Quel che è stato e quel che sarà

di Flofly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1° ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2° ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3° ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4° ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5° ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6° ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7° ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8° ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9° ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10° ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11° ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12° ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13° ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14° ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15° ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16° ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17° ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18° ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19° ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20° ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21° ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22° ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23° ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24° ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25° ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26° ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27° ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28° ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29° ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30° ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31° ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32° ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33° ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34° ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35° ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36° ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37° ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38° ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39° ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40° ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41° ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42° ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43° ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1° ***


I mesi erano passati fin troppo velocemente dopo il caos della terza prova e per Harry era stata la prima volta in cui aveva un posto da chiamare casa fuori da Hogwarts . Sirius, ormai un uomo libero, era diventato ufficialmente il suo tutore e avevano passato gli ultimi mesi divisi tra opere di ristrutturazione, o meglio demolizione autorizzata di Grimmauld Place, e lunghe giornate alla Tana dai Weasley.

Tutto era sembrato perfetto. Tutto, ad eccezione di due cose. Primo, nonostante avesse visto Voldemort cadere in terra, la cicatrice spesso gli bruciava ancora, e questo non era mai un buon segno. Secondo, e forse anche più grave, Hermione ancora non aveva riacquistato le sue capacità cognitive e continuava a vedersi con quella serpe albina di Draco Malfoy. Andromeda e Sirius lo avevano rassicurato, ma lui si sentiva inquieto ogni volta che sapeva che la sua migliore amica si recava in quello che era sicuramente un luogo raccapricciante quanto i suoi proprietari, Malfoy Manor. Per fortuna, finita l’estate erano tornati ad Hogwarts, dove per lo meno era impegnata tra lezioni e compiti in classe.E soprattutto dove c’era la McGranitt e il suo occhio di falco.  Inoltre, nonostante la splendida estate trascorsa era stato comunque felice di tornare alla Scuola di Magia e Stregoneria, ritrovare gli altri compagni, addirittura riprendere le lezioni. Ad eccezione di quelle di pozioni, ovviamente.

Le settimane erano passate velocemente e ora, tornato a casa per la prima volta per Natale, si sentiva finalmente felice. Sapere c’era qualcuno ad aspettarlo con gioia lo faceva sorridere come mai prima d’ora.

Anche durante quelle vacanze invernali aveva cercato invano l’appoggio di Molly e Ginny per far finalmente ragionare la solitamente intelligente grifondoro, ma la prima si era limitato a liquidarlo con un “le passerà” e la seconda invece lo aveva minacciato di buttarlo giù dalla scopa da Quidditch se si fosse intromesso ancora. Hermione sembrava felice e lui e Ron dovevano accettarlo. Piuttosto, pensasse ad allenarsi un po’ di più perché stava decisamente mettendo su peso grazie ai manicaretti della Tana e agli alcolici di Sirius. E i pranzi e le cene di Natale erano ormai dietro l’angolo. Detto fatto lo aveva trascinato in volo per ore. Insulti a parte era stato fantastico. E poi non era grasso quello, erano muscoli.

Stava impacchettando il regalo che aveva comprato per il suo padrino quando sentì un gran frastuono al piano di sotto. Era segno che era arrivata Andromeda.

Scese trotterellando la scalinata riccamente intagliata, chiedendosi distrattamente quando avrebbe potuto farla a pezzi, mentre molti quadri continuavano ad urlare contro i cugini Black, traditori del loro stesso sangue. La solita solfa. Ne avevano rimossi molti ma alcuni dei ritratti dei padroni di casa opponevano una strenua resistenza e nonostante i tentativi non erano ancora riusciti a staccarli né a dargli fuoco.

Prima di saltare come al solito gli ultimi gradini fu costretto ad inchiodare. Nel salone non c’era solo Andromeda. Fu molto felice di rivedere Lupin e Tonks, ormai una coppia affiatatissima nonostante la differenza di età e di cui non poteva che gioire. Era estremamente contento di vedere la zazzera rossa di Ron uscire dalla cucina con un piatto di torta al cioccolato in mano, seguito da Hermione che gli ricordava che il suo modo di mangiare lo avrebbe portato al diabete giovanile. Lo fu decisamente meno quando, ancora prima di vederla seduta sul divano a sfogliare pigramente un libro che aveva trovato sul tavolino da caffè, sentì il profumo di quella maledetta psicopatica di Pansy Parkinson. E ovviamente il suo umore precipitò in un pozzo di disperazione quando notò il giovane imbronciato seduto accanto a lei, in maglione e pantaloni scuri. Quegli assurdi capelli erano purtroppo inconfondibili. Il maledetto Draco Malfoy era venuto a profanare anche il suo secondo posto sacro, dopo averlo fatto mesi prima con il dormitorio dei grifondoro.

Per fortuna che c’era Sirius. Il mago infatti era di fronte al serpeverde, braccia incrociate e sguardo inquisitorio.

“E quindi tu sei il figlio di Narcissa” - chiese senza staccare lo sguardo.

Il biondo alzò gli occhi al cielo. “E’ almeno la quarta volta che mi vedi e ogni volta mi fai la stessa domanda. Sei solo rincoglionito o pensi che chiedendomelo ogni volta prima o poi cambierò risposta? Dimmelo, cosi facciamo prima” - sbuffò.

“No è che voglio essere sicuro che tu sia quel demente che si è avvelenato pensando di uccidere Voldemort. Bella famiglia, a proposito” - sghignazzò mentre Andromeda interveniva colpendolo sulla testa con un giornale arrotolato.

“A cuccia, cugino. E piantala di dargli il tormento. Non è stata di certo la mossa più furba del mondo ma è anche grazie a quello che Voldemort e Nagini si sono indeboliti e abbiamo potuto attaccarlo” - continuò colpendolo ripetutamente, mentre Sirius cercava inutilmente di parare i colpi.

“E poi comunque meglio del tuo figlioccio sfregiato che in tutto ciò era appiccato ad una cazzo di lapide” - sibilò di risposta il ragazzo, soddisfatto del trattamento che la zia stava riservando a quel grifondoro borioso.

Harry decise che era il momento di rendere nota la sua presenza.

“Almeno io poi ho fatto qualcosa invece di stare fermo come un sacco di patate a dissanguarmi. Sei un essere inutile Malfoy. E soprattutto qualcuno mi vuole spiegare cosa ci fanno due Serpeverde in questa casa? Dovremmo mettere un cartello all’ingresso per evitare situazioni come queste”.

Hermione gli si avvicinò sorridendo per dargli un bacio sulla guancia. E un pugno piuttosto forte sul braccio.

“Diamine Harry, potresti crescere per una volta? “. Rimbrottò la giovane strega, mentre Ron lo abbracciava forte. Perché nessuno capiva che non ci si poteva fidare di quelle serpi in abiti costosi?

“Credimi, neanche noi vorremmo essere qui, Potty. Io avrei migliaia di cose più interessanti da fare. Limarmi le unghie ad esempio” - celiò Pansy , mentre si rimirava lo smalto impeccabile.

“Veramente siamo in tre , mio caro.” - cinguettò Andromeda che aveva finalmente smesso di colpire il cugino, mentre quello continuava a guardarla in cagnesco- “E come avrai capito la situazione è piuttosto complicata.”

Il bambino sopravvissuto sospirò forte. Perché non riusciva mai ad avere un momento di tranquillità?

“Secondo me porti sfiga, sfregiato.” - Draco sembrò intuire i suoi pensieri. E come al solito intervenne a sproposito, meritandosi una gomitata da Hermione che nel frattempo gli si era seduta in grembo -” Ahia Granger, e che cazzo, ho solo detto la verità”

“Ricordami chi ti ha salvato il culo l’ultima volta, Malfoy”- ringhiò Harry

“Beh tu non di certo...”. mugugnò l’altro in risposta, il resto della frase rimasto nel vuoto per via dell’occhiata di fuoco che gli amati occhi color miele della sua ragazza gli stavano rivolgendo. Era sicuro che se avesse continuato avrebbe tirato fuori la bacchetta e lo avrebbe pietrificato. Decise quindi per un diplomatico quanto esaustivo sguardo di puro odio verso lo sfregiato.

Per sua fortuna, la cugina interruppe il battibecco:

“Tre serpeverde, cinque grifondoro e come al solito l’unica in grado di ragionare è di Tassorosso. Ovvero, io. E ora per favore sedetevi e state zitti per dieci minuti” - disse incrociando le braccia sul petto, bacchetta pronta, e fissandoli uno per uno.

“Ma tu sei proprio sicuro di volerla sposare? Perché io te lo dico per esperienza, mi sa tanto che ha ereditato la pazzia dei Black” - mormorò Sirius all’orecchio di Remus, che invece sorrise.

“Oh, noi sai quanto sia vero Paddy. Ma che posso farci se la amo?” - ridacchiò a bassa voce.

O almeno loro due credevano di essere stati molto discreti. Purtroppo non abbastanza e se ne accorsero quando uno schiantesimo li colpi entrambi.

“Ho detto zitti”-sibilò Tonks. Andromeda ghignò, accomodandosi. Decisamente era figlia sua.

Quando la situazione si fu normalizzata e tutti i presenti ridotti al silenzio si lanciavano sguardi di fuoco, la giovane auror riprese il suo discorso.

“Bene, ora che non sembra di essere allo zoo cerchiamo di fare chiarezza. Avrete di certo notato che Silente in questi mesi dalla ripresa dell’anno scolastico è stato spesso assente. Forse vi avranno detto che è per via dell’inchiesta sulla morte di Diggory. “

Il gelò calò nella sala nel ripensare al corpo senza vita del giovane tassorosso. Sapevano tutti che da allora Amos Diggory era caduto in una profonda depressione che niente sembrava alleviare. Harry aveva anche provato a parargli, ma l’uomo gli aveva riversato addosso tutto il suo dolore, accusandolo di aver provocato la morte del figlio. Che fosse direttamente o indirettamente poco gli importava. Il suo ragazzo era morto mentre tutti loro continuavano a vivere come se nulla fosse accaduto.  Il bambino sopravvissuto deglutì, mentre Ron ed Hermione gli stringevano ciascuno una mano, nel tentativo di confortarlo. Per fortuna che aveva quella nuova famiglia, quella che si era scelto e che non lo avrebbe mai abbandonato.

“Il Preside è piuttosto preoccupato del fatto che, sebbene lo abbiamo visto cadere in terra, il corpo di Voldemort non sia mai stato ritrovato. Quello che Hermione ha trovato sull’importanza di Nagini per la sopravvivenza dello spirito di quel maledetto lo ha fatto riflettere. E se avesse fatto lo stesso con altri oggetti? Per quello si è messo alla ricerca di questi manufatti. Si chiamano Horcrux per essere precisi. Abbiamo scoperto che sicuramente uno è stato il diario del giovane Riddle, che avete già distrutto. Il secondo, probabilmente anche il più potente, era quel dannato serpente. Silente ne ha trovati e distrutti altri due, e siamo a quattro. Abbiamo individuato il quinto e ci stiamo lavorando. Probabilmente in totale sono sette, un numero magico potentissimo.”

“Ok, abbiamo fatto le addizioni. E quindi? Io ancora non ho capito perché mi state rovinando le vacanze di Natale trascinandomi a questa riunione di sfig…”- iniziò a lamentarsi il giovane serpeverde, riuscendo a mordersi la lingua un attimo prima di venire colpito in contemporanea dalla sua ragazza e da sua zia.

E che permalosi, però!

“Se avessi il buongusto di farmi finire, forse, e dico forse, potresti capirlo. Anche se ho seri dubbi sulla tua intelligenza, visto di chi sei figlio. Da parte di padre intendo, ovviamente.” - ghignò Tonks, riprendendo pacifica il suo racconto. “Pare che per il sesto sia stato furbo e lo abbia spedito indietro nel tempo, in modo che non possa essere trovato facilmente.

“Si può mandare un oggetto indietro nel tempo e lasciarlo li? Non altera la linea spazio temporale?” _ chiese Hermione, improvvisamente interessata. Era tutto cosi affasciante, tralasciando il fatto che fosse un ancora di salvezza per un pazzo assassino con manie di grandezza.

Andromeda annuì e rispose al posto della figlia:” Tecnicamente si, anche perché probabilmente è un oggetto che comunque è stato consegnato nel passato e nascosto. Quando Voldemort è stato per tornare in vita e per assicurarsi una via di fuga, probabilmente lo ha fatto tirare fuori dal nascondiglio e rimandato nel passato, al momento in cui l’ha consegnato. In questo modo si è creato un cerchio temporale che gli garantisce la sicurezza. Un oggetto del presente che non può essere distrutto perché fisicamente non è più qui, ma che per avere efficacia deve essere distrutto nel passato dopo che l’incantesimo è già stato fatto.” - spiegò. Anche se in realtà era più complicato spiegarlo che il concetto in sé.

“In poche parole, bisogna tornare indietro e distruggerlo poco dopo che Voldermort abbia imprigionato al suo interno una parte della sua anima. Non prima perché sarebbe inutile, non dopo perché più passa il tempo, più la protezione intorno all'oggetto diventa potente. E una volta nelle mani di Belllatrix sarà impossibile recuperarlo, sappiamo per certo che lo coprirà di incantesimi nascondenti.” - continuò la giovane Auror.

Lupin si rese conto della confusione che aleggiava sul viso dei ragazzi. O da quella che sembrava una smorfia di disgusto sul volto di due in particolare.

“Siamo riusciti a risalire all’oggetto in questione. Una collana che Voldemort ha regalato come dono per il fidanzamento di Bellatrix e Rodolphus.”

Si sentì fissare da dieci paia di occhi sbigottiti.

“E come dovremmo fare, di grazia?”-chiese gelido il biondo – “ E , soprattutto, perché? Cioè capisco Potty e l’amico Lenticchia che hanno le loro manie di autolesionismo e di salvezza del mondo. Ma noi che c’entriamo?”

“Io non lascio i miei migliori amici da soli, Malfoy!” - ringhiò Hermione. Merlino, ma perché doveva essere cosi intrinsecamente serpeverde il ragazzo che amava? E, soprattutto, perché aveva dovuto innamorarsi proprio di quel cretino?

“Ti facevo più cavaliere, Draco. Almeno questo. In ogni caso vi dovrete infiltrare a Serpeverde, quindi capirai bene che non possiamo mandare tre grifondoro da soli allo sbaraglio. Sebbene siano il golden trio, non durerebbero due giorni senza farsi scoprire”

“In che senso infiltrare scusa? E poi non se ne parla, noi abbiamo il party di sua madre domani” - rimbeccò Pansy indicando l’amico con la testa. Era l’evento sociale dell’anno e la sua occasione per presentare il suo progetto editoriale. Di certo non se lo sarebbe fatto sfuggire per dar retta ad un gruppo di decerebrati con la sindrome dell’eroe.

Sirius sbuffò- “Ah certo, perché il Gala di Natale di mia cugina è più importante di salvare il mondo.”

“Ovvio” - rispose senza scomporsi la mora osservando l’uomo davanti a lei. Era davvero bello, i lunghi capelli neri e gli occhi ardenti dei Black. Non faticava a credere alle storie che giravano sul suo conto. Si diceva che fosse stato con la metà della popolazione femminile di Hogwarts, qualche professoressa inclusa. Peccato che nella sua testa puzzasse sempre di cane bagnato.

“Non preoccuparti Parkinson, non perderai il tuo prezioso e noioso ballo degli snob sotto l’albero.  Tornerete indietro di qualche anno e un paio di mesi, diciamo che inizierete il primo settembre del settimo anno di Bellatrix. Avrete tre mesi.  A mezzanotte del 22 dicembre di quello stesso anno dovrete trovarvi tutti e cinque davanti questa casa. Li si aprirà un varco temporale che vi riporterà esattamente a questo momento.”

“Cosa vuol dire che dobbiamo infiltrarci  a Serpeverde?”- chiese sbigottito Ron- “ Nessuno della mia famiglia è mai stato smistato in quella casa di maniaci omicidi psicopatici e con la puzza sotto al naso. E non intendo iniziare io”

“O forse qualcuno lo ha fatto ed è stato fatto a pezzi e nascosto. Chissà che non si possa riprendere la tradizione con te, Ron caro” - gli sibilò la Parkinson. Poi rivolgendosi ai membri dell’Ordine “Questa è una follia, perché non ci andate voi a giocare alle spie nel passato”.

“A quei tempi io ero al quinto anno, Remus e Sirius al primo. Non ci possono essere due versioni della stessa persona nello stesso momento, si creerebbe una distorsione troppo grande. E Nymphadora non può occuparsi da sola di tutto. Senza contare che dei ragazzini della vostra età sicuramente possono entrare più in confidenza con dei loro coetanei che degli adulti”- rispose pacata Andromeda mentre la figlia si mordeva la lingua per evitare di scattare e chiedere alla madre di non chiamarla con il suo nome intero. Per Merlino, che noiosa che era!

Draco vicino a lei si era chiuso in un ostinato mutismo, come faceva sempre quando sapeva di aver perso. Era ovvio che quei tre dementi, purtroppo la sua amata sanguesporco inclusa, si sarebbero fatti convincere ad imbarcarsi in quella missione idiota e suicida. Bastava allettarli con l’idea di star facendo la cosa giusta. E non avrebbe potuto permettersi di lasciare Hermione da sola, sapeva bene quanto la sua casa di appartenenza potesse essere crudele ed elitaria. Lui era stato cresciuto con l’idea di entrare a Serpeverde e aveva sempre saputo come si sarebbe dovuto comportare. Quei tre sarebbero finiti affogati nel lago alla seconda sera. Ma il pensiero che gli si stava formando nella mente non gli piaceva per niente.

Aspettò, era certo che presto sarebbero arrivati al punto della questione. Noto ai più come “Il momento in cui capimmo che era una grandissima stronzata”.

“E non possiamo usare una giratempo? Non sarebbe più facile” - intervenne Hermione, toccando la sua che teneva al collo. La McGranitt gliela aveva data all’inizio dell’anno scolastico, per permetterle di seguire più lezioni possibili. Non aveva potuto dirlo a nessuno, però, neanche a Draco.

Remus scosse la testa “E’ troppo complicato calcolare i giri che bisogna fare per arrivare esattamente a quel momento. E poi se la perdeste o ve la rubassero rimarreste per sempre intrappolati. E siete troppi per un solo viaggio, sarebbe inutilmente pericoloso. Silente ci ha assicurato che si aprirà un varco temporale, proprio qui, questa sera stessa. Vi porterà direttamente alla cerimonia di smistatamento. Sarete degli studenti trasferiti da Accademie magiche straniere, abbiamo preparato un breve profilo e un’identità per ciascuno di voi. Potete usarla o inventarne una che vi si addica, purché siate coerenti. Hermione, tu puoi usare il tuo cognome, tanto non c’è mai stato nessun Granger ad Hogwarts.”. spiegò

“E se non volessimo farlo?” - chiese Ron- “Cioè, mi va bene rischiare la vita per salvare il mondo. Ci sto. Ma non chiedetemi di fingere di essere amico di un serpeverde, per favore. Mi viene l’orticaria al solo pensarci”.

“E’ reciproco, lenticchia, non preoccuparti”- gli sibilò la Parkinson, torcendosi le mani- “ Ma il pezzente ha ragione… e se non volessimo farlo?”-

“Allora vi prenderete la responsabilità di quello che succederà se Voldemort dovesse tornare in vita. E se a te non interessa di quello che accadrà ai babbani e nati babbani o alla tua famiglia, Pansy, pensa a quello che farà il Signore Oscuro per vendicarsi di chi lo ha tradito” - rispose gelida la strega alla sua sinistra, ancora prima che la figlia potesse intervenire.

A quel pensiero Pansy ammutolì, mentre un brivido saliva sulla schiena degli studenti di Hogwarts. Sarebbe stata una carneficina, e non sarebbe di certo durata poco.

“Quindi ammesso di riuscire a convincere il Cappello Parlante cosa accadrà dopo?” si interrogò Harry. Neanche a lui sconfinferava troppo l’idea di finire tra gli inquilini dei sotterranei, che odiava cordialmente, e da cui era già sfuggito una volta. Ma sarebbe stato ad Hogwarts durante il primo anno di suo padre. Avrebbe potuto vederlo, parlarci. Forse anche diventarci amico. Beh certo, forse non proprio amico, se fosse finito tra le serpi verde argento. Però lo avrebbe conosciuto. Era già qualcosa.

“Oh non preoccuparti, la magia del Cappello è molto potente e sono sicuro che Silente avrà pensato anche a lui. Sarete studenti del quinto anno, cosi come adesso. Avrete tre mesi per entrare nella cerchia di Bellatrix e Rodolphus e garantirvi la loro fiducia. Appena Voldemort consegnerà la collana, voi la ruberete e distruggerete”- replicò Remus calmo.

“Una cosa facile facile, direi” - bofonchiò Ron, ancora poco convinto. Ma lo sguardo negli occhi dell’amico non gli lasciava molta speranza.

“Quinto anno hai detto?” - Draco si era risvegliato dal suo torpore.

Andromeda annui: “Si, Bellatrix era al settimo, come ho detto, insieme ai tuoi zii. Io al quinto, Narcissa al terzo, se è quello che ti stai chiedendo.”

Draco scosse la testa- “Mi stai forse dicendo che devo stare in classe con mio padre adoloscente? E diventarci anche amico, magari. Senti, io credo che a malapena gli stia simpatico in questo di tempo, dove sa che sono suo figlio.”

Andromeda ridacchiò: “Ah, non preoccuparti, potresti avere delle grandi sorprese. E a proposito, ricordati che se combini casini potresti non nascere proprio. E soprattutto nipote, dobbiamo fare qualcosa per il tuo aspetto”

“Il mio aspetto non ha niente che non vada” - rispose imbronciato il ragazzo, incrociando ancora una volta le braccia sul petto.

“Quindi secondo te nessuno si accorgerà che assomigli in modo impressionante a quella serpe maligna di tuo padre? “- ghignò Sirius, pregustandosi il divertimento.

Draco non rispose limitandosi a sbuffare quando sua zia gli passò una mano tra i capelli: “Basterà scurire un po’ questi e la somiglianza già sarà meno immediata. Noteranno dei tratti simili, ma ha già gli occhi più azzurri di Narcissa che grigi e ci vorrà poco a rendere prominente questo lato. Per il resto al massimo potranno pensare in qualche figlio bastardo di Abraxas. Ma almeno sarà un pensiero che non avranno appena ti vedranno”.

A quel nome il ragazzo rabbrividì, mentre la mano di Hermione posata sul suo avambraccio lo stringeva forte. Già non solo sarebbe finito in una Hogwarts con i suoi genitori e zii ancora studenti. Soprattutto era un tempo in cui suo nonno era ancora vivo.

Avrebbe potuto rifiutarsi e andarsene. Ma le parole di Andromeda lo avevano colpito. Cosa era disposto a fare per proteggere la sua famiglia e la ragazza che diceva così tanto di amare? Non era spirito di sacrificio, era puro egoismo. Ancora una volta nella sua vita si trovava ad essere il ragazzo che non poteva scegliere liberamente. O forse quello che prendeva tutte le decisioni sbagliate per tutte le ragioni giuste.

“E cosa dovrei fare, di grazia? Tingermi di nero e fare finta di essere mezzo Black? Ah no, scusa lo sono mezzo Black. E perché lenticchia può tenersi i suoi orridi capelli rossi e io no?” -chiese cercando di mantenere un contegno e non dare la soddisfazione a quello stronzo del padrino di Potter, nonché suo cugino di secondo grado, di vederlo così scosso.

“Perché non c’è nessun Weasley in quegli anni a Hogwarts. E soprattutto perché nessuno della sua famiglia è malfidato quanto quelli della tua. Niente di così tragico comunque. In questi casi bisogna sempre ricordare di non eccedere. Basterà scurirli un po’, diciamo fino ad un castano chiaro. Ti posso far vedere l’incantesimo che dovrai fare ogni sera, oppure posso procurarti della tinta babbana”- lo prese in giro Tonks. Facile per lei cambiare aspetto, visto che era una mutaforma.

“No grazie, vada per l’incantesimo. Di roba Babbana da mettermi addosso mi basta la Granger” - bofonchiò , meritandosi una sberla da parte della suddetta  nata babbana che provocò uno scoppio di sorrisini e ghigni da parte degli altri grifondoro presenti nella stanza.

Un leggero tocco di bacchetta e i capelli chiarissimi e inconfondibili di Draco Malfoy si allungarono e assunsero una sfumatura nocciola, molto lontana da quella platino abituale, gli occhi persero il riverbero color acciaio per intensificare la sfumatura blu. Hermione gli scostò una ciocca dalla fronte, divertita : “ Non sembri neanche tu. Un po’ mi dispiace, mi piacciono i tuoi capelli”.

“Già, per una volta non sembri un cazzo di furetto albino” - rimbrottò Harry.

“Fottiti Potter”- rimbeccò subito il serpeverde.

Prima che potessero iniziare una nuova lite Andromeda intervenne di nuovo.

“Harry, anche con te dobbiamo fare qualche cambiamento. Assomigli molto a James, lo sai. Sirius si confonde sempre”- gli disse con una dolcezza che  nascondeva quanto in realtà fosse divertita da tutto ciò.

Il grifondoro sbiancò, mentre Draco soddisfatto lo guardava pregustandosi la scena.

“Sia mai la volta che riesci ad essere pettinato, Potter”- ghignò.

Il grifondoro si morse la lingua, mentre il l’ex biondo riceveva un’ennesima gomitata dalla ragazza alla sua sinistra.

“Come li preferisci: biondo scuro o rossi come Ron? Potreste passare per cugini”- ridacchiò Andromeda in un vano tentativo di restare seria.

Harry e Ron si scambiarono un’occhiata. C’era bisogno di chiederlo?

“Rossi ovviamente! Mi piacerebbe molto essere uno dei fratelli di Ron. Più Charlie che Percy, a dire il vero. E poi mia madre aveva i capelli rossi no?”- sorrise

“Che cazzo di gusti, Potter.”- borbottarono in contemporanea i giovani serpeverde presenti, mentre la folta chioma scura della giovane speranza del mondo dei maghi si accorciava e assumeva una sfumatura rossastra. Gli occhi persero il loro tono color giada per assumere una sfumatura verde sottobosco.

Sirius e Remus erano soddisfatti. Il loro figlioccio non ne era uscito snaturato, si vedeva ancora una somiglianza con James e Lily ma non era una cosa eclatante. Più un leggero sentore. Erano sicuri che ciò avrebbe tranquillizzato Harry.

“Ti manca un maglione bucato e saresti perfetto, Potty”- cinguettò Draco, ovviamente ben intento a non perdere l’occasione.

“Piantala. Piuttosto, gli anelli. Togliteli”- ordinò Andromeda rivolgendosi al nipote e sedando sul nascere la rissa.

Draco per un attimo esitò, guardandosi la mano dove rilucevano l’anello a forma di serpente e il blasone con incise le iniziali MB, Malfoy e Black, che portava dal suo quattordicesimo compleanno. Se il primo fu relativamente facile da sfilare, sul secondo esitò un po’. Quando lo tolse gli sembrò di essere nudo e senza protezione. Era come se quell’anello gli avesse salvato la vita, ma non sapeva bene come.

Andromeda gli sorrise e gli fece una carezza, prima di allungargli una lettera.

“Andrà tutto bene.  Dai questa alla me del passato. Vedrai che vi aiuterà. E ti farà piacere conoscere Nicholas e Arael, vedrai”

Draco alzò le spalle. “ Mah, se lo dici tu. Senti e invece come togliamo l’aria di nata babbana alla qui presente signorina Granger? E anche a san Potter se è per questo. SI vede lontano chilometri che è cresciuto a babbanolandia. Per Weasley neanche mi esprimo, ma vestito cosi secondo me non lo fanno neanche avvicinare alla sala comune”

Il bambino sopravvissuto era già pronto a saltare al collo dell’ex biondo quando Remus lo acciuffò per il cappuccio della felpa.

“Seppure detto in maniera estremamente sgradevole, Malfoy ha ragione. Sono certa che Hermione saprà cavarsela alla grande. Ma per i vestiti, non preoccupatevi abbiamo già preparato dei bauli per voi. Intanto potreste cambiarvi” - cercò di farlo ragionare, facendo apparire dei nuovi vestiti della loro taglia.

Poco dopo i tre riapparvero ancora mugugnando. I jeans e le felpe erano spariti. Ron ed Harry avevano dei pantaloni sportivi ma di taglio più classico, il primo con un maglione morbido di cotone mentre per il secondo avevano previsto una camicia avvitata e una giacca blu scuro. Classici senza tempo. Fin troppo per i loro gusti. Si sentivano ridicoli. Draco e Pansy rimasero invece a bocca aperta di fronte alla trasformazione di Hermione.  Lo stile sportivo era stato sostituito da vestitino smanicato a trapezio verde bosco che le arrivava a metà coscia e degli stivali alti scamosciati.  Andromeda si avvicinò e le mise al polso un braccialetto di diamanti purissimi.

“Ho chiesto a Narcissa di darmi uno dei suoi gioielli, anche se ovviamente non sa il motivo. Fidati, basterà questo per farti accettare dalle altre ragazze di Serpeverde. Questo bracciale è una dichiarazione di ricchezza a cui nessuno potrà replicare. Ed essendo piuttosto recente non dovrai preoccuparti che qualcuno possa riconoscerlo. Però assicurati di riportarlo o mia sorella mi ucciderà”- le sorrise la donna.

Hermione annuì. Non era di certo il tipo di ragazza da emozionarsi o desiderare gioielli, di certo avrebbe preferito dei libri antichi. Eppure doveva riconoscere che portare al braccio qualcosa del valore di una piccola casa le dava una certa sicurezza, ora che doveva infilarsi in un posto dove l’unico metro di paragone era la ricchezza, la bellezza e la purezza del sangue.

“Due su tre Granger” - le ridacchiò Draco all’orecchio, quasi ad intuire i suoi pensieri.

L’aria dentro casa era cambiata. Una strana elettricità sembrava pervadere l’intero ambiente, una forza antica e profonda sembrava richiamarli. Il portale si era aperto.

“E’ ora di andare, ragazzi. Mi raccomando abbiate cura di voi. E soprattutto siate puntuali all’appuntamento del 22 dicembre. E ricordatevi che non potete rivelare niente del futuro. Non potete cambiare niente, anche se lo vorrete con tutti voi stessi. Parlo con te soprattutto. Non fare casini. So che vorresti che James e Lily fossero vivi, ma se avverti tuo padre di cosa accadrà non sai quali saranno le conseguenze in questo presente. Potresti incasinare tutto”-li salutò Sirius abbracciando il figlioccio e i suoi migliori amici. Si tenne ben lontano invece dai due serpeverde.

Scambiando un’ultima occhiata con il suo padrino Harry fu il primo a saltare nel cerchio blu che si era aperto alle loro spalle, seguito a ruota da Ron. Draco ed Hermione andarono insieme, mano nella mano. L’ultima e con gran malavoglia fu la volta di Pansy che saltò maledicendo Blaise e la sua maledetta vacanza nei mari del sud. Al ritorno l’avrebbe ucciso con le sue mani per averli lasciati soli con quei tre.

Poco dopo il portale si richiuse, lasciando gli adulti ad interrogarsi se avessero fatto la cosa giusta

“Forse avremmo dovuto dargli più tempo per prepararsi” - mormorò Remus. Non era certo che quel branco di ragazzini ce l’avrebbero fatta. Forse era una missione troppo difficile anche per la speranza del mondo dei maghi. Eppure al momento era l’unica soluzione che sembrava possibile.

“Non preoccuparti, tesoro. Quei tre hanno già fatto molto di peggio. E poi ci sarà la mamma ad aiutarli no?”- lo consolò Tonks.

“Ed è esattamente questo che mi preoccupa” - si lasciò sfuggire Sirius, prima di venir schiantato ancora una volta dalla cugina.

Dannate Black, tutte pazze come al solito. Neanche decenni di matrimonio con un natobabbano ed essere ripudiate dalla famiglia sembravano bastare a migliorare il loro carattere.


+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++< A partire dal 7 dicembre l'aggiornamento passa a due capitoli a settimana, il martedi e il venerdi. Note: La storia inizia qualche mese dopo la fine del quarto anno di Draco ed Hermione, alla fine della storia "Il calice della Vita". Tra le due si può leggere la serie di raccolte "Essere padri , Essere Figli", che raccoglie una serie di instantanee del rapporto tra Lucius e Draco. Se non si fosse capito sono ossessionata dai Malfoy e dai Black.
La cronologia dell'originale non è rispettata. Nel canon Lily  e i malandrini sono nello stesso anno, mentre in questa storia Lily Evans entrerà ad Hogwarts solo l'anno successivo a James. Anche Lucius e Narcissa in teoria dovrebbero passarsi un anno al massimo, qui invece hanno tre anni di differenza e sono più vicini di età ai genitori di Harry rispetto a quanto previsto dalla Rowlings.
Cosi come ne "Il calice della vita" mi piace prendere scene appartenenti ai libri o ai film originali ed inserirle in un contesto diverso. In questa storia non ci saranno Easter Eggs o citazioni più o meno nascoste, ma verranno affrontate tematiche delicate e angoscianti. 
Ovviamente qualsiasi commento, anche negativo è ben accetto. La storia è un work in progress quindi suggerimenti, correzioni, etc fatevi avanti. Detto ciò... Buona lettura!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2° ***


 

Il primo settembre era sempre un giorno di festa. Significava chiudersi alle spalle l'angoscia e il dolore di quel posto per tornare a quella che ormai consideravano la loro casa. Hogwarts.

“Questo è l’ultimo anno per noi” - mormorò Nicholas seduto sulla poltrona accanto alla grande vetrata. La ragazza annuì infilando le ultime cose nel suo baule, prima di chiuderlo. Accarezzo piano le lettere incise A.M.M.Arael Morgaine Malfoy.

“Il prossimo anno di questi tempi io sarò già sposata con quel pazzo. Non credo che Abraxas mi lascerà molto fiato dopo il M.A.G.O. Neanche voleva che finissi l’anno, riuscire a rimandare il matrimonio all’estate è già stato un gran traguardo.” - mormorò sedendosi sul bracciolo e passando un braccio attorno al collo del fratello— “A proposito, grazie. So che c’entri tu con questo. Non mi hai detto quale è stato il prezzo, però”.

Il giovane biondo sbuffò- “Non preoccuparti di questo, non è importante. Tanto non abbiamo scelta in nessun caso, non l'abbiamo mai avuta. E almeno la smetterà di tormentarci. Sta praticamente facendo venire ogni singola purosangue al maniero, Merlino solo sa come. E continua a dirmi che è una vergogna che ancora non abbia trovato nessuna. Come se davvero mi permettesse di scegliere.”.

La ragazza tacque. Un anno sembrava cosi lungo e cosi breve allo stesso tempo. Ogni volta che provava a leggere il loro futuro era sempre tutto buio. Non vedeva né lei né il fratello invecchiare, tutto ciò che le carte le rimandavano era solo un bambino biondissimo correre per il maniero ma non lo vedeva mai in faccia. Sentiva discorsi sulla grandezza di Voldemort, voci confuse di molte persone che rimbombavano tra le antiche mura.  E poi l’unica cosa che riusciva a sentire erano grida e l’odore del sangue. E la voce crudele di suo padre che gridava “Crucio”.

“Non mi fido di quell’uomo. Posso condividere le sue idee sulla supremazia dei purosangue, ma i suoi discorsi sono folli. Non mi piace che tu e Lucius passiate così tanto tempo a quelle riunioni” - scattò invece alzandosi in piedi e dirigendosi alla scrivania.

“E cosa dovremmo fare? Dire a quei due pazzi che noi ci tiriamo indietro? Pensi sul serio che nostro padre ce lo permetterebbe?“. Nicholas era calmo, fin troppo per i suoi gusti. Ormai sembrava rassegnato.

La giovane strega non riuscì a rispondere perché in quel momento sentirono un bussare leggero alla porta. Pochi secondi dopo e fece il suo ingresso il fratello minore.

“Lucius!  Non dovevi rimanere a dormire da Cassandra nella Residenza estiva dei Carrows? – gli chiese sorridendo. Quel suo fratello la preoccupava molto. Era troppo influenzabile e troppo desideroso di compiacere Abraxas. Anche la sua storia con quella ragazza non le piaceva affatto, era folle quanto tutti i membri della sua famiglia. E, nonostante fosse sicuramente molto bella, quella non era la ragazza giusta: aveva una pessima influenza su di lui, portandolo ad esplorare i lati più oscuri del suo già non facile carattere.  Era certa fosse stata un’idea del loro padre. Inoltre, lei sapeva esattamente chi avrebbe voluto come cognata. Solo che quel maledetto testardo orgoglioso non riusciva ad ammettere che fosse innamorato di lei.

Il ragazzo in risposta le fece un sorriso sbieco e si sedette accanto al fratello: “E perdermi la tradizione della tua lettura prima dell’inizio dell’anno? Figurati. Posso farmi fare un lavoretto da Cassandra quando voglio”

“Lucius!” -lo riprese il fratello dandogli un leggero colpetto sulla nuca. Per Merlino, come dovevano fare con lui? Sarebbe mai stato capace di comportarsi in maniera civile?

Arael non si scompose, era solo la riprova di quello che già sapeva:.se fosse stato davvero innamorato il suo idiota fratello quindicenne non si sarebbe mai espresso cosi. Anche perché se lo avesse fatto avrebbe rischiato la vita, molto più che a Malfoy Manor.

“Ma come... non erano tutte stupidaggini?” - lo rimbeccò la maggiore sorridendo e prendendo il mazzo di carte che teneva nel cassetto della scrivania, avvolte da un panno bianco.

“Solo quando dici che devo lasciare una bellissima giovane donna che stravede per me per una algida principessina che non me la darebbe neanche morta” - rimbrottò il giovane, beccandosi un altro colpo dal fratello.

“Forse se per prima cosa non le avessi chiesto se fosse davvero figlia di suo padre o frutto di un’avventura extraconiugale, forse e dico forse, a quest’ora le cose potrebbero diverse” - continuò la ragazza.

“Quanti Black biondi e con gli occhi azzurri hai visto in vita tua? Era un dubbio legittimo” - si difesa il minore incrociando le braccia. Non l’avrebbe lasciata vinta a quella strega di sua sorella. E di certo non avrebbe mai ammesso di aver reagito così solo perché era rimasto assolutamente senza fiato nel vederla avanzare leggera lungo il corridoio della sala grande. Si sentiva il cuore in gola e il cervello aveva smesso di funzionargli. Quando le parole gli erano uscite di bocca se ne era immediatamente pentito, ma ormai era tardi.

“Quanto sei stupido, per la miseria!” -lo riprese l’altro chiudendo esasperato il libro che stava sfogliando.

Si sedettero tutti e tre in terra, formando un cerchio. Erano due anni, da quando aveva capito cosa Abraxas avesse in serbo per lui che Nicholas si rifiutava di farsi fare le carte, ma ascoltava sempre quello che la sorella aveva da dire sul futuro del loro fratellino. Sperando che non ci leggesse la sua morte. Specialmente per mano di una certa persona di loro conoscenza.

Arael si scostò una ciocca di capelli biondi chiarissimi dal viso e iniziò a mescolare, sotto lo sguardo attento dei giovani maghi. Era impressionante quanto si assomigliassero tutti e tre, tanto che se Lucius non avesse avuto due anni meno di loro, li avrebbero presi tutti per gemelli. I due maschi erano a malapena distinguibili da lontano, se non per il fatto che Nicholas portava i capelli lunghi sciolti mentre quelli di Lucius erano sempre sfumati sulle tempie e gli ricadevano in ciuffi color platino sulla fronte. Quello che li differenziava realmente però erano gli occhi. Mentre quelli del minore erano di gelido acciaio fuso, quasi argentei, i suoi e di Nicholas erano più scuri, un grigio cupo che rifletteva il loro animo inquieto. Lei,in quanto femmina il cui unico scopo era essere venduta al miglio purosangue offerente. Lui, l’erede di uno dei casati più importanti e antichi del mondo magico. Entrambi si sentivano però sbagliati, estranei a quella famiglia e a quel padre opprimente. Sin da bambini questa consapevolezza li aveva sempre schiacciati. 

Non che a Lucius fosse andata meglio. Per Abraxas i suoi figli erano solo dei begli involucri su cui sfogare le sue frustrazioni e la sua violenza. Non erano mai abbastanza bravi, brillanti, educati. E non lo sarebbero mai stati all’interno di quella casa. Per il mondo esterno, ovviamente, invece erano un segno della superiorità della sua famiglia: un caposcuola capitano della squadra di Quidditch, un prefetto e una figlia bellissima che tutti volevano come moglie. L’apparenza era tutto ciò che contava.

Dopo aver fatto tagliare il mazzo al fratello, la giovane strega dispose le carte in un quadrato di sei carte per fila e iniziò a girarle lentamente. Andavano lette da sinistra a destra e poi dall’alto in basso, per poi soffermarsi sulle diagonali. Passato, presente e futuro. Ricercò per prima la carta che rappresentava il consultante, per vedere in quale casa di specchiasse e da cosa fosse attorniata.

Quello che vedeva però aveva poco senso. Se la falce, il serpente e l’anello sembravano indicare che finalmente quella stupida relazione tossica avrebbe avuto fine, tutto il resto aveva poco senso. Vedeva che stava arrivando qualcuno, un bambino che non conosceva, e che davanti a loro si apriva un baratro di paura e di pericolo. Stavano per arrivare tempi cupi, ma questo già lo sapeva. E dalle carte usciva un’immagine chiara nella sua mente. Un serpente che si mangiava la coda, in un eterno e infinito ciclo del tempo. Di cui loro erano prigionieri. Quello che non poteva tollerare era il dolore che sentiva avrebbe spaccato il cuore di suo fratello minore.

“Allora? Vinceremo la coppa di Quidditch quest’anno? Abbiamo una squadra eccezionale” - le chiese impaziente il quindicenne davanti a lei.

Nicholas si era fatto più attento, aveva capito che qualcosa non andava. La sorella era di solito piuttosto loquace quando faceva una lettura in casa. Ed era strano che avesse perso l’occasione per stuzzicare il fratellino sui suoi gusti in fatto di donne.

“Si, ma ti posso assicurare che non ti interesserà a lungo” - mormorò.

I fratelli la guardarono perplessi mentre la grande pendola nel corridoio scoccava la mezzanotte.

“E forse finalmente ti libererai di quella pazza di facili costumi. E ora a nanna, prima che ci sentano. Poche ore e questo posto sarà un brutto ricordo”. Disse la giovane bruscamente facendo alzare di peso il più piccolo e buttandolo fuori dalla camera

“Dormi bene, fratellino. E cerca di riposare, sarà un anno impegnativo” – gli disse dandogli un leggero bacio sulla fronte.

Quando chiuse la porta dietro di sé, trovò due paia di occhi grigi uguali ai suoi scrutarla.

“Questo non è solo il nostro ultimo anno tutti e tre ad Hogwarts. È anche l’ultimo in cui saremo vivi. Uno di noi morirà prima che inizi il prossimo anno scolastico”.

Il fratello si alzò ad abbracciarla e la strinse forte. Non c’era molto altro che potesse fare in quel momento.

 

 

 

Erano partiti da poco dalla stazione di Kings Cross e Sirius era già riuscito a svincolarsi dalle cugine per cercare un posto dove nascondersi. Per Merlino, sperava solo che le sue più grandi paure non si avverassero e quello stramaledetto cappello parlante non lo avesse smistato a Serpeverde. Era già stato abbastanza passare undici anni in quell’ambiente tossico e soffocante. No, grazie, almeno da settembre a giugno voleva respirare aria pulita e non ammorbarsi con la teoria di supremazia dei maghi purosangue. Che poi, se lo avessero chiesto a lui, più che altro sembrava che a forza di sposarsi sempre tra le stesse famiglie, il livello di pazzia e di malattie mentali aveva raggiunto livelli di guardia. I suoi stessi genitori erano la riprova di quella spregevole abitudine e il fatto che la madre decapitasse gli elfi domestici disobbedienti e ne appendesse le teste a monito era un’ulteriore conferma della sua teoria

Si infilò nel primo scompartimento disponibile. Era già occupato da due ragazzini all’incirca della sua età, intendi a giocare a gobbiglie.  Uno dei due alzò gli occhi e gli rivolse un grande sorriso, passandosi le dita tra i capelli arruffati: “Ciao! Primo anno anche tu?”

Sirius annui, chiudendo velocemente la porta dietro di lui e buttandosi sul divanetto.

“Eh già, spero solo di non finire tra gli inquilini dei sotterranei. E voi? Io sono Sirius comunque” - rispose sorridendo a sua volta e stravaccandosi meglio. Iniziava finalmente a rilassarsi, sentiva che di quei due ci si poteva fidare.

Fu il ragazzo dai capelli chiari e dai penetranti occhi nocciola a rispondergli. Dei due sembrava decisamente il più timido, tuttavia parlò con voce chiara e melodiosa:

“Io sono Remus Lupin e lui è James Potter. Ci siamo incontrati sui binari, sai, entrambi i nostri genitori erano a Grifondoro. Quindi decisamente vorremmo essere smistati li”

Sirius ghignò. Grifondoro. A sua madre sarebbe venuto un infarto. “Sai che in effetti non ci avevo mai pensato? Sarei il primo in tutta la storia dei Black a indossare il rosso e oro. Sarebbe epico”.

James lo guardò fisso, anche se non perse il sorriso:  “Black? La nobile e antichissima casata dei Black? E come mai sembri simpatico?”

Sia Sirius che Remus ridacchiarono: “Mah, probabilmente alla fine si scoprirà che sono figlio del vicino. Anche se di solito capelli neri e occhi grigi sono il segno distintivo.  Io spero ancora che un giorno mi dicano di essere stato adottato”.

“Ci sono altri Black ad Hogwarts?”- chiese il giovane Lupin scartando una piuma di zucchero e dividendola in tre pezzi.

“Al momento tre cugine: Bellatrix, Andromeda e Narcissa. L’unica che si salva è Drom, la incontrerete sicuramente, quest’anno è diventata prefetto a Serpeverde. Bellatrix è pazza e Narcissa… beh Narcissa crede che il mondo debba girare attorno a lei solo perché è bella.”. In realtà la minore delle sue cugine era un mistero per lui. Sicuramente era snob e viziata, su questo non c’erano dubbi. Eppure era sicuro ci fosse altro dietro la sua apparenza da principessina purosangue e perfetta futura moglie. Chissà se avrebbe mai trovato il coraggio di mostrarlo al mondo, pensò, mettendosi il pezzo di dolciume offertogli dal giovane di fronte a lui.

Sirius stava per fare una domanda a sua volta quando un ragazzino dai capelli chiari e i grandi occhi impauriti franò in terra di fronte a lui. Era bassino e sembrava dimostrare meno degli undici anni che doveva avere. Il giovane Black alzò il sopracciglio:

“Ecco il quarto per la partita”- cinguettò mentre Remus lo aiutava a rialzarsi. Il nuovo arrivato li guardò titubante.

“Scusate, stavo fuggendo da una ragazza furiosa perché l’avevo spintonata per sbaglio e le si era rovesciato del succo di zucca addosso. Ma non l’ho fatto apposta, lo giuro.” - mormorò

“Capelli neri, occhi scuri che sembrano volerti bruciare vivo?” -chiese

L’altro annui. I tre ragazzi si scambiarono uno sguardo divertito.

“Mia cugina Bellatrix, probabilmente. Se vuoi arrivare a giugno stalle alla larga più che puoi e prega di non finire a Serperverde. Ma quello dovresti farlo a prescindere. Ed ora siediti, il viaggio è ancora lungo. Io sono Sirius, lui è Remus e quello che non sta fermo due minuti è James. E tu sei?” - continuò il giovane Black, sentendosi per una volta a casa. Sentiva che già in quelle ore aveva già trovato una nuova famiglia, qualcuno a cui davvero sarebbe importato di lui.

“Io sono Peter. E di sicuro non voglio finire a Serpeverde”.

“Abbiamo un patto, allora!” - concluse James con un gran sorriso tirando fuori le gobbiglie e mettendo tra loro tutti i dolci che aveva appena comprato al carrellino. Il viaggio era lungo e lui non riusciva a contenere l’eccitazione.

Remus si sentiva contagiato da quell’allegria e dall’energia di James e Sirius. Chissà se lo avrebbero accettato anche se avessero scoperto il suo terribile segreto. Tirò le labbra in un sorriso forzato, non voleva pensarci. Lanciò le gobbiglie e attese. In fondo forse davvero avrebbe trovato dei veri amici.

 

 

 

Il viaggio nel tempo era stato ancora meno piacevole di quanto si erano aspettati.  Si erano sentiti risucchiare e tirare, e per un attimo gli era sembrato di essere al contempo schiacciati dall’alto e come se dovessero esplodere. Era già un miracolo che fossero arrivati tutti interi e senza arti mancanti. Merlino, chissà che gioia il viaggio di ritorno a questo punto.

“Ma che cazzo, ma è possibile che non sia cambiato nulla in questa dannata scuola in due decenni? Una rinfrescata per lo meno. “- borbottò Pansy- “Draco, ricordami ancora una volta perché ci siamo prestati a questa pagliacciata”

“Perché vorremmo evitare di essere fatti a pezzi mentre ancora coscienti da parte di quel fottuto psicopatico del Signore Oscuro, Pans.”- rimbrottò il serpeverde , stringendo la mano di Hermione.

Lo sguardo della giovane strega nata babbana era rivolto versa l’entrata, immobile. Aveva notato un leggero movimento e pochi secondi dopo un molto più giovane ma sempre di età indefinita Albus Silente era di fronte a loro. Il sorriso enigmatico come sempre.Si chiese quando nel corso della sua vita Silente avesse deciso di abbandonare il completo tre pezzi che portava in quel momento per le lunghe tuniche ricamate. Questione di comodità, probabilmente.

“Preside…”- iniziò Ron beccandosi subito una gomitata dall’amica .

“Bene, bene, i nostri giovani visitatori. È un piacere che siate venuti da cosi lontano. Anche se di certo l’occasione non è lieta. Purtroppo devo ricordarle, signor Weasley che dovete stare molto attenti a rivelare cose sul futuro, giusto il minimo indispensabile alla vostra riuscita. E devo dirle che non so se essere contento o meno di diventare Preside un giorno. È un impegno piuttosto gravoso, sa?” – disse facendo l’occhiolino.

“Ma come…”_ - rispose Ron interdetto. La loro missione non doveva essere un segreto? Certo con Silente dalla loro parte tutto sarebbe stato più semplice.

“A breve gli studenti e i professori entreranno da quella porta e anche voi sarete smistati insieme a quelli del primo anno. Quali saranno i vostri cognomi, se posso chiederlo? Il me del futuro è stato piuttosto evasivo su questo punto “- continuò, sempre con un sorriso a mezzabocca.

“Delacour” - rispose biascicando Pansy Parkinson. Allo sguardo sorpreso del suo compagno di casa alzò semplicemente le spalle:” Almeno è semplice da ricordare, no? E poi parlo benissimo francese,se te lo sei scordato. Dovresti trovarti un cognome simile anche tu, in fondo le origini della tua famiglia vengono da li”.

“Si, certo e poi posso anche dire di venire da BeauxBaton, no? Con quelle divise orrende. Già mi hanno fatto questi orridi capelli color topo, ci manca solo quella ridicola scusa di uniforme”-ringhiò di rimando.” A questo punto, seguo la strategia del genio in tacchi a spillo qui accanto a me: Krum, visto che dobbiamo venire da Durmstrang”.

“Draco Krum? Sai che è veramente orribile? È cacofonico. Sei sicuro che non sia meglio trovare qualcosa più vicino al tuo cognome originale? Riuscirai a non girarti quando chiameranno Malfoy? Ce ne sono tre… la vedo difficile” - Hermione alzò gli occhi al cielo. Davvero non riusciva a trovare di meglio?

“Facile parlare per te, Hermione Granger, natababbana che non ha bisogno né di inventarsi cognomi astrusi né di farsi un incantesimo per avere dei capelli osceni” - borbottò di sottofondo, non volendo dargliela vinta. Eppure sapeva che in fondo aveva ragione.

“Ti sei fissato con questi capelli, però. Piantala.” - lo riprese la giovane strega strattonandolo e ottenendo solo un grugnito di disapprovazione.

“Voglio proprio vedere se verrai a letto con me conciato cosi. Dovrò bendarti… anche se a pensarci bene potrebbe anche essere una buona idea…” - rispose l’altro pensieroso.

“Draco! Non davanti a Silente, che diamine!” -rimbrotto subito. Merlino, lo amava ma quando si comportava cosi aveva sul serio voglia di tirargli un pugno.

“Io lo avrei un cognome per te, Malfoy. Uno facile da ricordare e simile al tuo” - cinguettò Harry, sgranando con fare innocente gli occhioni verdi. Poi si volse verso Silente: “Scriva pure professore. Draco Malferry. Avevo pensato a Malferret ma è troppo lungo. E’ assolutamente perfetto”.

Ron esplose in una risata di cuore, mentre Hermione fece decisamente fatica a trattenersi.

“Fanculo, Potter. Allora il tuo lo decido io. Saintpottah O Saintpotty, sono magnanimo e ti lascio scegliere. Avrei anche suggerito Sfregiatosopravvissuto ma è troppo descrittivo” - rispose l’altro gelido. Fu la volta di Pansy di ridacchiare.

Harry stava per saltargli al collo. Perché diamine si erano portati quei due pesi morti? E soprattutto perché quell’essere inutile capace solo di lamentarsi? Silente non fece una piega e segnò con la sua grafia chiara e ordinata: “ Allora, Hermione Granger, Pansy Delacour, Draco Malferry e Harry Saintpottah. Manca solo lei, signor Weasley”.

“King. Ron King. D’altronde se mai diventerò un giocatore di Quidditch sarà quello che mi urleranno i tifosi Weasley è il nostro Re” -  disse illuminandosi.

Pansy lo guardava sgomento. Poi si rivolse ad Hermione : “ E voi sareste il golden trio? Per Salazar Serpeverde, è un miracolo che non siate morti il primo anno schiantandovi dalla Torre di Astronomia. O un peccato, a seconda di come la si vede”.

“Senti Delacour, non mettertici anche tu eh? Già l’idea di essere smistata a Serpeverde mi fa orrore, se devo anche fare la maestra dell’asilo infantile giuro che vi metto sotto Imperio tutti quanti” - ringhiò. Si sentiva a disagio in quella situazione, sapendo di finire in uno dei posti che aveva guardato con disprezzo dal suo arrivo ad Hogwarts. E in più doveva diventare amica di quelli che sarebbero diventati maghi oscuri. Senza dimenticare la futura madre di Draco che anche nel suo mondo era probabilmente l’unica donna a metterla in soggezione. E che onestamente sopportava solo per amore del suo bel biondino. O ex biondino, a dirla tutta.

Ancora una volta il loro battibecco venne interrotto dal rumore dei grandi portoni che si aprivano e dal vociare dello sciame di ragazzi più grandi che iniziavano ad entrare e a prendere i propri posti alle tavolate. Il cielo magicamente stellato sopra di loro era diventato più luminoso e gli stendardi avevano preso a sventolare spinti da una leggera brezza invisibile. Mentre le candele della volta brillavano confortanti, la giovane grifondoro strinse forte la mano di Draco. In lontananza aveva appena visto entrare il gruppo dei Serpeverde. Dopo poco entrarono quelli che dovevano essere i due Malfoy più grandi, sottobraccio. Scivolarono leggeri e presero posto in fondo al tavolo. Appena li videro quelli già seduti si alzarono per fargli posto. I due li salutarono appena con un cenno del capo, troppo presi dalla loro conversazione. Poco dopo fece il suo ingresso un gruppetto di tre giovani streghe che procedevano vicine ed altere come se la scuola fosse di loro proprietà. Le prime due, le più grandi, si somigliavano terribilmente. La terza, che camminava algida e composta, degnando appena di uno sguardo ciò che le stava intorno era quella che aveva catalizzato l’attenzione di ogni singolo giovane uomo presente, indipendentemente dalla casata di appartenenza. Si sedette leggera e accavallò le gambe, noncurante delle occhiate. Conoscendo quanto il suo ragazzo fosse geloso e possessivo verso la madre, quello sarebbe stato un problema. Ma in tutto ciò dov’era Lucius? Possibile che non fosse come sempre attaccato alla futura moglie?

Si sentivano gli occhi di tutte le tavolate addosso. Sapevano bene quanto tutto ciò che deviasse dalla routine centenaria di Hogwarts destasse interesse negli studenti, ed erano certi che tutti li stessero studiando e valutando. E soprattutto si stessero chiedendo chi diavolo fossero.

“I tuoi genitori?” -chiese a Pansy, cercando di distrarsi, già dimentica del litigio di poco prima. La mora sorrise, mentre il suo sguardo scorreva la tavolata: “Ah, mia madre e mio padre si passavano quasi dieci anni. Lei entrerà ad Hogwarts il prossimo anno e mio padre si è già diplomato due anni fa. Entrambi figli unici. Non ci sono problemi. Credo che però non dovresti preoccuparti di noi ma di quello là” rispose indicando con un cenno del capo il bambino sopravvissuto.

Harry, persa l’iniziale baldanza era come impietrito e guardava fisso il grande portone di ingresso, con il cuore in gola. In quel momento, si resero conto che Silente li aveva abbandonati già da un po’ e ora faceva il suo ingresso con gli studenti del primo anno. Riconobbero subito il quartetto di quelli che sarebbero diventati i Malandrini. James così simile a lui, ma molto più baldanzoso e sicuro di sé di quanto il figlio sarebbe mai stato nei suoi anni di scuola, al fianco di Sirius, strafottente come al solito. Pochissimo dietro un compassato ma attento Lupin che continuava a parlottare con i due come se stessero progettando di dar fuoco all’intera scuola solo per divertimento. E da ultimo, timido ma saldamente ancorato agli altri c’era lui. Peter Minus, alias Codaliscia.

“Controllati, Harry. Respira e andrà tutto bene” - gli disse Ron comprensivo cingendogli le spalle con un braccio. Da un lato voleva confortarlo, dall’altro evitare che il suo migliore amico si rendesse responsabile di un omicidio con centinaia di testimoni che avrebbe sconvolto l’intera linea spaziotemporale.

Hermione in un attimo gli fu accanto e gli strinse forte la mano, senza lasciare trasparire quanto fosse angosciata. Per preoccuparsi di Draco e del compito che li aspettava non aveva pensato che oltre al padre Harry avrebbe rivisto anche colui che aveva condannato a morte, tradendo, i suoi genitori. E poco importava che tra qualche decennio sarebbe morto ucciso da Sirius e Remus.

Con la coda dell’occhio non gli sfuggi un ragazzo dai capelli chiarissimi che sgattaiolava al tavolo dei serpeverde, mano nella mano con una bruna procace da un viso vagamente conosciuto. Lasciò uno sguardo preoccupato a Draco, che sembrava però essere piuttosto concentrato in una conversazione molto fitta con Pansy Parkison. Irrazionalmente ebbe un moto di gelosia, vedendolo allungarsi per sussurrarle qualcosa all’orecchio. Ma che diamine pensava di fare?

“SILENZIOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!” - urlò Silente distraendola dai suoi pensieri.  Forse Harry non era il solo a dover reprimere istinti omicidi.

In pochi secondi non fiatava più una mosca. Anche da vicepreside Albus Silente non perdeva di certo il suo carisma. Come da tradizione, però lasciò la parola al preside Dippet.

“Miei cari ragazzi, bentornati o benvenuti alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui imparerete a superare i vostri limiti, a piegare alla vostra volontà gli elementi e finanche ad imbottigliare l’amore e la morte. Ma niente, niente, supererà mai le amicizie che stringerete in questi anni. Fatene tesoro e impiegate bene il vostro tempo qui, perché niente ve lo potrà mai rendere, neanche la più potente delle magie. E ora, prima di mangiare, diamo il benvenuto ai nostri graditi ospiti. Per qualche mese avremmo con noi degli studenti provenienti da alcune delle scuole più importanti del mondo magico. Sono venuti qui per imparare nel tempio della Magia. Sono certo che saprete metterli a loro agio e li accoglierete nelle vostre case come se fossero con voi dal primo anno. E ora procediamo con lo smistamento.”

Gli studenti più giovani erano visibilmente emozionati, se non terrorizzati. Quello era probabilmente il momento più importante della loro vita. Tutti sapevano che la casa in cui venivi assegnato avrebbe determinato non solo le tue amicizie e la tua carriera scolastica per i successivi sette anni, ma avrebbe indicato la via da seguire per tutti quelli a seguire.

Uno dopo l’altro salirono sullo sgabello. Grifondoro, Serpeverde, Corvonero, Tassorosso. Una ruota continua, seguita da applausi ad ogni assegnazione. James, Remus e Peter vennero smistati velocemente a Grifondoro. Era giunto il tempo dell’ultimo malandrino.

Il chiacchiericcio si interruppe improvvisamente quando a voce alta Silente annunciò

“Black, Sirius”. L’erede dell’antichissima e nobile famiglia purosangue salì sicuro i gradini che lo separavano dal palchetto rialzato. Intorno a lui il silenzio. Al tavolo dei serpeverde non solo le sue cugine, ma tutti gli eredi delle sacre ventotto erano in attesa, certi che anche il primogenito maschio di Wilburga e Orion Black, sarebbe finito tra le loro fila. Come era sempre successo e come sempre sarebbe accaduto per i membri della sua famiglia. Andromeda non ne era così sicura. Sapeva bene che il cugino era di un’altra pasta e, onestamente, sebbene lei stessa avesse scelto di finire a Serpeverde quando era stato il suo momento ed era convinta ancora dopo cinque anni della sua decisione, sapeva che quello non sarebbe stato il suo posto.

 Poi esclamò con voce stentorea annunciò: “Grifondoro!”

Il tavolo rosso e oro esplose. Un Black tra i Grifoni. Era una cosa inaudita e gliel’avrebbero rinfacciato per molti, molti anni a venire.

Dall’altro lato della sala era invece era calato il gelo, fino a che non si senti una voce irata dal fondo della sala:

“Non è possibile! Quel dannato cappello ammuffito si è sbagliato! Non è possibile! Non è ASSOLUTAMENTE possibile”- gridò Bellatrix, avanzando verso i grifondoro.

Narcissa si irrigidì al suo posto. Sicuramente il tradimento di suo cugino era uno shock, ma Bella era imprevedibile e avrebbe potuto davvero fare qualcosa di irreparabile. Soprattutto dopo tutte le ore passate quell’estate ad esercitarsi con Lord Voldermort. I suoi poteri sembrano essere cresciuti di giorno in giorno, ma erano diventati sempre più oscuri e violenti.

“Signorina Black, posso esserle di aiuto?” - celiò il professore di Trasfigurazione e capo della casa incriminata.

Prima che potesse rispondere Andromeda si era già alzata e l’aveva presa per un braccio facendola sedere di forza.

“No, professore, mia sorella voleva solo dire che era sorpresa per questa assegnazione cosi, come dire, inaspettata” - rispose al suo posto, prima che la lingua velenosa della maggiore delle Black potesse dar sfogo a tutto il suo sdegno. Dall’altra parte le si sedette Nicholas Malfoy, puntandole di nascosto la bacchetta al fianco e bisbigliandole all’orecchio le uniche parole che avrebbero potuto farla desistere dallo schiantare l’intero tavolo dei grifoni “Lord Voldemort non vuole che ci facciamo notare”.

Al nome del suo oscuro signore Bellatrix sembrò calmarsi, ma gli occhi neri le bruciavano di furia repressa. Rodolphus seduto poco distante non poteva che guardarla estasiato. Quando si faceva trascinare dalle sue passioni senza freni era di una bellezza terrificante.

Ancora una volta la più giovane delle sorelle Black si costrinse a respirare a fondo per calmarsi e a concentrarsi su quegli strani ospiti e la loro assegnazione. C’era qualcosa di stranamente famigliare e al contempo inquietante in uno di loro, un ragazzo dal viso affilato e dagli occhi grigio azzurri. Sperava fosse finito a Serpeverde, anche se sembrava molto legato alla ragazza al suo fianco. Nonostante ne riconoscesse la bellezza oggettiva per Narcissa c’era qualcosa che non quadrava nella giovane strega dai capelli castani.

La prima del gruppo a venire smistata fu l’altra ragazza del gruppo. Si avvicinò al cappello come se fosse su una passerella, i tacchi che risuonavano sul pavimento di marmo. Anche questa volta tutta la sala era in silenzio, incuriosita dai giovani visitatori. Accavallò le lunghe gambe e squadrò con un sorrisetto tutti i tavoli, soffermandosi a lungo sul loro proprio quando il cappello esclamò “Serpeverde”. Soddisfatta pigramente scese i gradini e si sedette quasi di fronte a lei, accanto al ragazzino dai capelli e occhi scuri di nome Severus Piton che era stato smistato poco prima. Narcissa la squadrò per un attimo. Dai capelli impeccabili alle movenze aggraziate, sino ai costosi orecchini che le ornava i lobi, tutto in lei urlava purosangue. Era stata un buon acquisto.

In quel momento il cappello chiamò lo strano ragazzo che la incuriosiva. Quando sentì il suo nome la giovane bionda divenne ancora più pallida. Draco? Com’era possibile? Quello era il nome che aveva scelto tanto tempo fa per il suo futuro bambino.  Era certa di non aver mai conosciuto nessuno che si chiamasse cosi.

Il cappello neanche sfiorò la testa del giovane che urlò ancora una volta Serpeverde. Dal suo tavolò senti provenire un boato. Era dai tempi dell’ultimo Malfoy che nessuno veniva smistato così velocemente.

Narcissa sorrise a stento quando il ragazzo le si sedette affianco, sorridendole. Lo guardò dritto negli occhi, contrariamente alle sue abitudini. Erano un misto perfetto di blu e grigio ma la guardavano con una tale adorazione, che la più giovane delle Black non poté che sentirsi lusingata. E perdonare quello sconosciuto per averle rubato il nome che custodiva così a lungo.

“Io sono Draco”- le disse prendendole la mano e sfiorandola con le labbra, in un perfetto baciamano. La ragazza davanti a lui lo fissava con uno sguardo tra il preoccupato e il divertito- “E lei è Pansy”.

“Narcissa Black, molto lieta. Lei è mia sorella Andromeda e quella che ha quasi dato fuoco al cappello parlante è l’altra mia sorella, Bellatrix”-rispose con un cenno del capo e un lieve sorriso. Molto più di quello che concedeva abitualmente. Le altre due gli fecero un vago cenno di saluto, la più grande ancora troppo infuriata per parlare con chiunque.

“Sei fortunato, la nostra algida principessa di Serpeverde ti ha graziato addirittura con la sua benevolenza, sono impressionato” - si intromise una voce strascinata vicino a lei. Una voce che era riuscita che era riuscita ad ignorare sino ad ora.

“Malfoy,di grazia, quando ho chiesto il tuo parere?”- cinguettò fissandolo gelidamente.

Lui di risposta stirò le labbra in un ghigno, gli occhi argentei scintillanti: “Non c’è bisogno che tu lo chieda Black, sai bene che sono sempre a tua disposizione. E’ tra i miei doveri di Prefetto, tra l’altro”.

“Un indubbio piacere, non c’è che dire. Ora che ti sei intromesso a sproposito puoi anche continuare a fare qualsiasi cosa stessi facendo prima di rovinare la mia conversazione. E spero non la mia cena”.

“Non cosa stesse facendo, ma chi si stava facendo, piccola Black. Ovvero me” - ridacchiò una giovane strega al suo fianco, sollevando il braccio del ragazzo per accomodarsi meglio contro il suo fianco.

Cercò di calmarsi bevendo un sorso d’acqua. Non voleva assolutamente che nessuno notasse quanto fosse infastidita da quella relazione. Non l’avrebbe ammesso mai, neanche sotto tortura, ma era innamorata di Lucius Malfoy sin dal primo anno. Peccato che nei suoi confronti fosse sempre dannatamente antipatico.

Prima che potesse ribattere sulla volgarità di una simile affermazione anche la seconda ragazza venne smistata alla loro casa. Tre di fila, un record. O forse il cappello era rimasto impaurito dalle minacce di Bella.

Appena preso posto accanto a lui, Draco si voltò a baciare la guancia della bella sconosciuta, mentre lei gli accarezzava una mano.

“Ben fatto, Granger. Devo dire che avevo seri dubbi su di te... e invece mi hai piacevolmente colpita” - la Delacour davanti a lei alzò il bicchiere in segno di celebrazione.  Ma gli sguardi di tutti e tre erano fissi sulla sensuale ragazza bruna accanto a Malfoy. Sembravano aver visto un fantasma.

O meglio, la sua gastrite quotidiana da quando quei due avevano annunciato il fidanzamento.

“Cassandra Carrow, e lui è il mio fidanzato, Lucius Malfoy”- si presentò la giovane allungando la mano dalle lunghe unghie laccate.

Draco sembrava imbambolato e aveva le mani strette sul bordo del tavolo.

“Hermione Granger “- disse piano la giovane strega stringendo senza molta convinzione la mano che le veniva offerta. La mora davanti a lei rispose solo con un cenno del capo.

Narcissa con soddisfazione notò che il ragazzo accanto a lei non era stato altrettanto galante con la Carrow, limitandosi ad un sorriso forzato. Decise che decisamente le stava simpatico.

Cassandra non si scompose e anzi passò leggera un dito sul braccialetto squisitamente lavorato che ornava il polso sottile della strega neoserpeverde.

“Un tuo regalo?” - disse rivolgendosi a Draco e socchiudendo le labbra laccate di rosso scuro.

L’altro reagì con saccenza. Nello stesso modo in cui avrebbe fatto lei, ammise con sé stessa la studentessa del terzo anno.

“No, glielo hanno regalato i suoi genitori per il suo compleanno. E’ volgare regalare gioielli ad una donna che non sia tua moglie”.

La strega dalla folta capigliatura scura rise di un riso senza calore, che fece gelare il sangue del giovane. Ricordava fin troppo bene quella risata.

“Hai sentito Lucius? Allora la collana che mi hai regalato è volgare” - disse facendo passare le mani sul girocollo a maglia fitta di platino e rubini che le riluceva al collo.

“Non è volgare la collana, ma chi la porta. Oltre che ovviamente inappropriata alla situazione. L’unico gioiello che si può accettare è l’anello di fidanzamento.,tutto il resto è da cortigiane. Ma non mi stupisco che tu non lo sappia, d’altronde la tua famiglia non è propriamente nota per le sue buone maniere. Senza contare che tuo padre si sarà impegnato chissà che cosa per convincere Malfoy a farti sposare il figlio” - stoccò con voce angelica, guardando gli occhi dell’altra ridursi ad una fessura sottile.

Andromeda accanto a lei ridacchiò, scostandole una ciocca di capelli dorati dietro l’orecchio “Oh Cassandra, non giocare al gioco dell’alta società con Cissy, perderesti di sicuro”.

Lucius non aveva detto una parola, limitandosi a fissare la più giovane delle Black per tutto il tempo. Pensava ad un anello che aveva comprato quell’estate. Un opale contornato da brillanti purissimi, su una montatura di oro rosa. Gli era costato un patrimonio ma non aveva esitato un attimo. Sarebbe stato l’anello di fidanzamento perfetto per una moglie perfetta, elegante e bellissima come l’aveva sempre sognata. Coraggiosa e determinata, pronta a stare al suo fianco senza mai perdere la sua classe innata. Peccato che Cassandra non avesse neanche una di quelle caratteristiche.

Sentiva lo sguardo penetrante di sua sorella fissarlo, quasi a leggergli nei pensieri. Non poteva dargliela vinta, e, soprattutto, non avrebbe mai convinto Abraxas a sciogliere il fidanzamento con la Carrow. Non dopo quello che il padre di lei gli aveva promesso. Narcissa Black, come al solito, ci aveva visto giusto.

In quel momento però i tre nuovi membri della casa lanciarono un grido di disapprovazione, mentre il ragazzo dagli occhi verdi e la strana cicatrice avanzava felice verso il tavolo dei Grifondoro, sedendosi vicino a Sirius Black, che gli diede una gran pacca sulla spalla, nonostante la gran differenza di età.

Gli occhi dorati della giovane strega davanti a lui presero letteralmente fuoco. Soprattutto quando anche l’altro giovane dai capelli rossi sembrò mormorarle uno “Scusa Herm” prima di venire smistato anche lui a Grifondoro, tra le grida di giubilo dei presenti.

La ragazza mora accanto a lui non fece una piega: “Che ti avevamo detto Grager? Due dementi”

Hermione strinse le mani a pugno. Quei due l’avevano lasciata da sola in un covo di serpi. Non fosse stata presa dai problemi di Draco si sarebbe accorta del piano di Harry per stare con il padre. E ovviamente Ron aveva colto al volo l’occasione per stare il più lontano possibile dalla casa che odiava.

Oh ma l’avrebbero pagata. Per Merlino, se l’avrebbero pagata cara.

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Come è andato il rientro ad Hogwarts?

Il soprannome Malferret l’ho trovato in tantissime fanfiction sia in italiano che in inglese, pertanto non saprei dire dove l’ho letto la prima volta e dare i credits necessari. Comunque ovviamente non è farina del mio sacco. PottaH è un "omaggio"alla pottahchallenge di tom felton sui social

Questa storia è ancora un work in progress, al momento ho scritto sino al quinto capitolo ma già ci sono un po’ di spoiler di quello che accadrà in questo. Visto che ci sto ancora lavorando se qualcuno avesse tempo e voglia di fare da beta e indicarmi cosa non funziona ( perchè ovviamente nella mia testa tutto ha molto senso,al di fuori non so) mi faccia sapere,apprezzerei molto.

Grazie per aver letto sino a qui e ci vediamo al prossimo aggiornamento VENERDI 10

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3° ***


3. Vita da serpeverde 

 

“Ronald Weasley.Harry Potter.Io vorrei sapere cosa diavolo vi è passato per quei vostri dannati cervellini bacati. Non avevamo detto di stare tutti a Serpeverde? Non siamo venuti qui con uno scopo? Ve lo siete scordato forse? Avete battuto quelle testacce dure una volta di troppo?”-Hermione era fuori di sé. Quei due, ben consci del loro comportamento non proprio ortodosso erano riusciti ad evitare il confronto per ben due giorni. Ma al terzo, quando una Hermione Granger in divisa verde argento li aveva presi di peso e trascinati alla torre di astronomia dopo la lezione di difesa contro le arti oscure, non avevano potuto evitarla più. E si che i loro compagni di casa avevano provato a fermarla, ma lei aveva sin da subito dato prova delle sue abilità come maga, schiantandone un paio senza neanche scomporsi troppo.

Dietro di lei, Pansy e Draco trotterellavano allegri. Si stavano divertendo un mondo a guardare da lontano la brillante mente del trio d’oro cercare di fare a pezzi quelli che a loro giudizio erano due piaghe. Ah, quanto sarebbe piaciuto a Piton quel momento, peccato che fosse ancora troppo piccolo per goderselo.

“Dai Herm, mollami. Ho visto mio padre e non ho capito più niente.”- borbottò Harry cercando di mettere qualche altro passo di distanza tra lui e la furia che aveva davanti.

“Tuo padre ha undici anni, Harry. Undici. Pensi sul serio che potrebbe diventare tuo amico? Di un po’ quanti dei nostri compagni di casa del primo anno frequenti? Te lo dico io: nessuno.” - ringhiò la giovane strega.

“Sarebbe un po’ da sfigati, sai? Oltre che da maniaci, a dirla tutta. E tu Ron-Ron? Non riesci a stare proprio separata dal tuo amichetto sfregiato,eh?” - tubò Pansy frugando nella borsa alla ricerca del suo rossetto. Nel farlo però le cadde in terra quello che sembrava proprio il dannato coltello della cerimonia dell’immersione del calice di mesi prima.

“Ma ti sei portata quel dannato affare anche qui? Sei ossessionata. Mi fai venire i brividi” - le rispose il rosso evasivo, senza riuscire a staccare gli occhi da quell’aggeggio mortale. Come diavolo aveva fatto a rientrarne in possesso? Tonks gli aveva detto che era stato classificato come prova nell’omicidio di Parkinson senior.

La ragazza ridacchiò, rimirandolo prima di infilarlo nuovamente in borsa: “Beh, ormai è diventato il mio portafortuna, sai? Mi è costato un po’ di galeoni ma non potevo di certo separarmene. Inoltre, come puoi farti raccontare dalla tua amichetta è stato molto utile per stabilire sin da subito che il nostro ingresso a Serpeverde non era da mettere in discussione.  Mentre voi giocavate con i bambini, noi abbiamo già preso i primi contatti con le Black. Bellatrix mi ha fatto i complimenti, a dirla tutta. Sono certa che è rimasta impressionata e a breve mi chiederà di raggiungerla ad una delle riunioni di Lord Voldemort”.

“Onestamente non mi sembra una cosa di cui andare fieri. Hai quasi reciso un dito a Flint con quel coso” - rimbrottò Hermione. Pochi giorni nei sotterranei e aveva avuto la riprova di quello che aveva sempre pensato. Erano tutti pazzi.

“Andiamo, Granger. Gli aveva già detto una volta di non toccarla, è giià tanto che non gliel’ha ficcato in un occhio. Da noi funziona così. Prima fai capire chi comanda e dopo parli” - le disse Draco, abbracciandola da dietro e posandole un bacio sulla nuca. Lo odiava quando faceva così.

“Niente smancerie quando sono arrabbiata. E ora sono a dir poco furiosa. In più al novantanove per cento lo stai facendo per fare dispetto ad Harry” - lo riprese divincolandosi mentre quello metteva su un broncio palesemente finto.

“Le tue sono accuse false e tendenziose, Granger. Sai che ti trovo assolutamente irresistibile quando sei in questo stato. Soprattutto quando non sono io l’oggetto della tua ira. Perché non tieni da parte un po’ di questa passione e ce ne andiamo nella stanza delle necessità a sfogarla?” - cinguettò angelico.

Hermione gli lanciò uno sguardo di fuoco, rivolgendosi nuovamente ai suoi due migliori amici, quasi ex.

“Mi avete lasciato in un covo di psicopatici con una che cerca di accoltellare la gente e l’altro che flirta con la madre” - urlò

“Ehi io non flirto con mia madre!”- sbottò Draco incredulo- “Per Salazar Serpeverde, Granger. Ti ha dato di volta il cervello?”

Era il turno di Harry e Ron divertirsi.

“Ah no? E allora perché le stai sempre attaccato? Sempre lì a chiacchierare fitto fitto? Non so se l’hai notato ma tuo padre ha la faccia di uno che vorrebbe schiantarti” - rimbeccò Weasley, felice di potersi prendere la sua rivincita.

“Hai mai visto mio padre durante una mia partita di Quidditch? Ha sempre l’aria di volermi schiantare. Anche tra vent’anni. Senza contare che il fatto che si scopi la Carrows è qualcosa che mi fa venire voglia di stargli a centomila miglia di distanza in qualsiasi tempo, passato, presente e futuro.  Il punto, però mio caro Lenticchia, è che io conosco mia madre, so come ragiona e ti posso assicurare che è la chiave per vincere le resistenze dei Black. E mentre io mi lavoro lei, Pansy sta pensando a Bellatrix e Rodolphus. E tu che stai facendo, oltre a rincorrerti per i corridoi con quegli sfigati degli amici di suo padre? “- sibilò.

“Maledetta lingua biforcuta, vuoi spiegarmi perché nessuno invece sta cercando di fare amicizia con Andromeda? In fondo è lei che dovremmo contattare per prima, no?” - chiese Harry ancora imbronciato per il rimprovero. Perché nessuno capiva quello che stava vivendo? Lui voleva solo passare del tempo con suo padre. Loro non potevano comprendere la solitudine di crescere senza genitori.

“Perché la strega più brillante della sua generazione ha deciso di ingaggiare una stupida gara a chi è la più fastidiosa so-tutto- io di tutti i tempi. E quindi c’è un po’ di astio” - rispose Pansy per lui accendendosi una sigaretta.

Hermione tacque. Anche nel suo tempo aveva capito che Andromeda sarebbe stata un osso duro. Non potevano darle semplicemente la lettera, sperando che tutto andasse bene. Era considerata la più intelligente della famiglia e non aveva paura di mostrarlo, nonostante a quanto avesse capito non fosse proprio una qualità considerata da sbandierare per le purosangue Era tenace, caparbia, incredibilmente sveglia e preparata. E tutto questo le aveva acceso il fuoco della competizione. Era sicuro che quello fosse il modo giusto per guadagnarsi la sua stima ed averla come alleata.

“So quello che faccio, al contrario di voi che sembrate schegge impazzite.” -borbottò- “Allora, come pensate di rimediare?”

Harry e Ron si guardarono. Non ci avevano minimamente pensato. “Oh andiamo Herm, mollaci un po’. In fondo abbiamo tre mesi. Qualcosa ci verrà in mente.”

La ragazza in tutta risposta sbuffò e si fece passare la sigaretta scura e dolciastra da Pansy. Merlino, aveva sempre odiato il fumo, ma quei due l’avrebbero portata al manicomio.

“Stanza delle necessità?” - le sussurrò Draco all’orecchio, sfiorandoglielo.

Si corresse. Quei tre l’avrebbero mandata al manicomio. Quei tre. 

 

In confronto alle lezioni con Piton, quelle di Lumacorno sembravano più  adatte per il terzo anno che per il quinto, si trovò a pensare annoiata Hermione. Draco aveva smesso di ascoltarlo dopo le prime due ore della primissima lezione, dichiarando che non avrebbe sprecato il suo prezioso tempo ed energie ad ascoltare quel vanaglorioso e inutile ciccione. Piuttosto preferiva scriverle messaggi sconci al lato del libro di Pozioni. Peccato che così si fosse perso la notizia che avrebbero dovuto preparare un tema di due pergamene e mezzo. In coppia.

Hermione era già stata appaiata con Andromeda, che le lanciò uno sguardo obliquo non molto rassicurante. Non c’era alcun dubbio che il loro sarebbe stato il lavoro migliore, ma avrebbero avuto il loro bel da fare nel trovare un equilibrio tra i loro caratteri. Pansy, con sua grande gioia, era stata messa in coppia con Rabastan Lestrange, e già gli si era praticamente seduta in grembo facendo le fusa. Per Merlino, come faceva a trovarlo affascinante pur sapendo quello che avrebbe fatto da lì a poco era davvero un mistero.

“Va bene allora, vediamo un po’. Malfoy con McNair e tu mio caro nuovo arrivato con Cassandra Carrow”- disse pacioso Lumacorno scrivendo i loro nomi sulla pergamena.

Senti Draco irrigidirsi al suo fianco e istintivamente gli posò una mano sulla sua chiusa a pugno che stringeva la penna d’oca sin quasi a spezzarla.

“No.”- disse semplicemente il giovane guardando fisso il professore.

“Come prego? Non era una domanda, mio caro ragazzo. Non so come funzioni da te a Durmstrang ma nella mia classe sono io che decido, non gli studenti.” - rispose l’altro senza scomporsi né alzarsi dalla sedia.

“No”- ripeté solo il ragazzo  iniziando a riporre le sue cose nella borsa.

L’intera classe di Serpeverde e di Corvonero si era ammutolita e lo guardava fisso.

“Come ho già detto non è una tua scelta. Nonostante sia la mia casa se non accetti dovrò togliere dei punti a Serpeverde per questa tua mancanza di collaborazione. Ma sarò magnanimo e farò finta di non aver sentito, visto che sei nuovo E pensare che sei cosi dotato, volevo invitarti al Lumaclub, ma se questo è il tuo atteggiamento dovrò seriamente ripensarci” - disse l’uomo incrociando le mani tra loro e poggiandole sulla cattedra, lo sguardo puntato su quel ragazzo che inutilmente stava rovinando la sua perfetta lezione.

“Faccia come crede. Io con quella non ci lavoro” - ripeté testardo.

Cassandra da parte sua si era girata a guardarlo socchiudendo le labbra in uno di quei sorrisi falsi e melensi che fin troppe volte aveva visto in quegli anni:

“Cos’è tesoro? Hai paura a passare del tempo con me da soli? Non ti mangio mica sai? O hai paura che ti piaccia troppo e non riuscirai a tornare più indietro dalla tua noiosa ragazza?” -chiese con voce di miele, mentre con una mano accarezzava piano la coscia del ragazzo seduto accanto a lei.

Draco non batté ciglio, nonostante la vista di quella maledetta psicopatica e di suo padre cosi intimi gli facesse venire voglia di spingerle la testa nel calderone e tenergliela nel liquido vischioso e bollente sino a quando non avesse esalato l’ultimo respiro ancora una volta.

“No. Ho paura di lanciarti una maledizione senza perdono prima che tu possa anche solo tirare fuori il libro” - sibilò infilando le ultime cose in borsa,  alzandosi e abbandonando l’aula mentre Lumacorno gli gridava dietro.

Uscendo sbatté con tale forza le pesanti ante di legno antico che diverse boccette caddero dagli scaffali e l’aria fu presto satura di odori pungenti e fumi dai colori improponibili.

Nel trambusto Pansy aveva osservato Lucius Malfoy. Prima di abbandonare la classe lo aveva visto chinarsi a dire qualcosa a Crabbe e Goyle, ancora mano nella mano con una Cassandra Carrow furiosa. La giovane strega mora sospirò stringendo forte il pugnale nella tasca interna del mantello.  Se conosceva i Serpeverde, e di certo lei li conosceva, non si preannunciava nulla di buono.

Prese Hermione per un braccio e la spinse fuori dall’aula. Dovevano trovare Draco prima che lo facessero quei tre.

 

Girarono a vuoto per molto tempo prima di riuscire a rintracciarlo, fino a quando Hermione non si ricordò di un posto in cui l’aveva portata spesso. Era una panchina appartata vicino alla serra. Era uno dei posti meno frequentati di Hogwarts, coperto da un grande albero di magnolia. Da quando erano tornati a scuola, nel loro reale quinto anno, spesso erano sgattaiolati li tra una lezione e l’altra per passare del tempo insieme.

Era seduto lì, le mani strette a pugno, il capo chino e sembrava respirare con fatica. Stava cercando in tutti i modi di calmarsi, ma se si fosse spinto troppo in là avrebbe di nuovo occluso fino al punto di estraniarsi dal mondo.  E in quel momento non potevano di certo permetterselo.

In un attimo Hermione gli fu accanto e iniziò ad accarezzargli piano i capelli. Pansy li guardava a qualche passo di distanza, provando uno strano miscuglio di gelosia e sollievo. Per anni lei e Blaise erano stati gli unici confidenti di Draco. Non c’era mai stato molto oltre l’amicizia tra di loro, nonostante a livello fisico le cose funzionassero a meraviglia. Ma era un Draco Malfoy molto diverso, solo un anno prima. Quello che aveva davanti non era lo stesso ragazza con cui era cresciuta. Ora frequentava una sanguesporco e diceva addirittura di amarla. E si faceva consolare da lei.

“Non ce la faccio, Hermione. Non ce la faccio più a vedermela davanti. Con mio padre, poi? La voglio morta, morta capisci? E perchè nessuno si è sognato di dirmi che quei due stavano insieme? È  disgustoso.” - disse con rabbia stringendo più forte i pugni.

La Granger non aveva intenzione di lasciarlo crogiolare nella sua rabbia: “Oh andiamo, Draco.Che senso avrebbe avuto dirtelo?.Ragiona. Solo pochi mesi e sarà tutto passato. Definitivamente questa volta”.

Lui sembrò calmarsi e riuscire a respirare in maniera normale, ma le mani erano ancora come artigli sugli avambracci.

Pansy gli si accovacciò davanti: “Ehi piantala, hai capito? Sono solo due adolescenti cretini in preda agli ormoni. Prendiamo quella dannata collana e in un men che non si dica torneremo a casa. A scartare i regali, bere champagne e farci portare la colazione a letto dagli elfi domestici. E dovremmo comprare fiumi di alcol a Blaise quando scoprirà cosa abbiamo fatto senza di lui.”.

Le parole ebbero l’effetto voluto, il corpo del ragazzo davanti a lei iniziò a rilassarsi quando con la coda dell’occhio vide la grifondoro alzarsi di scatto e puntare la bacchetta. D’istinto prese la sua e si mise in posizione di difesa.

“Bene, bene, bene. Cosa vedo qui? Un borioso studentello che offende la mia ragazza e le sue sgualdrinelle che lo coprono. Non è molto da uomini, sai?” - celiò una voce strascinata seguita da due risate gutturali e ottuse. Draco alzò lo sguardo per incontrare due occhi di argento fuso che conosceva fin troppo bene.

“Senti chi parla...un codardo che si fa spalleggiare da due gorilla troppo stupidi per riuscire anche a trovare da soli la strada per la sala comune” - disse alzandosi lentamente in piedi e mettendosi davanti ad Hermione e Pansy. Nonostante sapesse che la Granger fosse decisamente la più veloce di loro a lanciare incantesimi e che la sua amica d’infanzia in un men che non si dica avrebbe potuto conficcare il suo amato coltello nella giugulare di uno dei padri delle sue ex guardie del corpo, era convinto che quella fosse una questione di famiglia. Anche se il ragazzo di fronte a lui non lo sapeva.

“Prima la mia fidanzata, ora i miei amici. Ti diverte proprio offendere? Comincio a credere che tu sia davvero stupido. O che tu sia stato cresciuto dagli Inferi.Oppure dai babbani, chissà-” - disse l’altro senza scomporsi. Non aveva neanche tirato fuori la bacchetta, certo che i suoi lacchè avrebbero fatto tutto il lavoro al posto suo.

“Oh non ne hai idea. Però devi ammettere che se sei fidanzato con una puttana con turbe mentali non è certo colpa mia. Al momento hai un pessimo gusto in fatto di donne, lo sai? O forse è stato il tuo caro paparino a decidere per te?” - la voce apparentemente angelica di Draco rivelava un grande risentimento. Sebbene dopo il loro chiarimento  sapesse che Lucius era estraneo a quanto gli aveva fatto Abraxasm non riusciva del tutto a perdonarlo. Più lo guardava e più gli venivano in mente tutte le volte in cui suo padre era stato violento, disinteressato o semplicemente troppo occupato per passare del tempo con lui.Sarebbe bastato cosi poco per evitargli anni di inferno.

Se c’era una cosa che Draco sapeva fare era insultare. Le parole ebbero il’effetto voluto perché notò un lampo di rabbia che aveva imparato a riconoscere negli anni negli occhi del padre. Nonostante Lucius avesse ceduto solo una volta a quella furia, Draco se lo ricordava fin troppo bene. Si forzò con tutto sé stesso per non schiantarlo, anche quando l’altro spiegò la bacchetta ad un palmo dalla sua fronte.

“Avanti, fallo. Vedrai che tra qualche anno ne sarai molto contento” - disse gelido, sentendo Hermione e Pansy irrigidirsi al suo fianco.

Il ragazzo davanti a lui tremava di rabbia, ma sembrava incapace di risolversi a lanciare la maledizione. Un attimo dopo, però, la bacchetta venne abbassata.

“Piantala Malfoy, un prefetto che si abbassa a fare il bullo con i membri della sua stessa casa. È una cosa patetica” - disse la ragazza bionda posizionandosi di lato al trio di aggressori, le braccia incrociate davanti al petto. La voce era gelida ma nulla in confronto ai penetranti occhi color lapislazzulo.

“Fatti i fatti tuoi, Black. Nessuno ti ha interpellato. E la tua predilezione per questi tre sta iniziando a diventare sospetta” - ribatté il biondo con altrettanta freddezza.

“Si da il caso che questi siano fatti miei, Malfoy. Draco è un mio amico e tu sei solo il capobanda di una gang di sfigati. E come ha detto lui, se tu hai gusti pessimi non è colpa di nessuno” - disse senza scomporsi. Lo sguardo ancora fisso su quello dell’altro, in una gara in cui nessuno dei due avrebbe voluto abbassare per prima gli occhi.

Cavolo, tra quei due volavano davvero scintille, pensò Pansy. Aveva visto i genitori di Draco spesso negli anni, ma mai in queste vesti. Solitamente erano molto affiatati,al limite del melenso, a dire il vero. Erano considerati un’eccezione nel mondo delle coppie purosangue sposate. Eppure anche ora che sembravano odiarsi, la tensione tra i due era palpabile. Si chiese pigramente se si sarebbero baciati furiosamente oppure maledetti a vicenda.

Nessuna delle due, a quanto sembrava.

“Si è rifiutato di lavorare con Cassandra e l’ha minacciata di morte” - borbottò il ragazzo dai capelli chiari, rimettendo la bacchetta in tasca. Crabbe e Goyle, confusi, fecero lo stesso.

“Questo dimostra solamente che come al solito ho avuto ragione nel giudicare le persone. Mi sembra un comportamento intelligente, a dire il vero” - rispose la giovane lisciandosi una ciocca di capelli dorati e stirando le labbra in un sorriso.

“Non sei carina, Black. Cassandra è la mia fidanzata. E non ho capito bene perché ma tu sembri odiarla. C’è qualcosa che vuoi dirmi?” - ormai dimentico della rabbia provata nei confronti di quel dannato ragazzino, l’unica cosa che riusciva a pensare Lucius è quanto avrebbe voluto chiudere le belle labbra della ragazza davanti a lui con un bacio.  Voleva sentire il suo sapore, sentirla sussurrare il suo nome piena di passione e annegare nei suoi grandi occhi blu. In quel momento era l’unica cosa che gli importava. Cercò di ricomporsi. Aveva solo tredici anni, quasi quattordici a dire il vero, e lui era già promesso ad una ragazza che di certo sapeva come renderlo felice. O per lo meno, soddisfatto, si corresse automaticamente. Sapeva bene che con Cassandra non sarebbe stato mai felice.

“A parte il fatto che è volgare, arrivista, assolutamente non adatta alla vita di società e attratta in maniera disgustosa dalle arti oscure? No, hai ragione, nascondo sicuramente qualche secondo fine” - ribatté con fare annoiato.

Hermione finalmente si rilassò, aveva capito che il peggio era passato.

“Da quando nella tua famiglia è un difetto essere attratti dalle arti oscure? TI devo ricordare che hai una sorella maggiore che sembra trovare il suo più grande piacere nell’esercitarsi negli incantesimi proibiti?” - tubò Malfoy in tutta risposta.

Per Merlino, ma per quanto sarebbero andati avanti quei due? pensò Draco, squadrandoli. Non riusciva a capire se gli facessero più senso quando amoreggiavano come ragazzini a quarant’anni o da adolescenti che si scannavano. Ricordando le volte in cui li aveva praticamente sorpresi a fare sesso, propese per la seconda. In fondo sua madre che rimetteva a posto suo padre lo divertiva enormemente. Non che nel futuro fosse cambiato molto, ma la Narcissa Malfoy che conosceva lo faceva in maniera molto più sottile e decisamente meno divertente. 

“Già esatto, e se non la pianti di comportati come un deficiente le chiederò di esercitarsi qui ad Hogwarts. Su di te. “- concluse con un sorriso. Poi rivolgendosi ad Hermione le disse con freddezza: “E a proposito di sorelle, Andromeda ti sta aspettando in biblioteca. È già abbastanza arrabbiata, fossi in te non la farei attendere. Ora scusatemi, ma ho un appuntamento a cui mi seccherebbe arrivare in ritardo.”.

“Dovresti smetterla di passare tanto tempo con un ragazzino del primo anno che non parla con nessuno a parte te. E mezzosangue per giunta” - sibilò il giovane biondo furioso.

La serpeverde gli rivolse un sorriso appena accennato: “Severus è incredibilmente intelligente. E se fossi in te cercherei di passare più tempo con gente come lui che non con gli idioti di cui ami circondarti”.

Detto questo si spolverò degli invisibili granelli di polvere dal mantello e iniziò ad allontanarsi come se nulla fosse. Pochi minuti e già era sparita con il suo passo elegante.

Draco guardò Lucius seguirla con lo sguardo. Poi si rivolse tagliente verso di loro.

“Non è finita con te, ragazzino. Non ci sarà Narcissa per sempre a difenderti” - sibilò prima di scomparire a sua volta.

“Ti piacerebbe” - mormorò Draco poco convinto.  La facilità con cui il suo padre adolescente sembrava essere preda delle sue emozioni gli ricordava fin troppo Abraxas e la cosa iniziava a preoccuparlo sul serio.

 


Andromeda era seduta in biblioteca e tamburellava nervosa sul grande libro di pozioni avanzate. Quella maledetta Granger era in ritardo. Nonostante fosse contenta che ci fosse un’altra ragazza fiera della propria intelligenza e cultura e di non essere più circondata solo da stupide oche incapaci di pensare ad altro che non fosse il ragazzo con cui uscire il sabato, il fatto che non fosse più la più intelligente della scuola la infastidiva enormemente. Era una Black e non era abituata ad essere seconda a nessuno.

Black. Sospirò. Da tutta la vita si era sempre sentita diversa dagli altri membri della famiglia, anche se aveva impiegato diverso tempo ad ammetterlo con se stessa. Non era interessata al mondo delle arti oscure e a seguire fedelmente Lord Voldemort, come Bellatrix. Non voleva sposarsi e finire a fare la madre di qualcuno come Narcissa.Avrebbe voluto studiare, diventare un auror o una medimaga, o magari una professoressa di trasfigurazione. Dal suo terzo anno Silente l’aveva presa sotto la sua ala e aveva iniziato a convocarla una volta al mese per insegnarle degli incantesimi avanzati e rispondere a tutte le sue numerose domande.

Forse era proprio questo che l’aveva cambiata, che l’aveva portata a quell’estate. L’estate in cui era cambiato tutto, quella in cui sul serio aveva messo in discussione tutto ciò che le era stato insegnato da sempre. L’estate in cui si era innamorata. Di un natobabbano. Tassorosso. Non c’era davvero mai limite al peggio, si trovò a pensare.

Se glielo avessero detto al primo anno li avrebbe presi per pazzi. Eppure ora si era ridotta a contare le ore che la separavano dagli incontri con Ted ed inventare sempre nuove scuse per allontanarsi dai suoi compagni e correre alla stanza delle necessità.

Era accaduto tutto molto velocemente e assolutamente per caso. Era in vacanza nel castello di famiglia nella Loira atlantica con le sue sorelle. Faceva caldo,era annoiata e non sapeva come passare il tempo. Narcissa era andata a dipingere vicino al mare e Bellatrix era chiusa da ore in camera con Rodolphus. Da quando Lestrange le aveva fatto la proposta i suoi genitori, solitamente morbosamente conservatori, permettevano a quel borioso diciassettenne di entrare e uscire a piacere dalle loro proprietà, anche nel cuore della notte. C’era da dire che non si sapeva mai se quei due stessero amoreggiando o parlando della loro devozione comune: Lord Voldemort. 

Andromeda ne aveva abbastanza di quei discorsi, li aveva sentiti tutta l’estate, anche quando Cygnus e Druella le avevano lasciate sole per tornare a Villa Black. Tra Bellatrix, il suo fidanzato e i vari amici che invitavano regolarmente come se già fosse casa loro, era un continuo. Narcissa non interveniva mai, e la sorella si chiedeva cosa ne pensasse realmente, o se almeno avesse una propria idea della situazione o si faceva semplicemente andare bene quello che piaceva a Bella.

Per tutte queste ragioni quel pomeriggio aveva deciso di lasciare quella casa di pazzi e di andare a fare una passeggiata nella città babbana più vicina. Non voleva incontrare un dannato altro purosangue convinto che bersi tutte le stronzate del Signore Oscuro fosse l’unica via da seguire.

Dopo aver vagato senza meta per le strade si fermò ad osservare i libri di una bancarella, in un viottolo secondario che profumava di pane appena sformato. Ne prese in mano uno e lo accarezzò piano, erano così simili eppure così profondamente diversi da quelli cui era abituata.

“Non mordono mica sai? E nessuna mano uscirà dalle pagine per tentare di strangolarti” - ridacchiò una voce dietro di lei.

Andromeda si girò di scatto, la mano sopra la bacchetta, pronta ad usarla. Non le interessava che fosse pieno di babbani e che avrebbe ricevuto un richiamo dall’Ufficio per il controllo della magia minorile. Era una Black e avrebbe potuto pagare qualsiasi maledetta multa quei pezzenti le avessero comminato. Che fosse espulsa da scuola poi, era impensabile.

“Ehi, calma. Ci conosciamo, siamo nello stesso anno, ma in case diverse. Ted, se non te lo ricordassi. Ted Tonks. Sono qui in vacanza con dei miei amici ma loro sono ancora a prendere il sole” - le disse il ragazzo davanti a lei, con un grande sorriso che illuminava anche i grandi occhi castani. Era abbronzato e indossava una camicia leggera di lino bianco, con le maniche pigramente arrotolate sugli avambracci. Lo conosceva, eppure non si era mai resa conto di quanto fosse affascinante.

“E in cinque anni di Hogwarts non ti hanno mai insegnato a non arrivare alle spalle di un serpeverde e spaventarlo? Mi stupisco che tu abbia ancora tutti gli arti”- rispose tagliente come al solito.

L’altro rise di una risata cristallina: “E soprattutto ad Andromeda Black, vero? La più brillante studentessa di Hogwarts, se non della sua generazione. Peccato per questo suo caratteraccio”.

Gli occhi scuri della ragazza fiammeggiavano. Come osava quel maledetto sanguemarcio prendersi gioco di lei. Il giovane alzò le mani in segno di scusa e le sfilò il libro dalle mani.

“Ok, ok, perdonami Miss Black. Che ne dici se per farmi perdonare ti compro il libro e andiamo a bere un caffè insieme. O un bicchiere di vino se preferisci, in queste zone è delizioso” - continuò il ragazzo sfilandole il volume tra le mani e dando un’occhiata. “Non questo però, direi che quello è decisamente più adeguato ai tuoi gusti”. Lo posò e le sue dita volarono leggere verso un’altra pila di libri, dalla quale ne sfilò uno e lo guardò soddisfatto, prima di allungarlo al vecchio venditore che li guardava curioso.

“Posso pagarmelo da sola, se voglio” - sibilò incrociando le braccia.

“Hai soldi babbani con te?” - le chiese l’altro senza scomporsi. DI fronte al suo silenzio l’altro ridacchiò. “Ecco, allora permettimi di farti un regalo”

Una volta pagato si fece prestare una penna e scrisse qualcosa nella prima pagina. Poi le porse il braccio: “Questo per il momento lo tengo io. E ora, Miss Black, se vuole seguirmi le farò scoprire che parlare con un natobabbano non comporterà alcun danno alla sua affascinante persona”.

Suo malgrado Andromeda sorrise e si lasciò condurre al bistrot più vicino. Per una volta non voleva essere Andromeda Black, ma solo Andromeda.

Parlarono per ore, tanto che la purosangue perse il senso del tempo. Si accorse che il pomeriggio era volato solo quando Ted le fece notare che stava rabbrividendo per il freddo. Non sapeva se fosse stato il vino e la vicinanza del bel viso del tassorosso ma Andromeda fece una cosa che mai avrebbe pensato di fare in una pubblica via di una città babbana. Si chinò in avanti e baciò dolcemente Ted sulle labbra. Sapeva dello chardonnay che avevano assaggiato e di mare. Era perfetto, assolutamente perfetto. Il ragazzo rimase sorpreso per qualche secondo, prima di posarle una mano sulla guancia per tenerle ferma la testa mentre approfondiva il bacio.

Bruscamente cosi come aveva iniziato Andromeda si staccò. “Devo andare” - mormorò allontanandosi. Ted la prese per un polso e l’attrasse nuovamente a sé per un bacio veloce. Quando la lasciò andare le rivolse un sorriso e le diede il libro che le aveva comprato qualche ora prima.

Lei si lasciò sfuggire un sospiro e lo strinse al petto, prima di incamminarsi verso un punto tranquillo dove avrebbe potuto smaterializzarsi senza destare sospetti.

Per tutta la cena Narcissa l’aveva fissata con uno strano sguardo, ma non aveva mai toccato direttamente l’argomento.

 

 

Era persa nelle sue memorie al punto che non si era resa conto che la Granger l’aveva raggiunta con una pila di libri che aveva sparso disordinatamente davanti a sé. Andromeda sbuffò e iniziò a sfogliarli per poi ordinarli secondo i suoi criteri. Anche se le costava ammetterlo, doveva dire che era una bella selezione.

“Ti sei persa? O non avevi capito che avremmo dovuto studiare insieme? “- borbottò.

La strega davanti a lei aprì di scatto il tomo più grande davanti a lei e la fissò con tono di sfida.

“E dimmi un po’ quando mi avresti detto che avevamo un appuntamento di studio? Prima o dopo che fuggissimo tutti dalla sala di pozioni? No perché sai la telepatia ancora non l’abbiamo studiata” - rimbeccò senza scomporsi.

La serpeverde incassò: “Beh il casino l’ha combinato il tuo amichetto. A proposito perché ce l’ha tanto con la Carrow? Non che non lo capisca, sia chiaro. Ma mi pare eccessivo. Neanche mia sorella arriverebbe a tanto” - si lasciò sfuggire.

Hermione evitò di chiedere di quale sorella parlasse, preferendo glissare sull’argomento: “Gli ricorda una persona di casa sua. E onestamente lei è insopportabile.”

“Mmm non posso darti torto”-Andromeda sembrò stranamente soddisfatta della risposta. Passarono il resto del pomeriggio a prendere appunti e a disquisire sugli effetti dell’erba di san giovanni e dei suoi usi nella medicina dal medioevo in poi. Raramente Hermione si era trovata a lavorare con qualcuno appassionato come lei e in breve buttarono già quattro pergamene contro le due inizialmente richieste. Anche la giovane Black sembrava estremamente soddisfatta della sua compagna di studi.

Mentre rivedevano gli ultimi punti, Hermione si arrischiò a guardare l’altra di sottecchi e lasciò cadere una prima domanda di avvicinamento.

“Ho visto il libro che porti con te. È bello. L’ho letto lo scorso anno, mia madre lo teneva da sempre nella libreria di casa”.

La mano che stava trascrivendo in bella la prima parte dello scritto si fermò di colpo e due profondi occhi scuri la scrutarono gelidamente: “Ah, sì? E tua madre non ti ha insegnato che non è carino sbirciare nelle borse degli altri”

Hermione ancora una volta rimase impassibile:” A lezione prima ti è caduto”.

Rimasero in silenzio un altro po’, mentre si sentiva solo lo scricchiolio della piuma d’oca sulla pergamena. Poi d’improvviso la ragazza chiese: “Tua madre è babbana? Vedendo il tuo ragazzo e la sua amica avrei detto che sono purosangue fino al midollo.”

La giovane grifondoro annuì. In fondo non era una bugia “Oh, e non sai quanto ne sono fieri. Lui non ne parliamo. Una testa così con il fatto che è il più puro della sua generazione. Uno strazio”.

L’altra la guardò: “In che senso il più puro della sua generazione? Da voi forse. Da noi nessuno che non sia un Black può vantarsi di una cosa del genere. Probabilmente l’unica altra famiglia a poter sfoggiare un concetto simile sono i Lestrange. Ma non assomiglia per niente né a noi né a loro. Anche se a pensarci bene forse gli occhi hanno qualcosa dei Black” - rimurginò

“E i Malfoy?”- chiese sfogliando il libro alla sua sinistra.

“I Malfoy? Beh di sicuro sono tra le famiglie più ricche ed influenti delle Sacre Ventotto ma al contrario delle due che ti ho citato raramente si sono sposati tra consanguinei, quindi non c’è la sicurezza che non ci siano state contaminazioni. I mei zii sono cugini di secondo grado ad esempio. E tra i Lestrange… beh lasciamo perdere. Ci sono voci sui Malfoy, che prima dello Statuto di Segretezza fossero molto meno puristi e si associassero con mezzosangue purché ricchi. Certo non ci sono membri della famiglia accertati che fossero mezzosangue o nati babbani, ma potrebbero sempre aver pagato per falsificare l’ascendenza dei loro membri” - continuò scrivendo tranquilla- “Perché ti interessano i?”

Hermione rimase in silenzio, prendendo mentalmente nota di tutto per poterlo rinfacciare al suo amato suprematista del sangue alla prima occasione possibile.

“Curiosità. Quei tre sembrano aggirarsi per la scuola come fossero la razza eletta e pensavo fosse per questo. Comunque non mi sembra che disprezzino cosi tanto i mezzosangue. Seguono Voldemort, giusto?”.

La penna d’oca smise improvvisamente di scrivere e una grossa macchia d’inchiostro iniziò ad allargarsi sulla ricerca. La mano a mezz’aria, lo sguardo fisso e allerta.

“E tu come mai sei tanto in confidenza con Lord Voldemort? Non ho mai sentito nessuno rivolgersi a lui senza l’appellativo di Lord o Signore. Neanche mia sorella, e ti posso assicurare che se fosse possibile lei lo farebbe per prima”.

Hermione era davanti ad un bivio. Ormai si era esposta troppo e non poteva tornare indietro. Se Andromeda non si fosse fidata tutta la loro missione sarebbe andata probabilemente in fumo. Inoltre non era proprio ansiosa di dover spiegare agli altri che il suo piano non si era rivelato così brillante come credeva.

Tirò fuori la lettera dalla mantella e la porse ad Andromeda. “Natababbana, non mezzosangue. E di certo non chiamerò mai con rispetto quel pazzo furioso. Leggi questa, me l’ha data una donna estremamente coraggiosa ed intelligente” - le disse raccogliendo le pergamene e gli appunti- “A questi ci penso io, te li porto domani a lezione così possiamo rivederli un’ultima volta”.

La giovane serpeverde rimase seduta con la lettera tra le mani, ancora scioccata. C’era sempre stato qualcosa che non la convinceva in quella ragazza, aveva ragione Narcissa. Se avesse rivelato il suo segreto, però, per quella ragazza sarebbe stata la fine. Non c’era mai stata una natababbana a Serpeverde. Sua sorella sarebbe impazzita.

Apri la busta. All’interno c’era una fotografia che le faceva girare la testa.  Un uomo e una donna si baciavano mentre una bambina piccola teneva un libro in mano e lo sfogliava in grembo alla madre. Il suo libro, quello che Ted le aveva regalato quell’estate. E a guardare bene quei due che si sfioravano e sorridevano felici erano indubbiamente lei e Ted, solo con qualche anno in più. Dietro di lei una graziosa villetta bianca. Carina, ma di certo non era villa Black. Girò la fotografia e trovò in una calligrafia che conosceva bene. La sua. Con la stessa dedica che era sul libro che teneva accanto a sé e più sotto:

Se vuoi che tutto questo sia realtà devi avere il coraggio di seguire il tuo cuore. Sarà difficile, piangerai tutte le tue lacrime e farai soffrire tua sorella ma la famiglia che creerai ti darà la forza per affrontare tutto quanto. Aiuta Hermione o non ci sarà un futuro per nessuno di noi. E inizia a mettere da parte i soldi.

Rimase seduta a fissare la fotografia senza realmente vederla, mentre il suo mondo andava in pezzi. Sentiva che quella era la strada giusta da seguire, si chiedeva solo se ne avesse avuto la forza.

 

 

 

 

Draco era rimasto seduto sulla panchina a sfogliare il libro di pozioni, chiedendosi pigramente se avrebbe dovuto buttare giù qualche riga per conto suo da consegnare a Lumacorno. In fondo non è che gliene fregasse molto, anche se avesse preso un “orrido”. In fondo non era davvero uno studente, quel saccente non era Piton e soprattutto non avrebbe dovuto dar conto dei suoi voti ai suoi genitori. Poteva decisamente godersi gli ultimi raggi del sole della giornata. Inoltre era certo che solo Hermione si stesse realmente impegnando con quella dannata ricerca. Pansy probabilmente aveva deciso che la via più veloce per assicurarsi un posto all’interno della cerchia di Voldemort fosse quello di sedurre Rabastan Lestrange e l’aveva trascinato in qualche ripostiglio.

Buon per lei, almeno qualcuno di loro si stava divertendo. Da quando erano arrivati la Granger aveva ripetutamente rifiutato i suoi inviti nella stanza delle necessità. Non solo l’aveva ficcato in quella situazione assurda con Potter e Weasley che avevano dato forfait al primo giorno. Neanche la consolazione di fare sesso. Che cazzo di vita si era andato a scegliere.

Stava ancora maledicendosi per essersi innamorato di quegli splendidi occhi color miele che senti una presenza alle sue spalle. Per Salazar Serpeverde, sperava solo che non fosse la versione quindicenne e ancora più psicopatica di suo padre. Era la volta buona che l’avrebbe schiantato contro la torre di Astronomia.

Prima di poter reagire sentì la punta di una bacchetta contro la nuca, mentre una lunga ciocca di capelli chiarissimi entrava nel suo campo visivo. Dannazione, quanto gli mancava avere quel colore di capelli, riuscì a pensare stupidamente.

Sua zia gli si era seduta accanto, mentre il gemello era quello che lo teneva sotto tiro. Gli sorrise accavallando le gambe:

“Perdona i modi un po’ bruschi, ma non mi sei sembrato un tipo molto collaborativo. Tutta la scuola sa della tua piccola scenata a Pozioni” - disse calma, scrutandolo.

Draco sospirò, allungando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi, la bacchetta ancora al suo posto.

“Come ho già detto a tuo fratello, se lui non sa scegliersi le donne non è colpa mia. E poi sul serio vorresti avere come cognata quella maledetta psicotica?” - chiese pigramente.

Arael e Nicholas si scambiarono un’occhiata- “E tu come fai a  dare certi giudizi su una persona che conosci solo da così poco tempo?”- lo riprese il giovane.

Ah se solo avesse potuto dirglielo. Il più giovane dei Malfoy sbuffò: “Beh, si vede lontano un miglio. Non ditemi che ci siete cascati, non recita neanche bene. Senza contare che a momenti si sbatte mio p…”- si morse la lingua. Se Hermione avesse scoperto che si stava per tradire l’avrebbe certamente ucciso. O peggio.

“Tuo che?” -indagò la serpeverde girandosi a fissarlo. C’era qualcosa che non quadrava proprio in quel ragazzo.

“Niente, lascia perdere. Allora a cosa devo questo dubbio piacere? Questa giornata sta iniziando a diventare  fin troppo del cazzo anche per i miei standard”- sbottò

“Ma tu parli sempre così? Lo sanno i tuoi genitori che sembri un mago di Nocturn Alley sotto sbronza? Non ti hanno insegnato l’educazione?” -lo riprese subito il maggiore dei due. Diamine, finiva di riprendere Lucius per lo stesso motivo e iniziava con questo ragazzino qui.

“Vedi i miei genitori adulti qui? No? E allora parlo come diamine mi pare.” - sibilò in risposta – “Ripeto: cosa volete? Non avete niente di meglio da fare? Nessun altro da infastidire? Piani di genocidio babbano da portare a termine..”.

Ancora quello sguardo: “Sei un purosangue, vero?”

Draco annuì, finalmente una domanda cui poteva rispondere sinceramente. “Assolutamente, indiscutibilmente e fino al midollo. Il più puro della mia generazione, oserei dire. O almeno lo sarò se i miei smettono di farsi la guerra”.

Quattro occhi di paia grigio scuro lo fissavano chiedendosi se fosse pazzo. Meglio così.

“Allora? Non ho tutta la serata. Vorrei mangiare, se per voi non è troppo disturbo”.

Arael si alzò e lo prese per un braccio. “Mangerai dopo. Adesso verrai con noi e io ti leggerò le carte. Cosi finalmente capirò cosa c’è che non va in te. E non te lo sto chiedendo. Ti sto informando. Non ti conviene provare a scappare. Nicholas è capo scuola e nessuno si metterebbe contro di lui. Inoltre sa essere dannatamente bravo con l’Imperio.” - cinguettò trascinandolo via . Il fratello li seguiva passo passo.

Cazzo penso Draco. Cazzo. Era fottuto. La Granger avrebbe voluto la sua testa come la zia Wilburga faceva con gli elfi domestici. E se fosse sopravvissuto si sarebbe potuto scordare le sue grazie per un bel pezzo.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4° ***


 

Harry e Ron erano a lezione di storia della magia quando iniziarono a rincorrersi due notizie, entrambe di estremo interesse per i grifondoro. La prima era che uno dei serpeverde aveva dato di matto durante la lezione di Lumacorno e lasciato l’aula facendo rimbombare talmente tanto le pareti che si era creato un tale pandemonio di fumi ed esalazioni che gli studenti erano stati costretti a lasciare di corsa la sala per poter respirare.La seconda era che il professore stava ancora cercando di sistemare quel casino e pertanto le successive due ore di lezioni che avrebbero avuto con i Tassorosso erano annullate.

“Chissà chi sarà stato a comportarsi da regina del dramma, eh?”-ridacchiò Ron sgomitando appena ne ebbe l’occasione. Già chissà chi. Una che minacciava di tagliare la gola a chi le stava antipatico e l’altro che riusciva sempre a comportarsi come un moccioso viziato di tre anni. Per l’ennesima volta il bambino sopravvissuto si chiese se Sirius non avesse preso un’enorme cantonata facendogli portare quei due psicopatici figli di mangiamorte in una missione così delicata. Senza contare che Hermione non era mai brillante come al solito quando quel maledetto furetto albino era nei paraggi.

Harry sospirò maledicendo ancora una volta tutta la genìa dei serpeverde mentre tendeva l’orecchio a quello che stava raccontando Frank Longbottom davanti a lui. Un gran sorriso gli esplose sul volto.

“Quel ragazzino è incredibile, incredibile davvero. Non abbiamo mai avuto un cercatore cosi bravo in tutta la storia di Grifondoro. Probabilmente è il migliore che Hogwarts abbia mai visto. Peccato che sia al primo anno, ma sono sicuro di riuscire a convincere Silente a farci fare un piccolo strappo alla regola. Quel Potter, dovreste davvero vederlo”.

Il ragazzo si girò a guardarlo, era evidente che nessuno stava seguendo la lezione che era mortalmente noiosa così come se la ricordava anche due decenni e passa dopo. Harry provava un brivido gelido risalirgli la spina dorsale ogni volta che lo guardava, pensando a quello che avrebbe sofferto da lì a pochi anni. E non riusciva a non riportare alla mente gli occhi tristi ma fieri di Neville ogni volta che parlava dei suoi genitori. Chissà se anche lui aveva lo stesso sguardo. Doveva ricordarsi di chiederlo a Ron appena possibile.

In realtà l’angoscia gli attanagliava lo stomaco ogni volta che guardava i suoi compagni di corso,pensando a quante vite sarebbero state spezzate. L’intera classe sarebbe stata decimata. E quelli che sarebbero sopravvissuti avrebbero visto morire i propri cari, oppure avrebbero vissuto vite piene di dolore e risentimento. Come Sirius. Come Remus.

Ron sembrò percepire il suo malcontento e gli passò sottobanco un rospo alla menta.

“Oh andiamo Harry, non ci pensare. Concentrati sulla faccia che faranno quei maledetti quando vedranno James volare sulla scopa alla prossima partita. Sono certo che prenderà il boccino secoli prima di qualsiasi sporco serpentello in sella ad una scopa.”- poi si rivolse al capitano della squadra- “Ehi Frank, ma chi è il cercatore dei disagiati?”.

Il giovane moro ridacchiò, gli piacevano i due nuovi arrivati. “Rodolphus Lestrange. Non vedo l’ora che il giovane Potter lo faccia fesso. Uno del primo anno che sfila il boccino sotto il naso di uno del settimo. E lo stesso anno in cui un Black è stato smistato a Grifondoro. Impazziranno, credimi daranno di matto. Poco ma sicuro”.

Rodolphus Lestrange.Il futuro marito di Bellatrix e probabilmente già mangiamorte devoto tanto quanto la moglie al signore oscuro. Quello che avrebbe partecipato alla selvaggia tortura proprio dei coniugi Longbottom. Weasley posò il suo pezzo di rospo alla menta.

“Non ho più fame” - mormorò piano ad Harry. Il compagno annuì.

Inconsapevole di quanto sarebbe accaduto il grifondoro continuò: “Vi ho visto a lezione di Volo, siete davvero bravi anche voi. Peccato che i posti siano già stati presi. Avevo pensato anche a te per il ruolo di Cercatore,ma mi hai detto che starai con noi solo pochi mesi. Non posso rischiare, mi spiace. Ma perché non venite ad allenarvi con noi questo pomeriggio? Sarà divertente. E metteremo alla prova la nostra giovane promessa del Quidditch”.

Ad Harry passò istintivamente il malumore. Avrebbe trascorso un intero pomeriggio con suo padre. A volare, la cosa che più amava al mondo e con il suo migliore amico al fianco. Anche Ron fu contagiato dal cambio d’umore del suo compagno di avventure. Velocemente riprese in mano il rospo che aveva poggiato sul banco e se lo ficcò in bocca. Cioccolato alla menta e Quidditch. C’era niente di meglio?

Si, Malfoy che si ficcava nei guai per quel suo carattere di merda. Ah, quante gioie stava rivelando quel ritorno al passato.

 

 

 

 

 

Camminavano tranquilli e sicuri per i corridoi della scuola, certi che nessun professore li avrebbe fermati. D’altronde un caposcuola e sua sorella che si accompagnavano ad uno studente arrivato da poco non avrebbero certo destato l’attenzione. Peccato che nessuno riuscisse a vedere la bacchetta saldamente premuta contro la sua schiena, mentre sua zia lo teneva sotto braccio, fingendo un chiacchiericcio intenso.

Arrivati alla stanza privata di Nicholas il giovane aprì la porta e attese che entrasse per prima la ragazza. Indicatogli una sedia davanti ad un tavolino, Malfoy chiuse la porta dietro di sé e ci si appoggiò di spalle, in attesa.

“Allora mio caro, pensi di poter essere collaborativo o hai bisogno di un po’ di incoraggiamento?” - gli chiese la giovane strega iniziando a svolgere dal panno candido il mazzo di carte che aveva tenuto nascosto all’interno del mantello.

“Fa qualche differenza?” -sbuffò. Ma dove diavolo era Hermione? O anche Pansy… perfino Potter gli sarebbe andato bene. Weasley addirittura sarebbe stato accettabile. Chiunque, purché avesse una scusa per sottrarsi dai suoi  folli e mai finora conosciuti zii.

Il ragazzo dietro di loro ridacchiò- “Beh, dipende a chi lo chiedi. Se vuoi la mia opinione se opponessi un po’ di resistenza credo che potrebbe essere più divertente”.

Che razza di famiglia di psicopatici. E meno male che Andromeda gli aveva detto che gli avrebbe fatto piacere incontrare quei due. La riprova che anche lei aveva qualche rotella fuori posto.

“E se vuoi la mia, io gradirei andare a cena.” -borbottò sedendosi più comodo nella poltrona. La ragazza gli rivolse un sorriso più simile a un sogghigno e posò il mazzo di carte sul tavolino davanti a lui.

“Dopo, se farai il bravo. Ora alza il mazzo.” - disse senza scomporsi.

“Di un po’, davvero credi che questi mezzucci da strega di paese funzionino?” - indagò. Non gli piaceva la divinazione e men che mai quello che considerava poco più che una disciplina da baraccone. E soprattutto non gli sconfinferava  di certo l’idea di essere lui quello che si faceva scoprire. Non dopo che lo sfregiato e il suo amichetto dai capelli rossi si erano dati alla macchia appena arrivati.

“Oh, molto più di quello che pensi tu, tesoro” - cinguettò l’altra scambiando uno sguardo divertito con il fratello, fermo ancora con la schiena contro la porta.

Draco sospirò. Come diavolo era finito in quella situazione? Di malavoglia spezzò le carte e ripose il mazzetto sopra il primo. Arael soddisfatta le dispose a ventaglio e gli chiese di sceglierne alcune, cosa che fece cercando di non farsi condizionare e prenderle assolutamente a caso. D’altronde la Cooman non ci aveva mai azzeccato, giusto? Non vedeva il perché qualcuno dovesse iniziare a far funzionare quella bislacca forma di magia proprio in quel momento.

Gli occhi grigio scuro di sua zia sembravano ormai lo specchio del Lago Nero, tanto era concentrata. Una per una iniziò a girare le carte che aveva scelto, rimanendo silenziosa e osservando attentamente il disegno che andava formandosi. Passò un dito leggero sulla prima fila, in attesa che il significato nascosto delle figure le si rivelasse come al solito. Questa volta però si trovo immersa nella  storia che le carte volevano raccontarle. Sentiva distintamente una voce di donna. Non riusciva a capire se fosse giovane o vecchia ma era impossibile resisterle. E le stava dicendo di seguirla , che le avrebbe mostrato qualcosa di importante. Senza esitazione obbedì e si ritrovò catapultata all’interno di un luogo che conosceva fin troppo bene: casa sua .

Saliva silenziosa le scale del maniero, seguendo il rumore di una voce dolce che cantava una ninna nanna. Entrò piano nella stanza, immateriale come un fantasma. Seduta nella grande poltrona vicino alla vetrata c’era una giovane donna di spalle. Dalla sua spalla intravedeva la testolina biondissima del bambino che teneva in braccio, con le piccole braccia paffute avvolte attorno al collo. Si avvicinò delicata, quel tanto per vedere il volto della donna. E le lacrime che le solcavano il viso mentre cantava continuando a cullare il piccolo che avrà avuto poco più di un anno. “Papà tornerà presto mio piccolo Draco. Papà tornerà presto”. Riuscì a guardare in faccia la ragazza che piangeva. Capelli dorati, occhi color zaffiro e un profilo dolce ma aristocratico. Non c’era dubbio, quella era …

“Narcissa Black?”- chiese interrompendo improvvisamente la lettura della linea del passato. Quello che vedeva era di certo una famiglia, la sensazione di protezione era tangibile Ma anche quella di paura e dolore.

Draco raggelò. Erano passati si e no dieci minuti e già lui si sentiva nei guai sino al collo. Propese per un dignitoso silenzio. D’altronde li aveva seguiti, non era scritto da nessuna parte che dovesse anche collaborare.

Nicholas lasciò la sua posizione e andò a sedersi sul bracciolo della poltrona della sorella, scrutandolo con attenzione.

“Sai che in effetti ha qualcosa dei Black…”-mormorò, provocando nel più giovane dei Malfoy una smorfia. Al massimo aveva qualcosa di sua madre, non c’era bisogno di esagerare associandolo ad un’intera famiglia di cui la suddetta genitrice rappresentava l’eccezione estetica.

Arael riportò l’attenzione sulla seconda riga, quella del presente. Ancora una volta volò leggera con le lunga dita affusolate, tamburellando su ogni carta.

La sala grande addobbata per il ballo, con mille luci sfavillanti che si riflettevano sulla pelle candida e appena coperta dai ghirigorii un vestito riccamente ricamato ma delicato.Degli occhi color miele illuminati dalla luce della luna. Una stanza buia dalla emergeva nell’oscurità la sagoma crudele e fin troppo conosciuta di suo padre. E ancora quella serie di maledizioni che sentiva sempre quando provava a fare una lettura per sé e per i fratelli. Lord Voldemort, irriconoscibile rispetto a come l’aveva sempre visto, meno umano che mai, che alzava al cielo una coppa e poi cadeva in terra contorcendosi mentre il grosso serpente sibilava impazzito. E poi il buio e il dolore. Un anello con le iniziale MB. E tanto, tantissimo sangue.

Draco la guardava fisso. Non voleva che le carte le mostrassero quello. Non quella parte cosi privata della sua vita.

“Il vostro oscuro signore non invecchierà con grazia, se vuoi saperlo” - le sibilò, attendendo una reazione. Qualsiasi sarebbe stata meglio di quel silenzio carico di tensione.

La ragazza non rispose e non fermò neanche per un attimo la danza delle mani sul tavolino. Era giunta al futuro. Quello che per loro era sempre troppo nebuloso.

Un’esplosione e delle grida. Una corsa folle con le mani strette attorno ad un oggetto freddo contro la pelle. Un lampo di luce verde dietro di loro. La maledizione senza perdono che riecheggiava lungo i corridoi e la voce acuta di una giovane donna che li rincorreva. Che fosse Bellatrix Black? E dietro di lei riconobbe una sagoma fin troppo conosciuta. Suo fratello minore, con la bacchetta in mano.

L’immagine di Lucius si sovrappose a quella del bambino in braccio alla donna che aveva visto nella prima lettura. Alzò gli occhi verso il giovane seduto davanti a lei: i capelli erano diversi, gli occhi erano diversi. Ma quel modo di porsi, quel sorriso che sembrava più un ghigno, quei lineamenti affilati. Era come guardare attraverso uno specchio magico che distorceva la realtà.

“Sorellina, tutto bene? Che succede?” - le chiese il gemello preoccupato, scuotendola leggermente. In tanti anni raramente l’aveva vista in quello stato. Era sempre stata brava a combinare le figure e leggerne le storie, ma un tale livello di profondità nel suo sguardo raramente l’aveva riscontrato.

Il più giovane dei Malfoy rabbrividì sulla sedia, cercando mentalmente una via di fuga.

“Ridagli la bacchetta” - mormorò la ragazza.

“Cosa? Sei impazzita. Prima dimmi cosa sta succedendo e poi, casomai, ne parliamo” - rimbrottò l’altro osservando l’oggetto che teneva in mano e che aveva confiscato al ragazzino mentre erano in giardino. Era circa dieci pollici, senza scanalature e pertanto rigida. Si rivolse quindi a Draco: “Biancospino, giusto? Sai che queste bacchette sono ricche di contraddizioni? Come l’albero da cui provengono. Dicono che siano adatte a persone complicate o maghi che attraversano periodi particolarmente turbolenti della loro vita”.

“Cosa sei il cazzo di Olivander?” - scattò subito l’altro in difesa. Ma dai? Ci voleva un genio per capire che si trovava in un periodo turbolento della sua vita. Si ricordava bene quando aveva comprato la bacchetta. Era entrato da solo da nella bottega e il vecchio l’aveva squadrato a lungo prima di fargli provare una serie di bacchette. Non aveva mai avuto il coraggio di dire ai suoi che il nucleo era composto da crine di unicorno, il più difficile da convertire alle arti oscure. Aveva paura che suo nonno lo venisse a sapere. O peggio ancora che suo padre ne fosse deluso. Per fortuna era una bacchetta straordinariamente fedele al suo possessore e lui sapeva che non l’avrebbe tradito.

“No, ma sono quello che te la conficcherà in un occhio se non te la smetti con questo linguaggio” - rispose pacifico il più grande, sventolandogli la punta a pochi centimetri dal viso.

“Nicholas, piantala. Ridagli la bacchetta” - ripeté un’altra volta la ragazza, le carte ancora sul tavolo cosi come le aveva lasciate.

“No se prima non mi dici cosa hai visto. Andiamo Ari, sei diventata pallida come un cadavere” - si incaponì il fratello, senza smettere di tenere d’occhio Draco.

Arael sospirò. Non ci stava capendo nulla ma di una cosa era sicura.

“E’ nostro nipote, Nicholas. Ridagli la bacchetta, fai il bravo”.

Con un tonfo la lunga bacchetta di legno con l’impugnatura argentea cadde sul pavimento di marmo. Il silenzio sembrò esplodere all’interno della stanza riccamente decorata.

“Nostro nipote? In che senso? Abbiamo solo un fratello e ha quindici anni, la stessa età di questo qui” - chiese sbalordito.

Draco sospirò. Ora si che era nei casini. Doveva sperare che non avesse definitivamente mandato a puttane la linea spazio temporale o se fosse stato così fortunato da tornare a casa avrebbe rischiato di trovarsi in un mondo in cui il pazzo senza naso sarebbe stato il padrone del mondo e gli amici psicotici di suo padre gli avrebbero occupato casa.

“Beh, siamo maghi, no? Una maledetta idea di quel dannato Grifondoro di Silente. E se volete saperla tutta io non ero per niente d’accordo” - borbottò.

I due si guardarono un attimo, poi la giovane iniziò a spiegare il panno candido e a risistemare le carte al suo interno, rimanendo in silenzio.

“Non è possibile. E perché diavolo ti sei lasciato convincere a fare una cosa così stupida come un viaggio nel tempo? Cos’è, nostro fratello non ti ha detto che è estremamente pericoloso oltre che assolutamente senza senso?” - iniziò a sbraitare il più grande, gli occhi grigi lampeggianti d’ira. Com’era possibile che fosse imparentato con qualcuno così imbecille?

La rabbia sfumò appena la sorella gli sfiorò il braccio con le dita delicate, prima di chiudergli la mano contratta nella sua, appena appoggiata.

“Mah onestamente spero proprio che non lo scopra mai. Vuoi sapere perchè mi sono lasciato convincere? Paura, pura e semplice. O istinto di conservazione, se preferisci. Quel folle che voi adorate ha deciso di non crepare definitivamente ma di spezzettare la sua maledetta anima in tanti piccoli pezzi. E se non troviamo quello in questo tempo e il dannato psicopatico tornerà in vita non solo ucciderà me, ma anche mia madre e le persone a cui tengo. E lo farà in modo molto, molto doloroso e sicuramente lento. Senza contare che instaurerà in regime di terrore fondato sulla purezza della razza, o meglio sulla fedeltà ai suoi vaneggiamenti. Dovete aiutarmi. Me lo dovete. Se non altro come risarcimento per quello che ho passato in questi anni” - disse in un tono di voce basso, simile più ad un ringhio. Per Merlino, se Voldemort avesse messo le mani sulla strega che l’aveva tradito… non voleva neanche pensarci. E la sua amata sanguesporco sarebbe stata presa come capro espiatorio ideale per la punizione di tutti i babbani e babbanofili.

“E secondo te dovremmo aiutarti ma andare contro a tutto quello in cui crede la nostra famiglia. Sicuro di essere un Malfoy?”- gli chiese il ragazzo pensieroso. Com’era possibile che quel giovane davanti a lui fosse nato da suo fratello, quello che si sarebbe buttato nel fuoco pur di compiacere il loro padre? Cosa doveva essergli successo per voltare così le spalle agli ideali di purezza del sangue?

Draco strinse i pugni. Quante volte glielo aveva ripetuto suo nonno mentre lo torturava? E quante volte aveva avuto paura di leggere quella stessa domanda negli occhi di suo padre? Si costrinse a respirare e a ricordare quel momento magico in cui suo padre gli diceva che non importava, che gli voleva bene. Spesso pensava che fosse stato solo frutto della febbre. Non era certo che fosse accaduto realmente.

“Gli ideali della famiglia, o gli ideali di un pazzo sadico bastardo che si diverte a torturare i propri figli? O andiamo Nicholas, non dirmi che su di te non ha mai provato la cura, non voglio credere di essere stato cosi dubbiamente fortunato da essere il primo” - sibilò.

Fu il turno dello zio gelarsi sul posto. La cura. La pozione rinvigorente che Abraxas pretendeva ogni mese. Rimase per un attimo in silenzio. Il bambino biondo nel maniero. Le urla che sentiva Arael. Il sangue del primogenito del quale Abraxas blaterava sempre. Iniziava a capire, a mettere insieme i pezzi di tutte le letture che la sorella aveva fatto sino a quel momento. Lui non avrebbe mai ereditato il titolo e il maniero, sarebbe andato tutto a Lucius. Perché come aveva detto la sua gemella, quello sarebbe stato l’ultimo anno in cui erano tutti e tre vivi. Quello che non avrebbe visto il prossimo primo settembre era lui.

La giovane strega davanti a lui gli rivolse un sorriso triste ma pieno di dolcezza, alzandosi per abbracciarlo, quasi ne avesse intuito i pensieri. Poi si rivolse verso il nuovo arrivato, tendendogli la mano.

“ Sanctimonia Vincet Semper, nipote. Ricordatelo sempre. Non potremmo mai abbandonare il sangue del nostro sangue...beh più o meno”- gli sorrise.

Draco si rilassò. Forse non aveva mandato all’aria come pensava. Ma non ne avrebbe parlato con gli altri prima di essere sicuro che i suoi zii l’avrebbero aiutato sul serio. In fondo era pur sempre un serpeverde.

 

 

 

 

Pansy Parkinson quella mattina si era svegliata stranamente rilassata. Si stiracchiò pigramente, dando un’occhiata ai letti accanto, con le tende del baldacchino ancora tirate. La sera prima era uscita con Rabastan e le era sembrato di tornare indietro nel tempo, ai bei tempi in cui si faceva serata a serpeverde ubriacandosi e maledicendo i babbani e i babbanofili. Di solito si finiva sempre nel letto di qualcun altro, ma era un modo fantastico per distendere i nervi. Peccato che quei tempi fossero davvero finiti. Ora si accompagnava a tre grifondoro, di cui una neanche mezzosangue, che era il livello minimo accettabile, e non l’avrebbe mai ammesso sotto tortura, ma la natababbana le piaceva sul serio. Anche se non era del tutto convinta del modo in cui il suo amico di infanzia stesse cambiando.

Ripensò alla notte appena trascorsa. Lestrange era appassionato e talentuoso tra le lenzuola, ma era davvero un emerito deficiente. Per tutto il tempo non aveva fatto altro che parlare di Lord Voldemort. Pansy non si sarebbe stupita se se lo fosse trovato accanto al letto come terzo incomodo. Almeno però era riuscita ad alleviare un po’ di quella tensione che sentiva da quando erano finiti in quella situazione assurda. Inoltre l’assoluta nonchalance con cui il giovane parlava del suo oscuro signore faceva presagire che non ci sarebbe voluto molto ad ottenere un invito alle riunioni private dei mangiamorte.

E oggi sarebbero andati ad Hogsmeade, lontani da tutta quella follia. Voleva andare ai tre manici di scopa e bere una burrobirra, per poi fare una lunga passeggiata tranquilla lungo i viali che avevano ormai perso i colori dell’estate per iniziare a tingersi dei toni confortanti dell’autunno in Scozia. Per un breve momento voleva solo sentirsi normale. Non ancora una volta la pedina nelle mani del destino. Le mancava davvero Blaise, ormai era l’unico a comprenderla realmente. E soprattutto non era secondo a nessuno quando si trattava di ubriacarsi.

Si alzò lentamente, recuperando senza voglia i vestiti che si era tolta la sera prima di collassare tra. Poi, senza tante cerimonie aprì di colpo le tende del letto della Granger e le si buttò sul letto, le gambe incrociate. L’altra si svegliò di soprassalto, brandendo la bacchetta ad un centimetro dal suo occhio.

“Diamine, ma sei uscita completamente di senno? Stavo per schiantarti!” - disse ancora assonnata, maledicendo il momento in cui aveva messo gli occhi su Draco Malfoy.

“Oh andiamo Granger, non lo sai che dormire è un inutile spreco di tempo? Senti un po’ come è andata con la cara zietta in biblioteca? Ho dei grandi piani per oggi, vuoi sentirli? So per certo come smuovere le cose tra Narcissa e Lucius. Credimi, un piccolo tocco qui e là e la nascita del nostro comune amico non sarà affatto un problema” - chiese noncurante di abbassare troppo la voce.

Hermione alzò gli occhi al cielo, spingendola di forza fuori dal letto. “Shhhh vuoi farti sentire da tutta Hogwarts? Vai a chiamare Bellatrix tra un po’.” Mentre l’altra ridacchiava soffocò uno sbadiglio e la trascinò fuori dal dormitorio. Ormai era sveglia e tanto valeva fare colazione. Sperava solo che anche in questo tempo il sabato servissero i pancake con la cioccolata o la Parkison avrebbe fatto una brutta fine sul serio. E il suo bel biondino avrebbe fatto meglio a trovare un modo per farle passare il malumore.

Troppo prese dal litigio non si erano rese conto che in un paio di letti del loro dormitorio due studentesse purosangue erano già sveglie da tempo, anche se per motivi diversi. Andromeda aveva passato la notte a guardare e riguardare quella foto, accarezzandola piano e chiedendosi se avrebbe mai avuto il coraggio di tradire la sua famiglia per amore di Ted e di quella strana bambina sconosciuta.

Tutt’altro stato d’animo albergava invece nell'occupante del letto dalla parte opposta della sala. Cassandra Carrow fissava il soffitto con un ghigno maligno. Le era appena venuto in mente un incantesimo proibito che non vedeva l’ora di provare contro qualcuno che la metteva costantemente in imbarazzo. E finalmente non ci sarebbero stati più ostacoli per il suo futuro. Soddisfatta si girò sul lato, prima di addormentarsi di colpo, un sorriso sghembo sul bel volto rilassato. La vendetta era il più dolce dei sonniferi.

 

 

 

“Che c’è Drom hai fatto le ore piccole stanotte? Con qualcuno che conosco o sei stata la solita noiosa e hai passato la notte su quella dannata ricerca di pozioni?” - le chiese Lucius sedendosi di fianco a lei e allungandole una burrobirra. Andromeda sbuffò, facendo un lieve cenno di ringraziamento, trasformatosi presto in un ghigno quando si accorse dell’onnipresente figura accanto a lui. Ci mancava solo quella specie di cortigiana in divisa a rovinarle la giornata.

“Abbiamo già scritto, corretto, revisionato e riscritto quattro pergamene e mezzo. Sarà pure strana ma quella ragazzina nuova sa davvero il fatto suo.”- rispose borbottando. Poi si illuminò, vedendo l’elegante testa bionda di sua sorella entrare nel pub, in compagnia di un corvonero del sesto anno di cui non ricordava il nome. Il poverino non sapeva che stava per passare attraverso l’impossibile esame di valutazione di Narcissa Black.  Le fece un segno con la mano, ricevendone in cambio un gran sorriso.

Mentre i due si avvicinavano la maggiore delle Black ghignò internamente mentre sentiva il compagno di casa accanto a lei serrare la mascella, e, per ripicca, stringersi di più al flessuoso corpo della fidanzata. Il tutto senza staccare gli occhi dalla coppietta.

“Oh andiamo, Malfoy. Un minimo di contegno” - gli ridacchiò nell’orecchio. Quei due, quando non veniva voglia di prenderli a sberle, erano esilaranti da guardare.

Il giovane non rispose, limitandosi ad un’occhiata di fuoco che avrebbe fatto raggelare chiunque. Chiunque a parte una Black abituata alle sfuriate di Bellatrix.

Narcissa si chinò sulla sorella, sfiorandole la guancia con un bacio.

“Cissy, sei gelata. Ma dove siete stati finora? Ti sto aspettando da un secolo!” - si lamentò sfiorandole il viso, mentre l’altra si accomodava leggera davanti a lei.

Il ragazzo dai grandi occhi castani le rivolse un gran sorriso prima di girarsi a chiedere alla più giovane.

“Vado ad ordinare, Narcissa vuoi qualcosa?”.

Ahia, pensò Andromeda. Primo strike. Non solo non sapeva cosa avrebbe preferito Narcissa ma non aveva considerato le altre donne presenti. Si ricordò improvvisamente il nome del ragazzo. Era Ignatius Edgecombe e per un periodo si era frequentato con quella spostata di Sibilla Cooman. Come avesse fatto a convincere sua sorella anche solo a dargli una chance era davvero un mistero.

Gli occhi grigi di Lucius lo fissavano inquisitori, ma non riuscì a pronunciare il commento velenoso che gli era salito alle labbra che fu interrotto da Madame Rosmerta.

“Signorine Black, quel ragazzo laggiù mi ha chiesto di portarvi questo. Non sapevo neanche cosa fosse, a dire il vero, ma credo che lo metterò nel menu. E si è raccomandato di dirvi che spera che il pomeriggio sia di gradimento, nonostante la compagnia. Strano ragazzo sul serio” - disse ridendo mentre guardava gli occhi grigi del biondo seduto al tavolo prendere letteralmente fuoco.

Gli occhi dell’intera comitiva si girarono istintivamente verso il punto indicato dalla donna. Eccolo il dannato che sembrava fare di tutto per rovinargli la vita. Lo sentiva, quello stava facendo di tutto per provocarlo. Se solo non ci fossero state le Black nei paraggi avrebbe saputo lui come metterlo al suo posto, pensò il giovane serpeverde.

Narcissa sorrise lievemente e guardò verso il basso, tenendo le mani ancora le mani intirizzite dal vento sferzante di quel pomeriggio di fine settembre contro la tazza fumante, mentre un odore dolciastro e pungente al tempo stesso le solleticava le narici. Sembrava the ma aveva un sentore di bergamotto, pesca e fiori d’arancio. Il tutto condito con appena un goccio di rum di ribes rosso. Ne assaporò un piccolo sorso. Delizioso.

Cassandra si strinse di più a Lucius, iniziando ad accarezzargli la nuca, giocherellando con i capelli, ma i suoi freddi occhi dalla sensuale forma allungata erano fissi sul delicato profilo aristocratico della più giovane, che si era voltata per concedere un raro e aggraziato cenno di apprezzamento verso il gruppetto dei nuovi venuti. I quali, stranamente sembravano star litigando.

“Allora piccola Black, ho sentito che hai infranto parecchi cuori quest’estate. Cos’è non trovi nessuno che sia alla tua altezza? Metaforicamente parlando ovviamente, sei piuttosto bassina rispetto alle tue sorelle. Un altro tratto per così dire…peculiare. Come avevi detto Lucius? Una patetica imitazione di una Black, se non sbaglio”.

Il ragazzo rischiò di strozzarsi con il succo di zucca che stava bevendo.

“Io non ho detto cosi…”- sibilò appena riuscito a riprendere fiato, sentendosi gli occhi di fuoco delle sorelle cercare di provocare la sua autocombustione spontanea. E a dirla tutto, l’avrebbe preferito a quello sguardo di biasimo.

“Ah, no? Eppure sono certa di aver capito bene, ho un ottimo udito, lo sai.”- disse la giovane posandogli un bacio sul collo.

Andromeda guardò di sottecchi sorella, più simile ormai ad una statua di cera. Era furiosa, sebbene solo chi la conosceva bene potesse capirlo. Per un attimo si ritrovò a pensare a come avrebbe potuto abbandonarla.

Edgecombe tornato con una burrobirra e sentendo la tensione ormai palesemente palpabile, cercò di trovare un argomento di conversazione neutrale:

“Allora, quali materie avete scelto per questo quinto anno?”

La più grande delle Black sorrise: “Oh beh ce ne sono così tante interessanti. Aritmomazia, Rune antiche, Divinazione,  Astronomia avanzata…e quest’anno siamo riusciti a far aprire anche il corso di Alchimia, vero Lucius?”

Il corvonero sorrise: “Dovresti avere una giornata di trentasei ore per fare tutto. Anche se tua sorella mi ha detto che sei la più intelligente della famiglia”.

“Come se poi servisse davvero a qualcosa. Cosa te ne dovrai fare di tutte quelle materie Black, lo sai solo tu. Pensi sul serio di lavorare da qualche parte? A fare la professoressa magari? Sono certa che la piccola Cissy avrebbe qualcosa da obiettare sul fatto che non si adeguato ad una persona del tuo rango” - ridacchiò Cassandra sorseggiando la sua burrobirra e guardando le sorelle da sotto le lunghe ciglia.

La diretta interessata la fissò imperturbabile e poi con un sorriso gelido che non arrivava agli occhi chiosò: “Sai esiste anche la cultura personale, Carrow. E sai a cosa serve? A poterti avvelenare in almeno dodici modi diversi senza che tu neanche te ne accorga, se ti azzardi un’altra volta a chiamarmi Cissy. Solo le persone che mi amano possono farlo. E tu decisamente non sei tra queste”.

Andromeda la fissò seria, che sembrava tremare di furia gelida. Dietro quella sua facciata di principessa del bon ton si nascondeva una furia e la giovane strega pensò per un attimo che avrebbe tirato fuori la bacchetta e praticato la maledizione senza perdono che Bellatrix aveva cercato di insegnarle durante l’estate direttamente li, nella sala principale dei Tre manici di scopa.

Come richiamata da un incantesimo, fece la sua rumorosa apparizione la maggiore delle Black, circondata dal solito circo di devoti servitori di Lord Voldemort che si portava sempre dietro.  I ricci scarmigliati, gli occhi nerissimi che riuscivano a brillare anche nel pieno di una sala scura e fumosa come quella. Come un tornado spinse via senza troppa grazia i ragazzini che le intralciavano il passo. Incluso il povero corvonero al loro tavolo che venne cacciato senza troppi complimenti per farle posto. Dietro di lei trotterellavano come sempre i fratelli Lestrange.

Bellatrix si avvicinò e strinse in un abbraccio le sorelle, sedendosi poi accanto a Narcissa.

“Lord Voldemort mi ha contattato. Novità finalmente. Non è fantastico?”- disse rivolgendosi per lo più a Lucius e Cassandra, gli unici al tavolo che ufficialmente avevano iniziato a prendere parte alle riunioni dell’Oscuro Signore.

“Finalmente una buona notizia”- soffiò il giovane passandosi una mano tra i capelli chiarissimi e rilassandosi. Era rimasto teso per tutto lo scambio di battute tra le ragazze al tavolo, non arrischiandosi di parteggiare per una o per l’altra. Aveva sperato in un intervento da parte di Andromeda, ma ovviamente lei difendeva a spada tratta la sorella, anche quando si comportava in quel modo assolutamente e incomprensibilmente irritante. E quel dannato e inutile corvonero… per fortuna che era arrivata Bellatrix.

Rodolphus annui mentre prendeva la mano della più grande delle Black iniziando a baciarle il palmo: “Completamente d’accordo, abbiamo davvero bisogno di un po’ di azione. Tuo fratello ha indetto una riunione questa sera in camera sua, li è sicuro che nessuno ci disturberà”.

Lucius annuì sorridendo. La gerarchia di quel posto stava finalmente riprendendo la giusta piega. Con la coda dell’occhio non gli sfuggì però che lo sguardo della giovane strega bionda invece che nei confronti dell’amata sorella era rivolto verso il tavolo dietro di loro dove si accorse essersi fermato anche Rabastan, intento a baciare appassionatamente la ragazza dal caschetto nerissimo. Il sorriso gli si spense sul volto quando però riconobbe altre due sagome fin troppo famigliari tra di loro. Strinse i denti, ora anche i suoi fratelli avevano deciso di dare retta a quel maledetto ragazzino arrogante e i suoi strambi amici? E tra di loro c’erano anche dei Grifondoro, se non fosse stato già abbastanza ridicolo cosi.   Si girò verso Cassandra e le catturò le labbra con una voracità quasi violenta, mentre le stringeva con una mano il fianco arrotondato. Sentiva lo sguardo di sua sorella cercare di perforargli il cervello, ma non ci badò. Fece alzare la sua ragazza che fu ben attenta a non staccarsi di lui neanche di un centimetro.

“Scusate è stato piacevole ma noi abbiamo dei passatempi decisamente più divertenti per occupare questo pomeriggio”- si accomiatò mentre la mano scivolava verso il basso.

Bellatrix li guardava annoiata : “Come ti pare, Malfoy. Ma se fate tardi poi non vi lamentate se vi perdete tutto il divertimento. Ed usate precauzioni, io odio i matrimoni e non ho intenzione di partecipare a breve al vostro. Se potessi non andrei neanche al mio, figurati”.

 

 

 

 

 

La prima partita di Quidditch della stagione era tra Grifondoro e Serpeverde. Chiunque lo avesse deciso era davvero un cretino pensò Hermione. In generale il Quidditch era uno dei pochi aspetti del mondo magico che davvero non riusciva a comprendere: non le piacevano le altezze, odiava volare e davvero non capiva cosa ci fosse di divertente nel cercare di sfracellarsi dall’alto o farsi colpire da un bolide a tutta la velocità. Neanche Draco nella sua divisa era mai riuscita ad interessarla realmente al gioco. E sì che era davvero, davvero attillata.

Quella partita in particolare poi aveva tutte le premesse per rivelarsi disastrosa, anche sugli spalti. Lei era infatti lo spartiacque umano tra la fazione dei Grifondoro e quello dei Serpeverde. Neanche Pansy le era di aiuto, al contrario di lei, era sempre sembrata estremamente affascinata da tutta la questione.

Tra l’altro i due serpeverde erano ancora in lite, dopo che la ragazza aveva avuto l’idea di inviare delle bevande alle sorelle Black nell’ultima uscita a Hogsmeade, facendola passare per una sua idea.

Ancora arrabbiato con l’amica, Draco cingeva le spalle della grifondoro con un braccio, ma la sua attenzione era assolutamente devota al centro del campo, dove la partita stava per iniziare.

“E così tuo padre non è neanche cacciatore, che sfigato.”-Harry si stava divertendo un mondo. Aveva passato diversi giorni ad allenarsi con la squadra e soprattutto aveva visto suo padre in azione. Lui era bravo, ma James era davvero eccezionale.  Peccato che probabilmente la partita sarebbe finita in men che non si dica.

“Fottiti Potter. Tanto nessuno lo farà per te” -ribatté l’altro acido.

A peggiorare la situazione, come sempre senza che nessuno l’avesse chiamata o cercata si materializzò davanti a loro Cassandra Carrow, fasciata in strettissimi pantaloni di velluto e un maglione che a malapena le copriva l’ombelico.

“Che carini, tutti insieme a vedere la partita. Mi fate venire il voltastomaco”- disse melensa, posizionandosi di fronte a loro, di spalle al campo, in modo da impedirgli la visuale.

“Senti ma tu non hai niente di meglio da fare che rompere le palle a noi? Che ne so buttarti nel Lago, darti fuoco, frequentare qualcuno specializzato in disturbi psichiatrici...”- ringhiò Ron. Non gli piaceva affatto come quella dannata mangiamorte girasse sempre intorno ad Hermione, squadrandola come se la stesse soppesando. Aveva il terrore che la sua migliore amica si tradisse e rivelasse di essere una natababbana, proprio mentre si trovava li, insieme a quei fottuti psicopatici in preda alle turbe adolescenziali.

La serpeverde sorrise sardonica: “Non al momento.Io e Lucius abbiamo fatto una sveltina negli spogliatoi e sono ancora su di giri. Molti sconsigliano di fare sesso prima di una partita ma lui è sempre stato del parere contrario. Dice che lo carica. Dovreste provare sai, mi sembra che ne abbiate tutti un gran bisogno. A parte te, tesoro. So che tu e Rabastan ci state dando dentro parecchio, buon per te.“

Poi si girò e trotterellò verso gli spalti dei serpeverde.

“Ora vomito. Giuro che o la schianto o rimetto anche quello che ho mangiato alla cerimonia di smistamento del primo anno”- mormorò Draco disgustato. Hermione di certo non poteva dargli torto.

“Beh Malfoy, chissà che provandoci non riusciresti finalmente a fare una partita decente”- lo riprese Harry, subito però si morse la lingua. La visione di Hermione e quel dannato furetto albino gli faceva salire la nausea. Concordava con le opzioni del serpeverde, solo che l’oggetto delle stesse avrebbe dovuto essere la dannata spina nel fianco da quando l’aveva incontrato da Madame Malkin.

Hermione in tutta risposta gli diede un pugno, senza dire nulla. Lui abbozzò, in fondo se l’era meritato.

“Eccoli stanno scendendo in campo. State zitti due minuti e cercate di comportarvi come se aveste più di cinque anni. E tu Potter, sul serio, devi farti una vita. Sessuale intendo”- li riprese Pansy, strappando una risatina al suo compagno di casa.

I due capitani si strinsero le mani senza troppa enfasi. Da un lato Nicholas Malfoy, i lunghi capelli platino chiusi in una coda bassa, l’aria annoiata e supponente. Cacciatore. Dall’altro il ben più robusto Frank Longbottom, dal viso solare e abbronzato sotto la folta capigliatura castana. Portiere.

Quando entrò James Potter si sentì un boato alzarsi dai grifondoro. Sirius , con l’aiuto di Remus aveva stregato un enorme leone di quella che sembrava cartapesta che ruggiva “Potter- Potter- P-o-t-t-e-r”. E per fortuna che era solo la prima partita. Le cugine dall’altro lato dell’anfiteatro lo guardavano inorridite.

La bravura però di James era innegabile. Piccolo ed agile volava ad una velocità impressionante, tanto che Rodolphus faceva fatica a stargli dietro. Troppo impegnati a cercare di ostacolare il nuovissimo e talentuoso cercatore, l’intera squadra di Serpeverde aveva cambiato strategia e invece di pensare alla pluffa sembrava interessata a dare la caccia al giovane Potter. Peccato che così facendo stessero subendo goal su goal. Al contrario la porta difesa da Longbottom sembrava inviolabile.

Tutti gli occhi erano per il duello alla ricerca del boccino, ad eccezioni di quelli di Hermione. Mentre l’intero corpo studentesco era intento a guardare in aria lei si era accorta che erano spariti una serie di studenti. Bellatrix Black ed Arael Malfoy in primis, ma anche diversi studenti della loro casa e alcuni Corvonero. Andromeda era andata via una decina di minuti dopo il primo punto segnato da Grifondoro, ma non le era sfuggito che era stata seguita a breve distanza da Ted Tonks. Sebbene ancora non avessero parlato della lettera che le aveva consegnato, la giovane strega più brillante della sua generazione, era assolutamente certa che a breve avrebbe ricevuto buone notizie.

“Hai visto?”- le mormorò Pansy pianissimo, accennando con il mento verso i giocatori di Serpeverde. I due Malfoy stavano parlottando tra loro, mentre tutta la squadra era ancora intenta nella loro folle caccia. Con un incantesimo che permetteva di vedere le cose ingrandite e al rallentatore era riuscita chiaramente a notare che il più grande avesse passato qualcosa all’altro, mettendogli una mano sulla spalla e mormorandogli qualcosa nell’orecchio, provocando un ghigno che conoscevano molto bene nel minore.

Anche Draco accanto a lei si irrigidì: “Sta per succedere qualcosa. Conosco mio padre quando fa cosi, non promette nulla di buono”.

Per una decina di minuti sembrò che i loro timori fossero ingiustificati, poi tutto degenerò rapidamente.Il Cacciatore di Serpeverde passò velocissimo davanti ad un bolide ma le due ragazze lo videro rimpicciolirlo in una frazione di secondo fino alle dimensioni di una biglia che prese in un attimo in mano. Aveva fatto tutto senza bacchetta, decisamente la sua padronanza degli incantesimi era ad un livello più che avanzato. Al contempo Lucius arrivava alle sue spalle mentre faceva la sua apparizione un altro bolide, probabilmente quello che gli era stato passato prima in forma ridotta, battendolo con tutta la forza possibile non contro Potter, cui tutti gli occhi erano puntati, ma contro il portiere dei Grifondoro. L’azione era stata talmente rapida e coordinata che solo perché stavano fissando attentamente e con l'aiuto della magia erano state in grado di capire cosa stava accadendo. Preso di sprovvista, Frank venne preso in pieno dal bolide incantato per aumentare la propria velocità e cadde rovinosamente dalla scopa, schiantandosi da una discreta altezza. Il bolide continuava a colpire all’impazzata, fino a quando non si schiantò sul terreno a pochi centimetri dall’impalcatura dei grifondoro, disintegrandosi in mille pezzi

L’intera scuola rimase in silenzio per un attimo guardando il cratere fumante creato nell’impatto.  Poi gli spalti dei serpeverde impazzirono. Approfittando dello sbigottimento del giovane cercatore dei grifondoro, Lestrange era riuscito a prendere il boccino e ora lo teneva in alto ridendo istericamente. Sulle loro scope anche i due Malfoy ghignavano, sfrecciando insieme ai loro compagni di squadra attorno agli avversari.

Serpeverde aveva vinto. L’onore era salvo.

 

Nonostante le veementi proteste da parte del team dei grifoni, spalleggiato sia da Corvonero che Tassorosso, la partita non poteva essere annullata né essere provato l’inganno portato avanti dalle serpi dei sotterranei. Nessuno aveva le prove che erano stati loro a stregare il bolide e nessuno poteva dimostrare il cambio macchinoso operato dai due fratelli. D’altronde rimanere colpiti nel Quidditch era normale, faceva parte del gioco.Questo, agli occhi degli eredi di Salazar Serpeverde, non era altro che la ciliegina sulla torta.

Hermione era furiosa. Non era la prima volta che vedeva un bolide impazzito ma  erano stati dei pazzi, se non lo avesse deviato all’ultimo con un incantesimo quella maledetta palla avrebbe preso in pieno gli studenti di grifondoro seduti sulle gradinate, ferendo seriamente qualcuno.

Però evidentemente non era stata discreta come pensava. D’istinto corse verso il campo per assicurarsi che il padre di Harry e i suoi amici stessero bene, ma Lestrange la bloccò per un braccio e la strattonò senza troppe cerimonie.

“Ehi tu dove credi di andare? I tuoi non ti hanno insegnato niente sulla lealtà?”- le ringhiò.

Vide con la coda dell’occhio che Draco stava accorrendo, seguito a ruota da un furioso Harry e a un dir poco sul piede di guerra Ron. Lei però rimase calmissima.

“Lestrange, lasciami.Immediatamente”- disse con voce gelida fissandolo negli occhi.

Lui ebbe un lampo divertito e le labbra gli si tirarono in un ghigno crudele. Gia’ erano evidenti i segni che poi l’avrebbero condotto negli abissi della pazzia, pensò la ragazza.

“Altrimenti?”-le sussurrò in un orecchio. Hermione ebbe un brivido di  disgusto lungo la schiena. 

Si era ripromessa di non dare nell’occhio, di non perdere la calma, di essere quella razionale. Ma quando il suo sguardo si spostò dal brilluccichio sadico degli occhi davanti a lei a Frank in terra dolorante,non capì più niente. Di certo non poteva evitare ai genitori di Neville quello che avrebbero passato, ma nulla le impediva di dare una bella lezione a quel pazzo finché poteva.

“Io ti avevo avvertito, ricordalo”- gli disse esibendo il suo miglior sorriso mentre scandiva chiaramente Excelsiosempra

Lestrange venne scagliato in aria e poi ricadde con un pesante tonfo pochi metri più in la. Libera da ulteriori impedimenti Hermione proseguì il suo cammino. In breve fu raggiunta dagli altri, anche se non poté fare a meno di notare che nel procedere Ron fece di tutto per passare sopra la mano del serpeverde in terra, quasi con noncuranza ma assicurandosi di posare tutto il suo peso nel piede di appoggio.

Nessuno degli insegnanti li aveva notati, nessuno tranne Silente.

 

 

 

James era rimasto nel campo da Quidditch, la scopa in terra e la testa tra le mani. Accanto a lui i suoi amici cercavano di consolarlo.

“Non è stata colpa tua, dai. Non potevi pensare che quei maledetti si inventassero una cosa del genere per distrarre tutti e soprattutto te”- gli disse Peter sedendosi accanto a lui.

Il giovane Potter scosse la testa. “Ma come ho fatto a lasciare a quel maiale la possibilità di prendere il boccino? Mi sono fatto fregare alla grande”.

Sirius era sul piede di guerra: “Non preoccuparti J. Ci penso io. Mi farò venire in mente un modo perfetto per vendicarci di quei maledetti. A costo di far saltare la loro dannata sala a furia di bombarda maxima”.

La visione decisamente sembrava ridargli un pizzico di buon umore. Ah sarebbe stata una gran soddisfazione mandare tutto in pezzi. Tanto sicuramente quel posto faceva schifo.

Iniziarono ad elencare tutti gli incantesimi che avrebbero potuto usare sia contro i mobili che nei confronti degli inquilini, quando videro arrivare trafelati i due studenti del quinto anno con cui si erano allenati tutta la settimana. Buon segno, erano certi che li avrebbero aiutati, nonostante i loro discutibili rapporti con quei tre serpeverde arrivati con loro.

Lo sguardo dei due era però tutt’altro che amichevole o rilassato.

“Ragazzi, dovete rientrare immediatamente nella sala comune”- disse quello che si chiamava Ron.

“Ohi calma rosso .Piuttosto come sta Frank, riuscirà a giocare la prossima partita?”- chiese il giovane Black bellicoso.

Harry si avvicinò con gli occhi di fuori prendendo sia Sirius che James per il braccio e iniziando a trascinarli verso il castello, sempre ben attento a non toccare Peter. Ron fece lo stesso con Lupin. Minus li fissava tra l’impaurito e il geloso. Perché quei due erano amichevoli con tutti tranne che con lui?

Nonostante le numerose richieste non ricevettero spiegazioni ma quando si avvicinarono al portone capirono il perché di quel trambusto.

Il primo ad accorgersene fu Remus. Ai piedi del Platano Picchiatore, quello che era stato piantato per custodire il passaggio alla stamberga strillante , erano riuniti tutti i professori. Lupin si divincolò dalla presa e riuscì a sgattaiolare. Avrebbe preferito mille volte non farlo.

In terra, il  corpo maciullato dai colpi ma il viso intatto, era riverso il cadavere di una ragazza dai lunghi capelli color fragola, imbrattati di sangue. Il corpo docenti si guardava senza parole. Come diavolo era finita una babbana morta ad Hogwarts?

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5° ***


Dopo il ritrovamento del cadavere l’intera scuola era stata messa sotto chiave, ciascuno rinchiuso negli alloggi della propria casa. Questo rendeva Harry e Ron estremamente preoccupati, significava che Hermione, una natababbana, era prigioniera dei sotterranei in compagnia di un gruppo di esaltati che da lì a pochi anni avrebbero portato avanti torture di massa nei confronti di tutti coloro che non mostravano un chiaro disgusto per i non maghi. Sempre che non avessero già iniziato.

Per la prima volta in vita sua Harry Potter si sentiva soffocare nella torre di Grifondoro: per abitudine continuava a guardarsi intorno, nella speranza di vedere la testa scarmigliata della sua intelligente amica. Loro tre erano un trio, il golden trio. Questo significava che funzionavano al meglio solo quando erano tutti e tre riuniti: nessuno prevaleva sull’altro ma era l’unione dei loro caratteri così diversi ma accomunati da una sincera amicizia che rendeva possibile quello che agli occhi del mondo sembrava una magia inconcepibile. Ineffabile anche per Hogwarts.

Harry sospirò accettando la burrobirra e il cioccolotto che gli stava passando il suo migliore amico, cupo in volto come lui. 

“Harry dobbiamo fare qualcosa. Non c’è un solo Malfoy da tenere alla larga...sono quattro. Uno più spostato dell’altro. Questo è un incubo. Senza contare Bellatrix e quei pazzi dei Lestrange. Sai cosa credo? Per risolvere il problema dovremmo tirare via da lì Hermione e Andromeda e sigillare i sotterranei con tutti i loro disgustosi inquilini dentro.  E Voldemort si ritroverebbe senza la metà dei suoi seguaci. Poi prendiamo Codaliscia e lo lasciamo tra i centauri della foresta. Problema doppiamente risolto”. - sbuffò bevendo il primo sorso dalla sua bottiglia.

“Lo vorrei tanto, ma sai cosa hanno detto. Non dobbiamo modificare il passato, anche se, credimi, è la cosa che vorrei più di tutto. Ma si può sapere che fine ha fatto Silente? È da ieri che provo a parlarci ma sembra sparito. Di nuovo.” - sospirò lanciando un’occhiata a James e Sirius impegnati a rincorrersi per tutta la sala comune, causando lanci di maledizioni non meglio identificate tra gli studenti più grandi. 

Si fermarono ad esattamente dieci centimetri dai due, evitando per un pelo di rovinargli addosso.

“Scommetto che state smaniando per andare a trovare i vostri amici” - ghignò James passandosi una mano tra i capelli scarmigliati e adocchiando il dolce di Harry che prontamente gliene offri un pezzo.Prima che potesse addentarlo Sirius glielo rubò e se lo infilò tutto in bocca soddisfatto, ignorando l’occhiata di fuoco che l’altro gli stava rivolgendo.

“E’ un riflesso dei Black. Prendere sempre quello che vuoi quando lo vuoi. Vedi, nonostante quello che dice mia madre ogni tanto la sto ad ascoltare” -tubò, la bocca ancora impastata di cioccolata.

Harry sospirò e allungò l’ultimo pezzo rimasto del dolce a James che questa volta lo fece sparire velocemente. Poi lanciando un’occhiata obliqua a Sirius si avvicinò a Ron ed Harry e disse sottovoce con aria cospiratoria:

“Scommetto che vorreste andare a fare visita ai vostri strambi amichetti serpeverde, soprattutto alla bella ragazza dai capelli ricci. Quella che alza sempre la mano. A proposito ma veramente sta con quel cretino?” - bisbigliò

“Non dirlo a me, io ancora pensò che sia tutto un maledetto scherzo architettato da Fred e George. Ne sarebbero capaci sai? Una volta mi hanno convinto a buttarmi dal tetto della Tana dicendo che una scopa magica sarebbe venuta in mio soccorso. E indovina un po’? Nessuna scopa si è mossa e io sono caduto in terra. Per fortuna che Bill da lontano mi ha visto e ha lanciato un incantesimo per rallentare la caduta” - borbottò il Rosso.

Sirius alzò gli occhi al cielo. Per Merlino, uno così nella sua famiglia uno così non sarebbe arrivato neanche alla fine del pranzo di Natale. “Simpatici questi Fred e George, dovrei proprio conoscerli. Sono certo che andremmo d’accordo. Comunque, come stava dicendo James se volete possiamo farvi uscire di soppiatto dalla torre, nonostante l’ingresso sia bloccato. Poi però da lì dovete cavarvela da soli.”

Ron ghignò: “Beh piccoletti, non crederete davvero che questo sia un problema, vero? L’unico dramma è uscire da qui e entrare a serpeverde”.

Harry lo guardò stralunato. In che senso non era un problema? I professori pattugliavano i corridoi e loro non avevano né la mappa del malandrino né il mantello dell’invisibilità. Né Hermione.

“L’ho portato.” - gli sussurrò Ron a mezzabocca cercando di non farsi sentire. Ovviamente fatica inutile perché le orecchie di quei due erano sensibili come quelle dei pipistrelli. Harry lo guardò con gli occhi sgranati.

“Ma com'è possibile, era in camera mia, nel baule.” -borbottò cercando di non farsi sentire. Non era di un certo un problema che il suo amico l’avesse preso, solo glielo avrebbe potuto dire prima.

Ron gli strizzò un occhio: “Il tuo caro padrino. Giusto un’assicurazione preventiva contro gli imprevisti”.

“Portato con te cosa?” - indagò subito il giovane Black.

“Un giorno quando sarai grande lo saprai, posso assicurartelo.” - ridacchiò Ron in risposta.

James e Sirius misero il broncio: “Ah si?E allora noi non vi diciamo come uscire da qui. Quando sarete grandi lo scoprirete da soli.”

Per la centesima volta in un’ora Harry sospirò, scolando l’ultimo goccio di burrobirra. Era decisamente poco ortodosso ma non avevano altra scelta.

“Sapete tenere un segreto? Ma sul serio, come se ne andasse della vostra vita” - gli disse facendosi serio. Fare quei discorsi a suo padre era ben oltre lo strano.

“Solo se possiamo dirlo a Remus e Peter” - ribatté l’altro assumendo per un attimo una compostezza che andava ben al di là della sua giovane età.

Un brivido gli corse lungo la spina dorsale. A vederlo cosi Minus sembrava un ragazzino normalissimo, forse un filo timido e in soggezione rispetto ai tre compagni più estroversi e dotati di lui. L’affiatamento tra quei quattro era davvero sincero, eppure sarebbe stato lui a condannarli.

Ron lo tolse dall’imbarazzo. “Solo a loro però e non voglio sentire un fiato da nessuno di voi su quello che state per vedere. Ci vediamo tra cinque minuti nel nostro dormitorio. Solo voi”.

Gli occhi di entrambi brillavano per l’eccitazione.

 

 

Serpeverde era in agitazione, ma in modo completamente diverso rispetto a tutte le altre case. Mentre altrove si respirava la paura, tra i sotterranei dei coinquilini sembrava essere stato l’avvio della stagione delle feste. Il loro capocasa, Lumacorno, era assolutamente incapace di mettere un freno a quella situazione, troppo facilmente incantato dalle parole e dai discorsi dei membri del suo prestigioso Lumaclub, in particolare dei tre Malfoy e di Bellatrix Black e si era rinchiuso nella sua stanza limitandosi a sigillare la porta di ingresso e mettere dei guardiani. Come se quello li avesse potuti fermare.

Draco era inquieto. Erano ormai due giorni che si sentiva parlare solo di come finalmente le cose avessero iniziato a girare per il verso giusto e la dannata babbana morta fosse solo l’inizio. Seduto sul divano nella sala comune osservava i suoi nuovi compagni di casa e non poteva che rivederli nella sua mente quando, molti anni dopo erano in gran parte presenti a quella che avrebbe dovuto essere la rinascita del loro Oscuro Signore. Oltre che il suo non proprio volontario sacrificio per contribuire alla causa.

I suoi zii, sebbene non avessero tradito il suo segreto, non avevano però fatto niente di concreto per dimostrare di essere disposti ad aiutarli. Era come se nulla fosse successo, anche se spesso trovava la più grande a far vagare lo sguardo tra lui e i suoi genitori. Maledetti genitori adolescenti che continuavano ad ignorarsi o ad insultarsi ancora. Mentre infatti Lucius si era ben presto unito agli sfrenati festeggiamenti insieme a Bellatrix e ai Lestrange, sempre con Cassandra ben appiccicata addosso, sua madre si era praticamente rinchiusa nel suo dormitorio, rifiutandosi di prendere parte a quella che aveva definito una sceneggiata senza alcuna classe.

Voci di corridoio dicevano che lei e la sorella maggiore avessero litigato furiosamente, proprio per questa mancanza di palese entusiasmo da parte della giovane strega bionda e che il peggio era stato evitato solo grazie all’intervento di Andromeda, che per una volta aveva agito da paciere. Ma nessuno si azzardava a chiedere o a malignare più di tanto, non volendo incorrere nelle ire di nessuna delle Black.

Anche Pansy non si sentiva affatto tranquilla. Il fatto che con loro ci fosse una natababbana e che la stessero occultando la preoccupava molto. Se solo qualcuno se ne fosse accorto avrebbero fatto tutti e tre la fine della ragazza sotto il platano picchiatore. E Rabastan stava iniziando a farle venire i nervi, sempre a toccarla e a palparla, quasi che fosse un oggetto di sua proprietà. Per mettere in chiaro chi fosse ad avere l’ultima parola la sera prima l’aveva pietrificato e lasciato lì, mezzo nudo nelle docce. Chissà chi l’aveva rinnervato dopo diverse ore. 

Quella mattina l’aveva cercato come una furia urlandole improperi e sguainando la bacchetta, ma non si era riuscito ad avvicinare più di tanto che si era beccato un pugno in faccia da Draco. Cosa che era in breve degenerata in una rissa tra gli studenti del quinto e del sesto anno, interrotta solo dall’intervento della Granger a bacchetta spianata, molto prima che arrivasse il caposcuola. D’altronde la voce del suo scontro con Lestrange aveva fatto il giro dei sotterranei  e non molti erano disposti a mettersi contro di lei. In aggiunta il paio di maledizioni piuttosto pesanti che lanciò Nicholas Malfoy entrando nella sala ebbero il risultato di sedare anche gli ultimi rimasugli di bellicosità.

Vedendolo con un occhio nero Lucius, che era arrivato solo in quel momento insieme al fratello di ritorno dal giro di guardia dei prefetti e caposcuola, ghignò: “Oh ma quanto mi dispiace, il nostro giovane ribelle che le prende come un comune studentello del primo anno”.

Draco era furioso. Furioso con sé stesso per essersi ficcato in quella situazione. Furioso per Pansy che aveva creato quel casino andando a frequentare quel pazzo di Rabastan Lestrange. E decisamente era furioso con chiunque avesse ordito quello stupido piano.

Stava per rispondere quando Hermione gli strinse forte il braccio, facendogli segno di stare zitto. Draco respirò a fondo, erano già in una posizione delicata e non serviva fomentare ulteriormente gli animi. Inoltre aveva sempre più l’impressione di star sovrapponendo il rancore per il passato con gli screzi del presente. Indipendente dal fatto che non ci stesse più capendo nulla di quando fosse l’uno e quando l’altro.

Nicholas lo prese per la collottola e lo costrinse a muoversi. “Anche voi due signorine, con me. Dobbiamo parlare. Ora.” - sibilò. Vedendolo furioso Pansy ed Hermione non ebbero altro da fare che seguirlo, seppur malvolentieri. Dietro di loro sentirono distintamente Lucius Malfoy ghignare prima di girarsi verso la Carrow e stamparle un rumoroso bacio soddisfatto.

Arrivati alla camera del caposcuola Draco venne buttato dentro senza tante cerimonie. Quasi inciampò per la spinta ma quando rialzò gli occhi si gelò.  Davanti a lui Arael e Andromeda tenevano le bacchette puntate su due dannate teste che purtroppo conosceva fin troppo bene. Due teste di cazze grifondoro, per essere corretti.

“Come al solito i due stupidi del golden trio si sono fatti riconoscere. Che novità. Sono persi senza di te, Granger” - sospirò Pansy entrando.

“Stupida sarai tu, siamo venuti per Herm. Per me tu potresti pure crepare qui dentro e ti assicuro che non verserei una lacrima” - sibilò Ron.

Sebbene arrabbiata Hermione non poté che sentirsi scaldare il cuore. Quelli erano i grifondoro: leali e coraggiosi, non importava quale fosse il rischio.

“Beh la prossima volta fossi in voi mi nasconderei meglio sotto questo… Mantello dell’invisibilità giusto? Carino, mi serviva proprio” - tubò la Malfoy accarezzando la stoffa dell’oggetto magico.

“E’ mio, non puoi prenderlo” - ringhiò Harry

L’altra rise: “Toglimelo se ci riesci. Ma il primo di voi che ci prova vi assicuro che va a fare compagnia alla ragazza morta. E vi assicuro che potrei farlo senza neanche rompermi un’unghia”.

Non sembrava una minaccia quanto più una constatazione.

“E adesso che ci siamo tutti mi fate capire cosa diavolo sta succedendo?” - sibilò Nicholas chiudendo con la magia la porta dietro di sé e lanciando un incantesimo silenziante – “Se questo qui è nostro nipote, voi chi siete?”

Draco sentì trafiggere da dieci paia di occhi. Inclusi quelli color miele che tanto amava.

“Nostro nipote?” - gli sibilò la proprietaria dei suddetti occhi, che però al momento sembravano più essere incendiati di ira.

Il giovane fece un cenno vago con la mano: “Non è che sia stata proprio una confessione spontanea a cuore aperto. Questi due sono pazzi.”

Andromeda li guardava fisso tutti e tre, cercando di riconoscerne una qualche somiglianza. Poi si avvicinò e velocemente, prima che nessuno di loro potesse far nulla, puntò la bacchetta e disse Revelio

In pochi secondi gli occhi sfumarono nuovamente verso il grigio-azzurro e i capelli si accorciarono e riacquistarono la sfumatura di biondo chiarissimo abituale, la bocca si ammorbidì appena.

“Diavolo è uguale a Lucius” - mormorò semi inorridita. Un Lucius Malfoy bastava e avanzava.

“Grazie eh? E se vuoi la verità molti dicono che assomiglio a mia madre. Anche la Granger me l’ha detto!” - borbottò l’altro in risposta mettendo il broncio. Sin da piccolo tutti non facevano che ricordargli quanto fosse simile a suo padre. Addirittura crescendo lo avevano scambiato per lui ad un paio di feste in società, al punto che sua madre nel corso dell’ultimo anno li costringeva a vestirsi in colori diversi. Ridicolo. Era decisamente stufo... e poi quella reazione era francamente eccessiva.

Sentì Arael ridacchiare: “Oh Drom, decisamente assomiglia alla madre. Soprattutto nel carattere direi. E dimmi un po’ gli occhi non ti ricordano nessuno?”.

Vide sua zia avvicinarsi e scrutarlo a fondo. Poi emise una sorta di gemito soffocato.

I gemelli ormai ridevano apertamente, ed anche i grifondoro ebbero qualche difficoltà a trattenere una risata. I due maschi sicuramente aiutati dal fatto di avere ancora la bacchetta della giovane strega dai capelli chiari puntata addosso.

“No ti prego, non possiamo diventare cognati. Non fraintendermi, Lucius come amico va anche bene...ma la mia piccola Cissy con lui…” - iniziò a dire, prima di lasciar cadere la frase nel vuoto. Se quello che diceva la fotografia era vero decisamente non avrebbero passato natali e feste comandate insieme. E avrebbe lasciato sola sua sorella con Bellatrix e la famiglia di quel pazzo di Abraxas.

“Ah ma non ti preoccupare, quei due stanno benissimo insieme. Fin troppo a dire il vero. Hai presente quelle coppiette che stanno sempre a sbaciucchiarsi? Ecco loro tra vent’anni. SI sono anche regalati un’isola ai caraibi dove vanno almeno un mese l’anno. Gestiscono il patrimonio insieme, vanno alle feste, agli eventi di beneficenza, a qualsiasi cosa ti venga in mente. Sempre insieme. Sempre mano nella mano a pomiciare appena ne hanno l’occasione. Credimi, uno strazio”- ribatté lamentoso Draco.

“Anche alle riunioni dei mangiamorte?” - chiese Andromeda piano, spezzando l’atmosfera.

Il giovane Malfoy scosse la testa: “No mamma ha partecipato solo una volta, che io sappia…lo scorso maggio. Ma è stato per salvare me. Altrimenti è sempre andato lui da solo”.

“Ma tuo padre lavora mai? E trova anche il tempo di attentare alla nostra vita… sono impressionato” - sibilò invece Harry, irritato dal racconto di Malfoy.

“In che senso?” - chiese distrattamente la giovane Black. grata di togliersi dalla mente l’immagine di sua sorella che amoreggiava con Lucius.

“Ah chiedilo al tuo caro nipote. Fatti raccontare di quando il suo amorevole paparino ha consegnato un diario a mia sorella per far sì che aprisse la camera dei segreti e liberasse un basilisco maledetto che per poco non ci ammazza tutti” - ringhiò Ron. Ma che diamine, tutti a fare le presentazioni e loro ancora sotto minaccia di morte da parte di una pazza dai capelli color platino.

“Ti ricordo che il basilisco non uccide i purosangue, lenticchia.”- ribatté il biondo lanciandogli uno sguardo d’odio.-” In teoria, almeno”.

“Grazie eh, sono commossa”- Hermione represse a stento l’istinto di tirargli il pesante fermalibri a forma di serpente che ornava la bella scrivania di mogano e che, guarda caso, era proprio a portata di mano.

Nicholas se ne accorse e allontanò con discrezione l’oggetto, poi si rivolse alla sorella e sbottò: “Vedi, io te l’ho detto che è deficiente. E si può sapere perché tu non glielo hai impedito? Sei la sorella maggiore, dovresti evitare che faccia queste stronzate”.

Calò il gelo tra i presenti. Era diventato fin troppo chiaro che la giovane Malfoy non avrebbe visto nulla di quanto sarebbe accaduto negli anni successivi. La strega scosse la testa, come a scacciare quel pensier e indicò invece Ron ed Harry: “E questi due? Chi sono? Realmente intendo”

“Harry Potter e Ron Weasley. E lei è Pansy Parkinson, dovreste conoscere almeno suo padre. E io mi chiamo sul serio Hermione Granger.” - rispose la giovane grifondoro prendendo fiato- “Diciamo che da dove veniamo il passatempo preferito di Voldemort è cercare di uccidere Harry. Ma non siamo qui solo per salvare lui. Siamo qui per salvare il nostro futuro, il vostro futuro. Andromeda ti ho dato la lettera, veramente non vuoi aiutarci”.

Fu la volta di Draco ghignare: “La lettera, Granger? E così anche tu hai i tuoi piccoli segretucci, eh? “

Hermione si morse le labbra e poi si rivolse nuovamente verso la giovane strega castana.

“Allora, ci aiuterai? Darai retta alla te del futuro?”.

La ragazza si mordeva le labbra ma quando alzò la testa il suo sguardo era deciso.

“Mi assicuri che ne vale la pena?”- chiese con un sorriso amaro.

Il viso di Harry, non più sotto la minaccia della bacchetta si aprì in un sorriso: “Oh, assolutamente sì. Non hai neanche l’idea di quanto”.

“E ora se non è troppo disturbo vi siederete qui e ci racconterete tutto quello che dobbiamo sapere. Visto che tanto noi due saremo fuori gioco e la signorina Black qui presente avrà tutti gli interessi di seguirvi in questo stupido piano” - concluse Nicholas sedendosi accanto alla sorella e cingendole  la vita con un braccio.

Hermione prese fiato e si preparò a narrare una lunga storia, che iniziava con un bambino lasciato davanti al numero 4 di Privet Drive, davanti alla porta del Signore e della Signora Dursley. Cercare di spiegarsi senza interferire con lo svolgimento del tempo era una prova piuttosto difficile, ma lei era la giovane strega più brillante della sua generazione. Ci sarebbe certamente riuscita.

 

 

 

 

Passati i primi giorni di tensione, la sorveglianza sugli studenti venne allentata e la vita riprese con la solita routine degli studenti di Hogwarts, anche se aleggiava uno strano senso di pericolo. Silente non era ancora tornato e al suo posto le lezioni di trasfigurazione erano tenute da una giovane quanto promettente strega di nome Minerva McGranitt. I Grifondoro erano al settimo cielo e fu ben presto chiaro che la professoressa aveva un occhio di riguardo per dei talentuosi ma irrequieti studenti del primo anno.

L’aria iniziava a farsi decisamente più tagliente e i grandi alberi del cortile avevano ormai da tempo perso il colore verde brillante dell’estate per lasciare il passo alle prime sfumature calde e morbide dell’autunno. Hermione respirò a fondo, quella era stata da sempre la sua stagione preferita. Il problema era che quel cambio di temperature segnava che il tempo a loro disposizione stava lentamente scivolando via.

Draco sembrò intuire il suo malumore quando le arrivò alle spalle e la strinse in un abbraccio, posandole un delicato bacio sul collo. La giovane grifondoro ridacchiò, giocando con una ciocca dei suoi capelli e avvicinandolo a sé, mentre le labbra del giovane risalivano leggere sino al punto morbido e delicato dietro l’orecchio.

“Uno zellino per i tuoi pensieri, Granger”, le disse mordicchiandole il lobo, mentre la mano iniziava a danzare contro la sua vita salendo leggera sul costato per fermarsi poco sotto al seno.

“Solo uno zellino? Sei ricco o no? Potresti fare di meglio” - ridacchiò girandosi in modo da guardarlo negli occhi. Ancora faceva fatica ad accettare quella trasformazione fisica ma quando alle labbra salì il solito ghigno ritrovò tutto il suo Draco Malfoy.

“In effetti. Ma sai cosa ci insegnano da piccoli? Che bisogna saper gestire bene i propri soldi. Quindi potrei offrirti un galeone, ma solo se i tuoi pensieri ne valgono la pena” - le disse sogghignando, mentre la ragazza gli passava piano una mano sul viso, fermandosi poi sulle sue spalle.

“Oh, credimi, ne rimarresti stupito” - mormorò con uno sbrilluccichio divertito negli occhi castani, prima di posargli un bacio leggero sulle labbra. Il ragazzo le passò una mano tra i riccioli ribelli, per poi prenderle il viso tra le mani, mentre la sua lingua diventava più insistente.

Hermione iniziava a sentire caldo. Erano diverso tempo che non stavano insieme, i primi tempi nel passato erano stati troppo impegnati a schivare compagni di casa pazzoidi e minacce di morte. La grifondoro gli cinse il collo con le braccia, staccandosi giusto il tempo di respirare prima di impossessarsi nuovamente delle sue labbra. Anche sotto le nuove sembianze erano morbide e calde cosi come se le ricordava dal loro presente.

Draco la spinse contro il muro in una nicchia del chiostro, tenendola sollevata così che potessero essere alla stessa altezza. Sempre con le braccia ben salde e senza lasciargli il tempo di allontanarsi troppo dalle sue labbra, la giovane strega approfittò dell’appoggio per passare le gambe attorno alla sua vita e stringerlo più a sé.

“Draco, sai che potrebbe passare qualcuno da un momento all’altro?” - gli sospirò in un orecchio, sentendo le mani di lui risalire veloci lungo la coscia.

Lui ridacchiò: “E ti dispiacerebbe tanto? Dimmi non ce l’hai sulla lista delle cose da fare prima di lasciare Hogwarts? Fare sesso en plein air qui a scuola”.

La giovane sospirò avvicinando la testa del ragazzo contro la sua clavicola, in modo che iniziasse con la sua serie di baci e morsi lì proprio dove era particolarmente sensibile.

“Ma quello l’abbiamo già eliminato. A febbraio, ricordi? “- gli mormorò in un orecchio.

“Oh eccome se me lo ricordo. È stato quando hai capito che hai un talento naturale nello stare sopra. Per Merlino Granger, solo a ripensarci non ho potuto camminare propriamente per giorni” -rispose lui mentre la sua lingua saettava leggera dentro la sua bocca e spingendola più forte contro la parete.

“E non hai paura che passi di qui qualcuno e possa beccarci. Che ne so... Harry...la McGranitt…Lumacorno… tua madre” - disse lei soave, divertendosi un mondo. Per quanto apprezzasse la situazione avere un rapporto nei corridoi di Hogwarts e rischiare di essere espulsa non era tra gli obiettivi della sua vita. In nessun periodo storico. Ed era meglio che il serpeverde lo capisse sin da subito.

Il ragazzo si pietrificò così com’era, con una mano sopra il suo seno e l’altra che la sosteneva sotto le natiche.

“Cazzo Granger, così mi ammosci tutto però” - si lagnò lasciandola andare.

Lei ridacchiò prendendogli la mano e posandogli un bacio leggero sulla guancia: “Perchè non andiamo in delle stanze vuote al piano superiore. Ne abbiamo scoperte tante da quando siamo tornati. Ho voglia di un po’ di normalità”.

Draco sospirò ma poi sulle labbra gli tornò il solito ghigno. La sollevò tra le braccia e iniziò a risalire verso il secondo piano.

Hermione si strinse a lui ancora ridendo: “Ma non avevi detto che ti eri ammosciato”.

“Oh Granger, povera piccola illusa di una grifondoro” - celiò stringendola più a sé- “Piuttosto questa volta decido io, sappilo”.

“Va bene, Malfoy. Ma solo questa volta” - disse la ragazza iniziando a succhiargli il lato del collo con un movimento lento ma deciso.

Draco per un momento si chiese se sarebbe riuscito a raggiungere in tempo una stanza vuota e libera, dannata piccola strega. Aveva scoperto un mostro dietro quell’adorabile aria da secchiona. Cercando di concentrarsi su altro decise che era decisamente tempo di affrettarsi.

 

 

 

 

Anche quella sera Andromeda era sparita. Si comportava in maniera strana dall’estate precedente ma negli ultimi giorni era decisamente peggiorata. Non solo era distratta e  non dava più retta né a lei né a Bellatrix, ma passava giornate intere in biblioteca insieme ai nuovi arrivati, e ancora più strana, ai maggiori dei Malfoy. Spesso li trovava a parlottare tra di loro e a lanciarle strane occhiate. Non ce la faceva più. La stava cercando per parlarle di una pozione particolarmente complicata che voleva provare di nascosto con Severus ma, appunto, ancora una volta era come volatilizzata. Inoltre aveva assolutamente bisogno di parlarle di Bellatrix. Assolutamente, stava andando fuori controllo.

Narcissa era una giovane strega promettente, ben educata, intelligente e molto bella. Quello che sicuramente non era, però, era essere una ragazza paziente. Doveva mettere fine a quella pagliacciata e parlare con sua sorella. Quella sera stessa, anche se era già passata da tempo l’ora del coprifuoco.

Andare in giro con i suoi costosi e raffinati vestiti o con la divisa di serpeverde era fuori discussione, l’avrebbero notata a miglia di distanza nonostante fosse piuttosto brava a scivolare nell’oscurità. Dote che aveva sempre utilizzato più che altro per origliare conversazioni private a Villa Black, a dire il vero. Per mimetizzarsi meglio decise di prendere in prestito dei vestiti babbani che una sua compagna mezzosangue teneva ben nascosti in fondo al baule, o almeno così credeva lei. Li prese in mano e li squadrò a lungo, sospirando prima di infilarseli. Quella specie di pantaloni elasticizzati blu scuro erano decisamente diversi dai tessuti pregiati cui era abituata e quella strana maglia con il cappuccio e una tasca davanti non la capiva assolutamente. Per fortuna la taglia era giusta e bastò un piccolo tocco di magia per far adattare perfettamente i vestiti al suo corpo. Però, anche se stretti quello strano pezzo di abbigliamento era decisamente confortevole. Tirò su il cappuccio e sgattaiolò velocemente fuori dalla sala comune. Quella sera il turno era a Tassorosso ma conosceva entrambi i prefetti e sapeva che  avevano un debole per lei, anche se fosse stata beccata di certo non era un gran problema.

Un’ora e mezza e diversi chilometri macinati in giro per il castello dopo di Andromeda ancora non c’era traccia. Si sedette imbronciata su una panchina poco fuori dalla serra accanto al grande albero di magnolia dove lei e le sue sorelle spesse si ritrovavano per sfuggire alla calca degli studenti e stare un po’ in pace. Narcissa si chiese cosa sarebbe accaduto nei prossimi anni. Le sue sorelle sembravano allontanarsi sempre di più.  Bellatrix ormai stava per sposarsi ma in realtà la persona a cui era profondamente devota non era affatto quel povero sciocco di Rodolphus, che stravedeva per lei. No l’unico oggetto di ammirazione e amore di Bellatrix Black era indubbiamente Lord Voldemort. Erano mesi che non parlava di altro, che non pensava ad altro. E quando Narcissa si era rifiutata di partecipare alle riunioni la sorella non l’aveva presa bene. Con un brivido si chiese se Bella e i suoi amici c’entrassero davvero con la morte della babbana o se fossero solo voci infondate.

Era presa dai suoi pensieri che non si rese nemmeno conto che qualcuno si fera avvicinato e la guardava seduto sul bordo della fontana, poco distante.

“Una Black in abiti babbani… credo che ci sia qualche tuo antenato si stia rivoltando nella tomba. E tra tutte proprio la reginetta del bon ton dei purosangue per giunta”- una voce strascicata e divertita la distolse dai suoi pensieri. Alzò gli occhi maledicendosi per essersi lasciata beccare. Lucius Malfoy la guardava con un lampo divertito nei profondi occhi grigi, i capelli chiarissimi che rilucevano alla luce della luna.

Lei lo fulminò con lo sguardo alzandosi e parandoglisi davanti.

“Stai bene cosi, lo sai piccola Black? Dovresti metterti cose più… aderenti… invece di quei completini da principessina che indossi di solito” - chiosò senza toglierle gli occhi di dosso.

“Grazie per l’inutile lezione di moda, Malfoy. Piuttosto sai dov’è mia sorella?”- chiese stringendosi il maglione addosso. Si era decisamente infreddolita a stare su quella panchina.

“Si lo so. Entrambe le tue sorelle a dire la verità” - le disse sfoderando il solito ghigno.

“E pensi di dirmelo? “- sospirò esasperata. Ma dov’era quella maledetta Carrow quando c’era bisogno di lei? Perché non se lo portava dentro qualche sgabuzzino?

Lui si avvicinò e si chinò su di lei, sino a sfiorarle i capelli con le labbra. Narcissa ebbe un involontario e inatteso brivido mentre guardava i suoi lineamenti affilati da così vicino.

“Solo se prendi il boccino prima di me, piccola Black. Drom dice che, anche se non lo mostri a scuola, perché, e cito testualmente quella dannata testarda si è lasciata convincere da nostra madre che non sta bene per una ragazza come lei, sei davvero brava a volare.” - le soffiò nell’orecchio, un secondo prima di prenderla per il polso e iniziare a trascinarla verso il campo da Quidditch.

“Forse ti sfugge che il campo a quest’ora è chiuso e io non ho una scopa. E c’è il coprifuoco” - tentò di protestare la giovane serpeverde mentre lui le ridacchiava dietro.

“E questo è davvero un problema per l’ultima della nobile e antichissima casata dei Black? Sei con me, io sono un prefetto e se ci beccano al massimo ci riporteranno al caposcuola che, guarda caso, è mio fratello. O al capocasa, che è Lumacorno che mi adora e non fa altro che guardarti il sedere quando esci dalla sua classe” - le disse di rimando.

Lei si bloccò con espressione schifata: “Argh… ma è disgustoso. Lui è un vecchio ed è un mio professore. Non dire mai più una cosa del genere. E poi tu che ne sai scusa?”

Lucius si fermò di colpo e si girò per guardarla negli occhi. Ancora quel lampo: “Scommetto che con il tuo bel cervellino puoi arrivarci da sola…E ora, piccola Black… accio!” -prima che Narcissa potesse colpirlo per quel discorso così fuori luogo, richiamò due scope che si frapposero fortunosamente tra di loro.

“E ora andiamo, principessa. Se prendi tu il boccino  ti dirò dove sono le tue sorelle. Se lo prendo io… Beh ci penserò poi” - disse sornione mettendosi a cavallo della scopa e tirando fuori la scatola con il boccino d’oro- “Pronta?”

“Sono una Black, Malfoy. Sono sempre pronta. E per la tua molto non plausibile richiesta nel caso vincessi tu la scommessa puoi sempre chiedere consiglio alla tua ragazza, che dici? Anzi, come mai non me la ritrovo sul collo come al solito?”.

Il ragazzo non rispose ma il sorriso gli si spense sul volto. Fu solo un attimo perché poi il boccino d’oro impazzito iniziò a schizzare da una parte e l’altra e i due iniziarono la loro corsa furiosa per essere i primi a prenderlo.

Lucius rimase sorpreso nel vederla partire come una scheggia, completamente a suo agio sulla scopa da corsa. La figura minuta le consentiva di infilarsi anche in spazi molto stretti e davvero aveva una padronanza del volo che lo aveva stupito. Soprattutto per come era riuscita a mantenerlo nascosto per i primi tre anni di scuola. Offeso nel suo orgoglio partì all’inseguimento, appiattendosi contro il manico per guadagnare velocità.

Dopo una serie di rocamboleschi tentativi di recupero il boccino sembra sparito e i due volavano in circolo, cercando di avvistarlo.

Il silenzio venne rotto dal ragazzo che se ne uscì serio:

“Perché cerchi le tue sorelle?”.

La giovane approfittò della pausa per legarsi i capelli in una lunga coda alta prima di rispondere.

“Devo parlare con Andromeda, sia lei che Bella si stanno comportando in maniera strana, Troppo”

L’altro sembrava ipnotizzato dal movimento di quei fili dorati alla luce della luna, le guance rosse per la corsa, il respiro leggermente più affannato del solito.

“Non pensi che stia facendo qualcosa per la quale è meglio non disturbarla?” -le volò vicino, da quella distanza ne poteva sentire distintamente il suo profumo. Lo stesso che lo torturava ogni volta che le passava accanto.

Narcissa lo fulminò con lo sguardo: “Per Merlino Malfoy, non tutti sono degli assatanati come te e quella dannata pazza che chiami fidanzata.”

Ancora una volta l’accenno a Cassandra fu una doccia gelata. Cercò di distrarsi e concentrarsi nuovamente nel cercare di vedere il bagliore dorato delle ali del boccino.

“Beh ma è quello che sta facendo tua sorella. Entrambe le tue sorelle a dire il vero” - le disse malizioso, continuando a volarle pigramente intorno,mentre dal cielo iniziavano a cadere grosse gocce di pioggia.

“Ah certo e casomai tu sai anche chi è il misterioso ragazzo di Andromeda, scommetto.  E piantala di starmi attorno e svolazzare come un dannato pipistrello” -rispose imbronciata.

“Oh, credimi, non vuoi saperlo…. Dannazione…” - borbottò il serpeverde.  La giovane strega era infatti partita in picchiata, avendo intravisto alla luce di uno dei lampi il riverbero del boccino. Si infilò veloce sotto la gradinata, e lui la seguì a ruota.  Si allungò più che poteva per afferrare la piccola sfera d’oro ma dovette sterzare di colpo per evitare di finire contro uno dei pilastri. Pochi secondi e il dannato coso volante era nuovamente sparito.

Malfoy si era già portato nuovamente al centro del campo di gioco per avere la visuale sull’intero stadio. Narcissa volò nuovamente al suo fianco, cercando di ripararsi gli occhi dalla pioggia.

“Vuoi darti per vinta Black? Sia mai che ti si rovini l’acconciatura con questa umidità” - la stuzzicò rilassandosi nuovamente sulla scopa.

“Tra i due sono quasi certa che quello fanatico della propria immagine sia tu. ”- rimbeccò iniziando a volare a zig zag.

Il ragazzo era immobile sulla sua scopa e la fissava senza perdere un suo movimento.

“Sai che non c’è bisogno di tutto questo? Fare finta di non saper volare a questo modo, dire sempre la cosa giusta secondo l’etichetta, pretendere di essere assolutamente nella media. Perché fai tutto questo? ” -le chiese senza scomporsi.

Narcissa si gelò per un attimo, sentendosi scrutare da quello sguardo argenteo solitamente glaciale ma che ora sembrava avere una sfumatura di calore che non gli aveva mai visto. Già perché? Forse perché sin da piccola sua madre non le aveva fatto altro che ripetere che l’unica cosa che contasse per lei era la bellezza. La sua bambolina dagli occhi azzurri e i morbidi capelli biondi. D’altronde Bellatrix era quella carismatica, Andromeda quella intelligente. Lei cos’altro poteva essere?

Lucius le si era avvicinato e ormai le era di fronte a pochi centimetri. Era così dannatamente vicino, troppo vicino. Come al rallentatore lo vide allungare una mano verso il suo viso, quasi a sfiorarle la guancia.

Ma non sentì mai il tocco delle sue dite, pochi secondi dopo il sorriso dolce venne sostituito da un ghigno.

“Preso!” - esultò tenendo il boccino tra le mani e sventolandoglielo davanti agli occhi.

Narcissa per un secondo dimenticò tutto quello che le era stato insegnato circa la compostezza, la moderazione e la necessità di un linguaggio adeguato. Tirò fuori la bacchetta e lo schiantò disarciondandolo in malo dopo dalla scopa.

Nonostante avesse perso, il tonfo che Lucius fece cadendo sull’erba fu decisamente soddisfacente.

“Cazzo Black, e poi dicono che sia Bella quella pazza!” - le urlò prima di esplodere in una risata.

 

 

Rientrarono a serpeverde in silenzio, Narcissa furente per l’umiliazione di essersi fatta fregare in una maniera tanto stupida. Rabbrividì di freddo, nonostante l’incantesimo assorbi acqua la temperatura della notte non era di certo piacevole. Lucius le lanciò uno sguardo obliquo e le rivolse uno dei suoi rari sorrisi, togliendosi il mantello e mettendoglielo addosso.

Lei fece per protestare ma lui non l’ascoltò e per tutta risposta glielo chiuse e le tirò su il cappuccio. Si rese conto che lo aveva riscaldato con la magia prima di metterglielo addosso.

“Oh andiamo, principessa. Io posso trovare una giustificazione per essere in giro a quest’ora. Mettiti questo e almeno nessuno ti noterà. E poi stai gelando: se ti senti male dopo che ti ho fatto volare sotto la pioggia tua sorella mi stacca la testa.” - le disse ridacchiando e precedendola.

Di fronte alla sala comune lei lo fermò: “Posso chiederti una cosa?” Era nervosa, non le piaceva essere in debito verso qualcuno, soprattutto con Lucius Malfoy.

“Anche se hai perso? In via del tutto occasionale, ma non mi chiedere dove è tua sorella per favore. Soprattutto Andromeda”.-rispose lui ancora con quel  sorriso.

La giovane strega annuì e lo fissò dritto negli occhi, chiedendo in un soffio : “Bellatrix c’entra niente con la ragazza morta?”

Lucius la guardò a lungo. Quando l’aveva vista da sola nei giardini non riusciva a credere alla sua fortuna, era raro trovarla da sola senza che ci fosse nessuno a disturbarli. Senza le sue sorelle, senza quel dannato ragazzino giunto dal nulla. Senza Cassandra.

Maledetta Arael e quando gli aveva instillato l’idea che fosse Narcissa la donna per lui. Come se già non avesse notato quella cascata di capelli dorati, le lunghe ciglia naturali che orlavano i brillanti occhi azzurri come il cielo d’estate, la curva morbida della bocca che si schiudeva in una risata sincera. Crescendo la tortura di guardarla stava diventando insostenibile. Anche perché ancora una volta gli venne in mente cosa avrebbe potuto fare Abraxas se avesse cercato di annullare il fidanzamento con quella che sembrava la sua pupilla.

Era così diversa dalle sue sorelle, in particolare da Bellatrix. Non avrebbe sopportato la verità, non ancora. In fondo era anche per quello che la sua futura moglia sarebbe stata Cassandra, cosi devota  alle arti oscure. Narcissa era convinta della superiorità dei purosangue ma non avrebbe mai voluto che si sporcasse con quello che andava necessariamente fatto. Sarebbe restata per sempre cosi ai suoi occhi. La principessa di Serpeverde che continuava a sognare ogni notte.

Le si avvicinò e le posò un bacio leggero sulla fronte, aspirandone per un’ultima volta il profumo.

“Buonanotte, Narcissa” - le disse mentre l’entrata della sala comune si apriva. Sgattaiolò dentro e si diresse veloce verso i dormitori.

La giovane Black rimase per un secondo imbambolata. Per la seconda volta in poche ore aveva sperato che Lucius Malfoy la baciasse. Batté un piede in terra per la rabbia, che stupida che era stata! In quel momento si accorse di avere ancora indosso il suo mantello. Stringendoselo addosso entrò silenziosa.

La sala comune però non era vuota come credeva.  Dalla poltrona accanto al camino, nascosta dall’ampio schienale di pelle, era raggomitolata un’aggraziata figura femminile. Narcissa non la notò mentre scivolava verso il suo letto, certa che non sarebbe riuscita a dormire.

Cassandra la guardò con odio, le mani poggiate sulla pagina del piccolo libro rilegato in pelle nera che teneva in grembo. Un libro proibito da molti anni che le aveva procurato il suo futuro suocero. Era giunto il momento di mettere fine a quella patetica sceneggiata.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6° ***


*WARNING: Aggressione a sfondo sessuale e violenza*

 

Hermione si sentiva sempre più inquieta, erano giorni che nei suoi sogni il volto della babbana morta si sovrapponeva al suo e si svegliava di soprassalto al minimo rumore. Serpeverde già di per sé non poteva essere considerato un posto sicuro in generale, in quegli anni poi si rese conto di essersi imbarcata in una missione suicida. Cosa che non era molto diverso da quello che accadeva normalmente, solo che quella volta la sensazione di pericolo non la lasciava neanche per un attimo. La morte di quella ragazza non era di certo stato un caso, non con Bellatrix e la sua gang così su di giri.

Da quando erano riusciti a parlare con Andromeda e i Malfoy poi, quell’immobilità la stava esasperando. Sul serio non si rendevano conto di cosa ci fosse in gioco? Per quanto avrebbero fatto finta di niente?

Si rigirò per l’ennesima volta nel letto e poi ammise che non si sarebbe mai riaddormentata, tanto valeva fare qualcosa di utile. Si girò a guardare verso il letto di Pansy, ma era vuoto. Così come quello di Cassandra. E di Andromeda. Ma dove diavolo erano tutte?

Si alzò cercando di non disturbare le compagne del dormitorio e si infilò velocemente sopra la maglietta oversize che usava per dormire un maglione che aveva rubato a Draco l’ultima volta che erano stati insieme. Si strinse nella maglia. Odorava ancora di lui.L’aria stava decisamente virando e l’autunno era entrato prepotente nelle lore vite.

Tirò fuori il libro che stava leggendo in quel momento sulla storia e i misteri di Hogsmeade. Tutti erano sempre abituati ad associarla a Mielandia, o al pub o ancora a quell’orrida sala da the di Madame Piediburro. Invece, come tutte le piccole cittadine scozzesi,  anche il luogo di ritrovo degli studenti di Hogwarts era ricco di segreti e di storia oscura.

Nella sala comune trovò una giovane Carrow furiosa che la superò a grandi passi, spintonando senza grandi cerimonie. Nelle mani contratte teneva una sorta di libricino dalla copertina nerissima che Hermione era certa aver già visto. Non che fosse insolito, con tutti i volumi che divorava.

E una l’aveva trovata, ma ora dove diavolo era era la Parkinson? Dopo la lite con Rabastan Lestrange non era certa che stesse frequentando già qualcuno, ma di certo Pansy non era una ragazza che amava piangersi addosso o attendere che quello che voleva accadesse da solo. Piuttosto si faceva strada tra i cadaveri. Letteralmente.

La giovane grifondoro sorrise, in fondo erano simili. Se solo non fosse stata una psicotica serpeverde con la lingua biforcuta sarebbero potute essere amiche.

Si era appena accoccolata accanto al camino quando la porta della sala comune si aprì ed entrò di soppiatto Andromeda, i capelli ancora scarmigliati e la divisa non proprio impeccabile.

Hermione le fece un segno dalla sua postazione e la serpeverde sospirando si avvicinò e si lasciò cadere con un sospiro sul divano.

La guardò fissa per un attimo, poi improvvisamente le chiese:

“Per Salazar Serpeverde sto morendo di fame! Chiamiamo un elfo?”.

Hermione si ritrovò completamente spiazzata. Di certo non era quella la reazione che si sarebbe aspettata. Un discorso fiume, magari. Domande sull’abbandono della famiglia, anche. Spiegazioni sul suo essere natababbana e suo nipote, al limite. Non l’invito ad uno spuntino di mezzanotte, o meglio  una colazione molto molto anticipata.

“Mmmm, non mi sembra carino farli alzare a quest’ora sai… senti io ho degli snack nel baule, che ne dici se mangiamo quelli.”- disse tentennante. Non voleva indispettirla ma chiamare un elfo nel cuore della notte solo perchè si aveva un languorino non era esattamente la sua idea di comportamento ideale.

La ragazza sbuffò, raggomitolandosi nella poltrona.

“Mmm, e va bene. io però provvedo con qualcosa da bere. Non vorrei strozzarmi con i tuoi dolci babbani, sai?”- le disse con un tono di voce appena udibile.

A quell’ora si sarebbe aspettata un the, un succo di zucca o al massimo. Fu piuttosto sorpresa quando con un movimento leggero della bacchetta richiamò una bottiglia di rum di ribes rosso e ne versò due generose porzioni

“Alla salute, Granger. E al vostro piano assurdo e alla distruzione dei sogni della mia famiglia”- le disse con un mezzo sorriso, facendo tintinnare il vetro del bicchiere contro quello di Hermione.

La grifondoro buttò giù un sorso del liquido ambrato, sentendosi andare a fuoco la trachea. Decisamente non ci era abituata, anche se non era di certo sgradevole. Vagamente si chiese se i futuri serpeverde venissero svezzati ad alcol invece che a latte visto la quantità che ne riuscivano a reggere. Gli unici che non aveva mai visto bere in quelle settimane erano i Malfoy. 

“Quindi ricapitolando l’idea è di prendere la collana il giorno della festa di fidanzamento ufficiale di Bella, che però non sarà che tra diverse settimane. Anche ammesso che riusciste a farvi invitare, cosa pensate di fare dopo?”- chiese fissandola di nuovo con quegli occhi penetranti.

Hermione si strinse nel maglione. Ci aveva pensato e ripensato sin da quando erano partiti.

“Non lo so esattamente, nessuno ci ha spiegato come distruggerlo. Immagino che ci saranno diversi incantesimi a protezione, non basterà una semplice fattura.”

Andromeda era piuttosto pensierosa: ”Decisamente. Piuttosto, dobbiamo innanzitutto capire questa famosa collana da dove venga, qual è la sua storia.Puoi mostrarmela?”.

Hermione annuì facendole vedere la foto che le aveva dato Tonks prima di partire.

La giovane serpeverde la fissò a lungo, guardando sua sorella ridere  felice come non la vedeva da tempo Al suo fianco però non c’era Rodolphus, ma Lord Voldemort. E al collo riluceva una splendida collana con un grosso smeraldo, che la mora  sembrava non riuscire smettere di toccare. Nella foto animata l’oscuro signore prese la mano di Bellatrix e se la portò alle labbra, mentre lei gli faceva una piccola riverenza. Talmente perfetta che neanche Narcissa avrebbe saputo fare di meglio.  Quello che la spaventava però erano gli occhi del mago. Erano freddi, come quelli di un serpente. Non c’era la minima traccia di affetto o di calore. L’unica cosa che riusciva a leggerci era una smania possesso.

Soppesò la foto tra le mani: “Ma c’è qualcosa inciso sul ciondolo o è una mia impressione?”.

Hermione si avvicinò curiosa, non ci aveva fatto davvero caso. Non perse tempo e usò la bacchetta per creare una lente di ingrandimento. In effetti qualcosa si vedeva, solo che non si capiva niente di cosa fosse.

“Proviamo con un incantesimo rivelante, chissà che non funzioni anche così”-mormorò levando leggera la bacchetta contro la carta. 

Engorgio per ingrandire i dettagli della pietra.

Verdimillious per rivelare oggetti celati dalla magia

Aparecium per far apparire le scritte nascoste.

E con loro sorpresa funzionò. Ora erano piuttosto chiaramente visibili una serie di segni. Rune forse? Eppure non assomigliavano a nulla che avesse mai studiato.

“Ti dicono niente?”-chiese la grifondoro seccata. Odiava quando non riusciva a capire qualcosa.

Andromeda  tamburello sulla foto per qualche secondo. “Sono certa di averli già visti… devo solo capire dove”:

Hermione sospirò. Un altro enigma da risolvere. Come al solito.


Quel sabato mattina la sala comune era ancora mezza vuota quando un grosso gufo grigio entrò fendendo l’aria frizzante di fine settembre per poi volare radente al tavolo di serpeverde per fermarsi davanti alla maggiore delle sorelle Black.  I begli occhi neri come la pece di Bellatrix brillarono riconoscendo la calligrafia sulla busta. Si prese un momento prima di aprirla, accarezzandola piano e pensando a come le mani dell’Oscuro Signore l’avessero sfiorata. Il suo cuore era gonfio d’orgoglio. Tra tutti i suoi seguaci ad Hogwarts, Lord Voldemort aveva scelto lei. Innervosita scacciò con un gesto secco la mano di Rodolphus che le stava accarezzando il braccio e si immerse nella lettura.

Sentiva gli sguardi degli altri al suo tavolo fissarla, ansiosi di sapere. Ricacciò in un angolo della sua mente il disappunto per il mancato entusiasmo delle sorelle minori verso la causa dei purosangue. Se Narcissa manteneva il suo signorile distacco, dimostrandosi però per lo meno accondiscendente verso la teoria della supremazia della loro razza, Andromeda sembrava sempre più infastidiva ogni volta che ne parlavano. Eppure anche lei era stata cresciuta con i suoi stessi valori, aveva frequentato i suoi stessi circoli sociali, l’aveva addirittura presentata al Signore Oscuro. Eppure niente, non era mai riuscita a coinvolgerla veramente.

Per fortuna che a Serpeverde poteva contare su un gruppo piuttosto compatto di simpatizzanti, se non addirittura seguaci di Lord Voldemort. C’era Rodolphus, ovviamente. Non avrebbe mai accettato di sposarlo se non avesse saputo che sarebbe morto per lei e per quello in cui credeva. Ed era certa che non si sarebbe mai opposto al suo amore per l’Oscuro Signore. E ovviamente anche Rabastan era nel cerchio degli eletti. Quasi tutto il suo anno a dire il vero: Dolohov, Bulstrode, Flint, McNair, Yaxley e ovviamente …

“Selwyn! Ho saputo che oggi hai un appuntamento speciale? E’ vero?”- disse piegando la lettera con attenzione. Incrociò le lunghe gambe guantate in stivali alti sopra il ginocchio e si girò  scoprendo i denti bianchissimi nella direzione dell’interessato. Tutti sapevano che quel comportamento non era affatto un buon segno.

Il ragazzo annuì, continuando a bere il suo caffè nerissimo e bollente. 

“Beh speciale… quello è ciò che le piace credere”commentò malevola la Carrow accanto a lei, spalmando uno spesso strato di marmellata vermiglia sopra il toast. Bellatrix la fulminò con lo sguardo. Da sempre erano in competizione per il favore di Lord Voldemort. Entrambe estremamente dotate, affascinate dalle arti oscure e ansiose di veder scorrere il sangue dei babbani. Per il momento, però Bellatrix era nettamente in vantaggio.

“Selwyn chi è quella pazza che ha accettato di uscire con te? Lo sa che probabilmente la trascinerai nel primo sordido angolo disponibile?”-Lucius Malfoy era appena arrivato al tavolo, sbadigliando e passandosi ripetutamente le mani tra i capelli color platino stranamente scarmigliati. Non aveva sentito nulla dei discorsi precedenti. Il suo cervello aveva solo recepito che una povera ingenuotta sarebbe stata annoverata tra le conquiste di Kyle.Era esausto, ma dopo aver sognato per l’ennesima volta le labbra morbide di una certa strega bionda che esploravano ogni centimetro del suo corpo aveva optato per una doccia gelida e una ricca colazione. Esattamente in quest’ordine.

“Buongiorno amore.Dov’eri ieri sera? TI ho cercato tanto. Avevo voglia di te ”- rispose al posto del ragazzo Cassandra, posandogli un dito appiccicoso e dolciastro sul labbro prima di baciarlo. Sentiva il suo sapore unito a quello delle amarene, fin troppo dolce per i suoi gusti. Rispose brevemente al bacio, prima di ripulirsi con discrezione e servirsi un’abbondante porzione di uova e pomodori fritti

“Mmm ne ho approfittato per allenarmi un po’ a Quidditch. Domenica abbiamo la partita contro Corvonero. Sempre che il nostro cacciatore non si spompi troppo”-mormorò.

“Credimi Malfoy non lo farà”- cinguettò Bellatrix.

Lucius la guardò stupito. Di certo non si poteva dire che la maggiore delle sorelle Black fosse una puritana, soprattutto dopo i racconti che lei stessa metteva in giro.

“Ah no? Ma dai Bella..un’altra ciliegia scoppiata da aggiungere alla collezione, lo sai come è fatto Selwyn.Spero solo che questa non si presenti domani in sala comune piangendo sulla verginità versata.”- ghignò prima di masticare il primo ricco boccone. 

Lo scattà d’ira di Bellatrix lo colse di sorpresa. Solo anni di riflessi allenati gli permisero di evitare di essere colpito dal pesante boccale che quella pazza gli aveva tirato addosso.

“Esce con la mia sorellina, deficiente. E,Kyle, se tieni alla possibilità di riprodurti  sarà meglio che ti comporti da gentiluomo. O mi occuperò personalmente di te. E per la cronaca alle diciotto siamo tutti convocati al solito posto. Fareste bene ad essere in tempo e più che presentabili. Tutti voi”-tuonò prima di andarsene.

Lucius fece ricadere pesantemente le posate nel piatto. Cazzo, pensò. Com’era possibile che Narcissa uscisse con quel deficiente? Uno dei suoi più cari amici e di certo uno dei migliori cacciatori che Serpeverde avesse mai avuto. Ma non di meno un emerito deficiente.

Cassandra ridacchiò inghiottendo l’ultimo boccone. La giornata che l’aspettava sarebbe stata decisamente interessante.



 

“Voglio lei”- disse Bellatrix spostandosi da davanti agli occhi un ricciolo corvino lucido come l’ebano e sedendosi in braccio a Rodolphus Lestrange, accarezzandogli le spalle.

Il ragazzo la guardò spalancando gli occhi :”Spero che tu stia scherzando, Bella. Dopo quello che ha fatto a Rabastan?”

La serpeverde gli ridacchiò contro le labbra, guardando di sottecchi l’oggetto del suo interesse.

“Proprio per quello la voglio. E’ spregiudicata. E non ha paura di sporcarsi le mani. Ci serve. E poi è un volto nuovo, nessuno penserà a lei”- disse con una vocina cantilenante.

Lestrange sapeva che quando faceva così non si preannunciava niente di nuovo. Gemette mentre la giovane gli afferrava il labbro inferiore con un morso.

“Ti prego amore mio. Tutto ma non dirmi che vuoi anche la dannata ragazzina che mi ha maledetto alla partita.”-mugugnò.

Bellatrix non si scompose e continuo a passargli le unghie sul sul collo,lentamente, toccandolo appena. Poi improvvisamente il tocco leggiadro si tramutò in morsa e gli afferrò i capelli, spingendogli la testa indietro e chinandosi su di  lui.

“Ovvio. Sarà la nostra stellina. Chi altro conosci oltre me così veloce con la bacchetta?E voglio anche il suo ragazzo. So che è uno di noi, lo sento.” gli soffiò sulle labbra prima premere con forza sulle sue, in un bacio impetuoso.Le mani del giovane salirono veloci lungo il busto, stringendola di più a sé.

“E una Black ottiene sempre quello che vuole”- ridacchiò staccandosi appena.

“Non avere mai dubbi su questo, Rodolphus. Potrebbe essere l’ultimo tuo pensiero cosciente”-replicò con un tono che mise i brividi persino ad uno come lui, che già aveva avuto la sua bella dose di torture sui babbani alle spalle. La guardò fissò: gli occhi lucenti, le labbra turgide, la capacità di piegare tutti ai suoi voleri. Per Merlino se l’amava. Lei era tutta la sua vita.  A breve si sarebbero sposati e non sarebbe esistito nulla che non fossero loro. Loro e l’Oscuro Signore. Presto nessun sanguesporco avrebbe anche solo osato posare lo sguardo sulla sua bellissima futura moglie. Niente avrebbe potuto offuscare la loro splendida vita a Lestrange Manor.





 

“Ma dai Herm, sul serio non andremo ad Hogsmeade? Ma che diamine! Già siamo bloccati in questo covo di pazzi, io voglio andare a prendere un po’ d’aria . E per pazzi intendo quelli della tua specie, Malfoy”- si lamentò Ron mettendo il broncio.

 

“Meglio pazzi che pezzenti Weasley, ricordatelo sempre”- sibilò l’altro immusonendosi a sua volta. La sua idea di weekend bloccati nel castello prevedeva di rinchiudersi in stanza con la Granger e non farla alzare dal letto se non per le necessità elementari. E mangiare non era tra queste, a cosa esistevano gli elfi domestici se non potevi farti portare gli spuntini senza uscire dalle lenzuola? Ovviamente ciò non prevedeva i due impiastri. Pansy si sarebbe arrangiata per conto suo, non era di certo un problema.

 

Hermione passò gli occhi da uno all’altro. L’unico che sembrava piuttosto tranquillo era Harry, Gli rivolse un sorriso, capiva bene come la testa del bambino sopravvissuto fosse altrove in quei giorni. Stava coronando il sogno di una vita di orfano, passare del tempo con suo padre. Anche se il James Potter che Harry aveva idealizzato e di cui gli avevano parlato come un uomo puro di cuore, leale e coraggioso, era un po’ in contrasto con il J. preadolescente che sfrecciava sulla scopa per i corridoi, versava ingredienti proibiti nei calderoni altrui per far esplodere le pozioni e soprattutto non perdeva occasione per tormentare il giovane Piton. Il tutto sempre inseparabile dai suoi migliori amici.

“Eddai Ron, non sarà così male. Puoi allenarti a Quidditch, visto che Frank ti ha chiesto di sostituirlo per la partita contro Tassorosso. Ti aiuterò e chiederò a mio padre di darci una mano. Sono sicura che anche i cacciatori si uniranno a noi. Lo sai,  la lealtà prima di tutto.. a Grifondoro”- l’ultima frase era stata detta lanciando un’occhiata obliqua ai due serpeverde.

I due però non sembravano affatto turbati.

“Potty caro, ti ricordi sì che tuo padre è un bambino viziato e irritante? Ah e che morirà. Tradito dal suo caro amichetto. Bella lealtà “- gli disse Pansy maliziosamente, strappando una risatina a Draco.

“Pansy, piantala.”- ringhiò Hermione- “Potreste smetterla tutti di comportarvi come se aveste cinque anni? Andromeda ha ragione, non ci siamo posti il problema reale su come distruggere la collana una volta che riusciremo a prenderla”

“Non dobbiamo prima capire come farci accettare dal Ku Klux Klan di zio Voldy?”- borbottò la speranza dei maghi, incrociando le braccia.

“Potter, ma quanto sei stupido? Ti ricordi che abbiamo già parlato con i miei zii? Hai vuoti di memoria? Qualche strana malattia babbana di cui vuoi parlarci”- sibilò Draco, continuando con il suo atteggiamento da martire. 

“No Malfoy, me lo ricordo. Solo che non mi pare che sia successo granché da allora. Chissà perchè non mi stupisco. Come si può pensare che qualcuno della tua stramaledetta famiglia possa essere di qualunque aiuto?”-rimbeccò Harry non lasciandosi sfuggire un’occasione così ghiotta.

Prima che potesse degenerare in una rissa Hermione si mise in mezzo ai due, pronti a saltarsi alla gola.

“Basta. Sul serio.Entrambi”- disse con voce minacciosa, frenando ogni tentativo dei due di scaricare la colpa sull’altro. I ragazzi si sedettero ma continuarono a guardarsi in cagnesco.

La giovane grifondoro tirò fuori la fotografia: “Abbiamo scoperto che nella collana ci sono delle iscrizioni. Cerchiamo di capire cosa vogliono cosa dire. O almeno che lingua sia”.

Ron la studiò: “Noi chi? Non dirmi tu e il furetto albino, non ci crederò mai”.

“No, Ronald. Io e Andromeda.”- sospirò la strega.

“Cosa dicevate dell’inutilità della mia famiglia, sfigati?”-celiò Draco mentre Pansy prendeva l’immagine dove ora erano chiaramente visibili delle incisioni all’interno della pietra.

“Ma infatti è stata la cugina di Sirius. Quella che ha mandato a fanculo tutto il resto della vostra congrega di maniaci del sangue, se te lo fossi scordato”-scattò Ron. Harry gli rivolse un grosso sorriso e batterono il cinque platealmente.

Draco stava per tirargli  dietro la prima cosa che gli veniva sottomano, nello specifico una grossa pietra che si trovava sulla balaustra della torre di astronomia quando l’imprecazione di Pansy lo fermò.

“Cazzo Pans, che succede?”- chiese preoccupato.La ragazza gli mostrò la fotografia indicando i segni.

“TI ricordano niente?”

Il giovane fissò l’immagine. Si, gli sembravano familiari, ma non riuscì a ricordare cosa.

“Quando ci siamo imbucati nella saletta accanto a pozioni, perchè Piton stava per beccarci nella sua aula. Quella che sembrava uno sgabuzzino per Gazza.”- scattò.

Draco annuì “ Sì come no, ho avuto paura che mi avrebbe castrato se mi avesse trovato a farlo nei pressi della sua preziosa spezieria. A dir la verità ero anche terrorizzato che cadesse qualcosa, non è stata una bella pensata infrattarsi li”- mugugnò.

“Fifone. Peccato che quella porta non l’abbiamo mai più ritrovata. Ricordi? In realtà all’interno era una stanza circolare con un grande quadro e basta.”- si spazientì.

Anche Hermione aveva finito la sua dose di buona creanza. L’idea che si stesse disquisendo da dieci minuti di posizioni sessuali che prevedeva il suo ragazzo con un’altra stava mettendo alla prova i suoi nervi.

“Sapete che non ce ne frega un cazzo delle vostre avventure piccanti?Merlino, avrò gli incubi”- tagliò corto Ron. Quei due gli stavano facendo venire la nausea e soprattutto lo sguardo ferito di Hermione lo stava mandando fuori di testa.

“Sta zitto lenticchia. Se mi avessi fatto finire ti avrei detto che quelli erano i segni nello specchio che la donna teneva in mano”-rimbeccò acida Pansy- “ E poi se vuoi ti racconto i dettagli, credo che invece ti potrebbero essere utili.Sia mai che tu riesca a soddisfare qualcuna”

 “Ah si.….”- stava per infuriarsi Ron quando Harry lo fermò. Non valeva la pena.

“Non ce l’hai d’oro Parkinson. E soprattutto non so perchè voi crediate che solo a Serpeverde si scopi”.- rispose acido il bambino sopravvissuto

“Oh ma io so per certo che non siamo i soli…”- tubò Draco per poi mordersi la lingua- “ Scusa Granger, riflesso incondizionato”.

“Oh ci sono tanti tipi di riflesso incondizionato...”.-rimbeccò subito la strega mora, ghignando.

Draco quasi si staccò la lingua con i denti per non scoppiare in una risata. 

L’aria intorno ad Hermione iniziò a tremare. Il gruppo capì che era decisamente il caso di smetterla, se volevano arrivare alla fine della giornata tutti interi.

“E, di grazia, sapete almeno chi fosse la donna del dipinto?”- il tono di voce era basso ma estremamente pericoloso.

Il giovane serpeverde annui : “Si, certo Granger. E’ famosa a Serpeverde. E’ la dama del Lago Nero. Si dice che Salazar Serpeverde abbia costruito la sua casa nei sotterranei per starle il più vicino possibile e avvalersi della magia oscura del lago. D’altronde l’hai visto da te, in alcuni punti possiamo salutare le creature marine. Maledette sirene incluse”.

La rabbia di Hermione si placò. Gli altri tirarono un sospiro di sollievo, anche quella volta avevano evitato di finire in coriandoli.

“Bene, almeno abbiamo un indizio. E ora, miei cari bambini dell’asilo nido, in biblioteca. Andiamo a cercare qualcosa su questa dannata dama. O sulla stanza..Dimostratemi che non siete solo dei bambocci viziati. Ron hai portato la mappa del malandrino?”- li incoraggiò.

Sebbene avessero tutti altri piani per la giornata nessuno osò fiatare.

Allontanandosi però Draco si avvicinò a Pansy e chiese piano : “Ma cos’è un asilo nido?”-

La ragazza scrollò le spalle. A saperlo. Ma di certo non sembrava un complimento.





 

Kyle Selwyn era esattamente quello che si era aspettata: il classico purosangue medio di buona famiglia, viziato e abituato ad ottenere quello che voleva. Cacciatore per la squadra di Serpeverde in realtà quello era il suo unico punto di forza. Per il resto i suoi voti erano nella media, così come la sua capacità di conversazione.  Era di bell’aspetto ma era di una noia mortale. L’aveva portata da Madame Piediburro come ogni coppietta di Hogwarts alla ricerca di un un posto un po’ appartato ma non troppo. Quel luogo le faceva venire la nausea, era così banale. E la proprietaria la fissava sempre di sottecchi come se si aspettasse da un momento all’altro che si rinchiudesse da qualche parte o che facesse volare qualcuno o qualcosa attraverso il locale. Evidentemente le sue sorelle avevano già mostrato il loro disappunto per una sala da tè così indegna di essere frequentata da una Black.

Per tutto il tempo in cui il suo accompagnatore blaterò del campionato e dell’ultima vittoria di Serpeverde, non poté fare a meno di tenere sotto controllo la porta. Non sapeva se sperare o temere che una certa coppia del quinto anno entrasse. Almeno sarebbe stato un modo per scappare da quel noioso appuntamento. Anche se non l’avrebbe mai ammesso, si divertiva un mondo a battibeccare con Malfoy, e soprattutto era molto soddisfatta di avere sempre l’ultima parola. 

Inoltre almeno con lui avrebbe potuto parlare di una pozione che aveva trovato da poco sul libro avanzato che aveva preso in  biblioteca, sapeva che era particolarmente bravo in quella materia. Amortentia. Sembrava che avesse un profumo diverso per ciascuno. a seconda di cosa si amava. Si chiese distrattamente cosa ci avrebbe sentito lei. L’odore dei biscotti che gli elfi cuocevano ogni natale, riempiendo villa Black dell’aroma di arancia e cannella. Quello della notte antecedente la caduta della prima neve. L’aria della biblioteca di Hogwarts la mattina del sabato, quando non c’era nessuno ai tavoli. 

Si morse il labbro inferiore, per impedirsi di identificare l’ultimo odore che avrebbe sentito. Non voleva pensarci. Non poteva pensarci. La voce di Kyle la riscosse dai suoi pensieri 

“Ti va di fare una passeggiata? Voglio farti vedere un posto speciale”.Narcissa annuì, un po’ di aria fresca le avrebbe fatto bene.

Camminarono per un lungo tratto, in silenzio, anche se Selwyn non le aveva mai tolto gli occhi di dosso. Senza accorgersene erano arrivati in prossimità della stamberga strillante. Il luogo era deserto, come al solito. Nessuno osava avvicinarsi, neanche le coppiette. Come diavolo erano finiti li?

“Sei molto bella oggi, Narcissa”-le disse appoggiando il dito sulle labbra. Evidentemente aveva frainteso il suo silenzio  per nervosismo o interesse.

La strega alzò gli occhi al cielo

“Grazie Kyle, ma me l’hai già detto. Tre volte da quando ci siamo incontrati questa mattina. Con esattamente le stesse parole”- sospirò.

“E’ che sei così bella. Potrei dirtelo per il resto della tua vita,sai? Ad ogni ora del giorno. E della notte”- ridacchiò il giovane offrendole il braccio.. 

E quattro. 

“E dimmi per te è questo che conta?”- lo interrogò già conoscendo l’ovvia e stupida risposta.

“Ovviamente. C’è davvero qualcos’altro che importi in una donna?”- disse svagato tirando fuori una fiaschetta d’argento con le sue iniziali incise sopra e bevendo un lungo sorso. Non era di certo la prima volta da quando si erano incontrati e la cosa iniziava a darle sui nervi.

La ragazza arricciò il naso, staccandosi dalla sua stretta.

“A parte l’intelligenza, la complicità, il rispetto,la capacità di portare avanti conversazioni interessanti…  no davvero non mi viene in mente nulla.”.-ribatté seccata.

“Hai ragione, c’è anche un’altra cosa che conta”-le disse avvicinandosi nuovamente. La serpeverde sentì un brivido lungo la schiena,gli occhi cerulei di Kyle erano diventati scuri come un cielo prima del temporale. 

“Siamo arrivati?”- chiese la giovane  cercando di riportare la conversazione su un terreno più neutro.

Lui ridacchiò e le puntò addosso la bacchetta, prima che potesse reagire aveva visto le sue labbra formare la parola Expulso e una forte scarica elettrica l’aveva colpita, facendola cadere in terra dolorante. Un secondo dopo la sua bacchetta volava via e Selwyin la bloccò in terra, schiacciandola con il suo corpo.

“Una donna deve eccitarti, a cosa serve altrimenti?”- la gentilezza inizialmente dimostrata era svanita. 

Narcissa si impose di restare il più calma possibile. Doveva solo riuscire a prendere la sua bacchetta.Peccato che la tenesse dietro la schiena e al momento ci fosse sdraiata sopra.

“Lasciami Selwyn. Mi stai facendo male.”- sibilò a fatica, cercando di divincolarsi.

“No piccola mia, non ancora. Ma non preoccuparti. Se fai la brava ti posso assicurare che durerà solo un attimo”- le ghignò mentre le mani risalivano veloci sulle gambe per infilarsi sotto la gonna. Si chinò su di lei e la baciò con prepotenza.

Per un attimo Narcissa aprì la bocca, in modo che lui si rilassasse. Pochi secondi dopo però gli morse con violenza il labbro.

Kyle lanciò un urlo di dolore e la schiaffeggiò forte.

“Ti piacciono i giochini , Narcissa? Beh avresti dovuto avvertirmi. Sarò ben lieto di accontentarti”- ringhiò con voce bassa- Un secondo dopo la parte davanti della sua blusa era stracciata, il seno coperto solo da un leggero reggiseno di pizzo candido come la sua pelle esposto. Il ragazzo le passò avidamente le mani sulla coppa, strizzandola senza grazia.

“Selwyn, non pensarci neanche. Dopo dovai uccidermi, lo sai? Perchè altrimenti verrò a cercarti, ti strapperò gli intestini e li userò per strozzarti”- ringhiò.

Il giovane sembrava imperturbabile, gli occhi ottusi che la scandagliavano. Sembrava che le sue mani fossero ovunque. La guardava con gli occhi scuri di desiderio, sembrava non sentirla neanche.

Narcissa iniziò a tempestarlo di colpi, inutilmente. Gli conficcò le unghie nel collo, ma niente sembrava turbarlo.

“Lasciami Selwyn. ORA!”- urlò. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di sentirla implorare o piangere.Doveva riuscire a rimanere calma e a mantenere il ricordo in un angolo della sua mente, dove quel maiale non avrebbe potuto trovarlo. Perchè solo cosi gliel’avrebbe potuta far pagare. E l’avrebbe fatto, parola di Black.

Chiuse gli occhi iniziando ad immaginare tutti i modi in cui si sarebbe vendicata.

“Excelsiosempra!”- sentì una voce maschile gridare. Una voce che conosceva bene. Evidentemente era già riuscita ad entrare in quella sorta di trance che stava cercando. Sorrise, pensando di essere riuscita a farlo prima di sentirlo dentro di sé.Non gli avrebbe dato neanche quella soddisfazione.

Improvvisamente si sentì più leggera. Il suo corpo reagì istintivamente e in un attimo era in piedi, con la bacchetta in mano. Sbatté gli occhi. Quella voce, era stata reale. Era arrivato qualcuno a salvarla come nel più classico dei cliché che tanto odiava. Per una volta però ne fu grata.

Selwyn era stato sbalzato in aria e poi era ricaduto violentemente in terra a qualche metro di distanza. Su di lui vedeva chiaramente la sagoma di  Lucius Malfoy in preda ad una furia ceca. Nell’aria non si sentiva altro che il loro respiro affannoso e il rumore disgustoso e sordo del pugno di Lucius che sbatteva contro le ossa della faccia del compagno di casa. Erano passati solo pochi minuti e già vedeva la mano del ragazzo sporca di sangue.

Selwyn emetteva solo dei gemiti, non stava neanche provando a difendersi. I due erano simili in corporatura, ma la ferocia del giovane biondo sembrava permettergli di soverchiarlo facilmente.

“Malfoy”- disse piano Narcissa. 

Nessuna risposta.

“Malfoy”- ripeté più forte quasi urlando. 

Niente.

Si avvicinò fino a toccargli la spalla.

“Lucius”- sussurrò appena. Il ragazzo si irrigidì e con il pugno ancora alzato si girò a guardarla. Gli occhi argentei erano lucidi dalla rabbia e dalla paura.

“Lui ...lui ti ha…”- mormorò appena, senza muoversi dalla sua posizione.

Narcissa scosse la testa, la mano ancora appoggiata su di lui, incurante della situazione dei suoi vestiti, dei capelli scarmigliati, del livido che andava formandosi sulla guancia.L’unica cosa che le importava era che aveva la sua bacchetta finalmente a disposizione.

“Lo stai ammazzando. Lascialo”- gli disse calma.

Lucius la guardò stranito “ E allora? Se lo merita. Va via, qui ci pensò io”

Ancora una volta Narcisse scosse la testa bionda, fissando la maschera di sangue che era ormai il volto di Kyle e puntandogli contro la bacchetta.

“Spostati per favore. Non vorrei colpirti accidentalmente”- mormorò piano, con calma gelida. Dopo un secondo il giovane annuì, si alzò e le si mise accanto, intrecciando le dita con quelle affusolate e gelide della mano libera della ragazza.

La più piccola delle Black inspirò a fondo. Come aveva detto Bella? La cosa più importante era la volontà di fare del male. E di certo quella non le mancava al momento.

“Crucio”- respirò appena.

Le urla di Selwyn presto riempirono l’aria. Erano così distanti che nessuno l’avrebbe mai sentito. O al massimo avrebbero pensato che era colpa degli spiriti della stamberga strillante. D’altronde come dice il detto, chi si fa pecora, il lupo se la mangia.



 

Ormai mancavano pochissimi minuti all’ora dell’appuntamento con Lord Voldemort, e per quanto avrebbe preferito restare con Narcissa fu costretto a sbrigarsi. L’aveva riaccompagnata ad Hogwarts ma nel tragitto lei non aveva detto una parola, limitandosi a stringergli forte la mano. I vestiti ricomposti, i capelli d’oro nuovamente perfetti e fermati di lato dal pettine d’argento con due zaffiri incastonati, i segni dello schiaffo nascosti da un incantesimo. Aveva pensato a tutti lui, non era certo la prima volta che nascondeva i segni della violenza di qualcuno. Aveva cercato di essere il più delicato possibile, ma lei era rimasta sempre in silenzio. Limitandosi a fissarlo con quei grandi occhi azzurri. Eppure non era spaventata, lo capiva bene. Era furiosa.

Aveva aperto bocca solo poco una volta entrati nel corridoio deserto. Aveva sciolto la stretta e l’aveva fissato a lungo.

“Promettimi che non lo dirai a nessuno. Soprattutto alle mie sorelle”- disse con voce decisa.

Il giovane che già rimpiangeva di non avere più la sua mano delicata stretta nella sua si limitò a serrare la mascella, senza rispondere.

“Malfoy, promettimelo”- ripeté la ragazza serissima.

Si permise un ghigno “ Siamo tornati a Malfoy?”

“Siamo tornati ad Hogwarts mi pare”

“E ad Hogwarts non possiamo essere amici?”- chiese amareggiato.

La giovane lo inchiodò con lo sguardo : “Solo se mi prometti che non dirai niente a Bella e Drom. E’ importante.”

Lucius sospirò passandole una mano tra i serici capelli colore dell’oro che le ricadevano sulle spalle. Si fermò a giocare con la parte finale, facendola scivolare tra le dita. Si chiese come sarebbe stato accarezzarli alla morbida luce del giorno.

“Perché? Non credi che si meriti la furia delle tue sorelle?”-mormorò. Fosse stato per lui l’avrebbe strangolato con le sue stesse mani, e poco importava se potesse sembrava un metodo poco purosangue. Voleva vederlo soffrire, guardarlo in faccia mentre sentiva il collo spezzarsi. 

“Promettimelo”- ripeté testarda.

Lucius sbuffò ma infine annuì. Finalmente Narcissa gli concesse un sorriso. Poi si avvicinò e gli baciò la guancia, leggera. Il tocco delicato sebbene assolutamente casto, lo pietrificò.

“Grazie, Lucius”-mormorò prima di incamminarsi leggera lungo il corridoio.

Il ragazzo si toccò la guancia, lì dove si erano posate poco prima le labbra morbide di Narcissa. Mormorò appena : “Di niente, Cissy.”

Il grande orologio di Hogwarts scoccò le cinque e mezza, l’ora della merenda per chi era rimasto nel castello.

Lanciò un’imprecazione, aveva solo mezz’ora per raggiungere la casa ad Hogsmeade di Cassandra e doveva ancora occuparsi di Selwyn, che aveva lasciato stordito in terra coperto del proprio sangue.

Prima il Signore Oscuro poi quel mentecatto, si disse avviandosi velocemente verso il quarto piano, il passaggio segreto dietro lo specchio l’avrebbe portato direttamente ad Hogsmeade. Da li poi avrebbe potuto smaterializzarsi nelle vicinanze dell’appuntamento. Poteva farcela, doveva solo sbrigarsi.


Nicholas sospirò di sollievo quando vide il fratello entrare nella stanza per il rotto della cuffia. Ormai Lord Voldemort sarebbe apparso a minuti e sapevano bene che non tollerava ritardi. Persino Bellatrix, di solito spavalda, era stranamente silenziosa,e continuava a rigirarsi la lunga bacchetta  simile ad un artiglio tra le mani.

“Amore si può sapere dove sei stato? Sei sparito da due ore. La devi piantarla di mollarmi come una cretina da sola per fare chissà cosa”- gli sibilò Cassandra furente. Il ragazzo fece un gesto scocciato.

Nicholas lo osservò meglio, era stranamente pallido, o meglio ancor più pallido del solito. Quello che lo preoccupava era però lo sguardo: gli occhi solitamente argentei ora erano  di acciaio fuso, colmi di rabbia.Si scambiò uno sguardo d’intesa con la sorella, che però gli fece cenno di tacere. C’erano troppe orecchie in quella stanza, già era probabile che qualcuno, se non Cassandra stessa sarebbe andato a riportare lo strano comportamento di Lucius al loro padre. 

Malfoy si torse le mani, soffocando l’urgenza di urlare. Si sentiva impotente,più che in tutta la sua vita. Se prima aveva avuto la speranza che prima o poi le cose sarebbero cambiate, o meglio che Abraxas sarebbe morto, ora aveva la consapevolezza che non avrebbe mai visto quel giorno. E sapeva che suo fratello era sull’orlo di un baratro di scelte sbagliate dal quale non poteva in alcun modo salvarlo. Arael lo diceva spesso d’altronde, sapere quello che sarebbe successo non era affatto in dono ma piuttosto una maledizione.

L’arrivo di Lord Voldemort lo distolse dai suoi pensieri. Si costrinse a concentrarsi, sapeva bene quanto fosse abile a leggere la mente e non voleva dargli nessun appiglio per scoprire quello che stavano tramando: la sua sconfitta. Sorrise quando lo sguardo dell’oscuro signore si rivolse verso di lui, poi chinò la testa in segno di rispetto. 

“Nicholas, Lucius. Ottimo lavoro alla partita. Nessuno si è reso conto di quello che accadeva al castello”- si complimentò dolcemente, accettando con grazia la tazza di thé che Cassandra gli porgeva con deferenza.

“E tu,mia cara Bellatrix, cosa posso dire? Non avrei saputo fare di meglio su quella sporca babbana. Il fatto che tu le abbia lasciato il viso intatto, poi. Un tocco di classe, mia cara. Ma non mi aspettavo di meno da te”- celiò.

La giovane strega si illuminò : “Ti sono così grata mio Signore per avermi scelto. Non è stato facile, io e Roddy abbiamo usato la passaporta che ci hai fornito e siamo andati in quel sudicio posto babbano di Fort Augustus. La povera mentecatta era lì perché voleva vedere Loch Ness e le sue creature marine, come se fosse in un dannato zoo babbano….”

“Ma poi era lei che urlava come una scimmia mentre la torturavamo alla stamberga strillante. Mai nome fu appropriato”-la interruppe Rodolphus meritandosi uno sguardo di fuoco dalla sua futura moglie.

“E poi avete usato il passaggio sotto il platano picchiatore per trasportarla. Astuto”-concluse invece il Signore Oscuro accarezzando la mano della giovane Black e dandole un buffetto.

“Si, le tue lezioni di Legilimens mio signore sono state davvero utili. E’ cosi che ho scoperto dal vecchio guardiaboschi che il platano picchiatore era solo una copertura. A cosa serva però il dannato mentecatto non lo sapeva. Ma almeno ci è stato utile”.- Bellatrix, rabbonita non poté fare a meno di sorridere nuovamente.

Voldemort annui: “Sei sempre stata la mia adepta più brillante, Bella. Sapevo di potermi fidare di te”.

Bellatrix sorrise con calore, gesto che finora aveva riservato solo alle sue sorelle.

“Ne sono onorata , Lord Voldemort. Sai che darei la mia vita per te “

Cassandra schiumava di rabbia. Era lei quella che sarebbe dovuta essere la preferita di Voldemort. Era lei che aveva suggerito di uccidere una dannata babbana e di farla trovare ad Hogwarts. Lei che aveva procurato il posto per quelle riunioni. Sempre lei che era pronta a versare litri di sangue in nome della causa. E quella maledetta di Bellatrix invece stava godendosi l’attenzione del signore oscuro.Si morse l’interno della guancia per calmarsi

“Al contrario delle tue sorelle, Bella. Non mi pare di vedere Andromeda qui. O la piccola e deliziosa Cissy”- gorgogliò con un sorriso malevolo.

Arael notò immediatamente il cambio di espressione sul volto del fratello, anche se durò solo una frazione di secondo.

Bellatrix non si scompose ma per un attimo sembrò  sorpresa : “ A proposito dov’è Selwyn?”

“È impossibilitato a venire”-sibilò Lucius senza lasciare spazio ad ulteriori domande.

Cassandra per una volta rimase senza parole, ma non sfuggì alla strega il lampo d’ira che gli aveva infiammato gli occhi pronunciando il nome del compagno.

“E tu che ne sai?”- disse in tono di voce basso , quasi un ringhio.

“Suvvia Cassandra, non litigate. Sapete bene che siete la mia coppia preferita. Dopo Bellatrix e Rodolphus, ovviamente. E sapere bene quanto i vostri genitori siano ansiosi di vedervi andare d’accordo “- si intromise Voldemort, con il suo tono accondiscendente. 

Lucius rabbrividì.

“Perdonaci , Lord Voldemort,non volevo mancarti di rispetto ”- masticò a mezza voce.

Il mago gli sorrise accondiscendente-“Non c’è bisogno di scusarsi, mio giovane amico. Invece parlatemi un po’ dei nuovi arrivi a Serpeverde. Mi dicono grandi cose sulle due ragazze, vero Rodolphus?”-

Il giovane si rabbuiò. Prima che potesse parlare intervennero i due Malfoy più grandi.

“Ti hanno detto bene,Lord Voldemort. Ultimamente ho avuto modo di parlare con la Delacour e con il ragazzo.Perseguono i nostri stessi ideali, mio signore. E sono pronti a servirti”- disse Arael cercando di mantenere la mente sgombra e un tono neutro.

Voldemort annuì compiaciuto : “Purosangue?”

Fu la volta di Nicholas: “Indiscutibilmente mio signore “.

Lucius li guardava stranito. Quando diamine era successo che i suoi fratelli fossero diventati intimi di quel trio di disagiati?

“Mio signore..” iniziò. Voleva dire che secondo lui non c’era da fidarsi. Sentiva che nascondevano qualcosa, ne era certo.Che si accompagnavano a due maledetti grifondoro.Un’occhiata del fratello ebbe però l’effetto di fargli morire le parole in gola. Lucius alzò un sopracciglio .

Intervenne Bellatrix battendo le mani “Mio signore , sono certa che diventeranno tuoi fedeli seguaci. Dammi il permesso di inviarli ad una riunione, te ne prego. E l’altra ragazza…. È così dotata,mio signore. E con la tua guida sono certa che non avrà rivali”

Voldemort le pose un dito sulle labbra vermiglie 

“Più di te mia cara?“- cinguettò.

Bellatrix scosse i lunghi capelli corvini, guardandolo con adorazione “ Mai mio signore. Sai bene che sono unica”.

“Ovvio”- le sorrise infine l’uomo.

Poi riportò la conversazione sulla necessità di epurare il mondo magico dai babbani e babbanofili. La creazione di una nuova era di pace e prosperità . Un’era in cui finalmente i purosangue sarebbero stati al sicuro.

Nicholas si rilassò, una parte era fatta. Ora spettava a suo nipote fare il resto. Suo nipote … sempre che il futuro padre fosse riuscito a non farsi uccidere dalla fidanzata quindicenne. Lo sguardo della ragazza, infatti, non aveva niente da invidiare a quello di Carrow senior.


Quando la riunione finì il giorno sembrava ormai volgere al termine e la luna iniziava a fare capolino. Lucius alzò lo sguardo al cielo, respirando a fondo. 

“Allora, vuoi dirmi dove diavolo sei stato?”- Cassandra gli si era avvicinata e parlava con voce piena di rabbia.

Lucius scrollò le spalle: “ Neanche mia madre mi sta così addosso, Cassandra. Piantala”

Lei batté un piede in terra, furiosa “ Ah sì, e cosa direbbe tuo padre se gli dicessi che sparisci? Hai sentito Lord Voldemort? I nostri genitori ci vogliono felici. Insieme”-sibilò minacciosa.

Il giovane finalmente si rivolse a guardarla, gli occhi gelidi come l’acciaio 

“Questa tua ossessione per nostro padre sta diventando morbosa, Cassandra.E ora perdonaci ma dobbiamo parlare con nostro fratello. Da soli”. Arael Malfoy si era portata accanto alla coppia e aveva preso il fratello per il gomito, trascinandolo via

“E tu devi tornare ad Hogwarts. Sai che entro l’ora di cena dobbiamo essere al castello. Non costringermi a togliere punti a Serpeverde, Carrow. Cosa direbbe il tuo, di padre?”- le fece eco Nicholas, incamminandosi dietro agli altri due.

La mora si morse di nuovo le labbra, stringendo i pugni. In una cosa avevano ragione, però. Doveva tornare al castello di corsa, aveva la fastidiosa sensazione che le cose non fossero andate come aveva pianificato. Dannata Black.


Arael guardava con un misto di raccapriccio, preoccupazione e rassegnazione il ragazzo sdraiato in terra, il volto gonfio e raggomitolato su se stesso. Se glielo avessero detto non avrebbe mai detto che quell’ammasso piagnucolante fosse un suo compagno del settimo anno. Per Merlino, che pappamolla.

“Hai fatto un bel casino, fratello. La crucio è opera tua?”- chiese passando la bacchetta sul volto di Selwyn, per valutare l’entità delle ferite. Qualcosa di rotto ma niente che non avesse già visto.

Lucius scosse impercettibilmente la testa.

“E’ stata quella putt…”- cercò di dire Kyle, la voce impastata per via delle tumefazioni. La giovane strega non lo lasciò finire e prima che i fratelli potessero reagire lo colpì con la mano aperta,dal basso verso l’alto, proprio sul naso rotto.

Il ragazzo emise un gemito strozzato.

“Allora Selwyn, se non vuoi essere pietrificato e lasciato qui fino alla fine dei tuoi miserabili giorni ti conviene moderare il linguaggio”-sibilò

“Ma io non ho fatto niente”- provò a mugugnare il ragazzo, il sangue che usciva di nuovo copioso e gli colava in bocca e sul mento. Tossì e sputò un grosso grumo vermiglio sul terreno.- “Un minuto prima prendevamo il té e quello dopo questo stronzo mi prendeva a pugni e quella maledetta mi malediva”- riuscì faticosamente a mugugnare.

Nicholas riuscì appena a trattenere il fratello che si stava nuovamente lanciando addosso al compagno

“Niente? Niente dannato bastardo? La stavi per violentare, razza di schifoso. Lasciami Nicholas! LASCIAMI”- nonostante si dimenasse come una belva in gambia, il maggiore lo teneva con una presa  ben salda, impedendogli di dar sfogo alla rabbia.

“NON E’ VERO! “- sputò Selwyn, sgranando gli occhi. Non ricordava niente dopo che erano usciti da Madame Piediburro, ma era certo , assolutamente certo che non avrebbe mai fatto una cosa simile. Nessuno voleva far infuriare Bellatrix Black.

“Ti ho visto io, con i miei occhi! “- ringhiò il più giovane dei Malfoy- “ Sapevo che avresti fatto qualcosa di stupido, per questo vi ho seguiti. Ma mai avrei mai pensato che fossi un tale pezzo di merda.”

“NON E’ VERO. SEI PAZZO!”- si difese l’altro, la testa dolorante tra le mani. Per Salazar Serpeverde, se solo la voce fosse giunta alle orecchie delle maggiori delle Black sarebbe morto di una morte molto lenta e dolorosa. E Lord Voldemort l’avrebbe cacciato, era certo che non si sarebbe voluto inimicare Black e Malfoy in un unico colpo.

Arael spostava lo sguardo tra i due.Era evidente che entrambi stessero dicendo la verità. O almeno la loro verità. 

“Fammi vedere i tuoi ricordi, Selwyn. Così vedremo chi ha ragione. Se non hai niente da nascondere non c’è problema, no? Dopo di che ti guarirò.”- disse alzando la bacchetta.

“Ho scelta?”- borbottò il ragazzo.

“Ovviamente. Puoi scegliere di farti ammazzare dal mio fratellino. D’altra parte il primo omicidio è come la prima volta, se c’è del sentimento è sempre meglio, no?”- tubò.

Il flusso di pensieri fluì in un fiotto di luce dorata che la giovane strega imprigionò in un’ampolla di vetro azzurro che portava sempre al collo. Per i suoi ricordi felici , diceva sempre. Per non doverli dividere con nessuno. Ogni sera li travasava nel pensatoio che teneva nella stanza di Nicholas. L’unico che aveva il permesso di guardarli.

“E ora andiamo, Selwyn. Stringi i denti, non sarà piacevole aggiustarti quelle ossa ma quando arriverai al castello sarai fresco come una rosa. Beh quasi”- gli disse alzando nuovamente la bacchetta.

Vulnera Sanentur

Selwyn chiuse gli occhi. Facesse quello che voleva, tanto ormai sapeva di non avere scampo.Non ricordava nulla del pomeriggio dopo averla accompagnata fuori, era tutto un gigantesco momento buio. Deglutì, sperando di non aver fatto niente di cosi stupido. Aveva davvero bisogno di un sorso in quel momento, ma la sua fiaschetta era nei mani di Malfoy e dubitava poterlo convincere a ridargliela. 





 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7° ***


*WARNING: accenni di tortura*

Draco osservava sua madre da qualche giorno. Si comportava come sempre: sorrideva educatamente, faceva conversazione con i compagni del corso, studiava. Eppure sapeva bene che c’era qualcosa che non andava: in primo luogo sembrava evitare di passare troppo tempo con le sue sorelle. Secondo, continuava a cercare suo padre con lo sguardo, ma era ben attenta a non farsi scoprire.

“Quei due non me la raccontano giusta”- disse a bassa voce ad Hermione accanto a lui al tavolo della colazione, senza staccare gli occhi dall’uno e dall’altra, il più possibile distanti, ben attenti a non rivolgersi direttamente parola. E per due che erano nella stessa casa e solitamente non perdevano occasione per rimbeccarsi a vicenda, di certo era strano.

Hermione che era impegnata a sfogliare un grosso tomo di leggende celtiche registrò appena l’informazione. In quel momento lo stato della relazione tra due che considerava perlomeno portatori non troppo sani di  personalità borderline non era di certo in cima ai suoi pensieri.

“Beh, lui è cotto di lei ma la tormenta. Lei è innamorata ma non gliene fa passare una… chissà chi mi ricordano..”-rispose senza staccare gli occhi dalla pagina,meritandosi uno sguardo sdegnato.

“Ma non dire stupidaggini. Te lo dico io, lei non sta bene. E fa che non scopra che è colpa sua”-continuò lanciando un’occhiata di fuoco a Lucius, del tutto inconsapevole dei progetti patricidi del futuro figlio.

”Tu hai il complesso di Edipo, lo sai?”- borbottò appena chiudendo il libro. "Niente su quei segni neanche qui”-

Il ragazzo alzò il sopracciglio “Non usare i tuoi dannati termini babbani con me, Granger. Sai bene che per me è come se parlassi un’altra lingua. E non sei sexy quando lo fai,sappilo.”

“Per cosa mi hai preso, per una bambola gonfiabile?”- sibilò.

“Vedi, lo fai di nuovo! Questa volta però sembrava una cosa eccitante. Ridillo un po’...”- la stuzzicò  dandole un bacio sulla guancia.

Hermione alzò gli occhi al cielo, anche se le scappò una risata.

“Ma è possibile che tu non sappia quando e come si sono messi insieme i tuoi?- sospirò. 

Draco alzò le spalle : “Ma certo che lo so, ad Hogwarts”

“Che perspicacia.  Qualcosa di più specifico?”.

“Beh si sono sposati che mia madre aveva diciannove anni, diciamo da qualche parte tra questa fase di odio e allora. Ora ne ha praticamente quattordici, fatti due conti.  Solitamente è intorno ai sedici anni che si annuncia il fidanzamento, anche se la festa vera e propria si fa qualche mese prima del matrimonio.”- replicò come se stesse spiegando qualcosa di ovvio ad un bambino un po’ lento di comprendonio.

“Beh davvero indizi importanti. E indovina chi ha quasi sedici anni. Tuo padre. E la Carrow”- fu costretta ad ricordargli.

“Grazie eh! Grazie per avermelo ricordato. Era quasi cinque minuti che non ci pensavo… che non avevo immagini mentali di loro a letto insieme.”- disse disgustato.

“Ancora una volta, tu sei troppo fissato con questa storia della vita sessuale dei tuoi.”- ribatté senza scomporsi la grifondoro tenendo la voce bassa. Già mezzo tavolo li stava guardando.

Lui rispose con una faccia offesissima ma prima che potesse replicare concesse: “Ma se proprio te lo devo dire, mi sembra che tra di loro ultimamente  non mi sembra che vada tutto rose e fiori.”

Draco riportò l’attenzione su suo padre. In effetti, concentrato com’era su Narcissa, non si era reso veramente conto che quei due non sembravano più stare sempre appiccicati. Anzi le liti sembravano sempre più frequenti e Lucius approfittava di qualsiasi scusa per stare con i fratelli o fuori, a volare. Esattamente quello che faceva lui di solito quando aveva troppi pensieri, a dire il vero. Non gli piaceva affatto scoprire quanto fosse simile a suo padre a quindici anni, e non solo fisicamente.

“E ora  possiamo accantonare il dramma famigliare purosangue e concentrarci per dieci minuti, per favore? Non sono riuscita a trovare ancora niente su quei segni.E ho consultato decine di libri. E’ gia passata la prima settimana di ottobre e noi ancora non abbiamo trovato né la stanza, né capito cosa sono quei simboli”- rimbrottò.

“Dovremmo infrattarci nuovamente nell’aula di pozioni? Anche se onestamente Lumacorno non mi fa paura come Piton. Chissà se la stanza appare solo quando si teme di essere evirati dal proprio professore di pozioni… e chissa se funziona solo con i purosangue…”- mormorò pensieroso.

Hermione si sentì avvampare di rabbia : “Beh allora dovresti portarci la Parkinson, che dici... probabilmente dovreste cercare di ripercorre ogni minuto di quella serata”- ribatté acida.

Draco non si era reso conto del cambio di tono della ragazza, quando si trovò a dire a mezza voce : “Eh sai che potrebbe essere un’idea…”.

Non riuscì  a finire la frase che la grifondoro aveva fatto apparire un secchio d’acqua gelida che gli si rovesciò addosso. 

“Che cazzo Granger, sembri mia madre”- si lagnò, mentre lei usciva dalla sala comune come una furia, inciampando in Ron ed Harry che entravano in quel momento.

Spostando lo sguardo dall’amica furente a Malfoy bagnato come un pulcino i due non poterono che sogghignare con soddisfazione. Poi si affrettarono a seguire la ragazza. Non prima di aver sgraffignato una mezza dozzina di muffin dal tavolo più vicino. Si sa, certi racconti sono meglio se ascoltati a pancia piena.




 

“Allora ne sei sicuro?”- Arael Malfoy l’aveva scrutato per tutto il tempo in cui lui aveva fatto le sue valutazioni.

Il ragazzino annuì, abbassando gli occhi. Non gli piaceva interagire con gli altri, inclusi quelli della sua casa, ma la ragazza gli aveva detto che era per aiutare Narcissa Black, una delle poche persone che non gli procuravano istinti omicidi. Nonostante avesse due anni più di lui lo trattava con gentilezza ma non accondiscenza e nonostante provenisse da una delle più nobili e antiche famiglie di purosangue era sempre sembrata felice del tempo passato insieme a studiare le pozioni. Peccato che preferisse sempre fare la figura della bella bambolina non troppo intelligente.

 Non che concedesse la sua amicizia a cuor leggero, a dire il vero. Finora l’unica persona con cui si era aperto era una bellissima ragazzina dagli occhi verdi che era certo il prossimo anno sarebbe entrata ad Hogwarts. Doveva farlo, aveva percepito in lei chiaramente la scintilla della magia, nonostante fosse nata babbana. Ma quella era un’altra storia. Lily gli aveva rubato il cuore, per sempre.

“Assolutamente. E’ stata contaminata. Pozione confondente. Serve ad eliminare i freni inibitori. E’ proibita da diversi a anni, perchè molti hanno commesso degli atti terribili dopo averla presa”- disse sostenendo lo sguardo argenteo della giovane.

“E chi  la beve ha dei ricordi di quello che succede?”- chiese,riprendendo la fiaschetta e riponendola al sicuro nella borsa.

Severus scosse il capo: “No, è come se non essendo in sé non fosse successo nulla. Ho letto molti resoconti, chi ne subisce gli effetti dice che quando la pozione raggiunge un certo livello di concentrazione nel sangue è come se cadessero in un sonno profondo. Anche se il loro corpo continua ad agire in base all’impulso di quel momento. C’è chi ha torturato, chi ha picchiato a sangue il primo che ha incontrato, chi ha ucciso..chi…”

“Ha tentato di stuprare qualcuno? Beh comodo appellarsi alla magia per pararsi,no? In fondo la pozione porta solo a galla i desideri reconditi”- sibilò Arael passando una mano tra i lunghi capelli chiarissimi. Aveva sempre odiato chi si nascondeva dietro a delle scuse.

“Si. Ad entrambe le domande”- rispose il giovane Piton alzando lo sguardo- “E’ questo che è successo a Narcissa? Dimmelo,Malfoy. Dimmelo e saprò io cosa farci”.

La ragazza  scosse la testa, concedendo un sorriso allo studente più giovane : “No, per fortuna c’era qualcuno a guardarle le spalle. Ma non mi piace che questa cosa giri per Hogwarts. E’ pericolosa. E, Severus devi promettermi una cosa. Non devi farne parola con nessuno. Anche perché chi vuoi che creda che una del settimo abbia chiesto consiglio ad un mezzosangue del primo?”- lo ammonì facendogli l’occhiolino.

“Chiunque sia di media intelligenza e sappia che potrei prendere il M.A.G.O. in pozioni domani?”- rispose acido esibendo la sua faccia di pietra.

Arael rise e lo prese sotto braccio. Severus si divincolò, non gli piaceva essere toccato.

“Lasciami chiarire il concetto: non c'è persona sana di mente che metterebbe in dubbio la mia parola. E ora mio piccolo Sev, parliamo di te. Come vanno le cose con quei grifondoro maledetti? Mi hanno detto che il gruppetto di Potter non ti da pace.”

Severus sospirò mormorando qualcosa in merito alla possibilità di avvelenarli con i pancake del sabato facendo ridere la ragazza che ne approfittò per trascinarlo fuori, all’aria aperta. Decisamente gli avrebbe fatto bene,aveva sempre quella patina grigiastra in volto. Troppe esalazioni e poco sole.

“Sai, credo proprio che sia ora che tu venga con noi a qualche riunione di Lord Voldemort. Sono certa che gli piaceresti “- chiosò. Aveva bisogno di qualcuno che avrebbe vegliato su Lucius e Narcissa quando loro non ci sarebbero stati più. Qualcuno in grado di ragionare, con i piedi per terra e un enorme talento. Quel ragazzino mezzosangue era assolutamente perfetto. E grazie a Potter e amici poteva essere certa che covasse un gran risentimento che poteva sfruttare per fargli fare quello che voleva lei. D’altro canto aveva deciso di aiutare suo nipote, non di salvare il mondo, come ogni Serpeverde che si rispetti.




 

Si erano rifugiati nella torre nord, deserta a quell’ora, visto che la maggior parte degli studenti era allo stadio di Quidditch. La notizia che uno dei cacciatori di serpeverde fosse  per qualche strano motivo fuori rosa si era diffusa velocemente . Inoltre per la prima volta una donna avrebbe ricoperto quel ruolo a Serpeverde. O qualsiasi ruolo, visto che non c’era mai stata una presenza femminile tra i giocatori. Erano accorsi in massa anche da altre case, d’altronde non era una cosa da tutti i giorni vedere una Black svolazzare su una scopa cercando di tirare una palla nei cerchi.

“Mi spieghi perchè tua sorella s'è messa a giocare a Quidditch? Non mi sembra una cosa molto da lei - le chiese Ted posandole un bacio sulla spalla e abbracciandola stretta da dietro, le mani intrecciate alle sue.

“Lucius l’ha chiesto a Cissy ma lei ha rifiutato sdegnata dicendogli che avrebbe preferito cento volte vederlo rompersi la testa cadendo dalla scopa che essere usata per dare spettacolo. A quel punto Rodolphus ha avuto la brillante idea di intromettersi dicendo che tanto nessuna donna sarebbe mai capace di fare un lavoro da uomo, cosa che ha fatto infuriare Bella. Dopo averlo schiantato ha preteso di entrare in squadra almeno per una partita. E si sono giocati non so che favore sessuale, onestamente ce ne siamo andati tutti a quel punto. Anche Nicholas le ha detto di fare quello che gli pareva e che lui non voleva entrare in quella storia”-sospirò.

Il tassorosso le ridacchiò nell’incavo del collo : “Famiglia interessante, non c’è che dire”.

“Chissà se mi mancherà”- si lasciò sfuggire la ragazza, lo sguardo lontano, verso il campo da gioco dove sapeva esserci le sorelle. E ogni altro amico o presunto tale che avesse mai avuto. 

Intuendo che qualcosa non andava Ted si sciolse dall’abbraccio e le si sedette davanti, appoggiato alla balaustra, stringendole la vita e avvicinandola il più possibile.

“Intendi dopo il matrimonio? Andiamo Drom, mi sembra che tu la stia facendo più grande di quel che è. Potrai sempre andare a trovarla, ammesso che tu voglia passare tempo in quello che probabilmente è un maniero tetro e disgusto come i Lestrange”.- cercò di strapparle un sorriso, ma lo sguardo della giovane rimase imperturbabile. Accarezzandole la guancia si avvicinò a sfiorarle la tempia con un bacio.

“Allora, vuoi dirmi cosa c’è che non va?”- le chiese facendosi serio    .

“Ted, so che ci stiamo frequentando solo da qualche mese ma devo dirti una cosa”, rispose portando finalmente lo sguardo sui begli occhi nocciola che la guardavano con preoccupazione.

“Sei incinta?”- chiese sbiancando un attimo, prima che lei gli pizzicasse con forza il braccio- “Ahia! Ehi mettiti nei miei panni. Sono settimane che sei strana, hai sbalzi d’umore, prima mi cerchi e poi mi eviti, non ti si può parlare….”

“Si ok ho capito il concetto, sono stata un disastro, chiaro. Preferiresti qualche noiosa mezzosangue tassorosso presumo, tutta erbette e smancerie”- ribatté fulminandolo con lo sguardo.

Ted rise e l’attirò stringendola contro il suo petto: “Non dire sciocchezze. Non ti cambierei con nessuna al mondo, per nessuna ragione. E’ che è nella vostra natura di Black, siete tutte pazze”- ridacchiò.

Andromeda si ammorbidì un momento, lasciandosi abbracciare. Poi gli mormorò in un orecchio : “E se non fossi più una Black ti piacerei ancora?”

Il ragazzo la fissò per un momento incredulo, poi assunse un’espressione talmente seria che non gli aveva mai visto. “Se fosse possibile ti amerei ancora di più”.

La serpeverde ghignò : “Ah,quindi mi ami, Ted? Merlino, non avevo dubbi che saresti stato tu il primo a dirlo”.

“Indissolubilmente. Incredibilmente. Immensamente.”- le disse baciandola a fior di labbra ad ogni aggettivo-”E inaspettatamente, aggiungerei. Mai in vita mia avrei pensato di voler passare tutta la mia vita con una purosangue serpeverde

Andromeda gli ridacchiò sulla bocca socchiusa : “Tutta la vita, eh? Attento a chiedere cose che potrebbero realizzarsi. Non so se l’hai ancora capito, babbano, ma qui siamo nel tempio della magia. Tutto può accadere.”

“Non chiederei di meglio.”- le sussurrò di rimando, spostandole una ciocca di capelli dal viso, prima di catturarle nuovamente le labbra.

Finalmente il gelo che sentiva dentro si sciolse. Nonostante avesse detto ad Hermione che l’avrebbe aiutata a sconfiggere Lord Voldemort, passava ancora la notte a rigirarsi tra le lenzuola, chiedendosi con che coraggio avrebbe potuto abbandonare la sua famiglia. Ora lo sapeva. Non le interessava nient’altro.

“Sai che cosa sarebbe perfetto ora?. Andromeda si staccò di pochi centimetri dalla bocca di Ted,le braccia ancora a cingergli il collo.

“Film e popcorn?”- la prese in giro lui, ridendo gioiosamente.

“Non ho neanche idea di cosa tu stia parlando. No, mio piccolo ingenuotto . Una visita alla stanza delle necessità”- gli disse maliziosa passandogli le mani sotto la maglia.

“Che è stata creata da Tosca Tassorosso perchè i suoi studenti potessero trovare sempre un posto sicuro con tutto ciò di cui avevano bisogno”- continuò lui canzonandola.

“Per una volta che fate qualcosa di utile….”- ribatté pronta. Che illuso, pensava davvero che gli avrebbe mai lasciato l’ultima parola? Prese un appunto mentale di metterlo nei suoi voti il giorno delle nozze. Oh, il piccolo tassorosso davvero non  aveva idea di quello a cui stava andando incontro.

“E, giusto per curiosità, che ne pensi dei mutaforma?”- gli disse trascinandolo giù per le scale. Guardando l’espressione stralunata però si limitò a sospirare : “Lascia perdere. Un passo alla volta. Un passo al volta, sia mai che il tuo cervellino babbano esploda”.

Ted fissava la sua nuca stranito. Non c’era dubbio. Era proprio una Black. Tutte matte.






 

Pansy si limitò a lanciarle un’occhiata di sottecchi quando Bellatrix  Black si buttò sul divano della sala comune, tracannando in un sorso il liquido ambrato che aveva nel bicchiere che teneva in precario equilibrio con due dita

“Allora Roddy cosa dicevi delle donne e del Quidditch?”- chiosò aprendo la bella bocca vermiglia in un ghigno soddisfatto.

Lestrange borbottò qualcosa a voce così bassa da essere intelligibile anche per chi gli era accanto. Nessuno però osò chiedere di ripetere, sia per non incappare nella sua ira sia perché non c’era una persona in sala comune che volesse davvero sapere cosa i due futuri sposi avessero messo in palio.

“Beh credo che i poveri battitori di Corvonero fossero così impauriti da non riuscire neanche a concepire di lanciarti addosso il bolide.”- constatò Pansy posando il libro che teneva in mano e richiamando la bottiglia di whiskey incendiario dalle mani di Crabbe senior, che la guardò con odio. In tutta risposta si portò il dito medio alle labbra, in modo che fosse chiaramente visibile.

“Ragazzi intelligenti, devo dire”- ridacchiò, poi levando ln alto il bicchiere riempito - “ A Serpeverde! E a me, ovviamente!

La sala esplose in un boato che fece tremare le pareti. Anche Narcissa non potè fare a meno di unirsi alla festa, uscendo finalmente dalla sua stanza e appoggiandosi lievemente sul bracciolo della poltrona dove era seduto Draco. Lucius dall’altra parte della stanza fremette quando riconobbe la sua figura elegante farsi largo tra la folla di studenti esaltati dalla vittoria. Davvero non capiva cosa ci trovasse la ragazza in quello strano tipo.

“Complimenti Bella, mi dicono che tu sia stata grandiosa”- disse rivolgendo alla sorella un sorriso che però rimase congelato sulle labbra.

Draco la osservava pensoso e sempre più preoccupato, spostando poi velocemente lo sguardo verso suo padre e i suoi zii. L’attenzione di tutti i Malfoy era rivolta verso la strega bionda. Decisamente c’era qualcosa che non andava.

“Puoi ben dirlo, Cissy. D’altronde noi Black non siamo seconde a nessuno, vero? E a proposito di sorelle...dove diavolo si è cacciata Drom?”-rispose Bellatrix ravvivandosi i riccioli neri e lucidi come le ali di un corvo.

Andromeda era scivolata in quel momento nella sala comune, gli occhi appena un po’ troppo brillanti per una che in teoria aveva passato il pomeriggio in biblioteca.

“Eccomi Bella. Sai com’è guardarti terrorizzare dei ragazzini e svolazzare in giro per campi non è proprio la mia idea di divertimento”- disse rubando il bicchiere alla sorella e sedendosi  al suo fianco.

“E a proposito, dovremmo brindare a Selwyn. E’ solo grazie alla sua momentanea assenza che abbiamo goduto di tutta la tua arte di incutere timore anche ad alta quota”- la canzonò. La maggiore fece una smorfia ma all’occhio allenato di Andromeda non sfuggì il brivido che aveva scosso Narcissa per un per un attimo, un attimo solo, quando aveva fatto riferimento al ragazzo.

“E chi l’ha detto che è temporanea?”- sibilò Lucius con voce talmente gelida che per qualche secondo l’intera sala comune si azzittì.

“Oh lo dico io, Malfoy. Un pomeriggio a sudare e rincorrere adolescenti imbecilli mi è bastato e avanzato. E poi non credo che Rodolphus reggerebbe una seconda scommessa-”- rispose la strega dai capelli corvini, facendo scoppiare gli studenti in  una fragorosa risata.

Narcissa si costrinse a stirare le labbra, mentre il volto di Lucius rimase glaciale, gli occhi taglienti fissi su Kyle Selwyn che era in un angolo, accanto a Dolohov e Mcmillan.

Nicholas passò un braccio intorno alle spalle del fratello e poi levò la bacchetta e magicamente riempi i bicchieri di tutti i presenti.

“Ma ora basta. A Serpeverde. Potentia para vis!”. - esclamò sorridendo.

Ancora una volta la sala esplose, i calici in alto, le guance arrossate dall’orgoglio e dall’alcol che scorreva copioso da diverso tempo ormai.

“Al sangue puro”-- rispose Pansy, battendo il bicchiere con Draco e causando un ululato di approvazione da parte dei Lestrange e della loro cricca. Bellatrix le rivolse uno sguardo compiaciuto.

“E a proposito di questo, miei cari giovani amici, c’è una cosa di cui dobbiamo parlare.”- 

Andromeda si scambiò un’occhiata di sottecchi con Arael che le rivolse il mezzo ghigno tipico dei Malfoy. Quello che vedeva distintamente nel ragazzo seduto accanto a Narcissa.  Maledetti geni e la loro resilienza agli incantesimi confondenti.





 

Era ormai notte fonda quando una sagoma nera sgattaiolò nel corridoio buio sino al bagno dei prefetti al quinto piano, cercando di fare meno rumore possibile. 

“Diamine ci hai messo una vita. Cos’è ti eri perso mentre giocavi a rincorrerti con quegli sfigati dei tuoi compagni di casa? E sì che sono io che ho trovato la parola d’ordine”- ringhiò la ragazza immersa nell’acqua bollente, mentre prendeva un lungo sorso dalla bottiglia di champagne che teneva sul bordo.

“E non potevi mandarmela per gufo? O con un bigliettino? Era necessario scarificarmi la carne viva?”-rispose scocciato l’altro spogliandosi velocemente e immergendosi a sua volta.

Quando riemerse si ritrovò due occhi di ossidiana brillante che lo guardavano : “E dove sarebbe stato il divertimento, Weasley?”- rispose Pansy agguantadogli i capelli bagnati  e avvicinandosi al suo viso.

“Oh dovrai farti perdonare allora. E’ stata una giornata stressante, oggi c’è la luna rossa e pare che renda nervosi i lupi mannari. E i loro amichetti indemoniati.”- rispose ridendo Ron, spingendola contro il bordo della vasca e iniziando a baciarle il collo.

Pansy rise scoprendo i denti perlacei e bevve un lungo sorso, il viso rivolto in alto, il collo lungo e bianco esposto ai baci impazienti - “Non sperarci troppo. Sei sempre uno stupido grifondoro, ricordatelo”- cinguettò prima di prendergli il viso tra le mani e baciarlo avidamente.  Le mani di Ron scivolarono sotto il pelo dell’acqua, sino alla vita sottile.

“E tu la solita stronza boriosa serpeverde”- rispose stringendola più a sé.

“Ricca stronza boriosa serpeverde, ricordatelo sempre”- ripeté lei a voce bassa e sensuale in un orecchio, le unghie conficcate nelle sue spalle. Voleva marchiarlo, ricordargli che era stata lei a decidere di iniziare quella, se così poteva definirla, storia.
Era successo tutto per caso, una sera di metà settembre quando Harry era troppo preso da suo padre e Draco ed Hermione erano spariti chissà dove. Pansy l’aveva accusato di essere solo il cane di Potter e di averla trascinata in quella schifo di situazione. Si sentiva sola ed amareggiata e aveva riversato tutto il suo odio sull’unica persona a portata di mano,.

Lui non si era scomposto e aveva risposto a tono, accusandola di essere una maniaca omicida ninfomamane e melodrammatica. Pansy lo aveva schiaffeggiato con forza, lasciandogli un’impronta vivida sulla guancia.

Gli occhi ardenti, i capelli rossi scarmigliati lucidi e folti, il tremito del corpo non più esile da bambino ma modellato dagli allenamenti di Quidditch, per la prima volta la serpeverde l’aveva guardato in modo diverso. Era bello, Ron Weasley. Davvero non ci aveva mai fatto caso? Com’era possibile?

L’aveva baciato quasi con violenza e lui dopo un secondo aveva risposto con impeto . Non aveva ancora capito se quella prima volta avessero fatto sesso o cercato di divorarsi a vicenda ma tant’è.. dopo settimane avevano scoperto una piacevole alternativa per passare il tempo oltre ad insultarsi. Nemici con benefici, se si poteva dire cosi.

 

Staccandosi per pochi secondi Ron la fece girare, continuando a tenerla stretta, una mano appoggiata sul bordo e l’altra che giocherellava sul suo fianco. Pansy chinò di lato la testa e il grifondoro ne approfittò  per far saettare la lingua lungo la linea della scapola. Pansy chiuse gli occhi, in attesa. Le piaceva quel confine sottile che ancora la separava dal perdersi. Da sottto le palpebre chiuse le parve però di notare qualcosa di strano sul pavimento davanti a lei. Aprì di scatto gli occhi.

Erano li, gli stessi segni che aveva visto nel dipinto quella sera con Draco. Quelli del ciondolo della collana di Bellatrix. 

Ron mugugnò : “Cavolo Parkinson, ma che cos’hai? Sembri un dannato serpente marino. Guarda che così ci facciamo male”.

Pansy lo ignorò e si allungò per prendere la bacchetta : “Oh e piantala di lamentarti, hai la capacità di concentrazione di una lumaca cornuta. Si può sapere dove avevi gli occhi?”

Ron ghignò : “Sul tuo didietro, maledetta pazza. E ora mi vuoi dire che cosa diavol...ehi ahia! Piantala con questa storia!”-

La ragazza sgusciò fuori dall’acqua rivestendosi velocemente, indifferente al compagno che si teneva il braccio dolorante : “Vedi carta qui in giro? Come facevo a trascrivere i segni secondo te”.

“E non potevi usare il tuo di braccio, scusa?”- rispose acido Ron sollevandosi a sua volta e maledicendo tutta la genia dei serpeverde a partire dal fondatore.

“Gran galantuomini a Grifondoro, non c’è che dire. E dimmi, la tua mammina lo sa che parli così’ ad una ragazza?Scommetto che non sarebbe contenta. “- lo canzonò senza staccare gli occhi dal pavimento, poi si voltò verso la grande finestra a dirimpetto.

Ron borbottò ancora degli insulti sconnessi, masticando sottovoce che sua madre sarebbe morta di crepacuore a sapere che il suo figlio minore stava frequentando una maledetta figlia di mangiamorte sospettata di omicido ma ebbe il buon gusto di tenerlo per sé. Poi si voltò anche lui nella stessa direzione.  La luce calda della luna tagliava le vetrata con i ritratti di Salazar Serpeverde  e Tosca Tassorosso e proiettava sul lucido pavimento di marmo candido due serie di simboli.

Ron si accovacciò e li sfiorò appena con le dita, poi tirò fuori la bacchetta e si concentrò

Specialis Revelio ordinò.

Niente. I segni rimasero esattamente uguali. Dannazione, disse mordendosi la lingua.

Pansy si inginocchiò vicino a lui.

“Ci hai provato Weasley. Ma non credo che basti la nostra magia per rompere un incantesimo dei fondatori”.- gli disse cercando di suonare almeno un minimo comprensiva. Un minimo.

Il grifondoro continuò a fissare i segni, incapace di darsi per vinto. In fondo era sempre il miglior amico di Hermione, no? Qualcosa doveva pur aver imparato.

Un momento.

“Defodio!” - un rapido gesto della bacchetta e davanti a lui si aprì un enorme voragine. L’acqua iniziò a schizzare dappertutto, i pezzi di marmo volarono ad altissima velocità per la stanza. Pansy fece appena in tempo a lanciare uno scudo di protezione per evitare che venissero decapitati da una grossa lastra di travertino che si era sollevata con forza prima di schiantarsi in terra.

“Ops. Mi sa che ho fatto un casino”- borbottò tutto allegro e senza alcun segno di pentimento Ron, beccandosi un’occhiata di fuoco dalla serpeverde. Poi la ragazza notò qualcosa che brillava tra le dita di Weasley. Uno strano oggetto triangolare ma dagli angoli stondati. Pansy la rigirò tra le dita, seppur verde come una pietra preziosa al tatto era calda. Sollevandola per osservarla meglio si rese conto che c'era qualcosa inciso. Un serpente che si mordeva la coda,realizzò.

Fu strappata dai suoi pensieri dal rumore della porta sigillata del bagno che saltò in aria. Pacifico come sempre fece il suo ingresso Silente, che li guardava con aria divertita.

“E’ molto bravo negli incantesimi Signor Weasley, mi congratulo con lei. La prossima volta però eviti se può di far quasi crollare l’intero piano. E se posso darle un consiglio, sarebbe meglio che si vestisse. Credo che il rumore abbia attirato ogni singolo professore presente in questa scuola”- disse con un mezzo sorriso.

Pansy ridacchiò infilandosi l’oggetto in tasca e godendosi la faccia di Ron che diventava rosso fuoco, quasi al pari dei suoi capelli. D’altronde lei era perfettamente vestita. Sempre farsi trovare pronti, la prima regola per ogni serpeverde che si rispetti.

E il dannato grifondoro se ne andasse al diavolo.

Stava uscendo soddisfatta, mentre il vicepreside con pochi tocchi di bacchetta faceva tornare il bagno al suo antico splendore, quasi che nulla fosse accaduto.

Stava, appunto, quando si trovò davanti due occhi grigio azzurri che la fissavano. Draco Malfoy era sulla soglia, Hermione ed Harry subito dietro di lui. E tutti e tre spostavano lo sguardo tra lei e Weasley. Pietrificati, neanche avessero visto il dannato basilisco



 

“Mi stai prendendo per il culo, Pansy? Come hai potuto?”- urlò Draco indignato. Dopo che Silente era riuscito a tirarli fuori dai guai Harry aveva trascinato Ron giù sino a quello che secondo lui era un posto sicuro, ovvero l’aula di trasfigurazione, che il vicepreside aveva gentilmente concesso. Hermione era certa che si stesse divertendo un mondo a svagarsi con i loro drammi. 

“A fare cosa Malfoy? Scoparmi un grifondoro forse? Non so tu hai qualche idea?”- rimbrottò Pansy. Fosse stato per lei li avrebbe lasciati tutti li, nel bagno mezzo distrutto, ma alla fine si era lasciata convincere a seguire quel gruppo sgangherato. Anche perché voleva evitare di dover dare spiegazioni agli altri professori.

Il serpeverde sbuffò come un vero e proprio ungaro spinato : “Non puoi metterla sullo stesso piano”.

Harry gli rivolse uno sguardo di fuoco : “Ovvio che non può. Hermione è Hermione. Lei è…. una serpeverde che cazzo Ron , davvero? Come hai potuto farmi questo?”.

Weasley e la Granger si scambiarono un’occhiata “Farti questo, Harry? Perdonami ma tu eri l’ultimo dei miei pensieri”- provò a dire Ron. Pensava che almeno Harry l’avrebbe capito, appoggiato perfino. D’altronde lui non aveva fatto di certo storie quando si era portato a letto mezza Hogwarts l’anno precedente.

Il bambino sopravvissuto divenne una furia : “E certo! Tanto non hai mica ragionato col cervello vero? Come hai potuto? Avevamo detto che Herm era evidentemente fuori di sé.Dovevamo trovare un dannato incantesimo per farla ragionare, te lo ricordi? E invece no, hai pensato bene di fare altrettanto.”
“Begli amici”- ringhiò Hermione- “Stiamo insieme da un anno, per Merlino. Fatevela passare.”

“Io dovrei farmela passare? Mi state abbandonato per due dannati figli di mangiamorte! Cos’è vi eccita la pazzia ereditaria? Sono sicura che nel mondo magico esista un corrispettivo dello psichiatra”- continuò fuori di sé.

“Ancora con questa storia Potter?  Vogliamo parlare di tare mentali ereditarie? Tuo padre è un cazzo di bulletto. Sarebbe da prendere e appendere dalla torre di astronomia sino a quando non rinsavisce”- rispose Pansy con tono fintamente  annoiato. Tutta quella storia le stava facendo venire i nervi. Seriamente qualcuno si aspettava che restasse li a farsi insultare da quei dementi?

“Davvero Pansy? Con Weasley?”-fece eco Malfoy, come se nulla avesse sentito fino ad un momento prima.Eccoli li. I due nemici di una vita che per la prima volta si trovavano d’accordo. Due melodrammatici egoisti, tra l’altro.

“Vuoi davvero giocare a questo gioco?”- rispose la ragazza con gli occhi scuri ridotti a una fessura. Draco stava esagerando e prima lo avrebbe capito meglio sarebbe stato per tutti.

“Non puoi metterla sullo stesso piano”- continuò allargando le braccia come a indicare che fosse una cosa così ovvia che non c’era neanche bisogno di spiegarla.- “Lui è un Weasley!”

“Ma dai? Non l’avevo mica capito, sai?”- rimbeccò.

Malfoy alzò gli occhi al cielo e poi scandì come se stesse evidenziando l'ovvio : “Ma e’ povero!”

La serpeverde sbuffò : “Ci vado a letto Draco,non me lo devo sposare. E io sono comunque abbastanza ricca per entrambi, se te lo ricordi”.

“Ma è il dannato Lenticchia. Lui e i suoi fratelli sono come i cazzo di elfi domestici,sono cinque e li distingui solo dalla lettera su quello schifo di maglione che Krippy al massimo userebbe per pulire il giardino dei pavoni.”- continuò come se fosse un argomento incontrovertibile.

“Siamo in sette, deficiente. Ho cinque fratelli e una sorella. Neanche sai contare. Oltre ad avere seri problemi di vista.”-rispose Ron ricacciando la voglia di prenderlo a pugni per un momento più propizio. Tipo appena usciti di li.

Draco assunse una faccia sconvolta “ Ma sei serio? Oltre i gemelli indemoniati, il rompicoglioni spilungone e la ragazzina hai altri fratelli? Cos’è.. c’era una svendita?”

“Io mi chiederei come mai i tuoi abbiano avuto un solo figlio. Probabilmente dopo aver avuto te hanno deciso di sterilizzarsi.”- rispose acido Ron. Solo lui poteva dire a Percy che era un dannato rompicoglioni-”E non serve che ti inventi storie assurde sui tuoi elfi””

“Hai ragione, neanche per i pavoni vanno bene”- replicò acido il biondo.

“E piantala con ‘sti pavoni”- sibilò esasperato Harry.

Pansy avanzò e si posizionò di fronte all’amico, il dito puntato contro il suo torace.

“Hai ragione. Io almeno non faccio finta di giocare ai fidanzatini con una sanguesporco”- sibilò in risposta .

“Non ti azzardare a chiamarla così”- ringhiò Draco

Hermione decise che era il momento di intervenire : “Ehi, io sono qui. E anche se ormai sono abituata ai vostri graziosi nomignoli preferirei restarne fuori. Se voi avete dei problemi, lasciate me e Ron in pace.”.

Pansy le rivolse un sorriso tagliente: “E allora potevi evitare di finire nel suo letto. E di restarci soprattutto. Perchè state facendo il processo a me per una storia di sesso, quando voi ancora andate avanti da quasi un anno con questa buffonata”.

“Ecco bravi, lasciatevi tutti quanti e ognuno per i cazzi suoi. A me va benissimo”- si intromise Harry. Merlino volesse che finalmente le sue preghiere fossero esaudite.

“Chiudi il becco Harry. O giuro che vi silenzio tutti. Di nuovo”- minacciò Hermione. La stavano decisamente portando al limite della sua non proprio famosa pazienza. E la bacchetta le prudeva letteralmente in mano.

“Come puoi dire una cosa del genere”-Draco la fissava , riacquistato il suo vero aspetto, a braccia incrociate. La piega della bocca era contratta, gli occhi più grigi che azzurri duri come l’acciaio.

Pansy rise amaramente  “E quanto pensi che durerà ? Quanto ancora i tuoi continueranno a tollerare questa specie di storia degna dei peggiori libri di Allock?Conosci tua madre. La reginetta dei purosangue che fa entrare in casa sua una natababbana. E di che pensi sia il merito? Mio, razza di imbecille”

Gli occhi del biondo scintillavano pericolosi : “Lascia stare la mia famiglia, Parkinson.”

Hermione, Harry e Ron si guardavano di sottecchi. La tensione si tagliava con un coltello. Non avevano mai assistito ad una vera e propria lite tra serpeverde ma non avevano alcuna voglia di scoprire a che livelli di pazzia si potesse arrivare

Molto alti a quanto sembrava.

“Non sia mai che ti si tolga la possibilità di lamentarti eh? Ma vuoi sapere una cosa, Draco? Tu non sai niente, niente di cosa significhi avere dei genitori che ti odiano. Pensi di saperlo , ma non è così”- buttò fuori in un sibilo, le mani contratte contro i fianchi e la rabbia che le saliva dal petto. 

“Ah no? Ti devo forse ricordare che per anni mio nonno mi ha picchiato, maledetto, ferito e cruciato?”- anche la voce del giovane era bassa e carica di rabbia.

Hermione gli strinse la mano, voleva che si fermasse, che smettesse prima di dire qualcosa che poteva pentirsi. Per quanto considerasse Pansy una dannata psicotica sapeva bene quanto fossero vicini.

“Tuo nonno, appunto. Ma da bravo bambino viziato tu tieni il muso a tuo padre. Mentre consideri tua madre una santa. Perchè? Cosa ti avrà mai fatto Lucius? Ti ha picchiato qualche volta? Povera stella. Sai bene che al novanta per cento te le sei meritate tutte. E anche quella volta che ha esagerato… è stata solo una volta Draco. Una sola dannata volta. E sai perfettamente cosciente che ancora non se l’è perdonata. Tu non hai idea di cosa sia vivere con dei mostri veri sotto il tetto.Gente per cui non conta se tu sia vivo o morto. Ha tradito Voldemort per te, ha ucciso suo padre per te. Cos’altro deve fare?”-urlò la giovane strega

“Si, dopo aver girato la testa per anni. Dopo aver lasciato che mi usassero da cavia per salvare il culo a Potter. Che i suoi amichetti mi torturassero per portare in vita il signore oscuro. Che la sua ex fidanzata quasi mi sgozzasse. Si è fatto i cazzi suoi per anni, Pansy.”-urlò il serpeverde di rimando. 

Ci aveva pensato a lungo, i primi tempi gli sembrava che sarebbe potuto tornare ad essere il bambino spensierato convinto che suo papà l’avrebbe protetto da tutto e da tutti. Ma la verità era che la voce di suo nonno continuava a sussurrargli in un angolo della testa che era tutta una farsa. C’era differenza tra un figlio e un erede, un’enorme differenza.Non riusciva a farlo smettere, anche se sapeva che era morto da mesi.

“Scuse. Tutte scuse per ammorbarci con la tua sceneggiata da povero figlio bistrattato. Che non sei. Pensi di fare colpo sulla babbana in questo modo? Oppure visto che ormai vi raccontate tutto perchè non spieghi alla tua cara amichetta qual è il vero motivo per il quale ti da così tanto fastidio che tuo padre e la Carrow stiano insieme?””- disse spintonandolo con violenza. 

Il serpeverde sentì tutta la rabbia evaporare, guardando gli occhi di Pansy pieni di lacrime di rabbia. La guardava e finalmente la vedeva sul serio. Sola, ecco cos’era. Abbandonata a sé stessa.Persa,quasi.

Era stato così cieco, così preso da se stesso da non rendersi neanche conto di quanto la sua più cara amica stesse lottando contro i suoi demoni. Le bloccò le mani e la strinse a sé, abbracciandola forte,mentre lei continuava a dimenarsi e a cercare di colpirlo.

“Va tutto bene, Pans. Va tutto bene”-le disse all’orecchio - “ Va bene se per una sera non sei la solita stronza bastarda boriosa”.

“Ricca stronza bastarda boriosa. Ricca, ricordatelo.”- rispose lei rilassandosi finalmente e tirando su con il naso. Poi si lasciò andare ad un pianto isterico, come mai aveva fatto in vita sua. Lei che piangeva di fronte al maledetto trio dei miracoli. C’era da morire dal ridere.

I grifondoro erano impietriti, mai si sarebbero aspettati una scena del genere. Urla di certo, insulti senza dubbio, maledizioni probabilmente. Malfoy scaraventato fuori dalla finestra sarebbe stato un’opzione più che accettabile, secondo Harry e Ron. Ma così… sembravano quasi persone normali.

Hermione si trattenne dall’accarezzare la schiena di Draco, preferendo prendere i due amici e portarseli via. Era il caso di lasciare i due soli. Non era più gelosa di Pansy, se mai lo era stata. Ora le faceva solo pena. Anche se non poteva fare a meno di sentire una morsa gelida stringerle lo stomaco se solo si fermava a pensare alle frasi che quei due si erano detti. C’era un mondo di omertà e segreti terribili celati in quelle ricche case purosangue. E probabilmente per lei quel velo non sarebbe mai caduto del tutto.



 

Cassandra Carrow scese velocemente le scale, appiattendosi contro il muro per non essere vista da nessuno. Quella notte era stata nell’appartamento ai margini di Hogsmeade . Quando era arrivata Abraxas l’aspettava già seduto in poltrona, un bicchiere di whiskey incendiario in mano. Un libro che sfogliava pigramente appoggiato sulla gamba accavallata..E un babbano impastoiato dalla magia ai suoi piedi.

“Come sta la mia futura nuora?Visto cosa ti ho portato in regalo?”- le disse quando la vide entrare, le labbra tese in quello che doveva essere un sorriso.

La ragazza si inginocchiò accanto al prigioniero, avrà avuto vent’anni al massimo, denutrito e malconcio, nonostante si vedesse che era stato fatto uno sforzo per renderlo presentabile. Storse il naso.

“Un altro senzatetto? Oh andiamo, quando  mi porterai qualcuno di  meglio?”- disse con voce infantile mettendo il broncio.

Malfoy senior rise : “Ma è per fare pratica, mia cara. Sai bene che è  Lord Voldermort a decidere se e quando possiamo farci notare. Come con la sanguesporco morta ad Hogwarts”.

“Già. E solo quella maledetta Black ha potuto divertirsi. Lei e quel buono a nulla del suo fidanzato”- disse iniziando a passare piano la bacchetta sul volto terrorizzato del  giovane davanti a lei.

“Suvvia Cassandra, porta pazienza. E come vedi almeno stasera hai un animaletto con cui giocare, di cui nessuno si chiederà che fine ha fatto. Consideralo un regalo di fidanzamento”-commentò benevolo Abraxas avvicinandosi aspirando l’odore del liquore ambrato nel bicchiere di cristallo pesante. 

Le belle labbra sensuali della ragazza fremettero di rabbia: “Sempre se ci sarà un fidanzamento. Tuo figlio sembra..distratto ultimamente.”

“I miei figli fanno quello che gli comando, mia cara. Soprattutto Lucius. Non metterlo mai in dubbio questo. Non esiterei ad ucciderli con le mie mani se non lo facessero, e lo sanno benissimo.”- rispose con calma glaciale mandando giù un lungo sorso. Il liquido scendeva caldo e rinfrancante lungo  la trachea e iniziava ad essere solleticato dall’idea di andare ad Hogwarts a prendere il suo ultimogenito e spiegargli per bene che non erano ammesse repliche ai suoi ordini. 

Strinse con forza il bicchiere, ricordandosi che Voldemort gli aveva proibito di punire i ragazzi mentre erano  a scuola, per timore che qualcuno potesse insospettirsi. Per fortuna le vacanze invernali erano vicine.

Cassandra aveva iniziato a giocare con il regalino che le aveva portato. Era un piacere vederla usare la magia oscura con tanta naturalezza. Un vero talento naturale. Spinse la testa indietro assaporando le urla dello sporco babbano. Con un tocco della bacchetta fece partire della musica in sottofondo e si verso un'altra dose generosa di whiskey, Quella si che era davvero una serata perfetta.

 

Qualche ora dopo, sul morbido tappeto annodato a mano si estendeva una pozza di sangue scuro ed appiccicoso. La giovane Carrow si pulì le lunghe dita affusolate sulla maglietta del ragazzo, ormai ridotta a brandelli, prima  di accoccolarsi in poltrona, sospirando soddisfatta e allungando le gambe slanciate su quello che ormai era il corpo senza vita di un adolescente sconosciuto.

Abraxas la fissò a lungo, compiaciuto : “Sarai una nuora perfetta mia cara, mi dispiace solo che non possa renderti la futura Lady Malfoy. Ma sono certo che troverai il matrimonio con Lucius soddisfacente. Farete grandi cose insieme al servizio del Signore Oscuro, non ho dubbi. Dei miei figli sicuramente lui è il più devoto alla causa. Oltre che il più influenzabile”.

Cassandra sbuffò : “ Ancora nessun nome su quel dannato arazzo?”.

Il mago scosse il capo : “Non usare quel linguaggio, per cortesia”.

Dalla rabbia la giovane calciò il volto del cadavere che aveva usato fino ad un attimo prima come comodo poggiapiedi. Come diavolo osava quell’uomo farle la predica? Era solo per una stupida superstizione di famiglia che le era stato negato di sposare il primogenito della casata. Di certo il matrimonio con il più giovane dei Malfoy avrebbe risollevato le sorti finanziarie e sociali della sua famiglia. Ma diventare la padrona di Malfoy Manor sarebbe stato tutto un altro discorso.

Il viso dell’uomo si ammorbidì  “Non arrabbiarti, Cassandra cara. Sono certo che troverai almeno una delle nostre proprietà un luogo più che accettabile dove vivere. E ti posso assicurare che non dovrai mai preoccuparti del denaro. Me ne occuperò personalmente. E ora non vuoi farmi un bel sorriso? Questa sera ti ho portato ben due regali e ancora non ho sentito un grazie.”

Guardando il lungo fuso nero come l’onice sul tavolino, gli occhi della giovane brillarono maligni. Passò leggera le mani sulla punta ma anche così ben presto una grossa goccia vermiglia le stillò dal polpastrello, andando a macchiare il ripiano lucido. La ragazza la fissava ipnotizzata.

Abraxas ridacchiò : “Per Salazar Serpeverde, per fortuna che ancora non è stato maledetto. Sarebbe stato un guaio non credi.?”

La giovane Carrow sorrise, succhiandosi il dito ferito e assaporando il sapore dolce e metallico del suo stesso sangue.

“Sono certa che farai un ottimo lavoro. Hai domande sull’incantesimo?”

Cassandra scosse la bella testa scura, prendendo l’oggetto tra le mani, questa volta con più attenzione. No nessuna domanda, il libro che le aveva dato era chiarissimo.

“Posso chiederti chi ti ha fatto arrabbiare così tanto da meritarsi una morte tanto orribile?”- celiò l’uomo.

“Una dannata testarda vanesia. Le ho dato un avviso ma non è servito a niente. E ora vediamo  a cosa serve la cultura personale. Sarà un piacere guardarla spegnersi lentamente. Prepara il vestito scuro, Lord Malfoy.  A breve ci sarà un funerale a corte”- ghignò.


 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8° ***


La vita sembrava essere tornata alla normalità per tutti, dopo quello che veniva definito l’incidente della babbana morta. 

Per tutti ma non per Remus Lupin. 

Continuava a vedere davanti a sé il corpo martoriato della ragazza, devastato dai colpi del platano picchiatore. E lui sapeva perfettamente perchè una cosa così pericolosa fosse stata messa in prossimità degli studenti. Per lui, per proteggere il suo segreto. Ed era per questo che si sentiva dannatamente in colpa. Non riusciva a togliersi di dosso quella brutta sensazione che gli strisciava sottopelle e che lo faceva sentire sbagliato, inadeguato. 

Pericoloso.

Per questo si era allontanato da quelli che ormai considerava i suoi migliori amici, una seconda famiglia. Sapeva bene che prima o poi avrebbe finito per ferire anche loro, e non se lo sarebbe mai potuto perdonare. Si era rifugiato  sul ponte coperto, il più lontano possibile  dai posti che frequentavano gli studenti. Voleva restare solo, doveva restare solo. Doveva imparare di nuovo a non osare nient’altro che una vita piena di solitudine e dolore.

Trasalì quando sentì una mano stringergli la spalla. Lanciò appena un’occhiata al lato, sbuffando.

“Vorrei essere lasciato solo, Harry”- disse continuando a guardare il fiume sotto di lui che scorreva implacabile.

Il ragazzo si sollevò a sedere sulla balaustra in modo da guardarlo in faccia. Remus fece un mezzo sorriso. Decisamente quell’Harry amava le altezze anche senza scopa,visto come si dondolava incurante del vuoto abissale sotto di loro.

“Pensi che le cose cambieranno se rimani qui a maledire il tuo destino?”- chiese senza alcun tono particolare di rimprovero. La sua domanda era piana, senza giudizio.

Remus tirò un lungo sospiro : “ E tu che ne sai del destino?”

L’altro esplose in una risata di cuore : “Oh, credimi. ne so molto più di quello che vorrei. Fino agli undici anni pensavo che la vita fosse stata dannatamente ingiusta con me: i miei genitori erano morti e vivevo con delle persone orribili, per le quali non ero altro che un peso. Non avevo amici, neanche uno. Davvero non capivo che senso avesse quella sofferenza, perchè io fossi quello strano, il reietto. Nessuno nel vicinato conosceva il mio nome. Ero solo quello strano.”- ricordò quasi sorridendo al pensiero di privet drive numero quattro. Quasi.

“E poi? Cos’è i tuoi genitori sono resuscitati e tu hai trovato la gloria eterna?”- chiese in tono canzonatorio. Avrà anche avuto solo undici anni ma non sopportava che qualcuno potesse fargli una predica del genere.

Harry ghignò: “Sono venuto ad Hogwarts. E ho trovato un’altra famiglia. Migliore. Mi sono sentito amato per la prima volta. Anche se non è stato affatto semplice avere sempre gli occhi di tutti addosso, pronti a giudicare ogni mio errore, ogni mio passo falso. Ma sai cosa?”

Remus finalmente lo stava guardando in faccia. Buon segno.

“Il vero cambiamento non è arrivato con la lettera di ammissione. Quello è stato l’inizio, certo. Ma il primo giorno della mia nuova vita è stato quando ho incontrato Ron e la sua famiglia. Un secondo e per la prima volta mi sono sentito amato. I suoi genitori sono fantastici, sai? Sin dal primo minuto Molly mi ha trattato come un figlio. Ed anche Arthur, ho capito subito che fosse un uomo speciale. Sai non navigano certo nell’oro ma sono le persone più ricche che abbia mai conosciuto”- il pensiero della famiglia Weasley gli allargò il cuore. Per lui Ron era molto di più di un migliore amico, di qualcuno che gli guardava sempre le spalle. 

“E poi è arrivata Hermione. Saccente e presuntuosa ma irresistibile. E’ sempre stata la più brillante,sai?La classica studentessa modello. Eppure non ha mai esitato un momento a cacciarsi nei guai con noi. E senza di lei saremmo di certo morti al primo anno.”- nella sua mente apparve il ricordo di una ragazzina con i capelli gonfi che entrava nel loro scompartimento ostentando sicurezza. In realtà era terrorizzata quanto loro. E poi Hermione e il tranello del diavolo. Hermione pietrificata dal basilisco. Hermione e la giratempo. Hermione e quel maledetto ballo  del ceppo…

“E cosa è cambiato allora?”- chiese Remus notando che il sorriso di Harry si era improvvisamente spento. Di certo non poteva intuire che la speranza dei maghi stava pensando che sarebbe stato mille volte meglio se avesse convinto l’Ungaro Spinato a dare fuoco all’intera scuola. Almeno la sua migliore amica non avrebbe iniziato quell’assurda relazione con quel maniaco di un furetto figlio di mangiamorte. Harry si riprese:

“Ho scelto la mia famiglia. E loro hanno scelto me. Ed ora vivo in una splendida casa con un padrino matto come un Thestral che nonostante abbia spesso idea al limite del legale a volte dice delle cose molto sagge. Per molto tempo sono stato convinto che fossi solo ripieno di oscurità, di dolore. Sai a cosa mi riferisco, vero?”- chiese, di nuovo di buonumore a pensare a quando sarebbe potuto tornare a Grimmauld Place, da un Sirius Black over trentacinquenne.

Remus annuì ma rimase in silenzio.

“E’ diventato tutto serio e mi ha detto :Tutti abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi. Ciò che conta è da che parte scegliamo di agire. È questo quello che siamo”- rispose , imitando la voce impostata dell’ultimo erede maschio dei Black. Il tono drammatico, la dizione perfetta. Nonostante odiasse il suo status di ricco purosangue, alcune abitudini erano difficili da lasciare. Anche per un grifondoro babbanofilo e fuori di testa come lui.

“E se non abbiamo la possibilità di controllare le nostre azioni? Se semplicemente ...non siamo più noi ma qualcos'altro?”-chiese con un filo di voce il giovane Lupin.

Harry scese con un balzo dalla seduta e gli circondò le spalle con un braccio : “Essere lupi mannari non significa necessariamente essere cattivi. E’ per questo che vai nella stamberga strillante, no? Perchè ancora non sei in grado di controllarti. Ma vedrai che imparerai. E la pozione antilupo ti aiuterà enormemente”- gli sussurrò in un orecchio.

Remus si gelò sgranando gli occhi. Com’era possibile che quel ragazzo conoscesse il suo segreto? E perchè sembrava così dannatamente calmo?

Harry continuò a cingergli le spalle e iniziò ad incamminarsi con lo studente più giovane verso i territori del castello.

“Dillo ai tuoi amici. Ti posso assicurare che capiranno. Anche troppo, a dire il vero. Hogwarts è un posto magico per molti versi. Ma la magia più grande che puoi trovare è quella della vera amicizia”- disse semplicemente, assaporandone la verità di quelle parole.

Poi gli fece un cenno col mento, indicando il gruppetto di ragazzi che attendeva alla fine del ponte. James, Sirius e  Peter non erano in giro a volare o fare danni come al solito.

Troppo preoccupati avevano seguito il loro amico di soppiatto, senza farsi vedere, giusto per essere sicuri che non gli accadesse nulla. Poi avevano visto Harry avvicinarsi. E diamine, se poteva disturbarlo lui, di certo potevano anche loro. Erano amici, no?.

“Vai, fidati. Stai per vivere la più grande avventura della tua vita”- ridacchiò Potter junior al suo orecchio, dandogli una leggera spinta. Il gruppetto dei malandrini, come rispondendo ad un ordine gli corse incontro e in breve circondò Lupin.

Harry sorrise con le mani in tasca, lanciando un’ultima occhiata a quel gruppo. Resistette all’istinto di buttare già Codaliscia dal ponte. E senza che ci fossero Ron ed Hermione ad impedirglielo. Stava davvero facendo progressi, si congratulò con sé stesso. 

Poi affrettò il passo, le sue lezioni pomeridiane stavano per cominciare e non voleva dare ad Hermione nessuna scusa per rimproverarlo. Anche se l’idea di vedere Malfoy e la Parkinson gli faceva voglia di salire sul punto più alto della torre di astronomia e rifiutarsi di scendere fino a quando le due spine nel fianco non fossero sparite dalla sua vita. Per fortuna che Remus non gli aveva chiesto niente sui due maledetti serpeverde.






 

Storia della magia non era mai stata la materia più appassionante mai insegnata ad Hogwarts. Sicuramente poteva essere interessante ma già il fatto che fosse insegnata da uno che non si  era neanche reso conto del suo stesso trapasso non lasciava dubbi su quanto gli studenti potessero attenderla con ansia. O meglio, le ore di lezione solitamente venivano utilizzate per altre attività più interessanti. C’era chi studiava per le altre lezioni, chi preparava i compiti, chi sfogliava riviste nascoste nel grosso tomo che veniva solitamente aperto solo in occasioni di verifiche e degli esami finali. Altri ne approfittavano per preparare gli schemi per il fantaquidditch o aggiornarsi su tutto quello che non erano riusciti a dirsi durante le pause.

Hermione Granger no, aveva sempre seguito le lezioni. Inflessibile nonostante di solito avesse accanto Ron ed Harry che invece pur contando tutte le ore di lezioni a partire dal primo anno avevano sentito si e no dieci minuti in tutto. Ora invece era completamente disinteressata. Non solo perché in realtà lei quella lezione l’aveva già sentita. Il suo disinteresse era provocato dal fatto che ll'oggetto misterioso trovato da Ron nel bagno dei prefetti occupasse tutti i suoi pensieri.

Anche Andromeda, che ostentava sempre quella sorta di signorile distacco e discreta noncuranza che sembrava essere il marchio di fabbrica di ogni purosangue serpeverde in generale, e dei Black in particolare, era dannatamente affascinata e continuava a rubarle quella che ormai avevano deciso fosse una planchette particolarmente elaborata. Aveva trascritto quei simboli in ogni modo. Tentato ogni incantesimo di rivelazione. Niente.

“Se fossimo in un film babbano a questo punto dovremmo tirare fuori una tavola ouija e andare in un cimitero per fare una seduta spiritica a mezzanotte. A volte vorrei che la magia fosse così semplice”- le bisbigliò sbuffando. Avevano provato ogni tipo di formula che veniva loro in mente, scartabellato decine di tomi ma non avevano ancora trovato la soluzione all’enigma di cosa diavolo fosse il maledetto oggetto.

La Black le lanciò un’occhiataccia zittendola : “Shh… non dire mai quella parola quando sei in compagnia di qualcuno che non sia più che fidato. Anzi,non dirla proprio”.

“Quale? Babbano?”- chiese stupita la grifondoro scribacchiando distrattamente l’immagine che le si era ormai formata nella mente sul quaderno, ormai coperto dai simboli misteriosi che cercavano di decifrare da giorni.

Accanto a lei Draco, impegnato come se non ci fosse altra preoccupazione al mondo a fare uccellini di carta che poi faceva volare in giro per la stanza soffiandoci sopra, emise un sibilo: “ Granger la pianti? Cos’è vuoi che ci facciamo anche le spille? Al posto di Potter fa schifo ci mettiamo Amo i babbani? Eddai, fai la brava.. “- poi portando la sua attenzione su tutt’altro esclamò..”Brutto….”. 

Lucius gli aveva incendiato anche l’ultimo dei suoi capolavori di carta piegata che ora era ridotto a cenere fumante. Il tutto con un sorriso che gli arriva alle orecchie, girato verso di loro aprendo di scatto la mano,mimando con le labbra “Boom”.

Per fortuna Hermione era stata sempre stata veloce con gli incantesimi e aveva silenziato il ragazzo proprio poco prima che se ne uscisse con una serie di improperi che non solo avrebbero fatto impallidire anche il più incallito bevitore del peggior pub di Hogsmeade, ma che sicuramente sarebbero degenerati in una rissa.

Il labiale del giovane serpeverde era però incontrovertibile ma sembrava divertire un mondo il futuro genitore, che continuava a ridacchiare. Andromeda stizzita si allungò dal suo posto per tirargli addosso un elaborato porta penne d’argento, stregandolo appositamente per renderlo molto più pesante.

Lucius si scansò all’ultimo e l’oggetto prese in pieno Archie Goyle, che lanciò un sordo grido di dolore.

“Profilo basso eh?”-mormorò Harry dietro di loro. Non era contento che li avessero nuovamente appaiati con i serpeverde per quella lezione. Stavano così bene con i Corvonero, perché nuovamente quel supplizio?

Persino il vecchio Ruf si scosse dalla sua sonnolenza. Il discorso, che faceva ormai da diversi decenni sempre uguale, si interruppe solo per un secondo. Poi riprese esattamente da dove aveva lasciato, con le stesse identiche parole, pause e tono di voce.

Malfoy si chinò a raccogliere l’oggetto contundente e poi elegante e silenzioso si alzò mentre il professore era girato alla lavagna a disegnare la mappa della Cornovaglia e scivolò vicino alla compagna di casa.

“Questo è tuo mi sa,Drom. Il povero Goyle non se lo meritava però”- disse sorridendo

“Infatti era per te. Per la tua fronte, per essere precisi. Fosse mai che ti avrebbe iniziato a funzionare il cervello. Sono un’illusa eh?”- borbottò la strega strappandoglielo di mano.

Lucius non si scompose, scostando con la  mano una ciocca chiarissima di capelli che gli ricadeva scomposta sulla fonte. Poi appoggiandosi sul gomito con fare annoiato si voltò verso di loro.

Hermione si impose di rimanere impassibile, ma era indubbio che l’attuale ultimogenito dei Malfoy fosse esattamente uguale a Draco, il suo Draco, solo venticinque anni prima. Stesso sguardo, stessa aria fintamente annoiata, stesso modo di piegare le labbra quando voleva ottenere qualcosa. E stesso modo di fissarti per farti sentire a disagio.

“Carini gli uccellini”- biascicò con voce strascicata rubando alla Black un pezzo di carta e iniziando a piegarlo. In pochi secondi una meravigliosa gru prese forma sulla sua mano.

“Se evitassi di dargli fuoco magari. Già mi sanguina il cervello di mio, non serve che ci metti anche tu”- borbottò Draco accanto alla grifondoro.Erano dieci giorni che si sentiva martellare la testa, un dolore cupo che non gli dava tregua. Pure quel deficiente del quindicenne di suo padre ci si metteva. 

“Volevo aggiungere un po’ di pathos”- ridacchio il biondo- “Mi annoio”.

“Potresti annoiarti anche al tuo posto, sai? In silenzio”- lo riprese Andromeda soavemente facendo segno di andarsene con la mano aggraziata. E uno sguardo inequivocabile negli occhi-“Sciò, sciò perché non vai da Cassandra? Guardala là, tutta solo soletta. Se non ti fai fare  un lavoretto di mano ogni cinque minuti credo potrebbe buttarsi su altri, sai?”.

Draco rabbrividì. Sua zia era peggio di quello che avrebbe mai pensato. Ma nessuno aveva un minimo di decenza nella sua dannata famiglia?

“E sarebbe una cosa così brutta?”-si lasciò sfuggire il serpeverde alzando le spalle con noncuranza.

La sua futura progenie drizzò le orecchie. Allora aveva ragione la babbana, come sempre. Tra quei due c’era aria di rottura.

“Beh per lei si, dove lo trova un altro cretino ricco come te?Che poi devi dirmi come il vecchio ha convinto tuo padre. Che non sia con i galeoni l’abbiamo assodato visto che pare che i Carrow abbia perso quasi tutto negli scorsi anni. La versione ufficiale parla di investimenti sbagliati, se ricordo quello che ha detto mia sorella.”- ghignò la strega.

Il giovane rivolse velocemente lo sguardo verso quella che sarebbe stata la sua futura moglie. Al momento gli sembrava al pari di una condanna ad Azkaban: “Magari fosse una questione di soldi..”

“Ho capito...sei merce di scambio? Quanto vali Malfoy? Sai che sono ricca, se fai il carino ti compro io. Solo per il gusto di far infuriare la Carrow. Che dici ..se ti baciassi ora vedremmo la vera natura della nostra piccola Cassandra? Al momento credo che si stia torcendo le mani per non lanciarmi una maledizione senza perdono. Oh quanto mi piacerebbe che ci provasse.Avrei la perfetta scusa per cavarle quei dannati occhi da folle”-. cinguettò Andromeda,

Per Salazar Serpeverde, quanto le sarebbe mancato tutto questo. Era certa che la vita che avrebbe passato con Ted sarebbe stata fantastica e piena di amore. Ma molto  meno divertente. Era risaputo che le altre case avessero un senso dell’umorismo del tutto diverso dal loro. E anche meno inclinazione a schiantarsi a vicenda.

“O forse sono un investimento sbagliato. E voi Black non ne fate mai, giusto?”- rispose lui con tono allegro. Ma gli occhi erano ancora cupi e persi dietro chissà quale ragionamento.

“Non vi sembra esagerato tutto questo parlare di matrimonio? Per Merlino, siete adolescenti e sembra che l’unico vostro pensiero sia mettervi un anello al dito”- sbottò Hermione, beccandosi un’occhiata stralunata dai due serpeverde al suo fianco. Harry e Ron dietro di lei ridacchiarono. In effetti anche per loro tutto quella storia stava assumendo dei contorni surreali, al limite di un romanzetto rosa.  E poi dovevano concentrarsi per poter finalmente tornare alla normalità, non stare a fare i consulenti sentimentali di Malfoy senior.

Lucius la fissò a lungo, poi se ne uscì  come se chiarisse il tutto : “Mezzosangue vero?”.

Prima che potesse esplodere Draco rispose per lei, stringendole di nascosto una mano sul ginocchio per cercare di farle capire che doveva stare zitta : “ Tanto bella e intelligente ma su certe cose  non ce la fa proprio...è come un troll”.

La grifondoro per tutta risposta gli conficcò le unghie sul dorso della mano. Troll lo diceva a qualcun’altra. Tipo la Parkison, se tanto ci teneva a stare con una purosangue. 

Il biondo per tutta risposta annuì come se la risposta fosse ampiamente accettabile “E voi da quanto state insieme?”.

Draco rimase per un attimo troppo stupito per rispondere: suo padre non glielo aveva chiesto neanche nel loro presente. Anzi a dire il vero non aveva mai toccato l’argomento, neanche di sfuggita.

“Da natale. Ma in realtà io mi sono innamorato appena l’ho vista. Anche se lei è stata odiosa per quattro anni”- disse con un sorriso e portandosi la mano, si proprio quella che lo stava stritolando, alle labbra sfiorandogliela.

Hermione era allibita : “Io sono stata odiosa, Malf..ferret”-per fortuna si corresse all’ultimo sotto l’occhiata furiosa di Andromeda.

“Saccente, secchiona, irritante, sempre pronta a dirmi come e quanto fossi sbagliato..”- iniziò ad elencare. Il suo cantilenare fu interrotto però dall’intervento del bambino sopravvissuto che, seguendo l’insegnamento di Piton, si era sporto per calargli sulla zucca vuota il tomo di Hogwarts dalla Fondazione al Primo Rinascimento, completo di illustrazioni... Doveva ammettere che era davvero soddisfacente.

Con un ringhio il futuro erede di Malfoy Manor si girò, pronto a buttarsi contro la speranza dei maghi. I suoi intenti omicidi furono però interrotti da una furia dai capelli corvini che irruppe nella classe.

“Signorina Black, posso aiutarla? La lezione del settimo anno  è domani. Ma se vuole unirsi a noi.”- disse galante il professore.

La ragazza non lo degnò d'uno sguardo. Sembrava.. impaurita? Bellatrix Black, l’impavida, quella che rideva in faccia a tutto e a tutti davvero sembrava terrorizzata? Andromeda sentì un brivido gelato salirle per la schiena. Si alzò di scatto. Quando gli occhi della sorella si posarono su di lei il brivido divenne certezza.

“Andromeda! “- disse con una voce che non sembrava neanche la sua, mentre l’altra scendeva velocemente la scalinata.

“Bella che diavolo succede”- Andromeda, sempre la più calma e razionale, era prossima all’iperventilazione. Doveva essere successo qualcosa di grave, di grave davvero per far reagire così la sorella. 

Pensò alle varie possibilità. Neanche la morte dei loro genitori avrebbe potuto gettare Bellatrix in quello stato. C’erano solo due possibilità: Lord Voldemort o…

“Dov’è Narcissa, Bellatrix?”-sibilò.

FInalmente lo sguardo della sorella sembrò focalizzarsi “E’ in infermeria, Drom. E’ stata maledetta. La Pomfrey ha detto...lei ha detto…”- disse in un sussurro

La sala iniziò a rumoreggiare..

“Oh insomma, cos’è questa confusione?”- si indignò il professore, non ottenendo l’attenzione di nessuno del gruppo.

“Cosa ha detto Madame Pomfrey , Bella?”- disse piano Andromeda, cercando di contenere il panico che la stava pervadendo.

Bellatrix si riscosse un attimo e il suo sguardo carico d’odio vagò per la sala: “Ascoltatemi bene, vi consiglio di pregare qualsiasi entità in cui crediate perché Narcissa guarisca. Perchè non ci sarà buco in cui potrete nascondervi. Troverò chi è stato e non avrò pace fino a quando non l’avrò smembrato con le mie mani e avrò dato i suoi miseri resti a brandelli al dannato cerbero”- sibilò.

“Suvvia signorina Black, sono certo che stia esagerando”- provò ad intervenire Rus, seccato di quella interruzione alla sua perfetta lezione.

Gii occhi della strega fiammeggiavano: “Chiunque sia stato. Se lo ricordi,professore. Chiunque”.

Prima che potesse aggiungere altro Andromeda prese la sorella per il braccio e la trascinò fuori. Non c’era tempo per questo. Dovevano andare da Narcissa. 

“Ehi voialtri.. dove credete di andare”- urlò il professore con un ultimo barlume di vitalità quando vide uscire di corsa dietro le Black anche altri cinque ragazzi. Draco e Lucius erano corsi per primi, seguiti a breve distanza da Hermione, Pansy, Harry e Ron.

“Non si preoccupi professore.. vada avanti...Goffredo di Monmouth…. “- rispose il giovane Potter uscendo. Con la coda dell’occhio non poté non notare che mentre tutti i loro compagni, inclusi i grifondoro, sembravano sconvolti c’era un unica persona che sembrava piuttosto soddisfatta. E ovviamente era Cassandra Carrow .

Prendendo la palla al balzo Ruf riprese esattamente da dove aveva lasciato :”nel 1136…”




 

Prima di entrare nell’infermeria Bellatrix strinse forte la mano a sua sorella e respirò a fondo. Non doveva far vedere a Narcissa quanto fosse sconvolta.  Si munì della sua migliore faccia di pietra, ricacciando in fondo alla gola il grumo di terrore che continuava a mozzarle il respiro.

Era successo tutto così velocemente e al contempo era davvero assurdo che non se ne fosse accorta prima. Erano giorni che Narcissa era strana,eppure non ci aveva dato peso. Era ancora più pallida e magra del solito, nervosa e sembrava cercare di stare più lontano possibile da tutti. Eppure non aveva pensato neanche per un secondo che ci fosse un problema serio. Quella mattina, non vedendola per l’ennesima volta aveva deciso di saltare la stupida lezione di cura delle creature magiche e passare del tempo con la sua sorellina minore. Aveva chiesto alle sue compagne  di corso e aveva saputo che quella mattina Narcissa non si era ancora alzata. E questo era davvero strano, molto strano. Sapeva bene che la piccola non avrebbe perso la lezione di pozioni per nulla al mondo.

Quando era entrata nel dormitorio del terzo anno regnava il silenzio. Il letto di sua sorella era l’unico con le tende ben tirate, che stesse ancora dormendo? Beh era decisamente ora di alzarsi, ed era certa che il dolce al cioccolato fondente che le aveva portato l’avrebbe convinta ad abbandonare il letargo. Tenendo il piatto sollevato grazie alla magia si avvicinò al letto a baldacchino e tirò con forza le pesanti tende di velluto verde scuro. Pensava di trovare la sorella ancora nel mondo dei sogni, o magari nel letto con qualche studentello intrigante. Ma non era pronta a quello che vide: la ragazzina era raggomitolata su se stessa, i capelli aggrovigliati come se avesse passato l’intera notte a rigirarsi, le mani strette attorno al corpo, gli occhi sbarrati rossi e contornati da brutti cerchi violacei, le labbra aride e coperte di tagli. Il piatto sfuggì al suo controllo e cadde in terra, rompendosi in mille pezzi.

In quel momento quello che già le sembrava un incubo peggiorò ulteriormente. Il corpo già esile di Narcissa iniziò a tremare in preda alle convulsioni, gli occhi rovesciati all’indietro non sembravano vederla. Ma la sentì distintamente mormorare pianissimo “Bella….”.

Fu allora che si accorse delle grida. Per un attimo pensò che fosse sua sorella in preda al dolore. Poi quando Rodolphus apparve al suo fianco scrollandola si accorse che non era Narcissa a gridare. Era lei.



 

“Come stavo dicendo a sua sorella prima che iniziasse ad insultare e minacciare di fare a pezzi l’infermeria, la situazione è molto grave. Il preside ha già mandato a chiamare i vostri genitori. Il professor Silente concorda con me, la ragazza è stata maledetta”- cercò di spiegare Madame Pomfrey ad Andromeda, ancora con la mano stretta in quella di Bellatrix, non solo per conforto ma anche per evitare che saltasse alla gola dell’infermiera.

“Questo l’ho capito. E si può sapere di quale maledizione stiamo parlando o devo tirare ad indovinare”- rispose la giovane Black in un sussurro basso e pericoloso. Lo sguardo le si ammorbidì appena quando vide il vicepreside avvicinarsi.

“Il  Requiescat sine Pace. E’ magia oscura che si credeva scomparsa da secoli. La persona maledetta non riesce più a dormire, neanche per cinque minuti. La mancanza di sonno provoca allucinazioni, mal di testa, incapacità di concentrarsi, astenia. E dopo un paio di settimane possono esserci dei danni cerebrali importanti. Ma se fosse solo questo il problema potremmo risolverlo abbastanza semplicemente”- disse Silente posando le mani sulle spalle di entrambe le ragazze. 

“E allora perché state qui impalati a non fare niente, patetica scusa di scuola?”- ringhiò Bellatrix scrollandosi con violenza dalla presa gentile del professore. Andromeda le strinse più forte la mano, cercando di calmarla.

Silente squadrò le due ragazze davanti per un lungo minuto, ignorando gli oggetti che iniziavano ad andare in prezzi dietro a lui. Bellatrix era talmente furiosa da non riuscire a controllare i propri poteri. Quanto talento sprecato. Ancora una volta si chiese se ci fosse qualcosa che potesse fare per convincere la maggiore delle Black ad utilizzare i propri innegabili doni per una giusta causa.

“Non solo il corpo e il cervello di Narcissa non riescono a riposare e pertanto a rigenerarsi. Ma è come se le sue energie vitali residue venissero drentate. Senza sapere chi l’ha lanciato è impossibile da sciogliere.”- rispose continuando a fissarle.

Andromeda si sentì gelare. La sua sorellina, la bambina dai capelli dorati e gli occhioni azzurri di cui tutti si erano innamorati appena l’avevano vista. Così diversa da lei e Bellatrix. Eppure la preferita di entrambe.

“Non ci pensi nemmeno Preside, Narcissa starà bene. E questa volta concordo con mia sorella. Dovessi uccidere ogni singolo studente di questa scuola. E ora se non le dispiace vorremmo stare con nostra sorella”- disse calma trascinandosi dietro Bellatrix.




 

Fuori dall’infermeria la situazione non era di certo meno caotica. L’infermiera, che aveva accolto borbottando l’invito di Silente a lasciare un po’ di spazio alle sorelle Black, ora aveva il suo bel da fare ad impedire a due quindicenni urlanti e saccenti di irrompere in infermeria.

“La signorina Black ha bisogno di riposare e di stare con le sue sorelle. Non di due idioti che a malapena conosce che la agitino ancora di più.”- li richiamò per l'ennesima volta.

“Senta maledetta stupida…”- iniziò Draco a denti stretti

“Se non si leva immediatamente  di mezzo…”- minacciò Lucius stringendo la bacchetta fino a sentirsi scricchiolare le nocche.

Pansy ed Hermione si lanciarono uno sguardo sconsolato. Avevano provato a ragionare ma padre e figlio sembravano aver perso il lume della ragione. A breve l’unica opzione rimasta per evitare che finissero ad Azkaban per l’omicidio di un membro del corpo insegnante sarebbe stata pietrificarli.

“Lucius, Draco. Basta. E non sto scherzando”- disse Nicholas Malfoy arrivato in quel momento insieme alla sorella,prendendo i due per i gomiti e strattonandoli all’indietro.

Se il nipote sembrò calmarsi per un attimo il fratello non sembrava disposto a cedere cosi facilmente. Lanciatosi nuovamente contro l’infermiera, questa volta con la chiarissima intenzione di lanciarle una maledizione fu costretto a prenderlo per il bavero della giacca e spingerlo con forza contro il muro.

“Basta ho detto. Buoni qui. Tutti e due. Io entro a cercare di capire cosa sia successo. E voi, se si muovono vi autorizzo a schiantarli entrambi e farli volare fuori dalla finestra. Sia mai la volta buona che inizino a ragionare”- borbottò rivolgendosi ad Harry e Ron che si fregarono le mani. Nonostante fossero preoccupati l’idea di maledire i due Malfoy, per lo più con la benedizione di un terzo  era davvero allettante

“Andrà tutto bene”-sussurrò Arael all’orecchio del nipote prima di sfiorargli il braccio con un tocco leggero. 

“Signor Malfoy, come ho detto a suo fratello non potete entrare. Narcissa ha bisogno di riposare. E ci sono le sue sorelle con lei, non vedo il perchè della sua presenza”- sospirò l’infermiera massaggiandosi la tempia. Quei serpeverde l’avrebbero fatta impazzire un giorno o l’altro.

Le labbra di Nicholas si stesero in un gran sorriso : “Ma io non sono mio fratello, Madame. E il fatto che lei non lo capisca non è un mio problema. E ora le consiglio vivamente di spostarsi, se non vuole perdere il suo posto di lavoro. Il preside Dippet è piuttosto vicino alla mia famiglia sa? E il lavoro non è l’unica cosa che perderà se non si leva immediatamente dai piedi”- disse con gli occhi che scintillavano pericolosi.

“Mi sta minacciando forse?”-l’infermiera non era disposta a farsi mettere i piedi in testa da un bulletto neanche diciottenne, seppur l’erede di una delle famiglie più ricche ed influenti del mondo magico. Sebbene fosse divenuta responsabile da pochissimo doveva essere chiaro a tutti che l’infermeria era il suo regno.

“La sto avvisando. C’è differenza non crede?”- cinguettò il biondo con voce falsamente dolce senza staccare lo sguardo dalla strega.

“Su Poppy, non fare così. Autorizzo io Nicholas ad entrare, è il caposcuola della signorina Black e dobbiamo discutere di alcune cose”- Intervenne Lumacorno, aprendo la porta dell’infermeria e sorridendo bonario all’infermiera che gli rivolse uno sguardo di puro odio.

Il più grande dei Malfoy si scambiò uno sguardo con la gemella che annuì prima di iniziare a trascinare i due serpeverde giù per le scale.

“Voi due muovetevi, Non costringetemi ad usare la magia per convincervi. Non ne ho proprio voglia”- urlò rivolta ad Harry e Ron e stringendo saldamente nipote e fratello sotto braccio : “ E voi guardate dove mettete i piedi, vi giuro che se cadete vi lascio per le scale”-

Hermione lanciò un’ultima occhiata verso la porta chiusa scuotendo la testa. Non ci voleva davvero anche quel contrattempo. Erano oltre la metà di ottobre ancora non avevano scoperto nulla di davvero utile. E ora Narcissa rischiava di morire. E se lei fosse morta.. no non voleva neanche pensarci. Poi si voltò e seguì gli altri verso i sotterranei.



 

Per fortuna a quell’ora la sala comune di serpeverde era deserta.  E il mantello dell’invisibilità che teneva sempre a portata di mano dopo averlo requisito a quell’Harry sarebbe stato davvero una salvezza.

“Avete visto Bella?”- ringhiò Rabastan Lestrange seduto vicino al fratello sul divano. Erano stati loro ad accorrere da Bellatrix quando aveva trovato Narcissa e a portarla in infermeria, per essere poi malamente cacciati.

“Non sono una babysitter Lestrange, perchè non  muovi il sedere e vai a cercarla invece di stare qui ad alcolizzarti?”- rispose la bionda senza scomporsi e costringendo il fratello a continuare a camminare.

“Ti prego posso schiantarlo un pochino?”- mugugnò Ron da sotto il mantello- “Una fattura orcovolante almeno”

“Da quando hai questo giocattolino,sorella? E soprattutto, pensavi di dirmelo?”- sibilò invece Lucius che sembrava voler sfogare su chiunque fosse a tiro la propria frustrazione.

“Zitti, tutti e due. Vuoi che Narcissa stia meglio? E allora piantala di fare domande e fai quello che ti dico”- rispose la maggiore continuando a spingerlo

Quando arrivarono nella stanza del caposcuola cadde il silenzio. Lucius si era seduto sul letto, la testa tra le mani. La sorella accanto a lui gli accarezzava piano i capelli. Draco era crollato su una poltrona, raggomitolandosi contro Hermione seduta sul bracciolo. Passandogli le mani sul viso la ragazza si rese conto che la pelle era gelida, come se avesse passato l’intera mattina nella foresta invece che a lezione accanto a lei. 

Dopo quella che sembrò essere un’eternità Nicholas entrò in camera, cupo come un temporale. Si posizionò accanto al fratello senza staccare però gli occhi dal nipote. Era pallido molto più del solito. Di certo non era un buon segno.

“Non ho buone notizie. Hanno trovato il segno di una puntura sul palmo e Narcissa è riuscita a raccontare che una decina di giorni  fa si è punta con il pettine d’argento che porta sempre tra i capelli ma non ci ha dato importanza. Qualche giorno dopo ha iniziato a soffrire di insonnia, pensava fosse causata da un po’ di stress, ma da allora non chiude occhio,nonostante le pozioni.Non ha collegato le due cose tra loro. Anche se probabilmente non sarebbe servito a molto, se non a far guadagnare un po’ di tempo”- riassunse.

“Beh ma se è solo questo..non si può farla dormire a forza? Con un incantesimo magari? Sono certo che Silente troverà il modo”-tentò Harry. Nonostante odiasse Malfoy e considerasse la di lui genitrice una che avrebbe avuto bisogno di un trattamento sanitario obbligatorio non poteva restare a guardare mentre qualcuno perdeva la propria madre. Chiunque fosse.

“Non è così semplice. Il pettine era stato trasfigurato. Per il vicepreside si trattava in realtà dello spillone dell’incantesimo del senza riposo. E’ magia oscura molto potente, Harry. E mortale. Le restano pochi giorni. I genitori stanno arrivando ma hanno fatto fatica a rintracciarli, sono in America per degli affari di Cygnus. Hanno già detto che vogliono trasferirla, anche se sanno bene che non servirà a niente”.- disse il ragazzo stringendo il braccio del fratello.

“Praticamente una favola della bella addormentata al contrario?”- provò a chiedere il grifondoro, beccandosi uno sguardo stralunato di tutti i presenti,ad eccezione di Hermione.

Sbuffò.

“La principessa che viene punta da un arcolaio e cadde in un sonno fatato fino a quando il principe non la bacia. Eddai ma è possibile che neanche questa sappiate”

Pansy lo guardò stralunata : “Ma davvero tu sei la speranza dei maghi?”

“No Harry, i babbani questa volta si sono sbagliati. Mio padre me l’ha raccontata questa storia ma in realtà è esattamente il contrario. Dopo la puntura lo spillone assorbe piano piano tutte le energie di chi viene maledetto. Di solito è infilzato in una specie di bambola che contiene i capelli o altro della vittima. Man mano che la persona che ha subito la maledizione peggiora la bambola si colora di nero. Quando è completamente satura di colore significa che non c’è più energia vitale da assorbire”- cercò di spiegare Ron.

Hermione sentì Draco pietrificarsi sotto la sua stretta.

“Dobbiamo cercare una bambola voodo quindi?”- tentò Harry di nuovo.

“Ancora Potter? Ma sei serio…”- si lagnò Pansy. Per fortuna il più giovane dei fratelli Malfoy era troppo preso dalla sua disperazione per accorgersi di come lo aveva appellato Pansy.

“Non ho idea di cosa tu stia parlando ma no. Per distruggere la bambola ci vuole un rituale apposito, a meno che chi ha maledetto la persona non collabori. Altrimenti è comunque tutto inutile. Qualunque cosa accada al simulacra si riverserebbe sulla persona maledetta”- provò a spiegare Arael,accarezzando piano la schiena del fratello. Esaurita la fase di rabbia, ora sembrava svuotato di ogni capacità di reazione. Per tutto il tempo era rimasto immobile, lo sguardo rivolto verso il basso e la testa china.

“Se è stato Selwyn giuro che lo uccido veramente stavolta”- riuscì solo a ringhiare.

Nicholas accentuò la stretta sulle spalle del fratello: “Non può essere stato lui, è  un incantesimo troppo complesso. E poi dove avrebbe preso la formula? Non è qualcosa che trovi così facilmente”- provò a rincuorarlo.

“Eppure c’è qualcuno qui dentro che può farlo. Ora,  pur volendo eliminare i presenti , chi altro ne sarebbe in grado?”. Pansy si era staccata da Ron e seduta accanto a Draco, sull’altro lato della poltrona,speculare alla grifondoro.

“Bellatrix sicuramente ma l’hai vista, non farebbe mai del male alla sorella. Andromeda, idem. Rodolphus avrebbe le conoscenze ma non ha senso, tiene a Narcissa. E soprattutto tiene alla sua vita. Severus è incredibilmente dotato ma non ce lo vedo, sono amici. Poi forse Dolohov, ma non ci giurerei.”- iniziò ad elencare la strega, poi gli occhi grigi si fissarono sulla nuca del fratello. Di certo c’era un altro nome ma non sapeva se fosse il caso di dirlo davanti a tutti.

“E Cassandra Carrow, giusto?”- terminò per lei la serpeverde.

“No non può essere”- disse appena Lucius continuando a fissarsi le mani, cercando di ricordare qualsiasi elemento che potesse tornare utile.

Draco si alzò di scatto, sbarellando per un attimo.

“Questa è la volta buona che la ammazzo sul serio”.- riuscì a dire con un ringhio basso e pericoloso.

Pansy lo prese per un braccio e lo ributtò giù a sedere sulla poltrona. Fu sin troppo semplice. Il mal di testa che lo stava perseguitando da giorni diventava sempre più forte.

Hermione ebbe un flash. Quell’incantesimo le ricordava qualcosa. Era sicuro di averne letto di più in un libro. Un libro che aveva preso in prestito quell’estate . Un piccolo volumetto dalla copertina di pelle nera e le pagine dal bordo argentato.

Un libro che aveva preso in prestito quell’estate. 

A Malfoy Manor.

Si scambiò un’occhiata con Harry. Dovevano parlare.Senza i Malfoy tra i piedi.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9° ***


*****Lucius è psicopatico anche da adolescente. Salta la parte con lui se ti triggerà l'accenno a sterilità forzata o morte per parto*****

Alla luce di una luna ormai alta nel cielo tutta quella situazione sembrava davvero assurda. Più del solito.

“L’avete visto anche voi,vero? Non è solo una mia impressione”- chiese in un sussurro Hermione, scivolando con la schiena lungo la fredda colonna di pietra sino a sedersi in terra, le ginocchia piegate e strette al petto.

Harry si accovacciò accanto a lei e la strinse in un abbraccio, forzandola a posare la testa sulla sua spalla.

“Decisamente no. Non è mai stato il ritratto della salute ma decisamente sta diventando, come dire… quasi evanescente. E sono passate solo poche ore da quando Narcissa è peggiorata.Credi che sia il segno che lei è più grave di quel che ci dicono”- chiese posandole un bacio sulla tempia per rassicurarla.

Pansy la guardò rabbrividire senza rispondere.

“E se fosse colpa nostra?”- bisbigliò Ron accanto a lei, una mano distrattamente posata sulla sua gamba mentre con le dita giocherellava con il tessuto setato delle calze nere.

“Sul serio avete qualche dubbio? Se questo fosse già accaduto nel passato Draco non starebbe così male, no? “- sibilò- “Ma tanto a voi non interessa giusto? Tutto ciò a cui pensate è quella dannata collana e ammazzare Lord Voldemort. Se poi qualcuno di serpeverde crepa tanto meglio, no?”.

“Oh andiamo Pans, non dire così.Certo preferirei mille volte che Malfoy non facesse parte della mia vita, ma da qui a voler che la madre muoia prima di concepirlo ce ne passa”- provò a dirle Ron accennando una carezza.

“Non ti azzardare a chiamarmi Pans o ti butto giù da questa dannata torre di astronomia, Weasley”- ringhiò conficcandogli le unghie sul dorso della mano.

“Oh andiamo Parkinson, l’abbiamo visto tutti che anche tu hai un cuore. Arido, piccolo e incapace di contrarsi decentemente ma decisamente un cuore”- la riprese Harry continuando ad accarezzare la schiena di Hermione.

Proprio lei, la ragazza più intelligente della sua generazione, quella che li aveva aiutati  a trovare le soluzione ai problemi più disparati, era li che fissava un punto indefinito davanti a sé, incapace di concentrarsi.

Si costrinse a respirare a fondo, farsi prendere dal panico non sarebbe servito a niente. Doveva ragionare. 

“Mi ricordo di quell’incantesimo. Quando sono stata da Draco quest’estate sua madre mi ha dato libero accesso alla biblioteca. Stavo cercando altro e mi è praticamente caduto in testa”- disse cercando di concentrarsi. Tentò  di riportare alla memoria il libro, di visualizzarne le pagine. Ricordava di averlo letto ma era come se tutto fosse nebuloso. Solitamente aveva una memoria visiva eccezionale, ma ogni volta che provava a ricordare esattamente il testo era come se le parole si dissipassero nella sua testa.

“Forse era un tentativo del Maniero di accopparti, Granger.Te l’ho detto che la sezione delle arti oscure è piuttosto ricca. Ed evidentemente dotata di spirito critico”- borbottò Pansy reclinando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi.- “ Comunque, golden girl, è inutile che provi a ricordare esattamente cosa ci fosse scritto”.

“Non dire assurdità, se c’è una persona che può farlo anche a distanza di mesi è Hermione”- rimbeccò Harry.

“Merlino quanto sei stupido. Non è che non può perché non è abbastanza intelligente. Non può e basta. E’ un incantesimo di protezione dei libri proibiti. O manca qualche frase, o un’indicazione fondamentale, cose così.”- si trovò costretta a spiegare.

Hermione si morse le labbra. Sì era vero, lo sapeva. Eppure era certa che ci fosse un modo per aggirare il problema. E come aveva detto Harry se davvero c’era una persona che poteva farlo era di certo lei.

Si costrinse a respirare a fondo a tornare alla memoria a quei pomeriggi d’estate. Draco chino sul grande scrittoio e lei che girava tra gli scaffali colmi di libri antichi,  il piacere di ascoltarlo ripetere le lezioni in sottofondo, l’aria dolce dell’estate e profumata del giardino che faceva gonfiare le tende.. 

Era tutto così tranquillo, così perfetto avrebbe osato dire. 

Si rivide passare un dito leggero sulle rilegature in pelle, le incisioni in oro, respirando l’odore di volumi pregiati e tomi antichi. Poi all’improvviso lo rivide nella memoria, il piccolo volume rilegato in pelle nera, martellata come squame di serpente. Nessuna scritta, nessun autore. Ma dannatamente pesante quando l’aveva colpita.

Lo prese in mano e lo aprì. Le parole danzavano sotto i suoi occhi senza assumere una forma precisa. Ma fu tenendolo in mano che si ricordò di  una cosa. L’aveva rivisto di recente quel libro. Quella sera di qualche settimana prima quando aveva incontrato Andromeda.

“Cassandra!”- ruggi alzandosi in piedi.

Gli altri la guardarono stralunati “ Non ti ci mettere anche tu eh Herm, Già quell’altro  ci sta fracassando i maroni con questa storia.”- cercò di farla ragionare Ron.

Harry la fissò :“In effetti quando siamo usciti dalla lezione per andare in infermeria non ho potuto fare a meno di notare che fosse piuttosto soddisfatta. Ma sul serio credi che metterebbe in pericolo la sorella di Bellatrix? Una Black purosangue? “

“Ma non capite? Cassandra odia Narcissa. E’ gelosa e pensa che sia colpa sua se Lucius si sta allontanando. Draco ha ragione, deve essere successo qualcosa ad Hogsmeade, qualcosa che non è andato secondo i suoi piani. E sono sicura c’entri Lucius, è da allora che hanno smesso di tormentarsi a vicenda”.- insistette Hermione.La gelosia, il movente più antico del mondo.

“C’è  molto di più in gioco, Granger. Quando sono stata con Rabastan mi ha detto che tra la Carrow e Bellatrix non sempre corre buon sangue. Sono in competizione per essere le preferite dell’Oscuro Signore. Se Narcissa muore la sorella darà di matto, l’hai vista. E una Black fuori controllo in questo momento non se la possono permettere.  La Carrow avrebbe gioco facile “. Pansy finalmente la guardava, le lunghe gambe ancora stese davanti a sé. Si chiese fino a dove quei tre si sarebbero spinti. Di certo sapeva dove poteva arrivare lei.

“E poi ci sono i soldi. Andromeda ha insinuato che non navighino proprio nell’oro no? L’unica cosa certa dei Malfoy è che sono ricchi. Anche se con il terzogenito un matrimonio sarebbe comunque molto conveniente per lei”- concluse Ron pensieroso. -”Tre indizi  fanno una prova, questo è certo. Ma come  facciamo a convincere quella pazza a parlare?”.

Una voce gelida li fece trasalire:

“Non preoccuparti Lenticchia, a quello ci penso io. E comunque grazie, siete carini ad incontrarvi e parlare del fatto che mia madre sta morendo senza di me”.

Draco, pallido come un cadavere ma con gli occhi che fiammeggiavano d’ira li aveva seguiti senza che se ne accorgessero ed era rimasto tutto quel tempo nell’ombra.

“La Carrow ti odia, Malfoy.Cosa che onestamente comprendo. Come pensi di convincerla?”- rimbrottò Ron passando lo sguardo da lui ad Hermione, che lo guardava stralunata.

Draco ghignò :” Beh dite sempre tutti che sono la copia di mio padre Vediamo se per una volta serve a qualcosa”.

E senza dire un’ulteriore parola si girò per andarsene. Hermione cercò di seguirlo ma Pansy la bloccò.

“Non è il momento Granger. A questo ci pensiamo noi. Voi cercate il libro, La Carrow deve averlo nascosto qui da qualche parte. Forse se lo troviamo riusciremo a capire come uscire da questo casino”.

Hermione si liberò dalla stretta “Non dire stupidaggini. Questo è esattamente il momento giusto. Qualunque cosa voglia fare Draco io gli sarò accanto. Qualunque”-rispose gelida prima di incamminarsi dietro il suo ragazzo. Appena lo raggiunse gli strinse forte la mano.

Ne sarebbero usciti. Insieme.




 

Il dormitorio del quinto anno era immerso nel silenzio, così come tutta la casa di Serpeverde. Quell’assenza di rumore, qualsiasi rumore, non era dovuto al fatto che fosse ormai notte inoltrata. No, quella notte ben pochi avrebbero potuto riposare serenamente. Una di loro era stata attaccata. E non una studentessa qualsiasi. 

Una purosangue appartenente ad una delle famiglie più ricche e influenti del mondo magico. La principessina di Serpeverde. 

La sorella di Bellatrix. 

Chi era stato tanto folle da farle una cosa del genere?

E se era successo a lei  chi poteva dirsi al sicuro?

L’unica che sembrava finalmente rilassata era Cassandra Carrow. Nonostante la stizza di vedere Lucius correre via dalla lezione non appena saputo che la maledetta piccola Black si era fatta la bua, ragionandoci a mente fredda se la stava godendo un mondo. 

Aveva bevuto come fosse burrobirra bollente in una gelida serata d’inverno lo sguardo allucinato della maggiore delle Black, la cupa disperazione di Andromeda, tutto quel chiacchiericcio frenetico tra i corridoi. Avrebbe  voluto ridere in faccia a tutti i compagni di casa, ai professori, ai coniugi Black quando si sarebbero degnati di arrivare. Tutti sciocchi illusi, credevano di poter fare qualcosa. Invece avrebbero visto la loro bambolina spegnersi miseramente per poi morire in preda ad allucinazioni. Sarebbe stato carino se per mettere fine alle sue sofferenze si fosse lanciata dalla finestra dell’infermeria, spaccandosi quel visino perfetto.

Era al sicuro, l’unico che avrebbe potuto tradirla sarebbe stato Abraxas. Ma in quel caso non avrebbe dovuto preoccuparsi più di tanto di rischiare Azkaban per averle consegnato un libro bandito da secoli. No, aveva abbastanza soldi e potere da comprarsi qualsiasi biglietto d’uscita per una cosa del genere. Il problema sarebbe stato ammettere davanti a Lord Voldemort di averla aiutata ad uccidere una purosangue da generazioni, nonché figlia di uno dei suoi maggiori benefattori. La sorella minore della sua stellina.

Ghignò. Tra qualche giorno tutto avrebbe finalmente iniziato a girare per il verso giusto. Alla morte di Narcissa era certa che Bellatrix avrebbe perso il lume della ragione e il Signore Oscuro non avrebbe certo tollerato di avere tra i suoi servitori più fedeli una diciottenne fuori di testa. Sarebbe finita in fondo alla gerarchia, altro che pupilla prediletta. Sarebbe già stato tanto se le avesse concesso di continuare a vivere, isolata a Lestrange Manor.

E anche con Lucius sarebbe tornato tutto come un tempo. 

Sapeva che lui non l’amava, non era mai stata una questione di sentimenti. Ma la desiderava, ne era certa. E la rispettava. Condividevano l’attrazione per le arti oscure ed entrambi erano disposti a fare la loro parte affinché finalmente fosse il sangue a contare sul serio. Essere presentata come la sua fidanzata, inoltre, le aveva riaperto molte porte nell’alta società. Porte che erano state chiuse dopo che suo padre aveva perso la sua fortuna. Quando avevano undici anni i loro genitori si erano riuniti e avevano deciso che si sarebbero sposati. Non avevano chiesto a nessuno dei due se fossero d’accordo. Era una dato di fatto, e per molto tempo a loro era andata bene così. 

L’equilibrio si era incrinato quando aveva visto la sua reazione alla cerimonia di smistamento dell’ultima delle Black. Cassandra aveva intuito immediatamente che gli piaceva. Fin troppo. 

Per i primi tre anni tutto sommato era riuscita a mantenere tutto nell’ambito dell’accettabile. Ma ora, ora vedeva come la guardava. Come la seguiva con gli occhi facendo finta di guardare altrove. Come la osservava anche quando baciava lei. E si era resa sempre più conto di come le attenzioni di Lucius nei suoi confronti sembrassero aumentare quando una certa strega bionda era nei paraggi eppure al contempo era come se non fosse neanche lì.

E poi quel pomeriggio ad Hogsmeade. Ecco dove era andato il suo fidanzato, invece di passare il pomeriggio tra le lenzuola con lei come prima, in attesa dell’incontro con il signore oscuro. Si era messo a  seguire Kyle come un cane da guardia, il cavaliere in armatura che sapeva bene di non essere. 

Il fatto che avesse pestato Selwyn non le importava più di tanto, peggio per lui se era stato cosi stupido da farsi beccare. La cosa che le aveva fatto propendere per una decisione più drastica era stato sapere  che quella furia era stata scatenata dall’idea che il suo prezioso fiorellino stesse per essere colto brutalmente da qualcun altro.

Non era solo una questione di sesso. Fosse stato per quello gli avrebbe detto  di togliersi lo sfizio e farla finita.Non aveva mai avuto problemi sul fatto che Lucius avesse altre donne. Anche lei si divertiva con altri d’altronde. Non era gelosa di quello.

No. Il vero problema era che ormai aveva imparato a conoscerlo. E sapeva bene che quello che provava per Narcissa Black non era puro e semplice desiderio. No, era vero e proprio amore. 

Finalmente ora tutto sarebbe tornato alla normalità. Per questo non si stupì troppo quando lo sentì scivolare silenzioso nel suo letto. Si girò appena scostandogli una ciocca di capelli dagli occhi, accarezzandogli il volto. Per un attimo si fermò. Gli stessi lineamenti affilati di sempre, la stessa forma delle sopracciglia, il colore di capelli così chiaro da essere quasi bianco. Ma c’era qualcosa di ineffabilmente diverso, qualcosa che le sfuggiva. Ma era il suo Lucius, di nuovo dove doveva essere.

Si distese meglio sul cuscino, scendendo ad accarezzargli il collo, giù lungo la linea delle spalle e fino al braccio che la teneva per la vita.

“Tutto bene, amore?”- chiese tamburellandogli con le dita sulla bella bocca morbida e tirandogli il labbro inferiore con il pollice prima di baciarlo leggermente.

Le sembrò di sentirlo rabbrividire leggermente, ma doveva essere stata la sua impressione. Un attimo dopo, infatti, l'aveva stretta a sé, un mano sulla schiena e l’altra dietro  la nuca, le labbra incollate alle sue.

Cassandra rispose con foga al bacio, aggrappandosi al suo fianco con una gamba e spingendolo contro di sé, in modo che il loro bacini si toccassero, accantonando la sensazione che ci fosse qualcosa di strano in quel tocco.

Continuò ad accarezzargli la schiena, ma quando iniziò a massaggiarlo il ragazzo si mise seduto. Un po’ troppo velocemente per i suoi gusti. Poi le prese una mano e se la portò alle labbra, iniziando a baciarle il polso e l’avambraccio, sino al gomito. Alzò appena gli occhi, le labbra si tesero in un ghigno malizioso.

La ragazza sorrise a sua volta. Tutti ad Hogwarts sapevano che per avere un po’ di tranquillità e lasciarsi andare c’era un solo ed unico posto. La stanza delle necessità

Era certa che i fondatori non l’avessero pensata con quello scopo, ma di certa era molto apprezzata dagli studenti.

Ridacchiando si fece condurre fuori dalla sala comune e su per le scale, in silenzio per non farsi sentire da nessuno. Finalmente avrebbero potuto sfogarsi. Sapeva che con Narcissa fuori dai piedi sarebbero tornati a fare del gran sesso, ma non si aspettava che sarebbe successo così presto. Meglio così, ne aveva davvero bisogno.

Quando entrò però non trovò quello che si aspettava. Nessun letto comodo, nessuna lussuosa poltrona su cui dar sfogo alla fantasia, niente altalene. Neanche un morbido tappeto.

Era una stanza vuota, scura, E al centro una sedia.

“Amore, che vuol dire? Se dovevamo farlo scomodi potevamo restare nei dormitori. O andare negli spogliatoi come al solito”- indagò

Si voltò a  baciare il suo fidanzato, ma quello che si trovò davanti a sé era più simile ad una statua che al futuro marito con cui aveva condiviso così tante esperienze. Il volto era di ghiaccio e gli occhi fiammeggiavano d’ira. Gli occhi… non erano il solito grigio siderale. C’era una sfumatura dentro. Una sfumatura blu che non gli aveva mai visto.

E poi parlò. 

“Oh credimi, per quello che mi serve è più che abbastanza”.

La voce. Quella non era la solita.

“Tu… tu non sei Lucius”- si trovò a mormorare, incredula. 

Le labbra si tirarono in un sorriso, malevolo.

“Purtroppo per te no. Expelliarmus”- le bisbigliò in un orecchio, le parole che contrastavano con la finta dolcezza del tono. La sua bacchetta volò lontano, mentre lei si trovò seduta sulla sedia, funi magiche apparse dal nulla a trattenerla

“Ora mia cara, ti metterai qui buona buona e scioglierai la maledizione su Narcissa Black. Ma cerca di farlo in fretta. Ho una gran voglia di renderti un po’ di trattamenti di favore che mi hai fatto nel corso degli anni.”

 

Cassandra esplose in una risata malevola che fece rabbrividire Hermione, ancora nell’ombra. 

“E’ sempre per quella maledetta intrigante della piccola Black. Povero illuso. Non ti dirò mai niente. Niente hai capito?”- sibilò.

Il ragazzo davanti a lei sorrise.

“Se vuoi giocare, chi sono io per negartelo?Com’è che dicevi sempre …Piccolo mio vedrai come ti piacerà alla fine?”- disse con voce mielata, la lama gelata  del coltello che riluceva anche nel buio posata sulla sua guancia.

La ragazza gli sputò in faccia tutto il suo disprezzo: “Non so chi tu sia e come sia arrivato qui ma se pensi di farmi del male e di continuare a vivere sei un povero illuso.” Si dimenava come una furia, se solo fosse riuscita ad allentare un po’ i lacci gli avrebbe cavato gli occhi con le sue mani.

D’improvviso i suoi nervi erano in fiamme, il sangue che bolliva e portava il dolore in ogni parte del suo corpo. La maledizione senza perdono.

“Che dici, ho talento?”- ridacchiò una voce uscendo dall’ombra e mettendosi accanto al ragazzo biondo. Occhi neri, capelli corvini a caschetto, labbra vermiglie. Quella maledetta stronza della nuova arrivata.

“In due contro una,ma che teneri. Che c’è non hai il fegato di fare da solo? Hai bisogno di nasconderti dietro una ragazza?”- sibilò inferocita, annaspando per il dolore.

“Veramente ci sono anche io.”Eccola lì, quella strana strega che Bellatrix voleva far entrare nel loro cerchio, quella che aveva maledetto Lestrange. 

“Hai intenzione di fare quello che ti ho chiesto o come al solito devi rendere le cose più difficili?”- rispose quello senza staccargli gli occhi di dosso, la bacchetta stretta così forte da volerla quasi spezzare.

La serpeverde si lasciò andare ad una risata maligna : “Non prima che quella maledetta sia morta. E se davvero tenete a lei dovete sperare che accada in fretta. Non se la sta passando molto bene, a quanto mi dicono. E quando dirò ad Abraxas cosa hai fatto spererai anche tu di non essere vivo quando ti metterà le mani addosso”.

“Per Merlino Carrow, ma non è vecchio per te?”- chiese con uno sguardo disgustato Pansy, mentre  Hermione sentiva lo stomaco che le si serrava in una morsa. Sapeva che quel nome equivaleva a buttare benzina sul fuoco di risentimento.

Nessuna risposta, solo un ghigno.

Al nome di suo nonno Draco rabbrividì. Strinse ancora di più la bacchetta e respirò a fondo. Aveva visto usarla decine di volte. E sentiva una rabbia dentro che non vedeva l’ora di esplodere.

Crucio”

Come sempre la strega più brillante della sua generazione aveva ragione.



 

“Quindi è questo che faremo? Setacceremo questo dannato castello enorme da soli  mentre Hermione sta con due serpeverde psicopatici a torturare un’altrettanto psicopatica serpeverde? E se ci scoprono cosa gli diciamo: Cerchiamo un libro proibito nel cuore della notte?”- si lamentò Ron mentre finivano di perlustrare l’aula di pozioni. Senza Piton quel posto faceva molta meno paura.

Harry alzò le spalle: “Hai altre idee? Abbiamo già chiesto ai due inquietanti Malfoy di scandagliare i sotterranei, non ho alcuna intenzione di passare altro tempo in quel covo di vipere. Già due volte mi sono bastate.”

“E non ti viene in mente nessuno che può darci una mano?”- continuò il rosso.

“Andromeda? E’ su con la sorella. La pazza è in giro da qualche parte a lanciare maledizioni a caso, e onestamente non mi fiderei più di tanto a chiederle neanche la piuma in prestito, figurati trovare una dannata bambola voodo”.

“Riformulo. Non conosciamo nessuno sprezzante delle regole, capace di infilarsi nei buchi più oscuri e di trovare i nascondigli più inaspettati? Qualcuno di piccolo, veloce e fidato?”-riprovò il grifondoro alzando gli occhi. Forse aveva ragione Pansy, senza Hermione al suo fianco il bambino sopravvissuto non era poi così geniale.

Harry non rispose, intento a spostare casse ed ad arrampicarsi sullo scaffale per verificare che non ci fosse nascosto nulla li sopra.

“Harry…”- lo chiamò Ron.

“Ron ti ho sentito. Ma non è che conosca tutta questa gente”-sbuffò, facendo volare nuovamente le pozioni al loro posto. 

“Per la miseria Harry, a volte sei proprio scemo. Piccolo, veloce, fidato, incurante dei divieti… per Merlino Potter...sto parlando di tuo padre! La leggenda del Quidditch. E di Sirius, non credevo fosse possibile che fosse ancora più senza freni di come è da adulto ma adesso è davvero una bomba. E Remus, alla fine lo sai che la mente di tutto è lui".- disse infine esasperato.

Il bambino sopravvissuto rimase ancora in silenzio.

“E Minus.”- disse in soffio chinandosi a controllare sotto i banchi.

Ron gli posò una mano sulla spalla : “E Minus.Non vedo il modo in cui possiamo estrometterlo senza rivelare quel che sappiamo”.

Il giovane Potter strinse con forza il bordo del legno, costringendo a calmarsi. Poi annuì.

“Se non i malandrini, chi?”- rispose infine con  un mezzo sorriso.

“Mi verrebbe in mente una certa strega considerata la più intelligente della sua generazione, ma pare che al momento sia troppo impegnata a farsi titillare dagli istinti oscuri del suo ragazzo, meglio conosciuto come la più grande piaga di tutti i tempi”-replicò Ron costringendolo ad alzarsi.

“Ron?”-chiese la speranza dei maghi mentre si incamminavano. Era qualcosa che gli girava in testa da un po’ ma ancora non aveva avuto modo di chiederglielo

“Dimmi Harry”

“La Parkinson, eh?”

Ron gli mise un braccio intorno alle spalle e tirò fuori un lungo sospiro “ Eh amico, non so che dirti. Sono stupito anche io”



 

Chissà perchè non ebbero grandi problemi a convincere i quattro ragazzini a sgattaiolare di nascosto fuori dal dormitorio di grifondoro per dedicarsi ad un’assurda caccia al tesoro maledetto aggravata dalla sfida di non farsi beccare da professori, prefetti e soprattutto Gazza. Non tutti i prefetti a dire il vero. Andromeda e Lucius di certo avevano altro a cui pensare. Ted potevano convincerlo facilmente. E tra quelli di Grifondoro Frank , che li aveva visti confabulare e intuito che stavano tramando qualcosa si era fatto promettere solo che non avrebbero fatto casini. Neanche lui ci credeva più di tanto, a dire il vero. Ma nonostante la più giovane delle Black lo urtasse profondamente con quella sua aria di superiorità, non era certo da lui lasciare che qualcuno soffrisse così. Chiunque fosse.

Quello che fece più storie fu stranamente Sirius.

“Statemi a sentire. Non c’è un motivo al mondo per il quale volete andarvi a impelagare in questa storia. Purosangue, maledizioni, la famiglia Black. Tre cose da cui stare alla larga. Credete a chi è cresciuto tra quei folli. State lontani da tutti loro. Specialmente da Bellatrix”- disse testardo cercando di bloccare James che già aveva iniziato a sgattaiolare verso l’uscita segreta di Grifondoro che, guarda caso, si trovava proprio sotto il suo baule. Dove aveva opportunamente creato un buco per calarsi senza essere visto.

“Oh andiamo, è pur sempre tua cugina”-provò a stuzzicarlo Remus, più tentato dall’idea di aggirarsi di notte alla ricerca di qualcosa di proibito che di salvare una serpeverde.

“Fosse stata Andromeda avrei capito. Ma Narcissa… non credete in tutta onestà che se lo sia meritato?”-sbuffò senza muoversi di un centimetro.

Per la miseria se era testardo come tutti i Black, pensò Ron. Non aveva mai dato molto retta alle dicerie ma il Sirius undicenne stava mettendo a dura prova la sua pazienza.

“Di essere maledetta a morte? Di impazzire prima di tirare le cuoia?”- provò a chiedere con calma, come quando doveva cercare di far ragionare i gemelli.

Sirius alzò le spalle: “Non più o né meno della babbana morta trovata sotto il platano. Sei davvero così ingenuo da pensare che le mie cugine e i loro amici non c’entrino niente? Illuso. Forse ora che è toccato ad una preziosa purosangue se la smetteranno. O si ammazzeranno a vicenda, per me è uguale”.

Ron alzò gli occhi al cielo, in contemporanea con l’amico. In effetti non aveva tutti i torti. Ma se Narcissa fosse morta Draco non sarebbe mai nato.  

Un attimo, questo non sembrava poi tanto male.

“Linea temporale”- si trovò a ricordare Harry mugugnando tra sé.

“Sei certo che non possiamo?”-ribatté il rosso sotto voce.

Harry si limitò a sospirare. “Stammi a sentire Sirius, se non vuoi farlo, va bene. Ma fidati di me. E’ meglio per tutti se la psicotica in tacchi a spillo si salva. Così possono giocare alla famiglia Adams e procreare il loro fastidiosissimo erede. E poi quando ti ricapita di cercare un artefatto di magia nera infilzato con uno spillone?”

Gli occhi di Sirius brillarono per un attimo. Dopotutto era pur sempre l’erede della nobile e antichissima casata dei Black. C’era qualcosa di ancestrale nel richiamo ad una caccia proibita.

Annuì, causando la gioia di Remus e James che lo abbracciarono di slancio prima di infilarsi nel baule e sparire. Per fortuna il loro dormitorio era immerso in una fitta oscurità- Fortuna o il Nox lanciato da Harry poco prima che quei due si fiondassero sul passaggio, la luce flebile solo che usciva dalle loro bacchette. Come non si fossero uccisi contro uno dei grandi letti era un grande mistero anche per lui..

“Posso chiederti una cosa?”- chiese Sirius prima di sollevare anche lui il coperchio. Sentiva solo la voce impostata parlare piano, ma sapeva che sul viso c’era un ghigno.

“Dimmi”.

“Cos’è la famiglia Adams?”

Harry sospirò e lo spinse nel baule. Poi si infilò anche lui, preparandosi alla discesa vertiginosa che aveva già sperimentato qualche settimana prima. Affatto piacevole.



 

Appena uscito dalla stanza di suo fratello, Lucius era dovuto scappare dai sotterranei. Non riusciva a sopportare di vedere nessuno dei suoi compagni di casa, nessuno dei suoi amici. Guardava loro e cercava di capire chi fosse stato. Chi tra di loro era arrivato a tanto? E soprattutto perché?

Era certo che fosse stato qualcuno all’interno della scuola. Nessuno poteva avvicinarsi ad Hogwarts e Narcissa non era mai uscita nuovamente dai confini del Castello ultimamente.

Quindi o qualcuno aveva agito per sua iniziativa o su ordine di qualcuno. Cygnus Black aveva diversi nemici sicuramente e la più giovane delle sue figlie era la più vulnerabile. Ma osare tanto...

E poi il tutto poche settimane l’aggressione di Selwyn, che a quanto pare era stata pilotata o perlomeno fortemente incoraggiata da qualcuno esperto di pozioni proibite.

Non era stato abbastanza attento, aveva abbassato la guardia, pensando che dopo la lezione data a Kyle non ci sarebbe stato più pericolo. Era stato un idiota.

E ora Narcissa, la sua Narcissa, stava soffrendo tremendamente e rischiava di morire. Rischiare non era neanche la parola giusta. Stava morendo e lui se ne stava li ad aspettare che accadesse.

Appoggiò la testa contro il freddo marmo della colonna, costringendosi a respirare a fondo. Doveva vederla, almeno una volta, prima che  la portassero al San Mungo. E soprattutto doveva riuscire a capire chi fosse stato. E se non fosse arrivato in tempo per salvarla, di certo non avrebbe dato a Bellatrix la soddisfazione di torturare e uccidere chi aveva fatto una cosa così orribile.

Bellatrix. Ormai era certo che se fosse qualcosa di irreparabile non ci sarebbe stato modo di contenere la furia della maggiore della Black. Già  quel pomeriggio aveva distrutto mezzo cortile, senza che nessuno dei professori osasse fermarla. Silente si era limitato a guardarla da lontano, lanciando contro incantesimi per proteggere i malcapitati che si trovavano a passare li vicino.

Andromeda invece era un’altra storia. Non aveva messo il naso fuori dall’infermeria da quando aveva scoperto della sorella. Aveva saputo che le avevano portato da mangiare e da bere ma aveva rifiutato tutto. L’unica cosa che si era fatta portare era il libro di fiabe di Beda il Bardo.

Conosceva bene la giovane strega sin da bambini ma l’amicizia era nata quando erano stati entrambi smistati a serpeverde.Gli eredi di due delle casate più antiche e ricche del mondo magico. Entrambi curiosi e intelligenti, dotati di un particolare senso dell’umorismo.  Si erano divertiti molto insieme. Poi quando Lucius aveva iniziato a frequentare il circolo di Voldemort il loro legame si era raffreddato, molto. Andromeda non aveva mai avuto particolare interesse nelle teoria della supremazia dei purosangue, al contrario della sorella maggiore.

Poteva solo immaginare come si sentisse. Impaurita, abbandonata, triste. E soprattutto sola. Sapeva bene che Narcissa, la sua piccola Cissy, era la luce dei suoi occhi.

Sospirò, non poteva davvero credere a quello che stava per fare. Era giunto davanti alla natura morta che copriva l’entrata della tana, che razza di nome, vicino le cucine.

L’anno precedente, o forse quello prima ancora non ricordava bene, aveva avuto una storia con una di Tassorosso. Tanto carina e volenterosa di compiacerlo, per carità, ma aveva questo vizio maledetto di cianciare a vanvera. E di farsi riaccompagnare una volta che erano stati insieme. Non fosse stata per la quinta di reggiseno e per un talento davvero particolare che mai avrebbe immaginato in una della sua casa  non l’avrebbe mai degnata di un secondo incontro. E ora invece chi l’avrebbe mai detto che gli sarebbe tornato utile.

Bussò sulla seconda botte, così come aveva visto fare alla ragazza. Per fortuna che aveva buona memoria e stava sempre attento ai dettagli.

La porta si aprì e i suoi occhi furono feriti da un tripudio di legno, camini scoppiettanti e...trapunte patchwork? Ma per Salazar Serpeverde, se fosse finito lì ad undici anni si sarebbe tagliato le vene. Sempre che suo padre gli avesse dato questa opportunità, rabbrividì.

Entrato nella sala comune c’era solo una persona sveglia. Per fortuna, visto che non aveva gran voglia di chiacchierare.

“Malfoy… cosa diavolo ci fai qui? Venuto a dare la caccia ai babbani?”- ringhiò il ragazzo alzandosi in piedi e puntargli la bacchetta al petto.

Lucius sogghignò. “ Quasi, quasi… ma non cercavo sanguesporco qualunque. Cercavo te”

Il sopracciglio del ragazzo si alzò dubbioso, la bacchetta ancora tesa.

“Oh andiamo Tonks, piantala con questa sceneggiata. E muoviti. La tua ragazza, che Salazar mi perdoni per anche solo aver detto questa parola, ha bisogno di te. E, credimi, mai far arrabbiare una serpeverde. Soprattutto una Black”.

Il giovane era perplesso, ma si affrettò a seguire il biondo che già era uscito in fretta  dalla sala, come se avesse già passato troppo tempo lì dentro.

“Come lo sai?”- sussurrò prendendolo per un braccio per costringerlo a fermarsi.

Un sorriso stanco, l’ombra del solito ghigno : “Oh non siete così discreti come pensate. Affatto.  E gli spogliatoi la notte sono il mio parco giochi, non il tuo”.

Ted per un attimo si sentì avvampare. Pensavano di essere stati estremamente attenti. E invece il dannato Lucius Malfoy, il principino altero di serpeverde,quello che a malapena sapeva il nome dei suoi compagni di corso di altre case, se n’era accorto.

“Hop Hop, mio piccolo tassorosso. Diamoci una mossa, non ho tutta la notte”- disse il serpeverde spazientito iniziando a spintonarlo verso l’infermeria.
Poi vide con la coda dell’occhio un movimento strano lungo il corridoio  e un brusio sommesso. Sembravano quei dannati grifondoro. Cos’era quella sera, la libera uscita per tutti?

“Tonks fa una bella cosa, vai su in infermeria e bussa piano. Fingi di aver un mal di pancia, un mal di testa, un infarto. Quello che ti pare. O meglio ancora, se ne sei capace, entra e non farti vedere dalla dannata infermiera. Io devo fare una cosa”- gli ordinò.

Il ragazzo lo guardò stizzito : “ E come è possibile secondo te?”

Lucius scrollò le spalle : “Fatti tuoi, Tonks. E se vuoi stare con Andromeda Black ti conviene iniziare a imparare a mentire e ingannare come si deve”.

Il tempo di voltarsi e di quella serpe albina non c’era più traccia.

Dove diavolo era andato a finire?



 

Alla fine avevano deciso di dividersi: Harry, James e Remus stavano setacciando le aule del primo piano. Ron, Sirius e Peter il piano inferiore, dormitorio di serpeverde escluso    

Era da almeno un paio d’ore che giravano controllando ogni, armatura, ogni singolo quadro o possibile anfratto.

Avevano provato tutti gli incantesimi di accio, richiamo o materializzazione che gli venissero in mente. Avevano anche pensato di iniziare a far saltare le mattonelle ma non forse quello era davvero troppo. GIà potevano dirsi fortunati che Gazza e i professori non li avessero sentiti. Evidentemente la sorveglianza ad Hogwarts si era rafforzata negli ultimi tempi, altrimenti non si spiegava come fosse possibile che nessuno si accorgessi di un gruppo sgangherato di ragazzini che vagavano per il castello.

Avevano anche incontrato gli zii di Draco, ufficialmente fuori con la scusa del giro di controllo dei prefetti di Serpeverde. Arael li aveva guardato dubbiosi alzando un affilato sopracciglio biondissimo come i capelli, un barlume di scherno negli occhi grigi. 

“Tempo di qualità sfregiato?”-si limitò a bofonchiare, in un modo che ricordava maledettamente quello del dannato furetto che si sarebbe ritrovata come nipote.

Prima che James rispondere, uscendo dalla nicchia in cui l’aveva spinto quando aveva visto in lontananza i due mentecatti Harry sbuffò : “Mai quanto quello che sta passando il sangue malato del vostro sangue malato”.

I due si scambiarono uno sguardo stranito.

“Beh diciamo che lui e la futura signora Nott stanno appianando alcune divergenze del passato. Non gli piace quando gli tocchi la mammina”- disse evasivo, sperando che le sensibili orecchie di due malandrini dietro di lui non capissero il vero significato delle sue parole.

Il suo tentativo di discrezione però si andò a far benedire quando si sentì un gran tonfo seguito da una sonora imprecazione. Evidentemente quei due avevano trovato qualcosa.

Il giovane Potter, infatti, aiutato dall’amico, si era arrampicato sopra una delle colonne , per verificare meglio un fregio che non gli sembrava proprio al suo posto. A furia di spingere e tastare  aveva finalmente notato cosa c’era che non gli quadrava. Quello al centro non era una decorazione elaborata un po’ particolare. Era bastata girarla perchè formasse una doppia esse perché qualcosa accadesse. E la cosa in questione era stato la sparizione della colonna stessa, causando la rovinosa caduta del cercatore di grifondoro sul compagno più minuto.

Con un sorriso il bambino sopravvissuto, la speranza del domani, colui che era sopravvissuto alla maledizione più letale di tutti i tempi, venne spinto da parte da due che non avevano nessuna malattia mentale da invidiare al futuro erede di Malfoy Manor.

Senza troppa grazia tirarono in piedi un infuriato James Potter che continuava a scalciare e un po’ meno malconcio ma altrettanto battagliero Remus Lupin, che per una volta in vita sua sperava ci fosse la luna piena quella sera. Sotto di loro una graziosa e delicata figura di stoffa: grandi occhi azzurri dipinti, labbra rosse appena accennate, i capelli biondi di filo legati in una treccia morbida. E al centro, dove si allargava una macchia scura ed appiccosa, un grosso spillone di cristallo nero, duro come il diamante.

Arael prese in mano il fantoccio esitante e sperò che la luce non confermasse quello che aveva notato già nel buio della nicchia.

Harry rabbrividì: Quella era davvero la bambola voodoo dei peggiori film horror. ed era quasi completamente nera, solo il viso brillava immacolato.

Il grifondoro la prese e iniziò a correre per le scale, doveva portarla ad Hermione, se c’era qualcuno che avrebbe potuto risolvere la situazione di certo era Hermione Granger, grifondoro e mente del golden trio.




 

Il tempo passava ma quella maledetta non sembra cedere di un passo, l’unica cosa che erano riusciti a cavare fuori era una serie di maledizioni e fantasiose minacce di morte.

Hermione voleva dare il suo contributo ma Draco l’aveva fermata più volte. 

“Non posso impedirti di restare se vuoi, ma non posso permetterti di fare questo”- le aveva detto  costringendola ad abbassare la bacchetta e posandole un bacio sulla tempia, tra i capelli ribelli che profumavano sempre di vaniglia per lui.

Lei lo aveva guardato furente : “ Non sono una ragazzina, Draco. E di certo non ho bisogno di nessuno che mi protegga. Sono cinque anni che affronto pericoli mortali e di certo non ho bisogno di una balia”.

Pansy aveva sbuffato, continuando a passare la lama sulle braccia di Cassandra, ormai coperte da una ragnatela di fili rossi.

“Fammi il favore, Granger. Vatti a fare un giro. Vai dai tuoi amichetti Grifondoro a darvi pacche sulla spalla e dirvi quanto siete bravi a salvare il mondo. Noi resteremo buoni buoni qui, a strisciare nell’ombra e a cercare di capire come salvare Narcissa. E il tuo fidanzato, direi”- disse lanciando un’occhiata preoccupata al suo amico. Seguendo lo sguardo della serperverde la strega passò una mano sul collo del giovane Malfoy, poi si guardò le dita imbrattate di rosso. 

Lui si era scostato bruscamente, allontandandosi il più possibile da lei.

“Non è niente, solo un po’ di sforzo”- disse senza convincere nessuno.

“Uh il piccolino si è stancato troppo a lanciare maledizioni troppo fiacche? Mi fai schifo. Sei solo un debole, inutile ragazzino viziato. Vorrei tanto sapere chi è tuo padre, per chiedergli perchè ancora non ti ha ammazzato quando ha capito che razza di patetica scusa di ma…”- non riuscì a finire la frase perchè Hermione finalmente libera di muoversi le aveva lanciato una fattura stordente talmente potente da far rovesciare la sedia.

Pansy le lanciò un’occhiataccia. “Diamine, Granger,regola numero uno quando si tortura qualcuno per avere informazioni in fretta: non devi farlo svenire. Ora dobbiamo perdere tempo a reinnevarla. Ma non vi insegnano niente alle scuola babbane?”-

“No, i miei hanno scelto di farmi uscire prima e ho perso la lezione di tortura applicata”- ringhiò la grifondoro, poi si rivolse al ragazzo accanto a lei, che teneva lo sguardo fisso in terra, accarezzandogli un braccio : “Tutto bene?”.

Il serpeverde non fece in tempo a rispondere che la porta si aprì ed entrò Harry Potter, l’aspetto ancora mascherato dall’incantesimo, agitando uno strano oggetto in mano, e degnando appena di uno sguardo la ragazza legata alla sedia.

Le allungò la bambola.

“Adam e Morticia ossigenati stanno convincendo mio padre e Lupin a tornare nella torre. O più probabilmente si stanno minacciando a vicenda. Hanno trovato questo. TI viene in mente niente? Vado a chiamare Silente?”.

“Non ci pensare neanche sfregiato. Quel vecchio pazzo perderebbe tempo a cianciare di strane storie. Non abbiamo tempo, lo capisci questo?”- urlò Draco sull’orlo dell’esasperazione.

“E se la infilzassimo con lo spillone?C’è qualche possibilità che la maledizione si trasferisca?”- si intromise invece la Parkison rivolta ad Hermione.

La grifondoro scosse la testa. Sebbene non potesse esserne certa, c’era buona probabilità che non fosse così facile.

“No. L’unico modo che abbiamo è trovare il libro e recitare la formula di scioglimento, sperando che non ci serva lei per forza. Silente ha detto che qualsiasi cosa succede al simulacro si riversa sul maledetto. Narcissa rischia di morire dissanguata. O almeno credo”.- mormorò rigirandosi la bambola tra le mani. Il color pece era arrivato alle labbra. Si chiese se la madre di Draco riuscisse a respirare, o se stesse sul serio pregando per una morte rapida come quella che poteva darle solo togliendo quel dannato spillone che brillava sinistro.

“Beh non mi pare che i vostri metodi stiano funzionando”- disse Harry Potter lanciando un’occhiata alla giovane Carrow che iniziava a riprendere i sensi. D’improvviso si accorse che i suoi occhi brillavano. Aveva visto qualcuno sulla porta. D’istinto il bambino sopravvissuto si girò,  pronto a maledire chiunque si fosse presentato ma pregando che fosse Ron con il libro.

Quando vide però dei capelli platino brillare alla luce della luna ne approfittò per lanciare velocemente l’incantesimo camuffante contro Draco,sperando che non l’avesse visto.

No decisamente quello non era Ron. Era Lucius Malfoy che aveva seguito Harry al coperto del mantello dell’invisibilità.

Draco deglutì. Avrebbe avuto il coraggio di maledire anche suo padre?

“Lucius, amore. Finalmente sei venuto a salvarmi”- disse stirando le labbra in un sorriso la giovane Carrow. Era certa che in due avrebbero potuto restituire tutte le carinerie che le avevano fatto subire nelle ore precedenti:

Il giovane Malfoy avanzò nel silenzio più totale, sino ad accovacciarsi davanti alla ragazza, che ormai fremeva di rabbia.

 “Forza slegami”-gli sibilò.

“Slegarti? Ma non ci penso proprio. Sei andata troppo oltre Cassandra. Ma se ti fermi ora e salvi Narcissa ti lascerò vivere”- le disse con calma gelida, accarezzandole il viso.

“Cosa stai dicendo?Non capisci, è lei che ti sta facendo tutto questo. Quando sarà morta riuscirai a vedere tutto più chiaramente , senza che quella maledetta puttana di intossichi il cervello”- sibilò la ragazza. 

“Quindi l’hai fatto per me, Cassandra? Perché non ti davo abbastanza attenzioni? Perché non ti ho comprato il gioiello che volevi? Il costoso e pacchiano anello di fidanzamento che volevi, per essere precisi?”- chiese senza staccarle gli occhi di dosso, e alzandosi fino a sfiorarle la guancia con le labbra. - “Non ti basta tutto quello che ti da mio padre?L’avidità è una brutta bestia, quasi peggio dell’invidia. E non si addice ad una futura signora Malfoy”.

Gli occhi della giovane si allargano, sembrava finalmente impaurita. Volse il bel viso verso il ragazzo, quasi a cercare un contatto maggiore, più intimo.

“Lucius tu non capisci. L’ho fatto per noi. Saremo felici insieme. Avremo la nostra famiglia, serviremo l’Oscuro Signore. E i nostri figli saranno l’elite del nuovo mondo”- gli bisbigliò ormai sull’orlo dell’isteria.- “Quando la maledetta Black sarà morta sarai di nuovo felice. E’ lei che ti avvelena, amore. Lei e tutta la sua dannata famiglia.”

Draco stava per lanciarsi contro la Carrow, quando Hermione lo trattenne. Lucius stava riuscendo a scalfire la corazza di quella che finora era sembrata una strega fatta di ghiaccio. Ed erano passati solo pochi minuti. Che lo amasse sul serio?

Lucius le sfiorò dolcemente  i capelli con le dita, tenendole poi teneramente il viso tra le mani e posandole un bacio sulla fronte “Figli? Oh ma noi non avremmo alcun figlio, Cassandra. Ti dico come andranno le cose. Ti do tre opzioni tra cui scegliere: sciogli l’incantesimo Narcissa si salva e io e te continueremo con questa farsa di relazione. Dopo qualche anno tu mi chiederai il divorzio che ti renderà una donna libera e molto ricca. Due: Narcissa muore e tu muori di una morte lenta e dolorosa. Tre:Narcissa muore, ci sposiamo come previsto ma dopo qualche anno di matrimonio senza figli tu resterai incinta ma purtroppo morirai nel dare alla luce un bambino orrido e deforme tanto quanto la tua anima. Che dici?”.

“Non oseresti mai. Tuo padre…”- sibilò la giovane furiosa.

Lucius sorrise, in un modo che fece gelare il sangue anche a Pansy Parkinson che si era avvicinata a Draco, pronta a colpire al posto suo. Si scambiò uno sguardo preoccupato con Hermione, anche lei con la bacchetta spianata.

“Mio padre , Cassandra? Chi credi che mi abbia insegnato un incantesimo del genere? Ti sei mai chiesta come mai non ci siano tanti piccoli bastardi di Abraxas in giro per l’Inghilterra, nonostante le sue numerose amanti?  Sei sul serio convinta di essere così speciale?.”- disse mentre la bacchetta volava verso il ventre della giovane. “Allora, amore, quale opzioni scegli?”.

“Tanto non hai il coraggio di uccidermi, razza di mentecatto. Non sarai mai come tuo padre, sei solo la sua pallida imitazione” - disse con rabbia ritrovata scalciando senza riuscire a colpirlo.

“Chi ha mai detto che voglio essere come mio padre? E’ per questo che non avrò mai figli. Soprattutto maschi. D’altronde non sono l’erede del casato no? Anche se non avessi figli o se avessi solo femmine nessuno se ne preoccuperebbe. Ma appunto, questo non sarà un tuo problema. E ora,mia cara, direi che è ora di procedere”- soffiò preparandosi a lanciare la maledizione.

Draco si sentì gelare.Ancora una volta aveva la riprova di quello che aveva sempre detto suo nonno era vero. Lucus non l’aveva mai amato in quanto suo figlio. Era solo l’erede. Una patetica scusa di un erede, per dirla con le parole che aveva appena sentito. Chiuse gli occhi, se almeno si fosse sbrigato, almeno sua madre avrebbe avuto modo di salvarsi. E si sentiva così dannatamente debole, ogni minuto che passava era un’agonia.

“Hogsmeade. E’ in camera mia nella proprietà di Hogsmeade”:-urlò la ragazza  un momento prima che la maledizione venisse pronunciata.

Lucius sorrise e le diede un bacio a fior di labbra “ Visto, non era così difficile?”.

Poi si girò e si rivolse a Draco. “Vieni con me, andiamo a cercare quel dannato libro.Ce la fai? Voi intanto andate a cercare Andromeda ed i miei fratelli. Ci vediamo tra un’ora in infermeria. Inventatevi qualcosa con la dannata Pomfrey. Per quanto mi riguarda potete anche schiantarla. E tenete Narcissa in vita”.

Draco deglutì forzatamente, poi annuì e si incamminò verso suo padre.

In quel momento Ron entrò nella stanza, scuotendo la testa.

“Niente da fare. Però ho portato da mangiare per tutti. Ehi ma che succede”- chiese brandendo un fagotto in mano, mentre osservava Draco seguire suo padre quindicenne a testa basta. Lo sguardo poi volò alla ragazza sanguinante bloccata sulla sedia.

“Fatti i cazzi tuoi, Weasley”- ringhiò a mezza bocca Pansy. Diamine ma quella era la stanza delle necessità o una dannata giostra?

“Pollo arrosto o budino al cioccolato?”- chiese quello invece senza scomporsi.

Pansy sorrise e prese il pollo. Era sempre stata un tipo da cibi salati.

“Però potevi prendere qualcosa da bere, dannato grifondoro!”- si lamentò.

Ron rise prima di darle un bacio. Poi indicò con la testa un pacco da sei burrobirre che volteggiava dietro di lui

“E di lei che ne facciamo?”- chiese il rosso grifondoro stappando la prima bottiglia ed offrendola alla serpeverde.

“Dobbiamo lasciarla in vita per sciogliere l’incantesimo, purtroppo.”- rispose quella battendo la bottiglia con quella del ragazzo, a mo’ di brindisi.

Harry ed Hermione si scambiarono un’occhiata. Erano circondati da folli.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10° ***


10.

Tornare a quello che Cassandra chiamava il Secret Place era l'ultimo dei suoi desideri. Ma tornarci con suo padre che sembrava totalmente a suo agio era il peggiore degli incubi possibili . Lucius li aveva infatti fatti entrare senza grandi difficoltà ed era salito dritto verso le stanze di Cassandra. Aveva addirittura  un incantesimo di accesso personale.

A testa bassa prese un grosso respiro ed entrò. Sarebbe andato tutto bene, doveva solo trovare il dannato libro e tornare di corsa dalla Granger. Facile. Poteva farcela. Quando passò davanti al salone da ricevimento, tuttavia, non poté impedirsi di rabbrividire. Per un attimo gli sembrò di vedere suo nonno in poltrona ad attenderlo rigirandosi la bacchetta tra le mani e pregustando quello che gli avrebbe fatto da li a poco. Cassandra seduta sul divano a bere il suo caffè come se fosse un normalissimo sabato pomeriggio. 

Era quell’aura di normalità che rendeva tutto ancora più terrificante. Non c’era modo di scappare. D’altronde come si fugge dalla propria famiglia?Dal proprio destino? 

Nessuno lo aveva mai costretto con la forza ad andare. Né fisica né magica. Era lui che ogni primo sabato del mese salutava Pansy e Blaise ai tre manici di scopa come se nulla fosse  e si incamminava, solo, verso la strada che portava a casa di Cassandra. Lungo il tragitto aveva sempre cercato di svuotare la mente, non pensare a nulla, non dargli nessun appiglio, così come aveva imparato da Severus.

Poi apriva il cancello bianco di ferro battuto, faceva qualche passo nel viale. 

Bussava. 

Tre volte per far capire che era lui. Anche se ovviamente sapeva benissimo chi fosse, ma nella loro mente sadica probabilmente faceva tutto parte di un rituale

 Toc. Toc.Toc.

“Ti muovi? Non ti ho portato qui per guardare le pareti. Forza, le stanze sono al primo piano a sinistra.”- gli urlò impaziente Lucius arrivato in cima alla scalinata, strappandolo dai suoi ricordi.

E quindi non aveva cambiato neanche quello, si trovò a pensare Draco. Era abitudinaria la maledetta pazza,allora. Buono a sapersi. Con un enorme sforzo di volontà si costrinse a salire anche lui, la testa che gli girava sempre di più e il dolore al petto che si faceva più forte. Un passo alla volta e ce l’avrebbe fatta. Doveva sbrigarsi, non c’era più tempo. Poi era certo che Hermione avrebbe trovato il modo di sciogliere la maledizione, con o senza la collaborazione di Cassandra.

Entrati nella camera privata della Carrow ebbe un giramento di testa più forte degli altri che mascherò sedendosi alla scrivania e iniziando a rovistare tra i suoi effetti personali. Lucius si stava dedicando alla libreria, facendo volare i volumi in ogni direzione.

“Hermione ha detto che è un volume in pelle nera, piccolo e senza scritte. Il bordo è argentato. Attento che può passare inosservato”- gli ricordò iniziando a rovesciare il  contenuto del primo cassetto. 

Lucius dall’altro lato della stanza annuì senza parlare, troppo preso dalla sua ricerca. 

Si spostarono verso il grande letto a baldacchino, un gesto del polso e il materasso fluttuava a mezz’aria. Niente neanche lì.

“Eri serio prima? Con Cassandra intendo. Quando hai detto che non vuoi figli ”- Draco, la testa sotto il letto, stava cercando di concentrarsi su altro, di ricordare se avesse mai visto dei nascondigli dentro quella stanza, ma  non riusciva a togliersi dalla testa il suono di quelle parole. Le stesse di Abraxas.

Il ragazzo si girò un attimo a guardarlo perplesso, poi si diresse verso la zona armadio, la libreria ormai vuota.

“Si certo”- rispose senza voltarsi.

Il figlio lo seguì iniziando ad aprire uno dei grandi bauli presenti nella stanza, la testa china sul contenuto e senza il coraggio di guardarlo : “Perché? Sarebbe tanto terribile averne uno?.”

Lucius sospirò, mentre con un tocco di bacchetta faceva cadere i vestiti dalle stampelle rivelando una parete color cremisi come il resto della stanza. Sì era stato serio, dannatamente serio.

“Come ho detto per fortuna non devo preoccuparmi di dare un erede alla famiglia. Se proprio devo passare dalla piaga di avere figli vorrei solo femmine. Onestamente non credo che sarei mai in grado di gestire un figlio maschio”-disse piano iniziando a tamburellare con le lunghe dita lungo la parete. Poi aggiunse.- “O di amarlo.Potrei essere come lui.”

Draco si ritrovò a fissare il fondo del barile vuoto : “Tuo padre?” riuscì a chiedere.

Il giovane scrollò le spalle prima di passarsi una mano tra i capelli  e guardare sconsolato la parete. Si limitò ad annuire.

Draco si alzò e gli andò vicino. Gli occhi erano chiusi, sembrava stesse lottando per ricacciare indietro i ricordi. Stava occludendo. Ma non era bravo come lui, poteva ancora leggergli la paura sul viso. Per la prima volta si chiese quale fosse stata la normalità per suo padre alla sua età.

“Non sei come lui”- gli disse calmo, cercando di incrociarne lo sguardo.

Il momento era però già passato. Lucius aveva riacquistato il pieno controllo di sé,

“E poi pensa un povero bambino con Cassandra come madre e me come padre. No, credimi. Sarebbe meglio per tutti se non avessimo figli”- disse iniziando a picchiare con le nocche su una sezione del muro, ascoltando il rumore sordo.

“E con Narcissa?”- chiese Draco senza staccare gli occhi dalla figura di suo padre, nell’oscurità di una stanza che per lui aveva significato solo dolore, seguendo come ipnotizzato il movimento leggero della mano.

Lucius abbassò per un attimo la testa,chinandosi di lato,l’orecchio teso. Toc Toc. Il suono riecheggiava nella stanza.

 Toc. Toc.Toc.

Draco avrebbe voluto urlare.

 Toc. Toc.Toc.

Sentì un dolore sordo al costato, i polmoni come schiacciati da una mano d’acciaio.

 Toc. Toc.Toc.

Che non ci fosse più tempo? Sarebbe morto o semplicemente sparito? 

 Toc. Toc.Toc.

Sarebbe davvero stato meglio per tutti così?

 Toc. Toc.Toc.

Ma che cazzo, neanche lo degnava di una risposta?

Cling.

Lucius fece un passo indietro ghignando soddisfatto“Revelio”.

La parete davanti a loro iniziò a tremare,prima di scivolare seccamente su un lato, rivelando una piccola alcova.

E li, piccolo e scuro come la notte più profonda, un piccolo libro occhieggiava sinistro.  Il serpeverde lo prese e lo infilò veloce nel mantello.

Draco era in terra, troppo stanco per muoversi, la schiena contro il muro ancora intatto. Suo padre lo prese per un braccio e lo costrinse ad alzarsi di forza, come quando era bambino e faceva i capricci.

“Ehi stai bene? Dai muoviamoci. Male che va ti userò come scusa per entrare in infermeria.”- gli disse sostenendolo ancora un attimo prima di affrettarsi a raggiungere l’uscita.

Draco annuì, ancora dolorante. Si ,dovevano sbrigarsi. Ormai davvero non c’era più tempo.




 

Ted era riuscito ad entrare in infermeria fingendo un lancinante mal di stomaco che guarda caso non riusciva a passare con nessuna pozione. Probabilmente l’effetto di alcune erbe che stavano coltivando a Tassorosso per fare una sorpresa alla loro capocasa nel decennale della sua nomina. Doveva essersi confuso ed averle mischiate alla tisana della sera. 

Facendo gli occhi da cucciolo bastonato promise che non sarebbe più successo e chiese il favore di non dire nulla e fargli solo passare la notte in infermeria. Altrimenti la loro sorpresa sarebbe stata rovinata.

Madame Pomfrey per un minuto si chiese se il ragazzo stesse mentendo, poi finalmente acconsentì. D’altronde perché mai il prefetto di Tassorosso, una casa nota per la loro onestà e trasparenza, avrebbe voluto restare in infermeria quella sera?

Aveva dovuto cacciare diversi serpeverde, inclusi gli irritanti fratelli Malfoy e quegli strani ragazzi appena arrivati, ma Ted Tonks, per Merlino, non aveva niente a che fare con loro. Un esempio specchiante di moralità e integrità.

“Va bene, ma ti devo avvertire che questa sera potrebbe essere piuttosto caotica. Abbiamo dovuto dare una pozione calmante a Bellatrix Black per evitare che facesse saltare in aria il castello e non è stato facile convincerla. E Narcissa… diciamo che non è proprio una bella situazione.”- sussurrò rassegnata l’infermeria. 

L’eufemismo del secolo. Quella situazione non era semplicemente non bella,era assurda. Era diventata infermiera per aiutare le persone, non per vederle morire. E ora a poco più di trent’anni si trovava a guardare una ragazzina maledetta senza poter far niente.

Ted ripropose il suo miglior sguardo da ragazzo d’oro e annuì solennemente. Poi, appena l’infermiera si ritirò nel suo studio privato sgattaiolò verso il fondo del corridoio separato dal resto da un paravento che aveva l’intento di ritagliare un po’ di privacy per le Black, e pregando che sul serio Bellatrix fosse magicamente svenuta da qualche parte infilò cauto la testa.

Era peggio di quello che pensava. Andromeda era seduta sul letto, la schiena appoggiata alla testata e la testa della sorella in grembo. Le accarezzava piano i capelli biondi, leggendo a voce talmente bassa da essere quasi inaudibile. Sembravano favole. 

Gli occhi della ragazza erano asciutti e la voce ferma, ma ormai Ted aveva imparato a conoscerla. Sentiva come allungasse per un secondo di troppo le parole, quasi a voler trovare il coraggio di continuare. E se il viso riusciva a rimanere pressoché impassibile, il collo era rigido, le spalle tremavano leggermente, così come la mano che accarezzava la sorella, pianissimo quasi avesse paura di romperla.

Narcissa era immobile, i begli occhi azzurri solitamente vividi e impertinenti ora erano offuscati, incapaci di focalizzarsi su niente. Pallida ed emaciata, sembrava fossero passati mesi e non pochi giorni dall’ultima volta che l’aveva vista, sottobraccio alla sorella che camminavano chiacchierando nei giardini di Hogwarts. Ogni tanto il suo corpo si contraeva, come in preda ad un dolore lancinante, ma tutto quello che riusciva a tirare fuori era poco più di un gemito da animale ferito. Era troppo stanca anche per gridare.

Quando succedeva Andromeda interrompeva la lettura e si chinava sulla sorella, bisbigliandole all’orecchio “Shh Cissy, stra tranquilla. E’ solo un incubo. E’ solo un incubo”.

Il giovane tassorosso scivolò silenzioso nella stanza .

“Ted… Cosa ci fai qui?”-mormorò la ragazza con poco più di un sussurro,senza smettere di accarezzare la sorella.

“Mal di stomaco. Suggerimento di Lucius Malfoy se devo dire la verità. Quando l’ho visto in sala comune per un momento ho pensato che fosse venuto ad ammazzarci per ordine del paparino”- rispose con un mezzo sorriso prima di sfiorarle le labbra con un bacio- “I tuoi stanno arrivando?”

Andromeda chiuse gli occhi, aggrappandosi  con la mano alla nuca del ragazzo, fronte contro fronte. Avrebbe solo voluto urlare. E invece doveva rimanere forte.

“Forse domani. Sia mai che il dannato Cygnus Black interrompa i suoi preziosi affari per una delle sue figlie. Hanno solo detto di portarla al San Mungo domani mattina, se non migliora. D’altronde gli scoccerebbe molto portale il loro regale posteriore in un ospedale, stanno rimandando il più possibile. “- ringhiò cercando di non farsi sentire dalla sorella.

“Lucius?”- mormorò invece la giovane strega bionda in un soffio incapace di seguire il filo di un discorso.

Ted si accovacciò di lato al letto e le fece una carezza leggera sul viso.

“Sta arrivando piccola”- le disse dolcemente. Poi si rivolse ad Andormeda che lo guardava stralunata.

“Era dietro di me ma poi è sparito. Qui fuori però ci sono quei ragazzi nuovi. Vuoi che li faccia entrare?”

“Se c’è Hermione, si. Devo parlarle. Utilizza un incantesimo silenziante per la porta.E Ted ….”- la giovane Black si fermò un attimo, mordendosi le labbra

“Si tesoro?”- il ragazzo si fermò un attimo prima di avviarsi silenziosamente verso la porta dell'infermeria.

“Grazie di essere qui.”

Tonks le sorrise e il cuore per un momento riprese a battere normalmente.

Poi il corpo di Narcissa fu sconvolto da brividi così forte da farla pentire immediatamente di quell’istante di ottimismo immotivato.



 

“Come sta?”- chiese Lucius come prima cosa allungando il libro ad Hermione. Per fare prima non si era neanche fermato a sfogliarlo. L’unica cosa che contava era che Narcissa guarisse. Avrebbe dato qualsiasi cosa. Tutto purché Narcissa stesse bene.

Hermione non rispose, girando avidamente le pagine. Si, il libro era giusto, era quello che si ricordava. Ora doveva solo trovare l’incantesimo tra le righe della scrittura minuta e fitta che sembrava riempire ogni spazio. 

Alzò appena gli occhi su Draco, che era in un angolo, appoggiato con la schiena contro la parete, mentre Pansy accanto a lui lo abbracciava protettiva. La sua faccia non prometteva niente di buono.

“Allora?”- chiese ancora il ragazzo alzando il sopracciglio e fissandola con uno sguardo d’acciaio fuso. Decisamente la pazienza non era un tratto della famiglia Malfoy.

“Lasciala in pace, sta leggendo”- scattò in sua difesa Draco avvicinandosi a fatica. Ma subito dopo : “Allora Granger? Ti ci vuole ancora tanto?”.

Come detto, decisamente non una qualità di famiglia.

Anche in quel caso ignorò la domanda. Finalmente riuscì a trovare la pagina giusta. La bambola, lo spillone, i sintomi della maledizione. Lanciò un’occhiata al simulacro:ormai solo la parte alta della testa e gli occhi non erano diventati neri come la pece.

“Possiamo farlo anche senza Cassandra, ci serve solo il suo sangue. Poi del sale, dell’artemisia e dell’incenso indiano,dell’ambra grigia e una ciotola o qualcosa di simile di argento. E sei candele. Poi dobbiamo sperare di non dare fuoco a tutto, ma di quello ce ne preoccupiamo dopo.”

“Noi andiamo a prendere la ciotola. Voi due serpi potreste andare da Lumacorno e prendere le resine e l’artemisia?Ma dove sono i Malfoy? Come sempre quando servono spariscono”- borbottò Harry.

Lucius lo guardò seccato : “Che vuol dire come sempre?

Già. Come sempre, pensò Harry. Tale padre, tale figlio. Una spina nel fianco.

“Sono con Bellatrix, hanno dovuto ..come dire..essere piuttosto persuasivi per convincerla  a non trucidare gli studenti. La devono tenere sedata e sotto controllo. E’ sigillata in camera di Nicholas con loro dentro”- rispose Hermione prima che la situazione, già delicata, degenerasse ulteriormente. Arael le aveva fatto recapitare un biglietto spiegando la situazione poco prima. E chiedendole notizie della futura cognata e del nipote.

“Per il sangue ci penso io, sarà un piacere”- sibilò la suddetta progenie Malfoy.

“Questa è una fissazione, però"- rimbeccò Ron. -"Ma possibile che tutto attorno a quella dannata famiglia finisse sempre con fluidi corporei non richiesti?

Hermione annuì appena. Capiva Draco ma iniziava a farle paura quanto fosse prossimo a superare quella linea sottile che lo separava da diventare come quei pazzi dei mangiamorte, insensibile alle sofferenze altrui e capace gioire del loro dolore. E per un attimo, solo per un attimo, si chiese quanto fosse vicina lei.

“Non ci pensare neanche. Vado io. Mi dai il tuo coltello per piacere? Vorrei non lasciare tracce con la bacchetta”- disse gelido Lucius, rivolgendosi poi con un sorriso a Pansy. La ragazza prima guardò Hermione, che annuì leggerissimamente, prima di consegnarlo, ancora riluttante.

“Non me lo rovinare però”- si lasciò sfuggire in un mugugno la serpeverde

“Oh non preoccuparti. Non è la prima volta che ne vedo uno. O che lo uso. Quanto ci mettono quei due a prendere un dannato recipiente?”- scattò.

“Tu stai qui, non sei in grado di andare da nessuna parte”- Hermione aveva notato che Draco si stringeva il petto come se non fosse in grado di respirare. Sotto lo sguardo sospettoso di Lucius lo fece sedere in terra, la schiena poggiata al muro.

“Respira su. Vedrai che andrà tutto bene. Ci siamo quasi. Tu resisti un altro poco, ok?”- gli mormorò accarezzandogli delicatamente i capelli.

“Sicura che non sia un piano di Sfregiato e Lenticchia per farmi fuori?”-riuscì a dirle con un ghigno.

In quel momento i due grifondoro fecero nuovamente la loro comparsa. 

“Alla buon’ora. E ora voi aspettatemi qui. E pregate Merlino che quando torni sia tutto pronto o giuro che sarete voi quelli che prenderanno fuoco”- sibilò prima di dirigersi nuovamente verso la stanza delle necessità.

“Quindi non è questione di età. Il carattere di merda ce l’ha sempre avuto”- chiosò Ron guardandolo allontanarsi.

La porta dell'infermeria si aprì facendoli trasalire, ma al posto di Madame Pomfrey apparve uno stralunato Ted Tonks.

“Perché Malfoy va in giro con un coltello e quell'aria da folle?”- disse sbigottito.

I ragazzi lo guardarono fisso, senza aver il coraggio di dire nulla. Trovare una scusa era difficile anche per gente allenata come loro.

Draco fece un gesto vago della mano : “Lascia perdere. Cose da purosangue.”

“Chissà perché ma la cosa non mi rassicura per niente.”- rispose il giovane tassorosso. Poi rivolgendosi ad Hermione, ancora seduta in terra con la testa del ragazzo sulla spalla disse- “Andromeda vuole vederti. Riesci ad entrare senza farti sentire?”

Hermione si alzò, libro in una mano e bacchetta nell’altra.

“E’ ora di un bell’incantesimo addormentante su tutta l'infermeria Ted. Tra poco ti assicuro che non vorremmo nessuno in giro a ficcanasare”- rispose come se fosse la cosa più normale del mondo.

Le sopracciglia di Tonks erano ormai arrivate al soffitto.

“Anche questo è una cosa da purosangue”?- chiese a Draco che sembrava finalmente aver recuperato un po’ di buonumore.

“Magari”- risposero in sincrono i due serpeverde presenti.

Hermione si girò a fulminarli con lo sguardo, poi senza degnarli di una risposta entrò silenziosa nella stanza. 



 

Andromeda si illuminò vedendola entrare tenendo il libro stretto al petto. Dietro di lei Ted la guardava tra il sospettoso e il preoccupato. 

“Hai degli amici interessanti, Drom. Siamo appena sgattaiolati ad addormentare con la magia un membro del corpo docenti mentre Malfoy saliva le scale con un coltello in mano. Coltello che a quanto ho capito appartiene a quella Pansy. E per chiudere il cerchio il ragazzo che sta con voi a Serpeverde sembra ad un passo dal tirare le cuoia.”- rispose sedendosi accanto a lei e posandole un bacio sulla guancia.

Narcissa non si mosse, sembrava ormai aver perso il contatto con la realtà. Lo sguardo era fisso davanti a sé ma era evidente che non vedeva realmente alcuno di loro.

“Sta così male?”- la serpeverde alzò gli occhi su Hermione, che si morse il labbro prima di annuire.

“Starà bene appena Narcissa sarà fuori pericolo. Abbiamo l’incantesimo ma è piuttosto complesso, mi serve il tuo aiuto”- disse indicandole la pagina giusta sul libricino nero.

La ragazza iniziò a leggerlo con attenzione, parola per parola. Si era decisamente complicato senza la collaborazione di chi aveva lanciato la maledizione. Ma ora non avevano più tempo.

“Ted credo che sia il caso che tu te ne torni nel tuo dormitorio”- disse baciandolo leggermente - “Tranquillo andrà tutto bene”.

Il ragazzo rimase immobile, come pietrificato : “Non ti fidi di me?”

Andromeda scosse la testa, posandogli una mano sulla guancia : “Non è questo. Non voglio che tu veda questo lato di me, non ancora almeno. E non voglio che tu finisca nei guai.”

Lo sguardo del giovane si fece duro, come mai lo aveva visto.

“Mi credi un tale stupido ? O semplicemente un codardo?”.-le chiese fremendo di rabbia

“Se lo chiedi a me, direi che sei l’uno e l’altro. E soprattutto sei un Tassorosso. Avete le copertine colorate, per Merlino!”-prima che la giovane Black potesse rispondere Lucius Malfoy aveva fatto il suo ingresso, ovviamente consapevole che nessuno al di fuori del quadrato accanto a Narcissa potesse sentirlo. In mano una ciotola d’argento con un liquido vischioso dentro.

“Sei un dannato snob razzista, Malfoy … ehi Ma quello è sangue?”- chiese inorridito, stringendo il braccio della ragazza che in tutta risposta sospirò.

Il serpeverde biondo scrollò le spalle : “Si, ovvio. E comunque non capisco dove sarebbe l’offesa”.

“E dove diavolo l’hai preso?”- Ted si alzò, avvicinandosi al recipiente che l’altro teneva in mano come se fosse la cosa più naturale del mondo

“Da Cassandra”

“Ma lei non è…”- inorridì il tassorosso

“Si. Altre domande idiote?”- sbuffò l’altro. 

“Io ne avrei due,ma estremamente intelligenti. Una: dov’è il mio coltello? Due: perché il tassorosso piagnucoloso è qui?”- si lamentò Pansy, entrata insieme a Draco che teneva in mano la bambola con una delicatezza strana, quasi avesse paura potesse disintegrarsi sotto le sue dita. Poco dopo  dovette sedersi sulla poltrona accanto al letto. 

Allungò una mano per fare una carezza sul braccio di sua madre. Era gelida.

Lucius gli lanciò uno sguardo obliquo, poi consegnò il coltello a Pansy, non prima di averlo punito sulla camicia di Ted con un ghigno.

Harry e Ron d’altro lato, accanto ad Hermione se la sarebbero ridacchiata se la situazione non fosse stata così grave.

Andromeda ed Hermione si scambiarono uno sguardo d’intesa. Era arrivato il momento.

“Allora, visto che non avete intenzione di levarvi dai piedi vedete almeno di rendervi utili. Innanzitutto incantesimo colloportus al divisorio e incantesimo imperturbabile a tutta la stanza, così che nessuno ci possa disturbare. Pansy disegna una stella a sei punte su Narcissa. Poi traccia lo stesso disegno ma molto più grande, prendi noi come riferimenti. Io sarò la punta centrale in alto, Hermione quella in basso. Draco e Lucius le altre due estremità superiori. Harry e Ted quelle inferiori. Disegna prima il triangolo in alto e poi quello in  basso.Ron tu inizia a bruciare l’incenso e assicurati di cospargere tutti noi. Dovrai continuare per tutto il rituale, va bene?”.

Ron annuì. Lo sguardo di Draco e Lucius non riusciva a staccarsi da Narcissa, il cui corpo era ormai in preda a delle convulsioni violente. Hermione aveva posizionato il recipiente colmo di sangue accanto alla ragazza, chiedendo a Draco di controllare che non lo rovesciasse. Appena versata l’artemisia e l’ambra il liquido iniziò a ribollire come lava bollente. Andromeda vi immerse la bambola.L’odore che sprigionava era nauseabondo.

“Siete pronti? Datevi la mano a formare un cerchio. E fate esattamente quello che vi dico, intesi? Dovete concentrarvi come mai avete fatto. E non vi azzardate a staccare le mani dal compagno che avete a fianco fino a quando tutto non è finito.Pansy quando Hermione ti fa cenno accendi  le candele con la magia.  E adesso chiudete gli occhi”- ordinò. Poi iniziò a guidarli lungo il rituale oscuro

“Sentite la terra sotto i vostri piedi. Siete stabili, siete forti. Sentite l’energia della terra che vi risale lungo il corpo  e si trasmette alle vostre braccia, e da li a chi è vicino”

I ragazzi, occhi chiusi, si sentirono scuotere da una forza inarrestabile, quasi incapaci di contenerla. Il sale in terra iniziò a tremare come ci fosse un terremoto.

Respirate l’aria, fatela scendere lungo la gola, sino ai polmoni. E’ un fumo caldo e profumato, riempie il vostro corpo e vi rende più forti. Lasciate che cancelli ogni paura. Affidatevi alla vostra forza, sentitela, abbracciate il dolore e lasciate che sia lui a guidarvi”

L’aria era densa e calda, quasi appiccicosa. Respirare era difficile, i polmoni facevano fatica a contrarsi pienamente. Tutto il loro corpo ora sembrava schiacciato dal fumo dolciastro e inebriante. Non riuscivano a pensare chiaramente. Ma dovevano affidarsi , lasciare andare.

Sentite il sangue che ribolle nelle vene, vischioso, bollente, che pompa per uscire. Sentite l’odore del sangue versato. Respiratelo, ordinategli di sciogliere la magia oscura”.

Hermione fece un gesto impercettibile a Pansy, le candele nella stanza si illuminarono, rendendo l’ambiente ancora più soffocante.

Narcissa urlò, tenendosi il petto, dal quale iniziava a sgorgare un fiotto di sangue. Il grande spillo nero riluceva sinistro alla luce tremolante .

“Adesso sentite il fuoco, ringraziatelo perché sarà lui a liberarci. Il fuoco che distrugge, il fuoco che purifica, il fuoco che dà vita".

Andromeda ed Hermione si guardarono. Avevano solo un tentativo. E dovevano sperare di non ucciderli tutti.

Staccarono solo per un secondo le mani dai rispettivi compagni, giusto il tempo di dirlo. Di lanciare uno degli incantesimi più pericolosi.

Ardemonio. il fuoco maledetto. L’unico in grado di distruggere un oggetto di tale fattura.

Il colore era insopportabile, ma il vero tormento erano le urla lancinanti di Narcissa. Gridava come se fosse lei che stava bruciando tra le fiamme inarrestabili, e non la maledetta bambola. 

All’improvviso la stanza cadde nell’oscurità più assoluta, le fiamme dell’ardimonio estinte, le candele spente. Anche le urla erano cessate. Non si sentiva volare una mosca.

I ragazzi non avevano il coraggio di respirare, le mani ancora strette tra di loro. Draco strinse forte gli occhi, era terrorizzato da quello che avrebbe potuto vedere una volta aperti.

Eppure… eppure il dolore che lo attanagliava si era fatto più leggero, era rimasto solo un leggero bruciore. La testa non gli pulsava più e gli sembrava finalmente possibile respirare.

“Cissy, Cissy mi senti?”- Andromeda scrollò delicatamente la sorella, troppo spaventata dal trovarla rigida. Invece sembrava finalmente rilassata, le membra morbide e i bei lineamenti non più distorti dal dolore.

In un secondo Lucius fu accanto a lei sul letto, mentre Hermione si stringeva forte a Draco, baciandolo:
“Te l’avevo detto che sarebbe andato tutto bene. E ora dillo..sono o non sono la strega più brillante della mia generazione?”-gli sussurrò in un orecchio accarezzandogli i capelli.

“Dannata strega…”-borbottò Draco, ma il sorriso che gli apparve in volto non lasciava dubbi su i suoi reali sentimenti.

“Sta dormendo?”- chiese Lucius con un filo di voce alla serpeverde, accarezzando pianissimo i capelli dorati di Narcissa, quasi a sfiorarli.

Andromeda annuì incapace di parlare. Il nodo che aveva avuto in gola sino a quel momento, fatto di puro terrore si era finalmente sciolto, ma non si fidava ad aprire bocca, per paura di scoppiare a piangere di sollievo. Ted le si sedette accanto e la strinse a sé, così forte da farle quasi male. Quasi, perché in realtà non si era mai sentita così al sicuro. Ted non l’aveva abbandonata, era rimasto con lei in un momento terribile, l’aveva vista usare la magia oscura e non era passata neanche la più leggera ombra di delusione o paura nei suoi occhi.

“Al massimo puoi prendere il secondo posto, Granger. Una Black è sempre una Black, vero?”- la prese in giro Tonks, continuando a tenere ben stretta la sua ragazza.

“Se lo dici tu…”- ridacchiò Hermione, finalmente sollevata. Ce l’aveva fatta. Era riuscita a controllare le fiamme dell'Ardemonio evocate da lei e Andromeda e a spezzare la maledizione.

“Beh io direi che è ora di arieggiare un po’ che dite? O altro che incantesimo ninna nanna, qui tra poco arriverà l’intero corpo insegnati. Di nuovo”- borbottò Harry andando ad aprire la grande vetrata. 

Quando l'aria fredda della notte gli sfrerzò il viso, il bambino sopravvissuto respirò a pieni polmoni. Per un momento aveva creduto che non ce l’avrebbero fatta. Fino a che si trattava di lanciare incantesimi offensivi, duellare con i mangiamorte e trafiggere serpentoni andava bene, ce la poteva fare. La malattia e la morte per consunzione erano tutta un’altra faccenda. E non aveva potuto che pensare alla sua di madre, alla sua morte. Guardando l’orizzonte  si chiese cosa stesse facendo Lily Evans in quel momento, ancora ignara del fantastico mondo che l’attendeva trepidante oltre il binario 9 e ¾.

“Io invece direi che è ora di andare. Prima che qui accada il putiferio.”- tentò Pansy, lanciando uno sguardo alla figura addormentata di Narcissa. E a Lucius che non riusciva a smettere di toccarla, quasi a volersi assicurare che non sparisse, che non fosse solo un sogno.

“Ma no, l’incantesimo durerà fino a domani mattina. Che fretta hai?”-la riprese Ron, posizionatosi accanto ad Harry morbidamente appoggiato alla balaustra a respirare a fondo, la testa reclinata all’indietro.

La giovane serpeverde alzò gli occhi al cielo. Per Merlino era davvero circondata da deficienti.

“Forse non è chiaro. Dobbiamo levarci dai piedi.”- lo rimbeccò prendendo entrambi  per il braccio e iniziando a spingerli fuori.

“Draco forza, anche tu”- lo richiamò.

“Ma io..”- provò a dire il serpeverde, lo sguardo fisso sulla madre.

“Ora,Draco”- il tono della ragazza non ammetteva repliche. Lanciando un ultimo sguardo al letto si avviò verso l’uscita mugugnando. Hermione si separò un attimo, le dita ancora mollemente intrecciate con le sue. Buttò un occhio al recipiente d’argento, ormai colmo solo di cenere. 

“A quello ci penso io, tranquilla. E a proposito, ora devo andare a fare una cosa. Lucius, puoi restare tu con Narcissa fino a che non torno?”. Andromeda, dopo aver posato un bacio sulla testa della sorella e averle rimboccato le coperte, si era velocemente alzata e aveva ridotto la ciotola alle dimensioni di un sassolino.- “Ted andiamo? Credo che sia ora per te di tornare al tuo dormitorio, per oggi credo che tu abbia avuto più che abbastanza della follia dei purosangue”.

Tonks, ancora perplesso si alzò e le si incamminò vicino. SI girò appena a guardare indietro.

“Ma tu sei convinta di lasciare tua sorella con..quello?”- le mormorò all’orecchio.

La Black ridacchiò prendendolo sottobraccio : “Oh credimi, staranno benissimo. Fin troppo mi hanno detto”.

 

 

 

 

Reinnervate.

Le lunghe ciglia scure ebbero un fremito, prima di lasciare il posto a due occhi neri  e brillanti come il cristallo nero che era bruciato poco prima. Pochi secondo e Bellatrix era già in piedi, la lunga bacchetta ad artiglio stretta in mano che fremeva per essere usata.

“Bella, stai calma, è finita”- le disse la sorella, stringendole l’avambraccio per calmarla.

Così simili fisicamente.

Così diverse caratterialmente.

Eppure se c’era una cosa che le due sorelle Black avevano in comune era l’amore per la sorella minore. La loro bambolina. Si erano innamorate di lei appena l’avevano vista in culla, con gli occhioni azzurri che le guardavano curiosi. Neanche la disperazione di loro padre per il mancato erede aveva potuto spezzare il loro entusiasmo. Tanto tempo prima avevano stretto un patto, loro due. Avrebbero sempre protetto il loro piccolo fiore delicato. Da chiunque.

“Cissy…”- mormorò appena la maggiore delle Black, i capelli corvini coperti dai bagliori rossastri delle fiamme del camino.

Arael e Nicholas accanto a lei per un attimo sentirono il gelo scorrere nelle vene. Andromeda Black si era presentato in camera del caposcuola scura in volto, senza dire una parola. Aveva chiesto di Bellatrix e senza dare spiegazioni l’aveva reinnervata.

Che la maledizione avesse davvero finito il suo compito?

“Narcissa sta bene, Bellatrix. E’ tutto passato.”- le disse sciogliendosi finalmente in un sorriso.

I gemelli si scambiarono uno sguardo d’intesa, finalmente sollevati. Le mani appena a sfiorarsi. Era fatta. Narcissa era salva. Il loro futuro nipote era salvo.

“Lucius?”- chiese appena la giovane strega bionda. Erano ore che non vedeva il fratello e riusciva  a comprendere quasi a livello viscerale quanto fosse sconvolto alla sola idea di perdere la ragazza che amava.

“Gli ho chiesto di restare su con mia sorella fino a quando non torno. Direi che non è il caso di disturbarli ora, no?”- rispose la giovane strega con un sorriso stanco.

Bellatrix sbuffò ravvivandosi i ricci lucidi .

“Ma chi se ne frega, Drom. Andiamo da Cissy, che cosa diavolo stiamo aspettando?- la maggiore delle Black, bacchetta ad artiglio in mano era già quasi sulla porta quando la voce della sorella la richiamò.

“Narcissa sta bene, te l’ho detto. Piuttosto non vuoi vendicarti di chi l’ha ridotta così?”- chiese, mentre guardava i profondi occhi della sorella ridursi a poco più di una fessura. La fiamma della vendetta però era ben ardente e visibile.

“Sai chi è stato? Cosa aspettavi a dirmelo? Un invito scritto?”- la voce bassa e pericolosa della maggiore delle Black era simile ad un ringhio. Prima di rispondere la strega castana si rivolse calma ai due fratelli : “ Qualsiasi cosa accada, noi abbiamo passato la serata con voi. Intesi?”.

Nicholas annuì lentamente, senza staccare gli occhi da Andromeda.

“E’ stata lei vero?”- bisbigliò inorridito.  Il chi non c’era neanche bisogno di dirlo.

“Lei chi, sorella? Chi è cosi folle da fare una cosa del genere?”-Le dita si strinsero ancora di più attorno alla bacchetta, con forza tale da quasi spezzarla. Ma niente poteva spezzare la bacchetta di Bellatrix. O Bellatrix stessa.

“Cassandra”- rispose al suo posto Arael Malfoy- “Cassandra Carrow. Ed è stata lei allora a drogare Selwyn per attaccare Narcissa settimane fa.”

L’occhiata che le rivolsero le sorelle Black era eloquente. Prima che la maggiore potesse esplodere, Andormeda la fermò.

“Non ora Bella. Penseremo dopo al caro Kyle. Ora è il momento di ritirare fuori un grande classico della famiglia Black. La caccia.”- disse calma, un sorriso che fece gelare il sangue dei presenti.

Ad eccezione di sua sorella, il cui volto si illuminò : “Con una maledetta stronza purosangue come preda. Mi piace come ragioni, sorella”.

E in poco tempo, i mantelli neri svolazzanti e i cappucci ben calati sulla testa, mano nella mano , Andromeda e Bellatrix Black sparirono nel buio dei corridoi di serpeverde.

Ancora non lo sapevano ma sarebbe stata l’ultima volta che sarebbero state dalla stessa parte.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11° ***


 

Lucius guardava Narcissa dormire finalmente tranquilla da ore ormai, con il coraggio solo di sfiorarla appena per paura di svegliarla. Si chiese come sarebbe stato svegliarsi ogni mattina con lei accanto, il respiro leggero, gli occhi dalle lunghe ciglia che si muovevano appena persi ancora dietro all’ultimo sogno della notte. Allungare una mano e sentirla vicina, poterla stringere e baciare sulla curva morbida e bianca della spalla, scostandole i capelli dorati. Sentirla mormorare il suo nome sorridendo, senza svegliarsi completamente. E continuare a sfiorarle il collo, le guance morbide e appena rosate. E infine arrivare alle sue belle labbra. Piccoli tocchi, leggeri.Fino a quando non sarebbe stata lei a schiudere la bocca e permettergli di assaporarla.

Le sue labbra piene e delicate erano ancora coperte di tagli, ma finalmente morbide e rilassate, come se stesse facendo  un bel sogno.

D’improvviso si trovò due laghi blu a fissarlo. Felici, si disse. Come se non avesse voluto vedere nessun altro.

“Ciao”- disse appena, la voce ancora roca.

Il ragazzo sorrise, prendendole una mano e portandosela alla labbra, senza il coraggio di guardarla in faccia.

“E’ colpa mia”- mormorò a voce bassa, persa ormai la sua abituale arroganza, solo con lei aveva osato mostrarsi così. Era pronto a sentire che era giusto che si sentisse in colpa, che aveva scelto di metterla in pericolo. Che voleva vederlo sparire. Ancora una volta però la risposta di Narcissa non fu quello che si aspettava

“Che melodrammatico”.

Sicuramente avrebbe voluto aggiungere altro ma il resto del commento tagliente fu interrotto da un eccesso di tosse. 

Il serpeverde versò un bicchiere di acqua magicamente sempre fresca dalla brocca accanto al comodino, poi si sedette accanto a lei, sollevandole appena la fronte mentre l’aiutava a bere. La ragazza si rilassò contro il suo torace, troppo stanca per tenersi dritta da sola, limitandosi a lanciargli uno strano sguardo sbieco.

“Meglio?”- chiese il giovane rimettendo il bicchiere sul comodino ma senza spostarsi di un millimetro.

Narcissa annuì’ senza parlare,raggomitolandosi e appoggiando la testa sulle ginocchia, girandosi appena per guardarlo.

Lucius le accarezzava la schiena con la punta delle dita affusolate, quasi stesse suonando una melodia che solo lui riusciva a sentire.

“Narcissa sono serio. E’ tutta colpa mia”- riprovò a dire.

La ragazza sbuffò senza smettere di guardarlo con gli occhi mezzi aperti. Merlino quello sguardo riusciva ad inchiodarlo a tutte le sue debolezze.

“Mi hai aggredito tu?”

“No ma…”

“Mi hai maledetto tu?”

“Ovviamente no, ma…”- 

“Sai che il mondo non gira attorno a te,vero?”-la voce era calma, tranquilla, come se stesse evidenziando un fatto ovvio.

La mano di Lucius si fermò a metà dalla sua spina dorsale.

“Cassandra. E’ stata Cassandra.Ed è stata colpa mia. Lei...lei ha capito che per me sei importante”- buttò fuori, lo sguardo fisso sul materasso.

Narcissa si raddrizzò lentamente e si girò verso di lui, una mano appena appoggiata sulla sua guancia.

“E tu sei venuto da me.”- disse cercando il suo sguardo.

Lucius sospirò.

“Vorrei dirti di essere stato io a salvarti, ma credo che il merito sia stato di tua sorella e di quella strana Granger. Io ho solo.. contribuito alla realizzazione”- ammise con un ghigno, pensando che almeno una soddisfazione se l’era tolta. In parte,almeno.

Ancora una volta la giovane Black lo sorprese. Pensava di avere le allucinazioni ma quella che sentiva era una risata. Non la risata più felice del mondo ma indubbiamente una risata.

“Tranquillo, non ho mai pensato che fossi un cavaliere dalla scintillante armatura. Non credo che saresti potuto finire a Serpeverde in tal caso”

Il giovane mago la guardò stralunato : “Ehi, guarda che sono anche entrato in quello schifo di dormitorio di Tassorosso per te, non merito un minimo di riconoscenza? Merlino..mi sento ancora addosso l’odore”

Alla sola idea di Lucius Malfoy che entrava a Tassorosso senza che gli venisse una reazione allergica il corpo esile di Narcissa fu scosso da una risata incontrollabile..

Dopo poco finalmente calma, contagiato da quello scoppio di ilarità, Lucius le asciugò le lacrime che le erano salite agli occhi con un ghigno.

“Merlino, erano secoli che non ridevo così in presenza di qualcuno. E stato...liberatorio, direi”-si trovò a dire.

“Non ne abbiamo già parlato? Perchè devi sempre fare finta di essere perfetta?”- le chiese serio di nuovo, sfiorandole appena la guancia, e poi giù lungo il braccio sino ad intrecciarle le lunghe dita affusolate con le sue. Sarebbero state perfette insieme, con un nastro bianco avvolto attorno.

Ancora un lampo di divertimento negli occhi.

“Io sono perfetta, Malfoy”- rispose atteggiando un broncio.

Lui tirò le labbra in un ghignò,spostandole una ciocca di capelli dal viso e sistemandogliela dietro l’orecchio. Si fermò appena un secondo in più del necessario a sfiorare leggero il lobo.

“No non lo sei. Sei meglio di così. Sei speciale”-mormorò

“Ah non ero una patetica scusa per una Black?”-

Lucius si sentì gelare: “Io non ho mai detto una cosa del genere”

“Ma mi  hai chiesto se fossi sicura di non essere una figlia illegittima”- rimbeccò, la piccola lingua rosata che appariva appena tra le labbra ancora riarse.

Un sospiro di pura rassegnazione.

“Sono un cretino, va bene? Ti ho visto e non ci ho capito più niente”

Narcissa ridacchiò: “ No non lo sei. Sei meglio di così. Sei speciale”

Il serpeverde sentì un peso levarsi dal cuore. 

“Sei spiritosa Black”- le disse permettendosi finalmente un sorriso.

La ragazza si tirò su e gli si avvicinò sino quasi a sfiorargli le labbra.

“Te l’ho detto. Sono perfetta”.

Era così vicina, così dannatamente vicina. Eppure così come stavano le cose non poteva essere sua. Lui doveva sposarsi con quella maledetta di Cassandra e non le avrebbe mai neanche chiesto di stargli accanto nell’ombra. 

Allo stesso tempo però non sarebbei mai potuto restare a guardare mentre lei si costruiva una vita con qualcun altro. La sola idea gli dava una sensazione di vertigine. 

Doveva riuscire a tirarsi fuori da quella situazione. Narcissa Black non poteva essere l’amante nascosta di nessuno. Troppo orgogliosa. Troppo importante per ridurla a quel ruolo.

La voleva accanto a sé. Per sempre.

E c’era solo una persona che avrebbe potuto aiutarlo. Per un attimo si ricordò di aver promesso a sé stesso e a qualche identità non meglio definita di lasciarla in pace se fosse sopravvissuta.

Peccato che non ne avesse nessuna intenzione al momento.

Promesse da serpeverde, ridacchiò nella sua testa.

“Veramente al momento sembri una pazza. Vuoi che ti aiuti pettinarti? Ahia”- disse massaggiandosi con eccessiva enfasi il braccio che lei aveva appena schiaffeggiato.

“Mi rimangio tutto, sei un cretino”- borbottò la giovane - “Ma guai a te se mi rovini anche solo una ciocca di capelli”. Aveva capito quello che le stava in realtà chiedendo lui. Di aspettare. Di attenderlo. Ma sapeva bene che la pazienza non era il suo forte.  Sarebbe stato doloroso ma lo avrebbe lasciato andare. Si sarebbe sposata con un purosangue, avrebbe avuto la famiglia che aveva sempre sognato. Avrebbe portato avanti una perfetta vita da donna dell’alta società qual era. Eppure sapeva che poco prima di chiudere gli occhi avrebbe sempre ripensato a Lucius Malfoy.

Ma era una Black. Non accettava compromessi. Neanche per il ragazzo che era certa di amare.

Per tutta risposta il serpeverde richiamò una spazzola e iniziò a passarla leggerissimo sulla cascata dorata della ragazza. Rimasero così, in silenzio. Sino a quando Narcissa non si addormentò nuovamente cullata dal ritmo ipnotico sui capelli.






 

“Che avete fatto ieri sera dopo che siamo stati costretti a tornare a Grifondoro?”-indagò James a colazione il giorno dopo, servendosi una porzione abbondante di tutto quello che c’era sul tavolo - “ Energia per gli allenamenti”- borbottò .

Ron alzò le spalle mentre ne seguiva allegramente l’esempio. 

“Figurati ti capisco, ieri sera a malapena sono riuscito a mangiare un boccone. Quella dannata Parkinson si è rubata tutto quello che avevo portato.”- mugugnò infilandosi in bocca una ricca forchettata di uova e bacon.

Harry lo guardò di sbieco : “Fosse l’unica cosa…”

Tortura. Magia Oscura. Sperare che Malfoy tirasse finalmente le cuoia. Girare lo sguardo quando avevano capito cosa volevano fare le due sorelle Black. 

“Abbiamo aiutato un’amica”- rispose invece.

Sirius arrivò in quel momento sedendosi con grazia e allo stesso tempo lanciandosi sulla panca accanto a James: “Ho incontrato Andromeda. Pare che Narcissa stia bene. Qualche giorno di riposo e sarà come nuova. Quindi niente..come hai detto Harry.. Famiglia Adams? SI ok.  Invece ho una grandissima notizia.”

Harry e Ron si guardarono di sottecchi. Non erano sicuri di volerlo sapere.

Sirius si versò una tazza di té girandola e ci versò dentro tre zollette di zucchero, prendendo il primo sorso senza fare alcun rumore.

“Hanno trovato Cassandra Carrow nella foreste proibita. Fisicamente più o meno illesa.”- disse ghignando con un sospiro soddisfatto- “Ottima questa miscela”

“Ha detto niente di come è finita lì?"- chiese Ron fermandosi per un attimo dal rimpinzarsi.

“No, dice solo frasi sconnesse. Pare che se non migliora la porteranno al San Mungo. Hanno richiamato tutti i prefetti e caposcuola di Serpeverde. Vogliono sapere come sia possibile che sia uscita senza nessuno se ne accorgesse”-

“E?”- indagò il bambino sopravvissuto, continuando a giocare con la colazione. Decisamente al contrario degli altri al suo tavolo non aveva fame. Il rituale della notte, le urla di Narcissa, l’odore del sangue di Cassandra. E soprattutto gli occhi di Hermione, pieni di paura ma anche di eccitazione, quando aveva guidato insieme ad Andromeda il rito oscuro la sera prima. Ancora aveva i brividi.

Sirius scosse le spalle : “Andromeda ha detto che lei aveva altro a cui pensare. Malfoy uno che stava con Bellatrix per evitare che desse fuoco alla scuola. Malfoy due che era insieme a Malfoy uno. Malfoy tre che fare il prefetto non significa fare il baby sitter. E che aveva lasciato Cassandra addormentata nel letto. Dice e cito testualmente, che l’aveva stancata abbastanza. Quindi gli altri perfetti stanno ancora cercando una scusa.”

Decisamente nella famiglia di Draco le risposte pronte non mancavano.

“Finalmente qualcuno sta facendo pulizia tra gli inquilini dei sotterranei?”- chiese James- “ Spero che il prossimo sia Mocciosus. E’ così irritante sempre con la sua risposta pronta. E quando corregge il professore a lezione? Odioso”

Sirius ridacchiò : “ Non credo che qualcuno perderebbe tempo con quello stupido e irritante di un mezzosangue dai capelli unti”.

“Sirius… mezzosangue? Cos’è dieci minuti con le tue cugine e il lato Black riprende il sopravvento?”-lo riprese Remus. 

“Scusa, è una sorta di imprinting. Se fossi cresciuto nella mia famiglia lo avresti anche tu. Ovviamente non intendo dire che chi è un mezzosangue abbia qualcosa che non va.Mocciosus ha decisamente qualcosa che non va, indipendentemente da chi siano i suoi genitori. E’ un odioso, viscido, sudicio….”- si corresse subito il giovane Black

Harry lo interruppe : “Ok, va bene, abbiamo capito. Non sei un razzista, solo un mezzo bullo”

Il grifondoro più giovane lo guardò offeso. Anche James e Remus avevano smesso di mangiare.

“Io non sono un bullo. Io cerco solo di riparare alle ingiustizie della vita”- rispose guardandolo stralunato.

Ron gli diede una gomitata. Dovevano smetterla, già una volta avevano avuto un assaggio di cosa avrebbe significato modificare il passato. Narcissa era quasi morta. Draco era quasi scomparso.

“Non lo sai se è colpa nostra”-gli sibilò Harry a mezza voce.

“Ma neanche se non lo è. Nel dubbio vorrei evitare di vedere anche te sanguinare dalle orecchie. Me la eviterei volentieri una seconda serata come ieri, grazie”- rispose il rosso di rimando.

Ron decise quindi di cambiare discorso : “Allora come siamo messi invece per la partita contro Tassorosso?”

Ormai su binari tranquilli la conversazione riprese come se fosse una normalissima mattina di autunno.

Harry lanciò uno sguardo al tavolo di Serpeverde, semivuoto. Non c’erano i Malfoy, non c’erano le Black, non c’erano Pansy e Draco. E soprattutto non si vedeva ancora l’ombra di Hermione. Che la stessero davvero perdendo?




 

“Quindi i tuoi alla fine non verranno?”.- chiese Ted accarezzandole i lunghi capelli castani,le spalle appoggiate al muro della torre di astronomia,la testa della ragazza in grembo.

Andromeda tenne gli occhi chiuse. Ted non ci sarebbe mai arrivato, non avrebbe mai davvero compreso il suo mondo, la sua famiglia.

“Che c’è avevi voglia di conoscerli? Comunque no, visto che ormai non dovranno preparare le gramaglie non hanno alcuna intenzione di scomodarsi. Fosse stata Bellatrix si sarebbero presentati qui dopo un’ora”- mormorò,la testa che ancora le doleva per lo sforzo della sera prima.

Ted non rispose, intento a guardarla.

“Hanno trovato Cassandra. Pare che non sia ferita. O almeno non lo sia gravemente. Hanno trovato segni di coltello e di maledizioni senza perdono. E mentalmente… pare che sia un po’ fuori di testa. Più del solito”.

“Se l’è cercata”- rispose la giovane senza spostarsi di un centimetro, nella testa le scorrevano le immagini della sera precedente.

Si rese conto di aver ceduto al suo istinto di Black, era talmente furiosa che niente e nessuno si sarebbe potuto mettere tra lei e la sua vendetta. Aver visto sua sorella minore quasi morire tra le sue braccia senza poter fare niente l’aveva riempita di una rabbia gelida che non pensava di poter provare. 

E poi il rituale, la magia oscura che le fluiva nel corpo sino a formare le parole, il fumo acre e il calore delle fiamme. Aveva sentito dentro di sé ogni particella di potenza sprigionata da quell’antico rito. Era come se la sua anima fosse stata riempita da quelle nuvole dense di incenso, dal sangue scuro e bollente della ciotola. 

La caccia era stata un istinto naturale, portato avanti da generazioni di Black e di Rosier. Se c’era un imperativo categorico nella loro famiglia era che nessun crimine contro un membro del casato sarebbe rimasto impunito. In quel momento si era sentita vicina a Bellatrix, come forse mai prima d’ora.

La notte era trascorsa veloce, animate entrambe da una rabbia senza precedenti. Avevano dato a Cassandra un piccolo vantaggio, tanto per essere leali.

Ma la voce fintamente infantile di sua sorella che sbeffeggiava la giovane Carrow  lanciando maledizioni senza perdono le risuonava ancora nella mente. Alla fine l’avevano spinta verso la riserva dei centauri. Il secondo comandamento dei Black era di non sporcarsi mai le mani direttamente  se qualcun altro poteva farlo al posto tuo.

D’altronde se Cassandra era così brava con la magia oscura se la sarebbe potuta cavare anche in quella situazione. E infatti non sembrava che i centauri avessero attentato alla sua virtù. Se mai ne avesse avuta una.

La giovane Black sospirò, tirandosi a sedere e poggiando una mano sul petto del tassorosso.

“Ted, se per te è troppo io lo capisco.”- gli disse evitando il suo sguardo e concentrandosi invece sulla seta gialla e nera della cravatta che il giovane portava diligentemente annodata, pronto per le lezioni.

“Dici il fatto che mi sia piombato il principino dei purosangue nel dormitorio ordinandomi di seguirlo in infermeria? Aver visto il suddetto serpeverde salire le scale con un coltello e tornare poco dopo con una ciotola piena di sangue? O aver preso parte ad un rituale magico sicuramente bandito da secoli con la mia ragazza a guidarlo? Ah, senza contare che la donatrice, passami il termine, di liquido vitale poi è stata trovata a vagare nella foresta proibita in evidente stato di shock E qualcosa mi dice che c’entrate tu e quella pazza di tua sorella maggiore?”- chiese prima di posarle un bacio leggero a fior di labbra.

“Un po’ di questo… un po’ di quello”- rispose la giovane evasiva, rispondendo al bacio e posando poi la testa sulla sua spalla. Quel piccolo spazio tra il collo e l’inizio della linea discendente della spalla che sembrava fatto apposta per lei.

Ted sospirò : “Devo dire che all’inizio ero un po’ scioccato. Ma sapevo che mettermi con te avrebbe comportato degli..come dire...effetti collaterali.”

Andromeda ridacchiò senza spostarsi. Effetti collaterali. Bella parola per descrivere la follia della famiglia Black. 

“Senti posso chiederti una cosa?Senza che dai di matto però”- chiese Ted posandole un bacio tra i capelli e stringendola a sé.

La serpeverde annuì. Si aspettava domande su come fosse stato possibile che riuscisse a guidare un rituale di magia nera vecchia di secoli. O su come non avesse fatto una grinza nel sapere che da qualche parte una sua compagna di casa era stata torturata. O cosa significasse esattamente una caccia nella sua famiglia.

E invece..

“Ma tu e Malfoy… per caso…”- iniziò evasivo.

Andromeda si staccò di stacco, inorridita, nel farlo la planchette che teneva nella tasca le cadde in terra.

“Ma sei pazzo...o per Salazar Serpeverde, ma che schifo. Io e Lucius… per carità ...Piuttosto mi faccio chiudere gli organi riproduttivi”- iniziò a dire in preda al disgusto.

Ted la guardò un attimo stupito, prima di ridere di cuore di fronte all’espressione di puro terrore nel volto della ragazza.

“E invece con tua sorella…”- disse malizioso. Ma non poté finire la frase perché la sua attenzione venne catturata dall’oggetto giallastro che brillava in terra.

Lo prese tra le mani prima che la giovane potesse impedirglielo.

“Ehi, ma questa come l’hai avuta? Si dice fosse sparita da secoli Non eravate voi a Serpeverde che rifuggite da tutto ciò che ci riguarda?”- chiese sbalordito.

La Black lo guardò sgranando gli occhi : “ Ok, forse il rituale di ieri sera è stato davvero un po’ troppo per te. Stai straparlando”.

Lui le rigirò l’oggetto sotto gli occhi. “No stupidina. Questa è la famosa pietra Hengist,il fondatore di Hogsmeade. Si dice che gli sia stata donata da Tosca Tassorosso in persona. Vedi questi simboli? E’ un canto. E’ lo stesso sistema grafico che c’è anche sulla coppa della nostra fondatrice. Se mai l’avessi degnata di uno sguardo lo sapresti”

Andromeda la rigirò tra le mani. Tassorosso, com’era possibile.

“ E sai anche cosa c’è scritto?”- chiese esitante.

Ted annuì.
“Si certo, questo alfabeto è uno dei segreti che viene tramandato ad ogni prefetto”- la prese in mano e lesse i segni :

“Io sono una piena attraverso una pianura, io sono una lacrima che il sole lascia cadere, io sono una spina sotto l’unghia, io sono una meraviglia tra i fiori.”

Quelle parole le ricordavano qualcosa, qualcosa che aveva letto tempo prima.

“Il canto di Amergin, giusto? Ma cosa c’entra con voi?”- chiese tracciando il segno circolare attorno alle parole.

“Hai ragione, in realtà è più roba vostra”- rise Ted continuando ad osservare l'oggetto.

La giovane Black alzò un sopracciglio.

“Beh per i babbani è la più antica lirica celtica irlandese. Ma in realtà pare che sia stato Merlino a crearla, su una base che gli era stata fornita da Tosca Tassorosso E Merlino è uno di voi. Di serpeverde intendo.”

“E Hengist Woodcroft cosa c’entra?” chiese riprendendosi l’oggetto e infilandosole in tasca.

“Beh Hogsmeade è stata fondata per scappare dalle persecuzioni babbane. Sono certo che Salazar Serpeverde sia stato più che felice di contribuire. A dire il vero pare che tutti i fondatori abbiano messo qualcosa di loro.Sul serio a Serpeverde nessuno ve l’ha mai raccontato?”- chiese sbigottito.

Andromeda aveva già preso la via delle scale. Doveva trovare Hermione e i Malfoy. Finalmente c’era qualcosa di nuovo.Poi tornò indietro veloce a baciare Ted.

“Sei un genio, Tonks. Un fottuto genio. Tassorosso ma pur sempre un genio”.





 

“Granger, torna a dormire”- borbottò Draco ancora nel sonno tirandola per il braccio e attirandola verso di sé, il viso sprofondato nel cuscino.

La grifondoro si lasciò abbracciare, ma era troppo agitata per riuscire a riposare. E se non poteva dormire lei, di sicuro non l’avrebbe fatto neanche Draco.

Si girò verso di lui, attaccando il suo corpo al suo, iniziando a passargli una mano tra i capelli, per poi scendere sulla nuca e poi giù lungo le spalle e la schiena nuda.

Iniziò a seguire il segno appena percettibile di una cicatrice che aveva lungo il fianco, un punto che aveva scoperto essere particolarmente sensibile.

Le piaceva il suono che aveva scoperto  poter far uscire dalla sua gola quando provava piacere. Ed era fin troppo tempo che non passava una mattinata a sentirlo.

Gli passò una gamba sopra i fianchi, stringendolo di più contro il suo bacino, i seni schiacciati contro il fianco, le dita che continuavano a scorrere lungo la pelle candida.

“Stai cercando di sedurmi, Granger?”- ridacchiò, gli occhi ancora chiusi.

La ragazza accentuò la sua stretta, facendo scivolare verso il basso quel poco che era rimasto del lenzuolo.

“Direi che ci sto riuscendo,Malfoy”- gli sussurrò in un orecchio, baciandogli il collo, iniziando dal punto sensibile dietro l’orecchio e scendendo sino a metà. Rimase li, mordicchiandolo appena prima di risucchiare la pelle morbida tra i denti e la lingua.

“Sei perfetto per i succhiotti, sai. Basta poco e ti resta il segno per giorni”- lo prese in giro quando si staccò. Sotto di lei Draco si girò supino, ora erano faccia a faccia, le gambe tra le sue. 

“Lo prenderò come un complimento allora”- le disse mentre le mani risalivano lungo la vita, tenendola ferma mentre lei si sistemava meglio prima di chinarsi a baciarlo avida sulle labbra.

“Lo è. Anche perchè così tutti sanno che sei mio”- gli sussurrò con un sorriso

Lui rise prima di afferrarle la nuca per avvicinarla a sé,approfondendo il bacio.

Si, decisamente quella sarebbe stata una mattina rilassante.La prima dopo tanto tempo.

Peccato che non avessero fatto bene i conti .

In quel momento infatti sentirono la porta della stanza sbattere. 

Hermione si girò appena, prima di lanciare un urlo. Draco sotto di lei imprecò pesantemente.

E appoggiati appena alla porta, neanche troppo distanti e come se fosse assolutamente normale, tre serpeverde li fissavano con un ghigno. Decisamente quello allora non era un segno caratteristico solo dei Malfoy.

“Ma che ….”- iniziò Draco masticando un’imprecazione chinandosi alla ricerca di almeno un pezzo di abbigliamento da passare ad Hermione, che ancora basita, era rimasta avvolta con il lenzuolo stretto addosso. Neanche nella peggiore tv babbana, pensò la ragazza guardando quei tre sconvolta.” Che diavolo di problema avete?”

“Oh andiamo, non è che siete i primi a rinchiudervi in una stanza delle necessità per fare sesso. E’ per questo che siete così semplici da trovare. Basta sapere cosa e dove cercare”- rispose lo zio ridacchiando. Almeno aveva la decenza di tenere lo sguardo sulla grande finestra.

Il ragazzo mugugnò qualcosa a mezza voce circa i problemi mentali familiari, allungando la sua camicia ad Hermione. Almeno quella l’aveva trovata. Meglio di niente.

“E non potevate almeno aspettare che avessimo finito?”- chiese esasperato, meritandosi un’occhiataccia dalla grifondoro.

“Se vuoi usciamo fuori e vi aspettiamo li. Tre minuti saranno sufficienti, che dici?”-sbuffò Andromeda con le braccia incrociate, il piede che batteva in terra. Sembrava nervosa.

Decisamente troppo per come l’avevano conosciuta. Hermione scivolò dal letto, finendo di abbottonarsi la camicia e cercando senza successo di sistemarsi i capelli in qualcosa di vagamente decente.

“Pensavo stessi con tua sorella”- chiese spostandosi il più lontano possibile dal letto e calciando lontano cercando di non farsi vedere i boxer di Draco.

“Ehi quelli sono miei. Ecco dov’erano finiti!"-la rimbeccò quello da dietro. Ancora una volta, i suoi tentativi di essere discreta andavano a farsi benedire.

“Ho pensato che fosse il momento di lasciare a lei e a quel cretino di Lucius un po’ di spazio. Senza offesa”- rispose la giovane Black rivolgendosi poi ai due ragazzi biondi accanto a lei- “ Almeno così il mio irritante futuro nipote avrà qualche chance di nascere. Al momento non mi sembrano così tante, a dire il vero”

“Figurati”- ridacchiò Arael sedendosi sul divano di pelle in fondo alla stanza  e rivolgendosi alla grifondoro- “Carino questo , mi piace l’attenzione ai dettagli. Idea tua?”

“Draco. Quando richiama lui la stanza come minimo ci mette un salottino, il camino e spesso anche un pianoforte. Non credo riesca a concepire l’idea di una stanza con solo un letto”- rispose la ragazza accoccolandosi in una grande poltrona comoda accanto al fuoco. Draco, finalmente rivestito almeno in parte le si mise accanto, appollaiato sul bracciolo.

“Tranquilla, su quel divano non ci abbiamo fatto niente. Stamattina eravamo troppo stanchi. Come sta mia madre piuttosto?”- chiese rivolto alla zia.

Arael sorrise, intenerita. Si chiese se lei si sarebbe mai preoccupata così tanto per la sua di madre. Probabilmente no: “Sta benissimo, deve solo riposare.Sei un cocco di mamma, vero?”

Il ragazzo scosse le spalle, mentre la grifondoro accanto a lui faceva inequivocabilmente di sì con la testa : “Chiedigli dei regali che gli manda la madre almeno una volta a settimana. Libri, scacchi, dolci, caramelle, camicie, spartiti, maglioni….”- iniziò ad elencare.

“Scusate eh se almeno uno dei miei genitori tiene a mostrarmi il suo affetto”- borbottò infastidito. Mentalmente ringraziò che Hermione non avesse visto lui e sua madre in uno dei pomeriggi che passavano insieme, sdraiato a leggere sul divano con lei che gli accarezzava i capelli, o  a preparare pozioni. Si, decisamente era un cocco di mamma, non poteva negarlo.

“Ti prego non ricominciare”- disse esasperata Hermione, passandogli un braccio attorno alla vita, ricavandone solo  un’espressione offesa.

“Possiamo concentrarci due minuti? Andromeda ha scoperto una cosa interessante su quello strano oggetto che hanno trovato i vostri amici. Anche se vorrei tanto capire come …” -li interruppe Nicholas, sedendosi accanto alla sorella.

Andromeda era accanto al camino e guardava le fiamme, persa nei suoi pensieri. 

“Cosa sapete di Tosca Tassorosso?”- chiese

Draco rivolse un ghigno alla zia : “Oh, e tu cosa sai dei Tassorosso in generale? - tubò- “Ehi ahia, Granger, e che cazzo…”

“ Merlino ma sul serio Narcissa ti permette di parlare così? “- sbottò il ragazzo più grande fulminandolo con lo sguardo. Non era possibile che una fissata delle buone maniere come Narcissa Black avesse cresciuto un figlio che parlava come uno nato e cresciuto a Nocturn Alley.

“No, quando è  a casa parla come il principino viziato ma perfettamente educato che è. Ci tiene troppo alla sua preziosa testolina.E’ quando è fuori dalla portata dei suoi che tira fuori tutto il suo repertorio di imprecazioni. “- rimbrottò Hermione, dandogli un altro pizzico di avvertimento.

“Purosangue, fondatrice di una casata inutile, ah...e che ha introdotto gli elfi domestici ad Hogwarts”- rispose il più giovane ridacchiando, afferrando al volo la mano che stava per colpirlo di nuovo e portandosela alle labbra.

Hermione si morse le labbra ripensando al momento in cui il suo libro preferito Storia di Hogwarts,l’aveva tradita non parlando mai del fatto che i deliziosi cibi che arrivavano alla loro tavola fossero preparati da degli schiavi nelle cucine. Lanciando un’occhiata sbieca a Draco rispose invece : 

“Si dice che venisse da una larga vallata. Molti dicono sia il Galles ma voci dicono che venisse dalla Cornovaglia. Tant’è che alcuni dei suoi incantesimi sono in cornico. Leale, capace, abile nel portare a termine anche i compiti più difficili”- elenco.

“Già meglio. Ha inventato anche una sorta di alfabeto unendo carnico e rune celtiche, ecco perché non riuscivamo a capire quei segni sulla pietra. Pare sia un segreto che si tramandano a Tassorosso. C’è una parte del canto di Amergin”-

Draco sbiancò. Era la litania che  avevano recitato durante il rituale di immersione del calice che sarebbe servito nel rituale per riportare in vita l’oscuro signore. Calice che si era poi scoperto essere legato a doppio filo con quella che doveva essere la vittima sacrificale necessaria alla buona riuscita del rito. Ovvero lui.

“Inoltre pare che sia la scomparsa pietra fondante di Hogsmeade. Nostra madre da piccoli ci raccontava sempre che Hogsmeade nascondeva un segreto, ma pensavo fosse solo una sua fantasia”- intervenne Arael osservando con attenzione il nipote. Non le era sfuggito il brivido che lo aveva percorso e come il corpo si fosse irrigidito. La ragazza accanto a lui, invece era attenta, gli occhi brillanti che si spostavano tra lei e Andromeda. La giovane Black le aveva raccontato di come il suo aiuto fosse stato fondamentale la sera precedente. Di certo avevano bisogno di tutta la sua capacità.

“Diceva che ogni anno nell’anniversario della fondazione il bosco di Hogsmeade è invaso dalla magia.  E che se si riporta la pietra fondante nell’albero stregato al centro del bosco si apre un passaggio segreto.”

“Nel libro che ho letto si dice che nessuno può vederlo, per molti non è neanche un vero albero.”- mormorò’ Hermione chinandosi in avanti per prendere dalle mani di Nicholas la planchette e osservandola nuovamente.  Una lingua estinta nel diciottesimo secolo fusa con le rune celtiche. Ingegnoso.

“E l’ofiuco cosa c’entra?”- chiese Draco osservando a sua volta la pietra.

 “Il rito del tempo, il passato, presente e futuro che si incontrano. L’eterno divenire. Il momento in cui il mondo dei vivi e dei morti si incontrano. Quale festa ti fa venire in mente?- rispose Nicholas stirando le labbra in un sorriso.

“Samhain. La festa preferita da ogni purosangue. Si dice che ogni anno Salazar Serpeverde scegliesse tre tra i suoi studenti migliori per un rituale speciale, per rinnovare il legame con la dama del lago. Ma dopo che ha lasciato la scuola nessuno ne ha mai più sentito parlare”- Draco ripensò con un sorriso alle feste che organizzava sua madre quando era bambino per l’occasione. I giardini attorno al maniero illuminati da centinaia di zucche dorate, fili di luce aranciate che cadevano da ogni albero formando tende di luci,le fiamme del falò dei nove legni sacri che crepitavano al buio, il profumo dei dolci alle mele e cannella che riempiva l’aria. E poi la caccia al tesoro che era organizzata per i bambini, alla ricerca della zucca d’oro che veniva nascosta giorni prima. Quando erano piccoli lui, Pansy e Blaise passavano i giorni precedenti a cercare di estorcere indicazioni dagli elfi, ma al massimo riuscivano a recuperare qualche cioccolotto di straforo.

Hermione invece ripensò allo shock che aveva subito il primo anno ad Hogwarts, quando aveva scoperto quanto fosse diversa la concezione che i maghi avevano di Samhain rispetto all’Halloween babbano. Niente travestimenti o storie di fantasmi. D’altronde per loro vedere gli spettri di certo non era niente di speciale, né di terrificante.Almeno però c’era sempre una grande festa.

“Esatto,’ il giorno più magico dell’anno, il giorno che non esiste”- Arael la guardava fissa, gli occhi grigi inquisitori, un sopracciglio fino ed arcuato alzato.

“ E anche l’anniversario della fondazione di Hogsmeade"- si intromise la grifondoro.

“Quindi il piano è sgattaiolare fuori dal castello e girovagare nel bosco di notte fino a quando non incrociamo, non si sa bene come, un albero uguale a centinaia di altri ma che nessuno ha mai visto?”- interloqui poi sulla difensiva, non le piaceva il modo in cui gli zii di Draco avevano iniziato a squadrarla, neanche le fosse comparsa sulla fronte la scritta a carattere cubitali Natababbana.

Al contrario il viso della ragazza davanti a lei si aprì in un sorriso, le gambe incrociate e le mani intrecciate a quelle del fratello: “Oh ma di quello non devi preoccuparti, se riusciamo ad entrare nel bosco sacro potrei riconoscerlo anche nella notte più buia”

Fu la volta di Hermione e Draco guardarla perplessi,

“Lo sogno da quando sono piccola. Anzi a dire il vero ce l’ho anche tatuato”- rispose la ragazza alzandosi in piedi e tirandosi su i lunghi capelli, scoprendo il collo sottile. Li sulla nuca, iniziava il disegno finissimo di un albero, i rami carichi di foglie minutissime, al centro, nel punto in cui i rami si intersecavano al  tronco, una pietra sfaccettata.  

Andromeda lasciò la sua posizione accanto al camino e andò a posizionarsi di fronte a loro, i gomiti appoggiati alla spalliera del divano.

“Sai che non ti facevo tipo da tatuaggi, Malfoy”- disse riprendendo la pietra e mettendola in tasca.

“Tradizione di famiglia, Black. E’ un tipo di magia che si tramanda di figlia in figlia”- rispose facendo ricadere nuovamente una cascata quasi argentea di capelli sulla schiena.

“Buono a sapersi, così quando mia madre darà di matto quando mi farò il primo tatuaggio so già cosa rispondere”- bisbigliò Draco all’orecchio delle grifondoro, sistemandole con delicateza un ricciolo ribelle.

“Beh perchè non vieni con noi ? C’è un altro tatuaggio che sogno da mesi  e sento che è arrivato il momento giusto.Tre o quattro non sarà un problema”- gli sorrise lo zio. Diamine quei due avevano un udito di un pipistrello.

“Tre o quattro?”- questa volta fu il turno di un altro sopracciglio color platino sormontante due occhi grigio blu di alzarsi. 

“Beh siamo tre fratelli. Oh andiamo non fare quella faccia, passare del tempo con tuo padre non ti ucciderà. Al massimo lo farò io se continuerete a comportarvi come due bambini capricciosi”- rise Arael. Merlino il suo futuro nipote davvero era una regina del dramma. Quasi quanto Lucius, sorrise tra sé. L’idea che la Narcissa del futuro si ritrovasse con un prezioso pargolo decorato senza la sua approvazione non poteva che strapparle una risata. Oh, quanto avrebbe pagato per vedere la sua faccia. 

Si scambiò un’occhiata con Andromeda, che evidentemente stava seguendo lo stesso ragionamento.

Intuendo i suoi pensieri, il fratello iniziò a ridacchiare.

“Per fortuna che saremo già morti, di certo non vorrei passare per le ire della piccola Black”- le disse a mezzavoce.

Draco sbuffò. L’idea di farsi tatuare lo eccitava e non era così disposto a rinunciarvi. Inoltre avrebbe passato del tempo con i suoi zii. Certo ci sarebbe stato anche suo padre, ma almeno era certo che non avrebbe tirato fuori argomenti tipo quello di quanto non avrebbe voluto figli.

“Tranquilli, non si è accorta per anni delle cicatrici, non si accorgerà nemmeno di un tatuaggio. Beh a meno che non me lo faccia in un posto visibile, almeno. E poi male che va darò la colpa ad Andromeda”- celiò, gli occhi che brillavano al solo pensiero- “Posso scegliere io il disegno?”.

Per un momento i tre serpeverde gelarono, l’allegria di poco prima sembrava sparita. No non era un banale parlour di tatuaggi in cui scegliere tra mille disegni. Ma non era quello il punto.. c’era altro che era più importante. Un peso che sembrava tagliar loro il respiro.

Un pensiero malevolo si fece strada nella mente della giovane Malfoy, fino a stringere il cuore in una morsa di ghiaccio. Che Lucius, il suo fratellino, avesse seguito le orme del loro padre?Era per questo che Draco ce l’aveva tanto con lui? Non era possibile…non poteva esserlo.

“Quali cicatrici? “- chiese invece Nicholas, stringendole forte la mano. La sentì tremare leggermente, nonostante lo sforzo del ragazzo di mantenere una voce ferma.

Hermione sentì Draco irrigidirsi di nuovo, sapeva quanto in realtà cercasse di non pensarci. Era anche riuscita a fargli ammettere che aveva ancora degli incubi la notte, che teneva a bada solo con dosi abbondanti di pozione mangiasogni e  incantesimi silenzianti per fare in modo che nessuno lo sentisse. Un’altra cosa su cui avrebbero dovuto lavorare insieme.

“Abraxas. E’ stato Abraxas.”- disse tenendo gli occhi bassi.

I due Malfoy tirarono un sospiro di sollievo. Che loro padre fosse un mostro lo sapevano già. Ma l'idea che lo fosse il loro fratellino era stato come un pugnale arroventato nel petto.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12° ***


Herrmione alzò per un attimo gli occhi dalla pila di libri che aveva accatastato sul bancone. La biblioteca era pressoché deserta a quell’ora della mattina mentre i primi raggi del nuovo giorno  iniziavano a filtrare dalle alte vetrate colorate. Fuori ormai l’autunno era entrato nel pieno della stagione e i giardini di Hogwarts erano tinti di tutte le gradazioni dell’oro, del rame e dell’arancio. Uno dei suoi periodi preferiti dell’anno, fatto di coperte morbide, libri da leggere e passeggiate nel clima ancora non troppo rigido.

Al contrario Draco accanto a lei sembrava tutt’altro che interessato alla ricerca. Riuscire a farlo concentrare stava diventando un incubo. Sebbene non facesse grandi storie per essere trascinato in biblioteca alle prime ore dell’alba, dopo neanche un’ora iniziava a perdere ogni interesse nei libri. E cosa peggiore, cercava in tutti i modi di farlo perdere a lei.

In quel momento,ad esempio, invece che prendere appunti sulle leggende della fondazione di Hogsmeade, era impegnato a tracciare una mappa immaginaria della cittadina lungo la parte interna della sua gamba. Aveva iniziato in maniera casuale sopra il ginocchio e poi era salito seguendo la linea sinuosa della coscia. Il tutto mantenendo un’assoluta aria di pura innocenza, in modo che nessuno guardandolo potesse notare niente.

Nessuno tranne Harry Potter.

“Malfoy, giuro che se non togli quella mano te la stacco e la butto in pasto all’ippogrifo. Chissà che qualche ascendente di Fierobecco non la trovi interessante per ripagare il torto che farai a quella povera creatura tra meno di venticinque anni”- borbottò, la bacchetta tesa sotto il tavolo, in direzione del braccio del serpeverde, gli occhi fissi sul libro.

Hermione accavallò l’altra gamba in modo da bloccare la mano del ragazzo, ora costretto ad interrompere la sua opera di cartografia sperimentale.

“Vai Harry, lo tengo fermo io”- ridacchiò fermandosi appena un attimo per dare un bacio leggero sulla guancia al proprietario della suddetta mano.

Draco si girò di scatto per intercettare le sue labbra, poi ghignò : “Granger, guarda che se fai così non mi inciti mica a smettere, sai. Anzi, potrei fare una serie di rimarchevoli commenti sulle tue gambe. E sulla posizione della mia mano.Ma poi il povero Potty dovrebbe darsi fuoco al cervello”.

“Io darei fuoco a te, piuttosto”- intervenne in quel momento Ron, poggiando un fagotto sul tavolo e impedendo per poco che il bambino sopravvissuto attuasse il suo proponimento di falò di Malfoy à la piastra.

La grifondoro chiuse il libro, ormai era evidente che l’ora della ricreazione era giunta. Quei tre insieme si sarebbero riusciti a concentrare solo con l’intervento della maledizione imperius.

“Pansy, vuoi darmi una mano per cortesia?”- chiese alla serpeverde che era appena arrivata, fermandosi a dare un bacio al compagno di casa prima di sedersi accanto a lui. Tirò fuori dalla borsa lo specchietto e iniziò ad applicarsi con calma il rossetto prima di rispondere. 

Hermione ebbe un sussulto, ricordandosi quando poco più di un anno prima aveva prestato attenzione allo stesso gesto, fatto con apposita e studiata lentezza solo per infastidirla. Solo per rimarcare come quel rossetto si fosse tolto poco prima, mangiato dalle impazienti labbra di quello che poi sarebbe diventato il suo ragazzo.

“Già l’ho data a Weasley la mano, non iniziate ad abusare della mia pazienza”- ghignò, piegando le labbra per distribuire meglio il colore. Finalmente soddisfatta e dopo un’ultima occhiata, chiuse di scatto lo specchietto.

Ron dall’altro lato del tavolo era diventato dello stesso colore dei suoi capelli, se possibile ancora più acceso.

“Per Merlino, vi prego qualcuno mi uccida. Credo che questa sia la prima volta in cui vorrei davvero che Voldemort avesse portato a compimento la sua opera. Tutto pur di non sentire questo scempio”.- Harry si tolse gli occhiali, massaggiandosi gli occhi stanchi.

Da quando anche Ron aveva iniziato a frequentarsi apertamente con una maledetta serpeverde la sua vita era diventata un dannato incubo. Per fortuna aveva il Quidditch con cui sfogarsi. E suo padre e i suoi amici avevano iniziato a studiare di nascosto per diventare animagus, cosa cui ovviamente si era aggiunto con gioia. Che soddisfazione sarebbe stata per Sirius se quando fosse tornato avesse potuto trasformarsi come lui. Chissà se avrebbe preso la forma di un cervo come suo padre. Era certo che non potesse esserci regalo migliore per il suo padrino che correre insieme come se avesse di nuovo James al suo fianco.

Di questo suo piano, ovviamente, non aveva fatto parola con nessuno,neanche con Hermione. Soprattutto con Hermione. Già la sentiva urlargli dietro che era un irresponsabile.

“Allora come vanno le ricerche?  E si può sapere cosa stiamo cercando con esattezza?”- chiese Ron lanciandogli un’occhiata. Era certo che Harry gli stesse nascondendo qualcosa.

Aprì il fagotto che si era portato, prendendo in mano un tortino alle mele e cannella .

“Ronald , ma sei pazzo? Portare del cibo qui in biblioteca? E se ci vedono? E soprattutto se si sporcano i libri?”- sibilò Hermione inorridita. Il suo sdegno; però non ebbe effetto sui due grifondoro che afferrarono una tortina ciascuno. Deliziose, erano ancora calde, evidentemente uscite da pochissimo dalle cucine.

“Oh andiamo Herm, basta farci un po’ di attenzione. E poi Cokey si sarebbe offesa terribilmente. Sono sceso in cucina a salutarla e mi ha voluto dare per forza questi. Dice che sono specialii”- bofonchiò Ron affondando i denti nel ricco ripieno speziato.

“Sei noiosa, Granger. Davvero non ti si sopporta.”- sbuffò Pansy prendendo un morso delicato. Dannato Weasley, non poteva portarle cinque minuti prima. Tutta quella fatica a truccarsi e ora avrebbe dovuto ricominciare da capo. Però erano veramente sublimi, doveva ammetterlo. Poi si rivolse verso Draco al suo fianco : “Assaggiale, sono divine. Ricordano quelle che preparano gli elfi da te per Samahin”.

“Si ma solo un pezzo, già non mi sto allenando e se poi non entro nello smoking che mi hanno fatto su misura mia madre mi stacca la testa.”- le sorrise prima di affondare i denti nella pastafrolla calda e fragrante.

“Vanesio”- borbottò Harry.

“Fissato”- rincarò Ron

“Ma che cavolo….”- si infastidì Hermione. Va bene che quei due erano amici, ma addirittura che lei lo imboccasse mettendogli le dita praticamente in bocca e poi ripulendogli le labbra dalle briciole. Beh quello stava leggermente superando il limite di quello che qualsiasi persona sana di mente avrebbe mai considerato accettabile.

“Sai che hai ragione? Te lo posso assicurare, queste sono esattamente le stesse tortine  che preparano al Maniero.”- rispose quello incurante degli insulti dei grifondoro e della rigidità della ragazza al suo fianco.

Hermione sospirò, prendendo in mano uno di questi fantomatici tortini. Sembravano tutti dipendenti.Come minimo doveva contenere della droga, visti gli effetti.

Lo annusò, c’era un odore conosciuto ma che non riusciva a classificare. E quelle mele, davvero avevano un profumo incredibile. Se si chiudevano gli occhi e si respirava in fondo sembrava di essere in piena campagna, circondati da alberi in fiore. Era il profumo stesso delle primizie nella sua forma più pura.

“Le fate solo ad Halloween?”- chiese dando il primo morso.

Qualcosa le fece click nel cervello

“Halloween è per i babbani. Noi festeggiamo Samahin. Comunque si, solo quella sera. Sono una ricetta segreta. Beh non troppo segreta a quanto pare”- rispose Draco rubandole un altro pezzo- “Va bene dai, poi un modo per smaltire lo troviamo”.

“Oh andiamo piantala, Malfoy. Siamo ad Hogwarts da cinque anni e nessuno ha mai rotto sul fatto di chiamare Halloween Samhain”- borbottò Harry allungandosi a prendere l’ultimo tortino.

“Perché frequenti gentaglia Potter”- lo rimbeccò il serpeverde- “Weasley e che diamine, è mai possibile che essere cresciuto da maghi non significhi niente per te?”

Ron avrebbe anche ribattuto con uno dei suoi commenti sferzanti ma la sua bocca era impastata da un delizioso impasto di mele dolci e profumate alle spezie per perdere tempo con quella serpe albina. Inoltre non gli piaceva per niente lo sguardo perso nel vuoto di Hermione.

Alla sua ultimamente distratta amica, infatti, era iniziata a brillare una lucina nella mente, qualcosa che finalmente le permetteva di riunire i pezzi.

La mela. Il cuore che nascondeva una stella a cinque punte. Il simbolo di rinnovamento eterno della notte del 31 ottobre. I riti propiziatori di immersione.Merlino che si diceva tenesse le sue lezioni sotto un albero di melo

Riaprì velocemente il libro, tornando agli usi dei celti Eccoli lì. 

Il Card Gaddeu che distingueva tra piante che davano dimora alle fate e alberi magici. Il melo da Il frutto dalla polpa succosa e dai semi velenosi che si credeva provenisse da un altro mondo. Un nome le risalì alla memoria

“Ricordo di aver letto qualcosa su un tale Baile dal Dolce Eloquio, Vi dice niente?”- chiese prendendo un altro libro e sfogliandolo furiosamente.

Fu Ron a rispondere.-” Mia sorella si faceva raccontare questa storia a ripetizione quand’era piccola. Uno strazio. Ailinn, figlia del re d’Irlanda, aveva dato appuntamento al suo innamorato Baile sul fiume Boyne. Ma quando Baile arriva al punto prestabilito gli si presenta uno spettro orribile che gli dice che Ailinn era morta. Il ragazzo non regge il colpo e cade a terra stecchito. Una volta seppellito il ragazzo lo spirito va da Aillin ad annunciarle che il suo amato è morto. Anche lei tira le cuoia dal dolore. Sulla tomba della giovane piantarono  un melo che magicamente rivelò inciso il viso di Baile,e sul tasso sulla tomba di lui appare la sagoma di Ailin. Sette anni dopo i druidi recisero gli alberi e ne ricavarono delle tavolette sacre su cui i poeti scrissero versi di amore delle rispettive terre. Nel giorno di Samhain tutti i poeti si riunirono portando con sé le tavolette e quando queste furono poste una di fronte all’altra si congiunsero e fu impossibile staccarle.”

“Non era destino che si amassero in vita, ma nessuno avrebbe potuto separarli da morti”- concluse Pansy ricordando i libri letti dall’infanzia.

Hermione annuì:“E non vi pare strano? Il melo, simbolo del passaggio tra i due mondi. Il tasso, che nel calendario celtico arboricolo secondo alcune interpretazioni corrisponde al solstizio d’inverno. Un albero per un unico giorno”.

Draco iniziò a tamburellare nervoso sul pesante legno, le mani che si muovevano da sole, quasi premessero a memoria i tasti del pianoforte.

“Granger, lo sai si che tipo di albero viene considerato il Tasso?”- chiese infine, gli occhi fissi davanti a lui.

La grifondoro annuì ma prima che riuscisse a rispondere, la voce del bambino sopravvissuto risuonò nel silenzio della biblioteca.

“L’albero della morte.Chissà perchè ho l’impressione che si riferisca a me. Come sempre”- borbottò. 

Ron accanto a lui gli cinse le spalle con un braccio : “E dove starebbe la novità,Harry caro?”.






 

“Onestamente ogni volta che penso che tu abbia detto la cosa più stupida del mondo, raggiungi nuove vette”. Andromeda e Lucius erano seduti sulle panchine dietro la serra di erbologia, quelle a cui nessuno pensava mai. 

“Disse quella che si vede con un natobabbano. Tassorosso”- rispose il ragazzo sbuffando.

La giovane Black aprì appena un occhio, il capo reclinato a cercare di godere dei primi raggi di sole : “Natobabbano Tassorosso che mi pare l’altra sera abbia dato una grossa mano nel salvare mia sorella”

“Che se io non fossi andato a chiamare starebbe ancora a sferruzzare in quell’orrida sala comune”

“Oh ma che magnanimo che sei. Ti devo ricordare che se non fosse stato per me tu non avresti passato la notte in un’infermeria  deserta e addormentata a fare le coccole a Cissy? Ah, sorella che è stata maledetta perché la tua ragazza oltre ad essere una ninfomane dai dubbi gusti è anche una pazza assassina.”-rimbeccò.

Un’ombra incupì gli occhi grigi di Lucius, rendendoli simili al cielo prima di una tempesta di neve.

“Non devi certo ricordarmelo. Ed è per questo che ho bisogno di lui, è l’unico che può liberarmi di Cassandra senza che mio padre mi torturi a morte. E credimi ne sarebbe capace”- disse fissandosi con improvviso interesse le mani strette a pugno sulle gambe incrociate.

Andromeda si decise i ad aprire gli occhi e a guardarlo. Ripensò a quello che le aveva raccontato Hermione circa quanto era successo a Draco ad opera di suo nonno, alle cicatrici che aveva intravisto la sera prima. Sospirò

“Non fatico a farlo. Ma credi sul serio che a Lord Voldemort interessi? Perché dovrebbe dare retta a te invece che a tuo padre?”- chiese mentre fissava le fronde dei grandi alberi muoversi dolcemente nel vento che si stava alzando, le prime foglie che cadevano dolcemente in terra.

“E secondo te perché sono venuta a chiedere consiglio a te, genio?Quella dalle grandi idee e che si vanta di essere la più intelligente della scuola sei tu.”-rispose il giovane spazientito.

“Mi vanto perché lo sono, Malfoy. Ricordatelo. E impara a chiedere le cose con gentilezza, per Merlino”-lo rimbeccò

Lucius iniziò a massaggiarsi le tempie. Black, testarde come la loro nomea. E lui stava creando quel circo solo per passare il resto della sua esistenza a farsi complicare la vita da una di loro. Ripensando però agli occhi azzurri di Narcissa che lo guardavano non poté che sorridere. Si, era sul serio quello che voleva nel profondo. La più giovane delle Black che gli ricordava ogni giorno quanto fosse perfetta.

“C’è una cosa che devi sapere”- disse prendendo a giocherellare con l’orlo della sciarpa verde e argento della ragazza.

“Cassandra è incinta?”- lo prese in giro lei guardandolo di sbieco. Ci mancava anche un nipotastro bastardo.

“Ma perchè siete tutti fissati con questa storia dei figli? Come ho già detto a quel Draco l’altra sera , Merlino mi scampi da avere figli. Maschi soprattutto”- sbuffò.

La giovane Black alzò un sopracciglio, sbigottita.

“Quanto sei imbecille. Io davvero non riesco a credere che tu abbia potuto dire una cosa tanto disgustosa”- lo riprese dandogli uno schiaffo sul braccio e facendo bene attenzione a colpirlo con la mano dove portava gli anelli.

Il ragazzo si massaggiò la parte colpita guardandola come si guardano i pazzi, senza dire niente.

“Allora? Vuoi un invito scritto o oltre a raccontarmi tutte le idiozie che dici e di cui poi ti pentirai amaramente, pensi anche di dirmi quello che dovevi raccontare dieci minuti fa?”- si spazientì la serpeverde.

“Hai presente quando mi hai chiesto come abbia fatto il padre di Cassandra a convincere il mio a farci sposare? ”- borbottò

Andromeda lo stava guardando fisso, gli occhi scuri profondi ed indagatori. Era la copia della sorella maggiore. Solo lei era come avvolta in una luce soffice, mentre Bellatrix emanava un’energia tagliente.

Lucius non continuò subito. 

“Non so se lo sai ma Abraxas e Carrow sono stati per anni in competizione per essere il braccio destro di Lord Voldemort. E quando l’Oscuro Signore ha detto che avrebbe scelto solo uno di loro affinché fosse il custode del suo cimelio più prezioso la guerra è esplosa”.

Cimelio più prezioso, che stronzata.

“E questo Sacro Graal dei purosangue sarebbe?”

“Un diario.SI sono scannati per anni, al punto che Lord Voldemort gli ha detto di decidere loro ma che se avessero continuato con la loro guerra intestina li avrebbe uccisi personalmente. Carrow ha speso gran parte della sua fortuna cercando di comprare artefatti maledetti. Poi il vizio del gioco e delle erbe ha fatto il resto. Abraxas ne ha approfittato appena ha potuto e ha deciso di cambiare tattica. Qualche anno fa si sono finalmente messi d’accordo. Io e Cassandra ci saremmo sposati e in cambio mio padre sarebbe stato il custode”- rispose continuando a fissarsi la mano, aprendola e chiudendola poi a pugno, quasi ad accertarsi che funzionasse correttamente.

“E il vostro caro signore ha acconsentito a questo patto perché sapeva bene che altrimenti avrebbe finito per perdere due dei suoi seguaci più fedeli. Oltre che diversi centinaia di galeoni”- concluse Andromeda per lui. Sapeva benissimo che a Voldemort non importava niente anche se quei due si fossero sventrati a vicenda, basta che lo facessero senza attirare l’attenzione del Ministero. E soprattutto senza che il flusso di denaro proveniente dal conto dei Malfoy si arrestasse.

”E così è stato. Abraxas lo considera una dei cimeli più preziosi del maniero. Capirai bene in che posizione mi trovi”- ecco l’aveva detto. Il grande patto che aveva segnato tutta la sua vita.

“Selezione interessante quella di Malfoy Manor,  a quanto sembra”- replicò  appoggiandosi nuovamente con la schiena sulla panchina, voltandosi a guardarlo. 

Poi di fronte al suo sguardo dubbioso continuò- “Come credi che la tua psicotica fidanzata sia entrata in possesso di un libro bandito da secoli?”

Lucius lasciò cadere il libro che teneva in mano. Finora non si era posto il problema. Eppure era così chiaro.

Suo padre. Era stato lui a fornire l’incantesimo e lo spillone a Cassandra, la sua pupilla prediletta.

E Narcissa era quasi morta.

Fino a che se la prendeva con lui poteva anche capirlo.

Ma cosa c’entrava Narcissa?

“Non ne avevo idea.”- mormorò fissando un punto lontano, incapace di focalizzarsi su nulla che non fosse la sensazione di colpa raggelante che si faceva strada nel petto.

“Bella, ci serve Bella.”- mormorò Andromeda, riprendendo il discorso interrotto e guardando fisso davanti a sé.

“Per ammazzarla? Non potevi fartelo venire in mente ieri sera? Sai quanti problemi mi sarei evitato?”- si lagnò il biondo con un mezzo sorriso.

“Beh potevi pensarci tu, se ci tenevi tanto. Invece di giocherellare con i coltelli. Comunque no, imbecille. Sai quanta influenza abbia su Lord Voldemort. Accetterò di venire ad una delle vostre riunioni, così sarà di buon umore.E Rabastan e Rodolphus faranno tutto quello che dice lei. Se riesci a convincere i tuoi fratelli ad appoggiarti  sono certa che il vostro signore oscuro non faticherà a credervi.Ormai siete voi il suo gruppo di seguaci. Carrow  e tuo padre fanno parte del passato”- cercò di spiegargli mantenendo la calma. 

Rimasero in silenzio per qualche minuto.  Se solo Lord Voldemort non gli avesse creduto e fosse andato a riportare tutto ad Abraxas…

“E ora credo proprio che farò a meno della tua petulante presenza e andrò finalmente a godermi la colazione.”-lo congedò alzandosi e dirigendosi verso la sala comune.

Il serpeverde la guardò allontanarsi, stringendo più forte i pugni. Sì, quello poteva essere un buon piano. Sempre che Bellatrix non lo avesse decapitato senza neanche lasciarlo parlare.




 

L’aula studio del terzo piano era deserta, a parte due figure in verde e argento, sedute vicine ed intente a guardare un foglio di pergamena. Le teste chine vicine, seppure non avessero tratti somatici in comune, c'era qualcosa nella loro postura, nei loro gesti che li rendeva decisamente simili. 

“Quindi questa sarebbe la grande opera che vi andate a far tatuare? Che lingua è?”- chiese Draco rigirando il foglio con il disegno tra le mani. Un pentacolo con all’esterno un cerchio di parole. E dei strani segni all’interno.

“Quello esterno ebraico antico. E’ una formula rituale che risale a centinaia di anni fa, una sorta di magia primitiva.”- rispose riprendendosi la pergamena per fare alcune aggiunte. 

“E sai quello che c’è scritto o sono una serie di segnacci buttati alla rinfusa?”- chiese con un ghigno, osservando attentamente la ruga di concentrazione che si era formata sulla fronte candida della zia che non aveva mai conosciuto.

Arael sorrise, spazzando via alcuni invisibili segni di cancellatura. Era quasi perfetto. Lo sognava da più di anno. prima sfocato e poi sempre più chiaro, inondato di sangue. Eppure sapeva che non era niente di malvagio, anzi. Ci aveva messo moltissimo tempo ad identificare l’alfabeto e a capire cosa volesse dire. Non che fosse molto rassicurante a dire il vero. Ma non si poteva dire che non fosse in linea con la sua estetica serpeverde purosangue.

“Malfidato come tua madre. E soprattutto come tua zia. Certo che lo so. Vedi queste iscrizioni nel cerchio? Dicono il sangue è morte. Il sangue è vita. Il sangue è tutto”- disse accarezzando il disegno e indicando con il dito affusolato la successione delle lettere.Sorrise soddisfatta.

Draco rivolse la sua attenzione sulla zia. Ne studiò il profilo, così simile al suo. Eppure in lei c’era qualcosa di ineffabile, quasi trascendentale. Forse era la consapevolezza che le restavano pochi anni di vita. E solo pochi mesi da passare con Nicholas.

Sapeva poco della sua morte, i suoi genitori non ne parlavano mai e aveva imparato a non fare domande su quell’argomento, specialmente per non dare ad Abraxas un’ulteriore occasione per infuriarsi.  

Come se ne avesse bisogno.

Era stato il quarto papà di Blaise, Rockwood, a lasciarsi sfuggire qualcosa, una sera che era andato a fare un pigiama party a casa loro.. Pare che la sera di Belthane fosse uscita senza dire a nessuno dove stesse andando, senza salutare nessuno o lasciare neanche un biglietto.Il marito non se n’era preoccupato, non era così insolito e soprattutto non aveva di certo un matrimonio idilliaco. La mattina dopo era stato ritrovato il suo vestito e i suoi effetti personali sulla riva del Lago Nero. Come ci fosse arrivata era un mistero. Il corpo non era mai stato ritrovato, inghiottito per sempre nelle profondità delle acque scure e pesanti.  Alcuni parlavano di suicidio, per altri era stata costretta.  Certo il fatto che fosse morta a meno due anni di distanza dal gemello era stato oggetto di parecchie voci.

“Veramente tuo padre non ti ha mai detto niente di questo tatuaggio?”- chiese incuriosita tracciando con un tratto leggero un piccolo occhiello sulla runa in alto a destra. Ora si che era perfetta.

Il giovane scrollò le spalle fingendo noncuranza : “Credo che ancora non ti sia entrato in testa che io con mio padre non ci parlo granchè. E soprattutto diciamo che il passato è un po’ un argomento da evitare a casa. Tra diseredate, maniaci, detenuti ad Azkaban..”- rispose stirando le labbra in un sorriso che però non arrivava agli occhi, diventati improvvisamente cupi. Istintivamente si toccò medio e anulare, lì dove di solito portava gli anelli. Erano passati quasi due mesi eppure non riusciva ancora ad abituarsi alla sensazione di sentire le dita nude.

“Zii morti e fidanzate psicopatiche?”- concluse per lui la ragazza, sfiorandogli appena il gomito appoggiato accanto a lei.

 

“Beh, il primo passo è prendere consapevolezza della situazione. Mi stavo chiedendo quando avresti capito che quella Granger ha qualcosa che non va”.  Per un attimo, vedendo gli occhi di sua zia addolcirsi, pensò che fosse stato Nicholas a parlare.

Fratello sbagliato. Lucius li aveva raggiunti in quel momento, lasciandosi cadere al lato della sorella, la testa appoggiata sul gomito. 

Draco sgranò gli occhi, lanciando un’occhiata di sottecchi ad Arael,che ridacchiò sommessamente di fronte allo stupore del nipote.  Sin dalla cerimonia di smistamento, nonostante fosse un serpeverde, purosangue e di famiglia indubbiamente ricca, il terzogenito dei Malfoy non si era mai dimostrato amichevole. Anzi, sembrava essere sempre profondamento infastidito dalla sua presenza. Ora invece sembrava si conoscessero da una vita.

Beh era così, almeno per quanto riguardava la sua di vita. Solo che il Lucius quindicenne non poteva saperlo.

“Io fossi in te non parlerei di fidanzate. Perchè  non sei su con lei in infermeria, a proposito?”- rimbrottò. Di certo in vita sua non era mai stata una persona incline al perdono o a farsela passare velocemente. Di solito quando qualcosa lo infastidiva era ben intento a rimarcare il suo disappunto in ogni modo possibile. E quel fidanzamento tra suo padre e la Carrow, di cui nessuno si era degnato di parlare, era decisamente qualcosa che non riusciva a mandare giù.

Nessuna risposta, solo una scrollata di spalle, quasi non fosse stato davvero un problema. Eppure Draco sapeva benissimo che se davvero c’era Abraxas dietro a quel fidanzamento comportarsi come se non gli fosse importato nulla di Cassandra non era affatto una buona idea.

“Sai dov’è Nicholas? Devo parlarvi”- si rivolse invece alla sorella,tirandosi sorpra la testa un ciuffo di capelli.

“Riunione dei capocasa. La seconda aggressione ad una studentessa in pochi giorni ha reso tutti i professori piuttosto nervosetti. Tranne Silente, ovviamente. Dubito che ci sia qualcosa che riesca davvero a scalfirlo. Dicono che diventerà preside dopo Dippet”- rispose Arael, ammirando soddisfatta il suo lavoro. Si decisamente il tatuaggio era pronto. - “ E a proposito di famiglia, non credi che sia il caso di rispondere ai gufi di nostra madre?”.

“Per dirle?”- chiese con quello che il figlio riconobbe con un tono fintamente annoiato Lucius.

“Beh potresti iniziare a dirle che stai bene, che i tuoi fratelli hanno un’estrema pazienza con te, che hai preso degli ottimi voti e che non vedi l’ora di presentarle l’ultima erede dell’antichissima e nobile casata dei Black”- lasciò cadere con noncuranza la ragazza, osservando di sottecchi la reazione di Draco, che ormai riusciva a stento a nascondere quanto trovasse fuorviante quella conversazione.

La nonna. Altra grande assente dalla sua famiglia. A quanto gli avevano detto era morta poco dopo il matrimonio dei suoi.  Anche il ritratto di famiglia non era mai stato molto loquace, limitandosi a fissarlo con uno sguardo perso nel vuoto

“Come se le interessasse”- sbuffò Lucius di rimando, gli occhi grigi senza alcuna traccia di calore.

“Se non le interessasse perché ti scriverebbe?”- chiese la sorella facendogli una carezza leggera sul volto, delicata come la prima brezza d'autunno.

“Per passare il tempo? Se quando siamo al Maniero neanche si degna di uscire dalle sue stanze se non costretta da qualche evento mondano, mi sfugge il motivo per cui dovremmo scambiarci pettegolezzi tramite lettera”- sibilò quello in risposta, acido.

“Oh andiamo Lucius, non fare il bambino. Sai bene che per lei non è facile. Ci ha anche mandato il suo elfo domestico qui per essere certa che fossimo al sicuro”- lo riprese dolcemente la ragazza, prendendolo sottobraccio e attirandolo verso di sé. Si era girata sulla panca, in modo da poterlo abbracciare stretto nonostante i suoi blandi tentativi di resistenza.

Draco aveva notato che quando erano da soli suo padre e i suoi fratelli erano affettuosi tra di loro in un modo che non si sarebbe mai aspettato. Non era da purosangue. Non era da serpeverde. E soprattutto non era da Malfoy. 

“Ma è tua madre, davvero non le rispondi?”

Draco da un lato lo capiva, aveva passato la stessa identica fase negli anni precedenti. Seguito un ragionamento molto simile. Ma di certo non avrebbe mai potuto non rispondere a sua madre. 

Primo, perché non avrebbe mai fatto nulla che potesse causarle dolore.

Secondo, perché alla seconda lettera ignorata avrebbe sentito il ticchettio inconfondibile dei tacchi alti di sua madre lungo i corridoi di Hogwarts, incurante dei permessi di visita per i genitori, venuta a chiedergli spiegazioni. 

Cosa che Lucius, a buon conto, non aveva mai fatto. Chissà se si era mai accorto sul serio che aveva smesso di parlargli. 

Quando a settembre era tornato ad Hogwarts sua madre gli aveva fatto giurare di riprendere a scrivere anche al padre, non solo a lei. Ma era ancora difficile. In tre mesi non aveva mai inviato una lettera di propria iniziativa, aveva solo risposto, in maniera più concisa e vaga possibile. Eppure ne aveva scritte di lettere, senza avere il coraggio o forse la voglia di affidarle al suo gufo.

“Senti chi parla.Non ti ho visto mandare un singolo gufo da quando sei qui”- scattò il serpeverde stringendo gli occhi, nuovamente sospettoso.

Draco sospirò internamente. Ogni tanto si trovava a pensare con affetto alle lettere di sua madre e soprattutto ai regali che gli mandava. E soprattutto provava un misto di nostalgia e terrore al solo pensiero del Natale che lo aspettava a casa. 

Nostalgia per il grande albero decorato al centro del salone, per l’odore di biscotti alla cannella che si sprigionava nel Maniero, persino per le interminabili liste di preparativi che sua madre compilava per il galà di Natale. Terrore perché sapeva che se avessero fallito non ci sarebbe stato più niente di tutto ciò. Solo un luogo tetro e inospitale. Senza musica, senza luci, senza risate.

“Mia madre in questo momento si trova in un posto che non è raggiungibile via gufo”- se la cavò, scambiandosi un’occhiata con la zia.

Gli occhi di Lucius balenarono di sfiducia.

“Ti vesti come uno di noi. Parli come uno di noi. Ti comporti quasi sempre come uno di noi. Un purosangue ricco e di famiglia di un certo tipo. Eppure non ho mai sentito il tuo cognome. E te ne esci con certe cose assurde. Tipo questa della mammina, o il fatto di stare con una mezzosangue. Lei non mi convince. Le sono grato di quello che ha fatto per Narcissa, ma c’è qualcosa in lei che proprio non mi torna”.

Sapessi, pensò Draco. Altro che mezzosangue serpeverde. Natababbana grifondoro.E tra un ventennio te la ritroverai a sfogliare i libri nella biblioteca del maniero. E starai ben attento a non incontrarla neanche per sbaglio. 

Sentiva lo sguardo di Arael perforargli il cervello, intimandogli di smetterla.

“Beh se mia madre è speciale non è mica colpa mia. Mi dispiace per te”- replicò invece con un mezzo sorriso

L’angolo della bocca del ragazzo biondo davanti a lui si alzò, in un sorriso genuinamente divertito. La patina di rabbia che c’era un attimo prima nel suo sguardo sembrava scomparsa.

“Sei proprio un cocco di mamma, vero?”- chiese, facendo ridacchiare la sorella.

Fu il turno del più giovane dei Malfoy di scrollare le spalle.

“Assolutamente si, E di certo non me ne vergogno. Mia madre è la persona a cui tengo di più in assoluto”

Un attimo di pausa, rendendosi conto di quello che aveva detto .

“Cioè non intendevo. Ovviamente è a pari merito con  Hermione… è solo… è solo che lei c’è da più tempo, ecco… cazzo ti prego non dite alla Granger quello che ho detto o mi taglia la testa come gli elfi di zia Wilburga”-lagnò.

“ Wilburga ed elfi decapitati? Ma sei imparentato con i Black?”- si incuriosì invece suo padre, ovviamente incapace di lasciarsi scappare qualsiasi scampolo di informazione che potesse trovare utile.

“Credo che sia un passatempo piuttosto comunque dovuto allo sposarsi tra consanguinei. Sai com’è non nascono tanto normali…”- divagò Draco, mordendosi le labbra, Merlino, doveva davvero stare attento o rischiava di mandare tutto a puttane. Di nuovo. E la Granger lo avrebbe decapitato sul serio.

“Che si chiamano Wilburga?”- chiese Lucius un sopracciglio chiarissimo alzato , gli occhi attenti. Ecco di nuovo quella sensazione che lo aveva colpito sin dalla prima volta che aveva visto quel ragazzo. C’era qualcosa che non andava.

Draco cercò di pensare velocemente. Cinque anni di serpeverde dovevano avergli insegnato qualcosa. E poi sin da piccolissimo aveva sempre avuto un grande talento per spostare il discorso. Quando era davvero bravo riusciva a far diventare matto suo padre.

“Che ti devo dire, andrà di moda. Piuttosto.. posso venire anche io fare il tatuaggio?”- chiese con voce lamentosa.

“Assolutamente no. E’ una cosa di famiglia.”- rimbrottò suo padre prima di alzarsi e dare un bacio sulla guancia alla sorella. Poi com’era arrivato sparì.

“Sul serio?Posso venire anche io a fare il tatuaggio?”- gli fece il verso sua zia con un sorriso, ripiegando il foglio e mettendoselo in  tasca.

“Ma cosa ne so… è stato un riflesso incondizionato. La Granger ha ragione, a volte mi comporto come un imbecille.”- si lagnò. Poi improvvisamente riportò la sua attenzione su un dettaglio - “Ma davvero avete uno degli elfi del Maniero qui? E perché io non ho un elfo a Hogwarts ? Cos'è.. sono diventato un Weasley senza saperlo?”.

Arael annuì - “ Sì è uno degli elfi privati di nostra madre. E’ di base un elfo curatore, ma si diletta anche di cucina, e con molto successo a dire il vero. Il preside Dippet è stato lieto di farle un favore. Tutto per Lady Malfoy. Senza contare la ricca donazione che lei ha fatto dal suo conto personale.”- rispose Arael, chinando la bella testa bionda a guardarlo. Chissà che fine avrebbe fatto nel futuro. Sarebbe tornata al Maniero? Sarebbe rimasta ad Hogwarts nelle cucine?

“E Abraxas lo sa?”- chiese in un soffio. Che fosse una sua spia in realtà?- “ Come si chiama?”.

La giovane si alzò e gli si mise alle spalle, abbracciandolo sul collo prima di chinarsi a baciargli la nuca.

“Sta tranquillo. Cockey si farebbe strappare le orecchie pur di tenerci al sicuro. E Abraxas neanche sa chi siano gli elfi del Maniero. Anzi, credo proprio che dovresti conoscerla.”

Cockey.

I tortini.

Aveva ragione, quelli erano esattamente come quelli che si facevano a casa sua.

Una strana sensazione in fondo al cervello. No, di certo non era un caso. Niente nella sua famiglia lo era mai.




 

Bellatrix si rigirava tra le mani la bacchetta ad artiglio, continuando a pensare agli avvenimenti dei giorni precedenti. Prima Narcissa maledetta e quella paura che le aveva impedito di pensare chiaramente. Poi Andromeda che finalmente utilizzava il suo talento per qualcosa di veramente importante che andasse oltre le stupide verifiche di quella patetica scuola. Sentiva chiaramente come qualcosa fosse cambiato in lei. Aveva sentito la magia oscura scorrere addosso . E sapeva che le era piaciuto. 

Rodolphus si sedette accanto a lei scostandole un ricciolo ribelle dal viso e dandole un bacio sul collo mente le afferrava la vita e la spingeva contro di sé.

La ragazza non si mosse, troppo persa nei suoi pensieri. Le lunghe gambe ancora stese sul tavolino di fronte al divano, la schiena appoggiata al grande divano in pelle.

La caccia, l’adrenalina che le scorreva nelle vene. La consapevolezza di avere sua sorella al suo fianco. Complice. 

Sentiva appena in lontananza il camino della sala comune scricchiolare, con il suono familiare che aveva sentito così tante volte.

Quegli strani ragazzi arrivati a settembre. Tre Serpeverde e due grifondoro. Due purosangue certamente, sugli altri non era sicura. Mezzosangue forse. D’altro canto non c’era mai stato un sangue sporco a Serpeverde.

Andromeda le aveva raccontato che erano stati loro a trovare il simulacro e capire che era stata Cassandra.

E avevano partecipato al rituale.

Loro e Lucius Malfoy. Che si era salvato dall’essere buttato in pasto ai centauri solo per quello.

Cosa ci facesse quella sera da Narcissa era ancora un mistero, ma in fondo meglio così.

Lucius era uno dei più fedeli servitori di Lord Voldemort; insieme a lei, Rodolphus e Rabastan.

E Cassandra Carrow, penso con un moto d’ira stringendo di più la bacchetta, quasi a volerla spezzare.

Prese il bicchiere dalle mani di Rodolphus e lo vuotò d’un fiato.

La caccia era stata un buon anti stress. Ma la sua vendetta doveva ancora arrivare .

La mano di Rodolphus risaliva veloce lungo la sua gamba, stringendole la coscia appena coperta dalle leggere calze nere e dalla gonna sempre più corta di quanto previsto dal regolamento della scuola.

Sentiva il suo fiato profumato di whiskey sul collo, le labbra roventi che le marchiavano la pelle sottile.

Le andava bene. Voleva bruciare . Lasciarsi andare.

É trascinare tutti nel fuoco .

Ma prima c’era una cosa da fare, una richiesta di Lord Voldemort.

É il Signore Oscuro veniva sempre prima di tutto .

Afferrò i capelli neri e mossi del ragazzo con una morsa d’acciaio, allontandolo leggermente dalla sua pelle. La testa china, quasi a non volersi allontanare troppo dalla possibilità di affondare i denti in quella pelle candida.

“Un po’ di pazienza, Roddy. Non siamo soli”- gli sussurrò nell’orecchio, la lingua che sfiorava appena il lobo.

Senti il giovane ghignare prima di annuire.

Poi si rivolse alle due figure che erano rimaste sinora nell’ombra a fissarla .

“Pansy. Hermione. Avrei una domanda per voi. Avete mai avuto l ‘onore di sentire il nome di Lord Voldemort ?”- chiese con voce melliflua , gli occhi neri che riflettevano sinistri le fiamme del camino.

Sfoderando uno splendido sorriso che mostrava i bei denti bianchissimi incorniciati da vivide labbra rubino, batté con la mano accanto a sé sul divano, facendo segno alle due di raggiungerla .

Si, dopo quello che avevano fatto neanche il Signore oscuro aveva dubbi.

Sarebbero state perfette nel circolo dei mangiamorte.



 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13° ***


Questa volta avevano scelto il bagno del quarto piano per incontrarsi. Nonostante fosse sempre infestato dal fantasma più noioso di Hogwarts, dopo averlo utilizzato in diverse occasioni erano ormai certi che fosse il luogo ideale per tramare qualcosa. E con un buon colloportus e un incantesimo silenziante era decisamente più facile riunirsi li rispetto alla stanza delle necessità.

L’unico problema era l‘umidità. Sia quella propria del bagno che quella causata dalle inesauribili lacrime di Mirtilla Malcontenta.

Ed ora eccoli di nuovo là, Serpeverde e Grifondoro, seduti in terra a confabulare. Almeno questa volta non c’era nessuna pozione da preparare e,soprattutto, da controllare ogni tre ore.

“Ok, ricominciate da capo, per favore. Quindi la più psicotica delle Black, il che è tutto dire, vi ha cordialmente invitato a prendere il té con sua maestà priva di naso?”- chiese ancora una volta Harry, stropicciandosi gli occhi e tentando di alleviare il bruciore intenso che dalla sommità della cicatrice gli scendeva lungo la fronte, sino all’altezza dello zigomo.

“Vuoi che ti faccio un disegnino Potter? Non è così difficile da capire. E’ rimasta molto colpita da quello che Lucius ed Andromeda le hanno raccontato del rituale portato avanti dalla qui presente dicodiessereunasecchionamasonoattrattadallamagiaoscura Granger. E hanno chiesto a me, Draco e la suddetta Granger di andare al prossimo incontro con Lord Voldemort.”- sbuffò Pansy appoggiando la testa contro il marmo freddo della parete. 

Da un lato era soddisfatta. Dopo settimane di nulla, in poco tempo avevano scoperto un indizio sulla collana, capito cosa ci fosse scritto e trovato un collegamento con Hogsmeade. E con Tassorosso, ma quello per il momento preferiva dimenticarselo .

Oltre ad entrare nelle grazie di Bellatrix Black, per quanto questa cosa fosse umanamente possibile.

Nonostante i progressi, però, non riusciva a levarsi di dosso quella sensazione di avvicinarsi ad un baratro. Era passato un anno, erano successe così tante cose...eppure continuava a guardare le stelle chiedendosi da cosa dovesse difendersi ogni nuovo giorno.Non era la paura di incontrare Lord Voldemort, anche se era la prima volta che l’avrebbe fatto di persona. No di certo. E poi lei, come Draco, era stata cresciuta nell’assoluta venerazione per quella figura di mago leggendario.

Che poi avessero contribuito alla sua morte e stessero tramando affinchè fosse definitiva era tutto un altro discorso.

Ma la Granger…. sanguesporco, grifondoro, con la mania di provare a tutti che la sua nomea di ragazza più intelligente della sua generazione fosse meritata.In poche parole: una catastrofe annunciata.

Sarebbe stata capace di ingannare il signore dei tranelli?

“Andremo io e Pansy. Inventeremo una scusa, o diremo la verità per una volta. Vale a dire che non sei ancora pronta.”- Draco, sembrava condividere i suoi pensieri: le spalle tese e contratte, le mani che giocherellavano con il bordo del mantello.

Hermione si girò di scatto, le braccia incrociate e un’espressione di pura sorpresa mista ad indignazione.

“Draco Malfoy non penserai davvero che vi lasci andare da soli e io me ne resti qui a limarmi le unghie”- ringhiò a voce bassa ma pericolosa, gli occhi fiammeggianti.

Harry e Ron si scambiarono un’occhiata, sedendosi più comodamente per godersi la scena. Non l’avrebbero mai ammesso,ma Malfoy per una volta in vita sua e in modo del tutto accidentale aveva ragione. Ma sebbene avesse ragione era stato lui ad essere così incosciente da dirlo ad alta voce.

“Io non lo penso Granger. Io lo so. Tu resterai qui con i tuoi amichetti grifondoro a cercare di capire che cavolo dobbiamo fare la notte di Samahain e soprattutto come trovare il dannato albero”- sibilò l’altro in risposta, fissandola con gelidi occhi grigi. Una strana sfumatura plumbea. Purtroppo ormai la conosceva bene. 

“Stai occludendo. Di nuovo. Pensi di fare come l’anno scorso e quasi andare in coma o hai scoperto di avere un minimo di cervello?”- rimbeccò la grifondoro. Il tono però era meno aspro, mitigato dalla preoccupazione.

“E’ proprio per questo che non puoi venire da Lord Voldemort Granger. Noi possiamo cavarcela, se anche guardasse nei nostri ricordi cosa pensi che vedrebbe? Magia, discorsi sull’importanza della purezza del sangue, sulla sua grandezza. Draco può alterare i suoi ricordi quel tanto che basta per non farsi collegare ai Malfoy e ai Black. Ma tu? Sei sicura di riuscire ad eliminare ogni ricordo dei tuoi genitori babbani? Della tua infanzia senza alcun segno di magia? O del tuo caro amico sfregiato?”- intervenne Pansy, squadrandola da sotto le lunghe ciglia, gli occhi ancora semichiusi chiusi.

“Concordo. Non sei pronta. Cosa accadrebbe se Lord Voldemort riuscisse a strapparti un pezzo di memoria sulla storia che ci hai raccontato della notte in cui sono morti i genitori di Harry?”- Nicholas era scivolato accanto a lei e le aveva cinto le spalle con un braccio, stringendola leggermente. Non le era sfuggito però che lo sguardo era fisso sul nipote.

La strega si morse il labbro, incapace di trovare una risposta adeguata. 

Razionalmente capiva che quella era la decisione giusta, solo un minuscolo passo falso e avrebbe condannato il mondo magico per sempre. Eppure non voleva lasciare solo il suo ragazzo in balia di quei folli. Lo aveva già quasi perso un anno fa. Non era pronta a farlo di nuovo.

“E come facciamo a sapere che non manderete tutto a puttane?”- riassunse in maniera molto poco prosaica Ron, squadrando i presenti. Troppi serpeverde. Di solito erano lui, Harry ed Hermione a tirare tutti fuori dai casini. Il fatto che fosse tagliato fuori non lo rendeva tranquillo.

“Oh andiamo Lenticchia, se sei preoccupato per Pansy puoi anche dirlo. Avremo dei conati di vomito ma non ti giudicheremo”- lo prese in giro il biondo, leggermente più rilassato, lo sguardo che piano piano tornava al solito grigio azzurro chiarissimo. Ormai aveva capito quando Hermione stava per cedere.

“E’ vero Ron, mai vergognarsi dei propri sentimenti”- chiosò Andromeda,appoggiata appena contro la grande finestra arcuata, la luce che filtrava dal vetro rossastro che le illuminava solo parte del viso.

“E poi ci saremo anche noi. Ho promesso a Lucius che sarei andata per parlare di Cassandra”.

A quel nome un brivido percorse la schiena del più giovane dei Malfoy. Parlare della Carrow significava parlare del fidanzamento. E inevitabilmente Abraxas sarebbe entrato nell’equazione.

Andromeda e Arael si scambiarono un’occhiata. C’era una cosa che avevano capito dopo quello che le ragazze avevano raccontato loro in merito alle scoperte fatte in biblioteca.

Per comprendere come trovare l’albero di melo c’era bisogno di un libro. Proibito. L’ennesimo. E la giovane Malfoy sapeva esattamente dove trovarlo.

“Draco c’è una cosa che dovresti fare”- iniziò vaga sua zia, cercando di misurare le parole. Nicholas accanto a lui continuava a fissarlo, ancora con il braccio rassicurante sulle spalle della grifondoro.

“Devo fare l’infermiera alla Carrow?”- sbottò infastidito il ragazzo, incrociando le braccia e assumendo la sua solita posa da bambino viziato e testardo.

“Non proprio.. dovresti andare a prendere una cosa”- continuò Andromeda, iniziando a giocherellare con l’anello a forma di ala di corvo della famiglia Black. Chissà per quanto tempo lo avrebbe portato ancora, si chiese distrattamente facendolo girare attorno all’anulare. Un movimento ipnotico quanto quello di un serpente.

“Alcol? Ok non c’è problema, anche se non ho l’età legale per comprarlo posso rimediarlo facilmente. Certo se ci fosse Blaise sarebbe tutto più semplice ma…”- rispose il ragazzo, rilassandosi leggermente. Va bene che suo padre era sempre stato un po’ fissato con questa storia che non doveva bere, ma quella faccia da funerale sembrava un po’ esagerata.

Hermione, che aveva subdorato che ci fosse invece qualcosa di ben più pericoloso si raddrizzò, passandogli la mano sotto l'avambraccio e intrecciando le dita con le sue.

“Magari”- sentì Nicholas sospirare al suo fianco.

Sempre più preoccupante.

“La leggenda della fondazione di Hogsmeade è molto più oscura di quello che vuole essere fatto credere. Ti ho detto che vedo l’albero in sogno da quando sono piccola. Ma c’è di più…”- iniziò Arael evasiva, avvicinandosi ed abbassandosi alla sua altezza.

“Oh andiamo tagliate corto… questa cosa sembra una puntata di Beautiful uscita male”- si lagnò invece Harry esasperato. Aveva meno di un’ora per incontrarsi con James e i suoi amici per esercitarsi a diventare un animagus. E c’era così dannatamente vicino. Invece doveva stare li a perdere tempo con il furetto albino e la sua maledetta famiglia.

Dannati gusti di Hermione Granger in fatto di uomini.

Pochi secondi dopo però accadde qualcosa che di certo non si era aspettato. Una strana sensazione che partiva dal fondo del collo e risaliva su lungo la trachea, una sorta di solletico. Provò a tossire per liberarsi dal fastidio ma c’era qualcosa che non andava. Niente nella sua bocca funzionava a dovere. Cercò di chiedere spiegazioni ma si rese conto  di  non essere in grado di articolare le parole. Lo avevano silenziato. Cercò di bilanciare la serie di improperi che gli erano rimasti bloccati in gola con sguardi di fuoco, tentando di capire chi di quelle maledetti serpi lo avesse maledetto. 

Uno sguardo alla figura pigramente appoggiata alla parete e al suo mezzo ghigno però non gli lasciò dubbi.

Andromeda.

C’era da aspettarselo, si disse fissandola con acrimonia. Anche se avrebbe sposato Ted e fatto nascere una strega eccezionale come Tonks, rimaneva sempre una serpeverde purosangue Black. Maledetta famiglia di pazzi.

“Non ti hanno insegnato a non interrompere i grandi quando parlano, Bambino Sopravvissuto?”- tubò, la bacchetta ancora mollemente posata su di lui, uno sguardo divertito negli occhi.

“Per Merlino, che pace. Puoi lasciarlo così a tempo indefinito per favore? Anche Weasley già che ci sei. Tanto non mi serve che parli”- ridacchiò Pansy, cercando di scacciare il pugno di ferro che le stringeva lo stomaco.

Arael sospirò.Dannati ragazzini. Decisamente le future generazioni non brillavano per maturità.

“Come stavo dicendo prima di venire interrotta, ho fatto molte ricerche nel corso degli anni. E sono riuscita a procurarmi dei libri che non si trovano neanche alla biblioteca di Hogwarts. Diciamo che non vengono proprio dal Ghirigoro, ecco.”- continuò, scostandosi dietro le spalle i lunghi capelli chiari come l’argento che le erano ricaduti sul viso.

Draco sbiancò iniziando a capire dove voleva andare a parare.

“E non te li potevi portare dietro?”- lagnò

La giovane strega inclinò la testa , guardandolo fisso : “Non sono esattamente miei. Sono di Abraxas. Sono riuscita a farglieli comprare con un po’ di astuzia, ma non posso allontanarli dal Maniero”.

Hermione gelò. Il senso di oppressione che sentiva da giorni si fece più forte, facendo rimbombare il sangue nelle orecchie.

“E tu vuoi che Draco vada a prenderlo? Ma sei impazzita?”- scattò, liberandosi dalla stretta di Nicholas.

Il giovane accanto a lei chiuse gli occhi e sbatte la nuca contro la fredda parete alle sue spalle. Merlino, cosa avrebbe dato in quel momento per una bottiglia di whisky stravecchio e un po’ di pozioni rilassanti di Blaise. E un cestello del ghiaccio dove infilare il cervello.

“Purtroppo la mia cara zietta ha ragione. Il maniero è protetto da incantesimi, nessuno a parte i membri diretti della famiglia può entrare senza invito o un ordine del Ministero.”- sbuffò.

“E allora non ci possono andare loro?”- chiese la giovane grifondoro esasperata.

Gli occhi semiaperti, il giovane la fissava con uno sguardo morbido, intenerito. Il fatto che lei si preoccupasse così tanto era sempre fonte di sorpresa per lui. Ma riusciva a scaldargli il cuore. 

“Il Lord del Maniero è avvisato quando i membri residenti della famiglia rientrano a casa. Come credi che mio padre scopra quando torno tardi, anche se neanche è a casa o dorme in un’ala diversa? Non è  che stiamo alla Tana dove rischi di inciampare uno sull’altro.”- spiegò .A volte vivere in un Maniero centenario pieno di magia era davvero complicato.

“Ehi! Sciacquati la bocca quando parli di casa mia. Almeno da me non ci sono pazzi che cercano di dissanguarti per puro piacere personale”- sibilò Ron pronto a lanciarsi contro quel maledetto furetto. 

Fu fermato appena in tempo da Harry che lo prese per la maglia e lo costrinse a sedersi di nuovo. Non era il momento. Non con quella congrega di serpeverde tra i piedi. E tra l’altro gli sembrava di aver notato la bacchetta della giovane Black già saettare pericolosamente nella loro direzione.

Nicholas non si scompose- “ Se andassimo io o Arael, Abraxas ne sarebbe informato. Invece il Maniero farà entrare Draco riconoscendolo come un Malfoy, ma non potrà segnalare nulla perché lui ancora non esiste ufficialmente. E poi avrai il mantello dell'invisibilità. Vedrai, sarà una cosa velocissima”.

Velocissima un cazzo, pensò Draco.

Doveva intrufolarsi al maniero, raggiungere la biblioteca e trovare un libro tra centinaia se non migliaia di altri tomi..

E soprattutto senza farsi scoprire da Abraxas.

O non ci sarebbe stata un’altra possibilità per il mondo magico.

E tanto meno per lui.





 

I giardini di Hogwarts non le erano mai parsi così belli, neanche la prima volta che li aveva visti. Seduta sulla panchina sotto l’albero di magnolia alzò il viso cercando di catturare il più possibile i raggi di quel sole tiepido di fine ottobre. Respirò a fondo, lasciando che l’aria frizzante le entrasse nei polmoni e cacciasse via quel senso di oppressione paura che le era rimasto dentro.

Ma la rabbia no, quella doveva tenersela.  Le sarebbe servita per vendicarsi a dovere.

Tutti tendevano a sottovalutarla. La bambolina. La purosangue dal bel visino, tutta buone maniere. La perfetta socialité da sposare. 

Ed era tutto vero. Solo che non era tutto. Lei era molto di più. Era una Black. 

Giurò a se stessa che un giorno avrebbe camminato sul cadavere di Cassandra Carrow, non importava quanto ci avrebbe messo.

Strinse il bordo della panchina, costringendo a calmarsi. La furia cieca non l’avrebbe aiutata. Ardere era la specialità di Bellatrix. Lei al contrario covava la vendetta come le braci di un focolare che non si sarebbe mai spento.

Quando le arrivò un sentore pungente di artemisia e dente di lupo, sorrise, senza aprire gli occhi.

“Severus, a cosa devo l’onore?”- chiese dolcemente. Si spostò di poco, in modo da permettere allo studente più giovane di sedersi accanto a lei. Dal rumore che fece la sacca quando la posò sul ferro intagliato la ragazza capì che si stava portando dietro l’equivalente in libri del suo peso. O forse anche di più.

“Sai che ci sono altri modi per tenersi in forma senza farsi venire un’orrida e antiestetica gobba?”- lo prese in giro con un mezzo sorriso, aprendo finalmente gli occhi.

Lo sguardo che si trovò davanti però non era né preoccupato, né amichevole né tanto meno rassicurante.

Era affilato e tagliente come una lama.

“Dobbiamo fare qualcosa.”- esordì il giovane serpeverde senza  neanche un saluto, seduto compostamente accanto a lei.

Severus era così, pensò. Un uomo neanche troppo giovane rinchiuso nel corpo di un ragazzo. Sembrava sempre fuori posto eppure mai realmente a disagio, confuso tra gli studenti rumorosi ed infantili che popolavano il castello.

“Suvvia Sev, fammi un sorriso, cosa ti costa? Almeno per il fatto che non sono morta e potremmo continuare a studiare insieme..”- cantilenò la giovane strega, posando appena una mano sulla sua.

“E cosa ci sarebbe da sorridere?”- replicò gelido, girandosi a prendere un grande libro dalla copertina in pelle riccamente incisa.

Narcissa si incuriosì, girandosi meglio per osservare il tomo. Già ad una prima occhiata non sembrava qualcosa che sarebbe dovuto essere nelle mani di uno studente.

Specialmente un serpeverde.

Soprattutto in pieno giorno.

“Il modo migliore per nascondersi è mettersi in piena vista. Se ti esponi nessuno pensa che tu sia cosi stupido da fare qualcosa di pericoloso o proibito davanti a tutti  in maniera plateale”- rispose il serpeverde. Attraverso i ciuffi di lunghi capelli scuri la strega poteva intravedere una spessa ruga che si era formata sulla fronte dell’amico, intento a cercare Merlino solo sapeva cosa su quel libro.

Gli si avvicinò per sbirciare il testo oltre la sua spalla.

“Saresti un’ottima spia, lo sai? Hai ragione, nessuno penserebbe a te. Ma  è un peccato. Hai un enorme potenziale. Se solo tu riuscissi ad essere un po più affabile verso le persone giuste.”- sospirò sistemandosi una ciocca di capelli, solitamente trattenuti dal suo pettine in argento e pietre preziose.

Pettine che era volato dalla finestra dell’infermeria appena era riuscita a reggersi in piedi abbastanza. E al diavolo che fosse un cimelio di famiglia e valesse probabilmente come un anno di stipendio di un funzionario qualunque del Ministero.

“Piuttosto vengo ad insegnare qui, guarda”- masticò il ragazzo di rimando, continuando a sfogliare le pagine ingiallite.

Finalmente trovò quello che cercava.

“Incantesimo di protezione?”- si stupì Narcissa alzando un sopracciglio dorato.

“Beh, ultimamente mi sembra che tu ne abbia un disperato bisogno. E se aspettiamo che i Malfoy si diano una mossa la prossima volta che ci vedremo sarà al tuo funerale. Non credo che La Carrow rimarrà fuori gioco ancora per molto, nonostante il pregevole intervento delle tue sorelle.”- rispose in tono annoiato.

Era da quando gli avevano portato la pozione che ci rimuginava sopra. E poi c’era stata la maledizione. Se quella maledetta saccente di Arael Malfoy gli avesse detto subito che era stato Selwyn ad aggredire Narcissa ad Hogsmeade non ci avrebbe messo molto a capire chi ci fosse dietro.

Farsi aiutare da quei quattro bulli di Potter e Co.. poi.

Se non fosse stata Narcissa li avrebbe lasciati a cuocere nel loro brodo.

La serpeverde sgranò i grandi occhi azzurri, incapace di trattenersi.

“Severus, ti prego.Non deve sapere nessuno quello che è successo”- disse con voce appena udibile. Quella era una cosa che doveva rimanere tra di loro. 

“Tanto almeno una delle tue sorelle finirà ad Azkaban di sicuro, prima o poi. O al San Mungo.Non sarebbe meglio togliersi il pensiero?”- il tono in cui fece la domanda era incredibilmente serio per un ragazzino di poco più di undici anni. Eppure alla giovane Black non sfuggì il lampo divertito negli occhi.

“E io che pensavo che sareste diventati amici. D’altronde so che presto andrai anche tu ad incontrare Lord Voldemort”-chiese rilassandosi di nuovo contro lo schienale e stringendosi nel mantello. Decisamente il sole stava per tramontare.

Severus scrollò le spalle. Non sapeva bene perché aveva detto di sì. Ma di certo non era intenzionato ad unirsi in pianta stabile al gruppo che veniva detto dei Mangiamorte. Ma voleva vedere di persona questa figura leggendaria di cui tutti parlavano. Tanto nessuno si sarebbe accorto della sua assenza al castello e Malfoy gli aveva detto che gli avrebbe fatto vedere come raggiungere Hogsmeade indisturbato. Aveva parlato di una certa statua. Anche se era certo di averlo visto andare e venire molto più spesso dal quarto piano che non da quello che gli aveva indicato.

“E dimmi un po’. Quali sarebbero i possibili effetti collaterali di questo misterioso e, sono certa, proibito da secoli incantesimo di protezione?”- chiosò annusando l’aria. Da qualche parte gli elfi dovevano aver quasi ultimato la cena. E lei stava morendo di fame.

“Vanno da momentanea incapacità di vedere.... al coma… e alla morte ovviamente”-rispose il ragazzino noncurante- “ Ma solo se fatte da qualcuno d’incapace”

“Tipo uno studente del primo anno?”- di nuovo il sopracciglio alzato, lo scrutava con quello che sembrava davvero poca convinzione.

“Oh andiamo Cissy. Sai benissimo che sei in ottime mani. E se proprio vuoi chiederemo aiuto all’altra tua sorella pazza. Quella che sul serio finirà al San Mungo”- rispose imbronciato. Andromeda sarebbe potuta anche passare, basta che non gli avesse chiesto di far partecipare quella strana Granger a quello che era un rituale che richiedeva una precisione millimetrica.

“E comunque se vuoi saperlo l’unico problema che potresti avere è un forte mal di testa quando starà per succedere qualcosa. A te o a qualcuno che ami. Una sorta di avvisaglia. Ma, appunto, è solo un’ipotesi. L'incantesimo serve a proteggere te”.

Narcissa sospirò, con la fortuna che aveva ultimamente già si prefigurava una vita di emicranie.

“Posso dirti un segreto, Sev?”- chiese passandogli il braccio affusolato attorno al gomito piegato, ancora intento a sorreggere il libro.

“Basta che non riguardi Lucius Malfoy, ti prego. Già mi sembra che tu abbia abbastanza problemi senza crearne uno enorme”.

La ragazza ridacchiò dandogli un bacio leggero sulla guancia.

“Che noia sarebbe la vità senza problemi”- rise alzandosi e tirandolo per il braccio- “ Oh andiamo, la cena sarà pronta e sono certa che ci sarà il tortino di carne e patate arrosto. E torta di mele. Sento l’odore sin qui”.

Severus sbuffò raccogliendo i libi dalla panchina e infilandoli di nuovo in borsa.

Odiava le torte di mele.






 

“Allora sei pronto? Hai capito cosa devi fare”- gli chiese per la centesima volta sua zia , fissandolo interrogativa.

No, decisamente non era pronto.

Non lo sarebbe mai stato.

Eppure non è che gli avessero lasciato molta scelta. Ormai mancavano pochi giorni a Samahain e doveva sbrigarsi. Inoltre quella sera ci sarebbe stata la riunione dei prefetti, quindi gli unici che in teoria sarebbero potuti entrare a Malfoy Manor sarebbero stati sotto gli occhi dell’intero corpo insegnanti. Abraxas pareva fosse a non si sapeva bene quale incontro. Secondo Draco le ipotesi erano due: o era a torturare qualcuno o con qualcuna delle sue amanti

La serata perfetta, avevano detto.

Che era solo un modo carino ed altisonante per dire che non doveva fare storie e muovere il culo.

“Si guarda, non vedo l’ora. Maledetti grifondoro. Solo un anno fa non mi sarei mai ritrovato invischiato in una storia assurda come questa”- si limitò a borbottare.

In effetti un anno fa, di quei tempi nei casini c’era senza l’aiuto di nessuno.

Al solo pensiero di poter rivedere suo nonno gli si gelò il sangue nelle vene. Sperava solo che qualunque fosse l’incontro al gentlemen's club durasse il più a lungo possibile.

Annuì poco convinto, prendendo il mantello dell’invisibilità dalle mani della zia. 

Almeno una gioia quel tempo gliela stava dando, oltre al poter frequentare la Granger pubblicamente.

Quel mentecatto di San Potter  non aveva più il suo prezioso mantello grazie al quale aveva fatto quel che gli pareva durante tutti quegli anni ad Hogwarts.

E ora, dopo essergli stato soffiato da sua zia, era nelle sue mani.

Quante cose avrebbe potuto farci… doveva trovare un modo per portarlo  con sé. Senza che la dannata grifondoro lo venisse a sapere, ovviamente.

Grifondoro che nello specifico, in divisa verde e argento che a suo parere le stava divinamente, lo fissava a braccia incrociate.

Per tutto quel tempo non aveva mai staccato lo sguardo, sentiva i suoi occhi dello stesso colore delle foglie d’autunno trapanargli il cervello.

“Sei sicuro?”- chiese infine, sfiorandogli un braccio sino ad intrecciare le dita con le sue, accostandosi alla sua spalla.

Di nuovo fece appena segno di sì con la testa: “Certo che sono sicuro, non vorrai mica che mi tiri indietro davanti a Potty e Lenticchia, vero? Per Merlino, dovrei strapparmi i timpani per non sentirli più”.

Il suo profumo sempre più vicino, i capelli morbidi che gli sfioravano la guancia. Respirò a fondo il suo odore, cercando di calmarsi.

Poi sentì le sue labbra sfiorargli appena il lobo dell’orecchio.

“Ci stai prendendo gusto a fare l’eroe? Non è che mi stai diventando un Grifondoro?”- ridacchiò la giovane strega prima di posargli un bacio sulla guancia e abbracciarlo stretto.

Draco emise un gemito soffocato.

“Granger ma lo sai che sei proprio una grandissima st….”

“Strega? Si lo so. La più brillante della mia generazione, dicono”- lo interruppe lei prima di baciarlo.

Il giovane serpeverde, spiazzato, si trovò a ridacchiare contro le sue labbra. Si decisamente si sentiva più rilassato.

“Beh dillo anche al mio elogio funebre, se ci tieni tanto. E mi raccomando, quando torni nel presente spiega a mia madre che sono morto per causa di un’idea balzana di quella sciroccata di sua sorella. Quella che ha sposato il babbano, intendo. Non quella rinchiusa ad Azkaban”- mugugnò staccandosi di malavoglia.

“Melodrammatico”- ghignò sua zia prendendolo per un braccio e spingendolo verso lo specchio- “Hai visto come funziona questo passaggio no? Da qui andrai a casa di Cassandra,lì c'è un passaggio per Malfoy Manor. Uscirai al ballatoio del primo piano, vicino il salotto informale”- ricapitolò per l’ennesima volta.

“A tal proposito… non c’è bisogno di andare in quel posto dimenticato da Merlino. Da Hogsmeade ci si può smaterializzare no? In teoria se il Maniero mi riconosce dovrei poter arrivare direttamente in biblioteca. E’ sempre nell’ala ovest vero? O dovrei dire “è già" nell’ala ovest? Per Salazar Serpeverde che mal di testa”- tubò lanciando la bomba. 

“Non sei  un po’ giovane per smaterializzarti? Gli esami si fanno tra il sesto e il settimo anno”- chiese dubbiosa la bionda strega,soppesando il nipote davanti a lei.

“Mia madre mi ha insegnato quest’estate. Ha detto che dopo quello che era successo voleva essere sicura che potessi ritornare a casa nel più breve tempo possibile senza affidarmi a mezzi di fortuna”- rispose sorridendo - “Va bene, se è tutto io vado, prendo il libro e torno.”

“E brava la mammina”- ghignò la zia.

Hermione lo guardava stralunata. Come diavolo era possibile? Se c’era qualcuno che avrebbe dovuto imparare a smaterializzarsi prima del tempo quella era lei. Draco era bravo, per carità. Ma non così bravo. Dannati genitori maghi ed i privilegi di vivere in un maniero dove Merlino solo sapeva quali dannati incantesimi proibiti girassero indisturbati.

“Draco Malfoy sei davvero un grandissimo str…”- ruggì.

“Straordinario e talentuoso serpeverde? Si, Granger, lo sono”- rispose quello ridacchiando e tappandole la bocca con un bacio leggero a fior di labbra - “ E ora scusatemi… ma ho una stupida missione da portare a termine. Tutto intero, spero”.

E sparì dietro lo specchio.




 

La sua idea aveva funzionato. Beh più o meno. In biblioteca ci era arrivato. Solo che era apparso praticamente addosso ad un’armatura risalente a chissà quale secolo che non aveva mai visto in quel posto. Nella casa dove era cresciuto lui lì c’era un bel divano comodo. Ne era assolutamente certo perchè ci aveva passato ore a leggere da bambino. 

E a baciare la Granger quando non era più così bambino.

Rimase in silenzio, le orecchie tese, cercando di cogliere il più piccolo rumore. Appena sentì la pesante porta di legno antico aprirsi si coprì il più possibile con il mantello dell’invisibilità, schiacciandosi contro la parete. Fece appena in tempo a risistemare tutti i pezzi dell’armatura.

Trattenne il fiato, temendo di veder apparire l’alta figura severa di suo nonno. E invece fece capolino quell’esserino rattrappito e a suo parere non proprio gradevole alla vista di un giovanissimo Krippy.

L’elfo entrò appena nella stanza, guardandosi intorno sospettoso. Poi, dato uno sguardo al quadernino che teneva in mano, ritornò verso la porta borbottando in maniera inintellegibile. Prima di uscire rivolse un’ultima occhiata nella sua direzione. Se non avesse saputo di essere completamente invisibile, l’erede dei Malfoy avrebbe giurato che il dannato elfo l’avesse visto.

Con un sospiro di sollievo, iniziò la sua ricerca. La biblioteca non era cambiata granché rispetto a quella cui era abituato, al massimo poteva notare qualche aggiunta. L’organizzazione e la classificazione, però, era rimasta la stessa.

Non se ne stupì più di tanto, chi avrebbe davvero avuto voglia di riordinare centinaia e centinaia di libri? E c’erano di certo alcuni tomi su cui i dannati elfi domestici avrebbero fatto meglio a non mettere le loro sporche dita ossute.

Eppure niente era come avrebbe dovuto essere, anche se tutto , o quasi, era al suo posto. Era l’aria ad essere diversa. Era come se l’intero Maniero fosse avvolto da una cappa oppressiva di ansia e paura che pervadeva ogni quadro, ogni mobile antico, ogni soprammobile finemente cesellato.

I fiori. Mancavano i fiori.

E la musica.

E la voce di sua madre.

Chissà se al di là dei ricevimenti formali c’era mai stato un momento di spensieratezza, di risate o semplicemente di puro e semplice piacere dello stare insieme in quelle stanze.

In fondo lui era stato fortunato. Nonno pazzo a parte non poteva di certo lamentarsi della sua infanzia.

Ricacciò in fondo alla mente quei pensieri. 

Doveva sbrigarsi,il suddetto ascendente sadico sarebbe potuto sempre rincasaare senza preavviso. Tornò nuovamente a scorrere con la mano la sezione dove, secondo le indicazioni di sua zia, si sarebbe dovuto trovare il libro che doveva trafugare.

Per la terza volta passò in rassegna tutti i volumi, ben attento a fare il minimo rumore possibile. Arael gli aveva spiegato con dovizia di particolari dove trovarlo, la copertina camuffante che lo copriva, i libri che aveva intorno.

Niente, nessuna traccia.

Provò con l’accio e gli incantesimi di richiamo, ma il dannato volume non saltava fuori. Avesse potuto avrebbe rovesciato l’intero scaffale. 

Certo, se la Granger avesse saputo che aveva maltrattato dei poveri libri indifesi, vecchi di centinaia di anni e perlopiù proibiti, lo avrebbe come minimo schiantato. Ma occhio non vede...cuore non duole, no?

Esasperato stava per mettersi il cuore in pace per dedicarsi ad una ricerca pressoché impossibile all’interno della sconfinata sala quando sentì un rumore strano dietro di sé.

E un odore famigliare ma assolutamente inusuale per il  momento e il luogo gli colpì le narici.

Té? Qualcuno si stava servendo del té?

Come era stato possibile che non avesse sentito nulla? La porta era troppo pesante per aprirsi senza rumore. E non aveva udito alcun passo.

Istintivamente si strinse più forte il mantello addosso e si girò lentamente, per capire da dove venisse il pericolo e da dover scappare.

Sgranò gli occhi.

Il suddetto pericolo era sotto forma di una donna di poco più di quarantanni, la schiena ben dritta sullo schienale, le gambe incrociate solo all'altezza delle caviglie, i capelli chiarissimi, quasi bianchi, raccolti in uno chignon basso. 

La Lady del Maniero.

Altresì detta sua nonna.

Teneva la tazza elegantemente tra le mani, lo sguardo colore delle acque gelide del lago nero in una soleggiata giornata d’inverno rivolto verso di lui.

Prese un sorso, con calma, poi, una volta riposta delicatamente la preziosa tazza in porcellana smaltata sopra il piattino, batté con le lunghe dita sul libro posto sul tavolino accanto a lei.

Draco deglutì.

Eccolo lì il dannato libro.

“Non pensavo saresti venuto sul serio. Su dai, siediti un po’ con me.”- disse come se potesse davvero vederlo.

Il ragazzo si girò intorno, sperando di vedere qualcun altro.

Era da solo, ovviamente.

Quindi le cose erano tre. 

O sua nonna aveva le visioni, cosa plausibile, o lo aveva scoperto. Cosa ancora più plausibile.

O qualcuno di sua conoscenza, presumibilmente una certa strega biondissima dai lunghi capelli e un tatuaggio sulla nuca, lo aveva tradito

“Abraxas non tornerà ancora per un paio d’ore. Abbiamo tempo. E poi vuoi questo, giusto?”- chiosò versando il liquido caldo e profumato nella seconda tazza a disposizione. e indicando con il capo il libro.

Draco sospirò, togliendosi il mantello e avvicinandosi alla nonna.

“Zucchero, tesoro? Fatti guardare un po’. Non credo che avremo molte occasioni per interagire in futuro, sbaglio?”

Tesoro?

Riluttante si sedette, accettando la tazza di tè dalle mani di sua nonna. Cercò di mettersi comodo ma sentirsi uno straniero a casa sua faceva aumentare il suo senso di disagio in maniera esponenziale.

“Hai detto che non pensavi sarei venuto. Te l’ha detto Arael che mi avrebbe mandato qui?”- domandò con il broncio prendendo un primo sorso. Era dolce e profumato, esattamente come piaceva a lui. Con un goccino di rhum al ribes sarebbe stato perfetto.

La strega davanti a lui gli sorrise, sfiorandogli appena la mano con la sua.

“Da chi credi che Arael abbia preso le sue doti divinatorie? E’ un tratto che si tramanda di madre in figlia da generazioni nella mia famiglia. Quello che non so però è il tuo nome”- rispose senza staccargli gli occhi di dosso.

“Draco. E’ il nome di una stella. Oltre che significare drago in latino. Mai saputo quali dei due aspetti abbia prevalso. Avendo scelto mia madre il nome propendo per il primo”.

Sua nonna ridacchiò e il giovane si accorse che lo stava studiando- “ Decisamente non l’ha scelto mio figlio,anche se posso giurare che gli piaccia molto. Ti dispiacerebbe riprendere il tuo vero aspetto? “

Draco sospirò, tirando fuori la bacchetta. Di certo non gli dispiaceva. Solo che sapeva già il commento che ne sarebbe nato.

Si fissarono per qualche secondo, poi fu la donna a rompere il silenzio.

“Grazie a Salazar Serpeverde non sei figlio di quell’orrida Carrow. Riconoscerei quelle fossette e quel tono di azzurro ovunque. Tua madre è la più giovane delle Black, vero?"-sorrise.

Draco sgranò gli occhi, lasciando  che la tensione iniziasse a lasciare che la tensione che lo bloccava piano piano lo sciogliesse.

“Non mi dici che sono uguale a mio padre?”- borbottò mandando giù un altro sorso di bevanda calda e zuccherata, sentendosi scaldare dall’interno.

“Fisicamente gli assomigli, certo. I capelli, la forma degli occhi, il viso. Ma sei tanto diverso da tuo padre. Solo un cieco non se ne accorgerebbe”- mormorò sua nonna.

Il giovane Malfoy alzò appena un sopracciglio,dubbioso. Forse stava per dirgli anche lei che non era degno di essere l’erede del casato. Che era solo una delusione.

“Tu sai di essere stato amato.”- concluse invece la strega, spostando lo sguardo verso un punto lontano della libreria.

Poco dopo però riportò l’attenzione sul nipote, che si era gelato sulla sedia.

Gli prese le mani tra le sue.

“Io amo moltissimo i miei figli, ma non ho mai potuto dimostrarglielo. Ho lasciato che Abraxas fosse violento e crudele con loro ma era l’unico modo per salvarli. Se avessi provato a proteggerli sono certa che ci avrebbe uccisi tutti senza pensarci due volte”.

Il tono di voce era calmo e razionale, ma se si prestava abbastanza attenzione era possibile sentire la nota di dolore che serpeggiava tra le parole.

“Dopo che è nato tuo padre ho fatto una lettura. E’ stata la prima volta che mi è stato mostrato quello che nessuna madre avrebbe mai voluto vedere. Il funerale di due dei miei bellissimi bambini. E il dolore devastante che avrebbe provato il terzo.Ero pronta a perdere Arael,ho sempre saputo che prima o poi l’avrei vista scomparire, il suo destino non è di questo mondo.Ma Nicholas...”-Scosse la testa, quasi a voler scacciare via quel pensiero troppo doloroso. Poi ritornò in sé, e chiese in tono leggero - “ Ma ora parlami di te. Ti piace il Quidditch?”

Quasi senza accorgersene Draco si trovò nell’assurda situazione di conversare con sua nonna,che non aveva mai conosciuto, come se niente fosse, di argomenti assolutamente futili come la scuola, gli amici, la sua squadra preferita. Le raccontò di essere il cacciatore di Serpeverde, delle lezioni di pozioni con Piton. Addirittura si trovò a raccontarle di essersi innamorato. Di una natababbana

Cazzo.

“Ma hai messo il veritaserum nel té?”- chiese colpito da un’illuminazione improvvisa. Maledetta tutta la sua famiglia e lui che si era fidato come uno stupido tassorosso.

La nonna gli diede un colpetto sul braccio : “Ma cosa vai a pensare. Che sciocchezze”.

Eppure era strano che quel fiume di parole fosse sgorgato da lui e con una sconosciuta per di più. Malfoy poi.

“E’ un infuso particolare. Ricetta di famiglia.Sapendo di chi sei figlio saresti stato capace di stare in silenzio col broncio per tutto il tempo. Invece è stato piacevole,no?”- chiosò con un ghigno. Poi ,alzandosi in piedi gli porse il libro:

“Ora devi andare,è molto tardi. Mi raccomando, porta i miei saluti a Cockey. Dille che apprezzo molto quello che sta facendo. E falle i complimenti per i dolci, mi raccomando. Ci tiene molto. Soprattutto per quelli di Samhain”.

Cockey. L’elfo domestico. Portare i suoi saluti.

All’elfo.

Per Salazar Serpeverde, cosa diavolo stava succedendo?

Era decisamente il momento di andarsene. Si infilò nuovamente il mantello dell’invisibiltà.

Prima che sparisse sentì la mano di sua nonna accarezzargli il viso attraverso il velo.

“Un’ultima cosa, Draco. Quando torni nel tuo tempo trova il modo di dire a tuo padre che mi dispiace. Per tutto. Ti direi anche di dirgli che gli voglio bene, ma poi ho paura ti porterebbe di corsa al San Mungo”- mormorò con un sorriso amaro.

“E non puoi dirglielo tu come tutti i ritratti normali?”- borbottò .

La donna scosse la testa : “Credo proprio di no, tesoro. Non parlerò  molto una volta morta. Non che adesso lo faccia spesso. Tu sei stato una piacevole eccezione. Prenditi cura di te, ok? E non avercela troppo con tuo padre, se puoi”.

Draco annuì, incurante del fatto che non potesse vederlo.

Poi sparì.




 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14° ***


La cosa più gentile che si poteva dire di quella riunione è che fosse una farsa. Dippet aveva passato le precedenti due ore pontificando di come e quanto la scuola fosse sempre stata un luogo sicuro, un riparo dai mali del mondo. E di come loro dovessero essere i baluardi di tale sicurezza.

Andromeda alzò gli occhi al cielo, mordendosi le labbra per non farsi uscire qualche battuta velenosa sul fatto che ad Hogwarts solo negli ultimi tempi gli studenti erano stati liberi di vagare per i corridoi di notte, procurarsi libri di magia oscura,lanciare maledizioni e portare babbani morti quasi sul portone…. senza che nessuno provasse davvero ad impedirlo. Lei stessa aveva avuto modo di sperimentare in un paio di occasioni come fosse facile sorpassare il limite che la scuola pensava fosse invalicabile. 

Prese un profondo sospiro, costringendosi a ricacciare le parole in gola. 

Uno, perchè non voleva che quella tortura continuasse ancora per molto. 

Due, perchè non aveva alcuna intenzione di perdere la possibilità di provare incantesimi proibiti.

Come al solito erano divisi per case:lei seduta tra Lucius e Arael Malfoy, Nicholas al fianco della sorella,gli altri prefetti della casa nella fila dietro la loro. 

Tutta la rappresentanza di serpeverde era l’emblema della noia.

Eppure almeno tre di loro sapevano che più durava quella pantomima, più lungo era l’alibi per i Malfoy. 

Chissà come se la stava cavando il nipote, tra l’altro.

Nipote. Ancora le faceva strano. Pensare che la sua sorellina avrebbe avuto un bambino.... Con chi poi... Era certa che il lato melodrammatico, stupido e viziato di Draco fosse tutto colpa di una certa persona...

D’istinto mollò una gomitata al ragazzo alla sua sinistra.

“Ma che…”- borbottò questi guardandola stralunato e massaggiandosi il fianco colpito.

“Sta zitto, che è meglio. Uno che vuole farsi mia sorella dovrebbe solo tacere”-sibilò in un soffio. Arael accanto a lei si lasciò sfuggire una risata che provvide a coprire con un colpo di tosse.

“Sei volgare. Io non ho detto questo”- rispose il ragazzo a mezza voce. Quella conversazione, in una stanza piena di professori, stava prendendo un tono surreale.

“Non l’avrai detto a parole, ma il concetto non cambia”- ribatté acida pizzicandogli il braccio.

Lui le bloccò la mano.

“Ma la pianti? Merlino, Drom, ma che problema hai?”- si lamentò il serpeverde.

Il battibecco aveva raggiunto dei livelli tali che anche il Preside Dippet fu costretto ad intervenire.

“Signorina Black, Signor Malfoy, c’è qualcosa che vorreste condividere con noi?”- chiese guardando perplesso due dei rampolli dei maggiori finanziatori di Hogwarts. Dippet era sempre stato molto attento a mantenere buoni rapporti con l’alta società dei maghi.Quando Bellatrix aveva raggiunto l’età per essere nominata prefetto Il preside le aveva offerto il ruolo, nonostante il parere contrario degli altri professori, fosse solo per rispetto alle migliaia di galeoni  in donazioni per la scuola che provenivano dai genitori. La ragazza però gli aveva riso in faccia. E aveva continuato per tutto il tempo che aveva impiegato ad allontanarsi lungo il corridoio.

“No, Preside”- tagliò corto Lucius rivolgendole un’occhiata di fuoco. Per Salazar Serpeverde,perché doveva sempre rendere tutto più complicato? Dovevano passare un paio d’ore a sentire i professori blaterare, assumendo la faccia più contrita e preoccupata che potessero tirare fuori mentre pensavano ad altro. Non era così difficile.

“Io invece vorrei sapere perché io sono la signorina Black e lui il Signor Malfoy. Non lo trova sessista, Preside?”- ribatté invece Andromeda, accavallando le gambe, il busto ben appoggiato allo schienale e un’espressione di assoluta innocenza sul viso. D’altronde, come le aveva insegnato Bella sin da piccola, la miglior difesa è sempre l’attacco.

Dippet si trovò spaesato di fronte a una tale argomentazione e iniziò a borbottare qualcosa circa l’utilizzo formale dei pronomi o degli appellativo o di Merlino solo sapeva cosa.

La giovane Black sorrise soddisfatta, guardando di sottecchi Ted dall’altra parte della stanza. Merlino, stava prendendo appunti.

Ma era serio?

Sentendosi osservato il ragazzo alzò un sopracciglio, facendole velocemente l’occhiolino e mostrando velocemente il foglio. Pieno di scritte in quello strano alfabeto che era sulla planchette ritrovata nel bagno dei prefetti.

Tirò un sospiro di sollievo. Non doveva portarlo al San Mungo a farsi curare. Non subito, almeno.

Lo sproloquio senza senso del Preside fu interrotto dal rumore ritmico proveniente dalla finestra. Riconoscendo il volatile Lumacorno si alzò per aprire la finestra e permettere al grande gufo bianco di fare la sua entrata plateale sino a depositare una lettera nelle mani di Arael Malfoy che lo accarezzò dolcemente sotto la pappagorgia prima di aprire la busta

Poco dopo in un  frullio d’ali il volatile era già sparito nell’oscurità della notte.

La ragazza aprì la lettera con delicatezza, leggendole velocemente il contenuto. Lo mostrò rapidamente al gemello seduto accanto a lei che lo osservò un attimo prima di riporli nuovamente all’interno della busta, sigillandola.

Accanto a loro Lucius allungò la mano verso la sorella. Mano che però rimase vuota.

La sorella alzò appena un sopracciglio chiarissimo, riponendo poi con cura la lettera all’interno della tasca interna del mantello,senza degnarlo più di uno sguardo.

“Buone notizie, Signorina Malfoy?”- per la prima volta da quando era iniziata quella riunione udirono la voce ironica del professor Silente, seduto in fondo alla sala. Era suo lo sguardo che avevano sentito addosso per l’intera durata della riunione.

La giovane strega sorrise, tirando solo le labbra, senza che nessun’altra parte del suo viso mostrasse altra emozione.

“Mia madre voleva solo sapere come sta Cassandra. Mi sembra una domanda legittima per la sua futura nuora, non crede Professore?”- tubò fissando il suo sguardo metallico sul professore di trasfigurazione che ,incurante, lo sostenne senza battere ciglio . Poi si rivolse verso il preside - “ Mi ha chiesto di salutarla, Preside. E di dirle che a breve riceverà una ricca donazione per  potenziare le difese della scuola. Sa bene quanto questo periodo sia difficile per lei, visto quanto ha a cuore i suoi studenti”- ribatté in tono falsamente dolce allungando appositamente le ultime parole un attimo più del necessario.

Andromeda Black lanciò uno sguardo sospettoso nella sua direzione e poi rivolse la sua attenzione a Silente. Era evidente che neanche lui se l’era bevuta.

“Molto premurosa”-chiosò il professore, intrecciando le lunghe dita- “Ma si ricordi, Signorina Malfoy, che ad Hogwarts chiunque chieda aiuto lo troverà sempre. Con o senza donazioni. ”

Lo sguardo che gli rivolse la giovane Malfoy avrebbe incenerito chiunque. Chiunque tranne colui che aveva conosciuto Tom Riddle nella sua forma più vera. Colui che aveva sconfitto Grindewald. Chiunque, chiunque tranne Albus SIlente.

Finalmente la riunione fu dichiarata conclusa, con la preghiera di prestare attenzione a qualunque cosa potesse essere minimamente sospetta. Tornando al suo dormitorio, circondata dai commenti malevoli degli altri serpeverde, Andromeda non poteva fare a meno di sentire le parole di Silente rimbombarle nel cervello.

Accanto a lei Lucius guardava verso il basso, silenzioso come poche volte l’aveva visto. I fratelli si erano dileguati, Mentre scendevano le scale gli prese la mano, senza dire una parola. Capiva quanto dovesse sentirsi solo.

Lui non disse niente, limitandosi a stringerla forte.




 

“Ormai posso dirlo con assoluta certezza. Nella mia famiglia  non c’è una sola persona che si salvi”- borbottò Draco abbassandosi il cappuccio e consegnando di malavoglia alla zia libro e mantello dell’invisibilità- “Ma dai, davvero non posso tenerlo? Ho rischiato la mia vita e non posso avere neanche uno stupido mantello?

“Non hai rischiato nessuna vita, tanto meno la tua.Quando fai così sei uguale a Lucius,sai? La regina del dramma”- ridacchiò Nicholas passandogli un braccio sulle spalle e stringendolo leggermente.

Il più giovane dei Malfoy sbuffò, mugugnando commenti fortunatamente incomprensibili. poi lo sguardo si posò sull'aggraziata figura appoggiata alla parete a braccia conserte. Anche nel buio del corridoio il suo sguardo di fuoco era ben visibile.

“Alla buon’ora. Dovevi stare via mezz’ora e ne sono passate più di due. Cos’è ...ti sei fermato a fare un riposino?”- lo riprese,scostandosi leggermente quando lui provò a baciarla. Il tocco leggero delle sue labbra sulla guancia, la mano posata ferma ma delicata sul fianco, che l’attirava piano verso di sé, lo sguardo divertito negli occhi. Si, stava bene quel dannato serpeverde. Aveva solo perso tempo come al solito.

“Non ci crederai Granger, ma no. In compenso ho preso il té con i biscotti con mia nonna”- le ridacchiò mettendosi accanto a lei e passandole il braccio attorno alla vita e intrecciando le dita con le sue prima di baciarla rapido e furtivo, approfittando del suo sbigottimento.

“Non puoi essere cosi stupido. Non ti hanno mai insegnato a non accettare cose dagli sconosciuti? Specialmente quando stai facendo qualcosa di vietato, direi. Avrebbe potuto avvelenarti”- lo riprese sgranando i begli occhi dorati.

“Avvelenarti, che parola grossa. Oh andiamo, Hermione, non essere sciocca. E’ parte della mia famiglia, dopo tutto”- le sorrise la bionda serpeverde iniziando a sfogliare il libro che il ragazzo aveva riportato da Malfoy Manor.

“Al massimo lo avrà drogato un po’.”- le fece eco il fratello sbirciando il contenuto del testo da sopra la sua spalla. Improvvisamente indicò una pagina.

“Al massimo?”-   ribatté Hermione, ben decisa a non lasciare a quei due l’ultima parola. Poi tenendo ancora per mano Draco si avvicinò alla coppia, facendo vincere la curiosità di guardare da vicino un incantesimo proibito rispetto alla volontà di mantenere un atteggiamento integerrimo.

Draco,  dal canto suo, era piuttosto annoiato da quella faccenda e guardava i tre intenti a leggere e bofonchiare parole come se si trovasse davanti tre pazienti appena fuggiti dal reparto di traumi mentali del san Mungo.

“A proposito di sciroccati. Guardare voi tre mi ha fatto venire in mente una cosa molto strana che mi ha detto la cara nonnina. Ti piacerà Granger, ne sono sicuro”- borbottò guardandoli con un misto di compatimento e consapevolezza che un giorno sarebbe potuto diventare anche lui così. Completamente rincoglionito per un libro.

“Di non chiamarla nonnina, ad esempio?”- chiese senza troppo interesse Nicholas, alzando appena lo sguardo metallico sul nipote, prima di togliere senza troppa grazia il libro dalle mani della sorella.

“Ehi, cosa fai? E’ mio.”-rimbecco subito la bionda pizzicandogli il braccio e cercando di riprendersi il volume. Il ragazzo però lo teneva in alto in modo da non farglielo prendere.

Continuarono quel tira e molla per un po’, neanche avessero sei anni e si stessero contendendo l’ultimo dolcetto.

Per fortuna che anni di amicizia con Ron ed Harry, e soprattutto i lunghi giorni passati alla Tana,  avevano insegnato ad Hermione a non dare retta ai litigi tra fratelli. Veloce tirò fuori la bacchetta per richiamare il libro che le volò rapido tra  le mani.

“Il bosco sacro di Hogsmeade può essere raggiunto solo da chi conosce l’ingresso. Potenti incantesimi sono messi a protezione degli alberi della vita.  Esso è il luogo dove terra,mare e cielo si incontrano nell’anniversario della nascita, via d’accesso dove tutto è ora e dove il passato divora il futuro, a tutela dell’ordine eterno e della magia più pura. Sottratto agli occhi comuni, Hegist vi posò la pietra della fondazione. Essa è la chiave per aprire il mundus, ma solo chi guarderà dentro di sé riuscirà a scendere nelle profondità del mistero. Mangiate del frutto della morte, versate sul fuoco acceso con il legno mortale liberamente offerto l’infuso della pianta che nasce dalla vita e dalla morte… E’ triplice la chiave che vi porterà dalla Signora. Che la terra, il fuoco, l’aria e l’acqua vi accolgano.”- Lesse con voce chiara. Poi si fermò, iniziando a sfogliare freneticamente le pagine. Niente, la descrizione si fermava lì.- 

"Stiamo scherzando? Non ha senso.Triplice chiave? Quale chiave? E’ un  incantesimo? Una formula? Un dannato oggetto? Com’è possibile che non ci sia scritto nulla”- sbuffò continuando invano la sua ricerca.

“Per essere la strega più intelligente della sua generazione a  volte sei davvero sciocca”- la prese in giro Nicholas sbuffando e riprendendosi il libro, prima di passarlo alla sorella.

“Tutta questa fatica per niente?”- sbottò la grifondoro basita passando lo sguardo tra i due fratelli , il libro e  Draco accanto a lei che li guardava tutti e tre piuttosto perplesso, i capelli biondissimi che gli ricadevano appena sugli occhi per via della testa leggermente inclinata

“Veramente l’unico che ha fatto fatica sono io, incluso il bere uno strano intruglio per cui ho raccontato anche quando ho disegnato un enorme boccino con pennarelli magici su un libro antico nello studio di mio padre, cosa che ancora dopo più di dieci anni ignora. E che spero continuerà ad ignorare fino al resto dei suoi giorni, visto che ci tengo alle mie mani. E dovresti sperarlo anche tu Granger, visto che ti piace come le uso ”- borbottò fissandoli con fare fintamente annoiato.

La grifondoro lo fulminò con lo sguardo.

“E comunque, mentre voi giocavate vi è caduto qualcosa in terra”- continuò il ragazzo imperterrito indicando un punto vicino a loro.

E in effetti era vero, in terra riluceva un rettangolo lucido, dai bordi smussati e sul quale riluceva un intricato intreccio di tralci d’edera grigi su sfondo nero. Hermione si chinò a raccoglierlo, rendendosi conto che non era altro che una carta. Una carta dei tarocchi, per essere precisi.

La girò. Un giovane da un cappello colorato con in mano quella che sembrava una bacchetta levata in alto, una moneta nella mano destra e davanti a sé un tavolo pieno di strumenti. Il Mago. O il bagatto come lo conoscevano in molti

Arael si avvicinò e prese la carta con due dita, rigirandola come per guardarla meglio.  La bacchetta che indica il cielo e che poi ne convoglia l’energia nei recipienti posti sul tavolo coperto da un telo rosa, il mondo. I coltelli per la volontà di portare avanti la missione assegnata.La moneta, il cerchio perfetto. La realizzazione materiale. I quattro elementi naturali messi in moto dall’azione del mago.

“Il primo arcano. L’Aleph”- mormorò continuando a soffermarsi sui singoli particolari come se li vedesse per la prima volta.

“Che il gioco abbia inizio”- concluse per lei il fratello dandole un bacio sulla guancia.






 

Ormai stava diventando un’abitudine quella di sgattaiolare fuori dal dormitorio di Grifondoro senza farsi vedere, approfittando del passaggio sotto il baule di James. Harry era al settimo cielo. Quando uscirono all’esterno respirò a pieni polmoni l’aria gelida della notte.

Sapeva di avventure condivise, di pericolo calcolato, di amicizia. E soprattutto di tempo passato con suo padre. Il vento gelido portava l’aroma fresco e balsamico delle grandi conifere che si trovavano ai margini del castello e in  fondo, ma solo in fondo, un ricordo metallico di acqua accarezzata appena dalla brezza. 

Chiuse gli occhi e respirò a fondo, voleva imprimersi bene nella mente quell’odore. Stava creando un ricordo, qualcosa che nessuno gli avrebbe mai potuto portare via. E anche quando fosse tornato nel suo tempo gli sarebbe bastato uscire di notte a fare un giro per il castello e si sarebbe ritrovato li.

Insieme a suo padre.

Mentre stava per diventare un animagus.

E senza dannati serpeverde tra i piedi.

Prima che quella stronza ossigenata  gli requisisse il mantello dell’invisibilità ,era riuscito a sgattaiolare nel reparto dei libri proibiti della biblioteca e a trascrivere una gran quantità di materiale riguardanti la trasfigurazione. A ciò si era aggiunto aun generoso prestito non proprio volontario fatto da Casa Black per tramite di Regulus. Pareva infatti che tra i Black fosse particolarmente in voga il tentativo di trasformare qualsiasi cosa in Corvo, uno dei simboli della casata. Sirius era quindi riuscito a convincere il fratello  minore a spedirgli uno o due volumi in merito, unitamente a una serie di approfondimenti non proprio ortodossi, accampando la scusa di voler far una sorpresa ai genitori, sicuramente scioccati dal fatto che fosse finito a Grifondoro.

“E ci ha creduto?”- chiese stupito Remus quando l’amico gli sventolò in faccia il tomo appena arrivato.

Sirius scosse le spalle con noncuranza- “Non proprio. Nel biglietto c’era scritto  Grazie per la tua parte di eredità. Però eccoli qui. E ora non resta che metterci sotto”.

Harry era piuttosto scettico. Certo sapeva per certo che quei quattro si sarebbero trasformati illegalmente in animali. Ma non di certo al primo semestre del primo anno. Forse verso il terzo, quarto anno magari. Insomma avevano a malapena trasformato un calderone in gatto

Ed era per questo suo pessimismo e soprattutto per evitare che suo padre undicenne finisse in mille pezzi in seguito ad una trasfigurazione non andata a buon fine impedendo quindi a lui, il bambino sopravvissuto, la speranza dei maghi, e tutti gli altri graziosi soprannomi che aveva appreso da quella notte lontana d’estate di cinque anni prima, di nascere che si era immolato alla causa. Ovvero imparare da soli come trasformarsi in animale

Illegalmente ovviamente. Era già stato detto?

Ed ora eccoli lì, dopo settimane di prove, a tentare ancora una volta coperti da una notte scura illuminata solo da una falce di luna calante.

Almeno non dovevano preoccuparsi di Remus.

A proposito di Remus, lui, così come ovviamente James e Sirius erano stati irremovibili. Avevano voluto assistere ad ogni fase della preparazione,ad ogni tentativo, sempre pronti ad incoraggiarlo e a consolarlo quando gli sembrava di non fare progressi.

Più di una volta  dopo una prova non particolarmente riuscita li aveva trovati a confabulare insieme, scrivendo tutto ciò che veniva loro in mente in merito alla trasformazione, apportando modifiche e facendo commenti.

Sensati, per la maggior parte dei casi. Era duro ammetterlo ma quei tre erano davvero su un altro livello, niente in confronto a lui o Ron alla loro età. Neanche Hermione, notoriamente la più intelligente, poteva competere. Questo perché a lei mancava decisamente quella che poteva essere definita solo come..

“Follia. Questa è decisamente una follia, Sirius”- bofonchiò.

Due occhi grigi da cucciolo lo guardavano serafici.

“Ma dai Harry, ti ci vuole un aiutino. Una passeggiata nella foresta proibita. Quando i centauri o qualche altra creatura un po’ pericolosa tenterà di cibarsi di te vedrai che sarai molto più motivato a trasformarti in un animale per sfuggirgli”- rispose il giovane Black come se fosse la cosa più naturale del mondo. Un ragionamento ineccepibile a suo dire.

Harry alzò un sopracciglio, per niente convinto.

“Almeno ti faremo tenere la bacchetta. Sirius all’inizio voleva mandarti senza alcuna protezione, diceva che sarebbe stato più  stimolante”- lo consolò James accanto a lui. Lo strano sbrilluccichio di eccitazione nei suoi occhi, però, non preannunciava niente di buono.

“Non preoccuparti. Noi ti seguiremo a debita distanza ma se hai problemi lancia un segnale e James arriverà in un secondo con la sua scopa. Sai bene quanto è veloce. E noi siamo pronti a lanciare ogni tipo di incantesimo.- cercò di blandirlo Remus.

Quando Peter fece per parlare però il bambino sopravvissuto si girò seccamente, lanciandogli un’occhiata velenosa e allontanandosi a grandi passi verso la finestra proibita.

Centomila volte meglio Aragog e le sue mille zampe che quel dannato traditore strisciante nell’oscurità.

Addentrandosi nell’oscurità della foresta proibita il silenzio gli parve assordante. Erano cessati anche i rumori dei piccoli animali e degli insetti. Tutto sembrava in attesa, la foresta stessa era come un enorme predatore accovacciato nell’ombra , pronto a saltare addosso alla sua preda e sbranarla.

Sentiva la mancanza di Ron ed Hermione, ora più che mai. Da quando era entrato ad Hogwarts non era mai stato veramente solo, anche nei momenti più disperati, di fronte ai pericoli più mortali ed efferati, girandosi avrebbe sempre visto la determinazione negli occhi di Hermione e il sorriso buffo di Ron.

Ora invece, per sua stessa scelta, era solo.

O meglio, in teoria aveva tre undicenni a guardargli le spalle. A distanza.

Improvvisamente gli parve di vedere qualcosa brillare tra i cespugli. Poi un movimento veloce e sinuoso. La sensazione di pericolo aumentò.

Ecco, era arrivato il momento. Doveva muoversi o sarebbe diventato la cena o peggio il passatempo di qualche strana creatura.

Cercò di concentrarsi il più possibile, buttando fuori la paura che gli stava lentamente attanagliando la mente, risalendogli acida lungo il corpo sino alla cicatrice. Luce verde, urla, l’osceno rumore di Nagini che inghiottiva qualcosa, o più probabilmente qualcuno, l’odore nauseabondo del sangue.

Ripensò a quello che diceva sempre Hermione. La mente calma era  la chiave di tutto. Inspirò a fondo e trattenne il respiro, cercando di isolarsi dal resto. Poi buttò tutto fuori, immaginando che l’ansia e la paura uscissero come un fumo denso e scuro dalle sue narici.

Ripeté tre volte, proprio come gli era stato insegnato.

Finalmente calmo riuscì a percepire gli odori del bosco. Piante, fiori e persino animali. Erano vivi. E soprattutto lui era vivo. Era parte del tutto.

Cercò di riportare alla mente tutto quello che aveva letto sui libri. Le prove fatte nelle settimane precedenti. I suggerimenti di James.

Lasciò che tutto scorresse nella sua mente, senza fermarlo mai, un flusso di  informazioni e immagini che si susseguivano senza soluzione di continuità.

La creatura nascosta nel buio si faceva sempre più vicina, seppur senza vederla riusciva a percepire l’odore sempre più forte. Era come se il suo olfatto fosse diventato più sensibile.

Sentiva il profumo fresco e umido degli alberi, quello terroso e carnale della terra. Riusciva a distinguere l’odore dei ragazzi poco distanti da lui, eccitati e terrorizzati al tempo stesso.

Si ognuno aveva un suo odore quella notte.

Improvvisamente fu come se il caleidoscopio nella sua testa si frantumasse in mille pezzi, lasciandolo senza fiato. Poco dopo sentì il corpo che non rispondeva più ai suoi comandi. La vista annebbiata, le gambe molli, la mano che reggeva la bacchetta incapace di stringerla. Cadde in terra, come se non ci fosse un solo osso sano nel suo corpo. Eppure a parte una forte nausea non sentiva alcun dolore.

Al contrario si sentiva pervaso da una grande energia. Si sentiva libero.

Un urlo dietro di lui lo avvertì del pericolo. Balzò agilmente di lato e l’ombra scura lo mancò, lasciando delle grandi e pesanti impronte di artigli sull’albero accanto al quale si trovava poco prima.

Dalla sua gola uscì uno strano suono, un ringhio basso e pericoloso. Sentì i tendini contrarsi, l’intero suo corpo pronto a colpire. Era quasi arrivato al punto di non ritorno quando qualcosa sfrecciò velocissimo accanto a lui, chinandosi appena a prendere qualcosa in terra, senza rallentare neanche troppo e ovviamente senza fermarsi.

“Ce l’hai fatta Harry!.Ho preso io la tua bacchetta, andiamo!”-lo incitò continuando a sfrecciare a zig zag tra le querce secolari, con uno sguardo vigile per controllare che non ci fosse nessun altro in agguato.

Harry annuì e iniziò a correre verso il gruppo dei malandrini, gareggiando con James che lo fiancheggiava ridendo.

L’aria era frizzante e pulita e la respirò a pieni polmoni., Anche se c’era decisamente qualcosa che non andava. Ora era curioso di sapere in cosa si era trasformato.

Una volta fermo e al sicuro riacquistare il suo vero aspetto non fu troppo facile. Sicuramente doloroso. Ma il dolore fisico non sarebbe stato niente in confronto a quello che avrebbe scoperto da lì a poco.

Quattro paia d’occhi lo guardavano ammirati. Persino Sirius aveva perso il suo aplomb purosangue e aveva uno di quei sorrisi che conosceva bene.

“Oh Harry è stato fantastico”- esclamò Remus battendo le mani e abbracciandolo stretto.

Il bambino sopravvissuto rispose all’abbraccio ma fu costretto a fermarsi perché non riusciva a respirare bene. gli era rimasto qualcosa in gola. Tossì fino a quando non riuscì ad espellere un ciuffo di peli.

Bianchi, marroni e neri.

Decisamente non sembravano quelli di una bestia feroce. O di un atletico cervide.

Non era possibile.

“Oh Harry, eri proprio un cane fantastico”- disse Minus ammirato.

James accanto a lui, finalmente sceso dalla scopa, annuì entusiasta.

“Un cane?”- chiese appena il bambino sopravvissuto. Era più simile al suo padrino di quanto immaginava allora. Sperava che fosse grande e nero e possente come quello di Sirius. Anche se quel colore  e lunghezza dei peli non lasciavano presagire nulla di buono.

“Si, un cane, Un cane bellissimo. Una volta sono andato in visita ad una fattoria babbana e ne ho visto uno simile che radunava le pecore. Era velocissimo e agile e cosi bello”- si illuminò Remus- “Peccato che fosse quasi luna piena e avrei voluto fare una strage di quelle povere pecorelle. Da allora sono vegetariano”.

Un cane.

Pastore.

Fantastico.




 

Per un attimo pensò che sarebbe caduta, sentendosi invadere da un’ondata di piacere, le gambe tremanti e il respiro che si faceva sempre più affannoso. Soffocò a malapena il grido che le nasceva in gola, mordendosi le labbra. Mai gli avrebbe dato la soddisfazione di sentirla urlare il suo nome.

Ron, ancora dentro di lei, il respiro pesante sul suo collo, una mano che le teneva forte la gamba avvinghiata contro il suo bacino e l’altra appoggiata al muro per non perdere l’equilibrio. 

“Guarda che ti ho sentito”- riuscì a bofonchiare. Gli occhi chiusi e le labbra che si muovevano appena contro la sua pelle candida, cercando di prolungare il più possibile il momento in cui sarebbe venuto. La ragazza gli affondò le mani tra i capelli, spingendoselo contro.

“Sei davvero una sorpresa Weasley”- gli soffiò in un orecchio, tenendolo stretto mentre sentiva il corpo premuto contro il suo perdere il controllo. Per un attimo rimasero così, schiacciati contro il muro della torre nord, l’aria fredda che solleticava la pelle sudata.

Con un sospiro finale Ron si staccò,la mano ancora sulla coscia delle serpeverde aiutandola  nel rimettersi in piedi.  

“Potresti anche dire grazie, eh Weasley”-lo rimbeccò Pansy sistemandosi la gonna mentre lui si abbottonava- “ E soprattutto scusarti per avermi strappato delle meravigliose e preziose mutandine che costano quanto il tuo intero guardaroba”.

“Non mi pare che ti possa lamentare Parkinson. Non dai mugolii che facevi”- le rispose a tono cercando di sistemarsi la camicia dentro i pantaloni- “Si può sapere perchè devi rovinare sempre tutto?”

Le labbra di Pansy si stesero in un ghigno, mostrando un piccolo pezzetto della lingua rosa tra le labbra ancora arrossate dai baci: “Scherzi vero? Così almeno ti impegni. Non lo facessi sono certa che te ne staresti lì, a braccia conserte e ti aspetteresti che sia io a fare tutto il lavoro. Funzionerà con quelle delle altre case, mio caro Lenticchia. Ma con una serpeverde devi metterti d’impegno”.

“Ha ragione Harry, siete davvero fissati di essere gli dei del sesso di Hogwarts.Beh, notizia flash, non lo siete”- la voce del grifondoro arrivava attutita per via del maglione che stava cercando di infilarsi senza troppa convinzione.

Un sopracciglio corvino appena alzato fu l’unica risposta della Parkison. Poi si avvicinò e ,appena la sua testa fu finalmente libera dall’impedimento di quell’orrido coso di lana che secondo lui doveva essere un maglione, gli catturò le labbra con un bacio appassionato. Quando le labbra di Ron, seppure nello stupore, si schiusero abbastanza Pansy iniziò a solleticargli il palato con la lingua.

“E ora immagina che te lo faccia da un’altra parte”, gli soffiò in un orecchio , titillandogli il lobo mentre scorreva leggera disegnando cerchi proprio sopra la vena che gli pulsava sul collo. Si staccò appena per poggiare le labbra, mordendo e succhiando con forza.

Ron vacillò, sentendo che stava tornando ad eccitarsi. Stava per afferrarla di nuovo quando lei si staccò e iniziò a scendere le scale ridacchiando.

“Cinquanta punti a Serpeverde”- gridò mentre la risata cristallina si disperdeva nella tromba delle scale.

Con una mezza imprecazione il grifondoro si trovò così da solo, allo stesso tempo eccitato e ancora provato dal rapporto di poco prima. Dannazione, se faceva male, pensò cercando di sistemarsi i pantaloni per alleviare il fastidio.

Chiuse gli occhi con forza. Doveva pensare ad altro, o non sarebbe neanche arrivato alle docce.

Pensò al fatto di essere beccato, ma non funzionò, anzi. A madame Rosmerta.. ma la cosa non lo aiutò affatto, in quel tempo la locandiera era ancora nel fiore degli anni e i corpetti che si ostinava a portare anche venticinque anni dopo facevano tutt’altro effetto. Doveva pensare a qualcosa di triste.

Malfoy. Cosa c’era di più triste della sua stessa esistenza? Ma poi gli venne in mente la madre quindicenne e i lunghi capelli biondi che svolazzavano al vento. Chissà come sarebbero stati raccolti in una coda tra le sue mani, con gli occhi blu che lo fissavano da sotto in su coperti solo dalle lunghe ciglia.

Chiuse più forte gli occhi. Doveva concentrarsi. Eppure continuava a sentire su di sé quel profumo intenso e sensuale che portava sempre la Parkinson e che lo mandava fuori di testa.

Pansy Parkinson, la serpeverde probabile parricida. Ricca, stronza, viziata. Ma con un corpo da urlo e quella maniera di farlo andare su di giri come poche altre volte gli era successo.

Chissà se sua madre l’avrebbe mai accettata.

Sua madre. Eccolo là il pensiero che cercava.

Nella sua mente. La strillettera e l’intera sala comune di Hogwarts che lo guardava tra raccapriccio e disgusto.

Una delle peggiori umiliazioni della sua vita. Tralasciando quando aveva chiesto a Fleur Delacour di uscire con lui.

Sentendo ancora la voce stridula di Molly Weasley nelle orecchie si lasciò andare ad un sospiro soddisfatto, sentendo la tensione che lo abbandonava.

 

Quella notte si addormentò come un bambino troppo preso dal suo benessere anche per accorgersi dello strano comportamento di Harry, che oscillava tra l’eccitato come se dovesse assolutamente dirgli qualcosa e il depresso.

Verso le tre di notte, tuttavia, si svegliò di scatto, in preda al terrore. Per quanto si sforzasse non riusciva davvero a ricordare di aver lanciato l’incantesimo anticoncezionale. Era successo tutto troppo velocemente. 

Si trovò a sperare che Pansy per una volta fosse stata quella responsabile e avesse ricordato di prendere la sua pozione mensile. 

Con un sospiro si lanciò indietro sui cuscini.

“Ron? Sei sveglio?”- senti chiedere dal letto accanto al suo.

“Sto per avere un infarto ma direi di sì"- bofonchio in risposta- “Si può sapere che ti prende? Sei strano da tutta la sera”.

Il bambino sopravvissuto sgusciò velocemente sul letto del migliore amico tirando bene le tende e lanciando un incantesimo silenziate per non farsi sentire da nessuno.

Poi utilizzando il lumos verso il viso sussurro con un ghigno soddisfatto:

“Ce l’ho fatta! mi sono trasformato in un animagus”

Fortunatamente il letto era silenziato o l’urlo di Ron si sarebbe sentito sino a Serpeverde.

“Cosa? Come ? Quando? E perché non me l’hai detto”- iniziò a tempestarlo . Poi scosse la testa - “Lascia perdere. Piuttosto che animale sei? Un’aquila? Un orso? Un puma? Un grifone?”

Harry lo lasciò elencare animali fantastici ancora per un po ', poi intervenne.

“Mmm non proprio. Sono un cane”- masticò a denti stretti.

Ron lo fissò sbigottito.

“Tipo Sirius?”- chiese poco convinto visto lo sguardo del suo migliore amico.

“Più come la versione peluche di Sirius. Sono un border collie a quanto sembra”

I due grifondoro rimasero in silenzio per un attimo. Poi Ron si allungò per prendere una due piume di zucchero dal comodino e ne allungò una ad Harry.

“Beh, sempre meglio di un topo”- chiosò filosofico succhiando soddisfatto il dolce e godendosi il momento in cui, ancora una volta, Grifondoro aveva battuto Serpeverde.





 

Nicholas Malfoy era disteso sul letto, incapace di dormire. Fissava la pesante copertura di velluto verde scuro, immaginando come sarebbe stato quando… beh… quando non ci sarebbe stato più. A quanto aveva capito gli restavano ancora pochi mesi di vita. 

E aveva così tanto da fare ancora.

Sospirò spostando lo sguardo verso il camino, dove poteva vedere la sagoma famigliare della sorella illuminata dal riverbero dolce delle fiamme. Non le riusciva a vedere il volto, chino a studiare le carte che aveva disposto davanti a lei.

“Ancora Arael? Non ti sono bastati i racconti dal futuro? Hai sul serio bisogno di altre cattive notizie”- bofonchiò alzandosi di malavoglia. Prendendo una soffice coperta di cachemire grigio piombo le si sedette vicino e gliela posizionò sulle spalle. Nonostante i camini magici ,i dormitori di serpeverde in inverno erano sempre gelidi, colpa della vicinanza con le acque ghiacchiate del lago nero.

La ragazza sembrò non averlo sentito, troppo concentrata sugli arcani che aveva disposto davanti a sé, in una croce . Quattro scoperti. Uno da girare.

In alto quello che avevano trovato in terra qualche ora prima. Il bagatto, il matto. L’inizio di tutto.

Subito sotto, al fondo della croce creata dalle carte, faceva mostra di sé l’arcano dell’Appeso.

“La conoscenza che passa dalla carne e dal sangue, dal sacrificio come legame che ci lega.Come diceva il libro? Scendere in profondità.”- mormorò sfiorandolo appena per poi concentrarsi sulle altre due figure ai lati della figura.

La voce della donna nella sua testa era sempre più forte, la stessa voce che le aveva mostrato il futuro nella lettura fatta a Draco.

La papessa e l’imperatrice che si fronteggiavano. Il potere e la conoscenza. La saggezza contro l’attuazione. La ricerca della conoscenza che non può ricevere aiuti.L’apoteosi del femminile. L’uomo diviene, la donna è, diceva sempre la loro madre.

Il soffio dell’inizio del mago che trova accoglienza e poi genera l’energia del mondo.

“Una donna è la chiave di tutto Nicholas. La sento, la sento da anni ma ormai la sua voce sta diventando assordante. Lei mi vuole, vuole che la trovi . Non vedi.. Lilith, le vergini nere del non creato e non nato, le dee romane e greche, la grande madre della tradizione celtica. Sono tutte loro e nessuna di loro allo stesso tempo. Mi stanno chiamando a gran voce. Qui non si tratta solo di uccidere Lord Voldemort.”- soffiò appena sgranando gli occhi grigi  resi brillanti dalla paura. E dalla consapevolezza che non sarebbero più potuti tornare indietro

Il fratello le scostò con delicatezza una ciocca di serici capelli dal viso, stringendola a sé come quando erano bambini e terrorizzati dalle urla del padre cercavano riparo nelle oscurità del maniero.

Rimasero per un po’ in silenzio, stretti sotto la coperta ad ascoltare il crepitio del camino. Dalla vetrata arrivava il rumore ipnotico e rilassante dello sciabordio lentissimo delle acque del lago. Sarebbe stato facile immergersi in quell’atmosfera, pensare che fosse tutto un sogno, cullarsi nell’illusione di essere ad Hogwarts, al sicuro. Lontani dal loro destino.

Eppure sapevano bene che loro a quel destino non sarebbero mai potuti fuggire. Erano nati per affrontarlo. E fino a che avrebbero potuto l’avrebbero fatto insieme.

“Come farò senza di te, Nicholas? Sin dal nostro primo respiro siamo sempre stati insieme. Come posso anche solo pensare di farcela da sola?”- mormorò la ragazza con voce stanca, reclinando il capo sulla spalla del fratello.

Il ragazzo non rispose, continuando a tenerla stretta.

“L’ultima carta Arel, manca una carta”- disse infine spezzando il silenzio che si era creato.

La giovane strega allungò appena la mano per girare la carta al centro della croce, quella che era rimasta ancora coperta.

Pur senza vederla sapeva benissimo quale fosse. L’aveva vista

“L’opera al nero dell’Alchimia. La mem, la lettera madre, la radice dell’Acqua.La più grande trasformazione di tutti”- disse prima di decidersi a toccare l’arcano con mani tremante.

Lentamente lo girò. Ma non c’era neanche bisogno di guardarla.

Anche Nicholas aveva capito benissimo

La morte.




 

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I riferimenti all’esoterismo, alla Kabalah, all’analisi esoterica delle fiabe che ci sono in questo e nei prossimi capitoli sono stati possibile grazie ai video di una bravissima youtuber che si chiama Arianna Bonardi  grazia alla quale ho scoperto tantissimi libri interessanti.

Metto di seguito quelli che ho usato come riferimento in questa parte della storia

Per chi volesse approfondire le proprietà dei fiori, piante, alberi, resine etc etc  i riferimenti di questo e dei prossimi capitoli sono presi da ;

  • A.Cattabiani  Florario: Miti,leggende e simboli di fiori e piante;

  • A. Murphy-Hiscock,,La strega verde: Guida completa alla magia naturale di erbe, fiori, oli essenziali, pietre

  • G. Toro La radice di Dio e delle streghe. Miti e riti della mandragora dall'antichità ad oggi 

  • M.I. Macioti,  Miti e magie delle erbe. L'aura di piante e fiori tra mitologia e letteratura

Per i tarocchi

  • L.Pedirota, Tarocchi& Kabala

 


 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15° ***


CAPITOLO 15 samhain

 

L’intera Hogwarts risplendeva della luce calda e profumata delle candele e delle zucche incantate di ogni possibile forma e misura: da quelle così grandi da diventare dei comodi rifugi per gli studenti, con gli interni morbidi ed accoglienti e l’odore piacevole e dolce del caramello che rimaneva appiccicato sui vestiti, a quelle talmente piccole da poter essere facilmente infilate in tasca e sgranocchiate E poi c’erano quelle intagliate con facce, disegni, rune e simboli magici. Quelle che si potevano suonare e quelle che cambiavano di posto a loro piacimento. Una si schiantò in testa a Mulciber, il serpeverde amico di Piton, mentre dall’alto della scalinata Sirius Black e James Potter se la ridevano alla grande. Che lo si chiamasse Halloween o Samhain, per dare ragione a quel petulanteDraco Malfoy, era proprio una gran festa per i maghi.

 

Forse era anche per quello che la mattina di quel 31 ottobre le lezioni sembravano non finire mai, specialmente quella di pozioni. Andromeda Black, ben conscia dell’impossibilità di concentrarsi anche minimamente su quello che stava dicendo il professor Lumacorno e contando sulla predilezione del professore per la sua studentessa più brillante, aveva lasciato il suo posto usuale tra i primi banchi e aveva invece occupato senza troppe cerimonie il banco lungo dell’ultima fila, quello da sei posti. Alle proteste di Crabbe e Goyle, costretti per una volta tanto in vita loro a fare almeno finta di seguire una lezione invece di scarabocchiare disegni osceni sulle loro pergamene, rispose solo con un gesto annoiato della mano senza degnarli di uno sguardo.

Ancora più strano fu il comportamento della sua compagna di banco. Hermione Jane Granger, la studentessa modello che non aveva mai perso neanche cinque minuti di una lezione, eccezion fatta per Divinazione, era seduta accanto a lei e per non farsi vedere dal professore aveva eretto una barriera formata da tutti i libri di pozioni che era era riuscita a rimediare. La lezione sembrava suscitare lo stesso interesse anche su Pansy, seduta accanto alla Granger, intenta a limarsi le unghie

Alla sua sinistra c’era invece Draco, ben rilassato sulla sedia, senza neanche  una piuma davanti con cui potesse almeno far finta di fare qualcosa minimamente inerente allo studio. Tanto per non dare adito a dubbi aveva anche  ripreso a fare quegli stupidi uccellini di carta.

Solo che questa volta invece di farli volare per la stanza li disponeva in fila davanti a sé, piuttosto compiaciuto.

 

“Signor Malfoy, ben arrivato. Non si preoccupi i suoi fratelli mi hanno detto che avrebbe tardato per via dell’arrivo dei genitori di Cassandra”- disse benevolo il professore vedendo la sagoma familiare di Lucius entrare pigramente quando ormai la lezione era già nel vivo. O almeno lo era per una parte della classe.

“Grazie Professore e mi scusi ma davvero non potevo non andare a salutare i miei futuri suoceri, sono certo di poter beneficiare della sua comprensione “- cantinelà senza troppa convinzione. In realtà aveva passato non più di cinque minuti con i Carrow, mostrando tutte le sue doti di attore e diplomatico e impersonando alla perfezione il ruolo di perfetto fidanzato preoccupato ma fermamente deciso a restare al fianco della sua promessa sposa anche in un momento così difficile. La successiva ora, invece, l’aveva passata a litigare furiosamente con i suoi fratelli che ancora si rifiutavano di fargli leggere la lettera che Arael aveva ricevuto la sera prima.E in più gli avevano detto di stare lontano da Narcissa fino a quando tutto non si fosse risolto. Ci voleva un bel coraggio, dopo che erano stati loro a tartassarlo sul fatto che fosse innamorato di lei.

Mentre Lumacorno annuiva solidale, Lucius diede un’occhiata annoiata alla classe e invece di dirigersi verso il suo solito posto, dove ora c’erano Crabbe e Goyle che lo guardavano speranzosi come neanche bambini la notte di Natale, si sedette senza far rumore accanto a Draco.

Così come il futuro figlio, neanche lui fece il gesto di tirare fuori un libro o una pergamena, limitandosi ad appoggiarsi stancamente con i gomiti sul tavolo.

“Cosa leggi Drom?”- chiese voltandosi verso la compagna di casa, intenta a rileggere per la centesima volta il testo del libro cercando di trovarci un senso.

“L’incantesimo per farti sparire”-borbottò senza alzare gli occhi- “Divertito a giocare al perfetto fidanzato dell’alta società? C’erano anche quegli orridi mostriciattoli dei fratellastri di Cassandra?”

“Per fortuna no. Comunque sono quasi certo che la matrigna di Cassandra mi abbia palpato il sedere quando mi ha abbracciato”- mugugnò senza alzare la testa reclinata sul braccio. Hermione lo osservò attraverso il profilo di Draco, che invece sembrava ancora più concentrato su quei dannati origami.

“Che famiglia deliziosa”- commento la Black senza troppo interesse iniziando a trascrivere  le parole principali su un foglio a parte, nella speranza di capirci qualcosa.  Accanto a lei, la grifondoro era stranamente silenziosa.

“Potrei fare il politico sai, devi vedere come ho venduto la mia storia ai Carrow. Se non fosse una cosa da poveri potrei pensarci..E poi ho avuto una piccola discussione con Nicholas e Arael. Mi hanno detto di stare lontano da tua sorella”-continuò il biondo senza staccare gli occhi dal volto della giovane Black, cercando inutilmente di intercettarne lo sguardo.

“Mi sembra un suggerimento eccellente,a dire il vero. E da entrambe se posso dire la mia”- rispose la strega guardandolo finalmente negli occhi.

Il futuro nipote smise improvvisamente di piegare la carta e la fissò con uno sguardo di fuoco e sibilò: “Scusami? Non mi pare affatto un buon consiglio. Anzi se vuoi saperla tutta è davvero pessimo”

Lucius esibì un ghigno e gli diede una pacca sulla spalla : “Oh finalmente qualcuno che ragiona. Grazie Draco, continuo a pensare che ci sia qualcosa che non va in te,ma almeno so che sei dalla mia parte”

“Decisamente c’è qualcosa che non va in lui. E sai cos’è? Suo padre. Ehi …ma che modi”- la serpeverde lanciò uno sguardo di fuoco alla ragazza vicino a lei. Hermione, che era rimasta in silenzio per tutto il tempo aveva infatti sottratto il libro dalle sue mani e lo aveva lanciato verso Lucius.

“Vai dove c’è la carta dei tarocchi. Ti dice niente?”- disse senza staccare gli occhi dal ragazzo. Draco e la zia la guardavano come se si fosse improvvisamente bevuta il cervello.

Per tutta risposta Lucius le rivolse un sorrisetto soddisfatto , mettendosi a studiare la pagina indicata. La grifondoro notò quanto fosse simile al figlio quand’era concentrato, incluso il mordersi leggermente l’interno del labbro inferiore mentre leggeva, con le parole che gli sfioravano appena le labbra.Così come il vizio di tamburellare distrattamente con le dita come se stesse suonando quando era immerso nei suoi pensieri. Draco gli aveva detto che era stata sua madre ad insegnargli a suonare, ma evidentemente Narcissa non era l’unica pianista a casa Malfoy.Ovviamente però la cosa era sfuggita al serpeverde del suo cuore

Lucius si isolò e restò in silenzio per qualche minuto, poi prese uno dei libri della fortezza costruito da Hermione lo sfogliò velocemente.

“L’infuso da versare della pianta che nasce dalla vita e dalla morte. E’ la mandragora, ne sono sicuro. Sapete la leggenda su come nasce la mandragora no?E poi l’impiccato… manca solo che vi esca il disegnino.”- disse soddisfatto confrontando i due libri e gli appunti che aveva preso.

“La pianta che nasce sotto i patiboli dei condannati a morte, specialmente gli innocenti. E per la parte della pianta della vita… “.- si intromise Pansy smettendo per un attimo di gingillarsi con la lima.

Draco sbuffò “Si Pansy, lo sappiamo tutti dai lasciamo perdere.”- mormorò il futuro erede dei Malfoy troncando il discorso prima che prendesse una piega che già sapeva l’avrebbe messo in imbarazzo. 

“Non ti ricordavo così puritano, Draco. E’ passato un po’ dall’ultima volta che abbiamo fatto sesso ma ti ricordavo decisamente meno bacchettone ..”-lo prese in giro ridacchiando - “Granger che gli hai fatto? Ti ho lasciato uno che faceva faville e mi ritrovo un bigotto. E’ colpa tua ”

Draco le rivolse un’occhiata velenosa mentre la serpeverde gli mostrava la lingua ridendo - “Come mi manca Blaise, lui si che avrebbe saputo trovare qualche battuta adeguata sul risvegliare anche i morti”.

Decisamente non c’era bisogno di fare una lezione di erbologia.Sebbene la Sproute non avesse approfondito, ricordava bene come le leggende della nascita della mandragora dall’urina o dallo sperma di chi stava per morire circolassero nei dormitori. 

Come aveva detto quella che considerava un’amica non era mai stato un tipo da imbarazzarsi facilmente se si parlava di sesso. Con un’unica eccezione.

Chiacchiere tra uomini le chiamavano i padri di Crabbe e Goyle. A volte quando andava a casa di uno o dell’altro i rispettivi padri iniziavano con storie, aneddoti e suggerimenti che se fossero giunti alle orecchie dei suoi avrebbero provocato un gran volare di maledizioni.

Per sua madre erano discorsi volgari. Per suo padre...beh non aveva mai approfondito. Ancora una volta il rapporto padre figlio tra i Malfoy era  un’eccezione. Solitamente i figli maschi si trovano meglio a parlare di sesso con il padre. Per Draco, invece era sempre stato poco meno di un incubo.

Ricordò con disagio quando Lucius aveva provato a spiegargli come nascono i bambini. Alla fine era dovuta intervenire la moglie altrimenti avrebbe passato la patata bollente al primo elfo disponibile. Discorso che era nato perché li aveva praticamente beccati a fare sesso il giorno prima. Da allora si era sempre premurato di bussare e attendere il permesso prima di entrare in una stanza. Sempre.

Andromeda glieli strappò di mano, guardandolo in cagnesco. Si era concentrata troppo su tutti i dettagli invece di analizzare un aspetto per volta.  Il frutto da mangiare era il melo e l’albero era il tasso secondo Hermione. Ora mancava solo capire come entrare nel bosco sacro di Hogsmeade.

“Quando vi serve?”- chiese improvvisamente interessato. Quella lettura lo intrigava enormemente.

“Indovina Malfoy? Per ieri praticamente. Ma non potevi farti uscire prima quel po’ di cervello che ti è rimasto? Dannazione, e ora dove ci procuriamo gli ingredienti in così poco tempo?Posso chiedere a Ted per la mandragora, so che le stanno coltivando a Tassorosso...ma per il resto..”- borbottò Andromeda chiudendo di scatto il libro.

“Va bene, ora mi fai paura. Ridatemi Andromeda Black indietro per favore. Stare con quel dannato Tassorosso ti ha fatto male al cervello. Davvero pensi che sia un problema procurarsi qualcosa? Ti dice niente il fatto che Lumacorno abbia uno studio privato che è più semplice da scassinare di un baule di un sanguesporco del primo anno?”- ridacchiò sollevando un sopracciglio.- “Finita la lezione io penso agli ingredienti per la pozione, ci vediamo a mezzogiorno al bagno del quarto piano, va bene? Dov’è c’è quella sfigata che piagnucola sempre. Non ci va mai nessuno”- disse rivolgendo finalmente la sua attenzione verso il professore. Prima però si girò verso Draco - “ Vieni con me? Mi serve una spalla e Andromeda ormai è diventata un’ inutile utilizzatrice di rastrelli. E la tua ragazza..perdonami ma non ce la vedo proprio.Mi sei rimasto solo tu.”

“E io cosa sono trasparente?”- si lagnò Pansy.

“Tu sei incapace di non fare casini, ecco cosa sei. Però se ci tieni tanto io distrarrò Lumacorno e io e voi prenderete gli ingredienti .Va bene cosi?”- rimbeccò il biondo tornando a rivolgersi verso Draco. Nelle ultime settimane lo aveva osservato. Continuava ad avere quella sensazione in fondo alla testa che gli diceva che non stesse dicendo tutta la verità. Eppure si trovava a voler passare del tempo in sua compagnia. Era come se ci fosse qualcosa che lo chiamasse, come se ne avesse bisogno. 

Il ragazzo annuì tornando a piegare il foglio di carta e impegnandosi ad eliminare ogni possibile bolla d’aria. Mentre lo faceva gli tornò alla mente un pomeriggio di tanti anni prima quando aveva fatto il suo primo uccellino tutto da solo. O quasi. Era un tiepido pomeriggio di primavera e suo padre era stranamente in casa. Si erano messi nel tavolo del giardino d’inverno, riusciva a sentire il profumo dei gerani che riempiva l’aria, mentre in braccio a suo papà cercava di piegare con le ditine paffute un ritaglio di carta di riso leggerissima. Ogni volta che non ci riusciva perfettamente sbuffava e si dimenava facendo ridere suo padre che, paziente, continuava a guidargli la mano. Quando finalmente ci riuscì aveva davanti a sé un piccolo uccellino. Non era bello come quelli che gli faceva suo padre ma era soddisfatto del risultato. Lo prese tra le mani per farlo vedere a Lucius che sorridendogli soffiò sull’origami. Padre e figlio guardarono l’uccellino spiccare il volo e volteggiare per la stanza, mentre il piccolo Draco batteva le mani felice.

La voce di Hermione lo riportò alla realtà : “Io devo vedermi con Ron ed Harry. Voi andate, vi raggiungo dopo. E scusa Andromeda, ma mi serve il libro”. 

Un secondo dopo alzò la mano.

“Si signorina Granger?”

“Asfodelo e artemisia professore. Insieme fanno una pozione soporifera talmente potente da essere nota come distillato della morte vivente”- rispose tranquilla. Andromeda accanto a lei le scoccò un’occhiata tra il perplesso e l’ammirato. E così la  dannata natababbana aveva comunque continuato a seguire la lezione. Secchiona.

“E poi tu e i tuoi amichetti avete il coraggio di lamentarvi delle lezioni di Piton”- fu il laconico commento di Draco, infastidito perché si era piegata la coda alla sua gru.

Lucius si girò appena guardando perplesso Andromeda, che per tutta risposta prese i fogli da davanti al nipote e li fece in mille pezzi. Merlino, ma non era capace di controllarsi quando parlava? Sicuro era colpa degli inutili geni dei Malfoy.

Ah già, e per aggiungere problemi su problemi doveva poi trovare un modo per spiegare a Arael e Nicholas il coinvolgimento di Lucius. Dannati Grifondoro,sempre pensato che fossero buoni solo a creare casini.






 

“Forse dovremmo dirlo ad Hermione”- disse Harry seduto sulla ringhiera del ponte, quella dove pochi giorni e diversi anni dopo aveva avuto delle conversazioni molto interessanti con Remus.Giocherellava nervosamente con una pluffa di dimensioni più ridotte rispetto al solito, passandolo pigramente con Ron seduto di fronte a lui.

“Forse.. ma ti rendi conto di cosa scateneresti? E poi è lei che ha scelto di stare a Serpeverde. E con Malfoy. Se non le diciamo le cose se lo merita”-sbuffò il rosso con indolenza.

“Ron...tu stai con la Parkinson”- gli ricordò Harry. Non gli piaceva dover essere lui quello saggio del gruppo, quello che rimetteva le cose a posto. Era il compito di Hermione.

“Io non sto con la Parkinson. Siamo ex nemici con benefici, è diverso. E comunque non puoi metterla sullo stesso piano. Lui è Malfoy per la miseria… la nostra piaga sin dal primissimo giorno ad Hogwarts. Uno che l’ha chiamata sanguesporco fino a un anno fa. E ora giocano alla coppietta felice.”- rimbeccò Ron con un lampo di furia negli occhi.

“Veramente solo ieri la Parkinson ha minacciato di incidertii traditore del sangue in faccia, non mi sembra che il vostro rapporto sia tanto meglio. E poi ammettilo a te piace. Molto.”- rispose Harry massaggiandosi la cicatrice. Ogni giorno che passava il bruciore diventava più forte. Sperava solo che non avrebbe ricominciato a sentire la voce di Voldemort nella sua testa. Eppure sentiva dentro di sé come quel maledetto folle stesse divenendo più forte giorno dopo giorno. E stare li a guardare mentre il carosello dei futuri mangiamorte gli girava intorno incensandolo stava diventando quasi insostenibile.

Ron scese con un balzo dalla balaustra e gli andò vicino, affrettandosi a coprirgli la bocca con la mano.

“Zitto Harry, per carità. Quella ha due orecchie origlianti naturali. Se ti sente dire una cosa del genere andrò a fare compagnia a Nick Quasi senza testa tra i fantasmi di Grifondoro”.

Il bambino sopravvissuto si costrinse a trattenere una risata di fronte alla faccia genuinamente spaventata del suo migliore amico. Avevano affrontato troll, serpenti giganti, basilischi, mangiamorte eppure Ron Weasley sembrava assolutamente terrorizzato da una strega quindicenne che pesava sì e no cinquanta chili, tacchi inclusi.

“Onestamente, Ronald, non mi pare un gran segreto. Si vede lontano un miglio che sei cotto di Pansy”- ridacchiò invece apertamente Hermione, appena arrivata, appoggiandosi accanto ad Harry che le diede un bacio sulla guancia .

“Siamo a Pansy, ora eh? Cos’è sei diventata una serpeverde? Cos’è tutta questa confidenza che vi date? Vi state coalizzando contro di me per caso?”-sbuffò il rosso .

Harry ed Hermione alzarono gli occhi al cielo.

“SI certo, è tutta una congiura. Quando torneremo ad Hogwarts mi assicurerò personalmente di includere anche Ginny nel team,stai tranquillo. A proposito..chissà che dirà tua sorella di questa tua nuova fidanzata. O i gemelli. O tua madre”- trillò leggera. Quando si rese conto che le labbra si erano tese in un ghigno che mai qualcuno le aveva visto  prima di allora ammutolì di colpa. Che davvero ci fosse qualcosa di tossico nei sotterranei di serpeverde.

“Oh ti prego, voglio dirlo io a Molly. In confronto Fleur le sembrerà la nuora perfetta”- continuò invece la speranza dei maghi, ormai ridendo sguaiatamente al pensiero di Pansy Parkinson che metteva i suoi preziosi piedini nella cucina di Molly Weasley. O in prossimità di qualsiasi pertinenza della Tana.

Poi prese il libro dalle mani di Hermione e iniziò a sfogliarlo pigramente sino a giungere alla pagina segnata. Diede una breve letta e poi lo passò a Ron.

“Come al solito non ci ho capito niente. E’ mai possibile che nessuno possa scrivere le cose chiaramente? Cos'è questa mania di essere criptici?”- sbuffò.

Il grifondoro a sua volta si concentrò sui versi, ben contento di avere una scusa per non parlare della sua situazione sentimentale. Poi fece una cosa che mandò fuori di testa Hermione. Girò la copertina morbida in modo che la prima andasse sotto il libro, per leggerlo con più comodità.

Con un ringhio la giovane glielo riprese con violenza, ma cosi facendo udì un suono che non avrebbe mai voluto sentire, neanche nei suoi peggiori incubi.

Il suo della carta che si staccava dalla pelle. Avevano rotto il libro.

Un libro.

Antico

Rotto.

Rimasero in piedi, gelati, ognuno con un pezzo del volume in mano increduli.

Harry si sentì che il cuore gli mancava un battito. Un libro rotto nella classifica personale di Hermione Granger era peggio che venire espulsi, e tutti sapevano bene che per lei era il massimo della punizione possibile. Anche il suo molliccio si era impersonificato in una McGranitt che la avvisava di essere stata bocciata in tutte le materie, per dire. Per un attimo pensò di trasformarsi in animale, tanto per dare alla grifondoro un motivo per urlare con qualcuno che non fosse il povero Ron Weasley.

Delicatamente prese dalle mani di quelle che ormai sembravano due statue di sale i due monconi, ben attento a non fare movimenti improvvisi. L’aria attorno a loro iniziava a caricarsi di energia e sentiva distintamente il ponte sotto i suoi piedi iniziare a tremare. Quello non era di certo un buon segno.

Con estrema attenzione cercò di far combaciare le due parti ,pregando qualsiasi entità magica e babbana che la magia potesse risolvere. Davvero era possibile trasfigurare un gufo in un binocolo e non riattaccare uno stupido libro?

Un ringhio basso e pericoloso iniziava a venire da dietro di lui, mentre le mani di Ron volavano verso la bacchetta, senza osare staccare gli occhi da Hermione.

Il dorso di pelle morbida si era lacerato ma premendo i due monconi tra di loro Harry Potter si rese conto di una cosa. Le coste unite insieme e libere da impedimenti non solo riuscivano  a combaciare perfettamente senza bisogno di alcun incantesimo. C’era qualcosa di più. Fece segno ai suoi amici di avvicinarsi, e quelli seppur riluttanti lo fecero, stando ben attenti a non incrociare nuovamente lo sguardo. Tenendo il libro ben premuto tra le mani indicò la costa riparata con il mento.

Quelli erano decisamente dei segni. Anzi sembrava qualcosa di più.

“Un quadrato? Ma sono lettere quelle?”- chiese Ron in un soffio continuando a sbirciare da sopra la spalla del bambino sopravvissuto.

“Non è un semplice quadrato, Ronald. E’ un sator.”- rispose Hermione. Il quadrato magico, un simbolo risalente agli antichi romani che in realtà c’entrava poco con le tradizione celtiche. Anche se a pensarci bene in quelle righe che aveva letto c’era la summa dell’alchimia : il cerchio della mela , il triangolo dell’oggetto che avevano trovato nel bagno dei prefetti. Mancava solo il quadrato. O almeno era mancato fino a quel momento. D’altronde il principio fondamentale tanto della notte di Halloween che dell’alchimia era proprio quello di travalicare i mondi. Acqua, aria, terra e fuoco. Passato, presente e futuro.

Ron si avvicinò al suo migliore amico e lo prese con mani tremanti.

“Io l’ho già visto questo disegno”- iniziò ma venne interrotto dallo sbuffo della grifondoro.

“A storia della magia greca e romana, sicuramente. E’ pieno di sator in europa, per molti si riferisce all’equilibrio tra l’umano e un supposto disegno divino. Alla falce e alle stelle, cose cosi”- commentò stancamente Hermione. Per Merlino, possibile che fosse l’unica ad aver seguito le lezioni in tutti quegli anni. E alla fine del loro anno avrebbero avuto i GUFO.Se mai ci fossero arrivati.

Weasley però scosse la zazzera rossa, continuando a fissare le lettere : “No, genio. Non l’ho visto su un libro ma in un ritratto. Vicino alle cucine c’è un ritratto di Salazar Serpeverde che tiene un libro in mano. E sulla copertina c’è questa...cosa”-rispose il giovane passando un dito sul libro, ora magicamente incollato, con solo il dorso ancora scoperto.

“Ne sei certo Ron? Perché diavolo c’è un ritratto di Serpeverde nelle cucine?”- Harry si girò a guardarlo perplesso . L’amico però si limitò ad alzare le spalle.

“Ci sono i ritratti di tutti i fondatori a dire il vero. Anche io pensavo solo di trovare quello di Tosca Tassorosso. Ma ne sono sicuro perchè è lì che Cockey mi ha dato appuntamento per darmi i tortini. Ho dovuto aspettare un po’ e ho avuto modo di guardarmi intorno”:-spiegò

Il grande orologio  sulla torre ovest scandì l’ora. Hermione prese velocemente il libro e se lo rimise in borsa, poi prese sottobraccio i suoi due migliori amici e si incamminò verso  il castello.

“Niente lezioni oggi pomeriggio per voi. E no non perchè così potete andare a giocare a Quidditch. Abbiamo del lavoro da fare. E una pozione da preparare”-disse allegramente.

SI, avevano poco tempo ma lo avrebbero fatto fruttare al meglio.

Parola di Hermione Granger.






 

Come previsto procurarsi gli ingredienti non era stato affatto difficile. Il professor Lumacorno era probabilmente l’unico mai smistato a Serpeverde che non fosse diffidente di natura. Nonostante non fosse neanche lontanamente a livello di Piton come insegnante non poteva certo dirsi che non avesse a cuore i suoi studenti. E a differenza di una certa persona non aveva paura di mostrarlo.

Quando alla fine della lezione si era avvicinato alla cattedra un contrito e preoccupato Lucius Malfoy per potersi confidare con il suo professore preferito, l’unico che sapeva aiutarlo non aveva pensato neanche per un momento che fosse tutta una sceneggiata.

Draco per un attimo guardò ammirato suo padre che si sedeva al bordo della scrivania del professore raccontando quanto fosse preoccupato per le sorti di Cassandra e di come non dormisse la notte cercando di capire chi fosse stato talmente folle da fare questo. Era talmente convincente che  fece anche finta di asciugarsi una lacrima di rabbia.

Però. Probabilmente era con le stesse doti che era sfuggito al processo dopo la caduta di Voldemort. Altro che imperio. Bugiardo patentato. Chissà su quante altre cose era stato in grado di mentire… sul fatto che suo nonno fosse morto, ad esempio. O ancora sull’essere stato fidanzato con una pazza omicida che aveva consapevolmente messo a fare la dama di compagnia di un altro pazzo sanguinario. Tanto per dirne una.

Pansy gli lanciò un’occhiataccia conficcandogli le unghie nel braccio e spingendolo verso lo studio del Professore. Conosceva Draco da anni, era stato il suo primo amore, e sapeva benissimo quali malsani pensieri frullassero nella sua testa. E soprattutto quanto potesse essere petulante.

D’altronde come ripetevano sempre tutti i Black erano dannatamente testardi. Ed evidentemente la sua metà Black era decisamente preponderante nella mentalità, quanto quella Malfoy nelle sembianze.

Neanche forzare la porta fu un gran problema, Pansy ormai poteva dirsi un’esperta e gli incantesimi messi a protezione non erano neanche lontanamente paragonabili a quelli del loro capocasa. Lanciando l’ultimo alohomora la serpeverde si chiese come avesse fatto Draco a trafugare il veleno proco prima della cerimonia del calice. L’unica valida spiegazione che le veniva in mente non era affatto piacevole. Che Piton, il loro professore preferito e capocasa, un amico di famiglia dei Malfoy che conosceva il ragazzo sino dalla nascita, avesse intenzionalmente permesso al serpeverde di sgattaiolare nella sua spezieria personale e rubare una fiala di un veleno che, guarda caso, aveva effetti solo una volta in circolo?

Un brivido le risalì lungo la schiena. Era davvero così? Sul serio anche il loro professore preferito li aveva traditi?

Draco accanto a lei sembrava invece non aver neanche considerato l’ipotesi, mentre apriva i diversi cassetti borbottando. Velocemente presero quello che serviva loro, copale nero per alimentare il fuoco e creare uno spazio sacro,sangue di drago che amplificava i poteri,eufrasia per squarciare il velo tra i mondi e la verbena che secondo le leggende permetteva una più facile comunicazione. Più belladona ed elleboro, i classici dell’unguento della strega.

Rapidamente infilarono il loro bottino nelle borse e silenziosi come erano entrati, sgusciarono fuori.

Mentre Pansy si preoccupava di sigillare nuovamente la porta di ingresso, Draco buttò un occhio nell’aula di pozioni

Merlino, che talento sprecato. Ora suo padre si era addirittura atteggiato a disperato, seduto sulla sedia del professore con la testa tra le mani, Lumacorno che lo abbracciava per consolarlo. Al figlio non sfuggì però che, nascosti dai capelli chiarissimi che gli ricadevano in candidi raggi sulla fronte, gli occhi fossero perfettamente asciutti e taglienti come al solito.

Sollevò appena un sopracciglio verso Draco che gli indicò la sacca, a significare che la missione era andata a buon fine e poteva anche cessare con la pantomima.

Neanche dieci secondi dopo un rinato Lucius Malfoy prendeva il suo libro e dopo aver ringraziato il professore per  l’eccezionale aiuto di cui era sempre certo poter usufruire si avviava calmissimo verso il bagno del quarto piano. Solo per decenza evitò di fischiettare, ma chiunque fosse passato avrebbe visto il ghigno di soddisfazione che gli illuminava il viso.

I suoi fratelli volevano tenerlo fuori da quello che stavano architettando. Eppure lui aveva trovato il modo di partecipare lo stesso. 

Serpeverde: ambizione, astuzia, intelligenza. E una gran dose di faccia tosta.






 

“E tu cosa diavolo ci fai qui?”- Nicholas Malfoy si girò verso il fratello, che lo guardava con aria di assoluta innocenza. Hermione aveva appena finito di spiegare perché al loro prezioso libro mancasse il dorso della copertina, e soprattutto della scoperta del quadrato magico. Cosa che aveva evitato la loro subitanea dipartita per mano di una certa strega  bionda.

Lucius gli rivolse il suo miglior sorriso, andando a sedersi accanto alla sorella che stava già iniziando ad armeggiare con le fiamme magiche per il calderone. Si sporse appena a darle un bacio sulla guancia, ricavandone però solo un’occhiataccia.

“Io sto benissimo, fratello. Grazie di averlo chiesto”- rispose noncurante tirando fuori dalla sacca una boccetta dall’aspetto misterioso.

“Lucius”- il tono di voce del fratello era basso e tagliente.

“Nicholas”- continuò il biondo serpeverde in tono noncurante, facendosi passare dal futuro figlio e da Pansy le spezie e le erbe che avevano trafugato ed iniziando a disporre con gran cura- “Ci serve una bilancia di precisione. Possibile che nessuno ci abbia pensato?”.

Harry era ancora vicino all’ingresso, le spalle appoggiate contro la porta e le braccia incrociate. In attesa. Guardava fisso Hermione. Di tutto quel carosello di gente di certo lei era  l’unica che avrebbe potuto fermare quel circo. Soprattutto quello relativo ai Malfoy indesiderati. Ovvero tutti.

Stranamente però la grifondoro era l’unica del gruppo che sembrava assolutamente a suo agio. 

Come se fosse la cosa più normale del mondo passò il libro che ancora teneva in mano, stando ben attenta a coprire la scritta sulla rilegatura, a Ron che era accanto a lei e poi si sistemò a gambe incrociate in prossimità del calderone che iniziava a sobbollire. Sistemò con cura tra lei e Malfoy la bilancia che aveva chiesto, dei coltelli, un tagliere e un mortaio di pietra con pestello. Lode a Merlino e all’incantesimo per ingrandire le borse senza che pesassero un quintale.

“Cos’è quello’”- chiese indicando la fiala che Malfoy aveva tirato fuori poco prima.

Lui le rivolse un ghigno fin troppo simile a quello del figlio, con un luccichio divertito negli occhi :”Quella è la mia assicurazione. Non ve l’ho detto prima ma c’è l’Acqua del fiume Lete tra gli ingredienti necessari. Acqua che, guarda caso, avevo dietro nel caso mi fosse servita per annacquare un po’ i ricordi di lumacorno. Visto che però non conoscete la ricetta della pozione non sapete esattamente quanta ne serva. E se ne aggiungete troppo poca non farà effetto. Se ne aggiungete troppa… beh il vostro bel progetto andrà in fumo. Letteralmente”- chiosò sbattendo gli occhi grigi con fare del tutto innocente.

Arael accanto a lui lo pizzicò forte sul braccio, irritata.

“E  com’è che tu la conosci la ricetta e né io né tuo fratello ne abbiamo mai sentito parlare?”-rispose risentita.

Lucius le prese la mano e le schioccò un bacio sulle nocche, ridacchiando :” Chissà , sarò forse il più intelligente della famiglia?”

Nicholas davanti a lui alzò un sopracciglio ma fu frenato nella risposta dalla lingua di Andromeda, entrata in quel momento insieme a Ted.

“Che brutta fine allora per il casato dei Malfoy”-disse laconica, la mano ben intrecciata in quella di Ted. Gli strinse forte le dita quando sentì gli occhi di Arael e Nicholas addosso,mordendosi appena le labbra.Era il momento di renderlo ufficiale. D’altronde se quello che aveva detto Draco era vero,quei due non avevano alcun interesse a rendere di dominio pubblico la loro relazione. E Lucius comunque già lo sapeva, era solo questione di tempo prima che lo dicesse ai fratelli.

“Ted Tonks, giusto? Il prefetto di Tassorosso. Che inusuale presenza”- mormorò appena il più grande dei Malfoy fissandolo con occhi taglienti, senza però allungare la mano per salutarlo.

“Non solo la mia a quanto pare. Andromeda non mi aveva detto che ci sarebbero state aggiunte rispetto a quando abbiamo salvato Narcissa. Perché sai Malfoy, io ero lì, mentre tu giocavi a fare la bambinaia a Bellatrix”- Ted sostenne lo sguardo del serpeverde senza arretrare di un millimetro. 

Era come guardare due facce della stessa medaglia, pensò Pansy osservandoli. Calore, foglie d’autunno, il tepore di una seraata davanti al camino con un bicchiere di rhum al ribes rosso da un lato, il gelo sferzante delle notte di luna d’inverno, il freddo del metallo e l’odore dell’acqua gelata del lago nero dall’altro

Poi d’improvviso Nicholas Malfoy sorrise e anche la giovane serpeverde vi rivide il calore che così spesso aveva intravisto in Draco, specialmente quando guardava la dannata sapientina natababbana grifondoro fino alla punta crespa dei capelli.

O quasi, visto che era tutta impegnata a chiacchierare con Lucius Malfoy sul miglior modo di pesare gli ingredienti prima di inserirli. Avevano entrambi delle strane teorie sul fatto che bisognasse rispettare i tempi di riposo di ciascun elemento, in modo da non alterare l’equilibrio della pozione. Peccato che non concordassero su quali fossero questi tempi.

Pansy sbuffò. Pozioni non era mai stata la sua materia preferita, nonostante Piton la rendesse affascinante. Era tutto troppo lento, troppo noioso. Stare li a pesare al centigrammo, a girare con mille attenzione e poi passare eoni a guardare un liquido il più delle volte puzzolente sobbollire. Mille volte meglio incantesimi. O ancora meglio sarebbe stato imparare Arti Oscure e non solo la difesa.

“Granger, allontanati, sai bene che sono io quello portato per pozioni”- bofonchiò Draco accovacciandosi accanto alla ragazza e soffiandole il sacchetto con le foglie di verbena e iniziando a pestarle nel  mortaio lamentandosi del fatto che non fossero perfettamente separate.

“Scusami? Ti vorrei ricordare che io sono la prima della classe”- rispose offesa come se le avessero rivolto il più grande insulto possibile-

“Abbiamo gli stessi voti a Pozione, non ci provare”-. rimbrottò Draco - “ Tu sei tutta libro e studio, io sono un talento naturale”

“Talento naturale un cavolo. Tu sai solo far muovere la bocca”- continuò la grifondoro iniziando a versare poche gocce di sangue di Draco.

“Di solito ti piace quando lo faccio. Un sacco”-l’ombra scura negli occhi del giovane serpeverde era sparita ed era rimasto solo un ghigno soddisfatto. Le passò quella che ormai era una pomata perfetta, lucida e verde 

Lucius accanto a loro, impegnato a girare in senso rigorosamente antiorario la pozione li guardava con uno strano sorrisetto divertito. Dopo dodici giri si fermò, osservando il liquido che aveva assunto un odore dolce e penetrante come il sidro di mele.

Stava per chiedere di aggiungere la pasta di erbe quando sentì qualcosa vibrare. Dannazione, non era davvero il momento. Prese il vasetto e lo mise in mano alla sorella prima di alzarsi di corsa.

“Devo andare, Bella ci sta chiamando. E nessuno vuole farla aspettare”- disse frettoloso mostrando una moneta tirata fuori dalla tasca. Brillava e vibrava con violenza.- “Peccato,sembrava divertente. Nicholas, vieni anche tu?”.

“Perchè non ha mai provato a far aspettare Narcissa, li si che si dovrebbe preoccupare”-mormorò appena Andromeda appena i due Malfoy sparirono alla vista andando a prendere posto accanto al calderone.

Ted dietro di lei le passò una fiala scura, piombata.

“Estratto di mandragora di prima qualità. Non avete idea di cosa ho dovuto inventarmi per farmela dare dalla capocasa”- spiegò andandosi poi a posizionare appoggiato al lavandino.- “Ciao Mirtilla, come stai? E’ da un po’ che non ci vediamo”- si rivolse poi con tono gentile al fantasma che era appena apparso accanto a lui.

“Malfoy mi ha cacciato via”- si lagnò quella- “Ma tu sei sempre così gentile, Ted. Un vero gentiluomo”- si lagnò il fantasma con voce infantile e lamentosa, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso.

“Sai che conosco un modo per maledire i fantasmi, Mirtilla? Non morirai ovviamente.Ma posso farti soffrire. Un sacco”-la voce di Andromeda era vellutata come una carezza, mentre con l’aiuto di Hermion iniziava a inserire quattro cucchiai di verbena ed elleboro nel liquido, ricavandone un borbottio soddisfatto. Il fantasma con un ultimo lamento sparì con un sonoro ed acquoso plop.

Arael accanto a lei ridacchiò. Le sarebbe davvero mancata quella stramba serpeverde innamorata di un natobabbano tassorosso. 

Il fumo divenne denso e chiaro come panna montata. 

“E ora dobbiamo solo attendere qualche ora”- commentò Hermione con la testa sulla spalla di Draco, le sue braccia attorna alla vita. Entrambi sembravano ipnotizzati dal vapore aromatico che saliva dal calderone.

“E nel frattempo?”- finalmente il bambino sopravvissuto decise di far sentire la sua voce. Li aveva osservati in silenzio durante le ore di preparazione. incapace di comprendere perché avessero bisogno di tutte quelle persone e non potessero fare da soli come al solito. O, alternativamente, perchè  non se la sbrigavano da soli, lasciando a lui il tempo di stare un po’ con Ron o suo padre.

“Io direi che possiamo andare a fare un salto nelle cucine, stasera rischiamo di perderci la cena di Samhain e Cockey mi ha detto che sarà spettacolare. Ho già l’acquolina in bocca.”- suggerì l’amico.

“Sai che questo tuo rapporto con un elfo domestico non è sano? Per Salazar Weasley, a malapena sai com’è fatto  e ora sei diventato il suo migliore amico”- Pansy alzò gli occhi al cielo, invocando tutta la sua non famosa pazienza- “Beh meglio di Potter in effetti…” 

“A proposito di Cockey, la nonna si è raccomandata di salutarla e farle i complimenti per i dolci.”- intervenne Draco pigramente mentre depositava una serie di baci leggeri e appena accennati sul collo della grifondoro che era mollemente appoggiata contro il suo petto. Decisamente avrebbe preferito essere soli, ma visto che dovevano ingannare il tempo, quello sembrava un passatempo accettabile.

“Mia madre ti ha detto di andare dal suo elfo?”- la voce di Arael era di nuovo tagliente come era stata quella del fratello, il sopracciglio chiarissimo alzato a rimarcare il suo disappunto -. “ E quando pensavi di dircelo?”

Draco con le labbra ancora sulla pelle profumata di Hermione si scostò appena : “Ehi io ci ho provato, ma poi voi vi siete messi a parlare di tutt’altro e mi avete ignorato. Come al solito”.

Per tutta risposta la strega bionda si alzò in piedi di scatto e lo prese per un braccio costringendolo ad alzarsi. Fu tale la foga che per poco la Granger non si trovò a rotolare con la faccia nel calderone.

“Andiamo “- disse solo trascinandolo fuori

“Ma…”- provò ad opporsi

“Ora. Non costringermi ad usare la magia”- rispose semplicemente con un tono che non ammetteva repliche conficcandogli le  unghie nell’avambraccio e trascinandolo fuori dal bagno.

Arael sentiva che se avesse perso altro tempo le sarebbe sfuggito qualcosa. Sua madre non era mai stata così diretta. Se voleva che Draco andasse a parlare con l’elfo che aveva messo ad Hogwarts per proteggerli c’era un motivo. Che c’entrasse lo strano ammonimento di Silente?

Scese le scale più velocemente che poteva, trascinandosi dietro il nipote.

Poteva solo sperare di essere nel giusto. E che Lucius e Nicholas non commettessero qualche errore di cui si sarebbero pentiti per il resto della vita.

O almeno di quel che ne restava.

Quando entrò come una furia nelle cucine tutti gli elfi domestici si gelarono, come pietrificati. Non era mai successo che qualcuno interrompesse in quel modo la preparazione di un banchetto. E soprattutto non qualcuno in divisa verde argento. Quelli non erano mai portatori di buone notizie.

Tutti tranne una piccola elfa con dei buffi codini formati da poco più di qualche filo di capelli viola e due grandi fiocchi a tenerli. Come la vide sgranò i grandi occhi acquosi con un’espressione di genuino piacere.

“Miss! Cockey è cosi felice di vederla, Miss. Cockey non ci sperava più. La padrona aveva detto di attendere la padroncina per Samhain ma la padroncina non veniva. E anche il giovane padroncino. Ma nessuno veniva e Cockey era così triste”- cantilenò avvicinandosi con passo ciondolante.

Arael sorrise e diede una spinta a Draco in modo da farlo avanzare.

“Forza, di quello che devi dire”- gli sibilò all’orecchio in modo che gli altri elfi non sentissero.

“Ma veramente…”- provò a giustificarsi Draco. In quindici anni non gli era mai successo di dover interagire veramente con un elfo.

“Ora, Draco”

Cazzo, quella dannata strega era davvero la versione più giovane e femminile di suo padre.

Draco si chinò all’altezza della creaturina e si sforzò di dire con il suo tono più gentile.

“E’ un piacere incontrarti Cockey. Lady Malfoy mi ha pregato di portarti i suoi saluti”- mugugnò.

L’elfa squittì per l’emozione, stringendosi le mani dalle lunghe dita ossute al petto.

Sua zia dietro di lui lo pungolò con la punta dello stivale di pelle.

“E?”- disse incoraggiante ma con un sottotono della voce che non presagiva nulla di buono.

“E ho provato i tuoi dolci. Sono deliziosi. I più buoni che esistano”- disse finalmente.

Dovette usare tutta la sua forza di volontà, certamente aiutato dall’essere assolutamente certo che se non avesse collaborato sua zia l’avrebbe maledetto senza troppe cerimonie, quando Cockey iniziò a saltellare per la gioia emettendo degli strani versi

“Cockey è troppo felice. Cockey è un’elfa felice. Cockey ci mette tanto amore nel fare i dolci di Samhain, giovane padroncino. Bisogna tagliare le mele e farle macerare. E poi Cockey pesta le spezie. E poi le mette nelle mele . E poi-...”- iniziò a cantilenare.

Merlino, avrebbe mai avuto fine quello strazio?

“Hai molto talento Cockey. Ma devo chiederti un favore Puoi aiutarci Cockey? Credo che solo tu possa farlo”- Arael si era abbassata alla sua altezza e le aveva messo le eleganti mani sulle spalle , per fermare quell’assurdo balletto.

L’elfa sgranò ancora di più gli occhi già oscenamente grandi e sproporzionati per il viso, tirandosi le orecchie sotto il mento. Era totalmente incredula.

“Cockey può aiutare la padroncina, Miss?”- la bocca era un cerchio di puro stupore. Nella stanza non volava una mosca.

Arael annu’- “Cockey, puoi aiutarci a raggiungere il bosco sacro di Hogsmeade?Si passa dalle cucine, vero? Dal dipinto di Salazar Serpeverde"-chiese in un soffio.

Draco si girò a guardarla come se si fosse bevuta il cervello. Stavano davvero  chiedere aiuto ad un dannato elfo per un enigma che né Hermione né Andromeda erano riuscite a risolvere.

Cockey rimase immobile, poi annuì gravemente.

“Cockey può farlo miss. Cockey va sempre al bosco sacro a prendere le mele per Samhain. Cockey è qui per questo Miss. Per portare Miss dalla grande signora. Ma prima dovete portare un dono Miss,non si va dalla Signora senza doni”- cantilenò

Arael e Draco si rimisero in piedi, incapaci di parlare.

“Avete un dono per la grande Signora Miss”- chiese sgranando gli occhi.

Si ce l’avevano.O meglio, al momento lo aveva Andromeda Black,. La giovane strega posò appena una mano sulla grande testa dell’elfa, per tranquillizzarla

Poi si rivolse a Draco.

“Vai a chiamare gli altri. Abbiamo un viaggio da iniziare”.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16° ***


Eccoli lì, radunati intorno ad un ritratto di un mago arcigno e fanatico della purezza del sangue, in un posto dove non ci sarebbe dovuto essere nessun quadro di mago arcigno e fanatico della purezza del sangue, vale a dire il corridoio che collegava le scale con le cucine. Harry si stropicciò ancora una volta gli occhi, lanciando a Ron uno sguardo sconsolato.

Come ad intuire le sue perplessità il rosso grifondoro sussurrò: “Quasi quasi preferivo la camera dei segreti. Almeno il faccione in pietra aveva un suo stile”.

Ron ed Harry non erano gli unici perplessi. Draco passava uno sguardo stralunato dal dipinto alla zia all’elfo domestico che ancora gli saltellava intorno squittendo in una maniera che lo stava mandando ai matti. Molto meglio Krippy che guardava tutti quelli che non erano i padroni di casa con un misto di ribrezzo e riprovazione, scuotendo continuamente la testa per rimarcare il concetto. Addirittura meglio Kreatcher che era sempre felice di vederlo, almeno sino a quando non si ricordava che stava con una natababbana. Ma comunque lo preferiva mille volte al resto dei disagiati che passavano per Grimmauld Place.

Andromeda invece si era fatta trascinare nella gara di conoscenza iniziata da Hermione ed erano dieci minuti buoni che facevano a gara a chi ricordasse più informazioni possibili in merito al sator. dalla storia dei palindromi al ritrovamento a Pompei, Roma,a lupitt,a Edimburgo, di quanto fosse interessante, e dell’arepo, e delle stelle e altre menate varie.

Pansy e Draco alzarono gli occhi al cielo all’ennesima citazione di cui non interessava niente a nessuno.

“Siete noiose quanto Ruf, per Merlino. Ecco perché la carta dell’impiccato..meglio uccidersi che stare a sentire voi due”- si lagnò la serpeverde avvicinandosi al quadro. Forse se avesse limitato loro la visuale si sarebbero distratte e avrebbero smesso quella litania.

Andromeda le scoccò un’occhiata velenosa, stringendo le dita attorno alla bacchetta.
“Sentiamo, Pansy cara, hai qualche informazione che invece vuoi condividere con noi? O pensi che sia più utile stare lì con quell’aria annoiata?”- sibilò

La ragazza alzò appena le spalle senza perdere la sua espressione impassibile: “Sempre meglio che vaneggiare come due povere sfigate che non hanno mai visto niente di magico in vita loro… ti stai già preparando alla tua futura vita da moglie di un tassorosso natobabbano? Immagino che carine le cene di natale con i suoceri”

Draco per un momento ebbe la visione del grande tavolo della sala da pranzo in stile art decò , la sua preferita, riccamente addobbata per Natale, con candele fluttuanti e un grande albero che riluceva di cristalli e luci stregate nell’angolo. Il tavolo ricoperto di leccornie, l’odore del camino e delle spezie di Natale. 

E i suoi e genitori della Granger seduti alla suddetta tavola. Chissà se sarebbero riusciti ad arrivare senza morti al dolce.  Onestamente poco probabile.

Fortunatamente fu distratto dalle sue fosche profezie di morte per mano di un tacchino dal rumore molto poco rassicurante che proveniva da quella che avrebbe potuto essere la sua zia preferita. O meglio l’unica viva e in libertà tra qualche anno.Che a quanto pare non gradiva i commenti acidi sul suo conto.

Che strano, col bel carattere che si ritrovavano in famiglia.

La giovane Black respirò a fondo per riuscire a calmarsi. Non poteva agire come Bella che avrebbe schiantato, o probabilmente peggio, qualcuno per molto meno.Lei era quella intelligente e se davvero c’era un minimo di saggezza che poteva scorrere in una Black era il momento di dimostrarlo.

Una voce annoiata dietro di loro però la stupì.

“Tonks è carino. Non il mio tipo decisamente, ma non è male. Certo, i tuoi non credo la prenderanno bene,ma pare che di questa cosa non dovrò preoccuparmi”- se ne uscì invece pacifica Arael, spostando Pansy con un movimento della bacchetta e avvicinandosi al dipinto chinandosi per studiarlo meglio.

Andromeda e Draco la guardarono con uno sguardo talmente stralunato da strapparle una risata.

“Oh andiamo, se l’ha capito Lucius vuoi che non l’abbia capito io? E poi prima il rituale, poi l’hai portato nel bagno. Stai offendendo la mia intelligenza. E voi due ...non guardatemi così, credo che il sangue puro sia importante ovviamente, solo che non mi pare abbia dato questi grandi risultati”- ridacchiò

“Basta guardare il furetto albino, d’altronde”- non poté fare a meno di intervenire Ron. Quella ragazza era strana ma nonostante quello e soprattutto il fatto che fosse una Malfoy, iniziava a piacergli. Peccato che sarebbe morta da lì a pochi anni, lasciando il più irritante dei fratelli Malfoy ad annoiare le loro vite e a produrre il suo fastidiosissimo erede.

Draco stava per scattare quando sua zia lo riprese per il cappuccio del mantello e lo attirò a sé, passandogli una mano sul collo, così come faceva con il fratello minore quando doveva calmarlo. E ovviamente funzionò.

“Guardate qua piuttosto. Secondo me non c’entra niente indovinare cosa ci sia scritto. E’ vero Cockey? Dobbiamo trovare la risposta dentro di noi, hai detto cosi?”.

L’elfa annuì con gravità, le lunghe orecchie ciondolanti. 

“E’ il vostro viaggio padroncina  L’inizio e la fine padroncina . Ma dovete fare in fretta padroncina . La luna sta per sorgere, padroncina, che la vediate o no. Lei c’è ”.

La luna, ancora una volta un riferimento femminile. La luna nera per l’esattezza. La mela. L’ofiuco disegnato sulla pietra. L’inizio e la fine. Le parole si rincorrevano nella mente di Hermione, in un turbinio di simboli ed immagini. Sapeva che c’era qualcosa che era sempre stato evidente.

“Il cerchio”- mormorò- “Dobbiamo disegnare un cerchio. Ma come si fa in un quadrato”- chiese avvicinandosi sfiorando appena con la bacchetta  la tela davanti a lei. La strega biondo accanto a lei annuì, continuando ad accarezzare distrattamente la nuca del nipote.

Circularis mormorò ponendo la bacchetta sulla T in alto e seguendo il cerchio di fuoco che si stava aprendo nel dipinto.

“Non è che andiamo tutti a fuoco? Prima l’ardimonio, ora diamo fuoco ai quadri. Per carità, sono convinto che uno che abbia fondato la casa di Serpeverde se lo meriti, ma non rischiamo di ridurre Hogwarts a un mucchietto di cenere?”- borbottò Harry avvicinandosi. La cicatrice sembrava bramare il fuoco in maniera insopportabile ma al contrario di come avrebbe dovuto fare normalmente più si avvicinava meno intenso era il dolore. Non era il solito bruciore maligno, ma piuttosto un tepore rassicurante, una calda carezza che lo chiamava.

“Manca qualcosa.”- Andromeda accanto a loro aveva la bacchetta sguainata. In un certo senso aveva ragione Pansy. Dovevano pensare da streghe. In alchimia non era solo il cerchio l’importante. Ma il punto all’interno del cerchio. La conoscenza.Con un ghignò puntò la bacchetta.

Revelio.

Per un attimo il calore divenne insopportabile, il dipinto intero stava bruciando. Al suo posto ora c’era solo la cornice. Ma lì dove c’era la pittura non era rimasto altro che una cavità scura come la notte dalla quale arrivava un vento gelido. 

Cockey batté le mani tirando il mantello di Arael- “Il melo padroncina . Si ricordi il melo”.

E come avrebbe potuto scordarlo. 

Si avvicinò al portale.

Finalmente stavano per entrare nel Bosco di Hogsmeade. E soprattutto la voce nella sua testa avrebbe avuto un volto.


La prima cosa che notarono fu senza dubbio la nebbia. Una coltre umida, spessa e biancastra li avvolgeva come un mantello. Penetrava nelle ossa, insinuandosi anche sotto gli abiti pesanti, entrava nei loro polmoni e veniva pompata nel loro sangue. Eppure sebbene strisciante ed opprimente c’era qualcosa di confortante in quella cappa appiccicosa. Profumava di notte, di erba fresca di rugiada e di alberi da frutto in fiore. Era l’odore stesso della notte.

Quell'oscurità non aveva niente di naturale. Quando avevano attraversato il portale erano le prime ore della sera, in quel posto invece era come se fosse notte inoltrata.Non c’era neanche la luce della luna a rischiararli.

Vox, le punte delle loro bacchette si illuminarono permettendo loro finalmente di dare un’occhiata a quello che li circondava.

Alberi. Alberi di ogni tipo. Sembrava un’accozzaglia di ogni tipologia di arbusto fosse mai stato legata in qualche modo alla magia. Mentre il vento li circondava le foglie che fremevano al vento sembravano riempire l’oscurità di un rumore accogliente e antico. Il respiro stesso del bosco.

Harry e Ron erano in prima linea, cercando di raccapezzarsi. A quanto avevano capito dovevano cercare una raduna o uno spiazzo ma non sembrava che ci fosse alcuna apertura nella foresta.Querce, sambuchi, salici, betulle e frassini almeno a quello che riuscivano a riconoscere, gli uni stretti agli altri, le ombre scure che riempivano il buio.

Subito dietro, Draco ed Hermione camminavano vicini,le mani appena intrecciate,ancora discutendo del fatto che si dovesse chiamare Samhain oppure Halloween. E di come fosse tutto un problema dei dannati babbani aver creato tutto sto casino.O almeno questa era la teoria di Pansy accanto a loro.

Andromeda si era invece fermata ad osservare Arael Malfoy, resistendo al desiderio di silenziare il nipote e la natababbana, ormai davvero stufa di quella diatriba senza senso. Pensò a Ted, rimpiangendo che non avesse fatto in tempo a raggiungerla quando Draco l’aveva chiamata. Era stato richiamato da quell’idiota della loro capocasa e ora lei si trovava li, insieme ad un gruppo di ragazzini e ad una serpeverde solitamente ragionevole che ora sembrava sotto pozione allucinante di quelle potenti.

“Arael, tutto bene?” chiese senza molta convinzione. Da quando erano arrivati infatti la Malfoy era rimasta immobile, gli occhi chiusi e il volto rivolto al cielo. Peccato che non si vedesse niente, quindi non si era ben capito a cosa si stesse rivolgendo. Non aveva neanche tirato fuori la bacchetta.

Non avendo avuto alcuna risposta la toccò leggermente per richiamare la sua attenzione. Era stranamente calda, come se l’aria gelida attorno a loro non la sfiorasse neanche.

Rispondendo però al suo tocco lentamente aprì gli occhi. Il grigio abituale era ora diventato lucido e chiaro come argento brillante, illuminato da una luce che non aveva mai visto.

“Dobbiamo smettere di cercare , siamo già nel posto giusto”-la voce era calma, quasi vellutata. Sembrava stare semplicemente ripetendo un’ovvietà.

La giovane Black la guardò incerta su cosa rispondere. Le voci sul fatto che lady Malfoy non fosse esattamente il ritratto della sanità mentale e che passasse le giornate in una sorta di reclusione volontaria in una residenza secondaria circolavano già da anni. Eppure ogni volta che si presentava in società riusciva sempre a relegare tutto questo a mero pettegolezzo. Sempre affascinante, intelligente e capace di passare da un argomento all’altro con leggerezza. Peccato che da come si comportava la figlia i germi della follia fossero più che visibili.

“Senti, non vorrei dirtelo così ma qui non c’è nessuna radura. E soprattutto nessun melo”.- cercò di obiettare ma il sorriso che le rivolse la bionda le fece gelare il sangue. Pazzia, senza ombra di dubbio. Eppure non si sposavano neanche tra consanguinei. O almeno non troppo.

“Cosa diceva il libro? Non devi affidarti alla vista. Sta ferma e cerca di sentire il bosco.”- le rispose sfiorandole un braccio e spostando lo sguardo attorno a sé.

Poco convinta la giovane Black respirò a fondo, chiudendo gli occhi.  Per alcuni minuti cercò di rallentare il respiro, per calmarsi. Con la mente finalmente calma espirò con forza tutta l’aria che aveva nei polmoni,sentendola fuoriuscire come un fumo denso ed appiccicoso che portava via ogni ansia o preoccupazione. Si sentì svuotata ma finalmente leggera, pronta ad inspirare finalmente l’aria fragrante di erbe che scivolava leggera dentro di lei. Ora riusciva a comprendere quello che le aveva raccontato Arael circa la sua lettura. Lo scendere nel profondo di sé. L’impiccato.

Ne assaporò l’essenza, mentre la stretta di Arael si fece più forte. 

E poi lo sentì. 

L’odore delle mele dolci del sole di primavera. Come quelle dei tortini di Hogwarts. Con gli occhi ancora chiusi si voltò verso quella che sembrava l’origine del profumo. 

Il melo era lì, scintillante come se fosse una soleggiata mattina di primavera. Lentamente aprì gli occhi. Si ora lo vedeva, poteva distinguere la sagoma all’interno della grande quercia centenaria che si trovava appena davanti a loro. La saggezza incarnata nel padre di tutti gli alberi. La papessa.

“Chiama quei cretini per favore, capace che li perdiamo in giro per il bosco e poi chi glielo dice a mia sorella tra vent’anni che le ho perso il figlio”-borbottò la strega mora mentre la Malfoy accanto a lei lanciava delle scintille nell’aria per richiamare i piccoli esploratori che continuavano ad allontanarsi.

“Ve l’avevo detto che l’avrei trovato anche a occhi chiusi no?”-si concesse un sorriso senza staccare gli occhi dalla quercia- “Harry forza, chiedi alla quercia il permesso di entrare”.

Il bambino sopravvissuto, arrivato di malavoglia , la squadrò con sospetto.

“E perchè dovrei farlo io scusa? Il melo non è roba vostra? E il sogno, e il libro, il serpente… tutte cose che vi appartengono molto più che a me”- borbottò.

Draco si scostò appena, spingendo Hermione e Pansy con sé, sicuro che la zia avrebbe schiantato la speranza dei maghi da lì a poco visto il suo atteggiamento.

“Oh andiamo, devi solo chiedere il permesso all’albero. Cos’è hai paura?- lo riprese invece la strega  spingendolo verso l’albero.

Paura lui? Dopo che aveva affrontato Voldemort in persona? E che aveva vissuto con i Dursley per undici anni. Che stupidaggini.

Posò la mano sul legno, titubante. Poi sentendosi un completo imbecille borbottò:

“Ehm, signora Quercia, scusi il disturbo. Io mi chiamo Harry Potter, e questo è il mio amico Ron Weasley. Laggiù c’è Hermione Granger, l’altra mia amica che si è bevuta il cervello…”

“Harry!”-ringhiò Hermione dietro di lui

“Lasciamo perdere. Insomma si, noi e quegli altri quattro di Serpeverde laggiù dovremmo fare una cosa, tipo salvare il mondo. Di nuovo. Ma pare che per farlo abbiamo bisogno prima di trovare uno stu….”

“Potter!”- questa volta era stata Pansy a richiamarlo esasperata

“Scusi, signora Quercia. Dicevo, pare che dobbiamo prima di tutto trovare un albero sacro per portare a termine un dannato rituale che ancora non ho capito a cosa ci serva. Il tutto perché un fottuto psicopatico ha deciso di spezzattare la sua anima in vari pezzi e nasconderli un po’ qui un po’ la. Uno che fa male agli alberi, sicuro. E anche alle persone”- disse tutto d’un fiato. In effetti erano partiti da una foto ed erano giunti a parlare con un albero nella notte di Halloween. E ancora non sapevano dove fosse la collana vera né come distruggerla. Non aveva molto senso. Ma d’altro canto qualcosa poteva avere mai senso quando si metteva un Malfoy di mezzo?

Dietro di lui persino Ron alzò gli occhi al cielo. Poi arrivò un grosso boato che quasi sembrò spaccare l’aria densa attorno a loro. Il grande albero venne illuminato a giorno e tutti i rami iniziarono a tremare, mentre una pioggia di foglie secche cadeva in terra. Era come se tutti gli alberi della foresta stessero riversando il fogliame su di loro. Il cumulo cresceva e cresceva ma quando stavano per tirare fuori le bacchette per riuscire a respingere il tornado di foglie Hermione ritrovò nuovamente la voce.

“Fermi o vi schianto.”- sibilò.Per un attimo ad Hermione sembrò di sentire una voce cristallina che rideva soddisfatta ma quando aprì gli occhi non c’era nessuno accanto a loro.

Dopo pochi minuti la terra smise di tremare e anche il vento che tagliava loro il viso con una tale potenza da spostarli cessò.

 

Il bosco scuro era sparito e al suo posto si trovavano in uno spiazzo aperto circondato da betulle che ondeggiavano leggere appena scosse da una piacevole brezza. E al centro un maestoso melo pieno di frutti che rilucevano rossi e invitanti.

L'unica cosa a non essere cambiata era la nebbia, che ancora li avvolgeva, seppur attraversata dalla luce lattiginosa della luna. Luna che a rigor di logica non doveva esserci.

“Toglimi una curiosità...Perchè Harry? Perché è il prescelto da qualcosa o perchè era quello secondo te più sacrificabile?”- chiese in un soffio  Andromeda alla compagna di casa.

“O forse solo perchè era divertente”- rispose quella con un ghigno, gli occhi che brillavano di felicità. SI l’aveva trovato. Era lui. Sentiva il suo potere fluire dentro come linfa vitale. La sua testa era la chioma dell’albero, baciata dal sole e scossa da un vento tiepido e piacevole. Il matto, l’aleph, la corona dell’albero della vita. Ora vedeva tutto chiaramente.

 

“E quindi almeno il melo l’abbiamo trovato”- mormorò Ron avvicinandosi con una timidezza che non gli apparteneva. Si girò per guardarsi intorno, sentendo come se qualcuno lo stesse osservando. 

Harry anche era sulla difensiva, la bacchetta in mano pronta ad utilizzarla. Era bastata un’occhiata con il suo miglior amico per condividere la stessa sensazione di qualcosa che non andava. Aveva uno strano pizzicore sul collo, come se nascosto da qualche parte ci fosse qualcosa pronta ad attaccarli. E stranamente non era Voldemort. Hermione si era istintivamente avvicinata a loro, ogni fibra del corpo tesa e pronta a reagire. I tre si scambiarono automaticamente un sorriso, sentendosi di nuovo uniti come un tempo, quando avevano imparato ad essere una famiglia ancora prima che amici.

Dietro di loro un boato. Il portale da cui erano entrati era sparito. Ora potevano solo andare avanti se non volevano rimanere in quel limbo per sempre. Con due Malfoy, tra l’altro.

 

Arael mosse qualche passo, titubante, ancora incapace di realizzare di non essere più in uno nei suoi sogni ma di essere finalmente li, in un luogo che era al contempo totalmente estraneo ed estremamente famigliare. Avrebbe potuto nominare ogni singolo albero, arbusto o fiore che cresceva nelle vicinanze anche ad occhi chiusi. La mano appoggiata sul tronco dell’albero le trasmetteva una sensazione di tranquillità e pace come da tempo non ne sentiva.

Andromeda le si fece accanto continuando a fissarla senza dire niente. Sentiva i grandi occhi scuri fissarla indagatori, trattenendo dentro di sé le domande che voleva farle. Eppure non ce n’era bisogno, sapeva che anche lei sentiva la strana elettricità che pervadeva l’aria.

Dall’altro lato anche Pansy si avvicinò, accarezzando con la punta delle dita la corteccia dell’albero. Le lunga dita affusolate si soffermarono un attimo accanto a quelle della strega bionda, poi le scostò piano la mano.

Sotto, appena percettibile tra i nodi del legno c’era un’incisione leggerissima, ma inequivocabile. Un cerchio con all’interno un triangolo, divisi da una linea verticale. E sapeva perfettamente cosa le ricordava.

“E’ ora Arael, dobbiamo iniziare il rituale se non vogliamo rimanere qui”- ricordò Andromeda staccandola leggermente dall’albero  e accovacciandosi ai piedi dell’albero.- “Draco, prendi delle pietre per favore. il più lisce possibili. E voi andate a cercare dei ramoscelli di rosmarino, tarassaco e verbena, sono certa che ci saranno qui intorno”.

“Non potevamo portarceli?”- borbottò Ron, alzando subito le mani in segno di resa quando si ritrovò addosso lo sguardo infuriato non di una ma di due streghe. Una serpeverde e una grifondoro. Entrambe poco inclini alla pazienza a quanto sembrava. Per rimarcare il suo biasimo Hermione iniziò a spingere lui  ed Harry nel bosco, tutti e tre nervosi e impazienti di uscire da quella radura buia come la notte.

“Lo sentite anche voi , vero?”- chiese in un soffio Hermione avanzando spalla a spalla con Harry che illuminava il sentiero.

“Si decisamente, c’è qualcosa che non torna. Credevo che Hergist fosse una brava persona, d’altronde era stato un Tassorosso. E ha fondato Hogsmeade per proteggere i maghi dai babbani. Eppure c’è qualcosa di dannatamente inquietante in questo bosco. O forse è il fatto che siamo qui con quattro serpeverde troppo inclini alle maledizioni”- borbottò Ron affiancandosi a loro con tenendo in mano della verbena . 

“Oh sta zitto Ronald, ti ricordo che ti vedi con una dei quattro serpeverdi di cui sopra. E che Andromeda ti è sempre stata simpatica”- lo riprese Hermione pizzicandogli il braccio- “ E da quando sai riconoscere la verbena ?”

"RIformulo. Il problema sono i due platinati psicopatici del sangue puro, va bene cosi? E comunque mia madre l’ha sempre coltivata in giardino. Ci prepara dei cuscini di protezione sin da quando siamo piccoli. Dai Herm, ne ha regalato uno anche a te. Anche se non è bastato dal tenerti lontano Malfoy,  a quanto sembra”- le rispose il rosso sventolandole i ramoscelli fioriti sotto il naso.

“Quando io ho detto che dovevamo chiedere a Sirius per qualche incantesimo proibito per allontanare il maledetto furetto, avete tutti detto che ero pazzo. “- rimbrotto Harry, illuminando tra due alberi, dove gli era sembrato di vedere un’ombra muoversi veloce. 

“Non prendo lezioni sulla mia vita sentimentale da uno che da più di un anno muore da una certa strega dai capelli rossi senza avere il coraggio di dichiararsi”- sibilo l’amica spostando il fascio di luce alla sua destra.

 Ancora quel movimento. Appena percettibile, eppure erano certi di averlo notato.

“Non dire stupidaggini Hermione. Sai bene che Harry ha solo l’imbarazzo della scelta”- borbottò Ron accendendosi una sigaretta con la punta della bacchetta. In realtà non aveva realmente sentito nulla del discorso fatto tra i due suoi amici. Il profumo di muschio e olibano che pervadeva l’aria,soprattutto mischiato all’odore dolciastro del tabacco aromatizzato che stava aspirando,gli ricordava fin troppo Pansy. E soprattutto l’ultima volta che aveva sentito il sapore della sua pelle sulla lingua. 

Harry ed Hermione si girarono a guardarlo stupiti.

“Ronald Weasley! Da quando fumi? Non sai che ti può uccidere?”- lo riprese Hermione inorridita. Odiava l’odore di fumo sui vestiti. Quelle poche volte in cui sentiva che Draco aveva tirato qualche boccata aveva voglia di rovesciargli in testa una secchiata d’acqua gelida.

“Più di girare col Bambino Sopravvissuto? Scusa Harry senza offesa”- rispose il rosso grifondondoro serafico soffiandole in faccia una nuvola di fumo denso .

La speranza dei maghi rispose solo con una scrollata di spalle, facendosi passare il mozzicone e tirando una profonda boccata. Preferiva di sicuro quelle del suo padrino, più simili a una sorta di mezzi sigari, ma c’era qualcosa di estremamente rilassante nella sola idea di fumarsi una sigaretta col suo migliore amico. Seppur nel mezzo di quello che sembrava un bosco stregato.

“Meno di quello che ti farà tua madre quando le dirò del tuo nuovo vizio. E soprattutto della tua nuova amichetta”- rispose la strega con un sorriso che non aveva niente della Hermione Granger che conoscevano. Era molto più simile a quella di un certa piaga bionda che affliggeva le loro vite da cinque anni, in effetti.

“E muovetevi. Quelle sono le altre erbe che ci ha chiesto Andromeda. Volete darvi una mossa o preferite che provi su di voi l’incantesimo che Arael mi ha insegnato qualche giorno fa? Sarei ansiosa di metterlo in pratica, a dire il vero”- continuò la grifondoro pensierosa tamburellando sulla bacchetta .

Ron tossì innervosito, di certo aveva una vaga idea di cosa una dannata Malfoy potesse insegnare di nascosto. Senza proferire parola prese il mucchio di ramoscelli, foglie e bacche che Harry gli stava passando.

Dovevano portare via Hermione da quel tempo. E soprattutto da quella maledetta famiglia di psicopatici.

“Siete diventati saggi, amici miei. I miei complimenti"- li blandì Hermione prendendoli sottobraccio e incamminandosi verso il melo, seguendo l’odore aromatico del fuoco che già aveva iniziato a scoppiettare.


“Il legno di frassino non doveva essere offerto?”-  Draco alzò dubbioso un sopracciglio, osservando Andromeda che infilava grani di ambra nera tra le fiamme. Ne inseriva una piccola pepita per volta, aspettando che le fiamme si calmassero prima di mettere la successiva. L’aria era calda e umida, densa dell’odore di incenso, appiccicoso come pioggia sulla loro pelle.

“Ci ha pensato Ted”-rispose quella annoiata soffiando piano sul fuoco la polvere rossastra del sangue di drago essiccato che aveva pestato nel pomeriggio. Le fiamme accolsero il nuovo ingrediente scoppiettando allegramente.

“E quindi va tutto bene? Ci fidiamo di un nato babbano?”- continuò il nipote petulante, sedendosi accanto a lei e iniziando a scaldare tra le mani la boccetta con la pozione preparata da suo padre e dalla Granger qualche ora prima.

“Sei malfidato come tua madre.”- rispose la zia sorridendogli appena.

“Già me l’hai detto”.

“Repetita iuvant. D’altronde la metà dei tuoi geni viene da Lucius, devo per forza ripetere i concetti. Ci sono cose che gli ripeto da cinque anni e ancora è come parlare con il muro”.

Arael sorrise sentendo la conversazione. Un sorriso stanco senza reale allegria. Ancora una volta pensò che le sarebbe dispiaciuto non conoscere quel suo irritante nipote da bambino. E soprattutto sapeva che senza lei o Nicholas, Lucius si sarebbe completamente perso. Ogni giorno che passava sentiva che era sempre più risucchiato verso quel vortice di paura e violenza che sembrava provenire da Lord Voldemort. Neanche Narcissa poteva salvarlo, solo arginare le conseguenze.

Sopravvivere, quello era sempre stato il motto fondamentale della famiglia Malfoy, altro che Sanctimonia Vincet Semper. Ma a volte non riuscivano a vederne il reale prezzo.

Stava per rispondere quando sentì un vociare avvicinarsi. Hermione, Harry e Ron erano tornati. Stavano litigando, o meglio, i due grifondoro stavano recriminando un presunto atteggiamento da tiranna dominatrice della ragazza.

“Oh andiamo Weasley, secondo me in fondo in fondo ti piace”- ridacchiò con voce strascicata Draco mentre Hermione gli si sedeva accanto.

“Oh non sai quanto. La prossima volta mi sa che tiro fuori un frustino. Sai come ci divertiamo Ron Ron?”-  diede man forte Pansy. Al contrario del tono abituale però questo non era né sarcastico, né tagliente. 

Lo stava prendendo in giro, ma sembrava quasi che ci fosse… affetto nella sua voce?

Draco ed Hermione si scambiarono un’occhiata in tralice. Poi il serpeverde si avvicinò appena all’orecchio della ragazza per sussurrarle : “Non pensarci nemmeno ad un’uscita doppia, Granger. “

La ragazza però non rispose. Aveva notato Harry che si era girato di colpo, quasi avesse sentito qualcosa. Strinse più forte la bacchetta, spaziando con lo sguardo cercando il segno di qualche presenza estranea. Ancora niente.

L’atmosfera fino ad un momento prima relativamente allegra si era fatta pesante, quasi tutti i presenti sentissero che si stavano avvicinando ad un momento sacro.

Pansy si avvicinò a Ron, prendendo delicatamente tra le mani quanto avevano raccolto e appoggiandole poi accanto ad Andromeda. Con delicatezza prese il ramo di verbena, iniziando a staccare le foglie, prima di farle cadere dolcemente una per una tra le fiamme.

L’odore fresco ed acre si andò ad aggiungere a quello caldo e speziato del fumo che saliva bianco e denso dal cerchio di pietra.

Il silenzio totale era spezzato solo dai ciocchi che bruciavano lentamente, accogliendo ogni nuovo ingrediente quasi con gratitudine.

Draco si voltò a guardare Hermione, respirando appena. Le fiamme ardenti facevano risplendere i suoi occhi colore del miele, profondi e scuri dalla concentrazione. Le labbra appena schiuse, teneva in mano l’ampolla con la pozione con deferenza. Strinse la mano nella sua ma la ragazza parve non accorgersene neanche.

La grifondoro si avvicinò al fuoco, accogliendo con gioia il calore quasi opprimente. Era avvolgente, rassicurante, come sua madre quando l’abbracciava e la teneva stretta in una gelida sera d’inverno. Lentamente aprì l’ampolla, riversando il liquido vischioso tra le fiamme. Sperò che per una volta Lucius Malfoy ne avesse fatta una giusta.

Il legno ardente sfrigolò con forza, mentre dal cerchio si alzava una  densa nube di fumo avvolgendo ogni persona, albero o pietra che incontrava. Unita alla nebbia, era talmente consistente che per un attimo fu impossibile vedere nulla. Persino respirare era difficile..

Hermione si strinse a Draco, la boccetta gocciolante ancora in mano, cercando di scorgere in quella spessa coltrina Ron ed Harry, che riusciva solo a sentire tossire.

Dovette resistere all’impulso di lanciare un incantesimo per dissipare il fumo, consapevole di dover ancora una volta sconfiggere il suo istinto primordiale. Dovevano fidarsi. Dovevano mettersi alla prova.

Quando finalmente la nebbia si diradò ancora una volta il paesaggio era cambiato. Ora l’intero bosco era ricoperto da una spessa coltre di neve candida, che riluceva perlacea sotto la luna. Il fuoco ardeva ancora, ma con fiamme basse e dolci, leggermente azzurrate. E seduta tra i rami innevati del melo, le piccole gambe incrociate e le lunghe orecchie ciondolanti, era apparsa Cockey.

Battendo le mani con un plop leggero si materializzò davanti ad Arael, tirandole appena la manica del mantello..

“Cockey sapeva che la padroncina  ci sarebbe riuscita. la padroncina  è così vicina alla signora ora, padroncina . Solo una piccola offerta di sangue padroncina ”- disse guardandola con gli enormi occhi acquosi adoranti.  Fece apparire dal nulla un lungo fuso di ghiaccio, sottile come uno spillo con cui punse il dito della giovane strega.Grosse gocce color rubino caddero lentamente in terra, macchiando la neve candida.

Come la terza goccia tinse di vermiglio il bianco lucente il  melo fu scosse da un forte tremore, il lunghi rami carichi di frutti che oscillavano e fremevano come colpiti da una tempesta,al punto che uno dei pomi rossi e lucenti cadde ai loro piedi con un tonfo secco, attutito appena dalla coltre di neve.

Cockey batté le mani eccitata, raccogliendolo- “ Il bosco ha gradito Miss. Ecco la mela, Misses. Dovete mangiare la mela. Non si va dalla Signora senza mangiare la mela, no no. Misses. Chi lo fa non torna indietro vivo, Misses. ”

Arael Malfoy prese con delicatezza il frutto profumato dalle lunghe dita dell’elfo,portandosela alla bocca.Diede un morso, ma il boccone per poco non la soffocò. Non c’era niente di dolce  in quel morso. La polpa era compatta ma acida come fiele e scendeva con difficoltà in gola.

“La mandi giù padroncina . Altrimenti morirà”- disse l’elfa allarmata con voce lacrimevole.

Draco prese di nuovo un appunto mentale sul fare un bell’arrosto di elfo domestico al suo ritorno.Era certo che i suoi non avrebbero avuto problemi a rimpiazzarla.

Finalmente la giovane Malfoy riuscì ad inghiottire, costringendoci a far scivolare quel grumo acido e tagliente oltre la trachea.

Cockey si tirò le orecchie, in preda alla contentezza. “ Molto bene padroncina . E ora Miss Black”.

Andromeda incrociò le braccia scuotendo con decisione la massa di capelli color cioccolato fondente .

“Mangia Black e sta zitta”- borbottò appena Arael Malfoy spingendole a fatica la mela in mano. La stessa scenda di poco prima si ripetè anche per la giovane strega.

Cockey guardava soddisfatta ma quando il frutto stava per passare a Draco cominciò a strillare.

“No Miss Black, solo le streghe. Nessun mago deve mangiare il frutto della signora”.- gridò prossima all’iperventilazione agitando le lunga braccia ossute come mulinelli.

Il frutto della signora. Una strana consapevolezza si stava formando nella mente di Hermione Granger, mentre mordeva anche lei un lato del pomo rosso, con una smorfia.

L’ultima fu Pansy  che stranamente non mandò delle maledizioni ai grifondoro e prese invece con una strana calma la sua dose di veleno sotto forma di frutto. Osservò pensierosa il torso rimasto, poi con un gesto repentino lo buttò tra le fiamme.

Non sapeva bene perché ma era certa che era quello che andava fatto.

Queste nuovamente cambiarono colore, svettando bluastre ed altissime fino alla cima del melo di fronte a loro.

Senza dire una parola Arael si chinò a toccare la neve macchiata ai suoi piedi..

Il sangue che una donna doveva versare per poter diventare madre.

“Mundus partet”- mormorò appena.

“Mundus partet “- fece eco Andromeda, incapace di distogliere lo sguardo dal fuoco.

Hermione e Pansy si guardarono. 

“Mundus partet”- ripeterono in sincrono.

Tre volte la formula era stata pronunciata. Il sangue era stato versato.

Per la terza volta la nebbia si alzò fino a coprire la radura. Draco sentì la mano di Hermione scivolargli tra le mani proprio mentre un grosso lampo squarciava il cielo.


Quando finalmente la foschia si dissipò Harry, Ron e Draco si guardarono basiti. Erano rimasti solo loro tre. E il fuoco che continuava ad ardere dolcemente.

Il primo istinto di Malfoy fu di prendere per il collo l’elfo domestico che continuava a ballonzolare da una gamba all’altra, incurante della sua prossima dipartita. E ora che non c’era Hermione non c’era nessuno che poteva fermarlo.

Harry sospirando si mise tra lui e Cockey, che ancora incurante del fatto di stare per essere appesa per le orecchie all’albero di melo gongolava.

“Cockey, tu sai dove sono andate le ragazze?”- chiese Ron avvicinandosi e accovacciandosi all’altezza dell’elfa.

Cockey annuì con vigore, un largo sorriso che le deformava il volto

“Sono dalla Grande Signora. Si,si, sono dalla grande signora. Sempre che abbiano il dono. Hanno il dono per la grande signora?”- chiese con un improvviso tono di panico nella voce.

Prima che iniziasse a sbattere con violenza la testa contro l’albero il rosso grifondoro la prese per le spalle.

“Sono certo di si, sono quattro diavoli travestiti da streghe, non preoccuparti. “

Draco tenuto ancora a stento da Harry sbuffò.

“E noi cosa facciamo nel frattempo?”- sibilò il biondo mentre  Cockey sembrava nuovamente  soddisfatta.

“Dovete custodire il fuoco, padroncino. Se il fuoco si spegne la padroncina  non può tornare. E neanche Miss Black. E miss Pansy. E miss Hermione.”- cantilenò elencando sulle dita tutte le streghe che erano appena scomparse.- “E anche voi dovete cercare di sopravvivere padroncino. Se il fuoco si spegne voi morirete. E la padrona non vuole che il padroncino muoia, No no, Né vuole che muoia la padroncina . E Miss Black…”

“Non ti azzardare a ricominciare”- minacciò Draco da dietro la spalla di Harry. 

Un rumore secco li fece voltare. Questa volta non era stata solo un’impressione. Dal bosco delle lunghe figure vestite di nero iniziava ad avanzare.

“E quelli chi cazzo sono”-ringhiò Ron pronto a lanciare un incantesimo. Il bambino sopravvissuto si girò di scatto dalla parte opposta. Anche da lì iniziarono ad allungarsi le ombre.

“E’ l’oscurità, signor Ron. Vogliono il fuoco.Ora Cockey deve andare. Il preside vuole Cockey nelle cucine e Cockey non è mai in ritardo. No, no”- tubò l’elfo prima di sparire con un sonoro plop.

“Senti se vuoi ammazzarla giuro che dirò ad Hermione che è un incidente”- si trovò a borbottare alla più improbabile compagnia che si sarebbe mai immaginato accanto in una lotta per la sopravvivenza. Sua e dei suoi amici.

Il dannato Draco Malfoy. Anche conosciuto come la più grande piaga sociale di tutti i tempi.

Sperò solo che almeno qualche incantesimo lo avesse imparato in cinque anni ad Hogwarts. E magari anche qualche maledizione da quel dannato mangiamorte del padre e della sua cricca.





 

Erano apparse in un grande salone circolare,privo di luce naturale, le pareti di pietra completamente spoglie, il pavimento di granito vuoto. Davanti a loro c’era una donna, i folti capelli rossi che ricadevano sin quasi ai fianchi, lucidi sinuosi come serpenti. Nella mano sinistra stringeva una lanterna, che teneva in alto all’altezza del viso liscio e bianco come il marmo, di età indefinita.Senza dire nulla protese una mano davanti a sé, in attesa.

Andromeda frugò nella borsa, tirando fuori il sacchetto di velluto nero nel quale aveva riposto la pietra che Ron e Pansy avevano trovato nel bagno dei prefetti. Con estrema delicatezza la tirò fuori, prendendola appena con due dita. Era bollente.

Dopo un breve cenno di Arael accanto a lei la posò su palmo proteso della donna.

Questa senza dire nulla sorrise,

“La traghettatrice accetta il vostro dono. Vi porterò lì dove la terra è sempre fertile. Dove l’acqua è il cielo e la terrà è morbida. Dove non c’è inizio e non c’è fine”.

La terrà sotto di loro tremò di nuovo mentre la giovane alzava più in alto la lanterna. La luce per un attimo le accecò, costringendo a coprirsi gli occhi. 

Pansy fu la prima a riprendersi. Quella storia la stava decisamente stancando. Istintivamente la mano andò sotto il maglione,alla ricerca del coltello che aveva nascosto. Non c’era.

Sbatté di nuovo le palpebre, guardandosi freneticamente intorno. Poco prima era certa di averlo sentito, che fosse caduto nella radura? Sentì qualcosa vicino al panico iniziare a risalirle nel cuore, qualcosa che non sentiva da molto tempo.

“Cercavi questo mia cara? Mi dispiace ma qui non è permesso avere armi. E la vostra magia qui non funziona, nel caso vi stesse chiedendo perché vi abbiamo lasciato le bacchette”- la richiamò una voce melodiosa.

Pansy sgranò gli occhi, sentendo lo stupore delle altre ragazze attorno a lei.

Morbidi capelli corvini intrecciati in due grandi trecce. Profondi occhi colore dell’ambra. Zigomi alti e cesellati ma una bocca piena e carnosa. E il suo coltello in mano.

Sapeva chi era.

Non c’erano dubbi. Erano anni che vedeva il suo ritratto nei sotterranei.

La dama del lago Nero.

“Tre serpeverdi e un grifondoro. Tre purosangue e una nata babbana. Quattro donne forte pronte a lottare per ciò in cui credono. Non potevo chiedere di meglio”- continuò con voce dolce come il miele scendendo i pochi gradini che le separavano.

La giovane Malfoy era impietrita. Quella voce. Era la stessa delle sue visioni. La stessa che la chiamava da sempre. La voce che si faceva sempre più insistente.

Si fermò davanti a lei, sorridendole e  alzando una mano per posargliela leggera sulla guancia.

“Mia cara bambina, mia Morgaine, finalmente sei riuscita ad arrivare.”

Andromeda le guardava basita.

Poi si ricordò del monogramma sul baule della strega. 

A.M.M.

Arael Morgaine Malfoy, figlia di Lady Vivianna Malfoy, nata de Montmorency Aval, corvonero.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17° ***


Per la centesima volta in quella giornata Draco si chiese come diavolo si fosse lasciato convincere ad imbarcarsi in quello che evidentemente era un piano suicida. Se fosse riuscito ad uscirne vivo come minimo avrebbero dovuto spostarlo di Casa, visto che l’astuzia caratteristica di Serpeverde pareva fosse stata utilizzata solo dalle sue zie. Quella viva per convincerlo ad imbarcarsi in quella stupidissima crociata con i grifondoro. Quella che  li aveva usati per raggiungere lo stramaledetto albero che sognava da anni.

Chapeau ad entrambe.

E poi le suddette streghe, intese nel senso più dispregiativo che gli venisse in mente, erano sparite. Dissolte. Volatilizzate. 

Insieme alla dannata natababbana, ovviamente. Ma quella, guerrafondaia e cercatrice di guai com’era era, sicuro si stava divertendo un mondo.

L’unica per cui provava un minimo di compassione era Pansy. Forse. Perché era certo che ci fossero poche cose in grado di scalfire Pansy  stosviluppandolamaniadiaccoltellarelagente Parkinson. Almeno dopo che la sua più grande paura, ovvero il matrimonio con quello psicotico assassino e sadico di Amycus Carrow, era stata spazzata via. Letteralmente.

Ancora una volta sentì la mancanza di Blaise. Non perché fosse più versato dello sfregiato sopravvissuto o della donnola volante negli incantesimi. Quello no. Quei due nel corso degli ultimi quattro anni avevano ormai raggiunto una consolidata esperienza nel ficcarsi in situazioni potenzialmente mortali. Ma di solito ne erano sempre usciti pressoché integri. A parte quando San Potter si era fatto appendere ad una cazzo di lapide, l’unica volta che avrebbe dovuto aiutare lui, ovviamente.

No Blaise almeno lo avrebbe supportato ribadendo il concetto che tutto quel viaggio nel tempo fosse una grandissima, enorme e colossale cazzata.E avrebbe sicuramente portato da bere,oltretutto. Dannato lui e le sue vacanze natalizie dai parenti in Italia. Sperava ci si strozzasse con tutti i dolci tipici, o per lo meno che diventasse così grasso da far saltare i bottoni della sua camicia preferita. 

“Cazzo Malfoy, ma vuoi concentrarti?”- ringhiò Potter strappandolo alle sue recriminazioni. Un lampo rosso davanti a lui e le lunghe mani dotate di artigli che si erano avvicinati troppo si dissolsero.

“Se la smettessi di muoverti come se fossi colpito da tarantallegra, magari.. Ti stai allenando per il balletto,Potter?”-  sibilò di rimando, pur sapendo che la piaga dei maghi gli aveva appena salvato la vita.  Poi urlò - “Levicorpus”

Di colpo tre delle creature che si stavano muovendo verso di loro si trovarono sospese in aria, appesi per le caviglie a corde invisibili. Sebbene sembrassero fatti di fumo, i loro corpi avevano una certa consistenza. Così come i loro artigli.

Ron e Harry lo guardarono stupiti.

“Severus. Sarebbe un ottimo insegnante di difesa contro le arti oscure se solo il vostro amato preside babbanofilo e palesemente a favore di voi dannati grifondoro glielo lasciasse fare”.-commentò con sufficienza, la bacchetta ancora tesa.

Accanto a lui sentì Harry lanciare un impedimenta senza degnarsi di rispondere all’accusa, ovviamente palesemente fondata.

Le tre creature fatte di oscurità iniziarono a rallentare, quasi i loro piedi fossero finiti nel fango denso e pesante e non sulla soffice neve che ancora ricopriva il terreno.

“Ma cosa diavolo sono? Non sono dissennatori. Non sono inferi. Non sono fantasmi. “- borbottò Ron schiena contro schiena con Harry, creando uno scudo di protezione, per poter respirare qualche minuto.

“Se lo stanno mangiando il tuo scudo, Weasley bello”- commento acido Draco, indicando appena con il mento il grosso buco che si stava formando, lì dove si intravedevano i denti aguzzi che si stagliavano rispetto all’oscurità più totale che componeva il resto delle creature- “Sono lo spirito della morte degli alberi. Una volta che una foresta viene distrutta dall’intervento umano, e per umano voglio dire babbano ovviamente, lo spirito custode è costretto a fuggire. Si rinchiude in un luogo sacro a coltivare il suo rancore, come fa quella sfigata della Sproute e quelle cazzo di piante..”

“Se è così forse non è il caso di insultargli i parenti, che dici ?”- rimbeccò Ron lanciando una fattura stordente contro quella che sembrava una testa fatta di nebbia nera che aveva fatto capolino. Per Godric Grifondoro, quel dannato furetto proprio non riusciva a finire una frase senza un insulto.

Malfoy gli lanciò uno sguardo di fuoco: “Come stavo dicendo prima di essere interrotto con così poco garbo, giorno dopo giorno si nutrono dei lamenti degli spazi sacri che vengono cancellati, inghiottendoli in quel buco dentato che hanno. E affilano quei denti sulle rocce delle cascate protette dalle ninfe, quindi credo che siano piuttosto taglienti. Onestamente vorrei evitare di testare con mano la veridicità delle storie che mi raccontavano da bambino”

“E poi uno si chiede perchè sei cresciuto così disturbato”- non poté fare a meno di commentare Harry- “ E perché,di grazia, vogliono il fuoco neanche fossimo casalinghe disperate dell’antichità?"

Questa volta si trovò di fronte due paia di occhi che lo fissavano perplessi. Dannati purosangue e la loro incapacità di mettere il naso fuori dal loro ristretto mondo magico. Agitò la mano come per indicare che non fosse importante. 

“E che cazzo ne so Potter? Era un racconto per bambini, mica il manuale di sopravvivenza nel caso avessi mai avuto la sfortuna di imbattermi nel bambino sopravvissuto, anche conosciuto come colui che cerca di far ammazzare la gente. Tipo Diggory, ad esempio. Povero cucciolo di Tassorosso, così prematuramente strappato alla vita. A proposito, Potter. Ma almeno con  la Chang alla fine sei riuscito a combinare qualcosa? O ti stai preservando per una certa strega dai capelli rossi?”- indagò malevolo Draco, avvicinandosi però controvoglia ai due grifondoro. Ormai erano spalla contro spalla, a formare un triangolo che permette loro di coprire almeno tre lati dello scudo di protezione.

“Hai ragione. Peccato perchè sarebbe stato utile. Ma mai quanto il capitolo sul come non farsi sacrificare dai parenti.”- La pazienza di Harry stava arrivando al limite. Anche lui si stava chiedendo come fosse possibile ritrovarsi in una situazione del genere con furetto Malfoy a guardargli le spalle.

“Sfigato”- replicò appena il Serpeverde, con un automatismo ormai consolidato.

“Figlio di Mangiamorte”- fu la pronta replica del bambino sopravvissuto.

“Eddai Potter, questa è vecchia. Davvero non sai tirare fuori altro. E a proposito, non mi hai risposto sulla Chang”-

“Perchè non sono cazzi tuoi Malfoy”- si esasperò il grifondorò, resistendo all’impulso di lanciare un pietrificus totalus sul biondo piuttosto che sugli esseri inquietanti che li circondavano.

“Quindi è un no? Lo sapevo Potty. “- ghignò l’altro.

Lo sbuffò di Ron non aveva nulla di umano. Piuttosto somigliava all’Ungaro Spinato.

“Invece di fare conversazione come due vecchie streghe petulanti non è che potreste darmi una mano?”. ringhiò a voce bassa e pericolosa.  Con gli occhi infiammati dalla concentrazione e dalla rabbia sembrava davvero un leone, pensò Harry. Il Re era tornato.

“Ma piantala Weasley, come se non ti stessi divertendo. Strane  creature voi grifondoro. Sempre detto che dovrebbero prendervi in blocco e rinchiudervi al San Mungo. O nella foresta proibita, sai come vi divertireste con i centauri?”- tubò Draco. Si , far arrabbiare Weasley era proprio quello che ci voleva. Un po’ di sana normalità. Far finta che non fossero in un luogo non luogo circondati da mostri fatti di ombra che volevano un cazzo di fuoco da morti di fame.

Peccato che a quanto avesse capito se le fiamme si fossero spente potevano dire addio alla loro esistenza. Passata, presente e futura. E lui aveva troppi modi di far impazzire la granger da provare per schiattare li, in mezzo alla radura. Con due grifondoro per giunta.

“Riflettiamo, vogliono il fuoco perché? E perché se le fiamme si spengono tutto va a puttane?”- provo a ragionare ad alta voce, con ben poca speranza che quei due lo seguissero.

“Perchè vogliono arrostirci sopra e mangiarci come spuntino? Merlino Malfoy, ma chi se ne frega?”- si lamentò esasperato il rosso grattandosi la testa. Cercò di ricordare tutto quello che poteva aver sentito su creature del genere, incluso quello che che aveva letto sul Cavillo, il periodico dei  Lovegood che George e Weasley non mancavano mai di far arrivare in casa, visto che infastidiva enormemente Percy.

Il pensiero dei gemelli gli accese una lampadina. Certo non era proprio un metodo ortodosso ma forse poteva riuscire a far guadagnare un po’ di tempo.

Sotto lo sguardo perplesso degli altri due compagni tirò fuori dalla tasca un pacchetto colorato che fortunatamente si era infilato nella felpa prima di essere trasportato nel passato. altro che quegli scomodi vestiti da purosangue che volevano rifilargli.

“Conoscete l’incantesimo Gemino?”chiese. Poi quando vide le due teste annuire continuò. “Bene al mio tre io lancerò un mucchio di queste in aria e mentre aprirò  varco nello scudo tu Harry lancerai il gemino, mentre Malfoy manderà un confundus. Così gli zannettoni non capiranno nulla e cercheranno di inghiottirne il più possibile. Pronti?”.

Pronti lo erano. Convinti che Ron si fosse bevuto il cervello anche.

Uno.Due. Tre. 

Via.

Furono perfettamente coordinati. Le palline colorate cadevano come pioggia da ogni dove, mentre gli spiriti apparivano incerti sul da fare. Poi dopo un secondo di immobilità, si buttarono sui confetti divorandoli.

Quando vide Ron ghignare soddisfatto Harry ebbe un presentimento.

Quando iniziò a sentire i primi rumori il presentimento divenne certezza.

“Cos’erano quelle cose, Ron?”- ebbe appena il coraggio di chiedere. Ma dentro di sé lo sapeva già.

Il volto del grifondoro si illuminò in un sorriso: “ Caramelle vomitose. Almeno abbiamo guadagnato un po’ di tempo”

Cazzo. Pensò Harry lanciando nuovamente lo scudo protettivo.

Ma non sarebbe bastato, già lo sapeva.

Dovevano farne uno insonorizzante.

E uno rinfrescante.

E doveva anche evitare che Malfoy strozzasse Ron, quando il primo fiotto di bile nerastra rischiò di sporcargli le preziose scarpe fatte a mano  con quella che sarebbe potuta benissimo essere la pelle di un elfo domestico.

Troppe cose per una sola persona.
Anche se si trattava del bambino sopravvissuto.







 

Mai avrebbero pensato che il fondo del lago nero fosse cosi. Si sarebbero aspettate qualcosa di paludoso, di scuro e opprimente. Invece quello che celavano le profondità era un altro mondo, lussureggiante e profumato di fiori. Era impossibile capire che ora del giorno fosse, o anche solo la stagione. Era come se si fosse fermato un giorno di un anno qualsiasi e si ripetesse in eterno. Il circolo ininterrotto del tempo era onnipresente in quel luogo, così come chiunque incontrassero sembrava avere un’età indefinita. Sembravano tutti al massimo di trent’anni, ma ad occhio e croce potevano benissimo averne centinaia.

La dama del lago non aveva detto molto dopo il loro arrivo, limitandosi a suggerire una passeggiata lungo i giardini, sicura che avrebbe giovato ai loro nervi.

Hermione non era così sicura che una gradevole camminata tra alberi fioriti e graziosi viottoli fosse quello che serviva loro, tanto più che avevano lasciato i ragazzi da soli a fare chissà cosa. 

Probabilmente cercare di uccidersi a vicenda. SI chiese se Harry e Ron ne avrebbero approfittato per far sparire il  viscido problema come amavano definirlo, o se l’idea della sua ira li avrebbe tenuti a cuccia per un po’.

“Non mi piace questo posto Granger.”- mormorò a mezza voce Pansy, che camminava accanto a lei. Hermione si girò a guardarla: ostentava la sua solita aria di serpeverdesca indifferenza ma era chiaro che era turbata. Dopo aver lavorato tanto insieme per il lancio del giornale aveva imparato a conoscerla e a vedere al di là dell'aria di sufficienza che indossava abitualmente come una maschera, insieme alle labbra perennemente dipinte di rosso e ai tacchi alti. Tutto in lei era studiato appositamente per tagliare il mondo fuori, per non permettere agli altri di vedere le sue debolezze. In questo, pensò, lei e Draco erano dannatamente simili, forse per questo erano così amici.  Astuzia, intraprendenza e ambizione. Pansy era certamente una serpeverde in tutto  e per tutto.

E per questo il suo commento la preoccupava. Finora tutti si erano dimostrati estremamente gentili . In teoria non c’era  un solo motivo che li spingesse a dubitare di loro. Eppure anche lei condivideva quella sensazione, come se una morsa si stesse per chiudere con violenza su di loro.

Si concentrò sull’ondeggiare ad ogni passo  della lunga treccia color cioccolato di Andromeda Black Sapeva bene che tutto nella serpeverde indicava che condividesse i loro timori. Vedeva bene come seguisse costantemente con gli occhi ogni più piccolo movimento della Dama e le sue ancelle. 

E quelli di Arael Malfoy, che sembrava incantata. La giovane Black la conosceva da quando erano piccole e mai avrebbe pensato di vederla prendere così dalle labbra di qualcuno. Maledisse il fatto che non ci fosse Nicholas con loro, era risaputo che fosse l’unica persona in grado di far ragionare la sorella. E al momento sembrava che la strega bionda avrebbe potuto venderle  tutte per un cenno di approvazione dell’oggetto della sua adorazione senza pensarci due volte

Tuttavia,se lo avessero chiesto a lei, Arael Morgaine Malfoy non avrebbe detto che si trattava di cieca adorazione. Si sentiva piuttosto come quando finalmente riesci ad avere tra le mani qualcosa che avevi cercato disperatamente per anni e non riesci neanche a pensare di staccartene. Da quando era piccola sua madre le raccontava storie su questo mondo fantastico, sull’ Eterna Signora che faceva si che i fiori sbocciassero e i frutti crescessero, che la luna sorgesse ogni notte e si nascondesse di giorno, presente ma invisibile, fatta della materia di cui erano fatti i suoi desideri. Aveva sentito che la chiamava  prima in maniera quasi inintelligibile e poi sempre più chiara,notte dopo notte. Era lei che le sussurrava la storia che le sue carte volevano raccontarle. E sempre lei che l’aveva presa per mano e condotta a sbirciare il futuro. Eppure ogni volta che aveva cercato di avvicinarsi troppo era sparita in un soffio, impalpabile e inafferrabile.

Ed ora erano li. E tutto grazie alla sua visione quando aveva fatto la lettura a Draco: Lord Voldemort, l’intelligente e affascinante mago che aveva imparato a rispettare e temere sin da bambina, si sarebbe ineluttabilmente perso dietro alla sua ricerca di potere da annullarsi fino a diventare un mostro. Arael capiva bene finalmente che quello che l’Oscuro Signore cercava non era tanto un mondo magico in cui contasse la purezza del sangue. No, lui bramava il potere, quello assoluto, quello che entrava nelle fibre di ogni essere umano. Non voleva essere adorato come un dio. Voleva essere temuto. Voleva decidere della vita e della morte a suo piacimento.

“Devi accettarlo”- le disse dolcemente la dama del Lago, sfiorandole appena un braccio con una mano gelida, quasi ad intuire i suoi pensieri.

“Come posso farlo? Per colpa sua perderò le persone che amo. Mio fratello morirà. L’altro si perderà. Come posso stare qui e lasciarlo fare?”- mormorò con gli occhi bassi. Per tutta la vita aveva fatto finta di non vedere, barcamendandosi tra gli assurdi desideri di Abraxas e la sua coscienza.Girare la testa. Accettare compromessi. Come aveva detto in una parola: Sopravvivere, quello che avevano sempre dovuto fare. Ma da lì a poco Nicholas non ci sarebbe più riuscito.

“Sai bene che non si può cambiare il passato cercando di ottenere il futuro che si desidera. E’ per questo che ti ho mostrato l’imperatrice. Il tuo compito è di accogliere, non creare. Accettare, non distruggere.”- rispose quella calma, continuando a fissarla. Il suo sguardo le entrava dentro, era come se le scavasse dentro, toccando punti che neanche lei sapeva di avere. Sentiva che la stava scandagliando, prendendo con dita leggere i suoi ricordi e sollevandoli per esaminarli.

“Dovrai tagliare i fili con il passato. Con ciò che ti provoca rancore. Qui non c’è posto per quei ricordi.”- le disse poi improvvisamente, un’ombra più scura negli occhi già neri come l’onice, un dolore non ancora dimenticato.

Arael avrebbe voluto chiedere informazioni, spiegazioni su quello strano discorso. O anche chiedere come si poteva abbandonare pezzi di sé e non morire ogni giorno dentro.

Avrebbe voluto fare tutto questo ma Andromeda Black aveva deciso che ne aveva abbastanza. Del giro turistico, delle spiegazioni agricole, dei vaneggiamenti della Dama.Di tutto, insomma. Accelerò velocemente il passo, il suono dei tacchi che risuonava sul terreno lastricato di pietre. Un secondo prima era dietro di loro,quello  dopo si era messa davanti alla Dama, le braccia incrociate e uno sguardo battagliero negli occhi scuri che ricordava fin troppo quello di Bellatrix.

“Grazie della squisita ospitalità ma se non è  troppo disturbo siamo venute qui con uno scopo. Riconosce questa collana? La pietra ha gli stessi segni di quella che ci ha permesso di arrivare qui. Non può essere un caso. E sappiamo che è legata a Tosca Tassorosso. Ma qui siamo nel Lago Nero, e tutti sanno che è Salazar Serpeverde ad avere un’ossessione per il lago.”- la voce era ferma e calda, ma la nota di tensione era ben distinguibile sotto il tono vellutato che la contrastingueva mentre mostrava la fotografia di Bellatrix e Lord Voldemort che le aveva portato Hermione dal futuro. Ignorò lo sguardo apertamente ostile della compagna di casa con sufficienza, da vera discendente della sua casata.

“Vuoi che tuo nipote muoia, Malfoy? Perchè io no. E neanche altri se è per questo. Ma della gente comune ho tanto l’impressione che non ti importi. Ti rendi conto che i ragazzi sono in pericolo di vita?Perché è questo che stanno rischiando,non ho dubbi.Non me la bevo che siano rimasti nel bosco a guardare le stelle.”- sibilò tagliente, spostando lo sguardo dalla strega bionda alla Dama. Dietro di loro Pansy ed Hermione si strinsero istintivamente la mano. Un secondo dopo erano già distanti.

La donna non fece una piega, limitandosi a sorridere come davanti alle bizze di un bambino.

“Tutti abbiamo le nostre battaglie da combattere, mia giovane amica. E tu lo sai meglio di tutti. Sai bene quanto dolore dovrai passare per raggiungere la tua felicità. Senza contare quello che procurerai alle tue sorelle, soprattutto alla più giovane. Narcissa giusto? Che nome inusuale per una Black. E poco adeguato direi, per una che mette la lealtà alla propria famiglia prima di tutto.”- rispose quella calmissima. Ma la frecciata arrivò dritta dove doveva arrivare.

La dama e il corteo di donne che le seguiva si fermò, aprendosi a semicerchio. Davanti a loro un grande spiazzo, circondato da pietre lucide e talmente lisce da brillare in quella luce senza ombre. Era molto simile a quello nell’interno del bosco di Hogsmeade, solo che questa volta il grande melo si trovava al centro del cerchio, lì dove invece loro avevano lasciato il fuoco magico.

“La prego, la collana è importante per noi. La riconosce? Dobbiamo trovare la pietra e distruggerla”- si inserì alla Hermione, infastidita dall’immobilismo che regnava in quel regno. Nessuno sembrava rendersi conto del tempo che passava, si muovevano lenti ma fluidi, come se non fossero toccati dalla vita. Come fossero fatti delle stesse acque del lago.

“Si, mia cara Hermione, la conosco. Era un dono che io stessa avevo fatta a Merlino, tanti secoli fa quando ho preso il mio posto come Dama del Lago e sono tornata qui. Una delle poche cose che mi restavano di mio padre ”- la voce della donna era dolce e distante, come se stesse parlando di qualcosa di piacevole- “Doveva essere un dono d’amore, ma lui non capì. Non capiva mai, come la maggior parte dei Serpeverde devo dire. Come mio padre. Non riescono mai a vedere oltre quello che vogliono vedere”

Sante parole, pensò l’unica grifondoro presente riuscendo però a mantenere il pensiero privato. Dalle risatine che venivano da dietro di lei forse però qualcuno l’aveva sentita.Legilimens. Si quel posto doveva esserne pieno.

“Intanto Merlino è stato il più grande mago della storia”- bofonchiò invece Pansy guardandola apertamente con sfida. 

“Ne sono certa mia cara. E anche un grande amante devo dire. E io non ho niente contro i serpeverde. Astuti, determinati,intelligenti e ambiziosi. Tutte qualità che però spesso rendete un ostacolo invece che un aiuto. Così come ha fatto Merlino. . Un grande mago, davvero. Avrebbe dovuto contenere tutto il ricordo del nostro amore ed invece la riempi di odio. Impossibile da dimenticare. Creò una maledizione che ha reso la pietra immune da ogni possibile maledizione,incantesimo o tentativo di distruzione che sarebbe mai stato creato nel mondo magico.Che spreco di talento.  ”- continuò con la mano poggiata sull’albero e lo sguardo perso tra le sue fronde. La sua mente volò leggera a quei giorni lontani, passati sotto un melo simile a conoscere le labbra e le mani di quel giovane Mago a memoria, a sfruttare l’energia della natura per inventare nuovi incantesimi, sentire tutta la potenza del lago scorrere tra loro , alimentare la loro magia e il loro amore.

Hermione sbiancò. Se non era possibile distruggerla tutto il loro viaggio era stato inutile.E non sarebbero mai riusciti a sconfiggere Voldemort.

“Ma qui non siamo nel mondo magico, vero?”- la voce di Arael era così sottile  da non sembrare neanche la sua. Era rimasta in silenzio solo una decina di minuti, eppure le sembrava fossero passati secoli. Le parole avevano addirittura fatto fatica ad uscire di bocca, era come se tutto il suo corpo fosse  troppo impegnato a rispondere al richiamo di ciò che la circondava per svolgere altre funzioni che non fossero quelle minime per vivere.

Un sorriso luminoso fu la risposta che ricevette come premio.”Molto bene,mia cara Morgaine. Si è esatto. Per questo dovrai portare qui la pietra per distruggerla. La notte del solstizio d’inverno. “- le rispose facendole una carezza appena accennata sul braccio, le dita leggere come battiti d’ali- 

“Arael. Non Morgaine. Arael. E nel libro che abbiamo letto c’è scritto che il bosco sacro di Hogsmeade appare solo una volta l’anno, nell’anniversario della fondazione. Che facciamo nel frattempo?”- scattò Andromeda. Non le piaceva come la dama fosse ossessionata dalla Malfoy, le mani che sembravano tenerla sempre un po’ più del necessario. Ed era certa che ci fosse qualcosa che stava evitando di dire ma che anche Arael sembrava percepire.

“Morgaine è il nome che le ha dato sua madre. E qui i desideri di una madre sono sacri. E’ a lei che devi rivolgerti , sono sicura che saprà indicarti la via per raggiungerci. Anche se sono passati anni dall’ultima volta che l’ho vista”- rispose la dama staccandosi finalmente dalla giovane Malfoy.

“Vuol dire che la vecchia lady Malfoy era una di voi? Un’abitante del lago Nero? Oh andiamo questa è davvero ridicola. Ha studiato a Hogwarts, proviene da una famiglia di purosangue. Ha sposato quel pazzo di Abraxas Malfoy per Salazar Serpeverde! Chi diavolo costringerebbe qualcuno a sposarlo, se ci tiene tanto  ai desideri delle madri”- sbottò Pansy esasperata.

Esasperazione che crebbe a dismisura quando sent una risatina dietro di lei proveniente dalle altre ancelle. Una risata che affiorò anche sulle labbra della Dama del Lago, anche se durò solo un attimo.

“Ah si, ogni cinquanta anni una delle mie figlie sale nel vostro mondo nella famiglia de Aval.… E’ stata Loghraine, la mia custode, a scegliere la madre di Vivianna, ma lei ha sempre saputo chi fosse. Smistata a Corvonero, ragazza estremamente intelligente. Come ho detto non possiamo opporci al destino, neppure quando ci porta via le nostre figlie. D’altronde come avete provato anche voi nel rituale bisogna soffrire per portare una nuova luce nel mondo. Qualsiasi mondo. “- concluse richiamando con un cenno di testa la traghettatrice che avevano incontrato appena arrivate.- “E ti sarei grata, mia cara, se evitassi di nominare continuamente mio padre. Abbiamo ancora dei problemi irrisolti.”

Pansy la fissava a bocca aperta, dalla quale però non riusciva ad uscire alcun suono. Hermione accanto a lei era pietrificata, era la prima volta che il suo cervello non riusciva a viaggiare alla stessa velocità delle informazioni che le venivano date.

“T---tuo padre? Sei la figlia di Salazar Serpeverde?”- riuscì a chiedere in un filo di voce, sentendo gli ingranaggi nella sua testa che iniziavano ad incastrarsi. Il quadro, l’ossessione di Salazar per il lago nero, la coppa con le incisioni, la pietra trovata nel bagno dei prefetti quando la luce colpiva l’incrocio tra Serpeverde e…

“Tassorosso. Tua madre è Tosca Tassorosso?”- concluse. Sì, era la spiegazione più logica. Anche se totalmente insensata.

Una cascata corvina e lucida seguì l’annuire della Dama :” Esatto, mia brillante amica. Ma quando mia madre era incinta di me si nascose, sapeva che Salazar non sarebbe mai potuto essere un buon padre. Erano molto giovani, ancora dovevano fondare Hogwarts, ma lui già aveva le sue idee sulla purezza del sangue. Decise che non avrebbe potuto crescermi nel mondo magico, una giovane strega incinta senza essere sposata sarebbe stato un grande scandalo a quei tempi. E chi lo sa, forse  le cose sarebbero andate diversamente, Hogwarts neanche sarebbe stata fondata. Su suggerimento di Rowena Corvonero evocò la precedente Dama del Lago, che le concesse di partorire qui e di lasciarmi alle sue cure. Non so come lui lo venne a sapere,ma potete immaginare la sua reazione. Peccato che mia madre sia sempre stata un’ottima strega, capace di risolvere anche le situazioni più complesse. E allora mentre lui decideva di fondare la sua casa il più vicino possibile al lago nero lei creo la pietra con la quale Hegist fondò Hogsmeade. E che permette una volta l’anno di scendere qui da noi ”-spiegò

“E Merlino?”- non poté fare a meno di chiedere Andromeda.

“Merlino fu mandato qui da mia madre, per imparare quello che Hogwarts non poteva insegnargli. Ci innamorammo. E così decidemmo di andare insieme in Cornovaglia. Poi la precedente Dama del Lago mi richiamò e decisi di accettare il mio ruolo. La pietra mi arrivò un giorno, tramite una delle studentesse che mio padre inviava qui ogni anno a Samhain. Lui non è mai potuto scendere, ovviamente. Il resto già lo sapete. Credo che siate anche a conoscenza della sala circolare che appare al solstizio d’autunno e di primavera. Un modo del vecchio mago cocciuto di tenere vivo il mio ricordo nei secoli. E’ l’altro passaggio per questo mondo, ma non ve lo consiglio. Può essere...cruento a dire poco” - sorrise.

Loghraine fece un passo avanti :”Mia Signora, le ragazze devono tornare nel mondo. Il fuoco si sta estinguendo”

La Dama annui, sorridendo stanca e chinandosi a mormorare qualcosa di inaudibile nell’orecchio di Arael.

Un attimo dopo sentirono l’oscurità cadere nuovamente su di loro, incapaci di tenere gli occhi aperti, e il corpo che perdeva forza, diventando come fatto di nebbia.

La stessa nebbia che le aveva portate sin li.








 

Il tempo che avevano guadagnato con il vomitevole, era proprio il caso di dirlo, stratagemma di Ron aveva permesso ai tre ragazzi di organizzarsi. Seppur per farlo fossero quasi passati alle mani.

““Quindi ricapitoliamo Harry si trasforma in un cane e cerca di distrarli, mentre noi lanciamo il glacius per congelarli in blocco, giusto?”- chiese poco convinto Ron. Non era certo che sarebbero riusciti a colpirli tutti- “ E se cercano di papparsi Harry?”

“Weasley ma sul serio  tu hai frequentato le mie stesse lezioni per cinque anni? Cos’è a Grifondoro fanno le classi per bambini speciali?”-alzò gli occhi al cielo per l’ennesima volta Draco.- “Mai sentito dire che le creature del bosco non attaccano quello che non percepiscono come umano?”

“Sei noioso,quasi quanto Hermione quando dice le stesse cose. Ma non mi pare che tu abbia i suoi stessi punteggi agli esami…”- lo rimbeccò il rosso con un ghigno

“Sta zitto,Malfoy, ti rode solo che io possa trasformarmi in un animale e tu no. E il tuo non mi pare proprio un buon piano ma solo un modo per farmi ammazzare”-mugugnò Harry.

Il viso del biondo serpeverde si distese in un ghign : “ Che devo dirti Potty, potrebbe essere l’occasione buona sia per salvarci la pelle che levarti dalle palle. Sarebbe un perfetto regalo di Samhain”

Harry sentì prudere le mani, desideroso di lanciare una bella fattura orcovolante su quello stupido  arrogante e borioso esemplare di  figlio di mangiamorte che da cinque anni avvelenava la sua esistenza.

“Ah e così io sarei noiosa, eh Ronald?”- una voce dietro di loro bloccò la fattura che il bambino sopravvissuto stava per lanciare senza pensarci su troppo. Meglio rimanere soli con Ron a fronteggiare centinaia di spiriti allucinati che spendere soli altri dieci minuti con Malfoy.

Si girò sospirando di sollievo, mentre Ron si buttava su Hermione e Pansy stringendole entrambe in un abbraccio.

“Santo cielo, Weasley, ma che ti sei fumato?. Mollami se non vuoi finire appeso ad un albero e lasciato qui fino alla fine dei tuoi giorni”- commento Pansy atteggiandosi a disgustata e sgusciando via dalla stretta del grifondoro, per avvicinarsi invece a Draco ed Andromeda. Dentro di sé però non poteva non ammettere almeno con sé stessa che il sollievo che aveva visto sul volto del rosso le aveva fatto piacere. Poche volte in vita sua si era sentita cosi  attesa. Qualcuno si era preoccupato davvero per lei.

Scosse il caschetto color onice, quasi a voler mandar via l’idea dalla sua testa. Doveva aver respirato qualcosa di strano nel mondo del Lago Nero, non c’era altra spiegazione. SI sentiva così emotiva. E lei non era mai emotiva. Incazzata spesso si, ma emotiva mai.

“Alla buon’ora!”- sbottò invece Draco, lanciando un’occhiata velenosa verso Weasley, che a suo parere stava indugiando un po’ troppo con le sue sporche manacce sulla natabababbana. La sua natababbana,

“Si stiamo bene, grazie per averlo chiesto. Anche voi non ve la siete cavata troppo male, a quanto pare”-cinguettò Hermione serafica, sostenendo lo sguardo del serpeverde. Doveva ancora nascere l’uomo, babbano o mago che fosse, che poteva dirle chi , quanto e come abbracciare. E prima Malfoy se lo sarebbe messo in testa meglio sarebbe stato per tutti.

“A parte il tuo amichetto Ron Ron che ha deciso di provocare una gastroenterite a degli spiriti della foresta”- si lamentò il biondo, ben consapevole di cosa significasse quella scintilla di sfida negli occhi della Granger.

“Ma che schifo… efficace ma decisamente disgustoso”- non poté evitare di commentare Andromeda, avvicinandosi alle pareti dello scudo per testarne la consistenza. Quando vide una testa dai denti aguzzi che stava per addentarle una mano lanciò l ‘incendio senza pensarci due volte. Appena la creatura prese fuoco si alzò un grido di dolore che niente aveva di umano. Come se  fossero un unico corpo anche gli altri spiriti iniziarono ad ululare. La loro rabbia parve crescere a dismisura. Si lanciarono ruggendo contro lo scudo, cercando di dilaniarlo con le unghie e i denti affilati.

“Peccato. Avrei avuto uno o due trucchetti di famiglia da testare nel caso avesse funzionato”- si limitò a commentare noncurante. Di certo non si sarebbe fatta intimorire da quattro sfigati fatti di ombre, seppur dotati di zanne. E poi doveva tornare da Ted, di sicuro non sarebbe morta lì, lasciando il suo fidanzato nelle mani di qualche amante delle erbacce fin troppo intraprendente.

Harry strinse la mascella, evitando di dire quello che pensava della stupidità dei serpeverde in generale e  dei parenti di Malfoy in particolare. E a proposito di parenti, la di lui zia paterna sembra assolutamente strafatta di acidi, gli occhi grigi cupi e pensierosi come un cielo notturno prima della tempesta.

Fino a quel momento non aveva detto nulla, limitandosi a fissare un punto non meglio precisato dietro il nipote.

Persino Draco, che di certo non poteva dirsi la personificazione dell'empatia, sembrava essersene accorto. Si avvicinò alla strega e le sfiorò appena la spalla, chinandosi a bisbigliare qualcosa nell’orecchio. La Malfoy sembrò riprendersi, lo sguardo tornò limpido e parve tornare a focalizzare quello che le stava davanti. Dopo aver vagato sui presenti, Harry sentì i taglienti occhi grigi posarsi su di lui. Poi le labbra carnose si tirarono in un ghigno, che fin troppo ricordava quello dell’insopportabile nipote.

“Andiamo Bambino sopravvissuto, facci vedere come ancora una volta salvi la situazione.”- disse tirando fuori la bacchetta e preparandosi a lanciare il glacius. Gli altri ne seguirono l’esempio.

Harry annuì,passandosi una mano tra i capelli più scarmigliati del solito. Respirò a fondo, cercando di concentrarsi, di tornare al pensiero di quella notte nella foresta proibita insieme a suo padre e i malandrini. Si concentrò sul battito del suo cuore, eliminando ogni altro suono. Chiuse fuori lo sguardo apprensivo di Ron ed Hermione, gli ululati di dolore e rabbia degli spiriti. 

Poco dopo l’aria che gli entrava nei polmoni cambiò, diventando più complessa e pesante, pregna di tutti gli odori della foresta. Per un attimo le voci attorno a lui sfumarono , diventando discorsi che riusciva a comprendere, non più versi indistinti.

E quello che dicevano non gli piaceva per niente.

Volevano ucciderli. Su questo non c’erano dubbi. Altro che poveri spiritelli delle foreste. Capiva che fossero incazzati perché gli umani avevano distrutto il loro habitat, ma anche meno, eh.

Appena vide lo scudo abbassarsi prese lo slancio e si buttò in mezzo al gruppo di spiriti. Grifondoro. Coraggiosi, gentili e determinati. Gentile non sempre ma coraggioso fino alla fine, ci si poteva giocare tutto il suo dannato patrimonio quello stupido furetto che rispondeva al nome di Draco Malfoy. E ben presto anche Hermione sarebbe rinsavita.

Passò velocissimo tra i corpi fatti di ombra, falciandone diversi. Per un attimo gli spiriti rimasero interdetti, incapaci di comprendere se quello che passava tra loro fosse un nemico od un amico. Della distrazione approfittarono velocemente gli altri maghi. Dietro di lui, infatti, sentiva gli incantesimi raggelanti che venivano lanciati. Un paio quasi lo colpirono, ma fu abbastanza agile da schivarli senza troppi problemi.

Continuava a correre zizgando, cercando di scatenare il panico tra gli esseri zannuti, in modo che il glacius potesse colpirne il più possibile. Peccato che l’effetto di stordimento non durasse troppo a lungo. Come al solito Malfoy si era rivelato inutile. Non lo avrebbero attaccato un cazzo, pensò quando vide il primo spirito cercare di afferrarlo con le unghie affilate come coltelli.

Per fortuna i suoi sensi si erano acuiti e riusciva a percepire qualche frazione di secondo prima il movimento degli spiriti, evitando di finire fatto a pezzi per una stupida idea. Si maledisse ancora una volta per essere stato così imbecille da fidarsi.

In lontananza sentì delle voci che lo chiamavano. Erano Hermione e Ron. Sapeva che erano loro eppure sembrava non riuscire a capire realmente cosa dicevano. Era troppo impegnato a cercare di non farsi ammazzare. 


Il portale si stava riprendo. L’avevano capito quando avevano visto la nebbia cominciare a salire nuovamente dalle profondità del bosco, ancora prima che dietro di loro l’aria iniziasse a vorticare.

“Dobbiamo recuperare Harry. E spegnere il fuoco prima di andarcene”- urlò Hermione verso Andromeda e Arael, impegnate a lanciare incantesimi raggelanti alla maggiore velocità possibile.

Si stava sgolando da diversi minuti insieme a Ron, ma Harry sembrava non sentirli, troppo impegnato a correre tra gli spiriti. 

“Voi cominciate ad andare. Io penso a Potter”- rimbeccò Draco dall’altro lato, intento a schiantare uno spirito che stava per attaccarli da dietro.

“Non esiste Malfoy. Tu saresti capace di lasciarlo in pasto a questi esseri senza troppi rimorsi”- rimbrottò Ron.

“Imbecille, se non vi muovete e andate a fermare l’ingresso dall’altro lato rischiamo di rimanere tutti qui. Già te l’ho detto una volta che saresti voluto morire mano nella mano con il tuo dannato amichetto sfregiato, ma così mi pare davvero troppo”- sibilò il biondo di rimando.

Pansy era rimasta in silenzio, scandagliando la situazione con occhi gelidi. Era evidente che il piano non aveva funzionato al meglio, però avevano avuto modo di decimare i nemici. E soprattutto erano così vicini a salvarsi che le sembrava davvero stupido perdersi in chiacchiere.

Socchiuse gli occhi, cercando di abituarsi alla velocità di quel cane in tutti i sensi,  di Potter,in modo da prevedere le mosse. Era difficile perchè come al suo solito sembrava fare le cose senza un minimo di raziocinio, come un boccino d’oro impazzito. Eppure dopo un po’ aveva capito, sarebbe bastato creare una situazione di pericolo adeguata e quello stupido grifondoro ci si sarebbe buttato a capofitto. 

Ma di certo non era lei che avrebbe rischiato le penne inutilmente. Era decisamente quella l’occasione giusta per mettere in pratica quanto aveva imparato ultimamente da Arael e Bellatrix.

Ron davanti a lei non si accorsi di nulla, nemmeno quando gli puntò la bacchetta alla nuca 

Imperius.

 

Hermione lo notò con la coda dell’occhio, troppo incredula per realizzare che stava succedendo realmente. Ron con la bacchetta abbassata e le braccia rigide si muoveva lento ma ineluttabile verso un gruppo di spiriti che già stavano digrignando i denti.

Provò a chiamarlo, ma inutilmente. Era come sordo, non si girò neanche verso la sua direzione. Guardò inorridita mentre tre ombre si muovevano veloci verso di lui, il bianco delle zanne e degli artigli che riluceva. 

Voleva lanciare un incantesimo per proteggerlo ma fu costretta a difendersi da un nuovo attacco . Glacius.

Riuscì però a vedere qualcosa che sfrecciava veloce davanti a lei, in direzione di Ron. 

Harry.

Sia ringraziato Godrid Grifondoro.

Un ringhiare feroce.

Poi sentì distintamente la voce di Pansy:

“Pietrificus Totalus”:

Incredula si girò, riuscendo finalmente a riportare la sua attenzione sui suoi amici. Dei due , Harry aveva ripreso le sue sembianze umane ma era disteso in terra rigido e pietrificato. Ron, che finalmente sembrava padrone di sé urlava frasi sconnesse. 

Vide Pansy scuotere le spalle.

“Oh andiamo, sai quanto siete testardi voi stupidi grifondoro. Era il mezzo più veloce”- si limitò a cinguettare.

Cercò di controbattere quando si sentì strattonare. Era Draco che l’aveva presa per un braccio e la tirava verso il portale, che sembrava diventare sempre meno luminoso.

“Forza Granger muoviti!”- le urlò prima di spingerla con molta poca grazia attraverso il cerchio.

Hermione cercò di opporsi ma senti il suo corpo risucchiato con forza. Senti le ossa nuovamente rattrappirsi e le sembrò di essere sballottata da un tornado.

Poi finalmente con un tonfo atterrò nel corridoio della cucina.

Era ancora in terra con le ossa doloranti quando senti una caduta rovinosa seguita da una serie di imprecazioni molto poco signorili.

Pansy era arrivata.

Poco dopo fece la sua comparsa anche Andromeda, che riuscì ad atterrare con molta più dignità di loro. Si alzò scuotendo la polvere dai vestiti.

Le tre ragazze guardarono con apprensione la cavità nel muro.

“Arael è rimasta per spegnere il fuoco ma doveva aspettare che fossimo passati tutti. I ragazzi stavano tenendo Harry, non potrebbe mai attraversare il portale senza aiuto. La prossima volta più leggera con gli incantesimi pietrificanti Pansy. Lo abbiamo reinnervato ma era ancora troppo confuso.”- sibilò acida

“Scusate tanto se ho salvato il culo al bambino sopravvissuto, eh”- rimbeccò la serpeverde non riuscendo a trattenere una certa inquietudine. Il ritratto di Salazar sembrava man mano più visibile. Ma di Draco nessuna traccia. E neanche di Ron, dovette ammettere.

Attesero quelle che sembravano ore, guardando il passaggio chiudersi lento ma inesorabile.

Poi finalmente sentirono una serie di improperi nei confronti dei serpeverde e di tutta la loro stirpe. Ron.

Seguiti da altrettanti coloriti  insulti verso gli stupidi grifondoro e la necessità di fare un arrosto di elfi domestici. Draco.

Poco dopo atterrarono entrambi, faccia contro il granito, tenendo tra le spalle un Harry Potter che sembrava essersi scolato l’intera riserva di idromele dei tre manici di scopa.

L’ultima ad uscire, poco prima che il portale si chiudesse definitivamente, fu Arael che scivolò invece leggiadra sul granito, come se fosse semplicemente scesa dalla scopa in una lezione di volo qualsiasi.

Questa volta Pansy a lanciarsi sul trio, stritolando Ron e Draco che si stavano ancora insultando pesantemente a vicenda. 

“La prossima volta che mi fate prendere uno spavento del genere giuro che vi uccido e espongo i vostri cadaveri sulla torre di astronomia”- mugugnò.

Draco ed Hermione non potero fare a meno di scambiarsi un’occhiata divertita e preoccupata. Decisamente quello non era un comportamento da Pansy Parkinson. Ah, quando l’avrebbe raccontato a Blaise l’avrebbe presa in giro per i prossimi decenni come minimo.

Per una volta invece Ronald Billius Weasley ebbe il buon gusto di non usare l’ironia per rispondere, ricacciando in gola il magone di commozione che gli stava salendo e limitandosi a godere di quell’inaspettato gesto d’affetto.

Plop

Cockey era apparsa davanti a loro, addobbata con tante lucine dorate che le scendevano dal collo sino alle caviglie. E con un buffo cappello in testa a forma di zucca. Eppure sembrava felicissima.

“ Bel completo”- si limitò commentare Andromeda, concedendosi finalmente una risata.

L’elfa lo prese come un gran complimento, iniziando a pavoneggiarsi : “Regalo del professor Silente, Miss. Ha detto che Cockey è stata brava, Miss.”

“E ti pareva che non usciva fuori il vecchio pazzo”. borbottò Draco, riuscito finalmente a sfuggire all’abbraccio di Pansy e riavvicinandosi ad Hermione, che per tutta risposta gli rifilò una gomitata nello stomaco, prima di stringersi a lui e posare la testa sulla sua spalla.

Ron, rimasto solo a sostenere il peso di Harry, ancora incapace di stare in piedi da solo, sentì un certo languorino. Ora che tutto era finito potevano dedicarsi alle cose serie. Tipo il banchetto di Samhain.

“Cockey è rimasto qualcosa per noi? Da mangiare intendo?”- disse facendo scivolare il suo migliore amico contro una parete fino a che non fosse seduto al sicuro.

L’elfa battè le mani. 

“Ma certo signorino Ron. Il professor Silente mi ha fatto mettere da parte la vostra cena. Seguite Cockey, per favore. Stanza delle necessità, si si. Il miglior banchetto di sempre, se posso dirlo. Si, si il miglior banchetto di sempre.”- iniziò a cantilenare avviandosi con passo dondolante verso le scale- “Anche il padroncino Nicholas e il signor natobabbano Tonks sono li. Cockey li ha avvisati.Cockey è stata brava”

Arael si fermò a farle una carezza sulla grande testa, incurante dello sguardo stranito del nipote- “Molto brava Cockey, Potresti chiamare anche il padroncino Lucius e la signorina Narcissa per cortesia?”

Per tutta risposta l’elfa batté le mani entusiasta. Un secondo dopo era già sparita.

“Sarà il mio ultimo Samhain con la mia famiglia, voglio che sia speciale”- disse appena prendendo sotto braccio il nipote il cui sguardo era tra il dubbioso e il raggelato.- “E ora tu e Ron porterete fino alla stanza delle necessità il qui presente bambino sopravvissuto. Che non si dica che abbiamo abbandonato la speranza dei maghi in un corridoio a morire di fame”

Draco sbuffò. Come se una cena in famiglia di quel tipo non fosse già abbastanza. “Non possiamo levitarlo?”

“E come faresti a farlo passare per normale fino al quarto piano? Non credi che qualcuno si insospettirebbe nel vedere uno studente volteggiare a mezz’aria mezzo ubriaco”- ridacchiò Andromeda gustandosi la scena

“Mantello dell’invisibilità?”-provò Ron , che non aveva nessuna intenzione di portarsi settanta chili di migliore amico su per quattro piani di scale.

“Ce l’ha Nicholas, Quindi forza, un po’ di allenamento non vi ucciderà mica”- replicò serafica la bionda prima di incamminarsi per le scale, seguita dalle altre streghe ridacchianti.

Ron e Draco sbuffarono sollevando il bambino sopravvissuto e iniziando ad incamminarsi anche loro.

“Potter, giuro che da domani ti metto a dieta io, altro che zenzerotti e rane al cioccolato. Mele e avena, fino a quando non perdi questo grasso da foca”. borbottò il serpeverde. Poi ci ripensò un attimo - "Beh forse niente mele, mi sa che ne abbiamo avuto abbastanza. Avena. Avena e acqua. Come i dannati ippogrifi. Maledetti polli troppo cresciuti”


 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18° ***


18.warning: TORTURA  

 

“Allora sei pronto?”- La voce di Bellatrix era sempre tagliente, quasi una lama d’acciaio che riusciva a penetrare ogni rumore, anche quello di una partita di Quidditch. Riusciva a fendere persino l’enorme baccano che il cugino indiavolato delle Black faceva con i suoi dannati amici e quel leone finto che ruggiva il nome del loro beniamino, la piccola stella dei cercatori:James Potter. 

Meglio così, almeno nessuno avrebbe fatto caso a due serpeverde spariti nel mezzo d'una tranquillo pomeriggio di novembre da Hogwarts. Luogo notoriamente sicuro. Dal quale non ci si poteva di certo smaterializzare.

Nessuno sarebbe mai risalito a loro.

Lucius annui, tirandosi su quello strano aggeggio che serviva a chiudere quella patetica scusa di felpa che gli avevano dato. Non sapeva bene dove l’avesse rimediata Bellatrix ma di certo quel tessuto ruvido e rigido non era di certo quello a cui era abituato. 

“L’hai lavata almeno? Puzza di sanguesporco”- si lamentò tirandosi su il cappuccio calandolo sin quasi agli occhi.

La giovane strega lo fulminò con uno sguardo di fuoco nero : “ Ti sembro un maledetto elfo domestico, Malfoy?

“Ovviamente no, Bella. Ma andiamo, qui c’è una macchia di sangue secco e che diamine. Non potevamo prendere almeno qualcosa di nuovo?”- continuò disgustato notando che il bordo inferiore dell’indumento aveva un colore strano. Per non parlare dell’odore.

La maggiore delle Black rimase un attimo in silenzio, meditando se a Lord Voldemort sarebbe dispiaciuto poi molto se uno dei suoi giovani seguaci avesse perso qualche falange. Probabilmente no, anche se poi avrebbe dovuto sentire le lagne non solo del giovane erede dei Malfoy, ma anche dei fratelli. E di Narcissa che sembrava aver sviluppato un attaccamento senza alcun senso per quel borioso ragazzino viziato. Poi all’idea che la sua sorellina potesse anche solo pensare di iniziare una storia con lui si lasciò andare ad una risata liberatoria.

“Oh per Salazar Serpeverde, Lucius. Ringrazia che non ci sia il tuo di sangue. E fresco”- continuò a ridacchiare beccandosi un’occhiata torva.

Il  serpeverde borbottò qualcosa a mezza voce che  neanche Rabastan accanto a lui riuscì a comprendere bene. Sembrava che avesse detto qualcosa circa il fatto che le Black fossero tutte matte ma non lo credeva possibile. Non davanti a Bellatrix.

“Dov’è il tuo futuro marito, Mrs Lestrange?”- chiese invece il biondo con sguardo angelico.

“In prima fila alla partita, a lanciare insulti ai giocatori. Di entrambe le squadre ovviamente. Tra poco Rabastan lo raggiungerà. E Yara Dolohov starà impersonando me, senza alcun talento a dire il vero. Io volevo chiederlo a Pansy ma Rod ha detto che gli serve alla partita. D’altronde quella stupida oca della Dolohov  deve solo prendere la pozione polisucco e sedersi con aria annoiata sul divano di serpeverde. Ce la può fare anche un’idiota come lei.”- borbottò.

“Vedo che hai seguito il mio consiglio di creare un alibi. Peccato che ti sia dimenticata qualcosa. O meglio qualcuno“- tubò Lucius, ma con gli occhi che scintillavano pericolosi. Quei due come al solito ragionavano solo con la bacchetta. Pianificazione zero.

La giovane sbuffò agitando i ricci corvini spazientita : “ Certo che sei noioso. Se vuoi saperlo invece, ti ho trovato un sosia perfetto. Che starà tutta la sera in infermeria a farsi vedere insieme a Cassandra. Non sei contento? Ti evito anche di passare del tempo con quella dannata psicopatica. Certo non ti assicuro che non si comportino da  veri fidanzati, ma onestamente non è un problema che mi riguarda.”

Silenzio. Solo un sopracciglio platino alzato che scompariva oltre  il bordo del cappuccio. Bellatrix sostenne il suo sguardo, mentre Rabastan ridacchiava appoggiato alla parete.

“Oh andiamo Malfoy, non fare così. Quel ragazzino è perfetto. Ha la tua stessa corporatura,il tuo stesso modo fare, di parlare…”

“Non credo proprio visto come impreca”- mugugnò Lucius incrociando le braccia davanti al petto. Non era possibile che inciampasse in quel Draco ad ogni occasione. Persino alla cena di Samhain con i suoi fratelli. Anche se doveva ammettere che era stata una serata piacevole,soprattutto perché aveva potuto passarla con Narcissa.

“Credimi, a momenti non serviva neanche la polisucco. Sarebbe bastato schiarire un po 'i capelli e rendergli gli occhi più grigi. Una bella sciarpa e un finto raffreddore e neanche tuo padre si sarebbe accorto della differenza.”- continuò imperterrito gustandosi lo sguardo disgustato del compagno di casa.

“E comunque mentre la inseguivamo la Carrow continuava a delirare che non è chi dice di essere e che in realtà è la tua copia, l’idea ci è venuta lì. Certo fino a quando Andromeda non l’ha colpita con una fattura uggiolante. Da quel momento emetteva solo i versi di un cervo impazzito. Avresti dovuto vedere la reazione sui centauri”- ricordò con piacere Bellatrix. Si, doveva ammettere che quella era stata davvero una gran serata. Peccato che poi Andromeda non avesse voluto  proseguire con qualche altra caccia.

“Dovete andare a farvi controllare la vista. Tutti quanti”- bofonchiò di rimando . 

Rabastan passo loro due bacchette : “Le ho comprate quest’estate. Sempre pensato potessero essere comode. In questo modo nessuno risalirà a voi. E per il controllo della magia dei minorenni, so che Lord Voldemort ha già provveduto”- disse indicando il medaglione che Lucius portava al collo.

Il giovane Malfoy impugnò la bacchetta, soppesando.Poi si rivolse nuovamente alla Black- “Dove siamo diretti questa volta?”

Anche Bellatrix si tirò su la felpa a coprire la cascata di capelli neri, ma il ghigno era ancora ben visibile.

“Hogsmeade. E da lì nel Devon, vicino un ridicolo paesino chiamato Ottery St. Catchpole. Un disgustoso covo di babbani. E babbanofli nei dintorni. Lord Voldemort vuole che facciamo un po’ di pulizia.”-rispose con finta noncuranza. Eppure si poteva chiaramente vedere quanto la eccitasse- “ Pare che tutti quei schifosi traditori del sangue, auror compresi siano alla festa di due mentecatti dei loro. Qualcosa tipo un anniversario di matrimonio”

“Molly Prewett e Arthur Weasley, Bella. Possibili che non te li ricordi? Erano qui ad Hogwarts solo pochi anni fa.”- la riprese Rabastan sorridendo.

Bellatrix fece un gesto secco con le mani : “Per Serpeverde, cosa diavolo vuoi che mi interessi?Io avevo proposto di imbucarsi a quella patetica scusa di festeggiamento… per Merlino mi viene l’orticaria solo a pensare a che livelli di disagio possano arrivare quei mentecatti…”- iniziò la giovane strega con una palese smorfia di disgusto

“E invece scommetto che il Signore Oscuro ha ridimensionato le tue ambizioni stragiste”- la interruppe Lucius prima che iniziasse ad elencare tutti i modi in cui avrebbe torturato, ucciso e smembrato ogni singolo mago mai vagamente affiliato ai babbani che avesse trovato. Bellatrix era decisamente una strega piena di talento, ma per Salazar Serpeverde, a volte si chiedeva se fosse solo la potenza di Lord Voldemort a tenerla lontana da Azkaban.

Le dita affusolate della giovane strega si strinsero improvvisamente con forza crudele contro il suo braccio, le unghie affilate che riuscivano ad attraversare anche la stoffa sottile. Come detto quel pezzo di abbigliamento era a dir poco ridicolo. E scadente. E puzzava.

“Stammi a sentire,Malfoy. Oggi è una serata importante. Ci mischieremo ai babbani e ne malediremo qualcuno. Imperius. Finiranno per massacrarsi tra di loro senza neanche rendersi conto di cosa accada. Avrei dovuto farlo con Rodolphus, ma il Signore Oscuro ha insistito che venissi tu con me. Tu hai idea di che onore sia, Lucius? "- sibilò, le guance accese alla sola idea di servire il suo signore.

Lucius annui. Si, se ne rendeva perfettamente conto. E sapeva bene anche il perchè della richiesta di Lord Voldemort. Quando aveva provato a parlargli qualche settimana prima, Il Signore Oscuro aveva chiarito che prima di ascoltarlo voleva una prova della sua lealtà alla causa. Doveva essere certo che sarebbe stato in grado di seguirlo anche senza Cassandra. Solo se si fosse dimostrato degno avrebbe accettato di aiutarlo. O almeno di parlarne.

“Cos’hai Black, paura che sia più bravo di te con le maledizioni proibite?"- rispose serafico con un ghigno, ben attento a non lasciar trasparire neanche un briciolo dell’ansia che lo stava attanagliando.

Abraxas lo aveva già addestrato a torturare i babbani. Ne aveva visti alcuni anche morire tra atroci sofferenze per mano del padre e dei suoi compagni. Ma quella notta sarebbe stata la prima nella quale sarebbe stato lui a decidere della vita di qualcuno.

Un senso di nausea lo assalì, ma si costrinse a ricacciare la paura in fondo alla mente. In fondo erano solo babbani. Ed era colpa loro se il mondo magico era quello che era. Se la purezza del sangue non era abbastanza considerata. Quante volte Abraxas era tornato furioso per un qualche cavillo tirato fuori da un babbanofilo e se l’era presa con lui?.

No, non poteva avere dubbi o tentennamenti.

Era solo giustizia.

Avrebbero solo provato quella paura che lui sentiva sin da quando era solo un bambino.

Quella sera la sua vita sarebbe cambiata. Sarebbe diventato il padrone del suo destino.

Sorrise a Bellatrix,specchiandosi negli occhi scurissimi accesi della Black. 

“Questa notte è nostra, Malfoy”- gli disse sorridendo finalmente.

“Solo l’inizio di una nuova vita. Lunga vita all’Oscuro Signore Bella”- rispose attraversando sicuro il varco

“E al suo regno”- commentò la strega lanciando un bacio verso Rabastan

“Di puro terrore”- ghignò questo guardando il passaggio chiudersi. Fischiettando con le mani in tasca si diresse verso il campo da Quidditch,rimpiangendo di non poter essere presente quando i sanguesporco avessero iniziato a strapparsi le budella tra di loro.

La prossima volta, pensò tra sé e sé. La prossima volta.






 

“Vattene”- Questo era quello che avrebbe voluto dire, o meglio, ringhiare sperando che sebbene spezzata la sua voce uscisse finalmente dalla gola in maniera che gli altri potessero comprenderla. Piano piano stava riprendendo il controllo del suo corpo e soprattutto della sua mente. Le prime settimane che aveva passato in infermeria era preda dei suoi ricordi, delle sue visioni. Come se tutti gli incubi che avesse mai avuto si fossero riversati nella sua mente senza darle mai tregua. Era certa che c’entrassero le Black.

Quelle due dannate invasate. Aveva sempre saputo che Bellatrix fosse assolutamente priva di ogni scrupolo morale. Ma Andromeda, la studiosa, brillante prefetto del quinto anno, dagli occhi curiosi e la risposta sempre pronta… non avrebbe mai pensato che potesse riservare una così grande sorpresa e maestria nell’ambito delle arti oscure.

E ora ci si metteva anche lui. Quello accanto al suo letto che la guardava serafico facendo finta di sfogliare un libro mentre la guardava riposare pacificamente non era Lucius. Ne era certa.

"Bentornata tra noi angelo mio”- le disse con un tono di miele ma uno sguardo gelido negli occhi non abbastanza grigi. C’era sempre quella sfumatura bluastra che l’aveva colpita quella dannata sera. Anche la bocca, era più morbida di quella di Lucius. Incantesimo dissimulante? C’era qualcosa che non quadrava, ma prima o poi avrebbe scoperto il maledetto segreto di quel ragazzo. E l’avrebbe pagata molto cara. Molto.

 

“Oh andiamo, Cassandra. Non sei contenta di vedermi? Eppure dicevi sempre che i momenti che passavamo insieme sarebbero stati  dei ricordi assolutamente indelebili. Quanto avevi ragione. Ora è solo giusto che ti renda il favore, non credi?”- continuò in tono dolce, alzandosi leggero e posando il libro sulla poltrona- “ Sai, oggi non c’è nessuno in infermeria oltre te. Corvonero e Tassorosso neanche sanno farsi male per bene a Quidditch, non capisco neanche perché li facciano giocare. Pensavo di rimanere qui con te e passare un po’ di  tempo di qualità insieme”- continuò avviandosi verso la porta in tono felpato- “ Invece credo proprio che mi metterò ben in vista nella sala comune di Serpeverde. Peccato che non possa bere. Ma sono certo che troverai la compagnia altrettanto piacevole”

Cassandra ne seguiva le mosse con la coda dell’occhio, guardando fisso davanti a sé, ogni sua fibra intenta a ricacciare indietro il senso di panico che la stava per invadere. Sapeva che stava per succedere qualcosa di particolarmente spiacevole. Ed era perfettamente consapevole che Lord Voldemort non voleva che parlasse di quella storia, suo padre era stato perfettamente chiaro.  Qualunque cosa fosse successa sarebbe rimasta ad Hogwarts.

D’altra parte non  era per niente ansiosa di spiegare il suo coinvolgimento con il tentativo di omicidio della giovane Black.

Rimase in ascolto. La sala era immersa nel silenzio. Quel Draco se n’era andato.
Cercò di fare mente locale tentando di ricordare se avesse sentito la porta chiudersi.

No. Non lo aveva fatto.

Lo seppe con precisione perché lo sentì in quel momento. E poi la formula colloportus. Qualcuno era entrato e si era sigillato con lei. Non era un buon segno.

Sbatté più volte le palpebre cercando di recuperare le forze per prendere la bacchetta. Era certa fosse sul comodino. A portata di mano. Eppure quando andò per tastare non c’era niente.

“Cercavi questa per caso?”- una voce dolce e rotonda come un soffio d’estate. Il tono calmo, la dizione perfetta. Sapeva benissimo di chi si trattava.

Narcissa Black.

Cassandra continuava a fissare il vuoto davanti a sé, imponendosi di darsi un contegno sprezzante. Era una Carrow. Suo padre l’aveva abituata alle torture sin da quando era poco più di una bambina. Le aveva insegnato a non piangere mai, a non mostrare debolezza. E di certo non avrebbe iniziato quella sera. Si concentrò sul suo odio per la giovane strega che le stava davanti, i lunghi capelli che ricadevano ora sulle spalle, una morbida cascata dorata.

“Qualcuno ha pensato che potessimo passare un po di tempo tra ragazze, sai per conoscerci meglio. Serpeverdi,belle, di famiglia ricca… o no scusami, che indelicata che sono. Tu sarai di famiglia ricca, sempre che riesci a convincere Lucius a sposarti nonostante tutto”- cinguettò sedendosi compostamente in poltrona.

“E’ mio”- riuscì finalmente a dire. Le sue prime parole intelligibili.

Narcissa sorrise e si lasciò andare in una risatina composta e deliziosa. Sembrava fosse ad un galà del Ministro della Magia.

“Sarà come dici tu. Ma nel frattempo credo che potremmo mettere a frutto questo po’ di tempo che abbiamo per noi. Dobbiamo chiarire un paio di cosine, non credi? Tipo quando hai drogato Kyle perché mi aggredisse. Ma prima, visto che hai riacquistato la voce ma è ancora così sgradevole… Silencio”-  le disse soave puntandole la bacchetta alla gola.

Di nuovo sentì le corde vocali rattrappirsi, impossibilitata a lasciar uscire neanche un suono.

Narcissa si alzò con eleganza e le si avvicinò. Sentiva il suo profumo, delicato ma persistente, una nuvola leggera che l’accompagnava ad ogni passo. Le osservò il collo bianco e delicato quando si chinò a baciarla sulla fronte.

“Puoi dire addio a Lucius, Cassandra. Lui non sarà mai tuo”- le sussurrò in un orecchio.

Poi sentì il corpo rattrappirsi per il dolore, i tendini in fiamme, una lama di fuoco che le trapassava ogni fibra.

Cruciatus

Narcissa l’aveva detto con eleganza, quasi nominasse il suo fiore preferito.

Eppure la sua maledizione non avrebbe avuto niente da invidiare neanche a Bellatrix, si vedeva la mano della maestra.

L’ultimo pensiero cosciente di Cassandra Carrow, prima di svenire dal dolore fu che si sarebbe vendicata. Avrebbe fatto soffrire Narcissa in un modo in cui quella dannata bambolina non poteva neanche immaginare. Avrebbe preso ciò che più amava e lo avrebbe fatto a pezzi.

Poi ogni pensiero si dissolse e  tutto divenne solo dolore.





 

“Era ora.”- Lucius sospirò con soddisfazione quando finalmente si tolse la felpa babbana di dosso, facendolo sparire in una fiammata. Cento volte meglio gelare nella sera di novembre che tenersi quella sottospecie di cencio buono solo per gli elfi domestici. Tra l’altro sembrava aver assorbito tutta il terrore dei babbani. E il loro sangue. Era disgustoso ed esaltante al tempo stesso. 

Dietro di lui sentì Bellatrix ridacchiare, poi il rumore dei suoi tacchi sul pavimento

“Su, ammettilo, ti sei divertito. Ho visto come te la godevi quando quella sanguesporco ha rotto la bottiglia sul bancone e ha iniziato a tagliare la gola a quelli seduti ai tavoli accanto”- disse con una voce sottile da bambina, gli occhi che le brillavano al ricordo.

Il serpeverde ghignò in risposta. Sì era vero, gli era piaciuto. Guardare quegli esseri impazziti di terrore soffocare nella loro stessa sporcizia. Si era sentito così potente. Sarebbe bastato un tocco di bacchetta e avrebbero potuto far cessare tutto. Se solo avessero voluto, naturalmente.

“Lord Voldemort sarà molto contento. Abbiamo fatto un lavoro eccellente. Nessuno risalirà mai a noi, due babbani che si confondevano tra la folla urlante. Neanche gli auror potranno mai risalire alla maledizione originaria,visto che dell’Imperius non rimane traccia, tantomeno sui morti”- continuò la strega, incapace di contenere l’eccitazione. Non vedeva l’ora di poter rivedere l’Oscuro Signore, raccontargli quella serata nei minimi dettagli. Sapeva che l’avrebbe ascoltata con attenzione, prodigo di consigli e di complimenti. 

Era la sua prediletta non c’erano dubbi, sin da quel giorno lontano che l’aveva incontrato sulle scogliere di Dover. Lui aveva accettato di diventare il suo maestro e lei, Bellatrix Black, l’indomita, la ribella e passionaria primogenita di Cygnus e Druella Black, gli aveva donato la sua intera esistenza.

Non esisteva nulla oltre i desideri di Lord Voldemort. Rodolphus, il suo nome, persino le sue sorelle, erano solo un contorno, scenario nel quale muoversi sinuosa come un serpente

Però Rodolphus poteva essere utile per altre cose. La adorava sin da quando erano piccoli e se solo glielo avesse chiesto si sarebbe strappato il cuore e glielo avrebbe donato.
Forse un giorno glielo avrebbe chiesto come prova d’amore. Un giorno, Lord Voldemort avrebbe trionfato e il mondo sarebbe finalmente stato dei purosangue.

Un giorno non troppo lontano.

Ma quella sera no. Quella sera sarebbe stata la futura moglie di un mago purosangue dell’alta società magica. E l’avrebbe fatto impazzire.

Senza dire una parola, iniziò a scendere veloce le scale, le gambe che si muovevano con passi rapidi e veloci, mossi da quella frenesia e quel desiderio che non riusciva a trattenere. Era passionale in tutto Bellatrix Black, sin da bambina. Ma ora aveva bisogno di dare sfogo a quel fuoco che sentiva dentro. Presto, prima che l’odore di quella notte si confondesse nella banalità dei corridoi, nella stanchezza delle lezioni, nella mediocrità di una scuola che non riconosceva la sua grandezza.

Lucius la guardò perplesso allontanarsi alla luce calda delle torce incantate che brillavano fioche, quasi a voler nasconderlo ancora per un po’. 

Quella notte era stata solo l’inizio, l’aveva detto ancora prima che iniziasse.

Lord Voldemort sarebbe stato contento di lui.

Lo avrebbe aiutato.

Sarebbe stato al suo fianco.

E allora perché si sentiva come se si fosse appena gettato da un precipizio.

Cadeva, cadeva e non sapeva quando si sarebbe schiantato.

Aria.

Aveva bisogno d’aria pulita, per togliersi quelle idiozie dalla mente.

Di sentirsi più in alto di quella miseria.

Del dolore.

Della paura.

Dove vedere le cose con chiarezza.

.

                                                                    




 

Non era di certo una notte piacevole per starsene affacciati alla torre più alta del Castello di Hogwarts. Il vento gelido sferzava l’aria e a quell’altezza sbatteva con violenza contro le pietre centenarie della scuola, infrangendosi con dei secchi boati contro i gargoyles e le arcate acute della loggia.

A Narcissa Black però non interessava. Anzi, affacciata alla balaustra le sembrava che quel cielo cupo e quell’energia naturale incontrollabile fossero il giusto corollario a quella notte. Sentiva ancora l’adrenalina scorrere nelle vene, molto più di quando si era vendicata su Kyle. Questa volta la sua vendetta era stata accurata, pianificata. Era tutto il giorno che ci pensava, sin da quando aveva ricevuto quel biglietto.

Durante la partita l'infermeria sarà vuota. La porta sarà aperta.Hai più o meno un’ora a partire dal fischio di inizio.

Non sapeva chi l’avesse scritto con esattezza. L’unico che aveva visto uscire poco prima di lei era Lucius Malfoy, quei capelli erano inconfondibili visto che Nicholas li portava decisamente più lunghi.

Eppure. Eppure c’era qualcosa che non le tornava. Sembrava Lucius, ma era sicura che non lo fosse.  Era solo una sensazione ma raramente sbagliava su certe cose.

Respirò a fondo sentendo le prime gocce di pioggia bagnarle il viso. Ci sarebbe stato davvero un gran temporale quella sera. A lei  non importava.

Non si era mai sentita così prima d’ora.

Era sempre stata rispettata, corteggiata, blandita. Per il suo aspetto. Per il suo nome. Per le sue sorelle.

Quella era la prima volta che accettava pienamente una parte di sé che finora aveva sempre lasciato quiescente,ritagliandosi un’immagine pubblica da perfetta purosangue ben educata.

Una superficiale ragazzina dai capelli biondi e i begli occhi azzurri.

Non quella intelligente.

Non quella capace di torturare.

Non quella in grado di scegliere per la sua vita.

Eppure lo era sempre stata. Meno testarda di Andromeda. Meno impulsiva di Bellatrix.

Aveva imparato qualcosa da entrambe le sue sorelle. Ma soprattutto aveva sin da piccola coltivato una grande arte. Quella di attendere. Raccogliere informazioni. Tessere alleanze. E poi usarle.

Si spinse in avanti, le mani poggiate con la balaustra e il viso esposto all’aria fredda.

Voleva ubriacarsi della tempesta. Voleva diventare un tutt’uno con l’energia della notte.

Sentirla scorrere dentro di lei. Sentirsi viva. Sentirsi potente.

Improvvisamente però senti qualcuno abbracciarla alle spalle e spingerla via. Lontano da quell’affascinante fulcro di energia pulsante.

Si girò di scatto, la bacchetta pronta a lanciare una maledizione.

Poi incontrò lo sguardo del suo assalitore.

Occhi grigi limpidi come l’argento più puro.

Capelli chiarissimi che ricadevano in un ciuffo scomposto sulla fronte.

Un inequivocabile ghigno sulle labbra.

“E’ la seconda volta che mi fai ricredere sul fatto che sia Bellatrix quella pazza”- le disse con un sorriso le mani ancora strette sulla sua vita. Non più ferree però, ma gentili, appena appoggiate eppure solide. Pronte a non farla mai cadere.

Si impose di fare un passo indietro. Aveva bisogno di mettere distanza tra lei e Lucius.

Se era troppo vicino non riusciva a pensare lucidamente.

“Grazie ma non era necessario. Non avevo alcuna intenzione di buttarmi come una povera mentecatta qualunque in preda alla disperazione”- disse tagliente aggiustandosi i vestiti.

“Non ho dubbi. Un tale spreco..”- sogghignò  lui, avvicinandosi appena a sistemarle una ciocca di capelli dorati, ancora arruffati dal vento sferzante.

Narcissa lo fulminò con lo sguardo : “ Beh di certo. Non tutti hanno la mia bellezza. Sprecarla così mi sembra un delitto”.

Il ragazzo continuò a sorridere enigmatico, le dita leggere che le sfioravano la tempia : “Intendevo del tuo cervello. Ma in effetti anche non vedere il tuo bel visino mi spiacerebbe, se proprio lo vuoi sapere.”- continuò quasi sussurrando.

La giovane Black rimase in silenzio. Osservandolo. E meditando su come si sarebbe dovuta comportare. La sua mente e la sua educazione le diceva una cosa. Peccato che tutto il resto di le gridava di andare nella direzione contraria. 

Poi si rese conto che c’era qualcosa di stonato in lui.

“Come ti sei vestito?”- chiese strabuzzando gli occhi. Quelli che aveva imparato a conoscere come i jeans e una maglietta nera a maniche lunghe- “ Sono vestiti babbani?”

Lui annui, senza aggiungere nulla.

“Sapevo che non potevi essere tu quello che andava in giro per il Castello oggi pomeriggio. Lo avevo detto io che c’era qualcosa di strano”- borbottò ricevendone in cambio una cosa che aveva visto raramente in Lucius Malfoy.

Un sorriso. Un vero sorriso.

“Potrei essere lusingato del fatto che tu riesca a riconoscere un me falso sotto polisucco dal me vero”- tubò, soddisfatto di quella concessione.

Narcissa alzò un sopracciglio dorato.Polisucco? No, era quasi certa che quel ragazzo non fosse sotto polisucco. E soprattutto, per quale motivo l’aveva evitata con cosi tanta meticolosità? Non c’era ragione perché qualcuno che si fingeva Lucius Malfoy decidesse di starle alla larga. E c’era un’altra cosa che non aveva senso.

“Quindi non sei stato tu a mandarmi il biglietto”- mormorò più a sé stessa.

Si ritrovò addosso due fanali grigi perplessi.

“Peccato per un momento ho pensato che ti fossi ricordato e fosse un regalo per il mio..”-liquidò con un gesto della mano. Non era importante. Aveva ottenuto una parte di vendetta. Chi glielo avesse permesso non significava nulla. Anche se sarebbe stato un bel segno da parte sua.

“Compleanno? Guarda che lo so che oggi compie quattordici anni. Solo che di certo non ti avrei mai regalato un misero biglietto”- sbuffò lui. Merlino, davvero pensava che potesse non saperlo? Le aveva comprato un regalo secoli prima. Poco dopo la nottata che avevano passato a giocare a Quidditch. E non era stato affatto facile averlo.

Di nuovo quella sensazione:affetto tangibile, un qualcosa che l'avvolgeva. Tutto in lui sembrava spingersi verso di lei, per poterla almeno sfiorare. Sapere che non era più solo un suo sogno. Una fantasticheria da non poter ammettere nemmeno con i fratelli.  Eppure allo stesso tempo era distante come se non fossero neanche sullo stesso pianeta.

“Ci sto lavorando.”- disse piano, prendendole sfiorandole una mano sino a stringerla tra la sua 

Lei fece un passo in avanti, le dita ancora intrecciate. Erano così vicini che poteva sentire il suo respiro che accelera contro il suo viso.

“Al mio regalo di compleanno? “- gli mormorò  impertinente, vicinissima alle sue labbra. Voleva baciarlo. Voleva sentire il suo sapore. Il suo calore. Voleva il tocco delle sua bocca sul collo, sentire le sue mani stringerla forte. Pronte a non  lasciarla più andare via.

“A noi”- rispose lui chinandosi appena, prendendole il viso tra le mani e guardandola serio.

Era così perfetta. E così vicina. Non c’era fibra del suo essere che non volesse assaporarla.Sentirla attorno a sé. 

Le mani della ragazze volarono sui suoi polsi, costringendo ad abbassarli.

Fece un passo indietro.

“Qual è il tuo desiderio più grande Lucius? "-la sua voce era una carezza nella notte.

Il giovane Malfoy rimase in silenzio. Non ci aveva mai pensato sul serio.

Nessuno gliel’aveva mai chiesto.
Nessuno se ne era mai preoccupato.

D’altronde non era importante quello che voleva lui, ma solo quello che desiderava suo padre.

Era sempre stato così. Abraxas aveva reso nel tempo questo concetto estremamente chiaro.

E lui per la prima volta si stava ribellando.

Avrebbe voluto rispondere semplicemente “Te”. Invece domandò, spostando lo sguardo lontano, oltre la strega che aveva deciso di rendere la sua vita un inferno e la promessa di paradiso allo stesso tempo.

“E  qual è la cosa che Narcissa Black, la reginetta purosangue di Serpeverde, desidera più di ogni altra cosa?”

Eppure lo sapeva. Lei non ne aveva mai fatto un mistero.

“Una famiglia. Le mie sorelle dicono che sono pazza. Che è una visione limitata e patriarcale. Ma non capiscono. Io non voglio un marito e basta. Io voglio qualcuno che mi completi. Che sia sempre al mio fianco. Che mi ami. Mi ami per ciò che sono veramente. E non per il mio nome o per il mio aspetto.”- rispose la giovane fissandolo ancora una volta.

Sentiva i suoi occhi color lapislazzulo su di lui e non avrebbe voluto essere da nessun’altra parte. Voleva restare lì per sempre, ad annegare nell’idea di una vita insieme.

Una famiglia. Non ci aveva mai pensato con piacere. 

Una moglie, certo. Quello era già stato deciso molto tempo prima.

Qualche figlio nel caso. Ma non era obbligato. Non era l’erede del casato.

E se fossero venuti li avrebbe di certo delegati alla cura della madre. O più probabilmente di qualche istitutrice.

Eppure per la prima volta pensò che con lei sarebbe stato diverso.

La guardava e lo capiva.

Senza di lei non sarebbe mai stato niente.

Solo un ragazzino viziato in balia di un padre violento e dispotico.

Senza ambizioni.

Senza desideri.

Senza sogni.

Lei era il suo centro. Il suo tutto. Il suo futuro.

Avrebbe ucciso per lei, senza pensarci due volte.

In realtà lo aveva già fatto. 

Beh, più o meno.

E lo avrebbe fatto mille altre volte ancora.

Il silenzio si era fatto pesante attorno a loro. Solo il rumore della tempesta. 

Eppure gli sembrava che il suo respiro fosse più forte di tutto.

“Pensi sia pazza?”-la voce di Narcissa, lievemente incrinata dal rimorso di essersi confidata gli arrivò come una lama nel cervello.

Lucius sorrise, posandole di nuovo la mano sul viso.

“Sei perfetta”- le sussurrò piano,incantandosi a guardare le guance che si colorivano leggermente, le labbra appena dischiuse rosee e morbide.

Di certo non si aspettava quello che venne dopo.

Un tocco caldo e vellutato.

Un sapore di pesca nel pieno dell’estate.

Le dita lunghe e sottili di lei sulla sul viso.

E il suo profumo che permeava ogni spazio, che gli entrava dentro.

Non avrebbe più potuto vivere senza, pensò mentre sentiva la lingua morbida e delicata di lei farsi strada, gentile ma ferma, nella sua bocca.

Si perse. Cercando di marchiarsi a fuoco nella mente ogni tocco, ogni sospiro, i suoi capelli di seta che gli scivolavano tra le dita. Sentiva il suo corpo premere contro il suo e gli sembrò di impazzire.

Quando rimase senz’aria, le labbra turgide e il respiro affannato lei fece un passo indietro.

Lo fissava.

Lucius aveva paura di guardarla. Paura di scoprire che era imbarazzata, pentita. Forse addirittura disgustata.Quando si costrinse a incrociare il suo sguardo non c’era niente di tutto ciò.

Narcissa Black lo guardava fisso. Senza alcuna traccia di rimorso. 

Sorrideva. In quel modo che sapeva solo lei e che le illuminava gli occhi come una notte stellata d’estate.

“E ora direi che è il momento del mio regalo, non credi?”- sorrise maliziosa, le mani dietro la schiena e protendendosi verso di lui.

Lucius rise, levandosi un peso dal cuore.

C’era ancora speranza. E lui per la prima volta in vita sua avrebbe avuto davvero qualcosa di suo, unicamente suo, per cui impegnarsi. Non per il nome della famiglia, non per un mondo di purosangue. Per lui. Perché lo faceva stare bene.

Dalla tasca dei pantaloni tirò fuori un oggettino quadrato, poco più di cinque centimetri per lato. Per fortuna che se l’era portato dietro. Aveva sperato di riuscire ad incontrare Narcissa prima della mezzanotte. Lo aveva desiderato con tutto sé stesso, anche se non aveva osato chiedere a Bellatrix di dargli qualche minuto prima che partissero per quella missione.

Non che avrebbe avuto alcun senso ragionare con quella pazza quando c’era in ballo l’Oscuro Signore.

Si era detto che lo stava facendo per lei. Che un giorno avrebbe capito.

E il karma lo aveva premiato.

Era decisamente un segno che seguire Lord Voldemort era la strada per lui. Essere un servitore fedele lo avrebbe sempre ripagato. Ne era certo.

Non poté fare a meno di ghignare quando Narcissa prese la scatola con due dita, quasi riluttante.

“Non mi avrai comprato un gioiello, vero Malfoy? Te l’ho già detto come la penso.”- mormorò inorridita.

Si rifiutava di credere che lui la stesse deludendo dopo il loro primo bacio. E non stavano  neanche ancora insieme. Merlino, in che guaio si era cacciata?

Proprio quando stava pensando di lanciare regalo e Malfoy dalla torre di astronomia, il ragazzo tirò fuori la bacchetta. 

O meglio tirò fuori una bacchetta. Quella di certo non era la sua.

Engorgio.

Lucius la guardò mentre i suoi occhi si allargavano per lo stupore e un sorriso le si dipingeva sulle labbra senza che potesse fare nulla per fermarlo.

Non era uno stupido gioiello.

Era qualcosa che nessuno  tranne forse Andromeda avrebbe pensato di regalarle.

Di certo non uno dei suoi corteggiatori.

 

Era un libro.

Un libro raro e introvabile.

Un libro che desiderava da quando ne aveva letto solo in  un vecchio saggio che le aveva prestato sua sorella, preso direttamente dal reparto proibito.

Severus sarebbe impazzito.

“Come hai fatto a trovarlo? Nel Cinquecento il Wizegamot diede ordine di bruciare tutte le copie. Per molti si trattava di una leggenda … Merlino, Lucius, è stupendo. Io… sono senza parole, davvero”

Lo vide sorridere appena, prima che si chinasse a baciarla leggero. Appena un tocco, ben diverso dal bacio vorace di poco prima.

“Per te, qualsiasi cosa. Sempre”- le sussurrò accarezzandole le labbra ancora umide- “ Sistemerò tutto, te lo prometto.”

Narcissa sorrise, stringendo il volume al petto.

Come imbottigliare la morte. Compendio di pozioni antiche e dimenticate.

Un libro proibito.

E un amore desiderato.

Si, decisamente quel compleanno se lo sarebbe ricordato per sempre.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19° ***


Sembrava che quel giorno non sarebbe mai arrivato. Quando ne avevano parlato, nella stanza delle necessità dopo la simpatica quanto inopportuna visita dei suoi zii mentre stava avendo uno dei risvegli migliori della sua vita, l’aveva buttata li, aspettandosi un secco rifiuto.

E invece sua zia gli aveva detto si. E dopo quello che sembrava un tempo infinito, era arrivato finalmente il giorno in cui si sarebbe fatto il suo primo tatuaggio. Magico,naturalmente. 

Non magico come il marchio nero, ovviamente, ma era comunque una cosa rara anche nel mondo dei maghi.

Il fatto che suo padre gli avesse detto di non andare non era assolutamente rilevante. In quel luogo, in quel tempo non era di certo lui che poteva dirgli cosa fare o non fare.

Ora poi aveva ben due alleati dalla sua parte. E a quanto aveva capito i suoi fratelli non sembravano minimamente scoraggiati dalle bizze del fratello minore, limitandosi a guardarlo in silenzio per poi ignorare i suoi capricci.

Un po’ quello che in realtà aveva sempre fatto sua madre, anche se con un filo più di discrezione.

In realtà la cosa che più lo lasciava perplesso era lo strano  legame tra Andromeda e suo padre. Nonostante non perdessero occasione per stuzzicarsi a vicenda sembravano davvero legati, veri amici avrebbe osato dire.E ciò che era davvero sconvolgente era che Lucius sembrava sapere benissimo che la sua futura mai cognata si frequentava  con un nato babbano tassorosso. Probabilmente ignorava però che fosse il tizio con il quale poi sarebbe scappata abbandonando la famiglia. 

Guardarli gli riempiva la mente di domande a cui non sapeva dare risposta.

Qual era la finzione? I rapporti che vedeva ora o i lunghi anni di odio? Ora capiva meglio il risentimento e il dolore di sua madre, il fatto che non si potesse nemmeno nominare la sorella senza farla scoppiare in lacrime.

Come era stato possibile tagliare i ponti a quel modo? Quanto le era costato?

E lui ci sarebbe riuscito? Avrebbe abbandonato tutto per stare con la Granger?

Avrebbe mai potuto provocare un secondo dolore così forte alla persona che gli aveva sempre dimostrato un amore puro e incondizionato?

E quanto era incondizionato veramente?

Il fatto che Narcissa Black Malfoy, una purosangue nata e cresciuta nell’idea dell’elitarismo e che mai aveva fatto mistero delle sue ideologie, avesse accettato in casa sua, senza quasi colpo ferire, una sanguesporco grifondoro che usciva con il suo bambino purosangue era qualcosa che ancora non riusciva a spiegarsi.

All’inizio credeva che fosse perché era preoccupata per la sua salute, ancora traumatizzata per averlo quasi visto morire. Un momento di incapacità di intendere, insomma.

O forse i suoi si sentivano in colpa per quello che gli aveva fatto suo nonno senza che loro avessero il minimo sospetto. E una certa persona,a  suo avviso, faceva benissimo a sentirsi così, visto che gli aveva messo a dama di compagnia una psicopatica che da  adolescente si dilettava di magia oscura.

I mesi però erano passati e non gli avevano chiesto niente. Non gli avevano mai imposto di lasciarla.Non lo avevano messo di fronte alla minaccia di diseredarlo se avesse continuato quell’assurda storia.

Non che gli dispiacesse, ovviamente.

Anzi.

Solo che aveva sempre questa sensazione che prima o poi la bombarda sarebbe esplosa e lui si sarebbe trovato dilaniato in mille pezzi. Tutti rigorosamente purosangue, ma sempre mille pezzi.

L’unica cosa che gli avevano chiesto era di essere discreto.Una richiesta che sembrava ragionevole. Ma per quanto sarebbe potuto andare avanti? Per quanto avrebbero accettato di essere il segreto uno dell’altra?

Ad Hogwarts prima o poi qualcuno si sarebbe insospettito. Era certo che Piton e la McGranitt già lo sapessero, visto gli sguardi sconsolati che lanciavo loro durante le lezioni in comune . Severus aveva quasi provato a parlargli,salvo poi fare un gesto seccato con la mano, borbottando di pessimi gusti e ormoni adolescenziali impazziti.

Ma era solo questione di tempo. Non era possibile continuare a vedersi sempre e solo negli angoli bui,  ai margini di Hogsmeade o nella stanza delle necessità.

Hermione Granger non era fatta per stare nell’ombra a tramare. Lei era un sole caldo che riusciva a scaldare tutti con la sua passione, il suo coraggio, la sua determinazione.

Una cazzo di grifondoro dalla testa ai piedi, pensò con un ghigno.

In realtà si era innamorato di lei appena vista entrare nello scompartimento del treno, sicura e fiera, alla ricerca del rospo di quello stupido di Longbottom.

E allo smistamento  non poteva fare a meno di guardarla.

Granger.

Mai sentito.

Ma forse aveva almeno la madre strega. Una mezzosangue sarebbe stato accettabile.

Sembrava intelligente, forse sarebbe finita a Corvonero.

Poi era arrivata la doccia fredda.

Grifondoro.

Come Potter Harry James, che aveva rifiutato la sua offerta di amicizia preferendogli Weasley Ronald Billius.

E la voce di Pansy accanto a lui  "Una sanguesporco come lei solo lì poteva finire".

Sanguesporco.

Una di quelli che gli avevano sempre insegnato ad odiare.

Era per colpa loro se i maghi erano costretti  a nascondersi nel mondo magico.

Se il mondo poteva essere pericoloso.

Se suo padre aveva rischiato di finire ad Azkaban.

Se quand’era piccolo veniva svegliato da ronde di auror che frugavano dappertutto. In casa sua. Senza alcun rispetto. Buttando tutto all’aria e avvertendolo che presto  avrebbe dovuto dire addio al suo papà. Per sempre. 

Ci aveva creduto. Con tutto il suo essere. D’altronde era quello che gli era sempre stato insegnato, sin da quando ne avesse memoria.

Però allo stesso tempo non riusciva a fare altro che pensare a lei, a guardarla di sottecchi mentre si agitava a lezione, impaziente di rispondere.

Sapeva lanciare incantesimi meglio di ogni mago o strega purosangue della stessa età, se non addirittura alla pari con quelli almeno del terzo anno. Sembrava così a suo agio con calderoni ed erbe, quasi non avesse mai fatto altro nella vita.

Fin troppo. Quello era stato chiaro sin dai risultati degli esami del primo anno.

Fino a quel momento poteva rilegarla a quattro mura delle lezioni, fare finta che la sua presenza non entrasse strisciando nel suo cervello intossicandolo.

Era diventata reale.

Era uscita da scuola ed entrata nel suo mondo.

Certo avrebbe preferito che suo nonno e suo padre non lo scoprissero, visto come avevano reagito.

Eppure era stato in quel momento che aveva capito che non avrebbe mai saputo vivere senza di lei.

Per quello aveva cercato di avvertirla quando aveva capito cosa Lucius stesse pensando di fare con il diario di Tom Riddle.

Uccidere i sanguesporco.

Indegni di Hogwarts. Indegni di respirare la loro stessa aria.

Eppure proprio una natababbana era risultata essere la strega più brillante della sua generazione.

Sorrise.

L’unica cosa che dimostrava il suo stato di nascita era indubbiamente la sua stupida, irrazionale e assolutamente ingiustificata ritrosia nei confronti del volo in generale e del Quidditch in particolare. Eppure non mancava mai ad una partita, seppur portandosi dietro i libri. 

Spesso aveva fantastico che venisse a vedere lui e quando, finalmente, quell’estate lei lo aveva messo gli era parso di respirare per la prima volta aria fresca.

Chissà se lei si era resa conto di averlo salvato quando aveva accettato il suo bacio dopo il ballo del Ceppo. Quanto fosse stata importante quella prima notte insieme. La prima in cui aveva passato una notte intera con una ragazza. La prima in cui non si era svegliato in preda agli incubi, in cui non si era dovuto preoccupare di nascondersi o di silenziare le coperte del letto a baldacchino. Solo lei, distesa nuda accanto a lui,il profumo dei suoi capelli che lo inebriava, il suo calore vicino che lo traghettava nel sonno.

Quando si era svegliato per un attimo aveva pensato che fosse stato tutto un sogno, uno dei tanti. Invece aveva trovato i suoi occhi colore del miele a guardarlo, assorti. Non le aveva mai chiesto a cosa stesse pensando. Se si fosse pentita. Se avrebbe preferito essere scappata via da lui. Dal mostro che la tormentava. Dal figlio di mangiamorte.

E ancora non aveva neanche avuto modo di sbirciare nell’abisso di dolore e paura in cui era incatenato da anni. Quando l’aveva fatto però non si era persa in sentimentalismi, lagne o pietismo. 

Lei era rimasta accanto a lui. E aveva lottato per entrambi.

Era stata solo lei a dargli un motivo per andare avanti. 

Solo lei.

Chissà se glielo avrebbe mai detto. 

Se avrebbe mai avuto il coraggio di dirlo ad alta voce.

Non era neanche riuscito a bruciare il biglietto che aveva nascosto nel suo libro preferito da bambino, in modo che sua madre prima o poi lo trovasse.

Ci aveva provato, ma ogni volta c’era qualcosa che lo frenava.

E se si fosse rivelato tutta un'allucinazione dovuta alle cruciatus?

Se si fosse risvegliato a casa di Cassandra, solo.?Ad attendere che prima o poi lo torturassero fino ad  ucciderlo. A pensare che i suoi sarebbero stati meglio senza di lui. Che Blaise e Pansy sarebbero andati avanti comunque. Che Lei, Hermione Granger, la golden girl, la grifondoro brillante, non si sarebbe neanche accorta della sua assenza. O forse ne sarebbe stata addirittura contenta. Sollevata.

O forse si sarebbe ritrovato al San Mungo, come i genitori di Longbottom.

Ma era certo che non ci sarebbe rimasto molto.  Di sicuro un’onta del genere sulle famiglie Black e Malfoy non poteva essere sopportata a lungo Era sicuro che sarebbero riusciti a convincere anche sua madre che quella non era vita degna di essere vissuta. Meglio morto che demente. Almeno avrebbe avuto una tomba su cui portare i fiori.
E la vita sarebbe andata comunque avanti.

Gli alberi del Maniero sarebbero fioriti, la primavera sarebbe arrivata, e piano piano il suo ricordo sarebbe sparito. Cancellato.

 

“Uno zellino per i tuoi pensieri”.

Una voce calda ma impaziente. Il tocco leggero delle sue labbra sulla nuca prima di appoggiare la fronte sulla sua spalla, abbracciandolo stretto.

Il calore che tanto aveva cercato. Eccolo di nuovo li. Vicino, confortante, avvolgente.

“Oh credimi, non ne vale la pena”- sorrise girandosi e prendendole il viso tra le mani, accarezzando piano il suo bel profilo.

Gli occhi del colore delle foglie in autunno brillarono.

Fieri. Battaglieri. Vivi

“Vale sempre la pena se si tratta di te”- gli disse bloccandogli la mano con la sua. 

Era uno di quei momenti in cui lui si estraniava, rintanandosi in un mondo che lei non riusciva a raggiungere, terrorizzandola al pensiero che ricominciasse con l’occlumazia. Temeva che un giorno non sarebbe più riuscito a distinguere cosa tenere fuori e cosa condividere e che avrebbe deciso di chiudere fuori lei.Si sentiva mancare l’aria solo al pensiero che lui non fosse più suo, di non poterlo toccare, baciare,stringere.

Draco le prese una mano, e come tante altre volte aveva fatto, se la portò alle labbra, baciandole il palmo.

“Io sono qui, Draco. Non vado da nessuna parte”- gli disse passandogli le dita tra quei capelli che sembravano sempre troppo chiari per essere veri. 

Sua madre aveva intuito che ci fosse qualcuno che le avesse rubato il cuore ad Hogwarts. E prima di lei aveva compreso che non fosse Ron. Forse perché una volta si era lasciata sfuggire  sono così belli mamma, sembrano fatti di fili di luna.

Va bene che aveva undici anni, ma ora non l’avrebbe mai ammesso sotto tortura di aver detto una stupidaggine del genere. Aveva una reputazione da mantenere.

E due migliori amici che si sarebbero buttati dalla torre di astronomia se l’avessero saputo.

Senza contare che forse Draco si sarebbe rifiutato di fare ancora sesso con lei. Probabilmente era la cosa meno sexy che avesse mai sentito.

E sapevano tutti quanto fosse permaloso. E tenace nella sua permalosità.

Si sollevò sulla punta dei piedi per baciarlo, gli occhi ancora fissi su quello spazio senza confini che erano i suoi. Li aveva guardati per la prima volta quella sera di dicembre,specchiandocisi dentro come mai aveva fatto prima.

Lui la vedeva. Riusciva ad entrarle dentro.

E capiva che non avrebbe mai voluto essere da nessun’altra parte.

“Sei il mio luogo sicuro, Granger?”- le soffiò lui sulle labbra, tese in un sorriso forzato.

“Sempre, Malfoy”- rispose la grifondoro, con le braccia ancora intrecciate dietro al collo del ragazzo, spingendolo verso di se- “Parola di Grifondoro”:

Lui rise di quella risata che raramente concedeva. Limpida, di cuore. 

Senza malizia.

Senza dolore.

“Che Salazar me ne scampi allora. E a proposito di serpeverdi, devo scappare, Arael e Nicholas mi aspettano tra dieci minuti nella carrozza per Hogsmeade. Se tardo quei due sarebbero capaci di lasciarmi qui”- ridacchiò baciandola ancora una volta.

Hermione lo guardò ancora un momento. Se solo avesse avuto più tempo. Forse si sarebbe aperto finalmente con lei. Ma ogni volta che riusciva a scorgere uno spiraglio nella sua corazza era solo per un attimo. 

E quando fossero tornati ad Hogwarts nel loro tempo avrebbero dovuto continuare a nascondersi come ladri. Come se stessero facendo qualcosa di orribile.

Ma in fondo per molti lo era.

La grifondoro natababbana amica di Harry Potter.

Il serpeverde purosangue cresciuto nel culto di Voldemort.

Due nemici naturali.

E invece avevano scoperto di non poter vivere l’uno senza l’altro.

Lo guardò correre giù verso il piazzale. Di nuovo verso la sua famiglia, mentre la lasciava indietro.

Alzò gli occhi e si trovò davanti due laghi blu, senza alcuna espressione se non un ghigno sottile nelle labbra che ricordavano fin troppo quelle che aveva baciato poco prima.

Narcissa Black  li aveva osservati per tutto il tempo.

Poi, senza dire una parola, si era girata e se n’era andata.Un libro sotto il braccio, i passi che risuonavano melodiosi sul marmo.

E lei si sentì di nuovo davanti ad una Narcissa diversa ma sempre uguale. Bella, aristocratica, sprezzante. Narcissa Malfoy, che per difendere suo figlio aveva ucciso quello che era stato il venerato oscuro signore della sua famiglia.

Un enigma che  neanche la strega più brillante della sua generazione riusciva a risolvere.





 

.***


“Oh andiamo, state scherzando spero.Avevamo detto che era una cosa di famiglia. Esattamente lui che c’entra?”Lucius lo gelò appena messo piede nella carrozza.

Un grande classico.La solita affabilità di suo padre.

Draco gli sorrise sardonico, mentre si sedeva accanto ad Arael, chianandosi per dare un bacio sulla guancia. Con la coda dell’occhio non mancò di notare con soddisfazione che il suo gesto non era passato inosservato ai vigili occhi grigi di Lucius, che stava letteralmente digrignando i denti.

“Da dove viene tutta questa confidenza?”- ringhiò a voce bassa, mentre il sorriso del futuro figlio si allargava sempre di più. Decisamente toccare i punti scoperti delle persone era sempre stato il suo forte, e di certo non intendeva perdere l’occasione di rendere la vita difficile a suo padre nel limite del possibile. Come sempre sostenuto, non era una persona da farsi passare le arrabbiature facilmente.

E oltre a tutti i motivi per cui non poteva avercela con suo padre nel futuro, alla lista personale che non condivideva con nessuno aveva aggiunto il fatto che sua madre fosse quasi morta per i pessimi gusti di Lucius in fatto di compagnie femminili.

Cassandra era la sua fidanzata, ergo lui ai suoi occhi era responsabile quanto lei.

Senza contare il fatto che ancora non si capacitava di come fosse stato possibile far continuare a vivere una che aveva cercato di ammazzare Narcissa.

Suo padre si era sempre professato un marito devoto.

Evidentemente o mentiva o non aveva idea di cosa significasse. Tertium non datur.

“Ti da fastidio per caso?”- chiese con voce melodiosa, sbattendo gli occhioni con fare innocente. 

“Non quanto a te vivere con tutti gli arti integri, evidentemente”: rispose l’altro tagliente, incrociando le braccia e fissandolo minaccioso.

“Oh andiamo, piantatela. Tutti e due. Per Salazar, mi sembra di avere a che fare con bambini di cinque anni”- Nicholas non poteva fare a meno di trovare qualcosa di esilarante in quella situazione. Lucius e Draco erano seduti uno davanti all’altro, Stessa espressione bellicosa in viso, stesso atteggiamento del corpo. E stesso broncio.

Di sicuro suo fratello avrebbe avuto un bel da fare quando il nipote sarebbe tornato nel suo tempo. Ma gli stava bene. Draco era testardo, permaloso e assolutamente impossibile da far ragionare tanto quanto suo padre alla sua età.

E sotto sotto, entrambi erano smaniosi di compiacere il rispettivo padre da ficcarsi in situazioni assurde e pericolose.

Come Lucius con Lord Voldemort.

Come Draco con quella missione nel passato.

La cosa paradossale era poi che entrambi erano spinti in quel vortice di decisioni sbagliate per amore e per paura. Quale delle due fosse predominante era difficile dirlo.

E se per quanto riguardava Lucius in fondo si sentiva anche un po’ in colpa, avendo lui e la sorella spinto da anni perché si rendesse conto che Narcissa Black era la ragazza perfetta per lui, per Draco c’era qualcosa in quell’Hermione Granger non la convinceva.

Intelligentissima, bella e ambiziosa.

Ma c’era qualcosa in lei, qualcosa di più sottile.Sapeva che gli stavano nascondendo qualcosa ma non aveva né il tempo né la voglia di stare ad indagare.

Non aveva più tempo per quelle cose.

Non aveva più tempo per le assurde aspettative di Abraxas.

Tutto quello che aveva senso in quel momento era la famiglia, i suoi fratelli.

Sanctimonia Vincet Semper.

La purezza del sangue vince sempre.

Il sangue vince sempre.

Il sangue.

Si toccò distrattamente l’anello che portava all’anulare, percependone il famigliare tocco freddo mal contempo rassicurante. 

Sapeva che gli anelli suoi e dei suoi fratelli erano importanti. Sua madre glielo aveva detto più volte quando glieli aveva regalati per il loro quattordicesimo compleanno. Un serpente bicefalo che creava una barra dritta sopra anulare e mignolo, mentre con le spire avvolgeva il dito. Impossibile dire dove iniziasse dove finisse. Stilizzato ma ben riconoscibile, ben diverso dall’anello con il monogramma MB che gli aveva fatto vedere Draco.

Eppure quando aveva preso in mano il blasone del nipote aveva sentito una sensazione familiare, quasi fosse qualcosa di conosciuto. come se fosse parte di lui.

In realtà per la prima volta lo aveva fatto dormire tranquillamente da anni erano stati proprio i racconti che erano stati in grado di estorcere  a Draco. Nonostante tutti gli sbagli, sicuramente enormi che avrebbe fatto, loro fratello era al sicuro. Aveva sposato la donna perfetta per lui. Avevano avuto un bambino che, nonostante quello che diceva quel lagnoso di suo nipote, era certo che amasse con tutto sé stesso.

Se solo non fosse stato così stupido, cosi ansioso di compiacere Abraxas prima e e Lord Voldemort dopo. Se solo loro due ci fossero stati a guidarlo. Sarebbe stato tutto diverso. 

E invece capiva benissimo come la paura, il dolore, il senso di abbandono per la loro morte avrebbero spinto Lucius sempre più verso un abisso di violenza e scelte sbagliate.

Strinse i pugni.

Avrebbe voluto poter fare qualcosa.Ma Arael glielo avevo spiegato più volte: se avessero provato a cambiare il futuro non sapevano quali sarebbero state le conseguenze. Avrebbero potuto mandare a puttane l’intero mondo magico.

Avrebbero potuto uccidere loro nipote ancora prima che nascesse.

E questo era certo che il Lucius di nessuna epoca glielo avrebbe mai perdonato.

“Nicholas stai bene? Mi stai guardando come se vedessi un fantasma. L’intruso è lui, se anche tu avessi perso il cervello come la qui presente Arael Morgaine Malfoy, che pare aver confuso me, il suo adorato fratello minore, con un vagabondo venuto da chissà quale landa sperduta”.

La voce di suo fratello lo riscosse dai suoi pensieri.

“O forse semplicemente preferisce me”. rimbeccò Draco. Di certo non avrebbe detto che fosse il più bello. Non con quei capelli.

“Lucius, smettila di comportarti come un bambino a cui hanno rubato il giocattolo preferito. Draco smettila di stuzzicare. Draco si farà il tatuaggio con noi, fine della discussione”- Arael continuava a guardaare fuori dalla terrazza, persa nei ricordi della loro scesa nel Lago Nero. A quello che la Dama le aveva chiesto.

“Ma lui non è di famiglia”- rispose il fratello cocciuto.

“Lucius…”

“Sono figlio di un padre ossessionato dalla purezza del sangue che se ne strafrega di me. Non ci trovi niente in comune?”- ribatté  il nipote ostinato

“Draco….”

“Beh, con il tuo modo di porti mi sembra il minimo. Merlino, chissà quanto deve bere per sopportarti”

“Lucius!”

“O forse non sopporta il suo riflesso allo specchio”

“Draco!”

Arael e Nicholas si scambiarono un’occhiata complice. Non c’era niente da fare. C’erano solo due opzioni con quei due.

Chiuderli in una stanza sino a quando non avessero chiarito. Con tutti i problemi che quello avrebbe potuto creare, visto che se il fratello avesse scoperto la reale natura di quello strano ragazzo avrebbero potuto creare un paradosso temporale dalle tragiche ripercussioni.

Oppure

Silencio.

Entrambi fecero finta di non vedere gli sguardi di fuoco che i due Malfoy più giovani gli rivolgevano, accompagnati da altrettanto eloquenti gesti

Mancava mezz’ora all’arrivo.

E loro avevano altro a cui pensare.

Almeno un po’ di pace momentanea se la meritavano.










 

Quando avevano detto la parola tatuaggio Draco aveva pensato a un nerboruto omone coperto di segni in un sottoscala nascosto di Hogsmeade, visto che ufficialmente non aveva mai visto uno studio di tatuatori nella cittadina.

O forse una ragazza sexy, nella migliori delle ipotesi. D’altro canto non aveva mai negato di essere uno che si rifugiava negli stereotopi.

Di certo non si aspettava una vecchia stramba in un salotto pieno di piante sino al soffitto.

E uno strano aroma nell’aria.

Lanciò un’occhiata a suo padre, che evidentemente stava pensando esattamente la stessa cosa.

“Ma siamo sicuri che possiamo fidarci?”- gli sussurrò a mezzavoce, avendo finalmente ritrovato la capacità di esprimersi a parole e non solo a mugugni- “ A me questa non pare proprio tutta sana di mente”.

Lucius alzò le spalle e borbottò di rimando- “Concordo. Fai una bella cosa, butta giù qualche vaso così casomai sarà troppo presa dalla perdita delle sue piantine per deturparci”

Dallo sguardo di fuoco che gli lanciarono i gemelli, però, forse non erano stati così discreti come pensavano.

La vecchia strega però non pareva infastidita. Era seduta in poltrona e continuava a studiare il disegno che le aveva portato Arael, prendendo appunti su un grosso quaderno dalla copertina rigida. Ogni tanto alzava la testa per chiedere qualcosa alla ragazza,e annotava meticolosamente la risposta, facendo segni di approvazione con l’arruffata testa canuta. Ad ogni mossa i pesanti orecchini pendenti tintinnavano, come se fosse stato un enorme acchiappasogni umano.

E soprattutto, ogni tanto beveva un sorsetto dalla tazza che teneva accanto a sé. Aveva offerto anche al loro l’intruglio ma i ragazzi per poco non l’avevano sputato contro le pareti dipinte di verde dopo il primo sorso. Quello non era tè, ma rum di ribes invecchiato sino a renderlo più vicino a qualcosa che si sarebbe potuto usare per togliere lo sporco centenario dalle pietre di Hogwarts che ad una bevanda per il primo pomeriggio. Di certo berlo avrebbe significato non solo la peggiore sbronza della loro vita, ma anche un’ulcera fulminante.

Finalmente parve che quella lunga fase di consultazione fosse  giunta al termine quando la megera posò il quaderno aperto su un tavolino e si alzò per prendere una scatola legno lucido riccamente intarsiata. Prima di aprirla la posò sulla fronte, mormorando qualche preghiera, poi la posò sul tavolo dove erano state posizionate due sedie, una di fronte all'altra.

Prima di sedersi accese un mazzo di salvia e lo lasciò a bruciare accanto a loro, con il fumo che saliva denso ed aromatico, mentre srotolava una pergamena dall’aspetto fragilissimo, che però reagì elastica sotto le sue dita.

Per un attimo Draco pensò che se non fossero morti per qualche strana infezione, di certo lo sarebbero stati per le esalazioni malsane di quella stanza. Aveva l’urgenza di aprire una finestra e far entrare un po’ di aria da fuori. Poi realizzò cos’era  che in realtà lo stava infastidendo.

Non era solo la fragranza penetrante delle erbe. 

Era il silenzio. 

Sembrava che fossero migliaia di miglia lontani da una cittadina in cui si erano riversate decine di studenti chiassosi. Di nuovo nella foresta di Hogmeade ad evitare di farsi tagliare a fette da spiriti psicotici.

Spriti che ad occhio e croce sembravano amici di vecchia data della stramba che gli avrebbe inciso segni indelebili sulla pelle.

Se ne rese conto quando iniziò a sentire un suono regolare, ritmico, Il pennino della piuma di pavone che la strega aveva tirato fuori poco prima che colpiva la pergamena.Tanti piccoli segni, uno dopo l’altro. Accompagnato da un cantilenare incessante in una lingua che non conosceva ma che aveva qualcosa di caldo e famigliare come una ninnananna che la madre gli cantava da bambino.

La testa bianca china sullo scrittorio e intenta al lavoro, mentre  sull’avambraccio di Nicholas, seduto in poltrona accanto a lei, iniziavano ad apparire minuscoli segni color rubino. Uno accanto all’altro, la copia perfetta del disegno che tracciava sulla pergamena.

Draco e Lucius si avvicinarono quasi in simultanea, affascinati dal movimento fluido  e senza soluzione di continuità della mano dell’incantatrice. Aveva iniziato dalla stella, e già dopo i primi passaggi la pelle lacerata iniziava a sanguinare. Continuando a salmodiare con un sorriso la strega puliva il braccio, prima che la cannula tornasse ad incidere la sua linea rossastra che spiccava sulla pelle candida.

Era poi passata ai simboli interni alle punte, infine alla scritta esterna. Si soffermò per un attimo ad accarezzare le parole, sfiorandole appena. Infine un cerchio perfetto all’esterno del disegno e un minuscolo puntino al centro perfetto. Una volta finito ripulì meticolosamente la zona, prima di cospargerla di una strana mistura scura di erbe dall’odore dolciastro. Recitò un ultimo incantesimo prima di fasciare con attenzione il braccio del ragazzo, lasciandolo finalmente alzare.

Quando fu il turno di Lucius, la strega si fermò per un attimo a guardarlo.

“Ragazzino, tu lo sai cos’è l’amore?”- gli chiese seria, fissandolo con gli occhi gialli come quelli di un gatto

Lucius la fissò interdetto, prima di annuire lentamente. Se glielo avessero chiesto solo qualche mese prima non avrebbe saputo cosa rispondere esattamente. Oltre i suoi fratelli non aveva mai provato nulla per nessun altro. Né capiva come si potesse dire di essere disposti a dare la vita per qualcun altro. 

Da quando aveva ammesso con sé stesso di amare Narcissa,però, era come se si fosse squarciato un velo. E sebbene la cosa a volte lo terrorizzasse lo aveva riempito di una speranza che mai avrebbe pensato di poter provare.

“Molto bene. Perchè l’amore è l’unica vera magia che farà funzionare questi tatuaggi. Ricordatelo quando verrà il momento”- la voce era seria, quasi solenne.

Lucius avrebbe voluto rispondere con qualcosa di sarcastico, o almeno con un ghigno. Ma c’era qualcosa di antico e potente che proveniva da quella strega che glielo impediva, quasi ci fosse una mano che lo bloccava..

La megera ridacchiò girandosi verso Draco

“Beh a quanto vedo direi proprio di si”-si lasciò sfuggire,ma prima che il giovane Malfoy potesse replicare la canna appuntita aveva ricominciato il suo lavoro. 

Lucius si morse la lingua, a vederlo fare sui suoi fratelli non sembrava ma quella dannata cosa faceva un male cane. Ma di certo non sarebbe stato lui il primo della famiglia a piagnucolare. Non davanti ad un estraneo che era stato assurdamente portato ad una così importante come un tatuaggio tra fratelli. Un tatuaggio di cui Arael blaterava da mesi

A dire la verità, anche se non l’avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura,quel Draco gli piaceva. Molto. E sentiva una strana affinità, che aumentava di giorno in giorno.

Alcune volte gli sembrava di conoscerlo da sempre.

Altre era assolutamente in grado di farlo impazzire.

Un po’ come Narcissa in fondo.

E a proposito di Narcissa, chissà cosa avrebbe detto quando le avrebbe fatto vedere il risultato, anche se di certo non sembrava una cosa che le potesse piacere. Ma con Narcissa Black non si sapeva mai come avrebbe reagito, ed era la cosa che lo aveva sempre affascinato, anche quando sembrava provare ribrezzo per lui.

Era certo che un giorno si sarebbe fatto fare un tatuaggio solo per lei. Per dimostrarle quanto fosse speciale per lui. Ma prima doveva sempre risolvere la piccola questione del suo fidanzamento ufficiale con la Carrow. E Lord Voldemort ancora non l’aveva contattato, sebbene fossero passati giorni dalla serata dell’eccidio babbano.

Doveva avere fede. Lord Voldemort non l’avrebbe abbandonato, ne era certo.

Poteva fidarsi di lui. Doveva fidarsi di lui.

Forse fidarsi non era la parola giusta.

Doveva affidarsi. Non domandare nulla. Lord Voldemort si sarebbe preso cura di lui e in cambio avrebbe avuto la sua fedeltà.

Si, ora aveva più senso.

Finalmente la tortura finì.

Lucius si osservò l’avambraccio: sentiva il miscuglio penetrare nelle ferite aperte, bruciando in maniera quasi insopportabile. Eppure in un certo senso era quasi piacevole. Lo faceva sentire vivo, il sangue pompava più forte, gli sembrava quasi di sentirlo, caldo e vischioso scorrergli nel corpo, portando quell’energia pulsante in ogni cellula.

Finalmente fu il turno di Draco. Guardando la faccia che aveva fatto suo padre non sembrava nulla di piacevole. Però il risultato era straordinario. Dentro di sé, da buon serpeverde, era diviso tra l’idea di ringraziare tutti per il bel pomeriggio ed andarsene, oppure restare a soffrire .

Decise di optare per la seconda. Non vedeva l’ora di farlo vedere alla Granger. E di sentire la sua lingua calda tracciarne i contorni. Gli girava la testa solo all’idea.

SI stava sedendo sulla poltrona come gli altri quando la strega lo fermò.

“Ogni cosa al suo posto e il posto per ogni cosa. Tu hai bisogno di un altro tipo di protezione. Girati e togliti la maglia”- ordinò con un tono che non ammetteva repliche.

Per una volta Draco fece quello che gli veniva chiesto senza lamentarsi. L’energia che emanava quella strana donna era così forte che sembrava annullare ogni sua opposizione, sciogliendola come neve al sole. Semplicemente sentiva che stava facendo la cosa giusta.

Si girò posizionandosi a cavalcioni sulla sedia che gli aveva indicato.

“Posso almeno sapere cosa mi disegnerai?”- borbottò appoggiando la fronte allo schienale imbottito.

La strega gli accarezzò  con la bacchetta il centro della schiena, tra le scapole.

“Il perfetto complemento. L’en to pan. Il segno che tutto torna e che tutto tonerà.”- disse con voce carezzevole.

Sua zia glielo aveva detto che il suo sarebbe stato la perfetta somma dei loro. Il cerchio perfetto.  

“L’oroboro”- senti la voce di Lucius vicinissima dietro di lui. Poi fece una cosa che stupì entrambi. Si sedette sul divano davanti a lui,sporgendosi a toccarlo.

“Farà male, ma ti prego non frignare come un tassorosso”- gli disse con un mezzo sorriso.

Dentro di sé Draco lo mando a quel paese. O anche peggio.

Poi la strega iniziò il suo lavoro e non riuscì a concentrarsi su niente altro che non fosse il tocco delicato del suo futuro padre  sul braccio.







 

Quando uscirono da quella casa, doloranti e fasciati in strati di erbe medicinali, il pomeriggio ormai scivolava pigramente verso la sera. Dopo aver passato ore in quella stanza, avvolti dall’odore di piante, fiori e il loro stesso sangue, l’aria pulita sembrava quasi troppo per i loro polmoni.

Draco si girò per lanciare un’ occhiata alla finestra, cercando di intravedere per un’ultima volta quella strana donna, vecchia e giovane allo stesso tempo, custode di qualcosa che non aveva mai visto prima.

La casa però era sparita. Ora al suo posto c’era un piccolo giardino recintato, rigoglioso nonostante la stagione autunnale ormai avanzata.

“Non solo un posto ma anche un tempo per ogni cosa”- gli sussurrò Nicholas  all’orecchio , tenendogli un braccio sulla spalla e forzandolo ad incamminarsi dietro ad Arael e Lucius che avevano già ripreso la via dei negozi.

D’improvviso la strega bionda si fermò di fronte alla libreria, lasciando il fratello minore a parlare da solo, cosa che ancora stava facendo quando Draco e Nicholas lo raggiunsero.

“Tua sorella è pazza. Le stavo dicendo una cosa seria e lei mi ha lasciato qui a blaterare”- mugugnò nei confronti del fratello.Poi continuò indicando con sdegno la vetrina- “ E per cosa poi?Come diavolo si fa anche solo a pensare di poter comprare qualcosa del genere”

Draco seguì il dito accusatorio e non poté fare a meno di sorridere.

Si sua zia era proprio una dannata strega. 

E decisamente una serpeverde.

Decisamente



 

Continuava a rigirarsi nel letto, senza riuscire a prendere sonno. Non era una cosa così infrequente, soffriva d’insonnia da quando era bambino. Ma solitamente quando era ad Hogwarts, dove si sentiva al sicuro, riusciva ad addormentarsi piuttosto facilmente. Quella sera, invece, ogni volta che chiudeva gli occhi ripensava a quel pomeriggio. 

Quando aveva visto le cicatrici sul corpo di Draco si era sentito strano, neanche avesse visto il suo Molliccio. Era una sensazione strana, una sorta di terrore e senso di sconfitta che si era impadronita di lui senza alcun motivo ragionevole. Era quello che l’aveva spinto a comportarsi come un emerito imbecille, mettendosi a  confortare quello che per lui era assolutamente uno sconosciuto . E lui non era mai stato tipo particolarmente espansivo. O pieno di attenzioni verso il prossimo.

Eppure non era riuscito a fermarsi, nonostante il suo orgoglio di Malfoy continuasse a ripetergli di staccarsi e mettersi nel punto più lontano della stanza. Ignorarlo. Deriderlo, magari.

Si girò verso il letto del ragazzo, poco distante dal suo. Le tende del letto a baldacchino erano ben chiuse, ma era sicuro fosse sveglio. Aveva notato che anche lui aveva problemi a dormire. 

Beh se lui non riusciva ad addormentarsi per colpa sua, di certo non sarebbe stato l’unico sveglio quella notte. E poi c’era qualcosa che voleva chiedergli.

Si avvicinò silenzioso e scostò le tende. Draco era sdraiato a pancia in giù ma era evidente fosse sveglio, visto che poco dopo si trovò la sua bacchetta a pochi centimetri dal viso.

“Oh andiamo, ti hanno mai detto che tendi a reagire in maniera eccessiva?”-disse pigramente alzando le mani .

Draco borbottò qualcosa di inintellegibile, ancora seduto sul letto Qualcosa che suonava tipo quel maledetto viziaccio di apparire all’improvviso.

“Che vuoi?”-disse invece alla fine, tirando le gambe al petto e abbracciandole, difensivo.

Lucius per un attimo sembrò a disagio. Non sapeva bene neanche lui perchè si stesse prendendo tutto quel disturbo. C’era qualcosa in quel ragazzo che lo faceva diventare matto.

Non parlò, limitandosi a tirare su la casacca del pigiama di seta nero, mostrando il fianco.

Draco deglutì a fatica, osservando il reticolo di segni bianchi che coprivano la pelle di suo padre. Uno più grande degli altri e ancora in rilievo andava dalle costole sino al retro della schiena.

Decisamente suo nonno aveva fatto pratica nel tempo prima di sfogarsi su di lui.

“Neanche le tue possono andare via con la magia?”- chiese sapendo già la risposta.

Lucius scosse la testa, lasciando ricadere la stoffa lucida.

Draco sapeva bene il perchè. Magia oscura.

“Mi dispiace”- si ritrovò a dire. E per la prima volta lo pensava sul serio.

“Non è colpa tua. Diciamo che spesso non sono proprio il figlio perfetto. E neanche tu a quanto vedo”- la voce di Lucius era piana, sottile come mai l’aveva sentita. Sembrava stesse parlando di tutt’altro eppure il figlio riusciva a cogliere una nota di profondo dolore dietro quelle maniere noncuranti.

Per un momento il futuro erede dei Malfoy si sentì mancare il fiato. Era quello che aveva pensato tante volte anche lui, che fosse successo tutto perché era lui che era sbagliato, che suo nonno avesse fatto solo quello che andava fatto. Eppure …

“Hai detto che tua madre è fantastica. Beh non mi pare proprio visto quello che ti fa tuo padre”- attaccò Lucius sulla difensiva. Non gli piaceva quello sguardo tra il terrore e la compassione che il ragazzo gli aveva rivolto. 

“Non è stato mio padre. Lui… lui non credo che sarebbe mai capace di farmi una cosa del genere”- si trovò ad ammettere Draco. Poi aggiunse - “ I miei non lo sapevano. E quando l’hanno scoperto beh..”

Lucius si fece attento, sporgendosi in avanti.

Draco lo fissò. Sì ,era vero. Nonostante avessero ancora molte questioni in sospeso era vero che quel pomeriggio di inizio estate suo padre gli aveva fatto una promessa. E l’aveva mantenuta.

“Lo hanno ucciso. E credo proprio che non sia stata una cosa molto veloce.”-disse infine.

Suo padre annuì, abbassando lo sguardo.

“Sei fortunato”- disse infine.

Quel dolore, quella rassegnazione. Draco ci era passato, ma vederla in suo padre gli provocò una vertigine. Si sporse un poco, poggiandogli la mano  sul braccio stringendolo appena.

Avrebbe voluto dirgli tante cose. Che un giorno sarebbe diventato lui il Lord del Maniero. Che avrebbe sposato la ragazza che amava. Che avrebbe fatto degli sbagli terribili ma in fondo se la sarebbe sempre cavata. Che un giorno si sarebbe vendicato di tutto quello che gli aveva fatto passare Abraxas.

Invece tutto quello che riuscì a dire fu quello che in fondo avrebbe voluto sentirsi dire tante volte.

“Non è colpa tua.”

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20° ***


“Che pacchianata”- era stato l’unico commento di Pansy quando finalmente aveva potuto togliere le bende e mostrarle il tatuaggio sulla schiena.

“Scusa? Dimmi..stare con Weasley ti ha portato via il buongusto? Un altro po’ e inizierai a girare in tuta sformata e scarpe basse”- aveva risposto Draco piccato rimettendosi la maglia e guardandola offeso. 

Da quando erano tornati dal bosco di Hogsmeade decisamente la ragazza non sembrava in sé. Era sempre assorta, persa dietro qualche pensiero. 

Era come se una parte di lei non fosse mai tornata.

“Allora? Mi vuoi dire cosa hai o pensi che questo mutismo ti renda più affascinante?”- si decise a chiederle infine.

“Niente potrebbe rendermi più affascinante, lo sai. O meglio, niente a chi è dotato di senso del bello A te piace una natababbana, mi sembra evidente che tu l’abbia smarrito”- le labbra di Pansy si erano tirate in un sorriso, restituendogli per un attimo la sua vecchia amica- “ Prova a farlo vedere a tua madre. In questo tempo, intendo. Anche perché quella del futuro ti staccherà la testa quando lo scoprirà”.

“Se lo scoprirà”

“Oh, fidati Narcissa Black Malfoy lo scoprirà. Sai bene che quella donna è capace di tutto. Non mi stupisce che sia stata lei ad ordire il piano per salvarti quella notte.”- la giovane strega si spostò una ciocca di capelli dal viso, tornando a guardare verso i giardini, le gambe che dondolavano distratte.

“Pansy…. è’ colpa di Lenticchia se stai così? Dimmelo, perchè se è colpa sua non mi interessa niente di quello che dirà la Granger. Lo farò tornare a quella specie di tugurio che chiama casa con la scritta Sfigato fatta di bolle purulente su tutta le fronte. Immagina che accoppiata con quei capelli”- tentò nuovamente il serpeverde, sedendosi accanto a lei sul cornicione.

Pansy sbuffò senza rispondere subito, troppo interessata a guardarsi la punta delle lunghe gambe distese nel vuoto. Per un attimo Draco si preoccupò che volesse saltare da quell’altezza. Per precauzione strinse la bacchetta, pronto ad usarla.

“Non lo so, mi sento strana. Angosciata. E stare qui senza fare niente mi sta mandando al manicomio. Sabato abbiamo l’incontro con Lord Voldemort, ti senti pronto?”. Decisamente sviare l’attenzione non era una prerogativa solo del più giovane dei Malfoy.

“E meno male che stiamo qui a non far niente eh. Abbiamo solo  un rendez-vous con uno che se scopre chi siamo ci darà in pasto al suo serpente personale”- sbuffò di rimando. Poi annuì- “Comunque sì, sono riuscito a sigillare la maggior parte dei ricordi che potrebbero ricollegarsi ai miei.Diciamo che i loro visi ora sono abbastanza sfocati da renderli irriconoscibili. Tu come stai messa? Vuoi una mano?”

“Io non ho grandi ricordi con i miei genitori, Draco. A malapena credo di esserci stata insieme  nella stessa stanza per più di dieci minuti. E soprattutto mi sono sempre rifiutata di dar loro la soddisfazione di guardarli. Quindi non ho problemi.”- rispose tirando la testa all’indietro e incantandosi a guardare un punto lontano. Si iniziavano a intravedere le prime stelle della sera.

“Piuttosto, hai visto com’è su di giri Bellatrix?"-Finalmente si girò a guardarlo, smettendola di scalciare nel vuoto.- “Credo di sapere il motivo. Ricordi quando ti ha chiesto di fingerti Lucius con la polisucco?”

“Per Merlino,certo. Ho potuto finalmente girare liberamente  per questa dannata scuola con il mio vero aspetto e non con questo che devo sopportare. Guardami, sembro il fratello brutto della Buldstrode”- mugugnò il giovane in risposta, prendendo in mano il pezzo di carta che l’amica aveva tirato fuori dalla tasca del mantello.

“Ho usato un incantesimo copiante quando ho notato che Bellatrix a colazione stava leggendo un giornale che non avevo mai visto. Un giornale in cui le fotografie non si muovevano.E ho notato come le brillavano gli occhi”-spiegò di fronte al suo sguardo dubbioso.

Draco sollevò un sopracciglio, incredulo. Che sua zia potesse anche solo toccare qualcosa di babbano senza non solo dare di matto, ma addirittura sorridere, era qualcosa di così anomalo da risultare inquietante.

E leggendo l’articolo  il motivo di tanta eccitazione da parte delle maggiore delle Black era chiaro

C’era stata una strage in un paesino del Devon. Dei babbani erano impazziti e avevano iniziato  ad uccidersi tra di loro, senza un’apparente ragione. Erano sopravvissuti in pochissimi, e nessuno era riuscito a spiegare  cosa avesse trasformato una tranquilla serata in un locale di uno sperduto villaggio inglese in un bagno di sangue. Per gli investigatori si trattava di qualche droga sconosciuta. 

Ma era chiaro che ci fosse la magia di mezzo. 

E il fatto che nessun giornale del mondo magico avesse riportato la notizia era inquietante. Non se ne accorgevano o ,cosa più probabile, i potenti finanziatori di Lord Voldemort sapevano fare il loro mestiere e avevano già corrotto stampa e politica?

“Quando il golden trio lo verrà a sapere darà di matto"-commentò Pansy, accarezzandogli il braccio.

Lui annuì, incapace di parlare. Aveva finalmente riconosciuto il nome del paese. Era vicino alla patetica scusa di casa dei Weasley, lo sapeva perchè purtroppo la Granger aveva intenzione di passare il Natale lì e lui aveva passato giorni a pensare a come intercettarla  per convincerla a passare le feste con lui e non con quei pezzenti. C’era anche la casa deiDiggory, a dirla tutta e anche per questo era un posto che aveva sempre sentito disprezzare dai suoi e dai loro amici come un fetido buco di babbanofili. Si ricordò anche di un’altra cosa. Una sera il padre di Crabbe aveva bevuto troppo e aveva chiesto a Lucius come ci si sentisse ad essere stato uno dei primi a cercare di ripulirlo.

No, di certo non era un caso. Così come l’euforia di Bellatrix. O il fatto che suo padre avesse avuto bisogno di un alibi  proprio per quel giorno. Alibi che lui aveva contribuito a fornirgli.

“E’ così che è iniziato tutto quindi?”- chiese più a se stesso che a Pansy.

Fino  a quel momento la parte della vita di mangiamorte di suo padre era sempre stata qualcosa di astratto, diviso dal resto della famiglia. Persino quando c’era stato l’attacco alla Coppa del Mondo di Quidditch lui e sua madre erano andati via prima che tutto iniziasse.

Aveva sempre saputo, ma non aveva mai realizzato. I morti non erano mai stati reali.

Erano solo babbani in meno.

Ma i volti di quel giornale erano quelli di poco più che ragazzini. Occhi che non si sarebbero più aperti. Bocche che non avrebbero più sorriso, baciato, urlato.

Ora erano solo cadaveri.

E la colpa era del suo stesso sangue.

“Non possiamo farci niente Draco. Tutto questo è già successo. Noi possiamo solo contenere i danni”-continuò Pansy sfilandogli delicatamente il pezzo di pergamena dalle dita serrate. Poco dopo non ne era rimasta che cenere.






 

Acqua di Amamelide. Schegge di legno di biancospino. Olio di cedro. Estratto di geranio. Polvere di lillà.Achillea. Artemisia. 

“E un po’ di foglie di verbena che non guastano mai.”- sorrise Narcissa prendendo in mano uno dopo l'altro la miriade di ingredienti che Severus aveva sparso sul grande tavolo di legno di una delle sale studio più lontane dal calore della sala grande, buia e perennemente fredda, cosi distante da tutte le sale comuni e raramente frequentata.

Un paio di incantesimi di persuasione avevano fatto il resto.

Severus la degnò appena di uno sguardo, concentrato com’era sul libro che teneva davanti a lui. Come al solito non si era limitato a prendere un incantesimo sic et simpliceter. Lo aveva dovuto arricchire, modificare, adattare alle sue esigenze.

E il libro che Lucius aveva regalato alla giovane Black per il compleanno era davvero il compendio perfetto. Era più di dieci giorni che lo studiava ed era riuscito ad estrapolare delle informazioni davvero interessanti.

“Fossi in te mi farei una corona e ci andrei in giro. Tanto già ti chiamano la principessa di serpeverde, quale vuoi che sia il problema”- rispose caustico senza staccare la piuma dalla pergamena.

“Chissà come chiamerebbero te, se solo sapessero che razza di mago straordinario sei. E’ impressionante. Ancora di più se si pensa che sei un mezzosangue”-rispose la bionda tranquilla sedendosi accanto a lui. 

La frecciata arrivò dove doveva arrivare. Sapeva benissimo quanto Severus odiasse le sue origini babbane, che cercava in ogni modo di occultare. Inoltre era riuscita comunque a fargli un complimento. Meritato. Davvero il fatto che già dopo pochi mesi di scuola fosse in grado di eseguire  incantesimi che neanche i ragazzi del settimo anno erano in  grado di fare lo rendeva davvero eccezionale oltre ogni misura.

Era intelligente come il migliore dei corvonero. Ma ambizioso e astuto come il primo dei serpeverde.

“Come puoi conoscere Crabbe e Goyle e credere ancora che i purosangue siano automaticamente più intelligenti? Per Merlino, quei due non saprebbero  neanche trovare la sala comune da soli, se non ci fosse Malfoy a dargli indicazioni come si fa con i cani”- borbottò, cercando di togliersi dalla mente l’idea che la sua amica stava per complicarsi la vita inutilmente. Quando le aveva raccontato del regalo aveva capito che ormai la sua solitamente brillante, sagace e calcolatrice compagna di casa si era bevuta il cervello per via degli ormoni.

“Hai sostituito il pettine vedo, saggia scelta”- commentò cercando di spostare il discorso dalla sua metà babbana con aria fintamente distratta accennando appena con la mano al fiore che la giovane strega teneva tra i capelli.

Una peonia reale che sembrava magicamente sempre fresca.

Narcissa sfiorò appena i petali polposi, godendo della sensazione ricca e cremosa al tatto:”Bella vero? Me l’ha regalata Draco per il compleanno. E’ il mio fiore preferito, non so come abbia fatto a scoprirlo”- sorrise . Non sapeva perché ma pensare a lui la rendeva felice. Ma non nel modo in cui si sentiva quando pensava a Lucius. Il primo era più un pensiero dolce, quasi come una carezza. Per Lucius, beh, era decisamente diverso. Sentiva le farfalle nello stomaco ogni volta che si avvicinava. E allo stesso tempo aveva voglia di staccargli la testa, visto che ancora non aveva risolto il problema del fidanzamento ufficiale con Cassandra Carrow.

“Eppure non è il tuo regalo preferito, presumo”- continuò Severus imperterrito, copiando uno degli appunti che aveva preso a margine del libro.

“Già”- rispose appena Narcissa, spostando lo sguardo. Sarebbe stato tutto più semplice se solo non si fosse innamorata. Se avesse potuto continuare la sua vita senza più rivolgere mezzo pensiero a Lucius Malfoy

“Tornando a  quel Draco. Stravedi per lui…però la sua ragazza non ti piace”

La giovane Black sospirò, pensierosa: “Non è che non mi piace. E’ intelligente, arguta, e mi piace come lo sprona. Ma c’è qualcosa che non mi torna. Non credo sia una di noi”.

“Di noi chi? Ricche famiglie purosangue snob? Lui si invece”

“Si, assolutamente, Non so chi sia sua madre ma ha fatto un ottimo lavoro. Draco sa come ci si comporta in società,cosa si deve fare e cosa no. Lei...è strana.”- rispose tamburellando sul tavolo- “Anche Malfoy la pensa come me”

“Quale Malfoy?”- chiese annoiato Severus

“Lucius.So che Bellatrix ha chiesto a tutti e tre e anche a te di partecipare alla prossima riunione. Ma lei ha rifiutato”

Severus alzò le spalle noncurante : “Lucius dice tante cose. E raramente sono sensate”- poi continuò“ Tu sei sicura che non ti abbia messo della pozione per farti innamorare in qualche bevanda? No perchè ti giuro che davvero non capisco la tua infatuazione per qualcuno di cosi… non so… banale?”- non riuscì a fare a meno di commentare il giovane serpeverde provando un paio di gesti con la bacchetta.

Narcissa lo fulminò con uno sguardo azzurro freddo come il ghiaccio : “Lucius non è banale!”

“Terzo figlio di una ricca famiglia purosangue. Serpeverde da generazioni. Finirà a fare il mantenuto grazie alla rendita di famiglia. Spende galeoni come se fossero  cioccorane. Si procura libri oscuri come se niente fosse. Usa il nome di famiglia per ottenere ciò che vuole. Odia i babbani. Ah… e i genitori lo costringeranno a sposare una che è esattamente come lui, solo più pazza. E finirà con ripetere esattamente lo stesso ciclo con i figli, di cui probabilmente ignorerà anche i nomi. Dimmi, non ci vedi un cliché?”- continuò imperterrito.

Narcissa sospirò mentre impastava l’estratto di geranio con l’artemisia e la polvere di salice.

Di certo il tatto non era la caratteristica principale di Severus Piton. Né la diplomazia.

O qualunque cosa che avesse a che fare con i rapporti umani.

“Ti rendi conto che è anche la mia descrizione?”- gli chiese tranquilla.

La piuma si fermò solo per un attimo, prima di riprendere a tracciare le parole, incidendo la pergamena vellutata.

“No. Tutto si può dire di te , tranne che sei ordinaria o banale. Al massimo che hai pessimi gusti e un istinto di conservazione pari a zero”- sbuffò- “ E ora basta chiacchierare, l’unguento deve essere messo a scaldare su un fuoco di tasso e betulla  esattamente trentatre minuti dopo aver accesso il fuoco. Più lavoro e meno vaneggiamenti”

La giovane Black trattenne un sorriso.

“Perchè non mi dici un po’ di nuovo di quella Lily che hai incontrato in quel posto dimenticato da Merlino vicino a dove vivi”.

Un sospiro simile allo sbuffo di un drago.

“Narcissa…”

La serpeverde ridacchiò, continuando il suo lavoro. In fondo in fondo anche Severus aveva un lato umano.

Bisognava solo cercarlo bene






 

Appena usciti dalle docce Harry e Ron si buttarono sul divano della sala comune. Gli allenamenti di Quidditch erano stati stressanti e in più Frank li aveva costretti a volare nonostante la pioggia incessante e il principio di bufera.

Nonostante il rientro del portiere ufficiale, la squadra era rimasta così impressionata da Ron da chiedere a lui ed Harry di partecipare comunque ad ogni allenamento.

L’idea era soprattutto quella di spronare Frank e James a dare del loro meglio. Era evidente, infatti, che la maggior parte degli avversari non erano considerati degni di nota. Sempre nel caso si comportassero lealmente, al contrario delle serpi dei sotterranei.

E quindi tre volte a settimana Harry si trovava a contendersi la conquista del boccino con James Potter, primo anno. E doveva ammettere che nessun altro cercatore lo aveva mai messo così in difficoltà. 

Forse Cho, ma quello perchè era troppo impegnato a guardare il modo in cui i lucidi capelli neri svolazzavano al vento. Merlino, una volta per poco non era caduto dalla scopa quando l’aveva sfiorata per prendere il boccino. Malfoy aveva messo i manifesti quel giorno, tanto per essere il solito rompicoglioni indiscreto.

Ma era solo un ragazzino a quel tempo. Troppe cose erano cambiate ed anche la bella Chang non gli faceva più lo stesso effetto. Aveva avuto altre storie, soprattutto dopo il torneo Tremaghi. Nonostante le stupide illazioni del maledetto furetto platinato, infatti, di certo non stava vivendo una vita da monaco.

Ma la piaga di Hogwarts in una cosa aveva ragione. Aveva trovato ben altra compagnia da guardare durante le partite. E gli allenamenti. E le colazioni. E i pranzi. 

Insomma, ormai non c’era altra donna che ai suoi occhi potesse competere con Ginevra Weasley.

Capelli rossi fiammeggianti come il suo carattere, grandi occhi scuri nei quali si sentiva affogare. Adorabili lentiggini che avrebbe volentieri passato giornate intere a sfiorare cercando di unirle. E una lingua tagliente come il suo spirito.

Ginny era una strega eccezionale. E soprattutto non aveva paura di niente. D’altronde crescere con Fred e George avrebbe temprato chiunque.

Quando le stava vicino si sentiva ardere dal suo fuoco.

Peccato che non avesse capito se Ron si fosse reso conto, forse  unico ancora ignaro, della sua enorme cotta. Molly di certo lo sapeva, visto come lo guardava. Eppure stranamente non si era mai intromessa, limitandosi a cercare di lasciare lui e la figlia un po’ da soli.
Per quanto possibile, visto  l’onnipresenza di Ron. E dei gemelli, che invece di sicuro avevano capito tutto da un bel pezzo. E si stavano divertendo un mondo alle sue spalle.

Era stato sul punto di dichiararsi qualche mese prima,

Ma poi  era arrivato quello che ad ogni buon conto poteva essere denominato come  il momento in cui capirono che Hermione Granger si era definitivamente bevuta il cervello, e di certo non poteva portare all’attenzione della già fragile integrità psichica di Ron anche il fatto che fosse assolutamente e perdutamente innamorato della sua sorellina minore.

Anche perchè se Ron avesse osato fare anche solo un commento e Ginny lo fosse venuta a sapere altro che strillettera. Non ci sarebbe stato luogo ad Hogwarts o in tutto il mondo magico che li avrebbe salvati dalla furia di una certa cacciatrice dai capelli rossi.

 

“Cos’è avete paura di un po’ di pioggerellina?"- aveva detto il capitano spingendoli di malagrazia fuori dal caldo degli spogliatoi. Decisamente si era ripreso molto bene dall’incidente provocato dai Malfoy di qualche mese prima, soprattutto le grandi mani, più simili a palanche che ad arti umani, erano decisamente in grande forma.

Pioggerellina aveva detto.

Bufera di dimensioni preoccupanti sarebbe stato più appropriato.Neanche Oliver Baston avrebbe avuto la faccia tosta di farli allenare con quel tempo. Forse.

 

“Harry, ehi Harry tutto bene?”- chiese Frank dandogli un colpetto sul braccio e allungandogli una  cioccolata calda- “Bevi, dopo tutto era un po’ freddino oggi”

“Un po’ freddino? Il glacius è un po’ freddino. Fare il bagno nudi nel lago nero d’inverno è un po’ freddino. Oggi è un miracolo che non siamo morti assiderati”- lagnò Ron stringendosi nel maglione e finendo di trangugiare in un sol sorso la sua bevanda che, solo a guardarla, sembrava prossima al punto di fusione. Poi senza scomporsi fece lo stesso con la tazza di Harry, aggiungendo a mò di scusa “E’ al latte. E a te non piace. Se chiami Cockey te ne porterà un’altra fondente. O con i marshmallow magari. O con quei piccoli rospetti alla mente che nuotano nella tazza come fossero in uno stagno”

La risata di Frank riempi la stanza. Una risata calda e avvolgente che riusciva a mettere di buon umore anche l’adolescente più cupo.  Esemplare che in quel momento era perfettamente rappresentato da Sirius Black con in mano una lettera. Probabilmente della sua famiglia, vista la profonda ruga che gli si era formata in fronte. Accanto a lui James e Remus, intenti a parlottare fitto fitto.

“Sembri piuttosto a tuo agio con gli elfi domestici, King.Sicuro di non averne a casa?”- chiese dandogli una grossa pacca sulla schiena, così forte che Ron , di certo non mingherlino, per poco non finì giù dal divano. Ah, quando lo avrebbe detto a Pansy.Di certo quella che non avrebbe mai dovuto saperlo era Hermione.

“In effetti Percy assomiglia un po’ ad un elfo domestico. Solo che è più fastidioso. E non serve a nulla”- commentò scambiando uno sguardo con Harry. Gli occhi del bambino sopravvissuto erano però fissi sul gruppetto dei malandrini. 

“Frank per la miseria, hai un trombone al posto della voce. Di certo non ti serve il sonorus. Ti senti solo tu in tutto il dormitorio. E io vorrei studiare, se non ti dispiace”- lo riprese una ragazza dai lunghi capelli castano chiaro, gli occhi  verde scuro come  il bosco in primavera.

Era piccola e molto magra, quasi un folletto. Eppure tutto in lei emanava un’energia quasi incontenibile. Era pura vitalità.

“Oh, Alice, andiamo. Hai già studiato abbastanza. Lo sappiamo tutti che sei la  migliore studentessa del sesto anno.E se non ci fosse Andromeda Black di tutta la scuola probabilmente”- rispose il giovane tirandosi su per guardarla. Ad Harry non sfuggì quanto gli brillavano gli occhi al solo posare lo sguardo su di lei. E non era per la burrobirra.

“Io voglio diventare un auror, Frank. E Silente dice che anche tu hai tutte le carte in regola. Solo che sei pigro”-lo stuzzicò la ragazza sedendoglisi di fianco. Era evidente che i libri erano passati in secondo piano.

Il portiere dei grifondoro alzò le mani in segno di resa.

“Io pigro? Ma quando mai. Facciamo così. Io e te, sabato prossimo. Prima andiamo ad Hogsmeade a prenderci una cosa. Poi dopo cena ci mettiamo a studiare tutta la sera sino a quando non ci scoppierà il cervello. Va bene cosi?”.

Il volto della ragazza si distese in un sorriso. Merlino, era così simile a Neville quando era contenta. Ben diversa dall’ombra di donna che avevano visto al San Mungo.

“Longbottom, per caso mi stai cercando di invitare ad un appuntamento?”- chiese scoprendo i bei denti in una risata.

“Patto accettato?”

Alice si sistemò meglio sul comodo schienale, accettando la mano che il ragazzo il ragazzo le porgeva. La scossero con solennità, neanche stessero pronunciando un voto infrangibile.

Poi entrambi scoppiarono a ridere.

 

“Scusate un attimo di attenzione”. 

La voce elegante e musicale di Sirius  Black, salito in precario equilibrio su una delle sedie della sala comune, opportunamente levitante, riecheggiò per tutta la sala comune. Sotto di lui Remus si teneva le mani sugli occhi quasi potesse evitare di vedere e sentire quello che stava per accadere. James invece sembrava non riuscire a stare fermo.

“Come forse saprete la mia affatto normale cugina Bellatrix si sposerà con quel viscido, putrido, schifoso…”

“Sirius!”-lo richiamo Remus tirandolo per la maglia, probabilmente costosa quanto la maggior parte dell’intero guardaroba di metà dei grifondoro presenti.

“Avete capito di chi parlo. Comunque, pare che non possa esimermi dal partecipare a quella farsa di festa di famiglia che si terrà il 21 dicembre prossimo a Villa Black. E se non sapete di cosa stia parlando o cosa sia quel luogo dimenticato dalla gioia che risponde al nome di VIlla Black le cose sono due : o  venite da famiglie babbane e in questi mesi siete stati colpiti da confudus..”

“Sirius arriva al punto”- sbuffò Remus di nuovo

“Oppure venite da qualche landa incantata popolati da unicorni che fanno pupù arcobaleno. Comunque come dicevo i miei simpatici ascendenti hanno deciso che non posso esimermi dal partecipare a questa sceneggiata patetica. E che devo portare qualcuno. Che non sia James, Remus o Peter. O che comunque non abbia un organo riproduttivo maschile. Mi scuso a nome di quei bigotti, stupidi, viscidi…”

“Sirius, abbiamo capito!”- gemette di nuovo Lupin, tentato di silenziarlo.

“Dei miei parenti. Comunque, sebbene io non sia assolutamente d’accordo, pare che debba portare una ragazza. Le interessate ad una serata nell’alta società piena di perfide mummie imbalsamate rigurgitanti odio verso le classi meno abbienti, può presentare  domanda a me, James, Remus o Peter. Valuteremo tutte le candidate e vi faremo sapere.”

Per un momento molti pensarono si trattasse di uno scherzo, ma l’espressione serissima del giovane Black e quella smaliziata di James Potter non lasciavano adito a dubbi.

Ron ed Harry per un attimo pensarono che tutto sarebbe finito in una risata, che avrebbero preso in giro Sirius a vita.

Invece poco dopo il gruppetto fu assaltato da una serie di giovani streghe interessate a  garantirsi un posto al sole nell’alta società dei maghi.

“Io non posso crederci. E queste sarebbero Grifondoro?”-mormorò Ron verso Harry, guardando ad occhi sgranati James che segnava tutto concentrato nomi e appunti su quella che diventava una lista sempre più lunga.

Sperò solo che Pansy e Malfoy non lo venissero mai a sapere.

Sarebbero stati in grado di fare le spille con Grifondoro arrampicatore sociale  da distribuire prima del matrimonio.

.








 

Finalmente il grande giorno era giunto. L’incontro con Lord Voldemort. Pansy e Draco rimasero un attimo fermi davanti alla porta della casa di Hogsmeade di Cassandra, valutando quanto fossero vicini a realizzare quello che in realtà avrebbero dovuto fare nel futuro, se non avessero mandato tutto all’aria. Incontrare il Signore Oscuro. Ascoltare le sue parole. Servirlo.

Quello che avevano fatto i loro genitori. Parkinson senior sino alla sua dipartita, pace all’anima sua. Lucius Malfoy fino al giorno del suo tradimento.

A suo dire non si era pentito di nulla. Ma a guardarlo ora, fremente ed eccitato, Draco aveva i suoi dubbi.

Avevano avuto il loro bel da fare a convincere la Granger a non partecipare alla riunione, nonostante qualche settimana prima fosse stata più o meno d’accordo. Quel pomeriggio invece mancava poco che si mettesse con un picchetto nei corridoi di fronte alla sala comune a fare un assurdo sit in di protesta.

Cosa che Draco sapeva fosse benissimo in grado di fare per cose molto più stupide, tipo la salvaguardia degli elfi domestici.

Come promesso erano presenti anche i gemelli Malfoy, ospiti fissi  di quelle riunioni. La grande novità che rendeva Bellatrix più che di buon umore, era il fatto che Andromeda Black si fosse degnata di concedere la sua presenza.

SI era fermata ad un passo da Draco e Pansy, osservando la facciata assolutamente anonima di quella casa in stile vittoriano, simile a quelle di tante altre che si trovavano più vicine al centro città. Li attorno, tuttavia, non sembrava esserci anima viva. E tutto, dalle imposte scure, al prato curato ma spoglio, al cancello in ferro battuto, sembrava racchiudere un’eco di muto dolore.

Lucius invece li superò agevolmente, impaziente di incontrare il Signore Oscuro. Fremeva. Quella sera avrebbe scoperto se il suo futuro si sarebbe potuto realizzare. Se i suoi sforzi sarebbero stati premiati. Oppure se sarebbe rimasto per sempre il burattino di suo padre. Condannato a semplicemente cercare di sopravvivere.

Bussò impaziente.

Tre volte.

Draco sentì distintamente un brivido risalirgli lungo la spina dorsale.

E peggiorò quando riconobbe la persona che venne ad aprire la porta.

Emaciata. Pallida. Bellissima eppure con una luce malvagia che non riusciva a celare.

Cassandra Carrow era di nuovo in piedi.

“Lucius”- sibilò appena

“Cassandra.”- annui appena, cortesemente, aggiungendo con finta dolcezza- “Non sapevo che ti fossi rimessa. E’ proprio vero che l’erba cattiva non muore mai”

“Potrei dire lo stesso di te. Eccitato per le vacanze di Natale? Ormai manca poco.”- tubò la giovane con voce ancora roca.

Gli occhi di Draco erano fissi su suo padre. Non gli era sfuggita la velata minaccia di Cassandra. Così come l’impercettibile tremore nelle spalle del ragazzo.

Lo sguardo della giovane Carrow si spostò poi sul resto dei presenti : “ E ti sei portato degli amici. Quando presenterai il giovane Draco a tuo padre? Credo proprio che lo troverebbe… interessante, direi. E addirittura Andromeda Black,quale onore. Manca solo la giovane e deliziosa Narcissa, a quanto vedo”.

Andromeda sorrise facendo avanzando sin sulla porta e piazzandosi di fronte alla padrona di casa.

“E non credo che la vedrai. Ma ci tiene tanto a portarti i suoi saluti. So che avete scambiato due chiacchiere ultimamente.”- cinguettò spostando con decisione Cassandra ed entrando in casa.

Lucius ne approfittò per seguirla, lanciando un’ultima occhiata a Cassandra. Avevano passato tanti momenti insieme, molti dei quali assolutamente piacevoli. Eppure ora gli sembrava un’estranea, una spiacevole appendice della sua vita che non vedeva l’ora di tagliare via.

“Io sarei più cauto con le parole, Cassandra. Non sia mai che qualcuno  venga a conoscenza dei passatempi tuoi e di Abraxas. E di un certo libro con una maledizione che ha colpito la più giovane delle sorelle Black.“- Nicholas era apparso alle spalle di Draco, una mano appena appoggiata sulla schiena esercitava una pressione leggera ma decisa.

Pansy si limitò a sorriderle sorniona, in un modo che avrebbe fatto gelare il sangue alla maggior parte delle persone, gli occhi diventati duri come pietre.

“I centauri sentono la tua mancanza. Ma ora che sei di nuovo più o meno in forma sono sicura che non passerà molto dalla tua prossima visita se continui a comportarti come la pazza idiota che sei”- cinguettò.

Cassandra non si scompose, il bel viso, ancora sofferente, si lasciò andare ad una risata al limite dell’isteria : “Sono certa che ci sarà il modo di ricambiare le vostre cortesie, vero tesoro?”- disse sfiorando appena il viso di Draco che non mosse un muscolo, più simile ad una statua di cera che ad un normale quindicenne

Un secondo dopo era sparita, la risata che ancora riecheggiava fredda ed inquietante nell’aria.

Pansy gli strinse forte la mano girandosi verso l’amico, cercando di incrociarne lo sguardo. Ma quando lo guardò ebbe la consapevolezza di quello che già aveva percepito. Si era isolato, rintanato in chissà quale parte della sua mente.

Chi non lo conosceva avrebbe pensato che era un quindicenne arrabbiato con il mondo ed annoiato quello che fece il suo ingresso nella casa di Hogsmeade dei Carrow. Forse si sarebbe chiesto come fosse possibile che un estraneo sapesse dove fosse il salone con tanta sicurezza. Ma forse l’avrebbe giustificato con il fatto che avesse seguito le voci di ragazzi che scherzavano e chiacchieravano, eccitati e pieni di vita.

Ma Pansy lo sapeva quanto Draco fosse terrorizzato dal trovarsi di nuovo in quella casa con Cassandra, con la possibilità neanche troppo remota che si presentasse Abraxas. E rivedere Lord Voldemort, che l’ultima volta lo aveva guardato morire per la sua rinascita.

Fosse successo solo l’anno prima, forse loro due sarebbero stati come gli altri seduti ad attendere trepidanti la sua comparsa, pendendo dalle sue labbra, assaporando quella sensazione di potere che solo  lui sapeva dare. Ora, invece, lo vedevano per quello che era realmente. Un mostro assetato di potere che usava le paure e le debolezze altrui per raggiungere i suoi scopi. E che non si faceva scrupolo di sbarazzarsi di chiunque non fosse utile in quel momento.

Quando entrarono, Andromeda aveva già raggiunto quello che aveva deciso essere il suo posto, spalle al muro accanto alla finestra, lo sguardo dritto verso l’imponente porta di legno decorata. Era alle spalle di Bellatrix, seduta su una grande poltrona di velluto, le lunghe gambe accavallate, la bacchetta sottile e curva come un artiglio in una mano, un bicchiere di wiskey incendiaro nell’altra. Arael ,che era arrivata prima di loro, era sul divano accanto a lei e sembravano essere assorte in una conversazione fitta a cui Rodolphus alla sua sinistra prestava particolare attenzione, annuendo di tanto in tanto. Quando li  vide entrare, la giovane Malfoy si alzò a salutarli bisbigliando qualcosa all’orecchio del fratello, prima di prendere posto accanto ad Andromeda, seguiti da Draco e Pansy.  Con la coda dell’occhio notò un ragazzino dai capelli scuri e lo sguardo torvo lontano da tutti, i cui occhi neri e svegli sembravano non perdere neanche un dettaglio. Severus Piton era alla sua prima riunione.

Nicholas invece andò a sedersi accanto a Lucius e Rodolphus.

Quando li vide Bellatrix alzò il bicchiere in segno di saluto, prendendo un lungo sorso senza smettere di fissarli.

D’improvviso però ci fu un gran trambusto, Un rumore sordo e ritmico proveniva dalla porta, seguito da grugniti e urla. Qualcuno stava bussando. E quel qualcuno non era di certo educato.

“Santo cielo, non ditemi che avete invitato quel mentecatto di Greyback. Merlino, da quando accettiamo bestie come lui in queste riunioni?”- si lamentò Rodolphus.

Pansy e Draco si scambiarono un’occhiata. Nel corso degli anni avevano sentito diverse  storie su Fenryr Greyback, e nessuna piacevole. Inclusa quella riguardante Remus Lupin.

Un giovane uomo massiccio e dai vestiti impolverati che stridevano con il lindo e opulento ambiente che lo circondava fece il suo rumoroso ingresso. Bellatrix gli rivolse un’occhiata di puro disgusto ma non disse niente.

“Bene, non mi sono perso niente. E voi ragazzini che puzzate ancora di latte per fortuna non avete finito tutto l’alcol”- borbottò versandosi una dosa generosa di whiskey, costoso più della catapecchia nella quale dormiva, e buttandola giù in un sol sorso. Poi si avventò sui piccoli tramezzini bianchi e soffici elegantemente disposti su una preziosa alzatina di porcellana lucida.

Draco non poté fare a meno di storcere il naso, osservandolo masticare facendo strani versi gutturali mentre borbottava qualcosa che nessuno sarebbe riuscito a comprendere.

Il gesto però non sfuggì al lupo mannaro, che dopo aver buttato giù un secondo bicchiere di whiskey, si avvicinò dondolando al gruppo vicino la finestra.

“Nuovi arrivati, vedo. E’ sempre un piacere trovare della carne fresca.”- la voce era bassa e impastata, più simile ad un ringhio trattenuto che ad una voce umana

Istintivamente Pansy mise mano al coltello che portava nascosto nel vestito, valutando quanto ci avrebbe messo a colpirlo alla giugulare, se qualcuno fosse stato così svelto da pietrificarlo prima. Con la coda dell’occhio osservò Andromeda, sulla difensiva, la bacchetta stretta tra le dita

Arrivati a  meno di un metro da loro però Greyback fece una cosa che non avevano preventivato.

Iniziò ad annusare l’aria. 

Rumorosamente, iniziando  a vagare per la stanza, come alla ricerca di un odore in particolare. Si avvicinava a Draco e poi si allontanava, continuando ad annusare schioccando la lingua.

Finalmente e con sommo orrore di Draco e Pansy, si fermò vicino a Nicholas, continuando ad sniffare l’aria. Ma non sembrava soddisfatto. Fu quando arrivò a Lucius che si illuminò.

Poi corse verso Draco e riprese a fiutare la traccia. Sembrava estremamente soddisfatto.

“Un altro Malfoy, presumo. E senza assurdi capelli biondi, per una volta”- ringhiò soddisfatto.

“Greyback, la devi smettere di mangiare carne umana, ti fa male al cervello”- rimbeccò pigramente Nicholas , lo sguardo fisso sul fuoco. Stava cercando disperatamente di non mostrarsi preoccupato, ma non avevano pensato che il lupo mannaro sarebbe stato presente. E  soprattutto non avevano mai preso in considerazione il suo dannato odorato sviluppato.

“Sta zitto, Malfoy. So quello che dico. Questo qui ha lo stesso odore di tuo fratello”- continuò Greyback, facendo schioccare la lingua sul palato, quasi stesse assaporando l’aria- “ Ma c’è qualcos’altro. Odora di qualcun altro. E’ un odore conosciuto eppure…”

Riprese quell’assurda ricerca, spostandosi nuovamente verso gli altri gruppetti, tralasciando quello accanto alla finestra, presupponendo che  l’odore simile che sentiva fosse quello di Arael Malfoy.

Quando si avvicinò a Bellatrix, rimase però stupito.

Quello che sentiva… era davvero possibile che fosse il sangue dei Black? Un parente di entrambe le famiglie di cui nessuno aveva mai sentito parlare?

Ma non si era reso conto che aveva esagerato. Respirarle in quel modo a qualche centimetro dal viso non era una cosa che Bellatrix Black avrebbe potuto tollerare.

Un secondo prima stava fiutando i suoi lucidi capelli corvini. Quello  dopo era in terra, una frusta incantata attorcigliata attorno al collo, che stringeva fino a togliergli il fiato.

E uno stivale dal tacco alto che spingeva sulla sua giugulare. Sebbene fosse indubbiamente più forte fisicamente, la magia della strega era talmente potente che si sentiva come un bambino indifeso nelle sue mani.

Sentì le risate soddisfatte dei Lestrange, mentre le spire della frusta si stringevano sempre più impedendogli di respirare.

“Avvicinati un’altra volta, razza di cane bastardo, e la tua testa rotolerà sul pavimento. Mi sono spiegata?”- sibilò la ragazza, premendo ancora di più con la punta della scarpa di pelle.

 

“Suvvia Bella, un po’ di pazienza. Sono certa che Fenrir non voleva mancarti di rispetto, vero? “- la voce melodiosa e ipnotizzante di Lord Voldemort fu quello che gli salvò la vita. La stretta si allentò fino a scomparire, mentre la giovane Black si girava verso il signore oscuro.

Greyback annuì appena tra i colpi di tosse. Respirare bruciava come se introducesse fuoco nei polmoni invece che aria, ma almeno finalmente riusciva a farlo di nuovo.

Dannata Black.

Lord Voldemort scivolò sinuoso sino alla seduta preparata per lui, nel silenzio più totale, invitando Bellatrix a fare lo stesso.

“Allora Greyback, al di là della tua mancanza di educazione.. Puoi dirmi se questi tre ragazzi nuovi sono davvero purosangue o invece dei sangue sporco infiltrati?”

Il lupo mannaro si alzò, cercando di riprendere la dignità persa in uno scontro con una strega diciottenne che probabilmente pesava cinquanta chili da bagnata. 

“Quello laggiù è un mezzosangue. Ma questi due sono decisamente purosangue. E in merito al ragazzo, Lord Voldemort, sono certo di quello che dico… il suo sangue”- iniziò ma venne interrotto da un gesto seccato del Signore Oscuro, che aveva notato come gli occhi di Bellatrix Black si fossero ridotti nuovamente a due fessure. Non era il momento giusto per farla arrabbiare. La sua rabbia andava coltivata e coccolata, doveva essere lui ad accenderla e spegnerla a suo piacimento.

“Molto bene, allora avvicinatevi pure, voglio vedere un po’ la vostra storia. Signorina Black, ovviamente per te non ce n’è bisogno, Bellatrix mi ha già detto tutto. E’ un piacere averti finalmente qui. Spero di poter conoscere anche la giovane Narcissa al più presto”- disse con voce armonica sorbendo un sorso di te.

Lo sguardo della maggiore delle Black, volò alla sorella, preoccupato di quello che quella testa calda avrebbe potuto dire.

“Grazie di avermi fatto venire, Lord Voldemort. I racconti di Bellatrix su di voi sono sempre cosi… appassionati”- si limitò invece a rispondere la strega, abbassando appena la testa in segno di vaga deferenza. Non era il massimo, ma conoscendola, era meglio di niente. Si era comportata in modo quasi decente.

Lord Voldemort rise,facendo segno a Severus, Draco e Pansy avvicinarsi.

Una lama di coltello rovente sembrò squarciare le loro menti, alla ricerca dei loro ricordi più profondi. E così era questo lo stile di legilimanzia del Signore Oscuro. Sua madre l’avrebbe definito rozzo e grossolano, inutilmente violento, pensò Draco.

Lei invece riusciva a farlo in modo molto più delicato,  un tocco gelido ma leggero che si sentiva appena. Sempre che uno non facesse resistenza.

Tutto quello che non doveva trovare era però ben nascosto già da diversi giorni, serrato in una cassetta nera  decorata  in oro nella libreria della sua mente, diviso in ampolle colorate.

Dopo poco il dolore cessò, il signore oscuro era evidentemente soddisfatto.

“Avevate ragione, miei cari. Decisamente dei soggetti interessanti.”- annuì rivolto verso il gruppo davanti a lui-“ E ora che siamo sicuri di essere tra amici, possiamo tutti congratularci con Lucius e Bellatrix per il loro ottimo lavoro per la nostra causa”.

Gli occhi di Andromeda lampeggiarono furiosi per un attimo. Era certa che Lord Voldemort non sarebbe sceso nei dettagli, ma era altrettanto chiaro che sua sorella e il suo futuro cognato aveva fatto qualcosa di terribile. Qualcosa da cui non sarebbero più potuti tornare indietro.

Non riusciva a staccare lo sguardo dalla sorella, l’’indomita e selvaggia Bellatrix. quella che si era sempre battuta per la libertà, quella che inscenava battaglie furiose a casa perché loro tre avessero il diritto di scegliere il loro destino. Quella che quando aveva saputo che la madre stava organizzando un matrimonio combinato per la sorella più piccola, sicuramente più malleabile di loro, aveva reagito con tale rabbia da dare fuoco ad una parte di Villa Black, riuscendo ad annullare tutto..

Ora sembrava l’ombra di sè stessa, sparita volutamente tra gli intrighi di Lord Voldemort.Pronta a tutto pur di compiacerlo.

Niente significa più nulla per Bellatrix.

E capì che l’aveva persa.

Definitivamente

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Capitolo 21
*** Capitolo 21° ***


Oggi è la Vigilia di Natale... tanti auguri a chi festeggia e a chi non lo fa o per tutti quelli per cui è una festa difficile per ogni tipo di ragione... Resistete!
Un abbraccio

“Allora, Lucius, hai detto che c’è qualcosa di cui vorresti parlarmi in privato. Dimmi pure, ti ascolto”- concesse Lord Voldemort, la figura elegante seduta nella morbida seduta in pelle come se fosse su di un trono, girando pigramente lo zucchero nel té bollente che gli era stato appena versato.

La riunione era stata positiva, sentiva di avere in pugno quel branco di ragazzini viziati. Tutto il tempo e gli sforzi che aveva profuso stavano finalmente dando il loro frutti. Conosceva le loro debolezze e sapeva benissimo dove attaccare per ottenere quello che voleva.

Sorrise benevolmente ma dentro di sé era un ghigno di pura soddisfazione.

Non era di certo un mistero quale fosse il favore che il più giovane dei Malfoy stava per chiedergli.E neanche quello che sarebbe stato disposto a dare in cambio.

Era impressionato però. Il ragazzo aveva ottenuto l’appoggio non solo dei fratelli ma anche di Bellatrix e addirittura di Andromeda Black, era chiaro che fosse quello l’unico motivo per cui era venuta alla riunione. A malincuore le aveva dovuto chiedere di andarsene insieme agli altri. Non era certo ci si potesse fidare su questioni così delicate.Squadrò per un attimo i presenti, valutando l’utilità per la sua causa.

Decisamente la capacità diplomatica e di persuasione di Lucius sarebbe stata qualcosa di cui avrebbe saputo trarne vantaggio in futuro. Aveva già convinto Abraxas che il posto per il più giovane dei suoi figli fosse il Ministero della Magia, il più vicino possibile al Primo Ministro. Per una volta sembrava che la ricchezza e l’educazione potessero dare i loro frutti.

Al contrario di Bellatrix Bellatrix che invece era bene stesse il più lontano possibile da qualsiasi forma di politica. Ma lei era la sua pupilla prediletta, la sua arma più affilata.

Raramente aveva incontrato streghe o maghi cosi dotati nelle arti oscur e con un tale senso di superiorità da essere totalmente incapaci di provare rimorso per le proprie azioni. Bellatrix era una fiamma che attraeva chiunque verso di sé.Era certo che avrebbe camminato sul cadavere di chiunque per lui, Rodolphus incluso.

Quanto avrebbe voluto che anche la sorella più giovane lo seguisse. Era ambiziosa, capace e potente quasi al pari della maggiore, ma al contrario dell’impulsiva Bellatrix Andromeda sembrava essere più incline alla pianificazione minuziosa delle sue azioni. Era stata lì davanti a lui senza un briciolo di timore.  O di reverenzialità. Lord Voldemort amava essere adorato, sapere di poter disporre delle vite degli altri a suo piacimento. Se solo fosse riuscito a trovare la sua chiave di volta, il punto giusto da toccare, la sua sarebbe stata un’aggiunta eccellente alla sua squadra.

Infine i gemelli Malfoy. Della loro fedeltà era sicuro, non c’era nessuno in quella famiglia che potesse anche solo pensare di mettersi contro di lui. Se Lucius era sicuramente il più influenzabile e malleabile, Nicholas e Arael erano abbastanza intelligenti da capire quale fosse la parte più conveniente per la quale tenere in una guerra. Vale a dire la sua.

“Vuoi che chieda a Cassandra di rientrare? In fondo sono sicuro che interessi anche lei, visto il vostro legame”- chiese lezioso.

Attese, guardando il più giovane dei Malfoy che fissava un bicchiere ancora colmo di whiskey. Continuava a rotearlo osservandole il liquido ambrato senza neanche fare il gesto di portarlo alle labbra. Sapeva bene che non l’avrebbe bevuto, era più un oggetto di scena.

Ghignò.

Sapeva quello che gli stava per chiedere, così come tutti nella stanza. Eppure stavano attendendo che fosse lui ad iniziare

Finalmente parlò.

“Lord Voldemort, sai bene che il matrimonio mio e di Cassandra è stato deciso tanto tempo fa dai nostri genitori. Ma ci conosci, sai tutto di noi. Dici sempre che il tuo sogno è creare un mondo in cui conti il sangue, in cui potremo vivere felici e al sicuro, senza preoccuparci dei sanguemarcio che avvelenano le nostre vite”

Lord Voldemort annui - “Certo mio giovane amico. La vostra felicità è la mia felicità. Il futuro che voglio realizzare con voi è a misura dei vostri desideri”

Arael si morse la lingua per non alzare gli occhi al cielo. Possibile che suo fratello ci credesse sul serio?

Evidente si, visto che il biondo serpeverde continuò senza guardarlo.

“E allora ti chiedo di aiutarmi. Convinci mio padre a sciogliere il fidanzamento. Sono certo che io e Cassandra potremmo servirti meglio se non saremo costretti a stare insieme. Finiremo per odiarci.”

“O finiresti per diventare vedovo molto giovane”- si lasciò sfuggire Rodolphus Lestrange a mezzavoce lanciando un’occhiata alla fidanzata. Sapeva benissimo che non aveva ucciso Cassandra quella sera nel bosco solo perché non era riuscita prima a chiedere il permesso a Lord Voldemort.

“A tal proposito, mio Signore, c’è una cosa di cui ti vorrei parlare… quando Malfoy avrà finito di girarci intorno”- si intromise Bellatrix continuando a rigirare la bacchetta tra le mani. Ma il suo non era nervosismo. Era smania di usarla.

“No, Bella mia cara, non potrai uccidere Cassandra.Mi ha detto quello che ha fatto ed è molto pentita. E’ stata una follia fatta per amore, credo che la sua punizione sia stata più che sufficiente”.

Arael e Nicholas si guardarono di sottecchi. Non credevano neanche per un minuto che quella serpe avesse avuto il coraggio di confessare di aver tentato di uccidere Narcissa. Era più probabile che Lord Voldemort lo avesse scoperto per conto suo e lo stesse usando a suo vantaggio.

“Ma mio Signore….”- provò a dire nuovamente la maggiore delle Black ma si interruppe quando Lord Voldemort posò con stizza la tazza sul tavolo davanti a lui

“Non costringermi a ripetermi, sai che odio essere ridondante. Piuttosto, Lucius, dimmi, non è che stai inseguendo un’infatuazione momentanea che ti offusca la mente? Sono certo che tu e Cassandra potreste trovare un compromesso”.

La testa chiarissima di Lucius si alzò di scatto, sgranando gli occhi- “Mio Signore ti prego, devi aiutarmi. Leggimi la mente, capirai che non è un capriccio”.

La bacchetta puntata mollemente contro di lui solo per un attimo. Poi Lord Voldemort rise, abbassandola.

“Oh credimi, non ce n’è davvero bisogno. So benissimo che altrimenti non avresti mai neanche osato pensare di chiedere il mio aiuto. Ma hai fatto bene. Io ci sarò sempre per voi. Per tutti voi.”- chiosò rivolgendosi al gruppo di ragazzi seduti davanti a lui.

Il Signore Oscuro si finse pensieroso. In realtà dei vagheggiamenti amorosi dei suoi seguaci non poteva interessargli di meno. L’unica cosa che importava era averli in pugno. Malfoy e Carrow senior ormai erano superati. Aveva bisogno delle giovani leve per portare avanti i suoi progetti. Senza contare che le due cariatidi ormai erano talmente compromesse che se gli avessero ritirato l’appoggio sarebbero o finite ad Azkaban o al cimitero dei maghi. E lo sapevano benissimo.

Alla fine batté le mani tra di loro : “Devo rifletterci, per essere sicuro che sia davvero il meglio per te, per tutti voi.Ma c’è una cosa che vorrei che tu e i tuoi fratelli facesse per me, nel frattempo.Posso fidarmi di voi?”

Lucius stava per rispondere quando la mano del fratello lo fermò.

“Qualsiasi cosa per te Lord Voldemort”





 

Harry, Ron ed Hermione avevano deciso di prendersi il pomeriggio libero per stare insieme dopo tanto tempo. Senza ricerche da fare, senza  fidanzati e nemici con benefici serpeverde, senza genitori altrui pre adolescenti di cui preoccuparsi.

Erano nel piazzale ad attendere le carrozze per Hogsmeade quando improvvisamente sentirono una presenza famigliare ma imponente alle loro spalle. E quell’ombra era inconfondibile.

“Professor Silente”- si girò Harry a salutarlo. Era tantissimo tempo che cercava di incontrarlo ma, così come avveniva nel loro tempo, il futuro preside sembrava sempre introvabile.

Il mago, decisamente più giovane di quanto fossero abituati a vederlo li guardava con un sbrilluccichio divertito negli occhi azzurri.

“Harry, è un piacere rivedervi insieme. Ho saputo che ultimamente avete avuto modo di mettere alla prova le vostre capacità in diversi campi, inclusa storia della Magia. E la vostra fedeltà,soprattutto. Molto bene, davvero molto bene”- sorrise il professore spostando il suo sguardo acuto su loro tre.

Lo sapeva. Harry ne era certo.

Sapeva che avevano partecipato al rituale oscuro per salvare Narcissa Black.

Sapeva delle ricerche proibite in biblioteca.

E di certo sapeva della loro assurda avventura nel bosco di Hogsmeade.

E di quella ancora più surreale delle ragazze.

Ancora non riusciva a crederci a quello che aveva raccontato Hermione. Com’era possibile che una strega intelligente e caritatevole come Tosca Tassorosso si fosse andata ad impelagare con un pazzo suprematista come Salazar Serpeverde?

Malfoy aveva avuto quasi un attacco isterico quando lo aveva saputo. Di certo i commenti sarcastici di sua zia materna non avevano aiutato a confortarlo.

E soprattutto era certo che il Preside  sapesse che lui era diventato un animagus.

Hermione fece un passo avanti, passandosi una mano tra i ricci scomposti e fissando il mago con aria di sfida. Di certo quella non era la perfetta studentessa modello grifondoro cui erano abituati.

“E se non ci riuscissimo?”- chiese, dando voce ad un problema che la tormentava da tempo. Sapevano quando Voldemort avrebbe dato la collana a Bellatrix, avevano una chance. Ma se l’altra fosse rimasta integra  nel passato tutti quegli sforzi sarebbero stati inutili.

“A volte ci preoccupiamo troppo del futuro, signorina Granger. Potreste invece impiegare il vostro tempo qui e le vostre abilità in modo più proficuo che non attendere che qualcosa cada dal cielo.. L’insegnamento è sempre il miglior modo di imparare cose nuove, se posso permettermi. O giocare a gobbiglie. Stimola l’intelletto.Certo è importante non farsi spruzzare, ma sapete com’è. Fa parte del gioco.”- rispose  Silente, accarezzandosi la barba brizzolata.

Harry ed Hermione sgranarono gli occhi. Non erano certi di aver capito bene, 

“Scusi ma ci avete fatto una testa così sul fatto di non alterare il passato. L’ultima volta Malfoy ci ha quasi lasciato le cuoia. Non che mi dispiaccia, ma sa com’è…”- si intromise Ron stringendosi nella giacca per difendersi dal freddo gelido.

Silente sorrise, di quel suo sorriso enigmatico che lasciava più dubbi che certezze : “Chi può dire cosa è il passato e cosa il futuro, signor Weasley. Di certo non potete rivelare nulla delle vostre vere identità più di quanto abbiate già fatto. Ma  chissà che questo viaggio nel passato non sia già avvenuto in qualche spazio e qualche tempo. D’altronde lo sapete… ad Hogwarts chiunque chieda aiuto..”

“lo troverà sempre”- concluse Harry per lui. Non era certo che fosse saggio seguire quell’idea. Ma non aveva mai questionato un consiglio di Silente e di certo non avrebbe iniziato ora, circondato da persone che avrebbero sacrificato le loro vite per garantirgli un futuro migliore.

Silente annuì compiaciuto : “Molto bene, Signor Potter. Cinquanta punti a Grifondoro. E per favore, spiegate ai vostri giovani e scalmanati amici del primo anno che quello che impareranno dovrà essere usato solo in caso di difesa, e non contro i loro compagni di altre case.”

Poi com’era arrivato, sparì, lasciando i tre grifondoro a guardarsi perplessi.

Hermione tirò fuori un quaderno, iniziando a scrivere furiosamente.

Ron la guardò perplessa, chiedendosi se non si fosse definitivamente bevuta il cervello.

Buttò un occhio sulla pagine.
C’erano una serie di nomi, cancellature, e asterischi.

L’unica cosa che era ben chiara era  la scritta in alto.

Esercito di Silente.

“Mi pare esagerato, Herm. Capirei se stesse succedendo nel nostro vero quinto anno...ma qui rischiamo di farlo finire al San Mungo in cura permanente."

La grifondoro lo cancellò riluttante. In effetti il nome non era importante. L’elenco delle persone anche.

Frank Alice, Ted, James, Sirius, Remus..

“E Minus? Davvero vogliamo insegnargli qualcosa che ci si ritorcerà contro?”- borbottò il rosso.

Hermione scosse le spalle, indecisa.

“O li aiutiamo tutti oppure  non ne aiutiamo nessuno, Ronald. “- mormorò.

Harry rimase in silenzio a fissare quei nomi.

Tutto il suo passato racchiuso in una pagina.

Ne aggiunse uno, rubando la piuma all’amica.

Andromeda Black.

Probabilmente l’unica serpeverde di cui si sarebbe mai potuto fidare. Il primo atto di vera ribellione contro la sua famiglia.

“E ora, strega più brillante della nostra generazione, vedi di tirare fuori una maledizione che punisca chiunque riveli questo segreto. Tipo la scritta stronz* fatta di bolle purulente sulla fronte.”

Hermione ghignò. Purulente no. E neanche che formassero la parola Stronz*

Ma decisamente avrebbe tirato fuori qualcosa. Qualche mese  a Serpeverde e già le erano venute un sacco di idee per vendicarsi.

Ma non ce ne sarebbe stato bisogno.

Avrebbero addestrato il futuro ordine della Fenice.

E nonostante molti di loro sarebbero morti , almeno lo avrebbero fatto prendendo a calci in culo i mangiamorte.

Coraggio. Audacia. Cavalleria. Ma anche un certo disprezzo delle regole.

Cazzo, il golden trio era tornato.

Ed urlava Grifondoro da ogni poro.








 

Si era svegliata di soprassalto nel cuore della notte. Dopo l’incantesimo era caduta in un sonno profondo, come mai le era successo. D'improvviso però erano iniziati gli incubi, una serie di immagini impazzite che vorticavano nella sua testa. Sentiva le urla di un ragazzo, ma non riusciva a riconoscerlo. Eppure sapeva che doveva trovarlo. Ad ogni costo. E attorno a lei tutto era coperto di sangue.

Il sangue è vita, Il sangue è morte, Il sangue è tutto.

La voce di Arael Malfoy nella sua testa era una cantilena incessante.

Glielo aveva ripetuto più volte quando erano tornati da Hogsmeade, mostrandole i tatuaggi appena fatti. L’aveva fermata per il polso, fissandola con quegli occhi grigi scuri e profondi, nei quali era impossibile capire cosa stesse pensando. Erano sempre distanti, puntati su chissà quale ricordo o quale visione.

Si alzò in piedi di scatto, infilandosi velocemente i primi vestiti che aveva trovato, dei morbidi pantaloni in lana e un maglioncino bianco soffice come una nuvola. Glielo aveva regalato Andromeda l’anno precedente, scherzando che con quello più che l’algida principessa delle nevi sarebbe sembrata un tenero mooncalf. E lei lo aveva accettato, ridendo.Quando lo accarezzava le sembrava di sentire la risata della sorella, calda come un abbraccio.

Sgattaloiò fuori dai sotterranei, in cerca di aria. Non sarebbe stato necessario arrivare sino alla torre, le sarebbe bastato arrivare ai giardini.

Respirò a fondo l’aria umida della notte. Presto sarebbe caduta la prima neve, ne era certa. Probabilmente già l’indomani il castello si sarebbe risvegliato imbiancato coperto da una soffice coltre bianca, i suoni attutiti.la domenica pigra che piano piano prendeva vita. 

Aveva sempre amato l’inverno, Narcissa Black. Anche se odiava gli stupidi studenti di Hogwarts che ne approfittavano per tirarsi delle ancor più stupide palle di neve ghiacciate e incantate. Più di un ragazzino del primo anno si era trovato schiantato per averla presa per sbaglio. E fortuna loro che non avevano mai preso Bellatrix.

Alzò il viso, leccando dalle labbra i primi fiocchi di neve che iniziavano a cadere, ondeggiando lenti e dolci nell’aria  densa e umida della notte.

Non sbagliava mai sulla prima neve.Mai.

Pensava che si sarebbe sentita diversa dopo l’incantesimo di protezione di Severus. Più forte, forse. Invece si sentiva solo angosciata.

E il pensiero di quelle urla. Non sapeva perchè ma non faceva altro che pensare a quello che aveva detto a Lucius. Del suo desiderio di avere una famiglia. E si chiedeva se lui davvero la comprendesse fino in fondo. O se fosse solo un capriccio del momento.

Si sentì una morsa gelida allo stomaco. E se quello che urlava fosse stato il suo bambino?

Sarebbe stata davvero una madre così orribile?

Si strinse più forte nella grande sciarpa, incapace di scacciare il freddo che sentiva dentro.

“Severus è stato bravo, a quanto vedo. Certo avrei preferito che vi foste fatti aiutare, ma vedo che il nostro giovane talento ha fatto un eccellente lavoro”- la voce lontana di Arael Malfoy la distrasse dai suoi pensieri.

Narcissa annuì, facendo ondeggiare i capelli dorati.

“In molti tendono a sottovalutarlo, sbagliando clamorosamente”- mormorò appena.

La strega più grande la fissò pensierosa, poi improvvisamente ruppe il silenzio:

“L’hai già scelto vero?”- le chiese andando a sedersi accanto a lei, le gambe lasciate libere lungo la balaustra, lo sguardo rivolto verso l’alto.

“Cosa?”- Narcissa la fissò perplessa.Come detto cercare di capire cosa stesse pensando era un impresa che forse sarebbe riuscita al migliore Legimens.

“Il nome di tuo figlio. So che l’hai scelto tanto tempo fa ma non vuoi dirlo a nessuno. E che ti sei infastidita a sentirlo portare da qualcun altro. Non importa. Volevo solo dirti che è un nome molto bello. E ti posso assicurare che presto,molto presto , non ti ricorderai neanche di averlo già sentito”- rispose l’altra continuando a fissare il cielo,li dove si sarebbero dovute trovare l’Orsa Maggiore e l’Orsa minore.

La giovane Black sbatté gli occhi più volte. Di tutto quello di cui si aspettava di parlare, quello era di certo l’ultimo degli argomenti possibili.

L’altra però continuò imperterrita :”Mi piace. Il nome intendo. Sarà un bambino fortunato, davvero. Petulante e capriccioso di certo, ma decisamente fortunato. Sai mi sarebbe piaciuto davvero poterlo veder crescere..”

Ti sarebbe piaciuto, Arael?”- c’era qualcosa nel tempo verbale che non tornava. E poi non aveva senso. Anche se le cose con Lucius non fossero andate come desiderava, le famiglie Black e Malfoy si conosceva da secoli, facevano parte dello stesso circolo sociale. Era impensabile che non si sarebbero più incontrate.

L’altra scosse la mano come a scacciare quelle parole, ricacciarle in una piega del tempo dalla quale erano uscite, poi prese a fissarsi la mano con l’anello di famiglia.

“Lascia stare, a volte le visioni mi fanno straparlare. Ma c’è una cosa che devi tenere a mente Narcissa Black. Una cosa molto, molto importante. So che sei molto più intelligente di quello che vuoi mostrare. Ma saprai anche capace di ricordarti quello che ti sto per dire? “- le chiese girandosi a guardarla fissa, il dito che ancora giocherellava con il blasone di famiglia.

La bionda annuì, continuando a guardarla perplessa senza parlare.Le voci sulla sanità mentale di Lady Malfoy non era di certo un segreto per lei. Eppure Arael era sempre sembrata così  equilibrata.O almeno equilibrata quel tanto che una Malfoy poteva essere. Sicuramente più di Bellatrix.

“Arriverà un giorno in cui penserai di perdere tutto quello che hai costruito, tutto ciò per cui hai lottato. Un giorno che preferiresti non arrivasse mai, in cui tutte le tue più grandi paure si manifesteranno. E allora non potrai cedere alla disperazioni. Ti  dovrai ricordare di me e di questa sera. Ti ripeterai che il sangue è più forte di qualunque cosa. Qualunque. E dovrai fidarti di me come non ti sei mai fidata di nessuno. E io ci sarò. Nicholas ci sarà. Anche se non ci vedrai noi non ti lasceremo mai sola. Hai capito bene?”.

Di nuovo Narcissa annuì impercettibilmente,scrutando il volto serio come mai l’aveva visto.

La Malfoy finalmente sembro rilassarsi, come se si fosse tolta un peso dalla coscienza.

“E’ ora di tornare nei dormitori, prima che qualcuno si accorga che siamo fuori a quest’ora della mattina. E a proposito di Serpeverde…posso chiederti perchè non hai accettato di andare a Corvonero? Ti saresti trovata bene li, sicuramente avresti potuto brillare e non essere incasellata come una ragazzina viziata ed annoiata, come ci vede la maggior parte del mondo.”

La giovane Black sorrise, senza sorprendersi più di tanto. Non l’aveva mai detto a nessuno di essere stata una testurbante. Il Cappello Parlante era stato a lungo indeciso se il suo posto fosse Corvonero o Serpeverde, ma lei l’aveva pregato di mandarla in casa con le sue sorelle. E lo sguardo fiero di Bellatrix quando finalmente il cappello l’aveva smistata tra i verde e argento non aveva prezzo. Lei e Andromeda le erano corse incontro stringendola forte, incuranti dei richiami dei professori.

Peccato per i commenti stupidi di Lucius, ripensò con una punta di  amarezza. Sebbene avesse giurato e scongiurato che fossero dovuti solo alla sua momentanea incapacità di intendere e volere, Narcissa Black non era certo una che perdonava a cuor leggero. Ed era ben intenzionata a rinfacciarglielo per il resto della vita, se mai fossero davvero riusciti a stare insieme.

“L’hai detto tu che il sangue è tutto, no? E tranne quel debosciato di mio cugino Sirius Black sono sempre andati a Serpeverde. Da generazioni.”- rispose piegando le belle labbra morbide in un sorriso.

“Arael posso farti una domanda?”- chiese mentre si avviavano verso i sotterranei.

“Vuoi chiedermi perché quel cretino di mio fratello ci ha messo così tanto ad ammettere di essere innamorato di te?”- scherzò la bionda con finta aria annoiata.

La più scosse la testa, i capelli dorati che brillavano anche alla luce magica delle lampade.

“Non proprio, anche se di certo avrebbe aiutato non tormentarmi per tre anni. Ti volevo chiedere perchè sei sempre così gentile con me. Ignori la maggior parte dei nostri compagni e non solo. Ci sono professori di cui neanche ti degni di ricordare il nome. Con me invece sei sempre stranamente disponibile”- Narcissa le prese il braccio, costringendola a fermarsi. Esattamente come lei aveva fatto poco prima.Voleva guardarla negli occhi,studiare il suo viso sempre impassibile.

L’altra si limitò a sorridere, dandole  un buffetto sulla guancia con le lunghe dita candide. Il volto a pochi centimetri dal suo, tanto che l’immagine di lei e dei fratelli sembrava sovrapporsi. Stessi capelli così chiari da sembrare bianchi, stessi occhi grigi metallici duri come il piombo, stesso modo di tirare le labbra in un ghigno.

“Te l'ho detto, io proteggo sempre la mia famiglia. Anche quando pensano di non volerlo”.

Detto ciò si divincolò dalla stretta e sparì nel lungo corridoio, il rumore dei passi che si allontanava sempre più.

Decisamente una famiglia interessante, I Malfoy, pensò Narcissa dirigendosi verso la sala comune.

Silenziosa scivolò in camera, ancora qualche ora  e l’intero dormitorio avrebbe iniziato a risvegliarsi, Le piacevano quelle ora sospese tra il sonno e la veglia, nella quali poteva godersi dei rari momenti di quiete.  Quando apri le tende del letto a baldacchino,però sgranò i grandi occhi blu, perplessa. 

In bella vista sul suo letto c’era un pacchetto, accuratamente incartato. Dalla ceralacca sembrava provenire dalla libreria di Hogsmeade.

Lo aprì con attenzione, memore del fatto che Cassandra Carrow fosse nuovamente in piedi. Ma dubitava fortemente che avrebbe riprovato a farle del mare.

La carta scricchiolò nel silenzio della notte. Quando finalmente venne via Narcissa rigirò il volume perplessa. Chi diavolo poteva averle mandato un libro del genere?

 

Dodici usi del sangue di Drago. Di Albus Silente.Edizione Deluxe.

 

Passò le dita sulla copertina incisa in oro, riccamente decorata. Senza sapere perché si trovò a sorridere. Aveva come la sensazione che quel libro l’avrebbe accompagnata in diversi momenti felici.

Probabilmente senza Lucius Malfoy, però, visto l’autore.

Ridacchiò pensando alla sua faccia quando l’avrebbe visto. Poi raggomitolata sotto le coperte, si immerse nella lettura.

Era certa che anche se si fosse addormentata non avrebbe sentito più alcun urlo








 

“Voi tre non me la raccontate giusta. Non so cosa abbiate combinato mentre noi eravamo da Lord Voldemort ma di certo state tramando qualcosa”- nel riflesso del bagno delle ragazze lo sguardo Pansy mentre si ritoccava il mascara era sospettoso.

Hermione accanto a lei finse di essere estremamente interessata all’igiene delle proprie mani, insaponandole più volte con la schiuma color glicine. 

Non sapeva come rispondere. Non era certa che fosse una buona idea coinvolgere Pansy e Draco nell’esercito di Silente, non dopo che praticamente erano stati accolti a braccia aperte al circolo del bridge dei mangiamorte.

Merlino, era davvero incredibile che nel passato nessuno si fosse preoccupato seriamente dei piani di Voldemort. Sfogliando la Gazzetta del Profeta che le passava Andromeda si era resa conto di come in realtà fosse sempre presente a tutte le manifestazioni politiche, incontri di governo, eventi che potessero in qualche modo radunare l'élite del mondo magico.

Sempre attorniato da politici e mecenati ma mai in prima fila. 

Un passo indietro, a tramare nell’ombra.

Il grande burattinaio.

E addirittura poteva radunare dei ragazzini come se nulla fosse, coltivando mese dopo mese i suoi seguaci più fedeli. Quelli che non avrebbero avuto nessuno scrupolo ad uccidere e torturare in suo nome.

Anche se non ci fosse stato il problema di modificare lo spazio tempo, pensò con amarezza ancora una volta sciacquandosi sotto l’acqua fredda, in ogni caso nessuno avrebbe creduto a quello che avrebbero raccontato. Che quel giovane e affascinante giovane uomo sarebbe diventato il direttore del circo del terrore. Che le sue non erano solo idee un po’ estreme ma un vero e proprio manifesto del sangue.

Un rumore di tacchi accanto a lei la fece sobbalzare. Lanciò uno sguardo a Pansy, ancora intenta a sistemarsi il trucco. Ma era evidente che la sua era solo una posa. Nessuno poteva impiegarci così tanto. Tantomeno una che sarebbe riuscita a mettersi l’eyeliner anche a occhi chiusi e in equilibrio su una gamba sola, se solo l’avesse voluto.

Due occhi blu lapislazzulo la fissavano attraverso lo specchio.

Narcissa Black era apparsa come se niente fosse dietro di loro. Era evidente che aveva procurato il rumore apposta per farsi sentire, ma chissà da quanto tempo era lì.

Per fortuna che non si era lasciata sfuggire niente.

La bionda le si avvicinò, sfiorandole il braccialetto che portava al polso con la punta delle dita.

“Davvero, continuo a trovarlo delizioso. Granger. Una fattura finissima, di certo non è qualcosa che si trova in qualsiasi gioielleria . Non sono molti gli orafi che possano realizzare un oggetto del genre. E sicuramente non è a buon mercato. Com’ è possibile che non abbia mai sentito il tuo nome? - commentò con finta noncuranza. 

Poi, senza attendere una risposta, si rivolse a Pansy- “ Mia sorella mi ha detto che Lord Voldemort è rimasto molto colpito da te e Draco. E da Severus, ma su quello non avevo dubbi. E’ un po’ schivo, ma sono certa che diventerà uno dei migliori maghi di tutti i tempi. “

O un professore di pozioni geniale ma sadico, pensò tra sé e sé la grifondoro.

“E’ stato interessante”- si limitò a commentare Pansy, guardinga.

“Un peccato che tu non sia andata, Hermione. Ho sentito grandi cose su di te”- riprese Narcissa lanciandole una lunga occhiata.

Hermione si asciugò le mani con un colpo di bacchetta, girandosi per fissare la giovane serpeverde.

“Anche io su di te, a quanto pare.. Eppure non mi sembra che tu prenda parte alle riunioni”- frecciò squadrandola. Quella donna rimaneva un enigma, tanto nel futuro quanto nel passato.

L’altra le sorrise appena, enigmatica, ravvivandosi una ciocca di capelli dorati che le ricadeva sul volto, limitandosi a un laconico “Cosa vuoi farci. Non fa per me”.

Poi ,silenziosa come era arrivata,si voltò per andarsene senza degnarle di uno sguardo.

Poco prima di uscire però si girò, una mano ancora sulla porta e i lunghi capelli che ondeggiavano  morbidi : “Ricorda a Draco il nostro appuntamento, se lo vedi. E pregalo di non fare tardi, odio aspettare”.

Hermione fissò sbalordita l’elegante figura minuta sparire nel corridoio, mentre Pansy non riuscì ad evitare di ridacchiare.

“Io non le piaccio”- borbottò a mezza voce Hermione- “Nè adesso nè tra vent’anni”.

La serpeverde si lasciò andare ad una risata liberatoria, scuotendo il caschetto nero lucido.

Quando ebbe finito di riderle in faccia, si asciugò una lacrima,ancora piegata in due.

“Per Merlino, Granger non prenderla sul personale. Ora è vero che sei noiosa e saccente e  che di solito ti vesti come un elfo domestico di infima categoria…..”- iniziò

“Grazie, Parkinson, gentile come al solito”- sibilò la grifondoro fulminando l’altra con lo sguardo. Pansy però non si scompose.

“Che giri sempre attorniata da strani personaggi..:”

“Tra cui uno con cui vai a letto , mi pare”

“Si,ma di certo non mi ci faccio vedere in pubblico. Comunque, come stavo dicendo, anche non contando la tua assoluta mancanza di buone maniere e il fatto che ti verranno le rughe prima di finire Hogwarts se non la smetti di passare tutto il tempo sui libri..”

“Pansy….”

“Ecco, anche considerando tutto questo, non sei tu il problema. Narcissa Malfoy è l’epitome dello snobismo purosangue. Devi capire che per lei ci sono quattro  elementi da prendere in considerazione. Primo, se sei un purosangue o mezzosangue o sangue sporco. E tu,qui cara mia, caschi male. Ma questo non basta, essere nelle Sacre Ventotto già è un passo avanti, ma non è sufficiente. Pensa che ci sono anche i Weasley in quella lista, ti pare che per lei possano essere all’altezza?Secondo, bisogna aver un patrimonio di un certo tipo. Tu sei benestante ma di certo non ti puoi definire ricca secondo la definizione di una Black. Terzo, non tutte le famiglie sono uguali. Come te lo spiego… tra i babbani ci sono i titoli nobiliari , no?”

Hermione annuì, cercando di seguire quel ragionamento contorto. 

“Ecco, esiste una sorta di nobiltà tra i maghi. Essere ricchi schifosamente ricchi aiuta, ma non è sufficiente.. Solo alcune famiglie possono vantare il titolo di Lord e Lady. I Black, I Malfoy e i Lestrange, ad esempio. Se ti consola, sappi che ha sempre considerato i  miei degli arrampicatori sociali arricchiti. E non si è mai fatta scrupolo di farglielo notare. Detto tra noi, se proprio devo dirtelo, ha sempre avuto ragione. Quarto, l’intelligenza. Narcissa odia gli stupidi. E qui ritorniamo al fatto che odiava mio padre e anche mia madre non è che le sia proprio simpaticissima.”- continuò, scrivendo ciascun punto sullo specchio del bagno con il rossetto rosso.

Sangue.

Soldi.

Status.

Intelligenza.

A sempiterna memoria sua e di tutta la popolazione femminile di Hogwarts.

Hermione Granger, la strega più intelligente della sua generazione, per la prima volta in vita sua restava senza parole.

“Merlino, ma come si fa a vivere così? Sono stanca solo a pensarlo“- sbuffò la giovane grifondoro

Pansy continuò a ridacchiare prendendola sotto braccio, le scritte ancora ben visibili, cremose e vermiglie : “ E quindi dubito che ci sarà mai qualcuna che consideri all’altezza del suo adorato bambino. Infatti non è un caso che lei e Lucius abbiano sempre rifiutato tutte le proposte di matrimonio per Draco. Ormai ha quasi sedici anni e per la maggior parte delle famiglie è assurdo che ancora non abbia annunciato un fidanzamento ufficiale"

Hermione improvvisamente si ritrovò con la bocca secca, non aveva mai pensato che tutto quel discorso assurdo sui matrimoni combinati che continuava a venirle propinato da quando erano arrivati nel passato si potesse applicare anche a Draco, al suo Draco. Poi con una fitta si ricordò che Pansy conosceva bene l’argomento, visto che era stata promessa a quel pazzo sadico di Amycus Carrow. Prima che lo facesse fuori. Brutale ma efficace.

“E ti dirò un segreto.. Salazar Serpeverde mi sia testimone...se mai lo dirai a qualcuno io negherò tutto.”- continuò la serpeverde bisbigliando all'orecchio- “Nonostante tutto questo.per qualche assurdo motivo che francamente fatico a comprendere,credo che tu le piaccia. E credimi, è la magia più grande che tu abbia mai fatto”





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La vita era tornata a scorrere tranquilla nei sotterranei di Serpeverde. Tranquilla quanto avrebbe mai potuto esserlo in un dormitorio nel quale una buona parte degli studenti dal terzo anno in su stavano entrando in una spirale di sangue e violenza cieca. Affascinati dalle parole e dal carisma di Tom Riddle, ormai conosciuto da tutti come Lord Voldemort.

Con lui non si sentivano più dei semplici adolescenti, costretti a passare ore sui libri per imparare lezioni noiose che non sarebbero mai servite nella vita vera.Lord Voldemort indicava loro come mettere in pratica la magia, come sentirla in ogni più piccolo poro della pelle

 Li prendeva per mano e li conduceva sulla via della grandezza, in un mondo in cui nessun mago sarebbe mai più dovuto sottostare allo stupido Statuto di Segretezza.

Era l’unico e degno erede di Salazar Serpeverde, pronto a riportare la scuola ai fasti che il loro fondatore aveva sempre ricercato. 

I sanguesporco sarebbero stati cacciati da Hogwarts.

E con loro tutti quegli stupidi professori babbanofili che con le loro assurde teorie stavano rubando i loro anni migliori condannandoli ad una vita di mediocrità.

Lo aveva sempre creduto. Lo aveva sempre sentito dentro.

Eppure ora era lei che si sentiva intrappolata, come mai prima d’ora. Sin da bambina era sempre stata particolarmente indipendente, coraggiosa sino al limite dell’incoscienza.

Ricordava benissimo la prima volta che suo padre aveva portato in casa quell’affascinante mago ancora sconosciuto, quando ancora il nome e il patrimonio dei Carrow valevano quanto quello dei Black o dei Lestrange. Ora era rimasto solo il nome di famiglia cui aggrapparsi, ma sentiva anche quello che le scivolava tra le dita ineluttabilmente giorno dopo giorno.

Per quello Cassandra aveva deciso di mettere la sua astuzia,la sua intelligenza e la sua bellezza al servizio del Signore Oscuro. In poco tempo suo padre, risposato con una giovanissima ma stupida purosangue di seconda categoria e indebitatosi fino al collo, era diventato il suo burattino. Aveva solo dieci anni quando lo aveva sentito discutere con quella stupida ventenne delle minacce di Lord Voldemort in merito alla sua faida con Abraxas Malfoy.

Conosceva i Malfoy, tutti sapevano che fosse una tra le famiglie più influenti e ricche delle Sacre Ventotto. Oltre al fatto che i due figli fossero  indubbiamente di bello aspetto, oltre che eredi di una fortuna considerevole. Ma anche fossero stati dei mostri non le sarebbe importato. Qualche goccio di pozione e dopo il primo erede sfornato avrebbero potuto dire addio al suo letto per sempre, in quel caso.

Nell’altro potevano discuterne.

Qualche giorno dopo aveva fatto cadere qualche suggerimento , lasciando che fosse suo padre a pensare di aver avuto la geniale idea del fidanzamento.

Stronzate, lui al massimo poteva giocare a torturare i babbani in una delle residenze di campagna. Non sarebbe mai arrivato ad una soluzione cosi brillante.

Certo, la sua idea originaria era di sposare il primogenito e diventare la futura Lady Malfoy. Lo aveva dato per scontato.

Invece non glielo avevano potuto garantire, dovevano aspettare che avesse l’età giusta per saperlo.Non c’era verso di aggirare l’ostacolo.

La tregua però doveva essere firmata subito, da qui l’opzione di Lucius. Alla fine non si era rivelato troppo male,sicuramente era stato molto più semplice da plasmare rispetto a quanto lo sarebbe stato Nicholas, sempre appiccicato alla gemella. Erano stati felici in quegli anni, prima che Narcissa Black rovinasse tutto con i suoi grandi occhi blu e la sua lingua tagliente.

E non aveva trovato solo un compagno con cui intrattenersi.

Abraxas Malfoy l’aveva presa sotto la sua ala, le aveva insegnato molte cose sulle arti oscure, molte di più di quanto avesse mai fatto suo padre.

Carrow Senior era rozza brutalità. Abraxas aveva fatto della tortura un’opera d’arte che non si stancava mai di ammirare.

Era stato più che contento che sia lei che il figlio minore fossero diventati tra i seguaci più fedeli di Voldemort, seppur giovanissimi

E quegli anni passati insieme non avevano fatto che rafforzare il legame con l’Oscuro Signore.

 

E ora. Ora era tutto finito. Niente titolo, ormai era chiaro, il Maniero si era espresso. 

La cosa più sconvolgente era però stata la decisione di Lord Voldemort di assecondare lo sciocco capriccio di Lucius. E sapeva bene che neanche Abraxas si sarebbe mai opposto al suo volere.

Neanche l’idea che comunque avrebbe avuto modo di sfogarsi sul figlio minore accusandolo di qualcos’altro la consolava. Non c’era dolore fisico di Lucius che avrebbe potuto ripagarla di quella perdita. Di quell’umiliazione.

E Lord Voldemort le aveva intimato anche di stare lontana da Narcissa Black , di non pensare neanche ad un secondo tentativo di ucciderla.

“Mio Signore, perché mi fai questo? Non ti ho forse servito bene? Non sono stata all’altezza delle tue aspettative?”- aveva chiesto una volta soli, prima di tornare definitivamente ad Howarts e raggiungere quelli che un tempo avrebbe chiamato persino amici.

Ora addirittura Rodolphus e Rabastan la guardavano con malcelato disprezzo.

Toccare una purosangue per loro era impensabile.

Eppure sapeva che se Bellatrix lo avesse lasciato, il giovane Lestrange avrebbe fatto lo stesso, chiunque fosse il malcapitato. Ad eccezione di Lord Voldemort, ovviamente. Solo un cieco non si sarebbe accorto della pura adorazione della maggiore delle Black.

E solo un pazzo avrebbe osato anche solo aprire bocca.

“Suvvia Cassandra, non fare così. Se fossi venuta da me ti avrei aiutato a sistemare tutto. E invece non hai avuto fede in me e ora ti ritrovi in questa situazione. Una reietta…”- chiosò il mago accarezzando distrattamente la sua bacchetta.

“Ma io….non credevo… non pensavo che fosse degno della tua attenzione”- balbettò sbiancando. Che anche l’Oscuro Signore stesse per abbandonarla.

L’uomo le sorrise dolcemente : “Sbagliavi mia cara, tutto ciò che vi riguarda è degno della mia attenzione. Eppure hai scelto di agire di testa tua. E sebbene non possa di certo approvare la tua  vittima, non posso che essere colpito dal tuo talento. Lanciare una maledizione così’ complessa è davvero notevole per una giovane strega della tua età”- continuò con voce dolce gli occhi freddi e inespressivi come quelli del serpente che spesso lo accompagnava.

Le sembrò persino di sentire il suo sibilio tra le parole.

“Ed è per questo che ti lascerò vivere, mia cara. E sarebbe già un grande regalo da solo”- si alzò in piedi con un movimento fluido ed elegante, il mantello che ricadeva mollemente sulle spalle- “Ma sai che sei una delle mie preferite. Per questo mi assicurerò che i Malfoy ti corrispondano, ecco come dire, un indennizzo monetario a titolo di risarcimento. E mi assicurerò che Lucius non possa neanche pensare di vendicarsi di te. Inoltre ti aiuterò a trovare un nuovo marito alla tua altezza. Forse Rabastan, sempre che tu riesca a convincere Bella a diventare sua cognata”.

I Lestrange.  Un patrimonio alla pari con quello dei Malfoy. Gli occhi le brillarono. Ma l’idea di imparentarsi con Bellatrix Black le faceva venire la nausea.

Lord Voldemort ridacchiò alla sua espressione, sinceramente divertito : “O forse no. Nott magari, o Parkinson, quel ragazzo un poco più grande di voi. Vedremo”.

Si chinò a sfiorarle la guancia con un dito gelido, per poi sussurrarle a pochi centrimentri dal viso:

“Devi avere pazienza, mia cara Cassandra. Siediti e aspetta E poi potrai vendicarti su quello che avranno di più caro. Solo un po’ di pazienza e vedrai che la vendetta avrà un gusto ancora più dolce.”

 

In quel momento Cassandra Carrow giurò a se stessa che un giorno Narcissa Black avrebbe rimpianto di non essersi buttata dalla finestra dell’infermeria. 

Un giorno, tra dieci, venti o trent’anni.Non importava. 

Avrebbe atteso nell’ombra e  fatto a pezzi piano piano tutto ciò in cui credeva, tutto ciò che per lei valeva qualcosa.

E tutti sapevano cosa fosse.

La famiglia.

Un giorno Narcissa Black, l'algida principessina di serpeverde, l’avrebbe guardata mentre si prendeva la sua vita perfetta, facendola a pezzi, così come lei aveva fatto con la sua.

Il suo primogenito. O primogenita. Non aveva importanza.

Ma prima si sarebbe assicurata che quella scellerata progenia soffrisse ed odiasse ogni singolo respiro che lei gli concedeva.

Si sarebbe goduta ogni attimo, ogni grido, ogni rivolo di sangue.

Lucius avrebbe guardato la luce dei suoi occhi impazzire dal dolore.

E il cerchio si sarebbe finalmente chiuso.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22° ***


Si chinò a baciarle il centimetro di pelle lasciato libero dalla pesante sciarpa in cui si era intabarrata neanche fossero a Durmstrang, affondando il viso in quella massa scomposta di ricci.

Sentendola ridacchiare sotto il tocco delle sue labbra, continuo a risalire lungo la linea delicata del collo. Baci piccoli e lenti, uno affiancato all'altro.

Si prese tutto il tempo che voleva, una mano infilata poco sotto il bordo del maglione di lei, il corpo caldo e morbido sotto le sue dita che la sfioravano delicate.

“Merlino, Granger, ma dove l’hai tirata fuori questa coperta?”- borbottò sistemandosi meglio a cavalcioni sulla panchina e attirandola a sé per arrivare finalmente alle sue labbra.

“Capisco che tu abbia avuto altro a cui pensare, ma vorrei darti una notizia che forse ti sconvolgerà. Siamo a novembre inoltrato, ha nevicato e fa freddo”-rispose la grifondoro con tono fintamente saccente. Sapeva bene quanto, sebbene fingesse di odiarlo, facesse impazzire Draco. Nel migliore dei sensi possibili.

Lui continuò imperterrito con l'opera di persuasione portata avanti dalle sue labbra.

“E dimmi”- mormorò contro la tempia, scostandole appena un ricciolo- “Se tutto questo è vero, com’è che te ne stai fuori su una panchina a gelarti il tuo riguardevole fondoschiena e non al caldo accanto ad un camino?”

Perchè sto organizzando la resistenza a Voldemort e non vorrei che qualcuno lo scoprisse. Soprattutto quelli con cui condividi il sangue

Era questo che gli avrebbe voluto dire, ma si morse la lingua.  Draco aveva voltato le spalle a Voldemort, era vero, ma era stato solo per salvarsi. Si era imbarcato in quell’assurda missione con loro, ma era evidente che l’aveva fatto solo per lei. Chiedergli di partecipare all’addestramento del futuro Ordine della Fenice sarebbe stata una buona idea? Era davvero disposto a spingersi sino ad armare il braccio della resistenza contro la sua stessa famiglia.

Nel suo cuore era certa di sì. Il problema era il suo dannato cervello e il suo rimuginare continuo.

Doveva prendere tempo mentre decideva quale parte di sé seguire.

Si girò per catturargli le labbra con un bacio, la lingua che sfiorava la sua, carica di aspettative.

“O magari in un bel letto, che dici?”- gli chiese a pochi centimetri dalle labbra, guardandolo da sotto in su.

Ovviamente quel maledetto serpeverde non aveva mai delle reazioni normali.

Invece di eccitarsi, di rispondere al bacio, di prenderla in braccio e portarla da qualche parte iniziò a ridere.

Per la precisione le rise in faccia, sin quasi alle lacrime.

“Per Salazar Serpeverde, Granger. La cosa deve essere davvero davvero grave se pensi di fare la gattamorta in mezzo ai giardini di Hogwarts”- riuscì finalmente a dire dopo essere quasi caduto in terra.

Ah, ma gliel’avrebbe fatta pagare. Eccome se l’avrebbe pagata.

“Non è carino definire la tua ragazza come una gattamorta, la tua aristocratica madre purosangue non te l’ha insegnato?”- sibilò trattenendosi a stento dal colpirlo col volume che teneva in mano.

“No, decisamente questo non è stato un argomento di discussione. Ma puoi chiederglielo la prossima volta che la vedrai, magari chissà a una bella cena di Natale al Maniero”- chiosò il Serpeverde cercando di abbracciarla nuovamente.

Hermione sbatté più volte le palpebre, incapace di capire se era stata un’allucinazione uditiva.

Per tutta risposta quel cretino che le diceva di amarla fu preso da un altro attacco di isteria.

“Merlino, Granger, sul serio ma come fai a fare quelle espressioni? Avresti dovuto vederti… sembravi terrorizzata. E anche sul punto di vomitare, se me lo concedi”.

La risata però gli morì in gola quando vide lo sguardo della grifondoro diventare improvvisamente serio.

“Ti fa ridere vero? Perchè è quello che siamo. Una barzelletta mal riuscita. Immagino che i giornali ci andrebbero a nozze, potremmo far ridere il mondo magico per mesi se solo uscisse fuori che ci frequentiamo”.

Gli occhi grigi del giovane Malfoy ora la fissavano come se fosse fatta di vetro trasparente, il labbro inferiore morso appena a dimostrare quanto le sue parole lo avessero colpito.

Rimase in silenzio a lungo, poi finalmente parlò, a voce talmente bassa che faceva persino fatica a rendersi conto che stesse parlando con qualcuno.

“No, non fa ridere. E’ quello il problema. Credi sul serio che abbia paura di qualche presa in giro? Dannazione, hai idea di quello che mi hanno detto in questi anni, in primis i tuoi cari e deliziosi compagni Grifondoro? Furetto è stato sicuramente il più carino. Oltre a mandare in giro la voce che mi fossi comprato l’ingresso in squadra al secondo anno.Mi hanno mandato lettere in cui mi dicevano che mi sarei dovuto impiccare alla torre di astronomia per quello che aveva fatto la mia famiglia, che non ero neanche degno di stare ad Hogwarts. Oltre a tutti gli insulti sui miei, che ti risparmio, in particolare quelli su mia madre.”

Hermione si strinse di più nel mantello, a disagio. Molte di quelle cose le aveva pensate anche lei, almeno in parte. -“Disse quello che ha montato la campagna Potter fa schifo”.

“Al quale hanno aderito in molti, inclusi i cari amichetti del defunto Cedric Diggory.E persino alcuni Grifondoro, ti ricordo. Ma già, le cose brutte valgono solo se le fanno i Serpeverde,vero? Eppure tre mesi tra di noi avrebbero dovuto insegnarti qualcosa”- rispose rigido come una statua di marmo.

Hermione si alzò in piedi furibonda: “Si, tipo il fatto che si possa uscire di notte per andare a caccia di babbani da torturare e uccidere. Credi che non sappia che la babbana morta è opera di Bellatrix o di qualcuno della sua cricca? Santo cielo, Draco, avrebbe potuto essere chiunque...avrei potuto essere…”

Lentamente il giovane Malfoy si alzò in piedi, sfiorandole il braccio con una mano, senza più alcuna traccia di risentimento.

“Tu. Avresti potuto essere tu. O una tua amica. O la tua famiglia,  Capisci perché finora non abbiamo potuto dirlo? Saresti in pericolo E non solo per quelli  come me.Neanche i tuoi amici la prenderebbero bene. Sai quanti troverebbero inaccettabile che la splendida, intelligente e integerrima Hermione Granger, la strega più brillante della sua generazione, la golden girl del trio dei miracoli, si sia abbassata a stare con uno la cui famiglia è nota per aver servito il Signore Oscuro? L’oscurità si cela, ovunque Hermione, anche in bella vista”- mormorò prendendole il viso tra le mani.

“Basta accendere la luce”- si lasciò sfuggire lei, posando le mani sulle sue e guardandolo fisso negli occhi.

Il sopracciglio di Draco, di un colore così diverso da quello che gli apparteneva, si sollevò interrogativo.

“Stavo solo parafrasando delle parole molte sagge. Basta nasconderci Draco, qualunque sia il prezzo.”

Ancora silenzio. Poi finalmente annuì, tenendole il mento tra le dita e baciandola con delicatezza.

“E ora, mia piccola rivoluzionaria, vuoi dirmi cosa stai tramando con gli altri due mentecatti?”- ridacchiò staccandosi appena dal suo viso.

Gli occhi della grifondoro si accesero di passione, brillanti come fiamme.

“La guerra”.

Ambizione. Intelligenza.Sprezzo delle regole. Decisamente stava diventando una serpeverde di prima categoria.

 

 

 

“Sei sicura di riuscire a convincere Lumacorno a firmarci il permesso?Non sarebbe molto più facile usare il solito modo per andare a Hogsmeade e da li smaterializzarci?”- chiese Lucius alla sorella lanciando uno sguardo alla coppia che stava amoreggiando in fondo ai giardini. In realtà poco prima sembrava stessero litigando, e per la precisione che lei stesse per picchiarlo selvaggiamente con il libro che teneva tra le mani.

Capiva bene quella sensazione, quel ragazzo era talmente impossibile da mandare ai matti chiunque.

“Scherzi, vero? Devo andare a scegliere il mio abito da sposa e pensi sul serio che potrebbe mai dirmi di no?-rispose la strega fintamente inorridita, seguendo con un strano ghigno divertito lo sguardo del fratello minore.

Lucius scosse le spalle, fingendo noncuranza. L’abito da sposa. Come se fosse un avvenimento piacevole. Come se davvero volesse sposare quello stupido idiota presuntuoso di Theodore Nott.

“Potrebbe dirti di pensarci durante le vacanze di Natale non credi?”

“Con la festa di fidanzamento di Bellatrix Black? E il party di Natale? Credimi Lumacorno non è stupido. Sa benissimo che ogni singola stilista in circolazione sarà sull’orlo del suicidio in quel periodo. Inoltre, sebbene possa sembrare un arrampicatore sociale, tiene veramente ai suoi studenti. Lo prenderà come l’ultima volta in cui possiamo stare da soli noi tre.”- rispose Nicholas guardando il fratello alzare gli occhi al cielo, sbuffando.

“Per carità non dirmi che nostra madre si degnerà di darci  una mano una volta tanto”

Nicholas e Arael si scambiarono un’occhiata. Non c’era verso, quel loro fratello a volte sembrava fatto di puro risentimento. Ricordava tanto qualcuno in effetti.

“Tenendo conto che ha organizzato direttamente lei l’incontro nella residenza di Londra direi proprio di si. “- rispose con calma il fratello maggiore, sfogliando l’album incantato che la donna aveva inviato in anteprima.

“Sono osceni, Arael. Io capisco che tu non voglia sposarti, ma Salazar Serpeverde, davvero pensi di poterlo fare con uno di questo? Merlino spero proprio di non vederti dal vivo, almeno questo”- continuò indicando un vestito particolarmente vaporoso e pieno di cristalli che l’avrebbe fatta assomigliare più al candelabro del salone delle feste visto da un ubriaco che ad una dolce e tenera sposina diciottenne.

In tutta risposta la gemella rise, dandogli un finto colpo sul braccio: “Per una volta direi che potresti ritenerti fortunato”.

Poi si morse la lingua, lanciando un’occhiata al fratello  Stavano diventando imprudenti, man mano che il tempo della morte di Nicholas si avvicinava. Era sempre più difficile mantenere il segreto, soprattutto quando il loro fratellino li guardava con quello sguardo offeso e spaesato.

Lucius squadrò li squadrò,cercando per l’ennesima volta di capire cosa ci fosse che non andava. Da quella sera prima della partenza per Hogwarts erano strani, più del solito. Avevano sempre avuto questa mania di parlottare tra loro, di riuscire a capirsi senza neanche parlare. Ma almeno fino a quel momento avevano sempre cercato di renderlo partecipare delle loro vite. 

Ora, si sentiva tagliato fuori in maniera ineluttabile.Come la sera della riunione dei prefetti, in cui si erano rifiutati di fargli vedere la lettera arrivata dal Maniero. O tutte le volte in cui si erano rinchiusi a parlottare tra loro.

Giorno dopo giorno li vedeva sparire, senza neanche voltarsi a cercarlo.

“Perchè, scusa dove pensi di andare il giorno del matrimonio di Arael? A fare una passeggiata nei boschi?E a proposito di passeggiate...dove sei andata la notte di Samhain, Arael? Ancora devi dirmelo”- indagò scrutandoli con gli occhi grigi divenuti freddi come l’acciaio.

Il fratello sospirò mettendogli un braccio attorno alle spalle e costringendolo ad incamminarsi verso i campi da Quidditch

“Piantala di fare il bambino. Stavo solo scherzando. Ovvio che ci sarò. Ti pare che mi possa perdere lady Arael Malfoy vestita come la trapunta del letto della vecchia zia Imogene? E ora andiamo, muoviti. Noi abbiamo l’allenamento e Arael deve andare a fare due moine Lumacorno”

“Ehi, io non faccio due moine, io chiedo con grazia ed eleganza”- controbatté la ragazza con finta allegria incamminandosi accanto a loro.

“Si, certo. E quel maglione cosi attillato te lo sei messo perchè è la prima cosa che hai trovato, vero?”- si costrinse a sorridere Lucius, sforzandosi di trovare quella situazione normale. 

“Sta zitto, non vorrai mica che riporti ad una certa strega bionda dagli occhi azzurri i tuoi commenti maschilisti e inopportuni,vero?”- lo prese in girò la sorella dandogli un buffetto sulla guancia. E pizzicando un po’ più forte del necessario.

“Come fa una constatazione ad essere un commento maschilista? Merlino Arael, si vede che hai freddo.”-lagnò il più giovane dei Malfoy.

“O che guardi il seno di tua sorella. E’ un po’ inquietante lo sai?”- intervenne Nicholas ridendo.

Lucius sbuffò:” Veramente è lei che me lo sta sbattendo in faccia.Ora dovrò bruciarmi le cornee per non avere l’immagine dei suoi capezzoli che si vedono sotto il maglione. Ma di cos’è fatto… ragnatela di Acramantula?”

“Aspetta che mi segno questa perla. Sono certa che la nostra giovane principessina di serpeverde sarà deliziata di sapere con che razza di cretino sta pensando di iniziare una relazione”- rimbrottò la strega dandogli una spinta.

Lucius sorrise, finalmente rincuorato.

Tutto era come sempre. I suoi fratelli erano accanto a lui.

E pur di aiutarlo avevano accettato senza pensarci due volte la missione di Lord Voldemort.

“Tutto, purché sia felice.”- bisbigliò la sorella nell’orecchio, quasi avesse intuito i suoi pensieri.

“E a proposito di questo ...come procede con la piccola Black?”- chiosò Nicholas,strattonandolo per fargli accelerare il passo e allontanarlo dalla sorella, cui rivolse  un occhiolino divertito- “Scusa Arael, cose da uomini”.

La bionda alzò le mani in segno di resa : “Sia mai che le mie delicate orecchie possano sentire qualcosa di sconvolgente, tipo il fatto che tuo fratello sta per andare ai matti perchè non fa sesso. Nel frattempo che voi giocate alla posta magica del cuore, io avrei un lavoro da fare. Non c’è di che eh...”.

Li guardò allontanarsi bofonchiando tra di loro, le teste chiarissime vicine, la stessa postura, lo stesso modo di gesticolare.

Con una fitta al cuore li guardò fino a che non si confusero nella folla degli studenti. Le sarebbero mancati quei momenti,il chiasso, il rumore delle risate.

Una normale giornata alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Apparentemente normale, visto che in realtà si preparavano a compiere un omicidio.

O meglio, per essere corretti,istigazione all’omicidio.

Sopravvivere. Questo era il loro motto.

E mai sporcarsi le mani in prima persona, se possibile.

 

 

Harry si fermò un attimo davanti alla stanza delle necessità. Ron accanto a lui, in silenzio. Hermione dall’altro lato che invece non la smetteva di ripetergli che dovevano stare ben attenti a non lasciarsi sfuggire nulla sul futuro, in particolare sulla dipartita della maggior parte di coloro che sarebbero stati in quella stanza.

Il bambino sopravvissuto, però, sentiva la voce dell’amica come attutita, una sorta di rumore bianco di sottofondo. La parlantina di Hermione Granger, il suo essere petulante sulle regole era qualcosa di estremamente rassicurante alle sue orecchie.  Un barlume di normalità in quello che per lui era un continuo altalenarsi di emozioni.

Da un lato non vedeva l’ora di poter tornare dal Sirius adulto, a bere burrobirra e mangiare tutti i deliziosi manicaretti di Molly Weasley. Sarebbe stato il primo Natale che avrebbero passati tutti a Grimmauld Placee, per poi spostarsi alla Tana nei giorni successivi. Quasi due settimane in famiglia per la speranza dei maghi erano l’equivalente di sventolare una bottiglia di whiskey incendiario di fronte ad un alcolizzato in astinenza. E poi c’era Ginny,

Harry Potter aveva deciso che quello sarebbe l’anno in cui si sarebbe finalmente dichiarato, non importava se lei lo avrebbe respinto. Di certo non avrebbe potuto pensare di sopportare altri sei mesi a guardarla sbaciucchiarsi in giro per la scuola con il primo stupidotto qualsiasi.

E Ron non avrebbe dovuto aprire bocca, visto con chi se la faceva ultimamente.

Eppure c’era una parte di lui che non avrebbe mai voluto andarsene. Nel passato, nonostante si fossero portati le due palle al piede note come Draco Malfoy e Pansy Parkinson, aveva trovato un’accoglienza calorosa.

Frank,Alice, gli altri giocatori della squadra di grifondoro, Caradoc Deaborn,Hestia Jones, Strugis Pudmore, solo per citarne alcuni.

E poi ovviamente Sirius preadolescente era fuori controllo.

E Remus così altruista e intelligente ma sempre pronto a seguire i suoi amici.

E suo padre.

Altruista, bullo, coraggioso sino all'incoscienza, uno dei maghi più dotati che avesse mai conosciuto, pura energia e carisma.Un paradosso vivente.

Era impossibile non essere travolti dal suo puro entusiasmo e dalla sua gioia di vivere, purché si stesse dalla sua stessa parte.

In pochi mesi lui e Sirius erano diventati i ragazzi più popolari di Hogwarts. Due gemelli inseparabili, uniti al punto di diventare fastidiosi. Non si riusciva a capire dove iniziasse la mente di uno e finisse la lingua dell’altro.

Per fortuna c’era Remus a riportarli ogni tanto con i piedi per terra. E Peter. Ma a lui preferiva evitare di pensare se possibile.

E lui sarebbe stato all’altezza di quel gruppo eccezionale?

Davvero lo avrebbero ascoltato? Si sarebbero fidati di lui? Un ragazzino venuto da chissà dove che pretendeva di  mettersi in cattedra ed insegnare come difendersi dalle maledizioni. E soprattutto come lanciarle.

Hermione smise di parlare per un attimo per sistemargli il cardigan nero che indossava. Sentiva le sue dita leggere sulle sue spalle.

“Assomigli a Lupin, sai? E come lui sarai un eccellente insegnante”- gli disse dolce ma ferma, prendendolo appena per il bavero.

“Sarai il migliore Harry.  Non preoccuparti. Pensa che sia un giorno come un altro in cui qualcuno cerca di ammazzarti”- lo rassicurò Ron passandogli un braccio attorno alle spalle e dandogli delle pacche  sul petto.

Harry annuì sistemandosi gli occhiali sul naso, prendendo un profondo respiro.

Loro tre ne avevano passate tante in cinque anni.

In confronto questo era davvero niente. 

E poi era stato Silente a consigliarlo, no? Quanto poteva essere sbagliato fare qualcosa suggerito dal più grande preside che Hogwarts avesse mai conosciuto?

Si,sarebbe andata bene.

Il gruppo che l’attendeva oltre la porta era il futuro ordine della fenice.Lui doveva solo dargli le base, Silente e il loro talento avrebbero fatto il resto.

Gli eroi della prima guerra dei maghi.

Gli unici che si erano davvero opposti a Voldemort.

E lui sarebbe stato parte di quel movimento senza eguali.

Dentro di lui iniziò ad ardere di nuovo la fiamma della ribellione. Quei ragazzi in gran parte sarebbero morti, o peggio torturati sino alla pazzia, ma avrebbero venduta cara la pelle,

In quel momento però una voce odiosa e strascinata lo strappò dai suoi pensieri.

“Cazzo, Sfregiato, ma quanto ci metti? Stai fissando una dannata porta da sedici ore. Cos’è pensi di entrare o possiamo tutti tornare a farci i fatti nostri?”

Harry digrignò i denti, lanciando un’occhiataccia ad Hermione accanto a lui, che  a sua volta stava imprecando contro Draco Malfoy,meglio conosciuto come l’essere più petulante della sua generazione.

“Perchè non te ne vai a farti i fatti tuoi a fanculo, Malfoy?”- ringhiò

“E perdermi le tue preziose lezioni di vita? ”- rispose il serpeverde serafico sbattendo gli occhi con fare innocente.

Poi per tutta risposta gli diede una forte spinta sulla schiena senza preavviso, facendolo quasi schiantare contro il muro della stanza delle necessità. Per fortuna che, riconoscendo coloro che l’aveva richiamata ,la camera magica ideata da Tosca Tassorosso affinché tutti gli studenti di Hogwarts potessero sempre trovare un luogo sicuro, aprì la porta d’ingresso, evitando che sfracellasse il suo bel faccino contro dei muri di pietra centenari.

Peccato che in questo modo il suo ingresso, che aveva immaginato pacato e rilassato come quello di Lupin stesso, o anche fiero e imperioso come era stato il primo incontro con Piton, fosse totalmente rovinato.

Solo i riflessi allenati dal Quidditch gli permisero di non cadere rovinosamente in terra nel mezzo del gruppo di studenti, salvando almeno in parte la sua dignità.

“Bell’ingresso Harry. Di certo ad effetto”- chioso serafico Sirius, accomodato mollemente in poltrona, che sfogliava le fotografie delle candidate ad accompagnarlo alla festa di fidanzamento della cugina. Era diventata una faccenda estremamente complicata, visto il gran numero di candidate. E il fatto che lui si annoiasse con estrema facilità.

Dietro, il bambino sopravvissuto sentì Draco ed Hermione litigare. Ben gli stava a quel perfido furetto platinato. Ah, ma si sarebbe vendicato alla prima occasione. Aveva giusto bisogno di una cavia per gli schiantesimi.

Harry si sistemò meglio la cravatta, deglutendo a fatica. Si sentiva gli occhi di tutti addosso.

E sapeva cosa si stavano chiedendo.  Davvero questo qui può insegnarci qualcosa?

“Ehm… innanzitutto grazie per essere qui..”- iniziò.

Ancora una volta però venne interrotto da un odioso serpeverde. Femmina per la precisione.

“Facciamola corta, bambino sopravvissuto. Non abbiamo tutta la notte. Benvenuti alla vostra prima  lezione su come torturare i nemici..”-Pansy Parkinson si era fatta avanti,la bacchetta pigramente in mano e un sorriso enigmatico sulle labbra scure.

Il silenzio nella sala era così pesante che si tagliava con il coltello.

“Sta zitta. Non è per insegnare torture che siamo qui”- ringhiò Harry di rimando

“Ah no? E quindi che si fa?”- lagnò la mora alzando gli occhi neri e brillanti al cielo.

Poi ci ripensò un attimo, agitando la bacchetta:

“Ma neanche una Cruciatus?”- tentò aggrappandosi lasciva al braccio di Ron. Il grifondoro però non sembrò aver raccolto la provocazione, limitandosi a sussurrarle un 

“Ma sei scema?”

La serpeverde sbuffò infilando le lunghe unghie affilate nel polso del ragazzo, prima di staccarsi definitivamente.

“Come siete noiosi.”- soffiò con aria seccata andandosi a sistemare accanto a Draco.

Chiarita la questione Harry cercò di riportare l’attenzione dei presenti sul motivo di quelle riunioni. Si era preparato un discorso breve ma chiaro, pieno di pathos ma non lezioso. Un discorso eccellente se proprio doveva dire.

Peccato che sembrava che nessuno avesse intenzione di starlo a sentire.

E questa volta non era colpa delle due piaghe che si era portato dal futuro.

Frank Longbottom infatti si era fatto avanti, uno sguardo che mai avrebbe pensato di vedergli sul bel volto solitamente gioviale e sorridente.

“Cosa ci fanno questi tre  serpi qui?”-sibilò puntando verso Draco e Pansy. Ed Hermione. Cazzo, ci aveva messo qualche secondo a comprendere che anche la sua migliore amica era oggetto dell’odio di una persona normalmente pacata e ragionevole come il capitano della squadra di Grifondoro.

“Intelligente come il figlio”- sentì Malfoy commentare a voce bassa, ma neanche troppo, dietro di lui.

“Tu sei l’ultimo che può parlare di padri, malferret”- rimbeccò veloce Ron, a voce altrettanto non troppo bassa.

“Almeno il mio è di bell’aspetto. E ricco. E abbastanza intelligente da non finire a sbavare guardando un muro del San Mungo...”- Draco rispose con una scrollata di spalle, senza scomporsi troppo.

“E da comprarsi la libertà, a quanto ne so”-continuò imperterrito il grifondoro.

“Ma cosa ne vuoi sapere tu di comprare cose che a malapena sai come è fatto un galeone”

Merlino, ma quei due erano seri? 

Harry lanciò un’occhiata ad Hermione, che ovviamente capi al volo. Con aria scocciata tirò fuori la bacchetta. Un rapido movimento e dalle bocche di quei due dementi non usci alcun suono. Sebbene fosse assolutamente possibile capire la maggior parte degli insulti che si stavano lanciando a vicenda. E inspiegabilmente anche contro di lui.

Per la terza volta provò a iniziare il suo bellissimo ed appassionante discorso di inaugurazione.

E per la terza volta venne interrotto.Da un serpeverde.

Per Godric Grifondoro, ma erano tipo i Gremlins? 

“Quattro serpeverde, Longbottom. E ti consiglio di moderare i toni, non sei sul campo di Quidditich, Né al pub.Oppure posso insegnarti io l’educazione, se vuoi”- Il volto aristocratico calmo, la voce piatta ed elegante, l’lelegante figura fasciata in pantaloni e maglione a collo alto nero, Andromeda Black aveva fatto la sua comparsa nella stanza delle necessità. 

“Cos’è Black, ci spii per conto dei tuoi cari amici? O hai qualche strana perversione che include farti sbattere a terra da qualcuno di noi? “- si fece avanti Kirk, corvonero del sesto anno, mettendosi accanto a Frank e stendendo la bacchetta nella sua direzione.

Ted, che si era illuminato vedendola entrare, non riusciva a credere alle sue orecchie.Avanzò verso sino a mettersi di fronte ai due, prendendo Kirk per il bavero e strattonandolo.

““Non ti azzardare a parlarle così”- ringhio.

Il rumore dei tacchi dietro di lui lo fece rilassare appena. Era calmo e ipnotico, come se l’autrice di una tale camminata avesse tutto il tempo del mondo, come se non fosse appena stata insultata e minacciata.

 

“Sapete perché farete una brutta fine? No? Ve lo dico io. Perché siete degli egocentrici, bastardi, sempliciotti ed  egoisti che tendono a mettersi su un piedistallo. Credete che il male sia solo a Serpeverde. Mi dispiace per voi ma non è cosi. Forse dovreste guardare un po’ di più dentro le vostre case, prima di venire a sputare sentenze sulla nostra”- rispose con voce flautata, spostando dietro le spalle una lunga ciocca di capelli castani. 

Ted vide appena la labbra della giovane muoversi. Sorrise quando capì cosa stava per fare. Dimostrazione pratica.

Due secondo dopo sia Kirk che Longobottom erano volati dall’altro lato della stanza, senza neanche avere il tempo di mettere mano alla loro bacchetta.

“E questo è il motivo per il quale sono qui. Insegnarvi a non farvi schiantare come due imbecilli.Prego non c’è di che”- tubò . Poi si rivolse ad Harry- “ E ora se vuoi fare quel bel discorsetto di incoraggiamento che sono certa ti sia preparato, questo è il momento”.

Il bambino scosse la testa. Ormai era andato tutto a puttane, pensò guardando Hermione che reinnervava Frank e Corban. I due ancora piuttosto doloranti si alzarono in piedi massaggiandosi la testa. Eppure l’odio era sparito. Ora sembravano guardare la giovane Black con quella che sembrava davvero qualcosa di simile all’ammirazione.

“Lasciamo perdere. Facciamola breve. Stanno per arrivare tempi cupi, so che lo sapete anche se molti preferiscono che ignoriate quello che sta accadendo. Babbane morte ritrovate ad Hogwarts, studentesse maledette. E questo è quello che sappiamo. Sono certo che al di là dei confini di Hogwarts la situazione sta per degenerare.”- tagliò corto.

Una voce dal gruppo confermò: “ Mio padre è un auror. E dice che non ha mai visto tante morti sospette come in questo ultimo anno”.

Un brusio di approvazione. Evidentemente le notizie correvano veloci anche in quegli anni. E soprattutto al di là dalla censura del Ministero.

Lo sguardo del bambino sopravvissuto si spostò su tutti i presenti, valutandone le reazioni, cercando di saggiarne la reattività, cercare di intravedere l’ombra del traditore. Minus a parte, visto che quello era assodato.

Hermione aveva fatto firmare a tutti la pergamena stregata, spiegando bene quali sarebbero state le conseguenze del rivelare quello che sarebbe accaduto in quella sala. Ma per lui non ce ne sarebbe neanche stato bisogno.

Li guardò tutti, negli occhi. E non vi trovò alcuna traccia di paura o di rimorso.

In tutti brillava la fiamma del coraggio.

Pura rivoluzione.

“Bene, allora iniziamo con lo Stupeficium”.

Incantesimo sempre molto utile,come aveva avuto modo di sperimentare in passato.

Lanciò un’occhiata a Pansy che si era allineata con gli altri per mostrare il movimento della bacchetta.

Beh, forse qualche lezione sulle maledizioni proibite avrebbero potuto farla, in fondo. Male non avrebbe fatto. 



 

Quella sera a cena c’era un delizioso tortino di manzo stufato con zucca e funghi in crosta croccante di pasta sfoglia che faceva venire l’acquolina in bocca solo con l’odore. Per contorno patate e pastinache arrostto. E il dolce sembrava essere qualcosa al cioccolato e ribes. Insomma alla sola idea di un pasto così delizioso e ricco avrebbe dovuto garantire un desinare tranquillo, con gli studenti troppo impegnati per infilarsi in discorsi che non si sapeva bene come sarebbero andati a finire.

O almeno, cosi sperava Hermione, che dopo aver passato due ore a cercare di insegnare incantesimi su incantesimi ad un gruppo di scalmanati e talentuosi maghi adolescenti si sentiva letteralmente esausta.

Draco, che in verità non è che avesse fatto più di tanto se non provocare reazioni arrabbiate dal futuro Ordine della Fenice a suo dire per stimolarli, invece ,sembrava riposato come una rosa. Seduto accanto a lei era impegnato in un discorso sulla letteratura magica con Narcissa. Da quasi quaranta minuti. Merlino, quei due alle volte erano davvero insopportabili.

Con un insensato moto di empatia, si trovò a compatire per un secondo Lucius. Era certo che fosse qualcosa che madre e figlio facessero regolarmente al Maniero, e dalla parlantina di entrambi dubitava fortemente che Lucius riuscisse ad inserirsi in quel rapporto così stretto. Poi si ricordò del secondo anno e di come Ginny fosse entrata in possesso del diario di Tom riddle e tutta la simpatia per il padre di Draco sparì.

Cocco di mamma forse era davvero la migliore descrizione possibile per descrivere il giovane Draco Malfoy. Forse anche più di furetto platinato, anche se Ron ed Harry difficilmente avrebbero lasciato cadere il loro appellativo preferito.

Peccato che l’idea di tranquilla cena in una fredda serata di novembre non fosse nei piani di tutti i serrpeverde. 

E per una volta tanto l’oggetto del discorso non era quanto i babbani avessero rovinato la società magica. O di come dovessero sparire. O quanto i professori fossero di parte e li odiassero.

No, quella sera alcuni studenti aveva deciso che fosse la serata migliore per portare alla luce un argomento di cui di sicuro stavano bisbigliando da tempo tra di loro.

E che di sicuro avrebbe portato solo danni.

“Di un po’ Lucius, com’è che Cassandra non viene più a farti visita la notte al dormitorio? “- chiese Vincent Bulstrode, stupido esattamente come sarebbe stata sua figlia anni dopo, servendosi una generosa porzione di cibo nel piatto.

Hermione prese un sorso di acqua, guardando Draco e Narcissa irrigidirsi all’istante. Nonostante il loro chiacchiericcio, infatti erano riusciti a captare la domanda. E soprattutto il lieve cambiamento nella postura del diretto interessato.

In effetti se non fosse ormai abituata ai comportamenti del figlio, anche ad Hermione sarebbe sfuggito.

Invece noto il lieve fremito della mascella, le dita chiuse appena più forte intorno alle posate, il posato e studiato modo di rallentare l’azione che stava facendo, fingendo indifferenza.

Prima di rispondere Lucius masticò con calma il boccone. continuando a non guardare il diretto interessato, con la chiara intenzione di dimostrare che non fosse degno della sua attenzione.

“Che c’è Bulstrode, non sai come passare le tue notti da sfigato senza pensare a me che faccio sesso? “

Una risatina nervosa al tavolo.

Il serpeverde più grande, però, era deciso a continuare. Mettere in difficoltà il più giovane dei Malfoy avrebbe significato poterne usurpare il posto sociale in un futuro non troppo lontano. Con Bellatrix e i gemelli Malfoy fuori dai piedi tra qualche mese era fondamentale stabilire una nuova gerarchia di potere all’interno di Serpeverde. E quella era un’occasione più unica che rara:
“Un piacevole diversivo, se me lo concedi, in effetti. Converrai che è strano però… poche settimane fa c’erano più probabilità di beccarvi a fare sesso in giro che i Cannoni di Chudley perdessero la partita. E ora neanche vi sfiorate”- prosegu’ maligno- “ Mi chiedo cosa ne pensino i vostri genitori”

“Cassandra è stata male, se non te sei reso conto. E comunque dubito fortemente di dover dare conto alle nostre famiglie della nostra vita sessuale. Non so come funzioni a casa tua, ma nelle case ben educate non è proprio il primo argomento di conversazione.”- rispose con tono sempre più gelido, iniziando a tagliare a pezzi sempre più piccoli il cibo nel piatto.

Draco lo osservò con crescente preoccupazione. Conosceva suo padre, aveva imparato nel corso degli anni a capire quando si stesse arrabbiando sul serio. E il fatto che stesse aprendo e chiudendo le mani attorno alle posate non era affatto un buon segno.

Sfortunatamente il futuro padre di Millicent non sembrava essere un osservatore così attento.

“O forse hai trovato qualcun altro con cui passare le notte. E ci sono vari  nomi che circolano per la scuola…”-si protese in avanti, fissandolo con malizia- “ In particolare Selwyn dice che c’è una certa bionda da cui ti fai succ…”

Draco lo capi ancora prima che il padre scattasse, aveva riconosciuto quel lampo negli occhi.

L’aveva già visto, suo malgrado

“Cazzo”- fu l’unica cosa che riuscì a mormore. Poi tutto degenerò rapidamente.

Un secondo prima Lucius era seduto compostamente a mangiare la sua deliziosa cena cercando di ignorare gli stupidi discorsi dei suoi compagni. Quello dopo si era buttato su Bulstrode prendendolo di sorpresa e gli stava sbattendo ripetutamente la testa contro il pavimento di pietra.

Il resto dei compagni di serpeverde era immobile, come pietrificato. Erano perfettamente consapevoli che a lasciarlo fare il cervello di Bulstrode avrebbe ben presto ricoperto il pavimento della sala grande. Ma al contempo non pensavano che intromettersi fosse una buona idea.

Affatto.

Anche perchè Bellatrix Black e Rodolphus Lestrange si stavano godendo la scena con un ghigno soddisfatto. 

“Il primo che vedo muovere un muscolo finirà a fare una visitina ai centauri questa sera”- aveva minacciato la strega accarezzando la lunga bacchetta ricurva e fissando con un sorriso la testa del suo compagno di casa che si alzava e abbassava ritmicamente con un rumore sordo ed osceno.

Nel brusio di centinaia di studenti e con il tavolo dei serpeverde lontano da quello dei professori, di certo sarebbe passato ancora un po’ di tempo prima che qualcuno se ne accorgesse, l’importante era che tutti rimanessero esattamente immobili.

Con un po’ di fortuna quello stronzo avrebbe riportato qualche danno semipermanente che gli avrebbe ricordato di tenere a bada la lingua. Altrimenti ci avrebbe pensato lei stessa.

Quando Lucius Malfoy le aveva confessato di essere innamorato della sua sorellina minore aveva dovuto respingere il suo primo istinto naturale che era stato di cruciarlo. Non l’aveva fatto solo perchè Andromeda glielo aveva impedito. E dopo un’accesa discussione di più di un’ora con la sorella erano addivenute a concordare che in fondo poteva esserci di peggio. E, alla fine, dopo molte, molte altre discussioni, aveva deciso di assecondarlo e appoggiare la sua richiesta presso Lord Voldemort.

Rodolphus accanto a lei le strinse la vita, passandole le labbra sul lobo dell’orecchio : “Credo che dovremmo fare due chiacchiere con Selwyin non credi?”

Bella annui, girandosi a baciarlo.

“Posso pensarci io, se vuoi. Malfoy mi sta facendo venire voglia di torturare qualcuno. E mi sto annoiando”- commentò indifferente Rabastan accanto a loro, continuando incurante a mangiare. “Uffa che palle, è già finita. Peccato”

Bellatrix assottigliò gli occhi, cercando di capire quello che le stava sfuggendo. Era certa che ci fosse qualcosa di cui si sarebbe dovuta accorgere, ma non riusciva a focalizzare.

Lucius era stato tirato su a forza da quel ragazzo nuovo, Draco, che cercava di tenerlo fermo. E quello poteva comprenderlo. Forse. Quello che non capiva era cosa diavolo ci facesse un cazzo di tassorosso al loro tavolo, ad aiutarlo.

E soprattutto perché sua sorella Andromeda si fosse messa in mezzo tra il biondo e Bulstrode ancora in terra sanguinante. E parlasse con quello stupido spacciatore di erbette come se lo conoscesse.

“Chi è quello?”-chiese impugnando la bacchetta mentre accanto a lei anche gli altri studenti sembravano accorgersi che qualcosa fosse più anormale del solito al tavolo dei serpeverde.

Fortuna che quella sera Silente era fuori per chissà quale impegno da babbanofilo qual era.

“Tonks, tassorosso sanguesporco del quinto anno. Vuoi che mi occupi di lui?”- chiese Rodolphus con improvviso interesse, girandosi a guardare mentre trascinavano un furioso Lucius fuori dalla porta.

Bellatrix Black strinse le labbra, riflettendo. No, ancora non ce n’era bisogno. Per il momento non rappresentava un pericolo. Poi portò l’attenzione alla sorella minore che era rimasta immobile al suo posto, come congelata. Sapeva che quella era la sua posa abituale. Eppure non le sfuggiva di quanto fosse sconvolta.

“Porto Cissy a fare una passeggiata. E poi mi occuperò di Selwyn. Non credo proprio che gli basterà un incantesimo per riprendersi dopo quello che gli farò”Doveva riprendere il controllo, prima che fosse troppo tardi. E sapeva esattamente come fare.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23° ***


 

L’attico dei Malfoy della Londra magica si trovava all’ultimo piano di una deliziosa palazzina di ispirazione vittoriana poco distante da Diagon Alley. A breve le vie si sarebbero riempite di maghi e streghe in cerca dei regali di natale e la luce delle luminarie magiche avrebbe addolcito le sere d’inverno. La zona di Knocturn Alley, invece, sarebbe sempre rimasta un buco nero di case e stradine arroccate una sull’altra, con i ciottoli scivolosi e umidi a celarne i misteri. 

Al momento, invece, tutto sembrava sospeso in un limbo, una giornata molto più mite rispetto alla Scozia, dove la neve era già caduta abbondante. Li l’autunno ancora sembrava resistere strenuamente all’avanzata dell’inverno, pensò Nicolas godendosi i raggi del sole tiepido e rassicurante sul viso mentre osservava il gran passaggio nelle vie sottostanti

Natale si stava avvicinando a grandi passi. E con quello non solo la festa di fidanzamento di Bellatrix, il momento cruciale per cui suo nipote e i suoi amici erano venuti nel passato. Natale significava tornare al Maniero. Non avrebbe mai potuto chiamarlo casa.

Avrebbe preferito mille volte essere come quegli studenti i cui genitori permettevano di passare le vacanze di natale ad Hogwarts, protetti e al sicuro.

Ma non stava bene. Non era una cosa da purosangue. Da ricchi purosangue, per essere precisi.

E così, ancora una volta avrebbero dovuto prendere il treno, con una morsa che si faceva sempre più gelida ogni miglia passata che li avvicinava alla stazione di King’s Cross.

Per fortuna che Abraxas doveva mantenere un minimo di apparenza, con il ricevimento che organizzava ogni anno per i loro compleanni. Era ovvio che a lui interessasse molto poco di celebrare una ricorrenza con i figli. O i figli in generale, tranne quando doveva sfogare le sue frustrazioni e i suoi istinti sadici.

L’unica cosa buona era che ultimamente trovava più soddisfazione con i babbani che con il sangue del suo sangue. Di certo era stato un suggerimento di Lord Voldemort. Sicuramente il Signore Oscuro era un pazzo sanguinario, ma di sicuro non era stupido. Aveva  ben capito che mostrarsi come il difensore dei giovani purosangue, contro ogni pericolo anche quelli che provenivano da coloro che avrebbero dovuto proteggerli, era la chiave per la loro eterna riconoscenza.

Per alcuni aveva funzionato. Come lui, come Lucius e altri del loro anno. Per altri invece era bastata la promessa allettante di un potere senza pari. Come per Bellatrix o Rodolphus.

Si era trovato ad osservare spesso la maggiore delle Black, durante le ultime settimane di lezioni. Lezioni che evidentemente la giovane strega non trovava mai degne della sua attenzione e del suo interesse, visto la sufficienza con cui vi prendeva parte. E a malincuore doveva ammettere che aveva ragione. Dopo averla vista in azione un paio di volte durante le lezioni con Lord Voldemort, era evidente che Bellatrix Black fosse una strega dotata di enorme talento.

Ma anche senza alcun briciolo di empatia.

 Era pericolosa, e il suo carisma innato la rendeva ancora più mortale. Era lei il braccio di Voldemort. Ad un suo cenno non solo Rodolphos e Rabastan ma anche uomini adulti accorrevano per esaudirla. Ma se per alcuni si trattava di adorazione, per altri era puro terrore. Giustificato.

“Tè mio caro?”- la voce vellutata della madre lo riportò alla realtà. Tutto in quella casa portava il suo tocco. Colori chiari, tessuti pregiati ma confortevoli, i suoi dipinti all’acquerello appesi in giro per la casa. E loro foto da bambini, come in una qualsiasi casa. Abraxas non metteva mai piedi li, trovandola inadeguata.

Probabilmente perché non c’erano stanze delle torture.

O forse era la luce morbida che entrava  per la maggior parte della giornata dalle ampie vetrate e accarezzava il parquet sempre lucido a innervosirlo.

Nicholas annuì andando a sedere sul divano di pelle crema accanto a sua madre e accettando la tazza di porcellana finissima che le porgeva con un sorriso.

Scoccò un occhiata al fratello, seduto rigidamente sulla poltrona più distante,le braccia incrociate e un’espressione scocciata sul viso.

Sbuffò quando la madre si rivolse a lui, incurante dell’occhiataccia dei fratelli : “Come mai sei venuta? Ti annoiavi per caso?”- chiese con astio.

Sua madre non rispose subito limitandosi a passargli un piattino con una fetta di torta di mele, ancora fragrante, che il ragazzo titubante accettò.

L’odore era delizioso. Sapeva ...di casa, se avresse potuto mai usare quella parola.

La strega sorrise. Riconosceva una concessione quando la vedeva.

“Pensi che Arael ci metta ancora molto? E’ un’ora che è in camera con quella specie di goblin travestito da strega”- malignò prendendo una forchettata di dolce.

“A parte che sono si è no dieci minuti. Cos’è hai altri impegni per caso?Tipo sospirare dietro una giovane strega dagli occhi blu?”- ridacchiò Nicholas prendendo un sorso di té caldo e scambiando uno sguardo divertito con la madre.

Il fratello sbiancò neanche lo stessero maledicendo.

“Oh andiamo tesoro. Eri l’unico a non aver capito quali fossero i tuoi reali sentimenti per la giovane Black.”- lo blandì la donna.

Lucius sgranò gli occhi, quasi strozzandosi con il boccono. Merlino, se l’aveva capito lei…

“Non preoccuparti. Ovviamente questa rimane una cosa tra noi. Sai bene che io voglio solo  la vostra felicità”- commentò con dolcezza sua madre alzandosi per dargli qualche pacca sulla schiena per evitare la sua prematura dipartita causa un boccone di torta di mele deliziosa e fragrante incastrata nella trachea.

“Si certo come no..”-. riusci però a borbottare il biondo scostandosi di mala grazia e ignorando lo sguardo ferito dalla donna , che ,improvvisamente silenziosa, tornò al suo posto accanto al figlio maggiore.

La tensione nella stanza si poteva tagliare con un coltello, tanto l’aria era pesante.

Quella fu la prima cosa che pensò Arael Malfoy entrando nel salone candido.

La seconda era che i suoi fratelli dovevano imparare a mentire meglio.

Per un attimo, infatti, l’espressione sui loro volti era diventata di puro orrore.

Oltre ad esserle quasi scoppiati a ridere in faccia.

Si posizionò di malavoglia davanti al grande specchio dorato che era stato messo al centro della sala, magicamente stregato per farla vedere da tutte le angolazioni.

Come se ce ne fosse bisogno.

Quello non era un vestito. Era un incubo costoso partorito da qualcuno che aveva preso troppa pozione allucinante e aveva un fetish per i cristalli colorati.

Roba che non ci avrebbe mai vestito neanche l’ultimo degli elfi domestici.

Un corpetto striminzito il cui unico pregio era farle venire un seno prosperoso che non aveva assolutamente, ricoperto di centinaia di quelli che secondo quella sciroccata priva di gusto che osava chiamarsi stilista, dovevano essere brillanti, zaffiri, smeraldi e merlino solo sapeva solo che altra pietra preziosa. Che ovviamente la tagliavano appena si muoveva, oltre a farla assomigliare ad uno stupido pavone strafatto di piume di zucchero.

Il peggio però era la gonna. Metri e metri e metri di chiffon di seta bianca che  le impedivano persino di camminare normalmente. Per metterle le scarpe  una delle sue assistenti, una cosina minuscola dalla voce stridula, si era  dovuta infilare sotto la gonna.

Resistere alla tentazione di calciarla era stata effettivamente molto difficile.Eppure aveva stoicamente resistito

E infine, a completamento dell’orrore, alla fine di quel rigurgito di tessuto, sempre con quegli stramaledetti cosi colorati una M e una N intrecciate.

Di certo quell’abito era pari solo al matrimonio stesso per cui avrebbe dovuto portarlo.

Un abominio.

 

“Particolare, sicuramente.”- riuscì a commentare Lady Malfoy, soffocando la risata dietro la tazza da té- “Si riconosce il tuo tocco, mia cara”

Per fortuna i fratelli non commentarono. O almeno non ad alta voce. La loro espressione era già abbastanza eloquente. Ma i Malfoy non erano famosi per la loro faccia da poker, dove era andata a finire? A spasso per negozi?

“Ahm, decisamente un abito che si fa notare. Ma forse mia sorella vorrebbe provare anche ...non so.. un modello più semplice. Sa, odierebbe essere la regina della festa”- tubò Nicholas con voce angelica accavallando le gambe e godendosi la scena della gemella simile ad un mocio incantato molto, molto colorato e brillante.

“Ma è la sposa! Deve farsi notare”- ribatté la stilista indignata portandosi una mano al petto con fare melodrammatico.

Lucius alzò appena un sopracciglio. 

“Appunto perchè è la sposa non crede che dovrebbe avere il diritto almeno di provare qualcos’altro?”- chiese mordendosi le labbra per non continuare la frase con sempre che abbia qualcosa non vomitato da un unicorno che ha bevuto troppo rhum di ribes andato a male.

“La prego, ci faccia vedere qualcos’altro. Lei è un tale talento che vedere una sola sua creazione sembra davvero una crudeltà”- la blandì Arael ritornando verso la sala dove erano ammucchiati tutti gli altri osceni involucri indegni di chiamarsi vestiti che quella mentecatta con manie artistiche aveva portato. Era certa di averne visto uno rosa di tulle con qualcosa che sembravano piume di qualche animale non meglio identificato.

La stilista annuì con un atteggiamento da prodigio della moda incompreso che si degnava di accontentare le richieste di una giovane sposina. Sposina che avrebbe potuto permettersi di pagare qualsiasi cifra. Oltre al fatto che la sua foto sarebbe andata su tutti i giornali, dalla Gazzetta del Profeta a Strega 2000. Un enorme pubblicità.

E pensare che Herbert era stato così restio a finanziarla nel lancio della sua casa di moda. Le aveva concesso i fondi solo per farla stare buona e non dire nulla alla moglie della loro relazione.

E ora il suo nome sarebbe stato associato al matrimonio della giovane Arael Malfoy. Un personalino squisito, a dirla tutta. E quei capelli biondissimi che le ricadevano lucidi e liscissimi sulla schiena. Sarebbe stata una visione. Con il suo nome ben stampato in prima pagina. E sicuramente avrebbe potuto vestire anche le damigelle.Alcune erano le sorelle Black, a quanto aveva capito. E la splendida anche se socialmente meno rilevante Cassandra Black, la futura cognata. La créme de la crème, insomma.

Un abito dopo l’altro, un carosello di tulle, chiffon, sete pregiate, cristalli e pietre preziose. E poi paillettes, felci di edera dipinti a mano da un eccezionale pittrice che dipingeva solo nel profondo delle foreste della Cornovaglia e solo al chiaro di luna.

Eppure nessuna delle sue splendide e uniche creazioni riusciva a suscitare la meraviglia di quella apatica famiglia di purosangue.

A furia di vederseli davanti stava iniziando ad odiare quegli assurdi capelli color platino.

Era ormai quasi sera, quando, esausta, si ritirò per aiutare le giovane strega a sfilarsi l’ultima creazione. Aveva dovuto persino mandare via la sua assistente, per non pagarle troppi straordinari.

D’altronde la sua casa di moda non era ancora salita agli onori della cronaca. O meglio non ancora.

Dopo quell’odioso matrimonio avrebbe avuto così tanti ordini da potersi permettere uno stuolo di assistenti che si segnavano ogni suo respiro, per paura di perdere anche solo un istante del suo processo creativo.Si, ne sarebbe valsa la pena.

Era così immersa nei suoi sogni di gloria che non si rese conto della bacchetta puntata alla sua testa.

Poco dopo tutto divenne confuso. E non riusciva più a pensare a niente, se non a quella voce che le rimbombava in testa.

L’anello. Doveva prendere l’anello di Herbert.

Contava solo quello






 

Molto spesso i Serpeverde avevano accusato Albus Silente di favoritismi nei confronti dei grifondoro. Ma per Hermione non c’era alcun confronto con la spiccata propensione del preside Dippet a non inimicarsi le famiglie più ricche punendo i loro adorati pargoli.

Non c’era altra spiegazione altrimenti al motivo per cui nonostante avesse praticamente rischiato d spargere il poco cervello rimasto di Vincent Bulstrode sul pavimento della sala grande durante una fottuta cena di metà settimana, a Lucius Malfoy fosse stata data una leggera reprimenda e una sera di studio con Lumacorno, il direttore della sua casa che stravedeva per lui. A intrugliare con le pozioni, probabilmente, cosa che sembrava amare fare già di suo. Ah, e avevano tolto dieci punti, SOLI MISERI DIECI DANNATISSIMI PUNTI, a Serpeverde.

Praticamente un buffetto sulla guancia.

Ma la cosa che davvero la mandava ai matti era stata l’atteggiamento del resto della casa. 

Non solo non avevano mosso un muscolo durante quella che era stata un’aggressione estremamente violenta  e assolutamente spropositata.

Bulstrode era un emerito imbecille? Certamente, esattamente come sua figlia.

C’era bisogno di spaccargli il cranio sul marmo davanti a centinaia di persone che volevano solo finire la crostata zucca e cioccolato in santa pace?

No di certo.

La cosa che però davvero la stava facendo impazzire era il fatto che si comportassero tutti come se non fosse accaduto nulla.

Persino Bulstrode senior, che aveva dovuto passare un paio di giorni in infermeria, era amichevole e addirittura cordiale, per quanto possibile da uno con il suo livello intellettivo ed emotivo, con tutti. Malfoy compresi. Lucius compreso.

Addirittura Andromeda aveva scrollato le spalle, rimproverando solo al compagno di aver perso platealmente la calma, invece di aspettare con calma il momento in cui agire.

Mai avrebbe pensato di dirlo, ma l’unica che sembrava avere reazioni comprensibili ai membri del genere umano mediamente dotati di empatia, era Narcissa Black. A quanto le aveva raccontato Arael Malfoy, infatti, alla giovane strega bionda non era andata affatto giù dover essere testimone di,citando a memoria, un simile spregevole e cafone spreco di tempo e di energia.

Beh, reazioni comprensibili sempre rapportate ai comportamenti medi di una Black, ovviamente.

Altrettanto strana era stata la reazione del mezzo Black del suo cuore. Draco era intervenuto per allontanare il padre insieme a Ted. Ma evidentemente una volta fuori Lucius doveva aver riversato tutta la rabbia repressa e la frustrazione su di loro. Almeno verbalmente, visto che non aveva visto segni. E se a Ted era importato molto poco delle bizze di un quindicenne serpeverde inferocito, Draco ne sembrava molto turbato.

Qualche giorno dopo, ancora non si capiva bene per qualche mistero, Lucius si era avvicinato, con l’evidente intento di scusarsi. O almeno di riallacciare quel minimo di rapporto che avevano creato. Tentativo di pacificazione seccamente rifiutato dal suo futuro figlio che si era limitato a girare i tacchi ed andarsene senza degnarlo di uno sguardo o di una parola.

Hermione gli era corsa dietro. Sebbene gli atteggiamenti autoreferenziali ed infantili di Draco la stessero cominciando ad irritare, non poteva cancellare dalla mente l’espressione sconvolta e terrorizzata di Draco quando aveva capito cosa stesse per fare Lucius. E la grifondoro era certa che lo avesse capito qualche secondo prima di tutti gli altri.

Aveva cercato di stargli dietro, ma poco dopo l’aveva perso. Gambe lunghe e furia repressa lo rendevano estremamente veloce quando voleva. Dopo aver girovagato a lungo, finalmente lo aveva trovato vicino alla  panchina più lontana dagli ambienti frequentati da studenti. La loro panchina. Mentre dava dei pugni contro quel povero albero innocente che tante volte li aveva nascosti alla vista dei loro compagni.

Hermione rimase a guardarlo qualche minuto, dandogli modo di sfogarsi. Decisamente quella reazione era esagerata anche per uno come lui.

“Draco…”- provo a chiamarlo. Nella sua mente si stavano mettendo insieme tutta una serie di pezzi, i discorsi tra Draco e Pansy di qualche settimana prima, i riferimenti a quella volta, quell’unica volta in cui Lucius aveva perso la testa. E della quale si sentiva in colpa.

Lo sentì irrigidirsi quando gli posò una mano sulla schiena : “Non è la prima volta che lo vedevi cosi, vero? Ti prego dimmi che non ha fatto a te quello che ha fatto a Bulstrode o giuro che appena torniamo gliela faccio pagare cara.”

Draco si girò appena, appoggiandosi esausto contro il tronco dell’albero.

“Stanne fuori Granger, non sono fatti tuoi”- la voce era gelida, gli occhi chiusi, ma Hermione non era certo tipo da lasciare cadere un discorso a cui teneva solo perchè qualcuno glielo cheideva.

“Sono  fatti mie,Malfoy. Tu se un fatto mio. E se tuo padre ha anche solo pensato di fare una cosa del genere…”.- iniziò, un lampo d’ira negli occhi.

“Non l’ha pensato.E’ successo. Ed è stata colpa mia”-continuò lui imperterrito- “Ed è successo un’unica volta.E tu non puoi capire.”

Quando usava tutti quegli “E” c’era qualcosa che lo innervosiva.

“Una volta di troppo, a quanto mi risulta”- lo interruppe lei prima che potesse aggiungere qualche altra stupidaggine- “ E anche se gli avessi bruciato tutta la collezione di libri antichi non c’è niente al mondo che possa giustificare una cosa del genere. Mi stupisco di tua madre, davvero non l’ha cacciato a calci?”

In effetti la Narcissa Malfoy che stava conoscendo in quei giorni, la stessa che non ci aveva pensato un attimo a tradire Voldemort per proteggere suo figlio,la strega che l’aveva fatta entrare in casa sua senza battere ciglio, nonostante fosse sicura il consorte non approvasse,mal si conciliava con l’idea di una moglie succube di un marito violento. Anche se mangiamorte conclamato.

Draco tirò le labbra in un sorriso “Sul serio la cosa peggiore che uno possa fare è bruciare dei libri? Sei una secchiona, Granger”

“Piantala di fare il cretino. Non attacca questo tuo giochino di divagare. Non con me almeno. Allora, sul serio tua madre non ha fatto niente?”- lo incalzò parandoglisi davanti. Doveva arrivare in fondo a quella storia. Per il bene mentale di tutti e due.

Draco sospirò riappoggiandosi all’albero. Era evidente che la grifondoro non avrebbe mollato. Merlino, l’amava sul serio ma quando faceva così l’avrebbe volentieri silenziata a vita. E bendata. E legata. Ma quello era un altro discorso.

“Lei non c’era. Era in Normandia a trovare dei parenti. E beh… è tornata di corsa. Mi ha chiesto se avessi paura, se volessi che ce ne andassimo. Che mio padre sarebbe andato via fino a quando non avessi deciso.”

Ecco, già quello era più plausibile. Anche se il fatto che permettesse a quell’uomo di respirare era ancora inconcepibile. Senza contare che ci vivesse ancora insieme.

“Scommetto che lui l’ha convinta a cambiare idea. Abbiamo visto già adesso come sia bravo a manipolare le persone, figurati con due decenni in più di esperienza.O l’avrà minacciata di ripercussioni economiche”- sibilò Hermione passandosi con rabbia una mano tra i riccioli. Per Godric Grifondoro, avrebbe trovato il modo di fargliela pagare.

Il serpeverde però scosse la testa :"No, non hai capito: l’ha chiamata lui.Le ha chiesto di rientrare immediatamente perchè non sapeva cosa fare. E se ne è andato di sua volontà, mia madre ha la firma su tutti i conti, oltre ad essere ricca di suo. E sono stato io a dirle che non ce n’era bisogno”

“L’hai fatto solo per non far soffrire tua madre e lo capisco ma…”

“No, te l’ho detto. L’ho provocato apposta. Sai che sono bravo a farlo. Anche tu mi hai dato un pugno se ben ricordi”. 

Si se lo ricordava bene quando lo aveva colpito ad Hogsmeade al terzo anno per via di Fierobecco. Avrebbe voluto rimarcare che non esisteva al mondo una ragione che lo giustificasse. Eppure le dava fastidio il non capire come ragionasse quella famiglia.

“Non puoi fare paragoni.Lui è un uomo adulto e tu sei un ragazzino. Qualsiasi cosa tu abbia fatto lui non è scusabile.. A meno che tu non abbia fatto uccidere un altro povero ippogrifo, ma non credo che tuo padre possa preoccuparsi di una cosa del genere”- puntualizzò la giovane strega con decisione,

“Dannato pollo..”

“Come hai detto, scusa?”

“Lasciamo perdere. Comunque è quello che ha detto anche mia madre, se la cosa ti consola.”- ribatté Draco guardando un punto imprecisato dietro di lei.

Hermione sospirò : “E tu ancora una volta hai deciso di fare di testa tua, come sempre. Vuoi dirmi cosa è successo? “.

Il giovane Malfoy rimase in silenzio, valutando il da farsi. Non era certa che Hermione avrebbe capito. Lui stesso ancora non riusciva a comprendere bene cosa fosse successo. Prese un sospiro. Meglio raccontarle tutto dall'inizio, non ne sarebbero usciti altrimenti.

“Alla fine del terzo anno ho approfittato del fatto che mia madre fosse fuori e mio padre ad un impegno di lavoro che non poteva rimandare. Sono sgattaiolato via in mezzo alla folla, senza che lo stupido elfo che mi era venuto a prendere riuscisse a seguirmi. Mi ero cambiato prima di scendere a King’s Cross e con uno stupido cappello babbano sulla testa è stato facile non farmi notare.”

Cappello babbano. Sulla purosangue testa di Draco Malfoy. Se non fosse stata preoccupata ci sarebbe stato dal morire dal ridere. Ma il meglio doveva ancora venire.

“Uno dei papà di Blaise aveva una casa a Londra.Un posto babbano dove non pensavo mi avrebbero mai trovato. Sono rimasto una settimana prima che mio padre facesse saltare la porta d’ingresso. Ha rivoltato gli archivi del Ministero per trovare un indizio quando ha saputo da quei due dementi di Tiger e Goyle che mi avevano visto cambiare i galeoni in valuta babbana.”-raccontò.

Hermione sgranò gli occhi : “Sei rimasto una settimana a Londra? Nella parte babbana? Io non posso credere che tu non sia morto mettendo le dita nella corrente”

Draco alzò un sopracciglio:”Non scherzare Granger. La casa era piena di magia, ovviamente. I babbani stavano ben chiusi fuori. Comunque , dopo una settimana mi ha trovato e ovviamente era furioso. Abbiamo iniziato a litigare e beh.. li ho pensato che volevo provare che mio nonno avesse ragione, che si trattenesse solo per paura delle conseguenze. E quindi gli ho toccato quello che sapevo sia il suo punto debole”

“Voldemort”

Draco scosse la testa

“I soldi?”

“No”

“Qualche cimelio proibito con cui ammazzare giovani ragazzini indifesi?”-chiosò

“Cazzo , Granger, meno male che sei intelligente. No, genio :mia madre.Diciamo che potrei aver insinuato che lei sarebbe stata meglio se l’avessero spedito sul serio ad Azkaban e che io sarei stato più che felice di chiamare il suo nuovo marito papà. O qualcosa del genere, ora non ricordo le parole esatte. Fatto sta che ha fatto come l’altra sera. Un secondo prima cercava di farmi ragionare, il secondo dopo ha iniziato a colpirmi selvaggiamente. Però a differenza di Bulstrode sarà durato neanche un minuto. Poi si è reso conto di cosa aveva fatto… ed era… non so come dirtelo… ma non ho mai visto mio padre così terrorizzato in vita mia”.

“Forse aveva paura che tua madre ce lo mandasse sul serio ad Azkaban”. O meglio al cimitero dei maghi, dove meritava di stare.

Draco alzò le spalle: “Credo che si sia reso conto di essere diventato suo padre, anche se solo per pochi minuti. E da allora non mi ha più toccato. Neanche quando sono arrivati i risultati degli esami. O quando l’ho provocato al galà di beneficenza. Poi c’è stata la sera del rituale... il fatto che sia quasi morto. Insomma la cosa è passata in secondo piano”

“Ma l’hai rivissuto quando ha attaccato il padre di Millicent, vero?”

Il serpeverde annui, mentre Hermione gli prendeva il viso per attirarlo a sé.Aveva capito quale fosse il reale problema

“Devi farti entrare una cosa in quella testa dura Draco Malfoy. Non permetterò mai che tu possa diventare come loro. Parola di grifondoro”

Sentì le labbra del ragazzo sorridere sotto il suo tocco, finalmente rilassato.

“E comunque quel dannato pollo se lo sarebbe meritato di finire a fare la cena di Natale”- mugugnò contro la sua bocca prima di zittire le sue sicuramente lunghissime e noiose rimostranze con un bacio vorace.

Ma era certo che prima o poi gliel’avrebbe fatta pagare.





 

Non ricordava esattamente come ci fosse arrivata. Semplicemente aveva camminato, un passo dopo l’altro,  le belle case signorili che le rimanevano alle spalle, e poi le insegne con i negozi ormai chiusi. Tutto le era scivolato accanto, come un fiume che procedeva placido incurante di chi seguisse le sue sponde. Quando aveva girato a Knocturn Alley le sembrava che l’oscurità del luogo l’accogliesse.

Non c’era nessuno in giro, ma anche ci fosse stato se c’era un posto al mondo dove tutti erano invisibili erano proprio quei vicoli. Una sorta di spazio grigio in cui le regole della società comune sembravano sfumare per adattarsi alle esigenze dei suoi avventori. Più si era ricchi e più si aveva la capacità di distorcere la realtà a proprio piacere. Questo era vero in ogni angolo di mondo, magico e non. Ma a Knocturn Alley era un vero e proprio credo.

Ed era una cosa in cui lei aveva sempre creduto. Lei, nata in una modesta famiglia in uno sperduto villaggio dei Cotswold,da madre strega e padre natobabbano. Una mezzosangue come l’avrebbe chiamata la parte più elitaria di quella società in cui aveva cercato in ogni modo di entrare sin da adolescente.

Appena arrivata ad Hogwarts aveva capito che era necessario reinventarsi,cambiare acconciatura, trucco, adeguarsi agli standard delle sue compagne di casa più ricche. Aveva tagliato i ponti con la sua famiglia, che non era mai riuscita a darle quello che davvero cercava.

Un nome che tutti conoscevano. O che comunque presto avrebbero imparato a fare.

E ci era cosi vicina. Il matrimonio della Malfoy sarebbe stato davvero il suo trampolino di lancio, non c’era dubbio.

Non ci era riuscita grazie alla sua bellezza o al suo talento per la moda, doveva ammetterlo, ma grazie alla sua capacità di crearsi i contatti giusti e poi di prendere le occasioni al volo.

Anche per gli uomini era  stato lo stesso. Non cercava il vero amore, non ci aveva mai creduto.

Il suo primo fidanzato era il figlio di un stilista di origini francesi. Poco prima dell’inizio del settimo aveva fatto in modo di imbattersi del tutto casualmente in lui e la madre durante un pomeriggio passato a fare compere per la scuola. E altrettanto del tutto casualmente aveva indossato una delle sue creazioni migliori. Così si era procurata il primo lavoro uscita da Hogwarts. Era stata uno zuccherino, sempre così disponibile e pronta ad assecondare ogni richiesta di quelle snob senza gusto.

Talmente brava che ormai tutte le clienti chiedevano sempre di lei quando andavano da Madame Maxime.Una volta imparato tutto quello che poteva aveva lasciato tanto il ragazzo quanto la stupida madre. Portandosi dietro un bel po’ di clienti abituali.

Così era passata al secondo finanziatore, che l’aveva aiutata  ad aprire il suo atelier. Una collezione di pochi capi ma che aveva avuto un grandioso successo. Merito di una sua vecchia compagna di scuola, ricchissima ed eccentrica, che aveva portato le sue creazioni ad ogni evento mondano possibile. 

Quando aveva notato che il flusso di denaro era iniziato a scarseggiare per via di alcuni investimenti sbagliati era passata al suo terzo  mecenate.

Herbert di certo non poteva dirsi un bell’uomo. O di buon gusto. E ovviamente non poteva essere portato in società. 

Non solo perchè era sposato. il vero problema era il suo lavoro.

Aveva un’attività di successo,frequentata dalle famiglie più ricche ed influenti del mondo magico. I Lestrange, I Black. E i Malfoy ovviamente.

Eppure veniva considerato poco più di un servo.

Herbert Burke, proprietario di Borgis e Burkes, il negozio di artefatti oscuri più famoso dell’Inghilterra. Ed aveva un fiuto eccezionale per trovare dei tesori di valore inestimabile.

Come l’anello che gli aveva raccontato di aver comprato da uno straccione che si vantava di essere erede di Salazar Serpeverde ma viveva nella sporcizia e nella miseria più totale.

Eppure ancora si credeva superiore a lui. A loro.

L’anello. Doveva prendere l’anello.

Alzò gli occhi al cielo. Scuro e pieno di nuvoloni non c’era neanche un raggio di luna che riuscisse a filtrare.

Perfetto. 

Alzò la mano guantata per bussare. Herbert non ci mise molto a venirle ad aprire.

“Mia cara, come è andata la prova? Sarai distrutta, quella ragazzina è davvero un demonio”

La donna sorrise, gli occhi vitrei che scandagliavano la stanza ingombra di oggetti.

E poi lo vide. Quello sciocco lo aveva tirato fuori per ammirarlo per la centesima volta.

Meglio, sarebbe stato molto più facile.

Il mago si affrettò a chiudere la porta dietro di lei, ma in quel momento vide entrare una ragazza dal viso famigliare, seppur non riuscisse a ricordare chi fosse. Era piccola, magra. Una cosina minuscola dalla voce squillante. Pareva la versione umana di un elfo domestico.

Non aveva neanche finito di chiedere alla giovane cosa volesse che la prima coltellata lo colpì al centro della schiena. Mentre scivolava in terra si rese conto che era stato uno sciocco.

Anni a rincorrere malefatti e oggetti maledetti e non si era reso conto di aver invitato ad entrare il suo assassino.

C’era solo una cosa che lo consolava. Quella donna non avrebbe mai visto l’alba del giorno dopo.
Gli dispiaceva solo per la ragazza, il cui corpo senza vita riuscì a vedere accanto al suo prima di chiudere gli occhi per sempre.







 

Quella mattina non c’era mago, fuori o dentro Hogwarts, che non avesse da dire la sua sulla notizia di cronaca in prima pagina sulla Gazzetta del profeta.

Helma Nadine, stilista nota per i suoi abiti eccentrici e vistosi , era stata trovata morta nel suo atelier. Pare che la donna avesse preso una dose di Weedosoros,un veleno estremamente potente. Ma non bastava. La stilista aveva lasciato una lunga nota in cui confessava di aver intessuto per anni una relazione clandestina con Herbert Burkes, dell'omonimo negozio di Knocturn Alley, che però aveva deciso di troncare la relazione. Per questo ieri notte, in preda alla disperazione, era andato a trovarlo a lavoro, dopo la chiusura, tentando di farlo ragionare.

Ma lì lo aveva trovato in atteggiamenti intimi con la sua assistente, una ragazza cui aveva insegnato tutto quello che sapeva e che aveva trattato come una figlia sin dal primo giorno. In preda alla gelosia aveva afferrato uno dei coltelli in esposizione e aveva ripetutamente accoltellato i due, i cui cadaveri erano stati ritrovati dagli Auror all’interno del negozio. Poi, resosi conto di quello che aveva fatto, aveva preso una boccetta di veleno… e beh, il resto era chiaro.

“Di certo non una gran perdita per il mondo della moda. Per Salazar Serpeverde, questi abiti sono osceni. Un vero e proprio insulto a tutta la storia dell’haute couture. E del buon  gusto in generale.”- commentò Pansy, sbirciando il testo dell’articolo da dietro la spalla di Hermione.

“Eppure pare che fosse una delle scelte di una certa purosangue dai gusti raffinati per il suo matrimonio, a quanto mi dicono”- a parlare era stata una biondina dalla voce acuta e grandi occhiali allungati, una piuma eternamente in mano.

A suo dire voleva diventare giornallista ma era più una pettegola a detta di molti

“Bella, sta parlando di te? “- tubò Arael Malfoy, passando il giornale al fratello che lo degnò appena di un’occhiata prima di lanciarlo lontano.

“Figurati, io arriverò nuda all’altare.Per Merlino, se mi presentassi con uno straccio del genere a Cissy prenderebbe un infarto”- la stuzzicò la giovane Black

“Pensa: Villa Black immersa nella luce del tramonto. Champagne a fiumi. Un’orchestra che suona in lontananza. Petali di fiori bianchi che cadono dall’alto prima di dissolversi in una pioggia profumata. Il meglio del meglio delle famiglie del mondo magico. Io e Andromeda magnificamente vestite che ti precediamo, in una visione di bellezza ed eleganza. E poi arrivi tu con questa sorta di accappatoio di quart’ordine mal riuscito, dopo esserti rotolata nelle perline colorate.”- commentò con disgusto la sorella minore indicando uno dei bozzetti che erano stati pubblicati nel ricco inserto dedicato alla stilista suicida.

Un pensiero le perforò la mente. Qualcuno si stava preoccupando che Bellatrix effettivamente si facesse realizzare un vestito da sposa? Conoscendola quella di andare nuda poteva non essere una battuta. Anche solo per far infurariare la madre.Prese mentalmente nota di riprendere il discorso con la sorella una volta sole.

La giovane giornalista in erba però non si lasciò scoraggiare. Era abituata a l'atteggiamento di sufficienza con la quale alcune delle sue compagne di casa la trattavano. D’altronde il loro mondo era come  una fortezza inespugnabile. Ma ricca di segreti succosi da spiattellare in prima pagina.

“No, non parlo del matrimonio dei Lestrange. Ma del tuo. Sarà poco dopo il diploma, se non sbaglio”- continuò facendo grattare la piuma sulla pergamena, fremente.

La giovane Malfoy la guardò con un sorrisetto di sufficienza. 

“Dovresti verificare meglio le tue fonti, Skeeter. D’’altronde, da una del tuo ambiente cos’altro possiamo aspettarci”- rispose senza staccarle gli occhi grigi e freddi di dosso- “ Ma visto che siamo state nella stessa classe per sette anni ti dirò che ho commissionato il mio abito da sposa proprio ieri. E ovviamente non ha niente a che vedere con quelle oscenità della Nardine. Se vuoi ti mostro i bozzetti che mi ha mandato lo stilista, è venuto appositamente da Parigi, vecchia conoscenza di mia madre. Ma non sono sicura che tu lo conosca … Forse é un po’ troppo … come dire… al di fuori delle tue possibilità”

La Skeeter inghiottì l’insulto che le stava salendo alle labbra, l’idea di un’anteprima sull’abito da sposa di Arael Malfoy era qualcosa di troppo ghiotto per lasciarselo sfuggire.

I suoi piani editoriali però vennero interrotti dall’arrivo del grosso gufo di casa Malfoy che aveva appena depositato un pacchetto tra le mani della padrona.

Arael aprì la busta assolutamente anonima, rovesciando il contenuto in una mano, sorridendo soddisfatta.

Imprudenti . Ecco cosa stavano diventando. O quello che erano in quel tempo.

Era un anello. E quella pietra. Hermione la riconobbe subito.

Quella sarebbe stata la pietra della collana di Bellatrix.

Significava che a breve sarebbe stata nelle mani di Lord Voldemort.

E per loro sarebbe giunto il momento di rischiare il tutto per tutto.

Il 21 dicembre era sempre più vicino.

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24° ***


 

“Ahm”-un colpetto di tosse dietro le sue spalle. Fin troppo delicato per la persona dalla quale proveniva. Evidentemente qualcosa dell’educazione di un ricco purasangue della nobile ed antichissima famiglia dei Black gli era rimasto, nonostante quella testaccia dura.

“Sirius, seriamente pensi che sia saggio arrivare alle spalle di qualcuno mentre sta riflettendo? Per Salazar Serpeverde, sei fortunato che non ti abbia schiantato dalla  balaustra”- rispose stancamente rimettendo la bacchetta al suo posto.

“Potresti  non nominare sempre quel viscido essere che ha fondato la vostra inutile casa?”- rispose il grifondoro con tono fintamente annoiato, avvicinandosi sino a sedersi accanto a lei sul marmo , le gambe che ciondolavano pigramente nel vuoto.

“E tu potresti mettere meno colonia? Lasci la scia… Eppure con tutte quelle ragazzine urlanti di grifondoro e corvonero che ti braccano avrei detto che avresti preferito cercare di passare il più possibile inosservato. Certo, per te è un po’ difficile visto quanto sei egocentrico e vanesio”- lo stuzzicò la cugina,non riuscendo ad impedirsi di sorridere. Era stata lei a regalargliela quell’estate prima che iniziasse la scuola. Quello che non gli aveva detto era che l’aveva comprata insieme a Ted in un negozio babbano.

Era certa che Sirius avrebbe apprezzato l’ironia del regalo, se mai qualcuno glielo avesse spiegato.

“Che ti devo dire… sarà qualche problema legato all’essere un Black. O forse semplicemente perché sono un giovane uomo estremamente affascinante”- rimbeccò il ragazzo stiracchiandosi- “Merlino, non ho dormito un tubo ultimamente. Hai idea di quante candidate devo vagliare? E tutte vogliono venire al fidanzamento di quella pazza di tua sorellla… io non ho parole”

“Ah, ma come .. gli arrivisti veniali cui interessa assicurarsi un posto al sole nell’alta società non sono solo a Serpeverde?Chissà perché ma pensavo che a Grifondoro foste tutti cuoricini impavidi e disinteressati"-continuò Andromeda riportando lo sguardo verso i giardini di Hogwarts. Più andava avanti e più trovava tutta quella storia delle case assurda. Ad undici anni venivi incasellato, inquadrato in una casa che avrebbe definito la tua vita futura. Per sempre. E se c’erano case cui si guardava sempre con ammirazione, ce ne erano altre che venivano trattate come appestati. Appestati che a loro volta serravano i ranghi e consideravano tutti gli altri come indegni di prendere parte alla vita sociale magica. Un eterno circolo vizioso che traeva la sua forza proprio dal luogo che avrebbe dovuto aprire loro la mente. Eppure a sentire parlare suo nipote niente era cambiato. Un ordine immutabile stabilito dai fondatori che chissà quando e se sarebbe stato scardinato.

Grifondoro.Corvonero. Tassorosso . Serpeverde.

Ecco chi siete. Etichette stampate addosso.

Eppure erano tutti facce della stessa medaglia. Quando l’audacia diventava incoscienza? Quando il coraggio portava a non seguire più alcuna morale?Quando la prudenza diventava pigrizia? O la lealtà impossibilità di adattarsi al cambiamento? L’intelligenza poteva mai risultare un mero esercizio di stile fine a sé stesso?

Ripensò alla Dama del Lago, condannata da un millennio a vivere in un altro mondo, parallelo eppure profondamente legato al loro. Figlia mai riconosciuta, nascosta dalla sua stessa madre, costretta a staccarsi dall’uomo che amava. E a Serpeverde che aveva fondato la sua casa nelle vicinanze del lago per riuscire a raggiungerla, ma la sua chiusura mentale lo aveva portato  a lasciare tutto quando il mondo magico si era aperto ai nati babbani. A Priscilla Corvonero e a sua figlia, al Barone Sanguinario.E a quella che le era sembrata una pacioccona strega sfornatrice di torte e impacchi che invece si era rivelata una grandissima stronza. In senso buono ovviamente.

“Drom, ci sei? Cos’è  stai ripassando la genealogia di Serpeverde per l’interrogazione serale?”-la pungolò il cugino passandole una mano davanti al viso, quasi a volersi accertare che sul serio non fosse impazzita totalmente.

Un mezzo sorriso le salì alle labbra. Se solo glielo avesse potuto dire…

“Quasi, Sirius. Quasi. Insomma, c’è qualcosa che volevi dirmi o volevi solo una testimone che raccontasse a tua madre di quel giorno che sei volato dalla torre nord?”.

“Non preoccuparti, non ti chiederò se negli ultimi mesi ti sei data alle tradizioni di famiglia, tipo la caccia”- tubò

Andromeda sollevo appena un sopracciglio : “E io non ti chiederò cosa devi farci di libri proibiti che ti fai spedire da tuo fratello”.

Sirius incassò con nonchalance, facendo appena un gesto distratto con la mano.

“Sai perché abbiamo tutti nomi di stelle nella nostra famiglia?”- chiese invece il ragazzo, improvvisamente imbarazzato. O meglio qualcuno avrebbe potuto pensare che fosse imbarazzato, se solo lo avesse conosciuto da meno di cinque minuti.

“Perché i Black sono algidi e lontani anni luce dalle masse inferiori? La butto li eh…”-lo rimbeccò con tono spazientito. Chissà quanto ci avrebbe messo il cugino a fare la domanda che davvero gli premeva da settimane. Eppure di solito non era da lui divagare - “Cos’è non ti piace il tuo nome? Poteva andarti peggio...potevi chiamarti Wezen”.

Sirius sospirò : “ A volte vorrei avere un nome, come dire, normale. Solido. Qualcosa che dia un  senso di famiglia. Tipo James, o Peter, o Harry. Persino Remus nonostante il latino da l’impressione di qualcosa di rassicurante. Perché i Black hanno questa fissazione dei nomi di costellazioni?  L’unico che conosco con un nome di stella è quel ragazzo nuovo amico di Harry, Draco. E spera che la zia non sappia mai che non c’è più l’esclusiva vorrà la sua testa appesa in salotto”.

Giusto. Si fece un appunto mentale di ricordarsi di cambiare il nome del nipote in caso avesse mai dovuto incontrare Lady Black. Dannata Narcissa e la sua mania di seguire le tradizioni di famiglia. Chissà se aveva almeno chiesto il parere di Lucius… conoscendola ne dubitava fortemente.

“Siamo Black, Sirius. Siamo fatti per incutere timore e soggezione. Tu più che altro per far saltare i nervi alla gente, ma anche questa è un tratto saliente di famiglia”- rispose senza spostare lo sguardo. 

Sirius rimase in silenzio, continuando a dondolarsi. 

Poi si fermò a guardarla.

“E cosa faremo quando non lo sapremo più?”-domandò, gli occhi grigi improvvisamente seri.

Per una volta si dimostrò esattamente per quello che era.

Un ragazzino di undici anni che si era sentito diverso per tutta la sua vita. E che sapeva che nella sua famiglia non ci sarebbe mai stato posto per lui.

La giovane Black gli posò una mano sulla guancia.

Già cosa avrebbero fatto?

Perdere il loro nome avrebbe significato perdere tutto il loro mondo, quello che sebbene odiassero era comunque tutto ciò che conoscevano.

Ma ce ne era uno nuovo ad aspettarli.

“Saremo felici, Sirius.Saremo finalmente noi stessi”-disse convinta spostandogli una ciocca di capelli nerissimi dalla fronte.

“Io e Regulus non abbiamo un gran rapporto. Bellatrix è fuori di testa. Ma Narcissa…Davvero riuscirai a farle questo?”- chiese. Di nuovo dritto al punto come al solito.

Andromeda sospirò. Erano mesi che ci pensava, il suo punto debole.

Ma costringersi ad una vita finta e apatica non faceva per lei.

Ripenso alla foto della sua futura famiglia che le aveva dato Hermione.

Non poteva rinunciare a Ted.

Non poteva rinunciare a conoscere quella bambina bellissima che già sapeva di amare alla follia.

“Faremo quello che è necessario, Sirius.”- rispose infine con calma, scandendo bene le parole.

E per una volta il ribelle e restio giovane erede del casato dei Black sentì  che il peso che aveva sul cuore iniziava a sciogliersi.

“Sento già l’odore della stoffa che brucia”- ridacchiò abbracciandola

“Speriamo sia solo la stoffa”- commentò la serpeverde con quella, che sperava sul serio di cuore, sarebbe rimasta solo una battuta.

Anche se conoscendo la purissima e antichissima famiglia dei Black non era così scontato.









 

Nagini scivolava lenta e sinuosa sul pavimento di marmo antico, sibilando soddisfatta. Aveva riconosciuto l’odore che proveniva dall’oggetto che il suo padrone teneva in mano. Sferzò l’aria con la lingua biforcuta, assaporandola. Si, non poteva sbagliarsi. In fondo al substrato dei secoli e degli sciocchi umani che lo avevano  posseduto c’era la nota indistinguibile del più puro di tutti i maghi. Salazar Serpeverde. E ora era nelle mani del suo unico e degno erede.

“Quando ho saputo che quell’essere immondo di Orfin l’aveva venduto per soli dieci miseri galeoni sono stato tentato di materializzarmi in quel fetido buco che osano chiamare casa e tirargli fuori gli intestini,sai mia cara. Ma noi non siamo barbari, mia Nagini”- disse in tono lezioso accarezzando distrattamente la grossa testa squamata del serpente - “Ed è ancora troppo presto per mostrarci al mondo nella nostra potenza. Ma questo non vuol dire che lui e il suo orrido padre non subiranno la giusta punizione”.

Il riverbero delle fiamme brillò sulla superficie verde dell’anello che il mago continuava a rigirarsi tra le mani. Da quando aveva scoperto di poter dividere la sua anima in pezzi in modo da garantirsi l'immortalità, aveva saputo che avrebbe dovuto trovare degli oggetti speciali per farlo. 

E cosa poteva esserci di meglio di qualcosa di legato ai fondatori di quella patetica scusa di scuola chiamata Hogwarts? Nonostante la deriva babbanofila che aveva preso i fondatori erano i maghi più potenti mai esistiti. Prima di lui, ovviamente.

L’anello di Serpeverde non era solo importante per la sua valenza magica.

Aveva un valore speciale solo per il fatto di averlo strappato a quella famiglia che lo aveva rifiutato e abbandonato. E che si sarebbe premurato di strappare dalla faccia della terra.

Per questo doveva essere il primo tra quelli potenti, la pietra fondante. Il diario era stato solo un esercizio di stile, per testare le sue capacità. E poi aveva scoperto che gli mancava qualcosa per andare più a fondo, per rendersi veramente immortale. Qualcosa che forse persino Lumacorno stesso ignorava quando gli aveva parlato per la prima volta degli Horcrux.

L’ultima sarebbe stata Nagini, pensò grattandole le squame dure poco sopra gli occhi gialli e freddi.

Mio Signore, è arrivato l’Ospite sibilò prima di scivolare verso la porta. Il corpo che si muoveva col suo ondeggiare ritmico e ammaliante tanto quanto letale.

Già, l’ospite. La definizione era giusta. Perché nonostante quella in realtà fosse casa sua, Lord Voldemort era il proprietario di tutto. Comprese le vite dei suoi seguaci. Pertanto qualsiasi possedimento materiale che gli mettevano a disposizione era un ringraziamento per la sua graziosa concessione di lasciarli vivere.

“Vieni pure,ti stavamo aspettando - ancora coperto dalla grande spalliera della poltrona in cuoio, della figura del Signore Oscuro era visibile solo la mano che placida gli faceva segno di accomodarsi sulla sedia di fronte a lui.

L’uomo avanzò lentamente sino a trovarsi di fronte al mago che rimase seduto ad osservarlo con uno strano sorriso, le mani intrecciate tra di loro e le gambe elegantemente incrociate, mentre Nagini tornava al suo posto accanto al suo padrone, occupando una larga porzione della stanza con il suo enorme corpo viscido e mortalmente pericoloso.

Era assurdo eppure si sentiva lo sguardo del rettile addosso mentre la lingua saettava nell’aria. Si sistemò i polsini della giacca per allentare il disagio, era certo che quel mostro stesse progettando di divorarlo.

Lord Voldemort ridacchiò, come se avesse intuito i suoi pensieri : “Oh non preoccuparti, Nagini non attacca mai gli amici. E posso considerarti tale, vero Abraxas?”

Il mago chinò appena la testa, un segno impercettibile di sottomissione. Lord Voldemort era l’unico uomo, vivente o deceduto, verso il quale si fosse mai sentito in soggezione. No, soggezione non era esatto. Ne era affascinato. Dal suo potere, dalle sue promesse, dalla sua voglia di sterminare tutti i fetidi sanguesporco che appestavano le strade dell’isola, tanto per cominciare. Abraxas Malfoy aveva sempre provato il folle desiderio di provocare dolore, di immergere le mani nel sangue altrui sino a sentirsi rigenerato. E Lord Voldemort abbracciava in pieno questa sua natura oscura, e anzi riusciva ad incanalarla in un vortice di terrore e potere che ben presto avrebbe spazzato via tutto il marciume che li circondava.

“Certo, mio signore. Sono sempre pronto ad eseguire i tuoi ordini”- rispose rilassando leggermente le spalle e assumendo una posizione più comoda sulla rigida seduta in pelle scura.

Lord Voldemort ghignò, infilandosi al dito il pesante anello che aveva sino a quel momento tenuto in mano e fermandosi per un attimo a rimirare la mano pensieroso.

“Molto bene, sono contento di sentirtelo dire. A tal proposito ho due cose da chiederti”

Il mago annuì iniziando a respirare normalmente. Se voleva affidargli una missione allora non doveva preoccuparsi di aver scatenato la sua ira. Sebbene fosse uno degli uomini più ricchi e crudeli della Gran Bretagna, infatti, sapeva quel mago, il più grande mago oscuro di tutti i tempi, sarebbe bastato  un nulla per liberarsi di lui e farlo sparire per sempre.

“Qualsiasi cosa per te, Lord Voldemort. Non c’è prezzo che non possa pagare, non c’è vita che non sia disposto a recidere”- rispose soddisfatto mentre il serpente iniziava nuovamente a muoversi lungo il perimetro della stanza, avvicinandosi pericolosamente. Quasi ne sentiva il tocco freddo e asfissiante addosso.

“Allora per te non sarà un problema procurarti la versione in cornico del canto di Aemergin, vero Lord Malfoy?”- chiese strascinando più del dovuto la voce sul titolo.

Il canto di Amemergin. Ne aveva sentito parlare ovviamente. E al Maniero ne aveva diverse copie, alcune addirittura risalente ai primi secoli del primo millennio. La versione in cornico, tuttavia, era quella che si diceva fosse stata creata da Merlino stesso nel suo tentativo di riportare a sé il suo grande amore scomparso. Storie ovviamente, inventate da stupidi sentimentali pronti a struggersi per una cosa di cui lui stesso non aveva mai sentito il bisogno. Amore, che cosa antiquata. Esisteva il rispetto. Esisteva la paura. Esisteva il potere. Tutto il resto era indegno della sua attenzione.

Eppure circolavano voci sul canto. Pare che in realtà che Merlino vi avesse celato un incantesimo molto potente per assicurarsi l’immortalità. E questo a suo avviso era decisamente più probabile, oltre che allettante.

“Farò del mio meglio, mio signore. Certo con uno dei proprietari di Budgin e Burkes deceduto in quella maniera avrò difficoltà a trovare dei contatti…” - aveva iniziato a dire quando sentì su di se lo sguardo tagliente di Lord Voldemort, affilato come un coltello  arroventato che gli penetrava nella carne. mentre Nagini si era fermata, il corpo a mezzaria e le fauci che iniziavano ad aprirsi. Si affrettò a correggersi -"Te lo porterò, Lord Voldemort. Hai la mia parola”.

La promessa sembrò soddisfare tanto il serpente quanto il suo padrone, la stretta che sentiva attanagliargli  la mente sembrò allentarsi e l’uomo riprese a normalmente.

“E la seconda, Lord Voldemort?Come posso essere utile alla tua causa”- chiese passandosi un dito nel collo della camicia che portava stretto da un foulard nero di seta purissima.

“Mi sembri affaticato, l’età comincia a farsi sentire?”- lo blandì Lord Voldemort, tornando a concentrarsi soddisfatto sul suo anello. Poi scattò verso l’elfo domestico che gli aveva lasciato per servirlo -”Lippy! Porta un po’ di acqua al nostro ospite”.

L’orrida creaturina riapparve dopo qualche secondo porgendo un elaborato bicchiere di cristallo di boemia riccamente intagliato, che Abraxas Malfoy accettò di malagrazia, bevendolo tutto d’un sorso.

Il liquido però rischiò di andargli di traverso e soffocarlo quando sentì la seconda richiesta di Lord Voldemort. In confronto la prima era sembrata assolutamente ragionevole.

“Lucius e Cassandra non si sposeranno più. Tu e Carrow farete l’annuncio prima di Natale”- asserì il signore oscuro con voce pacifica, godendosi lo spettacolo di quell’uomo così potente che non poteva nascondergli le sue debolezze più grandi e tremava sotto il suo sguardo. Abraxas Malfoy gli era stato indubbiamente utile, con il suo circo di conoscenze e denaro. E la sua passione per la tortura.

Ma era ora di guardare al futuro.

“M---mio signore, ma come?E’ già tutto deciso, mancano pochi anni …”- Lord Voldemort guardò quell’uomo che aveva visto ridere di fronte ad arti recisi e bulbi oculari strappati, balbettare come un povero imbecille. 

Si limitò ad alzare l’angolo della bocca, in tono canzonatorio : “Potrebbero anche mancare poche ore, Abraxas. Ti ho detto che non si sposeranno. Stai forse dicendo che non vuoi obbedirmi”

Obbedienza. Aveva usato quella parola appositamente. Sapeva bene quanto un uomo abituato ad incutere terrore come Malfoy la odiasse. 

Eppure doveva decisamente capire quale fosse il suo posto.

Era solo un servo. Né più né meno che unelfo domestico.

O almeno, poteva scegliere se essere un servo vivo o un uomo libero morto. Per lui non faceva grande differenza.

L’uomo scosse la testa, titubante : “No, mio signore  non è quello… è solo che io…”

Penetrò nei suoi pensieri facilmente, era stanco di quella pantomina. 

Eccolo li il motivo. Aveva paura di perdere il potere assoluto che esercitava sui figli, innanzitutto.

Ma quello non poteva essere un problema. Lo aveva già perso. In favore suo. Era lui, Lord Voldemort, che ora decideva come e quanto dovessero respirare. E soprattutto se.

“Puoi tenere il diario, penserò io a chiarire la questione con Carrow senior. E non ci dovranno essere ripercussioni sui ragazzi. Di alcun tipo, sono stato chiaro?”- chiarì con voce gelida. I tre fratelli erano stati bravi nella loro ultima missione e gli servivano tutti e tre interi e perfettamente funzionanti per la sua causa.  Non di certo menomati o deliranti per le torture del padre.

L’uomo sbiancò, di certo stava già pregustando il modo di sfogare le sue frustrazioni approfittando delle vacanze natalizie. Che uomo orribile, di certo sarebbe stato migliore come cena per Nagini che come essere umano. Ma la sua impaziente compagna doveva ancora attendere prima di cibarsi della carne pregiata di  un purosangue di antico lignaggio.

Scese più a fondo nei suoi pensieri, alla ricerca di quello che davvero lo bloccava. Finalmente lo trovò

“Ovviamente pagherai una generosa somma alla giovane Carrow, adeguata al tempo speso ad intrattenere tuo figlio. Sono certo che saprai essere generoso.  E potrai continuare ad averla come allieva. Mi hanno detto che già le hai insegnato molto, soprattutto in merito ad incantesimi proibiti da secoli“- La frecciata arrivò diretta. Lord Voldemort sapeva del libro e del tentativo di uccidere la giovane Black. Avrebbe potuto difendersi, dire che lui non ne sapeva niente delle reali intenzioni di Cassandra, ma sarebbe stato fiato sprecato. Lord Voldemort si alzò con un unico gesto fluido. 

La conversazione era conclusa, Abraxas Malfoy lo aveva capito benissimo.

Un secondo plop e nella stanza apparve un giovane uomo impastoiato magicamente. 

Malfoy storse il naso, la puzza di babbano si sentiva distintamente, nonostante il vestito costoso che portava.

“E per ringraziarti guarda cosa ti ho portato. Uno dei più giovani politici babbani,  a quanto mi dicono. Beh, in realtà sarebbe la cena di Nagini, ma puoi giocarci un po’ prima di andare via. Mi raccomando, non ucciderlo subito. Alla mia amica piacciono agonizzanti ma ancora vivi, odia i cadaveri”- tubò prima di sparire seguito dal serpente che gli aveva rivolto  una lunga occhiata prima di sparire.

Gli occhi chiarissimi  del giovane davanti a lui si riempirono di terrore.

Abraxas Malfoy respirò a fondo.

Si, era decisamente quello che gli serviva.

 

 Paura. Sangue. Potere.

Crucio

 

Sanctimonia Vincet Semper. Anche quando doveva piegarsi.










 

Quella sera la sessione di allenamento nella stanza delle necessità era stata piuttosto intensa. E per una volta, senza nessuno dei serpeverde tra i piedi, si era evitati anche episodi di tentati omicidi.

Sebbene fosse innegabile che Andromeda, Draco e Pansy avessero quello che poteva definirsi un certo stile, e soprattutto una certa abitudine a lanciare maledizioni, a volte erano talmente insopportabili e saccenti che era difficile resistere alla tentazione di mettere loro le mani addosso.

O meglio, molti ci avevano provato, senza però riuscirci sul serio.

Il dannato furetto era decisamente migliorato dai tempi del loro duello, doveva ammetterlo, pensò Harry correggendo la postura di uno dei corvonero mentre lanciava lo scudo protettivo. Aveva imparato a sue spese che alzando di più la spalla la barriera risultava più veloce a formarsi e più solida.

Sorrise soddisfatto quando il ragazzo mise immediatamente in pratica il suo suggerimento, giusto in tempo perché l’incantesimo offensivo di Frank rimbalzasse sulla protezione con il fragore di un forte tuono.
“Ehi, Frank vacci piano, la stanza delle necessità ci serve!”- lo riprese Alice ridendo, intenta a duellare con una grifondoro del sesto anno. Il suo incantesimo, al contrario di quello del ragazzo, fu così repentino da superare facilmente la difesa della sua avversaria, sbalzandola  a diversi metri di distanza.

Non era la sola ad essere riuscita a portare a termine l’esercizio con successo, in molti stavano volando da una parte all’altra della stanza, mentre altrove volavano le scintille di chi era riuscito a creare scudi efficaci. Addirittura in un caso lo scudo era stato così riuscito da far rimbalzare lo stupeficicium contro lo stesso ragazzo che l’aveva lanciato.

Più andavano avanti con le loro esercitazioni e più i ragazzi mostravano tutto il loro talento. Oltre che un innegabile spirito di competizione.

Il fatto che nessuno fosse ancora finito in infermeria era davvero un miracolo. 

“Ok, dai ragazzi basta per oggi. Direi che con stupeficium, petrifucus e protego ci siamo. Dalla prossima volta inizieremo con qualcosa di più difficile.”- per sentire in mezzo a tutto quel fracasso il bambino sopravvissuto fu costretto ad amplificarsi magicamente la voce.

E anche così ebbe parecchie difficoltà a far smettere i futuri eroi della guerra magica di maledirsi a vicenda.

Per fortuna gli venne in aiuto Ron, come sempre. Ormai ospite fisso delle cucine di Hogwarts, Cockey lo aveva preso in particolare simpatica, rifornendo in continuazione di ogni tipo di leccornie. E di certo Ronald Weasley non era tipo da tenere tutto per sé.

Per questo entrò nella stanza delle necessità non solo con le mani cariche di ogni ben di dio, ma con ben due cestini fluttuanti che a stento riuscivano a contenere quintali di cibo.

“Basta giocare. E’ ora dello spuntino”- disse disponendo con un tocco di bacchetta tutto il ben di dio che aveva portato su una grossa coperta posizionata vicino al camino. Il pic nic improvvisato ovviamente riuscì  a catalizzare l’attenzione della maggior parte dei presenti. 

“Devo dire che hai stile, King”- apprezzò Frank mettendosi a sedere tra i primi e afferrando un tramezzino con il roast beef e passandone uno con il tonno e i cetrioli ad Alice, sistematasi accanto a lui. A quanto sembrava l’appuntamento di studio stava trasformandosi decisamente in qualcosa di più.

“Dove sono le altre tre serpi?” - chiese Longbottom sorridendo e prendendo un sorso di burrobirra dalle bottiglie che fluttuavano accanto a loro.

Hermione scrollò le spalle, fingendo noncuranza, sentendosi gli occhi di Harry e Ron addosso. Non aveva avuto modo di dirglielo ma Bellatrix aveva organizzato una riunione straordinaria. E dallo sguardo folle che aveva non si preannunciava niente di buono. Andromeda invece era sparita senza dare ulteriori spiegazioni, probabilmente per la sua lezione personale con Silente. Un po’ la invidiava a dire il vero,anche se di certo cinque anni di esperienza diretta con maledizioni e tentativi di tenere in vita il suo migliore amico valevano molto più di qualsiasi lezione teorica. E detto da lei era quanto di più simile ad un’eresia

Senza contare che la notizia dell’omicidio-suicidio della stilista non le tornava. Sentiva che c’era qualcosa che le sfuggiva, un brutto presentimento strisciante.In più c’era la storia dell’anello che aveva ricevuto Arael Malfoy. Sebbene decisamente più opaco era sicura che fosse legato alla collana.

Peccato che la stramaledetta zia di Draco l’avesse liquidata senza darle spiegazioni. Aveva questo maledetto vizio, tanto quanto il nipote, di girare i tacchi ed andarsene quando non voleva affrontare una discussione.

“Avevano un incontro”- rispose vaga, assicurandosi di non poter rispondere all’occhiata interrogativa di Ron, buttando giù un grosso sorso di succo di zucca. Era evidente che Pansy non l’aveva messo al corrente delle ultime novità.

Non che Draco fosse proprio stato collaborativo, aveva praticamente dovuto cacciargli fuori ogni parola di bocca. Ma alla fine lo aveva ammesso: era arrivata una lettera di Voldemort e Bellatrix aveva detto che dovevano organizzarsi per dimostrare la loro fedeltà al Signore Oscuro.

Che tradotto molto probabilmente significava cercare di uccidere qualcuno.

Cosa che evidentemente sia la speranza dei maghi che il suo miglior amico avevano abbondantemente capito.

“Beh conoscendoli non sarà per prepararsi all’incontro della prossima settimana”- bofonchiò Marlene McKinnon con un moto di stizza. Evidentemente la questione fidiamoci dei serpeverde non era proprio ancora risolta. L’unica che sembravano aver accettato pienamente era Hermione, probabilmente l’educazione ricevuta dagli altri tre nel corso degli anni aveva ancora lasciato delle tracce troppo profonde.

“I Prewett giusto?”- si intromise Remus appoggiato contro la schiena di Sirius. La giovane strega annuì: “Si, sono tra i membri più giovani mai diventati auror. Pare che il professor Silente li abbia invitati a parlare agli studenti prima delle vacanze di Natale. A quanto pare per raccontare la loro esperienza alla scuola di formazione…”

“Ma probabilmente è perché sono stati gli unici ad accettare di esporsi per avvertire gli studenti. So che Silente l’ha chiesto anche a mio padre, ma il direttore del Dipartimento gliel’ha vietato. Ha detto che non sarebbe stato appropriato. Mentre i Prewett ufficialmente sono studenti freschi di Hogwarts e il loro referente è Shacklebolt, un uomo molto meno legato alla politica di quel vecchio bacucco del capo di mio padre”- si intromise la 

Ron quasi si strozzò con il tortino che stava masticando. I Prewett di cui parlava erano quasi sicurette Fabian e Gideon, i fratelli di sua madre morti durante la guerra. Alastor Moody, quello vero che avevano incontrato a Grimmauld Place, gli aveva raccontato di quanto fossero stati eroici anche nella loro morte. C’erano voluti ben cinque mangiamorte per uccidere Fabian. E uno di quelli era Antonin Dolohov, il fratello di quello stesso Dolohov che frequentava il settimo anno. Sua madre teneva una foto di loro tre  nell’ingresso di casa, con le uniformi di Grifondoro. E un’altra, probabilmente del loro ultimo natale, in cui Gideon lo teneva in braccio , mentre Fred e George si rincorrevano intorno all’albero di Natale che Bill e Charlie cercavano disperatamente di decorare ignorando i fratelli minori. Percy era seduto in poltrona con un grosso libro davanti. 

Anche Harry ed Hermione avevano sentito parlare degli zii di Ron, non solo da Malocchio Moody. Quell’estate si erano appassionati alla ricerca di informazioni sull’Ordine della Fenice e avevano cercato di raccogliere il maggior numero di informazioni. Certo nel tempo libero lasciato dalle assurde visite di cortesia della grifondoro a Malfoy Manor.

 

“Già. Strano che anche Molly non sia diventa auror, davvero una strega eccezionale. Era un paio di anni davanti a me, forse molti di voi se la ricorderanno.  Ogni anno ne combinava una. Rimarrà negli annali quando ha stregato l’intera sala grande facendola diventare un’enorme piscina ricoperta da strane palline di plastica colorate. Idea di Arthur, immagino. E’ sempre stato affascinato dalle cose babbane”- commento una studentessa del settimo anno di nome Emmeline Vince.

Harry non poté fare a meno di sogghignare, ecco da chi avevano ripreso Fred e George. E chi l’avrebbe mai detto che la cara, dolce, premurosa mamma Weasley fosse una scalmanata combina guai come i suoi figli gemelli.

Hermione invece si ritrovò a giocherallare con il cibo. Aveva sempre provato un grande rispetto per la madre di Ron ma non si era mai resa davvero conto di quanto fosse potente come strega. Ne aveva avuto qualche indizio solo durante le ricerche e parlando con i membri sopravvissuti dell’Ordine. Non avevano altro che parole di ammirazione per una donna che per la maggior parte del mondo magico veniva vista solo come un’amorevole madre di una famiglia numerosa. E di certo lo era. Per Molly Weasley la famiglia era tutto. Ma era una strega di eccezionale valore che raramente veniva riconosciuto.

SI chiese per l’ennesima volta da quando era li se il suo giudizio fosse stato troppo affrettato non solo su di lei ma anche sulla madre di Draco. La Narcissa Malfoy che stava conoscendo in quegli anni non aveva niente da invidiare a maghi famosi.

Che le due alla fine fossero le due facce delle stessa medaglia?

“Beh, diciamo che ora ha altro di cui preoccuparsi, non credo che verrà. E Arthur  ha finito da poco il suo periodo di formazione al Ministero. So che ha rifiutato un posto di prestigio al Dipartimento degli Affari Culturali perché sarebbe stato troppo tempo lontano da casa.Ho sentito dire che sta aspettando il suo primo figlio e non vuole perdersi  neanche un minuto della sua nuova famiglia. Beh di sicuro ci sarà un altro gingerhead in famiglia, non c’è da dubitarne”- ridacchiò 

“ Sicuro sarà maschio. Sono secoli che non nascono femmine nella famiglia Weasley, è una cosa risaputa. Scommetto che ci sono certe famiglie purosangue che farebbero carte false per essere al loro posto. Quella delle tue cugine, ad esempio, Sirius. Tre figlie, tutte femmine. E’ vero che tuo zio è caduto in depressione quando è nata Narcissa?Per fortuna che è bella, altrimenti sarebbe stata davvero una tragedia.”- lo stuzzicò Caradoc, non riuscendo però a suscitare alcuna reazione nel giovane Black. Era abituato a ben altre provocazioni a casa sua, qualche illazioni sulla sua famiglia di pazzi era assolutamente accetabile.

Ancora quella sensazione che Hermione si ritrovò a ricacciare in fondo alla mente. Tutta quella storia sull’apparenza e sulla forma che le aveva fatto quando l’aveva accompagnata da Madame Maxime per scegliere il vestito per il ballo. Forse finalmente riusciva a capirlo.

Per lei l’aspetto era sempre stato solo una maschera dietro la quale nascondersi per non mostrare al mondo i suoi veri talenti. Per un attimo solo si sentì in colpa per averla paragonata ad un inutile trofeo da mostrare quando aveva fatto il suo discorso di beneficienza. Poi però si ricordò di quanto fosse sempre stata odiosa nei confronti di tutti quelli che non considerava alla sua altezza. Vale a dire chiunque a parte il marito e il figlio.

 

“Beh in effetti Bill nascerà tra circa sei mesi, ora che ci penso. Chissà se incontreremo mia madre. Potrebbe essere un bel guaio, avevano detto che non ci sarebbero stati problemi con il mio aspetto perché nessuno dei miei era ad Hogwarts. Si sono scordati un piccolo particolare, vatti a fidare di una serpeverde, di un grifondoro innamorato e di… beh il tuo padrino è davvero fuori categoria, non saprei neanche come definirlo”- sussurrò Ron all’orecchio del suo migliore amico che annuì pensieroso.

Non credeva proprio che quei tre avessero perso un’informazione così importante per strada. Le cose erano due : o avevano modificato il passato oppure c’era un motivo per cui dovevano incontrare i Prewett.

E il motivo poteva solo essere legato a quello che le due serpi velenose stavano facendo in quel momento da qualche parte dimenticata da Merlino.

Probabilmente i sotterranei di serpeverde, neanche facevano finta di nascondersi ormai.







 

“Quindi fammi capire, Dippet ha davvero autorizzato che quei due mentecatti dai capelli rossi vengano a farci la lezioncina su quanto sono stati bravi a quella patetica scuola per mentecatti”- chiese Yaxley buttando giù in un sol sorso un grosso bicchiere di whiskey incendiario e guardando con occhi spiritati la giovane strega dai capelli corvini davanti a lui, seduta comodamente in poltrona come una regina.

Bellatrix alzò gli occhi al cielo.

“Hai detto due volte mentecatti. E’ una ripetizione inutile. E già te l’ho detto, cos’è che non capisci? E’ evidente che è stato manipolato da Silente, chi altri? E ora c’è anche la sua assistente, la McGranitt. Quei due sono pericolosi, io ve lo dico”

“Ammesso che tu abbia ragione, cosa proponi, attaccare due professori di Hogwarts?Sono certo che tu sia brava, Bellatrix, ma non quanto Silente ”- la voce di Nicholas Malfoy era calma e quasi annoiata, appoggiato al camino della sua stanza, che aveva dovuto mettere a disposizione per quella riunione. Alzò appena gli occhi sorridendo alla sorella che era entrata in quel momento, sciogliendo l’incantesimo di protezione.

“Mi sono persa niente?”- chiese accomodandosi accanto al fratello minore e dandogli un bacio sulla tempia. Stranamente quello non si irrigidì come al suo solito, troppo preso  dietro al delirio di Bellatrix Black.

“Bellatrix che pianifica una strage di professori, niente di nuovo”- rispose provocandole una risata. Non che non ne fosse capace. Solo che erano certi che non fosse quello il momento.

“Sei spiritoso ma simpatico Malfoy. Comunque se qualcuno mi stesse ad ascoltare qui dentro rispariemmo un sacco di tempo. O forse devo dire a Lord Voldemort che sei troppo impegnato a fare cabaret per esaudire i suoi ordini?”- gli occhi della giovane strega brillavano freddi come la sua voce stranamente infantile. 

Nicholas non si fece intimorire.

“Mi stai minacciando, Black? Da quando ti ripari dietro a Lord Voldemort ? Diciamo le cose come stanno. Tu hai sempre avuto il dente avvelenato con i Weasley. Odi il fatto che siano nelle sacre Ventotto. E se non ricordo male la madre di Arthur era una Black”

Rabastan battè il bicchiere contro la scrivania : “E’ un insulto Malfoy. La loro stessa presenza in quella lista è un’onta per tutti noii.”

“Quella lista è stata creata quarant’anni fa e onestamente non capisco perché siate così ossessionati. Davvero hai bisogno di una lista per sapere chi sono le famiglie pure e chi no?”- intervenne gelida Arael tamburellando con fare fintamente distratto sulla bacchetta.

“Beh, per alcuni di noi non ci sono problemi. Per altri… come dire.. forse c’è qualche famiglia a cui fa comodo essere su quella lista”- rimbeccò Rabastan a denti stretti.

Prima che potesse rispondere però il fratello minore era nuovamente scattato, con la bacchetta puntata alla testa del giovane Lestrange.

“Insinua solo un’altra volta che nella mia famiglia ci siano sanguesporco e il tuo cervello decorerà le pareti di questa stanza, sono stato chiaro Rabastan?”- sibilò Lucius furioso.

I fratelli si scambiarono uno sguardo preoccupato. Quegli accessi di ira stavano diventando veramente un problema. Draco si limitò ad alzare gli occhi al cielo. Di certo la deriva diplomatica di suo padre era dovuta all’intervento di sua madre. Oppure ad una fortissima botta in testa. Non c’era altra spiegazione per il fatto che fosse arrivato a quarant’anni senza il bacio del dissennatore.

Fu Bellatrix però a stemperare la tensione, battendo le mani e ridendo deliziata.

“Oh, Rab, io ti consiglio di lasciar perdere. Ho visto cosa può fare il nostro giovane amico e non ti conviene farlo arrabbiare. E poi ora non abbiamo tempo, dobbiamo organizzarci”.

Lucius ripose la bacchetta e si allontanò lentamente, senza staccare gli occhi di dosso ai Lestrange. 

“Per cosa Bella?”- chiese infine sistemandosi nuovamente accanto alla sorella.

Bellatrix e Rodolphus si guardarono, sorridendo. Poi le labbra vermiglie della giovane strega si tesero in un gran sorriso.

“Il nostro primo auror. Sarà un bel trofeo per Lord Voldemort.”- chiosò, con gli occhi che le brillavano per l’eccitazione.

Finalmente un avversario alla sua altezza.

Draco e Pansy si guardarono. Avevano riconosciuto il cognome ovviamente.

Quello sì che sarebbe stato un bel problema.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25° ***


Ormai lo spirito del Natale era entrato con prepotenza alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, tanto nelle decorazioni quanto nelle menti degli studenti che già pregustavano giorni pigri di ozio davanti al camino a bere cioccolate bollenti dopo aver passato le ore migliori della giornata immersi nella neve e non più chini su noiosi libri.

Hermione Granger amava il Natale, lo aveva sempre fatto. Sin da quando era bambina e attendeva con ansia il momento in cui i suoi genitori avrebbero portato in casa il grande albero per addobbarlo tutti insieme, mangiando i biscotti allo zenzero e cannella che avevano preparato la mattina stessa e guardando stupidi film natalizi alla televisione.

Li conosceva a memoria, eppure ogni anno attendeva con ansia il momento di poter rivivere quei momenti. Addirittura da quando era ad Hogwarts i suoi si limitavano a decorare la casa con luci e ghirlande. Ma l’albero no… per l’albero doveva aspettare la loro bambina così speciale. Era la prima cosa che faceva dopo aver messo piede alla stazione di King’s Cross, quando i suoi genitori, ancora profumati di biscotti appena sfornati che l’attendevano tiepidi a casa la  stritolavano appena scesa dalla banchina.

Un giorno avevano invitato anche i Weasley a passare una tipica serata casalinga natalizia babbana, fatta di eggnogg e giochi da tavolo, cosa che ovviamente aveva reso felicissimo Arthur. Ron le aveva raccontato, non senza un certo grado di esasperazione, che nei giorni successivi continuava a girare per casa annunciando ad alta voce numeri a caso. O costringendo i figli ad estenuanti partite a carte non stregate. Senza che nessuno si stupisse più di tanto quelli che ne avevano tratto maggior profitto erano i gemelli che, con l’aiuto di Ginny, aveva tirato su una vera e propria bisca clandestina natalizia per tutti i loro conoscenti, nati babbani e non.

Entro il 31 dicembre avevano raccolto una somma tale da regalare un viaggio di qualche giorno a Parigi a Molly ed Arthur per il loro anniversario di matrimonio. C’era da dire che la metà del raccolto proveniva dalle tasche del povero Percy che ancora continuava ad ostinarsi a pensare che i suoi fratelli minori non barassero. Povero illuso.

Decidere di restare ad Hogwarts per Natale per non lasciare solo Harry era stato difficile. E il Ballo del Ceppo aveva reso tutto ancora più complicato. Nonostante amasse Hogwarts e ringraziasse ogni giorno Merlino per averle permesso finalmente di trovare il suo posto in un mondo che non la considerava una stramboide pericolosa quei piccoli rituali le erano mancati enormemente.

Il che era stato senz’altro vero. Ma doveva anche ammettere che aveva trovato un ottimo diversivo sotto il più inusuale ed elegante involucro che avrebbe mai potuto immaginare: Draco Malfoy.

Purosangue, serpeverde fino al midollo, che la guardava con un aria di disprezzo neanche troppo malcelato, sempre pronto a fare qualche battuta maligna sulla sua famiglia o il mondo da cui proveniva. E che invece mentiva, mentiva continuamente. Prima di tutto a sé stesso.

“Ci pensi mai dove saremmo se non mi avessi rincorso quella sera?”-gli chiese sfiorandogli la parte alta della nuca con un bacio mentre le dita del ragazzo continuavano a volare leggere sui tasti del pianoforte.

La prima volta che l’aveva sentito suonare era rimasta di sasso. Per la seconda volta in vita sua quello che amava definirsi come il mago più puro della sua generazione l’aveva lasciata senza parole. Mai avrebbe potuto pensare che nascondesse un tale dono dietro quella corazza di cinismo e snobismo che amava mostrare.

Ma gliel’aveva detto. Non aveva mai suonato davanti a nessuno che non fosse la sua famiglia. Era per quello che lo aveva fatto, voleva farla entrare nel suo mondo, quello dal quale tutti erano esclusi.

Quello dove c’era il vero Draco Malfoy.

E quando lo aveva scoperto non aveva potuto fare a meno di amarlo alla follia.

 

Questo però non implicava che avesse del tutto perso la sua capacità di ragionare o il suo istinto avesse deciso di traslocare. Ed entrambi in quel momento le diceva che il suo adorato fidanzato le stava nascondendo qualcosa di veramente terribile.

E il fatto che si fosse dato così tanto da fare per distrala  in quei giorni, sebbene sicuramente apprezzato, era ancora più sospetto.

“Non lo so, tu probabilmente ancora a giocare con le piume di zucchero. A proposito, quand’è che mi dirai chi è stato a insegnarti certi trucchetti?”- chiese il serpeverde ridacchiando e girandosi appena per un bacio veloce a fior di labbra, senza mai smettere di suonare.

Il radar di pericolo nella testa di Hermione Granger passò da decisamente preoccupata  a stiamo in un gran casino. Una delle tattiche preferite di Draco,infatti, quando voleva sviare il discorso era iniziare a snocciolare tutta  una serie di luoghi comuni e commenti poco appropriati che avrebbero fatto perdere la pazienza anche a Silente. E solitamente raggiungeva quel che voleva: il suo interlocutore, esasperato, alla fine scordava persino come era iniziata la conversazione.

“Te lo dirò quando  mi racconterai chi ti ha insegnato i tuoi”- rispose sedendosi accanto a lui sul panchetto. Se Malfoy voleva giocare lei era ben lieta di accontentarlo. Da Ginny e dalla sua pluriennale esperienza con maghi maschi adolescenti aveva capito che c’era una tecnica infallibile: far credere loro di aver in pugno la situazione, farli rilassare, e poi colpire senza pietà.
Al momento era nella fase uno, tanto valeva approfittarne. Iniziò a stuzzicarlo posandogli una serie di baci dapprima leggerissimi sul collo, mentre con la mano gli accarezzava la schiena  con la punta delle dita. Arrivata all’attaccatura del collo, dove sapeva essere particolarmente sensibile, si fermò un pochino più del dovuto, mordicchiandogli la pelle tenera e sottile. Poteva sentire il suo battito cardiaco accelerare impetuoso. Anche se, maledetto lui e tutte le sue ore di lezione, non sbagliò neanche una nota né perse il suo aplomb.

“Vuoi un elenco dettagliato?Tipo nome, casa, anno, cosa ho imparato? E il voto?Ci vorrà un po’ ma non c’è problema”-sorrise sornione staccando appena un attimo la mano per prenderle il mento tra le dita e avvicinarlo a sé per baciarla appassionatamente.

La grifondoro rispose con passione, premendo con forza le sue labbra contro quelle del ragazzo, avide. Quando si staccò per riprendere fiato, a pochi centimetri dal suo viso seppe che era quello il momento perfetto.
“Non serve. Apprezzerei invece che mi raccontassi cosa vi siete detti di tanto segreto la scorsa sera nel circolo della morte.”- tubò contro la sua bocca ancora turgida per i baci.

Quando la fiamma di desiderio nei suoi occhi grigi si spense provò un pizzico di fastidio. Davvero bastava così poco a smontarlo.

Poi però il livello di allarme passò da  siamo nei casini a  siamo dannatamente fottuti a possibile mai che le cose vadano sempre a finire così?.

“Cazzo Granger, non si fa così però. Sarai anche la strega più intelligente della tua generazione, ma probabilmente anche la più rompipalle. E pensare che io avevo un programmino per noi due ….”- lagnò il serpeverde girandosi verso la tastiera sospirando. Questa volte le mani erano immobili.

Hermione gli si appoggiò sulla spalla, reclinando il capo contro il suo.

“E’ davvero così grave?”-chiese giocherallando distrattamente con i capelli color platino sulla nuca.

“Beh dipendi a chi lo chiedi. Per Weasley ad esempio potrebbe essere un problema”

Le mani di Hermione si fermarono in attesa che continuasse. Aveva quasi paura di sentire quello che sarebbe venuto dopo, anche se aveva capito.

Finalmente, dopo quello che le parve un tempo lunghissimo, Draco si decise a parlare:“I suoi zii, i Prewett. Stanno organizzando il loro omicidio.”

Cazzo.

Anche quella non ci voleva.

Chissà come l’avrebbe presa Ron.

Ed Harry.

E tutti i Grifondoro.

Forse era per questo che Andromeda e Sirius nel futuro non li avevano avvertiti dell’arrivo dei Prewett durante la loro provenienza.

Quindi dovevano salvarli.

O sarebbe scoppiata la guerra.

Molto prima del previsto.
E loro sarebbero riusciti a mandare a puttane non uno ma ben due mondi magici.






 

Era strano che Lumacorno lo chiamasse nel suo studio privato. In cinque anni di scuola, non era mai successo, neanche quando aveva incidentalmente schiantato quasi tutti gli studenti del primo anno di tassorosso che stavano aspettando di entrare nella loro sala comune. O quando la professoressa di babbanalogia, creatura inutile quanto la sua materia, lo aveva beccato ad intrattenersi nella sua aula con una corvonero piuttosto disinibita. E neanche…

“E tu che ci fai qui?”- la voce della ragazza era gelida,mentre lo squadrava da sotto le lunghe ciglia di merletto nero. 

Lucius le mostrò il biglietto di Lumacorno senza rispondere. Era indubbio che fosse bellissima. Ma era anche una pazza psicopatica. E soprattutto non era Narcissa. Forse c’era stato un periodo in cui era stata perfetta per lui, ma quei giorni erano mai lontani, dissolti in un passato cui non avrebbe mai voluto tornare.

Cassandra glielo strappò dalle mani stizzita, mostrando quello che aveva ricevuto lei. Era assolutamente lo stesso. Stesso orario,stessa indicazione sibillina.Solo un orario e la richiesta di presentarsi ad una certa ora.

“Non ci resta che scoprirlo”- rispose con aria fintamente annoiata, aprendole la porta e aspettando che passasse ancheggiandogli davanti. Era evidente che fosse estremamente intenzionata a ricordargli quello  che si stava perdendo. 

“Lucius, Cassandra, molto puntuali. Eccellente, ragazzi miei”-li salutò il professore di pozioni seduto amabilmente in poltrona con una tazza di thè in mano. Davanti a lui,  impettito sul divano c’era un uomo vestito di tutto punto che teneva in mano rigidamente una pergamena. 

“Lui è l’avvocato Proust, di sicuro lo conoscete di fama. Redige contratti per i matrimoni delle famiglie più note del mondo magico da anni. E prima di lui lo faceva suo padre, vero mio caro ragazzo? Ah, uno dei miei primi allievi, sempre di Serpeverde.Sai Arthur, anche Lucius e Cassandra fanno parte del mio piccolo Lumaclub. Due ragazzi così dotati..”- iniziò a raccontare pacioso.

L’avvocato, però, evidentemente non era in vena di tornare sul viale dei ricordi. La professione gli aveva insegnato che il tempo era denaro, anche se per quell’incarico era stato pagato lautamente. Inoltre il giovane Malfoy era sbiancato ancora più del suo pallore abituale e temeva che un suo collasso rallentasse ulteriormente il procedere della sua fittissima agenda.

La ragazza invece era calmissima e con un unico movimento fluido ed elegante si accomodò nella poltrona libera, chinandosi verso di lui con fare sensuale. Le lanciò un’occhiata di sfuggita. I capelli scuri e lucenti che le ricadevano in onde sulle spalle arrotondate, la pelle candida del petto che si intravedeva dalla camicia portata leggermente aperta, il maglioncino più stretto di quello che avrebbe dovuto essere. Era perfetta, una donna adulta consapevole del suo potere, nel corpo tonico ed invitante di una sedicenne. Eppure se solo la si guardava negli occhi spenti e crudeli, qualsiasi tipo di fantasia veniva spazzata via. Per fortuna.

Il ragazzo in piedi dietro di lei era invece diventato una statua di sale, la faccia impassibile, fatta eccezione per il muscolo della mascella che si contraeva ritmicamente.

“Contratti prematrimoniali?”- chiese con voce atona. la mano che però stringeva spasmodicamente la spalliera della poltrona.

Il mago annuì, tirando fuori una pila di documenti. “Normalmente si, anche se nel vostro caso si tratta piuttosto di un annullamento. I vostri genitori mi hanno comunicato di voler recidere l’intesa che avevano firmato a vostro nome qualche anno fa. Come di certo saprete si tratta di un documento vincolante che per essere sciolto ha bisogno di una particolare procedura. E io sono qui per questo”.

E quindi Lord Voldemort non stava scherzando. Essendo passate diverse settimane aveva sperato che si trattasse solo di una minaccia a vuoto, un modo di tenerla sulle spine. E Abraxas Malfoy non aveva risposto alle sue lettere, aspettava le vacanze per rivederlo e parlarci di persona ma evidentemente non c’era più molto di cui parlare.

“Non era possibile aspettare che tornassimo a casa?”- chiese con voce tagliente accarezzandosi e pieghe della gonna.

“Mi dispiace signorina Carrow, ma i contratti vanno sciolti prima del solstizio d’inverno, altrimenti si rinnovano per almeno un altro anno. E oggi è il mio unico momento libero sino a fine dicembre. Il Professor Lumacorno ha accettato la richiesta di Lord Malfoy di fare da testimone, ma sia io che lui abbiamo numerosi impegni, quindi se non le dispiace vorrei iniziare”- replicò asciutto l’avvocato iniziando a trascrivere i dati essenziali sulla pergamena.

La ragazza si irrigidì a sentire quel nome. Persino Abraxas l’aveva tradita, nonostante le sue promesse. 

“La prego signorina, si alzi e si metta in piedi vicino al signor Malfoy. Signor Malfoy, con la mano sinistra prenda la destra della signorina Carrow e tenete tese all’altezza del petto, grazie.

Senza battere ciglio Lucius fece quanto gli veniva chiesto, mentre Cassandra si impose di non mostrare alcuna emozione. Era passato così tanto tempo da quanto i loro corpi si erano toccati. E ancora di più da quando lo avevano fatto con piacere. Quella dannata sera tornava a tormentarvi.Era certa che fosse colpa di quei ragazzi strani. Se non ci fossero stati lui non sarebbero mai arrivati a quel punto, anzi con l’anno nuovo avrebbero formalizzato la promessa.

Con un gesto della bacchetta, l’avvocato avvolse attorno le loro mani un drappo rosso, i lunghi lembi che ricadevano a sfiorare il pavimento. Poi mentre Lumacorno firmava la pergamena che l’uomo aveva preparato, iniziò a sfaldarsi in piccoli petali color cremisi che volteggiavano lenti prima di dissolversi. Come la sua vita perfetta, pensò con amarezza.

Ora le restava solo la vendetta. Lord Voldemort era stato chiaro, avrebbe solo dovuto aspettare ma nessuno gliel’avrebbe potuto togliere.

“E poi signorina sono qui per comunicarle che la famiglia Malfoy ha deciso di donarle una rendita mensile da oggi sino a quando si sposerà, oltre ad una delle proprietà che può scegliere da questa lista”- disse porgendole un elenco con decine di residenze.

“Che pensiero delizioso”- sibilò strappandola dalle mani dell’uomo e dando una letta veloce. Non c’era l’attico a Diagon Alley, né il castello nella Loira o la villa vicino alla residenza dei Lestrange.  - “Posso tenerla qualche giorno e farle sapere la mia scelta?”.

L’uomo annuì : “Ovviamente può tenere tutti i gioielli che il signor Malfoy le ha regalato. Allora attendo una sua risposta prima di Natale, così da girare ai miei colleghi che si occupano del patrimonio della famiglia Malfoy i dati necessari”.

Cassandra si costrinse a stendere le belle labbra carnose in un sorriso finto. Malfoy, Malfoy. Malfoy. Quante  volte era in grado di dirlo quell’omuncolo insulso? Sembrava che tutto ruotasse intorno a quella famiglia, come sempre. La stavano trattando come una prostituta di quart’ordine dandole un contentino e nessuno si era preoccupato neanche di chiederle come stesse.

“Possiamo andare allora? Professore?”- le prime parole che diceva da quando erano entrati ed erano solo per fuggire via. A dare la notizia alla principessa di ghiaccio, probabilmente.

Lumacorno annuì pensieroso : “Si, certo. E ragazzi, prima che andiate c’è una cosa che vorrei dirvi”

Cassandra gli rivolse uno sguardo tagliente, mordendosi la lingua per evitare di dirgli di chiudere il becco. C’era già chi pensava a loro. Lord Voldemort. Era ormai chiaro che fosse lui a decidere delle loro vite. Di ogni aspetto, a quanto pareva. 

“Siete cosi giovani.Non abbiate fretta di correre in un’altra relazione Prendetevi  del tempo per voi. Per capire chi siete davvero e cosa volete”- disse con una mano sulla spalla di ciascuno.

Si certo, prendersi del tempo. Come se lo avessero. Lumacorno era davvero un illuso.

E per quanto riguardava il capire cosa volessero davvero non c’era neanche bisogno di chiederlo.

Vedere ogni singolo babbano agonizzare nel suo sangue e tenere il mondo tra le loro dita.

E sarebbe venuto un giorno in cui Lucius Septimus Malfoy avrebbe ripensato a quel pomeriggio dove aveva scelto di voltarle le spalle per correre dietro a quell’insulsa Black e avrebbe capito di aver fatto il più grande errore della sua vita.

E avrebbe sperato di essere morto.




 

Hermione aveva pensato a lungo a come introdurre il discorso della pianificazione dell’omicidio degli zii di Ron da parte da una parte non proprio trascurabile degli studenti di Serpeverde ai suoi migliori amici.

Migliori amici che già di loro non avevano una grande empatia nei confronti degli inquilini dei sotterranei in generale e dei parenti di Draco in particolare. E come dargli torto..

Tra l’altro il suddetto erede dei Malfoy aveva dovuto ammettere che sembrava trattarsi di una fissazione della cara e dolce zia Bellatrix. Quindi decisamente era una questione personale.

Ma Hermione aveva un piano, come sempre.

Cosi come era stato quando aveva dovuto raccontare di essersi messa con quello che consideravano apertamente come la piaga di Hogwarts sin dal loro primo giorno, aveva deciso per una tripla tattica che si era dimostrata vincente: mandare via Draco e Pansy, dare la notizia nella maniera più veloce possibile, senza girarci intorno. E soprattutto incantesimo silenziante prima di iniziare.Ormai era diventato l’incantesimo più utilizzato.

E ancora una volta le sue scelte si erano rivelate vincenti. Anche se guardare Ronald Weasley ed Harry Potter inveire pesantemente contro tutta la genia dei serpeverde senza riuscire ad emettere alcun suono era stato divertente solo per i primi cinque minuti. Ora ne erano passati altri venti e quei due non sembravano volersi calmare, continuando a gesticolare e a camminare per la stanza delle necessità come forsennati.

Buon per lei che ancora non avessero imparato a lanciare incantesimi non sonori decentemente.

Decise di lasciarli sfogare ancora un po’, accoccolandosi meglio in poltrona. Per fortuna che quella volta la stanza l’aveva evocata lei. Il che significava grandi poltrone comode, un imponente camino a riscaldare l’ambiente e soprattutto tutti i libri di cui aveva bisogno.

Quando aveva necessità di riflettere, infatti, la cosa migliore che poteva fare era leggere, lasciando che le informazioni le entrassero nel cervello sedimentandosi, un flusso di parole che l’abbracciavano e la cullavano permettendole di vedere le cose con chiarezza.

Quasi non si rese conto che quei due avevano smesso di disperarsi. Probabilmente si e erano calmati da dieci minuti buoni ma lei era troppo persa nei suoi pensieri per prestare loro l’attenzione dovuta.

“Siete pronti a ragionare come i giovani razionali ed educati che siete?”- chiese mentendo. Forse educati  a modo loro, ma di razionale avevano entrambi ben poco. Non c’era da stupirsi se il Sirius undicenne li avesse presi subito in simpatia.

Due paia di teste arruffate annuirono a denti stretti.

“Al primo urlo vi tolgo la voce sono stata chiara?”- ammonì dubbiosa tirando fuori la bacchetta.

Fortunatamente tutto si poteva dire del bambino sopravvissuto e del suo migliore amico, tranne che non tenevano fede alle promesse. Seppur con il fumo per la rabbia che ancora usciva dalle orecchie, si sedettero a braccia e gambe incrociate accanto al caminetto, guardandola torvo.

“Prima che iniziate, mentre voi facevate i tori infuriati, io ho avuto modo di riflettere”- iniziò con calma, accoccolandosi meglio sulla poltrona.

“Sul tuo pessimo gusto in fatto di uomini?”- ringhiò acido Harry sistemandosi gli occhiali sul naso, ancora storti per essersi passato furiosamente le mani tra i capelli per la disperazione.

“O sul fatto che evidentemente c’è un problema genetico di pazzia ereditaria nel tuo presunto fidanzato?”- rincarò Ron.

“Perchè presunto?”- chiese distrattamente la giovane strega. Merlino, ormai era un anno e quei due ancora continuavano a pensare che la sua storia fosse dovuta ad un trauma cranico.

Ron si alzò in piedi iniziando a camminare di nuovo furiosamente per la stanza.

“Beh ma io voglio sperare che sia presunto. Perché non c’è verso che una strega brillante, intelligente, bella come te possa stare con uno i cui parenti sono dei maniaci omicidi!”.- urlò

Hermione chiuse il libro che teneva in grembo : “Se stai cercando di farmi un complimento, Ronald, uno sei in ritardo di almeno un anno. E due, che colpa ne ha Draco se sua zia è fuori di testa?”

Il grifondoro le si avvicinò strabuzzando gli occhi : “Ma non lo capisci? La zia non è solo fuori di testa. E’ una pazza assassina che sta organizzando l’omicidio dei miei zii. I miei zii, capisci? Perché ci siamo preoccupati tanto dei delicati sentimenti di quel dannato furetto e invece sembra che non sia importante che quei fottuti psicotici vogliano ammazzare i fratelli di mia madre?”

Harry sospirò prendendolo per la maglia e tirandolo giù, cercando di calmarlo.

“Harry per favore, falla ragionare tu. Malfoy è marcio, come tutti quelli della sua famiglia. E’ ora di accettarlo”- sibilò prossimo alla disperazione.

“Ron, senti. Sai bene quanto io trovi che la sola presenza di Draco Malfoy sia un insulto alla sanità mentale della maggior parte delle persone”- iniziò, ignorando lo sguardo di fuoco che la sua migliore amica gli stava lanciando.

“Non dirmi che c’è un ma  in questa frase, Harry, ti prego.”- borbottò il grifondoro di rimando

Tuttavia non è responsabile dei crimini dei suoi parenti. Credo che Bellatrix meriti il bacio del dissennatore e che il padre sarebbe dovuto finire ad Azkaban  quattordici anni fa. O tra dieci anni, se preferisci… Insomma hai capito quello che intendo. Lucius Malfoy è un mangiamorte che ha seri problemi di autocontrollo e Merlino solo sa che cosa ha combinato nel corso degli anni. Ma lo scorso anno ha deciso di tradire Voldemort per la sua famiglia, non possiamo dimenticarlo. E soprattutto non possiamo farne una colpa a Draco per le sue decisioni sbagliate. Nonostante la madre mi inquieti tanto adesso con quello sguardo sprezzante che ti segue ovunque, quanto nel futuro “- concluse la speranza dei maghi posandogli una mano sulla spalla.

Hermione Granger gli sorrise con calore. Speranza dei maghi. Mai quel nome era stato più appropriato. E ora toccava a lei fare la sua parte.

“E poi i tuoi zii non moriranno Ronald. Ecco cosa voleva dirci Silente quel pomeriggio prima che salissimo sulle carrozze”- disse scendendo dalla poltrona e sedendosi davanti ai suoi migliori amici,prendendo la mano di entrambi.

“L’Esercito di Silente, intendi?”- chiese il rosso mentre il broncio diventava meno accentuato. L’idea di schiantare qualcuno di quelle serpe viscide e vendicarsi in parte di quello che avrebbero fatto nel futuro, lo allettava.

“Avevamo detto di non chiamarlo cosi, ma non fa niente. E comunque si, ci faremo aiutare da loro. Se Bellatrix pensa di trovare solo due giovani auror davanti si sbaglia di grosso. Si troverà il futuro ordine della fenice a metterle i bastoni tra le ruote.”

Finalmente gli occhi color ambra di Ron si illuminarono.

“Siamo pronti per la guerra?”- chiese sfregandosi le mani.

Harry ed Hermione si guardarono.

“Sempre, amico mio. Sempre”- concluse il bambino sopravvissuto ridendo.

Ed era proprio vero.

Ogni anno era stata una battaglia.

E come sempre l’avrebbero affrontata insieme.





 

Fabian e Gideon erano esattamente come Molly li aveva sempre descritti, tanto per cambiare non aveva ceduto ai sentimentalismi patetici neanche per i suoi due fratelli morti da eroi.  Ed aveva ragione quando diceva che Bill gli assomigliava incredibilmente. Ma il senso dell’umorismo era decisamente quello di Fred e George. 

Silente li aveva invitati a tenere l’ultima lezione del venerdì prima delle vacanze estive e per l'occasione tutte le case erano riunite nella sala comune, ciascuno al proprio tavolo, in attesa del grande banchetto che sarebbe seguito. Sin dalle prime battute avevano incantato la platea e ora, dopo più di un’ora di racconti su scontri con creature magiche e buffi aneddoti della scuola di auror in cui si erano più volte ficcati in esilaranti guai, sembrava che la maggior parte degli studenti pendesse dalle loro labbra.

Sirius e James erano in assoluta adorazione. In tutti quei mesi era la prima volta che sembravano riuscire  a stare seduti senza creare casino per un tempo più lungo di dieci minuti. Anche a lezione, a quanto raccontava Remus, era un continuo muoversi, girarsi, passarsi biglietti. alzare la mano. Non si contavano i punti che avevano fatto perdere  a Grifondoro per quel motivo. Ma neanche quelli che avevano fatto guadagnare con i loro incantesimi perfetti e le loro risposte argute.

Nella massa degli studenti gli unici che erano rimasti impassibili per tutto il tempo, ben intenti a mostrare tutto il loro disappunto era ovviamente quella casata inutile di pazzi assassini che prendeva il nome dal pazzo sanguinario più famoso della storia della magia, conosciuto dai più come Salazar Serpeverde. 

Tranne una. E l’eccezione risaltava come un pugno nell’occhio. Bellatrix Black non aveva perso una mossa dei fratelli Prewett, scrutandoli continuamente con i grandi occhi neri come l’ossidiana in cui brillava una luce sinistra. Ogni tanto si era chinata appena a sussurrare qualcosa a Rodolphus, seduto accanto a lei, che annuiva con un ghigno che metteva i brividi.

Salutarono appena con un cenno del capo Lucius e Cassandra che erano entrati in quel momento scortati da Lumacorno. Chissà quei due dove si erano cacciati fino a quel momento, tra l’altro se il primo sembrava stranamente euforico solo a guardarla la serpeverde sembrava potesse congelare con un’occhiata chiunque fosse stato così sciocco da mettersi sulla sua strada.

Harry tornò a concentrarsi sulla maggiore delle Black.

Negli ultimi giorni Draco e Pansy aveva raccontato di come la giovane Black avesse preteso che tutti si esercitassero negli incantesimi offensivi. Era evidente che l’idea non fosse quella di torturali ma di ucciderli direttamente. Persino una folle come lei aveva capito di non avere tutto il tempo del mondo.

Però non aveva rivelato nulla sul suo piano, limitandosi a consegnare anche a loro due, così come agli altri del gruppo di seguaci di Voldemort, una moneta che si illuminava quando voleva radunarli. Solo in quell’occasione avrebbero saputo dove si sarebbero incontrati.

Da un lato Harry si sentiva ammirato per tutti i sotterfugi che la dannata Black aveva architettato, probabilmente solo Hermione sarebbe arrivata a tanto. Dall’altro però si rendeva conto di quanto profonda fosse la pazzia che l’attanagliava. Aveva solo diciotto anni e già era in un gorgo di violenza e terrore che lei stessa contribuiva a creare.

Una leader nata. Una strega di rara capacità. Eppure capace di fare tutte le scelte sbagliate per tutte le ragioni sbagliate. Potere, rabbia, eccitazione. 

Probabilmente la seguace più fedele e pericolosa che Lord Voldemort avrebbe mai potuto trovare.

Harry riportò l’attenzione verso il podio davanti al tavolo dei professori, dal quale stavano parlando i Prewett. Era evidente che non era stato il solo a notare lo strano comportamento dei Serpeverde. Silente, non si era perso una mossa di nessuno di loro, gli occhi azzurri brillanti che scandagliavano la tavolata.

Era sicuro che lo avesse visto stringere le labbra per la rabbia quando vide Bellatrix applaudire sarcastica alla fine del discorso dei due fratelli. L’unica del suo anno. Anzi,a dir la verità l’unica del suo tavolo. Persino Hermione era stata così previdente da non mostrare alcun segno di apprezzamento.

Harry sentì un brivido salirgli lungo la schiena: il momento cruciale era arrivato.Sarebbe bastata una piccola imprecisione, una disattenzione, e tutti loro sarebbero caduti nel baratro.

Senti una mano sulla spalla, conosciuta e rassicurante. Era Ron, che non aveva neanche bisogno di guardarlo per capire cosa provasse l’amico. Anche perché erano gli stessi sentimenti che lo stavano torturando. Alzò gli occhi e incontrò lo sguardo di Hermione, che annuì in maniera impercettibile, tirando appena le labbra in un minuscolo sorriso che nessuno avrebbe potuto capire fosse per lui.

Erano insieme, l’unica cosa che importava. Niente avrebbe potuto dividerli.

La vera sorpresa fu però la presa salda sul suo braccio, una mano calda e forte che lo stringeva rassicurante.

“Stai tranquillo, Harry, non perderemo nessuno stasera”- gli sussurrò Frank Longobottom alla sua sinistra - “ Vero, Alice?”

La ragazza davanti a lui gli sorrise, gli occhi che brillavano allegri : “Per una volta Frank ha ragione. Sta tranquillo Harry, quando ci sono io a fare qualcosa raramente si rivela un fiasco”.

Risate, allegria, entusiasmo.

E di tutta quella vita non sarebbe rimasto che un pallido ricordo tra le mura del San Mungo.






 

Draco era seduto nel buio, tra le mani la maschera che Bellatrix aveva dato a tutti quella mattina. L’aveva infilata in borsa e aveva cercato di dimenticarsene, sebbene la sentisse pesante come il piombo. Ovviamente non lo era. A quanto aveva raccontato Rabastan con orgoglio non solo era riuscito a stregarle sino renderle sottili come un foglio di pergamena e ripiegabili sino alle dimensioni di un fazzoletto da taschino, le aveva anche rese leggere come piume. Erano pensate per adattarsi perfettamente al volto di chi le portava, come una perfetta seconda pelle. E forse non servivano solo a nascondere la vera identità di chi le portava. In realtà sembrava più che fossero in grado di portare alla luce il loro vero io.

Quello di mostri che non si sarebbero fermati fino  a quando l’ultimo babbano fosse morto agonizzante.

“Sul serio non l’avevi mai vista?”- chiese Pansy accanto a lui, appoggiando la nuca contro il muro e facendo scivolare tra le lunghe dita la moneta, in attesa.

Il serpeverde scosse la testa - “No , la prima volta che le ho viste dal vivo è stato lo scorso anno alla coppa del mondo di Quidditch, quando i padri di Crabbe e Goyle sono venuti da noi mentre io e mia madre ce ne stavamo andando. Non ho idea di fosse mio padre, probabilmente ad organizzare la simpatica rimpatriata, conoscendolo”.

“Il mio me la faceva sempre mettere da bambina e mi diceva che se fossi stata brava un giorno ne avrei avuta una tutta mia. Beh come vedi non si sbagliava di troppo”- rispose la strega stiracchiandosi. 

“Il genitore dell’anno”- commentò stancamente Draco guardandola di sottecchi.

Pansy era inquieta, lo vedeva bene. E sapeva anche perché.

Era stanca di quell’attesa. Da quando erano arrivati per la maggior parte del tempo si era trattato di stare seduti ad attendere. Che la Granger studiasse quei noiosi libri, che i parenti di Draco si decidessero a fare qualcosa, che Bellatrix desse gli ordini.

Quasi quasi preferiva quando avevano quasi torturato a morte la Carrow. Almeno in quel caso erano stati loro a dettare le regole. E invece, ancora una volta, erano al servizio dei desideri di qualcuno.

Era tutta la vita che le dicevano come comportarsi, cosa pensare, cosa aspettarsi dal futuro. E non ne poteva più

Per quello i mesi dopo la morte di suo padre erano stati come respirare per la prima volta. Prematuramente emancipata dalla custodia della madre, titolare della maggior parte di un patrimonio ragguardevole. fondatrice di un magazine per giovani streghe come lei.Era una nuova vita, che ora le sembrava le venisse strappata.

“Tua madre non viene?”- chiese conoscendo già la risposta. Narcissa Black era ancora più strana della Malfoy che conosceva lei. Vedendola ora capiva perché l’aveva presa sotto la sua ala. Si rivedeva in lei, una bambina incompresa dalla famiglia che la soffocava con le sue pressioni e aspettative, un destino già segnato. Beh, per quanto una Black potesse empatizzare con qualcuno.

Sapeva bene che alla più giovane delle sorelle Black i discorsi di Lord Voldemort non dispiacevano. E sapeva bene quanto fosse eccezionale come strega, sebbene passasse la maggior parte del tempo a fingere di essere una stupida oca bionda con solo dei begli occhi blu da sbattere. Eppure non sembrava mai cedere alla lusinga del potere che Voldemort prometteva, restando sempre un passo indietro.

Invece  lei si sentiva dannatamente attratta, a volte le sembrava di essere tornata ad un anno prima, quando avrebbe fatto di tutto per non sentirsi più debole. E un po’ era stato come ritrovare la bambina che era stata, desiderosa di racimolare un briciolo di affetto dai suoi genitori,che sembravano accorgersi di lei e apprezzarla solo quando metteva quella maschera per gioco, dichiarando che un giorno l’avrebbe messa e avrebbe vendicato Lord Voldemort.

E Bellatrix aveva capito quella sua nostalgia per un mondo in cui lei era speciale in quanto purosangue,, fiutava il suo desiderio di potere come Greyback poteva seguire l’odore di un sanguesporco a miglia di distanza.

Forse per questo si era fidata di lei, la considerava uno spirito affine.

Eppure quella che era indubbiamente la strega più potente che avesse mai incontrato si sbagliava di grosso. E glielo avrebbe mostrato.

Perché di certo non le poteva fregare di meno di Potter e dei babbani in generale. 

Ma non avrebbe permesso né a Lord Voldemort nè a nessun altro di portarle via quel futuro che si era conquistata lottando con le unghie e con i denti.

E di certo non avrebbe permesso a quei due stupidi pezzenti degli zii di Weasley di rovinarle i piani, morendo per mano di diciottenni esaltati. Piuttosto li avrebbe fatti a pezzi con le sue mani. E poi sarebbe passata al futuro nipote.

Che a quanto pareva aveva fatto più di una cosa per meritarsi un simile trattamento.

Tipo essersi intrufolato nei suoi sogni.

La moneta brillò tra le sue dita.

Tra venti minuti alla radura 

 

Era arrivato il momento.

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Capitolo 26
*** Capitolo 26° ***


Dopo la cena i fratelli Prewett erano saliti alla torre di Grifondoro per ricordare i tempi neanche troppo lontani dei loro anni ad Hogwarts, causando un gioioso quanto folle trambusto. .

Sembrava infatti che la maggior parte degli studenti avesse deciso che quella fosse un’occasione più unica che rara per farsi raccontare tutto, ma proprio tutto, particolari scabrosi inclusi, sulla vera vita da auror.o. 

La serata era quindi trascorsa piacevolmente, tra tentativi di duelli improvvisati e simulazioni di incantesimi offensivi, mentre dalle cucine continuavano ad apparire elfi con ogni sorta di dolce e bevanda natalizia. Merito di Ron probabilmente, per cui tutti gli elfi domestici a Hogwarts sembravano aver sviluppato una sorta di infatuazione condivisa.

Probabilmente dovuta al grande entusiasmo con cui il suo migliore amico accettava ogni dono culinario. Anni e anni di cucina di Molly Weasley l’avevano reso si esigente, ma anche temprato ad ogni sorta di sfida culinaria, e gli elfi non potevano che apprezzare.

Mentre tutti però sembravano in preda all’euforia,Harry era rimasto in disparte, vigile e attento ad ogni rumore che potesse indicare che un pericolo. 

“Nessuno ci attaccherà qui,stai tranquillo, Harry. Goditi queste ore, prendi esempio dal tuo amico, li. Guarda un po’ come si diverte”- Alice era crollata accanto a lui dopo l’ennesimo duello vinto, porgendogli una tazza fumante dall’odore caldo e speziato e indicando Ron che, con addosso un filo di lucine magiche, stava mimando il loro incontro con il troll il loro primo anno, riuscendo con nonchalance ad evitare tutti i dettagli che rivelassero che loro quel primo anno l’avevano vissuto proprio ad Hogwarts. Solo un paio di decenni dopo. E che in fondo la scuola non era un posto così sicuro.

“Merlino, e nessuno si è accorto di quello che stava accadendo al professore di trasfigurazione?”- chiese stupito Gideon, come se fosse una cosa davvero assurda da credere.

Assurda davvero, tanto quanto il diario di Tom Riddle il secondo anno. O i dissennatori a pattugliare Hogwarts al terzo. O un mangiamorte infiltrato come professore… o peggio: uno studente che moriva durante la prova del torneo tre maghi.

Cedric Diggory era morto in quella scuola. 

Lui, Ron ed Hermione avevano rischiato di fare la stessa fine diverse volte.

No, nonostante per lui sarebbe stato sempre il posto da chiamare casa, forse definirlo un luogo sicuro non era esatto.

Né nel futuro e tantomeno nel passato, visto che in quel momento erano i loro stessi compagni di scuola a trasformarsi lentamente ma inesorabilmente in assassini senza scrupoli che avevano come unico scopo quello di dare la caccia e sventrare babbani e babanofili.

Quando la pendola della sala comune scoccò la mezzanotte sembrava che nessuno quella sera volesse andare a dormire. Forse fu per quello o per le urla selvagge di James Potter  e Sirius Black che duellavano rischiando di far crollare l’intera torre, che Gideon e Fabian decisero che era ora di andarsene.

Il coro di proteste che si levò fu immediato, ma altrettanto fu l’apparizione della giovane assistente della classe di Trasfigurazione, una composta ma sempre arguta McGranitt che si palesò poco dopo l’annuncio dei Prewett, scacciando gli studenti scalmanati minacciando di trasformarli in addobbi natalizi se non fossero filati tutti subito nei dormitori.

Conoscendola quello non era decisamente uno scherzo.

Ron però fu decisamente più veloce di tutti gli altri. Mimando di essere inciampato nel filo di luci che ancora gli volteggiavano intorno crollò su Fabian, che gli impedì di schiantarsi in terra, sorreggendolo. In quei pochi istanti Harry si accorse che il suo migliore amico era riuscito a bisbigliare qualcosa all’orecchio dello zio, prima di allontanarsi con la McGranitt che lo minacciava di fargli fare il puntale sino a Natale.

Buon sangue non mente pensò Harry, osservando Fabian annuire leggermente prima di riacquistare la sua aria pacata.

Ora toccava a loro. Ron, Alice, Frank, Sirius, Remus, James erano già pronti. Ted, l’unico non grifondoro, sarebbe sgattaiolato da Tassorosso appena gli avessero mandato il segnale.

E poi c’era Peter. Ma di lui, ancora una volta Harry preferì cercare di dimenticarsene.

Ma forse quella sera qualche maledizione di straforo avrebbe potuto lanciargliela.

Tanto per riequilibrare il fatto che fosse morto troppo in fretta, quando finalmente era giunta la sua ora. L’unica soddisfazione per il bambino sopravvissuto era che erano stati proprio quei migliori amici che aveva tradito ad ucciderlo.

Come lui aveva fatto con James, in fondo.

Era solo giustizia.





 

Bellatrix Black non era mai stata una strega dedita agli intrighi sottili e ai piani complicati, né tantomeno una ragazza dotata di grande pazienza. E soprattutto odiava le critiche.

Per questo quando Malfoy le aveva detto che quello era il piano più stupido dell’universo Rodolphus e Rabastan avevano dovuta fisicamente trattenerla per evitare che gli cavasse un occhio. E se non avesse avuto la bacchetta di Nicholas puntata alla nuca, probabilmente non sarebbe bastato neanche quello.

“Tu finirai per fare qualcosa di stupido ed irrazionale e finirai ad Azkaban prima  o poi, lo sai vero?”-le aveva sibilato il biondo di rimando portandosi una mano alla guancia, dove era ben visibile il segno delle unghie che gli aveva appena lasciato, prima che riuscissero a fermarla.

“E tu invece sono certa che ti tireresti indietro all’ultimo pur di salvarti, vero?- ringhiò cercando di allungarsi il più possibile nonostante il muro di Rodolphus tra di loro.

“Ehm, scusate, se avreste finito io starei qui ad aspettare vestita come una maitresse di quarta categoria,citando una delle sorelle Black. A dicembre. Con la neve. E sto aspettando che qualcuno mi dia una spiegazione”- la voce di Pansy era calma e fintamente annoiata, ma la luce tagliente che illuminava i grandi occhi neri era tutt’altro che rassicurante.

Bellatrix improvvisamente si dimenticò dei suoi intenti omicidi verso il giovane erede dei Malfoy, battendo le mani entusiasta e girandole intorno con aria soddisfatta.

Rabastan accanto a lei ghignò lasciando che il suo sguardo la scrutasse dalla punta dei capelli, ora magicamente allungati sino a metà schiena, rossi e lucidi, indugiando sul seno appena coperto dal vestito di raso lucido sino all’orlo cortissimo della gonna che lasciava scoperte le gambe lunghissime e candide: “Sei uno schianto, piccola. Finito qua potremmo festeggiare ricordando i vecchi tempi ”.

“Non ti è bastata l’ultima volta Rabastan? Che ne dici se questa volta ti lascio nudo in mezzo alla sala comune? O nella foresta proibita, sono certa che qualche centauro apprezzerà”- rispose aggressiva, impedendosi di mostrare quanto quel ragazzo la mettesse a disagio con i suoi sguardi. Rabastan era folle, ma non solo nel modo in cui la gente era abituato a considerarlo. Anche quando erano stati insieme Pansy ben presta si era resa conto che il suo non era un modo di fare sesso senza freni. Rabastan era davvero ad un soffio dal diventare violento, incapace di accettare un no come risposta a qualsiasi sua richiesta. E più di una volta le aveva confessato di eccitarsi all’idea di torturare i babbani.

Il che era troppo persino per i suoi standard non proprio morigerati. E la cosa che la spaventava di più era capire che quella sarebbe stata la sua vita se Carrow e suo padre non fossero morti.

Non si sarebbe chiamato Rabastan Lestrange, ma non sarebbe cambiato nulla. Ed era per questo che non poteva permettere che la loro missione fallisse, a costo di prendere a calci in culo quei dannati grifondoro se necessario. Non che la cosa non avesse un suo fascino, tra l’altro.

Draco la strinse protettivo. 

“Sfiorarala un’altra volta Lestrange e giuro che finirai con qualche arto, o ben altro, amputato. Tanto non sei neanche l’erede del casato, non serve che tu sia in grado di riprodurti”- la voce era gelida come l’aria della notte e la bacchetta a mezz’aria non lasciava adito a dubbi.

Pansy alzò gli occhi al cielo. Quel suo atteggiamento da un lato la inteneriva, ma dall’altro la mandava su tutte le furie. Dei due quella che davvero aveva ucciso qualcuno era lei. E sempre lei quella che aveva minacciato la sua stessa madre pur di ottenere quello che voleva, ovvero la sua libertà. Lui in tutto ciò aveva passato il tempo o a sbaciucchiare la Granger o a lamentarsi di suo padre. E nessuna delle due cose sembrava di alcuna utilità.

Rabastan sorrise maligno, avvicinandosi sino a mettersi di fronte alla bacchetta di Draco, spingendola contro il suo stesso petto.

“Minacciami un’altra volta  e ti ritroverai a guardarmi mentre mi scopo la tua cara amichetta e la tua fidanzatina prima di farle a pezzi. E poi toccherà a te, che dici?”- sibilò con una voce che non riusciva a celare quanto quell’idea lo stesse allettando.

La serpeverde vide la mano di Draco alzarsi leggermente, pronta a colpire. Era evidente che non gliene fregava nulla in quel momento di non far rumore, non attirare l’attenzione su di loro prima che riuscissero a distruggere la collana. L’unica cosa che gli importava era vederlo morto.

Prima che però il giovane riuscisse a lanciare la maledizione vide la bocca di Rabastan spalancarsi in un muto urlo di agonia, prima di crollare in terra, avvolto da fiamme bluastre.

Rodolphus si avvicinò al fratello cercando di domarle ma quelle continuarono ad sfavillare ancora per qualche secondo, prima di spegnersi.

“Siete dei maledetti pazzi!”- ringhiò rivolto nei confronti dei fratelli Malfoy, scagliandosi verso Lucius, prima di venire pietrificato da Draco dietro di lui.

Lucius scrollò le spalle con noncuranza, mettendosi  la maschera come se fosse la cosa più  naturale del mondo.

“Oh andiamo Rod, non te la prendere con loro, è stato Rabastan a provocare. Ma non lo farà più vero Rab? Non cercherai più di litigare con i tuoi amici rischiando di mandare farci scoprire vero? Non vuoi farmi arrabbiare, giusto?”- Bellatrix e la sua vocina infantile che contrastava così tanto con la sua figura sinuosa e carismatica. E soprattutto con la fiamma che le ardeva negli occhi. Poi si girò verso Lucius, la voce di nuovo normale e il viso impassibile - “ Allora non sei bravo solo con l’Imperius. Non preoccuparti avrai modo di testarla su qualche sanguesporco quell’albafiamma e non su un mago purosangue seguace del Signore Oscuro.”

“Tieni al guinzaglio i tuoi cagnolini, Bella.”- rispose quello pacifico di rimando- “ E ora se non ti dispiace, Pansy sta ancora aspettando. E credo che sia a rischio di congelamento, quindi se gentilmente vorresti spiegarle cosa deve fare te ne saremmo molto grati. Sempre che nessun altro voglia renderci partecipi delle sue disgustose fantasie sessuali”:

Una risata, assolutamente fuori contesto, i denti bianchi che rilucevano anche nella notte.

“Bene mia cara, credo che non ci voglia una grande immaginazione per capirlo.Un uccellino mi ha detto che i Prewett stanno andando a trovare il guardiacaccia prima di andarsene, pare che debba dargli i fluidi corporei di non so che osceno animale che vive in quest’ammasso di erbacce. Bene appena si divideranno tu ti avvicinerai a uno dei due e lo distrarrai. Convincilo a venire con te verso questo spiazzo. Noi staremo qui ad attendere e appena arriverà lo colpiremo.Facile e veloce. -” spiegò eccitata rigirandosi la bacchetta tra le dita, impaziente di usarla.”Stai tranquilla ,ci sono talmente tanti incantesimi di disilusione che non si accorgerà di nulla.”

“E se non volesse venire?”- chiese dubbiosa la serpeverde,stringendosi nel mantello. Merlino,neanche lo scorso anno mentre osservava la seconda prova del torneo in camicetta e minigonna aveva sentito così freddo. E poi lì almeno c’era un motivo personale per farlo.

“Oh andiamo, sono certa che sai come convincere un uomo. E se non dovesse bastare, sicuramente ci sarà almeno un secondo in cui abbasserà la guardia. E allora un Imperius basterà a risolvere il problema”- rispose scocciata battendo il piede in terra. Per Salazar Serpeverde, perchè quella sera sembravano tutti fare i capricci?

“Certo che hai proprio una gran considerazione degli uomini, eh Black”- lagnò Lucius Malfoy, la voce purtroppo neanche minimamente attutita dalla maschera. Bellatrix alzò gli occhi al cielo, quella era la volta buona che l’avrebbe schiantato sul serio. Peccato che Lord Voldemort sembrasse averlo preso in particolare considerazione dopo le ultime missioni.

“E’ una considerazione generale, Malfoy. Ma se vuoi saperlo non ho una grande considerazione neanche di te. E ora, basta con le chiacchiere. Mettete su le maschere. E che lo spettacolo inizi”.

Cassandra Carrow era rimasta in silenzio sino a quel momento, osservando. Più lo guardava e più si convinceva che in quel Draco ci fosse qualcosa che non la convinceva. Era certa che la sera in cui l’avevano torturata non avesse usato la polisucco per assomigliare a Lucius. C’era qualcosa che le sfuggiva. Ma ben presto si sarebbe vendicato anche di lui.

Lanciò uno sguardo a Lucius. Ormai lo conosceva e anche dietro la maschera poteva vedere quanto fosse elettrizzato dall’idea di uccidere un auror per lord Voldemort.

Narcissa Black non lo avrebbe mai capito come faceva lei.

Narcissa Black non avrebbe mai potuto condividere certe cose con lui come faceva lei.

E Narcissa Black forse non lo avrebbe mai amato come, purtroppo, aveva scoperto di fare lei.

Per quella sera però ci sarebbe stato qualcos’altro a svagare la mente da tutto quello che aveva perso. Ma un giorno ci sarebbe stato qualcun altro al posto dei Gideon. Qualcuno che gli avrebbe spezzato il cuore e l’anima come lui aveva fatto con lei, facendole scoprire di averne una.





 

Hermione e Ted avevano atteso i grifondoro nascosti nel buio, i cappucci ben calati sul viso, immersi  nell’oscurità del corridoio e attenti a non parlare neanche per paura di farsi scoprire.

Altrettanto non poteva dirsi del gruppo che apparì all'improvviso da una delle colonne. James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus, ovviamente, con i primi due che continuavano a bisticciare su chi avesse barato in non si sapeva bene quale duello. Poi molto più silenziosi e guardinghi Alice e Frank, Jones, Dingle e Deaborn, i migliori elementi tra quelli che avevano iniziato ad allenare nella stanza della necessità. Chiudevano la fila Ron e Harry, i volti tesi e preoccupati.

Hermione li guardò sorridendo. Era solo una delle tante volte in cui avevano rischiato la vita insieme. Ed in fondo quella non era neanche una delle peggiori.

E in fondo molti di loro li avevano già affrontati qualche mese prima. E per i mangiamorte non era finita bene,

L’unica incognita erano Bellatrix e i Lestrange. Hermione non poteva togliersi dalla testa la sensazione che provava ogni volta che si trovava in prossimità delle maggiore delle Black. Il suo potere era quasi tangibile, una forza che la scuoteva dall’interno dando fuoco ai suoi occhi neri. E Rodolphus e Rabastan anche se non altrettanto potenti erano assolutamente folli già a quell’età. E pronti a tutti pur di soddisfare la cara Bella.

E poi c’erano i Malfoy. Se non c’erano dubbi a chi andasse la lealtà di Lucius, i fratelli rimanevano un incognita. Non riusciva a togliersi quella strana sensazione di angoscia che l’aveva colta quando aveva intravisto l’anello tra le mani di Arael Malfoy. E le notizie che si rincorrevano in quelle settimane. Troppi morti misteriosi, e il fatto che loro non ne fossero minimamente sorpresi non faceva altro che rafforzare i suoi sospetti.

In fondo Nicholas l’aveva detto sin da quando il nipote si era rivelato: la famiglia prima di tutto.

I Prewett però non lo erano. Né lei o Harry o Ron. L’unica era sperare che avessero capito quanto Draco sarebbe stato in pericolo nel futuro se solo loro avessero fallito. Senza parlare che dopo il tradimento di Lucius e Narcissa , la testa del loro adorato fratello minore sarebbe stata la prima a saltare.

 

“Bene bene, allora ci volete spiegare cosa diavolo sta succedendo? Il tuo messaggio era piuttosto ambiguo, sai Ronald?”- la voce pacata ma ferma di Gideon Prewett li colse di sorpresa.

Erano arrivati alle loro spalle, senza che riuscissero a sentire neanche un passo su quel pavimento centenario che pure sembrava amplificare ogni suono.

Tenevano le bacchette saldamente in mano ma non gliele puntavano contro. Si limitavano a scrutarli, osservarli in silenzio. Sentivano che quei ragazzini, seppur strambi , non costituivano un pericolo.

“Beh, vi stiamo per salvare il culo”- rispose prontamente e poco prosaicamente James, con il  volto che si apriva in un gran sorriso soddisfatto. L’idea di stare nascosto per lanciare un po’ di maledizioni lo eccitava tremendamente.

“James andiamo, più garbato”. lo blandi Sirius sogghignando imitando perfettamente l'atteggiamento altezzoso di una qualsiasi delle sue zie. O di una certa cugina bionda, ad esempio.

“Scusami milord, non tutti abbiamo l’eccezionale educazione della nobile e antichissima famiglia dei Black: niente parolacce ma torture sugli esseri inferiori come se piovesse”- tubò James sbattendo gli occhioni.

“La potete piantare? Non siete divertenti.” - li riprese Hermione esasperata. Quei due sembravano non prendere nulla sul serio. La sola idea che pareva allettarli era testare i propri limiti e non lasciare persa nessuna occasione per lanciare qualche fattura orcovolante.

“Sei di serpeverde, cosa ne vuoi sapere tu di cosa è divertente?”- rimbeccò Sirius prontamente con voce annoiata.

Hermione Granger dovette resistere all’impulso di schiantarlo sul momento. Se da adulto era un uomo affascinante e carismatico, il Sirius Black preadolescente era assolutamente insopportabile. Pieno di talento e coraggio, senza dubbio. Ma assolutamente insopportabile.

E  a proposito di serpeverde e  di Black…dopo averla convita ad adottare il suo pericoloso piano Andromeda aveva inspiegabilmente deciso di non prendere parte a quella missione. Era rimasta in sala comune a sfogliare un libro con aria annoiata, facendo solo un cenno infastidito con la mano quando Hermione aveva tentato di convincerla.

“Tu sei un Black? In effetti ne hai tutto l’aspetto… solo che sei simpatico”- ridacchiò Fabian squadrandolo - “ E comunque, grazie per il chiarimento. Solo che non credete che possiamo fare un po’ di fatica a credere che due auror professionisti possano essere salvati da un gruppo di ragazzini. E da chi dovreste salvarci poi? Sentiamo un po”

 

Ron e Harry si fecero avanti, prima che i due malandrini potessero creare ulteriore scompiglio.

“Non c’è tempo. Ma dovete fidarvi. Tra poco entreranno in azione. Cercheranno di separarvi, di portare almeno uno di voi verso la foresta proibita. E li sono pronti per attaccarvi”- spiegò Ron il più velocemente possibile. Non c’era tempo da perdere, quei maledetti stavano per colpire. E tra di loro c’era anche Pansy…

“Ma chi ci aspetta? Chi è pronto ad attaccarci? “- chiese Gideon dubbioso.

In quel momento Ron cacciò un urlo, tenendosi il braccio dolorante. Maledetta Parkinson, ancora quel dannato metodo di comunicare. Si tirò su la manica per leggere il messaggio.

“Avevi ragione Herm. sono nascosti nello spiazzo a nord della capanna del guardiacaccia, quella più lontana da tutti. Il posto che abbiamo individuato per l’attacco è perfetto Fred e George ci vanno spesso a provare i loro scherzi esplosivi, conosco una scorciatoia. Se ci muoviamo subito arriveremo in tempo per lanciare la controffensiva.”

“Scherzi esplosivi? Vedi, io continuo a dire che questi Fred e George mi stanno simpatici. Quand’è che me li fai conoscere”- non poté evitare di commentare Sirius, tamburellando distrattamente sul mento con le lunghe dita. Scherzi esplosivi… ma certo, come aveva fatto a non pensarci prima? Durante le vacanze, visto che era costretto a tornare a casa,  ne avrebbe approfittato per  fare qualche acquisto mirato. E il suo rientro ad Hogwarts sarebbe stato in grande stile. Si prospettava un anno grandioso per i Grifondoro. Per i Serpeverde decisamente meno

I due auror continuavano a mostrarsi perplessi, ma quei ragazzini erano cosi risoluti. In particolare la giovane che avevano chiamato Hermione  aveva uno sguardo determinato negli occhi che non ammetteva repliche. Lo sapevano perché era identico a quello della loro sorella minore. 

C’era qualcosa di strano in tutti loro. Una consapevolezza che mai avevano visto in nessun altro. 

Il ragazzo dai capelli castani accanto a lei fece un passo in avanti, poggiando una mano sulla spalla di Fabian : “ So che vi sembrerà assurdo ma non avete idea di cosa questi tre possono fare. Davvero. Su Harry, Drom mi ha detto che sai diventare un cane. Ha aggiunto un cane ridicolo, ma che vuoi farci, è fatta cosi. E poi io sono di Tassorosso, chi è che non si fida di un Tassorosso?”.

“Che carina che è stata. Un’amore”- rimbeccò acidamente il grifondoro, poi sotto gli occhi ammirati non solo dei due Prewett ma anche dei futuri coniugi Longbottom si trasformò con una facilità che sorprese anche lui.

“Uh che dolce, anche come cane ti è rimasta una macchia a forma di saetta”-  commentò Frank abbassandosi alla sua altezza e accarezzandolo con entrambe le mani borbottando : “Chi è il cane più bello di grifondoro eh? Chi è il cane più bello”

Harry si esibi in un ghigno feroce, senza che però il capitano della squadra di Quidditch si scomponesse più di tanto, continuando a grattargli la testa.

Alice sospirando lo prese per l’orecchio costringendolo ad alzarsi.

“Oh ma insomma… ho sempre voluto un cane. E ora è qui…ed è un grifondoro. E un giocatore di Quidditich eccezionale… Ahia Alice mi fai male!”- si lamentò, incurante del fatto che ormai all’Harry cane si vedessero tutti i denti.

“Tu hai preso troppi bolidi in testa.”- commentò invece la ragazza lasciandolo finalmente andare, non prima di avergli lanciato uno sguardo truce. 

Hermione scambiò un’occhiata con Ted. che annuì impercettibilemnte. 

“Fabian ,Harry ti accompagnerà sotto forma di cane, Pansy sa chi è ma non dirà niente stai tranquillo, tu limitati a reggere il gioco.  Gideon, tu torna da Silente e aspettaci li. Dobbiamo sbrigarci o non arriveremo mai in tempo per proteggere tuo fratello”- disse frettolosamente prendendo sotto braccio l’auror mentre Ron faceva lo stesso dall’altro lato, mentre i futuri membri dell’ordine della fenice si disponeva a quadrato attorno alloro, scivolando veloci nell’oscurità della notte. Ted chiudeva la fila. Si girò appena un attimo, sorridendo, prima di mettere la maschera che Hermione aveva dato loro. 

Aveva ragione, non li aveva traditi. Non li aveva lasciati soli,

E non l’avrebbe mai fatto







 

La neve aveva iniziato a scendere sempre più fitta, cancellando velocemente le orme che avevano lasciato sul manto bianco e soffice. Harry alzò il muso verso il cielo, annusando l’aria.

Poteva sentire l’eccitazione dei ragazzi nascosti nell’ombra della radura, codardi in attesa che la loro preda cadesse nella trappola. La stessa e al contempo totalmente differente di quelli in movimento che stavano raggiungendo velocemente la loro posizione, accaldati per la corsa nonostante il tempo gelido, ma con l’adrenalina che li rendeva vigili e reattivi.

E poi in fondo c’era una sottile scia di quello che non aveva niente a che vedere con la sete di potere o con la voglia di mettersi alla prova. 

Quello era l’odore della paura.

E ormai aveva capito bene a distinguere gli odori, sapeva perfettamente da chi provenisse.

Di certo non da Pansy, anche se in lei c’era qualcosa di diverso, una nota che stonava.

E non era quel suo assurdo abbigliamento da ballerina del crazy horse sotto acidi, era qualcosa di più complesso, più sottile.

Il suo odore era diverso.

Lei era diversa.

E soprattutto non portava più quel profumo .

“Sfregiato canino sopravvissuto, non è che potevi farti un bagno prima? Merlino quanto puzzi”- borbottò iniziando ad accarezzare lentamente il collo di Fabian lasciato libero dalla sciarpa portata aperta sul mantello, aderendo a lui con tutto il corpo.

Harry ringhiò per risposta. 

Si era sbagliato, quella psicopatica serpeverde non era cambiata per nulla. 

Ed era sicuro che Ron, sebbene non lo avrebbe mai ammesso, sarebbe stato piuttosto infastidito dalla sua  ragazza che leccava il lobo dell’orecchio di suo zio.

Zio che per inciso era rimasto rigido come una delle statue a guardia di Hogwarts.

“Non ce n’è bisogno di tutto questo..”- provò a schermirsi prima che Pansy gli chiudesse la bocca con un bacio appassionato.

“Ci staranno guardando, deve sembrare reale. E per Salazar Serpeverde certo che siete frigidi in famiglia all’inizio eh.”- soffiò con voce piatta a pochi centimetri dalle sue labbra continuando a giocherellare con una ciocca di capelli.

“Sei una ragazzina. Non è appropriato. Neanche come finzione”- si schermi l’auror rimanendo immobile.

La serpeverde alzò gli occhi al cielo. Grifondoro inutili. Come se a lei piacesse stare nel mezzo della notte mezza nuda a ficcare la  lingua in bocca al primo rosso tarocco che le capitava sotto tiro. Senza ulteriori spiegazioni gli prese la mano e iniziò a trascinarlo verso la radura.

Se proprio quello sciocco non voleva collaborare, che almeno si desse una mossa.

Harry diede un’ultima annusata, poi iniziò a correre davanti a loro, voleva assicurarsi che tutto fosse pronto.



 

Bellatrix sorrise soddisfatta sotto la maschera argentea vedendo le due figure avanzare nella neve, incuranti del freddo,  i passi resi veloci dal desiderio. Non si era sbagliata su quella ragazza, e quando il Signore Oscuro le aveva detto di metterla alla prova non aveva avuto dubbi su cosa farle fare. Portare il piccolo agnellino al macello, essere colpevole tanto quanto chi avrebbe scagliato l’ultima maledizione. E Lord Voldemort aveva ben chiarito chi dovesse essere.

Peccato che avessero deciso di lasciar fuori per il momento il giovane Piton. Aveva capito quanto in realtà il Signore Oscuro avesse una particolare predilezione per quel mezzosangue dalle grandi possibilità. Ma se l’avessero chiesto a lei quello tendeva a pensare troppo e ad agire poco. L’esatto contrario suo che prima lanciava l’incantesimo e poi pensava alle conseguenze.

Doveva trattenersi per non lanciare una maledizione da li, con tutta la potenza che sentiva scorrerle nelle vene, vedere il fiotto di luce che partiva dalla sua bacchetta ricurva e si allungava rapido come un frusta sino a colpire l’auror . Un colpo difficile, che anche pochi maghi adulti sarebbero stati in grado di anche solo di immaginare un incantesimo di un tale livello di difficoltà. Lei però era qualcosa di più. Era una Black.

“La prossima volta amore, sai cosa ha detto Lord Voldemort. Come torniamo a casa ti porterò un babbano con cui sfogarti va bene? O anche un babbanofilo se preferisci. Vedrai sarà divertente. “-le sussurrò Rodolphus in un orecchio, massangiandole la parte bassa della schiena.

La ragazza annuì senza staccare gli occhi dalle due figure che diventavano sempre più vicine, turbata dalla figura pelosa che li seguiva. Non aveva mai visto quel cane ad Hogwarts. Nè aveva alcun senso che i due Prewett se lo fossero portato dietro. Un animagus? E di chi poteva trattarsi? Quell’acida dell’assistente di Silente si trasformava in gatto ma era l’unico animagus registrato presente nella scuola, aveva controllato a inizio anno quando aveva scoperto che Sirius si era fatto mandare dei libri sull’argomento da casa. D’altronde neanche gli elfi di casa Black avevano preso bene lo smistamento di Sirius tra i grifondoro, e non era stato difficile corromperli per qualche informazione succosa. Ovviamente per quegli stupidi esseri essere una Black purosangue era sufficiente per ritenerla degna di fiducia.

Si girò verso Draco  poco dietro di lei, accanto a Nicholas Malfoy. Per la prima volta, i volti coperti dalla foglia d’argento e i cappucci dei mantelli ben calzati sulla testa, la colpì la somiglianza tra i due.  Non era un fatto fisico, più un aura che li circondava, una sorta di famigliarità dei corpi. E per un attimo le ritornò alla mente quella che pensava fossero solo vaneggiamenti dovuti alle torture di Cassandra.

Cassandra Carrow, improvvisamente diventata un docile agnellino, che sapeva stare tramando qualcosa nell’ombra come la viscida serpe che era. Non le aveva perdonato ancora quello che aveva fatto, ma non osava disubbidire all’ordine di Lord Voldemort di lasciarla perdere. Per ora.

“Draco forza. Tocca a te “- disse infine indicando con la bacchetta ricurva il ragazzo schiacciato con la schiena contro un albero, il corpo di Pansy premuto contro il suo che spingeva la testa contro il collo. Era il momento perfetto. Non si sarebbe mai accorto di lui.

“Il piano non era farlo venire qui  e poi attaccarlo tutti insieme? Cosa siete venuti a fare tutti quanti se devo fare tutto io?”- rispose il giovane con voce strascinata. Bellatrix notò appena la postura più rigida del maggiore dei Malfoy alla sua richiesta.

“Siamo qui per essere testimoni del fatto che tu sia degno del grande onore che vuole farti il Signore Oscuro.”- rispose con vocina infantile avvicinandosi  - “ Uccidi lo schifoso traditore o noi uccideremo te. Che ne pensi?”

“Viva il libero arbitrio?”- rimbeccò avviandosi a passi lenti fuori dal confortante cono d’ombra della radura. Pansy stava facendo un buon lavoro, sebbene a distanza più ravvicinata fosse evidente che lo zio di Ron, di cui non si sarebbe mai ricordato il nome, avrebbe preferito avere una bacchetta alla gola che palpare una quindicenne in abiti succinti.

De gustibus.

Si avvicinò ancora, notando dall’altro lato il riverbero di qualcosa di metallico nel buio della radura. Erano pronti, quei maledetti grifondoro . E tassorosso infiltrato. Erano li ad attendere che qualcuno si facesse avanti. E ovviamente quel qualcuno doveva essere lui.

Maledette zie psicopatiche.

Non era quello il piano. Loro dovevano lanciare un’offensiva di gruppo e approfittando della confusione lasciare che i due gruppi si colpissero a vicenda. O almeno questo era quello che aveva capito lui. La fine del Prewett sfigato non era ancora ben chiaro, la  Granger era stata vaga su quello. Fin troppo. Il che voleva dire che lo stava fregando.

E lui l’aveva lasciata fare, dicendosi che l’amava e che non l’avrebbe mai messo in pericolo.
Stronzate.

Quella era grifondoro e guerrafondaia fino al midollo.

Sospirò tirando fuori la bacchetta. Doveva prendere tempo.  La Granger non aveva ancora lanciato il segnale. Cercò di pensare velocemente ad una maledizione che potesse anche solo essere simile avada kedavra. O sperare che Pansy smettesse di risucchiargli le labbra e lo lasciasse respirare.

Cosi si sarebbe accorto di qualcuno che veniva ad ucciderlo.

E avrebbero guadagnato tempo

Certo non sarebbe stato piacevole.

Ma comunque meglio di lanciare una maledizione senza perdono per la prima volta in vita sua.

Poi sentì un ringhio feroce accanto a lui e un forte dolore al braccio.

Incredulo guardò in basso.

Quel cane di Potter l’aveva morso.

Ed era certo che nonostante fosse un dannato cane se la stava ghignando soddisfatto.

Quello stronzo non aveva fatto finta.

Gli aveva dato proprio un bel morso,

Sfregiato sopravvissuto del cazzo.

Prima che però potesse sul serio testare con mano quanto la speranza dei maghi fosse invulnerabile all’Avada Kedavra, accanto a lui iniziarono a volare schiantesimi.

E fu il caos.



 

Andromeda era rimasta in disparte a guardare come evolveva la situazione. Era certa che sua sorella avesse qualcosa in mente di cui non aveva parlato a nessuno. Quello spiegamento dei seguaci più fedeli di Lord Voldemort non aveva senso per un solo auror, per quanto eccezionale. E aveva notato come aveva guardato Draco in quei giorni. Era stata quasi tentata di raccontare tutto a Narcissa, tanto per vedere come avrebbe reagito sua sorella .

E come al solito aveva ragione. Era una prova. Voleva vedere se quella nuova aggiunta al loro gruppetto di psicotici avrebbe avuto il coraggio di ammazzare un uomo a sangue freddo.

Per fortuna che Harry aveva reagito con prontezza, dando a Draco una scusa per non portare a termine il compito. Certo sembrava averci messo un po’ troppo gusto in quel morso, ma chi era lei per criticarlo?

E ora nella radura si era scatenato il putiferio. con nessuna delle due fazioni che voleva cedere.

Il gruppo di Bellatrix dopo un primo momento di smarrimento era intervenuto ma era evidente che il loro scopo fosse quello di non lasciare testimoni.

Nonostante le maschere e i mantelli era in grado di distinguere ciascuno di loro.  I Lestrange erano riconoscibili anche solo per l’entusiasmo con il quale stavano lanciando maledizione su maledizione contro Alice e Frank . Ma tutto quell’addestramento aveva dato i loro frutti, i grifondoro aveva parato ogni colpo dei fratelli, aumentando ancora di più la loro rabbia e frustrazione. Ted stava duellando con Yaxley, ma anche lui sembrava cavarsela alla grande. E il gruppo di suo cugino aveva accerchiato Pansy e Draco. Altri due grifondoro di cui non ricordava il nome se la stavano vedendo con i Malfoy. Sperò solo che Arael e Nicholas tenessero fede alla parola data.

Quello che la preoccupava era però la figura immobile ai margini della radura, incurante di tutto quello che stava accadendo. Nonostante non avesse un solo centimetro di pelle visibile quella postura altera e regale era inconfondibile. Bellatrix come un generale di altri tempi era rimasta a guardare il caos infuriare. 

E il fatto che sua sorella non agisse era ancora più preoccupante.

Dovevano sbrigarsi. Draco doveva sbrigarsi. Se Bellatrix avesse deciso di entrare nella battaglia sarebbero stati guai seri per tutti.

Guardò l’orologio, preoccupato. Sperò solo che suo nipote  per una volta decidesse di seguire quanto gli era stato detto. E che sua madre gli avesse insegnato ad essere puntuale.Mancavano solo pochi minuti. 

 

Finalmente la lancetta dorata si illuminò.Era giunto il momento.

Vide il fiotto dorato di scintille che illuminò la radura. Era certa che Bellatrix avesse pensato ad un incantesimo di protezione e disillusione, non sarebbe venuto nessuno a salvarli.

Ma quello non era un vermillios. Era un segnale .

Al di la del fragore sentì distintamente la voce di suo nipote urlare 

Avada Kedavra

E il corpo di Fabian Prewett cadere in terra.

Morto.

O meglio, morto quanto poteva farti sembrare il distillato della morte vivente che Ted aveva fatto scivolare nella tasca del ragazzo prima che si allontanasse con Pansy,

Una piccola modifica fatta da due delle streghe più intelligenti mai viste ad Hogwarts.

L’idea a dire la verità gliel’aveva data Cassandra, con lo spillone.

Un ampolla con una punta acuminata che nessuno avrebbe notato sino a quando non fosse stato lanciato l’incantesimo rivelante. 

Quando le prime scintille dorate avevano iniziato a brillare, Fabian si era portato la mano al fianco, ma era già tardi, il veleno aveva iniziato a penetrare nella sua carne e non c’era più niente da fare.

E mentre Hermione lanciava l’incantesimo di attivazione lei si era assicurata di lanciare uno scudo invisibile davanti al fratello di Molly, che aveva deviato l’avada Kedavra, comunque troppo debole di suo nipote.

Sentì urla, tantissime urla.

Disperate dei grifondoro che non avevano idea di cosa fosse successo.

Di gioia dei futuri mangiamorte che festeggiavano il battesimo di fuoco di uno di loro.

Oh Lord Voldemort sarebbe stato davvero contento, non c’era dubbio.

Ma non aveva idea delle serpi che stava per mettersi in seno.

Si girò lanciando un’ultima occhiata a Ted, incrociandone lo sguardo. 

Doveva tornare nei sotterranei prima degli altri.

Nessuno avrebbe  mai dovuto neanche ipotizzare la sua presenza quella sera.

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Capitolo 27
*** Capitolo 27° ***


Tutto era andato a meraviglia, in un modo che neanche aveva osato immaginare. Doveva ammettere che l’idea di Bellatrix l’aveva preso alla sprovvista e soprattutto che aveva dubitato che Draco sarebbe riuscito a portare a termine la missione. Per un momento l’aveva visto esitare, cercare con la coda dell’occhio un aiuto che non sarebbe arrivato. E dentro di lui aveva tremato, sapeva bene cosa sarebbe successo se si fosse rifiutato di lanciare l’anatema. Un morto ci sarebbe stato comunque quella sera.

Non gli era sfuggito come i suoi fratelli si fossero irrigiditi alla richiesta della Black e non faticava a capirne il motivo, anche loro si erano inspiegabilmente affezionati a quell’insopportabile ragazzino sbucato dal nulla.  Non era la prima volta che vedeva uccidere qualcuno. D’altronde anche il massacro avvenuto con quell’orrida stilista era opera loro… strano davvero che nessuno si fosse chiesto come mai quella stupida donna aveva deciso improvvisamente di sventrare come un pesce il proprietario del negozio del più famoso  di artefatti oscuri di Nocturn Alley. Pregava solo Merlino che quel maledetto auror babbanofilo decidesse di crepare in fretta.

Poi c’erano state le urla e gli incantesimi avevano iniziato a saettare vicino a loro, gettandoli in un primo momento nel panico.  Non si aspettavano di certo un attacco: pensavano che sarebbero stati soli, che nessuno li avrebbe intralciati. Di colpo invece ecco dal nulla apparire un gruppo di figure mascherate. Dalla corporatura sembravano della loro stessa età, qualcuno addirittura più giovane. Studenti, quindi. Ma non c’era nessuno dei loro compagni che fosse in grado di lanciare incantesimi del genere.

Tranne Andromeda, ma era assolutamente sicuro che lei non fosse tra quelli che l’avevano attaccato.

Era certo che ormai dopo tanti anni fosse  in grado di riconoscere la sua magia.

Se ne sarebbe accorto.

Bellatrix se ne sarebbe accorta.

E poi l’aveva sentito.

Avada Kedavra

E l’aveva visto.

Un lampo verde che fuoriusciva dalla sua bacchetta.

Quel borioso auror si era accasciato al suolo.

Il suo cuore era esploso. L’aveva fatto.L’avevano fatto. Avevano ucciso un auror.

Lord Voldemort sarebbe stato fiero di loro. 

Prima i sanguesporco come nella strage di qualche mese prima.Poi i traditori del sangue, come quel Prewett. Piano piano stavano costruendo un mondo migliore, fatto di soli maghi, un luogo dove vivere e prosperare.

Sanctimonia vincet Semper.

La purezza vince sempre.

Lord Voldemort sarebbe stato contento.

Abraxas sarebbe stato contento, era certo che il Signore Oscuro gli avesse raccontato come lo avessero servito bene in quei mesi.  Era sicuramente  per questo che  aveva acconsentito a sciogliere il fidanzamento senza colpo ferire, senza inviargli neanche un messaggio in cui descriveva in gran dettaglio tutto quello che gli avrebbe fatto una volta che fosse stato a portata di bacchetta.

Si, forse quell’anno per la prima volta non avrebbe passato le notte sveglio per il terrore di sentire i passi pesanti di suo padre nel corridoio. E non si sarebbe risvegliato dopo aver perso i sensi chiuso nelle segrete del Maniero chissà da quanto tempo.

I compagni attorno a lui esplosero in grida di gioia,mentre la sua mente era invasa da mille pensieri 

Avevano ucciso un auror, uno dei più promettenti e pericolosi, uno dei maggiori ostacoli sulla via del potere di Lord Voldemort.

Nessuno avrebbe dormito quella notte a Serpeverde.

La mattina, quando il sole sarebbe sorto, Hogwarts avrebbe avuto un risveglio speciale. 

Una sorta di regalo di Natale.

Nessuno sarebbe stato più lo stesso.

Nessuno si sarebbe più sentito al sicuro.

Ma c’era ancora una cosa che doveva fare per renderlo davvero perfetto.

Doveva trovare Narcissa.

E dirle che era libero.

Che era il primo giorno della loro nuova vita.

E non avrebbe permesso a nessuno di portargliela via.





 

Sapeva di non essere stato lui, la base dell’Avada Kedavra era il desiderio di togliere la vita a qualcuno e più forte lo si sentiva migliore sarebbe stata la maledizione, e l’unica persona che avrebbe voluto davvero davvero vedere morta era una certa strega sedicenne che sentiva alitargli sul collo nonostante tutto.

Eppure quando vide cadere in terra Fabian Prewett per un attimo aveva pensato con terrore di essere diventato  un assassino, quello che suo nonno avrebbe sempre voluto diventasse. Persino Potter doveva aver avuto qualche dubbio, visto che per un attimo si era come pietrificato, le zanne ancora attorno al suo braccio. Almeno aveva evitato di stringere troppo, che carino.

E poi solo le urla selvagge dietro di sé, mentre l’idea di aver ucciso un auror sembrava dare nuovo vigore alle maledizioni dei giovani seguaci di Voldemort.

Nonostante portassero la maschera era certo che i futuri membri dell’Ordine della Fenice fossero rimasti spiazzati,atterriti dall’idea di aver fallito così miseramente.

Poveri cuccioli, ignari di aver in realtà salvato uno degli eroi della resistenza. Tuttavia era necessario che il mondo credesse il giovane Prewett morto, almeno sino a quando loro non fossero tornati indietro lasciando che le pieghe della storia si dispiegassero in tutta la loro atrocità.

Poi riconobbe le voci di Weasley e di Potter, tornato umano nel folto della radura e di nuovo buttatosi a capofitto sul campo, lanciare gli schiantesimi che permisero ai giovani malandrini di sfuggire alla maledizione di Rabastan Lestrange che viaggiava veloce verso di loro. Si chiese angosciato dove fosse la Granger, non riuscendo a scorgere la sua sagoma famigliare da nessuna parte.

Non l’aveva vista per tutta la durata dell’attacco, costretta  a nascondersi affinchè il loro sotterfugio potesse funzionare, che nessuno vedesse l’incantesimo di attivazione dell’amuleto.

Vide un lampo nel buio della radura seguito da un muro di luce accecante che veniva verso di loro. Ebbe appena il tempo di proteggersi gli occhi assecondando l’energia che lo investì in pieno. Eccola la natababbana più intelligente della sua generazione.

Decisamente in gran forma.

Quando furono nuovamente in grado di vedere m i grifondoro erano spariti, volatilizzati ad essere precisi, insieme al corpo di Fabian Prewett.

Sentì Bellatrix imprecare dietro di lui, furiosa per essere stata beffata all’ultimo, depredata della sua idea di esporre il cadavere sulla torre di astronomia, a monito che il regno di Lord Voldemort stava per iniziare.

“Amore, stai tranquilla. Ci saranno tanti altri morti. Diamo a quegli sporchi traditori la patetica consolazione di seppellire quella patetica scusa di mago”-cercò di blandirla Rodolphus, già annoiato all’idea dei capricci che avrebbe fatto Rabastan per non aver potuto realizzare una collana con gli intestini dell’auror da mettergli a mo’ di corona funebre. E poi Bellatrix di cattivo umore poco prima delle vacanze estive avrebbe solo significato dei giorni di inferno per lui. E niente sesso.

“Lo volevi morto no? Lo abbiamo visto tutti. Forza torniamocene nella Sala cCmune a festeggiare”- la voce pacata e calma di Nicholas Malfoy le arrivò come se stesse parlando dal fondo della foresta proibita invece di essere accanto a lei. Dentro di sé però non poter fare a meno di ghignare. E così alla fine quella farsa era stata di successo. 

Ora bisognava solo attendere. 

Ed eccola quella risata da folle che iniziava a lasciar andare sempre più spesso, persa dietro chissà quali pensieri. Una risata infantile eppure così profondamente malata da far venire i brividi.

“Ma si, hai ragione, tanto sarà comunque cibo per vermi. Mi dispiace, Rab, come ha detto Rodolphus non mancherà l’occasione per giocare di nuovo insieme”- esclamò in un impeto di gioia, stringendo Draco e Pansy in un abbraccio. Poi si staccò appena, le mani ancora sulle loro spalle, sorridendo con calore-“E a proposito di bei momenti da passare insieme, avete già impegni per il 21 dicembre?”

Uno a zero per serpeverde, sfigati grifondoro del cazzo, pensò Pansy.

Era dall’inizio che diceva che era Bellatrix la sorella su cui puntare. E decisamente incantesimi proibiti ed omicidi erano la via maestra per raggiungere la sua fiducia.

Ora dovevano solo sperare che gli stupidi parenti di Weasley non mandassero tutto al diavolo.



 

Quel giorno c’era decisamente aria di tempesta, l’aveva sentito appena sveglia. Una volta non era raro vedere Belaltrix così su di giri. Più volte da piccole l’aveva svegliata nel cuore della notte, eccitata per qualcosa che aveva scoperto, un sogno particolarmente vivido che aveva fatto, o  anche solo per farle vedere la prima neve caduta. 

Era sempre stata così, senza freni,senza paure, pronta a sfidare il mondo che sembrava sempre troppo piccolo per contenerla.

Quanto volte si era ritrovata a sgattoialare fuori nel cuore della notte, imbacuccata nei vestiti che le sorelle avevano trovato a portata di mano, per correre a giocare senza che nessuno le disturbasse. Quando erano più grandi, invece,uscivano per delle lunghe passeggiate notturne, padrone dei dintorni. Era capitato addirittura che si intrufolassero a Knocturn Alley, dove trovavano sempre qualcuno disposto a farle entrare nei locali, nonostante fossero poco più delle ragazzine.

Quando Bella era andata ad Hogwarts Villa Black era diventata molto più silenziosa, ma Andromeda era riuscita a mantenere viva la tradizione di far saltare i nervi ai loro genitori questionando su ogni più piccola cosa. E cercando di allontanarla da loro il più possibile.

Poi anche lei era stata ammessa, era stato come se le venisse strappato un pezzo di sé. Ricordava ancora quando era andata a salutarla al binario e l’aveva stretta forte, promettendole che sarebbe tornata presto e le avrebbe scritto ogni giorno. E l’aveva fatto.

Andromeda e Bellatrix, cosi simili fisicamente eppure due mondi opposti che però finivano inevitabilmente per scontrarsi.

E in più di un litigio c’erano andati di mezzo mobili antichi e pareti riccamente decorate. Era certa che anche ad Hogwarts ci fosse stato qualche ragazzino del primo anno che aveva dovuto subire gli strali di una discussione tra le Black.

Da quando però aveva conosciuto Lord Voldemort, Bellatrix era cambiata, a stento riusciva a riconoscere la bambina coraggiosa dietro la strega che incuteva timore anche ad un lupo mannaro. Severus le aveva raccontato la scena che era accaduta alla riunione con Lord Voldemort e non esitava a credere che sua sorella avrebbe davvero staccato la testa di Greyback se solo ne avesse avuto l’opportunità. 

E da quel momento la tensione tra lei e Andromeda era diventata talmente forte da essere evidente anche all’ultimo sprovveduto tassorosso di Hogwarts. E per fortuna Drom non aveva notato lo stupido ritaglio di giornale babbano che Bellatrix teneva nel suo baule e che le aveva mostrato un giorno, ridendo estasiata, certa che quella lettura le avrebbe fatto piacere. Aveva aggiunto qualcosa a proposito di Lucius, dicendo che alla fine forse poteva anche avere una sua utilità dopotutto, e insinuando che non l’avrebbe ucciso se le avesse chiesto di uscire. Quanta magnanimità.

Non che le importasse molto di babbani morti, erano ben al di sotto della sua soglia di attenzione. C’era un’altra cosa che la tormentava ultimamente.

Se lei  fosse stata solo una scusa, un pretesto per entrare nelle grazie di Bellatrix e del Signore Oscuro? O peggio, fosse stata solo un capriccio, una sorta di frutto proibito che avrebbe gettato via una volta assaggiato.

Non aveva osato confidare i suoi timori alle sorelle, certa che l’avrebbero presa per folle, doppiamente sia perchè ormai era chiaro che fosse innamorata di un ragazzo che fino a pochi mesi prima non perdeva occasione per tormentarla, sia per farsi tutte quelle paranoie.

Le avrebbero detto di andarci a letto e togliersi il pensiero. Se fosse rimasto, bene. Altrimenti avrebbe di certo trovato di meglio. Sicuramente di più sano mentalmente.

Eppure lei non riusciva a decidersi. Sapeva bene che gli sarebbe bastato schioccare le dita per ritrovarselo nel letto. Ma non ci riusciva. E non solo perché sarebbe stata la sua prima volta, d’altronde con qualcuno doveva pur cominciare.

No. Narcissa Black aveva sempre saputo cosa voleva e cosa no. E in quel momento voleva disperatamente Lucius Malfoy. Se lui l’avesse abbandonata dopo essere stato con lei,se si fosse rivelata davvero un capriccio, non l’avrebbe potuto sopportare.

Era certa che la sua corazza da principessa di ghiaccio, che così tanto aveva impiegato a costruire per il mondo esterno, sarebbe crollata in mille pezzi.

Forse era perché non ne aveva mai visto molto in famiglia, ma non era così che si aspettava fosse l’amore. Per molti il matrimonio era solo un accordo di convenienze, un modo per stringere alleanze e garantirsi una discendenza purosangue. La stessa Bellatrix, che pure aveva scelto da sola il marito, sembrava aver trovato in Rodolphus più un amante adorante e pronto a seguirla nella crociata di Lord Voldemort che qualcuno da amare.

Gli occhi di Andromeda, invece, da qualche mese avevano iniziato a brillare di una luce diversa, ma aveva avuto paura di chiederle perché. Era evidente che non si trattasse di una delle storie da poco conto che aveva avuto in passato, ma il fatto che non si fosse confidata con nessuno di certo non era un buon segno.

Chiederglielo avrebbe significato rendere reale una delle sue più grandi paure.Perché era chiaro che nessuno nella famiglia Black avrebbe tollerato quello che lei aveva già capito. Andromeda, la sua splendida e  intelligentissima sorella, si era innamorata di qualcuno di inimmaginabile. 

Ricacciò l’idea al fondo dei suoi pensieri passandosi nervosamente una mano tra i lunghi capelli dorati, fermandosi un attimo a giocare con le punte distrattamente, come aveva fatto Lucius l’ultima volta che si erano visti. Si morse le labbra, ricordando il tocco caldo della bocca contro la sua, morbida ed impaziente.

Poi però ripenso ai pettegolezzi che aveva sentito ultimamente e le montò una furia gelida.

Forse era vero. Lui aveva sempre mentito, in fondo era bravo in quello.

Voleva solo aggiungerla alla sua collezione.

Doveva capire cosa provasse per lei, e in fondo sapeva perfettamente come fare. Essere una Black aveva i suoi vantaggi.

Come se l’avesse sentita, Lucius Malfoy entrò di corsa nella sala comune di Serpeverde, illuminandosi in volto appena la vide raggomitolata sul divano, il libro che le aveva regalato in grembo.




 

Per la seconda volta quella sera si rese conto di essere estremamente fortunato, neanche avesse utilizzato la Felix Felicitas che Lumacorno aveva promesso per la migliore pozione dell’ultima lezione e che alla fine aveva strappato all’ultimo ad una furiosa Andromeda Black, non senza una buona dose di sotterfugi. Per fortuna che ultimamente sembrava con la mente immersa in altri pensieri.

Era rientrato di corsa a Serpeverde, prima che gli altri facessero il loro rumoroso rientro, sperando in qualche modo di riuscire a trovare una ragazza sveglia che gli chiamasse Narcissa. Ormai non dovevano più nascondersi,  voleva urlare al mondo che per lui esisteva solo lei, la splendida e altera principessa di serpeverde.

Quasi le si buttò addosso, abbracciandola e affondando il viso tra i suoi capelli, respirando a pieni polmoni il suo profumo, lasciandosi inebriare.

Sentì la sua mano passare leggera sulla nuca, procurandogli un brivido di piacere che da tempo non sentiva.

“Tutto bene? Sembri sconvolto. Dove sono gli altri?”- gli chiese preoccupata a voce bassissima, continuando ad accarezzarlo

“L’ho fatto, Narcissa. Ci sono riuscito.”- le disse prendendole il volto tra le mani e baciandola con foga. 

Quando finalmente lasciò che si staccasse da lui la sentì ridacchiare : “Cos’è hai iniziato a bere per caso? Merlino non ti ho mai visto cosi”

Appoggiò la fronte contro la sua, tenendole ancora una mano sulla nuca, per evitare che si potesse allontanare anche solo di un centimetro.

“Sono libero. Il fidanzamento è stato ufficialmente sciolto. Oggi ho cercato di dirtelo ma non c’è stato tempo e dopo cena eri sparita. E poi siamo dovuti andare nella radura…e  … per Salazar Serpeverde…non hai idea di cosa è successo.”- le mormorò a fior di labbra.

La tensione, l’adrenalina di quella sera, il senso di potenza che lo aveva scosso, tutto si era trasformato in puro desiderio. E lei era così maledettamente bella e così dannatamente vicina. Voleva baciarla fino a non avere più respiro, fino a non capire dove finisse la sua pelle candida e profumata e iniziasse la sua bocca, voleva sentirla addosso come mai aveva desiderato nient’altro in vita sua.

La strinse di più a sé,  spingendola contro il suo torace, la mano che scivolava sotto il soffice maglioncino fino a toccare la schiena morbida e sinuosa. Il contatto con la sua pelle calda gli diede un brivido, neanche fosse un ragazzino alla sua prima cotta. Soffocò un ghigno, dopo tutte le ragazze che aveva avuto aveva capito che nessuno aveva mai significato davvero niente. Non c’era altra donna che significasse di più per lui, e non era un capriccio di un momento, sentiva che per una volta nella sua vita stava davvero facendo la cosa giusta.

Appoggiò la testa contro la sua spalla, cercando di calmarsi. La linea morbida che sinuosa ed elegante si congiungeva con le spalle esili sembrava fatta apposta per lui. Era davvero il suo luogo sicuro, l’unico posto al mondo dove avrebbe mai voluto essere.

Sentiva il suo corpo rispondere al suo tocco quasi fosse un pianoforte sul quale avrebbe suonato la migliore melodia della sua vita. Mentre faceva scivolare entrambe le mani sulla vita sottile, iniziando ad esplorare con la lingua la curva invitante del collo, però la sentì irrigidirsi. 

“Lucius, smettila”- la voce di Narcissa era poco più di un respiro e resa indiscutibilmente roca da quello che sapeva riconoscere essere desiderio. Eppure era stata chiarissima.

Si diede mentalmente dell’idiota, allentando un po’ la presa ma restando nella stessa posizione, le labbra ancora a sfiorarle la pelle.

“Ho detto smettila”- ripeté più forte allontanandosi da lui con più decisione rimettendosi seduta con la schiena ben poggiata contro il bracciolo, di traverso in modo da guardarlo ma non così vicina da non riuscire a resistergli.

Lui alzò le mani in segno di scusa : “Perdonami Narcissa, sono stato  un idiota… ma tu sei cosi bella e non vedevo l’ora di poterti baciare sul serio e non nascosti da qualche parte come due ladri”.

“E quindi perchè sono bella tu hai deciso che puoi cercare di scoparmi sul divano della sala comune? Molto elegante devo dire”- commentò stizzita, mentre due laghi grigi la guardavano tra lo spaventato e il perplesso. Non l’aveva mai sentita esprimersi così.

“Ma no, cosa dici…”

“Chiariamo una cosa Malfoy, io non sono una dei tuoi passatempi, fattelo entrare in testa subito”

Il ragazzo sgranò ancora di più gli occhi  passandosi una mano tra i capelli esasperato“ Ma  cosa ti è preso? Sai benissimo che per me sei speciale. Merlino ma cosa devo fare per dimostrarlo?Hai idea di quello che ho fatto per te? E poi siamo tornati a Malfoy? Sei seria?”

Narcissa alzò un sopracciglio biondo, squadrandolo con aria gelida.

“Per me? Dove è andato a finire il noi? Sono passati dieci minuti e già pensi di rinfacciarmi le cose?”- rimbeccò

“Ma ti ha morso un’acramantula? Si può sapere cos’hai?Salazar Serpeverde, stai rovinando quella che doveva essere la serata migliore della mia vita”- sbottò il ragazzo alzandosi di scatto.

Non riusciva a crederci.. si era dannato l’anima per poter stare con lei, ed eccoli lì, i geni dei Black nascosti in un affascinante ed elegante involucro dagli occhi color zaffiro.

“Beh puoi sempre chiedere alla Lodge, no? Sarà contenta di sapere che sei finalmente libero Oh, scusa… anche quello l’hai fatto per me? Povera stella, chissà che fatica” disse con furia gelida alzandosi e sistemandosi stizzita le pieghe della gonna - “E ora perdonami ma davvero non ho voglia di stare a sentire le tue scuse. Domani sarà una giornata lunga e voglio andare a riposare”.

Lucius la guardò allontanarsi basito , senza riuscire a realizzare che stesse accadendo sul serio.


 

Quando Draco entrò nella sala comune non c’era nessuno a parte suo padre che fissava sbigottito un punto davanti a sé, come se non riuscisse a credere ai suoi occhi, la testa scarmigliata tra le mani, le labbra ancora arrossate. Alzò appena gli occhi quando lo sentì entrare.

“Tutto bene?”- chiese Hermione accanto a lui, dubbiosa. Era davvero poco probabile che fosse sconvolto per quello che aveva visto nella natura. Decisamente c’entrava qualcos’altro. O meglio qualcun altro. Qualcuno a cui il serpeverde del suo cuore doveva metà dei suoi geni, probabilmente.

“Black. Sono tutte pazze”- mormorò invece sconsolato gettando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi come per scacciare la follia a cui aveva appena assistito.

Draco non poté fare a meno di ghignare.

“Oh e ancora non hai idea di quanto”.



 

Hermione accompagnò Draco sin sulla porta del suo dormitorio, fermandosi appena contro la porta di mogano scura come il resto dei mobili di Serpeverde.  Pelle lucida, marmi lucenti e preziose rifiniture argentate. Quella era da mesi diventata la sua casa e pur apprezzandone il pregio sapeva che non si sarebbe mai sentita a suo agio. Lei voleva il calore di Grifondoro, la vista delle grandi vetrate baciate dal sole che abbracciava i giardini di Hogwarts, l’oro e il rosso avvolgenti e le risate di Ron ed Harry che risuonavano ovunque.

A serpeverde, nonostante nessuno sapesse davvero chi fosse, non si era mai sentita a suo agio. Persino lo sciabordio delle acque del lago nero la innervosiva più che calmarla, senza contare che ripensare al loro incontro con la Dama del Lago non la faceva affatto sentire più tranquilla: aveva detto che la pietra era stata maledetta da Merlino in persona, neanche la spada di Godric Grifondoro avrebbe potuto distruggerla. E la zanna di basilisco che avevano utilizzato per il diario di Riddle…beh avrebbe significato far aprire ad Harry la camera dei segreti, cosa che non solo avrebbe un filo insospettito Voldemort… ma ..chi diavolo sarebbe stato così stupido da liberare un mostro stermiantore di nati babbani quando Bellatrix e la sua cricca erano a piede libero?

Una volta riusciti ad impossessarsi dell’horcrux avrebbero dovuto consegnarlo ad Arael Malfoy, e per quanto la zia di Draco le potesse ispirare fiducia non era certa di voler testare con mano la sua fedeltà ad una causa da babbanofili.

Sospirò appoggiandosi contro la parete e attirando Draco verso di sé. Era stata una lunga giornata, ma dal rumore che proveniva dalla sala comune era chiaro che la notte sarebbe stata ancora più lunga. Gli altri erano arrivati, ubriachi di adrenalina e alcol.

Era un miracolo che non avessero svegliato tutta la scuola.

“Dannazione, volete far silenzio? Se continuate così si sveglierà non solo Lumacorno ma persino Dippet … e addio segretezza. Tanto valeva attaccarlo nella sala grande”-Draco ridacchiò contro le sue labbra sentendo la voce scontrosa di suo padre levarsi in quel casino.

Decisamente sua madre sapeva come rovinargli la festa, in qualsiasi tempo.

La grifondoro gli catturò il labbro inferiore, impaziente. Non aveva più voglia di stare a sentire quei folli, l’unica cosa che voleva era stare con lui, finalmente in pace, senza mostri da combattere.

Era un’idea folle in quel momento ma era esausta, non riusciva più a fingere di essere chi non era. Nel suo tempo non poteva amare chi voleva alla luce del sole. Adesso poteva stare con Draco ma doveva mentire su tutto, rinnegare tutto ciò in  cui credeva. Sentire quei discorsi osceni sui babbani. Su quelli come lei.

Se lo strinse di più addosso, aveva sul serio temuto che non ce l’avrebbero fatta quella sera, che lui si sarebbe tirato indietro, che non si sarebbe fidato di lei. O che qualcuno dei grifondoro perdesse la testa. Sino a quando lei e Andromeda, apparsa dal nulla con una passaporta, non erano riuscite a portare Fabian in salvo aveva avuto il terrore che qualcuno scoprisse il bluff, condannando non solo loro ma l’intero mondo magico

“Malfoy, perchè non ti vai a chiudere da qualche parte come il solito e la smetti di affliggerci con i tuoi malumori del cazzo?Sono certa che ci saranno molte candidate”- sentì qualcuno rimbecca re, forse Dolohov, vista l’eleganza.

Si era aspettata di sentire rumore di lotta dopo un’uscita del genere. O almeno qualche recriminazione. Un’imprecazione almeno.

Invece il nulla.

E se Draco era troppo impegnato a torturarle il punto che sapeva bene essere molto sensibile appena sotto il lobo, lei aveva capito subito che non era un buon segno.

Non fu troppo sorpresa quindi quando vide passare accanto a loro un furioso Lucius Malfoy che senza troppi riguardi prese il futuro figlio per un braccio trascinandolo via.

“Scusa Granger, te lo sbatti dopo eh?Ora deve stare a sentire me”- borbottò mentre spingeva Draco  verso la stanza in fondo al corridoio.

“Cosa… ma perchè? E lasciami…”- lagnò Draco cercando disperatamente di smarcarsi dalla presa di Lucius.

“Perchè io ho bisogno di parlare con qualcuno..devo capire se sono io un deficiente o quella è pazza. E mio fratello è sparito. Quindi zitto e cammina”- rispose l’altro per niente turbato spingendolo dentro la camera di Nicholas e chiudendo la porta.

Hermione li guardò scomparire non riuscendo a nascondere un sorriso.

Decisamente quella non sarebbe stata una serata piacevole per Draco.

Decisamente. E la risposta conoscendo il cocco di mamma la risposta alla domanda di Lucius poteva essere una sola.






 

In cinque anni di Hogwarts né Harry né Ron erano mai entrati negli appartamenti privati  di Silente. E in fondo capivano bene il perchè. In confronto la stanza delle necessità sotto forma di ripostiglio era un posto per asceti. Pile e pili di libri si innalzavano in ogni angolo possibile, tenuti insieme solo dalla magia, sempre che non lasciassero che le figure al loro interno iniziassero ad azzuffarsi. In quel momento era in corso una lite tra un alchimista del seicento e uno sparuto gruppo di quelli che sembravano filosofi preclassici. Superata la fase delle argomentazioni razionali erano passati agli insulti degni dei migliori ubriachi de la “Testa di porco”. E poi oggetti di tutte le forme e tipi, da biglie piccole poco più della capocchia di uno spillo affastellate nei recipienti di vetro a pergamene e rotoli di ogni forma e misura, sino a bottiglie ripiene di liquidi dal nero della notte senza luna sino al giallo più squillante, passando per ogni sfumatura che l’occhio umano potesse mai essere in grado di registrare.

In realtà, se proprio avesse dovuto descriverla, era proprio così che si immaginavala testa di Silente.

Capire cosa avesse davvero in mente era davvero una sfida improba, persino per il bambino sopravvissuto. Ad esempio sarebbe stato carino se glielo avesse detto prima di aver consegnato non uno ma ben due oggetti magici di dubbia provenienza a due delle streghe più reticenti di qualsiasi generazione: un medaglione che avrebbe permesso all’auror di continuare a dormire simulando la sua morte senza che l’effetto del veleno lo uccidesse sul serio  ingannando anche ill più smaliziato dei seguaci di lord Voldemort, ovvero Bellatrix Black e futuro consorte, e una passaporta che aggirava il divieto di smaterializzazione ad Hogwarts e che conduceva dritti dritti in quelle stanze. O meglio, aveva condotto le due streghe di cui sopra e il corpo inanimato dello zio di Ron nelle suddette stanze. Loro si erano ritrovati improvvisamente a convincere dei grifondoro testardi come muli e pronti a saltare alla gola dei futuri mangiamorte senza pensarci due volte a rientrare di corsa nella sala comune.

Dove ovviamente erano esplosi in una serie di proteste piuttosto veementi, oltre all’accurata descrizione di una serie di fantasiosi modi in cui avrebbero portato avanti la loro vendetta e a coloriti improperi nei loro confronti per aver evitato che dessero vite alla giusta ed equa strage che si era resa necessaria dopo il lancio della maledizione senza perdono.

Per fortuna che erano riusciti a rinchiuderli nel dormitorio dei malandrini dove non c’erano altri occupanti al momento e a silenziare la stanza, altrimenti tutta la segretezza dell’operazione sarebbe andata definitivamente a farsi benedire.  

Fu solo però l’intervento di Gideon Prewett a salvarli dalla furia del futuro Ordine della Fenice. Alice in particolare sembrava più che disposta a provare su di loro le maledizioni che aveva visto in opera solo qualche decina di minuti prima. Li guardava digrignando i denti, gli occhi verdi diventati cupi come la foresta di Hogsmeade per la rabbia e il piccolo corpo esile teso come una corda di violino. Ancora un po’ e davvero gli sarebbe saltata alla gola.

“Ho paura Harry, quella sembra Ginny quando si arrabbia”- gli sussurrò Ron senza staccare gli occhi di dosso dalla giovane strega, quasi per paura che appena l’avesse fatto quella l’avrebbe schiantato già dalla torre di grifondoro.

Appena varcata la soglia tutte le teste si girarono di scatto verso l’auror che fece un sorriso stanco.

“Volevo ringraziarvi di persona,è solo grazie a voi se mio fratello è vivo”- disse mettendo una mano sulla spalla di Ron e accarezzandoli tutti con il suo sguardo color cioccolato.

“Vivo? “- chiese la grifondoro ancora sul piede di guerra, stringendo le labbra in maniera pericolosa 

Gideon annui : “Si, vivo.Silente ha detto che sta bene, ma questo deve rimanere un segreto. Non voleva neanche che ve lo dicessi, ma credo che vi siate guadagnati tutta la mia fiducia dopo questa sera”

Finalmente la tensione e l’adrenalina sembrò allentarsi, l’aria finalmente tornare a scorrere nei polmoni liberamente.

“Ovvio, che non diremo niente. Per chi ci hai preso? Per dei viscidi serpeverde?”- rimbeccò subito Sirius saltando inaspettatamente addosso a  Minus che quasi crollò in terra per lo spavento- “ Forza Peter, al galoppo… andiamo a festeggiare”- urlò spronandolo con i tacchi e alzando la bacchetta mimando la posa di un condottiero del passato.

Remus sospirò strattonandolo per la maglietta fino a costringerlo a rimettersi in piedi:

“Merlino Sirius, ma com’è che tu e la parola riservatezza vivete in due mondi distinti?”

“Uff, sai che ti preferisco quando ululi”- borbottò il giovane Black tra i denti con fare offeso, beccandosi subito una gomitata da James al suo fianco. Harry e Ron sapevano..ma Alice e Frank no. E quel segreto era troppo importante per lasciarselo sfuggire così.

Remus però non parve turbato.

“Ricordamelo la prossima volta, sia mai che ti trovi anche io, come dire… più succulento”- tubò sbattendo le lunghe ciglia e meritandosi che fosse lui ora l’oggetto dell’espansività del giovane Black, uno dei tratti che ancora di più lo distanziavano dalla sua famiglia. Sirius infatti gli saltò letteralmente in braccio dandogli un grosso bacio sulla fronte.

“Il nostro piccolo cucciolotto ha tirato fuori gli artigli. Non sai quanto sono orgoglio di te!”- sospirò con aria teatrale e voce fiera continuando a battergli affettuosamente la mano sulla testa.

“Ora giuro che ti mordo, sappilo”- ringhiò Lupin a voce bassa cercando di scrollandoselo di dosso cercando di evitare di scoppiare a ridere in faccia al compitissimo erede dell’antica e nobilissima casata dei Black che era abbarbicato su di lui.

Fu Frank ad allungare una delle grosse mani da portiere e staccare di malagrazia il giovane grifondoro dal ben più calmo amico.

“Black tu sei la cosa più simile ad un bolide sotto forma umana che io abbia mai visto.”- borbottò incrociando le braccia davanti al petto, incurante dei rimbrotti dello studente più giovane.

“Perchè non conosci Fred e George”- non poté fare a meno di commentare Harry, ricordando con un sorriso la presentazione della squadra di Quidditich fatta da Oliver Baston al suo primo anno.

“Ancora? Ma andiamo… io pretendo di conoscerli questi Fred e George. Perchè non sono venuti loro?”- rimbeccò subito Sirius alzandosi in piedi e scrollandosi di dosso la finta polvere che secondo lui gli si era depositata addosso dopo il trattamento di Longbotom.

“Grazie eh, sei davvero gentile. Ora, se sua maestà purosangue qui ha finito di fare le sue rimostranze… dove sono? Fabian ed Hermione, intendo. Un attimo prima era dietro di me e il secondo dopo lei e tuo fratello erano spariti.”- chiese Ron lanciando uno sguardo torvo a Sirius che ricambiò con uno sguardo di pura innocenza offesa da gravi calunnie. Mancava solo che si facesse fluttuare magicamente un aureola dietro la testa e sarebbe stata l’epitome del martire.

Gideon sorrise guardando quello sgangherato gruppo di ragazzini che si erano dimostrati più abili di tanti suoi colleghi - “Ero venuto appositamente a chiamare te ed Harry, Silente vuole parlarvi. E in quanto a voi”- aggiunse rivolgendosi agli altri ragazzi - “Quando uscirete da Hogwarts mandatemi un gufo. Sareste degli auror eccezionali, garantito”-

Il sorriso che sorse spontaneo sulle bocche dei ragazzi lo ripagò di ogni preoccupazione, dubbio o angoscia che aveva avuto in quelle ore. Si decisamente sarebbe stato un gruppo eccezionale, e con quello che stava succedendo era certo che ne avrebbero avuto un disperato bisogno.

“Capito Frank? Basta essere pigro. Ora non hai davvero più scuse. Fosse per te te ne staresti a fissare il muro tutto il giorno con sguardo vacuo pensando a chissà quale schema di Quidditch. E invece no, vedrai se non ti faccio diventare uno dei migliori auror mai esistiti. Parola mia ”- rise Alice prendendo il ragazzo sottobraccio e dandogli un bacio sulla guancia, finalmente rilassata. Harry e Ron si guardarono, incapaci di resistere al  brivido che avevano sentito sulla schiena ripensando all’ultima volta che avevano visto i genitori di Neville.

 

Harry portò la sua attenzione sul ragazzo pallido disteso nel letto davanti a lui. Sapeva che era frutto di un incantesimo apposito ma sembrava così reale. Fabian Prewett sembrava davvero morto. Ucciso da una maledizione senza perdono. Lanciata da Draco Malfoy. Che essendo un totale impiastro era capacissimo di aver sbagliato tutto ed averlo accoppato sul serio.

“Starà bene, bambino sopravvissuto. Un mesetto di sonno e tornerà come nuovo”- gli sussurrò in un orecchio la voce calda ed ipnotica di Andromeda Black.

E per una volta pregò che un serpeverde avesse ragione

 

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Capitolo 28
*** Capitolo 28° ***


Era così stanco che l’unica cosa che avrebbe voluto era chiudere la porta della stanza e buttarsi nel letto, pregando di essere così’ fortunato da cadere in una sogno senza incubi. Per tutta la serata era stato in tensione, temendo che da un momento all’altro il piano potesse andare all’aria e dover assistere alla mattanza del loro viziato ma adorato nipote e dei suoi petulanti amici grifondoro. 

E invece tutto si era svolto come aveva previsto Andromeda Black, cronometrato al secondo. L’auror era caduto in terra in perfetto sincrono con la maledizione lanciata da Draco. E poi il tocco di genio di far sparire il corpo, per evitare che sul serio gli tagliassero la testa e l’esponessero tra i trofei della sala grande.

Certo ora Fabian Prewett ufficialmente sarebbe dovuto essere ricoverato al San Mungo in prognosi riservata con pochissime possibilità di sopravvivenza ma era certo che quel vecchio pazzo di Silente già avesse in mente come tenerselo al sicuro ad Hogwarts. In ogni caso, finalmente Draco e Pansy avrebbero definitivamente avuto la fiducia di Bellatrix Black e per estensione del circolo interno dei mangiamorte.E quella di Voldemort. Non era certo che fosse un bene, in realtà

Sarebbero arrivati dei tempi bui,e di ancora più grandi  incertezze fino a quando non sarebbe stato certo che la collana fosse stata distrutta e avrebbe saputo la sua famiglia al sicuro. Il tutto cercando di evitare il più possibile l’ira di Abraxas durante le vacanze, capace di scatenarsi senza motivo reale, solo per il gusto di vedere i propri figli sanguinare.

Ma per quella notte erano ancora tutti al sicuro. E l’unica cosa che voleva fare era dormire e sperare che quella notte durasse per sempre, senza dover mai affrontare la mattina.

Quando aprì la porta della suastanza, però, rimase di sasso.

In piedi, che camminava per la stanza avanti e indietro con le mani dietro la schiena, borbottando della pazzia dei Black,suo fratello che sembrava avere un diavolo per capello. E seduto in poltrona, la testa tra le mani e la postura di chi avrebbe preferito essere ovunque tranne che li, suo nipote.

“Disturbo?”- chiese sollevando un sopracciglio e squadrando entrambi a braccia incrociate, le spalle appoggiate allo stipite.

Il fratello rispose con un cenno vago della mano, senza smettere di camminare furiosamente: “Figurati. Anzi finalmente sei arrivato. Questo qui non mi è di nessuno aiuto,non la smette di lamentarsi. Merlino, come se non avesse mai fatto sesso in vita sua.. ti ho visto mentre sgattaiolavi via con la Granger cosa credi?”

Nicholas sospirò, non potendo impedirsi di sorridere internamente alla vista della faccia inorridita di suo nipote che stava evidentemente provando a squagliarsela. Senza riuscirci, visto che Lucius ogni volta che provava ad alzarsi lo ributtava sulla sedia.

“Lucius, è molto tardi e tu sei nella mia camera. Camera che era chiusa a chiave per un motivo. C’è una ragione per questa occupazione dei miei spazi oppure stai avendo solo uno dei tuoi momenti di drammaticità insensata?”- chiese appoggiando stancamente il capo alla parete.

Il fratello gli rivolse un’occhiata di pura innocenza offesa: “ Drammaticità insensata? Che stupidaggine! E tu vorresti cacciare il tuo unico fratello nel cuore della notte…proprio quando quella dannata Black ha deciso di farmi diventare matto?”- chiese con sdegno e alzando la voce in modo che tutto il dormitorio,  e soprattutto una certa strega bionda dagli occhi azzurri, lo sentisse.

“Te l’ho già detto, ti sta mettendo alla prova. E pure tu, per Salazar Serpeverde, c’era bisogno di farti fare un servizietto da quell’oca svampita?”- sbottò Draco esausto alzando gli occhi al cielo. Poi si rivolse allo zio - “ Per Merlino, non posso credere di averlo detto.Ti prego, cancellami dalla mente quest’ultima ora. Voglio solo bruciarmi i timpani e ogni cellula cerebrale che possa ricordare questi interminabili minuti.”

“Quello non era sesso!”- urlò esasperato Lucius per la centesima volta. Come era possibile che nessuno lo capisse? Si erano lasciati da due mesi con Cassandra e da allora non aveva fatto nulla che non fosse qualche bacio un po’ spinto con Narcissa. Niente, nada, non le aveva mai neanche tolto il reggiseno. Non l’aveva mai toccata veramente. E stava impazzendo.  Quella sera con Amanda non significava niente, era stato qualcosa di talmente insignificante che sul serio non capiva perché quella dannata strega se la fosse presa così. E soprattutto perchè avesse deciso che doveva andarne della sua già limitata sanità mentale..

Il fratello si avvicinò e lo prese per le spalle, guardandolo fisso, grigio contro grigio, gli stessi occhi, gli stessi lineamenti affilati. Lo guardò a lungo e poi finalmente parlò.

“Io non posso credere che tu sia davvero così deficiente”- sentenziò senza staccare le mani dalle sue spalle.

Lucius si sentì morire.Davvero aveva mandato tutto al diavolo solo per una debolezza di una sera? E se lei non lo avesse più voluto?

Draco approfittò del senso di smarrimento per svignarsela, il racconto degli ormoni impazziti di suo padre adolescente fatto in quell’interminabile ora chiuso con lui nella stanza del caposcuola gli sarebbe bastato per tutta la vita.

Però , trauma a parte, si sentiva bene. Quello voleva dire che tutto quello era già successo, e alla fine Lucius aveva trovato il modo di farsi perdonare. Si ricordò che i suoi una volta si fossero lasciati sfuggire qualcosa su di una festa di Natale al Maniero, dove evidentemente era successo qualcosa. Avevano parlato anche di Nicholas, quindi quello doveva essere quell’anno.

Si girò ancora sulla porta. Un piccolo aiutino di certo non poteva guastare, visto che il suo obiettivo principale era banalmente quello di nascere :”Lei ama il Natale. Fa qualcosa di unico per lei, dimostrare che è speciale. Giuro su Salazar Serpeverde che non ho mai capito il perchè ma sei l’amore della sua vita”.

Lucius lo guardò spaesato, tutta l’abituale arroganza come evaporata. C’era qualcosa di strano in quel discorso ma prima che potesse fare qualche commento Draco era già sparito nel buio del corridoio di Serpeverde.

“Che faccio se non mi vuole, Nicholas?”- mormorò abbassando gli occhi.

Suo fratello rise e se lo spinse addosso - “Non preoccuparti. Per le cose belle bisogna lottare. E ora vai a letto, domani si torna al Maniero”

Il Maniero, l’ultimo posto al mondo dove avrebbe voluto essere.

Ma l’avrebbe rivista alla festa di fidanzamento di Bellatrix e Rodolphus.

E avrebbe avuto il tempo di preparare qualcosa di speciale in tempo per il Galà di Natale.

Non gliene era mai fregato niente del Natale, ma se per lei era importante lo sarebbe diventato anche per lui.

Tutto perché Narcissa Black lo perdonasse.

Perché lui, senza di lei, era perso.








 

Sembrava non essere cambiato nulla rispetto alla sera precedente, eppure tutto era diverso. Come poche ore prima Harry e Ron scrutavano la tavola dei serpeverde, dove orall’eccitazione era evidente anche ai più distratti. E di certo non era perché tra non molto avrebbero preso il treno per tornare a casa. E ovviamente non perché mancava poco più di una settimana alla festa di fidanzamento dell’anno. 

No, gli occhi di Bellatrix Black brillavano cercando nei volti dei professori un indizio che sapessero, che fossero stati loro a trovare il corpo di quello stupido auror. Immaginava la frenesia di chiamate con il Ministero, l’angoscia di Dippet, l’incontro con i professori chiamati d’urgenza alle prime luci dell’alba.  

Ron represse a stento la voglia di alzarsi e scaraventarle sul volto uno dei grossi vassoi d’argento ricolmi di dolcetti speziati anche solo per cancellarle quel ghigno soddisfatto dalla faccia per un attimo.

Fabian ancora non aveva dato segni di ripresa, a quanto pareva Hermione e Andromeda avevano la mano pesante con gli incantesimi, anche quando si trattava di fingere la morte di qualcuno.

Però Gideon non sembrava preoccupato, anzi, era quasi divertito dopo aver constatato che una delle maledizioni più potente che avesse mai visto fosse stata lanciata da due streghe sedicenni. 

L’attenzione di Ron passò al centro del tavolo, alla ricerca di Andromeda Black, seduta tra Hermione e Narcissa, che spalmava pigramente la marmellata di ribes su un biscotto al burro. Ancora una volta rimase colpito da quanto fosse simile alla sorella e al contempo totalmente diversa, e non solo fisicamente. Guardandole vicine nessuno avrebbe avuto il dubbio che fossero sorelle, seppure tutto ciò che in Bellatrix era scuro e tagliente in Andromeda sembrava ammorbirsi senza perdere forza. Eppure nessuno avrebbe mai voluto mettersi conto nessuno delle due. E come tutte e tre le sorelle Black, sembravano dotate di due paia di occhi supplementari e di un radar speciale per individuare qualcosa che le infastidiva.

Sebbene sembrasse intenta in una conversazione con Pansy, seduta di fronte a lei, al grifondoro non sfuggì che il suo sguardo era rivolto verso l’ultimo tavolo che qualcuno si sarebbe immaginato finisse lo sguardo di una serpeverde, Black per di più. Quello dei Tassorosso. 

O meglio,  stava guardando la nuca di Ted Tonks chinato a chiaccherare amabilmente con una sua compagna di casa del suo stesso anno decisamente benedetta dalla natura in quanto ad aspetto fisico. Ron lasciò che lo sguardo si posasse sui morbidi boccoli colore del grano con i quali la ragazza continuava a giocherellare, e sulla scollatura generosa e ben riempita, visibile anche dalla sua postazione.

Stava mentalmente ghignando pensando a quanto avrebbe dovuto penare Ted che non si accorse del calice d’argento che volava dritto nella sua direzione. Per fortuna Frank accanto a lui lo buttò di malagrazia in terra, rischiando l’osso sacro ma almeno evitando all’ultimo di passare il natale del passato in coma invece che alla ricerca di un artefatto maledetto.

“Ehi ma che diavolo…”

Neanche il tempo di imprecare che Harry indicò con il mento il tavolo di fronte a loro, dove un gruppo di serpeverde stava ghignando apertamente.

“Longbottom, quand’è che imparerai a farti i fatti tuoi?”- chiese pigramente Pansy sorridendo sorniona al suo tavolo.

“Concordo. Forse sarebbe stata la volta buona che anche qualcun  altro  avrebbe imparato come ci si comporta”- sibilò Andromeda accanto a lei sorseggiando con calma glaciale il suo caffè, e guardando dritto davanti a sé . Evidentemente però Tonks capì l’antifona, visto che riprese a fissare con rinnovato interesse il suo piatto.

Harry ed Hermione si lanciarono un’occhiata divertita, ciascuno ai rispettivi tavoli. Era evidente che né il loro migliore amico né il futuro padre di Tonks avessero ancora ben chiaro il guaio in cui si erano cacciati. E se la mela non cadeva lontano dall’albero, neanche la vita coniugale di Remus si prospettava all’insegna dei cuoricini e di biscotti appena sfornati,

Ron però non era disposto a subire così facilmente. E se di certo i suoi gli avevano inculcato di non sfiorare una donna neanche con la punta della piuma d’oca, di certo poteva vendicarsi in stile molto datato e a suo dire cavalleresco, con l’essere maschile più prossimo a quella folle dai capelli a caschetto. E l’idea di colpire ripetutamente la testa dura di Draco Malfoy con un oggetto contundente aveva sempre il suo perchè.

Solo che del dannato furetto platinato non c’era traccia. Mugugnando maledizioni e appuntandosi mentalmente di riservare il meritato trattamente sulla zucca dura del serpeverde appena avuta l’occasione, Ron si rimise seduto e si riempì il piatto di salsicce e uova, senza mancare di lanciare uno sguardo velenoso alle streghe davanti a lui.

Pansy per tutta risposta gli lanciò un bacio sulla punta delle dita, prima di tornare ad immergersi in una conversazione con la compagna di casa a fianco a sé.

Non poté fare a meno però di sentire lo sguardo gelido della più giovane delle Black fissa su di lui. E su Harry. Quella donna veramente metteva i brividi, in confronto il futuro marito sembrava quasi una compagnia piacevole. Quasi.

Futuro marito che al momento sembrava stranamente di umore nerissimo e seduto accanto ai fratelli continuava ad infilzare il cibo come se volesse pugnalarlo a morte.

Strana gente i ricchi purosangue, davvero.

La colazione stava giungendo al termine quando finalmente il preside Dippet prese la parola. In molti avevano notato non solo il pallore del suo volto e il tremito delle mani, ma anche il fatto che quel giorno non fosse stata consegnata una sola copia della Gazzetta del Profeta. A nessuno studente.

Come il mago si avvicinò al leggio, Bellatrix Black si mise comoda, accavallando le lunghe gambe e appoggiando sulla mano il bel viso cesellato nel quale spuntavano vivide le labbra vermiglie. In attesa. Era il momento che bramava impaziente da ore. Rodolphus le cinse la vita con un braccio, sfiorandole la tempia con un bacio prima di bisbigliare

 qualcosa nell’orecchio che la fece sorridere.

Harry sentì suo padre accanto a lui irrigidirsi e persino Sirius perdere la sua usuale arroganza. Il silenzio calò per la prima volta da quando era arrivato nel passato sul tavolo dei grifondoro. Era evidente anche per chi non sapesse nulla di quello che era accaduto la notte precedente che c’era qualcosa che non andava quella mattina nella scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts.


“E così se la sono cavata dicendo che Fabian è stato attaccato chissà dove e chissà da chi questa notte e che ora  è al San Mungo in condizioni gravissime. Certo che Dippet ne ha di faccia tosta, eh”- borbottò Ron mentre si incamminava verso la serra insieme ad Harry ed Hermione.

“Già.  E stranamente Bellatrix l’ha presa piuttosto bene., Sta brindando in sala comune mentre delle ragazzine del primo anno le preparano i bagagli. Dice che il fatto che non abbiano potuto ammettere che l’attacco sia avvenuto ad Hogwarts è la dimostrazione che non ci hanno capito niente.”- si intromise Draco, magicamente riapparso dietro di loro, baciando la nuca di Hermione.

“Qual è il livello di tasso alcolico?”- chiese divertita girandosi a baciarlo. Era da quella mattina che il serpeverde era sparito, dopo che Lucius l’aveva trascinato via avendolo scelto come confidente dei suoi drammi amorosi - “Di un po’ dove ti sei nascosto tutto questo tempo?”

“Si è messo a fare pozioni con la madre e Severus”- sbuffò Pansy accanto a lui alzando gli occhi al cielo.

“Certo, era l’unico posto al mondo dove potevo scappare dalle turbe adolescenziali di mio padre. Se si fosse presentato mia madre gli avrebbe tirato il calderone con tutto il liquido bollente addosso.”- mugugnò senza staccarsi dalla grifondoro.

“Oh andiamo, non ce la vedo la principessa di Serpeverde che lancia oggetti addosso alle persone come l’ultima dei disagiati mentali. …”- borbottò Ron lanciando uno sguardo bieco a Pansy , a cui non aveva ancora perdonato il tentativo di omicidio di poco prima.

Draco lo guardò con un misto di commiserazione e divertimento: “Scherzi? E’ una di quelle cose in cui i Black sono particolarmente portati . Quello e dar fuoco alle cose. Una volta mio padre ha fatto tardi ad un appuntamento con lei per non so bene che tipo di problema e una volta tornati al Maniero lei ha dato fuoco a tutti i suoi ricordi del Quidditch”

“E non ti è venuto in mente che in famiglia potreste avere malattie  mentali serie?”- chiese Harry  ridendo immaginando la faccia di Lucius Malfoy mentre tutti i suoi preziosi ricordi di giocatore di Serpeverde finivano letteralmente in fumo- “ Perchè onestamente io non ho mai avuto dubbi, ma qualche domanda potresti fartela anche tu.”

“No,  sfregiato, ma mi è servito di lezione per non far mai aspettare mia madre”- rispose pacifico Draco. “ E non hai idea di cosa ha fatto quando ha pensato che fosse troppo gentile con la sua nuova assistente. Mio padre. Gentile. Già fa ridere così.”

“I tuoi non hanno un rapporto sano lo sai? Questa si chiama gelosia patologica”- sbuffò Hermione dandogli un’occhiata che significava evidentemente di non farsi passare neanche per l’anticamera del cervello di poter assecondare quel lato di sè:

“Questo si chiama sangue Black, Granger. E ancora non hai conosciuto mia nonna”- ghignò l’erede di Malfoy tirando fuori  dalla tasca del mantello tre pergamene con in rilievo in oro il monogramma dei Black- “ E ora, miei cari due inutili grifondoro dei miei stivali, dovrete riconoscere che se non ci fossi stato io a salvarvi il culo stareste ancora a giocare a gobbiglie con i vostri amichetti”

Il bambino sopravvissuto represse l’istinto di spaccargli la faccia contro la panchina di marmo solo perché era avvinghiato ad Hermione come la pianta parassita che era.

“Per due pezzi di carta, Malfoy? Merlino..vedi che già inizi a dare segni di pazzia”- lo pungolò pensando quanto margine di manovra avesse e soprattutto quanto gliel’avrebbe fatta pagare Hermione nel caso avesse rovinato quel bel faccino purosangue.

La ragazza però aveva preso in mano le buste che l’ex biondo sventolava fiero. Invece di insultarlo per quell’insulsa sceneggiata, tuttavia sgranò gli occhi.

“Per la barba di Merlino… ma questi sono gli inviti  per il 21 dicembre.. E sono anche per Harry ! Come diavolo hai fatto?”- chiese sbigottita

“Vorrei dirti che è merito del mio fascino innato, nonostante questi schifosi capelli color grifone morto. Comunque, dopo la brillante performance di ieri sera Bellatrix ha invitato me e Pansy. Hermione naturalmente era già nel mio invito e Pansy ha chiesto di  portare Ron. E zia Bella, probabilmente perché già sotto droghe pesanti, ha acconsentito. Però c’era il problema dello sfigato sopravvissuto… e grazie a mia madre ora il trio dei miracoli è stato invitato al gran completo a Villa Black, che Merlino abbia pietà di voi”.

Ottimo, pensò Harry. Un invito nella tana del lupo.

Per fortuna che anche Sirius sarebbe stato presente.

“E c’è di più. Arael e Nicholas ci hanno dato le chiavi dell’attico di Diagon Alley, possiamo passare lì i giorni prima della festa.”- chiosò Pansy, poi si rivolse ad Hermione - “ E soprattutto Narcissa ci ha fissato un appuntamento alla migliore boutique della zona. E ci andremo insieme Granger. Tutte e tre”

Hermione , la strega più intelligente della sua generazione, la grifondoro senza paura, per un attimo si sentì morire.

Poteva affrontare mangiamorte, basilischi e tranelli del diavolo. Ma un’altra giornata di shopping insieme a Narcissa Black era davvero al di là della sua capacità di sopportazione.
Sentendo Draco ridacchiare dietro di lei per la prima volta capì pienamente l’abitudine di Serpeverde di lanciarsi oggetti pesanti addosso.

Peccato che non avesse calcolato che se lei doveva passare del tempo con Narcissa, lui avrebbe dovuto fare lo stesso con Harry e Ron. E con suo zio.

E soprattutto con Lucius adolescente che Narcissa stava portando sull’orlo di una crisi di nervi.

SI, non sarebbe stato un bel pomeriggio neanche per Draco Malfoy, garantito.


Fuori dal finestrino il paesaggio innevato della Scozia sfrecciava velocemente davanti ai loro occhi, un susseguirsi di lande innevate e gole profonde di cui a malapena riusciva a vedere la fine sotto di loro. 

Harry era appena uscito dallo scompartimento dei malandrini, dove era in corso una feroce partita a gobbiglie. Chi perdeva, infatti, avrebbe dovuto fare i compiti degli altri per un mese. E a giudicare dal ghigno del giovane Black non solo quelli.

Tentò di trovare rifugio mettendo appena la testa dentro lo scompartimento del quinto anno, ritirandosi velocemente quando vide che Frank e Alice, i soli occupanti, decisamente avevano portato la loro amicizia ad un livello successivo, visto che la lingua della grifondoro era stabilmente nell’orecchio del ragazzo. 

Ogni miglio che l’avvicinava a Londra era però una fitta al cuore. Se tutto fosse andato come doveva a Kings Cross era vero che avrebbe incontrato i suoi nonni. ma sarebbe stato costretto a dire addio a suo padre per sempre.

Anche se James l’aveva invitato a passare qualche giorno con loro, non era sicuro che ne avrebbe avuto il tempo, la loro missione stava iniziando a diventare un vortice che li risucchiava senza scampo. E poi c’era un’altra cosa che voleva assolutamente fare prima di andarsene.

Arrivò finalmente allo scompartimento dove l’attendevano Hermione e Ron e le due piaghe verdi argento. Però avvicinandosi non sentiì, urla, imprecazioni nè maledizioni volanti. Forse per una volta le due zucche dure purosangue avevano deciso di comportarsi decentemente. Stava per aprire lo scompartimento quando sentì un brivido lungo la schiena: e se invece fossero troppo impegnati a sbaciucchiarsi, e per sbaciucchiarsi intendeva infilare parti dell’uno in parti dell’altro e viceversa per quanto fosse umanamente e decentemente possibile su un treno in cui poteva entrare chiunque in qualunque momento? Scosse con decisione la testa. Su Malfoy e Parkinson aveva pochi dubbi. Su Ron poteva avere qualche perplessità. Ma Hermione, la signorina potrebbero ucciderci o peggio espellerci che si sbatteva Draco Malfoy sull’Hogwarts Express… no non ce la vedeva proprio. Senza contare che Ron avrebbe avuto una reazione pacata come quella di dare fuoco all’intero scompartimento.

Fece scivolare cauto l’anta di legno scuro, quel tanto che bastava per sbirciare all’interno. Sembrava tutto stranamente tranquillo, fin troppo. Ron e Pansy seduti uno di fronte all’altro al lato del finestrino, Hermione accanto a Ron intenta a parlare con qualcuno con un tono appassionato. Harry tirò un sospiro di sollievo, nessun contatto inappropriato in vista. Aprì quindi baldanzoso il resto della porta, pronto a lanciare qualche insulto a Malfoy, tanto per passare il tempo in allegria.

Stava per lanciare un’imprecazione che avrebbe fatto impallidire persino Malocchio Moody quando si accorse che non poteva essere il furettol’interlocutore di Hermione. Perché lui era seduto accanto alla porta, mentre la ragazza parlava guardando fisso davanti a lei. E davanti a lei c’era una ragazza esile, dai lunghi capelli dorati fermati appena da una peonia bianca, i lineamenti delicati e due grandi occhi azzurri come il cielo d’estate. Che lo guardavano con un misto di commiserazione e curiosità morbosa, tipo quando gli capitava di incontrare un incidente le poche volte che i Dursely lo portavano in giro in macchina.

Narcissa Black, futura Malfoy, futura genitrice della più grande piaga di Hogwarts, anche nota come colei che aveva viziato il figlio in maniera indecente facendogli credere per chissà quale assurdo motivo che non solo non fosse un essere spregevole ma addirittura speciale, era nel loro scompartimento. 

E stava chiacchierando amabilmente con tutti loro.

Lanciò uno sguardo a Ron. Quel traditore del suo miglior amico che invece di cacciarla via con qualche caccabomba sembrava assolutamente ipnotizzato dal frusciare leggero della sua gonna tartan decisamente più corta di quello che si sarebbe aspettati da una che rompeva le palle a tutti sul bon ton.

“TI sei persa?”- chiese bofonchiando e rimanendo sulla porta, indeciso se chiuderli tutti dentro e riaprire a Kings Cross, nel caso quelli non fossero più i suoi due migliori amici ma due golem messi li da da Bellatrix Black o qualcuno della sua cricca.

“Lo chiedi a me o alla tua buona educazione?”- chiese quella senza scomporsi e ravvivandosi appena una ciocca di lucidi capelli dorati.

Ovviamente la sua progenie del diavolo iniziò a ghignare soddisfatto, il fatto che il bambino sopravvissuto venisse apertamente sbeffeggiato dalla sua bella madre quattordicenne lo stava divertendo un mondo.

Harry si morse le labbra per non dirle che l’unica cosa che aveva perso era l’occasione di prendere la pozione anticoncezionale quando aveva concepito quell’orrido essere che avvelenava la sua esistenza da cinque anni.

La cosa che però lo sconvolgeva più di tutti non era la puzza sotto al naso di miss Black, o i sorrisetti sardonici di Pansy e Draco. Quei tre erano serpeverde e bacati di cervello per definizione. No, la cosa che davvero lo stava mandando fuori di testa era che anche Hermione e Ron se la stessero ridacchiando.

Maledetti traditori… ah ma di certo era colpa della gente sbagliata che stavano frequentando.

E a proposito di Serpeverde fuori di testa dietro di lui fece la comparsa quella che in teoria doveva essere l’unica sana della perfida nidiata dei sotterranei e che invece era folle come tutti gli altri.

“Ah siete tutti qui, che carini. Forza bambino sopravvissuto levati dalla porta, non sei ancora diventato un fantasma e stai diventando piuttosto ingombrante. Hai mai pensato a un po’ di dieta depurativa?”- tubò dandogli una spinta che lo fece quasi finire contro Hermione. La madre di Tonks decisamente aveva la bacchetta facile come la figlia. Poi si sporse nel corridoio e alzò la mano, chiamando qualcuno : “Ehi… piccolo snaso con la labirintite. Te l’ho trovato… è qui”.

Poco dopo la testa biondissima di Lucius Malfoy fece la sua apparizione sulla porta, borbottando maledizioni contro l’amica che lo fissava sorniona appoggiata allo stipite della porta,in attesa.

“E’ sempre un piacere parlare con te , Drom, davvero”- sibilò lanciandole un’occhiata obliqua alla quale la giovane strega rispose con un gran sorriso, indicando l’interno dello scompartimento.

“Avanti sgancia. Ti ho detto che l’avrei trovato ed eccolo qui. Vuoi che ci metta anche un bel fiocco?”- sogghignò mentre il compagno di casa le tirava fuori una moneta d’oro e gliela metteva nel palmo.

La giovane Black la lanciò in aria soddisfatta.

“Ti dovrebbe bastare per il sordido motel dove pensi di passare i prossimi giorni”-le ghignò a voce bassissima 

“Ma figurati. Questi li userò per brindare alla definitiva perdita della tua sanità mentale.”- rispose la strega mora sedendosi con grazia accanto ad Harry e continuando a far scivolare la moneta tra le dita.

Draco tentò di appiattirsi contro il sedile prendendo metalmente appunti sul fatto di dover cercare un modo di vendicarsi della zia, nel presente o nel futuro che fosse, visto che a quanto aveva appena venduto.

“Ragazzi…”- concesse il giovane erede dei Malfoy spazzando appena i sedili con lo sguardo, per poi fermarsi interdetto quando scorse l’elegante figura bionda seduta accanto a quello che era venuto a cercare. E il suo sguardo si soffermò per un attimo lungo le gambe guantate da calze nere troppo sottili per quel tempo per risalire lungo il maglioncino candido, lo stesso che aveva l’ultima volta che l’aveva baciata. Deglutì sostenendone lo sguardo, fingendo di non esserne turbato - “Narcissa… che sorpresa trovarti qui”.

“Malfoy… cos’è hai smarrito Tiger e Goyle per caso? O forse stavi cercando qualcuna a cui piace guardarti dal basso verso l’alto”- frecciò con voce flautata ma con uno sguardo che avrebbe potuto incenerire chiunque.

“Ah chissà, se i sogni potessero realizzarsi ti direi che l’ho appena trovata. E invece tornando alla dura realtà, perdonami la battuta infelice, cercavo lui. E poi ti ricordo che avevamo superato la fase di “Malfoy””- disse continuando a guardarla senza smettere di sorridere in quel modo che riusciva a mandarla ai matti e farle venire le farfalle nello stomaco allo stesso tempo,mentre strattonava  Draco per un braccio fino a farlo alzare.

“Oh andiamo, ma non hai degli amici per la miseria… perchè io?… Hermione forza di qualcosa”- lagnò il figlio mentre veniva spinto per il corridoio per la seconda volta in poche ore.

“Divertiti amore, ci vediamo dopo”- tubò invece la grifondoro lanciandogli un bacio con le dita e non potendo esimersi dallo sghignazzare apertamente con Harry a fianco.

Appena le due sagome sparirono dietro la vetrata la giovane Black si alzò in piedi battendo il piede furiosa e dirigendosi a passo di carica lungo il corridoio, dove si potevano ancora sentire il mugugnare di Draco- “Lucius Malfoy, non ti azzardare a portarmelo via. Ci stavo parlando io,”

“Oh andiamo Black, tu l’hai avuto tutto la mattina: Ora lo prendo io,è importante”- si sentì la voce strascinata del padre di Draco rimbeccare

“Ma se fino a un mese fa neanche potevi vederlo. Vai a giocare con quegli sfigati dei tuoi guardiaspalle, sciò”

“E ho cambiato idea , cos’è non si può? Mi sembra che anche tu, ultimamente,  avessi  cambiato atteggiamento con qualcuno non credi?”

“Già, ed evidentemente per una volta in vita mia ho sbagliato”

“Ah quindi anche la principessa di Serpeverde può sbagliare? Sono commosso da una tale ammissione”

“Malfoy, se non la pianti giuro che ti pianto una bacchetta in un occhio”

“Sapessi dove te la pianterei io la…”

Troppo, quello era decisamente troppo per il già precario equilibrio mentale  del futuro erede delle due più antiche e pure casate del mondo magico.

“Per Salazar Serpeverde BASTA! SIETE ANCORA PIU’ INSOPPORTABILI DEL SOLITO”

 

“Che dite, se ne saranno resi conto che stanno dando spettacolo ?”- chiosò Andromeda allungando le gambe sul sedile davanti a lei e tirando fuori da sotto il mantello una fiaschetta d’argento con le sue iniziali incise sopra. Dentro di lei però sorrise soddisfatta. Era la prima volta che sua sorella lasciava cadere la sua maschera di perfetta strega beneducata incurante di quello che avrebbero potuto pensare decine di studenti di Hogwarts. Ed era un bene che l’avesse fatto per via di Lucius e Draco. Non c’era dubbio che avrebbe sempre lottato con le unghie e con i denti per la sua famiglia. E che avrebbe fatto passare degli anni decisamente interessanti a Lucius.

Sarebbe stata bene. Avrebbe amato qualcuno e sarebbe stata amata. Era al sicuro, nonostante le scelte scellerate che quell’imbecille avrebbe fatto. Ma era certa che in caso di bisogno Lucius avrebbe sempre scelto la sua famiglia.

Chiuse gli occhi lasciandosi cullare dal movimento del treno, pensando alla vita che l’attendeva dopo Hogwarts. E a Ted a qualche vagone di distanza che al momento sembrava essere distante migliaia di miglia










 

La banchina di King’s Cross era gremita di genitori, maghi e babbani,senza distinzioni,solo famiglie felici all’idea di poter riabbracciare i proprio figli dopo tre mesi. O quasi, a guardare meglio :mMentre il treno si fermava in stazione Harry notò che c’era un nutrito gruppo  di elfi domestici che attendevano distaccati.

E tra loro non poté fare a meno di notare la faccia più giovane ma sempre arcigna di Kreatcher, intento a spazzolare il cappotto di panno nero di un ragazzino accanto a lui. Capelli neri come l’ala del corvo, occhi grigi brillanti, un’espressione annoiata sulla faccia. Decisamente quello doveva essere Regulus. Anche se quando si chinò a dire qualcosa all’elfo indicando un vagone imprecisato, la sua espressione era diversa da quella che Sirius aveva sempre descritto sulla faccia di ogni membro della sua famiglia eccezion fatta per Andromeda. Quei due sembravano non solo servo e padrone. C’era qualcosa di più. un rispetto reciproco che mai avrebbe creduto possibile in un membro dei Black. Forse era per questo che vent’anni dopo Kreatcher ancora ne parlava con nostalgia e soggezione. No, si corresse mentalmente, quella non era soggezione. Era affetto.

Prese mentalmente nota di chiedere più informazioni sul fratello minore di Sirius una volta tornati a Grimmauld place, ma fu interrotto da un ciclone di energia, palesatosi sotto la forma accattivante e sorniona di James Potter , che lo prese per un braccio trascinandolo verso due coppie che stavano amabilmente chiacchierando sulla banchina, mentre si sgolava.

Remus trotterellava accanto a lui, seguito da Sirius che aveva deciso di ignorare il più possibile i due che lo stavano attendendo. A malapena registrò la presenza di Peter.

Harry deglutì a vuoto mentre guardava suo padre buttarsi tra le braccia dei genitori abbracciandoli stretto. Lui aveva fatto lo stesso quando, pochi giorni prima o diversi anni dopo, a seconda di come la si guardava, aveva trovato per la prima volta qualcuno che attendeva lui e lui soltanto con un grosso sorriso stampato sulla faccia.

I suoi nonni però non li aveva mai conosciuti, ovviamente. Sapeva che avevano avuto suo padre già in età avanzata, quando ormai disperavano di poter aver figli. E poi doveva essere arrivato quel terremoto a sconvolgere le loro vite, ma da come lo guardavano era certo che non lo avessero rimpianto neanche per un secondo

La coppia accanto ai Potter dovevano essere i Lupin, cui il figlio aveva riservato un altrettanto caloroso ma ben più contenuto saluto.

Ancora con il braccio del padre sulle spalle che lo stringeva Remus fu il primo a cercare di fare le presentazione. Ma evidentemente non ce n’era bisogno.

“Sirius, che piacere conoscerti di persona.Come va la ricerca dell’accompagnatrice per la festa di fidanzamento? James mi ha detto che avete scartato decine di candidate”- chiese sua nonna abbracciandolo

Il giovane Black per un momento si irrigidì, evidentemente poco avvezzo a simili gesti, poi lanciando uno sguardo obliquo verso le cugine e il fratello che lo stavano guardando come se avesse definitavemente perso il cervello.

“Si, signora. Una noia che non le dico. E poi alla fine abbiamo scelto quella più strana di tutte. E che diciamo non è stata proprio una candidatura spontanea.”- ridacchiò.

“E tu sei Peter giusto?”- chiese già conoscendo la risposta riservando anche un caloroso abbraccio a quello schifoso traditore. Harry dovete tenere a freno la bacchetta per evitare di schiantarlo li, in mezzo a decine di genitori ignari di che razza di viscido bastardo avessero tra di loro.

Poi gli occhi azzurri della strega si posarono su di lui, e per la prima volta Harry poté specchiarsi in un viso così estraneo eppure così famigliare. Se era vero che aveva gli occhi di sua madre, i capelli scuri e folti che aveva ripreso da suo padre venivano sicuramente da lei. Cosi come il modo di strizzare gli occhi quando voleva concentrarsi.

“Ehm, salve signora Potter. E’ un piacere conoscerla. Io sono Harry”- disse allungando una mano e cercando di ritrovare un minimo di contegno, ben sapendo di avere degli spettatori di eccezione appena scesi dal treno.

La strega rise e lo attirò a sé in una stretta vigorosa : “Ma certo che so chi sei mio caro. James non fa altro che parlare di te. Credo che tu l’abbia affascinato, e credimi, è difficile mantenere così a lungo l’attenzione di mio figlio”.

Harry si rilassò nell'abbraccio e nelle parole di sua nonna, cercando di imprimersi quel momento nella mente. Suo padre, il suo brillante, impavido e a volte impossibile padre, lo stimava. Di più, lo considerava un amico.

“Ehi cos’è devo essere geloso?”- si finse offeso Sirius dandogli un pizzico e sospirando platealmente- “ E ora scusatemi, ma devo andare da quelle serpi velenose conosciute come la famiglia Black prima che all’elfo domestico venga un infarto”

Il nonno di Harry rise scambiando un’occhiata con i genitori di Lupin. Era evidente che avessero già avuto modo di interagire con la più antica e nobile famiglia purosange del mondo magico inglese : “ Se dovessi sopravvivere comunque passa a trovarci, Ci farebbe davvero molto piacere ospitarti. Di certo non sarà una delle residenze dei Black, ma casa nostra non è niente male, se posso permettermi. E anche voi ragazzi, siete sempre i benvenuti”

Sirius annuì con eleganza, prima di sbuffare in modo plateale e incamminarsi a passi lenti e facendo in modo che il suo disappunto fosse visibile anche su alpha centuari, verso Regulus e Kreatcher.

“Verrai Harry, vero? Sono certo che riceverò una scopa nuova per natale, vero papà? E potremmo allenarci un po’ insieme”- chiese James con gli occhi che brillavano di gioia alla sola idea.

Il bambino sopravvisuto si costrinse ad ingoiare l’emozione che rischiava di fargli tremare la voce. Davvero non avrebbe potuto esserci regalo di Natale migliore. Ma il tempo stava stringendo. La festa di fidanzamento era a giorni e dopo tutto sarebbe finito.

E c’era una cosa che aveva promesso a se stesso di fare

Una cosa cui davvero non poteva rinunciare.

“Ehi sfregiato, hai intenzione di rimanere qui sino a capodanno?”- la voce sempre fastidiosa e noiosa di Draco Malfoy gli arrivò dritta al cervello.

No, non era uccidere il furetto albino o i suoi ascendenti.

Quello era il piano b.

Lui aveva una persona da andare a conoscere.

Sua madre.

 

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Capitolo 29
*** Capitolo 29° ***


 

“Chissà perché ma me l’aspettavo diversa. Insomma niente toni lugubri, niente attrezzi di tortura, niente libri maledetti. Sei sicuro che sia una residenza dei Malfoy?”- chiese Ron buttandosi sul grande divano di pelle di una sfumatura di nocciola chiarissima, decisamente più morbidodi quello che pensava visti i proprietari. In realtà quell’ambiente era luminoso e accogliente. Niente di più lontano da quella famiglia di mangiamorte.

“E’ più grande di una scatola da scarpe quindi di certo non è una dei Weasley.. oh scusa Lenticchia, dimenticavo che tu  è già tanto che ne hai una di casa”- sbuffò Draco lanciandosi a sua volta su una poltrona e reclinando la testa all’indietro chiudendo gli occhi, cercando di cancellare dalla mente le ultime ore.

Grazie ai suoi mentalmente disturbati genitori adolescenti la maggior parte del viaggio di ritorno era stato un incubo. E aveva sentito commenti e battute che decisamente nessuno avrebbe voluto sentire uscire da chi ti ha messo al mondo. Neanche il fatto che suo nonno avesse mandato Krippy ad attendere i gemelli e suo padre era riuscito a sollevargli l’umore, anche se era ben grato di non averlo dovuto rivedere.

Pansy sbuffò sdraiandosi per lungo sul divano, la testa sul bracciolo vicino a dove era seduto il suo compagno di casa e le gambe affusolate sull’altro, bloccando il grifondoro in un angolo.

“Non c’è niente da mangiare in questo posto? Ma dove sono finiti gli elfi?”-chiese allungandosi pigramente, facendo ben in modo di occupare anche quel poco di spazio che aveva lasciato libero e di piantare il calcagno nel petto del rosso.

“Elfi?”- la voce di Hermione era calma, ma nessuno si faceva illusioni su cosa celasse quella parvenza di noncurante normalità.

“Si, Granger, elfi. Dobbiamo stare qui qualche giorno, va bene che possiamo andare a mangiare fuori ma come facciamo se ci viene voglia di qualcosa di sfizioso? E per il tè? E le cose da lavare? Pretendi che mettiamo gli stessi vestiti per giorni?”- elencò la mora  parlando piano, come si fa con i bambini piccoli o con qualcuno che non comprende la tua lingua.

“Ah se solo avessimo delle appendici alla fine delle braccia dotate di pollici opponibili. E che addirittura possono usare una bacchetta”- ringhiò la grifondoro. Draco si costrinse ad aprire gli occhi, lanciandole un’occhiata di sfuggita e non potendo fare a meno di notare con apprensione e anche un filo di eccitazione che gli occhi iniziavano a perdere la sfumatura mielata per iniziare a virare verso una preoccupante nuance da fiamme dell’inferno che solitamente non presagiva nulla di buono.

“Granger, senti, queste cose vanno bene per i poveri. Lo vuoi capire? Io non uso la mia magia per una cosa banale come prepararmi da mangiare. E poi bisogna comunque andare a comprare il cibo. Tu sul serio pensi che io possa anche solo pensare di entrare in un negozio di alimentari?”- rimbeccò la serpeverde sgranando gli occhi come se le avessero appena chiesto di buttarsi dall’attico senza bacchetta.

Harry, appoggiato contro lo stipite della finestra ridacchiò godendosi la scena. Già la sceneggiata del treno, con Malfoy sull’orlo di una crisi di nervi era stata divertente, Ma se Hermione fosse dovuta vivere anche solo per pochi giorni con un elfo domestico la si che ci sarebbe stato da ridere.

E poi ci fu un plop.

Lunghe orecchie e dita puntute. Occhi dolci grandi e globulosi.E un grande fiocco scozzese sulla testa. 

“Cockey!”- urlò Ron con un gran sorriso alzandosi in piedi di scatto, dimentico delle gambe della serpeverde appoggiate sul suo grembo, nonostante fino a poco prima fosse intento a disegnare cerchi con la punta delle dita sulla pelle sensibile dell’interno coscia lasciato scoperto dalle calze che arrivavano poco sopra il ginocchio, provocando non solo la caduta della suddetta serpeverde sul soffice tappeto d’angora ma anche una pioggia di imprecazioni non proprio signorili.

“Signorino Ron! La padrona ha detto che in questi giorni dovevo venire ad accudire il padroncino. Non si fida di nessun altro, signorino Ron. E il professor Silente ha detto che Cockey poteva andare, che era una cosa importante. Cockey è molto fiera che la padrona si fidi di lei. Molto fiera, davvero”

“Il padroncino ha un'età per la quale può accudirsi da solo, non credi ?” - sibilò Hermione lanciando uno sguardo furioso a Draco che nel frattempo era riuscito a mettere su la sua migliore faccia da cucciolo innocente.

Subito le orecchie dell’elfo si afflosciarono, mentre gli occhi sporgenti dell’elfa si riempivano di lacrime.

“Ma  miss… non vuole Cockey? Cockey ha fatto qualcosa di male, miss? “--chiese con voce rotta.

A parte farci quasi morire divorati da spiriti degli alberi piuttosto incazzati,niente, pensò il bambino sopravvissuto. 

“No Cockey, figurati. E’ che Hermione vorrebbe che tu non facessi le cose perchè ti vengono ordinate… ma ecco ….perché lo vuoi”- si limitò invece a dire, riuscendo a far almeno smettere le piccole spalle ossute di tremare.

“Ed essere pagata per farlo”- mormorò a voce bassa la giovane strega, non riuscendo a tacere.

Gli occhi dell’elfa si sgranarono fino a raggiungere delle dimensioni preoccupanti.

“ E la famiglia Miss? Cockey sarebbe un elfo senza famiglia”- balbettò

“Saresti un elfo libero, Cockey, non vuoi essere un elfo libero?”- provò in tono più dolce la giovane strega accovacciandosi alla sua altezza e cercando di prenderla per le spalle per calmarla,

Per tutta risposta però Cockey lanciò un urlo straziante iniziando a sbattere la testa contro il divano, mentre Hermione la guardava tra il terrorizzato e lo sconsolato.

Draco sbuffò alzandosi a sua volta : “Oh andiamo Granger, ma che cazzo. Ma ti sembra il modo di dire le cose?”

“Scusami? Le ho solo prospettato di lasciare una vita di servilismo, insulti e soprusi a favore di una degna e libera…”- provò a ribattere ma fu interrotta da una serie di strilli sempre più acuti che provenivano dall’esserino tremolante.

“E piantala con queste cazzate che sennò dobbiamo preoccuparci di togliere cervello di elfo dal divano. E spiegare a mia nonna perchè le abbiamo accoppato l’elfo. Oltre al fatto che io non crescerò più con l’ottima cucina di Cockey … dove la troviamo un’altra elfa che sa curare e cucinare come lei, genio?”

A sentire quelle che alle sue povere orecchie e sicuramente non nella mente di chi le aveva pronunciate erano dei complimenti l’elfa per un momento si fermò guardando Draco con occhi lacrimosi.

“Al padroncino piace la mia cucina, padroncino?”

Draco annuì “ Ovvio. Anche se apprezzo ancora di più le tue doti di guaritrice. E ora, visto che di queste non ce n’è bisogno, perchè non ci prepari una bella cena?”

Cockey si risollevò, stringendosi le orecchie eccitata. Prima però di dirigersi verso la cucina si girò a guardare Hermione titubante .

La grifondoro sospirò alzando le mani : “Si Cockey, mi piacerebbe molto se ci cucinassi la cena”.

L’elfa finalmente sollevata se ne andò saltellando, iniziando ad elencare tutto quello che avrebbe cucinato nel dettaglio, partendo da ogni singolo ingrediente.

Harry la guardò allontanarsi perplesso, poi si rivolse verso l’amica ghignando : “Che c’è… fai le prove per comandare gli elfi domestici?”

Per fortuna che anni di allenamento come cercatore gli avevano garantito riflessi fulminei e molto allenati, altrimenti il vaso di cristallo che un momento prima era poggiato sul tavolino accanto alla sua migliore amica e quello dopo viaggiava nella direzione della sua testa lo avrebbe centrato in pieno.

“Bel tiro  Granger”- non potè fare a meno di commentare Pansy con uno sguardo di ammirazione, maggiassandosi il fianco che aveva battuto poco prima e interrompendo la sua litania su tutti i modi in cui avrebbe ucciso Ron appena ne fosse stata in grado.

Mentre stava per ripetere il secondo lancio sulla serpeverde  Draco la prese per mano e la trascinò fuori dalla porta, prendendo al volo i cappotti che Cockey gli stava porgendo.

“Noi andiamo a farci un giro, non aspettateci alzati”- disse a mo’ di saluto neanche troppo educato “Scusa Cockey,sarà per un’altra volta”.

L’elfa annui senza dare stranamente di matto, battendo le mani, Prima o poi avrebbe cucinato una fantastica cena per la signorina Granger direttamente al Maniero..

“Ehi aspetta dove pensi di andare”- cercò di fermarlo senza che però il biondo la stesse a sentire.

“Seratina romantica, Granger. Direi che ne abbiamo un gran bisogno”- le disse prendendole il viso tra le mani e baciandola appena.

Hermione lo strinse a sè, sorridendo sotto le sue labbra.

Si quello poteva essere un buon modo per farle dimenticare che avrebbe dovuto fare la negreria per qualche giorno.

E meglio per lui se si fosse dato da fare.






 

Quando erano tornati a casa era già notte inoltrata e la casa era immersa in un silenzio surreale,l’unico rumore che si sentiva era il russare dell’elfa sdraiata sotto il tavolo della cucina, immersa in un sonno profondo e con un gran sorriso stampato sulla faccia. 

Non sapeva bene come fosse accaduto  ma il fatto che avessero lasciato loro la camera d’angolo con la vista sull’intera Diagon Alley illuminata dalle luci dorate del Natale era stata probabilmente opera di Cockey, nonostante la smaccata fascinazione che aveva per Ron.

Anche il disegno di loro due fatto con petali di rosa magicamente animati sopra il copriletto candido era decisamente indice dello zampino ossuto dell'elfo domestico.  A meno che Pansy non fosse definitivamente uscita di senno.

Terzo indizio: il cestino da pic nic ricolmo di ogni tipo di leccornia scampata alle fauci di quei tre mostri divoratori che in quel momento stavano dormendo della grossa, e che era stato lasciato accanto alla finestra, con delle candele fluttuanti  ad illuminare la mise en place in puro argento e porcellana decorata a mano.

Anche se avevano rischiato che Draco buttasse dalla ricca vetrata decorata non solo quello che in effetti era un attacco d’arte un po’ troppo vivido, ma anche il letto e da ultimo il dolcissimo essere dalle orecchie puntute che così amorevolmente aveva lavorato per loro, il resto della serata era stato decisamente piacevole. 

E come promesso il serpeverde si era dato decisamente da fare.

Era per questo  che quando fu svegliata da una meravigliosa melodia proveniente da una delle stanze che la sera prima non avevano fatto in tempo  a visitare, Hermione ne fu decisamente meravigliata.

Si girò stiracchiandosi nel letto e rotolando nel posto ancora caldo lasciato da Draco. Diede un’occhiata all’orologio. Erano a malapena le otto. Nonostante nessuno potesse davvero trovare irritante un’ esibizione così perfetta, era decisamente un po’ troppo presto per gli standard degli altri abitanti della casa.

Si alzò di malavoglia, cercando di capire dove fossero andati a finire i vestiti di cui si era sbarazzata il più velocemente possibile la sera prima. Nonostante l’idea di sorprendere Draco con solo una tazza di caffè nero in mano, l’idea di incrociare Ron e Harry completamente svestita la convinse ad infilarsi una delle vestaglie di seta dipinta che trovò nella cabina armadio. La mise lentamente, assaporando la carezza del tessuto morbido e prezioso contro la pelle nuda, piacevole quasi quanto quello delle lenzuola che l’avevano avvolta durante le poche ore di sonno.

Ravvivandosi i ricci spettinati cercò di seguire il suono della musica. Era così familiare, così intima. Eppure c’era qualcosa di diverso rispetto a tutte le volte che Draco aveva suonato per lei, come un’ombra oscura che si sprigionava con forza dai tasti.

Aprì piano la porta imbottita che girò sui cardini senza fare alcun rumore, così come lei mentre camminava scalza sullo spesso tappeto persiano, avvicinandosi piano alla figura di spalle china sul pianoforte. Suonava con la naturalezza di chi lo fa da anni, la testa chiarissima china sui tasti, leggermente piegata di lato, come a poter seguire meglio la melodia, il profilo affilato che si intravedeva appena.

Si chinò su di lui, il seno appena coperto dalla stoffa sottile contro la sua schiena mentre si chinava a dargli un bacio sul collo,facendogli scivolare le mani lungo il torace sino alla linea sensibile dell’addome.

“Non ti sembra un po’ presto per suonare?”- gli chiese mordicchiandogli la pelle morbida e bianca.

La musica cessò, ma non nel modo in cui si era aspettata. Invece di girarsi a catturare le labbra in un bacio appassionato lo sentì irrigidirsi.

Hermione aprì gli occhi.

Si era sempre sentita dire quanto fosse intelligente.

La strega più intelligente della sua generazione, dicevano in molti.

Eppure non ci aveva pensato.

Quello non era Draco.

QUELLO

NON

ERA 

DRACO.

Aveva appena fatto un succhiotto  a Lucius Malfoy.

Il padre del suo fidanzato

Quello che odiava i babbani

Lo stesso che aveva messo un diario maledetto nel calderone di Ginny Weasley perché liberasse un mostro divora babbani.

Gli aveva praticamente spalmato le tette addosso

L’ex mangiamorte.

Che ora si massaggiava il collo dove già stava facendo la sua comparsa un bel segno rosso dell’esatta misura della sua bocca.

Che era il padre del suo fidanzato, era già stato detto?

“Ehm Granger, grazie ma no grazie. Apprezzo il gesto eh, solo che di solito non sono abituato a saluti così  espansivi. Ed è esattamente in questo modo che è iniziata con la Lodge, che Salazar serpeverde la fulmini.E Narcissa ancora sta meditando di uccidermi. Ti rendi conto? Io le dico che la amo e lei che mi vuole buttare dalla torre di astronomia. Sono pazzi i Black, lo sai si?”

Perchè invece i Malfoy. …avrebbe voluto rispondergli.

Ma non ci riuscì. L’unica cosa che fu in grado di fare fu lanciare un urlo che avrebbero sentito anche a Villa Black, dovunque diavolo fosse.

L’abitudine la portò a stringere le nocche, come se avesse in mano la bacchetta. Merlino, come un’idiota l’aveva lasciata in camera. Neanche fu cosciente di aver stretto sempre di più la mano, fino a che divenne un pugno.

E ancora meno fu quando la vide alzarsi e caricare all’indietro, quasi staccata dalla sua volontà.

Ma quando il suo pugno impattò contro l’aristocratico zigomo di Lucius Malfoy ne fu estremamente soddisfatta.

E al diavolo la magia.

Le lezioni di kick boxing che aveva preso con Luna e Ginny avevano decisamente dato i suoi frutti.

Sospirò di sollievo, scuotendo la mano indolenzita, mentre gli occhi grigi del futuro Lord Malfoy si spalancavano di indignazione e sorpresa. E anche un velo di ammirazione.

Ma non ebbe in tempo di fare nulla perché richiamati dal suo grido Pansy e Ron, decisamente poco vestiti, si precipitarono nella sala, le bacchette alla mano.

Ma quei due non furono di grande aiuto

Alla vista di Hermione Granger mezza nuda, la vestaglia aperta che mostrava molto di più di quello che avrebbe voluto, e di un Lucius Malfoy con un occhio nero li nel salotto della casa dove stavano abitando da meno di dodici ore, la reazione dei due fu molto diversa ma in entrambi i casi molto poco utile.

Ron avvampò di rabbia, la faccia che assumeva la stessa sfumatura dei suoi capelli e uno sguardo omicida negli occhi tale che la grifondoro gli si buttò davanti per evitare che davvero la possibilità di avere una progenie biondo platino nel futuro venisse seriamente compromessa.

Pansy invece iniziò a ridere di gusto, come da tempo non le accadeva, a tal punto da doversi buttare sulla poltrona in preda ad un attacco di convulsioni quando anche Draco fece il suo frettoloso ingresso, ancora mezzo insaponato e con un asciugamano a malapena tenuto sui fianchi.

“Granger ma cosa hai da urlare…”- iniziò a bofonchiare, gettando uno sguardo a Pansy in bralette e culotte incapace di contenere le risate che aumentavano di intensità ogni volta che lo guardava. E poi c’era la donnola, in quelli che secondo lui erano boxer ma che probabilmente erano fatti di peli di cane riciclato, visto il tessuto. Donnola in mutande davanti ad Hermione, la sua Hermione, a malapena coperta da un ridicolmente corta vestaglia da camera dalla quale occhieggiava un seno morbido ed invitante più di quanto fosse necessario. Ma cos’era una cazzo di orgia? Con Weasley poi? Ma erano seri?

E poi capì il perché dell’ilarità di Pansy. E della rabbia di Weasley. E dell’imbarazzo furioso di Hermione.

Sbattè un paio di volte gli occhi, incapace che stesse succedendo sul serio.

Per fortuna o per sfortuna l’unica che ebbe la prontezza di reagire prima che lo vedesse con il suo vero aspetto fu Cockey. Peccato che per farlo gli rovesciò addosso un secchio di quella che sembrava viscido slime di vomito di unicorno ubriaco di glitter.

“Che caratterino…mi ricordi quella squinternata di Andromeda.”- tubò Lucius sbattendo con fare innocente l’unico occhio che riusciva ad aprire ancora decentemente -” E ora che ci siamo tutti, sarebbe ora di andare a fare colazione. Sempre che vogliate avere il buon gusto di vestirvi, per Merlino..cos’è siete una comune di nudisti?”

E quello che spiccava sul collo di suo padre era decisamente un succhiotto.

Neanche provò a chiedersi di chi.

Era tutta colpa di Potter.

Se non fosse stato per lo sfregiato sopravvissuto lui a quell’ora se ne sarebbe stato nel suo tempo a passare il pomeriggio a baciare ogni centimetro della pelle profumata della Granger.

E a  proposito dello sfregiato.

Dove cazzo era andato a finire?

.

 

Tutto era finalmente perfetto. Aveva impiegato quasi tutta la notte affinché ogni angolo di Villa Black fosse esattamente come doveva essere. 

Anche l’albero principale era finalmente esattamente come se l’era immaginato nella sua testa. Appena entrata, la Villa ancora immersa nel silenzio, non aveva potuto fare a meno di notare come decisamente gli efi  avessero fatto un caos con le decorazioni naalizie.

Come ogni anno.

E come ogni anno aveva dovuto provvedere lei a sistemarle nuovamente.

Non che le fosse dispiaciuto, anzi era qualcosa che le permetteva di svuotare la mente.

Non a caso quando occludeva immaginava di rinchiudere tutti i suoi ricordi in palline di vetro splendenti e finimente decorate che appendeva con splendida simmetria nel suo perfetto e opulento albero mentale.

Un giorno, quando avrebbe avuto una casa tutta sua, era certa che avrebbe reso quell’albero realtà. E ai suoi rami avrebbe appeso tutti i suoi ricordi felici.

“Sai che in realtà l’albero è un sigillo magico? Quei bei festoni che ti piacciono tanto sono la rappresentazione sfavillante degli intestini dei nemici.”- chiosò una voce dietro di lei, apparendo dal nulla con un plop fin troppo sonoro per i suoi gusti.

“Bella, hai addirittura letto il libro che ti ho regalato lo scorso anno? Mi commuovi”- rimbeccò subito Andromeda, apparsa poco dopo la sorella.

“Non sai fare regali Drom, è ora che qualcuno te lo dica”- rispose pronta Bellatrix scuotendo la chioma di ricci corvini e buttandosi sul divano per contemplare il lavoro della loro sorellina.

“Volevo regalarti un vibratore ma Cissy me l’ha vietato”- Andromeda si sedette accanto a lei, strappandole una risata. La  guardò di sottecchi, cercando di valutare quanto sua sorella maggiore fosse definitivamente persa. 

“Lo avrei apprezzato invece… a volte una strega deve fare da sé per essere soddisfatta. E poi a volte Rodolphus fa così in fretta che neanche mi accorgo che ha finito… Per Merlino, giuro che lo strangolerei proprio a volte”- rispose stiracchiandosi la maggiore delle Black mentre Narcissa si lasciava sfuggire uno sospirò di esasperazione.

“Avresti voluto davvero aprirlo davanti a tutti i parenti? A zia WIlburga?”- chiese sedendosi accanto ad Andromeda, che l’abbracciò protettiva  prima di aggiungere.

“Guarda che zia Wilburga ne avrebbe davvero bisogno”.

Le sorelle maggiori ridacchiarono, facendo apparire dal nulla tre bicchieri e una caraffa di eggnogg speciale dei Black. Panna, spezie,uova, zucchero e tanto alcol che sarebbe  bastato ad ubriacare l’intera casata di tassorosso.

“Siete impossibili… a volte mi chiedo come facciamo ad essere sorelle”- si limitò a commentare prendendo il primo sorso della bevanda. Era calda e assurdamente alcolica. Eppure sapeva di casa. Loro tre, sul divano, a guardare l’albero e a fare discorsi assurdi.

Lo scorso anno di quei tempi Bellatrix aveva annunciato di essere entrata nel circolo privato di Lord Voldemort e ne era derivata un’enorme litigata con Andromeda che si era protratta per tutte le vacanze di Natale. Le due sorelle maggiori erano scese ad una tregua solo quando loro padre aveva provato a dire di aver raggiunto un accordo vantaggioso per il matrimonio di Narcissa, avendo già Bellatrix comunicato la sua relazione con Lestrange e avendo ben chiarito Andromeda che piuttosto che accettare un matrimonio combinato si sarebbe chiusa le ovaie. E quindi avevano ripiegato sulla bellissima, dolce e secondo il loro contorno pensiero remissiva terzogenita. Ovviamente non avevano avuto grandi difficoltà a trovare un pretendente, visto che era riconosciuta ormai pressochè universalmente come la più bella e educata debuttante degli ultimi decenni.

Ma non avevano fatto i conti con la testardaggine delle loro figlie, in perfetto stile Black. In primo luogo Narcissa, la loro bambolina senza cervello, che si era rifiutata categoricamente di sposare qualcuno che non amava. E poi di Andromeda e Bellatrix che quando avevano saputo degli stupidi piani dei loro genitori avevano messo in atto una vera e propria guerra, neanche troppo fredda. L’ala ovest ancora ne mostrava i segni, nonostante la ristrutturazione che avevano dovuto fare nei mesi successivi.

E alla fine l’avevano spuntata, almeno per il momento.

Si rannicchiò contro Andromeda, posandole la testa sulla spalla, lasciandosi cullare da quel tepore famigliare mentre il liquido caldo le scendeva nella gola, lasciandole un piacevole senso di torpore.

“Forse dovremmo regalarlo a te Cissy, di sicuro ti eviteresti un sacco di problemi con gli uomini. Anche se poi avresti decisamente delle aspettative irreali”- rise Bellatrix facendo volare un altro ciocco nel camino di marmo bianco e guardando le fiamme che si alzavano.

“A volte Rodolphus mi fa pena sai? Poi mi ricordo che razza di persona orribile sia e mi rimangio tutto”- sentì Andromeda rimbeccare. Sapeva bene che non stava scherzando. Lei e Rodolphus non si erano mai piaciuti,

“Però devo dire che si da un gran daffare. E tu Drom, vuoi dirci qualcosa del tuo misterioso amante?”

La sorella non rispose subito, prendendo un grosso sorso di liquido cremoso, senza fretta.

“Diciamo che non mi posso lamentare”- si limitò a commentare, mentre con le dita le pettinava i piano i capelli dorati che le ricadevano sulle spalle.

“ E se ci vado a letto e poi lui si stufa di me? Se non sono abbastanza brava? Se non gli piaccio”- si trovò a mormorare, le parole che le uscivano di bocca senza che riuscisse a fermarle.

Non c’era bisogno che dicesse a chi si stava riferendo.

“Credimi Cissy, nonostante tu abbia un pessimo gusto in fatto di uomini, ti posso assicurare che Lucius Malfoy non vede l’ora di passare la sua vita con te. Dentro e fuori da un letto”- le bisbigliare sua sorella sfiorandole la tempia con un bacio.

“Male che va avrai perso la tua verginità con uno che si è passato mezza scuola. A quanto si dice almeno dovrebbe sapere quello che fa…”- commentò invece Bellatrix, prosaica come sempre.

“Bella!”- Andromeda le rivolse uno sguardo di fuoco che però non fece più di tanto presa sulla maggiore delle Black.

“Vabbè ma se si comporta male lo possiamo sempre torturare, no? Almeno Cissy si toglierà la soddisfazione di farlo urlare in un modo o nell’altro…”

“Bella…”

La strega posò il bicchiere ormai vuoto sbuffando e alzando le mani in segno di resa.

“Stai diventando noiosa, Drom. Capisco che siete amici, ma non mi sembra di aver detto nulla di che. Vuoi la verità nuda e cruda, Cissy?La prima volta non è un gran che. Soprattutto se lui è un imbranato, ma in teoria questo problema dovresti averlo superato. Ma visto che sono tua sorella maggiore ti darò dei consigli. Uno, fregatene di quello che vuole lui. Pensa solo a te. A te va di farlo? Bene. A te non va? Caccialo a calci. Due, sempre e dico sempre, pozione anticoncezionale. Non ti fidare dei suoi incantesimi, i maschi sono già stupidi di loro figurati quando ragionano con il loro pene. Terzo. E’ sempre una questione di potere, ricordatelo. Potrai anche trovarci dell’amore, da sciocchina romantica che sei, ma prima di tutto è una questione di potere. Non fargli capire che è il primo, se lo sarà. Lascialo nel dubbio”

Andromeda alzò gli occhi al cielo. “Va bene i primi due consigli.. ma il terzo… sei seria? Ha quattordici anni per la misera.”
“I maschi sono stupidi. Lucius ancora di più.Non dico che deve mentire ma solo di non spiattellarglielo. E poi può sempre provare prima con qualcuno di cui non le importa niente, no? Tanto per vedere come va..”- replicò la mora sbattendo gli occhi con fare innocente-” O torniamo all’ipotesi vibratore. Le streghe sono elastiche, sai?”.

“Sei impossibile.”- si limitò a commentare Andormeda, constatando l’impossibilità di spuntarla quando Bellatrix faceva quei ragionamenti.

Narcissa chiuse gli occhi. In fondo Bellatrix non aveva tutti i torti. Era sempre un gioco di potere. Come quello che stava portando avanti in quei giorni.

Ed era per quello che aveva chiesto una modifica al suo abito per il galà di Natale dei Malfoy.

Ed era per quello che aveva in mente di portare con sé qualcosa di speciale per quella sera.

Qualcosa che le avrebbe finalmente svelato quello che Lucius Malfoy provava per lei.

Sorrise ripensando allo sguardo orripilato di Severus quando gli aveva spiegato il suo piano

E poi avrebbe pensato al futuro, se mai ce ne fosse stato uno per loro.


Quando era sgattaiolato fuori dalla casa mentre la via era ancora immersa in un soporoso tardo risveglio, l’aria ancora umida e fredda gli si appiccava addosso come un novello mantello dell’invisibilità. E a proposito di quello, non esisteva al mondo che sarebbe tornato nel suo tempo senza esserselo ripreso, avesse dovuto dare fuoco a tutto il Wiltishire per riprenderselo. Dannati geni Malfoy e la loro mania di mettere le mani su quello che decisamente non era roba loro. 

Si incamminò velocemente, la testa bassa per tagliare il vento sferzante che si era alzato da poco, le mani in tasca per non disperdere il piacevole calore che aveva appena lasciato.

Camminava a passo svelto, scansando i pochissimi passanti, eppure non poté fare a meno di scorgere di sfuggita il suo riflesso in una delle vetrine. Si fermò a guardarsi alla luce morbida del lampione magico. I capelli di suo padre, neri e ribelli, incuranti di qualsiasi tentativo di metterli in ordine. Ci aveva rinunciato da tempo a dire il vero, da quando non aveva più paura di essere quello strano, quello diverso. Da quando era stato ammesso ad Hogwarts, insomma.

Sirius lo scambiava spesso per suo padre e ora che l’aveva conosciuto non poteva dargli torto. Anzi, in fondo era per il suo padrino la massima espressione di affetto e stima.Sirius era pronto a morire per lui, su quello non c’era dubbio. Sperò solo che fosse pronto anche a vivere.

Sapeva che aveva ripreso da James lo spirito d’avventura, la lealtà, la passione per il volo e per il mettersi nei guai.

Ma gli occhi, gli occhi verdi brillanti che neanche gli occhiali dalla montatura tonda riuscivano a nascondere. quelli erano gli occhi di sua madre.

E da Lily, cos’altro aveva preso da lei? Ci aveva pensato a lungo, a come dovesse essere stata la sua vita. Se James era stato cresciuto dai maghi, e dopo averli conosciuti, si rendeva conto di quanto l’educazione attenta e amorevole dei suoi nonni avesse contribuito a formare il vero carattere del suo futuro padre. Forse era sul serio un bullo, di certo iperattivo, incurante di ogni pericolo… ma era solo un ragazzino. Sarebbe diventato un giovane uomo in grado di sfidare Voldemort e i suoi seguaci pur di non cedere all’odio e al terrore. Un amico leale. Un marito fedele. Un padre che si era sacrificato nell’estremo tentativo di proteggere la sua famiglia, pur nella consapevolezza che fosse un gesto disperato.

Ma lei? Sua madre era come lui, catapultata in un mondo in cui finalmente si riusciva a trovare un proprio posto, un proprio ruolo nel mondo. Dove non si era mostri. Ma al contrario suo che era stato ben felice di dire addio a Privet Drive numero 4 senza neanche voltarsi indietro, Lily aveva sofferto nel lasciare una famiglia che non la capiva? Nell’allontanarsi da quella sorella che la faceva sempre sentire sbagliata per correre incontro ad un nuovo mondo, ad un nuovo amore, ad una nuova famiglia, aveva mai provato rimorso?

E tutto era finito in una notte di Halloween, tra grida e dolore. E allo stesso tempo grazie al suo sacrificio tutto era iniziato di nuovo. Non era stata la forza, l’audacia o la saggezza a salvarlo quella notte.

No, era diventato il bambino sopravvissuto solo per amore di sua madre.

Si spostò un ciuffo nero sulla fronte e riprese il cammino.

Doveva arrivare nella Londra Babbana prima che Ron ed Hermione si svegliassero e iniziassero a rivoltare Diagon Alley per ritrovarlo. Era certo che Hermione avrebbe tirato fuori qualche ragionevole ed intelligente ma al contempo assolutamente inutile  spiegazione sul perchè non dovesse assolutamente incontrare sua madre, visto che ancora non aveva neanche ricevuto la sua lettera di ammissione.

Tutte cazzate, loro non potevano capire.

Quella notte di Halloween era  diventato leggenda.

Ma tutto quello che voleva in quel momento era poterla incontrare , almeno una volta,

Sua zia una volta si era lasciata sfuggire che prima di rifugiarsi in quelle rassicuranti villette a schiera aveva trascorso la sua infanzia in un popoloso quartiere della periferia di Londra. Se aveva fatto bene i conti da li a poco Lily sarebbe uscita per andare a scuola, uno degli ultimi giorni prima delle vacanze natalizie. Le ultime che avrebbe trascorso non sapendo di essere una maga.Ancora per poco, poco più di un mese e la sua vita sarebbe cambiata per sempre.

Nel corso degli anni aveva racimolato ogni minimo indizio sui suoi genitori, scavando e mettendo insieme i pezzi, come in un puzzle di migliaia di pezzi da fare senza alcun immagine di riferimento. Accenni, foto, frammenti di conversazione, racconti da chiunque fosse disposto a regalargli uno spiraglio sulla vita di Lily e James, Li aveva raccolti pazientemente e tenuti insieme in un quaderno con qualche pagina strappata che Dudley aveva buttato via perché infastidito dalla copertina monocolore. Era diventato il suo pensatoio, ben prima che sapesse cosa fosse. E l’aveva consumato a furia di sfogliarlo, imprimendosi ben bene ogni dettaglio nella mente. Così come l’album regalatogli da Hagrid che sembrava il perfetto compendio di voci e volti.

Per questo ebbe ben poche difficoltà nel trovare la casa, un edificio in mattoni rossi con davanti al portone un grosso olmo. Richiamò alla mente una foto che aveva trovato nascosta in un libro che ritraeva sua madre poco più che bambina che leggeva un libro arrampicata sull’albero, come se non fosse nel pieno di una città di milioni di abitanti. E un libro troppo grande per lei, che teneva tra le mani con fin troppa facilità. Magia, senza dubbio. Occultata pressoché alla perfezione. A quanto pareva prima che diventasse paranoico il Ministero non prestava molta attenzione alla magia dei minorenni fuori da Hogwarts.

Era immerso nei suoi pensieri quando notò la porta del palazzo aprirsi piano e una figurina dai lucidi e folti capelli rossi e una grossa cartella sulla schiena scendere le scale saltando da un gradino all'altro e canticchiando a mezza voce.

Quella voce.A volte l’aveva risentita nei suoi sogni. Sicuramente più adulta eppure anche in quella canzoncina infantile riusciva a ritrovare il timbro che l’aveva cullato e calmato ancora prima che fosse in grado di capire.

Harry rimase paralizzato a guardarla. Erano mesi che pensava a quel momento,ma non era riuscito a prepararsi nulla da dire.Come iniziare una conversazione con qualcuno che ti ha dato la vita ma che neanche può immaginare la tua esistenza?

Pensò di avvicinarla per caso, passarle vicino facendo finta di far cadere qualcosa, giusto per avere la scusa di parlarle.

E invece, come ormai doveva aver imparato dopo tanto tempo passato con Hermione, Ginny e Molly, non ebbe bisogno di fare niente.

Lily si era fermata sull’ultimo gradino, lo sguardo fisso nella sua direzione.

Harry pensò che lo avesse scambiato per un maniaco. O un ragazzetto balordo in cerca di guai. Ebbe il timore che si sarebbe messa ad urlare.

Invece  i grandi occhi verdi si spalancarono di una luce dolce, mentre le labbra si schiusero in un sorriso sincero,come quello che vedeva sempre nello specchio delle brame.

Harry imbarazzato sollevo la mano per salutare, e quando il sorriso della ragazzina si fece ancora più splendente,iniziò a sentirsi nervoso. Seguì il suo sguardo e si diede dell’idiota.

La bacchetta. Dal nervosismo senza rendersene conto aveva preso in mano la bacchetta. E ora l’agitava nel pieno di una strada babbana.

Davanti alla sua ancora ignara del mondo magico futura madre.

Magnifico.

“Ehm… posso spiegare…”- borbottò ricacciandosela velocemente nella giacca, mentre la Lily gli si era avvicinata trotterellando e senza mai perdere l’espressione di felicità sul suo voto.

“Sei un mago vero? Lo sapevo. Ti ho osservato prima dalla mia finestra…vedi è quella li su..”- chiese indicando con il dito una delle vetrate dalla quale si poteva intravedere una bella ghirlanda fiorita. Troppo fiorita, per essere esposta al freddo delle notti di inverno londinesi, a dire il vero- “Cercavi me?”

Harry annuì incapace di parlare.

E ora come se la sarebbe cavata.

Forse poteva trasformarsi in cane e scappare via.

Ma non poteva girarsi di fronte a quegli occhi che brillavano come smeraldi.

“Si.. io posso spiegare”- mentì passandosi nervosamente una mano tra i capelli scarmigliati.

La futura strega lo prese sottobraccio come se lo conoscesse da una vita e non da pochi minuti, iniziando ad incamminarsi sul lungo viale innevato .

“Ti ha mandato Severus vero? Mi ha scritto che non sarebbe tornato per le vacanze, ero così triste. E dimmi siete molto amici? Come sta? Mi ha detto che ci sono dei ragazzini impossibili a scuola…”- iniziò a tempestarlo di domande senza mai prendere fiato. Ed era un bene, perchè lui non avrebbe saputo cosa rispondere.

“Severus?”- chiese appena con un filo di voce.

Lei si fermò di colpo, squadrandolo sospettosa per la prima volta. “Si, Severus Piton. Ci siamo conosciuti la scorsa estate al fiume… ma da allora ci scriviamo tutte le settimane. E’ lui che ti ha mandato vero?”

Harry deglutì a fatica, la gola riarsa. Severus Piton e sua madre erano amici. Molto amici.

“E’ lui che ti ha parlato di Hogwarts?”

Lilly annuì : “Si, ero molto triste perchè nessuno capiva cosa  fossi. Ma lui mi ha detto che non era un problema di cosa ma di chi. Una maga. Anche se ufficialmente non avrei ancora dovuto scoprirlo… in realtà ho sempre saputo di essere….”

“Diversa?”

“Speciale. E’ questo l’aggettivo che ha usato. E io mi sono sentita davvero così. Unica. E anche Severus lo è sai?”

Ah speciale di sicuro lo era. Specialmente disturbato a dirla tutta.

Harry prese la palla al balzo. Al diavolo Piton, se per una volta in vita sua poteva essere di qualche aiuto fare il suo nome, non avrebbe certo esitato.

“Ehm, si certo. Sicuramente un grande pozionista. Un filo instabile mentalmente, se proprio devo dire”- non riuscì ad impedirsi di aggiungere.

Lily annuì soddisfatta della risposta. Sin da quando l’aveva intravisto accanto all’albero aveva sentito che quel ragazzo non era un pericolo. Anzi, aveva provato l’impulso irrefrenabile di infilarsi la divisa e scendere il più velocemente possibile in strada. Doveva conoscerlo, doveva parlargli. Non sapeva bene come, ma sapeva di doverlo fare.

Sentì lo stomaco brontolare. Non aveva fatto colazione per la fretta. Fortuna che all’angolo la caffetteria preparava un english breakfast che attirava mezza Londra.

Prese di nuovo sottobraccio il ragazzo sconosciuto, mentre una scossa le risaliva lungo la schiena .

“Ho fame. Ti va di fare colazione insieme?”- chiese

Il bambino sopravvissuto si sentì scaldare il cuore. Quante volte aveva sognato un momento del genere, pur vergognandosene.

“Con te? Sempre”




 

“Chissà perché ma me l’aspettavo diversa. Insomma niente toni lugubri, niente attrezzi di tortura, niente libri maledetti. Sei sicuro che sia una residenza dei Malfoy?”- chiese Ron buttandosi sul grande divano di pelle di una sfumatura di nocciola chiarissima, decisamente più morbidodi quello che pensava visti i proprietari. In realtà quell’ambiente era luminoso e accogliente. Niente di più lontano da quella famiglia di mangiamorte.

“E’ più grande di una scatola da scarpe quindi di certo non è una dei Weasley.. oh scusa Lenticchia, dimenticavo che tu  è già tanto che ne hai una di casa”- sbuffò Draco lanciandosi a sua volta su una poltrona e reclinando la testa all’indietro chiudendo gli occhi, cercando di cancellare dalla mente le ultime ore.

Grazie ai suoi mentalmente disturbati genitori adolescenti la maggior parte del viaggio di ritorno era stato un incubo. E aveva sentito commenti e battute che decisamente nessuno avrebbe voluto sentire uscire da chi ti ha messo al mondo. Neanche il fatto che suo nonno avesse mandato Krippy ad attendere i gemelli e suo padre era riuscito a sollevargli l’umore, anche se era ben grato di non averlo dovuto rivedere.

Pansy sbuffò sdraiandosi per lungo sul divano, la testa sul bracciolo vicino a dove era seduto il suo compagno di casa e le gambe affusolate sull’altro, bloccando il grifondoro in un angolo.

“Non c’è niente da mangiare in questo posto? Ma dove sono finiti gli elfi?”-chiese allungandosi pigramente, facendo ben in modo di occupare anche quel poco di spazio che aveva lasciato libero e di piantare il calcagno nel petto del rosso.

“Elfi?”- la voce di Hermione era calma, ma nessuno si faceva illusioni su cosa celasse quella parvenza di noncurante normalità.

“Si, Granger, elfi. Dobbiamo stare qui qualche giorno, va bene che possiamo andare a mangiare fuori ma come facciamo se ci viene voglia di qualcosa di sfizioso? E per il tè? E le cose da lavare? Pretendi che mettiamo gli stessi vestiti per giorni?”- elencò la mora  parlando piano, come si fa con i bambini piccoli o con qualcuno che non comprende la tua lingua.

“Ah se solo avessimo delle appendici alla fine delle braccia dotate di pollici opponibili. E che addirittura possono usare una bacchetta”- ringhiò la grifondoro. Draco si costrinse ad aprire gli occhi, lanciandole un’occhiata di sfuggita e non potendo fare a meno di notare con apprensione e anche un filo di eccitazione che gli occhi iniziavano a perdere la sfumatura mielata per iniziare a virare verso una preoccupante nuance da fiamme dell’inferno che solitamente non presagiva nulla di buono.

“Granger, senti, queste cose vanno bene per i poveri. Lo vuoi capire? Io non uso la mia magia per una cosa banale come prepararmi da mangiare. E poi bisogna comunque andare a comprare il cibo. Tu sul serio pensi che io possa anche solo pensare di entrare in un negozio di alimentari?”- rimbeccò la serpeverde sgranando gli occhi come se le avessero appena chiesto di buttarsi dall’attico senza bacchetta.

Harry, appoggiato contro lo stipite della finestra ridacchiò godendosi la scena. Già la sceneggiata del treno, con Malfoy sull’orlo di una crisi di nervi era stata divertente, Ma se Hermione fosse dovuta vivere anche solo per pochi giorni con un elfo domestico la si che ci sarebbe stato da ridere.

E poi ci fu un plop.

Lunghe orecchie e dita puntute. Occhi dolci grandi e globulosi.E un grande fiocco scozzese sulla testa. 

“Cockey!”- urlò Ron con un gran sorriso alzandosi in piedi di scatto, dimentico delle gambe della serpeverde appoggiate sul suo grembo, nonostante fino a poco prima fosse intento a disegnare cerchi con la punta delle dita sulla pelle sensibile dell’interno coscia lasciato scoperto dalle calze che arrivavano poco sopra il ginocchio, provocando non solo la caduta della suddetta serpeverde sul soffice tappeto d’angora ma anche una pioggia di imprecazioni non proprio signorili.

“Signorino Ron! La padrona ha detto che in questi giorni dovevo venire ad accudire il padroncino. Non si fida di nessun altro, signorino Ron. E il professor Silente ha detto che Cockey poteva andare, che era una cosa importante. Cockey è molto fiera che la padrona si fidi di lei. Molto fiera, davvero”

“Il padroncino ha un'età per la quale può accudirsi da solo, non credi ?” - sibilò Hermione lanciando uno sguardo furioso a Draco che nel frattempo era riuscito a mettere su la sua migliore faccia da cucciolo innocente.

Subito le orecchie dell’elfo si afflosciarono, mentre gli occhi sporgenti dell’elfa si riempivano di lacrime.

“Ma  miss… non vuole Cockey? Cockey ha fatto qualcosa di male, miss? “--chiese con voce rotta.

A parte farci quasi morire divorati da spiriti degli alberi piuttosto incazzati,niente, pensò il bambino sopravvissuto. 

“No Cockey, figurati. E’ che Hermione vorrebbe che tu non facessi le cose perchè ti vengono ordinate… ma ecco ….perché lo vuoi”- si limitò invece a dire, riuscendo a far almeno smettere le piccole spalle ossute di tremare.

“Ed essere pagata per farlo”- mormorò a voce bassa la giovane strega, non riuscendo a tacere.

Gli occhi dell’elfa si sgranarono fino a raggiungere delle dimensioni preoccupanti.

“ E la famiglia Miss? Cockey sarebbe un elfo senza famiglia”- balbettò

“Saresti un elfo libero, Cockey, non vuoi essere un elfo libero?”- provò in tono più dolce la giovane strega accovacciandosi alla sua altezza e cercando di prenderla per le spalle per calmarla,

Per tutta risposta però Cockey lanciò un urlo straziante iniziando a sbattere la testa contro il divano, mentre Hermione la guardava tra il terrorizzato e lo sconsolato.

Draco sbuffò alzandosi a sua volta : “Oh andiamo Granger, ma che cazzo. Ma ti sembra il modo di dire le cose?”

“Scusami? Le ho solo prospettato di lasciare una vita di servilismo, insulti e soprusi a favore di una degna e libera…”- provò a ribattere ma fu interrotta da una serie di strilli sempre più acuti che provenivano dall’esserino tremolante.

“E piantala con queste cazzate che sennò dobbiamo preoccuparci di togliere cervello di elfo dal divano. E spiegare a mia nonna perchè le abbiamo accoppato l’elfo. Oltre al fatto che io non crescerò più con l’ottima cucina di Cockey … dove la troviamo un’altra elfa che sa curare e cucinare come lei, genio?”

A sentire quelle che alle sue povere orecchie e sicuramente non nella mente di chi le aveva pronunciate erano dei complimenti l’elfa per un momento si fermò guardando Draco con occhi lacrimosi.

“Al padroncino piace la mia cucina, padroncino?”

Draco annuì “ Ovvio. Anche se apprezzo ancora di più le tue doti di guaritrice. E ora, visto che di queste non ce n’è bisogno, perchè non ci prepari una bella cena?”

Cockey si risollevò, stringendosi le orecchie eccitata. Prima però di dirigersi verso la cucina si girò a guardare Hermione titubante .

La grifondoro sospirò alzando le mani : “Si Cockey, mi piacerebbe molto se ci cucinassi la cena”.

L’elfa finalmente sollevata se ne andò saltellando, iniziando ad elencare tutto quello che avrebbe cucinato nel dettaglio, partendo da ogni singolo ingrediente.

Harry la guardò allontanarsi perplesso, poi si rivolse verso l’amica ghignando : “Che c’è… fai le prove per comandare gli elfi domestici?”

Per fortuna che anni di allenamento come cercatore gli avevano garantito riflessi fulminei e molto allenati, altrimenti il vaso di cristallo che un momento prima era poggiato sul tavolino accanto alla sua migliore amica e quello dopo viaggiava nella direzione della sua testa lo avrebbe centrato in pieno.

“Bel tiro  Granger”- non potè fare a meno di commentare Pansy con uno sguardo di ammirazione, maggiassandosi il fianco che aveva battuto poco prima e interrompendo la sua litania su tutti i modi in cui avrebbe ucciso Ron appena ne fosse stata in grado.

Mentre stava per ripetere il secondo lancio sulla serpeverde  Draco la prese per mano e la trascinò fuori dalla porta, prendendo al volo i cappotti che Cockey gli stava porgendo.

“Noi andiamo a farci un giro, non aspettateci alzati”- disse a mo’ di saluto neanche troppo educato “Scusa Cockey,sarà per un’altra volta”.

L’elfa annui senza dare stranamente di matto, battendo le mani, Prima o poi avrebbe cucinato una fantastica cena per la signorina Granger direttamente al Maniero..

“Ehi aspetta dove pensi di andare”- cercò di fermarlo senza che però il biondo la stesse a sentire.

“Seratina romantica, Granger. Direi che ne abbiamo un gran bisogno”- le disse prendendole il viso tra le mani e baciandola appena.

Hermione lo strinse a sè, sorridendo sotto le sue labbra.

Si quello poteva essere un buon modo per farle dimenticare che avrebbe dovuto fare la negreria per qualche giorno.

E meglio per lui se si fosse dato da fare.






 

Quando erano tornati a casa era già notte inoltrata e la casa era immersa in un silenzio surreale,l’unico rumore che si sentiva era il russare dell’elfa sdraiata sotto il tavolo della cucina, immersa in un sonno profondo e con un gran sorriso stampato sulla faccia. 

Non sapeva bene come fosse accaduto  ma il fatto che avessero lasciato loro la camera d’angolo con la vista sull’intera Diagon Alley illuminata dalle luci dorate del Natale era stata probabilmente opera di Cockey, nonostante la smaccata fascinazione che aveva per Ron.

Anche il disegno di loro due fatto con petali di rosa magicamente animati sopra il copriletto candido era decisamente indice dello zampino ossuto dell'elfo domestico.  A meno che Pansy non fosse definitivamente uscita di senno.

Terzo indizio: il cestino da pic nic ricolmo di ogni tipo di leccornia scampata alle fauci di quei tre mostri divoratori che in quel momento stavano dormendo della grossa, e che era stato lasciato accanto alla finestra, con delle candele fluttuanti  ad illuminare la mise en place in puro argento e porcellana decorata a mano.

Anche se avevano rischiato che Draco buttasse dalla ricca vetrata decorata non solo quello che in effetti era un attacco d’arte un po’ troppo vivido, ma anche il letto e da ultimo il dolcissimo essere dalle orecchie puntute che così amorevolmente aveva lavorato per loro, il resto della serata era stato decisamente piacevole. 

E come promesso il serpeverde si era dato decisamente da fare.

Era per questo  che quando fu svegliata da una meravigliosa melodia proveniente da una delle stanze che la sera prima non avevano fatto in tempo  a visitare, Hermione ne fu decisamente meravigliata.

Si girò stiracchiandosi nel letto e rotolando nel posto ancora caldo lasciato da Draco. Diede un’occhiata all’orologio. Erano a malapena le otto. Nonostante nessuno potesse davvero trovare irritante un’ esibizione così perfetta, era decisamente un po’ troppo presto per gli standard degli altri abitanti della casa.

Si alzò di malavoglia, cercando di capire dove fossero andati a finire i vestiti di cui si era sbarazzata il più velocemente possibile la sera prima. Nonostante l’idea di sorprendere Draco con solo una tazza di caffè nero in mano, l’idea di incrociare Ron e Harry completamente svestita la convinse ad infilarsi una delle vestaglie di seta dipinta che trovò nella cabina armadio. La mise lentamente, assaporando la carezza del tessuto morbido e prezioso contro la pelle nuda, piacevole quasi quanto quello delle lenzuola che l’avevano avvolta durante le poche ore di sonno.

Ravvivandosi i ricci spettinati cercò di seguire il suono della musica. Era così familiare, così intima. Eppure c’era qualcosa di diverso rispetto a tutte le volte che Draco aveva suonato per lei, come un’ombra oscura che si sprigionava con forza dai tasti.

Aprì piano la porta imbottita che girò sui cardini senza fare alcun rumore, così come lei mentre camminava scalza sullo spesso tappeto persiano, avvicinandosi piano alla figura di spalle china sul pianoforte. Suonava con la naturalezza di chi lo fa da anni, la testa chiarissima china sui tasti, leggermente piegata di lato, come a poter seguire meglio la melodia, il profilo affilato che si intravedeva appena.

Si chinò su di lui, il seno appena coperto dalla stoffa sottile contro la sua schiena mentre si chinava a dargli un bacio sul collo,facendogli scivolare le mani lungo il torace sino alla linea sensibile dell’addome.

“Non ti sembra un po’ presto per suonare?”- gli chiese mordicchiandogli la pelle morbida e bianca.

La musica cessò, ma non nel modo in cui si era aspettata. Invece di girarsi a catturare le labbra in un bacio appassionato lo sentì irrigidirsi.

Hermione aprì gli occhi.

Si era sempre sentita dire quanto fosse intelligente.

La strega più intelligente della sua generazione, dicevano in molti.

Eppure non ci aveva pensato.

Quello non era Draco.

QUELLO

NON

ERA 

DRACO.

Aveva appena fatto un succhiotto  a Lucius Malfoy.

Il padre del suo fidanzato

Quello che odiava i babbani

Lo stesso che aveva messo un diario maledetto nel calderone di Ginny Weasley perché liberasse un mostro divora babbani.

Gli aveva praticamente spalmato le tette addosso

L’ex mangiamorte.

Che ora si massaggiava il collo dove già stava facendo la sua comparsa un bel segno rosso dell’esatta misura della sua bocca.

Che era il padre del suo fidanzato, era già stato detto?

“Ehm Granger, grazie ma no grazie. Apprezzo il gesto eh, solo che di solito non sono abituato a saluti così  espansivi. Ed è esattamente in questo modo che è iniziata con la Lodge, che Salazar serpeverde la fulmini.E Narcissa ancora sta meditando di uccidermi. Ti rendi conto? Io le dico che la amo e lei che mi vuole buttare dalla torre di astronomia. Sono pazzi i Black, lo sai si?”

Perchè invece i Malfoy. …avrebbe voluto rispondergli.

Ma non ci riuscì. L’unica cosa che fu in grado di fare fu lanciare un urlo che avrebbero sentito anche a Villa Black, dovunque diavolo fosse.

L’abitudine la portò a stringere le nocche, come se avesse in mano la bacchetta. Merlino, come un’idiota l’aveva lasciata in camera. Neanche fu cosciente di aver stretto sempre di più la mano, fino a che divenne un pugno.

E ancora meno fu quando la vide alzarsi e caricare all’indietro, quasi staccata dalla sua volontà.

Ma quando il suo pugno impattò contro l’aristocratico zigomo di Lucius Malfoy ne fu estremamente soddisfatta.

E al diavolo la magia.

Le lezioni di kick boxing che aveva preso con Luna e Ginny avevano decisamente dato i suoi frutti.

Sospirò di sollievo, scuotendo la mano indolenzita, mentre gli occhi grigi del futuro Lord Malfoy si spalancavano di indignazione e sorpresa. E anche un velo di ammirazione.

Ma non ebbe in tempo di fare nulla perché richiamati dal suo grido Pansy e Ron, decisamente poco vestiti, si precipitarono nella sala, le bacchette alla mano.

Ma quei due non furono di grande aiuto

Alla vista di Hermione Granger mezza nuda, la vestaglia aperta che mostrava molto di più di quello che avrebbe voluto, e di un Lucius Malfoy con un occhio nero li nel salotto della casa dove stavano abitando da meno di dodici ore, la reazione dei due fu molto diversa ma in entrambi i casi molto poco utile.

Ron avvampò di rabbia, la faccia che assumeva la stessa sfumatura dei suoi capelli e uno sguardo omicida negli occhi tale che la grifondoro gli si buttò davanti per evitare che davvero la possibilità di avere una progenie biondo platino nel futuro venisse seriamente compromessa.

Pansy invece iniziò a ridere di gusto, come da tempo non le accadeva, a tal punto da doversi buttare sulla poltrona in preda ad un attacco di convulsioni quando anche Draco fece il suo frettoloso ingresso, ancora mezzo insaponato e con un asciugamano a malapena tenuto sui fianchi.

“Granger ma cosa hai da urlare…”- iniziò a bofonchiare, gettando uno sguardo a Pansy in bralette e culotte incapace di contenere le risate che aumentavano di intensità ogni volta che lo guardava. E poi c’era la donnola, in quelli che secondo lui erano boxer ma che probabilmente erano fatti di peli di cane riciclato, visto il tessuto. Donnola in mutande davanti ad Hermione, la sua Hermione, a malapena coperta da un ridicolmente corta vestaglia da camera dalla quale occhieggiava un seno morbido ed invitante più di quanto fosse necessario. Ma cos’era una cazzo di orgia? Con Weasley poi? Ma erano seri?

E poi capì il perché dell’ilarità di Pansy. E della rabbia di Weasley. E dell’imbarazzo furioso di Hermione.

Sbattè un paio di volte gli occhi, incapace che stesse succedendo sul serio.

Per fortuna o per sfortuna l’unica che ebbe la prontezza di reagire prima che lo vedesse con il suo vero aspetto fu Cockey. Peccato che per farlo gli rovesciò addosso un secchio di quella che sembrava viscido slime di vomito di unicorno ubriaco di glitter.

“Che caratterino…mi ricordi quella squinternata di Andromeda.”- tubò Lucius sbattendo con fare innocente l’unico occhio che riusciva ad aprire ancora decentemente -” E ora che ci siamo tutti, sarebbe ora di andare a fare colazione. Sempre che vogliate avere il buon gusto di vestirvi, per Merlino..cos’è siete una comune di nudisti?”

E quello che spiccava sul collo di suo padre era decisamente un succhiotto.

Neanche provò a chiedersi di chi.

Era tutta colpa di Potter.

Se non fosse stato per lo sfregiato sopravvissuto lui a quell’ora se ne sarebbe stato nel suo tempo a passare il pomeriggio a baciare ogni centimetro della pelle profumata della Granger.

E a  proposito dello sfregiato.

Dove cazzo era andato a finire?

.

 

Tutto era finalmente perfetto. Aveva impiegato quasi tutta la notte affinché ogni angolo di Villa Black fosse esattamente come doveva essere. 

Anche l’albero principale era finalmente esattamente come se l’era immaginato nella sua testa. Appena entrata, la Villa ancora immersa nel silenzio, non aveva potuto fare a meno di notare come decisamente gli efi  avessero fatto un caos con le decorazioni naalizie.

Come ogni anno.

E come ogni anno aveva dovuto provvedere lei a sistemarle nuovamente.

Non che le fosse dispiaciuto, anzi era qualcosa che le permetteva di svuotare la mente.

Non a caso quando occludeva immaginava di rinchiudere tutti i suoi ricordi in palline di vetro splendenti e finimente decorate che appendeva con splendida simmetria nel suo perfetto e opulento albero mentale.

Un giorno, quando avrebbe avuto una casa tutta sua, era certa che avrebbe reso quell’albero realtà. E ai suoi rami avrebbe appeso tutti i suoi ricordi felici.

“Sai che in realtà l’albero è un sigillo magico? Quei bei festoni che ti piacciono tanto sono la rappresentazione sfavillante degli intestini dei nemici.”- chiosò una voce dietro di lei, apparendo dal nulla con un plop fin troppo sonoro per i suoi gusti.

“Bella, hai addirittura letto il libro che ti ho regalato lo scorso anno? Mi commuovi”- rimbeccò subito Andromeda, apparsa poco dopo la sorella.

“Non sai fare regali Drom, è ora che qualcuno te lo dica”- rispose pronta Bellatrix scuotendo la chioma di ricci corvini e buttandosi sul divano per contemplare il lavoro della loro sorellina.

“Volevo regalarti un vibratore ma Cissy me l’ha vietato”- Andromeda si sedette accanto a lei, strappandole una risata. La  guardò di sottecchi, cercando di valutare quanto sua sorella maggiore fosse definitivamente persa. 

“Lo avrei apprezzato invece… a volte una strega deve fare da sé per essere soddisfatta. E poi a volte Rodolphus fa così in fretta che neanche mi accorgo che ha finito… Per Merlino, giuro che lo strangolerei proprio a volte”- rispose stiracchiandosi la maggiore delle Black mentre Narcissa si lasciava sfuggire uno sospirò di esasperazione.

“Avresti voluto davvero aprirlo davanti a tutti i parenti? A zia WIlburga?”- chiese sedendosi accanto ad Andromeda, che l’abbracciò protettiva  prima di aggiungere.

“Guarda che zia Wilburga ne avrebbe davvero bisogno”.

Le sorelle maggiori ridacchiarono, facendo apparire dal nulla tre bicchieri e una caraffa di eggnogg speciale dei Black. Panna, spezie,uova, zucchero e tanto alcol che sarebbe  bastato ad ubriacare l’intera casata di tassorosso.

“Siete impossibili… a volte mi chiedo come facciamo ad essere sorelle”- si limitò a commentare prendendo il primo sorso della bevanda. Era calda e assurdamente alcolica. Eppure sapeva di casa. Loro tre, sul divano, a guardare l’albero e a fare discorsi assurdi.

Lo scorso anno di quei tempi Bellatrix aveva annunciato di essere entrata nel circolo privato di Lord Voldemort e ne era derivata un’enorme litigata con Andromeda che si era protratta per tutte le vacanze di Natale. Le due sorelle maggiori erano scese ad una tregua solo quando loro padre aveva provato a dire di aver raggiunto un accordo vantaggioso per il matrimonio di Narcissa, avendo già Bellatrix comunicato la sua relazione con Lestrange e avendo ben chiarito Andromeda che piuttosto che accettare un matrimonio combinato si sarebbe chiusa le ovaie. E quindi avevano ripiegato sulla bellissima, dolce e secondo il loro contorno pensiero remissiva terzogenita. Ovviamente non avevano avuto grandi difficoltà a trovare un pretendente, visto che era riconosciuta ormai pressochè universalmente come la più bella e educata debuttante degli ultimi decenni.

Ma non avevano fatto i conti con la testardaggine delle loro figlie, in perfetto stile Black. In primo luogo Narcissa, la loro bambolina senza cervello, che si era rifiutata categoricamente di sposare qualcuno che non amava. E poi di Andromeda e Bellatrix che quando avevano saputo degli stupidi piani dei loro genitori avevano messo in atto una vera e propria guerra, neanche troppo fredda. L’ala ovest ancora ne mostrava i segni, nonostante la ristrutturazione che avevano dovuto fare nei mesi successivi.

E alla fine l’avevano spuntata, almeno per il momento.

Si rannicchiò contro Andromeda, posandole la testa sulla spalla, lasciandosi cullare da quel tepore famigliare mentre il liquido caldo le scendeva nella gola, lasciandole un piacevole senso di torpore.

“Forse dovremmo regalarlo a te Cissy, di sicuro ti eviteresti un sacco di problemi con gli uomini. Anche se poi avresti decisamente delle aspettative irreali”- rise Bellatrix facendo volare un altro ciocco nel camino di marmo bianco e guardando le fiamme che si alzavano.

“A volte Rodolphus mi fa pena sai? Poi mi ricordo che razza di persona orribile sia e mi rimangio tutto”- sentì Andromeda rimbeccare. Sapeva bene che non stava scherzando. Lei e Rodolphus non si erano mai piaciuti,

“Però devo dire che si da un gran daffare. E tu Drom, vuoi dirci qualcosa del tuo misterioso amante?”

La sorella non rispose subito, prendendo un grosso sorso di liquido cremoso, senza fretta.

“Diciamo che non mi posso lamentare”- si limitò a commentare, mentre con le dita le pettinava i piano i capelli dorati che le ricadevano sulle spalle.

“ E se ci vado a letto e poi lui si stufa di me? Se non sono abbastanza brava? Se non gli piaccio”- si trovò a mormorare, le parole che le uscivano di bocca senza che riuscisse a fermarle.

Non c’era bisogno che dicesse a chi si stava riferendo.

“Credimi Cissy, nonostante tu abbia un pessimo gusto in fatto di uomini, ti posso assicurare che Lucius Malfoy non vede l’ora di passare la sua vita con te. Dentro e fuori da un letto”- le bisbigliare sua sorella sfiorandole la tempia con un bacio.

“Male che va avrai perso la tua verginità con uno che si è passato mezza scuola. A quanto si dice almeno dovrebbe sapere quello che fa…”- commentò invece Bellatrix, prosaica come sempre.

“Bella!”- Andromeda le rivolse uno sguardo di fuoco che però non fece più di tanto presa sulla maggiore delle Black.

“Vabbè ma se si comporta male lo possiamo sempre torturare, no? Almeno Cissy si toglierà la soddisfazione di farlo urlare in un modo o nell’altro…”

“Bella…”

La strega posò il bicchiere ormai vuoto sbuffando e alzando le mani in segno di resa.

“Stai diventando noiosa, Drom. Capisco che siete amici, ma non mi sembra di aver detto nulla di che. Vuoi la verità nuda e cruda, Cissy?La prima volta non è un gran che. Soprattutto se lui è un imbranato, ma in teoria questo problema dovresti averlo superato. Ma visto che sono tua sorella maggiore ti darò dei consigli. Uno, fregatene di quello che vuole lui. Pensa solo a te. A te va di farlo? Bene. A te non va? Caccialo a calci. Due, sempre e dico sempre, pozione anticoncezionale. Non ti fidare dei suoi incantesimi, i maschi sono già stupidi di loro figurati quando ragionano con il loro pene. Terzo. E’ sempre una questione di potere, ricordatelo. Potrai anche trovarci dell’amore, da sciocchina romantica che sei, ma prima di tutto è una questione di potere. Non fargli capire che è il primo, se lo sarà. Lascialo nel dubbio”

Andromeda alzò gli occhi al cielo. “Va bene i primi due consigli.. ma il terzo… sei seria? Ha quattordici anni per la misera.”
“I maschi sono stupidi. Lucius ancora di più.Non dico che deve mentire ma solo di non spiattellarglielo. E poi può sempre provare prima con qualcuno di cui non le importa niente, no? Tanto per vedere come va..”- replicò la mora sbattendo gli occhi con fare innocente-” O torniamo all’ipotesi vibratore. Le streghe sono elastiche, sai?”.

“Sei impossibile.”- si limitò a commentare Andormeda, constatando l’impossibilità di spuntarla quando Bellatrix faceva quei ragionamenti.

Narcissa chiuse gli occhi. In fondo Bellatrix non aveva tutti i torti. Era sempre un gioco di potere. Come quello che stava portando avanti in quei giorni.

Ed era per quello che aveva chiesto una modifica al suo abito per il galà di Natale dei Malfoy.

Ed era per quello che aveva in mente di portare con sé qualcosa di speciale per quella sera.

Qualcosa che le avrebbe finalmente svelato quello che Lucius Malfoy provava per lei.

Sorrise ripensando allo sguardo orripilato di Severus quando gli aveva spiegato il suo piano

E poi avrebbe pensato al futuro, se mai ce ne fosse stato uno per loro.


Quando era sgattaiolato fuori dalla casa mentre la via era ancora immersa in un soporoso tardo risveglio, l’aria ancora umida e fredda gli si appiccava addosso come un novello mantello dell’invisibilità. E a proposito di quello, non esisteva al mondo che sarebbe tornato nel suo tempo senza esserselo ripreso, avesse dovuto dare fuoco a tutto il Wiltishire per riprenderselo. Dannati geni Malfoy e la loro mania di mettere le mani su quello che decisamente non era roba loro. 

Si incamminò velocemente, la testa bassa per tagliare il vento sferzante che si era alzato da poco, le mani in tasca per non disperdere il piacevole calore che aveva appena lasciato.

Camminava a passo svelto, scansando i pochissimi passanti, eppure non poté fare a meno di scorgere di sfuggita il suo riflesso in una delle vetrine. Si fermò a guardarsi alla luce morbida del lampione magico. I capelli di suo padre, neri e ribelli, incuranti di qualsiasi tentativo di metterli in ordine. Ci aveva rinunciato da tempo a dire il vero, da quando non aveva più paura di essere quello strano, quello diverso. Da quando era stato ammesso ad Hogwarts, insomma.

Sirius lo scambiava spesso per suo padre e ora che l’aveva conosciuto non poteva dargli torto. Anzi, in fondo era per il suo padrino la massima espressione di affetto e stima.Sirius era pronto a morire per lui, su quello non c’era dubbio. Sperò solo che fosse pronto anche a vivere.

Sapeva che aveva ripreso da James lo spirito d’avventura, la lealtà, la passione per il volo e per il mettersi nei guai.

Ma gli occhi, gli occhi verdi brillanti che neanche gli occhiali dalla montatura tonda riuscivano a nascondere. quelli erano gli occhi di sua madre.

E da Lily, cos’altro aveva preso da lei? Ci aveva pensato a lungo, a come dovesse essere stata la sua vita. Se James era stato cresciuto dai maghi, e dopo averli conosciuti, si rendeva conto di quanto l’educazione attenta e amorevole dei suoi nonni avesse contribuito a formare il vero carattere del suo futuro padre. Forse era sul serio un bullo, di certo iperattivo, incurante di ogni pericolo… ma era solo un ragazzino. Sarebbe diventato un giovane uomo in grado di sfidare Voldemort e i suoi seguaci pur di non cedere all’odio e al terrore. Un amico leale. Un marito fedele. Un padre che si era sacrificato nell’estremo tentativo di proteggere la sua famiglia, pur nella consapevolezza che fosse un gesto disperato.

Ma lei? Sua madre era come lui, catapultata in un mondo in cui finalmente si riusciva a trovare un proprio posto, un proprio ruolo nel mondo. Dove non si era mostri. Ma al contrario suo che era stato ben felice di dire addio a Privet Drive numero 4 senza neanche voltarsi indietro, Lily aveva sofferto nel lasciare una famiglia che non la capiva? Nell’allontanarsi da quella sorella che la faceva sempre sentire sbagliata per correre incontro ad un nuovo mondo, ad un nuovo amore, ad una nuova famiglia, aveva mai provato rimorso?

E tutto era finito in una notte di Halloween, tra grida e dolore. E allo stesso tempo grazie al suo sacrificio tutto era iniziato di nuovo. Non era stata la forza, l’audacia o la saggezza a salvarlo quella notte.

No, era diventato il bambino sopravvissuto solo per amore di sua madre.

Si spostò un ciuffo nero sulla fronte e riprese il cammino.

Doveva arrivare nella Londra Babbana prima che Ron ed Hermione si svegliassero e iniziassero a rivoltare Diagon Alley per ritrovarlo. Era certo che Hermione avrebbe tirato fuori qualche ragionevole ed intelligente ma al contempo assolutamente inutile  spiegazione sul perchè non dovesse assolutamente incontrare sua madre, visto che ancora non aveva neanche ricevuto la sua lettera di ammissione.

Tutte cazzate, loro non potevano capire.

Quella notte di Halloween era  diventato leggenda.

Ma tutto quello che voleva in quel momento era poterla incontrare , almeno una volta,

Sua zia una volta si era lasciata sfuggire che prima di rifugiarsi in quelle rassicuranti villette a schiera aveva trascorso la sua infanzia in un popoloso quartiere della periferia di Londra. Se aveva fatto bene i conti da li a poco Lily sarebbe uscita per andare a scuola, uno degli ultimi giorni prima delle vacanze natalizie. Le ultime che avrebbe trascorso non sapendo di essere una maga.Ancora per poco, poco più di un mese e la sua vita sarebbe cambiata per sempre.

Nel corso degli anni aveva racimolato ogni minimo indizio sui suoi genitori, scavando e mettendo insieme i pezzi, come in un puzzle di migliaia di pezzi da fare senza alcun immagine di riferimento. Accenni, foto, frammenti di conversazione, racconti da chiunque fosse disposto a regalargli uno spiraglio sulla vita di Lily e James, Li aveva raccolti pazientemente e tenuti insieme in un quaderno con qualche pagina strappata che Dudley aveva buttato via perché infastidito dalla copertina monocolore. Era diventato il suo pensatoio, ben prima che sapesse cosa fosse. E l’aveva consumato a furia di sfogliarlo, imprimendosi ben bene ogni dettaglio nella mente. Così come l’album regalatogli da Hagrid che sembrava il perfetto compendio di voci e volti.

Per questo ebbe ben poche difficoltà nel trovare la casa, un edificio in mattoni rossi con davanti al portone un grosso olmo. Richiamò alla mente una foto che aveva trovato nascosta in un libro che ritraeva sua madre poco più che bambina che leggeva un libro arrampicata sull’albero, come se non fosse nel pieno di una città di milioni di abitanti. E un libro troppo grande per lei, che teneva tra le mani con fin troppa facilità. Magia, senza dubbio. Occultata pressoché alla perfezione. A quanto pareva prima che diventasse paranoico il Ministero non prestava molta attenzione alla magia dei minorenni fuori da Hogwarts.

Era immerso nei suoi pensieri quando notò la porta del palazzo aprirsi piano e una figurina dai lucidi e folti capelli rossi e una grossa cartella sulla schiena scendere le scale saltando da un gradino all'altro e canticchiando a mezza voce.

Quella voce.A volte l’aveva risentita nei suoi sogni. Sicuramente più adulta eppure anche in quella canzoncina infantile riusciva a ritrovare il timbro che l’aveva cullato e calmato ancora prima che fosse in grado di capire.

Harry rimase paralizzato a guardarla. Erano mesi che pensava a quel momento,ma non era riuscito a prepararsi nulla da dire.Come iniziare una conversazione con qualcuno che ti ha dato la vita ma che neanche può immaginare la tua esistenza?

Pensò di avvicinarla per caso, passarle vicino facendo finta di far cadere qualcosa, giusto per avere la scusa di parlarle.

E invece, come ormai doveva aver imparato dopo tanto tempo passato con Hermione, Ginny e Molly, non ebbe bisogno di fare niente.

Lily si era fermata sull’ultimo gradino, lo sguardo fisso nella sua direzione.

Harry pensò che lo avesse scambiato per un maniaco. O un ragazzetto balordo in cerca di guai. Ebbe il timore che si sarebbe messa ad urlare.

Invece  i grandi occhi verdi si spalancarono di una luce dolce, mentre le labbra si schiusero in un sorriso sincero,come quello che vedeva sempre nello specchio delle brame.

Harry imbarazzato sollevo la mano per salutare, e quando il sorriso della ragazzina si fece ancora più splendente,iniziò a sentirsi nervoso. Seguì il suo sguardo e si diede dell’idiota.

La bacchetta. Dal nervosismo senza rendersene conto aveva preso in mano la bacchetta. E ora l’agitava nel pieno di una strada babbana.

Davanti alla sua ancora ignara del mondo magico futura madre.

Magnifico.

“Ehm… posso spiegare…”- borbottò ricacciandosela velocemente nella giacca, mentre la Lily gli si era avvicinata trotterellando e senza mai perdere l’espressione di felicità sul suo voto.

“Sei un mago vero? Lo sapevo. Ti ho osservato prima dalla mia finestra…vedi è quella li su..”- chiese indicando con il dito una delle vetrate dalla quale si poteva intravedere una bella ghirlanda fiorita. Troppo fiorita, per essere esposta al freddo delle notti di inverno londinesi, a dire il vero- “Cercavi me?”

Harry annuì incapace di parlare.

E ora come se la sarebbe cavata.

Forse poteva trasformarsi in cane e scappare via.

Ma non poteva girarsi di fronte a quegli occhi che brillavano come smeraldi.

“Si.. io posso spiegare”- mentì passandosi nervosamente una mano tra i capelli scarmigliati.

La futura strega lo prese sottobraccio come se lo conoscesse da una vita e non da pochi minuti, iniziando ad incamminarsi sul lungo viale innevato .

“Ti ha mandato Severus vero? Mi ha scritto che non sarebbe tornato per le vacanze, ero così triste. E dimmi siete molto amici? Come sta? Mi ha detto che ci sono dei ragazzini impossibili a scuola…”- iniziò a tempestarlo di domande senza mai prendere fiato. Ed era un bene, perchè lui non avrebbe saputo cosa rispondere.

“Severus?”- chiese appena con un filo di voce.

Lei si fermò di colpo, squadrandolo sospettosa per la prima volta. “Si, Severus Piton. Ci siamo conosciuti la scorsa estate al fiume… ma da allora ci scriviamo tutte le settimane. E’ lui che ti ha mandato vero?”

Harry deglutì a fatica, la gola riarsa. Severus Piton e sua madre erano amici. Molto amici.

“E’ lui che ti ha parlato di Hogwarts?”

Lilly annuì : “Si, ero molto triste perchè nessuno capiva cosa  fossi. Ma lui mi ha detto che non era un problema di cosa ma di chi. Una maga. Anche se ufficialmente non avrei ancora dovuto scoprirlo… in realtà ho sempre saputo di essere….”

“Diversa?”

“Speciale. E’ questo l’aggettivo che ha usato. E io mi sono sentita davvero così. Unica. E anche Severus lo è sai?”

Ah speciale di sicuro lo era. Specialmente disturbato a dirla tutta.

Harry prese la palla al balzo. Al diavolo Piton, se per una volta in vita sua poteva essere di qualche aiuto fare il suo nome, non avrebbe certo esitato.

“Ehm, si certo. Sicuramente un grande pozionista. Un filo instabile mentalmente, se proprio devo dire”- non riuscì ad impedirsi di aggiungere.

Lily annuì soddisfatta della risposta. Sin da quando l’aveva intravisto accanto all’albero aveva sentito che quel ragazzo non era un pericolo. Anzi, aveva provato l’impulso irrefrenabile di infilarsi la divisa e scendere il più velocemente possibile in strada. Doveva conoscerlo, doveva parlargli. Non sapeva bene come, ma sapeva di doverlo fare.

Sentì lo stomaco brontolare. Non aveva fatto colazione per la fretta. Fortuna che all’angolo la caffetteria preparava un english breakfast che attirava mezza Londra.

Prese di nuovo sottobraccio il ragazzo sconosciuto, mentre una scossa le risaliva lungo la schiena .

“Ho fame. Ti va di fare colazione insieme?”- chiese

Il bambino sopravvissuto si sentì scaldare il cuore. Quante volte aveva sognato un momento del genere, pur vergognandosene.

“Con te? Sempre”













 

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Capitolo 30
*** Capitolo 30° ***


La questione acquisto del vestito con lo Sfregiato e Lenticchia non era stata poi così tragica come si era immaginato. Potter si era presentato all’ultimo, con uno sguardo svagato e perso che gli aveva fatto venire il dubbio che o fosse fatto o che si fosse fatto qualcuna. Conoscendolo capace anche che aveva fatto confusione tra le due cose, non si poteva mai dire.

E il suo strano ed inquietante buonumore aveva avuto un ottimo risvolto, almeno per lui. Era talmente rimbambito che non aveva fatto un fiato quando Lucius aveva denigrato  uno per uno i completi che avevano scelto, definendoli con una vasta gamma di aggettivi, nessuno carino. Ad eccezione di quello che aveva scelto lui, ovviamente. Era pur vero che Potter e Weasley ci avevano messo del loro, riuscendo a scovare, in un negozio che sembrava avere essere composto al novanta per cento di elegantissimi classici senza tempo, dei completi assurdamente ed oscenamente sgargianti,probabilmente con il chiaro intento di farli diventare matti.

“Vestiti così non riuscireste neanche a varcare il portone di Villa Black. Sono certo che Narcissa abbia messo qualche incantesimo per evitare che qualcuno si presenti alla festa di fidanzamento di Bellatrix vestito come se si fosse rotolato nei magazzini di Zonko e Mielandia sotto pozione allucinante. E poi vorrebbe la mia testa, visto che quella maledetta di Andromeda ha detto che ci avrei pensato io a voi”- pigolò con aria annoiata incrociando le gambe. Poi si rivolse verso il futuro figlio-”Guarda che l’unico che dovrebbe essere scontroso qui sono io. Questi due sono impossibili e tu oggi sei davvero noioso. Si può sapere cos’hai. Te l’ho detto, io non c’entro niente con quello che è successo con la tua ragazza.”

Draco,infatti, lo fissava con astio seduto il più distante possibile, visto che il suo di vestito lo avevano già trovato almeno un’ora prima. Mentre si faceva la doccia quella mattina cercando di levarsi di dosso quella sostanza vischiosa che Cockey gli aveva rovesciato sulla testa e che si era infilata decisamente in ogni orifizio possibile, cercando di farsi sbollire la rabbia, aveva realizzato quello che lo stava facendo diventare matto.

Non ce l’aveva con la Granger ovviamente.

Dopo averlo visto per mesi era evidente che, nonostante continuasse a portare avanti la sua tesi di assomigliare a anche a sua madre, fosse la quasi esatta copia di suo padre alla sua età. E poi chi diamine si sarebbe aspettato che un perfetto estraneo sgattaiolasse in casa alle prime ore della mattina e si mettesse a suonare come nulla fosse il pianoforte.

Certo, quella in realtà era casa sua, o meglio di sua madre. E lui non era esattamente un perfetto estraneo. Ma il succo rimaneva. Era una cosa da psicopatici.

Non era però quello che lo faceva fumare di rabbia,

No: era la questione del pianoforte.

Suo padre suonava. Ed era anche dannatamente bravo, forse addirittura più di lui.

Eppure in quindici anni di vita si era scordato di farne cenno. Non c’era stata una volta che si fosse seduto con lui ai tasti, che si fosse lasciato sfuggire un commento mentre lo guardava suonare.

Niente,nada,nisba. Come al solito aveva lasciato tutta la questione a sua madre.

“Tu suoni”- si limitò a sibilare.

Harry e Ron si scambiarono un’occhiata.

“Eccolo che ricomincia a lagnarsi”- bisbigliò il rosso mettendosi un vistoso fazzoletto color zucca nella tasca del completo.

“E quindi?0” - replicò Lucius confuso prima di scattare acido verso i due commessi che li stavano servendo._ “Fate sparire immediatamente quella sottospecie di stracci. E portate due completi. Classici. Neri. I miei occhi hanno sanguinato abbastanza per oggi”

“Odio i bugiardi e gli ipocriti”- rispose il più giovane dei Malfoy incrociando le braccia e mettendo su un broncio - “ E perché sei venuto tu? Potevo pensarci io. O poteva venire Nicholas”

“Ma sta zitto, il cappello ci ha messo dieci secondi a smistarti a Serpeverde. Tu nelle bugie e nell’ipocrisia ci sguazzi.”-Lucius scrollò le spalle senza scomporsi -” Mi ferisci, io vengo a passare del tempo con te e tu vorresti mio fratello. Una volta tanto Narcissa si sbaglia, non sei affatto il purosangue beneducato che sembri”

"Purosangue sicuro, beneducato direi proprio di no”- borbottò Harry prendendo il noioso tre pezzi neri con camicia bianca che l’assistente che lo stava seguendo gli faceva volteggiare davanti e dirigendosi verso i camerini. Lo spasso era finito ma perlomeno potevano tornarsene a casa.

“Da quando i Serpeverde sono ipocriti? “- Draco non aveva intenzione di lasciar perdere, anzi stava elencando nuovamente nella sua mente tutti i motivi per cui negli ultimi mesi ce l’aveva avuta con suo padre- “ E poi perchè vuoi passare del tempo con me? Non hai degli amici?”

Lucius sospirò guardando i due grifondoro sparire dietro le lucide porte di ebano dei camerini. Scosse appena la testa sospirando a voce bassissima  “ A dire il vero , no. Ho due tirapiedi che a volte mi sembrano più carcerieri. Parecchi conoscenti che non vedono l’ora che io faccia un passo falso per prendere il mio posto nella gerarchia sociale di Hogwarts e non solo. Probabilmente l’unica persona che posso davvero definire amica è Andromeda Black… ma chissà fino a quando”

Draco deglutì a vuoto. Sapeva perfettamente come si sentiva, anche lui a volte si era sentito così solo da pensare che non aveva senso andare avanti. E in fondo lui aveva comunque Pansy e Blaise, sebbene si fosse chiesto spesso se avrebbero davvero sentito la sua mancanza se non ci fosse stato più.

L’ombra che era passata sul viso di Lucius sembrò nuovamente nascondersi nella solita espressione impassibile: “ E visto che tra poco anche tu te ne andrai chissà dove, mi accompagnerai a cercare il regalo perfetto di Natale per Narcissa Black. Non so perchè ma sembra sempre che tu sappia esattamente come farla felice. Per Salazar, la peonia che le hai regalato ha quasi messo in ombra il mio regalo. E mi ero letteralmente dannato per trovarglielo”

Draco si rilassò un po’. Era vero, il Lucius di quel tempo ancora non gli aveva fatto niente, sebbene fosse assolutamente impossibile a volte e decisamente egocentrico sempre, non aveva senso prendersela con lui. 

“Quasi,è la parola chiave. Per anni ho sempre creduto che avrebbe scelto te comunque.”- mormorò più a sé stesso che ad alta voce. Per fortuna suo padre non l’aveva sentito,avvicinandosi per ammirare finalmente soddisfatto Harry e Ron.

“Ah, ora si che possiamo evitare che andiate a fare i guardiani dei pavoni di Villa Black”- annuì soddisfatto squadrandoli a braccia incrociate.

Ron sbuffò alzando gli occhi al cielo : “Merlino, ma siete fissati con questi pavoni eh. Magia oscura, torture e pavoni. Dovreste farvi controllare il cervello”

Lucius alzò il sopracciglio interrogativo “Voi chi, esattamente? E cosa hai contro i pavoni?”

Draco resistette all’impulso di schiantare Weasley giù dalla vetrata che dal secondo piano si affacciava su una delle vie più frequentate di Diagon Alley. Almeno se fosse morto lo avrebbe fatto vestito decentemente per una volta.

Si limitò invece ad alzarsi e a iniziare a scendere le scale.

“Lenticchia, Sfregiato.. ci vediamo a casa… e tu muoviti se vogliamo trovare questo perfetto regalo di Natale. Non ho tutto il giorno”.

“Ehi ma che maniere… aspetta… Oh al diavolo,sei davvero sicuro di non essere un Black? Sei fuori di testa come loro “- gli urlò il padre di rimando, firmando al volo il conto che il proprietario della boutique si era affrettato a portargli nel secondo stesso in cui aveva approvato anche i completi di quei due strani ragazzi. Quei quattro lo avevano quasi mandato al manicomio. E per fortuna non c’era anche il fratello maggiore.

Harry e Ron presero  i due calici di champagne dal vassoio d’argento fluttuante accanto a loro, battendo i calici.

“Grifondoro 2- Serpeverde 0”- ridacchiò Ron facendo tintinnare il cristallo di boemia- “ E a proposito, stamattina ti sei perso una vera e propria scenata stile serpenti fuoriditesta. Ti dico solo che Hermione ha fatto un succhiotto a Lucius e poi gli ha fatto un occhio nero. Merlino, quello sì che è stato divertente.
Harry rimase un attimo con il bicchiere a mezz’aria, indeciso su quale delle due cose fosse più inverosimile.

“Ti giuro è stato un deja vu. Bei tempi quelli in cui invece di portarselo a letto prendeva a pugni il maledetto furetto. Bei tempi davvero”- sospirò Ron vuotando il calice in un sorso - “  E ora andiamo a farci una burrobirra come si deve. Così mi racconti di tua madre”

Gli occhi del bambino sopravvissuto si spalancarono per la sorpresa.

“Oh andiamo, ero certo che saresti andato da Lily. E visto che ancora sei ben visibile e non perdi sangue dall’orecchio direi che non hai incasinato nulla. E quindi, amico mio, ora ci metteremo seduti senza psicopatici dai capelli biondi tra i piedi e mi racconterai tutto per filo e per segno”.

Harry sorrise, avvolgendosi la sciarpa rossa e dorata ben stretta, contro il freddo pungente.

Non sapeva bene cosa dire, ma essere per una volta lui che condivideva un ricordo con sua madre era qualcosa che lo riempiva di gioia.

Forse davvero quel salto nel passato si stava rivelando il miglior regalo di Natale possibile.

Beh, quasi, visto che dalle liti tra Sirius e Molly sembrava che il suo padrino per quell’anno avesse pensato di regalargli una motocicletta truccata.

Hagrid sarebbe impazzito dalla gioia quando gliel’avrebbe detto.

Sempre che Sirius non venisse ucciso da Molly Weasley prima di consegnargli le chiavi. 


“Credo che almeno due di loro si siano proprio divertiti”- chiosò Andromeda bevendo l’ultimo sorso di cioccolata calda, vedendo il suo futuro nipote uscire a passo di carica dai Aldeson e Alec con Lucius che gli trotterellava dietro.

Osservò sua sorella seguire i due con lo sguardo , stringendo più forte la tazza ancora calda.

“Perchè hai chiesto a lui di occuparsi dei vestiti dei ragazzi?”- chiese la maggiore con un ghigno. Sapeva benissimo il perchè. Voleva mandarlo ai matti. Peccato che quello dei due più provato dalla cosa sembrasse Draco.

“Puoi dire tante cose di Lucius Malfoy ma non che non si sappia vestire. E poi così ha avuto qualcosa da fare che non chiudersi in uno sgabuzzino con una che assomiglia ad un troll”- rispose gelida senza staccare gli occhi da quei due che ormai iniziavano a perdersi nella folla.

“La Lodge non è un troll. E soprattutto anche se lo fosse sarebbe un troll con un fisico che fa girare qualsiasi maschio etero e un approccio molto disinibito al sesso opposto. E tecnicamente non state insieme”

“E tecnicamente uno che dice che farebbe di tutto per te potrebbe anche farsi una doccia fredda. Comunque non è rilevante al momento. Diciamo che prima che sia Natale avrò deciso che fare con lui”- rispose spostando i grandi occhi azzurri su di lei, squadrandola- “Tu invece hai già pensato ai propositi per il nuovo anno?”

Andromeda non rispose. Sapeva benissimo quali fossero le sue priorità per l’anno che era alle porte. Mentire. Ingannare. Non dare nessun appiglio alla sua famiglia per scoprire che stava frequentando un natobabbano. E iniziare a mettere da parte quanti più galeoni possibile. Per quel motivo quella mattina stessa era andata alla Gringott ad aprire un secondo conto, di cui nessuno sapeva nulla. Fortunatamente Narcissa era uscita dopo di lei, tentando inutilmente di convincere Bellatrix ad alzarsi dal letto e accompagnarle almeno a fare un giro.

Ma la maggiore delle Black era stata irremovibile, seppellendosi sotto il pesante piumone di seta, insensibile alle suppliche della sorella, masticando qualcosa sul fatto che doveva riposare perché la serata sarebbe stata impegnativa. Andromeda aveva preferito non indagare, approfittandone per sgattaiolare fuori lasciando un biglietto a Narcissa. Impegnativa significava fare qualcosa per o con Lord Voldemort. E non era mai una cosa buona.

“Sono in ritardo.”- la voce tagliente della sorella la riportò alla realtà.

“Manca un minuto. Non sono in ritardo. A volte sei noiosa sai”- sbuffò la strega mora prendendola sottobraccio e incamminandosi con la sorella verso Madame Maxime.

“Odio chi fa tardi. E’ da maleducati. Scommetto che Lucius non ha dovuto aspettare Draco”- borbottò la sorella aggiustandosi una ciocca dorata sotto il morbido cappuccio del mantello.

“Ah ha quanto ho sentito stamattina direi proprio di no, visto che ha avuto la brillante idea di palesarsi da loro senza avvertirli.E ci ha rimediato un occhio nero, a quanto ne so. Meritato, come ho detto anche a lui.”- rispose la sorella svagatamente facendo un segno con la testa a delle compagne di serpeverde che si stavano sbracciando per salutare le sorelle Black- “Se non vuoi restare qui un’ora con quelle pettegole delle Tattler a disquisire di ogni maschio in età da marito che abbia mai messo piede ad Hogwarts, ti consiglierei di accelerare il passo”

“Vedi perchè odio aspettare? Se quelle due fossero già arrivate non avremmo questo problema. E tu queste cose quando le hai sapute comunque?”- chiese la bionda mettendo su il broncio ma affrettandosi verso il grande edificio vittoriano dove si trovava la più famosa boutique del mondo magico. 

“Li ho incontrati stamattina mentre aspettavo te. Harry e Ron sono stati molto prodighi di dettagli”- ridacchiò ricordando i grandi sorrisi dei due grifondoro. E l’umore assolutamente impossibile del nipote. Chissà di quale colpa gravissima si era macchiato Lucius agli occhi del figlio in quelle poche ore del mattino- “Certo che tra te e Draco inizia quasi a farmi pena sai?”

La sorella le rivolse uno sguardo in tralice ma fu interrotta  prima che potesse chiedere spiegazioni.

“Credimi, nessuno dovrebbe provare pena per Lucius Malfoy, te lo posso assicurare”- Hermione, ancora con la voglia di strangolare il futuro padre di Draco dopo la comparsata della mattina, era sul piede di guerra. Era la seconda volta che si trovava costretta a fare la bambolina da vestire per Narcissa Malfoy. E se non le era piaciuta la prima volta la seconda dubitava fosse più piacevole. Anche se in effetti non si era mai sentita così bella come con quel vestito.

La bionda le rivolse un lungo sguardo indagatore, che però sostenne con fierezza.

“I tuoi capelli….”- disse infine dopo quello che sembrava un silenzio infinito.

Anche se non voleva la mano di Hermione si mosse istintivamente verso la solitamente indomita massa di ricci, trovandoli invece soffici anche nell’aria umida e fredda

C’era qualcosa che non andava.

“Sta bene vero? E le ho anche messo la crema idratante”- cinguettò Pansy accanto a lei, battendo i tacchi sul marciapiede impaziente di entrare. Come diavolo facesse a camminare su quelle lastre di ghiaccio senza rompersi una gamba era un mistero.

Non ricordava però di essersi fatta fare nessun incantesimo. A meno che…

“Sei così carina quando dormi Granger. Proprio una bambina. E hai il sonno pesante sai? E anche Draco… non l’ho mai visto non saltare su al minimo rumore. Certo che è proprio cambiato da quando sta con te eh”- commentò con nonchalance la serpeverde- “ E ora che ne dite di andare? Qui fuori si gela e io non vedo l’ora di provare un po’ di abiti”

Prima che finisse a fare il manichino animato nella più grande boutique di Diagon Alley Narcissa le si fece accanto indicando con un gesto elegante la porta che si apriva magicamente davanti a loro, dove l’originaria Madame Maxime le attendeva sfregandosi le mani.

“Signorine Black, che piacere rivedervi. Prego venite , ho preparato un salottino privato per voi e le vostre amiche. La signorina Malfoy vi sta già aspettando.”- chiocciò con una vocetta stridula indicando il grande ballatoio smaltato che conduceva al piano superiore.

“Stai molto bene.”- si limitò a commentare  Narcissa passandole accanto prima di affiancarsi alla stilista chiedendole qualcosa che non riuscì a comprendere,mentre la donna si affrettava ad annuire con fare rassicurante.

“Non c’è di che, Granger. Non c’è di che”- le disse Pansy con fare magnanimo avviandosi allegra su per le scale. Quello decisamente era il suo mondo. E le era mancato enormemente. Da piccola qualche volta Narcissa l’aveva portata a fare acquisti, giudicando il gusto di sua madre a dir poco discutibile. Non che Eliza Parkinson si fosse mai degnata di portarla con sé da qualche parte, anche se Pansy non avesse concordato sul giudizio lapidario della Malfoy. Ma ora le sembrava di essere in un parco divertimenti.

Hermione Granger, la natababbana che odiava le cose superficiali e una Narcissa Black sedicenne che sembrava essere ancora più insofferente di quella che conosceva lei.

Con due serpeverdi purosangue e fuori di testa a farle da spalla.

CI sarebbe stato davvero da divertirsi.


 

“Insomma si può sapere cos’hai da correre? Ti ho detto che dobbiamo andare a comprare un regalo, non allenarci per il Quidditch”- lagnò la voce di suo padre adolescente dietro di lui,con fare sconsolato. Poco dopo però ritrovò il Lucius che ben conosceva : “Per Salazar Serpeverde giuro che se non ti fermi ti pietrifico qui sulla pubblica via.”

Più per riflesso condizionato che per reale volontà Draco rallentò il passo, fino a che il biondo non lo raggiunse guardandolo torvo

“Avevo bisogno d’aria. Scegliere vestiti con quei due è abbastanza per far uscire fuori di testa chiunque. Chissà cos’avrai mai fatto lo scorso anno per farla arrabbiare così tanto da farti passare un pomeriggio simile. Sicuramente c’era di mezzo quella puttana psicopatica, poco ma sicuro.”- borbottò infilando le mani in tasca. Ovviamente Lucius quindicenne non poteva sapere che si stava riferendo a quando Narcissa lo avrebbe costretto a passare un pomeriggio con Potter e gli altri campioni del torneo Tre maghi a scegliere i vestiti per il ballo del Ceppo, mentre lei faceva altrettanto con la Granger e le altre insulse accompagnatrici. Quando l’aveva vista scendere le scale con quel vestito che le scivolava addosso come un guanto, i cristalli a ricamarle la pelle dorata, aveva letteralmente sentito il cuore spezzarsi. E aveva capito che quella sarebbe stata la sua ultima possibilità. L’ultima occasione per dirle davvero quello che provava. Se lei lo avesse respinto, se si fosse messa a ridere non sarebbe stato un gran problema. Sapeva già quello che doveva fare, aveva preparato tutto, anche una lettera d’addio nascosta tra le pagine di un vecchio libro che nessuno forse avrebbe trovato mai. Tutti avrebbero pensato ad una disgrazia, un incidente. A volte capitavano anche alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. E il mondo sarebbe andato avanti, forse anche migliore senza di lui. E perlomeno avrebbe smesso di provare quel dolore che gli toglieva il fiato.

E invece il vestito era finito in un ammasso informe ai piedi della Granger e lui per la prima volta aveva potuto sentire il suo sapore. E rispecchiandosi in quegli occhi dorati aveva finalmente avuto qualcosa per cui lottare, per cui svegliarsi ogni mattina.

C’era qualcosa di irreale e sardonico nel fatto che ora più  o meno si ritrovassero in una situazione analoga. Ma ora quello che aveva bisogno di essere salvato era suo padre.

Sebbene ovviamente sapesse che in un modo o nell’altro Lucius avrebbe finito per farsi perdonare da Narcissa e per chissà quale motivo sconosciuto alle menti razionali lei avesse acconsentito di sposarlo, in quel momento la solitudine di suo padre lo aveva colpito come il primo colpo di una punizione crudele.

“Ci sarà tuo padre alla festa di fidanzamento?”- chiese a voce bassa, irrigidendosi e sforzandosi di guardare un punto lontano dietro le spalle di Lucius in modo da non incrociarne lo sguardo- “ E Cassandra?”

Con la coda dell’occhio vide suo padre rabbrividire impercettibilmente prima di annuire- “Si, anche se probabilmente farà solo una comparsata prima di rinchiudersi con i suoi amici da qualche parte a bere e fumare sigari . E Cassandra… beh ormai ritirarle l’invito sarebbe stato scortese. Ci saranno anche il padre e la matrigna. Spero che gli orridi fratellastri li lascino a casa. Sono solo dei bambini eppure fanno venire i brividi. Una volta quando ero da loro li ho visti torturare un elfo domestico. Senza magia. Sono rivoltanti”- rispose piano Lucius sistemandosi i guanti di pelle di drago finemente lavorati con su incise le sue iniziali- “ E comunque li vedrai entrambi stasera”

“Stasera?”- la tona di panico nel tono di Draco sarebbe apparsa evidente solo a chi lo conosceva molto bene, eppure Lucius non poté fare a meno di sentirsi a disagio.

“Si, stasera. Il Signore Oscuro ci ha radunati tutti a Liverpool Street, nella stupida Londra Babbana. Solo Merlino sa perchè.. Era per questo motivo che ero venuto da voi stamattina. E mio padre non è affatto di buon umore, se vuoi saperlo. Ne ho approfittato per uscire dal Maniero prima possibile”

Draco si sentì mozzare il respiro. Suo nonno in un umore peggiore del solito. Che ottimo momento per rincontrarlo.

“Come mai? “- riuscì a chiedere fingendo un’indifferenza che non aveva.

Lucius alzò le spalle, stringendosi a disagio nel cappotto. Non era certo di potersi fidare fino a quel punto, ma cosa da perdere? Abraxas la sera prima lo aveva preso da parte e gli aveva fatto una sfuriata proibendogli di parlarne con i fratelli. Ma non c’era alcun motivo per cui lui e Draco si parlassero.

“Non devi dirlo a nessuno va bene? Neanche ai miei fratelli? O Abraxas appenderà la mia testa sul camino. Si tratta de il canto di Aemergin. Lord Voldemort lo ha incaricato di procurargli la versione in cornico e lui non ci è riuscito. E ovviamente la colpa è mia, per via del fidanzamento rotto con Cassandra. Dice che se non fossi stato così inadeguato ora lui non si troverebbe nei guai con il Signore Oscuro”.

Al giovane Malfoy sembrò che il cuore perdesse qualche battito, rendendolo incapace di respirare propriamente. Il Canto di Amergin, l’incantesimo che aveva accompagnato il suo quasi sacrificio per la rinascita dell’oscuro Signore. Lo stesso che sapeva essere inciso sulla pietra che avrebbe consegnato a Bellatrix tra neanche due giorni. Che fosse una parte fondamentale dell’Horcrux?

Se Lord Voldemort non lo avesse avuto era possibile che tutta quella sofferenza si sarebbe evitata? I genitori di Potter non sarebbero morti, gli zii di Weasley non sarebbero morti. Frank ed Alice Paciock probabilmente in quel momento non si sarebbero trovati tra venticinque anni a non riuscire neanche a riconoscere il loro stupido figlio.

Avrebbe potuto evitare tutto quello.

Però era certo che suo padre ne avrebbe pagato delle conseguenze. Terribili.

Sanctimonia vincet semper.

Il sangue puro vince sempre.

O come ripeteva suo zio, il sangue vince sempre. La famiglia prima di tutto.

Era certo che sarebbe bastato qualche parolina con Nicholas e Arel. Loro erano al corrente che l’incisione trovata sulla pietra fondante era nella stessa lingua dell’incantesimo inciso sulla collana.

E sapevano anche come ricavare il testo mancante.

Non credeva proprio che si sarebbero fatti scrupoli ad andare da un prefetto tassorosso e cavarglielo con la forza.

Ma non poteva permettere che accadesse.

Sua zia l’avrebbe odiato a vita.

Preso un sospiro. Stava forse per tradire quelli con cui era venuto ma di certo non poteva tradire la sua famiglia.

La Granger avrebbe capito.

Forse.

“Te lo porto io stasera. Il canto di Aemergin. Ma tu inventerai una scusa su dove l’hai trovato va bene? E non mi menzionerei mai. Non voglio avere niente a che fare con questa storia. E tantomeno con tuo padre”- buttò fuori prima che il cervello potesse censurarlo.

Lucius sgranò gli occhi grigi, un profondo senso di sollievo che lo attraversava levandogli quel macigno che aveva sul petto da quando Abraxas aveva varcato la soglia del maniero furioso senza dare spiegazioni. Forse davvero sarebbe arrivato al party di Natale più o meno integro.

Prese di scatto il futuro figlio per le spalle scrollandolo, non rendendosi conto di come Draco si fosse quasi paralizzato al tocco violento.

“Non scherzare, Draco. Perché se scopro che menti…”- iniziò con tono gelido, per nascondere il terrore che lo stava nuovamente invadendo. Se avesse presentato ad Abraxas un canto che non era quello vero non ci sarebbe stato modo di arginare la sua furia. Probabilmente l’avrebbe davvero picchiato a morte come minacciava spesso di fare.

Draco si divincolò, senza riuscire a nascondere il terrore negli occhi. Per un attimo aveva ritrovato al posto del Lucius adolescente quello che gli aveva incrinato due costole in un attacco di rabbia senza precedenti.

“Se vuoi ti posso dire anche perchè è stato creato quel canto, ma non credo ti piacerà. E credimi avrei voluto non saperlo neanche io.”- sibilò dandogli le spalle per riuscire a riacquistare il suo autocontrollo- “ Chiedi ai tuoi fratelli, se vuoi.”

Lucius sembrò rilassarsi- “Scusami, non volevo. E’ che  è qualcosa di estramemente importante, capisci? Non posso permettermi di sbagliare”.

Draco annuì senza parlare e senza voltarsi, lo sguardo perso sulla vetrina del robivecchi davanti a lui. Si rese conto che erano passati anni da quando era stato con sua madre l’ultima volta in quella zona di Diagon Alley, ben prima che iniziasse Hogwarts.

E poi un brillio argenteo catturò la sua attenzione, catturando il riverbero della luce del sole invernale nel buio fitto del negozio.

Una pallina di Natale. Blu con le finiture argentate. Molto rara, a quanto aveva sempre sentito dire.

Ma quella  non era un semplice addobbo dell’albero. L’aveva visto ogni Natale da quando ne aveva ricordo. Sua madre era sempre molto attenta a metterla per ultima , in bella vista nell’albero del salone, quello a cui teneva di più.Da piccolo lo prendeva in braccio in modo che fosse lui a posizionarla e poi lo guardava ridere soddisfatto del loro lavoro.

E gli raccontava sempre di come fosse speciale.

Perché era stata il primo regalo di Natale di suo padre.

Perchè la stava mettendo quando si era resa conto di essere incinta di lui. Il suo piccolo miracolo di Natale.

Ma quella che conosceva lui aveva qualcosa che riluceva dentro, come una polvere di stelle.

Ora sapeva anche che cosa conteneva, quello che sua madre si era sempre rifiutata di spiegargli.

Aveva già visto quel luccichio la sera del rituale del calice, quando aveva suonato per la prima volta per Hermione, lasciando che lei imbottigliasse la sua musica.

“E ti ho trovato anche il regalo di Natale perfetto”- ghignò prendendo la porta e lasciando un basito Lucius Malfoy quindicenni ad osservarlo chiedendosi se stava parlando con il suo salvatore o con uno con seri problemi mentali.

“Ma secondo te posso presentarmi da Narcissa Black, la principessa di Serpeverde, la reginetta dei purosangue con una dannata pallina di Natale. Di’ la verità… sei ubriaco”-gli borbottò dietro seguendolo di malavoglia dentro il negozio e lanciando un’occhiata sdegnata al padrone dietro al banco.

Senza tanti complimenti Draco la staccò dal supporto e gliela ficcò in mano.

“No, razza di imbecille. Perchè qui dentro ci metterai quello che nessun altro potrebbe regalarle.”

Un sopracciglio quasi bianco si sollevò dubbioso, a contornare due specchi di metallo nei quali Draco si rivide bambino.

“Il vero te”- si limitò a dire abbassando la testa.

Non avrebbe mai capito perché sua madre amasse suo padre.

Ma lo stesso potevano dire di lui e la Granger.

E in fondo a lui andava bene così.





 


“Signorina Black, visto che è qui se vuole può provare il vestito, Abbiamo fatto tutte le modifiche che ci ha chiesto ma ho fatto venire appositamente la stilista e la sarta, nel caso ci fosse qualche altro aggiustamento che desidera”- Hermione era già pronta a scivolare via, lontana da qullo stupido turbinio di sete e chiffon e Merlino solo sapeva quali altri tessuti sconosciuti alla maggior parte delle persone dotate di un minimo di interesse per qualcosa che non fosse così stupido.

Eppure notò per un attimo l’indecisione di Narcissa Black. 

“Hai fatto modificare il tuo vestito per domani, Cissy?”- chiese con stupore Andromeda, ancora placidamente seduta insieme ad Arael Malfoy sul divano di velluto verde. Quelle due se l’erano spassata un mondo a guardare il suo imbarazzo mentre la più giovane delle Black la costringeva a provare un vestito dopo l’altro, riuscendo a trovare difetti in ogni singolo capo che le veniva presentato.

“Non proprio..”- mormorò la strega bionda fulminando Madame Maxime e le due streghe che si stavano avvicinando facendo lievitare un non così tanto voluminoso contenitore per vestiti.

“E’ per il galà di Natale dei Malfoy, la signorina mi ha mandato qualche modifica da fare. Guardi, le abbiamo preparato anche delle nuove scarpe”- ribattè la stilista tutta eccitata, neanche fosse stata una sua idea.

Pansy batté le mani in un modo che ricordava fin troppo Cockey. C’era stato un periodo in cui era assolutamente affascinata da Narcissa Malfoy, così elegante, bionda e altera, con un marito che l’adorava e un potere immenso tra le mani. Da piccola voleva essere come lei e aveva passato diverso tempo a recuperare tutte le cronache mondane che la ritraevano.

Per questo sapeva benissimo di quale vestito stessero parlando.

Decisamente molto poco nello stile della Narcissa Black tutta pizzi e gonne a ruota.

“Oh ti prego, provalo. Io e la Granger non avremo modo di vederlo dal vivo… e non sia mai che questa qui sia colpita dallo spirito del buon gusto. Credimi tra una ventina d’anni non sperarai altro. Beh più o meno”- la pregò petulante.

Arael si girò a guardarla sospettosa. Tutto quell’entusiasmo mal si accordava alla Narcissa che aveva conosciuto. Ma se l’aveva inquadrata bene quella piccola strega bionda aveva preparato un bel piano per portare suo fratello sull’orlo di una crisi di nervi.

Non che ci volesse molto, dopo averlo lasciato di sasso la sera dell’attacco ai gemelli e essendosi rifiutata di rispondere alle sue lettere. Lo stava letteralmente facendo cuocere a fuoco lento, sapeva bene quanto lei che Lucius stesse letteralmente contando i minuti che li separavano non solo dalla festa di fidanzamento quando dal galà di Natale, dove chissà perchè era convinto di doversi giocare il tutto per tutto.

Beh almeno la Carrow non era più un’opzione come cognata, dopo l’annuncio ufficiale dello scioglimento del fidanzamento ormai arrivata su tutti i giornali.

“Ti prego Cissy, farlo per noi”- chiese Andromeda con voce insolitamente dolce sbattendo gli occhioni scuri. Poi vedendo che non funzionava tentò con un compromesso -” Se lo fai poi non ti accompagneremo a scegliere il regalo per Lucius. Sono certa che Arael potrà consigliarti qualcosa”.

Arael guardò la giovane Black accanto a lei come se fosse impazzita. Sapevano tutti che al galà non si facevano regali personali ma donazioni in beneficienza. E i Black non erano certo degli sprovveduti in ambito sociale. Narcissa poi meno degli altri.

La strega dai capelli dorati però la bloccò :“So già cosa comprargli, ma allora mi accompagnerete a Koncturn Alley a ritirarlo. E la prima di voi che ride giurò su Salazar Serpeverde che si ritroverà calva fino alla fine dell’anno”- sibilò lasciandosi accompagnare nel camerino dedicato per cambiarsi.

Hermione nel frattempo si era seduta accanto a Pansy. Non era tanto per la paura della fattura, dubitando che Narcissa fosse in grado di lanciarne una che lei e Andromeda insieme non riuscissero a sciogliere. No, era stupita di quello che aveva visto negli occhi azzurri solitamente glaciali che sembravano illuminarsi solo quando il suo sguardo si posava su Draco o Lucius.

Narcissa Malfoy, nata Black, l’algida ed altera reginetta della nobiltà purosangue, erede della purissima e nobile casata dei Black era in imbarazzo.

Esattamente come lei la prima volta che si era vista con il vestito del ballo del ceppo.

Dopo poco usci, seguita dallo sguardo estasiato delle tre donne che la guardavano neanche avessero visto un’apparizione. Certamente stavano pensando che sarebbe stata la più fotografata della festa. I loro nomi sarebbero apparsi su ogni rivista del mondo magico. E questa volta sicuramente per un buon motivo.

Il vestito di un meraviglioso color azzurro ghiaccio che faceva risplendere la carnagione chiarissima come se fosse fatta di neve, scendeva semplice e fluido accompagnando la figura esile della giovane strega. Il corpetto le stringeva la vita sottile accentuandola, mentre una profonda scollatura verticale divideva a metà la parte superiore del bustier, mostrando il seno alto e sodo, per poi scendere in due spalline che cadeva morbide e sensuali all’altezza del gomito. Fu quando si mosse però che il vestito si mostrò in tutta la sue elegante sensualità: un profondissimo spacco  che le arrivava pressochè all’inguine mostrava le gambe snelle e tornite, rese più lunghe dalle decoltées altissime che sembrava portare come se stesse camminando scalza. 

Si girò appena, il tessuto morbido che la seguiva aggraziato nei movimenti, una cascata di capelli colore dell’oro sulle spalle.

Andromeda si alzò per mettersi dietro di lei, spostandole appena i capelli da un lato e rimirandola allo specchio.

“Ho esagerato?”- chiese a voce appena percettibile, scrutando il riflesso della sorella.

Andromeda scosse la testa, poggiandole la fronte sulla spalla. Decisamente la sua sorellina era cresciuta, non era più una bambina che la inseguiva trotterellando per casa perchè giocasse con lei.

“Siamo sicuri che a Lucius non venga un infarto quando la vede? No perchè a quanto sembra il suo contributo pare indispensabile alla nascita di una certa persona"- sentì chiedere Hermione a bassa voce a Pansy.

“Hai detto qualcosa Granger?”- scattò sua sorella, troppo intenta a cercare ogni piccolo difetto per stare a sentire con esattezza cosa stesse dicendo quella strana ragazza.

“Mi preoccupavo per la salute di Lucius. Credo che potrebbe avere più di un malore vedendoti.”

“Bene, è per quello che ho fatto modificare l’abito. Deve essere perfettamente consapevole che non sono solo una bambolina bionda che sa solo sbattere gli occhi. E che ci metto niente a trovarne un altro”- rispose la bionda indicando alla stilista un minuscolo punto che secondo lei non era assolutamente perfetto e che la sarta si premurò di sistemare immediatamente

“Sono quasi certa che gli occhi non siano la prima cosa a cui penserà guardandoti”- non poté fare a meno di commentare più prosaicamente Pansy, facendo riaffiorare alla mente l’immagine del galà. Quello che Narcissa non sapeva era che quella sera stessa il fidanzamento sarebbe stato reso ufficiale.

Poi il sorrise le si spense sul volto mentre registrava appena la voce della Granger e di Arael che continuavano a pungolare la giovane Black,

Le cose non potevano essere andate così. Al ballo mancavano pochi giorni e Narcissa stava facendo di tutto per testare il reale interesse di Lucius.

Sebbene fosse certa che avesse i suoi piani era altamente improbabile che nel giro di una settimana passasse dal non farsi baciare ad annunciare un fidanzamento.

I Malfoy non si sarebbero potuti permettere socialmente un secondo annullamento dopo quello con Cassandra, sarebbe stato un suicidio sociale che neanche i loro soldi avrebbero potuto appianare.

E se era abbastanza evidente che Lucius sarebbe stato così stupido da chiederle di sposarla anche il giorno stesso, che la giovane strega brillante e orgogliosa che aveva imparato a conoscere accettasse era decisamente fuori di questione.

Ricordò il titolo del giornale e la sua foto. Da sola. E quella negli occhi spalancati non era felicità. Era paura.

Nell’articolo si riferivano a lei come la futura Lady Malfoy. Il che nel futuro era tecnicamente vero.

Ma in quel tempo, in quel momento Lucius era il terzogenito e non avrebbe ereditato il titolo.

Un annuncio di fidanzamento tra i Black e i Malfoy ci sarebbe stato.

Ma il promesso sposo non era Lucius. Non ancora.

Si girò cercando di nascondere il terrore che la stava attanagliando, le risate delle ragazze attorno a lei che sfumavano nel brusio crescente della sua mente.

“Le foto durano poco ma l’importante è lasciare qualcuno senza parole in modo da lanciare il nostro messaggio al mondo vero?”- senti chiedere la grifondoro accanto a lei con un tono sarcastico. Era evidente che stava ripetendo qualcosa che aveva sentito tempo prima dalla stessa Narcissa. Non c’è forma senza sostanza e non c’è sostanza senza forma.

Ma la strega più brillante della sua generazione si sbagliava.

Quelle foto non sarebbero durate poco.

Affatto.










 

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Capitolo 31
*** Capitolo 31° ***


* WARNING:torture, riferimenti ad abusi fisici*

La porta del negozio si aprì lentamente su un interno buio e ricolmo di oggetti dall’aspetto affascinatamente sinistro. Mosse qualche passo incerta, attenta ad ogni minimo dettaglio. Il racconto di Harry quando era finito per sbaglio a Knocturn Alley l’estate del secondo anno era stato piuttosto preciso, doveva ammetterlo Ma c’era una cosa che il suo migliore amico non aveva saputo descrivere, troppo preso dalla concitazione dovuta all’incontro con Draco e suo padre, evidentemente clienti abituali.

O forse non se n’era neanche accorto, ancora troppo innocente per riuscire a percepirlo.

Nonostante sapesse che ogni singolo oggetto presente in quella stanza fosse un distillato di magia oscura era suo malgrado affascinata dal potere che sentiva scorrerle nelle vene.

“E questi non sono neanche i pezzi migliori… specchietti per le allodole nella maggior parte dei casi. Ma non tutti..”- le sussurrò Andromeda all’orecchio, togliendole di mano una scatolina argentata con una serie di rune incise sopra.- “Merlino Granger, ma sei come i bambini? Non toccare niente se non vedi farlo prima a me o a Narcissa”.

“Non siete un po’ troppo a vostro agio voi due qui?”- rispose lanciando uno sguardo eloquente alla futura lady Malfoy che sfogliava un libro dalle pagine ingiallite dal tempo e sicuramente pieni di incantesimi oscuri come se stesse leggendo il Magicpolitan da Madame Rosmerta.

“Signorine Black.. è un piacere vedervi. E avete portato anche una giovane amica.”- un uomo dall’età indefinita era apparso dietro al bancone e le fissava con uno sguardo untuoso come la sua voce.

“Borgis”- rispose Andromeda con un cenno del capo appena accennato- “Mi è dispiaciuto molto leggere del suo socio”

“Una tragedia, non si sa mai chi può entrare da quella porta, Miss Black. Viviamo in tempi pericolosi.”- rispose quello vago, continuando ad osservarle pur cercando di sembrare intento ad impilare una serie di boccette.

Certo, tempi pericolosi. Tempi pericolosi che lui stesso contribuiva a creare con il suo fiorente commercio illegale di manufatti oscuri.

“Ed è per questo che avete pensato di non ripulire la macchia di sangue all’ingresso? Scelta interessante”- si limitò a commentare Narcissa con sufficienza, posando il libro che teneva in mano e sfiorando la copertina degli altri con le mani guantate - “Ha preparato quello che le avevo chiesto?”

L’uomo non rispose limitandosi a chinare il capo in tono reverenziale ma ad Hermione, ora intenta anche lei a guardare uno scaffale ricolmo di volumi scuri bossurati in oro, non sfuggi l’occhiata malevola dietro i lunghi capelli che da troppo tempo non vedevano il tocco del sapone.

“Ma certo Miss Black: eccoli qui, pronti per lei. E anche ll’oggetto speciale che mi ha chiesto. E’ un regalo di fidanzamento per sua sorella?”- disse infine allineando una dopo l’altra le ampolle riccamente decorate. La giovane strega bionda si avvicinò al bancone, prendendo in mano il vaso nel quale le uova rosse brillavano come rubini e soppesandole pensierosa.

Uova di Ashwinder, non c’erano dubbi. E anche da così lontano era certa che le altre fiale contenessero petali di rosa, polvere di luna e peperoncino in polvere.

Narcissa lo degnò di uno sguardo di sufficienza, rimettendo il barattolo sul legno sporco e soffermandosi invece sul pacchetto squadrato, accarezzandolo.

“Beh almeno il tempo che non ha impiegato nella pulizia lo dedica al commercio, meglio di niente”- disse tagliente mentre il mago riponeva tutto quello che le aveva mostrato dentro una scatola che le porse con una delicatezza che non sembrava appartenergli - “E aggiunga al mio conto anche il libro che ha in mano la signorina Granger, laggiù. Sembra che le interessi particolarmente”.

Hermione chiuse il libro di scatto. Dannata donna, anche da adolescente sembrava avere gli occhi anche dietro la testa.

“Granger ha detto? Non mi sembra di aver mai sentito il suo cognome. La sua è una famiglia di maghi?”- la grifondoro sentì lo sguardo malevole di quel viscido uomo su di lei, soppesarla e squadrarla come se solo in quel momento si fosse reso conto della sua presenza.

L’armatura accanto alla porta cadde di colpo in terra, come spazzata da un vento impetuoso, mentre la più giovane delle Black si dirigeva a lunghi passi stizziti verso l’uscita.

“Non dica assurdità. Crede sul serio che delle Black si accosterebbero mai a dei sangue sporco? E la smetta di impicciarsi degli affare degli altri. Sempre che non voglia rischiare di fare la fine del suo socio”- sibilò prima di uscire come una furia nel vicolo buio nonostante fosse pieno giorno.

“Suvvia, non se la prenda. Mia sorella non sopporta la maleducazione. E potrebbe approfittare per dare una spolverata sa? Non le farebbe di certo male”- chiosò Andromeda prendendo Hermione per un braccio e spingendola fuori sospirando.

Uscendo però fece attenzione a far magicamente sbattere la porta tanto da sentire distintamente una serie di tonfi alle sue spalle. Dannato essere inutile, lui e la sua mania di mettere quelle sporche lunghe orecchie ovunque.

“Ma ti rendi conto? Quel miserabile… quel servo… quel… ah non so neanche come definirlo. Insinuare che tu sia una spregevole natababbana. Che assurdità. Quando lo dirò a nostro padre..:”- continuò la bionda furiosa, pronunciando con vero e proprio disgusto quel nome che designava la sua reale condizione di nascita.

Natabbana.

Sanguesporco.

Parassita della società magica.

Hermione fu pervasa da un moto di altrettanta rabbia. Narcissa si sentiva addirittura oltraggiata dalla sola possibilità che i suoi genitori fossero babbani, tanto da perdere il suo tanto decantato sangue freddo. Ed era la stessa donna che l’aveva se non proprio accolta quanto meno tollerata in casa sua solo pochi mesi prima. Forse aveva ragione Draco, forse la loro storia non sarebbe mai potuta venire alla luce. Sapeva bene quanto lui fosse legato a sua madre. Se lei gli avesse chiesto di scegliere, avrebbe avuto la forza di lasciarsi tutto alle spalle? Iniziava a dubitarne fortemente. E non era neanche certa che lei glielo avrebbe mai chiesto.

“Cissy, calmati. Sembri una pazza. E già ci sono abbastanza storie terrificanti sulla nostra famiglia anche senza quella della figlia perfetta che da di matto nel bel mezzo della pubblica via”- cercò di blandirla la sorella- “ Su andiamo a mangiare un calderotto alla zucca e spezie, che ti tira sempre su il morale. Ok? “

“Ma sei matta? Non posso mangiare dolci, hai visto il vestito che devo mettere a giorni?”- replicò quella stizzita- “ Già nostra madre mi ha detto che sto ingrassando e se continuo così dovrà allargare le porte dagli elfi per farmi passare. E le porte di Villa Black sono abbastanza grandi”

“Ma la smetti di dare retta a quella vecchia megera? Merlino, è pazza lo vuoi capire? Pazza! Quello non è grasso, si chiamano fianchi e tette e le donne normalmente hanno entrambe. Oppure no, ma non è quello il problema. E’ lei che ormai non ha più estrogeni ma solo rancore, risentimento e whiskey incendiario nelle vene e vive solo per sputare sentenze.”- sospirò la maggiore prendendole il viso tra le mani e appoggiando la fronte sulla sua come quando erano bambine per farla calmare.

Dannata donna. Chissà perchè non aveva mai provato a dire una cosa del genere a Bellatrix. O a lei. No, doveva sempre prendersela con la più debole delle figlie, quella a cui ancora importava qualcosa di compiacerla.

Ancora una volta la grifondoro si trovò in un’altalena di emozioni. Narcissa era di certo superficiale e vanesia quante altre poche donne avesse mai incontrato in vita sua ma era anche chiusa in una spirale che continuamente la portava a farle credere di non valere niente oltre al suo aspetto. Almeno a quell’età. Guardò il libro che le aveva regalato, senza pensarci due volte. Un libro sui sigilli perduti. Una magia che solitamente non avrebbe mai dovuto essere tra le mani di una brava studentessa di Hogwarts.

“E’ un bel libro sai? L’ho letto quest’estate. Devi stare attenta su alcuni punti ma è molto interessante. Ho preso spunto proprio da quello per il regalo di Lucius”- disse la bionda ormai calma seguendo lo sguardo interdetto della strega davanti a lei. Poi aggiunse con un sorriso malizioso - “Mi raccomando leggi bene la parte sull’interiorizzazione dei sigilli. Sono certa che lo troverai interessante. E anche Draco.

Hermione lo aveva sfogliato. Non era assolutamente magia per principianti. Né per oche svampite.

E le vennero di nuovo in mente gli acquisti fatti poco prima.

“Narcissa, non hai bisogno dell’Amortentia per farlo innamorare. Credimi. E poi quella pozione non riesce a simulare il vero amore. Vuoi davvero vivere una vita di menzogne?”- riuscì a chiedere, prima di formulare in maniera più compiuta la domanda che aveva nella sua testa- “ E tra l’altro, se proprio avessi dovuto scegliere avrei pensato che quella sotto filtro d’amore saresti stata tu”

Le sorelle si scambiarono uno sguardo divertito.

“Pensi sul serio che ricorrerei a questi mezzucci per far innamorare Lucius di me?”- chiese con tono sorpreso e un filo indignato la più giovane.

“Beh hai comprato tutti gli ingredienti per l’amortensia… non è che ci voglia molto a fare due più due”- borbottò Hermione stringendo il libro al petto, infastidita dal fatto che ora Andromeda e Narcissa la guardassero quasi impietosite.

“Beh se avessi voluto solo che si innamorasse di me avrei dovuto dargliela prima no? Hai visto quello che ha fatto a Cassandra.Anche la rottura del fidanzamento ormai è diventata ufficiale.No, mia brillante amica, non voglio solo far innamorare di me Lucius per un giorno, per una settimana o per un anno. Sai qual è l’altra caratteristica dell’Amortentia?”- chiese la bionda con un luccichio divertito nei grandi occhi azzurri, fin troppo simili in quel momento a quelli di Draco.

Hermione si diede mentalmente della stupida. Come aveva fatto a non averci pensato prima? Narcissa Black non si sarebbe mai degnata a stregare qualcuno per un’infatuazione passeggera.Quella donna era davvero una dannata strega, nel senso migliore  e peggiore insieme del termine -” L’odore. Ciascuno sente l’odore di ciò che lo attrae davvero”.

Narcissa annuì finalmente soddisfatta : “Sono lieta di non dover rivedere il mio giudizio su di te. Esatto, farò annusare a Lucius la pozione : così finalmente capirò se sono solo un capriccio passeggero oppure come dice lui l’amore della sua vita”
“E ora che abbiamo chiarito, andiamo a prenderci questo calderotto. E un po’ di quel té al rhum di ribes rosso che abbiamo assaggiato da Madame Rosmerta. Era delizioso e qui fuori si gela.Non sarà troppo complicato farcelo rifare”

Hermione si incamminò dietro le Black, ancora pensierosa, stringendo tra le mani il libro.

C’era una sola cosa su cui lei e Narcissa Black Malfoy sarebbero mai andate d’accordo. Proteggere Draco. Ed era proprio quello che avrebbe fatto con quel libro.

“Narcissa, posso chiederti una cosa?” - chiese quando si fermarono davanti alla sala da the, un attimo prima di entrare.

Il bel viso della ragazza la studiò pensierosa prima di annuire.

“Perchè renderlo così complicato? Se proprio volevi usare la magia non sarebbe bastato del veritaserum?”.- chiese dando voce alla domanda che le aveva ronzato in testa non solo negli ultimi metri ma da quando aveva capito di essere innamorata di Draco e la sua dannata propensione all’occluamzia. Pìù di una volta aveva pensato di rivolgersi alla pozione per entrare nella sua dannata testa.

Narcissa spostò per un attimo lo sguardo dietro di lei, in un punto lontano.

“Perchè ci sono segreti che non è giusto rivelare “- disse a tono appena udibile prima di girarsi e sparire nel locale rumoroso e dal caldo odore di spezie.

Degli armadi da non aprire.

Degli scheletri da non svelare.

Un castello di carte da non toccare per paura che crollasse miseramente, seppellendoli.

Molto Black.

Molto Serpeverde.

Molto, troppo, umano.


 

Rientrando all’attico Draco tirò un sospiro di sollievo. Potter e Weasley erano in giro chissà dove, probabilmente a darsi grosse pacche sulle spalle per la scenetta patetica della mattina. Sembrava esserci solo Pansy, le lunghe gambe nude affusolate appoggiate sul divano mentre Cockey ai suoi piedi le passava lo smalto chiocciando di qualcosa non meglio identificato.

“La Granger?”- chiese senza neanche fermarsi a salutare, lanciando il mantello sulla prima sedia disponibile.

“Tutto bene, grazie, e tu? Come  è andato il giretto di acquisti con tuo padre e i due sfigati?”- rispose ignorando la sua domanda fissandolo preoccupata.

Draco non era mai stato un campione di empatia, ma almeno di solito salutava.Doveva essere successo qualcosa di grave.

“A parte quei due dementi che hanno deciso che fare finta di vestirsi da clown fosse una cosa divertente, bene. E ora per cortesia ti degneresti di dirmi che fine ha fatto Hermione?”- chiese togliendosi nervosamente anche la sciarpa verde e agento e i guanti finemente lavorati che si era portato dietro dal futuro.

Pansy si alzò a guardarlo, lasciando la povera elfa con la boccetta ancora a mezz’aria.

“E’ andata con tua madre e tua zia a Knocturn Alley a comprare il regalo a tuo padre per il compleanno a quanto ho capito. E Draco.. c’è una cosa di cui dobbiamo parlare”.- tentò ma il suo migliore amico era già sparito nella camera che divideva con la grifondoro con lunghe falcate.

“Se devi dirmi che stasera abbiamo un simpatico raduno di mangiamorte in cui ci sarà mio nonno già lo so, grazie”- rispose passandosi nervosamente le mani tra i capelli, tornati al solito biondo siderale non appena varcata la soglia di casa e constatato che non ci fossero estranei in giro.

“No, Draco non è questo. Anche se sono arrivati i nostri vestiti per stasera. Molto simili a quelli del Ballo del Ceppo se devo essere sincera. Ma non è questo il punto. Ti devo parlare della festa di Natale di tuo padre..”- provò nuovamente a catturare la sua attenzione inutilmente, mentre lo guardava cercare freneticamente tra i libri e le cose di Hermione.

“Tanto alcool, tanti purosangue, tanti soldi in donazioni. Niente di nuovo.E noi se Merlino vuole saremmo a venticinque anni di distanza. A partecipare una festa probabilmente identica, ma con meno assassini, essendo tutti o  morti o ad Azkaban. Beh, quasi tutti”- borbottò lanciando in aria i costosi vestiti da purosangue che avevano costretto la Granger a portarsi dietro e che appena aveva la possibilità snobbava a favore di quegli orridi stracci che insisteva a chiamare abbigliamento. Per fortuna che quella mattina glieli aveva fatti sparire, volendo evitare un infarto a Narcissa.

“No, Draco non è questo…”- avanzò sul soffice tappeto, ben attenta a non rovinarsi troppo lo smalto appena messo sui piedi nudi- “Per Salazar Serpeverde, si può sapere cos’hai? Sembri in preda alla Tarantallegra. Cosa diamine stai cercando? Un test di gravidanza?”

Draco crollò sul letto, la testa tra le mani : “La foto della collana e la trascrizione del Canto di Aemergin che ci ha dato Tonks a partire dalla pietra fondante. So che lo ha lei da qualche parte.”- disse levando uno sguardo grigio e spaurito sulla serpeverde. 

Pansy sospirò sedendosi accanto a lui e accarezzandogli piano la spalla, prima di poggiargli sopra il mento , la fronte contro la sua mandibola, come tante volte aveva fatto in passato.

Si fermò con la mano nel punto dove sapeva avere la cicatrice più profonda, sfiorandolo appena con le dita.

“Lord Voldemort ha incarito mio nonno di trovarlo, sappiamo bene il perchè. E Abraxas ha deciso che è colpa di mio padre se non lo trova, quindi se non lo aiuto probabilmente lo torturerà come faceva con me sino al suo ritorno ad Hogwarts. Anzi, probabilmente farà anche di peggio…”- mormorò stringendosi con forza gli avambracci, fino a sentire le unghie penetrare nella carne.

Pansy non disse nulla, continuando a stringerlo a sè mentre osservava il grigio brillante abituale dei suoi occhi farsi sempre più scuro e torbido,segno che ancora una volta stava ritirandosi dentro di sè. Mentalmente maledisse il carattere di Draco, pronto a costruirsi un’armatura per proteggersi dal mondo esterno ma che allo stesso tempo lo teneva prigioniero dei suoi incubi. Si chiese se sarebbe mai riuscito ad andare avanti, a dimenticare,

“Beh pensala così, noi sappiamo che Voldemort in qualche modo ha avuto l’incantesimo e ha costruito l’Horcrux. Almeno così siamo in grado di identificare l’oggetto e distruggerlo, è per questo che siamo venuti qui, no? In un modo o nell’altro probabilmente l’avrebbe comunque e noi ci ritroveremmo senza neanche sapere cosa e quando cercare.”- provò a farlo ragionare. Sapeva però che Draco,sebbene infantile e petulante, non era affatto stupido. A quella conclusione probabilmente ci era già arrivato da solo. Era qualcos’altro che lo frenava, e non solo il fare qualcosa alle spalle della Granger.

Vide la testa bionda annuire appena, prima di mormororare : “Ma è con il Canto di Aemergin che è iniziato tutto lo scorso anno. Il piano di Abraxas, la coppa tre maghi, il rituale per la rinascita dell’Oscuro Signore. E’ colpa mia se Cedric Diggory morirà  tra vent’anni. E’ colpa mia se Voldemort tornerà in vita. Quel pazzo di Abraxas deve aver ripensato a qualche conversazione avuta con Lord Voldemort per qualche motivo ed unito i pezzi”

La ragazza avvicinò la fronte alla sua e lo strinse a sé, fissandolo con gli occhi neri brillanti.

Era stato un anno difficile per tutti, ma non gli avrebbe permesso di mollare.

Nonostante quello che pensava la maggior parte di Hogwarts lei non era una sciacquetta superficiale che pensava solo a trucchi e ragazzi.

Era una guerriera, Non con l’armatura splendente di Potter, ma decisamente non era una che avrebbe mai più accettato che qualcuno decisse per lei.

Quella sera di inizio estate aveva cambiato le loro vite,un’ordalia dolorosa ma necessaria.

“Sarai tu a dare a tuo nonno il motivo per  ucciderti nella maniera più dolorosa che riuscirà a pensare. Ma sopravviverai. Sopravviveremo. Cassandra morirà. Mio padre morirà. Abraxas,Carrow… tutti loro smetteranno per sempre di essere un problema. Puoi farcela Draco,sarà terribile ma non hai altra scelta.”

Il ragazzo rimase ancora un attimo stretto all’amica, respirandone il profumo famigliare. Quante vole era finito nel suo letto a farsi consolare, incapace di spiegare a parole l’inferno che stava vivendo. E Pansy lo aveva sempre accolto senza fare domande limitandosi a scrutarlo e ad offrirgli il calore di cui aveva bisogno.

Molti pensavano che le donne fossero il sesso debole. Stronzate. Pansy, Hermione, Andromeda… sua madre…  tutte le donne della sua vita si erano sempre dimostrate granitiche, pronte a qualsiasi cosa pur di raggiungere i loro obiettivi e proteggere chi amavano.

Sua madre aveva tradito il signore oscuro senza pensarci due volte.

Pansy aveva ucciso suo padre.

Andromeda per vent’anni non aveva avuto contatti con la sua famiglia pur di stare con la persona che amava.

Ed Hermione, la sua natababbana, era impossibile persino iniziare ad elencare tutte le volte che era stata più forte di lui.

Stava diventando sentimentale, decisamente doveva riprendersi. Respirò più a fondo cercando di calmarsi.

“Pansy, ma hai cambiato profumo?”- chiese sbalordito per non esserne reso conto prima.

La serpeverde si alzò sbuffando rifilandogli un pizzico sul braccio.

“Signori e Signore, Draco Malfoy e i suoi commenti inutili sono tornati tra noi. E ora muovi il culo, prima che torni la tua amata Granger e ci trovi qui a rovistare tra le sue cose. Per Salazar Serpeverde, credo che sarebbe meglio se ci trovasse a fare sesso”- sbuffò prima di inizare a lanciare incantesimi di richiamo in giro per la stanza.

Il biondo rimase perplesso un attimo a guardarla. Poi si rese conto che aveva assolutamente ragione.

Non c’era tempo da perdere. Dovevano trovare la foto, copiarla e rimettere tutto esattamente come prima.

Una grifondoro guerrafondaia e irritata da un pomeriggio di shopping non era esattemente un soggetto da far arrabbiare alla leggera.

Soprattutto non una che sembrava aver scoperto una strana attrazione per la magia oscura.



 

 

La passaporta era esattamente dove suo padre aveva indicato, il decimo lampione della fila a sinistra partendo dall’angolo con il Ghirigoro, quello con la luce leggermente più fioca degli altri.

Certo, qualcuno si sarebbe potuto insospettire vedendoli vagare per Diagon Alley vestiti di tutto punto, lui in smoking e Pansy con uno splendido vestito nero di seta che le scivolava lungo il corpo. Ma avrebbero pensato a due giovani rampolli che andavano ad uno dei balli di Natale dell’alta società. E in fondo lo erano.

Due purosangue cresciuti nell’agio e nella richezza, che appena raggiunt un’eta adeguata avevano partecipato a decine di eventi simili, rifuggiandosi poi con gli altri compagni in qualche stanza delle immense ville che li ospitavano, rubando alcol agli elfi domestici quando ancora non capivano cosa ci fosse di buono in quel liquido che bruciava la gola e lasciva la bocca impastata. Stanze scure, nascosti nell’ombra, i primi baci e qualcosa di più, le risate lontane e false degli adulti nel salone principale che arrivavano solo come un’eco lontana attraverso i labirinti di stanze sempre uguali e semper diverse.

C’erano passati tutti. Ma alla fine nessuno aveva mai capito se fosse un bel ricordo.

Ma loro sapevano che quella sera sarebbe stato diverso.

Misero sul volto le maschere, l’ultimo tassello, cercando di lasciare li, in quel vicolo, la loro vera natura, quella che avevano iniziato ad accettare solo nel corso dell’ultimo anno.

La passaporta non solo li avrebbe portati in un posto sconosciuto in cui mai avrebbero potuto pensare di andare.

Li avrebbe portati indietro.

A quando pensavano che quello sarebbe stato il loro destino.

Sperando domani di riuscire ancora a guardarsi negli occhi di coloro che  amavano.

Un tocco e il rassicurante scenario della Londra dei Maghi sparì alle loro spalle.

Ancora frastronarti si trovarono immersi in una babele di luci al neon, passanti frettolosi di tornare a casa, cose che sfrecciavano producendo un rumore insopportabile e appestando l’aria di miasmi.

Draco aveva visto ben poco del mondo babbano durante il suo breve soggiorno, sgattaiolando il più velocemente possibile verso la casa che Blaise gli aveva messo a disposizione. Ma se quei pochi chilometri che aveva percorso in un pomeriggio d’estate, complice l’eccitazione di essere fuggito da casa, gli erano sembrati allucinanti non erano niente in confronto all’inferno in cui si trovava. Veramente la Granger era cresciuta in mezzo a tutto quel caos? E non era finita al San Mungo?

Una presa salda sulla spalla lo spinse all’indietro, evitando per un soffio che finisse sotto una di quelle scatolette di latta rumorose che gli sfrecciavano vicino.

“Attenti a quei cosi, ragazzi. Anche senza magia possono fare più male del migliore degli Schiantesimi”- disse una voce conosciuta dietro di loro. Draco e Pansy si girarono di scatto, sentendosi un minimo sollevati. Anche se con il volto coperto era impossibile non riconoscere in quelle due figure eleganti Nicholas e Arael Malfoy.

“Dov’è mio padre?”- chiese Draco toccando senza pensarci il foglio piegato che nascondeva nell’interno della giacca.

“Cos’è prima non volevi starci neanche a un metro di distanza e ora non vedi l’ora di vederlo. Incoerente e viziato come lui non c’è che dire”- rise sua zia, sebbene fosse chiaro dal tono di voce che non trovava niente di divertente in quella situazione. Anche lei sapeva bene che un invito del genere non preannunciava di certo una serata piacevole. Poi aggiunse a voce bassissima che non riusciva a nascondere la preoccupazione- “Spero arrivi presto, oggi Abraxas non era per niente di buon umore e Salazar voglia che abbia ricevuto il mio messaggio e non sia rientrato al maniero dopo i vostri giri. Aveva detto che sarebbe andato dai Lestrange, dovrebbe essere qui a momenti”

“Devo dargli una cosa”- borbottò Draco scrutando tra la folla alla ricerca della sagoma famigliare di suo padre, il nodo che sentiva allo stomaco che diventava sempre più stretto.

“Il canto di Aemergin”- chiarì invece Pansy con noncuranza maledicendo la maschera che non le permetteva di fare l’unica cosa che aveva voglia di fare in quel momento per togliersi quell’odore di babbani di dosso, ovvero fumare una bella sigaretta rilassante.
“Pansy”- mozzicò il serpeverde lanciando un’occhiata velenosa all’amica, ben conscio che non riuscisse a vederlo.

“Ah, si scusa, in teoria è un segreto. Ciò Voldemort l’ha chiesto ad Abraxas e lui se la sta prendendo con Lucius.”- continuò imperterrita incurante della mano che la strattonava - “E sta un po’ buono, su, che mi sciupi il vestito”

“Il cervello ti sciupo, altro che il vestito. Ti avevo detto che avevo promesso di non dirlo a nessuno”- sibilò

“E hai mantenuto la promessa quanto? Dieci minuti? E poi tu intendevi di non dirlo alla Granger. Visto che glielo abbiamo praticamente rubato, concordo con la tua politica.”- chiosò sfilandogli il pezzo di pergamena e passandolo a Nicholas che lo prese dubbioso.

“No, intendevo proprio a nessuno. E nessuno include la Granger ovviamente, cosa c’è di difficile da capire?”

“E’ quello della collana, vero? E della pietra… siamo sicuri? Ti rendi conto che se è stato anche minimamente modificato Voldemort se ne accorgerà e Lucius farà una fine molto molto brutta? E anche tu di conseguenza”- Nicholas cercava di mantenere una voce calma, ma la preoccupazione traspariva nelle vocali appena più tremolanti del solito.

“Credi sul serio che potrei mandare mio padre a farsi torturare a morte? Prima che io nasca soprattutto?”.- chiese Draco con voce petulante e sdegnata non potendo ottenere risposta perchè come se fosse stato  richiamato Lucius apparve poco distante da loro, esattamente in mezzo alla strada. Fece appena in tempo a lanciarsi sul marciapiede.

“Dannati sanguesporco…”- imprecò prima di chinarsi a dare un bacio alla sorella prima di darle il braccio- “Entriamo? Lord Voldemort arriverà tra poco, ha detto di mischiarci a questi… non so bene neanche come definirli. Ballo in maschera, che idiozia eh?”

“Iniziare cosa?”- non poté fare a meno di chiedere Pansy, pentendosi appena sentì le parole risuonare nell’aria.

Lucius la guardò perplesso, prima di mettersi la maschera sorridendo.

“Una carneficina, ovviamente. Vedrai sarà divertente. Non si accorgeranno nemmeno di cosa stia accadendo. Lo abbiamo fatto con Bella qualche mese fa ed è andata alla grande”- rispose con noncuranza.- “Ma questo sarà tutto un altro livello”

La strage del paesino vicino alla Tana, quello del ritaglio di giornale.

Non si sbagliavano, erano stati loro.

E tra poche ore avrebbero saputo cosa si provava.


 

Lord Voldemort camminava lento tra i corpi, calpestando appena con la lunga veste le pozze di liquido denso e appiccoso che insozzavano il pavimento di marmo lucente. Era iniziata così, con il suo arrivo solenne nella grande sala dalla finiture dorate e il soffitto dipinto come la volta celeste. Aveva sorriso Lord Voldemort, come se stesse guardando uno spettacolo piacevole, poi con un gesto la porta alle sue spalle si era chiusa di colpo, lasciando fuori il mondo esterno, tagliando ogni via di fuga e ogni urlo che sarebbe venuto.

Al suo ingresso tutti loro si erano fermati, immobili ad attendere ordine. Draco strinse con la mano destra la vita di Pansy, l’altra bloccata in una giravolta che non avrebbe mai avuto luogo completamente. L’abbassò piano, in modo che ora la ragazza gli desse le spalle, le braccia incrociate,la nuca vicina alla sua bocca.

“Ricorda chi siamo”- mormorò appena sfiorandole l’orecchio come per darle un bacio, pregando che nessuno capisse il vero messaggio dietro quelle parole. Sentiva lo sguardo di suo nonno in fondo alla sala penetrargli nella carne e nel cervello come se fosse di nuovo con lui, nel castello delle Ebridi, lontano da chiunque potesse aiutarlo e in balia della sua follia. E poi lo aveva percepito ancora prima di vederlo, la bacchetta che usciva fuori dal mantello come un serpente pronto a colpire. E una coppia proprio dietro di loro era caduta in terra, stringendosi le mani alla gola, incapaci di respirare.

Sapeva benissimo come ci si sentiva ma in quel momento non riusciva neanche a provare compassione o empatia. Solo la voglia di prendere la porta e andare il più lontano possibile da li.

Avevano un piano, certo. Ma se non avesse funzionato? E poi sapevano benissimo che il loro era solo un palliativo, un tentativo di salvarne almeno qualcuno. O almeno di non ucciderli loro stessi. Ma la maggior parte dei babbani in quella stanza non avrebbero visto l’alba del giorno seguente.

Bombarda, schiantesimo, farli rimanere sotto delle macerie il tempo sufficiente a stordirli per poi passare al confundus affinchè non avessero mai memoria di quella serata. Qualche taglio superficiale per simulare cadute mortali, pregando Merlino che nella confusione nessuno se ne accorgesse.

I partecipanti avevano provato a scappare, ammassandosi terrificati alla porta imbottita che resisteva a tutti i loro tentativi.

E oltre le urla, oltre i pianti, le suppliche l’unica cosa che davvero riuscivano a sentire erano le risate. 

Quella folle di Rabastan, ormai immerso fino ai gomiti nel ventre squarciato della malcapitata con cui aveva ballato. Quelle oscene di Dolohov e Yaxley che si rimballavano una coppia a suon di cruciatus. E poi Rodolphus che sembrava solo sinceramente divertito quando un uomo che avrebbe potuto essere suo nonno si gettò ai suoi piedi implorando per aver salva la vita. Bellatrix che correva per la stanza emettendo gridolini come una bambina che giocava a mosca cieca, costringendo a suon di frusta magica due giovani donne a correrle davanti.

Ma ce n’era una, una su tutti che sentiva come se fosse ancora accanto a lui, a bisbigliargli quanto si sarebbero divertiti. 

Cassandra.

Sectusempra

I ragazzi davanti crollarono in terra, il corpo scosso dal dolore di una lama implacabile su tutto il corpo, la pozza di liquido scuro che si allargava sempre di più-

La sentì sorridere anche senza vederla, sapendo bene come si arricciavano le sue labbra quasi a voler mangiare quelle grida, a nutrirsi di quella disperazione.

“Ho visto gli appunti di quel ragazzino del primo anno,Piton. L’ho solo migliorata un po’ ma non c’è che dire, per essere un mezzosangue ha davvero stoffa. Cos’è tesoro non vuoi provare? E’ divertente sai? Potrei andare avanti per ore”- bisbigliò con voce dolce.

Draco sentì la nausea risalirgli acida in gola. Per quei due non ci sarebbe mai stata speranza di salvarsi.

Li avrebbe lasciati soffrire il più possibile, ridendo quando l’avrebbero pregata di mettere fine alle loro sofferenze.

Poteva provare a salvarli, un piano suicida non solo per loro ma per l’intero futuro che erano venuti a cercare di salvare.

Oppure…

Avada Kedavra.

Un lampo verde e le urla cessarono.

L’aveva fatto alla fine. Aveva ucciso due babbani.

il perché non aveva importanza


“Miei cari, mi avete reso molto fiero di voi”- la mano fredda come quella di un cadavere di Lord Voldemort sulla nuca lo riportò violentemente alla realtà Si gurdò intorno reprimendo l’istinto di vomitare. L’odore del sangue e della paura gli aveva impregnato le narici, lo sentiva viscido ed appiccoso addosso e sapeva che avrebbe continuato tormentarlo per molto tempo, nei suoi incubi.

Perchè sarebbero tornati e questa volta non sarebbe stato solo lui ad urlare e  contorcersi dal dolore. Avrebbe di certo rivisto gli occhi velati dalla sofferenza di quei due poveri babbani che aveva appena ucciso.

Anche Pansy era scossa, nonostante cercasse come al solito di mantenere il suo aspetto impeccabile ed indifferente. Uccidere suo padre e Carrow che l’avevano terrorizzata per anni era stata una legittima difesa.Ma quelle persone… quelle persone non avevano altra colpa che aver deciso di partecipare ad un ballo in maschera e giocare con la magia.

Era quello il pretesto che Lord Voldemort aveva utilizzato, come se ce ne fosse bisogno.

Babbani che utilizzavao simboli antichi senza sapere cosa significassero, furti di un mago traditore del sangue che aveva deciso di sfidare lo statuto di segretezza e rifugiarsi nel mondo magico. Per alcuni di loro era un mago, per altri un demone, per altri ancora un buffone sacro.

Per la società dei maghi purosangue era solo uno sporco traditore, da estirpare insieme a tutti quelli che lo avevano seguito.

“Sono molto fiero di voi, di tutti voi”- disse il Signore Oscuro con voce dolce, il tono che iniziava ad assomigliare sempre più ad un sussurro sibilante carico di veleno eppure al tempo stesso così dolce- “E abbiamo due ottimi motivi per festeggiare”

Si aggirava con calma tra i copri, squadrando tutti i presenti e togliendo la maschera a ciascuno di loro,che immediatamente dopo cadevano in ginocchio ai loro piedi.

Sorrideva soddisfatto, inebriandosi all’idea non solo di essere stato l’artefice di tutto quello, ma anche dell’assoluta e cieca fedeltà che quel gruppo di rampolli viziati gli tributavano.

Erano li per lui. Avevano ucciso, sventrato, torturato. Tutto per lui

E avevano scoperto quanto lo amassero.

All’inizio era stato preoccupato per quei due ragazzi nuovi, nonostante le rassicurazioni di Bellatrix e Lucius. C’era qualcosa di strano in quei due. E poi gli strani racconti di Cassandra.

E invece, erano come tutti gli altri. Ragazzini viziati che pendevano dalle sue labbra. 

Anche se se ne fossero andati sarebbe stato solo un avamposto del suo potere in un altro paese. Un esercito senza frontiere.

“Festeggiamo per questa notte, questo sangue sporco finalmente versato per ripagare il torto che ci è stato fatto. Ci hanno relegato, cacciato , ucciso e torturato nei secoli. Solo per paura, perchè sapevano di essere inferiori a noi, indegni di vivere. Ma poi hanno preteso di giocare ai maghi, di carpire i nostri segreti quando la loro stessa esistenza è un insulto a tutto ciò che noi rappresentiamo  Ma questa notte, oh questa notte amici miei, inizierà a mostrare loro che non ci sarà un solo posto al mondo in cui potranno dirsi al sicuro. Sarà un processo lento ma inesorabile. Non sapranno mai quando la morte arriverà su di loro”- continuò soddisfatto, accettando con un sorriso benevolo le urla di giubilo ed approvazione che provenivano da quelli che ormai erano assassini conclamanti.

Pansy teneva lo sguardo dritto davanti a sé, evitando di sfiorare anche solo con lo sguardo quello di Draco o quello dei gemelli Malfoy. Non riusciva a distogliere l’attenzione dalla macchia maleodorante e vischiosa accanto a lei. Il sangue prima vivido e fluido che diventava sempre più scuro e denso era tutto ciò a cui riusciva a pensare.

Aveva sempre guardato a sé stessa come una giovane donna intelligente e razionale. Pragmatica. Quando aveva ucciso non era rimasta li a guardare cosa accadeva dopo. Era scappata via con i Malfoy, troppo preoccupata per Draco. E ora era li, bloccata, con il terrore anche solo di sbattere le palpebre e sentire il muro di cristallo che aveva costruito dentro di sé crollare in mille pezzi

Lord Voldemort passò incurante su quella chiazza, quella che al momento era tutta la sua vita. La superficie lucida ormai rovinata, impronte disgustose che spezzavano l’incantesimo.

“E poi grazie al nostro caro Abraxas abbiamo un motivo in più per gioire. Questa sera ragazzi miei avete dato prova di essere degni dell’onore che sto per farvi”- si era fermato al centro della sala, tirando fuori dalla tasca del mantello una pietra verde lucente.

La pietra, La pietra della collana. Non c’erano dubbi. Almeno in quello ce l’avevano fatta.

Ma perchè la stava tirando fuori proprio ora.

“Lucius vieni qui per favore.Nonostante non ti siano stati riconosciuti i meriti che ti spettano so bene  che sei stato tu a dare il canto di Aemergin a tuo padre. Non avevo dubbi, mio giovane amico, sapevo di potermi fidare di te. Vieni sarai il primo”- disse con un tono dolce che non raggiungeva gi occhi gelidi come quelli di un serpente.

Draco sentì suo nonno dietro di lui fremere di rabbia mentre il ragazzo si irrigidiva ancora di più incapace di decidere se ringraziare Lord Voldemort o provare a schernirsi. In entrambi i casi sapeva bene che sarebbe stata la cosa sbagliata.

“D’altronde sei il degno figlio di tuo padre. Tutti voi, non ho mai avuto dubbi che la famiglia Malfoy fosse e sempre sarà una delle mie alleate principali. Non è vero Abraxas? Non sono stati bravi i tuoi figli in queste settimane? Ne abbiamo parlato, ricordi? “

Abraxas annuì, digrignando i denti. Aveva promesso a Lord Voldemort che non avrebbe toccato i ragazzi, ma in quel momento era divorato dalla voglia di rompere la sua promessa.

Il figlio minore, soprattutto, non solo aveva rovinato tutto con Cassandra, ma ora aveva avuto anche il coraggio di derubarlo dell’onore pubblico che gli spettava di diritto.

Ah ma prima o poi Lord Voldemort avrebbe dimenticato quella promessa…e quei tre l’avrebbero pagata con tutti gli interessi. Già poteva sentire il rumore famigliare e rassicurante delle ossa che si spezzavano. Il sangue del proprio sangue davvero aveva un odore diverso, ancora più inebriante.

Lucius ora era accanto a Lord Voldemort, il braccio destro scoperto.

“Mi sarai fedele Lucius? Sei pronto a donarmi la tua vita per raggiungere uno scopo più grande?”- chiese Lord Voldemort avvicinando la bacchetta alla pelle candida- “Arriverai ogni volta che ti chiamerò?"

Lucius, non vuoi che il tuo Signore recuperi le sue forze? Non vuoi essere il mio braccio destro nel nuovo mondo? un ricordo sepolto nella mente annebbiata dal veleno e dal dolore ritornò come un pugnale affilato a trafiggere Draco. Così come mesi fa ora suo padre era davanti a Voldemort, pronto a servirlo. A fare qualsiasi cosa per lui.

Il biondo annuì, fremendo di eccitazione. Poi Lord Voldemort dolcemente ma implacabilmente mormorò qualcosa che non riuscirono a comprendere, la bacchetta puntata contro la pelle del giovane dal quale iniziavano a cadere rivoli di sangue misto ad un liquido nero e il volto del ragazzo divenne una smorfia di muto dolore, i brividi che scuotevano tutto il corpo. Quando finalmente il supplizio finì il signore Oscuro sorriso nuovamente soddisfatto, spostando il flusso di energia dall’avambraccio martoriato alla pietra verde davanti a lui che brillava quasi ingorda del dolore che pervadeva l’aria. Ora sulla pelle color alabastro spiccava un tatuaggio nero, un serpente sinuoso e letale che usciva da un teschio dalle fauci spalancate.

Uno dopo l’altro, tutti i presenti furono sottoposti a quel supplizio, stranamente eccitati e impazienti. Draco si chiese appena cosa provassero  i suoi zii, che sembravano sempre camminare sul filo del rasoio. Davvero non riusciva a comprendere se fossero li solo per non essesre uccisi dal padre o perchè credevano nella causa. E si chiese se davvero avesse signigicato?

Bellatrix invece batteva i piedi impaziente, incredula nel non essere stata la prima. Lord Voldemort le si avvicinò facendole appena una carezza : “Sarai l’ultima , mia piccola stella. Il mio sigillo più importante. E poi ho un’altra sorpresa per te mia cara… ma dovrai aspettare qualche giorno. Puoi farlo per me, mia brillante e devota allieva?” la blandì, ricevendone in cambio uno sguardo di pura adorazione.

Poi arrivò davanti a Draco e Pansy, soppesandoli.

“E voi, volete far parte della mia famiglia?”

La famiglia. Che ironia della sorte.

Pansy sorrise enigmatica chinando il capo e togliendosi il lungo guanto di velluto nero , prima di porgere il braccio all’oscuro Signore che lo accettò con grazia.

Infine, Draco.

Il suo destino alla fine si compiva sul serio. Il marchio nero che suo nonno gli rrimproverava sempre di non avere. Suo padre che lo guardava con quello che sembrava quasi uno sguardo d’orgoglio.

Aveva capito che avrebbe fatto male.

Era pronto al dolore fisico.

Ci era abituato

Quello che non si aspettava era il dolore mentale.

Quello dei ricordi sepolti. Di una notte d’inverno di quando aveva cinque anni e aveva scoperto cosa fosse il terrore.

Per un attimo gli sembrò che il tempo si dilatasse. Era sanguinante sul tapetto dello studio di suo padre, con le ossa fratturate nella casa di Hogsmeade, incapace di respirare nelle Ebridi, terrorizzato nelle stanze private di Cassandra.

Di sottofondo gli altri iniziarono a recitare il canto, quel canto che aveva conosciuto fin troppo bene solo qualche mese prima.

 

I am the womb: of every holt,

I am the blaze: on every hill,

I am the queen: of every hive,

I am the shield: for every head,

I am the tomb: of every hope

 

Ed era vero.

Al contrario del bambino sopravvissuto per lui non c’era davvero più speranza dopo quella sera,

Né possibilità di perdono.

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Capitolo 32
*** Capitolo 32° ***


*Stessi trigger del capitolo precedente, essendone la logica continuazione*

Avevano fatto il viaggio di ritorno senza dire una parola. La passaporta, il vicolo dietro Diagon Alley, le luci natalizie che brillavano...niente aveva più senso.. Si era concentrata su ogni singolo passo.Prima il tacco e poi la punta, così le avevano sempre insegnato. Non troppo veloce né troppo lenta, altrimenti avrebbe perso l’equilibrio. Nonostante l’incantesimo riscaldante non sentiva più le gambe, le sottili calze di seta incapaci di trattenere il poco calore che ancora aveva nel corpo. Un passo dopo l’altro, appoggiata appena a Draco non tanto per non cadere sui ciottoli levigati e coperti di nevi quanto piuttosto per evitare di crollare.

E per evitare che lo facesse lui.

Si tenevano a vicenda, in silenzio, ben consapevoli ormai di essere andati oltre, ben al di là di quanto si erano creduti in grado di fare.

Quando aveva visto suo padre togliersi la maschera al cospetto di Lord Voldemort, il viso contratto dall’emozione di stare per ricevere il marchio nero, Pansy si era stupita nel non provare niente. Assolutamente nulla. Che fosse vivo in quel momento non le importava.

E si trovò ad ammettere a sé stessa di invidiare Draco, che invece aveva continuamente cercato lo sguardo del suo per tutto il tempo, quasi volesse impedirgli di prendere la via che poi lo avrebbe segnato per i successivi vent’anni. Ma ovviamente Lucius non se ne era accorto. E  mai avrebbe potuto.. troppo preso dall’esaltazione del momento.

Tutti i presenti sopravvissuti alla prima guerra magica erano stati spesso ospiti alla Residenza. Circa una volta al mese Parkinson senior e i suoi amici si rinchiudevano nel suo studio privato a bere e fumare e senza dubbio a progettare qualche attività ricreativa alternativa. A volte si trattava di escort, riconosceva quelle serate non solo perché lei non era invitata al contrario di Theodore, Vincent o Gregory ad esempio. Ma anche perché erano quelle in cui di Lucius Malfoy non si vedeva neanche l’ombra. 

La scusa ufficiale che serpeggiava nel gruppo era che Narcissa Black non era una da lasciare che suo marito prendesse parte a certi baccanali ed era sempre colpa di quella viziata, come amavano definirla, che Draco non fosse mai presente neanche alle altre  di riunioni. Non voleva che il suo prezioso figlio si sporcasse le mani. 

Più di una volta aveva sentito commenti a mezza voce sul fatto che Malfoy fosse uno sciocco a dar retta alle paranoie di una strega, per quanto bellissima e ricca fosse. E non erano solo quegli stronzi maschilisti dei compagni di suo padre a fare commenti malevoli sulla madre di Draco. La prima a sollevare ogni tipo di pettegolezzo era sempre lei, Cassandra. Ovviamente ben lontani dalle orecchie di Lucius, che però dai commenti taglienti che faceva quando presente era sicuramente al corrente del veleno che sputavano. 

Ma appunto quelle altre, quelle le conosceva bene, era una delle poche volte che suo padre tollerava la sua presenza.

Dopo la prima guerra magica  l'attenzione degli auror era scemate e potevano gli ex mangiamorte ormai liberi potevano organizzare qualche uscita tra vecchi amici, in ricordo dei i tempi andati. Di solito apparivo in paesini sperduti o nel mezzo di Londra, dove la folla si riversava ad ogni ora del giorno e della notte. Un paio di babbani a volta, non di più, che sparivano nel nulla.

Chissà quante volte succedeva nel mondo babbano per le più disparate ragioni. Gente che un momento prima era lì e un attimo dopo,puff.. sparita.

Molti erano stati ospiti dei Parkinson e Pansy aveva passato diverse ore da bambina, seduta a guardare questi strani esseri senza poteri che urlavano e imploravano.

Qualche volta aveva avuto il pensiero di aiutarli, ma il pensiero di quello che sarebbe successo a lei se lo avesse fatto l’aveva sempre fermata.

Così si era limitata ad osservarli, studiarli con distacco, lasciando fuori le urla e le loro lacrime.

Pensava di esserci riuscita e invece tutte insieme l’avevano nuovamente travolta quando la bacchetta di Lord Voldemort si era posata sulla sua pelle, bruciandola dall’interno, facendo riaffiorare alla mente tutte le volte che era stata li, i capelli perfetti e gli occhi neri sgranati a guardare giovani fatti a pezzi mentre suo padre e  suoi amici ridevano soddisfatti.Cosi come il ricordo di quella volta quando , alla fine di una di quelle serate interminabili, le urla di quei poveretti non ancora spente del tutto, suo padre le aveva presentato il suo futuro marito.Le era sembrato tutto così assurdo che per poco non si era messa a ridere istericamente. L’unica cosa su cui si era riuscita a concentrare in quel momento era il liquido denso e vischioso che scorreva lungo la lama metallica e lucente, cadendo in piccole gocce regolari in terra. Lento e inesorabile. Una goccia dopo l’altra. Le loro parole che rimbombavano contro i muri impregnati dalle lacrime.

Aveva annuito come un’automa ed era salita in camera. Non sapeva come, ma si era ripromessa che avrebbe fatto qualsiasi cosa prima di cedere a quel ricatto. E quasi senza pensarci si era ritrovata sull’orlo di una crisi di nervi a Malfoy Manor.

Narcissa e Lucius erano arrivati poco dopo di corsa, temendo che fosse successo qualcosa a Draco.

Draco che ufficialmente doveva essere dai Nott a passare la notte. E che invece era nelle Ebridi a farsi torturare dal nonno.

Ma non glielo aveva detto. Non poteva, l’aveva promesso a Draco. E non voleva, ammise a sé stessa. Per una volta voleva lei una madre che la stringesse e le dicesse che sarebbe andato tutto bene.

E lo aveva fatto. Narcissa aveva mandato via il marito a dire a Parkinson che Pansy sarebbe stata con loro per qualche giorno, senza ulteriori spiegazioni, un dato di fatto incontestabile. Poi le aveva messo addosso una vestaglia di cachemire morbidissima che ancora portava addosso il suo profumo inconfondibile e si era seduta con lei sul divano, rassicurandola. Avevano tempo, aveva detto. Prima si sarebbero assicurati che non ci fosse alcun matrimonio prima dei suoi esami finali del settimo anno. E dopo… dopo avrebbero pensato a qualcosa. E lei si era fidata, addormentandosi di colpo in un luogo finalmente caldo e sicuro.

Quella memoria l’aveva colpita come uno schiaffo. Il ricordo della notte in cui avrebbe potuto salvare il suo migliore amico e invece lo aveva lasciato li dov’era, probabilmente a subire quello che il babbano aveva sofferto a casa sua poche ore prima.

Draco si fermò di colpo, costringendo lei a fare altrettanto, poco prima del portone di ingresso di ferro battuto.

Non c’era traccia di quello che era successo poche ore prima sui loro vestiti, ancora sembravano due splendidi adolescenti pronti per una delle feste più esclusive.

Ma nella loro mente niente sarebbe stato più come prima.

“Su ci sono loro”- mormorò guardandosi con insistenza la punta delle scarpe di vernice lucida, perfette come appena uscite dal negozio- “Ho bisogno di un minuto…io… non riesco a mandarle indietro…”

Pansy annui stringendosi nella mantella nera. Già. Sopra, probabilmente intenti a giocare a qualche stupido gioco di società babbano o a scolarsi burrobirra c’erano la Granger e lo sfregiato. E Ron. Di certo nella sua famiglia di babbanofili non aveva mai dovuto sopportare niente del genere. Il massimo dei suoi ricordi peggiori era quello stupido racconto sull’orsacchiotto trasformato in ragno sul quale aveva blaterato senza senso per tutto il secondo anno.

Perché lei, in realtà, aveva sempre seguito quello che faceva quel grifondoro sfigato. Contro ogni logica, come un piacere perverso che ti spinge a guardare qualcosa che ti repelle ma dalla quale non ti puoi staccare.

“Allora non sono stata l’unica.. A quanto pare una simpatica caratteristica del marchio nero di cui i nostri adorabili genitori si sono scordati di parlare è che quando lo fai rivivi tutte le tue peggiori esperienze, tutti i ricordi che avresti sempre preferito dimenticare. Ah, le gioie di seguire le tradizioni di famiglia”-sbuffò, cercando nella borsetta per un pacchetto di quelle sigarette speciali che le aveva dato Blaise e che teneva gelosamente di scorta.  Merlino, se quello non era il momento di usarle non vedeva davvero l’utilità di alcol e droghe magiche..

Guardando lo sguardo stranito dell’amico alzò un dito a bloccarlo prima che osasse solo inziare, mentre tirava via una grossa boccata di fumo nero e dolciastro-:”Non ti azzardare a dirmi che ho solo quindici anni. Stai diventando un rompicoglioni. Fino ad un anno fa non ti facevi problemi e ora stai sempre li a giudicare”

Draco scosse le spalle, le dita ben serrate sull’avambraccio dove sapeva esserci un nuovo marchio sulla pelle, qualcosa che lo avrebbe segnato per sempre, molto più del solito figlio di mangiamorte.

E Pansy aveva ragione, anche lui aveva ricordato. Non solo il compleanno degli otto anni di Theo, quando pensava fosse iniziato il tutto. O le trovate di Cassandra quando gli ripeteva in continuazione quanto fosse simile a suo padre alla sua età.

La sua mente si era chiusa su un ricordo, cancellandolo. Non si era mai neanche chiesto perché suo nonno fosse stato confinato nelle Ebridi e fosse stata imbastita la manfrina del finto funerale. Che idiota era stato. 

Quella era stata un’altra delle bugie di suo padre, l’ennesima.E anche quell’estate, quando si era confidato con lui , Lucius era stato ben attento a non dirgli che si sbagliava. Che aveva avuto modo di mettere fine a quell’incubo anni prima che iniziasse sul serio.

Con il marchio nero la mente si era aperta, aveva finalmente capito perché quando aveva cinque anni suo padre era cambiato nei suoi confronti. Non era per qualcosa che aveva fatto in quella gita al mare. Non era perché suo nonno era venuto maniero urlante che non era così che ci si cresceva un Malfoy. In quell’occasione suo nonno era andato via e lui era andato a dormire tranquillo, sentendosi al sicuro.

La magia che gli scorreva ora nelle vene aveva riportato a galla quella notte quando un elfo era venuto a svegliarlo dicendogli che il padrone lo aspettava nello studio principale. E lui, illuso era sceso nello studio di suo padre,ancora il drago di morbido peluche magicamente tiepido stretto in braccio. Ricordava ancora il suono dei suoi passi ovattati dagli spessi tappeti, rapidi quanto glielo permettevano le gambette da bimbo, così contento di poter stare un po’ con il suo papà.

Si sente dire che si ha qualche premonizione quando sta per succedere qualcosa di brutto,ma lui non era granché portato per la divinazione, a quanto sembrava.

Quando aveva aperto la pesante porta del salone, però, li si che era stato invaso dalla paura. Suo nonno era al centro della stanza, la bacchetta in mano ed una serie di oggetti dalla forma inquietante accanto a lui. E del suo papà non c’era traccia.

Mentre sentiva la porta magicamente chiudersi dietro di lui,aveva iniziato a chiamare a gran voce aiuto.

Ma sapeva bene che non sarebbe venuto nessuno.

E per la prima volta anche se a solo cinque anni, comprese il significato profondo della parola solitudine. E della paura.

“Un giorno ancora e poi ci lasceremo tutto alle spalle”- gli disse Pansy pratica come sempre ma con una strana gentilezza nella voce, mentre gli prendeva la mano e la stringeva forte.

Un giorno, un giorno solo.

Quella sera ci sarebbe stata la festa di fidanzamento di Bellatrix e avrebbero preso la collana.

La missione sarebbe finita e loro sarebbero tornati nel loro mondo.

A sentire nuove scuse, nuove bugie.

Ma era stanco di tutto quello.

Stanco di Serpeverde, della purezza del sangue, di essere un Malfoy.

Voleva solo dormire accanto ad Hermione rubare quel suo calore puro e far finta che potesse scaldare il gelo che sentiva crescergli dentro.

Solo quello.

Lei era il suo posto sicuro.

Dove niente avrebbe potuto colpirlo.




 

Mentre lui era via aveva cercato di distrarsi Cockey aveva preparato un’ottima cena che lei, Harry e Ron avevano gustato pretendendo che non stesse succedendo nulla, che Draco  e Pansy fossero usciti per un ritrovo con vecchi compagni di scuola.Bere una burrobirra, anche se erano solo ragazzini. Giocare a poker stregato tutta la notte. Qualsiasi cosa andava bene.

Ma tutti e tre sapevano che non era così, che qualcosa di terribile stava accadendo. E per una volta, loro non potevano farci niente. Andromeda era passata a vedere se volevano un po’ di compagnia, ma loro avevano rifiutato. Avevano bisogno di stare insieme, da soli. Uniti come la famiglia che erano sempre stati.

Harry aveva raccontato anche a lei dell’incontro con Lily, riuscendo a portare un po’ di dolcezza in quella sera che sembrava gonfia solo di tensione e disperazione.

Era straziante e al contempo riscaldava il cuore sentire Harry descrivere il viso di sua madre undicenne coperto di lentiggini, i grandi occhi color verde smeraldo così curiosi ed intelligenti, il carattere deciso e risoluto. Certo non si erano aspettati la notizia di quell’amicizia così stretta con Piton.

Harry e Ron ci avevano riso, chiedendosi stupiti il motivo allora dell’astio del professore nei confronti di Harry.

Hermione però aveva capito, continuando a spiluccare il pasticcio di zucca e manzo speziato, spingendo le carote e i piselli immersi nella salsa ricca e cremosa da una parte all’altra. In fondo Piton, nonostante i suoi modi a dir poco privi di fronzoli, aveva sempre cercato di proteggere Harry. Da Raptor, alla partita di Quidditch il primo anno, inventando incantesimi da superare per mettere al riparo la pietra filosofale, seppur sbagliando cercando di proteggerli da Remus e dai dissennatori. Era chiaro che la più grande colpa di Piton, quella di aver ceduto al fascino dell’Oscuro Signore l'avrebbe accompagnato sino alla tomba. Ma c’era qualcosa di più sottile che lo affliggeva. Un amore non corrisposto e perito in maniera tragica. Era certa che fosse per lei che Piton aveva tradito Voldemort. 

Non per correttezza verso Silente, non per rimorso per i babbani morti, non per un’improvvisa presa di coscienza

L’amore. Era quello che sembrava muovere realmente le loro mosse, ironicamente. Lucius aveva tradito Voldemort per Narcissa, Narcissa per Draco, Draco per lei, Piton per Lily. Era l’esatto opposto di quello che li aveva portati a servirlo: la paura, l’angoscia di sentirsi soli ed abbandonati, di non avere nessuno che li proteggesse. Ed era proprio questo che Voldemort non avrebbe capito.

Eppure prima di essere catapultata nel passato era tutto bianco e nero, non si era mai chiesta perché fossero arrivati a quel punto. I Lestrange, Dolohov, Yaxley, persino Bellatrix, erano facili da inquadrare, inebriati dalla sete di potere che correva nelle loro vene e che nessun altro sembrava in grado di estinguere.

Ma gli altri, molti altri, erano in una zona grigia, le loro motivazioni oscure e ripiegate nella profondità della loro mente. Eppure le loro azioni avrebbero avuto delle conseguenze così devastanti che era impossibile cercare sul serio di comprenderli.

Sentiva l’acqua delle doccia che continuava a scorrere, sembrava che Draco volesse sciacquarsi via ogni singolo ricordo di quella sera. E quello la spaventava. Rimase a guardare nervosamente la porta del bagno, contando i secondi di quella che sembrava un’eternità.

Finalmente uscì, la pelle ancora arrossata dall'acqua bollente,il cappuccio dell’accappatoio ben calato sulla testa, a coprirgli il volto.

Hermione non disse niente, poggiando il libro che stava leggendo sul comodino e  sollevando le lenzuola di cotone egiziano e il pesante copriletto di seta grezza mentre lui si infilava sotto le lenzuola, dopo aver lanciato un breve incantesimo per asciugarsi.

“Vuoi parlarne?”- chiese accarezzandogli il profilo del naso con la punta delle dita.

Lui rimase in silenzio, stringendosi a lei. Evidentemente no.

Ci sarebbe stato tempo. 

Nox sussurrò appena mentre le luci piano piano si smorzavano, lasciando solo il caldo e rassicurante  rumore del camino a cullarli.

Chiuse gli occhi, avvicinando il viso al suo cuscino, le fronti che si sfioravano appena, sperando che il suo respiro divenisse finalmente regolare.

“Un giorno solo, Draco. Un giorno solo”- gli disse piano accarezzandogli i capelli chiari come fili di luna,

Quel giorno si sarebbero giocati il futuro.

E lei, come sempre era pronta.


 

“Il padroncino Nicholas e la padroncina Arael chiedono di entrare”- squitti Cockey versando del succo d’arancia e chiodi di garofano dal profumo fresco e speziato nei bicchieri di cristallo. 

“Almeno qualcuno in quella famiglia ha un briciolo di educazione, da non credere”- bofonchiò Ron soppesando l’infinità dei piatti che l’elfa aveva messo in tavola. Dalle grandi vetrate entrata la luce piena della tarda mattinata, seppur pallida come solo quella di metà dicembre può essere. Si preannunciava una bellissima giornata, rigida ma senza pioggia e da lontano si poteva notare come solo le cime degli alberi fossero accarezzate da un vento leggero.

“Se cercate Draco e Pansy non si sono ancora svegliati”- mormorò Harry costringendosi a buttare giù un sorso di bevanda per schiacciare in fondo allo stomaco quella brutta sensazione che gli stringeva la gola. Poi il suo sguardo cadde sul pacchetto che Nicholas teneva sotto il braccio, facendolo quasi strozzare.

“Oh andiamo, non mi dirai che ora abbiamo il bambino sopravvissuto che mi muore nella casa di famiglia perché non riesce ad inghiottire. Cos’hai ottant’anni?”- scherzò il giovane con tono piatto, sedendosi a capotavola al posto che Cockey gli aveva appena preparato e accettando la tazza di té caldo che l’elfa gli offriva con un sorriso. 

“Suvvia Nicholas, daglielo, altrimenti rischiamo che si trasformi in cane e inizi a sbavare”- sbuffò Arael sedendosi accanto ad Hermione e facendo volare il pacchetto nelle mani di Harry che lo afferrò al volo. Mentre scioglieva i lacci sentì la consistenza di acqua liquida sotto le dita, il corpo quasi incapace di trattenere la gioia.

Il mantello dell’invisibilità era di nuovo nelle sue mani. Aveva di nuovo qualcosa di suo padre da portare indietro con sé, insieme ai ricordi di quei mesi. E non aveva neanche dovuto minacciare quei due psicotici dai capelli platino per riaverlo. La cosa era abbastanza sospetta a dire il vero.

Si girò a guardare Ron ma trovò lo sguardo dell’amico fisso verso la porta della sua camera da letto.

“E’ andata così male stanotte? Pansy mi si è infilata nel letto ma si è rifiutata di dire una parola. Credo che abbia preso una pozione per dormire, stamattina non sono riuscita a svegliarla neanche a cannonate”- mormorò il rosso girandosi a guardare Arael Malfoy davanti a lui.

La strega sospirò, gli occhi grigi diventati improvvisamente scuri come le acque del lago nero.

“Abbiamo fatto quello che andava fatto, se è questo che vuoi sapere. E oggi alla festa di fidanzamento ci sarà la vostra preziosa collana da rubare. Ed è per quello che vi abbiamo portato il mantello.”- ribatté con un sospiro, lasciando che le posate d’argento sbattessero stizzite contro la porcellana decorata del piatto.

“Arael… ne abbiamo già parlato..”- tentò di blandirla il fratello lanciandole uno sguardo di avvertimento. Non era il momento. Non potevano fare anche quello al nipote, togliergli quell’ultimo briciolo di possibilità di decidere se e come dire cosa fosse accaduto.

Niente era andata come se l’aspettavano. Avevano messo in conto che qualche babbano sarebbe morto. E il loro piano per salvaguardare Draco e Pansy avrebbe funzionato. Avrebbero ucciso loro al loro posto e nessuno se ne sarebbe accorto.

Ma il rituale per caricare di energia la pietra. E quel marchio che ora spiccava sul loro braccio, al momento invisibile ma che sapevano essere pronto a rivelarsi in tutto la sua grottesca forma.

“E’ arrivato questo stamattina. Da Bellatrix”- la voce di Pansy, ancora impastata dal sonno era roca come se ogni parola le procurasse un’incredibile fatica. Si lasciò cadere sulla prima sedia libera, rannicchiandosi, le lunghe gambe bianche che sbucavano dallo spacco della vestaglia di seta che si era a malapena appoggiata addosso. Ron la guardò preoccupato, versandole una grossa tazza di caffè nero bollente, fermandosi appena a farle una carezza sul viso ancora gelato, guardandola fissare il liquido scuro come in cerca di una risposta di cui non sapeva neanche la domanda.

Harry prese titubante il giornale,sotto lo sguardo vigile di Hermione che si alzò per avvicinarsi. Era indubbiamente un giornale babbano. La grifondoro guardò oltre la spalla di Harry la prima pagina del giornale, dove irriverente nella sua staticità, campeggiava la foto di un albergo in fiamme e la notizia di una tragica fatalità che aveva portato almeno trenta persone a morire carbonizzate. L’identificazione era stata possibile solo perché l’incendio era divampato in un’area privata non aperta al normale pubblico dell’albergo, sede di quelli che molti ritenevano una setta e cui solo gli iniziati potevano accedere. Seguiva la lista di coloro che avevano confermato la presenza al ballo in maschera previsto per la sera precedente: banchieri, politici, consiglieri d’affari, membri della nobiltà britannica. Il più giovane aveva poco meno di venticinque anni.

Ma la cosa più spaventosa di tutte era che li, tra i curiosi e i disperati che guardavano lo spettacolo di devastazione e morte con le mani dei capelli. distaccato dagli altri e di tre quarti, era sicura di aver intravisto l’alta figura di Voldemort.

“Non è stato ardimonio, però… altrimenti  sarebbe stato spazzato via l’intero quartiere”- mormorò la ragazza ricacciando indietro un ricciolo ribelle.

Nicholas scosse la testa, poggiandole piano la mano su un braccio : “No , quello è stato per confondere i babbani. E il Ministero della Magia. Nessuno potrà risalire a noi”.

Gli occhi dorati della grifondoro si spalancarono nell’orrore della comprensione.

“Sei davvero  la strega più intelligente della tua generazione, Granger, non c’è che dire”- borbottò Pansy cercando di riacquistare il controllo in quella situazione dove tutto sembrava sfuggirle dalle mani.

“Ti dispiace se vado a svegliare Draco?”- chiese Arael alzandosi di scatto e senza aspettare si era già infilata nell’unica stanza dalla porta chiusa.

Quando entrò non si stupì di trovare il nipote perfettamente sveglio che la guardava da sotto le coperte, due laghi ghiacciati che fissavano il vuoto.

Si sedette accanto a lui, sul  piumone soffice, accarezzandogli appena il viso.

“Oggi è il nostro ultimo giorno insieme, dovremmo fare qualcosa di speciale. Che ne dici? Sono certa che i tuoi brillanti amici potranno approfittarne per buttare un piano, so che verrà anche Andromeda ad aiutarli. E ti prometto che torneremo in tempo per prepararci per questa sera. So bene quanto tua madre odierebbe se qualcuno di noi fosse in ritardo alla festa di fidanzamento di sua sorella”- gli disse piano giocherellando con una ciocca di capelli che gli ricadeva sul viso.

“Solo noi tre, vero?”- rispose il ragazzo senza staccare lo sguardo dal muro candido davanti a lui.

“Draco…”- tentò con voce dolce.

“Non voglio vederlo. Non voglio più ascoltare le sue bugie. Mi ha quasi fregato sai? Mi ero finalmente deciso ad accettare che fosse stato sincero, che intendesse sul serio quello che aveva detto… e invece è stata solo una delle sue interpretazioni per ottenere quello che voleva”- borbottò con astio alzandosi di scatto.

Arael sospirò. Non aveva tempo per quello. Tra poche ore suo nipote sarebbe tornato nel suo tempo, dove loro non ci sarebbero stati. O, peggio sarebbe morto nel tentativo e chissà quale sarebbe stato il futuro di tutti loro.

Non poteva buttare via quelle ore preziose per tentare di far ragionare quel testardo. Non se lo sarebbe mai perdonata. E soprattutto Nicholas non glielo avrebbe mai perdonato.

“Va bene, come vuoi. Io, te e Nick, Scegli tu cosa fare. Ma ti do non più di dieci minuti per prepararti. E per Merlino smetti di occludere o andrai in coma”- rispose infine sfiorandogli la fronte con un bacio.

“Ho voglia di vedere il mare. E conosco un posticino perfetto”- ghignò il ragazzo, lo sguardo che tornava lentamente limpido.

Tornando nella sala della colazione, chiuse la porta dietro di lei, cosi come l’aveva trovata. Poi si girò verso Hermione, che era rimasta appoggiata al muro per tutto il tempo della conversazione, ancora pallida e preoccupata. Ma con uno sguardo determinato negli occhi brillanti.

“Fa un buon uso del libro che ti ha regalato Narcissa, te ne prego. E nel caso non avessi il tempo di dirtelo stasera…è stato un piacere averti conosciuto di persona.. Hermione Granger, grifondoro natababbana”- le disse facendole l’occhiolino prima di tornare al tavolo dove l’elfa le servi una fragrante fetta di torta di mele, blaterando di quanti erano stati belli quei giorni al servizio del giovane padroncino.

 

“Nessuno ha notato che l’unica che dovrebbe essere presente per fare gli onori di casa, ovvero la promessa sposa è ancora a farsi i cavoli suoi in camera mentre noi, povere dementi, siamo qui a fare le belle statuine?”-sibilò con astio Andromeda alla sorella minore che l’aveva controllata come un falco per tutto il tempo che aveva impiegato a prepararsi e ora la costringeva a stare li in linea con i suoi genitori e i Lestrange per salutare gli ospiti. E di Bellatrix nessuna traccia.

“Beh, se mi avessi aiutato a svegliarla in tempo invece di passare il pomeriggio chissà dove, forse e dico forse ora non ci troveremo in questa ridicola situazione”- sibilò la sorella di rimando, senza smettere di sorridere a beneficio dei primi ospiti che attendevano per entrare.

Mancano pochi minuti alle diciotto e poi il portone di Villa Black si sarebbe aperto per dar vita ad uno dei più grandi eventi sociali dell’anno. Con una caduta di stile impeccabile se quella dannata testarda non si fosse presentata in tempo.

Un secco e deciso plop accanto a leil a fece sospirare di sollievo. Bellatrix, inguainata in un vestito nero che la modellava come un guanto, i ricci corvini scarmigliati, era apparsa ancora trafelata tirandosi su i lunghi guanti  che accentuavano il contrasto con la generosa scollatura a cuore del corpetto. 

“Dov'è? E' arrivato da tanto”- chiese senza troppi preamboli a Narcissa. La sorella sbatté gli occhi azzurri con fare innocente, agitando appena la bacchetta per far si che la massa indomita dei capelli della maggiore si acconciasse in una raffinata acconciatura semiraccolta che lasciava scoperto il collo. Rodolphus le aveva detto che Lord Voldemort aveva insistito che non portasse collane quel giorno ed era certa che Bellatrix sarebbe stata più che contenta di seguire l’indicazione, se solo gliene fosse mai fregato nulla di gioielli.

“Oh, scusa devo essermi espressa male. Lord Voldemort arriverà a minuti, ma lui è l’ospite più importante , no… Non può arrivare per primo. Ma già che sei qui… ecco.. puoi metterti vicino a Rodolphus a salutare i vostri ospiti, che dici?”- le disse con voce dolce spostandola con colpetti piccoli ma decisi tra i genitori e il futuro sposo che la salutò con un bacio sulla spalla nuda.

Merlino quei due rischiavano di mandarla al manicomio. Ma ora era troppo tardi per preoccuparsi delle buone maniere. La festa stava per iniziare.

Uno dopo l’altro le principali famiglie del mondo magico sfilarono sotto i loro occhi, facendo i soliti complimenti su quanto fosse bella la casa, gli arredi impeccabili, le giovani Black più belle ogni giorno che passava.

E poi li vide. Inconfondibili tra la folla, spiccavano ai suoi occhi come se tutto il resto delle persone in smoking e abiti da sera fossero spariti.

“Drusilla, mia cara, vorrai scusarmi se Lucius non è venuto con nessuna, ma saprai di certo della rottura del fidanzamento. Non ci è sembrato appropriato che si presentasse con qualcun’altra”- mentre stava ancora salutando i coniugi Caramell, la voce di Lady Malfoy le trapassò il cervello, facendola sorridere.

E così quel primo punto lo aveva portato a casa. Non gliel’avrebbe mai perdonato se fosse venuto a casa sua al braccio di un’altra donna.

“Non direi proprio che sia stata una gran perdita. Un filo troppo interessata a certi libri, vero Abraxas?”- sentì la voce gelida di sua sorella Bellatrix rimbeccare pronta. Aveva volutamente evitato il titolo di Lord, chiamandolo per nome senza alcuna formalità. E pur non guardandola sapeva bene che non aveva mai abbassato lo sguardo. 

L’uomo non rispose limitandosi ad un baciamano freddo come quello di un serpente.

E poi venne Nicholas, con la Selwyin sotto braccio, evidentemente eccitata per essere portata come l’accompagnatrice ufficiale del maggior dei Malfoy, senza rendersi conto da stupida oca che era che si trattava solo di un ripiego. E Arael, splendida nel suo vestito di seta grigia che cercava di stare più lontano possibile da Theodore Nott, limitandosi a toccarlo il limite indispensabile per le convenzioni sociali.

Quando Lucius fu davanti a lei, sentì il cuore fermarsi per un attimo, lasciando che il suo sguardo la accarezzasse. Fissandola con quegli assurdi occhi grigi brillanti, le prese la mano e se la porto alle labbra calde, sfiorandola appena.

“Mi sei mancata”. le mormorò contro la pelle del palmo riabbassandogliela, un gesto così intimo eppure nascosto che la fece rabbrividire.

Poi rialzò lo sguardo, fissandola con un angolo della bocca alzato in quel modo che la faceva impazzire.

“Questa sera mi devi il primo ballo. Ti ricordo che sei ancora in debito con me”

“Non sia mai che si dica che una Black viene meno alla parola data”- rispose sorridendogli con aria di sfida - “Spero solo che tu sia all’altezza”

“Per te sempre”- le bisbigliò prima di andarsene, un sorriso soddisfatto sulla faccia- “ E ora scusami ma vado alla ricerca di Draco, è da stamattina che non risponde ai miei gufi. L’hai visto per caso?”

Narcissa rise, per quella richiesta così fuori dal protocollo, indicando il gruppo di ragazzi che già si erano spostati verso l’anticamera. Era stato impeccabile quando si era presentato, proprio come si aspettava. E guardando Lucius andare verso di loro  non sapeva se sentirsi felice o se avesse appena compiuto il peggior errore della sua vita.

Forse aveva ragione sua sorella, quel tira e molla a cui lo stava sottoponendo rischiava di stancarlo. E soprattutto lei aveva sbagliato a giudicarlo. E odiava sbagliare.

“Io rivaluterei il consiglio di Bellatrix, a questo punto. Quello sul regalo , intendo. E ora, che Merlino ci aiuti, questa farsa sta per finire… il grande Lord è arrivato”- le borbottò Andromeda all’orecchio, facendola sorridere.



 

Il salone delle feste di Villa Black era sontuoso esattamente come ci si sarebbe potuto legittimamente aspettare,quadri antichi alle pareti di un finissimo color polvere, finiture d’oro che rilucevano alla luce delle centinaia di candele dorate che pendevano dal soffitto, lunghi rami di pino magicamente ghiacciato che ornavano le porte finemente cesellate. E un grande albero, brillante di cristalli e luci sfavillanti   nell’angolo della stanza. Non imponente come quello dell’ingresso ma in grado di rendere ancora pià particolare l’atmosfera di festa. Nell’altro su un panchetto rialzato, i musicisti, pronti per il primo ballo della serata.

Finalmente, all’ultimo secondo prima che le porte venissero chiuse, con gran sollievo di Harry era arrivato anche Sirius insieme ad una ragazza biondissima dai grandi occhi curiosi che non ricordava aver mai visto a grifondoro. Eppure aveva qualcosa di familiare.

“Non mi sembri il tipo da essersi candidata per venire qui”- indagò Ron, dando voce ai suoi pensieri, mentre Pansy si era rintanata in un angolo insieme ai fratelli Malfoy.

“Non è stata una mia idea… le mie compagne di corvonero hanno pensato fosse una cosa simpatica. Ma devo dire che non mi dispiace… ho sentito tante storie su villa Black. Piacere comunque io sono Pandora”- rispose con voce svagata sollevando lo sguardo sul soffitto  riccamente decorato.

“Vedi, è assolutamente perfetta. Mia madre ha quasi avuto un collasso quando l’ha vista… e non ha potuto dire nulla… a rigor di logica  ha tutte le caratteristiche che lei ha richiesto”- rispose il giovane Black con un gran sorriso.- “Ehi guardate li, sta per succedere qualcosa di strano persino per i Black”

La tradizione avrebbe voluto che ad aprire le danze fossero Bellatrix e suo padre, seguiti poi da tutti gli altri. Ma la maggiore delle Black non era mai stata molto portata per il rispetto delle tradizioni.

“Mio Lord, puoi farmi questo regalo?Solo un ballo ti prego”- chiese sgranando i begli occhi neri vellutati, porgendo un bicchiere di champagne a Lord Voldemort, che lo accettò ridendo, prendendone appena un sorso,prima di passare Cygnus accanto a lui.

“Certo mia cara, anzi direi proprio che la tua è un’ottima idea”- disse con un sorriso mellifluo prendendo la ragazza sotto il braccio e posizionandosi al centro del salone.

“Prima vorrei dire due parole”- le bisbigliò in un orecchio, tenendole ancora mollemente la mano. Poi senza neanche sollevare la bacchetta la sua voce melodiosa come un dolce veleno risuonò nella stanza.

Hermione si rifiutò di registrare qualsiasi parte di quel discorso infido e falso, stringendosi di più a Draco, grata di quel pomeriggio da sola in cui aveva potuto preparare il medaglione che ora lui portava al collo.

Che fossero li, tutti trionfi a festeggiare e bere champagne dopo quello che era successo la sera precedente le faceva venire la nausea. E non le era sfuggito quel sorriso soddisfatto di Lord Voldemort mentre accarezzava con lo sguardo ciascuno dei suoi giovani seguaci, beandosi dei loro sguardi adoranti.

 

“Una nuova era sta per iniziare”

 

Le parole si intrufolarono nel suo cervello nonostante tentasse in ogni modo di chiuderlo fuori, prima che si tramutassero nelle urla di quei poveri babbani torturati per il suo capriccio

 

Due dei miei seguaci più fedeli che decidono di passare la loro vita insieme, non c’è niente che potrebbe rendermi più felice.

 

Si certo come no. Quello e un genocidio su larga scala.

 

La mia giovane e talentuosa Bellatrix, la stella più splendente del mio firmamento. 

 

Mia, mio , mio. Tutto ruotava attorno a lui.

 

Uno smeraldo verde come la crescita, l’istinto. Tutto quello che rappresenti, mia  pupilla, la gemma più preziosa di tutte.

 

Hermione, Harry e Ron immediatamente si fecero attenti, guardando Bellatrix che ebbra di gioia si girava per permettere a Lord Voldemort di allacciarle la collana, toccando con gioia febbrile la pietra.

 

Ci fu un flash. Il fotografo ufficiale della famiglia Black non si era lasciato sfuggire l’occasione, mai aveva vista una tale gioia e adorazione negli occhi solitamente taglienti della futura sposa.

Poi Lord Voldemort fece un gesto ai musicisti, facendo voltare nuovamente Bellatrix verso di sé, la mano sulla vita e l’altra all’altezza del cuore, pronto a guidarla. In quel primo ballo e nella via di dolore e devastazione dalla quale ormai nessuno poteva distoglierla

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Capitolo 33
*** Capitolo 33° ***


“Un po’ di tempo solo per noi. Chiedo troppo?”- le aveva sussurrato Draco sfiorandole appena la mano con un bacio e spingendola verso il centro del salone. Lord Voldemort si era ritirato con la maggior parte degli invitati più anziani e al momento con Bellatrix al centro della pista da ballo c’era ben poco da fare.

Per un attimo le sembrò di essere tornata indietro di  un anno, la musica dell’orchestra dal vivo, una sala magicamente decorata come un il più bel sogno d’inverno, l’emozione di sentire tutti gli occhi addosso.Si sentiva bella, oggi come allora. Anzi ancora di più perchè non c’era più lo sbalordimento dell’aver visto riflesso negli occhi degli altri quello che fino a quel momento al massimo aveva scorto in quelli di sua madre. E si rispecchiava in quegli occhi che guardavano solo lei così, in tutto il mondo.

Ma d’altronde quella sera lontana c’erano state diverse prime volte come lasciarsi guidare da qualcuno nel ballo, sebbene Viktor non si potesse di certo definire un ballerino provetto. Eppure l’aveva fatta ridere così tanto, come non credeva possibile con uno sconosciuto. O la prima volta che si era chiesta come potesse sul serio aver mai creduto di poter amare Ron. E ancora..la prima volta  che aveva sentito il sapore di Draco Malfoy. Quando si era sdraiato accanto a lei sul letto, mostrandosi per la prima volta non tanto in una nudità fisica quanto in quella della sua anima. E anche lei, si era spogliata delle sue armature, dei suoi preconcetti e si era lasciata condurre, seguendo la linea infuocata di baci che le labbra di Draco le disegnavano sulla pelle.

E da lì che era iniziato tutto, da quando all'improvviso si era trovata come partner l’ultima persona al mondo tra le cui braccia poteva anche solo pensare di stare al sicuro. E che non avrebbe voluto lasciare mai più.

“Se è una gara con i tuoi, lascia perdere. Non credo che potremmo essere all’altezza, ho visto gente che per poco non sbatteva contro l’albero di Natale da quanto non riusciva a staccargli gli occhi di dosso”- gli rise quasi sfiorandogli le labbra, approfittando di una giravolta.

Con una leggera torsione del polso la strinse di nuovo a sé, le mani che salivano appena un po’ più del dovuto: “Esibizionisti. E a proposito di gente che si mette in mostra… da quando tu sai ballare cosi? L’ultima volta ti ho dovuto praticamente lanciare da una parte all’altra come un sacco di puffole impazzite.”- le rispose ridendo, sollevandola prima di farla girare ancora.

Per fortuna che era arrivato il tempo di cambiare il partner, perchè mai avrebbe ammesso di essersi piegata alle gentili richieste della di lui genitrice che aveva detto che non esisteva al mondo che potesse andare a presenziare a degli eventi mondani danzando comecitando le testuali parole della bionda squinternata, un incrocio tra un troll delle montagne e Gazza con le scarpe troppo strette.                                                 

E sebbene avesse digrignato ii denti e soprattutto coinvolto Ginny che invece trovava quelle lezioni un divertimento unico per mandare ai matti la loro decrepita insegnante di balli da sala tradizionali, settimana dopo settimana, ora dopo ora, nel giro di un’estate era riuscita a guadagnare un discreto livello... compensato dai corsi di kick boxing per sfogare la rabbia accumulata.

E quando era tornata ad Hogwarts si era trovata, molto a malincuore, a chiedere aiuto a Blaise, l’unico che in tutto quel casino sembrava trovare ogni cosa estremamente esilarante. E che le aveva fatto scoprire anche un altro tipo di ballo,meno impostato e che nessuno avrebbe mai potuto associare a lei  ma che non vedeva l'ora di malignamente insinuare nei pensieri di Draco fino a quando non si fosse reso conto che era lui quello che voleva assolutamente ancheggiargli languida e sensuale accanto.

Altrettanto dubbio era però il tempismo su  quando avrebbe mostrato al serpeverde del suo cuore che i suoi insulti sulla sua incapacità di danzare in società se li poteva friggere insieme al bacon. Non poteva lasciar cadere una bomba del genere senza un reale motivo. E non erano previsti, almeno fino a quella sera, eventi mondani che richiedessero la loro congiunta presenza.

E quindi  non si era aspettata di certo  di farlo nel pieno di una delle feste più importanti per quegli stupidi rampolli viziati: Il fidanzamento della sua zia pazzoide che aveva appena ricevuto in regalo una collana maledetta. E lei odiava quando le scombinavano i piani.

Per un attimo provò a valutare  quanto avrebbe dovuto correre veloce se fosse riuscita appena ad allungare la mano, fingendo di essere una tale imbranata dallo scontrarsi con Bellatrix Black.

Quella era l’idea iniziale di Ron, che lei stessa aveva bocciato come idiota. Qualche schiantesimo, un paio di bombarde e puf spariti.

E in effetti lo era.

Lo era perché non solo si trovavano tra mangiamorte futuri e maghi oscuri.

Ma anche, come aveva fatto candidamente notare Draco sgranando gli occhioni ancora grigi prima dell’incantesimo, Villa Black era disseminata di maledizione per evitare fughe precipitose contro i voleri dei proprietari di casa.Davvero non ci avevano pensato? Per fortuna sua che l’amava altrimenti lo avrebbe sacrificato sul serio allo spirito delle famiglie purosangue.

E quindi l’unica altra idea che le era venuta in mente era cercare di convincere Bellatrix a togliersi la collana per metterla al sicuro, ma non troppo. Solo che ora sembrava che quella dannata strega non volesse togliersi la collana di dosso neanche per un minuto.

Dovevano attenersi al piano b,non c’era altra soluzione. Ovvero creare un diversivo. E se Andromeda era restia a coinvolgere Ted, ben sapendo che se la sorella avesse capito cosa c’era tra di loro non l’avrebbe presa con grazia,  l’unica sembrava essere coinvolgere: i maladrini. 

Sfiorò appena con le dita leggere il petto di Draco, dove sapeva tenere gli anelli, compreso quello a forma di serpente su cui che lei stessa aveva intrecciato lettere e segni fino a quando non erano esattamente al loro posto. Visto il poco tempo che aveva avuto a disposizione sperava davvero che la sua fama fosse all’altezza.

Girò di nuovo e si ritrovò tra le braccia di Nicholas Malfoy, che la guardava incuriosito.

“Smetti di pensare troppo, signorina Granger, e goditi la festa. Ancora per qualche ora… lasciaci godere un po’ di felicità. E’ merce rara sai?”- le disse mentre la conduceva abilmente in una figura dopo l’altra. Merlino, se pensava che Draco fosse bravo, Nicholas era davvero di un altro livello.

“Io non ci posso credere”- sibilò Pansy  di nuovo nelle braccia di Draco, mentre intrecciavano le mani per il giro donna. Hermione cercò di capire di cosa diavolo stesse cianciando quella dannata strega ma Nicholas fu più veloce di lei nel farla ruotare dall’estremità del polso prima di attirarla a sé.

“Ora passo base, tu  non preoccuparti segui me”- le sussurrò divertito in un orecchio.

“Ehi guarda che io ballo benissimo, cosa credi?”- sibilò di risposta lasciando che fosse il Malfoy più grande a condurre, godendosi la musica. E soprattutto cercando di carpire i frammenti di conversazione tra quei due che sembravano baciarsi più che parlare.

“Non ne dubito. Ma tendi a distrarti. Se eviti di continuare a tirare in controtempo ti dico qual è il grave reato di cui si sono macchiati i tuoi amici”- rise facendole passare il braccio dietro la sua schiena prima dell’incrocio delle coppie.

Hermione annui’ con tale forza che una ciocca di capelli su cui Pansy aveva messo tanta di quella pozione disciplinate che sarebbe bastata per metà popolazione femminile di Hogwarts osò uscire dall’acconciatura perfetta.

La musica cessò e Nicholas si inchinò per farle un baciamano, prima di accompagnarla con una mano ben poggiata sulla schiena, quasi a non volerla fare scappare, da Draco e Pansy che stavano ancora discutendo in un angolo.

“Oh ma insomma, posso capire Sfregiato che è stato cresciuto da quegli esseri inutili…ma Lenticchia… nel suo buco di casa dimenticato dal nulla non esistono le buone maniere?E ringrazia il cielo che Narcissa si è imboscata da qualche parte con Lucius,o almeno è quello che spero”- sentì borbottare Pansy che benedisse la sua lungimiranza nell'aver optato per un vestito da cocktail corto così non solo da mostrare le gambe ma soprattutto di raggiungere facilmente senza impiccio di sottogonne e altri stati vaporosi quei due dementi .Anzi tre, visto che il loro degno compagno era Sirius Black,purosangue da generazioni che sicuramente sapeva che quelle cose non si facevano, sembrava essere il maestro d’orchestra di quella strage del buongusto.

Vedendola arrivare infuriata la bionda accompagnatrice di Sirius sgranò i grandi occhi, fissandola con stupore : “Hai perso qualcosa per caso? No perchè sai non devi preoccuparti, quello che perdiamo prima o poi ritorna da noi”.

La serpeverde sbuffò aggiustandosi la frangetta spostandola appena di lato. “Pandora ,giusto? Mi ricordi una squinternata corvonero se devo dirla tutta e non voglio neanche pensare il perchè. E credimi…la mia pazienza sarà molto difficile da ritrovare. Ma voi … per la barba di Merlino… dove è finito il briciolo di senso comune che dovrebbe essere nei vostri  geni?”
Sirius davanti a lei sorrise soddisfatto facendo sparire in un sol boccone un canapè di gamberi argentini con lime e zenzero in pasta fillo e continuando a riempire sornione di ogni sorta di preparazione i mini piattini volteggianti davanti a  Harry e Ron, acchiappando ogni cosa arrivasse nel suo raggio di azione. O chiamando gli elfi quando questi erano troppo lontani

Prima che l’amica potesse esplodere Draco si fece avanti e fece lievitare la pila di ciotole e ciotoline, tovagliolini e forchettine all’elfo più vicino, con la preghiera di farle sparire.

Vendendo lo sguardo pronto all’omicidio del grifondoro si affrettò a chiarire con voce piatta.” Non si mangia alle feste. E’ per questo che vi avevo detto di cenare. Ma voi no… sempre a fare di testa vostra.”

“Ma ti rendi conto che qui qualcuno si è preoccupato di offrire una miriade di cose che sembrano deliziose?”- provò a farlo ragionare Harry, per quanto si potesse far ragionare quella zucca dura condita di snobismo

“Si, certo  non sono mica cieco”- ribatté l’ex biondo in tono altrettanto ovvio.

“E che ci sono camerieri che passano in continuazione a portare stupidissime razioni di cibo che basterebbe forse a un cucciolo di dorwal per venti minuti, te ne rendi conto di questo?”

"Si, perchè è una festa, sarebbe inelegante se non ci fosse nulla”- replicò Draco alzando gli occhi al cielo, stupito di dover spiegare una cosa tanto elementare.

“E non sarebbe più inelegante se non si mangiasse?”- Ron fissava la forchetta, indeciso su quale fosse il punto più indicato del collo di Malfoy dove infilarla.

“No.”

“Ti rendi conto che è una cosa stupida?”


“Ti rendi conto che siete rimasti voi  e forse quattro troll dei fiumi a non saperlo?”

L’alterco che avrebbe potuto continuare sicuramente sino al mattino dopo fu interrotto dall’arrivo di un minuscolo elfo sgattaiolò vicino Hermione prima di sparire nuovamente tra le pesanti tende di broccato.

Con dita dubbiose la grifondoro aprì il foglietto ripiegato più volte su cui una grafia incerta aveva scritto  Scatola dei cimeli. Sbrigatevi. Poi solo Miss Black potrà prenderla dalla belva.

Harry ed Hermione si scambiarono un’occhiata complice. Avevano passato i giorni precedenti a studiare ogni tipo di leggenda o storia attorno a villa Black ma non avevano mai sentito parlare di questa belva. Pessimo segno.

Era necessario agire subito. Ormai il loro tempo era giunto.

“E io che credevo che la belva fosse Bellatrix… vedi che a pensar male a volte si sbaglia”- commentò invece Sirius serafico, gli occhi scuri però accesi nella sfida.Quando aveva visto che la cosa andava per le lunghe aveva preso in mano la situazione, molto prima che qualcuno glielo chiedesse. A dire il vero era stato il suo piano A sin dall’inizio.Una bella rimpatriata di gruppo. Sperò che James fosse davvero il mago che credeva o dopo aver fatto scattare il sigillo non sarebbe rimasto molto di loro da seppellire..

Meglio che Potter venisse pronto sul serio.



 

Sapeva che in teoria avrebbe dovuto seguire la musica, rispondendo educatamente  a quello che gli chiedeva la dama di turno, annuendo al momento giusto, sorridendo seducente se dovuto, oppure mostrare quel minimo sindacale di considerazione che si aspettavano da lui. E invece per tutto il tempo aveva contato i secondi che lo separavano dall'avere le sue mani sulla sua vita, la misura perfetta perchè lui la stringesse senza sforzo, dal poterle sfiorare la pelle candida e profumata. Sapeva che lo stava provocando apposta, lasciandosi guardare più a lungo del dovuto anche quando stava ballando con qualcun altro, le lunghe dita affusolate che stringevano il muscolo appena un secondo più di quanto era necessario, prima di scivolare leggere come in una danza parallela sul suo braccio che lui guardava come un assetato nel deserto osserva qualcuno bere da una brocca d’acqua gelida. E quando la figura prevedeva che la dama si appoggiasse appena sul petto del cavaliere lei quasi ci si abbandonava, il collo sporto nella sua direzione, quasi a sfidare di baciarla.

Ogni altra ragazza che gli era passata sotto le mani in quell’ora eterna in cui era stato costretto a presenziare nella sala da ballo non era niente, solo volti che passavano uno dopo l’altro. E allo stesso tempo erano tutte parte di un gioco sottile che entrambi sapevano di star giocando. Si stuzzicavano, titillavano, lasciando che l’eccitazione crescesse lentamente per poi doverla subito sedare, fino al prossimo giro, alla prossima volta che avrebbe ritrovato quei laghi blu a guardarlo e quelle labbra rosee per lo sforzo e il desiderio trattenuto a pochi centimetri dalle sue. Avrebbe voluto poterle fare quella domanda, quella che sapeva interessasse fare solo a lei.

Gli sembravano secoli dall’ultima volta in cui le aveva assaporate, da quando le sue mani avevano accarezzato quel corpo piccolo come se spalmasse della crema al burro. Aveva fantasticato notti intere, ancora prima di ammetterlo con qualcuno, su come sarebbe stato sentirla veramente attorno a lui, essere lui a farle scoprire ancora di più quanto potesse essere fantastica. Anche se visto il soggetto, accrescere l’autostima di Narcissa Black poteva essere un tentativo mitologico al pari del cercare la pietra filosofale.

Eppure dopo ieri sera non aveva più paura di nulla, finalmente era potente. Finalmente avrebbe potuto proteggerla.

Se solo lei avesse schiuso ancora le labbra per lui.

“Ti va di fare una visita privata?”- chiese lei con fare scherzoso bisbigliandogli appena nell’orecchio, prima di fare un accenno di riverenza .Il valzer era finito e lui neanche se ne era accorto.

Rimase un attimo perplesso, la sua mano ancora vicina alla bocca, per quel  baciamano finale che sarebbe già dovuto fare da almeno dieci secondi.

Stava per rispondere che lui villa Black la conosceva benissimo, visto che più volte era stato ospite di Bellatrix e Andromeda. Stava proprio per dirlo quando ringraziando Merlino qualcosa  lo trattenne.

Forse fu il destino, forse il senso di conservazione. O forse ancora lo sguardo tra lo stupito e lo sconsolato della giovane Black, che probabilmente si stava chiedendo se fosse davvero così cretino.

Riprese il suo contegno abituale, offrendole il gomito ed uscendo dalla sala. Dovette resistere con tutto se stesso a guardarsi intorno nella speranza di intercettare lo sguardo dei suoi fratelli, o di Draco.

“Sono perdonato allora?”- le chiese sfiorandole con le labbra una ciocca di capelli dorati che erano sfuggiti dalla complicata acconciatura.

Narcissa sorrise, un lampo divertito negli occhi.

“Non ho detto questo. Diciamo che prima devi fare una cosa per me”

Fare una cosa per Narcissa. Aveva ucciso, torturato, sfidato Abraxas, recuperato libri proibiti, rotto un fidanzamento che andava avanti da anni. E ogni cosa era andata per il meglio.

La strinse di più a sé, posandole un bacio sul collo senza che nessuno potesse vederli. La risata che sentì gorgogliare sotto le sue labbra lo inebriò al tal punto che non si accorse neanche che iniziava ad esserci un certo trambusto in sala. Bellatrix e Rodolphus si erano assentati, poco dopo che l’oscuro signore si era ritirato. Lady Black aveva chiesto la cortesia che le conversazioni importanti avvenissero altrove e  i seguaci più anziani del Signore Oscuro erano stati ben felici di lasciare uno scenario che per loro era per sciocche donne e imberbi ragazzini.  Stupidi vanesi.Volevano trovare un altro modo di festeggiare.Chissà invece perché tutta quella fretta di Bellatrix nel lasciare la sua festa.

Pazienza, non era un suo problema

Nessuno avrebbe fatto caso a lui. Nessuno se la sarebbe presa con lui se diceva che stava proteggendo Narcissa. Beh più o meno.

Era pieno di mangiamorte. Ci pensassero loro.



 

Le stanze delle sorelle Black erano nell’ala est,con profonda irritazione di Bellatrix, che alla fine si era arresa a quell’assurda guerra contro il sole che sorgeva ad oriente solo perchè era li che si trovavano due degli spazi che si erano fatte appositamente ritagliare per la loro ala della Villa e che fungevano anche da solarium. Sebbene non fosse mai stata nominata prefetto, infatti, di certo la maggiore delle sorelle  Black non era estranea ai privilegi che quelle categorie di sfigati cocchi dei professori, salvando sua sorella, godeva. Ed era per quello che quando Dippet gliel’aveva proposto per prima cosa gli aveva riso in faccia. E poi era salita in guferia dove insieme ad Andromeda avevano scritto una lunghissima lettera nella quale con gran dovizia di particolari e con argomenti ineccepibili richiedevano che fosse installato  qualcosa di molto simile al bagno dei prefetti da loro. E visto che erano magnanime e comprendevano l’entità dei lavori, si accontentarono di una sola per tutte e tre, purché abbastanza grande.

E tra di loro avevano fatto il patto di non farci sesso. O almeno di avvisare dopo gli elfi domestici di pulire bene. Ma questo alla piccola Cissy non l’avevano detto.

Era a quello che pensava con un ghigno Andromeda, mentre osservava la più giovane delle sue sorelle portare al piano di sopra il giovane Malfoy.

Sirius era stato intelligente, era riuscito a far uscire di casa Bellatrix persino dalla sua stessa festa. Quindi ormai l’unica altra persona che poteva salire in quell’area era lei. 

Ma quello stupido di suo cugino aveva fatto una cosa che gli aveva espressamente vietato di fare. Coinvolgere Ted. E  lei ora  doveva assicurarsi che fosse al sicuro.

E conoscendo quei guerrafondai degli amici di grifondoro, a buttare giù qualche porta magica cara a Lord Voldemort o a sua sorella a suon di bombarde  Cosa che infatti aveva già provocato le ire di Bella.

“Draco tu e Harry andate di sopra a prendere la collana. Io vado a cercare di salvare il salvabile. Hermione fatti accompagnare da Pocky in libreria, ricordati la parola d’ordine o non potrai entrare, ti ho lasciato tutti i libri di cui abbiamo parlato e la pozione è quasi ultimata, fatti aiutare da Pansy. Io torno appena possibile. Prendete voi il mantello dell’invisibilità, nessuno deve neanche immaginare la vostra presenza“

“E io?’”- lagnò Ron

Andromeda lo fissò a lungo: “Vieni con me, abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile””.





 

Il marmo riluceva lucido, di un rosa pallido, ingentilito appena da pagliuzze dorate che riuscivano a raccogliere la luce calda delle candele larghe e profumate sparse per la stanza.

Questo era tutto quello che riusciva a vedere dalla porta appena socchiusa che Narcissa aveva aperto per lui, guardandolo con un lampo di sfida nei begli occhi azzurri, uscendo da dietro una nicchia nel muro, coperta appena da tende di tessuto leggere come il soffio del vento.

“Vedo che hai trovato le cose che ti avevo lasciato. Ho indovinato la taglia?”- gli chiese avvicinandosi, i capelli sciolti che danzavano insieme a lei ad ogni passo.

Lucius annuí ghignando: “Qualcosa mi dice che hai chiesto ad un mio elfo domestico.”

“O forse ho solo buon occhio, non credi?”- chiese lei alzando il viso sino a sfiorare le labbra con le sue.

Lucius le prese il viso tra le mani, tracciandole il labbro inferiore con il polpastrello, cercando di reprimere l’urgenza che sentiva quasi divorarlo per sostituire quello stupido dito con le sue labbra, la lingua, i denti. Assaporarla con calma, sentire davvero il vero sapore della sua pelle.

Battè ritmicamente sul labbro, ancora una volta per distogliere i suoi pensieri da come doveva davvero sentire suonare la vera voce della bellissima Narcissa, mezza nuda davanti a lui. E assolutamente a suo agio.

“Smettila di giocare con me, Black”- le disse avvicinandosi e scostandole una lunga ciocca dorata dal viso sulla schiena coperta solo dal soffice asciugamano caldo, umido e profumato. Proprio come immaginava lei.

La bionda gli sorrise enigmatica, iniziando a girargli attorno,sfiorandogli appena il braccio con la mano, stringendogli solo un attimo le dita con le sue. Poi si mise alle sue spalle abbracciandolo da dietro e posandogli la testa sulla spalla.

“C’era un’ampolla sopra i vestiti, l’hai preso come c’era scritto?”- gli chiese mentre non c’era fibra del suo corpo che riuscisse a concentrarsi.  Sentiva il seno sodo premere anche attraverso la stoffa sottile,le braccia morbide accanto alla sua vita, il profumo delicato dei suoi capelli che gli solleticavano la mascella.

Annuì incapace di parlare.

Il distacco del suo corpo fu quasi un dolore fisico. 

“Aprila” e dimmi cosa senti- gli sussurrò in un orecchio prima di avvicinarsi ai gradini di marmo squadrato, mentre il suo accappatoio cadeva in terra e lei spariva nell’acqua gorgogliante di bolle lucide e colorate.

Lucius fece ruotare il sigillo d’argento, fino  a venire invaso da una nube talcata.

Aspirò a fondo.

C’era l’odore caldo e speziato della sala comune di Serpeverde, uno dei pochi posti dove si sentiva davvero al sicuro. Quello di una giornata lontana che ormai aveva dimenticato, il tocco metallico dell’acqua del lago nero, nel punto più lontano da Hogwarts, e sua madre che bruciava un mazzetto di erbe sorridendogli mentre giocava con i suoi fratelli. C’era l’odore di quella notte di inizio autunno in cui avevano volato insieme, l’acqua che iniziava a cadere sull’erba e il vento che gli tagliava la faccia , e poi il sapore di quello strano dolce che aveva preso con Draco a Hogsmeade e che avevano mangiato una notte sulla torre di astronomia sporcandosi le dita con il toffee appiccicoso raccontandosi storie stupide, guardando il temporale che iniziava ad avvicinarsi al castello.

Ma c’era una cosa che pervadeva, inglobava ogni altro sentore, come una marea inarrestabile.

Sgranò gli occhi : “Guarda che se volevi che ti regalassi il tuo profumo per Natale bastava dirlo.E io che mi sono dannato l’anima invece”

La bionda lo aveva guardato di sottecchi, i profondi occhi azzurri che uscivano appena dall’acqua, una corona di capelli dorati come una tiara a pelo d’acqua.

Si alzò appena, appoggiandosi al bordo della piscina, il capo reclinato sulle braccia incrociate.

“Credo proprio che ti darò una chance, sai?”- gli sussurrò  gettandosi all’indietro e guardandolo tuffarsi nella piscina accanto a lei- “ Te la meriti Lucius Malfoy?”

Pochi secondi dopo era riemerso accanto a lei e la stringeva forte, spingendola contro il marmo del lato lungo della vasca.

Narcissa gli spostò i capelli ora appena più scuri per l’acqua,fissandolo intensamente, volendosi imprimere ogni istante nella memoria come con il fuoco. Stava facendo una scommessa, e poteva solo sperare che davvero seguire il suo cuore avrebbe avuto senso.

“Se esiste un solo motivo al mondo per il quale siamo quello che siamo , tu sei il mio, mia piccola Black. O forse sei solo brava a drogare i bravi ragazzi.”- le rise il ragazzo a fior di labbra, passando lentamente le mani sulle scapole nude, giocherellando appena con il sottile cordino di stoffa poco più scuro di quello della sua pelle, abbassandola per permettergli di posare un bacio leggero sul punto più sporgente della spalla 

Narcissa mugolò sotto il tocco esperto della sua lingua sulla pelle sensibile e calda per gli effluvi dei sali da bagno : “Credi che sia così sciocca da usare l’amortensia per un filtro d’amore? E poi tu saresti un bravo ragazzo?”- gli chiese tirandogli appena i capelli per riattirare la sua attenzione,mentre con le gambe sott'acqua gli cingeva la vita e lo avvicinava ancora di più.

Sorrise mentre lui cercava invece di divincolarsi, diviso a metà tra il desiderio di stringerla il più possibile e riacquistare il controllo di sé.

“No, credo che tu sia dannatamente intelligente, ed è questo il vero problema. Sei bella, ricca, intelligente e ti giuro che sto facendo del mio meglio e sto cercando  di ripetermi nella mente che sei solo una ragazzina ma per Merlino… sicura che non ci sia una cascata di acqua gelata in questo posto? “ - borbottò

Lei rise appoggiandosi di nuovo al bordo di marmo, allungandosi all’indietro per prendere la sua bacchetta.

Un secondo dopo un gelido getto di acqua dalla temperatura polare si riversò sopra il biondo, cubetti di ghiaccio che ancora galleggiavano attorno a loro, mentre lei, ben a distanza e al caldo lo guardava divertita.

“Vedi? Tu chiedi e io ti accontento. Saremmo una coppia perfetta. E poi Drom dice che fare sesso in acqua non è un’idea così brillante come si pensa. Ah e onestamente pensavamo ad un discorso un filo più romantico”:- rispose non impendendosi di sorridere guardandolo scuotere i capelli.

“Perche tua sorella va con gli incapaci. E non c’è solo quel tipo di sesso.”- borbottò il ragazzo- “Dammi cinque minuti e ti giuro che quando diventerai prefetto non potrai fare a meno di pensare a me”

La bionda chiuse gli occhi,spostando la testa all’indietro.

L’idea di quello che le prometteva di farle era piacevole.

Ancora di più che le chiedesse il permesso.

Ma c’era una cosa più importante. Non aveva bisogno di Hogwarts per non poter far altro che pensare a lui.

Gli accarezzò piano l’avambraccio, fermandosi appena un attimo con i polpastrelli. Sebbene non fosse visibile ancora si sentiva appena che la densità della pelle era diversa, quasi fosse stata incisa e bruciata e poi nuovamente riunita insieme. Come un fiume di lava che aveva scavato nella carne senza però lasciarne traccia visibile.

Il ragazzo posò la mano sulla sua fermandogliela e scuotendo il capo.

“Cos’è”- chiese lei invece avvicinandosi di nuovo a lui e cingendogli il collo con il braccio e spingendo la sua nuca contro la sua.

“Non posso … Narcissa io non posso parlartene”. rispose chiudendo gli occhi con forza, quasi a voler scacciare quel pensiero . E se lei finora non avesse visto il suo vero lui? Se quando avesse capito chi era  lo avesse respinto?

“Lucius..”- lo chiamò piano

Quando aprì gli occhi il suo volto era talmente vicino che sembrano respirare la stessa aria.

“E’ per me. E’ per noi. Per il nostro futuro. Sono stanco di avere paura Narcissa”- mormorò.

Lo sentì rabbrividire appena, e questa volta non era un problema di temperatura dell’acqua. Aveva visto Bellatrix la sera prima, euforica e coperta di sangue. Non aveva chiesto niente ma non aveva dubbi di cosa fosse successo.

Andromeda l’aveva spesso accusata di non fare mai niente, di non scegliere mai, di lasciarsi scivolare le cose.

Ma in quel momento,stava scegliendo.

Sceglieva il suo futuro.

E non le importava il prezzo che avrebbero pagato gli altri, purché lei e chi amava fossero al sicuro.

Gli sfiorò le labbra con un bacio, prima di affondare nella sua bocca, quella disperazione di poco prima che si trasformava in desiderio.

Non pensava che avrebbe ceduto così presto. Di certo non in un costume da bagno rosa cipria. Pensava che avrebbe avuto un bel vestito, che sarebbero stati  a guardare le stelle in una calda notte d’estate . Che avrebbero passato giorni, nottate intere ad imparare il suo corpo e a fargli scoprire il suo. A parlare di futuro. A litigare. Di cose piccolissime che sembravano importanti e di cose enormi che insieme sembravano stupide.

Che sarebbe stato lui il primo a dirlo sul serio, e non lasciarselo sfuggire per la paura sopra la torre di astronomia.

Eppure a volte devi lasciare che la vita scorra, e lasciarsi travolgere.

““Ti amo”- disse appena.

E per la prima volta vide quello che nessuno tranne forse sua madre, aveva vista sul volto di Lucius Malfoy. Gioia. Pura e semplice.




 

“Mi spieghi perchè mi ti devo accollare?”- bisbigliò seccato Harry all’orecchio di Malfoy cercando di assumere un atteggiamento del tutto casuale.

Draco prese un sorso dal bicchiere di cristallo di boemia che aveva in mano. Evidentemente bere a stomaco vuoto non era considerato maleducazione al contrario del cercare di cibarsi decentemente Strani davvero,non c’era da stupirsi che la mente bacata di Draco Malfoy fosse l’esito nefasto di una tale società.

“Punto primo: ti muovi come un elefante in una cristalleria e l’amico Lenticchia non è da meno. Si vede lontano un miglio che non siete soliti partecipare a queste feste. Ma questo sarebbe scusabile col fatto che siete dei barbari stranieri.”

“Sempre elegante e con una parola buona per tutti eh?”- borbottò Harry cercando di capire cosa diavolo stessero complottando Sirius e Ron e soprattutto, perché lui non ne potesse fare parte.

“Che ci vuoi fare, è un dono innato. Punto secondo"- e letteralmente come si fa con i bambini gli sventolo due affusolate dita troppo bianche davanti -” Villa Black è immensa. Non troveresti mai la camera di zia Bella. E anche solo se trovassi il piano non potresti entrarci”.

Il bambino sopravvissuto gli abbassò la mano, resistendo a stento all’intento di stritolarla :” Senti genio del male, non è che potresti evitare di chiamarla zia Bella? Sai com’è siamo circondati da gente cui la vita di quelli come noi vale meno di niente, eviterei di provocare"- gli sibilò nell’orecchio- “E ti ricordo che sono , secondo le tue amabili definizioni, un mezzosangue, quindi accettabile.”

Draco deglutì con fin troppa difficoltà, lasciando che il liquido portasse il più giù possibile anche i ricordi di quella serata. Già , per quelli in quella sala, quelli come lui, la vita umana valeva meno di niente. E non voleva ricordarlo.

Si ricompose velocemente: “Intendevo un Black, deficiente con manie di grandezza. Ma sei sicuro che la cicatrice non sia così profonda da intaccarti il cervello? E’ un dubbio che ho sempre avuto in verita..”- rispose cercando di tastargli nuovamente la fronte, li dove la pelle leggermente ispessita formava la sua caratteristica forma di saetta. La leggenda dei maghi.

Intuendo che la prossima mossa di Potter sarebbe stata trasformarsi in quello stupido cane e strappargli le falangi, Draco ritirò su una più diplomatica spiegazione di erudito che concede la sua conoscenza : “Nelle ali private puoi salire solo se invitato da un membro della famiglia . E nelle camere può salire solo un discendente di sangue di quel ramo della famiglia o un fidanzato ufficiale. E quindi, caro mio, senza di me tu lì non ci metti piede. E ora sbrighiamoci, prima ci togliamo questa spina prima tutto tornerà alla normalità. Sempre che i tuoi amichetti grifondoro non decidano di mandare tutto al diavolo”- borbottò iniziando ad incamminarsi, sicuro e tranquillo come non stesse facendo assolutamente niente di proibito o estremamente stupido, verso l’entrata secondaria dell’ala est. Quella che dava sul giardino e che sua madre usava sempre quando andavano in visita ai nonni.

“Guarda che le scale sono di la”- provò di nuovo il bambino sopravvissuto sbuffando e allontanandosi dai suoi amici con un ultimo sguardo sconsolato - “ E ti ricordo che tu hai un particolare interesse per uno dei grifondoro che tanto disprezzi, ogni tanto dovresti farti un appunto mentale.”

Senza degnarlo di ulteriore attenzione Draco si avvicinòal tavolino art nouveau intarsiato con fiori e foglie dove al centro spiccano tre vasi di vetro intarsiato in argento e dalle sfumature delle pietre preziose. Mormorò l’orchideus e dalla punta della sua bacchetta sbucò un rigoglioso mazzo di fiori. Ne scelse accuratamente tre, che depose ciascuno nei tre vasi: l’anemone rosso nel vaso più alto dai riflessi rubino, il giacinto in quello color smeraldo e infine, depose con delicatezza estrema la gardenia nel contenitore più piccolo, quello finemente dal vetro sottilissimo color zaffiro. Poi fece cadere appena una goccia d’acqua da ciascun fiore, utilizzando una piccola ampolla nascosta dietro alla composizione. Sfiorandoli appena pensieroso consegnò il resto del bouquet nelle mani dell’esile figura appena coperta da veli leggerissimi tra il dorato e il rosa drappeggiati sul corpo che era apparsa nel quadro davanti a lui.

“Eltanin, sei sempre splendida ”- le disse mentre la ragazza sorridendo lasciò che quello che sembrava un muro di spessa pietra stuccata e decorata si dissolvesse rivelando una lunga di marmo, in cui ogni battuta era decorato con pennellate di petali che si dissolvevano nel marmo candido. 

“Non entrate nei bagni… Il nostro piccolo fiorellino sta sbocciando “- rispose quella maliziosa indicando le scale-.

Rapidi salirono la scala di ferro battuto, Draco cercando di riportare alla memoria le storie della madre di quando viveva li. E ricacciando in fondo a qualsiasi pozzo nero l’idea di quello che il piccolo fiorellino  stesse facendo in una stanza con marmi bianchi, schiume profumate, e la presenza opzionale dei vestiti., scacciando distratto una  libellula che continuava a volargli attorno.

Se nulla era cambiato da come se lo ricordava lui  la porta che dava sulle stanze di bellatrix era quella alla sua destra. L’aprì piano,sempre con Potter alle calcagna.

Si, non c’era dubbio. L’odore di rosa ed ebano, sensuale e prepotente che invadeva anche il salottino di ingresso, libri e oggetti lasciati in gi ro non per disordine ma per noncuranza. Non c’era elfo che riuscisse a riuscire a ristabilire una parvenza di equilibrio in quelle stanze perché era lei stessa, la portatrice di caos, un vortice di  carnalità e potere che sconvolgeva ogni cosa.

“Senti è uscita di fretta, quindi anche se qui ci sono almeno cinque stanze in cui ha le sue cose, deve averla messa in un punto sicuro ma facilmente accessibile”- iniziò a borbottare Harry spostando piano quell’ammasso di vestiti, corpetti e calze di seta che iniziavano a farlo sentire a disagio.

Elfi domestici in ogni dove e quella sembrava la stanza di una qualsiasi diciottenne disagiata.

“Cercava qualcosa, non credo che avrebbe davvero lasciato tutto così. Hanno parlato di una scatola.. è li che ha messo la collana. Ma ci ha dovuto mettere un incantesimo anche di fretta”- sospirò Draco aprendo i cassetti del necessaire, trovandoli vuoti.

Com’era diversa Bellatrix rispetto a sua madre, sempre così precisa, ordinata., rassicurante.

Per un po’ non sentì Potter muoversi, credendo addirittura che fosse morto o fosse scappato.

“Malfoy vieni un po qui per favore”- lo chiamò piano, con un tono da cane bastonato che lo fece alzare di malavoglia.

In una delle stanze c’era una grande parete sulla quale erano appena abbozzati con tratti secchi ma carichi di emozione volti, oggetti, date. Lo stemma di serpeverde, il corvo della famiglia Black, e i volti appena accennati ma inconfondibili delle tre sorelle, i segni dei ricci corvini di bellatrix che si confondevano con quelli dorati di Narcissa. 

E al centro, poggiata magicamente sul muro una fotografia  di loro tre, probabilmente scattata al primo anno di Narcissa .

Draco si avvicinò prendendola in mano. La conosceva bene.

“Non vorrei dirtelo ma ci servirà un po’ del tuo prezioso sangue puro.Siete fissati eh”- mormorò Harry continuando a fissare quello che sembrava il portale tra la normalità e la pazzia.

Draco annuì tirando fuori la bacchetta e tagliandosi il palmo della mano, prima di poggiarlo sul muro bianco e freddo, sino a quando anche la sua impronta fu ben visibile.

“Toujours pur”- mormorò appena allontanando la mano e aprendola piano.

Al centro la pietra verde brillava ancora più sinistra.

“Visto per una volta non è stato così difficile. Ora andiamo a farla distruggere"-sospirò Harry finalmente sollevato. Aveva avuto una brutta sensazione per tutto il pomeriggio.

Per quello quasi non si stupì quando si sentì colpire con forza al centro della schiena, le forza che venivano meno mentre crollava sul morbido tappeto nero. Voleva avvertire Draco, ma non aveva fatto in tempo.

Ecco cosa lo aveva innervosito. la libellula. Quella non era stagione.

Poco dopo anche il serpeverde crollò accanto a lui, sgranando gli occhi nella comprensione.

I passi accanto a loro risuonarono lenti, il bel viso dalle labbra morbide si accostò appena all’orecchio di Draco, mentre Harry fece finta di aver perso i sensi. Doveva prendere tempo.

“E ora vediamo cosa ne penserà il caro Lucius della piccola serpe che si è cresciuto in seno…”- sibillò melliflua prima di posargli un bacio sulla tempia .

Si, ci aveva visto giusto.

Ed ora era il momento della vendetta.

 
 

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Capitolo 34
*** Capitolo 34° ***


Regulus si era sempre creduto più furbo di lui, con tutti quei sotterfugi,i libri nascosti, la mania di origliare e tutto quello stare sempre attaccato a Kreatcher. Quello che non aveva mai capito era però che Sirius aveva da tempo imparato che un’occasionale lettura degli appunti del fratello poteva essere un piacevole diversivo. Tanto quanto quello di riuscire ad indovinare ogni volta il cifrario segreto che usava.

E così aveva scoperto che il suo fratellino era riuscito ad individuare almeno tre covi segreti degli amici psicotici di Paxxatrix, come amava amichevolmente chiamarla il giovane Black, in cui evidentemente avevano iniziato a portare babbani per torturarli o chissà che altro. E uno sembrava particolarmente rilevante, visto quante volte era segnato

Non era dubbio che l’adorabile coppietta avesse messo qualche incantesimo a protezione, probabilmente mortale. Ma non erano così bravi come pensavano.

Era certo che con un paio di amici sarebbe riuscito ad entrare. E soprattutto se l’idea era di distrarre i gentili invitati alla festa dell’anno… c’era un uomo su cui contare.

E quello era Sirius Black.

D’altronde sapeva bene che a i suoi amici quell’ora, al contrario suo costretto con quella congrega di snob, erano tutti riuniti a casa di Frank per una partita di gobbiglie. O duelli magici, O a scolarsi burrobirra pur se ampiamente minorenni,

Insomma se la stavano spassando.

Quindi gli aveva dato la posizione e detto di cominciare ad andare. Tanto era certo che appena qualcuno si fosse avvicinato sarebbe scattato qualche allarme. 

Ed era altrettanto sicuro che sua cugina non gli avrebbe dato subito peso.

Quindi in realtà lei e il suo gruppetto ancora discutevano se lasciare la festa o meno, lui già era arrivato.

Pandora tra l’altro si era rivelata decisamente più interessante e intelligente del previsto,  con il suo sguardo svagato alla mappa della metroflu era riuscita ad individuare il modo più veloce e con pochi trasbordi per arrivare in quella casetta dei sobborghi delle Middlands dove sembrava essersi concentrata l’attenzione di Regulus.

Era evidente che ci fosse un incantesimo dissimulante davanti. Ma Bellatrix e i Lestrange erano esseri piuttosto semplici nella loro pazzia.

La porta era già aperta, quei pazzi erano già entrati.

Sulla porta lo aspettava a braccia conserte James Potter, come se avesse tutto il tempo del mondo.

“E’ sangue quello?”- chiese Pandora senza scomporsi troppo cercando di evitare  di calpestare la grande macchia che si stagliava sul porticato.

James scrollò le spalle :” Bellatrix Black in Lestrange… ti pare che non bastava versare un po’ di sangue babbano? A volte è cosi intelligente…e altre una vera sempliciotta. Comunque Ted sta bene,anche se è rimasto un po’ sorpreso quando Frank gli ha tagliato il braccio. Soprattutto perchè non riusciva a smettere di farlo sanguinare. Ma ora sta bene. Più o meno. Ma prego entrate, godetevi anche voi questa piccola gemma immobiliare”.

“Potresti vendere case, Potter”- ridacchiò Sirius entrando a bacchetta sguainata. L’entrata forse era stata semplice, ma non era detto che sua cugina non avesse messo altri incantesimi protettivi.

“Se lo dite ad Andromeda vi stacco la testa. Se lo scopre quella sul serio mi stacca la testa. Ha detto, e cito testuali parole, che dovevo starmene buono buono a fare qualsiasi cosa sciocca e noiosa facciano i babbani a Natale. E sono certa che non intendeva questo”- sbuffò Ted passandosi una mano tra i folti capelli castano chiaro.

Pandora entrò subito dietro di lui, lo sguardo azzurro svagato rivolto in alto e una mano che sfiorava appena gli strani disegni sui muri.

“Segni di creature magiche a quanto pare… si nutrono del dolore sai. Ce ne sono state tante”- disse come se stesse parlando dell’arrivo di una perturbazione atmosferica.

“Io avrei detto segni di torture, ma credo che non solo i maghi si siano divertiti qui”:borbottò Alice, muovendosi circospetta.

SI misero le maschere e i mantelli. Era ora di fare un po’ di casino e attirare li la simpatica congrega di sanguinari adoloscente che incidentalmente erano parenti di almeno uno di loro.

E puntuali come la magia nera, non tardarono ad arrivare.



 

Lucius camminava avanti e indietro nervosamente nel corridoio di pietra scura cercando di dominare le emozioni. Non voleva farsi vedere sconvolto. Non poteva. Doveva pensare velocemente,non c’era più spazio per gli sbagli.

Era già abbastanza grave quello che era successo.

Lo sapeva dall’inizio che quel ragazzo e i suoi amici erano strani, che non si sarebbe dovuto fidare di lui. Se lo sentiva che c’era qualcosa che non andava.

E invece no.

Non solo lo aveva considerato un amico. Si era aperto con lui, gli aveva parlato di Narcissa, della sua vita a casa, delle sue paure. 

Si erano fatti un tatuaggio insieme, per Merlino.

Ah quando avrebbe avuto sotto le mani sua sorella e i suoi stupidi consigli.

Che sciocco che era stato. Chissà quanto se l’erano ridacchiata quegli stupidi alle sue spalle. Si era lasciato usare come un burattino.

Tutto perché lo facesse entrare nel circolo di Lord Voldemort,

E lui ci era cascato.

Aveva addirittura convinto le Black e i fratelli.Era morto.

O meglio, la morte sarebbe arrivata come una liberazione dopo quello che Abraxas e Lord Voldemort gli avrebbero fatto.

E Bellatrix… e se anche l’idea dello scioglimento del fidanzamento fosse stata una mossa per dividere le famiglie?

Strinse con foga la bacchetta. Doveva trovare le risposte.

Prima che arrivassero gli altri.Perché era certo che prima o poi Bellatrix e i Lestrange sarebbero arrivati, Cassandra non vedeva l’ora di vendicarsi.

Quando la sua ex fidanzata si era presentata, sorniona e languida nella sala da bagno aveva pensato che stesse che fosse un  incubo. Avesse avuto la bacchetta a portata di mano l’avrebbe maledetta senza pensarci due volte. Ma prima che potesse fare qualsiasi cosa gli aveva raccontato con quella sua voce melodiosa e priva di alcuna empatia di aver scoperto Draco e il suo amico Harry nelle stanze private di Bellatrix mentre cercavano di rubare la collana che le aveva regalato Lord Voldemort.

Quello era troppo, una bugia troppo grande persino per lei. E il ghingno soddisfatto con cui li guardava ben attenta a non bagnarsi il ricamato abito di seta cremisi non lasciava spazio a molti dubbi.

E li aveva dovuto scegliere. Erano usciti di fretta , sentendo ancora le urla di Narcissa dietro di lui.

Non aveva neanche avuto tempo di pensare, aveva agito e basta, fatto la cosa più coraggiosa e al contempo più stupida del mondo: aveva pietrificato Narcissa dentro e sigillato la porta. Era certo che una strega intelligente come lei ci avrebbe messo ben poco a liberarsi e non era sicuro non potesse smaterializzarsi ma doveva avere un vantaggio per pensare a come lasciarla fuori da quella storia.

Cosa che, ne era certo,la giovane Black non sembrava disposta a concederglielo.

“Sono tutti a dare la caccia a degli stupidi che hanno osato toccare il loro nido d’amore, o qualcosa del genere. Ma non l’hanno ancora  detto a Lord Voldemort, vogliono prima catturarli e portarli come dono. Quindi cosa facciamo di questi due? “- chiese Cassandra con un lampo maligno negli occhi, toccando appena il corpo inerme di Draco con la punta della décolletés di raso ricamata"Ah e sarebbe il caso che ti rivestissi. Non mi sembra il caso di dire a tutti che sei un traditore in costume da bagno”- chiosò facendo schioccare  le labbra polpose e morbide sulla sua guancia.

Sentiva l’impronta del rossetto, il suo profumo carnoso e avvolgente addosso,che portava via quello delicato ed etereo di Narcissa.

C’era un unico posto dove andare. Li avrebbe almeno saputo cosa fare. Di sicuro doveva lasciare fuori Nicholas e Arael,era evidente che non ragionassero chiaramente. Ma aveva bisogno di due cagnolini che avrebbero fatto qualsiasi cosa senza fare domande. Qualsiasi cosa. Era per questo che non aveva amici. Troppe complicazioni.




 

La testa gli doleva terribilmente, quella maledetta stronza aveva la mano pesante anche da adolescente. Sbatté più volte le palpebre cercando di adattarsi alla già poca luce, girandosi a fatica sulla schiena dolorante.

Non c’era nulla dell’elegante e luminosa opulenza di Villa Black. Tutto intorno a lui era scuro e squadrato, le volte basse di pietra sembravano impedire anche ai pensieri di formarsi decentemente.

Strisciò sul pavimento umido cercando di poggiare la schiena al muro e rilassare la mente.

Poi si rese conto che nella stanza di sua zia erano in due… dov’era Potter?

L’aveva visto cadere, ma fosse che per una volta era stato utile e si era trasformato in cane riuscendo a sfuggire dando l’allarme?

“Ehi, bell’addormentato, pensi che il tuo regale deretano abbia una qualche utilità?”- replicò invece una voce odiosa dietro di lui.

No, niente da fare, Neanche quella volta lo sfregiato sopravvissuto era stato utile. E doveva aver battutto la testa una volta di troppo.

Draco sbuffò senza rispondergli, la testa che ancora gli pulsava terribilmente,la voce di Cassandra che risuonava troppo vicina.

“Riprovo… dimmi un po’... qual è lo stemma della tua stramaledetta famiglia di psicopatici?”- tubò Harry come se stessse chiedendo la formazione di Quidditch di grifondoro contro Tassorosso.- “ Ti aiuto io… è per caso una affatto discreta M argentata in una sorta di scudo in verde e nero alternati e una serie di cosi striscianti alati e non alati  che sbucano da varie parti con picche e lance? E sotto in bella vista il motto di voi nazisti del sangue Sanctimonia VIncet Semper?”

“Potter, tu non sei normale. Comunque anche se è la peggior descrizione  mai sentita, direi che è decisamente lo stemma della mia famiglia”- concesse Draco esasperato, sperando che la concussione di Potter lo rendesse muto per un po'.

Harry non rispose limitandosi ad indicare un punto al di la delle sbarre. Si, perchè se quel cretino di un serpeverde ancora non lo aveva notato loro erano  confinati in uno spazio angusto senza finestre e con delle fottute sbarre a dividerli dalla porta. E li, proprio davanti a loro, come nel peggior incubo di interior designer possibile, spiccava lo stemma dei Malfoy.

E quindi,anche quel demente di un biondo senza cervello avrebbe capito dov’erano. E soprattutto che non poteva averceli portati Cassandra da sola.

“Quella non è e non sarà mai lo stemma della tua famiglia, mettitelo bene in testa.”- dal buio del corridoio arrivo la voce gelida che conosceva fin troppo bene, seguita da una serie di passi.

Una cadenza lenta,aggraziata, tacchi alti che camminavano spediti. E due pesanti e lente come i loro proprietari.

Il primo ad entrare fu Lucius, rigirandosi le loro bacchette in mano e guardandoli con un rancore così profondo da far quasi indietreggiare Draco. Dietro di lui Crabbe e Goyle ghignavano, scrocchiando le nocchie. Infine, sinuosa e sorridente come se stesse andando ad un ballo, Cassandra Carrow , il vestito che frusciava dietro di lei

“Sai che forse Greyback non è quella bestia inutile che pensiamo. Lui l’aveva sentito che avevi qualcosa che non andava, che il tuo sangue aveva qualcosa di strano..”- disse con voce morbida avvicinandosi alle sbarre e passando una mano all’altezza del viso di Draco.

“Guarda io sono anni che glielo dico e invece no…sempre li a rompere i coglioni con il fatto che è il più puro della sua generazione”- borbottò Harry prendendo il serpeverde per la giacca e strattonandolo indietro verso di sé. Quello sciocco sembrava assolutamente pietrificato. Ed erano ancora agli inizi.

La risata cristallina della ragazza risuonò nella stanza : “Nessuno che non sia un Black può dire una cosa del genere. Non sa che cosa sta archittetando Lady Lestrange pur di convincere Bellatrix a darle almeno un erede. Non mi stupirei se costringesse Rabastan a sposare una delle altre due.”

Draco impallidì visibilmente. Per fortuna che ripensando a quella scena la stronza non si fosse resa conto del perché il lupo mannaro si fosse avvicinato ad Bellatrix. Non c’era dubbio che se solo avesse immaginato chi fossero i suoi genitori l’avrebbe sgozzato li, seduta stante.

Crabbe senior si avvicinò a loro, puntando la bacchetta.

“Oh andiamo Lucius, divertiamoci un po’ con loro. Sono mesi che ti chiediamo di farlo.Facci sfogare un po’ prima che arrivi tuo padre, sai bene che poi li vorrà solo per lui”- si lamentò guardandoli con occhi ottusi. Harry decise che con loro sarebbe bastato uno stupeficium, non avrebbero mai avuto la velocità di pararsi. Certo prima dovevano riprendersi le bacchette. E quelle erano nelle mani dello psicopatico del padre di Draco. In ultimo c’era Cassandra, l'avversario sicuramente più pericoloso. Pregò solo che Ron ed Hermione si fossero resi conto che erano stati rapiti.

“Hai chiamato Abraxas?”- si trovò a chiedere Draco, senza smettere di sentire lo sguardo di suo padre cercare di scandagliarlo. Sapeva bene cosa stava facendo, preparare il terreno per la legilimanzia. Voleva delle risposte, e non era disposto ad aspettare. Sapeva bene quanto dovesse essere terrorizzato al momento. Nonostante il ruolo fondamentale di Bellatrix e Pansy, non c’erano dubbi che suo padre avrebbe preso la scusa al balzo per sfogare tutta la sua parte più sadica.

Ci fu un lampo di esitazione negli occhi grigi del padre. Draco senti il cuore rallentare un attimo, riuscendo a riprendere aria. No, non l’aveva fatto. E neanche Cassandra ne poteva aver avuto il tempo.Poteva provarci, poteva riuscire a farlo ragionare.

“So che vuoi la sua approvazione più di ogni altra cosa e che pensi che facendoci torturare ed uccidere finalmente la otterrai. Ma non è cosi. E’ un mostro incapace di provare sentimenti. Tranne forse per quella stronza li, ma neanche voglio pensarci guarda”- gli bisbigliò piano avvicinando il volto alle sbarre, in modo che i due armadi alle sue spalle e Cassandra, morbidamente appoggiata accanto alla porta non potesse sentire.

Lucius scattò come se gli avesse dato un pugno in faccia e puntò la bacchetta direttamente alla fronte del figlio .

Harry fece istintivamente un passo avanti. Per quanto l’idea di liberarsi  di quel deficiente fosse allettante, non era solo il timore dell’ira di Hermione a frenarlo. In un certo senso, ormai Draco Malfoy era parte della sua vita.

Non successe niente però. Lucius era sempre con la bacchetta pronta a colpire, ma non si decideva,il braccio stesso che tremava per lo sforzo di trattenersi.

“Manda via quei tre e ti dirò tutto quello che vuoi sapere. Non vuoi avere delle risposte per quando arriverà Abraxas? Credi sul serio che ti lascerebbe continuare a respirare se Cassandra gli dicesse che ci ha trovato chissà perchè a ficcanasare per villa Black?”.

“Perchè dovrei fidarmi di te? Non mi hai già mentito abbastanza?”- sibilò Lucius con odio feroce.

Il bambino sopravvissuto con orrore vide Draco infilare la mano nella giacca interna della giacca da smocking e tirare fuori un sacchetto di seta argentata, che allungò al padre. Il rumore di metallo gli fece comprendere che quel grandissimo imbecille stava infrangendo la prima regola che gli era stata data. Beh, forse la seconda. Insomma come al solito stava per fare un casino.

“NO!”- urlò cercando di fermarlo ma riuscendo solo ad attirare l’attenzione di Cassandra su di lui, che lo guardava stranamente interessata, probabilmente pensando a tutti i modi in cui secondo lei sarebbe stato più facile cavare loro informazioni senza quella pantomina.

Lucius nel frattempo aveva invece abbassato la bacchetta e rovesciato il contenuto del sacchetto in una mano, il metallo che ora brillava lucente anche nel buio dei sotterranei.Toccò  appena quello a forma di serpente  soffermandosi invece sul secondo, rigirandolo tra le dita.

“Draco….”- chiese piano senza distogliere lo sguardo dall’anello- “Come fai ad avere questo Draco?”. L’aveva già visto. Sua sorella lo disegnava ossessivamente da mesi. Ed era lo stesso simbolo che aveva visto nella pergamena che la vecchia tatuatrice aveva tirato fuori prima di iniziare i loro lavori. Era certo che anche il ragazzo lo avesse notato in quell’occasione. E com’era possibile che non avesse detto niente? Che anche i suoi fratelli fossero dei traditori? O solo degli sciocchi come lui?

Il più giovane dei Malfoy strinse le mani sulle sbarre senza staccare lo sguardo di suo padre.

“Mandali via.Manda via tutti loro. Sai bene che quello è un anello autentico. Mi hai chiesto spesso della mia famiglia. Bene mandali via e ti dirò tutto. Hai la mia parola”

“E ha valore la tua parola, Draco?”- soffiò sconsolato prima di fare un gesto stizzito a Crabbe e Goyle dietro di lui.

I due lo guardarono sconvolti.

“Non sto scherzando. Fuori. Tutti e tre”- sibilò, accompagnando il gesto con un cenno della bacchetta. Un passo dopo l’altro i due bestioni fecero lentamente la loro uscita dalla cella.

Cassandra si alzò di scatto avvicinandoglisi con rabbia.

“Cos’è pensi che mi metta anche io a quattro zampe e scodinzoli ai tuoi ordini?”- sibilò

“Beh, se non ricordo male ti piaceva.”- scattò di scatto puntandole la bacchetta alla gola- “Mi hai stufato Carrow. Non preoccuparti, non ho dubbi che ti lamenterai anche di questo con mio padre. E sono certa che ti permetterà di guardarmi quando mi punirà. Quindi per il momento…stupeficium".

Senza neanche poter mettere le mani alla bacchetta il corpo flessuoso della giovane venne sbalzato lontano prima di ricadere pesantemente in terra,  giusto il tempo di sorprendersi per essere stata tradita ancora una volta dall’uomo che amava. Come poteva non capire quello stupido che gli stava dando la possibiilità di uscirne, di ricominciare. Se gli avesse portato le loro teste tutto sarebbe andato bene. Si sarebbero inventati qualcosa e sarebbero tornati a lottare insieme per il Signore Oscuro. Poi sbatté contro il muro di pietra e il mondo si fece scuro.

Harry guardò la scena con un misto di terrore e soddisfazione. Se finalmente quella stronza aveva smesso di insinuarsi con quella sua voce da psicopatica nel suo cervello, l’incapacità di previsione delle mosse successive del padre di Draco lo preoccupava

Il secondo dopo,infatti la bacchetta di Lucius era di nuovo puntata in mezzo agli occhi di Draco.

“E ora parla, oppure inizierò a perfezionare le mie maledizioni senza perdono su te. E come hai potuto vedere in passato sono già abbastanza bravo. Ne ho imparate altre nel frattempo, vuoi che te le faccia vedere?”- chiese con tono gelido.

Il grifondoro decise di sedersi in terra, distante da quei due pazzi. La questione sembrava ancora lunga e che se la sbrigassero da soli. Lui avrebbe approfittato di quel tempo per cercare di tirare fuori qualche modo per andarsene da quel luogo maledetto.

Le nocche attorno alle sbarre divennero sempre più bianche, le mani strette spasmodicamente attorno al metallo come se potesse al contempo proteggerlo e attaccarlo.. Chissà se suo padre gli avrebbe creduto. Lo avrebbe accettato? O sarebbero davvero morto così? Nelle segrete di casa sua, dove non aveva mai messo piede finora, ucciso da suo padre praticamente coetaneo? Che senso avrebbe avuto nascere allora? E la Granger… non le aveva neanche detto perchè non la chiamava quasi  mai per nome.

Sospirò.

“Ho un incantesimo che confonde il mio aspetto. Scioglilo”- gli disse calmo.

Il giovane padrone di casa rimase un attimo interdetto. Era davvero tutto cosi sciocco? 

Revelio

Sotto il suo sguardo stupito i lineamenti del ragazzo davanti a lui iniziarono a modificarsi leggermente eppure inesorabilmente. Gli occhi si allargarono, diventando più grigi pur mantenendo sempre una sfumatura color zaffiro che con un colpo al cuore gli ricordò troppo quello furioso di Narcissa quando l’aveva visto seguire Cassandra invece di restare con lei. Gli zigomi si alzarono, il viso si sfinò, mentre la bocca rimase morbida come sempre. E i capelli, si accorciariono e iniziarono a schiarirsi sempre di più, fino a diventare biondissimi, quasi bianchi. Come i suoi. Come quelli dei suoi fratelli. Quelli di sua madre.

Per lo stupore quasi non gli cadde la bacchetta di mano.

Quel ragazzo comparso dal nulla a settembre, quello che sin da subito aveva sentito nascondesse qualcosa, quello con cui si era aperto e poi lo aveva tradito.

Quel ragazzo era identico a lui.

“Io non capisco… non puoi essere il figlio bastardo di Abraxas, non somigli a lui.Non aveva senso. Non poteva essere suo fratello di sangue, perché nascondere un quarto figlio? Maschio per di più. Le famiglie aristocratiche solitamente avevano massimo tre figli, ma in caso di maschi si poteva fare un’eccezione. Come diceva suo padre sempre meglio avere più opzioni. E dubitava che Abraxas avrebbe lasciato vivere sua madre se solo avesse pensato ad un tradimento.

“Ora so da chi hai ripreso la tua sagacia”- commentò pigramente Harry alzando gli occhi al cielo. Merlino, ma quanto bisognava essere stupidi?

Draco lo ignorò.-“Ma come ti viene in mente? Non sono tuo fratello… sono tuo figlio. O meglio lo sarà tra qualche anno. Nascerò il 5 giugno del 1980.  Il serpente me l’ha regalato  il mio padrino  quando sono stato smistato a Serpeverde. Il cappello parlante ci ha messo quasi meno di questa volta,se devo essere sincero. L’altro me lo avete regalato tu e la mamma per il mio quattordicesimo compleanno.”

“Malfoy, quale parte di non rivelare niente del futuro non ti è chiara? Cos'è vuoi anche fargli prendere appunti? E comunque non c'è niente da vantarsi di essere serpeverde da generazioni, tanto per essere chiari”- sbuffò il bambino sopravvissuto.

Un paio di teste chiarissime e due paia di occhi grigi lo fissarono di colpo.

Cazzo, a vederli cosi erano ancora più inquietanti.

Harry alzò le mani in segno di resa.

Volevano incasinare tutto come al loro solito?

Facessero pure.

Ma non si dicesse poi che lui non aveva provato a farli ragionare.


 

Narcissa era furiosa. Quel maledetto stronzo non solo prima l’aveva fatta finire ai suoi piedi come una scema di prima categoria. Era cascata nella sua rete pur pensando di essere lei a tenere il gioco. E le sue mani che scivolavano morbide sulla pelle, giocando appena con il bordo del costume, sfiorando i suoi punti sensibili… era colpa loro… non era più riuscita più a ragionare.. Quelle labbra così invitanti…

Ma magari fosse stato solo desiderio.

Quel grandissimo bugiardo l’aveva guardata in un modo in cui non aveva mai visto riservare a nessuno. Per una volta senza ironia, senza barriere. Sembrava così sincero,

E anche l’amortensia … dannato bastardo,chissà quanto si era divertito in quella recita.

E lei era caduta nel fondo di quegli occhi grigi profondi come il lago nero come una sciocca.

Oh ma quando l’avrebbe trovato gliele avrebbe cavati e presenati come regalo di compleanno.

E soprattutto, visto che oltre ad essere una grandissima testa di cazzo era incidentalmente intelligente, aveva portato via la sua bacchetta.

Le scuse e le rassicurazioni che aveva blaterato non poteva credere sul serio che sarebbero bastata. E neanche l'accappatoio riscaldato magicamente che le aveva messo addosso, dopo averla fatta sedere comoda sulla chaise longue vicino al camino. Comoda, certo.

Se solo non l’avesse pietrificata gli avrebbe staccato a morsi le labbra quando si era avvicinato per mormorare le sue scuse

E le sue sorelle… chissà quando si sarebbero fatte vedere. Una era scappata per giocare a rincorrere i babbani, l’altra ad incontrarsi col suo amante sfigato. E solo loro potevano entrare in quell’area riservata.

Sarebbero capaci di rendersi conto che era scomparsa solo dopo ore.

Doveva far sbollire la rabbia, costringersi a pensare.

Cassandra aveva detto che aveva seguito Draco e Harry che si erano intrufolati nelle stanze di Bellatrix ma non era possibile. Non erano passati dall’entrata principale, perché aveva dato ordine alla statua all’ingresso di non far entrare nessuno, neanche le sue sorelle a meno che non l’avesse chiesto lei. Altro colpo di genio.

L’unica era l’ingresso nascosto ma loro tre avevano inventato la chiava segreta dei fiori e se anche qualcuno ci fosse mai arrivato solo chi aveva sangue Black poteva far comparire l’acqua nei vasi.

Tutta quella storia era sempre più assurda.

Draco sembrava aver sempre saputo cosa le piacesse. Quali fossero i suoi punti deboli, cosa la faceva felice.

I libri, la peonia, le passeggiate all’alba quando aveva appena nevicato.

Non aveva voluto vedere ma era fin troppo.

Nessuno la conosceva così bene, neanche le sue sorelle.

E quella sera nella torre di astronomia aveva pensato di aver sentito male… ma ora ripensandoci a mente fredda era certa che la granger l’avesse chiamato Malfoy.

Malfoy e non Malferret.

Ma non poteva essere un’idea di Lucius, era stato così geloso della loro frequentazione.

Restavano i gemelli.

Che ultimamente erano sempre più vicini ad Andromeda.

C’era qualcosa che le sfuggiva e il mal di testa le stava trapanando il cervello.

Severus l’aveva detto che quello poteva essere un effetto collaterale dell’incantesimo.

Ma doveva attivarsi solo quando qualcuno a lei molto caro fosse in pericolo.

Ma chi.

Il dolore quasi la fece svenire quando sentì un plop accanto a lei.

Grandi occhi globolusi. dita puntute, un gran sorriso sulla faccia e un fiocco di velluto bianco sulle orecchie allungate. Cockey, l’elfo che aveva conosciuto la sera di Samhain. Insieme ad uno delle sue elfe domestiche, sia ringraziato Merlino

“La  padroncina ha  bisogno di aiuto?” tubò quella con voce sgradevole.

Se gli sguardi fossero stati capaci di incenerire quelle due e tutta l’ala avrebbe preso fuoco all’istante. Ma per fortuna anche se nessun pezzo di arredamento o elfo domestico venne maltrattato, Narcissa Black fu finalmente libera di muoversi.

E di urlare con quanto fiato aveva in gola.


 

Hermione se lo sentiva dentro che qualcosa non stava andando per il verso giusto. E quando lo diceva intendeva letteralmente.

Era per quello che aveva nascosto il sigillo nell’anello a forma di serpente che Draco portava comunque sempre con se. Una minuscola incisione di cui non si sarebbe mai accorto. Fortuna che aveva l’abitudine di rimettersi gli anelli quando erano soli, diceva che stare senza per troppo tempo lo faceva sentire troppo strano.

Attivarlo,come preannunciato da Narcissa a Diagon Alley, era stato decisamente piacevole. E anche per lei era strano appagante perdersi per un attimo, andando al di la del sesso, dei loro corpi che si univano. Aveva scelto la frase con cura, cesellato l’incrocio delle lettere in modo che la rispecchiassero perfettamente, in modo che fossero così potenti da infrangere ogni barriera. E poi quando aveva raggiunto l’orgasmo non era più solo lei, il suo corpo sopra quello di Draco, le dita che si intrecciavano.

Si era annullata in lui e lui in lei. E aveva sentito il sigillo che davvero si chiudeva su di loro.

E poi, così come suggeriva il libro, se n'era dimenticata, lasciando che facesse il suo lavoro, paziente e tranquillo. C’era stato così tanto a cui pensare, prima di tutto la creazione di un contenitore per la pietra.

La dama del lago aveva dato ad Arael il compito di portare la pietra da lei. Ma non era cosi’ semplice. Il passaggio di Hogsmeade era chiuso e a quanto pareva l’unico modo per squarciare il velo tra i due mondi era quello usato da Salazar Serpeverde secoli prima. Un grande falò alimentato da fiamme magiche. Nessun legno, nessun incantesimo. Solo una pozione da calibrare al centesimo. Perché altrimenti non solo chi l’avrebbe bevuta sarebbe morta, ma probabilmente metà regno magico circostante sarebbe andato in frantumi. E un’altra data simbolo , che però limitava ancora una volta il loro raggio d’azione.

La maggior parte del lavoro l’aveva fatta Andromeda Black, riuscendo a reperire ingredienti talmente illegali che si rischiava Azkaban anche solo a sfiorarli.

Pansy osservava sobbollire il liquido pensierosa, mentre la fiamma iniziava a trasmigrare in un pallido colore violaceo, e il liquido assumeva lo stesso colore di quella nebbia densa e appiccicosa che le aveva avvolte quella sera nel bosco.

“Granger… a quanto dice questo libro è pronta.”- le disse guardandola di sottecchi.

Aveva capito benissimo.

Draco e Harry non erano tornati.

Non avevano la gemma.

La notte era ormai troppo inoltrata. se avessero perso l’occasione del 21 dicembre la dama non avrebbe distrutto l’Horcrux. E loro non sarebbero mai riusciti a tornare indietro, al sicuro a casa.

Senza contare che ormai era chiaro che li avrebbero trucidati tutti.

Hermione sentiva il cervello scoppiarle.

“Chiama Ron, dobbiamo andare a cercare quei due. Intanto io travaso questo. Sperando che per una volta la fortuna ci assista”.

La fortuna… non ci aveva mai creduto. E ora era anche senza Harry e Ron.

Doveva trovare Draco sentiva che era in pericolo..

Sempre accanto a te

Sarebbe bastato così poco,ma per una volta la sua parte razionale stava bloccando l’accesso al sigillo.

E poi un rumore secco, quasi impercettibile. 

Come se le cose non potessero andare peggio.

Narcissa Black, gli occhi spiritati e l’aria di volerla sgozzare le era apparsa alle spalle e l’aveva pietrificata. Poi con la bacchetta puntata sul collo di Pansy aveva detto con voce gelida.

“E ora questa bella ragazzina mora mi dirà cosa diavolo starà succedendo in questa casa o la festa di fidanzamento di Belltrix finirà con la più grande caccia che ci sia mai stata nella storia della famiglia Black. “

Cockey era apparsa di nuovo accanto a lei, felice come una bambina : “Visto Miss Narcissa, il padroncino Lucius non voleva rubarle la bacchetta, no no. Voleva solo farla stare al sicuro. Per questo l’ha data  a Cockey che l’ha data a lei”.

Lo sguardo di puro odio che le rivolse la bionda non fu però abbastanza esaustivo perchè l’elfa continuò “ E Miss Pansy e Miss Granger vogliono solo aiutare il padroncino Draco. E anche il padroncino Nicholas e la padroncina Arael lo vogliono. Il padroncino Lucius beh… lui non lo sa ma lo vuole anche lui”.

“Ti prego falla stare zitta o giuro che mi butto io sulla tua bacchetta per mettere fine a questo supplizio”- borbottò Pansy. Hermione le lasciò uno sguardo esaustivo tanto che la mora alzà le mani al cielo.

“Lascia perdere il padroncino Lucius che quando gli metto le mani addosso preferirà essere passato per le mani della Belva, altro che”- sibilò la bionda.

“Un po’ di sesso e vedrai che si riappianerà tutto. Beh molto sesso a dire il vero. E molti regali a quanto ne so io . Ora, però..non che mi dispiaccia che tua abbia congelato la saccente qui davanti ma se non ti dispiace se non imbottigliamo quella pozione entro,... diciamo tre minuti… puoi dire addio a Villa Black e a tutti i dintorni.”

Narcissa si rivolse inviperita “E perchè dovrei crederti? Non avete fatto altro che mentirmi. Tutti voi. Siete entrati nella mia vita e l’avete strappata pezzo a pezzo”- ringhiò, Poi in uno scatto d’ira prese il braccialetto di diamanti che Hermione lo strappò via : “Anche quello era fatto apposta vero? Per farmi fidare di voi. Avete giocato bene le vostre carte ma adesso basta. Adesso mi direte chi c’è dietro tutto questo e giuro su Merlino che se si tratta di Lucius…”

Pansy le rivolse uno sguardo ammirata  battendo le mani : “ E io che pensavo che tutta la parte melodrammatica di Draco venisse dal padre. E invece no. Ancora una volta i Black sono i campioni indiscussi. Ode all'unica e inimitabile purissima e antichissima famiglia del mondo magico. E ora .. per cortesia … “

Narcissa rimase interdetta, confusa da quel mare di parole. Le sembrava tutto così sbagliato e così giusto. E quel mal di testa che non le dava pace.

“L’hai chiamato Malfoy quella sera… mi stai forse dicendo che Draco …è mio…”- iniziò cercando di mettere insieme i pensieri. TUtte le volte in cui lui sapeva esattamente cosa fare,cosa dire. Come se…

“Figlio? Sì, il tuo bellissimo bambino purosangue. Anche se assomiglia molto al padre. Bell’uomo comunque tuo marito anche tra vent’anni comunque…”- continuò Pansy serafica.

Narcissa impallidì. Lei. E Lucius. Un bambino.  E quel bambino era Draco.

La testa sembrò esploderle.

“Miss Black, la prego non faccia così”-. iniziò a piagnucolare l’elfa stringendosi le orecchie. non era cosi che doveva andare. Il padroncino Draco era sparito e non riusciva a trovare i padroncini Arael e Nicholas.

Per fortuna la porta si aprì e fece la comparsa Andromeda appoggiata a Ron, rigida nella postura . Sotto lo sguardo allibito della sorella con un gesto fin troppo lento per i suoi gusti travasò la pozione nella boccetta e se la mise in tasca. Sembrava provare fatica a muoversi.

“Stai bene?”- le chiese Narcissa con un filo di voce. 

“C’è chi sta peggio di me. E ora muoviti. Dobbiamo andare a  trovare Draco e Harry prima che Cassandra e Lucius li uccidano”- disse con voce stanca passandosi una mano nei capelli. Stava andando tutto nel verso sbagliato.

Narcissa sgranò i grandi occhi blu puntando un dito contro la sorella “Tu lo sapevi ! Tu l’hai sempre saputo. E chi altro lo sa… oh sono sicura che lo sappia anche Arael… ecco perché tutta quella  storia sul fatto che non dovevo arrabbiarmi se si chiamava Draco”.

“Ma dannazione vi lascio sole con lei dieci minuti, dieci fottuti minuti e riuscite a fare questo casino? “- sibilò la strega lanciando un’occhiata velenosa a Pansy ed Hermione .

“Beh, la tua cara sorella ha la bacchetta facile. E se vuoi saperlo  mi preoccupa che l’abbia accettato così facilmente"- rispose la grifondoro incrociando le braccia e squadrando le due sorelle. Tutta quella storia l’aveva stufata. Draco era in pericolo e dovevano sbrigarsi. Senza contare che non le era piaciuto affatto essersi fatta sorprendere come una novellina da una bionda in tacchi a spillo anche dentro casa.

La suddetta bionda sbuffò “ Ma se è da quando lo conosco che gli dico che sua madre deve essere una donna eccezionale per averlo cresciuto cosi..”

"Melodrammatico?"- chiese sua sorella dandole un buffetto scherzoso- “ Non hai idea di quante storie ha fatto per quei capelli..”

Narcissa non riuscì a trattenere una risata- “Io avrei detto beneducato. Ma ora … Cockey hai detto che Lucius e Cassandra lo hanno portato via…”

“Li hanno portati via. Grazie per ricordarti anche di noi, eh”- borbottò Ron, ovviamente ignorato.

“Oh Cockey ha provato ad andare a Malfoy Manor, Miss. Ma quel brutto elfo di Locke deve aver chiuso tutti gli ingressi. Quel vecchio stupido da solo retta al padrone, Miss. E alla precedente fidanzata del padroncino Lucius. Brutta cosa Miss, molto brutta”

Hermione sentì lentamente il sangue affluire nelle membra, mille aghi che risalivano lungo le vene. Ma almeno ora poteva essere utile. 

“Non ci puoi portare li Cockey? E i camini sono chiusi?”- chiese con incredulità Pansy. Avevano sottovalutato l’intelligenza di Cassandra. Si era premurata di creare una prigione inespugnabile.

“No Miss. Cockey ha provato a far ragionare quel testone. Ma ha detto che solo Miss Bellatrix e i signorini Lestrange possono entrare. O deve chiedere il permesso al padron Abraxas e non va bene miss. Non va bene”- disse torcendosi le lunghe dite

No, non andava bene per niente. Non c’era dubbio di cosa avrebbe fatto il nonno di Draco. E non solo addio al suo adorabile biondino ma anche alla speranza dei maghi,

“Lucius e Cassandra?”- chiese alzando un sopracciglio e con un'ottava voce decisamente più alta di quanto avrebbe voluto- “Oh credimi quei due non riusciranno davvero a fare niente se solo arrivano a portata della mia bacchetta.

La sorella la guardò interrogativa, spostando lo sguardo tra le e le elfe che sembravano a disagio.

“Ma insomma si può sapere che ti ha fatto? “- non potè impedirsi di chiedere.

E con un broncio che assomigliava così tanto a quello del futuro figlio nel peggiore dei suoi momenti di infantilismo raccontò di essere stata mollata nella stanza da bagno, pietrificata su una chaise longue , ancora con un delizioso costume da bagno due pezzi che le copriva il minimo sindacale. Mentre lui se la svignava con la sua ex fidanzata. E le aveva anche tolto la bacchetta.

“L’aveva messa poco fuori dalla porta Miss,.. il padroncino non l’aveva rubata…e poi le aveva messo quel bell’accappatoio soffice soffice e caldo”- provò a dire con voce lamentosa Cockey, incapace di non intercedere per il più giovane dei fratelli Malfoy.

E al pensiero dell'algida, composta, aristocratica e fissata con le buoni maniere Narcissa Black sedotta e abbandonata mentre il futuro marito sgattaiolava via  in costume Hermione salì salire dal cuore quello che in quel momento in teoria era assolutamente fuori luogo.

Una risata, cristallina e contagiosa che le arrivò dritta al cervello.

E il sigillo si ruppe.

 

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Capitolo 35
*** Capitolo 35° ***


Bellatrix Black lanciò un urlo che squarciò il silenzio attorno a lei. Quei maledetti erano riusciti a scappare. Ed era colpa sua, aveva perso troppo tempo per una volta.

Quando il bracciale di Rodolphus aveva iniziato a illuminarsi non gli aveva dato un gran peso, troppo inebriata dal ballo con Lord Voldemort e dalla musica carezzevole della sua voce nell’orecchio.

Non le erano mai piaciute quelle feste, quello era il regno di Narcissa di certo non il suo, ma sebbene all’inizio le fosse sembrato una stupida perdita di tempo alla fine si era lasciata cadere in quella debolezza fatta di champagne e musica e occhi neri brillanti.

Quella notte l'avrebbe ricordata per sempre: il primo ballo fatto con il Signore Oscuro e poi la consegna della collana. Quella non era stata la sua festa di fidanzamento, ma la consacrazione di Bellatrix come la pupilla prediletta di Lord Voldemort, il suo braccio destro, superiore a tutti gli altri che lo servivano, uomini o donne che fossero. Prima dei vecchi che strisciavano ai suoi piedi, prima dei giovani pronti a battersi  il petto per lui, c’era lei.

Si sfiorò le linee appena accennate sulla pelle. Lord Voldemort aveva detto che il marchio sarebbe apparso in tutta la sua potenza quando avrebbe chiamato. E che avrebbero potuto usarlo se avessero avuto bisogno di lui.

Lui per loro ci sarebbe stato sempre.

E lei?

Che domande

Niente avrebbe mai potuto intaccare la sua fedeltà.

Quella sera per lei era stata l’equivalente di un voto infrangibile, di una promessa di matrimonio e di eterna obbedienza all’Oscuro Signore.

Eppure gli aveva taciuto delle cose. Come l’esistenza stessa di quel rifugio, un regalo di Rodolphus per il suo compleanno. Quello che al di fuori sembrava un rudere senza alcuna attrattiva, una volta attraversato il portone schermato si rivelava in tutta la sua gloria, una specie di replica in miniatura del Maniero dei Lestrage ma modellato su misura per loro. Una grande camera da letto padronale rivestita di velluti, un salone pieno di artefatti oscuri, i migliori che i loro nomi combinati fossero riusciti a recuperare sul mercato. Era un piccolo scrigno, una piccola cassaforte di emergenza, ricca di veleni, pugnali maledetti, scrigni nei quali poter riporre i cuori dei nemici. Grazie ad un antico patto tra il Wizegamot, un antenato dei Lestrange e la Gringott risalente al Medioevo, quel pezzo di terra sul quale sorgeva non risultava su nessun documento. Tutto quello dal quale si poteva risalire al suo ingresso era nella copia dell’atto, che Bellatrix aveva custodito gelosamente nella sua camera.

Quando erano arrivati il portone era aperto, segno che un purosangue da generazioni aveva versato del sangue di babbano e anche in quantità importante.

E persone con quel lignaggio ne conosceva davvero poche.

I Lestrange, ma Rodolphus, Rabastan e i loro cugini erano con loro alla festa.

I Rosier.

I Black

Maledizione, praticamente la sua famiglia.

Eppure lei di quel luogo non ne aveva parlato con nessuno, nemmeno con Narcissa. Con Andromeda men che meno.

Rimaneva quindi solo l’altro lato della famiglia Black.

D’improvviso ricordò quando erano stati a colazione a Grimmauld Place, e come Rodolphus si fosse lasciato sfuggire qualcosa . Ma in quella stanza al momento c’era solo Cygnus, uno dei seguaci più fedeli di Lord Voldemort. E quello stupido elfo, Kreatcher.  Essere inutile come tutti quelli della sua razza, ma fedele sino alla morte alla famiglia Black

Arael e Nicholas Malfoy erano venuti con lei, e Lucius… beh l’aveva visto salire verso le stanze da bagno con Narcissa e voleva ben sperare che fosse impegnato in altre faccende.

Chi era stato allora  a tradirli?

Avevano visto  delle ombre muoversi all’interno. Erano troppo veloci per essere quelle dei babbani che avevano rapito qualche giorno prima e con cui si stavano gingillando qualche giorno in attesa di festeggiare a degno modo il Natale.

Arael, entrò per prima, lasciando che il bordo del vestito di un pallidissimo color argenteo come la mezza luna calante che si intravedeva in cielo, si insozzasse con il liquido scuro e denso davanti all’ingresso. Lei era subito dietro, la bacchetta a forma di artiglio in mano.

Lumos

E la stanza principale si era rischiarata rivelando come tutto fosse stato messo a soqquadro.I quadri tagliati che urlavano, la maggior parte delle suppellettili buttati in terra, i divani di pelle squarciata.

Non c' erano segni di lotta. Qualcuno aveva creato quel caos appositamente.

E quella stupida scritta di scherno sul muro da asilo infantile non lasciava adito a dubbi

D'istinto lanciò uno schiantesimo quando con la coda dell'occhio notò  una figura agile che passava veloce nella stanza accanto. Ma quel dannato intruso era dannatamente veloce e l'incantesimo si schiantò contro uno dei muri con la carta da parati damascata, aprendone uno squarcio.

Ben presto qualcuno però emerse dall’ombra lanciando degli schiantesimi contro di loro che le due ragazze schivarono a malapena

Nicholas tirò indietro la sorella bisbigliandole qualcosa e lanciando a sua volta una bombarda che si infranse la parete retrostante il soggiorno, rivelando la sala dove avevano lasciato una delle loro ultime prede. Il ragazzo era immobile, probabilmente già  morto prima del loro arrivo.

Ma ne mancavano almeno due.

Sentì il ringhiò di Rodolphus alla sua sinistra,mentre si avviava velocemente verso il piano superiore.

“Voi esplorate questo piano. Io e Nicholas andiamo su.”

Un nuovo lampo rosso le costrinse ad abbassarsi velocemente, quei maledetti stavano attaccando da varie parti.

Se fossero rimasti calmi li avrebbero presi. E Bellatrix ce l’aveva quasi fatta, una volta tanto, a non farsi travolgere dal suo carattere impetuoso.

Ma non aveva fatto i conti con la famosa impazienza del suo futuro cognato.

Rabastan era entrato furioso che quel luogo fosse stato profanato. Ad onore del vero era stato lui a trovare l’atto, lui a suggerire a Rodolphus di darglielo. E soprattutto lui l’unico oltre loro ad avere accesso. Veder violato il suo boudoir privato lo stava rendendo decisamente irascibile. Oltre all’aver perso due vittime con cui aveva già pianificato come passare il giorno di Natale.

Bellatrix pensò distrattamente che avrebbe dovuto fargli aumentare la dose di pozione calmante che il fratello gli faceva mettere sui cibi di nascosto dagli elfi domestici. Che fosse fuori controllo divenne chiaro a tutti quando vide la prima fiamma lambire il pavimento, giusto in tempo a ripararsi dietro lo scudo che aveva lanciato la Malfoy accanto a lei.

Altrimenti non si spiegava il motivo per cui invece di lanciare un incantesimo rivelante, uno schiantesimo o persino degli avada kedavra a caso avesse deciso per l'ardemonio mentre tutti loro erano ancora dentro.

Fecero appena in tempo a smaterializzarsi fuori dalla casa, atterrando sopra il prato gelido coperto da una spesse coltre di neve. Eppure era talmente furiosa che non sentiva né il freddo umido penetrarle nella carne, né quello del vento gelido che si era alzato, alimentando le fiamme e la sua stessa rabbia.

E ovviamente addio alla loro casa.

E a tutto quello che conteneva.

Prima che le fiamme lambissero angolo della casa aveva visto un lampo. Un secondo scudo protettivo evidentemente. Piuttosto potente, tanto che per un attimo le fiamme si erano come arrestate per qualche secondo prima di tornare ad ardere roboanti.

Dopo essere rotolata sul terreno duro e gelido si rialzò in fretta ma il tempo di provare a circondare la casa e già non c’era più nessuno. In terra una vecchia tazza di latta lasciata li, a sfregio.

Una passaporta. E quello significava che erano dei ragazzini, incapace di smaterializzarsi

E quindi non era corretto dire che gli intrusi le erano sfuggiti.

Era più esatto dire che l’avevano fatto per la seconda volta.

Scosse con rabbia i riccioli corvini impastati di neve cercando di riportare  alla mente ogni dettaglio della notte dell’attacco all’auror: non aveva alcun dubbio che si trattasse degli stessi che li avevano attaccati nei giardini di Hogwarts.

 

Prima che potesse avventarsi su Rabstan che ora la guardava con occhioni da cucciolo bastonato un suono secco accanto a lei.

“Locke è dispiaciutissimo di disturbarla miss Black”.

Abbassò lo sguardo per trovarsi il vecchio elfo dei Malfoy porgerle un biglietto, mentre guardava con gli occhietti maligni le fiamme, quasi adorante.

La giovane Black diede una breve lettura. Non era di uno dei Malfoy, ma di Cassandra.

Diceva che lei e Lucius avevano scoperto due traditori e di raggiungerli nelle segrete del Maniero. Locke li avrebbe smaterializzati perché le porte erano chiuse per protezione.

Ma quante cose sembrava sapere la Carrow di Malfoy Manor, pensò con un filo di irritazione la maggiore delle Black. Che non avesse ancora rinunciato al suo ricco fidanzatino? Proprio ora che Narcissa sembrava così convinta… e che lei aveva fatto quella stupida promessa a Lucius la notte prima, ancora inebriata dal whiskey incendiario, dall’euforia del marchio nero e dalle grida dei babbani.

“Locke, non dovresti darlo a noi? Mi sono perso qualcosa o siamo io e Arael i tuoi padroni?”- sibilò il biondo strappandoglielo di mano

L’elfo scosse con forza la testa

“Il padrone ha detto di fare quello che dice la signorina Carrow, padroncino Nicholas. E Locke fa sempre quello che dice il padrone”- biascicò l’elfo prima di chinarsi per il dolore della cruciatus che gli aveva lanciato Arael.

Maledetto elfo. E maledetto Abraxas. 

Non c’era dubbio chi fossero i due traditori, sapeva che non avrebbe dovuto fidarsi di quegli stupidi grifondoro. Altro che salvezza dei maghi, pensò la Malfoy digrignando i denti.

Se quello che c'era scritto sul biglietto era vero erano rimasti solo in due a poter salvare Draco ed Harry. E lei era ancora intontita da tutte le pozioni che la madre le aveva fatto bere per prepararsi a varcare la soglia quella notte.

“Oh andiamo Arael, non arrabbiarti. Lo sai che questi inutili esseri ragionano cosi. E ora andiamo da quei due, ho proprio voglia di sfogarmi su qualcuno”-di nuovo calma, la voce stranamente distaccata, Bellatrix rimise la bacchetta nel mantello lanciando un ultimo sguardo alla casa, un leggero ghigno che le si disegnava sulle labbra colore del sorgo.

In lontananza aveva visto nel riverbero lucente delle fiamma che l’erba accanto alla passaporta era macchiata di sangue. Molto bene, almeno qualcuno era rimasto colpito.

“Lasciamo bruciare questo posto Bella. Te lo ricostruirò da cima a fondo. E le ceneri dei nostri nemici saranno le basi del nostro nuovo posto speciale”- le sussurrò Rodolphus all’orecchio, calmo come sempre.

Bella annuì, prima di decidersi a toccare la viscida pelle dell’elfo.

Rodolphus era un ingenuo, era certa che al momento non ci fossero altri cadaveri, oltre quelli che già avevano disperso nel terreno accanto alla casa. Ma a breve le cose sarebbero cambiate.

 

Il tempo sembrava essersi cristallizzato.Lucius era immobile, il viso che non tradiva alcuna emozione, incapace di processare tutte quelle informazioni. L’unica parte di lui che si muoveva era la mano dove teneva gli anelli che gli aveva dato Draco continuando a soppesarli, chiudendo e aprendo il palmo quasi ad accarezzarli o a saggiarne la consistenza.

Una parte di lui non poteva crederci. Anzi non voleva.

Aveva letto molto nel corso degli anni e sapeva bene che i viaggi nel tempo non fossero una cosa normale,neppure nel mondo magico.E come aveva dimostrato quello stesso incantesimo, cambiare le proprie sembianze era qualcosa di tutto sommato facile.

Quindi era probabile che quei due lo stessero ingannando di nuovo.

C’era un problema però.

Solo un metamorfomago poteva assumere con così grande precisione le fattezze di un’altra persona.

Un doppio incantesimo confondente?Troppo improbabile. E lui era certo di aver lanciato il suo in maniera impeccabile.

Polisucco?Ma in quel caso quando l’aveva presa? Non gli aveva staccato gli occhi di dosso per tutto il tempo.

Inoltre, fosse stata polisucco il ragazzo davanti a lui sarebbe stato esattamente identico a lui, o a Nicholas.

E invece gli occhi erano più azzurri, la forma meno allungata, la forma delle labbra più morbida.

E come un lampo gli venne in mente tutte le volte in cui gli avevano detto che erano simili, che c’era qualcosa di ineffabile che sembrava accomunarli. Lui, Draco, Arael e Nicholas.

E anche tutte le volte in cui aveva ricacciato in fondo alla mente come quel ragazzo e i suoi fratelli sembrassero essere legati da qualcosa, un legame impossibile da vedere, qualcosa che andava ben al di là dell’essere giovani purosangue serpeverde di famiglie ricche.

La strana predilezione di Arael, i pomeriggi spesi insieme, il tatuaggio. E quella strana, inspiegabile sensazione che provava ogni volta che gli stava accanto.

Il dolore profondo quando aveva scoperto le sue cicatrici.

L’orgoglio nel vederlo prendere il marchio nero.

E ora, di nuovo, si sentiva dilaniato.

Se tutto quello che quel ragazzo diceva era vero, se era sul serio suo figlio… il sangue del suo sangue era venuto nel suo tempo solo per rubare qualcosa che il Signore Oscuro aveva donato a Bellatrix.

Era venuto per tradirlo.

Quelle parole erano un coltello piantato nel cuore, un dolore che non pensava mai di poterlo provare.

Passò nuovamente la mano sulle incisioni. MB.

Era strano. Nessuno che conosceva aveva  il doppio cognome nel monogramma. E se era figlio suo c’era solo una persona per cui l’avrebbe accettato.

Sentiva gli occhi di Draco, così simili ai suoi, fissarlo in un’espressione che faticava ad accettare

Era paura. Delusione Speranza. Certezza di venire feriti. Era lo stesso sguardo che sapeva rivolgere lui ad Abraxas, pur sapendo che non ne avrebbe mai ricevuto nulla in cambio. 

“Quindi quando hai detto che quelle cicatrici te l’ha fatte tuo nonno…è stato mio padre, vero?”- mormorò come se davvero fosse la cosa che più lo interessasse, dimentico del fatto che da li a poco avrebbe dovuto prendere una decisione.

Draco annuì,lasciandosi  andare ad un sorriso stanco : “Immagino che tu voglia già sapere che razza di delusione sia vero? Che quello che mi ha fatto me lo sono meritato. Perché non sono l’erede che avrebbe voluto”. Un pausa.- “Che avresti voluto”

Lucius si fermò solo un attimo dal tocco ipnotico sul metallo. 

“Non dirlo”- disse solo gli occhi ancora bassi, la mano destra stretta sulla bacchetta.

“Cosa? Che me lo sono meritato… oh non ne hai idea.. il primo anno ho fatto perdere la coppa a Serpeverde, solo per andare dietro a questi quattro deficienti”- mormorò accennando al ragazzo dietro di lui.

Harry sbattè la testa contro il muro. Ricordava ancora la faccia di Malfoy quando si era reso conto che aveva contribuito in maniera preponderante alla perdita della coppa ormai nelle loro mani.E nonostante fossero in un mare di guai , gli venne da sorridere come quel giorno.

“A dir la verità, megalomane, l’abbiamo vinta perchè io, Ron ed Hermione ci siamo fatti il culo per prendere la pietra filosofale”- provò a farlo ragionare

Il biondo si girò di scatto : “ Si ed infatti eravamo pari. Poi però quella testa di cazzo di silente ha assegnato i dieci punti a un grifondoro a caso per chissà quale motivo”

“Perchè se li meritava no?”- interloqui Harry pacifico

“O solo perché si era reso conto che gli servivano punti per farvi vincere”- sibilò quello di rimando.

“Oh,si certo, poveri cuccioli bistrattati. Te lo dico io. L’aria viziata vi ha dato alla testa”

“La testa ve la dovete buttare giù voi da quella dannata torre, maledetto sfregiato”.

Lucius li guardava battibeccare perplessi.

Lui era nel mezzo di una crisi di coscienza e quei due litigavano sulla coppa delle case di chissà quanti anni prima. Decisamente qualcosa era andato storto nel futuro.

“Draco…”- disse calmo, come parlasse con un bambino. Il giovane erede dei Malfoy si girò di scatto, incapace di vincere l’abitudine di rispondere al richiamo di suo padre, nonostante tutti i tentativi e il risentimento che era tornato a covare dopo i ricordi del marchio nero.

“Qui c’è scritto MB….”- continuò, sperando già di sentire la risposta che vedeva in quelle fossette e in quella sfumatura d’azzurro che avrebbe riconosciuto ovunque.

“Vedi… Io davvero non capisco come faccia sempre ad essere il secondo del corso. Sul serio , con un padre così… io ho sempre pensato che tua madre fosse solo una bella statuina psicopatica…e invece dovresti accenderle un cero. Altrimenti credo non saresti stato in grado di riconoscere una bacchetta da un mattarello”.- commentò Harry pigramente, continuando a cercare di attivare la medaglia di comunicazione che gli aveva dato Ron. Senza bacchetta però era dannatamente difficile.

“Cazzo,mai stai zitto cinque minuti”- sbuffò invece Lucius posandogli addosso uno sguardo d’acciaio- “Se non l’avessi capito io starei parlando con mio figlio. Beh il mio futuro figlio. E tu sei petulante come poche persone al mondo”

“Io sono petulante? Senti chi parla. E, dimmi un po’ caro il mio mangiamorte, non puoi avere quest’adorabile conversazione con la tua progenie aprendo la porta della prigione?. Sai com’è non è che sia molto al sicuro tuo figlio in delle segrete dove a un momento all’altro potrebbe arrivare tuo padre. E visto quello che gli ha fatto nel futuro sapendo che era suo nipote non voglio neanche immaginare cosa gli farebbe ora. Vuoi sapere con chi hai generato la piaga della mia vita scolastica di Hogwarts? Beh ti do tre indizi: ricca, snob, purosangue. E visto che mi sembri molto meno sveglio di quello che credevo aggiungo: pazza, irascibile e bionda.”

Lucius sorrise. Quel ragazzino moro lo infastidiva enormemente ma in fondo gli stava vagamente simpatico. O almeno non lo odiava completamente, il che era già tanto. Una parte di lui però gli diceva che un giorno o l’altro avrebbe provato a farlo fuori sul serio.

“Ecco perchè sapevi esattamente come farla contenta…e io che sono stato geloso.. che stupido”- mormorò- “ Beh allora mi perdonerà per averla pietrificata ed essere scappato qui con Cassandra”

Harry alzò gli occhi al cielo, battendo contro le sbarre con fare eloquente.

“Come tu sia nato, mio caro furetto, è davvero un mistero che non ho voglia di conoscere. Oh finalmente"- borbottò mentre la bacchetta di Lucius si mosse per per l’Alohomora e la porta si apri cigolando.

Draco rimase immobile. Suo padre aveva davvero fatto una cosa del genere? E in quale parte della storia sua madre aveva deciso di non staccargli la testa?

Poi sentirono dei passi affrettati provenire dal corridoio e delle voci concitate.

Tiger e Goyle stavano parlando con qualcuno,

Il cuore dei tre ragazzi smise per un attimo di battere. Cercarono di tendere le orecchie.

Fortunatamente non era Abraxas.

Ma quella voce sensuale e tagliente come un coltello sapevano benissimo da chi provenisse.

Bellatrix Black era arrivata. E con lei sicuramente anche Rodolphus e Lestrange.

Lucius si girò nervosamente verso la porta per poi chinarsi a prendere le bacchette e restituirle velocemente ad Harry e Ron.

Si avvicinò a Cassandra, ancora svenuta. Non c’era dubbio che dovesse cercare di confonderle i ricordi o la prima cosa che avrebbe fatto appena reinnervata sarebbe stata tradirlo.

Poi si rivolse ai ragazzi

“Schiantatemi. E poi correte verso le cucine, c’è un passaggio che Locke non può aver chiuso. “ disse con fare concitato affacciandosi sul corridoio.

Per fortuna era ancora vuoto,sentì in lontananza Arael e Nicholas che cercavano di rallentarli. Avevano ancora qualche minuto

Il ragazzo moro aveva già tirato fuori la bacchetta. Lui prese un respiro. Sapeva quello che sarebbe successo. E le sue conseguenze. Ma in quel momento non poteva fare altro. Forse però poteva limitare i danni.

Prima che l’incantesimo lo colpisse però bloccò Draco, stringendogli la pietra verde nella mano.

C’era una cosa che doveva assolutamente dirgli, prima di non vederlo più fino alla sua nascita. Avrebbe voluto chiedergli scusa per non averlo protetto. Per aver fallito nel modo peggiore possibile. E per tutte le cose che stupidamente aveva detto sui figli.

Ma c’era una cosa più importante. L’unica per cui avesse tempo

“Non è colpa tua”

Poco prima che ci riuscisse, però, si senti sollevare in aria,prima di sbattere violentemente ancora una volta contro la pietra levigata ed umida delle prigioni. I passi si avvicinavano ma almeno Draco aveva una possibilità.

 

Iniziarono a correre a perdifiato, nella parte opposta rispetto a quella in cui sentivano le voci. Se solo avessero avuto quello stupido mantello dell’invisibilità con loro... E invece no, quel genio di sua zia aveva deciso che dovesse andare a Lenticchia e il cugino sfigato con l’ossessione per i babbani. Mai fidarsi di una che aveva sposato un Tassorosso, mai. 

E soprattutto, prese nota mentalmente, mai fidarsi di grifondoro quando dovevano fare qualcosa che prevedesse salvargli la vita. Era la seconda volta che ci cascava. Una terza non ci sarebbe stata.

Il margine di vantaggio che avevano avuto era stato davvero minimo. Già dopo poco aveva sentito le urla sempre più vicine, mentre schiantesimi iniziavano a volare attorno a loro.

Cercarono di correre a zigzag, optando per lanciare degli incantesimi difensivi a turno, in modo che l’altro potesse procedere a lanciare bombarde contro quei muri che però sembravano non esserne minimamente scalfiti

Sentiva altre voci. I Lestrange ovviamente, Tiger, Goyle. Ma in qualche modo erano riusciti ad entrare anche Dolohov e Yaxley, se sentiva bene. Come diavolo avevano fatto? Lui era da prima che cercava di smaterializzarsi senza riuscirci.

I sotterranei di Malfoy Manor non erano un posto dove era stato spesso. DI sicuro non con l’approvazione dei suoi. Gli unici ricordi che aveva era di quando da bambino pensava che fosse divertente nascondersi facendo impazzire gli elfi domestici che ben sapevano che cosa fosse accaduto loro se avessero dovuto ammettere di averlo perso mentre giocavano a nascondino magico.Ora, con il tempo gli venne il dubbio che gli elfi, in particolare Dobby, facesse finta di non trovarlo per poter stare un po’ in pace.  Tutto quello che ricordava comunque era che fosse un dedalo di corridoi stretti ed umidi e un paio di passaggi che potevano essere attraversati solo da membri della famiglia.

Il tutto era trovarlo.

E poi c’era un ulteriore problema.

“Potter..”

“Chissà perchè so che mi devi dire qualcosa di stupido vero” - sbottò Harry incrementando la velocità e slanciandosi di lato per non venire colpito, faticando a restare in equilibrio.

Draco sbuffò girandosi a lanciare uno scudo protettivo che permettesse loro di riprendere fiato.

Fu una fortuna perchè giusto in quel momento si infranse contro la superficie il levitacorpus di  Rabastan, rimbalzando all’indietro in tutta la sua potenza. Allora forse quei pomeriggi passati con gli stupidi grifondoro nella stanza delle necessità  non erano stati una totale perdita di tempo

“Ha detto che il passaggio è nelle cucine no..”- svagò riprendendo a correre.

Harry annuì senza parlare, lanciando una fattura orcovolante che colpì in pieno Crabbe.

Due in meno. Ma troppi in piedi.

Arael e Nicholas non sarebbero mai bastati, anche ammesso che Lucius venisse loro in aiuto. Senza contare che non sapevano chi altro stesse arrivando in soccorso. Era altamente improbabile, infatti, che il Lord del Maniero non fosse stato avvisato che nei sotterranei stava avvenendo una battaglia magica. Era questione di minuti e si sarebbe palesato anche suo nonno. E chissà con quanti altri mangiamorte, se non con Lord VOldemort stesso.

“Beh anche ammesso che riuscissimo ad uscire di qui…”- sbuffò appiattendosi contro il muro- “Beh.. io non ho idea di dove siano le cucine. E questo è un posto piuttosto grande se non te ne sei accorto”

Il bambino sopravvissuto sgranò gli occhi. Per la centesima volta… ma come era risucito a lasciarsi convincere a portarsi dietro una simile piaga.

“Ma è casa tua per Merlino!Come è possibile che tu non sappia dove siano le cucine”

Il biondo gli rivolse uno sguardo offeso, lanciando uno schiantesimo che purtroppo venne abilmente respinto da sua zia.

“Ti sembro un cazzo di elfo domestico, Potter?”

“Saresti di certo più utile razza di demente platinato”.Harry represse la voglia di piantargli un pungo in faccia, giusto per togliergli quell’espressione stupita dal viso, ormai tornato alle sue fattezze originarie che lo affliggevano da cinque anni- “E ora che si fa? Sono troppi”

Gli occhi grigi di Draco si illuminarono riconoscendo una pietra scalfita con una runa disegnata sopra. Eccolo il passaggio che ricordava da bambino. Avvicinò la bacchetta e le lastre di pietra che formavano l’angolo scivolarono di lato, lasciando una fessura sottile.

Draco si girò verso il gruppo che veniva verso di loro lanciando incantesimi.

Non ce l’avrebbero mai fatta. Prese la pietra che gli aveva dato il padre e la ficcò in mano allo sfregiato.
“Trasformati in cane Potter. Almeno dovresti avere un olfatto sviluppato. Corri alle cucine e trova il passaggio. E una volta fuori di qui  vai all’appuntamento e avvisa la Granger.”

Quello non era un buon piano,lo sapeva. Ma al momento era l’unico che avevano, pensò mentre sentiva il suo corpo cambiare, l’aria farsi più ricca e densa di odori. Paura, eccitazione, sangue…

“Stai tranquillo, la tua amica sarà li all’ora prevista, non ne ho dubbi. E mia zia farà lo stesso, per lei questa dannata Dama del Lago è troppo importante. E Ora muoviti cane pulcioso. E non guardarmi con quegli occhi, come se ti fregasse un cazzo di quello che faccio”- ghignò mettendosi in posizione di difesa, mentre Harry riluttante attraversava il passaggio- “Ora ti faccio vedere cosa significa prendere tempo. I Serpeverde sono maestri in questo. E tu vedi di muoverti, cazzo e portare qui qualche aiuto”.

 

 

Arael e Nicholas si guardarono con un misto di orrore, mentre Dolohov e Yaxley arrivavano di corsa dietro di loro, superandoli.

Dannazione a Locke, quel maledetto elfo dopo averli smaterializzati era anche andato a recuperare quei due folli. Un altro pensierino speciale di Cassandra probabilmente.

La luce negli occhi di Bellatrix brillava maligna e preoccupante, mentre si rigirava la bacchetta a forma di artiglio tra le mani, chinandosi su Cassandra per reinnevarla.

Il fatto che non avesse fretta non era buon segno, significava che pensava di aver tutto il tempo del mondo per vendicarsi per l’attacco di Sirius Black e  dei suoi amici.Arael aveva intravisto Andromeda nella casa, poco prima che Nicholas facesse crollare il muro, un attimo prima che si smaterializzasse.

Sperava solo che non avesse perso tempo con quei dannati babbani e fosse invece tornata a VIlla Black, se c’era un modo di poter entrare a Malfoy Manor per aiutarli era certa che solo la combinazione delle due streghe più irritanti e intelligenti della rispettiva generazione potesse trovarla.

Oppure c’era un’altra possibilità, alla quale non voleva pensare. Recuperare la pietra e trovarsi con Hermione che doveva portare la pozione. E lasciare Draco a cavarsela da solo.

Se mai fosse riuscito a sopravvivere. L’arrivo di Abraxas era ormai vicino, troppo vicino.

Sentì un gran tafferuglio, le urla dei Lestrange che risuonavano selvagge, amplificate dall’eco della pietra centenaria e dal vuoto di quelle stanze. 

Nicholas si era chinato su Lucius, che gli si aggrappò alle spalle per tirarsi su, bisbigliando qualcosa all’orecchio. I grandi occhi grigi di suo fratello si allargarono stupiti prima di posarsi su di lei con uno strano sorriso, mostrandole di nascosto dalla Black l’anello che Lucius aveva continuato a tenere stretto in mano.

“Oh insomma Carrow, davvero non ricordi cosa è successo?”- sibilò Bellatrix seccamente avviandosi a lunghi passi verso il corridoio

Cassandra la guardò confusa, spostando lo sguardo tra i gemelli Malfoy, prima di soffermarsi su Lucius, pensierosa.

Lui si limitò a scrollare le spalle, la mano ancora stretta ad artiglio sulla spalla del fratello.

“Non guardare me, ricordo solo che li avevamo chiusi nella prigione e poi non so come ma mi sono ritrovato sdraiato in terra..Di un po’ non sarai stata tu? Prima mi hai costretto a portarli qui e poi guarda un po’ scappano. Ed erano senza bacchette”- rispose calmo, lasciando che l’insinuazione che fosse stata Cassandra a tradirli per cercare di recuperare una posizione di prestigio all’interno del circolo di Lord Voldemort penetrasse nella mente di tutti.

Arael dentro di sè si permise il lusso di sorridere.

Lucius sapeva.

Sapeva chi era Draco.

Sapeva che aveva rubato una cosa importante per Lord Voldemort.

Eppure lo aveva lasciato scappare.

O almeno ci aveva provato. Ora toccava a loro farli sopravvivere.

“Oh non preoccupatevi. sono certa che non andranno molto lontano”

Di nuovo quella vocetta infantile che preannunciava un attacco di follia pura.

Bellatrix Black scosse i lunghi ricci, puntando la bacchetta contro la lunga gonna a sirena, lasciando che lo spacco centrale già alto, divenisse inguinale tanto di permetterle di correre senza alcun impedimento.

E con un ridolino divertito usci dalla prigione, eccitata come una  bambina che correva ad aprire i doni di Natale, i tacchi che risuonavano altalenanti sul marmo.

“Dove siete miei piccoli traditori…”- cantinelenò incurante degli incantesimi che sfrecciavano accanto a lei. - “Ah eccovi qui…”

Avada Kedavra

Il cuore dei Malfoy si fermò per un attimo, incerti che la maledizione avesse colpito.

Uscirono di corsa svoltando veloci lungo il corridoio, giusto in tempo la maledizione che si infrangeva contro il muro di pietra che si era appena chiuso, a pochi centimetri dalla testa biondissima di Draco, che di rimando lanciò un vortice di fuoco che investì in pieno Yaxley e Dolohov.

Bellatrix respinse l’artis temporus senza troppo sforzo

“Dannazione gli avevo detto di andare nelle cucine. Ma dov’è quell’altro?”- mormorò Lucius angosciato.

“Malfoy, mi sa che c’è qualcosa che non torna qui… perché questo viscido traditore vi somiglia tanto?”- chiese Rodolphus con il fiatone, preparandosi a lanciare una nuova offensiva.

“Qualche bastardello in famiglia è evidentemente sfuggito al controllo. Ma non sarà un problema ancora per molto, non credi? Andiamo piccolo Draco, sei da solo… quanto pensi di poter resistere? Se ti arrendi ti prometto che non ti farò troppo male…sempre che tu mi dica esattamente che cosa diavolo sta succedendo”- promise con voce falsamente dolce Bellatrix

Prima che riuscissero a fare qualcosa, Arael e Nicholas sentirono le membra irrigidirsi, il respiro fermarsi, le gambe diventare di pietra. Non si erano accorti che Rabastan e Cassandra erano scivolati alle loro spalle.

Che sciocchi che erano stati. Si erano creduti così intelligenti. E si erano fatti fregare come pivelli.

“Scusate, ma di voi due non mi fido troppo. E’ tutto l’anno che siete strani…”-

“Lasciala stare brutta psicopatica. Ma che diavolo di problemi hai? Ci credo che finirai ad Azkaban”- urlò Draco la bacchetta in mano ma timoroso di usarla, visto il coltello che Rodolphus Lestrange teneva dritto alla gola di sua zia.

“Te l’avevo detto Bellatrix, questi tre se la intendono da tempo. Te l’avevo detto che assomiglia a loro. E tu non hai voluto credermi… hai detto che ero pazza”- sibilò la Carrow puntando la bacchetta alla tempia di Nicholas

“Senti Carrow, fai meno la vittima che hai cercato di uccidere mia sorella. E questo io non me lo scordo. Quindi hai ragione, ok scusa se non ti ho creduto ma non ti azzardare mai più a rinfacciarmi nulla o giuro che ti appendo alla torre di astronomia”- replicò Bellatrix avvicinandosi a Lucius, rimasto immobile, lo sguardo che vagava tra Draco e i fratelli.

“E tu Lucius, sei con noi o contro di noi? Ti ricordo che abbiamo garantito noi a Lord Voldemort per questo ragazzino qui. Ma sono certa che se gli portiamo il suo cuore il Signore Oscuro ci perdonerà. Che dici ci pensi tu?”- gli chiese avvicinando le labbra morbide all’orecchio del ragazzo.

Draco si sentì perduto. Qualsiasi scelta avrebbe fatto suo padre avrebbe avuto delle conseguenze inimmaginabili sul futuro. Alla fine era successo. Aveva mandato tutto a puntate.

Meno male che la Granger non avrebbe mai avuto il tempo di venirlo a sapere, pensò mentre una risata gli risaliva dal cuore. Era tutto così assurdo.

Sua zia lo guardò con stupore, incredula di fronte ad una tale reazione.

E poi ci fu un boato, e una gran nebbia avvolse tutti loro.

Una nebbia che conosceva bene.

Era la stessa di quella notte di Samhain.

E quando si dissipò non era più solo.

Davanti a lui c’era la sua meravigliosa grifondoro, gli occhi color miele che lampeggiavano, era accanto a lui.

E l’ultima persona che si sarebbe mai immaginato

“Lasciali andare, Bella. Non te lo dirò un’altra volta”

Sua madre era li, la bacchetta puntata contro la sorella che la guardava stupita.

“Cissy… ma cosa diavolo…”-mormorò sgranando i grandi occhi scuri, per la prima volta il dubbio di cosa fare che si insinuava dentro di lei- “Vai via di qui, Cissy. Non sai di cosa stiamo parlando”.

La minore non si lasciò intimidire, mettendosi tra il figlio e la sorella.

“Oh credimi, lo so molto più di te. E non ti lascerò fare del male a delle persone che amo, ricordatelo.”

Lucius si mise accanto a lei, sfiorandole appena una mano.

Bellatrix rise, come se avesse detto la cosa più sciocca del mondo.

“Che amo, Cissy? Oh andiamo, non fare la bambina. Vai a casa, su e lascia che i grandi risolvano le questioni importanti”-la blandì.

Gli occhi di Narcissa lampeggiarono furiosi, la mano di Lucius che stringeva più forte quella lasciata libera. Come quella volta, mesi prima.

Uno schianto dietro di loro. Due grida di dolore.

Bellatrix si girò di scatto, la bacchetta che saettava pronta a colpire ma che si fermò un attimo.

Pansy e Andromeda erano apparse alle spalle di Rodolphus e Cassandra, schiantandoli.

E dietro di loro veniva quell’altro ragazzino rosso, che teneva Lockey impastoiato magicamente, un altro elfo con uno strano fiocco in testa che gli trotterellava vicino.

Hermione approfittò della sua disattenzione per disarmarla facendo volare la bacchetta ai piedi di Andromeda, che si chinò a raccoglierla, tenendola in mano pensosamente.

“Quanto male farai con questa Bella?”-mormorò appena, guadagnandosi uno sguardo d’odio dalla sorella maggiore

“A quanto pare certi elfi sono meno fedeli degli altri, sai… e Cockey ha un certo talento per convincerli”- chiosò il grifondoro scrollando il dannato essere che continuava a dimenarsi e a lanciare minacce e maledizioni.

“Non ci posso credere, entrambe le mie sorelle che mi tradiscono. E per chi poi? Un Malfoy e uno sconosciuto?”- sputò con disprezzo guardando Arael e Nicholas che pian piano riprendevano vita.

La bionda gli sorrise, con voce dolce : “ Un Malfoy e un mezzo Black, se proprio ti interessa. Ma tanto non importa perchè tra poco non ricorderai più niente. Stupeficium”.

Draco si scambiò uno sguardo con Hermione, che annuì. Puntando questa volta la bacchetta sui due davanti a loro.

Narcissa e Lucius crollarono in terra, senza neanche rendersi conto di cosa o chi li aveva colpiti.

Non potevano permettersi che ricordassero nulla di quella sera.

Al resto avrebbe pensato chi rimaneva.

Per loro era tempo di andare.

Draco si fermò a guardare suo zio.

Era l’ultima volta che l’avrebbe visto.

Il ragazzo annuì, facendo un gesto con la mano, come a voler scacciare un pensiero.

“State tranquilli. Qui ci penso io cancellare un po’ di ricordi, voi andate. L’unica cosa che ricorderanno è di essersi presi una sbornia colossale. E quando troveranno la casa degli orrori bruciata… beh penseranno di essersi divertiti un po troppo”- disse come se non gli stesse dicendo addio, come se semplicemente li avrebbe rivisti il giorno dopo in Sala Grande.

“E per tuo padre?”- chiese Hermione preoccupata

Di nuovo quel gesto noncurante.

“Beh voi ufficialmente non esiste per cui la vostra presenza non è mai stata rilevata. E per le sorelle Black e questi qui… beh diremo che sarà stato una sorta di addio al celibato. Un po’ di sangue in giro e sarà contento”

Draco non sapeva se crederci, ma non c’era altro che potesse fare.

Strinse forte la mano di Hermione, e con un ultimo sguardo alla sua famiglia si avvicinò alla passaporta che Pansy aveva in mano.

Sperò che Potter per una volta fosse puntuale.

Perchè sul luogo non poteva sbagliarsi neanche un cretino come lui

Prima di Grimmauld Place infatti dovevano assicurarsi che la pietra giungesse a destinazione,

E Arael era stata chiara

Avevano poche ore.

Poche ore e avrebbero salvato il mondo.

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Capitolo 36
*** Capitolo 36° ***


Uscire da Malfoy Manor non era stato troppo difficile. Sicuramente meno del previsto. Come aveva predetto Lucius il passaggio delle cucine non era stato chiuso e portava dritto dritto nell’attico di Diagon Alley, ecco come era entrato il maledetto serpeverde quella mattina. E da lì arrivare via camino a Villa Black era stato un attimo.

Certo la sua comparsa come cane aveva destato più di qualche gridolino quando aveva insozzato i soffici tappeti pregiati, tutti rigorosamente di colori chiarissimi che bastava solo guardare per sporcarli. Ma essere un animale aveva degli indubbi vantaggi. Tolto il fatto di essere rincorso con una scopettone da un’orda di elfi infuriati, trovare Sirius era stato piuttosto semplice, anche grazie all’uso smodato che sembrava continuare a fare della colonia.

Il giovane Black evidentemente l’aveva sentito arrivare, perché aprì il pesante portone della biblioteca un secondo prima che ci si schiantasse contro. Per poi chiuderlo con un ghigno sulla faccia arrabbiata di Kreatcher che era venuto ad aiutare la famiglia Black in un’occasione così importante ed era a capo della spedizione punitiva, che se ne andò borbottando imprecazioni sul perché il padroncino Sirius non poteva essere bravo e intelligente come il padroncino Regulus. No, tutte le tare a lui dovevano capitare. Un Black che gioca con un cane,  che scempio.

Harry ridacchiando riprese la sua forma umana, scrollandosi appena la polvere accumulata nella corsa e cercando di riprendere fiato. 

Oculus Reparo- sbuffò.

La parte peggiore di essere un animagus era che ancora non aveva capito come evitare che gli occhiali si rompessero. I vestiti sembravano adattarsi..ma quei poveri occhiali che gli permettevano di vedere il  mondo ogni volta sembravano uscirne peggio.

Finalmente dotato del dono della vista spostò lo sguardo su Sirius. E sul ragazzo sdraiato in poltrona, intento a farsi medicare.

Ted Tonks.

Era ferito. Ma non in maniera grave.

Ma soprattutto, Ted Tonks era a Villa Black,
“Oh, se solo zia lo sapesse… Quel mantello dell’invisibilità è fenomenale.”- si sfregò le mani il giovane erede della nobile e antichissima casata dei Black- “Ma ora non c’è tempo. Dobbiamo andare. Andromeda ha detto di aspettarle direttamente li.”

Ted si alzò seppur a fatica, pallido ma decisamente intero. 

“Li dove? Il piano era vedersi qui. E quello stupido di Malfoy è rimasto in quella sua stupida casa piena d stupidii spifferi a giocare allo stupido tiro al piattello delle stupide maledizioni..:”

“Primo.. cos’è il tiro al piattello? Secondo…ma che ti frega di un Malfoy? Terzo …eh?”- commentò Sirius con noncuranza prendendo in mano la piuma di grifone che gli aveva lasciato Andromeda, con chiare istruzioni.

Primo rimettere in sesto Ted.

Secondo aspettare Harry.

Terzo ignorare i vaneggiamenti di Harry. Cosa che al momento gli riusciva alquanto difficile.

Quarto. Attivare la passaporta .

Facile.Peccato solo che i suoi amici non fossero li.

Ma per quella sera si erano divertiti anche loro.

Adesso era il momento di passare del tempo di qualità in famiglia. Allo stile dei Black.




 

Mezzanotte

L’appuntamento per tornare indietro nel tempo era mezzanotte del 22 dicembre. Comodo insomma, anche senza considerare di essere stati prelevati contro la loro forza e costretti a combattere con dei mangiamorti adolescenti invasati. Capiva il volerli mettere al sicuro il prima possibile, ma almeno qualche ora in più avrebbero potuto dargliela 

Senza contare il fatto che anche se avessero voluto, cosa che dubitava fortemente Hermione avrebbe permesso, non avrebbero semplicemente potuto andarsene mollando la pietra alla zia psicopatica del furetto.

No, perchè ovviamente quando c’entrava la famiglia della piaga della sua esistenza ad Hogwarts doveva sempre esserci qualche complicazione.

E la complicazione era giunta sotto forma di rituale.

Come se non fosse bastato quello della notte di Halloween quando li avevano lasciati in balia di asticelli trapassati troppo cresciuti e con le zanne troppo aguzze.

Harry si guardò intorno. Sapeva di conoscere quel posto… eppure non riusciva a far quadrare i pezzi.

La luna era ormai alta nel cielo, il quarto calante sufficiente ad illuminare la strada. Non c’era niente di straordinario in quel posto. Non era una caverna, un bosco incantato, un castello.

Solo una normalissima via, di un normalissimo paesino di quello che sembrava il West Country. Una chiesa, un pub, qualche negozio con la serranda abbassata. Gli alberi delle lunghe vie strette addobbati da candele magiche che continuavano a splendere dolci nonostante la neve che iniziava a cadere. 

Riconobbe gli inconfondibili capelli dei Malfoy davanti ad una casetta anonima, proprio all’incrocio principale.

Sirius e Tonks gli erano accanto increduli quanto lui.

Tutta quella segretezza.. per cosa?

E poi lo capì.

Quando vide Hermione e Ron girarsi e corrergli incontro e abbracciarlo forte.

“Oh Harry per fortuna che stai bene”- mormorò Hermione sistemandogli gli occhiali sul naso e stringendogli il viso tra le mani.

“Ho visto la fattura che hai lanciato su Dolohov… cazzo Harry a momenti gli staccavi la testa”- gli sorrise Ron dandogli una gran pacca sulla spalla e costringendo Hermione  a lasciarglielo

Però lo aveva visto, dietro i due amici che lo tenevano stretto, c’era un cartello.

Come aveva fatto a non notarlo prima

Benvenuti a Godrics’ Hollow

Di certo la vita di Harry Potter aveva uno strano senso dell’umorismo.



 

Arael iniziava a sentirsi inquieta. Era cosciente del fatto  che Andromeda ed Hermione avessero fatto le loro ricerche. Sapevano bene cosa fare, si ripeté rigirandosi tra le dita l'ampolla che sembrava contenere del metello fuso, denso e purpureo come estratto di una luna alternativa e psichedelica. La stessa che aveva intravisto nel fondo del lago nero.

Sorrise mentre il nipote le chiudeva la collana attorno al collo pallido e slanciato, quella pietra così colma di magia che le mozzava il fiato, come un serpente che scivolava nella sua cassa toracica per raprile l’ossigeno puro delle ore che si avvicinavano alla notte.

Sua madre  aveva detto che le  avrebbero dato loro un simulacro perfetto, che avrebbe ingannato lo stesso Voldemort. Loro avevano solo dovuto preparare la scatola nel quale rinchiuderlo, e quella era già pronta a Villa Black, in attesa solo del suo prezioso contenuto. Se il confundus aveva funzionato a dovere nessuno ricordava del furto, pertanto Bellatrix non si sarebbe accorta di nulla. E neanche avrebbe ricordato o meno l’esistenza di quella scatola di ebano nero intarsiata con rune d’argento.

“Sei pronta?”- le sussurò Draco in un orecchio, stringendosi a lei. Biancospino. Aveva ragione Olivander quando dieva che è la bacchetta che sceglie il mago. Oscillante, vittima degli eventi, incapace di affidarsi veramente al suo lato oscuro e chiuso in una gabbia di dubbi per il futuro. Di tutti loro, nonostante le apparenze, le frasi sprezzanti e il linguaggio colorito, era forse il più fragile. Di certo avrebbe preferito non aver quel pensiero, essere sicura che sarebbe sempre sopravvissuto a tutto affilato come una lama la vita e le sue difficotlà.- Come il più giovane dei Black. Quercia rossa, d’altronde, aveva avuto una visione sul giovane Black pochi giorni prima. Sapeva ci sarebbe stato. E che a lui sarebbe toccato Duir “Io sono un dio che incendia la testa con il fumo”. Appropriato, visto il temperamento del più ribelle dei Black,

Gli sfiorò il viso, così simile a quello di suo fratello minore, non potendo impedirsi di pensare per l’ennesima volta a quanti sbagli avrebbe fatto, quanto dolore avrebbe causato.

Sapeva che sarebbe successo. Lei stessa aveva ucciso ultimamente e a non del vero non provava quasi nulla a riguardo. Ghignò. beh forse in fondo in fondo gli insegnamenti di Abraxas avevano dato i  loro frutti.

Ma non era solo qello il motivo. Aveva fatto tutto quello che era necessario per proteggere la sua famiglia. Vedeva Nicholas avvicinarsi a grandi passi verso il baratro, ogni giorno un regalo che però assottigliava la poca strada che avevano ancora da fare insieme.

E alla fine anche Draco l’aveva fatto. Quella sera, pur di non tradirsi, condannandoli a morte. Lui e Pansy si erano piegati, affrontato quello che probabilmente avevano sempre avuto paura di diventare. Eppure ora erano li. A partecipare ad un rituale cui nessun mago oscuro avrebbe mai potuto davvero prendere parte senza rischiare la vita.

Misa una mano sullo stipite della porta, sentendo il calore del legno, legno di salice che fremeva sotto le sue dita. Chiuse gli occhi, respirando a fondo l’odore della notte, nel quale spiccavano quello dei nove fiori che avevano sparso sulla soglia  della casa. Biancospino, appunto. E poi ginestra,ulmaria, gittaione,ligustro, caprifoglio fagiolo bianco, il fiore delicato dell’ortica. E primula di montagna

“Si, è ora. Non avete più troppo tempo. Le ragazze vi  hanno spiegato cosa fare vero?”

Ron annuì. Quel giorno di ottobre in biblioteca quando avevano parlato dell’alfabeto degli alberi gli era sembrato che Hermione stesse straparlando, probabilmente dovuta a troppi zuccheri derivanti dai tortini di mele deliziosi di Cockey.

E invece come al solito la strega più brillante della sua generazione era sulla strada giusta anche senza saperlo. 

Si girò a guardare Harry, lo sguardo tornato verde brillante del suo migliore amico che fissava la porta, con un’espressione indecifrabile. Non ricordava niente di quei giorni da bambino passati con i genitori. Nascosti, certo, ma pieno di amore. E di nuovo tutto era finito una sera di Halloween.

Sirius non aveva aperto bocca, al contrario del suo solito, non commentando neanche il cambio di aspetto di Draco e Harry. O il fatto che fossero lìi con un cimelio rubato e l’angoscia di non fare in tempo.

Le mani incrociate dietro la schiena dritta, la testa elegante appena inclinata verso la cugina  e gli occhi grigi fissi sulla porta. 

Ora lo vedeva. Il dolmen. Due pilastri verticali di legno sormontanti da un’architrave di pietra.

“E non dobbiamo fare niente? Nessuna formula magica? Nessun incantesimo'”- chiese dubbioso

Hermione gli si avvicinò prendendolo per  una spalla:“A volte la magia è gia dentro di noi. Saranno le nostre bacchette a parlare. Quando sarà il tuo turno avvicinati e punta la bacchetta. Non opporre resistenza a qualunque cosa sentirai, capito? E' importante.Andromeda andrà per prima e aprirà il primo sigillo sulla base del pilastro di sinistra. Poi Ted sulla parte apicale. Sull’asse orizzontale  prima di te ci saranno Ron e Draco Harry chiuderà la fila. E il pilastro di destra è mio e di Pansy"

“A quanto pare siamo più simili di quello che crediamo, eh Granger? Vite ed Edera… anche se ovviamente io mi sono presa la parte figa di quella che voi stupidi babbani chiamate zoe dionisiaca”- soggignò la mora prendendola a braccetto e simulando un’ilarità che non aveva.

Era preoccupata invece. Molto. Un passo fasso e tutti i suoi sacrifici sarebbe stati inutili.

“Per Merlino quanto chiacchierate. Concentratevi un po..”- sbuffò Andromeda avvicinandosi al portone e allungando la mano. Il potere che sentì fluire in lei quasi la trovolse. Era di nuovo nel bosco, a respirare la foresta e l’acqua gelida dell’acqua delLago Nero. 

Betulla. L’albero della saggezza, della luce. E dell’iniziazione. Sentì la sua bacchetta vibrare prima  di rendersi conto che dove prima c’era una superficie liscia, ora spiccava una runa celtica, come quella che aveva visto sulla pietra di Hegist.

Guardò Ted che annuì. “Una Beth perfetta, amore. Per una serpeverde, intendo. Ora guarda il maestro”- ridacchiò strizzandole l’occhio è avvicinandosi. L’ontano, il primo della battaglia, l’albero dai tre colori

Rimaneva solo Arael, che ora si volse verso Pansy con un cenno della testa, i capelli chiarissimi scomposti dal vento impetuoso così come il vestito dal tessuto sottile e liquido come acqua appena solidificata.

“Fanne buon uso”- le gridò la mora costringendosi a sorridere.

Hermione si strinse a Draco, il gelo sferzante attorno a loro che diventava sempre più forte, quasi a voler metter in dubbio la loro tenacia, la loro volontà di restare li,nonostante tutto.

Di decidere di chiedere alla Signora l’accesso.

Arael guardò a lungo il nipote, come per imprimersi nella mente ogni particolare di quel bambino che non avrebbe mai visto ma che era sicura sarebbe stata la ragione di vita di suo fratello. Il ragazzo sostenne il suo sguardo, metallo contro metallo chiedendosi per la centesima volta perchè nessuno si fosse premurato di raccontargli in dettaglio come e quanto fosse imparentato con una strega cosi straordinaria.

Perchè non parlare di Nicholas e Arael? Perchè non farglieli conoscere anche se solo tramite ricordi? Guardandola allontanarsi si sentì come poche ore prime. Si sentiva come se li stesse perdendo per la prima volta ,un lutto subitaneo ed improvviso che nessuno gli aveva dato tempo e modo di elaborare.

La strega bionda gli rivolse un sorriso più simile ad un ghigno “ Come ha detto la vostra amica? Le cose perdute prima o poi ritornano”

Poi si avvicinò alla soglia della porta, la pozione che brillava sinistra alla luce pallida della luna. 

Hermione ed Andromeda avevano fatto davvero un buon lavoro. Poche gocce, così come il sangue versato ne bosco sacro, e sia lei che la porta vennero avvolte da fiamme altissime e bluastre.

Eppure mentre il legno sembrava divorato dal fuoco lei non percepiva altro che un piacevole calore.

Pose la bacchetta al centro del portone. Quando aveva preso la sua bacchetta da Ollivander, il mago l’aveva guardata in modo strano, dicendo che conosceva pochissimi maghi scelti da quel legno. E quello che i suoi occhi aggiungevano era che non sarebbe vissuta così a lungo da eguagliarli.

Quel vecchio pazzo forse davvero aveva un nodo. 

Sambuco

L’albero del tredicesimo mese. L’albero della luna nera. Quella della veggenza. Quella Dea della vita e della Morte.

Chiuse gli occhi facendosi cullare dal roboare delle fiamme. Non ne aveva paura, sapevano che erano parte del passaggio, solo uno dei tanti tranelli da attraversare.

E poi l’odore di fumo si trasformò nell’aroma dei fiori, di erba bagnata, di acqua dolce riscaldata del sole.

Il mondo magico era alle sue spalle. Era tornata dalla Dama del Lago.

Prese il pugnale che le aveva dato Pansy e lo porse alla traghettratrice.

D’altronde Cockey era stata chiara. non si va dalla Signora senza un dono.

Arael aprì i grandi occhi grigi, beandosi  di quella tranquillla immobilità che permaeva quel mondo.

La dama del lago si affrettò verso di lei, allargando le braccia “Morgaine, bambina mia… non avevo dubbi che saresti tornata”

E per la seconda volta in tutta la sua vita, si sentì veramente a casa.










 

In pochi secondi le fiamme si abbassarono fino a scomparire, lasciando la casa intatta, come se non fosse mai stata avvolta da quel fuoco magico. L’unico indizio che fosse accaduto qualcosa erano un leggero strato di umidità che ricopriva i segni che loro stessi avevano lasciato poco prima.

Andromeda si avvicinò, toccando con dita leggere il portone e sorridendo tirò fuori una fialetta nella quale raccolse qualche goccia trasudante dal legno.

Ron alzò gli occhi al cielo, osservando Hermione affrettarsi a fare lo stesso. Ma quelle due sul serio giravano con prove e provette in tasca in caso di bisogno? Dannati incantesimi ingrandenti delle borse, capaci che si fossero portate anche Storia di Hogwarts dalla fondazione ai giorni nostri e chissà cos’altro.

“Non fare così Ronald. Questa è rugiada, non vedi? E sono certa che almeno in una lezione tu abbia sentito parlare dell’importanza di questo ingrediente. E non è di sicuro la rugiada qualsiasi della campagna inglese, quindi due minuti a raccoglierla posso anche prendermeli no?”- disse seccamente la grifondoro guardandolo ,mentre Pansy alzava le mani in alto, come a dire che per lei quelle due erano matte da legare e di certo non si metteva a discutere con gente del genere. E lei già ci aveva rimesso un pugnale e  quasi la sua sanità mentale in quella storia.

“Comunque Ron ha ragione, dovete sbrigarvi. Manca mezz’ora  a mezzanotte e non possiamo permetterci che qualcosa vada storto”- sorrise Ted facendosi passare da Andromeda la passaporta che avevano preparato- “Dritti a Grimmauld Place”

“Ok, ora mi spiegate cosa diavolo sta succedendo. Mi va bene che siate apparsi dal nulla, ben vengano le lezioni pratiche di incantesimi, ottimo aver combattuto sul serio, e mi sta persino bene aver partecipato a un rituale strano con troppi serpeverde per i miei gusti… ma ora mi spiegate cosa cazzo succede?”E dove è andata la pazza bionda?"- sbuffò il giovane erede dei Black spostando gli allungati occhi grigi inquisitori su tutti loro.

“Ehi, razza di cane sfigato, non parlare cosi di mia zia..”- sbottò Draco approfittando per dargli una spinta.

“Tua che?”- rispose quello pronto 

“Ma quanto sei stupido. Io davvero non ho più parole per dirlo, guarda”- borbottò Harry approfittando per restuirgli lo spintone che aveva appena dato al so padrino.

“Ma chi se ne frega, tanto dobbiamo obliviarlo no? Ormai l’abbiamo detto ai miei… sai che cazzo me ne frega dello sfigato del tuo padrino”- rimbeccò Malfoy- “E almeno hai ripreso il tuo vero aspetto, ti giuro non ne potevo più di vederti con quei capelli rossi alla Weasley”

“Weasley? Come quell’Arthur di cui parlava Frank? Siete parenti”- inquisì nuovamente Sirius

Le ragazze si scambiarono uno sguardo sconsolato .

 “ E meno male che avevamo fretta”- si limitò a commentare Hermione tirando fuori la bacchetta e puntandola minacciosa nei confronti del trio che stava per venire alle mani. Stranamente Ron era rimasto del tutto fuori da quella storia gustandosi la scena a braccia conserte insieme a Ted. Se le orecchie non la ingannavano quei due stavano scommettendo su come sarebbe andata a finire.

“Loro vengono dal futuro, mi pare chiaro no?”- in mezzo a quel marasma di toni alterati la voce calma e pacata di Pandora ebbe il potere di di gelare i presenti.

Otto paia di occhi di ogni forma e colore si girarono a guardarla esterreffati.

“E’ dall’inizio dell’anno che lo dico, ma nessuno mi sta a sentire a Corvonero. Molti pensano che io sia pazza”- disse dolcemente spostandosi una lunga ciocca di capelli biodi come il grano che le si erano incastrati nella spallina del vestito.

“Vedi… io l’ho sempre detto che si credono tanto intelligenti invece…”- si limitò a commentare Malfoy spostandosi però dalla traiettoria della bacchetta di Hermione. Quella l’amava, gliel’aveva dimostrato. Ma era anche matta come tutti quelli della sua casa.

“E io che pensavo che le chiacchiere sulla tua sanità mentale fossero solo voci…”- la guardò atterrito il più giovane dei Black. L’espressione ben presto si mutò in un ghigno sardonico - “ Ti andrebbe di venire a casa mia a prendere il tè? Sono certa che mia madre amerebbe fare conversazione con te”

“Sirius…”- lo blandi la cugina, non potendo fare a meno di sorridere all’idea. Oh quanto le sarebbe piaciuto partecipare a quell’incontro. Ma non c’era più tempo.

Si girò verso Hermione e Pansy, stringendole entrambe in un abbraccio. Un gesto che lascio totalmente interedette le due giovani streghe, che di tutto si aspettavano da lei che una tale dimostrazione di affetto.

“Vi aspetto dall’altra parte”- bisbigliò loro nell’orecchio- “ E non preoccupatevi, a questi due pensiamo io e Ted”.

Harry e Draco si avvicinarono a Ron, che teneva in mano un targhetta di ottone cui era attaccata un’unica grande chiave di metallo, con l’attaccatura riccamente intagliata.

“Silente ha detto che vi servirà. L’ha preparata direttamente lui la passaporta”- spiegò la giovane serpeverde.

Harry fu l’ultimo ad incrociare le mani sulla passaporta, concendondosi un ultimo, lungo sguardo in quel posto, sperando di sentire le risate dei suoi genitori nel vento. Perchè ne era certo, non importava la paura che aleggiava fuori dalla porta, James e Lily erano stati felici con lui in quella casa.

Poi tutto iniziò a girare, e prima di rendersene conto erano di fronte al numero 12 di Grimmauld Place.

Guardò l’orologio. Mezzanotte meno un minuto

Per una volta erano in perfetto orario.

E in quel momento i mattoni del muro esterno iniziarono a vibrare, come colpiti da un un martello invisibile, frammenti di calce che cadevano in terra uno dopo l’altro. Ben presto al suo posto apparve una graziosa porta  di legno scuro in stile gotico, contornata da archi a sesto acuto di pietra bianchissima.

Harry si avvicinò, cercando la serratura inutilmente, La luce proveniente da dietro il legno continuava a brillare, facendo vibrare d’energia l’intero portone.

Ron si avvicinò  con un sorriso. C’era una cosa che ormai aveva capito.

“Questi mesi mi hanno insegnato tre cose. Uno i serpeverde sono folli.”- iniziò contando con le dita ben stese, ignorando i commenti maligni dietro di lui.

“Due mai fidarsi degli occhi”- continuò , e seguendo il suo stesso consiglio li serrò con forza iniziando a tastare il legno sfiorandolo appena con le dita. 

Evidentemente trovò quello che cercava perchè riaprì gli occhi sorrise : “Terzo, per una soluzione parti sempre da una donna.”- disse facendosi passare la chiave.

Harry si chinò sul punto su cui l’amico stava indicando. E lo vide: piccolo, delicato, un fregio leggerissimo che sarebbe passato inosservato anche in pieno giorno. Un giglio.

“E quarto… perchè diavolo Silente deve sempre complicare tutto?”- sbottò Pansy lanciando un’occhiata a Draco. A parte la lite con Potter, Draco era rimasto in silenzio da quando avevano lasciato Malfoy Manor. E se la Granger non se ne era accorta, troppo presa da incantesimi e indovinelli, lei aveva notato come stesse nuovamente covando qualcosa dentro di se, ritraendosi poco a poco come le onde del mare.

“Perchè Signorina Parkinson, non potevamo permetterci che qualcun altro passasse il portale. E poi perchè le cose migliori vanno meritate, no?”- la voce pacata di Silente risuonò attorno a loro. Eppure non riuscivano a vederlo.- “Ma ora sbrigatevi… oppure dovremmo passare ancora tanti, troppi anni insieme… e non sarà piacevole quando domani Fabian Gideon tornerà magicamente in salute”.

Ron infilò la chiave nella toppa, che reagì immediatamente, dissolvendosi. Davanti a loro il famigliare cerchio di energia, lo stesso che li aveva portati sin li.

Non sarebbe stato piacevole, lo sapevano.

Ma finalmente era finita.

Uno dopo l’altro saltarono dentro. Il primo fu Harry, seguito da Pansy e Draco. Hermione strinse forte la mano di Harry.

Non c’era bisogno di ulteriori parole.

Stringendosi forte, saltarono verso il loro presente.

Dove non c’era Lily. Non c’era James.

Ma c’era Sirius che li aspettava impaziente.







 

La pietra verde riluceva ora nelle mani della Dama che la guardava rimirandola alla luce del falso giorno eternamente di primavera del fondo del lago. Il cerchietto simile allo spicchio di luna brillò riflettendo la luce.

Aveva una strana espressione sul viso, quasi contrita. 

Araiel si allarmò :” C’è qualcosa di sbagliato nella pietra?”

La dama scosse la testa, chiudendo la mano sul ciondolo, ormai staccato dal resto della collana, il vestito di lino finissimo si mosse con lei, rivelando i diversi colori degli strati, dal giallo del croco al rosso delle fiamme.

“No, è lei.Solo che mai avrei pensato che potesse contenere così tanto odio. Come ti avevo detto l’avevo consegnata a Merlino come pegno di amore, un ciondolo da portare vicino al cuore, una preghiera di protezione per lui contro le insidie della morte. E invece lui l’ha distorta, trasformata in un simbolo di supremazia. Ed è passata per mio padre, lo posso vedere chiaramente. Non ha avuto neanche il buon gusto di tenersi un regalo. A quanto sento è stata tramandata come cimelio da un erede di Salazar Serpeverde all’altro..”- mormorò amaramente.

Per la prima volta da quando la conosceva, lei e il suo circolo sembravano turbate, a disagio.

“Ma puoi distruggerla vero?”- chiese la strega con un filo di voce. Sapeva che nel suo mondo, in quel momento suo nipote e i suoi amici stavano per far ritorno nel loro tempo, mentre Nicholas, Arael e Ted si stavano preoccupando di cancellare delle ultime ore.

E lei, lei che aveva la missione più importante di tutti, non poteva di certo fallire.

“Non aver fretta, bambina mia. Certo che posso distruggerla. Ma costerà più del previsto”- mormorò la Dama facendole una carezza sul viso pallido.

Costare di più? Nel suo mondo i soldi per lei non erano mai stati un problema. E dove non arrivavano i galeoni poteva il suo aspetto e il suo nome. Ma li, si sentiva come l’ultima dei pezzenti.

Aveva già dato il pugnale come pegno per il passaggio del mondo. C’era poco altro che potesse offrire.

La donna la squadrò a lungo : “Non è qualcosa di tangibile, mia piccola Morgaine. Non è qualcosa che puoi comprare. La maledizione si è rafforzata nel corso nei secoli, per questo ci serve un sacrificio di amore”

Arael la guardò senza capire. Le uniche persone che avesse mai amato erano i suoi fratelli. E se Lucius avrebbe avuto Draco di certo non aveva potuto sacrificarlo in quel momento.

Restava solo un nome.

“Nicholas? E’ per questo che morirà?”- chiese con un filo di voce.

La dama del lago scosse nuovamente la massa di capelli corvini, posando lo sguardo sui campi di croco dietro di loro. “No , piccola mia. Il destino di tuo fratelllo è già segnato. Morirà perchè rifiuterà di piegarsi, vittima di una follia che non gli appartiene.”

Non capiva. Non c’era nessun’altro che le importasse davvero. Non qualcuno che fosse già nato.

La signora si sporse sino al ciglio della falesia, dove il vento diventava sempre più sferzante facendo segno di avvinarsi.

“La tua bambina”- le disse senza guardarla, rigirandosi la pietra tra le mani.

Arael si portò istintiavamente le mani al grembo. Era sicura di non essere incinta, era stata scrupolosa nel prendere ogni giorno la sua pozione. 

“Tra pochi mesi perderai Nichoals e sarai costretta a sposare Theodore Nott, ma questo già lo sai. Per due anni farai in modo di non rimanere incinta. Ma tra due anni da oggi qualcosa cambierà dentro di te e alla vigilia del solsitzio d’inverno scoprirai una nuova vita che nasce in te. Per inque mesi farai crescere la bambina nel tuo mondo, in modo che si abbastanza forte. Poi la sera di Belthane tornerai qui. E sarà per sempre”- mormorò fissandola però dritta negli occhi.

SI sarebbe aspettata paura, rifiuto, persino disgusto. Eppure quello che vide nel riflesso grigio degli occhi della ragazza era puro sollievo. Una vera figlia del Lago,

“Mi stai dicendo che non dovrò vivere una vita disgustosa accanto ad un uomo che non amo?”-le chiese non riuscendo a trattenere un ghigno.

“Ti sto dicendo che sarà una tua precisa scelta abbandonare la tua famiglia. Lasciare tuo fratello minore in balia di visioni di uno psicotico assetato di sangue che farà a pezzi la sua anima. Che non vedrai mai crescere tuo nipote. Non potrai confortare tua madre mentre muore. Salutare i tuoi amici.”

Arael abbassò il capo. Si tutto questo era vero, non ci aveva pensato. Quando Draco le aveva detto che sarebbe morta aveva pensato ad un incidente, una fatalità, persino un omicidio premeditato. D’altronde a quanto aveva capito Nott aveva avuto altre due mogli dopo di lei, nessuna delle quali era finita bene. Non aveva pensato di poter aver scelta.

Eppure dentro di sè sapeva che era la strada giusta, quella fatta apposta per lei. Si ricordo di quella lettura fatta nella stanza di Nicholas. Il matto.La papessa. L'imperatrice. E la morte. Sorrise, era già tutto li e lei come una sciocca non aveva visto. Aveva iniziato il suo viaggio e alla fine aveva capito. Quella era la stella che brillava quando l'oscurità di una vita che non l'apparteneva l'avrebbe inghiottita
Una bambina. Non aveva mai pensato a sè stessa come madre. Eppure c’era tutta una dolcezza speciale nel pensare che c’era una bambina che aspettava di venire al mondo. Che l’avrebbe portata in grembo, sentita muovere dentro di sé. E il padre non importava.

Lei era parte di un altro mondo. Uno in cui la fanciulla, la donna e la vecchia erano tutte facce di una stessa medaglia.

Allungò la mano verso la signora, prendendole i polso.

“La mia bambina sarà felice? Potrà tornare nel mondo se vorrà?

La donna annuì: “Quando sarà il momento, se lo vorrà, potrà tornare nel mondo. Tu invece dovrai restare per sempre qui. La stessa scelta che feci  io secoli fa. Non posso assicurarti che vivrai centinaia di anni. Qui ognuna di noi ha un suo corso del tempo. Ma ti posso dire che non rivedrai più le persone care”

Arael si sentì sollevata. Poteva prendere quella decisione.
Quella in cui poteva far nascere una bambina al sicuro da quello che aveva vissuto lei. Una bambina che un giorno avrebbe lasciato il lago se lo avesse voluto. O forse sarebbe rimasta li, al sicuro. Non importava.

L’importante era che avrebbe avuto scelta.

Quella che lei fino a quel momento non aveva ma avuto.

Lucius in qualche modo sarebbe stato bene. Avrebbe avuto Narcissa. Avrebbe avuto Draco. E sebbene sapesse che avrebbe fatto delle scelte completamente sbagliate e terribili, avrebbe saputo cosa significato amare.

Mise la mano su quella della Dama, ancora stretta sulla collana, annuendo appena,

Il volto della donna si distese in un sorriso, prima di lanciare la collana dall’alto della scogliera, mormorando un incantesimo sotto voce.

Appena la pietra toccò la superficie, una colonna d’acqua si alzò vorticando, mentre la magia all’interno della pietra iniziava ad espandersi, infrangendosi contro quel muro invalicabile di acqua gelida, forgiata da secoli di magia.

Le donne dietro di lei si disposero a semicerchio, tracciando ciascuna dei simboli con le mani, e ripetendo un mantra antico come il mondo che sentiva risuonare dentro di lei.

Alla voce delle donne, la pietra sembrò ribellarsi furiosamente, brillando di una luce verde carica di odio e di pura magia. Eppure, nonostante si dibattesse furiosamente, la barriera di acqua e suoni tenne, fino a quando anche la più antica delle maledizioni fu costretta a cedere, dileguandosi tra le migliaia di particelle d’acuqa, una goccia in un mare immenso, senza confini, ricadendo sorda nel fondola del Lago nero. Li dove nessuno avrebbe più potutto riportarla nella superficie.

Dall’acqua iniziò  a salire una nebbia densa e vischiosa, che si innalzò in alto, oltre il cielo, coprendo ogni volto, sagoma umana, animale o vegetale.

Anche i suoni si fecero indistinguibili, le voci delle donne che la cullavano.

Arael cercò di resistere al sonno che iniziava a intorpidirle le membra, voleva essere cosciente per una volta, capire come tornare nel mondo.

Eppure ancora una volta la magia del Lago fu più forte della sua volontà e alla fine cedette a quell’umidità avvolgente e rassicurante, che l’abbracciava come una madre di una notte d’inverno.




 

Andromeda era alla finestra di Villa Black quando vide una strana nebbia avanzare strisciando in ogni strada, avvolgendo case e palazzi, statue ed alberi.  La luna ormai alta nel cielo scivolà veloce come una nava in tempesta, rifugiandosi tra le nuvole. 

Cockey era apparsa poco prima, allungandole quella che sembrava la stessa collana che Harry e Draco avevano rubato. Ma il sorriso dell’elfo non lasciava dubbi sul fatto che davvero erano riusciti in quella missioni suicida.

Arael ce l’aveva fatta quindi.

Guardando la massa che si avvicinava si affrettò a chiudere la collana nella scatola e a risistemarla in camera di Bellatrix,ripristinando il sigillo.

Doveva sbrigarsi, aveva davvero poco tempo.

Al contrario di tutti aveva infatti  capito che la Dama del Lago , qualunque fosse il suo vero prezzo, non avrebbe consentito che serbassero memorie di quanto successo. Per questo appena tornata aveva mandato in un posto sicuro un pacchetto. Di amare quello stupido tassorosso natobabbano non ebbe di certo paura di dimenticarsi. Controllò per la centesima volta che fosse tutto in ordine.

Non aveva spazio per errori.

Si infilò nel letto di Narcissa, stringendo sua sorella. Bellatrix era stata lasciata al Maniero dei Lestrange, insieme a Rodolphus. Ormai era quello il suo posto. Come per Lucius, ormai per loro era troppo tardi.

Chiuse gli occhi, sperando di ricordarsi che sua sorella,un giorno tra molti anni avrebbe fatto la cosa giusta. E lottato per la sua famiglia.

Così come avrebbe fatto lei.

Poi la nebbia arrivò e cancellò tutti i suoi pensieri.


Una piccola nota: la combinazione del Canto di Amergin con il Cad Goddeu  ( Ron fa riferimento a quando Hermione si ricorda di aver letto qualcosa sul melo e il tasso) e l'alfabetico Beth-Luis-Nion ( che in questa storia diventa un insieme di rune celtiche e cornico) è una tesi portata avanti da Robert Graves ne "La dea bianca" che io ho adattato alle mie esigenze. Sempre dallo stesso libro derivano molti riferimenti alla Dea Bianca ( o Triplice, o Dea Lunare etc,etc ) che ho utilizzato per la Dama del Lago.
Ci cominciamo ad avvicinare alle fine. Nei prossimi capitoli però vi avverto ci sarà molto Draco che si lamenta e litiga con Lucius prima di arrivare ad un nuovo scontro con qualcuno che sbuca dal passato.  Questo rapporto difficile padre figlio spesso emerge mentre scrivo e continuo ad assecondarlo. Come ho sempre detto, mi lascio condurre li dove i personaggi mi vogliono portare, sia pure tra fragilità psicologiche e chiusure mentali.

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Capitolo 37
*** Capitolo 37° ***


“Io lo sapevo che ce l’avresti fatta, Harry.”

Sirius fu il primo ad accoglierli stritolando il suo figlioccio in un abbraccio.

“Sono quasi tentato di darti il tuo regalo di Natale in anticipo”- concluse prendendolo per le spalle e guardandolo con orgoglio.

Harry si rilassò, rispecchiandosi in uno sguardo che, seppur velato di dolore di quei lunghi anni di Azkaban e dal dolore per aver perso i suoi più cari amici, ancora riluceva di quello malizioso del ragazzino che aveva incontrato solo poche ore prima.

O forse una vita fa.

“Tu vuoi darglielo prima solo per evitare che lo veda Molly”- ridacchiò Remus dietro di lui, spostandolo di forza per abbracciare a sua volta Harry ed Hermione.

“Grazie eh,un signore davvero”- si lamentò Pansy cercando di sistemarsi i capelli. Decisamente i viaggi del tempo non sarebbero mai stata la sua attività favorita- “Se non ci fossimo stati noi il tuo figlioccio sarebbe stato utile quanto una puffola pigmea ubriaca”

“Ma sta zitta Parkinson… tu sei solo arrabbiata perchè hai perso quel dannato coltello”- rimbeccò Harry lanciandole uno sguardo truce, non facendo a meno di notare con fastidio come Ron le si fosse messo accanto e le stesse bisbigliando qualcosa che la faceva ridere.

“Forse intendevi dire che ho persino sacrificato un famoso cimelio. Sei scarso con le parole, eh Potter”

Prezioso cimelio. Hermione sentì un brivido correrle lungo la schiena e portò automaticamente la mano al polso. Il braccialetto. Il costoso braccialetto di diamanti che era un prestito della madre di Draco non c’era più.

Andromeda l’avrebbe uccisa.

Narcissa l’avrebbe uccisa.

E non sapeva bene di quale delle due sorelle Black avere più paura.

“Cerchi questo mia cara?"

Eccolo li. Brillare lucente tra le mani della strega che la guardava genuinamente divertita della sua sorpresa.

“Ma… come? Allora voi ricordate tutto? Lo hai preso tu”- chiese esterrefatta portandosi le mani tra i capelli. Quello era un vero disastro. L’ultimo giorno trascorso nel passato era stato un delirio, e nel corso dei mesi si erano lasciati sfuggire fin troppe cose… che il futuro non ne fosse stato compromesso era pura utopia.Aveva paura ad aprire la porta di Grimmauld Place.

Eppure tutti loro li sembravano stare magnificamente. Tonks inclusa.

“In realtà del mio quinto anno non ricordo nulla di particolarmente strano, tranne l’essermi innamorata di uno stupido tassorosso. E che delle mie due sorelle una si è presa una sbandata per un deficiente. E l’altra per un maniaco omicida. Vedi tu come collocare chi”- ridacchiò facendo scivolare il braccialetto tra le mani,le pietre purissime che brillavano anche nella luce della sera.- “Non so dirti cosa sia successo ma mi ero spedita un paio di cose alla Gringott quel giorno, c’era la data. E tra queste anche il braccialetto. Sono stata io a darlo a Lucius l’ultimo anno perché lo regalasse a Narcissa, e stranamente non ha fatto neanche troppe storie. Solo che ovviamente non si è accorto che l’avevo stregato in modo che tornasse in questa casa in tempo per ridartelo. Avevo preso appunti piuttosto concisi ma decisamente utili sai?”

Hermione la guardò ammirata. Decisamente non era una donna da sottovalutare.E dopo averla conosciuta da adolescente aveva decisamente un nuovo rispetto per lei.

Lo sguardo della donna poi si rivolse verso il nipote, stranamente taciturno. Non aveva protestato neanche quando Sirius per l’ennesima volta gli aveva chiesto se davvero fossero imparentati.

“Tutto bene?Allora, com'è andata?”- gli chiese, notando con una certa punta di apprensione come il grigio chiaro dei suoi occhi stesse nuovamente assumendo una sfumatura plumbea.

“Sono stato contento di conoscere i miei zii. Arael e Nicholas, intendo. Di zio Rodolphus beh… diciamo che ne avrei fatto a meno, per essere gentili”- borbottò. Poi si girò verso Hermione prendendole la mano- “Ti dispiace se andiamo? Ho voglia di fare una passeggiata”

La grifondoro restò un attimo interdetta. Aveva così tanto da raccontare, tante domande per Andromeda, Sirius, Remus e Ted. Sul rituale, sui mesi successivi alla loro partenza.

Però quel comportamento di Draco era fin troppo inusuale per lui per mettersi a protestare.

"Si, non c’è problema. Andiamo a fare un giro a Diagon Alley? “

Draco scosse la testa incurante- “Diagon Alley, Londra Babbana, quello che ti pare.”

Londra Babbana.

Davvero Draco Malfoy aveva detto di aver anche solo preso in considerazione l’idea di andare nella Londra Babbana che tanto odiava?

Decisamente c’era qualcosa che non andava.

“Si, l’unica cosa è che devo tornare a casa per cena, stasera. Ho promesso a mia madre che l’avrei aiutata a preparare i biscotti e avrei visto un film con loro. Hanno ordinato la pizza.”- ribatté distratta infilandosi il cappotto e i guanti. Non vedeva l’ora di rimettersi i suoi vecchi jeans e una felpa e buttarsi sul divano di casa, ma l’idea di una passeggiata insieme anche nel loro mondo l’allettava. Chissà se avrebbero mantenuto la promessa che si erano fatti di rendere pubblica la loro storia.

Draco fece un sorriso strano:” Non ho capito una parola ma sembra carino. Ai tuoi dispiacerebbe se mi unissi a voi?”

Draco Malfoy.

Nella Londra Babbana.

A Casa sua.

Nella Londra Babbana,

A cucinare biscotti.

E vedere un film.

Draco Malfoy.

Decisamente c’era qualcosa che era andato storto nel trasbordo.

“Draco… tu non sai neanche cosa sia un film. E sono quasi certa neanche una pizza”- rispose sgranando gli occhi mentre lui le sistemava con cura la grande sciarpa attorno al collo, tirandole delicatamente fuori i capelli dall’intreccio di lana morbidissima. Gliel’aveva regalata lui a inizio inverno, ben sapendo quanto fosse freddolosa. Era così soffice che sembrava fatta di nuvole calde. Se mai fossero esistite delle nuvole calde.

“Vuol dire che guarderò te. Allora? Posso venire? Stai sempre a lamentarti che non mi interesso mai dei babbani e una volta che voglio saperne di più, non ti sta bene. Sei strana, sai?”- ribatté serafico sbattendo gli occhi con fare innocente. 

Lei era strana.

“E i tuoi cosa diranno?”

“Non credo che possa fare una grande differenza. A proposito, Andromeda potresti scrivere tu a mia madre che non torno a cena? “- disse con indifferenza mentre infilava la porta.

“Perchè tu hai una paralisi alle mani o alle corde vocali di cui non siamo a conoscenza?”- rispose la zia avvicinandosi per scrutarlo meglio. Ma era già fuori, trascinandosi Hermione che la guardava ad occhi sgranati,

“Come hai detto? Che non c’è problema? Grazie, sei una zia meravigliosa”- tubò allontanandosi a grandi passi.

“Come se la Granger avesse tempo per queste cose. E neanche voi  lo avete. Quindi voi”- disse indicando i due Black- “ Vedete di sistemarmi questi qui in tempo, che alla Granger penso io. E non provate a rovinarmi il lancio o giuro su Merlino che vi faccio fare la fine degli elfi disobbedienti”.- disse sbuffando prima di lanciare una manciata di polvere nel camino e scomparire senza ulteriori saluti.

“Purosangue serpeverde. Ottime maniere proprio”- si limitò a borbottare Ron. Non aveva capito un acca di quello che aveva detto Pansy. Ma un po’ gli dispiaceva il modo in cui fosse scomparsa, senza neanche salutarlo.

Poi però si accorse di come lo guardavano i cugini Black. E la cosa non gli piaceva per niente.

“Non ditemi che dobbiamo andare di nuovo a fare acquisti vi prego”.

Sirius si scambiò un’occhiata con la cugina ghignando soddisfatto.

“Oh ma sarà divertente vedrai..:”


 

E quindi alla fine era successo sul serio. Draco Malfoy, quello che così tanto sbandierava di essere il più puro della sua generazione e di non voler aver nulla a che fare con niente che fosse anche lontanamente babbano,lei esclusa, era seduto sul divano di casa sua.

Certo, per poco non aveva fatto saltare l'intera casa quando aveva cercato di accendere il forno per cuocere i biscotti senza magia, ma tutto sommato non ci si poteva lamentare troppo.

E c’era da dire che ad un certo punto l’aveva quasi sperato che combinasse un casino tale da avere la scusa di rimandarlo in direttissima al suo prezioso maniero, visto che sua madre era riuscita a metterla in imbarazzo nei primi cinque minuti, scompigliandogli i capelli e facendo un commento sul fatto che ora capiva che cosa intendesse sua figlia, e che di certo non assomigliava per niente ad un furetto platinato come diceva Harry. 

E se c’era qualcosa che Draco Malfoy odiava più dei babbani era che un estraneo gli toccasse i capelli. 

Oltre ad essere paragonato ad un furetto platinato.

Invece lui aveva sgranato gli occhioni grigi e fatto un sorriso, chiedendo da dove provenisse quell’odore delizioso.

Non sapeva se pensare che fosse definitivamente impazzito oppure che stesse progettando di avvelenarli tutti e ritornare sulle sue posizioni di purezza del sangue.

Pareva nè l’una nè l’altra. 

Ma il peggio doveva ancora arrivare.

Quando era arrivato il fattorino della pizza non aveva fatto un solo  commento astioso sul fatto che non ci fossero più gli elfi domestici di una volta. O che i soldi babbani fatti di carta fossero pacchiani. Neanche che le fotografie babbane fossero stupide perché non si muovevano. Anzi, si era dimostrato parecchio interessato quando sua madre, per essere assolutamente certa di metterla in condizione di implodere di vergogna, aveva tirato fuori un album con le foto di lei da bambina. Per fortuna che era stata abbastanza veloce da far sparire magicamente quelle per le quali sicuramente sarebbe morta di vergogna. Tutti le avevano. E tutti le tenevano nascoste per un motivo.

Draco invece sembrava affascinato, continuando a sfogliare le foto e soffermandosi in particolare su una in cui avrà avuto meno di cinque anni ed era vestita da coniglietto mannaro e secondo sua madre era necessario che facesse un’espressione molto spaventosa per la foto.

“Merlino, Granger questa è esattamente la faccia quando ti arrabbi, te ne sei mai resa conto? Sembri un mooncalf che ha mangiato troppe piume di zucchero”- commentò alzando gli occhi su di lei con un ghigno, ma la voce carezzevole. I suoi scoppiarono a ridere, trovando evidentemente il commento azzeccato, anche se ovviamente non avevano idea di cosa fosse un mooncalf.

E comunque non lo era affatto.

Col cavolo che lei assomigliava ad una bambinetta di cinque anni con un costume da  peluche imbrattato di sangue quando si arrabbiava.

Si sedette sbuffando accanto a lui sul divano, facendo volare dall’altra parte della stanza l’album.

“Ora che ti sei divertito, è ora di guardare il film. Qualcuno salvi il Natale. Vedrai ti piacerà… ci sono gli elfi”- gli disse dandogli un pizzicotto e prendendo un pezzo di pizza, sfidandolo a fare altrettanto.

E lo fece. Non proprio con nonchalance, ma innegabilmente con tutta la classe che gli apparteneva.

Se Narcissa Malfoy avesse visto il suo beneducato bambino purosangue seduto su un divano babbano a mangiare fette di pizza da un cartone probabilmente avrebbe avuto un infarto. 

Ne era sicura, perché lo stava per avere lei.

Per tutto il tempo del film si accorse che lo sguardo di Draco era rivolto verso il televisore ma non stava guardando. Era perso dietro chissà quale pensiero. E di nuovo si stava allontanando da lei. Però per lo meno questa volta non si era nascosto, anzi aveva cercato di stare il più vicino possibile.

Sentì la sua mano sfiorargli appena il braccio,delicata.

E in quel momento si rese conto di una cosa. Perchè se era normale finchè erano nel passato, ora che erano tornati era un ulteriore brutto segno.

Le dite che la stringevano appena portavano un solo anello. Quello con il suo sigillo.

L’altro, il blasone di famiglia non c’era più.

“Draco.. dov’è il tuo anello?”- gli sussurrò avvicinandosi.

Lui seguì il suo sguardo stupefatto, limitandosi a un sorriso stanco.

“Tranquilla non l’ho perso. Diciamo che non sono più abituato a portarlo. O forse non ne vedo l’utilità. E ora sta zitta che altrimenti non capisco niente. Ma quei cosi dovrebbero essere elfi passati per la chirurgia magica? E i krampus dove sono in questo …come hai detto che si chiama?"- rispose mettendosi comodo.

Divagava. Come sempre.

E non riuscì a tirargli più nulla di bocca. Anche quando il film finì e lo accompagnò alla porta si limitò a darle un bacio sulla guancia, prima di incamminarsi nella notte ormai inoltrata.

Addirittura stava avendo il buon gusto di non smaterializzarsi nel bel mezzo della via.

Decisamente non un atteggiamento da Draco Malfoy.

“Un peccato che Narcissa non mi abbia avvertito che sarebbe rimasto a cena. Avrei preparato qualcosa di diverso. Non credo che abbia mangiato molta pizza in vita sua”- commentò sua madre abbracciandola, mentre spegneva le luci del soggiorno.

Per una attimo Hermione pensò di star avendo delle allucinazioni uditive

“Ma si, sua madre. La conosci no? Mi ha detto che sei andata spesso da loro. Una donna molto bella, devo dire. Il figlio un po' le somiglia:q uando sorride le stesse fossette”- continuò la donna non rendendosi conto di star dicendo una cosa tanto verosimile quanto il fatto che avessero appena vinto la lotteria in sei nazioni differenti.

Hermione sentì rizzarsi i capelli. Cosa diavolo stava accadendo?

Era colpa loro? Avevano fatto troppi casini nel passato  e ora si trovava con una Narcissa Malfoy babbanofila?

Era difficile crederlo, visto la faccia che aveva fatto Andromeda quando il nipote aveva accennato all’idea di fermarsi da lei per cena.

“Si, è venuta a portarti questo. Che sciocca stavo quasi per scordarlo. Ma capirai che la sorpresa di poter finalmente conoscere questo famoso Draco dopo che ne parli da cinque anni…”- le disse porgendole una busta d’avorio brossurata in oro con il monogramma dei Malfoy sopra.

“Io non parlo di Draco da cinque anni mamma..” rimbeccò sperando che la busta, qualunque cosa contenesse, prendesse fuoco e si autodistruggesse.

“Si certo, come no”- si limitò a commentare sua madre guardandola senza riuscire a reprimere un sorriso.

E se fosse stata una strillettera?

Infiocchettata e probabilmente con i profili in oro zecchino ma se lo fosse stata giurò a sé stessa che avrebbe marciato a passo di carica sino al Wiltshire per rimettere a posto quella donna.

“Su aprila, non morde mica.”

“Non puoi saperlo”-, borbottò Hermione girandola tra le mani. Poi finalmente si rassegnò e con un tocco di bacchetta ruppe il sigillo di ceralacca.

Quando lesse il suo contenuto sgranò gli occhi.

Sua madre rise, stringendola per le spalle e portandola di sopra.

“Oh andiamo non fare così’. Vedrai sarai bellissima con il vestito che ho scelto per te. Narcissa ha detto che saresti stata felice di non perdere il tuo prezioso tempo in attività frivole come la ricerca di un vestito, e devo dire che sono d’accordo. E poi diciamolo. io ti voglio bene, ma tu e lo shopping siete due mondi diversi. Siamo andati nello stesso posto dove avevi preso quel meraviglioso vestito per il ballo del Ceppo. Mi ha fatto vedere la foto animata.. eri stupenda tesoro.“

Narcissa.

Quelle due si chiamavano per nome.

Ed erano andate a fare compere insieme.

Per lei.

Insieme.

La testa le stava scoppiando. Non riusciva neanche a formulare frasi troppo lunghe nemmeno nella sua testa.

Aprì piano la porta della sua camera, sperando che fosse tutto uno scherzo e non ci fosse nessun vestito verde di velluto ad attenderla. Quella donna aveva un senso dell’umorismo perverso, lo sapeva.

Sgranò gli occhi.

Non era verde.

Almeno quello.

Ma se la bionda psicopatica pensava di fregarla in quel modo si sbagliava di grosso.




 

Draco si materializzò  nello studio privato di sua madre. Un po’ se lo aspettava. In teoria, al contrario degli ospiti che potevano apparire solo sulla soglia di casa, i membri della famiglia potevano materializzarsi direttamente in qualsiasi punto del Maniero, a meno che non venissero bloccati appositamente gli altri ingressi. Come quella sera.

“Sono lieta che tu abbia deciso che fosse finalmente ora di tornare a casa”- lo salutò sua madre appena notò la sagoma familiare delinearsi nella stanza.

Oh, se solo avesse saputo. Non era stato via quasi una giornata intera come pensava lei. Era stato via mesi. Una vita a dire la verità.

Di certo non era lo stesso ragazzo che era uscito quel 21 dicembre pensando di passare le vacanze di Natale con la sua fidanzata prima che questa si tumulasse tra Weasley e babbanofili par loro.

“Mi dispiace, avevo voglia di stare un po’ con la Granger. E non credo che tu ti sia annoiata, no? Dimmi un po’... perchè c’era il tuo profumo a casa dei Granger?”- chiese lanciandole uno sguardo sbieco. Non poté impedirsi di sorridere però pensando a quando era apparsa qualche ora prima nei sotterranei di quella stessa casa per difenderlo.

Sapendo bene che tanto non si sarebbe fatta fregare facilmente le si avvicinò abbracciandola e dandole un bacio sulla guancia .

“Scusa, sono stanco. Ti dispiace se ne parliamo domani?”- chiese ben sapendo che difficilmente quella donna si sarebbe lasciata convincere a lasciarlo andare.

Era sicuro che si sarebbe messa ad urlare. 

Di solito a lui non tirava niente dietro, ma non era raro che qualche soprammobile avesse fatto una brutta fine  quando si alterava. E per una che non tollerava i ritardi aver dato buca all’ultimo a cena non era stato il massimo. Senza tener conto che aveva capito perfettamente che anche lui ci era stato, dai genitori babbani della Granger. Senza che si degnasse di avvertirla.

Gli prese il mento tra le dita scrutandolo. Lo vedeva che era indecisa, preoccupata. Che si chiedeva se fosse il caso di provare ad usare la legilimanzia per cercare di scoprire cosa c’era che non andava. Eppure non voleva tradire la sua fiducia.

Era una persona complicata sua madre. Ma la capiva. Perché ragionava allo stesso modo.

“Draco, bambino mio, che ti succede?”- gli chiese infine con una carezza, gli occhi colmi di preoccupazione che stesse di nuovo accadendo qualcosa di terribile sotto i suoi occhi senza che se ne fosse accorta.

Il figlio scosse la testa e l’abbracciò. Niente. Tutto. Aveva ucciso due persone. Inermi. Anche se invisibile poteva sentire bruciare i contorni del marchio nero. Aveva rivissuto un ricordo talmente doloroso dalll’averlo seppellito così in profondità che c’era voluto Lord Voldemort a tirarlo fuori. 

E soprattutto aveva tirato le somme di quello che lo tormentava da settembre. Suo padre. Era stata un’altalena di emozioni, era passato dall’odiarlo a sentirsi amato a nuovamente rifiutato. E finalmente era giunto ad una conclusione.Era per quello che non era voluto tornare quella sera, preferendo il calore e la semplicità della casa dei Granger. 

Dove non c’erano tutte quelle complicazioni dalle quali non riusciva  districarsi, che lo stringevano in spirali sempre più strette, togliendogli il respiro.

“Te l’ho detto, sono solo stanco. E tu come stai? Come vanno i preparativi? Hai mangiato qualcosa?”- chiese sedendosi sul bracciolo del divano di broccato.

Narcissa gli lanciò un lungo sguardo penetrante : “Oh i preparativi a meraviglia. E avrei cenato volentieri con mio marito e mio figlio,se solo non fossero spariti chissà dove. O meglio, almeno tuo padre ha avuto il buon gusto di avvertirmi stamattina che avrebbe fatto tardi per un incontro al Ministero.”- frecciò

Quindi Lucius non era ancora tornato. Meglio così. L’ultima cosa che voleva fare quella sera era vederlo. Quella sera o per il resto della vita, se possibile.

“Ti ho già chiesto scusa. E’ stata una decisione improvvisa. E poi avevo chiesto a tua sorella di avvisarti, non l’ha fatto? Vedi che non ci si può fidare? Troppi tassorosso e grifondoro intorno”- le disse sforzando un sorriso che però non riuscì a dissolvere il gelo che si era creato.

“Non parlare così di tua zia. E si, comunque mi ha avvertito. Ma mi  ha anche detto che sei strano. Molto. E sbaglio o quelli non sono i vestiti con cui sei uscito stamattina?”- indagò la donna accarezzandogli il maglione nuovo che si era fermato a comprare appena tornato nel presente, quando Hermione aveva fatto notare che non poteva presentarsi a casa dei suoi in abito da sera mezzo bruciato. Lei ovviamente si era portata il cambio dietro direttamente a Villa Black, prima di andare a salvarlo. La comodità prima di tutto, si trovò a ridacchiare.

Com’era diversa da sua madre. Eppure allo stesso tempo non poteva che trovare le due donne della sua vita pericolosamente somiglianti.

“Comunque ti stavo aspettando anche per un altro motivo. Ho preso il regalo a tuo padre per il compleanno”- rispose fingendo una leggerezza che non aveva in quel momento continuando ad accarezzargli la schiena con una mano e richiamando con la bacchetta un pacchetto che era posato sul suo scrittoio

Ignorò la smorfia di suo figlio prendendo in mano una boule de neige e facendola ruotare.

“Vedi quella che sembra neve, tesoro? Sono i ricordi che già ci ho messo dentro. Ogni volta che la si gira si può rivivere un ricordo”- disse sfiorandola con le dita. Ci aveva messo una vita a procurarsela. Una sorta di pensatoio pret à porter.

“Oh ma dai… io non li voglio vedere i tuoi ricordi… neanche per sbaglio”- lagnò Draco cercando di alzarsi, ma sua madre lo riprese per il maglione senza neanche staccare gli occhi della polvere finissima che scendeva nel cristallo della sfera. Sorrise, ricordando quel bacio di tanti anni prima

“Non essere sciocco. Non devi vedere i miei ricordi. Anche se non sono quelli che pensi. Devi metterci i tuoi”- spiegò passandogli l’oggetto che però rimase a metà tra di loro, sospeso a mezz’aria.

“No”- disse solo il figlio alzandosi di scatto.

“Come sarebbe a dire NO?”

“Non saprei cosa metterci”- ribatté il ragazzo secco e sintetico, gli occhi grigi che diventavano freddi come il metallo.

Narcissa alzò un sopracciglio dorato, incredula.

“Mi stai dicendo che in quindici anni di vita non hai un solo ricordo felice con tuo padre? Non dire assurdità.” - chiese squadrandolo.

Draco scosse la testa, fissando le fiamme del camino, senza riuscire a percepirne il calore. I ricordi c’erano,era vero. Eppure  c’era una cosa che aveva capito a malincuore quella sera di venticinque anni prima, quando Lucius aveva aperto la porta della cella solo dopo aver fatto il suo nome. Quando aveva cercato di difenderli da Bellatrix solo quando lei si era messa in mezzo.

“Sono finti, mamma. L’ha sempre fatto solo per fare felice te. Non me. Né tantomeno lui. E quindi non vedo il motivo di metterli in quel regalo. Fidati è molto meglio che ci siano solo i tuoi. E ora scusami ma sono davvero stanco”- rispose in tono piatto chinandosi nuovamente a baciare la madre prima di sgattaiolare fuori, approfittando dello sbalordimento della donna.

Come arrivò in camera si diresse nella stanza da bagno, infilandosi direttamente sotto il getto dell’acqua calda, circondato dal marmo candido, cercando di lavare dalla mente anche gli occhi di quei due babbani di una sera d’inverno di tanti anni prima. E sapeva bene che il sonno avrebbe tardato a fargli visita. Non c’era la Granger con lui e di nuovo si sentiva solo come non succedeva da mesi.

Di  nuovo intrappolato.

Quando gli sembrò che la testa iniziasse a farsi troppo leggera per il troppo calore chiamò un elfo. Voleva dormire. Voleva immergersi in un sonno talmente profondo da dimenticare persino chi fosse. Era quella la fortuna di essere maghi. Erano mesi che non prendeva una pozione così forte. Quasi un anno a dir la verità.

Si trascinò nel letto, incapace anche solo di pensare l’incantesimo per sostituire il soffice accappatoio con il suo pigiama di sera, lasciando che fosse l’elfo a farlo. E poi si arrese con piacere alla marea nera che scorreva verso di lui.

L’ultima cosa cui pensò furono gli occhi colore del miele della Granger.

E l’idea che ci fosse lei ad aspettarlo da qualche parte lo fece sorridere.



 

Aveva appena aperto gli occhi dopo una notte tormentata. Non ricordava mai i suoi sogni. Non credeva a quelle cose, anche se era una strega. Anzi, forse proprio perchè era una strega. La più brillante della sua generazione. La ragazza geniale del golden trio. E come aveva chiarito bene sin da subito, per lei la divinazione erano un insieme di sciocchezze condite da superstizioni medioevali.

Neanche aver incontrato la zia di Draco le aveva fatto cambiare idea. Quella secondo lei era drogata dalla madre , altro che visioni mistiche.  Per un attimo le sembrò di trovarsi ancora nel dormitorio di serpeverde. Le sarebbe bastato aprire gli occhi, spostare la pesante porta di ebano e fare pochi passi, per trovarla in sala comune, perennemente insonne, i lunghi capelli chiarissimi come quelli del nipote che rilucevano pallidi anche nel riverbero caldo del camino.

E invece no.

Arael Malfoy non c’era più.

E neanche Nicholas.

Ma neanche James Potter e il suo sorriso smaliziato e gli occhi brucianti di vita.

Il pensiero più doloroso ancora una volta fu per Frank e Alice. E per Neville, che non aveva mai avuto la gioia di vedere i suoi genitori pieni di energia e di speranze, ma solo gusci vuoti, prigionieri del loro stesso coraggio.

Quella che invece c’era ed era inspiegabilmente nella sua stanza che le agitava la bacchetta ad un centimetro era Pansy Parkinson, caschetto nero lucido senza un capello fuori posto e eyeliner sottilissimo e perfetto. Indossava dei pantaloni lucidi come gli stivali che le sfioravano le ginocchia, un maglioncino bianco a collo alto che sembrava incredibilmente sottile per essere portato in pieno inverno, e una giacca nera leggermente oversize sopra. Una volta le aveva detto che il contrasto la faceva splendere, al contrario suo che doveva prediligere colori caldi e profondi ma senza stacchi netti. Come se a lei fosse mai importato del fatto che l’oro le donasse più dell’argento.Ma ormai la conosceva, Quella era la sua tenuta da battaglia. 

“Mi sono piaciuti gli incantesimi di protezione che hai messo a guardia della casa. Certo forse non avresti dovuto dire a Lenticchia come superarli, però brava, sei previdente mi piace”- tubò

Hermione si tirò il piumone sopra la testa borbottando : “Si può sapere cosa diavolo vuoi? E’ l’alba. Mi hai frantumato i timpani, per non dire altro, con questa storia del party di Natale di voi purosangue e ora stai qui a fissarmi dormire”.

L’altra non si scompose facendo volare il piumone dall’altra parte della stanza. Il freddo improvviso la svegliò definitivamente. Oltre a metterle addosso una mania omicida come poche altre volte nella vita. Per un attimo sentì il panico risalire lungo lo stomaco quando non trovò la bacchetta accanto al letto. E non solo perché con quella avrebbe volentieri pietrificato la serpeverde. 

La strappò di malagrazia dalle mani di Pansy che la guardò sogghignando mentre richiamava una vestaglia da mettersi addosso cui rispose con un’occhiataccia che poteva significare solo che non doveva azzardarsi a fare commenti sull’uso della magia dei minorenni fuori Hogwarts e sui modi che aveva trovato per aggirare il problema. O meglio, su come aveva preso al meglio i suggerimenti della McGranitt per aggirare il problema. Se Draco poteva smaterializzarsi come e quando gli pareva lei poteva perlomeno facilitarsi la vita. Tanto i suoi già lo sapevano che era una strega, no?

“Beh visto che sei invitata anche tu non lo definirei un party di purosangue. Non di certo come quello a cui abbiamo partecipato a Villa Black, comunque.”- chiosò- “ E poi non ti stavo fissando dormire, cercavo di idratarti la pelle. Merlino ma non avete dei prodotti cosmetici decenti a Babbanolandia? O sei così povera da non poterteli permettere? Se è cosi bastava dirlo. “

Si infilò in bagno, sapendo bene  che quella psicotica non l’avrebbe lasciata sola neanche sotto la doccia. Infatti  si sistemò a gambe accavallate  sul ripiano del lavabo

“Ti sembro povera?”- le rispose infilandosi nel box e aprendo l’acqua calda alla massima potenza, sperando di scoprire che fosse tutto ancora un incubo.

La risposta fu non meglio comprensibile, per fortuna. O forse semplicemente non le interessava.

La lasciò blaterare ancora per un po’, ignorandola. C’era una cosa però che voleva si mettesse in testa.

“Senti Pansy, io non so a che gioco state giocando, ma io non mi faccio fregare così. Se Narcissa Malfoy voleva invitarmi ad un party poteva farlo settimane fa. Non presentarsi il giorno prima a casa mia, addirittura scegliendomi il vestito. E piantala di spalmarmi cose in faccia mentre dormo”-sibilò sollevandosi in punta di piedi in modo che la testa fosse visibile oltre il vetro temperato.

Pansy le lanciò una lunga occhiata penetrante : “Beh primo è una sorpresa per Draco e tu non sai tenere i segreti con lui.”

“Quale parte di io sono una persona e non un oggetto non vi è ben chiaro?”- continuò cercando di mantenere l’equilibrio, cosa resa difficile dalla rabbia e non dall’ultimo dal marmo scivoloso sotto le punte dei piedi tesi. Stringere gli addominali. Era lì il trucco. 

“Merlino quanto sei noiosa. E’ una cosa carina no? “- sbuffò l amora alzando un secondo dito e sventolandoglielo da lontano : “Secondo : c’è gente che ucciderebbe anche solo per essere messo in lista d’attesa”

“Esiste una lista d’attesa? Per Godric Grifondoro voi non siete normali”

“Terzo. Vuoi che te lo scriva sullo specchio? Ho il rossetto di là"- chiese alzando un terzo dito e ignorando l’occhiata sdegnata che ricevette in cambio -”Ma sei diventata scema? Ti ho detto più volte che avrei presentato il magazine. Un lancio grandioso. E credimi non so neanche perchè Narcissa me lo abbia concesso. Lei odia mischiare le cose. Ma stasera ci sarà la crème de la crème del mondo magico. E indovina un po’ chi è la mia associata? Tu, razza di grifondoro dalla testa vuota. Merlino Granger e per fortuna che dicono che sei la strega più brillante della tua generazione

“Socia, non associata”- borbottò ributtandosi sotto il getto dell’acqua.

Già il magazine per giovani streghe. Quello che avevano preparato nel corso degli ultimi mesi e per cui lei aveva curato un’apposita rubrica volta ad ispirare le giovani mente.

Le era del tutto passato di mente.

Ora era tutto così banale.

Forse una rubrica sulla magia oscura sarebbe stata più appropriata dopo quanto accaduto.

Cercò velocemente di pensare ad un modo per tirarsi fuori da quella situazione senza dichiararsi sconfitta. Non partecipare al lancio avrebbe significato lasciare il progetto. E probabilmente dire addio alla carriera politica che aveva iniziato segretamente a considerare.

Dannata strega.

L’aveva fregata.

 

Non era mai stata una donna che dava peso alle date. Però il 21 dicembre era sempre stato un giorno speciale, sin da quando Lord Voldemort quella sera di tanti anni fa aveva ballato con lei e le aveva fatto un dono speciale. Quella collana che aveva custodito così gelosamente per tanti anni. Aveva sempre avuto un legame speciale con quell’oggetto. Per quello sapeva che era accaduto qualcosa. Era una sensazione labile, eppure era come se dentro di lei qualcosa si fosse rotto. Il problema era che ogni volta che cercava di ricordare gli avvenimenti di quella sera tutto era confuso. Era come se fosse di nuovo li, tra le braccia del Signore Oscuro e si fosse sentita strappare.

Aveva pensato più volte alla mattina dopo

 

Quando si era svegliata nuda nel letto di Rodolphus non ricordava neanche come ci era arrivata. Si sentiva furiosa ma neanche lei sapeva spiegarsi il perché, eppure sapeva che c’era un motivo per cui si sentiva cosi furiosa.

SI era rivestita di malavoglia e tornata a casa sua, dove l’aspetto delle sorelle non era meno strano del suo. Ed entrambe sembravano decisamente di cattivo umore.

A lei però buonumore era tornato presto, quando sul giornale aveva visto la sua foto accanto a Lord Voldemort, con la collana che brillava al suo elegante collo.

La collana. Qualcosa sembrò fare breccia nella sua mente, senza però riuscire ad afferrarlo. Le sembrò di ricordare un gruppo di persone che l’attacavano, ma ogni volta che provava a focalizzarsi sui loro visi questi perdevano i loro contorni.

Era corsa in camera, per fortuna la collana era ancora li, dove l’aveva lasciata. Al sicuro. Se la strinse al petto. Un regalo di Lord Voldemort solo per lei. C’era qualcosa che non andava. Eppure a guardarla sembrava perfetta.

Ma dentro di sé lo sapeva.

Non poteva però rivolgersi a Lord Voldemort, aveva paura che l’avrebbe offeso.

No tutto stava andando bene, doveva solo scordarsi di quella sensazione.

Troppo alcol e pozioni probabilmente.

 

Il 21 dicembre, il giorno più corto, la notte più lunga. E Bellatrix Black si era sempre nutrita della notte, della sua oscurità avvolgente, dei segreti che solo il buio sapeva celare, della sensualità insita nelle ore più buie.

C’era solo una cosa che l’aveva fatta resistere in quei quasi quindici anni di Azkaban. La certezza che il Signore Oscuro sarebbe tornato. E l’avrebbe salvata.

C’erano state voci qualche tempo prima, non sapeva dire quando, il tempo tendeva a scivolare in grumi dentro quel posto, ma le erano arrivate. Il Signore stava per tornare.

E per un attimo Bellatrix l’aveva sentito. Il marchio nero che bruciava di nuovo, un dolore salvifico nella pelle.

E poi nuovamente si era affievolito, diventando solo un sapore strisciante, un odore lieve che riusciva comunque a farsi largo nei miasmi di quel luogo. E anche i Dissennatori l’avevano capito. Loro che erano suoi servi naturali avevano cominciato a comportarsi diversamente. Piccole cose ma che lei non poteva non notare.

non aveva fatto altro in quegli anni.

Osservare.

Ricordare.

Ed era per quello che aveva notato subito quel calo di potere, gli esseri immondi che dovevano sorvegliarla che per un attimo avevano diminuito la presa, distratti da chissà cosa.

Era sempre stata una donna d’azione Bellatrix Black, anche da Madame Lestrange.

Aveva raccimolato ogni singola traccia di magia dentro di se, sentendola finalmente libera di scorrerle nelle vene, libera da quegli oscuri legacci che l’aveva imbrigliata.

E poi l’aveva rilasciata, lasciando che esplodesse in tutta la sua maestosità. 

Le sbarre della prigione erano salta, sbalzate via e disintegrate in mille pezzi.

Il dissennatore del suo corridoio si girò appena, incerto, poi proseguì oltre, come se non l’avesse vista.

O piuttosto come se già non trovasse nulla di cui cibarsi.

Un rumore leggero di passi, piccoli e affrettati. Non erano umani.

Abbassò lo sguardo su quell’essere che la guardava con occhi acquosi.

Elfi domestici. L’aveva già visto, ne era sicura. Ma non aveva mai prestato attenzione a quegli esseri, tutti uguali, tutti indegni di lei.

L’essere la guardò , gli occhi che brillavano cattivi. Si era certo di averlo già visto.

“Venga Madame. I signori Lestrange sono già fuori con il padrone”

Il padrone. Chissà chi era.

Camminò sicura come era sempre stata, lo sguardo alto mentre sentiva i lamenti di quelli ancora nelle celle.

Qualcuno li aveva appena liberati. Ma non era stato il Signore Oscuro.

Ne era sicura.

Sentì un tonfo dietro di sé. Si girò appena. L’elfo aveva fatto apparire all’interno della cella un corpo. Aveva le sue sembianze. E sembrava ancora respirare. Gli occhi vacui, evidentemente sotto Imperius.

Sarebbe durato per un po’, tanto nessuno la veniva mai a trovare. E per i dissennatori una disperazione valeva l’altra.

Chissà cosa avevano tolto a quella donna per ridurla in quello stato.

Il corridoio finalmente finì in uno squarcio magicamente aperto. Qualcuno le porse una mano per aiutarla ad attraversare. Il blasone di un corvo. Era Rodolphus. Parlava con qualcuno. La voce, era una voce del suo passato. Qualcuno che aveva sempre considerato un inetto e invece…

E si era trovata finalmente fuori, a respirare l’aria pura della notte, tuoni fragorosi e vento impetuoso che la sferzavano, ridandole l’energia che sembrava aver perso.

Se davvero il Signore Oscuro era stato sconfitto c’era una sola cosa da fare.

Quello a cui aveva pensato.

Quello che aveva nutrito dei suoi ricordi

La vendetta.

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Capitolo 38
*** Capitolo 38° ***


Draco non si era fatto vedere a colazione, nonostante gli avesse fatto sapere che in via del tutto eccezionale c’erano i pancakes alla zucca con cannella e gocce di cioccolato che adorava.

Quel giorno sarebbe stato un incubo, già lo sapeva. Sentiva che l’emicrania era in agguato come un mostro nell’ombra, in attesa che la sua paura si realizzasse.

Perché c’era qualcosa dal giorno prima che l’aveva scossa, una strana elettricità nell’aria. Se n’era accorto anche Lucius, lo sapeva. Anche se come al suo solito aveva preferito ignorarlo sebbene l’avesse sorpreso a stringersi il braccio del marchio nero, come quando…

Ma non era possibile.

Voldemort era morto.

Quella parte della sua vita era finita.

E mancavano poche ore al Galà. In realtà, nonostante quell’inetta della sua assistente, era tutto pronto.Ci aveva pensato da sola come sempre. Aveva accettato quell’inutile orpello di giovane donna solo per consuetudine in quanto presidentessa di una fondazione a favore delle giovani streghe per Merlino solo ricordava cosa

Ogni anno lo stesso supplizio.

Per un attimo sorseggiando il té profumato ebbe un mezzo pensiero di costringere la Granger a farle da assistente il prossimo anno, se lei e suo figlio fossero stati ancora insieme. Ma sebbene la divertisse l’idea di spedirla in commissioni impossibili da una parte all’altra, consapevole che comunque quel diavolo di strega avrebbe portato tutto a termine in maniera eccellente, sapeva anche che le avrebbe fatto passare un inferno. Lei e la sua  lingua impertinente. In un certo senso si trovò a ritrovarsi in lei alla sua età.

Ovviamente senza contare classe e senso estetico.

Ma sembrava far Draco felice, e in quel momento era tutto ciò che le interessava.

Persino il Maniero sembrava averla accettata. E addirittura Lucius quando aveva scoperto il suo nome sull’arazzo l’aveva presa incredibilmente bene. Rideva quando glielo aveva raccontato, al punto che aveva dubitato del fatto che fosse sobrio o perlomeno che non fosse sotto l’effetto di qualche pozione esilarante.

Addirittura aveva pensato che fosse impazzito. Era lui che solo pochi mesi prima aveva quasi dato di matto quando aveva saputo che lei non aveva intenzione di fare niente per impedire  che il suo bambino purosangue iniziasse a frequentare quella dannata natabbana amica di Potter. Parole sue. Ovviamente sapeva bene quanto lei che suo figlio fosse innamorato dal primo anno della suddetta grifondoro, solo che aveva sperato che tutto si mantenesse nelle sue fantasie. Prima o poi sarebbe arrivata qualcuna che gli avrebbe rubato il cuore e la mente e la Granger sarebbe stata solo il ricordo di una prima cotta.

Narcissa si chiedeva se ci avesse creduto seriamente, conoscendo il figlio. E soprattutto considerato che metà dei geni di Draco venivano da lui. E l’altra metà dalla famiglia Black.

Come diceva sempre Severus, una pessima combinazione,

Poi ovviamente le cose erano cambiate. Dopo  che l’avevano quasi perso a nessuno dei due sembrava importare granché della purezza del sangue di qualcuno che riusciva a sollevare il figlio da quell’apatia in cui sembrava essere sprofondato. Eppure sembrava tutto dannatamente importante solo l’anno prima.

E quindi no, suo marito non era impazzito. Era solo genuinamente se non contento perlomeno sereno.

“Se lo fa felice”- aveva detto ridacchiando mentre sfogliava l’album di fotografie che custodiva gelosamente nella sua scrivania. Quella sera ne voleva aggiungere una, ovvero quella della faccia sconvolta di Draco finalmente pienamente ristabilitosi che si trovava in casa la Granger come ospite al galà di sua madre.Aveva già istruito gli elfi. Accarezzò piano quella del primo ballo a cui gli era stato permesso partecipare. L’aveva scattata Narcissa, padre e figlio entrambi in smoking con Lucius accovacciato davanti a un  Draco visibilmente eccitato per essere ammesso ad una cosa da grandi che gli bisbigliava qualcosa nell’orecchio, ricevendone un’occhiata di pura adorazione.

Se lo ricordava bene che cosa gli aveva detto.

Non c’è nulla da temere. Mamma e papà sono qui con te.

“Anche se non credo che quei due abbiano idea in che guaio si siano cacciati. Sono testardi, permalosi, irascibili e competitivi. Salazar Serpeverde solo sa come facciano a stare insieme. O meglio, prima capirà che deve darle ragione e prima vivrà tranquillo”- continuò tranquillo ancora con il sapore di quel ricordo in mente.

“Come scusa? Staresti dicendo che il segreto del nostro matrimonio è che tu mi dai sempre ragione? Come con i pazzi”- gli aveva chiesto trafiggendolo con lo sguardo, ancora incredula.

“No amore mio. RIcordo solo quello che mi hai detto tanto tempo fa. Che tu hai sempre ragione.”- aveva risposto senza neanche staccare gli occhi dalle pagine, continuando a sfogliarle, fino a ritrovare la foto del loro primo Ballo di Natale - “E poi la magia delle mura non sbaglia, lo sappiamo bene no?”.

“Veramente ti avevo detto che io sono perfetta, ma fa niente. Il punto non cambia”.

Narcissa si era avvicinata sedendoglisi in grembo, mentre lui faceva scivolare  una mano sulla vita sottile, posandole un bacio alla base del collo, e immergendosi nei suoi capelli, per una volta lasciati sciolti.

Lei prese in mano la fotografia, ritrovandosi appena quattordicenne che scendeva le scale stringendo la mano di Lucius, che la sorreggeva lungo la scalinata. Passò una mano sulla nuca del marito, avvicinando la testa alla sua e tenendolo vicino.

I ricordi di quella sera tornarono a galla.





 

Era la sera del 23 dicembre, due giorni dopo il fidanzamento di Bellatrix. La festa pareva essere stata una grandiosa, tutti i giornali ne avevano parlato. E a molti non era sfuggita l’intesa che c’era stata tra la più giovane delle Black, ancora non ufficialmente fidanzata, e il più giovane di Malfoy, fresco della rottura con Cassandra Carrow.

Sapeva che era successo qualcosa, ma non riusciva a ricordare nulla dopo il ballo. Aveva trovato la pozione di amortentia che aveva preparato ma sembrava meno di quanto avrebbe dovuto essere. L’aveva quindi usata su Lucius? E perchè non ne serbava ricordo?

Forse era andato tutto a rotoli e Andromeda le aveva fatto un incantesimo confundus.

Ma anche lei non sembrava esattamente in forma. La mattina dopo il ballo si era svegliata con la sorella maggiore nel suo letto, mentre Bellatrix era sparita. E quando era tornata si era chiusa nelle sue stanze.

Lo ricordava con precisione perchè lo aveva sentito dentro di sè che niente sarebbe stato più come prima, una sensazione sgradevole e strisciante che si faceva strada nella sua testa senza che avesse la possibilità di individuare l’origine.

Quella sera quando erano arrivate, Malfoy Manor era all’altezza delle sue aspettative. Morgana Malfoy si dava davvero un gran da fare per il compleanno dei figli che cadevano a pochi giorni di distanza, il 22 quello dei gemelli e il 23 quello di Lucius. Solitamente il party iniziava a cavallo dei due giorni, ma per quell’anno visto l’importanza del fidanzamento Black -Lestrange era stato spostato di un giorno. Morgana però era stata stranamente categorica, a quanto ne sapeva, non volendo superare il giorno del compleanno del figlio minore.

Eppure lui era sfuggente quando l’aveva salutata, come se ci fosse qualcosa di cui si vergognasse.

Molti anni dopo gli aveva chiesto il motivo, più per curiosità che per altro. E lui aveva ammesso che da un lato aveva la sensazione che fosse successo qualcosa di profondamente importante ma di cui non riusciva a ricordare nulla. E ciò lo aveva turbato. Odiava non avere il controllo della situazione. Non sapere cos’era successo non gli permetteva di essere preparato a quello che sarebbe accaduto. E questo non era mai una cosa buona.

Dall’altra… sapeva benissimo che la colpa era sua e del suo dannato vestito. Etereo, impalpabile, elegantissimo eppure che accarezzava ogni parte del suo corpo come una seconda pelle, per poi lasciare vedere le sue meravigliose gambe- aveva continuato mentre le sue labbre seguivano la stessa linea che aveva fatto quel giorno i suoi occhi, una risalita lentissima che ben presto le aveva fatto perdere il filo dei suoi pensieri.

E quando le aveva fatto il baciamano all’ingresso era stata lei a sussurrargli - “Questa volta sei tu che mi devi un ballo Malfoy”.

E lui aveva sorriso, di quel sorriso che riservava solo a lei, tenendole un attimo in più la mano prima di lasciarla andare e passare a salutare l’ospite successivo mormorandole sulla pelle : “Tutto quello che vuoi”.

Ed avevano ballato. di nuovo come qualche sera prima. Toccarsi, stringersi, per poi lasciarsi e attendere con ansia di essere di nuovo insieme. Le sue mani che la stringevano come se ormai la conoscesse a memoria, cose se riuscisse a trovare il suo posto solo se l’aveva tra le braccia.

E poi la musica era finita. Lei era stata trascinata via da sua madre che sembrava doverle parlare urgentemente. Ma non le aveva dato il tempo, lasciandola di sasso a parlare al vuoto mentre lei andava a cercarlo.

“E’ di sopra, sta preparando il regalo per te”- le sussurrò Arael passandole vicino con un sorriso strano. Era l’unica tra tutti loro che sembrava perfettamente padrona di sé. Aveva detto di essere tornata a casa presto, ma c’era qualcosa nei suoi occhi. Qualcosa di profondamente diverso.

Di sopra. Come se fosse semplice trovare qualcuno in un maniero. Non era mai stata nelle stanze private dei fratelli, le sue visite si erano sempre limitate al salone delle feste, o al giardino o agli altri ambienti del piano terra.

Era così diverso da Villa Black, fatta di marmi chiari e finiture dorate, le grandi vetrate che lasciavano filtrare la luce naturale a qualsiasi ora del giorno. Malfoy Manor era scuro e solido, eppure non sapeva bene perchè ma li dove altri lo trovavano opprimente lei si sentiva protetta.

E poi la sentì. La musica che proveniva dall’ala est. Era come se la stesse chiamando, come se sapesse che doveva essere la sua traccia luminosa per ritrovarlo.

Lasciava che fosse lei a decidere. Di seguirlo, di cercarlo, di trovarlo.

Aprì piano la porta, timorosa di rompere l’incantesimo. E lo trovò chino sul pianoforte, il volto chino in avanti che si illuminò vedendola.

“Mi hai trovato”- le sorrise.

Lei gli si sedette accanto sul palchetto, notando che sul pianoforte era poggiata una splendida decorazione natalizia color zaffiro, con dei delicatissimi fregi in argento.

“Ed è una cosa buona o una cosa cattiva?”- rispose fissandolo, cercando di penetrare quella barriera grigia che di solito rifletteva chiunque provasse ad avvicinarlo.

“E’ la cosa migliore che mi sia capitata. Abbiamo fatto pace allora?”- chiese staccando per un attimo le mani dai tasti per accarezzarle il viso, e poi già lungo la spalla nuda, le dita che scivolavano leggere sulla pelle.

Avevano fatto pace? Non lo sapeva. E quella mattina aveva deciso che voleva fidarsi, senza usare l’amortentia. Perchè sebbene avesse paura che lui la ferisse voleva fidarsi.

“Sai ho pensato tanto a cosa regalarti per Natale. So quanto sia importante per te”- continuò lui, le labbra che prendevano il posto delle dite, bollenti sulla sua pelle. 

“Non vuoi gioielli. Non posso ripetermi dopo il regalo di compleanno. E allora ho pensato di donarti una cosa che non potrò mai dare a nessun altro”. mormorò

“Beh a quanto si dice non è la tua verginità. O la fedeltà, a quanto mi risulta”- non potè fare a meno di rispondere, ricordando quanto l’aveva ferita quando aveva saputo quello che era successo negli spogliatoi di serpeverde con quello stupido troll, sentendolo irrigidirsi.

“Per la prima è un po’ tardi in effetti. Ma della seconda non dubitare mai. Ho fatto uno stupido errore. Ma non accadrà mai più. Io  non posso neanche pensare ad una vita senza di te. “- le disse raddrizzandosi e prendendole il viso tra le mani. La fissò a lungo, quasi cercando le parole- “ Perchè io ti vedo, Narcissa Black. Ti osservo mentre cammini tra i corridoi di Hogwarts con una grazia che solo tu possiedi. Ma mentre gli altri vedono solo una bella ragazza ricca io ti guardo e vedo la studentessa più intelligente di Hogwarts che si nasconde  dietro i suoi lunghi capelli biondi e i grandi occhi azzurri. Troppo bella perchè a qualcuno possa venire in mente che strega eccezionale sia. Ti vedo alle partite di Quidditch che ci guardi e vedo la migliore cercatrice che Serpeverde potrebbe mai avere se solo ti liberassi dall’idea di dover seguire quegli standard che ti sei imposta da sola, perchè le tue sorelle sono sempre state troppo prese da loro stesse e dai loro desideri. Ti guardo conversare in società e penso che potresti facilemente surclassare tutti questi vecchi beoti che pensano a te solo come una giumenta da riproduzione.”

Narcissa era rimasta in silenzio, lasciando che le parole le scivolassero dentro, trovando il loro posto, come se ci fossero pezzi di lei rimasti vuoti solo per quel momento.

“Sappiamo entrambi che potresti scegliere chiunque tra i membri delle Sacre Ventotto e chiunque sarebbe stato baciato dalla fortuna. Ma sappiamo entrambi che nessuno ti amerà come ti amo io, nessuno desidererà più di me di svegliarti con te ogni mattina e con nessun’altra. Scegli me e ti farò sentire amata ogni giorno, saprai sempre di essere la mia priorità.Scegli me e ogni volta che mi guarderai saprai che non c’è un’altra donna che potrei mai desiderare. Scegli me e potrai essere chi vorrai. E se tutto questo non ti basta, se anche tu mi ami scegli me per salvarmi. Perchè senza di te la mia vita non ha senso”.- disse tutto d’un fiato, come se avesse paura che se si fosse fermato anche solo per respirare le parole non sarebbero più riuscite ad uscire e sarebbero rimaste soffocate dentro di lui per sempre, condannandolo all’infelicità.

C’era una tale urgenza nella sua voce, una disperazione così profonda che Narcissa non poté fare a meno di sentirsi avvolta, come se tutto stesse iniziando ad avere senso.

“Malfoy, ma per caso mi stai facendo una proposta di matrimonio alla terza volta che ci vediamo?”- sorrise sfiorandogli le labbra con un dito prima di baciarlo leggera.

Lui sorrise sotto la sua bocca, lasciando che fosse lei ad esplorarla.

“Consideriamola una promessa. Perchè ho giurato a tua sorella che avrei aspettato almeno un anno, prima di chiedertelo sul serio. E dire che ho già l’anello. Ma ha detto che se te lo do me lo fa ingoiare. E guarda che Andromeda è più pazza di Bellatrix, non la farei arrabbiare. Mi ha dato un calendario da rispettare a dire il vero”- le ridacchiò sulla pelle, appena staccatosi per riprendere aria.

“E’ un si, quindi?”- le chiese accarezzandole il viso e scrutandola.

Lei annuì, poggiando la fronte sulla sua e passandogli leggerla la mano sulla nuca.

“E ora stai qui vicino a me. Voglio darti il mio regalo di Natale. L’ho scritta per te. E quella pallina che ti piaceva tanto.. la musica andrà a finire li.”- le disse girandosi nuovamente verso i tasti del pianoforte e iniziando a sfiorarli.

“Mi stai regalando la tua anima, Malfoy?”. gli chiese sorridendo sfiorandogli il braccio

Lui si chinò appena a baciarla, mentre le mani iniziavano a volare leggere sui tasti.

“Per sempre”

E la musica riempì l’aria. E lei non si era mai sentita cosi felice in vita sua.

 

Le mancava che Lucius suonasse per lei. Dopo la morte della sorella l’unica altra volta che si era seduto al pianoforte era stato per la disperazione. Passò un dito sulla foto, osservando i due ragazzi che si guardavano adoranti, le labbra ancora arrossate per i baci, ricordava ancora il cuore che le batteva per la dichiarazione di Lucius.Non era la foto ufficiale che era apparsa sui giornali il giorno dopo. In quel momento sorrideva felice, ignara della bomba che suo padre e Abraxas stavano per sganciare.

Un fidanzamento. Lei sarebbe stata la perfetta Lady Black secondo il maniero.

Ed era vero.

In effetti il maniero non aveva sbagliato.

Solo che loro ancora non lo sapevano.



 

Narcissa era strana. Lo era dalla sera prima ma durante il giorno era decisamente peggiorata. Il fatto che non avesse fatto piangere neanche una volta la sua assistente il giorno del galà era perlomeno sospetto.

E Draco non era da meno. Non sapeva perchè, ma aveva deciso di mandarlo ai matti proprio quel giorno. Lucius non era mai stato un uomo paziente, lo sapeva bene. Né aveva mai avuto una figura paterna di riferimento che gli mostrasse come relazionarsi con un figlio. Quando Draco era bambino era stato facile. Per un momento aveva anche creduto che forse ce l’avrebbe fatta ad essere se non un buon padre almeno uno decente. 

Poi le cose erano peggiorate. E non poteva dare la colpa solo ad Abraxas. Certo suo padre era riuscito ad installare in Draco la profonda convinzione che per Lucius Draco non contasse niente se non come erede, che non gli importasse nulla di lui, che sapesse perfettamente quello che il nonno gli faceva. Era riuscito a rinchiuderlo in una prigione di dolore e paura che sapeva benissimo essere cosi profonda da non riuscire a vedere null’altro. 

Per lui la prima luce era stata Narcissa, ma il vero momento in cui Abraxas e il suo passato non avevano contanto più nulla era stata in seguito alla nascita di Draco. Prendere suo figlio neonato tra le braccia era stata la magia più grande che avesse mai sperimentato. Tutto aveva smesso di avere importanza.. .Solo Draco e Narcissa contavano. Aveva già giurato che avrebbe fatto di tutto per lei. Aveva fatto di tutto. Ma ora c’era anche il suo bambino in quell’equazione. Non c’era niente che non avrebbe fatto per lui, si era promesso.

Poi però aveva infranto la sua stessa promessa.

E così come una notte di giugno suo figlio gli aveva dato una felicità che mai avrebbe pensato di poter provare, una stessa sera di pochi mesi prima gli era sembrato di venire smembrato, dilaniato da artigli invisibili mentre guardava scorrere via la via dai suoi occhi.

Da allora non c’era notte in cui non aveva rivissuto quel momento. E insieme a quello anche i fantasmi del passato venivano a tormentarlo ogni giorno. A pensarci ora c’erano stati tanti di quegli indizi che solo un cieco non avrebbe visto cosa stava accadendo. Ma lui era stato più di un cieco. Lui non aveva voluto vedere.

“Ti odio”

Draco gliel’aveva detto con calma, guardandolo negli occhi. Forse se l’avesse urlato gli avrebbe fatto meno male.

E invece lo aveva fatto quando era salito in camera sua per chiedergli di andare con lui a prendere il regalo di Natale per la madre. 

Non poteva dargli torto, ad essere onesti.

Non dopo tutto quello che aveva fatto.

E non parlava solo di Abraxas. Quando aveva perso il controllo l’estate dell’anno precedente non era sotto l’influsso di alcun maleficio. Nessuno l’aveva costretto.

Le sue paure di ragazzo si erano avverate.

Era per quello che pensava di non volere figli. Perchè sapeva che avrebbe finito per far loro del male.

Eppure aveva creduto che l’amore che provava per Draco sarebbe stato più forte di quello che di marcio era in lui.

Si era sbagliato,evidentemente.

Lo capiva, quindi. Razionalmente sapeva che ne aveva tutti i diritti. Eppure aveva sperato che fosse tutto un incubo.

Fosse stato qualcun altro avrebbe cercato di farlo ragionare. Lo avrebbe abbracciato, cercato un contatto.

Ma lui non era qualcun altro. Era un Malfoy. Ed era stato cresciuto per non mostrare al mondo i suoi sentimenti.

Si era limitato a guardare impassibile suo figlio, nonostante in quel momento avesse voluto urlare.

“E’ ora di crescere, Draco.”- si era limitato a dirgli seccamente.

E’ ora di crescere. Come se quello che aveva passato non fosse già abbastanza.

Stranamente suo figlio lo aveva guardato con un mezzo sorriso: “ Finalmente hai smesso di recitare.”

Recitare? Oh era tutta la vita che lo faceva. Al Ministero, con i suoi ospiti, in società. Persino con gli altri mangiamorte.  E in fondo anche con Draco, ma quello lo aveva fatto credendo stupidamente di proteggerlo

“Vuoi dirmi qualcosa o pensi di continuare a comportarti come un bambino viziato che dice cose senza senso?”- il suo istinto era di girarsi ed andarsene, fuggire da quegli occhi grigi che lo guardavano con un misto di disprezzo e rassegnazione, nei quali non riusciva più a ritrovare il suo bambino. Eppure doveva restare, doveva provare a recuperare un minimo o sapeva lo avrebbe perso per sempre. Tra pochi giorni Draco sarebbe tornato ad Hogwarts e sarebbero passati mesi prima di rivederlo. Di sicuro si sarebbe rifiutato di lasciare Hogwarts per le vacanze di Pasqua. Anche costringendolo non sarebbe mai tornato.

Suo figlio incrociò le mani davanti al petto, appoggiandosi appena sulla scrivania. E fu in quel momento che lo notò, fin’ora non ci aveva fatto caso. 

“Draco dov’è il tuo anello?”- chiese cercando di mantenere la calma. Quell’anello lo aveva salvato. E dentro c’era tutto quello che gli restava dei suoi fratelli. Non poteva averlo perso. Se lo avesse fatto sul serio lo avrebbe costretto a setacciare il maniero palmo a palmo.

Draco scrollò le spalle :” Non preoccuparti , stasera lo metterò. Le apparenze prima di tutto no?”- disse con quella voce falsamente dolce che ogni tanto usava quando voleva farlo impazzire, in totale contrasto con il gelo del suo sguardo - “ Ma te l’ho detto. Con te ho chiuso. Non ti permetterò più di farmi del male”

Se lo avesse cruciato sarebbe stato meno doloroso.

Si sedette in poltrona, esternamente calmo e rilassato, accavallando le gambe. Eppure dentro si sentiva implodere in mille pezzi.

“Draco… te l’ho detto. Mi dispiace. Quel giorno ho perso la testa. Hai ragione, ma non succederà più. Non è già più successo. E ti vorrei ricordare che anche se me l’hai reso molto, molto , difficile non ti ho più neanche toccato”- replicò sostenendo senza fare una piega lo sguardo inferocito del figlio.

“Non sto parlando di quello che è successo quell’estate. Parlo di questi anni. Di Cassandra, del nonno. Di quello che mi hanno fatto. E non scordiamoci che sei stato tu a dirmi che dovevo preparare il calice. Tu lo sapevi. Sei stato tu a dare il canto di Amergin a Lord Voldemort tanti anni fa. Fatico a credere che non ti avessero detto che sarei dovuto morire per far rinascere il Signore Oscuro. Di la verità , tanto la mamma non può sentirci. Non vedevi l’ora di liberarti di me, vero?”- voleva mantenere la calma, eppure lo sentiva tutto quel dolore che gli era costato dire quelle parole.

Era un incubo. Doveva esserlo.

“Draco, non essere stupido. Te l’ho già spiegato. Ne abbiamo parlato. Non ne sapevo niente. Non ti avrei mai chiesto di farlo se lo avessi anche solo sospettato.... ”- tentò di rimanere calmo ma la mano sul bracciolo della poltrona di pelle era stretta come un artiglio. Avrebbe voluto alzarsi e scrollare Draco fino a farlo ragionare. Ma si costrinse a rimanere fermo. Lo avrebbe solo spaventato. 

“Tu sapevi quello che mi avevano fatto per assicurarsi che Poitter prendesse l’uovo.  E per il calice, davvero ti aspetti che ti creda? Mi hai costretto tu!”- urlò infine suo figlio, finalmente  lasciando sfogare la rabbia. Bene, era un passo avanti. Con la rabbia poteva lavorare. Poteva gestirla. Draco doveva solo sfogarsi

Si alzò lentamente, avvicinandosi solo di un passo. Era come se si trovasse di fronte una creatura pericolosa. Un passo falso e avrebbe mandato a monte tutto. E lui non era mai stato bravo a cura delle creature. Forse doveva pensare più che fosse come una pozione dove azzeccare esattamente i tempi..

“Draco, non so chi ti abbia detto del canto di Amergin, ma io l’ho solo consegnato. Non l’ho mai letto. Del lago ho saputo solo dopo che eri già tornato ad Hogwarts. E a quel punto non c’era più nulla che potessi fare. Ti ho mandato decine di lettere per chiederti come stessi. Ho chiesto a Severus ogni giorno se ti fossi ripreso.”- ancora un passo, era quasi di fronte a lui. Poteva vedere le spalle di suo figlio tremare leggermente di collera repressa.

E poi la furia cessò, spazzata via di nuovo da quell’onda di dolore che non avrebbe mai potuto arginare.

“Se mi fossi ripreso in tempo per essere sacrificato vorrai dire. Potevi chiedere a Cassandra, no? Sapevi benissimo cosa fosse. Siete stati fidanzati e neanche ti sei degnato di dirmelo. Sapevi perfettamente che razza di pazza fosse. Ha quasi ucciso la mamma. E tu hai pensato bene di farle fare da dama di compagnia al nonno. Hai sempre e solo pensato a te stesso. Ho ricordato quella sera. Il motivo per cui avete fatto finta che Abraxas fosse morto”- sibilò esausto

“Draco, ci sono tante cose che non sai”- provò a dire ricevendo solo uno sbuffo sarcastico in risposta. SI sentiva paralizzato a dire il vero. Neanche al processo dopo la guerra magica aveva avuto così tanta paura. Per un attimo la sua mente andò quando dal banco degli imputati aveva visto Narcissa con in braccio Draco di neanche due anni che lo fissava serio, le braccia al collo della madre.  Cassandra poco distante da loro, riuscita a far si che il suo nome non comparisse mai. Gliel’aveva detto di non portarlo.L’aveva pregata di rimanere a casa. Ma ovviamente sua moglie quando si metteva in testa qualcosa non c’era verso di convincerla.

“Certo, come no.  So che volevi evitare che ti potessero accusare dell’omicidio,ecco quello che so. Davvero credevi che mettendo quei due insieme non sarebbe successo niente? Mi costringevi tu ad andare dai Nott. Sei tu che le hai dato il modo di farmi del male. L’importante era che tu continuassi a vivere tranquillo vero? Non ti è mai importato niente di me.”- aveva detto fissando un punto dietro di lui, gli occhi ormai scuri come il fondo del lago nero.

Era troppo. Doveva spiegarglielo. Doveva tentare di giustificarsi, doveva cercare di fargli capire. Allungò una mano per accarezzargli il braccio, ma appena lo sfiorò Draco reagi come se lo avesse bruciato.

“Non preoccuparti stasera nessuno si accorgerà di niente. Siamo bravi a recitare una parte no? E la mamma già lo sa che non ho più nessuna intenzione di avere rapporti con te, quindi non ti devi preoccupare neanche di far finta di trovare una scusa”- disse amaramente prima di smaterializzarsi.

Non riuscì a chiudere in tempo il varco, troppo sconvolto.

Guardò davanti a sé, nel grande specchio sulla parete.

E tutto ciò che ritrovò fu il ragazzino pieno di paura che era stato.

Quello che era stato con Cassandra. Quello che aveva deciso di seguire Voldemort. Quello che aveva dato al Signore Oscuro il maledetto canto.

Era per quello che Narcissa era strana

Sapeva che a Draco era successo qualcosa.

Ma cosa diavolo fosse accaduto era un mistero.

 

 

Draco si sentiva svuotato. Quella rabbia che l’aveva sostenuto tutta la mattina, alimentandosi ogni minuto era improvvisamente scomparsa, lasciandogli solo un gran vuoto dentro.

Era fuggito, non riuscendo più a resistere di stare solo un minuto insieme a suo padre. Tanto ormai quello che doveva dirgli l’aveva detto. E non c’era niente che Lucius potesse dire che gli avrebbe fatto cambiare idea. Non voleva più sentire le sue bugie.

Si toccò il braccio,dove sapeva esserci il marchio nero anche se invisibile. Era da quando  lo aveva fatto che sentiva che qualcosa non funzionava bene nella sua testa. Non erano solo le urla dei babbani che gli rimbombavano continuamente. Era come se nel suo sangue scorresse del vero e proprio veleno che non faceva altro che riportare a galla le sue paure e le sue ossessioni.

Sperava fosse quello. Sarebbe passato. E in fondo gli era servito per finalmente buttare fuori quello che aveva pensato per anni e non aveva mai avuto il coraggio di ammettere ad alta voce. Forse non era vero che si trattava di veleno. Non era il marchio. Era il velo delle sue illusioni che era finalmente caduto.

Il primo posto dove aveva pensato di andare era dalla Granger. Ma poi il suo orgoglio ebbe il sopravvento. Si sentiva sconvolto dopo quel confronto con suo padre e non voleva che lei lo vedesse così. Sapeva bene che lei non era certo una tipa da sconvolgersi e in fondo lo aveva visto ridotto molto peggio,

Ma li aveva un motivo fisico. Cicatrici, ferite aperte, lividi, segni tangibili che giustificavano la sua debolezza. Invece al momento tutto era nella sua testa, un brusiò che non riusciva a scacciare. E poi non voleva che pensasse che fosse solo un bambino piagnucoloso che non riusciva a farsi amare da suo padre.

Lei non sapeva cosa volesse dire. Aveva osservato i suoi genitori quella sera. Erano così.. normali. Una coppia che si vedeva fosse solida ma senza le stravaganze dei suoi. Ed era altrettanto evidente che lei fosse la luce dei loro occhi.

L’altro suo esempio, togliendo Potter e il suo padrino dalla mente contorta che però si illuminava ogni volta che il suo sguardo si posava sul figlioccio, erano i Weasley.

Seriamente, chi diavolo poteva competere con gli sdolcinati, disgustosamente uniti, famiglia di Grifondoro? Saranno stati anche poveri in canna  ma neanche lenticchia poteva avere il coraggio di lamentarsi dei suoi. Aspetto fisico a parte, ovviamente.

Allora era andato da Pansy. Voleva capire se anche lei aveva quella sensazione. Era l’unica che potesse capirlo, l’unica che avesse vissuto quello che aveva vissuto lui. Anzi, almeno lei non si era illusa neanche un giorno sui suoi genitori.

Ma quella specie di vipera lo aveva liquidato velocemente, dicendo che quel giorno non aveva tempo per le sue turbe mentali. E quando le aveva chiesto perlomeno di rimanere li lo aveva cacciato in malo modo. 

E quello che sembrava ancora più strano era che gli era sembrato di  intravedere la chioma rossa di Ginny Weasley nel ballatoio del piano di sopra, mentre parlavano. Ma quando gliel’aveva chiesto incredulo lei lo aveva cacciato dandogli del visionario.

Per un attimo aveva pensato di andare a Grimmauld Place. Quasi quasi sentiva la mancanza di Sfregiato e Lenticchia dopo tutti quei mesi di frequentazione.

Ma non era ancora a quei livelli di disperazione. Fortunatamente ancora due neuroni funzionanti li aveva.

Ed era per quello che in quel momento si trovava a casa di Blaise, finalmente tornato dalle sue vacanze invernali. E non era neanche ingrassato quel maledetto.

“Cos’è sei scappato dai preparativi dall’evento sociale dell’anno?”- lo aveva accolto a mo’ di saluto,facendogli levitare in mano una tazza da té con il bordo dorato ed invitandolo a sedersi sul divano del suo salottino privato.

“Non è un po’ presto per questa quantità di alcolici?”- chiese sedendosi con il piattino in mano e accennando con la testa verso l’ospite seduto accanto a Blaise - “Theo”

Nott gli rispose appena, scrutandolo. Da un lato lo capiva. Se era rimasto orfano e ora viveva con la zia la colpa era sua. Ma conoscendo la sua matrigna e il padre non gli sembrava una gran perdita. E poi si ricordò che in fondo erano quasi parenti. Arael era stata la prima moglie di suo padre, che pochi mesi dopo si era sposato con la madre di Teo, morta quando lui era solo un bambino. E visto chi era la terza moglie era possibile che le voci di una morte assistita non fossero proprio infondante. In fondo due mogli su tre morte non era proprio una statistica confortante.

Blaise lo squadrò poggiando pigramente un braccio sulla spalla di Theo.

“Vista la tua faccia, non direi proprio. Allora si può sapere cosa è successo? La Granger ha capito che razza di cretino sei? O quante e chi ti sei scopato prima di lei?”- chiese con quel suo tono elegante con cui riusciva a dire le peggiori oscenità senza risultare mai realmente volgare.

Vide le mani di Theo tremare leggermente ma le ignorò.

“Ma la pianti? No, ho litigato con mio padre”- disse decidendo che da qualche parte del mondo era effettivamente un orario decente per bere. E in fondo un goccio di the c’era dentro quell’intruglio.

“Che novità.”- si limitò a commentare Blaise vuotando invece la sua tazza e addentando un tramezzino soffice.

“Non sto scherzando. Questa volta ho chiuso”- borbottò sentendosi improvvisamente infantile- “E’ una cosa seria, Blaise. Non puoi capire”

“Beh diciamo che dopo il terzo padre smetti di preoccuparti di cosa pensano. Di quello attuale devo dire che non ho ben capito neanche che lavoro faccia, se vuoi saperlo.E tu Theo, ti manca il tuo?”- chiese soave facendolo sentire un verme.

Il ragazzo accanto a lui scosse la testa, finalmente lasciandosi andare con un sorriso  - “Scherzi? Da quando non ci sono più quei due mostri finalmente vivo tranquillo. Questi giorni sono state le migliori vacanze della mia vita. E mia zia è una persona tranquilla. E’ la sorella di mia madre, finora ho potuto frequentarla poco con mio padre in vita, ma ora mi sembra finalmente di essermi tolto un peso dal petto”

Benissimo, gli stavano facendo notare in ogni modo che era lui quello esagerato.

“Siete degli amici terribili. E anche Pansy. Non ci crederai ma mi ha praticamente buttato fuori “- borbottò mentre la sua tazza si riempiva di nuovo.

Blaise gli lanciò una lunga occhiata.

“Le hai chiesto almeno se fosse pronta per stasera?”

Draco sembrò confuso- “Per un party? Sai che lei è un animale sociale, non credo proprio  debba prepararsi. E avrà già il vestito. I capelli erano perfetti. Al massimo si dovrà truccare”

Blaise alzò gli occhi al cielo :"Draco, ma hai almeno letto l’invito?”

“No, genio. Io non ricevo l’invito per la festa di mia madre”.

Zabini richiamò una busta che era sullo scrittoio e gliela passò con fare sornione.

La aprì perplesso. Carta pregiata, monogramma brossurato in oro zecchino, la grafia elegante di sua madre.

E poi si diede dell’idiota.

Oltre a chiedersi cosa stesse tramando sua madre. Non era una da mischiare le cose.

Non era il solito galà di Natale. Sarebbe stato il lancio del magazine di Pansy.

WItchilicious

Cazzo, Pansy l’avrebbe scuoiato vivo quando l’avrebbe rivisto.

Sospirò e chiuse gli occhi appoggiandosi sullo schienale, poggiando delicamente la tazza sul tavolino basso davanti a lui.

C’era un posto dove doveva andare.

Quello sarebbe stato il galà di Natale peggiore della sua vita, ma c’era chi stava peggio.

Ed era anche colpa sua in fondo

 

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Capitolo 39
*** Capitolo 39° ***


 
 
In teoria quello sarebbe dovuto essere un pomeriggio abbastanza rilassante per gli standard del San Mungo. Solitamente Natale era quel periodo dell’anno in cui doveva fare la parte più politica del suo lavoroe  quindi invece di incantesimi e pozioni per curare i casi più gravi si trovava a scuotere mani e dispensare sorrisi per risanare le casse dell’Ospedale. Non che fossero particolarmente carenti da quando era stata nominata direttrice del reparto. Nonostante fosse stata diseredata ed ostracizzata dalla sua famiglia e dalla loro cricca, era innegabile che diciotto anni di eventi sociali e cene di famiglia le avevano dato tutti gli strumenti per navigare tranquilla nel mare infestato di squali delle raccolte fondi. Perchè c’era una grande verità che aveva imparato sin da piccola: senza conoscenze i galeoni non giravano
I casi più gravi erano stabili e non c’erano stati nuovi ricoveri. Quindi ora le era rimasto solo da scrivere gli stupidi biglietti di ringraziamento per le maggiori donazioni e  poi poteva tornarsene a casa tranquilla.
Doveva solo ricacciare in fondo alla testa quella sensazione di tempesta che aveva da quando erano tornati i ragazzi. Sua figlia le aveva fatto sapere che Silente aveva confermato che gli Horcrux avevano reagito. La missione era quindi effettivamente andata a buon fine. Harry e gli altri erano tornati tutti interi.
E allora cos’era che non andava?
Si massaggiò le palpebre ricordando lo sguardo offuscato di suo nipote e la fretta di Pansy di andarsene. Erano cambiati, più degli altri. Ma Draco la preoccupava, se sapeva bene che il suo corpo era guarito da anni di abusi, sulla sua mente non ne era certa.
E questo perché quel grandissimo testardo, degno figlio di sua madre, si era rifiutato categoricamente anche solo di parlare con un terapista magico, che secondo Ted tra i babbani era noto anche come psichiatra.
Insomma,al di là del nome di chia avrebbe potuto aiutarlo,quel dannato viziato aveva iniziato ad occludere così tanto ogni volta che qualcuno si avvicinava che aveva rischiato un paio di volte di andare in coma direttamente lì, al San Mungo. Oltre a ritardare notevolmente il processo di guarigione, tanto che avevano dovuto mettergli le bacchette addosso almeno un paio di volte più di quello che sarebbe stato necessario. E in quell’occasione sul serio aveva dovuto resistere al desiderio di schiantarlo.
Quando si era presentato qualche ora prima chiedendo di vedere i Longbottom non aveva fatto domande, sentiva che se avesse toccato qualche punto troppo scoperto Draco si sarebbe sfaldato in mille pezzi davanti a lei. Si mise le mani tra i capelli. In che razza di guaio si era cacciata?
Aveva paura di spingere il nipote a rinchiudersi in sé stesso se fosse stata troppo aggressiva e allo stesso tempo che lo avrebbe visto spegnersi dietro i suoi demoni se lo avesse ignorato.
Mezzo Black e mezzo Malfoy. Che razza di idea. Aveva ragione Severus.
Per questo quando  la porta del suo studio si aprì e fece la sua comparsa la sagoma alta e slanciata di Lucius Malfoy ebbe la certezza di non essersi sbagliata. E soprattutto non si stupì più di tanto
“Non so che gli hai fatto ma è colpa tua”- disse sedendosi sulla poltrona di fronte alla sua scrivania.
“Mi sfugge il  momento in cui ti ho detto che potevi entrare. O che mi interessano i tuoi vaneggiamenti”- rispose senza staccare gli occhi dalla lista di nomi. 
Lucius sbuffò. 
“Con quanto ti ho dato direi che posso entrare dove e quando voglio. Risparmiati il biglietto e rispondi alla domanda.” - le rispose togliendole la pergamena di mano e lanciandola lontano- “Allora? Che gli hai fatto?”
“Che modi.Neanche fossi stato cresciuto dai Troll. E comunque non te l’avrei scritto il biglietto. Dopo che ho salvato il vostro unico figlio sul serio pensi che sprechi il mio tempo a ringraziarvi per una misera donazione?”- continuò cercando di prendere tempo. Aveva capito benissimo dove voleva andare a parare. 
“Stai divagando. E sai chi lo fa quando è in difficoltà? Mio figlio, che guarda caso è tuo nipote dopo aver passato un giorna a casa tua sembra morso da un chupacabra e ha deciso di odiarmi”- 
“Ah e ora sarebbe colpa mia? Ti ricordo che io per quindici anni neanche ci ho mai parlato. E poi che ne sai che ha passato un giorno a casa mia, scusa?”-rimbrottò alzando gli occhi al cielo-”Sei noioso e prepotente, lo sei sempre stato. Inoltre ti ricordo che Draco è un adolescente..Sai quante volte Nymphadora mi ha detto che mi odiava? E solo perché era convinta che le avessi avvelenato il fidanzatino”- cercò di liquidarlo riprendendosi quella dannata lista. Se voleva provare a sistemare le cose doveva tornare a casa presto. 
“ E l’avevi fatto?”- chiese sbalordito l'uomo.
“Le avevi avvelenato il fidanzato?”
Andromeda si passò una mano tra i capelli sciogliendosi lo chignon che le tirava la testa. Conoscendolo, a meno che non fosse cambiato in venticinque anni,cosa di cui purtroppo dubitava, la cosa sarebbe andata per le lunghe.
“Ma figurati”- il sopracciglio platino e lo sguardo dubbioso che le rivolse l’uomo le ricordarono che in fondo per cinque anni erano stati ottimi amici. E che la conosceva bene- “ Al massimo potrei aver sbagliato a riporre la polvere di torcibudella  e quella svagata della nostra donna di servizio potrebbe averla messa per sbaglio nella tazza di quel viscido traditore dagli occhi da rospo.E’ stato fortunato che avessi l’antidoto. Certo ci ho messo un po’ a trovarlo….”- ammise tamburellando pensierosa sulla pila di cartoncini davanti a lei.
“Beh io non ho avvelenato nessuno”- Fu il suo turno di guardarlo con sufficienza. Non c’era neanche bisogno di ricordargli ad alta voce l’affaire del diario di Tom Riddle e del basilisco, tanto per dirne una - “ Allora, diciamo che nelle  ultime ventiquattro ore non ho fatto niente perché mio figlio improvvisamente decidesse di odiarmi profondamente. L’ha proprio detto capisci:Io ti odio. Ed era dannatamente serio. Ed è un tale testardo… colpa vostra. Quello è il suo lato Black”-.incapace di stare seduto Lucius si era alzato e diretto a lunghi passi verso la finestra- “ Lo so che ha ragione, Drom. Che è colpa mia quello che gli è successo… ma non vuole parlarmi. Ieri andava tutto bene, avevamo anche parlato di andare a vedere una partita di Quidditch insieme. Stavamo cercando di recuperare. E oggi, era un’altra persona.”
Rimasero in silenzio. Andromeda si chiese se fosse il caso di dirgli che non era stato per via per poche ore ma per tre mesi. Tre mesi in un passato ricco di dolore. Era quando Bella si era persa definitivamente, quando Lucius stesso aveva preso il marchio nero ed avevano iniziato ad allonarsi. Ma non credeva che sarebbe stato di aiuto. Doveva parlare con Draco, capire cosa fosse successo.
“Anche con Narcissa è così?"- chiese già sapendo la risposta. Aveva detto è colpa miaMi odia. 
Lucius scosse la testa- “No, per fortuna no. Anche se tua sorella ovviamente l’ha saputo prima di me e si è ben guardata dall’avvisarmi. Forse pensava che fosse solo un malumore passeggero. Stasera sarà un incubo”
Andromeda lo raggiunse alla finestra, osservandolo mentre guardava fuori dalle ampie vetrate verso il cortile interno, senza davvero vederlo. Gli posò una mano sulla spalla, sentendolo trasalire appena.
“No, stasera si comporterà bene. E’ sempre figlio vostro.Pessima genetica per un essere umano ma  di certo sa come mantenere le apparenze”- cercò di rassicurarlo.
Lucius le rispose appena con uno sbuffo sarcastico.
“E credi che sia quello che mi interessa? L’opinione di una manica di alcolizzati infedeli  con più amanti che galeoni ?”- sibilò appena- “ Si è tolto anche l’anello. Ed è stato quello a salvarlo qualche mese fa. Se gli succedesse qualcosa…”
Si, lo credeva. O meglio l’avrebbe creduto fino a poco tempo prima. Si morse le labbra per non dirlo.
“Hai ancora sempre una buona parola per tutti, vedo. E poi non ci sarà anche il Ministro della Magia ceco?”- l’uomo fece un gesto eloquente, come se davvero non fosse migliore degli altri. Era solo lavoro,niente più- “Non gli accadrà niente. Dagli tempo. E poi stasera almeno ti odierà per un motivo… pensa quando vedrà Harry e Ron, infelici quanto lui di quella situazione, piombargli in casa”
Il mago  si concesse un sorriso stanco “ Io avevo detto di sì alla Granger, comunque, non a tutta la congrega. E invece a quanto pare mi ritroverò in casa la Speranza dei Maghi in persona. E il suo fidato amico. Oltre che una sangue… ahi..va bene scusa… una natabbabana”- si corresse quando lei gli pizzicò forte il braccio- “Vorrei che potessi venire anche tu ”.
Andromeda alzà gli occhi scuri al cielo “ Che Merlino me ne scampi. E ora sciò, va via. Io ho delle cose da finire e stasera devo anche cucinare. Ho promesso a Ted che una volta al mese ci avrei pensato io. Quindi smamma, mi stai facendo perdere tempo”
Lucius la guardò sbalordito : “Tu sai cucinare? Ma se quando eravamo ad Hogwarts non sapevi neanche dove fossero le cucine a Villa Black”
“Beh è da tanto che non vivo a Villa Black se l’hai scordato”- iniziò, poi si arrese allo sguardo incredulo dell’uomo sogghignando - “Ovviamente no. Ted pensa che cucini ma in realtà prendo tutto ad  un ristorante qui vicino. Solo che prima devo far finta di bruciare qualcosa sul fuoco ed è una noia. Ci vuole tempo e tu me ne stai facendo perdere fin troppo.  Quindi,fuori!”-concluse spintonandolo verso la porta. 
“E davvero ci casca? Merlino, che stupido tassorosso che ti sei sposata”
“FUORI!”- e la porta dietro di lui si chiuse di scatto.
Si era cambiata. Aveva sposato un natobabbano. Ripudiato la sua famiglia. Ma in fondo era sempre l’Andromeda Black che conosceva. Solo molto, molto, in fondo, ghignò tra sé e sé mentre si avviava verso il portale di uscita, sentendosi lievemente più sollevato. Bisognava riconoscere che Andromeda, nonostante i pessimi gusti in fatto di uomini, si era sempre rivelata una donna estremamente perspicace. Raramente gli aveva dato un consiglio sbagliato, incluso quando aveva cercato di fargli capire che servire Lord Voldemort avrebbe finito per distruggerlo.
Ma a quel tempo aveva sedici anni e pensava di stare facendo la scelta più giusta, fidandosi di quell’uomo che gli prometteva di mettergli le chiavi del mondo in mano.
Si era sbagliato, ovviamente.
Per questo ebbe un brivido quando gli sembrò di intravedere in fondo al corridoio la sagoma di suo figlio. E conosceva quel corridoio, quello dei senza speranza.  Era certo che loro non lo chiamassero così, aveva di sicuro partecipato a qualche raccolta fondi di beneficenza per quello specifico reparto ma in quel momento sembrava sfuggirgli dalla mente. Tutto ciò che riusciva a pensare era il perché Draco si trovasse lì. E soprattutto perché sembrava portare il peso del mondo addosso.
Durò solo un attimo, il tempo di raggiungere la porta magicamente serrata e già era scomparso.
Per un attimo sperò di avere le allucinazioni.
L’orologio da taschino trillò.Era tardi, doveva passare dal Ministro e poi correre al Maniero.
Sperò che davvero Andromeda avrebbe mantenuto almeno quella promessa.
Andare a fare acquisti con Sirius era stato ovviamente infinitamente più divertente che con Lucius Malfoy. Quello era ovvio, persino le lezioni di pozioni erano più allettanti. Beh più o meno. 
Ma qualsiasi cosa fatta con il suo padrino assumeva i contorni dell’irrealtà.
Primo, invece di smaterializzarsi erano arrivati a Diagon Alley con la sua motocicletta volante, rimessa a a nuovo in quei mesi in cui lui era stato ad Hogwarts.E quando erano planati roboando nella via principale, proprio di fronte al Paiolo Magico dove li aspettavano Remus e Ron, c’era stato un bel po’ di trambusto, con streghe e maghi che se la davano a gambe mentre loro ghignavano soddisfatti.
Secondo, era evidente che alcuni fossero ancora spaventati da lui e ovviamente lui non perdeva occasione per sfruttare il timore che incuteva.
Era un Black, era stato ad Azkaban e ora è di nuovo in libertà. Ricco ed affascinante come quindici anni prima. Anzi, ancora di più vista la sua storia.
Si aprì il colletto della camicia grigia come i suoi occhi, buttandosi sul divanetto, in modo che il tatuaggio di Azkaban fosse ben visibile. Harry si era reso conto che quando era in pubblico tendeva ad ostentarlo, sfidando con lo sguardo penetrante chiunque a dire qualcosa, solo per il gusto di ricordare che quello che era successo era colpa loro. Di tutti loro.
Il commesso spostò nervosamente il peso da un piede all’altro, indeciso se comportarsi normalmente come con qualsiasi altro cliente di un certo livello, scappare a gambe levate o fingersi morto.
L’idea però di vendere due vestiti, completi di accessori, lo aveva fatto propendere per la prima opzione anche se era evidente che fosse palesemente intimorito.
Anche Remus sembrava spassarsela, al contrario del solito. Sembrava ringiovanito improvvisamente.
“Già che ci siamo potremmo scegliere il tuo vestito per il matrimonio, che dici?” - gorgogliò Sirius buttando giù il whiskey incendiario che si era fatto portare al posto di quel pretenzioso e inutile champagne che continuavano a servire in quel luogo da cent’anni a quella parte.
“Ti piacerebbe eh vedermi sfilare qui come un manichino ammaestrato …Ma scordatelo. Né io né Tonks diamo peso a queste cose” - aveva risposto quello con un sorriso sorbendo un sorso di zucca ghiacciato e ignorando il gemito di disapprovazione proveniente dal suo migliore amico.
E poi erano iniziate le prove. Era certo che il primo vestito che aveva provato andasse benissimo, ma era stato soddisfacente vedere il piccolo ometto untuoso che li aveva guardati con disprezzo quando aveva visto Ron e Remus entrare nel negozio, prima di scoprire che fossero con Sirius Black ad Harry Potter.
Quindi ora era solo giusto che lo mandassero a cercare un fazzolettino color pervinca ma non troppo sul viola né sul blu nei meandri del magazzino.
Era divertente vederlo squittire ogni volta che Sirius abbaiava un ordine, anche se si rendeva conto che era un piacere un po’ perverso. Un po’ troppo lato Black- serpeverde se proprio doveva dirlo, ma in fondo in fondo ammetteva che aveva il suo fascino. 
Tutto questo però passava in secondo piano. Perché aveva capito che nonostante provenisse da una che aveva seri problemi mentali, quello era un enorme segno del destino.
Certo un segno di un destino con uno strano senso dell’umorismo e che aveva due facce.
Quella brutta è che era un ballo.
Quella pessima che era dai Malfoy.
Quella bella era che Hermione avrebbe avuto modo di far vedere all’intero mondo magico che la snobbava per essere natababbana quanto fosse brillante. E per una volta lui non sarebbe stato al centro dell’attenzione.
Quella stupenda è che avrebbe avuto l’occasione di invitare Ginny Weasley.
Perché se c’era una cosa che aveva capito in quei mesi nel passato era che se tenevi davvero a qualcuno dovevi far di tutto per dimostrarglielo. 
Quando erano tornati a Grimmauld Place avevano trovato Hermione e Ginny intente a confabulare. Aveva fatto appena caso al fatto che Hermione avesse qualcosa di diverso.
Doveva cavalcare l’onda. Se avesse perso quell’occasione non avrebbe potuto perdonarselo.
Sirius gli strinse una spalla comprensivo, Era evidente che aveva capito già da tempo quello che gli frullava nella testa e nel cuore.
“Vai senza paura Harry, dritto al punto” - gli mormorò in un orecchio prima di sparire portandosi via anche Ron .
“Ehm Ginny, posso parlarti un attimo?” - aveva chiesto cercando di far si che la sua voce sembrasse sicura e calma.
Ginny ed Hermione si erano scambiate uno sguardo che non era riuscito a decifrare, prima che la rosse si alzasse e lo seguisse senza dire una parola.
E ora si ritrovavano li, nel salottino di Grimmuld Place, l’uno davanti all’altra. Per fortuna che quei dannati quadri stavano dormendo.
Doveva ricordarsi di chiedere ad Hermione se avesse trovato qualcosa per zittirli definitivamente, viste le sue ultime letture non proprio ortodosse.
“Eccomi qui... devi dirmi qualcosa?”-chiese, il tono che non sembrava una domanda e  gli occhi castani luminosi che lo fissavano dopo che si erano guardati in silenzio per un lasso di tempo troppo lungo perché chiunque si potesse sentire a suo agio. Tranne Ginny Weasley, che sembrava sempre avere il controllo della situazione. Era evidente che crescere con Fred e George aveva per lo meno avuto il pregio di garantirle un controllo di sé ineccepibile. E poi c’erano poche cose in vita sua che non aveva già visto.
Ed Harry Potter in imbarazzo non era tra queste.
Il ragazzo annuì. Era così vicina. Gli sarebbe bastato allungare una mano per sentire la morbidezza della sua pelle candida coperta di lentiggini.
Deglutì. Per tutto il giorno aveva pensato ad un discorso da fare. Lo aveva ripetuto più volte nella sua testa, fino a che fosse perfetto.
Solo che ora le parole non riuscivano ad uscire dalla sua bocca, restando strozzate da qualche parte tra la sua mente e la trachea
Continuò a fissarla senza riuscire a farle quella domanda così importante.
Stava per dirle che era bellissima. che la sognava ogni notte, che voleva passare i giorni a baciarla e a guardarla.
Invece dalla sua bocca uscì -:” So trasformarmi in un cane”.
Certo detta così non suonava bene come sono un animagus.
Lei invece gli sorrise sinceramente “Fico. Come tuo padre”
Già come suo padre. Anche se avrebbe preferito mille volte trasformarsi in un cervo che in pastore belga. O border collie. Ancora non aveva capito. Sempre meglio di un furetto comunque.
“Ehm, già forte. In realtà non lo sa nessuno a parte Ron ed Hermione. Vorrei fare una sorpresa a Sirius. Oltre il fatto che sia illegale non essere registrati, ovviamente ”-borbottò, ipnotizzato dal riflesso della luce del camino sui suoi capelli rossi come il fuoco.
“Beh credo che questo sia l’ultimo dei problemi per Sirius. Ma sono certa che sarà talmente contento che dovremo sedarlo in qualche modo”
Rimasero in silenzio per qualche minuto. Poi finalmente si fece coraggio, sentendo il suo sguardo addosso. 
“Ecco… non so se lo sai ma Hermione è stata invitata al Ballo dei pazzi ”-iniziò
“SI, lo so. Ha passato mezza mattinata ad urlare contro Narcissa Malfoy. Poi mi ha costretto ad accompagnarla dal parrucchiere. Hai visto la novità no?”- rispose la grifondoro avvicinandosi a braccia conserte, uno strano lampo negli occhi,
“Beh, quella non è tanto normale. La madre di Draco, intendo. Visti il marito e il figlio avrei pochi dubbi a proposito. Comunque, pare che io e Ron siamo costretti ad andare. Dice che glielo dobbiamo o qualche altra stronzata del genere. “
“Si, ho sentito anche questo. Non credo che possiate rifiutarvi. L’ho sentita borbottare di imperius. E poi avete già preso gli smoking, no?”- continuò la rossa avanzando ancora di un passo, il suo profumo che si faceva sempre più forte. 
Odore di bosco e di ozono. Fresco, pungente, una boccata d’aria fresca
Harry annuì- “Ecco, l’invito prevede che portiamo qualcuno. Ron andrà con Pansy…”
“Parkinson?” - le labbra della ragazza si arricciarono in una smorfia di difficile interpretazione. Non si capiva se fosse disgustata, sorpresa o rassegnata.
“Già. Non dirlo a me. Mi ha fatto quasi diventare pazzo. Ma lui sembra felice…”
“Felice. Come no. Non quanto Fred e George quando lo sapranno” - ridacchiò. ormai a pochi centimetri dalla sua bocca. - “E tu, con chi ci andrai? Con chi si presenterà Harry Potter in una festa di ricchi snob?”
“Con te?” - fu l’unica cosa che riuscì a bisbigliare, troppo perso nelle profondità dei suoi occhi., ipnotizzato dal movimento delle sue labbra.
Aveva paura che lei si mettesse a ridere, o che fosse in imbarazzo.
Invece si alzò appena in punta di piedi, sfiorandole le labbra con un bacio.
Poteva sentire il suo burro cacao che sapeva di ciliegia. E soprattutto il suo respiro dolce.
“Ottima idea. E almeno non avrò comprato un vestito invano” - rispose la ragazza le braccia attorno al suo collo e la bocca ancora a pochi centimetri dalla sua.
Harry sorrise. Ormai avrebbe dovuto capirlo.
Ginny sarebbe stato un passo avanti a lui sempre.
Ma era troppo felice per lamentarsene.
La strinse a sé per baciarla, concedendosi finalmente il gusto di sentire il suo sapore, la pelle che scivolava morbida sotto le sue dita.
Sentì un rumore dietro di se, quasi due bani che si battevano il cinque.
Ecco quello che mancava in quella casa.
La privacy.



 
Hermione si guardò nervosamente allo specchio sistemandosi i capelli. Forse non era stata una grande idea quella di tagliarsi i capelli solo per fare un dispetto a Narcissa Malfoy. Ma vedersi trattata come un oggetto le aveva fatto perdere la testa. E poi era da un po’ che ci stava pensando. Da Samhain. O meglio da Halloween non voleva dare a Draco la soddisfazione che avesse smesso di chiamare così una delle sue feste preferite solo perché lui le aveva dato il tormento.
Raddrizzò le spalle, fissando la sua immagine riflessa. Quella donna aveva decisamente un senso dell’umorismo perverso. Di certo non era colpa di sua madre, dubitava che sapessero che chiamassero lei, Harry e Ron il “golden trio”. 
Anche se forse quello non era proprio color oro, piuttosto un beige dorato di seta sottile che le sfiorava il ginocchio, rivestito di un tulle leggerissimo poco più lungo, riccamente ricamato con paillette dorate e bronzo che ricadevano sul busto e sui fianchi come tralci di vite. Brillava, ma non in modo pacchiano, era come se il vestito si fondesse con la sua pelle, esaltandola.
“Vedrai rimarranno tutti a bocca aperta” - le mormorò sua madre dandole un bacio sulla guancia, sistemando le spalline ricamate in modo che lo spacco sulla schiena cadesse perfettamente.
Hermione sorrise scuotendo la testa e facendo oscillare i lunghi orecchini pendenti in oro e quello che non voleva neanche sapere che pietra fosse. Glieli aveva portati Pansy quella mattina, e pur di farla smettere di farle ripetere il suo discorso aveva promesso di metterli. Ma era evidente chi fosse stata la sua maestra. 
Già. 
Il tempo necessario perché potesse incantarli con le sue idee, oltre che con il suo aspetto. Quello che le aveva detto Narcissa un anno prima. E in un certo senso capiva che aveva ragione, ma quel modo di fare non le apparteneva. Forse avrebbe dovuto passare almeno altri sei mesi a Serpeverde per accettarlo. 
“Almeno una cosa giusta mia cugina sa farla. Anche se non capisco perché ti sei lasciata convincere”- la voce calda e vellutata di Sirius la riscosse dai suoi ragionamenti-. Era appoggiato morbidamente sullo stipite della porta, il viso sempre bello nonostante Azkaban e il peso che aveva portato per dodici anni avessero lasciato il loro segno. “ Credimi, non ne vale la pena. Neanche per il tuo bel biondino. Soprattutto, per il tuo bel biondino, direi, visto di chi è figlio”
“Secondo questo ragionamento nessuna donna sana di mente dovrebbe avvicinarti, visto di chi tu sei figlio”- Remus era apparso dietro di lui, passandogli un braccio sulle spalle e trascinandolo via
“Disse quello che sta per imparentarsi con una mezza Black. Mutaforma, mezzosangue e tassorosso. Credimi nessuna di queste tre cose ti salverà dalla pazzia che le scorre nelle vene. Tu hai mai parlato con uno dei sottoposti di mia cugina? Per Merlino , quando sono andata a trovarla dalla sua stanza stava uscendo una ragazza in lacrime”.
“Che tu hai prontamente consolato, a quanto mi risulta…”- chiosò Remus sorridendo.
“Vedi... so di cosa parlo. Siamo opportunisti, egoisti e infidi e…”- ribatté pronto Sirius facendosi trascinare giù senza opporre troppa resistenza. Dalle cucine arrivava un profumino celestiale. Era evidente che qualcuno avesse avvertito Ron ed Harry del fatto che non si mangiava alle feste di società e Molly non voleva in alcun modo rischiare che i suoi due pulcini potessero evitare l’occasione di ingurgitare calorie in abbondanza. Meglio, ne avrebbe approfittato volentieri. Anche se gli sarebbe davvero piaciuto sapere che il suo figlioccio facesse qualcosa per rovinare il party di quella snob di sua cugina minore. Ah, ma avrebbe trovato un altro modo.
Non si fidava di Narcissa. Non l’aveva mai capita. Bellatrix era pazza ma almeno era lineare nei suoi pensieri. Andromeda, beh neanche lei era proprio sanissima di mente ma aveva scelto di stare dalla parte giusta. Narcissa sembrava vivere solo per le apparenze, per risplendere sotto lo sguardo invidioso di quattro mentecatti che aspiravano a brillare della sua luce riflessa. Una moglie trofeo di uno che si era salvato da Azkaban mentendo, strisciando e corrompendo.
Anche ad Hogwarts non si era mai mostrata particolarmente brillante. Era stata ammessa al Lumaclub, ma andiamo… era molto più probabile che era stato il suo aspetto il biglietto d’ingresso a quel congresso di pozionisti che si salvava solo perché anche Lily ne aveva fatto parte.
Lily… già. Lei si che era una donna eccezionale. E sarebbe stata fiera di Harry.  Avrebbe riso con lui vedendolo infilarsi nello smoking che gli aveva comprato, guardando James incapace di fare un nodo decente al cravattino.  Avrebbe sorriso guardando suo figlio che si innamorava, così come era successo a loro anni prima. Negli anni che aveva passato con i Potter, i genitori di James avevano dato spesso delle feste, ma mai niente di così ingessato come quello a cui era abituato lui. C’era sempre da mangiare e da bere. E si chiacchierava fino a tardi di cose che sembravano importantissime ed invece erano solo suoni nella notte. E si rideva di cose che invece scavavano solchi profondi nell’anima.
Chiuse gli occhi, scacciando l’immagine di loro al falò di fine estate che organizzavano ogni anno nella casa vicino alla spiaggia, l’odore della notte salmastra ancora nelle narici. Non c’era la luna quella sera, Remus era tranquillo e continuava ad elencare i nomi delle costellazioni. Una farfalla notturna gli si era posata addosso e la guardava come se non ne avesse mai vista una. Negli ultimi anni era diventato molto amico di Pandora, una ragazza di Corvonero che avevano conosciuto al loro primo anno, che continuava a parlare di strani presagi. E ultimamente ne sembrava ossessionato anche lui.
Poteva ancora tornare li, almeno con la mente. Remus che parlava piano piano con Lily, la voce calma e pacata di lui e quella fresca di lei che faceva da contraltare. Discutevano di legno delle bacchette, a quanto ricordava.
Merlino se erano noiosi.
Si volse verso James e li si costrinse a scacciare via brutalmente il ricordo. Perché sapeva bene che se avesse continuato avrebbe visto il suo migliore amico chino su Peter, consolandolo per l’ultima ragazza che lo aveva rifiutato. James, il solare ed inarrestabile James che solo poche ore prima aveva chiesto a Lily di sposarlo. E lei, come dimostrava quella sera, non stava unendo la sua vita solo con quella del giovane Potter, ma con il gruppo dei Malandrini al gran completo.
Peter Minus, il traditore, incluso.
“Ehi,stai bene? Capisco che tu sia un po’ toccato di mente… ma così inizi ad essere preoccupante”.
Ci mise un po’ a capire chi diavolo fosse e cosa facesse dentro casa sua quella ragazza. Era troppo giovane perché l’avesse invitata lui. Occhi nerissimi allungati e penetranti, labbra perfettamente truccate, il corpo snello fasciato da un abito color porpora.
Bellina, ma decisamente troppo giovane.
E poi ci furono una serie di indizi…
“Ehi Sfregiato, il tuo padrino si è fuso il cervello” - urlò senza degnarlo di un secondo sguardo e iniziando a salire le scale per andare da Hermione.
Indizio numero numero.
Kreatcher, improvvisamente materializzatosi le aveva allungato tutto contento una coppa di champagne, plaudendo al fatto che finalmente qualcuno di sani principi varcasse le soglie di quella che ormai era una casa di degenerati.
Indizio numero due.
L’urlò che lanciò seguito da una serie di imprecazioni molto poco signorili indirizzate ad Hermione e al suo taglio, al quale da quanto riuscì a sentire la Grifondoro rispose decisamente a tono.
E con il terzo indizio la sentenza era chiusa.
Quella era la maledetta serpeverde amica del figlio di sua cugina.
Ed aveva un’aura che non gli piaceva. Se non fosse stato impossibile avrebbe detto che aveva l’odore del marchio nero addosso. Per dodici lunghi anni lo aveva sentito ovunque ad Azkaban, impregnava ogni singola sudicia pietra di quel posto. Era l’odore del dolore, della disperazione e della follia.
Ma non poteva essere. Aveva imparato a guardare oltre. Negli anni rinchiuso in un metro cubo di disperazione non aveva fatto altro. E quella ragazzina di sicuro era determinata e aggrappata disperatamente alla volontà di uscire dal cono d’ombra della sua famiglia.
Non poteva essere una seconda Bellatrix.
Non doveva esserlo.





 
Narcissa guardò la sua immagine nel grande specchio della sua stanza guardaroba, sistemandosi gli orecchini di diamanti e jeremejevite   che Lucius le aveva regalato per il loro anniversario di matrimonio. Una pietra talmente rara e preziosa da essere praticamente senza prezzo. Come lei, la più rara delle donne.
La strega sorrise. A volte per Merlino era davvero sdolcinato. Ma in fondo doveva aspettarselo, era sempre stato così. Con lei almeno.  E doveva ammettere che adorava essere viziata e coccolata, il centro del suo mondo insieme a loro figlio. Lui aveva sempre mantenuto la promessa, ogni giorno in quei quasi venticinque anni in cui stavano insieme l’aveva guardata come quel giorno lontano  in cui aveva suonato per la prima volta.
Non erano state tutte rose e fiori, ovviamente. Gli anni di servizio a Voldemort quando, anche con Draco appena nato, tornava a casa sempre più raramente. Gli alti e bassi come in qualsiasi matrimonio. E quella volta in cui l’aveva chiamata disperato per quello che aveva fatto a Draco. Li era stata forse l’unica volta in cui aveva pensato sul serio di poter vivere senza di lui. Eppure dentro di sé era certa di aver fatto la scelta giusta rimanendo. Doveva crederlo. E ora si trovavano di nuovo in una tempesta, in cui nessuno dei due sapeva cosa fare.
Sentì una fitta allo stomaco. C’era un altro sguardo che ultimamente gli vedeva spesso. Lo stesso di quella stessa sera. La disperazione di sentirsi senza possibilità di scelta.
Si sistemò nervosamente una ciocca di capelli, un gesto che faceva spesso quando era nervosa, passandosi una mano sul collo, notando il riflesso del marito che la osservava dalla porta e incrociandone lo sguardo.
“Sei meravigliosa”- le disse avvicinandosi e cingendole la vita da dietro, sfiorandole la tempia con un bacio- “Stasera non ci sarà nessuno che riuscirà a toglierti gli occhi di dosso.”
Narcissa sorrise appoggiandosi contro di lui: “E a te piace da morire, vero?”.
L’aveva scelto apposta quel vestito, così diverso dal solito. Argenteo con ricami viola chiarissimo che ricoprivano il busto, fatta eccezione per una striscia trasparente al centro del corpetto, scendevano poi in una unica banda sulla gonna lunga sino a terra, il ricamo interrotto da due fasce di tulle che dall’altezza delle anche accompagnavano le lunghe gambe, in un delicato gioco di vedo e non vedo. Dalla vita invece partiva uno strascico di seta pesante appena poco più lungo del vestito , ricamata in modo lievissimo solo sui lati. Per chiunque altra un vestito del genere sarebbe stato fuor di luogo e impensabile ad un ballo.
Ma lei non era come gli altri. 
Lei era  Narcissa Black Malfoy. E quello era il suo regno.
Un bacio leggero sul collo, come a darle ragione.
La donna si girò costringendolo a guardarla negli occhi. Decisamente c’era qualcosa che non andava.
“Draco è tornato?”- chiese passandogli una mano sul petto, lisciandogli il bavero dello smoking.
Silenzio. Poi annuì: "Sì, credo sia rientrato poco prima di  me. Gli elfi mi hanno detto che è in camera. E ora andiamo, sono arrivati gli ospiti”.
Narcissa guardò l’orologio decorato sul tavolino. Era troppo presto.
Nessuno si sarebbe presentato a quell’ora. 
Un plop secco e Krippy si materializzò accanto a lei.
“La signorina Parkinson e l’altra ospite sono arrivate Padrona”- disse con malcelata insoddisfazione nella seconda parte della frase- “ E padrona… i suoi capelli..”
Lucius ridacchiò dietro di lei. 
Quella dannata ragazzina.
“Aspetta dieci minuti e vai a chiamare mio figlio. E se dice che non vuole venire ignoralo e smaterializzalo direttamente. Saremo nel salone orientale”- sentì suo marito dire in tono secco all’elfo prima di porgerle il braccio - “ Amore mio, ricordati che tutto questo è un’idea tua. Quindi, per favore, evita di decapitare la povera signorina Granger, qualunque cosa abbia fatto ai suoi capelli. Non riusciremo mai  a togliere in tempo il sangue dai tappeti. E poi tuo figlio …”
Narcissa sospirò, tirando fuori dal nécessaire la pozione che le aveva lasciato Andromeda.
La testa sembrava scoppiarle e l’ultima cosa di cui aveva bisogno era una nuova lite tra Draco e il padre. Anche se chissà perché quando c’erano problemi era sempre suo figlio.
 

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Capitolo 40
*** Capitolo 40° ***


A quanto pareva Pansy non aveva esagerato quando aveva detto che il Party di Natale dei Malfoy era un grande evento. Anzi, per inciso aveva chiarito più e più volte che si trattava dell’evento dell’anno. Praticamente l’invito al Galà era l’equivalente adulto della lettera di ammissione di Hogwarts. 
Questo ai suoi occhi e alla sua mente razionale confermava che la maggior parte degli adulti dell’alta società del mondo magico fossero completamente senza cervello. 
Eppure se sul serio aveva intenzione di intraprendere una carriera politica per tentare di cambiare le cose avrebbe dovuto imparare a farsele piacere. O meglio, trovare il modo di utilizzarle a proprio vantaggio. Merlino, i mesi passati a Serpeverde forse sul serio le avevano intaccato il cervello, espressione di Ron quando aveva saputo che non solo aveva deciso di andare al party dei Malfoy ma anche che loro due avrebbero dovuto accompagnarla.
E doveva ammettere che il Maniero, i soffitti alti illuminati da centinaia di candele dorate fluttuanti e di sfere di vetro che rimbalzavano la luce soffusa in ogni angolo, era semplicemente meraviglioso.
L’elfo, che continuava a chiederle il nome anche se era almeno la cinquantesima volta che la vedeva, le lanciò l’ennesimo sguardo sdegnato prima di scomparire per avvertire i padroni dell’arrivo della Signorina Parkinson e di quell’altra.
Per Godric Grigondoro, Krippy ce la metteva tutta per farle cambiare idea sugli elfi domestici. Iniziava a pensare che ci fosse lo zampino della madre di Draco dietro tutto questo. O forse esistevano essere insopportabili anche tra le altre creature magiche. Come Kreatcher ad esempio. Faticava a credere che fossero della stessa specie di Dobby e Cockey.
E come richiamata dal suo pensiero in quel momento fece la sua comparsa l’elfa, squittendo e gettandole le braccia alla vita.
“Miss Granger, Miss Pansy. Cockey è così felice di vedervi. Così felice. Cockey era sicura che avrebbe rivisto Miss Granger. “- poi alzò gli occhi globulosi verso l’alto restando per un attimo interdetta - “Miss Granger… i capelli…che fine hanno fatto?”
Niente anche Cockey ci si metteva. 
Merlino ma era possibile che ne stessero facendo tutti una questione di Stato.
“Sacrificati all’altare dello stupido orgoglio grifondoro” - sibilò Pansy accanto a lei scoccandole un’occhiataccia. - “Per Salazar Serpeverde, a Draco verrà un infarto quando ti vedrà.”
Hermione rispose con un’occhiata altrettanto velenosa: “Sei sempre di grandissimo conforto è? E poi non mi pare che tu abbia i capelli molto più lunghi dei miei. Insomma qual è il vostro problema. Prima avevo i capelli lunghi e dicevi che sembrava mi avesse pettinato un troll cieco.”
“Sarebbe bastato che mi chiedessi come fare per non sembrare una scappata da Azkaban. Hai lo stesso taglio di Potter, per Merlino” - rimbeccò acida la serpeverde- “Ti rendi conto che la serata di oggi è fondamentale per la mia rivista”
“La nostra rivista” - corresse Hermione cercando di staccarsi di dosso Cockey ancora saldamente ancorata al suo vestito, con gli occhi che diventavano sempre più grandi.
“Quel che tuo è mio e quel che è mio è mio” - filosofeggiò Pansy - “E a tal proposito, ho cambiato la copertina, non so se te l’ho detto. Mi è costato una piccola fortuna e diverse minacce di morte ma alla fine quel babbeo è riuscito a fare quello che gli avevo chiesto”
Hermione alzò gli occhi al cielo. Era stata un’idea di Pansy quella di coinvolgerla l’estate precedente. Lei aveva accettato solo come scusa per vedere Draco. Poi però scrivere articoli, cercare di ispirare ragazze della sua età dando loro qualcosa da leggere di più di una serie di gossip beceri e articoli sul trucco e su come capire se il ragazzo che ti piace è innamorato di te l’aveva intrigata enormemente. E al di là che imprecasse, minacciasse chiunque lavorasse per lei e fosse assolutamente impossibile, le piaceva il fatto che Pansy avesse un obiettivo nella vita e fosse disposta a tutto per raggiungerlo.
Edera e vite. Come aveva detto lei erano molto simili. Fin troppo
Ecco forse questo a Ron prima o poi avrebbe dovuto dirlo.
La grifondoro stava per lamentarsi del fatto che fossero socie e che certe decisioni avrebbero dovuto prenderle insieme, oltre a puntualizzare che per scegliere la cover precedente le avesse quasi fatto venire un esaurimento nervoso, quando la porta del salone si aprì e i padroni di casa fecero il loro ingresso, sottobraccio.
Già i padroni di casa. Per un attimo non aveva considerato che Narcissa non sarebbe stata da sola questa volta.
“Signorina Granger, sembra sorpresa di vedermi. Eppure l’ultima volta che ho controllato mi sembra che questa fosse casa mia. E questo il party organizzato da mia moglie. Si aspettava che mandassi il mio assistente per caso?” - Lucius Malfoy la guardava con quel mezzo ghigno che spesso, troppo spesso, aveva visto nel passato. E sembrava genuinamente divertito.
Narcissa nascose una risata dietro un colpo di tosse, non riuscendo però ad evitare che gli occhi al tradissero. Era tutto il giorno che rimuginava sull’aver preso una decisione sbagliata permettendo ad una natababbana e ai suoi amici di prendere parte ad un simile evento. Ma forse sarebbe stato un piacevole diversivo. Sempre che suo marito non si fosse fatto prendere la mano. Conoscendolo stava trovando quella situazione a dir poco rigenerante.
“Avevo sentito cose terribili.  E invece devo dire che questo tuo nuovo taglio ti dona molto. Certo non è esattamente quello che avrei scelto io, ma sei graziosa lo stesso” - concesse infine con un mezzo sorriso dopo un lungo silenzio in cui l’aveva squadrata dalla cima dei capelli alla punta delle décolletés di raso dorato. L’occhiata fiammeggiante che le rivolse la ragazza per poco non le fece perdere il contegno che stava imponendosi di mantenere, scoppiandole a ridere in faccia.
“E poi male che vada ricresceranno. Se vuole posso chiedere ad uno degli elfi…”” - commentò con voce leggera il padrone di casa, e questa volta fu Pansy a doversi mordere la lingua.
“Lucius...” - lo blandi la moglie senza troppa convinzione.
“Non si preoccupi, sono certa che avranno di meglio da fare. Far sparire reperti compromettenti, ad esempio.” - rispose ricordando la conversazione che aveva Harry quando li aveva incontrati a Diagon Alley. Aveva ragione Draco.
“Oh no le cose divertenti le abbiamo nascoste ben prima del suo arrivo.” - ribatte l’uomo con un lampo di divertimento negli occhi.
Quei due erano insopportabili insieme. Mille volte meglio quando lei lo insultava neanche troppo velatamente tra i banchi di scuola. 
E il suddetto serpeverde del suo cuore scelse proprio quel momento per fare la sua apparizione, non proprio volontaria ed elegante. 






“Insomma si può sapere perché mi avete fatto scendere a quest’ora antidiluviana?” -. sibilò con astio rivolto verso il padre per poi fermarsi a fissare un attimo la madre, interdetto. 
Ma dove l’aveva trovato quel vestito? Si morse la lingua, ben sapendo che Narcissa Black Malfoy non era tipo da tollerare commenti sul fatto che il suo abbigliamento fosse troppo sensuale secondo gli standard di suo figlio. Per quello avrebbe dovuto farli suo padre, almeno se la sarebbe presa con lui. Ma era altamente improbabile che si sarebbe fatto fregare così.
Stava ancora elaborando il pensiero di come poter far presente le sue rimostranze senza sembrare un porco sciovinista, come lo aveva definito una volta la Granger, qualsiasi cosa volesse dire, di sicuro non un complimento, quando nel suo campo visivo uscì la disgustosa figura di Kreatcher ed entrarono Cockey e due sagome femminili.
Una era di certo Pansy. 
Certo, era comprensibile che fosse arrivata prima per discutere con sua madre della presentazione. Ma non c’era motivo per cui avessero costretto lui a scendere.
E poi guardò dietro la mora, che lo osservava come si fa con un caso disperato. Come lui di solito guardava Weasley, insomma.
“Volevamo metterle un fiocco in testa ma pare che non sia una cosa carina da fare con gli esseri umani” - commentò suo padre indicandola.
“Lucius!”
“Se solo me l’aveste chiesto... sarai venuta anche con la scritta auguri da mamma e papà tatuata in fronte. Che peccato” - frecciò la ragazza dal vestito d’oro.
“Non credo che avremmo mai firmato un biglietto così, che dici amore?” -chiese il mago girandosi verso la moglie.
“Banalotto in effetti, tesoro” - commentò la donna con un mezzo sorriso. 
Quindi era il suo regalo di Natale.
Non faceva ridere.
E faceva ridere ancora meno che quei tre stessero portando avanti quel siparietto, come se nulla fosse.
O meglio avrebbe fatto ridere in un altro momento. Se non ce l’avesse avuta a morte con lui. Però era possibile che finisse malamente schiantato dalla Granger.
Quello sì che sarebbe stato divertente.
L’osservò meglio. Non era possibile che quella fosse sul serio la Granger.
Gambe snelle rese ancora più lunghe dai tacchi alti. Conosceva quelle gambe, aveva passato ore a baciarne ogni centimetro. Così come i fianchi morbidi che amava accarezzare e stringere e sentirli sodi ma cedevoli sotto le sue dita. La vita sottile e il busto che si allargava fino al seno morbido, accarezzato da quel tessuto che faceva risplendere la pelle morbida e profumata delle spalle e del collo. Poteva sentirne ancora il sapore sulla lingua, come fremeva sotto le sue labbra. E il viso dai lineamenti cesellati e fini che tante volte aveva osservato mentre dormiva. Gli occhi colore del miele che sembravano brillare in mezzo a quei colori caldi e soffici.
Ma quando il suo sguardo salì più in alto, decisamente c’era qualcosa che non andava.
E non era il fatto che i suoi fossero definitivamente impazziti e avessero invitato una sanguesporco al loro evento più importante.
No.
O almeno non solo.
“Granger... ma che cazzo …” - iniziò ma non riuscì a finire che gli si incollarono le corde vocali
“Draco!”
Che diamine… l’avevano assordato, urlando pressoché in contemporanea E neanche sapeva chi l'avesse silenziato di preciso, visto che avevano tutti le bacchette in mano.
Anche se ne aveva un’idea piuttosto precisa.
“E poi ti lamenti di me.Se io ti avessi detto una cosa del genere sono sicuro che non saremmo né sposati né avremmo un figlio” - sentì suo padre bisbigliare neanche troppo velatamente. - “Anche se evidentemente a volte è un cretino”
“No, ma avresti avuto una bellissima tomba. ”- cinguettò la donna, muovendo la bacchetta e lanciandogli uno sguardo di avvertimento. Poi si era girata verso Hermione- “Scusa cara, è l’unico figlio che ho. Non posso fartelo uccidere. E poi come mi ha ricordato qualcuno poco fa tra poco arriveranno gli altri ospiti, sarebbe perlomeno scortese”
“Stavo per dire che stai benissimo. Se solo mi aveste fatto finire, per la miseria.” - borbottò alzando le mani in segno di difesa e avvicinandosi per darle un bacio, casto visto l’occhiataccia di sua madre, sulla guancia “Sono assolutamente serio”
“Draco se continui a parlare in questo modo giuro che ti sigillo in camera tua stasera. Altro che ballo di Natale.” - il tono di sua madre era dolce ma di quelli che non ammetteva repliche.
“E visto che siamo in tema. Niente baci in pubblico. Questa serata non è un appuntamento. E men che meno la vostra prima uscita in pubblico. È il mio party di Natale. E l’occasione per presentare all’alta società magica un progetto su cui Pansy ed Hermione hanno lavorato per mesi. Quindi non lo rovinerai, in alcun modo. Sono stata chiara?” - continuò la donna avvicinandoglisi fino a fargli una carezza e zittendo le sue rimostranze- “Spero che tu sia comodo, perché se ti azzardi anche solo a pensare di toglierti mezzo pezzo di vestito io lo saprò. E ti posso assicurare che Hogwarts a gennaio la vedrai solo in foto, sempre che qualcuno si degni di mandartele”.
Prima che potesse rispondere dalla sua bacchetta era uscito un fiotto di luce azzurra che gli aderì come un velo addosso, sparendo poco dopo.
Era vero quello che si diceva.
Black, tutte matte.
Almeno quanto la grifondoro accanto a lui che se la ghignava apertamente.
“Ah e a proposito, tra poco arriveranno anche Weasley, Potter e la piccola Weasley” - stoccò Pansy lanciandogli un’occhiata strana. - “E concordo con tua madre. Se mi rovinate la serata …”
“Si, lo sappiamo. Ci decapiti come gli elfi domestici. A volte sei noiosa, sai?” - sospirò Hermione stringendogli la mano. Anche se non l’avrebbe ammesso era chiaro che anche lei era eccitata per poter presentare finalmente il suo lavoro. Sicuro ci aveva messo anche qualche stronzata sugli elfi domestici.
“Fantastico.” - borbottò offrendo il braccio alla Granger- “E ora possiamo per lo meno stare un po’ da soli o c’è altro…”
Ed eccola lì, la vocetta fastidiosa della ragione. 
“Io veramente io devo definire gli ultimi dettagli con Pansy e tua madre. Ma ci metterò poco prometto”. - rispose velocemente dandogli un bacio leggero sulla guancia prima di spostarsi verso Narcissa e Pansy.
Quella si stava divertendo da matti, altro che povera piccola nata babbana.
E meno male che l’amava eh. 
Figurarsi se non l’avesse fatto.







Stava andando tutto stranamente a meraviglia. Draco sembrava persino deciso a comportarsi decentemente, ringraziando Merlino. Anche se si era resa conto che non aveva mai rivolto la parola a Lucius, almeno aveva evitato di fare una scenata pubblica.
E poi era troppo preso dalla Granger per pensare ad altro, a quanto pareva.
Ammirò il suo riflesso in uno dei grandi specchi dorati. Perfetta, come doveva essere.
Sarebbe andata alla grande.
Eppure c’era una sensazione che non le si levava di dosso, come se stesse per accadere qualcosa.
Per un attimo aveva pensato che fosse quando aveva visto Draco letteralmente fumare di rabbia. Era accaduto mentre era accanto a Narcissa salutare gli ultimi ospiti, Lucius con il Ministro della Magia e l’Ambasciatore ceco a fare gli onori di casa. In quel momento era arrivata sua madre, che assurdamente ancora si ostinava a far finta che qualcuno pensasse che fosse a lutto.
Nonostante fosse vestita di nero da capo a piedi, a quella sceneggiata non aveva creduto nessuno. Per lo meno non si era portata uno dei suoi amanti dietro, era già qualcosa.
Peccato che fosse venuta insieme ad un’altra coppia. E se la donna era certa di non conoscerla, sapeva benissimo chi fosse il mago. Anche se l’ultima volta che l’aveva visto aveva sì e no diciotto anni.
Ed era evidente che anche Draco l’aveva fatto, visto il modo in cui serrava le mascelle.
Si avvicinò per sentire meglio la conversazione. E portarsi via il suo amico prima che mostrasse quante maledizioni avesse imparato nel passato
“Sai, credo che proprio che dovresti smetterla di essere così caritatevole da dare fiducia alle ragazze della fondazione. È evidente che abbiano fatto un gran caos con gli inviti.” - sibilò alla madre senza staccare gli occhi dalla coppia davanti a loro.
“Oh, Narcissa. E quindi alla fine un Malfoy te lo sei sposato comunque... non avevo dubbi che alla fine saresti finita con il più ricco. La dolce e incantevole principessina di Serpeverde che finisce per diventare la Lady Malfoy. Quasi banale direi. Ma tu sei sempre bellissima” - il sorriso del mago era gelido tanto quanto le sue parole mentre i suoi occhi non si staccavano da Draco.
Narcissa riuscì a rimanere impassibile, il mezzo sorriso di cortesia che aveva rivolto a tutti ancora sulle labbra. Eppure per un attimo vide un lampo di rabbia negli occhi azzurri. E peggio ancora vide Draco diventare livido- “Kyle, perdonami ma dopo tutti questi anni non ti avrei mai riconosciuto se non avessi aperto bocca. Eliza, credo che debba ringraziare te per questa rimpatriata improvvisa, vero?.” - disse con voce piatta squadrando la coppia davanti a lei. C’era qualcosa di famigliare nel modo in cui quella donna teneva la testa alta, le spalle ben all’indietro e sembrava assolutamente a suo agio in quella casa. Eppure era certa di non averla mai vista.
Pansy si fece avanti vedendo Draco che stringeva la mano sulla bacchetta, fin troppo evidente cosa volesse fare.
Lucius fu però più veloce di lei, apparendo accanto a moglie e figlio e passando loro due bicchieri di champagne. Non le sfuggi che per un attimo Draco lo aveva guardato perplesso. Sapeva bene quanto Lucius odiasse che Draco bevesse e in tanti anni mai gli aveva visto passare un alcolico. 
Poi si rivolse ai nuovi arrivati:” Selwyn, che strana sorpresa trovarti qui. Pensavo fossi in giro per il mondo a fare investimenti deludenti. Magari più tardi possiamo ricordare i vecchi tempi di Hogsmeade insieme” - il tono era talmente tagliente che per un attimo vide il sorriso finto del mago cedere.
“Oh sono certa che ci sarà tanto da ricordare. Ora se volete scusarci...” - cinguettò invece la donna misteriosa prendendolo sottobraccio e allontanandosi, non prima di aver lanciato una lunga occhiata ai padroni di casa.
Il secondo momento era stato quando arrivati Potter e compagnia, fuori luogo quanto Piton quando aveva annunciato del Ballo del Ceppo. Che poi in realtà lui si era limitato a dargli la notizia e a dire che se qualcuno non sapeva ballare le danze tradizionali non era un problema suo, che si arrangiasse. Diciamo che gli era andata bene anche perché sapeva perfettamente che la maggior parte dei purosangue della sua casa andava ad un ballo almeno una volta all’anno. Poi che avesse costretto i suddetti purosangue a dare lezioni agli altri mentre lui se ne stava rintanato nelle sue stanze era un altro discorso.
Ma per Salazar Serpeverde, sempre meglio che vederlo ballare insieme a qualche ragazzina tremebonda del primo anno.
Comunque, tornando ai Serpeverde suoi coetanei. Draco non aveva fatto di certo i salti di gioia, limitandosi ad un laconico “Potter sei peggio di una maledizione senza perdono”, cosa che gli aveva procurato una gomitata dalla Granger neanche troppo convinta.
In fondo anche lei sapeva benissimo che era quasi un complimento.
Marcus Flint, ex capitano di Serpeverde, ora funzionario del Ministero grazie ad un posto procuratogli dal padre, aveva digrignato talmente tanto i denti che per un attimo Pansy aveva pensato gli si sarebbero sbriciolati. In fondo forse il suo aspetto ne avrebbe anche giovato.
“Cos’è quest’abominio Draco?” - aveva sibilato Millicent Bulstrode con disgusto puntando il dito verso i grifondoro, dando voce alle rimostranze non solo di Flint ma anche di Tiger e Goyle e di un altro pugno di Serpeverde del loro gruppo.
Pansy si mise tra di loro. L’ultima cosa che ci mancava a quella serata era che quei tre perdessero la testa e schiantassero quei poveri dementi dei loro compagni attraverso il salone riccamente decorato dei Malfoy facendo saltare la sua presentazione.
La lingua del giovane padrone di casa, però, era stata più veloce.
“Non so, Millicent, forse dovresti chiedere a chi ti ha venduto quel vestito. I poveri specchi di casa mia non hanno alcuna colpa dell’immagine che riflettono” - aveva tubato con uno sguardo che non prometteva nulla di buono.
La Bulstrode aveva letteralmente schiumato di rabbia, continuando imperterrita
“Intendevo quei tre. Allora sono vere le storie che si sentono in giro. Che quest’anno gira una strana coppia per i corridoi di Hogwarts.:”
Stupida come il padre, in effetti. E poi non c’era solo una di strana coppia, pensò spostandosi a coprire Ron. Stava maledettamente bene con quello smoking. Se solo avesse avuto due galeoni e qualcuno che lo vestisse avrebbe potuto diventare facilmente uno dei ragazzi più ambiti di Hogwarts.
Sentì Draco ringhiare dietro di lei: “Millicent…”
E già sentiva pizzicare la nuca. Sapeva bene che se quella boccaccia della Granger ancora non aveva tirato fuori un commento velenoso era solo per l’intercessione di qualche spirito guida che ben presto si sarebbe stancato. E la Weasley anche non era proprio nota per il suo animo diplomatico. Anche se doveva ammettere che era davvero una bellezza mozzafiato, in un abito color salvia che la faceva risplendere. Al punto che lo stesso Flint aveva presto deposto le armi, fissandola imbambolato. Cosa che non sembrava affatto far piacere a Potter. 
Finalmente lo Sfregiato si era dichiarato, a quanto pareva. Buon per lui. Anche se un po’ le aveva tolto il divertimento, visto quello che aveva pianificato di fare per smuoverlo.
Fortunatamente in quel momento era apparso Blaise, splendido nel suo completo bianco, i denti splendenti in piena mostra visto che stava sorridendo come un ebete. In una mano sventolava una bottiglia trafugata chissà dove. Nell’altra Theo Nott.
“Oh Millicent cara, perché strana? Io e Theo siamo una coppia splendida. Grazie per aver introdotto l’argomento, non volevo essere scortese rubando l’attenzione.” - disse con una voce di miele che però non lasciava spazio ad ulteriori commenti. Blaise era una dannata serpe, lo sapeva bene. Sembrava sempre svagato, e la maggior parte delle volte era ubriaco e strafatto, ma non conveniva a nessuno farlo arrabbiare.
E finalmente quei due erano usciti allo scoperto. Tolto Nott Senior e la matrigna psicopatica, quei due potevano finalmente frequentarsi senza problemi. 
“Era ora” - si limitò a commentare dando un bacio sulla guancia di Blaise. Poi rivolgendosi a Theo commentò ridacchiando- “Povero te”
Blaise le riservò un’occhiata torva senza però smettere di sorridere: “Bene e ora che siamo tutti d’accordo su quanto sia fantastico l’amore, direi che è ora di brindare. Ma è meglio spostarci sul retro. Sappiamo tutti quanto alcol e minorenni non siano proprio ben visti in questa casa, purtroppo. Una grande pecca di ospitalità se mi permetti” - commentò zuccheroso rivolgendosi a Draco- “E poi amo ubriacarmi guardando i pavoni. Hanno quegli occhietti vispi che ti osservano che mi ricordano Pansy”
“Fottiti Blaise”
“Per Merlino, ancora i pavoni. Io non ce la posso fare, Harry. Ti prego uccidimi” - sentì distintamente borbottare Ron. Ridacchiando lo prese sottobraccio e lo condusse verso il giardino d’inverno, seguiti dagli altri.
“Non posso ubriacarmi Blaise, sai bene che tra poco meno di un’ora devo fare un discorso molto importante” - lo blandì prendendogli la bottiglia dalle mani
“Oh, Pansy, non basterebbe tutto l’alcol del Paiolo Magico per farti ubriacare, credimi. E a proposito di sbandate… carino il tuo nuovo amichetto ripulito. Non lo riconoscevo neanche” - le bisbigliò sorridendo in un orecchio.
Pansy si girò appena a guardare Ron che li seguiva di malavoglia accanto ad Harry, borbottando qualcosa sul fatto che fossero tutti matti ed era colpa dei pessimi gusti di una certa strega di sua conoscenza se erano costretti li invece di passare la serata a Grimauld Place a giocare ai videogiochi. Per fortuna ci pensarono la Granger e la sorella a zittirlo.
Videogiochi. Sicuramente qualche stupidaggine babbana.
Poi c’era stato un terzo momento, quello in cui la sensazione si era fatta più forte. Voleva far vedere a Ron la copertina in anteprima, oltre a provare per un’ultima volta il suo discorso. E le serviva un’audience ristretta, soprattutto molto incline alla critica. E poi doveva essere sicura che anche il più demente degli ascoltatori capisse quello che voleva dire. E quindi chi meglio di San Potter e compagni?
Mentre però si spostavano verso la biblioteca, era apparsa nuovamente quella donna, sbarrando loro il passo, con un sorriso strano a fior di labbra. Si era piantata davanti ad Harry, spostando lo sguardo penetrante tra lo Sfregiato e Draco, dietro di loro.
“Compagnia interessante. Una Parkinson e un Malfoy. Due Weasley ripuliti” - aveva commentato arricciando le labbra come se quel cognome le suonasse sgradevole in bocca- “E qui chi abbiamo? Mi dicono che siamo di fronte al famoso Harry Potter. E tu sei?”
Draco si era messo davanti alla Granger, prima che questa potesse parlare, gli occhi grigi che dardeggiavano- “Mi scusi, ma non credo di aver sentito il suo nome. Ed ovviamente non era nella lista degli invitati.”
La strega lasciò un mezzo ghigno sul suo viso- “Oh, ma che carino. Il piccolo di casa che difende la sua fidanzatina. Fidanzatina segreta, a quanto pare. Sciocco come tuo padre” - aveva commentato con una voce infantile che fece venire loro i brividi. Poi riportò l’attenzione verso Potter, sfiorandogli la cicatrice con le lunghe dita affusolate.
“Potter un nome leggendario. Come il mago che te l’ha procurata” - tubò senza riuscire a staccare gli occhi di dosso da quel segno.
“Battuta vecchia, mi dispiace. E citandomi, Voldemort era solo un vigliacco assassino che ha ucciso i miei genitori. E ora che ci siamo chiariti, abbiamo di meglio da fare” - aveva risposto tagliente il grifondoro, strattonando Hermione per un braccio e allontanandosi.
Si allontanarono sentendo lo sguardo fisso della strega sulle loro nuche. E non c’era niente di buono in quella sensazione.





 
Lucius si rilassò prendendo un sorso di succo di sambuco. All’apparenza era assolutamente simile al vino, tanto che nessuno si accorgeva della differenza e faceva commenti noiosi sul fatto che avesse ripreso le cattive abitudini di quando era ragazzo. E in parte era vero, da quell’estate aveva smesso di bere anche se già lo faceva in maniera moderata. Da ragazzo non toccava mai alcol per essere sempre vigile, attento ad ogni minimo rumore che significasse che Abraxas fosse in vena di sfogarsi su di loro. Ma quando era nato Draco aveva sentito quel peso sollevarsi e si era rilassato. Fin troppo visto quello che era successo.
Sentì solo con un una parte del cervello il discorso di ringraziamento di sua moglie, cosi come la presentazione che aveva fatto di Pansy e la Granger e del giornale.
Ambwitchious. Sorrise dentro di sé. Per Merlino se non era adeguato a quelle due. Suo figlio davvero non aveva idea in che guaio si stesse cacciando.
Quando le due giovani streghe avevano iniziato il loro discorso era scivolato accanto al Ministro, che però non sembrava avere occhi che per Harry Potter.
Per Salazar, si aspettava da un momento all’altro che il maniero implodesse, risentito dell’onta che aveva provocato su una tradizione millenaria portando quel pugno di ragazzini dentro casa sua. Per di più all’evento mondano più importante.
Era certo che domani i giornali non avrebbero parlato di altro. Peccato, forse il lavoro di sua moglie sarebbe andato perso dietro all’ennesimo titolo propagandistico sulla speranza dei maghi.
Il discorso delle ragazze era arguto, piacevole da ascoltare ma non banale. Era evidente che ci fosse il tocco di Narcissa, era inconfondibile. Ghignò, se sua moglie si era messa in testa una carriera politica per la Granger c’era poco che quella ragazze potesse fare. Oh neanche lei aveva la minima idea di cosa l’aspettava.
Quei due avrebbero avuto degli anni davvero interessanti davanti a sé.
E poi la sua attenzione si focalizzò sulla copertina. Era il ritratto di una giovane donna con la schiena scoperta sulle rive di un lago. L’aveva già visto quel disegno. Anni prima. L’arcano della Luna, quello che sua sorella rigirava continuamente tra le mani nell’ultimo periodo prima che decidesse di suicidarsi in quel dannato lago. Sentì le mani che tremavano nel tentativo di contenere la rabbia. Perché sulla nuca della giovane c’era un tatuaggio inconfondibile. 
E c’era una sola persona che poteva avere accesso a quelle fotografie. E pensare che era stato così fiero di lui, quando aveva rimesso al suo posto Selwyn.
Draco gli doveva più di una spiegazione. E non aveva alcuna intenzione di aspettare che la festa finisse o avrebbe solo accumulato rabbia.
Si avvicinò a suo figlio e lo prese per il gomito strattonandolo.
“Adesso tu vieni nel mio studio. E non ti azzardare a fare un fiato o ti faccio vedere davvero quanto sia bravo con l’Imperium” - gli sussurrò in un orecchio trascinandolo via senza che nessun altro se ne accorgesse, inclusa Narcissa troppo impegnata a controllare che il resto della serata si svolgesse senza intoppi.
Una volta arrivati spinse Draco dentro senza troppa grazia e aveva chiuso la porta dietro di sé.
Mufflato.
“Che c’è sei definitivamente impazzito? “- aveva urlato immediatamente Draco appena chiusa la porta.
Lucius gli aveva fatto segno di sedersi sul divano: “Ora tu mi dirai esattamente cosa sta succedendo o giuro su Salazar Serpeverde che domani stesso te ne vai a Durmstrang. O a Inverness, o nella scuola di magia più lontana che riuscirò a trovare”
Draco era rimasto in piedi con aria di sfida- “Meglio, almeno non ti rivedrò. Non mi pare una gran minaccia. Andiamo puoi fare di meglio. Non vuoi dirmi che mi picchierai? Che userai la cinta? O il bastone magari. Ci siamo già passati da questo punto, non credi”.
Lucius strinse i pugni cercando di mantenere la calma. Era vero, aveva fatto tutto questo in passato. In quel momento era sembrato giusto, il modo per insegnare a suo figlio a vivere, prepararlo per la guerra che sarebbe venuta. Renderlo forte. Solo dopo si era reso conto di quanto fosse stato tutto così stupido e crudele.
“Draco, ti ho già detto che mi dispiace. Ma tu mi stai mandando ai pazzi. Perché diavolo hai dato una foto di Arael a Pansy per una stupida rivista. Ti rendi conto di quanto sia…” - cercò le parole. Avrebbe voluto dire doloroso invece propese per un vocabolo che suo padre stesso avrebbe approvato”… inadeguato?”.
“E dove diavolo l’avrei presa? Non sapevo neanche che esistesse. Tu non ti sei mai neanche degnato di parlare di lei. O di Nicholas. E sai perché? Perché avresti dovuto ammettere di averli traditi. Tu sei diventato come Abraxas!” - la voce di suo figlio fu come una stilettata. Ma ebbe l’effetto solo di aumentare la sua rabbia.
“Tu non sai niente Draco. Pensi di sapere tutto e invece non sai niente. Già te l’ho detto. Piantala di impicciarti di cose che non ti riguardano. “- sibilò di rimando- “E allora dove l’ha presa Pansy quella foto eh dimmi?”
“Ma non so. Forse l’avrà presa dai Nott. In fondo il padre di Theo era stato suo marito no? Prima che sposasse la madre di Theo che guarda casa è morta. Ma immagino che tu non abbia neanche il buongusto di sentirti in colpa. L’hai lasciata in mano a quell’essere disgustoso. E come al solito ti sei girato dall’altra parte, vero?”.
“Sai cosa, forse hai ragione. Forse sul serio dovrei iniziare a trattarti come faceva mio padre con me. Forse sarebbe la volta buona che metteresti un po’ di giudizio. E impareresti un po’ di rispetto” - sputò fuori, le parole che gli uscivano di bocca senza neanche volerlo. Avrebbe voluto rimangiarsele ma ormai erano li. Nell’aria ad aumentare la distanza già abissale che lo separava da suo figlio.
“Visto, avevo ragione io. Complimenti per la recita, comunque. C’ero quasi cascato quest’estate. Il padre premuroso e preoccupato. Ma era troppo difficile da portare avanti a lungo. Di la verità. Quella sera non morendo ti ho rovinato tutto eh? Come sempre tra l’altro”.
“Come diamine puoi anche solo pensare una cosa del genere? Hai idea di quanto sia stato per me e tua madre rischiare di perderti davanti ai nostri occhi?” -ringhiò incredulo.
“Oh, per mia madre sicuro, per te un po’ meno. Voldemort ti ha anche ringraziato per la gentile offerta, se non sbaglio. Il mio braccio destro, ha detto così, no?” - rimbeccò Draco fissandolo con sfida. Dannato testardo. 
“Ti ho anche fatto venire la dannata sanguesporco. Cosa vuoi di più da me Draco? Dimmelo perché sul serio io non so più che fare. Ho nel mio salone quattro maledetti grifondoro, che non vorrebbero altro che me ne andassi ad Azkaban. “
“Si certo, l’hai fatto per me. La Granger è qui perché l’ha voluto la mamma. E per quanto riguarda Potter. come se non ti facesse comodo. L’hai fatto solo perché c’è il Ministro e quel dannato ambasciatore che neanche riesco a dire come si chiama”
Lucius si senti svuotato di tutta la rabbia, dallo shock di aver visto sua sorella, seppur per molti irriconoscibile, su un dannato giornaletto per ragazzine. Era come se fosse tornato ad avere quindici anni, rinchiuso nelle prigioni del Maniero in preda ad un vertice di dolore, schiacciato dall’idea di non avere scelta.
Sentì bussare alla porta. 
“Sei ubriaco, non ti rendi neanche conto di quello che dici. Giuro che la prossima volta Blaise lo faccio perquisire dagli elfi” - disse a mezza voce cercando di ricomporsi.
Poteva essere il Ministro o Merlino solo sapeva chi.
Aprì piano la porta, cercando di ricacciarle almeno per un momento in fondo alla mente.
Davanti però si trovò quella strana donna che era venuta con Selwyn.
“Disturbo?” - chiese, con gli occhi che brillavano di una strana luce- “Devo proprio andare, mi hanno avvisato che sono arrivati degli ospiti a casa mia. Ma ci tenevo a salutare. Mia sorella diceva sempre che non si lascia una festa senza aver salutato il padrone di casa.”
Lucius la guardò confuso, cercando le parole giuste.
Ma prima che potesse replicare lei si era avvicinata senza staccare gli occhi da Draco.
“Avrei dovuto lasciare che Greyback lo mangiasse” - gli bisbigliò la donna in un orecchio, le labbra che sfioravano il lobo, in un gesto fin troppo intimo. Lucius sentì un brivido salirgli lungo la schiena. C’erano solo altre due streghe quella sera in cui aveva dovuto portare Draco neonato da lord Voldemort. E una era morta. E l’altra doveva essere ad Azkaban in quel momento. - “Dai a Cissy un bacio da parte mia”
ll tempo di realizzare ed era già sparita, persa nella folla del salone.



 
La presentazione era andata benissimo. Hermione era decisamente sollevata. Persino Narcissa le aveva fatto i complimenti, certo nel suo modo sempre contenuto e privo di enfasi. Aveva scandagliato con gli occhi la sala, alla ricerca di Draco, ma era sparito. E anche Lucius. Non era un buon segno.
Si girò verso Harry, che Ginny stava cercando di far ballare. Una donna le passò vicino, l’andatura regale ed altera come se fosse una regina. L’aveva già vista quella camminata. Eppure non riusciva a ricordare dove. Pensava sarebbe andata di nuovo da Harry. E invece la donna le si avvicinò con un sorriso 
“Benvenuta in società, sanguesporco” - le sussurrò con un ghigno.
Hermione sentì un brivido risalirle lungo la schiena, Poi tutti attorno a lei iniziarono ad urlare.
Hermione corse fuori in giardino.
“Oh cazzo” - sentì Ron dietro di lei, mentre Pansy si stringeva il braccio sinistro in preda al dolore.
Ed aveva perfettamente ragione.
Cosi come quella sera alla Coppa del Mondo di Quidditch il cielo era illuminato da una strana luce, simile ad un’aurora boreale.
E al centro, spiccava sinistro ed inconfondibile il Marchio Nero.

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Capitolo 41
*** Capitolo 41° ***


**Warning: nella primissima parte del capitolo Lucius perde la testa con Draco. Se per te è un trigger salta la parte che inizia con "“Vado a riprendere Ginny".**
 


Non era possibile.
Tutti quei mesi nel passato, tutto quello che avevano fatto…La collana era stata distrutta. Voldemort, dovunque si nascondesse strisciando nell’ombra, doveva essere estremamente debole.
E allora perché quel marchio nero nel cielo?
Chi era stato a lanciarlo?
Harry e Ginny avevano tirato fuori la bacchetta istintivamente a coprire lei e Ron, ancora stretto a Pansy. La serpeverde era diventata di un pallore cadaverico, le dita strette attorno al braccio quasi il dolore fosse insopportabile. E una serie fiorita di commenti che le salivano dalle labbra ancora perfettamente truccate.
Blaise era uscito di corsa, chinandosi sulla compagna di casa, perplesso.
Hermione si guardò intorno, cercando di capire cosa fosse stato.
Quella donna. Quella che era venuta insieme a Selwyin e le si era avvicinata
Benvenuta in società Sanguesporco.
Lo aveva detto con un sorriso ma il veleno e il disgusto era tutto racchiuso in quella parola.
Lo stesso che ora provava lei.
Attorno a lei nessuno sembrava sconvolto. Nonostante ci fosse anche il Ministro della Magia in persona nessuno sembrava preoccuparsi particolarmente di non mostrarsi soddisfatto.
Ad eccezione di Narcissa Malfoy che, in piedi sulla soglia del patio, sembrava essere ancora più pallida del solito, gli occhi blu diventati un pozzo profondo. Lucius sembrava sparito. Che fosse stato lui? Sapeva che era stato coinvolto negli attacchi alla Coppa del Mondo di Quidditch ma perché fare una cosa del genere in quell’occasione? Non aveva senso.
Draco, doveva trovare Draco.
Qualsiasi cosa stesse accadendo a Pansy doveva star accadendo anche a lui. 
“Voi andate, resto io con Ron” - era bastata un’occhiata con Ginny perché Harry fosse in un attimo al suo fianco, superando capannelli di gente con gli occhi all’insù e un disgustoso ghigno sulla faccia.
Resistette alla tentazione di spingere contro un muro Eliza Parkinson, che neanche si era degnata di accertarsi che la figlia stesse bene. Così come prima della presentazione aveva avuto solo commenti astiosi sulle pessime scelte e la mancanza di lungimiranza dei Malfoy negli ultimi mesi.
Quel dannato posto sembrava un labirinto. Aprirono una porta dopo l’altra, un salone addobbato dopo l’altro, ma di padre e figlio non c’era traccia.
Hermione si ricordò che una volta Narcissa aveva accennato al fatto che il marito fosse chiuso nel suo studio e aveva indicato un corridoio del primo piano. Prese Harry per mano trascinandolo su per le scale, maledicendosi per essersi lasciata convincere da Ginny a mettere quella maledette scarpe. Se non fosse stata dannatamente di fretta se le sarebbe tolte e lanciate contro il primo di quei boriosi nostalgici di Voldemort.
La porta di mogano scuro riccamente intagliata era semiaperta. Anche da quella distanza potevano sentire che Lucius stava urlando.
Poi un rumore sordo.
E un silenzio in cui si sentiva solo un respiro pesante.
Harry le si buttò davanti a lei, la bacchetta in mano appena messo piede nella stanza aveva lanciato uno schiantesimo che però ne era risultato stranamente rallentato.
“Sul serio pensi di colpirmi in casa mia, stupido ragazzino?” - aveva replicato Lucius con voce tagliente, ancora trattenendo il figlio per il bavero della giacca.
Hermione si gelò sulla porta.
Si era aspettata di vedere Draco tenersi il braccio in preda al dolore, come era successo a Pansy.
Quello che non si era aspettata era vederci sopra il marchio nero, lucido e brillante come l’aveva visto solo nelle fotografie della prima guerra dei maghi.
Era questo quindi quello che era successo quella sera prima del Ballo, quando era tornato di quell’umore impossibile.
E, se possibile, c’era di peggio.
Metà viso di Draco era coperto di sangue che scendeva copioso da un taglio profondo sul sopracciglio, l’occhio che già iniziava a diventare nero.
Strinse la bacchetta mentre lui la guardava sgranando gli occhi.
Ma gliel’aveva promesso. Che non gli avrebbe permesso di toccarlo nuovamente. Le dita artigliarono il legno della bacchetta, il braccio che si muoveva quasi da solo.Era ora di mostrare che non era quel tipo di strega da lasciarsi impaurire da un violento.

“Allontanati da mio figlio. Ora”
Narcissa li aveva visti correre di sopra e immediatamente li aveva seguiti. E adesso era dietro di loro, la bacchetta puntata contro il marito e uno sguardo di pura furia negli occhi.
“Guarda! Guarda cosa ha fatto tuo figlio. Ed è vero, non uno stupido disegno” - aveva ringhiato l’uomo di rimando mostrando l’avambraccio esposto di Draco, dove il disegno continuava a mostrarsi in tutta la sua oscena potenza-” Si è fatto il marchio nero, questo emerito imbecille. E Merlino solo sa come”.
“Ma da che pulpito. Almeno lui ha una scusa per quello schifo. La sua qual è?” - aveva ringhiato Harry di rimando, ancora con la bacchetta in mano.
Hermione era rimasta in silenzio. Quando Harry aveva lanciato l’incantesimo era stato come se avesse dovuto attraversare un muro di gomma.
L’aveva percepito sin dalla prima volta che era venuta in quella casa. C’era qualcosa di vivo nel Maniero, qualcosa che tendeva a proteggere il Lord del momento. Ron avrebbe detto che non era una cosa molto intelligente, visto chi si era succeduto nei secoli.
Narcissa sembrava una statua di sale mentre guardava inorridita il braccio del figlio come se non riuscisse a capacitarsi di quello che vedeva. Poi aveva allungato una mano, protesa verso il ragazzo che la fissava a sua volta, senza dire nulla.
“Draco…” - disse con voce calma invitandolo ad andare da lei, mentre la presa di Lucius di riflesso si faceva meno solida.
“Ma hai capito cosa ho detto? Sei diventata cieca per caso?” - aveva sibilato verso sua moglie che però non lo degnò neanche di un’occhiata.
Hermione guardò Harry, indicando con gli occhi la tasca interna della giacca. Era lì che teneva la passaporta che gli aveva dato Sirius per essere sicuro che potessero andarsene quando volevano da quella congrega di disgustosi esseri, come lui stesso li aveva definiti.
Sul momento aveva pensato che stesse esagerando. Invece ora finalmente aveva capito quello che intendeva il mago.
“Al mio tre” - bisbigliò ricevendone un cenno di assenso- “Uno… due. “
Tre. Hermione lanciò uno schiantesimo. Mentre guardava padre e figlio, infatti, si era resa conto che se la protezione era solo per il proprietario di casa, significava che doveva semplicemente cambiare bersaglio.
Ginny e Ron era certa avrebbero capito l’antifona. E poi erano nel giardino con il Ministro e il corpo diplomatico, era difficile che avrebbero fatto loro del male con tutti quei testimoni.
Il pesante lampadario di cristallo crollò a poche decine di centimetri dai Malfoy scheggiando il pavimento di marmo scuro lucidissimo. Istintivamente Lucius diede ad una spinta a Draco per allontanarlo. Ora la distanza era sufficiente. Harry ed Hermione corsero verso di lui, la passaporta in mano.
“Draco!”
L’urlo di Narcissa era ormai dietro di loro. 
Un attimo dopo ed erano al sicuro, a Grimmauld Place.



 
“Vado a riprendere Ginny” - disse Harry per prima cosa, dirigendosi verso il camino.
“Non preoccuparti, una strana elfa è venuta a chiamare Andromeda per dirle di correre al Maniero perché il padrone aveva perso la testa. Li riporterà lei” - Era stato Remus a parlare, mettendosi davanti a lui per impedirgli di saltare nel camino.
“Come se ce l’avesse mai avuta. “- era stato l’ovvio commento di Sirius dietro di lui.
Già.
Serpeverde e Malfoy. Che cos’altro ci si poteva aspettare.
“Io l’ho sempre detto che dovevano rinchiuderlo ad Azkaban insieme alla cognata e buttare la chiave. Peccato che quella sera ce ne fosse solo uno dei fratelli a tiro di bacchetta”.
Ok, questa era cattiva. Anche per gli standard di Sirius.  E di solito il suo padrino chiamava Bellatrix quella psicotica di mia cugina.
“Non ti azzardare a parlare così di mio zio, vecchio mostro” - aveva sibilato il furetto che sembrava aver ritrovato improvvisamente la voce
Vecchio mostro? Capiva che non corresse proprio buon sangue tra i due ma tutto quell’astio era un filo esagerato.
Si girò verso la piaga della sua carriera scolastica per dirgli di piantarla. O almeno chiedere ad Hermione di farlo ragionare.
E si rese conto che c’era molta gente a Grimmauld Place. Troppa gente. Oltre a Remus c’era anche Ted E quasi tutti i Weasley. E soprattutto troppi auror. Malocchio Moody in primis, l’oggetto di tanta carineria da parte del furetto. Tonks e un altro auror di cui non ricordava il nome fecero il loro ingresso in quel momento.
E non sembravano portare buone notizie.
“Che succede?” - chiese infine.
“Harry caro, è meglio se vi andate a cambiare. Ron e Ginny saranno qui a momenti. Intanto preparo qualcosa di caldo” -Molly si era avvicinata a lui ed Hermione, spingendoli verso le scale.
Ma lei si era impuntata. Stretta a Draco aveva visto i suoi occhi fiammeggiare.
“Cosa diamine sta accadendo?” - aveva sibilato mentre gli occhi si fermavano su un pupazzo che teneva in mano Shacklebolt.
Lo riconosceva anche lui.
Glielo aveva fatto vedere la madre di Hermione proprio l’estate precedente. Cosa che aveva fatto infuriare la ragazza al punto che erano scoppiate tutte le lampadine di casa. La donna però non ci aveva dato troppo peso, limitandosi a sorridere alla figlia e chiederle se volesse una tisana per distendere i nervi. Lui e Ron avevano riso a crepapelle di fronte all’espressione della loro migliore amica.
Ma in quel momento non c’era niente da ridere.
Perché non solo non c’era motivo perché un auror avesse quel giocattolo in mano.
E soprattutto non ce ne era nessuno di buono che giustificasse perché avesse scritto Mudblood sul petto con quello che sembrava sangue
Molly sospirò passando un braccio intorno alle spalle della ragazza.
“I tuoi genitori sono stati vittima di un attacco” - fu Tonks a farsi avanti, guardando Hermione dritta negli occhi - “Al dipartimento è arrivata una segnalazione di attività magica sospetta rilevata da babbani. Quando siamo arrivati sul posto ci ho messo un po’ a capire che era casa tua. Poi ho visto le foto”
Harry si sentì gelare mentre osservava Hermione impallidire al punto da sembrare non aver più sangue in corpo. Vide Draco togliersi la giacca e mettergliela addosso, stringendola a sé. Come se avesse bisogno di scaldarsi. Visto il fuoco che le fiammeggiava nello sguardo era un mistero che il serpeverde stesso non fosse in fiamme.
“E …” - lo sentì chiedere rivolto alla cugina, il viso ancora tumefatto che nessuno aveva ancora pensato a medicare.
“Sono spariti. Non ne abbiamo trovato traccia. Tranne per questa lettera. Era in mano all’orsacchiotto” - rispose la strega tirando fuori dalla tasca dei jeans un biglietto.
Era uno stupidissimo menu da asporto della pizzeria all’angolo, la stessa da cui aveva ordinato qualche sera prima.
Hermione lo prese, e con calma irreale lo apri, l’inchiostro che risaltava sinistro mentre l’immagine si animava, il serpente che uscendo dal teschio si trasformava in lettere brillanti.
 
Morte ai servi
Lunga vita all’Oscuro Signore.



 
Quella maledetta sensazione. Sapeva che avrebbe dovuto darle retta. Prima Cockey che veniva a chiamarla in preda al terrore. Poi l’avviso urgente del dipartimento degli Auror per Nymphadora. Magia oscura in una zona babbana. Non era affatto un buon segno.
Uscì dal camino, scrollandosi la polvere di dosso. Il salone principale sembrava stranamente poco affollato, eppure non ci fu testa che non si girò a guardarla, sgranando gli occhi.
E di certo non era perché il suo abbigliamento era inadeguato ad un galà.
Ignorando quelli che una volta erano stati i suoi compagni di casa, spostò la sua attenzione verso l’Elfa che continuava a saltellarle intorno. Velocemente entrambe si diressero verso lo studio di Lucius, ma quando arrivarono non c’era traccia di Draco. In compenso, al centro del pavimento troneggiava     quello che una volta doveva essere un bellissimo lampadario, tra pezzi di soffitto e schegge di cristallo. Opera di Hermione, ne era sicura. E c’era solo un motivo per cui la giovane strega avrebbe fatto una cosa del genere.
La stessa per cui ora sua sorella teneva ancora il marito sotto bacchetta.
“Ah ecco ci mancavi solo tu” - aveva commentato Lucius secco vedendola arrivare. -” Beh già che ti sei degnata di venire potresti far ragionare tua sorella?”
Gli occhi di Narcissa lampeggiarono di rabbia- “Non ti azzardare. Sono stata un’idiota a crederti la prima volta. I miei complimenti, sei stato bravo. Sembravi davvero disperato. Eppure solo un anno prima avevi detto che non avresti sopportato di diventare tuo padre neanche per un minuto…e invece...”
“Narcissa…stai molto attenta a quello che dici” - la voce dell’uomo era glaciale. Non l’aveva mai sentito rivolgersi così a sua sorella. Ma sapeva bene che quello era il suo atteggiamento quando si sentiva sull’orlo di un baratro. Narcissa era talmente sconvolta da non rendersene nemmeno conto.
“Altrimenti? Picchi anche me? Ti trovi un’altra?” - aveva ringhiato la strega.
“Non dire assurdità. Sai bene che non potrei mai” - Lucius si era girato verso di lei- “Ti prego falla ragionare tu”
“Certo tu non puoi mai. A parole.”
“Per Merlino, Narcissa sembri Draco quando fa così” - era sbottato infine.
Mossa sbagliata.
Un fremito nelle mani di sua sorella le fece seriamente pensare che stesse per cruciarlo,con metà Ministero al piano di sotto. Ci mancava solo che anche lei finisse ad Azkaban. Con un movimento della bacchetta chiuse la porta dietro di lei, silenziando la stanza.
“Ora ci calmiamo tutti e mi dite cosa diavolo è successo, da bravi” - disse infine prendendo la mano della sorella, da un lato per rassicurarla e dall’altro per farle abbassare quella maledetta bacchetta.
Sebbene lo sapessero in pochi Narcissa era dannatamente veloce con gli incantesimi. E lei non aveva nessuna voglia di andare ad un funerale. Men che mai quello di Lucius, dove avrebbe incontrato sua madre. Per Salazar Serpeverde ma quei due non potevano avere una crisi coniugale- omicida nei quasi vent’anni in cui non si erano parlati?
Dannati viziati.
“Draco...” - aveva iniziato Lucius prima di interrompersi alzando le mani e scrollando la testa-” No, guarda fattelo raccontare da tua sorella perché è la volta buona che mi viene un infarto”
“Vedi che fine si fa a cospirare per anni. Fiacca il corpo e lo spirito” - commentò automaticamente massaggiandosi le tempie ottenendo in cambio una smorfia. Quei due la stavano facendo estremamente lunga.
“Beh visto la reazione pacata ed adulta che hai avuto…” - aveva iniziato Narcissa incrociando le braccia sul petto senza staccare gli occhi dal marito. Se gli sguardi avessero potuto uccidere avrebbero già avuto un bel cadavere sopra il tappeto soffice.
“Cosa volevi che facessi? Che gli andassi a comprare un regalo? Che scendessi di sotto per dare la buona notizia al Ministro” -aveva sbuffato l’uomo lasciandosi cadere sulla poltrona più vicina.
“Il Ministro di qua, il Ministro di là. Di un po’ perché non sei dal tuo prezioso Ministro in questo momento?”
“Perché sto ancora cercando di capire come diavolo abbia fatto quell’idiota di nostro figlio a farsi fare il marchio nero. E sai perché l’ho scoperto? Perché c’è un fottuto teschio gigante sopra il cielo di casa nostra che lo ha attivato, ecco perché “- aveva urlato infine, perdendo quel minimo di contegno che stava conservando- “E io che mi sono spaccato la testa per capire cosa diavolo avesse”.
Il marchio nero. Quelle parole le erano rimbombate nella testa. Non c’era da meravigliarsi che fosse così strano. E che avesse passato il pomeriggio ad osservare Frank ed Alice.
“Ah” - si era limitata a commentare, trovandosi immediatamente due paia di occhi a fissarla sconvolta.
“Aveva ragione Bella, da piccola ha sbattuto la testa un po’ troppo forte” -aveva mormorato sua sorella a mezza voce.
“A parte il fatto che è stata lei a farmi sbattere la testa, perché mi aveva convinto che sapesse usare la magia e mi avrebbe attutito la caduta. Invece si è distratta per prendere a calci un elfo” - aveva borbottato di rimando. Non ci si poteva fidare di Bellatrix neanche quando aveva cinque anni, non era un mistero come fosse finita ad Azkaban-” Potrebbe averlo fatto per una buona causa. E poi scusa ma capirei che fosse sconvolta Cissy. Ma tu? Seriamente, sei poco credibile.”
Lucius l’aveva guardata fisso, rimanendo in silenzio per un po’. Infine se ne era uscito con voce talmente bassa che per un attimo pensò di avere le allucinazioni:”Anche io pensavo di averlo fatto per una buona ragione. E guarda cosa è successo. “
“Perché tu sei un imbecille, te l’ho sempre detto. Draco adesso è a Grimmauld Place. Al sicuro.  E visto che non dovrò testimoniare a favore di mia sorella per uxoricidio direi che possiamo rimandare la discussione ad un altro momento. Mia figlia è corsa via per una missione e io vorrei assicurarmi che stia bene, se non vi dispiace. E voi avete una recita da portare avanti. E quindi ora fate i bravi bambini purosangue e andate a fare le moine agli ospiti. E mandate da Sirius Ron, Ginny e Pansy. Li voglio a Grimmauld Place entro mezz’ora”
Stava già prendendo una manciata di polvere per gettarla nel camino quando aveva sentito la voce di Lucius.
“A proposito di Bellatrix... so che sembra assurdo... ma credo che lei fosse qui”
Ok, si era definitivamente bevuto il cervello. Troppi fumi velenosi di pozioni proibite.
Ma poi era intervenuta Narcissa- “La donna che era con Selwyn… ecco chi mi ricordava. Aveva lo stesso sguardo di Bella. Ma è impossibile.”.
Si, era impossibile.
Ma sapeva per esperienza che quando si parlava di Bellatrix Lestrange nata Black c’erano poche cose che fossero davvero tali.
Sperò solo che Nymphadora stesse bene.
Doveva tornare a casa ed avvertire l’Ordine. Ormai non c’era più tempo da perdere.




 
“Davvero hanno rapito i genitori della Granger?” -Pansy l’aveva bisbigliato, quasi si aspettasse che fosse uno scherzo di cattivo gusto. 
Eppure sapeva bene che non si trattava di una caduta di stile dei Weasley. L’aveva visto anche lei il marchio nero brillare nel cielo. E soprattutto aveva sentito il veleno bruciarle la carne, come se lo stesse ricevendo per la seconda volta.
Sapeva che quello era il modo di Voldemort di richiamare i suoi seguaci. Eppure nessun altro dei partecipanti, compresi quelli che sapeva per certo averlo, sembrava aver patito il suo stesso dolore.
Draco annuì appena.
“Credo che c’entri quella strana donna che è venuta con tua madre. Stavo discutendo con mio padre quando è entrata. Ah e a proposito, ma che cazzo ti è venuto in mente di usare una foto di mia zia per la copertina?” - aveva sibilato di rimando -” Comunque lei è entrata e si sono detti qualcosa. E per qualcosa intendo che avrebbe dovuto lasciare che Greyback mi usasse come sushi di neonato. E questo porta alla luce due questioni fondamentali. Uno, ma che cazzo di padre ho?. Secondo, lui sembrava non avere idea di chi fosse.”
Sì, ripensandoci c’era decisamente qualcosa di strano in quell’incontro.
Pansy era rimasta in silenzio, squadrandolo con gli occhi neri profondi ed inquieti, battendosi un dito sulle labbra meditabonda- “Se non la conosceva come faceva a sapere dove fosse lo studio di tuo padre? Potter mi ha detto che la Granger si è ricordata di un’indicazione di tua madre. Ma questa donna... viene per la prima volta al Maniero e va a colpo sicuro? E comunque me l’ha data tua zia la foto. O meglio mi ha promesso che me l’avrebbe fatta trovare nella mia stanza alla Gringott e così è stato. E poi era irriconoscibile, tuo padre è troppo protettivo”
Draco sbuffò indicandosi lo zigomo. Protettivo. Si certo. E a proposito di adulti responsabili…l’unico che si era interessato di guarirgli la ferita, mentre lui era ancora sotto shock per quello che era accaduto ai genitori di Hermione, era stato Ted. Un dannato natobabbano. Fosse stata per quello stronzo di Moody probabilmente gli avrebbe fatto anche l’altro di occhio nero.
“Beh, visto che appena Andromeda è tornata e si sono rinchiusi nel salone sono certa che abbiano scoperto qualcosa. E grazie all’inventiva di Fred e George non sarà un problema capire cosa” - Ginny Weasley era apparsa dietro di loro facendo oscillare dal dito due paia di orecchie origlianti.
Subito dietro di lei apparvero i gemelli con un gran sorriso che però non riusciva a coprire la preoccupazione sul loro volto- “Geniale davvero. E sono così piccole che non se ne accorgerà nessuno”
Quei due erano pericolosi. Si fece un appunto mentale che forse sarebbe stato meglio averli come amici che come nemici. Poi la sua attenzione si focalizzò su Hermione, uscita dalla stanza dove si era cambiata. Sembrava distrutta e aveva l’aria di una che aveva passato almeno mezz’ora ad urlare in una stanza silenziata. Ma lo sguardo negli occhi era inconfondibile.
Era pronta alla guerra.
E anche lui. Per lei. Sempre e solo per lei.
Allungò una mano, stringendola forte appena il palmo tiepido della ragazza toccò il suo.
“Li troveremo Hermione. Te lo prometto” - mormorò portandosi la mano alle labbra e continuando a fissarla.
La strinse a sé mentre i gemelli iniziavano a calare lentamente il loro aggeggio diabolico. 
Poi ben riparati dalla balaustra si misero in ascolto.



 
Aveva sentito abbastanza. I cosiddetti adulti non sembravano poter avere più informazioni rilevanti. 
E ora, riuniti in camera di Harry stavano cercando di rielaborare le informazioni
“Forse abbiamo sentito male...”. - era stato Ron a parlare, ma era evidente che non ci credeva neanche lui.
“Ehi, fratello non ti azzardare. Le nostre orecchie origlianti sono assolutamente perfette. Niente disturbi.” - si era risentito George- “Vero, Fred?”
“Assolutamente, George. E poi non credo proprio che possiamo aver frainteso. Andromeda ha proprio detto quel nome”
Bellatrix Black.
Sembrava esserci lei dietro il rapimento dei suoi.
“Si, ma è ad Azkaban, no? E nessuno può sfuggire da Azkaban.” - aveva tentato debolmente il minore dei Weasley.
“Sirius l’ha fatto” -
Ron sbuffò- “Si è stato il primo. E poi non è che sia passato sotto silenzio. Era su tutti i giornali”
“Anche Crouch Junior l’ha fatto. E ti ricordo che è stato quasi un anno intero sotto il naso del vostro amato Silente” - questa era Pansy, raggomitolata accanto a lui, uno strano sguardo negli occhi. Oppure era solo il fatto di vederla con indosso la tuta di Harry, l’unica cosa che avesse considerato vagamente accettabile. E ci avevano messo del tempo a convincerla che rimanere in abito da sera non era un’opzione.
“Ed era coperto da suo padre. Se non è stata Narcissa ad aiutarla, chi è stato?” -aveva borbottato Harry, lanciando uno sguardo di scusa a Draco che però scosse la testa.
“I miei non sono stati, Potter. E soprattutto non le avrebbero fatto fare un tale casino proprio la sera del Party di Natale”
“Beh che tuo padre non fosse proprio entusiasta lo abbiamo visto. A proposito, come cazzo te lo sei fatto il marchio nero?”.
Il bel viso di Draco si atteggiò in una smorfia- “Lasciamo perdere, Sfregiato. Merito tuo e dei piani folli in cui mi hai trascinato”.
“Ma dai che non vedevi l’ora” - la frase era tipica da Harry, ma il tono era diverso.
Quei due davvero stavano scherzando tra di loro?
“Si, certo. Merlino, ma ti sei mai fatto controllare che il cervello non sia stato compromesso da quella cicatrice? Comunque la donna di cui parlava Andromeda in effetti era strana. E non dimentichiamoci con chi è venuta”
“Mia madre?” -aveva chiesto con finta ironia Pansy
“Intendevo più Selwyn, ma in realtà anche tua madre non è che sia una grande fan della mia famiglia dopo quello che è successo. E dopo che le hai fatto fuori i due terzi del patrimonio”.
“Un piccolo risarcimento per quello che mi ha fatto passare. E poi lei se li sarebbe spesi in gioielli e amanti. Anzi, dovrebbe essermene grata, almeno lei e mia sorella non finiranno a vivere di stenti” - aveva risposto la serpeverde con un ghigno.
Hermione cercò di frugare nella sua mente, alla ricerca di tutti i ricordi su quella serata. Si, c’era qualcosa di oscuro e sfuggente in quella strega.
“Prima di andare via mi ha detto Benvenuta in Società, Sanguesporco” - aveva ammesso infine, sentendo ancora un brivido correrle sulla schiena. E ripensò ai suoi occhi. Folli ma vividi. Ardenti.
Li aveva già visti. In un volto diverso, in un tempo diverso.
“Diamo per scontato che li abbia presi Bellatrix. Il tempo che convincano qualcuno ad andare ad Azkaban a controllare e sarà già tardi. Dobbiamo pensarci noi. Se hanno scelto i genitori di Hermione. c’è un motivo. E l’unico motivo possibile è la vostra relazione.”  -Come sempre Ginny era il pragmatismo fatto persona- “Dove potrebbe averli portati? Draco è tua zia. Possibile che non ti venga in mente niente”.
Ed aveva ragione. Il tempo delle ipotesi era finito. Tagliente e dritta al punto come una lama affilata. Ma aveva apprezzato che avesse chiamato Draco per nome, pensò stringendosi di più a lui che non l’aveva più lasciata un attimo.
La sensazione della sua mano calda nella sua la riportò alla realtà.
“No, Ginevra. Non lo so. L’ultima volta che ho visto mia zia avevo un anno e mezzo. E ad Azkaban i gufi non arrivano sai?” - Risposta tipica di Malfoy, ma tono quasi normale. Ginny per tutta risposta si limitò a scrollare le spalle.
“Sei acido sai? Dovresti fare più sesso. E chiamami un’altra volta Ginevra e ti cavo gli occhi con il cucchiaino del gelato” - si era limitata a commentare mentre Ron avvampava.
“Quello che gli dico anche io. Non la parte del cucchiaino, ovviamente.” - Pansy aveva stranamente sorriso. Poi si era persa dietro un ricordo- “Rabastan una volta ha accennato ad un posto speciale che Rodolphus aveva regalato a Bellatrix. Un posto che nessuno avrebbe mai potuto trovare. E che ogni tanto gli lasciava usare- E per lasciare usare intendo…”
“Lascia perdere, non lo vogliamo sapere. E soprattutto smettila di impicciarti della mia vita personale. Che avrei da ridere sulla tua” - aveva ringhiato Draco accennando a Ron che si limitava a fissarlo con un sogghigno.
Ad Hermione sarebbe venuto da ridere in un altro momento. O forse si sarebbe arrabbiata. Ora invece nulla aveva importanza. Voleva solo ritrovare i suoi.
“Io lo dico per te, eh. E ora si pone il problema. Come diavolo facciamo a trovare un posto che non è segnato da nessuna parte?” - aveva ribattuto serafica la ragazza guardandosi le unghie.
Il cervello di Hermione continuava a lavorare, incessante. Sapeva che c’era qualcosa che le sfuggiva, un indizio che doveva solo riportare alla mente.
Ripassò in rassegna tutti i momenti passati a Serpeverde. Qualsiasi discorso fatto da Bellatrix e dalla sua cricca. Le ore passate in biblioteca. No, non era qualcosa detto dalla Black. Era come un ricordo attutito.
Stavano parlando di altro. Era una voce riferita. Seguì quel pensiero lasciandosi trasportare, inseguendolo a ritroso, un filo rosso che serpeggiava tra la voce infantile e terrificante di Bellatrix, la magia proibita che le scorreva di nuovo nelle vene. E poi la luce, i cristalli, la musica.
La festa di fidanzamento. Quando Sirius con un mezzo sorriso aveva detto di non preoccuparsi. Che avrebbe pensato lui a distrarre Bellatrix. Di certo sapeva dove sarebbe andata. E aveva fatto uno strano commento sul fratello.
“Regulus. Sono certa che lui lo sapesse. E Sirius in qualche modo deve averlo scoperto. O almeno nel passato l’ha fatto.” - sentenziò alla fine, sentendosi stranamente calma. Finalmente le cose stavano avendo un senso.
Harry la guardò pensoso.
“E non potremmo chiederlo a Sirius direttamente? Capace che quella parte della sua memoria non è compromessa”.
No, non potevano. Perché li avrebbero rinchiusi in quella casa.
E invece lei voleva affrontare Bellatrix e farla pentire di aver anche solo pensato di avvicinarsi ai suoi genitori.
Si, decisamente i mesi a Serpeverde avevano lasciato un segno, l’avevano spinta a coltivare un sentimento che mai avrebbe pensato di provare. Sete di vendetta.
Poteva razionalizzarlo, però.
Quella non era vendetta. Era giustizia.
“Kreatcher!” - urlò. Poi rivolgendosi a Draco- “E ora vedi di far parlare l’elfo.
Draco le rivolse un sorriso raggiante, baciandole appena la guancia: “La mia piccola guerrafondaia”
Con un sonoro plop Kreatcher apparve accanto a loro, scuotendo la testa con disapprovazione.
Come al solito la ignorò, rivolgendosi direttamente a Draco e Pansy, seppur borbottando qualcosa sul fatto che non c’era più dignità in quella casa.
“Kreatcher non può toccare le cose del padroncino Regulus senza il suo permesso”
Era evidente che quell’elfo aveva le orecchie lunghe.
“Ma il padroncino Regulus è morto.” - commentò in tono piatto. In fondo stava iniziando a capire perché spesso gli elfi non godessero di grande simpatia. Voleva Dobby. O Cockey. Non quell’essere pieno di astio.
L’elfo era rimasto in silenzio, mormorando appena una stupida babbana saccente.
Fece segno a Draco di ignorarlo.
“Eh già. Una strage in quel periodo. Però zia Bellatrix si è salvata, no? Non ne sei contento” - continuò in tono mellifluo
Kreatcher stranamente scosse la testa con rabbia.
“No. Se il padroncino non avesse seguito Miss Bellatrix a quest’ora sarebbe lui il padrone di casa e non quello stupido, borioso…” - mugugnò a denti stretti
Harry stava per lanciarsi contro di lui ma Ginny lo fermò ributtandolo indietro e facendogli segno di stare zitto. 
“...cane.” - finì per lui Draco- “Eh sì una grande tragedia per la casata dei Black. Senti un po’ e non avresti voglia di vendicarti? Non serve che tu ci dia niente di Regulus. Basta che ci dica dove diavolo è mia zia”
Il cipiglio di Kreatcher si fece ancora più arcigno, ma ad Hermione non sfuggì che era vero. Kreatcher aveva probabilmente passato l’ultimo decennio a crogiolarsi tra le cose di Regulus. E probabilmente ne sapeva tutti i segreti.
“Io non salvo i babbani” - disse infine con un moto di stizza- “La padrona non lo vorrebbe”.
“La padrona è sottoterra. Ed era pazza. Te lo dico per esperienza. Neanche i miei nonni sono tanto normali. I Black intendo. Gli altri lasciamo perdere” -continuò Draco dolcemente. Poi la sua già scarsa pazienza si esaurì- “Se non me lo dici, per Salazar Serpeverde ti faccio liberare. Vuoi diventare un cazzo di elfo libero, Kreatcher? Perderai questa casa, perderai il tuo status. Diventerai un cazzo di reietto”
Una parte di lei inorridì. Quello era contro tutto quello in cui credeva. Tutto quello per cui voleva lottare. Ma si morse la lingua, lo sguardo di Kreatcher era di puro terrore.
Erano davvero tutti folli in quella casa. 
E quando le orecchie dell’elfo si abbassarono ulteriormente capì che avevano vinto.
E Bellatrix Black era meglio che avesse iniziato a tremare.




 
Prima era arrivata Narcissa. Non ce la faceva a chiamarla zia. Primo, perché non l’aveva mai vista sin da quando era nata. Secondo, perché guardava tutti dall’alto in basso. Terzo, perché sebbene non ci fossero prove che fosse una mangiamorte, e ne era certa perché aveva scavato a fondo, di certo poteva essere considerata connivente se non una vera e propria complice. La storia che il marito fosse stato sotto imperius non aveva convinto nessuno e il fatto che l’avesse fatta franca grazie a conoscenze e chissà quanti galeoni le faceva ribollire il sangue.
Eppure sua madre per qualche assurdo motivo sembrava tenere particolarmente a quella aristocratica snob della sorella minore. Da piccola ricordava bene di aver trovato una scatola nascosta con ritagli degli articoli di giornale su Narcissa Malfoy, la splendida regina dei purosangue. 
All’inizio non aveva realizzato che fossero imparentate. Era stato solo ad Hogwarts che aveva scoperto chi fosse. Lo stesso anno in cui aveva capito chi fosse in realtà Voldemort.
E soprattutto quello che aveva fatto l’altra sua zia, Bellatrix.
Ma era stato suo padre a raccontarle la verità. Di chi fosse in realtà sua madre. Andromeda Black, dell’antichissima e nobile famiglia dei Black, ricchissima e purosangue da generazioni, che aveva deciso di lasciare tutto per lei, per loro. E da quel giorno aveva avuto un nuovo rispetto per lei. 
Anche se era indubbiamente pazza
Tipo quando aveva sedici anni e aveva scoperto prima che lei potesse anche solo pensarlo che il suo fidanzatino dell’epoca l’aveva tradita. E casualmente era quasi finito al San Mungo per avvelenamento.
O quando si era convinta che il marito avesse una tresca e aveva regalato tutta la sua collezione di dischi in vinile babbani che metteva su ogni domenica ad Arthur Weasley, sapendo perfettamente che non avrebbe mai potuto chiedergli indietro.
Ma a volta la sua pazzia era una cosa buona.
Ad esempio quando era andata a cercare di ammazzare sua sorella per quello che aveva fatto ai suoi nonni. Di quella sera non ricordava niente, solo un vago sapore di tristezza.
Doveva però ammettere che un pizzico di orgoglio l’aveva provato per Narcissa, per come aveva difeso con le unghie e con i denti suoi figlio.
Però poi era rimasta sempre arroccata nel suo maniero, continuando quella vita a suo vedere inutile di incontri mondani.
Era per quello che non si spiegava come diamine fosse possibile che la sua forte, spregiudicata e indipendente madre fosse in buoni rapporti con sua sorella. Quando si era presentata, per fortuna non in abito da sera, ma con un completo pantalone e maglione che lei forse avrebbe usato per un incontro con il Ministro, non aveva fatto una piega
E soprattutto sembrava non essere particolarmente infastidita dal fatto che ci fosse anche suo marito, perché di certo non l’avrebbe mai chiamato zio.
Per fortuna che c’erano Sirius e Molly a riequilibrare la situazione.
E poi c’era il suo fantastico papà che le si era messo accanto, capendo ben prima di lei quanto quella situazione la stranisse.
E quello stronzo di mangiamorte continuava a chiamarla Nymphadora, per giunta.
E ora erano tutti seduti attorno ad un tavolo. Cercando di capire come muoversi, mentre il Ministero si perdeva dietro quelle sciocche lungaggini burocratiche.
A dir la verità quel dannato mangiamorte era entrato urlando a suo figlio di scendere. Figlio, che ovviamente l’aveva ignorato. In quel momento era spuntata dal salone Narcissa e si erano messi a litigare furiosamente.  A malapena aveva capito il filo di quello che dicevano. Di certo lei aveva detto la parola divorzio, quello era poco ma sicuro. E poi c’era stato uno strano discorso su non sapeva bene quanti galeoni lui avesse speso in escort per distrarre il Ministro e l’Ambasciatore e che minacciava di prendere dal fondo fiduciario del figlio, visto che sicuramente c’entrava qualcosa.
Che discorsi edificanti.
Ci si era messo anche quello stupido elfo di Kreatcher. Richiamato da Sirius per portare da mangiare era invece arrivato in cucina sventolando uno stick bianco con aria di evidente disgusto.
“Cos’è quello, stupida creatura?” - aveva interloquito col suo solito modo cordiale suo cugino.
Arthur l’aveva preso in mano illuminandosi.
“Oh io lo so. È un manufatto babbano. Si chiama `test di gravidanza” - aveva gorgogliato, tutto giulivo di avere tra le mani un qualcosa di babbano.
Quell’uomo era adorabile ma matto come un cavallo.
“Arthur, tu lo sai che le donne ci urinano sopra per vedere se sono incinta si?” -aveva chiesto suo padre genuinamente divertito vedendolo cambiare d’improvviso espressione.
Ma sua madre evidentemente non aveva gradito.
“E tu come lo sai, Ted” - aveva sibilato. E a lei non era sfuggito della doppia occhiata di fuoco delle sorelle Black.
“Ehi andiamo. È in ogni serie televisiva babbana” - si era schermito lui, senza però riuscire a scalfire il muro di fuoco incaricato azzurro lapislazzulo e occhio di tigre che si trovava di fronte.
“Merlino, Ted sei proprio uno stupido Tassorosso” - si era lasciato sfuggire quello stronzo platinato. Come se essere Tassorosso non fosse un vanto.
Leali. Onesti. 
Qualcosa che lui non avrebbe mai potuto capire. Poi in aggiunta si era girato verso sua madre “E poi per Salazar Come diavolo fai ad andarci a letto? Ha la pancia, per la miseria”
Niente, quell’uomo non aveva ritegno.
Però era la prima volta che aveva visto suo padre perdere il suo aplomb- “Io non ho la pancia, idiota di un serpeverde. E soprattutto scusa se non sono vanitoso come te. Sai com’è io ho una famiglia a cui pensare. Cosa in cui tu hai evidentemente difettato negli ultimi anni”
Bravo papà. Dieci punti a Tassorosso.
“Come ti pare Tonks. Ma se non te lo puoi permettertelo te lo posso regalare io uno specchio” - aveva ridacchiato mentre sua madre si era limitata a dargli uno schiaffo sulla testa. Ignorandola si era girato verso la moglie che sembrava aver appena incontrato un basilisco” Un test di gravidanza. Babbano. Io non ci credo che ci abbiamo messo tre anni per poi avere un figlio così imbecille”
Narcissa era rimasta immobile, sua sorella che le aveva accarezzato una spalla mentre lanciava addosso a Lucius il bicchiere che aveva in mano.
“Giuro su Merlino che se la Granger è incinta prima strangolo lui. E poi te”
Aveva stretto appena la mano di Remus, sotto il grande tavolo di marmo.
Il mago l’aveva guardato pieno di stupore: “E io che c’entro scusa? E poi potrebbe essere di Pansy, A proposito lo sapete che il vostro prezioso figlio minore si vede con l’erede dei Parkinson, vero?” - aveva tubato con uno sguardo di puro sadico divertimento nei confronti dei Weasley.
Poi aveva lanciato la bomba, cambiando di nuovo argomento.
“Tornando alla questione principale…Bellatrix e Rodolphus avevano un luogo segreto. Era dei Lestrange, ma non appare su nessun documento per non so quale clausola Lo usavano … beh per le loro attività ricreative. Solo che c’è un problema” -aveva ammesso.
“E per attività ricreative intendiamo torturare i Babbani, se qualcuno se lo stesse chiedendo” - aveva commentato Molly con un tono che non le aveva mai sentito usare- “O gli Auror”
I Malfoy avevano sostenuto il suo sguardo senza batter ciglio” Parole tue, Prewett” - aveva risposto Narcissa calcando un po’ troppo sul cognome da nubile della donna.
La tensione era palpabile.
“Il giorno della festa di fidanzamento di Bellatrix ci deve essere stato qualche problema. Ma nessuno si ricorda niente” -aveva continuato l’uomo come se nulla fosse.
Già chissà perché, sogghignò internamente scambiando uno sguardo con Remus.
“In poche parole la mattina della festa tutto era a posto. Il giorno dopo hanno trovato la casa bruciata, segni di lotta tutto intorno. Nessuno ha mai capito cosa fosse successo.”
Oh lei ne aveva una vaga idea. Sicuro c’entravano Sirius e sua madre.  Anche se loro non se lo ricordavano.
“Da allora hanno aumentato i sistemi di protezione. Prima bastava un purosangue che versasse sangue di babbano” - aveva continuato.
“Una serratura era chiedere troppo, vero. E ora?” - aveva chiesto Severus, arrivato in quel momento, lo sguardo impassibile come sempre
Eppure non le era sfuggito che Narcissa si fosse illuminata
“E ora serve un purosangue con il marchio nero...…” - aveva commentato in tono piatto, prima che un lampo gli illuminasse lo sguardo in modo affatto piacevole- “Oh cazzo.”
Prima ancora di sentire la risposta Severus aveva iniziato a salire le scale
“E nessuno di voi genitori esemplari si è preoccupato di sapere dove fossero i vostri dannati, maledettamente curiosi e affatto dotati di spiriti di autoconservazione pargoli, immagino” - aveva chiesto il professore con voce atona
Nymphadora era corsa dietro di lui, raggiungendo per prima la stanza di Harry e spalancando una dopo l’altra tutte le stanze del corridoio.
Vuote.
Quei ragazzini sciroccati erano stati più furbi di loro.

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Capitolo 42
*** Capitolo 42° ***


Penultimo capitolo. 

Warning: violenza e linguaggio volgare. E cadaveri.

 

 


 

 


 

A vederla così non sembrava proprio un posto appartenente ad un membro della nobile ed antichissima famiglia Black. O a quella dei Lestrange, noti tanto per la loro follia quanto per i loro sfarzi: una casupola sperduta nel nulla della campagna, dall’aspetto dimesso e diroccato. Ora, capiva che probabilmente era servita solo per torturare i Babbani, ma decisamente si aspettava qualcosa di più.

Un minimo di stile, e che diamine.

Kreatcher aveva detto che avrebbe dovuto versare il sangue di un natobabbano contro il suo volere ma evidentemente tanti anni di solitudine gli avevano toccato il cervello. E anche quello di Potter e Weasley non era del tutto a posto, ma di quello non aveva mai avuto dubbi. L’unica natababbana del gruppo era la Granger e lui non aveva alcuna intenzione di farla sanguinare. Quindi.

“Merlino quanto siete noiosi” - aveva risposto alle loro osservazioni sul fatto che chissà quali incantesimi di protezione ci fossero mentre toccava la maniglia che cedeva docile sotto il suo tocco. Come volevasi dimostrare non era successo nulla. Non sentiva alcun pericolo provenire dalla casa. 

“Malfoy guarda che per me se tiri le cuoia non è che sia un gran problema, eh” - aveva borbottato Harry alle sue spalle.

“Il giorno in cui uscirai dalla mia vita sarà sempre un giorno troppo tardi” - aveva filosofeggiato lui rifilandogli una gomitata.

Entrambi però erano rimasti di sasso una volta varcata la soglia, la voglia di litigare sparita come per incanto.

Davanti a loro un enorme salone dai muri di pietra, i muri alti e severi rischiarati appena dal fuoco del grande camino dalla parte opposta. La sala aveva una pianta quadrata, con una pianta di tasso ad ogni angolo. Non ne poteva più di quel dannato albero.

Dalle pareti laterali si dipanavano quelli che sembravano diversi corridoi. E così quella che da fuori sembrava poco più di una baracca era in realtà un maniero. 

“Sicuramente ci sarà qualche allarme che li ha avvertiti del nostro arrivo. La cosa migliore è dividerci. Abbiamo il vantaggio del numero, sfruttiamolo. Io e Draco andiamo all’ultimo piano, Ginny ed Harry al primo, Ron e Pansy questo, Fred e George andate a vedere se ci sono dei sotterranei. È mezzanotte. Tra un’ora ci rivediamo qui. E urlate se succede qualcosa” - Hermione sembrava quasi posseduta. Il tono calmo, un piano nella mente. 

Stava per ribattere che non sapevano esattamente se ci fossero altri mangiamorte. E di certo c’era Selwyn. Oltre al fatto che quei tre erano dei pazzi assassini sanguinari. Ma si morse la lingua. Non si sarebbe messo a questionare con la strega più brillante della sua generazione sul piede di guerra.

“Spero che ti sia portato dietro quel cazzo di mantello, Sfregiato” - si era limitato a commentare lanciando un’occhiata velenosa a Potter che gli rispose con un ghigno, passandolo ad Hermione.

“Usalo tu. Bellatrix ce l’ha con te è evidente” - le aveva detto con semplicità. Ecco bravo Potter, per una volta tanto aveva avuto un’idea decente.

Ma la Granger aveva scosso la testa. – “No, Harry. Tu sei quello che ha ucciso Voldemort. È te che vogliono. Sempre. E se ti trovano...”

Ma facevano così’ ogni volta? Meglio a Serpeverde in cui il più furbo se lo sarebbe preso e basta senza tante smancerie.

Perché il discorso della sua natababbana non faceva una piega ma per una volta avrebbe voluto che non fosse così dannatamente razionale. 

Prima che però riuscisse a replicare di non fare la cretina e prendere quel dannato mantello, lei lo aveva già preso per mano e trascinato via.

Draco sbuffò senza opporre resistenza. Se c’era una cosa che aveva capito dopo averla osservata di nascosto per tanti anni era che fosse impossibile farle cambiare idea. Si limitò a stringere più forte la bacchetta, tendendo le orecchie e sbuffando giusto per mostrare il suo disappunto.

Dovevano trovare i Granger alla svelta.

Sempre che fossero vivi.

Deglutì.

Sempre che loro rimanessero vivi.






 

 

“Tu sei l’amichetto del giovane Potter, vero? - Bellatrix Lestrange li scrutava con un sorriso appena accennato, i grandi occhi neri che saettavano da una parte all’altra.

Aveva provato a schiantarla appena ne aveva intravisto la sagoma scura ma era stata più veloce lei. E ora sia lui che Pansy si trovavano impastoiati da catene invisibili mentre la strega girava loro intorno, come il gatto con il topo.

“E tu invece sei la figlia di Eliza.” - ora era di fronte a Pansy, chinandosi appena per guardarla in faccia- “Quindi, dimmi, piccola Pansy, è vero quello che mi ha raccontato tua madre? Che è stata mia sorella, la mia piccola e dolce Cissy, a tradire l’Oscuro Signore?”

Ron aveva lanciato uno sguardo preoccupato alla ragazza, che però non sembrava turbata.

“Oh, andiamo. Mia madre è una stupida invidiosa e tu lo sai benissimo? È arrabbiata con i Malfoy perché non hanno accettato la proposta di matrimonio per Draco. E beh, perché tua sorella è una snob e l’ha sempre guardata dall’alto in basso.” - si era limitata a commentare sbattendo le ciglia e sgranando gli occhi.

“Ma tuo padre è finito con un pugnale del petto. E tua madre dice che c’è stato il tuo zampino” -aveva continuato la donna spostandole una ciocca di capelli dal viso.

“E’ solo arrabbiata perché le ho tolto i soldi. Sai quanto sia arrivista. Ancora non ha accettato che io sia più intelligente di lei. E decisamente più carina. Non dirmi che tu dispiace per Cassandra… ha sempre cercato di uccidere tua sorella no? Davvero l’hai perdonata?” - chiese mantenendosi impassabile, le labbra appena arricciate nel disgusto del nome della Carrow.

Silenzio

“E tu come lo sai che cosa ha fatto Cassandra a Narcissa? “- aveva chiesto Bellatrix, improvvisamente un lampo a squarciare il pozzo nero dei suoi occhi da folle. 

Cazzo, pensò Ron. Però la strega si era distratta, il legame delle corde sembrava essere leggermente meno forte.

“Se ne è vantata con Draco. Perché lo sai che poi è passata a sfogarsi su tuo nipote, vero? - aveva tubato la ragazza in risposta. 

Bellatrix era rimasta per un momento interdetta. E allora lui ne aveva approfittato. A testa bassa aveva caricato buttandosi contro la donna che non era riuscita a mantenersi in equilibrio, ed erano entrambi rovinati in terra.

I lacci si erano sciolti e Ron si allungò per riprendersi la bacchetta e puntarla contro la gola della donna.

“Capelli rossi, faccia idiota. Andiamo piccolo Weasley, prova ad uccidermi. Sono sicuro che la tua mammina ne sarà molto fiera” - lo prese in giro con voce infantile, ridendo. - “E a proposito di Prewett, manderò il tuo cadavere a quella sciocca della tua mammina, non ringraziarmi… non sarà un bel vedere”

Dannata stronza… Ron alzò la bacchetta per lanciare una maledizione quando sentì Pansy urlare.

Si girò di scatto, per trovarsi di fronte Rodolphus che aveva alzato la ragazza per i capelli, ancora in preda al dolore.

“E ci siamo anche divertiti molto. Che dici se ti rimandiamo cadavere dai tuoi? Come monito per tutti i traditori del sangue. Incluse le giovani streghe che si credono troppo furbe.” - disse accentuando la presa crudele su Pansy.

Bellatrix si era avvicinata gattonando verso di lui, la bacchetta premuta contro il suo collo.

“Se fai una mossa la tua bella fidanzatina morirà. Che ne dici?” - aveva mormorato passandogli un dito sulla nuca.

“E ora Harry Potter vieni fuori. Se non vuoi vedere come rendiamo il tuo migliore amico un vegetale. Non che ci sarebbe una grande differenza ma come sai il processo può essere piuttosto lungo”.

“No Harry! Scappa!” - aveva urlato invece Ron mentre un dolore sordo gli esplodeva nel cervello, come se fosse stato colpito da un grosso martello invisibile.

La vista gli si annebbiò ma fece comunque in tempo a sentire la voce famigliare di Harry.

“Allontanati da lui, dannata stronza. O farai la fine del tuo stupido Voldemort. Sei solo una codarda, esattamente come lui” - aveva ringhiato.

Un sibilo di rabbia da parte della strega.

Poi di nuovo la voce isterica- “Piccolo, piccolo Potter. Staserai andrai a raggiungere i tuoi genitori, sei contento?”

“Sei troppo sicura di te Lestrange. L’ultima volta hai fatto una brutta fine. E la tua pelle, per Godric Grifondoro.:” - la voce calma di Ginny gli era penetrata nel cervello. Dannata testarda.

Prima di perdere coscienza vide Harry mettersi in guardia.

Ma almeno sapeva che avrebbe reso la vita impossibile ai Lestrange.

Poi cadde l’oblio.





 

 

Le stanze sembravano tutte uguali. Ne avevano aperta una dopo l’altra, le bacchette in mano e le orecchie tese. Ma erano tutte inesorabilmente vuote, i loro passi che riecheggiavano sordi nelle stanze insensatamente lussuose.

Chissà quanti come lei avevano attraversato ore di dolore in quelle stesse sale, torturati per il solo peccato originale di essere nati babbani. In questo il mondo magico e il mondo babbano erano fin troppo simili, divisi sempre dall’odio per qualcuno di diverso, qualcuno che non si riusciva ad accettare. Il desiderio di annientare, distruggere, spazzare via l’altro da sé era qualcosa che diventava sempre più dolorosamente evidente come un trait d’union tra i due mondi.

E lei, che era a cavallo tra i due, sembrava essere rigettata da entrambi. Troppo stramba per i babbani, non abbastanza pura per i maghi. O almeno una parte di loro.

Anche se era vero che anche loro potevano cambiare Un futuro migliore era possibile, lei e Draco ne erano la prova.

Ma niente di questo sarebbe stato possibile se i suoi genitori fossero morti per mano di Bellatrix Lestrange, nata Black.

Si chinò a toccare una macchia in terra. Densa e vischiosa, di un colore scuro che risultava anche nell’oscurità. Sangue, non c’era dubbio. Ed era ancora abbastanza fresco.

Sentì un sapore acido risalirle in gola, ma si costrinse a pensare razionalmente.

Draco si chinò affianco a lei, stringendole le spalle in un abbraccio.

“E’ ancora fresco. Ed è poco. Questo significa che se è dei tuoi sono ancora vivi” - le aveva mormorato in un orecchio stringendola appena.

“Si, certo sempre che non abbiano usato la maledizione senza perdono” - rispose lei amaramente. La risposta negli occhi di Draco era evidente, anche se evitò di pronunciare quelle parole ad alta voce.

Ma lo sapeva anche lei.

Era troppo presto.

I Lestrange non erano così clementi da far finire la tortura dopo poche ore.

Volevano vendicarsi di Harry, di lei e del loro nipote che aveva tradito gli ideali di famiglia.

Usare l’Avada Kedavra sarebbe stato troppo misericordioso per quei pazzi.

Stavano per alzarsi quando sentì un’esplosione che la colpì alle spalle, sbalzandola di diversi metri contro il muro di pietra. L’impatto fu crudele ed inaspettato.

La testa le doleva terribilmente quando cercò di mettersi in piedi, cercando a tastoni la sua bacchetta. 

Ma ora era schiacciata dal piede di chi l’aveva attaccato alle spalle da codardo qual era.

La stessa persona che ora teneva un coltello puntato al collo di Draco.

Gli anni di Azkaban non avevano certo giovato a Rabastan Lestrange: emaciato e con un colorito grigiastro, i capelli arruffati e la barba lunga, l’unica scintilla che mostrava che quell’uomo non era un cadavere era il luccichio sinistro e folle negli occhi scuri.

“Sai tuo padre mi è sempre stato antipatico. Dopo che ha tradito il Signore Oscuro al processo ho giurato di ammazzarlo. Ma tu gli somigli così tanto, che dici… se gli mando i tuoi intestini per decorare l’albero di Natale si arrabbierebbe o gli farei solo un favore?.” - gli aveva sibilato, la lama del coltello che incideva leggera la pelle morbida del collo, un rivolo di sangue che iniziava a scorrere lungo il collo candido- “E tu sangue sporco stai buona, o vedrai il tuo bel biondino fatto a pezzi, molto, molto lentamente”.

“Cazzo, ma da quant’è che non ti lavi i denti?” - aveva risposto Draco senza muovere un muscolo, solo i grandi occhi grigi che le intimavano di non muoversi.

Hermione aveva serrato la mascella, cercando di pensare velocemente nonostante il pulsare incessante e doloroso del suo cervello. Si tocco la tempia. Le dita vennero via rosse del suo stesso sangue.

“Suvvia, Draco più garbato. In fondo Rabastan, è pur sempre tuo zio, anche se acquisito” -

Una voce strascicata e nota.

Lo sguardo di Hermione si spostò sulla porta, mentre gli occhi di Draco si allargavano per la sorpresa.

Rabastan emise un suono sordo, una risata folle senza alcuna gioia.

“Malfoy, anche tu qui. Bene allora potrai assistere in diretta mentre sventro il tuo prezioso bambino. Forse così riuscirò a ripulirlo da quello schifo” - aveva sibilato Rabastan tirando i capelli di Draco in modo da fargli esporre il collo e lanciando un’occhiata disgustata ad Hermione.

“Comunque avete un cazzo di problema con i coltelli, è il caso che lo sappiate. E poi non credo proprio che gliene freghi niente, scusa Rabastan, hai scelto la persona sbagliata da minacciare” - aveva sputato Draco, lo sguardo fisso su suo padre.

Lucius al contrario sembrava assolutamente calmo, appoggiato appena allo stipite della porta, le braccia incrociate sul petto. Pareva avere tutto il tempo del mondo.

“Da quand’è che non prendi le tue medicine Rab? E per medicine intendo le pozioni calmanti che tuo fratello ti ha sempre messo nei cibi. “- aveva chiesto pigramente.

“Stronzate Malfoy. Io sto benissimo. E Rodolphus non mi farebbe mai una cosa del genere”

Lucius aveva alzato appena un sopracciglio chiarissimo mentre le labbra gli si stendevano in un ghigno.

“Oh andiamo, non puoi essere davvero così stupido. Lo sapevano tutti a Serpeverde. Io stesso a volte ho aiutato tuo fratello a prepararle. Sai. Rod non è mai stato una cima in pozioni” - il tono piatto come se stesse discorrendo del tempo.

Rabastan per un attimo resto in silenzio, l’unico suono che proveniva da lui era un ringhio sordo.

“E comunque io mio figlio l’ho cresciuto bene. È uno di noi. Guardagli il braccio” - aveva detto infine, senza staccare gli occhi grigi metallici da Lestrange.

Rabastan parve confuso per un attimo, poi con estrema lentezza tirò su di malagrazia il maglione di Sirius. Merlino, sembravano passati giorni da era entrato senza permesso nelle stanze private del grifondoro e si era preso un cambio, commentando che almeno una cosa di sana gli era rimasta a quel cane rognoso. Il mago sembrò rimanere affascinato dal disegno del marchio nero, un sorriso sadico che gli appariva sul volto,

Lo sguardo che scambiò con Draco durò solo un attimo. Il serpeverde d’improvviso spostò il peso da un piede all’altro, approfittando del momento di disattenzione di Lestrange, rifilandogli una gomitata al collo. Rabastan si chinò per prendere fiato e il ragazzo e ne approfittò per prendere la sua bacchetta e lasciargliela.

Hermione l'afferrò al volo, lanciando l’albafiamma contro Lestrange.

Ma la maledizione durò solo pochi minuti.

Avada Kedavra

Un lampo verde e il mago si era accasciato al suolo come un pupazzo,

“Non mi è mai stato simpatico.” - si era limitato a commentare Lucius, la bacchetta ancora in mano, tirando a sé Draco con l’altra - “Signorina Granger, sta bene?”

Hermione annuì, ancora senza parole. E ancora le dava del lei, quel dannato psicopatico.

“Ottima maledizione, comunque. Devo dire di aver sottovalutato la sua propensione alle arti oscure. E ora, razza di sciocchi ragazzini incoscienti, è ora di tornare a casa” - aveva sibilato

“Neanche per sogno. Dobbiamo prima trovare i genitori di Hermione” - aveva risposto Draco scrollandosi di dosso la mano del padre.

“Io non me ne vado senza i miei” - aveva continuato lei, avvicinando per stringergli la mano- “Vivi”

Lucius sbuffò, aprendo la porta e togliendo la bacchetta di Draco dalle dita contratte di Rabastan prima di darle al figlio

“Siete due idioti” - si limitò a commentare.

Hermione sorrise dentro di sé, non dimenticando di dare un calcio alla faccia di Lestrange passandogli vicino.

Se era arrivato lui c’erano anche gli altri.

E ora le urla erano ben udibili.

Avevano trovato Bellatrix e Rodolphus.

Ora lei doveva trovare i suoi.






 

 

“Facciamo così piccolo Potter. Adesso i tuoi amici rimangono qui” - disse tamburellando con le mani sulla bacchetta, mentre Rodolphus ghignando pietrificava Pansy e Ron. E io ti darò trenta secondi di vantaggio. Dopodiché inizierò a cercarti e quando ti troverò…. beh non sarà piacevole. Ma ora iniziamo. Uno...”

“Piantala di fare la pazza. Risolviamocela qui e ora” -aveva ringhiato lui di rimando. Ma Ginny gli aveva stretto la mano trascinandolo via correndo.

“Due…tre…La tua amichetta è più sveglia di te. Tipico. Dieci…undici…”

“Sarà un piacere ammazzarvi entrambi. Un’altra Weasley. Potremmo iniziare una nuova collezione, in effetti…” -la voce di Rodolphus sembrava ancora rauca, non abituata ad uscire fuori dalla gabbia toracica. - “Ma dobbiamo ricordarci di lasciare qualcosa per Rabastan, lo sai che come è fatto.”

“Ventuno…ventidue. beh da qualche parte deve esserci anche quella sanguesporco. sono sicura che troverà il modo di divertirsi. Ventotto …Ventinove… Trenta. Sto venendo a prenderti piccolo Potter!”

Le voci dei due erano ancora ben udibile, grazie all’eco delle stanze vuote.

“Harry io vado a cercare Fred e George. Loro sanno come creare delle false tracce, li faremo girare intorno. Portiamoli nel salone del piano terra. Da lì possiamo attaccarli da più lati.” - aveva detto Ginny ancora il fiatone, dietro una colonna- “Non sanno che puoi trasformarti in animagus. Tu cerca Draco ed Hermione.” 

Harry annuì porgendole il mantello dell’invisibilità.

“Non voglio storie Ginny. Mettiti questo. E trova i gemelli. Io intanto farò un po’ di casino. Mi faccio rincorrere un po’ e poi li semino. “- aveva risposto prima di darle un bacio fugace.

Se proprio doveva tirare le cuoia per mano dei Lestrange, almeno voleva farlo con il sapore di Ginny in bocca.

“Non ti azzardare a morire Harry, Potter, non ho ancora finito con te”. - gli aveva detto con voce ferma stringendogli appena il mento. Poi era svanita sotto il mantello dell’invisibilità.

I passi dei mangiamorte si fecero più vicini. Era il momento di iniziare a giocare.

Prima di tutto un po’ di caos.

Avis

E mentre uno stormo di corvi attaccavano i due mangiamorte, dannatamente ironico viste le casate dei due folli, Harry uscì dal suo nascondiglio.

Lo schiantassimo lasciato dai Lestrange lo mancò di poco ma lui si infilò nel primo corridoio libero, facendo crollare una parte del muro dietro di sé.

“Dov’è la ragazza?” - aveva urlato Rodolphus che sembrava rinvigorito da quella caccia.

“Chi se ne frega della ragazza. Io voglio Potter. E lo voglio morto”

Sentì le macerie schizzargli accanto, lanciate in tutte le direzioni della bombarda di Bellatrix.

Rallentò appena un attimo perché non lo perdessero di vista, prima di scartare a sinistra, i mobili che volavano dietro di lui per rallentare quei due.

Sentì il legno esplodere alle sue spalle, le voci concitate di Rodolphus e Bellatrix che lanciavano incantesimi. Si chinò appena in tempo e lo schiantesimo che avrebbe dovuto colpirlo si abbatté su un busto di metallo di Salazar Serpeverde, disintegrandolo.

Beh non era davvero una gran perdita.

Scartò veloce per le scale, in un punto in cui la sala si apriva anche su un altro corridoio. Avrebbero dovuto dividersi. E sarebbe stato più facile attaccarli.

Era il momento di tramutarsi in animagus. Sarebbe stato più veloce e avrebbe potuto contare sul fattore sorpresa.

Appena assunta la sua forma canina annusò l’aria. Si, Hermione era vicina. Sentiva anche Draco… ma c’era anche un altro odore che non conosceva. Si fermò un attimo. In realtà la stanza era satura di odori.

E non solo umani.

Se avesse avuto la sua forma solita avrebbe sorriso. Invece si fermò ad ululare.

Era certo che Sirius, anche se ancora non sapeva nulla della sua nuova abilità, avrebbe capito.

E infatti sentì un lungo e profondo ringhio risuonò per tutte le stanze, un rumore che avrebbe raggelato chiunque ma che era pura musica per le sue orecchie, canine o non.

Balzò veloce in cima alle scale, iniziando a correre per il lungo corridoio lasciandosi guidare dall’odore.

E poi inchiodò. Ecco di chi era quel dannato odore estraneo.

“Signor Potter, presumo” - aveva mormorato con voce annoiata quello stronzo di Lucius Malfoy.

Lui aveva ringhiato prima di trasformarsi nuovamente in umano. Lo ignorò rivolgendosi direttamente ad Hermione che gli stava riparando gli occhiali- “Ron e Pansy sono pietrificati al piano di sotto. Ginny è andata a cercare i gemelli. Deve esserci almeno anche Rabastan da qualche parte…”

“Non più. Ma dal ringhio direi che Sirius è arrivato” - rispose la grifondoro sporgendosi appena dalla balaustra, cercando di non farsi vedere- “Notizie dei miei?”

Harry scosse la testa- “No ma dobbiamo portare i Lestrange nel salone delle colonne. Da lì li attaccheremo e poi andremo a cercare i tuoi.”

“Nel frattempo potrebbero essere morti, Sfregiato” - si era intromesso il dannato furetto 

“Grazie, sei di grande aiuto eh. Se non te ne sei accorto tua zia vuole farci a fettine. Hai un’idea migliore?” - gli aveva ringhiato contro.

“SI, andiamo a reinnervare Pansy e Lenticchia. Poi troviamo i genitori di Hermione e ce ne andiamo da questo incubo. “- aveva risposto serafico

“Non è possibile, Draco. L’ingresso si è chiuso. Troppi estranei. È una misura di sicurezza. Nessuno può uscire a meno che Rodolphus o Bellatrix lo permettano. “- si era intromesso il padre tirandolo via dal corridoio dove quella testa platinata si sarebbe vista anche a chilometri di distanza- “Ma su una parte hai ragione. Scendete dalla scala dall’altro lato, prendete Weasley e Pansy e andate nel piano sotterraneo. C’è una porta di legno con un oroboro inciso sopra. I Granger molto probabilmente sono li. O almeno ci sarà qualche indizio”

Aveva ignorato gli sguardi perplessi ed accusatori dei tre ragazzini davanti a lui iniziando a scendere le scale come se avesse tutto il tempo del mondo.

“Un oroboro? Quel coso che ti sei tatuato? Curioso...” - aveva chiesto Harry rivolto a Draco che gli stava facendo cenno di tacere.

Gli occhi dell’uomo si erano fatti una fessura sottile:” Tatuaggio, Draco? Oh quando lo dirò a tua madre ti staccherà la testa. “- aveva sibilato verso il figlio

“Grazie, eh Potter.” - aveva borbottato il biondo guardandolo con astio.

Harry aveva scosso le spalle in segno di scusa. Poi insieme ad Hermione si era girato a guardare l’uomo scendere le scale.

“E rimanete li. Sul serio”.

Poco dopo era nella stanza al piano di sotto, infilandosi dentro ad un corridoio.

“Bellatrix! Rodolphus! Oh andiamo non venite a salutare il vostro cognato preferito?”




 

 

I Weasley erano scesi a cercare i Granger insieme a Severus, mentre Sirius e Remus si erano fiondati alla ricerca dei ragazzi.

Dietro erano rimaste lei, Narcissa e Nymphadora.

L’aveva pregata di restare a casa, ad attendere il ritorno degli altri. Ma a malapena era riuscita a convincere Ted che c’era bisogno di qualcuno che coordinasse gli Auror dopo che fossero tornati dal controllo di Azkaban e che soprattutto fosse in grado di riportare quello che aveva detto Kreatcher.

Ma l’aveva avvertita. Se l’avesse riconosciuta sarebbe stato il primo bersaglio di Bellatrix. E non doveva credere neanche per un attimo che avrebbe avuto pietà perché era sua nipote. Bellatrix era pazza e non le aveva mai perdonato il suo tradimento. Uccidere sua figlia sarebbe stata solo catartico nella sua mente deformata dalla follia.

Lei però non si era scomposta.

“Sono un Auror mamma. Ho letto il processo ai Lestrange. E credo di avere un conto in sospeso con quei due. Hanno ucciso loro i nonni, no?” - le aveva risposto mentre i suoi capelli perdevano la sfumatura rosa per ritornare al suo castano naturale.

“Assomigli molto a tua madre alla tua età. Beh più o meno, visto che l’ultima volta che l’ho vista aveva diciotto anni” - aveva sorriso tesa Narcissa, avanzando piano nella sala deserta.

“Non mi sembra il momento. Ti ricordo che quella folle di tua sorella è scappata da Azkaban e ha rapito due babbani. Oltre al fatto che probabilmente sarà fuori di testa perché le abbiamo toccato la luce dei suoi occhi” - aveva sospirato rivolgendosi verso sua sorella minore.

“Ha sempre avuto pessimi gusti in fatto di uomini, in effetti.” - aveva risposto la bionda. 

“Senti chi parla. Eppure per tre anni eri stata così brava ad insultare Lucius. E poi ti sei fatta fregare come una stupida” -Andromeda aveva represso una risata guardando lo sguardo orripilato di sua figlia. Decisamente il senso dell’umorismo non l’aveva ripreso da lei.

“Se non ricordo male era amico tuo. E comunque Lucius ha ragione, Ted ha messo su la pancia”

“Siete impossibili. E dei gran cafoni” - si era limitata a commentare lanciando un incantesimo rivelante per vedere se c’era qualche maledizione nascosta.

“La verità fa male, sorella”

“Scusate, questo è un momento drammatico e voi state qui a commentare i fidanzati? Quella è considerata una dei mangiamorte più pericolosi e potenti della storia. E vuole farci a pezzi” - aveva risposto sgranando gli occhi.

Andromeda e Narcissa si scambiarono un sorriso. 

“Beh Bella è sempre stata una che ama primeggiare” - aveva commentato mentre tendeva le orecchie. SI stavano avvicinando. Poteva sentire la voce di Lucius. Bene li stava distraendo. Almeno una cosa buona l’aveva quella sua parlantina. Era capace di blaterare del nulla per ore, lo sapeva bene.

“Tu nasconditi. Per il momento noi cerchiamo di prendere tempo” - prese la ragazza per le spalle, fissandola in quegli occhi cosi simili ai suoi.

Vide l’incertezza, la voglia di combattere, l’impeto che non sapeva frenare. Ma per una volta riuscì a domarlo.

“TI prego, trova mio figlio e mettilo al sicuro. E anche la Granger, non sia mai che sul serio stia portando in grembo mio nipote” - aveva mormorato Narcissa, sistemandosi il vestito davanti allo specchio.

“Pensa che bello sentirsi chiamare nonna” - la prese in giro senza troppa convinzione. C’era qualcosa che non le tornava. Non credeva che quel test fosse davvero di Hermione o di Pansy.

Narcissa le rispose con una smorfia.

“Pronta?” - le chiese mettendo una mano sulla maniglia della porta laccata davanti a lei.

Andromeda annui appena mentre le ante si spalancavano.

Nella stanza Bellatrix e Rodolphus li guardarono straniti, la bacchetta ancora puntata alla gola di Lucius.

“Ecco, ora che la famiglia è al completo possiamo dire che sia sul serio Natale” - aveva commentato come se stesse prendendo il tè.

Gli occhi di sua sorella passarono prima su Narcissa e poi si bloccarono su di lei.

“Traditrice…” - le disse a mo’ di saluto

“Pazza assassina” - le rispose lei, le mani ancora incrociate, sulla bacchetta, fingendo un atteggiamento rilassato.

“Hai tu la mia bacchetta vero?” - aveva sibilato con disappunto mostrando il suo sostituto.

Andromeda si era limitata a scrollare le spalle.

Poi l’attenzione si era spostata su Narcissa.

“Cissy come hai potuto? La mia piccola, dolce Cissy” - disse come se fosse incapace di realizzare il significato delle parole. Poi si era voltata verso Lucius con astio- “E tu… dopo tutto quello che Il Signore Oscuro ha fatto per te. gli ti sei rivoltato contro.”

L’uomo parve per un attimo perdere la calma- “Ha quasi ucciso mio figlio, razza di imbecille.”

“Era un grande onore!” - sputò Bellatrix con rabbia

“Ma sta zitta, Bella.” - era sbottata Narcissa

Poi c’era stato un plop.

E un elfo che aveva un’aria famigliare apparve nella stanza, puntando un pugnale contro la giugulare di Draco.

“Siete fissati con queste cazzo di lame, però. È la seconda volta oggi. Ma non avete altro?” - aveva sbuffato di rimando.

Gli occhi di Narcissa lampeggiavano furiosi.

“Locke, stupido essere. Lascia andare subito mio figlio o giuro su Salazar Serpeverde che metterò il tuo dannato cadavere all’ingresso di casa” - aveva ringhiato Lucius cercando di divincolarsi dalla stretta di Rodolphus, che per risposta accentuò la pressione della bacchetta.

“Locke non prende ordini da chi ha tradito il Signore Oscuro. Padron Abraxas l’aveva detto…” - sputò l’elfo

“Ed ora è morto. In maniera molto dolorosa se vuoi saperlo. Quindi, te lo ripeterò solo un’altra volta. Lascialo. Ed eviterò di darti fuoco mentre sei ancora vivo”

Ma l’elfo lo guardava con lo stesso sguardo folle dei Lestrange- “Il padrone ha detto che se non fosse tornato per qualche motivo avrei dovuto servire Mrs. Cassandra”

“E quella puttana è morta. Sta diventando una storia monotona” - aveva risposto Andromeda guardando con preoccupazione sua sorella che sembrava perdere il suo autocontrollo. E in quel momento ne avevano bisogno più che mai.

Locke la guardò con odio- “Ed è sempre colpa di questo traditore. Che addirittura ha insozzato il nome dei Malfoy e dei Black andando a mischiarsi con una sanguesporco” - sputò in terra con disgusto-” Ma il Padrone l’aveva detto. Che orrore. Che vergogna. Ma Locke ha promesso che ci avrebbe pensato lui. Prima il traditore. Poi i sanguesporco. È andato persino a casa loro. Locke sente l’odore addosso.”

“Sei proprio stupido. E se tu non ti lavi non è colpa mia. ” - si era limitato a commentare Draco con un ghigno- “Merlino non so come farà la Granger a continuare a portare avanti la sua campagna a favore degli elfi domestici dopo che le hai rapito i genitori. Ma tanto non preoccuparti, tu sarai morto. Vero?”

E in quel momento tutte le vetrate erano esplose, mentre attorno a loro volavano schiantesimi.

Due grossi cani erano entrati, approfittando del caos, uno si era diretto sull’elfo, mordendogli il braccio e facendo cadere il coltello, che era finito ai piedi di Bellatrix. L’altro, il più grosso, era saltato alla gola di Rodolphus, atterrandolo.

Dall’ombra erano poi usciti Ron, Pansy e Ginny, mentre Hermione si liberava del mantello dell’invisibilità, pietrificando Rodolphus.

Anche Remus era arrivato a copertura, tenendo Bellatrix sotto tiro.

Senza dire una parola, tra le urla dell’uomo e il ringhiare delle bestie, aveva visto Narcissa avvicinarsi a suo marito e stringergli appena la mano.

Poi senza staccare lo sguardo aveva tirato fuori la bacchetta.

“Addio Rodolphus.”                                                                                                  

Avada Kedavra

Il corpo ebbe un sussulto.

Poi rimase immobile, mentre l’aria si riempiva del ringhio di Sirius.

 

“Finalmente ti mostri al mondo per quello che sei Narcissa”.

Si girò di colpo, la bacchetta in mano a coprire la sorella.

Selwyn era lì, lo sguardo deformato dall’odio. 

“Credo che sia ora, Bellatrix. È ora di chiamarli”

Chiamare chi? Altri mangiamorte?

Ma sua sorella era immobile, che fissava senza emozione il cadavere del marito.

Poi però era esplosa in una risata.

“Merlino Cissy, e pensare che te l’ho insegnata io” - disse incapace di frenare quell’ilarità

“Bella è finita. Andiamo. Lascia andare i Granger”

Bellatrix si era fermata, guardando la sorella più piccola con i grandi occhi che per un attimo le ricordarono la ragazza che era stata. 

“Oh Cissy, ma è Natale no? E allora vediamo cosa ne pensano i nostri ospiti”

Ospiti?

Strinse la bacchetta, lanciando uno schiantesimo verso Selwyn appena sentì il rumore dei campanacci.

E poi prima di vedere le loro figure deformi ne sentì l’odore di carne putrefatta.

Krampus.

E dal rumore erano a decine.


 

 

Il resto era avvenuto come in un sogno, o meglio un incubo. Demoni cornuti e dal volto mostruoso che arrivano sciamando, buttando giù le porte, lasciando segni sui muri con le unghie affilate.

Per un attimo a Ron era sembrato di trovarsi di nuovo nel bosco di Hogsmeade. Asticelli zannuti, demoni natalizi dai grandi artigli. Più o meno la stessa cosa.

Però almeno in quel momento non erano soli.

Harry e Sirius avevano ripreso la loro forma umana, e uno di fianco all’altro lanciavano incantesimi respingenti. Ma per ogni Krampus che cadeva in una pozza di sangue nera, sembrava emergerne un altro.

“Qui ci vogliono le maniere forti” - aveva mormorato Pansy accanto a lui, schiantando un paio di esseri che aveva cercato di falciargli una gamba- “E sta’ attento per Merlino”.

Progressivamente Ginny, Draco ed Hermione si erano avvicinati a loro due, mettendosi schiena contro schiena. Con la coda dell’occhio aveva visto salire anche Fred e George che subito si erano buttati nella mischia a copertura di Sirius e Harry. 

Tonks e Remus erano usciti fuori insieme a Lucius, cercando di fermare l’orda che si riversava da chissà dove in quel luogo dimenticato da Merlino. Narcissa stava combattendo con Selwyn mentre Andromeda e Bellatrix continuavano a rincorrersi per tutta la casa, lanciandosi addosso maledizioni e distruggendo tutto ciò che si frapponeva tra di loro.

“Ha ragione Pansy. Dobbiamo lanciare qualcosa di devastante. Ma prima dobbiamo uscire di qui” - aveva detto Hermione parando l’ennesimo attacco. - “Devo andare a trovare i miei e portarli fuori di qui. Voi copriteci”

Ron e Pansy annuirono 

“TI prego, trova anche i miei” - le disse appena, schiantandone un paio di Kampos che rimbalzarono contro il muro della stanza, mentre Draco ed Hermione si staccavano dal gruppo e correvano verso i sotterranei, pietrificando esseri e lanciando bombarde.

Pansy si era messa davanti a lui, per coprire meglio la fuga.

Non sapeva quanto tempo era passato. Potevano essere dieci minuti come un’ora. 

Parare, attaccare, chinarsi, schiantare.

E poi improvvisamente, in quel mare di corna e facce deformate aveva visto una bacchetta puntata contro di lei, la mano dritta e lo sguardo folle.

Vide le labbra emettere il suono prima ancora della luce verde.

Ma non accadde niente.

Gli occhi di Bellatrix si allargarono di sorpresa, le braccia per un momento si agitarono scomposte prima di stringersi al petto come se il dolore fosse insopportabile.

Infine crollò in terra con un tonfo.

Il maniero iniziò a tremare, mentre i Krampus diventarono sempre meno evanescenti.

E dietro di lei, sua madre si era rimessa la bacchetta in tasca

“Non toccare i miei bambini razza di stronza” - aveva sibilato, mentre l’intonaco cominciava a crollare dal soffitto.

Lui era imbambolato. Sua madre aveva appena ucciso Bellatrix Black.

Una delle streghe più pericolose di tutti i tempi.

E aveva il suo cardigan a fiori e i capelli scompigliati come sempre.

La mano andò istintivamente a quella di Pansy, ancora sotto shock.

E poi iniziò a correre fuori. Seguiti da Ginny e dai gemelli.

Quando uscirono sul terreno, trovarono Hermione che teneva stretti i suoi genitori, visibilmente provati e con segni evidente di tortura ma vivi. C’era del sangue sui suoi vestiti ma non sembrava provenire dai suoi. Chissà cosa era successo in quei sotterranei.

Appena li vide, Arthur strinse i figli quasi soffocandoli. Ron lo lasciò fare, rilassandosi nell’abbraccio e assaporando quella sensazione famigliare di protezione. Per un terribile attimo aveva creduto di non vederlo mai più e il mondo attorno a lui era sembrato sbriciolarsi.

Poi i vetri della casa esplosero, mentre il comignolo di pietra venne sbalzato in terra. Dalla porta vide con sollievo uscire di corsa anche sua madre.

I gemelli le corsero addosso prendendola sulle spalle portandola in trionfo, Ron si limitò a guardarla ammirato.

“Grazie Molly” - disse Hermione senza staccarsi da sua madre.

Ron le rivolse un sorriso di approvazione: “Ben fatto, ma’. Si può sapere che maledizione hai usato?”

Molly però l’aveva ignorato intimando ai gemelli di metterla giù e di smetterla di fare gli stupidi. Poi unendosi alla sua famiglia si era girata a guardare Malfoy.

Il serpeverde infatti sembrava pietrificato, uno sguardo di puro terrore rivolto verso la casa che crollava pezzo dopo pezzo.

Andromeda e sua madre erano ancora dentro.

Un’esplosione al piano superiore fece franare il lato est, ormai sciolto l’incantesimo di copertura il castello si stava disfacendo pezzo dopo pezzo sotto i loro occhi

Fece per rientrare di corsa ma fu bloccato da suo padre che lo riprese per il maglione e lo buttò in terra, poi si rivolse a Tonks.

“Io vado a prendere quelle due. Tu non farlo neanche avvicinare. Non mi importa come fai”. E con un plop sparì all’interno.

Draco si rialzò tenendosi la gamba che aveva sbattuto malamente, ma Harry gli si parò davanti.

“No” - disse appena mettendogli le mani sulle spalle.

Sirius gli si fece accanto, mentre Tonks lo prendeva da dietro.

“Voi non le conoscete. Non si faranno niente, tranquilli” - disse abbracciando la ragazza e dandole un bacio sulla nuca.

E proprio mentre le mura iniziavano a ripiegarsi su sé stesse tre figure si erano materializzate fuori.

Narcissa, gli occhi vacui, era stretta tra il marito e la sorella, ma non sembrava presente.

Lucius e Andromeda si erano scambiati uno sguardo. Poi si era rivolto a Draco:

“Porta a casa Pansy e tua madre. E stai con lei fino a quando non torno, chiaro?”.

Piton si era avvicinato e con una delicatezza che non gli aveva mai visto aveva preso il volto della donna tra le mani: “Ci pensiamo noi a tirare fuori Bellatrix, stai tranquilla”

A Ron però non era sfuggito lo sguardo di puro odio di Hermione dietro di lui a quell’uscita. Eppure Malfoy non sembrava essere reso conto.

Si era girato appena a guardare la grifondoro, per assicurarsi che stava bene, mormorando un “ci sentiamo dopo.”, prima di smaterializzarsi insieme alla madre

Aveva fatto la sua scelta.

E probabilmente era quella sbagliata.




   

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Capitolo 43
*** Capitolo 43° ***


* TRIGGER WARNING: riferimenti a tentativi di suicidio*

E Lucius è un filo zuccheroso

 


 


Erano quasi le luce dell’alba e suo padre non si era ancora visto

Aveva aspettato che sua madre crollasse sotto gli influssi delle pozioni, poi aveva chiesto Cockey di guardarla mentre lui non c’era. Diede un’ultima occhiata a Pansy, anche lei sembrava profondamente addormentata ma sapeva bene che stava solo fingendo.

Solo che lui, in quel momento, non poteva occuparsi di loro.

La sua priorità era un’altra.

La Granger. Ora che però la quiete era scesa sul maniero non poteva perdere più tempo.

Lanciò una manciata di polvere nel camino. Grimmauld place.

Non si erano sbagliato.

 

I Granger erano li. E non erano soli.

Voci. Tante voci.

Potter, Sirius, praticamente tutti i Weasley, Lupin.

Ma non quella della sua natababbana.

Entrò nel salone. Erano tutti lì, a brindare e a darsi grandi pacche sulle spalle.

Dlin Dlon La strega è morta. Aveva detto Weasley senior. Chissà perché ma era sicuro che fosse qualche riferimento babbano.

E giù grasse risate.

Peccato che quella strega fosse la sorella di sua madre. E a proposito di quello… qualcuno doveva andare a Villa Black per avvertire quelle due mummie che stravedevano per la figlia maggiore.

Il rumore cessò di colpa appena la videro. Neanche il suo miglior Silencio avrebbe avuto quell’effetto.

Sentì il rumore metallico dell’argento delle posate cesellate che ricadevano sul tavolo.

“Tu... come osi”

Conosceva quella voce.

Una voce che aveva ignorato per cinque anni.

A guardarlo bene quel bambinetto grassoccio e pasticcione sembrava un ricordo.

Forse era merito di Potter.

O solo della rabbia che gli usciva dagli occhi.

Si, in quel momento somigliava decisamente a suo padre.

“Longbottom” disse muovendo appena le labbra.







 

 

Non avrebbe dovuto essere li. Non in quel momento, non con Andromeda e Tonks che ancora non erano tornate. 

E soprattutto non ora che c’era Neville. Mentre lei tornava a Grimmauld place Sirius e Remus erano andati da Augusta Longbottom per darle la notizia. Li capiva in fondo, soprattutto dopo aver visto Frank e Alice nel pieno della loro giovinezza. 

Harry le aveva raccontato che Augusta, che dai racconti del nipote sembrava una donna quasi glaciale, era scoppiata in lacrime prima di correre al San Mungo mentre Neville aveva iniziato ad urlare selvaggiamente. Per quello avevano deciso di portarlo con loro. Per tenerlo d’occhio. E anche un po’ per festeggiare insieme.

In fondo avevano eliminato tre dei più famosi e crudeli sostenitori di Voldemort. E Selwyn, un altro che se l’era cavata durante la prima guerra magica.

Si girò verso i suoi genitori. Molly e Arthur avevano medicato tutte le ferite, le abrasioni e i lividi. A vederli sembrava che non fosse successo niente. Ma sapeva bene che quelle ore non avrebbero potuto mai essere cancellate dalla loro memoria.

Per un attimo aveva anche pensato di usare il confundus ma Ginny l’aveva fermata. In fondo era giusto che sapessero di poter essere in pericolo, non poteva farli vivere in un’eterna spensieratezza.

Tonks le aveva detto che il giorno successivo sarebbe venuta per mettere nuovi incantesimi di sicurezza ma sapeva che non sarebbe mai più stata tranquilla. Ci sarebbe stato sempre il pensiero strisciante che qualcuno potesse di nuovo violare la sua casa.

Per punire lei.

Una natababbana che osava entrare nel mondo dei maghi.

L’amica di Harry Potter che aveva cospirato per la caduta del Signore Oscuro.

Guardò Draco fermo sullo stipite. Sembrava assolutamente calmo. Ma poteva ingannare tutti. Non lei. Vedeva le ombre in fondo ai suoi occhi, quando Neville gli si era fatto sotto prendendolo per il bavero.

Non aveva mosso un muscolo. Né fatto una battuta velenosa

Deglutì. Avrebbe voluto dire qualcosa. Ma aveva un macigno sul cuore.

Non poteva scordare che lui si era precipitato con lei per cercare di salvare i suoi.

Ma c’era un’altra verità. Infantile e crudele.

Era colpa sua. Locke l’aveva detto. Lo avevano seguito, li avevano visti insieme. Quella sera passata a casa sua, era stata quella a condannarli.

Ed era stata sua zia ad ordinare il rapimento, la stessa per la cui morte sua madre sembrava sconvolta. Madre che si era affrettato a portare via, sia mai che qualcuno potesse accusarla.

Si era chiesta spesso chi avrebbe scelto nel caso fosse costretto.

Aveva voluto credere che sarebbe stata lei.

Quando l’aveva seguita senza esitare ci aveva creduto.

E poi di nuovo quel dubbio che la trafiggeva.

Forse era solo stanca. 

Sfinita per dover lottare ogni giorno. Prima da babbana troppo strana e poi da maga troppo intelligente per non essere almeno mezzosangue.

Sanguesporco

Ce l’aveva chiamata anche lui. 

Nemici dell’erede tremate

Per me, spero che la prima sia la Granger

Se le ricordava quelle parole. Gliele avevano riportate ma poteva sentire la sua voce nella testa, il modo in cui le labbra si piegavano in un ghigno di disprezzo mentre pronunciava il suo nome.

Era vero, le aveva chiesto scusa mille volte, spiegato che l’aveva fatto per mantenere la sua maschera. Ma nel buio aveva fatto di tutto perché lei sapesse, perché si salvasse.

“Neville, basta. Non è colpa di Draco se ha dei parenti terribili. Fatta salva Andromeda, ovviamente. E anche lei ogni tanto ha i suoi momenti no.” - la voce vellutata di Sirius si era fatta facilmente strada nel silenzio, quasi ipnotica.

Lentamente le mani del grifondoro si erano levate dal suo collo ma Draco non appariva affatto sollevato, anzi. Sembrava avesse sperato che gli tirasse un pugno almeno. Per un attimo pensò che avrebbe detto ad alta voce quello che gli leggeva negli occhi.

Mi dispiace.

Invece, ovviamente restò zitto.

Dannato testardo.

“Guarda che lo sapevi quanto te lo sei preso” - le aveva mormorato Ginny in un orecchio- “Oh andiamo, non puoi lasciarlo così. Sembra un cucciolo di foca bianca sull’ultimo pezzetto di ghiaccio alla deriva “

Ma quella dove l’aveva sentita? 

“Libri babbani di papà... a volte avete dei gusti per Merlino…alcuni erano proprio angoscianti” - rispose noncurante prendendo l’ultimo zuccotto sotto il naso di Ron e ficcandoselo in bocca mentre il fratello fissava un punto imprecisato della sala.

“Ehm … Malfoy” - lo sentì dire titubante, tamburellando nervoso sulla tovaglia mentre Ginny alzava gli occhi al cielo teatralmente. 

Draco non rispose subito, continuando a non staccarle gli occhi di dosso. Poi quasi facendosi violenza portò la sua attenzione sul più giovane dei Weasley.

“Pansy sta bene. Beh più o meno. L’ho lasciata che faceva finta di dormire ma ho detto a Cockey di controllarla ogni tanto. E di toglierle gli alcolici. Sai non l’ha presa bene che sua madre l’ha praticamente venduta. E non è neanche la prima volta, quindi…”

Video Ron abbassare il capo, quasi non avesse voluto sentire.

“Ma le dirò che hai chiesto di lei. Puoi venirla a trovare se vuoi…oppure” -continuò Draco incerto, quasi le parole non riuscissero a rotolare bene sulla lunga.

“Oppure potreste venire entrambi a pranzo domani. A Sirius non dispiacerà, vero Sirius? E domani preparo il mio stufato speciale. C’è da festeggiare. Povera creatura, deve essere spaventata. Anche se, Merlino mi assista, se scopro che è vero quello che ha insinuato Kreatcher…” - Molly come al solito incapace di stare ferma usciva dalla cucina con teglie di cibo profumato e succoso che fluttuavano intorno a lei, senza dimenticare di tendere un orecchio a quello che stava accadendo- “Ma non è questo il momento di preoccuparsene.  E anche tu devi essere affamato. Vieni, caro, siediti”

Gli occhi di Draco si allargarono talmente tanto che non poté impedirsi di sorridere. Aveva ragione Ginny. Sembrava sul serio una foca, con quegli occhioni sgranati.

Sua madre accanto a lei le accarezzò una spalla, i muscoli talmente contratti da farle male.

“Si, Draco, sarebbe davvero un piacere passare altro tempo con te. E a proposito, sei stato l’unico che non abbiamo avuto modo di ringraziare” - disse poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Hermione per poco non soffocò con il succo di zucca che stava bevendo per calmarsi.

Draco sospirò, appoggiandosi alla parete, quasi a cercarne protezione.

“Signora Granger, lo sa che quelli erano i miei zii, vero? E l’elfo… prima era a servizio da mio nonno” - disse infine, sputando fuori le parole come se fossero dolose,

Ancora una volta sua madre la stupì

“Si, quell’elfo ce l’ha ripetuto più volte. Un filo irritante, a dire il vero. A proposito, Herm, tesoro mio, spero sul serio che quell’elfo sia un’eccezione, oppure non capisco davvero il senso di tutto il tuo attivismo” - disse con sorriso sincero mentre continuava ad accarezzarle piano la nuca. Sotto quel tocco la paura sembrava finalmente sciogliersi-” E ci ha anche detto di tuo nonno. Ne era molto fiero, a dire il vero. Mi dispiace molto per quello che ti è successo, Draco”

“E poi tutti hanno qualche parente folle” - si era intromesso suo padre. - “Vedrai quando conoscerai la nonna di Hermione”

“Per fortuna io ho eliminato il problema suoceri a monte” - gli aveva dato manforte Ted, meditabondo.

Se solo non lo avesse conosciuto ad Hogwarts le sarebbe parso un mago assolutamente nella media. E si sarebbe sbagliata di grosso.

Hermione si era girato a guardare suo padre sconvolta. Stava chiacchierando amabilmente con Arthur Weasley e Ted come se fosse una normalissima cena, Arthur che continuava a fare domande sugli oggetti babbani.

“I tuoi sono solo ad un livello superiore” - aveva sentenziato mentre iniziavano un assurdo discorso sui campanelli delle biciclette.

“E poi io onestamente mi preoccuperei di più del fatto che hai dei cazzo di capelli assurdi. E che ne sei ossessionato. Quello sì che è un problema” - se ne era uscito Harry, seduto tra Sirius e Neville- “Comunque se volete sapere qualche altra storia io ne ho di molto belle. Tipo quanto è stato trasformato in un furetto. O di quando l’ho fatto finire con il culo per terra al club dei duelli. O di quando non ha preso il boccino d’oro perché è uno sciocco vanesio…”

“Harry, piantala! -” - era sbottata infine Hermione, lanciandogli un panino fragrante che il bambino sopravvissuto prese al volo, mordendolo con gusto.

“E’ colpa tua se l’abbiamo raccattato. E ora te lo tieni, bella mia. Io te l’avevo detto che era un viscido serpeverde…” - continuò battendo la bottiglia di birra con Sirius.

“Oh chiudi il becco” - disse alzandosi ed andando verso di lui.

Era arrabbiata, era vero.

Furiosa a dirla tutto.

Ma con Bellatrix e i fottuti mangiamorte.

Tutto un mondo che lui aveva rifiutato.

E si ricordò di tutte le ore passate insieme. Dei sorrisi, dei baci, delle nottate passate a parlare. Di quando si svegliava mentre lui la guardava dormire.

E soprattutto che aveva mantenuto la promessa.

Era rimasto con lei. A combattere.

Gli diede un bacio sulla guancia, mentre lui tremava appena sotto il suo tocco.

Quello stupido sul serio aveva creduto che l’avrebbe mollato.

Buono a sapersi.

“Tu sei un fatto mio, Malfoy. Ricordatelo sempre. Ma basta con i parenti maniaci assassini, ok?” - gli bisbigliò in un orecchio - “E ricordati che ho imparato un sacco di incantesimi nuovi e non proprio politicamente corretti che potrei divertirmi ad usare”.

Draco finalmente sorrise stringendola sé per baciarla, poi lanciò uno sguardo ai suoi E Neville.

“E a proposito di questo… io dovrei tornare al Maniero prima che mio padre sappia che non ho fatto quello che mi ha chiesto. Quindi, visto che non vuoi causare la mia eterna infelicità e posso evitare di buttarmi sotto il nottetempo, dovrei scappare. Ma ci vediamo domani ,vero?” - disse lanciando uno sguardo preoccupato alla grande pendola del salone

“Volesse Merlino che finissi spiaccicato sotto il Nottetempo” - borbottò automaticamente Harry, brindando di nuovo con il suo padrino alla battuta.

“Ti piacerebbe, Sfregiato” - rispose Draco a mo’ di saluto. Poi si fermò un attimo- “Beh visto che prima che succedesse questo casino non è che io e mio padre stessimo proprio conversando amabilmente… se non mi faccio sentire manda zia al Maniero, ok? E reclama il mio corpo, sarebbe carino da parte tua.”

Hermione gli deve un pizzico. Già perché c’era anche quel problema. Appena si fossero calmate le acque doveva fare due chiacchiere con Lucius Malfoy.

Che fosse venuto a salvarli non gliene poteva fregare di meno.

Perché per un grifondoro una promessa è una promessa.

Specie quando è una minaccia non troppo velata.

“E quindi, Ron bello… dicci un po’…Pansy Parkinson? Sul serio” - aveva tubato Fred e George all’unisono dietro di lei, gli occhi che brillavano per l’eccitazione di aver trovato qualcosa di succoso con cui tormentare il fratello minore.








 

 

Non era stato affatto facile trovare Bellatrix sotto tutte quelle macerie. Neanche con la magia. Eppure sapeva che non poteva farlo. Non poteva girare i tacchi e lasciare che se ne occupassero Lucius e Severus. E non solo perché Narcissa non glielo avrebbe mai perdonato.

Ma perché in fondo nonostante tutto quello che aveva fatto

Nonostante fosse diventata un mostro

Nonostante se ne avesse avuto l’opportunità sarebbe stata lei e non Molly ad ucciderla.

Nonostante questo e molto altro, era sempre sua sorella.

Era stata Andromeda a trovarla, sepolta tra le macerie, il corpo che formava angoli scomposti per via del grande pezzo di marmo che le era caduto sulla schiena. Ma il viso era pressoché intatto, quasi che la stessa casa che l’aveva vista padrona volesse tributare un ultimo omaggio.

Sprecato.

Perché ora che la vita aveva abbandonato il corpo di Bellatrix, ora che quel furore si era spento, non sembrava che una copia della donna che era stata. 

Era duro ammetterlo ma era sempre stata speciale, un buco nero che inghiottiva tutto quello che aveva intorno, una strega che avrebbe potuto rigirarsi il mondo attorno ad un dito se lo avesse voluto.

Nel corso degli anni l’aveva vista scivolare via, persa nella sua follia, accecata dalla sua infatuazione. Lei più di tutti, lei che si era portata dietro tanti, travolti dalle stesse bugie che avevano. Erano state quelle a seppellirla, a rinchiuderla in quella prigione che era diventata la sua mente.

O forse come diceva Sirius era colpa dei matrimoni tra consanguinei.

“È stata lei a salvare Draco da bambino” - mormorò Lucius accovacciato accanto a lei più rivolto a sé stesso che ad Andromeda e Severus, 

“Veramente vorrei ricordare che l’ho fatto nascere io” - la risposta di Andromeda era stata più un automatismo che una reale volontà di puntualizzare. Era china in terra, accanto al corpo della sorella, la mano sollevata a pochi centimetri dal volto di Bellatrix, quasi ad aver paura di toccarlo. Quella donna dal viso rovinato, i capelli incolti, le unghie spezzate non aveva niente della sorella che ricordava.

Lucius scosse la testa, tirando fuori la bacchetta e passandola sopra la strega, a togliere i segni più evidenti di quello che era successo. Non poteva far ricrescere le ossa con un incantesimo, ma sistemarle in modo che non fosse una marionetta con i fili spezzati sì.

Chissà cosa gli passava per la testa. Dopo tutto quello che avevano passato insieme. Se non fosse stato per Narcissa sotto le rovine avrebbe potuto benissimo esserci lui, sempre che fosse sopravvissuto ad Azkaban.

“Quello che ha detto alla festa… Che avrebbe dovuto lasciare che Greyback mangiasse Draco… era vero. Se non ci fosse stata lei, io…” - iniziò ma Severus lo interruppe con voce sorda

“Avresti lasciato che Voldemort vedesse quanto ti importava. E sai bene che lui non doveva essere secondo a nessuno. Merlino quante volte te l’ho detto in passato? È un miracolo che non abbia ucciso Narcissa. O forse è stato solo questione di tempo. “

Non aveva difficoltà ad immaginarsi la scena, Voldemort che usava un neonato per terrorizzare il padre. E soprattutto per testarne la fedeltà. Chissà cosa era passato per la testa di sua sorella per avere uno spiraglio di luce in quell’oscurità che ormai la pervadeva. Per una che professava una cieca obbedienza e che si sarebbe strappata il cuore dal petto per il suo Signore Oscuro, quello era un assimilabile ad un tradimento.

Eppure l’aveva fatto.

“Se avesse iniziato ad uccidere i bambini purosangue dei suoi seguaci direi che si sarebbe sputtanato prima del tempo, no?” - commentò senza muovere un muscolo. Non sapeva se fosse vero ma sentiva che dovevano lasciare andare Bellatrix. Lasciarla libera da quel mostro che le aveva risucchiato la vita.

Prima che la bacchetta del mago arrivasse al volto, Andromeda gli bloccò la mano.

“A questo ci penso io. In fondo, anche se non lo ammetteva, anche Bella è sempre stata un po’ vanesia. Come tutte le sorelle Black-” sorrise- “E piantala anche tu, Severus. Non mi pare il momento.”

“Non è mai il momento per te. Allora visto che qui sono di troppo vada ad aiutare tua figlia. Merlino solo sa che ne avrà bisogno... Lucius, scusa puoi venire? Pare che l’incantesimo di protezione una volta che la porta è crollata si è evoluto in uno scudo che copre l’intera aria, ergo serve proprio uno come te per aprire la barriera. E prima o poi gli Auror dovranno pur arrivare” - borbottò prendendo l’ex compagno di casa per un braccio e trascinandolo via.

Già, tra poco sarebbero arrivati gli Auror. E loro sarebbero dovuti sparire. Nymphadora si era data da fare per cancellare tutte le loro tracce ma non poteva continuare a tenerli fuori.

Shackebolt non era uno sciocco, sapeva perfettamente che lei, i Weasley e i Malfoy erano coinvolti. E Malocchio Moody non vedeva l’ora di mettere le mani su un ex mangiamorte.

Un plop accanto a lei.

Dita puntute, occhi globosi e lunghe orecchie puntute dalle quali spuntava un grosso fiocco.

“Cockey è venuta per il cadavere di quel cattivo di Locke. Cockey gliel’aveva detto che non doveva fare male al padroncino ma lui non ascolta. Lui solo una persona ascolta. Quell’elfo è pazzo, Miss Black” - cantilenò non provando neanche a sembrare dispiaciuta.

Ecco come era arrivata. Legame magico degli elfi. Una strana legge per la quale qualcuno dei suoi simili poteva reclamare il corpo ovunque fosse.

Poi l’elfa tolse le mani dietro la schiena mettendole l’oggetto che nascondeva nelle sue mani.

Le dita le si strinsero sull’impugnatura Noce, rigida, cuore di fibra di corda di drago, l'inconfondibile forma ad artiglio. Se lo ricordava bene quando Olivander l’aveva consegnata a Bellatrix, quasi titubante. Le bacchette di noce scelgono solo i maghi più brillanti, aveva detto. Poi però si era fermato. Spero che lei non lo sia troppo, aveva aggiunto poi con voce talmente fioca da farle pensare che avesse avuto le allucinazioni.

Ovviamente Bella non se ne era accorta, continuando a rimirare la sua prima bacchetta con occhi brillanti.

“Il prossimo anno toccherà a te, sono proprio curiosa di vedere cosa tirerà fuori il vecchio” - le aveva detto aprendo la porta senza degnarsi di salutare.

Lei invece si era girata verso Olivander. Il suo sguardo ancora se lo sentiva addosso.

“Stia attenta Signorina Black” - aveva detto infine prima di voltarsi.

Non aveva mai saputo a chi delle due si riferisse.

Dopo la notte del rituale, quando finalmente aveva potuto lasciare il San Mungo era andata ad Hogwarts, si era seduta sulle rive del lago e l’aveva gettata nelle sue acque scure, osservandola sprofondare come fosse fatta di piombo.

Eppure era di nuovo li.

E ora poteva finalmente trovare pace.

Così come sperava la trovasse Bellatrix, nonostante tutto.





 

 

Erano anni che non si sentiva così stanco. E il pensiero di quello che sarebbe accaduto nei giorni seguenti non lo aiutava. Ci sarebbe stato il riconoscimento ufficiale dei corpi. E poi il funerale, con i suoi suoceri che non avrebbero fatto altro che parlare di quella loro figlia prediletta e dell’adorato genero. Meglio che non sapessero mai il loro reale coinvolgimento in quelle morti, o non gli avrebbero dato tregua.

Anche se a dire la verità il fatto che nel giro di sei mesi entrambe le loro famiglie avessero cospirato per uccidere l’ultimo erede era quasi al confine del ridicolo.

Senza contare che, e lo sapeva per certo visto che aveva le sue spie nello studio dell’avvocato cui si era rivolto, Cygnus aveva avuto intenzione di proporre a Draco un’enorme somma di denaro di denaro perché cambiasse ufficialmente il proprio cognome in Black. Almeno pare che ci fosse una postilla in cui in cambio di un impegno formale, avrebbe potuto aspettare che lui fosse morto. Poi Sirius era stato scagionato e quindi non poteva più sperare che fosse lui a portare avanti il nome dei Black.

Voci di corridoio avevano detto che fosse furioso. Per lui era già cosa fatta.

Che perle di suoceri che si era ritrovato.

La cosa che più lo disturbava era che non provava nulla. In fondo aveva passato anni con Bellatrix e Rodolphus, spesso aveva trascorso l’estate da loro una volta che Nicholas non c’era più e Arael era sposata con Nott. E anche l’estate del suo settimo anno, prima che Abraxas lo spedisse in giro per l’Europa per prendere contatti, era lì che si era rifugiato. 

Eppure ora il cadavere di Bella era quello di un’estranea, un semplice simulacro di tutti gli sbagli che aveva commesso in passato e che, forse, finalmente sarebbero finiti sepolti per sempre.

Ma c’erano ancora tante questioni in sospeso.

Sua moglie non aveva preso per niente bene la morte della sorella. Una volta capito che il figlio era al sicuro era crollata di fronte all’evidenza. Probabilmente Narcissa era l’unica persona oltre Voldemort cui Bellatrix avesse mai realmente tenuto. Ma anche lei alla fine era stata messa in secondo piano.

E poi c’era Draco. Non poteva dimenticare che ora c’era il marchio nero sul suo braccio e come l’avrebbe tormentato per tutta la vita. Sapeva bene cosa si doveva fare per averlo, cosa si provava nel riceverlo, l’odore della propria carne che bruciava. Draco non era così’. Draco non era come lui.

Per un momento ritornò a quella lontana sera di dicembre quando era andato consapevolmente a compiere un massacro di babbani. L’euforia e l’eccitazione di quella notte. Sentiva che c’era qualcosa che gli sfuggiva. Un volto che non riusciva a focalizzare.

Non ne aveva idea all’epoca. Ma ora avrebbe dato tutta la sua fortuna per poter tornare indietro a quel momento. Quanti bivi decisivi ci erano stati nella sua vita? 

Aveva fatto molte scelte, spezzato molte vite. E si era sempre detto che l’aveva fatto per amore, per poter stare con Narcissa. 

Onestamente dei babbani morti non gli interessava. O lui o loro. E nel caso… meglio loro.

Ma c’era una cosa che non si sarebbe mai perdonato dei suoi anni come mangiamorte.

Di essere stato lui a consegnare il Canto di Amergin a Voldemort. Lo stesso che aveva quasi ucciso suo figlio.

Perso nei suoi pensieri quasi non si accorse della figura rannicchiata sul divano del suo studio, nel buio innaturale delle tende tirate che non faceva filtrare la luce dell’alba.

“Draco?” - chiese incredulo. Non sapeva se considerarlo un buon segno che fosse lì ad attenderlo.

Un attimo di silenzio in cui temette che fosse successo qualcosa di irreparabile. Forse Narcissa aveva avuto una crisi. O lui stava per dirgli che se ne andava a vivere con Potter e il suo stupido padrino grifondoro.

“Ero preoccupato. Sono passate ore e non tornavi. Pensavo ti avessero preso gli Auror”.

Dentro di sé sentì qualcosa colpirlo allo stomaco. Si ricordò di Draco bambino terrorizzato che lo portassero via. Era quasi un uomo ormai, eppure riusciva a vedere gli stessi occhi sgranati di sincera preoccupazione.

Deglutì un grumo di sciocco sentimentalismo andando verso l’armadietto dove teneva i liquori. Sospirando verso due dita di whiskey incendiario in paio di bicchieri e ne diede uno a Draco.

Tanto non sarebbe mai stato il padre dell’anno comunque.

“Ma non avevi detto che mi odiavi?” -non poté fare a meno di chiedere ricadendo stancamente sulla poltrona mentre si godeva la reazione stralunata di suo figlio, ormai convinto che fosse impazzito anche lui.

Draco scosse le spalle, bagnandosi appena le labbra. 

“Sei comunque mio padre. Non so che farci” - si limitò a commentare-” E poi era passata una vita. Nel frattempo sono andato dalla Granger. E dai nonni a dirgli di zia Bella”

Eccolo la che doveva rovinare tutto. Dannato testardo.

“Per uno che doveva restare a casa sei andato parecchio in giro.” - commentò acidamente. Merlino ma come doveva fare per farsi ascoltare? A volte credeva che avrebbe avuto più soddisfazione a parlare con l’armatura antica nel suo studio.

Draco rabbrividì appena poi borbottò prendendo un lungo sorso “Qualcuno doveva dirglielo. Dovresti ringraziarmi, invece”

“Ah sì?”

“Certo. Nonna ha dato di matto. Ha iniziato a tirare cose in giro e per poco non mi ha preso in testa. Per fortuna che sono allenato come cercatore, altrimenti avrei vinto un altro viaggio al San Mungo.” - disse imbronciato.

Non faticava a crederlo. E in effetti non dover andare dai suoi suoceri non era certo un peccato.

Poi la voce di Draco si fece più bassa, quasi inaudibile- “Non mi hanno neanche chiesto come sta la mamma”

Lucius sospirò. Tipico. Solo Draco poteva esserne davvero stupito.

Rimasero in silenzio. Ma c’era il grosso erumpent nella stanza di cui dovevano parlare. Anzi due.

“Draco… mi dispiace per quello che ti ho fatto, sul serio. Perdonami, ho perso la testa. Ma vederti il marchio nero addosso…”.

Suo figlio non rispose, continuando a fissare il bicchiere come se fosse l’unica cosa interessante. Se l’era aspettato. E in fondo se l’era meritato.

Era il momento di usare un po’ di astuzia.

“Cockey” - neanche il tempo di chiamarla e l’Elfa si era materializzata accanto a lui.

“Portaci un po’ di tè e qualcosa da mangiare. “-ordinò.

L’Elfa gli lanciò un’occhiata dubbiosa- “Tè, padrone?”

Lucius annuì ghignando- “Tè, Cockey. E qualcuno dei tortini che so che avevi preparato in via eccezionale”

Il grosso fiocco oscillò, mentre la testa dell’elfa annuiva vigorosamente.

“Tortini? Quelli alle mele?” - suo figlio sembrava improvvisamente aver trovato qualcosa di interessante oltre al bicchiere vuoto- “Ma non voglio il tè. Non posso avere altro whiskey?”

“No. E poi sei gelato, hai bisogno di qualcosa di caldo. O sbaglio?”

Draco sbuffò, non dandogli la soddisfazione di avere ragione.

Lucius soffocò una risata: poteva sentirsi grande quanto voleva, ma alla fin fine era rimasto il bambino di un tempo.

Poi si sistemò meglio in attesa del ritorno di Cockey.

“Hai sentito quello che ti ho detto, almeno?”.

“Che non posso bere? Tutti i miei amici lo fanno”

“Sono quasi certo di non essere il padre dei tuoi amici, quindi non mi interessa”

“In che senso quasi sicuro?” - chiese con un ghigno. 

Lucius si concesse di ridere. Era proprio figlio suo. “Togli il quasi. Allora? Devo ripetetelo?”.

Draco non rispose subito. Poi finalmente concesse: “Lo so.”

Ma non lo faceva sentire meglio. Niente avrebbe mai potuto farlo.







 

 

Non sapeva quanto tempo era rimasto li. In attesa. Quando era tornato il Maniero era stranamente silenzioso. Solo Krippy gli era venuto incontro torcendosi le lunghe dita, chiedendo dove fosse andato il padrone. Per un attimo sentì gelarsi il sangue.

E se sua cugina lo avesse tradito? Messi al sicuro i Weasley, Remus e Sirius era rimasta la persona più facile da incolpare. Già si vedeva gli Auror invadere la casa e lanciare tutto all’aria. Si costrinse a respirare. Non era possibile.

Sicuramente non gli era simpatico ma non l’avrebbe pugnalato così alle spalle.

Andò in punta di piedi da Pansy e poi da sua madre, trovandole fortunatamente profondamente addormentate.

Si era fatto una lunga doccia e cambiato. Ma non riusciva a stare in camera sua, le orecchie tese a sentire ogni rumore. Alla fine si era deciso a scendere nello studio di suo padre e raggomitolarsi sul divano. Ad attenderlo.

Ed ora erano entrambi li, ognuno sulla sua poltrona, immersi nei propri silenzi.

Aveva detto che gli dispiaceva. Ma Hermione aveva ragione, non era giusto. Non poteva giustificarlo pensando che lui aveva passato ben di peggio.

Buttò giù un sorso di tè, cercando di capire cosa doveva fare. Andarsene? Convincere sua madre a divorziare? Cercare qualcuno che aiutasse suo padre con gli scoppi di rabbia?

A questo punto ne aveva visti tre e subiti due. Pochi rispetto ai suoi amici. Troppi secondo la voce della ragione.

Il liquido scese caldo e dolce in gola. Non era la miscela solita, ma aveva qualcosa di famigliare.

Troppo.

“Cazzo” - mormorò appena.

“Come prego?” - Lucius lo guardava con un sorrisetto divertito, mentre sorseggiava il suo tè.

“Mi hai drogato. Cazzo. Si ho detto cazzo, va bene? Non parli mai di tua madre e poi usi le sue dannate miscele per drogarmi. Ma c’è una maledetta persona normale in questa famiglia? “- era sbottato. Si era ricordato quel sapore. Lo stesso di quella sera in biblioteca, quando aveva raccontato a sua nonna vita morte e miracoli.

“Ricetta di famiglia. Serve solo ad abbassare le barriere, visto che tu sei un dannato testardo che ha la tendenza ad occludere. Come vedi lo sto bevendo anche io “- aveva commentato Lucius guardandolo da sopra la porcellana decorata.

“E chi me lo dice non sia stato alterato solo il mio?” - chiese velenosamente, mentre suo padre sospirando mentre gli prendeva di mano la tazza e la vuotava con un sorso.

“Ti senti meglio ora? E comunque vorrei sapere come fai a sapere che è una ricetta di mia madre. O come facevi a sapere di me e Cassandra. O di quello che ha fatto a tua madre” -chiese passandogli un piatto con tortino ancora caldo- “Vuoi che mangi anche questo?”

“E io vorrei sapere perché non mi hai detto che stavi con lei. ” rispose acido prendendo il piatto.

Lucius continuava a guardarlo perplesso- “Non capisco perché ti dia così tanto fastidio. È stata tua zia vero? Ha sempre avuto la lingua lunga, ma di solito non per i pettegolezzi ma per i commenti acidi.”

Draco scosse la testa: “Eravate amici. Tu ed Andromeda intendo”.

“Beh sì. Direi che tranne la parentesi di vent’anni in cui ci siamo evitati lo siamo ancora” - ammise Lucius piuttosto candidamente, cercando di capire dove volesse andare a parare Draco.

“E allora perché hai lasciato che zia Bella e zio Rodolphus uccidessero i genitori di Ted?” - chiese. Era una verità che aveva scoperto qualche mese prima, facendo ricerche su quello zio di cui non aveva mai sentito parlare. Ed era uscito fuori il racconto di quel delitto efferato- “Volevano fare la stessa cosa con quelli di Hermione”.

Lucius sospirò “A dire la verità l’ho scoperto solo dopo che era successo, se proprio vuoi saperlo. Ma cosa vuoi che ti dica, Draco? Erano babbani, eravamo in guerra, pensavo che era sempre meglio che toccasse a loro invece che a noi”

Brutalmente onesto. 

Fin troppo per gli standard di suo padre. Forse era vero che la bevanda drogata l’aveva bevuta anche lui.

“E allora perché aiutare i genitori della Granger?”

Lucius si massaggiò gli occhi prima di rispondere- “Perché tu avevi deciso di seguire quegli stupidi grifondoro ed andare a cercare di farti ammazzare, ecco perché. Secondo te sul serio avrei potuto lasciare che ti uccidessero? E non provare neanche a dire che l’ho fatto solo per tua madre. Come devo fare a fartelo capire che per me sei importante?”

Draco si riempì la tazza, stringendo le mani attorno alla porcellana, cercando di fare chiarezza nella sua testa. Tanto ormai drogato per drogato, doveva ammettere che comunque era piacevole avere qualcosa di caldo da bere. Non aveva una risposta. Era vero che c’erano stati tanti atteggiamenti di Lucius che dimostravano che davvero tenesse a lui. Ma tanti altri no. E li sapeva benissimo anche lui.

“Smetterò mai di sentire la sua voce nella testa?” - chiese invece. Non c’era bisogno di dire a chi si riferisse. Abraxas continuava ad insinuarsi nei suoi pensieri, distorcendoli e alimentandoli di paura.

Lucius gli posò una mano sul braccio guardandolo fisso negli occhi, un gesto che non poteva sapere ma era così simile a quello che aveva fatto quel pomeriggio lontano, con l’aria satura di fumo e una strana donna anziana che cantilenavano una melodia antica. Per un attimo ebbe l’impressione che girandosi avrebbe potuto vedere anche Nicholas e Arael fermi a guardarli.

“Prima o poi accadrà qualcosa per cui capirai che non è più importante. Prima di innamorarmi di tua madre per me contava solo quello che pensava o voleva Abraxas. È stata lei a farmi capire che non dovevo vivere nella sua ombra e soprattutto che potevo essere felice. Prima non era mai stata una possibilità. Il fidanzamento con Cassandra mi andava bene, ma non mi ero mai posto il problema di cosa volessi. E poi quando sei arrivato tu, finalmente ho capito che lui non valeva niente.” - gli disse calmo, stringendogli appena il polso. Poi gli aveva tolto la tazza dalle mani e gli si era seduto accanto, passandogli il braccio sulle spalle e avvicinandolo a lui.

Non voleva ammetterlo ma quelle dannate erbe stavano facendo il loro effetto. Forse dicendolo ad alta voce finalmente sarebbe potuto iniziare a guarire.

“Sai perché lo scorso anno ho deciso di provarci con la Granger? Perché non avevo nulla da perdere.  Avevo già deciso che se mi avesse rifiutato non sarebbe stato un gran problema, avevo il mio piano. Tutti i professori erano troppo impegnati a controllare la sala grande o a stanare le varie coppiette. Avevo già preparato una pozione per addormentarmi. Sarei uscito approfittando della confusione e sarei arrivato al Lago Nero, avrei nuotato un po’ giusto il tempo di allontanarmi dalla riva. E se non fossi stato artigliato dalla piovra gigante avrei preso la pozione e mi sarei semplicemente addormentato. Sarebbe stato un modo abbastanza indolore per andarsene. Non mi avrebbero più trovato. Per questo avevo lasciato un biglietto per mamma, per farla smettere di cercarmi. E questa volta non c’era Cockey ad impedirmi di andare fino in fondo”.

Le parole erano uscite dalle sue labbra come se stesse raccontando di qualcun altro. All’epoca non vedeva altre soluzioni. Non con Abraxas che diventava sempre più violento ogni anno che passava, o con Cassandra e le sue idee sadiche. E poi aveva sentito che stavano preparando qualcosa di speciale per gennaio. Per quello aveva deciso che il Ballo del Ceppo fosse il momento migliore.

Sentì la stretta di suo padre farsi più solido, quasi disperata, mentre gli avvicinava la fronte alla sua.

In fondo sarebbe stato bello poter tornare bambino solo per un momento, credere che suo padre l’avrebbe protetto. Che finché era con lui tutto sarebbe andato bene. Era grande ormai, eppure ne sentiva un bisogno quasi viscerale. 

Si rannicchiò sul divano, stringendosi le ginocchia con le braccia. La Granger l’aveva salvato. Gli aveva dato per la prima volta dopo tanto tempo una ragione per aprire gli occhi la mattina, per sperare che ci fosse qualcosa per cui valesse la pena vivere.

Lucius lo strinse a sé senza dire niente. Poteva sentire quanto fosse scosso dal modo spasmodico in cui lo teneva, quasi avesse paura che gli sfuggisse dalle mani. Era insolito ma piacevole. E per un attimo gli tornò alla mente un momento in cui aveva fatto lo stesso, mentre attorno a loro infuriava il caos. Il sapore metallico del sangue in bocca, il corpo che non rispondeva, l’energia che sentiva scivolare via ad ogni respiro sempre più doloroso. Si ricordava di quando si era sentito così, del veleno che aveva ingerito quando aveva capito che avrebbero usato lui per far rinascere il signore oscuro che sembrava bruciargli nelle vene. Allora non era vero che quella sera Lucius si fosse limitato a guardarlo morire. Ora lo ricordava. Era stato con lui, l’aveva protetto.

D’improvviso gli venne in mente quello che la strega aveva chiesto a suo padre quando avevano fatto i loro tatuaggi. La protezione funzionerà solo se amerai veramente. Che stesse parlando di lui?

Dopo quello che parve un tempo infinito Lucius finalmente parlò, le labbra a pochi centimetri dalla sua tempia.

“Non era la prima volta? ” - chiese in un soffio.

“No. La prima volta avevo dodici anni. Ricordi quando mi hai trovato che bevevo a casa dei Nott e mi hai riportato a casa e poi sei tornato alla festa? Sono salito sul tetto senza bacchetta e mi sono buttato giù. Ero ubriaco, pensavo bastasse perché non si attivasse nessun tipo di magia. Invece dopo poco ho iniziato a rallentare e sono atterrato morbidamente sull’erba. A dire il vero mi sarei dovuto schiantare proprio qui davanti” - raccontò indicando il grande salice che sapeva vedersi dietro la finestra. Aveva scelto quell’angolo, seppur ancora con la testa che gli scoppiava e la nebbia annebbiata dall’alcol per due motivi. Uno, perché sua madre tornando non l’avrebbe visto. Il secondo, beh, è che così ogni volta che avesse aperto la finestra del suo studio, suo padre avrebbe pensato che era per colpa sua se l’ultimo erede dei Malfoy aveva fatto una cosa così socialmente riprovevole per i purosangue. Sarebbe stato uno scandalo. Era stato uno stupido, credendo ciecamente a quello che diceva suo nonno. -” “Cockey mi ha salvato. Poi mi ha dato delle pozioni e mi ha messo a letto. Non ricordo altro. Beh più o meno”

Si ricordava benissimo di quanto suo padre fosse arrabbiato per averlo trovato a bere come un dannato alcolizzato barbone sanguesporco. Non gliel’aveva detto allora che aveva pensato che così avrebbe cancellato quelle ore e tutte quelle che sapeva ci sarebbero state. I suoni, gli odori, le voci. Tutto doveva scomparire. Ovviamente non aveva funzionato, procurandogli solo un sacco di guai oltre ad un mal di testa lancinante. 

Posò la testa sulla spalla di suo padre, chiudendo gli occhi.

Era così stanco. Gli sembrava di non dormire da secoli. Ma si sentiva stranamente bene, come se finalmente potesse respirare di nuovo.

“Draco…” - la voce di suo padre era poco più di un sussurro- “Ti prego, dimmi che non ci sarà una terza volta. Che se mai dovesse mai venire in mente una cosa del genere verrai da me, da tua madre o da chiunque ti pare.… Merlino Draco non riesco neanche a dirlo. “

Nonostante la situazione Draco sorrise, scivolando nel sonno.

No, non ci avrebbe pensato di più.

Perché non era più lo stesso.

Le sbarre della sua prigione erano state finalmente sciolte.

Era libero.

E anche felice, nonostante tutto.



 

 

Draco respirava tranquillo, profondamente addormentato con la testa appoggiata sul bordo del divano, un sorriso rilassato sulle labbra come non lo vedeva da anni.

Lui invece si chiedeva come potesse mai più riuscire a dormire. Sapeva per certo che ogni volta che avesse chiuso gli occhi avrebbe avuto l’immagine di suo figlio disperato che si buttava dal tetto del maniero mentre lui era ad un dannato party. Ancora una volta era tutta colpa sua. Era sempre stata colpa sua.

Non avevano parlato del marchio nero alla fine. Non c’era stato modo, la sua mente era stata dilaniata dall’idea che non si fosse reso conto di nulla. 

Il Lago Nero. Lo stesso che si era preso Arael. Non riusciva neanche a concepire l’idea di sentire di nuovo quella notizia. Immaginare Draco disperso, sperare che venisse ritrovato ma sapere che fosse impossibile. Aveva passato ore a vivere nella sua testa l’idea del corpo di sua sorella che veniva inghiottito dalle profondità del lago, i polmoni che man mano si riempivano di acqua, gli occhi che diventavano sempre più opachi. Si era svegliato spesso nel cuore della notte boccheggiando, come se ad annegare fosse stato lui. E se l’idea di Arael era insopportabile quella di Draco era talmente dolorosa che la sua mente rifiutava persino di concepirla. Eppure sapeva che sarebbe tornata a tormentarlo.

Ma c’erano due persone che doveva ringraziare perché quell’incubo non si fosse realizzato.

“Cockey” - chiamò piano, scostando dagli occhi chiusi di Draco una ciocca di capelli. Era così’ simile a lui fisicamente, lo dicevano tutti. Ma in realtà ai suoi occhi era sempre stato così simile a Nicholas che a volte diventava doloroso.

Neanche il tempo di finire il pensiero che l’elfa si era materializzata davanti a lui,

“Si, padrone?” - squittì sgranando gli occhi alla figura addormentata sul divano.

“Siamo soli Cockey, non serve che mi chiami padrone.” - sospirò. Già, uno dei grandi segreti della sua famiglia era che in realtà Cockey fosse un elfo libero. Serviva la sua famiglia per sua scelta, da anni. Quando anche lui aveva terminato Hogwarts era tornata da sua madre, e poi alla sua morte aveva deciso di rimanere. Nessuno aveva mai neanche fatto caso che portasse un fiocco in testa, il suo grande vezzo. Nessun altro elfo portava niente del genere.

Cockey non rispose limitandosi a sorridere, mentre gli passava una coperta morbidissima e calda con cui coprire Draco.

“Perché non mi hai detto che mio figlio ha tentato di uccidersi?” - chiese continuando ad osservare il respiro regolare di Draco.

Le orecchie dell’elfa si abbassarono di colpo: “Mi dispiace, signore. Cockey voleva dirlo. Ma era così disperato. Mi ha fatto promettere che non lo avrei mai detto. Piangeva così tanto. Cockey aveva paura che se Cockey avesse parlato il signorino non avrebbe avuto nessuno di cui fidarsi. Cockey voleva proteggerlo, signore” - la voce si stava facendo sempre più stridula.

Forse doveva smettere di fare domande. 

“Shhh. abbassa la voce, Cockey” - disse cercando di calmare l’elfa che aveva iniziato a dondolare da un piede all’altro emettendo strani versi- “Dimmi come posso ringraziarti. Chiedimi quello che vuoi. Qualsiasi cosa”

Cockey si fermò di colpo guardandolo come se lo vedesse per la prima volta. “Qualsiasi cosa Signore?”

Lucius annuì. Cockey era già libera e spariva per un paio di settimane all’equinozio d’estate e a quello di inverno senza che nessuno sapesse dove andava. Ma era nei patti, quindi non se ne era mai preoccupato.

“Un giorno potrò essere al servizio della Signorina Granger, Signore? A Cockey piace la Signorina Granger. Anche se è un po’ strana. Un po’ matta a dire il vero. E rende il signorino Draco molto felice. Come ha fatto Miss Black con il signore. La signorina Arael e il signorino Nicholas erano così contenti quando finalmente il signore ha smesso di comportarsi come un cretino” - squittì.

Lucius ghignò. Se solo qualcuno lo avesse sentito farsi insultare da un elfo…

“Devi chiederlo alla Signorina Granger, non a me. Ma credo che sia un po’ prematuro per lei non credi?” - disse non riuscendo ad impedirsi di sorridere all’idea. Gli occhi dell’elfa però iniziarono a riempirsi di lacrime. Prima che potesse ricominciare con la sua litania si affrettò ad aggiungere- “Però potresti andare a trovarla. E a portarle una cosa da parte mia”.

Cockey batté le mani tutta contenta mentre Lucius si alzava e andava alla sua libreria personale. Sfiorò appena il libro di incantesimi sulle cui pagine antiche Draco bambino aveva disegnato un grosso boccino con i pastelli magici. Quando l’aveva visto non aveva potuto arrabbiarsi perché nella pagina successiva aveva anche fatto uno schizzo di loro due che giocavano a Quidditch con scritto in una grafia orribile ma che riusciva a sciogliergli il cuore ogni volta che la guardava Ti voglio bene.

A volte era uno stupido sentimentale come il peggior Tassorosso. Ma era un segreto che sapeva mantenere bene anche se Narcissa ovviamente l’aveva scoperto e ancora lo prendeva in giro a volte.

Alla fine prese un raro volume di incantesimi che si considerava perduto da secoli. Era certo che alla Granger sarebbe piaciuto. E c’era un’ultima cosa che doveva aggiungere. 

Sua sorella oltre agli anelli gli aveva lasciato tre carte con tre brevissime frasi ad accompagnarlo.

L’Innamorato. Scegli.

La torre. Liberati.

La forza.

Su questa ovviamente non aveva scritto niente. Ma se la immaginava sogghignare mentre la preparava. Probabilmente aveva già visto tutto. Una giovane donna che domava una belva feroce. Audacia, determinazione, lealtà.

Accettazione.

Si, era perfetta. Sopra scrisse solo una parola.

Grazie.

Poi la mise nel libro e lo consegnò all’Elfa.

“Porta questo alla signorina Granger “

Cockey sorrise e sparì con un plop.

Lucius diede un’ultima occhiata a suo figlio, rinnovando l’incantesimo riscaldante. Poi spense la luce e accostò piano la porta.





 

 

Per un attimo aveva temuto che Narcissa non avrebbe voluto vederla. Invece sua sorella l’aveva stupita nuovamente. Appena si era presentata al Maniero il giorno successivo le era corsa incontro e l’aveva abbracciata stretta.

Stava per fare un commento fuori luogo quando si morse la lingua, ricambiando l’abbraccio. 

Erano andate in uno dei salottini a chiacchierare e per fortuna invece del solito tè Narcissa aveva aperto una bottiglia di Brandy elfico.

“In fondo è tardo pomeriggio no? E poi Bellatrix non avrebbe apprezzato una bevanda analcolica.” - aveva sospirato rannicchiandosi in una poltrona, come quando era bambina,

Andromeda aveva fissato a lungo il bicchiere. Nelle ore passate molti avevano brindato alla morte dei Lestrange. Lei no, si era messa da parte limitandosi ad osservare in silenzio una volta tanto.

Perché in fondo, nonostante avesse passato anni ad odiarla ferocemente, Bellatrix era pur sempre sua sorella maggiore. Quella che le aveva insegnato a volare. A non abbassare mai la testa.

E a lanciare maledizioni senza perdono, ma quello era un altro paio di maniche.

“Ricordi quando avete dato fuoco ad una parte di Villa Black?” - chiese sua sorella dando un piccolo morso delicato alla pasta bianca e soffice di un sandwich al cetriolo. Narcissa che mangiava carboidrati. Forse Lucius non scherzava quando le aveva detto che si stava comportando in maniera strana.

“Diciamo che era un modo per rendere visibile il nostro disappunto per certe decisioni assurde dei nostri cari genitori. E a dire il vero Bella minacciò di andare alla Gringott e di usare l’ardimonio su tutti i gioielli di nostra madre.” - ricordò con un sorriso

“Non è mai stata tipo da gioielli"- sorrise Narcissa, poi si rabbuiò un attimo- “Tranne per la collana che le regalò…lui”

“Puoi dire il suo nome. La paura di un nome …” - le disse versandole un altro dito di liquido denso e ambrato.

“Non fa che incrementare la paura della cosa stessa. Già l’ho sentita questa” - sbuffò, poi la fissò con i grandi occhi azzurri che diventavano cupi come il cielo prima di un temporale - “Ma lui ha rovinato la mia famiglia. Prima Bellatrix, poi Lucius. Si è preso le persone che amavo. E ora anche Draco. Ancora non ci ha spiegato nulla del marchio nero. “

Andromeda sospirò. Non ci aveva mai pensato. A quanto la vita di Narcissa fosse stata intossicata da quell’oscura presenza.

“E lo so che non ci credi ma io ho sempre lottato per strappare le loro vite dai suoi artigli. Ci sono riuscita in parte con Lucius. Ma Bella… lei non mi è mai voluta stare a sentire” - mormorò la sorella minore rannicchiandosi ancora di più sulla grande poltrona di velluto blu nella quale sembrava quasi scomparire.

Quasi contemporaneamente il fuoco nel camino si accese, il rumore rassicurante delle fiamme che sembrava colmare il silenzio tra di loro.

Si alzò per sedersi sul bracciolo e abbracciare la sorella- “Lo so, Cissy. Lo so. E per quanto riguarda Draco...non so esattamente cos’è successo ma credimi è stato per un buon motivo”.

Narcissa si staccò da lei fulminandola con lo sguardo:” Cosa mi nascondi sorella?”.

Andromeda rise alzando le mani: “Che nonostante i geni e il pessimo carattere che si ritrova forse tuo figlio ha qualche speranza”

Narcissa mise il broncio- “Prima o poi mi dovrete dire cosa è successo, lo sai vero? Non posso neanche contare su Lucius. E non solo perché ancora non abbiamo chiarito. Il fatto è che ormai le poche ore Draco non è con la Granger le passa con suo padre. Non chiedermi cosa è successo tra quei due perché anche questo rimarrà un mistero. E questo mi sta rendendo più difficile decidere se chiedere il divorzio.”

La notizia non la sorprese. Era normale e giusto che Narcissa fosse ancora furiosa con Lucius ma dovevano capire che c’era di più oltre al loro rapporto. Draco aveva bisogno di qualcuno di esterno che lo aiutasse e Lucius doveva lavorare sui suoi attacchi di rabbia. Questo continuo altalenare nel rapporto tra padre e figlio non era salutare per nessuno. Prese un appunto mentale di tirare fuori la questione appena si fossero calmate le acque:” A proposito di figli che fanno cose che non ci aspettiamo. Ricordi il test di gravidanza?”

Non poté fare a meno di sogghignare vedendo il lampo di terrore negli occhi di sua sorella.

“E’ di Nymphadora. Diventerò nonna. E se mi chiedi come si chiama un bambino nato da un lupo mannaro e un metamorfomago giuro che farò in mille coriandoli i tuoi bei vestiti costosi, sappilo”.

Narcissa rise di cuore. Un suono che non sentiva da tempo, troppo tempo - “O per Merlino… stai per diventare nonna. E a proposito, ricordi vero che un purosangue è colui che ha almeno tutti e quattro i nonni maghi? Beh diciamo che non lo definirei proprio così ma pare che abbia fatto un salto di qualità” - ridacchio- “Oh andiamo sto scherzando! Ti ricordo che mio figlio si vede con una natababbana. Natababbana che io sto introducendo in società, tra l’altro”

“A proposito, mi spieghi come mai questa storia? Non me la bevo che sia solo perché vi siete preoccupati per Draco” - una domanda che le frullava in testa da tempo. La storia dei genitori affettuosi era plausibile sino ad un certo punto, conoscendoli.

Sua sorella si alzò facendo segno di seguirla.

Ancora con i bicchieri in mano avevano attraversato un dedalo di corridoi e stanze, i tacchi di entrambe che risuonavano sul marmo tirato a lucido da chissà quali povere creature. Arrivate davanti ad una porta laccata di bianco Narcissa indugiò un attimo prima di spingere la maniglia dorata.

“Ricordi quando mi fecero fidanzare con Nicholas?” -chiese

“Difficile scordarlo. Tu hai passata le settimane successive a piangere ed urlare e Lucius. beh. tenendo conto che è sparito fino al ritorno ad Hogwarts credo che non l’abbia presa bene neanche lui. E a quello che mi ha detto Arael non credo sia stato un periodo piacevole”. 

Le dita di sua sorella tamburellarono indecise- “Io ho scoperto il reale motivo solo dopo che ci siamo sposati e siamo venuti a vivere qui. Questo Maniero custodisce molti segreti. E questo è uno di loro” - disse infine aprendo la porta.

Entrarono in una sala a pianta quadrata. Non c’era nulla. Nessun mobile, nessun quadro. Neanche una finestra. Le pareti erano però ricoperte da un enorme arazzo di quello che sembrava un nocciolo. Ma dai suoi rami si dipanavano i fiori delle specie più diverse, tutti rigorosamente opachi, parte dell’ordito.

Solo due spiccavano sugli altri, talmente vividi che sembravano veri. Uno in fiore e l’altro che stava per sbocciare, i petali che si aprivano timidi

Sfiorò il primo, vellutato e carnoso sotto il suo tocco: un gelsomino bianco, il cui profumo riempiva l’aria. E sotto un cartiglio.

Narcissa Mira Black 

“Quando il fiore inizia a sbocciare è perché la futura lady del Maniero ha attraversato la sua soglia. ” spiegò sua sorella facendo spaziare lo sguardo sulla stanza, persa in quel ricordo che doveva essere doloroso per lei. Aveva passato mesi da incubo, improvvisamente rinchiusa in un fidanzamento blindato con il fratello dell’uomo che amava.

“Ma tu eri già stata più volte al Maniero prima di quella sera. Come mai hanno scelto proprio quel momento.?”

“Era la prima volta che lo facevo dopo aver compiuto quattordici anni.” - sospirò- “E come puoi vedere questo Maniero ha del senso dell’umorismo a suo modo. “

L’attenzione di Andromeda si spostò quindi su fiore accanto, le foglie verdi brillante e le bacche viola che iniziavano a schiudersi.

 

E sotto in una grafia chiara ed elegante l’ultimo nome che ci sarebbe aspettati di trovare in quel posto

Hermione Jane Granger

Si, decisamente il Maniero aveva senso dell’umorismo.

Ma era meglio che nessuno lo dicesse alla giovane Grifondoro, era certa che non l’avrebbe presa bene. Soprattutto pensando che era stata paragonata ad una delle piante più velenose conosciute.






 

 

La sala grande era a poco più di dieci passi da loro. Pochi, piccoli passi. Quante volte l’avevano fatti in passato? Di fretta, chiacchierando, affamati o semplicemente stanchi. Spesso litigando. Il pensiero ai compiti o alla partita di Quidditch.

Pochi, piccoli passi che ora sembravano infiniti. Perché se fuori già era strano che due come loro si frequentassero, dentro Hogwarts era l’equivalente di dei primi segni dell’Apocalisse. Sempre che la metà purosangue della Scuola sapesse cosa fosse.

“Sei sicura, Granger?” -Draco era accanto a lei, nella sua impeccabile divisa da serpeverde, lo stemma da prefetto lucido quasi quanto il suo ben in vista.

“Io sarei sicuro di buttarti giù dalla torre, se ti interessa” -tubò Harry dietro di loro.

“Fottiti Potter. Vedi come ti butto io giù dalla scopa alla prima partita di Quidditch” - aveva ghignato 

“Ti piacerebbe Malfoy. Piuttosto starei attento a non cadere visto che sei un impiastro. Ma tornando alle domande serie: Hermione, sei assolutamente, indiscutibilmente ed irrimediabilmente certa di voler far sapere a tutti che ti sei definitivamente bevuta il cervello?” - le chiese la speranza dei maghi dandole un bacio sulla guancia.

“Siete noiosi. E poi credo che gli unici che non sappiano che eri al party di Natale siano degli sfigati babbani di cui non mi preoccuperei. Piuttosto, avete saputo della nuova insegnante di difesa contro le arti oscure?” - Pansy spazientita aveva iniziato a spingerli verso la porta, lanciando un’occhiataccia a Ron. - “E in quanto a te… non azzardarti a toccarmi in pubblico o ti rimando alla Tana con qualche arto mancante”

“Ehi, ma che modi. “- sbuffò Hermione togliendosi le lunghe dita affusolate di dosso- “Si, Tonks ce l’ha detto. L’hanno tolta dal servizio attivo per via della gravidanza ma ha detto che sicuramente ad Hogwarts sarebbe stato più stimolante che finire dietro una scrivania, visto che c’è sempre qualcuno che in un modo o nell’altro cerca di fare fuori Harry”

“Quelli sono i geni dei Black, comunque, io ve lo dico” - aveva borbottato Ron rubando un bacio a Pansy che lo malediceva perché le aveva sbavato il rossetto.

“È tu sei pronto?” - gli bisbigliò all’orecchio

Lui non rispose portandosi la sua mano alle labbra e sfiorandola.

“Diamo iniziò allo show. Ci sarà da ridere… e il primo che mi chiama furetto giuro che lo pietrifico”.

No non ce n’era bisogno.

Ci avrebbe pensato lei.

Pochi passi che non vedeva l’ora di fare.

Pensò al libro che teneva nascosto nella borsa. E alla carta al suo interno. 

Si, per una volta Lucius Malfoy ci aveva azzeccato.

Ed ora era il momento di dimostrare al mondo che non solo era la strega più intelligente della sua generazione.

Ma anche la fidanzata di un vanesio, testardo e purosangue esponente di Serpeverde.

Gli prese la mano e si diresse spedita verso l’entrata.

Quando il brusio intorno a loro cessò all’improvviso seppe che ormai non poteva tornare indietro.

E andava benissimo così.






 

 

E così quei due avevano deciso di renderlo ufficiale. Molto nobile. Peccato che questo avrebbe dovuto significare passare l’anno a sedare risse tra Grifondoro e Serpeverde. Persino i Tassorosso sembravano sconvolti dal vedere non una ma ben due coppie altamente improbabili attraversare il corridoio prima di sedersi ciascun ai rispettivi tavoli. Perché la sceneggiata di Pansy non se l’era bevuta nessuno a quanto pare. E l’amico di Potter doveva imparare a mentire meglio, a quanto pareva.

Mentre stava parlando con la McGranitt con la coda dell’occhio aveva visto che Draco stava per baciare la Granger per salutarla ma doveva aver intuito dal suo sguardo che se non voleva finire dritto a fare lezione di babbanologia tutte le sere che Merlino mandava sulla terra era meglio che si desse un contegno. E se babbanologia non fosse bastata, sarebbe passato a concimare tutte le piante della serra. E le pozioni le avrebbe viste solo con un incantesimo ingrandente. Poteva fregare tutti con la sua aria di sufficienza, ma togliere veleni e intrugli al figlio di Narcissa era come togliere il cibo a Weasley junior.

Lo stesso sguardo glaciale riuscì a sedare sul nascere qualsiasi tentativo di mormorii o rimbrotti al tavolo della sua casa. Ottimo.

“Mia madre mi ha detto che eri il mago più dotato che avesse mai incontrato … ma si era dimenticata di dirmi che hai sangue di basilisco” - ridacchiò con voce cristallina la ragazza seduta accanto a lui. Lunghi capelli biondissimi raccolti in una treccia che le correva lungo la nuca, lineamenti affilati e un ghigno sulle labbra morbide. Se non fosse stato per gli occhi nerissimi e brillanti nessuno avrebbe avuto dubbi di chi fosse figlia. Beh quello e il fatto che in teoria dovesse essere affogata ancora prima di nascere.

“Sempre pensato che tua madre fosse la più intelligente della famiglia, Niamh” - rispose senza staccare gli occhi dalla sala, cercando come abitudine quei capelli continuamente arruffati, la divisa in disordine e il capannello di gente che continuamente attorniavano Harry Potter - “Ma ancora non mi hai detto perché sei qui. Sono certa che avremmo potuto trovare qualcun altro per sostituire la Cooman qualche mese”

Niamh sorrise scoprendo i denti bianchissimi “Per l’ultimo Horcrux, mi pare ovvio. E perché devo parlare con Pansy. È stata scelta, devo prepararla”

Severus sentì’ un brivido lungo la schiena. Si costrinse a non girarsi per cercare lo sguardo di Silente. L’ultimo Horcrux. Il figlio di Lily. Non poteva tradirla di nuovo.

Sentì il tocco fresco della mano della ragazza sulla sua.

“Sono qui per aiutare te. Sai qual è il motto della famiglia di mia madre?” - disse con voce dolce- “Santimonia vincet sempre”

“Mi spiace dirtelo ma io sono un mezzosangue. E Lei… beh lei era…” - iniziò, le parole che gli mancavano come ogni volta che parlava di Lily.

“Mio zio diceva che il vero significato era che non c’è niente più importante delle persone che amiamo, la famiglia. La vera famiglia. E tu hai aiutato a proteggere la mia. Io non posso che ricambiare. Perché tu la ami ancora, vero? Anche dopo tutto questo tempo” - chiese con un sorriso.

Il peso che gli bloccava il petto si dissipò. Per fortuna nessuno aveva visto il suo momento di debolezza. E ora non era solo. Aveva fallito con Lily. Ma non lo avrebbe fatto con suo figlio.

Prese un sorso di zucca, ricordando un giorno d’estate di tanti anni fa. Il rumore del vento tra le fronde degli alberi, il calore del giorno che finiva attorno a loro.

E il sorriso di Lily. Quello nessuno avrebbe potuto farglielo scordare.

“Sempre”



 

 

 


 

Eccoci qui, siamo arrivati alla fine.

Grazie per aver avuto la pazienza di arrivare fino a qui insieme a me, anche quando i personaggi hanno deciso di prendersi molto più spazio del previsto. Ho lasciato che facessero quello che volevano e li ho seguiti nella storia che volevano raccontarmi, quindi non scriverò quello che penso del loro percorso o come li vedo, direi che già è stato detto molto.

Ti lascio la mia vision board per questo viaggio che abbiamo fatto insieme https://www.pinterest.it/Flo_flo_fy/quel-che-%C3%A8-statoquel-che-sar%C3%A0/

Riprendendo in mano per ripubblicare questa storia ho notato che ci sono molti problemi soprattutto con parole ripetute o scritte male.. sto cercando di sistemarla, intanto scusami e grazie per la pazienza. Sto ripassando tutto su word e spero che ti sia capitato di leggerla quando già avevo un po’ limitato i problemi.

Detto ciò... ancora una volta, semplicemente GRAZIE. Se hai voglia il seguito è già pubblicato in gran parte e lo trovi sotto il titolo "Moth Goth"

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