broken heart di Agueda (/viewuser.php?uid=173027)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo uno ***
Capitolo 2: *** capitolo due ***
Capitolo 3: *** capitolo tre ***
Capitolo 4: *** capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** capitolo sei ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 1 *** capitolo uno ***
Capitolo
Uno
follia
Quel sabato di metà
settembre, Chiara Molero chiuse con forza dietro di sé la porta di
casa, assolutamente intenzionata a non tornarci mai più.
Ancora una volta si era
svegliata in un letto freddo e vuoto e sapeva bene cosa l’aspettasse.
L’ennesimo weekend da trascorrere sola a deprimersi guardando film
d’amore.
Ormai i suoi fine settimana
erano questi, da quando il suo compagno, Daniele Fuentes, si era messo
in testa di diventare il più giovane professore di Procedura Civile.
Niente più romantiche cene fuori, niente uscite con gli amici, niente
weekend e ovviamente niente vacanze estive. Quando non lavorava,
studiava e quando non studiava, lavorava.
Anche lei trascorreva dodici
ore al giorno lavorando come grafico nello studio di grafica della sua
amica, eppure si sarebbe ritagliata molto volentieri del tempo libero
da trascorrere insieme fuori da quelle mura.
Chiara non ricordava nemmeno
più l’ultima volta che avevano fatto l’amore per quanto tempo fosse
passato.
No, non era possibile vivere
così. Aveva quasi ventisei anni e sua nonna di settanta aveva una vita
molto più eccitante della sua.
Daniele continuava a ripeterle
di avere pazienza che mancava poco alla fine della stesura della tesi e
all’inizio lei lo aveva addirittura spronato ad impegnarsi anima e
corpo per realizzare il suo sogno, solo che ora era arrivata veramente
al limite.
Scaraventò il grande
trolley nel bagagliaio della sua fiat Panda nera metallizzata e si mise
alla guida.
“
E ora dove cazzo vado? ”.
Dai suoi genitori non poteva
tornare.
Avrebbe dovuto dare troppe
spiegazioni e soprattutto sorbirsi le loro prediche. Loro volevano solo
vederla sposata con minimo tre figli e non capivano cosa lei stesse
aspettando dopo ben otto anni di fidanzamento di cui cinque di
convivenza.
Anche Chiara voleva farsi una
famiglia. Peccato che Daniele non avesse nemmeno il tempo di chiedere
la sua mano, figuriamoci quello per metterla incinta!
Suo fratello
William aveva appena divorziato dalla moglie e figuriamoci
se poteva stare appresso anche a lei.
Faceva caldo, ma iniziò a
piovere fango. “Che tempo di merda”, imprecò contro il cielo scuro
sopra di lei.
Erano anni che non si sentiva
così disperata. Si era stufata anche di uscire con le amiche che
puntualmente portavano i loro fidanzati, conviventi o mariti e lei era
sempre sola a dare spiegazioni sull’assenza di Daniele.
Quindi erano sei mesi che
Chiara usciva di casa solo per andare al lavoro, al massimo in palestra
e tutt’al più a trovare la famiglia.
Alzò al massimo il volume
dello stereo, e sulle note di “chandelier“ di Sia , partì a tutto a gas
senza una meta.
All’improvviso sulla sinistra
vide il cartello di uscita per Punta Raisi. Non ci pensò nemmeno mezzo
secondo e sterzò bruscamente imboccando la rampa.
Avrebbe preso il primo aereo
in partenza pur di andarsene il primo possibile da Palermo e il più
lontano possibile da Daniele.
Solo che purtroppo la realtà
non funzionava come nei film.
Una volta parcheggiata la
macchina ed entrata alle partenze internazionali, Chiara dovette per
forza decidere dove andare.
Si mise a guardare il display
dei prossimi voli in partenza.
New York, troppo freddo.
Dubai, troppo caldo.
Bangkok, troppo lontano.
Amsterdam, troppo vicino e
troppo freddo.
Mosca, stiamo scherzando?
Marrakech, una noia mortale
Los Angeles, forse forse…
Chiara cercò di stringere le
meningi per ricordarsi quale dei suoi amici si fosse trasferito proprio
a Los Angeles e l’avesse anche invitata la scorsa estate.
Peccato che con il lavoro e lo
studio di Daniele, erano dovuti rimanere inchiodati a casa con l’aria
condizionata a manetta.
Ma sì…Carlo!!! Come aveva
fatto a non pensarci prima.
Afferrò al volo il cellulare e
avviò la chiamata.
“ Elena,
ciao, Chiara sono come va? ”
“Bene,
bene tu invece come va?”
“Tutto ok,
Senti, ma tuo fratello Carlo è ancora a Los Angeles?”
“Sì,
perché?”
“Nulla,
forse vado a trovarlo, ma ancora non è sicuro quindi non dirlo a
nessuno. Dammi solo il suo numero, così nel caso, gli faccio una
sorpresa”.
“Sicuramente
sarà felice di vederti, ma avvisalo per tempo perché è sempre al
lavoro”.
Non è
possibile. Anche Carlo drogato di lavoro come Daniele? Da lui non me lo
aspettavo proprio.
“E che
lavoro ha trovato?”
“Di giorno
lavora in un’azienda di marketing e grafica, e di sera fa il barista,
in un locale “
“Che
cosa!!??? Carlo che fa il barista!!??”
“Esatto”
Cosa?
Carlo aveva fatto svenare i
genitori per frequentare una prestigiosa università americana,
laureandosi a pieni voti in marketing ed era finito a lavorare come…
barista di sera in un locale?
Doveva essersi persa qualche
pezzo.
E doveva assolutamente andare
a controllare cosa stesse combinando quel pazzoide a Los Angeles.
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Capitolo 2 *** capitolo due ***
Capitolo
Due
Notizie
Erano quasi le cinque del
mattino dall'altro capo dell’oceano e l’Elisir, la discoteca
dove Carlo Martinez lavorava, stava per chiudere.
Lui aveva già sistemato
meticolosamente il bar, chiusa la cassa e stava contando le sue
cospicue mance. Anche quella sera era andata di lusso.
Quanto amo questo lavoro,
pensò mettendosi in tasca quasi mille dollari.
Cosa poteva volere di più
dalla vita? Lo pagavano profumatamente per far divertire e far bere la
gente e rimorchiare anche qualche bella donna.
Infatti, anche quell'alba di
metà settembre, una mora mozzafiato lo aspettava appoggiata alla sua
moto fuori dal locale.
Era stato fin troppo facile
conquistarla e convincerla a proseguire la serata a casa sua.
Certe volte bastava anche solo
dire che era italiano per far letteralmente cadere le donne ai suoi
piedi. Sul fatto che ci sapesse fare poi non ci pioveva proprio. Come
sul fatto che fosse un gran pezzo di ragazzo.
Non era assolutamente narciso,
ma nemmeno cieco e quando si guardava allo specchio non poteva che
compiacersi del suo aspetto.
Aveva sempre avuto un fisico
atletico sin da piccolo e poi facendo nuoto a livello agonistico ancora
di più. Le sue spalle erano almeno trenta centimetri più larghe del suo
bacino. Gli addominali abbronzati talmente tirati da sembrare scolpiti
con lo scalpello.
Si infilò la giacca di pelle
nera e prese due caschi da sotto il bancone. Ne portava sempre uno in
più per la ragazza predestinata.
Aveva la salute, i soldi per
togliersi gli sfizi e soprattutto una figa diversa al giorno che non
voleva altro da lui che il suo cazzo!
Molti uomini avrebbero ucciso
pur di avere una vita come la sua, ne era certo.
Lei non voleva altro, però non
si aspettava che fosse già così appassionato.
Cosa avranno mai questi maschi
latini, si domandò lasciandosi trascinare in un turbine fatto di
carezze audaci e baci travolgenti.
Se non fosse stato vietato
dalla legge, Carlo l’avrebbe fatta piegare a novanta gradi sulla moto e
presa da dietro proprio lì, per quanto era arrapato, ma forse era
meglio andare a casa.
Saltò sulla sua Ducati Monster
nera e mise in moto impaziente di partire. Lei si sistemò dietro di
lui, cercando di non far alzare troppo la gonna, anche se in pratica
stava con quasi tutto il culetto di fuori.
Solo un paio di miglia
dividevano il club dalla sua villetta in affitto a Silver Lake, dove
non vedeva l’ora di arrivare per assaggiare quella mora tutto pepe.
Anche se lui aveva un debole
per le rosse, ogni tanto non disdegnava qualche variazione sul tema.
Sul rettilineo aprì il gas e
il rombo del suo motore risuonò nell’alba silenziosa.
La tipa gli spiaccicò le tette
sulla schiena e serrò le cosce intorno a lui per reggersi.
Ecco un altro validissimo
motivo per adorare le moto!
Una volta a casa, riuscì
finalmente ad attuare la sua fantasia
Lei gli sorrise timidamente e
poi gli sbottonò i jeans impaziente, liberando la succulenta erezione
di Carlo che nel frattempo le aveva già alzato il vestitino
aderente. Il perizoma della ragazza era completamente bagnato,
notò lui con piacere famelico.
Fece piegare la ragazza,
srotolò uno dei preservativi che portava sempre nella tasca dei jeans
ed entrò prima piano per farla abituare e poi sempre più forte per
farla urlare.
Quella posizione era la sua
preferita perché non era costretto a guardare o baciare la ragazza in
questione, poteva ammirare il suo culo, afferrarla per i fianchi per
penetrarla con più forza, oppure stringere i seni durante l’atto.
Davanti a uno specchio poi era il massimo, non era per niente male.
Infatti appena sentì lei contrarsi per il piacere anche lui uscì fuori
per venire nel preservativo emettendo un ringhio strozzato.
Mentre si richiudeva i
pantaloni, il cellulare nella tasca della giacca iniziò a vibrare. Che
tempismo.
Chi cavolo poteva essere a
quell’ora? Qualche amico che tirava fino a tardi o qualcuno dall’altra
parte dell’oceano, più precisamente in Italia, di cui riconobbe il
prefisso internazionale + 39.
“Pronto”
rispose allarmato, visto che in Italia aveva la famiglia
“Carlo”
“sì, chi
è??”
Era una donna, ma non aveva la
più pallida idea di chi fosse. Tanto più che erano nove anni che viveva
all’estero e solo i parenti più stretti avevano il suo numero americano.
“Non
riconosci la mia voce?”
“no “
“non dirmi
che non riconosci più la voce della tua ex collega di bravate”
Spalancò gli occhi per la
sorpresa.
“Cazzo Chiara!”
“Ecco
appunto”.
Carlo era
sconvolto da quella telefonata improvvisa e se lei lo stava addirittura
chiamando, forse era successo qualcosa di grave.
“Chiara, i
miei stanno bene ??”
“sì, si
tutto alla meraviglia”.
Iniziò a farsi mille
pensieri sul perché lei lo stesse chiamando. Iniziò
Ad ipotizzare, che lo stesse
chiamando per annunciargli che si sposava o addirittura che
fosse morto qualcuno.
“Tra
sedici ore atterro a Los Angeles. Mi vieni a prendere?”
Il ragazzo non riuscì a
credere alle sue orecchie. Erano anni che invitava la sua collega e il
suo fidanzato da lui in America, ma loro dovevano sempre lavorare o
fare noiosissime cose da coppia e avevano sempre rifiutato.
“Certo. A che ora atterrate esattamente?”
“Perché
parli al plurale Carlo?”
“Scusa,
non vieni con Daniele?”
“no, sono
sola soletta”
“Capito”
“Posso
stare da te, o devo cercare un hotel?”
“Ovvio che puoi stare da me”, disse
cercando di farla stare meglio.
Anche se avrebbe dovuto
rinunciare alla sua libertà per il breve soggiorno della collega, era
comunque felicissimo di rivederla dopo così tanto tempo.
“Meno male…”, la sentì
rincuorarsi.
Voleva tanto sapere cosa fosse
successo con Daniele e avrebbero avuto tutto il tempo per parlarne una
volta che lei fosse arrivata. Sperava solo che non stesse scappando
perché lui l’aveva picchiata, o l ‘avesse tradita altrimenti sarebbe
dovuto tornare a Palermo per spaccargli tutte le ossa in vari punti e
non gli andava un granché.
Avevano sempre trascorso le
vacanze estive insieme, anche le uscite serali invernali, lui, Chiara,
sua sorella Elena, quel deficiente di William il fratello di Chiara, I
loro amici del bar e soprattutto quel gran deficiente di Salvo. Erano
tutti felici e spensierati, non avevano pensieri, almeno così si
sperava, fino all’ estate 2009 quando non si sa per quale motivo si
sono divisi tutti. Salvo era sparito, cioè era partito, sua sorella
Elena iniziò a lavorare, Chiara anche, e William si era sposato e
quindi a lui non restò che partire per Los Angeles.
Dopo che accompagnò la
bellissima mora a casa, Carlo ebbe tutto il tempo per organizzarsi per
l'arrivo della sua collega.
Carlo, non aveva la più
pallida idea di quanto si fermasse Chiara, qui a Los Angeles.
Mancava solo un’ora
all’atterraggio e Chiara andò nel bagno dell’aereo. Non era riuscita a
chiudere occhio per tutto il lungo viaggio e quando si guardò allo
specchio quasi non si riconobbe. Era bianca cadaverica, con gli occhi
rossi e scavati per aver pianto tutte le sue lacrime tanto si sentiva
in colpa verso Daniele. Cioè era contenta di essere riuscita finalmente
a prendersi una vacanza e di andare a trovare il suo amico che non
vedeva da troppo tempo, solo che avrebbe preferito non dover scappare
di casa di nascosto come una ladra. Certo, sarebbe stato molto più
maturo parlarne come persone civili e magari prendersi una pausa di
riflessione. Se lui avesse avuto il tempo di parlare forse, anzi quasi
sicuramente, non sarebbero arrivati a quel punto di rottura.
Qualcuno bussò alla porta del
bagno e Chiara si sciacquò la faccia in fretta.
Quando riprese posto, guardò
impaziente fuori dal finestrino. Quello che vide calmò la sua
impazienza.
La città degli
angeli che tanto amava lambiva la città dove la stava
aspettando una persona che era sempre stata sincera con lei. Una bella
persona, come raramente si incontrano nella vita.
Il suo amico e nonché ex
collega Carlo, che avrebbe fatto di tutto e di più per farle
dimenticare le sofferenze dell’altro capo dell’oceano. Ne era sicura.
Appena atterrata, Chiara
riaccese il cellulare e fu inondata dai messaggi allarmati di Daniele,
dei suoi genitori e addirittura da parte di suo fratello.
L’unico che aprì però fu
quello di Carlo in cui le dava il benvenuto a Los Angeles e la avvisava
che la stava già attendendo dopo il ritiro bagagli. Fece un sospiro di
sollievo e trascinò le sue membra stanche sul suolo americano.
Una volta ritirato il grande
trolley della fuga scrutò tutte le persone in attesa con la speranza di
scorgere il volto di Carlo quando sentì una voce profonda alle sue
spalle.
-Chiara?
-Sì
Appena si voltò, rimase
abbagliata dal sorriso di Carlo.
“Benvenuta
a Los Angeles”.
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Capitolo 3 *** capitolo tre ***
Capitolo tre
Los
Angeles
Gli Stati Uniti erano
proprio come si era immaginata e come aveva visto in tanti film.
Tutto aveva dimensioni
maggiori ed era eccessivo in qualche modo. Los Angeles in particolare,
sembrava la patria dei divi, del lusso e della bella vita.
Carlo, guidava concentrato e
ogni tanto la sbirciava con la coda dell’occhio. Le ragazze italiane
gli erano sempre piaciute. Esuberanti, passionali e fantasiose, solo
che quella era la sorella del suo migliore amico e di conseguenza
intoccabile come un mostro sacro.
Certo, se fosse stata un vero
mostro sarebbe stato molto più semplice starle lontano.
Chiara, voleva essere l’uomo
che amava. E non il Daniele freddo e cinico che era
diventato. Bensì quello dolce e virile di cui si era innamorata anni
prima.
Arrivati a casa,
Carlo gli fece vedere la casa, e gli indicò la sua stanza.
Chiara si sentiva come una bambina al lunapark.
Raggiunse Carlo
nella mega cucina open space.
-Ti va di
parlare???
-Dipende
-ti ha
fatto male??
-Si, cioè
no
-ok, ti
servo un Mojito
A quelle parole Carlo
contrasse la mascella, come per dire “giuro che gli spacco la faccia”
-Ti ha
fatto male??
-Moralmente,
non fisicamente.
Carlo, l ‘abbracciò d’
istinto.
Peccato che quell’ abbraccio
durò pochi secondi, perché squillò il telefono di Carlo interrottamente.
-è mio
padre. Cosa gli devo dire se mi chiede di te?
Chiara assunse di nuovo
un’espressione angosciata.
Digli che sono qui con te e di
avvisare i miei.
“ciao,
papà”
La voce allarmata di suo padre
gli chiese immediatamente se Chiara fosse insieme a lui.
“Sì,
Chiara è proprio di fronte a me”
Le lanciò uno sguardo di
intesa. Lei contraccambiò accennando un sorriso e per un attimo il
mondo si fermò, poi però il padre iniziò a tempestarlo di domande tipo:
“Cosa è
successo? Perché è scappata così? Quanto ha intenzione di rimanere? Sta
bene? Perché non ha avvisato i genitori?”.
“Rimarrà
quanto vuole rimanere e non rompetele l’anima pure voi”, ordinò secco Carlo e mise fine
alla telefonata.
-Me ne fai un
altro per favore?
-Sicura?
-Reggo
anche troppo bene, tranquillo, lo rassicurò lei.
-te ne
verso un altro solo, se mi dici cosa è successo
- Da
quando Daniele ha deciso di diventare professore, esiste solo lo
studio. Io mi sentivo tanto sola e…
-Lo hai
tradito, concluse lui sicuro.
-assolutamente
no! Cazzo, mi sarebbe bastata anche solo una fottuta carezza.
-allora,
mi spieghi perché stai evitando anche i tuoi??
-Loro mi
chiedono in continuazione quando mi sposerò o se sono incinta. Peccato
che siano mesi che lui non mi sfiora nemmeno per sbaglio.
Carlo, rimase scoccato per la
confessione appena fatta, e subito la prima cosa che gli venne in mente
fu; “Daniele era o gay o impotente o il presidente mondiale
dei deficienti. Forse tutte e tre le cose insieme.”
-Non lo so,
magari è normale dopo anni insieme avere il calo del desiderio.
-Stai
scherzando spero, la bloccò subito Carlo,
Ci sono coppie che stanno
insieme da trent’anni e ancora lo fanno. Certo, non con la stessa
frequenza dell’inizio, ma come è possibile vivere senza? Quella domanda
retorica fece rabbuiare ancora di più il suo volto già triste.
-Chissà, forse
ha un’altra.
-Quello lo
escluderei proprio, affermò convinto e lei rialzò la testa
interrogativa.
-Perché?
Gli uomini tradiscono in continuazione e non mi dire che tu non lo hai
mai fatto perché non ci credo.
Forse,
anzi di sicuro, sono un uomo atipico, perché sul fatto dei tradimenti
la penso esattamente come te. Che senso ha impegnarsi con una persona
se poi se ne cercano altre?
-È
per quello che escludi che Daniele possa avere un’altra?
Dopo qualche secondo di
riflessione, Carlo le rispose.
-Per quello e
anche perché un uomo normale di solito riesce a soddisfare sia la donna
che l’amante, affermò esperto. Dai, non ci posso credere che tra di voi
non ci sia stato proprio più nulla?
-Diciamo
che…, È come se non esistessi.
Dopo tre Mojito e
non so quanti altri drink, Carlo e Chiara decisero di prepararsi per
andare al locale, dove Carlo lavorava.
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Capitolo 4 *** capitolo quattro ***
Capitolo
Quattro
Quando
salì sulla moto di Carlo, le sembrò
di essere tornata proprio indietro nel tempo, quando marinava la scuola
con i
compagni di classe per andare fuori città con il motorino.
Quello
però non era un Ciao
sgangherato, ma una moto super figa che si addiceva benissimo al suo
proprietario che ci salì sopra porgendole un casco nero.
“Sei
pronta?”, chiese lui alzando il
sopracciglio
Chiara ebbe la
sensazione che lui si
riferisse a qualcos’altro. Tutto in quel ragazzo la faceva
pensare a
qualcos’altro. Qualcos’altro riguardante il sesso. “Non correre”,
rispose lei
urlando.
Si sentì
come se con quel viaggio
avesse premuto il pulsante di accensione. Finalmente la giostra della
vita
stava ripartendo e lei non vedeva l’ora di montarci sopra.
Carlo, indossava una
camicia di lino
nera che svolazzava al vento. Lei cercò di reggersi ai
sostegni posteriori,
solo che quando accelerò sul lungo oceano, si
ritrovò incollata a lui.
“Scusa”,
le venne spontaneo dire, un
po’ a disagio per aver appena spiaccicato le tette sulla sua
schiena.
Lui si
girò leggermente e rispose con
un sorriso divertito:
“Scusa di
cosa?”.
“È meglio
se ti reggi a me”, le ordinò
tornando a concentrarsi sulla strada.
Chiara
obbedì molto volentieri e
strinse le braccia intorno al corpo caldo e muscoloso di Carlo. Quando
scese
dalla moto era strafatta di testosterone e adrenalina. Quasi quasi non
ce la
faceva nemmeno a camminare.
Non c’
erano aggettivi per
descrivere Carlo; ma se proprio li
avesse cercati, si sarebbero potuti sintetizzare tutti in uno solo e
cioè
selvaggiamente sexy.
Capelli spettinati
con un po’ di gel,
barba curata, altro che oasi nel deserto! Era come portare un drogato
ad
Amsterdam, un obeso in pasticceria, un bambino al luna-park. Lui era
tutto
questo e molto di più, solo che lei non poteva lasciar
trapelare quel pensiero.
-cazzo, mi sembra
natale!!
-perché???
-Chiara, sei un regalo
meraviglioso, ci
voleva proprio il tuo arrivo.
il suo sguardo e la
sua voce erano
talmente profondi che lei indietreggiò.
Meno male che quando
aveva scelto Los
Angeles pensava di essere al riparo dalle tentazioni trattandosi del
suo amico
e invece era finita dritta dritta nella tana del lupo. E ci stava
sguazzando
dentro senza ritegno!
Arrivati,
all’ Elisir, le luci erano
soffuse e l’ambiente esclusivo la misero per un secondo in
agitazione, però
quando sentì la mano di Carlo sostenerla alla base della
schiena, si sentì di
nuovo a suo agio, al suo fianco. Si immaginò che quella mano
scendesse fino
alla sua coscia nuda fino al centro delle gambe, per poi entrare decisa
nella
sua intimità.
“A cosa stai
pensando?”, chiese lui con
una faccia che non prometteva niente di buono.
“È
meglio se non te lo dico”, fu la
risposta inequivocabile di lei e il ragazzo si schiarì la
voce spogliandola con
gli occhi. Andarono incontro a Felix che coordinava i ragazzi della
security
all’ingresso.
Chiara lo
salutò anche se lui mantenne
la giusta distanza. Carlo e Felix si squadrarono cercando di capire
cosa stesse
pensando l’altro, poi Carlo decise di fidarsi, anche
perché non aveva molte
alternative. “Te
la affido, mi raccomando”, disse lanciandogli
uno sguardo
d’ammonizione che non sfuggì alla ragazza.
“Carlo tranquillo. So
badare a me
stessa. Penso proprio che sopravvivrò, anzi spero anche di
divertirmi”, gli
fece un occhiolino di intesa.
Carlo tranquillo un
cazzo!
Dio, quanto avrebbe
voluto afferrarla
per i capelli e baciarla fino a farla rimanere senza fiato.
Una bruttissima
sensazione che non
avvertiva da quanto si era lasciato con la sua ex, lo fece rabbrividire.
Si era sempre sentito
inattaccabile in
quella città, mentre da quando Chiara era arrivata, oltre a
perdere il
controllo di sé stesso, si era reso conto di essere
vulnerabile.
Lei era sua e voleva
proteggerla,
peccato che lei invece volesse fare di testa sua. Magari finendo tra le
braccia
del primo bastardo che le capitava. Strinse i pugni. Ci voleva subito
uno shot
di tequila ghiacciata per digerire quel pensiero nefasto.
Mentre il ritmo di
BurakYeter &
Cecilia Krull - My Life Is Going On (BurakYeter Remix)
gli entrava nelle
vene, si fece largo
tra i primi avventori del club e prese posto dietro al bar.
Due colleghi stavano
già servendo vari
cocktail, ma lui in qualità di barista acrobatico e
attrazione della serata,
poteva permettersi di arrivare più tardi, anche
perché poi sarebbe stato lui a
fare i conti e a chiudere cassa come al solito. Il proprietario si
fidava solo
di lui. Una scossa elettrica lo colse scuotendolo da capo a piedi. Per
cercare
di togliersi di dosso l’eccitante sensazione della pelle di
Chiara attaccata
alla sua, iniziò a far roteare le prime bottiglie. Doveva
concentrarsi, doveva
guardare qualsiasi altra donna, tranne lei.
Mora, bionda, rossa,
bianca non avrebbe
fatto differenza. L’importante era distrarsi da quel
fastidioso pensiero fisso
che lo tormentava da quando qualche ora prima aveva accolto la sua
amica nella
sua nuova vita.
Le ore passavano, ed
il locale era
pieno di gente, davanti a lui c’era gente che si ubriacava, e
che chiedeva
drink, gente che ballava, gente che sniffava della meglio maniera.
Ad un certo punto si
voltò verso uno
dei tavoli e vide Chiara ballare con un ragazzo e fu lì che
i loro guardi
s’incontrarono e fu sfida a primo colpo!!!! Maledetto Felix!
Come aveva potuto
lasciarla al tavolo con quel playboy. A fine serata gliene avrebbe
dette più di
quattro. Nel frattempo sfogò la sua frustrazione nel lavoro
al ritmo di Imagine
Dragons - Believer.
Una ragazza, ubriaca
fradicia, salì nel
bancone e iniziò a toccargli i muscoli sotto la camicia, Lui
stette al gioco,
ma fu subito fermato da un altro braccio. Era il braccio di Chiara.
“Bellezza,
scendi e vattene, ora è il
mio turno.”
Dopo quelle parole,
salì sul bancone e
disse una frase all’ orecchio di Carlo.
“Facciamo
come ai vecchi tempi,
facciamogli vedere chi sono Chiara e Carlo”
“Cosa hai
in mente??”
“Fidati e
vedrai”.
Cazzo era ubriaca, ma
restava sempre la
donna più sensuale che lui abbia visto. Si sdraiò
sul bancone, aprendo la bocca
provocante.
Nel frattempo la
clientela davanti al
bancone era diventata per lo più maschile e quando videro il
barista lanciare
due bottiglie in aria per poi versare il liquido di entrambe
direttamente in
bocca alla sventola sul bancone, scoppiarono in un boato di eccitazione
facendo
il doppio delle ordinazioni. Gli occhi di Carlo, iniziarono a brillare
come non
mai alla vista della sua amica che dimenava il fondoschiena a ritmo di
musica
proprio sopra di lui. Erano un’accoppiata molto pericolosa
che portavano scompiglio
raccoglievano centinaia di dollari di mance. Lei lo provocava con il
suo corpo
e con lo sguardo. Lui la assecondava non riuscendo a staccarle gli
occhi di
dosso. Aveva bisogno di un altro shot di tequila e di ghiaccio nelle
mutande.
Basta. Devo smetterla
di bere,
altrimenti finirò per scoparmela qui sopra il bancone.
Ordinò a
sé stesso completamente
stregato dalla sensuale bellezza di quella donna, che la sfiga aveva
voluto
fosse la sorella del suo amico e quindi intoccabile.
Ma più si
imponeva di non toccarla e
più la voleva afferrare per quei fianchi sinuosi e farla sua
in un unico gesto
urgente. Gli tornò in mente la sua confessione come un
flash. Quel coglione del
fidanzato non se la scopava da una vita. Cazzo, una donna
così lui se la
sarebbe scopata come minimo tre volte al giorno, se non di
più.
Un grave problema si
era sollevato nei
suoi jeans appena l’aveva vista uscire dalla camera degli
ospiti. Era di una
bellezza totale e paralizzante. Sperò con tutte le forze che
passasse, invece
la sua eccitazione non faceva che crescere e a stento riusciva a
lavorare senza
correre al bagno a farsi fare un servizietto dalla prima ragazza
disponibile.
I clienti
applaudirono eccitati come
lui all’ennesima prodezza di Chiara che si muoveva esperta,
come se avesse
ballato su un bancone chissà quante volte. La serata volgeva
al termine e i
clienti erano impazienti di avere i loro ultimi drink, quindi Carlo
riprese in
mano la situazione al bar, mentre Felix accompagnava Chiara nello
spogliatoio.
Ormai non si reggeva
più sui tacchi e
barcollò. Quella serata era un incubo che sperava solo
finisse al più presto,
anche se era sicuro che il peggio dovesse ancora arrivare.
Il locale si stava
svuotando e lui
prima di iniziare a fare i conti alzò lo sguardo per
controllare dove fosse
Chiara
-Ti sta aspettando fuori,
cercò di
tranquillizzarlo Felix ottenendo l’effetto contrario.
-È
là fuori da sola e ubriaca? Amico,
stasera giuro che ti ammazzo, lo minacciò saltando fuori dal
bar con una
bottiglia ancora tra le mani per andare a cercarla. La trovò
appoggiata al muro
vicino alla sua moto con tre ragazzi più ubriachi di lei che
cercavano di farla
salire sulla loro macchina. Lei gli rivolse uno sguardo di aiuto e lui
vide
rosso.
In un nanosecondo
ruppe la bottiglia
sul muro e prese alle spalle uno dei tre puntandogliela alla gola.
Per fortuna anche
Felix li raggiunse,
costringendoli con le cattive ad andarsene.
Chiara sembrava
spaventata a morte.
-Tutto bene? le
chiese protettivo.
-Sì
però adesso portami a casa, ti prego.
Carlo
l’avrebbe voluta immediatamente
accontentare, peccato dovesse ancora chiudere la cassa e in
più non era sicuro
che lei ce l’avrebbe fatta in moto.
-Forse è meglio se
torni con Felix in
macchina. Io finisco qui e ti raggiungo, ok?
Lei era delusa ma
acconsentì.
“Fai presto”.
A Carlo non era
piaciuto per niente il
comportamento di Felix quella sera, solo che non aveva alternative
migliori.
-Non la lasciare nemmeno un
secondo,
comandò all’amico e
scomparì all’interno per finire il suo lavoro.
Contò
rapidamente le mance. Cristo, aveva fatto il doppio del solito grazie
alla
folle idea di Chiara.
Montò
sulla Monster ansioso di tornare
a casa e volò sulla strada pregando di non incontrare
nessuna pattuglia della
polizia. Con tutto l’alcol che aveva in corpo e a quella
folle velocità, lo
avrebbero sbattuto in galera e buttato la chiave.
Arrivato a casa
trovò Chiara distesa
nel divano.
Lei dorme beata
mentre fuori c’è la
terza guerra mondiale, pensò Carlo portandola nella camera
nella camera, dove
alloggiava lei. Aveva sognato tutta la notte di sbatterla sul letto,
però di
sicuro non in quello stato. Le tolse le scarpe e la giacca, sperando
che lei si
risvegliasse nel frattempo, invece nulla.
Avrebbe potuto anche
lasciarla dormire
così, solo che magari non gli sarebbe più
capitata l’occasione di vederla nuda
e si sa, l’occasione fa l’uomo ladro. Le
sfilò piano la canotta e il reggiseno.
Trattenne il respiro e iniziò a sfilarle gli shorts sotto i
quali si trovava un
delizioso perizoma azzurro che lui avrebbe tanto voluto strappare per
farle
sentire quanto la desiderasse. Sotto si intravedeva una sottile
striscia di
corti peli pubici.
“Carlo
“, lo chiamò nel sonno.
“Chiara”, le
rispose subito lui
alzandosi e ricoprendola con il lenzuolo.
Per un attimo i loro
occhi rimasero
agganciati, poi lei li richiuse e allungò una mano verso i
bottoni tirati dei
suoi jeans.
“Ti voglio”,
biascicò mentre la
bloccava a malincuore.
Non gli era mai
capitato di dire di no
a una donna, però non gli piaceva assolutamente farlo con
un’ubriaca. La voleva
da morire, solo che voleva che lei fosse lucida mentre se la scopava.
Era
chiedere troppo?
Porca
troia, erano appena ventiquattro ore che
lei era qui a Los Angeles e già gli aveva sconvolto la vita,
i piani e tutto il
resto. Stava scoppiando quasi una terza guerra mondiale. Era un uragano
in
continua evoluzione. Era l’apocalisse per eccellenza.
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Capitolo 5 *** capitolo cinque ***
Capitolo Cinque
Il giorno dopo Chiara aprì gli occhi cercando di ricordare
il suo nome e soprattutto dove diavolo si trovasse.
Oh Dio sono a Los Angeles, esclamò mentalmente mentre si
alzava dal letto con solo il perizoma addosso.
Dire che i ricordi della notte precedente fossero confusi era usare un
grande eufemismo.
Non ricordava di essersi spogliata prima di andare a dormire,
però evidentemente lo aveva fatto.
Indossò l'accappatoio e uscì a cercare Carlo.
Nulla.
Entrò nella sua stanza con la speranza di trovarlo ancora
addormentato, invece trovò solo un letto bianco disfatto e
vuoto.
Lui non c'era e un brivido di freddo la scosse.
Si sentì in colpa per aver esagerato la scorsa notte
Per fortuna ritrovò il cellulare nella borsetta nera e
avviò subito una chiamata.
"Pronto", rispose una voce distante anni luce.
"Ciao, dove sei?"
"Indovina?", chiese con un tono sarcastico che la lasciò
senza parole. "Sono al lavoro"
"Posso venire?"
"Come vuoi".
Avrebbe tanto voluto ricordarsi cosa avesse fatto di sbagliato, peccato
che la nebulosa nella sua testa continuasse a intensificarsi sempre di
più.
Devo assolutamente riprendermi e andare a controllare di persona,
pensò mentre apriva il getto d'acqua della doccia. Aveva un
disperato bisogno di caffeina, quindi chiamò un taxi e si
fece portare alla caffetteria più vicina.
Infatti, sorseggiando una strana bevanda al sapore di caffè,
piano piano i ricordi cominciarono a riaffiorare.
Carlo che roteava le bottiglie incredibilmente sexy e lei invidiosa
marcia della sua libertà.
Quelle puttanelle che se lo mangiavano con gli occhi e lui che stava al
gioco facendo di tutto per farle impazzire ancora di più.
Insomma più era attratta da lui, più beveva, e
più beveva e più lo desiderava con tutte le forze.
Come era possibile che in un solo giorno con Carlo avesse
già dimenticato gli anni trascorsi con Daniele?
Quel ragazzo gli era entrato dentro come un fulmine o forse era sempre
stato in un posto particolare del suo cuore e il rivederlo non aveva
fatto altro che far risvegliare tutto quello che era sopito.
Quando arrivò in studio, si avvicinò subito per
salutarlo, mentre lui mantenne le distanze fingendosi occupato e a
stento mormorando un ciao.
Caspita. La situazione doveva essere più grave di quanto
immaginasse.
Chiara si incamminò pensierosa verso l'uscita dello studio.
Non voleva girarsi verso la scrivania, non voleva sentire quel bisogno
assurdo di vederlo. Si mangiò nervosa l'unghia del pollice,
poi non ce la fece più e si voltò per guardarlo
storto.
Lo trovò con la testa appoggiata sulle braccia incrociate
sopra la scrivania. Stava fissando lei o lo skyline? Di sicuro aveva
un'espressione tutt'altro che felice e serena.
Ottimo. In un solo giorno era riuscita a trasformare la quintessenza
della solarità fatta uomo in un musone intrattabile. Quindi
non era colpa degli altri, era sempre e solo lei che rovinava tutto
quello che aveva tra le mani.
Sentì il bisogno impellente di piangere e si
precipitò fuori per non farsi vedere da nessuno. Carlo la
rincorse subito fuori, prendendola per le spalle gli diede un bacio
sulla fronte.
- Se ieri sera ho fatto qualcosa di male, mi dispiace, però
almeno dimmi cosa cavolo ho combinato perché io non mi
ricordo un tubo
- Certo, magari se avessi bevuto meno, ci avresti evitato un bel po' di
rogne anche se forse non avresti ballato sul bancone del bar.
-Cosa?"
Per poco Chiara non cadde sul marciapiede.
-Mi state veramente dicendo che ho ballato su quel bancone?
-Sì, fu la risposta laconica di Carlo che sembrava non
credere che lei non si ricordasse nulla.
-Scusa. Non mi dire che ti ho fatto perdere il lavoro perché
non me lo perdonerei mai.
-Grazie alla tua follia ho anche fatto mille dollari in più.
-Forse è meglio per tutti che io me ne vada da qui il prima
possibile
Concluse mortificata, maledicendo se stessa e il momento in cui aveva
deciso di mettere piede a Los Angeles.
A quelle parole Carlo sembrò scuotersi e si
infilò di nuovo gli occhiali da sole per guardarla.
Evidentemente non voleva che leggesse i sentimenti nei suoi occhi.
-tu non te ne va da nessuna parte che sia chiaro!!!
- no! ti ho stravolto la vita, come cazzo faccio a stare qui, se ti
creo casini!!
-tu non mi crei casini, sei solo la mia Apocalisse personale.
Carlo, l'abbracciò e la strinse sul suo petto, dandogli un
lieve bacio sulla tempia, e lei gli sussurrò leggermente
"Scusa"
E di rimando lui gli disse
"scusa, anche io ti voglio bene, anche io non riesco a stare lontana da
te."
Rientrarono a casa, pranzarono insieme.
Carlo, dopo quella nottata assurda, aveva combattuto all'ultimo sangue
con sé stesso per levarsela dalla testa, però a
quanto pareva, aveva perso miseramente.
Avrebbe voluto fingere indifferenza, peccato che non facesse che
ripensare a quella fantastica donna che si dimenava seducente sopra di
lui con la bocca aperta per farsi schizzare la vodka in gola.
La stessa donna che aveva cercato di sbottonargli i jeans e che lui
aveva rifiutato. Deficiente.
Continuava a pensare ai consigli che gli aveva dato Felix, venuto
appositamente a trovarlo al lavoro per dirgli: "Amico, fallo
e basta".
"Fai
cosa?", gli aveva chiesto con lo sguardo perso nel vuoto.
"Ti
sei visto? Da quando è arrivata stai andando fuori di testa.
Devi andare là e farla finita".
Lui stava cercando di farla finita con Chiara, però
evidentemente ignorarla non era il modo corretto per togliersela dalla
testa.
"Se
non assecondato, un desiderio può trasformarsi in un incubo",
furono le ultime parole di Felix e lui capì.
Solo se l'avesse posseduta, si sarebbe liberato da quell'ossessione
dalle gambe affusolate, dal viso dolce e dal seno prorompente.
Solo se avesse saccheggiato il suo corpo, prendendolo in tutti i modi
possibili, avrebbe riacquistato la sua razionalità
annebbiata da tonnellate di testosterone. Forse. anche lei lo voleva,
ne era sicuro.
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Capitolo 6 *** capitolo sei ***
Capitolo
sei
emozioni
e sensazioni
Erano
distesi sul prato, ad ammirar le stelle, quanto ad un certo punto il
viso di Chiara si accigliò. Stava squillando il suo cellulare.
Lo fissò per qualche istante indecisa sul da farsi, poi prese un
profondo respiro e rispose.
"La smetti di chiamarmi
per favore? Quando avrò qualcosa da dirti ti telefonerò io",
disse acida cercando di evitare lo sguardo di Carlo che nel frattempo
avrebbe tanto voluto strapparle quel maledetto affare dalle mani per
gettarlo in piscina.
"Tu
adesso devi parlarmi? Dopo un anno in cui mi hai ignorato?".
Che testa di cazzo, pensò Carlo. Solo ora si accorge di che donna
straordinaria avesse al suo fianco.
"Ora
devo andare", concluse brusca la telefonata, però dopo poco il
cellulare squillò nuovamente.
"Cosa c'è ancora?"
Quell'essere inutile non riusciva proprio a farsene una ragione di
averla persa. Peggio per lui.
Il
problema era che però stava rovinando la serata anche a loro due.
"Ciao mamma scusami, pensavo fosse Daniele", alzò gli occhi al cielo
appoggiando la testa sul petto di Carlo
"Non
lo so quando torno, credo la settimana prossima. Ho bisogno di pensare".
Carlo per porre fine a quella situazione snervante, le prese il
cellulare dalle mani
"Buonasera,
signora Molero come sta?" si sorbì un po' delle sue paturnie e cercò di
rassicurarla mentre Chiara lo fissava con una strana luce negli occhi.
Sembrava tutto e il contrario di tutto. Felice e infelice allo stesso
tempo, tentata e spaventata da lui, accelerata e frenata da se stessa.
Anche i muri si erano accorti che lo voleva, però era combattuta come
lui dalla loro stramaledetta situazione e da chissà quale altra
paranoia.
Al diavolo tutto, pensò lui, ponendo velocemente fine alla telefonata e
iniziando a massaggiarle i piedi.
Necessitava
di un contatto fisico, peccato che ancora non avesse trovato il
coraggio di baciarla.
Per la prima volta Carlo Martinez aveva una paura fottuta. Di quello
che provava per lei, della sua reazione e delle conseguenze.
Lei
distolse lo sguardo ritraendo i piedi spaventata come se avesse
veramente toccato quel fuoco.
Non era ancora pronta, quindi nel frattempo bisognava trovare il modo
per alleggerire quella tensione, altrimenti lo avrebbe di sicuro
rifiutato. L'alcol era escluso, quindi tentò la via classica.
-
Guardiamo un film??
Chiara si illuminò battendo addirittura le mani dalla gioia.
Cavolo,
e lui che pensava di aver fatto la figura del ragazzino.
- E se invece guardassimo una serie tv??
- Best !! non è male come idea
Andarono
in soggiorno e Carlo accese la TV via cavo e l'Home Theatre lasciandola
a bocca aperta.
Lei, osservò impressionata scorrendo la lunga lista dei telefilm.
-Gli
americani stanno avanti con queste cazzate.
-La casa de Papel, lo hai visto?
A
lui venne spontaneo ridere.
-Di solito mi piace un altro genere di telefilm, però se va bene a te,
va bene anche a me.
Tanto
quella era solo la scusa per averla a fianco per un paio d'ore e
cogliere il momento giusto per abbracciarla.
Stava
solo morendo dalla voglia di prenderla, magari anche su quel divano,
sul letto, per terra e in ogni centimetro quadrato della sua casa. Lei
aveva talmente tanti arretrati che se non se la scopava lui, lo avrebbe
fatto di sicuro con chissà chi, magari ubriaca.
Non lo avrebbe mai permesso. Più la sentiva ridere durante le puntate
de La casa di carta, più la sua voglia cresceva, quindi durante una
scena romantica la prese istintivamente tra le braccia pregando Dio che
non si ritraesse o lo bloccasse. Anche lui aveva una dignità da qualche
parte.
Lei
dapprima si irrigidì trattenendo il respiro come lui.
Poi però si abbandonò stremata sul suo petto.
Sarebbe
stato impossibile nasconderle il suo battito accelerato e soprattutto
la sua consistente erezione perché lei c'era seduta proprio davanti.
Eppure sembrava non accorgersene o fare finta di niente.
Carlo, affondò il viso tra i suoi capelli, che profumavano di fresco
quasi più della sua pelle. Chiuse gli occhi e ispirò profondamente.
Basta, non ce la faceva più. Doveva assolutamente assaggiare quella
pelle divina e invitante, doveva tentare il tutto per tutto, pensò
scostando i capelli e appoggiando le labbra tremanti sul suo collo.
Ti
prego fatti baciare, fatti toccare. Implorò dentro di sé.
Anche il sapore creava decisamente dipendenza. Era meglio di tutti i
gelati del mondo messi insieme.
Sapeva di pulito, di fresco. Sapeva di casa e avrebbe voluto continuare
a baciarla per ore.
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Capitolo 7 *** capitolo 7 ***
Il
suo cuore non aveva mai battuto così forte come durante
quell'abbraccio. Il battito era così furioso da offuscarle
la vista e non riuscire più a vedere nemmeno l'episodio del
telefilm.
Lui la cingeva da dietro con la bocca appoggiata sulla testa e anche il
suo respiro sembrava essere più veloce di prima. Quello non
era l'abbraccio innocente di un amico, ma di un uomo che la voleva.
E
Chiara voleva lui, era inutile ormai negarlo. Durante quel provocante
massaggio ai piedi avrebbe tanto voluto aprire lentamente le cosce e
farsi baciare proprio là sotto dove ne aveva più
bisogno. Chissà come avrebbe reagito lui, si chiese,
immaginando quelle fantastiche labbra sul suo clitoride. Lei avrebbe
intrecciato le dita tra i suoi capelli per spingerlo ancora
più a fondo gemendo senza ritegno. Ma non poteva cedere alla
tentazione. La vita si stava proprio facendo beffe di lei.
Fino
al giorno prima avrebbe pagato oro per vedere un film abbracciata al
suo fidanzato e ora si ritrovava tra le forti braccia di Carlo,
devastata dall'eccitazione più forte che avesse mai provato.
Doveva trovare un modo per tirarsi fuori da quella pericolosissima
situazione.
D'altra
parte era evidente che Carlo non fosse più un ragazzino, il
ragazzino che usciva spesso con suo fratello. Era diventato un uomo ed
era solo colpa sua e di tutti i segnali che gli aveva mandato se lui
adesso, invece di trattarla come la vecchia conoscenza, la vedeva come
una donna da soddisfare. Avrebbe tanto voluto allontanarsi,
però non era possibile. Doveva esserci una specie di enorme
calamita tra di loro che li faceva avvicinare appena si allontanavano
l'una dall'altro e che li costringeva a incollarsi quando erano a
distanza ravvicinata.
Chiara
si stiracchiò imbarazzata immaginando Carlo sopra di lei
mentre le dava quello di cui lei aveva estrema necessità. Se
solo non fosse stato lui. Se solo lei non fosse stata fidanzata, invece
di temere quell'abbraccio si sarebbe voltata per strusciarsi su quella
invitante erezione che sentiva dietro di sé. Cazzo, era
proprio il caso di dire, quando si rese conto di quanto il fantastico
uomo che aveva alle spalle fosse eccitato. Una parte di lei voleva
scappare il più lontano possibile, oppure dargli uno
schiaffo per la sua insolenza, invece continuava a rimanere tra le sue
braccia come paralizzata.
Sentì
le labbra bollenti scivolare sulla base della testa e poi tornare
indietro come una dolce tortura a cui lei non poteva proprio sottrarsi.
Piano piano raggiunse il suo orecchio e iniziò a
mordicchiarlo all'esterno, prima di penetrarlo incredibilmente
provocante.
Lei
chiuse gli occhi pensando che lui sapeva usare la lingua troppo bene e
che l'avrebbe voluta da morire in ben altri posti. Dentro la sua bocca,
sui suoi capezzoli e ovviamente proprio là sotto. Ormai la
scossa elettrica si stava diffondendo per tutto il suo corpo e se lui
avesse continuato con quel preliminare eccitante, avrebbe goduto senza
nemmeno raggiungere le parti intime.
"No,
ti prego", lo
implorò liberandosi dal suo abbraccio e guardandolo con
occhi famelici.
Anche
lui sembrava completamente stravolto dalla passione e per questo ancora
più sexy, se possibile, non aveva mai visto nulla di
più bello e invitante.
Chiara, ti faccio una domanda, e vorrei che mi
rispondessi sinceramente
OK,
dimmi
Ricordi cosa mi hai detto
ieri sera, mentre ti traportavo dal divano al letto??
L'immagine
di loro due a letto insieme la colpì come un fulmine a ciel
sereno. Purtroppo aveva bevuto così tanto che anche se lo
avessero fatto, non si sarebbe ricordata nulla.
Mi
hai spogliata tu? chiese con un filo di voce e lui le
sorrise impertinente.
Sì, ma non è questo il punto,
minimizzò in imbarazzo, ti prego dimmi che non l'abbiamo
fatto, ti prego!
tu volevi, ma io me ne sono andato subito, ma non
è questo il punto.
Chiara
lo fissò esterrefatta per quella rivelazione e l'unica cosa
che riuscì a balbettare fu:
E qual è il punto? Il punto è
questo!!!
Gli
prese il viso fra le mani e guardandola negli occhi gli disse:
-Tu
mi vuoi e io ti voglio. Il resto non conta.
Poi
la baciò.
Non
fu un bacio dolce, né tanto meno tenero. Solo carico di tale
impeto che lei si dovette reggere ai suoi bicipiti per non soccombere.
Sublime,
semplicemente sublime.
Quel
contatto era urgente come una voglia repressa troppo a lungo che trova
finalmente sfogo. Anche lei infilò le dita tra i suoi
capelli selvaggi per baciarlo con più forza.
Mentre
le loro lingue si intrecciavano nella danza più antica del
mondo, le loro mani si esploravano vogliose e incontenibili. Lui
dapprima le accarezzò il viso e il collo per scendere sempre
più giù dove la temperatura si stava alzando a
livelli inverosimili.
Dio,
come lo voleva. Aveva ragione e non poteva più negarlo.
Voleva tutto di lui il prima possibile.
Con
un movimento veloce, Carlo gli sfilò la maglietta ed in
incominciò a baciargli il seno, facendola fremere dal
piacere. Anche lei gli sbottonò la camicia di lino bianca,
desiderosa di toccare quei muscoli che aveva contemplato da lontano per
un tempo breve che però sembrava infinito. La sua pelle era
liscia, tesa e stramaledettamene attraente.
Con
il minimo sforzo Carlo la sollevò per metterla a cavalcioni
su di sé e lei finalmente riuscì a trovare un po'
di sollievo strusciando le parti intime sui suoi jeans rigonfi.
Fantastico, pensò, mentre anche lui emetteva un suono di
sollievo fissandola negli occhi famelico. Poi con un'abile mossa le
slacciò il reggiseno per affondare il viso sulle sue tette.
Ogni
carezza, ogni bacio la portava in paradiso per poi ricacciarla
all'inferno quando realizzava chi fosse l'uomo sotto di lei che le
succhiava e mordicchiava i capezzoli fino a farla impazzire.
Se
durante l'abbraccio il suo cuore aveva battuto furioso, adesso stava
decisamente per avere un infarto. Soprattutto quando lui
iniziò a procurarle piacere muovendo ritmicamente le dita
dentro di lei. Pazzesco.
Più
la toccava e più lo voleva dentro di sé. Al solo
pensiero ansimò molto vicina al picco del piacere e
istintivamente gli sbottonò i pantaloni per farsi penetrare,
però prima anche lei voleva toccarlo, quindi fece scivolare
le dita dentro gli slip mentre lui la procurava un godimento infinito.
Mentre
per la stanza si diffondevano le note di My
Life Is Going On di Cecilia Krull, Chiara
si Fermò di colpo.
non possiamo farlo;
Lui
guardandola negli occhi le disse
perché??
sei il migliore amico di
mio fratello e poi perché io sto ancora con Daniele.
Chiara è solo sesso
gli disse con tono sprezzante fingendo noncuranza, poi la
superò senza nemmeno degnarla di uno sguardo e se ne
andò nella sua camera sbattendo la porta.
Anche
lei corse nella sua stanza per sfogare la frustrazione in un pianto
disperato. Ancora sentiva il corpo bruciare per tutte quelle focose
carezze, il suo basso ventre richiedere imperioso le attenzioni che
aveva presagito.
L'oggetto del suo desiderio era proprio a un passo da lei. Solo che non
lo poteva prendere, e più era proibito, più non
poteva arrivarci e più lo voleva con tutta se stessa, come
non aveva mai voluto nessuno.
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