Sectumsempra - Ascesa e Declino di un Mangiamorte

di Amaranthine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


 

1


 


 

Severus Snape non era un bambino come tutti gli altri. Tanto per cominciare, nessuno che lo avesse incontrato avrebbe potuto definirlo di bell'aspetto. Portava capelli neri troppo lunghi e untuosi e aveva un viso giallognolo, teso come quello di un adulto. Fisicamente dimostrava meno dei suoi nove anni, essendo piccolo e magro. Ancora meno il suo abbigliamento contribuiva a renderlo simpatico: indossava pantaloni troppo corti e una camicia troppo larga, il tutto ricoperto da un cappotto che poteva andare bene ad un adulto.

Qualcuno dotato di sensibilità avrebbe potuto sentirsi compassionevole nei suoi confronti, ma Severus abitava a Spinner's End, e lì le persone avevano troppi problemi per prestare cura a quelli degli altri. Non che il ragazzo desiderasse le attenzioni di uno qualunque dei suoi sporchi vicini di casa: in fondo, erano tutti Babbani, proprio come suo padre.

Camminava distrattamente nei pressi del fiume, schivando i cumuli di spazzatura gettati alla rinfusa tra l'erba alta e incolta. L'acqua era sudicia e rifletteva la grande ciminiera della fabbrica che, pur avvelenando l'aria, dava di che mangiare alla sua famiglia.  Non avrebbe voluto farci il bagno nemmeno per un milione di sterline. O meglio, di galeoni. Severus viveva lontano dal Mondo Magico, ma contava i giorni che lo separavano dal suo ingresso a Hogwarts.

Continuò il suo percorso, immerso nei più cupi pensieri. I ragazzini che abitavano al numero quindici, lerci e pezzenti più di lui, lo indicarono dai gradini del porticato fatiscente sui quali si erano pigramente abbandonati.

"Non ti hanno ancora comprato una camicia nuova, Snape? Sei davvero così povero?"

Ridendo, lo insultarono pesantemente, contando sul fatto che Severus fosse troppo esile e schivo per volersi scontrare con loro. Fu infatti costretto a soffocare la rabbia e proseguire verso posti migliori.

Ben presto, il ragazzo abbandonò la riva del fiume e anche Spinner's End per intrufolarsi in un grande parco giochi. Le giostre erano arrugginite e l'erba troppo alta. Non era un gran cambiamento rispetto a casa sua, ma qui sperava di incontrare una persona: la bambina più bella che avesse mai visto. Non conosceva nemmeno il suo nome, ma l'aveva osservata e aveva riconosciuto in lei i segni della Magia. Era una strega, proprio come lui era un mago. A parte sua madre, non ne aveva mai incontrata nessun'altra.

Nascosto dietro a una grossa quercia, aspettò nervosamente il suo arrivo. Stavolta vado da lei e le parlo, disse a se stesso, ma sapeva che non l'avrebbe fatto. La bambina aveva tutta l'aria di provenire da una famiglia rispettabile. Indossava degli abitini che facevano risaltare il suo colorito ed era sempre buona e gentile con quell'arpia di sorella maggiore che l'accompagnava. Sarebbe stato imbarazzante presentarsi a lei coi suoi orribili vestiti addosso; e se gli avesse chiesto chi fossero i suoi genitori, non avrebbe saputo cosa rispondere. Tuttavia, desiderava davvero tanto diventare suo amico.

L'attesa lo stava uccidendo. Non era divertente quando rimaneva da solo con se stesso, senza nulla che potesse distrarlo dai pensieri e dalla paura che aveva di tornare a casa. Andare al parco a spiare la sua strega preferita era l'unica cosa che rendesse più sopportabile la sua estate. Lei veniva a giocare quasi tutti i giorni, ma quando mancava era vero un dramma. Severus l'aspettava fino al tramonto, poi tornava a casa afflitto, condannato alla familiare sensazione di impotenza che durava fino al giorno successivo, quando di nuovo si riaccendeva in lui la speranza di poterla incontrare.

Non sapeva che ore fossero, ma era consapevole di essere rimasto seduto dietro l'albero per un bel pezzo, quando finalmente la vide arrivare. La riconobbe da lontano. La splendida bambina dai capelli rossi stava attraversando il vialetto, sorridente, stringendo la mano alla sorella bionda che invece portava il broncio, contrariata.

Severus si rialzò tremante dal terreno e andò a sistemarsi tra i cespugli, il suo rifugio abituale. Non c'era nessun altro nel parco a parte loro. Incapace a staccarle gli occhi di dosso, l'osservava dondolare sull'altalena superando di molto lo slancio che la sorella babbana era riuscita a darsi.

"Lily, non farlo! La mamma ti ha detto che non puoi!" Strillò la maggiore, che fermò di botto la propria altalena. 

Lily si librò in volo, precipitando sul terreno con innaturale leggerezza. Si era divertita un mondo. La sorella, però, stava morendo di rabbia. Severus aveva avuto troppe ragioni per invidiare certi suoi coetanei, per non riconoscere i segni dello stesso atroce rancore divorare la ragazzina dai capelli biondi.

Continuò a osservare la scena della sorella più grande che rimproverava la più giovane, scosso da due nuove emozioni: da una parte la gioia nello scoprire che la bambina dei suoi sogni portava il nome stupendo di un fiore, dall'altra solo ansia, poiché entrambe si stavano avvicinando al cespuglio dove lui si nascondeva.

Lily scelse un fiore e dimostrò alla sorella di conoscere un modo per muovere i petali senza nemmeno toccarli. 

"Guarda, Petunia, guarda cosa so fare!"

Petunia osservò in silenzio per qualche istante. Severus aveva i battiti accelerati. Aspettava quel momento da tanto tempo. Lily era proprio a un passo da lei, doveva soltanto mostrarsi...

"Smettila!" strillò Petunia. "Non è giusto. Come ci riesci?" Domandò, con un chiaro tono di desiderio. 

Il ragazzo di Spinner's End non riuscì più a trattenersi. Era l'unico a conoscere la risposta e non vedeva l'ora di dargliela. Balzò fuori dal cespuglio, dicendo:

"È ovvio, no?"

Ma la reazione delle due bambine non fu quella che aveva sperato. Petunia era corsa alle altalene strillando, Lily rimase dov'era, ma guardinga. Si pentì subito di essere uscito allo scoperto e l'imbarazzo gli colorò le guance giallognole.

"Che cosa è ovvio?" Chiese Lily. 

Severus era nervoso. Sapeva che i Babbani non dovevano sentire parlare di Magia, così anche se nei paraggi c'era solo Petunia, abbassò la voce:

"Sei una strega." Sussurrò, soddisfatto.

Lei non la prese bene. Offesa, ritornò dalla sorella e, imitandola, si aggrappò anche lei a uno dei pali dell'altalena.

Allarmato, il ragazzo cercò di recuperare la conversazione. La seguì, ritrovandosi a fare i conti col suo disprezzo. Era diventato paonazzo, stava sudando, ma non poteva assolutamente togliere il cappotto.

"Lo sei." Insistette, con apprensione. "Sei una strega. È un po' che ti tengo d'occhio. Ma non c'è niente di male. Anche mia mamma è una strega, e io sono un mago."

Severus credette di avere fatto breccia su Lily, la quale aveva tramutato il disprezzo in diffidenza. Ma non aveva considerato che Petunia era ancora in mezzo a loro.

Rise gelidamente e sbottò:

"Un mago? Non prenderci in giro! Io so benissimo chi sei. Sei il figlio degli Snape! Abitano giù a Spinner's End, vicino al fiume." Spiegò a Lily, e dal suo tono si capiva che trovava l'indirizzo poco raccomandabile. "Perché ci stai spiando?"

Severus stava morendo di caldo. Sentiva il sudore e il sebo accumularsi sulla cute, che per il nervoso gli prudeva. Era disgustato da Petunia, che era perfida come tutti gli altri bambini che aveva incontrato.

"Non vi spio." Rispose, a disagio. "Non potrei mai spiare una come te, comunque. Tu sei una Babbana." Aggiunse sprezzante.

Anche se Petunia non capiva la parola, non poteva fraintendere il tono. Impose a Lily di andare via, afferrandola per il polso e trascinandola a grandi passi attraverso il parco giochi.

La bambina più piccola si voltò indietro un paio di volte, scrutando torva lo strano ragazzo. Era andato tutto storto, Severus lo sapeva e si sentiva a pezzi. Tuttavia, malgrado l'iniziale senso di vergogna e disagio, nel profondo aveva la sensazione di avere appena costruito qualcosa.

Senza di lui, Lily non avrebbe mai scoperto di essere una strega, almeno non prima degli undici anni. Aveva accumulato di sicuro un milione di domande. Severus non voleva illudersi, ma sentiva che lei presto o tardi sarebbe tornata a cercarlo.

In fondo, non c'erano altri che loro due, lì intorno: unici maghi in un quartiere pieno di Babbani.


 

***



 

***



 

Note Autrice.

- Pochi dialoghi di questo capitolo arrivano dal capitolo 33 dei Doni della Morte. Alcuni li ho riadattati. Non potevo fare diversamente, a meno di non creare un primo incontro del tutto nuovo, e non era il mio intento. Ho preferito raccontare quello originale, ma dal punto di vista del povero Sev.

- Non so quanti lettori avrò, per fortuna è una di quelle storie che voglio scrivere per me stessa, ma se siete passati di qui magari fatevi vivi in qualche modo. Io non mordo.
 

Amaranthine.

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


2





Il sole stava tramontando dietro l'orizzonte della fabbrica, l'edificio che si imponeva nel quartiere per la sua decadente immensità. Dall'altra parte del fiume, Severus aveva imboccato la strada di casa. Col calar del sole, l'aria intorno a Spinner's End si era impregnata così tanto dell'odore dell'acqua putrida che il bambino faceva fatica a respirare a pieni polmoni.

Volgeva lo sguardo alle scarpe di tela nera, grandi abbastanza perché potessero continuare a calzargli bene almeno fino agli undici anni. Con la punta vuota della scarpa, il ragazzo diede un calcio a una lattina di birra accartocciata sul vialetto. Il rumore del metallo che rimbalzava sul cemento destò il meticcio di Rottweiler dei vicini. Legato in giardino attorno a una catena robusta, la bestia abbaiò e ringhiò contro il giovane passante, che dal canto suo accelerò il passo senza scomporsi né guardarsi indietro.

Allo stesso modo, superò con forzata indifferenza anche l'ostacolo del numero quindici, dove uno dei pestiferi fratelli era uscito per strada scalzo solo per divertirsi a chiamarlo a gran voce "freak". ["scherzo di natura, mostro" N.D.A.]

Severus non poteva ricambiarlo con uno dei suoi scherzetti, perché in giro c'era troppa gente dalla quale poteva essere visto e lui non voleva incorrere nel terribile rimprovero della mamma, nel caso fosse finita male. Gli sarebbe però piaciuto sfogare le proprie frustrazioni su qualcuno. Stava infatti pensando a Lily, ai mille modi diversi coi quali avrebbe voluto parlarle e a quanta paura aveva di aver commesso errori troppo fatali per continuare a sperare di rivederla ancora.

Prima ancora di imboccare il vialetto per casa sua, che aveva le sembianze di una grossa scatola di legno rettangolare cinta da una palizzata marrone, aveva già distinto le voci dei suoi genitori che litigavano. La finestra del salotto era aperta. Una tendina ingrigita ondeggiava sospinta dal vento, nascondendo a malapena chi vi era dietro, ma non certo le loro voci.

Il bambino si pietrificò. Era così assuefatto ai litigi dei suoi genitori, che gli parve di sentire l'odore della birra fuoriuscire dalle fauci del padre anche da quella distanza. Sbraitava rauco qualcosa a proposito dei soldi, mentre sua madre ribatteva esasperata che l'unico a sperperarli era proprio lui.

Fu tentato di scappare. Il fiume non sembrava più un nemico così ostile, in confronto al resto. Si ricordò però che se fosse rientrato troppo tardi avrebbe fornito al padre una buona scusa per buscargliele.

Strinse i denti e si fece avanti. Entrò in casa, che si apriva in quel salotto spoglio dov'erano soltanto un divano e un tavolino posti davanti alla TV. La poltroncina in pelle era sporca di sudore e residui di cibo, consumata su più parti, ed era di rigorosa proprietà del padre.

I suoi genitori si fronteggiavano al centro della stanza, che come previsto puzzava di malto e dell'odore di una misera cena a base di cavoli che proveniva dalla cucina.

Sua madre aveva il trucco sbavato. Tracce di matita e mascara colavano lungo le guance. Si voltò verso il figlio molto sorpresa. Non era una grande bellezza: molto magra, i suoi lineamenti erano spigolosi e aveva un grosso naso ricurvo. Tuttavia, nei suoi momenti di fragilità traspariva la parte più femminile di lei, di solito sepolta sotto spessi strati di alterigia e rifiuto emotivo.

"Ah, sei già qui?" Sbottò la donna, imitando il tono prepotente che il marito aveva appena rivolto a lei. "Vai a mangiare e poi fila a letto. Cosa diamine farai tutti i pomeriggi in giro... non voglio nemmeno saperlo!"

Elaine stava ancora strillando quando Severus sgusciò in cucina. Lì l'odore del cavolo era pungente, ma vicino ai piatti vuoti dei suoi genitori c'è n'era uno sul tavolo ancora pieno di verdure tiepide, accompagnate da bocconcini di carne.

"Tienilo d'occhio. Non devi permettergli di fare quelle cose o la faccio pagare anche a te, hai capito?" Riprese a urlare il padre, dall'altra stanza. "È un mostro. Siete tutti e due dei mostri! Quanto avrei voluto non avere mai a che fare con voi."

Doveva essersi gettato in poltrona, che infatti cigolò. Il ragazzo si affrettò a consumare il pasto, prima che la madre venisse a cercarlo per fare pagare a lui gli insulti appena ricevuti dal marito.

Tobias accese la televisione e seguì un quiz a premi a tutto volume. Severus, che dava le spalle alla porta, non si accorse dell'arrivo della madre fino a quando non la vide mettersi seduta vicino a lui.

Il bambino masticò e deglutì così velocemente che pensò seriamente di strozzarsi.

"Noi non siamo mostri." Sussurrò la donna con austerità, controllando ripetutamente la porta. Severus non poteva smettere di fissare quel trucco sbavato, che portava all'estremo il senso di infelicità e trascuratezza che già normalmente emanava la madre. "Siamo maghi e, come anche tu puoi ben vedere, valiamo molto più dei Babbani. Ricordatelo sempre."

Si rialzò, scattante come una spia che avesse appena consegnato un messaggio, e iniziò a riassettare la cucina come se nulla fosse.

Più tardi, Tobias russava in poltrona, circondato da lattine di birra scadente, che gli rotolavano sugli addominali già gonfi. Severus si preparò per andare a letto. Infilato il pigiama verde, troppo corto su polsi e caviglie, si rilassò tra le lenzuola lerce di sudore.

La sua stanza era così piccola che una sola lampadina sul comodino bastava a illuminarne ogni angolo. La lasciò accesa. Non aveva voglia di precipitare nel buio. Ne aveva già abbastanza dentro di sé.

"Perché non stai ancora dormendo? Spegni quell'affare! Pensi forse che siamo ricchi?" Lo sgridò Elaine, spalancandogli la porta senza alcun riguardo.

Severus si era accucciato sotto il lenzuolo. Guardò la testa della madre sbucare dalla porta senza dire nulla. Si era struccata e ora sembrava più vecchia di quanto non fosse.

Data la mancanza di reazione, Elaine sbuffò e corse a spegnere la lampada sul comodino al posto suo.

"Perché hai sposato un Babbano, se sono inferiori a noi?" Domandò Severus all'improvviso, incoraggiato dall'arrivo del buio.

Non riusciva a intravedere che l'ombra della madre, ma sapeva che si fosse immobilizzata dandogli le spalle.

"All'epoca non lo sapevo." Rispose, in un sussurro spezzato.

Esitò, come se volesse continuare a parlare. Invece si dileguò in gran fretta fuori dalla porta, senza nemmeno avere l'accortezza di dare la buona notte al figlio.

Abituato all'abbandono, Severus ne soffrì solo un secondo, prima che il suo istinto di sopravvivenza lo portasse a spostare attenzione sul suo unico pensiero felice. Lily, che per fortuna non era una Babbana, ma una Mudblood.

Il che, ricordò, non era poi qualcosa di buono. Essere una Mudblood era molto peggio che essere un Mezzosangue, come lo era lui, che almeno aveva dei parenti magici, sebbene non li avesse mai conosciuti.

"Lei mi piace lo stesso..." Mormorò in risposta ai propri pensieri, poco prima di scivolare nel sonno.

Sognò di diventare amico di Lily, di andare a Hogwarts con lei e di essere finalmente un bambino felice.
 

***

 

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