla nostra nave. Abbiamo avuto questo ordine dall’alto e la cosa ci ha lasciato molto perplessi, così ho chiesto a Leroy di fare alcune indagini sulla faccenda...spiegale tutto”, disse Sasaki riempiendo nuovamente la propria tazza.
“Il Governo ha dichiarato in alcuni rapporti strettamente confidenziali che tuo padre era un terrorista e che ha rubato il VDM-03 per poter causare disordini in tutto il mondo. Sembra anche che tu stessa sia considerata come tale e, per questo, la marina era coinvolta in prima linea nella tua cattura. Qualche settimana fa però, ci hanno tolto improvvisamente la missione giustificando il fatto in maniera superficiale. Abbiamo poi saputo da una fonte molto attendibile che qualcun altro è stato mandato sulle tue tracce, un individuo sanguinario che in questo momento si trova qui, a Wano”.
Gwennie boccheggiò, la voce si rifiutava di rispondere alle sue sollecitazioni.
Suo padre considerato un terrorista?
Lui che era stato l’uomo più buono che avesse mai conosciuto, che aveva visto il lavoro di una vita trasformato in un orrendo incubo da mani oscure, che si era sacrificato per permettere a sua figlia di trovare un vaccino...era ora considerato un criminale della peggior specie.
Era insopportabile.
Sentì delle lacrime iniziare a pungerle gli occhi desiderose di poter scorrere liberamente sulle guance arrossate, ma non permise loro di farlo...respirò a fondo un paio di volte riprendendo il pieno controllo delle proprie emozioni.
Non avrebbe pianto davanti a due marines.
“Stai bene?”, domandò Leroy notando il turbamento della pirata.
In risposta lei annuì mordendosi leggermente il labbro inferiore.
“E’ quindi ovvio come qualcuno stia muovendo le fila di questa faccenda rimanendo ben nascosto nell’ombra e che questo qualcuno abbia anche amicizie molto in alto nella gerarchia interna della Marina stessa. In ogni caso noi siamo uomini d’onore e di giustizia, questo tipo di cose ci danno letteralmente il voltastomaco…”, Sasaki era intervenuto dopo aver acceso un sigaro tratto da una delle pieghe del suo kimono azzurro.
La giovane si perse per un momento ad osservare i disegni prodotti dal fumo leggero mentre volteggiava libero nell’aria.
La voce di Leroy la riportò con i piedi per terra.      
“Vogliamo aiutarti. Se ci consegni il campione di VDM-03, la tua vita sarà salva. Penseremo noi a sistemare il mercenario che è stato mandato qui per il virus. Inoltre andremo a fondo con le indagini per scoprire chi si cela dietro a tutto questo una volta per tutte”, gli occhi scuri erano accesi dall’impeto.
La pirata non parlò, si guardò le mani abbandonate in grembo per un lungo momento.
“Mi state chiedendo di fidarmi...ma non vi conosco, so poco di voi e quel poco mi spinge a essere diffidente. Siete marines, il nemico principale di quelli che, come me, hanno scelto di navigare sotto ad una bandiera nera. Quindi come potrei mai credere a tutto ciò che mi avete detto?”, parlò con tono cristallino.
Sasaki prese qualcosa da terra e lo appoggiò sul tavolo: si trattava di un quotidiano risalente a qualche giorno prima.
Invitò la ragazza a leggere un determinato articolo che le indicò con un dito.
Il trafiletto descriveva l’assassinio brutale di un ristoratore, il quale era morto a causa un paio di bacchette di legno che gli erano state violentemente conficcate nel collo...il tutto era accaduto per un motivo decisamente futile, ovvero l’esaurimento delle scorte di sake del locale.
Gwennie guardò il marine con aria interrogativa.
“Siamo certi che questo omicidio sia avvenuto per mano del sicario che si trova qui per te, signorina King. Si fa chiamare Jonnmaru da quando è giunto a Wano, ma nel mondo è conosciuto sotto lo pseudonimo di John Smith”, spiegò dopo aver aspirato il fumo profumato del proprio sigaro.
“Sono ben capace di difendermi”, sbottò lei assumendo un’espressione piccata, “Inoltre non sono sola...ci sono anche i miei compagni”.
“Ragazza, non mettiamo in dubbio il fatto che siate dei pirati piuttosto forti. Il tuo capitano è ben conosciuto dal Governo. Ma in questo caso non si tratta di una semplice diatriba pirati contro Marina...qui si parla della salute e della vita di migliaia di persone. Se quel virus cadesse nelle mani sbagliate, l’effetto sarebbe apocalittico. Sai cosa succederebbe ad un organismo umano se il VDM-03 entrasse in circolo?”, domandò Sasaki piantando gli occhi duri in quelli verdi di lei.
Gwennie avrebbe voluto spiegare che conosceva molto bene i devastanti sintomi del VDM-03, ma preferì tenere tutto per sé.
“Chi mi garantisce che non sia tutto un trucco per poter catturare noi mugiwara e i nostri alleati?”, assottigliò lo sguardo.
“Il commodoro Sasaki è persona di grande onore, puoi stare certa che non farebbe mai una cosa tanto meschina. In questa situazione non ci sono differenze, siamo tutti ugualmente in pericolo”, rassicurò Leroy abbozzando mezzo sorriso.
Doveva essere proprio il modo in cui quel ragazzo sorrideva, assottigliando gli occhi quasi facendoli chiudere completamente, pensò la ragazza.
“Se decidessi di credervi, di fidarmi di voi...quale sarebbe il piano?”, chiese infine sospirando rumorosamente.
Se solo Law fosse stato lì con lei.
 
Era arrivato il fatidico giorno, il Festival del Fuoco avrebbe avuto luogo l’indomani.
Le vie della capitale riflettevano quello che era lo stato d’animo degli abitanti: decorate con festoni di carta colorati, lanterne rotonde dentro alle quali sarebbero state collocate delle candele non appena fosse calata la sera.
Agli angoli delle strade c’erano numerosi musicisti che suonavano abilmente dei grossi tamburi, alcuni però preferivano altri tipi di strumenti, come ad esempio lo shamisen o il dizi.
Gwennie ammirava tutto questo dalla piccola finestra di quella che era diventata la sua stanza da letto per la notte appena trascorsa: Leroy e Sasaki le avevano offerto di dormire nell’abitazione che stavano occupando e lei aveva accettato di buon grado.
La sera prima avevano parlato lungamente, era quasi mezzanotte quando avevano concluso la loro discussione, la giovane si era sentita stanca ed assonnata, perciò un comodo e sicuro giaciglio non le era dispiaciuto per niente.
Qualcuno bussò piano alla porta.
“Buongiorno!”, era Leroy, “Sono venuto a vedere se eri già sveglia...la colazione è pronta se vuoi favorire”.
La pirata annuì compiendo qualche passo verso il marine.
Non desiderava essere troppo amichevole con lui, dopotutto erano pur sempre nemici.
Il percorso dalla stanza della giovane alla sala da pranzo fu veloce e silenzioso, una volta arrivati Gwennie notò che il tavolo era apparecchiato solo con due coperti.
“Il commodoro ha fatto colazione all’alba”, la precedette il suo accompagnatore, “quindi siamo solo io e te...spero che non ti dispiaccia...sai, si capisce che non ti vado a genio!”.
Lei lo spiò con la coda dell’occhio: indossava un kimono blu scuro con i bordi di un bianco candido, la fascia in vita era bordeaux e portava sempre con sé una katana dal fodera particolarmente decorato.
Inoltre doveva essere mancino dato che l’arma pendeva dalla parte destra del suo corpo.
Il viso era disteso e rilassato, sulle labbra l’accenno di un sorriso...sembrava decisamente una brava persona, soprattutto sincera.
“Non ce l’ho con te personalmente...ma capirai che i nostri ruoli sono esattamente opposti, insomma trovo difficile riuscire ad imitare il tuo atteggiamento spensierato…”, alzò le spalle.
Lui fece uno dei suoi sorrisi, uno di quelli che faceva ridurre gli occhi a due fessure.
“Sì, capisco”, disse infine mentre prendeva posto a tavola, “credo sia naturale pensarla come te, ma posso assicurarti che non vogliamo assolutamente ingannarti e non nuoceremo in alcun modo alla tua ciurma o a quella dei vostri attuali alleati”, afferrò le bacchette con la mano sinistra, confermando i sospetti di Gwennie.
La ragazza si servì usando a sua volta le hashi, poi portò alla bocca una porzione di dolce ai fagioli rossi.
“Sei sempre così taciturna?”, chiese lui non smettendo di incurvare le proprie labbra.
“Soltanto quando mi trovo con degli estranei”, replicò tranquillamente lei.
Leroy scoppiò in una risata, posò le bacchette sul tavolo scegliendo invece di bere dell’acqua, successivamente piantò gli occhi scuri in quelli di lei che lo stavano osservando con diffidenza.
“Parola mia, non ho mai incontrato nessuno come te. Una pirata che vuole salvare il mondo dalla minaccia di un terribile virus ma che vuole fare tutto da sola perchè non riesce a fidarsi della gente…”, depose anche il bicchiere ormai vuoto sul tavolo.
“Non mi pare di aver mai detto di voler fare tutto da sola. Se qui abbiamo finito io andrei…”, fece per alzarsi ma la mano ferma di lui la bloccò.
Gwennie lo trafisse con lo sguardo.
“Ehi, non vorrai uccidermi con quegli occhi minacciosi...non ti sto impedendo di andartene, voglio solo consegnarti questo”, estrasse dalla tasca con piccolo Den Den Mushi, “se non riuscissimo a stanare John Smith in tempo e lui facesse in modo di trovarti, beh non devi fare altro che chiamare e io accorrerò in tuo aiuto…”.
La giovane accettò il lumacofono per poi girare sui tacchi ed andarsene.
 
Setsuko rotolò nel futon sfatto cercando con la mano quello che era stato il suo compagno per la notte, ma dovette constatare di essere già rimasta sola.
Sul tavolino bianco poco lontano dall’ingresso giacevano tre pezzi d’oro, l’esatto prezzo da pagare per poter trascorrere del tempo con la famosa juuyo.
Sospirò godendosi quel momento di pace assoluta nella propria stanza, quella che occupava presso il conosciuto bordello Hottokisu, il quale si ergeva quasi al centro della capitale. 
Circa mezz’ora dopo udì dei passi pesanti in corridoio, si alzò dal proprio giaciglio coprendosi il seno con il lenzuolo colorato, infine attese che il suo ospite annunciasse il proprio nome, ma ciò non avvenne: la porta si spalancò all’improvviso permettendo all’uomo che era comparso sulla soglia di entrare facilmente.
“Jonnmaru-sama, che piacere rivederti”, mentì la donna sentendo un primo brivido di paura percorrerle la schiena nuda.
Lui sorrise in modo perverso mentre richiudeva con lentezza il fragile uscio di legno.
Si gettò rudemente su Setsuke, strappandole di dosso il lenzuolo e consumando con lo sguardo ogni centimetro della sua pelle candida.
Armeggiò con la propria cintura per poi gettare frettolosamente a terra il kimono con il quale era vestito, desiderando fare piena mostra della sua crescente eccitazione.
La baciò voracemente, facendole quasi male.
“A cosa devo tanto impeto?”, chiese lei con un sussurro.
Jonnmaru ghinò a lungo prima di rispondere.
“Questo credo sia meglio che tu non lo sappia…”, afferrò la gamba sinistra della sua amante obbligandola così ad aderire completamente al suo corpo.
La juuyo emise un debole gemito mentre reclinava la testa all’indietro e si abbandonava al ritmo selvaggio che l’uomo le stava imponendo.
Per sua fortuna le risultò impossibile notare la chiazza di sangue ancora fresco che macchiava la parte inferiore del kimono del suo amante, così come non fece caso alle voci concitate delle guardie che correvano come impazzite per la via della capitale alla ricerca di un pericoloso assassino.   
 
Un saluto a tutti i miei gentilissimi lettori!
Da questo momento in poi la pubblicazione dei capitoli non sarà regolare, quindi non più con cadenza quindicinale.
Un abbraccio!
BV
 

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Capitolo 15
*** Incontro Fugace ***


Gwennie guardò il lumacofono che Leroy le aveva consegnato poco prima.
La sera precedente, Sasaki le aveva spiegato nel dettaglio quale strategia intendeva mettere in atto in caso i pirati si dichiarassero d’accordo nel collaborare con i marine.
“E’ molto semplice. Per prima cosa voglio mettere le mani su questo cane sciolto, Smith. Merita di finire ad Impel Down senza dubbio alcuno. Poi direi che sarebbe il caso di andare direttamente alla sede del Gemini, presso l’isola di Boden Schwarz...fonti certe riferiscono una prematura dipartita del misterioso Direttore, la cui funzione sembra essere stata inglobata dalla persona che sta realmente dietro a tutto questo, al Gemini, al Chimera e al VDM-03. Sappiamo che si tratta di una donna, ma la sua identità è avvolta nel mistero. In ogni caso stiamo ancora indagando e siamo certi di trovare qualche indizio più specifico”, parlando aveva acceso uno dei suoi famosi sigari.
La ragazza si era chiesta cosa piacesse di più al commodoro, se il tè o i sigari.
“Come ha detto anche lei, il piano è semplice. Dovrò discuterne con il mio capitano e con Trafalgar Law, attualmente nostro alleato. Proverò a contattarli appena possibile. Sappiate però che noi siamo qui a Wano per un motivo specifico e che non intendo in nessun modo anteporre il Gemini alla disastrosa situazione nella quale versa questo paese. Perciò che Rufy accettasse di stringere questa specie di alleanza, dovrete attendere la caduta dell’Imperatore Kaido”, era stata asciutta ma chiara.
Il commodoro si era visibilmente accigliato.
“Nonostante la pericolosa presenza qui di Smith, tu vuoi lo stesso prendere parte alla battaglia per rovesciare Kaido? Almeno il campione dei VDM-03 è al sicuro?”, aveva domandato non prima di essersi assicurato che il suo sigaro stesse ardendo in modo uniforme.
La pirata aveva sorriso amaramente per poi annuire in modo da poter rassicurare il marine.
Sasaki aveva lanciato un’occhiata a Leroy, il quale aveva fatto semplicemente spallucce: il coltello dalla parte del manico lo aveva la ragazza, quindi tutto ciò che potevano fare era di seguirla nelle sue intenzioni per poterle dare un aiuto concreto, un aiuto finalizzato alla completa distruzione di un’organizzazione malvagia intenzionata a produrre virus mortali.
“Va bene. Rispetteremo i tuoi tempi”, aveva infine acconsentito il commodoro.
Gwennie aveva pensato che se non fosse sopravvissuta alla battaglia, sarebbe stato Law a portare avanti la sua missione, perciò si sentiva coperta anche in quel senso.
“Gatcha!”, il suono emesso da Den Den Mushi la riportò alla realtà...qualcuno dei suoi nakama aveva risposto alla chiamata.
“Pronto...chi parla?”, la voce inconfondibile di Usopp.
Le era mancato, come tutti gli altri mugi.
Nei successivi minuti la giovane venne aggiornata sulle ultime novità...dall’allenamento di Rufy con Hyo, alla liberazione della prigione di Udon, i lavori di Franky al porto per assicurare a tutti gli alleati un’imbarcazione adeguata per poi concludere con l’entrata in possesso della strepitosa Enma da parte di Zoro.
“Tutto questo mi dà una gioia che non immagini, Usopp...non vedo l’ora che la battaglia abbia inizio!!!”, l’entusiasmo della ragazza era genuino, ma aveva bisogno di riferire qualcosa al compagno.
Provò a sintetizzare tutto ciò che le era accaduto, sorvolando volutamente sui fatti accaduti a lei e Law in prigione...ricordava bene l’ammonimento del chirurgo al momento della sua cattura.
“Sono senza parole...riferirò tutto a Rufy appena si sveglia. Si è duramente allenato per ore...poi è crollato a terra ronfando. Sai bene anche tu che è impossibile svegliarlo quando è in questo stato”, esclamò il cecchino.
Gwennie sorrise al lumacofono al quale era spuntato un lungo e sottile naso.
Rassicurando Usopp, si fece ripetere il luogo dell’incontro per l’indomani, assicurandolo che ci sarebbe stata.
Riagganciò con la promessa di sentirsi presto, poi mise al sicuro la piccola lumaca e si alzò in piedi: prima di presentarsi al porto promesso, doveva assolutamente recuperare il suo chakram, altrimenti il suo contributo in battaglia sarebbe stato alquanto misero.
Pensando ad un modo per penetrare nella prigione senza dare nell’occhio mosse alcuni passi verso il centro città dove in quel momento si stava svolgendo un mercatino agricolo riservato solamente alle persone più facoltose della capitale: i prezzi esposti sulle bancarelle erano infatti inaccessibili per la maggior parte del ceto medio di Wano.
Osservò distrattamente della frutta esposta...toccò con la punta di un dito una mela rossa la cui buccia era lucida e appetitosa...sospirò ricordando che Law doveva essere ancora prigioniero.
Avrebbe desiderato aiutarlo a fuggire, ma da sola temette di poter fare ben poco...in ogni caso, una volta sgattaiolata nelle prigioni avrebbe senz’altro tentato di liberarlo, in un modo o nell’altro.
“Non voltarti, non fermarti. Cammina come se nulla fosse”.
La ragazza sentì il cuore raddoppiare la propria velocità.
Avrebbe riconosciuto quella voce tra un milione.
“Sei riuscito ad evadere!”, sussurrò emozionata.
Dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per non voltarsi e stringerlo in un abbraccio...desiderava sentire il suo profumo, la sua consistenza, il suo calore. 
“Tieni. Questa è la tua arma”, con un movimento fluido agganciò la cintura alla vita della pirata per poi ritrarsi rapidamente.
Gwennie posò una mano sul cuoio nero, sorrise tra sé percependo il ben conosciuto peso del chakram pendere dalla sua schiena.
“Stavo per andare a riprenderlo…”, pensò a voce alta.
“Lo immaginavo, per questo mi sono azzardato ad avvicinarmi così tanto. Adesso devo andare, non possono vederci insieme. Non riferire a nessuno che ci siamo visti, tantomeno che mi trovo qui”, il dottore parlava in modo che soltanto lei lo potesse udire.
“Aspetta, per favore...un minuto solo...io voglio spiegarti…”.
“Non mi devi alcuna spiegazione, Gwennie. Il tuo stato di salute è stazionario, quindi cerca di mantenerlo tale”, la interruppe lui.
Non più capace di trattenersi, la giovane si voltò di scatto ma lui era già sparito.
Strinse forte la pelle nera della sua cintura fino a far diventare bianche le nocche delle mani.
 
Tornò al rifugio in uno stato emotivo piuttosto burrascoso...da un lato era estremamente felice di sapere che Law non fosse più prigioniero, dall’altro era delusa e amareggiata di non avergli potuto spiegare la faccenda del Do-In.
Entrò nel salottino senza nemmeno alzare lo sguardo, il suo obiettivo era quello di raccogliere i pochi oggetti personali che aveva lasciato in camera per poi incamminarsi verso il porto.
“Dove eri? Ho provato a chiamarti più volte!”, il tono bellicoso di Leroy ebbe un effetto distruttivo sui nervi già tesi della pirata.
“Non devo rendere conto a te di dove vado”, esclamò secca, ben intenzionata a tagliare la conversazione.
Il marine si alzò, la raggiunse rapido per poi afferrarla per entrambi i polsi, costringendola ad aderire alla parete con la schiena...avvicinò il proprio viso a quello di lei, la ragazza poteva sentirne il respiro sulla pelle.
“Siamo qui per aiutarti ma se tu non sarai collaborativa, la cosa risulterà difficile per entrambi, non credi?”, uno strano ghigno si era formato sul bel viso del soldato.
Gli occhi di Gwennie erano fiammeggianti.
“Lasciamo subito. Non è un consiglio”, si limitò a dire.
Ma lui non le diede ascolto, anzi, aumentò la stretta sui sottili polsi della giovane.
Poi fece una cosa del tutto inaspettata.
Non lo aveva affatto programmato, anzi a dire la verità non gli era mai nemmeno passato per la mente...ma in quel momento vedendola così furente, con la guance accese per l’affronto subito e un poco raccomandabile bagliore nello sguardo, una forza sconosciuta lo spinse ad agire.
Avvicinò ulteriormente il proprio viso a quello della pirata e premette le labbra su quelle morbide e delicate di lei.
Fu un attimo.
Quasi non si accorse di averlo fatto, fino a quando la protesta della giovane si fece decisamente sentire: con una gamba diede un calcio laterale al ginocchio destro di lui, obbligandolo a piegarsi e, di conseguenza, a staccarsi da lei.
Non fece neppure in tempo a proferire verbo...un ceffone lo raggiunse in pieno viso facendogli voltare forzatamente lo sguardo di lato.
Gwennie lasciò la stanza in un fruscio di stoffe, quelle del suo kimono, mentre Leroy rimase immobile ad osservare il tatami che ricopriva il pavimento.
Che cosa gli era saltato in mente?
 
Diverse ore più tardi, il commodoro Sasaki lesse il biglietto che Gwennie King gli aveva lasciato: affermava di essere partita per riunirsi ai suoi compagni e che il giorno seguente sarebbe iniziata la battaglia contro il governatore di Wano, Kaido.
Avrebbe dato suoi aggiornamenti a tempo debito grazie al Den Den Mushi che le avevano consegnato il giorno prima.
“Molto bene, Leroy. Il nostro compito qui a Wano è quasi terminato. Non ci rimane altro che mettere in gabbia quel topo di fogna di Smith”, l’uomo versò del tè decisamente bollente in una piccola tazza, poi ripetè lo stesso gesto per riempire una ciotola anche per il suo interlocutore.
Il soldato non rispose, era ancora scosso per quanto avvenuto tra lui e la King...ovviamente non ne aveva fatto parola con il suo superiore.
Sorbì in silenzio la bevanda calda cercando di riflettere su cosa lo avesse portato a compiere quel gesto scellerato, ma non trovò una risposta gratificante...dovette accettare il fatto di aver agito per puro istinto.
“...quindi io torno alla nave. Te la senti di rimanere qui con qualche uomo?”, Sasaki aveva parlato, ma il marine aveva percepito soltanto l’ultima parte del discorso.
“M-ma certamente signore! Tre uomini saranno più che sufficienti. Ci terremo in contatto tramite lumacofono, non credo che la cattura di Smith sarà troppo difficoltosa”, posò la tazza vuota sul tavolino di legno.
Il commodoro annuì con lentezza, dimostrando così la propria approvazione.
 
 
Visto???
Non mi sono dimenticata di voiiiii!!!!
Capitolino di transizione, sperando che il flashback di Oden, per quanto sia interessante, finisca prima di qualche anno, permettendoci così di dare il via alla battaglia finale!!!
XD
Un abbraccio e auguri di buone Feste!!!
BV

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Capitolo 16
*** Emozioni ***


Gwennie attendeva solerte nei pressi di una piccola spiaggia non troppo lontana dalla capitale, come in accordo con i pirati Heart che era finalmente riuscita a contattare dopo numerosi tentativi andati a vuoto.

“Scusa, Gwen!”, aveva esclamato Penguin, “Avevo dimenticato il Den Den Mushi in camera ...ero convinto di averlo in tasca come faccio sempre!”.

Si sfregò le mani sulle braccia: da qualche minuto un dispettoso venticello freddo aveva iniziato a soffiare e la sottile stoffa del kimono non la teneva abbastanza al caldo.

Rabbrividì, ma non solo per il freddo.

Sapeva benissimo che avrebbe dovuto trovare il modo di confrontarsi con il chirurgo della morte in merito al Do-In e immaginava che non sarebbe stata di certo una cosa piacevole da fare.

Fu allora che notò un’improvvisa increspatura dell’acqua seguita da una vera e propria piccola onda… il mare era stato una tavola fino a quel momento, quindi le fu subito chiaro che i pirati erano arrivati.

Sorrise come un ebete....voleva loro molto bene e non vedeva l’ora di poterli riabbracciare, soprattutto Shachi e Penguin con i quali aveva un rapporto tutto speciale.

La sua previsione si dimostrò esatta: dieci minuti dopo, il sottomarino giallo emerse in tutta la sua magnificenza e sul ponte comparve una ben nota - e arancione - sagoma.

Bepo…. chi altri poteva mai essere così impaziente di vederla?

Gwennie agitò la mano per salutarlo, mentre attendeva che la piccola scialuppa che era stata appena calata dall’imbarcazione la raggiungesse alla spiaggia.

A bordo Vi erano i due gemelli pirata, Keane e Chester, i quali, come al solito, non facevano altro che bisticciare su ogni cosa.

Erano fratelli gemelli, quindi non di uguale aspetto: Keane era moro, con dei penetranti occhi di un verde simile a quello che caratterizzava quelli di Gwennie… era muscoloso ma longilineo e adorava usare in battaglia un’enorme ascia antica che aveva scovato anni addietro in un mercatino dell’antiquariato.

Ovviamente poi ci aveva messo le mani riuscendo a “restaurarla” come meglio credeva, il risultato era stato sbalorditivo e ora la portava sempre con sé, assicurata con una cinghia di cuoio alla schiena.

Chester era robusto e massiccio, fino a qualche mese prima aveva avuto dei radi capelli color grano che poi aveva saggiamente preferito rasare in modo da distogliere l’attenzione dalla sua calvizie.

Gli occhi neri come il carbone parevano prendere fuoco quando in battaglia estraeva la sua adorata carabina e sparava con mira eccezionale sui nemici, facendo centro al primo colpo.

“E rema più rapidamente, mica possiamo dormire qui stanotte!”, sbottò Chester rivolto al fratello.

“Spiegami che cavolo staresti facendo tu, signor armadio di muscoli”, ansimò Keane il quale stava iniziando a sentire la stanchezza dovuta alla traversata.

Il loro tono di voce si alzò notevolmente fino a farsi tranquillamente sentire dalla ragazza che li stava aspettando sulla spiaggia.

Gwennie sorrise tra sé: per quanto quei due litigassero, e lo facevano davvero spesso, tutti gli Heart sapevano che si volevano un gran bene e l’uno non avrebbe esitato a mettere in gioco la propria vita per salvare l’altro.

Infine arrivarono e Chester balzò giù dalla piccola barca in modo da poter dare una mano alla giovane per salire.

“Grazie! Come state ragazzi?”, chiese la pirata davvero felice di vederli poi, notando il loro abbigliamento, chiese, “sentivate la mancanza delle vostre belle divise?”.

Keane roteò gli occhi: tutti sapevano che, fosse stato per lui, avrebbe indossato solo pantaloni strappati e magliette nere… la divisa non era decisamente nelle sue corde.

Parlarono del più e del meno per tutta la traversata, cosa che aiutò Gwennie a distrarre la mente da ciò che sarebbe avvenuto di lì a poco: l’incontro con Law.

Stavolta remò Chester e il ritorno al sottomarino fu decisamente molto più veloce rispetto al viaggio precedente.

Salirono rapidi: il vento si era fatto più deciso e sembrava voler portare tempesta, inoltre Bepo, dal ponte, li aveva esortati a sbrigarsi numerose volte per il timore di essere avvistati dal nemico. 

I minuti seguenti furono caratterizzati da lunghi abbracci e tante domande, alcune la ragazza non le sentì nemmeno tanto era felice di vedere i suoi amici tutti sani e salvi.

“Shachi, il tuo braccio?”, domandò indicando l’arto sinistro del ragazzo.

Lui la tranquillizzò affermando che il capitano lo aveva medicato egregiamente, come da prassi, e che non sentiva quasi più il fastidio causato dagli otto punti di sutura che gli erano stati applicati.

Fu allora che Gwennie si rese conto della mancanza di Law: non era lì con il suo equipaggio.

Dovette aver inconsapevolmente assunto un’espressione triste perchè Bepo le si avvicinò lesto spiegando che il capitano era chiuso in laboratorio praticamente da quando erano tornati al Polar Tang.

Fece inoltre un piccolo sorriso per consolarla e lei gliene fu estremamente grata.

Il navigatore degli Heart era decisamente un visone sensibile.

Ogni pensiero fu improvvisamente interrotto dalla voce autoritaria di Jasper.

“La cena è in tavola!”.

 

La cena fu consumata senza la presenza del Capitano.

Gwennie mangiò poco e mal volentieri ma si impegnò per non farlo assolutamente notare a nessuno dei suoi amici, i quali avevano invece una gran voglia di festeggiare e divertirsi.

Quando il cibo fu completamente esaurito, ognuno degli Heart si congedò nelle proprie cabine desiderando recuperare a pieno le energie in vista della dura battaglia che li attendeva.

La ragazza decise di fare una doccia bollente, si sentiva intorpidita e una sensazione di pesantezza le opprimeva il petto… dell’acqua calda avrebbe contribuito a scioglierle i muscoli e forse così si sarebbe anche rilassata un pochino.

Dopo essersi spogliata studiò i segni caratteristici del Do-In: non avevano più l’aspetto di piccoli ematomi scuri ma sembravano piuttosto delle scottature… la pelle era di un rosa acceso e al tatto si sentivano tante piccole increspature.

La pirata non aveva la minima idea di quello che stesse a significare ma di certo lo poteva immaginare… l’effetto benefico sarebbe scomparso tra non molto tempo, lasciandola nuovamente tra le grinfie del VDM-03.

Entrò nel piccolo box doccia e mise subito il viso sotto al getto di acqua calda per poi insaponare il corpo con l’aiuto di una morbida spugna marina.

Perchè Law non aveva partecipato alla cena insieme agli altri…. era forse per evitare ogni possibile contatto con lei?

In effetti alla prigione era stato piuttosto glaciale, per non parlare di quando, tempo dopo, le aveva fatto avere la cintura con il suo chakram… si erano scambiati due parole al volo senza neppure guardarsi in volto.

Girò il rubinetto dell’acqua finchè questa smise di scorrere.

Mentre si asciugava con un telo bianco si sentì in preda al massimo sconforto possibile...era fisicamente stanca e quei pensieri non la stavano aiutando per niente.

Fu in quel momento che vide sul pavimento, accanto ai propri piedi nudi, un cerchietto di un rosso intenso.

Subito non capì ma poi le tornò alla mente l’episodio accaduto alla prigione e alzò la testa per guardarsi allo specchio: era appannato a causa del vapore prodotto dall’acqua calda, così usò una mano per pulirlo.

Sgranò gli occhi: dal naso le stava colando del sangue e a una velocità preoccupante.

Afferrò una salvietta e provò a tamponare l’emorragia in modo da riuscire perlomeno a vestirsi...poi sarebbe dovuta andare da Law, volente o nolente.

Riuscì nel suo intento infilando al volo un paio di short jeans e una maglietta, ai piedi mise delle infradito che usava quando con i Mugiwara capitava di sbarcare in qualche isola estiva.

Tornò in bagno e tolse la salvietta dal viso.

Magari il sangue si era fermato.

Magari non sarebbe stato necessario andare da Law in quello stato, ammettendo così che il Do-In era stata un’idea azzardata e presa senza aver riflettuto in modo adeguato.

Non solo la perdita ematica non si era fermata, ma era anche aumentata.

“Va bene! Andiamo!”, si disse a voce alta come per rinfrancarsi.

Law si sarebbe arrabbiato moltissimo, questo lo sapeva bene. 


Da diversi minuti ormai, Gwennie stava impalata davanti alla porta della cabina del chirurgo, ferma, immobile come una statua, dava addirittura l’impressione di non respirare.

Spiò nuovamente lo stato della salvietta sperando che la perdita ematica si fosse stabilizzata o, ancora meglio, bloccata del tutto...ma purtroppo non fu così.

Sospirò chiudendo gli occhi...non era da lei tergiversare a quel modo, solitamente desiderava chiarire le cose subito in modo da non avere argomenti pendenti.

Decise infine di bussare ma quando alzò il braccio per poterlo fare, sentì un forte capogiro che le fece perdere del tutto l’equilibrio… il risultato fu quello di andare a sbattere con il gomito su l’uscio della cabina, producendo un rumore simile a quello di un ariete che tenta di sfondare i portoni massicci di un antico castello medievale.

Nemmeno a dirlo, dopo tre secondi netti, la porta si spalancò.

Gwennie lo guardò dritto negli occhi: era decisamente sorpreso…. tranne questo non si riusciva a comprendere in che stato d’animo si trovasse.

“Ehm… ciao!”, lo salutò abbozzando un sorriso, “Ecco io...stavo facendo la doccia...e poi il naso…così ho pensato che...ma forse...non è il caso...io...devo andare, scusa per lo spavento...”.

Si sentì una completa idiota.

Balbettava in modo imbarazzante e per lo più non stava dicendo niente che avesse un minimo di significato.  

Si girò per tornare alla propria cabina quando una mano la trattenne.

“Entra o finirai per svegliare tutti”.

Sentire la sua voce fu meraviglioso.

Un balsamo lenitivo per il cuore.

Una volta entrata, il dottore le fece segno di sedersi mentre lui sparì in bagno per qualche minuto… quando tornò aveva in mano una valigetta di pelle scura, forse nera ma con sfumature particolari.

La piazzò poi sul tavolino accanto alla sedia dove si era accomodata la ragazza e la aprì: era proprio quello che sembrava essere, ovvero una valigetta medica vecchio stile, con tutto quello che poteva servire in caso di emergenza.

Forse non proprio tutto ma una gran parte di certo.

Law alzò la mano e tolse la salvietta dal viso della giovane: l'epistassi era rallentata a causa delle narici ostruite dal sangue precedentemente rappreso e coagulato, il quale stava formando un vero e proprio tappo.

“Senti un particolare sapore in bocca?”, domandò puntandole una luce negli occhi.

Gwennie rispose spiegando con la massima precisione ciò che sentiva, ma rimaneva sempre attenta a ogni minima espressione facciale del medico.

Seguì una classica visita medica che durò per una mezz’ora buona.

“Sei molto debilitata. Hai bisogno di una trasfusione di sangue, ne hai perso parecchio. la pressione è bassa quindi non ti consiglio di muoverti al momento. Passerai qui la notte, sotto la mia supervisione. In altro modo rischieresti di fare come poco fa, quando ti sono venute le vertigini e sei caduta”.

La ragazza annuì incapace di trovare la voce.

Uno strano nodo alla gola le impediva di parlare, tuttavia accettò volentieri la mano che il chirurgo le stava offrendo e lo seguì lentamente verso il letto dove infine si sdraiò.

Una volta distesa, Law le diede il termometro per poter misurare la febbre e le afferrò il polso in modo da contare le pulsazioni, finita l’operazione lasciò ricadere con delicatezza l’arto sulle fresche lenzuola.

Gwennie si sentì rinfrancata dal profumo della biancheria, era come essere tornata a casa, essere in un luogo sicuro dove niente e nessuno poteva farle del male.

Sorrise debolmente fissando decisa il soffitto.

“Anche se ho rovinato tutto...lascia che ti dica una cosa, Law. Non l’ho fatto per una soddisfazione personale, non mi sono messa in questo ulteriore pasticcio solo per potermi vantare di aver combattuto la battaglia contro Kaido. La pirata che è in me non si sarebbe mai persa questo evento….questo lo ammetto, ma so bene quando è più importante mettere da parte l’ascia di guerra e in questo caso io avrei seguito le tue indicazioni senza battere ciglio. Ma c’è una cosa che non posso ignorare… questa guerra sarà terrificante, mille volte più cruenta di Marineford...e già in quel caso non ho potuto fare molto per aiutare le persone alle quali voglio bene. Stavolta Law, io voglio essere al tuo fianco qualsiasi cosa accada...se ti dovesse mai succedere qualcosa di brutto, e spero con ogni fibra del mio essere di no, voglio che succeda anche a me. Non potrei mai vivere senza di te, mai più”.

Aveva parlato tenendo il viso nascosto nell’incavo del gomito.

Così era molto più facile aprire il suo cuore.

Sospirò… non voleva piangere ma le stava risultando piuttosto difficile non farlo, così si morse le labbra prendendo fiato.

Sentì che lui si doveva essere seduto sul materasso.

Non parlò.

Con fare deciso ma gentile, le tolse il braccio dagli occhi e la fissò per quelli che sembrarono infiniti minuti.

Prese dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto e le asciugò le piccole lacrime che alla fine avevano avuto la meglio.

“Hai combinato davvero un pasticcio”, esordì, “Curarti adesso sarà più complicato, quasi una corsa alla cieca. Ma per stavolta passi”, ghignò come solo lui era capace di fare, in quel modo particolarmente affascinante e sinistro.

E per Gwennie fu come se le porte del paradiso si fossero aperte.


Amiche, lettrici occasionali o anche semplicemente chiunque abbia solo sbirciato la mia storia,

noi tutti stiamo vivendo una situazione molto difficile.

Spero, dal profondo del cuore, che TUTTI VOI STIATE BENE, comprese le vostra famiglie.

Vi abbraccio da lontano, dallo schermo di un PC o tablet ma, credetemi, il mio abbraccio è comunque sincero.

Chiusa questa piccola parentesi, proseguiamo con i nostri affari.

Per me è un periodo difficile sul campo personale, quindi non riesco ad essere attiva come desidererei.

Scrivo ogni giorno per poi cancellare tutto e ricominciare… peggio di Penelope.

Voglio solo dirvi che la mia storia continuerà, anche se gli aggiornamenti non saranno rapidi e puntuali come ero solita fare… e me ne dispiace molto, credetemi.

Spero che questa onda oscura passi il prima possibile.

In tutti i sensi.

Grazie ancora a tutti quelli che hanno deciso di spendere un poco del loro tempo per leggere il capitolo e, se vi va, fatemi sapere se vi è piaciuto.

Vostra

BV

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Capitolo 17
*** Emersione ***


Gwennie non era resa conto di essersi addormentata così, quando si svegliò all’improvviso cadendo quasi dal materasso, si sentì decisamente confusa.
Non ricordava bene gli ultimi avvenimenti della serata precedente, ma era quasi sicura di essere riuscita a parlare con il chirurgo.
Sbadigliò rotolando sul letto sfatto.
Era così bello stare lì… non avrebbe mai voluto alzarsi.
Passarono altri venti minuti circa, quando un leggero bussare alla porta richiamò l’attenzione della giovane, la quale non fece in tempo a proferire parola che l’uscio iniziò ad aprirsi.
Si trattava di Shachi.
“Buongiorno Gwen! Ti sei svegliata o sono stato io a disturbarti?”, le sorrise gentilmente.
“Tranquillo, ero già sveglia ma non avevo voglia di alzarmi…”, lasciò in sospeso la frase poiché si rese conto solo in quel momento di trovarsi ancora nella cabina di Law.
Arrossì e lui lo notò.
L’Orca cercò di toglierla dall’imbarazzo: appoggiò sul comodino un bicchiere colmo di succo d’arancia, poi iniziò a raccontarle alcuni fatterelli successi a colazione, qualche ora prima.
“...io credo che tu non abbia mai visto Bepo alle prese con la marmellata...lui ne è goloso ma gli si appiccica tutta al pelo della faccia, fa morire dal ridere perchè tenta in tutti i modi di pulirsi ma poi finisce per combinare un pasticcio…”.
La giovane sorrise pensando al visone impiastricciato di confettura all'arancia e il pirata ne fu lieto...averla fatta ridere era una preziosa vittoria per lui.
“Bene. Adesso che ti ho tediato abbastanza con questi sinistri racconti e tu hai bevuto tutto il tuo succo, posso darti le indicazioni del capitano. Puoi alzarti e farti la doccia ma con calma e non usare acqua troppo calda. Cerca di farla rapidamente. Poi ti devi recare nello studio medico dove ti faremo qualche analisi. Tu comunque fai con calma, non avere fretta”.
Dopo averlo ringraziato, Gwennie volle sapere a che punto erano con la rotta, quando mancava per raggiungere il porto promesso.
“Jean Bart dice che saremo lì dopo pranzo circa, ma è difficile avere una previsione precisa dato che il mare è in burrasca”, alzò le spalle.
La ragazza guardò fuori dal piccolo oblò rotondo poco distante dal letto… da quella profondità non era di certo possibile stabilire lo stato del mare, almeno per la sua esperienza personale, ma se davvero era in tempesta non avrebbe fatto altro che complicare ulteriormente le cose.
Sbadigliò coprendosi la bocca con la mano.
“Sai, credo che una bella doccia mi serva davvero se ho intenzione di darmi una svegliata!”, sorrise alzandosi dal groviglio di lenzuola.
Shachi ricambiò e le fu subito accanto per poterla aiutare, ne necessario.
Camminarono uno accanto all’altra per tutto il percorso che conduceva alla cabina dell’ospite, parlando della colazione e della marmellata d’arancia, pensando a qualche scherzo divertente da poter fare a Bepo, una volta sistemato Kaido si intendeva.
“Bene, ti aspetto con il capitano allo studio medico! A dopo!”, si congedò il ragazzo salutandola con la mano.
Gwennie entrò nella cabina aspettandosi di trovare il macello insanguinato che aveva lasciato.
Fu invece piacevolmente sorpresa nel constatare che qualcuno aveva ripulito tutto e addirittura cambiato gli asciugamani in bagno.
Si appuntò mentalmente di ringraziare chi di dovere.
Tolse gli abiti che indossava e li gettò nel cesto della biancheria da lavare…poi fece la doccia seguendo le indicazioni che le aveva dato il suo amico, poco prima.
Una volta terminato il bagno si vestì con gli indumenti che aveva già scelto la sera precedente ma che non aveva potuto indossare: i suoi adoratissimi jeans neri con gli strappi sulle ginocchia, una canotta adornata da spesse righe gialle, nere e bianche e, per finire, un cardigan giallo senza bottoni ma con i bordi irregolari.
Questo spolverino era perfetto per la battaglia, in quanto aveva le maniche a tre quarti e ciò permetteva alla pirata di indossare i bracciali di cuoio nero ai quali poteva agganciare le lame della sua arma.
Spazzolò i lunghi capelli fino a renderli abbastanza lisci, fece poi la più alta coda di cavallo che le riuscisse e la assicurò usando ben due elastici.
Con l’aiuto di numerose forcine fissò lo chignon in modo che, durante un possibile scontro, qualche ciocca non avesse la possibilità di ricadere dispettosamente sugli occhi, diminuendo così la sua visuale.   
Era abbastanza soddisfatta del suo outfit, ma la cosa che le diede la gioia più grande fu senza dubbio quella di poter indossare le sue amate sneakers bianche ai piedi...i sandali che aveva portato in abbinamento con il kimono erano infernali se uno si trovava costretto a correre. 
Dopo aver agganciato la cintura nera del chakram alla vita, si sentì definitivamente pronta e decise quindi di raggiungere gli altri presso lo studio medico.
 
Law fece cadere una piccola goccia del sangue prelevato alla paziente sulla parte inferiore di un vetrino vergine, poi fece cautamente aderire la parte superiore dello stesso vetrino in modo da poterlo inserire nel microscopio che era solito usare.
Osservò attentamente il campione per qualche minuto.
Prese alcuni appunti usando una matita, quando ebbe finito appoggiò i gomiti sul tavolo, intrecciò le dita e vi posò il mento.
Sospirò.
La situazione clinica di Gwennie era precipitata, i valori delle analisi del sangue erano allarmanti, la visita effettuata poco prima aveva evidenziato la comparsa di diverse bronchiectasie nei polmoni, le quali annunciavano funeste delle lesioni alle pareti bronchiali.
La tosse sanguinolenta e il dolore toracico ne erano chiari sintomi.
Tra non molto avrebbe riscontrato una grave difficoltà respiratoria, senso di soffocamento e dolore acuto al petto… le era già capitato in passato, ma questa volta non ci sarebbe stato alcun farmaco in grado di aiutarla.
Qualcuno bussò alla porta interrompendo così i suoi fausti pensieri.
“Avanti”, la voce del medico risultò piuttosto atona.
Bepo si fece timidamente avanti.
“Capitano, Jean Bart mi ha chiesto di riferirti che siamo in prossimità del porto. Il mare è ancora mosso e in superficie sta infuriando un temporale. Chiede istruzioni per l’emersione”.
Il dottore si alzò, afferrò il soprabito che aveva abbandonato qualche tempo prima sul divanetto dello studio e fece cenno al suo navigatore di prendere in custodia Kikoku, successivamente si avviarono verso la sala comandi.
 
Gwennie era seduta al tavolo da pranzo: da una buona mezz’ora Shachi e Mario stavano giocando a carte e aveva deciso di osservare la partita giusto per far passare il tempo.
Sentiva la testa pesante e una specie di pressione dietro al seno paranasale, spostare velocamento lo sguardo le causava delle piccole vertigini e l’impressione che il cervello stesse rimbalzando nella scatola cranica.
All’improvviso fece la sua comparsa il Capitano.
Bepo reggeva fiero Lamento Spettrale.
“Stiamo per emergere, tenetevi tutti pronti!”, annunciò infine il visone.
Qualche minuto dopo il sottomarino fece capolino dalle profondità del mare, trovando in superficie enormi onde e forte vento, condizioni pessime per poter individuare gli alleati e i Foderi Rossi.
“Coraggio, usciamo!”, esclamò con il suo solito entusiasmo Shachi, dopo aver ricevuto un cenno di assenso da Law.
Chester afferrò la maniglia del pesante portone che conduceva direttamente al ponte principale, la fece girare e spalancò l’uscio: la pioggia cadeva fitta creando una specie di muro grigio.
Ma tutti i pirati Heart riuscirono e vedere benissimo il piccolo e malconcio naviglio che giaceva di sbieco esattamente davanti ai loro increduli occhi, l’imbarcazione ospitava nientemeno che i Foderi Rossi, anche se in realtà Kanjuro non era tra di loro.
“Avete preso il mare in tempesta a bordo di questa piccola scialuppa?”, rimproverò Law guardando bene in viso Kin’emon, “Non dovete sottovalutare il mare!”.
Gwennie individuò presto Kiku e le fece un piccolo cenno di saluto.
Poco dopo fecero la loro comparsa anche la Thousand Sunny e la nave pirata di Kidd.
I tre capitani iniziarono ben presto a litigare su chi fosse il più forte, dando subito prova dei loro poteri: diverse navi da guerra facenti parte della flotta di Kaido erano infatti apparse all’orizzonte e non si erano fatte di problemi nell’aprire immediatamente il fuoco.
“Gwennie! Mia adorata! Stai bene?”, gridò Sanji dal ponte della Sunny in direzione della giovane.
Evidentemente al cuoco non importava poi molto di essere nel bel mezzo di una battaglia navale… in fondo il suo animo galante aveva sempre la meglio, in ogni situazione possibile.
Lei comunque gli rispose che stava alla grande e salutò tutti i nakama agitando il braccio energicamente.
“Signorina, il capitano mi ha ordinato di tenerti all’asciutto. Per favore stai vicino a me, ti coprirò con questo ombrello.”, Bepo era magicamente apparso alla sua sinistra e reggeva appunto un ombrello giallo dalle dimensioni spaventose.
La ragazza obbedì ringraziandolo, poi tornò a guardare in direzione di Rufy: il suo capitano era piuttosto impegnato a battibeccare con Law e Kidd, quindi non la notò subito, ma quando lo fece le dedicò un vistoso - oltre che chiassoso - saluto.
Kidd, il quale non era di certo abituato al particolare modo di fare di Cappello di Paglia, grugnì infastidito per essere stato momentaneamente ignorato.
“Che diamine! Prima fai casino con la tua nave impedendomi di andare diretto ad Onigashima, poi ti metti a saltare come una scimmia per chissà quale motivo… mi chiedo se tu ci sia con la testa!”, sbottò innervosito.
La battuta del rosso fece sogghignare Law… lui aveva iniziato a mettere sempre in conto qualche stranezza da parte di Mugiwara, quindi la cosa non lo sorprendeva più così tanto.
Approfittò del piccolo momento di distrazione degli altri due pirati per fare un leggero cenno al poco distante Penguin.
Nemmeno a dirlo, il pirata si avvicinò al suo capitano in meno di un secondo.
“C’è una piccola cosa che devo chiedere a te e a Shachi… ma nessuno deve saperlo, in particolare Gwennie”, spiegò continuando ad osservare Kidd e Rufy mentre litigavano in modo assolutamente infantile.
“Certo Capitano, dimmi tutto. Poi riferirò io a Shachi quanto dobbiamo fare!”, esclamò con vigore il sottoposto.
Iniziarono così una fitta conversazione che durò per qualche minuto.
 
 
Bentrovati a tutti i lettori!
Capitolo veloce di transizione in attesa di vedere come proseguiranno le cose a Onigashima!
E speriamo che Oda non abbia in mente di inserire qualche altro personaggio del manga, altrimenti giuro che finirò per perdere il conto!
Inoltre colgo l’occasione per augurarvi buone vacanze!
Un abbraccio
BV

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Capitolo 18
*** AVVISO PER I LETTORI ***


Credevate che fossi scomparsa?
Avevate forse fatto conto di chiamare Chi l'ha Visto?
E invece sono quiiiiiii!
Scherzi a parte... questo piccolo inframezzo mi serve per annunciarvi l'imminente pubblicazione di un nuovo capitolo della nostra storia!
Chiedo scusa per non aver pubblicato per così tanto tempo, ma avevo bisogno di materiale su cui appoggiare le fondamenta del racconto... adesso che ne ho a sufficienza, posso ripartire!
Grazie per la Vostra pazienza!
A presto!
BV
 

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Capitolo 19
*** Fuoco e Fiamme ***


Gwennie si tolse il cardigan giallo, lo usò per detergersi il viso dal sudore e lo gettò negligentemente a terra, superandolo poi con un balzo per poter tornare così al cuore della battaglia; si soffermò giusto un momento a pensare a come si era evoluto tutto così rapidamente da quando lei, gli Heart e alcuni Foderi Rossi erano sbarcati presso l'entrata segreta dell’isola grazie al contributo del Polar Tang.
Rufy e gli altri avevano preferito proseguire dalla via principale in compagnia di Kidd e la sua ciurma, una parte dei Foderi Rossi e i samurai che avevano coraggiosamente deciso di ribellarsi al dominio di Kaido.
Alla presente, un gruppo di ribelli non sapeva in che situazione era l’altro, la sola cosa che era chiara a tutti era di dover abbassare drasticamente il numero di combattenti facenti parte dell’enorme esercito dei pirati delle Cento Bestie.
Perciò a Onigashima la guerra era totale: da un lato i pirati Heart, i Mugiwara e i samurai in compagnia dei visioni, dall’altra i pirati di Kaido e, grazie alla neonata alleanza tra i due Imperatori, tutta la ciurma di Big Mom, figli compresi.
La situazione era diventata bollente quando avevano fatto la loro comparsa le Super Star, Queen fra tutti, le quali facevano ottimo e abbondante uso delle numerose risorse belliche di cui l’esercito delle Cento Bestie era possessore.
Shachi e Penguin erano dei combattenti formidabili, l’uno copriva le spalle all’altro mentre il compagno attaccava...in questo  modo non erano mai allo scoperto, Bepo era uno dei visoni più agili che esistevano: nonostante la mole spiccava dei balzi altissimi e riusciva a prendere di sorpresa i nemici piombando loro alle spalle ed eliminandoli con poche mosse. 
Gwennie cercava di usare il chakram il più possibile e riuscire così a conservare gli aghi avvelenati che aveva nascosto nei bracciali di cuoio per qualche combattimento ravvicinato, un corpo a corpo dove la sua arma non sarebbe potuta essere decisiva.
Stava per raccogliere il cerchio argentato da terra quando con la coda dell’occhio vide comparire alla sua destra un paio di energumeni decisamente minacciosi: avevano le sembianze tipiche di due giganti, il loro stile nell’abbigliamento li ricordavano parecchio ma, allo stesso tempo, qualcosa nel loro aspetto faceva intuire che in realtà non appartenevano a quella razza.
Il più alto aveva dei folti capelli rossi e un paio di baffi a manubrio, teneva in mano una grossa mazza di legno dalla punta accuminata di ferro lucente...si faceva chiamare Pepper; il compagno era biondo e i fini capelli lisci gli arrivavano fino alle spalle, riuscendo appena a sfiorare la grossa armatura che gli proteggeva il torace, il suo nome era Salt.
Nessuno dei pirati delle Cento Bestie aveva mai visto Salt brandire un’arma, il gigante non toccava mai nessun tipo di pistola, spada o qualsivoglia strumento di difesa ma bensì adorava tenere perennemente tra le dita una scatola di fiammiferi.
Pepper esibì in un inquietante sorriso tutti i suoi malandati denti scuri, poi decise di sputare a terra una grossa quantità di tabacco masticato, infine si tolse dalla tasca dei pantaloni una specie di scatoletta di latta da dove prelevò una nuova porzione di foglie macinate.
“Shachi, Pen! All’erta!”, gridò Gwennie più forte che poteva, quei due tipi le davano una sensazione di particolare inquietudine.
Il frastuono nel campo di battaglia era assordante, ogni singola voce produceva un eco di agonia che si ripercuoteva nelle orecchie di ogni singolo combattente, impedendo ai suoni più tenui di essere correttamente percepiti.
Temendo di non essere stata udita, la pirata fece degli eloquenti gesti verso il suo viso, indicando i propri occhi per poi spostare le dita verso i due giganti.
Pen capì al volo e, non appena vide i due, si irrigidì all’istante.
Shachi si mise in posizione di attacco non dimenticando di coprire l’amico girandosi leggermente di lato.
Il gigante rosso alzò la mazza provocando un forte spostamento d’aria, ma non la calò immediatamente...aspettò invece il suo compagno biondo gli comunicasse qualcosa nell’orecchio.
La loro consultazione durò più di quanto ci si aspettasse.
Alla fine Pepper calò la sua arma con una forza inaudita, la terra tremò violentemente, si spaccò e uno strano odore di uova marce impregnò l’aria quasi immediatamente.
Nessuno stava realmente comprendendo ciò che i due energumeni stavano facendo, nemmeno Gwennie la quale aveva deciso di arrampicarsi su una piccola montagna di detriti per poter studiare meglio la situazione.
Dal suo punto di vista, Shachi e Pen erano in una buona zona del campo di battaglia, non c’erano possibilità per eventuali nemici di poterli attaccare dall’alto, tantomeno di tendere loro una piccola imboscata...il terreno era relativamente pulito e godeva di ottima visuale.
Il rosso ripetè il gesto facendo affondare nel terreno la punta della propria mazza, sollevandola poi nuovamente in alto e facendola precipitare altre tre o quattro volte, seguendo una specie di semicerchio intorno ai due pirati Heart.
La strana puzza di marcio invase pesantemente l’aria, tanto che Bepo, dopo aver arricciato violentemente il delicato naso, decise di coprirsi il muso con una manica strappata dalla propria divisa.
Se il visione era ricorso al gesto estremo di profanare in quel modo la sua adorata divisa, allora l’odore doveva essere assolutamente insopportabile.
Salt studiò attentamente e con esasperante lentezza tutto ciò che lo circondava, fece dei piccoli passi in modo da poter compiere un giro completo su se stesso, poi parlò per la seconda volta all’orecchio del suo complice.
Shachi e Pen erano sempre in guardia ma evidentemente si sentivano confusi, tanto che Pen abbassò leggermente il suo bō cercando di percepire cosa stavano confabulando quei due tipi alquanto strani.
La situazione precipitò quando Gwennie, dalla sua postazione privilegiata, riuscì a vedere che il biondo stava estraendo dalla scatola di fiammiferi un paio di lunghi zolfanelli dalla testa rossa.
La mente della ragazza collegò immediatamente tutto...la puzza di uova, i fiammiferi e la strana spaccatura che i due nemici avevano praticato nel terreno; iniziò a urlare di andarsene, di spostarsi di lì saltellando furiosamente e agitando le braccia verso l’alto.
Ma era troppo tardi.
I fiammiferi accesi dal gigante biondo caddero a terra, andarono a sparire rapidamente in un paio dei tanti buchi che erano stati fatti dalla mazza di Pepper...poi fu l’inferno.
Per prima cosa si sentì un rumore sordo, profondo e potente simile a un risucchio proveniente dall'interno della terra, successivamente delle fiamme azzurrognole dalle sfumature viola uscirono da diversi punti della superficie iniziando a bruciare impetuose.
Evidentemente i due erano a conoscenza di una notevole quantità di zolfo stipata in un deposito sotterraneo in quella zona e, una volta trovato il posto giusto, non era stato difficile creare quell’autentico inferno, soprattutto se i soli a conoscenza di quella sostanza nascosta sotto ai loro piedi erano i giganti di Kaido.
Gwen pensò che, senza tutta quella confusione, avrebbero potuto notare sul terreno altri colpi simili a quelli che il rosso aveva prodotto non molto lontano dai suoi amici Pen e Shachi, e quelli erano stati i tentativi andati a vuoto per trovare il giacimento sotterraneo.
Intanto, le lingue di fuoco si rincorrevano a vicenda fino a formare un vero e proprio tornado intorno a Shachi e Pen, i quali provarono inutilmente a fuggire riuscendo solamente ad ottenere una serie di bruciature su braccia e mani.
“No! Shachi! Penguin!”, il grido di terrore lanciato da Bepo riscosse Gwennie che si precipitò giù dalla piccola altura di detriti per andare a raggiungere il visone allarmato; giunse giusto in tempo per impedirgli di gettarsi tra le fiamme.
“Bepo! Bepo!”, lo chiamò forte provando a scuotere il braccio privo di maniche ma, non riuscendo ad ottenere nessun risultato apprezzabile, decise di aggrapparsi direttamente alla folta pelliccia dell’orso polare.
Il navigatore si girò, gli occhi lucidi e le orecchie flosce.
“Ti prego, dobbiamo cercare di rimanere concentrati. Sono molto preoccupata anche io, credimi!”, tossì ripetutamente: l’incendio a base di zolfo aveva prodotto un intenso fumo nero dall’odore acre e penetrante.
Diversi pirati attorno a loro avevano iniziato a fare lo stesso, cercando di proteggere la bocca con un pezzo di stoffa qualsiasi, ma i colpi di tosse si facevano più numerosi ogni minuto che passava.
La strategia principale che fu adottata da Gwennie, Bepo e gli altri alleati fu quella di recuperare quanta più acqua dal piccolo pozzo presente sul piazzale tramite dei secchi che erano riusciti a trovare in una delle baracche precedentemente occupate dagli scagnozzi dell’Imperatore, cercare poi di gettarla sulle fiamme più alte in modo da farle almeno abbassare donando così un poco di sollievo dal forte calore ai poveri Pen e Shachi.
“Non è abbastanza!”, fece notare allarmato Bepo, “Inoltre non riesco più a vedere nè Shachi nè Pen! Credo siano a terra!”, aggiunse trafelato.
Gwennie si passò una mano umida sulla fronte nera di fuliggine.
Aveva bisogno di pensare con calma nonostante la gravità estrema della situazione e l’immagine dei suoi due amici là, in mezzo a quelle fiamme strane, la perseguitasse dolorosamente nella mente.
Strinse le mani a pugno, doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa!
Un alito debole di vento le sollevò pigramente un paio di ciocche di capelli sfuggite dallo stretto chignon che le aveva tenute prigioniere fino a poco prima...questo delicato movimento le fece venire un’idea...era abbastanza strana e pericolosa ma avrebbe potuto funzionare.
Corse più veloce che poté verso il navigatore degli Heart, il quale era impegnato a compiere salti altissimi armato di secchio in modo da cercare di gettare quanta più acqua possibile verso il centro delle fiamme, verso i suoi nakama.
Il fumo nero sprigionato dall’incendio le provocò un forte accesso di tosse che culminò con la fuoriuscita di sangue sia dal naso che dalla bocca, cosa che nascose abilmente pulendosi con la canotta intrisa di fuliggine.
Riuscì finalmente a spiegare la sua idea al visione artico.
“No!”, esclamò lui con enfasi quando la giovane ebbe finito di parlare, “non posso farlo, lo sai bene! Il capitano mi ucciderebbe se sapesse che ho fatto una cosa simile!!!”.
“Ma non mi accadrà nulla! Dobbiamo solo fare in modo di contattare Marco la Fenice! Posso raggiungerlo facilmente a piedi, l’ho visto atterrare non molto lontano da qui!”.
L’orso bianco grugnì facendo un chiaro cenno negativo con la testa.
Il capitano era stato molto chiaro con lui, Shachi e Penguin: Gwennie non andava lasciata sola in nessun caso, mai, nemmeno per un secondo...la sua situazione clinica non era buona ma la cosa più allarmante era il fatto che le sue condizioni risultavano decisamente instabili: un momento poteva stare bene, mentre poco dopo avrebbe potuto trovarsi distesa a terra in preda a forti convulsioni.
La pirata insistette.
Bepo non cedette.
I minuti passavano e le fiamme si erano fatte stranamente chiare, come se fossero tempestate da minuscole schegge di diamanti...il fuoco ardeva violento mentre il fumo nero stava lasciando spazio ad una fitta coltre grigia.
Gwennie girò sui tacchi ed iniziò a correre verso la direzione dove era sicura si trovasse Marco la Fenice...lui avrebbe potuto recuperare i suoi amici tra le lingue di fuoco, avrebbe potuto farlo facilmente data sia la sua abilità nel volo, sia la sua natura ancestrale formata da quel misterioso fuoco azzurro che lo aveva da sempre caratterizzato.
Era la loro unica speranza.
Il navigatore gettò a terra il secchio colmo d’acqua e fece per rincorrere la ragazza ma venne trattenuto da uno degli alleati che stavano cercando di aiutare i pirati imprigionati tra le fiamme.
“Fratello, sai che lei ha ragione. Se non facciamo qualcosa i due ragazzi moriranno bruciati.”, era un visone scimmia che Bepo ricordò di aver visto a Zou, durante la festa serale che era stata data in onore dei Mugiwara.
Annuì lentamente, non completamente convinto.
Il Capitain lo avrebbe fatto a pezzi.
 
Gwennie corse più velocemente possibile, cercando di evitare i detriti che le intralciavano la strada...notò anche diversi corpi accasciati a terra, corpi appartenenti senza dubbio a samurai di Wano.
Sentì una forte pena stringerle lo stomaco, cacciò indietro le lacrime e provò a concentrarsi su Marco: era sicura di averlo visto scendere verso quella zona del campo, i colori accesi delle sue ali era inconfondibili...adesso però che non stava usando i suoi poteri, era diventato complicato distinguerlo dagli altri pirati.
Ad un tratto incespicò su una lancia rotta, un pezzo di legno finito sotto al suo piede rotolò facilmente facendola malamente slittare all’indietro...colta alla sprovvista cadde goffamente  nientemeno che sul proprio sedere.
Quasi nello stesso momento, un soldato di Kaido finì pesantemente a terra giusto a pochi centimetri da lei, sollevando una piccola nuvola di polvere che le finì direttamente sul viso.
Una figura si fermò lentamente davanti a lei.
“Non ho mai visto nessuno fuori posto come te in questo luogo, ragazzina”, commentò in tono canzonatorio il misterioso individuo.
Appena fu riuscita a ripulirsi il viso alla bell’e meglio, Gwennie sollevò lo sguardo per capire chi fosse quel tipo così simpatico: era alto, decisamente alto e portava dei lunghi capelli bianchi che gli coprivano metà schiena, sul viso e sulle braccia risaltavano i segni di orrendi cicatrici, suture eseguite male da un medico molto frettoloso o semplicemente tatuaggi di dubbio gusto… da quell’angolazione la ragazza non avrebbe potuto vederlo bene, inoltre le pizzicavano ancora gli occhi a causa della polvere.
Mentre stava rimettendosi in piedi, un flash illuminò la sua mente confusa: quello era un membro della ciurma di Kidd, si doveva chiamare Heat e le sembrava anche di riuscire a ricordare che sputasse fuoco o qualcosa di molto simile.
“Detto da una specie di bambolone voodoo formato gigante, lo prendo come un complimento!”, ribatté lei passandosi per l’ennesima volta un lembo della canotta sul viso.
Ormai quell’indumento era da buttare.
Lui rise gettando il capo all'indietro prima di sistemare i candidi capelli dietro alle spalle con un gesto naturale quanto fluido.
“Sei una di Cappello di Paglia, vero? Chi diavolo ti stava inseguendo prima? Correvi come una matta…”, la voce era indefinibile, dava i brividi ma allo stesso tempo era profonda e rassicurante.
Ormai rimessa in piedi, la ragazza spiegò rapidamente che cercava Marco la Fenice e sottolineò, tra un colpo di tosse e un’altro, che si trattava di una questione molto importante.  
“Sei sfortunata, bella. L’ho visto muoversi verso nord con un gruppetto di samurai...è già passato diverso tempo da quando sono partiti...”, si interruppe notando un allarmante pallore impadronirsi delle gote della sua interlocutrice.
Gwennie si mise letteralmente le mani tra i capelli, poi iniziò a camminare in cerchio parlottando tra sé.
Non avrebbe mai potuto raggiungere Marco in tempo.
Le fiamme avrebbero raggiunto Shachi e Pen, li avrebbero bruciati vivi.
Sarebbero morti in agonia.
Gemette.
Heat la osservò per qualche momento, poi fece spallucce e mosse qualche passo in modo da tornare alla battaglia.
“Aspetta!!!”, lo bloccò afferrandolo per un braccio, “Tu sai in qualche modo padroneggiare il fuoco, giusto?”.
“E se anche fosse?”, Heat si liberò con uno strattone dalla presa della ragazza.
La pirata gli spiegò al volo la situazione cercando di risultare più chiara possibile, cose assolutamente complicata dato il suo grado di agitazione e la fastidiosa tosse; in qualche modo ci riuscì e fu perfino in grado di orientarsi in quella confusione infernale indicandogli il punto dell’incendio ed esortandolo a seguirla.
“Non avrei nessun valido motivo per voler aiutare te o quei due che stanno per finire arrosto...ma prima li ho visti casualmente combattere e ci sanno fare…”, vedendo l’espressione di speranza sul viso della ragazza, si affrettò ad aggiungere, “Lo faccio solo per questo, per non privare la nostra parte di due validi soggetti...non metterti in testa che io sia vostro amico o altro, perchè…”.
“Sì, sì, sì e sì… tutto quello che ti pare Voodoo, ma ora sbrigati!”, esortò Gwennie iniziando a correre.
Aveva trovato un valido aiuto?
Non lo sapeva, ma l’importante era procedere alla massima velocità.

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