Claire de Lune

di An13Uta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pendici Corona ***
Capitolo 2: *** Arena Accogliluna ***



Capitolo 1
*** Pendici Corona ***


Claire de Lune
1. Pendici Corona







Melio ha la brutta abitudine di essere un rompicoglioni.

Oh cielo, adesso.

Non è sempre così.


Non per Andy.


C'è una pausa abbastanza lunga, onestamente sorpresa, mentre l'uomo soffia piano sul suo tè per evitare di bruciarsi il palato e non si accorge di cosa esattamente ha appena ammesso.

Se ne rende conto dopo un sorso, e si scusa con gli altri capitani: credeva di averlo mormorato.

Di sicuro è così. Ma con il volume naturalmente alto della sua voce, quello che per lui è un sussurro per chiunque altro è perfettamente udibile.


Rapan si affretta a controllargli la fronte, certo sopra ogni ragionevole dubbio che gli stia venendo un qualche accidente, una febbre tanto forte da farlo straparlare al punto da convincerlo che quello stronzo (“Le parole, per favore,” lo riprende l'altro, e il ragazzino si scusa) non sia sempre un gran fastidio.

Andy gli assicura di star bene.


È solo quando Genaria promette di fargli una tisana per scongiurare un qualche possibile malanno che il capitano più giovane del clan smette di assillarlo e accetta di tornare a sedersi.


 

-


 

Nessuno riesce a capire come riesca a sopportarlo.

Forse è perché, di suo, il forestiero apparso dal nulla passa circa metà della sua esistenza cosciente perennemente perso in una sorta di strano incubo che gli ricopre la bocca di sabbia grigia e gli sfregola davanti agli occhi candidi e spenti (che pure sembrano sfavillare nel buio, come raggi di sole riflessi sulla neve) annullando qualsiasi sensazione fino a quando qualcuno o qualcosa non riesce a fatica a scuoterlo dal suo torpore.

Forse anche perché suo malgrado sembra abituato ad avere molta, troppa pazienza con chi gli riversa contro insulti nonostante gli ordini di Perula: tra chi insinuava maldicenze alle sue spalle e chi non si faceva alcun cruccio a dirgliele in faccia, chiunque altro, secondo la reggente, avrebbe fatto a botte almeno una dozzina di volte solo nei primi sei mesi che il pover'uomo si è ritrovato a dover passare ad Hisui.

Ma Andy è riuscito a rimanere quasi sempre chissà come impassibile, come un denso muro di miele che intrappola qualsiasi cosa lanciatagli contro: a furia di vedere ogni insulto incapsulato in “Ne sono cosciente”, “Effettivamente è così”, “Me ne dispiaccio ma temo di non poterci fare nulla”, e un numero spropositato di silenzi in cui si dedicava ad altro ignorando l'offesa, ad un certo punto non c'è più stato gusto.


(Ad essere onesta la giovane si rallegra non poco della sua imperturbabilità, perché l'uomo, pelle ed ossa com'era, in un combattimento a mani nude ci sarebbe potuto rimanere secco.)


Un altro fatto che potrebbe essergli stato utile è la sua inspiegabile immunità ai veleni – la stessa che gli permette di fare a da tiragraffi a cugini, nipoti, fratelli e prole varia della nobile Sneasler senza che ciò gli arrechi danni peggiori di qualche strappo ai vestiti, taglietti dati per sbaglio, e l'occasionale lieve giramento di testa.



Melio è petulante, vanesio, pronto ad esplodere (almeno verbalmente) contro chi lo offende dall'alto della sua ostentata superiorità, parlatore instancabile che non osa toccare o farsi toccare dal fetido volgo attorno a sé, circondato per sua scelta solo ed esclusivamente da Pokémon dalle capacità tanto tossiche e corrosive quanto lo è la sua personalità.

In ogni modo sembra essere il completo opposto, la nemesi di Andy.


Eppure, il capitano di Sneasler dice che non è così insopportabile.

Non per lui.

 


-


 

Andy cammina di buon passo, cappello calato sugli occhi per nasconderli dal sole accecante della montagna. Una figura solitaria, raggomitolata vicino ad un bacino d'acqua chiara su cui si staglia con il suo colore blu scuro, cattura la sua attenzione: sembra star mettendo via qualcosa.


“Buongiorno!” grida, e la sua voce riecheggia per tutto il monte.

La massa blu si gira verso di lui.

“Buongiorno,” risponde Melio, mani attorno alla bocca per dare più forza alle sue parole in modo che raggiugano l'altro capitano.


Lo guarda distrattamente mentre scala in giù la parete rocciosa che li divide per raggiungerlo, ancora occupato a cercare di strizzare tutta l'acqua dalla sua ultima tunica appena lavata prima di gettarla tra le altre in una cesta.


“C'è un buon clima per fare il bucato,” Andy commenta avvicinandosi, cercando di abbassare la voce man mano che la distanza tra loro diminuisce in modo da non stordirlo. “Il sole è particolarmente forte e la potenza del vento sembra alquanto favorevole ad un processo di asciugatura veloce.”

“Hm-hm,” fa l'altro, “Un buon giorno per lavare la tua giacca.”

“Apprezzo la tua premura, ma preferirei tenerla così.”

“Non ci metterei molto, sai? E poi, se insisti tanto a tenertela addosso ogni singolo giorno, almeno che sia pulita...”


Estende la mano – che a dispetto di quanto nel Clan Perla si creda non ha il palmo liscio di chi non conosce lavoro, ma riporta calli coperti di cicatrici a forma di stelle dalle mille punte e lunghissime radici filiformi, regali sia di una vita prima nelle paludi e poi tra dure rocce sia dei piccoli irrequieti del Re delle Grotte, ancora incapaci di trattenersi dall'esplodere e fulminare senza preavviso né distinzione – e piega appena le dita un paio di volte, a metà tra un'offerta e un ordine. Andy giocherella appena con la manica martoriata, indeciso, insicuro.


“Ti darò la mia, per simularne il peso,” gli promette Melio: “E non guarderò.”


Il capitano di Sneasler pensa ancora un attimo; appena comincia a sfilare lento un braccio l'altro si volta di nuovo verso l'acqua, osservando le onde che sfilano piano verso la cascata. C'è un isolotto, appena prima del salto mozzafiato nel resto del fiume; è a malapena un lembo di terra, eppure ogni tanto riesce a intravedere spighe dorate che vi crescono sopra.

La stoffa scura viene posata con cura al suo fianco.


“Mi dovrò sdebitare con te,” mormora mortificato Andy dietro di lui.

Il capitano di Electrode agita appena la mano, slacciando la propria giacca (se così si può chiamare la tunica del Clan Diamante) per togliersela e offrirgliela senza girarsi: “Se proprio vuoi,” risponde tranquillamente.


Liberati dal suo cappuccio, i capelli sembrano esplodere cadendogli sulle spalle. Il collo gli prende a sudare al solo contatto.

C'è una piccola pausa mentre comincia a strofinare il sapone su una manica nera e guarda le bolle emergervi sopra quasi marroni dalla sporcizia.


“Potrei farti una treccia,” propone l'altro capitano, “Visto che fa caldo.”

“Sai farle?” Melio chiede, sorpreso.

“Credo proprio di sì.”

“Anche con così tanti capelli?”

Sente una piccola risata alle sue spalle: “Ho la sensazione di aver avuto a che fare con peggio.”

“Come ti permetti,” l'altro replica, ma si sente lontano un miglio che il suo tono è scherzoso: “La mia chioma è una delle meraviglie di Hisui.”

“Non era mia intenzione insultare tanta beltà,” si sente rispondere a modo tra i borbottii appena dolenti di un uomo le cui ginocchia hanno da ridire sull'atto di inginocchiarsi, “Intendevo solo che, da quel poco che mi pare di ricordare, la tua non è la massa più voluminosa che abbia dovuto intrecciare.”


Le dita di Andy sono abbastanza lunghe, rettangolari, curve. Pettinano le ciocche di lavanda piano, stando attente a non strappare i nodi se li trovano; le dividono in tre colonne più o meno uguali, cominciando a intrecciare quella in mezzo e quella a destra, tirando appena per fare in modo che l'intreccio sia abbastanza stretto da non smollarsi dopo due minuti.


“Credo le fossi molto affezionato,” commenta distratto.

“Alla persona con tutti quei capelli?” chiede Melio.

Sente che Andy annuisce.

Anche nei suoi gesti, è molto rumoroso.


La giacca nera comincia a sembrare più brillante. Non c'è un modo semplice per spiegare come il sapone la fa sembrare, in realtà, perché certo non emette alcuna luminescenza propria, né sfavilla come fanno certi tipi di gemme appena li tocca un raggio di sole, né riflette la luce come fa l'acqua; ma la polvere e la crosta che ne avevano fatto scemare il colore si sciolgono in una brutta ombra tra le onde, e la stoffa scura appare per ossimoro più luminosa, più chiara, più accecante.

E comunque, pensa a vanvera, si sente che le voleva bene. Il modo in cui tratta le ciocche di capelli, anche se la testa attaccata è diversa, è gentile, amorevole, attento.



“Credo fosse una bambina.” mormora Andy prima che Melio possa renderlo partecipe dei suoi pensieri. Gioca per un momento con la punta della treccia, simile al folto ciuffo di un pennello ben fatto.



Una bambina.


In fondo, avrebbe senso. Le bambine hanno spesso capelli da intrecciare. Basta pensare a Wasabi, quella peste psichica – se non glieli imbrigliassero, quei nidi di Paras, ne mangerebbe tanti volando con il nobile Braviary che basterebbe per saziarla per una settimana intera. Ed è fortunata, che tra Riza, Maru e il Grande Melio ha l'imbarazzo della scelta quando si tratta di intrecciatori. Dev'essere per quello che nel Clan Perla le donne hanno solo acconciature corte – una grave mancanza di professionisti...

Cerca di immaginarla, questa bambina. L'unico indizio che entrambi hanno è una gran massa di capelli, ma di che consistenza? E quanto lunghi? Di che colore? Immediatamente, nonostante debba essere piccina, li pensa bianchi, o grigio chiaro, come gli occhi.

Come quelli di Andy.

Una figlia, dunque?


“Dovrei avere un po' di cordicella,” annuncia il pù vecchio per riscuotersi dal suo torpore.


Sembra avere una specie di groppo in gola, un nodo confuso che non riesce a sciogliere; così anche il più giovane lascia perdere.


Lo sente cercare in una tasca, in un'altra; con un po' di difficoltà riesce infine ad annodare il filo in modo che non si disfi dopo un secondo – forse ci fa pure un fiocco, o almeno così implica il suo sacramentare a bassa voce.


Melio sbatte le palpebre: “Ho quasi finito,” dice, accorgendosi che in effetti la giacca è quasi completamente pulita ormai. Strofina un po' più forte, poi più piano quando si imbatte in cuciture fatte alla bell'e meglio.

“Non preoccuparti,” lo rassicura quello, “Siamo in perfetto orario.”


Per cosa, lo sa solo lui.

Quando Melio, soddisfatto del suo operato, trascina l'indumento appesantito fuori dall'acqua e lo osserva finalmente libero dal sapone, ha un aspetto decisamente migliore di prima.


“L'hai rammendata tu qui?” chiede, passando il pollice su un crocchio di fili.


Percepisce la testa che si sporge aldilà della sua spalla senza toccarla – almeno il Clan Perla ha la tendenza a rispettare lo spazio altrui.


“Sì, ovunque ci sia una sorta di riparazione è opera mia,” conferma Andy. “Mi scuso per la qualità infima, ma temo di non essere molto abile con ago e filo.”

“Te le ricucirò io,” non è un'offerta, è un'affermazione.

“Non ce n'è bisogno, Melio, davvero.”

“Lo farò io, non è un problema. E prima che tu provi anche solo a pensarlo mettiti bene in testa che non devi ripagarmi.”


Il capitano fa un brontolio, ma non obbietta.

Appena la giacca giace un po' meno gonfia d'acqua nel cesto dei panni da stendere, Melio se lo vede strappare da sotto il naso a tradimento; sbotta un 'ah!' mentre cerca di arraffarlo di nuovo, e imbronciato guarda l'altro capitano issarselo sulle spalle.


“Cosa ti ho appena detto, sordo che non sei altro?”

“Non so di cosa tu stia parlando,” mente quello spudoratamente, ora ricurvo sotto il peso della biancheria. Le maniche della casacca blu del Clan Diamante pendono dalle sue spalle sul simbolo rosato del Clan Perla: che impressione vederli così vicini. “Ho solo pensato che le tue braccia fossero troppo spossate per portartelo dietro e sarebbe stato gentile risparmiarti la fatica.”

Il capitano di Electrode sbuffa più forte, gettando gli occhi in un largo cerchio tanto esasperato da trascinare nel movimento delle iridi anche la testa, le spalle e il busto. Si alza con tutta l'indolenza di un adolescente costretto a fare i mestieri di casa, asciugando pesantemente le mani un po' sulla maglia chiara e un po' sui pantaloni: “Vecchiaccio testardo,” sibila.



Andy ha capelli bianchicci, un viso imbronciato a cui non farebbe male una dormita di tre mesi, una postura atroce che vorrebbe disperatamente ricordarsi di mettere a posto, e trentasei anni suonati.

Melio ne ha ventinove.



Camminano fianco a fianco nel clima insolitamente mite, la maggior parte della via percorsa in un silenzio rilassato. A volte Melio gli chiede se è sicuro di non volergli dare il cesto, ma Andy lo rassicura: la maggior parte dei suoi carichi sono Voltorb rotolati troppo in basso e Sneasle malandrini, e almeno i panni bagnati non si agitano come indemoniati ogni due per tre.


“Ho delle Baccarance per Electrode,” si ricorda improvvisamente il forestiero: “Rammentami di dartele prima che vada.”

“Lo farò,” assicura l'altro. Poi, dopo una pausa: “Non vuoi rimanere? Posso mettere ad asciugare la tua giacca con le mie cose e farti un tè.”

“Ti ringrazio, ma preferirei portarmela dietro. D'altronde devo ridarti la tua.”

“Hm. Immagino sia giusto.”


Un paio di Graveler rotolano giù per un pendio, cozzando l'uno contro l'altro.


“Vorrei farti una domanda,” Andy interrompe nuovamente la quiete.

Il suo compagno di camminata gli rivolge uno sguardo distratto: “Fai pure.”

“Credevi davvero a ciò che dicevi? Affermando che la collera di Electrode fosse una benedizione?”


Il capitano sospira, pensoso, e le sue labbra si fanno piene di rughe e spariscono una contro l'altra mentre storce la bocca nel suo riflettere.


“Il problema è che tu non credi,” sentenzia per iniziare.

La mano affusolata fa un gesto morbido, elegante, verso la cima del monte: “E non credendo non puoi comprendere come penso. Un fulmine dorato, apparso dal cielo dove dimora il Sommo...” e si blocca un momento, correggendosi in tempo “...Dialga, che colpendo a tradimento il mio Re lo rende più forte e più maestoso di quanto già non fosse – non ti pare una benedizione?”


L'altro abbassa la testa.


“Hai sofferto anche tu per la sua collera,” gli ricorda piano.


La memoria fa sfrigolare una grossa bruciatura sul fianco di Melio, ancora fresca, cicatrizzata da poco. Se fosse stato anche solo più vicino, forse non sarebbe qui a discorrere con lui.


“Sì,” ammette, “E mi prenderò la colpa di essermi lasciato accecare dalla maestà di Electrode al punto da rifiutare di riconoscere il suo dolore. Ma brillava come la stella del mattino, ed era cresciuto in grandezza come mai nessuno della sua famiglia prima in una notte sola... Una meraviglia del genere non può che sembrare un miracolo.”


Andy chiude gli occhi un momento, pensieroso, alzando il viso all'aria. Il terreno irregolare buca le suole consumate delle sue scarpe, ma non cade: lo conosce troppo bene ormai.


“Dovrai allora convenire che anche in noi umani vi è un barlume di divinità.”

Melio gli rivolge uno sguardo sottecchi, inarcando un sopracciglio.

“Va' avanti,” lo invita cautamente incuriosito.



Il più anziano afferra tra due dita il visore del suo berretto, come se l'azione di tenerlo lo aiutasse ad articolare meglio il suo discorso: “Se davvero il Sommo Sinnoh fosse stato il mandante dei fulmini che hanno colpito i Re e la Regina di Hisui, incollerendoli ma al tempo stesso donando loro una forza quasi ineguagliabile, e considerando che vivendo accanto a noi umani – sue creazioni tanto quanto lo sono i Pokémon stessi – è ben più semplice e rapido per loro migliorare ed irrobustirsi al punto da causarne in alcuni un'evoluzione di quanto non lo sia se lasciati a loro stessi, si potrebbe pensare che ognuno di noi abbia in sé almeno una sembianza di quelle saette celesti, se attraverso la nostra opera siamo in grado di replicare in maniera graduale ciò che abbiamo visto accadere al Nobile Electrode e ai suoi simili. Ergo, noi stessi umani saremmo come miliardi di singoli fulmini dorati inviati dal Sommo Sinnoh per adempire al miglioramento della sua infinita creazione.”



Apre un occhio, spia la reazione al suo fianco. Il più giovane sorride – non un ghigno o una smorfia, un sorriso vero, grosso, e sotto alle ciglia lunghe i suoi occhi danno una specie di sfavillio.


“Intrigante teoria!” ammette, con un indice pallido che si alza dal mento verso la guancia, verso l'orecchio; si sbilancia un poco, piega la testa in avanti per avvicinarla a quella ancora più diafana della sua: “Quasi blasfema, ma ti sei corretto in tempo.”


Andy da' un colpo di risa, uno solo, e gli angoli del suo broncio sembrano impennarsi quasi in un sorriso.


“Pensi che io abbia torto.” traduce.

“Niente affatto! È una visione alquanto interessante della realtà. Mi piace molto, te lo concedo. D'altronde-”


E spostandosi appena davanti a lui fa un gesto ampio, teatrale, di quelli che fa quando c'è gente con cui vuole far figura (bella o brutta, dipende dalla prospettiva), ad indicare l'interezza del suo essere mentre sperona il cielo con il mentro in una posa da smargiasso.


“Se questo non è un regalo del Sommo...!”


Andy grugnisce: fa sempre così quando qualcosa lo fa ridere davvero, perché la voce gli si ingolfa nel naso e viene fuori tutta accartocciata, come si accartoccia lui su sé stesso tra il peso del cesto sulle spalle e l'ilarità della stupida battuta dell'altro capitano, che ora osserva orgoglioso il risultato ottenuto dalla sua scenetta.


“E io che pensavo non fossi credente,” Melio continua mentre lo sostiene per evitare che caschi come un sacco di patate fumose, “Tantomeno poeta.”

Il forestiero agita la mano come a scacciare una mosca: “Oh, credimi, ci hai visto giusto – non sono né l'uno né l'altro.”

“Non provare neanche a mentirmi! Ti sei sentito? Non ti avrebbe potuto contraddire neanche il più venerabile anziano del Clan – gli avresti fatto venire le lacrime agli occhi dalla suggestione!”

“Non è vero-”

“Sì invece!”

“Mi piace solo parlare...”

“Parlare e prosare! E con che parole ispirate! Ti servirebbe giusto un qualche fondamento di metrica per essere un rimatore completo!”


Dalla foga con cui Andy si calca il berretto sugli occhi per mascherare il suo rossore si direbbe che sta cercando di sparirci dentro.

Melio ride al suo imbarazzo senza cattiveria.

È una risata veloce, che salta a balzi veloci e gli fa sussultare il petto e strizzare forte gli occhi, con la mano a coprirgli il mento.

Gli ricorda vagamente immagini confuse, storia moderna. Un nobile, forse.


La sua tenda è situata sopra l'arena di Electrode, su uno spiazzo abbastanza ampio da ospitare oltre alla sua abitazione, tra altre cose ben più piccole, anche un paio di pali per stendere la biancheria.


“Sicuro di non volermela lasciare qui, la tua giacca? Puoi restare finché non si asciuga. Lo sai che per me non è un problema.”

“Meglio di no. Non vorrei disturbare, e corriamo comunque il rischio che qualcuno appaia a tradimento.”

“E allora? Dico che mi sono sentito in pena quando ti ho visto annaspare in un torrente in cui la rintronanza senile ti ha fatto scivolare e dopo averti salvato la vita quale essere magnanimo che sono, vedendoti grondante come uno Psyduck appena nato, ti ho caritatevolmente permesso di asciugarti sul prato che precede la mia umile dimora.”

Andy sbuffa un paio di sghignazzi: “Temo non sia un racconto particolarmente verosimile alle orecchie altrui.”


(Specifica altrui perché Melio davvero ci proverebbe, a trascinarlo fuori dalle rapide, e lo stesso Andy farebbe per lui; ma non è cosa nota.)


L'altro scrolla le spalle: “Più lo farcisco più diventa coerente con il personaggio,” replica. “Ovviamente è una versione alterata dei fatti. In realtà ti avrò accidentalmente inzuppato e per la vergogna ho cercato di farti star zitto al riguardo offrendoti i servigi del Grande Melio o baggianate simili.”

“Ah, ebbene è così. Ma non funzionerebbe molto se qualcuno ci sentisse parlare in modo tanto rilassato come adesso.”

Il capitano del Clan Diamante sbuffa, ma invece di lamentarsi prende la giacca ancora bagnata, la piega, e gliela offre: “Ti stanchi mai di avere ragione?”

“Ciò che faccio, ciò che dico,” replica l'altro con uno dei suoi bronci sorridenti (anche se le parole che gli escono dalla bocca suonano storte, come se lui stesse facendo un'imitazione ed esse dovessero venire pronunciate da un'altra voce), accettando l'indumento pulito e restituendo la casacca blu: “Sempre uguale. La sicurezza prima di tutto.”



La sicurezza di cui parla non è certo la sua, né quella di Melio: Andy potrebbe molto tranquillamente rivelare la vera personalità del suo collega e tuttavia allo stesso tempo assicurarne l'assoluta segretezza, grazie da una parte all'incredibile abilità di attore di quello e dall'altra alla propria reputazione di individuo strambo e facilmente distratto da chissà quali tormenti, nonché prono a fidarsi e cercare anche troppo facilmente il lato buono delle persone. Ma non vorrebbe mai rischiare di incrinare la delicata e boriosa maschera che il capitano ha tanto faticosamente costruito, e con ciò rovinare quella fiducia che sentono l'uno verso l'altro.

Melio, in contrasto con la pantomima che ha accuratamene scelto e su cui ha lavorato nel corso degli anni per cavarsi dalla cupa caverna della sua timidezza infantile nel tentativo di supportare Damon in un qualsiasi modo possibile, è sorprendentemente schivo. Non ama scoprirsi fragile davanti alla gente, anche a costo di apparire insensibile; non a caso forse ha accettato di buon grado di vivere in isolamento quasi totale su questa montagna del cazzo (le parole, si dice da solo Andy, ma in fondo è la verità perché il monte Corona per quanto abbia imparato a farselo piacere è forse il posto meno ospitale di Hisui dopo i ghiacciai, e non si può esattamente dire che la regione di luoghi ospitali abbondi) come capitano del Re delle Caverne, tra i Regali forse quello più temuto – perché anche considerando la dimora vulcanica di Arcanine e l'immensa stazza di Avalugg, nessuna delle due mirabili bestie ha il vezzo di farsi esplodere con poco se non direttamente nessun preavviso e una potenza tale da scoperchiare intere grotte nel caso quel giorno la Luna gli andasse particolarmente storta.

Ma Melio stravede per Electrode: è la sua devozione e il suo affetto nei confronti del Pokémon che lo mantengono tanto docile ed appagato, e di rimando con la minaccia della distruzione che è sempre a rischio di seminare lo sferico Re allontana dal suo amato capitano fastidiose pesti che lo stancano a furia di farlo recitare senza tregua anche per ore.


A proposito di Electrode e la sua tendenza a farsi saltare in aria – Andy fruga in una delle tasche infilate sull retro della sua cintura, e ne tira fuori con un po' di fatica alcune Baccarance.



“Me ne sono ricordato,” dice soltanto, offrendogliele.

“Oh! Giusto - grazie...”


Melio accetta volentieri, infilandole una a una nei suoi borselli.


“Suppongo di doverti un favore,” commenta distrattamente.

“Ad esempio lasciare accese le torce nelle caverne?”


Alla frecciatina gli risponde uno scatto del bel viso così rapido per lanciargli un'occhiata oltraggiata che persino le ciocche che lo incorniciano non riescono a reagire in tempo, e affrettandosi svolazzano con un po' di ritardo contro il petto del più giovane.


“Ma lo sto già facendo!” si lamenta il capitano di Electrode con un tono lagnoso che fa venir voglia di gratuggiarsi le orecchie.


Andy (che quando vuole sa essere un gran figlio di Sneasler) gioca appena con la barba appuntita che gli sporge dal mento come un cespo di doppioteamillo, fingendosi pensoso.


“Davvero?” commenta, e intanto fa un passo indietro per evitare che gli arrivi una sberla in faccia per la scena che sta mettendo su, “Eppure mi era proprio parso che la Grotta Labirinto fosse particolarmente oscura, pochi giorni orsono... Pressappoco nel periodo attorno alla riappacificazione dei Regali, se non sbaglio... Quando il comportamento che hai esibito era, se posso essere onesto, particolarmente capriccioso...”


Una manciata di ditate sul naso se la becca comunque, perché Melio mannaggia a lui è tutto lungo e basta che si sporga un poco per raggiungere con le braccia anche a due metri da sé.
 

Con la mano attaccante ancora a mezz'aria dopo il suo assalto, il giovane capitano non riesce a contenere l'imbarazzo all'implicita accusa di infantilità che gli colora le guance di rosso: “È stata solo una volta!” si schermisce, tale e quale a un bambino che neghi una marachella: “Per evitare che quella canaglietta del Team Galassia si facesse friggere da Electrode!”

“Cosa che non è successa.”

“Dettagli! Comunque poi le ho rimesse apposto!”

“Se ben ricordo quello l'ho fatto io.”

“Non è quello il punto-- insomma, hai capito cosa intendo!”


Se Andy inclina appena la testa come se fosse confuso e non avesse infatti capito un bel niente, Melio si infurierà come uno Stunky con la coda pestata? Giudicando dai pugni stretti attorno alle ciocche di lavanda come per strapparle tutte d'un colpo e gli occhi ridotti a fessure che sputano veleno dalla pupilla, si direbbe proprio di sì.

Il palmo graffiante scatta di nuovo in avanti per tirargli una centra degna di un Ambipom, ma il capitano di Sneasler si scosta all'indietro fulmineo – anche troppo, a dir la verità, e geme con una smorfia dolorante quando dalla sua schiena si alza una sinfonia di scrocchi e schricchiolii vari.


“Ben ti sta,” bofonchia l'altro sibilando tra i denti stretti e i capelli in cui cerca di nascondere la faccia ancora scarlatta, insensibile alla sua breve angoscia perché ancora piccato per la presa in giro. “Vecchiaccio della malora.”


Andy ride di gusto, cercando di dissimulare i suoi grugniti. Melio si gira, gli da' stizzito le spalle; ma il forestiero non se ne offende affatto e neanche lo prende sul serio, e continua a sghignazzare sospirando ogni tanto a gran voce con il suo broncio più felice.

Dal cesto della biancheria poggiato a terra raccatta la sua giacca ancora umida, ponderando un momento se dovrebbe mettersela addosso e decidendo in ultimo che forse è meglio di no. Fa scivolare la casacca blu scuro dalle sue spalle e tenta di piegarla come meglio può, per darle una sembianza di ordine; ignorato e ignorando il suo compagno offeso fa per appoggiarla da qualche parte che non sia a terra.



“Scommetto,” la voce di Melio lo raggiunge (percepisce il suo sguardo sottecchi che lo spia mentre è voltato) “Che con tutto il tempo che passi sottoterra a socializzare con Geodude e infastidire Golbat non sai neppure che stasera ci sarà una Luna piena.”

La notizia lo intriga: “No,” ammette con genuino interesse, “Effettivamente non ne avevo la minima idea.”

Il giovane schiocca la lingua con finta sufficenza: “Tsé! Ovvio! Dove saresti, senza il Grande Melio che ti avvisa delle festività mensili della natura...”


Scuote il capo, e la treccia ondeggia contro la sua schiena dritta con un moto quasi ipnotico. Il pù anziano segue il basculare incantato senza neppure accorgersene, tantomeno realizzare che Melio adesso la fa ballare apposta, un po' per il modo in cui gli colpisce le spalle e un po' per intrattenere Andy.


“Sarà vicinissima al monte, dicono,” aggiunge: “E ben visibile dall'Arena del mio caro Re...”


Ah – ecco svelato il perché di questa improvvisa menzione.

Per quanto infastidito, Melio vuole comunque ripagare il suo favore.


“Avrai un'ottima visuale, allora,” Andy si limita a commentare.


L'altro capitano annuisce, e finalmente si volta.


Ha ancora il broncio, e la faccia semi nascosta dai capelli, ma fa comunque un passo avanti, per avvicinarsi: “E avrò chiaro di Luna in abbondanza! Anche fin troppo, se devo essere sincero. Quindi...”



Passa un attimo di perfetto silenzio. Si sentono i Voltorb sprizzare scintille nell'arena mentre giocano.



“... Se volessi unirti a me...”

“Se questo è un invito, accetto volentieri.”

“Cos'altro dovrebbe essere?”

 

Melio gli sorride mentre lo dice.











 



ho circa 27 dinamiche diverse tra Melio ed Andy che tengo in palline di vetro nella mia mente e che ogni tanto agito per vederli sballottare in giro come la neve finta. li amo da morire. vorrei frullarli.
Comunque!
Questa storia è stata divisa in due parti perché la seconda (non finita) si sta rivelando particolarmente lunga, e visto che ho già un'altra fic ancora più lunga in lavorazione ho deciso di non fare una pergamena anche di questa.
Ne approfitto per mettere le mani avanti e dire che in questa storia sia Andy che Melio sono aromantici - non fatevi ingannare dal fatto che io sono una rincoglionita che bacia i suoi amici appena può e ho la brutta abitudine di trasmettere i miei tic e le mie abitudini ai personaggi che scrivo. Eccetto la parte che verrà in cui loro due si sbronzano male, perché io ho il terrore di ubriacarmi e tra l'altro di alcolico ho bevuto in tutta la mia vita solo un singolo sex on the beach che per quanto gli altri mi dicessero che si sentiva solo lo sciroppo di frutta per me era amaro come il tossico.
Spero vi sia piaciuto il capitolo!

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Capitolo 2
*** Arena Accogliluna ***


Claire de Lune
2. Arena Accogliluna







Nonostante il cielo già scuro la Luna sta ancora solo sorgendo quando Andy arriva di buon passo all'Arena. La sua controparte diamantina lo aspetta già tra le antiche colonne nella radura, a piedi nudi, mentre calcia un paio di cuscini a terra per metterli a posto.


“Spero di non essere in ritardo,” si scusa preventivamente lo straniero.

L'altro scaccia con le mani le sue parole: “Tra te e Damon non so chi sia più ossessionato dall'essere puntuale! A che serve poi, se siete sempre o in orario o in anticipo...”

“Bisogna sempre cercare di evitare ritardi sulla tabella di marcia,” si giustifica il più vecchio. Guarda verso la chioma dell'albero secolare, dove la brezza e qualcos'altro fanno stormire le foglie: “Sei certo che non causeremo alcun disturbo al Re delle Grotte?”

“Certo che no,” lo rassicura quello: “Il mio amato Electrode ha un sonno tanto pesante che non sentirebbe neppure il ruggito di Dialga. Lo scienziato del Villaggio Giubilo dice che ha a che fare con la sua dieta, con la fotosin- pin- fototesi cor-”

Qualcosa si sblocca tra le memorie di Andy: “Fotosintesi clorofilliana?” completa correggendo l'altro.

Melio schiocca le dita nella sua direzione: “Quella roba là. Qualsiasi cosa voglia dire fa andare Electrode in letargo appena sparisce il sole. Ma è assolutamente naturale, niente di cui preoccuparsi. Così, mentre lui e i suoi piccoli si godono sonni pacifici...”


E facendo apparire una damigiana dal bel mezzo del nulla come il più abile dei Mr Mime la erge in aria stretta nel suo palmo con un gesto teatrale, attraendo subito l'attenzione viva del suo compare.


“... Noi ci possiamo godere il chiaro di Luna.”


È così che Melio chiama poeticamente il liquore che ha imparato a fare lui stesso dalla fermentazione delle patate fumose, una bevanda che al primo sorso è più amara di un frullato di Baccafrago e Baccaguava e che in bocca lascia una sensazione strana, come se si fosse addentata una boccata di bruma; a furia di berla però il sapore si inasprisce in modo delizioso, fino a diventare quasi dolciastro.

Andy non dev'essere stato un gran bevitore nella vita precedente di cui ha solo ricordi vaghi, e anche se un fegato vagamente allenato lo avesse avuto certamente non sarebbe potuto essere abituato a certi superalcolici artigianali bolliti a oltranza per evitare che un sol sorso stecchisca anche un Mamoswine; la prima volta che il capitano del Clan Diamante lo aveva invitato a bere, vedendolo inghiottirne un bicchiere intero in un unico colpo senza alcun problema, aveva pensato bene di imitarlo, e si era risvegliato la mattina dopo con un'emicrania da far paura e Melio al suo fianco che gli allungava un tè di Baccapesca tirando un sospiro di sollievo dopo aver passato la notte intera leggermente nel panico per il terrore di averlo ammazzato.

Da lì in poi si è fatto lentamente una placida resistenza a furia di bere a piccoli sorsi; e ora, seduto su un cuscino ad aspettare la Luna piena, riesce finalmente a stare quasi dietro ai brindisi del suo compagno.

Non che sia un'impresa semplice, e menchemeno salutare – perché Melio butta giù senza ritegno un bicchiere dopo l'altro senza quasi lasciarsi il tempo di inghiottire il primo, come se non sentisse il modo in cui gli brucia la gola (e probabilmente davvero non se ne accorge neppure, abituato com'è) e non temesse affatto la rapidità con cui una sensazione fluttuante gli avviluppa i sensi e lo fa scivolare sempre più giù accompagnato da una sinfonia di risatine sommesse che non riesce a trattenere.


Quando Andy, dopo un altro sorso, sbuffa e ansima appena facendosi aria con la mano per il caldo con cui l'alcol lo fa abbrustolire ed arrossire, l'altro è ormai completamente sdraiato sul terreno nudo, il cuscino su cui era seduto ora chissà come sotto un ginocchio e i capelli sparsi sotto di sé; il petto gli saltella senza posa con sghignazzi dedicati ad una storia divertente di cui ha perso il filo mentre la raccontava, e il suo amico lo guarda mentre agita la mano avanti e indietro senza accorgersene, tenendo ancora il bicchiere vuoto stretto tra le dita lunghe e affusolate.


“Sei bello,” gli dice senza pensarci, sentendosi tanto rilassato che gli pare di non avere ossa.

Melio sorride ad occhi chiusi, fa una specie di gemito allegro: “Lo so,” replica, tronfio, e si gratta la nuca contro la terra mentre agita la testa a vanvera come per meglio enfatizzare il suo fascino.


Agita il bicchiere nella sua direzione, chiedendo un altro giro. La mano gli ondeggia un po', e Andy deve sia tenergliela ferma mentre lo serve per evitare che si rovesci dappertutto, sia appoggiargli per un momento la testa sopra la propria gamba per tenerla dritta in modo che non gli vada di traverso quando beve – e ne approfitta un attimo per fissargli incantato il collo liscio e quasi bianco che emerge dalle sue ciocche, come se non ne avesse mai visto uno prima. Entrambi fanno un altro brindisi al nulla: e giù.

Andy nota distrattamente che si sente il cranio simile a un Drifblim.


Una mano gli tira la tunica: “Vieni qua,” Melio lo chiama con una specie di gracidio, “Vieni quaaa,” e ride, e inarca la testa, e ha il collo proprio bello e chiaro e che se non fosse una cosa forse troppo sensuale da fare glielo bacerebbe volentieri. “Andyyy, vieni qua...”


Il capitano di Sneasler sposta il cuscino in modo che gli stia sotto la testa, bofonchia un po' mentre si muove a fatica tra acciacchi vari ed eventuali, e gli si sdraia affianco.

La notte è limpida, limpidissima: le stelle sono così tante e così luminose contro il cielo praticamente nero da mozzare il fiato.

Non ce ne sono mai stati dei cieli così scuri e pieni di astri, a Sciroccopoli... Troppa luce artificiale...


Il pensiero fugace sfreccia come un TAV nella sua mente e sparisce nei recessi più vuoti e lontani dello spazio.

Perso.


La voce di Melio mugugna una sorta di canzone in un dialetto che non conosce e non comprende.

Poi lo sente che tenta di tirarsi su, di girarsi.


“Ho notato una cosa,” annuncia.


Il più vecchio volta appena il viso nella sua direzione (percepisce il movimento come se fosse sott'acqua), e aspetta che continui con gli occhi a mezz'asta e le mani appoggiate alla pancia.


Da dove sta appoggiato sul proprio fianco Melio si lecca appena le labbra – l'alcol non è esattamente una buona scelta per idratarsi – e agita un indice per arrotolarci attorno quello che voleva dire: “Ho notato una cosa,” ripete. Ha una specie di bavatura quando parla, quando pronuncia la S, che a volte è più udibile ed altre meno. “Una cosa ingiusta.”

Andy risponde con un 'hmmm'.

“Ho notato... Che quando-” strizza gli occhi un attimo “-Quando io e te... Quando beviamo. E poi... Lo sai... Che mi metto giù, e tu mi - no? Ti appoggi. E facciamo... Come casso-”

“Parole.”

“Sh sh sh, sitto. Scit- Zit- To. Zitto. Quello che-” si interrompe di nuovo con un mugolio frustrato. Passa una mano sugli occhi, pizzicandosi il naso per un momento alla ricerca del modo corretto di esprimere i suoi pensieri: “Perché non è... Non è coccole. Perché tu non sei Skuntank.”

“Lo spero bene.”


Cinque dita gli finiscono dritte sulla guancia, ma sono così molli che non gli fanno male per niente. Melio lo guarda con occhi che sarebbero infuocati se non avesse il cervello che galleggia in una vaschetta d'alcol, e gli riversa addosso una gran varietà di suoni non intelligibili ma certamente offesi oltre misura con cui cerca di dirgli che scusami ma come ti permetti, Skuntank è il pokémon più bellissimo e bravissimo e perfettissimo di Hisui dopo Electrode e tu non hai il diritto di insinuare cose brutte sul suo conto, e quando lo rivedi domani farai meglio a scusarti e dargli una carezza sulla sua bellissima e sofficissima testa e rimprinzarlo di Baccafrago che a lui piace l'amaro e infatti è la creatura più bella carismatica e affascinante del mondo intero, e devi ammetterlo altrimenti ti gonfio come un Drifloon alfa punto da tremila Combee incazzati neri che te lo meriteresti pure per essere così cattivo e meschino con lui, che tanto lo so che sei solo geloso perché nessuno dei tuoi è così bello e carino e dolce e morbido da coccolare come lui.


Dopo cinque ardui minuti finalmente ritorna a favellare come una persona normale, o perlomeno normalmente ubriaca: “Vecchiascio,” lo insulta subito, “Mi fai incartare la lingua. Bleh.”

Andy ride piano.

Il suo compagno non riesce a tenere il broncio a lungo, e ride con lui.

Getta una ciocca di capelli oltre la spalla: “Comunque! Dicevo... Dicevo... Ok, ci sono. Ci sono. … Ci sono. Ok. Allora, quando noi... Ci abbracciamo, no? Diciamo così. Perché non ho... Non ho una parola giusta, quindi ci abbracciamo. Quando ci abbracciamo, no?”

“Hm-hm.”

“Ecco. Ho notato...” le belle labbra si inarcano in un sorriso furbo, e gli occhi si assottigliano fino a diventare mezzelune: “Ho notato... Che sono sempre io, ad abbracciare te. Sempre. Ogni volta.”


Tiene il mento appoggiato nel palmo della mano.


“È ingiusto,” ripete.


Ora che ci pensa, Andy gli da ragione.

In effetti è ingiusto.

Apre le braccia con affettuosa rassegnazione: Melio non si fa pregare e si lascia cadere subito sul suo petto di faccia.

Allunga le già chilometriche belle braccia per cingere con esse il collo del più vecchio, il quale a sua volta stringe le proprie attorno a lui e appoggia le mani sulle sue scapole. Cinque dita iniziano a giocare distratte con le lunghe ciocche mosse, risalendole lentamente fino a finire a massaggiarne la radice, accarezzando la testa del suo compagno di bevute piano, amabilmente; le altre restano dove sono, preferendo disegnare pigramente ellissi sulla bella schiena. Il capitano di Electrode gradisce assai le sue attenzioni, a giudicare da come fa vibrare le corde vocali in lunghissimi soddisfatti mugugni a bocca chiusa. Aggiusta appena la sua posa per essere più comodo, facendo quasi per rannicchiarsi su di lui.

Andy gli accarezza i capelli sovrappensiero, convinto che questa sensazione gli sia familiare. Tutto questo ha un che di noto – il peso sul petto e la posizione un po' scomoda, un certo torpore che gli appesantisce le palpebre, una guancia schiacciata contro di sé che se la lascia in quel modo poi si sveglierà con una sbausciata tremenda sulla maglia e quando cercherà di scansarlo via la mattina per asciugare quello schifo l'altro gli si avvinghierà attorno sbausciando ancora di più per dispetto e rifiuterà di andarsene perché è un fratello minore, e tutti i fratelli minori sono un po' bastardi dentro.


E Melio in effetti è un fratello minore. Glielo ha detto, una volta. Dev'essere per quello che gli sono venuti in mente i fratelli minori.


Melio struscia la tempia contro il suo sterno con un sospiro. Andy piega la testa per dargli un bacio sui capelli: il giovane sorride e alza appena le gambe, calciandole in aria come una ragazzina sognante.

Alza il mento, incassandolo tra le clavicole sporgenti del suo compagno. Il liquore gli colora le guance di un bel rosa camelia.


“Ammettilo,” gongola, tanto brillo che potrebbe luccicare nel buio.

“Ammettere cosa,” gli risponde il capitano di Sneasler.


L'altro gli sorride scaltro con un risolino, sbatte le ciglia lunghe e folte, e allunga il viso fino a far quasi toccare i loro nasi.


“Che sei innamorato pazzo di me,” biascica.

Palmi callosi gli cingono le guance e portano il suo sguardo a incrociare quello di occhi bianchissimi. Andy lo guarda fisso nelle pupille, con un affetto incontenibile, e dice con secca dolcezza: “Neanche un po'.”


Melio scoppia a ridere senza riuscire a contenersi. È un bene che Electrode sia tanto profondamente letargico, perché se avesse il sonno appena più leggero ora li starebbe incenerendo con un Fulmine per far smettere tutto quel baccano che non lo lascia dormire in santa pace.


“Lo disci così!” ulula il più giovane, con quasi le lacrime agli occhi; si gira sul fianco di nuovo, porta una mano sul petto fintamente addolorato: “Oh! Agonia! Senza pietà! Senza pietà! Mi spezzi il cuore!”

Anche l'altro comincia a sghignazzare: “Sarei stato più delicato se non sapessi che noi due non abbiamo neanche una cellula romantica in corpo.”

“E che ne sai! Che non ho mentito!” insiste il capitano diamantino.

Andy gli stringe le guance appena in una mano, agitandogli la testa un poco: “Stai ridendo troppo,” replica con il suo sorriso imbronciato.


La bella testa gli casca ora sul collo inondandolo di capelli bluastri, e continuano a ridere forte tutti e due, stringendosi e colpendosi debolmente a vicenda più per scherzo che per altro. I bicchieri abbandonati, la damigiana spostata con un po' di fatica per evitare di farla riversare a terra, con uno slancio Melio si aggrappa alla testa di Andy e schiaccia la bocca contro la sua guancia in un bacio da bambino.

Lo straniero sbarra gli occhi.


“Oh!” esclama, così forte da far quasi saltare l'altro. Lo guarda in faccia, con gli occhi che brillano: “Oh!” e lo stringe più forte, facendoli dondolare entrambi finche non dà un colpo d'anca e li fa ribaltare, finendo sopra Melio – che a sua volta da' un grido ancora sobbalzante di risate, e sorride incredulo. “Oh!”

“Che c'è?” gli chiede, “Che- che sc'è?”

“Non mi hai mai dato un bacio!” replica il più vecchio.


Da qua sopra, anche con questo buio, vede benissimo la faccia più giovane e pensa che sia veramente bellissimo.

Melio ansima dalla sorpresa e digerisce la frase molto piano, a causa di tutto quel liquore che gli naviga in testa, e continua comunque a sorridere.


Un pensiero fa incurvare appena le bocca di Andy: “È ingiusto,” nota con un po' di perfidia, imitando la sua lamentela proprio come un Chatot che ripete le sciocchezze di un marinaio.

Questo il capitano di Electrode lo capisce quasi subito: boccheggia senza riuscire a spiccicare parola con gli occhi sbarrati, fulminato.

“Non è vero,” cerca di schermarsi, ma l'altro lo zittisce subito: “Sì che è vero!”


Il più giovane cerca goffamente di allontanarlo, provando a scostarlo con una mano schiacciata contro il mento dalla barba caprina per almeno alzarlo così che non possa vedere il suo imbarazzo.


“Sono sempre io a darteli!” Andy continua imperterrito con un tono quasi esaltato, esilarato, con l'alcol che gli fa venire le palpitazioni e lo manda su di giri, come se questa fosse una rivelazione e non un semplice dato di fatto, “Tu non me li hai mai dati! Mai!”

Da sotto di sé viene un mugugno a metà tra l'infastidito e il divertito ogni oltre limite: “E allora!”

“È ingiusto!” ulula il vecchio: “Ingiusto! Ingiusto!”


La mano sotto il suo mento slitta via, e deve subito sforzare le proprie braccia per tenersi su prima di sbattere contro la fronte del più giovane.


Due palmi gli afferrano strette le guance; gli occhi bluastri di Melio gli ghignano con una smorfia che gli fa arricciare il naso, gracchiando una risatina sommessa su cui saltellano le sue parole quando annuncia inarcando il collo: “Sinnoh, se sei fastidioscio!”

E tu lo Stantler che da' del cornuto al Ponyta!


Questo Andy non riesce a rinfacciarglielo, assalito com'è da una tempesta di baci schiacciati forte con certi schiocchi assordanti contro ogni parte della sua faccia – le guance, il mento, la fronte, il naso, le tempie, le sopracciglia, le palpebre, veramente dappertutto: il suo amico non gli risparmia neanche un singolo centimetro di pelle. Il capitano di Sneasler sghignazza senza posa, forte, forte, fortissimo, incapace di contenersi mentre strizza l'altro nelle braccia e si gode questa inusuale inondazione d'affetto.

Ride tanto che la pancia gli comincia a far male e si accascia su di Melio, facendo finire il naso aquilino sullo sterno ancora sobbalzante dell'altro. Riesce a sentire sulla pelle i suoi arti lunghi tentare in maniera alquanto goffa di abbracciarlo, incastrandosi malamente l'uno nell'altro mentre cercano tutti e due di riprendere fiato.

Melio non ci sta riuscendo un granché con la sua ridarola irrefrenabile.

Tossisce appena, testa inarcata all'indietro per non sputare germi sui capelli bianchi, e inspira profondamente un paio di volte. Finalmente, riescono a guardarsi l'un l'altro di nuovo senza quasi morire.


“Sodifs- sfodd- cazso-”

“Parole.”

“Le so! Le sto discendo!”


Andy grugnisce uno sghignazzo e il suo compagno si morde la lingua per non ricadere nel riso.

Un altro respiro profondo, buttando giù con una specie di squittio.


“Sod – dis – fat – to?” riesce finalmente a sillabare.

Il capitano di Sneasler annuisce con un mugugno.


Due mani sottili e bianche di cicatrici si chiudono attorno alle sue guance, gli trascinano il viso in modo che possa meglio guardare quello del più giovane. Ha gli occhi bluastri semichiusi in un'espressione furba e un sorriso largo, divertito, come se stesse per raccontargli una barzelletta.


Sussurra, con il tono di un cospiratore: “Lo sai che cosa... Che cosa penso?”


Il capo bianco tra i suoi palmi fa segno di no.

Oh cielo, pensa Andy pigramente quando Melio fa un paio di singulti decisamente troppo simili a risate per i suoi gusti. Ora dice una scemenza.


“Penso che se cal- qual- qualcuno, ci vedesse – penso che penserebbe che stiamo...” si interrompe con un risolino sordo, una serie di colpi di lingua nella gola che ricordano un po' i richiami dei Sealio “Che sta- stiamo... Che ora, ora stiamo... Stiamo scopando forte.”



Passa un momento solo di pausa.



Ora che i dati sensoriali e la generale consapevolezza del fatto che loro due hanno infatti dei corpi in una qualche posizione in un qualche luogo è forzatamente portata alla sua attenzione, Andy si rende effettivamente conto che, al momento:

il suo inguine (piatto) è esattamente tra le gambe di Melio, quasi sovrapposto a quello (anch'esso piatto) di quest'ultimo;

la sua giacca è abbastanza lunga da coprire suddetta zona e quindi anche la parte superiore dei loro pantaloni, nascondendo quindi se siano abbassati o meno (non lo sono);

Melio è sotto di lui, insolitamente allegro, con le gambe assai divaricate (perché appoggiare ginocchia magre su altre altrettanto secche non è piacevole), avviluppato a lui con la foga di un Gligar appena uscito dall'uovo aggrappato alla schiena del Gliscor genitore per non essere sbalzato via durante il volo.


Ma comunque!


Andy si issa sui gomiti giusto per darsi una spinta e, senza una parola né uno dei suoi impercettibili cambi di espressione, comincia a rotolare sul fianco quanto più lontano possibile da Melio.

Il più giovane scoppia a ridere.


“Dove vai!” gli ulula dietro mentre lui, imperterrito, continua nella sua imitazione di un Graveler. “Dove vai!!”


Quando il forestiero si ferma ormai il capitano diamantino è accartocciato su sé stesso, tenendosi la pancia colta da spasmi e crampi dal troppo ridere e dondolando pietosamente sul posto con le lacrime agli occhi.


“Vieni qui, rincoglionito,” le parole traballano sulla sua lingua mentre si contorce, “Torna qui... Caz... Torna qui!”


Il vecchiaccio non si muove.

Melio impreca di nuovo con un colpo di tosse; sfidando il tasso alcolico nelle sue vene che lo appesantisce e la ridarola che lo fa tremolare come un Burmy in una giornata particolarmente ventosa, tenta eroicamente di gattonargli incontro. Casca indecorosamente a terra dopo nemmeno una decina di passi, singhiozzando dall'ilarità così forte che lo staranno sentendo anche ai piedi della montagna, faccia tra le braccia e culo all'aria. A un certo punto comincia a fare uno strano suono che ricorda il fischio di una teiera dimenticata sul fuoco.


“Tutto bene?” chiede Andy senza muoversi di un centimetro.

Gli risponde un rantolo che gli ricorda vagamente il vagito di un Vulpix incastrato in una buca. O un Remorayd spiaggiato e incazzato male.


Forse per pietà, forse per senso di colpa, Andy sospira e ritorna rotolando al fianco del suo compagno di bevute.

Gli batte la mano sulla schiena come per farlo tossire e quello si spiaccica sul proprio fianco senza neanche opporre resistenza, rosso in viso.


“Ahia,” commenta tra le lacrime tenendosi la pancia.

Sorride ancora.


Con l'aiuto di Andy riesce a sdraiarsi supino, ancora un po' tremante mentre smette di tarantolarsi dal ridere; fa respiri profondi (perlomeno ci prova) finché non riesce ad aprire appena gli occhi e guardare il più anziano in faccia senza farsi partire la milza a sghignazzi.

Ha le guance rosse e il petto che ancora sobbalza a singhiozzi, ridacchiante, con un sorriso appesantito dalle ciglia sonnolente. Sembra voler dire qualcosa, ma la lingua si rifiuta di cooperare.

Andy lo guarda senza un singolo pensiero che riesca a formarsi nella sua testa, con una contentezza ebete che meno male non può mostrare grazie alla sua specie di paralisi facciale altrimenti se ne vergognerebbe a vita. Una parte ancora vagamente funzionante del suo cervello decide di ignorare qualsiasi problema si fosse fatto fino adesso e bacia il collo pallido – anche se più che un vero e proprio bacio sembra che la testa gli sia cascata dal sonno e per puro caso la sua bocca sia finita sulla gola dell'altro.

Melio fa di riflesso un suono strozzato, ma non agonizzante, il che è un bene. Alza un braccio, stringendogli il collo in una morsa che forse lo farebbe preoccupare se l'arto non fosse molle come gelatina, e replica in tono piantandogli un bacio sulla tempia.

 

“Credo che così basti,” sentenzia il più vecchio. Con una mano infilata sotto alla schiena aiuta il capitano di Electrode a mettersi a sedere: “Obliteriamo il biglietto prima che parta l'ultimo treno e andiamo a dormire.”

L'altro cerca invano di calciare a terra in protesta, anche se ubriaco com'è i risultati lasciano a desiderare: “Nooo,” mugula (quasi stesse imitando il suo stesso Skuntank quando, sdraiato sulla schiena, nota che i grattini sulla sua pancia tardano ad arrivare) “Non voglio...”

“Riesci a camminare?”

“Hmm... no.”

“Ora chiamo Sneasler.”

“Nooo!”


Abbraccia il collo di Andy trascinandolo a terra, singhiozzando teatralmente mentre quello prova a trascinarlo di peso almeno fino ai cuscini – impresa alquanto ardua per uno che propriamente sobrio non lo è nemmeno lui.


“Ultimo,” lo prega Melio, guance rosse e lucide come se davvero stesse piangendo a dirotto, “L'ultimo e poi basta, promes- prometto, l'ultimo!”

“Ultimo cosa?”

“Ultimo bind- bir- bin-”

“Bicchiere?”

“Per favooore...”

“Poi ti verrà mal di testa.”

“Per favooore!”


Andy sospira.


“Facciamo così,” e il più giovane subito smette di piagnucolare per ascoltare attentamente “Se riesco a spostarti dove si sta più comodi, e se mi prometti che è davvero l'ultimo della serata-”

“Ultimiscimo,” Melio gli assicura prima ancora che finisca.

Il capitano di Sneasler sorride appena, con l'accondiscendenza di un fratellone assillato fino allo sfinimento: “Allora vada per l'ultimo.”


Lo stringe bene abbracciandolo da sotto le ascelle e prova a tirarlo in piedi: finalmente, con la collaborazione dell'accanito bevitore, riescono a barcollare fino al punto dove sono stati seduti quasi tutta la notte e cascare di sedere miracolosamente proprio sui cuscini.

Afferra la damigiana, la scuote appena per sentire cos'è rimasto dentro; ora che recupera i bicchieri Melio si è già abbandonato a terra come se non avesse ossa, ridacchiando allegramente mentre si gode la brezza, pregustando l'ultima bomba d'alcol che è riuscito a strappare al più anziano.


“Dopo di questo, a dormire,” gli ricorda Andy mentre versa.

Il capitano diamantino non risponde, mostrandogli solo il sorriso largo e vittorioso dei fratelli minori convinti che il mondo giri intorno a loro.


Allunga le braccia verso il bicchiere portogli come un Purugly che si stiracchi, lamentandosi appena quando l'altro lo allontana apposta per costringerlo a mettersi a sedere, in modo che non gli vada di traverso. Quando riesce a tirare su il torso lo schiaccia contro lo sterno dell'altro, e viene accolto in un mezzo abbraccio; ora che non rischia di strozzarsi viene permesso alle sue mani un po' basculanti di stringere il suo ultimo giro, ma prima che possa portarselo alla bocca per buttarlo giù tutto d'un colpo si vede il polso preso amabilmente e spostato un po' avanti, giusto quel che basta perché caschi di faccia se prova a chinarsi per raggiungerlo nuovamente.


“Hai detto che potevo!” mugula.

“Aspetta almeno che prenda anche il mio,” lo calma il più anziano mentre si allunga appunto per afferrarlo. “Non si può fare un brindisi da solo, o sbaglio?”

Melio mugugna qualcosa di indefinito contro la sua spalla.

“Sbaglio?”

Un altro mugugno.

“Melio, sbaglio?”

“Nnno.”

“Ecco. Adesso fai attenzione di bere piano.”

“Vabbene, mammmma.”


Il buffetto che gli arriva sulle labbra lo fa ridere come un adolescente bastardo.

Riescono a malapena a far toccare i bicchieri, mezzi addormentati ed incastrati fra di loro come sono, ma se non altro il capitano perlaceo si soddisfa nel vedere che il più giovane segue il suo consiglio e non tracanna il liquore in un sol sorso – cosa che forse lo avrebbe mandato in coma etilico – inarcando invece man mano la testa per farselo scendere ad intervalli in gola.

Schioccano la lingua quando finiscono; Andy se lo trascina contro, facendo in modo che si aggrovigli a lui un po' come Tangela quando ha avuto un brutto sogno, e senza doversi più preoccupare di tenerlo dritto in modo che non caschi comincia a sfilarsi le maniche della giacca.


“Capolinea!” annuncia, ormai anche lui con la voce impastata, mentre riassetta i cuscini per sdraiarcisi sopra. “Si pregano i gentili passeggeri di scendere dal treno e andare a dormire.”


L'altro tenta di tornare all'attacco con un ennesimo piagnisteo, ma la pigrizia della sbronza in congiunzione con l'ossuta confortevolezza del suo materasso umano lo fanno desistere: struscia la guancia contro la tunica rosata, occhi che combattono invano la loro stessa chiusura, incurante della barbetta bianca che gli graffia appena la fronte. Si accorge a malapena del cappotto adagiato su di lui a mo' di coperta, o delle mani che riposano sulla sua schiena per tenerlo bene al caldo.


“Vi auguriamo una buona notte,” recita Andy meccanicamente, come un messaggio pre-registrato.


Alza gli occhi: eccolo là, il motivo dimenticato di questa serata.


“C'è una bella Luna,” mormora sovrappensiero.

Melio schiude una palpebra e segue il suo sguardo: “Vero...”


Meno male che non c'è una nuvola, riflettono entrambi per un momento solo, addormentandosi profondamente prima di riuscire ad aggiungere che se si mettesse a piovere sarebbero nei guai.

 


-



Il primo pensiero da appena svegliato è quello di allungare la mano e stringere il Sole finché non esplode, come fosse una Baccarancia.

Il secondo è che maledetto Andy, aveva ragione.

La testa gli fa malissimo.

Melio si tira la giacca fin sopra la testa con un guaito, sperando la sua ombra possa dargli un po' di sollievo. Quando prova ad alzarsi gli pare di esser stato colpito in pieno da una Semitraglia: brancola quindi a quattro zampe fino al breve tunnel che collega l'Arena Accogliluna al resto della montagna, e lì si siede di nuovo, sperando l'emicrania gli passi al più presto.

 

“Buongiorno,” saluta piano una voce che di solito lo assorderebbe: “Tè?”

“Grazie,” gracchia di rimando.



Il profumo dolcino di Baccapesca e miele quasi lo fa piangere, e il calore della tazza tra le mani lo distrae da ogni generale malessere.

Beve piano un sorso: Sommo Dialga, che buono.

Il cappotto gli scivola dalla testa, scompigliandogli i capelli e lasciandolo vulnerabile alla luce. Prima che le tempie gli possano venir nuovamente chiuse in una morsa che rivaleggia quella di un Drapion, però, Andy gli calca in testa il suo cappello.

La visiera non fa passare neanche il più misero raggio di sole.


“Tu come stai?” chiede.

L'altro agita una mano per tranquillizzarlo, l'altra occupata da una tazza fumante: “Abbastanza bene, tutto sommato.”


Melio gli si avvicina e si volta appena, in modo che la sua schiena si appoggi alla spalla di Andy. Sorseggia il tè ad occhi chiusi, stretto nella giacca scura, aspettando che Electrode e i suoi piccoli si risveglino del tutto.

C'è una bella brezza; finché Sneasler non si metterà ad ululare per richiamare il suo babysitter, se la godranno insieme.

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