6- Confessions

di BlueMagic_96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Chi non muore si rivede!
Ebbene sì, siamo arrivati alla fine di questa lunga e a tratti infinita avventura... mi piange il cuore ma prima o poi doveva succedere.

Scusate se ci ho messo tanto ma ormai avrete capito che la sintesi non è il mio forte e stavolta mi sono proprio superata (33 pagine di word per quella che doveva essere una OS e che mi vedo costretta a dividere in capitoli, scusate). Non riuscivo a smettere di scrivere e non ero mai soddisfatta: non vi dico quante volte mi sono ritrovata a cancellare pagine intere per riscriverle da capo.

Come al solito spero che la storia vi piaccia e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. I capitoli li pubblicherò settimanalmente, in linea di massima: li ho già tutti pronti ma non volevo caricarli tutti in una volta sola.

Per un'esperienza più "completa" vi lascio il link alle altre storie, se siete interessati. Ripeto che non è necessario aver letto le altre per seguire questa, quindi sentitevi liberi!


"Vuoi scommetere?": https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3973340&i=1
"Sono troppo stanco...": https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3977956&i=1
"Non doveva essere una serata tranquilla?"https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3985114&i=1
"Tutto ma non la vodka": https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3990393&i=1
“Se il buongiorno si vede dal mattino”: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3993512&i=1

PS: dato che sono una sottona e non riesco a staccarmi da questi tre, e visto che alcuni di voi hanno appoggiato la mia idea di scrivere una storia bonus su come tutto è iniziato, sappiate che mi sono già messa a scrivere quindi probabilmente questo non sarà un addio ma un arrivederci. Ah, e prevedo che sia rossa. <3

[PARTE 6/6]

Spesso ci immaginiamo gli Eroi come queste creature invincibili, capaci di mantenere la calma anche nelle situazioni più inaspettate: dopotutto passano le loro giornate a combattere contro spietati criminali e a salvare persone sconosciute dai più svariati pericoli; sono addestrati per essere veloci e reattivi, specialmente nei momenti di crisi. Nulla può fermarli.
In linea di massima è così, ma nella vita di tutti i giorni gli Eroi non sono sempre temerari e imbattibili come sembrano: sono esseri umani anche loro e, in quanto tali, hanno le loro preoccupazioni e i loro problemi a cui pensare. A volte il coraggio li abbandona, lasciandoli in balia delle loro ansie più profonde; altre volte le cose sfuggono loro di mano e tutto quello che possono fare è fuggire.

Per Hero Deku, Hero Shouto e Great Explosion Murder God Dynamite, le cose non erano tanto diverse: erano Eroi forti e impeccabili sul campo di battaglia ma quando si trattava delle loro emozioni erano senza speranze. Più di una volta avevano quasi buttato all’aria la loro relazione perché non erano stati in grado di elaborare i loro sentimenti ed essere onesti con se stessi.
Un esempio? Il venticinquesimo compleanno di Midoriya.




Dopo una serata sobria e tranquilla insieme ai loro amici – nessuno aveva voglia di ripetere l’esperienza assurda che avevano vissuto per il compleanno di Denki – i tre Eroi avevano deciso di ritirarsi nell’appartamento di Izuku per celebrarlo con un’intensa notte di passione.
Il giorno successivo Bakugou doveva partire per Sapporo e sarebbe stato via almeno una settimana: era stato chiamato ad investigare su un gruppo di spacciatori e rivenditori di droghe per Quirk, una cosa seria in collaborazione con altri Eroi. Con la sua assenza, Todoroki avrebbe probabilmente dovuto raddoppiare i suoi turni – lavoravano per la stessa agenzia – e non si sarebbero visti per un bel po’.
Una nottata di sesso era proprio quello che ci voleva.

Tutto procedette secondo i piani, ma quando Izuku raggiunse l’orgasmo successe qualcosa di inaspettato: forse era stata l’euforia del momento o forse solo un lapsus, fatto sta che aveva detto ‘ti amo’ e questa volta non era ubriaco e non stava scherzando; questa volta ci credeva per davvero.

“Ahn, vi amo ...” pianse, stringendo il braccio di Todoroki e afferrando il polso di Katsuki di fianco a sé, nell’attesa che il piacere scemasse, “... mi mancherete” concluse. Nonostante la vista annebbiata, però, non gli sfuggirono né l’espressione inorridita dipinta sul volto di Katsuki né l’aria scioccata e sperduta di Todoroki.

Improvvisamente cadde il silenzio: “Ma che cazzo, Deku!” il biondo sbuffò e lo spinse via, chiaramente infastidito.
Solo allora Izuku si rese conto di quello che aveva appena detto: “Oddio, io... mi dispiace, non volevo...”
Ma Bakugou si era già allontanato da lui: “Perché cazzo lo hai detto se nemmeno lo pensavi davvero?” sembrava confuso, arrabbiato e ferito al tempo stesso.
“N-No, non è quello che intendevo, io... mi è scappato, davvero!” il ragazzo dai capelli verdi stava chiaramente andando nel panico e cercò di avvicinarsi a Katsuki come qualcuno si avvicinerebbe ad un gatto randagio ferito e nascosto dietro un cassonetto.
“Ti è scappato, certo!” rispose il biondo con una punta di sarcasmo, alzandosi dal letto e voltandosi verso di lui, “La prossima volta fammi un favore e chiudi la bocca, ok? Mi hai rovinato l’orgasmo con queste cazzate!” disse, rimettendosi i pantaloni e raccogliendo il resto dei suoi vestiti da terra.

Il cuore di Izuku perse un battuto e i suoi occhi iniziarono a bruciare: sapeva di avere appena infranto uno dei loro più grandi taboo ma non capiva perché Kacchan fosse così turbato. Stava chiaramente esagerando.
“Qual è il problema, esattamente? Non è che ti abbia insultato o...” Izuku cercò inutilmente di farlo ragionare.
“Non le facciamo queste stronzate, ok?” sbottò il biondo.
Izuku abbassò lo sguardo come un bambino di fronte alla mamma arrabbiata: “Sì, lo so... non avrei dovuto dirlo, mi dispiace” mormorò, colpevole.

“Già, non avresti dovuto” convenne Katsuki mentre si infilava la canottiera scura. Era stranamente pallido e aveva l’espressione di qualcuno in procinto di vomitare.
Izuku lo guardò con occhi tristi: non voleva che il suo compleanno finisse così e gli dispiaceva averlo fatto arrabbiare in quel modo; per colpa della sua boccaccia, aveva rovinato la serata di tutti.
Sapeva che Kacchan era piuttosto suscettibile su certe cose e tutti e tre avevano deciso di tenere i sentimenti fuori dalla loro relazione. Pur sapendolo, Izuku aveva sentito il bisogno di dire quelle cose. Perché? Merda! Sono un idiota! Ho rovinato tutto...

“Kacchan... torna qui, per favore” gli chiese con un leggero sorriso, “Senti, non devi per forza ricambiare... fingi che non abbia detto nulla, ok?” aggiunse subito dopo, mordendosi nervosamente il labbro.
Ma Katsuki era nel bel mezzo di una crisi interiore e non poteva semplicemente ‘fingere che non avesse detto nulla’: ogni dubbio o preoccupazione che aveva avuto negli ultimi mesi riguardo al loro rapporto era venuto improvvisamente a galla e ora il suo cervello era sommerso da domande senza risposta.

In quel momento non era Great Explosion Murder God Dynamite, l’Eroe impavido e spericolato.
In quel momento era Bakugou Katsuki, il venticinquenne che non era mai stato in una relazione seria prima di allora e che doveva far fronte ad una profonda e radicata paura d’impegnarsi.
Era nel panico più totale: “E’ tardi, devo andare. Parto presto domani mattina” borbottò tra sé e sé, senza nemmeno alzare lo sguardo da terra, “Facciamo finta che non sia successo nulla, ok?” aggiunse mentre raccoglieva le sue ultime cose dalla camera da letto.

Izuku avrebbe voluto augurargli buon viaggio, avrebbe voluto ricordargli di stare attento e magari lo avrebbe salutato con un bacio, ma era troppo confuso e ferito per fare qualunque cosa e sapeva che avrebbe solo peggiorato la situazione: “Ok, ma...”
 “Bene. Ci si vede” Bakugou era sparito nell’oscurità dell’appartamento senza nemmeno guardarsi indietro, lasciandosi alle spalle solo il suono della porta che si richiudeva al suo passaggio. Andato.

L’attimo prima era lì, a scoparlo come un animale, e un momento dopo non c’era più.
‘Ci si vede’... ha davvero detto così? Izuku si lasciò ricadere sul materasso: voleva piangere ma ricacciò indietro le lacrime quando un movimento sul letto gli ricordò di Shouto. Cazzo!
Todoroki lo stava fissando con occhi grandi e pieni di preoccupazione, la bocca leggermente aperta come se stesse per dire qualcosa, ma nessun suono uscì dalle sue labbra.

Aveva assistito a tutta la scena, comodamente seduto sul suo lato del letto, ed era rimasto talmente immobile e silenzioso che sia Izuku che Katsuki si erano dimenticati della sua presenza e lo avevano ignorato durante la loro discussione.
Izuku era furioso e spaventato al tempo stesso: “Hai qualcosa da dire?” si rivolse a lui con voce tremante ma decisa; era arrabbiato perché Shouto non aveva nemmeno cercato di aiutarlo o di intervenire, e spaventato perché non aveva idea di come Todoroki avrebbe reagito alla sua confessione. E se mi odiasse anche lui, adesso?

Shouto tornò improvvisamente alla realtà: “M-Mi dispiace... non sapevo cosa dire” balbettò.
Izuku trattenne un insulto: “Qualsiasi cosa, Shou’... qualsiasi cosa sarebbe andata bene!” il comportamento passivo del rosso stava iniziando a dargli sui nervi e tutta quella situazione lo stava mettendo seriamente alla prova. Si era appena esposto nel modo più intimo possibile e loro, in cambio, non gli avevano dato nulla. Aveva bisogno di rassicurazioni, di comprensione... di qualcosa, almeno di qualche parola di conforto!

“Lo so, non sono bravo in queste cose... scusami” cercò di dire Shouto, peggiorando la situazione.
“Non ho bisogno delle tue scuse, Shouto!” sbottò Izuku, mordendosi la lingua e passandosi una mano tra i capelli, in preda alla frustrazione. Ho bisogno di una risposta! Ho bisogno di qualcuno che mi baci e mi dica che va tutto bene. Ho bisogno di sapere che mi ami. Almeno tu. “Ho bisogno che tu te ne vada” disse infine.
Todoroki rimase letteralmente paralizzato: “M-Ma...”
“Non sono arrabbiato” lo rassicurò Izuku, anche se non era del tutto vero, “Sono solo stanco e... non lo so, ho bisogno di stare da solo” concluse. “Ti prego.”

Gli serviva del tempo per schiarirsi le idee: si sentiva in colpa, sporco e rifiutato.
Se solo potessi rimangiarmi tutto... Ma perché, poi?
Sì, erano scopamici e non avevano mai parlato seriamente di amore, ma era chiaro a tutti – anche ai loro amici – che ci fosse qualcosa in più del sesso a legarli.

Passavano un sacco di tempo insieme e stavano bene anche fuori dalle lenzuola: erano amici, amanti e compagni, e si conoscevano meglio di chiunque altro. Si volevano bene e ognuno di loro lo dimostrava a modo suo: dire ‘ti amo’ era solo un’espressione di affetto alternativa... allora perché si sentiva in colpa?
Izuku si riempì improvvisamente di una nuova sicurezza: credeva davvero in quello che aveva detto e non aveva alcuna intenzione di rimangiarsi tutto. Se Katsuki e Shouto avevano dei problemi al riguardo, era un problema loro.

“Quindi...” la voce di Todoroki ruppe il silenzio imbarazzante che si era creato, “sei sicuro di volere che me ne vada?” chiese con una punta di speranza.
Si era completamente rivestito, fatta eccezione per le scarpe, ma i suoi capelli erano ancora sudati e scompigliati dalla recente attività notturna: era dannatamente bello ma Izuku non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione di rabbia e frustrazione.
Shouto fraintese il suo silenzio per incertezza e si chinò in avanti per dargli un bacio, ma Izuku scosse la testa e gli mise una mano sul petto. Non questa volta, mi dispiace.

L’altro lo guardò con un’espressione ferita e fece un passo indietro: “Non dobbiamo fare niente se non vuoi. Insomma, direi che abbiamo fatto abbastanza per oggi...” vaneggiò Shouto, chiaramente imbarazzato.
“Lo so” Izuku lo interruppe. I maldestri tentativi di Todoroki di tirargli su il morale lo avevano addolcito un po’, ma non era comunque di aiuto. “Grazie ma penso sia meglio se dormo da solo, stanotte” disse.
Todoroki annuì e si mosse lentamente verso il comodino per racimolare le sue ultime cose, pronto a lasciare l’appartamento con sguardo rassegnato. Almeno mi vuole ancora, pensò Izuku nel disperato tentativo di cancellare dalla memoria lo sguardo disgustato di Kacchan. Un pensiero malato si fece strada nella sua mente: forse se ci provo di nuovo reagirà diversamente. E’ Shouto, dopotutto...

“Shou’?” lo chiamò, esitante.
Il rosso, che si stava mettendo le scarpe, sollevò di scatto la testa e guardò Deku, ancora nudo sul letto: “Sì?” chiese con voce speranzosa.
Il ragazzo dai capelli verdi strinse a sé il lenzuolo e si fece coraggio: “Ero serio. Penso davvero di amarvi” ripeté con affanno.
Shouto sbiancò e lo guardò impaurito come un cervo: non si aspettava di sentire nuovamente quelle parole e in verità anche lui era completamente nel panico.
Non sapeva come reagire e non aveva idea di cosa dire, per cui se ne venne fuori con l’unica cosa che il suo cervello impanicato era riuscito a pensare: “G-Grazie.”

+++

“GRAZIE?!” gridò Fuyumi e la sua voce acuta rimbalzò sulle pareti della cucina di villa Todoroki. Si prese i capelli tra le mani e appoggiò i gomiti sul tavolo: “Oh no, Shou’! Ti prego, dimmi che non l’hai detto davvero...”
Shouto trasalì e la guardò con espressione colpevole: “E’ tanto grave?”

“Non è grave, è un disastro! Quel povero ragazzo...” Fuyumi scosse la testa, “E poi?” lo incitò dopo qualche secondo, ansiosa di sentire il resto della storia.

Il suo fratellino sembrava molto scosso e preoccupato: era venuto da lei in cerca di consigli e lei aveva tutte le intenzioni di rendersi utile, ma per farlo aveva bisogno di più informazioni.
 “Beh, mi ha detto che aveva bisogno di spazio e di tempo per pensare...” Shouto continuò con voce sommessa. Ricordava ancora il volto triste e ferito di Izuku di fronte a lui, i suoi grandi occhi luminosi che perdevano lentamente la solita luce e il suo labbro che tremava, “...quindi ho lasciato l’appartamento. Questo è tutto.”

“Questo è tutto?!” Fuyumi sembrava confusa e inorridita al tempo stesso.
“Sì, insomma... ci siamo scritti qualche volta ma sembrava giù e non volevo infastidirlo” spiegò Shouto.
“Oh, tesoro... davvero non ci arrivi?” gli chiese lei, poggiandogli una mano sulla guancia e guardandolo con aria materna e addolcita.

Suo fratello poteva essere piuttosto impacciato e ingenuo quando si trattava di affari di cuore, ma non era colpa sua: aveva passato la maggior parte della sua infanzia da solo, senza poter interagire con persone della sua età, e gli era difficile interpretare le parole e i comportamenti altrui. Aveva ricevuto un’educazione molto rigida e i loro genitori non erano certamente stati un grande esempio di ‘amore e famiglia’!

“Non si ringrazia una persona che ti ha appena confessato il suo amore!” gli spiegò pazientemente, “Di certo non si scompare così nel nulla...” aggiunse. Shouto avrebbe detto qualcosa in sua discolpa ma sua sorella continuò a parlare prima che potesse anche solo aprire bocca: “Midoriya aveva bisogno del tuo supporto, voleva sapere cosa provi per lui. Perché non gli hai detto che lo ami anche tu?”
Quella semplice domanda bastò a mandare Shouto nel pallone: “P-Perché... non lo so cosa provo per lui!” disse, abbassando lo sguardo sul tavolo di fronte a sé.

Fuyumi sollevò il sopracciglio in un’espressione dubbiosa: “Ma certo che lo sai! Ho visto il modo in cui lo guardi, Shou’. Sei felice quando siete insieme, e parlo anche di Bakugou” disse, accarezzandogli il dorso della mano con il pollice.  “Probabilmente Midoriya ti piaceva anche quando eravate alla Yuuei!”
Shouto guardò sua sorella e si leccò nervosamente le labbra: aveva ragione, amava Izuku; li amava entrambi, in verità, e ne era ben consapevole quindi... perché era andato nel panico?
“Io... penso che dirlo ad alta voce mi spaventi”confessò infine.

Per quanto sembrasse assurdo, Fuyumi sembrò capire perfettamente dove volesse andare a parare: “Mmh.. è successo qualcosa in passato?” chiese, cogliendolo di sorpresa, “Insomma, con Yaoyorozu o...”
“No, cioè... non lo so, è quello il problema” rispose lui, colpito dalla perspicacia di sua sorella.
Si sarebbe volentieri fermato lì ma sapeva che per uscire da quella situazione non aveva altra scelta se non quella di essere sincero con Fuyumi: “Momo mi ha lasciato dopo che le ho detto di amarla. Lei si era confessata prima di me e io ho esitato a rispondere, ma quando l’ho fatto è scoppiata a piangere e mi ha detto che non era vero, che lo avevo detto solo per farla felice” spiegò il ragazzo.  
Fuyumi rimase in silenzio per qualche secondo: “Ed è così?” gli chiese.

Shouto si prese un po’ di tempo per pensarci: sì, Momo aveva detto di amarlo e lui aveva ricambiato solo perché pensava fosse quello che lei voleva sentirsi dire. Ricordava ancora la conversazione che avevano avuto subito dopo: lei lo aveva incoraggiato a guardarsi dentro e a venire a capo dei suoi sentimenti, perché fingere di provare qualcosa che non esiste non avrebbe fatto bene a nessuno dei due. Gli aveva detto che il tipo di amore che lui poteva offrirle non era quello di cui lei aveva bisogno.

“Sì, immagino avesse ragione” ammise Shouto, infine, “ma non capisco. Pensavo davvero di amarla, Fuyumi... sul serio. E se fosse la stessa cosa con Midoriya?  Se pensassi di amarlo quando in realtà non è vero? Non so cosa si prova ad essere innamorati, quindi come faccio a capire se i miei sentimenti sono effettivamente validi? Non voglio commettere lo stesso errore con lui e... beh, e poi c’è Bakugou” Shouto confessò tutto d’un fiato. Tutte le sue preoccupazioni erano venute a galla ma Fuyumi sapeva che c’era ancora qualcosa sotto e decise di lasciarlo parlare: “Cosa c’entra Bakugou?” lo incitò.

Shouto mise da parte la sua riluttanza e continuò: “Beh, Bakugou odia questo genere di cose. E’ chiaro che non provi quello che provo io e non voglio spaventarlo, non di nuovo” confessò.
Fuyumi aggrottò la fronte: “Di nuovo?”
Shouto la guardò e si morse il labbro: “Sì, lo sai che... beh, c’era qualcosa tra noi qualche anno fa, prima che Midoriya tornasse dagli Stati Uniti” disse.
“Sì, mi ricordo ma pensavo fosse solo...”
“Sesso, sì.”
“... divertimento. Stavo per dire divertimento...” finì lei, cercando di non arrossire troppo.

Shouto si rimproverò da solo per la sua mancanza di tatto: “Scusami, ti sto mettendo in imbarazzo” si scusò.
A quanto pare è tutto quello che riesco a fare, ultimamente.
Fuyumi scosse la testa e si aggiustò nervosamente gli occhiali sul naso: “No! No, no, assolutamente... è solo che mi è ancora difficile accettare che sei cresciuto, tutto lì!” l’ultima cosa che voleva era che Shouto pensasse di non poter parlare con lei della sua vita amorosa. “Continua, ti prego.”

Shouto la guardò con sospetto ma alla fine riprese a parlare: “Sì, eravamo solo...” si fermò per trovare un parola che non fosse ‘scopamici’, “... amici di letto, ecco. Una sera, dopo che... beh, dopo quello ci siamo addormentati insieme e ci siamo svegliati abbracciati” ricordò. “Lui sembrava disgustato. Ci siamo confrontati e mentre discutevamo penso di essermi riferito alle nostre... attività, come a ‘fare l’amore’. Mi è scappato, è stato involontario, tanto che mi sono sorpreso da solo, ma lui è andato via urlando esattamente come ha fatto con Izuku e una settimana dopo abbiamo ufficialmente smesso di vederci” terminò Shouto con un sorriso triste e nostalgico. “Non voglio perderli, Fuyumi. Non so cosa fare” ammise, sconfitto. Sua sorella sembrava commossa dalle sue parole e per un attimo Shouto pensò che sarebbe scoppiata in lacrime, perché i suoi occhi luccicavano dietro alle sottili lenti degli occhiali.

Fuyumi aspettò che suo fratello si calmasse prima di prendere parola: “Posso andare ora?” aveva ascoltato con attenzione tutte le sue preoccupazioni ma ora era il suo momento di parlare e di dare la propria opinione al riguardo. “Per prima cosa, ‘amore’ è un concetto molto complesso. Io e te ci amiamo come fratello e sorella, tu ami i tuoi amici perché ti sono vicini e ti fidi di loro. Si può amare in mille modi diversi e ti credo quando dici che amavi Momo: semplicemente non l’amavi nello stesso modo in cui lei amava te. Ha fatto un favore ad entrambi ponendo fine alla vostra relazione e sono sicuro che l’abbia fatto proprio perché ti amava. Scommetto che non ti sei mai sentito con lei come ti senti quando sei con Bakugou e Midoriya. O sbaglio?”

Shouto annuì: il suo rapporto con Katsuki e Izuku era completamente diverso da quello che aveva con Momo. Lei era una cara amica ed era stata un’amante stupenda, ma niente più di quello.
“Izuku ti ha confessato i suoi sentimenti e tu non gli hai detto nulla in cambio, quindi probabilmente ora pensa che non provi le stesse cose” continuò Fuyumi. “Se davvero lo ami e hai paura di perderlo, diglielo e basta. Fidati del tuo istinto. Non devi dirlo perché te l’ha detto prima lui, ma perché lo senti... e sappiamo entrambi che è così. Quello che è successo con Momo non si ripeterà, ne sono sicura” gli disse accarezzandogli la guancia e dandogli un bacio sulla fronte. “Non sto dicendo che le cose saranno sempre perfette, non possiamo predire il futuro. Magari scoprirete di non essere fatti l’uno per l’altro e ti stancherai di loro, o magari incontrerai qualcun altro, chissà! Non pensare troppo a queste cose... goditi il presente, ok? Al momento provi qualcosa di forte e concreto per loro ed è ora che tu dia un nome a questi sentimenti. Lo so che fa paura ma non è che tu stia per chiedere loro di sposarti! Stai tranquillo!”

Le parole di Fuyumi scossero Shouto nel profondo: tutto aveva perfettamente senso e gli si erano aperte una marea di possibilità a cui non aveva mai pensato.
“Ah, e per quanto riguarda Bakugou...” aggiunse la ragazza, attirando nuovamente lo sguardo di Shouto su di sé. “E’ venuto qui, lo sai?” lo stuzzicò con un sorrisetto malizioso.
“Cosa?!”

“Sì, circa due settimane fa. Abbiamo parlato un po’ – è un ragazzo davvero brillante, a proposito – e mi ha chiesto se potevo condividere con lui la mia ricetta della soba. A quanto pare ci sta lavorando da mesi ma ancora non riesce a farla come piace a te” gli raccontò, compiaciuta.
Shouto non riusciva a credere alle proprie orecchie: Bakugou che faceva tutto questo solo per compiacerlo? Da quando era così premuroso?
“Ha un modo di fare e un linguaggio decisamente colorito ma sotto sotto è molto dolce” continuò Fuyumi, “Dici che chiaramente non prova le stesse cose che provi tu ma io penso che sia solo terrorizzato e imbranato come il resto di voi scemi...”

+++

“Hai fatto cosa?!” Mina squittì, spalancando gli occhi dallo stupore.
Kirishima si unì a lei poco dopo, scuotendo la testa: “Decisamente poco virile, amico...” sospirò deluso, togliendosi la fascia per capelli come se avesse appena terminato una delle sue sessioni di allenamento.

Katsuki alzò le braccia, esasperato: “Non sapevo cosa dire, ok?! Era tutto perfetto prima che Deku facesse scoppiare questa cazzo di bomba!” aggiunse, leggermente alticcio dopo i due bicchieri di vino che aveva appena tracannato in preda ad una crisi nervosa.
Era seduto su uno degli scomodi sgabelli della sua stanza d’albergo e aveva appena finito di cenare: sulla tavola di fronte a lui, in bilico tra i condimenti e la bottiglia di vino, c’era il tablet bianco su cui comparivano le facce stravolte di Mina ed Eijirou.

Dato che al momento si trovava in Hokkaido e non potevano vedersi di persona avevano deciso di ritrovarsi online per aggiornarsi su alcune cose, ma la conversazione si era spostata rapidamente dal lavoro alla sua vita privata, come al solito.  
“Beh, abbiamo finalmente trovato qualcosa in cui non sei bravo” borbottò Mina con tono sarcastico e quasi infastidito. “Le relazioni” disse infine.
“Sì, stavolta l’hai combinata grossa...” le fece eco Kirishima.

“Lo so! Non ho bisogno che me lo ricordiate, stronzi” cercò di difendersi il biondo, sentendosi attaccato.
Ashido ammorbidì il suo sguardo e piegò le labbra in un sorriso: “Se avevi bisogno di più tempo bastava chiederglielo. E’ di Midoriya che stiamo parlando, avrebbe sicuramente capito...”

“LO SO!” sbottò Katsuki, “Io... sono andato nel panico, ok?” confessò. “Mi piace quello che abbiamo ora, non voglio cambiarlo...” e soprattutto non voglio perderlo.
Sia Mina che Eijirou rimasero in silenzio e si guardarono in faccia, preoccupati: “Senti, penso che dovresti essere onesto con te stesso, prima di tutto. Sei innamorato?” gli chiese Kirishima dopo pochi secondi.
Katsuki lo guardò con occhi di fuoco: “E’ proprio quello il punto, idiota! Come cazzo faccio a saperlo?” ruggì.
Dio, mi sento così stupido... è tutto così assurdo!

“Beh, non c’è una regola, insomma... ognuno la vive in maniera diversa” balbettò Eijirou, preso in contropiede. Effettivamente non era una situazione semplice, specialmente se si parlava di Bakugou.
“Risparmiami le tue stronzate romantiche, Kirishima! Ho bisogno di consigli pratici” rispose il biondo.
Erano giorni che faceva fatica a dormire perché la sua mente era affollata da pensieri e domande che sentiva il bisogno di esternare. Gli serviva una soluzione immediata, e in fretta.

Il rosso deglutì e si morse il labbro: “Eh, non saprei... è un bel casino, in effetti!”
Mina gli diede una piccola spinta e alzò gli occhi al cielo: “Oddio, perché dovete essere sempre così drammatici?!” e sia Eijirou che Bakugou pensarono che fosse un’accusa pesante, detta da lei. “Eccoti un consiglio pratico” continuò la ragazza, avvicinandosi alla telecamera e spingendo il suo fidanzato leggermente fuori dall’inquadratura.
Bakugou la guardò con scetticismo, pronto a sentirsi rifilare una serie di clichés romantici e frasi proverbiali tipo ‘segui il tuo cuore’ o stronzate simili. Beh, si sbagliava.

“Ti piace fare sesso con loro?” chiese Mina, e i due ragazzi a momenti si strozzarono col vino, colti alla sprovvista. “Oh, andiamo, non fate tanto gli innocenti!” sbuffò lei, incrociando le braccia davanti al petto.
Katsuki considerò un attimo la domanda e decise di rispondere onestamente: “Sì, certo che...”
“E ti piace passare del tempo insieme?” continuò l’Eroina.
Bakugou ripensò alle belle serate di relax trascorse in casa a guardare film e a discutere sul nulla, o semplicemente ai pranzi passati insieme tra una ricognizione e l’altra: “Sì, direi di sì...”
“Senti la loro mancanza quando non ci sono?” chiese la ragazza, infine.

Katsuki immaginò se stesso nel suo appartamento: stava vagando da solo in cucina, tutto era noiosamente freddo e silenzioso e il suo letto sembrava terribilmente vuoto; non c’erano risate o bisticci di sottofondo, niente briciole sul tavolo o calzini sparsi in giro, nessuno che sonnecchiava sul divano di fronte ad uno stupido reality show. Era da solo e lo odiava.

“Sì, ed è proprio quello il pro...”
“Non è un problema, Bakugou, è un dato di fatto!” sbottò Mina, impaziente. “Ti piacciono e preferiresti passare una giornata con loro piuttosto che stare da solo. Vuol dire molto, specialmente per uno come te che odia ogni forma di vita a parte se stesso” concluse con una smorfia.
“Fottiti, Ashido!” ma sotto sotto sapeva che aveva ragione. Era lui il problema.
Proprio in quel momento un cellulare vibrò in lontananza e la ragazza rosa si alzò in piedi, ignorando gli insulti di Bakugou: “Oh, scusate, deve essere Hagakure... torno subito!” e con ciò se ne andò.

Eijirou ne approfittò per riprendere il suo posto di fronte alla telecamera: “Beh, non ha tutti i torti...”
Katsuki si incupì e distolse lo sguardo: “Com’è?” chiese all’improvviso, “Essere in una relazione, intendo... com’è?” si spiegò meglio, vedendo l’espressione confusa sul volto dell’amico.

Aveva bevuto troppo vino per preoccuparsi di quanto suonasse stupido e disperato in quel momento.
Kirishima aggrottò le sopracciglia e serrò le labbra come faceva sempre quando pensava intensamente a qualcosa: “Posso essere sincero?” iniziò, ma non aspettò che l’altro rispondesse, “Da quello che hai raccontato penso che tu sia già in una relazione, solo che nessuno di voi l’ha ancora capito. Insomma, avete l’amicizia, il sesso e l’esclusività del rapporto, le litigate stupide e i fraintendimenti... bene o male è quello che abbiamo anche io e Mina” disse con sorriso incerto.

Non aveva idea di come le sue parole sarebbero state accolte da Bakugou ed era pronto a subire una delle sue sfuriate, ma incredibilmente Katsuki si limitò a guardarlo con un’espressione sorpresa e pensierosa.
Non aveva mai visto le cose da quella prospettiva: aveva già cambiato il suo stile di vita per adattarlo a Deku e Shouto e, in fondo, sentiva di volerli rendere felici.

La loro non era più solo una scopamicizia, dentro di sé lo sapeva ormai da tempo, ma allora perché era scappato? Perché aveva così paura dei suoi sentimenti da non riuscire ad accettarli?

“Non so se li ami o no, quello devi capirlo tu, ma so che non sei mai stato bravo con le parole ed è di questo che stiamo parlando. Parole. Che tu lo dica ad alta voce o meno, quello che provi non cambierà. Insomma, non è che se non lo dici smetterai di amarli...” concluse il rosso con un sorriso gentile, e Bakugou lo fissò sconvolto. Chi diavolo sei? Che ne hai fatto del mio amico scemo?

“Tsk, le parole non mi spaventano, è solo che... non capisco perché devo per forza dirlo! E’ così stupido...”
“Non per Midoriya” gli fece notare l’altro.
“Lo so!” rispose il biondo. Che cazzo, Eijirou... che ti prende stasera? “Lo so ma... non voglio amarli, capisci? L’idea di innamorarmi...” mi spaventa a morte, ma non riuscì a terminare la frase. “Sono un Eroe, non una cazzo di principessa! Ho bisogno di tenermi libero da qualunque tipo di distrazione e non posso passare il resto dei miei giorni a preoccuparmi per loro o a chiedermi se stanno bene! E poi non sono bravo in queste cose, lo sai! Non voglio che inizino ad aspettarsi grandi cose da me perché probabilmente non sarei in grado di dargliele. E se mandassi tutto all’aria e li perdessi davvero? E se...”

“Ci stai pensando troppo, Katsuki” Eijirou bloccò il suo flusso di pensieri, “Non c’è niente di male nell’innamorarsi di qualcuno. Non è qualcosa che ti rende debole, anzi... penso sia il contrario. Sono diventato un Eroe migliore da quando sto con Mina perché ho imparato molto da lei e ho finalmente capito cosa significa essere felici. Mi ha dato una ragione in più per combattere e garantire quella stessa felicità ad altre persone” disse infine.

“Sì, ti ha anche trasformato in un cazzo di filosofo, a quanto pare!” gli fece notare Katsuki.
Eijirou scoppiò a ridere e si rimise la fascia per capelli: “E in un perfetto casalingo!” esclamò, alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso il lavello, “E’ il mio turno di pulire i piatti...” spiegò.
Katsuki sorrise e bevve un altro sorso di vino: Mine e Kirishima erano fastidiosamente perfetti insieme e lui era molto felice per loro, anche se non lo avrebbe mai ammesso.

“Ehi, se non sei sicuro dei tuoi sentimenti perché non provi a guardare le cose da un’altra prospettiva?” lo incitò il rosso, percependo l’incertezza di Katsuki dal suo sguardo pensieroso, “Cosa c’è di diverso stavolta? Cos’hanno loro che gli altri non avevano?”
“Gli altri chi?! Non è che io sia mai stato con qualcuno, prima...”
“Sì, lo so, ma... insomma, ti sarà almeno piaciuto qualcuno, ad un certo punto!” ma lo sguardo infastidito di Katsuki gli fece capire di essere fuori strada, “Mai?! Neanche una cotta, un’infatuazione... niente?”

“Beh, mi sei piaciuto tu per un certo periodo ma non penso che conti...” rispose il biondo con un leggero sorriso, sorseggiando il suo vino come se nulla fosse. Cazzo, questa roba è buona...
A quelle parole, Kirishima rimase a bocca aperta: “IO?!” gridò.
“LUI?” la voce sottile di Mina si sovrappose a quella del fidanzato.
Era tornata giusto in tempo per sentire la loro conversazione ma entrambi i ragazzi la ignorarono: Eijirou era troppo sconvolto dalla rivelazione di Katsuki e quest’ultimo era ancora stranito dalla sua reazione.

“Sì... pensavo lo sapessi!” disse, sinceramente confuso. Mi prendi in giro?
Lo aveva detto con leggerezza, per scherzarci sopra, ma a quanto pare aveva fatto male i calcoli.
Kirishima lo stava guardando ad occhi spalancati: “No! Cosa... mi dispiace, non lo sapevo...” balbettò, mollando i piatti nel lavandino per avvicinarsi alla telecamera del computer.

“LO SAPEVO!” urlò Mina, super emozionata, “Oddio, lo sapevo che c’era qualcosa tra voi due! Sero continuava a dirmi che ero pazza ma io lo sapevo! Hah!” esultò.
Bakugou avrebbe volentieri preso a pugni il tablet: “Cristo santo, datevi una calmata, tutti e due!” li sgridò con aria esasperata, “Non è che fossi innamorato!” disse, voltandosi verso Kirishima, “Io... ho fatto dei pensieri, tutto lì!” concluse, domandandosi come diavolo fosse arrivato a parlare di certe cose.

Eijirou non lo stava nemmeno ascoltando: “Perché non me l’hai mai detto?!”
“Se non fosse che l’ho fatto!” esclamò il biondo. Sapeva che Kirishima non era esattamente una mente brillante e reattiva ma era convinto che avesse almeno intuito la cosa, quando erano ancora alla Yuuei: “Perché diavolo pensi che abbia fatto coming out proprio con te?”

Mina non credeva alle proprie orecchie: “COSA!? Hai fatto coming out con lui?!” era troppo anche per lei, “Perché non ne sapevo nulla!? Oddio, che cosa carina!” disse, coprendosi la bocca con le mani in un gesto oltremodo drammatico che infastidì Katsuki e non poco.
“Pensavo avessi scelto me perché eravamo amici e... beh, Kaminari non era certo il candidato migliore! Te lo immagini?” disse il rosso. Quando si trattava di mantenere segreti o di essere discreti, Kaminari non era un’opzione valida, effettivamente. “E comunque da quando fare coming out equivale ad una confessione d’amore!?” domandò, voltandosi anche verso Mina per avere conferma di non essere pazzo.

“Pensavo fosse ovvio! Ti ho detto che facevo dei sogni e... beh, in generale ero molto appiccicoso in quel periodo” ammise, cercando di ignorare Ashido, che nel frattempo saltellava e squittiva come un topo sullo sfondo, persa nelle sue stupide fantasie.
“Cosa? No, io...” Eijirou aveva uno sguardo stanco.
“Devi davvero lavorare sulle tue capacità di conversazione, Katsuki” intervenne Mina, “Le azioni da sole non sono sempre sufficienti, a volte bisogna parlare. Se certe cose non le dici apertamente non è detto che gli altri le deducano dai tuoi atteggiamenti!”

“Aspetta, mi stai dicendo che hai capito di essere gay per colpa mia?!” chiese Kirishima, sopraffatto da quell’improvvisa epifania.
“Semmai sarebbe grazie a te, idiota, ma no. Lo sapevo già, bene o male” confessò Bakugou, distogliendo lo sguardo e sospirando, imbarazzato. “Diciamo che sei stato la conferma che cercavo.”
Non era mai stato uno di quegli idioti omofobi che pensavano che essere gay fosse qualcosa di cui vergognarsi o di cui avere paura; ad essere sinceri non gli era mai fregato nulla della propria sessualità.

Era sbocciato molto tardi rispetto ai suoi compagni e il sesso non gli era mai interessato, così come l’amore e il romanticismo; non aveva mai nemmeno sentito il bisogno di darsi piacere fino agli ultimi anni delle medie, quando aveva fatto il suo primo sogno erotico su Deku.
La cosa lo aveva disgustato talmente tanto che non era nemmeno riuscito a toccarsi: il problema non era l’aver sognato un altro ragazzo, il problema era che non riusciva ad accettare il fatto di provare certe cose per qualcuno. Chiunque. Men che meno per lui.

Aveva nascosto quei sentimenti sotto una roccia e aveva fatto finta che non fossero mai esistiti, passando il resto della sua adolescenza nella convinzione di essere in qualche modo asessuale (o almeno quella era la parola che aveva usato il suo terapista).

Tutto ciò finché non si era trasferito alla Yuuei e aveva conosciuto Shouto.
Con lui era stata pura e semplice alchimia e attrazione fisica: niente sentimenti, almeno all’inizio.
Era arrivato e in un attimo aveva capovolto la roccia sotto cui aveva seppellito quelle emozioni lontane: la tensione sessuale, l’autocommiserazione e quell’insopportabile senso di frustrazione.

Tutto si ripeteva di nuovo. Katsuki aveva iniziato a chiedersi come mai si sentisse in quel modo solo per le persone che odiava di più e aveva provato a negare tutto ancora una volta.
Il problema era che aveva represso i suoi istinti sessuali troppo a lungo e il suo corpo e la sua mente avevano iniziato a cercare una nuova valvola di sfogo. Un sostituto. Qualcosa a cui aggrapparsi.
Ed è qui che era entrato in gioco Kirishima.

Il rosso era diventato sempre più interessante ai suoi occhi e le cose avevano iniziato a sfuggirgli di mano: prima di allora non aveva mai notato quanto fosse scolpito il fisico di Eijirou e certamente non si era mai soffermato a guardare le sue labbra e a chiedersi come sarebbe stato baciarle.

La tensione e l’imbarazzo si erano fatti sempre più pressanti, soprattutto perché Kirishima era palesemente etero. Non ho speranze con lui ma almeno non è Deku e nemmeno quel Bastardo a Metà!, ecco cosa si ripeteva tutte le sere. Meglio Eijirou di quei due, ma la verità è che in quel periodo era molto confuso e perennemente eccitato. Si ricordava ancora il suo coming out:


“Ehi, Capelli di Merda!” lo chiamò dal letto, “Hai mai... sognato altri uomini?”
Kirishima sollevò la testa dal libro di matematica: “Mmh... sì, certo!” disse con aria stanca, mordendo la matita che teneva in mano, “La scorsa notte ti ho sognato! Stavamo combattendo contro un mostro fatto di marshmellow, se non ricordo male...” sbadigliò.
Katsuki alzò gli occhi al cielo: “No, idiota. Intendo... sogni sconci” specificò, sentendosi arrossire.
Eijirou aggrottò le sopracciglia, sorpreso dalla strana domanda: “Beh, sono abbastanza sicuro che fossimo nudi, ad un certo punto. Vale come sconcio?” rispose con innocenza.
“Dipende. Quando ti sei svegliato ti sentivi... strano?” chiese Bakugou con cautela.
Il rosso rise con uno sbuffo: “Sì, amico! Certo che mi sentivo strano! Un mostro fatto di marshmellow? Te lo immagini?” ma si fermò subito quando vide l’espressione seria e infastidita di Katsuki. “Aspetta... strano in che senso?” chiese, confuso.
“Strano nel senso di
duro, Kirishima!” sbottò Katsuki, indicando il cavallo dei pantaloni dell’amico, esasperato.
Questo scoppiò a ridere: “Cazzo, no! Perché diavolo dovrei...” ma quando vide il biondo impallidire e distogliere lo sguardo, imbarazzato, qualcosa scattò nel suo cervello, “...oh. Oh. OH! Aspetta...”
Katsuki strinse i denti e chiuse i pugni intorno alle lenzuola: “Come pensavo. Maledizione...” mormorò tra sé.
“Oddio, Bakugou... non lo sapevo, io... non volevo! Insomma, non c’è niente di male se tu...” il rosso sembrava sinceramente mortificato e sconvolto da quella rivelazione.
“Oh, sta zitto!” lo rimproverò il biondo, “Lo so che non sei omofobo, non c’è bisogno che ti giustifichi. Insomma, sei stupido ma non così tanto!” lo rassicurò, lasciandosi andare con la schiena contro il muro e alzando la testa per fissare il soffitto.
Non era scosso o sorpreso dalla risposta di Eijirou, sapeva che era etero e si era già messo l’anima in pace da tempo, ma sperava comunque in una risposta diversa: se anche Kirishima faceva sogni sconci sui ragazzi significava che era una cosa normale per tutti, e a quel punto i suoi sogni su Deku e Shouto potevano non significare nulla.
Kirishima rimase in silenzio per rispettare le volontà del suo amico e perché onestamente non sapeva cosa dire: “Tutto ok? Ne vuoi parlare?” gli chiese poco dopo, preoccupato.
“Sì, sto bene” rispose Katsuki, cercando di trattenere i propri pensieri, “... avevo solo bisogno di una conferma” disse.
“Una conferma di cosa?” osò chiedere Eijirou.
“Del fatto che sono fottutamente gay!”



Tornò alla realtà quando Mina iniziò ad urlare nel microfono: “Terra chiama Bakugou! Mi hai sentito? Ho detto che se vuoi puoi baciarlo, la prossima volta che ci vediamo! E’ tutto tuo!” gli disse con un ghigno.

Kirishima la guardò, confuso e scioccato: a quanto pare nessuno riteneva che fosse opportuno avere una sua opinione al riguardo.
“Potrei vomitare al solo pensiero” rispose Bakugou, bevendo un altro sorso di vino.
“Ehi!” gridò il rosso, quasi ferito dal rifiuto dell’amico.
“Sei sicuro?” insisté Mina, “Possiamo organizzare una cosa a tre, se ti va! Sei tu l’esperto, io ho sempre voluto provare...”

“MINA!” gridò Kirishima, saltando sulla sedia.
“Che c’è?!” chiese lei con aria innocente, “Potrebbe avere bisogno di un ripiego se Midoriya e Todoroki decidessero di lasciarlo, visto che è uno stronzo!” disse, lanciandogli un’occhiata acida.
Katsuki interruppe la videochiamata senza nemmeno salutarli: avevano ragione sotto ogni punto di vista e la cosa lo faceva incazzare troppo. Doveva fare qualcosa. Doveva rimediare subito.

Ma cosa poteva fare?

+++

K: Sei libero venerdì prossimo?

S: Buongiorno anche a te

K: Rispondi alla cazzo di domanda

S: Sì, è il mio giorno libero
    Perché?

K: Usciamo

S: Cosa? Dove?

K: Non lo so ancora

S: Tutto ok?

K: Sto fottutamente bene
    Pensavo solo che sarebbe carino uscire insieme
    Magari per cena

S: Ma tu odi uscire

K: Noi*

S: Ok. Noi odiamo uscire

K: Lo so
    Grazie per avermelo ricordato

S: Prego

K: Dimmi solo se ci stai, stronzo

S: E’ per Izuku?

K: Sì
    Ho rovinato il suo compleanno

S: Abbiamo*

K: ... interessante
   Che cazzo hai combinato?

S: L’ho ringraziato

K: AHAHHAHA
    beh, allora non sono più l’unico stronzo in giro
    benvenuto nel team

S: Stai zitto
    Almeno non l’ho fatto piangere

K: Fottiti

S: Anche tu
    Comunque ci sto
    Contami


Ci vediamo la prossima settimana (spero)! Fatemi sapere cosa ne pensate, tutti i consigli sono bene accetti!

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Et voilà, ecco la seconda parte! Come al solito spero vi piaccia e non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate <3 Vivo per i vostri commenti, davvero!


“Non lo so, mamma! Mi sono reso ridicolo e per cosa? E’ ovvio che non provino le stesse cose che provo io, e probabilmente li ho mandati in crisi perché non sanno come dirmi che per loro è sempre stato sesso e niente di più. Cioè, non che mi dispiaccia... il sesso con loro è wow, sia chiaro, però... oddio ma che sto facendo? Scusami, scusami davvero, non so che mi è preso! Dio, cos’ho che non va?! Perché sto parlando a mia madre della mia vita sessuale?!” Izuku si mise le mani tra i capelli e seppellì il volto tra le sue stesse braccia, appoggiandosi al tavolo e desiderando solo sparire.

Inko Midoriya provò ad intervenite ma suo figlio riprese subito da dove si era interrotto: “Comunque il problema non sussiste, tanto dubito che vogliano ancora fare sesso con me, ma se proprio dovessero averne ancora voglia mi accontenterei di quello che avevamo prima. O forse no... oddio, non lo so!” disse Izuku con voce tremante e instabile.

Con le dita tamburellava nervosamente sul bicchiere di vetro che sua madre gli aveva dato poco prima e le gambe si muovevano ritmicamente sotto al tavolo.

Era chiaramente in ansia e Inko ne ebbe la conferma quando lo vide alzarsi dalla sedia e iniziare a camminare avanti e indietro di fronte a lei: “E se continuassimo a vederci e io rimanessi bloccato per sempre in questo stupido limbo? Non voglio ridurmi così, ma che posso fare?! Sinceramente non so nemmeno cosa ci trovino di attraente in me... insomma, ma li hai visti? Potrebbero avere chiunque ma continuano a stare con me e forse è anche per quello che mi ero illuso che tra noi ci fosse qualcosa di più! Chiaramente mi sbagliavo ma parte di me ancora spera che cambino idea. Oh, ma chi voglio prendere in giro?! Non ci sto capendo nulla, ho frainteso tutto sin dall’inizio e le mie predizioni si sono rivelate inutili!” esclamò, schiaffeggiandosi la fronte con una mano e torturandosi il labbro con l’altra.

“Tesoro...”
“Dobbiamo vederci tra tre giorni, mamma... sono terrorizzato! Cosa dovrei fare? Ho evitato i loro messaggi perché ero davvero arrabbiato con loro ma ora ho davvero paura che vogliano rompere con me e non so che fare! Cioè, tecnicamente non possiamo lasciarci se non stiamo nemmeno insieme... ma hai capito. Non sono bravo a rimanere arrabbiato e non voglio perderli! Non è solo per il sesso, è... è per tutto. Dirò che è stato tutto un gigantesco malinteso e che non si ripeterà più... è la cosa migliore, no? O forse posso fingere che non sia successo nulla, insomma... alla fine è quello che voleva anche Kacchan, me lo ha chiesto lui! Probabilmente anche Shouto non vorrà parlarne, però... non ce la posso fare! Mi distrugge. Pensare che non provino le stesse cose che provo io mi distrugge! Dio, sono un disastro! Sto cercando di essere il più razionale possibile, e a giudicare dalla reazione di Kacchan direi che sarebbe meglio se...”

“IZUKU MIDORIYA!” la voce squillante di Inko riempì la stanza e il ragazzo dai capelli verdi si rese improvvisamente conto di essersi assentato mentalmente per qualche secondo.

Le guance paffute di sua madre erano paonazze e i suoi occhi lo fissavano con un misto di esasperazione e preoccupazione: “Stavi borbottando di nuovo, tesoro. Calmati, per favore...” gli disse gentilmente, dopo qualche secondo di imbarazzo.
Non voleva alzare la voce con suo figlio ma era da un po’ che chiamava inutilmente il suo nome e lui chiaramente non la stava ascoltando: Inko era abituata al farfugliare nevrotico di Izuku e sapeva bene che era meglio fermarlo subito, prima che i pensieri lo sopraffacessero.

“Giusto, scusami...” Izuku sembrava mortificato e prese un profondo respiro per calmare il battito del suo cuore e ritrovare il proprio contegno, ascoltando il suggerimento di sua madre.

L’aveva chiamata quella mattina stessa perché aveva un disperato bisogno di parlarle di quanto era accaduto, soprattutto dopo aver ricevuto il messaggio di Kacchan: la sera prima gli aveva chiesto di uscire a cena, venerdì, e a quel punto il suo cervello era andato ufficialmente in tilt. Di nuovo.

Aveva provato ad affrontare la cosa da solo ma la sua ansia aveva preso il sopravvento e ora non sapeva come frenare i propri pensieri negativi e autodistruttivi.
Dal canto suo, Inko era sempre felicissima di sentirlo – specialmente da quando era tornato dagli Stati Uniti – ma non si aspettava di vederlo fino al weekend successivo e la sua visita improvvisa l’aveva colta di sorpresa: non era la prima volta che Izuku veniva da lei in cerca di consigli – avevano sempre avuto un rapporto molto aperto e sincero – ma non avrebbe mai immaginato di vederlo così sconvolto.

Quando si era presentato da lei sembrava pallido e stanco, aveva le labbra secche e rosicchiate e sotto agli occhi gli si allargavano due ombre scure per mancanza di sonno.
Oh, bambino mio... che ti hanno fatto?, era stato il suo primo pensiero, ma ora che conosceva tutta la storia aveva capito qual era il vero problema.

Izuku era sempre stato un bambino molto timido e sensibile, probabilmente fin troppo buono e generoso per questo mondo; essendo nato senza Quirk, era cresciuto con dei seri problemi di autostima – e in parte Inko si dava la colpa, per questo – ma era riuscito a superare le sue debolezze con coraggio e dedizione, diventando un Eroe brillante.
Era molto fiera di lui ma era anche ben consapevole che non fosse più un bambino; eppure a volte anche gli Eroi più coraggiosi vacillano di fronte alle loro emozioni e hanno bisogno di qualcuno che li ascolti e li guidi. Il lavoro di una madre era anche quello.

“Ascoltami bene,” gli disse, prendendolo per le spalle e invitandolo a risedersi, “non puoi sempre razionalizzare tutto. A volte devi mettere da parte il tuo quaderno e smetterla di prendere appunti” continuò, cercando di metterlo a suo agio e di farlo calmare.

Izuku la guardò con occhi attenti: “Ma...”

“No, lasciami finire” la voce di Inko era ferma e decisa. “Sarò sincera, la prima volta che mi hai parlato di questa tua relazione ero molto scettica al riguardo: trovavo tutto molto strano e non capivo, perché non avevo mai pensato a te come a quel tipo di persona. Ochaco mi piaceva e mi è dispiaciuto sapere che vi eravate lasciati, ma ho pensato che fosse giusto lasciarti sperimentare. Mi sono detta che sei giovane e che certe curiosità sono normali, alla tua età. Poi ti ho visto in tv insieme a loro e ho capito: ho visto come ti illumini ogni volta che parli di loro, e la complicità tra voi è innegabile. Non sono ancora pienamente convinta di questa... cosa a tre, ma so che ti rendono felice ed è tutto quello che mi serve” confessò.

Izuku sentì gli occhi riempirsi di lacrime: “Sì, lo so... può sembrare strano dall’esterno ma...”

“Non è questo il punto, caro” lo interruppe lei, prendendogli la mano. “Sei innamorato e non c’è nulla che tu possa fare per cambiarlo. Forse in futuro questo amore scomparirà o si trasformerà in qualcos’altro, chi lo sa, ma al momento li ami e hai tutto il diritto di dirlo ad alta voce. Per cui lascia che ti dica una cosa: non ti azzardare mai più a chiedere scusa per i tuoi sentimenti. Mai!” era da tempo che Izuku non vedeva uno sguardo così serio sul volto di sua madre.

“Le tue emozioni non sono qualcosa che devi nascondere o di cui ti devi vergognare, e soprattutto non sono mai sbagliate. Mettitelo bene in testa. Hai fatto la cosa giusta a dire espressamente come ti senti e non è colpa tua se loro non erano pronti” affermò la donna, asciugandosi gli occhi umidi di lacrime. Anche Izuku era commosso ma non riuscì a dire nulla perché Inko riprese a parlare e aggiunse qualcosa che lo lasciò senza parole: “Ora, è vero che Bakugou non mi è mai piaciuto troppo, ma...”

“M-Mamma?!” squittì Izuku, scioccato. Sapeva che sua madre non aveva sempre approvato quella relazione, specialmente all’inizio, ma non aveva mai pensato che ci fosse dell’altro sotto.
 
“Che c’è? Davvero pensavi che non sapessi nulla di quello che succedeva a scuola? O che non mi importasse? Non hai idea di quante volte sono stata nell’ufficio del preside! Ho provato anche a trasferirti in un’altra scuola ma quando te ne ho parlato hai iniziato a sbraitare e a dire che volevi rimanere con i tuoi amici, e a quel punto ho fatto un passo indietro. Eri abbastanza grande per prendere le tue decisioni da solo e volevo rispettarle, anche se forse avrei fatto meglio ad impormi di più. Chissà...” disse, pensierosa. “Non ho mai capito esattamente perché nonostante tutto fossi così legato a Katsuki...”

Izuku non credeva alle proprie orecchie: “I-Io non so cosa dire. Kacchan non è la persona più facile da avere attorno, è vero, ma posso assicurarti che è una delle più attente e sincere. Ne abbiamo parlato e si è scusato per tutto quanto. Sta cercando di essere una persona migliore. E’ una persona migliore.”

“Lo so, mi fido di te ed era proprio lì che volevo arrivare! Bakugou non mi è mai piaciuto troppo ma ho visto quanto è cambiato nel corso degli anni e penso che in buona parte sia grazie a te. E’ sempre stato un ragazzino difficile ma sono convinta che a modo suo ti abbia messo su un piedistallo e per quanto io possa essere diffidente so che ti ha salvato la vita più volte e di questo gli sarò sempre grata” lo rassicurò lei. “Avete sempre avuto uno strano rapporto, voi due...” disse, ripensando a quando erano solo due marmocchi spensierati, “Sai, tecnicamente siete sposati.”

Izuku sputò l’acqua che stava per deglutire e per poco non si strozzò: “Che cosa!?!”

Inko scoppiò a ridere: “Scusa, avrei dovuto prepararti alla notizia! Sì, probabilmente non te lo ricordi ma quando avevate cinque anni gli hai chiesto di sposarti... lui ha accettato, ovviamente. Sono stata io a dichiararvi marito e moglie, adesso che ci penso!”

Izuku arrossì dalla testa ai piedi ma non riuscì a trattenere un sorriso: “Fammi indovinare... io ero la sposa?”
Inko sogghignò: “In realtà...”
“NON CI CREDO!”

“Già. Non ricordo esattamente come, ma in qualche modo lo hai convinto ad essere tua moglie. C’entrava qualcosa il fatto che lui stesse meglio vestito di bianco...” disse Inko, scoppiando in una risata cristallina.

“Dio, che imbarazzo...” mormorò Izuku, anche se per un attimo si dimenticò dei suoi problemi e immaginò se stesso di fronte ad un finto altare, la mano di Katsuki tra le sue.

“No, è una cosa molto tenera, invece” rispose sua madre, accarezzandogli dolcemente la guancia.

Rimasero in silenzio per qualche secondo, poi Inko riprese a parlare: “Non conosco molto bene Todoroki ma so per certo che pende dalle tue labbra e che si preoccupa moltissimo per te. Ho visto come ti guarda, tesoro, e se posso permettermi ce l’ha scritto in fronte che è cotto di te: dalla prima volta che ha messo piede in questa casa, quando ancora eravate alla Yuuei, ho visto sempre e solo ammirazione e affetto per te nei suoi occhi. Sinceramente non so perché sei convinto che non provino le stesse cose che provi tu...”

“Perché... beh, te l’ho detto come hanno reagito! Non hai visto le loro facce ma...”

“Da quanto ricordo Bakugou non è mai stato un granché con le parole e mi sembra di capire che Todoroki non sia da meno. Secondo me il problema è che parlate lingue diverse, tutto lì. Non saprai mai come si sentono se non ne parli apertamente con loro” disse, riempiendogli nuovamente il bicchiere di acqua fresca.

“Le persone amano in modi diversi, Izuku. Sei saltato subito alla conclusione che loro non ti amino solo perché non hanno reagito come avresti reagito tu, ed è qui che ti sbagli! Magari semplicemente non sono ancora pronti a dirlo, o magari non sei l’unico che ha bisogno di qualche parola di conforto. Potresti averli involontariamente messi di fronte a qualcosa a cui non avevano ancora pensato, ma questo non significa che non ti amino. Forse dovresti solo fare un passo indietro e lasciare che il tempo faccia il suo corso, senza per questo negare quello che provi. Sii sincero” gli suggerì.

Izuku non sapeva cosa dire, sua madre era sempre una risorsa inesauribile di saggezza: “Hai ragione, devo aprire la mente e cercare di vedere le cose dalla loro prospettiva. Forse sono stato troppo impulsivo e ho giudicato troppo in fretta... ma se avessi ragione e loro davvero non mi volessero in quel senso?”

“Dovete vedervi tra qualche giorno, giusto? Usa quest’opportunità per capire meglio la situazione! Sei mio figlio e ti voglio bene, qualunque cosa tu decida di fare, ma da madre è il mio lavoro dirti quando secondo me stai facendo uno sbaglio: se vai là e fingi che non sia successo nulla ti condannerai ad un futuro di dubbi e rimpianti. Sei davvero disposto a vivere una vita del genere solo perché hai paura di scoprire una verità che preferiresti non conoscere?”


+++


“Vuoi stare fermo, per favore!?” sibilò Katsuki mentre cercava di sistemare la cravatta di Izuku.
“Scusa, mi fai il solletico...” rispose questo, abbassando il mento per ammirare le dita del biondo che armeggiavano con il tessuto verde che gli pendeva dal collo.

Kacchan era così vicino che Izuku riusciva a distinguere l’odore fruttato del suo shampoo e quello fresco e inebriante del suo profumo: la sua espressione seria e concentrata lo rendeva ancora più bello del solito e la camicia borgogna che indossava metteva in risalto i suoi occhi rossi, creando un contrasto affascinante con il chiarore di pelle e capelli. I
zuku cercò di non fissarlo troppo intensamente perché non voleva sembrare disperato, ma parte di lui gli avrebbe volentieri strappato quei bei vestiti di dosso.

“Le ragazze hanno i tacchi, noi abbiamo le cravatte. Smettila di frignare come un bambino!” lo rimproverò Katsuki, troppo concentrato sul suo lavoro per notare lo sguardo affascinato di Izuku.  

“Lo sai che non sono bravo con queste cose...” si imbronciò quest’ultimo, indicando i propri vestiti eleganti.

“Non piacciono nemmeno a me, ma è così che gira il mondo” rispose il biondo, lisciandogli la camicia con il palmo della mano e annunciando così la fine della sua opera; a differenza di quella di Izuku prima del suo arrivo, la cravatta nera di Katsuki era perfettamente annodata e il suo look era semplicemente impeccabile.

Shouto ha ragione, pensò Deku, dovremmo bruciargli tutti i pantaloni sportivi e le magliette sformate per rimpiazzarle con camicie e completi eleganti... ma scacciò immediatamente quei pensieri.
Amava troppo le felpe e le tute di Katsuki per liberarsene tanto facilmente.

“Dovevi proprio prenotare in un ristorante così sofisticato? Uno qualunque sarebbe andato bene, lo sai...” disse invece.

“Seriamente?!” Katsuki lo fulminò attraverso lo specchio, mentre con le dita si sistemava i capelli recentemente spuntati, “Sei tu quello che si lamenta perché non usciamo mai insieme... non è un mio problema se a venticinque anni ancora non sai ancora annodarti la cravatta!” ruggì il biondo, completando il suo look con un’elegante giacca nera.

“Ok, ok, ho capito!” disse Izuku, alzando le mani in segno di resa, “Era giusto per dire...”
“Beh, non dire niente, allora. Se davvero devo mangiare in un ristorante voglio almeno che sia un ristorante decente!” affermò l’altro, voltandosi verso Izuku e squadrandolo da capo a piedi.

Il ragazzo indossava una camicia bianca a strisce verdi che si intonava perfettamente con i suoi ricci smeraldini e con la pelle lentigginosa: i capelli erano un po’ più lunghi del solito e leggermente tirati indietro per mettere in risalto i suoi tratti dolci e quasi femminili; un gilet scuro completava il look, insieme alla tanto odiata cravatta e ad un paio di pantaloni neri.

Forse Shouto ha ragione, dovremmo vestirci così più spesso.

“Andiamo, siamo già in ritardo!” disse invece, incitando Deku con una leggera pacca sulla spalla e cercando di ignorare la strana sensazione che gli stava formicolando nel ventre. “Stai bene, Nerd” ammise infine.
Sapeva che Deku non si prendeva mai troppo sul serio e che probabilmente si sentiva a disagio in quei vestiti perché... beh, perché era un idiota, ecco perché!

Izuku, che in effetti si stava già preoccupando di apparire ridicolo, prese un grosso respiro di sollievo quando sentì quelle parole: “Grazie, lo apprezzo molto” disse sinceramente. Si sporse verso di lui come per dargli un bacio ma si tirò indietro subito dopo, chiedendosi se fosse appropriato o no, vista la situazione.

Bakugou gli sorrise con un accenno di amarezza negli occhi: quel gesto non gli era sfuggito e non riusciva a fare a meno di pensare che non si erano ancora baciati dall’ultima volta che si erano visti.

Izuku aveva deciso di passare una serata tranquilla e spensierata insieme ai suoi due compagni: vedrò come andrà la serata e agirò di conseguenza. Devo ancora chiarire alcune cose nella mia testa e sento che questo è l’unico modo per farlo.
Katsuki, dal canto suo, era seriamente preoccupato che Izuku volesse lasciarlo: aveva paura che tirare fuori l’argomento sarebbe stato controproducente e aveva quindi deciso di posticipare il più possibile la discussione.
Devo guadagnare tempo... mi assicurerò che passi una bella serata e aspetterò il momento giusto per parlare.

Con questi pensieri in testa, uscirono dall’appartamento di Izuku e attraversarono il parcheggio interno del palazzo per raggiungere la macchina di Katsuki: avevano entrambi la patente – a differenza di Shouto, che era negato per tutto ciò che aveva a che fare con qualunque tipo di tecnologia moderna – ma Kacchan aveva insistito per venirlo a prendere e Izuku non era nessuno per dire di no; odiava guidare.

“Merda!” imprecò Katsuki, seduto al posto del conducente, “Dammi le chiavi, ho dimenticato il portafoglio” continuò, aprendo il palmo di fronte a Izuku e aspettando che questo gli passasse il mazzo di chiavi. “Aspetta qui, torno subito” aggiunse subito dopo, uscendo dalla macchina. Izuku lo osservò correre verso il palazzo e scomparire oltre la porta principale.

Mentre aspettava pazientemente il suo ritorno pensò che sarebbe stata una buona idea accendere la radio per ascoltare un po’ di musica, ma se ne pentì subito.
A quanto pare non era musica, quella che Kacchan ascoltava quando era da solo in macchina:



 “... ora prendete un profondo respiro e rilasciate tutti i pensieri negativi che avete accumulato nelle ultime ore. Inspirate. Raccogliete tutta la rabbia, accettatela, fatela vostra... e ora espirate. Rilasciate, così. E ancora. Ricordate: non possiamo sbarazzarci di tutte le energie negative che ci circondano, ma possiamo imparare a contenerle e ad usarle a nostro vantaggio. Bene. Ora di nuovo. Sono qui per aiutarvi a gestire la vostra rabbia, così che...”



“Che cazzo stai facendo?!” tuonò Kacchan, aprendo lo sportello.

Izuku trasalì e cercò di spegnere la radio, ma gli ci vollero una serie di tentativi prima di riuscirci: “K-Kacchan, sei tornato! Hai fatto in fretta...” sorrise, anche se ormai era tardi per dissimulare.
Si sentiva come se avesse sorpreso Kacchan a guardare un video porno e non sapeva cosa dire; anzi, forse in quel caso sarebbe stato meno imbarazzante e sicuramente più facile da processare.

Si fissarono per una manciata di secondi, finché Katsuki si decise a rompere il silenzio: “Mi aiuta ad affrontare il traffico, ok?” si imbronciò, arrossendo e mettendo in moto la macchina, diretto al ristorante.
Izuku si limitò a guardarlo con un sorriso: sapeva che Kacchan stava lavorando su se stesso e sul proprio caratteraccio, ma non immaginava avesse preso la cosa tanto seriamente.

Il vero motivo per cui Katsuki ascoltava podcast di meditazione guidata mentre viaggiava, però, non era esattamente il traffico: in quanto Eroe sapeva di dover migliorare il proprio rapporto con il pubblico, ma principalmente voleva diventare una persona migliore per i suoi amici e, soprattutto, per Izuku e Shouto.

Era già stato da un paio di psicologi quando era un ragazzino e al momento ne vedeva uno due volte al mese, ma da quando aveva scoperto che nel tempo libero poteva ascoltare video e podcast rilassanti non riusciva a farne a meno. Lo aiutavano molto, anche se si sentiva stupido.

Il resto del viaggio proseguì molto tranquillamente: Izuku gli chiese dell’operazione a Sapporo e Katsuki gli parlò di alcuni sviluppi sulle indagini; per il resto del tempo rimasero in silenzio, quel tipo di silenzio che puoi permetterti solo con le persone che ti sono più vicine e con cui ti senti più a tuo agio.

Avevano quasi raggiunto la loro destinazione quando a momenti una macchina li tamponò ad un incrocio: “Cristo santo! Se non sai guidare perché non ti compri un fottuto triciclo, al posto di un SUV, eh?! Sì, parlo con te, stronzo! Chi cazzo te l’ha data la patente?! Li vedi quei triangolini bianchi? Sai cosa significano? SIGNIFICANO CHE DEVI DARE LA PRECEDENZA, BRUTTA TESTA DI CAZZO!” Katsuki aveva abbassato il finestrino e stava urlando all’altro conducente, che nonostante avesse torto non la smetteva di insultarli e di suonare il clacson. “Suona ancora quel maledetto clacson e giuro che faccio saltare in aria quell’inutile cervello che ti ritrovi e te lo infilo su per il...”

Kacchan!” Izuku lo riportò alla realtà e lo convinse ad andare avanti per la sua strada, “Sai, è in momenti come questo che dovresti ascoltare la gentile signora alla radio e contare fino a dieci...” gli disse con un sorriso divertito. C’era qualcosa di stranamente familiare nel sentirlo brontolare  al suo fianco.

“Vaffanculo! Ma l’hai visto? Dio, quanto odio la gente...” ruggì il biondo, stringendo i denti.

Izuku aspettò che si calmasse poi, senza dire nulla, riaccese il podcast:



 “... possiate apprezzare le belle cose che la vita ha da offrirvi e...”



Katsuki spense subito la radio e lo fulminò con lo sguardo: “Sai, devi ringraziare la gentile signora alla radio se non ti butto fuori dalla macchina in questo preciso momento!”


+++


Siccome era fuori città, impiegarono più tempo del previsto per arrivare al ristorante: nessuno di loro voleva essere visto in pubblico da persone che potevano facilmente riconoscerli e rovinare la loro serata; allontanarsi dalla loro area lavorativa e residenziale era una delle poche cose che potevano fare al riguardo.
Fondamentalmente, non volevano attirare l’attenzione dei media.

Non che si vergognassero della loro sessualità – il mondo era pieno di Eroi ed Eroine omosessuali – ma non volevano diventare il nuovo argomento di discussione popolare: i giornali avrebbero banchettato per mesi alla notizia che tre dei più noti Eroi emergenti del Giappone uscivano insieme.

Per quanto amasse essere sempre al centro dell’attenzione, Katsuki era molto riservato sulla sua vita privata e Shouto non poteva gestire un altro scandalo mediatico, al momento: in tv si discuteva ancora di Touya e delle peculiari dinamiche della famiglia Todoroki, per non parlare della sua rottura con Yaoyorozu.

Anche Izuku sapeva bene come fosse vivere una relazione pubblica – tutti sapevano di lui e Ochaco, quando stavano insieme – e sapeva anche che, nonostante le sue numerose ansie e paranoie, era capace di gestire quel tipo di pressione; questo non significava che avesse voglia di rituffarsi in quel tipo di situazione, però.

L’opinione pubblica, la tensione continua, le domande impertinenti e troppo personali durante le interviste... se il pubblico avesse iniziato a guardarli diversamente anche la loro relazione ne avrebbe risentito e sarebbe diventato un inferno. Nessuno di loro ne aveva voglia.

Un’altra delle ragioni per cui non erano mai usciti insieme seriamente era che... beh, non erano ufficialmente fidanzati e cenare insieme in un ristorante di lusso era una cosa che di solito facevano i fidanzati, non certo gli scopamici. Il massimo che si concedevano, ogni tanto, era mangiare qualcosa in un fast-food o bersi una pinta in un pub di periferia, dove avevano più probabilità di passare inosservati indossando abiti trasandati, occhiali e berretti.

Il fatto di non poter avere un appuntamento normale con Katsuki e Shouto aveva iniziato a pesare sulle spalle di Izuku, ultimamente, ma capiva e rispettava la reticenza degli altri due: poi, dal nulla, avevano preso iniziativa e gli avevano chiesto di uscire; Deku sapeva che lo avevano fatto per lui – Katsuki odiava la gente e Shouto si sentiva a disagio nei luoghi affollati – ma non capiva esattamente perché.

“Dove cazzo è finito?!” brontolò Bakugou, riportando Izuku alla realtà.

Erano seduti ad un tavolo elegantemente apparecchiato e stavano aspettando l’arrivo di Todoroki: “Rilassati! Sarà qui a momenti!” gli disse Izuku, cercando di calmarlo. Sapeva che Kacchan era una persona molto meticolosa e puntuale ma Shouto era in ritardo solo di qualche minuto e il biondo stava decisamente esagerando.

“Posso portarvi qualcosa da bere, signori?” un cameriere con un sorriso gentile si avvicinò al loro tavolo.

Izuku non aveva la più pallida idea di cosa rispondere e si voltò verso Katsuki: “Erm, non saprei...”

“Sì, il solito” il biondo alzò lo sguardo spazientito sul cameriere, mettendolo in soggezione. Il poveretto non poteva sapere che il nervosismo di Katsuki non era rivolto a lui. “Chiedi pure a Francesco, lui lo sa” continuò l’Eroe, notando l’espressione intimidita del cameriere e ricordandosi di essere gentile, “... grazie”.

“Il solito?” chiese Izuku non appena furono soli.

Pensavo che odiasse i ristoranti... chi è questo Francesco? Un’improvvisa scintilla di gelosia e sospetto lo colpì, ma cercò di spegnerla immediatamente. Non essere stupido.

Katsuki alzò gli occhi al cielo: “Sì, conosco il proprietario di questo posto, è un grandissimo chef. Ho seguito uno dei suoi corsi di cucina, qualche anno fa, e siamo rimasti in contatto” gli spiegò. “D’altra parte ero il suo miglior studente” aggiunse con un sorriso compiaciuto.

Izuku voleva saperne di più su queste fantomatiche lezioni di cucina e presto scoprì che Francesco era un uomo di mezza età, padre di quattro figli e felicemente sposato. Decisamente non un potenziale rivale.
Senza dubbio era un brav’uomo, però, perché aveva giurato a Katsuki assoluta riservatezza.

Aveva garantito loro un tavolo privato nel suo ristorante, lontano da occhi indiscreti: li aveva messi in un’area piuttosto isolata, separata dalla stanza principale, insieme ad un paio di altre prenotazioni; data l’ampiezza della sala, ogni tavolo era abbastanza distante da garantire la privacy di tutti i commensali.

Dopo qualche minuto il cameriere servì loro un vino dolce e speziato, insieme ad un cestino pieno di pane e grissini appena sfornati: “Offre la casa” disse il ragazzo, con un impercettibile inchino.

Izuku lo ringraziò e si voltò verso Katsuki, che si stava già portando il bicchiere alle labbra: “Kacchan, no! Dobbiamo aspettare Shouto” lo rimproverò.

Il biondo borbottò qualcosa sul fatto che non gli importava un bel niente dei problemi di Shouto, ma alla fine fece come gli era stato chiesto e abbassò il calice.

Non dovettero aspettare a lungo, però, perché Todoroki comparve giusto qualche minuto dopo con una rosa rossa in mano e il passo svelto di qualcuno che si sentiva osservato: c’era qualcosa di diverso in lui, qualcosa che aveva fatto voltare non solo Katsuki e Izuku, ma anche gli altri commensali.

Izuku rimase a bocca aperta: "Oh merda... dimmi che lo vedi anche tu, ti prego" disse allungando una mano verso Bakugou, che per poco non si strozzò con i grissini che stava nervosamente rosicchiando.

Sì, lo vede anche lui.


TAN TAAAAN. Cosa avrà combinato il nostro caro Todoroki? Lo scoprirete nella prossima puntata <3

Vi preannuncio che tutta questa storia sarà costellata da momenti imbarazzanti e scelte di scrittura discutibili, me ne rendo conto, ma avevo in mente troppe scenette divertenti e al limite dell'assurdo e dovevo in qualche modo metterle per iscritto.
Un esempio? Bakugou che ascolta ASMR e video di meditazione guidata. Ho esagerato? E' ridicolo?
Non lo so, ma l'idea mi faceva troppo ridere. Spero abbia fatto sorridere anche voi <3

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Bene, eccoci qui. Mi piange il cuore ma era giunto il momento di pubblicare anche quest'ultima parte...
Non aggiungo altro, aspetto di ricevere i vostri commenti e le vostre opinioni!
Spero davvero di non deludervi e di farvi sorridere: mi sono lasciata andare all'umorismo in questa storia e spero di non avere esagerato con le cose strambe o stupide (ho un umorismo un po' strano, lo so :( )
Buona lettura!




I suoi capelli, solitamente bicolore, erano ora completamente rossi e tirati indietro fino a scoprirgli le orecchie: Izuku rimase a bocca aperta e Katsuki per poco non si strozzò con i grissini che stava nervosamente rosicchiando.

“Scusate il ritardo... ho litigato con mio padre e non sapevo più come liberarmene” disse Shouto, prendendo posto al tavolo. Subito dopo si allungò per porgere la rosa a Deku, “Ah, questa è per te, spero ti piaccia” aggiunse con un sorriso incerto.
Il corpo di Izuku si mosse da solo per afferrare il fiore rosso dalla mano di Shouto, ma era talmente sconvolto che riuscì a sussurrare solo un impercettibile ‘grazie’.

Todoroki si voltò verso Katsuki: “A te non ho preso nulla perché so che queste cose non...” ma era chiaro che nessuno dei due lo stesse ascoltando, poteva leggerlo nei loro sguardi assenti, “E’ così terribile?” chiese, sollevando le sopracciglia in attesa di un riscontro sul suo nuovo look.

Izuku avrebbe voluto dirgli che no, era tutt’altro che terribile, ma furono altre le parole che uscirono dalla sua bocca: “Shouto... perché?” chiese.

“Avevo detto discreto!” esplose Katsuki poco dopo, cercando di non alzare troppo la voce.
Todoroki li stava guardando dall’altro lato del tavolo, magnifico nella sua camicia blu e nel suo completo bianco. Solo lui poteva stare bene con un look così particolare – chiunque al suo posto sarebbe apparso semplicemente ridicolo – e Katsuki trovava la cosa piuttosto fastidiosa. Nessuno dovrebbe stare così bene con un paio di pantaloni bianchi.

“Sì, lo so! Ci ho provato ma non penso abbia funzionato moltissimo...” cercò di difendersi il rosso.
“Per forza non ha funzionato!” Katsuki dovette lottare contro il bisogno di urlare apertamente la sua frustrazione, “Sei l’esatto opposto di ciò che definirei discreto, Shouto!” disse, cercando di mantenere la propria compostezza.

La verità era che Shouto era incredibilmente bello con i capelli tinti e acconciati in quel modo: la tonalità scura che aveva scelto metteva in risalto i suoi occhi chiari e la ricercatezza dei vestiti lo faceva sembrare il principe misterioso di un altro universo.
“Cosa avrei dovuto fare? Mi dici sempre che ho i capelli appariscenti, pensavo che...” iniziò il rosso, irritato. Non capiva dove aveva sbagliato questa volta.

Katsuki si portò un palmo alla fronte: “Oh, andiamo! Lo sai che quelle sono le cazzate che dico quando mi annoio, per prenderti in giro! Non ti ho mai chiesto di tornare alla tua fase emo!”
“Ma hai detto...”
“Intendevo di non strafare e di assicurarti di non essere seguito dai paparazzi, idiota! Ecco cosa intendevo con discreto!”
“Oh”, tutto iniziava ad avere senso nella testa di Shouto, “quindi non parlavi dei capelli...”
“Come se i capelli fossero il tuo unico problema!” ringhiò Katsuki.
“In che senso?”
Izuku non riuscì più a trattenersi: “Shou’, i tuoi occhi... e la cicatrice” gli fece notare. “E’ praticamente impossibile non riconoscerti, dovresti cambiare faccia” concluse con un sorriso quasi dispiaciuto.

Shouto serrò le labbra e non seppe cosa rispondere: sapeva di essere il più riconoscibile dei tre – la maggior parte delle volte la gente si fermava per chiedergli una foto e solo dopo notava gli altri due – e per una volta voleva provare a passare inosservato e a mimetizzarsi tra la folla; era così abituato a vedersi in faccia tutte le mattine che non aveva pensato alla cicatrice o al suo sguardo così peculiare.

Bakugou scosse la testa: “Sei come un semaforo in mezzo al deserto, qualunque cosa tu faccia darai sempre nell’occhio! Sei...”
“Strano?” chiese Shouto con voce tagliente, pronto a difendersi dall’offesa imminente.
Katsuki trattenne il fiato per un secondo: “Unico” disse invece, arrossendo impercettibilmente. “E ora hai solo peggiorato la situazione!” aggiunse.

Shouto non si aspettava certo una risposta del genere, non da Bakugou: “Io... mi dispiace. Non volevo rovinarvi la serata” disse infine, abbassando lo sguardo sul tavolo.
Avevano ragione: non solo le persone potevano ancora riconoscerlo benissimo ma si sarebbero anche chieste per quale motivo si fosse tinto i capelli. Immaginava già i titoli sui giornali.

“Non intendevamo questo!” intervenne Izuku prontamente, prendendo la mano di Shouto da sopra il tavolo, “E’ solo che non ci aspettavamo di vederti così e... beh, stai molto bene!” disse, abbassando lo sguardo, imbarazzato, “Forse un po’ troppo.”
“Beh, grazie ma...”
“Oh, piantala! Non hai rovinato un bel niente, rilassati!” Katsuki alzò gli occhi al cielo e riempì il bicchiere di Shouto, “Hai solo confermato la mia teoria secondo cui in realtà sei un’idiota”aggiunse, sollevando il calice di fronte a sé. “Alla salute!” brindò, impaziente.

Todoroki gli fece il dito medio ma sia lui che Izuku alzarono i bicchieri, brindando a nulla in particolare: “Pensavo che non ti piacesse l’alcool...” notò Izuku, lanciando uno sguardo curioso a Kacchan.
“Mi piace se è roba di qualità” rispose il biondo, sorseggiando il suo vino.
Non voleva ubriacarsi – doveva comunque guidare fino a casa, dopo cena – ma aveva bisogno di sciogliersi un pochino e il vino era un aiuto efficace e piacevole al palato.

Dopo un po’, tutti e tre decisero che era giunta l’ora di leggere il menu: “Paghi tu, giusto?” chiese ironicamente Shouto, spostando lo sguardo su Katsuki. Non era esattamente un ristorante economico.
Il biondo li sorprese entrambi con la sua risposta: “Certo che pago io, non sono tirchio come te” disse.
Shouto fu colto alla sprovvista: lo aveva detto per scherzare ma Katsuki sembrava molto serio.

“Cosa?” squittì Izuku. Che sta succedendo? “No, non puoi...”
“Sì che posso. Prendilo come un regalo di compleanno in ritardo, ok?” sbottò Katsuki, nascondendosi dietro al bicchiere per evitare lo sguardo indagatore di Deku.

Shouto aggrottò la fronte: “E io? Il mio compleanno è tra sei mesi...” gli fece notare, confuso.
Katsuki si morse il labbro: “Se hai qualche problema puoi sempre pagare per i fatti tuoi, sai?”
Shouto sollevò le mani in segno di resa: “Ero solo curioso! Meglio così, ho sempre voluto provare l’aragosta...” disse, “Oh, guarda, hanno anche il caviale!” aggiunse con un sorriso malevolo che fece ribollire Katsuki di rabbia.
“Sei insopportabile...” borbottò il biondo, cercando di ignorare la scintilla di eccitazione che gli stava formicolando nel ventre. Aveva sempre avuto un debole per le provocazioni di Shouto.

Izuku li ignorò entrambi, ancora confuso da quello che stava succedendo: “Kacchan, sei sicuro? Non devi...”
Ma Katsuki sembrava più che convinto: “Insisto” disse semplicemente.
Izuku non aveva altro da dire, a quel punto: “Beh, grazie allora. E’ molto gentile da parte tua” sorrise.
Shouto si unì a lui, questa volta per davvero: “Sì, grazie, Katsuki” disse.
“Sì, sì, ok... prego!” Bakugou mise fine a quella discussione perché stava iniziando a sentirsi vulnerabile e in imbarazzo. “Possiamo ordinare adesso? Ho fame” continuò.

“Tu cosa prendi, Kacchan?” gli chiese Izuku, più per curiosità che per altro; aveva già adocchiato un piatto a base di riso, zafferano e salsiccia che sembrava molto invitante e voleva assolutamente provarlo.

“Prendo le penne all’arrabbiata” rispose il biondo con un sorriso compiaciuto, al che sia Izuku che Shouto scoppiarono a ridere, incapaci di trattenersi. “Che c’è?!” chiese Katsuki, confuso.
Izuku fu il primo a parlare: “Niente, è solo che...”
Tu che mangi le penne all’arrabbiata...” continuò Shouto.
“Scusa ma fa molto ridere” rispose Izuku, cercando di ritrovare la propria compostezza.
“Già, ti si addice” convenne Shouto, prendendo un altro sorso di vino.
“Fottetevi, tutti e due!” sbottò Katsuki, arrossendo impercettibilmente.

Shouto e Izuku ridacchiarono ancora per qualche secondo poi tornarono a guardare il menu: “Uffa, non hanno la soba...” si lamentò Shouto poco dopo, deluso.
“Per forza non hanno la soba, è un ristorante italiano!” ringhiò Katsuki, esasperato. “Non guardarmi così, non è colpa mia se sei un fottuto soba-dipendente!”

Shouto alzò gli occhi al cielo: “Detta così sembra che mangi solo soba!”
“Beh, ne mangi parecchia, Shou...” gli fece notare Izuku.
“Sì ma mangio anche altre cose!” insistette il rosso, “Insomma, mi piace praticamente tutto quello che cucini” aggiunse, voltandosi verso Katsuki. Da quando Fuyumi gli aveva parlato della sua visita si era sentito in colpa e voleva in qualche modo farsi perdonare.

“Tsk, certo. Non la mia soba, però”  grugnì il biondo, distogliendo lo sguardo.
“Beh, non è buona come quella di Fuyumi ma non è così male, dopotutto... è solo diversa” disse il rosso con un filo di voce, sperando che Katsuki lo prendesse come un complimento.

Prima che il biondo potesse rispondergli, però, il cameriere tornò al loro tavolo: “Siete pronti a ordinare, signori?” osò chiedere. A giudicare dal tono nervoso e dallo sguardo curioso doveva averli riconosciuti in quanto Eroi e si capiva che stava cercando con tutto se stesso di mostrarsi indifferente e professionale.

“Sì, grazie” Katsuki prese in mano la situazione, “Io prendo le penne all’arrabbiata. Super piccanti, come l’ultima volta” disse. Il cameriere annuì e prese nota di tutto sul suo taccuino, poi si voltò verso Shouto, che era ancora perso nel menu: “Per lui una carbonara” rispose prontamente Katsuki al suo posto.
“Aspetta, cosa sarebbe?” chiese il rosso, confuso.
“Ti fidi di me?”chiese il biondo, pregando che la risposta fosse affermativa.
Shouto lo guardò titubante ma poi annuì: “Ok, va bene” approvò.

Katsuki si rilassò: “Perfetto. Mi ringrazierai dopo, vedrai” gli disse, cercando di mascherare il nervosismo.
Il cameriere si voltò verso Izuku: “Erm, io vorrei... questo, se possibile” disse, indicando il nome del piatto sul menu. L’uomo annuì e sorrise, poi li lasciò con un piccolo inchino e portò l’ordine in cucina.

Izuku spostò l’attenzione sui due ragazzi al suo fianco: le dita di Todoroki si muovevano nervosamente sul tavolo mentre ascoltava le parole di Katsuki, intento a difendere la propria cucina, e la voce profonda del biondo risuonava nella stanza come una musica armoniosa di cui Izuku non riusciva a fare a meno.
Erano entrambi stupendi nei loro completi eleganti e Midoriya non sapeva esattamente dove guardare.

“Ho chiesto aiuto a Kirishima ma i capelli me li sono tinti da solo, se è quello che mi stai chiedendo” disse il rosso, rispondendo ad una domanda che Izuku non aveva sentito perché troppo perso nei propri pensieri.
“Eijirou... dovevo immaginare che ci fosse il suo zampino dietro tutta questa storia! E tu sei l’idiota che va da lui in cerca di consigli!” brontolò Katsuki, incrociando le braccia sul petto.
“Gli ho solo chiesto se secondo lui era un’idea sensata e se aveva qualche suggerimento da darmi...”

Izuku ne approfittò per inserirsi nella conversazione: “Beh, in ogni caso direi che hai fatto un ottimo lavoro! Stai molto bene...” disse, sollevando un sopracciglio e nascondendo un sorriso imbarazzato, “Cioè, mi piaci di più con i tuoi capelli naturali ma sei davvero sexy così” terminò, bevendo un altro sorso di vino.

“Grandioso, ora lo hai fatto eccitare!” commentò Bakugou, lanciando un’occhiata di rimprovero a Shouto.
Il rosso lo ignorò e si rivolse direttamente a Izuku: “Mi fa piacere che ti piaccia ma non è nulla di permanente, dovrebbe lavarsi via in un paio di giorni” lo informò, prendendo un pezzo ti pane dal cestino di vimini al centro del tavolo, “Almeno spero... sembro mio padre con questi capelli” osservò, tirando in avanti una ciocca rossa per osservarla con occhi disgustati.

“Smettila, non assomigli per niente a tuo padre” intervenne Katsuki, cercando di risultare serio e credibile, “Ti manca la barba infuocata” aggiunse poi, per sdrammatizzare.

Izuku spalancò gli occhi: “Oddio, te lo immagini?! Pensi che sarebbe...” ma non riuscì a finire la frase perché l’idea di uno Shouto con metà faccia coperta di fiamme e metà coperta di ghiaccio era semplicemente troppo ridicola per permettergli di articolare i propri pensieri.

Scoppiò a ridere e Katsuki, che doveva avergli letto nel pensiero, lo seguì a ruota: “Merda, sarebbe stupendo!” convenne, figurandosi la scena in testa. “Ma aspetta... secondo te si applicherebbe ovunque? Anche...” chiese, beandosi dell’espressione oltraggiata di Shouto.  
“Ti odio” disse il rosso, riempiendosi il bicchiere di vino. Ne aveva bisogno.

Sapeva che entrambi stavano cercando di alleggerire la situazione, ma per quanto avrebbe voluto unirsi a loro si sentiva troppo a disagio: “E’ stata una pessima idea” mormorò tra sé e sé.

Katsuki, vedendo lo sguardo sinceramente preoccupato di Shouto, sentì il bisogno di intervenire: “Nah, non dire così! L’idea in sé non è stata poi così stupida, sicuramente se avessi avuto i tuoi capelli naturali ti avrebbe riconosciuto molta più gente. Diciamo che non è stata proprio efficace ma non è colpa tua, insomma... ci hai provato, ma era una causa persa in partenza” gli disse, rendendosi conto subito dopo di quanto sdolcinato potesse sembrare un discorso del genere.

“Esatto, ci hai provato! Apprezzo molto il tentativo, so quanto deve esserti costato...” convenne Izuku.
“La prossima volta evita di chiedere consiglio a quel coglione di Kirishima, magari” commentò Katsuki.

Shouto sorrise: “Grazie, ragazzi. Spero che abbiate ragione...” borbottò, ancora non del tutto soddisfatto, “Quindi mi state dicendo che se mi baciaste adesso non pensereste a mio padre nemmeno per un attimo?”
Katsuki fu il primo a reagire: “Dio, no! Perché cazzo dovrei...”
“Forse solo per un secondo, ma solo perché tuo padre è piuttosto figo, insomma...” proseguì Midoriya con un mezzo sorriso sulle labbra.

Izuku!” esclamò Shouto, sconvolto.
“Penso che potrei vomitare” Katsuki afferrò il tovagliolo e se lo portò alla bocca.

Il ragazzo dai capelli verdi non riuscì più a contenersi e la sua risata riempì la stanza: “Scherzavo! Stavo scherzando, lo giuro!” gridò, asciugandosi una lacrima intrappolata tra le ciglia, “Avreste dovuto vedere le vostre facce!” continuò, mettendosi una mano sullo stomaco per calmare il proprio respiro.

Todoroki era confuso: “Santo cielo, ma che hai stasera?”
Non sapeva bene se sentirsi offeso o divertito dall’esuberanza di Izuku, ma la sua risata era talmente contagiosa che un sorriso si allargò rapidamente sul suo volto. Grazie, pensò Shouto.

Sia Izuku che Katsuki, con le loro provocazioni e con le loro stupide battute, erano riusciti a distrarlo dalle paranoie che continuavano ad affollargli la mente.
Aveva passato buona parte della sua esistenza a cercare di eliminare ogni tratto di Endeavor dalla sua vita e ora stava andando in giro con i suoi stessi capelli: normalmente non avrebbe mai contemplato di fare una cosa del genere ma si era deciso perché sperava che potesse aiutare Izuku e Katsuki a trascorrere una serata più tranquilla del solito. Aspetta, adesso che ci penso...

“Avevi scommesso che non lo avrei mai fatto!” il rosso puntò l’indice verso Katsuki, che ora sembrava molto confuso. “Tempo fa... sei stato tu a sfidarmi a tingermi i capelli di rosso, me lo ricordo!” i ricordi riaffiorarono improvvisamente; si era completamente dimenticato di quella scommessa. “Ti avevo detto che non sarebbe mai successo ma forse sarebbe il caso di riconsiderare la tua vittoria...”

“Pensavo che aveste smesso con questa storia delle scommesse” intervenne Izuku.
“Infatti è così” si affrettò a dire Katsuki, che aveva capito dove voleva andare a parare Shouto, “Ormai è tardi. Ho vinto, il caso è chiuso” ma sapeva che il rosso non si sarebbe arreso tanto facilmente.
Ricordava vagamente quella scommessa ma di sicuro non prometteva nulla di buono.

Il cameriere tornò con il loro cibo proprio in quel momento, salvandolo da Shouto e dalle sue pretese.
Tutti e tre ammutolirono, affascinati dal profumo delizioso che saliva dai loro piatti: “Beh, buon appetito!” disse Katsuki, fiondandosi sulla sua cena. Gli altri lo imitarono e per un attimo il silenzio regnò sovrano.
“Mmh... hai ragione, è delizioso!” commentò Shouto dopo la prima forchettata.
Bakugou sorrise, compiaciuto: “Ho sempre ragione” disse.

La cena proseguì senza intoppi: Shouto sembrò dimenticarsi della scommessa e per poco non si strozzò quando assaggiò le penne all’arrabbiata di Katsuki, decisamente troppo piccanti per un palato umano; risero dell’ultima intervista di Izuku, che continuava ad essere un pessimo oratore, nonostante l’esperienza, e fecero un po’ di gossip sui colleghi e sui loro vecchi compagni.

Deku si ritrovò presto intrappolato nei propri pensieri e all’improvviso si sentì incredibilmente fortunato.
Si era quasi dimenticato del vero motivo per cui si trovavano lì: quello che era successo la settimana prima sembrava solo un lontano ricordo ma dopo la chiacchierata con sua madre sapeva di non potersi tirare indietro. Doveva sapere, non c’era altra via d’uscita.

Non voleva perderli ma non poteva nemmeno andare avanti in quel modo, non se loro non provavano le stesse cose che provava lui. Ora, dopo quella serata intima, aveva la conferma che stava cercando: li amava e non poteva più accontentarsi di una semplice scopamicizia – la cosa lo avrebbe solo ucciso lentamente dall’interno – ma non sapeva come introdurre il problema agli altri due.

Sia Katsuki che Shouto si erano comportati in modo strano per tutta la sera e Deku non sapeva esattamente come interpretare quel loro atteggiamento così romantico e premuroso: stavano cercando di indorargli la pillola in vista di una brutta notizia o stavano solo provando a mettere una pezza ai loro sbagli? Improvvisamente l’ansia prese il sopravvento.

“Izuku? Tutto ok?” Shouto lo scosse gentilmente per la spalla, riportandolo alla realtà.
“Sì, erm... scusate, stavo pensando...” balbettò Deku. Aprì la bocca, pronto a rivelare ciò che lo turbava, ma di colpo si ritrovò a corto di parole: “... stavo pensando che devo andare in bagno” disse invece.
Il suo cuore batteva all’impazzata, i suoi pensieri correvano troppo veloci ed era consapevole che in quelle condizioni avrebbe potuto dire cose sconsiderate. Quando era così agitato diventava instabile e imprevedibile, rischiando di agire in modo impulsivo.

“Vai ad incipriarti il naso?” scherzò Katsuki.
Izuku rispose con una risata nervosa: “Sì... proprio quello” disse, forzando un sorriso. Si sentiva debole, stava sudando freddo e gli girava la testa. “Devo darmi una sistemata, non vorrei farvi sfigurare” cercò di buttarla sullo scherzo, indicandosi i vestiti.
“Di questo non devi preoccuparti, stai benissimo” lo rassicurò Shouto, lasciandosi sfuggire un’occhiata più affamata di quanto avrebbe voluto. Più lo guardava, con quella sua camicia a righe e i pantaloni attillati, e più non vedeva l’ora di tornare a casa e fare l’amore con lui.

Sì, fare l’amore, perché per quanto si ostinassero a negarlo, da alcuni mesi a quella parte non era più semplice sesso quello che facevano tra le lenzuola.  

“Pff, sì, come no...” Izuku si lasciò sfuggire un sospiro e alzò gli occhi al cielo con una mezza risata.
“Ma vuoi smetterla?!” sbuffò Katsuki, infastidito, “Dovresti seriamente lavorare sulla tua autostima, Deku” lo rimproverò, ma a quelle parole qualcosa si accese nel cervello di Izuku; una scintilla che prometteva di trasformarsi in incendio. “Non capisco perché pensi sempre di non essere abbastanza ...”

“Non lo so, Kacchan, dimmelo tu!” il ragazzo dai capelli verdi lo interruppe bruscamente, cogliendo tutti di sorpresa, “Sei tu quello che mi ha lasciato nudo sul letto e che è corso via disgustato, no? Come pensi che dovrei sentirmi al riguardo?” chiese con un tono passivo aggressivo che non prometteva nulla di buono.

Lui stesso non sapeva perché aveva reagito in quel modo, ma sentiva di non potersi più trattenere: troppi pensieri e troppe emozioni  gli affollavano la mente, chiedendo di fuoriuscire; rabbia e frustrazione avevano avuto la meglio. Non è così che avevo pensato di introdurre il discorso, ma ormai è tardi.

La stanza si fece improvvisamente fredda e tesa: “Izuku...” cercò inutilmente di dire Shouto.
“No, parliamone!” Deku sbatté il tovagliolo sul tavolo, facendo sussultare gli altri due ragazzi, “Siamo qui da ore e nessuno ha avuto il coraggio di affrontare il problema, perciò lo farò io” dichiarò. “Mi spiegate cosa stiamo facendo?”

“I-In che senso? Stiamo...” balbettò Shouto, ma Izuku lo interruppe di nuovo.  
“Il ristorante elegante, le lusinghe... perché?” li incalzò Deku, il labbro inferiore che tremava per la tensione, “All’improvviso vi viene voglia di portarmi fuori a cena, mi comprate dei fiori e insistete per pagarmi il cibo... vogliamo davvero ignorare il fatto che la settimana scorsa vi ho detto che vi amo e siete scomparsi per quasi dieci giorni?!” disse tutto d’un fiato, con un groppo in gola.

Shouto e Katsuki si guardarono in cerca di supporto reciproco: “Ascolta, noi...”

“No, voi ascoltate!” Deku alzò lievemente la voce, cercando comunque di non urlare, “Ho passato tutta la settimana a chiedermi cosa ho fatto di male ed è stato un incubo! Non riuscivo a dormire, a mangiare... Dio santo, non sono riuscito nemmeno a lavorare senza pensarci!” confessò con una punta di disperazione nella voce. “Ho aspettato che vi faceste avanti e che mi diceste qualcosa ma non lo avete fatto; ora fate i galanti e vi comportate come se non fosse successo nulla e io non so se dovrei esserne lusingato o se devo iniziare a preoccuparmi, perché al momento tutto quello a cui riesco a pensare è che mi state prendendo in giro e il solo pensiero mi fa venire il voltastomaco!” continuò, ormai senza fiato.

“Deku, calmati! Ci stanno guardando...” sibilò Katsuki tra i denti.

“Lascia che guardino, non mi importa!” rispose Izuku, ugualmente infastidito. Stavano parlando ad un volume normale ma si vedeva lontano un miglio che stavano litigando e avevano inevitabilmente attratto l’attenzione degli altri commensali. “Sarebbe davvero questa gran catastrofe se ci vedessero insieme?! Vi vergognate così tanto di me? Di noi?!”

Katsuki strinse gli occhi: “Ora basta, sei tu che ci stai insultando, adesso. Stai dicendo cose senza senso!”

“Sai perché non vogliamo che ci vedano insieme, pensavo fossimo tutti d’accordo su questo” intervenne Todoroki con un’espressione ferita. “Non potremmo mai vergognarci di te, lo sai!”

Izuku sapeva che avevano ragione, sapeva che stava esagerando e sapeva di essere stato ingiusto, ma non riusciva a pensare in modo razionale: “A dire il vero no, non lo so!” esplose, il volto arrossato in un misto di rabbia e dispiacere. Stava avendo un meltdown completo nel bel mezzo di un ristorante e non c’era nulla che potesse fare per evitarlo: “Mi dispiace, ok?” ora si sentiva terribilmente in colpa, “So che sembro pazzo ma non so più cosa pensare! Sono stato al gioco e ho provato a lasciarmi tutto alle spalle ma non ce la faccio! Non posso andare avanti così, ragazzi. Mi dispiace” la sua voce tremava e le lacrime lottavano per uscire. Sia Bakugou che Todoroki non si aspettavano una reazione del genere da lui, era chiaro, e tutto quello che riuscirono a fare fu trattenere il fiato e ascoltare il suo sfogo.

“Se per voi è solo sesso non vi biasimo, ma io ho oltrepassato quella soglia e non posso farci niente. So che è tanto da chiedere, per cui...” Izuku era a corto di fiato ma si sentiva pronto a fare la tanto temuta domanda: “Ho bisogno di sapere cosa aspettarmi da questa relazione, quindi siate sinceri: volete chiuderla qui?” trovò finalmente il coraggio di chiedere, con il cuore che per poco non gli usciva dal petto.

Katsuki ricordò improvvisamente di avere facoltà di parola: “Cosa?!” esclamò.
Shouto ricambiò il suo sguardo con altrettanto sconcerto: “Aspetta, perché pensi che...”
“Se non volete lasciarmi allora cosa volete? Perché state facendo tutto questo?” continuò Izuku.

“Perché credevamo che fossi arrabbiato e volevamo fare qualcosa di carino per farci perdonare...” rispose timidamente Todoroki, lanciando a Katsuki un’occhiata eloquente. Di’ qualcosa anche tu.
Izuku per un attimo fu tentato di abbracciarli: non vogliono lasciarmi, non vogliono lasciarmi!

La parte del suo cervello che non stava esultando, però, gli ricordò di quanto il loro ragionamento non avesse alcun tipo di fondamento: “Non ho bisogno di tutto questo!” esclamò, aprendo le braccia per indicare il ristorante intorno a sé, “Vi ringrazio per il pensiero ma non ha senso che facciate tutto questo se poi non potete ricambiare i miei sentimenti” sospirò, deciso a non mollare. “La nostra relazione mi piace proprio perché non è convenzionale. Mi piace il fatto che litighiamo per le cose più stupide e che abbiamo modi completamente diversi di esprimerci. Mi piace perché non siamo perfetti ma nonostante tutto troviamo il modo di far funzionare le cose” confessò tutto d’un fiato, cercando invano di non mostrare troppo il proprio imbarazzo. “Non sto dicendo che amo ogni cosa, a volte siete davvero insopportabili, ma non dovete recitare la parte dei principi azzurri con me.”

Katsuki smise di respirare quando Deku si voltò verso di lui e lo guardò dritto negli occhi: “Ti amo anche sei scorbutico e intrattabile, anche se urli e maledici sempre tutti senza un valido motivo” disse, voltandosi poi verso Shouto. “E amo te anche se sei testardo come un mulo e a volte sembra che tu viva in un altro universo” concluse, gli occhi lucidi e spaventati dalla portata delle sue stesse parole.

Todoroki arrossì e Bakugou si schiarì la gola ormai arida: c’erano molte cose che avrebbero voluto dire ma tutto quello che avevano in mente sembrò improvvisamente stupido e inutile.
Le parole non erano mai state il loro forte: si erano preparati una specie di discorso per scusarsi dovutamente con Deku, ma il suo blaterare aveva cambiato completamente le carte in tavola.
Se prima avevano anche solo una possibilità di uscirne a testa alta, ora l’avevano persa.

“Sentite... non dovete ricambiare per forza, ok?” continuò Izuku, preoccupato dal loro sguardo vacuo, “Mi sono arrabbiato perché non avete reagito come mi ero immaginato, ma è un mio problema. Mi aspetto sempre che le persone facciano quello che farei io se fossi al posto loro, ma non è giusto” disse, ricordando le parole di sua madre. “Ho dato per scontato che foste pronti, ma non ho pensato che siamo persone diverse e che ognuno di noi ha i suoi tempi. Non voglio farvi pressioni, vorrei solo sapere cosa provate per me in questo momento, anche se non dovesse essere quello che mi piacerebbe sentirmi dire. Mi dispiace, non ho mai voluto mettervi in imbarazzo o farvi sentire a disagio, rovino sempre tutto e...”

“Hai finito?!”ringhiò Katsuki, stringendo i pugni sotto al tavolo. Il suo tono era secco e deciso ma non sembrava arrabbiato, sembrava più... addolorato?

Izuku smise di parlare e aspettò che continuasse, ma il biondo si limitò a distogliere lo sguardo e a prendere un profondo respiro: non poteva parlare, non in quello stato; era furioso con se stesso e la voce tremolante di Izuku non lo stava aiutando a mantenere il controllo delle proprie emozioni.

Shouto, vedendo che Katsuki non era in grado di continuare, prese la parola: “Per favore, smettila di dire che ti dispiace... siamo noi a doverci scusare, non tu” disse, chinando leggermente il capo. “Non potresti mai metterci in imbarazzo, fa male sentirti dire certe cose” aggiunse.

“Lo so, ho esagerato ma...”

“No, è colpa nostra” il rosso si schiarì la voce e drizzò la schiena, ricordando i consigli di Fuyumi su come sembrare sicuri durante un discorso. “Mi... mi dispiace di averti ferito. Mi sono chiuso in me stesso perché è quello che faccio ogni volta che non so cosa dire” spiegò, cercando di essere chiaro e conciso. Izuku aspettò pazientemente che continuasse: “Tutti non fanno che ripetermi che devo stare attento a come parlo, che non posso sempre dire tutto quello che mi passa per la testa e che c’è un tempo e un modo per ogni cosa. Ho sempre paura di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, specialmente quando si tratta di voi due. Non è una scusa, lo so, ma...”

Izuku addolcì il suo sguardo: “Non c’era una risposta sbagliata, Shou’. Volevo capire i vostri sentimenti ma non mi permetterei mai di giudicarli, mi dispiace di averti dato questa impressione” rispose, allungando la mano verso quella di Todoroki e stringendola timidamente.

“E va bene, ok!” sbottò Katsuki, finalmente, “Vuoi sapere perché me ne sono andato?” chiese, attirando l’attenzione su di sé. Era rimasto in rigoroso silenzio fino a quel momento ma non poteva più trattenersi: “Me ne sono andato perché avevo paura, contento? Questo, tutto questo... mi spaventa a morte!” cercò disperatamente di mantenere ferma la voce ma le sue mani tremavano e il suo cuore batteva all’impazzata. “Non sono una brava persona, ok? Ci sto provando ma non sarò mai la persona di cui avete bisogno. Posso farvi venire tre volte di seguito ma non ho la più pallida idea di come rendervi felici e non voglio che un giorno vi svegliate e realizziate di aver sprecato il vostro tempo con me” confessò.
Dio, mi sento così stupido!

Ora era Izuku quello con un groppo alla gola, incapace di dire qualsiasi cosa, ma Shouto parlò al posto suo: “Non penso che tu sia una cattiva persona” disse, mordicchiandosi il labbro inferiore, “In realtà penso che tu sia una persona molto buona, ma per qualche assurdo motivo te ne vergogni e fai di tutto per nasconderlo” concluse, guardandolo dritto negli occhi.
Katsuki per poco non smise di respirare: non si capacitava di come Shouto potesse passare dall’essere la persona più fredda e apatica del mondo a qualcuno di così acuto e perspicace.

Il biondo aprì la bocca per parlare ma Izuku fu più veloce: “Shouto ha ragione, Kacchan. Il solo averti vicino basta a rendermi felice, non lo capisci?” ribadì, cercando disperatamente di non scoppiare a piangere.
Katsuki si stropicciò l’occhio sinistro, qualcosa doveva esserci finito dentro, o almeno questo era quello che continuava a ripetersi: non sto piangendo, no.

Per distrarsi decise di sdrammatizzare: “Questo non fa altro che confermare la mia seconda teoria secondo cui sotto sotto sei uno psicopatico” scherzò, cercando di ignorare il peso che gli premeva sul petto.

“Beh, allora siamo in due” intervenne Shouto; aveva la bocca secca e il suo stesso battito cardiaco gli rimbombava nelle orecchie. “Vi amo” disse, sentendosi tremare.

Izuku spalancò gli occhi, paralizzato: troppe volte aveva vissuto quel momento nella sua testa ma sentirsi dire quelle parole ad alta voce era tutt’altra cosa.

Prima che potesse dire qualsiasi cosa, però, Bakugou si irrigidì al suo fianco e si schiarì la voce: “I-Io...” il biondo aprì la bocca ma le parole sembravano non volere uscire. Non ora, Katsuki! Non puoi tirarti indietro proprio adesso!
Guardò i due Eroi di fronte a sé, si concentrò sui loro volti e sui loro occhi pieni di speranza e aspettative, sulla calda sensazione che ribolliva dentro di lui ogni volta che erano insieme: “Oh, fanculo! Vi amo anche io, ok?” confessò infine, mordendosi il labbro e abbassando lo sguardo, imbarazzato.

I suoi palmi erano talmente sudati che avrebbe potuto far saltare in aria il ristorante con un singolo applauso e sentiva in bocca il sapore del sangue – aveva passato gli ultimi minuti a mordersi nervosamente le guance.

Izuku pensò che sarebbe potuto morire da un momento all’altro e il cuore di Shouto perse un battito: guardandosi indietro, una cosa del genere sembrava fantascienza; il tempo sembrò fermarsi e ogni suono scomparve, lasciandoli soli con i loro pensieri.
Si guardarono senza dire una parola – probabilmente perché non c’era molto altro da dire – finché Izuku trovò la forza di interrompere il silenzio: “Posso baciarvi?” chiese semplicemente.

Sapeva che erano in pubblico ma non gli importava, e a quanto pare non importava nemmeno agli altri due: Katsuki fu il primo a farsi avanti, seguito a ruota da Shouto; Izuku ringraziò di avere una sedia a sorreggerlo perché improvvisamente le sue ginocchia divennero troppo deboli per farlo.

Le labbra di Kacchan gli accarezzarono l’angolo della bocca e avevano ancora il retrogusto piccante della sua cena, mentre i capelli di Shouto gli sfioravano delicatamente la guancia; Izuku riusciva a sentire i loro respiri sulla pelle e il sapore salato delle sue stesse lacrime.

Fu una cosa rapida e casta, nulla in confronto ai baci che erano soliti scambiarsi quando erano da soli, ma fu comunque sufficiente ad attirare l’attenzione delle altre persone nella sala: non li stavano giudicando – non sembrava, almeno – ma stavano chiaramente guardando. Katsuki trovò la cosa in parte eccitante.

Izuku sorrise e si asciugò rapidamente le guance: “Scusate, mi sono lasciato prendere” disse, lasciandosi andare contro la sedia, esausto. Era la prima volta che si baciavano dopo l’incidente della settimana prima, ed era anche la prima volta che si baciavano in pubblico. “Grazie. Non riesco a credere di essere così fortunato...” disse.

“Ok, basta con le smancerie, sta diventando imbarazzante” lo bloccò Katsuki. Il fatto che avesse detto ‘ti amo’ non significava necessariamente che fosse pronto a scambiarsi parole dolci; aveva ancora i suoi limiti.
“Sì, scusami,” ridacchiò Izuku, “cercherò di ridurre al minimo queste cose, te lo prometto” lo rassicurò con un sorriso gentile. La parola chiave da quel momento in poi doveva essere ‘compromesso’.

“Quindi...” si fece avanti Todoroki poco dopo, “siamo ufficialmente fidanzati?”
Izuku alzò le spalle: “Sì, immagino di sì...” azzardò, guardando gli altri in cerca di conferma.
“Cazzo, è stranissimo” mormorò Bakugou.
Shouto lo fissò, confuso: “Cosa c’è di strano?”
“Niente, è solo che... non pensavo che sarei mai arrivato a chiamare qualcuno così” spiegò, aggrottando le sopracciglia con fare pensoso, “Tutto qui.”
Era assurdo quanto quella consapevolezza lo facesse sentire vulnerabile e invincibile al tempo stesso.


“E’ solo una parola” lo rassicurò Izuku, notando il nervosismo nel suo sguardo, “Non cambia nulla, ok? Continueremo a fare quello che facevamo prima...”
“Scopare?” chiese Katsuki con un ghigno malizioso sulle labbra.  
Izuku lo colse di sorpresa con la sua risposta: “Beh, lo spero proprio” sorrise.
Katsuki incassò il colpo: “Mmh, interessante...”

“Andava tutto bene, signori?” il cameriere sbucò fuori dal nulla, interrompendoli per recuperare i piatti vuoti, “Gradireste qualcos’altro?”
Shouto rispose per tutti: “Era tutto ottimo, grazie! Potrebbe portarci un altro calice di vino, per favore?”
“Certamente, torno subito!” l’uomo annuì e corse in cucina.

Katsuki guardò Shouto e alzò un sopracciglio: “Che c’è, vuoi sbronzarti?”
“No, voglio solo fare un brindisi” spiegò il rosso.

Katsuki alzò gli occhi al cielo ma Izuku sembrò più che entusiasta e approvò l’idea a pieni voti: aspettarono che il cameriere tornasse e si prepararono a celebrare l’ufficializzazione del loro rapporto.
“A noi!” Izuku fu il primo ad alzare il bicchiere, rianimato da nuove energie.
“A noi” gli fece eco Shouto, le labbra incurvate in un sorriso di complicità.
“... a noi” mormorò Katsuki, imbarazzato.

Non si sentiva ancora troppo a suo agio a dire certe cose, le trovava stupide, ma di nuovo... compromesso.

Assaporarono un’ultima volta il vino fresco e fruttato, gustandosi l’atmosfera di calma e leggerezza che si era creata; la stessa atmosfera che venne interrotta bruscamente dalle parole di Shouto: “Quindi ora possiamo andare a convivere?” chiese, cogliendo tutti alla sprovvista.

Izuku sputò letteralmente il vino nel bicchiere e Katsuki urlò un “cosa?!” che rimbalzò per tutta la sala.
Il biondo lanciò un rapido sorriso di scuse agli altri commensali, dopodiché si voltò nuovamente verso Shouto: “Come, prego?!” chiese, allentandosi la cravatta in cerca di ossigeno.

Izuku stava ancora tossendo, ugualmente sconvolto: “C-Che stai dicendo, Shouto?”
Il rosso si prese qualche attimo per valutare la risposta: “Non è quello che fanno le coppie?” chiese innocentemente, “Cioè, so che tecnicamente non siamo una coppia ma penso che valga lo stesso...”
“Fai sul serio?” sbottò Katsuki.

“Beh, sì, ecco... stavo cercando un nuovo appartamento e ne ho trovato uno che sembra davvero conveniente. E’ in un quartiere tranquillo, a metà strada tra le nostre agenzie, ma per me da solo è troppo grande e avevo pensato...”

“Aspetta, aspetta! Fammi capire,” lo interruppe Izuku, “fino a poco fa non riuscivi a dire ‘ti amo’ e adesso ci stai chiedendo di andare a vivere insieme?” gli chiese, incredulo.

Shouto lo guardò titubante: “Sì... non va bene?” domandò, chiedendosi dove avesse sbagliato questa volta.
“No, è che...”

“Volevi trasferirti comunque, no?” Izuku ultimamente si lamentava spesso di quanto il suo appartamento cadesse in pezzi e di quanto volesse trovarne uno nuovo, “E tu odi i tuoi vicini” aggiunse voltandosi verso Katsuki, che non poté fare altro che annuire. “Abbiamo dei buoni stipendi, possiamo permettercelo e in pratica viviamo già insieme, no? Potremmo finalmente smetterla di saltare da un appartamento all’altro e  rincasare nello stesso posto, dopo il lavoro. Non sarebbe più comodo per tutti? Insomma, pensavo che fosse una buona idea ma se non vi va posso trovare un’altra soluzione, non c’è problema!”

Katsuki si morse la lingua: “Cazzo, sei sexy quando dici cose sensate” imprecò, scuotendo la testa.
La logica di Shouto era impeccabile e non aveva nemmeno bisogno di sembrare convincente. “Ci sto.”

“COSA!? Tutto qui?!” squittì Izuku, guardandoli ad occhi spalancati, “Niente insulti o crisi esistenziali questa volta? Solo... ci sto?!”

Katsuki arrossì: “Che c’è? Ha ragione, odio i miei vicini e odio ancora di più il traffico. Hai idea di quanti idioti come quello di stasera incontro ogni volta che devo venire a casa vostra? Vivere insieme mi sembra un ottimo compromesso” convenne.

La verità era che, dicendo ‘ti amo’, aveva superato quella linea che tanto lo terrorizzava, quella dell’impegno emotivo, e si sentiva un uomo nuovo: ora vedeva le cose sotto una luce diversa, una luce che aveva lo stesso bagliore degli occhi di Deku e lo stesso calore del tocco di Shouto.

Midoriya si sentì in parte oltraggiato e in parte divertito da quella reazione: “Perché non state dando di matto?” chiese. Non che si lamentasse, ma non credeva ai propri occhi.

“Vuoi che diamo di matto?” chiese Shouto, seriamente confuso, e Izuku scosse subito la testa.
No! No, è che... mi sembra tutto troppo bello per essere vero” disse, assicurandosi che non lo fraintendessero, “Sono felice, davvero... sono molto felice...scusate...” non riuscì più a trattenere le lacrime.
“Ottimo, ora sta piangendo di nuovo!” brontolò Katsuki, lanciando un’occhiata di rimprovero a Shouto.
“Sto bene! Ho solo bisogno di metabolizzare la cosa... non è così che pensavo sarebbe finita questa cena” si scusò Izuku con voce tremante, asciugandosi gli occhi con il palmo della mano.

“Se ti può consolare nemmeno io” convenne Katsuki, passandogli un fazzoletto.
“Quindi... è un sì?” chiese timidamente Shouto una volta che Izuku si fu calmato.
“Certo che è un sì, vuoi scherzare?!” Izuku scoppiò a ridere e li guardò con occhi pieni di felicità.
Katsuki cercò di non farsi trascinare dal suo entusiasmo: “Non correre! Prima voglio vedere questo fantomatico appartamento... non mi fido di te, non per la cucina almeno!” disse, rivolgendosi a Shouto.

Il rosso annuì: “Certo, possiamo andarlo a vedere quando volete e se non vi piace possiamo trovarne un altro” acconsentì, tirando un sospiro di sollievo e immaginando già la loro vita insieme. “Non vedo l’ora di dirlo ad Endeavor” aggiunse poco dopo con un ghigno, bevendo un altro sorso di vino. “Avreste dovuto vedere la sua faccia quando gli ho detto che volevo trasferirmi!”

Katsuki aggrottò le sopracciglia: “Perché? Credevo che odiasse il tuo appartamento...”
“Sì, ma odia di più il fatto che continui a rifiutare le sue offerte” spiegò il rosso.
Izuku ebbe un’epifania improvvisa: “Aspetta, è per questo che hai fatto tardi?”

“A-ha. Voleva che mi trasferissi nel nuovo palazzo che ha fatto costruire vicino all’Agenzia ma gli ho detto di no. Quando gli ho fatto vedere l’appartamento che mi interessava e gli ho detto che è stato All Might a parlarmene e a presentarmi il proprietario è andato giù di testa. Per poco non dava fuoco al salotto, è stato divertente” disse, rivivendo nella propria testa la discussione di quella sera.

“Sei perfido,” sorrise Katsuki, “mi piace.”
“Quel pover’uomo... sta cercando di farsi perdonare, Shou’!” lo rimproverò Izuku.
“Non è colpa mia se continua a fare piani senza consultarmi!” cercò di difendersi il rosso, “Prima o poi lo capirà che i soldi non lo aiuteranno a comprarsi il mio affetto” concluse.

Discussero per un po’ del nuovo appartamento e Shouto fece vedere loro delle foto che aveva sul cellulare, ma Katsuki aveva già iniziato a guardarsi intorno in cerca del cameriere: “Che stai facendo?” gli chiese.

“A meno che tu non abbia un altro scioccante annuncio da fare, Metà e Metà, mi piacerebbe pagare e tornarmene a casa” disse, voltandosi sulla sedia per guardarsi alle spalle. “Se vuoi chiedere la nostra mano fallo ora o mai più” continuò, spensierato, ma vedendo l’espressione pallida e confusa sul volto del rosso sentì subito il bisogno di specificare, “Sto scherzando, Shouto. Per l’amor di Dio, non farti strane idee!” esclamò. Per quanto gli piacesse vederlo in ginocchio, non era quella la circostanza.  

Izuku colse l’occasione al balzo: “Beh, non vorrei dire ma tecnicamente io e te siamo già sposati” disse, lanciando a Katsuki un sorriso malizioso in attesa di vedere la sua reazione.
Il biondo però non sembrò sorpreso: “Sapevo che prima o poi avresti tirato fuori questa storia!” sbuffò.
Ora ad essere sconvolto era Izuku: “Cosa?! Te lo ricordi?”

Katsuki lo guardò come se avesse appena constatato l’ovvio: “Certo che me lo ricordo, è una delle cose più stupide e imbarazzanti che abbia mai fatto in tutta la mia vita!” borbottò.
“Aspetta un secondo, in che senso siete sposati?!” Shouto sembrava seriamente preoccupato.
Izuku scoppiò a ridere: “Lascia perdere, è una lunga storia. A quanto pare quando eravamo bambini mia madre ci ha dichiarati marito e moglie. Ah, e Kacchan è la moglie” specificò con un sorriso divertito.

Shouto tutto si aspettava fuorché una dichiarazione del genere ed esplose in una sonora risata, cosa che Katsuki non prese troppo bene: “Sta zitto, Deku!” ringhiò, rabbrividendo al lontano ricordo del loro finto matrimonio, “Non la smettevi di frignare e non volevo che mia madre se la prendesse con me, tutto lì!”continuò, cercando di giustificarsi. “Continuavi a dire che non volevi fare la donna perché poi ti avrebbero preso in giro e ti ho accontentato per farti stare zitto” concluse con un broncio infantile. “E poi diciamolo, il bianco sta meglio a me che a te.”

Shouto rise di nuovo: “Poco gay, insomma” gli fece notare.
Bakugou alzò un sopracciglio, irritato: “Ma non mi dire!”
Izuku sorrise: “Non preoccuparti, per mia madre è stata una cosa molto carina” disse.
“Tutto quello che ti riguarda è carino per tua madre” commentò Katsuki, sbuffando, “Sarei curioso di mostrarle la tua cronologia di Google per vedere se trova carina anche quella!”

“Smettila di tirare fuori quella storia!”
“Se preferisci posso raccontarle quello che ti piace fare quando siamo da soli, a me non cambia!”
“Ragazzi,” Shouto li interruppe, avvertendoli del cameriere che stava camminando verso di loro a passo deciso, “cosa volete fare, quindi?” chiese, indicando il menù.
Izuku li guardò: “A me piacerebbe prendere un dolce ma se siete stanchi possiamo andare a casa, non c’è problema” disse, cercando di mascherare la delusione della sua voce.

“Devo essere sincero?” rispose Katsuki, appoggiando i gomiti sul tavolo e sporgendosi in avanti per dare più drammaticità a quello che stava per dire, “Al momento vorrei solo tornare a casa e dare una nuova definizione di ‘schiamazzi notturni’ ai miei vicini” confessò, fissandoli con uno sguardo che lasciava poco spazio all’immaginazione. Izuku rimase a corto di parole e Shouto iniziò a contemplare l’idea nella sua testa.

Il cameriere li raggiunse al tavolo: “Posso portarvi qualcos’altro, signori?” chiese.

Izuku si limitò a guardarlo con un’espressione inebetita sul volto, Shouto era troppo accaldato per rispondere e Katsuki si stava comodamente godendo la scena: “Quindi? Lo vuoi o no questo dessert, caro?” il biondo pose l’accento sull’ultima parola e concentrò il suo sguardo su Deku, provocandolo deliberatamente, ma Izuku ora stava pensando a tutt’altro.

La sua mente lo aveva trasportato direttamente nel piccolo appartamento di Katsuki, con le sue pareti sottili e il letto cigolante: “Il conto, per favore” l’idea di tenere svegli i vicini ficcanaso di Kacchan era diventata improvvisamente molto invitante.
Non vedeva l’ora di togliersi quei vestiti attillati di dosso e gettarsi direttamente tra le braccia di Shouto e Katsuki: voleva spogliarli, toccarli e baciarli come non facevano da troppi giorni, ormai. Al diavolo il dolce!

Katsuki sorrise soddisfatto: “Hai cambiato idea?” lo provocò quando il cameriere li lasciò soli.
“Spero per te che ne valga la pena” il ragazzo dai capelli verdi non aveva intenzione di dargliela vinta così facilmente, “Lo volevo davvero, quel dessert” si imbronciò.
Katsuki alzò un sopracciglio: “Non preoccuparti, avrai il tuo dessert. Ti ho mai deluso, forse?”

“Non sei mai riuscito a farmi venire tre volte di seguito, questo è poco ma sicuro...” si intromise Shouto, usando le stesse parole di Katsuki contro di lui.
“Non stavo parlando con te, stronzo!” sbottò il biondo, “Parlavo col pervertito, qui!”
“Una brava mogliettina non dovrebbe rivolgersi così a suo marito, Katsuki” lo prese in giro Shouto, divertito. Ora che era venuto a conoscenza di quella storia l’avrebbe sfruttata a dovere.

Izuku alzò gli occhi al cielo: “Shou’...” sospirò in un mezzo rimprovero.

“Primo, hai detto una cosa super sessista” rispose Katsuki. “Secondo, Izuku non è il mio fottuto marito. E terzo, vorrei ricordarti che questa brava mogliettina ti scoperà per tutta la notte, quindi ti suggerisco di stare zitto e di comportarti come si deve” gli disse, lanciandogli uno sguardo di sfida che il rosso accolse e ricambiò molto volentieri.

Prima che Todoroki potesse rispondere, però, il cameriere tornò con il conto e chiese loro di seguirlo, perché Francesco voleva salutarli.
Si alzarono tutti e tre dalle loro sedie e lasciarono che il ragazzo li scortasse fino all’entrata, dove un uomo paffuto e sorridente con un grembiule bianco li aspettava a braccia spalancate: “Bakugou, ragazzo mio! Com’è andata la cena?!” li accolse Francesco con voce tonante.

Il biondo ricambiò il saluto con altrettanto entusiasmo, cosa che fece aggrottare le sopracciglia degli altri due, che non erano abituati a vederlo così socievole: “Eccoti! Era tutto semplicemente perfetto, come sempre!” gli disse, dando all’uomo due vigorose pacche sulla spalla in segno di rispetto e amicizia.

“Ottimo, era proprio quello che speravo!” esultò Francesco, voltandosi verso Shouto e Izuku, “Questi devono essere i tuoi ragazzi, giusto?” aggiunse con un sorriso pacioso.

Tutti e tre si irrigidirono, improvvisamente a disagio: dovevano ancora metabolizzare i recenti sviluppi e definire il loro rapporto era sempre stato fonte di imbarazzo, fino a quel momento.
Katsuki per un attimo non seppe come reagire, poi si fece coraggio: “Erm... s-sì. . Sono i miei... ragazzi. Stiamo... sì, insomma, stiamo insieme” balbettò il biondo, il volto in fiamme.

Sia Izuku che Shouto lo fissarono con un misto di stupore e divertimento: non lo avevano mai visto così impacciato e imbarazzato ma rimasero piacevolmente sorpresi nel sentirsi chiamare pubblicamente ‘i suoi ragazzi’. Era strano sentirlo dire, poterlo dire.

Katsuki doveva essersi accorto del loro sguardo e arrossì ancora di più: “Comunque,erm... lui è Shouto e questo è De-” ma si corresse, “Izuku” disse infine, schiarendosi la voce.
Todoroki e Midoriya allungarono la mano per stringere quella del cuoco, sorridendogli timidamente: la stretta di Francesco era solida e confortevole, la stretta di un uomo gentile ma pur sempre sicuro di sé.

L’uomo sembrava sinceramente felice di conoscerli: “Finalmente ci incontriamo! Sapete, Bakugou mi ha parlato molto di voi...”
Shouto alzò un sopracciglio: “Ma davvero?” chiese con un mezzo sorriso.
“Oh, sì! Solo cose belle eh, ci mancherebbe!” li rassicurò il cuoco, “Per esempio...”
“Ok, ok, non è importante!” il biondo lo bloccò prima che potesse rivelare altri dettagli imbarazzanti, “Scusa, Francesco, ci piacerebbe stare ancora un po’ ma dobbiamo proprio andare!”

 “Ma certo! Voi Eroi siete sempre di corsa, non voglio rubare altro del vostro tempo! Ora che mi ci fate pensare anche io dovrei tornare a lavorare...” esclamò l’uomo, pronto a congedarsi.
Non c’era nulla di eroico nelle cose che avrebbero fatto quella notte ma era meglio che Francesco non lo sapesse. I tre ragazzi lo ringraziarono e giurarono di tornare a visitarlo il prima possibile: volevano provare ogni piatto sul menù, compresi i dolci.
“Buonanotte allora! Ci vediamo lunedì!” lo salutò Katsuki.

Il cuoco sorrise: “Certo, ti aspetto!” esclamò, “E non preoccuparti, stavolta riusciremo a cucinare quella ricetta che mi hai portato! Non c’è soba che possa resisterci!” lo incoraggiò alzando il pollice.
Katsuki sapeva che lo aveva fatto con tutte le più buone intenzioni ma per un attimo avrebbe voluto dargli un pugno sullo stomaco: non osò guardare Shouto in faccia, ma era certo che stesse sorridendo.



Uscirono dal ristorante e si ritrovarono sul marciapiede: era buio e si stava bene anche con la giacca – fortunatamente era un’estate fresca e non faceva troppo caldo – così decisero di fare due passi per assicurarsi di smaltire il vino.
C’era poca gente in giro ma mentre passeggiavano Shouto iniziò a guardarsi intorno: una coppia camminava tenendosi per mano, un’altra condivideva un cono gelato su una panchina; due ragazzi sull’altro lato della strada si baciavano sotto un lampione e per un attimo Shouto pensò che avrebbe tanto voluto fare quelle cose con Izuku e Katsuki.

Sapeva che non era fattibile – erano Eroi e i paparazzi erano sempre in agguato, pronti a distruggere ogni straccio di intimità con gossip e foto sconvenienti – ma il pensiero rimaneva.
Senza rendersene conto allungò una braccio verso Izuku, sfiorandogli il dorso della mano con il dito: il ragazzo dai capelli verdi gli sorrise e si agganciò al suo mignolo, continuando a camminare al suo fianco.

Fu un gesto discreto e quasi impercettibile, nulla in confronto a quello che avrebbero voluto fare, ma l’effetto che scatenò dentro di loro fu pari a quello di un bacio.

Si voltarono verso Katsuki in una sorta di invito ma questo fu rapido a declinare l’offerta: “Non guardate me, non le faccio queste stronzate” brontolò, scuotendo la testa.
Gli altri due risero e continuarono a camminare poco dietro di lui, ascoltando distrattamente le sue considerazioni sulla cena che avevano appena consumato.

Izuku aveva ancora in mano la rosa che Shouto gli aveva portato ad inizio serata e se la stava rigirando tra le dita, spensierato. Sentiva il cuore battere più veloce del solito.

Parlarono del più e del meno, come facevano di solito, finché Shouto non sentì bisogno di fermarsi: “Ci vuole ancora molto? Questi pantaloni sono strettissimi” chiese, piegandosi per sistemare gli orli bianchi dei pantaloni che gli si stavano arricciando alle caviglie.

Izuku non riuscì a non abbassare lo sguardo sul suo didietro: “Si vede” si lasciò sfuggire, cercando di non guardargli anche il cavallo dei pantaloni, una volta che si fu rialzato.

Katsuki si voltò per guardarli e continuò a camminare all’indietro per un paio di metri, le braccia incrociate dietro la testa: “Non preoccuparti, presto non ti serviranno più” gli disse, facendogli l’occhiolino.
Shouto fece una smorfia, aumentando il passo per raggiungere gli altri due: “Grazie, Katsuki, sei sempre di grande aiuto” commentò sarcasticamente. Tutte quelle provocazioni non stavano di certo migliorando la sua situazione: se possibile, ora gli stessi pantaloni gli sembravano ancora più stretti.

Katsuki rise soddisfatto e aspettò che il rosso lo affiancasse: “Scommetto che ti stai già agitando, là sotto” gli sussurrò all’orecchio, facendolo rabbrividire.
Shouto, però, era deciso a non dargliela vinta: “A proposito di scommesse...”

“Oh Cristo, non di nuovo! Non c’è nessuna scommessa!” sbottò Katsuki, “Ormai ho vinto, quindi sta zitto!”
Izuku decise di dire la sua: “Da quanto ho capito non avete mai stabilito una scadenza, quindi tecnicamente la scommessa è ancora valida...”

Il biondo lo fulminò con lo sguardo: “Sapevo che saresti stato dalla sua parte!” esclamò, sentendosi tradito. Shouto gli diede una leggera gomitata: “Andiamo, mi sembra che l’ultima volta non ti sia dispiaciuto poi così tanto perdere” gli ricordò con un ghigno.
“Taci” gli occhi di Katsuki ora erano due braci ardenti, “Non me lo faccio un fottuto piercing alla lingua!”

Izuku per poco non si strozzò con la sua stessa saliva: “Cosa?! Aspetta, qual era la scommessa?”

Shouto scrollò le spalle e aprì la bocca per rispondere ma Katsuki non lo lasciò parlare: “Niente, eravamo ubriachi fradici!” ringhiò, tirando fuori le chiavi dalla tasca della giacca. “Entrate in macchina!”

“Più che una scommessa era una sfida, in effetti. Qualcosa tipo: ‘il giorno in cui avrai le palle di tingerti i capelli io mi farò un piercing alla lingua’. Sì, penso che fosse qualcosa del genere” disse Shouto, imitando la voce roca di Katsuki e infastidendolo ancora di più. “Però è vero, eravamo ubriachi...” convenne, aprendo lo sportello posteriore. “Forse hai ragione, per stavolta facciamo che siamo pari. Mi ero anche dimenticato della tua fobia per gli aghi...” disse mentre saliva in macchina.

Katsuki strinse i denti: “So cosa stai cercando di fare, Shouto. Non ci casco” scosse la testa e mise in moto.
“Cosa?” chiese il rosso con finta innocenza.
“Vuoi che mi incazzi e che ti dica che non è vero che ho paura degli aghi e bla bla bla...” disse, lanciandogli un’occhiataccia dallo specchietto retrovisore. “Conosco i tuoi stupidi trucchetti!”

Todoroki mise su un’espressione disinvolta e alzò le spalle: “Non so di cosa stai parlando” si imbronciò.
“Ma per favore!”
“Pensala come vuoi, stavo solo dicendo che hai il mio permesso di tirarti indietro, se proprio ci tieni.”
“Non ho bisogno del tuo permesso e non mi sto tirando indietro! Sto solo dicendo che non era una scommessa vera e propria e che quindi il problema non sussiste” ringhiò, stringendo le dita intorno al volante.
“Se lo dici tu...” il rosso distolse lo sguardo per guardare fuori dal finestrino. Sapeva che Katsuki avrebbe ceduto e sapeva anche che il modo più veloce perché lo facesse era rispondere in modo passivo aggressivo.

“Ok, va bene” Katsuki a sua volta sapeva che Shouto non lo avrebbe lasciato in pace e che avrebbe trasformato le sue giornate in un inferno, quindi si arrese, “Mettiamo che tu abbia vinto questa cazzo di scommessa: in ogni caso non mi faccio un fottuto piercing! E’ poco professionale!”

“Ma è sexy” si lasciò sfuggire Izuku, seduto al suo fianco.

Aveva abbassato il finestrino e si stava godendo la brezza serale mentre gli altri due battibeccavano come due ragazzini: sapeva che era impossibile farli ragionare, quando erano in quello stato, e non ci provò nemmeno; preferiva rimanerne fuori, per quanto possibile.

“Sta zitto, nessuno ha chiesto la tua opinione!” Kacchan lo fulminò con i suoi occhi cremisi.
Shouto si sporse in avanti, appoggiandosi con le braccia sullo schienale dei sedili frontali: “Posso offrirti un piano B, se preferisci” gli disse.

“Sentiamo” sbuffò Katsuki.
“Potresti metterti quel costume da maid che hai nell’armadio” gli offrì Shouto con un sorriso infantile. Mina, Sero, Kaminari e Kirishima glielo avevano regalato come scherzo qualche anno prima ma si era sempre rifiutato di indossarlo, nonostante le insistenze di Izuku. “Che te ne pare?”

Bakugou per poco non si voltò per dargli un ceffone: “Dio, quanto ti odio!”
Shouto sorrise: “Non è vero, mi ami. Lo hai detto poco fa” gli ricordò.
“Aspetta solo che arriviamo a casa...” sibilò Katsuki, stringendo i denti.

Izuku non riuscì a trattenersi dal ridere: odiava quegli stupidi litigi ma allo stesso tempo c’era qualcosa di bello e familiare nel sentirli bisticciare in quel modo. Era felice. Era finalmente felice.
Non sapeva esattamente come sarebbero andate le cose tra loro di lì in avanti ma sapeva che avevano preso la strada giusta: avrebbero affrontato tutto quello che la vita aveva da offrire e lo avrebbero fatto insieme, nel bene o nel male. Guardò la rosa che teneva tra le mani e sorrise.

Nulla era cambiato ma l’aria che si respirava era quella di un nuovo inizio.


+++


“Signore e signori – ma soprattutto signore – siamo qui con l’Eroe più esplosivo del Giappone: Great Explosion Murder God Dynamite!” la giovane reporter allungò il microfono verso un Katsuki piuttosto stanco e fradicio di sudore. Il biondo si limitò a sollevare una mano e a salutare con un cenno del capo.

Aveva appena catturato un ladro di banche con un Quirk di velocità ma, per quanto avesse bisogno di riposare, sapeva di doversi prima occupare della stampa.

“Dopo l’incredibile successo dell’operazione a Sapporo siamo contenti di rivederti nuovamente in azione qui a Tokyo! Stavamo iniziando ad ingelosirci, sai? Dicono tutti grandi cose di te e... beh, penso che a nessuno sia sfuggita la copertina del nuovo numero di My Heroes’ Magazine! Che dire... quei bicipiti!” la ragazza stava parlando con un tono talmente acuto che Katsuki faceva fatica a seguirla.

Senza nemmeno chiedergli il permesso, la giornalista allungò una mano verso il suo braccio e strinse le dita intorno ai suoi muscoli: “Ragazze, se ve lo stavate chiedendo... è tutto vero!” squittì.

Katsuki dovette usare tutta la sua forza di volontà per non spingerla via malamente: aveva imparato ad ignorare le fan urlanti che cercavano di attirare la sua attenzione quando passava per strada, aveva persino preso l’abitudine di sorridere a chi gli chiedeva una foto o un autografo, ma non si sarebbe mai abituato alla scarsa professionalità di alcuni giornalisti.

“Penso di parlare a nome di tutti quando dico che è uno dei servizi fotografici più belli degli ultimi anni! Devi esserne molto orgoglioso, ma dicci... qual è il tuo segreto per rimanere in forma?” chiese.

Gli passò il microfono e Katsuki parlò per la prima volta, cercando di mantenere un’espressione neutrale: “Immagino che salvare il culo alle persone sia un buon allenamento” rispose, irritato.

La reporter scoppiò a ridere per nascondere l’imbarazzo: “Ma certo! Hah... sei troppo divertente!” stava chiaramente mentendo ma a Katsuki non fregava nulla, anzi... era felice di averla messa in difficoltà. “E... erm, pensi di posare ancora per qualche rivista, in futuro?”

“Finché mi pagano sì, è probabile” rispose lui.
La reporter arrossì e si schiarì la voce, imbarazzata: “Chissà, magari la prossima volta ti vedremo posare insieme a Hero Deku e Hero Shouto, i nostri beniamini! Sono certa che i fan amerebbero vedervi insieme su qualche rivista o in qualche spot pubblicitario!”

“Oh, ne sono sicuro, ma non succederà.”
“Come mai dici così? Pensavamo foste amici di vecchia data...”
“Non vorrei metterli in imbarazzo o farli sfigurare” disse, guardandosi intorno per trovare una possibile via di fuga da quella trappola infernale, “Ha altre domande, per caso? Possibilmente qualcosa che riguardi il mio lavoro e non i miei bicipiti...”

“Un’ultima domanda, sì! Parlando di Hero Shouto, qualche giorno fa lo abbiamo visto sfoggiare un nuovo look piuttosto sconvolgente e... beh, viene automatico chiederlo: c’è per caso una correlazione con il tuo nuovo piercing? Alle fan non sfugge nulla, sai? Alcuni pensano che sia una mossa di marketing imposta dalla vostra Agenzia... è così?”

A questo punto a Katsuki non importava più nulla: “No, è stata una mia scelta. E’ ottimo per il sesso orale” disse, sorridendo e tirando fuori la lingua per mostrare la piccola sfera metallica.

Al diavolo, ho di meglio da fare che stare qui a farmi prendere per il culo da una ventenne arrapata che non sa neanche come si tiene un microfono!

La donna rimase senza parole, cosa che permise a Katsuki di dileguarsi tra le urla e le proteste degli altri giornalisti che non erano riusciti a chiedergli nulla.

Inutile dirlo, in poche ore l’intervista era diventata virale e i piercers di Tokyo erano stati sommersi di appuntamenti. Uomini, donne, poco importava: tutti volevano migliorare le loro prestazioni sessuali.

Katsuki venne ammonito per l’ennesima volta dall’Agenzia, che non sapeva più come fare a gestire la sua immagine pubblica, ma sia Izuku che Shouto continuarono a ridere dell’accaduto per una settimana intera.

Per quanto vederlo vestito da maid sarebbe stato bellissimo, entrambi erano molto felici che avesse scelto di farsi quel piercing.



Non sto piangendo, no...
Spero di non avervi annoiati e di avervi strappato un sorriso!
Fatemi sapere cosa ne pensate o se speravate in un finale diverso! E' stato bello arrivare fin qui, mi sono divertita tantissimo e ringrazio in anticipo tutti quelli che hanno commentato e seguito le mie storie <3
Un abbraccio,

Ilaria;)

PS: ci vediamo non so bene tra quanto per il prequel. Come dicevo ho già iniziato a scrivere qualcosa ma mi ci vorrà un po', però tornerò! (e per i fan di Bungou Stray Dogs pubblicherò a breve una ff che ho scritto tempo fa su Chuuya e Dazai, lasciata nel dimenticatoio)
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