Crooked

di Anown
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Giorno uno ***
Capitolo 5: *** Giorno due, artigli ***
Capitolo 6: *** Giorno tre ***
Capitolo 7: *** Fobie e buon vicinato ***
Capitolo 8: *** Proiettili e complessi ***
Capitolo 9: *** In una fredda mattina... ***
Capitolo 10: *** La vecchia, il coniglio e il bottone. ***
Capitolo 11: *** Primo amore ***
Capitolo 12: *** Tristo Mietitore ***
Capitolo 13: *** Una fine per una falsa pace ***
Capitolo 14: *** Alien ***
Capitolo 15: *** Famiglia... o ragnatela... ***
Capitolo 16: *** Roza ***
Capitolo 17: *** L'ospite indesiderato(?) ***
Capitolo 18: *** Brucia la strega! (prima parte) ***
Capitolo 19: *** Brucia la strega! (seconda parte) ***
Capitolo 20: *** Brucia la strega! (terza parte) ***
Capitolo 21: *** Le ceneri della strega nell'aria ***
Capitolo 22: *** La domenica in cui, quasi, tutti si scannarono. ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


Quel pomeriggio, quindici persone erano riunite attorno a un ampio tavolo color della pece, ricoperto di vetro, nello studio di un notaio. Singhiozzavano tutti, meno la più giovane del gruppo, una ventiduenne afroamericana piuttosto robusta il cui ventre cominciava ad essere pesante. Tuttavia l'atmosfera della stanza la infastidiva. E non solo a causa dei sette orologi ticchettanti sparsi per la stanza... era l'unica a sentirli?
”Quest'uomo ha davvero un atroce gusto per gli arredi! Ma a parte questo... stanno facendo scena o sono inconsolabili davvero?” si chiese guardandosi intorno furtivamente. Aveva attirato sufficientemente l'attenzione dei proprio parenti in quell'ultimo periodo. “Oltre il primo grado, e a volte neanche, i parenti sono solo un covo di serpi... ma almeno le serpi non hanno la parola, né sanno lacrimare... o almeno credo... Qualcuno che conosco sicuramente saprebbe dirmelo.” sospirò il più sommessamente possibile mentre osservava un fiore di plastica decorativo di colore rosso. “Quasi non lo conoscevo lo zio Amos, sono qui per i soldi... come tutti...” era l'unico suo familiare che conosceva ad essere riuscito ad arricchirsi, la bellezza di novantatré anni aveva. I nipoti avevano fatto praticamente a gara per accudire il vecchio sperando di ingraziarselo e ottenere una buona parte dell'eredità. Ora era bello che morto e tutti erano curiosi di vedere se i loro sforzi avevano avuto successo, solo il documento che il notaio si apprestava a leggere poteva dirlo.
In realtà Leshawna non ci aveva neanche provato a stare a presso al vecchio. Del resto lui che aveva fatto per lei e la sua famiglia? Assolutamente nulla... Vivevano in un quartiere povero e malfamato e neanche gli altri presenti nella stanza avevano avuto vita facile, anche per questo si erano organizzati per assistere lo zio cercando la sua simpatia e i suoi soldi. Chi avrebbe avuto più successo si sarebbe assicurato più soldi, se avessero condiviso equamente, la ricompensa sarebbe stata magra per tutti.
Anche se non aveva fatto granchè, Leshawna, magari era stata presa in simpatia dallo zio e l'uomo le aveva lasciato qualcosa... questa speranza aveva spinto la ragazza a sospendere il suo periodo di latitanza per presentarsi alla lettura del testamento.
-“Io, il sottoscritto Amos Nansy, ancora in possesso delle mie facoltà mentali, lascio tutti i miei beni   a mia moglie...”- cominciò a leggere il notaio e dovette fermarsi a causa dei rumori di sottofondo.
I singhiozzi e i tristi lamenti si erano improvvisamente fermati, nipoti e pronipoti cominciarono a confrontarsi fra loro allarmati:
“Moglie?! Quale moglie?!” “Ma la zia è morta trentanni fa! Mi sa che tanto in possesso delle sue facoltà mentali, lo zio, non era!” “Bisogna annullare il documento e spartirci equamente soldi e beni...” “MA CHE STATE DICENDO?! EQUAMENTE?! DOPO TUTTI QUEGLI ANNI CHE SONO STATO AD ACCUDIRE IL VECCHIO ASPETTANDO CHE SCHIATTASSE?!”
-E-Eh... s-stavo dicendo...- continuò il notaio con voce tremolante. -”Mia moglie, la signora Angelise...”- com'era prevedibile fu interrotto nuovamente:
“ANGELISE?! MA E' LA BADANTE! PUR DI NON LASCIARCI NULLA SI E' SPOSATO A QUELLA!” “Hai capito il vecchio porco...” “QUANDO CAZZO SI SONO SPOSATI?!”
Leshawna non era particolarmente delusa, né dal testamento, né dal comportamento dei familiari. Forse l'avrebbe pure trovato ironicamente divertente in un'altra situazione, ma in quel momento non   poteva importargliene meno, aveva solo voglia di uscire di lì. Si sentiva innaturalmente suscettibile, eppure non mai stata realmente sensibile alle situazioni caotiche... Anche se potendo avrebbe distrutto ad uno ad uno quegli stramaledetti orologi davanti ad un notaio piangente, ma impotente che la supplicava in ginocchio! Come faceva ad udirli nonostante tutto il chiasso del suo parentame?!
“Detesto questa instabilità emotiva!”
-Ehm, ehm...- richiamò l'attenzione il notaio.
“Ma perchè insiste nel continuare?” si chiese Leshawna “Non c'è più nulla di quel pezzo di carta che possa interessare...”
-“Alla mia cara nipotina che non ricordo di aver mai visto prima di un mese fa, ma che ho apprezzato per non aver cercato di farmi simpatia nella speranza di assicurarsi parte dell'eredità (a differenza di diverse sanguisughe che mi sono state col fiato sul collo negli ultimi anni) lascio una scatola rompicapo che si trova sotto il mio letto, certo che il suo amico l'apprezzerà. Per sdebitarmi con lei di aver permesso il mio matrimonio sacrificando il suo giorno.” Eh..- lesse un po' perplesso il notaio. Nel mentre i clienti discutevano fra loro poco pacificamente per cercare di capire cosa fosse successo. -Allora... Se non è scritto il nome della donna, come dovrei capire a chi si riferisce?- Nel frattempo i clienti sembravano essere giunti alla loro conclusione, peccato che la colpevole si fosse dileguata...
-Ah, ecco il nome, eccolo...- disse fra sé e sé il notaio. -Leshawna Gardner...-

-Ah, vecchio di merda!- si sfogò Leshawna al telefono, parlando con la cugina mentre si nascondeva in macchina da altri cugini furiosi. -Quindi è così che sono andate le cose...-
-Mi dispiace, ma lasciatelo dire... hai fatto un macello.- sospirò Leshaniqua. La cuginetta piccola non rispose. -Comunque, inutile piangere sul latte versato! Quindi... che hai intenzione di fare?-
-Penso che me ne starò per conto mio ancora per un po'...- confessò Leshawna. -Ma ci vedremo presto, contaci!- rise nervosamente.
Leshawna sospirò, poi si preparò per fare questa seconda telefonata.
“Forse non dovrei dispiacermi più di tanto se non mi risponde...” si disse mentre attendeva. “Perchè diavolo non mi sta rispondendo?!”
-...Leshawna?- rispose una voce insicura.
-Ehi! T..t...- “Non posso chiamarlo tesoro...” -Harold... ciao...- “Perfetto... Come glielo chiedo ora? Perchè non ho l'abitudine di preparami i discorsi prima?” in quel momento i suoi istinto e capacità di improvvisazione sembravano essere ancora latitanti.
-Sei in salute?- si limitò a domandare Harold.
-Beh... direi di sì.-
-...Bene.- fu un veloce e difficilmente percettibile sussurro, quasi Leshawna si sarebbe potuta domandare se l'aveva sentito davvero. Poi la telefonata si chiuse.
-...Che?- sussurrò incredula. -Stiamo scherzando?- ripetè la telefonata.
-Sì?- rispose Harold scocciato. Inaspettatamente bastò per avere un impatto eccessivo sulla ragazza, si sentiva davvero scoraggiata.
“Mah... che mi prende?” si chiese lei, massaggiandosi le tempie.
-Ehi? Sei... ancora lì?- domandò Harold.
-Niente, lasciamo perdere!-
-...Cosa?-
questa volta fu Leshawna a riattaccare.
Inclinò la testa verso l'alto e osservò pensierosa il tetto dell'auto mentre stava accovacciata fra i sedili. “Gli ho richiamato solo per poter essere io a riattaccare? Sul serio?” il telefono squillò. Leshawna lo guardò esasperata. “Se ha richiamato solo per poter essere lui a riattaccare per ultimo, vado lì e gli spezzo quel piccolo, pallido collo!” si calmò un attimo, prima di rispondere.   “E' la pancia a parlare, non io...”
-Qual è il problema, perchè mi hai chiamato?- chiese Harold. -Q-qualcosa n-non è... andato a buon fine?- domandò atterrito.
-No! La gravidanza procede tranquillamente...- sospirò. -Ma...-
-Ma?!-
-Non c'entra ma è successa una cosa di cui vorrei parlarti...-
-Va bene...- rispose apparentemente più calmo.
-Ecco... Hai presente il giorno in cui non mi sono presentata al matrimonio?- chiese  nervosa.
-Stai scherzando?!- Harold cominciava a sentirsi preso in giro.
-Beh, visto che non ci siamo sposati noi, un mio vecchio zio, ne ha approfittato per sposarsi lui con la sua badante... il vecchio porco ha ben pensato di crepare lasciando tutto in eredità alla moglie... e niente... i miei familiari non l'hanno presa proprio benissimo e ci ritengono responsabili...-
-Hanno anche ragione... e poi, non mi sembra il caso di giudicare tuo zio così alla leggera. Era un uomo a cui restava poco da vivere e che sentiva la sua ora che si avvicinava, un...- Leshawna lo interruppe.
-Lo dici solo per darmi contro?- chiese nervosa.
-Eh... sì e no... Volevi solo sfogarti con me?-
-No...- Leshawna deglutì. -Senti... dopo non essermi presentata al matrimonio non sono sparita solo per te...-
-Lo so, io e tua cugina eravamo preoccupatissimi! Ok, n-non volevi sposarmi...- si bloccò un attimo. -Certo, magari avvertirmi prima! Ma come ti è venuto in mente di scomparire in quel modo?!-
-Non ce la facevo più, stavo soffocando!- si sfogò. La madre di lei aveva fatto loro pressione affinché si sposassero anche per questioni religiose “Mentre lei si è sposata quando avevo già otto anni... da che pulpito... tutta 'sta fissa religiosa ora le è venuta...” Harold si era adattato con naturalezza alla situazione lasciandola indietro... lei poco lucidamente aveva aspettato fino all'ultimo per poi scappare. -Dopo che non avevo avuto il coraggio di sposarmi non ho avuto nemmeno quello di affrontare la mia famiglia, non sono più riuscita a rimane lucida così...- sentì Harold sospirare. Non sapeva cosa significasse ma nel dubbio si incazzò. -Non ce la facevo con gli studi prima, figuriamoci ora, non sono riuscita a trovarmi un lavoro e mi ritrovo in questa situazione... non riesco neanche a sposarmi, qualunque disperata sembra farcela!-
-Già... per sposare me bisogna essere davvero disperate...-
-N-non volevo dire questo, lo sai!-
-No, che non lo so...- sospirò il ragazzo -N-non so nulla, n-non ho idea di cosa... tu pensi... Lascia perdere...-
-Non volevo ferirti, dico sul serio...-
-Ok... ti credo...- si limitò a risponderle piuttosto rassegnato.
-Sono una stupida... Sai, in teoria ero quella intelligente della famiglia e invece mi sono ritrovata a fallire in tutto... con un bambino in arrivo da crescere, non so come, da sola!- “Non mi sento neanche tanto bendisposta nei suoi confronti al momento... Se lo dessi a qualcun altro? Forse gli farei anche un favore...” -Sì, hai sentito bene! I miei familiari mi hanno sempre considerata molto intelligente e avevano delle buone aspettative per me... immagino che per te sia assurdo ma, apparentemente era così!- rise nervosamente.
-In modo differente da me, ma sei molto intelligente e non ne ho mai dubitato...- chiarì Harold. -Perchè senti il bisogno di essere sulla difensiva?- chiese profondamente infastidito.
-Lascia perdere... Sono sulla difensiva nei confronti di chiunque, è un casino... sarà una questione di ormoni.-
-Sei anche esaurita di tuo negli ultimi tempi...-
-Ah, grazie! Davvero consolante!-
-Guarda che non intendevo... forse non avrei dovuto scegliere il termine esaurita...-
-Lo so, lo so...- lo interruppe -Beh, certo... se sono particolarmente intelligente e sono finita così, gli altri che ce la fanno cosa sono? Geni?- chiese infastidita.
-Indipendentemente dall'intelligenza e il rendimento scolastico, capita che finita la scuola ed entrati nel mondo degli adulti ci si ritrovi completamente spaesati magari per cause esterne. Forse dovremmo... eh, dovresti individuare la tua e...-
-Mi sembra inutile a questo punto, no?- lo interruppe di nuovo. -Quindi... posso rimanere da te per un po'?- decise di sganciare quella bomba senza prepararlo ulteriormente, continuando a temporeggiare non sarebbe più riuscita a chiederglielo.
-Cosa?!-
-Beh, ho accidentalmente fatto in modo che mio zio non lasciasse niente ai miei familiari... vorranno la mia testa... e in ogni caso non ho tutta questa voglia di averci a che fare ora. D'altra parte non mi va di approfittare ulteriormente dell'ospitalità di Gwen...-
-Ah, quindi eri da lei...- si sentiva un idiota a non averci pensato. -Comunque, fammi capire...- sospirò. -Mi abbandoni all'altare, ma torni per chiedermi aiuto... sai, mi sento leggermente usato e preso per i fondelli...-
-Ok, fa finta che non abbia detto nulla, allora! Farei volentieri a meno di...-
-Ti aiuterò, non posso lasciarti sola in questa situazione, è anche una mia responsabilità.- puntualizzò -Ma avrei perlomeno il diritto di lamentarmi fino a prova contraria, no?-
Una parte di lei provava quasi un bisogno irrazionale di litigare anche se non aveva torto, ma provò a sopprimerla. -Farei volentieri a meno di sfruttarti, dico sul serio, ma...-
-In questo momento hai bisogno di aiuto, è inutile che ti faccia problemi chiederlo e suppongo sia naturale tu ti rivolga a me...- riflettè Harold. -Certo, gravidanza a parte, sono problemi che avresti potuto evitare con la tua famiglia chiarendo dal principio che non avevi intenzione di sposarmi...- sentì il bisogno di specificare nuovamente. -Però anche per il bambino, se io non fossi intenzionato a darti una mano spontaneamente, potresti sempre cercare qualche appiglio legale per costringermi, quindi da quel punto di vista, stai tranquilla.-
-Hai... davvero uno strano modo di rassicurarmi...- involontariamente sorrise. -Ma non farei mai una cosa del genere... inoltre i soldi per l'avvocato?-
-Per tua fortuna ti aiuterò per il bambino a prescindere.- affermò Harold senza slanci di alcun tipo. -Ripeto, è anche una mia responsabilità...-
Leshawna si sentiva irritata. -Grazie...-
-Li hai fatti i controlli? Sappiamo di che sesso è? È il terzo mese, dovrebbe essere visibile.- domandò interessato.
-E' l'ultima cosa a cui volevo pensare sinceramente, sai?- sbirciò dal finestrino per assicurasi che non ci fosse più nessuno in giro. -Quindi, sto venendo da te ora o hai bisogno di prepararti o qualcosa del genere?- cambiò volentieri discorso.
-Puoi passare da mia sorella così ti do le chiavi dell'appartamento.-
-Eh? Perchè sei da Celia?-
-Ho deciso di rimanere da lei per un po'... non faccio la sanguisuga ovviamente.- chiarì con una punta di orgoglio. -L'aiuto con la casa e con il bambino. Lei e il marito hanno molto lavoro ultimamente e non ci sono quasi mai... Riff ha già quattro anni, sai? Da non credere, mi sembra ieri che è nato!- era la prima volta da quando avevano cominciato a parlare che aveva un tono così leggero. Non sapeva se si sentiva rassicurata o inquieta. Una parte di lei non riusciva a non sentirsi infastidita dal fatto che si trovasse facilmente a suo agio in un contesto domestico... anche se era sollevata di sentirlo più tranquillo.
-E riesci a studiare lì? Dovesti laurearti quest'anno se non sbaglio...- cambiò nuovamente discorso.
-Ho voluto staccare un po' non... non riuscivo proprio a concentrarmi... non riuscivo più neanche a leggere... sono andato nel panico, credevo di avere qualche danno al cervello!- rise nervosamente.
-Immagino.- sorrise di nuovo, non capiva il perchè -Certo che fare la domestica e la baby sitter per qualcun altro è proprio uno strano modo per staccare, eh?-
-Per ora è buono per distrarmi...- si limitò a rispondere.
-Ok... allora sto arrivando, tanto sono già in macchina e...-
-Leshawna!- si voltò, il cugino Josh si era accorto della sua presenza e si avvicinava infuriato.
-Merda!- partì in fretta e furia.

Leshawna arrivò verso le sedici, era sollevata che ci fosse solo Harold in casa, per quando rimanesse una situazione tesa. Inizialmente il ragazzo si sporse dalla porta e le passò le chiavi. Le diede un'occhiata e disse che gli faceva piacere che stesse bene. Poi si ritirò.
Leshawna rimase un momento ferma dietro la porta, poi Harold rispuntò di nuovo.
-Non è stato carino il modo in cui hai chiuso la chiamata.-
-Beh, sarebbe stato meno carino dover stare li a menare mio cugino.- Harold la guardò molto preoccupato.
-Non devi esporti a certe situazioni.- disse tenendo le braccia conserte.
-Sì, si lo so... sono incinta ecc...- odiava quella situazione.
-Non dovresti esporti a situazioni in cui puoi farti male o finire in galera, a prescindere.- commentò Harold infastidito -Comunque tranquilla, è normale che per ora la pancia non si veda soprattutto considerando che è la prima gravidanza.- Leshawna lo guardò storto.
-Non mi ero nemmeno posta il problema in realtà.- “Vorrei pensarci il meno possibile onestamente.” Mentre Harold insisteva per spiegarle, poco sinteticamente come al suo solito, che era importante che invece monitorasse la situazione, si accorse di una presenza alle spalle del ragazzo che la osservava con i suoi occhietti grigi. Il minuscolo bambino sporgeva la testolina castana da dietro la gamba dello zio. Appena si accorse di essere osservato fece un timido gesto della mano per salutarla, poi corse via dentro casa. Era sempre stato molto schivo e timido come la madre...
Harold prima di rientrare, si girò e le diede un'ultima occhiata.
-Sono contento che tu stia bene... sul serio...- ripetè di nuovo accennandole un sorriso teso.
“Perchè qualunque cosa cerchi di dirmi si trasforma in domande e commenti sulla mia salute? Sta diventando insostenibile...”
Ma anche Leshawna cercò di sorridergli. -Anche io sono contenta che tu stia bene...- era molto magro e teneva una postura storta, ma era così anche prima. Le sembrava particolarmente pallido, ma probabilmente era colpa dell'autunno inoltrato, tendeva ad acquisire e perdere colore facilmente a seconda della stagione. Anche le occhiaie, era da qualche mese che le aveva, non dipendevano dalla sua fuga. Si sentì sollevata.

Harold rientrò in casa, sentire Leshawna era stato un sollievo. Era stato davvero preoccupato e non solo per il bambino e per la poca attenzione e prudenza di Leshawna. Ma si era sentito anche molto a disagio vedendola.
“Per quanto tempo ha intenzione di evitare la sua famiglia?” non gli sembrava avesse dei cattivi rapporti con loro, per quanto potesse comprendere un suo imbarazzo era un atteggiamento inusuale. Non era mai stata il tipo da angosciarsi troppo ma era da un po' di tempo, ben prima della gravidanza che gli era sembrata strana, quasi malinconica e spesso di cattivo umore.
“Indipendentemente dal rapporto con i suoi familiari, la memoria umana funziona così, se sei triste richiamerai più facilmente ricordi tristi, con più difficoltà ricordi legati ad altri stati d'animo... forse in questo momento non riesce ad avere molti ricordi positivi dei suoi familiari e non li vede come supporto, ma come figure ostili e deluse... oltre a sentirsi in una situazione umiliante a quanto pare...” cominciò provare una morsa allo stomaco. “E... io? Come dovrei sentirmi?”
Non era mai andato d'accordo con i familiari di Leshawna. L'avevano sempre visto come l'animaletto strano e fastidioso che a volte si trovava nelle vicinanze della ragazza. Non era mai riuscito ad entrare in confidenza con nessuno di loro. Non lo odiavano, ma decisamente non lo rispettavano...
“Del resto sono il tizio con cui per sei anni ha avuto una strana relazione di tira e molla con pause di mesi... non sono esattamente elementi che ti fanno prendere sul serio...” non era mai riuscito a staccarsi completamente da lei e anche la ragazza tornava a cercarlo. Erano prima di tutto amici e Leshawna aveva di suo un rapporto complicato con le relazioni quindi l'aveva sempre un po' giustificata quando aveva un comportamento contraddittorio nei suoi confronti.  
Negli ultimi due anni avevano avuto una relazione più stabile, avevano anche cominciato a convivere... più o meno... Quando, con poco entusiasmo, si era trasferito in un appartamento per stare più vicino l'università, la ragazza aveva cominciato a passare più tempo da lui che a casa propria. “Comincio a chiedermi se non lo facesse più per problemi a casa di cui non mi aveva mai parlato che per altro... Sono sempre più confuso sulla nostra... “relazione”... Spero si decida a tornare a casa presto. Non posso rimanere qui per sempre, per ora sono utile, ma mio cognato mi odierà... Ritrovarti a casa il fratellino di tua moglie non deve essere proprio il massimo...” Era un uomo tranquillo, un po' più piccolo di Celia, ma si sentiva a disagio nei suoi confronti. Sospettava di non piacergli anche se non gli aveva mai accennato niente del genere. Anche questo lo motivava a cercare di rendersi il più utile possibile in casa, non voleva essere il parassita da cacciare.
“Eh... Forse sto diventando un po' paranoico... e... e se lei rimanesse nel mio appartamento e dovessi ritornarci?” pensò angosciato. “No... non voglio ricascarci... Mi sembra di essermi umiliato abbastanza, no? Sono stanco! Lei non riesce mai a tenere in considerazione i miei sentimenti e... davvero non ne posso più, subisco sempre il contraccolpo peggiore fra i due! E... e ho paura...” si era sentito molto male a causa di tutta quella situazione, era una cosa che non voleva ripetere. “Però non è che se stiamo a contatto debba per forza ricascarci e dovremo per forza stare vicino se avremo un bambino...” deglutì “Ma non voglio rivederla ora, non sono pronto!” si sentiva come se avesse qualcosa di incastrato in gola, respirava sempre peggio e cominciava ad avere la vista appannata come se stesse per avere un mancamento. “No, non ora...” si costrinse a a controllare il respiro, prese in braccio la gatta e si distese sul divano tenendola sulla pancia.
-Scusami Kunoichi...- disse carezzando la testa della gatta fulva. Lei lo osservò con gli occhi socchiusi e assonnati. In teoria non apprezzava essere presa in braccio, ma con l'età si era fatta più docile. Se così non fosse stato non avrebbe potuto portarsela in una casa con un bambino piccolo che cercava di abbracciarla, rincorrerla e tirarle orecchie e coda, ma da giovane era stata un animaletto piuttosto feroce...
-Uh... stai male ancora?- domandò Riff avvicinandosi con carta e matite.
-Emh... già...- sospirò Harold.
-Se non ti stendi, cosa succede?- domandò curioso.
-Potrei perdere l'equilibrio, svenire...-
-Uh... non ho mai visto qualcuno svenire...- disse molto interessato. Harold sorrise, gettò un braccio all'indietro, inclinò un po' il collo e cercò di simulare uno svenimento scenico. Lui e il bambino ridacchiarono.
-Magari avrai l'occasione di vedermi svenire quando ci saranno mamma e papà in casa, ma in questo momento non posso permettermelo.-
-Ok... ma Kuni che c'entra?- Harold ci pensò.
-Kunoichi... Mi fa sostegno morale.- Il bambino pensò di sedersi bruscamente davanti la gatta in corrispondenza del plesso solare dello sventurato ragazzo. Harold fece un suono strozzato.
-Ahi!- esclamò. Spostò il nipote e lo mise giù mentre Kunoichi ne approfittò per svignarsela.
-Riff... non puoi sederti così sopra una persona!- disse massaggiandosi.
-...No sostegno morale?- chiese Riff confuso.
-Mi daresti più sostegno facendo il bravo.-
-Lo sono sempre!- protestò il bambino.
-Sì, si lo so. Fai un ottimo lavoro infatti.- sospirò carezzandogli la testa. Il bambino si convinse, poi gli punzecchiò la pancia.
-Il bambino quando esce?- Harold lo guardò perplesso.
-Non... non c'è un bambino... il bambino c'è l'ha Leshawna...- “Probabilmente non è neanche tuo, siete sempre stati prudenti...” odiava quando gli arrivavano quei pensieri, ma ormai era quasi abituato “Prudenza o no, la sfiga esiste... non mi chiamavano lo sfigato, del resto?” non avrebbe mai pensato che quella parola potesse rassicurarlo in qualche modo.
-Ma mamma dice che sei incinta... E mamma non dice mai le bugie!- affermò punzecchiandolo con insistenza.
-E' per prendermi in giro perchè continuo ad avere vertigini come una donna incinta...- sospirò. -Per essere incinta devi essere una donna... E della cicogna che mi dici?-
-E' una bugia!- rispose infastidito. -Ho visto donne con la pancia grossa e dicevano che c'era il bambino dentro... se il bambino sta dentro la pancia, non può averlo la cicogna!- spiegò infervorato. Harold non potè non sorridergli, gli ricordava lui da bambino. -Forse mamma qualche bugia la dice...- ammise.

Mentre il Riff disegnava, Harold venne incuriosito dal colore del sole... il bambino lo aveva fatto rosso. “Se non è un sole che tramonta, di solito i bambini lo fanno giallo... chissà perchè proprio rosso...” il rosso era il colore a matita meno consumato, Riff non sembrava favorirlo... a giudicare dallo stato delle matite, sembrava preferire i colori freddi... verde, verde acqua, azzurro, viola...
“Il rosso è un colore che mette in allarme... è il colore del sangue... e... della rabbia? Forse lei prova del rancore nei miei confronti...” riflettè Harold. “Posso permettermi di dedicarmi allo studio perchè l'affitto per il momento può pagarmelo mia madre... e che si tratti di scuola o università non ho mai avuto grossi problemi... dall'esterno sembro il genio che non deve neanche sforzarsi...” pensò irritato “Lei invece ha inizialmente tentato di distribuirsi fra lavoro e studio e aveva le migliori intenzioni... peccato sia rimasta sempre più indietro, si sia sentita sempre più scoraggiata... ad un certo punto era come se il solo aprire il libro la angosciasse. Sembrava stesse sviluppando quasi una fobia...” ricordò Harold “Ma ci ha provato lo stesso, ad un certo punto ha deciso di dedicarsi solo a quello, ma ha continuato a non andare a parare da nessuna parte... quella scelta mi ha comunque stupito. L'ha fatto perchè si sentiva in competizione con me?” ricordava che si innervosiva spesso quando lui sembrava non capire i suoi problemi, le ricordava quando aveva esami, di studiare. Sembrava infastidita dal fatto che a lui, almeno in apparenza, venisse tutto facile. Sentì di nuovo il bisogno di stendersi “Facile? Ho un'ottima capacità mnemonica, ma è uditiva... Quando si tratta di studiare dai libri non sono avvantaggiato. È solo che sono stato abituato a stare sui libri per ore... non sono un cheater, mi sono impegnato... mi sono sempre impegnato!” gli sembrò di essere ancora a scuola e di doversi giustificare con i suoi bulli e compagni di classe. Fece un respiro profonde. “Se Leshawna me lo chiede glielo dico...” si appuntò “Mi dispiace per lei... non credo che riuscirebbe a comprendere quanto... ma avrebbe potuto chiedermi di aiutarla... o forse lo avrebbe trovato imbarazzante?”
Harold si rese finalmente conto di star solo facendo congetture, non sapeva se Leshawna davvero provasse risentimenti per lui. Per quanto in quel momento gli sembrasse più che plausibile, forse era solo influenzato dalle sue emozioni. “No, non avrò mai il coraggio di chiederlo...” si rese conto. “In ogni caso... se aveva prima rancore nei miei confronti... se il bambino è mio, potrebbe... ah, anche se a livello inconscio deve odiarmi! No, no basta congetture...”
-Riff... perchè il tuo sole è rosso?- chiese al bambino. Riff lo guardò confuso poi indicò fuori dalla finestra.
-E' rosso, vedi?-
-G-giusto... è il tramonto...- sospirò -Scusa era una domanda stupida, come ho fatto a non pensarci?- sorrise.
-Zio è stupido...- commentò innocentemente Riff. -E il sole sembra... il rosso dell'uovo! Mi piace!- continuò il bambino -Sarebbe bello mangiarlo... un rosso di uovo gigante...- disse osservando l'astro con interesse.
-Già... ma magiare tanto rosso potrebbe farti male alla pancia.- Harold gli pose la mano sopra il capo. -E non guardarlo troppo, potrebbe farti male alla vista... Vuoi finire mezzo ciecato come il sottoscritto?- scherzò.
-Oh... preferisco no...-


Angolo dell'autrice.
Finalmente sono riuscita a scrivere qualcosa... troppe idee, ma troppa poca testa per sedersi a scrivere... Questo è un tema che ho provato ad accennare più volte, ma non ne sono mai uscita soddisfatta quindi ci riprovo, magari è la volta buona! O forse no...
Spero che questo primo capitolo possa piacervi e che la storia possa interessarvi, una vostra opinione fa sempre molto piacere. Mi scuso per eventuali errori.

-Con kunoichi si intende un ninja di sesso femminile. Mi sembrava adatto come nome.

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


Leshawna non era riuscita a provare niente per i primi sette giorni da quando l'aveva scoperto. Non le era possibile pensarci seriamente, come se non stesse accadendo a lei e non fosse reale. Lo era diventato solo quando si era decisa a parlarne con Harold... l'aveva presa bene, era svenuto...
Non era un evento così innaturale, lo aveva visto perdere i sensi alcune volte nel corso di quei sei anni, ma l'aveva sempre inquietata, anche se lo prendeva in giro come se in qualche modo potesse dissuaderlo da “quell'atteggiamento”, come dipendesse dalla sua volontà... Magari era svenuto appositamente per sfuggire al problema? Altamente improbabile che avesse imparato a svenire a piacimento o simularne uno così bene.
Forse per dirglielo avrebbe dovuto aspettare un altro po', Harold in quei giorni sembrava più strano del solito. Era molto nervoso e lei pensava che cercasse di nascondere di avercela con lei per qualche motivo non identificato, ma poteva anche essere solo una sua impressione.
Senza che lei se ne accorgesse, il ragazzo aveva riaperto gli occhi e si era seduto a gambe incrociate pensando silenziosamente. Era tesa ma aspettò che parlasse.
-Ormai è fatta, ma ci inventeremo qualcosa...- rispose pacatamente con un sorriso nervoso.
-Cosa?- C'era qualcosa che la turbava nella calma con cui l'aveva presa Harold.
-Beh, non è il momento migliore per avere un bambino. Per il momento non possiamo fare a meno di appoggiarci alle nostre famiglie, anche se sto per finire con la triennale avrei bisogno della specializzazione, ma prima o poi avremmo...-
-No, non ho mai detto che avrei mai volto bambini.- lo interruppe. “E perchè dai per scontato che voglia tenerlo?!” non se l'era davvero chiesto nemmeno lei in realtà, quando provava a farlo era come se i suoi pensieri si oscurassero e le impedissero di riflettere.
-Quindi... non lo vuoi?-
Sussultò, l'aveva colta impreparata. -Si.- rispose impulsivamente evitando di guardarlo. -Ma è irritante che tu l'abbia subito...-
-Davo per scontato che l'avresti specificato se era il caso...- si giustificò.
-Giusto...- “Se era il caso, mi avresti odiata...” -Non ho particolari problemi di salute, né fisica, né mentale... non è frutto di un trauma, quindi devo tenerlo...- disse dura.
Le sembrò che Harold la guardasse con sospetto -Va bene...- si limitò a risponderle a disagio.

Entrambe le famiglie sembravano essersi adattate alla situazione dopo lo shock iniziale... a parte lei, credeva che sarebbe impazzita. I suoi le stavano addosso, Harold era spaventosamente apprensivo e si era fatto più sensibile ai disturbi psicosomatici.
L'aveva quasi sposato... quasi...
Non sapeva cosa le fosse preso, non riusciva più a ragionare... di nuovo...
Non aveva pensato di lasciare Harold, voleva solo evitare il matrimonio. Non pensava neanche di ferirlo, lui l'aveva fraintesa... giusto?
Ma decise di non chiarire. Aveva sempre sentito come se ci fosse qualcosa di sbagliato in loro e ultimamente il ragazzo si era fatto davvero soffocante. Aveva sentito il forte bisogno di distaccarsi almeno da lui.
Tornando in città si rese conto che probabilmente aveva fatto una cosa inutile. Sarebbero comunque dovuti rimanere in contatto per il bambino... Si era pure rivolta a lui per nascondersi temporaneamente dal parentame arrabbiato e ora si trovava nel suo appartamento da sola... Sarebbe stato più facile occuparsi di un bambino in due, come coppia. Non erano buoni motivi per rimanere sentimentalmente legata a qualcuno, forse. Ma tendeva alla via più pratica quando era lucida.
“Questa volta non posso rimangiarmi tutto.” cominciò a dubitare anche delle sue ragioni. “Che non abbia voluto chiarire subito perchè mi sentivo stupida a dirglielo... qualcosa del tipo... Hey, il fatto che ti abbia abbandonato all'altare non significa che non voglia stare con te... cos'è che te l'ha fatto pensare, scusa?” rise imbarazzata. “Davvero stupido... ma non è andata davvero così... spero...” sospirò “Non sono più sicura di niente... o forse è colpa della lontananza. Non vederlo per un po' mi ha fatto scordare perchè non riuscivo più ad averlo intorno e...”
Detestava stare lì da sola. Si sentiva così inutile, si scordava di dover bere e mangiare. Non aveva voglia di fare niente e in quella situazione nessuno l'avrebbe presa per un impiego... aveva paura di essere condannata al nulla, per un bel po'... Si chiese se c'era qualcosa di utile che potesse fare... “Devo parlargli...” pensò infastidita. Non aveva nulla a che fare con loro come coppia, ma c'era qualcosa di cui dovevano discutere. Si sentiva in colpa all'idea di cercare di sfuggire alla situazione in quel modo, ma non era per il suo bene.... Si giustificava pensandola così.

-Ecco...- si trovava nella cucina di Celia, lei e Harold avevano preso due sedie e si erano seduti l'uno di fronte all'altra “Di nuovo, avrei dovuto prepararmi il discorso prima!” Si era scordata di quanto si sentisse a disagio nei confronti di Harold, non ci era abituata. Ma non era l'unico problema, si sentiva osservata. Decise di temporeggiare.
-Sono venuta perchè volevo farti le condoglianze per Kunoichi...- Harold era scioccato mentre accarezzava la gatta sulle sue ginocchia che sembrava guardarla storto... in realtà sembrava guardare storto chiunque, sempre... “Almeno questa volta ha un buon motivo.” -Ma vedo che sta bene... mi ero sbagliata, non trovandola in casa tua, credevo fosse passata a miglior vita...- mentì.
-Mwroooo...- commentò l'animale con voce graffiante.
-Leshawna... sul serio,  di che cosa volevi parlarmi?- disse Harold moderatamente esasperato. Lei indicò irritata la porta dietro di lui.
Il ragazzo si girò e sussultò. Poi guardò meglio l'occhio e i lunghi capelli castani che sbucavano da dietro la porta socchiusa. Sentendosi scoperta, la sorella del ragazzo se la svignò.
“Tale madre, tale figlio...” pensò Leshawna, Riff le aveva giocato uno scherzetto simile due giorni prima.
-Mi considera ancora come un bambino...- sbuffò Harold. Mentre Kunoichi scendeva per seguire Celia... si sentiva abbandonato.
-Beh, sei “il fratellino minore”- lei sorrise comprensiva. -Avete tipo... cinque anni di differenza, per dei bambini sono tanti, nella sua testa è normale che tu sia rimasto impresso come bambino.- almeno in questo le veniva facile comprenderla.
-Strano...- commentò Harold un po' stupito. -Non mi è mai sembrato che voi andaste tanto d'accordo... comunque sono nove anni, non cinque anni...- Leshawna rimase stranita.
-G-giusto... sembra minuscola...-
-Non è tanto più bassa di te, non che tu sia molto alta.-
-Non era in quel senso...- c'era qualcosa di strano, infantile e inadatto in quella donna “Eppure anche lei sembra essere in grado di adattarsi a un contesto familiare...” forse questa consapevolezza avrebbe dovuto tranquillizzarla un po' ma in quel momento aveva solo l'esito di infastidirla.
-Ok... allora, che cosa volevi?- chiese Harold un po' più confidente. -Ma... In realtà c'è prima una cosa che volevo dirti io, se me lo permetti...-
-Ok...- concesse senza dispiacere.
-Credo che sarebbe una buona idea se provassimo ad esercitarci per convivere da separati in casa...- propose osservando le proprie dita intrecciate.
-...Che?- sussurrò tra sé e sé Leshawna. -Come, scusa?- ripetè più forte, incredula. -Due giorni fa non volevi neanche parlarmi al telefono... neanche di uscire di casa per parlarmi ti andava ed ora... e poi com'è che ti è venuta questa idea, scusa? Non so neanche se mi piace!-
-Sicuramente potrebbe non funzionare, ma potremmo almeno fare un tentativo. Se riuscissimo a convivere pacificamente sarebbe più conveniente per il bambino e più facile per noi  occuparcene. O almeno credo...- nemmeno lui appariva proprio sicuro della sua idea, mentre per quel che riguardava Leshawna, pensava di potersi riabituare ad Harold e forse a breve termine sarebbe stato utile averlo a disposizione, la sua presenza l'avrebbe potuta tenere abbastanza in tensione da non lasciarsi andare. Non sopportava quando diventava apprensivo, ma in quel periodo, visto la pausa che si era preso per aiutare la sorella, probabilmente avrebbe dovuto studiare molto e loro due pur condividendo gli spazi non avrebbero potuto parlarsi più di tanto, solitamente andava così. Ma sarebbe stata una situazione sostenibile a lungo termine? Inoltre...
-Per te sarebbe davvero tutto a posto? Riusciresti a stare tranquillo con me in giro? Mi sei sembrato abbastanza...-
-Tornare con te è fuori questione.- la interruppe mettendosi sulla difensiva.
-Non è questo che intendevo.- precisò fulminandolo con lo sguardo.
-Comunque... premettendo che non voglio tornare con te...-
“E questo lo hai già detto...”
-Mi sembra che come conoscenti che si supportano siamo sempre funzionati abbastanza bene...- “E forse saremmo dovuti rimanere così...” si disse il ragazzo. “Un po' tardi per pensarci” -Inoltre... ci ho pensato e non credo che per un bambino sia l'ideale essere spedito avanti e indietro come una missiva postale fra casa di mamma e casa di papà.-
“Perfetto, te lo cedo volentieri, perchè non lo tieni tu?” si trattenne dal dirlo ad alta voce, ma era per quello che era venuta lì. Però c'erano troppe cose che non le quadravano e non poteva essere sicura che non avrebbe cambiato idea, o almeno ci sperava...
-Perlomeno con me non ha funzionato, per niente bene.- continuò Harold dopo un lungo momento di silenzio.
“Ah... giusto...” Leshawna per diverso tempo era stata convinta che il padre del ragazzo fosse o morto o per qualche motivo non rintracciabile, magari scappato, chissà dove. Anche quando ne aveva saputo di più, aveva preferito non fargli domande a riguardo. Chiunque fosse l'uomo, non l'aveva mai incontrato, a quanto ne sapeva viveva in un'altra regione, ma sospettava che non fosse in buoni rapporti con Harold o la madre del ragazzo, mentre entrare nella testa di Celia... era impossibile...
-Quindi, i tuoi non sono sempre rimasti che tu e tua sorella restavate da tua madre mentre tuo fratello con tuo padre?- Harold scosse la testa infastidito.
-Si sono separati quando avevo quattro anni e visto che ero il più piccolo hanno provato a “condividermi”- si fece ancora più infastidito. -Ovviamente mio padre abitava ancora nei dintorni all'epoca... ma non funzionò lo stesso...- sospirò. -Non sentivo come se avessi davvero una casa mia... non toglievo mai le mie cose dallo zaino perchè tanto ogni tre, quattro giorni avrei dovuto cambiare casa e soffrivo molto i mezzi di trasporto, ogni tragitto era un un incubo... c'erano giorni in cui sentivo una specie di mal di mare per tutto il giorno... era come se tutto intorno a me si muovesse e galleggiasse anche una volta uscito dalla macchina... lo so che sembra assurdo!- si difese preventivamente. -Poi quando ho cominciato le elementari è andata pure peggio. Scordavo spesso libri e quaderni fra una casa e l'altra... può sembrare molto, molto stupido...- disse imbarazzato. -Ma non ho mai davvero imparato a organizzarmi con i libri e non è che i miei mi fossero tanto d'aiuto. Se è possibile mio padre era anche più distratto e incurante di me, non sembrava gli importasse realmente darmi una mano, mentre mia madre fu più sincera e disse chiaramente che dovevo cavarmela da solo... Poi visto che il mio rendimento scolastico faceva già schifo, la maestra cominciò a suggerire che potessi avere vari problemi d'apprendimento. Mio padre accolse subito la tesi... cominciò a comportarsi come se fossi stupido anche se non è questo che si intende con disturbi dell'apprendimento...- ricordò esasperato. -Mia madre invece intuì che probabilmente non dipendeva realmente da me. O forse non voleva accettare che fossi tipo... difettoso? Non so...- Harold tornò a guardare Leshawna, si era scordato che fosse lì in un certo senso. -Ehm... il punto è che non andò affatto bene!- concluse imbarazzato. -Può darsi che fossi poco adattabile, già da piccolo. Non è detto che vada davvero in modo così disastroso, certo... ma vorrei provare a percorrere una strada differente, se non ti dispiace. Se non funziona torneremo indietro, tutto qua.- Leshawna lo guardò ancora dubbiosa, era molto scettica, abbastanza sicura che non potesse durare, ma... sul breve periodo le sarebbe stato utile... sembrava meschino pensarla in quel modo, doveva convincersi che fosse un idea valida.
“Tanto peggio di così... perchè non provare a seguire la sua idea.”
-Ok...- sospirò lei. -Si può provare, se ne sei convinto.- Harold annuì sollevato. Sembrava abbastanza rilassato nei suoi confronti in quel momento e anche lei si sentiva più tranquilla. -Mi spiace per la situazione con i tuoi genitori, non me ne avevi mai parlato...-
-Non era un segreto o niente del genere, solo che non avevo motivo di parlarne...- disse un po' teso. -E' che non mi sento in colpa per mio padre, non ci riesco... sono un figlio degenere forse.- ammise. Osservò Leshawna come volesse un suo parere, ma lei distolse lo sguardo.
“Meglio un figlio che non riesce ad affezionarsi a un genitore, che viceversa.” ma non lo disse al ragazzo. -Eri un bambino e non ti trovavi bene, tutto lì... forse avrebbero potuto gestirla meglio, o forse non c'era niente da fare e non era una buona situazione per te.-
-Nnn... Non è così semplice...- confessò Harold. -Una volta capitò che mi scordassi i medicinali per l'asma... da piccolo ci soffrivo moltissimo... comunque, ebbi un attacco proprio mentre ero da mio padre e lui non sembrava avere la minima idea di cosa fare. Ci mise anche un po' a capire cosa mi stesse accadendo... ah...- anche se per un breve momento, Leshawna ebbe l'impressione di sentire una specie di risata nervosa. -Rimase a osservarmi mentre temevo di soffocare e chiedeva a mio fratello cosa doveva fare, che medicinale mi serviva, se era il caso che chiamasse mia madre... se si sarebbe arrabbiata... il tutto con tono molto tranquillo, non prendeva minimamente sul serio la situazione.- granò gli occhi mentre continuava a guardarsi le mani che sembravano cercare di arrampicarsi l'una sull'altra, come due pallidi ragni. Harold sembrava quasi ipnotizzato dai loro movimenti. -Non ha mai preso niente sul serio se si trattava della mia salute, per lui erano tuuutte esagerazioni di mia madre...- sospirò sonoramente. Poi abbassò le mani e tornò a guardarla. -Non ricordo più nulla di quel giorno, ho perso i i sensi, poi non so più nulla... dissi tutto a mia madre e da quel giorno vidi mio padre raramente... non venni più affidato a lui e...
In realtà per me fu anche un sollievo... non mi sentivo a mio agio nei suoi confronti e penso che il sentimento fosse del tutto reciproco... Sai, ho fatto pure un test del DNA per assicurami che fossi effettivamente suo figlio... magari poteva essere una spiegazione del perchè non gli piacessi...
Puoi anche considerarmi uno spione, se ti va. Mio fratello mi detesta per questo.-  guardò Leshawna con rassegnazione. Lei ricambiò lo sguardo perplessa.
-Meh... Eri solo un bambino piccolo e spaventato...- “Lo sembri ancora un bambino spaventato...” -Scaricarti la colpa è stupido, sia da parte tua che di tuo fratello. E se non riesci ad essere affezionato a tuo padre, beh... non puoi mica forzarti! Non capisco davvero perchè ti fai tutti questi problemi inutili, davvero!- disse un po' scocciata.
Harold sembrava abbastanza stupito, abbassò lo sguardo e arrossì. Sorrise leggermente.
-Certo, uno spione come te, non sarebbe sopravvissuto a lungo dalle mie parti.- doveva prenderlo in giro, a volte era più forte di lei e in quel momento ne aveva particolarmente bisogno...
-Lo so. - rispose pacificamente. -Non sempre mi so adattare agli altri e alle circostanze, non mi piego facilmente... Sicuramente, sarei schiattato.- disse stiracchiandosi e alzandosi momentaneamente.
-Ti avrei protetto io.- affermò Leshawna facendogli perdere l'equilibrio per un momento.  Harold si rimise seduto evitando palesemente di guardarla. -Non era per provarci, l'ho detto solo perchè probabilmente sarebbe andata così... Beh... prima ti avrei sicuramente picchiato almeno una volta... Sai essere insostenibile.- sorrise quasi affettuosamente.
-Ok... grazie?- rispose incerto. -Tu invece di cosa volevi parlarmi?-
-Uhm... tu sei interessato a occuparti di questo bambino, giusto? E non mi sembra ti dispiaccia in un certo senso...-
-B-beh... Occuparmi di Riff non si è dimostrato un problema fino ad ora... un bambino più piccolo richiede più attenzione però credo di potercela fare.-
-Sì... nonostante sia un imprevisto, sei abbastanza positivo sulla situazione, giusto?-
-Non avevo mai riflettuto sull'eventualità di avere dei figli, ma sì... non la vedo come una tragedia... ecco...- lei non gli era sembrata proprio dello stesso avviso fino a quel momento e non sapeva bene come gestirla. -Almeno per questo sono... un po'...- “Felice... No, non è la cosa migliore da dire...”
Nel mentre anche lei rifletteva, forse parlarne con Harold la facilitava in qualche modo.
“Al momento sento che non potrei in alcun modo occuparmene, ma potrei cambiare idea... e non voglio pensare al caos che si genererebbe nella mia famiglia se il bambino fosse solo affidato ad Harold... Però...”  osservò con attenzione il ragazzo magrolino che aveva di fronte.
-Leshawna, è tutto a posto?-
“L'altro fratello... Cecil o qualcosa del genere, non lo conosco, ma sia Harold che Celia... sembrano così deboli... Lei non lo so, ma lui finiva all'ospedale spesso da piccolo... anche Riff non ha un aspetto molto resistente... se il bambino somigliasse a loro, sarebbe costantemente malaticcio? Ed io come diavolo lo dovrei gestire! Ho già problemi quando a stare male è Harold... Che... cosa diamine dovrei fare?”
-Ehi?- alzò lo sguardo e si ritrovò Harold a qualche centimetro dal viso che la osservava preoccupato. Istintivamente si spinse all'indietro e rischiò di capovolgersi sulla sedia, fortunatamente Harold la trattenne.
-S-sul serio, che ti prende?! È tutto a posto?-
-Certo, sono un po' stanca e non dormito bene, tutto qua...- rise nervosamente lei. -Lo so che non dormire non mi fa bene ecc...- sbuffò.
-Ok...- Harold la guardò storto.
-Ero semplicemente venuta qua per accertarmi di come la pensavi e per mettermi in ordine qualche idea... comunque, sono contenta che tu sia abbastanza tranquillo per il bambino, non abbia problemi per la paternità e cose del genere.- Harold sembrò un po' a disagio.
-Beh... in realtà... non vorrei essere per qualcuno quello che è stato mio padre per me... anche per questo vorrei provare a coabitare e darti una mano.- confessò grattandosi il viso. -Non so se sarò davvero capace di essere un buon padre o perlomeno decente, ma provarci sarà meglio di niente.-
A Leshawna venne un po' da ridere, si alzò e pose le mani sulle braccia del ragazzo.
-Tranquillo.- sdrammatizzò. -Tanto la parte di tuo padre l'avrò io.- a giudicare dalla smorfia che aveva sul viso, Harold non riusciva a vederci alcun lato divertente.
-Se posso chiedere, se lo sai...- cominciò la ragazza. -Come mai i tuoi si sono lasciati?-
-Lui era un po' fedifrago, a quanto ne so.- rispose Harold. -Se non stiamo insieme posso dirtelo tranquillamente.-
-...Eh?-
-Nel senso...- sospirò Harold. -Metà del mio patrimonio genetico dipende da lui, no?-
-Non capisco il punto, essere inclini al tradimento è ereditario o qualcosa del genere?- chiese scettica.
-Beh... potrebbe... perchè no?-
-Considerando le circostanze del matrimonio dei miei genitori, io potrei non essere figlia di mio padre, dovrebbe significare qualcosa?- disse non prendendo le preoccupazioni del ragazzo sul serio.
-Tu e lui vi somigliate moltissimo, non mi preoccuperei di questo.- Harold sorrise, forse per rassicurarla. La ragazza ghignò.
-Non so come dovrei prenderla visto che sembri terrorizzato da lui.-
-Non sono terrorizzato...- rispose infastidito. -Non ho un parere negativo su di lui anche se sembra testardo e un tipo che trascura ciò che gli sembra poco importante... Solo che non gli piaccio affatto. Quindi trovo più saggio evitarlo, tutto qua.-
-Ok... ma sai, anche se non fosse mio padre, per me non farebbe la differenza. È quello che mi ha cresciuta, sopportata, supportata e... gli voglio bene.- affermò sicura. -Tutti i problemi che ci si fa sui genitori biologici, io davvero, non capisco.-
-Quindi suppongo tu abbia avvertito lui e la tua famiglia che sei tornata, giusto?- la guardò con sospetto.
-Non ancora, ma lo farò.-
-Io non ti capisco...- affermò lui con le mani ai capelli.
-Harold, guarda che non è un problema grosso come credi. È dalle medie che non faccio altro che sparire senza dire niente, ormai nessuno si spaventa più.-
Quell'informazione, era per Harold, meno strana di quanto avrebbe voluto...

Durante il primo anno di liceo, tutto ciò che sapeva di Leshawna era che si trattava di una tipa sempre distratta a scuola che di tanto in tanto spariva.
Inizialmente Harold aveva pensato potesse soffrire di qualche problema di salute così un giorno si era avvicinato a lei per chiederglielo.
-No... è solo che non mi va di essere qui. Così, a volte, ho bisogno di delle luuunge pause.- gli aveva risposto annoiata, seduta sul muretto nonostante fosse già iniziata da un pezzo la lezione. -Tu invece? Che ci fa un bravo e diligente bambino come te fuori dall'aula?- chiese saltando giù con poca grazia con un sorriso da stregatto sul volto.
Harold indietreggiò un po' intimorito. -Dovevo andare in bagno e ti ho vista qui...- aveva risposto il ragazzino evitando il suo sguardo.
Lei immaginava che mentisse, si era accorta che il piccolo quattrocchi dalle orecchie a sventola l'aveva osservata per un po' attraverso la finestra della sua aula. Pensava fosse uscito per andare a parlarle o forse era la sua visione egocentrica della situazione.
Gli posò una mano sul capo. -Su, su, torna a lezione da bravo bambino.- lo esortò.
Harold la guardò di traverso sentendosi preso in giro, il suo modo di porsi non gli piaceva per niente. -E' quello che dovresti fare anche tu.- rispose infastidito voltandole le spalle.
-Sono una visuale molto interessante, lo so... sicuramente più di una lavagna, ma sai, dovresti concentrarti più su quella.- aggiunse Leshawna.
Harold arrossì e balbettò qualcosa, poi disse più chiaramente, probabilmente dopo aver fatto qualche prova fra sé e sé: -N-non ti consiglio di metterti su un piedistallo così alto, dubito fortemente che possa reggerti! E cadendo potresti farti molto male!- le aveva fatto una linguaccia poi era corso di fretta dentro l'edificio, forse immaginando che l'avrebbe inseguito. Ma quel giorno si sentiva troppo pigra per occuparsi di inseguire il topino.
Indagò un po' di più su di lei. Nonostante il numero di assenze e la sua attenzione a scuola, non sembrava affatto a rischio bocciatura. Chi la conosceva dalle medie diceva che era sempre stata fatta in quel modo, ma non aveva perso anni. Era notevole... non aveva comunque un rendimento alto, ma rapportato al contesto era impressionante.  Non si applicava, ma era apparentemente molto sveglia... Meritava un po' più di attenzione...

-Aspetta un attimo... i tuoi sapevano quando rimanevi da me, giusto? N-non sono stato il complice delle tue fughe da casa negli ultimi anni, vero?- chiese riemergendo dai suoi pensieri.
-La complicità non è forse molto importante in una coppia?- gli rispose divertita.
-Bene... certo che i tuoi mi odiano...- Harold non potè fare a meno di risponderle con un sorriso amaro. Il modo in cui lei sembrava trovarsi nuovamente a suo agio nei suoi confronti lo rendeva irrequieto.
“Per lei è di nuovo tutto normale? Dovrei essere contento... non avrebbe senso chiederle di condivide gli spazi se dovessimo stare a detestarci ventiquattro ore su ventiquattro, ma allora... perchè mi sento così? Mi sento male solo io per la nostra rottura? Sta nascondendo il suo stato d'animo? Forse da per scontato che visto che le ho proposto io di abitare insieme, per me ora sia tutto passato... ma l'ho fatto perchè mi sembra la scelta più logica per il bambino e perchè non mi fido a lasciarla da sola in questo momento...” il ragazzo sospirò. “Facciamo finta che sia... un rapporto professionale... lei è... una paziente? Oppure siamo colleghi e... dobbiamo condividere un appartamento e... osservare lo stato della sua gravidanza... in seguito badare al bambino... o alla bambina... Sì, rapporto professionale, freddo rapporto professionale... evviva! Ho detto rapporto professionale! Perchè questa mi sta abbracciando?!”
-Hai un mancamento?- la voce gli uscì stranamente stridula, Leshawna gli stava anche calpestando un piede.
-No... è che... non ci vediamo da un po'... mi sembra una cosa normale...- disse alzando la testa mentre lo teneva saldamente intrappolato.
-No...- intervenne una vocina mentre qualcuno cercava di fare forza per spostarli. Guardando in basso videro Riff. -Mamma ha detto no... troppo vicini è no!- ripetè il bambino cercando di separarli.
I due si scambiarono uno sguardo confuso poi si allontanarono un po' l'uno dall'altra.
-Eh... ciao Riff...- disse Leshawna. Il bambino sembrò non sentirla. Harold si inclinò un po', per guardarlo meglio mentre tornava a osservarli da dentro la credenza. -E' diventato sordo?- si chiese Leshawna.
-No... ha dei tappi nelle orecchie.- spiegò Harold. -Forse Celia l'ha fatto per mantenere la nostra privacy.- ipotizzò mentre Leshawna tornava a guardare incredula nella direzione della credenza. -O forse per non fargli sentire cose inadatte alla sua età...-
“Quella donna! Quella donna non è normale!” pensava Leshawna mentre si massaggiava le tempie. -Quindi siamo rimasti che torniamo a vivere insieme per ora o perlomeno ci proviamo?- chiese conferma Leshawna. Harold annuì con un espressione molto tesa. -E tu... sei sicuro che questa cosa ti vada bene, vero?- chiese di nuovo.
-Sì, mi sta bene...- sbuffò Harold. -Non sono stupido, non te lo chiederei se non fosse così...-

Angolo dell'autrice:
 
Sarà il caldo, sarà l'influenza negativa che ha sul sonno (autunno e primavera sono le stagioni migliori!) ma ultimamente la mia dislessia si fa sentire sempre di più (sono sul serio dislessica, non è una battuta.) se word non segnalasse gli errori non voglio sapere cosa ne uscirebbe fuori... e già così, ho paura del risultato... mi scuso in anticipo...
Mi piacerebbe aggiornare più frequentemente, ma ultimamente sono stata molto impegnata. Non so quanto possa interessarvi la storia. Alla fine scrivo quel che mi interessa e piace scrivere, ma spero che a qualcuno di voi possa effettivamente piacere e interessare ciò che scrivo.
Grazie per aver letto fin qui, se volete darmi un pare, sono a vostra disposizione come al solito.

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


L'ex cucciolo umano era strano... Fischiettava mentre le versava la pappa, ma non sembrava un fischiettare allegro.
Da quando, il giorno prima, l'invasore femmina si era presentato, era irrequieto. Forse temeva che si ripresentasse. -Mwrooo.- “Se ritorna, Kunoichi si occuperà di cacciarla.” la benevola e nobile Kunoichi rassicurò il debole umano, la volta precedente non si era ritirata... si era solo ricordata di avere altro da fare, ovviamente...
-Non hai molta fame... Qualcosa che non va?- l'umano le grattò il mento con un'espressione preoccupata, sembrò meno sospettoso quando lei si mise col muso sulla ciotola. L'umano cominciò a canticchiare a voce bassa. -Cerco un centro di gravità permanente... che non mi faccia mai cambiare idea, sulle cose... e sulla gente... na nanna na...- finì di cantare e sospirò. -Senza cambiamento non c'è vita, tutto scorre...  Però sarebbe bello avere almeno qualche punto di rifermento, sai?- l'umano intrecciò le dita fra i capelli con fare rassegnato mentre Kunoichi osservava. -Ah scusa... non ti senti tranquilla a mangiare se ti fisso... Beh, non ti frego i croccantini, tranquilla.- sorrise e si allontanò.

Harold non poteva più fidarsi delle sue percezioni, ormai.
Se, qualche giorno prima, l'idea anche solo di vedere Leshawna lo mandava nel panico, ora non gliene fregava più niente... La fuga della ragazza lo aveva reso “leggermente” instabile... La sua mente era vittima di fastidiosi sciami sismici. Non poteva costruirsi delle idee, farsi i conti e cercare di capire cosa lo faceva stare male, cosa gli era d'aiuto e cosa era importante, che la sua mente avrebbe tremato distruggendo e mutando tutto. In particolare quando si addormentava era certo che l'indomani, qualunque cosa avesse pensato il giorno prima, sarebbe stata invalidata... il suo cervello approfittava del sonno per modificare tutto senza che lui potesse avere alcun controllo.
Quando era riuscito a confessarsi con la sorella, lei aveva cercato di essere positiva. Secondo la donna, stava riordinando le sue priorità e si stava adattando alla situazione...
“Non sono io! Non lo sto facendo io!” aveva urlato internamente, ma non gli andava di sentire discorsi sull'illusione del libero arbitrio di cui era perfettamente a conoscenza ma che non avevano mai pesato tanto su di lui come quei giorni.
Non voleva che le cose che aveva considerato fondamentali perdessero completamente ogni valore e sentiva di essere preso in giro quando diventava apatico a qualcosa che un momento prima lo disturbava o spaventava.
Stava perdendo pezzi e nulla aveva più senso. Era solo un burattino che subiva emozioni negative e disconnesse senza una logica... sopratutto ora che non doveva essere più preoccupato per Leshawna e il bambino, visto che sapeva dove si trovavano.
Ma provare dolore era rassicurante in un certo senso... quando smetteva di essere triste prevalentemente provava il nulla... provare qualcosa, anche se spiacevole, era comunque una sensazione migliore di non sentire niente... sentire dolore voleva dire essere vivo, dispiacersi significava essere in grado di attribuire valore a qualcosa.
Forse se si trovava in quello stato d'animo doveva evitare di prendere decisioni come coabitare con il fattore scatenante della situazione. Ma si era presentata proprio quando era riuscito a concentrarsi abbastanza da formulare quel piano, quel tempismo sembrava significare qualcosa...
Se si era temporaneamente trasferito da Celia per aiutare con Riff e la casa era assurdo non attuare lo stesso comportamento con Leshawna, era suo dovere e non voleva essere assente come suo padre, nonostante non avesse mai sofferto della sua mancanza... forse...
Alla fine tenersi occupato preoccupandosi di aiutare qualcun altro era un vantaggio per il suo umore, in teoria... ma c'era un altro fattore che aveva metabolizzato solo qualche ora dopo che Leshawna se ne era andata... Credeva di star diventando apatico alla sua presenza, ma l'essere abbracciato gli aveva provocato un dolore intenso... Si era spaventato all'inizio, ma forse, se dosata, la vicinanza della ragazza gli avrebbe impedito di perdere le emozioni. Il dolore era solo un piccolo prezzo da pagare.
Probabilmente anche quella trovata avrebbe perso la sua efficacia dopo poco, ma era troppo eccitato dall'aver trovato una specie di soluzione per pensarci seriamente.
Celia aveva provato a spiegargli che non stava perdendo le proprie emozioni, ma soffrendo di depressione e c'era una causa. Era convinta che si sarebbe trattato di un semplice fenomeno passeggero, non doveva essere così spaventato.
Ma  Harold sentiva che se non avesse fatto niente per prendere controllo della situazione tutto sarebbe degenerato...
-Harold, possiamo parlare?- fece un uomo dai capelli scuri e gli occhi grigi.
-Arthur?- Harold squadrò perplesso il marito della sorella. -Ok... di cosa vorresti parlarmi?-  Sentiva puzza dello zampino di sua sorella...
-Allora, per quanto riguarda il tuo progetto di tornare a vivere con Leshawna...-
-Non torneremo una coppia.- specificò sulla difensiva.
-Si, ok...- sospirò l'uomo. -Ma non pensi che sarebbe meglio se vi facesse una nuova vita per conto vos...-
-E' incinta.- l'ho interruppe.
-Già, ma hai pensato all'influenza che avrà l'avere una coinquilina fissa sulla tua vita privata?-
-E' incinta...- ripetè il ragazzo. Arthur sperava che la diminuzione della velocità nella risposta fosse un segnale buono. -E non sono positivo sulle probabilità di trovarmi un'altra ragazza, non mi interessa nemmeno.- se il suo interlocutore fosse stato Celia, non l'avrebbe scampata visto che la mancanza di interesse rientrava nella depressione, non era una reale argomentazione. -Lei invece non è particolarmente compatibile con le relazioni stabili. Per questo è sempre tornata con me, non per altro... Rimanevo disponibile indipendentemente dal suo comportamento scostante.- disse con amarezza.
-Ah, ma siete giovanissimi.- ricordò Artur divertito, terribile strategia... -Capirei la tua scelta se foste una coppia sulla mezza età, ma per due ragazzini...- peggiorava di frase in frase, ma sembrava preso dal proprio discorso. -Capisco che è la tua prima ragazza e siete stati in una situazione da tira e molla per anni. Alla tua età è comprensibile che l'idea di essere indissolubilmente legato a qualcuno sia consolante, ma non è applicabile alla realtà e...-
-Non. È. Questo.- lo interruppe scandendo con chiarezza ed esasperazione le parole. -Il. Motivo... Che! Diamine! C'entra?!- Arthur indietreggiò un po' confuso.
-Vaaa bene!- in scena entrò Celia, portandosi Arthur da parte, mentre il fratellino li inceneriva con lo sguardo. -Che diavolo fai? Ti avevo chiesto di parlargli da uomo a uomo, non di buttare la cosa in un “tu ragazzino, con motivazioni infantili, ora ti spiego io”!- sussurrò Celia con voce rauca, esprimere un urlo mantenendo bassa la voce era un martirio per la gola.
-Ma... è vero...- rispose ingenuamente Arthur. -E' troppo giovane per optare per una coabitazione con una ex... dovrebbero staccarsi...-
-La verità ha un'importanza relativa, moolto relativa, in diplomazia.- gli fece notare.
-Guardate che vi sento...- sussurrò Harold apparendo alle loro spalle. -E non sono uno spettro. Non è colpa mia se so essere particolarmente silenzioso.- sospirò con una punta di orgoglio vedendoli sussultare. -Potreste farmi almeno provare a vedere se questa cosa funziona, per favore? Vorrei essere presente come padre e magari avere una coinquilina a cui non sono sentimentalmente legato potrebbe essere positivo. Se poi sarà un problema per la nostra vita privata, si vedrà...-
-Eh... quindi tu saresti capace di separarti completamente dal punto di vista sentimentale da Leshawna e conviverci comunque... eh?- chiese scettica.
-Sottovaluti la mia capacità di razionalizzare.- sorrise fiducioso. Celia non si convinse, sarebbe stato più facile se lui stesso non l'avesse messa al corrente del suo stato emotivo e se le sue doti attoriali non fossero state così altalenanti.
-Beh... suppongo che trattenerti contro la tua volontà sarebbe sequestro di persona... lo è?-
-Lo è.-
-Lo è, amore!- confermò Arthur, allegro. Harold starnutì... forse era diventato allergico alle coppie.
-Ok... ma se dovesse presentarsi qualunque problema, fatti consigliare e non esitare a tornare sui tuoi passi.- gli disse severa.
-Potrai controllare il mio stato quando vorrai, del resto continuerò a farti da baby sitter per un po'...-
-Bravo fratellino, ma... quand'è che torni a studiare? Devi sbrigarti...-
-Posso farlo anche mentre bado a Riff, non è un grosso problema.- la rassicurò.
-Tesoro, potresti lasciarci soli?- chiese Celia al marito facendo prudere il naso del fratello.
“Dai, non posso essere allergico anche a questo, ora!”
Arthur si avviò verso la porta non proprio dispiaciuto. -Comunque...- si fermò un attimo. -Se ci fosse qualche problema, potremo ospitarti di nuovo.- sorrise. Harold si sentì un po' in imbarazzo, in fondo era un uomo molto gentile, si era sbagliato ad essere così diffidente e paranoico nei suoi confronti. -Sei praticamente un figlio, ormai.- Celia sgranò gli occhi castani colmi d'orrore e raggiunse l'uomo.
-Perchè?!-
-Beh... lui e tuo padre non vanno d'amore e d'accordo così ho pensato...-
-Ha ventidue anni, non dodici! Non è granchè per un ventiduenne sentirsi trattato come un bambino e sei troppo giovane per essere una figura paterna!-
-Ah... 'Lia, non ho proprio idea di come gestirlo un ragazzino problematico...- sospirò rassegnato l'uomo.
-Pff... E' una fortuna che abbiate ancora tempo prima che Riff diventi adolescente.- disse Harold ridendo con le lacrime. Era inutile, la cucina era troppo piccola per parlare in privato. -S-scusate... il mio umore è un po' strano ultimamente...- balbettò ridendo e piangendo. -Non c'entrano gli ormoni della gravidanza, finitela con questa battuta!- li guardò male preventivamente.
-Non avevo ancora detto niente... perchè fa così?- sospirò Arthur.
-E'... timido...- gli disse Celia.
-...Timido?-
-Non sono timido!-
-Beh, le persone timide non sono sempre tenerelle...-
-Oh, lo so bene.- Le sorrise Arthur. Celia si sentì un po' troppo osservata.
Una volta andato Arthur, passò un bicchiere d'acqua al ragazzo per quietarlo un po'.
-Non mi veniva da piangere.- cercò di controllare il respiro mentre la donna lo osservava con sospetto. -Non capisco cosa mi sia successo.- forse non dandogli importanza sarebbe apparso meno strano, del resto poteva capitare di ridere e piangere incontrollabilmente.
-Somigli un po' alla mamma, sai.-
-La mamma non ha mai pianto...- obbiettò Harold, Celia si limitò a sorridergli dolcemente. Poi guardando Kunoichi rimasta ad osservarli disse:
-Non prenderà bene che tu voglia lasciarla qui, anche se temporaneamente.-  Harold guardò preoccupato la gatta. -Potresti portartela...- gli suggerì -Il toxoplasma lo potrebbe prendere mangiando carne cruda e infetta mentre Kunoichi non caccia da anni...-
-Mi ha portato un uccellino morto solo ieri. Non posso sapere se mangiucchia animaletti, se si limita a ucciderli per gioco o a regalarmeli...-
-Ah... forse dovremmo farle fare dei controlli... Ma per essere contagiata da Kunoichi, Leshawna dovrebbe perlomeno entrare in contatto con le sue feci, basta che sia tu ad occuparti della lettiera.-
-Beh, dubito che Leshawna muoia dalla voglia di pulirla... ma, non so...- sospirò Harold accovacciandosi di fronte Kunoichi. -Ehi, Kunoichi... non mi farai come Argo, vero?- chiese Harold carezzandole la testa.
-A Leshawna restano sei mesi di gravidanza, mentre Ulisse rimase per mare decenni... Non è un paragone appropriato, rilassati... Kunoichi è più in salute di me a momenti- gli pose una mano sulla spalla.

Il tragitto in macchina si stava rivelando più naturale del previsto, ma forse, la causa era che Harold si sentiva male. Era tutto molto più facile se era vulnerabile. Leshawna si sentì un po' in colpa a fare quella considerazione.
Cominciava a fare freddo e non sapeva se poteva effettivamente aiutarlo con la nausea, anche se ne era convinto, ma... -Puoi aprire il finestrino.- gli disse. Vide nello specchietto che il ragazzo chinò leggermente il capo per ringraziare. -E' la mia impressione o il tuo mal d'auto sta peggiorando?-
-Non ci sono più abituato, sono settimane che riesco a evitare queste scatole infernali...- si giustificò. -Te lo avevo detto che potevo venire in bici, non c'era bisogno che mi venissi a prendere...-
-Uhm...- l'idea di una persona maldestra come Harold in bici in mezzo alle macchine non le piaceva affatto... ma era anche vero che lei stessa aveva dei brutti trascorsi con le bici quindi guardava la situazione con più apprensione.
Non aveva mai voluto una bici, la prima che aveva provato l'aveva rubata a dieci anni da un idiota che infastidiva sua cugina. Dopo diverse cadute si era vendicata sulla bicicletta, buttandola giù da una scarpata.
Il secondo incontro ravvicinato con la temibile bicicletta era stato quando una fulva squilibrata con cui andava a scuola le aveva offerto un passaggio sul mezzo... a scuola non erano mai arrivate. La pazzoide le aveva fatte sfrecciare fra le macchine in contro senso. Non contenta, Izzy, si era diretta fuori dalla città ed aveva cominciato a fare slalom fra gli alberi di un boschetto, alla fine si erano impantanate in una palude. Probabilmente una delle ore peggiori della giovane vita di Leshawna. “La palude c'era... mi chiedo cosa mi ha trattenuta dall'ucciderla e nascondere in corpo...” scherzi a parte, era stata troppo traumatizzata per infuriarsi con Izzy in quella situazione. -E' normale che alle donne incinta venga spesso in mente l'omicidio?- chiese a voce alta. Harold la guardò con sospetto.
-Aspetta almeno che ti abbia vomitato in macchina prima di fantasticare di uccidermi.-
-In realtà sei forse l'unico che può dirsi al sicuro dalle mie fantasie omicide, sai?- scherzò Leshawna.
-Oh... grazie, credo?- mormorò Harold. -Strano, ricordo diverse tue minacce alle superiori...- disse quasi con nostalgia, forse la nausea lo rendeva davvero poco lucido.
-Erano perchè mi mettevi un po' in imbarazzo alle volte...-
-Il o la fortunata delle tue fantasie omicide, comunque?- chiede incuriosito.
-Izzy...-
-Pff...-
-Cosa c'è di divertente?-
-E' che eravate inseparabili... certo che attrai persone strane...- Leshawna si chiedeva se si stesse riferendo anche a se stesso. -Sì... mi sembrava abbastanza attratta da te nonostante il tuo mal sopportarla...-
-Ti senti meglio?-
-Più o meno...-
-Senti... non sono affari miei ma è passata dal tuo appartamento una poliziotta...-
-La tua spasimante? Non ci provare, era li per tue notizie, io non ho fatto nulla...- rise debolmente.
-Ah... neanche il fattore gravidanza e fuga la scoraggiano?- sospirò -Ma è passato anche un vecchio sospetto... non puzzava ma aveva un'aria disordinata e agitata, credo fosse un drogato e voleva entrare per forza... ma tranquillo, l'ho messo in fuga.- disse contenta del suo operato.
-Ah...- Harold ci mise un po' per ricollegare. -Non è un drogato... almeno che io sappia... era solo agitato perchè non capiva chi fossi e perchè ti trovassi là. Sì, mi ha raccontato che l'hai minacciato con una pistola. È una fortuna che abbia deciso di chiamare me prima che la polizia.- disse quasi allegro mentre l'immagine  della ragazza nello specchietto appariva confusa. -Giusto, era mio padre...-
-Doveva  comparire proprio ora?!- esclamò imbarazzata. -Poteva spiegarsi invece di fare il sospetto... comunque quanti anni ha?-
Harold ci pensò -Fra i sessantotto e settanta credo... ha una decina di anni più di mia madre... Dal mio punto di vista sono i tuoi genitori ad essere particolarmente giovani... tua madre... aveva la tua età se non sbaglio, quando sei nata...- era ovvio, ma Leshawna si sentì un po' a disaggio. -La pistola era finta, vero?- chiese Harold con apparente leggerezza.
-...Tranquillo, la restituirò a mio padre al più presto.- rispose con naturalezza.
Harold si tenette la testa -Potresti cercare un posto dove fermarti? Ho... bisogno d'aria...-

Fortunatamente la strada non era affollata. Harold si accovacciò rivolto a un cespuglio mezzo secco.
-Devi rovesciare?- chiese Leshawna raccogliendogli preventivamente i capelli. Harold mosse la testa come avesse avvertito una scossa. Fortunatamente la ragazza non stava stringendo, così i filamenti rossi le sfuggirono con facilità dalle dita.
-Sembra di no, ma grazie...- rispose senza guardarla.
-Sono più corti...- riflettè ad alta voce.
-Abbastanza...- disse voltandosi, evitando movimenti bruschi. -Prima mi arrivavano diversi centimetri sotto le spalle...- in quel momento le toccavano appena. -Non hai molta attenzione per i dettagli.- sorrise leggermente.
-Beh... li avrai accorciati mentre ero via quindi, non vedendoti per diverso tempo non ho fatto caso al cambiamento.-
-Non hai neanche pensato che quel vecchio catorcio era mio.- disse indicandole l'auto. -In realtà devo ringraziarti per averlo rubato. Mi hai dato una scusa per non usare più la macchina... è stato bello finchè è durato...-
-Eh... le chiavi le avevo sempre io, guidavo quasi sempre io, quindi... N-non intendevo rubarti l'auto è che non ho proprio riflettuto sul fatto che fosse tua... del resto non ho riflettuto molto quel giorno...- disse imbarazzata. -Per quello che vale, mi spiace per tutto...- sospirò.
Harold stava studiando la sua espressione. -Ti spiace per come mi hai lasciato o anche per...- mormorò -Niente. Mi sono ripreso... Andiamo?- si alzò e si diresse alla macchina.

Prima di entrare nel condominio, Harold, rimase qualche momento col braccio appoggiato al muro e la testa sopra di esso, aveva barcollato un po' uscito dalla macchina.
-Forse sei tu a dover fare qualche controllo... mi sembri meno in forma del solito...- gli disse avvicinando una mano.
Harold voltò leggermente la testa verso di lei -Non è che di norma io sia...- sospirò e non continuò.
-Non ho problemi col fatto che tu sia debole.- disse diretta.
Harold le sorrise debolmente. Non le piaceva che lo vedesse in quel modo... del resto, chi vorrebbe essere considerato debole? Alcune persone avrebbero odiato anche solo il fatto di essere guardati in un momento di debolezza... “Ma per me... è confortante sapere di avere qualcuno vicino quando sei in difficoltà... anche se non fa nulla... anche se è solo una presenza... Io... voglio che rimanga vicino a me... L-lo voglio?” arrossì e tornò a guardare al muro.
-Harold? Ehi... non è che ti è venuta pure la febbre ora?-
Il ragazzo strinse le labbra infastidito. Guardò verso il basso. -Che fai qua? Non è un po' tardi per essere ancora in giro? Beh, spero che tu abbia compiuto il tuo obbiettivo...-
-Stai... stai anche delirando?- seguendo lo sguardo del ragazzo vide che stava parlando ad una farfalla bianca che si muoveva appena. “E' un insetto... non un cagnolino... perchè ci parli?” Forse per lui non era così differente, effettivamente Harold aveva avuto diversi insetti come animali domestici... delle formiche rosse, qualche mantide, una lumachina che secondo lui le somigliava e che non avrebbe voluto fosse chiamata insetto... una volta si era messo ad allevare bruchi per poi liberarli quando diventavano farfalle. L'ultima volta era andata male e da qualche bozzolo erano uscite delle vespe che avevano parassitato i bruchi e si erano nutrite dei poveracci mentre stavano dentro il bozzolo. Ci rimase davvero male, ma si riprese dopo qualche giorno.

“Alla fine le vespe non sono cattive... lo fanno per sopravvivere... beh, neanche quei poveri bruchi lo erano...” le aveva detto. “Però sono contento per Derzio, anche se era diventato una crisalide da poco, si muoveva molto poco rispetto ai fratelli... temevo che non sarebbe riuscito a terminare la metamorfosi o sarebbe uscito inadatto alla sopravvivenza, invece ne è uscita davvero una splendida farfalla...” Leshawna non sapeva neanche che le crisalidi si potessero muovere, invece quando Harold le aveva posizionate si erano messe a “scodinzolare” come dannate.

-Ti porto in un bel posto...- disse mentre raccoglieva con attenzione la farfalla. Leshawna lo guardò interrogativa. -Voglio metterlo in un vaso... del terriccio con le piante mi sembra un luogo piacevole dove trascorrere gli ultimi momenti per un insetto...- Leshawna rimaneva sempre un po' perplessa per i ragionamenti sentimentali di Harold, avevano sempre cozzato con l'essere un genietto fissato con scienza e matematica dal suo punto di vista.
In ascensore il ragazzo riprese a parlare -Giusto... stai lontana dagli escrementi dei gatti randagi...-
-Eh?-
-Uhm... forse sarebbe meglio che stessi lontana dai randagi in generale...-
-Cosa farei senza di te! Starei già a collezionare cacche e accarezzare cani con la rabbia e tante malattie!- rispose infastidita.
-...Mi spiace.- disse e tornò con l'attenzione alle proprie mani messe a coppa per la farfalla. -In alcune culture le farfalle vengono viste come spiriti... cosa ne pensavano quando morivano o venivano uccise? È così facile uccidere uno spirito? Gli spiriti muoiono?- riflettè di punto in bianco.
-Beh, gli antichi non sono mai stati molto razionali.- la ragazza sorrise bonariamente. -Anche tu non sei così razionale a volte... con tutte le tue credenze varie.-
-No...- disse Harold davanti la porta di casa. -Non c'è niente al di fuori della materia... il corpo umano è solo una macchina e le sensazioni sono frutto di reazioni chimiche...- disse vuoto. Conosceva la biologia anche prima, ma in quel momento, sentire il proprio cervello come difettoso rendeva quella realtà esclusivamente fisica più tangibile. “Siamo il nostro cervello... se viene danneggiato anche la personalità della persona può cambiare, non si scappa... se il cervello muore la persona muore, non esiste l'anima. Nulla si crea e nulla si distrugge? Certo... infatti il nostro materiale organico si decomporrà e andrà a fare parte di altri organismi e della terra, ma noi come entità... cessiamo di esistere...” il pavimentò sembrava tremare, ma osservando Leshawna capì che non tremava davvero, il suo corpo gli stava giocando un brutto scherzo di nuovo... a volte poteva percepire il sangue scorrere su e giù per le gambe, il corpo pulsare... quando si manifestava, questa nuova ipersensibilità gli dava l'impressione che tutto intorno a lui tremasse, la situazione peggiorava quando era a letto...
“Non è colpa tua... sono io così debole da essermi lasciato danneggiare, ma mi riprenderò vedrai...” pensò come se stesse sfidando qualcuno, non sapeva neanche lui chi. Lei lo studiava silenziosamente.
Era dispiaciuta... non era mai stata credente, li prendeva anche in giro, tanto per... senza cattiveria... prendeva bonariamente in giro pure Harold, con tutte le sue idee spirituali anche se indipendenti da una vera e propria religione. Ma... gli dispiaceva sentirlo parlare in quel modo... non ci credeva lei, ma gli faceva piacere che almeno lui potesse credere a qualcosa e si mettesse a punzecchiarla quando non era rispettosa verso qualche credo.  
-Eh... apriresti la porta?- chiese Harold risvegliando entrambi dai propri pensieri. -Ho le mani occupate...-


Angolo dell'au...

Harold: Prima le note; Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si... Dunque:
-Ad essere canticchiata è la canzone “Centro di gravità permanente” di Battiato.
-Il toxoplasma gondii è un microrganismo che causa la toxoplasmosi. In un soggetto sano, solitamente non si manifestano i sintomi o si manifestano come semplici sintomi influenzali. Ma è pericolosa per soggetti debilitati e donne incinta potendo causare; aborto, morte del feto, malformazioni e lesioni cerebrali. Nonostante abbia procurato una brutta fama ai gatti, le probabilità che l'infezione venga trasmessa tramite gli escrementi di un gatto domestico è bassa.
-L'autrice precisa che è agnostica, neutra sia sui credenti che sugli atei. La penultima parte è concentrata sulle percezioni di una persona con l'umore depresso non devono essere prese come un giudizio contrario alla spiritualità o qualcosa del genere. In realtà anche una persona tranquillissima può pensare in modo materialista, non c'è nulla di male, l'importante è non imporre il proprio pensiero agli altri e... l'acqua è bagnata. Ma... è una precisazione necessaria?
Anown: Non ne ho davvero la minima idea... ma per sicurezza, sempre meglio mettere le mani avanti.

Angolo dell'autrice:

Descrivere stati d'animo irrazionali è difficile... spero non risulti tutto troppo strano, confuso e/o noioso.
Come al solito, vi ringrazio per essere arrivati fin qui, spero che la storia vi stia piacendo.
A presto!

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Capitolo 4
*** Giorno uno ***


Harold  posò la farfalla moribonda  dentro un vasetto di medie dimensioni. Le mise vicino qualche fiore appassito, ciò che rimaneva della povera aster.
-Morta sola, io non c'entro.- si discolpò Leshawna.
La vittima era una pianta erbacea dai fiori blu tendenti all'indaco, simili alle margherite ma con petali più sottili e numerosi. L'imputata era accusata di... non lo sapeva nessuno dei due e il ragazzo non l'aveva accusata esplicitamente, ma l'aveva guardata di traverso dalla scoperta della piantina passata a vita migliore.
-Molto sospetto... planticida...-
-Ma per favore! È sopravvissuta a Kunoichi che cercava di mangiarla. Per ammazzarla,cosa avrei dovuto fare? Forse non stava bene nel vaso o... forse è che non sei stato a casa per settimane e la pianta è rimasta senza l'acqua per troppo tempo...-
-Sono tornato ogni tanto per occuparmene... oltre che per controllare che nessun senza tetto avesse approfittato della mia assenza, visto ciò che è successo ai vicini... tu invece, l'hai annaffiata?-
-E' una domanda trabocchetto?- era abbastanza soddisfatta di averlo scoperto. -Se rispondo di si, l'ho annegata, se dico di no l'ho fatta morire di sete...-
-Ok, lascia stare, caso archiviato...- rispose svogliatamente, era insolito che mollasse l'osso con tanta facilità.
Il ragazzo guardò il vaso con malinconia, la farfalla aveva ormai smesso di muoversi. Leshawna lo osservò mentre cercava di mettere in piedi uno dei fiori. Forse doveva essere una specie di piccolo monumento funebre. -Forse... sarebbe carino se prendessi un'altra piantina da mettere nella stessa terra, una sorta di riciclo di materia organica...- commentò a voce alta e si allontanò dalla ragazza con fare nervoso.
A lei venne il dubbio che il motivo di quella che le era parsa ostilità non fosse la defunta aster. Ma considerando la situazione, a comportarsi in modo strano era lei, magari.
-Vuoi che ti aiuti con i bagagli?-
-No, faccio da solo. E... potresti smetterla di starmi addosso, per favore? Anche prima mentre sistemavo il vaso... mi sei stata attorno tutto il tempo fissando... come se ti aspettassi di sbloccare qualche evento...- disse come stesse parlando di un videogioco. -Se devi dirmi qualcosa potresti sbrigarti? Ho sempre apprezzato il tuo essere schietta...-
-Ah, scusa... è solo che sono un po' stanca quindi, vedimi un po' come uno zombie che vaga vicino al primo cervello che ha a disposizione.-
Harold la guardò sospettoso -Ok... effettivamente, hai delle belle occhiaie...- commentò distogliendo lo sguardo, sembrava non poter mantenere a lungo il contatto visivo. Poi sparì nella camera da letto/soggiorno. Con il bagno, l'appartamento era di tre stanze.

Il ragazzo non riemergeva da un po' così Leshawna andò a controllare e lo trovò seduto sul divano-letto dal lato del muro con un volume in mano, nell'altra una matita che faceva ruotare nervosamente e sulle ginocchia vari fogli in disordine. Alzò brevemente lo guardo verso di lei, poi tornò a sottolineare.
Una vista fastidiosa per Leshawna. Era stupido, ma vederlo studiare la bloccava, si sentiva in difetto. In teoria era ancora iscritta in sociologia e, nonostante di facciata avesse rinunciato, si era portata i libri dietro... libri che non era riuscita a tenere aperti per più di qualche minuto per poi buttarli a terra frustrata visto che non riusciva a concentrarsi.
Non riusciva a studiare, ma non era riuscita neanche a cercarsi un lavoro mentre era... in quella condizione... ed Harold a causa dei suoi episodi di svenimenti e vertigini sempre più comuni aveva perso il part-time... “Chissà se la situazione si è sistema mentre ero via...” ma non si sentiva a proprio agio a chiederglielo, almeno lui qualcosa di utile la stava facendo.
Poteva essere il momento peggiore per provare, esporsi ad un confronto era una pessima idea, ma decise di tirare fuori da sotto il divano uno dei suoi libri dell'università, quale fosse non era importante. Si sedette all'altra estremità del divano. “Ok, mettiamoci a lavoro...” deglutì.
-Posso aiutarti, se vuoi.- disse Harold incuriosito, spuntando vicino a lei come dal nulla.
-No! Non ho bisogno del tuo aiuto, pensa per te!- l'apparente aggressività non era voluta.
Harold sbuffò. -Senti, capita a tutti di avere dei periodi di blocco e più si rimane fermi, più ci si sente scoraggiati. Se in questa fase avessi bisogno di aiuto non ci sarebbe niente di male, quindi se cambiassi idea sei libera di chiedere...- disse diplomatico, ma Leshawna aveva i nervi a fior di pelle.
-Ho detto che non ho bisogno del tuo aiuto! Ti rendi conto che è ridicolo? Non vado più a scuola!-
-Stai reagendo in modo illogico...- sentenziò scoraggiato. Si alzò per spostarsi a studiare in cucina.
Guardò per un attimo fuori dalla finestra. “E' ancora là...” c'era una vecchia macchina verde acido che girovagava nei dintorni, era abbastanza sicuro che non appartenesse a nessuno del vicinato. “Magari sto diventando un po' paranoico... prima o poi riuscirò collezionare tutti i disturbi che un essere umano può avere, ci sarà un premio per me?” pensò sdrammatizzando, poi si sentì un po' in colpa. Avendo passato diverso tempo in ospedale da bambino, sapeva che le cose potevano andare molto peggio.

Nonostante le avesse detto che non voleva che gli stesse addosso, non vedendola più uscire dalla camera sentì il bisogno di andare a controllare come stava.
Il libro era a terra e Leshawna era distesa, Harold andò ad assicurasi della situazione inquieto. Stava dormendo, che si aspettava? Tirò comunque un sospiro di sollievo. Poi allontanò istintivamente gli occhi dalla ragazza. Da quando erano entrati cercava di mirarla il meno possibile e, se proprio doveva, guardare nella sua direzione senza concentrarsi sulla sua immagine.
“Carina... sembra un orso addormentato...” -Leshawna? Leshawna...- provò a chiamarla, la ragazza ringhiò letteralmente. Harold incurante rimase al suo posto pur allontanando lo sguardo di nuovo.
“Che razza di nodi... ma è andata in giro così?” si chiese notando alcune masse sulla sua testa... i suoi capelli non erano uniformi. Alcuni erano un po' più lisci anche se spessi, altri erano incontrollabilmente crespi e arricciati. Con l'umidità diventavano tutti così, ma lei non li sopportava. Dovevano essere un casino da gestire...
Harold provò a vedere se era possibile sciogliere i nodi, lei emise un ringhio nuovamente “Glieli farò notare una volta svegliata...” -Leshawna? Devi restare sveglia e aspettare che sia sera per dormire, se vuoi rimettere in ordine il tuo ciclo sonno-veglia.- lei aprì gli occhi per un attimo, ma gli morse la mano. -...Ahi.- disse in ritardo, più per la sorpresa che per altro. Leshawna mollò la presa e si rimise a dormire. -Non scherzavi quando mi dicevi di vederti come uno zombie...- commentò mentre si strofinava la mano sulla maglietta.
-Non... ho le mani... abbastanza forti, devo contare sui denti...- disse Leshawna più addormentata che sveglia.
-Ah si? A me sembra che tu abbia molta forza, invece.- commentò abbozzando involontariamente un sorriso.
-Oh... giusto... ma quando ero piccola, non ne avevo molta...- confessò continuando a non dare prove di lucidità. -Una volta ho dovuto mordere al collo uno di sedici anni che infastidiva una mia amica di undici... l'ho morso così forte da fargli perdere i sensi...- rise brevemente. -In realtà... è stata una tragedia... credevo di averlo ucciso... non che me ne pentissi, ma... non mi andava di andare in prigione a neanche dodici anni...-
-Forse gli hai provocato una contrazione nei muscoli che ha bloccato momentaneamente il flusso di sangue dalla carotide.- ipotizzò Harold.
-Tu non sembri molto forte... se qualcuno ti attacca... ricorda di saltargli al collo e morderlo...-
-Come un cane?- sorrise nuovamente non prendendola molto sul serio.
-Esatto, un cane... i cani sono ottimi esempi... non voglio che ti succeda qualcosa, quindi ricordatene...-
-Grazie... lo farò.- magari era strano che si sentisse felice della preoccupazione della ragazza nonostante il modo in cui fosse esposta. “Deve avere il sonno davvero scombinato...” era abituato a sentire Leshawna parlare in modo strano. A volte la trovava brutale, ma così era cresciuta, non l'aveva mai turbato in modo spiacevole, al contrario... “Ok, potrebbe essere problematico...” Istintivamente le posò la mano sulla testa, poi la ritirò come si fosse punto.
Decise di farsi due passi per schiarirsi le idee.

Uscendo trovò la vecchia macchina verde acido. Ora che l'aveva davanti la riconosceva, ma il conducente non l'aveva ancora notato.
-Signor Gardner, è qui per spiare sua figlia?- chiese infastidito. L'uomo inizialmente ebbe un sussulto, poi lo guardò arcigno.
Il padre di Leshawna non era imponente da alzato. Era piuttosto piccolo per un uomo, ma aveva delle spalle ampie e un espressione poco amichevole, a volte di presa in giro, perlomeno quando lo sguardo era rivolto ad Harold.

Fra Russel Gardner e Harold McGrady il rapporto non era cominciato nel migliore dei modi.
Quando, alla terza volta che Leshawna si portava dietro il ragazzo, Russel si era finalmente degnato di notarlo, la figlia glielo aveva presentato come suo ragazzo. La reazione dell'uomo fu quanto meno bizzarra... piuttosto maleducata anche.
-Ah, ho capito.- affermazione che niente di buono lasciava presagire. -Sei lesbica e non hai il coraggio di presentarmi la tua fidanzata, così hai deciso di mettermi alla prova presentandomi 'sto coso.- disse sotto gli occhi sgranati di Harold. L'uomo gli diede un'energica pacca sulla schiena con fare allegro. -Mi spiace che ti sia dovuto prestare al gioco.- gli disse Russel. Leshawna si mise a ridere, prima di spiegargli effettivamente che non era uno scherzo.
Forse non era un buon segno per l'inizio di una relazione...
Anche la madre del ragazzo, non aveva avuto un approccio molto normale.
Era rimasta tranquilla ad osservare con attenzione la situazione le prime volte, del resto la signora Agnes non era tipo da giudicare così su due piedi... ma un giorno si era avvicinata ai due dicendo: -Tu sei aggressiva e hai evidentemente dei pessimi freni inibitori.- si era rivolta a Leshawna in tono neutrale. Non era sua figlia quindi voleva essere una semplice constatazione. -Mentre tu, provi una preoccupante attrazione verso chi è aggressivo e potenzialmente pericoloso oltre ad avere una bussola morale non sempre affidabile.- disse più critica rivolgendosi al figlio minore. -Siete una combinazione potenzialmente problematica.- concluse -Non voglio dirvi come agire, ma mi sembrava giusto darvi la mia opinione.- scosse le spalle e dopo averli salutati pacificamente se andò.
Leshawna, fu talmente presa alla sprovvista da non riuscire a rispondere prima che la donna se ne fosse andata.
-Non ti odia, ha solo cercato di dare un giudizio e mia madre pensa sempre a sottolineare tutto ciò che le sembra potenzialmente negativo in modo... beh, negativo...- Leshawna l'aveva guardato malissimo, forse come lui c'era rimasto male per il fatto che la ragazza avesse riso quando il padre lo aveva ridicolizzato, lei non aveva preso bene che lui non avesse nulla da dire in contrario a ciò che aveva detto la madre.
Almeno dopo quell'episodio la donna era sempre stata abbastanza disposta a conoscere meglio la ragazza... Era anche troppo curiosa per certi aspetti... Russel invece aveva continuato a dimostrare che l'avrebbe presa meglio se Leshawna gli avesse presentato una ragazza al posto di Harold.
Stranamente, o forse no, i loro genitori sembravano andare particolarmente d'accordo. Non fosse stato per la differenza di età fra i due, Harold si sarebbe preoccupato un po'.
Almeno a Lupe, la madre della ragazza, Harold sembrava ispirare simpatia, per quanto desse l'impressione di non prenderlo sul serio.

-Vuole salire per vederla?- chiese Harold più gentilmente.
-Non c'è bisogno. Quando vorrà vedermi, verrà di sua spontanea volontà. Sono più che sicuro del suo spirito di sopravvivenza, volevo solo assicurarmi che fosse qui come pensavo.-
-E il fatto che si sia appostato nei d'intorni con un binocolo non è affatto inquietante... potrebbe essere scambiato per un maniaco...-
-Non devi dirmi tu come comportarmi, ragazzino. Se si lamenta qualcuno spiegherò la situazione.- affermò sicuro di sé.
-Perchè i padri che conoscono sono tutti così strani?- si chiese fra sé e sé, Harold. “Il mio non sarà una brutta persona, per quello che so di lui, ma era molto negligente. Quello di Gwen, dopo il secondo figlio è andato a prendere le sigarette e non è tornato più. Il padre di Duncan sembrerebbe normale ma era talmente severo e freddo col figlio da ottenere il contrario di quello che avrebbe voluto che diventasse. I genitori di Heather non la considerano... forse Arthur è normale ma aspetto che Riff cresca per esserne sicuro... ed io? Io che cosa devo fare? ...Come mi dovrò comportare?”
-Non ne hai uno, che ne sai di padri, tu?- ribattè Russel -E guarda che Agnes è parecchio strana...- gli fece notare improvvisamente allegro. La cosa, aggiunta al fatto che si riferisse a sua madre per nome dava ad Harold vibrazioni negative. -Sempre a sghignazzare malefica mentre parla delle disgrazie altrui.-
“Perchè il tatto tuo invece...” -Eh, no... sghignazzare il più delle volte è un segnale di nervosismo.- “Forse anche per questo sembra così allegra nelle foto del suo matrimonio.” -Ogni volta che è preoccupata, triste o infastidita, ghigna.- “L'ho vista raramente manifestare tristezza in modo normale...”
-Rimane poco normale... a proposito, io ed Agnes ne abbiamo parlato. Se doveste decidere di sposarvi nuovamente non siamo interessati a partecipare a 'sta farsa, non so lei, ma io personalmente della vostra relazione instabile ne ho abbastanza...-
“Bello sapere che mia madre e suo padre confabulano alle nostre spalle...”
-Quasi avrei preferito sapere che non era tornata da te...-
“Non stiamo più insieme se può consolarla...” ma si trattenne dal dirglielo, non sapeva di cosa avesse paura, ma gli sembrava un'informazione che gli si poteva rivolgere contro. “Che tragga le conclusioni che vuole...”
-Capisco che la nostra relazione le sembri strana.- “Non ha funzionato infatti, forse lo nascondo solo perchè non voglio darle ragione? Non lo so...” -Ma le dispiacerebbe spiegarmi cos'ha contro di me?- gli disse con più trasporto di quello desiderato. -Non spaccio, non sono mai finito in prigione o in un riformatorio, non ho mai procurato ferite ad altre persone... perlomeno non di proposito, a volte sono stato un po' maldestro e... ok, altre mi sono dovuto difendere, ma insomma, non mi sembra di essere un pericolo o un poco di buono!-
-Proprio questo è il problema...- sospirò Russel infastidito. -Ok, dovrò essere crudele...- lo avvertì. -Vuoi?- chiese quasi beffardo al ragazzo. Harold rimase immobile ad aspettare, si pentì un po'.
-Sei patetico, appiccicoso ed emotivamente dipendente! Mia figlia è sempre stata molto libera. Per lei un carattere come il tuo è una disgrazia, ma non sei una cattiva persona, proprio per questo viene difficile scacciarti senza sentirsi in colpa, è un ricatto morale! Ora non è più questo il problema... beh, certo, l'hai messa incinta!- disse mostrando i denti minaccioso e aggrottando le fosche sopracciglia. -E poi... poi c'è quell'imbecille di mio zio, che non poteva limitarsi a schiattare normalmente, ma certo che no! L'ha allontanata dalla famiglia ancora di più col suo stupido matrimonio, la sua stupida eredità e la sua stupida putta-moglie!- alzò la voce l'uomo liberando la sua frustrazione. Harold rimaneva immobile, capo chino, viso imporporato e pugni chiusi. Un odioso pidocchio, era come dare contro ad un piccolo stupido cane che si limita a subire con la coda fra le gambe. Cos'era passato per la mente di Leshawna? La conosceva davvero sua figlia?
Il ragazzo rosso rimuginò su cosa rispondergli mentre l'uomo accendeva la macchina. Se se ne fosse andato e lui fosse rimasto muto ci avrebbe ripensato per tutto il resto del giorno, magari anche per quello dopo. Non poteva permetterselo... ma l'uomo stava già andato... Le gambe di Harold ebbero uno scatto, decise di assecondarle così raggiunse l'auto e ci saltò su appoggiandosi sul parabrezza. Russel frenò sorpreso, ma il ragazzo rimase in equilibrio posizionato con una raganella.
-Eh... prima vorrei dirle una cosa...- accennò il ragazzo. Russel azionò i tergicristalli facendo togliere dal vetro le mani del ragazzo, poi provò a fare altri passi con la macchina e frenare, ma Harold non sembrava fare una piega. -Eh... Lo sa cosa ho di positivo?- disse stranamente leggero in quell'assurda situazione.
-L'essere incurante della tua sopravvivenza può essere considerato come positivo?- ringhiò l'uomo.
Harold sorrise nervoso. -Il mio equilibrio... fa schifo! Ma proprio tanto... però se sono in una situazione di tensione o particolarmente concentrato diventa ott...- prima che potesse finire, l'uomo ripartì e frenò bruscamente. -Ok, ammetto che 'sta volta ho avuto paura...- disse Harold riuscendo a rimanere in equilibrio. -Vuole davvero farmi cadere... rischiare di investirmi per sbaglio?- Russel sembrò pensarci. -Uh... lo temevo.- il sentimento di pericolo lo rendeva particolarmente loquace anche con lui.
-Ciò che volevo dire è che io... magari sarò dipendente, appiccicoso quello che vuole lei, ma le assicuro che ho un lato positivo...- l'uomo sembrava molto poco interessato, Harold pensava che probabilmente volesse riprovare a buttarlo giù. -Sono comunque capace di stare per conto mio, ci sono abituato e sto anche bene così.- “Bugia... era così prima che Leshawna mi desse corda... ora... dovrei rimparare...” -Mi irrita che una persona possa starmi intorno per pena, se avessi mai avuto l'impressione che Leshawna l'avesse fatto, l'avrei mandata al diavolo.- disse frustrato “Non bugia... forse...” -Non è così che è andata e...- “...e se Leshawna ha sempre avuto dei moti di fuga dalla famiglia, si faccia due domande invece di incolpare me o il morto!” forse doveva ringraziare la gola secca e lo scemare dell'adrenalina. Magari non sarebbe sopravvissuto se glielo avesse detto in faccia. E non sapeva neanche molto di come funzionasse la famiglia di Leshawna, forse non era giusto che parlasse in quei termini? Stava diventando stranamente sensibile all'argomento familiare. “Lui invece dice peste e corna quando non sa niente! Davvero niente...”
-Forse... visti i moti di... indipendenza di Leshawna dalla famiglia... non potrebbe fare lei il primo passo e salire a vedere come st..?- la macchina ricominciò a camminare, questa volta non sembrava intenzionata a fermarsi così, Harold, per evitarsi una passeggiata fra le macchine si buttò cercando di limitare i danni prima che la macchina uscisse dalla zona del condominio.
-Com'è che non le piaccio quando sto zitto, ma neanche quando parlo?!- tentò di urlare Harold ancora a terra con la voce rauca a causa della saliva asciutta, poi tossì e si rimise in piedi.
Provava una curiosa combinazione di euforia e vergogna, un po' per la passata sensazione di pericolo, un po' perchè sentiva che si sarebbe pentito più tardi di ciò che aveva detto o fatto. L'imbarazzo a cui non era stato particolarmente sensibile in adolescenza, per vendicarsi di essere stato ignorato, aveva cominciato a fargli visita negli ultimi tempi per ficcare gli artigli in eventuali piaghe approfittando del periodo di debolezza. “Quando nascerà il bambino mi adatterò e tornerà tutto alla normalità.” era una speranza, ma la teneva stretta. All'improvviso cominciò a vedere male e cadde mentre tutto si muoveva sotto di lui. Intuì che le sue gambe dovevano aver ripreso a pulsare e fremere al di fuori del suo controllo.
Sospirò seccato, ormai era annoiato dalla situazione, e prese il telefono per chiamare Leshawna.
“Aspe'... perchè lo sto facendo? Voglio forse che trasporti fin dentro casa o cosa?!” chiuse la chiamata e sbuffò. “Però... sarebbe stato comodo...” si riposò qualche secondo, nel mentre che stava disteso sull'asfalto salutò pure una vicina di mezza età che lo ricambiò con un sorriso forzato e indietreggiando lentamente. Approfittando che fosse andata, scalciò un po', per riprendere il controllo degli arti inferiori. “Credo di aver dato abbastanza spettacolo per oggi...”

Leshawna si svegliò dopo cena.
-C'è dell'insalata di riso in frigo.- fece presente Harold seduto al tavolo mentre leggeva, questa volta per svago nonostante tenesse comunque una matita per sottolineare.
Leshawna scosse il capo con gli occhi semi aperti. -No, temo di dovermi rimettere a dormire per notte...-
-Ma da quant'è che non dormivi?- chiese Harold inquieto.
-Meh... ieri... avrò dormito tipo tre ore.- disse mostrando quattro dita, pessimo segno. -E anche l'altro ieri non avrò dormito di più... forse di meno...-
-E tu hai guidato in queste condizioni?- disse il ragazzo sgranando gli occhi.
-Ehi! Finchè il sole è alto sono comunque pienamente funzionante, infatti non ti sei accorto di niente!- affermò ritrovando le energie. -Il problema è il pomeriggio e non posso neanche bere il caffè.- disse guardandolo storto.
-A parte che il caffè andrebbe preso moderatamente in generale, rischieresti di vomitare, mi limito a sconsigliartelo. Non è una cosa che ho stabilito io, sono innocente.-
-Ah, già... allora incolperò lo spirito santo. Comunque... ti ho detto qualcosa di strano mentre... dormivo?-
Harold mostrò istintivamente la mano anche se non erano rimasti segni. -Ti sei limitata a mordermi, tranquilla.- non sapeva se avrebbe condiviso con lui volentieri l'aneddoto da sveglia quindi preferì fare finta che non gli avesse raccontato niente.
-Ah... deve essere la gravidanza...-
-Ti sei informata dai film dell'orrore con donne che partorisco l'anticristo o robe simili?- chiese lui divertito. -Non credo che il bambino necessiti di carne umana.-
-Non si dice di fare attenzione agli animali con dei cuccioli?- chiese infastidita. -Magari la maternità rende più aggressivi.- espose con una certa sicurezza la sua ipotesi.
-Uh...- ci riflettè ma non disse nulla in proposito, si ricordò invece di una cosa. -Tuo padre sa che sei qui comunque...-
-Come?!-
-Dava per scontato che... se non ti eri diretta a casa ed eri ancora in città, saresti tornata qui... e che io non avrei fatto una piega...-
-Ma che diamine!- esclamò infastidita e imbarazzata. -Sembrerò una barzelletta se pensano che sia fuggita per poi tornare da te!- vide il ragazzo osservarla perplesso -Ed... è proprio ciò che è successo! M-ma... non è proprio come pensano!- sbuffò -Comunque... non sono scappata da te, detta così suona male... ti voglio bene e mi fido di te solo... eh...- “Eh... perchè mi sono messa in questa situazione?” -Beh, ottima idea togliere il lato amoroso della faccenda! Sono sicura che ora andrà tutto meglio!-
-...Ok.- rispose Harold dopo un lungo silenzio, non gli andava di mettere in dubbio la natura della loro situazione dopo aver preso finalmente una decisione definitiva. -Comunque se mai dovessi considerare mia madre pazza, ricorda che non era lei che si aggirava in modo sospettosamente sospetto nei paraggi armata di binocolo...-
-Mai spacciato mio padre per normale...-
-E ha cercato di farmi cadere dalla macchina... forse anche di investirmi...-
-Cos...-
-Comunque ho sempre cercato di tenerti mia madre alla larga quando la vedevo troppo in vena di domande e osservazioni...- non era sicuro del perchè volesse parlarne, anche se i loro genitori avessero influito nel non far funzionare le cose, ormai era andata...
-Beh, anche io ho provato a tenerti alla larga mio padre quando mi sembrava rabbioso, ma stavamo parlando di...-
-E tuo padre potrebbe essere interessato a mia madre. Tua madre potrebbe ucciderli.-
La ragazza scoppiò a ridere. -E' troppo grande per lui e poi, per quando possa apparire diversamente è molto legato a mia madre... I nostri genitori sono due antisociali, è normale che si trovino bene insieme, tutto qui.-
Il ragazzo accennò ad un sorriso, parlarne a voce alta aveva già fatto sembrare il suo timore più stupido. Un po' sorpreso, un po' sollevato, pensò che complessivamente, nonostante tutto, era contento Leshawna fosse lì. “Beh, c'è l'ho voluta io...”
Il ragazzo si alzò. -Dove vai?-
-Sul divano sto più comodo.-
-No, aspetta ti ho detto che volevo dor...- disse seguendo il ragazzo nell'altra stanza. -Oh... merda è un divano-letto...- mormorò osservando Harold seduto.
-Che c'è? Sì, è un divano letto... questa è una stanza... all'interno di un'abitazione... io sono un essere umano seduto su... oh merda, è un divano letto!- realizzò -Non ci ho pensato, è l'unico posto per dormire... non c'è neanche un altro divano...-
Leshawna sospirò -Va beh, non sarà la fine del mondo.- rassegnata abbassò il letto incurante del ragazzo.
-Da Celia ho una brandina, potrei andare a...-
-Oh, e vuoi metterti a guidare? ...di notte? ...al buio?- come aveva previsto, il viso del ragazzo parve atterrito. Provava una bizzarra soddisfazione in quel momento...
-Posso usare la bici.- Leshawna afferrandolo lo costrinse a cadere sul letto.
-Dovrei bruciartela la bici!- sbuffò e gli mise una mano davanti gli occhi. -Fai il bravo e dormi.- Lo liberò dalla presa. Harold riprese a respirare, eppure  era certa di non avergli stretto il torace o bloccato le vie respiratorie, era un po' preoccupata.
-T-tu...- pronunciò Harold, arrossato, sedendosi a gambe incrociate mentre puliva con fare nervoso gli occhiali dalle ditate lasciate da lei. -Dì, la verità, odi l'ambiente e vuoi vederlo soccombere sotto i gas di scarico di quei mezzi infernali comunemente chiamati automobili!- si sfogò imbarazzato.
“Ok... forse la troppa vicinanza gli fa uno strano effetto...”
-E non è che perchè tu non sai starci sulla bici, allora io devo essere peggio di te. Non sei migliore in tutto dal punto di vista fisico.- continuò con quello strano nervosismo.
-No, ma trovo ridicolo che ti faccia tutti questi problemi per l'auto e poi non te ne faccia quando si tratta di un mezzo instabile e leggero come una bici.- disse infastidita. -Non dico se ti investe, ma già se ti tocca un auto mentre sei in bici voli e ti rompi tutto!-
-In macchina ci sto male e non riesco ad orientarmici...- sospirò, ma si arrese e tornò a leggere. -Non vi divertite tutti ad evidenziare quanto io sia una mina vagante? Ad una mina vagante faresti mai guidare un auto?-
-Spegni la luce quando hai finito o va di là, ancora meglio.- disse la ragazza coprendosi il capo con le coperte.
-Sto più comodo qua...- disse prendendo dall'armadio un cuscino da sistemare dietro la schiena. -Dormi v...- “Sì, è meglio che dorma con i vestita...” -No, niente...-  “Dovrebbe cambiarsi... in bagno? Dovrò anche io cambiarmi in bagno? Non avevo pensato a tutti questi problemi di spazi personali...” ripensò turbato al modo in cui l'aveva afferrato e bloccato, gli era sembrato di morire, gli sembrava di morire di nuovo. “Non sa cosa siano gli spazi personali... Non
 può trattarmi come una bambola solo perchè bla bla è forte e se lo può permettere!”sospirò buttando un occhio alla ragazza accanto a lui sotto le coperte. “Sarà una lunga nottata...”

Angolo dell'autrice:
Salve come va? Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Come avrete capito, storia è molto incentrata sull'aspetto slice of life in un certo senso, non essendoci trame fantasy, sci-fi o sparatorie di mezzo. Spero comunque di riuscire a mantenere il vostro interesse su questa storia credo un po' insolita e che sia una lettura piacevole. I vostri pareri sono come al solito ben accolti.
Avrei voluto aggiornare prima, ma non c'è una cosa che sia andata come doveva in questo 2020...
Spero di non aver fatto errori o altro.

Nota:
-Lupe si legge come si scrive, è un nome di origine spagnola (forma abbreviata di Guadalupe) Non so perchè ho voluto fare la madre di Leshawna afrolatina... mi ispirava così...

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Capitolo 5
*** Giorno due, artigli ***


Harold passò la notte in bianco. Inizialmente cercando di concentrarsi sul libro, poi spense la luce, ma non si quietò. Di tanto in tanto si alzava e girava in punta di piedi per la stanza sperando di convertire e sfogare l'agitazione mentale in lavoro fisico.
Si sedette accovacciato dal suo lato del letto e si girò irrequieto verso la donna, avvertendo che si stava gradualmente spostando verso di lui.
“Non avevo pensato neanche a questo...” sospirò. Leshawna aveva sempre avuto il vizio di invadere il suo lato mentre dormiva.
Consapevole che il suo nervosismo fosse eccessivo canticchiò il tema del film “Lo squalo” mentre l'avvertiva sempre più vicino per allentare la propria tensione ed esorcizzarla un po'. Ma sussultò quando si sentì tirare la maglietta.
Stava ancora dormendo, ma l'aveva afferrato... cercando di farle aprire la mano per farsi lasciare, ottenne solo di farsi prendere il polso. Prese un respiro, aveva imparato a correlare il gesto di afferrare e portare a sè le cose durante il sonno ad un particolare stato di nervosismo quindi provò ad accarezzarle la nocca per calmarla e farle allentare la presa.
Le toccò accidentalmente le dita e si rese conto che la carne dell'anulare che sarebbe dovuta essere protetta dall'unghia era quasi del tutto esposta, il mignolo era nella medesima condizione e nonostante l'indice avesse la parte superiore dell'unghia intatta anche se innaturalmente corta, non aveva più la radice. Forse aveva pigiato accidentalmente la carne a giudicare dal modo in cui Leshawna aveva ritirato la mano e dal verso lamentoso che aveva emesso. “Deve fare malissimo... come ha potuto mangiarle fino a quel punto?!” pensò con un po' di nausea, era preoccupato. “No... decisamente non posso lasciarla sola ad affrontare questa situazione...” si ripetè, paradossalmente pensarci attenuava il suo senso di malessere nell'essere toccato dalla donna.
“Certo, potevi rendermi le cose più facili... potevi evitare di abbandonarmi, se sei qua significa che non mi trovi così intollerabile, giusto? Se non volevi più la nostra relazione potevi comunicarmelo in maniera più ortodossa...” Ripensandoci, lei gli aveva detto nulla in proposito? Era stato lui ad ufficializzare che avevano rotto quando le aveva chiamato avvelenato dopo il mancato matrimonio. Per un attimo sudò freddo. “No... non avrebbe mai fatto una cosa come non presentarsi al matrimonio se non aveva intenzione di rompere... giusto?” sospirò. “Se così non fosse mi aspetto che abbia il coraggio di propormi di sposarla in ginocchio... ovviamente declinerei la proposta... in modo cortese, senza gongolare, sono un gentiluomo dopo tutto...” ci pensava tanto per, non credeva che gli avrebbe mai chiesto niente del genere.
“Io cosa provo nei suoi confronti?” si interrogò. “Al di la del malessere nel contatto non ne ho idea...” realizzò nervoso. Non riusciva a provare una cosciente rabbia o ostilità nei suoi confronti, ma non aveva neanche sentimenti positivi. Era in una di quelle fasi in cui non sentiva nulla... Nè per lei, né per l'eventualità che il bambino non fosse suo, per i suoi doveri di studente, quello che sarebbe venuto dopo. Sarebbe anche potuto morire in quel momento ma non provava nulla a riguardo, tutto contava niente... Per qualcuno abituato come lui ad essere emotivamente sovrastimolato quel silenzio mentale era desolante, ma tutto quello che poteva fare per non rimanere bloccato e deviare le sue preoccupazioni era cercare di adempiere ai propri doveri nell'attesa che la sua testa ricominciasse a funzionare. “Spero sia davvero solo un meccanismo di difesa temporaneo... Non è nemmeno un meccanismo efficace, se mi tocca crepo!”
Rimase seduto a gambe incrociate finchè l'orizzonte non divenne di un leggero rosa violaceo.
Notando la variazione nella luce, Harold aprì un occhio, poi l'altro.
“L'alba rimane bella...” pensò sollevato. “Ha dei colori più delicati e ben mescolati rispetto al tramonto... sì, il tramonto è decisamente sopravvalutato...” sorrise leggermente poi cambiò espressione. “A che diavolo sto pensando? Se è già l'alba significa che mi restano poche ore di sonno! Domani sarò praticamente uno zombie... E' già domani!”
-Sei davvero buffo quando pensi...- disse una voce assonnata. Prevedibilmente Harold sussultò vedendo quegli occhi di pece nera che lo osservavano. -Con tutte le espressioni che fai, sembri parlare con qualcuno...- gli disse stiracchiandosi.
-Ciao...- le sorrise. “Si è addormentata molto presto, ieri ha anche dormito il pomeriggio... era prevedibile che si svegliasse molto prima del solito! Grazie, potrò dormire quattro o cinque ore in pace senza svegliarmi ad orari eccessivamente indecenti!”
-Ah, finalmente ho dormito bene...- disse Leshawna abbastanza soddisfatta, Harold non potè fare a meno di osservarla con un misto di stanchezza e invidia.
-Strano... mi sembravi arrabbiata...-
-Se ho sognato qualcosa che mi ha fatto arrabbiare non me ne ricordo... Ma... tu non sei rimasto sveglio a causa mia... vero?- disse sospettosa.
-Ma certo che no...-
-Ok e... come pensavi di prendere sonno seduto in quella specie di posizione da meditazione?- chiese scettica. Rendendosi conto di aver mantenuto le gambe incrociate, Harold si stese e si mise sotto le coperte.
-Riesco... ad addormentarmi nelle posizioni più improbabili...- si giustificò debolmente dandole le spalle. -Cambiati in bagno.- le disse preventivamente.
-C-ci avevo già pensato!-

Fu un brutto risveglio. Il ragazzo disorientato, senza occhiali non riusciva a capire dove si trovava e poi c'era quell'odore... non era il suo, qualcun altro aveva dormito lì.
-Leshawna?- chiese senza capire il perchè, poi si ricordò della situazione e si sentì molto stupido.
-Sì? Stai bene? Perchè mi hai chiamato in quel modo?- domandò un po' preoccupata e perplessa.
-E... N-niente...- balbettò imbarazzato guardando verso la figura sfocata alla porta. -Sai dove ho posato gli occhiali?-
Leshawna sospirò, sentì i passi che si avvicinavano. -Tieni... erano sul mio comodino...-
Si rese conto di essersi spostato nel sonno dal lato della ragazza. -Ecco perchè il tuo odore...- “Mi sono procurato da solo uno stato d'ansia inutile con poco... non sta andando molto bene...”
-Guarda che sono pulitissima.- disse infastidita.
-Era in senso neutro, ho detto odore, non puzza... Hai la spazzola incastrata fra i capelli?-
-Ah, ma sai che non me ne ero proprio accorta!- disse sarcastica. -Ci penserò quando dovrò uscire...-

-Ho parlato con mio padre e mi sono fatta spiegare meglio cosa è successo ieri...- gli disse in cucina poco più tardi. -Come ti è saltato in mente di saltargli sopra la macchina?! Volevi ammazzarti o cosa?!-
-Posso assicurarti di non avere istinti suicidi... solo non ero molto in me in quel momento... e-ed era ancora nell'area condominiale, non era veloce e non c'era nessun altro, non abbiamo corso grossi rischi... Comunque, ti ha detto di cosa abbiamo parlato?- chiese nervoso.
-Non è stato preciso, saranno state cazzate...- gli lasciò il tempo di dirle qualcosa, ma il ragazzo non lo colse. -Mi ha solo detto che prima hai fatto scena muta, poi hai ribattuto come una femminuccia triste e confusa che prova a giustificarsi. Paragone suo, eh. Mi dissocio!-
-Fammi indovinare, non ha detto proprio femminuccia... Finocchio? Frocio?-
-Eh, vedi che lo conosci?- disse un po' a disagio. -Comunque, la prossima volta che ti senti arrabbiato per qualcosa che ti dice, cerca di rispondergli normalmente...- sospirò. -Invece di aspettare l'ultimo momento per saltargli sull'auto e dirgli cose confuse...- riflettè.
-Non sono io ad essere confuso, semmai è lui che non capisce!- rispose infastidito. -Possibile che se non gli dai dello stronzo e non cerchi di aggredirlo verbalmente non capisca?-
Leshawna gli sorrise leggermente. -Tess... eh... Tessa?-
-E chi è ora questa Tessa?- chiese sospettoso. -'ho già un nome femminile...-
-N-niente lascia perdere...- “Si chiama Harold, non è più il mio fidanzato quindi devo chiamarlo per nome!” -Volevo solo dire che le discussioni con mio padre non sono politica estera! Non c'è bisogno che cerchi di fare il diplomatico e non offenderlo come se ti aspettassi una dichiarazione di guerra e dei dazi. Puoi adeguarti al suo tono. Se è educato, sì educato. Se ti insulta, insultalo. Se ti critica, criticalo. È facilissimo, no?-
-Ti sbagli, le discussioni all'interno di una famiglia sono delicate come la politica estera!- precisò serio. -Per ora non siamo economicamente autonomi e in generale è probabile che ci ritroveremo a doverci appoggiare ai nostri genitori per gestire un bambino e se viene lasciato ai tuoi, preferirei che evitassero di passare il tempo a dire peste e corna di me. Il fatto che non stiamo insieme mi mette in una posizione delicata... Sai in quante famiglie gli ex coniugi vengono aizzati l'uno contro l'altro dai rispettivi genitori per avere una sorta di monopolio sui nipoti?-
-Ci consideri così stupidi da incappare in una situazione del genere?- domandò infastidita. -Pensi troppo e finisci sempre per andare a parare su seghe mentali assurde...-
-Non sono seghe mentali... è capitato che mia madre fosse ingaggiata dal tribunale dei minori come consulente tecnico d'ufficio in qualità di psichiatra e ne ho sentite parecchie... ho anche letto documentazioni atroci..-
-...Eh? Ma non ci dovrebbe essere il segreto professionale o qualcosa del genere? Perchè ti ha fatto leggere del materiale del tribunale, ma è legale 'sta cosa?-
-Ehm... beh, segreto professionale, eh?- rise nervosamente. -Sì, naturalmente c'è... ma alcuni medici, chiacchierano parecchio del loro lavoro... è da quando ho cinque anni che lei non fa altro che parlare di lavoro ed io sono sempre stato molto curioso... mi ha fatto dare un'occhiata ad alcuni resoconti del tribunale perchè pensava di aiutarmi con lo studio, i casi reali sono un'altra cosa rispetto alla teoria, tutto qua...- improvvisamente sembrava sentirsi un po' in colpa.
-Ok... Ok un corno! Credi che mio padre ci farebbe finire in tribunale?!-
-No... Ma non voglio creare ulteriori tensioni, già non mi può vedere. Se poi non gli piaccio, pazienza, ma non voglio dargli materiale per litigare.- disse serio.
-Sai, ironicamente potresti piacergli se non subissi passivamente tutto ciò che ti dice...-
-Cerco di ribattere civilmente, è completamente diverso!- sbuffò. -Col cavolo che mi metto a compiacerlo... se è immaturo e vuole litigare, che si metta davanti uno specchio e lo faccia per conto suo! Perchè sorridi in quel modo?-
-N-niente!- era quasi confortante vederlo ragionare in modo infantile, avvertiva come se ci fosse qualcosa che non andava quando quando si metteva a fare i calcoli... o forse gli sembrava di non conoscerlo più e si sentiva lasciata indietro. -Comunque, qualunque cosa ti abbia detto, non darci peso. Anche se tanto sei resistente, non dovrebbe essere un problema quindi...- riflettè a voce alta. “Sarebbe carino se non lo dessi per scontato ma che ti preoccupassi per me qualche volta... che mi dicessi qualcosa di incoraggiante...” si sentì in imbarazzo. “Ma che cosa sto pensando?! La resistenza alle opinioni altrui è l'unica cosa che mi viene riconosciuta come punto di forza. Fisicamente mi considera debole, anche più di quel che sono, non posso perdere il mio unico punto di forza e farmi vedere come un completo incapace. Sopratutto ora che non sono particolarmente in forma...”
-Probabilmente c'è andato piano, ti considera troppo debole. Ha molti difetti, ma a modo suo cerca di non essere prepotente... Beh, ripeto, a modo suo...-
“Sì! Decisamente non posso perdere quel punto di forza!” pensò con fastidio.
-Se non sbaglio non gli hai detto che non stiamo più insieme, giusto?-
-Già... non volevo espormi troppo. Se vuoi parlargliene tu... beh, è tuo padre, sono affari tuoi...-
-In realtà penso che vada bene così. Se l'avesse saputo conoscendolo avrebbe cercato di riportarmi a casa e ci saremmo scontrati... E' inutile, ha sempre voluto che fossi autonoma, ma sembra contemporaneamente incapace di rendersi conto che non sono una bambina. A volte è proprio una grandissima... Ah, lasciamo stare!-
-Ma tu...- “Perchè vuoi rimanere con me? Conosco i miei motivi per volerti qua, ma tu... a cosa diavolo pensi? Perchè hai seguito la mia idea? Saresti d'accordo col punto di vista di tuo padre sulla nostra relazione?” -Leshawna...- prima che potesse dire qualunque cosa, qualcuno suonò alla porta. Leshawna sbuffò.
-Aspetta, hai ancora la spazzola incastrata.- la avvertì. Scocciata la ragazza cercò di liberare la spazzola dal nodo. Harold notò che muoveva le dita in modo goffo e cauto “Deve essere colpa della mancanza di unghie... sopratutto per quella radice...” sospirò nervoso. Vedendola in difficoltà si avvicinò. -Ti do una mano...- Leshawna accettò la collaborazione imbarazzata e un po' stranita dall'atteggiamento del ragazzo. A quattro mani riuscirono ad estrarre il corpo estraneo.
-Lascia perdere, per sciogliere quei nodi ci vorrebbe un'ora, proviamo a nascondere e appiattire.- disse infastidita la donna.
Nel mentre suonarono nuovamente alla porta. I due si scambiarono uno sguardo rassegnati. Anche se temporeggiavano, l'intruso non si arrendeva e continuava ad attendere.
-E' Leshaniqua...- disse Harold guardando dallo spioncino. -Nasconditi...?- disse incerto di come volesse gestire la situazione.
-Va beh, aprile.- sbuffò Leshawna. Harold scosse le spalle ed seguì la richiesta.
-Ah, come pensavo... è più comodo così.- disse la donna soddisfa vedendoli. -Che dite cuginastri, mi fate entrare?- chiese cordiale.

Si sedettero al tavolo. Leshaniqua mise al centro un oggetto, probabilmente una scatola, imballata da del tessuto magenta. -Come dicevo, è comodo avervi trovati qua entrambi.- mise una mano nella tasca del cappotto e ne tirò fuori una lettera che porse alla cugina. -Questa è per te, la scatola è per Harold. Il ragazzo prese in mano l'oggetto, particolarmente incuriosito dall'imballaggio.
-Che cosa sarebbero?- chiese Leshawna.
-Uhm... vero, mi avevano detto che te ne sei andata prima. È l'eredità dello zio, siete gli unici che hanno ricevuto qualcosa.- spiegò quasi divertita. -Ehi, vuoi aprirla o no?- disse rivolta ad Harold. Per un attimo la scatola sfuggì al ragazzo, ma la riprese al volo.
-Ero incuriosito dal tessuto... era un sarto, giusto?-
-Sì, e...- provò a dire Leshaniqua, ma Harold si alzò portando con sé la stoffa e lasciando la scatola di legno sul tavolo.
-Potrebbe tornarmi utile, vado a posarlo nella scatola da cucito.-
-...Cucito?-
-Sì, Harold aveva una passione per il cosplay... e tende anche a conservare piccoli oggetti o ritagli di stoffa che pensa potranno tornargli utili...- spiegò distrattamente Leshawna mentre posava la lettera in un cassetto, poi esaminò l'oggetto lasciato ad Harold. -Una scatola di legno... impossibile da aprire, perchè?- chiese frustrata.
-E' una scatola rompicapo.- disse Harold tornando dalla camera da letto. Si trattava di un cubo di legno con un piccolo foro e diverse scanalature.
-Già e sapresti dirci perchè nostro zio l'ha lasciato a te?- domandò Leshaniqua. Leshawna sembrava pensierosa.
-Non so, non sono nemmeno sicuro di averlo mai visto.- rispose distratto dall'osservazione del cubo di legno.
-Eppure nell'eredità suggeriva che potesse piacerti, sei proprio sicuro che non vi siete mai parlati?- continuò a chiedere la donna mentre Leshawna era sempre più sospettosa.
-Mi spiace, non so come aiutarvi... Forse Leshawna gli ha detto qualcosa di me.- disse scambiandosi un'occhiata con Leshawna che lo guardò spaesata. -Suppongo vorrete parlare da sole, comunque. Io vedo se riesco ad aprire la scatola...- disse il ragazzo tornando in camera da letto.
-Sono sicura di non aver mai detto nulla di particolare su Harold, al vecchiaccio!- disse infastidita Leshawna.
-Uhm... non è importante... forse ha colpito la sua curiosità, in fondo il tuo fidanzato ha un aspetto proprio bizzarro!-
-Ah, il vecchio ci vedeva abbastanza? Ma perchè pensava che dovesse piacergli quella scatola?- mentre si interrogava si bloccò. -Comunque non è più il mio fidanzato.- aggiunse.
La cugina sospirò. -Che stai combinando? Perchè non sei venuta da me?- disse accigliata. -Guarda che le acque si sono calmate e per fortuna nessuno dovrebbe ricordarsi dell'ultima parte del testamento, tutti troppo occupati a protestare per ascoltare il notaio... ma seriamente, cosa vuoi che succeda? Sei pure incinta!-
-E'-è... è complicato! Diciamo che stiamo provando a coabitare anche se non stiamo più insieme per gestire meglio il moccioso.-
-Quindi sei meglio disposta verso la gravidanza ora?-
-Sì.- rispose l'altra infastidita.
-Come attrice sei a dir poco terrificante...-
-E se vai a dire a qualcuno che non stiamo insieme o se qualche altro simpaticone viene a sapere dove mi trovo, sei una donna morta! Voglio starmene in pace... niente visite! Niente domande!- specificò minacciosa.
-Come fa lo spaventa passeri ad essere ancora intero non lo so.- rispose Leshaniqua con tono canzonatorio.
-Beh, non si alzano le mani su chi vive con te. Il mondo è un luogo già abbastanza angosciante, immaginati doversi guardare le spalle anche dentro casa.-
-Mi fa piacere vedere che hai dei saldi principi morali!- continuò a scherzare prendendo poco sul serio la cugina più piccola. -Cambiando discorso, sappiamo se è maschio o femmina?-
-Oh... capisco i dubbi, ma sì, Harold non è una femmina.-
-Molto divertente... lo prenderò per un no...- sospirò la donna. -Curioso il modo in cui consideri lo spaventa passeri, non ho mai capito cosa c'entrasse con te...-
-Eh...- la ragazza sospirò passandosi una mano fra i capelli facendo saltar fuori diversi nodi. Sbuffò. -Avevo... forse continuo ad avere, un debole per lui... anche se non credo di esserne mai stata innamorata. In realtà credo proprio di non poter andare oltre l'attrazione e innamorarmi.- scosse le spalle infastidita, perchè stava parlando di qualcosa di tanto stupido.
-Mi piacerebbe capire cosa sia cambiato per fartelo mollare. Sai, ti ho sempre visto come una persona molto pratica... ma quando c'è quello di mezzo smetti di funzionare! Per essere una che non ne è mai stata innamorata, hai la testa bacata!- Leshawna si limitò a guardarla con aria truce per comunicarle che non le andava di parlarne. -Sei stata tu a cominciare, cuginetta bella... almeno mi spieghi perchè fra le persone per cui avevi un debole sei andata a pescare proprio il “piccolo topo”?- per Leshawna era nostalgico sentirlo chiamare così, era la prima cosa che le era venuta in mente per descriverlo alla cugina quando lo aveva visto in prima, anche se forse procione sarebbe stato più appropriato. Aveva parecchie lentiggini molto fitte a quell'età che ricordavano vagamente la parte inferiore della maschera del procione.
In due anni l'aveva superata in altezza e le macchie si erano diradate, ma le orecchie a sventola e il naso sottile e allungato erano rimasti.
-Non so, è sempre stato gentile e disponibile...- disse vaga. -Col tempo ho cominciato a vederlo un po' come un familiare acquisito o comunque una figura di appoggio... E-ehi! Non guardarmi in quel modo!-
-Scusa... ma normalmente, quando dici a qualcuno che per te è come un fratello poi non ci vai a letto!-
-E infatti non gli ho mai detto niente del genere! Ah... no... aspetta...- forse una o due volte era capitato. Il volto smarrito e imbarazzato del ragazzino all'epoca, era impagabile... -Ma non è mai accaduto quando abbiamo cominciato a frequentarci, quindi è a posto... sul serio, smettila di guardarmi in quel modo!-
-Ok... scherzi a parte, vi siete cacciati in un bel guaio...-
-So quello che faccio, sul serio... e per il bambino ho solamente bisogno di adattarmi all'idea e... ho ancora un po' di tempo, no?-
- Va bene... ma la brillante idea di continuare la convivenza a chi dei due è venuta? Per curiosità...-
-Non è stata mia... Perchè pensi che potrei averla avuta io?-
-Perchè innamorata o meno sei molto attaccata ad Harold... Comunque per un bambino potrebbero essere molto meglio due genitori separati piuttosto di due che litigano costantemente...-
-Allora, lo so io, Harold lo saprà per esperienza diretta ammesso che si ricordi qualcosa dei suoi come coppia, ma vedremo come andrà... Sono piuttosto stanca adesso, potresti levare il disturbo?- il suo tono era stato brusco forse, ma sperava che la cugina fosse abbastanza sveglia da capire che non era il momento per infastidirla e aveva abbastanza fiducia in questo.

Trovò il ragazzo seduto sul divano letto mentre studiava l'eredità ricevuta con una lente di ingrandimento.
-Trovato niente?-
Il ragazzo sussultò e per poco non perse la lente. -Niente... è come se mancasse un pezzo...- sospirò. -No, non utilizzerò una sega, magari c'è dentro qualcosa di fragile e poi non mi va di barare.- le disse preventivamente. -Tua cugina è andata?- era tanto distratto da non accorgersi di  un eventuale rumore della porta.
-Sì...- rispose lei distrattamente. “La verità è... è che l'idea di dover passare tutta la vita con una persona è agghiacciante... per quanto si possa provare affetto per qualcuno, prima o poi svanisce e subentra la noia... anche se a causa del bambino siamo legati, l'idea di non avere nessun patto di amore e fedeltà a pendere sulla mia testa e di non dovermi sentire in colpa quando per te provo il nulla cosmico è infinitamente meno angosciante... troveremo un modo per prenderci i nostri spazi... sono sicura che anche per te sarà molto meglio così anche se in questo momento non te ne rendi condi conto...” per qualche motivo erano parole che gli suonavano molto tristi in testa... e non gliele avrebbe mai dette...
“E' improbabile che non sia una situazione temporanea, non sono fatta per stare in coppia, ma per lui potrebbe essere diverso... quando si sarà trovato qualcun altro ci separeremo...” era un sollievo per certi aspetti, l'aveva pensato anche quando erano ancora a scuola.
Si sarebbe sentita più a suo agio se quel suo strano amico si fosse trovato una fidanzata visto che non riusciva a ricambiare del tutto il suo interesse, poi si era resa conto di una cosa ovvia. L'attenzione di Harold non era disinteressata, se avesse trovato una ragazza avrebbe smesso di calcolarla... Non aveva mai provato una reale gelosia nei confronti del ragazzino allampanato, ma da un punto di vista razionale, l'idea che si interessasse a qualcun altro era diventata meno piacevole...
“Ora che la situazione è cambiata lo accetterei senza problemi, ovviamente...”
-Prima o poi prenderanno vita... e cominceranno anche loro a volere da mangiare...- commentò Harold spostandole una nodosissima ciocca di capelli con un sorriso nervoso. La toccava con cautela come se avesse realmente paura che si animasse e lo azzannasse.
-Cerca di fare più rumore quando ti muovi!- disse Leshawna scostandosi infastidita. -Ero sovrappensiero e mi hai un po' presa alla sprovvista...- aggiunse per scusarsi  della reazione brusca notando il viso imbarazzato del ragazzo. -Conoscendoti immagino che avrai già in mente qualche creatura strana a cui paragonarmi per i capelli... giusto?- provò a sorridergli. Harold si illuminò apprezzando il tentativo.
-Medusa è abbastanza scontata... ma la futakuchi-onna va un po' fuori tema con la sua bocca dietro la testa...- poi si rabuiò - A proposito di  spiriti e vendette... credo che le tue dita si vendicheranno...- le disse incerto. Leshawna istintivamente nascose fulminea le mani.
-Sai, le unghie sono diventate stranamente fragili ultimamente.- si discolpò debolmente.
-Per la radice mancante in parte potrebbe essere... nessuno sceglierebbe arbitrariamente di cominciare a staccare un'unghia dalla radice. Perlomeno non la propria, nelle torture è un altro discorso... ma vedendo che la radice aveva smesso di aderire alla pelle devi averci messo del tuo per rimuoverla... non può essere caduta da sola. E poi i mignoli e gli anulari sono stati sicuramente mangiati...- sospirò turbato. -Sul serio come diavolo...? Devi avere una buona resistenza al dolore ma...- sentì un po' di nausea e dovette sedersi, non sapeva se dipendesse da un eccessiva empatia col pensiero di staccarsi le unghie in quel modo, per come stava funzionando il suo corpo in quei giorni poteva essere ordinaria amministrazione.
-Sto già provando a smettere, tranquillo...-
Harold la guardò sospettoso. -Hai bisogno di uno specialista con cui parlare?- domandò cercando di tranquillizzarsi. “Anche se forse sarei il primo ad averne bisogno...”
-Non sono pazza! Per delle unghie non stai facendo il melodrammatico?-
-Non è una cosa per pazzi e non è per le unghie! Anche se atti di autolesionismo sono il sintomo di un disagio quindi in un certo senso...-
-Autolesionismo?! Ora ho capito perchè hai scelto psicologia e non medicina, sei così impressionabile!-
-Non ho alcun problema con le lesioni o il sangue, il problema è se riguardano te!- si scambiarono una sguardo teso. -Nel senso che fa impressione se a ledersi è una persona cara...- distolse lo sguardo agitato. -V-volevo dire conoscente intimo! No... aspetta... Volevo dire conoscente che si conosce da tanto tempo!- normalmente si sarebbe morso un dito in quel momento, ma sarebbe stato un pessimo esempio oltretutto ironico. -In ogni caso, non sarà un atto appariscente come tagliarsi, ma ti sei resa conto di avere difficoltà ad afferrare e manipolare gli oggetti perchè hai le dita troppo indolenzite e ipersensibili? E ti sei causata questa situazione spontaneamente... Non puoi neanche separare bene i nodi...- disse serio.
-Come ti ho già detto sto cercando di smettere, quindi non hai di che preoccuparti. Non sono un'alcolista, una ludopatica o una drogata!- rispose innervosita. -E no, non voglio nemmeno parlarne con un estraneo!-
-Va bene... va bene...- sospirò l'altro portandosi una mano ai capelli. -Vuoi parlarmi di qualcosa? Che ne so, qualcosa ti disturba?- se gli sguardi potessero uccidere, probabilmente Harold non avrebbe avuto scampo in quel momento.
-Non sei il mio terapeuta e hai un mare di problemi, quindi smettila di fare il superiore!- disse con tono aggressivo andandosene dalla stanza.
Harold rimase sbigottito. “Eh... scherziamo?” non sapeva se ridere o arrabbiarsi. “Sto facendo del mio meglio per comportarmi in modo corretto...” sicuramente si sentiva frustrato, si mise a contare aspettando di raffreddarsi... doveva stringere i denti, se si fosse messo a discutere in quel momento non ne sarebbero più usciti. Leshawna era irrazionalmente suscettibile e preventivamente aggressiva, litigare mentre era in quello stato starebbe stato inutile. “Devo tenere a mente che è in un momento difficile, dal punto di vista biologico sarà scombussolata...” inspirò ed espirò. “Perchè io invece sto benissimo?” buttò fuori l'aria e cercò di calmarsi. “Dovrò comunque dirle qualcosa, mi sta facendo impazzire! E poi non è giusto... non è l'unica ad avere dei problemi... Non voglio fare una gara per decidere chi sta peggio e ha più colpe, ovviamente, ma... ma chi me lo fa fare? Non le interessa niente di come stanno gli altri in questo momento, perchè dovrei parlarle? Per darmi la zappa sui piedi?”

I due evitarono di parlarsi per il resto della giornata e per quanto l'atmosfera tesa fosse sgradevole, forse era meglio così...
Era solo il secondo giorno, ma le cose non sembravano andare bene...


Nota:
-La  futakuchi-onna è una creatura mitologica giapponese. Una donna a cui, a causa di un maleficio, il desiderio represso di mangiare o uno spirito vendicativo, cresce una bocca sulla parte posteriore della testa continuamente affamata che se non soddisfatta potrebbe diventare molesta o provocare dolore. In alcune versioni, i capelli della donna si animano per afferrare il cibo e portarlo alla bocca.
Questa figura dovrebbe essere l'ispirazione del pokemon Mawile.

Angolo dell'autrice:
Ehi... mi spiace pubblicare così in ritardo, non mi sono sentita molto in forma ultimamente come scrittura, faccio praticamente un errore ogni tre parole... stanchezza e dislessia sono una combinazione abbastanza deprimente se devi scrivere, leggere e studiare o_o
Spero che la cosa non pesi troppo con l'aiuto del controllo ortografico automatico...
Spero anche che in generale il capitolo possa piacervi, è piuttosto diverso da come l'avevo strutturato all'inizio, ma non voglio scrivere capitoli eccessivamente lunghi...
Poi da una parte non voglio trattare troppo superficialmente alcune cose, dall'altra ho paura di annoiare, gestire male le cose, soffermarmi su cose che su carta non funzionano o interessano... non so, in fondo questa long è un po' un esperimento, spero di riuscire a intrattenervi e interessarvi.
Grazie di cuore per l'attenzione e buona serata o giornata a seconda di quando state leggendo, spero di avervi tenuto compagnia ^^
A presto!

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Capitolo 6
*** Giorno tre ***


“No, non posso credere di essermene scordato... Non ci posso credere... Cosa non va nella mia testa?!”
Harold con le braccia conserte e una gamba che produceva un'oscillazione appena accennata ma visivamente fastidiosa, osservava il letto.
-...Ehm, Harold?-
Si era quasi scordato della presenza di Leshawna con le sopracciglia aggrottate che si trovava sotto le coperte. Eppure era molto importante, non un dettaglio da poco...
-Perchè non mi hai ricordato di andare di recuperare la brandina da mia sorella?-
-Perchè non te lo sei ricordato da solo?- rispose perplessa dall'agitazione dell'altro.
-In teoria dovrebbe interessare anche a te non dormire insieme...-
-Sono abituata alla tua presenza, non mi infastidisce.- rispose, complice il sonno, eccessivamente sincera.
“Questa rottura è una barzelletta? Questo va fuori il rapporto professionale...” Harold sospirò e soffocò la sensazione di fregatura. “Non ti capirò mai...” si mise sotto le coperte e si arrese.
-E poi hai un buon odore.- aggiunse Leshawna sovrappensiero, riuscendo a peggiorare la situazione.
-Eh? Ehm... grazie?- rispose nervoso. -O forse dovrei preoccuparmi visto che mi hai morso la mano l'altro giorno... magari non sei incinta, stai solo diventando un lupo mannaro.- cercò di drammatizzare per distrarsi dallo strano complimento.
-Mi sono espressa male... E' che da quando mi è venuta questa specie di super olfatto del cavolo, tutti hanno improvvisamente cominciato a puzzare! Il tuo odore rimane sopportabile rispetto a quello degli altri... più o meno era anche un complimento... Mica sono come te che appena sveglio ti fai venire un attacco di panico per dirmi che puzzo!-
-Ah... non era un attacco di panico e non puzzi... tranquilla, non noto sostanziali cambiamenti percettibili da un naso umano.-
-B-bene... Suppongo che Gwen e tutti gli altri non mi abbiano mentito...- disse sollevata. -Eh comunque...-
-Sì?-
-Niente. Notte...-
Dopo un po' nel buio percepì la ragazza sospirare. -Mi spiace per oggi...- disse lei qualche secondo dopo ancora. -Ma mi sento continuamente sul piede di guerra, vorrei... distruggere? Non so neanche cosa...- il silenzio continuò, non era sicura che Harold fosse sveglio, aveva delle abitudini notturne molto casuali. -Non sono arrabbiata con te... ma sei nelle vicinanze, quindi... forse sarebbe meglio che evitassimo di parlarci, non sono cosa di... beh non riesco a stare con altre persone senza litigare per ora. Richiamami quando avrò partorito... o forse le cose peggioreranno, chissà!- sorrise amaramente. -Anzi... è molto probabile...-
-E' un'idea terribile...- sospirò una voce dal regno dei morti.
Leshawna sussultò, cominciava a credere che fosse un soliloquio. -Ci sono mie idee che non ti sembrano stupide?- domandò infastidita.
-In questo caso, ne hai avuta una pessima, scusa. Siamo animali sociali, uno dei modi migliori per far soffrire qualcuno è impedirgli di parlare e toccare altri esseri umani, ostracizzarlo. Se io che sto vivendo con te, prendessi a ignorati, volente o nolente ti sentiresti solo più arrabbiata. Magari salterebbe pure qualche testa, chissà...-
Anche se sapeva che non intendeva sul serio, l'ultima frase l'aveva infastidita. -Devi sempre mettere in mezzo i tuoi studi...- ma non le dispiaceva che non fosse d'accordo con lei in quel caso.
-E' normale regolarsi sul proprio bagaglio di conoscenze... scusa, ma assimilare e sfruttare informazioni è l'unica cosa che so fare! Sono noioso, non riuscirò mai a far interessare gli alti a quello che dico, ma non posso non essere così... È la mia natura. Pazienza...- disse frustrato. -Almeno le cose in cui mi sento a mio agio e capace lasciatemele fa...-
-Ah... cazzo dici?- sbuffò Leshawna. Lo afferrò da dietro e gli scompigliò i capelli per infastidirlo. -Suppongo non si debba stuzzicare un'ex vittima di bullismo facendo leva su qualcosa che abbia a che fare col suo trauma...- nel mentre Harold era sotto shock. -Eh... stai bene?-
-N-non respiro! A-allontanati!- farfugliò. -Notte!- disse sotterrandosi con le coperte, una volta libero.
-...Se pensi di non respirare bene perchè ti copri la testa? ...Ehi, Harold?- stava fingendo di dormire o comunque non voleva risponderle. -Fa come vuoi...-

“Devo dormire... per chiudere occhio non posso aspettare di nuovo che lei si svegli...” gli occhi di Harold bruciavano, ciò nonostante non riusciva di nuovo a prendere sonno.
-...Morite tutti.-
-C-Che?!-
-Vi toglierò tutte quelle disgustose zampine...- continuò a sibilare la creatura addormentata a cui dava le spalle.
-...Parli di nuovo nel sonno?- chiese continuando a stare rivolto verso la parete.
-Muoiono e scricchiolano...-
-Ok... lo prenderò per un sì...- “E' strano che parli così tanto durante il sonno... ma suppongo non ci sia nulla di che preoccuparsi... muoiono e scricchiolano... tante... zampine? Credo di aver capito...”
-Lontano... spaventosi... brutti cosi... vi stacco tutte le zampine pelose...- a giudicare dai rumori stava strisciando le gambe.
-Credo che i ragni abbiano molte più ragioni di avere paura di te che vice versa.- sorrise, per qualche inspiegabile motivo gli faceva tenerezza. “Una tizia che sogna di brutalizzare aracnidi innocenti... Forse potrei davvero avere qualcosa che non v... a-a-aaah?” si sentì addosso il braccio della ragazza. Era tanto vicina da poterne avverti il respiro sulla nuca. -Aaaaah!-
-Che c'è?!- Leshawna si svegliò e ritraendosi diede una testata al muro. -Ahia!-
-Eh... mi eri addosso, mi hai fatto spaventare...-
-Non l'ho fatto a posta, ma secondo te, chi altro poteva essere?- disse infastidita mentre si massaggiava la testa.
-Tu non hai dormito con Gwen, giusto?-
-Credo di non essere bi...-
-Cos...? No, intendevo quando ti eri nascosta da lei.- sospirò e si ristese dandole le spalle -È claustrofobica e tu tendi a stare molto appiccicata alle persone con cui dormi... e a confinarle sul bordo del letto...- anche per quello il divano letto confinava col muro, in modo che Harold non finisse accidentalmente spinto giù. -Per chi soffre di claustrofobia devi essere un vero incubo!-
-Potevi dirmelo che ti davo tanto fastidio, sarei stata più attenta.- sbuffò.
-In realtà... non mi dispiaceva essere tenuto bloccato... E-eh, nel senso... mi costringevi a dormire su un fianco e questa posizione mi aiuta a non russare che alla lunga può dare problemi alla salute...- spiegò abbastanza a disagio. Sentì Leshawna pericolosamente vicina. -No! Lontano!-
-Stavo scherzando...- lei sospirò e si adagiò dal suo lato.
“...Davvero non si accorge di quanto è inopportuna o vuole solo di farmi diventare pazzo!? Non capisco... non la capisco...”
-Sarebbe stato divertente dormire con Gwen e farle qualche scherzetto, o forse no... è piccola ma combattiva, mi avrebbe mollato qualche calcio!-
-In condizioni normali, te lo saresti meritata. Non si gioca così con le fobie altrui.- sbuffò il ragazzo.
-Beh, non dovresti preoccuparti. Tanto tra poco non potrò più tenere troppo vicino a me altre persone, la pancia sarà talmente grossa da fare da barriera naturale...- lasciò trasparire della preoccupazione dalla voce.
-Hai una visione drastica... e irrealistica...- si girò verso di lei, anche se al buio non poteva vederla. -E poi il pancione potrebbe vedersi solo all'ultimo e considerando la tua struttura potrebbe non essere così evidente.- cercò di rassicurarla. -Però proprio per il tuo peso dovresti stare molto attenta... potresti essere a rischio...- disse preoccupato.
-Lo so, lo so... Non ti pago per ricordarmi cose ovvie, mi pare.-
Harold rimase un po' in silenzio per impedirsi di rispondere impulsivamente. -Sssssh- sibilò poi. -Non ricordarmelo che non mi paghi, potrei cominciare a sentirmi sfruttato...- scherzò a bassa voce, dopo sospirò. -Lo so che sai cosa devi fare e cosa devi evitare... ma se te lo ripete anche qualcun altro è meglio penso... comunque...- uscì la mano e cercò goffamente la spalla della ragazza. -Con la dieta stai andando bene... fino ad ora... Beh, sei stata brava.- le picchiettò la spalla cercando di scimmiottare un gesto amichevole e incoraggiante.
-Grazie...-Leshawna istintivamente gli afferrò la mano. Ebbe delle sensazioni contrastanti quando quelle dita fredde scivolarono via.
-Prego...- avvertì che le voltava le spalle di nuovo.

La mattina dopo, Leshawna si risvegliò sola, ma non si lasciò prendere dal panico. “Harold non è il tipo da fuggire... Si è solo scordato di salutarmi prima di uscire...” Avrebbe potuto studiare, invece decise di uscire anche lei per un po'. Ma il tempo passò e tornata poco prima dell'ora di pranzo, non trovò nessuno.
Camminava avanti e indietro già da diversi minuti. “Non si è nemmeno portato il cellulare... Perchè ha sempre la testa fra le nuvole?!” si sentiva preoccupata, ma sapeva di essere irrazionale. “O forse no... è una calamita per disastri! È quello che aveva dei mancamenti perchè scordava di mangiare quando studiava per un esame... Si è arrampicato su un albero per recuperare quel genio di Kunoichi che gli ha pure graffiato mezza faccia per paura di cadere!” scosse la testa e si schiaffeggiò mentalmente. “Se è sopravvissuto per sedici anni prima di frequentarmi ci sarà un motivo... il peggio che può essere capitato è che abbia deciso davvero di andarsene...” pensò infastidita. “Ma... sarebbe un bene... chi se ne frega se c'è o non c'è... già... certo che però, che razza di bastardo! Eh, eh... ma avrei pensato lo stesso di me al suo posto, quindi...”
Sentì bussare, ma capì subito che non era il fuggitivo, anche se quel modo di bussare forte e sgraziato come se si desiderasse abbattere la porta, era decisamente familiare... rimase immobile, non doveva far pensare di essere in casa.
-Ok... Dobbiamo sfondare la porta!- disse una voce femminile burbera.
-M-MacArtur?! Che stai dicendo?!- rispose un'allarmata voce femminile più stridula.
-Beh Sanders... mi duole dirtelo... ma i miei timori sono ormai certezze!- disse MacArtur con tono melodrammatico. -Se McGrady non ci sta più aprendo... è perchè ha sicuramente ceduto alla depressione e si è suicidato! Ora il suo cadavere sarà abbandonato da qualche parte in quel triste appartamento ed è nostro dovere recuperarlo!-
“Ma che sta a dire quella psicofessa?! Harold non è tipo da suicidio, è solo un po' giù, è normale!”
-In che lingua devo dirtelo... McGrady non è in casa! Ha detto che andava dalla sorella per un po'! Non capisco perchè mi trascini sempre qui ultimamente. Speri che lei ritorni?- chiese Sanders sbuffando. -Se lo facesse non sarebbe sicuramente per te!-
-Ah, sei davvero un'ingenuotta! A giudicare dall'aumento di spazzatura del condominio malgrado la mancanza di nuovi coinquilini, questo appartamento ha ricominciato ad essere abitato da una settimana circa. Eppure nessuno ci ha mai aperto quando siamo passate... perchè secondo te?-
“Perchè sei una cazzo di stalker!” pensò Leshawna attenta a non lasciarsi sfuggire un sospiro.
-Forse ti sbagli o magari non è in casa...- Sanders cercò timidamente di farla ragionare.
-No! È perchè è troppo sconsolato per aprirci! Se non si è già ammazzato lo starà facendo o rischia di farlo! È nostro dovere di poliziotte salvarlo o recuperare il corpo, non trovi?-
Sanders rimase in silenzio per un po', pessimo segno che la compare le stava facendo venire dei dubbi -L-lo dici solo perchè vuoi sfondare una porta!-
Leshawna pensando che MacArtur stesse prendendo la rincorsa si appostò dietro la porta aspettando il momento giusto...
-Uno, due...- la poliziotta cominciò a contare e Leshawna contò in mente con lei. Poi aprì la porta di colpo lasciando che la poliziotta cicciotta corresse per un po' per poi perdere l'equilibrio e atterrare di faccia in cucina.
Leshawna la guardò soddisfatta  sotto lo sguardo atterrito della poliziotta afroamericana che dopo averla guardata con biasimo andò a controllare la collega -MacArtur, stai bene?-
“Beh, lei voleva sfondarmi la porta... come dovevo reagire?!”
-Sto bene, sto bene... cos'è success...?- poi si accorse di Leshawna, si alzò immediatamente e la raggiunse. -Bel colpo, dolcezza!- le disse afferrandole le mani divertita. -Comunque... perchè sei...-
-Wr...WR...WROOOOUUUH!-
MacArtur fu interrotta da un suono rauco e vibrante. Guardando verso la porta rimasta spalancata, le donne videro un essere dal pelo prevalentemente fulvo irto e la dentatura da carnivoro esposta. Le orecchie dell'animale erano portate all'indietro, le enormi pupille facevano apparire gli occhi quasi neri.
-Un chupacapra!- esclamò MacArtur, non si capiva se era entusiasta o spaventata.
-N-no penso sia un g-gattino... eh... g-gattone ferocie...- balbettò Sanders.
-Sei qui come alleata o nemica, Kunoichi?- domandò Leshawna nervosa, non aveva mai visto la gatta in quelle condizioni. “Ma non può essere venuta da sola, Harold deve essere nelle vicinanze...”
-UHUUWROHUURU'H- “Umani femmina imprudenti e arroganti... che ci fate in un territorio che non vi appartiene? Scappate! Voi non volete vedere Kunoichi in berserk, non è vero?” pensò Kunoichi cercando di metterle in fuga, in fondo era magnanima... ma le creature erano troppo stupide per cogliere la possibilità che stava loro offrendo, così si preparò a scattare. “Quindi avete scelto il combattimento, eh?”
-...Miohm?- perplessa si sentì sollevata da degli arti dalla struttura e l'odore familiare.
-Kunoichi! N-non scappare più in quel modo...- disse Harold riprendendo fiato. Portava sulle spalle uno zaino scuro apparentemente molto pesante. La gatta che teneva in braccio si era leggermente sgonfiata, ma rimaneva rigida e nervosa.
“Harold, mollami! Se ne occupa Kunoichi di sbarazzarsi delle intruse!”
-Ah...- il ragazzo si accorse delle due poliziotte. -Ecco perchè eri così arrabbiata... Sembrava che stessi cercando di evocare un demone... o facendo un provino per una band metal.- le parlò per tranquillizzarla ma anche se Harold emetteva i suoi versi da umano con cadenza tranquilla, Kunoichi non sapeva se significava che non stava accadendo niente di grave o che il suo umano stava sottovalutando il pericolo rappresentato delle intruse.
Sanders si avvicinò ai due. -E' una femmina, davvero? Ma è gigantesca!-
-Eh... era randagia, forse è l'incrocio fra specie con una struttura imponente... Non avvicinarti così, è nervosa!- si ritrasse infastidito.
-Scusa, è che ho avuto dei gatti e prima sembrava molto... alterata... volevo vedere come stava.-
-...Grazie? Ma devi aver avuto a che fare con gatti molto mansueti se pensi che avvicinarti così sia una buona idea...- sorrise nervosamente cercando di non essere troppo sgarbato.
-Ah... non era un chupacabra?- disse delusa MacArtur dopo aver osservato Kunoichi a distanza di sicurezza.
-La tua collega è sempre così gentile?- chiese Leshawna sospettosa.
-Meh... è un cuore tenero e il tuo ex è uno straccio! Sembra anche un ragazzino, non come te che sei una vera donna.- rispose con un tono irritantemente ammiccante. -E'... è ancora il tuo ex, veeero?- anche quel tono era irritante...
Intercettò Harold mentre spostava un'incazzata Kunoichi nella stanza da letto.
-Ehi! Hai chiamato i rinforzi?- cercò di scherzare Leshawna.
-Uhm...- Harold riflettè sulle tensioni del giorno prima e si chiese se Leshawna pensasse che avesse bisogno di un supporto per sopportarla. -In realtà ero andato da mia sorella per la brandina, poi mi sono reso conto che non potevo trasportarla con la bicicletta...- confessò imbarazzato, aveva l'impressione di poter leggere la mente di Leshawna in quel momento.
“Gliela brucio la bicicletta!”
-E Kunoichi sembrava molto giù... così ho deciso di portarla con me.-
-Ah... Beh, una cosa sanno fare i gatti, ignorare il prossimo. Sempre saputo che eri taroccata...- la prese bonariamente in giro, ma ebbe l'impressione che Kunoichi non l'avesse presa bene.
-Ehi, guarda che i gatti sanno essere molto affettuosi e sentire la mancanza delle persone...- la informò Harold un po' infastidito vedendo lo sguardo scettico della ex.
Kunoichi si sporse verso Leshawna annusandola. Harold la avvicinò per favorirla.
-Eh... Cosa state facendo?- chiese Leshawna perplessa.
-E' che vuole annusarti...- la donna li guardò storto. -Potresti aver mangiato qualcosa di insolito e lei lo avverte.- spiegò per non toccare tasti dolenti. -O... magari le sei solo mancata.- disse più allegro. Leshawna guardò con sospetto Kunoichi. -Dovrebbe essere sana, ma per sicurezza stai lontana dalla sua lettiera.- disse serio.
-Come se morissi dalla voglia di... Aspetta, in quello zaino hai la sua lettiera? Hai portato un sacco di lettiera che a momenti pesa più di te con la bici e... e pure una gatta?! Capisci che sarebbe stato più comodo e sicuro con...-
-Con la macchina, blah blah blah, lo so!- rispose imbarazzato. -Ma le fobie non sono razionali.- si giustificò sbrigativamente.
Tornando in cucina ritrovarono le poliziotte ad aspettarli.
-Eh... volete pranzare con noi?- Leshawna guardò Harold temendo fosse serio o che lo prendessero sul serio.
-Con piacere!- esclamò MacArtur.
-N-no! Togliamo il disturbo! Eravamo solo nelle vicinanze e volevamo controllare se eri tornato e come stavi...- si giustificò Sanders imbarazzata. -E siamo felici che anche tu sia tornata...- disse rivolgendosi a Leshawna.
-Perchè sei qui? Avevi delle cose da riprendere e ora hai bisogno di un posto dove andare? Casa mia è disponibile!- si offrì MacArtur. Sanders si portò la mano al viso con fare nervoso.
-Eh...- non sapeva come tirarsi fuori dalla situazione ed Harold che si tratteneva dal ridere non la stava aiutando. -Oh Harold! Volevi dirmi qualcosa?-
-Eh?-
Leshawna lo trascinò lontano. -Posso dirle che siamo tornati insieme?- sussurrò tesa.
-Uh... Vuoi trovare un modo carino per non illuderla di avere speranze o vuoi semplicemente togliertela di torno nel modo più efficacie possibile?- sorrise leggermente. -Ok, ma non credo che mollerà l'osso.- la avvertì.

Il ragazzo era probabilmente di buon umore a causa della gatta recuperata, ma anche se la bugia fosse stata realtà, Leshawna non sarebbe stata stupita dall'atteggiamento divertito di Harold. Non era geloso se non sentiva in pericolo la relazione e che lei non era e non poteva essere interessata a quella donna rumorosa, era abbastanza chiaro.
MacArtur era abbattuta alla notizia, ma inorgoglita cercò di non nasconderlo.
-Mi spiace per il disturbo McGrady...- sospirò Sanders. -A volte lei è così...- disse guardando la collega davanti la porta.
-Tranquilla, non è un problema e... buona fortuna, sono certo che saprai cavartela.- il ragazzo le fece l'occhiolino. Sanders arrossì.
-Ah, è molto dura a volte! Ok, spesso!- si sfogò. -Eh... di nuovo congratulazioni, mi fa piacere per voi.- aveva l'impressione che Leshawna la stesse guardando male. “Starò impazzendo...” -Ok, arrivederci.- se ne andò dubbiosa.
-E' solo curiosità, non sono affari miei, ovviamente.- disse Leshawna il più rilassata possibile. -Ti piace Sanders? Beh, ha quattro anni in più di te,  non che la consideri pedofila...- “Approfittatrice di giovani giù di corda, maniaca e criminale!” -Hai la mia benedizione, sono solo... stupita!- sorrise tesa.
-Perchè ti da fastidio?- chiese Harold con sospetto.
-Ah, ma che dici...-
Il ragazzo, con aria preoccupata, le toccò le sopracciglia tese. “Questo sarebbe un bel problema...” pensò insicuro poi la guardò con biasimo “E, come se non bastasse, perchè è tanto ottusa?” sospirò. -Tu e la signorina MacArtur siete fatte l'una per l'altra! Avete due teste... A Sanders piace la collega, non le interesso io... e nemmeno lei interessa a me.-
-Ah...- realizzò Leshawna. -In effetti ha senso... ma allora perchè sembrate così carini fra voi?-
-Perchè è stata gentile... non stavo molto bene e visto che la collega girava qui attorno aspettando il tuo ritorno o informazioni per trovarti, l'ha notato e si è comportata cordialmente, tutto qua... E poi abbiamo entrambi pessimi gusti. Solo le ragazze etero possono fare comunella per le loro sventure amorose?- disse più leggero. -Non che sparlassimo davvero di voi... E comunque, non dovrai preoccuparti che mi interessi ad altre donne per un po'. Per questioni di... umore... la mia libido è praticamente inesistente e potrebbe rimanere così per qualche tempo.- spiegò con freddezza. -Beh, posso approfittare per favorire la meditazione. Magari raggiungerò una nuova consapevolezza...- sdrammatizzò. “Che la meditazione è inutile come tutto il resto...”
-Ok...- rispose dubbiosa.
“E poi pensa davvero che mi cercherei qualcun altro così in fretta?” pensò infastidito. -Ah, giusto... Non è che più tardi mi accompagneresti da mia sorella, per favore?- sorrise innocentemente.
“Dovrei costringerlo ad usare la macchina.” ma guardandolo si sentì in colpa. -Va bene.- “Beh, non sono granchè utile qui, suppongo che glielo devo...”
-Vorrei recuperare anche la mia batteria...- disse pensieroso.
-B-batteria?- balbettò Leshawna atterrita.
-Sì... mi sentivo teso, così me la sono portata dietro per sfogarmi un po'... spero che Riff non me l'abbia distrutta... o anche Celia potrebbe inciampare e danneggiarla...-
-Ok... Ma non ti porterai la testa con la batteria, vero?-
-Ma... ma hai sempre detto che non ti infastidiva... e che non era male come sottofondo... Mentivi anche quando dicevi che ti piaceva la tastiera? E la tuba?!-
-Ecco... per la batteria mentivo...- ammise. -La tastiera invece mi piaceva, ma per quanto riguarda la tuba... suona male se dico che speravo che avessi troppi problemi respiratori per uno strumento a fiato?- Harold rimase in silenzio guardandola di traverso.
-Tutta la nostra relazione... è stata una menzogna...- commentò risentito a bassa voce mentre si allontanava.

Poteva prendersi ancora un po' di tempo prima di accompagnare Harold. Una parte di lei sperava che si scordasse di chiederglielo.
“Non mi va di vedere Celia, non mi va di stare in macchina con lui... non mi va proprio di portare la macchina...” pensò stiracchiandosi sul divano.
-Wraho!- la chiamò Kunoichi.
-Eh... ciao.- “Penso che Harold mi abbia contagiata...” Non aveva avuto gatti o cani, non era abituata a parlarci ad alta voce.
-Wroooo!- la chiamò di nuovo avvicinandosi. Era insolito... ancora più insolito che le salisse sulle gambe.
-Ecco... non ho nulla da mangiare, vedi?- le mostrò le mani, ma la gatta continuava a fissarla intensamente annusando l'aria intorno a lei.
“E' da un po' che ci pensavo, ma ora è evidente... il tuo odore è cambiato! È molto, molto strano!” pensò Kunoichi irrequieta. “Che sia collegato al motivo di tutti quegli strani comportamenti e al fatto che hai lasciato questo luogo per un po'? Beh, però sei comoda! Non ci avevo fatto caso... E la tua temperatura sembra più alta, eh eh, che bello!” la gatta ne approfittò per sistemarsi comodamente sulle cosce della donna.
-Ah... Harold! Vieni che il gatto taroccato s'è sfasciato!- sentì la corsa frenetica e scoordinata del ragazzo.
-Cosa?! Che succede?!- esclamò entrando, poi fissandole trattenne il riso. -Pfff... mi fa piacere che vi siate mancate avvicenda...-
-Eh? A me sembra che voglia ottenere qualcosa...- guardò la gatta con sospetto.
“Kunoichi deve assorbire tutto il tuo calore corporeo... yeeyee...” pensò allegra Kunoichi. “No, aspetta! Non devo lasciarmi corrompere! La situazione è sospetta, perchè l'umana ha cambiato odore e temperatura? Sta avvenendo sicuramente qualcosa!” pensò rimanendo acciambellata.
-Non so se capisce che sei incinta, ma probabilmente percepisce i cambiamenti chimici tramite l'olfatto, per questo la incuriosisci...- “Anche se significherebbe che Kunoichi non è troppo recettiva ai cambiamenti di Leshawna. Se ne sarebbe dovuta rendere conto prima e davo per scontato che avesse già percepito qualcosa... Forse quando si tratta di lei è un po' stupida...” -Ma se questa cosa può avvicinarvi è un vantaggio. Malgrado le apparenza, i gatti sono molto bravi a dare sostegno emotivo. Sarebbe utile se diventaste più amichevoli fra voi.- Leshawna sembra parecchio scettica ogni volta che parlava di queste cose. -Dovresti porti in modo più rilassato con lei, per non trasmetterle il tuo nervosismo...- continuò pur accorgendosi che la ragazza lo fissava in modo sgradevole.
-Scusa, ma non credo nella stregoneria...-
-Non lo è! I gatti sono molto percettivi e realmente utili per... ah...- sapeva che era inutile, non riusciva a prenderlo sul serio in quei momenti. -Gradirei che non mi trattassi come se studiassi astrologia! Non sono un fattucchiere...-  
-Sembri mia madre in questi momenti...- osservò la ragazza. -Anche lei si innervosisce molto quando io e mio padre la prendiamo in giro, ripete “Sono laureata e tutti i miei alunni, anche i più indisciplinati mi ascoltano! Solo a voi due sembro una lavandaia!”- disse vagamente divertita.
-Te la ricordo solo per questo? Mi sembra una reazione normale... dovete proprio sfinirla a volte...-
-Era lei che si metteva in mezzo quando dovevo fare i compiti perchè aveva deciso di dovermi per forza aiutare. Credeva che insegnare lettere la rendesse un genio in tutto, quindi doveva farle capire che non era vero.- disse come se ostentasse superiorità.
-...Non deve essere stato facile avere a che fare con una mini-te.-
-Ma che dici, ero una bambina adorabile e tranquilla, solo crescendo mi sono rovinata...-
-L'autocritica non è da te per quanto sia una buona cosa...- sospirò -Non ti sei rovinata... anche se a volte sei davvero difficile.- sorrise leggermente.
-Eh... guarda che stavo chiaramente scherzando! E poi...- “Smettila di essere gentile. Siamo in conflitto, ricordi?” Era un irrazionale lamentarsi. Disgraziatamente, Harold aveva ragione. Se si fosse lasciato andare ad un comportamento più ostile, probabilmente si sarebbe sentita solo peggio, ma non le andava giù essere trattata con cautela a causa della sua condizione.
-Stavi dicendo qualcosa?- chiese il ragazzo.
-Nulla di importante...- “In realtà sei così da sempre... ma è strano vedere questo comportamento ritorto contro di me...” Harold tendeva ad affogare i rancori fin da quando erano a scuola.
Sapeva essere molto velenoso e mettersi sulla difensiva anche quando non serviva se si alzava col piede sbagliato o era nervoso. Ma quando era abbastanza lucido, tendeva ad essere tranquillo e amichevole anche con chi di norma teneva un atteggiamento aggressivo, violento o irrispettoso nei suoi confronti.
Era un comportamento che Leshawna aveva sempre odiato.

Più o meno sapeva i motivi che lo spingevano a evitare le tensioni, glielo aveva chiesto verso l'inizio del terzo anno a scuola, all'ultima ora, quando erano rimasti soli in classe.
-Eh? Con la salute che ho non posso permettermi di essere costantemente arrabbiato e di cattivo umore.- gli aveva risposto come fosse ovvio, ma vedendo l'espressione infastidita della sua interlocutrice continuò. -Se dovessi essere rancoroso verso chiunque mi tratti male, il mio organismo sarebbe continuamente stressato e le mie viscere non la prenderebbero tanto bene, aumenterebbero anche i miei mal di pancia da nervosismo... Ed è fastidioso dovermi sedere in posizioni strane per sentire meno dolore all'addome... Mi capita abbastanza spesso quando sono in classe, ma se lo dicessi ogni volta sembrerebbe una scusa per evitare lezioni e compiti...-
-Quindi è per quello che invece di stare seduto a volte ti incurvi in avanti a uovo e altre ti inclini all'indietro come se cercassi di stenderti?-
-Si nota molto, eh?- soffiò imbarazzato.
-La scuola non sembra molto salutare per te, dovresti fare più assenze!- consigliò scherzosamente, ammorbidita dalla sfiga del ragazzino, nonostante il fastidio iniziale.
-Attirerei di più l'attenzione... E poi...- era indeciso. Forse la ragazza l'avrebbe preso per pazzo. -Non ho il fisic du role giusto per potermi permettere un comportamento aggressivo. Se lo fa un ragazzo con un determinato carattere e aspetto può sembrare normale, addirittura fico se il ragazzo è carismatico e anche in alcune ragazze può sembrare forte, ma se mi comportassi così io, potrei essere visto come un potenziale serial killer o comunque un ragazzo problematico e disturbato... E le persone non smetterebbero di darmi fastidio perchè non incuterei abbastanza timore per scoraggiarle, anzi... potrei divertirli di più se cominciassi a fare l'isterico... potrei farli sentire più nel giusto quando si comportano male se reagissi male...- vide chiaramente il disgusto negli occhi della ragazza, o almeno ne fu convinto, e se una parte di lui era nel panico, l'altra si sentiva perversamente confortata dall'aver ottenuto una reazione conosciuta, ma fu la prima parte ad avere la meglio. -Non mi nascondo dietro delle scuse! Ho provato a reagire e gli altri hanno cominciato a vedermi come un ratto infetto... ho provato a parlarne con gli insegnanti, ma a nessuno a quanto pare importa e chiedere aiuto mi fa sembrare solo più debole!- “Perchè ci tengo a discolparmi? Io non ho fatto niente di male...”
-Calmino pulcino, calmino!- disse la ragazza facendo il segno del time out. -Ti credo... Quindi sta' calmo, ok?- Harold arrossì per l'imbarazzo e lei con quel sorriso rassicurante sembrava una persona matura, cosa che paradossalmente non lo calmava affatto.
“Magari sta mentendo...” pensò lui ancora in stato di allerta, ma decise di scacciare quel pensiero, tanto qualora fosse stato così, non poteva farci nulla. -Non ero arrabbiato con te, io stavo... Beh, niente...- sospirò guardando il pavimento. -Alla fine credo sia anche sbagliato aspettarsi che gli esseri umani siano gentili e coerenti, semplicemente non è nella nostra natura... Intendo... Per esempio ci sono persone stronze in gruppo che si lasciano trasportare facilmente da altri idioti che danno il cattivo esempio. Però alcune di quelle persone quando sono da sole e non hanno nessuno su cui far colpo prendendo in giro qualcuno, sono più tranquille, meno sceme... Credo sia giusto dare seconde possibilità alle persone se in quel momento sembrano più disponibili e non hanno l'aria di avere secondi fini. Forse conoscendo meglio le vittime delle loro idiozie si renderanno conto di aver commesso un errore.-
-Eh...- “Perchè passa dall'essere inquietante, all'essere spaventosamente ingenuo? Non ha vie di mezzo 'sto tipo?” -Meh... Ma che cretino devi essere per prendertela con qualcuno per fare il figo? Certi soggettoni non meritano alcuna considerazione!- stabilì determinata. Harold sembrava perplesso.
-Eh... guarda che un po' lo fai anche tu...-
-Che?!-
-E in generale, quando hai molte persone intorno diventi poco paziente e abbastanza disposta a liquidare chi consideri meno prendendolo in giro, facendo ridere il tuo gruppetto di amici.-
-Ok... forse può essere...- con quelle osservazioni l'aveva messa un po' in imbarazzo.
-Però posso anche dire che sai essere gentile e attenta alle persone a cui tieni...- aggiunse Harold.
-Non mi sembra comunque giusto fare finta di niente e comportarsi da amici con i pezzi di sterco... E mi spiace dirtelo caro, ma guarda che tu sei tipo una bomba ad orologeria! Passi da momenti di sottomissione ad altri di isteria casuale verso chi ti passa vicino! Forse se evitassi di reprimere la rabbia e sbranassi gli altri come Dio comanda...-
-Senti, conosco i miei difetti...- rispose infastidito. -E sto cercando di fare ciò che è meglio per me. Almeno quando sono in momenti in cui riesco a controllarmi, voglio cercare di essere affidabile...- deglutì. -Ma sono curioso! Hai altre incredibili soluzioni a cui io in tutti questi anni non sono arrivato?- fece una smorfia che sarebbe dovuta essere un sorriso per prenderla in giro... ma dava l'impressione di essere abbastanza disperato da sperare che lei avesse davvero una soluzione. -Scherzo, è un problema mio... ma credo di essere con le mani legate.- unì i polsi, forse istintivamente, forse come gesto teatrale, sospirando con un viso apparentemente più rilassato. -Forse avrei dovuto risponderti domani, preparandomi tutto un discorso meno strano... avrei potuto utilizzare una qualunque scusa per uscire dall'aula dicendo che ero di fretta. Essendo pendolare sarebbe stato abbastanza credibile... Eh... non so neanche perchè ti sto dicendo tutte queste cose... aiuto...- sorrise nervosamente, una volta che cominciava a parlare era difficile per lui fermarsi. Forse era davvero un ordigno instabile che perdeva parole ogni volta che lo si toccava, ma non arrivava mai a esplodere del tutto...
-Beh, non è un problema, anche se sembri un bel po' confuso...-
-Uhm... Però... Grazie per esserti preoccupata per me...- scandì le parole lentamente, non era sicuro di aver interpretato bene il motivo dell'interessamento di Leshawna e in quel momento non aveva abbastanza controllo su di sé per farle qualche battuta ammiccante. L'aveva preso alla sprovvista trattenendolo il aula ed ora si trovava esaurito dalle spiegazioni che le aveva dato.
-Prego? No, aspetta...- “E' un fraintendimento. Non ero preoccupata, è che col tuo modo di causarti problemi da solo è impossibile ignorarti... ok, forse gli altri ci riescono benissimo...” non era sicura di doversi giustificare. Era un ragazzino strano e difficile da capire per lei, ma a volte temeva di piacergli. “Ma se gli dicessi che non riesco a ignorare il disastro che è, penserebbe che mi preoccupo per lui, non smentirei un bel niente... Non è una bugia, sì, lui mi preoccupa... ma perchè è troppo fastidioso perchè riesca a non averlo in testa, non perchè mi piaccia...”
-Beh... Non sto andando da nessuna parte... Puoi tranquillamente dirmi... qualunque cosa volessi dirmi...- disse con abbastanza curiosità e aspettative.
-Ma no, puoi andartene!-
-...Mi stai cacciando?- la guardò confuso, poi si diresse fuori dall'aula.
-Eh, però volendo, se mi pagassi, potrei proteggerti, sai?- “Visto che ci sono, perchè no?”
-I-in che modo pagare una ragazza per farmi da guardia del corpo dovrebbe aiutarmi a non essere preso di mira? Ammiro la tua determinazione nel cercare di guadagnare da qualunque situazione, sai?- “Ma quindi stavi solo cercando di capire se ero abbastanza disperato da diventare una fonte di guadagno?! R-razza di...” -Ma non batto in strada, non ho bisogno di alcun protettore. Grazie comunque per il pensiero... Ora, con permesso...- accennò un inchino, un po' fuori luogo, e se ne andò offeso.


Angolo dell'autrice:

In ritardo di nuovo... e questa non è neanche l'unica storia da aggiornare!
Purtroppo ho periodi in cui mi blocco perchè non riesco a scrivere come vorrei...
MacArtur e Leshawna per certi aspetti le trovo simili, in Missione Cosmo Ridicola, la prima, mi era sembrata una versione maschiaccio(penso che Leshawna sia abbastanza femminile... cosa che mi sa non riesco proprio a far trasparire! E metterla in confronto con Harold forse non aiuta molto...) e comic relief di Leshawna e credo che la concorrente del primo cast potrebbe anche piacerle(ha delle qualità che MacArtur apprezzerebbe?) per questo l'ho inserita in questo modo. E voi che ne pensate?
In ogni caso, spero che vi sia piaciuto il capitolo e che continui a piacervi anche la storia.
Se vi fa piacere, fatemi sapere i vostri pensieri.
Alla prossima! (Sperando che sia un po' più presto!)

Nota:
-Il sovrappeso può rappresentare un problema sia per la salute della donna che per quella del nascituro. Può anche essere causa di complicazione durante il parto.
Non dovrebbe essere il periodo adatto in cui perdere peso, ma bisogna comunque tenere sotto controllo il peso che si guadagna, alimentarsi secondo determinate regole e rimanere attive facendosi guidare dal medico.

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Capitolo 7
*** Fobie e buon vicinato ***


La prima volta che Leshawna entrò nella stanza di Harold, fu perchè li avevano messi in coppia per un progetto scolastico.
A colpo d'occhio le risultò subito una vista strana. Fatta eccezione per una finestra al centro dell'ambiente, era tutto sistemato specularmente. Ai lati opposti della stanza c'erano due scrivanie, una con una pianta carnivora, l'altra con un formicaio sistemato sopra; due coppie di mensole con libri, quaderni e fumetti sistemati casualmente che potevano essere trovati anche sparsi per il resto della stanza; due cassettiere dall'aria vissuta e consumata e... due letti singoli...
-L'altro lato è di mia sorella.- spiegò Harold, notando l'aria perplessa della compagna. -Non toccarle nulla. Il disordine è solo apparente. Noi, ovviamente, sappiamo dove abbiamo sparpagliato le nostre cose e come ritrovarle.- disse il ragazzo a metà fra il solenne e lo scherzoso.
-Eh... non deve essere il massimo della privacy...- rispose perplessa.
-Basta che uno dei due vada in bagno quando bisogna cambiarsi i ve...-
-...Come si fa a masturbarsi?- osservò sovrappensiero la ragazza.
-Eventualmente... Beh... Non siamo sempre nella stessa stanza...- “Risposta sbagliata? Dovevo scherzarci su? O... dire che non erano affari suoi?” rimuginò disorientato.
-Scusa! Non so perchè l'ho detto ad alta voce, sul serio!- Leshawna rise, forse imbarazzata.
-Comunque, ormai lei spesso non è a casa. Inoltre siamo molto tranquilli e non ci siamo mai infastiditi o ostacolati fra noi. È come condividere la stanza con un fantasma! Beh... fin quando non rapisce le mie formiche per darle in pasto alla sua pianta carnivora...- sospirò. -Già... Devo trovare un posto per nascondere il mio formicaio...- la preoccupazione per le sue piccole coinquiline lo distrasse dalla tensione causata dalla presenza di Leshawna.
-E' più grande o più piccola?-
-Più grande, lei ha...- nella stanza entrò un nanetto pallido e lentigginoso dai capelli castano chiaro, lunghi con una frangetta che colpiva parzialmente gli occhi già nascosti da una grigia montatura di occhiali. -Ah, capiti a proposito! Leshawna, lei è la mia sorella Celia. Celia, lei è una mia compagna di classe.- con un sorriso teso, sperò che la sorella, anche ricollegando il nome, non dicesse alla ragazza che gli aveva parlato molto di lei.
Con uno sguardo da gufo, la nuova arrivata osservò i due ragazzi con curiosità e confusione. Fece un leggero cenno della mano e pronunciò un “Ciao” a voce. Poi andò a sedersi pacificamente sul suo letto.
Come le aveva detto Harold, Celia era una ragazza molto silenziosa e tranquilla, anche troppo. Passavano i giorni, per abitudine, per farsi aiutare con le materie e per cambiare aria, Leshawna si trovava lì abbastanza spesso, ma non era ancora capace di inquadrare il folletto. Forse sapeva che alla “sorellina” piacevano gli horror... o forse no, quando il portatile di Celia emetteva suoni inquietanti, urli e lamenti disperati, il viso della ragazza rimaneva completamente neutro, come se trovasse la visione poco interessante.
Col tempo, anche cominciando a uscire col ragazzo, divenne sempre più fastidioso per Leshawna non riuscire a capire la ragazza.
-Gwen è molto chiusa, tu sei strano forte, eppure vado più che d'accordo con entrambi... in teoria dovrei essere perfetta per fare simpatia ad una come tua sorella, non capisco perchè sembra far finta che io non esista.- borbottò un pomeriggio cercando di darsi un tono scherzoso.
-Ma no, non lo fa...Ti rivelerò una cosa...- le disse Harold con un saccente tono da maestrina. -Non per tutti parlare è naturale e divertente. Celia è di poche parole e le ci vuole molto per entrare in confidenza con qualcuno, quindi abbi pazienza, non è che non le piaci... pensandoci la sua socievolezza è anche migliorata molto crescendo...- alla fine si fece apprensivo e nostalgico.

Ci volle tempo, ma effettivamente i suoi rapporti con Celia divennero più naturali e in generale la donna sembrò diventare più socievole.
Ma Leshawna ora era molto irrequieta all'idea di rivederla. Avrebbe preferito che Harold avesse scordato di chiederle di accompagnarlo. Non aveva tutta questa voglia di uscire dalla macchina.
-Harold, sbrigati a prendere quella cavolo di brandina, io preferirei aspettarti qui.-
-Aspetta...- disse il pallidissimo ragazzo prendendo aria, nonostante il freddo aveva tenuto tutto il finestrino abbassato durante il tragitto.
-Ok, puoi prenderti il tempo che vuoi per riprenderti dalla nausea...- sospirò.
-Non sto così male!- dissimulò il ragazzo. -Tu invece stai bene? Come mai hai fretta di tornare a casa? Uscire dalla macchina ti farebbe bene...- cambiò discorso ansioso di evadere.
-Ma non è niente, è solo che non mi va di disturbare, già Celia non era entusiasta di vedermi l'ultima volta.- spiegò.
-Non devi sentirti a disagio, sono affari e decisioni mie, non di Celia. Se vogliamo collaborare la situazione è questa...-
-Figurati se ho paura della tua sorellina! Solo che oggi sono stanca...-
“Paura?”-Non era proprio quello che intendevo, ma ok... cercherò di metterci poco.- uscendo dalla macchina quasi cadde a terra. Leshawna uscì per controllare la situazione e lo trovò appoggiato alla macchina mentre fissava il mezzo con aria truce.
-Quando prenderò il controllo del mondo mi sbarazzerò di tutti i mezzi di trasporto forniti di motore...- sibilò inviperito. -In fondo cosa c'era di sbagliato negli asinelli? Potevi essere mezzo addormentato o ubriaco, ma loro ti riportavano a casa comunque... mica come quei presuntuosi dei cavalli!-
-Parli come mio nonno... e poi tutte le cacate d'asino chi le raccoglierebbe?-
-Nessun piano è perfetto.- sospirò  Harold cominciando a riprendersi. -Mal d'auto del cavolo... Come faccio a ridurmi così ogni volta?-
-Facciamo che ti accompagno.- disse Leshawna poggiandogli la mano sulla schiena. Il ragazzo perse l'equilibro nuovamente, ma per un attimo, Leshawna, ebbe l'impressione che si fosse buttato di lato. -Ma che ca...-
-Un mancamento, niente di grave!- precisò lui, frettolosamente. Leshawna gli offrì la mano, ma Harold sembrò ignorarla e si alzò da solo. -Bene, andiamo?- le disse stranamente agitato.

Come Leshawna temeva, i due fratelli si misero a parlare, anche se aveva l'impressione che Celia stesse cercando di esaminarlo nel mentre.
“Calma, non è mica in pericolo di vita, non te lo ammazzo.” come se potesse percepire i suoi pensieri, la piccola donna la raggelò con uno sguardo... non era aggressivo o particolarmente espressivo, solo freddo, come fosse in grado di farle impietrire la mano se fosse stata abbastanza imprudente da avvicinargliela.
Poi la reginetta delle nevi tornò a chiacchierare allegramente col fratellino come se niente fosse.
“E... Era un'allucinazione?” Leshawna si strofinò il braccio per mandare via la sensazione di gelo. “Ha nove anni più di noi... quindi... trentuno?!” Celia non era particolarmente graziosa o femminile, ma continuava ad essere difficile capirne l'età al volo.

Ricordò che rimase molto sorpresa la prima volta che realizzò la vera età di quella piccola presenza che stava spesso in casa con lei e Harold quando erano ancora al liceo.
Quel giorno Celia si era avvicinata al fratello con un sorriso furbetto mentre teneva le mani dietro la schiena.
-Cosa c'è?- le domandò Harold con sospetto.
-Guarda...- fece la ragazza mostrandogli una fotografia. Harold inizialmente sorrise, mentre Leshawna si sporse per guardare. -L'ho trovata dentro un libro, sembra passata un'eternità!-
Nella foto c'era un minuscolo Harold con l'aria infastidita e la faccia arrossata che fissava una ragazzina.
-Sembra che stia per mettersi a piangere...- si intromise Leshawna concentrandosi sulla figura del bambino. Harold sussultò ricordandosi della sua presenza.
-In tutte le foto dell'asilo e delle elementari è così.- precisò Celia.
-In tutte quelle in cui compaio con te... chissà come mai...- sbuffò Harold, nervoso.
-E tu diventi fastidioso quando c'è lei in giro...- commentò Celia, si accorse di aver detto la cosa sbagliata solo vedendo il viso impanicato del fratello. -Ah... Sono troppo vecchie per questi timori adolescenziali...- disse sovrappensiero facendo agitare ulteriormente il fratellino. Fortunatamente Leshawna pensava ad altro.
-Quindi l'altra nella foto sarebbe Celia da bam.... e-eh....- Leshawna si interruppe. Se Harold nell'immagine era palesemente un bambino dell'asilo, Celia sembrava avere almeno dodici anni. -Quindi sei vecchia!- esclamò Leshawna. Harold trattenne una risata sorpresa.
“Ti uccido!” probabilmente lo pensarono entrambe.
-Leshawna, guarda che...- prima che il ragazzo potesse aggiungere altro, Celia fece un gesto con la mano per fermarlo, comunicando silenziosamente che se ne sarebbe occupata da sola.
Si raccolse i capelli e tolse gli occhiali per mostrare meglio i suoi lineamenti da giovane donna uscita già da un po' dall'adolescenza.
-Guarda che avrei venticinque anni...- disse pacatamente.
-Ah... non mi dire... che bello...- pronunciò lentamente la ragazza, sgranando gli occhi. -Harold caro... ma precisarmelo, no? Credevo avesse due o tre anni più di noi!- disse infastidita.
-Beh, non pensavo potessi sbagliarti di così tanto.- lui scosse le spalle.
-Ma se è praticamente tascabile!-
-Uh?!- Celia andò di fronte la ragazza e si mise sulle punte riuscendo a malapena a raggiungerla.
-Non è solo una questione di altezza, hai le spalle così strette e magroline.- disse Leshawna tastandogliele con le mani. -Inoltre...- si accorse troppo tardi di starle toccando il petto appena accennato. Celia la guardò stranita, ma Harold strascinò Leshawna via dalla stanza.
-Sai, dovresti un po' evitare... beh, di mettere le mani addosso alle persone... L'ultima volta che ho visto Celia così arrabbiata avrò avuto tipo sei anni...- sospirò come se avessero scampato un grande pericolo.
-Quindi quella... era la sua faccia arrabbiata, eh?- “Cos'ha di diverso dalla sua faccia normale?!”
-Tranquilla, non è realmente suscettibile come sembra...- la rassicurò il ragazzo.
“Non ho la minima idea di come sia... dal suo tono e le sue espressioni non si capisce tantissimo...”
-Se continuerai a stare qui, sono sicuro che avrà tutto il tempo per fare anche lei la sua gaffe.-
-E già... mi spiace per il disturbo... ho... sai la mia casa è un disastro per la disinfestazione quindi...-
-Lo so, tranquilla...-

Detestava ripensare al debito che aveva avuto nei confronti del ragazzo... e ripensandoci era improbabile che Harold non si fosse accorto che era un'ennesima scusa quella che gli aveva rifilato.
Ma sembrava ingenuamente contento di aiutarla.
“E' sempre stato facilmente spennabile...” pensò con affetto e senso di colpa. Cercò di concentrarsi su qualcosa che non fosse Harold.  E i piccoli piedi che uscivano da sotto il tavolo facevano a caso suo.
-Quella... non sembra più rotonda del solito però...- disse a bassa voce il bambino nascosto. Apparentemente, parlava con un peluche a forma di tardigrado.
-Ciao Riff, non mi chiamo “Quella” e non è carino fare commenti sulla mia forma, sai?- sussurrò Leshawna abbassandosi sotto il tavolo.
Il bambino sussultò ed emise un flebile suono sorpreso. -Ciao...- disse timidamente. -Tu e Zio rimanete qui?-
-No, tranquillo, togliamo il disturbo tra poco.- il bambino la guardò deluso.
-Ma... qui c'è spazio per tutti... perchè non rimanete?- domando sbuffando.
-Beh, ognuno ha la sua casa, no?- “Forse avere qui Harold e Kunoichi gli piaceva... poverino... mi detesterà di sicuro, i bambini sono fatti così.” pensò intenerita. I bambini avevano sentimenti molto semplici e rassicuranti.
-Se cambiate idea sono qui...-
-Me ne ricorderò pulcino, tranquillo.-
-Ma il bambino c'è o no? La tua pancia non è a palla.- disse il bambino muovendole davanti la faccia il peluche tardigrado.
“Ma devi ricordarmelo anche tu?! Forse però non mi odia... me lo direbbe in faccia, che strano... o forse ero io una bambina strana?” -Prima o poi diventerà rotonda, non preoccuparti...-
-Quando?- chiese sospettoso.
“Mi stai rompendo, bambino, lo sai?”
-Leshawna, possiamo andarcene...- disse Harold. Sia l'ex che il nipote tirarono fuori la testa da sotto il tavolo. -Riff, ciao!-
-Zio, c'è abbastanza spazio qui sotto, puoi dormirci!-

Ritornati all'appartamento, nonostante il mal d'auto e il traffico per tirare fuori le cose dal bagagliaio e portarle su, Harold si era ripreso subito per sistemare la sua ritrovata brandina pieghevole.
“Quando gli conviene è attivo...” Osservò Leshawna.
La brandina, non sembrava il massimo della comodità, il materassino era poco meno sottile dei tappetini luridi della palestra malandata della loro scuola, ma Harold sembrava fin troppo felice.
-Finalmente potrò dormire da solo!- disse fra sé e sé molto sollevato e soddisfatto. “Niente più fonti di calore estranee... niente più mani non mie sopra il sottoscritto e invasioni dello spazio personale! Niente più strani discorsi nel sonno...” il ragazzo canticchiò, poi si accorse dell'occhiata apparentemente omicida di Leshawna. “Ma che ha?!”
-Senti Harold, e se ci dormissimo a turno finchè non sostituiamo il divano letto?- domandò la donna con malcelato fastidio. Il ragazzo si appoggiò alla brandina come se dovesse proteggerla.
-Eh, no... è mia! La romperesti...- Leshawna si fece più minacciosa. Harold continuò. -E considerando come ti muovi nel sonno, probabilmente con uno spazio così stretto a disposizione cascheresti...-
-Non ho tre anni!-
-No, ma è meglio non rischiare...- “Inoltre dovremmo cambiare le lenzuola un giorno sì e l'altro pure, in questo momento non voglio avvertire che un altro essere umano ha usato le mie coperte...”  Si rendeva conto di essere esagerato, ma in quel momento era per lui una questione di vitale importanza. -Perchè tutto questo interesse poi? Non posso avere cose mie?-
-Questo è il tuo appartamento... e anche il divano letto è tuo, insomma, non è che mi senta molto a mio agio se decidi spontaneamente di dormire su quella cosa, sai? Mi sento fastidiosamente in debito!- dichiarò irritata. “Perchè non fai minimamente caso a queste cose, eh cretino? Inoltre è davvero così importante dormire il più lontano possibile da me, che differenza ti fa?”
-...Hai una mentalità molto territoriale.- osservò il ragazzo.
-Ok, qualunque cosa tu intenda...-
-Ma è molto più pratico come dico io, tutto qua.- Harold sospirò. -E poi non posso considerarmi molto indipendente... non ci guadagno molto con le ripetizioni...- disse infastidito.
-Ripetizioni?-
-Sì, alla fine il proprietario del locale si è accorto delle mie perdite di equilibrio e delle mie vertigini, ho rischiato di rompere i piatti varie volte così... non posso più fare il cameriere, anche se non ci guadagnavo molto neanche con quello...-
-In realtà sapevo che avevi smesso di fare il cameriere.- “Lo davo per scontato più che altro... e quindi... sono davvero l'unica bloccata a non fare niente qui! Perfetto! Merda...” -Non sapevo che avessi trovato qualcos'altro da fare.-
-Eh già... per ora non ho trovato di meglio... sto dando ripetizioni al figlio del tizio che mi ha ceduto l'appartamento, non so se ricordi.-
-Ah... si... quello strano uomo di mezza età che ha passato un'oretta buona a parlare in modo nostalgico della sua giovinezza, senza nessun motivo, giusto? Non mi aspettavo avesse un figlio...- “Suppongo sia consolante, se c'è l'ha fatta lui... devo pensare positivo...” era un po' che cercava di pensare ad altri soggetti improbabili con dei figli, ma non funzionava molto. -Ma per le vertigini non hai trovato niente che ti aiutasse?-
Harold strinse le labbra. -Niente che funzionasse... cercherò ancora, farò altre visite...- disse vago. Leshawna avvertì una strana pesantezza nella sua voce.
-La verità è che ho avuto problemi con gli effetti collaterali del medicinale più forte che mi hanno dato... Per ora preferisco tenermi le vertigini e non provare altro...- confessò.
-Tranquillo, lo capisco...- rispose messa a disagio dall'umore nero del ragazzo. -Concentrati sulla laurea piuttosto...- “E poi ci sono io... che la triennale non la supererò... mai... Ah, suppongo di dover studiare almeno oggi per sentirmi meno in colpa...” -Comunque, che effetti collaterali hai avuto?-
-Non ti offendere, ma sono affari privati.- si mise immediatamente sulla difensiva. Leshawna lo trovò strano.
-Non c'è niente di cui vergognarti, non sono cose che dipendono da te, no? Semmai la colpa è di chi ti ha dato quei medicinali. Alcuni dovrebbero semplicemente cambiare mestiere!-
-In realtà quei medicinali vanno bene per altri pazienti... in questo il mio organismo a non reagire nel modo giusto...- la corresse Harold.
“Stavo cercando di sostenerti se non te ne fossi accorto, non c'era bisogno di fare il precisino...” pensò infastidita.

Era una strana sensazione nostalgica trovarsi entrambi seduti al tavolo a studiare.
-Hai bisogno di una mano?- chiese Harold.
-Chi ti ha chiesto niente? Pensa alle tue cose e smettila di fare il maestrino...- rispose Leshawna infastidita.
-Mi fissavi, credevo volessi chiedermi qualcosa...- nel mentre, i vicini al piano di sopra stavano apparentemente litigando a giudicare dai rumori. Per Leshawna che c'era abituata non rappresentavano una forma distrazione, Harold che aveva vissuto in una zona più tranquilla, invece sembrava piuttosto disturbato dal rumore.
-Vuoi che vada a dirgli qualcosa?- si offrì Leshawna.
-Eh?- “Sembra molto compiaciuta dal sentirsi utile...” non riuscì a fare a meno di studiarla. -No grazie... Se siamo tolleranti noi loro, loro dovranno stare zitti quando ci sarà un neonato a emettere stridii tutto il giorno, regole del buon vicinato.- liquidò la questione. Leshawna sembrava di nuovo arrabbiata. “E' perchè ho parlato di neonati?”
-Perchè sempre questo atteggiamento accomodante del cazzo?!- sbuffò Leshawna alzandosi.
-Leshawna, le vicine hanno già i loro problemi familiari, non mi va di intromettermi e causarne altri.- disse Harold con tono serio.
-Oh...- Leshawna era ancora un po' infastidita. -Certo che sei molto socievole quando si tratta di altre persone problematiche...-
-Beh, a volte la solidarietà è necessaria...- scosse le spalle e tornò ai libri.
-Però, le vicine si sono trasferite mentre eri via, questi sono nuovi...- ricordò Leshawna impensierita.
-Ah...- Harold si sentì irrequieto, ma chiunque abitasse l'appartamento di sopra si era calmato. -In ogni caso, non era nulla di cui preoccuparsi, visto?- ma i rumori ricominciarono più forti di prima, con l'aggiunta di suoni di oggetti che cadevano violentemente sul pavimento fracassandosi.
I due si scambiarono un'occhiata allarmata.
-Ok... forse è il caso di chiamare la polizia... meglio essere esagerati che trovarsi feriti o peggio sulla coscienza.- disse Harold. Leshawna aprì la cassettiera e ne estrasse la pistola del padre.
-Già... io nel frattempo vado a controllare la situazione...-
-Sei impazzita?!- Harold scattò in piedi e la seguì nell'ascensore. -Aspetta! Presentandosi con una pistola, nel caso pure l'altra persona ne abbia una significa farsi sparare addosso!-
-Sempre meglio che senza e poi in caso sparerò sicuramente prima...-
-Non potrai decidere lucidamente se farlo o meno!- la interruppe agitato. -Visto! Ti stanno pure tremando le mani!-
-E' colpa tua che mi innervosisci! Ora silenzio o avvertiranno la nostra presenza...- nel mentre che discutevano, con disapprovazione di Harold, erano arrivati davanti la porta dei vicini, era socchiusa. “Perchè non chiudono mai a chiave, brutti imbecilli!” pensò Leshawna irritata.
“Come ci sono finito in questa situazione?” Harold non le toglieva gli occhi di dosso un attimo mentre controllava il proprio respiro.
Entrando silenziosamente, si trovarono di fronte una situazione inaspettata. Sopra i fornelli spenti stava rannicchiata una figura femminile che dava loro le spalle e allungando la mano prendeva i piatti dal mobile sopra di lei per tirarli a terra. In piedi sul tavolo invece c'era un uomo pallido e massiccio all'incirca della loro età che aveva apparentemente finito gli oggetti da lanciare.
-Cosa diavolo sta succedendo qui?!- si chiese Harold a voce alta. Vide un oggetto animato scuro e peloso, grosso all'incirca quanto la sua mano che sgambettava allegramente sul pavimento. -Oh... capisc...- un proiettile colpì in pieno il povero aracnide. Harold per sicurezza afferrò il braccio armato e tremante dell'omicida accanto a lui e lo tenne giù. -Leshawna?- provò a richiamarla sotto voce, ma la donna sussurrava maledizioni incomprensibili fissando la carcassa. Irrigidita per lo spavento gli piantò la mano libera sulla schiena e si aggrappò a lui. Harold deglutì disturbato.
-McGrady... e...- non ricordava il cognome dell'altra pur riconoscendola. -Leshawna?- disse con voce tesa la vicina accorgendosi finalmente della loro presenza.
-Courtney?!- esclamò Harold preoccupato.
-Beh! Grande mira!- disse l'uomo sul tavolo complimentandosi. -Ora... ci sarebbe in giro anche un grosso serpente... non è che per caso...-
Harold percependo nuovamente l'istinto omicida di Leshawna, rafforzò dovette rafforzare la presa sul braccio della donna. -Tarantole e serpenti... che diamine sta succedendo qui?!- esclamò esasperato.
-Dillo al ragazzino dell'appartamento accanto! Sono sicura che è colpa di quel piccolo psicolabile con i suoi improbabili animaletti!- spiegò Courtney furiosa.
-A-ah... quindi il ragno aveva pure famiglia...- sussurrò Harold nervosamente. -Potremmo evitare altra violenza sugli animali gratuita per oggi?!- avvertendo qualcosa di strano sui piedi guardò verso il basso e vide strisciare un piccolo pitone. Il ragazzo rimase immobile aspettando che l'animale passasse oltre, troppo esausto ed esaspero per sentirsi in pericolo. Leshawna fece lo stesso ancora irrigidita per la paura irrazionale del ragno.
Quando il serpente superò il breve ingresso e si ritrovò fuori, la tensione nella stanza diminuì un po', a parte per Leshawna che rimaneva in stato di allerta guardandosi intorno e Harold non era troppo contento di ritrovarsela appiccicata anche se non se la sentiva di lasciarle il braccio...
-Pitty! Ecco dov'eri finito!- all'esterno videro una ragazzino bassino e paffuto con una strana capigliatura viola a scodella che corse incontro all'animale. Poi il ragazzo guardò verso di loro, Courtney in particolare aveva un'espressione molto minacciosa.
-Eh... Buona sera, vicini cari...- disse il ragazzo confuso.
-Sera...- Harold rispose un po' perplesso a quello che gli sembrava un adolescente.
-Muori...- disse l'altro ragazzo scendendo dal tavolo.
-...Dissolviti!- sibilò Courtney.
-Odio i ragni...- mormorò Leshawna non prestandogli troppo attenzione.
-Se ti sei ripresa, non è che smetteresti di tirarmi la felpa, per favore?- bisbigliò Harold non ottenendo risposte mentre il ragazzino e il pitone si allontanarono il più velocemente possibile.
-Voi due...- cominciò Courtney minacciosa fissando la pistola.
-Grazie dell'aiuto, io sono Scott, quindi voi vi conoscete già?-  disse l'uomo con tono calmo e gioviale. Courtney lo fulminò con lo sguardo, poi provò a continuare.
-Cosa vi è saltato in mente di fare irruzione ar...-
-Me ne sarei occupato io ovviamente, ho un'ottima mira!- Scott la interruppe di nuovo tirando fuori un fucile. -Ma ho i proiettili nell'altra stanza così...- si giustificò.
-Ok... Credevo di trovarmi in Canada, perchè stanno tutti tirando fuori delle armi?- bisbigliò Harold.
Vedendo il fucile, i muscoli di Leshawna si contrassero di nuovo, ma Harold continuava a bloccarle il braccio per sicurezza. Come se ne prendesse finalmente coscienza lo guardò storto.
-Ma credi che possa mettermi a sparare all'impazzata?- domandò a bassa voce, ma con astio avvicinando la testa all'orecchio del ragazzo. Harold non sapeva cosa rispondere ma la mollò, lui e Courtney erano tesi come corde di violino, Leshawna era in uno stato dall'allarme anomalo. L'unico a non riuscire a leggere l'atmosfera era Scott, tranquillo come se due estranei che entrano con una pistola fosse una situazione di tutti i giorni che stava blaterando qualcosa di incoerente...
-Sai, forse dovremmo organizzare delle ronde per sorvegliare il vicinato, la città mi mette abbastanza a disagio, così tanti esseri umani tutti vicini... dovremmo conoscerci meglio e organizzarci per difenderci! Ma in questo edificio sembrano esserci sopratutto vecchiette e tizi strani...- continuò Scott.
-Eh... scusa ma non mi fido nel formare una ronda con degli sconosciuti... e sai, le persone con le armi spesso sono strane, ed esaltate, senza offesa!- rifiutò tesa, la donna con la pistola.
-Peccato... però potresti avere ragione, ci sono certi squilibrati!- annuì l'altro grattandosi la tempia con la canna del fucile mentre Courtney e Harold guardavano increduli la scenetta.
-Magari è il caso di separare questi due incivili, eh?- suggerì Courtney stringendo i denti.
Harold annuì sorpreso dal trovare un punto di incontro con quella ex compagna di classe.
-Comunque... la porta era aperta...-
-Lo so, speravamo che quegli animalacci uscissero...-
-E siamo venuti perchè eravamo preoccupati per i rumori, pensavamo stesse avvenendo un crimine o qualcosa del genere...-
-L'avevo capito, altrimenti non saresti intero... Eh, probabilmente la situazione ci è sfuggita di mano...- Cortney sospirò guardando i piatti e i bicchieri rotti sacrificati inutilmente visto che non avevano nemmeno sfiorato gli animali. -E' una fortuna che Maya abbia il sonno così pensante... povera bambina potevamo traumatizzarla...- disse preoccupata.
-A-ah... sembra strano, forse dovreste farla controllare, ma congratulazioni! Non pensavo che...-
-Grazie.- lo interruppe. -Leshawna ha il porto d'armi?- chiese subdolamente.
-E Scott?- ribattè Harold sulla difensiva.
-Non è del suo fucile quella pallottola, ma visto che mi sento buona, facciamo che ve ne andate e non ne riparliamo più...- Harold annuì e i due separarono Leshawna e Scott intenti a parlare, uno con dei modi tranquilli e divertiti, l'altra disorientata dallo strano ragazzo e stanca per la situazione anomala vissuta negli ultimi minuti.

“Un tempo ero più resistente?” si chiese Leshawna rientrando nell'appartamento, si sentiva molto strana.
Con le mani che tremavano, afferrò i polsi del ragazzo e poggiò la propria fronte alla base del collo dell'altro respirando con pesantezza.
-E-ehi... cosa?-


Angolo dell'autrice:

Bene... eccomi nuovamente in ritardo!
Impegni a parte, non mi sento molto a mio agio con la mia scrittura in questo periodo... e c'è anche un'altra storia che devo aggiornare da un pezzo, ma con il capitolo che sto scrivendo mi sono bloccata, c'è la farò mai?!
Sarà anche a causa di ciò che ho letto e guardato ultimamente, ma mi piace non gestire la storia in modo troppo lineare da un punto di vista cronologico... ma spero che i vari flashback funzionino...
In ogni caso, spero che il capitolo vi sia piaciuto e grazie mille per la lettura! Spero di andare più spedita... ma ho esami da dare...
Sì, so che Scott e Courtney come coppia canon non hanno futuro (e probabilmente neanche Harold e Leshawna, ma va beh!) e che sono stati gestiti malissimo in All Stars(e probabilmente anche nelle mie storie!) ma continua ad essere la mia ship preferita sia di Courtney che di Scott e una delle pochissime cose che ho apprezzato di All Stars...
Sapevate che in teoria sono state annunciate due nuove stagioni?(Non parlo dell'asilo) Anche se ho apprezzato molto Missione Cosmo Ridicola, ho paura di qualcosa tipo All Stars(o anche Pakitew...) ma vedremo, la speranza è l'ultima a morire!
Grazie dell'attenzione e alla prossima.

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Capitolo 8
*** Proiettili e complessi ***


Era inquietato dal comportamento di Leshawna, ma prima di farlo andare nel panico, il cervello di Harold aveva deciso di concedergli del tempo per identificare le ragioni della ragazza.
Forse sospirava minacciosamente e si stava appoggiando a lui perchè si sentiva male e gli teneva i polsi perchè... perchè temendo di perdere l'equilibrio doveva afferrare qualcosa?
-Ti senti male? Sapresti dirmi con esattezza cos'hai?- domandò con una falsa calma innaturale. Provò a muoversi verso una sedia per far sedere la ragazza, ma nonostante la presa di lei fosse tremante, non riusciva né a smuoverla, né a farsi mollare.
-Ho caldo... e freddo... e ho fatto una figura di merda...- mormorò irritata.
-Ti converrebbe sederti...- era come parlare al muro.
-E c'è un ragazzino al piano di sopra che alleva grossi ragni e serpenti...-
-Leshawna... d-davvero...- “Lasciami...”
-L'ho già detto che ho fatto una figura di merda? Perchè ho fatto una figura di merda?-
-Ah... direi che il tuo cervello ha erroneamente interpretato quell'aracnide come una grande minaccia... una minaccia tanto importante da portare il tuo sistema nervoso simpatico a preparare il corpo ad uno scontro o una fuga aumentando pressione arteriosa, battito cardiaco e respirazione...- “Ironico che debba spiegartelo in questo momento che sei tu il mio ragno...” -E a quanto vedo sei ancora in stato di allerta... dovresti sederti... bere un bicchiere d'acqua e...- “...Mollarmi!”
-C-così sembro scema!- esclamò frustrata.
“Lasciami...”-Sono processi involontari, l'ho spiegato in quel modo proprio perchè cercavo di togliere la componente emotiva e farti vedere la cosa da un punto di vista più freddo...- “Calmo, è spaventata... imbarazzata, non è una minaccia per la nostra esistenza, è il nostro sistema nervoso a star facendo confusione... Calmo...” cercò di autoconvincersi e ignorare la vicinanza della ragazza.
-Dai, non è successo nulla di troppo grave.- “Hai solo sparato in casa d'altri...” -Al massimo sarà uno strano aneddoto, magari una fonte di frecciatine per le prossime riunioni di condominio.-
-Dio...-
-Riunioni a cui andrò io.-
-Un aneddoto, eh? Ma se mi hai trattata come una criminale!- nonostante l'espressione e il tono frustrato non sembrava minacciosa nei sui confronti.
“Perfetto, a furia di percepirla a prescindere come un pericolo, non riesco più a distinguere quando è aggressiva o meno! Molto utile cervello...” gli mollò i polsi. “Ah... Libero...” per un attimo si sentì in colpa, poi la donna decise di abbracciarlo.
“Smettila di toccarmi! Vattene! Non voglio più vederti! Toglimi le mani di dosso!” -C-che fai?- disse impanicato.
-...Non lo so.- confessò stranita, ma perlomeno lei sembrava stare meglio. -Hai la tachicardia...- si staccò da lui e lo guardò con più attenzione. -E non hai una bella cera! Ma stai bene?-
-No!- reagì istintivamente. “E te ne accorgi ora?!” -Volevo dire...- sospirò esasperato “Non volevo che se ne accorgesse... Non ha senso che me ne lamenti adesso... Si? Si...” -Ah... Mi gira la testa!-
-Siediti, ti prendo dell'acqua...-
-...Ma è uno scherzo?- disse fra sé e sé sottovoce “Perchè la situazione si è capovolta così?” la guardò con sospetto, si chiedeva se aveva capito di essere la causa del suo malessere e se era per quello che improvvisamente si mostrava preoccupata e gentile. “Beh... essere gentile non è anomalo da parte sua...” ma non riusciva ad abbassare la guardia.
E anche lei quando gli porse il bicchiere sembrava abbastanza guardinga. Per un attimo Harold ebbe l'irrazionale sentore che l'acqua fosse avvelenata. Ma bevve comunque... Era più irrequieto per il coltello che la ragazza teneva in mano... Glielo indicò...
-Te l'ho levato dalla tasca.- gli rispose.
-Oh... avevo dimenticato di averlo con me...- “Aspe'... Perchè mi hai toccata la tasca dei pantaloni?!”
-Meno male che mi hai fatto la predica per la pistola.- disse tenendo le braccia conserte.
-Con un coltello è più difficile uccidere o ferire qualcuno con leggerezza o per sbaglio... devi rifletterci per forza.- si giustificò Harold.
-Ma proprio per questo può essere inutile. Tu riusciresti ad affondare un coltello in un essere vivente? Anche solo per ferirlo... Non è così semplice come sembra, sai?-
-Tu ci hai mai provato?- le chiese. Leshawna inizialmente rimase in silenzio.
-Secondo te?- gli domandò con aria infastidita. -Tanto sono pericolosa, no?-
-No, non ti considero pericolosa per chi non è un ragno.- “O per chi non è il sottoscritto... o per Heather...” sospirò. -Avrei sentito il bisogno di bloccare qualunque persona armata che non fosse addestrata, indipendentemente dal fatto che possa o meno considerarla pericolosa. Sul serio, non era niente di personale.- “Bugia, dato il tuo stato di allerta, avevo paura che ti convincessi di vedere altre cose muoversi sul pavimento e che cercassi di colpirle facendo altro rumore e magari allarmando qualcuno... inoltre odio i rumori forti...”
-Non me la sono presa per quello... E se la pistola, l'avessi avuta tu, avrei fatto lo stesso probabilmente...- ammise la ragazza, ancora con qualche riserva.
-Allora perchè il discorso sul trattarti come una criminale?- “E in effetti, cosa può fregartene della mia opinione?” -Tranquilla, anche a quei due probabilmente sembravi semplicemente scossa...- credette di aver capito. -Un po' ridicola anche... e il fatto che fossi appiccicata a me in quel modo avrà contribuito a farti apparire molto più buffa e spaventata che realmente minacciosa.- sorrise leggermente divertito, anche se non era un'esperienza che voleva rivivere.
-Questo... questo non mi aiuta per niente, sai?-
-Meglio sembrare patetici che potenziali assassini...-
-Chissà perchè, non mi stupisce che la pensi così...-
-Cosa vorresti dir...-
-Ma non era neanche questo il problema più grosso! Ad avermi dato più fastidio del resto è che... Sono io ad essere diventata fisicamente e mentalmente inutile o sei tu a nascondermi qualcosa? Da quando sei in grado di tenermi il braccio bloccato?!-
-...Eh?-
-Beh, come ti sentiresti se credendo di conoscere la mia incompatibilità con la bici, scoprissi che ho vinto delle gare di corsa in bicicletta? Ti sentiresti un po' tradito, no?-  “...o è davvero il mio corpo ad avere qualcosa che non va?” si chiese preoccupata.
-Mi sentirei più tradito se scoprissi che mi nascondi un conto in banca segreto... o un'altra famiglia con un altro bambino... ma anche saperti vincitrice del Tour de France mi lascerebbe molto stranito, sì...-
-Per carità, un'altra famiglia!- “Un'altra? ...Siamo una famiglia?”
-Comunque, ho imparato a bloccare le persone a causa di mia sorella. Si è spaventata perchè in pronto soccorso un paziente instabile ha storpiato un infermiere, così ha preso lezioni di auto difesa e ha sfruttato me e Arthur per allenarsi, ma solo a bloccarci visto che voleva essere sicura di non rischiare di farci male...- Leshawna sembrava distratta. “Ehi! Ascoltami quando ti rispondo almeno!” -Ehi...-
-Il microbo? Far male a qualcuno?- rimuginò. -...Ma anche per riuscire a bloccare una persona normo-alta come dovrebbe...? Vi abbraccia le gambe sperando di farvi perdere l'equilibrio?-
“A volte mi chiedo se hai un disturbo dell'attenzione...”
-Capisco.- sembrò più tranquilla. -Certo che apprendi molto facilmente anche solo osservando... sei bravo...-
-Grazie...- si sentiva un po' disorientato.
-Ma sono brava anche io. Hai visto che ho beccato il ragno al primo colpo? E tu che ti preoccupavi! Avrei salvato delle vite se si fosse davvero trattato di un malintenzionato.-
-E se mia nonna avesse le ruote sarebbe una carriola...- sospirò. -Però sì, hai una buona mira.- le sorrise leggermente. “No, non è il momento giusto per permetterle di montarsi la testa con dei complimenti!” -Col cavolo! Se non avessi avuto le lenti a contatto voglio vedere cosa pigliavi! E conoscendoti neanche ti ricordavi di star portando le lenti... Ma almeno... suppongo che tu ti sia allenata per sparare. Ti ho sottovalutata! Ammetto che credevo avessi preso la pistola senza neanche saperla usare...-
-Mi ha insegnato mio padre.- spiegò finito di lanciargli un'occhiataccia.
-...Tipica attività padre e figlia? Al massimo mia madre mi ha insegnato a tirare freccette.-
-Beh, mi ha insegnato anche cose più normali, tipo pescare... gli sarebbe piaciuto anche insegnarmi qualche sport se ne fosse stato capace. Dei suoi amici d'infanzia mi hanno raccontato che la prima e ultima volta che l'hanno invitato a giocare a calcio, ha tentato tre autogol di cui uno è pure riuscito.- raccontò con leggerezza. -Comunque non sapevo ti piacesse giocare a freccette.-
-Uh...- Harold non rispose.
-Visto che tuo padre non ti ha insegnato a sparare, magari posso farlo io! Non che me ne freghi granchè delle armi come passatempo... Però...- nonostante il debole tentativo di dissimulare sembrava particolarmente interessata.
“Le piace insegnare...” constatò. Non ne era particolarmente sorpreso.
Quando andavano a scuola, aveva lasciato che gli insegnasse come dare un pugno.
Si era lasciato docilmente manipolare il braccio e le dita perchè lei potesse spiegargli come danneggiare meglio il ricevente e meno sé stesso, ma in tutto questo, Harold sapeva già farlo da solo. Sapeva anche dare calci molto meglio della ragazza... Ma, non gliel'aveva fatto presente e l'aveva lasciata fare perchè... Perchè?
Un po' era per farsi perdonare dei suoi comportamenti saccenti. “Ma è anche più semplice di così... A lei faceva piacere insegnarmi, così non ho detto nulla e ho assecondato la sua aspettativa... Ah... Questa mia tendenza ad assecondare i desideri altrui mi ha dato più problemi che altro e l'ho sempre avuta... Non volevo neanche imparare a giocare a freccette! Non mi ha mai divertito! Ma, mia madre vedendo che osservavo mentre giocava pensò che mi interessasse e visto che non aveva mai molto tempo per me, accettai...”
-Leshawna, guarda che io ho giocato a paintball qualche volta.- “E tu dovresti saperlo quindi perchè credi di dovermi insegnare a mirare?” pensò innervosito. “Ma dovevi anche sapere che non ero incapace di dare un pugno... perchè mi sottovaluti sistematicamente?!” -So anche usare e costruire una balestra!-
-Non penso sia proprio la stessa cosa...- rimuginò. -Ma ok, peccato.- scosse le spalle con aria pacifica.
-Sei sicura di non vederlo anche come un potenziale passatempo? Sembravi abbastanza divertita all'idea di insegnarmi?- a volte aveva l'impressione che tendesse a nascondere ciò che le piaceva se non si trattava di cose ben viste dagli altri, ma forse il problema era usare sé stesso come metro di paragone. Rispetto a lui, un po' chiunque sembrava interessato a nascondere qualunque cosa potesse sembrare potenzialmente strana e imbarazzante.
-Non sono una fanatica delle armi né niente del genere. Al massimo posso trovare utile saperle usare, niente di più.- ribadì. -Ma ho ripensato ad alcuni ricordi d'infanzia... infondo era divertente andare in campagna e fare a gara con mio padre e i miei zii per chi centrava più lattine... tutto qua.- disse tranquilla.
-Ah...- per quanto poco gli interessassero le freccette, anche per lui, in fondo competere con sua madre e avere qualcosa da condividere non era così brutto come ricordava pochi minuti prima.
-Comunque, penso che sarai un buon genitore.- rassicurò Leshawna ammorbidendosi. -Senti il bisogno di trasmettere e condividere le tue conoscenze. È quello che un adulto dovrebbe fare.- “Ed è tutto ciò che deve interessarmi di te ora.” non gli piaceva quella sensazione gelida, ma non poteva ragionare diversamente.
Si accorse che Leshawna sembrava un po' turbata. “Questo è un cattivo segno invece.”
-Sai, mi hai ricordato che non odiavo le freccette.- provò a cambiare discorso, non pensava fosse la cosa giusta, ma non aveva idea di cosa dirle in quel momento. -Anche se ci ho messo anni per riuscire a far incastrare la punta della freccia nel bersaglio.- ammise.
Nonostante pensasse di essere ormai totalmente disinteressato, era stata una sorpresa molto piacevole quando la freccia per la prima volta non era caduta sul pavimento. Si rendeva conto di star crescendo, che le sue capacità cambiavano di conseguenza ed era una consapevolezza a suo modo entusiasmante. Si sentì abbastanza infastidito quando sua madre reagì con un divertito “Era anche ora!”
-Prima dei dodici anni non ero abbastanza forte... Per capire dove avevo colpito e calcolare i punti dovevo intingere di vernice la punta della freccia.- “Forse anche per questo avevo sentimenti contrastanti sulle freccette... erano il promemoria della mia inadeguatezza...”
-Eh... Harold...- Leshawna sembrava perplessa per qualche motivo. -Forse dodici anni sono un po' troppi per sviluppare la forza necessaria a far rimanere la freccetta attaccata al bersaglio...-
-Beh, questo potevi risparmiartelo... forse sei tu ad essere eccessivamente forte, ci hai mai pensato?- “Bugia... conosco il mio corpo.”
-Non era questa la cosa strana... quanti anni avevi quando tua madre ha cominciato a insegnati a giocare?- continuò la ragazza.
-Uh... forse cinque... non ricordo se andavo ancora all'asilo...-
-Ah... cinque...- ripetè pensierosa.
-Sì...- i due si scambiarono un'occhiata perplessa. “Aspetta... è... è normale dare a un bambino di cinque anni delle freccette appuntite?” si chiese confuso, si rese conto che non ne aveva idea. “Mamma non tradirmi, sei l'unico esempio di genitore che ho!” -Leshawna, cinque anni è un'età normale per giocare a freccette?- le domandò speranzoso di ricevere una risposta affidabile e normale. Ma Leshawna aveva l'aria di un'alunna che sorpresa in un momento di distrazione, aveva ricevuto dall'insegnate una domanda che sperava di non ricevere. “Ok, forse non posso più contare su Leshawna come parametro di normalità... Siamo rovinati!”
-Eh...- Leshawna aveva finalmente aperto bocca... e avrebbe preferito non essere guardata da Harold con così tante aspettative. -Beh, ricordo che quando ero molto piccola mia nonna non aveva problemi a darmi degli aghi... mi permettevano di tagliare con dei coltelli non di plastica... e non ricordo di aver mai usato forbici con le punte arrotondate quindi...-
-Ah, neanche io ho usato mai forbici con la punta arrotondata.- “Mia madre mi regalò delle forbici da chirurgo quando avevo sette anni... erano pesanti... e più lunghe della mia testa... Mamma, ma che cazzo!?”
-Suppongo che la sicurezza dipenda da quant'è tranquillo il bambino...- concluse Leshawna un po' incerta.
-E come si calcola?!- chiese Harold agitato.
-E... con l'osservazione?- per Harold era comunque una risposta troppo vaga. -Senti gioia, non credo che arriveremo ad una conclusione decente ora e abbiamo abbastanza tempo per pensarci, ok?-
-Hai ragione, hai ragione...- Harold riprese il controllo. -...Tuo padre quando ha cominciato a farti usare la pistola?-
-Tranquillo, avevo già dodici anni.- disse fiduciosa.
-Ok...- “Sorellina... sei appena diventata il mio principale modello genitoriale! Mi assicurerò di studiarla molto più attentamente la prossima volta che la vedo...” pianificò Harold.

La notte Harold si sistemò tranquillamente sulla brandina che aveva sistemato in cucina. Leshawna aveva ancora dei sentimenti contrastanti a riguardo ma cercò di non farlo trasparire e provocare strani viaggi mentali nella testa già confusionaria di Harold.
Kunoichi si guardò intorno disorientata dalla nuova ripartizione del territorio. Dipendeva da un litigio? Chi dei due umani aveva vinto? Essere tenuta all'oscuro era fastidioso...
Di norma avrebbe dormito sul divano letto... ma dormire dove c'era solo Leshawna sarebbe stato strano nonostante l'umana avesse cominciato a suscitare il suo interesse. Com'era prevedibile, alla fine decise di sistemarsi sulle gambe del ragazzo.
Leshawna provò a leggere sul letto, non era da lei e le ricordava fastidiosamente il ragazzo nell'altra stanza quest'abitudine, ma non riusciva a prendere sonno. Aveva molti pensieri fastidiosi in testa e si sentiva osservata in un certo senso...
“Ah, ci mancavano solo le oscure presenze!” si prese in giro, non aveva mai creduto a niente del genere e aveva sempre allegramente preso in giro chiunque avesse tirato fuori argomenti di quel tipo. La sensazione svanì, ma si ripresentò proprio quando stava per prendere sonno... si girò a guardare la porta che non ricordava di aver lasciato socchiusa pensando che magari poteva esserci Kunoichi a spingerla.
Ma mentre la porta avanzava verso l'interno della camera, si rese conto che filtrava luce dietro di essa e le permetteva di identificare una piccola sagoma che si sporgeva di poco...  ne era certa, c'era una bambina piccola che la stava osservando con attenzione...
Le due si studiarono per qualche secondo, poi la bambina corse via, non ne sentì i passi e anche la luce presente fino a qualche istante prima svanì.
Ancora presa dai brividi, Leshawna si precipitò in cucina cercando in giro con l'ausilio della torcia del telefono qualcosa che sapeva non avrebbe trovato, ma non si sarebbe data pace se prima non fosse riuscita ad accertarsi che davvero non c'era nessun intruso.
-Wraaaa... Wrao?- le venne domandato.
Non riconoscendo la voce, Leshawna, ebbe un sussulto e il telefono le cadde. -Ah Kunoichi...- realizzò. -Harold, sono solo io.- disse preventivamente. Nonostante avesse un sonno tendenzialmente pesante, c'erano alcuni stimoli che svegliavano Harold con facilità. La sua sveglia e il graffiante verso di Kunoichi erano fra questi.
-Che... stai facendo?- domandò l'assonnato ragazzo. La ragazza emise uno strano respiro. Harold ebbe l'impressione che non le piacesse sentirlo parlare.
-Ho visto... mi è sembrato di vedere qualcosa e volevo accertarmi di essermi sbagliata...- si chinò per raccogliere il telefono.
-Ragni?-
-No, una bambina fantasma.- rispose infastidita prendendo la domanda del ragazzo come se stesse insinuando che fosse rimasta suggestionata... “Forse parlando di bambine fantasma non ci faccio una figura migliore...” si rese conto. -Lo so, sono impazzita, grandioso!- sdrammatizzò.
-Credere di vedere qualcosa che non esiste è più comune di quanto pensi, soprattutto nei periodi di stress o poco prima di addormentarsi, nulla di irregolare.- aveva troppo sonno per riuscire a interpretare il suo tono, così cercò di rassicurarla.
-Puoi evitare quel tono cadaverico, grazie?-
Harold sbuffò e si rigirò nelle coperte.
-Scusa per averti disturbato...- disse pensando di averlo inavvertitamente offeso -Buona notte...-
-Buona... notte... signorina... necromante...- la ragazza avvertì un brivido, il ragazzo aveva modulato la voce per ottenere un suono fastidiosamente flebile e sibilante. Dopo essersi schiarito la gola rise leggermente. -Scusa, scusa... è che dimentico quanto tu possa essere suggestionabile a volte.- disse con un tono regolare e allegro.
-Io non sono... Ah. Da che pulpito!- ma si sentì un po' più a suo agio. -Beh... Notte...-
-Notte... Attenta a non sbattere il dito del piede contro...-
-Merda!- esclamò dolorante, la ragazza.
-...La sedia. Sei stata carina a non voler accendere la luce per non disturbarmi... non scorderò il sacrificio del tuo coraggioso piede...-
-Ah... non so quanto ne sia valsa la pena, ma prego...- tornò in camera borbottando.


Angolo dell'autrice:
Grazie della pazienza, spero che il capitolo vi sia piaciuto e sia stato una buona continuazione dello scorso. Forse non dovrei più spezzare i capitoli in questo modo...
In ogni caso, grazie mille della lettura.
Alla prossima!

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Capitolo 9
*** In una fredda mattina... ***


Durante la colazione, la signora Agnes sentì squillare il cellulare. Il nome sulla schermata non prometteva niente di buono.
-Non mi piacciono le ragazze incinte e instabili, non mi piacciono i neonati e non mi piacciono i ragazzi-padre sotto i trent'anni. Se non c'è un'emergenza, la risposta è no.- comunicò freddamente.
-Sto bene anche io, mammina carissima!- rispose Harold in tono giulivo. Era mezzo preparato ad una risposta simile. -No... non ho chiamato per chiederti qualcosa del tipo “Mamma, io e la mia non-più-fidanzata possiamo stare da te?” anche se da un punto di vista economico credo che complessivamente potrebbe convenire ad entrambi e potrei anche badare alla casa, farti risparmiare del tempo e...-
-Ci sono fra le due e mezzo, e le tre ore di macchina fra questa casa e la tua università. A meno che tu non voglia diventarmi una casalinga, e te lo puoi scordare, non vedo come un tuo ritorno qui possa rappresentare un vantaggio per uno di noi due. Inoltre... figlioletto caro, come va il tuo rapporto con i mezzi di locomozione?-
Gli sembrò di percepire del sadismo compiaciuto in quella voce. -Benissimo! Ormai io e la guida siamo... due concetti proprio inseparabili!-
-...Posso percepire l'odore della tua paura da qui, lo sai?- disse malignamente divertita. Non lo considerava un vero problema. Pensava che quando gli sarebbe servito, Harold si sarebbe suo malgrado adattato, come sempre. -Tornando a noi, Leshawna ha mostrato segni di squilibrio mentale?- chiese tranquillamente.
-Cos...? No!-
-Allora... Tu ti sei accorto di mostrare segni di squilibrio mentale? E come va la tua depressione? Hai pensieri suicidi? Stai prendendo i farmaci?-
-Non ho mai avuto pensieri suicidi, né mostro segni di squilibrio mentale!- sbottò. -Per quanto riguarda i farmaci, visto l'effetto ottenuto da quello per le vertigini sul mio tono dell'umore, preferirei evitarli finché riesco a cavarmela da solo.- sentì la donna sospirare. Sapeva che era convinta che non fosse colpa di un effetto collaterale del farmaco se per una settimana aveva passato gran parte delle giornate piangendo per gli stimoli più disparati e casuali, o al contrario, in altri giorni e momenti, a farlo rimanere apatico davanti a un qualunque stimolo.
Harold era consapevole che la depressione non gliel'aveva procurata il medicinale, ma era piuttosto sicuro che avesse fatto precipitare le cose ed in quel momento era terrorizzato all'idea di prenderne altri. Non poteva permettersi altre crisi di pianto incontrollato, specialmente davanti a Leshawna. Sarebbe stata la pietra sulla sua tomba...
Lei non doveva sapere e accorgersi di nulla, non doveva guardarlo con pietà e biasimo, non doveva pensare che fosse una creatura debole e inutile che aveva bisogno di stare sotto la sua ala, non doveva mettergli le mani addosso... dall'alto della sua megalomania, non doveva attribuirsi il merito del suo malessere...
“E' colpa sua... è colpa sua... è tutta colpa sua...” ripeteva in sotto fondo una parte di lui mentre si grattava il collo. -M...- non riusciva a più a parlare a causa di un groppo alla gola e gli occhi avevano preso a bruciargli. Ricordare lo faceva sentire suscettibile al ripresentarsi dei sintomi.
Si ricordò della donna dall'altra parte della linea, non voleva farsi sentire durante una crisi neanche da lei... né tanto meno dai passanti... -M...Mamma...- deglutì e continuò a parlare ignorando la sensazione di sentirsi strangolato. Si grattò più intensamente. -Mamma, se ritenevi probabile che ti avessi chiamato per qualcosa del genere, magari non avresti dovuto rispondere in quel modo. Sai, dire ad una persona che non la vuoi tra i piedi, non ti piace e non ti piace la sua situazione quando pensi che sia depressa, non è proprio l'ideale... Magari potresti anche spingere questa persona a mentirti sulla sua condizione...-
-Ma tu mi conosci. Sai che se hai bisogno realmente di aiuto sono disponibile e sai anche che ho un modo molto schietto di chiarire la mia posizione...- si giustificò la donna. -Il lato positivo di parlare con un familiare dovrebbe essere anche non dover fingere una personalità che non si ha e non doversi fare innumerevoli ragionamenti prima di dire una frase.-
-In un certo senso hai ragione...- “Ma sarebbe carino se dimostrassi di tenere allo stato d'animo di chi ti sta vicino.” si disse che era inutile farglielo presente, lei era una persona che riusciva a dimostrare di tenere alle persone solo con le azioni. Nel parlare in modo affettuoso e confortante, era abbastanza terribile...
Nonostante il pensiero, o forse a causa di esso, Harold sorrise leggermente. Sentì che le mani invisibili avevano smesso di pressargli la gola.
-E' per questo che la concezione moderna di matrimonio non funziona! C'è l'assurda pretesa di essere sempre piacevolmente colpiti l'uno dall'altro o che la metà più debole della coppia sia sempre disponibile per accontentare l'altro indipendentemente da come si sente. Alcuni non riescono proprio ad essere realisti e capire che la passione finisce... o che si sono sposati, mica hanno acquistato uno schiavo!-
-Uh... Mamma? Ci sei? Di cosa stiamo parlando? Ho accidentalmente toccato un nervo scoperto?-
-Ma no...- la donna rise... era un pessimo, pessimo segno... -Volevo solo dire che capisco la tua decisione di convivere con una persona a cui non sei sentimentalmente legato...-
-Oh... grazie...- “Strano...”
-Ma... è una tua ex... ci sono trascorsi animosi fra voi e il tuo attaccamento a lei è strano... Non...-
-Lo so da me che ci sono dei problemi e potrei anche rivalutare la mia scelta... Ma non mi va di parlarne ora, ok?- disse avvertendo una fitta alle viscere. “Sto mentendo? No? Non so...”
-Ok... Ma... No, niente...- la donna sospirò a voce bassa pensando di non poter essere utile in quel momento. -Uhm... se vuoi che sia utile e delicata...- in realtà, lei non credeva nella delicatezza affiancata al concetto di utile. Ma purtroppo, per trattare con alcuni esseri umani sembrava così necessaria... -Beh, magari la prossima volta non chiamarmi di mattina, d'accordo? Sai com'è, sono poco trattabile e mi viene difficile ragionare.-
-In realtà ho calcolato l'orario sulla tua abitudine di svegliarti alle sei... visto che impieghi circa un'ora per diventare trattabile e che dovresti uscire per andare a lavoro alle otto meno venti, ho pensato che le sette fossero un buon orario...-
-Hai scordato un fattore importante dell'equazione. Se a chiamarmi sei tu, un'ora di ripresa dal sonno non basta e mi viene voglia di attaccarmi alla bottiglia già di prima mattina.-
-...Grazie mamma.-
-Scherzavo... era per dire che mi dai molti pensieri, sopratutto ultimamente... vedi perchè non ci sentiamo così spesso al di fuori delle emergenze? Non siamo mai dell'umore giusto per comprenderci.- esorcizzò la cosa con un tono scanzonato. -A proposito, mi avevi chiamata per...?-
-Nulla di importante, volevo solo sentirti... ma mi chiedevo anche di quelle forbici da chirurgo... ricordi? Quelle che...-
-Dovrebbero essere ancora nella tua vecchia stanza... ma a cosa ti servono?- chiese sospettosa.
-No, in realtà volevo sapere perchè me le avevi date, perchè...-
-Avevo scordato il tuo compleanno.- ammise candidamente.
-L'onestà prima di tutto... aspetta, no... non era quello che intendevo.-
-Sapevo che non ci avresti fatto nulla di male né su di te, né su altri bambini. Chiamalo istinto materno se vuoi... ma considera che prima di te ho avuto altri due mostriciattoli, avevo accumulato esperienza... tu evita di essere così approssimativo col tuo primogenito... quelli dopo possono anche marcire. Ah, stavo di nuovo scherzando.- purtroppo non aveva mai avuto un tono troppo chiaro da interpretare.
-Tranquilla...- anche se non era soddisfatto, lasciò perdere. Era già stato sfinito con discussioni che avrebbe preferito non avere.
-Sono macchine quelle che sento in sottofondo?- chiese ad un certo punto, la donna, concentrandosi sui rumori che provenivano dal telefono.
-Sì, sto facendo una passeggiata.- rispose Harold.
-Distratto come sei, forse dovresti evitare di camminare parlando al telefono...-
-Grazie per la fiducia, ma sono fermo sul marciapiede.- sospirò gettando qualche briciola ai piccioni. -A meno che qualcuno non decida di schiantarsi contro il muro nella speranza di arrotarmi, dovrei essere al sicuro...- un gabbiano piombò giù dal cielo e cominciò a mangiare uno dei piccioni di Harold spaventando gli altri. Il ragazzo indietreggiò emettendo un verso acuto e lamentoso portando la mano libera alla bocca.
-...Harold?-
-Un... un gabbiano mi ha ammazzato il piccione... e non siamo neanche vicino al mare!- disse con una di quelle risatine nervose che spesso precedevano lo scoppiare in lacrime.
-Harold, è la vita. O predi, o muori di fame.- gli disse con calma, riconoscendo il tono.
-L-lo so bene! È che non è comunque una bella vista...- rispose nervoso.

Rientrando nel condominio, intercettò una donna sulla sessantina, sottile come un grissino, che portava due buste della spesa apparentemente pesanti. Era la sorella della responsabile del condominio, la signora Allen.
Le due vivevano insieme e avevano la nomea di essere particolarmente pettegole, anche se Harold non ne aveva avuto esperienza diretta. Ma in quel momento c'era un'informazione di cui aveva bisogno così si avvicinò alla donna.
Visto che aveva avuto la chiara sensazione di non starle simpatico e che fosse poco incline a parlare con lui, cominciò a farsi una strategia.
-Signora.-
-Signorina.- lo corresse la donna voltandosi. Stranamente una volta che lo riconobbe, non lo guardò con l'espressione stizzita che gli rivolgeva di solito.
-Giusto, giusto... vuole una mano con...- non aveva neanche finito la frase che gli vennero messe in mano le buste della spesa. Il ragazzo si chinò sotto il peso inatteso, erano realmente pesanti.
-Grazie, giovanotto!-
-Ok, prego. Senta, volevo chiederle...- la donna era già entrata nell'ascensore. Harold sospirò e la seguì. -Volevo chiederle...- ripetè.
-Mi spiace moltissimo, McCarthys, ti sei un po' ripreso? Ti vedo sciupato...- disse la donna cercando di scimmiottare un'espressione e un tono triste, ma dava l'impressione di essere in qualche modo impaziente...
-Sarebbe McGrady...- la corresse. Aveva una pessima sensazione, ma cercò di darle il beneficio del dubbio e imputare il tutto all'ansia sociale. -A cosa si riferisce?- gli occhi della donna brillarono.
-Oh... forse le mie informazioni erano sbagliate..-
“Si è finta dispiaciuta per ottenere o verificare qualcosa...” sospettò infastidito.
-La sua compagna non aveva abortito? Non era per questo che avevate litigato e se ne era andata?- chiese innocentemente mentre uscivano dall'ascensore.
-Le sue informazioni sono decisamente sbagliate!- ribatè inacidito. -Ma che aspettiamo un bambino come lo sa?- “Chi è che se ne va a dire i cazzi miei in giro?!”
-Visto che ve ne eravate andati e c'erano due strane poliziotte che di tanto in tanto sembravano sorvegliare l'appartamento ho chiesto a loro...-
“MacArthur... sei una donna morta...” dava per scontato che fosse stata lei.
-Di solito non mi farei i fatti degli altri...-
-Oh, davvero?- “Ah ah aah...”
-Ma sa, visti i suoi precedenti per droga...-
-E da quando li avrei questi precedenti per droga?!-
-Quella era una supposizione errata a quanto sembra... Ma sa, cos'altro potevo pensare? Ha quei capelli a femmina, quel modo di vestire sempre disordinato e randomico, quell'aspetto insalubre e quella... compagna... Ha tutta l'aria di essere aggressiva, inaffidabile, incapace di autocontrollo... Quella donna, non è esattamente un buon biglietto da visita.- disse con un sorriso mellifluo.
-Ah... e lei avrebbe dedotto tutto ciò, da cosa, esattamente? Nasconde una sfera di cristallo da qualche parte, per caso?- chiese sempre più irritato. “Non mi interessa più niente di Leshawna...” ripetè fra sé e sé. “Ma odio le persone che dicono cose stupide, tutto qua...” pensò razionalizzando il suo fastidio.
-Ah, non capisco perchè vi mettiate subito sulla difensiva...- il volto della donna si deformò per un attimo. -Poi ovviamente sono curiosa di ascoltare la sua versione dei fatti! Quella grassona della poliziotta mi ha parlato di cose strane... lo sa che la pazza sembra invaghita della sua compagna? Lei cosa ne pensa?-
Harold senza dire una parola rientrò nell'ascensore tenendosi le buste e salì al piano di sopra, sotto lo sguardo attonito della donna. -Ma è impazzito?! Che fa con le mie buste?!-
Dopo poco, Harold, facendo finta di niente, tornò scendendo le scale a mani vuote.
-Le mie buste!- ribadì la donna premendo nervosamente il pulsante per richiamare l'ascensore.
Harold finse un'espressione di ingenua confusione.
-Ops... Ma quindi il suo piano è questo? Non era quello sopra? Ho lasciato le buste lì... O no... Ma sa com'è, dopo anni di droghe, le mie sinapsi sono ormai andate... povero, povero me...- disse con un sorrisetto innocente e con una voce palesemente e volontariamente artefatta per rendere impossibile credergli.
-Io ti uccido! Anzi, ti butto fuori! Tu e quell'altra...-
-Ci provi!- esclamò il ragazzo per evitare di sentire altro che potesse innervosirlo. Nel mentre si era già precipitato correndo giù lungo la rampa di scale, saltando a tre a tre gli scalini. Non aveva motivo di correre, sentiva solo il bisogno di consumare energia. Forse aveva esagerato ed era stato immaturo? Aveva pure lasciato la porta dell'ascensore aperta perchè la signorina dovesse farsela a piedi... o forse, invece non si era fatto rispettare e avrebbe dovuto risponderle duramente?
“Pazienza! Non posso farci più nulla!” si ripetè frustrato. “Ops... devo decisamente rallentare, se continuo così finirò per svegliare tutto il condominio...” frenò riuscendo per miracolo a non perdere l'equilibrio.
Vide un condomino affacciarsi dalla porta. Harold si sentì accaldato, evitò lo sguardo dell'uomo e continuò le scale sperando di non far trasparire nessuna emozione. “Spero non si sia affacciato a causa mia... o che comunque non mi ricolleghi al rumore...” pensò imbarazzato.
Finite le scale, andò a urtare accidentalmente una persona piuttosto piccola... entrambi persero l'equilibrio.
-Come osi?!- esclamò una voce vagamente infantile. Era il ragazzino paffuto e dai capelli viola che aveva visto la sera precedente... e Harold ricordò improvvisamente ciò che voleva chiedere alla signora Allen.
-Ehi tu! Non è che per caso...- il ragazzino si alzò e cercò di fuggire. Harold sospirò e lo inseguì riuscendo a superarlo e pararglisi davanti. -Allora, violetto, io...- “violetto” corse via dalla parte opposta. Dopo aver ripetuto quella dinamica altre due volte, il ragazzino si accasciò a terra sfinito. Apparentemente era anche meno resistente di Harold, o forse il ragazzo era migliorato negli anni e non se ne era mai accorto.
-Cavolo! Stai bene?!- il ragazzino annuì e si sedette a terra respirando con affanno. “Perfetto... ho accidentalmente bullizzato un ragazzino sovrappeso!” -Vuoi una bottiglietta d'acqua?- gliela porse. -Non l'ho ancora usata, ma gradirei che bevessi senza appiccicarci la bocca... Ok, troppo tardi, te la regalo...-
-N-non dire niente ai miei genitori...- disse il giovanotto, staccatosi dalla bottiglietta.
-Eh? Se è per ieri sera, non dovresti chiederlo a me. Io non abito nell'appartamento vicino al tuo, ero lì per caso...- trovava un po' strano che Courtney non fosse già andata a lamentarsi per il serpente.
-No! Intendevo che non devi digli che non sono andato a scuola oggi!-
-Eh... perchè dovrei fare la spia?-
-Ecco, appunto! NON devi farlo... CHIARO?!-
-Ok...- aveva abbastanza difficoltà a prendere sul serio quel tono. “Da adolescente, davo anch'io un'impressione così bambinesca?” il giovane semi-sconosciuto gli ispirava una strana e istintiva simpatia.
-Mads, volevo chiederti se sai...-
-Mads? É Max! Ma... come hai fatto a indovinare metà del mio nome?!-
-Ho sentito i tuoi genitori richiamarti per le scale una volta...-
-Inquietante...-
-Ho solo un'ottima memoria per i dettagli che non dovrebbero interessarmi... Comunque, sai qualcosa delle vicine che abitavano  nell'appartamento prima della giovane coppia di ieri sera? Fanno Novak di cognome...-
-..Perchè questa domanda?- chiese l'altro, improvvisamente scuro in volto.
-Ecco...- aveva una pessima sensazione. -Avevo parlato qualche volta con la figlia e... per quel che so, trovo un po' strano che lei e la madre se ne siano andate e... Vorrei solo sapere se c'è stato qualche problema... Se ti è sembrato che stessero bene, se le hai viste...-
-Eri amico di Roza?- domandò Max quasi infastidito.
-Ci ho parlato solo qualche volta...- disse inquieto.

Madre e figlia litigavano molto spesso, anche se l'unica voce udibile dall'esterno, non era quella flebile di Roza...
Dopo la separazione dei suoi, Harold, era sempre stato abbastanza isolato, con un solo genitore e una sorella terribilmente discreta. Non aveva vissuto così a stretto contatto con famiglie litigiose e non riusciva a valutare se quella delle vicine fosse una situazione usuale o meno, sapeva solo che quei rumori lo destabilizzavano e monopolizzavano la sua attenzione.
Già instabile per essere stato abbandonato da Leshawna, sotto una spinta egoistica, Harold, un pomeriggio salì al piano superiore senza sapere neanche cosa avrebbe dovuto fare.
Si sentì in colpa quando, seduta davanti la porta dell'appartamento, trovò quella ragazza pallida, poco più grande di lui, dall'aria trascurata e occhi morti.

-Tu sei suo amico, invece?- chiese a Max.
-Lei... lei era in prova per diventare un mio scagnozzo...- commentò il ragazzino, fissando il pavimento.
-Scagnozzo?-
-Conquistare il mondo è un duro lavoro, sai?-
Harold pensò fosse una sorta di gioco di ruolo. Sorrise leggermente. Gli faceva piacere che Roza avesse qualcuno a tenerle compagnia, la ragazza era... come lui... ma peggio... forse era qualcosa che sarebbe potuto diventare anche lui se non fosse riuscito a tenere la depressione sotto controllo...
-Come sta lei?-
-Morta...- rispose Max faticando un po'. -In coma in realtà... Ma è la stessa cosa!-
Rispetto a ciò che aveva sentito all'inizio, Harold si sentì un po' sollevato anche se quell'informazione poteva non valere niente. “Ho troppe poche informazioni! ...In che senso in coma? Cos'è successo?!”
-Dicono che sia stato un tentato suicidio! Ma io sono sicuro che c'entra la madre... l'ha sempre odiata! La insultava sempre! L-lei! L-lei...- balbettò il ragazzo torturandosi le mani.
-In un certo senso...- sussurrò Harold senza farci troppo caso.
-Sai qualcosa?!- esclamò Max scattando in piedi e afferrandogli i polsi.
Harold sapeva solo che la ragazza era tanto grave da non riuscire quasi più ad uscire di casa e ad essere produttiva nel lavoro o nello studio. Era questa la causa delle tensioni con la madre, degli urli e gli insulti... la ragazza si sentiva probabilmente con l'acqua alla gola. Era priva di un posto in cui sentirsi al sicuro e non credersi un macigno indegno d'esistere, che fosse dentro casa, o nel mondo esterno...
“Sapevo che sarebbe andata così... Bugia... bugia... Ma avrei dovuto parlarle di più... dovevo conoscerla meglio... cercare di fare qualcosa... Meh! Non sono capace di risolvere i miei problemi in realtà... figuriamoci quelli di un'altra persona! Però... avrei dovuto consigliarla... che sto studiando a fare?!” cercò di calmarsi. “E' ancora viva... forse non è finita...”
-Ehi! Sveglia! Stai facendo un viaggio extra corporeo o cosa?!- Max lo scosse per riportarlo alla realtà.
-Non sono della polizia, non ho idea di cosa sia successo!- rispose Harold nervosamente. Max digrignò i denti. -Nell'ipotesi che sia un caso di tentato suicidio, cambieresti opinione sulla ragazza?- chiese Harold severamente.
-Lei non avrebbe mai...-
-Quindi se lo avesse fatto, perderebbe il tuo rispetto?-
-Non l'ha fatto! Non l'ha fatto!- ringhiò l'altro.
-Ma se lo avesse fatto?- ripetè Harold con un certo fervore. -Per quanto il suicidio possa essere un errore, dall'esterno non si può dare un giudizio. Non si può capire cosa la persona abbia passato, cosa abbia provato mentre prendeva quella decisione, quanto fosse realmente lucida e avesse davvero il controllo delle proprie azioni! Una persona che si suicida o tenta di farlo ha già sofferto abbastanza! Non sarebbe giusto stigmatizzarla neanche da morta!- quasi lo sgridò.
-N-non volevo dire nulla del genere!- balbettò Max.
-Scusami... tu... tu avrai sicuramente i tuoi motivi per pensare ad un tentato omicidio... se sai qualcosa, parlane con la polizia... Mi spiace...- ripetè Harold mortificato. -E' che... è molto delicato per me...-
-E' importante che non si bullizzi chi muore da suicida o chi lo tenta?- chiese il ragazzino infastidito. -Lasciando perdere chi non ci riesce, che vuoi che gliene freghi ad una persona morta?- disse in tono di scherno.
“E' crudele... i morti devono essere lasciati in pace... specie se hanno già sofferto...” ma non era una risposta logica. La logica voleva che una persona che smetteva di esistere non potesse soffrire, la morte significava quello... -Se si scherniscono le persone che commettono suicidio, chi è depresso o ha pensieri suicidi potrebbe vergognarsi e sentirsi scoraggiato a chiedere aiuto.- cercò di giustificare il suo pensiero. - Inoltre mettersi su un piedistallo morale parlando di quanto quelle persone siano state stupide, irrispettose della vita e di quanto noi non faremmo mai niente del genere...- “Certo, pensano tutti così, ma più alto è il piedistallo, più cara sarà la caduta...” pensò non riuscendo a trattenere un'espressione malevola. -...E' inutile per prevenire altre tragedie.-
-Beh... forse potresti diventare il mio nuovo assistente, l'espressione malvagia è quella giusta...- ammise Max un po' a disagio. -E anche se potresti avere ragione su Roza, prometto che non ce l'avrò con lei e cercherò di capirla quando se mai si sveglierà...- disse emettendo un risucchio dal naso -Perchè piangi adesso?!- chiese Max infastidito.
-S-sei tu che stai piangendo! Ma stimoli lo stesso meccanismo anche in me... No, non ti sto prendendo in giro...- ammise Harold.
Max si strofinò gli occhi con la manica. -B-buono a sapersi! Sfrutterò questo... ehm... super potere del pianto contagioso d'ora in poi!- disse continuando a strofinare occhi e naso.
-No...- pronunciò Harold con un lieve sorriso nervoso. -Funziona solo su di me. La mia empatia si è tipo rotta...- gli venne spontaneo essere sincero, tanto non aveva nessun altro a cui dirlo. -Ultimamente il mio corpo tende a imitare automaticamente le manifestazioni di tristezza che vede. È come se cercasse di ricalibrarsi regolandosi sulle emozioni altrui per tornare a funzionare bene... lo so, non ha molto di scientifico.- disse sedendosi su uno scalino.
-A me sembra estremamente scientifico.- Max si sedette accanto a lui, sembrava molto affascinato da quella tesi. -Quindi sei un depresso?- chiese con inopportuna esaltazione. -Oh... ecco perchè ti eri arrabbiato...- disse fissandolo storto.
-Ah... non me la sono presa per questo... non sono grave e non ho pensieri suicidi, ma non voglio comunque che le persone che li hanno vengano trattate come pezze... tutto qua...-
-Ok... signor Depresso...-
-Il mio nome è Harold...-
-Signor Depresso, ma se è stato un tentato suicidio, è comunque colpa della madre!- disse con uno sguardo fervente. -Lo pensi anche tu...- affermò.
-P-probabilmente...-
-Dovrebbe pagarla per questo!-
-E'... è complicato...- disse dando una fastidiosa sensazione di alienazione. -Forse si sente già male per come la trattava...-
-Ma se la odiava!-
-Non è detto... si può tranquillamente fare il male di una persona volendole bene...- “Forse, forse... è anche più facile...” -E se le vuole bene...- non voleva parlarne al passato “E' viva...” -...La starà pagando.- disse il ragazzo con tono funereo e sguardo basso.
Max lo guardò estremamente infastidito, gli diede un pugnetto sul braccio.
-Perchè non sei arrabbiato?! Eri suo amico anche tu!-
-Sono arrabbiato...- mormorò Harold. “Ma non con quella donna... O almeno credo... Il problema è che...” -Sono molto arrabbiato...- affermò nuovamente senza lasciar trasparire molto di ciò che diceva.
Max gli picchiettò sulla testa. -Hai ragione, il tuo encefalo deve essere rotto... posso aprirlo e dargli una controllata...- disse palpando con cura la testa di Harold.
-No, grazie!- notò che Max aveva ancora gli occhi lucidi, Harold si rassegnò calcolando che gli sarebbe accaduto lo stesso. -Come hai conosciuto Roza?-
-Ha recuperato Pitty una volta che si era perso...-
“Il serpente?”
-Era una ragazza molto gentile...- disse tristemente Max.
-Sì...- “Non la conoscevo molto, ma è l'impressione che mi ha dato...” -E' una ragazza gentile...- lo corresse utilizzando il presente, sperava di fare bene. -Magari potremmo andare a trovarla uno di questi giorni.- Max sbuffò a quella proposta.
-Ho visto il suo fantasma... era distesa sul soffitto della mia camera e mi fissava...- confessò il ragazzino con lo sguardo perso nel vuoto.
-Potrebbe star facendo un viaggio extra-corporeo.- ipotizzò Harold pensando che offrire opzioni non paranormali all'esperienza di Max non sarebbe stato utile. Max lo studiò con diffidenza, cercando di capire se lo stesse prendendo in giro. -Magari se l'andiamo a trovare, si sentirà più invogliata a tornare nel suo corpo.- continuò Harold.
-Ero troppo arrabbiato per farmi dire dov'è stata portata...- ammise Max.
-Troverò un modo per rintracciarla...- sospirò Harold.
-Ottimo, nuovo assistente!- disse l'altro ritrovando un po' di fiducia.

Prima di lasciare il ragazzo, Harold, tornò un attimo indietro e chinò lievemente il capo.
-Mi spiace per il tuo ragno, la mia ragazza...- preferì semplificare indicandola in quel modo, ma gli dava molto fastidio. -E' incinta e questo la rende impulsiva e violenta davanti le minacce, o presunte tali, per questo gli ha sparato...-
L'unico segnale che diede Max inizialmente fu sbuffare e stringersi un po'. -Era vecchio per la sua specie... quindi suppongo, vada bene...- disse alla fine. Harold continuava a non sentirsi troppo bene. -E' che per i miei animaletti, casa di Roza era un posto in cui potevano andare...- Harold si sentì ancora peggio sentendolo. -Potresti chiamare tuo figlio con un nome che ricordi la parola ragno, per farti perdonare...- suggerì Max.
-E' facile che venga ucciso proponendolo.- affermò Harold.
-Tu provaci.- rispose Max in tono beffardo.

Lasciato solo dal ragazzino, Harold venne risucchiato dai suoi pensieri. Consciamente non accettava che la semi-sconosciuta di cui si era preoccupato, fosse più morta che viva.
Forse era destino che fosse ancora in vita, la ragazza poteva risvegliarsi...
“Non l'hai ancora capito? Il destino non esiste, non sei stato attento?”
L'ultima volta che aveva parlato con Roza, era stato un pomeriggio, quando l'aveva vista su un marciapiede poco lontano dal condominio.
Era strano vederla fuori casa e la ragazza era rimasta per così tanti secondi ad osservare le macchine con inquietudine, che Harold aveva sospettato che Roza non sapesse più attraversare la strada.
-Novak!- l'aveva chiamata andandole incontro. La ragazza lo aveva guardato disorientata, come se avesse bisogno di qualche secondo per riconoscerlo.
-McGrady...- aveva detto con un cenno della mano. Sembrava abbastanza tesa.
-Sono contento di vederti qui in giro...- ci riflettè un po', poi decise che era inutile, erano consapevoli dei rispettivi problemi. -Anche per me a volte è un po' difficile uscire di casa...- pensò di metterla a suo agio esponendosi in quel modo, ma non sapeva come continuare. “E' bene allenarsi a uscire? Sono fiero di te? Ma così suonerebbe strano... come una presa in giro? Sarebbe inopportuno? È solo una vicina ed è più grande... Se ci fosse un ragazzino che mi trattasse così, come la prenderei?” -Magari qualche volta possiamo fare la spesa insieme?- le chiese alla fine. “Cosa diavolo ho detto?!”
Roza sembrò indecisa su come comportarsi. -Ok...- disse mostrando un sorriso tremolante.
Harold aspettò pensando che la ragazza volesse dire qualcos'altro “Avrò avuto l'impressione sbagliata...”
Di tacito accordo, fecero la strada di ritorno insieme.
-McGrady...-
-Si?- il ragazzo si bloccò.
-Se non ti incontravo non tornavo a casa...- affermò la ragazza in tono neutro.
Harold la guardò stranito. -Volevi fuggire di casa?-
-No...- ad Harold vennero i brividi ripensando alla ragazza mentre guardava il traffico con aria inquieta, non era preoccupata di non sapere più come attraversare...
-Dovresti parlarne col tuo terapista.- disse preoccupato.
-Sì... ma quello che intendevo è grazie... La tua presenza e il tuo modo gentile di fare, mi tirato su di morale e mi hai distratta dai miei... progetti...- gli sorrise. -Quante probabilità c'erano che incontrassi qualcuno che conoscevo per caso? Non conosco più così tante persone...- disse con una strana allegria.
-Magari è stato il destino a farci incontrare proprio ora. Quindi, vedi di starmi bene, ok?- le diede una pacca sulla spalla. In un primo momento Roza sembrò sul punto di indietreggiare, non era abituata al contatto. -Ma sul serio, parlane col tuo terapista, è molto importante.-
-Uh... forse non dovevo dirtelo, ti ho messo sotto pressione...- riflettè la ragazza senza mostrare particolari emozioni.
-Non dire sciocchezze, sapere di aver accidentalmente evitato il suicidio di qualcuno può solo farmi sentire onorato. Inoltre... non hai motivo di vergognarti nel parlarne con un depresso traumatizzato dalle persone che urlano. Anzi, se hai voglia di parlare di qualcosa, ci sono.-
-McGrady, tu credi ai fantasmi?-
-Non lo so... perchè?-
-Si dice che dal tuo piano, si sentano dei lamenti, soprattutto durante la notte...-
-...L-lamenti?- deglutì.
-Qualcuno che inspira e sospira profondamente, emettendo suoni perlopiù acuti... come un fantasma piangente... forse sembra un maschio...-
Harold arrossì violentemente, temeva di essere lui l'origine. Anche Roza probabilmente l'aveva capito. -Accidenti... Beh, grazie dell'avvertimento...-

A causa dell'intensificarsi delle sue crisi, Harold finì per stabilirsi dalla sorella per un po'.
Anche se ora sapeva di non essere l'unica persona nel condominio, con cui Roza poteva parlare, si sentiva in colpa per essersene andato. “Mi sto dando troppa importanza... sicuramente non mi calcolava, ero un quasi-estraneo...” cercò di convincersi. “Ma in certi momenti, i quasi-estranei diventano molto importanti...
Il destino non esiste... il fatto che l'avessi incontrata per caso distogliendola dai suoi intenti suicidi, non è servito a niente, l'ha fatto comunque! Forse si rivelerà inutile anche che sia rimasta viva per il momento...” sentì gli occhi bruciare. Però era consolante che non avesse bisogno di imitare Max per lacrimare e che gli venisse da piangere in quel momento era perfettamente normale, non era il segnale di una crisi... Ma la sensazione si fermò e il ragazzo non pianse, ma si sentì profondamente stordito e dovette tornare a sedere sugli scalini. Finì per stendersi. Per qualche secondo sentì la propria coscienza svanire. “Mi sarò affaticato troppo...”
Si risvegliò per il freddo, la temperatura sembrava calata di molto. Il ragazzo si strofinò le braccia, poi si rialzò e decise di prendere le scale.
Aveva la sensazione di essere seguito e si girò più volte ma non riuscì a vedere nessuno, nonostante sentisse chiaramente dei passi. Riprese a grattarsi il collo nervosamente.
“Eppure, sembra così vicino... e si avvicina sempre più...” ma non compariva nessuno.
Harold riprese a camminare un po' innervosito, aumentò il passo senza neanche esserne consapevole.
“McGrady, tu credi ai fantasmi?” ripensò alla voce consumata e difficile da udire di Roza... la voce di un morto? Ora capiva perchè Leshawna fosse infastidita dalla sua voce, la notte prima...
-Mi sarebbe piaciuto risponderti di sì...- disse Harold in un sussurro.
Si fermò sulle scale ascoltando i passi che continuavano ad avvinarsi. In fondo non era mai stato così infastidito dalle basse temperature e la pelle d'oca, ma i passi si fermarono poco prima di raggiungerlo.
Si girò e non vide nessuno.
-A me va bene giocare...- Sospirò. Si sentiva un po' frustrato. Che fosse un'allucinazione data dallo stress, il senso di colpa, il desiderio di rivedere qualcuno con cui si ha un conto in sospeso o un vero fenomeno paranormale, non aveva realmente importanza... non capiva bene perchè esperienze simili avessero il potere di inquietare altre persone...
“Se fossi dentro un film horror, forse sarei quello ingenuo che da accidentalmente il permesso allo spirito maligno di possederlo, o di diventare il suo coinquilino...” ma era inutile, solo le cose vive potevano essere realmente spaventose, per quello gli alieni erano così terrificanti!
-Se sei tu, tanto verrò presto a farti visita.- disse facendo un cenno di inchino per congedarsi.


Angolo dell'autrice:

Questo capitolo è stato difficile da scrivere e inizialmente doveva essere meno... speranzoso(?)
Sarà anche colpa dei documentari sul crimine che ho visto di recente, più uno su una piovra(vi assicuro che era assolutamente commuovente...) ma non mi sono sentita a mio agio ad “uccidere” definitivamente Roza. Inoltre ho pensato che mi avrebbe potuto dare anche problemi nella trama... spero di aver preso la decisione giusta e di essere riuscita a gestire le tematiche... in caso contrario mi scuso, ma volevo provarci...
Non so quanto senso abbia Max contestualizzato in questo modo... ma mi fa tenerezza per qualche strano motivo ed è uno dei pochi personaggi di quella stagione ad essermi piaciuti, quindi mi è venuto naturale inserirlo nella storia.
Mi spiace se la storia risulta lenta, ma voglio provare a delineare i rapporti fra i personaggi, le loro situazioni, problematiche e il loro contesto mentre vanno avanti con la storia... ma voglio anche evitare di scrivere capitoli troppo lunghi... Alla fine, questa storia è un esperimento per me. Spero di riuscire a scrivere decentemente e interessare in qualche modo o comunque di migliorare...
In ogni caso, grazie mille della pazienza e di aver letto fino a qui.
Mi scuso per eventuali errori. Se volete darmi dei pareri mi fa molto piacere.
Alla prossima.

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Capitolo 10
*** La vecchia, il coniglio e il bottone. ***


Leshawna osservava, con sconforto e nostalgia, l'anziana signora che dicevano le somigliasse.
La ascoltava, a distanza, biascicare cose senza senso, in preda alla demenza senile.
-Oh, poveretta... patetica 'nevvero?- disse un'altra signora alle sue spalle, identica alla disgraziata che stavano osservando, ma Leshawna non captava nulla di anomalo. -Posso comprendere perchè ti piacesse così poco farle visita...- sorrise la donna amaramente. -L'avrei evitata anche io se avessi potuto, sai?- disse poggiando una mano sulla spalla della giovane.
Leshawna forse avrebbe dovuto scansarla, ma rimase ferma con il corpo dolorante, stanco e il respiro pesante.
La giovane si svegliò di colpo, agitata e sola, ma con la sensazione di essere osservata.
-Ha...- la voce le morì in gola, la sentì profondamente sbagliata. “E' normale che voglia sapere se c'è o meno... Non c'è niente di sbagliato o imbarazzante...” -Harold?- chiamò infastidita dall'inquietudine che traspariva dalla sua voce. Nessuno rispose...
Leshawna andò a controllare e constatò la mancanza di Harold. Ne era delusa. “Tanto che mi cambiava? Non ho bisogno di parlare a qualcuno dei miei incubi, ne conosco già il significato... Però è un maleducato... Si è di nuovo scordato di salutarmi...” si disse incupita. “Beh, se dovesse succedergli qualcosa, io come faccio a dare indicazioni sul posto in cui era diretto per dare un indizio alla polizia su dove trovare il suo corpo?” si chiese giustificando più o meno razionalmente il fastidio provocato dalla mancanza di quell'informazione.
Avvertì un vocalizzo di Kunoichi. A giudicare dal miagolio gracchiante stava puntando qualcosa. Non aveva mai capito perchè facesse quel suono quasi rituale... facendolo non segnalava, alla preda, la sua posizione? “Roba da gatti, immagino... Ma se è qui, Harold non dovrebbe essere scappato. Se non torna saprò che gli è successo qualcosa e che devo preoccuparmi. Ah... Quanto è assurdo che cominci ad avere una sorta di ansia da abbandono?! Nei confronti di qualcuno per cui non provo nulla, per giunta! Io che mi sono sempre distaccata istintivamente da ciò che non funziona...” ritenendolo debole e a rischio, non si era mai realmente affezionata al coniglietto che gli avevano regalato da piccola, così non aveva sofferto per la sua morte prematura. E a otto anni aveva cominciato ad evitare il più possibile le visite a sua nonna.
Aveva cominciato a soffrire di demenza senile e starle vicino causava ansia e paura nella Leshawna bambina. Quando l'anziana era morta anni dopo, Leshawna non ricordava di aver provato molto. Era come se la vera morte della donna fosse avvenuta molto tempo prima e intuì che i sentimenti di suo padre erano simili.
Ripensando al funerale, si chiese perchè nei film continuava a dire “Sembra stia dormendo” parlando di cadaveri. Alla giovane Leshawna, quell'involucro vuoto sembrava solo una bambola rotta.
“Sono una persona orribile...” sdrammatizzò amaramente. “E il mio subconscio deve pensarlo a giudicare dall'incubo che ho fatto... Beh, pazienza!”
Per scacciare i pensieri, Leshawna andò a vedere cosa stava puntando Kunoichi.
La gatta era davanti il balcone chiuso della stanza da letto. Come la ragazza sospettava, osservava gli uccelli.
Si trattava di un rumorosissimo gruppetto di gabbiani troppo lontani da quello che in teoria era il loro ambiente. “Sarà il cambiamento climatico?”
Molti si lamentavano dei piccioni, ma non avevano idea di quanto fossero territoriali e invadenti quei demoni bianchi. “Avessi un bel lanciafiamme a lunga gittata. La pistola è troppo appariscente... Credo sapranno di pollo...”  la ragazza tornò in sé e si rese conto dell'illogicità del pensiero. “Eh... suppongo che il cambio di alimentazione mi abbia resa strana...” come per punizione, avvertì la nausea e il sapore amaro e bruciante del reflusso, ma il suo corpo resistette. Leshawna si sentì sollevata.
La gatta richiamò la sua attenzione, era come se le stesse chiedendo di aprire il balcone. -Non puoi afferrarli, quei cosi volano! Perchè ti rivolgo la parola? Non puoi capirmi...-
In tutta risposta, un gabbiano le atterrò sul balcone. Sembrava interessato a cominciare una gara di sguardi cattivi. -Begli occhi di ghiaccio, complimenti, sono molto inquietanti...- disse Leshawna con tono poco impressionato. -Perchè diavolo ti sto parlando?!- quella mattina le sembrava tutto terribilmente storto e per confermare quell'impressione, Kunoichi probabilmente frustrata dal non poter azzannare il volatile, cominciò a scattare in giro per l'appartamento.
Leshawna la inseguì per limitare i danni. Per fortuna l'unica “vittima” fu il portafoglio di Harold, caduto sul pavimento. “Che mezza testa, è uscito senza!” commentò Leshawna raccogliendolo. Vide che qualcosa ne era caduto fuori. “Un bottone? Boh...” la cosa le riportò in mente una situazione bizzarra di anni prima.

Erano nel corridoio della scuola, Harold la stava osservando in silenzio. Leshawna credeva le stesse osservando il seno. Era un tipo strano e indiscreto. Un po' come lei che però, se fissava troppo a lungo il seno di una compagna poteva giustificarsi facendo un commento sulla maglietta o su delle presunte macchie. Da ragazza appariva meno sospetta. Invece la sua discrezione nei confronti dei ragazzi attraenti faceva pena e basta...
Leshawna osservandosi il petto notò che uno dei bottoni della giacca era andato... lo sfilò sbuffando e notando come il ragazzino rosso aveva seguito il movimento delle sue dita, ebbe l'assurdo sospetto che più che dal seno, l'attenzione del buffo ragazzino fosse stata attirata dal bottone...
-Ti serve a qualcosa?- chiese la ragazza porgendoglielo. Harold apparve sorpreso e in qualche modo emozionato. “Ma che problema ha?!”
-Nnn... no...- negò il ragazzo, ma il modo in cui il suo sguardo si alternava fra il viso di Leshawna e il bottone, le comunicava che voleva quell'oggetto... -Però... me lo stai dando spontaneamente? È un gesto spontaneo?-
“Sono finita nel mezzo di qualche stravagante rituale?” la ragazza non sapeva più se consegnarglielo o meno, ma glielo tirò e Harold lo afferrò al volo. Si pentì vedendo la contentezza del ragazzo col suo “regalo”. Non capirne la reazione la disturbava. “Ah... gli servirà per costruire qualcosa ma si sentiva in colpa a chiedermelo probabilmente. Ha sempre la testa persa per i suoi strani progetti...”
-Se vuoi, però, te lo posso riattaccare...- le propose allegramente. -E... ho visto che avevi le cuciture delle maniche di una camicia, allentate. Posso ricucirtele, sono bravo a non far notare le riparazioni!-
-E' una presa in giro per i miei abiti vecchi?- gli chiese sospettosa. -Se si rompono posso ricomprarli, non sono messa così male.- gli disse aspra.
-Anche se fosse, non capisco perchè dovrei prenderti in giro.- rispose il ragazzo infastidito. -Mi piaci e sei gentile spesso. Quindi volevo fare qualcosa per te, tutto qua.-
-Sei inquietantemente sfruttabile.- affermò la ragazza.
-Sei tu che pensi da egoista!- la criticò imbarazzato. -Per me è utile aggiustare i vestiti e riutilizzarli e ne porto molti di seconda mano, non ci vedo proprio nulla di imbarazzante.-
-Quindi è per questo che porti vestiti larghi? Credevo volessi nascondere un disturbo alimentare.- disse con uno strano umorismo di cattivo gusto.
Harold la prese sul serio e sollevò la maglietta incurante del contesto. -Sono magrolino, ma non sono mal nutrito, guarda... è tutto perfettamente normale!-
“Ma che sta facendo?!” si chiese Leshawna trattenendosi dal ridere, ma non riuscì a trattenere gli stupidi impulsi e solleticò bruscamente costato e fianchi del ragazzino che si contorse emettendo qualche riso incontrollato.
-Ma che fai?!- esclamò il ragazzino rosso e arrossato, allontanandola.
-Dovevo farti abbassare la maglietta, sembravi strano tutto scoperto nel mezzo di un corridoio.-
-E dovevi farlo per forza così!?- per Harold stava chiaramente mentendo.
-Non c'è di che, gioia!-
Harold la seguì. -Devi dirmi dove soffri il solletico. Devo vendicarmi, ma non posso andare per tentativi. Molto in fondo, estremamente in fondo, sei una donna. Se cominciassi a tastarti si farebbero l'idea sbagliata...- Leshawna lo ignorò allegramente. -Leshawna!- la richiamò agitato.

Quel ragazzino buffo e ingenuo, spaventosamente influenzabile da qualunque cosa lei dicesse o facesse, le mancava molto e osservare quel bottone aumentava sgradevoli sensazioni. Temeva fosse lo stesso bottone del ricordo. “No... nemmeno qualcuno di sentimentale come Harold conserverebbe qualcosa del genere...” sperò la ragazza.
“Da quanto tempo non lo vedo nudo? Starà mangiando come si deve? Il suo istinto di sopravvivenza è troppo influenzabile dal suo umore... Ma sono affari suoi, perchè mi preoccupo? Perchè dovrebbe fregarmene?  Avevo ragione a non volerci una relazione! Perchè diavolo mi sono fatta convincere da quell'idiota?! Io un coniglietto fragile non lo mai chiesto...” si sentì in colpa per quel paragone.
“Beh, del resto i bambini sono egoisti...” pensò giustificando il proprio distacco emotivo nei confronti della nonna e di quel coniglietto a cui non aveva mai dato affetto. Non voleva essere ferita, ma anche se demente, sua nonna avrà avuto dei sentimenti, forse anche il coniglio...
Sentì un'ambulanza avvicinarsi troppo... sembrava essersi fermata proprio davanti il condominio...
“No, non è successo assolutamente nulla ad Harold.” me mentre lo pensava, stava già scendendo velocemente le scale. Alle ultime quattro saltò per fare prima, ma atterrando, pur mantenendo l'equilibrio, si fece tanto male alle caviglie da cominciare a imprecare mentalmente “Quell'imbecille di Harold lo fa sembrare tanto semplice! Ah, giusto... Harold...”
-McGrady!- chiamò una delle Allen, la responsabile del condominio.
Leshawna si guardò intorno, poi si accorse con orrore che si riferiva a lei. -No, non siamo legalmente correlati e nemmeno consanguinei, non abbiamo lo stesso cognome.- precisò nervosamente.
-Non c'è tempo, puoi spiegare a questi ambulanzatori, o comunque si chiamino, che non sono pazza?!- disse la donna apparentemente esaurita. -Ho chiamato l'ambulanza perchè ho trovato il suo convivente svenuto sulle scale, ma mi distraggo un attimo e il ragazzo svanisce nel nulla! E ora credono che abbia avuto un'allucinazione! Mi aiuti!- nel mentre i tizi cercavano di calmarla ottenendo di innervosirla maggiormente.
-Scusate. Per il mio coinquilino, svenire e rialzarsi come se niente fosse, è praticamente la norma, sopratutto negli ultimi mesi. Ma considerando che non ci sono traccie di sangue per le scale, è più probabile che abbia semplicemente deciso di dormire un po' lì... è un caso perso. Se è stanco, è capace di addormentarsi ovunque in pochi secondi.- spiegò Leshawna.
Gli uomini ne parlarono fra loro. -Ok, ma signorina, rintracci il suo convivente e gli faccia fare degli accertamenti.-
-Sì, suppongo che gli svenimenti siano strani.-
-Non solo, se è svenuto e ha sbattuto la testa, capace o meno di rialzarsi sulle sue gambe, potrebbe aver subito qualche danno. È urgente che lo faccia controllare, intesi?-
-Certamente.- rispose Leshawna un po' turbata. “Con tutte le botte che ha preso non gli è mai successo nulla! Stanno esagerando..:”  pensò le stesse tornando la nausea, ma doveva essere stata solo un'impressione. -Beh, buon lavoro.-
-Sarebbe meglio augurarci buon riposo. Se nessuno ha bisogno di noi è meglio. Buona giornata, signorina.- disse gioviale, l'uomo. -A proposito, non salti più dalle scale in quel modo, intesi?-
Leshawna se ne era già andata. “Figurati se gli è successo qualcosa!” ripetè, ma entrata nell'ascensore, finalmente libero, provò a telefonargli. “Ultimamente mi contraddico troppo spesso. Sarà anche questa colpa delle gravidanza.” si prese in giro, ma non ricevere alcuna risposta la inquietò. Provò a richiamargli nell'appartamento. “Se gli fosse successo qualcosa, ma si trovasse ancora nel condominio, potrei comunque trovarlo seguendo la suoneria del cellulare.” pensò pianificando di uscire nuovamente, ma la telefonata fu riattaccata. -Bastardo! Allora c'è! Perchè riattacca, questo imbecille?!- si sfogò.
-Perchè sono qua, forse!?- rispose una voce proveniente dal bagno. Ne uscì un Harold, insolitamente pallido, con gli occhi lucidi e arrossati... -Scusa, era silenzioso e non mi sono accorto delle prime chiamate... avevi bisogno di qualcosa?-
-Sei svenuto sulle scale?- gli chiese in tono di interrogatorio.
Harold sembrava disorientato. -No... ma mi ci sono accovacciato e ho riposato un po' gli occhi, solo questo... e solo per un po'...-
-E non hai sentito la responsabile cercare di svegliarti o le sirene dell'ambulanza?- disse incredula.
-Ambulanza?! È successo qualcosa? Stai bene?-
“Quindi si era semplicemente addormentato... meno male!” la ragazza fece un sospiro di sollievo. “Ma come può essere così rintronato da non accorgersi di un'ambulanza?!” -Sto bene, erano qui per un idiota che ha pensato che le scale fossero un buon posto per un riposino!-
Cominciando a capire, il ragazzo si sentì un po' a disagio. -Ops... Beh, mi spiace di averti fatto preoccupare.- “Almeno, suppongo che se dovessi sparire, qualcuno se ne accorgerebbe...” forse non c'entrava l'imitare i segnali di tristezza altrui, era suscettibile a prescindere all'umore altrui e il fatto che la ragazza sembrasse felice di vederlo tutto intero, gli dava sensazioni contrastanti. -Anche se alle volte sei stronza e egocentrica, ti voglio molto bene...- “In realtà non so cosa provo, ma suppongo non sia falso... credo che se mi sentissi più stabile lo penserei.”
-Eh... anche io non voglio il tuo male anche se sei idiota, imbarazzante, distratto, strano, lagnoso e...-
-Che fai?!- esclamò il ragazzo come se dovesse mettersi a piangere.
-Beh, hai cominciato tu!- sbuffò la ragazza.
-Ho usato solo due aggettivi...- il ragazzo abbracciò la gatta che l'aveva richiamato da sopra il tavolino. -Ovviamene voglio molto bene anche a te Kunoichi!-
“Umano? Perchè blocchi Kunoichi?” -Mooo!- protestò, ma si lasciò abbracciare, ormai era abituata a quelle dimostrazioni affettive.
-Stai bene?- chiese Leshawna.
“Benissimo... mi hanno solo detto che una mia amica ha tentato il suicidio e ora è in coma...” -Sono idiota, imbarazzante, distratto, strano, lagnoso e non so cosa volessi aggiungere, ricordi?- poi disse la verità o meglio una parte. -Non so quando potremmo non rivederci più... quindi... mi andava di dirti che ti voglio bene...- “Che sia vero o no, non fa differenza...” -E' difficile non affezionarsi a qualcuno che è con te da tanto tempo. Anche se si trattasse di un pessimo soggetto, davanti alla morte perde importanza.-
-Ti spogli un attimo?- chiese la ragazza discretamente.
Harold perse quasi l'equilibrio per l'inquietante assurdità sentita. -D-dicevi cosa?- chiese con un sorriso nervoso. “Ho sentito malissimo!” ma istintivamente indietreggiò.
-N-niente. Perchè, hai sentito qualcosa?- rispose la ragazza, era terribilmente sospetta.
“...Stronza! Perchè deve essere così stronza?! Per chi mi ha scambiato?! Sono un uomo serio, io! Se ho deciso di chiudere, ho chiuso! Inoltre, perchè non fa pace con il cervello questa?! Ah... ok, forse è semplicemente irresistibilmente attratta dalla sofferenza fisica e mentale. Si, ha perfettamente senso, è sadica... Ma non è affatto meglio messa in questo modo!”
-Ehi, la finisci di guardarmi come fossi un maniaco che ti ha appena chiesto di fargli leccare i piedi? Hai semplicemente frainteso. Come al tuo solito...-
“Come potrei avere...” capì, si scoprì interamente il braccio e si avvicinò. -Così dovrebbe bastare... o comunque accontentati!- “Non gliene fregava nulla di me prima, perchè dovrei cominciare ad attrarla adesso?” pensò infastidito. -E' un braccio perfettamente normale, non sono malnutrito... e non ci sono neanche segni di tagli. Mai avuto questo tipo di problema, ma perchè non controllare anche quello, no?-
Leshawna gli tastò il braccio nonostante fosse perfettamente inutile per quello che era teoricamente il suo scopo. Harold si immobilizzò intenzionato a resistere. “Avrà capito che non voglio assolutamente che mi tocchi e mi sta facendo tutto questo per dispetto...” gli toccò anche il collo. “Perchè mi odia così tanto?!” poi tornò razionale. “Forse vuole solo capire velocemente la mia temperatura. Devo avere un pessimo aspetto...”
-Ok, ho finito...- disse finalmente Leshawna, e Harold si preparò mentalmente alla libertà, ma prima la ragazza gli pressò leggermente le labbra sul polso.
Il ragazzo scattò all'indietro finchè non trovò il muro, tenendola d'occhio come se fosse una terrorista armata. “AAAAAAAAAH! È ANCHE UN PUNTO SENSIBILE QUELLOOOOO!”
-Ok, scusa. Ho esagerato! Ma volevo farti uno scherzo innocente visto che ultimamente ti comporti come se avessi la lebbra!- spiegò Leshawna, sdrammatizzando.
Harold non riusciva ad essere genuinamente arrabbiato con qualcuno con cui c'era un problema di incomunicabilità di fondo, ma si sentiva svenire. “Ah! Non ne posso più!” per l'ennesima volta quel giorno, si grattò nervosamente il collo. -Non sei per niente divertente...- disse esasperato. -Piacerebbe anche a me essere così... così... io non c'è la faccio più...- disse con affanno.
-Vuoi fermarti!- ordinò Leshawna mantenendo il sangue freddo. -Ti rendi conto che ti stai facendo uscire sangue?-
Guardandosi i polpastrelli notò che erano tinti di un rosso scuro. -Che sollievo, così scuro deve essere per forza carico di anidrite carbonica...-

Harold si risvegliò sul divano-letto. Non ricordava perchè dovesse trovarsi lì. Forse doveva fare qualcosa... chiamare sua madre? Chiedere di Roza? “Aspetta... l'ho già fatto... Devo essere svenuto. Giusto. Il collo...”
-La prossima volta che fai una tragedia per me che mi mangio le unghie, te le strappo una ad una con una pinza.- disse la ragazza cercando di tramutare la rabbia in una battuta aggressiva.
-Sì... in effetti è un po' imbarazzante...- lui sorrise debolmente. -A proposito, ti è ricresciuta l'unghia?- disse acquistando un po' di severità, in contrasto col tono debole.
Leshawna nascose la mano. -Certamente.- poi ci ripensò e la espose. -In realtà, mi è direttamente caduta. Da sola, giuro. Ma ricrescerà, tranquillo!- sdrammatizzò.
-C-cosa?-  
-Eh, eh... cambiando discorso, che ultime parole sarebbero quelle farneticazioni sull'anidrite carbonica?!-
Harold ci mise un po' per ricollegare. -Oh... Uhm... se il sangue fosse stato rosso vivo, sarebbe stato arterioso, temevo di essermi rotto la carotide... sì, lo so, era un timore assurdo, ma mi ha fatto impressione essermi fatto sanguinare da solo.- ammise. -Così non ci ho più visto... letteralmente...- aggiunse più leggero. Una parte di lui, lo trovava quasi divertente. Ma l'apprensione con cui si sentiva guardato lo metteva a disagio.
“E' troppo vicina...” -Eh... giusto, volevo dirti che dovresti stare lontana dalla sorella della responsabile. Potrebbe dirti cose strane... forse è anche un po' razzista, ma potrei aver interpretato male io... Comunque non è la persona migliore con cui fare due chiacchiere, sopratutto quando si aspetta un bambino.- le raccomandò.
Leshawna sorrise amaramente. -Ah, e chi ci vuole parlare con quella! Tanto poi, mi evita come la peste, è come se avesse paura di me...- sospirò. -Sul serio, non è un problema. È facile che quelli di età avanzata siano razzisti, ci sono abituata. Ma ammetto che è fastidioso quando piagnucolano che gli togli la libertà di essere razzisti e deliri simili... Aww... Le mie povere stelline in un modo crudele, che tenerezza!-
Harold le accarezzò la testa, Leshawna rimase interdetta, ma non si scompose. “Anche se nasconde la rabbia dietro le prese in giro, è certamente molto forte.” pensò il ragazzo -Avrà molti pregiudizi e sembra che si passi il tempo a compiacersi delle disgrazie altrui, ma non so se lo fa con cattiveria. Probabilmente si annoia ed è cresciuta in un certo modo.- disse cercando di tranquillizzarla. -Sapevi che secondo voci e segni inconfondibili sarei un tossicodipendente? Io non lo sapevo!- sdrammatizzò continuando a carezzarla.
Con parecchi secondi di ritardo si rese conto dei propri gesti. “...Che sto facendo? P-perchè non mi sono sentito male toccandola? Non va bene... non va bene per niente...” si disse osservandosi la mano bianca e tremolante con molta inquietudine.
-Ehm... Harold...-
Kunoichi li interruppe saltando sgraziatamente vicino al ragazzo. “Umanoooo! Kunoichi ha un utile dono!” gli posò vicino, una lucertolina, fresca d'uccisione. “Avrai bisogno di cibo per rimetterti in sesto e non mi sembri proprio un bravo cacciatore...”
-Kunoichi!- la rimproverò Leshawna.
Kunoichi sussultò sorpresa, poi le ringhiò. “Che hai da aggredirmi?! Kunoichi ovviamente non ti teme, ma rischi di spaventare Harold! Nessuna pietà per chi non sta bene? Sei cattiva e orribile!”
Harold raccolse la lucertola e accarezzò Kunoichi. Poi si alzò e un po' traballante uscì.
Leshawna lo seguì. -Se non la rimproveri, non imparerà mai.-
Harold le aveva lanciato un'occhiata furtiva, poi era tornato pensieroso sul corpicino del rettile.
“Ma che gli prende adesso?” lo seguì fino ad un'aiuola secca, dove il ragazzo scavò una piccola buca per depositare il corpo. Poi mise le mani giunte e cominciò a bisbigliare qualcosa.
-Che... che stai facendo?-
-Prego Yig, il signore dei serpenti, affinché non scagli su di noi la sua terribile maledizione.- disse con uno sguardo inquietantemente serio. Poi sorrise docilmente. -Scherzavo.-
-Non sei un po' troppo grande per fare il bambino dei film horror?  Poi non eri mica diventato ateo?-
-Sì, ma anche se non c'è nessun paradiso delle lucertole, si tratta comunque di un insieme di rituali con lo scopo di rasserenarmi... gli esseri umani sono parecchio strani, eh?-
-Suppongo che il tic nervoso delle mani giunte colpisca gran parte della popolazione...- rispose lei un po' a disagio.
-Ok... comunque ci vediamo più tardi.-
-Eh?! Dove te ne staresti andando?- chiese la ragazza con sospetto.
-Fra un po' dovrei essere a casa dell'ex proprietario dell'appartamento per badare al figlio e dargli ripetizioni. Parto un po' prima, così posso prendermela comoda.-
-Perfetto, ti accompagno io.- affermò la ragazza. -Magari rimango pure e vedo se posso rendermi utile...- riflettè a voce alta.
Il ragazzo celò il fastidio dietro una maschera di cortesia -Non voglio in alcun modo disturbarti e le mie gambe funzionano perfettamente.-
-Vediamo un po'; ti sei addormentato sugli scalini, mi hai fatto strani discorsi di cui il succo era; devo dirti che ti voglio bene perchè potrei crepare male da un momento all'altro...-
-Mi sembra una tua libera interpretazione...-
-Infine sei svenuto e ti ho dovuto prendere di peso per metterti a letto.- concluse con un sorriso forzato la sua argomentazione. -Mi sembra che tu non stia così bene, eh?-
-Sì realista, se dobbiamo aspettare che sembri in forma, sono condannato ad essere sorvegliato da te per un periodo che potrebbe estendersi fra i due mesi e il resto della mia vita. Inoltre, non ti eri forse stufata di me? Mi hai mollato, no?- disse inacidito, poi sospirò. -Il rischio di alzarsi un giorno e non fare più ritorno a casa, c'è sempre. E qualunque cosa ti abbia detto, non è che faccia aumentare magicamente le mie probabilità di finire sotto un camion, cascare dentro un tombino, essere rapito da un'aquila affetta da gigantismo o portato via da una folata di vento.- nonostante lui cercasse di rendere il tutto ridicolo, l'espressione di Leshawna rimaneva seria e irrequieta.
-Fa come vuoi, dovresti almeno portarti dietro il portafoglio.-
-In effetti, con i documenti, riconoscere il mio corpo sarà decisamente più facile...- disse con aria svampita. Leshawna lo guardava con aria truce. -Era solo una battuta! Magari con un pessimo tempismo...-
-No, tu non meriti un portafoglio.- sbuffò la ragazza. -E si può sapere perchè lo usi come porta-bottoni?-
Harold riflettè qualche secondo sul senso della domanda. -Oh... beh, sicuramente non te lo ricorderai...- disse fra sé e sé. -E' solo una specie di portafortuna...- rispose il ragazzo per levarsi d'impiccio.
-E perchè questa fissazione per i bottoni? Qualche anno fa  hai insistito per prendertene uno mio... non che me ne freghi... lo trovo strano, tutto qua.- disse sembrando infastidita.
“Se lo ricorda, suppongo lo trovi imbarazzante.” -Infatti è il tuo quello.- “Non ha importanza, quindi perchè trovarlo imbarazzante.” -E' che... in alcuni vecchi manga ad ambientazione scolastica che leggevo, si ripeteva una strana usanza per cui la ragazza, per la cerimonia dei diplomi chiedeva al ragazzo che le piaceva il secondo bottone dell'uniforme o era il ragazzo a darlo spontaneamente. Essendo il più vicino al cuore, dovrebbe essere quello più intriso di sentimenti e ricordi. È un'usanza probabilmente diventata popolare a causa di un romanzo in cui accadeva e che potrebbe essere nata a causa di un film in cui un soldato, incerto del proprio ritorno, donava il bottone all'amata... Anche se non c'era nessuna cerimonia dei diplomi e non sei un uomo in divisa, ho pensato che fosse carino da parte tua, darmi spontaneamente il tuo secondo bottone...- “E' imbarazzante invece! Come ho fatto anche solo a finire la spiegazione?!” a peggiore la situazione c'era Leshawna a guardarlo di traverso. -B-beh, tutti da adolescenti abbiamo avuto le nostre fantasie romantiche strane e imbarazzanti, no?! Voi femmine alle medie non stavate in fissa con Twilight, poi con cinquanta sfumature?- rise nervosamente.
-Fantasticare sul diventare vedova di guerra, ma in possesso di un bottone, è ben più strano...-
-Non era esattamente questo il punto, Leshawna...- disse imbarazzato. -Ma sono sicuro che saresti stata un soldato molto onorevole e non avresti seviziato nessuno inutilmente...-
-Grazie, caro. Ma basta con le fantasie di me che muoio per la patria, per favore...- i due si sorrisero per un attimo, poi interruppero il contatto visivo sentendosi a disagio. -Anche se Twilight era la noia bibblificata in cui gli innamoratissimi si conoscevano poco e niente, ammetterai invece che diventare ricchi e immortali senza avere nessuna capacità particolare, ha decisamente il suo fascino come fantasia! E il tizio era figo anche se sociopatico, ma credo fosse manipolabile con un po' di furbizia. Del sociopatico senza la giustificazione del non essere umano delle cinquanta sfumature, invece ammetto che non ne ho mai capito il senso. I soldi senza l'immortalità non valgono la pena di sopportarsi un imbecille simile.-
-Il tuo non perdere di vista l'opportunismo neanche nelle fantasie, è una capacità che ammiro molto.- commentò Harold. Leshawna sembrò infastidita. -Era un complimento, davvero... Anche se, effettivamente, mi fossi interessato a Duncan sarebbe stata la stessa cosa...- pensò ad alta voce.
-Eh?!-
-Niente, pensavo solo che era strano che avessi problemi con Duncan visto che alla fine siete molto simili. Forse siete quel tipo di persone simili che non si sopportano fra loro. In effetti avete anche gli stessi gusti per le ragazze...-
-Io e lo spaccone, simili? E poi, Gwen interessava pure a te...-
-Perchè ha sollecito il mio istinto masochista. Infatti quando mi sono accorto del rischio cotta, l'ho evitata finchè il rischio non è passato.-
-Devi stare attento a questo tuo istinto...- “E' per questo che parli con tanta leggerezza di quello lì? Ho l'impressione di essere stata più io quella che cercava di tenertelo lontano. Tu non ti sei mai occupato di difenderti... e ora mi paragoni a quello?! Che razza di considerazione hai di me...”
Leshawna gli sembrava particolarmente infastidita, ma decise di non indagare. -Se non ti serve trattenermi ancora, io me ne andrei...- l'avvertì.
-Ah, sì... certo...- la ragazza sospirò. -Credo che andrò a chiarire con Courtney allora...-
Harold fu sorpreso. “Se non fossi preoccupato per la mia incolumità, farei un'eccezione e l'abbraccerei! Sono commosso, non è roba da tutti i giorni che vada a scusarsi con qualcuno anziché aspettare che scordi tutto... starà maturando anche lei.”
“Perchè improvvisamente sembra felice?! Cosa diavolo succede in quella testa?!” si chiese Leshawna irritata.
-Visto che vai da Courtney, potresti portarle un fiore? Ti restituirò i soldi.- chiese il ragazzo.
-E che sarebbe? Un segnale segreto fra amanti?- chiese Leshawna incuriosita, senza mostrare turbamento.
-No! E' che... la ragazza che abitava nell'appartamento di Courtney è in coma e non so dove si trovi, così ho pensato che sarebbe carino metterle in casa un fiore...- Harold si interruppe sentendo nelle orecchie un suono simile a quello delle mani che applaudono, ma molto più lento e sottile. Tornando a guardare Leshawna, vide poco distante la lei, una giovane pallida e trasandata che con un debole sorriso, batteva le punte dei polpastrelli seguendo un ritmo regolare. -Eh, Leshawna, guarda! Quella nuvola non ha un aspetto strano?!- disse il ragazzo indicando, per portare la ragazza a voltarsi nella direzione dell'altra.
Leshawna, anche se perplessa, seguì la sua indicazione, mostrando di non notare la presenza dell'altra ragazza. -Io non vedo proprio niente...- disse guardandolo con preoccupazione.
-Volevo solo farti uno stupido scherzo...- “Allucinazioni... bene... ma visto che anche lei approva, le farò consegnare quel fiore... ormai l'ho detto, sarebbe triste non farlo...” si disse osservando Roza. “Perchè mi preoccupo dei sentimenti di un'allucinazione?” -Comunque, per il fiore, va bene?-
-Se per te è importante, allora va bene...-
-Grazie mille! Allora, vado!-
-Fa attenzione e non dimenticare che ti conviene non morire... Altrimenti, ovunque la tua coscienza vada a finire, non importa, perchè ti troverò e ti farò talmente tanto male da farti rimpiangere per l'eternità la tua scelta di andartene prematuramente.- disse Leshawna con la solennità e la pesantezza di una maledizione.
La ragazza spettrale vicino a lei spalancò gli occhi incuriosita e cominciò a girarle attorno come per studiarla.
“Non importa quanto poco senso abbia, ma con quella determinazione, potrei crederle anche se mi dicesse che il sole sorge a nordovest e tramonta fra le fauci del lupo cosmico...” -Quindi, sarei salvo se morissi, ma non fosse una mia scelta?-
-Dipende da quanto realmente non dipenda da te.- ribattè la ragazza turbata.
-Puoi stare tranquilla, se avessi tendenze suicide, sarebbe mio dovere metterti al corrente delle mie condizioni. Non sono così scorretto.-
-E' comunque inquietante e sospetto il modo in cui ne parli.- gli fece notare.
-Temo di averti suggestionato un po'... e mi spiace... Tornerò di certo e anzi, hai bisogno che ti porti qualcosa?-
“Carne e ossa!” pensò la ragazza istintivamente. -Ehm... fave? Hanno molto ferro... e proteine...-  Concentrare la propria frustrazione sulle privazioni alimentari, forse l'avrebbe aiutata a scacciare quel senso di morte che percepiva attorno a sé, in particolare da quella mattina. -Ma tu occupati solo di non finire sotto qualche macchina. Ci penso io alla spesa. Sei anche senza portafoglio, ti ricordo...-
-Vero... allora vado. A presto!-
-Ciao...-
“Sono abbastanza certo che ci fosse qualcosa da cui dovevo metterla in guardia riguardo a Courtney... qualcosa che poteva potenzialmente turbarla... ma cos'era? Eh... spero niente di importante...”


Angolo dell'autrice:

Stranamente questo capitolo mi è venuto abbastanza facile da scrivere, spero risulti anche apprezzabile da leggere... anche se i personaggi sono piuttosto instabili per ora, spero ci si capisca qualcosa.
Mi scuso ancora per la lentezza degli avvenimenti (oltre che degli aggiornamenti) ma non voglio descrivere le situazioni frettolosamente, per me sarebbe anche noioso e parecchio frustrante scrivere di fretta, anche se spero che questo mio “stile”(ne ho uno?) non dia troppi problemi.
Se volete darmi un vostro parere mi fa molto piacere. Cercherò fin dove è possibile di correggermi e migliorare.
Alla prossima e grazie davvero a chiunque abbia letto fin qui.

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Capitolo 11
*** Primo amore ***


Lei odiava alzarsi presto, oltre ad odiare la scuola, eppure quella mattina era talmente in anticipo da essere l'unica nel cortile davanti l'edificio scolastico ancora chiuso. Purtroppo la persona che attendeva era mattiniera...
Era tentata si fare un'altra assenza, ma non poteva. Era un giorno di pausa rispetto gli altri di quella settimana fitta di verifiche e interrogazioni di fine trimestre, ma temeva che se non avesse sistemato subito la questione con quella persona, le cose sarebbero peggiorate. Rimaneva tesa e concentrata sull'osservazione della strada, non poteva perderla...
-Sembri un usuraio che tende un'imboscata...- All'improvviso, una testa rossa rischiarata dalla luce solare invase il suo campo visivo mettendola in allarme. Per poco non lo colpì istintivamente. -Sei anche in allerta come un criminale.- aggiunse innocentemente notando la reazione della ragazza.
-Dannazione Harold! Avvicinati in modo meno inquietante!- sbuffò Leshawna.
-Inquietante?- ripetè Harold dubbioso. Probabilmente aveva ragione il ragazzo ed era lei ad aver reagito in modo eccessivo. -Cosa fai?-  le domandò incuriosito. -Non è da te essere qui così presto.-
-Aspetto Ellen, abbiamo avuto un problema ieri durante un'interrogazione, quando lei ha provato a suggerirmi facendosi scoprire dal professore.- rispose tornado a fissare la strada.
-L'aspetti con quell'espressione?- chiese Harold un po' nervoso.
-Cos'ha che non va?- chiese lei rigida, senza girarsi verso di lui.
-Prova a rilassare un po' le sopracciglia almeno...- suggerì, ma involontariamente, Leshawna le contrasse ancora di più. Il ragazzo sopirò e si allontanò un po' pur rimanendo nei paraggi.
La presenza di Harold la infastidiva, si sentiva osservata e sentiva di dover osservare, ma si forzò di lasciarlo perdere. “Attira troppo la mia attenzione... sarà per il suo aspetto strano...” a risvegliarla dai suoi pensieri fu la ragazza dai capelli scuri, raccolti in uno chignon.
Leshawna le si avvicinò, forse in modo troppo brusco. La ragazza la guardò stranita mentre a Leshawna non uscivano le parole di gola.
“Che succede?” si chiese mentre sentiva il viso bruciare, cominciò ad avvertire uno strano tremore... -Mi spiace per la mia reazione di ieri! È stata una settimana atroce. Dormo poco e niente. Ma dovevo rispondere alla domanda dell'interrogazione e poi c'eri tu che borbottavi facendoti sentire dal prof così...- Sentiva qualcosa di strano nella propria voce. Era veloce e nervosa, le sembrava di impazzire e che il suo corpo non le rispondesse adeguatamente. Era mossa da una strana energia disordinata “Cosa mi succede?!” -Lo so, volevi aiutarmi, ma in quel momento ho pensato di essere un'idiota con un interrogazione andata malissimo. Per questo ti ho guardata in quel modo e ho chiesto incazzata al professore di farmi un'altra domanda dopo avergli dato la risposta che mi avevi suggerito con scazzo. Ma non ero realmente arrabbiata con te! Non era un moto di orgoglio o altro, non sono mica la studentessa modello che si offende se si prova ad aiutarla! È stato solo un insieme di cose sbagliate al momento sbagliato.- Leshawna riprese fiato, sentiva la bocca completamente asciutta.
Ellen la fissava con gli occhi spalancatati, un'espressione simile a quella che aveva fatto quando Leshawna l'aveva fulminata con gli occhi dopo il suggerimento, ma meno inquieta. Ad un certo punto l'espressione della ragazza si addolcì e divenne... compassionevole... preoccupata...
“Ma che razza di impressione le ho fatto?” si chiese Leshawna esaurita mentre il viso le bruciava sempre di più.
-Va tutto bene. Siamo tutti stressati in questo periodo.- Ellen le sorrise e la salutò. -Ci vediamo in classe.-
-Certo... a più tardi...- la voce continuava ad uscirle come se fosse ad un'interrogazione. “Sembro una completamente esaurita!” pensò con rassegnazione. Sarebbe stata arrabbiata se non avesse sentito che tutte le energie l'avevano abbandonata. “Che merda ho questa mattina?!” si rassicurò pensando che non c'era nessuno in giro. Fu grata di aver scelto quell'orario per parlarle. Poi la sua mente ritornò ad Harold e si rese conto che era li “Quel grandissimo figlio di t...!”
-Credevo fossi arrabbiata con Ellen!- esclamò stupito, andandole vicino. -In effetti, mi sembrava strano che te la fossi presa per ieri, ma con quella faccia da usuraio arrabbiato...-
Quando lei si girò il ragazzo fu inizialmente sorpreso. -Ho una faccia così strana?- gli chiese innervosita.
-Non così tanto, sembri solo un po' giù... oppure una che sta per crollare a terra...-
Leshawna sospirò e lo afferrò per gli avambracci per poterlo utilizzare come appoggio.
-...Che fai?- chiese smarrito.
-E che ne so? Non dovrei neanche essere sveglia a quest'ora! Ah... non so neanche perchè le ho parlato con quel tono idiota!-
-Uh...  Hai confermato tu stessa una carenza di sonno, suppongo tu sia stressata perchè in questi giorni ti sei dovuta studiare grossi blocchi di materie tutte in una volta...- il ragazzo si risparmiò di aggiungere “Mannaggia a te! Se solo studiassi tutto l'anno non ti ridurresti così.” -Forse hai anche scordato di idratarti e fare colazione visto che non sei abituata ad alzarti così presto... probabilmente questo insieme di cose ti ha messo in una situazione di vulnerabilità e scarso controllo così, visto che eri preoccupata di aver ferito Ellen con la tua occhiataccia e non volevi che la ragazza conservasse un'idea sbagliata, le tue emozioni sono uscite sotto forma di quel tono affannato e tremolante più una sensazione di calore eccessivo considerando il colorito della tua faccia, seguito da una forte stanchezza. In breve si può dire semplicemente che tu ti sia emozionata e che la cosa ti abbia stancata? Infondo non è così strano per te farti strascinare, è proprio per questo che ti sei dovuta scusare, no? Solo che di solito sei abituata alla rabbia e all'euforia...-
Alla ragazza pulsò la palpebra.
-Sapere perchè è accaduto non ti aiuta a razionalizzare e sentirti più tranquilla?- chiese Harold perplesso.
-Non se ad analizzare è uno strizzacervelli non pagato e autorizzato!-
-Ah... Ops... Volevo aiutarti a ridimensionare il tutto, pardòn.- disse il ragazzo dall'aria svampita. -Comunque sono abbastanza fiero di te...-
Leshawna lo guardò stranita in attesa di qualche cazzata che avrebbe reso il tutto peggiore.
-Sei riuscita a tenere conto dei sentimenti di Ellen e ti sei scusata nonostante ti venga innaturale. È ammirevole!- le disse senza sembrare sarcastico. E ciò rendeva tutto più imbarazzante.
-Cosa vorresti dire? Che sono una insensibile e orgogliosa?-
-No, prendi a cuore gli altri facilmente, però...- il ragazzo si interruppe.
-Quindi per te quello che è successo questa mattina sarebbe una sorta di karma?-
-Uhm... che intendi? Non mi sembra sia successo niente di male...-
La ragazza sospirò. -Probabilmente hai ragione... Va beh, pazienza, vuol dire che Ellen mi considererà un'esaurita d'ora in avanti. Tanto non è che parlassimo molto!- sdrammatizzò amara.
-Non farti trasportare dalle tue fantasie catastrofiche...- Harold sospirò. -Mi sembra che abbia capito i tuoi sentimenti. Avete anche sincronizzato le espressioni, quindi credo che l'empatia abbia funzionato. Pure il suo modo di sorridere mi è sembrato molto sincero... e carino... di solito lei non...-
-Abbiamo cosa?- una parte di lei si sentiva rasserenata all'idea di aver risolto tutto e che la pace stabilita con quella ragazza fosse sincera, l'altra le diceva di stare all'erta anche nei confronti del ragazzino impiccione che cercava di tranquillizzarla. -Non è che mi fidi molto di uno che ronza con tranquillità intorno ai propri bulletti!- finalmente si accorse di quanto fossero ridicolmente vicini, nell'agitazione finì per spingerlo. -Perchè mi stavi abbracciando?!-
-Che? Sei tu che ti sei aggrappata a me!-
-Ops, non ci avevo fatto caso.- ammise ridendo nervosamente.
-Non è la prima volta...- le fece notare con un tono sospettosamente distaccato. La ragazza si stranì, poi si rese conto che era abbastanza plausibile. -Lo fai con chiunque o sono un caso particolare?-
-Eh... scusa, è che quando mi prendo di confidenza con qualcuno a volte non faccio più caso agli spazi personali.-
-Quindi, ti capita anche con altre persone a caso?-  ripetè la domanda nervoso.
Leshawna rimase in silenzio per un po' a rifletterci.
-Ho visto computer con il disco rigido pesantemente danneggiato rispondere più in fretta agli input...-
-E che ne so? Non ci ho fatto caso! Mi spiace e tranquillo. Starò molto più attenta al tuo spazio personale, d'ora in poi.- gli promise con leggerezza.
-Non è un problema in realtà, volevo solo capire un po' meglio...- il ragazzo sospirò. -Vuoi andare a prendere dell'acqua zuccherata? Mi sembri ancora stranamente indebolita.-
-Sto benissimo!- protestò irritata. -E poi che effetto dovrebbe avere? Tutte leggende metropolitane quelle sul sentirsi male per non aver assunto zuccheri di mattina e cose così. A meno che non si sia a digiuno da giorni, cibo, acqua e zuccheri non danno alcuna energia o beneficio, è tutta una questione di testa!- disse con allegra arroganza.
-Ho l'impressione che tu sia troppo abituata ad avere pieno controllo del tuo corpo... è buono, ma può renderti impreparata come questa mattina... oltre che un po' ottus... eh, no, non ho detto nulla...-

“Perchè deve sempre intromettersi nei miei ricordi?! Ci vuole un esorcista!”
Esorcista era il termine giusto visto l'aspetto spiritato con cui Harold l'aveva salutata una ventina di minuti prima. “L'ho sempre saputo che la sua mente era una bomba ad orologeria.” pensò  Leshawna mentre pigiava delicatamente sul fiore giallo a forma di pon pon che aveva appena preso dal fioraio per Courtney e per l'ex vicina col piede nella fossa.
“Non andrò fuori di testa scusandomi in modo imbarazzante questa volta... ero una ragazzina stupida in un brutto momento...”  si accorse di essere di nuovo in un brutto momento e che la gravidanza sembrava facilitarne gli sbalzi di umore. “Non ricordo se ho mangiato e bevuto questa mattina... Ah! Sciocchezze, questo non può condizionare il controllo delle proprie reazioni! Tutte leggende!”
Mentre rientrava nel condominio riguardò quel fiore di cui non conosceva il nome. “Non sarà strano presentarsi con questo? E forse un tipo perfettino come Courtney avrebbe preferito un fiore dal significato specifico, qualcosa del tipo... boh, scusa se ho fatto irruzione armata in casa tua...” rise fra sé e sé. “Chissà se esiste un fiore del genere? Queste perdite di tempo da simbolisti del giardinaggio non fanno proprio per me... comunque ho preso un fiore allegro, andrà sicuramente bene. Credo di averne visti alcuni in chiesa per i matrimoni...” si bloccò un attimo. “Forse non ha un significato così positivo...” pensò dando un'occhiataccia al fiore.
Mentre aspettava l'ascensore, qualcuno la raggiunse e aspettò con lei. Era il pallido ragazzino grassoccio col caschetto viola. Rimase ad osservarla con le sopracciglia aggrottate.
-Mi spiace per l'incidente col ragnetto, ok?- disse preventivamente Leshawna.
-Non sembri molto incinta...- disse il ragazzino dando l'impressione di non averla sentita.
“Eh? Perchè lo sa?!” pensò innervosita.
-Sarà per il grasso?- si chiese Max.
“...Vuole proprio morire giovane, eh?” si disse minacciosa. -Non voglio problemi, se ti serve un moccioso per qualche rito satanico, te lo cedo volentieri una volta che sarà uscito da me, puoi pazientare?-
Mentre l'ascensore si apriva, il ragazzino la guardava mezzo traumatizzato.
-Stavo scherzando...- precisò “Detesto la gravidanza, ma non fino a questo punto... giusto?” ma il ragazzino fu titubante prima di entrare con lei.
I due rimasero in silenzio fino a quando le porte dell'ascensore non si riaprirono. Si congedarono, anche se Max la osservò sospettoso mentre bussava all'appartamento di Courtney.
Courtney stessa non la guardò proprio benissimo dopo aver aperto la porta.
Leshawna alzò le mani e ruotò lentamente -Puoi tranquillamente perquisirmi.- le disse con tono apparentemente allegro “Fin'ora mi sento più o meno normale! Eh... Quanto è triste vantarsi di questa cosa?”
-Ok, entra.- disse Courtney con tono annoiato.
“E' stato... facile... Ma perchè fa freddo qui dentro?” si chiese strofinandosi le braccia.
-Vuoi del te?- le chiese con cortesia la ragazza ispanica.
-No, grazie. Dovevo solo...- Courtney la interruppe sfilandole il fiore con un eleganza in contrasto con l'aria corrucciata con cui lo osservava.
-Ha qualcosa che non va?- chiese Leshawna.
-Eh...- Courtney rispose con un'espressione stizzita. -Sono abituata a vederlo sulle tombe.- disse.
-Ah...- “Pazienza suppongo...”
-In realtà il crisantemo ha questo significato più che altro in Italia, infatti la famiglia con la cappella vicina a quella della mia era di italiani, non è colpa tua.- sospirò, poi la sua espressione si fece più severa. -Anche se potevi informarti! I crisantemi gialli simboleggiano un amore trascurato... O vuoi forse confessarmi qualcosa?-
-Assolutamente no!- negò disgustata. -Eh, scusa. Il fiore era semplicemente per...- Courtney la interruppe nuovamente andando nell'altra stanza. Leshawna sbuffò.
-Scusami, devo sistemare delle robe al computer. Intanto siediti.- sembrava a metà fra una richiesta cortese ed un ordine. Leshawna non si fece pregare e osservò la ragazza trafficare da lontano. Per un attimo la sua mano sembrò emettere uno scintillio sospetto. Leshawna si sporse per capire meglio, vide un anello un po' troppo anonimo per essere ornamentale.
“Che aaaansia!” pensò ritornando composta. “Ci deve essere un'altra spiegazione! Così giovane, un tipo come Courtney, non può essersi già accasato seriamente... vero?” ma ripensandoci, l'aura di perfezionismo di Courtney era più una costruzione illusoria che altro. Quando veniva meno, la ragazza aveva sempre mostrato una spiccata attrazione per l'imprevedibile, un po' per domarlo, forse anche per il desiderio di lasciarsi trascinare.
Visto in quell'ottica, l'uomo fulvo che Leshawna aveva incontrato in quell'appartamento, non era un compagno così strano per Courtney.
Quei lineamenti del nord sgradevolmente marcati le aveva ricordato inizialmente l'ex di Courtney, ma il ragazzo le era sembrato più bonaccione, anche se strano e puzzava pure, ma in modo diverso da Duncan.
“Io e Courtney abbiamo per forza un olfatto diverso!” pensò Leshawna arricciando il naso. Pensare a Duncan la innervosiva.
Harold non si era mai nascosto dietro una maschera d'ordine. Vestiva a caso anche con indumenti fuori misura, colori accesi e sconnessi. Studiava con zelo ciò che lo conquistava, ma non si preoccupava di essere un perfezionista con le materie che non lo interessavano, non si turbava per i voti, se era in disaccordo con un professore non gli interessava fingere diversamente e, a meno che non fosse incaricato da altri o sè stesso di svolgere un compito in cui contava la precisione, era l'incarnazione della disorganizzazione. Ma come Courtney, sembrava provare un'inspiegabile curiosità, forse simpatia per quello la...
Anche Leshawna avrebbe teoricamente potuto provare simpatia per Duncan. Nonostante puzzasse... E alcune sue uscite le facessero venire voglia di metterlo sotto e fargli ammettere quanto fosse uno spaccone del cazzo! Era riuscito a farsi prendere in simpatia persino da Gwen che a differenza di Courtney una testa sulle spalle l'aveva davvero! “Perchè quello doveva stare attorno a tutte le persone che interessavano a me?! Che nervi!”
La verità era che in quel momento non poteva distaccarsi dalla sua irritazione e pensarlo lucidamente. “Perchè diavolo, Harold, mi hai paragonato a quello?!”
Effettivamente, per come le si era posto all'inizio, il piccolo Harold quattordicenne non sembrava averla presa in simpatia pur mostrando curiosità nei suoi confronti.
Forse anche lui come Courtney ricercava qualcuno di diverso da sé e imprevedibile.
Lei invece? Come c'era finita incastrata in quella situazione con Harold?
Forse perchè era un'adolescente arrabbiata. Lentamente ma inesorabilmente non aveva potuto fare a meno di notare quel ragazzino che tendeva a non reagire agli attacchi e a cerca di perseguire una pacifica convivenza. Le causava un'irritazione viscerale, al posto suo avrebbe spaccato e ridotto al macello tutto e tutti. Harold era uno spettacolo frustrante, ma non poteva ignorarlo e per qualche motivo non riusciva neanche ad odiarlo davvero.
Forse per questo si era interessata a lui e non lo aveva scacciato tutte le volte che le ronzava attorno tutto allegro... in realtà era stato solo il motivo iniziale. La verità era che senza quel ragazzino probabilmente avrebbe perso il controllo e niente l'avrebbe fermata dall'uccidere quella persona... Non che si sarebbe dispiaciuta se un giorno le fosse arrivata la notizia che quell'uomo era morto, ma...
-Potresti mettere il crisantemo in un vaso con dell'acqua? Se lo lasci così appassisce.- le disse Courtney.
-Il mio preferito...- sussurrò piano ma soddisfatta la padrona di casa quando Leshawna ebbe sistemato il fiore.
-Come? Credevo che i crisantemi non...- Leshawna si rese conto che quella voce proveniva da troppo vicino per essere di Courtney... “Non ha nulla in comune con la voce squillante di Courtney...” realizzò con un brivido che le percorreva le braccia e la colonna vertebrale.
-Che dicevi?- chiese Courtney.
-N... niente...- Leshawna si guardò intorno, poi tornò a sedersi ma sentì una specie di squittio sotto il tavolo. “Non sono in vena di scherzi!” pensò la ragazza abbassandosi a guardare. Era così convinta che fosse tutta una sua immaginazione e che non avrebbe trovato nulla che si tirò indietro lanciando un urlo, anche se breve, vedendo una bambina piccola che la fissava. Anche la creaturina lanciò un grido.
-Che succede?!- esclamò Courtney precipitandosi lì. -Maya?! Papà non doveva accompagnarti all'asilo?!- disse facendo uscire la bambina da sotto il tavolo.
Aveva i capelli di un castano vagamente rossiccio e la carnagione un po' più chiara di quella di Courtney, ma gli stessi grandi occhi da civetta anche se più sul grigio. Leshawna la guardava come ipnotizzata.
-Ecco, ecco...- disse la bambina intimidita mentre dondolava sui piccoli piedi fissandosi le mani intrecciate. La sua voce era comunque troppo infantile e squillante per essere quella sentita poco prima da Leshawna.
-Ti ha di nuovo permesso di saltare la scuola...- affermò Courtney con una smorfia infastidita. La bambina rise sommessamente.
-Leshawna? Stai bene?- chiese Courtney vedendola immobile.
Leshawna scattò in piedi. -Mi sono solo accorta di avere un impegno molto urgente.- disse la donna. -Hai capito perchè ero qui, giusto? Per scusarmi e... mi spiace di non potermi fermare oltre a parlare con te, ma...-
-Non mi sembri informa.- osservò Courtney sospettosa.
-Andrà meglio quando sarò nel mio appartamento! Grazie di tutto e scusa ancora di più visto che ho sparato con una bambina in casa.- rise nervosamente.
-Sparo?- pronunciò Maya confusa.
-Tanto non la svegliano neanche le bombe...- commentò Courtney.
Leshawna fece il possibile per congedarsi nel modo meno brusco, ma una volta uscita scoprì di star camminando molto velocemente. Il bisogno di camminare era troppo forte per farle prendere l'ascensore.
“P-perchè sono così agitata? Mi sembra di avere il cuore che pulsa nelle orecchie e lo stomaco in alto al posto dei polmoni!” soffiò via l'aria furiosamente.
Forse il problema era che la bambina somigliava troppo a quella che aveva visto o sognato a sbirciarla dietro la porta della sua camera da letto.
“Non può mica essere un appartamento stregato, sono diventata scema?!” si chiese e si rese conto di essere già arrivata al suo appartamento, ma sentiva ancora il bisogno di camminare.
Purtroppo sapeva che ad averle fatto impressione non era la sensazione del paranormale.
Mentre camminava nervosamente colpì accidentalmente la sedia con il piede e si accovacciò a terra.
Le veniva di nuovo da vomitare e nel suo addome si avvertiva movimenti sospetti.
-Ok, mi arrendo...-

Ad Harold gli esseri umani erano sempre piaciuti molto. Peccato che la cosa non sembrasse reciproca.
Tradire, aggredire, parlare alle spalle, cercare di sottomettere, abbandonare, erano tendenze perfettamente naturali in tutti gli esseri umani.
O forse era Harold ad essere guasto. Per questo era incapace di trovare un altro essere umano che dimostrasse di apprezzarlo e rimanesse con lui quando ne aveva bisogno...
Va beh, la realtà era indifferente, la conclusione rimaneva la stessa; se voleva continuare ad amare gli esseri umani, Harold ne doveva accettarne la natura con tutti i lati oscuri e doveva accettare di essere ferito e manipolato.

“Ad un certo punto credevo di essere cresciuto e di potermi lasciare questa concezione alle spalle. Pensavo fosse solo la percezione distorta del mio io infantile, invece, scordare questa regola è stato un errore...” pensò il ragazzo mentre finito il lavoro, temporeggiava sdraiato su una panca del parco.

Ma nonostante le intenzioni buone e pacifiche, il ragazzino, non riusciva a non provare un certo disagio nei confronti di chi si comportava bene con lui per mantenere l'apparenza di bravo ragazzo per poi parlargli dietro e dire che gli teneva compagnia per dovere visto che Harold sembrava incapace dal punto di vista sociale. Questi soggetti di solito finivano ugualmente per bullizzarlo quando erano in compagnia. Sì, l'essere in compagnia faceva sentire qualunque atto di bullismo più autorizzato e senza importanza.
Alla fine, forse Harold aveva accettato di essere guasto, ma voleva sentirsi normale, così cominciò a preferire la compagnia di persone... problematiche?
Heather era pessima con tutti, per lei non c'era differenza fra Harold e Gwen e questo lo faceva sentire più a suo agio!
La sua curiosità nei confronti di Duncan invece era molto più difficile da spiegare... lui alternava momenti da pezzo di merda a momenti da bravo ragazzo, ma sembrava popolare in entrambe le modalità e con Harold era più merda che con gli altri. Eppure ad Harold piaceva, aveva finito per voler essere genuinamente amichevole nei suoi confronti e dopo due anni pessimi era anche riuscito a instaurare un rapporto decente con lui, molto più decente di quello che aveva con molti presunti bravi ragazzi... a parte Owen, ma lui non era bravo ragazzo a convenienza, era adorabile e basta.

“Insistere nell'avere un rapporto amichevole con una persona che ti sta simpatica, ma sembra non ricambiarti manco ammazzata non è per niente sano, eh... ma sono mai stato sano?” biasimò il sé ragazzino, ma solo in parte. “Avevo forse altra scelta? Non potevo contare su una prima buona impressione per fare amicizia...”

Anche Heather non era male come poteva sembrare. Se ti adattavi a lei, poteva avere dei momenti quasi gentili, ma anche non aspettandosi niente, per Harold era una buona compagnia.
Harold inoltre non poteva odiarla... lei stessa sembrava vittima del suo carattere e delle sue paure. Se da una parte sembrava fare di tutto per allontanare gli altri e mantenere un rapporto distaccato convincendosi che fossero solo oggetti, dall'altro sembrava aver bisogno di attenzioni e affetto.
Discolpare qualcuno delle sue responsabilità non era educativo... ma neanche far sentire Heather accerchiata si era mai rivelato utile e dal punto di vista di Harold, Heather non era peggiore degli altri, solo meno brava a nascondersi e più sola.

“Ah, in ogni caso, lei mi prenderebbe in giro fino alla morte se sapesse di questi pensieri...” rise tra sé e sé guardando il terso cielo autunnale. “Anche Leshawna si prenderebbe gioco dei miei sentimenti...” ma questo pensiero non riusciva ad accoglierlo con la stessa spensieratezza...

Era stato convinto che gli piacesse Heather, ed in un certo senso era anche vero. Era una cosa su cui aveva scherzato tranquillamente a scuola con la stessa Heather. Ma nonostante fosse terribilmente abile in quel campo, non c'era niente che Heather potesse dire o fare per ferirlo. Era palesemente disinteressata a lui, ma questo non gli faceva né caldo, né freddo. E quando si interessava ad altri ragazzi, Harold era pure curioso di vedere come le sarebbe andata a finire.
Essere amico di qualcuno che non poteva ferirlo era rassicurante per Harold, allo stesse modo, col carattere che aveva, avere la compagnia di qualcuno impossibile da ferire era quasi rilassante per Heather. Con Leshawna invece, era tutto terribilmente anomalo per Harold...
Di norma era Harold a dover fare tutto il lavoro per ottenere un minimo di considerazione dagli altri, quasi mai gli si veniva incontro, invece ad un certo punto, Leshawna aveva cominciato a interessarsi attivamente a lui. Eppure, per quelle che erano le esperienze di Harold, non si era impegnato affatto per farla affezionare. Lei aveva pure osato fargli dei complimenti qualche volta, quando la normalità era che fosse Harold a doversi complimentare con sé stesso per compensare la mancanza di apprezzamenti dall'esterno. Lei aveva frantumato le regole del suo mondo lasciandolo disorientato...
“All'inizio, pensavo fosse uno shock positivo, anche romantico. Prima qualunque cosa gli altri pensassero di me non mi toccava più di tanto, mi sostenevo e confortavo per conto mio. Ma il parere di Leshawna è finito per diventare vitale... se proveniva da lei, anche la più piccola critica diventava terribilmente dolorosa. E pensavo fosse normale, significava semplicemente che per me lei era molto più importante degli altri... ma...” non sapeva se la colpa della loro relazione traballante era stata della sua insicurezza data dall'avere per la prima volta una persona che sembrava spontaneamente tenere a lui o se fosse colpa di Leshawna con il suo alternarsi di momenti in cui era molto affettuosa e interessata a periodi in cui per lei Harold diventava invisibile o esclusivamente fonte di fastidi e imbarazzi... Harold non era neanche tanto sicuro che l'alternanza di periodi fosse reale o un parto della sua immaginazione.
“No, era reale! Non sono pazzo! Altrimenti la nostra relazione non sarebbe stata così incostante! Lei si comportava realmente come se fossi solo un peso, fastidioso e imbarazzante!” ci riflettè un po' sù... forse certi atteggiamenti da parte di Heather non potevano ferirlo perchè essendo parte del carattere di Heather non poteva prenderli pesantemente, era consapevole che la ragazza non lo facesse con cattiveria, era solo fatta in quel modo. “Leshawna invece lo faceva con cattiveria? Non lo so... Non voglio pensare che mi abbia mai ferito per cattiveria...” il ragazzo sospirò. “Alla fine probabilmente avevo ragione. L'errore è stato scordare che ferire le persone è inevitabilmente parte della natura umana. Mi sono solamente fatto delle aspettative sbagliate su Leshawna e l'affidabilità dei suoi sentimenti.”
Harold si mise seduto e si stiracchiò. “Perfetto, visto che ho ristabilito questa sana, sanissima conclusione e non sono più sentimentalmente legato a Leshawna quindi non ho motivo di farmi strane aspettative e rimanere ferito da lei, ora posso tranquillamente tornarmene a casa!”
ma i suoi arti inferiori non si volevano muovere, se non tremando come se ci fosse un terremoto.
“Ho mentito! Voglio solo rimanere qui a dare da mangiare ai miei amici piccioni... per il resto della vita! Yeeeeeeeeeh...”
Anche se sviluppare una vera e propria fobia per il contatto fisico con Leshawna era apparentemente scomodo, Harold aveva realizzato che era una buona difesa... Non era la prima volta che rompeva con la ragazza, ma alla fine erano sempre tornati sui loro passi. Harold non voleva assolutamente che la storia si ripetesse e quella fobia faceva proprio a caso suo...
Peccato che prima di andarsene, il ragazzo aveva accarezzato il viso della ex senza ricevere alcun contraccolpo...
“Se la repulsione viene meno rischio di ricascarci! In questo momento sono troppo instabile, confuso e privo di difese! Non è giusto! Perchè proprio ora?!” una piccola parte di lui gli segnalava che forse stava esagerando, ma il suo cervello sembrava impedirgli di mettere a posto i pensieri. “Ma non posso non tornare, io le ho promesso che l'avrei fatto...”
“Ma lei ha promesso che sarebbe venuta al matrimonio...” voleva cercare qualcosa per ribattere contro sé stesso, ma non trovava niente, anzi... “Credi davvero che se la situazione fosse stata a sessi invertiti lei sarebbe rimasta con te incinta invece di scappare e non farsi rivedere mai più abbandonandoti come ha fatto tuo padre?” Harold fu colto dai tipici brividi di freddo che precedono il vomito.
“No, che cosa sto pensando? Primo; mio padre non mi ha abbandonato, sono io che ci stavo male con lui e non ho voluto più andarci! Beh, l'ho fatto perchè lui sembrava volermi tenere alcuni giorni della settimana più per dovere che per genuino interesse nei miei confronti, ma non è mica la stessa cosa di abbandonare. Secondo... eh? Giusto, secondo; Leshawna potrà anche non essere la persona più affidabile del mondo, ma non sarebbe stata così terribile da lasciarmi senza dirmi niente, giusto? Beh, lo ha fatto... più volte... e più volte... ma non l'avrebbe mai fatto se io fossi stato una donna incinta. Si sarebbe preoccupata delle mie condizioni di salute, proprio come sto facendo io ora...” Harold si accorse di star ridendo sottovoce. Non riusciva a smettere, anche mordendosi la mano, la sua bocca continuava a produrre quei deboli sussulti.
Liberò la mano e prese dei respiri profondi. “Calmati, rifletti... forse stai esagerando perchè sei arrabbiato con lei...” Harold cercò di recuperare i ricordi utili per stabilire se Leshawna era davvero una brutta persona come se la stava prefigurando in quel momento, ma si rese conto di quanto i suoi ricordi su Leshawna fossero sempre più offuscati. Nel panico, capì che stavano scomparendo. “Beh, credo sia normale... non mi sono più utili visto che non stiamo insieme... anche se... vorrei almeno ricordare che tipo di persona è... se devo viverci insieme mi serve e sarebbe pesante vivere con qualcuno di cui ricordo solo cose negative, no? Non era questo che volevo quando pensavo ad una specie di rapporto professionale...” doveva rassegnarsi, anche se cercava di venire a patti razionalmente, se il suo cervello aveva deciso di nascondergli le informazioni, cercarle gli avrebbe solo fatto venire la nausea.
Ma aveva sempre più freddo e gli veniva da piangere. “Ma è il mio primo amore... indipendentemente da come è andata a finire, vorrei almeno...” Harold si paralizzò. “...Cosa sto dicendo?! Se la penso così finirò davvero per ricascarci!” non fosse stato in un parco pubblico, si sarebbe preso a schiaffi. “Perchè sono così incoerente?! Non mi ricordo che tipo di persona è? Non c'è problema! Basta stabilire che si tratta della mia coinquilina e che è incinta quindi devo fare attenzione alla sua salute psicofisica... anche perchè non sembra molto felice della maternità... è un coacervo di odio... se incontrasse un serial killer, quest'ultimo cambierebbe strada e arrivato a casa si raggomitolerebbe nella doccia piangendo sconsolato... però all'interno di questa finzione come giustifico il dovermi tenere a distanza da lei? Il discorso sul serial killer basterebbe se fossi una persona normale, ma...”
Guardò uno dei piccioni avvicinarsi inclinando la sua testolina adorabilmente tonta. Harold non potè fare a meno di buttargli delle bricioline “Che carino, è così indifeso...” all'improvviso il ragazzo si sentì fulminato da un'“incredibile” rivelazione.
“Ecco perchè l'ho accarezzata senza problemi... in quel momento mi ha fatto tenerezza...” rise con le lacrime e fregandone di essere in pubblico si colpì il viso. “Sono un completo imbecille! Come ho fatto a non capire subito un meccanismo così semplice?! Ero talmente spaventato...” non sapeva se sentirsi sollevato o arrabbiato con sé stesso. “Beh... problema più o meno risolto. Non dovrei rischiare di sentirmi attratto da lei per un motivo simile, altrimenti mi sarei dovuto sentire attratto da Lindsay... Grazie piccioni! Meritate più cibo.”
Mentre era finalmente un po' rilassato, sentì in cielo uno strillo infernale, simile ad una risata colma di cattiveria...
“Cos'è una persecuzione?!” c'era un gabbiano che volava troppo vicino per i gusti di Harold. Nonostante un attacco ai piccioni non fosse così probabile, il ragazzo preferì sfamarlo per prevenire problemi, così si mise in equilibrio sulla spalliera della panca e cominciò a sventolare il pane.
La creatura scese dal cielo e glielo portò via. Harold tirò un sospiro di sollievo e rise fra sé e sé.
“Vittoria” fece pure un saltello sul legno. Ma la creatura gli piombò di nuovo addosso per capire se aveva altro che poteva dargli e Harold finì per gesticolare e gridare un po' per scacciarla.
Una volta fuggito il gabbiano, Harold fece il gesto dell'ombrello e gli inveì contro per sfogarsi, finchè non sentì un gruppo di anziani che conosceva almeno di vista, parlottare fra loro e guardarlo male.
-Come se non volassero madonne ogni volta che giocate a briscola.- commentò imbarazzato e saltò giù dallo schienale.
-Per me è una strega, stava lanciando una maledizione... preparatevi all'influenza aviaria!- disse una vecchia mentre Harold lasciava il parco.
-Magari fossi uno stregone, signora mia!- commentò ad alta voce senza voltarsi indietro. Si sentiva un po' imbarazzato ma cercò di andarsene calmo e composto. Poi corse come una lepre quando sentì qualcosa cadere alle sue spalle. Forse aveva rotto la panchina su cui si era messo a saltellare.
“Non è la mia giornata...” pensò Harold, appoggiandosi ad un palo della luce. Alzando gli occhi vide una figura familiare dall'altro lato della strada.
Non sapeva se questa volta era lei o un'altra allucinazione, ma Harold le fece un cenno della mano per dirle di avvicinarsi. Roza scese dal marcia piede ma passò un autobus che gli oscurò la visuale e la ragazza scomparve.
“E' frustrante...” Harold sospirò. Poi non seppe il motivo, ma si ritrovò a cadere a terra in mezzo alla strada...


Angolo dell'autrice:

Eccomi di nuovo, mi scuso per l'ennesimo ritardo. Ho avuto vari impegni e contrattempi, tra cui un computer con un piede nella fossa che mi ha dato diversi problemi a scrivere e collegarmi ad internet. Ora ho un computer che funziona! Non mi sembra vero!
La parte di Harold è stata abbastanza difficile da scrivere, poi mi sono sbloccata tutta in una volta... alle tre di notte, ma pazienza, i miei orari sono quelli... Volevo darle un tono più alienato e immaturo, ma vista la mia mancanza di stile, penso che l'intento sia venuto meno.
Mi scuso di nuovo per la lentezza della storia, ma questi passaggi mi servono per arrivare ad un determinato punto, mentre altri elementi mi servono per non rendere troppo monotoni i capitoli.
Spero comunque che anche questo capitolo possa piacervi e vi ringrazio per la lettura (e la pazienza) Come al solito se vi va di lasciarmi una recensione, sono qua... e ho anche delle recensioni a cui rispondere, mi spiace per il ritardo, ma bloccarmi nella scrittura, che sia per colpa del computer o altro, mi fa venire una strano disagio nel rispondere alle recensioni... funziono in modo strano...

Appunti:
-Non nulla contro i gabbiani, ma mia sorella e una mia amica ne sono abbastanza spaventate e questa visione ostile mi diverte un po', forse perchè nessuna fobia per quanto riguarda gli animali quindi la trovo una visione curiosa.
-Per qualche strano motivo, mi viene bene ricollegare Courtney e Leshawna alla maternità... non sono sicura del perchè.

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Capitolo 12
*** Tristo Mietitore ***


Harold era a terra in mezzo alla strada, la macchina che gli si era fermata davanti stava suonando il clacson.
-M-mhm! S-scusi!- disse il ragazzo scattando in piedi col battito cardiaco che risuonava in gola e nei timpani. Indietreggiò fino ad arrivare al marciapiedi su cui quasi inciampò.
“Sapevo che prima o poi il mio equilibrio mi avrebbero messo in questa situazione! E dire che mia sorella mi ha sempre preso in giro per queste mie ansie! Più tardi le telefono per dirle che avevo ragione...” il ragazzo deglutì e sentendo le gambe cedere si accovacciò preventivamente, poi riacquistò una quasi calma.
Proprio mentre cominciava a tranquillizzarsi provò una fitta lancinante al polso. Scoprendolo, notò quella che sembrava un'impronta di denti che lo faceva sanguinare. Sudò freddo. “Su cosa diavolo sono caduto?!” guardò l'asfalto per cercare qualcosa che potesse averlo ferito, ma non trovò niente. Si arrese presto, voleva solo tornare al suo appartamento. Non riusciva neanche a preoccuparsi del fatto che dopo la fitta, non aveva più sentito non solo il dolore, ma aveva perso la sensibilità al polso e alla mano, la sua mente voleva rimandare.
-Scusa... non ero sicura di potermi rendere visibile a te. Devo averti destabilizzato...- disse una voce monocorde.
Harold alzò lo sguardo, era di nuovo Roza che questa volta fluttuava poco sopra di lui, con un volto bianco e poco espressivo. “Non saprei proprio come risponderti...” pensò Harold sospirando.
Roza si chinò al suo livello e continuò a fissarlo con aria insicura. -Non puoi sentirmi?- chiese dopo un po' la “ragazza”.
“Non puoi leggermi nel pensiero? Non è molto efficiente... ma non posso mettermi a parlare per strada con un interlocutore invisibile! Sembrerei pazzo! Beh, forse lo sono...”
Harold si alzò, tirò fuori dalla tasca il telefono e se lo portò all'orecchio per poter fingere di star avendo una normale conversazione. -Si, ti sento, Novak- le confermò.
-Oh... scusa, non avevo pensato che parlare con me fosse un problema... mi sento più confusa del solito...- ammise annuendo, la giovane dallo sguardo vuoto. -Volevo ringraziarti per il fiore che mi hai fatto portare da quella donna. I Crisantemi gialli sono i miei preferiti.- disse accennando un sorriso.
-Figurati... Crisantemi gialli, eh?- ripetè il ragazzo un po' sorpreso.
-Oh... sì, suppongo che il giallo sia un colore strano per me...- disse Roza con un tono cupo.
-N-non intendevo questo. A me piacciano le tonalità bluastre, ma non sono una persona triste. Beh... per come mi conosci tu in effetti non si direbbe... E nemmeno io ti conosco per come eri prima. Magari eri una persona allegra o molto quieta... M-ma può piacerti qualunque colore!- disse Harold goffamente, avevano appena cominciato a parlare e già temeva di star combinando un disastro. Il suo interlocutore era delicato e poteva svanire da un momento all'altro.
Roza lo guardò con aria cupa. – Io non sono mai stata bene...-
-Non puoi saperlo...- le rispose Harold. -Per come le emozioni funzionano, se sei triste avrai difficoltà a ricordare di quando non lo eri... n... non voglio dire che so i tuoi problemi, magari ne hai sempre avuti di diversa natura, intendo solo... intendo...- Harold sospirò, le sue doti di comunicazione erano anche peggiori del solito. -Intendo che anche se non lo ricordi, potresti essere stata bene in passato e sicuramente puoi tornare a stare bene.-
Roza sembrava voler ignorare il contenuto del discorso, ma era incuriosita. -Sei un fantasma?- gli chiese. Il ragazzo scosse la testa un po' sorpreso. -E' che sembri tipo... amichevole per essere uno che parla con un fantasma, così mi sono chiesta...- la ragazza si interruppe all'improvviso guardando qualcosa dietro al ragazzo. -Non voltarti!- gli disse allarmata. Istintivamente il ragazzo fece il contrario di ciò che gli era stato chiesto, ma sembrò non vedere niente, così si rigirò verso la ragazza con aria interrogativa.
-Non riesci a vederlo...- riflettè lei ad ad alta voce. Poi guardò il sangue sul polso di Harold. -Dovrebbe essere un fraintendimento... finchè non ti metti di nuovo in pericolo, quella specie di coccodrillo non dovrebbe attaccarti.- gli disse cercando di tranquillizzarlo. Comprensibilmente Harold appariva ancora più confuso. -Credo sia un effetto collaterale della maledizione di quella donna. Aveva detto che se fossi morto te l'avrebbe fatta pagare...- cercò di spiegargli Roza.
Harold si trattenne dal ridere, mentre lei lo guardava stranita.
L'idea che Leshawna l'avesse accidentalmente maledetto mettendogli uno spirito coccodrillo alle costole, invisibile ai suoi occhi, era così assurda e frustrante da suscitargli ilarità. “Che senso avrebbe poi attaccarmi se muoio o rischio di morire? È un mostro che dovrebbe avere qualche effetto deleterio sull'anima tipo Ammit, la divoratrice dei morti?”
-Suppongo che stare a contatto con me possa farti sentire pazzo, dovevo prevederlo... Mi spiace, volevo solo...-
-Non è un problema.- rispose il ragazzo facendo spallucce. -Sono emotivamente instabile e alle persone in lutto potrebbe capitare di avere allucinazioni visive e o uditive riguardanti le persona perduta. Quindi... è tutto normale! Credo...- “Anche se questa allucinazione post-lutto è davvero perfetta e credibile... non ne avevo mai sentito descrivere una così, non so se complimentarmi col mio cervello... o se essere spaventato a morte e urlare!”
Poi Harold notò l'espressione agitata di Roza. “In effetti non è molto carino dire ad un'allucinazione che la consideri un'allucinazione... O sto empatizzando troppo con lei? Ma cosa dovrei fare?” Voleva essere neutrale, ma se doveva tenere in considerazione la logica, era da escludere che la ragazza fosse reale. Le stava parlando solo per  capriccio, curiosità e per sfogare il proprio senso di colpa. Ma a livello emotivo non poteva non percepirla come entità differente da sé e non sperare che lo fosse. Più cercava di fare ordine nella sua mente, più si sentiva svuotato e a completare il tutto c'era quella bizzarra e sanguinante ferita sul polso.
-I-in che senso in l-lutto?- chiese la ragazza timorosa. -Ho p-perso la memoria e noi eravamo amici? Eh?!- sembrava agita all'idea che le mancassero pezzi, o forse il problema era l'amicizia in sé.
-Non posso sapere della tua memoria, ma beh... Sei una mia vicina... e mi stai simpatica, suppongo fossimo potenzialmente amici... in ogni caso mi sento colpito da ciò che ti è successo.-
Roza cominciò a fluttuare avanti e indietro ripetendo allarmata la parola “lutto”
“Forse ha frainteso ciò che intendevo per lutto... lei potrebbe non sapere di essere in coma.” ma prima che Harold potesse riparare, Roza, lo anticipò balbettando:
-Non voglio dare fastidio a nessuno! Non voglio che qualcuno pensi qualcosa della mia morte... che si senta in lutto e niente del genere! Voglio solo scomparire! Io non voglio... io voglio... i-io...-
-Vuoi incolparti del fatto che qualcuno si senta triste per te? Sono i miei sentimenti, dipendono da me! Non puoi assumertene il peso ed io non posso darti la colpa se li provo.- disse il ragazzo assumendo inavvertitamente un'aria severa e rendendo il viso della ragazza, ancora più privo di vita.
-Mi dispiace...- bisbigliò la ragazza.
-N-non intendevo che mi stavi dando fastidio! I-intendevo che mi spiace che ti angosci così...- non poteva esserne certo, ma credeva di potersi fare una vaga idea del problema.  -Dovresti essere più egoista! Se una persona si sente infastidita da tue caratteristiche problematiche che non dipendono dalla tua volontà e che non puoi risolvere nell'immediato, non è colpa tua, è affar loro! Dando troppo peso al giudizio degli altri ti angosci e ti blocchi... Sì, hai dei problemi da risolvere, ma non è qualcosa che avviene per magia, quindi...-
-Secondo te, se fossi stata una persona recuperabile, sarei in questa situazione?!- era la prima volta che Harold la sentiva alzare la voce, quasi ringhiare. Avvertì una fitta alla testa, ma si sentì stranamente rassicurato.
-Tu sei recuperabile! E anche mettendo per ipotesi che non sia così, sei proprio sicura che smettere di esistere sia la scelta migliore!? Eri lucida quando l'hai deciso?-
-Io esisto ancora...-
-Sei in coma! Se il tuo corpo smettesse di essere tenuto in vita potresti cessare di esistere! Potresti perdere te stessa e non torneresti più indietro!- Harold deglutì, nella foga si stava scordando che con ogni probabilità quella con cui stava parlando era una sua proiezione mentale. “Al diavolo! A-aspetta...” Harold si sentì come paralizzato. Ne era sicuro, la sua mente e le sue percezioni sensoriali funzionavano correttamente in quel momento. “Ok... Quindi sono le leggi della fisica ad essersi rotte!” pensò con istintivo terrore, se era così, avrebbe potuto capitargli qualunque cosa assurda e pericolosa da un momento all'altro.
Nel mentre, Roza fu inizialmente confusa dall'informazione sul coma, poi per un attimo sollevata, ma durò, appunto, solo un attimo. -Sarebbe davvero così tremendo smettere di esistere?- gli disse freddamente con aria di sfida.
Harold decise che le leggi della fisica potevano anche crepare malissimo e tornò a cercare contatto visivo. -Se davvero non ti importasse di esistere, perchè faresti qualcosa di così futile come ringraziarmi per un Crisantemo? Perchè hai sentito il bisogno di farlo? Forse ti sei sentita felice per il fatto che qualcuno abbia tenuto in considerazione la tua esistenza e ti abbia pensata, non è forse così?- poco gli importava di essere arrogante, voleva aiutarla e tirarla fuori da quella situazione assurda e non sapeva in che altro modo porsi.
-Non ha importanza.- rispose la ragazza senza volerci riflettere. -Tanto io provo solo agitazione e vuoto nell'interagire con altre persone. Voglio farlo, poi scopro che era doloroso come ricordavo e anche peggio. Che futuro posso avere? Cosa posso essere se non un peso?- insistè gelida.
Harold non l'aveva mai sentita così testarda eppure... -Il tuo modo di esprimerti mi sta sembrando abbastanza spigliato rispetto alle poche volte in cui ci siamo parlati. Anche così, sei sicura di non poter gestire l'interazione con altre persone?- disse ansioso di trovare un appiglio.
-E'-è-è... è-è p-perchè... è perchè non ho più niente da perdere!-
-E detesti così tanto parlare con me?-
-Non è la stessa cosa! T-tu sei un fantasma come me!- si sfogò. -Ma perchè non mi lasci in pace?! Anche se mi svegliassi, a te che cambierebbe?! Non diventeresti mio amico e non mi aiuteresti! Odio avere a che fare con persone gentili! Tanto è inutile! Non possono stare con me e diventare mie amiche!- esclamò il fantasma apparendo molto più piccolo e giovane di quanto non dovesse essere. Non era solo una metafora...
-Potrei provare ad aiutarti fin quando ne avrai bisogno. Magari possiamo essere amici, perchè escluderlo?- disse il ragazzo intestardito.
-Imbecille! Hai già le tue cose a cui pensare! Sei un imbecille!- disse agitandosi, il fantasma dall'aspetto infantile. L'ultima volta che era riuscita a dare dell'imbecille a qualcuno, andava alle elementari e tutto sembrava più facile. Veniva maltrattata ma non era ancora troppo esausta per reagire. -Q-quand'è che mi sono rimpicciolita?- si chiese fissandosi gli arti superiori e inferiori, anche la sua voce suonava strana.
-Anche se ho le mie cose a cui pensare non significa che...- “Non riesco neanche a badare a me stesso e non ho solo me stesso a cui pensare... cosa diavolo voglio fare?!” -Posso comunque tentare.-
-E poi quando ti sarei arreso, posso morire?- chiese esaurito il piccolo spettro.
-No, troverai qualcun altro! Nessun legame è eterno, ma può essere sostituito.- rispose Harold irremovibile.
-Non è possibile spezzare un mio legame, perchè tanto non sono capace di formarne!- la piccola Roza rise istericamente. -N-non mi riconosco più...- disse angosciata finito di ridere. Si allarmò vedendo l'istintivo sorriso nervoso di Harold, lui l'aveva sentita. Se era dispiaciuta dal non riconoscersi significava che voleva rimanere sé stessa, rimanere viva, quindi l'odioso ragazzino poteva vincere!
-McGrady...- sospirò tristemente. -Al posto mio, vorresti che qualcuno cercasse di convincerti a sopravvivere o vorresti convincerti da solo? Quando tu smetterai di essere interessato a farmi compagnia, che fine farò io? Che fine farà il tuo discorso e il tuo desiderio di convincermi?-
Harold deglutì e guardò verso il basso. Comprendeva dove voleva arrivare... Per una persona che si sente completamente abbandonata dagli altri e che è sopravvissuta unicamente perchè incoraggiata da sé stessa, ad un certo punto, i propri incoraggiamenti smettono di avere il minimo valore e le spinte al rimanere in vita cessano.
“Non vuole più rimanere sola... Alla fine tutti vogliamo qualcuno che ci tenga compagnia, qualcuno su cui riversare il nostro affetto e che lo riversi su di noi...” istintivamente, Harold pensò a Leshawna. I suoi pensieri congelarono. -Novak... non è che mi daresti un pugno che possa trapassarmi la testa, per favore?- le chiese con fredda cortesia. Roza, che nel frattempo aveva ripreso l'età normale, anche se confusa esaudì la richiesta.
Harold strinse i denti, aveva fatto più male di quanto immaginava.
-Non credevo che il pugno di un fantasma potesse...- mormorò Roza.
-Sto bene, non c'è problema.- Harold prese un respiro. “Recidere un legame è molto doloroso, ma non si può fare altrimenti...”
-Novak.- disse il ragazzo con aria seria. -Tu sei la sola persona che con certezza matematica ti terrà compagnia per il resto della tua vita. Non puoi dipendere da nessuno.- mentre parlava il volto dello spettro tornava apatico e perdeva ogni colore acquisito. -Ma questo non significa che rimarrai sola. Se qualcuno se ne va dalla tua vita, può essere sostituito. Tutti sono utili, ma nessuno è indispensabile.- “Non è il tipo di cosa che farà sentire meglio una persona sola probabilmente... ma non so cosa vorrebbe sentirsi dire, né se dirglielo sarebbe utile! Se le dicessi una scemenza lo capirebbe e si sentirebbe presa in giro!” -Lo so che non è affatto romantico, ma il romanticismo porta solo rogne!- “Ucciderei mille volte quel ragazzino che si è fatto fregare dagli ideali!”
-McGrady, tu non hai capito...- disse la ragazza facendo affiorare un sorriso spento sulle labbra violacee. -Io sono una persona rotta, non posso creare legami e non posso provvedere a me stessa, semplicemente non funziono e non mi va di continuare ad essere un parassita per persone a cui non piaccio nemmeno...-
-Puoi sempre imparare finchè sei viva, non importa quanto tempo ci metti o di quanto aiuto tu possa avere bisogno. Non sei una causa persa e nemmeno il peggior cliente che uno psicoterapeuta potrebbe ritrovarsi ad avere! Se smetti di esistere invece, sarà tutto perduto.- insistè Harold. -Davvero non ti mancheresti? Meriti davvero di scomparire prematuramente?-
-Mi piace la mia compagnia quando passeggio... osservo persone... osservo animali... osservo il cielo...- ammise Roza. -Senza un corpo fisico non ho nulla da temere. Non mi sento stanca, posso ascoltare le persone senza sembrare strana, tanto non sento il bisogno di intervenire e dire qualcosa...- disse galleggiando spensieratamente lasciando che la luce solare l'attraversasse. -Essere un fantasma mi piace, sei tu che hai rovinato tutto.- disse con un tono pacato nonostante lo guardasse piuttosto minacciosamente.
-Te lo ripeterò ancora una volta; allora perchè hai voluto interagire con me?- chiese Harold, testardo. -Hai sorriso un po' quando mi hai ringraziato per il Crisantemo e sembravi sollevata quando hai capito che potevi parlarmi...-
-Sul serio, perchè ti sei fissato con me? Non sono nemmeno io a decidere se mi sveglierò o meno dal coma. Non mi sembra ci siano tutte queste probabilità.-
-Può darsi, ma la tua volontà di farlo sarebbe un inizio, sono fiducioso a riguardo... pensa solo a riposarti e a sfruttare i tuoi poteri da fantasma se proprio ti diverte. Magari può farti apprendere qualcosa in più sulle persone o renderti più sicura di te. Per ora non ho nemmeno idea di dove si trovi il tuo corpo...-
-Sono consigli così generici... potresti darli anche ad una persona raffreddata...-
-Non so che persone raffreddate conosci tu, ma non penso possano fare viaggi extracorporei...-
-Però, diventerai un bravo psicologo, penso.-
Harold sgranò gli occhi, poi rise con le lacrime sotto gli occhi confusi di Roza. La reazione era dovuta anche alla tensione accumulata parlando con lei, ma non solo. -Io sono pessimo! Tutto ciò che ho cercato di dirti, è stato quasi sicuramente pessimo e mi scuso per questo! Inoltre...- Harold deglutì e si picchiettò il capo. -Ho troppe, davvero troppe informazioni nella testa che cozzano fra loro. A meno che non abbiano commesso reati gravissimi, non riesco più ad essere genuinamente arrabbiato con altre persone e quando ci riesco mi sento immediatamente in colpa perchè a causa dei miei studi penso sempre “Eh, magari questa persona si è comportata così male perchè ha questo problema o perchè ha quest'altro problema, magari è vittima di questi bias e questi meccanismi cognitivi e così com'è non può farci niente, poverina! È semplicemente e irrecuperabilmente scema!”
Sì... dovrebbe essere una buona cosa sapersi mettere nei panni degli altri prima di arrabbiarsi con loro, no? Peccato che senta di non avere più emozioni mie! N-non è normale... vorrei essere libero di sentirmi genuinamente arrabbiato, dovrebbe essere un'emozione naturale, ma a causa di tutto ciò che ho studiato in questi ultimi anni, non c'è la faccio più! S-sto i-impazzando...
Come se non bastasse tutto ciò è terribilmente diseducativo! Come psicologo farei schifo! Se tutti deresponsabilizzassero gli altri esseri umani perchè “poverini, hanno i loro problemi” il mondo andrebbe in fiamme e verrebbe bruciato da vittimisti del cavolo convinti di poter fare del male ad altre persone perchè, eh, le vere vittime sono loro che c'hanno i problemi!
Non si può pensare a prescindere che gli esseri umani non abbiano capacità di scegliere come comportarsi...- le mani del ragazzo, tremavano tanto che gli era caduto il cellulare senza neanche che se ne accorgesse. Si chinò a raccoglierlo e continuò a mormorare.
-Aveva ragione mia madre... una persona che si lascia ossessionare da ciò che studia facilmente come il sottoscritto, non dovrebbe immischiarsi con la psicologia... Già di base, mi faccio influenzare troppo facilmente dalle emozioni degli altri!
Beh, in realtà a mia madre fa schifo la psicologia in generale. La vede come un ammasso di vaccate pseudoscientifiche. Quando le ho detto di voler fare lo psicologo, mi detto “Bene... Non ho più un figlio!” scherzava ovviamente...- alzò lo sguardo verso Roza, gli sembrava abbastanza traumatizzata.
-S-scusa!- esclamò Harold chinando il capo. -Non avrei dovuto vomitarti addosso tutte le mie paturnie!- “Anche se mi sono venute in mente perchè non so cosa cavolo pensare di tua madre! Ma non so che ripercussioni avrebbe parlare di lei quindi lasciamola perdere... E non so neanche cosa pensare dei miei genitori... un bel problema visto che dovrei diventare genitore...”
-Non è niente.- mormorò Roza riassumendo un'espressione apatica. -E' che non sono brava a riconoscere le facce umane, quindi le espressioni eccessive e disperate mi mettono un po' a disagio...- ammise.
-Eh? E'... è un problema da fantasmi?-
Roza distolse lo sguardo. -Ho... ho avuto anche difficoltà a trovarti e riconoscerti perchè hai accorciato i capelli...- ammise scocciata. -Fortunatamente hanno un colore facile da ricordare e hai un corpo molto strano... Ma per quanto riguarda il tuo problema con la psicologia, mi spiace, non posso esserti di alcun aiuto. Non so cosa dirti.- disse sentendosi agitata, odiava quelle situazioni.
-E-ecco, non mi aspettavo che avessi la risposta ai miei problemi... e già parlarne da l'illusione di poterli gestire e che non siano qualcosa di vergognoso da nascondere quindi è già d'aiuto. Grazie per avermi ascoltato.- le disse Harold per tranquillizzarla. Roza accennò un sorriso e il ragazzo cercò di contraccambiare l'espressione. “Se ne avessi parlato con Leshawna mi avrebbe mandato a fare in culo... Poi avrebbe cercato di riportarmi con i piedi per terra, darmi un punto di vista più pragmatico e ridimensionare il mio problema... Avrei davvero bisogno della sua opinione e del suo pragmatismo, lei riusciva sempre a calmarmi... O forse ricordo male e sto idealizzando... Leshawna... è una persona pragmatica? Le è mai importato di ascoltarmi?”
-Non è che mi daresti un altro pugno al cervello?- chiese Harold. Roza scosse la testa energicamente e il ragazzo sospirò. -Ok, scusa per la richiesta... e scusa anche per il mio comportamento in generale... io non so come rapportarmi a... io sono solo...- si sentiva in imbarazzo. -Beh, se hai bisogno di un posto dove stare, puoi venire nel mio appartamento. Il tuo appartamento non è più tuo, ci sono Courtney, una bambina e quello che presumo esserne il padre. Mentre quando hai provato ad andare a casa di Max, lo hai accidentalmente spaventato, non è così?-
Roza annuì. -Ma sei sicuro di voler invitare uno spirito in casa tua?-
-Non hai bisogno di un letto o di mangiare, non sei di nessun disturbo.- Roza continuò a guardarlo dubbiosa, poi sparì.
-Ehi, dimenticavo! Cerca di spiare dei bravi terapisti visto che ci sei!- “Ah... spero mi abbia sentito...” pensò rimuginando sulle cose che aveva detto alla ragazza.
Harold potè finalmente incamminarsi verso casa. Dopo un po' cominciò a bruciargli il viso...
“Magari sono davvero impazzito e ho parlato per tutto il tempo con un'allucinazione!” pensò camminando come se si sentisse inseguito. “Qualcuno mi avrà visto?!”  Anche se aveva finto di essere al telefono, aveva avuto un comportamento bizzarro. Si guardò intorno imbarazzato. Ma stranamente non c'era nessuno in giro. Era come se fosse finito per sbaglio in un'altra dimensione, pure l'aria sembrava differente.
“Ho bisogno di mettermi a letto...” sospirò esausto, ma una parte di lui si sentiva sollevata. “Chi se ne frega della psicologia! Voglio diventare una donna delle pulizieeeh! Ehm... uomo delle pulizie... Ok, mi calmo, ora mi calmo e troverò troverò una soluzione a tutto! Devo solo contare fino a dieci... Uno, due...”

Leshawna si risvegliò nel mezzo di un bianco accecante, risaltava solo una figura incappucciata avvolta in una tonaca nera che teneva in braccio un piccolo essere bianco sporco, uno scheletrino... ma si muoveva come se fosse un esserino vivente e indifeso.
Leshawna riconosceva l'uomo incappucciato anche se aveva una pelle innaturalmente bianca, quasi trasparente e i capelli molto più rossi del normale. Non la sorprendeva che per lei il Tristo Mietitore potesse assumere quelle sembianze. In un certo senso, per lei, Harold rappresentava la morte.
-Perchè faccio sempre sogni così strani?- disse ad alta voce sentendosi abbastanza scocciata.
La figura incappucciata sopprimette un sorriso, come fosse divertita dall'atteggiamento sfrontato della giovane donna. Si avvicinò, Leshawna  rimase impassibile. Poi la creatura incappucciata le posò due dita gelide sul collo in corrispondenza dell'arteria carotidea.
Leshawna istintivamente lo spinse via con forza.

La donna si risvegliò nel suo appartamento con una sgradevole sensazione sul collo, qualcuno aveva davvero cercato di misurarle la frequenza cardiaca in quel modo e lei l'aveva realmente spinto via. Ora Harold si trovava a terra con le spalle al muro e senza occhiali che erano stati scagliati via chissà dove.
Nel mentre da sotto il tavolo, Kunoichi la guardava irrequieta.
-Cazzo, scusami!- esclamò Leshawna provando ad avvicinarsi al ragazzo.
Harold le fece cenno con la mano di calmarsi e restare dov'era. -Avrei dovuto prevedere la tua reazione se ti fossi svegliata e mi sarei dovuto riscaldare le mani prima di toccare una parte tanto recettiva al freddo.- oltre alla pelle, anche il comportamento di Harold era stranamente freddo.
Il ragazzo portò un dito al naso che oltre a fargli male gli parve bagnato. La sostanza raccolta dal graffio che la ragazza era riuscita a fargli, era rossa. -Perchè oggi non faccio altro che sanguinare?- mormorò seccato.
-Eh, mangiarmi le unghie le ha rese particolarmente seghettate e taglienti... mi dispiace.- disse Leshawna notando anche lei il danno.
-Poteva andare peggio, se non avessi avuto gli occhiali potevi prendermi i bulbi oculari.- il ragazzo sospirò rassegnato. -A proposito, non è che potresti trovarmi gli occhiali? Grazie...-
Leshawna fu stranita dal fatto che non le stesse facendo un interrogatorio per capire perchè fosse svenuta e che sintomi aveva. Forse aveva finalmente capito che non aveva senso improvvisarsi medico?
-Hai spaventato la povera Kunoichi...- commentò Harold mentre lei gli cercava gli occhiali. -Sai, ti stava facendo la guardia quando sono arrivato...-
-Forse cercava di capire se poteva mangiarmi.- commentò Leshawna distrattamente.
-Insensibile...- sentenziò il ragazzo. Anche se era estremamente contrariato, si lasciò mettere gli occhiali dalla ragazza. -Ovviamente hai lasciato una bella ditata sul vetro.- borbottò infastidito.
-Cristo, quanto sei lamentoso!-
-Non sono di buon umore, lo ammetto.- disse il ragazzo fissandola nervosamente, alla fine si forzò ad abbracciarla.
-...E-eh?- Leshawna era molto disorientata dal gesto e dallo stato tremolante del ragazzo. Gli provocò una sensazione sia strana che familiare. Ma non era del tutto negativa e l'odore del ragazzo non era sgradevole anche se, sapendo un po' di sangue, la metteva a disagio...
-Mi hai fatto venire un colpo!- Harold si sfogò e fu come se avesse gettato via una maschera. -Ricorda che se crepo oggi, probabilmente sarà anche colpa tua.- mollò la ragazza ma si accorse con orrore che non stava venendo mollato.
-C-che fai?- le chiese irrequieto. -P-potresti lasciarmi? Gentilmente?-
-No. Ti sto aiutando.- rispose Leshawna con fredda lucidità. -E' evidente che per qualche motivo sei spaventato dal contatto fisico. Manco ti avessi mai picchiato... Forse se ti costringo ad subirmi abbastanza a lungo, il tuo cervellino capirà che non ti sta succedendo niente di male quindi smetterà di essere spaventato. Non c'è di che Harold, mi piace sentirmi utile!-
Harold si sentiva in trappola e cominciava a sentirsi nauseato. Non vedendo altra scelta, cercò di essere sincero. -Leshawna, guarda che a me questa paura, serve! È una strategia di difesa e il miglior modo per farmi tenere le distanze da te!- non ci sperava, ma Leshawna lo mollò bruscamente e si allontanò offesa.
Harold tornò a respirare liberamente e si massaggiò la gola, incurante dell'effetto avuto su Leshawna. Ma dopo avergli gettato un'occhiataccia, la ragazza tornò indietro.
Istintivamente Harold si riparò la testa con le braccia, ma Leshawna si limitò a scoprirgli il polso per controllarglielo. L'arto riprese improvvisamente sensibilità e riprese anche il dolore. Harold emise un grido e ritirò il polso, poco dopo la fine del contatto smise anche il dolore.
-Cosa diavolo ti ha morso?!- esclamò lei preoccupata.
-E-ecco... quindi... Vedi anche tu la ferita?- chiese, la preoccupazione di Leshawna aumentò. -Credo di essere caduto sopra un animale... è una ferita grave? I-io la vedo grave, ma sai come sono fatto io, sono uno che esagera sempre!- farfugliò Harold nel tentativo di distinguere la realtà dalle suggestioni riguardanti spettri e maledizioni accidentali.
-E' grave... vatti a disinfettarla.- gli disse amareggiata. -Comunque sono ancora arrabbiata con te.- lo informò allontanandosi.
-Arrabbiata?! Sono io che dovrei essere arrabbiato! Sai che non voglio essere toccato, che mi fai sentire male, ma hai comunque cercato di costringermi!-
-E tu mi tratti come una criminale che potrebbe ammazzarti da un momento all'altro anche se non ti ho mai fatto niente! Non è una bella sensazione, idiota!-
-N-non è questo... è-è che io devo...- vennero interrotti dalle sirene di un'ambulanza.
Leshawna sgranò gli occhi ed ebbe un'intuizione. -Ecco perchè non mi hai fatto un interrogatorio sullo svenimento... Bastardo! Io non ti costringo a dei controlli medici ogni volta che svieni!-
-Eri priva di sensi non so da quanto, non mi hai permesso di controllare, ma il tuo battito mi sembra strano e sei al terzo mese! Cosa diavolo avrei dovuto fare?! Stai pure zoppicando e non so perchè!-
-Avrò sbattuto il piede cadendo ed ora è un po' indolenzito, cretino!-

Dopo una serie di accertamenti e una lunga serie di sguardi omicidi di Leshawna all'ex fidanzato, la pseudo-coppia venne rassicurata sulle condizioni della donna e del feto.
Fra un commento passivo-aggressivo e l'altro, Leshawna sembrava avercela anche con Courtney, ma Harold non era sicuro di aver capito bene cosa c'entrasse la loro ex compagna di scuola ora vicina.
-Mi dispiace...- disse Harold a Leshawna mentre tornavano a casa a piedi. -Anche se non ho niente di cui scusarmi e il tuo modo di reagire ai controlli è infantile... ma sembri avercela con me quindi, mi dispiace.-
-Chi diavolo ti ha insegnato come scusarti?!-
-Potresti essere fra le mie fonti d'ispirazione, non essere modesta.-
-Ah, imbecille... Sarei potuta andare a farmi dei controlli con calma tra qualche giorno! Credevano che quello per cui era stata chiamata l'ambulanza fossi tu! Era evidente che stavo bene!-
-Non c'è niente di evidente quando si tratta di queste cose!- disse il ragazzo esasperato, ma non voleva più parlarne, così camminò più veloce per distanziarla.
-E' un'impressione o oggi sei più strano del solito?- chiese Leshawna seguendolo con fastidio.
Harold accelerò ulteriormente il passo ma si fermò sentendo la ragazza dire “Ahi, il piede!” e si sbrigò ad andare a controllarla. Quando fu abbastanza vicino, Leshawna lo bloccò afferrandogli la giacca. -Visto che non ti piace il contatto diretto...- ghignò lei.
-Da te non mi aspettavo questo trucchetto da prima elementare...- sbuffò il ragazzo un po' ferito dal fatto che avesse finto di farsi male per attirarlo in trappola.
-Mi spieghi che problema hai problema oggi?-
-A parte l'aver saputo di una vicina in coma, aver trovato la mia ex fidanzata incinta svenuta, essere stato morso e graffiato ed essere svenuto a mia volta? Leshawna, non credo ci vogliano chissà che spiegazioni sovrannaturali al mio umore. Non so neanche perchè ti sembro diverso dal solito!-
-...Se non mi rispondi, ti salto addosso.-
-Fallo e mi metto a urlare...-
-Non vuoi davvero metterci in questa situazione, lo so...- ribattè Leshawna. Vide che Harold aveva gli occhi lucidi. Anche lei andò in crisi. -E-E... Non ti sembra di esagerare un po'?!-
-Non è a causa tua, scemunita! È-è che... p-pensi che potrei dire accidentalmente ad un depresso di suicidarsi?- farfugliò Harold.
-Eh?!- Harold poteva anche arrivare ad essere molto scontroso e maleducato quando si alzava col piede sbagliato, ma le sembrava strano che potesse fare qualcosa di simile. -Spiegati meglio...- gli chiese pazientemente, convinta che qualcosa non quadrasse.
“Non posso dirle di Roza e di quello di cui le ho parlato...” Harold cercò di trovare un altro modo per esprimere le sue preoccupazioni. -Intendevo, e-eh... ipoteticamente, come dovrei fare a convincere una persona a non morire? Se mi esprimo male o non risulto convincente è come se le dicessi di ammazzarsi...-
-Beh...- “Boh, forse crede che la tizia in coma debba svegliarsi e si domanda cosa dovrà dirle? Non è così strano per lui pensare con largo anticipo anche a discorsi che non farà mai...” -Se temi che una persona sia a rischio, non dovresti rivolgerti ad una linea di prevenzione suicidi e affidarla ad un esperto?-
Harold si portò una mano alla testa e con angoscia si immaginò mentre spiegava al telefono che ad aver bisogno di aiuto era il fantasma di una sua amica in coma che poteva essere anche un'allucinazione. -E se ipoteticamente non potessi farlo?! E se dipendesse tutto da me e da quello che dico a quella persona?!- “Più che prevenire un suicidio, dovevo convincerla a provare a tornare nel suo corpo... e a trovare il suo corpo... Non so nemmeno se si rifarà più viva o se sono stato talmente poco convincente da spingerla ad aspettare che il suo corpo venga lasciato morire!”
-Ma no che non dipenderebbe da te!- disse scocciata riconoscendo il tono da potenziale crisi isterica, poi cercò di cambiare approccio. -Tesoro mio, conosci forse il senso della vita e non me lo hai mai detto? Altrimenti come diavolo dovresti riuscire ad essere davvero convincente nel dire ad una persona in una situazione delicata di vivere? È comunque buono se cerchi di fare qualcosa... non lo so non essendomi mai trovata nella situazione, ma penso che ad una persona depressa possa far piacere avere qualcuno che si preoccupa per lei, no?-
-Non quando la preoccupazione consiste nel dire qualcosa del tipo “non hai motivo per stare male, perchè c'è chi sta peggio e guarda che bella giornata di sole!”-
-E tu diresti qualcosa del genere?-
-N...non lo s... non penso...?-
-L'importante e che tu faccia del tuo meglio e che ti affidi ad un esperto...- “Invece di chiedere a me! Forse non l'hai capito, ma non sono Dio!”
“Quale esperto? Un medium?!” -Il mio meglio può non essere abbastanza! Non importa! L'importante è se ottengo o meno l'effetto desiderato! E non so se...-
-Ma quanto sei presuntuoso!- continuava ad essere convinta che quando lui partiva con certe paturnie senza via d'uscita, il modo migliore per farlo rinsavire fosse prenderlo in giro. -Uno psicologo clinico non si approccia fin dal primo colloquio pensando di sapere cos'ha il paziente e come curarlo! E tu vorresti assicurarti di risolvere i problemi di qualcuno fin dalla prima chiacchierata?-
“Infatti ho scordato tutti i manuali mentre parlavo con Roza! Che vergogna! Aspetta...” -C-cosa hai detto?- balbettò Harold accorgendosi che Leshawna voleva rivoltare una delle sue materie contro di lui.
-Beh, ho ancora i traumi di tutte le volte in cui mi hai ripetuto gli argomenti di psicologia clinica e ogni volta che credevi di aver sbagliato un micro-dettaglio, ricominciavi tutto d'accapo!-
-Tu mi ascolti quando parlo? Questo è scioccante...- mormorò disorientato. -Comunque stavamo parlando di una persona che potrebbe morire perchè non ho saputo dirle la cosa giusta... è un caso ipotetico, ovvio.-
-Harold, non potresti farci niente!-
-Lo so ma...- “Forse ha ragione ed ora è tutto nelle mani di Roza e sopratutto del caso...” pensò irrequieto.
-Continuerai a rimuginarci per il resto del giorno e magari anche oltre, vero?- disse rassegnata, aveva imparato a conoscere abbastanza bene lui e la sua capacità di fissarsi.
Harold annuì. -Però... grazie comunque di aver provato a tranquillizzarmi a modo tuo. Anche se abbiamo i nostri problemi, non so cosa farei se non ci fossi.- confessò mettendola un po' a disagio. “Forse sei una persona pragmatica?”
-Beh... prego? Lo sai che non sono davvero arrabbiata con te per la storia dell'ambulanza, vero? Capisco perchè l'hai fatto, magari avevi anche ragione... ma è stato comunque scocciante così avevo bisogno di prendermela con qualcuno e beh... tu sei resistente e visto che non stiamo più insieme non dovrei riuscire a ferirti più di tanto, quindi ne approfitto un po'. Tanto lo sai che non faccio sul serio! ...No?- disse irrequieta.
-Potresti essere una persona orribile, sai?- vedendola molto nervosa, Harold le sorrise e cercò di scherzarci su.
-Beh, ho anche dei difetti!- “Ci siamo scambiati di ruolo ora?” -Dai, torniamo a casa...- nella distrazione lo prese per la mano sana.
Harold sentì la pelle d'oca, ma decise di resistere e di lasciarsi condurre dalla ragazza.  Fra l'irrequietezza che provava a causa di Roza e l'aver temuto il peggio per Leshawna, le paure e i buoni propositi sul tenerla a distanza passavano in secondo piano, almeno temporaneamente. Inoltre sentiva di doversi mettere alla prova. Se bastava un contatto così leggero per fargli temere la catastrofe di un nuovo innamoramento o per fargli provare sentimenti sgradevoli eccessivi, avrebbe dovuto abbandonare i suoi propositi sulla coabitazione.
“E' un po' nostalgico, ma niente di più. Non ho motivo di andare nel panico.” si ripetè regolando la respirazione.


Angolo dell'autrice:
Come è consuetudine, mi scuso per il ritardo... avevo temporaneamente dato priorità ad una storia che contavo di finire in poco tempo e che dovevo finire in poco tempo trattandosi di una storia per Halloween (e invece non è ancora finita!) ma ho avuto degli impegni e delle preoccupazioni che mi hanno bloccata con la scrittura (e con qualunque attività non fosse lo studiare) così eccomi ad aggiornare questa storia solo ora, mi spiace davvero! Inoltre il capitolo in sé è stato molto difficile da scrivere. Spero di aver trattato decentemente la tematica del capitolo, se non ci sono riuscita, davvero mi scuso. È una tematica molto delicata, ma per vari motivi volevo provare a svilupparla.
In ogni caso, vi ringrazio come sempre per la lettura e spero che il capitolo possa esservi piaciuto.
Se avete qualcosa da dirmi mi fa piacere, farò quel che posso per migliorare.
Ancora grazie e alla prossima!

Appunto: Ammit è una creatura del mito egizio composta da un muso di coccodrillo, testa, zampe anteriori e tronco di leone e parte posteriore di ippopotamo.
Nel mito egizio il cuore del defunto verrà pesato al tribunale di Osiride (dio giudice dei morti, ma non è il suo unico ruolo), se risulterà più pesante della piuma di Maat (dea della giustizia raffigurata con una piuma sul capo) esso verrà dato in pasto ad Ammit condannando l'anima all'oblio.
Da piccola ero piuttosto fissata con la mitologia e l'antico Egitto e la figura di Ammit era tremendamente terrificante per me per quello che rappresentava rispetto alle figure mostruose che conoscevo che ti uccidevano e basta, ma da morto non potevano più farti niente (ora che ci penso anche i Dissennatori di Harry Potter in effetti hanno un compito simile...)

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Capitolo 13
*** Una fine per una falsa pace ***


Harold si svegliò molto stordito. Aveva passato una nottata movimentata e costellata di sogni ansiogeni che lo avevano fatto svegliare più volte. Non ricordava bene cosa riguardavano e la sua memoria era confusa anche sugli avvenimenti del giorno precedente.
Guardò sotto le bende che si era ritrovato sul polso. -Ok... che sono stato morso da qualcosa di non identificato è vero... e...- rimanendo disteso sulla brandina per non infastidire la gatta che gli dormiva sulle gambe, allungò la mano per prendere il cellulare a terra e confermò di aver chiamato a sua sorella per lamentarsi di qualcosa. Notando di avere alcune unghie verdognole invece ricordò di avere sbucciato delle fave. “Ho scordato di lavare le mani...”
Il ragazzo dovette spostare da sé una scocciata Kunoichi e si alzò pensando che si sarebbe sentito meno confuso col passare dei minuti.
Apparentemente Leshawna stava ancora dormendo. Fu tentato di avvicinarsi alla ragazza senza spiegarsi il perchè, ma alla fine decise di cambiare aria uscendo dall'appartamento.
Appena messo un piede fuori dalla porta, se lo ritrovò calpestato. -Ahi!- Guardando in basso vide una bambina sulle sue scarpe che stava per perdere l'equilibrio. La bloccò prima che finisse a terra. -Signorina, fa più attenzione.- le disse Harold.
La bambina alzò il visetto imbarazzato poi fuggì dietro le gambe di una donna, Courtney.
Harold non era affatto stupito. Anche se la bambina aveva occhi e carnagione un po' più chiari, i capelli di un castano quasi rossicci e il naso un po' più rozzo, somigliava spaventosamente a Courtney. “Però la immaginavo più piccola...”
-Maya, ringrazia e scusati col signore.- disse Courtney, tenendo le braccia conserte. -E' già abbastanza sfigato di suo, non c'è bisogno di peggiorargli la giornata.-
Harold sorrise forzosamente a quell'aggiunta. “Forse è colpa mia che sono suscettibile di mattina... eh, eh...” pensò il ragazzo canticchiando nervosamente nella sua testa.
Maya si sporse timidamente dalle gambe della madre e cominciò a bisbigliare. -S-scusa se ti sono salita sui piedi e... grazie per non avermi fatto dare una facciata per terra...-
-E' a posto... L'importante è che fai più attenzione.- rispose Harold vedendo poi la bambina nascondersi di nuovo. Gli dava una stranissima sensazione guardare qualcuno tanto somigliante a Courtney comportarsi in quel modo. “Anche Courtney da piccola era così?”
-Già. Se cadi troppo, ti verrà un naso storto quanto il suo, amore.- aggiunse allegramente Courtney.
Harold la fulminò con lo sguardo poi sorrise verso la bambina. -Tua madre mi conosce da tempo. È per questo che mi prende in giro. Ma parlare in questo modo alle persone con cui non si ha confidenza come risultato più probabile ha il farsi dei nemici.- disse con fare saccente riprendendo Courtney fra le righe. “Infatti io e Courtney non siamo mai stati in confidenza... ma non voglio litigare, desidero solo restituirle la puntina di fastidio che mi trasmette... Sono innocente!”
-Capito...- bisbigliò Maya annuendo come se prendesse degli appunti mentali.
Courtney lo guardò infastidita, poi sospirò e divenne improvvisamente cortese. -Leshawna come sta? Sai, quando se ne andata dal mio appartamento sembrava veramente strana.-
-Non lo so... ieri non si è sentita bene. Tu hai notato qualcosa in particolare mentre era da te?-
-Si parla di quella signora di ieri? Credo di averle messo paura io!- disse Maya improvvisamente tanto energica da avvicinarsi a lui. Ma non sembrava divertita, voleva solo rendersi utile.
Se Maya diceva il vero, Harold non era molto stupito che avere a che fare con una bambina potesse mettere a disagio Leshawna in quel periodo. “Mi sarei dovuto ricordare che Courtney aveva una bambina per avvertire Leshawna e prepararla psicologicamente... Però non può essere bastata una cosa simile a metterla K-O... Vero?!” disse fra sé e sé intrecciando nervosamente le dita fra le ciocche di capelli.
-Probabile.- intervenne Courtney  con aria seria. -Una bambina selvatica che si nasconde sotto un tavolo per saltare l'asilo, non può non far provare angoscia per le future generazioni.- fece arrossire Maya che tornò immediatamente accanto a lei per mostrarsi disciplinata.
“Mi ricordano me e mia madre!” pensò Harold non riuscendo a non entrare in empatia con la bambina. “Forse non avrei abbastanza polso per educare un bambino...”
-Crescere una brava signorina è difficile...- sospirò Courtney. -Un valido alleato mi sarebbe d'aiuto, invece...- continuò infastidita. Harold pensò che probabilmente il padre della bambina aveva un carattere molto più libero e leggero. Poi Courtney lo stupì sorridendo leggermente come se in fondo la donna non sentisse che le cose andassero così male. -Forza, andiamo all'asilo.- disse la donna alla bambina con un'espressione abbastanza dolce e calorosa.
Maya sbuffò e seguì la madre che si fermò bruscamente. -Maya, non stai scordando qualcosa?- la interrogò.
La bambina si toccò la schiena sperando di non aver dimenticato lo zaino, per giunta sotto gli occhi di uno sconosciuto, ma lo zainetto era li al suo posto.
-Maya... devi salutare il signore...- disse Courtney rassegnata.
-A-ah...- la bambina balbettò imbarazzata. Si voltò verso Harold. -Buona giornata, signore.-
-Grazie! Anche a te, Maya. E buona giornata anche a Courtney.- rispose Harold educatamente.
Una volta che madre e figlia scesero le scale che le avrebbero portate un pianerottolo più in basso, Harold vide arrivargli addosso dal lato opposto, un oggetto circolare piuttosto leggero. “'Sta mattina sono un bersaglio mobile o cosa?!” pensò il ragazzo guardando verso la direzione da cui gli era arrivato l'oggetto e vide Max scendere silenziosamente le scale nella sua direzione. Portava con sé un mucchio di oggetti come quello che era arrivato addosso ad Harold. Li riconobbe come acchiappa-sogni.
-La strega e la bambina se ne sono andate?- chiese Max mantenendo la distanza e un tono guardingo. Quando vide Harold annuire, si avvicinò.
-Perfetto!- disse soddisfatto, precipitandosi da lui e raccogliendo da terra l'acchiappa sogni che gli aveva lanciato. -Questo è per te! Gli altri li appenderò in giro per il condominio!-
-Ah... vuoi che i condomini abbiano sogni tranquilli? Oh, che pensiero gentile...- disse Harold perplesso e sospettoso.
-No! Li ho modificati tramite dei riti trovati su internet! Visto che non so cos'altro potrei fare dal punto di vista scientifico, ho deciso di allargare i miei orizzonti e rivolgermi allo spiritismo!- spiegò Max come se si aspettasse la comprensione e la complicità di Harold che si guardò intorno prima di accettare che il ragazzino stesse parlando proprio con lui.
“N...non ricordo di avergli suggerito niente di simile... Oh no. Anche lui come Leshawna confonde aspiranti psicologi e fattucchiere?”
-Ricordi quando mi hai detto che forse avevo visto Roza nella mia stanza perchè il suo spirito si è staccato dal corpo? …Signor Depresso? Ehi! Signor Depresso!-
Harold si era temporaneamente estraniato dal mondo esterno ricordando improvvisamente di aver parlato con Roza, ma non riusciva a capire se collocare quell'incontro nei suoi sogni o ad uno stato di veglia “Ma io ne ho parlato con Leshawna ieri, quindi deve essere accaduto mentre ero sveglio! Se no... di cosa ho parlato ieri?”
-Signor Depresso!- lo chiamò nuovamente Max.
-Mi chiamo Harold!- sbuffò. -Per quale scopo avresti modificato questi acchiappa-sogni?-
Max sembrò entusiasta della domanda -Ora servono ad acchiappare gli spiriti! Se riesco a riacciuffare Roza con uno di questi, possiamo rimetterla nel suo corpo e svegliarla dal coma! A proposito, sei riuscito a scoprire dov'è ricoverata?-
-Eh... no...- Harold era combattuto... una parte di lui trovava l'idea di Max ingenuamente adorabile. Lui stesso avrebbe potuto pensare di fare qualcosa del genere per sfogare la sua sensazione di impotenza, tenendosi occupato con qualcosa di logicamente inutile, ma che avrebbe potuto dargli l'illusione di star facendo qualcosa per essere d'aiuto. Ma in quel momento non si sentiva a suo agio pensando a Roza, la sua condizione e gli strani ricordi del giorno prima. Inoltre, indipendentemente dal fatto che quegli aggeggi funzionassero o meno e che gli spiriti esistessero o meno, l'idea di pensare a un fantasmino che vagando innocentemente per conto suo si ritrovava improvvisamente intrappolato gli metteva ansia, a maggior ragione se pensava a Roza in quella situazione.
-Max, forse lasciare a Roza i suoi spazi e chiederle di rientrare nel suo corpo con le buone sarebbe un'idea migliore di costringerla. Stiamo pure parlando di una persona che ha tentato di uccidersi...-
Max divenne improvvisamente ostile. -Continuo a preferire l'ipotesi del tentato omicidio da parte della madre.- brontolò.
-E se con l'ex acchiappa-sogni prendessi lo spirito sbagliato e questo prendesse il posto di Roza? Poi Roza potrebbe rimanere senza corpo. Poverina, sarebbe così triste...-
-N-non ci avevo pensato!- balbettò Max mortificato.
Harold era stupito e imbarazzato per la facilità con cui stava manipolando l'adolescente come se fosse un bambino. Max sembrava credergli a prescindere come se stesse parlando di questioni scientifiche e perfettamente logiche.
-Forse è meglio che mi faccia venire un'altra idea...- pensò ad alta voce il ragazzino tondeggiante.
“E' proprio un bravo ragazzino...” ripensò Harold sospirando. “Magari se Leshawna conoscesse meglio i bambini ne sarebbe meno spaventata... In fondo non mi sembrano così terribili! O magari non mi trovo male con loro perchè sono una persona infantile?”
-Signor Depresso! Sembri così pallido... sicuro di stare bene? Intendo... se vuoi diventare il mio scagnozzo nuovo devi essere in salute, non mi sto preoccupando per te, ovviamente!-
-Sto benissimo... e mi chiamo Harold!-

Si congedò dal ragazzino e rientrò nell'appartamento. Anche se non si sentiva a disagio con i bambini, forse aveva avuto troppe interazioni sociali per una persona appena sveglia. La porta della camera da letto era rimasta aperta, così vide Leshawna seduta sul letto. “Oh, no... altre interazioni sociali...” pensò anche se in realtà era un po' sollevato.
-Come stai?- le chiese.
-'Na merda... Si può stare in altri modi di mattina?- rispose Leshawna mentre infastidita cercava di appiattire e dare una forma normale all'oscura selva di capelli disordinati e nodosi.
-Decisamente no, hai ragione, era una domanda stupida.- concordò Harold sentendosi stranamente a suo agio per quella reazione familiare.
-Inoltre, forse era un'allucinazione del dormi-veglia, ma sono stata svegliata da delle terribili vocine acute e squillanti, che parlavano con te. Buffo, non mi ero mai accorta di quanto mi infastidisca questo tipo di voce.- si sfogò.
-Hai un ottimo udito, stavo davvero parlando con due persone dalla voce squillante.-
-Ah... Fammi indovinare, Courtney e Mini-Courtney?- Harold annuì. Leshawna sospirò. -Solo un super udito mi mancava. Spero che questo e l'olfatto amplificato vadano via fatto uscire il bambino! Ieri non riuscivo neanche avvicinarmi per pulire quelle verdure del demonio...-
-Non penso che l'udito c'entri.- Harold trattenne il riso ricordando improvvisamente di come Leshawna e Kunoichi avevano tagliato la corda quando si era messo a rompere i baccelli dei legumi a causa del flebile odore erboso sprigionato. “...Ah? È per questo che non mi sono lavato le mani? Speravo che l'odore rimanesse tenendola alla larga?” Harold biasimò i piani deliranti del sé stesso del giorno prima con un po' di imbarazzo. Si scusò mentalmente anche con la gatta. Se il suo bislacco piano avesse funzionato, sarebbe stato un problema anche per lei.
-Sul serio, ieri non ti ho aiutato per l'odore, non è che volessi una scusa per oziare...- disse Leshawna un po' imbarazzata.
-Ti credo, ti credo.- rispose Harold mettendo le mani avanti. Era abbastanza stupito da quello strano comportamento insicuro. -E poi a me rilassa lavorare con le mani, non è problema.- “Sopratutto poter stare con te che non ti avvicini è rassicurante!”
-Già, peccato... Sai, da piccola aiutavo spesso mia madre a pulire verdure, pesce... cose così. Ieri mi hai messo un po' di nostalgia a dire la verità.-
“Sai essere inaspettatamente sentimentale... però... eh? Quindi ti ricordo tua madre?!” sicuramente non era quello che intendeva, ma era un pensiero un po' imbarazzante e lo tenne per sé. Non riusciva ancora a capire quanto era il caso di stare in confidenza con la ragazza, né se lei si facesse gli stessi problemi. L'idea che non fosse così lo infastidiva un po'.

Harold percepì per buona parte della giornata una sensazione sgradevole. Si sentiva osservato e casualmente quando si girava trovava sempre Leshawna che distoglieva improvvisamente lo sguardo. Mentre era seduto al tavolo per studiare non ne potè più. -Leshawna, potresti smetterla di fissarmi ossessivamente?-
-Non ti sto affatto fissando, caro il mio paranoico! ...È solo che l'appartamento è piccolo e tu sei l'unica cosa che si muove qua dentro oltre a me. È normale che mi cada accidentalmente l'occhio su di te.-
-Anche Kunoichi si muove.- disse indicandole la gatta che proprio in quel momento saltò per acchiappare una mosca. Riuscì a mangiarla.
-Mi fa un po' schifo...- commentò Leshawna. Harold sembrò offeso, anche la gatta fulva cominciò a fissarla come se si fosse sentita chiamata in causa. -Siete entrambi un po' inquietanti ora che ci penso...-
-Magari potresti impiegare il tuo tempo in modo un po' più costruttivo. Quando è che hai esami, ora che ci penso?-
-Harold, questo è un colpo basso.- disse la ragazza guardandolo storto.
-Scherzi a parte, hai qualcosa di cui vuoi parlarmi?- nel momento in cui lo disse, si rese conto che era da quando erano tornati a casa dall'ospedale il giorno precedente che Leshawna si comportava in quel modo. Era come se volesse parlargli o se stesse pensando intensamente a qualcosa che aveva a che fare con lui. “Ero troppo concentrato su di me e i miei problemi per darci importanza...”
-Non disturberei mai uno studente modello.- disse Leshawna in tono canzonatorio tentando di togliersi di impiccio.
-Mi disturbi molto di più tenendomi sotto costante osservazione.- disse sorridendo nervosamente. -Se vuoi davvero parlarmi di qualcosa, coraggio, spara! Sono a tua completa disposizione! Se le tue attenzioni derivano invece dal fatto che sono diventato improvvisamente irresistibile, beh, molto lusingato, ma ne farei volentieri a meno!-
-Imbecille.- sentenziò Leshawna sistemando nervosamente i capelli. -Ehm, ecco... Però non sembrare così serio e concentrato! Mi metti a disagio!- allora Harold finse di dormire adagiando la testa sul libro e chiudendo gli occhi, ma la innervosì maggiormente.
-Qualunque cosa tu mi dica, non sarà più strano del mio discorso di ieri, vai tranquilla.- le disse aprendo un occhio. Apparire più deboli per far abbassare la guardia agli altri era probabilmente la sua mossa preferita. Utilizzarla con Leshawna per metterla a suo agio era rischioso, lei detestava quel comportamento. Ma in quel caso, stranamente sembrò funzionare. Paradossalmente Harold si sentì un po' a disagio “Perchè i miei fallimenti risultano motivazionali per gli altri?”
Leshawna decise finalmente di parlare. -Io e te dobbiamo diventare genitori, giusto?-
“...Perchè me lo chiedi come se sperassi che ti rispondessi che è tutto un pesce d'aprile?” pensò Harold annuendo un po' teso.
-Non pensi che magari fra qualche anno potresti avere una specie di crisi di mezza età anticipata ed uscirtene con qualcosa del tipo “Oh, no! Ho sprecato la mia giovinezza! Ora come faccio? È tutta colpa di quella donnaccia!”-
Harold rimase interdetto “C-che razza di idea hai di me?! No, aspetta... sicuramente non era questo il senso della domanda...” prese un respiro profondo e le fece cenno con la mano di attendere. -Sto elaborando.- annunciò. Nel mentre Leshawna annuì con aria nervosa.
-Bene...- esordì Harold dopo averci pensato. -Mettiamo che l'Harold di un universo parallelo non abbia voluto saperne niente di te e del bambino. Presto o tardi, potrebbe comunque pentirsene e pensare; “La mia vita non ha condotto a nulla di buono. Forse se avessi cresciuto quel bambino, ora non mi sentirei così vuoto.” Mentre l'Harold di un'altra dimensione che ha preso la stessa decisione, ma ha avuto una vita più soddisfacente potrebbe comunque sentirsi in colpa; “Chissà come starà ora quel bambino? Leshawna l'avrà tenuto? Sarà stato adottato? Forse sono stato irresponsabile ed essere padre in anticipo non sarebbe stato così terribile.”- Leshawna gli sembrava particolarmente a disagio mentre lo ascoltava.
-Leshawna, capisci cosa intendo? È inutile che io prenda decisioni pensando a cosa potrebbe recriminarmi la mia versione del futuro. Tanto una scusa per prendersela con me l'avranno comunque. Devo pensare al me del presente... e Harold nel presente pensa che si sentirebbe estremamente irresponsabile a lasciarti a sbrigartela da sola e che non odia tanto l'idea di fare il genitore anche se è molto, molto atterrito... Inoltre non so bene cosa si intenda per sprecare la giovinezza...- ammise un po' imbarazzato.
-Non amo particolarmente uscire e non sono mai stato un animale da branco, ci ho provato ma...- “Preferivo stare con te... O-ok, qualcuno licenzi la rete neurale responsabile di questo pensiero!” -Non era così divertente alla fine e crescendo la vita del libertino ha perso il suo fascino su di me.- “Inoltre da quando ho cominciato ad essere depresso è come mi fosse caduto! ...Ed è anche un bene. Essere sia depressi che allupati sarebbe una tortura, almeno ho un pensiero in meno. E poi forse non ho mai voluto essere libertino, volevo solo stare con te... Ripeto! Qualcuno licenzi quella rete neurale!” -Essere genitore mi toglierà sicuramente molto tempo libero e non posso sapere quanto, ma durante il periodo che ho vissuto da mia sorella ho badato a tempo pieno a Riff e non mi ha dato problemi... onestamente penso che sia qualcosa che posso affrontare.
Se il me del futuro si scorderà che il me del presente aveva esigenze diverse dalla sue e dovesse rimpiangere le mie scelte, pazienza. Se ti userà come capro espiatorio, hai la mia autorizzazione a picchiarlo!- disse serio, poi si ammorbidì. -Potrebbe piacergli, magari avrà sviluppato una forma di masochismo di cui non ti sei resa conto.- scherzò per alleggerire l'atmosfera.
-Lo so già che hai sviluppato qualche forma di masochismo...-
-Oh... non dovevi prendere così sul serio le mie battute.- mormorò imbarazzato.
Poi la donna sorrise tristemente mettendolo a disagio. -Sei sicuro che non sia come la storia della volpe che non riuscendo a raggiungere l'uva, dice che tanto non l'ha mai voluta perchè era certamente acida? Magari pensi che non rimpiangeresti la tua giovinezza perchè pensi che tanto non riusciresti ad avere comunque una vita sociale soddisfacente...-
-Magari le mie capacità sociali non sono come quelle degli altri, ma ho sempre fatto del mio meglio e ne sono soddisfatto. Forse il me che prenderà il mio posto se ne scorderà e penserà che non ho fatto abbastanza, ma ripeto, sono problemi suoi. Tutte le decisioni che ho preso sono state fatte per dei motivi.- disse assumendo lo stesso sorriso triste della ragazza. -Vorrei che almeno tu lo tenessi a mente...- “...Perchè suona tanto come la dichiarazione di qualcuno che morirà da un momento all'altro?!” cercò di sfuggire alla malinconia assorbita da Leshawna.
-P-poi i discorsi sulle crisi di mezza età sono senza senso!- dichiarò Harold ridendo nervosamente, poi sospirò e tornò serio. -Temo che alla fine il problema non siano le decisioni prese. Semplicemente si avverte il tempo che passa e si vorrebbe tornare indietro o si idealizza il passato e si pensa di essere stati meglio a prescindere.-
-La tua solita arroganza. Parli di qualcosa che non hai mai sperimentato.- la ragazza lo criticò bonariamente, ma con un quantitativo preoccupantemente basso di energie. -Sei un po' strano quando parti di te stesso del futuro o te stesso di un'altra dimensione come se parlassi di persone differenti da te...- osservò Leshawna riassorbendolo nel suo umore melanconico.
“Perchè mi sento come se il me stesso di ieri fosse morto e io fossi nato solo questa mattina nonostante abbia dei ricordi degli Harold precedenti... è come se non riuscissi più a riconoscermi nei ricordi.
Chi è quell'uomo dalla postura storta con i capelli rossi e gli occhiali? Perchè ha fatto quelle cose? Cosa provava mentre le faceva? Perchè le sue reti neurali insistono su Leshawna? Se quello di prima non c'è più ed io ho i suoi ricordi, anche io scomparirò e il me stesso del futuro si ritroverà una versione annacquata dei miei ricordi?” Harold si trattenne dal ridere. “E' solo colpa della mia instabilità emotiva! Devo tranquillizzarmi e non pensarci più. Tutto si sistemerà senza nemmeno che me ne accorga!” alla fine il ragazzo emise un flebile verso vagamente somigliante a una risatina. “Si risolverà tutto perchè morirò lasciando il posto ad un Harold meno difettoso e tutto questo avverrà, senza che né io né lui ce ne accorgiamo...”
Una mano gli si posò sulla testa. -Harold, è tutto ok?- chiese Leshawna. Era preoccupata ma non sembrava più malinconica e indebolita, aveva riacquistato il controllo. Un instante dopo si ritrassero entrambi.
“Giusto! Sto pensando troppo a me! Devo pensare ai problemi di Leshawna per scappare dai miei, è uno scambio equo di favori.” riprese il controllo del respiro. Gli sembrava di star scappando da qualcosa che lo prendeva per la gola e cercava di risucchiarlo al suo interno. Se si concentrava, aveva l'impressione di poter avvertire il fiato della bestia sul collo. “Devo mostrare più contegno, altrimenti lei non prenderà più sul serio!” si rimproverò. “Però... preoccupandosi per me è tornata più simile alla Leshawna che ricordavo... Forse il mio compito è questo?” Si schiaffeggiò mentalmente. “Che idea idiota!”
-Scusa se ti ho fatto preoccupare, stavo avendo dei terribili crampi al tendine del piede.- Harold decise di usare come capro espiatorio una sensazione che Leshawna conosceva e che trovava molto dolorosa. Come previsto, la ragazza empatizzò istintivamente e almeno apparentemente si distrasse dall'indagare oltre. -Comunque, io ti ho detto come la penso e perchè ho preso la decisione di assumermi la responsabilità della tua gravidanza, ma cosa pensa la Leshawna del presente a riguardo? È quella la cosa veramente importante, non cosa temi di pensare in futuro...- “Non mi hai parlato di una mia eventuale crisi di mezza età anticipata perchè temevi che fossi io ad averla, non è così?”
-Non saprei spiegarmi nel tuo modo strano...- sbuffò Leshawna.
-Uhm... Tranquilla, non mi aspetto questo...- Harold si rese conto che non aveva mai realmente saputo cosa ne pensasse Leshawna della situazione. La considerava una persona molto razionale al di là degli scatti d'ira. Quindi si era limitato a dare per scontato che sapesse quel che faceva. Inoltre dopo che lei aveva scoperto di essere incinta, era diventato molto difficile parlare della situazione con tranquillità e lucidità.
-In realtà mi sembra inutile parlarne, tanto per abortire è tardi.- disse Leshawna.
“...Ok.” non era così stupito o sospettoso per la risposta, era sempre stata piuttosto pessima a spiegarsi quando era un minimo nervosa. -Non è corretto.- disse Harold con calma. Per un attimo ebbe l'impressione che quel tono la irritasse. -Potresti decidere di affidare il bambino a qualcun altro... I tuoi genitori sono ancora giovani e tua madre era interessata...-
-Dovrei scappare il più lontano possibile da loro in caso! Sarebbe piuttosto ridicolo e imbarazzante crescere con i nonni e nel mentre avere una madre incapace...- farfugliò imbarazzata -E perchè quella donna parla di queste cose con te?!- si sfogò.
-Uh, vediamo... Forse perchè non eri rintracciabile?!- rispose Harold cercando di mantenere un tono neutro e fallendo miseramente.
-Ah... è successo durante la mia latitanza, ok...- mormorò la ragazza irrequieta.
-Inoltre... in realtà...- Harold sospirò. -Anche mia sorella sarebbe interessata. Lo fa per me.- confessò. -Mi ha detto che se mi occupo di Riff e della casa a tempo pieno, può tenere me, il bambino e Kunoichi.- Lui e la sorella avevano parlato dell'eventualità che Leshawna non volesse occuparsi del bambino quando la ragazza era ancora scomparsa e Harold si era stabilito in casa sua. Celia per rassicurarlo che non sarebbe stato un disturbo gli aveva rivolto un'espressione particolarmente divertita e quasi sadica; “Non preoccuparti, fratellino. Ti metterò a lavorare molto duramente, non avrò pietà...”
Quando Harold le aveva fatto notare che poteva essere un problema per la privacy sua e di suo marito, l'espressione della donna si era ammorbidita. “Abbiamo un bambino di quattro anni, è molto più facile avere privacy con te che ci badi. Ha anche cominciato a svegliare te di notte e non noi!” aveva aggiunto ghignando.
-Bene, quindi si rischia la faida familiare? Sapevo che poteva andare a finire così... Da un punto di vista giuridico sembra un inferno!- disse Leshawna. Harold e sua madre, da un punto di vista caratteriale erano molto compatibili. Ma nonostante la donna lo considerasse un bravo ragazzo anche intelligente, lo vedeva come poco più che un bambino. Probabilmente non sarebbe stata d'accordo nel lasciargli l'infante se Leshawna si fosse tolta dall'equazione e Leshawna era d'accordo, Harold era troppo piccolo ed emotivo.
-E' per evitare una faida che hai deciso di tenerlo?- le chiese Harold con tono calmo, ma sguardo indagatore. Lei lo osservò con serietà ma non sembrava interessata a rispondergli. -Ci sono altre due incognite...- aggiunse Harold per continuare quel tragicomico quadro della situazione. -Tuo padre non so se è o meno in accordo con tua madre...-
-Lo sarà, tendenzialmente la segue a ruota.- disse Leshawna interrompendolo, poi lo lasciò continuare.
-Mentre il mio... Beh, è inutile parlarne! Non è che lui possa decidere così a caso di diventare il tutore di tuo figlio... ma mi da comunque fastidio!- ammise innervosito -Cosa diavolo sarebbe? Una specie di tentativo di avere una seconda possibilità? Con me? Insomma... tutti commettiamo degli errori, però... Era un errore? Lui lo considerava un errore? Perchè a me sembra che le nostre strade si siano divise molto pacificamente, mica sono arrabbiato! ...Mi manda davvero in confusione!-
-Mi sono persa, il soggetto era tuo... padre?-
-Lasciamo perdere.- sbuffò Harold.
-Comunque non devi preoccuparti, ho deciso io di tenere il bambino.- disse Leshawna cercando di apparire sicura di sé come al solito. -E' solo che inevitabilmente ho le mie preoccupazioni e mi sento nervosa e... ah...- sospirò perdendo quell'apparenza che si era costruita. -Quanti anni ha secondo te, Mini-Courtney?- gli chiese con serietà.
-Forse quattro, massimo cinque... cosa c'entra?-
-Quindi Courtney l'ha avuta fra i diciassette e diciotto anni... Courtney, quella tutta perfettina, con tutti i suoi progetti rigidi e immodificabili da perfettina... E' rimasta incinta a quell'età eppure sembra che in qualche modo se la cavi...- osservò irrequieta. -N-non che goda delle disgrazie altrui! È-è che... intendevo...-
-Beh, Courtney mi è sembrata tranquilla e visivamente in salute. Se proprio lei che ti sembra incompatibile con una maternità prematura se la sta cavando dovresti essere più fiduciosa, no? Possiamo farcela pure noi, no?- le disse cercando di tranquillizzarla.
-Col cazzo! Mi sento ancora più inadeguata... ho la sensazione che possano farcela tutti tranne me!-
-Sai che è molto irrazionale tutto ciò? Non sei nella testa di Courtney e non c'eri neanche durante la sua gravidanza.- ebbe di nuovo l'impressione che il suo tentativo di essere calmo e razionale la irritasse. “Io non so che altro fare!” si sfogò Harold internamente.
-Grazie della notizia! Non sono scema, ma... N-non mi aspetto che tu capisca. A te piaceva badare a Riff quando era appena nato e passavi molto tempo appresso a lui e tua sorella... Infatti, svenimento iniziale a parte ti sei adattato spaventosamente bene alla notizia della mia gravidanza! Per te sembra facile adattarti a qualunque cosa! N-non fraintendermi! Ti ammiro per questo, eh!- la ragazza si corresse per non sembrare aggressiva nei confronti di Harold.
Lui sembrava a disagio, poi le sorrise nervosamente.
-Leshawna, in realtà c'è stato un... fraintendimento, diciamo. Io sono diventato consapevole della tua gravidanza, lo stesso giorno in cui tu ne hai avuto la conferma. In realtà quando ti sei decisa a parlarmene, io avevo già avuto già avuto una settimana di tempo per riflettere sulla cosa e adattarmi all'idea.- ammise il ragazzo.
Leshawna era molto guardinga. -Come... Come diavolo l'avresti scoperto?-
-Beh. Hai gettato il test nel sacchetto per la raccolta differenziata della carta! Mi ha fatto venire un colpo, temevo che fossi impazzita e ci avessi gettato un termometro! Poi l'ho tirato fuori e la realtà era molto peggio di ciò che pensavo! Non riesco a spiegarmi la cosa se non pensando che desiderassi essere scoperta inconsciamente.- raccontò Harold quasi divertito.
Leshawna voleva sotterrarsi. Non poteva credere di essersi fatta scoprire così facilmente, ma aveva ricordi molto confusi dei minuti successivi al test di gravidanza, per lei era stato traumatico.
-Però volevo che fossi tu a darmi la notizia, così ho aspettato... e aspettato... e aspettato ancora mentre tu ti comportavi come se nulla fosse. Ho anche rimuginato parecchio nel mentre, sul perchè non volessi dirmelo...- Harold si interruppe come se ci fosse qualcosa di cui non voleva parlare.
Leshawna sbuffò e mise le braccia conserte. -Quindi, sei davvero capace di simulare uno svenimento alla fine.-
Harold guardò verso il basso con aria indecisa. -Non è esattamente così, Leshawna.- tornò a guardarla negli occhi. -Fingere uno svenimento non è fra le mie doti. In realtà, dopo un po' di giorni in cui non sembravi intenzionata a dirmi nulla, ho cominciato a pensare che il motivo era che il bambino non era mio. Ma volevo comunque che fossi tu a rivelarmelo e che fossi sincera con me... Per cui è stato contemporaneamente un sollievo e una sorpresa quando hai attribuito a me la paternità. Ma in quel momento l'eventualità che trovavo più probabile e a cui mi stavo preparando era un'altra, così non ho retto lo shock emotivo e sono svenuto davvero...-
-Ah?- Leshawna cominciava a sembrare arrabbiata. -Grazie della fiducia!-  disse sarcasticamente mentre cercava di trattenersi. “Bastardo, bastardo... hai così poca fiducia in me, bastardo?” -Ma ti è bastato che io non ti dicessi di essere incinta di un altro, per fidarti?- lo prese in giro mentre le sue labbra si piegavano in una smorfia aggressiva. Si sentiva molto accaldata e le interiora sembravano contorcersi nel suo ventre.
-Mi fido del fatto che tu sia genuinamente convinta che la causa della tua gravidanza sia io. So che non mi mentiresti su una cosa simile.- ribattè lui freddamente.
-Ah. Quindi pensi di non essere la causa ma che io ne sia convinta?- disse Leshawna, arrivando alla sua conclusione con le mani che tremavano per la rabbia.
Il ragazzo serrò la mascella. Cercava di rimanere razionale e calmo, ma non riusciva a dire niente.
-M-ma che cazzo...- balbettò Leshawna. Si sentiva furiosa, moriva di caldo e aveva la muscolatura irrigidita ma non poteva percuoterlo. Aveva moltissime cose da dirgli, ma istintivamente stabilì che la priorità doveva essere trovare un modo per fargli male. -Mi fai profondamente schifo! Quindi saresti così debole da tenerti una donna che ti tradisce e un bambino che non è nemmeno tuo?!- disse schernendolo ferocemente.
Harold rimaneva bloccato e con le labbra serrate, ma respirava dal naso in modo veloce e pesante.
-Mi rendi anche difficile litigare!- continuò Leshawna gesticolando come se dovesse colpirlo da un momento all'altro. -Rischi di piangere, poi di avere un attacco d'asma, alla fine di rovesciare per lo stress! O non riesci a dire una parola o non si capisce un cazzo di ciò che dici! S-sei... sei...-
-Vuoi stare zitta?!- rispose Harold respirando affannosamente. Nel suo scattare in piedi aveva rovesciato la sedia per sbaglio, ma la gatta anziché scappare spaventata dal rumore, si avvicinò per osservare la situazione insolita.
Harold ci mise diversi secondi per riuscire a dire altro in modo comprensibile, ma Leshawna gliene diede il tempo. -E' grazie alla mia debolezza che puoi stare qui! Ti fa schifo? A-abbi la dignità di andartene!- nonostante sembrava dover crollare da un momento all'altro, per un attimo il ragazzo riuscì ad intimorirla.
-Perfetto! Tanto stare con te è un inferno! Non capisco come sia riuscita a sopportarti per...-
-Vattene! Fai le valigie e vattene!- il ragazzo la interruppe ripetendolo. “Vattene, vattene, vattene...” continuò a mormorare ossessivamente nascondendo il volto sbiancato fra le mani.
Leshawna sentiva il bisogno di prenderlo in giro, ma venne interrotta da Kunoichi che miagolava tirando la gamba di Harold, come se cercasse di attirare la sua attenzione per chiedergli il motivo di quel comportamento anomalo.
Distratto dalla gatta, il ragazzo non riuscì più a mantenere la rigidità e cominciò a singhiozzare e lacrimare.
Presa dalla foga, Leshawna stava per dargli una manata ma si bloccò in tempo con la mano alzata davanti alla faccia del ragazzo. Lui sembrò disorientato e amareggiato.
-Eh...- sospirò Leshawna. Odiava fino alla follia le persone che frignavano per fare le vittime durante i litigi, ma non poteva e non voleva colpirlo. “Sei tu che ti sei comportato di merda! Non io... finiscila!” non lo disse, non poteva ammettere di essersi sentita ferita.
Harold cercò inutilmente di darsi un contegno, ma balbettò. -L'amore può spingere a comportamenti stupidi, ma tu non puoi capirlo! Sei sempre stata con me per inerzia... Ti conveniva e basta... e non avevi nessun altro...-
-Ah sì? Come farei a tradirti se non avessi nessun altro, eh? E cosa vorresti dirmi? Che hai accettato un presunto tradimento per amore?- “Bugiardo! Non lo accetteresti se mi amassi, ma non dubiteresti neanche di me!” -Non è amore, è solo demenza e desiderio di umiliarsi!-
-Te l'avevo detto...- disse il ragazzo con una flebile risata disperata. -Tu non puoi capire.- si voltò staccando la gatta dalla gamba. -Fai le valigie e vattene.- ripetè un'ultima volta singhiozzando, poi si chiuse in bagno.
Kunoichi cominciò a prendere a pugni la porta come se si fosse offesa. Leshawna bussò con forza, istintivamente sentiva il bisogno di angosciarlo col rumore. Invece a spaventarsi fu Kunoichi che si gonfiò tutta e cominciò a soffiarle. Leshawna la imitò e partì una sorta di strana gara tra le due che venne interrotta da Harold:
-Vuoi direttamente un'ascia per bussare?!- esclamò Harold da dietro la porta.
-Non sono il lupo cattivo! E poi che razza di reazione è chiudersi in bagno?!-
-S-sei capace solo di criticarmi? Che persona triste!-
-Guarda che non puoi occuparmi il cesso!- per tutta risposta, Harold le fece arrivare le chiavi attraverso la fessura sotto la porta. -Idiota! E se io non volessi farti più uscire di la?!-
-Son cazzi miei! E poi, posso uscire quando voglio!-
-Sicuramente!- Dopo aver dato un'ultima botta con la mano, Leshawna se ne andò. Il suo istinto sadico e vendicativo attendeva impazientemente che Harold cominciasse a supplicarla disperatamente di farlo uscire dal bagno. Era come se la sua anima stessa avesse bisogno di quella scena. “Che idiota... Perchè mi ha dato la chiave mettendosi in questa situazione? Non riesco ad accettarlo!” pensò con amarezza. “In che altro modo pensa di usci... Cazzo, la finestra del bagno!”


Angolo dell'autrice:

Salve a tutti, mi scuso come al solito se non riesco a pubblicare più velocemente.
Spero che i punti di vista e le reazioni dei personaggi siano comprensibili anche se manca qualcosa. Descrivere pensieri e sensazioni irrazionali è complicato, ma spero di riuscirci almeno un po'.
Mi auguro che questo capitolo risulti di vostro gradimento. È ironico e accidentale che sia stato pubblicato proprio a San Valentino.
In realtà dovevo arrivare a questa parte della storia prima, ma sono pessima a prevedere la lunghezza dei capitoli pur sapendo cosa devo inserirci inoltre lasciare Roza in vita mi ha rallentato, ma ho preferito gestirla in questo modo.
Vi ringrazio per la lettura, spero possa risultare piacevole.

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Capitolo 14
*** Alien ***


La mano di Leshawna tremava al punto che che ebbe difficoltà ad inserire la chiave arrugginita nella serratura del bagno. Per un attimo perse la pazienza e pensò di sfondare la porta “E se si spaventasse e si buttasse davvero dalla finestra?! Modi diplomatici, devo avere modi diplomatici...” si disse Leshawna cercando di mantenere la calma.
Ma entrata nel bagno vide che la finestra era già aperta e del ragazzo rimanevano solo scarpe e calze lasciate sul pavimento.
Corse a controllare, ma guardando in basso attraverso la finestra, fortunatamente non vide nessun corpo spiattellato, così potè riprendere a respirare.
“Se Harold si è sbarazzato di scarpe e calze, forse gli servivano i piedi liberi per arrampicarsi meglio...” affacciandosi guardò verso l'altro e potè notare i piedi scalzi di una persona che sembrava sedere sul tetto del suo condominio. “Quella sottospecie di lemure!” -Chiamo i pompieri!- urlò per avvertire l'arrampicatore, le cui gambe ebbero un tremito per la sorpresa. -Tu stai fermo lì! Prova a buttarti e ti do fuoco mentre sei ancora agonizzante a terra!-
-Ma ti ascolti quando parli?!- esclamò Harold. -Sei di una violenza ridicola!- disse mettendo tutto il corpo sul tetto e sporgendo solo la testa.
-Come altro devo scoraggiare un'aspirante suicida se non col dolore fisico?-
-Ma sei cretina?! Secondo te faccio tutta questa fatica a salire per poi buttarmi?! Volevo solo starmene solo e tranquillo in un posto per te irraggiungibile, scema!-
Leshawna stava per rispondergli poi si bloccò “Che voglia o meno ammazzarsi è indifferente. Se lo faccio agitare troppo farà sicuramente qualcos'altro di molto stupido!”
Si ricordò di quando durante un'ora di educazione fisica, Harold era stato fatto salire sulla cima del quadro svedese. L'insegnate aveva cominciato a dargli indicazioni incomprensibili su come doveva scendere durante l'esercizio e alla fine, Harold, frustrato e imbarazzato dallo stare sull'attrezzo sotto gli occhi di tutti mentre non capiva niente, si buttò da circa quattro metri di altezza per poi fuggire dalla palestra dopo essersi guardato attorno con aria agitata.
“Questi sono decisamente più di quattro metri...” pensò Leshawna spaventata mentre con gli occhi seguiva la distanza fra la sommità e la base dell'edificio. “Con calma... devo tenerlo buono lì e chiamare i pompieri...” pensò angosciata mentre cominciava a sentire dei rumori. Vide altri condomini affacciarsi a finestre e balconi attirati dalla loro litigata.
-Oh no... un altro che vuole ammazzarsi? Ma cos'ha che non va questo condominio!?- si lamentò un uomo mentre altri osservavano Harold impietriti e qualcuno tirava fuori un cellulare, forse per chiamare aiuto o filmare il ragazzo.
-Signor depresso! Che cosa ci fai la?- chiese con tono curioso il ragazzino dai capelli viola vicino di Courtney facendo bisbigliare altri che basandosi sul nomignolo cominciavano a trovare sempre più plausibile che Harold intendesse buttarsi.
-Il maialino con i capelli viola non era amico anche dell'altra aspirante suicida? Ma non è che è lui a portare sfiga?!- disse una voce non identificata.
Deglutendo, Leshawna cercò di osservare Harold. Anche a distanza, aveva la brutta impressione che il suo viso fosse arrossato e i movimenti della testa le sembravano preoccupantemente nervosi.
Proprio come temeva Leshawna, il ragazzo sentendosi troppo osservato cominciò a calarsi giù dal tetto riscendendo la grondaia e aiutandosi ogni tanto con i cornicioni sottostanti come appiglio.
“Scusate, scusate...” bisbigliava timidamente appoggiando i piedi sulle ringhiere del balcone di un tizio che lo fissava come se avesse a che fare con un alieno.
Leshawna si rifiondò dentro accovacciandosi sul pavimento del bagno e tappandosi occhi e orecchie.
“Non voglio più saperne niente di questa storia! Non voglio essere qui! Non voglio conoscere Harold! S-se me ne fossi tenuta alla larga a scuola... s-se non avessimo mai avuto una relazione, se non fossimo mai neanche diventati amici, potrebbe ammazzarsi e non mi sentirei dispiaciuta... V-voglio tornare indietro!” cominciò a ripersi terrorizzata. “Però... Io gli volevo bene... a cosa è servito?”
Le sembrò di stare in quella posizione per un'eternità. Qualcosa le stava toccando la spalla ma per un po' non ci fece caso, poi si sentì tirare il braccio così spalancò gli occhi.
-Così come sono salito potevo anche scendere... era tutto calcolato e compatibile con le mie abilità...- le disse con freddezza il ragazzo rientrato dalla finestra. Aveva tolto gli occhiali per limitare il contatto visivo e non aumentare l'imbarazzo. -Devi ancora andartene. Hai tutto il tempo, ma vattene...- aggiunse cupamente e uscì dal bagno.
Leshawna rimase ancora qualche secondo accovacciata cercando di riprendersi. “E' tutto a posto, è intero... No! Col cazzo che è a posto!”
Presa nuovamente dall'energia si alzò per inseguire il ragazzo che era tornato al tavolo a studiare cercando di fingere che fosse tutto normale.
-Cosa avevi in mente?!- esclamò Leshawna mentre Harold cercava di ignorarla. -S-stare con te è sempre stato come avere a che fare con una persona che si punta contro un coltello mentre corre, col continuo rischio che cada e si infilzi! Sei una mina vagante!- farneticò la ragazza cercando di trasmettergli l'immagine e la frustrazione che sentiva.
-M-ma davvero?!- Harold balbettò -Beh, stare con te invece è come essere inseguito mentre mi punto contro un coltello! Se sei davvero preoccupata per me, perchè fai di tutto per ferirmi o spaventarmi?! Allora signorina “ti do fuoco mentre sei ancora agonizzante”?-
-Perchè mi esaurisci!- rispose inizialmente aggressiva. -N-non capisco come gestirti e...- “Non capisco come frenare le mie emozioni...”
-Nessuno ti ha chiesto di gestirmi! Ma in fondo hai ragione... Povera, povera te! Quindi vattene!- le ripetè esasperato per poi tornare con gli occhi fissi sul libro.
-Lo farò!- disse Leshawna andandosene in camera da letto. Ma la sua testa non riusciva a fare mente locale per capire cosa dovesse prendere e dove dovesse trovarlo mentre il suo corpo stava continuando a darle idee stupide del tipo “Devo prendere a calci il muro!” ma Leshawna si era già quasi rotta un piede una volta cedendo a quel particolare tipo di bisogno fisico.
Si sentiva molto accaldata e confusa. Dovette stendersi per evitare di perdere l'equilibrio. “Perchè il mio corpo non fa altro che tradirmi?! Come ci sono finita in questa situazione? Andarmene è ok... dovevo farlo prima... non mi sarei mai dovuta trovare qui in realtà...” era abbastanza imbarazzante accorgersi che inizialmente non aveva pensato che Harold le stesse davvero chiedendo di sloggiare. Pensava fosse uno sfogo temporaneo e lei l'aveva assecondato perchè sarebbe stato imbarazzante mostrare di voler rimanere e allo stesso tempo dicendo che non le importava di andarsene aveva più probabilità di ferire efficacemente Harold. “E' lui che mi ha fatto arrabbiare però... C-Cristo... divento davvero infantile quando mi arrabbio!” pensò col cuore in gola, ma avrebbe preferito spararsi ad una rotula piuttosto che piangere.
“Voglio andarmene davvero... non è che mi senta così perchè non voglia farlo...” Non si stava affatto sentendo meglio, cominciò a temere che non sarebbe riuscita a fare le valigie a breve e più se ne rendeva conto più si sentiva indebolita, ma allo stesso tempo, più aveva fretta di andarsene. Sarebbe stato umiliante non essere subito pronta senza una buona scusa.
-Scusa Harold ma ho la nausea, per ora non posso prepararmi!- disse ad alta voce cercando di mettere in scena un tono il più menefreghista possibile.
Ma il ragazzo entrò nella stanza e la fissò con freddezza come volesse analizzarla. Leshawna si sentiva a disagio, quasi atterrita, ma cercò di non darlo a vedere.
Harold le prese un polso per accertarsi del battito. -Capisco... se l'avversario lascia la zona, dovresti avere il tempo di tranquillizzarti e sentirti meglio...- sussurrò fra sé e sé con una voce flebile ed inespressiva. -Vado a fare una passeggiata.- esplicitò formalmente ma arrivato sulla soglia della stanza ebbe un tremito e si mise a ridere. -Posso persino toccarti... Complimenti. Era così tanto tempo che non riuscivo a provare una rabbia così genuina, ma tu ci sei riuscita! G-grazie!-
Leshawna rimase interdetta per un po' dopo che se ne fu andato. Pur sapendo che ridere potesse essere una reazione normale allo stress era estremamente incerta sull'effettivo umore di Harold, conoscendo quella strana creaturina, quel “grazie” poteva anche essere sincero.
Ma pensare di non essere l'unica completamente esaurita la faceva sentire un po' meglio.
“Si sarà ricordato di rimettersi le scarpe? È sbadato...” si chiese per un attimo, poi sospirò cercando di fregarsene di quella persona.

Alla fine Leshawna non era riuscita a muoversi granchè quel giorno, ma aveva sviluppato uno strano indolenzimento muscolare per tutto il corpo.
Ad un certo punto si era addormentata senza accorgersene, oppure aveva perso i sensi, non ne era così sicura. “L'importante è che non se ne accorga Harold e non mi chieda altri controlli...” pensò risvegliandosi un po' stordita. Fuori era buio. Dalla porta della stanza rimasta aperta intravide Harold che camminava e le gettava un occhio -Lo sapevo...- lo sentì bisbigliare fra sé e sé guardandola come un esperimento che aveva seguito le previsioni negative. -Puoi prepararti domani...- le disse neutrale.
Leshawna voleva sotterrarsi ma si mise in piedi e controllò il cellulare. “In che senso solo le tre inoltrate?!” a quel punto aveva disgraziatamente ragione Harold. Non aveva senso andarsene in quel momento.

Mentre Harold provava a leggere un po' per distrarsi, sentì dei passi. Sospirò. Anche Leshawna respirava in modo inusuale e a giudicare dal suono disarmonico che produceva la sua andatura o aveva gli arti indolenziti o era nervosa e si stava costringendo ad avvicinarsi. “Farei a meno del suo sforzo! Cosa diavolo vuole ora?!”
Rimase ferma dietro di lui per qualche istante senza parlare. Sarà anche stato l'orario, ma era abbastanza inquietante. “Magari vuole uccidermi. Può farlo? Glielo permetterei? No, nonostante tutto non lo farebbe...”
-Credo che dovresti andare a dormire. Non hai una buona cera.- gli disse con un tono forzato.
“M-ma che dice? Che fastidio...” -Non ho bisogno del tuo senso di colpa, non è successo niente di grave... E poi potresti stare peggio di me...-
La sentì sbuffare e andarsene. Era strano ma rassicurante che gettasse la spugna così in fretta.
Dopo un po' sentì un rumore di zoccoli. Per un attimo pensò di essere impazzito definitivamente, poi si ricordò che ogni tanto fra le tre e le quattro del mattino c'era chi faceva allenare o passeggiare i cavalli utilizzati per le corse abusive che si tenevano ogni tanto in quella zona. Quello che non capiva invece era perchè Leshawna fosse corsa a riempire una pentola d'acqua e se la stesse portando in camera da letto.
Poi sentì il rumore dell'acqua che veniva rovesciata e andando a controllare vide che Leshawna l'aveva buttata dalla finestra probabilmente addosso al fantino.
-Sì!- esclamò Leshawna con un ghigno soddisfatto.
Sentendo imprecare in strada, Harold provò a far rientrare Leshawna in modo che non venisse vista, ma era tardi. Stranamente il fantino cambiò completamente tono quando la individuò. -Oh ma sei soltanto tu, mia cara!- disse la familiare voce di MacArthur.
“Sempre saputo che quella poliziotta fosse strana ma non mi aspettavo fosse fra quelli che allenano i cavalli a quest'ora...” pensò Harold. Nel mentre Leshawna sembrava infastidita dal tono eccitato della poliziotta.
-Come facevi a sapere che avevo caldo e mi serviva una secchiata d'acqua? Siamo proprio fatte l'una per l'altra!- dichiarò MacArthur mentre Leshawna chiudeva il balcone con aria infastidita.
-Che sfortuna! Ma almeno mi sono levata una soddisfazione...-
-Quella di provare a provocare i fantini nella speranza che io subisca qualche ritorsione?!- chiese Harold inacidito.
-No... è che mi svegliano sempre verso quest'ora, così prima di andarmene volevo vendicarmi...- disse con tono innaturalmente sommesso.
-Tu non ci pensi mai alle conseguenze delle tue azioni, non è vero?-
-Mi conoscevi quando mi hai chiesto di stabilirmi qui. Ora piangine le conseguenze! Però io... io volevo dirti... io...- Harold sospirò prevedendo delle scuse che non era in vena di sentire. -Io ti odio...- continuò lei per poi bloccarsi di colpo e guardarlo con aria confusa. -No aspetta, non è questo che volevo dirti, volevo... io... io ti odio.- ripetè. Poi sospirò e assunse un'aria più rigida. -Mi spiace molto per ciò che è successo oggi, temo sia stato causato più da me ma... ti odio comunque.-
Che fosse una delle sue solite prese in giro o un eccesso di sincerità, non faceva differenza, Harold rise nell'esasperazione. “Comincio a sembrare mia madre! Forse prima era una donna normalissima ed è a causa di mio padre che ha imparato a sghignazzare in risposta a qualunque fastidio.” -Ah si? Chi se ne frega! Il sentimento è reciproco! Anzi no... non sei abbastanza importante per farmi provare odio...- “Dopo tutto hai solo dato la coltellata finale alla mia psiche precaria, nulla di grave in fondo!” -Ma mi piacerebbe davvero sapere, cosa cazzo ho fatto per meritarmi il tuo odio?!-
-Hai tradito la mia fiducia, forse?!- ribattè amareggiata.
-Non so di cosa tu stia parlando.- disse con tono duro.
-Del fatto che io mi fidassi davvero molto di te! Anche se sapevo che sei sempre stato un po' una serpe. Molto bravo a non essere diretto, nascondere i tuoi sentimenti o a farli sembrare altro...-
-Si chiama diplomazia, Leshawna! Non tutti godono nel litigare, sai?!-
-A me non piace litigare!- affermò con amarezza. -E la tua diplomazia mi sta benissimo! Ma non usata contro di me... avrei preferito che mi avessi detto esplicitamente che sospettavi che ti avessi tradito, invece no... Tu hai continuato a coltivare i tuoi film mentali e tenerteli per te senza dirmi mai niente!-
-E quindi? Non capisco perchè questa cosa ti faccia uscire di testa. Statisticamente parlando il tradimento è normale. Non vedo perchè avrei dovuto fare dei miei sospetti un dramma...-
-T-tu sei un idiota...- affermò incredula.
-No, sei tu ad essere incomprensibile! Non ti va bene quando sono emotivo, mi liquidi come se non valessi niente o diventi spaventosamente aggressiva! Ma ora, se tengo i miei pensieri per me, sono il male?! Mi merito il tuo odio?! Fai pace col cervello!-
Leshawna che aveva tenuto per tutto il tempo le mani dietro la schiena per evitare di gesticolare e spaventarlo, non riuscì più a trattenersi e diede un calcio al piede del letto urtando con forza le dita e l'osso della gamba. Dalla sua bocca non uscì un lamento ma gli occhi le lacrimarono un po' in segno di dolore fisico o forse frustrazione.
-S-senti, dovresti riposare. Non ne ricaveremo nulla dal discutere a quest'ora. Ma se proprio devi sfogarti, utilizza qualcosa di morbido che non ti danneggi se colpito, ok?- disse Harold irrequieto.
-E in tutto questo continua a non fregartene niente di me, ma rimani fissato con la mia salute...-
-E' un con...-
-Non è un controsenso visto che sono incinta!-
-E' ovvio che mi interessi anche a te... Come persona tengo alla tua incolumità, ma ci siamo lasciati! È normale che cerchi di essere distaccato, stiamo pure litigando! Se non volevi che il nostro rapporto cambiasse forse non dovevi mol...-
-Ma se è da quando hai scoperto che sono incinta che per te sono diventata poco più che un contenitore!-
-Contenitore? Che diavolo dici?!-
-La verità! E non sei stato l'unico... Improvvisamente a tutti importava solo di un bambino non ancora nato quindi la mia salute era diventata ossessivamente importante! Il mio carattere fonte di grandi preoccupazioni! E il mio umore avete cominciato a vederlo come una bomba ad orologeria!- stava per dare un altro calcio alla rete metallica del letto, ma riuscì a deviare la sua rabbia sulla federa del cuscino che strappò.
-Tanto posso ripararla e non è poi così importante...- commentò Harold fra sé e sé. Leshawna, salita sul letto, lo guardò con occhi lucidi di risentimento. Lei stava nuovamente impazzendo per un caldo immaginario e subiva dei tremolii agli arti superiori e inferiori. Si accovacciò in posizione difensiva.
Harold mormorò -Ecco...- animate dalla rabbia per Leshawna, quel giorno le parti del suo cervello si erano mosse insieme come un coro dandogli un'impressione di stabilità e chiarezza che non sentiva da mesi ma ora che non era più certo di cosa provare, la sua mente era nuovamente scissa in un caos a più voci che cantavano contemporaneamente canzoni diverse. C'era chi ce l'aveva con Leshawna, chi era preoccupato per lei, chi si sentiva colpevole e chi voleva solo andare a dormire... -Era solo una tua impressione. Alla tua famiglia e a me importa molto di te come persona.- disse con fermezza, su quello erano “tutte” d'accordo. -Mi spiace... suppongo che aver creduto che mi avessi tradito possa avermi fatto comportare in modo un po' distaccato senza che me ne accorgessi...-
-Ma davvero?! Che risvolto incredibile! Insospettabile! Assolutamente imprevedibile!- gli disse con rancore e scherno tirandogli contro il cuscino.
“Non fare marcia indietro! Si è comunque comportata di merda! Diglielo, diglielo! È tutto un tentativo di manipolarti!” diceva qualche voce infastidendo e disorientando Harold. -Quindi... era questo il motivo per cui mi hai abbandonato e hai fatto perdere le tue traccie?- “Non dire così! Se vi siete lasciati per un malinteso rischiate di avere ripensamenti e voler tornare sui vostri passi!” ad Harold gelò il sangue pensandoci. “Non voglio! Non va bene!”
-Eh... Credo di sì? In realtà sei stato tu a mollarmi... Non ricordi? Mi hai chiamato furioso perchè non mi ero presentata al matrimonio e hai detto che era finita quindi...-
-Cosa?! Come altro dovevo interpretare il tuo aver tagliato la corda se non come un “Ti mollo” non verbale?!-
-Beh, dal punto di vista razionale ti do perfettamente ragione.- confermò con rassegnazione e imbarazzo. -Ma io non funziono così quando sono nervosa... e lo ero al punto da non riuscire a presentarmi.- disse la ragazza leggermente sollevata dall'ammissione.
-Tu però non hai insistito per chiarire!-
Leshawna sospirò -Beh, sarebbe stato ridicolo, no?-
-Se ti sei fatta fermare da questo, significa che in fondo di noi non ti importava granchè!- le fece notare Harold con amarezza.
-Se non importava più a te, perchè doveva importare a me?-
-Non riesci proprio a pensare che se non ho voluto indagare sul sospetto di essere stato tradito, il motivo non era che non mi interessi abbastanza, ma un altro, eh?-
-No, perchè non ha senso.- rispose lei con fermezza. -E poi ho deciso di non fidarmi più di te, quindi zitto... tanto non ti ascolto.-
-Hai la testa più dura della pietra lavica...- nonostante il rammarico, nessuno dei due sembrava più interessato a litigare per qualcosa di ormai perduto. “Non avrei le energie per farlo. Sento che in questo momento potrebbe dirmi qualunque cosa, ma non riuscirei ad arrabbiarmi...” era contemporaneamente rassicurante e frustrante.
-A proposito di teste di pietra lavica... Sei ancora convinto che ti abbia tradito?-
-Non ero convinto di niente... la tenevo in conto come probabilità.-
-Non la tieni più in conto? Perchè?- lo interrogò infastidita.
-Perchè è vero, sono io quello bravo o decente a fingere di provare una cosa anziché un'altra. Tu una volta che ti senti scoperta fai semplicemente schifo a negare! Cominci a sparare cavolate con un tono imbarazzante e fai strane smorfie involontarie. Invece quando oggi ti sei sentita accusata sei andata in berserk... Quindi, o hai cambiato personalità  o ho preso un abbaglio io.- “Anche se continuo a trovare un po' strano tempismo e modalità della tua gravidanza, ma mi stai già incenerendo con lo sguardo, quindi eviterò di chiedere...” -Scusa, non avevo un modo più gentile di scagionarti.- aggiunse. “O forse sì, ma almeno lasciami divertire un po'”
-Ok... proverò a interpretarle come scuse da parte tua.- sospirò spostandosi nervosamente i capelli da davanti la faccia. -E forse anche se in parte è colpa tua dovrei scusarmi per averti addossato completamente la colpa di... No, probabilmente anche senza di te e i miei familiari sarei comunque una madre terribile...- ammise.
-A parte che mi sembra un po' prematuro stabilirlo, anche se fosse, cosa c'entreremmo, scusa?- “Ho fatto male i calcoli, almeno un po' irritato lo sono.”
-Non lo è.- disse seria e cupa.  -Un genitore, sopratutto quello che lo tiene all'interno per nove mesi, ha il dovere di amare incondizionatamente il proprio mostriciattolo, no? Ma a me sta già pesantemente sulle palle adesso! Lo detesto ogni volta che sto male, sono nervosa o noto che qualcuno si sta preoccupando per me non perchè io sono io, ma perchè contengo un'altra persona! Che essendo non nata, quindi pura, fa istintivamente più simpatia di un essere umano vivo da anni quindi di me... E lo so che è immaturo e meschino! Sembro tipo gelosa di un feto!- esclamò imbarazzata.
-No, Leshawna, aspetta...- Harold provò inutilmente a intromettersi.
-Ma a meno che qualcuno non vada a tagliuzzarmi il cervello per modificarlo non posso non sentire questa cosa! E s-sento di non avere abbastanza pazienza, quindi che non riuscirò affatto ad affezionarmi a quel coso che uscirà squarciandomi la pancia o gli organi genitali...-
-No, Leshawna guarda, non siamo in Alien...-
-Ma secondo i tuoi libri di psicologia i neonati sono capaci di capire se sono ben voluti o no e se non si sentono ben voluti crescono male quindi... quindi è una tragedia! Non ho la minima idea di come fare a fingere bene davanti ad un coso che per comunicare fa suoni stordenti! Io li odio quei versi e vocette! Dovrò farmi un auto-lavaggio del cervello! La mia vita è praticamente finita...-
-Leshawna...- Harold perdeva sempre di più le speranze di essere ascoltato.
-Non avrò più un secondo di pace quando nascerà l'Alien!-
-Non piangere...-
-Non sto piangendo! Mi è solo entrata un po' di morte e disperazione nell'occhio!-
-Infatti ti sta completamente oscurando la vista!- “Di solito capirebbe...” era triste vederla così disperata e spaventata. -E' normalissimo che tu abbia timori e sentimenti negativi, ma non significa che detesterai in eterno l'Alien e che sarai una pessima madre. Ti stai allarmando troppo in antic...-
-I miei timori non sono irrealistici!- puntualizzò irritata.
-No, ma la tua ansia...-
-Ho conosciuto qualcuna che è rimasta incinta durante le medie, eppure sembravano abbastanza tranquille, mentre io che dovrei essere...-
-Non ti viene in mente che alcune potrebbero essere troppo piccole, che impressione, per prevedere determinati problemi e il peso della situazione? Lo fai apposta?!- chiese esasperato. “Non ha la testa così bacata... Mi starà sottoponendo dei pensieri assurdi per avere una conferma esterna che siano assurdi, non ci sono altre spiegazioni... vero?”
-Fare a posta che? Vuoi forse insinuare che ci sia qualcosa che non vada con la frequenza di adolescenti madri nel mio quartiere?- lo fulminò con lo sguardo ma gli parse una provocazione poco sincera.
“Ma che c'entra?” aveva l'impressione che stesse giocando con lui mischiando tutto ciò che le veniva in mente. “Perchè? Si è sentita trascurata e ora vuole che le dia corda?” l'ipotesi gli provocava una sensazione strana. -Beh senza i dati, non posso dirlo.- rispose con fredda pignoleria. -Ma in base alla mia visione che potrebbe essere falsata dai fascicoli letti per mia madre e le visite a cui ho assistito in particolare quando lavorava per il tribunale dei minori, posso dire che anche se inizialmente non spaventata dalla maternità, una madre adolescente potrebbe ritrovarsi parecchi problemi e che in generale l'iniziale entusiasmo di una futura madre non equivalga per forza ad una buona madre. Quindi dovresti evitare certi paragoni cretini!-
-Almeno tua madre ha cominciato a pagarti per il tuo lavoro in nero da segretario e assistente...-
-Io non lavoro in nero, assisto di tanto in tanto e purtroppo sono anche inutile...- disse rammaricato, si sentiva impotente su più fronti in quel momento. -Ma non stavamo parlando di questo!-
-Lo so cosa intendi spiegarmi. Infatti anche se la stalker del tuo amico basso del liceo sembrava avere un forte desiderio di maternità, sarei molto preoccupata se sapessi che fosse incinta...- ammise Leshawna, Harold tirò un sospiro di sollievo. -Ma questo che significa? Che chi è terrorizzata dalla maternità invece farà un ottimo lavoro come figura materna?-
-Non... non ho i dati per dirlo...-
-Allora evita di parlare solo per cercare di convincermi che andrà tutto bene!- lo rimproverò.
Harold sembrava abbattuto quanto lei. -E' vero, non capisco nulla...- rispose lui invece di ribattere.
Leshawna si sentiva turbata da quella mancanza di reattività così provò a infastidirlo -Sai, avevo deciso di assecondare la stupida idea di mia madre sul matrimonio perchè tanto la mia vita è finita e non può andare peggio così. E nonostante tutto, tu potevi essermi utile.- ma le venne naturale ammorbidire il tono. -Sei sempre stato affidabile sotto diversi punti di vista...- “Ora invece mi lascerai sola...”  
Invece di provare fastidio per l'essere stato considerato un oggetto, Harold si limitò a fare spallucce. -Tanto essere utile ad un'altra persona è l'unica che mi fa andare avanti in questo momento. Se dovessi vivere per me stesso e cercare qualcosa che mi renda felice, vorrei solo chiudere gli occhi e non svegliarmi mai più. O meglio, è l'unica cosa che finirei per fare...- notando che Leshawna lo guardava atterrita, cercò di correggere il tiro. -Non è una dichiarazione di intento suicida, puoi stare tranquilla, ho troppa poca energia per avere certe spinte. Era solo una constatazione... Ho sempre sonno e faccio sempre più fatica a svegliarmi. Sembra che il mio cervello non sia interessato a nulla e non provi piacere in nulla, l'unica cosa che lo motiva a stare sveglio è fare le cose in funzione di qualcun altro, io non conto più. Col tempo credo che il mio cervello si riparerà, ma nel mentre, devo rendermi utile se non voglio cadere in “letargo”
Ho anche un po' paura di dormire perchè non so se e come aprirò gli occhi il giorno dopo. Infatti non so come il mio cervello approfitterà del sonno per elaborare i nostri scontri di oggi...- ma Leshawna continuava a guardarlo come se fosse davanti a un fantasma. -Però quando è Justin a parlare del suo cervello come un entità a parte lo trovi carino...-
-Perchè lui è stupido...-
-E bello...-
-Non cambiare discorso. Penso che dovresti andare in terapia.- lo avvertì cupa.
-Non mi fido dei terapeuti...-
-Rassicurante detto da uno studente di psicologia!-
Harold giunse le mani e abbassò il capo -E' che per ora non posso chiedere aiuto esterno a persone o farmaci... fidati, ti prego...-
-Non posso neanche affidarti un bambino se la tua salute è così, beh... precaria e strana.-
-E' un ottimo segno che tu te ne sia accorta.- disse con un accenno di sorriso, tristemente forzato -E' anche per questo che se riuscissi ad ottenere l'affido condiviso, dovrei tornare a stare da mia sorella, sotto il suo controllo... ma non credo ci sia da preoccuparsi. Nella mia condizione è improbabile che qualcuno mi ritenga un papabile tutore.- il ragazzo lo ammise guardando verso il basso.
Leshawna aveva difficoltà a mettersi nei suoi panni e capire i suoi sentimenti. “Hai bisogno di concentrarti su qualcuno che non sia tu e chiunque sia questa persona non fa differenza per te?” pensò infastidita. “Non dovrei prendermela se sei davvero messo così male, ma...”
Dopo essersene stato per un po' zitto a torturarsi nervosamente le dita, Harold continuò. -Proverò comunque a chiedere al padre di Trent qualche delucidazione su come dovrebbe funzionare da un punto di vista legale... è avvocato, ricordi? Probabilmente se Trent lo sapesse mi scoraggerebbe... è gentile, ma sento di non piacergli e di sembrargli ridicolo... è gentile ma in modo freddo. Ti sono sembrato così anche io?- le domandò. Non ebbe bisogno di una risposta, lesse un “si” nell'espressione della ragazza. -Se vuoi dirmelo, tu che progetti hai?- le chiese cauto, domande come quella tendevano ad innervosirla.
-Non so.- rispose con tono schivo.
-Come mai hai deciso di tenere il bambino? Forse all'inizio non eri così disperata... Allora potresti...-
-Ero disperata.- disse con fermezza. -Ma t...-
-”T” cosa? Non provare a scaricare la colpa su di me... Non potevi sapere la mia opinione, se sei tu ad avere problemi con...-
-Non mi sarebbe interessata la tua opinione e non ho problemi con l'aborto. Finchè non sono io a farlo...- “In realtà se avessi pensato di abortire avrei evitato di parlartene. Sei troppo emotivo perchè possa fidarmi delle tue reazioni e proprio in quel momento non volevo rischiare di perderti... ho sempre pensato che ci fosse qualcosa che non andava in noi, ma eri una presenza importante per me... Mi sparo piuttosto che dirtelo ora, bastardo!”
-...Ehi?- mormorò Harold. A giudicare da come la guardava, lei doveva avere un'espressione piuttosto irrequieta.
“Maledetta la mia faccia...” -Intendo... Sono in salute e sono mentalmente abbastanza forte da affrontare la gravidanza quindi... beh, io sono io quindi devo farcela!- detto ad alta voce, suonava stupido e infantile. -P-potrei essermi sopravvalutata ed essermi messa in un guaio, eh?- si portò le mani al viso, aveva la sensazione di sbriciolarsi. -Però alla fine non sono una dodicenne, poteva andarmi peggio, quindi io non dovrei...-
-Togliti dalla testa le bambine incinta, per favore! Se si entra nella logica del “c'è chi sta peggio, che diritto ho di lamentarmi?” non se ne esce più e si finisce per nascondere tutto i problemi sotto un tappeto senza risolvere mai un cavolo! Inoltre chiunque, anche il più miserabile, può pensare “Eh, ma c'è chi sta peggio”- disse infastidito dell'eventualità di un altro delirio senza via d'uscita. “Non è neanche vero che tu sia così in salute... il tuo peso per il parto potrebbe rappresentare un problema...” non lo disse ad alta voce, non tanto per buon senso, ma perchè quel pensiero lo spaventava.
-Hai ragione, ma ormai è fatta ed è inutile parlarne, no? Cosa vorrò fare lo saprai a tempo debito... se sopravvivrai...- disse lanciandogli un'occhiataccia.
-Non ho alcuna intenzione di morire, fidati.- le rispose abbozzando un sorriso a quell'atteggiamento aggressivo ma familiare e quasi rassicurante.
“Dovrei fidarmi? Forse una volta andata via, lasciando passare un po' di tempo mi sentirò più serena... Lontano da qualcuno che sembra sempre con un piede nella fossa... potrei smettere di preoccuparmi per il mio... Harold.”
“Posso abbracciarti?” Leshawna sbattè la schiena contro il muro sentendolo fare quella strana domanda. Non era neanche sicura che fosse stata realmente pronunciata, forse era un'allucinazione uditiva.
-Non hai più paura che possa ucciderti?- chiese con un sarcasmo che si trasformò immediatamente in nervosismo.
-Non è mai stato quello il problema... comunque, è per salutarti. Non so se domani sarò sveglio per vederti.-
Anche se era un po' restia all'idea, Leshawna si alzò dal letto e si lasciò toccare dal ragazzo. Lui era tremolante, ma meno delle ultime volte in cui aveva provato a toccarlo.
L'instabilità di quella persona la mise terribilmente a disagio, ma sentendo il respiro del ragazzo diventare più calmo mentre si appoggiava a lui, di riflesso calmò anche il proprio respiro. Erano stranamente tranquilli. Tanto che avrebbe potuto addormentarsi in piedi utilizzando il ragazzo come appoggio.
“Strano... all'inizio mi sembrava di disgustarla...” pensò Harold accorgendosi di essere bloccato in una presa. Lei aveva sempre avuto un linguaggio del corpo molto chiaro anche se a volte si contraddiva nel giro di pochi secondi.
Sentì che la ragazza stava indirizzando molto peso su di lui e un po' confuso cercò di guardarla in faccia “M-ma... Aaaah! Si è addormentata!” Harold sussultò gridando interiormente. Era un risvolto strano e non sapeva come reagire. Poi sospirò e pensò che poteva lasciarla riposare ancora per un po' in quella posizione. Poi sarebbero tornati alla normalità. Tanto lei se ne sarebbe andata. Non era il caso di sentirsi troppo agitato per quella situazione. “Beh... almeno sarà meno imbarazzante di quella volta che dopo esserci accidentalmente sfiorati dopo aver litigato siamo scoppiati a piangere...” era come se quella volta fosse avvenuto uno strano fenomeno di trasmissione e amplificazione dell'umore tramite il tatto... “In realtà per me non era stato così traumatico... ma Leshawna continuò a sembrare irrequieta per diversi giorni... sa essere eccessivamente orgogliosa.” ricordò.
Si rese conto che per imitazione veniva anche a lui di assopirsi. “No! Non posso! Tanto per cominciare cadremmo rovinosamente a terra se mi appisolassi!”
Forse a causa dei leggeri sussulti di Harold, Leshawna alzò gli occhi verso di lui con un'espressione carica di intento omicida tipico di chi si è appena svegliato.
Resasi conto della situazione si allontanò lentamente e Harold fece lo stesso.
Si dissero buona notte ed Harold uscì dalla stanza.

Dopo aver aspettato un po' che le passasse la nausea, Leshawna era riuscita a fare le valigie.
Harold era steso sulla branda con gli occhi chiusi, ma a giudicare dalle mani posizionate sul ventre a tenere il cellulare e le ginocchia alzate, probabilmente era sveglio e aveva cominciato a fingere di dormire sentendola uscire dalla camera. Dai segni attorno agli occhi chiusi, sembrava che non avesse dormito proprio.
In parte Leshawna si sentiva sollevata di non dover parlare con lui. Era un po' scombussolata dalla situazione del giorno prima e i ricordi della notte erano confusi, ma non poteva cancellare la sensazione che fossero accadute diverse cose stupide e imbarazzanti.
Ma la ragazza non riuscì ad uscire dall'appartamento e guardò verso il ragazzo immobile con un po' di fastidio. Non le piaceva essere ignorata.
Si avvicinò al suo corpo ignorando la gatta vicino a lui che la guardava minacciosa, forse ancora offesa dal giorno prima.
-Io vado, ciao.- gli disse senza ricevere risposta così lo baciò sulla guancia.
Il ragazzo scattò e si nascose sotto le coperte, dopo qualche secondo le alzò appena per avere uno spiraglio per guardarla storto mentre lei ghignava.
-Hai mantenuto le stesse modalità vendicative di una bambina all'asilo...- sibilò Harold.
-E tu le stesse reazioni di una bimbetta d'asilo. Io sto andando...-
-Ok, ciao...- mormorò il ragazzo voltandosi dall'altra parte.

Angolo dell'autrice:

Lo scorso capitolo è capitato di San Valentino, questo capita a Pasquetta... E' comunque passato troppo tempo! E mi scuso...
E' stato un altro capitolo difficile da scrivere ma spero che il risultato possa piacervi.
Se avete qualcosa da dirmi, fate pure, le opinioni mi fanno piacere. Intanto spero che abbiate passato una buona Pasqua, buona Pasquetta o buon qualunque giorno sia quando leggerete questo capitolo. Grazie di aver letto.
A presto!

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Capitolo 15
*** Famiglia... o ragnatela... ***


In quella fredda mattina domenicale non c'era nessuno in giro nel suo vecchio quartiere.
Girare di nuovo dopo mesi per quelle strade sporche e dall'asfalto crepato dava a Leshawna delle sensazioni contrastanti. Nostalgia in parte, sicurezza data dalla conoscenza del luogo per altri aspetti, ma era anche irrequieta all'idea che qualcuno potesse riconoscerla.
La donna aveva posteggiato in un luogo distante e girava con una sciarpa rosso opaco che le copriva la parte inferiore del volto. Portava i capelli raccolti sotto uno cappello impermeabile, grigio molto scuro, somigliante nella forma a quelli stereotipicamente utilizzati dai pescatori di lago e una lunga giacca anch'essa impermeabile e in tinta col cappello.
Era ridicola, molto sospetta e per niente intimidatoria grazie anche al suo rapporto stazza/statura medio bassa. L'ultima volta che si era conciata in un modo simile era stato per una recita a cui l'avevano costretta a partecipare in qualità di detective privato poco raccomandabile in un contesto da noir.
In quell'occasione, Harold l'aveva definita un funghetto antropomorfo molto incazzato e le aveva tirato la guancia per prenderla in giro.
La ragazza rabbrividì, in seguito sospirò. Eradicare il ragazzo dalla sua testa sarebbe stato un processo lungo. “Almeno questo aspetto ridicolo dovrebbe impedire a qualche conoscente di riconoscermi...” Voleva la libertà di un fantasma di muoversi senza essere vista, evitare con facilità il prossimo se non aveva voglia, e negli ultimi tempi non aveva mai voglia.

“A quest'ora di solito i miei sono addormentati...” pensò salendo silenziosamente le scale del suo vecchio condominio. Sperava di rintanarsi in quella che era stata la sua stanza senza farsi notare.  Sì, prima o poi i suoi genitori si sarebbero chiesti come mai non era ancora arrivata e a quel punto sarebbe dovuta saltare fuori ma voleva stare in pace per un po'. Non aveva bisogno di cibo o acqua, le serviva solo un riparo per pianificare con tranquillità le sue prossime mosse.
“Prossime mosse...” si sentì mancare l'aria. Il polso le tremava e dovette aspettare qualche secondo per poter infilare le chiavi e penetrare nella casa dei suoi senza farsi notare.
Purtroppo appena varcata la porta sentì un urlo femminile. “Dannata maniaca! Chi diavolo pulisce la casa alle sette di domenica?!” pensò guardando sua madre con uno straccio in mano che continuava a gridare non riconoscendola sotto il suo incredibile travestimento.
Era sempre stata facile da spaventare, Leshawna ci si era divertita molto quando era bambina a fare leva su questa debolezza della donna.
Leshawna sbuffò e si tolse sciarpa e cappello.
A quel punto la donna sorrise quasi commossa e le saltò addosso abbracciandola.
La ragazza si sentiva in colpa, avrebbe davvero voluto condividere la felicità di sua madre, ma... puzzava! Da quando aveva memoria, Leshawna aveva sempre trovato l'odore della madre sgradevole. Doveva essere colpa di qualche prodotto che utilizzava, ma in quel momento il suo odorato era particolarmente sensibile e il suo stomaco pure, così l'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio e Leshawna si ritrovò a respingere con forza la donna per salvarsi dallo scatenare il riflesso del vomito.
Inizialmente Lupe prese male la reazione della figlia poi vedendola  mentre cercava di riprendere fiato capì che c'era qualcosa che non andava. -Tesoro, stai bene?!- chiese agitata mentre Leshawna le gesticolava contro per allontanarla.
-PUZZI!- esclamò la donna più giovane e bassina. -Eh... scusa ma hai addosso qualcosa che mi fa venire la nausea e sai... vorrei evitare di rovesciarti addosso, eh eh...- disse più pacata ma continuando ad allontanarla con le mani.
-No, per carità non rovesciare!- esclamò Lupe passando lo straccio nervosamente
-Mi sei mancata anche tu...- Leshawna sospirò improvvisamente triste. -Sono felice di vederti...- “Ma cosa cazzo dovrei fare adesso che sono qua?” -Ma non abbracciarmi, cazzo!- disse preventivamente cercando un po' di sdrammatizzare con un tono non serio.
-Sei sempre delicatissima, vedo...- commentò la donna con un'espressione di disapprovazione. Leshawna alzò le spalle e cercò di andare nella sua stanza.
-Aspetta!- la donna la fermò. Anche se se lo aspettava, Leshawna ebbe un sussulto, aveva una pessima sensazione. Lupe continuò. -Vuoi parlare un po' con me?- disse amichevolmente la donna sedendosi sul divano e facendole segno di mettersi accanto a lei.
-No.- rispose Leshawna con un sorriso forzato. Poi guardando i delusi occhi castani della madre, la ragazza si sentì costretta a raggiungerla.
Quando, nonostante fosse evidentemente rigida e contrariata, Leshawna fu seduta, la donna si rallegrò. -Hai fatto bene a chiuderla definitivamente con Harold.- disse Lupe con un tono leggero.
Leshawna la percepì come una pugnalata agli intestini. Sbuffò. Sapeva cosa voleva fare la donna, voleva denigrare e sminuire la sua relazione e il suo ex pensando così di farla sentire meglio. Capiva il ragionamento ma l'aveva sempre irritata quel modo di fare.
Lupe aveva una specie di simpatia per il buffo e disgraziato ragazzo che era il suo ex, così la donna si limitò a qualche commento ridicolizzante ma bonario ma Leshawna dovette fare del suo meglio per non risponderle male mentre lo stomaco le ribolliva. “Mi sono arrabbiata abbastanza ieri, non posso farlo di nuovo. Il mio corpo non c'è la fa più e non saprei dove andare poi...” si disse mentre grattava delle pellicine sulle dita.
Lupe le bloccò i polsi canticchiando nervosamente. “STREGA!” esclamò internamente Leshawna infastidita.
-Non mi sei mai sembrata molto innamorata di quel ragazzo. E se non si è entusiasti almeno all'inizio quando lo si dovrebbe essere? Restare incastrati un una relazione che parte già male è una perdita di tempo, sei d'accordo?- la donna sorrise fiduciosa ignorando, forse volutamente, il fastidio crescente di Leshawna -Sì. Finalmente ti sei liberata del peso di quella relazione inutile. Ora puoi ricominciare da capo e goderti la vita.-
“Con un mostro neonato?! Come?!” convinta che parlarne avrebbe solo peggiorato il suo umore, Leshawna, continuò a serrare le labbra, lasciando che il suo corpo sfogasse la tensione facendo tremare le gambe che portavano il divano a vibrare come se ci fosse un terremoto. “E poi che senso ha parlare d'amore?! L'amore è una cazzata fantasy! Non esiste! Mai provati quel tipo di sentimenti che mi sono stati descritti. Posso trovare qualcuno eccitante! Posso volergli saltare addosso! Ma niente sentimenti romantici! Non esistono! ...O forse esistono ma io ne sono immune, porco schifo! Non che ci perda, tanto sono qualcosa di seccante e temporaneo...”
-Eh, amore? Potresti smetterla di muovere le gambe in quel modo? È a me che sta venendo la nausea ora...- disse Lupe, ma Leshawna non le prestò attenzione.
“Però crescere dei mostriciattoli è più comodo in due... Ecco! È a questo che serve l'amore! A dare il tempo a tizio e tizia di legare! Ah, quindi sono un'idiota...” le gambe della ragazza si fermarono stanche. “Se non mi fossi mai fatta problemi per i miei inesistenti sentimenti romantici e non mi fossi sentita a disagio per quelli di Harold, questa relazione sarebbe potuta essere più stabile... indipendentemente da come sarebbe andata a finire non mi avrebbe lasciato così esaurita come adesso. O forse poteva durare ancora un po' e in questo momento mi sarebbe potuto essere d'aiuto... gli volevo bene... e insieme stavamo bene... più o meno? Forse una volta?” la ragazza emise un sospiro affannato. “I rimpianti non servono a nulla! Devo semplicemente smetterla e cancellare questi pensieri dalla mia testa... facilissimo! Come bere un bicchiere d'acqua! Acqua avvelenata... Yeeeeeeh...”
-Tesoro, che hai?- era tipo la cinquantesima volta che la madre glielo chiedeva ignorando che forse se non le rispondeva c'era una ragione.
“Sono una bomba ad orologeria, adorabile ingenuotta! E questo tono piagnucoloso e preoccupato che hai non mi ha mai aiutata! Mi crea ansia! Mi agita! Perchè in tanti anni non l'ha mai capito?” -Niente, sono solo stanca, ho dormito poco.- disse infastidita provando di nuovo a svignarsela.
-No, aspetta.- con un tono giulivo la donna si alzò e la spinse nuovamente a sedersi.
“Cristo... è sicuramente convinta di stare per dire qualcosa che mi tirerà su... e invece mi farà rodere il fegato come al solito! Va sempre così! Siamo incompatibili! Perseverare è diabolico, no? Perchè questa donna insiste sempre nell'intrappolarci nelle stesse identiche, orrende situazioni?! Aiuto!”
-Penso che tu sia più che adatta ad essere madre.- dichiarò ingenuamente Lupe mentre Leshawna urlava internamente. -Ricordi? Da piccola hai sempre avuto un forte ascendente sui bambini più piccoli ed eri molto brava a badarci...-
“Non era simpatia reciproca! Non ho mai capito perchè piacessi ai bambini più piccoli di me, cercavo di essere responsabile con loro perchè non avevo scelta! Non giocavo a fare la mamma! È solo che non potevo abbandonarli da qualche parte visto che manco erano miei! E poi che c'entra?!” ma Leshawna deglutì e fece un sorriso forzato.
-E' per questo che ti sei legata ad Harold, no?- Leshawna la percepì di nuovo come una coltellata. Lupe continuò. -Era un ragazzino molto solo sia a scuola che in famiglia... è per questo che passavi molto tempo a casa sua, no? Ma non puoi costringerti a stare con qualcuno per pena...-
“No! Come al solito io e te non ci comprendiamo affatto!” non sapeva se ridere o piangere. Sapeva di essere una persona orribile, quella donna stava solo cercando di aiutarla come sempre. Non si sarebbe dovuta sentire così nervosa e iraconda nei suoi confronti, giusto? “Sono un'ingrata, ma no... se stavo da Harold non era per qualche strano sentimento altruistico nei confronti di un ragazzino solo... beh sì, un po' mi dispiaceva... gli volevo bene... ma volevo anche il mio bene. E il mio bene era stare lontano da questa casa qui...” deglutì... sapeva che era follia, che quell'essere stava solo nella sua testa, ma sua madre l'aveva accidentalmente portata indietro con la mente.
Quell'essere non c'era più, ma lei si sentiva osservata come allora, minacciata come allora e, anche se odiava ammetterlo, spaventata come allora. E la persona che l'aveva imprigionata in quella situazione dagli otto ai tredici anni senza mai chiederle scusa era proprio accanto a lei...
“Non ti perdonerò mai...” ripetè una vocina nella testa di Leshawna. Anche quando l'essere se ne era andato, quella vocina e la rabbia verso quella donna avevano continuato a perseguitarla durante l'adolescenza. Leshawna non voleva sentirsi arrabbiata ogni giorno, ma durante quel periodo l'unico modo per evitarlo era stare lontano da sua madre e lì era venuto inconsapevolmente in aiuto il piccolo e solitario Harold...
La ragazza tornò in sé al tempo presente e cercò di sbarazzarsi della sensazione di avere qualcosa di incastrato in gola.
“E' passato, è passato... ma io sono di nuovo qui in questa casa e non so cosa fare! Non posso più neanche usare la scusa di andare a trovare il mio fidanzato per scappare!”
-Ok, mamma. Ora posso andare a vedere la mia vecchia stanza?- inorridì sentendo la propria voce tremolante.
-Tesoro dai, davvero non devi essere triste per la rottura, è una cosa positiva!- insistè Lupe.
Leshawna non ce la fece più -Non pensi che il mio problema possa essere un altro?!- “Ovviamente per una mente come la tua non posso essere triste per una gravidanza, vero?! I bambini sono a prescindere una bella cosa, vero?! Un dono?! Va al diavolo!” -O-ok sono triste! Non è un crimine! Ok?! Vivevo con quella persona fino a poche ore fa. Secondo te è così grave che non sia già in grado di scherzare su quella persona e di pensare a quanto sia bello non starci più?!- “Sono libera un corno! Ho un Alien piazzato nell'utero!” -E non voglio parlare né di Harold né di altro con te! Credi che il mio cervello non sia in grado di riflettere da solo se non ti intrometti tu?!-
-Io volevo solo aiutarti!- rispose la donna sulla difensiva.
“Perfetto! Fa di tutto per farmi esplodere... poi fa la vittima! Finisce sempre male quando parliamo! È per questo che volevo evitare!” Leshawna aprì la bocca ma non ne uscì alcun suono... era come se i muscoli fossero tutti pensanti e parzialmente bloccati. Sforzandosi avrebbe potuto articolare i suoni, ma i suoi occhi e la sua gola bruciavano pericolosamente, avrebbe pianto. “No grazie! L'umiliazione finale non la voglio!”
Rimase zitta con gli occhi tenuti il più immobile possibile per evitare perdite aspettando che il momento passasse e si asciugassero da soli. “Poi le dico: Scusa, ma sono stanca, voglio dormire. Poi mi rintano nella mia vecchia stanza e non ne esco più. Proprio come ai vecchi tempi! Semplice! Semplicissimo!” si disse per motivarsi mentre la madre la guardava stranita.
-Non litigate che vi siete appena riviste.- disse un uomo appena uscito dalla stanza da letto.
“Papà, non anche tu! Cosa ho fatto di male per meritarmi questo?!” come un topo in trappola Leshawna guardava verso quella che era stata la sua tana, ma i rapporti sociali e forse anche lo stress e la mancanza di sonno ed energie la costringevano a rimanere immobile.
Lei e sua madre avevano la straordinaria capacità di irritarsi a vicenda anche quando partivano armate delle migliori intenzioni, ma anche essere stressati accanto a suo padre poteva essere un inconveniente.
Mentre sua madre poteva occasionalmente sdrammatizzare e minimizzare i problemi del suo interlocutore con modi dolciastri per essere consolatoria, suo padre quando non riusciva a mettersi nei panni degli altri, cosa che accadeva spesso, finiva per prendere in giro i problemi e il tono altrui senza capire che chi lo ascoltava non era dell'umore giusto. Sembrava incapace di riconoscere una persona arrabbiata che stava per esplodere e tendeva a sminuire automaticamente chi gli sembrava debole. Qualche volta era anche riuscito a causare una rissa grazie a questa sua incredibile perspicacia.
-Ciao pa'...- Leshawna rispose cercando di sorridere. “Devo fuggire di qui!” insisteva l'istinto dell'animale minacciato.
-Ah, quanto tempo!- l'uomo le scosse la spalla scherzando affettuosamente.  -Finalmente ci siamo liberati del finocchio!-
-Ehm... Russeluccio? Forse non dovresti...- Lupe nervosa provò a fermarlo.
“Io... Lo... Ammazzo...” cominciò a canticchiare Leshawna dentro di sé. “Non posso! Non voglio sentirmi di troppo e in territorio nemico come ieri!” si disse facendo un respiro profondo.
-Insomma, senza offesa, ma è ovvio che avevi bisogno di un uomo che fosse un uomo e non di quel coso strano. L'ho sempre detto, io. Non eravate compatibili per carattere. Era una checca lamentosa.-
-Russel...- ripetè Lupe perdendo le speranze.
“Il mio problema non è Harold! È il mostriciattolo nella pancia! È davvero così inconcepibile?! E poi da che pulpito mi parli di relazioni! Vi siete sposati quando avevo otto anni per poi lasciarvi il mese dopo! Poi siete tornati insieme anni dopo e già all'epoca mi sembrava una cosa insensatissima! Speravo rinsaviste! Ora siete felici? Se è vero mi fa piacere, ma lasciatemi in pace!”
-Non capisco perchè non ti sei mai messa con DJ invece... siete sempre andati d'accordo.-
Leshawna scoppiò a ridere -Con quel frocio?!- lo esclamò con un tono crudelmente divertito che lasciò sua madre senza parole.
-Frocio?- ripetè Russel un po' stupito. -Eppure mi critichi o fai strane smorfie quando sono io ad usare queste parole...- le fece notare severo.
-Perchè tu sei un troglodita! Io invece sono un'amante della coerenza! Se mi chiami Harold a volte finocchio, a volte frocio, per coerenza lo è anche DJ! Secondo quale logica DJ non sarebbe frocio, ma Harold si?! È una questione di aspetto fisico, razza di troglodita?! Nella tua testa dovrebbero essere entrambi femminucce!- non c'è l'aveva con DJ, non ci trovava nulla di male nell'omosessualità ma se suo padre utilizzava parole a caso, il suo carattere infantile e competitivo la portava a mettersi sul suo stesso piano per sbattergli in faccia le sue incoerenze.
Nel mentre Lupe li fissava come se stesse osservando due cavernicoli che facevano a gara per vincere non si sa cosa...
-Harold è isterico, DJ no.- affermò l'uomo serio.
-Se Harold è o non è isterico posso dirlo solo io che lo conosco bene.- disse Leshawna imponendo una sua autorità. “A volte lo è, ma pensa a tua moglie prima di giudicare quelle degli altri! E anche tu non sei sempre una gioia da avere accanto!” -Ora possiamo bandire completamente l'argomento Harold se non vi dispiace?-
Russel sorrise vedendo la figlia che tornava apparentemente ai suoi modi di sempre.
Leshawna si ricordò che il lato positivo di suo padre era che era molto difficile fargli perdere la pazienza. Perlomeno se si trattava di lei... se parlava con qualcun altro era estremamente iracondo, specie se aveva già un'impressione negativa di quella persona. “Povero Harold. Avere a che fare con questa testa di legno non era facile, eh?” ripensò all'aura di disagio che sembrava emanare il ragazzo quando suo padre lo osservava o si rivolgeva a lui.
-Harold è un uomo col suo carattere, può sembrarti strano quanto vuoi ma ha i suoi pregi.- disse la ragazza con tono severo. -Se gli interessassero gli uomini non sarebbe un problema o affar tuo, papà, visto che non siamo più legati. Ma vorrei sapere da dove ti viene questa fissazione... L'ultima volta che ho controllato non ero un uomo...-
-Ma rilassati, son solo modi di dire.- si lamentò suo padre.

Leshawna riuscì finalmente a chiudersi alle spalle la porta della sua stanza e mettere giù la maschera usata col padre.
Riprese fiato. Stava per crollare ma i suoi muscoli si irrigidirono.
La stanza non era molto cambiata, ma Leshawna non riusciva più a percepirla come propria. Si mosse con cautela e si sedette sul letto come se fosse quello di qualcun altro e dovesse fare molta attenzione a non scombinarlo ed essere educata per non fare brutta figura con un proprietario invisibile che la osservava e giudicava costantemente.
I muscoli non volevano sciogliersi e non riusciva a rilassarsi nemmeno mentalmente.
“Tanto non starò qua a lungo. Sfornato il mostriciattolo taglierò la corda...”
-E' la scelta migliore che possa fare per te, fidati...- mormorò ad alta voce pizzicandosi il ventre. -Potrebbero non farti una buona impressione, ma papà e i nonni sono sicuramente genitori migliori di me, in caso di necessità sono sicura che riuscirebbero a mettersi d'accordo... Non è solo per il tuo bene, è anche per il mio, ma, credimi... è molto meglio se separiamo le nostre strade dal principio...- si stranì sentendo della tristezza nel suo sussurrare. Lei non voleva un marmocchio e non era adatta a crescerlo e sopportarlo, perchè si sarebbe dovuta sentire triste?
Sospirò -No, scherzavo... non può andarmi così liscia, saremo costretti a stare almeno un po' insieme e boh, forse prima o poi mi abituerò a te quindi quando potrò davvero andarmene ti porterò con me? Perchè tanto anche fantasticare sullo scappare è inutile come tutto il resto...-
“Esatto! Con quali soldi dovrei farlo?! Rimanendo nel legale non posso procurarmeli. Nessuna persona sana di mente mi assumerebbe in questo momento e di rubare non se ne parla, sopratutto a qualcuno che conosco. Anche i prestiti sono una pessima idea.” per un attimo si immaginò a costruirsi un bunker in una foresta e a vivere come un'eremita auto sufficiente, poi fortunatamente tornò in sé. “E no... è decisamente una scelta troppo drastica per scappare da un bambino.” si disse prendendosi in giro.
“Visto che non ho di meglio da fare, potrei riprovare a studiare? Magari capita il miracolo, mi sblocco e faccio qualcosa che forse, prima o poi, potrebbe tornarmi utile?” si chiese tirando fuori dallo zaino dei libri che si era portata dietro. Per un attimo le sembrò che la guardassero minacciosi e che dovessero cominciare ad aprirsi e chiudersi da soli mostrando delle fauci pronte a ghermirla.
-Come non detto! Scherzavo di nuovo!- disse infastidita buttando giù il materiale cartaceo.
Sussultò sentendo vibrare il telefono, era Harold. Rispose immediatamente e si pentì subito dopo. “Perfetto, sembrerò disperata!”
-Leshawna, sei già arrivata?- le chiese con una voce flebile e stanca.
-Sì... Sei mia madre che mi chiami per sapere se arrivo a destinazione?- chiese Leshawna con un sorriso amaro. -Vuoi già chiedermi di tornare?- lo prese in giro. “La mia risposta sarebbe... Si!” voleva strozzare quella parte di sé, ma in quel momento le sembrava molto meglio per la sua sanità mentale stare con Harold. -Scherzavo, ovviamente so che non volevi chiedermi questo...- “Non devo gettare la spugna fin da subito...”
-Infatti, volevo dirti...-
Leshawna lo interruppe. -Comunque dovresti riposare, non mi hai fregato 'sta mattina, sono sicura che non hai chiuso occhio. Hai anche la voce di uno zombie appena uscito dalla sua tomba...-
Harold si limitò a sospirò. -Grazie del pensiero ma nemmeno tu sei mia madre... Leshawna ho avuto un' idea.-
-Sputa il rospo.-
-Potresti parlarne con tua madre dei tuoi sentimenti contrastanti riguardanti la g...-
-Mi vuoi davvero così male?!- esclamò Leshawna impedendogli di terminare la frase.
-Leshawna, forse parlando con persone che ci sono passate, smetteresti di vedere il tuo modo di sentirti come anormale e maligno. Anche tua madre era giovane quando è rimasta incinta, potreste capirvi meglio di quanto pensi...-
-Io e quella donna non abbiamo niente in comune! Potrei anche pensare di essere stata adottata...-
-Se vuoi registro un' intervista a mia madre senza dirle che è per te. Sono sicuro che ha peste e corna da dire delle sue gravidanze, sopratutto della mia! L'ha scoperta quando ormai era al quinto mese perchè credeva che l'assenza di mestruazioni e il gonfiore fossero causate dall'arrivo della meno pausa. Sono stato una simpatica sorpresa per lei!- disse con un tono ironico. -Forse... Scusa, in effetti non ci ho fatto caso! Sentire parlare male tua madre del periodo in cui aspettava te potrebbe essere deprimente...- disse a disagio per non esserci arrivato subito.
-No Harold, il problema non è questo. Non sono così sensibile. È che mia madre è cattolica. Non può  accettare che si parli male di un “dono divino”- disse facendo una vocetta fastidiosa.
-Leshawna, religioso o meno, qualunque essere umano che c'è già passato  dovrebbe poter capire capire le ansie che comporta la tua situazione...- obbiettò Harold temendo che la ragazza si stesse creando delle scuse controproducenti.
-Sarà... Fatto sta che in casa mia certi argomenti sono sempre stati tabù. Considera che fino ai quattordici anni non sapevo neanche dell'esistenza della contraccezione perchè sia a casa che a scuola quando erano stati costretti a parlare a me e alle mie coetanee della riproduzione avevano accuratamente nascosto la possibilità di evitare la gravidanza... ti rendi conto di che disastro poteva succedermi se da adolescente fossi stata un po' più impulsiva e intraprendente?- gli disse con crudele divertimento. -Magari alcune si saranno fatte un'idea del tipo “Se non esistono metodi per evitarlo ma il mondo non è sommerso di mocciosi, deve essere davvero difficile rimanere incinta!”-
Sentì il ragazzo borbottare fra sé e sé. -Ora non mi stupisce più che ci siano state gravidanze precoci fra le tue conoscenze delle medie...- sbuffò esasperato.
Leshawna canticchiò, era diverte stupirlo e farlo sentire indignato per qualcosa. Leshawna era diventata cinica molto in fretta, ma Harold riusciva sempre a preoccuparsi per le situazioni che riteneva ingiuste. -Per i genitori sprovveduti non si può fare nulla, ma i vostri insegnanti avrebbero meritato qualche bella sanzione... sarebbe bello se contribuissero al sostentamento dei bambini delle loro ex alunne. Così imparano a non voler spiegare a degli adolescenti in crisi ormonale come funzionano le cose!- Harold emise un lungo sospiro, ma sembrava meno assonnato.
-Mi spiace se speravi di sviarmi, ma tornando a noi...- disse Harold. -Penso davvero che tu possa pensarci a parlare con tua madre...- Leshawna sbuffò, ma Harold continuò. -Tabù o non tabù, cattolica o non cattolica, ti ha avuta al di fuori del matrimonio, ha anche avuto una separazione se non sbaglio. L'ho vista mangiare carne di venerdì e ultimo ma non per importanza, non mi ha mai dato fuoco quando mi ha scambiato per pagano.- scherzò il ragazzo facendola sbuffare di nuovo. -Mi ha pure regalato un libro di esoterismo oltre ad una Bibbia l'ultima volta che io e te ci siamo mollati. È stata carina a modo suo, no?- disse riacquistando un tono più docile. -Non mi sembra una religiosa rigida. E tu sei sua figlia. Se ha avuto anche lei dubbi durante la gravidanza dovrebbe riuscire a confidartelo facendoti sentire meno inadeguata. Se non li ha avuti, comunque potrebbe riuscire a darti un punto di vista utile.-
-Esci dalla modalità aspirante psicologo, per favore, non ti sto pagando.- sapeva che il suo fastidio era irrazionale, ma non poteva farci niente.
-Come altro dovrei comportarmi, scusa? Voglio aiutarti...- disse con un tono testardo e rigido.
“Mi sono messa con la versione meno lagnosa e suscettibile di mia madre? Ma che ca...”
-Si, ma non sono scema, ok? Saprò da sola se ho bisogno o meno di parlare con mia madre, non è che tu abbia avuto l'idea del secolo!-
-Non...- Harold si interruppe. Rimase in silenzio per diversi secondi, poi sospirò. -Non farci caso... la mia mente in stato di depressione, stress e deprivazione da sonno ha deciso di distrarsi concentrandosi su di te senza considerare che le mie idee potessero essere scontate e banali.- disse freddamente. -Una volta non ti sei lamentata che non ti avessi mai fatto qualche chiamata imbarazzante sotto effetto dell'alcol? Bene, rallegrati di questa qua...-
“In fondo però mi sei davvero d'aiuto.” pensò Leshawna rendendosi conto che quella telefonata era riuscita a farla sentire a suo agio nella sua vecchia stanza e a riprendere il controllo del suo corpo e dello spazio. Era distesa sul letto come se fosse di nuovo il suo. -Invece di preoccuparsi di me, la tua mentre ti avrebbe semplicemente dovuto suggerire di dormire. Te l'ho detto fin dall'inizio... Visto che ho sempre ragione io? Lo sai, lo sai? L'alcol può indurre sonnolenza...-
-Grazie della notizia! Cosa farei senza di te? Peccato che non faccia dormire così be...-
-Che importa?! Bevi per me che non posso farlo!-
-Perchè? Fatta eccezione per quella volta in cui hai rubato la macchina a tua cugina e hai minacciato di sfondarmi la porta, non hai mai bevuto granchè.-
-La macchina l'avevo presa in prestito! E comunque, sai com'è? Se non puoi più fare una cosa improvvisamente ti viene voglia...-
-E' infantile...-
-Infatti mi riporta all'infanzia e a quando ho bevuto una birra per la prima volta a causa di mio padre che mi ha sfidata. Che bei ricordi.-
-Ti prego... tieni quell'uomo lontano da tuo figlio...- era abbastanza sicuro che la ragazza stesse solo giocando con la sua mente come al solito, ma il consiglio rimaneva valido. -Sei più tranquilla rispetto a ieri?-
-Tu?-
-Non vuoi rispondere, va bene...-
-Nemmeno tu stai rispondendo...- Leshawna sospirò. -Ma sai? Anche se non ho discusso di quello, ho già retto una conversa con mia madre nonostante fosse mattina e nonostante anche io abbia dormito poco. Sono stata incredibilmente diplomatica! Saresti davvero fiero di me!- scherzò la ragazza.
Dall'altro capo del telefono percepì solo silenzio, poi dei rumori non identificati. Alla fine sentì il ragazzo ridere.
Leshawna sentì il suo stomaco contorcersi. Aveva detto qualcosa di troppo ridicolo? Gli aveva dato l'impressione di tenere eccessivamente a lui e al suo giudizio. “Non è così, l'ho detto solo per scherzare!”  -C-che c'è?- mormorò nervosa.
-Nulla... è che sei buffa... o hai parlato in modo buffo... non saprei spiegarlo...- rispose il ragazzo con una voce dolcemente assonnata e stranamente armonica.
-Eh...- Leshawna sospirò. -Non vuoi diventare cattolico, giusto?- gli chiese cercando una scusa per trattenerlo al telefono, non voleva rimanere senza un appiglio. “Sono veramente scema...” -Sai un po' troppe cose per i miei gusti... non conosco quasi nessun cattolico che si ricordi di non mangiare carne il venerdì!-
-Anche se fosse? Non ti riguarda...-
-Non che abbia qualcosa contro i cattolici! Ne conosco tanti! Ho anche degli amici cattolici!- si giustificò scherzosamente. “Dannazione, somiglio un sacco a mio padre! Non è che sono io la testa di legno?”
-Non voglio diventare cattolico, è che dove è nata mia madre il cattolicesimo andava molto, sai?-
-Ah...- Leshawna faceva molta fatica a immaginarsi la madre di Harold in un contesto religioso di qualsiasi tipo.
-Era l'incubo di tutte le suore dell'istituto! Già alla tenera età di sette anni si era guadagnata il soprannome di “Nessie l'anticristo”- disse divertito.
-Ah, mi sembrava strano...- disse Leshawna, ma cercando di immaginarsi la donna come una bambina vestita con qualcosa che facesse pensare ad una vecchia uniforme cattolica si immaginò l'Harold che aveva conosciuto a quattordici anni con una lunga gonnella scura.
-Non mi ha trasmesso molto ma credo che anche mio padre fosse cattolico...- ricordò Harold malinconico. -Non so, ma ricordo che quando mia madre era di buon umore a volte scherzava con lui sul fatto che in quanto fedifrago sarebbe andato all'inferno.-
-Quando era di buon umore?-
-Sì, di ottimo umore.- confermò il ragazzo con un tono leggermente allegro, poi tornò più freddo. -Ora, scusa, ma ora dovrei lasciarti... mi ha fatto piacere sentirti... ti auguro un buon nuovo inizio, un buon... tutto, ok?- disse nascondendo il nervosismo tramite dei modi formali.
-Sì... ha fatto piacere anche a me... ti auguro il meglio eh...- “Mi manchi...”
Leshawna infastidita chiuse la chiamata. Non riusciva a controllare quella parte dei suoi pensieri. “E' un'illusione causata dalle mie paure... non devo darci alcun peso... già nessuno! Però è una telefonata strana per due persone che si sono lasciate.” mentre si stiracchiava distesa sul letto sospirò.
In qualche modo riuscivano sempre a tornare pacifici fra loro. Forse era per questo che chiudere definitivamente era sempre stato difficile.
“Nah... farà in questo modo perchè sono incinta. Non c'è da fidarsi di quello... è sempre a fare buon viso a cattivo gioco ed è troppo fissato con cavolate come l'onore e il dovere inoltre...”
Quando non stava bene, Harold tendeva a diventare docile, poco incline ai rancori e collaborativo. Forse era un meccanismo difensivo. Per una persona debole, rendersi gradevole poteva essere un modo per avere meno probabilità di essere abbandona e rimanere priva di difese.
“Eppure, alla fine sei rimasto solo... eh Harold? Non sei più un mio problema...” non si sentiva affatto sollevata. “Non potrei pensare a te neanche volendo. Se tu hai bisogno di concentrarti sugli altri, io al contrario, stando male non riesco a non concentrarmi quasi esclusivamente su di me. Non lo faccio per egoismo... non ho davvero le forze in questo momento per preoccuparmi di qualcun altro...”
-Mi stai rubando l'energia, vero?- disse posando una mano sul ventre mentre chiudeva gli occhi. -Non sono arrabbiata con te, ti capisco, lo fai solo per sopravvivere.- disse con tono inizialmente gentile. -E per dimostrarti che non ti porto rancore, il tuo nome all'anagrafe sarà... Merdina!- disse con un sorriso truce. -Scherzo ma, dai... almeno è simpatico. Pensa che prendendo ispirazione dal cristianesimo potrei chiamarti tipo... Crocifissa... Addolorata... Incatenata...-
All'improvviso si sentì di nuovo osservata e giudicata. Si sedette sul letto e si guardò intorno, poteva sentire chiaramente il proprio battito cardiaco e gli effetti che produceva su tutto il corpo.
“E' nella mia testa... E' tutto solo nella mia testa...” sospirò e provò a stendersi e riposarsi cercando di ignorare il pulsare del sangue fin troppo chiaro e distraente.


Angolo dell'autrice:

Ancora una volta, devo scusarmi per questi aggiornamenti lenti, di una storia lenta. Mi spiace e spero che questo capitolo e la storia possano piacervi.
Vi ringrazio tantissimo di aver letto fin qui e sentitevi liberi di lasciarmi una recensione se avete qualcosa da dirmi.
In questo periodo ho troppe cose per la testa, tralasciando impegni e problemi e guardando l'aspetto creativo ho molte idee (troppe idee) e sono frustrantemente lenta a scrivere, ricontrollare (per dire, ho scritto più di un mese fa un oneshot su danganronpa e non l'ho ancora ricontrollata, aiuto o_O ) e non riesco a concentrarmi su una cosa sola... sto anche disegnando parecchio nonostante non sia nemmeno brava... non che lo sia a scrivere purtroppo, faccio quel che posso per raccontare quel che voglio raccontare -_-
E niente... Voi state bene? Mi auguro di sì! Riparatevi dal caldo e grazie ancora infinite per aver letto.
A presto ^^

Appunto: Nessie, oltre ad essere il nomignolo del mostro di Loch Ness è anche usato per abbreviare il nome Agnes

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Capitolo 16
*** Roza ***


Mesi prima di chiudere gli occhi per non risvegliarsi più, Roza si era addormentata naturalmente.
“Novak...”
Era il suo cognome, ma visti i pochi contatti con le persone che Roza era riuscita a tenere negli ultimi anni, temeva che prima o poi l'avrebbe dimenticato.
-Novak...- sentì il suo cognome ripetuto più chiaramente. A pronunciarlo era una voce maschile sconosciuta.
“Anche le voci immaginarie del dormiveglia pensano che se non me lo ripetono, lo scorderò...” la ragazza rise leggermente continuando a tenere serrate quelle palpebre sempre così pesanti, sia la notte che il giorno.
-Se ridi suppongo sia tutto a posto, signorina Novak...- la voce sospirò in un miscuglio di sollievo e rassegnazione.
-Oooh... la voce degli incubi di questa mattina è davvero mooolto chiara. Sembra vera! Di solito fate perlopiù sibili...- disse Roza cominciando ad aprire gli occhi, ma quella che vide di fronte a sé era una persona in carne ed ossa.
-Eh... mi spiace ma non sono un'allucinazione uditiva...- quella persona portava gli occhiali e aveva i capelli castano rosso di una lunghezza difficile da stabilire perchè erano disordinatamente inseriti in una coda ripiegata e attorcigliata su sé stessa, tenuta ferma da un laccio.
-Che ci fai in camera mia?- ma Roza indietreggiando sbattè i fianchi contro una superficie rigida che non poteva appartenere al suo letto. In realtà neanche il piano duro su cui era seduta poteva essere il suo letto. Guardandosi intorno, si rese conto di trovarsi seduta sulle scale del condominio. -Stavo dormendo qui? Perchè?- bisbigliò a sé stessa. Cominciò a ricordare di aver pianificato di fare la spesa. Si sentiva nervosa perchè temeva di non ricordare più la strada. La sua memoria non faceva altro che giocarle brutti scherzi e non si fidava abbastanza dei processi automatici che le avrebbero dovuto far ricordare la strada man mano che camminava, così si era seduta per riflettere, ma probabilmente, il sonno che aveva deciso di ignorarla le due notti precedenti, l'aveva colpita tutta in una volta mentre teneva la guardia bassa.
-Dovrei essere giovane, ma il mio corpo mi tradisce già...- constatò a voce bassa scordandosi dell'altra persona che sentì ridere sommessamente. Roza si sentì in imbarazzo. “Devo perdere l'abitudine di pensare ad alta voce quando sono nervosa...”
-No, non ridevo per te è che... non sono messo molto bene nemmeno io, diciamo...- disse l'altra persona sorridendo amaramente.
“Quindi... sei giovane? Quanto?” Roza si trovava in estrema difficoltà quando si trattava di riconoscere e trarre informazioni dai volti.
La voce di quella persona le comunicava che doveva trattarsi di un maschio con cui non aveva parlato precedentemente. Ma non riusciva a capire che età potesse avere. Il massimo che riusciva a intuire è che doveva superare almeno i quattordici anni, mentre provando a dargli un età massima, pensava fosse improbabile che superasse di molto i trentanni.
-Ti senti bene? Hai bisogno di aiuto?- le domandò la persona con gli occhiali con fare formale.
Roza scosse il capo, poi concentrandosi sui capelli di quella persona le venne un'intuizione: -Sei la persona che ho visto salire al mio piano qualche giorno fa.- le era rimasto in testa perchè l'aveva guardata con un'espressione triste e un po' inquieta. Poi se ne era andato velocemente come se stesse scappando. -Mi avevi scambiato per uno spettro?- “Avevi bisogno di qualcosa?” realizzò di aver invertito ciò che doveva dire e ciò che doveva solo pensare. Si sentì nuovamente in difetto. “In fondo non ho detto niente di male, credo.”
-Non mi hai spaventato, ero solo sovrappensiero.- rispose lo sconosciuto con un tono un po' infastidito.
-Meglio così. Allora, ciao.- gli disse domandandosi se era il modo giusto in cui salutare, ma si bloccò in mezzo alle scale.
-Stai bene?- domandò il ragazzo rosso.
Roza si girò e gli indicò con un gesto della mano di darle un momento. Il ragazzo la squadrò come se cercasse di analizzarla.
-Il prossimo piano è il secondo.- le disse pensando che fosse confusa per il risveglio.
-A-ah, ok...- lei annuì nervosa. -L'avrei capito anche da sola.-
-Beh, sì...- il ragazzo non distoglieva lo sguardo, sembrava interessato alla sua faccia e forse al collo.
“Mi trova attraente?” pensò spaventata. “Spero mi trovi solo strana... Lui ha dei capelli strani, non è imbarazzante essere considerata strana da una persona strana.”
-Sai guidare?- le domandò titubante.
-No... volevi un passaggio?- “O vuole fare conversazione?” non sapeva se l'idea le piaceva o la inquietava. “Vuole delle informazioni per uccidermi?”
-N-no, volevo solo capire se... beh, comunque se avessi qualche emergenza puoi rivolgerti a qualcuno dei vicini. Potrebbe sembrare umiliante però se sospettassi di rischiare di morire... n-non farti problemi... ok?-
Roza era indecisa su chi fra i due fosse più confuso in quel momento. -Ah, ecco perchè mi fissavi, cercavi segni di violenza domestica.- pensò di nuovo ad alta voce. -No, il problema sono io. Ho... ho delle situazioni scomode di salute... e rendono abbastanza frustrante vivere con me, per questo senti che lei mi urla contro, ma non sono abusata. È solo un problema mio.- si pentì subito di quanto detto, ma avendo perso l'abitudine al dialogo, aveva perso inevitabilmente anche i filtri. Non che fosse mai stata particolarmente brava. -Comunque sto risolvendo per conto mio.- Non doveva apparire debole, la debolezza attirava i predatori. Non importava se era una bugia e lei sarebbe sempre rimasta un'incapace, malata sia fisicamente che mentalmente e in via di peggioramento costante da oramai cinque anni... o forse da più tempo? Aveva perso il conto. “Se sono senza speranze per il futuro e sono solo un peso, cosa me ne frega di attirare un predatore?” per un attimo quel pensiero la fece sentire più leggera.
-Ed io sono uno studente di psicologia in preda ad un esaurimento nervoso.- confessò il ragazzo. -Scusa se sono stato invadente e inopportuno, ma non sono la persona più simpatica e rassicurante da incontrare in questo momento.-
-Ah, credevo che stessi cercando di reclutarmi come cliente.-
-Ti verrò a cercare quando avrò la licenza, se avrai problemi di cui posso occuparmi.- rispose lui in tono scherzoso.
-E' mai davvero guarito qualcuno che avesse qualcosa di debilitante, per esempio, una depressione?- chiese incupita.
-Ah, credo che ti risponderò quando sarà passato l'esaurimento, quando sarò più positivo... E magari quando mi sarò liberato di quell'ignorante, megalomane e antiscientifico del mio professore...- disse con una smorfia nervosa. -Lo giuro! Con la giusta attenzione al metodo scientifico, la psicologia sarebbe uno strumento efficacie! Ma quell'uomo giustifica tutti i pregiudizi sugli psicologi che ha Le... ehm, l'innominata...- si interruppe all'improvviso come preda di un dolore improvviso. -S-scusa lo sfogo, sono... beh, esaurito! Comunque, se hai bisogno, dovresti consultare uno specialista, non uno studente... inoltre in questo momento non penso di essere adatto a rispondere, scusa se non ti sono stato utile...- disse sospirando.
-Tu sei?- gli chiese forse provando una specie di simpatia per quella persona che sembrava con l'acqua alla gola.
-Mi chiamo Harold McGrady e abito nell'appartamento sotto al tuo.- disse porgendole la mano. Ma i due invece di darsi una stratta di mano le fecero toccare senza stringere come se entrambi si aspettassero che fosse l'altro a condurre il gesto.
“Giusto... dovrei dare una forte stretta di mano... debole dovrebbe rappresentare una personalità sottomessa... o forse sono tutte scemenze?”
Ma mentre Roza ragionava fu McGrady a cingere delicatamente il palmo della ragazza tra il pollice e il resto delle dita e a farlo oscillare leggermente su e giù in quella che era probabilmente la stretta di mano più patetica e debole della storia umana.
“Anche in una situazione così ho perso l'opportunità di mostrarmi quella più decisa.” Roza sospirò rassegnata. “Forse lui ha più energia perchè è più giovane?”

La notte seguente mentre Roza fissava il soffitto nella speranza di addormentarsi, il vento si mise a fare dei suoni spettrali.
Sembrava quasi un lamento umano. Fortunatamente Roza era immune alle suggestioni legate ai suoni notturni. Non che facesse differenza. Non riusciva ad addormentarsi comunque nonostante fosse esausta.
In assenza di distrazioni si concentrò sul rumore del vento. Cominciò a sembrargli davvero che ci fosse un lamento umano nascosto in quel suono.
-E' la persona con i capelli rossi...- lo ascoltò per qualche minuto, ma era sempre più sicura della propria intuizione così Roza si alzò e andò in punta di piedi a bollire dell'acqua.
Uscì dall'appartamento portandosi dietro il bollitore. Forse la disperazione dell'attesa del sonno l'aveva resa poco lucida. Mentre percorreva le scale senza scarpe non sentiva più neanche i lamenti soffocati che l'avevano spinta ad uscire.
“Forse sono definitivamente impazzita...” ma ricominciò ad avvertirli flebilmente quando fu davanti la porta del ragazzo. Si bloccò appoggiata alla parete per qualche secondo. Perchè una persona poco socievole come lei era venuta a intromettersi nella vita di un altra persona? “La noia fa davvero brutti scherzi...” pensò. “Ma ora che sono qui davanti, cosa faccio?”
Stava per tornare indietro. Ma l'idea di mollare a quel punto la faceva sentire peggio di quanto la faceva sentire lo stare bloccata davanti la porta. Non riuscire, per l'ennesima volta, in qualcosa che si era prefigurata era terribilmente frustrante.
Ascoltò qualche secondo ancora i suoni singhiozzanti al di la della porta per assicurarsi che avesse senso per lei essere lì, poi bussò... molto piano, ma era un inizio.
“Devo riuscire a bussare più forte, altrimenti...” ma sentì dei passi veloci avvicinarsi.
Una persona con i capelli rossi ma sciolti aprì con un'espressione allarmata e il respiro affannato. Guardò Roza con aria sorpresa. Per un attimo la sua espressione le sembrò delusa, sussurrò qualcosa che suonava tipo “Bussava troppo piano per essere...” Roza pensava che quella persona si aspettasse, o temesse, di vedere qualcuno che evidentemente non era lei.
-Novak, hai bisogno di qualcosa?- chiese la persona con un lungo sospiro. Era pallido ed esausto. Ma Roza fece un sospiro di sollievo, a causa dei capelli sciolti che coprivano di più il viso facendolo percepire molto diverso, Roza inizialmente non era stata sicura al cento per cento che quello fosse il McGrady con cui aveva parlato il pomeriggio e non un convivente, forse parente, con lo stesso colore di capelli e un tono simile e ciò l'aveva fatta sentire ancora più a disagio. Ma sentendolo parlare a voce alta e sentendosi riconosciuta poteva finalmente essere sicura di averlo identificato correttamente.
Per portare a compimento il suo obbiettivo, Roza porse a McGrady il bollitore.
-Camomilla...- capì il ragazzo annusando poi la guardò disorientato. -Entra pure...- le disse con un tono arrendevole.
-Eh?- Roza non aveva previsto che le avrebbe chiesto di entrare. L'idea la metteva tanto a disagio da farle venire in mente le ipotesi peggiori. Era troppo disabituata al contatto con le persone, chiunque poteva essere un serial killer.
Il ragazzo continua ad osservarla con perplessità. Roza, molto stanca di tutto ciò che riguardava sé stessa e la sua piccola bolla, decise di abbandonarsi alla corrente e rischiare varcando la porta. “Anche se fosse un omicida, anche se sparissi, che importerebbe? A chi importerebbe?”
Con le mani instabili, il ragazzo versò ad entrambi la camomilla mentre un severo felino rossiccio li sorvegliava con la coda che si agitava ritmicamente.
A causa del vapore che gli aveva appannato gli occhiali il ragazzo li aveva momentaneamente tolti cambiando volto per la terza volta. “Fastidio, fastidio...” aveva canticchiato fra sé e sé Roza per diminuire lo stress.
-Allora, avevi bisogno di qualcosa?- le chiese nuovamente McGrady con un sorriso stanco.
Non sembrava infastidito dalla sua presenza nonostante l'orario. “Ragione in più per credere che sia un serial killer...” il ricordo dei singhiozzi e dei lamenti mise in pausa quel pensiero. “Forse qualunque cosa lo distragga dai suoi demoni gli va bene... anche io sono qui per distrarmi, non è così strano...”
-In realtà ho sentito che facevi dei rumori strani.- disse facendo sgranare gli occhi del ragazzo che abbassò lo sguardo. -Ho pensato che potessi avere un attacco di panico... sono pesanti... Così, visto che ero sveglia ti ho portato qualcosa per calmarti un po'...- che fosse o meno quello, “attacco di panico” suonava più giustificabile di “stavi piangendo incontrollatamente” così Roza preferì quel termine pensando di metterlo meno a disagio.
McGrady si stava pizzicando alla base del collo, era molto arrossato. “Ah, anche io a volte mi sono pressata la gola per smettere di piangere...” le sembrava di guardarsi allo specchio, poi distolse lo sguardo. “O forse tende ad arrossire dal collo...”  fare supposizioni su qualcuno che non conosceva la faceva sentire in colpa.
-S... sei una brava persona... grazie...- le disse fissando la tazza, era divento tutto rosso.
Per Roza era comodo che il ragazzo mostrasse facilmente il suo stato d'animo ma la reazione esasperatamente imbarazzata la mise a disagio. -Tranquillo, forse si sente solo dalla mia stanza perchè è direttamente sopra la tua. Mentre scendevo le scale non si sentiva nulla...-
McGrady produsse un lungo sospiro ma sembrava sollevato. -Ehm... tu invece come stai? Hai bisogno di qualcosa? Posso fare qualcosa per aiutarti?- le chiese nervosamente alla disperata ricerca di pezzi da raccogliere, visto che era impossibilitato a raccogliere e aggiustare i propri.
-No, davvero. Dovevo solo portarti il bollitore.-
-Ok...-
-Posso tenerti compagnia fino a quando non ti senti più tranquillo, ma non sono di molte parole, probabilmente starò solo zitta.- spiegò Roza.
McGrady ridacchiò nervosamente. -Ok, grazie per l'avvertimento. Ma sto già meglio, puoi anche tornare a dormire.- disse gentilmente.
-Posso aspettare con te quella persona.-
-Ma, non sto aspettando nessuno...-
-Scusa, ho frainteso... è che quando hai aperto la porta tu... Credevo fossi preoccupato per qualcuno che ritardava.-
-Sono preoccupato... Estremamente preoccupato... Ma se questa persona si facesse viva la rispedirei da dove è venuta.- disse serio. -Prima dovrei assicurarmi delle sue condizioni di salute... ma il problema non si pone, perchè non tornerà.- la stanchezza lo faceva apparire freddo e rassegnato. -Vuoi che ti presti delle scarpe per tornare sopra?- le disse successivamente.
-Eh?-
-Però in effetti con delle scarpe più grandi potresti cadere...- disse McGrady fra sé e sé.
-Non ho freddo ai piedi, sto bene così.-
Varcata la porta dell'appartamento, Roza si sentì molto più leggera, quasi energica. Forse perchè era riuscita ad avere un contatto umano senza impazzire o forse perchè alla fine quell'umano non l'aveva ammazzata.
-Ti accompagno?-
“No, ancora!” pensò Roza. A giudicare dall'espressione stranita di McGrady, probabilmente l'aveva guardato male accidentalmente. -Non voglio disturbarti!-
-Non è un disturbo per me, ma se ti metto a disagio non...-
-Accompagnami.- lo interruppe Roza. “Non volevo sembrare scortese, ma forse quello sembrava un ordine quindi qualcosa di scortese...”
-Ok...- acconsentì il ragazzo un po' perplesso e teso.
Notò che il ragazzo aveva rimosso le proprie scarpe. “E' un rituale da serial killer? Uno strano gesto di solidarietà? È entrambe le cose?”
I due rimasero in silenzio mentre aspettavano nell'ascensore. “Scusa se penso che tu sia serial killer, niente di personale, lo penserei di chiunque...” pensò Roza. Ma il ragazzo la guardò come se avesse capito che voleva dirgli qualcosa. Roza si stranì un po', non era mai stata molto espressiva.
Davanti la porta del proprio appartamento Roza si controllò le tasche inutilmente. “O no... sono un' idiota...”
-Ha-hai scordato le chiavi, non è così?- Harold deglutì.
“Legge nel pensiero o cosa?” si chiese la ragazza irrequieta.
-Il fantasma della mia ex deve essere tornato a tormentarmi! Anche lei una volta quando l'ho riaccompagnarmi non aveva le chiavi!- disse agitato, pur trattenendo il tono a causa dell'orario. -N-non me la sto prendendo con te, non ti conosco neppure! S-scusa, sono solo agitato... puoi chiamare tua madre?-
-...Condoglianze.-
-C-cosa?! Fantasma della mia ex era per dire, in realtà lei è viva e vegeta... a-almeno credo...- balbettò cominciando ad andare avanti e indietro per il pianerottolo.
“Gli sta per venire un'altra crisi? Come facciamo ora?” avrebbe dovuto chiamare sua madre, anche se, quasi quasi, piuttosto che svegliarla, preferiva dormire sul pianerottolo. “Ho scordato le chiavi... un'altra conferma delle mia incapacità...” forse era lei che stava per avere una crisi. Poi le arrivò un messaggio da sua madre. Con una fitta allo stomaco lo lesse.
“Non ti faccio rientrare, peggio per te, smettila di fare l'incapace. Se vuoi un riparo puoi chiedere al ragazzino che ti ha accompagnato. Puoi provaci, tanto dovrebbe essere disperato, è stato mollato da poco e non è troppo più piccolo di te. Ma tanto tu mentalmente sei parecchio indietro. Devi imparare a vedertela con gli altri esseri umani e questa è la tua occasione.”
Roza pronunciò un lungo “aaaaaaaaaaah” senza poter urlare davvero. “E' IMPAZZITA! Che c'entra l'imparare a vedersela con gli esseri umani col provarci con uno sconosciuto che fino a qualche secondo fa classificavo come serial killer?! Neanche mi piacciono gli uomini!”
-Cos'è successo?!- esclamò McGrady interrompendo la propria passeggiata nervosa.
-M-M...- fra un balbettio e l'altro, Roza disse di essere stata sbattuta fuori di casa. -Dovevo aspettarmelo... in fondo sono una maggiorenne inutile da troppo tempo...-
-Un corno!- esclamò il ragazzo fregandosene di essere sentito. -Non importa quanti problemi tu abbia! Non ti può abbandonare così!- disse piuttosto alterato.
-Sei molto idealista...-
-No! Sfido chiunque ad avere fiducia sull'umanità e una visione idealista del mondo dopo aver letto i capitoli dedicati agli abusi sessuali e i loro effetti in un manuale sui disturbi della personalità! Se tua madre non ti fa entrare scassino la porta.- disse deciso. -Non posso farti dormire da me, non ho neanche un divano! E tu non mi sembravi proprio a tuo agio nel mio appartamento.-
Roza era abbastanza sorpresa dal fatto che l'avesse capito. Le persone avevano sempre grosse difficoltà ad interpretare il suo tono monocorde e il suo volto inespressivo.
-Signora!- disse McGrady in tono di protesta. -Sua figlia è stanca, ha i piedi scalzi, nessun posto dove dormire e una carenza di serotonina che può portarle umore basso, ansia, attacchi di panico, credo soffra di depressione, sospetto non curata! Qualunque problema abbiate, risolvetelo domani, in modo civile. Questa situazione le provoca frustrazione? Beh, sono sicuro che la porti anche a sua figlia! Se non apre prendo esempio dalla mia ex e sfondo la porta! Me ne frego di un'eventuale denuncia!- si impuntò il ragazzo, con un tono alto, ma stabile. Solo i movimenti della gamba ne mostravano l'irrequietezza.
Roza era sicura che sua madre l'avrebbe umiliata per il fatto che qualcun altro avesse preso le sue difese. Ma non aveva memorie di qualcuno che si fosse arrabbiato al posto suo e vedere il ragazzo farlo, fu in qualche modo liberatorio.
“Toccherà a me affrontare il disprezzo di mia madre ovviamente... il problema, è che sono d'accordo con lei... io mi odio profondamente...”

Mesi dopo la situazione non era cambiata granchè, a parte per il fatto che Roza era morta ed adesso era un fantasma. Anche se McGrady le aveva detto che il suo corpo era in coma da qualche parte.
Non aveva ancora capito se la percepiva come buona notizia o meno... McGrady si era mostrato preoccupato perchè temeva che se il suo corpo fosse morto anche il suo fantasma avrebbe cessato di esistere. Anche quell'ipotesi, Roza non era sicura se percepirla positivamente o negativamente.
Mentre McGrady di aspetto era cambiato molto... in realtà no, ma visto che Roza aveva difficoltà a riconoscere i volti, il fatto che il ragazzo in quel momento tenesse i capelli troppo corti per essere legati con facilità l'aveva reso diversissimo e inizialmente difficile da riconoscere... “Maledetto...”
Visto che l'appartamento in cui viveva era stato occupato da una persona biondo rossa, una castana e un infante e che McGrady si era mostrato disponibile, Roza si era messa nel suo appartamento ma fino a quel momento il ragazzo non aveva dato prova di riuscire a vederla. Invece la gatta fulva che aveva capito chiamarsi “Kunoichi” sembrava fissarla ogni tanto.
“E' una buona cosa che lui non mi veda. Sarebbe stato abbastanza imbarazzante...” pensò ricordando i litigi che il ragazzo aveva avuto con la ex il giorno precedente.
Ma quella mattina il ragazzo aveva chiamato alla ex, Roza aveva ascoltato appoggiando l'orecchio al cellulare. Era strano ma divertente stare così vicino a qualcuno senza essere vista.
I due ex fidanzati erano riusciti a parlare senza litigare e Roza era contenta per lui ma non era sicura che fosse normale essere così appiccicosi fra ex.
“Mia sorella ha domani l'appuntamento col commercialista? Forse dovrei telefonarle per ricordarglielo...” pensò McGrady poco dopo aver terminata la telefonata. Rimanendo molto vicino alla sua testa, Roza riuscì ad avvertire quel pensiero, si sentì emozionata da quella nuova scoperta sulle sue capacità.
“Non posso, lei noterebbe che ho qualcosa che non va e mi tempesterebbe di domande...” continuò a pensare McGrady inconsapevole di essere spiato. “Potrei chiamare a mia madre per vedere se ha qualche cliente con cui posso aiutarla, ma se le chiamassi di domenica mattina probabilmente mi farebbe pentire di essere nato...” anche se McGrady l'aveva pensato come un mezzo scherzo, Roza si era sentita inquietata da quel pensiero e si era allontanata.

“Non c'è la faccio più... dentro di me non ci sono più risorse di alcun tipo... prima di telefonare a Leshawna per quanto tempo sono rimasto a fissare il vuoto? Ho bisogno della presenza di qualcuno che non sia me o impazzirò...” pensò Harold reggendosi il capo.
Kunoichi attirò la sua attenzione tirandogli la maglia.
Il ragazzo sospirò e accarezzò la testa della gatta. -Perdono Kunoichi... ovviamente tu sei una presenza molto comunicativa. Ti faccio preoccupare quando sto troppo fermo, eh?- tranne che per mettere il cibo alla gatta, cambiarle l'acqua della ciotolina e ingerire dei medicinali, Harold era rimasto sulla brandina dalle cinque del mattino. Aveva solo cambiato posizione sedendo a gambe incrociate invece di rimanere steso.
Non aveva chiuso occhio ma temeva che dormire durante il giorno e svegliarsi chissà quando avrebbe compromesso disastrosamente il suo umore. “Sono solo in casa... non posso rischiare di farmi venire voglia di farla finita e di non avere nessuno a fermarmi...” la gatta lo tirò di nuovo. “Nessuno che sia fisicamente in grado di fermarmi...” si corresse e accarezzò di nuovo Kunoichi.
“Spero che quel regolatore del tono dell'umore funzioni.” il ragazzo si alzò e cercò di ignorare lo spettro accovacciato nell'angolo della stanza.
“Deve essere un'allucinazione causata dalla mancanza di sonno e dal mio bisogno di sentirmi utile per qualcuno.” si sentiva in imbarazzo ad aver precedentemente scambiato quell'allucinazione per un vero spettro. Purtroppo era sempre stato predisposto a credere a parecchie assurdità.
“Però... anche se è un'allucinazione mi sento un po' in colpa a lasciarla lì triste. Chissà cos'ha? Sembrava così allegra mentre origliava la telefonata...” sbuffò e si pizzicò per punirsi e svegliarsi un po'. “Non ha niente. È un'allucinazione. Non può avere niente e pensare niente.”
“Però è pur sempre un tentativo disperato del mio cervello per sopperire a un bisogno... se la ignorassi, forse il mio cervello si arrenderebbe  e potrei dire addio a ogni speranza di migliorare la mia situazione mentale...” -Ah! Non so più che fare...-
Sentì bussare alla porta. “Allucinazione uditiva o qualcuno alla porta?” vide Kunoichi che fissava la porta così concluse che doveva trattarsi di qualcuno in carne ed ossa.
Dallo spioncino vide un adolescente bassino e paffuto dai capelli viola a scodella.
-Max, posso fare qualcosa per te?-
-Sì, mi servirebbe il tuo aiuto per un lavoretto che ho accettato dalla signora Allen. Sai, quella più vecchia fra le due sorelle...- il ragazzino si irrigidì per un attimo. -C'è un freddo terribile che viene dal tuo appartamento, hai qualche finestra rotta?-
-No, ma è risaputo dove ci sono i fantasmi la temperatura cala...- rispose Harold sdrammatizzando.
Gli occhi scuri di Max si illuminarono. -Davvero? Hai l'appartamento infestato? Oh! Sei riuscito a catturare lo spirito di Roza?!- chiese con entusiasmo.
-M-Max?! In che senso catturato?!- disse spaventata una voce femminile.
Harold cercò di ignorarla ma rise nervosamente. -No, Max... l-la mia era una battuta! Al massimo nell'appartamento ci sono i fantasmi della mia relazione fallita... della mia sanità mentale...- vide che il ragazzino osservare l'interno dell'appartamento con aria irrequieta. -Max?-
-C'è qualcun altro in casa? Quella non sembrava la voce della tua fidanzata malvagia.-
-Fidanzata malvagia?- Max lo ignorò e andò a controllare all'interno dell'appartamento.
Harold sospirò e lo seguì. “Deve essersi suggestionato. Non può aver sentito anche lui la mia stessa allucinazione uditiva.” pensò nervosamente. Tirò un sospiro di sollievo capendo che non riusciva più a vedere il fantasma mentre Kunoichi nascondendosi sotto la brandina si dimostrava poco contenta dell'intrusione di Max.
-Max, sono certo che alla mia fidanzata malvagia farà piacere avere un vicino che si preoccupi che non abbia altre ragazze nell'appartamento, ma forse hai solo sentito male.- disse Harold al ragazzino dall'aria delusa.
-Sì... probabilmente hai ragione...- rimase  abbattuto ancora per un po', poi sembrò risollevarsi.
“Ah... l'energia dei bambini.” pensò Harold sorridendo leggermente.
-Comunque mi insegni ad arrampicarmi sul tetto come hai fatto tu ieri?-
“Maledetti i bambini e il loro spirito di emulazione! Devo fare molta più attenzione a non dare pessimi esempi d'ora in poi...” -Max, abbiamo un altezza e un baricentro troppo diversi. Se provi a imitare i miei passi caschi e ti spiattelli sul terreno. E morire sul colpo sarà la cosa migliore che ti potrà capitare, dubito tu te ne voglia andare da questo mondo agonizzando, vero?- disse Harold con tono cupo e severo. -Se proprio vuoi toglierti lo sfizio, va in palestra e allenati nell'arrampicata.-
-Palestra?- mormorò Max con aria minacciosa.
-Palestra...- ripetè Harold -Allora... andiamo dalla signora Allen e vediamo un po' cosa vuole...-

Allen, una donna sulla sessantina, era le responsabile del condominio. Aveva ricevuto delle lamentele da alcuni condomini riguardo all'odore di decomposizione proveniente da una stanza in disuso di cui si era persa la chiave.
-Scusi, ma non si dovrebbe rivolgere alla polizia?- disse Harold non nascondendo il proprio fastidio.
-Lo definiscono odore di decomposizione perchè sono dei melodrammatici senza speranza. Certo... magari se un ragazzino instabile dai capelli rossi evitasse di tentare il suicidio e di fare rumore di notte alimentando dicerie su un fantasma piangente, saremmo tutti un po' meno nervosi...- disse la donna.
-Sono piuttosto sicuro di non essere l'unico abitante problematico qui.-
-Sei quello che si fa notare di più...-
-Sono un capro espiatorio. E se sua sorella minore evitasse di spargere voci su di me, magari mi farei notare meno, non pensa?-
-Lo penserei se ieri non ti fossi comportato come una scimmietta troppo vivace in cerca di una morte da esibizionista...-
-Comunque non stava cercando di uccidersi.- si intromise Max. -Stava solo litigando con la sua fidanzata.-
-Grazie dell'aiuto Max...- commentò Harold incerto.
-Ah, prego!-
-Sono felice che andiate tanto d'accordo.- li interruppe Allen. -Quindi, mi sgombrate o no la stanza da qualunque cosa emetta quell'odore? Mi sono già messa d'accordo con altri per portare tutto all'impianto di stoccaggio.-
-Mi scusi! Max è minorenne e domani ha scuola! Non penso che voglia passare il resto della domenica a pulire delle stanze sporche per poi passare ore a mollo per togliersi l'odore di decomposizione. Inoltre se si trattasse realmente di un cadavere e il ragazzino rimanesse traumatizzato?-
-Pff... non sono una femminuccia! Posso reggere la vista di tutti i cadaveri che volete!- protestò il ragazzino.
-Non c'è nessun cadavere! Sarà colpa di qualche furbetto che scordando il giorno in cui viene portato via l'organico e non volendo continuare a tenere in casa o sul balcone l'immondizia l'ha buttata in quella stanza. Comunque vi pagherò per il disturbo e ovviamente non mi aspetto che ripuliate nel caso doveste sul serio ritrovare un cadavere.- disse la Allen.
-Comunque Max...-
-Se hai paura che gli succeda qualcosa sorveglialo.-
-Non ho alcun bisogno di sorveglianza!- Max se ne andò offeso.
-Aspettami.- Harold sbuffò poi guardò la signora Alllen.
-Se dovessi continuare a dare fastidio farò il possibile per sbatterti per strada.- lo avvertì la donna con un sorriso gentile.
“Ma va a...” -Complimenti per il tatto. Se crede davvero che sia a rischio suicidio, questo è sicuramente un ottimo modo per non mettermi sotto pressione.- Harold rispose a sua volta con un sorriso docile.
-Infatti mi dispiace molto. Sei un giovane diligente, proprio per questo in futuro non vorrei ritrovarci il tuo di cadavere in una stanza abbandonata.-
Harold sospirò. -Grazie della preoccupazione. Mi piace pensare che in fondo possa davvero dispiacerle l'idea di reperire il mio cadavere.-
Non gli piaceva l'idea di creare problemi ed era troppo emotivamente suscettibile per riuscire a capire se le lamentele della Allen fossero giuste o meno.
Era anche troppo stanco per riflettere davvero sull'incarico che gli era stato dato, così si arrese ma chiese buste e prodotti per le pulizie alla Allen nel tentativo di risparmiare.
Mentre si incamminava con Max si sentì improvvisamente pesante. Percepì come se qualcuno si fosse seduto sulla sua ombra e si stesse lasciando trascinare.
-Weeee...- disse una voce femminile con un' infantile allegria.
Harold si voltò verso Max, ma questa volta sembrava che il ragazzino non avesse sentito niente. “Sto impazzendo... le ombre non hanno nemmeno il senso del tatto! E che cavolo!”
Harold sentì che chi si stava facendo dare un passaggio dalla sua ombra si stava accovacciando. Il respiro della ragazza si faceva sempre più calmo, si stava addormentando.
“Va bene, almeno qualcuno di noi due si riposerà... Questo insieme di sensazioni deve essere la vendetta della mia mente per averla ignorata 'sta mattina...”
All'improvviso Harold sentì il bisogno di appoggiarsi alla parete del corridoio. Stava sudando freddo, aveva la sensazione che un corpo estraneo stesse penetrando nel proprio e non percepiva più la ragazza. Sembrava la ragazza stessa che si era fatta assorbire dalla sua ombra e dal suo corpo.
-Eh... Signor Depresso?- lo chiamò Max preoccupato.
-Sto bene!- Harold sbuffò e si portò avanti. Poi si voltò. -Sto bene...- ripetè più calmo come per scusarsi. Ma Max lo guardò storto.

Le stanze in disuso erano un appartamento che per un motivo o per un altro non era mai stato ristrutturato. Il pavimento non era stato piastrellato e vi erano diversi dossi di cemento.
-Max, fa attenzione a dove metti i piedi.-
L'adolescente sembrò ignorarlo. Quel luogo effettivamente puzzava molto. Era disseminato di mosche e buste dell'umido.
-Visto, la signora Allen aveva ragione.- disse Max per prenderlo in giro.
Ma Harold era concentrato su un oggetto talmente ricoperto di mosche da essere difficile da identificare. Il ragazzo trattenne un conato. -In qualche modo avevo ragione anche io.- commentò turbato. -Temo sia la carcassa di un procione...-
-Oh...- per un attimo Max sembrò intristirsi, ma si riprese immediatamente. -Gli animali morti vanno messi nell'umido?- chiese.
-Che ne so?! Cercalo su internet!- Harold si sfogò e si allontanò reggendosi il capo. Aveva la nausea. Si mise vicino ad una finestra aperta.
Max ridacchiò -Sei proprio una principessa!-
Questo commento ricordò ad Harold un suo vecchio compagno di scuola evocandogli una strana nostalgia. -Bene, visto che sono una principessa occupati tu di sbarazzarti del cadavere. Puoi farlo, caro?- gli chiese con un tono apparentemente gentile ma dispettoso mentre cercava di distrarsi dal proprio stato di malessere.
-Come vuoi.- disse Max ostentando indifferenza. Indossando i quanti in lattice spostò il corpo in un sacchetto. Poi lo buttò dalla finestra vicino l'altro ragazzo.
Harold sgranò gli occhi ma evitò di commentare, non aveva neanche il coraggio di affacciarsi e cercare di capire in che condizioni erano il sacco e il suo contenuto, sperava solo che non fosse finito sulla testa di qualcuno.
-Umh... forse ho fatto un errore...- Mormorò Max.
-Tu... tu dici?-
Max si occupò di portare fuori i sacchi dell'immondizia mentre Harold cercò di pulire, deodorare la stanza e cercò di sbarazzarsi di larve e mosche.
-Non sarebbe meglio dell'insetticida?- obiettò Max vedendo l'altro ragazzo che cercava disperatamente di far uscire il numero maggiore di mosche  dalle finestre aperte inseguendole gesticolando.
Harold ignorò la proposta di Max e cercò di far staccare le mosche dai vetri muovendo le imposte e passando la mano sul vetro.
-Non credo che la Allen ci pagherà se le rompi le finestre...- obbiettò di nuovo il ragazzino.
Harold si fermò a guardarsi la mano. Aveva accidentalmente schiacciato qualche mosca.
-Perchè... Perchè non avete il minimo istinto di sopravvivenza? Perchè non vi togliete quando metto le mani? Perchè tornate sempre sullo stesso punto?- domandò Harold con voce tremante ed esasperata.
-Perchè sono mosche.- rispose Max ma vide Harold muovere le mani sul vetro altre volte con fare agitato.
Harold sentì le sue mani inumidirsi, le vide tingersi di nero e rosso. -P-perchè l'ho fatto? È stato un incidente o...- “Le ho uccise a posta? Le ho uccise perchè ero arrabbiato con loro?” -Io non... Non volevo... mi spiace...- “E' così che si sente Leshawna quando per impazienza distrugge qualcosa? Lei mi manca...” ammise mentre stava perdendo il controllo del proprio flusso di pensieri.
-Wow! Sembri proprio sporco di sangue!-
-G-grazie Max... senza di te non me ne sarei proprio accorto!- rispose Harold cominciando a singhiozzare e lacrimare. -M-mi dispiace...-
Max rimase interdetto dalla reazione. -E... e dai calmati! Sono solo mosche... vivono poco e... e poi potrebbero portare malattie, dovevamo sbarazzarcene.- un po' preoccupato cercò di calmare l'altro ragazzo. Poi si deconcentrò vedendo un altro oggetto che sembrava fonte di mosche. -Oh guarda, un altro procione morto.- commentò leggermente seccato.
Max udì due urli familiari, uno dei due era femminile. Poi Harold perse i sensi.

-Poteva dirlo subito che era sensibile allo sporco!- commentò infastidita la signora Allen mentre lei e Max osservavano il ragazzo rosso privo di sensi. -Non c'è la fa proprio a non creare problemi... comunque...- la donna si fece inquieta. -C'era una ragazza con voi? Mi è parso di sentire anche un urlo femminile...-
Max deglutì. Aveva cercato ovunque ma non c'era traccia di nessuna ragazza.
Harold rinvenne lentamente. Si guardò intorno con aria molto disorientata. Sbattè le palpebre più volte, poi si toccò la faccia toccando i vetri degli occhiali, come se avesse scordato di portarli. Li tolse inserendoli in tasca e si riguardò intorno sembrando di poco più a suo agio.
-McGrady?-
-Signor Depresso?-
Harold fece un sorriso nervoso stringendo le labbra sottili. Balbettò qualcosa con una voce stranamente acuta. Sembrò fare diverse prove vocali, ci mise un po' prima di parlare chiaramente.
-S-scusate... non mi sento molto bene, tornerei nel mio appartamento se non vi dispiace.- sussurrò con una voce molto flebile e innaturalmente femminile.
Max e la Allen lo guardarono perplessi mentre si alzava e si allontanava con un' andatura instabile ma sempre più velocemente, alla fine si mise a correre in modo scoordinato.
-E'... E'... è davvero bravo a modificare la voce, eh?- disse Max ridacchiando un po' spaventato. -Però è anche uno scherzo di pessimo gusto... Mi domando cosa abbia in mente...- aggiunse il ragazzino mentre la Allen rimaneva in un silenzio irrequieto.


Angolo dell'autrice:

La prosopagnosia è un deficit cognitivo-percetivo che compromette la capacità di riconosce i volti e trarne informazioni (esempio; riconoscere età, sesso ed espressioni facciali)
Può svilupparsi nel corso della vita a causa di lesioni in alcune aree del cervello o può essere congenita. Ma non è curabile, per compensare il problema la persona deve affidarsi a strategie alternative per riconoscere le persone.
I livelli di gravità possono essere diversi. In quello presentato nella storia Roza è comunque capace di riconoscere le emozioni della persona che vede (ma potrebbe aiutarsi grazie agli indizi dati dall'udito e dal linguaggio del corpo invece di basarsi solo sulla mimica facciale) riesce a farsi un idea dell'età dell'altra persona e ad avere un'impressione del volto pur essendo instabile, molto influenzata da altri fattori (il modo in cui sono sistemati i capelli, la presenza degli occhiali) e non riuscendo a memorizzarlo.
Alcune persone non riescono neanche a riconoscere il proprio volto o a riconoscere che un volto è un volto.
Spero di non aver fatto qualche gaffes nel descrivere la situazione e di essere riuscita a rappresentare il punto di vista del personaggio.
Mi spiace per la parte relativa alla pulizia, ma mi servivano le mosche per innescare una situazione... inoltre ho la tendenza ad andare verso l'horror e il grottesco, ma allo stesso tempo cerco di censurarmi e il risultato sono alcune parti strane... che spero non risultino troppo strane... Insomma, aiuto! Spero che questo capitolo possa piacervi e che possa piacervi la storia, sono estremante dispiaciuta per il proseguimento lento e per il fatto che sia strana, ma non riesco a fare altrimenti e in generale questa storia è partita come un esperimento che spero possa piacervi.
In ogni caso, ringrazio come sempre per la pazienza chiunque sia qui a leggere, grazie mille, davvero ^^
Se volete darmi dei pareri sono qui.
Alla prossima e statemi bene! Spero abbiate passato una bella estate!

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Capitolo 17
*** L'ospite indesiderato(?) ***


Quella persona aveva un punteruolo lungo e affilato. Lo affondava contro i canidi giganti che le venivano addosso per masticarla, ma non riusciva a penetrare nella loro carne con l'oggetto per ucciderli o ferirli e di conseguenza salvarsi.
Si sforzava ma non ci riusciva, i suoi arti si facevano sempre più pesanti, deboli e lenti mentre il respiro diventava più affaticato e disperato.
Non importava quando desiderasse difendersi, quanto si arrabbiasse e agitasse gli arti superiori. Erano tutti sforzi inutili.
Mordendola i canidi mutavano in un liquame nero sangue pestato, denso e viscoso che cercava di penetrarle nelle ferite e le rimaneva attaccato addosso. Non importava quanto si agitasse per toglierselo di dosso. Tutto inutile, ancora.
Si rese conto che il liquame si trovava anche sul pavimento della sua stanza e lo ricopriva completamente. Era vivo e cercava di arrampicarsi su di lei e inglobarla.
Non pensava che la sostanza fosse riuscita a coprirle gli occhi, ma la ragazzina non ci vedeva più.
Poteva solo sentire con le orecchie e con il tatto l'entità viscida che le strisciava lungo il corpo concentrandosi maggiormente sulle game per immobilizzarle e separarle, il proprio respiro affannato e il battito cardiaco impazzito.
Ma sulla pelle percepiva il respiro di qualcun altro.
“Per difenderti dai cani mi stavi imitando?” disse una voce maschile compiaciuta che aveva sempre trovato stupida e insopportabile.
“Ah... ho sempre amato la profonda ammirazione che hai per me, anche io adoro il nostro rapporto! Ma sei una donna di dodici anni... non puoi imitare un uomo adulto. Non hai la forza di difenderti e penetrare nella carne di qualcuno, non importa quanto sia morbida.”
Davanti a quella gargantuesca mole di minchiate, la bambina cercò di ribellarsi e liberarsi dalla sostanza che la immobilizzava.
“Perchè fai i capricci? Lo sanno tutti che ho ragione io! Nessuno ti ascolta. Dai solo fastidio... Perchè fai piangere tua madre con i tuoi stupidi capricci da bambina? Ormai sei una donna e... a proposito...”
La bambina sentì il normale rumore di passi pesanti che calpestano un liquido. La sostanza non lo aggrediva, per lui era semplice acqua.
“Le altre adolescenti terrebbero la loro stanza come un gioiello! Perchè la tua è così sporca?!” esclamò furioso.
La bambina avrebbe voluto urlargli addosso buttandogli contro tutto il suo odio mettendogli davanti il fatto che i canidi, il liquame e lo sporco erano tutti sicuramente colpa sua! Era uno schifoso incoerente a fare dei danni per poi darle la colpa! Non era affatto cambiato!
Ma la bambina aveva perso la voce. Era impossibilitata a far uscire il suo odio. Sarebbe rimasto dentro e l'avrebbe avvelenata. Ma cosa ancora peggiore, non sarebbe riuscita a comunicarlo a quell'idiota che nella sua biblica idiozia avrebbe continuato a convincersi di essere amato da lei.
“Sei un'irresponsabile! Non mi stupisce che tu sia rimasta incinta.”
Incinta? La bambina non aveva idea di cosa quel pazzo stesse dicendo ma sentì qualcosa di affilato all'interno del proprio ventre.
“E' colpa di quella femminuccia strana con cui ti ho visto tornare a casa? Non me ne capacito... hai gusti e modi di approcciarti così strani... devi davvero smetterla di imitare gli uomini adulti!”
Era sempre spiata e quell'uomo aveva sempre pensato di essere nel giusto quando la spiava. Quell'uomo doveva morire soffocando nel suo stesso sangue, solo immaginarlo agonizzante riusciva a rasserenare la bambina immobilizzata e inumidita dal liquame.
“Va beh, suppongo che alla fine le donne siano donne e l'istinto sessuale rimanga l'istinto sessuale, eh eh...”
Le lame all'interno del suo ventre la squarciarono permettendo al liquame di entrare.
L'ultima cosa che percepì fu il calore della fronte dell'uomo contro la propria.
“Bentornata a casa Leshawna.”

La donna si svegliò con respiro e battito cardiaco impazziti.
Sì toccò la pancia, nonostante non fosse ancora particolarmente gonfia rispetto al solito, ebbe la consapevolezza che la gravidanza era reale anche nella realtà, ma almeno non si era risvegliata col ventre aperto, non aveva delle lame all'interno e non aveva dodici anni.
Anche il fatto che si trovava a casa di sua madre, purtroppo era reale.
“E' perchè sono tornata qua che l'ho sognato! Erano anni che non sognavo più quella persona!”
Il suo cervello aveva deciso di mischiare la sua situazione attuale con quella vecchia conoscenza.
Se fosse tornato nella sua vita e fosse venuto a conoscenza della sua situazione l'avrebbe schernita?
“Lo troverò e lo sgozzerò! Lo ammazzerò! Lo finirò!”
Non riusciva a calmarsi. Impugnò il cellulare con la mano tremante. Erano quasi le tredici.
Conoscendo i ritmi di Harold, visto che non aveva chiuso occhio la notte era probabile che a quell'ora fosse crollato nel sonno. Ma in quel momento Leshawna voleva solo scacciare la sensazione di rabbia e agitazione e calmare il proprio battito cardiaco quindi era estremamente tentata di chiamarlo. Non aveva idea di cosa avrebbe dovuto dirgli, non voleva parlargli dei quei ricordi e quegli incubi. Non l'aveva fatto per anni, non l'avrebbe fatto ora.
“Anche lui non mi prenderebbe sul serio se gli raccontassi dei motivi per cui odio quella persona... Direbbe che esagero... Non capirebbe niente... Ma deve distrarmi! Se parliamo mi distrarrà... e mi calmerò...” si disse cercando di convincersi a telefonare.
“Non posso farmi sentire con un tono affannato e patetico da qualcun altro. Con Harold ho dovuto togliere la maschera più volte ma se telefonassi a Gwen così a caso, senza motivo apparente e con questo tono sarebbe la morte per me...”
Se i suoi parametri vitali avessero continuato in quel modo sentiva che sarebbe esplosa, si sarebbe ritrovata davvero il ventre squarciato.
Posò il telefono e tirò fuori la pistola che aveva nascosto sotto il letto. Maneggiandola si sentì meglio. “Inquietante...” le veniva da ridere. Capì che fantasticare sull'uccisione di quella persona riusciva a rilassarla e a farla sentire più calma e in controllo di sé.
Non lo vedeva da anni, magari non era più la stessa persona ma immaginarlo morto era terribilmente gratificante...
“Non provo alcun senso di colpa.” rise sul serio anche se sommessamente. “Beh, tanto sono fantasie innocenti... non sto veramente pianificando di uccidere qualcuno...” si disse giocherellando con l'arma a cui aveva tolto i proiettili e messo la sicura. “Però magari... se morisse sul serio... il mio subconscio lo accetterebbe e smetterebbe di propormelo nei miei incubi?” fece un lungo sospiro, si sentiva rovinata.

Harold, forse per allenarsi nella sua materia di studi e fissare concetti e dinamiche o per spirito di masochismo e bisogno di autopunirsi, aveva avuto un periodo in cui aveva approfondito e fatto ricerche su fatti di cronaca nera.
Vedendolo turbato, Leshawna lo aveva spesso aiutato, gli aveva fatto compagnia e lo aveva tenuto d'occhio per assicurarsi di fermarlo quando le sembrava che non reggesse più. Lei non era insensibile ma non si sentiva neanche così facile da turbare da non potersi permettere di fare la parte di quella resistente in quella situazione. Inoltre essersi incaricata di vegliare il ragazzo la faceva sentire più forte.
Ma nonostante facesse del suo meglio per non far trasparire niente di sospetto dalla sua espressione, quando incappavano in vicende di persone che finivano per abusare e uccidere i figli delle persone con cui stavano, Leshawna non poteva non notare che a volte c'erano delle avvisaglie del pericolo. Segnali d'allarme che potevano manifestarsi, anche più volte, tempo prima delle tragedie vere e proprie. Segnali che i bambini notavano e di cui parlavano ma che venivano presi sotto gamba dagli adulti che li ascoltavano solo in apparenza.
Lei era stata fortunata. Il compagno che sua madre aveva avuto per circa quattro anni era solo un molestatore represso, malsanamente possessivo, psicologicamente abusivo e tanto idiota da scambiare per stima l'odio manifesto che aveva Leshawna per lui.
“Danzerò il Tip Tap sulla sua tomba... Dopo le darò fuoco!”
Ma la Leshawna giovane adulta non poteva fare a meno di notare che i comportamenti invadenti, molesti e allusivi dell'uomo di cui la sé stessa bambina si era lamentata innumerevoli volte, erano inquietantemente simili ai comportamenti di cui si erano lamentati i bambini finiti sulle pagine della cronaca nera. Eppure gli adulti attorno a lei, sua madre in primis ma anche il padre quando si vedevano, non l'avevano mai presa sul serio. Anzi, avevano cercato di farla sentire in colpa per ogni accusa e lamentela non capendone neanche l'entità e il significato.
“Potevo benissimo esserci io al posto di quei bambini...” la cosa non la rendeva triste, ma furiosa.
“Avrò tutte le vostre teste un giorno...” diceva la bambina avvelenata dal rancore che continuava a dimorare nella sua mente.

Nonostante la rabbia, Leshawna non voleva allungare il numero di vittime delle sue innocenti fantasie omicide con delle persone colpevoli sostanzialmente di essere rintronate.
Il telefono suonando interruppe le sue riflessioni. Si sentì in parte sollevata. Era imbarazzante ma un po' sperava si trattasse di Harold. Invece si trattava di una certa “Strega condominiale”
“Ok... Ma chi diavolo è?! Ah... deve essere l'amministratrice del condominio.”
Inizialmente non era interessata a rispondere. “Però potrebbe c'entrare Harold... potrebbe essergli successo qualcosa...” -Pronto?- disse facendosi sfuggire un tono teso e guardingo.
-Sei la coinquilina o ex coinquilina di McGrady, gusto? Qui è Allen...- rispose l'interlocutrice inaspettatamente nervosa.
-Uhm... sì...-
-Cortesemente, sapresti passarmi il numero di telefono di un familiare del ragazzo?-
-Perchè?- chiese Leshawna sospettosa.
-Il ragazzo... beh, si sta comportando in modo un po' strano... Visto che non mi è sembrato stabile negli ultimi tempi preferirei che venisse qualche parente ad accertarsi della situazione. Meglio essere troppo prudenti che...-
Leshawna la interruppe. -Ok, vengo immediatamente.-
-Per carità no! L'ultima volta che avete litigato McGrady ce lo siamo ritrovati sul tetto!-
-Sto arrivando!- insisté ancora più intestardita.
Senza guardare in faccia nessuno, uscì dalla sua stanza e si diresse verso la porta.
-Tesoro, dove stai andando? Ehi?!-
Leshawna ignorò la madre. Quando sentì la sua mano sull'avambraccio dovette trattenersi per non togliersela di dosso bruscamente. Si limitò a brontolare fra sé e sé.
-Un fastidioso uccellino mi ha detto che Harold si sta comportando in modo strano, quindi vado a controllarlo.- annunciò senza voltarsi mentre girava la chiave.
-Eh... Non mi sembra una buona idea andare a controllare un ex che si comporta in modo strano...- suggerì sua madre inquieta.
A quel punto Leshawna si girò mostrando la pistola e paradossalmente un sorriso rassicurante. -Tranquilla, se si comporta in modo troppo strano metto fine alle sue sofferenze, tutto qui.-
-Ah, ecco chi aveva rubato la mia pistola...- disse il padre della ragazza affacciando la testa dal bagno.
-Pensavi ti avessero rubato una pistola e non hai detto niente?!- esclamò Lupe guardando il marito.
-Tranquillo papà, poi te la restituisco...-
-Ok.-
-Come ok?!- si lamentò Lupe. Poi si girò verso la figlia e vide che era già uscita, la seguì.
-Non puoi uscire armata...- sussurrò avvicinandosi mentre scendevano le scale -Inoltre scherzavi quando dicevi di mettere fine alle sue sofferenze, vero? Ho sempre qualche problema a capire il tuo senso dell'umorismo, a vole mi sembra di pessimo gusto...-
Leshawna accelerò il passo e non le rispose.

-Leshawna, dove stai andando?- chiese Lupe una volta uscite dal condominio. -La mia macchina è posteggiata in un'altra direzione.- la informò intenzionata ad andare con lei.
-Prendo la mia macchina.- rispose Leshawna con un tono infastidito.
-...Hai una macchina?- chiese Lupe sospettosa.
-Eh...- “Giusto, ho fregato la macchina ad Harold! Di nuovo! Mi è venuto così istintivo...” pensò stupita. “Beh, visto che non la usava, mentre io sì, è diventata mia! Non sarà così a livello legale ma a livello pratico si!”
Mentre Leshawna andava a prendere la macchina posteggiata distante continuava suo malgrado ad essere seguita dalla madre. A un certo punto si rassegnò all'idea di essere accompagnata.
Disse alla donna di parlare il meno possibile giustificandosi dicendo che essendo nervosa non voleva essere distratta mentre era al volante. La donna acconsentì.
Fra la preoccupazione per Harold e i ricordi negativi sulla madre riportati a galla dal ritorno a casa e l'incubo, Leshawna sembrava ed era effettivamente molto tesa.
-Magari più tardi mi accompagni a messa?- chiese Lupe allegramente, convinta di fare una proposta carina. Ma Leshawna sgranò gli occhi e fece una smorfia involontaria.
-No grazie. Se entro in una chiesa prendo fuoco.- rispose con distacco.
-Harold è invischiato con credenze e mitologie strane, eppure mi ha accompagnato qualche volta senza andare a f...-
-In che senso accompagnata?!- la interruppe Leshawna irrigidendosi. Poi riprese leggermente la calma pur mantenendo un tono vagamente ostile. -Quel ragazzo ha già abbastanza problemi. È instabile, l'ultima cosa che gli serve è avvicinarsi ad una religione.- disse decisa.
Lupe sospirò. -Non mi risulta che tu sia la sua tutrice legale o sua madre, mi sbaglio?-
-Non lo sei neanche tu, eppure mi sembri troppo incline a impicciarti.- protestò Leshawna a denti stretti.
-Boh, sono solo gentile.-  rispose Lupe seccata.
Da quando sua madre si era rimessa con suo padre, Leshawna aveva avuto l'impressione che la donna avesse tentato più volte di avvicinarsi di più a lei, forse intuendo che sotto sotto il suo ex compagno aveva compromesso un po' il loro rapporto. “Che donna perspicace!”
Uno degli effetti collaterali di questi tentativi di riavvicinamento era stato l'impicciarsi molto di Harold, aveva cominciato a tempestarlo di domande e ad avvicinarsi da prima che Leshawna lo avesse esplicitamente presentato come fidanzato.
Inoltre Leshawna era abbastanza sicura che sua madre avesse sempre voluto una figlia più affettuosa, gentile e disponibile a parlarle dei suoi interessi. Pur mantenendo le distanze, Harold, col suo carattere docile e cordiale nei confronti delle persone più adulte non ostili, poteva essere una specie di figlio secondario. “O figlia!” avrebbe commentato suo padre...
Dopo qualche minuto, Leshawna ricominciò a rivolgersi alla donna. -Comunque, cosa c'è di male se un'ex fidanzata che stava con una persona con dei problemi, si preoccupa per questa persona? Perchè si insinua subito che si sia instaurato un rapporto madre-bambino? Se fossi un uomo faresti lo stesso ragionamento?-
-Si.- Lupe rispose con facilità innervosendola. -Penserei che sicuramente lo ami ma che sì, ti comporti come se fossi suo padre.-
Leshawna non sapeva nemmeno da dove cominciare e cosa la facesse arrabbiare di più di quella risposta. -Quindi, secondo te, una persona deve per forza non avere problemi e insicurezze se vuole una relazione perchè se no finirà per diventare “figlia” della persona con cui si mette?- chiese con fastidio.
-Esatto.- rispose l'altra sicura di sé.
“Bugiarda! Non mi sembra che tu fossi priva di problemi quando ti sei messa con mio padre!” -E poi come sarebbe a dire; sicuramente lo ami? In che senso?! Non stiamo più insieme e avevo già cercato di spiegarti che non sono mai stata innamora di...- si interruppe percependo che la madre accanto a lei si stava trattenendo dal ridere.
“Io questa donna la uccido!” Detestava che i suoi punti di vista non venissero creduti.
-Oh no... quindi sei davvero rimasta alle fasi delle elementari in cui dire di amare qualcuno è fonte di disonore e imbarazzo?- Lupe non sapeva se essere divertita o preoccupata. -Sai, ammettere una cosa è il primo passo per riuscire a razionalizzarla.-
-Scusa madre, in questo momento vorrei concentrarmi sulla strada.-
-Tu e lui avete sempre avuto uno strano rapporto basato sullo scambio dei ruoli... a volte sei tu che ti comporti come quella più adulta che si preoccupa per il fidanzato svampito, troppo emotivo e autodistruttivo. Altre volte è lui a dover essere maturo e responsabile nei confronti di una fidanzata scostante, irresponsabile e agitata... se siete entrambi in un periodo in cui siete sommersi dai problemi è chiaro che le cose non reggano... inoltre mi chiedo se siate in grado di avere un rapporto paritario e di stare insieme anche quando non avete bisogno di una stampella emotiva...-
“La risposta è no! Se non ho bisogno d'aiuto finisco per diventare distante e per ignorarlo accidentalmente, poi lui si deprime, va in crisi, si chiese cosa ha fatto di sbagliato ed io non ho la minima idea di come gestirlo... Non sono fatta per i rapporti di coppia! E questo vale anche per te feto malefico!
Andiamo, per avere metà del mio codice genetico, devi essere per forza il male fatto feto, lo so io e lo sai tu con quel sistema nervoso primitivo che ti ritrovi. In realtà non ho la minima idea dello stadio dello sviluppo in cui dovresti essere e...
Sono impazzita di nuovo e sto immaginando di parlare con un feto...
Mia madre è sicuramente ben intenzionata parlando di queste cose con me e se fossi nel giusto stato d'animo potrebbe essermi utile ma ora come ora mi farà impazzire! Aspetta, in effetti c'è una cosa di cui potrebbe essermi utile parlare...”
-Uh... mamma...-
-Si, tesoro?-
-Per caso quando eri incinta hai mai pensato che fossi arrivata al momento sbagliato, che fossi una catastrofe, hai mai provato ostilità nei miei confronti e per il fatto di essere una donna incita?-
-Ma no! Come potrei...-
Leshawna la interruppe. -Sei sicura mammina?- disse nervosa. -Puoi essere sincera con me, non mi offenderei perchè non significherebbe che hai odiato me come persona ma me come... feto... entità sconosciuta.... quindi sarebbe tutto a posto se tu avessi provato sentimenti ostili nei miei confronti! Puoi ammetterlo!-
-No amore... ero molto felice.- rispose la donna sembrando sincera.
-Ok, non parliamone più.- rispose Leshawna infastidita.
-Scusa... ma cosa volevi che ti rispondessi? Che ti detestavo?- chiese la donna offesa.
“Sì...”
Leshawna accostò la macchina. -Mammina?- cercò di usare il tono più innocente di cui era capace in quel momento. -Potresti un attimo scendere? Mi è sembrato di sentire uno strano rumore proveniente dalla macchina. Magari potresti dirmi se vedi qualcosa di strano dall'esterno.-
La donna collaborò e appena Leshawna la vide in piedi, fuori dall'auto e a distanza di sicurezza ripartì velocemente.
Sul viso di Leshawna si formò un ghigno imbarazzante. “LIBERTÀ!!!”
“Eh eh... scusa mamma, sicuramente non stavi facendo nulla di male o anormale... ma sono io ad essere anormale al momento, così per salvare la mia sanità mentale ho bisogno di averti il più lontano possibile da me!” disse fra sé e sé mentre proseguiva per la sua strada e ignorava le telefonate della donna.
“Mi sento proprio matura e in pace col mondo adesso... Avrei potuto risolverla in modo molto meno elegante e pacifico. Invece non ho neanche risposto in modo aggressivo quando mi ha definita scostante, agitata e irresponsabile! Sono diventata davvero una persona a modo... dovrebbero darmi il Nobel per la pace!” pensò allegra mentre si diceva consapevolmente un mare di cazzate.
“Ok... vado a controllare cos'è successo ad Harold, poi si vedrà...” si disse cercando di rimandare l'ansia per quando si sarebbe ritrovata davanti l'appartamento. Sperò che la strada durasse il più a lungo possibile.

Harold era rinvenuto nel suo appartamento seduto sul pavimento e con la schiena contro il muro, ma poteva capirlo solo guardandosi perché aveva perso la propriocezione, non sentiva più il corpo e non era capace di sapere automaticamente la posizione in cui si trovava.
“Il mio sistema nervoso è fottuto! Completamente fottuto!” pensò nel panico rendendosi conto di non riuscire a muoversi.
“Paralisi del sonno! Forse è una paralisi del sonno!” si disse cercando di mantenere la calma e far diminuire la sensazione di malessere.
Poi cominciò a percepire una vocetta terrorizzata che ripeteva frasi del tipo “Mi spiace” “Sono intrappolata” “Verrò assorbita” “Ora che è sveglio non riesco più a muoverlo”
Oramai Harold era quasi abituato a quel sintomo. Ma in questo caso l'illusione uditiva sembrava partire direttamente dalla sua testa. La cosa lo spaventò, non era mai stata così vicina.
Col passare dei minuti e i tentativi di muoversi che continuavano ad essere inutili, l'ipotesi della paralisi del sonno scemava lasciando il ragazzo nella disperazione più soffocante.
“Paralizzato, senza propriocezione, incapace di comunicare con l'esterno e in preda alle allucinazioni...” temeva che quella situazione fosse permanente e che essendo incapace di spostarsi e nutrirsi sarebbe morto di inedia perchè nessuno avrebbe scoperto il suo corpo e lo avrebbe aiutato.
Una morte lenta, dolorosa e solitaria. Aveva molta paura di come avrebbe potuto reagire il suo cervello, ma anche immaginarsi per il resto della sua vita in quello stato era agghiacciante.
Prima di esserne pienamente coscienze cominciò a sperare che qualcuno lo uccidesse.
La voce femminile interagì esplicitamente con lui: “Finalmente siamo sulla stessa lunghezza d'onda!” esclamò, poi balbettò mortificata: “Ops... scusa io non...”
Sentendosi imbarazzato e tradito, Harold rispose mentalmente: “Roza, non ti ho mai detto che dovevi vivere per forza! Volevo solo che avessi l'opportunità di pensare in maniera lucida se davvero non ci fosse più nulla da fare per te! Mi spiace se ti sono sembrato prepotente, ok?! Puoi fare quello che vuoi ovviamente! Non ho né la possibilità, né l'intenzione di controllarti!”
Scoprì di avere ancora il senso del tatto percependo qualcosa di bagnato.
Non capiva da quale parte del corpo arrivasse lo stimolo, ma grazie alla vista appannata si accorse che si trattava degli occhi. Nonostante gli venisse da piangere non sentiva quelle lacrime come causate dai propri sentimenti. Era Roza ad utilizzarlo per piangere...
“Scusa, non volevo essere aggressivo, ma non è un buon momento per me!” pensò isterico.
“No... non è questo è che... sentirmi chiamare per nome fa un effetto davvero strano...” confessò la voce sorpresa. “Posso chiamarti Harold?” gli chiese timidamente.
“Beh, sì... fa come vuoi...”
“Haaarold, Haaarold, Haaarold...” canticchiò la voce. Ma il momento di semi-allegria durò poco e Roza tornò ai suoi mormorii angosciati.
Harold invece oscillava fra disperazione e goffi tentativi di calmarsi: “Fingiamo di essere certi che qualcuno ti trovi in tempo e che quindi vivrai anche se in queste condizioni, ok? Le piante vivono da ere in questo modo, magari ti ci abituerai anche tu...” si disse “Il tuo cervello si atrofizzerà per permetterti questo stile di vita da piantina... aspetta... in che modo sarebbe consolante?!
Magari ci penseranno le allucinazioni a tenerti compagnia... e poi puoi sempre imparare a comunicare sbattendo gli occhi! E poi... e poi le persone odieranno ancora di più passare il tempo con te... sarai solo un peso e accoglieranno con sollievo la tua morte!”
“Inquietante... siamo sempre più sulla stessa lunghezza d'onda.” commentò di nuovo Roza.
Harold era molto confuso su cosa provare. Forse avere qualcuno che poteva capire le sue paure era consolante e distraente. Ma una parte di lui voleva solo che si stesse zitta... si sentì colpevole.
Provò a ripetersi che sarebbe andato tutto bene, che l'avrebbero trovato e che qualche modo per risistemare il suo sistema nervoso potesse esserci ma era come cantarsi una ninna nanna per tranquillizzarsi, non riusciva a credere realmente in quelle speranze.
Sentendo una sensazione umida mosse gli occhi alla ricerca dello stimolo: Kunoichi gli stava annusando le dita strusciandoci contro il naso. Alzò il capo per guardarlo in faccia e gli domandò più volte “Mwra?”
Gli diede dei colpetti con le zampe, continuando a fissarlo e a miagolare in tono di domanda.
“Ora sei preoccupata, ma probabilmente per non morire di fame mi mangerai... va comunque bene, ti perdono in anticipo...” Questa volta era Harold a piangere, ma mentre teneva gli occhi nella direzione di Kunoichi notò di avere gli occhiali in tasca. Per quanto si sforzasse con la vista, non riusciva a percepire la montatura di un eventuale paio di occhiali di riserva sul volto. Eppure, ci vedeva molto bene.
Percepì con l'udito la propria risatina sommessa. Anche se faticava a muoverla aveva abbastanza controllo sulla bocca. “Non è un problema del sistema nervoso! Non avrebbe come effetto collaterale la guarigione miracolosa dei miei bulbi oculari! Sono semplicemente posseduto da uno spettro... È meraviglioso!”
“Cosa c'è di meraviglioso?! Se stiamo troppo nello stesso corpo rischiamo di assorbirci a vicenda! Sto già facendo fatica a distinguere i tuoi pensieri dai miei! E i miei ricordi dai tuoi!” disse la ragazza disperata. “Non voglio scomparire! Non voglio non voglio non voglio non vogliooo!” singhiozzò la voce.
-Non dicevi di voler morire?- commentò Harold sospirando. Entrò accidentalmente nella mente della ragazza e scoprì che in realtà le aveva fatto piacere che almeno qualcuno volesse la sua sopravvivenza.
“Smettila di guardare cose che non ti riguardano! Non assorbirmi!”
-Sc-Scusami! Non l'ho fatto a posta. Non cercavo di assorbirti!- disse imbarazzato. -Ma sono felice... temevo di essere stato troppo invadente. Al posto tuo, forse mi sarei arrabbiato... Se qualcuno pensasse di sapere cosa è meglio per me meglio del sottoscritto mi arrabbierei! Potrò essere masochista, ma so essere piuttosto orgoglioso, sai?- confessò forse a causa della positività che riprendere il controllo dell'apparato boccale gli aveva trasmesso -Non ci assorbiremo a vicenda, riuscirò a separarti da me, ma dobbiamo collaborare.- le disse serio.
Quando era piccolo sua madre non aveva molto tempo per lui e sua sorella essendo abbastanza più grande aveva spesso altri impegni così Harold passava molto tempo da solo a doversi prendere cura di sé stesso e dei suoi spaventi quotidiani di bambino.
Aveva imparato a spaccarsi. Una parte di lui andava nel panico e piangeva cercando il conforto di una figura di riferimento che fisicamente non c'era.
L'altra aveva il compito di proteggerlo cercando soluzioni ai problemi e di tranquillizzarlo dicendogli che sarebbe andato tutto bene anche mentendo spudoratamente, nascondendo alla coscienza tutto ciò che poteva andare storto e distorcendo la realtà.
Quest'ultima parte in quel momento aveva preso il controllo. Avrebbe trovato le soluzioni logiche al problema “possessione” non si sarebbe fermata neanche davanti a un muro da abbattere a testate.
“Siamo già stretti qui! Non metterci in mezzo anche le personalità multiple!” protestò Roza sentendosi soffocare.
-Si dice disturbo dissociativo dell'identità! E poi non si tratta di questo! Il mio è un gioco delle parti consapevole...- sospirò e cercò di convincere la ragazza ad ascoltarlo.
Harold aveva ipotizzato che Roza fungesse da interferenza fra il suo sistema nervoso centrale e quello periferico impedendo la trasmissione di alcuni comandi del suo cervello al resto del corpo, così chiese alla ragazza di provare a sincronizzare i loro pensieri sugli stessi movimenti da far compiere al suo corpo.
Anche se la parola “sincronizzazione” la terrorizzava, Harold riuscì a convincerla che fosse l'unico modo per muoversi e mettere in pratica dei piani per farla uscire dal suo corpo.
I due non riuscivano a coordinarsi per mantenere Harold in equilibrio e camminare. E Harold non poteva permettersi di cadere troppe volte danneggiando o uccidendo il proprio corpo magari rompendo il cranio o le vertebre cervicali cosa resa più probabile dall'impossibilità di pararsi con le mani che lui e Roza non riuscivano a coordinare abbastanza velocemente.
Ma con un po' di esercizio cominciarono a riuscire abbastanza bene a muoversi su quattro rampe e ad arrampicarsi sugli oggetti. Nel mentre Kunoichi li seguiva abbastanza confusa e curiosa.

Non aveva una scienza su cui basarsi, così Harold decise di puntare tutto sull'effetto placebo. Avrebbe dovuto convincere Roza che lei era capace di lasciare il suo corpo e sé stesso di poterla espellere.
Per prima cosa, Harold pensò che allontanando il suo corpo dalle condizioni in cui era avvenuta la possessione sarebbe stato più semplice permettere a Roza di lasciarlo. Così sì arrampicò dentro la vasca da bagno e con tutti i vestiti si lavò per bene per togliersi il puzzo della stanza infestata di spazzatura e procioni diversamente vivi in cui era stato con Max.
Harold realizzò che l'acqua fredda gli piaceva, si sarebbe potuto addormentare. “Forse il mio corpo si sta indebolendo, ma magari è la strada giusta per permettere ad uno spettro di entrare e uscire con facilità...”
“Di la verità... volevi solo lavarti...” commentò Roza sconsolata. “Mi hai fregata...” poi cominciò a canticchiare un motivetto triste.
Visto che la ragazza aveva paura di finire per non distinguere più i suoi processi mentali da quelli di Harold, il ragazzo che condivideva le sue stesse paure le aveva suggerito di parlargli spesso affinché entrambi potessero avvertirsi come autonomi e distinti. Se non aveva niente da dire, Harold le aveva consigliato di canticchiare, se non sapeva cosa canticchiare, avrebbe cantato lui. Potevano cantare anche insieme per sentirsi più in compagnia e comunicare, l'importante era concentrarsi ognuno sulla propria voce.
-Cerca di immedesimarti nell'acqua. Come questa scivola via dal mio corpo, scivola via anche tu.-
Percepì gli sforzi di Roza nel lasciare il corpo ma erano inutili. La ragazza si abbatté facilmente ma Harold aveva altri piani.
Uscirono dalla vasca col corpo di Harold completamente zuppo ma pulito. “Eh eh... sono il fantasma del pozzo...” pensò per un attimo Harold divertito da ciò che immaginava delle proprie sembianze.
“Harold, devi prendere questa situazione seriamente!” disse Roza allarmata.

Per il piano successivo, Harold si ispirò al modo di dire “vomitare anche l'anima” ma non funzionò, lo lasciò solo stremato.
“Volevi che mi immedesimassi nel vomito?!”
-N-no... ma pensavo che con lo sforzo e la disperazione avrei potuto spingerti fuori... Se solo avessi lo stimolo di partorire magari...-
“Non dire sciocchezze!”
-Chissà se c'è un modo per indurmi le doglie...-
“Sì serio!!!” In realtà era serio, ma allo stesso tempo doveva allentare lo stress con qualche cazzata se voleva rimanere lucido.

Dopo aver pronunciato formule e spinto Roza ad aiutarlo in degli strani movimenti, Harold si tagliò una ciocca di capelli.
C'erano voluti diversi tentativi per riuscire a padroneggiare bene le forbici e Harold aveva finito per ferirsi la mano con cui teneva la ciocca prima di riuscire nel suo intento, ma Roza continuava a stare dentro il suo corpo. La cosa lo deprimette molto.
“Se volevi buttarmi fuori grazie ad uno shock emotivo forse dovevamo tagliare più capelli...”
-Ho avuto già abbastanza shock emotivi eppure sei ancora qui!- disse Harold contrariato all'idea. -Pensavo che il taglio potesse fungere da rito per allontanare gli spiriti maligni...-
“Spiriti... maligni?” ripetè Roza depressa e infastidita.
-Era per dire! Forse non ha funzionato proprio perchè non sei uno spirito maligno!- disse Harold per tirarla su di morale.
“Qual'è il prossimo piano? Farti un salasso con le sanguisughe?”
-Mi sono già indebolito abbastanza con l'acqua fredda e la nausea, non penso sia il caso di perdere altro sangue o almeno teniamola come ultima opzione. Se non funziona e non riusciamo a controllare il mio corpo abbastanza bene da fermare il sangue e disinfettare la ferita potrei trovarmi nei guai...-
Forse accedendo all'immaginario di Roza avrebbe trovato qualche superstizione per far funzionare l'effetto placebo. Ma intrufolandosi nella sua mente più del necessario l'avrebbe solo spaventata. Così cercarono su internet dei riti per liberarsi dalla possessione e Harold cercò di studiare le reazioni di Roza per capire cosa avrebbe potuto funzionare meglio, ma non c'era niente che potessero praticare da soli.
-A quanto pare non è previsto che un posseduto si auto esorcizzi... né che uno spirito non voglia stare nel corpo di cui ha preso il possesso...- commentò Harold.
Roza era abbastanza spaventata. I riti non sembravano molto gentili e indolori per gli spiriti. “Ma io sono entrata qui per sbaglio...”
-Tranquilla, lo so, mi fido.- disse Harold cercando di trasmetterle fiducia. -Mi è venuta un'altra idea.-
Pensò che forse Roza potesse avere dei motivi di cui era inconsapevole per essersi infilata nel suo corpo. Forse capendo meglio la dinamica sarebbe stato possibile rimediare.
“Ero solo un po' stanca così mi sono seduta sulla tua ombra e ho visto che era capace di trainarmi. Mi sono rilassata un po' troppo così mi ci sono addormenta. Quando mi sono svegliata eravamo dentro quella stanza puzzolente e tu avevi le mani sporche di sangue a grumi!”
-No... erano mosche...-
“Poi hai urlato, io ho urlato, tu hai perso i sensi e io mi sono ritrovata nel tuo corpo... E poi c'erano Max e un'altra persona che mi... che ti... che ci fissavano...” spiegò la ragazza angosciata.
-Un'altra persona...- ripetè Harold. Roza conosceva la Allen ma nei ricordi della ragazza il suo volto e anche quello di Max non erano riconoscibili. Harold si rese conto che lo stesso valeva per tutti i volti nei ricordi della ragazza, anche prima che diventasse un fantasma. Non sembrava un effetto collaterale di quello stadio.
“Smettila di impicciarti!” esclamò atterrita, espellendolo con forza dai suoi ricordi.
-Scusa di nuovo! È stato un incidente! Però potevi dirmelo di avere la prosopagnosia. Avrei cercato di rendermi più riconoscibile...-
“In realtà non avevo idea che il mio problema avesse un nome.” l'idea che si trattasse di qualcosa con un nome e che anche altre persone avevano, fece sentire Roza un po' meglio. Harold invece si sentì molto infastidito.
“In pratica nessuno ha mai fatto caso ai sintomi di questa ragazza?! Com'è possibile essere così negligenti?! Ma vaffan...” gli venne un dubbio e chiese a Roza collaborazione per gattonare fino al bagno e arrampicarsi sul lavandino per potersi guardare allo specchio. Harold non riuscì a riconoscere il proprio viso, ghignò involontariamente al riflesso un momento prima di riscendere sul pavimento.
“Non solo è come se gli occhi che stessi usando non fossero i miei, anche l'elaborazione della vista non è la mia ma quella di Roza!” pensò esaltato. “I nostri encefali si stanno suddividendo i compiti? Come vorrei studiarmi e fare degli esperimenti...”
“Eh... Harold?”
-Uh... Perdonami, ovviamente darò la priorità al mettere fine a questa situazione.- la rassicurò producendo un sorriso teso. C'era un'altra cosa che aveva notato guardandosi allo specchio.
“Sono innaturalmente pallido... le mie labbra hanno un colorito violaceo... anche la pelle sotto le mie unghie...” si mise la mano sul petto e con sollievo sentì il cuore battere anche se lentamente. Ma aveva la sensazione che il suo corpo potesse trasformarsi da un momento all'altro in un cadavere.
“Harold, dobbiamo sbrigarci.” disse la ragazza testimone dei suoi pensieri e anche lei sospettosa che le condizioni del corpo fossero una conseguenza di quell'innaturale convivenza.
-Già... ma anche se sarà un casino a livello di movimenti e coordinazione credo che prima dovremmo mettermi dei vestiti asciutti... sai com'è, non vorrei andare in ipotermia e trasformarmi davvero nel fantasma del pozzo. Eh eh...- “Comincio già a sentire una strana attrazione per il freddo...”


Angolo dell'autrice:

Eccomi qua... Mi sono resa conto che forse la parte che mi rallenta nelle pubblicazioni è ricontrollare il capitolo. Ho molta difficoltà ad entrare in modalità trova gli errori. In particolare leggendo capitoli già pubblicati mi rendo conto di un sacco di errori nonostante tutte le ricontrollate che do prima di pubblicare. La cosa mi mette un po' a disagio, ma mi sa che mi devo arrendere, anche se ricontrollo ci saranno sempre diversi errori. Non mi resta che scusarmi con voi e sperare che essi non inficino troppo nella lettura...
Ero molto preoccupata per la parte onirica ma devo dire che alla fine ne sono abbastanza contenta!
Spero possa piacere anche a voi.
Ero un po' insicura con le parti relative a Leshawna e il suo trauma, mi sento sempre un po' a disagio a trattare tematiche delicate perchè sento di non riuscire a farlo bene e allo stesso tempo non voglio dare un tono monocorde. Ma in questa storia ho scritto molte che mi metteva a disagio scrivere e alla fine sono contenta di questi esperimenti.
Anche qui, spero che il risultato possa piacere anche a chi legge.
Sono molto atea ma ho un debole per il paranormale, le storie di fantasmi e gli elementi horror. È una simpatica coincidenza scrivere il capitolo proprio in questo periodo!
In realtà c'è un'altra storia a più capitoli che avevo scritto a tema per le festività dei morti con cui mi ero fermata a causa di impegni e che vorrei continuare...
Detto questo, grazie per la compagnia! Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto, se volete darmi un parere ne sono felice nonostante stia rispondendo con molta lentezza e non mi scuserò mai abbastanza di ciò...
Vi auguro un periodo sereno!
Alla prossima ^^

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Capitolo 18
*** Brucia la strega! (prima parte) ***


Cambiarsi i vestiti bagnati mentre era impossibilitato a stare in equilibrio sui soli arti posteriori e mentre, per potersi muovere, doveva coordinarsi con lo spettro che aveva preso il parziale controllo del suo corpo, era stato un processo lungo ed estenuante.
Ma per qualche motivo, Roza, stava canticchiando allegramente. Harold non se ne lamentava, che fosse più rilassata poteva tornargli utile, ma era comunque curioso. -Cosa c'è?- le domandò.
“Stai tranquillo. Non ho guardato mentre ti cambiavamo.” affermò molto orgogliosa della propria galanteria.
-Ah, grazie...  era l'ultima cosa di cui mi preoccupavo ma... sì... sì grazie...- era stato preso alla sprovvista, la trovava abbastanza buffa. Però: “Forse è anche perchè non stava guardando che è stata un'impresa cambiarmi... questo potrebbe spiegare anche perchè ho avuto dei problemi alla vista in quei momenti...”
Con quei pensieri e quella risposta aveva abbassato il morale della ragazza spettro. “Forse per le persone normali non c'è nulla di strano nell'essere guardati mentre ci si cambia i vestiti e mi sono esaltata per qualcosa di molto stupido e infantile...” rimuginò abbattuta.
-Ma no! Sei stata molto gentile e delicata  a preoccuparti di non mettermi a disagio. Non è una cosa scontata, sopratutto nei confronti di un uomo.- disse Harold cercando di complimentarsi e rassicurala. Lo mostrava in modo buffo, ma Roza ci teneva molto a non essere troppo di peso nonostante la situazione e Harold poteva empatizzare facilmente con lo stato d'animo della ragazza.
-E' che... sai, è una situazione assurda quindi non mi ero posto il problema. Inoltre non ho mai sviluppato un accentuato senso del pudore. Sarà che ho sempre condiviso la stanza con mia sorella.- Fino a quando non aveva compiuto nove anni si erano cambiati nella stessa stanza senza problemi, avevano anche usato la vasca da bagno contemporaneamente per non consumare acqua in eccesso.
Per alcuni aspetti, Harold, era cresciuto molto lentamente. Ci aveva messo parecchio per capire il motivo per cui Celia aveva cominciato a volersi cambiare separatamente e per cui improvvisamente risparmiare l'acqua non fosse più una priorità.
Inizialmente era stato convinto che sua sorella fosse offesa con lui per qualcosa e che per questo cercava delle scuse per passare meno tempo insieme. Quando Harold glielo aveva fatto presente, la ragazza gli era sembrata piuttosto divertita e gli aveva scompigliato i capelli con fare dispettoso. “Non c'è l'ho con te, scemo! Preferisco darti più privacy per farti maturare meglio.” ma dopo quella risposta, il bambino si era convinto ancora di più che la sorella fosse segretamente arrabbiata e che si fosse inventata una motivazione a caso.
“Oh... ecco perchè sei cresciuto così appiccicoso...” commentò Roza riportando Harold al tempo presente.
-Tu puoi frugare nelle mie memorie quanto vuoi, se sono io a farlo per sbaglio invece è la fine del mondo... ho l'impressione che si facciano un po' due pesi e due misure qui!- percepì la ragazza spettro sorridere nervosamente. -Tranquilla, tranquilla. Te l'ho già detto, non ho molto senso del pudore. Ti basterebbe una domanda generica perchè io cominci a parlarti della storia della mia vita a caso...- confessò sorridendo malinconicamente, aveva passato l'infanzia e l'adolescenza sentendosi solo, forse anche per quello aveva un disperato bisogno di parlare di sé...
-Ho cambiato idea, se non ci riesci non fa niente, ma cerca di frugare nella mia testa il meno possibile.- ritrattò dandosi un tono più freddo. Sentiva il bisogno di esporsi, ma c'erano alcune emozioni che avrebbe voluto nascondere o mascherare...
Per un attimo gli sembrò di sentire la ragazza bisbigliare “Capisco...”
Dopo un tentativo andato male di asciugare i capelli, non erano riusciti a stare in piedi e a tenere la mano abbastanza ferma da inserire lo spinotto nella presa, Harold mise in atto il suo ultimo piano per staccare Roza da sé ed estrasse da un contenitore uno strumento che a Roza sembrò una specie di tromba grossa, triste e deformata.
-E' una tuba...- disse Harold sentendosi un po' offeso per conto dello strumento.
“Non la so suonare...” mormorò lei percependo le intenzioni del ragazzo.
-Tranquilla, devi solo leggere i movimenti che voglio fare e assecondarli, semplice...-
“Ok, ma perchè devi suonare il tubo?”
-Tuba...- la corresse. -Ho un piano! In diverse culture, respiro e anima sono concetti associati. Sono certo che a furia di soffiare aria nella tuba, riuscirò a buttare fuori anche te... scusa se buttare fuori non suona così bene, ma ci siamo capiti, no? Inoltre la musica è sempre connessa sia ai rituali che all'anima... penso che potremmo essere sulla pista giusta!- disse fiducioso.
“Ho l'impressione che ti vada semplicemente di suonare...”
-No...- “A quanto pare Leshawna detesta la mia tuba! Ora che non c'è posso suonare in santa pace! Sì... forse i vicini non saranno troppo contenti... Ma dopo aver pulito la loro spazzatura mi merito di suonare un po', finalmente!” dopo aver fallito nel bloccare quei pensieri, Harold cercò di ridarsi un tono serio mentre percepiva la perplessità di Roza.

Come se il vecchio complesso di appartamenti volesse darle un perverso benvenuto, Leshawna percepì un odore particolarmente sgradevole che la rese irrequieta.
Inizialmente pensò si trattasse di suggestione, ma man mano che si avvicinava l'odore si fece sempre più chiaro; decomposizione.
“Beh, sicuramente non può essere Harold, quindi sono ancor meno affari miei.” l'odore la condusse ad una busta con quella che sembrava la carcassa scomposta di un mammifero, forse un procione. A giudicare dalle condizioni, il sacco era stato lanciato da un balcone...
“Eppure questo posto mi mette comunque meno ansia di casa mia... Questa è una tragedia!”
Dirigendosi all'entrata vide sua madre che stava parlando con Max. -Come hai fatto ad arrivare prima di me?! Eri a piedi!- chiese alla donna che la fulminò con lo sguardo, ma Leshawna smise di prestarle attenzione riconoscendo su Max l'odore sgradevole. “Quindi è lui che l'ha gettato...”
Accorgendosi di essere fissato con ostilità, Max le ringhiò contro ma indietreggiò nascondendosi dietro Lupe che non si scompose: -Questo ragazzino mi ha detto delle cose interessanti. A quanto pare, lui e Harold, sono stati incaricati dall'amministratrice di pulire delle stanze piene di spazzatura. Harold ha cominciato a comportarsi in modo strano, poi è svenuto e si è comportato in modo ancora più strano. Forse dovendo pulire tutta quella roba si è fatto prendere dall'isteria. A me succede.- disse Lupe molto più positiva sulle sorti del ragazzo.
-Harold non è mai stato uno che va in crisi per le pulizie e il disordine...- riflettè Leshawna. -Però...-
-E' venuta davvero? Non c'era bisogno...- commentò infastidita, l'amministratrice di condominio, appena uscita dal portone.
-Ha mandato una persona depressa a ripulire una stanza con delle carcasse?- domandò Leshawna in tono di provocazione.
-Ha scelto lui di farmi questo favore.- rispose la donna di un decennio oltre la mezza età mantenendo la calma. -Mi sembra più stressante la visita di un'ex intenzionata a controllarti. Eppure eccola qua, signorina! Ah, quell'occhiata omicida non funziona con me.-
-Non sto facendo nessun occhiataccia! È la mia faccia normale questa.- disse Leshawna con un tono scontroso.
“Con una fidanzata così scortese è ovvio che le persone si facciano idee strane.” pensò la signora. “Sono davvero mal assortiti... Come si sono conosciuti? Spaccio di droga?” non ci credeva davvero ma il collegamento più facile che le veniva vedendo una persona aggressiva e territoriale che sapeva di quartiere trasandato e un ragazzo strano, svampito ed emotivo, era che si trattasse di ex spacciatrice ed ex cliente messi insieme.
“Ah, non avrei dovuto chiamarla, un po' mi dispiace per il ragazzo. Ma alla fine non son affari miei, quello che potevo fare l'ho fatto.” pensò sperando che la crisi del ragazzo rientrasse e che non facesse la stessa fine della signorina Novak. Aveva trovato lei il corpo della ragazzina e ne era rimasta turbata. Forse in realtà la ragazzina aveva sui venticinque anni, ma pur essendo alta sembrava molto più piccina con quel visetto pulito e gli indumenti ampi che nascondevano eventuali forme. Da quel momento, la signora Allen aveva cominciato a interessarsi e preoccuparsi più facilmente per le persone che abitavano nel suo condominio.
“Certo che però mio nipote poteva affittare l'appartamento ad una coppia meno problematica.” pensò scocciata.
All'improvviso nell'aria si diffuse una melodia bassa e malinconica.
-L... Le sento solo io?- chiese Lupe irrequieta. -Le trombe dell'apocalisse?-
Leshawna trattenne una risata davanti l'impressionabilità e la superstizione della madre.
-Ah, l'apocalisse...- ghignò Max. -Tutto come nei miei pia... No, aspetta! Non ho mai organizzato niente di simile!-
Al suono dello strumento a fiato si aggiunse un arco, probabilmente un violino. -Oh! C'è anche il violino dell'apocalisse?!- chiese Max guardandosi intorno entusiasta. Poi si finse serio. -Violini... che cosa poco virile...-
-Ehi, rincoglionito! La cosiddetta tromba dell'apocalisse è la tuba di Harold!- disse Leshawna bruscamente. -Mentre il violino...-
-Ah, deve essere la ragazza ispanica con la figlia all'asilo.- la interruppe la Allen. -A volte quando è stressata si mette a suonare... Io vado a fare la spesa. Me ne lavo le mani, buona giornata.- disse la donna congedandosi un sorriso mellifluo.
Mentre Leshawna, seguita dalla madre, si apprestava a salire all'appartamento, al duetto tuba più violino si unì uno strano suono spettrale a metà fra un fischio prolungato e una voce distorta.
-Sei proprio sicura che sia tutto normale?- chiese Lupe irrequieta.
-Sicura!- disse Leshawna scocciata. -Sarà un altro strumento musicale! A quanto pare siamo pieni di musicisti qui...-
Nel frattempo videro Scott correre giù per le scale. -Odio la musica classica!- si sfogò l'uomo.
-Anche pieni di gente strana...- commentò Lupe.
-Non dirlo a me.- Leshawna scosse le spalle con un sorriso rassegnato. Poi il suo volto divenne nervoso mentre inseriva le chiavi nella serratura.

Harold, percependo l'umore cupo di Roza, decise di fare una pausa.
“Mmmmmh... rimarremo così per sempre e per adattarci le nostre menti si assorbiranno a vicenda...” ricominciò a ripetere Roza con dei lamenti che la facevano somigliare ad un fantasma tradizionale. “Oppure finchè non morirai...” pensò percependo che i parametri vitali di Harold sembravano di molto rallentati. La temperatura le sembrava più bassa della norma e la circolazione sanguigna era lenta. Il pensiero arrivò ad Harold che si stava innervosendo, ma cercò di trattenersi e non trasmetterlo a Roza a sua volta.
Kunoichi che fino a quel momento si era limitata ad vegliare a distanza si avvicinò. Incuriosito dalla cosa, Harold si concentrò istintivamente sui suoni per cercare delle cause al comportamento del felino. Mettendo in secondo piano il duetto di violino e lama sonora, percepì qualcuno davanti la porta e un tintinnio metallico. “Chiavi” pensò allarmandosi e spingendo all'allerta anche Roza.

Leshawna e sua madre trovarono il ragazzo seduto a terra che guardava nella loro direzione, stessa cosa per Kunoichi posizionata davanti al ragazzo. Lui chinò in avanti la schiena e appoggiò i palmi sul pavimento.
Ma più che la posizione, Leshawna trovava bizzarra l'apertura dei suoi occhi. Non portando gli occhiali avrebbe dovuto stringerli nella speranza di metterle a fuoco. Si chiese se fosse capace di vederle abbastanza bene da capire chi erano. -Ehi.- disse la ragazza per assicurarsi di essere riconosciuta, ma non vide modifiche nell'espressione del ragazzo, segno che l'aveva già identificata correttamente.
-Miò.- le disse la gatta. Lupe la osservò incuriosita.
-Anche se non è un verso minaccioso, ti sta avvertendo che questo è il suo territorio e non devi avvicinarti troppo.- tradusse Leshawna. Per un attimo Harold sembrò sollevato dal fatto che Leshawna avesse capito e rilassò la postura, poi ritornò guardingo.
A giudicare da ciò che poteva percepire Leshawna con l'olfatto, il ragazzo si era lavato, non aveva lo stesso odore di Max pur essendo stato con lui a fare pulizie. Era un sollievo per il suo naso sensibile ed era anche un buon segno che il ragazzo fosse in grado di provvedere a sé, ma per qualche motivo aveva la testa ancora bagnata, sembrava particolarmente spossato, teneva le labbra semiaperte per far passare dell'aria extra che sembrava servirgli e aveva una ciocca di capelli stranamente corta, sembrava che fosse stata tagliata di due terzi.
“Cosa ha combinato? E dove ha messo gli occhiali?” lui sembrava molto a disagio, era strano che non mettesse gli occhiali, tendeva ad essere molto più insicuro quando non ci vedeva bene. Quando avevano cominciato a dormire insieme aveva continuato a coricarsi con gli occhiali per almeno un mese perchè era irrazionalmente agitato quando si risvegliava senza poter mettere a fuoco l'ambiente se avvertiva una persona“intrusa” nelle vicinanze.
Lupe perplessa guardò prima la figlia, poi il ragazzo a quattro zampe, poi di nuovo la figlia, poi di nuovo il ragazzo. Sembravano due animali che si studiavano aspettandosi che l'altro attaccasse.
Sospirò e decise di avvicinarsi ignorando quelle dinamiche primitive. Ma la gatta cominciò a gonfiarsi ed emettere dei versi più profondi per allontanarla. Era come se volesse difendere un membro del branco ferito. Non sapeva che anche i gatti potessero avere questa mentalità di gruppo.
Sottovoce il ragazzo cominciò a sussurrare qualcosa che suona tipo “nonononono” poi con tono emozionato e tremolante disse: -Andate via! Non dovete stare qui!- sembrava che già formulare quella frase lo avesse privato di molta energia. -Io abito qui! Non tu... o tu... voi...- era amareggiato.
Leshawna si rese conto di non aver preso in considerazione il suo punto di vista. Non si aspettava che si sarebbe posto con quella strana ostilità. Avrebbe voluto sentirsi in colpa, ma il proprio malessere era più che altro dovuto al sentirsi trattata come un invasore. Era arrabbiata.
-Se cominci a comportarti normalmente, mi sentirò tranquilla e me ne andrò.- lo sfidò con un tono minaccioso.
-Eh?- Lupe era molto stranita dal suo atteggiamento.
-C...Cosa?- mormorò Harold esasperato. Il ragazzo provò ad alzarsi dandosi una spinta con le braccia ma queste tremarono e lo mantennero a terra. Questo portò Leshawna ad avvicinarsi, con grande disapprovazione di Kunoichi che ringhiò cercando di dissuaderla.
Ciò fece accelerare il respiro di Harold che portò indietro la schiena e le ginocchia al petto assumendo una posizione fetale come per difendersi.
Era scosso dai tremori e respirava sempre peggio almeno in apparenza, ciò portò Leshawna ad aprire bruscamente il cassetto dei medicinali per cercare qualcosa. Lupe prese la parola -No, tesoro, guarda che non è questione di medicinali.- l'avvertì pensando di aver riconosciuto la sintomatologia del ragazzo.
A giudicare dall'affare che aveva tirato fuori dal cassetto, Leshawna invece era convinta che fosse un attacco d'asma. Vedendola, Harold protesse la parte inferiore del viso con le braccia ricominciando a mormorare “nonononono” con tono spaventato.
-No un corno!- disse Leshawna incazzata cercando di scoprirgli la bocca con la forza per somministrargli il farmaco.
-Non uccidermi, non uccidermi...- ripetè Harold cercando di difendersi.
-Ma sei impazzito?!- esclamò Leshawna sempre più agitata e incline ad utilizzare la forza, era così concentrata sul suo obbiettivo da non fare caso nemmeno ai denti di Kunoichi che le si conficcavano nel polso.
-Leshawna!- la richiamò la madre tirandola all'indietro. -Non è asma! È un attacco di panico!- scandì forte e chiaro. -Per questo farnetica sul non ucciderlo... il coso dell'asma dovrebbe contenere il ventolin, giusto? È abbastanza comune che questo medicinale abbia come effetti collaterali ansia, aumento delle palpitazioni e tremori.- sospirò, da piccola di asma ne aveva sofferto anche la donna. -Non penso che lo ucciderà ma è probabile che lui abbia già il cuore a mille in questo momento, che sia in uno stato d'ansia è sicuro e puoi vedere anche tu che trema come una foglia. Il ventolin potrebbe farlo sentire mezzo morto o come se stesse per morire da un momento all'altro. Inoltre sarebbe inutile, non mi sembra asma ciò che ha in questo momento...-
Fra un respiro affannato e l'altro, Harold cominciò a sghignazzare esasperato e a dondolare. La donna ci aveva preso perfettamente! Era passato da dei parametri vitali bassi al sentirsi i vasi sanguigni a rischiò scoppio per l'afflusso di sangue mentre il cuore risuonava assordante come un tamburo! Non importa quando sembrasse improbabile, sentiva che il ventolin l'avrebbe ucciso! Ma l'attacco di panico non gli aveva permesso di spiegarsi chiaramente, era tragicomico quanto fosse nei guai e incapace di difendersi.
A peggiorare le cose, a causa di Roza sentiva di avere un omino che correva avanti e indietro per il suo cervello urlando. Aveva cercato di tenerla a bada ma era stato inutile. Ritrovarsi a sorpresa delle sconosciute che “la fissavano” in un corpo non suo e di cui non aveva il pieno controllo, con una delle due particolarmente aggressiva, l'aveva terrorizzata.
Ma un'altra anomalia ancora l'aveva fatta andare definitivamente in tilt... A causa dell'influenza di Harold era accaduto qualcosa di estremamente insolito; Lei che aveva dei grossi problemi a memorizzare e distinguere i volti, riusciva chiaramente a percepire il volto di Leshawna che era quasi una sconosciuta e che per giunta “la guardava” con una rabbia che le ricordava sua madre.
“Roza, se ne è andata... Se ne è andata...” le ripetè Harold cercando di tranquillizzarla per poter uscire dallo stato di panico.
“NON MI INGANNI” ribattè lo spettro sempre più irrazionale e meno disposto a collaborare.
Con la sua influenza di proprietario originale del corpo, Harold la “costrinse” a guardare la stanza.
La ragazza arrabbiata non c'era più, a giudicare dalla memoria visiva di Harold se ne era andata molto abbattuta, doveva essere successo qualcosa fra lei e il ragazzo mentre Roza era distratta dal suo panico personale.
Harold era in parte sollevato dell'assenza di Leshawna ma si sentiva molto in colpa per ciò che le aveva detto. Roza invece era talmente sollevata da essere sicura che se quel corpo fosse appartenuto solo a lei, sarebbe scoppiata a piangere. Un po' le dispiaceva perchè le sembrava irrispettoso nei confronti di Harold, ma non riusciva a trattenersi.
“Hai il mio permesso, tranquilla...” le disse il ragazzo e Roza emise i suoni di un pianto ad alta voce.
Harold si irrigidì per impedire al proprio corpo di assecondare la ragazza e cercò di distrarsi accarezzando la gatta che gli era salita sulle gambe. C'era ancora la madre di Leshawna lì, non poteva piangere di punto in bianco accentrando ancora di più l'attenzione su di sé.
-Vuoi un bicchiere d'acqua?- chiese gentilmente Lupe. Harold e Roza annuirono e con loro sollievo la donna si allontanò. -Sai, facendo l'insegnante sono abituata a questo tipo di situazione, ti sorprenderebbe sapere a quanti attacchi di panico ho assistito fra alunni e colleghi completamente esauriti.- disse Lupe cercando di fare conversazione.
-Quindi ti sei affidata all'esperienza per capire se ero in ansia o avevo l'asma e per escludere che avessi entrambe...-
-Stavi solo respirando molto velocemente, non tossivi e non emettevi quella specie di sibili e fischi che si fanno durante un attacco di asma, così ho preferito risparmiarti il ventolin...-
-Grazie...- mormorò il ragazzo.
-Penso che tu sia stato troppo velenoso con lei...-
-L-lo so!- singhiozzò il ragazzo nascondendo la testa con le mani. -Mi dispiace che tu sia dovuta rimanere qui...-
-Beh, lasciare sola una persona con un attacco di panico e un successivo senso di colpa mi è sembrato un po' pericoloso... Inoltre conoscendo mia figlia in questo momento preferisce stare sola...- “Sopratutto, non vuole me fra i piedi...” -Suppongo che dobbiate scusarvi entrambi... però mi spiace, non so proprio cosa sia preso a Leshawna.- la donna sospirò. -Di solito quando c'è qualcuno che sta male è razionale e fredda come un un chirurgo con decenni d'esperienza! Ma quando ci sei tu di mezzo diventa completamente scema...- cercò di non diventare troppo accusatoria, ma non riuscì del tutto.
-L'avevo detto che doveva fare i test di medicina, ha la mentalità perfetta per fare il medico.- rimuginò Harold. Gli effetti dell'attacco di panico sembrano affievolirsi ma a volte il ragazzo continuava ad inspirare come se avesse pianto a lungo e veniva scosso da dei tremori.
Lupe non capiva se trovare carina o preoccupante quella specie di stima ostinata da parte del ragazzo. -Suppongo di sì, finchè un paziente non le ricorda te, potrebbe anche funzionare...-
-Potrei averla esaurita...- confessò Harold. -Si è sempre innervosita per i miei problemi di salute e sintomi psicosomatici. Forse non mi regge più...-
Lupe stava per dire qualcosa, ma rimase in silenzio. Harold era consapevole che anche per la donna era un problema che la figlia stesse con una persona così problematica. Percependo quel pensiero, Roza si sentì infastidita da Lupe, anche lei era una persona problematica per motivi simili a quelli di Harold. Il ragazzo si accarezzò la testa cercando di tranquillizzare anche lo spettro.
Lupe si avvicinò porgendogli il bicchiere. Harold lo prese con fare incerto e se lo portò alle labbra maldestramente. -Hai dei problemi a muoverti?- gli chiese.
-Sarà colpa dei sintomi di prima, continuo a sentirmi molto indebolito.- Harold si giustificò.
-A parte l'attacco di panico, hai avuto altri problemi? Leshawna è voluta venire qua perchè qualcuno le ha telefonato dicendo che ti stavi comportando in modo preoccupante.-
-Eh, ecco... mi sono solo sentito collassare perchè c'erano degli odori molto forti e sgradevoli in una stanza che dovevo pulire, eh eh. E' stata la signora Allen a chiamare, giusto? Probabilmente si turba facilmente perchè c'è stato un tentativo di suicidio qualche mese fa. Credo sia molto più sensibile di quanto mostra...-
“Mi spiace” mormorò Roza. “Non credevo di causare tanti problemi...”
Harold abbassò istintivamente il capo in cenno di scuse e lo accarezzò di nuovo per confortare il fantasma. -Forse anche la sorella minore della signora non è solo una pettegola fastidiosa? In fondo è una brava persona?- si chiese.
-Uhm... Boh, non so che dirti, non le conosco...- disse Lupe.
-Ah, mi spiace...-
“Forse sei un po' troppo ingenuo?” Lupe non ne era sicura, ma a causa di Leshawna che le parlava continuamente di Harold come di qualcuno che aveva un bisogno disperato di fidarsi, era portata a pensare che il ragazzo stesse vedendo in modo troppo positivo le persone di cui stava parlando. “Mi spiace ragazzo, ormai ho un pregiudizio molto forte nei tuoi confronti...”

Leshawna era nel cortile del condominio. Era imbarazzante ma aveva battuto in ritirata.
“Attacco di panico?! Quella cosa che fa andare in tilt l'organismo di qualcuno perchè crea la convinzione irrazionale che morirà da un momento all'altro?! E per cosa l'avresti?!” aveva chiesto ad Harold più agitata di quanto avrebbe voluto.
“Secondo te?! Cos'è cambiato nell'appartamento rispetto a quando ti sei presentata qui?!” aveva risposto Harold esasperato. Leshawna aveva capito che stava indicando lei come la causa e in seguito le aveva anche dato dell'insensibile megalomane. “Ma tu ovviamente dall'alto della tua superiorità non prendi in considerazione l'attacco di panico! Come potresti averne mai avuto uno?! Come potresti capirmi?! Ovviamente mi credi solamente un melodrammatico coglione che vuole tenersi la crisi d'asma, vero!?” si era sfogato, poi aveva guardato verso il basso come se si fosse sentito in colpa per quello che aveva detto.
Le veniva da piangere ma non l'avrebbe fatto. Le veniva da strangolare qualcuno, ma non poteva farlo. Cercò di calmarsi e decise che doveva tornare a sorvegliare Harold perchè non era solo l'attacco di panico la fonte delle sue stranezze di quel giorno e lei doveva assicurasi della situazione.
“Mia madre non sa quanto quel mostriciattolo possa diventare agile! Se gli venisse in mente di doversi buttare dalla finestra lei non riuscirebbe a gestirlo, io si! Inoltre se torno lì scoprirò se sono davvero io la causa del suo malessere... forse l'ho spaventato un po' ma non sono una minaccia...”

Per chiacchierare, Lupe si era messa a parlare del loro argomento preferito oltre che dell'unica cosa che avevano in comune oltre al folclore cristiano-cattolico; Leshawna!: -Beh, il medico è un lavoro che richiede molto tempo anche come corso di studi. Con questa gravidanza non ce l'avrebbe fatta in ogni caso.- la donna sospirò pensando che non aveva idea di come fosse combinata la figlia con gli studi, la ragazza aveva sempre amato tenerle nascoste le cose.
-Non è detto, se le poni davanti il giusto obbiettivo va avanti come come una locomotiva...- disse Harold accennando un sorriso malinconico. “Il problema è trovare un obbiettivo...” -Ma per me, come medico era adatta. La vedo bene a voler passare a casa il minor tempo possibile...- pensò che era ironico parlarne proprio con quella donna. -Beh, però con una moglie medico potevo tranquillamente fare la casalinga e occuparmi della prole.- sdrammatizzò. -Oppure potevo prendermi un altro appartamento qui e farci uno studio lavorando come psicologo praticamente da casa... Oh! Potevo comprarmi finalmente un divano da mettere qua e ricevere direttamente i pazienti senza dover perdere di vista il bambino.- pensò divertito.
-Mh... Non penso daresti un'impressione molto professionale...- rispose la donna perplessa. -Eh, non pensi di essere un po' troppo pi... giovane per parlare in questo modo?-
Harold si sentì a disagio e si strinse ulteriormente nella posizione fetale assunta. Aveva scherzato su quella situazione impossibile perchè lo faceva sentire un po' meglio, ma quella donna aveva il talento di farlo sentire sbagliato.  
Lo sbaglio per lei era dal principio l'approccio serio che aveva avuto alla relazione. Per Lupe, se non fosse stato per quella gravidanza, non avrebbero dovuto pensare ad eventuali figli, a pianificare cose per il futuro, né alla convivenza. Infatti a quest'ultima cosa era stata fin dall'inizio contraria. Per lei avrebbero dovuto avere un approccio molto più leggero alla relazione. Anche per questo aveva sempre visto come un problema la salute del ragazzo, portava parecchie preoccupazioni e stress a Leshawna, non era compatibile alla leggerezza che per quella donna era necessaria tra due persone prima di una certa età.
“Quelli malaticci come noi, dovrebbero solo marcire da soli?” chiese Roza con un sussurro simile a quello di uno spirito vendicativo.
Harold non era impressionato, si accarezzò il capo “Credevo che tu fossi dello stesso avviso...”
“Uh... cambiato idea...” disse lo spettro più innocentemente.
A labbra strette, Harold ridacchiò sommessamente “Mi fa piacere.” interpretava positivamente quella maggiore assertività che lo spettro stava mostrando, ma sperava di non essere lui ad indebolirsi di conseguenza come se la sua forza vitale stesse venendo assorbita.
-Eeehì...- pronunciò improvvisamente Harold per richiamare l'attenzione della donna. Aveva usato un tono stranamente sottile e allegro per quella che era stata l'atmosfera fino a quel momento. -Tu alla mia età cosa stavi facendo?- chiese il ragazzo con tono innocente.
Lupe sospirò, aveva colto la critica. -Erano tempi diversi... Ora certe dinamiche non funzionano più... Ho pensato di farvi sposare perchè ormai c'era una gravidanza. Tanto valeva fare le cose come comanda il Signore. Ma ora non c'è più bisogno, mi occuperò io del bambino, tu puoi farti gli affari tuoi o fare una visita di tanto intanto, è meglio così, no?- pensava di far notare una cosa positiva ma dall'espressione infastidita del ragazzo capì che la prospettiva non lo entusiasmava. -Ah, non ne azzecco davvero mezza con voi due...- la donna sospirò. -Adoro mia figlia, non ho mai pensato di non volerla quando ho scoperto di essere incinta, ma ammetto che sarei stata sollevata se se ne fossero presi cura i miei nell'attesa di sistemarmi e diventare più responsabile. Ora con mio marito le cose vanno bene, ma quando eravamo molto giovani non era esattamente così... abbiamo fatto molti errori... Non dire nulla di tutto questo a Leshawna, ok?- chiese la donna un po' a disagio.
Harold sbuffò, non capiva perchè non fosse più sincera e diretta con la figlia. Sua madre non gli avrebbe mai nascosto nulla di scomodo.
“Come vuole il Signore... ma è cristiana?” chiese Roza. Harold rispose annuendo impercettibilmente. Roza rabbrividì. Non le piaceva il modo in cui i cristiani trattavano i presunti demoni durante gli esorcismi. Non voleva essere spedita fra le fiamme dell'inferno e cose così!
“Tranquilla, non vuole e non può farti alcun esorcismo, manco sa che sei qui. Probabilmente neanche ci crede a certe cose...” le disse Harold carezzandosi il capo. -Credi nei demoni?- domandò ignorando l'opposizione di Roza che temeva che la donna potesse insospettirsi.
Lupe rise. -Ma no!- poi si incupì un po': -Anche se... sai, a volte mi metti in difficoltà. Sembri una creaturina a parte...- disse la donna esaminandolo con i suoi grandi occhi scuri.
Roza si spaventò, Harold pure ma cercò di fare finta di niente. -Creaturina... a parte?- ripetè. -So di avere un aspetto terribile in questo momento, ma creaturina a parte mi sembra fin troppo crudele!- rispose fingendosi infastidito.
-Sì, sembri più strano e malaticcio del solito oggi e il modo in cui ti coordini con quel gatto come apparteneste alla stessa specie è... particolare, direi.- Harold carezzò la testa della gatta che la fissava storto. -Ma soprattutto i tuoi cambi di voce... fossi superstiziosa... Sì, potrei effettivamente pensare che tu sia posseduto dalla spirito di una ragazza....- osservò seria.
Il ragazzo rise prendendo sia la donna che Roza in contropiede. -Ah, mi spiace! Negli ultimi giorni per passare il tempo mi stavo allenando in un trucchetto di prestigio e per farlo meglio ho pensato che fare più voci sarebbe stato divertente! Devo aver continuato ad allenarmi a fare una vocina più femminile senza neppure farci caso... mi spiace di averti spaventata!-
-Oh, sei molto bravo, complimenti!- disse allegra la donna. Ma Roza rimase in allerta.
-Ma se avessi pensato che fossi posseduto, quale sarebbe stato il mio destino?- domandò Harold fingendo una curiosità innocente. -Avrei subito un qualche esorcismo?- chiese in tono di scherzo.
-Ma no.- rispose la donna. -Non credo ai demoni, ma credo molto nei fantasmi, sai?-
Harold inizialmente rimase sorpreso, poi si ricordò che Leshawna qualche volta l'aveva presa in giro per qualcosa di simile. La donna continuò: -Ma penso che anche se un fantasma possedesse qualcuno, sarebbe solo una cosa temporanea. Altrimenti ci sarebbe notizie di persone che cambiano completamente personalità senza presentare danni cerebrali che possano spiegarne le ragioni, no? È anche per questo che siamo sicuri che i demoni non possano esistere! Ma invece sono sicura che i fantasmi esistono!- disse la donna molto vivace.
“Questa donna non mi piace per niente! Ci scoprirà e mi scioglierà buttandoci addosso il sale!”
“E' tutto sotto controllo, tranquilla, abbi pazienza solo per un altro po'...”
-Tu comunque mi sembri troppo incline ad interessarti al paranormale e robe strane.- gli disse Lupe. -So di averti regalato un libro di esoterismo ma era semplicemente un' offerta di pace. Non dovresti curiosare troppo o potresti finire in qualche guaio con le persone sbagliate o... con le cose sbagliate! Non è che invece di allenarti a fare un giochetto di prestigio ti stavi allenando a modificare la voce per organizzare uno scherzo durante una seduta spiritica? Anche se ho detto che i demoni non esistono per sicurezza dovresti evitare cose sataniche!-
Harold la guardò infastidito, poi sorrise e prese la voce di Roza in prestito per ridacchiare. -E cosa ti dice che la seduta spiritica non sia già stata fatta e che non abbia evocato qualcosa a possedermi? Del resto fra un gioco di prestigio e l'altro, ho sempre avuto il potenziale per essere un ottimo fattucchiere, non pensi?-
“Sei impazzito?! Cosa diavolo stai facendo?!” protestò Roza atterrita mentre Lupe sembra paralizzata dall'inquietudine.
-Scherzavo, Leshawna ha ragione! È semplicissimo spaventarti!- disse divertito utilizzando la sua voce naturale.
La donna tirò un sospiro di sollievo e si sentì abbastanza stupida. -Ti pregherai di non bullizzarmi come fa la mia crudele figlioletta, per favore... Perchè ho l'impressione che abbiate imparato le cose peggiori l'uno dall'altra?- la donna andò a prendere qualcosa nella parte della stanza in cui c'era la cucina.
“Se mi comporto in modo stupido e scherzoso si convince che sto bene e se ne va... In questo modo potremo ricominciare a tentare di separarci prima, no?” spiegò ad una Roza molto infastidita. “E' questo che intende Leshawna quando si lamenta di non potersi fidare di me?” si chiese poi pensando al fatto che forse qualche tendenza manipolatoria l'aveva.
Roza invece provava stupore e ammirazione, dal suo punto di vista Harold era spaventosamente socievole. Era capace di scherzare anche con persone molto più vecchie di lui che l'avevano guardato durante un momento di vulnerabilità e imbarazzo come un attacco di panico! Era un lato di quella persona che non si sarebbe mai aspettata!
“G... Grazie ma non esagerare... è una persona che conosco da tanto, è normale che non abbia grossi problemi...” disse un po' a disagio. Era abituato a ricevere complimenti da sé stesso ma ricevere quello strano quantitativo di ammirazione da uno spettro con cui stava condividendo corpo e sistema nervoso era una sensazione molto disorientate. “Per te anche le cose più semplici sono fonte di stupore, eh?” pensò dispiaciuto, passato l'imbarazzo.
Lupe si era presa una sedia e l'aveva posizionata davanti a lui. Non sembrava un buon segno. Notando l'espressione corrucciata del ragazzo la donna gli disse con un tono gentile. -Non preoccuparti, rimarrò un po' qua nell'attesa che tu ti ristabilisca. Oppure hai bisogno di andare da un medico? Cosa ti senti esattamente? È solo qualcosa di emotivo o hai qualche sintomo fisico?-
-Eh... signora, io sto già meglio, non ho alcun problema fisico o emotivo, sono solo un po' stanco.- disse il ragazzo cercando di sorridere mentre Roza ripeteva: “Ahi, ahi, ahi...”
-Ti ho mai raccontato di quel mio zio che si è suicidato dopo una serata passata insieme in famiglia in cui sembrava particolarmente allegro?-
“Ok, non si fida...” Harold sbuffò. “Ahi, ahi, ahi...” continuò Roza.
-Non hai freddo lì sul pavimento? E poi dovresti asciugarti i capelli...- si ricordò del modo in cui suo marito nascondeva stupidamente i propri problemi di salute per non andare dal medico. Si era tenuto un dente spezzato e una gengiva gonfia per diversi mesi. -Non è che ti sei rotto qualcosa e non riesci ad alzarti?- chiese la donna con tono di rimprovero.
-Eh...? Perchè cavolo dovrei nascondere una cosa del genere?!-
-Magari sei convinto che sia solo una storta e non vuoi disturbare... ti dispiacerebbe scoprire le tue cavigliette magroline e facilmente frantumabili, per favore?- disse scendendo dalla sedia e avvicinando la mano come se la domanda fosse solo una formalità.
Ma la donna venne bloccata e trascinata via per il braccio da Leshawna. -Vorrei parlare in privato col mio ex coinquilino, grazie.- sbuffò ignorando le lamentele della madre, arrivando a spingerla fuori dall'appartamento.
-Dunque... tornando a noi...- Leshawna si interruppe vedendo che, muovendosi sui quattro arti piuttosto velocemente, il ragazzo aveva quasi raggiunto la camera da letto per sfuggirle. -Ok, ora sappiamo che non hai nulla di rotto, bene.- dichiarò Leshawna.
Mettendogli una mano sotto l'addome e una a proteggergli la parte posteriore della testa, Leshawna capovolse il ragazzo mettendolo a pancia sopra e lo tenne per un piede per evitare ci si allontanasse.
Harold la osservava contrariato con le braccia conserte e serrava le labbra come per indicarle che non voleva rivolgerle la parola.
-Volendo avrei potuto semplicemente prenderti per la caviglia e tirare. Invece non l'ho fatto per non rischiare di farti sbattere la faccia, romperti qualcosa e farti sanguinare. Mi sembra chiaro che non abbia intenzione di danneggiarti. Potresti quindi mostrarti più collaborativo?-
“Non mi fido affatto del suo tono...”
“La conosco, Roza, lo so...” aveva il tono forzatamente gentile di qualcuno che vorrebbe saltare alla gola del suo interlocutore ma che si trattiene. Nonostante tutto, sapendo quanto fosse impulsiva, Harold ammirava i suoi sforzi.
Leshawna si staccò la bocca di Kunoichi dalla caviglia. -Non ti offendere, ma fai schifo come guardia del corpo.- le disse con aria severa.
-E' una brava gatta! Non vuole farti male...- disse Harold allungando la mano verso la testa di Kunoichi. -Se volesse ti avrebbe affondato i denti nella carne stimolando i nervi e portandoti a nausea e appannamento della vista... dovresti dirle grazie!-
-Grazie.- disse Leshawna toccando a sua volta la testa di un'infastidita Kunoichi e sfiorando la mano del ragazzo che la ritirò tempestivamente. -Ripeto, sei una pessima guardia del corpo. Se pensassi che un mio compagno stia venendo aggredito, col cavolo che mi limiterei!-
-Ah... sa che non rappresenti veramente un pericolo.-
“Ne siamo sicuri?!” commentò Roza.
Leshawna si sentì un po' felice per la risposta di Harold ma cercò di nasconderlo. -Non sono tutto fumo e niente arrosto come quello smidollato di Duncan...- borbottò.
Il ragazzo sospirò. -Mi fa piacere che tu ti sia preoccupata tanto da venirmi a controllare, grazie, ma come tu stessa puoi vedere, sto benissimo!- disse esasperato, ma la cosa rese Leshawna ancora più sospettosa. -Il fatto che non riesca a stare in piedi è un effetto collaterale di un farmaco che ho usato unito alla mancanza di sonno e ai miei normali problemi con le vertigini. Quindi nulla di preoccupante, svanirà presto.- decise che era la scusa migliore da darle ed effettivamente la ragazza sembrò un po' sollevata.
-Oh...- Leshawna non si fidava per niente dell'istinto di sopravvivenza di Harold, ma era sicura che non avrebbe mai corso il rischio di compromettere le funzioni del proprio corpo e di doverci convivere ed era sicura anche della sua conoscenza dei farmaci che utilizzava. Pauroso com'era, se avesse sospettato che ci fosse il rischio di non potersi più rimettere in piedi avrebbe immediatamente chiamato un'ambulanza. -In realtà ho pensato che ti muovessi da quadrupede per qualche capriccio infantile... Magari visto che cadi facilmente, ti senti più al sicuro a contatto col pavimento o forse è una posizione da cui ti viene meglio difenderti e scalciare, cose così...-
“Effettivamente sarebbe una cosa da me... Lo ammetto, mi conosce abbastanza bene...” pensò un po' imbarazzato.
La presa di Leshawna sulla caviglia si allentò permettendo ad Harold di sfilare il piede e rimettersi seduto. Ma la ragazza continuò ad osservarlo rendendo Roza sempre più tesa.
-Per quanto tempo hai intenzione di tenermi sotto osservazione?- le chiese Harold guardandola di traverso.
La ragazza si sedette davanti a lui. -Boh...- sbuffò.
Il ragazzo scattò e cercò di nascondersi sotto al letto, ma Leshawna lo ribaltò e bloccò nuovamente.
-Ok, quello di prima potrà anche essere stato un attacco di panico, ma se ti infili là sotto, l'attacco d'asma ti verrà sicuramente.- Leshawna lo rimproverò aspramente.
Harold sbuffò, sapeva che aveva più o meno ragione, mettersi dove c'era polvere non era una grande idea e non capiva perchè l'istinto gli avesse suggerito quella mossa. “Roza?”
“Non è colpa mia!”


Angolo dell'autrice:

Scusate il tempismo come sempre, ultimamente non sono stata dell'umore per scrivere né per fare altro, ho praticamente studiato e basta e una volta finito ci sono voluti un po' di giorni per riprendermi.
Detto questo; questo è stato un capitolo piuttosto difficile. La situazione di Harold è strana e complicata da descrivere e gestire, inoltre non riesco proprio a fare i capitoli della lunghezza che vorrei, dall'altra parte ho capito che scrivendo pensando continuamente di non dover superare un certo numero di righe, pagine e di dover far entrare tutto in un capitolo, scrivo molto peggio di quanto farei normalmente, così ho deciso di rilassarmi e di scrivere come mi veniva naturale senza prefissarmi di dover far entrare tutta una serie di avvenimenti in un solo capitolo. Spero non risulti un problema, ma per me questa è stata la soluzione migliore...
Spero che abbiate passato una serena giornata dell'immacolata e che questo capitolo possa esservi piaciuto, mi scuso per eventuali errori.
In ogni caso, come sempre sono molto grata a tutti quelli che hanno avuto la pazienza di arrivare fino a qui.
Grazie di cuore, davvero ^^
Alla prossima!

Nota; lama sonora: è uno strumento che derivato dalla sega musicale (una sega trapezoidale in acciaio usata per suonare, tramite un archetto da violino, contrabbasso, violoncello o viola usata sulla parte senza denti) differentemente dalla sega, la lama è priva di denti su entrambi i lati e viene concepita a posta per fungere da strumento musicale.

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Capitolo 19
*** Brucia la strega! (seconda parte) ***


Leshawna, di sua iniziativa, aiutò Harold a lasciare la posizione distesa e a rimettersi seduto sul pavimento. -Potevo farlo anche da solo...- mormorò infastidito. Mentendo.
Lui e il fantasma con cui condivideva il corpo, non stavano più riuscendo a coordinarsi bene. Riuscivano comunque a muovere il corpo ospitante, ma in modo meno preciso.
“Temo che Leshawna ci abbia messo in tilt...” pensò Harold, ma Roza aveva un'altra, catastrofica teoria: “Ci stiamo rompendo, rimarremo intrappolati nel tuo corpo senza poterlo più muovere.”
“Oppure le nostre prestazioni calano perchè sono stanco.”  propose Harold infastidito. “Ho passato la notte in bianco, dopotutto...”
Roza tirò metaforicamente un sospiro di sollievo, le piaceva quella spiegazione, poi si preoccupò: “Ma se ci addormentiamo... cosa ci succederà al risveglio?”
Anche Harold era preoccupato. Durante il sonno,  il cervello riorganizza molte informazioni, emozioni e ricordi. Ma, anche condividendo lo stesso spazio, le loro menti erano due. Sarebbero state riorganizzate come una sola?
Leshawna era tesa per altri motivi. Non ricordava perfettamente cosa avesse detto al ragazzo quando ci aveva litigato il giorno prima, o peggio ancora la notte prima. Ma era abbastanza sicura di aver detto di odiarlo più volte e di non esserselo rimangiata esplicitamente. “Beh... però dal contesto si capisce, giusto? Ma lui mi ha rinfacciato più volte di non avergli detto esplicitamente qualcosa quindi... Magari per cominciare col piede giusto dovrei scusarmi? Ah, certo che lui è un rompi... no, forse sono io un po' maleducata...” pensò imbarazzata. Maleducata, suonava meglio di codarda.
-Smetti di fissarmi in quel modo cupo. Mi metti a disaggio.- dichiarò Harold.
“Come fa a vedere come lo fisso se non ha gli occhiali?” pensò infastidita. -Sono qui, eppure non stai avendo alcun attacco di panico.- gli fece notare. “No, non era questo quello che volevo dirgli...”
-...Vuoi che mi scusi perchè ti ho fatta sentire in colpa per l' attacco di panico, prima?- disse perplesso.
-Così mi fai sembrare meschina.- affermò irrequieta. -Volevo solo farti notare che non era colpa mia. Altrimenti saresti ancora spaventato, no?- “Mi sa che aspetterò un momento migliore per scusarmi... Ah ah... Ah... AIUTO!”
-Non è esattamente così che funziona.- rispose lui con un po' di fastidio, poi sospirò. -Però... magari... potrei essere stato troppo frettoloso a incolparti.- “Sei comunque la goccia che fa traboccare il vaso, ma non ho voglia di litigare con te.” pensò stanco.
Roza era un po' infastidita da quelle scuse, Harold stesso non si sentiva del tutto a posto. “In effetti perchè sono solo io a scusarmi?!” Poi avvertì che Leshawna lo aveva afferrato per i fianchi cercando di portarlo più vicino a sé e di sollevarlo.
Per compensare le braccia deboli, il ragazzo chinò all'indietro la schiena e poggiò le piante dei piedi contro le spalle della ragazza per mantenerla a distanza. -Che fai?- le chiese accusatorio.
-Ti sposto sul divano letto. Così non ti congeli.-
Infastidito, Harold rotolò via fino al divano letto e ci si arrampicò sopra. “Suppongo che a questo punto, le difficoltà nei movimenti che abbiamo avuto prima, fossero solo dovute a un blocco psicologico.” comunicò mentre era irritato.
-Avresti faticato meno lasciando fare a me.- disse Leshawna con rassegnazione.
-Beh, sarebbe stato carino da parte tua, dirmi cosa volevi fare e chiedermi il permesso. Solo perchè hai la forza di farlo non significa che puoi...-
Leshawna lo interruppe. -Ok, va bene, mi spiace.- disse scocciata sedendosi accanto a lui.
-In tuo atteggiamento mi dice che non sei affatto dispiaciuta.- rispose il ragazzo cercando di allontanarsi. Per non guardarla le diede le spalle. Pur assecondandolo, Roza protestò “Non mi sento molto al sicuro così!”
Leshawna sospirò, era mentalmente stanca e irrequieta. -Senti, mi spiace davvero. Sono solo preoccupata per te e ho avuto una pessima giornata.-
-E secondo te, io come sto? E... Ehi!- si interruppe accorgendosi che la ragazza gli stava tenendo e muovendo la ciocca di capelli più corta delle altre.
-L'hai accorciata per... lutto?- ipotizzò Leshawna.
-Stavo facendo un esorcismo.- confessò Harold con naturalezza facendo atterrire Roza.
-Un esorcismo per cosa?- Leshawna glielo chiese tranquillamente per rassicurarlo.
-Uhm... Uuuhm... per qualcosa...-
A Roza venne un colpo “Harold, dimmi la verità, vuoi farle capire che qualcosa non va e farti portare da un esorcista che mi faccia svanire nell'oblio... o che mi releghi all'inferno... Non ho la minima idea di come funzionino le cose, ma sono sicura che se gli esorcisti hanno un effetto, non è positivo! Ma se vuoi sbarazzarti di me... lo capisco...”
“Al massimo mi porterebbe in ospedale...” Harold avrebbe voluto risponderle per rassicurarla che non stava complottando contro di lei ma venne interrotto dalla sensazione di qualcuno che gli teneva gli avambracci e gli appoggiava la fronte contro la nuca.
-Che fai?!- Harold cercò di limitare al minimo la sua isteria.
-Ah, scusa... Ero sovrappensiero.-
Roza puntualizzò infastidita: “Te l'avevo detto che non mi piaceva darle le spalle...”
Ma Leshawna continuò a tenerlo per gli avambracci per avvicinarlo. -Pensavo che l'avessi superato il... ribrezzo nell'essere toccato da me.- disse vagamente indispettita.
-Vero, il meccanismo di difesa è purtroppo crollato.- ammise freddamente “Lo hai fatto crollare di proposito? Complotti per rimettermi con con te o per distruggermi?” Pensò Harold irrequieto. Poi ci ripensò. Era irragionevole comportarsi come se Leshawna avesse dei poteri mentali che potevano disattivare i suoi meccanismi difensivi come e quando voleva. “Anche se a volte ho l'impressione che sia proprio così...”
“Le relazioni sono terrificanti...” mormorò Roza. Harold concordò.
-Non è niente di inappropriato se cerco di riscaldarti, giusto? Sei un fottuto ghiacciolo!- disse Leshawna prima sfregandogli le mani. Poi si alzò e abbassò il divano letto con lui sopra che in un primo momento cappottò.
Mentre cercavano di riassumere una posizione difensiva, Roza immaginò i peggio scenari. Harold era un po' in confusione ma cercò di acquietare lo spettro. Leshawna semplicemente disfò le coperte e le sistemò attorno ad Harold probabilmente nel tentativo di riscaldarlo. Inizialmente aveva anche cercato la gatta per mettergliela vicino, ma Kunoichi stava dormendo su una sedia della cucina.
“Visto, Roza? Non aveva brutte intenzioni, te lo avevo detto. Ah ah...” disse Harold fingendo di esserne stato certo per tutto il tempo. “Almeno questa volta ha dato una specie di spiegazione e chiesto una specie di permesso. Son piccoli progressi, eh...”
“Ma se non ha aspettato la tua risposta!” obiettò Roza.
-Vado a bollire dell'acqua.- disse Leshawna lasciando la stanza.
“No Roza, non vuole bollirci. Non ho mica pentole così grandi! Non sono uno stregone...”
“Ormai mi aspetto di tutto da te... Dici che fai un esorcismo e lei non fa una piega, che devo pensare?”

Harold non riuscì a toccare la tazza di tè. Era troppo calda, non sapeva se fosse Leshawna ad aver bollito troppo l'acqua o lui a percepire un'eccessiva differenza di temperatura fra sé e la tazza. Effettivamente anche le mani di Leshawna gli sembravano insopportabilmente calde.
Roza con la sua solita positività aveva deciso che la donna volesse deliberatamente ustionarli! Ma allo stesso tempo, la ragazza spettro era imparanoiata all'idea di star seccando il suo compagno di sventure.
“Roza, sul serio, va tutto bene.” preoccupato, il ragazzo decise di volersi affrettare con la risoluzione della possessione anche con la presenza di Leshawna.
-Ehi, Leshawna.- disse cercando di usare il tono più innocente che gli usciva. -Non è che mi porteresti la mia tuba? Vorrei suonare un po'... magari mi sentirei meglio!- fece del suo meglio per farlo sembrare il naturale desiderio di una persona convalescente annoiata.
Con un po' di perplessità, Leshawna gli accarezzò il capo. Harold si sentì a disagio “No, no, no... non stavo richiamando la tua attenzione e il tuo affetto! Ti stavo chiedendo un favore!” pensò nella contrarietà e nella confusione.
-Quando starai meglio.- rispose Leshawna, contrariata a sua volta ma dal fatto che il ragazzo avesse la testa umida. Controllandola meglio si accorse che alcune parti erano proprio bagnate. -Tutto il lavoro che ho fatto per riscaldarti è inutile.- sbuffò andando in bagno.
-Io non te l'ho chiesto!- si lamentò Harold. -Ti avevo chiesto la mia tuba, ma a quanto pare mi devi odiare proprio come musicista...- fece offeso.
Leshawna uscì dal bagno con il phon e una prolunga. Mentre la ragazza gli asciugava i capelli, lui era estremamente stordito dal rumore e dal calore. Sentiva la testa leggera, come se stesse per svenire “O evaporare.” pensò. Non sapeva nemmeno lui perchè rimaneva così passivo, si sentiva strano. Forse voleva avere un malore e far sentire Leshawna in colpa? Era troppo stanco e debole per respingerla? Sentiva che non gli importava particolarmente di cosa gli sarebbe successo.
Si risvegliò da quello stato perchè non sentiva più la presenza di Roza. -Non mi sento bene! Calo di pressione!- esclamò allarmando Leshawna che spense il phon e capendo dopo qualche tentativo andato a vuoto che lui non voleva o non poteva rispondere alle sue domande cercò di controllare che fisicamente il ragazzo fosse integro.
A parte la pelle fredda, il sudore freddo che produceva dalle tempie, qualche tremore e il fatto che sembrava improvvisamente traumatizzato sembrava ,che fosse tutto a posto... “Quindi non è apposto per niente!” -Ha... Har... Mi spieghi cosa ti senti e cosa devo fare per aiutarti, cazzo?! Eh, intendevo, per favore...-
Nel frattempo Harold cercava di ritrovare la calma “T-tranquillo! Forse Roza è solo tornata al suo corpo o... o magari esiste un al di la ed è passata a miglior vita o... magari è semplicemente uscita dal tuo corpo e non riesci più a vederla! Non è ciò che volevate?! Perchè devi per forza pensare che si sia disintegrata a causa del phon!?” si disse. “aaaaah... uccisa da un phon! Che fine triste, miserabile e patetica... è orribile!” se pensava troppo a quell'ipotesi gli veniva da urlare.
Riusciva a muoversi in autonomia ora, anche se sentiva il suo corpo pesante e la sua vista... “Continuo a non avere gli occhiali, giusto?” si toccò il viso per accertarsene e rabbrividì. Non aveva gli occhiali, ma ci vedeva ancora.
“Ho tenuto la vista di Roza... che significa?” ripetè l'ultima frase più volte mentre nella sua testa emergeva un'ipotesi spregevole. “Io... io ho... Io ho assorbito la mia amica e ho tenuto la sua vista?!” pensò assalito dalla nausea. “E' stata uccisa dal mio istinto passivo e autolesionista?! I-io...”
La sua crisi venne interrotta da uno strano rumore. C'era qualcuno che russava, ma il suono proveniva dalla sua testa... dall'interno della sua testa...
“Mentre io soffrivo, questa qui... Si è addormentata per il calore del phon?” -Fanculo!- esclamò. Era estremamente sollevato, ma il suo corpo chiedeva vendetta per lo spavento provato.
-Fanculo lo devo dire io!- esclamò Leshawna furiosa. Mentre Harold spaventato emise uno squittio acuto. Leshawna continuò: -Mi hai fatto prendere un colpo! Ho perso minimo nove anni di vita! Si può sapere cosa avevi?!-
Harold cercò in fretta una scusa. -Ehm... ecco, è che... mi sono sentito morire... poi ho capito che non stavo morendo... così mi sono sentito preso in giro e... e...- Leshawna nel mentre sospirò affaticata, portandosi una mano alla testa. Harold si sentì molto in colpa. -Scusami, davvero...- mormorò col capo chino. Le porse un lembo di lenzuolo per farle asciugare gli occhi.
Leshawna balbettò qualcosa agitata, poi cominciò a toccarsi la faccia nervosamente. -Mi sarà entrato qualcosa negli occhi.- disse per giustificarne l'umidità. -E comunque usare le lenzuola per asciugarsi non è affatto igenico!- lo criticò continuando ad evitarne lo sguardo. Dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio gli chiese frustrata “Non è deludente?”
Harold visibilmente confuso scosse le spalle. -Cosa?- le domandò con una smorfia nervosa.
Lei parlò guardandolo con rancore, ma Harold non era sicuro di essere davvero l'oggetto del suo sentimento. -Harold, a te piacciono le persone con un carattere molto forte... che sanno sempre cosa fare... che prendono decisioni al posto tuo... che non...- si interruppe sentendo con disappunto che Harold si stava trattenendo dal ridere. Alla fine il ragazzo non riuscì a trattenersi e produsse una risatina da persona stressata.
-Ma sei deficiente?!- esclamò incredulo. Mentre cercava di smettere di ridere si scusò -P-pardon... il mio corpo deve aver accumulato parecchie risa isteriche già da prima.-
Leshawna lo fulminava con lo sguardo in una disarmonica combinazione di furia e imbarazzo.
Harold provò ad assumere un'espressione neutrale, per un attimo sorrise di nuovo nervosamente, poi si schiarì la voce e parlò: -Dicevo... Sei cretina?- sospirò. -Indipendentemente da cosa mi ha attratto di te inizialmente, non è per quello che mi sono innamorato. Mi sono innamorato di te, non di alcune tue caratteristiche!- Leshawna lo guardò stranita, Harold, un po' arrossato, si corresse. -Mi ero... Al passato... Quello che intendevo è che ciò che ti spinge ad essere attratto da una persona è solo una scusa per conoscerla meglio. Volendola guardare da un punto di vista più... più naturalistico e meno romantico, serve qualcosa per creare l'attrazione iniziale e spingere alla conoscenza, ma poi serve innamorarsi della persona per quello che è. Altrimenti tutte le coppie sarebbero formate a cazzo e non sarebbero abbastanza funzionali e stabili per l'accudimento di un' eventuale prole.-
-Ma è proprio così che funziona. A cazzo.- commentò Leshawna con un'inappropriata allegria.
-...Perchè ti piace così tanto sabotarmi?- chiese Harold, più abbattuto di quanto Leshawna si sarebbe immaginata.
-Beh scusa... ti volevo contraddire perchè era un discorso strano. Volevo sdrammatizzare.- ammise. -Però ho ragione io. Gli innamorati sono rincoglioniti, non vedono i difetti l'uno dell'altro. Poi passa il periodo dell'infatuazione e si rendono conto di quanto sia deludente la persona che un attimo prima speravano di avere accanto per tutta la vita.- disse sorridendo compiaciuta.
“Sì, decisamente lei adora sabotarmi.” -Ah, si? E tu che ne sai? Tanto non ti sei mai innamorata.- disse con fare dispettoso.
-Vero. Ma gli occhi li ho. So come funzionano le cose.- ribattè infastidita.
-Ma davvero? Ma se pensavi che dovessi essere deluso da te perchè in quanto essere umano hai dei momenti di debolezza...- non potè fare a meno di sorridere tristemente. Sapeva che lei non si era mai considerata innamorata di lui, però avrebbe voluto sentirle dire che si era sbagliata e che in realtà l'aveva amato, almeno per un periodo. Non aveva senso provare ciò, forse era solo un capriccio infantile che si era portato dietro.
Harold sospirò, gli venne un dubbio: -Non è che ti sei sentita sotto pressione a causa mia?- chiese preoccupato. -Io non ho mai voluto che tu...-
Leshawna fece una smorfia imbarazzata. -C-che dici?! E poi che me ne frega a me di non deludere qualcuno e di compiacerlo? L'hai detto anche tu, non mi sono mai innamorata! F-figurati se sono capace di rincretinire al punto da preoccuparmi perchè non sono la donna ideale di qualcuno. Ah ah...- rise nervosamente sotto ci occhietti a palla straniti di Harold.
Leshawna distolse lo sguardo e cercò di riacquistare un tono meno imbarazzante: -Sono delusa da me in questo periodo, devo aver fatto quel commento sull'essere deludente per quello... Ovviamente lo so che sei affezionato a me, quindi che non ha più importanza se non sono il tuo tipo ideale. Ti voglio bene quindi lo capisco come funziona.-
Harold sospirò nervosamente. -Ehm... posso farti una domanda imbarazzante?- le chiese.
Lei rispose con un sorriso rassegnato. -Perchè? Fino ad ora non è stato tutto imbarazzante?-
-Tu sai come sei rimasta incinta?- le domandò cauto. -Dici che il padre sono io. E mi fido, ok... ma non ricordo di aver fatto sesso con te in un periodo compatibile con la tua gravidanza. Però... si tratta di un periodo di cui ho alcuni buchi nella memoria.- ammise a disagio e si mise a fare un elenco segnandosi le cose con le dita:
-Ero stressato, c'era una situazione molto frustrante in università, stavo provando dei medicinali per le vertigini che hanno avuto degli effetti collaterali sul mio tono dell'umore, poi ho dovuto prendere degli antistaminici che mi hanno indotto sonnolenza avendo anche quelli effetti collaterali sul mio tono dell'umore. Insomma, il mio cervello potrebbe aver registrato male gli eventi di quel periodo. In particolare ricordo alcune mattine in cui ero molto disorientato e inconsapevole su ciò che era successo il giorno precedente... Vorrei capire cos'è successo. Non eravamo in buoni rapporti in quel periodo, non avremmo dovuto avere rapporti...-
Leshawna era a sua volta molto tesa. -Ah... quindi, tu non ricordi davvero, giusto? Non è una questione di “Ah sì... c'è stata quella volta, ma è imbarazzante. Fingiamo che non sia successo, tanto è improbabile che sia accaduto proprio... in quell'occasione”-
-Eh... no... non ricordo sul serio.- confermò Harold.
-Quindi, non abbiamo più parlato di quella volta perchè non ricordavi, non perchè volevi cancellarlo dalla tua mente...- ripetè lei sorridendo nervosamente e coprendosi la fronte con una mano.
Harold si insospettì. Quell'espressione e quel modo di nascondere il viso, gli ricordavano quelle situazioni in cui lei si accorgeva con ritardo di aver detto o fatto una cavolata...
-Ah... Ehm... Dunque...- disse Leshawna preparandosi al discorso. -Tu reggi bene l'alcol. Non ti sei mai davvero ubriacato... o almeno io non ti ho mai visto davvero non lucido, incapace di intendere e di volere, di reggerti in piedi o cose così...-
-Uhm... già. È sempre stato molto deludente per quelli che alle feste o alle gite speravano di farmi ubriacare per giocarmi degli scherzi. Poveri sfigati illusi...- ricordò Harold con un lieve sorriso. -Peccato per l'effetto collaterale, fortunatamente non sono mai arrivato a quel punto davanti a quelli...-
-Esatto... il tuo effetto collaterale...- ripetè Leshawna tesa.
Su alcune persone, un po' di alcol induceva un po' di euforia o alleggeriva i freni inibitori. Su Harold invece, quando arrivava ad avere effetti lo rendeva sistematicamente triste, appiccicoso verso chi conosceva, alla ricerca di rassicurazioni e più incline a piangere senza motivo.
Non avrebbe dovuto farlo, ma a volte aveva sfruttato gli effetti collaterali dell'alcol quando si sentiva in crisi ma non riusciva a sfogarsi. Prima i suoi sentimenti negativi e le sue paure venivano liberate, prima poteva riprendersi.
Ma non tornava a casa quando succedeva, pensava che Leshawna si sarebbe infastidita. Tanto lei non si chiedeva dove stava e cosa faceva, bastava che l'avvertisse prima che non tornava, non le interessavano le motivazioni. Questo contribuiva a farlo sentire ancora più abbandonato a sé stesso. “Quindi è così che è andata? Mi sono sentito solo e sono voluto tornare a casa anche se temevo che lei mi avrebbe trovato insopportabile?”
-Quindi, quello che vuoi dirmi è che avevo bevuto e che presentavo i miei tipici sintomi da alcol, ma che visto che tendenzialmente reggo bene l'alcol non ti sei preoccupata che non fossi lucido e hai fatto sesso con me?- era un po' turbato, ma illustrò il tutto con freddezza.
-Eri consenziente. Ti conosco da anni, me ne accorgerei se non fossi consenziente. Saresti stato perfettamente capace di dirmelo se non ti andava o di respingermi fisicamente.- precisò Leshawna nervosamente. -Non so perchè non ricordi nulla! Non eri messo così male da non ricordare nulla...-
-Ok, ok... Però perchè? Ci siamo ignorati per tipo un mese. Perchè proprio mentre ero in uno stato alterato hai voluto fare sesso?- chiese nervoso. Si sentiva molto irrequieto ma non voleva farsi trasportare delle emozioni su qualcosa di andato, fece del suo meglio per non far trasparire troppo.
-Mi dispiaceva per te, sembravi estremamente abbattuto. Non mi disturbava fare sesso, quindi ho pensato perchè no? Ho pensato che era un modo per starti vicino.- ammise imbarazzata. -Non avevo preservativi e non ho preso precauzioni... ma posso dire che onestamente ho sempre pensato che fossi sterile dopo tutti i colpi che hai preso fra sbadataggine e sfiga?- chiese con una smorfia nervosa.
-Se il mio apparato riproduttore esterno fosse stato compromesso da un urto, fidati che l'avrei notato...- affermò perplesso.
-E io che ne so di come funzioni?- disse scocciata.
-Non è una questione di come sono fatto io! Penso che anche tu se...-
-Ok! Ma di nuovo, in mia difesa, posso dire che abbiamo avuto effettivamente sfiga visto che non abbiamo manco terminato il rapporto. Di punto in bianco ti sei staccato e ti si messo in un angolino a piagnucolare... O-ok, capisco che suoni un po' sospetto ma...-
-Eh... Siamo proprio sicuri che fossi consenziente?-
-Se non fossi stato consenziente ti saresti lamentato di quello!- ribattè. -E invece hai piagnucolato di quanto detesti il tuo professore... Ed io invece di infuriarmi per la tua ossessione per quel vecchio cafone ti ho ascoltato... Sono una santa!-
-Non ho mai avuto un'ossessione per il mio professore... Ero solamente in crisi perchè questo passava la lezione a dare informazioni errate e a me non andava di dire il falso per farmi promuovere all'esame.-
-Ti conosco, so che non riesci a mettere da parte il tuo pensiero per farti furbo e ottenere vantaggi e temo che vivrai male se continui così... Ma ogni volta che tornavi da lezione sembravi prosciugato nell'anima! Inoltre quando eri a lezione mi mandavi un sacco di messaggi in cui ti segnavi tutte le cose che non ti stavano bene di ciò che quello ti diceva. Questo non significa ossessionarsi?-
-Volevo solo il parere di una persona esterna per capire se stavo esagerando o se davvero il professore diceva cavolate...-
-So qual è stato il tuo principale problema con quell'uomo. Ha preso in giro te e tutte le altre persone cresciute perlopiù solo dalle madri dicendo che non avendo avuto una figura autoritaria siete con ogni probabilità deboli, mammoni, dipendenti e irresponsabili... solo che invece di farlo in veste di vecchio bestia che si lamenta delle nuove generazioni viziate, l'ha fatto in veste di vecchio strizzacervelli... Non avevi bisogno che fossi io a confermarti che erano cavolate, potevi benissimo capirlo da solo.-
-Il fatto che volessi una tua conferma non mostra che almeno su di me quell'uomo aveva ragione?- chiese Harold incupito.
-Cos... no! È normale volere parere estern...- lei si accorse che si stava contraddicendo. -Harold, tu sei molto indipendente. Sei davvero bravo a stare per conto tuo, sei sempre riuscito anche a rimanere isolato senza andare fuori di testa!- disse come se si stesse complimentando.
Harold rise tristemente. -Come scusa? Ma se chiaramente non ti fidi di me e pensi che muoia dalla voglia di ammazzarmi!-
-In questo momento non sei proprio al tuo meglio, ma se fossi davvero debole, ti saresti ammazzato molto prima o saresti diventato un serial killer! Io onestamente ci avrei fatto un pensierino se fossi stata circondata da facce di culo ipocrite. Già ho pensieri omicidi e violenti sulle facce di culo ipocrite della mia vita! Se i nostri compagni di classe avessero riservato a me lo stesso trattamento che hanno riservato a te, sarebbero morti supplicando e invocando terrorizzati le loro madri e...- lei si stava scaldando e stava cominciando a gesticolare violentemente ma sentendosi osservata si fermò. -Scusami... stavo ripensando... ad alcune persone che mi hanno davvero fatta infuriare e mi sono lasciata trasportare...-
-Cosa ti è successo?- domandò il ragazzo in un sussurrò flebile ma apprensivo. Leshawna era consapevole che anche se erano a meno di un metro di distanza, Harold senza occhiali non poteva mettere a fuoco il suo viso, ma si sentì comunque a disagio.
-Nulla... Comunque temo che tu stia così a causa mia. Ti sei troppo abituato alla mia compagnia. Se fossi rimasto solo, non ti saresti preoccupato di quel vecchio strizzacervelli. Ti saresti difeso da solo mandandolo a quel paese come hai col professore di storia quando... Cos'è che ti aveva detto il professore che ti aveva fatto arrabbiare?- chiese sorridendo leggermente per alleggerire l'atmosfera.
Harold ignorò quella domanda e ne fece un'altra: -Sarebbe stata una buona cosa se fossi rimasto con la modalità di difesa che avevo quando ero solo? Senza il bisogno di confrontarmi e aprirmi con nessuno...-
-Direi di sì.- rispose la ragazza pensandoci poco, era distratta dai suoi di pensieri. Gli pose affettuosamente la mano sul capo. -Al posto tuo non vorrei scombinarmi per una relazione, altrimenti è un bel casino quando finisce, no?- si incupì e ritirò la mano. -Ormai è tardi quindi non mi resta che portare avanti la cosa ma se avessi saputo come mi sarei incasinata, avrei abortito.-
Pensava che confessandolo si sarebbe sentita meglio ma si sentì giudicata, non sapeva se da Harold, da sé stessa o da un' ombra invisibile che l'aveva perseguitata fin da quando era tornata a casa dei suoi. Aveva praticamente ammesso che quella gravidanza era stata colpa della sua imprudenza.
Inoltre continuava a temere che la sua situazione mentale potesse solo peggiorare. -Come insegna quella tua materia sulle cose che possono andare storte nell'utero, la sanità mentale della madre e i suoi livelli di stress possono avere tanti simpatici effetti suoi cervelli dei neonati... ma allo stesso tempo anche i medicinali per tenere sotto controllo depressione e disturbi vari posso avere altri simpatici effetti... Se qualcosa va storto dovrò anche sentirmi in colpa per uno stato che non posso neanche controllare!- affermò con un'ironia crudele per nascondere la sua disperazione.
Non sapeva se erano o meno paranoie ma Harold percepì un'accusa nei suoi confronti. Stava per rispondere, ma venne fermato dai suoi stessi pensieri. “Forse è davvero colpa mia...Forse mi sentivo solo, non volevo essere abbandonato e l'ho messa incinta per legarla a me?”
In un primo momento bollò il suo stesso pensiero come irrazionale. Ciò che era accaduto era al di fuori del suo controllo... Poi si rese conto che la verità era che lui non aveva la minima idea di cosa gli fosse passato per la testa quella notte. Forse aveva approfittato dell'imprudenza della ragazza... magari l'aveva manipolata lui stesso... poi si era sentito in colpa e aveva interrotto il coito ma non era servito.
Harold rabbrividì “Potrei davvero fare qualcosa di così irresponsabile? Con quello che è il mio materiale genetico poi...” il ragazzo deglutì, sentiva qualcosa di incastrato in gola.
-Quindi... il coso è mio, non ci sono altre possibilità?-
-Speravi ti avessi tradito?- chiese Leshawna perplessa e infastidita.
-Sarebbe stato meglio. Se la natura avesse un senso non dovrei potermi riprodurre! Sono guasto! Sono guasto!- balbettò allarmato.
-Ma che... oh no... fammi indovinare, sono altre perle di saggezza del tuo professore, eh?-
-No! No! Prova a guardarmi un attimo!- disse esasperato dal modo in cui le sue preoccupazioni venivano ridicolizzate. Provò ad abbassare il tono, ma tutto quello che riuscì a fare fu provocarsi l'ennesima risatina nervosa -Davvero ti sembro qualcuno idoneo a generare individui sani?- disse con un timbro pericolosamente vicino a quello di Roza.
“Così sembri davvero posseduto, la stai spaventando... E' lei che dovrebbe partorire il coso guasto, ricordi?” a parlargli non fu lo spettro, si era rimproverato da solo, ma solo in seguito a quell'auto-rimprovero si rese conto di ciò che stava facendo. E con quella postura storta data dai problemi motori che aveva in quel momento e con quel colorito particolarmente morto sembrava anche più guasto e potenzialmente dannoso nel generare della prole di quanto era in realtà.
-S-scusami...- disse a Leshawna cercando di non guardarla.
-Ah, tranquillo. Sono troppo intelligente per farmi trascinare nelle tue paranoie del cavolo!- rispose furiosa. Anche lei sembrava non volerlo guardare.
-Non sono nelle condizioni per farlo in questo momento, ma più tardi ti darò dei testi su quella che tu hai chiamato “materia su ciò che può andare storto nell'utero” per ridimensionare le tue paure... o forse è meglio di no perchè potrebbe caricarti di ansie inutili! Ah! Non so che fare!- balbettò e respirò affannosamente, poi continuò: -C-comunque... Gli altri figli dei miei genitori sono normali. E mio nipote è normale. Quindi col mio DNA non dovrebbero esserci davvero dei problemi. Forse qualcosa è andato storto mentre crescevo o... Magari i miei genitori erano troppo avanti con gli anni quando sono stato concepito... Tanto essere posseduti non dovrebbe c'entrare con il DNA... O forse è colpa del mio carattere se sono in questo stato? In quel caso il DNA potrebbe c'entrarci un pochettino... M-ma con un'educazione decente non ci dovrebbero esserci rischi!- si affrettò a dire sentendosi in colpa per la sua lingua lunga. -D-dovrei tagliarla...- balbettò abbassando e tenendo fra le dita la sua testa.
-Harold, cosa cazzo stai...-
Il ragazzo la interruppe con quello che sembrava un altro delirio: -Ehi, Leshawna. È peggio se sei incinta perchè ho preparato un piano malvagio da ubriaco che non ricordo o perchè stavo pensando al mio vecchio professore?- disse con una piccola voce tremolante e innaturale.
-Harold, ma che...- guardandolo si accorse che il ragazzo stava lacrimando. Sentendosi osservato, lui nascose il volto con le braccia.
-Mi dispiace, non voglio infastidirti oltre, sono una persona fastidiosa che dovrebbe stare da sola.- disse il ragazzo. -Scusa non dovrei lamentarmi. Scusa, sto continuando a farlo. Scusa, davvero non lo faccio a posta. Mi spiace se ti ho costretta a stare con me per pena. Mi spiace se sto continuando a farlo.- ad ogni frase il tono sembrava frantumarsi e tremare maggiormente.
Leshawna sospirò mantenendo la calma e cercò di scoprire il volto del ragazzo. -Am... Harold, calmiamoci un attimo. Sarai anche uno stramboide, ma non sei affatto una persona intollerabile...- la sua voce si fece più bassa man mano che parlava. -Sì... potrei aver detto qualcosa sull'odiarti... ed è vero, ma non ti odio sempre! Per la maggior parte del tempo mi piace stare con te... sono felice di essere con te anche ora...-  forse il ragazzo non l'aveva sentita “Ma così non vado da nessuna parte!”
Leshawna si costrinse ad alzare la voce: -Insomma, io davvero ti sembro tipo da addossarmi il peso di qualcun altro per pena? Io che detesto le situazioni seccanti, problematiche e le cause perse?-
Il corpo raggomitolato del ragazzo smise di vibrare. Pian piano si scoprì il volto. Aveva l'espressione di qualcuno stupito e confuso che stava realizzando qualcosa. -E' vero... tu sei molto egoista!- affermò il ragazzo ridendo e lacrimando un altro po'. Visto il tono positivo con cui l'aveva detto, Leshawna decise di farglielo passare come complimento.
Harold si chinò il avanti e si poggiò con la fronte sulla spalla della ragazza abbracciandola leggermente. -Anche io sono... sono a posto sull'essere con te ora, comunque...- mormorò a disagio e rimase in quella posizione probabilmente aspettando che il proprio respiro si stabilizzasse. -Se ti fa stare meglio, dopo il parto puoi fare la parte del padre assente...- era l'unica cosa rassicurante che gli veniva in mente per ripagarla.
“Altri deliri?” si chiese la ragazza. Gli accarezzò la schiena con cautela. Supponeva che il ragazzo volesse vicinanza affettiva.
Harold non sapeva perchè si comportava in quel modo, cercò di distrarsi pensando ad altro. “Forse a Roza farebbe bene interagire e parlare con qualcuno che non sono io... Magari potrebbe esserle d'aiuto...” la sua mente stava cercando un modo per parlare a Leshawna della sua situazione.
Ma forse era solo egoismo. Tenere quella persona e i suoi ricordi all'interno era un grosso peso, sentiva di volerne parlare e condividerlo. “E' questo che sentiva Leshawna dicendo di sentirsi ridotta ad un contenitore?” pensò per un attimo. “No, no... Il feto non parla, non russa...” il russare occasionale dello spettro gli provocava un gorgoglio e una sensazione di calore alle orecchie. Se lo prendeva di sorpresa gli faceva solletico.
“Il bambino farà sentire la sua presenza più avanti...” ed era un po' preoccupato per come si sarebbe sentita Leshawna quando avrebbe cominciato a muoversi, non mancava molto in realtà. “La mia situazione invece è molto temporanea... e nessuno mi chiederebbe di tenere a lungo un' altra persona nella testa e nel corpo. Almeno credo...” mosse un po' a disagio le scapole percependo delle dita che gli toccavano la schiena.
Leshawna percependo il fastidio del ragazzo era tentata di peggiorare la situazione. Era nella sua natura essere dispettosa e vendicativa, ma si trattenne. “Vuole rimanere in questa posizione a lungo? Deve essere scomoda... è già abbastanza storto... Ah, perchè doveva essere così allampanato?” pensò infastidita.
Con naturalezza decise di stendersi con il ragazzo sopra per fargli smettere di tenere la schiena piegata. Ma Harold non percepì le sue buone intenzioni e saltellò velocemente all'indietro fino a finire sul pavimento. Se era una caduta accidentale, il ragazzo non lo diede a vedere. Rimase a osservarla con fare guardingo, accovacciato, dietro il lato opposto del letto.
-Non è che provi eccitazione quando gli altri soffrono o sono particolarmente vulnerabili?- le domandò sospettoso.
Sentendosi un po' meglio, Leshawna non si scompose. -Ehi, ti assicuro che l'ho fatto senza malizia. Ho una mente pura e innocente io.- lo prese in giro, a giudicare dalla smorfia di Harold, il ragazzo non ci vedeva molta verità dietro quel tono scherzoso. -Hai bisogno che ti aiuti a risalire?- gli chiese con un sorriso soddisfatto.
Harold si arrampicò sul letto per conto suo, ma Leshawna ne fu un po' delusa.
-Comunque mi hai interrotto mentre pensavo ad una cosa importante.- fece presente Harold.
-Ah mi spiace! Io cerco di non pensare troppo visto che tutto ciò che mi direbbe il mio cervello è “Sarai una madre terribile”- nella sua testa doveva essere una battuta, ma suonava abbastanza passivo-aggressiva.
-Non mi sono comportato bene...- disse Harold nervoso. -Se vuoi, per sentirti meglio puoi; strattonarmi, pizzicarmi, tirarmi i capelli, tagliarmi i capelli o molestarmi.- elencò freddamente ad una Leshawna incredula. Lui mostrò disagio solo quando parlò di tagliare i capelli. L'idea di tenere orecchie e nuca eccessivamente esposte a lungo non gli piaceva e le sue orecchie a sventola sarebbero state troppo evidenti. -Comunque sarebbe meglio se ti trattenessi dal fare cose penalmente perseguibili.- puntualizzò Harold con naturalezza. Era come se fosse in attesa di togliersi un grosso peso della coscienza.
-Ha-Harold, guarda che le molestie sono...-
-Se ti do il permesso è ok. Se dovessi esagerare ti dirò di fermarti ma farò del mio meglio per ripagarti.- Harold scosse le spalle e si preparò coraggiosamente a qualunque cosa dovesse subire.
Leshawna non aveva neanche voglia di spaventarlo per fargli capire a cosa l'aveva sfidata. Già se provava ad avvicinargli la mano, il ragazzo stava zitto ma strizzava gli occhi e si stringeva di più su sé stesso come per proteggersi. Indipendentemente da cosa le avesse detto, era chiaro che non volesse farsi toccare in nessun senso.
-Non penso che tu sia tanto in te... ora che ci penso, non sei sempre un po' stordito dopo aver pianto?- gli chiese apprensiva.
-Non sono io ad essere stordito! È che il pianto induce il rilascio di ormoni che inducono stanchezza e rilassamento. Alla faccia di chi dice che piangere non serve a niente, ha una sua utilità biologica invece!- sussurrò ghignando con soddisfazione. -Ah, ma tu non puoi saperlo, dici di non piangere mai...- la punzecchiò.
“Sì... Sì, è decisamente stordito...”
-Comunque... Leshawna? Perchè sei a testa in giù?- le chiese confuso.
-Amore mio, non sono io... a testa in giù...-
Il ragazzo si rese conto finalmente di star tendo le gambe e la parte inferiore della schiena sollevate come se fosse una verticale incompleta o se i suoi piedi avessero preso una coscienza propria e avessero cercato di arrampicarsi verso soffitto.
-Eh... da quanto sono così?- le chiese rosso in viso ma con un tono calmo e rassegnato.
-Direi che ti sei messo in questa posizione subito dopo che ho smesso di minacciare di toccarti. Non mi sembra una buona posizione di difesa, ma ehi, in fondo che ne so.-
“Roza?!” si lamentò lui istintivamente.
“Perchè dai la colpa a me?! Mi sono appena svegliata!” protestò l'assonnato fantasmino.
“Roza! Sono così felice di riveder... sentir... di percepirti! Mi hai fatto prendere un colpo...”
“Oh... non mi sono mai sentita così ben voluta...” disse imbarazzata. “Quasi quasi rimango qui, eh eh...” ridacchiò commossa.
“Eh... No. Non ci pensare nemmeno...” -Leshawna, ora finalmente posso parlarti di una cosa.- disse Harold con fare allegro, rimettendosi in una posizione umana... più o meno, era più una posizione da gatto o cane seduto. Roza era un po' agitata per l'improvviso entusiasmo del ragazzo, Leshawna invece si chiedeva se non doveva essere lei ad averli gli sbalzi d'umore.
-Leshawna, vuoi fare un gioco con me?-
-...Sono abbastanza sicura che ci sia qualche horror che comincia così.-
-No, al massimo potrebbe essere la frase che fa cominciare le vicende.-
-Per favore, non farmi di nuovo una proposta sadomasochista a cui in realtà non vuoi sottoporti.-
-Allora, avevo ragione! Non hai affatto una mente pura e innocente...- commentò Harold, Roza nel mentre sembrava confusa. Harold cercò di spiegarsi: -Si tratta di un gioco di... di punti di vista, di proiezione e... interpretazione.- disse incerto. -Facciamo finta che io sia posseduto da uno spettro e che ti ci voglia far parlare.- Roza buttò nella sua testa un urlo che lo fece vibrare dall'interno, ma all'esterno decise di non far trasparire nulla, si lasciò sfuggire solo una smorfia nervosa. Il gioco non era ancora cominciato.


Angolo dell'autrice:

Ciao! Come ve la passate? Spero bene.
Anche questo è stato un capitolo difficile da scrivere. C'è anche il fatto che ogni volta devo andare a ricontrollare cose dei capitoli precedenti per accertarmi di non fare alcuni errori e questo mi fa notare ancora di più quanto, per quante volte possa ricontrollare un testo, troverò sempre errori grammaticali, soggetti troppo sottointesi e altro...
Anche per questo, mi scuso molto per gli errori che mi saranno sfuggiti in questo capitolo, spero non diano troppi problemi e spero anche che il capitolo in sé possa piacervi. Difficile o meno, sono contenta di come mi è venuto.
Per ora è tutto sullo strano o inquietante o strano-inquietante, affettuoso-inquietante o affettuoso-strano... ma per il momento avendo un personaggio posseduto, un'allegra fantasmina e un'allegra donna incinta è un po' difficili che le cose non siano strane e inquietanti...
Mi scuso di nuovo per i ritmi di pubblicazione, fra esami e altro faccio il possibile ma scrivere mi piace molto e spero che ciò che scrivo possa piacere in qualche modo anche a voi. Sopratutto vi ringrazio come sempre di essere arrivati fin qui. Mi scuso se sono ripetitiva con i ringraziamenti ma lo dico sinceramente; grazie di cuore e vi auguro il meglio!
Se volete darmi dei pareri, come al solito sarò molto contenta di ascoltarvi anche se purtroppo sono molto lenta nel rispondere o_o
Alla prossima e statemi bene ^^

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Capitolo 20
*** Brucia la strega! (terza parte) ***


-Facciamo finta che io sia posseduto da uno spettro e che ti ci voglia far parlare.- aveva detto Harold a Leshawna dopo averle chiesto di fare un gioco, mentre erano seduti uno accanto all'altra sul letto.
“So quello che faccio, Roza, calma...” Aveva provato a rassicurare la nervosa ragazza spettro. Poi aveva ripreso a parlare ad alta voce per giustificarsi con Leshawna: -Sono rimasto un po' più turbato di quel che pensassi dal tentativo di suicidio e dal coma della nostra ex vicina. Non riesco a non pensare a cosa stia facendo e pensando in questo momento, forse potrebbe farla sentire un po' meglio parlare con qualcuno. Stavo pensando di provare ad interpretarla e tu potresti stare al gioco.-
Leshawna sembrò perplessa solo all'inizio. -Ok, va bene.- accettò con gentilezza, ma poco entusiasmo.
Roza si stranì molto e protestò “Che problemi ha questa?! Perchè accetta senza fare una piega?!”
Harold continuò: -Prima posso esercitarmi con la sua voce? Per ora la spaventi e non vuole uscire a parlarti.- disse Harold con naturalezza.
-Eh... ok...- Leshawna suppose che volesse allenarsi ad entrare nel personaggio. Si inquietò un po' sentendo che il ragazzo canticchiando a bassa voce riusciva a produrre un'intimidita vocetta femminile piuttosto credibile.
Lo aveva già sentito imitare vari suoni ed era bravo a rendersi indistinguibile dalla gatta, ma non lo aveva mai sentito imitare voci umane. -Spero che tu non ti metta a sfruttare questa abilità per fingerti una ragazza sui siti d'incontri e ingannare qualcuno per scippargli soldi...- disse Leshawna sospettosa, ma distaccata. Continuavano a non essere più affari suoi.
-Hai quest'idea così orribile di me? Al massimo potrei vendicarmi di qualcuno con qualche scherzo innocente... eh, volevo dire; non farei mai qualcosa del genere, ovviamente! Ah ah...-
“Sei strano...” commentò Roza mentre Harold tornava ad allenarsi ad sfruttare la sua voce.
“Che intenzioni hai?” gli chiese. “Pensi che spingendomi a parlare con questa, avrò talmente tanta voglia di fuggire da riuscire a scappare dal tuo corpo?”
“Se funziona, perchè no?”
“Non funzionaaaa!” protestò nel panico la ragazza spettro.
“Non è comunque questa la mia intenzione principale! È un gioco di interpretazione, ricordi?  Se non hai niente di cui vuoi parlarle con lei, sarò io ad interpretare la tua parte.”
“Ma perchè?!”
“Sto seguendo il mio istinto...” a quella risposta insoddisfacente, Roza brontolò. “Roza, forse mettermi nei tuoi panni riuscirà a farmi capire alcune cose e a farmi trovare il modo migliore per farti uscire. Visto che non sembri avere molta fiducia nel mio esorcismo musicale con la tuba, meglio avere un piano di riserva. Inoltre, per te potrebbe essere interessante guardare qualcuno che recita la tua parte, no?”
Roza deglutì. Non voleva sapere come la vedevano le altre persone. Sapeva di fare schifo.
Harold si strinse la mano da solo per tranquillizzare sé stesso e lo spettro che coabita nel suo corpo. “Sicura di non volerle parlare tu? Sono l'unica persona con cui hai parlato dopo mesi di solitudine... Forse interagendo con un' altra persona potresti distaccarti più facilmente da me. Inoltre potrebbe essere un'esperienza positiva... un'esperienza... normale? Un po' di normalità potrebbe rilassarti e ridimensionare le tue paure.”
“D-dove la vedi la normalità in tutta questa storia?!”
“Bene, se sei frustrata potresti approfittarne per sparlare di me con lei o per sfogarti della situazione. Immagino ti venga difficile parlare male di una persona con quella persona direttamente.” voltò quella frittata con un tono allegro.
“Ti stai divertendo? E perchè vuoi che sparli di te? È una tua perversione?”
“Voglio solo tranquillizzarti e presentarti i lati positivi della situazione. Non c'è niente di losco!” le disse Harold un po' offeso. Percepì che la ragazza si sentiva spinta nella tana del leone. “Non voglio costringerti! Ho detto che posso recitare io la tua parte!” ripetè a disagio, non riusciva a gestire le cose senza spaventarla e non capiva quando sottoporla a tutto ciò fosse necessario e quando invece fosse un suo capriccio. “Come terapista per spettri faccio schifo...” pensò nervoso.
“Il problema non sei tu, è quella!” rispose Roza pensando con intenso sospetto a Leshawna.
“Uhm, Lei? Beh, fa un po' paura ma non è una cattiva persona, dico sul serio.”
“Non è una cattiva persona?!” ripetè Roza confusa e spazientita. Prese il controllo dei muscoli del viso del ragazzo e decise di parlare con Leshawna, ma balbettò: -La verità è che non stai chiamando un' ambulanza per farci ricoverare perchè non te ne frega nulla di noi! Quindi non ti preoccupi se ci comportiamo in modo strano e deliriamo! Giusto?! O-o-o oppure sei annoiata e ti stai divertendo alle nostre spalle!-
Leshawna dopo un primo momento di smarrimento, capì che il gioco era cominciato. “Fastidioso, ma recita bene” -No. È che conosco Harold e so che può avere comportamenti strani, strani modi di divertirsi e strani modi di risolvere i problemi e confortarsi. Soprattutto quando è convalescente... Quindi... Piacere di conoscerti, fantasma della vicina.- stando al gioco, Leshawna rispose con tranquillità e le porse la mano.
-E-e...e...- Roza allungò un po' la mano, poi la ritirò di scatto e la nascose dietro la schiena. Rimase in silenzio per un po' evitando lo sguardo della donna. Leshawna l'attese con pazienza. Roza si sentiva molto a disagio, si chiese cosa Leshawna stesse pensando di lei.
“Calmati, non ti sta giudicando. Al massimo giudica me.” le ricordò Harold. “Poi anche se fosse, non significa che stia pensando qualcosa di negativo... essere straniti, incuriositi, chiedersi cosa sta facendo qualcuno o il perchè lo sta facendo, non significa per forza denigrare...”
“A me dai tuoi ricordi sembra che questa persona abbia la tendenza di giudicare chi le sembra strano sentendosi autorizzata a schiacciarlo...”
“Ci provi almeno a rispettare la mia privacy?” si chiese Harold infastidito. “Le persone sono complesse. Se Leshawna stava con me significa che non giudica e maltratta così tanto le persone in base alla loro stranezza, no? È un po' dispettosa, ma in realtà è anche molto aperta e gentile...”
“Oppure vuole qualcuno da sottomettere e di cui approfittarsi!” non avrebbe voluto dirglielo, ma le era sfuggito. Era difficile controllare quali pensieri trasmettere e quali no quando si condivideva un corpo.
Harold però non si sentì turbato. “E' così che può apparire. Ma non è tanto semplice.” disse malinconico.
Roza parlò di nuovo a voce alta ma continuò ad evitare il contatto visivo. -C-comunque... congratulazioni e buona fortuna per il bambino... Eh... E' insensibile dire congratulazioni a qualcuno per una gravidanza non voluta?!- finì di nuovo per balbettare.
“Roza, decidi tu, ti lascio la massima autonomia su cosa dire...” disse Harold nervosissimo. “Però... ricorda che dal punto di vista di Leshawna sono io a parlare recitando un altro ruolo! Quindi per lei potrei approfittare di questa situazione per sparare sentenze...” questo rese sia Roza che Harold ancora più nervosi.
“Per fortuna non ho aggiunto che mi sarebbe piaciuto avere un bambino...”
“Già per for... Eh?!”
“E' strano, vero? Ma non mi piacciono gli uomini... e anche se mi piacessero non riuscirei a instaurare una relazione per come sono fatta. E non sarei stata capace neanche di crescere un bambino... Forse è meglio che le cose siano andate così, eh eh...”
“Roza...” era intristito ma non sapeva cosa dirle.
-C-Comunque!- balbettò Roza. -Ti a-ammiro in un certo senso! Io alla tua età non, non, non so come l'avrei presa una gravidanza...- Si era sempre sentita terribilmente indietro e la sua malattia e i suoi sfasamenti del sonno avevano peggiorato la situazione. Provava rabbia verso sé stessa e verso il mondo, invidia e ammirazione per chiunque non fosse lei. “Com'è che non sono diventata uno spirito vendicativo?” si chiese tristemente.
-Secondo te la sto gestendo bene?- chiese Leshawna divertita. -Beh, non mi sto buttando da un balcone quindi suppongo che in fin dei conti potrei gestirla peggio.- continuò imbarazzata.
Roza si spezzò. Harold ne prese immediatamente il posto cercando di metterla al sicuro.
-Leshawna, ti sembrano le cose da dire ad una che ha tentato il suicidio?!- la criticò allarmato.
-Non ci ho pensato.- rispose Leshawna infastidita.
“Ehi! Sto bene!” lo richiamò Roza. “Ci sono rimasta male solo un attimo piccolo, piccolo... ho avuto dei piccoli, piccoli flashback spaventosi, ma ora sto bene.”
-Ok...- disse Harold sospirando. Sembrava sul punto di svenire.
“Ti impressioni molto facilmente, Harold. Comunque... Questa donna ha la tua età, giusto?” Da un punto di vista puramente di aspetto, fino a poco prima, aveva pensato che lei fosse più grande, ma il suo comportamento e i ricordi di Harold a riguardo la rendevano ambigua. Roza poteva essere stata tratta in inganno dal fatto che fosse molto più facile capire il sesso di quella persona quindi classificarla come più lontana dall'adolescenza, Harold era più ambiguo.
“Sì, siamo coetanei... In che senso più ambiguo?!”
“Beh. Dalla voce si capisce cosa sei. Ma per quanto ne sapevo la prima volta che ti ho visto, chi mi assicurava che non usassi i vestiti a strati per nascondere qualcosa? Anche la sua postura era sospetta, magari stai ingobbito per nascondere un piccolo seno...”
“Tu ti vesti in modo simile! E anche la tua postura non è granchè...”
“Infatti! Io nascondo qualcosa!” disse divertita.
“La barba però dovrebbe rendere più facile classificarmi.”
“Eh? Hai la barba?!” esclamò sconvolta. Prese il controllo di quel corpo e si toccò il viso.
-Che sensazione orribile!- disse paradossalmente entusiasta. -Punge... Sono dei piccoli spuntoni fastidiosi! Piccoli spuntoni quindi... sono spuntini?- chiese energica.
Leshawna era molto perplessa. -Ehm... Intendi la barba?-
-Sì, sì! Non ti da fastidio? Come fanno le femmine etero ad avere a che fare con uomini con la barba? Non da una sensazione di sporco e di pungente? Se è lunga diventa sporca... alle barbe viene fatto lo sciampo?! Inoltre è normale che lui abbia la barba così? Mi sembra poca! Ha qualche malattia strana?- incuriosita la bombardò di domande. Poi percepì che Harold era a disagio e si sentì molto in imbarazzo. Si rese conto che si stava comportando in modo strano.
“Ripeto, hai la massima libertà di comportarti e dirle ciò che ti pare...” Era estremamente nervoso ma sentiva un dovere nei suoi confronti “Mi fa piacere che tu ti stia divertendo.” disse più positivo.
“Sembro stupida...” Imbarazzo a parte, Roza si sentiva molto stanca.
Leshawna le accarezzò la testa. -Eh, direi che per oggi hai fatto abbastanza. Per un fantasma deve essere faticoso parlare con una persona viva.- disse la donna percependo le difficoltà di entrambi i suoi interlocutori.
“Potrebbe avere ragione e potrei averti fatta sforzare troppo.” ammise Harold preoccupandosi di eventuali effetti collaterali.
“No, non è nulla.” Roza lo tranquillizzò, ma fece un sospiro di sollievo scambiandosi di posto con lui.
-Uhm... Grazie di esserti prestata al gioco. So che le cose strane non ti piacciono, ma finisci sempre per assecondarmi in qualche modo. Grazie...- ripetè. Leshawna rispose con un sorriso.
Era realmente grato alla ragazza, forse eccessivamente. Non riusciva ad esprimerlo bene e non poteva farlo, doveva tenerla a distanza.“Eh? Non mi sembra affatto che tu sia capace di tenerla a distanza!” si lasciò sfuggire Roza.
“E' un'eccezione perchè non sto bene!”
-Sai, alla fine è un po' divertente stare dietro alle tue stranezze.- confessò Leshawna. -Non... non che lo faccia perchè mi diverta...-
-Oh. Quindi sei venuta qui per divertirti alle mie spalle, ora sì che quadra tutto.- Harold sorrise leggermente e scosse le spalle.
Leshawna sbuffò, il modo in cui scherzava la irritava.
-Ma è rassicurante che tu non ti scomponga troppo quando dico cose strane.- disse Harold. -Probabilmente se ci fossimo sposati in un' epoca passata non mi avresti consegnato ad un tribunale dell'inquisizione.- disse stranamente sollevato. -E non sarei neanche finito come “l'ultima strega d'Irlanda” torturata e ammazzata dal marito convinto che fosse una fata che aveva preso il posto della moglie.- canticchiò lentamente e a bassa voce una filastrocca in cui si chiedeva alla sfortunata Bridget Cleary, l'ultima strega “Sei una strega o sei una fata? O sei la moglie di Michael Cleary?” -E' molto triste quello che può succedere quando capiti con la persona sbagliata...- il ragazzo sembrava un po' assente.
-Beh, sì...- Leshawna era un po' stranita. “Quando capiti? In effetti credeva nel destino se non ricordo male...” -Ma spero che se fossi vissuto in un periodo storico differente, avresti messo da parte i tuoi istinti di fratello minore annoiato e ti saresti comportato normalmente.-
Harold ci riflettè. -No, penso che mi sarei comportato come mi viene naturale. Faccio schifo ad essere come vogliono gli altri. E tanto senza la medicina moderna non sarei vissuto a lungo e bene in ogni caso.-
Leshawna gli accarezzò la testa. -In un certo senso ammiro la tua testaccia, anche se sei un idiota.-
-Grazie...- mormorò lui allontanandole la mano. -Quindi molti dei miei comportamenti li liquidi pensando “Ma sì, lui appartiene alla specie, fratello minore, si comporterà in modo strano strano per questo”?- Harold era il primo a ricercare una spiegazione su ogni suo comportamento servendosi anche di eventi passati. Ma lui era lui, aveva accesso alle sue memorie, che a farlo fosse qualcun altro lo faceva sentire strano. Si sentiva osservato e studiato come una bestiolina insolita. Non capiva se sentirsi lusingato o molto frustrato. “Non mi considera proprio come uomo, eh?”
La ragazza gli pose una mano sulla spalla. Lui la spostò. La ragazza per dispetto gliela rimise addosso sul fianco. -Sai che non devi per forza toccare la persona con cui parli, per farti ascoltare, vero?- le chiese scocciato.
-Ah, lo so. Lo so.- rispose lei divertita.
“Credo ci stia aggredendo...” ipotizzò Roza vedendo che la donna stava continuando a provare a toccarli, forse ad afferrarli.
“No... trova divertente il modo in cui cerco di spostarmi quando avvicina la mano.”
“Eh...? Perchè?”
“Appartiene alla specie figlia unica. Magari da bambina voleva giocare alla lotta con qualcuno, ma non era un atteggiamento ben visto nel suo asilo, così si sta sfogando adesso.”
-Prima mi avresti schivato molto più facilmente.- commentò Leshawna. La preoccupazione sembrava sincera.
-Volevi capire come sto fisicamente, allora?- Harold si sentì un po' più positivo. -Tranquilla. Se mi lasci in pace mi riprenderò più in fretta.-
Ma Leshawna decise di tenerlo bloccato abbracciandolo. -Così ti sentirai incentivato a riprenderti velocemente per poterti liberare.-
Roza rabbrividì, Harold provò inutilmente a liberarsi, inizialmente era molto scocciato -Perchè ti fingi così cretina, cretina?- sbuffò poi si ammorbidì un po': -Da cosa stai cercando di distrarti? Sei strana, inquietante e appiccicosa, cosa c'è sotto? È solo per la gravidanza o c'è altro?-
-Che differenza fa? Non voglio parlarne comunque...- disse Leshawna con un tono ingannevolmente pacifico. -Io ho giocato con te, tu gioca con me. Fa come le brave vittime di rapimento che sopravvivono; adattati ai miei capricci e cerca di compiacermi.- disse con un sorriso vagamente minaccioso e malevolo.
Roza lo trovò molto inquietante.
“E' un commento orribile nei confronti delle vittime che non sono riuscite a manipolare i loro aguzzini e a salvarsi...” riflettè Harold sospettoso. Sapeva che nonostante le sue prediche sull'adattarsi ed essere furbi, anche Leshawna odiava sottostare ai capricci altrui e fare buon viso a cattivo gioco. Lei non poteva davvero percepire negativamente le vittime che non riuscivano a fingersi accondiscendenti con il loro aguzzino.
“Puoi smetterla di darle retta con questa storia dei rapimenti! Sei sicuro che non sia pericolosa?!Perche sta facendo così?!” gli chiese Roza.
“Forse ha un trauma riguardante la perdita di controllo e il dover assecondare qualcuno di prepotente. E per esorcizzarlo e sentirsi più sicura, tende a voler rivivere situazioni in cui qualcuno subisce una perdita del controllo sul proprio corpo ma mettendo sé stessa nei panni dell'aggressore.”
Era un' ipotesi ben più pesante rispetto al discorso sciocchino sull'essere figlia unica e Harold non sapeva se aveva o meno ragione, ma pensava che ci fosse qualcosa che non quadrava nei sistemi di difesa, attacco e controllo dello stress che Leshawna attivata al minimo segnale di disturbo. Nascose da Roza il ricordo che nello specifico aveva dato vita a quei pensieri.
Probabilmente Harold doveva essere preoccupato per quel comportamento di Leshawna. Ma il respiro e battito della ragazza sembravano calmi. Tenerlo bloccato non era qualcosa che lei stava facendo per sfogare la rabbia, al contrario sembra calmarla e rassicurarla un po'.
“A questo punto mi sento quasi in colpa a liberarmi ma...” Harold che era stato teso per tutto il tempo provando a ribellarsi, decise di rilassare tutti i muscoli e smise di opporre qualunque resistenza. Roza non era d'accordo, ma anche se si fosse opposta il risultato sarebbe stato lo stesso.
-Non intendevo che dovevi arrenderti a me, era una sfida...- disse Leshawna, i suoi sentimenti su quella situazione erano contrastanti. Ma vista la mancanza di aggressività della “preda” istintivamente la presa di Leshawna si rilassò e Harold ne approfittò per liberarsi e spingersi più lontano da lei sul materasso.
Il volto di Leshawna era molto sorpreso, forse anche per questo oltre che per il successo del suo piano, Harold rise. Leshawna sorrise a sua volta, ammirava un po' il ragazzo. Ma non gli lasciò troppo tempo per compiacersi del suo operato. -Però hai barato.- gli disse prendendolo per gli avambracci e cercando di riavvicinarlo a sé.
-Ah...- Harold brontolò. Chinò il capo, velocemente le diede un bacio sulle labbra poi si tirò indietro. Confusa Leshawna lo mollò, Harold questa volta si sotterrò con le coperte sibilando “Vendetta!”
Roza protestò “P-perchè ce l'hai fatta baciare?! Era la prima volta che mi accadeva!”
“S-scusami, non ci avevo pensato! Volevo semplicemente sorprenderla per farmi mollare...”
“E se l'avesse interpretato come il permesso per molestarci?”
Harold sentì una mano attraverso le coperte che gli cercava la testa, ma la mano si limitò a toccargliela gentilmente. Leshawna stava ridendo: -Ma che diavolo era?! E vendetta in che senso?!-
Fra i vari mormorii incomprensibili del ragazzo, Leshawna riuscì a distinguere qualcosa del tipo “E' che sei stata troppo invadente e appiccicosa, ti sei presa troppe confidenze. Comunque sono un bruco! Non capisco il linguaggio umano, lasciami in pace, grazie.”
Ma dopo un po', il silenzio, venne rotto dal ragazzo stesso, stranito dal fatto che Leshawna sembrava interessata a rimanere seduta vicino a lui. -Perchè rimani qui come un avvoltoio? Gli avvoltoi non predano i bruchi... Non è che stai pianificando di tornare a vivere qua? Te ne sei andata per poche ore ma ho già cominciato a mancarti?- disse, rimanendo nascosto sotto le coperte, in tono petulante e infantile per mascherare il suo stato d'animo.
Leshawna sbuffò. -Mi manchi? Che domande mi fai? Anche se fosse, mica potrei dirtelo.-
-Quando ci sono di mezzo le apparenze e l'orgoglio diventi proprio scema...- nonostante sentisse che il sonno stesse prendendo il sopravvento e non si scomodò a scoprire neanche la testa, Harold cercò di parlare nel modo più serio possibile: -Indipendentemente dai nostri attriti, se ti sei ricordata il perchè preferivi convivere con me rispetto al convivere con i tuoi genitori, è più sensato per tutti e tre che tu e il feto torniate a stare qui per ora... Non so che traumi tu abbia avuto con i tuoi o a casa tua ma mi sembra chiaro che qualcosa non vada. Ma se hai bisogno di tornare a coabitare devi avere il coraggio di chiedermelo tu... Dopo, ovviamente, avermi chiesto scusa come si deve! Sono stanco di essere sempre io a rincorrerti anche quando dovresti essere tu ad interessarti...-
Leshawna rimase in silenzio, anche il ragazzo non dava più segni di vita così lei sollevò le coperte. Si era addormentato. -Ma che diavolo...- Leshawna sospirò. “Sembra così innocuo e tranquillo in questo momento...” pensò rilassandosi involontariamente.
Le aveva fatto venire voglia di dormire. “Aspetta, E se si sveglia prima di me?”  sarà stata la stanchezza o lo stress o i comportamenti bizzarri del ragazzo, ma lei non poteva fare a meno di immaginarsi scenari più o meno assurdi in cui Harold si ammazzava o infortunava più o meno volontariamente.
Leshawna, con delle forbici ricavò due strisce di tessuto da una vecchia coperta e legò polsi e caviglie di Harold. “La prudenza non è mai troppa.” pensò fra sé e sé stendendosi vicino al ragazzo e chiudendo gli occhi. Poi li riaprì e si avvicinò al ragazzo ponendogli un proprio braccio di sopra. “Così se dovesse cominciare a muoversi troppo perchè si sta svegliando, avrei più probabilità di svegliarmi anche io.”
Nel mentre Roza era atterrita. Non aveva intenzione di muovere il corpo mentre la mente di Harold era addormentata, ma ora non poteva muoversi neanche volendolo. “Cos'ha che non va questa tizia?! Perchè ci ha legato come se fosse la cosa più normale del mondo?! Harold, aiuto!”

Lupe si annoiava seduta davanti la porta dell'appartamento da cui l'amorevole figlioletta l'aveva gentilmente scacciata.
-Mi scusi...- disse a bassa voce una giovane donna minuta con gli occhiali e i capelli castani raccolti in uno chignon.  
Lupe si alzò. Sorrise istintivamente riconoscendola ma anche perchè le piacevano le cose carine e anche se quella donna non era particolarmente attraente e aveva curve insoddisfacenti, l'aria familiare e la statura la rendevano molto gradevole alla sua vista. -Ti trovo molto bene. Sei la sorellina di Harold, giusto? Uhm... Elia?-
-No, Celia...- la corresse la donna un po' a disagio notando quello sguardo familiare troppo interessato. Quando Leshawna fissava in quel modo qualcuno, di solito significava che stava per diventare piuttosto irrispettosa degli altrui spazi personali, Celia non poteva sapere se quella caratteristica fosse ereditata dalla madre quindi rimase in allerta. -Cosa la porta qui?-
-Ah, nulla. Mia figlia mi ha buttata fuori. E prima ancora mi ha buttata fuori dall'auto. Insomma, cose che capitano in un normale rapporto madre e figlia.- disse scherzandoci su.
-Ah... mi spiace. Non ricordo che mio fratello abbia mai passato fasi simili con me o con nostra madre e non ricordo di averlo fatto nemmeno io. Non so proprio come aiutarla.- disse chinando il capo. -Ehm, però perchè vi trovate qui? Se le mie informazioni sono giuste, quei due avevano deciso di mettere fine alla coabitazione.- disse facendosi sospettosa.
-Tuo fratello non si è sentito bene e lei è venuta subito a controllare. Sono ancora un po' troppo fissati...-
Più in allerta di prima, sapendo che il campanello era rotto, Celia bussò discretamente alla porta.
Vendendo che nonostante l'aria determinata, la donna si faceva sentire a malapena, Lupe si stranì, poi la vide tirare fuori delle chiavi.
Percependo la perplessità di Lupe, Celia spiegò. -Rispetto la sua privacy e per questo busso, ma facendo valere la mia autorità di sorella maggiore, entro lo stesso.- disse con un sorriso teso.
Celia smise d'essere tesa appena vide la gatta dormire serenamente sulla sedia. Se Kunoichi era tranquilla significava che non c'era un'emergenza. Accarezzò la testa dell'animale poi avanzò e andò a poggiare il proprio orecchio contro la porta della camera da letto. Lupe la imitò e non sentì nulla.
Celia bussò di nuovo con leggerezza poi aprì la porta. Vedendo i due che dormivano vicini, le donne aggrottarono la fronte e si scambiarono uno sguardo. Poi Celia richiuse la porta con delicatezza e si allontanarono.
-Questa è una pessima cosa.- commentò Celia sistemandosi gli occhiali.
-Sicuramente... ma non possiamo farci nulla.- disse l'altra sospirando.

“Questa volta non ci casco, lo so che è un sogno...” Pensò Leshawna irritata ma anche rassegnata.
Inizialmente doveva ballare con una tipa conciata come le dame nobili dei film sulla sanissima famiglia di Enrico VIII d'Inghilterra. Ma per qualche motivo inerente alla trama del sogno che Leshawna non aveva ben presente, sapeva di dover uccidere quella donna col un paletto di legno perchè altrimenti quella donna l'avrebbe uccisa.
“Andrà a finire di nuovo con me che non riesco a infilzare un bel niente e vengo ammazzata...”
Anche se era consapevole che si trattava di un sogno, non era per niente entusiasta. Morire era sempre sgradevole e in quel momento sentiva come se qualcosa che le stesse otturando petto e gola.
Era in ansia da prestazione. La damigella non sembrava minacciosa ma Leshawna sentiva già che avrebbe fallito. “Voglio chiuderla qua e svegliarmi!”
Colpì ripetutamente il petto della dama che strillava teatralmente. “Quanto odio questo rumore! Muori silenziosamente!” pensò Leshawna sempre più esaspera . Alla fine le scivolò di mano il paletto. Rimase infilzato nel petto della donna che sorrise mostrando i denti insanguinati.
“Sapevo che sarebbe finita così...” si disse mentre la donna le afferrava gli avambracci e la tirava con forza verso di sé, infilzando il paletto incastrato nel suo petto nel corpo di Leshawna.
Leshawna cominciò a svegliarsi col sorriso compiaciuto della donna che svaniva lentamente dalla sua mentre insieme alla sua risata stereotipata da pazza.
Percepì qualcosa che le solleticava il viso. Immaginò che la gatta fosse salita sul letto e la stesse solleticando per sbaglio con la coda, ma aprendo gli occhi vide sopra di sé un viso femminile da cui scendevano dei lunghi, umidi, serpeggianti e spettinati capelli castani.
La ragazza le sorrideva incuriosita. Leshawna rimase a fissarla e cercò di mantenere la calma. “Sarò mezza addormentata... ma per sicurezza...” Leshawna sollevò il braccio da sopra Harold e colpì il viso della ragazza che sparì nel nulla.
Sospirò. Non si sentiva ancora tranquilla. Una parte di lei desiderava alzarsi e mettere la stanza sotto sopra per assicurarsi che non ci fosse nessuna ragazza incorporea in giro. Un'altra parte era imbarazzata all'idea. Ma un' altra parte ancora era troppo abbattuta fisicamente e mentalmente per mettersi in piedi... “Lasciatemi in pace... voglio solo essere lasciata in pace! Smettetela di uccidermi nei sogni... o di uscire dai sogni per spaventarmi mentre sono mezza addormentata!”
Sospirò di nuovo. Ricircondò Harold con il braccio e lo avvicinò di più a sé come se lo stesse usando per ripararsi. “Tutta colpa tua come al solito, Harold. Mi hai suggestionato con quella storia della vicina e con tutto quel parlare dell'ultima strega d'Irlanda.” Pensò imbarazzata. A causa del nervosismo la sua mano si stava aggrappando al ragazzo in modo un po' strano.
Nel frattempo Harold cominciò a svegliarsi. Si sentiva una pezza e non riusciva a muoversi. “...Roza?” chiese mezzo addormentato.
“Ho una buona notizia e una cattiva notizia.” comunicò lo spettro.
“Sa tanto di fregatura... spara, dai.” rispose emotivamente piatto.
“Mentre dormivi sono riuscita ad uscire dal tuo corpo.”
“Yeppy...” non riuscì a simulare entusiasmo. “Scusa, dormire durante il giorno fa malissimo al mio tono dell'umore... il lato positivo è che non ho le forze per ammazzarmi. Comunque la tua è un'ottima notizia, brava. Ma... la cattiva notizia, invece?” chiese sospettoso.
“Beh... ero ritornata nel tuo corpo per avvertirti e... e ora non riesco ad uscire di nuovo...” ammise.
“Merd... ah, ok...” disse rassegnato con le palpebre che si richiudevano. “Tanto se ci sei riuscita una volta, puoi rifarlo... Magari la chiave è che... che io dorma?” disse sorridendo leggermente prima di arrendersi alla stanchezza. “Ci pensiamo dopo... quando sarò in grado di pensare.” Percependo che qualcosa stava spaventando Roza, Harold cercò di rimanere sveglio.
“Qualcuno ci sta palpando il seno!” lo avvertì lo spettro.
“...Umh? Sciocchina, noi non abbiamo il seno.” quel pensiero stupido lo divertiva quasi. Poi però si concentrò e si rese conto di sentire davvero qualcosa di estraneo che si muoveva sul suo petto. “Oh... Forse sto sognando... Sarà una di quelle strane fantasie che vengono dopo aver letto un hentai leggero... Aspe'... non ne leggo da secoli!” Decidendo che la sensazione era reale, Harold urlò.
-Che c'è?!- esclamò Leshawna preoccupata.
-Qualcuno mi sta palpando il seno!- poi il ragazzo fece mente locale. Se in quella stanza le uniche persone dotate di un corpo erano lui e Leshawna e dietro di lui c'era Leshawna il colpevole doveva essere... -Leshawna.- disse in tono di accusa dopo essere rotolato lontano dall'imputata.
-Non hai il seno, quindi il crimine non sussiste...- rispose la ragazza. Sembrava giù d'umore, ma Harold non lo notò.
-Prima mi tocchi, poi ti lamenti pure? Visto che sono così orribilmente piatto, cercati una ragazza!-
“Harold, ti stai concentrando sul problema sbagliato...” gli fece presente Roza abbastanza perplessa mentre Harold si interrogava e si deprimeva su cose in quel momento poco utili del tipo: “Sono così indesiderabile da averle fatto rivalutare le donne?”
Nel mentre Leshawna si limitò a sospirare. Harold notò che aveva gli occhi lucidi. -Ah... hai avuto un incubo? Mi stavi toccando per questo?- le chiese ricordando che aveva già avuto risvegli simili. Leshawna rispose con una smorfia infastidita.
“Che c'entra?” chiese Roza.
“Fa tanto la spaccona, ma in realtà si spaventa e si impressiona molto facilmente. Le ci vuole poco per aggrapparsi a me quando si sente minacciata da qualcosa che non può picchiare. Probabilmente è questo ciò che è accaduto anche ora...”
Leshawna si ridiede un tono ed un'espressione seria: -Quindi, se decidessi di uccidere qualcuno, mi basterebbe fare un' espressione triste per portarti dalla mia parte?- gli chiese infastidita.
Harold rispose in modo schivo: -Che ne so! Dipende dal contesto, le motivazioni... le attenuanti...- “Lo so anche io di essere troppo accondiscendente, non c'è bisogno di farmelo pesare!” -Però in questo caso ho ragione io, non mi stavi molestando, no?- poi il ragazzo guardò verso il basso e si rese finalmente conto di avere i polsi legati.
-Non è come sembra...- disse Leshawna nervosa perdendo tutta l'apparenza scontrosa.
Harold si slegò con pochi movimenti -Proprio quando ci molliamo cominci a diventare perversa?- il ragazzo sbuffò. -Leshawna, qualcosa che non va?- chiese accorgendosi che la ragazza aveva un'espressione strana.
-Tutto a posto... mi è solo morta l'autostima...- disse fra sé e sé, davanti alla facilità con cui si era liberato. -Volevo dire... ovviamente non ti ho legato bene per non farti male.- affermò -Comunque era solo per la tua sicurezza...-
-Immaginavo...-
“Bene, Harold... ora che avete chiarito puoi occuparti di risolvere il nostro problema?” chiese Roza speranzosa.
“Mi piace il tuo rinnovato ottimismo!” disse Harold pensando che l'essere riuscita, anche per poco, ad andarsene dal suo corpo l'avesse motivata. “Però più tardi, prima voglio leggermi un manga...”
“...Eh?!”
“Te l'ho già detto, dormire durante il giorno per il mio umore e le mie capacità cognitive è un dramma le prime ore che seguono il risveglio. Lasciami il tempo per riprendermi. Considera anche che il mio organismo è entrato in allarme a causa delle presunte molestie sprecando energie che già non avevo... ora che l'allarme è passato il mio corpo ne sta pagando le conseguenze.”
Roza percepì che il ragazzo era realmente fuori uso in quel momento. Avvertiva anche che aveva paura che se l'avesse fatta separare dal suo corpo mentre era mentalmente debilitato, avrebbe perso il controllo di sé e si sarebbe depresso e ammazzato.
-Leshawna, non è che mi porteresti un medicinale che ho lasciato sul tavolo? È in una piccola scatolina con le scritte evidenziate in giallo. Si tratta di gocce quindi mi servirebbe anche un bicchiere con due dita d'acqua.-
Leshawna lo guardò con sospetto, Harold rispose con un sorriso nervoso.
Lei sospirò ed uscì dalla stanza. Si immobilizzò un attimo vedendo sua madre e Celia sedute al tavolo. “Deve essere un incubo. Come diavolo sono entrate?!”
Le due la fissarono, lei decise di ignorarle, aveva altro a cui pensare. Il medicinale era dietro una bottiglia, forse le due donne non l'avevano notato e memorizzato, così Leshawna lo prese e lo nascose immediatamente dietro la schiena mentre con l'altra mano prendeva con sè la bottiglia che incastrò sotto il braccio per poter liberare la mano e prendere pure un bicchiere.
Indietreggiò poco aggraziatamente mentre Lupe e Celia la fissavano sempre più perplesse e sospettose. Ma la ragazza non sembrava intenzionata a parlare e loro rispettarono la sua decisione.
Leshawna rientrò nella stanza sbuffando -Ci sono mia madre e tua sorella nell'altra stanza.-
Harold stava leggendo qualcosa sul telefono alzò gli occhi leggermente ma non reagì più di tanto.
“Se non va a sparlare con l'adorata sorellina, deve essere veramente fuori gioco...” commentò mentalmente Leshawna. Poi gli fece vedere il medicinale.
-Yee... la droga...- canticchiò debolmente il ragazzo.
Anche capendo lo scherzo, Leshawna lo guardò storto. -Ho cercato di non far capire a quelle là cosa stavo prendendo.-
-Uhm... Non era necessario, mia sorella sa a cosa serve, non si sarebbe fatta delle idee strane. Ma grazie per aver cercato di tutelare la mia privacy, molto cavalleresco da parte tua.-  il ragazzo porse la mano, ma Leshawna si tenne la scatola, la aprì e cominciò a leggersi con calma il foglietto illustrativo. -Sei sempre così prudente e responsabile... Non è che pensi che voglia avvelenarmi con la tua inconsapevole complicità? Sarebbe troppo diabolico... mi credi diabolico?-
Finito di leggere il libretto illustrativo Leshawna non diede ancora il medicinale ad Harold. Prese il telefono per fare ulteriori approfondimenti. -Perchè dice che si tratta di un medicinale per l'anoressia e mi viene classificato come antipsicotico?- chiese sospettosa.
-Non cercare una scusa per spogliarmi, mi hai già palpato quindi lo sai che non sono più magro del normale...- disse in atteggiamento difensivo mentre si riparava l'addome con le braccia. -Poi, nonostante la tua attenzione si sia diretta proprio all'anoressia, in realtà è un medicinale che a seconda del dosaggio può essere usato per trattare disturbi dell'apparato digerente, cefalee, stati depressivi ma anche schizofrenia. Io nello specifico lo sto usando sia come stabilizzatore dell'umore, sia per prevenire perdite d'appetito e dolori causati dallo stress. Ora, potresti passarmi quelle gocce prima che mi venga voglia di gettarmi dalla finestra?- chiese con una tranquillità inquietante.
Leshawna rassegnata lo accontentò, non era sicura neanche lei di cosa avesse paura.
-Leshawna... non è che potresti dire a quelle due losche figure di smetterla di osservarci da dietro la porta? Mi danno l'impressione di essere sul letto di morte... Non mi piace per niente.-
Inizialmente guardò il ragazzo con perplessità e preoccupazione “Ha appena mandato giù il medicinale e ha già le visioni come effetto collaterale?” poi capì e rivolse un'occhiata omicida a sua madre e alla sorella del ragazzo.
Celia mise le mani in alto come se avesse una pistola puntata contro. -Volevo solo accertarmi che non avessi ucciso mio fratello.- ammise ma con tono pacifico e calmo.
Lupe guardò Celia stranita, poi rispose. -Io volevo solo controllare la situazione. Non sospettavo nessun omicidio, tesoro.-
-Se non sloggiate lo compio davvero un omicidio, anzi due!- Leshawna ringhiò e chiuse la porta in faccia alle intruse.
Harold stava ridacchiando -Adorabile. Sei un' ottima medicina. Grazie alla tua presenza potrei rimettermi in un'oretta.- pronosticò.
-G...Grazie?- sentirglielo ammettere così facilmente, con quel tono addolcito e sentirsi chiamare “adorabile” la stranì. “E' un effetto collaterale del medicinale?” pensò tesa mentre si sedeva vicino a lui. Harold si appoggiò leggermente con la testa sulla sua spalla stranendola ancora di più e le mostrò il cellulare, c'era la pagina di un fumetto in bianco e nero.
Il ragazzo le spiegò con affetto che si trattava del nuovo capitolo un fumetto che era rimasto in pausa per quattro anni e che l'autore aveva dei problemi di salute cronici. Harold sembrava molto affezionato a quella roba e si mise a spiegarle vari elementi della storia per provare a farla seguire.
Leshawna non ci stava capendo molto né della storia, né del perchè ad Harold piacesse ma cercò di seguire le vignette con lui.
Era una situazione molto nostalgica. All'inizio della loro frequentazione, quando aveva tempo tendeva ad assecondare Harold quando provava a coinvolgerla e informarla dei suoi interessi. Al tempo si diceva che lui le faceva pena perchè era un ragazzetto abbastanza solo ed essendo molto più piccolo di sua sorella era probabile che fosse cresciuto come un figlio unico. Ma a pensarci adesso, in realtà passare il tempo in quel modo le piaceva nonostante non fosse interessata all'hobby in sé.
Lei non aveva molte passioni. Aveva l'impressione di trovare tutto stupido o poco meritevole del suo tempo. Ma paradossalmente si era accorta di provare quasi una sorta di invidia per chi riusciva ad appassionarsi a cose dal suo punto di vista stupide o inutili. Aveva giustificato la sua ammirazione per Gwen con il fatto che la ragazza avesse intenzione di fare della sua passione per l'arte un percorso di studi e un lavoro. Ma anche Harold aveva la straordinaria capacità di contagiarla col suo interesse per cose inutili. Ascoltarlo e tenergli compagnia era rilassante e le piaceva anche in quel momento.
Era piacevole anche la sua vicinanza fisica e il modo ingenuo e disattento in cui le si appoggiava alla spalla. Si sentiva abbastanza in colpa visto, in pratica stava traendo vantaggio dal fatto che il ragazzo fosse convalescente, era sicuramente per quello che lui teneva la guardia così bassa.
“Sono una persona terribile...” le venne un'idea per sabotare quella situazione così tranquilla e pericolosamente amichevole. -Sono una persona terribile...- ripetè ad alta voce con un sospiro.
Harold la fissò stranito. Leshawna sapeva che essendo molto curioso, il ragazzo le avrebbe chiesto spiegazioni, lei gli avrebbe spiegato che si stava approfittando della sua ingenuità e disattenzione facendo paradossalmente la figura della persona onesta che si accorge dei suoi peccati.
Ma Harold sorrise. -Sembri un dodicenne che per attirare l'attenzione cerca di fare il tenebroso.-
Leshawna rimase immobile con lo sguardo perso nel vuoto a contemplare il suo orgoglio che moriva orribilmente una seconda volta. “Un dodicenne... un dodicenne che fa il tenebroso...”



Angolo dell'autrice:

Col prossimo capitolo, questa fase della possessione dovrebbe finire. Spero che questa parte e la storia possano piacervi nonostante i miei limiti nella scrittura e i miei ritmi di pubblicazione.
Come sempre, vi ringrazio della pazienza e se vi va di commentare mi fa molto piacere.
Qualunque cosa stiate facendo, spero che vada per il meglio.
Alla prossima ^^

Note:
“rispetto la tua privacy e per questo busso, ma facendo valere la mia autorità di […] entro lo stesso” è una frase ripresa dalle scenette di un episodio di “Due fantagenitori”
In teoria non è un cartone che mi piaceva particolarmente, ma in realtà ci sono abbastanza affezionata e ha delle scene che mi risultano abbastanza difficili da dimenticare.

Quando stavo pianificando questa parte è uscito dopo quattro anni un nuovo capitolo di HunterxHunter. Non sono mai stata particolarmente infastidita dall'interruzione, mi viene innaturale prenderla a male quando gli autori hanno problemi, ma la ripresa del manga è stata una cosa che mi ha fatto molto piacere. (Sì, pianifico le cose con largo anticipo... ma no, questo non mi rende meno lenta ç_ç )

“Sei una strega o sei una fata? O sei la moglie di Michael Cleary?” “Are you a witch or are you a fairy? Or are you a wife of Michael Cleary?” è una filastrocca irlandese che si riferisce all'omicidio della ventiseienne irlandese Bridget Cleary il 15 marzo del 1895.
Bridget e il marito si erano trasferiti in un cottage che si trovava nelle vicinanze di un'antica costruzione preistorica in pietra costruita secondo il folklore irlandese dagli spiriti e che metteva in comunicazione con il mondo fatato. Mentre Bridget non era una donna superstiziosa sembra che il marito lo fosse. Sembra che un giorno in cui c'era stato un acquazzone la donna tornò a casa raffreddata e febbricitante e sembra che Michael cominciò a convincersi che quella donna non fosse Bridget.
Secondo il folklore irlandese, le fate avrebbero la tendenza a rapire gli esseri umani (ma tendenzialmente si tratta di bambini) e a sostituirli con esseri più fragili, malati e anomali chiamati changelin (probabilmente si trattava di una credenza nata per giustificare bambini malaticci, rientranti nello spettro autistico o con altre sindromi o in generale per giustificare il desiderio di non riconoscere come proprio un figlio visto come “difettoso” “indesiderato”)
Michael per scacciare il changelin e farsi restituire la moglie (perlomeno a detta di Michael, la storia del changelin potrebbe essere stata tutta una scusa per quei maltrattamenti e per l'omicidio) la interrogò per giorni sulla sua vera identità minacciandola, facendole ingerire delle pozioni e maltrattandola riuscendo a coinvolgere anche altre persone fra cui anche il padre di Bridget e altri parenti della ragazza.
Infine la donna venne bruciata da Michael.

Il fatto che questo capitolo venga pubblicato il quindici marzo è davvero solo una coincidenza, non era premeditato o_O
Comunque ringrazio ulteriormente per la pazienza chi ha letto pure le note. Spero di essere stata chiara ^^
Alla prossima, di nuovo :)

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Capitolo 21
*** Le ceneri della strega nell'aria ***


Lupe si era sempre sentita un po' veggente. "Lo sapevo dalla prima volta che li ho visti insieme che la situazione si sarebbe trascinata a lungo. Perché la mia cara figlioletta la rende così difficile?”
Mentre era nell'appartamento del quasi ex genero con la sorella di lui, Lupe ripensò a circa sei anni prima.

Leshawna andava ancora alle superiori, in terza forse. La ragazza stava avendo dei problemi a scuola. C'era  da tenere presente che Leshawna faceva un sacco di assenze ma alcuni professori aveva suggerito a Lupe che i problemi di sistematica disattenzione, stanchezza e mancanza di interesse della ragazza potessero avere origine psicologica o organica.
Lupe non poteva ammettere che la figlia avesse qualche problema psicologico. Se così fosse stato, se ne sarebbe sicuramente accorta, giusto? Le madri sanno sempre tutto, giusto? Poi lei era pure mezza veggente!
Ma anche ammettere che potesse avere qualche disturbo dell'attenzione non diagnosticato per tutto quel tempo  sarebbe stato un po' imbarazzante. Era un'insegnante, se ne sarebbe dovuta rendere conto prima!
Ma Lupe mise da parte l'orgoglio e portò l'adolescente da una neuropsichiatra. Quella era la seconda visita, ma quando citofonò allo studio, accadde qualcosa di bizzarro. A rispondere fu una voce maschile che, quando Lupe spiegò chi era e perché era lì, reagì in modo un po' strano: "Ma... sono le diciassette? La dottoressa vi aspettava per... Oh cavolo! Ehm. Va bene, entrate..."
La cosa bizzarra, in realtà, fu che Leshawna, nonostante fosse lontana, sul marciapiede a cazzeggiare, sentendo la voce si avvicinò stranamente interessata. -Non era la dottoressa...- disse un po' incerta, probabilmente era stata troppo lontano per sentire bene la voce.
-Anche se la dottoressa ha un tono da ex fumatrice incallita, penso che questo fosse un maschio. Forse è un assistente.- ipotizzò Lupe.
La porta dello studio era aperta. "Accomodatevi, sarò lì fra un attimo." disse da un'altra stanza la voce che aveva parlato al citofono. Leshawna si accigliò. Sembrava abbastanza interessata o disturbata da quella voce.
Le due donne si sedettero e videro entrare una persona alta, ma eccessivamente magrolina che avanzava con la testa china su dei fascicoli che portava con sé e i capelli castano rame che scendevano nascondendo un po' i connotati del volto.
-Ci deve essere stato un fraintendimento o un'annotazione errata. La dottoressa vi aspettava fra mezz'ora, io sono arrivato prima per caso.- disse la persona mentre sistemava la scrivania. -L'ho avvertita, dovrebbe essere qui a momenti.-
Dalla voce era l'uomo del citofono. "Uhm... uomo..." ma Lupe pensò che sembrava molto giovane, troppo per essere un assistente. "Potrebbe sembrare un po' più piccolo di mia..." si fermò vedendo che Leshawna squadrava il ragazzo con molto interesse. Aveva l'aria di una gatta che osservava un ingenuo passero posarsi sul balcone sbagliato. Lupe si sentiva molto stranita dalla situazione.
Mentre si sedeva, il giovinetto continuò a parlare: -Nel frattempo potete cominciare a dirmi come va, cosa non va, come vi trovate con i farmaci... Appunterò tutto.- disse cordialmente mentre impugnava una penna. -Se le annotazioni sono corrette, alla ragazza è stata prescritto il...- il ragazzetto aveva finalmente alzato il viso lentigginoso verso di loro, ma si immobilizzò quasi subito. Leshawna lo osservava divertita con un'aria un po' intimidatoria.
Pallido, il ragazzo interruppe il contatto visivo giocherellando nervosamente con la penna. Sospirò chiudendo gli occhi. Quando li riaprì si ritrovò Leshawna a cinquanta centimetri di distanza.
-Ehi, Harold!- disse la ragazza davanti a lui con fare particolarmente allegro.
Il ragazzo sussultò rischiando di cadere dalla sedia. Si ricompose facendo del suo meglio per ignorare Leshawna e si rivolse a Lupe. -Ecco... Mi scusi, ma dovrete aspettare m... la dottoressa. Conosco la ragazza, non sarebbe carino, ehm, non sarebbe corretto se raccogliessi informazioni mediche su di lei.- disse nervoso mentre cercava di mantenere il tono il più pacato e formale possibile. -Se volete posso fare del tè.- era apparentemente ansioso di scusarsi e rendersi utile.
Leshawna gli prese il braccio -Ehi topino! Quindi ti sei tolto quella specie di barbetta da adolescente per non far notare subito che sei solo un bambino alto e poter... com'è che si dice? Esercitare abusivamente... la professione medica?- chiese la ragazza saltellandogli intorno allegramente.
-Non dire cose strane davanti ad altre persone! Sto solo facendo da assistente a mia madre! Tengo in ordine lo studio, bado ai bambini piccoli quando lei vuole parlare solo ai genitori o tengo d'occhio i genitori se vuole parlare solo con i bambini, tengo conto degli appuntamenti...-
-Ah sì? Quindi sei stato tu a segnarci male l'appuntamento? Ottimo lavoro!- disse Leshawna sghignazzando.
"Oh no... È decisamente rimasta alla fase delle elementari in cui per corteggiare qualcuno devi prenderlo in giro. Cielo..." si disse Lupe un po' imbarazzata, ma visto che Leshawna tendeva a tenerla a distanza, poterla osservare con un coetaneo era interessante.
-Perchè dai per scontato che abbia sbagliato io?!- infastidito il ragazzo distolse lo sguardo. -Comunque non faccio niente di strano... al massimo raccolgo informazioni... È tutto assolutamente regolare! Regolarissimo!-
-Ah...- Leshawna fece un finto sospiro mentre giocherellava col braccio del ragazzo. -Dovevo aspettarmi che avessi questa tendenza a fare cose che non dovresti dopo che hai soffiato il lavoro a quella povera infermiera...-
-Avrei fatto cosa?! A quell'assenteista? Non è colpa mia se, differentemente da me, in infermeria non c'è quasi mai... Ma non faccio nulla al di fuori delle mie competenze! Non è colpa mia nemmeno se voi adolescenti scemi non sapete manco disinfettare le ferite! È per questo che vi sembra che io faccia chissà che, vi mancano proprio le basi... A volte mi ha aiutato anche Bridgette! Perché diventi paladina della legalità solo quando si tratta di me? È discriminazione verso le infermiere maschio? Ehm, infermieri... eh, intendevo... Non sto fregando il lavoro a nessuno, mi annoio, sono spesso lì, l'infermiera non c'è mai, quindi aiuto un po'... ok?-
-Sarebbe meglio se la facessi licenziare e basta... Sei intelligente, caro, ma col tuo bisogno di approvazione rischi di metterti nei guai, capisci?- disse Leshawna improvvisamente seria.
Lupe era sorpresa, forse sua figlia era più matura di quel che sembrava?
Anche il ragazzo sembrava essere cascato in quell'illusione. Lui sorrise nervosamente: -Eh? Ti preoccupi per me? Non è che è per questo che ti presenti spesso in infermeria? Pensavo che lo facessi per saltare le lezioni ma...- il ragazzo si interruppe e guardò nervosamente verso Lupe ricordandosi della sua presenza.
-No.- rispose Leshawna calma. -Quella che fa la malata immaginaria per tenerti d'occhio è Beth e dovresti starci po' attento...-
-È fidanzata ufficialmente.- affermò il ragazzo con ingenua rigidità.
-Tu intanto tieni la guardia molto alta! Anzi... bassa... è così piccola che se tieni la guardia alta rischi di non vederla...- Leshawna sospirò. -Ma sì, decisamente mi preoccupo per te. Per qualche oscuro motivo sono l'unica ad accorgersi che sei solo un bambino alto. Gli altri ti trattano come un ragazzo delle superiori... Cose da pazzi!-
"Bene... il suo corteggiamento peggiora di minuto in minuto, è tutta suo padre!" pensò Lupe rassegnata.
-Guarda che abbiamo meno di due mesi di differenza, sono pure il più vecchio tra noi...-
-Però ti faccio i miei complimenti...- disse Leshawna. Il ragazzo era teso, voleva crederle ma probabilmente si aspettava qualche battuta. Leshawna continuò con nostalgia: -Ricordo ancora quando non riuscivi a sorridere di rimando alle persone del bar o a quelli della segreteria quando ti porgevano le cose... rimanevi imbambolato con un' espressione neutra e assente. Invece oggi, te la sei cavata ad essere ospitale.-
-Ah, davvero? Sono migliorato?- disse il ragazzo con un sorriso incerto. -Ah? Aspetta, era solo un modo per insultarmi come sempre! Non è affatto vero che ero così socialmente inetto!-
-Ma non ti prendo in giro, sono commossa dal vederti crescere!- la ragazza rise e gli pose una mano alla base della schiena portandoselo più vicino.
Il ragazzo sussultò, poi cominciò a parlare con tono sommesso -Sono contento che tu sia felice di vedermi, davvero. Ma sei troppo...- disse titubante, poi sorrise -È spaventoso quanto tu sia un libro aperto. Ma, beh... se a te non da fastidio fare così davanti a tua madre, va bene.- disse divertito.
Leshawna sembrò disorientata. -Fare così? Così come?- la ragazza si impietrì, poi levò immediatamente la mano dalla schiena del ragazzo e fece un passo indietro.
Leshawna sì schiarì la voce e divenne rigida come un soldato. -Mamma, questo è un mio compagno di classe.- disse seria e cupa. -Era quello con cui sono stata messa in coppia per un progetto scolastico. Sono andata a casa sua qualche volta per questo motivo.- spiegò cercando di contestualizzare la loro vicinanza.
A Lupe veniva quasi da ridere. -Ah, sì? Ma non era una ragazza quella con cui eri stata messa in coppia?-
-Ragazza...- ripeté fra sé e sé il ragazzo con un mano sul petto.
-L'ho detto per non farti fare strane idee!- ribatté Leshawna sorridendo nervosamente.
Lupe si concentrò sul ragazzo e gli porse la mano. -Piacere di conoscerti, sono Lupe, la mamma di questa qui.-
Il ragazzo sorrise leggermente e annuì. -Piacere, mi chiamo Harold.- poi le fissò la mano e ricordandosi di essere anche lui provvisto di braccia le diede una stretta di mano debole e timida.
"Uhm... È molto anomalo per i gusti di Leshawna..." rifletté la donna prima di cominciare a tempestarlo di domande sotto lo sguardo incazzato di Leshawna.

"Il bambino alto ci aveva preso..." pensò la Lupe attuale. "Leshawna è un libro aperto... Forse se ammettesse i suoi sentimenti invece di insistere sulla linea del non sono mai stata innamora, riuscirebbe a razionalizzare meglio e ad accettare la perdita. Il problema è; come farglielo ammettere e accettare?"
-Ahm... cosa sta pensando?- chiese Celia con aria guardinga.
-Ah, niente di importante, cara...- rispose Lupe con un sorriso che non prometteva molto di buono.

Da quando Harold aveva risposto al suo "Sono davvero una persona orribile" paragonandola ad un dodicenne che vuole fare il tenebroso, Leshawna era corrucciata.
Roza commentò "No, non fa affatto tenerezza! Smettila di pensarlo..."
"Non lo stavo... eh, suppongo che nascondere le cose a qualcuno che vive nella tua testa non sia così semplice..." -Ok Leshawna, cosa volevi dirmi prima quando hai detto di essere una persona orribile?-
-Per esempio, che in questo momento mi sento un po' troppo a mio agio...- Harold non capì. La ragazza continuò: -Il fatto che tu sia buttato sulla mia spalla... indebolito e convalescente mi fa... beh, non mi provoca sensazioni negative.- ammise cupamente. -N-non intendo che mi faccia piacere quando stai male, anzi ti od... lo odio!- si accorse che ciò che aveva detto suonava peggio di quello che pensava effettivamente.
Harold smise di appoggiarsi per sicurezza, ma non sembrava colpito. -Ci stai pensando troppo. Siamo stati in conflitto, è normale che tu ti senta più a tuo agio se sono calmo, di per sé il fatto che io sia calmo significa che sto bene, anche se sono stanco e debole e in realtà... a me piace sentirmi spossato dopo essermi sentito male.- ammise sorridendo debolmente.
-Perchè significa che gli altri devono prendersi cura di te e darti attenzione?- chiese Leshawna infastidita.
Harold sorrise cupamente -No sciocca... Mia madre non aveva tutto questo tempo per me. Fin da piccolo se stavo male ero convinto di dover stare attento a non essere troppo di peso perché altrimenti sarei stato abbandonato in un cassonetto... o in un monastero se mia madre fosse riuscita ad avvicinarvisi senza diventare pietra.-
Poi il ragazzo abbassò lo sguardo e cominciò a ridacchiare fra sé e sé -Però più pensavo di dover stare attento a non stare male e a non aver bisogno di aiuto, più stavo male e avevo bisogno d'aiuto... inoltre io desideravo attenzione... a volte ho finito per fare i capricci. Forse cercavo di mettere le persone alla prova per vedere se mi avrebbero abbandonato davvero?- alla fine alzò gli occhi verso di lei e sorrise normalmente. -Ora stai meglio? Ti senti meno manipolatoria in confronto?- le chiese come se fosse stato tutto un teatrino per distrarla e tirarla su di morale.
Leshawna non era convinta -E se ti preferissi convalescente perché mi fa sentire meglio con me stessa? Insomma... ci conosciamo dalle superiori e ti ho visto crescere molto in questi anni... Credimi, mi ha fatto molto piacere. Forse è anche per questo che mi sento così legata a te... ma io invece ho la sensazione di non essere cambiata di una virgola, forse averti debole e sotto il mio controllo se lo volessi, mi fa stare meglio.- confessò la ragazza.
Inizialmente Harold rimase a studiarla senza avere particolari reazioni. -Ahem... Grazie per avermi detto i tuoi sentimenti... credo?- disse un po' incerto e imbarazzato.
-C-cos... Eh? Che significa grazie?!- "Non è che del mio discorso  ha sentito solo; mi ha fatto piacere vederti crescere e mi sento molto legata a te?!" -Ma mi vuoi prendere sul serio?! Sto cercando di metterti in guardia, cazzo!-
-Uhm... Vuoi che ti detesti così puoi liberarti di me? Ma non stiamo già più insieme e sei tu che sei venuta qui con le tue gambe...-
-Ma che diavolo?! Non è così.-
-Deciditi... Nei miei confronti hai sentimenti protettivi o distruttivi? A parole sono distruttivi, ma il tuo tono e il tuo comportamento vanno in netto contrasto con le tue parole...-  "Come sempre..."
-No, sei tu che capisci solo quello che ti fa comodo!-
Harold sospirò. "Roza, cosa ne pensi? Di solito sei pronta a giudicarla spaventosa qualunque cosa dica o faccia, questa volta sei rimasta silenziosa."
"Eh, in realtà non mi sembra che questa donna abbia detto niente di strano... L'invidia e l'essere stati lasciati indietro sono le sensazioni con cui riesco a rispecchiarmi di più. È strano che ne abbia parlato ad alta voce, ma... Sì, penso che la sua sincerità sia da ammirare."
Harold sorrise e annuì in approvazione -Roza mi ha detto di dirti che i tuoi sentimenti sono normali e ti sembrano strani solo perché li hai detti ad alta voce. Ed io sono piuttosto d'accordo... Credo sia per questo che la tua confessione non mi suscita emozioni negative.-
"Non ti ho detto di dire niente! Perché mi metti sempre in mezzo?!"
-Bene, di nuovo l'amica fantasma...-
-Dovresti ascoltarla, è molto saggia.-
"Ah, davvero?!" Roza era felice del complimento, non ne riceveva spesso.
Leshawna lo guardava con frustrazione. Harold sospirò -L'importante è che non mi avveleni e non mi rompi qualcosa per farmi stare buono. Molte persone al posto tuo neanche si accorgerebbero di avere secondi fini e motivazione poco nobili quando stanno dietro ad una persona malaticcia o in difficoltà... Nel tuo essere frustrante, sei eccezionale come sempre! E sono un po' lusingato se mi invidi... ma è anche abbastanza stupido, non hai niente che non vada rispetto a me! Anzi... Sono anche infastidito, sembra che tu sia convinta che io non possa difendermi da te e che quindi ti tocchi mettermi in guardia...-
La ragazza si seccò. -Bene, allora cerca di essere sincero anche tu e parlami dei tuoi secondi fini, dei tuoi pensieri orribili e delle tue motivazioni poco nobili...-
-Ehm... Boh...- disse Harold distogliendo lo sguardo con fare nervoso. -Facciamo così, ti dirò tutto ciò di poco nobile che mi viene in mente, se mi confesserai il tuo segreto...-
-Uhm... Quale segreto?-
-Dai... qualunque sia la cosa che ti rende così irrequieta. Indipendentemente dal fatto che sia qualcosa avvenuto di recente, oggi, qualche minuto fa, oppure...- si prese una pausa, era incerto di chiederglielo.  -Oppure anni fa? Mi piacerebbe sapere cosa ti turba...-
-Anni fa...- ripeté la ragazza fra sé e sé, poi lo guardò -Che senso avrebbe parlartene ora?- nonostante tutto la ragazza decise di provarci.
Si allontanò da Harold di qualche metro. Non le piaceva essere guardata e voleva accertarsi che il solitamente quattrocchi, in quel momento senza occhiali, non potesse mettere a fuoco la sua espressione.
-Allora...- disse nervosa. Ma tutti i ricordi che le portavano rancore cominciarono ad ammassarsi come se volendo uscire contemporaneamente stessero lottando su chi fosse il ricordo più importante, quale ricordo la facesse sentire più inerme, quale più arrabbiata... Tutti i ricordi volevano la giusta attenzione e il giusto riconoscimento oltre che la giusta vendetta...
Stava già cominciando a surriscaldarsi e a contrarre i muscoli delle braccia come se dovesse picchiare qualcuno da un momento all'altro.
Percepì qualcosa di strano. L'espressione di Harold era cambiata. Sembrava concentrato su di lei e troppo vigile... Sembrava che potesse vederla...
Le venne un dubbio atroce. Si rese conto che per tutto il giorno, anche senza occhiali il ragazzo non sembrava aver avuto nessuna difficoltà, era stato attento a tutto ciò che lo circondava. Eppure sapeva benissimo che Harold senza occhiali non riusciva a mettere a fuoco le cose a partire da trenta centimetri di distanza dai suoi occhi.
Raggelando, Leshawna ripensò alla storia della fantasmina e a quello strano modo in cui Harold aveva cambiato voce per farla conversare con lei. "Ma mi state prendendo per il culo?! Chi sei tu? Chi siete voi?!" pensò furiosa guardando... Lui? Lei? Loro?
“C-che succede?" chiese Roza, percepiva qualcosa che non andava nella donna ma anche in Harold. Anche se Roza non aveva un corpo proprio si sentiva tremare tutta.
"È arrabbiata, molto arrabbiata..." disse fra sé e sé Harold. Era finalmente spaventato?

Roza ebbe l'impressione di essere fuori dal corpo di Harold. Era anche fuori dall'appartamento. Si era ritrovata in un posto sconosciuto ma familiare e spaventoso allo stesso tempo. "Una scuola?" pensò guardandosi intorno.
Dalla presidenza vide uscire, a testa bassa, una ragazza alta dai lunghi capelli neri con una faccia strana, aveva delle macchie e arrossamenti. "Qualcosa l'ha colpita?" si chiese irrequieta.
Mantenendosi a distanza, silenziosa e cupa, uscì un'altra persona dalla presidenza. "Leshawna?"
Senti un rumore di corsa sgraziata, poi la voce di Harold: -Che diavolo è successo?! State bene?!- chiese il ragazzo riprendendo fiato -Mi hanno... mi hanno detto che...-
-Non sei la mia balia! Vattene!- Leshawna gli aveva gridato contro. Harold la guardò con preoccupazione e questo sembrò innervosirla ulteriormente.
A quel punto anche lo stress di Harold aumentò: -I-Io... Io vado dove cazzo mi pare!-
La ragazza dai capelli neri rise crudelmente -Vuoi sapere cosa è successo? Non ne ho una cazzo di idea! Non ricordo nemmeno per cosa stavamo litigando! So solo che ad un certo punto è impazzita e mi ha aggredita!- la ragazza strillò, se era triste o spaventata lo stava nascondendo bene.
Un altra voce parlò, ma poteva sentirla solo Roza: -In effetti...- si girò, vicino a lei c'era un altro Harold -Mi sono sentito meno spaventato per Heather perché lei mi sembrava più forte... ma forse in realtà anche lei era spaventata e sola?- si chiede quel Harold. -Uh... Potrei essere una persona orribile...-
Heather mise in guardia l'Harold del ricordo: -Invece di startene qui con quella faccia sofferente, dovresti dare ascolto a quella stronza e andartene! Potrebbe aggredire anche te, non sei speciale!- disse la ragazza con un sorriso minaccioso.
Harold le guardò disorientato, Roza avvertiva che era disturbato dal modo furioso in cui Leshawna lo stava guardando e da ciò che aveva fatto all'altra ragazza.
"Strano..." pensò Roza. Aveva pensato che Harold fosse un ragazzo molto imprudente con una percezione distorta o assente del pericolo invece non era così "Eppure..."
-Leshawna.- Harold pronunciò il suo nome con chiarezza e determinazione e si avvicinò alla ragazza . -Potresti dare una spiegazione, per favore?- le chiese serio ma supplicante allo stesso tempo.
-Vattene e basta.- ringhiò la ragazza.
Heather sorrise amaramente -Non ci credo... Anzi, no! Ci credo fin troppo! Anche ora ti stai mettendo dalla sua parte! Spero che un giorno ti ammazzi e ti faccia a pezzi! È quello che ti meriti, puttana!-
-Heather?!- Harold la richiamò mentre correva via.
-Mi date entrambi la nausea!- dichiarò Leshawna andandosene nella direzione opposta.
-L-Leshawna...- Harold guardò le due scombussolato, si appoggiò con la schiena al muro. -P-perchè? Credevo che le cose stessero migliorando...- mormorò fra sé e sé.
Roza guardò interrogativa l'Harold vicino a lei. Stava fissando l'altro sé stesso con un' espressione nervosa.
Roza avvertiva che la ragazza con i capelli neri era percepita da lui come amica. -Se era tua amica ed era stata presa a pugni da Leshawna ti saresti dovuto...- poi però si interruppe incerta.
Il ragazzo si portò le mani al collo grattandolo nervosamente -Ero sconvolto... forse dovevo subito dare supporto morale ad Heather? Ma volevo che Leshawna mi desse una spiegazione, lei n-non sembrava stare bene neppure... e poi cosa dovevo fare? Heather non ha mai voluto l'aiuto e il sostegno di nessuno! Non avevo idea se l'avrebbe apprezzato o se l'avrebbe messa a disagio! Idealmente per lei dovevo essere più aggressivo con Leshawna? Ripeto, ero sconvolto e spaventato, volevo che si spiegasse!- ripetè affaticato. -Non avevo idea di come comportarmi e anche ora che ho rivisto la scena, continuo a non averne la minima idea! Sono solo molto imbarazzato...-
-Uhm...- anche Roza non avrebbe saputo come gestirla. “Alla fine quella gli ha praticamente augurato di subire violenza domestica e crepare... e l'ha chiamato puttana...” Roza lo guardò quasi rassegnata. “Che razza di amicizie si sceglie questo?! È capace di instaurare relazioni normali?! Io esageravo nel vedere tutti come potenziali serial killer, ma anche lui ha dei problemi!”
-Sono felice di star facendo alzare la tua autostima...- commentò Harold un po' infastidito. -Guarda che siamo dentro i miei ricordi... siamo ancora connessi, posso sentire i tuoi pensieri...-
Harold si stiracchiò. -Però l'illusione di avere di nuovo un corpo tutto per me è piacevole.- disse cominciando a spostarsi per il corridoio saltando e ruotando su sé stesso.
“Cos'è? Un balletto della felicità?”
-Eh? Tipo la danza del latte?- chiese il ragazzo chiudendo le mani a pugno e mimando delle zampe di gatto che pigiavano su qualcosa di invisibile.
Roza lo trovò imbarazzante “...Che diavolo è la danza del latte?!” Per qualche motivo, l'avrebbe visto bene a comportarsi in quel modo anche se fossero stati in una scuola reale in cui era visibile a tutti. “Suppongo che quando non entra in depressione, Harold sia uno spirito molto leggero... sarà per questo che Heather l'ha chiamato puttana?” si chiese innocentemente mentre il ragazzo si accigliava. “Non credo che saremmo andati d'accordo... E visto che sembra che gli piaccia muovere un corpo, suppongo di non poterlo neanche uccidere e portarmelo in giro come compare fantasma... peccato...”
-Non ci giurerei, sono molto bravo a legarmi a persone scontrose, quindi... Ma per quanto riguarda l'uccidermi... era una battuta per mettermi alla prova o spaventarmi?- la studiò approfittando del fatto che potevano essere finalmente faccia a faccia.
Roza fece spallucce -Non né ho idea, l'ho pensato così a caso... era la prima volta che mi veniva in mente...- confessò.
Harold sorrise nervosamente. -Sarà l'istinto dello spettro... Sarebbe bello avere più tempo per osservarti.-
Ma Roza non sembrava dello stesso avviso: -Allora, come usciamo dalla tua testa?-
-Bisogna passare al ricordo più collegato a questo qua...- il ragazzo sospirò e chiuse gli occhi. L'ambientazione cambiò. L'Harold del ricordo si trovava davanti alla porta di un' abitazione di un condominio.
Ad aprire la porta fu una Leshawna arcigna, con i capelli sciolti e tanto disordinati da sembrare senzienti, era praticamente Medusa con lo sguardo omicida.
-Ti ho portato gli appunti delle lezioni di oggi...- disse Harold un po' sulla difensiva.
-Perfetto!- Leshawna invece era decisamente aggressiva. -Non posso nemmeno approfittare della sospensione per non fare niente, secondo te!- ringhiò.
Harold si fece severo. -Non è a farti rilassare che serve la sospensione.-
-Blah, blah, blah... si ok, interessante!-
-Sei sempre molto matura, vedo...- il ragazzo distolse lo sguardo. Cercò di respirare con calma. -Posso entrare?- le chiese.
Leshawna spalancò la porta, ma rimase in mezzo osservandolo minacciosa.
Harold sorrise nervosamente davanti a quell'atteggiamento di sfida. Passò comunque nonostante l'aggressività della padrona di casa. Leshawna sembrò molto frustrata dalla cosa.
Roza si rivolse all'Harold accanto a lei. -Perchè ti trovavi a fare visita ad una picchiatrice? In modalità aggressiva e territoriale per giunta...-
-Sì, è decisamente adorabile.- disse Harold per sdrammatizzare, poi sospirò. -Forse sbagliavo, ma ero più preoccupato per lei che per Heather... Heather stava migliorando nel socializzare in quel periodo, anche se si fosse arrabbiata con me perchè non chiudevo i rapporti con Leshawna, avrebbe comunque ricevuto supporto, ma Leshawna... per lei e per i suoi rapporti sociali, essere moralmente nel giusto è sempre stato fondamentale.  Avevo paura che se l'avessi mollata da sola durante i giorni di sospensione si sarebbe isolata, magari avrebbe continuato a coltivare quella rabbia senza capo né coda e avrebbe cominciato a frequentare cattive compagnie...-
“Ma... non sei sua madre... Forse sono troppo asociale per capire...”
Entrarono in casa, l'Harold del ricordo si guardava in giro con particolare interesse per la cucina. Leshawna era sempre più nervosa. -Allora, cosa sei venuto a...-
Harold la interruppe. -Vuoi che ti aiuti a preparare da mangiare?-
-Eh?-
-Nonostante l'orario, hai l'aria di una che si è appena alzata dal letto... così ho pensato di aiutarti. Se hai problemi posso andarmene prima che tornino i tuoi.-
-Sei scemo? Sei qui per questo?!-
Vedendola così aggressiva, Harold si indispettì. -Ho sudato sette camicie per aiutarti a studiare, sarebbe uno spreco se ti permettessi di essere bocciata...-
-Ah? Per una semplice sospensione?- Leshawna lo derise.
-Tu non sei affatto stupida, il tuo problema è la demotivazione e sì, una sospensione può causare un effetto di demotivazione a catena!- disse gesticolando nervoso.
Poi la ignorò per diversi secondi per cercare di calmarsi. -Bene... che cosa prepariamo?- pensò ad alta voce continuando a evitare la ragazza come se niente la riguardasse.
-Ehi... Ma ricordi che non sei a casa tua...- mormorò irrequieta. -Vuoi guardarmi?!- esclamò spazientita la ragazza.
Girandosi Harold si vide un coltello puntato contro l'addome, inizialmente fece un passetto all'indietro un po' stupito.
Roza invece era in crisi -Cosa diavolo sta succedendo?!-
Ma l'Harold accanto a lei ridacchiò -Ah, questo l'avevo dimenticato! Da piccola era molto più aggressiva.- disse con affetto.
L'Harold del ricordo sembrava più incuriosito che allarmato. Si limitò a osservare Leshawna. Era visibilmente infastidita, ma la sua presa sul coltello era estremamente ferma.
-Ma che problema hai?- a dirlo però fu proprio Leshawna.
-Ah? Non so... sei tu quella che mi sta puntando un coltello...-
-Tu però non reagisci...- disse accigliandosi.
-Beh... è fin dall'asilo che sono abituato collezionare aggressori anche più grandi e grossi di me...-
Leshawna era inizialmente incredula, poi cominciò a schernirlo un po' divertita e parecchio disgustata. -Ah, ecco perchè mi sei venuto a presso! Heather ci ha preso! Beh, mi spiace per la tua perversione ma se ti eccitano le persone violente cercati qualcun altro con cui divertirti! Non ho alcuna intenzione di iniziare una relazione sadomasochistica con te e ammazzarti per sbaglio! Fatti curare!-
-Ehi, deficiente!- disse Harold mettendo le mani avanti. -Primo; complimenti per la delicatezza da elefante con i pattini a rotelle dentro una cristalleria, signorina!- disse irritato.
Poi cercò di nuovo di ritrovare la calma -Guarda che ciò che volevo dire era che a furia di subire atteggiamenti aggressivi fin da piccoli si diventa piuttosto bravi a capire quando una persona è interessata a farti del male e tu... non ho la minima idea di quali siano le tue intenzioni.
Ma dalla tua espressività non percepisco nulla... il modo in cui impugni il coltello è inefficiente e la posizione del tuo braccio non è adatta ad affondarmelo nella carne, anzi... Ho l'impressione che lo scopo della muscolatura dell'arto in questo momento sia proprio bloccarlo in caso ti innervosissi troppo, non prepararlo a colpirmi...-
Leshawna sospirò continuando a tenerlo sotto tiro. -Non credi di essere un po' troppo presuntuoso?- chiese minacciosa. -Magari ti fidi un po' troppo del tuo istinto... potrei anche essere molto brava a mascherare il mio linguaggio del cor...- si bloccò notando che Harold stava cercando di non ridere. Sapeva anche lei che lui ed Heather la ritenevano una sempliciotta quando si tratta di mentire.
Innervosita dall'imbarazzo mise la mano sul collo del ragazzo per cercare di nuovo di incutergli timore, ma lui rimase tranquillo, al massimo continuava a sembrare incuriosito.
-Sul serio, mi spieghi che cosa vuoi comunicarmi?- chiese Harold quasi divertito dalla situazione. Sentì che la mano della ragazza a contatto diretto con la sua gola tremò leggermente ma anziché strangolarlo, le ricadde lungo il busto. L'Harold adolescente si sentì un po' preoccupato.
Roza intervenì. -Quando non cerca di strozzarti o accoltellarti ti preoccupi?-
-Eh...- per un attimo il ragazzo accanto a lei sorrise nervosamente, poi si fece più serio. -La stavo spaventando.- si sentì un po' divertito dell'espressione confusa di Roza. -Niente è più spaventoso di qualcuno con cui non riesci a comunicare. Lei stava cercando di comunicarmi che era arrabbiata e che dovevo avere paura, ma la mia reazione era “Oh, buffo... cosa vuoi fare?” e questo mi classificava come un pericolo che poteva essere tolto di torno solo con la violenza... ma anche se è un po' sadica, Leshawna ha anche un animo gentile, arrivare a tanto sarebbe stato doloroso.-
-C-che?! Ma non la stavi minacciando! Solo io dovrei essere così paranoica!-
-Già, da un punto di vista razionale è così, ma un cervello agitato prende in considerazione molti scenari...-
Roza cominciò ad avvertire i pensieri dell'Harold del ricordo: “Uhm... devo trovare un modo per rassicurarla e diminuire i suoi livelli di stress” pensava osservando l'adolescente irrequieta e dalle mani chiuse che lo teneva insistentemente d'occhio. “Anche se... è un peccato. Sarebbe bello studiare le sue reazioni e capire cosa la porta oltre il confine di non ritorno... cosa potrebbe spingerla realmente ad aggredirmi fisicamente... eh eh...”
-Ma avevi la segatura in testa, da ragazzino?!- esclamò Roza.
-Eh eh...- per un attimo anche l'Harold accanto a lui ridacchiò. -Oh, aspetta... ero... davvero così maligno da piccolo?- si chiese un po' perplesso. -Dovevo aver preso piuttosto male l'accoglienza di Leshawna... anche quando ho buone intenzioni, lei ha sempre il potere di sviarmi e mettermi in confusione. Sono sempre stato piuttosto debole davanti a lei...-
-M-maligno?- balbettò Roza. -Saresti stato tu ad uscirne morto! Davvero non capisco...-
L'adolescente Harold ricominciò ad esporre i suoi pensieri: “Uhm... No, non posso giocare così, farei dei danni... Non sono venuto qui per questo... Devo tranquillizzarla.” tornò in sé con un po' di imbarazzo. “Se appaio intimidito, andrà tutto per il meglio.”
L'adolescente interruppe il contatto visivo e abbassò il capo in segno di sottomissione cercando di muoversi nel modo più naturale possibile.
-Che diavolo stai facendo adesso?!- esclamò Leshawna ancora più indisposta.
-E-e... sto...-
-La smetti di prendermi per il culo? Pensi forse che non me ne accorga se reagisci così in ritardo? Che sono, scema?-
-Potrei anche... avere un cervello lento che ha capito solo adesso quanto tu sia... minacciosa... no?- ma Leshawna era sempre più stizzita. Harold era emozionato -Scusa, credevo che potesse farti piacere.- disse improvvisamente allegro. -E' fantastico, sei davvero intelligente!-
Questa nuova reazione fuori posto del ragazzo la innervosì: -T-tu, piccolo...- ma anche se era un idiota, Harold era un idiota che aveva imparato a conoscere, quella familiarità la tranquillizzò un po'. -Cerca di riservare certe recite per i sempliciotti come Duncan, non a me.- disse altezzosa. -E smettila di guardarmi così!-
-Scusa, ma la tua aria di superiorità è molto piacevole.- ammise il ragazzo.
-Non... Non è colpa mia se non sono sotto il livello di quel...-
-A me in realtà sembra...- anche Harold si interruppe. La ragazza sembrava imbarazzata. “E' per come ha perso il controllo a scuola?” era il momento giusto di provare a parlarle finalmente di quello, ma in quel momento non aveva idea di come farlo. -Ecco...- temporeggiò.
-Perchè sei venuto qui?- gli chiese mantenendosi sulla difensiva.
-Eh?- “Perchè sono preoccupato per te, cretina, non te l'ho detto? Ah, no... giusto...” -Se invece di dirti che voglio aiutarti perchè se ti bocciano avrò l'impressione di aver sprecato il mio tempo, ti avessi detto tipo; Sono perdutamente innamorato di te, ti avrebbe fatto piacere? Saresti stata meno aggressiva?- le chiese leggero. Ma vide la ragazza irrigidirsi e stringere i pugni osservandolo con aria irrequieta. Il ragazzo sorrise -Ovviamente scherzavo.-
Leshawna continuò a guardarlo storto. -Non... Non sarai tipo quelle tizie che vedendo il cretino violento e patetico, invece di allontanarsi pensano; Oh poverino, devo capirlo!-
-Anche se fosse, cosa ci sarebbe di male?-
Leshawna lo schernì -Scherzi, vero? ...Vero?-
Harold sospirò e si portò una mano alla testa. -Hai proprio un cervello da rettile...- si sentiva abbastanza rassegnato e incompreso. -Le teste di cazzo dovranno pure stare con qualcuno, no? N... non che tu lo sia... Ma apparentemente ti sei data della cretina da sola, genio...-
-Se sono violenta io va bene, gli altri non sono un cazzo e non se lo possono permettere...- disse imbarazzata. -Ovviamente scherzo.- sbuffò. Harold non sapeva cosa dirle.
Leshawna riprese di nuovo parola. -Senti... mi piaci molto... come personalità intendo! Però... non pensi che dovresti cercare di stare con persone più tranquille, più in linea con... te?-
-Eh? Non ero un pervertito che deve andarsi a curare?-
L'Harold accanto a Roza sospirò: -Ha sempre avuto una visione molto estremizzata di me... O ero il bambino ingenuo e innocente, o un pervertito subdolo che chissà cosa sta pianificando e nascondendo! Però... in effetti, ero così sciocco da piccolo...- disse con un' espressione d'affetto.
-E fu così che ti sei messo con una che picchia la gente a caso?- constatò Roza in tono neutro mentre lo guardava con curiosità e confusione.
-Non ha più alzato le mani su nessuno, è molto brava a trattenersi.- disse con un po' di ammirazione e un po' di senso di colpa. “Non sono mai davvero riuscito a capire cosa avesse e a capire come comportarmi, ha fatto tutto lei...” -Ma sì, è stato un rischio. Ho scommesso mettendomi in questa relazione... è andata... bene tutto sommato...- sorrise nervosamente. -E' stata razionalmente una scelta terribile! Ma l'ho deciso io... non mi pento di nulla, non ho solo ricordi negativi... - ammise forse per la prima volta con tranquillità da quando si erano mollati.
Gli veniva da sorridere forse per la propria ingenuità. -Avevo percepito che nonostante la maschera di normalità e moralità, anche lei aveva un lato più contorto e questo mi ha fatto sentire vicino a lei, mi ha fatto pensare che potevo capirla molto meglio di chiunque altro...- rise nervosamente. -A pensarci ora, è tutto piuttosto adolescenziale e imbarazzante! Beh, alla fine ero molto solo, lei mi piaceva e... mi dava un po' di corda, cosa a cui non ero abituato... non ho agito per nobiltà d'animo e niente del genere, ho solo assecondato i miei sentimenti, bisogni e desideri.- Guardò Roza come se si aspettasse qualche assoluzione o commento.
Roza era rassegnata. -Non ci capisco niente di questo tipo di cose. Non mi attraggono le persone indipendentemente dal loro sesso...-
-Uhm... già, scusa... Comunque, è stato interessante. Magari visitiamo anche la tua memoria?-
Per tutta risposta, Roza si riparò la testa con le braccia con un'espressione stizzita.
“Uhm... non mi sembra affatto corretto che sia l'unico ad esporsi. Ma sono un gentiluomo, quindi lascerò correre senza lamentarmi...”
-Guarda che ti sento...- segnalò la ragazza con le braccia ora conserte.
-Oooops...- Forse era Roza ad essere paranoica, ma aveva l'impressione che il ragazzo la stesse un po' prendendo in giro e che stesse temporeggiando.
-Tranquilla che ora ti lascio libera...- affermò Harold. “Mi dispiacerà un po' essere di nuovo da solo...”
-Vuoi che ti uccida?- aveva chiesto Roza mentre l'istinto prendeva di nuovo il sopravvento.
-Eh...- Harold era rimasto imbambolato a guardarla per qualche istante. -Non sono lucido... non potrei darti il mio pieno consenso...- aveva risposto vago, deviò lo sguardo per un attimo, poi tornò a guardarla. -Uhm... cerca di rimanere in te ancora per un altro po'... un ultimo sforzo, ok?- un po' preoccupato cercò di incoraggiarla.
Roza annuì massaggiandosi la testa con aria stordita. Harold chiuse gli occhi, quando li riaprì era seduto sul suo letto nel presente. Leshawna lo osservava preoccupata. -Hai perso i sensi per qualche minuto.- lo informò.
Harold annuì, continuava a sentire il suo corpo pesante. “Roza... ancora lì?”
“Già...”
Harold non si sentiva del tutto deluso, sarebbe stato scomodo non poterla salutare. “Hai ancora l'istinto di uccidermi?”
“No... almeno non penso... Però se rimanessi intrappolata con te per altro tempo ancora, non sono sicura di cosa potrebbe accadere.”
“Tranquilla... so cosa fare... Vuoi darmi un po' di fiducia? Che fastidio...”
-Harold, quante dita vedi?- gli chiese Leshawna con una strana determinazione.
-Sommando le due dita alzate della mano con cui stai facendo il gesto delle corna e il dito con cui stai facendo il dito medio, direi tre? È un messaggio in codice? Stai dicendo che dovrei farmi sodomizzare dal demonio?-
Leshawna lo guardò storto. Roza era tesa. “Harold... tu quanto ci vedi senza occhiali?”
“Un cazzo. Sono praticamente cieco.”
“...Continui a non avere gli occhiali.”
“O... Diavolo...”
“Digli che stai portando delle lenti a contatto!”
“Uhm... Se così fosse sarebbe evidente... i miei occhi hanno delle reazioni orribili alle lenti a contatto e lei lo sa... avrei gli occhi talmente rossi da...”
“Perchè sei così passivo?! Ho come l'impressione che tu voglia farti scoprire!”
“Uhm...”
Leshawna sbuffò -Lascia perdere, non voglio saperne niente.-
-Eh? Perchè? Io sarei curiosissimo se una persona smettesse improvvisamente di aver bisogno degli occhiali! Sopratutto se sembrasse perdere parte della coordinazione del corpo in cambio!- disse incuriosito. Roza voleva ucciderlo.
Anche Leshawna ci stava facendo un pensierino. Ma pur mantenendo un tono duro cercò di essere ragionevole: -Non preoccuparti. Se continui ad avere questi problemi ti porto di peso a... no, non posso... non c'entro più niente con te...- realizzò frustrata. -Sai che ti dico? Non me ne frega più niente! Per me puoi anche essere posseduto dallo spirito di una rompipalle in coma, chi se ne frega!-
-EHI!-
-Chi dei due si è offeso e mi ha risposto?- chiese fingendosi divertita. -Scherzo. L'anima non esiste, la morte è per sempre... per questo dovresti fare più attenzione Harold...-
Il dichiarato menefreghismo di Leshawna e la sua maleducazione l'avevano fatto sentire irrazionalmente tradito all'inizio, ma ora lo interpretava in modo diverso. Anche se Leshawna sospettava qualcosa, preferiva non saperne niente per non farsi tentare di fare qualcosa di avventato.
Roza ci tenne a precisare che era molto in disaccordo con ciò che Harold stava per dichiarare: -Mi sento molto al sicuro con te.- ammise. “Non ti lasci intralciare dalla curiosità come me...” anche se gli dispiaceva non poter condividere la situazione con la ragazza.
Leshawna era infastidita. -Fa un po' come ti pare...-
“Non capirà i miei sentimenti come al solito... peccato...” -Leshawna, mi porti di là dalla mia adorata tuba? Voglio suonare.- le chiese innocentemente.
Rassegnata, la ragazza gli fece da stampella per farlo muovere più velocemente e in modo meno sospetto. Peccato che per andare a salutare la sorella, si staccò e si rimise a quattro piedi per un attimo prima di abbracciare la donna. -Scusa se prima non ti ho salutato come si deve.- disse allegro poi si mise a bisbigliarle all'orecchio: -Non preoccuparti, è solo un esperimento...-
-Uhm... Capito, sospettavo qualcosa...- rispose Celia sottovoce. Dopo essersi staccati si annuirono a vicenda in segno di accordo. Poi Harold si mise al balcone contento di riabbracciare la sua tuba.
“Sono sempre molto stupita dalle tue doti manipolatorie.” confermò Roza con ammirazione.
“E-Eh? Beh... è il vantaggio di essere quello strano... basta che io sia convinto di quello che dico e di solito le persone non si straniscono e non indagano più di tanto... Quella che ho detto a mia sorella è una mezza verità. Non la chiamerei manipolazione comunque...” le disse un po' risentito. “Mi conosce... si fida che abbia un buon motivo per muovermi in modo strano anche se non  posso dirle tutto. E sa che se avessi realmente bisogno di aiuto glielo direi... Ora... concentrati e seguimi, Roza...”
Cominciarono a suonare la tuba, Harold era sicuro questa volta di poter liberare l'anima in più nel suo corpo espellendola con il respiro tramite lo strumento, ma individuò un intoppo... Poteva sentire ed essere influenzato dalla paura di Roza derivante dall'essere sotto gli occhi Leshawna, la madre di lei e Celia che stranite osservavano quello che percepivano come il suo nuovo capriccio. In realtà le donne stavano parlando fra loro e lo osservavano solo di tanto in tanto, ma non era così che lo percepiva Roza.
Harold potè sentire distintamente che più cercava di riversare lo spettro all'esterno, più degli artigli gli si conficcavano all'interno della carne, era come cercare di tirare fuori dalla sua tana un animale che si sente in pericolo, ma la tana a cui quelle unghie si aggrappavano disperatamente, erano i le sue viscere...
Cercò di riportarla alla ragione cercando di farle capire che non stavano guardando in modo strano lei, ma lui e che non l'avrebbero vista quando sarebbe uscita allo scoperto, ma aveva l'impressione che Roza non riuscisse ad ascoltarlo. Alla fine, indolenzito, dovette smettere di suonare...
“Mi spiace...” mormorò Roza mortificata.
Harold era troppo scosso per provare consapevolmente qualcosa. “Hai il numero di Max?” si limitò a chiederle.

Max si dimostrò molto felice di potersi esibire col suo pitone domestico mentre Harold suonava la tuba. Così l'attenzione delle donne fu rubata da Max con il suo flauto dolce e dal pitone che non voleva farsi incantare e cominciò a strisciare allegramente per l'appartamento.
Lupe era terrorizzata e se all'inizio anche Leshawna era un po' irrequieta, vedendo la reazione della madre cominciò a ghignare come una bambina pestifera e cerco di far toccare l'animale alla donna che protestava e cercava di scappare, nel mentre Celia osservava il tutto con preoccupazione da sopra il tavolo.
Harold dovette fermarsi di nuovo, questa volta per ridere “Scusami Roza.” disse cercando di farsi notare il meno possibile ma anche Roza stava ridendo e piangendo.
“Harold, dispiace anche a me! Non so perchè questa situazione mi faccia ridere... non è divertente..”
“Proprio no...” disse Harold cominciando a perdere anche le proprie lacrime. “Sarà lo stress...” disse riuscendo a calmarsi un po'. Notò che la vista gli stava cominciando a ritornare normale, cioè pessima. -Eh?- Roza se ne stava andando.
“Mi spiace per tutti gli inconvenienti Harold... Ma... tutto sommato mi sono divertita... Mi piacerebbe rincontrarti un giorno...” ammise ridendo nervosamente.
-F-figurati... anche io...- mormorò. -C-ciao...- si sentiva completamente vuoto e già solo.

Angolo dell'autrice:
Eccomi di nuovo qui, come state? Devo (per l'ennesima volta o_o) scusarmi per il tempo passato fra una pubblicazione e l'altra (e non solo di questa storia ç_ç) Ma ho avuto un periodo di studio davvero molto intenso (Sono arrivata al punto che il mio cervello si rifiutava categoricamente di apprendere e mi impediva di ripassare i giorni prima degli esami... traditore!) è stato anche un periodo non troppo allegro e anche il mio computer ha cercato di sabotarmi guastandosi temporaneamente (una parte di questo capitolo l'ho cominciata a scrivere sul cellulare... e l'ho dovuta riscrivere tre volte visto che il programma di scrittura che avevo installato ci ha messo un po' a ingranare e mi ha cancellato il testo due volte, non contando tutte quelle in cui invece di ha cancellato solo alcune parti o_O)
Detto questo, spero sinceramente che il capitolo e la storia possano piacervi, lo dico sempre, ma sono davvero grata a chi sta continuando a leggere nonostante scrittura e tempi di pubblicazione siano... beh, questi qua ^^'
E' comunque una storia che mi piace scrivere anche se è un po' strana (mi piace anche per questo) e ringrazio chiunque mi stia pazientemente “tenendo compagnia” in questo esperimento.
Se avete qualche opinione da darmi mi fa piacere, cercherò sempre di fare del mio meglio.
Vi auguro delle buone giornate e... delle serene esistenze (è un po' troppo pesante detta così? ^^')
Alla prossima :D
(Spero il più presto possibile...)

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Capitolo 22
*** La domenica in cui, quasi, tutti si scannarono. ***


Harold si sistemò gli occhiali e sollevò la maglia per controllarsi l'addome, tirò un sospiro di sollievo verificando che era pallido ma privo di lividi e graffi come era giusto che fosse.
-Cosa pensavi di trovare, esattamente?- chiese Leshawna facendolo sussultare, non aveva notato di essere stato seguito fino al bagno. -Beh, hai detto qualcosa del tipo; scusate, vado un attimo in bagno a controllare se gli organi interni continuano ad essere interni... è normale che ti abbia seguito.- rispose lei con naturalezza.
Harold la osservò con un po' di diffidenza. -Ho anche detto che stavo scherzando...- da quando Roza si era distaccata dal suo corpo provava una sorta di bruciore alle viscere che saliva lungo l'esofago.
-Sembravi un morto vivente fino a poco fa, non fidarmi mi sembra normale.-
-Però ho già ripreso colore, no?- un po' allegro, chiese una conferma.
Sorridendo leggermente Leshawna concordò. -Allora, che ti cercavi sulla pancia? Qualche ernia?-
-Ehm...- era stato piuttosto irrazionale, ma Harold si era chiesto se sul suo corpo non fossero visibili delle tracce nonostante si fosse sentito ferito dall'interno. Si era anche chiesto se a partire da quei punti doloranti il suo corpo si sarebbe rotto collassando su sé stesso. “Non so proprio mantenere la calma." sospirò imbarazzato. Forse capiva un po' meglio perché Leshawna avesse sentito il bisogno di sorvegliarlo e in realtà si sentiva a disagio da quando il fantasma se ne era andato lasciando la sua testa silenziosa. Anche per quello, era abbastanza contento che Leshawna fosse poco distante da lui. -Cosa ne pensi di ciò che è successo poco fa?- chiese desideroso di risentire la sua voce.
Una smorfia stizzita comparve sul volto di lei che disse, alzando gli occhi: -Farò finta di nulla.-

Del distacco da Roza, il corpo di Harold non era stato l'unico a pagarne le conseguenze. Forse a causa dell'energia dispersa nell'ambiente oppure a causa di uno scherzo della ragazza stessa che voleva lasciare il segno di essere stata lì, due bicchieri sul tavolo era andato in pezzi.
Celia era rimasta calma e aveva fatto delle ipotesi sul fenomeno, Max dopo una prima reazione terrorizzata, aveva cominciato a vantarsi pensando che a rompere i bicchieri fosse stata la sua aura malefica. Ma Harold non aveva idea di cosa stessero facendo Leshawna e sua madre. Erano troppo silenziose, ma aveva la sensazione che una delle due stesse pigiando qualcosa su telefono.
Non potendo più contare sula vista di Roza, Harold aveva potuto basarsi solo sui suoni per interpretare la situazione caotica che gli si era posta davanti.

Leshawna sbuffò. -Mia madre penserà sicuramente che si sia trattato di qualche fenomeno paranormale. Diventeremo l'argomento preferito del suo club di gioco di ruolo...-
-Il suo che?!- esclamò Harold incuriosito.
-Il suo gruppetto di cattolici molto superstiziosi... Alcuni sembrano più aspiranti fattucchiere che religiosi...- spiegò lei. Harold sembrò un po' divertito dalla cosa e Leshawna si sentì più a suo agio.
-Potrebbero interpretare la situazione come una punizione per aver provocato una gravidanza al di fuori del matrimonio. Dopo tanta indifferenza, finalmente, il loro Dio da segnale di disapprovare il sesso prematrimoniale! Anche se avrebbe altre priorità...- il ragazzo scherzò innocentemente.
-Quanto odio questo tipo di... di cose...- sussurrò infastidita puntando di nuovo gli occhi verso l'alto. Notando Harold che guardava verso la porta del bagno come se volesse uscire, gli prese delicatamente il polso. -Rimaniamo un po' qui? Non mi va di tornare in quella gabbia di matti.-
-Umh...- Harold sembrava abbastanza teso.
-Di nuovo problemi quando ti tocco?-
-N... no... Ma se rimaniamo troppo da soli, mia sorella e tua madre entreranno a controllarci.-
-Probabile... Ah! Che scocciatura!-

Anche se Harold ora riusciva a stare in piedi correttamente, uscito dal bagno si rannicchiò sul pavimento. Ormai lo trovava confortevole. Gli ricordava un po' quando da piccolo giocava, disegnava e costruiva sul pavimento fresco. Non aveva sedie su misura e arrampicarsi su quelle degli adulti era scocciante, erano meglio usate come tavolini quando non aveva voglia di rimanere sdraiato a pancia sotto.
Mentre si lasciava distrarre da quei ricordi, sentì qualcuno avvicinarsi, la madre di Leshawna gli stava porgendo qualcosa. -Tieni... un rosario... più tardi ti porto da un pret...-
Ma venne intercettata da Leshawna. -Finchè ci sono io in questa casa, niente rosari!- disse togliendo ad Harold l'oggetto. -Niente preti, niente messe e niente Bibbie!- poi si rivolse ad Harold. -E niente animismo, niente scintoismo, niente paganesimo, niente voodoo...-
Harold rise. -O-ok... mi sento leggermente calpestato. Non abiti più qui... ricordi?-
Leshawna per dispetto approfittò che fosse ancora accovacciato a terra e gli appoggiò un piede sulla spalla, facendo reagire molto male Lupe.
-Mamma, è solo un modo per scherzare! Non lo sto calpestando sul serio!- disse insistendo a toccarlo con il piede. -Harold, potresti scagionarmi?-
-Leshawna può giocare, mostrare i suoi sentimenti e il suo affetto in modo anche peggiore, signora. E' tutto a posto.- confermò positivo. Leshawna non sembrava apprezzare quella linea difensiva.
Cercando di ignorare quelle interazioni bizzarre, Lupe parlò: -Ho avuto un'idea.-
-Oh no...- mormorò Leshawna con una voce tombale.
-Ah, ah... molto divertente tesoro! Allora, stavo pensando... perché non pranziamo tutti insieme?-Chiese la donna ricevendo un'occhiataccia dalla figlia, ma un leggero sorriso dall'ex genero.
-A me sta bene.- disse Harold facendo spallucce "Scusami, Leshawna, ma non voglio rimanere da solo!" pensò guardando l'ex incredula e infastidita.
-Anche per me va bene.- disse Celia.
Leshawna era sempre più confusa "Mi tradisci anche tu, sorella fredda, strana ed asociale? Non hai una famiglia da cui tornare? Traditrice!"
Come se avesse avvertito i pensieri di Leshawna che le andavano contro, Celia si sentì in dovere di spiegare: -Avevo già deciso di mangiare con mio fratello, infatti avevo portato qualcosa...- disse tirando fuori dei sacchetti in cui erano contenute delle patate. -Che ci siate anche voi due, non mi fa molta differenza. Oh... senza offesa, ovviamente.-
Anche Max si unì. -Ah, che bello! I miei sono usciti e non mi andava proprio di dare fuoco a... volevo dire cucinare!- disse allegro trotterellando verso il frigo.
Celia si avvicinò agli altri e disse a bassa voce: -Scusate... ma quel ragazzino... chi diavolo è?- chiese confusa. -È qualcuno che dovrei conoscere ma di cui mi dimenticata?-
Leshawna sorrise maligna -Ma come? Non lo riconosci? Come puoi essere così insensibile da non ricordarti di...?-
Ma Harold le rovinò il gioco: -È un vicino del piano di sopra e un amico di una mia amica.-
Leshawna sbuffò ma si sentiva un po' più calma. "In fondo perché non dovremmo pranzare insieme? Perché sono così tesa?" si chiese. Alla fine non le andava di lasciare solo Harold. Rimanere ancora un po' era comodo per i suoi interessi, ma non riusciva a scacciare la sensazione che ci fosse qualcosa fuori posto. "È davvero giusto assecondare questi interessi?"
I pensieri di Leshawna si interruppero sentendo Max che apriva il frigo, tornò a sentirsi tesa: -Moccioso. Non è casa tua.- disse autoritaria andando verso di lui, l'adolescente emise uno squittio per lo spavento.
Harold la seguì. -Non essere così aggressiva, è solo un ragazzino...-
-Un corno! Da bambina sapevo come comportarmi in casa d'altri se non volevo richiami.-
Mantenendosi a distanza con Lupe, Celia sospirò. -Bene... neanche il tempo di far nascere il bambino e hanno già dei diverbi sull'educazione?-
Anche Lupe sospirò, però pensava che fosse strano che sua figlia fosse così rigida. "Sente il bisogno di strafare per compensare Harold... Non è un cattivo ragazzo, ma non ha polso e non sa farsi rispettare... Ma forse anche lui è influenzato negativamente da mia figlia ed è così passivo per compensare l'aggressività di lei... Un bel circolo vizioso..."
Nel mentre la coppia continuava la discussione. -Non è che sei così permissivo solo perché vuoi metterti contro di me?-
-C-cosa?! È che non mi piace il tuo tono dispotico! E poi sono in debito con Max per... una questione. Non voglio che venga traumatiz...-
Leshawna lo interruppe: -Traumatizzato?! Pensi basti così poco? Sei davvero...- quasi lo derise poi vedendolo abbassare lo sguardo con fare nervoso, riacquistò buon senso e si fermò. Un po' in imbarazzo, decise di provare ad essere più morbida, ma Max sembrava avere altri piani:
-Signor depresso, non trattarmi come un bambino! Guarda che quando sarò il dominatore del mondo non avrò alcun riguardo per te! Quanto alla racchia invece...-
-Muto che sembri l'aborto mal riuscito di un orgia fra un barile, un maiale anemico e il nano scemo di Biancaneve!- Oltre Max con un'espressione da funerale, Leshawa vide Harold e sua madre con gli occhi spalancati portarsi una mano davanti la bocca come delle piccole donne mortificate d'altri tempi. "Perchè è diventato così bacchettone da quando ha cominciato l'università!?"
Max si schiarì la voce e parlò dandosi un tono altezzoso: -Siete gentili a preoccuparvi dell'affronto che ho subito, ma è difficile prendersela quando a darti del maiale è un rinoceronte.- ridacchiò un po' mentre sul volto di Leshawna comparve una smorfia infastidita. Ma durò solo un attimo, si trasformò presto in un sorriso maligno.
La ragazza fece un passo verso di lui con fare minaccioso portandolo a indietreggiare facendolo finire con le spalle al muro. -Quindi lo sai anche tu che fra noi non c'è confronto... un rinoceronte il maiale se lo mangia...- ghignò facendogli notare la differenza di altezza e spalle che intercorreva fra loro. Anche Max provò ad essere minaccioso:
-G-guarda che fra qualche anno sarò sicuramente più alto di te...-
-Ah sì? Bene, sono abituata ad abbattere persone il doppio di me!- disse divertita.
Lei non aveva bisogno di girarsi per avvertire gli sguardi disapprovazione di sua madre ed Harold. -Scherzo, tranquilli! Non sto minacciando alcun minorenne.- disse strofinando la spalla del ragazzino che continuava a fissarla un po' con sospetto, un po' con inquietudine. -Era solo per giocare... e per insegnargli qualcosa. Gli ho fatto prendere un sano spavento per non farlo mettere nei guai con persone meno pazienti della sottoscritta.- disse molto sicura di sé cercando di spingerli ad esserle grati. -Andiamo, ragazzino... non ti avrò mica messo troppa paura, eh?-
Max sembrò pensarci. -Uhm... Certo che no. Ho capito benissimo lo scherzo!- affermò Max cercando di imitare il tono sicuro e tranquillo della donna.
Lupe li guardava poco convinta, ma non commentò. Harold sospirò. Non sapeva se essere affascinato o infastidito dalla faccia tosta con cui la donna tranquillizzava persone che lei stessa aveva messo in allarme fingendosi un'innocente buona samaritana. Decise di optare per la prima opzione: -Saresti stata un'ottima sorella maggiore. Comunque i rinoceronti non sono carnivori...-
Leshawna non sembrò capire, Celia si. -Ehi, io non mi sono mai comportata così.- protestò senza scomporsi, aggrottò solo un po' le sopracciglia.
Harold tirò fuori la lingua -Mi hai fatto piangere spesso invece, poi mi consolavi in modo che non ti mettessi nei guai.- ricordò divertito.
-Per me te lo stai inventando...- affermò la sorella guardando da un'altra parte.

Visto che le cose portate da Celia e le cose che Harold aveva già, non bastavano, Leshawna decise di andare a fare la spesa, poi si guardò intorno irrequieta e chiese a sua madre se poteva farlo lei al posto suo. Harold sospettò che probabilmente non si sentiva sicura a lasciare lui e Celia soli con sua madre.
Prima di andarsene, Lupe fece una proposta: -Più tardi, magari, qualcuno vuole venire a messa con me?- vedendo la figlia che la squadrava cupa e sospettosa, Lupe specificò: -Tranquilla, non ho intenzione di portare nessuno da un esorcista né di parlare degli eventi di oggi.-
-In ogni caso non ho voglia di accompagnarti, passo...- disse Leshawna.
Celia si guardò intorno un po' a disagio. -Eh... sono atea e... non ci conosciamo così bene da fare cose come andare insieme da qualche parte... è una proposta strana in primo luogo...- disse un po' disorientata dalla socievolezza della donna.
Lupe non poteva certo dirsi sorpresa di quelle reazioni, ma puntò gli occhi verso la sua ultima speranza. Harold non disse nulla che non fosse “Eh...” mentre pensava. Ma alla fine per lui era triste essere abbandonati per i propri interessi quindi non era del tutto contrario all'idea.
Leshawna fiutò il pericolo. -No, lui non viene. Ricordi? Dio odia avere gli asmatici in casa, infatti non li protegge dall'avere una crisi respiratoria a causa di quegli stupidi fiori o quegli stupidi incensi e stupidi prodotti per pulire le stupide panchine in legno... stupido legno...-
-Non è che odia gli asmatici! È solo che Dio non interviene direttamente sulla realtà che lui stesso ha creato per impedire crisi respiratorie et simili.- disse la donna sicura di sé.
-Ah? Quindi neghi i miracoli...- disse Leshawna con un ghigno. -Al rogo! I tuoi antenati inquisitori si staranno rivoltando nella tomba!-
-Se ho davvero degli antenati nell'inquisizione spagnola, mi sa tanto che hai preso tutto da loro.- commentò la donna.
Harold riprese parola: -Mi spiace interrompere questo simpatico scambio di battute, ma posso decidere da me dove posso o non posso andare.- puntualizzò Harold guardandole storto. -Allora...-
-No, non puoi decidere da solo.- affermò Leshawna con naturalezza. -Ti lasci impietosire troppo facilmente finendo per fare favori che ti danneggiano.-
Harold sospirò, Celia pure, Max osservò incuriosito non riuscendo a inquadrare la situazione, ma spuntando a tradimento dietro le spalle della figlia, Lupe commentò senza riflettere troppo: -Ok, che lo ami... ma non ti sembra di essere un po' troppo protettiva nei suoi confronti?-
Il gelo scese nella stanza.  Harold guardò con preoccupazione Leshawna che era rimasta paralizzata. Lupe cominciò a realizzare di aver infranto una sorta di tabù e indietreggiò.
Leshawna cacciò fuori un breve urlo per sfogarsi, poi si girò lentamente verso la madre. -Irresponsabile! Come ti salta in mente di dire una cosa simile?!- ma la donna tagliò la corda.
Leshawna, frustrata e senza nessuno su cui scaricarsi, diede un pugno al muro. Il suo corpo sembrava essere incandescente, cominciò ad andare avanti e indietro per la stanza pensierosa e nervosa, mentre i due fratelli non si azzardavano a dire parola, solo Max inconsapevole aprì bocca: -Ma... si è rotta? Che succede?- vedendo la donna voltarsi di scatto verso di lui, il ragazzino saltò per lo spavento.
Leshawna, tesa, si rivolse ad Harold. -Non darle retta! Non ti amo affatto, ok?-
Il ragazzo si limitò a mormorare un “Ok, tranquilla...” a cui Leshawna rispose con un “Bene!”
Nonostante quel “bene” la ragazza continuò ad andare avanti e indietro. -Che irresponsabile!- disse fra sé e sé. -Come può dire con leggerezza una cosa simile ad una persona convalescente e depressa? Perchè quelli come lei non pensano mai?!-
Harold si irrigidì. -Ehi! Guarda che non ho alcun desiderio di tornare con te, quindi non devi preoccuparti che mi faccia illusioni.-
Leshawna sospirò e si fermò un attimo appoggiandosi al muro. -Meglio così... ma potrebbe farti male comunque.- dopo un po' ricominciò a camminare per scaricarsi. -Io la ammazzo!- diceva per sfogarsi fra un' intervallo e l'altro.
Per un po' i due ex sembrarono troppo in imbarazzo per guardarsi, poi Harold ricominciò ad avvicinarsi alla ragazza per chiederle se voleva dell'acqua o qualcosa per calmarsi e per prenderla un po' in giro. Leshawna continuava ad essere in imbarazzo ma non odiava del tutto Harold e il suo modo di fare.
La coppia di fratelli si mise a sbucciare le patate. Vedendo Harold un po' troppo allegro, Leshawna si avvicinò a loro un po' indecisa. -Posso aiutarvi o interromperei qualche momento familiare?-
-Fa come meglio credi.- disse Harold mantenendo l'umore tranquillo.
“Forse non è stata una buona idea...” Leshawna si ritrovò a pensarlo qualche secondo dopo.
Quando impugnava un coltello, a volte  richiamava alla mente tutte le volte in cui avrebbe voluto essere violenta ma non l'aveva fatto e tutti i sentimenti che aveva provato in quei momenti.
Le piaceva cucinare, non capiva perchè impugnare utensili da cucina anche solo vagamente pericolosi potesse portarle tanta frustrazione. Forse perchè durante la sua preadolescenza, la ragazza aveva spesso immaginato di colpire chi la metteva con le spalle al muro con qualcosa e non importava che si trattasse di coltelli, rompighiaccio, forchette o cucchiai, sentiva che qualunque oggetto se utilizzato con la forza giusta e sulla parte del corpo giusta poteva recare danno. Quell'ex di sua madre in particolare, era un mago quando si trattava di trasformare la bambina in una potenziale assassina.
“Non mi sento affatto maturata da allora in momenti come questo... Qualcuno mi sta fissando?” sentiva un paio di occhi addosso. “Non ha importanza, respira e comportati normalmente...”
Cercò di concentrarsi solo sul lavoro manuale, ma forse nemmeno quella era una buona idea...
Aveva sempre avuto l'impressione di essere poco precisa e di mettere troppa forza in tutto quello che faceva. Di solito non era un problema ma se era nervosa, sì... In quel momento le bastava puntare gli occhi casualmente sulle mani di Harold che, al contrario delle sue, separavano le patate dalla buccia gestendo il coltello con una precisione chirurgica, per farla sentire irrazionalmente adirata... Manco fosse la matrigna di Biancaneve davanti lo specchio:
“Coltello, coltello, delle mie brame... chi taglia meglio nel reame?”
“Sicuramente non tu, fai cagare! Meglio Harold!”
“E che cazzo!” Leshawna si sentì tagliare dal coltello traditore e per riflesso, come se la sua mente l'avesse scambiato per un animale, lo lanciò dall'altro lato del tavolo. Fortunatamente non c'era nessuno.
-M-Mi spiace! Mi è sfuggito!- balbettò mortificata. Mentre Celia e Max la guardavano straniti.
Harold si avvicinò sospettoso. -Ti sei tagliata?-
Leshawna nascose la mano ferita dietro la schiena e gesticolò con l'altra per tenerlo a distanza. -Non è niente! Non sono affari tuoi!- disse imbarazzata.
-Dovresti disinfettare la ferita.- disse Harold mentre testardamente cercava di avvicinarsi per vedere l'entità del danno.
-Faccio da sola! Faccio da sola!- ripetè Leshawna andando in bagno. “Vado in surriscaldamento per niente! Peggio di così non può andare... questo è positivo...” ma quando sua madre tornò con un ananas Leshawna cambiò idea.
-Ah? Perchè lo guardi così? Non ti piacevano gli ananas?- chiese Lupe ingenuamente notando lo sguardo sorpreso e adirato che la figlia rivolgeva a quella busta della spesa.
Ma Leshawna era talmente innervosita che non riuscì a rispondere. -Le provoca dermatite allergica...- disse Harold notando quella strana atmosfera.
-Eh? Da quando?- chiese Lupe sorpresa.
“Da sempre!” erano anni che ciclicamente la donna comprava gli ananas sorprendendosi quando la figlia le ricordava che entrare in contatto col frutto le faceva irritazione. Ormai non le serviva neanche più toccare l'ananas in realtà, era diventato qualcosa di psicosomatico. Il corpo di Leshawna aveva già cominciato a prudere e bruciare.
La ragazza sospirò nervosamente. Non aveva senso arrabbiarsi perchè sua madre era smemorata... ma visto che era già tesa e con un'irrazionale sentore di disgrazia imminente, quell'evento non poteva che alzare la sua irritazione anche mentale oltre che fisica.

Quando finalmente le patate furono bollite e la carne, comprata da Lupe, arrostita, venne il momento di sedersi a tavola. Leshawna e Harold per abitudine stavano per mettersi vicino, ma Celia tirò il fratellino per il braccio e spinse a sedersi al suo posto un Max piuttosto disorientato a fare da zona cuscinetto. I due ex si fissarono e fissarono il ragazzino. “Era strano sedersi vicino a lei?” si chiese Harold un po' a disagio.
“E' meglio stare separati anche nelle piccole cose come questa in effetti...” pensò Leshawna.
-Eh... che sta succedendo?- si chiese Max fra sé e sé visto che di tanto in tanto, i due separati si gettavano un'occhiata. Sentendosi a disagio, il ragazzino spinse la sedia un po' all'indietro e si mise il piatto sulle ginocchia per non stare perfettamente nel mezzo. Anche perchè Leshawna aveva cominciato a guardare Harold di traverso.
“E che cosa le avrei fatto adesso?!” Harold inizialmente era un po' disorientato. “Oh no... sta di nuovo cercando di farmi pressione psicologica perchè non mangio?” -Se mi fissi così a maggior ragione non riuscirò a inghiottire nulla...- bisbigliò il ragazzo.
-N-non sono preoccupata per ora. Stavo solo pensando a...-
Le parenti sospirarono, pensando entrambe qualcosa del tipo “Siamo alle solite.”
Questo aumentò il nervosismo della giovane. -Invece di prendermi per pazza, spero che lo sorveglierai quando me ne sarò andata! Prima che col suo umore ballerino si scorda di mangiare per giorni e poi sviene...- disse rivolgendosi a Celia ma senza guardarla.
-A-anche tu dovresti essere sorvegliata per... per un sacco di cose!- ribattè Harold.
-Non l'ho detto per metterti in imbarazzo! Io sono...- “Sono realmente preoccupata per te, piccola sciocca creatura!”
-Senti ci penso io a decidere se è o meno il caso di tenere d'occhio mio fratello. E fino ad ora i suoi malumori alimentari sono sempre stati l'ultima delle potenziali minacce alla sua salute. Se così non fosse, me ne sarei già accorta.- spiegò Celia con freddezza mentre era apparentemente più concentrata sul raccogliere i pezzi di patata col cucchiaio che sul mondo circostante.
-Non ho bisogno che qualcuno prenda le mie difese... Né hai bisogno di giustificarti se non mi fai da balia. Non ne ho bisogno....- disse Harold innervosito. In realtà sperava di poter chiedere aiuto alla sorella per alcune cose, ma in quel momento non aveva più il coraggio di farlo.
Anche Celia a quel punto palesò un minimo di nervosismo. -Non sto prendendo le tue difese. Trovo seccante il venire coinvolta, tutto qua... Eh?- Celia vide gli occhi del fratello minore inumidirsi.
-Mi... spiace. Cercherò di non trascinare più nessun altro nei miei problemi...- mormorò Harold mentre i suoi occhi producevano acqua involontariamente. -Se continuo così morirò solo, lo so...- disse a bassa voce ridacchiando nervosamente.
Celia si stava un po' preoccupando, per quanto suo fratello potesse essere emotivo, questo era anomalo anche per lui. Leshawna la fulminò con lo sguardo. -Te lo avevo detto che non stava bene, cosa gli hai combinato?!-
-Eh?! Non l'ho fatto a posta! Se vogliamo dirla tutta, qualunque cosa stia succedendo è sicuramente colpa tua! O... lo è sicuramente almeno per tre quarti!-
-Smettetela, non sto piangendo! È solo allergia!- disse Harold piangendo. Nel mentre Max si era allontanato sempre di più con la sua sedia e il suo piatto. Lupe aveva seguito il suo saggio esempio.
Ad un certo punto Harold aveva preso la tuba l'aveva usata per assordare tutti mettendo fine al litigio. -Se ricominciate, soffierò di nuovo.- minacciò il ragazzo appollaiato sulla sedia con lo strumento in braccio.
-Molto maturo, pulcino...- commentò Leshawna sospirando.
Harold avvicinò le labbra al beccuccio per ricordarle la minaccia. Ricominciò a lacrimare accidentalmente perché tenere in braccio la tuba gli ricordava che aveva esorcizzato Roza e che trovarsi solo in quel corpo lo faceva sentire triste, ma l'occhiataccia preventiva che aveva rivolto a Leshawna l'aveva scoraggiata dal commentare. In generale aveva cominciato a guardare Leshawna con un po' di sospetto, il modo in cui cercava a modo suo di essere protettiva nei suoi confronti lo metteva a disagio. "Se non mi vuoi fra i piedi smettila di fare così..."
Lupe si avvicinò alla figlia e le toccò il braccio facendola sussultare. -Forse è meglio che ce ne andiamo e lasciamo i fratelli alle loro questioni familiari...- suggerì sotto voce la donna.
-Eh?- "Sei tu quella di troppo... sei tu quella che si è impicciata! Ora vuoi fare la parte di quella che rispetta l'altrui privacy? Sul serio?!" pensò con i nervi a fior di pelle, una pelle che aveva preso a bruciare proprio nel punto in cui era stata toccata... Leshawna allontanò allarmata il braccio arrossato e confermò guardando il piatto in disparte di sua madre che la donna aveva cominciato a tagliare l'ananas sporcandosi la mano che le aveva posto sul braccio.
Aveva avuto la brutta idea di annusare l'aria, l'odore dell'ananas in quel momento le suscitava nausea. Leshawna si mise la mano davanti la bocca cercando di resistere, ma Lupe non riuscendo a leggere la situazione cercò di avvicinarsi e toccarla di nuovo. -Ehi, cosa c'è che non va?- chiese preoccupatissima.
-Finiscila con 'sto tono di merda!- esclamò Leshawna allontanandola bruscamente per poi correre in bagno.
-Tono di merda?! Oh! Io mi preoccupo e tu mi insulti?!- disse la donna mettendosi dietro la porta, a quel punto Leshawna cominciò a bestemmiare facendola arrabbiare veramente e la donna ribattè: -Oh! Ma come osi mancarmi di rispetto così?!-
-Imbecille! Ho la nausea per colpa tua! Preferisci che bestemmi o che ti butti tutta la rabbia repressa negli anni?!-
-Rabbia repressa?! E per cosa!? Sono stata una madre tranquillissima ma tu sei sempre pronta a darmi la colpa di tut...-
-AHAHAHAHAHA! Credici pure!-  
Harold si mise fra la donna e la porta accovacciandosi e cercando di fare una faccia da persona nel panico credibile. Non si dovette impegnare molto, gli bastò esagerare le sensazioni di disagio che provava in quel momento -Per favore, potreste smetterla?! Mi sto sentendo male!- si lamentò tappandosi le orecchie scenicamente, anche per sembrare disperato non dovette impegnarsi.
Capendo la situazione, Celia venne in soccorso del fratello. -Esatto, la pregherei di smetterla di danneggiare la psiche di mio fratello.- disse guardandola con aria severa. -I nostri genitori hanno divorziato quando era piccolo ed essendo il più piccolo si sente anche un po' colpevole quindi sentire le persone che si urlano addosso lo traumatizza... gli ricorda i nostri genitori...- la donna si accovacciò vicino al fratellino e gli carezzò la testa per accentuarne la pateticità. L'espressione di Harold per un attimo si inasprì, poi tornò nel ruolo.
Lupe li guardò perplessa. Mentre a causa di quella distrazione la rabbia diminuiva, cominciava a sentirsi un po' in imbarazzo per la scenata. -Oh... ehm... mi spiace... Allora... Mi sa che vado. Leshawna, poi quando ti senti meglio e vuoi ritirarti a casa...-
-Fanculo! Odio quel tono da santarellina di stocaz...-
Harold, nel panico, soffiò nella tuba per coprire l'ex. Celia forzò Lupe ad uscire dall'appartamento.
I due fratelli poterono tirare un sospiro di sollievo, poi Celia parlò: -Beh, è stato piuttosto nostalgico utilizzarti per impietosire qualcuno.-
-Uhm, già... Come sarebbe questa storia per cui sarei la causa del divorzio dei nostri genitori?- Chiese Harold  sorridendo, poi sospirò. -È stato imbarazzante... ma non mi veniva in mente nient'altro per interromperle...- "Tanto la famiglia di Leshawna mi vede di base come un bambinetto..." si disse per convincersi a non pensarci più.
Celia riprese il discorso un po' perplessa: -Comunque... Eh, mi sapresti dire cosa è successo fra quelle due? Perché di punto in bianco si stavano scannando?-
-Temo che sentirsi attaccati facilmente e rispondere in modo esagerato rispetto alla provocazione, sia una cosa di famiglia...- "Che sia una predisposizione biologica o causata da un ambiente traumatizzante in comune, non l'ho ancora capito..."
Leshawna intervenne: -Infatti! Posso anche stare male, ma se quella si sente offesa perché la scaccio, comincia a fare la vittima isterica!- disse uscendo dal bagno adirata.
Harold la guardò storto senza commentare, Celia preferì astenersi, le chiese solo: -Hai vomitato alla fine?-
-Ah! Quando mai... dovrò tenermi questa nausea per non so quante ore ancora.- si dirisse barcollando verso la camera da letto. Per poco non inciampò sulla gamba della sedia dove era seduto Max, intento a finire di mangiare il più lontano possibile dal resto delle persone dalla arrabbiatura facile.
Quando Harold entrò nella stanza invece di trovarla stesa sul divano-letto, la vide che camminava avanti e indietro infastidita e con un'andatura incerta. Non era stupito, continuava a capire l'esigenza della ragazza di muoversi per scaricare la tensione accumulata, anche se in quella situazione specifica era controproducente. -Il prurito come va?- le chiese per distrarla.
-Domanda di riserva?!- rispose lei irritata.
-Comunque, per far passare la nausea sarebbe meglio stenderti...- disse poco speranzoso.
-Grazie al cazzo! Ah... non posso!- "Non sei tu che dovrai tornare a casa da quella donna! Non sai quanto ti sto rimpiangendo, rompere la convivenza è stata un'idea di merda!" per un attimo aveva pensato di dirlo facendola passare per una battuta, per fortuna si era fermata in tempo.
Harold si sedette. -Se vuoi puoi parlarne, se non vuoi, non fa niente. Tanto il codice deontologico mi impone il segreto professionale.- disse cercando di sembrare freddo e serio.
-Smettila di fare il terapeuta senza licenza.- sbuffò. Si tenne la testa a causa di un giramento. Harold non potè fare a meno di guardarla con preoccupazione. Lei non potè fare a meno di guardarlo storto. Non sapeva neanche lei il perché, ma le persone preoccupate la innervosivano. Era come se la parte più primitiva del suo cervello le interpretasse come una minaccia che poteva approfittare dei suoi momenti di debolezza.
Quando finalmente riuscì ad esaurire l'energia, si buttò sul divano-letto, stendendosi accanto le gambe di Harold. Ma non riuscì a stare ferma a lungo, la parte superiore del suo corpo si alzò come se stesse facendo una flessione. -Comunque quella donna è pazza e isterica!- ringhiò Leshawna.
Harold la fece rimettere giù, Leshawna continuò: -Quando ero piccola, aveva l'adorabile abitudine di impazzire per qualunque cosa andasse storta... Si rompeva qualcosa? Bene! Partiva una filippica su quanto Dio la odiasse e su quanto volesse morire! Il tutto urlando e piangendo con una voce assordante e acuta!- ricordò la ragazza tappandosi le orecchie.
Harold rimane in ascolto con molta apprensione mentre lei continuava a sparare parole come una mitragliatrice avrebbe sparato proiettili: -Poi si lamentava di continuo di quanto non potesse uscire e andare a divertirsi e combinava il tutto con le manie di persecuzione: Per lei, tutti la odiavamo, tutti la incolpavamo di tutto! Poi continuava a frignare di quanto fosse miserabile! Ed io che ero bambina, cosa cazzo le dovevo rispondere?! Eh?!-
-C... capisco... Deve essere stato molto triste, io...-
Il corpo di Leshawna si sollevò di nuovo di scatto. -Odio le persone che fanno scenate dicendo di essere delle merde! Vogliono forse che chi le ascolta si impietosisca e dica: “Ma, no... non è vero, non sei orribile come ti descrivi”? Ah! Io avrei tanto voluto dirle: Hai ragione! Sei una merda! Smettila di fare la vittima che non sono mica io ad aver deciso di nascere! Ora ne paghi le conseguenze!- esclamò Leshawna lasciandosi andare ad un riso crudele. -A-ahia...- mormorò massaggiandosi le tempie in seguito all'aumentare di dolorose e pulsanti fitte.
Harold sgranò gli occhi, poi rise nervosamente. -O-ok... ma puoi inveire mentre stai giù? Se hai ancora mal di testa da nausea, dubito che fare le flessioni ti aiuterà...- disse riconducendola verso il materasso. -In realtà...- “Neanche arrabbiarti facendo aumentare la pressione sanguigna aiuterà...”  ma in quel momento pensava che lei non potesse farne a meno e che fosse importante farle buttare via il veleno, così smise di parlare. “Devi sentirti la testa che sta per esplodere, eh? Mi dispiace...”
Leshawna sembrava ancora immersa nei suoi ricordi, ma stanca di nuotare contro corrente, parve calmarsi in po': -Ah... se non le ho mai risposto in modo simile non era per essere gentile... avevo solo paura che mi aggredisse... Non fraintendere, non mi ha mai alzato le mani, ma... Aveva tirato sul pavimento degli oggetti per romperli, una volta... Se faceva così con degli oggetti, perché non avrebbe dovuto fare lo stesso con me?- Si chiedeva da bambina... Furiosa, ma incapace di reagire...
-Non ti sei mai sentita al sicuro neanche in casa, quindi...- commentò Harold dando l'impressione di parlare fra sé e sé.
Leshawna rise -Quello della mia prima infanzia non è stato neanche lontanamente il periodo in cui mi sono sentita meno al sicuro in casa mia!- poi il sorriso ferale si spense e cambiò argomento: -Comunque... è bene che bambini non si fidino ciecamente dei genitori, no? Sono solo esseri umani, possono sbagliare e farti male anche se non hanno cattive intenzioni... poi c'è anche chi ha la sventura di nascere con genitori molto mal intenzionati! Quindi, no, non si può mai abbassare la guardia neanche quando si è bambini, anzi! Specialmente se si è bambini!- disse annuendo con decisione. -Cazzo!- esclamò sentendo nuovamente dolore.
Harold le accarezzò la testa chiedendosi se poteva fare qualcosa. -È una visione molto solitaria, puoi contare solo su di te... è anche realistica ma...- mormorò fra sé e sé. "...ma non fa affatto bene a un bambino non avere persone di cui fidarsi e un luogo in cui sentirsi al sicuro. Ne abbiamo bisogno anche dopo... devo essere convinto di essere al sicuro a casa mia anche se in realtà potrebbe esserci un terremoto da un momento all'altro o qualcuno che entra con la forza e armato. In un certo senso, realismo e salute mentale non vanno sempre d'accordo, eh?" pensò tristemente mentre cercava di trattenersi dal farle una diagnosi affrettata a causa del desiderio di convincersi di aver ottenuto i pezzi del puzzle che gli mancavano dal racconto dei suoi ricordi.
Il ragazzo sospirò ammettendo di non avere la minima idea di cosa dirle. Notò un po' incuriosito un' espressione di imbarazzo sul volto di Leshawna. La ragazza parlò come se fosse appena ritornata al tempo presente: -O... Ovviamente ti sembrerò pazza io... Ho tirato fuori storie di quando ero bambina...-
-No, tranquilla... Lo so che ogni volta che ti arrabbi con qualcuno, partono alla carica della tua mente, i flashback delle altre volte in cui ti sei arrabbiata con quella persona...- per istinto di difesa, la buttò sul ridere. "Non è per niente professionale!" si innervosì con sé stesso.
Leshawna tornò cupa. -Tanto lo so che mi disprezzi perché non amo incondizionatamente la mia genitrice e non lodo e onoro qualunque cosa che fa come comanda il Signore mio Dio!- disse apparendo come un serpente stressato mentre gesticolava col dito indice verso il soffitto.
-Io non ho detto nulla.- rispose Harold mantenendo la calma. -L'educazione religiosa ti ha traumatizzato un po', eh?- sorrise garbatamente. Pensò che forse da piccola avesse provato a lamentarsi dei suoi problemi a casa e che gli ascoltatori avessero cominciato a condannarla dando per scontato di avere davanti una bambina cattiva e capricciosa che osava non rispettare chi l'aveva messa al mondo.
"Mi spiace così tanto..." Harold sospirò, quando era così, mostrarsi tristi per lei, di solito era una pessima idea. Il ragazzo si sistemò gli occhiali e parlò con calma: -Come psicologo clinico, ho il dovere di ascoltarti senza pregiudizi in questo primo colloquio. Sentiti libera di esternare i tuoi sentimenti e le tue lamentele senza preoccuparti di un eventuale giudizio morale da parte mia o chiunque altro. Sulle tue emozioni ci lavoreremo poi, al momento non devi preoccuparti di...-
Con aria irritata, Leshawna fece un'altra flessione mettendosi seduta. -Se volessi parlare con uno psicologo clinico, non sarei in questa stanza con uno studente! Io voglio parlare col mio... col mio ex... voglio parlare semplicemente con Harold! Detesto quando entri in modalità pseudo professionale!- disse seria guardandolo negli occhi.
Dopo un primo istante di smarrimento, Harold sorrise come se fosse molto sollevato e in qualche modo lusingato. "Eh? È messo così male che gli basta essere interpellato direttamente per sentirsi considerato e apprezzato?" si chiese Leshawna un po' per sentirsi quella messa meno peggio.
"Già... patetico!" pensò Harold divertito come se avesse intuito i pensieri della ragazza guardandola in faccia. -Anche in quanto Harold, penso che tu debba sentirti libera di esporre i tuoi sentimenti senza subire un processo. Se li hai non puoi farci nulla... Sei abbastanza intelligente da contestualizzare gli eventi che ti hanno fatta arrabbiare, il modo in cui puoi e non puoi reagire...- "Sa che anche sua madre deve avere dei disturbi d'ansia che la portano ad accendersi ed esplodere e non è sicura che abbia il libero arbitrio di non fare la pazza, per questo si sente in colpa a criticarla."
-Insomma, sai di non poter sparare a chi ti fa arrabbiare e... infatti non lo fai. Sei migliorata molto in questi anni ed... indipendentemente dalle circostanze, quella con tua madre era una situazione ingiusta da fare vivere ad una bambina...-
Leshawna gli sembrò a disagio così lui evitò di andare avanti. "Per alcune persone è un sollievo quando qualche ingiustizia che hanno subito in passato viene riconosciuta... ma immagino che per lei in questo momento sia più qualcosa del tipo; Grazie al cazzo, che me ne faccio che venga riconosciuta ora? Il danno ormai è stato fatto..." Aveva l'impressione di vedere, e di essere fissato, attraverso gli occhi scuri della donna, dalla bambina che era stata... e appariva ancora furiosa. Niente sa è essere più crudele e vendicativo dello spirito di un piccolo essere umano che è stato ferito...
Harold sospirò e si risistemò gli occhiali. -C-comunque, in quanto tuo terapeuta ti sconsiglierei di... scontrarti con tua madre su cose passate. Non sembrate nelle condizioni... Invece di essere un confronto costruttivo temo finireste solo per andare a stuzzicare vecchie ferite, non mi è sembrata molto incline a parlare con distacco di queste cose e sfogare la rabbia è buono solo quando non ci si mette in condizioni di generarne altra o in condizioni di dire o fare cose di cui poi a mente lucida ci si vergogna...- provò a rimanere serio, poi sorrise nervosamente "Ops, sono tornato in modalità pseudo professionale..."
Reggendosi la testa, Leshawna tornò a stendersi guardandolo di traverso. -Se fossi veramente il mio terapeuta, penso rischieresti di essere radiato per avermi messo incinta.-
-Beh, probabile!- rispose Harold rimanendo al gioco.
Leshawna si fece seria. -Penso proprio che non la perdonerò mai...- non era detto con aggressività, era semplicemente una fredda e malinconica constatazione.
Harold sorrise educatamente. -Siete ancora giovani, avete tutto il tempo per scannarvi, sono sicuro che col tempo, lavorandoci riuscirai a seppellire del tutto l'ascia di guerra.- la rassicurò.
Leshawna era un po' stranita dal commento iniziale. -Ah, giusto...- anche se erano nati lo stesso anno, il fatto che, come età, i genitori di Harold potessero venire genitori ai suoi, li metteva in due circostanze molto diverse. Percependola come anziana, Harold tendeva ad accettare positivamente ogni sgarbo della madre e a preoccuparsi per lei. Aveva vissuto determinare fasi con un ritmo differente? -Quando è stata spostata la tua fase di ribellione adolescenziale, in terza elementare?-
-In realtà prima media...- il ragazzo sorrise. -Tranquilla, ti calmerai e crescerai anche tu.- scherzò.
-Non penso mi piaccia la tua filosofia del riappacificarsi per forza... se non stai bene con qualcuno dovresti allontanarti e basta, anche se è un tuo familiare...- rispose guardandolo storto.
Harold si sentì a disagio. -Non cercavo di metterti sotto pressione, è solo che ho pensato tu volessi interagire pacificamente con tua madre, scusami se ho interpretato male...- rispose teso.
-Eh? Non devi sentirti giudicato come psicologo. Hai ragione su di me, ma... non stavo pensando a me in quel momento specifico.- ammise. -Te e tuo...-
-Ah, non volevo sembrarti ipocrita...-
“No. Non intendevo questo...”
-E' che non sono pronto e non so se lo sarò mai in tempo... ma a maggior ragione perché mio padre è vecchietto, è meglio che eviti contatti imprudenti che magari potrebbero portare dispiacere ad entrambi...- disse nervoso, cercò di sdrammatizzare: -Eh, sarebbe imbarazzante se ritornassi psicologicamente a quando avevo undici anni! O ancora peggio a sei...-
-Ah... vecchio o meno non dovresti farti rovinare la vita per uno stupido legame di sangue!- disse nervosa con la testa che ricominciava a pulsare.
-Lo so! Ma non voglio essere la causa del dolore di qualcun altro... è un problema solo mio, lasciami stare...-
-Capisco... scusa per aver turbato la tua sensibilità con il mio poco edificante rapporto con mia madre...-
-Eh?! Io non...- Harold un po' arrossito sospirò. -Se avrai altri brutti ricordi di cui lamentarti, non farti problemi a sfogarti con me, mi serve ad allenarmi... un terapeuta che si turba facilmente non è proprio l'ideale, sai?- cercò di essere positivo e darsi un tono leggero.
“Perfetto! Non riuscirò mai più a parlare con Harold, ma solo con Harold lo studente! Vorrei tanto bruciare l'università... Forse se lo demolissi proprio come psicologo potrei fargli abbandonare queste cavolate? In fondo sarebbe una buona azione, no?! M-meglio di no... Forse non è nemmeno ossessionato dallo studio della sua materia... potrebbe comportarsi in questo modo fastidioso con me per mettere le distanze... Temo di doverlo accettare...”
Leshawna si accorse, fra una pulsazioni dolorosa del capo e l'altra di avere le dita affusolate del ragazzo che si aggiravano fra i cappelli sfiorando delicatamente la cute e lasciandole una leggera sensazione di solletico. -Cosa fai?-
-Cerco di distrarre il tuo senso del tatto e sovrascrivere la sensazione dolorosa... sta avendo un qualche effetto?-
-Boh... ma penso che se non fai niente la sensazione sia peggiore...- disse abbastanza incerta. Harold nel dubbio continuò sperando almeno in un effetto placebo.
"Mi fa comunque piacere perché apprezzo che sia sempre disponibile nei miei confronti. Sfruttarlo è facile... è l'unico così facile da portare dalla mia parte..." pensò la ragazza. Si sentiva colpevole ma era difficile rinunciare a qualcosa quando serviva e non si aveva altro a cui appoggiarsi, richiedeva un'energia che in quel momento lei non aveva.
Leshawna distesa su di un fianco e col braccio usato come poggiatesta che le si stava intorpidendo, era piuttosto scomoda, le venne un'idea. O forse era solo una scusa per infastidire Harold e o testarne la pazienza... La ragazza si mise con la testa sulla gamba del ragazzo, poco sopra il ginocchio.
-Che?!- esclamò il ragazzo con un tono un po' acuto.
-È scomodo...- mormorò, Leshawna, fra sé e sé. -Ma mi serviva un appoggio per la testa.-
-Ah... beh in effetti...- Harold divenne più comprensivo, "In effetti non ci avevo pensato ma era in una posizione piuttosto scomoda..." poi tornò in sé. -Un corno! Se ti serve un appoggio prendi un cuscino...- disse infastidito passandogliene uno.
Leshawna prese l'oggetto e lo mise sulle gambe di Harold per potersi mettere più comoda. -Grazie, ora ho un appoggio e non mi sembra più di stare su un osso!- disse con un ghigno.
"Perché mi si ritorce sempre tutto contro?!" si chiese Harold. Anche se era presto per gettare la spugna, si vedeva già sopraffatto. -Senti, Leshawna, tu...-
Nonostante lo stesso interrompendo, gli parlò in modo educato: -Potresti ricominciare a massaggiarmi la testa, per favore?-
-Oh, sì certo...- rispose Harold molto meno sarcastico di quanto avrebbe voluto. Alla fine le ubbidì davvero. "Perché non riesco a farne a meno? Ah... e che cavolo..." -Lo sto facendo solo perché non sto bene emotivamente e alla fine averti vicina mi rassicura...- disse con freddezza.
-Perfetto... mi piacciono le situazioni in cui ci si usa esplicitamente a vicenda!- ammise un po' rassicurata.
-Lo immaginavo, chissà perché...- Harold sospirò. -Tu lo sai che passato completamente il malessere troverai questa situazione imbarazzante, vero?- l'avvertì vagamente divertito.
-Non me ne parlare! È un problema per la me stessa del futuro come il dover tornare da mia madre.- si lamentò.
-Cosa vuoi che faccia?- chiese serio, Harold.
Leshawna si irrigidì e si alzò di nuovo con la parte superiore del corpo. -Non devi fare nulla! Mi stavo solo sfogando a vuoto, me la cavo da sola!- disse imbarazzata per quell'attentato a ciò che rimaneva del suo orgoglio.
Harold sbuffò carezzandole il capo. Leshawna inizialmente lo guardò storto, poi giustificò il gesto ricontestualizzandolo come tentativo di distrazione tattile per il mal di testa.
Harold le permise di rimettersi con la testa, sul cuscino, sulle sue gambe, anche se una parte di lui si chiedeva perché diavolo non ne avesse approfittato per farla spostare e tagliare la corda.
-Comunque, sei un maniaco?- chiese Leshawna candidamente.
-Eh?!-
-Hai qualche perversione per i miei capelli?-
-Mi piacciono solo moderatamente i tuoi capelli...-
-E' comunque più di quanto piacciano a me...-
-Poverini... ci credo che poi si ribellano.- disse sorridendo leggermente. "Ha ragione quando dice che potrebbe commettere un omicidio ma rischierei di volerle bene comunque...” pensò in quel momento calmo. “Ma... è una cosa reciproca?"

Tutte le persone con cui era stato abbastanza stupido da parlare dei suoi dubbi e sentimenti avevano esposto lo stesso verdetto: "Ehm... Harold, guarda che quella palesemente non tiene a te quanto tu tieni a lei, non è un rapporto reciproco..." Quello in particolare glielo aveva detto Trent se non ricordava male.
Invece Duncan, dopo averlo sentito parlare con Trent, si era inserito nello discussione ridendo e dicendogli direttamente: "Ah, quella non starà mai con te! Non posso credere tu sia così patetico da andarle ancora dietro!"
"Ehm... Duncan, ma sei deficiente? Guarda che abbiamo una relazione da tre mesi..." gli aveva risposto non sapendo se essere più offeso o preoccupato per la salute cognitiva dell'altro ragazzo, talmente concentrato sul suo pregiudizio da non rendersi conto di una relazione pubblica.
C'erano poche cose che lo irritavano come uno spreco deliberato di intelligenza. "Idiota... e dire che non è del tutto scemo, perché deve ridursi così?!" aveva pensato "Almeno la sua espressione ebete è divertente... P-però... anche se io e Leshawna stiamo insieme, lui potrebbe aver ragione in un certo senso?"

Ma indipendentemente dal passato, quel giorno che era stato male, Leshawna si era dimostrata molto protettiva nei suoi confronti... anche cadendo in diversi atteggiamenti da testa di cazzo che avrebbero dovuto accendergli molti campanelli di allarme che da un punto di vista razionale coglieva! Ma... non poteva comunque non sentirsi un po' felice e lusingato di quei comportamenti...
"Con quella che era la mia famiglia, è abbastanza inevitabile che finisca contro ogni logica per apprezzare qualunque attenzione nei miei confronti anche quando è un po' inquietante... comunque sono un po' ossessivo anche io quindi..." si giustificò un po' imbarazzato.
-Ehi...- lo chiamò la compare di sventura.
-Si? Stai meglio?-
-Ehm... credo. Mi sento ancora un po' intontita ma non fa più male, male... quindi grazie.-
-Oh, figurati.- Harold rispose genuinamente sollevato. -Anche io sono in debito, comunque...-
-Comunque ti amo.-
Harold rispose automaticamente -Ah, grazie!- Poi gli si gelò il sangue nelle vene, gli si chiuse la gola e sentì il battito cardiaco direttamente nei timpani. "No... non può farmi questo... non può dirmelo ora..." si sentì profondamente tradito. Provò a mantenere la calma e a fare entrare un po' di aria nella gola. -Uhm... Leshawna, che cosa hai detto prima?- chiese nervoso trovando improbabile l'essersi sbagliato. Ma la ragazza stava apparentemente dormendo.
-Mi stai prendendo in giro?- sibilò e provò a svegliarla. -G-guarda che hai dormito poco fa...-
Lei non la presa bene: -Senti... ho dormito un due o tre ore questa notte, un oretta stamattina e ho fatto un incubo! Un'altra ora qualche ora fa e ho fatto un altro incubo! Col cavolo che ho dormito abbastanza!-
-Scusa... in effetti hai ragione...- mormorò incerto il ragazzo perdendo di vista la domanda che voleva farle. Pensandoci qualche secondo dopo aver lasciato che la ragazza si riaddormentasse, forse non aveva avuto il coraggio di insistere e capire cosa intendesse. Tutte le ipotesi gli davano sentimenti contrastanti in quel momento. "Probabilmente intendeva solo, ti voglio bene... Non è che Leshawna non abbia mai utilizzato quella combinazione di parole in un contesto amicale o spiritoso... Però mi ha fatto prendere un colpo, dannazione!"
Anche se era bizzarro... Con lui lo diceva molto raramente, tendenzialmente per sbaglio quando era sovrappensiero. Era come se dicendogli "ti amo" avesse l'impressione di mentirgli. Questo ricordo però non lo fece sentire affatto meglio, voleva tornare alla calma di prima.
"Niente di meglio di un racconto horror per anestetizzare qualunque sentimento e sentire che in confronto alla vita dei personaggi, la mia non fa poi così schifo." pensò cercando nel cellulare se avesse salvato qualcosa che faceva a caso suo. Non era mai stato fan del genere, infatti lo utilizzava sono per quello scopo. Era un'abitudine che aveva preso con la depressione.

Dopo qualche minuto entrò Celia nella stanza -È troppo tempo che non sento Leshawna che parla incazzata, che sta succedendo?- chiese. Poi notò l'imputata stesa sul divano-letto chiuso, di nuovo addormentata su suo fratello minore, questa volta con la testa su un cuscino sulle sue gambe. Nel mentre Harold stava con la schiena buttata all'indietro sulla spalliera a leggere qualcosa dal cellulare.
-Non commentare...- le chiese il ragazzo imbarazzato senza staccare gli occhi dal cellulare.
-Va beeeeene...- disse Celia moderatamente tranquilla.



Angolo dell'autrice non-morta:

E naturalmente, verso la vigilia dei morti, rieccomi! No... morta non lo sono ancora (anche se ieri proprio benissimo non sono stata o_o') Sono in ritardo? Sempre!
A parte lo scherzo, mi spiace, non sto proprio riuscendo a prendere un buon ritmo e oltre ad impegni vari, ho dei problemi sia col computer che col cellulare che mi hanno portato a scrivere un po' con uno e un po' con l'altro... moltiplicando gli errori visto che è il touch del cellulare a darmi problemi spostandomi il cursore, cliccando lettere che non sto cliccando, diventando di tanto intanto insensibile al mio tocco (meh, che poeta!) praticamente per scrivere devo fare i salti mortali! >:(
Ovviamente correggo e rileggo dal computer, ma da brava dislessica diversi errori rischio di non notarli, perlomeno questo mi è successo con un'altra storia pubblicata... spero non succeda anche con questa, ma in caso, mi scuso davvero per gli eventuali errori! Almeno il cellulare dovrei sostituirlo a breve...
Sono comunque contenta di aver finito questa parentesi della storia! Farò del mio meglio per non fare altri capitoli così lunghi, ho tagliato molto comunque... ho fatto del mio meglio... E beh, spero che la lettura possa esservi piaciuta fino ad ora. Vi ringrazio di aver letto questo capitolo, grazie anche della pazienza nel seguire questa pubblicazione, spero di riuscire in qualche modo a ripagarvi ^^'
Se vi va di commentare, mi fa molto piacere ^^
Alla prossima e... buoni morti? Beh, buon tutto. Passate delle serate e delle giornate serene :)

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