Il teorema dello Schiopodo Sparacoda

di Koa__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La festa di fidanzamento ***
Capitolo 2: *** La principessa sul pisello ***
Capitolo 3: *** La maledizione di Georgina Dunn ***
Capitolo 4: *** Ron Weasley non può avere ragione ***
Capitolo 5: *** Sai qual è il colmo per un pasticciere? ***
Capitolo 6: *** Dentro lo stanzino delle scope ***
Capitolo 7: *** Il detective dei poveri e Mr furetto ***
Capitolo 8: *** Una questione di memoria ***
Capitolo 9: *** La villa di edera in cima alla collina ***
Capitolo 10: *** Il teorema dello Schiopodo Sparacoda ***
Capitolo 11: *** Il segreto di Hermione ***
Capitolo 12: *** Pansy Parkinson e lo scoiattolo ballerino ***
Capitolo 13: *** Draco Malfoy e la torta di Schröedinger ***
Capitolo 14: *** Non ci si stravacca nella dimora di un principino ***
Capitolo 15: *** Tutti odiano Harry Potter ***
Capitolo 16: *** Il matrimonio di mio marito ***
Capitolo 17: *** La professoressa stralunata e l'amestista giudicante ***



Capitolo 1
*** La festa di fidanzamento ***


Note Introduttive: Questa storia fa parte di una serie di Fanfiction Drarry intitolata: “Wedding Disaster”, di cui esistono altre due storie: “Un matrimonio da sogno (o quasi)” e “Say yes to the dress!”. Per chiunque si approcciasse a tutto questo per la prima volta, anzitutto vi consiglio di leggere le altre due storie, ma se proprio non vi va dovete sapere che Harry (auror del ministero) e Draco (che gestisce le imprese di famiglia) sono una coppia stabile ormai da molti anni. I due vengono invitati al matrimonio di Dudley, ma la cerimonia, a causa di attriti fra le due famiglie, si rivela un disastro e Draco proprio malgrado rimane invischiato in problemi tra babbani. Finita la cerimonia lui e Harry si rendono conto di voler fare il passo successivo e quindi iniziano i preparativi per il loro matrimonio. Questa storia parlerà proprio di questo, a mio modo ovviamente.




 

Il teorema dello Schiopodo Sparacoda 






 

 La festa di fidanzamento





 

Draco non sa perché i peggiori disastri della sua vita iniziano sempre con Bingley che picchietta il becco adunco contro al vetro della finestra della cucina, ma a ben vedere è passato un anno da quando Harry ha ricevuto l’invito da suo cugino Dudley, miracolosamente sposatosi nell’aprile successivo con la babbana Melissa Penton. Ciò che è successo a quella cerimonia ormai è storia. Non ci sta pensando davvero, anzi non è mai più tornato sull’argomento dalla scorsa primavera quando l’ha raccontato a un’interdetta Pansy Parkinson, che poi si è lasciata andare a una grassa risata. Un flash di quei giorni gli attraversa la mente nell’esatto istante in cui, di nuovo, sente Bingley picchiare con insistenza il vetro e allora si rende conto che sta piovendo a dirotto. Per un attimo ricorda quel pomeriggio d’autunno di appena un anno prima, pioveva anche allora e Draco sorseggiava cioccolata calda da una tazza del servizio Walburga Black, consapevole che sarebbe stato meglio un bicchierino di Whisky Incendiario. Per uno strano scherzo del destino c’è della cioccolata che fuma in una tazza di porcellana sopra al tavolo della cucina e che sta esattamente davanti al suo naso. La casa è immersa nel silenzio di un sabato pomeriggio che sembra non finire mai. Sua madre Narcissa se n’è andata già da un po’, quasi gli pare di sentire il “Plop” della smaterializzazione riecheggiare nell’aria, ma guardando l’orologio sistemato nel taschino del panciotto, nota che è passata quasi un’ora. Mamma viene spesso ultimamente, è la sola su cui Draco possa fare affidamento per l’organizzazione del matrimonio. Oggi hanno stabilito gli ultimi dettagli per la festa di fidanzamento, che si terrà fra una settimana. Hanno anche discusso e Narcissa ha tirato fuori tutta la risolutezza e la determinazione tipica dei Black, ottenendo d’ingaggiare quel quartetto d’archi che lei ama pazzamente. Tanto Potter non riconoscerebbe la differenza tra la musica di un pianoforte e quella di un violino, ha detto facendo spallucce e lasciando che fosse Narcissa a decidere per entrambi. Anche perché se avessero aspettato il suo futuro marito, probabilmente nemmeno avrebbero stabilito la data delle nozze. Nozze che comunque si terranno nei primi di giugno e su cui hanno avuto di che discutere. Potter voleva sposarsi a luglio e Draco si è così tanto impuntato a riguardo, che gli ha negato il sesso per una settimana. Da allora, l’influenza di Harry sulle questioni legate a centrotavola e fiori è stata pressoché nulla. Draco non gliene fa davvero una colpa, oltre a non capire un accidenti di niente di quelle che lui chiama “Sottigliezze alla Malfoy” è anche così tanto impegnato con il lavoro che è già tanto se la sera rientra a casa. In quel sabato pomeriggio, tanto per cambiare, Potter non c’è. Sta lavorando moltissimo ultimamente e pare che la colpa sia di una certa Rosamund Brown, nuova tirocinante all’ufficio Auror che il suo fidanzato ha il compito di seguire passo passo ed evitare che commetta qualche disastro. Draco non l’ha mai vista, nonostante lavori al ministero già da un mese, ma comunque la odia. Non può far altro, considerato che Harry torna a casa ogni sera sbuffando come una locomotiva e imprecando sottovoce. E neppure si sente in colpa per detestarla così tanto quando, poi, si rende conto che suddetto fidanzato non è dell’umore per far niente. Non cenano fuori da settimane, non escono per una passeggiata da altrettanto tempo. Harry a malapena mangia una cena fredda alle dieci di sera, che deve riscaldare con la magia e poi va subito a dormire senza degnarlo di uno sguardo o sfiorarlo con un dito. Una parte di lui di tanto in tanto gli fa temere che abbia smesso di amarlo e che quell’atteggiamento freddo e scostante sia un modo vigliacco per lasciarlo. Poi però ricorda che sta per sposare un eroe, uno che di vigliacco non ha davvero niente, ma che anzi è l’uomo più onesto del mondo e allora capisce che non ha niente di cui temere. Se volesse lasciarlo glielo direbbe in faccia. Probabilmente gridando e insultando la sua dinastia fino al capostipite.


 

Toc toc.

 

Bingley è ancora fuori dalla finestra e picchietta insistentemente il suo becco giallo sui vetri, Draco si riscuote dal proprio torpore non appena si rende conto che quel dannato uccellaccio sarebbe capace di sfondala. Posa la tazza sul tavolo e intanto che lo fa un brivido gli attraversa la schiena, chissà poi perché. Non ha freddo e il caminetto acceso nell’altra stanza aiuta a riscaldare l’intero appartamento. Più che altro ha una strana sensazione, come se stesse per succedere qualcosa di terribile. Non pensa al fatto che è passato un anno da quando Dudley Dursley ha inviato loro un invito a un matrimonio né che altrettanto tempo è trascorso da che una concatenazione di eventi si mettesse in moto, portandolo a un passo dall'altare. Ma Draco, in fondo, è un Malfoy e a ignorare è diventato un maestro.

 

«Arrivo» borbotta, alzandosi dalla sedia. Questa stride sul pavimento e il suono secco riecheggia per la cucina. Il silenzio, quando Potter non c’è, è assordante e ultimamente sta succedendo troppo spesso di sentire le sedie stridere o percepire il fastidioso scricchiolio delle assi del parquet a ogni traversata del corridoio. Draco odia i piccoli rumori di quella casa, d’inverno è anche peggio a suo modo di vedere. In giornate come quella gli pare di essere ancora al 12 Grimmauld Place con i pavimenti marci, le pulci nei materassi e il ritratto di Walburga che sbraita insulti a chiunque le passi davanti. Vivono a Diagon Alley da un pezzo, ormai questo appartamento al piano attico è casa loro, ma quando è solo, è come se tornasse indietro all’epoca in cui nessuno sapeva della loro relazione e dovevano fare l’amore in una stanza dall’arredamento discutibile, infestata di polvere e spray anti cimici.
«Eccomi, eccomi, stupido pennuto» mormora, aprendo la finestra. Bingley pare odiarlo molto più di quanto Malfoy non odi la nuova tirocinante di Potter. Lo fissa con sguardo truce, prima di saltellare in avanti, facendo un paio di passettini sul ripiano della cucina, che imbratta di una fanghiglia grigiastra, simile a cenere sciolta. L’acqua lo ha infradiciato così tanto che lascia addirittura cadere la lettera che tiene nel becco senza alcuna cura, prima di volare nell’altra stanza accanto al camino acceso. Di solito gli dà un paio di biscottini gufici ogni volta che arriva con la posta e, se tarda, allora è proprio Bingley a pretenderli. Adesso però se n’è andato senza degnarlo di uno sguardo, abbandonando la lettera tutta bagnata che Draco si preoccupa di asciugare con un rapido tocco di bacchetta. Ora che guarda bene, nota facendola penzolare davanti al naso, non è neppure imbustata, è un semplice foglio di carta ripiegato in fretta e furia. Come sempre, Bingley deve aver messo pressione addosso al mittente. Quel gufo, pensa torcendo la bocca in un ghigno, sta diventando sempre più indisponente. 

 


“Ciao, H.” legge ad alta voce. Non gli serve scorrere fino alla fine per capire che si tratta di Dudley, il cugino di Harry. Lo ha riconosciuto dalla calligrafia elementare e dalla rozzezza della sintassi.
“Mamma e papà hanno detto di sì per il matrimonio, ma non ci vengono al fidanzamento. Sai che non gli piace la tua gente. Volevo dirti che mi dispiace molto, ma neanche io posso venire. Non ho ancora capito come dire a Melissa che sei un mago. Ci ho provato, Harry, lo giuro, ma lei non mi ha creduto e ho paura che se la porto alla festa e vede tutte quelle cose strane che fate, lei sviene. Giuro che glielo dico, però. Voglio venire al tuo matrimonio e anche mamma e papà. Stanno dicendo a tutta Little Whinging che il loro nipote sposerà una nobile. Cioè, non gliel’hanno detto che Drago è un maschio. Hanno detto che la tua fidanzata si chiama Wilhelmina. Sarebbe scandaloso se sapessero che stai per sposare un maschio, non ci accettano più alla chiesa. Cioè, mamma lo ha detto e lei sa sempre tutto di queste cose, ma ha detto che è più che accettabile che si tratti di un nobile blasoqualcosa. Però a quest’ora tutto il Surrey sa la notizia, i regali che Drago ci ha fatto li hanno fatti vedere anche al capo di papà e lui gli ha dato la promozione. Ora venderà molti più trapani di prima.
Quando dico a Melissa di te, ti scrivo.

Dudley

Ps. Il tuo gufo è volato dentro casa dal camino, meno male che Melissa non c’è, come ce lo spiegavo se no? Adesso quell’uccello mi guarda male. Io do a lui la lettera, ma se non ti arriva non è colpa mia.

 

Draco rimane interdetto per quelli che sono almeno dieci minuti, forse di più. Probabilmente viene anche risucchiato in una realtà parallela in cui non sa fare altro che rimanere immobile a fissare il nulla, intanto che il cervello tenta inutilmente di ripartire. Non è perché lo ha chiamato “Drago” né perché, in più di un anno che si conoscono, non ha ancora imparato il suo nome. Non è perché gli zii di Harry stanno dicendo a tutti che è una donna, questo lo può anche capire. Non lo accetta, questo no, ma sa quanto possano essere bigotti e retrogradi certi babbani e i Dursley non gli sono mai sembrate persone disposte a comprendere ciò che esula dal loro piccolo mondo babbano. No, non è per nulla di tutto questo, è per tutto. Perché egoisticamente sperava che non sarebbero venuti neppure al matrimonio. E ancora non ha idea di cosa succederà quando Vernon Dursley conoscerà suo padre ed è anche perché mamma ritiene inaccettabile il non aver incontrato i soli parenti del suo futuro marito. Draco non può dar torto alla rabbia di sua madre, ma comunque ha dovuto metterci una pezza più di una volta, insistendo sul fatto che i Dursley sono babbani e non amano la magia. Non che sia riuscito in qualcosa, non ha potuto niente contro la logica inattaccabile di Narcissa: “Babbani non vuol dire maleducati o irrispettosi” ha controbattuto una volta, di fronte all’ennesimo invito rifiutato per un tè al Maniero. In quell'occasione, Draco non ha aggiunto altro e probabilmente Potter stesso si è trattenuto dal dire davvero quello che pensava. Lui per primo non apprezza i suoi zii e Draco è convinto che il solo motivo per cui mantenga i rapporti è perché sono gli unici parenti che ha. Ricorda il giorno del tè mancato come se fosse successo ieri e non mesi fa, ha in mente l’espressione contrariata di suo padre e quella arrabbiata di Potter, scemare e finire in nonnulla. Per loro è difficile condividere la stessa tavola, i trascorsi che possiedono sono molto più pesanti di quelli che Draco e Harry avevano prima che si mettessero insieme. Lucius dava la caccia ai babbani incappucciato ed è stato presente ogni volta che Voldemort ha provato a uccidere Harry o qualcuno dei suoi amici. Papà c’era quando Cedric Diggory è morto. A Draco piaceva Cedric, era un bravo ragazzo e non ha mai davvero accettato o capito la sua morte. Se taceva era per onore e senso del dovere. Per Draco quello è il passato, ma Harry e Lucius, nonostante tutto, non sembrano disposti a superarlo. Non biasima Potter per avercela ancora con lui, ma in simili occasioni apprezza il suo silenzio come poche altre cose nella vita. 

 

Draco pensa a questo e a molto altro, intanto che posa la lettera di Dudley sul tavolo. L’intrico di pensieri che divora la sua mente è talmente elaborato che pare un labirinto da cui è impossibile uscire. Suo padre, sua madre, gli zii di Harry, Bingley appollaiato sopra al camino… La sola certezza che possiede è che si sente grato per l’assenza dei Dursley al fidanzamento. Dopo il matrimonio di Dudley non è sicuro di riuscire a sopportare quella famiglia. Sa che mamma si arrabbierà e che papà fingerà di nuovo che gliene importi qualcosa, o che non sia indispettito all’idea che il suo unico erede maschio sposerà Harry Potter, ma non fa niente. In effetti, tutto ciò che a Draco interessa è stare con il suo ragazzo, che ora non è neppure lì con lui. Il peso della sua assenza grava così tanto sulle sue spalle che lascia la cioccolata là dove sta, a diventare fredda. Usa la tazzina come fermacarte, incastrandoci sotto la lettera di modo che non voli via. Una goccia di cioccolata macchia l’angolo sinistro e allora storce la bocca, infastidito. Usa un rapido: "Gratta e netta" perché detesta l’imprecisione. Quindi fa roteare la bacchetta e si smaterializza, è meglio andare da Pansy e mettersi a spettegolare sulle ultime novità, che rimanere là da solo. Il Plop riecheggia per le stanze della loro casa vuota con uno schiocco secco.




 

Harry non è davvero sorpreso quando legge la lettera. Già sapeva che i suoi zii non si sarebbero fatti vedere, era come se lo sentisse. Così gli ha detto, facendo spallucce e lasciando cadere la questione già all’istante successivo, iniziando a raccontargli la sua giornata. Sembra dispiaciuto per Dudley, ha capito che è il solo parente per cui nutre un po’ di affetto e quasi si sente in colpa quando si rallegra di nuovo per la sua assenza. Comunque sembra averla superata piuttosto alla svelta, osserva Draco la sera della festa, guardandolo di sbieco. Si stanno vestendo in camera da letto, Potter in maniche di camicia e bretelle è particolarmente attraente. Merito anche dell’abito su misura che gli ha regalato: i pantaloni gli fasciano il sedere in maniera perfetta. Il verde è decisamente il suo colore, lo ha detto allo zelante sarto dei Malfoy a cui ormai fa visita almeno tre volte l’anno. Inoltre quella tonalità color bottiglia che vira al nero, gli fa risaltare gli occhi. Tuttavia, deve ammettere che il fascino della barba incolta che già da qualche anno si è fatto crescere, oltre che della muscolatura delle spalle, rafforzate dal duro addestramento da Auror, contribuiscono in maniera importante al suo fissarlo inebetito. Draco quasi fa cadere a terra i gemelli con le teste di serpente che il malvestito Potter gli ha regalato lo scorso Natale, il solo tocco di buon gusto della sua vita oltre al mettersi con lui. Nota anche che è insolitamente silenzioso, lo è spesso di recente. Fissa il vuoto, parla fra sé, è pensieroso e sa che c’entra con il lavoro, ma non chiede mai e non lo fa nemmeno stasera. E quando lui gli prende la mano per la smaterializzazione congiunta, è costretto a sedare un brivido che gli corre giù lungo la schiena. Non è solo perché è attraente, è soprattutto perché non vorrebbe proprio uscire di casa.

 

A onor del vero, Draco non ha voglia di festeggiare. Non in questo modo, non in questo posto. In parte è colpa di una strana sensazione che da giorni gli divora lo stomaco e non lo lascia tranquillo, ma deve ammettere che il problema sono i suoi genitori. Suo padre e il maledetto Maniero dei Malfoy, in particolar modo. Che sua madre finga che tra lui e Lucius non ci siano problemi è un altro discorso e non ha voglia di affrontarlo. E non ha neppure più voglia di dare sfoggio alla grandiosità e alla raffinatezza della famiglia e su quel dannato blasone ha quasi voglia di sputare, anche se sa che non lo farebbe mai. Il gesto sarebbe troppo forte, quasi sconvolgente, non si spingerebbe a tanto. E poi servirebbe davvero a qualcosa? Da quando la guerra è finita sente di appartenere molto più ai Black che ai Malfoy e non è tanto per Sirius, di cui Harry gli ha parlato o per zia Andromeda, né per sua cugina Ninfadora, di cui gli hanno raccontato tantissime storie. Principalmente è per sua madre e per quell’amore sconfinato che ha saputo tirare fuori nel punto più basso delle loro vite. Draco non sa se sentirsi un Black sia meglio oppure no, neanche ci vuole pensare. Sa però che i rapporti con suo padre sembrano irrecuperabili e da quando gli ha parlato del matrimonio ha fatto cadere il gelo. Non lo saluta neanche più, lo guarda da lontano e lancia occhiatacce torve. Disapprova, lo sa. Tutti l’hanno capito. Draco un po’ se lo era aspettato, ma non può dire che gli abbia fatto piacere. Neanche sua madre ha mai amato l'idea che sposasse Harry Potter, diamine a momenti la cosa non piace nemmeno a lui ed è quello che ci va a letto! Ma almeno Narcissa ha provato ad accettarlo e ha dimostrato che suo figlio è più importante dell’orgoglio ferito o di vecchi rancori. 

 

È per questo che non gioisce per questa festa. Papà ha insistito perché la facessero al Maniero e l’anima di Merlino solo sa il perché. Ma Draco non guarda suo padre, che se ne sta da parte con un bicchiere di Whisky Incendiario, a parlare con un tizio del ministero, né nota sua madre fare il pieno di acquaviola intanto che si accerta che sia tutto in ordine. Si è appena materializzato e tiene Harry per mano, intanto che osserva il blasone di famiglia torreggiare sopra la sala dei ricevimenti, schiacciandolo in un mare di ricordi in tempesta. Odia quella casa, è scappato una settimana dopo il diploma e non ha mai lasciato intendere che volesse viverci. Là dentro non c’è proprio niente da festeggiare, anche se sono passati anni ancora gli pare di sentire le invocazioni di aiuto della professoressa Burbage. La voce di lei che lo chiamava, invocando pietà e Voldemort che la faceva divorare dal serpente. I brividi gli divorano la pelle ogni volta che ha l'impressione che la risata inconfondibile e sadica di zia Bellatrix, riecheggi per i saloni. Sua zia Bella in una stanza lì vicino ha torturato la Granger. Svitata Lovegood è stata addirittura imprigionata, giù nelle segrete, eppure ora vortica per il salone agitando le mani a mezz’aria come se niente fosse. A Draco tutto questo fa schifo, si sente opprimere dai ricordi e dal senso di colpa. Lo stesso che si è faticosamente lasciato alle spalle e che ora gli formicola sotto la pelle come una nidiata di insetti.

 

«Ehi, tutto bene?» chiede Harry, stringendo maggiormente le loro mani intrecciate. Draco abbassa lo sguardo sino a incontrare i suoi bellissimi occhi verdi, prova a sorridere, ma il suo annuire è stanco e provato. Lui ha capito che qualcosa non va. Lo sa sempre.
«Odio questa casa!» mormora tra i denti. Nota distrattamente che già diversi invitati hanno fatto il loro arrivo mentre altri entrano dalla porta d’ingresso del salone. L’atmosfera è leggera, divertita. La musica invita alla danza, lo Champagne servito in calici di cristallo inebria le menti e le chiacchiere volano per il salone delle feste di villa Malfoy. Draco odia anche questo.
«Detesto ciò che rappresenta. I ricordi di cui è impregnata mi fanno venire da vomitare, molti dei tuoi amici sono stati torturati qui.» La rabbia freme in lui come fosse ardemonio scatenato da un mago oscuro. Ricorda Voldemort che faceva propria quella casa, suo padre che si faceva calpestare e deridere. Ma soprattutto ricorda se stesso, spaventato e confuso, che veniva spinto da sua madre e zia Bellatrix a cercare di uccidere Silente. Lui che lo voleva e poi che ha iniziato lentamente a cambiare.
«Ehi!» dice Potter, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. Draco si sente afferrare per mano con maggior decisione e quindi portare via, in un’altra stanza. Una attigua, un salottino che mamma usa per ricamare e passare del tempo in tranquillità. Draco sente sulla pelle il tepore delle fiamme che bruciano nel camino, l’odore di acquaviola nell’aria, versato sul tappeto anni fa e che ne ha impregnato i fili. Vede il cestino del cucito sistemato accanto alla poltrona, una rivista aperta su di una pagina a caso. Erano anni che non entrava là dentro. Chiude gli occhi e respira piano, come a voler riacquistare un controllo che sente sfuggirgli dalle dita. Percepisce il riecheggiare del chiacchiericcio degli invitati, così come la musica del quartetto d’archi preferito di Narcissa, ma è tutto ovattato. La voce di Harry, che freme alle sue spalle, è carica di preoccupazione. I suoi occhi parlano, eppure non dice. Non discutono più di queste cose da tempo, non è mai stato più necessario. Draco stesso credeva di averle superate, lo avevano fatto tutti e due. Ma i fantasmi di villa Malfoy sono inconsistenti come ricordi e, terribili, gli sono entrati dentro e ora rischiano di rovinare uno dei più bei giorni della sua vita.
«Pensavo l’avessi superata» spezza il silenzio Harry, i suoi occhi sono colmi di amore. Il tocco della mano sulla schiena è delicato, non fa più del necessario, ma è deciso. È il suo modo di dire che non se ne andrà e che ci sarà sempre nonostante tutto. In lui non c’è compassione e gliene è immensamente grato, odia la pietà.
«Io…»
«Non importa, Draco, se vuoi possiamo andarcene.» E basta questo. Il tono dolce del suo parlare, il suo averlo chiamato per nome, come in tutte le occasioni importanti. Il modo di fare fermo e deciso fanno bruciare sulla pelle la consapevolezza di stare con qualcuno che potrebbe rinunciare a tutto pur di vederlo felice. E Harry sa che il suo problema è Lucius e quella sua dannata casa. Lo è in parte anche sua madre, ma Draco stesso pare non voler affrontare l’argomento.
«No» replica, irrigidendo la postura. «Sto bene.» Ma lui non ci crede, lo capisce dal sopracciglio arcuato e dalle labbra arricciate.
«Davvero» insiste. E già sente di avere il pieno controllo di sé, è pentito di essersi lasciato andare a tanto. «Sul serio, Potter, è questa villa che tira fuori il peggio di me. E… è tutta colpa tua, ecco! Avresti dovuto impedirmi di organizzare qui la festa.»
«Scusa?» L’atmosfera cambia e lo sente sulle pelle, le note divertite della voce di Harry sono un balsamo per i suoi nervi tesi. Diverte anche lui, ma rimane pur sempre un Malfoy e indossa una maschera di noia e disgusto, tradita da un furbo luccichio negli occhi.
«Ti ricordo che sono mesi che mi impedisci di mettere bocca su quello che, tecnicamente, sarebbe anche il mio matrimonio. Se mai ti avessi detto che detestavo l’idea di festeggiare alla villa il nostro fidanzamento, sinceramente, mi avresti dato retta?» No, non l’avrebbe fatto, ha ragione. Draco si sente un po’ un idiota adesso, ma è compiaciuto comunque di essere riuscito a smorzare la tensione e averlo provocato.
«No, è vero: non l’avrei fatto» confessa, infine. Abbozza, camminando in tondo per la stanza con le mani in tasca. Il rossore sulle guance a tradire un certo imbarazzo, ma Malfoy dà la colpa al vino e finge di non voler disperatamente essere baciato. «Però è tutta colpa tua. Non dovevi nascere con il pessimo gusto in tutto e invece ti vesti come un babbano e fai sembrare me povero.»
«Oh, no, dimenticavo, vostra altezza» ribatte Potter, inchinandosi in maniera teatrale e prendendolo in giro, accentuando l’inchino e sottolineando il tutto con un velo di sarcasmo. «Voi siete così raffinato, così superiore a noi comuni mortali… Cosa ne sarebbe stato di un senza gusto nel vestire come me, senza l’immensa generosità che mi ha concesso fidanzandosi con il sottoscritto?» Draco ride di nascosto, il sarcasmo di Harry è graffiante e lui lo ama. Ricorda che in fondo è quel che li ha avvicinati un tempo. Ora è una parte fondamentale nei delicati equilibri del loro rapporto. Quindi si morde il labbro e guarda altrove, fintamente attirato dalla rivista sulla poltrona, ma lo fa solo per non dargli la soddisfazione di vederlo esplodere in una sonora risata.
«Di certo te ne andresti in giro vestito come un barbone senza bacchetta e berresti tè in bicchierini di plastica, invece che usare la porcellana.»
«Brrr» rabbrividisce Potter, prendendolo chiaramente in giro. Esagera le sue reazioni, è teatrale quanto lui. Lo ama un po’ di più ogni volta che fa così, ma non glielo dice mai. «Terrificante» aggiunge poco dopo. Draco lo vede allora, voltandosi di poco: un sorriso gli tende le labbra sotto la barba incolta. Diventa ancora più sexy quando lo guarda in quel modo e nel suo baciarlo un istante più tardi mette tutto quel se stesso che i ricordi stavano schiacciando giù in fondo all’anima. Non deve dimenticare perché è qui stasera, quello che hanno passato e non deve permettere a questa casa, o a suo padre, di rovinargli la festa. Forse non darà sfregio al blasone dei Malfoy, ma nemmeno sfoggerà la storia della propria famiglia come avrebbe fatto quel diciassettenne pomposo che è stato tantissimi anni fa. Se ha un qualcosa di cui vantarsi, qui e adesso, è dell’uomo che ha accanto e chi è diventato.
«Quindi, Potter?» sussurra sulla sua bocca, qualche attimo più tardi. Gli allaccia le braccia al collo intanto che lui gli cinge la vita.

«Ammetti che ho salvato te da brutti abiti e un arredamento discutibile come tu hai salvato me da Lord Voldemort?» Harry alza gli occhi al cielo e sbuffa, i suoi capelli impossibili sembrano ancora più spettinati intanto che scuote il capo. Il suo passarci una mano nel mezzo non migliora mai la situazione, è un gesto che fa senza pensare e che a lungo andare ha iniziato a trovare adorabile.
«Solo tu puoi mettere sullo stesso piano il peggior mago oscuro di tutti i tempi con dei vestiti e un paio di tazze.» E ha ragione, ma non è dispiaciuto dalla leggera nota di rimprovero nel tono della sua voce. In realtà, provocarlo lo diverte. Stuzzicare un eroe con frecciatine e battute sarcastiche è sempre stato il suo passatempo preferito. Da quando stanno insieme quello si chiama “Flirtare” e non più “Prendersela con Harry Potter perché sì e perché lo odio” e di solito finisce sempre con loro due che fanno sesso. Draco si chiede se potrebbero mai farlo lì dentro, tra il cestino del cucito di sua madre e l’odore di acquaviola. Ma Narcissa irrompe nella stanza prima che possano bloccare la porta con un incantesimo e insonorizzare le pareti con un altro, rimprovera entrambi con un’occhiataccia e un’espressione truce che la fa somigliare dannatamente a zia Bellatrix. Persino Harry, che ancora è l’eroe del mondo magico che tutti acclamano, annuisce senza replicare e fila fuori da lì a passo di marcia. Intanto che cammina al suo fianco è sicuro che, vagamente, abbia ricordato zia Bella anche a lui.

 


La festa è divertente, nonostante suo padre e sua madre, nonostante il Maniero dei Malfoy e l’incombenza dei ricordi che porta con sé. Ma forse il suo godersela è merito della quantità imbarazzante di Whisky Incendiario che ha nelle vene e che influenza la sua già scarsa capacità di giudizio. Potter è più marcio di lui, ma tiene alto l’onore fingendo di essere compassato. Tutti hanno notato che la professoressa Sprite è quella più fuori di cucuzza, ma sembra che nessuno voglia davvero far caso al suo essere molesta o alle urla quando rimprovera la padrona di casa per l’indecente mancanza di piante carnivore in quella casa.
«Non c’è neanche una Mandragora» la sente dire a davvero nessuno. Narcissa neppure le dà retta, si volta da un’altra parte riprendendo la propria conversazione con chissà chi di importante. Draco non pensa che la Sprite sia mai stata del tutto sobria, anche quando era la sua professoressa a Hogwarts. Se possibile, ora la trova più spassosa che mai. Ha scoperto di recente che si chiama Pomona. Chissà perché ci pensa intanto che la sente lanciare improperi. Lo trova ridicolo e ha riso due giorni da solo come un cretino quando l’ha saputo. Però in fondo è simpatica e appena la vede barcollare pericolosamente, la invita a sedersi e lei accetta, sprofondando su una sedia con malagrazia. Forse, pensa, è il caso che qualcuno la accompagni a casa, ma sola alla festa. Quando però viene rapito da un gruppo di ex compagni Serpeverde, se ne dimentica subito. Quelle serpi velenose non smetteranno davvero mai di prenderlo per il culo perché sta per sposare Harry Potter. Quella traditrice impunita di Pansy li capeggia mentre Blaise Zabini le dà manforte, hanno inventato anche un coretto e quando lo iniziano a intonare, anche la Sprite si rianima unendosi a loro. A quel punto Draco inizia seriamente a sperare che una voragine si apra sotto i suoi piedi. Forse è istinto di sopravvivenza, quello che lo spinge ad ancorarsi al suo fidanzato e a non mollarlo più, rubando un bicchierino da un vassoio. Di nuovo, sia benedetto lo Whisky Incendiario, pensa mandando giù una lunga sorsata intanto che Harry gli accarezza delicatamente la schiena. Il suo tocco gli piace, è caldo e rassicurante. 

 

Viene coinvolto in un paio di imbarazzanti conversazioni con il ministro della magia e il Capo Auror, ancora Draco ha paura di lui come la prima volta che lo ha incontrato e questi l’ha guardato storto, ma finge che sia tutto normale. Sono anche gentili, fanno a entrambi le congratulazioni e dopo, Potter non manca di parlare di lavoro. E allora lui si allontana, decidendo di svolgere il solito rituale con gli Weasley. Loro alla fine gli piacciono, c’è voluto tempo, ma lo hanno accettato e adesso riesce a stare nella stessa stanza con la rossa ex di Potter, che ancora non si azzarda a chiamare per nome, senza uccidere nessuno o dare di matto. Gli Weasley non sono presenti al gran completo, uno di loro è di nuovo disperso in Romania con i suoi draghi, un altro è andato in Francia a trovare la famiglia di sua moglie e… Beh, non riesce ancora a ricordare tutti i nomi. Si sente un po’ come Dudley quando storpia il suo chiamandolo “Drago”. Quella sera parla solo con Ron, che tiene al braccio Hermione, la quale non manca di essere gentile e pungente al tempo stesso. Draco sa che ha ripensato a quel giorno di ormai molti anni prima con Bellatrix, glielo legge negli occhi, ma apprezza il suo silenzio. Per amore della pace, pensa lui per primo, dandole in mano un calice di Champagne e strizzandole l’occhio.
«A noi, Granger» sussurra e si sente terribilmente affabile nel dirlo. Lei forse è un po’ stupita da quel gesto così galante o dallo strizzare d’occhio furbesco, ma poi sorride, più compiaciuta di lui. Draco se la cava alla grande anche con Arthur, sente di doverlo ringraziare per essere venuto sin lì, nonostante i vecchi attriti con suo padre. Mai risolti, ma in effetti papà non ha risolto un bel niente con nessuno da quando è finita la guerra.
«Come vanno le cose con il vecchio Lucius?» gli chiede il signor Weasley a un certo punto, prendendolo da parte e parlandogli in confidenza.
«Ha smesso di parlarmi quando abbiamo annunciato il matrimonio, credo non l’accetterà mai e inizio ad avere dei dubbi anche su mia madre, considerato il modo in cui mi guarda.» Arthur lo fissa con comprensione paterna, stana la sua tristezza alla velocità della luce eppure non dice niente e non glielo fa neppure notare. Lascia che sia lui a decidere se parlare oppure no. Questa è una novità, Draco non è abituato a genitori che agiscono unicamente per il suo bene. Se fosse figlio di Arthur, lui lo avrebbe accettato, pensa in un flash occhieggiando il signor Weasley da dietro il bicchiere vuoto e non più riempito. Senza volerlo si ritrova a invidiare Ron e tutti i suoi mille fratelli perché hanno una famiglia disposta a capire e che non parla mai del blasone, dell’onore o dell’eredità da tramandare. Draco non vuole tramandare un bel niente, nemmeno i suoi geni bastardi. Se lui e Potter avessero dei figli sente che vorrebbe che fossero di Harry, meglio mandare avanti i geni di un eroe che quelli di una famiglia di vigliacchi come la sua.
«Ci sono cose che per lui saranno sempre più importanti, la mia felicità non conta» ammette, stringendo con forza il bicchiere che tiene in mano, quasi si stesse ancorando a esso. Non vorrebbe apparire come sprezzante, ma è ciò che sembra. Non vorrebbe neanche sembrare così pateticamente triste, ma i suoi occhi dicono anche quello. Guarda le rughe sulle tempie di Arthur Weasley ispessirsi, uno o due capelli grigi tra altri più  rossi, vede distintamente le parole nascere e morire sulle sue labbra, è come se avesse fermato un pensiero scomodo appena in tempo. perché dopo rifiata.
«Molly ti direbbe che un giorno tuo padre capirà e accetterà te e Harry per ciò che siete» aggiunge poi, la sua voce è sottile e quasi sognante. Innamorato, scuote la testa come se desse a sua moglie dolcemente della sciocca. «Conosco fin troppo Lucius per credere che succederà davvero, o facilmente, però penso che sia ciò a cui ti serve credere in questo momento. Non voglio dire che ti devi illudere, ma dagli tempo. Io non lo farei senz’altro, ma tu sei suo figlio. E poi già che è qui è un fatto positivo, no?» Draco nota della saggezza nelle pieghe dei suoi discorsi. Riflette su quanto gli ha detto mentre il signor Weasley si allontana. D’altra parte ha ragione, se è venuto alla festa e se ha giurato che presenzierà al matrimonio ci sarà un motivo, giusto? Se si trattasse di chiunque altro vedrebbe più chiaramente una speranza, ma Draco conosce suo padre fin troppo bene e sa che il non appoggiare pubblicamente il proprio figlio omosessuale, che sposa niente di meno che l’eroe del mondo magico, non gioverebbe al suo buon nome. Probabilmente lui e mamma hanno calcolato che le loro quotazioni salirebbero, tornando quelle di un tempo. Può essere tutta apparenza. Dovrebbe essere ottimista e un po’ sciocco come la romantica Molly o pragmatico e realista come Arthur? Draco se lo domanda, ma non trova una risposta neppure dopo che il suo sguardo vola inevitabilmente a cercarlo. Osserva suo padre, lo studia quasi come se tentasse di carpire i suoi più profondi pensieri. Sta ancora parlando con il Ministro della Magia, confabulano di chissà che. Ed è allora che finge di crederci: il fatto che sia qui vuol dire che lo accetta, in un qualche strano modo tutto Malfoy.

 

Harry gli presenta una certa signora Figg quando ormai sono passate le dieci. Draco è stanco, ha stretto molte più mani questa sera di quante non ne ha strette in tutta la vita. Le pubbliche relazioni sono sempre state il suo pane, d’altra parte tratta con i babbani ogni santo giorno e poi da quando la guerra è finita ha dovuto impegnarsi per farsi accettare dagli amici di Harry. Nonostante ciò è piuttosto sicuro che sarebbe già stramazzato al suolo, se non fosse stato per le tartine al caviale e l’enorme quantità di alcol che ha ingurgitato. La signora Figg, alle dieci di sera e con più vino che sangue nelle vene, gli pare bella quanto un unicorno. Lei è un metro e cinquanta di vitalità, ha un vestito marrone a fiori rosa molto appariscente e un cappello con una veletta che le ricade sulla fronte. Sa che è una Maganò, Harry gliene ha parlato la volta in cui gli ha detto di quella brutta faccenda dei dissennatori l’estate del quinto anno. Le è anche molto affezionato, perché ha vissuto a Privet Drive, dove abita tuttora. I Dursley le affidavano lui e suo cugino quando erano fuori. In quei pezzi di famiglia che ha disperatamente cercato di mettere insieme, tra quasi zii e padrini presi lungo la strada e poi persi di nuovo, la signora Figg è quanto di più simile a una nonna, Harry abbia mai avuto.
«Il tuo fidanzato è molto simpatico» sogghigna lei, rivolgendosi a Potter, dopo aver scambiato i primi convenevoli. Lo fissa con insistenza, facendo scorrere lo sguardo dalla testa ai piedi senza mancare di fermarsi sulle parti basse. Draco non vorrebbe dire che la signora Figg è una vecchia pervertita, quindi annega le parole nello Whisky, e tace.
«Grazie» borbotta un Harry imbarazzato. Si passa una mano fra i capelli, un po’ a disagio. Sono sempre in disordine, assomiglia più a una scopa che a un uomo di quasi trent’anni. Stranamente gli piace anche così, si dice guardandolo di sbieco.
«Chissà quanto vi divertirete…» Draco non capisce se c’è un velato riferimento alla loro vita sessuale, il che avvalorerebbe l’ipotesi della vecchia pervertita, oppure se crede davvero che lui e Potter ridano come matti dalla mattina alla sera. Certo è simpatico, certo sta per sposare un uomo che lo è altrettanto e quindi finge che sia di questo, che stanno parlando. L’alternativa è terrificante.
«Oh, lei non ne ha idea» ribatte Harry, profondamente sarcastico. Ha le guance appena un poco colorate e maschera una risatina dietro a un bicchiere che si porta alle labbra.
«Sentito, Potter, sono simpatico!» esclama Malfoy, gonfiando il petto e l’ego, pavoneggiandosi quel tanto da far sorridere la signora Figg. Gli piace ricevere complimenti, li ama in effetti. Lo ammette senza alcun pudore e quando qualcuno va a toccare la sua ironia graffiante, diventa persino compiaciuto. Lo è mentre quella vecchia signora lo fissa, aspettandosi da lui una battuta di spirito.
«Oh, un vero giullare di corte proprio.»

«Il mio sarcasmo nasce dalla mia disperazione, Potter» gli fa notare, saggiamente. Ed è vero, lo è sempre stato. Non per niente le battute migliori ai tempi della scuola le riservava solo ad Hagrid e alle sue orribili bestiacce. Sapeva che persino la Granger lo trovava divertente, ma all’epoca nessuno era disposto a gonfiare l’ego dell’altro.
«Ma per favore, se c’è uno disperato in questa relazione, quello sono io» replica Harry, asciutto.
«Come scusa?» ribatte Draco, indignato.
«L’altro giorno per un taglietto a un dito hai fatto finta di svenire. Ho dovuto prenderti in braccio e portarti a letto intanto che tu urlavi per il dolore: “Aiuto, sto morendo!”» dice, imitando la sua voce piuttosto malamente. «Ammettilo, Malfoy, sei una regina del dramma!» Draco apre e chiude la bocca, come un pesce fuor d’acqua. Non sa cosa dire, non sa se essere più offeso o divertito. Nel dubbio si finge indignato, alza il naso all’insù e arriccia le labbra. Se ne va in cerca di un cameriere. Sente la signora Figg ridere dopo che Potter si compiace di averlo fatto arrabbiare. 

 


A essere sinceri, quella è l’ultima cosa che ricorda con esattezza. Forse uno degli ultimi momenti di spensieratezza. Il resto è confuso, concitato e, in definitiva, strano. C’è un cameriere che porta un vassoio pieno di tartine al salmone. Le sue preferite. Anche se ne ha fin sopra i capelli di mangiare pesce, e si annota mentalmente di rivedere il menù del banchetto di nozze, ha come la sensazione che finirà con lo svenire se non mette in bocca qualcosa. Ne prende un paio e si mette da parte, seduto su una delle sedie che stanno ai lati della stanza osserva la sala piena di gente. Vorrebbe togliersi le scarpe e stendersi su un letto morbido, ma ci sono ancora ospiti che ballano, altri che ridono e chiacchierano. Suo padre intesse relazioni con la stessa grazia di un tempo, mamma si arruffiana la moglie del capo Auror e quella del Ministro; è sicuro al cento per cento che stia organizzando un tè. A Draco non importa, però sorride perché tutto sommato la festa sembra essere riuscita. Ne è pienamente soddisfatto. Narcissa avrà molti difetti, ma sa quel che fa. Ha appena mandato giù l’ultimo boccone, quando un fracasso di vetri che si infrangono, attira la sua attenzione. Nell’immediato pensa a un cameriere maldestro, anche se il rumore proviene dall’ingresso che sta sulla sinistra rispetto a dove Draco si trova adesso, lontano da dove passano i camerieri. Le pesanti porte sono spalancate, per dar modo agli ospiti di andare e venire come preferiscono. Tuttavia non riesce a vedere cosa sta succedendo, l’entrata è avvolta da luci più basse e immersa nella penombra, anche quando si alza e si avvicina al centro del salone non capisce cosa stia succedendo. Non sono semplici bicchieri quelli che sono stati rotti, ora che ci pensa, il rumore proveniva in direzione delle vetrate che danno sul giardino. Ma chi le avrà infrante in quel modo e perché? Delle grida, che arrivano proprio da là fuori, spezzano il silenzio. Vetri rotti, di nuovo, sono davvero le finestre dell’ingresso, pensa intanto il silenzio scende all’improvviso. Gli invitati hanno smesso di ridere e parlare fra loro, i musicisti hanno cessato di suonare e tutti guardano in attesa la porta spalancata del salone come se aspettassero un implacabile giudizio. Quasi, il tempo gli pare congelato sino a che le urla non tornano potenti, un istante più tardi. Uno strano luccichio squarcia la penombra dei corridoi appena fuori dal salone, qualcuno sta lanciando degli incantesimi. Una battaglia?
«Fuggite!» urla una signora che neppure conosce. Arriva correndo da là fuori, non si ferma a spiegare cosa sta accadendo, come un fulmine prende la bacchetta e si smaterializza. Altri la imitano, il Ministro della Magia viene scortato via da un paio di Auror. Forse temono un attentato alla sua vita, non ne è sicuro. In effetti non sa niente. Draco vede Potter sfrecciare attraverso la stanza, Ron gli è subito dietro, assieme alla Granger. L’inseparabile trio non manca mai di dare una mano quando c’è bisogno di aiuto, una volta gli dava fastidio, ora ne è quasi orgoglioso. Quello, pensa, è il suo uomo. E intanto che le urla seguitano a infrangere il silenzio, così come gli schianti di incantesimi e di vetri rotti, vede i suoi genitori impietriti, in fondo al salone. Draco si fa avanti a quel punto; suo padre scapperà, ne è sicuro, ma lui non ha nessuna intenzione di lasciare da solo il suo fidanzato. Non è come Lucius, sarà sempre migliore di lui. E quindi sfodera la bacchetta di Biancospino e corre in direzione delle grida. Non ci mette molto a capire. Harry è lì, tra i vetri delle finestre sparsi sul pavimento. Le luci ora alzate, appese alle pareti, che illuminano anche Ron ed Hermione. Hanno issato una barriera magica, ne sente l’enorme potere fino a lì e quasi la nota, è come un velo leggerissimo e trasparente. Tuttavia è ciò che sta al di là che attira la sua attenzione: non sono maghi oscuri, non è un attentato. Sono due bestie enormi, alte almeno tre metri o forse di più, che si danno battaglia tra loro a suon di colpi di coda, ne hanno una lunga che finisce con un ago acuminato, molto simile a quella di uno scorpione. A Draco sembra di aver già visto animali simili. Solo, non è sicuro di ricordare come si chiamino.
«Che diavolo sono quelle cose?» urla, isterico. La rabbia arriva subito, scaldandogli le guance e infuocando il suo animo. Una volta che lo shock è passato, inizia a porsi tutte quelle domande che al momento non trovano risposta. Chi ha fatte entrare quelle cose al Maniero? Come è possibile che siano arrivate sin lì? Data la presenza del Ministro, gli Auror hanno preteso una barriera magica e si sono impegnati personalmente a crearne una molto potente, chiunque sia entrato alla villa, lo ha fatto perché autorizzato dagli inviti magici che lui e mamma hanno spedito. Quindi era impossibile che due animali del genere entrassero indisturbati da soli, non c’è mai stato niente di simile nel parco là attorno. E comunque quella è la sua festa. Sua e di Potter. Per il fidanzamento. Non sarebbe dovuto succedere, pensa, intanto che il ritratto di famiglia, appeso a uno dei muri, cade a terra assieme a briciole d’intonaco.
«Sono Schiopodi Sparacoda!» esclama Ron, con l’aria di chi la sa lunga.
«Molto, molto grossi» mormora Harry guardando le due grandi bestie dal basso verso l’alto. Bacchetta alla mano, ma fronte corrucciata, Potter sembra incerto su come agire. Draco li farebbe fuori tutti e due, così come torturerebbe a morte chiunque ha avuto la malsana idea di portare quegli esseri fin lì. Fortunatamente non ha bisogno di sbraitare alla ricerca del colpevole, questi si materializza appena dietro di loro. Un mezzo gigante alto più di due metri, capelli e barba arruffati, una cravattona gialla a pois lilla che spicca su un completo di velluto marrone, e un’espressione contrita in volto. Rubeus Hagrid li fissa, mani sul pancione e occhi bagnati di lacrime.
«Scusate» dice, abbassando lo sguardo sino a terra. Schiopodi Sparacoda a una festa di fidanzamento? Non è neppure necessario che aggiunga altro, l’ovvietà di quanto successo lo colpisce al pari di uno schiaffo. Quell’idiota vuole attentare al suo sistema nervoso, questo è ovvio, pensa intanto che i due animali seguitano a darsi battaglia. Ciò che non sa è che è soltanto l’inizio.




 

Continua




 

Nota: Un grazie a Sonia (MissAdler) per avermi aiutata a capire tantissime cose di questo primo capitolo. Come ho detto questa storia è una continuazione delle due già citate nelle note introduttive, tuttavia mi sento di aggiungere che, a differenza delle prime due storie, questa sarà meno marcatamente demenziale. Ci saranno ovviamente dei momenti comici, ma altri più votati all’angst.

Grazie a chiunque sia arrivato a leggere fino qui.
Koa

 

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Capitolo 2
*** La principessa sul pisello ***


La principessa sul pisello



 

Draco non è sicuro di quando la palpebra dell’occhio sinistro abbia iniziato a muoversi da sola. Probabilmente è successo da qualche parte tra: “Scusate” ed “Era un regalo”, ma fatto sta che questa si muove di propria volontà, agitata dal nervosismo. Sa che vorrebbe gridare, eppure tace. Dovrebbe proprio usare tutta la forza magica che possiede per schiantare quell’idiota di un mezzo gigante che ha osato rovinare la sua festa di fidanzamento, ma non fa neppure questo. Forse a quello straccione di Potter non importerà, anzi a giudicare dalla sua espressione serena è piuttosto probabile che sia contento che tutto sia finito, perché a lui non piacciono le feste eleganti. Draco invece le adora. Ama dare sfoggio di sé, far vedere quant’è felice a ogni stronzo del mondo magico che negli ultimi anni gli ha augurato una morte lenta e dolorosa. E ce ne sono stati davvero molti, più o meno erano gli stessi che questa sera bevevano il suo Champagne e sorridevano, falsi come l’oro dei Leprecauni. È per questo, e anche per molto altro, che Draco è arrabbiato. Questo fidanzamento oltre a festeggiare un evento importante della sua vita privata, avrebbe dovuto essere l’inizio del suo personalissimo riscatto. Ed è andato tutto in fumo per colpa di Rubeus Hagrid e dei suoi dannatissimi bestioni. A trattenerlo dal lanciargli contro un incantesimo c’è la consapevolezza di non voler ferire l’uomo che ama. Harry vuol bene a quell’idiota fissato con strani animali, chissà poi per quale ragione. Draco se lo è chiesto spesso. Da quando ci sta insieme se lo domanda ogni volta che Potter lo va a trovare, Hagrid abita ancora nel “Capanno di caccia” (nome elegante per baracca puzzolente) a Hogwarts. Ogni volta torna a casa con gli occhi traboccanti di stupida felicità e gli racconta ogni novità, come se a lui importasse qualcosa delle beghe dei ragni giganti della Foresta Proibita. In effetti, Hagrid ha rivelato a Harry di essere un mago, aprendogli le porte a un mondo incredibile e portandolo via a una famiglia di zii che lo facevano dormire in un sottoscala pieno di ragnatele e lo trattavano peggio di un elfo domestico. Dev’essere per questo che gli vuole bene, si dice stringendo con ancora maggior forza la bacchetta, intanto che la palpebra prende a tremare. O magari non c’è una vera ragione, è così e basta. Lui ancora vuol bene a suo padre, in un certo modo. Quindi non strepita più del necessario, ma l’occhio sinistro inizia ad aprire a chiudersi, totalmente fuori controllo. Gli tremano anche le mani, ma per quelle basta stringere i pugni. Come al solito, Harry nota il suo nervosismo. Tenta anche di mediare: «Sono sicuro che Hagrid aveva…» dice, ma Draco lo zittisce con un’occhiataccia. Non vuole sentire scuse, non gliene frega niente. Non esiste spiegazione a una cosa del genere.
«Non aggiungere altro, Potter» sibila, furioso. Torna a guardare le due enormi bestie che seguitano a darsi battaglia oltre la barriera magica e si chiede come faranno a mandarle via. Stanno distruggendo la villa e non che questo gli interessi più di tanto. Che odia quella casa lo ha già detto?
«Ma Hagrid, come ti è venuto in mente di portarli qui?» domanda la Granger. Draco le è grato, ha la lucidità necessaria per fare quella domanda che a lui davvero non viene di porre. Sa che, se dovesse aprire la bocca, si metterebbe a gridare ed è meglio per il suo stesso matrimonio se non dice niente. Un po’ come le volte in cui Harry abbozza davanti al gelo di suo padre. Immagina che sia una sorta di tacito compromesso che hanno accettato quando hanno deciso di mettersi insieme. Potter sopporta i suoi genitori e Draco la quasi famiglia del suo fidanzato. Una grande famiglia, davvero numerosa. Sembra che tutti i suoi amici si siano elevati a mezzi fratelli e quasi genitori, come gli Weasley per esempio. Loro, per quanto in passato li abbia sinceramente detestati, sono innocui se paragonati a Rubeus Hagrid. Il massimo che può fare Molly Weasley è rimpinzarlo di torta di zucca fino a farlo scoppiare, ma non è davvero un dramma.
«Era un regalo» dice il mezzogigante con voce sottile e fare impacciato. Guarda a terra e sembra agitato, Draco pensa che faccia bene a essere nervoso. Sta giusto pensando alla miglior vendetta da mettere in atto quando lo sente parlare di nuovo: «Per Harry e per Malfoy. Non succede mica tutti i giorni che un uomo si sposa.» Oh, ma certo, pensa puntando tutto sul sarcasmo. È proprio vero quello che ha detto alla signora Figg, per lui è una sorta di reazione ai drammi della vita. In questo caso si morde le labbra a sangue pur di non sputare veleno. Un regalo, giusto. Beh, è normale no? Perché accidenti non ci ha pensato subito, d’altra parte chi non regalerebbe due Schiopodi Spara-qualcosa a due giovani fidanzati? Tutti i futuri mariti vorrebbero quegli Schiopodi Spara-qualcosa in casa. E lui che pensava di comprare un gatto… Che idiota!
«E dove diavolo pensi che li avremmo messi, eh?» sbotta Draco, furioso. Non ce la fa davvero più, deve almeno esprimere il proprio disappunto, questo o lo schianta per davvero. «Sul balcone?»
«Oh, ma Oreste e Filiberto sono due bravi Schiopodi. Stanno solo facendo i capricci, è un posto nuovo con tanta gente che non conoscono. Sono un po’ nervosetti.»

«Oreste e Filiberto?» ripete Ron, con tono interrogativo ed è chiaramente perplesso così come tutti loro. «Hagrid, hai chiamato quei cosi Oreste e Filiberto?» La palpebra dell’occhio sinistro di Draco inizia pericolosamente a vacillare e il suo corpo sussulta quando sente una mano di Harry posarsi sulla spalla. Gli viene quasi voglia di urlare e di dirgli di non toccarlo. Sono questi i momenti in cui la vita e le persone gli danno proprio fastidio. Ha la tentazione di dirgli che non ha nessuna intenzione di toccarlo almeno per un mese, quando inizia a ripetersi che tutto quello non può essere reale. Non è proprio possibile.
«Mi state facendo uno scherzo, vero?» domanda Draco a quel punto, inizia a guardarsi attorno come se si aspettasse di vedere Pansy sbucare dal nulla e gridare un: “Ci sei cascato!”
«Veramente…» si azzarda la Granger.
«Dai, Potter, ho capito» annuisce, quasi ridendo. C’è della malcelata disperazione nel suo divertimento forzato. «È la tua vendetta perché negli ultimi mesi sono stato intrattabile. Me la stai facendo pagare per questo, va bene. Ora mi faccio una bella risata, anzi ci facciamo tutti una bella risata e poi torniamo alla nostra festa.» E allora ride, in maniera sguaiata, quasi drammatica e di chi sa, in fondo, che non è affatto uno scherzo. C’è del tragicomico nel modo in cui implora il suo spettinato fidanzato di dirgli che si stanno prendendo gioco di lui. Naturalmente non lo fa.
«Malfoy»  tenta, ma Draco lo interrompe subito.
«Potter, sul serio, ora basta con questa buffonata.»
«Malfoy, questo non è uno scherzo» insiste Harry quasi funereo in volto. Riporta lo sguardo sulle due grandi bestie che ancora si danno battaglia nel salone d’ingresso. «Hagrid ha davvero portato due Schiopodi Sparacoda alla nostra festa.»

 


Draco vorrebbe saper svenire a comando. Sarebbe comodo in effetti. Sviene, dorme per un po’ e quando si risveglia è tutto finito. Ma il suo corpo lo tradisce e invece che cadere a terra rimane immobile. La palpebra ancora sfarfalla, le dita stringono con forza la bacchetta di Biancospino che un giorno di tanti anni prima ha comprato da Olivander. Davanti a sé percepisce ancora il grande potere della barriera magica che hanno innalzato, odora come di fiori, ma forse è la sua mente che vacilla e scambia il profumo della Granger per magia. Draco indietreggia sino a impattare contro la parete, la porta che dà sul salone delle feste di villa Malfoy è ancora spalancata, ma gli ospiti per la maggior parte se ne sono andati. Ci sono ancora i suoi genitori, da qualche parte tra camerieri e musicisti, ma Draco non ci bada. È spaventato. Odia qualsiasi animale che superi i venti centimetri di altezza e anche gli altri non è che gli piacciano. Tollera i gufi perché sono utili. Apprezza i cavalli perché da bambino faceva lezioni di equitazione e quella volta che a scuola hanno studiato gli unicorni ha ammesso che sono bellissimi. Ecco forse Draco ama i gatti: sono intelligenti, non sporcano e soprattutto sono indipendenti. Ma tutto il resto no. Tutto il resto lo detesta. Soprattutto se ha chele, spuntoni velenosi o se è gigante, peloso e orribile. E non parliamo dei furetti, quelli sono tabù in ogni conversazione fin dal quarto anno a Hogwarts. Draco potrebbe uccidere solo a sentire qualcuno che dice: “Che belli i furetti”. Quindi indietreggia, terrorizzato. Agita la bacchetta in direzione di Potter come a volerlo invitare a sbrigarsi e a liberarsi degli Schiopodi.
«Forza» gli dice «fai l’eroe.» Lui alza un sopracciglio, sgrana gli occhi verdi e lo fissa da dietro le lenti tonde che porta. Forse lo giudica pure, non ama essere definito un eroe perché ovviamente è anche modesto. Tutto l’opposto di come credeva che fosse quando andavano a scuola e si odiavano. Anche adesso, Harry parla e agisce come se non sapesse che finirà per risolvere la situazione con i suoi due migliori amici. Non che questo atteggiamento da Santo non lo renda sexy. Draco nota ora che ha slacciato il cravattino e aperto i bottoni della giacca, le sue guance sono colorate di rosso, ma immagina che più che imbarazzo, quello sia tutto l’alcol che ha bevuto.
«Io non sono…» prova a dire, ma il suo mordersi le labbra frena il suo discorso.
«Tu sei l’eroe, io la principessa in difficoltà. Non è così che funzionano le favole babbane?» chiede, ricordando di quella volta in cui la Granger gli ha raccontato di una certa Rapequalcosa. «Salvami, su» insiste. «Ogni eroe che si rispetti salva una principessa.» Draco non sa da dove gli esca una frase del genere, ma già che tutto il Surrey ormai lo crede una donna, tanto vale svolgere il ruolo della principessa in quella tragicommedia che è diventata la sua vita. Almeno verrà servito, riverito, possibilmente idolatrato e, perché no, anche salvato da due mostri da un eroe senza macchia e senza paura, che è pure figo.
«Che schifo» sente dire a Ron, intanto che arriccia le labbra con disgusto come se avesse appena annusato un cattivo odore. «È tipo un vostro gioco che fate a letto? L’eroe e la principessa? Se è così non ne voglio sapere niente.»
«Ti giuro, lo ignoravo pure io» si difende Potter, alzando le mani in segno di resa e facendo spallucce. «Ma la principessa sul pisello, qui» dice indicando proprio lui con un cenno del pollice «ha ragione! Dobbiamo fare qualcosa per allontanarli da qui. Idee?» Draco non sa che “La principessa sul pisello” è una favola babbana. Quando lo scorso Natale la Granger gli ha parlato di quella certa Raperonzolo non ha nominato piselli, ma solo una lunga treccia e un tizio che si arrampica su per una torre grazie a essa. Se c’erano di mezzo anche i piselli, lui davvero non lo sapeva. Nessuno gliel’ha mai detto. Draco ricorda ancora bene ogni particolare, perché tuttora non può credere che i babbani si raccontino simili sciocchezze. Ma delle fiabe di quei senza magia non sa un accidenti di niente. Narcissa, oltre a non avergli mai letto una favola in vita sua, di certo non gli ha mai regalato un libro babbano. Ha ricevuto “Le fiabe di Beda il Bardo” quando è stato abbastanza grande da poter leggere da solo, e questo è quanto. E quindi Draco non capisce, arrossisce sulle guance e si sente vagamente un cretino. Non è un riferimento a… Nel senso, non c’entra il… Giusto? Vede Weasley ghignare sfacciatamente, come se si divertisse del suo essere in difficoltà. Stronzo!
«La “Principessa sul pisello” è una favola babbana, Ronald» lo sgrida subito Hermione, severa. «Parla di una ragazza che deve dimostrare di essere una vera principessa, dormendo sopra a una pila di materassi tra i quali è stato posizionato un piccolo pisello verde. Se la ragazza prova fastidio e non riesce a dormire, dimostrerà di essere una vera principessa. Come vedi non c’è niente da ridere e comunque abbiamo cose più importanti a cui pensare in questo momento» dice, indicando i due Schiopodi. Avanti di quel passo finiranno con il radere al suolo l’intero Maniero, non che questo sia un peccato a suo modo di vedere. Forse dovrebbe farli continuare.
«A proposito» continua la Granger e sembra anche piuttosto irritata «se qualcuno ha idee questo è il momento di tirarle fuori, perché io non ne ho nessuna.»  
«Non guardare me, Hermione» piagnucola Ron. «A “Cura delle creature magiche” ho avuto voti alti solo quando avevamo Hagrid come professore. Di questi cosi ricordo solo che erano peggio dei Vermicoli. Ora però mi pento di non aver prestato attenzione.»
«Come voi tre abbiate salvato il mondo rimane un mistero» interviene Draco, con stizza. Delle volte si immagina Harry in giro per la Gran Bretagna in cerca degli Horcrux di Voldemort e se lo figura un po’ come un eroe dei romanzi d’appendice. Poi però succedono cose come quella, tipo degli Schiopodi Sparacoda che fanno irruzione alla sua festa di fidanzamento e si ricrede. Sì, è proprio un miracolo che siano sopravvissuti tutti.
«Cosa ne dite di schiantarli?» suggerisce poi.
«No!» urla Hagrid alle loro spalle, facendosi avanti con la sua mole imponente. Draco deglutisce, dannazione lui e la sua paura verso qualsiasi cosa sia più alta di un metro e novanta! Sì, è vero che ufficialmente gli hanno ridato la bacchetta dopo che il ministero ha ammesso che ad aprire la camera dei segreti era stato Tom Riddle, ma Draco ha più il timore di un suo pugno che del modo in cui usa gli incantesimi di attacco.
«Ce li riporto io dalla loro famiglia, ma per favore non fate del male a Oreste e Filiberto.»
«Ma…» tenta Ron, che però subito si interrompe. Il gigantone ha iniziato a piangere e vederlo singhiozzare disperato è troppo anche per Weasley, che infatti non ha più niente da dire. Draco non ha più neanche voglia di vivere a essere onesti.
«Ehm, va bene» borbotta Harry, imbarazzato ed sicuro che ci abbia perlomeno pensato a far fuori quei cosi. Diamine è un Auror, no? Ha schiantato gente per molto meno che due bestioni in una casa. Eppure non dice niente, non avanza nemmeno l’ipotesi di fare una cosa del genere. Solo sta zitto, quasi gli pare di sentire gli ingranaggi arrugginiti del suo stupido cervello muoversi in cerca di una soluzione.
«Che ne dite di usare l’incantesimo della pastoia, non era la tua specialità quella, Malfoy? » prova Weasley e Draco ora vorrebbe schiantare lui. Ma si può essere più scemi?  
«Per Merlino che idiota!» borbotta tra sé, affondando il viso nel palmo della mano.
«Se blocchiamo loro le zampe si spaventerebbero senz’altro e finirebbero con lo sparare dalla coda, è una pessima, pessima idea» osserva Hermione.
«Ma sul serio abbiamo frequentato la stessa scuola, Weasley?» lo istiga un Draco particolarmente pungente. «Perché quando dici queste cose penso proprio di no.»
«D’accordo, facciamola finita» interviene Harry, spiccio. «Li pietrifichiamo e poi, intanto che l’incantesimo li immobilizza, usiamo la smaterializzazione congiunta e li portiamo… dove vuoi che andiamo, Hagrid?» domanda infine, rivolto direttamente a lui.
«A casa» singhiozza il mezzogigante «Hogwarts.»
«Harry, ti devo forse ricordare cosa potrebbe succedere se qualcosa va storto nella smaterializzazione? Sono pur sempre degli Schiopodi» fa notare Hermione e, di nuovo, Draco la ringrazia perché ha pensato alla stessa identica cosa. «E inoltre non ci si può…»
«Materializzare nei confini di Hogwarts» dicono Ron ed Harry parlando all’unisono, come se ripetessero un copione che conoscono a memoria.
«Lo sappiamo, per questo penso sia meglio portarli nella Foresta Proibita» ribatte prontamente Potter. «Appena fuori dai confini, ma lontani dal villaggio. Non possiamo apparire a Hogsmeade con questi due cosi, quindi direi appena fuori dai cancelli. Va bene o qualcuno ha delle obiezioni?» Il silenzio parla da sé, Draco annuisce e si stringe meglio nella giacca del completo elegante che indossa. Solo ora si rende conto che l’aria gelida entra dalle finestre rotte, ha freddo e vuole andare a casa e stendersi a letto al caldo, magari dopo aver bevuto una tazza di tè.
«Io vado a controllare che i miei abbiano ancora i nervi al loro posto e poi vado, ci vediamo a casa?» Potter annuisce velocemente, Draco lo vede che sta già per abbassare la barriera magica quando all’ultimo cambia idea e viene in sua direzione. Lo bacia sulle labbra, come a volerlo salutare per bene, «La festa era bellissima e mi dispiace sia finita così» dice, prima di baciarlo di nuovo.
«Grazie, Potter, il parere di uno straccione malvestito con nessun senso della moda, cresciuto in un sottoscala, è fondamentale per la mia autostima.» Harry non si arrabbia mai quando gli dice quelle cose. Sono niente più di schermaglie amorose, quel modo strano di flirtare che nessuno davvero capisce. Ricorda loro chi sono stati un tempo e chi sono ora, diversi anche per merito del sentimento che li unisce ed è sempre confortante il rendersi conto che l’uomo con cui stai ancora ha voglia di litigare con te. E quindi Harry ribatte con un’occhiataccia. Dice: “Straccione tua sorella”, ma Draco lo sente che il suo abbraccio si fa più stretto. Non si arrabbia, ma ride. Non in modo sguaiato, è una risatina che sbuffa dal naso.
«Ci vediamo a casa, principessa» mormora di modo che possa sentirlo solo lui, prima di andarsene facendo l’occhiolino. Il fatto che Draco sia arrossito sulle guance nessuno lo verrà mai a sapere. Così come rimarrà un segreto il suo sentirsi internamente compiaciuto. Ciononostante, quella faccenda della principessa non promette niente di buono. Potter è così idiota che potrebbe chiamarlo in quel modo per il resto delle loro vite solo per dargli fastidio.


 

Si defila dall’atrio giusto in tempo, un istante più tardi Harry e i suoi amici hanno abbattuto la barriera magica che li protegge dagli Schiopodi Sparacoda. Con un colpo di bacchetta, Draco chiude le porte della sala delle feste perché non vuole che uno di quei cosi arrivi anche lì. Si guarda attorno alla ricerca di sua madre o al massimo di suo padre, anche se non ha voglia di parlarci, ma non vede nessuno: il salone è vuoto e quasi tira un sospiro di sollievo. I musicisti se ne sono andati, i camerieri si sono eclissati senza finire il lavoro perché a terra è pieno di bicchieri rotti, stoviglie e avanzi di cibo. Sua madre avrà di che lamentarsi riguardo l’inefficienza della servitù, constatando per l’ennesima volta che era molto meglio usare gli elfi domestici che dei camerieri. Una delle discussioni che ha tenuto banco tra loro negli ultimi giorni è proprio questa. È stato Draco a non volerli a servire agli ospiti, la Granger ha fondato quella sua associazione in difesa dei diritti degli Elfi Domestici, C.R.E.P.A. gli pare si chiami e anche quello scemo di Potter è sensibile all’argomento, quindi ha preferito evitare di scatenare un sindacato così agguerrito. Alla sua festa di fidanzamento non voleva problemi, beh, ma forse è ridicolo pensarci adesso.
«Ah, sei qui.» La voce di Narcissa lo fa sobbalzare. Entra da una porticina che sta sul fondo della sala e che la collega alla cucina. Dev’essere andata a chiamare gli Elfi perché, un istante più tardi, uno di quelli che gestisce il Maniero spunta da dietro la porta, iniziando a schioccare le sue piccole dita grazie alle quali aggiusta i bicchieri e pulisce il pavimento.
«Potter ha sistemato il problema?» chiede sua madre spiccia. A Draco non passa inosservato il suo averlo chiamato per cognome, fa ancora così. Non dice il suo nome e lo fa per mantenere una certa distanza tra di loro, Harry d’altro canto fa lo stesso quindi nessuno se ne lamenta.
«Sì, porteranno gli Schiopodi nella Foresta Proibita, a Hogwarts e gli Elfi sistemeranno le tue vetrate. Quindi alla fine ne siamo usciti tutti indenni e senza alcun problema» dice, sorridendo apertamente come se non fosse fortemente provato da quello che è successo. Ma se ci sono persone a cui non vuole mai più mostrare le proprie debolezze quelli sono i suoi genitori. Quindi mantiene i nervi saldi e modi spicci e fa per andarsene, perché ancora ha male ai piedi e vuole sempre stendersi su un letto. Il suo sperare di potersene andare senza affrontarla potrebbe benissimo essere considerato infantile, in effetti è un po’ da stupidi. Perché nell’esatto istante in cui solleva il viso e incontra gli occhi di Narcissa, capisce che lei non ha alcuna intenzione di farlo andare via. Se anche lo facesse, lo tormenterebbe con il suo silenzio e solo Merlino sa se non hanno taciuto abbastanza in quella famiglia.

 

Draco ha un fremito quando sua madre si fa avanti di qualche passo in sua direzione. Il suo è quasi un brivido che corre lungo la spina dorsale, a cui segue una sensazione di fastidio simile alla nausea. Conosce Narcissa molto bene, di lei ha imparato a decifrarne ogni sguardo. Intuisce quando è arrabbiata o delusa, perché sono le sensazioni che ha visto spesso in lei di recente. In quel momento, Narcissa Black lo guarda con un ammonimento glaciale, che quasi lo fa sentire in colpa. Anche se non ha fatto niente di male, ma quella in effetti è la sua specialità. Sa che non approva la sua relazione con Harry Potter, nonostante l’aiuto che gli ha dato e il suo non aver obiettato, preferirebbe di gran lunga vederlo sposare Pansy.
«Draco» inizia, ma lui già sa dove vuole andare a parare. Un amico del suo futuro marito ha quasi distrutto la villa dei Malfoy, l’onore della famiglia, eccetera, eccetera… Conosce la tiritera a memoria, gli pare quasi di sentirla e quindi, seccamente, la ferma: «No!» dice. Il tono di voce secco, asciutto così come i modi, oltre che la determinazione nel ribattere a un genitore è ben lontano da ciò che gli è stato insegnato. Draco non ha mai replicato in quel modo a un superiore, tantomeno a sua madre, non ha neanche mai contravvenuto a una regola in vita sua. Forse è ciò che Harry gli ha insegnato molto più che ad accettare se stesso. Quasi sorride, in effetti non si è mai sentito così libero come lo è in questo momento.
«Voglio solo sapere se sposare Potter è quello che vuoi davvero» dice Narcissa, andando diretta al punto. Non fa giri di parole, in questo è come lui. La diplomazia l’ha sempre lasciata a Lucius, lei è molto più diretta e spiccia e a lui non risparmia niente. Non l’ha mai fatto, perché dovrebbe ora? Quella domanda, nonostante tutto, se l’aspettava. Che arrivi ora, il giorno del loro fidanzamento ufficiale, fa ancora più male perché sa che quell’appunto nasce da un banale incidente.
«Per quale motivo non dovrei volerlo? Forse perché non è una donna?»
«Andiamo» tenta sua madre, scomponendo il rigore stoico che la contraddistingue per quella che, in fin dei conti, è meno di una frazione di secondo. Quel suo perdere il controllo così sfacciato, se possibile, lo fa arrabbiare ancora di più. Draco è abituato alla freddezza dei suoi genitori, lo è meno al tipo di rabbia che ora Narcissa sfoggia tanto sfacciatamente. Quella che pare volergli ricordare che, nonostante tutto, è una delusione anche per lei.
«Andiamo cosa, madre? Non dirmi che non è questo il problema. Credi che non sappia che se avete offerto il Maniero per la festa è solo perché Harry è il mago più famoso del mondo? Cos’avrebbe detto la stampa di voi se non vi foste nemmeno presentati al fidanzamento del vostro unico figlio maschio? Per questo mi hai aiutato fino adesso, solo per farti pubblicità.»
«Adesso sei ingiusto» replica lei «io ti voglio bene e lo sai. Durante la guerra ho cercato in tutti i modi di proteggere questa famiglia dal disastro in cui tuo padre ci aveva trascinati, ho protetto Potter, mentendo al signore oscuro e l’ho fatto per te, per tutti quanti noi.»
«Lo so, madre.» Ed è sincero, ma che le azioni di Narcissa all’epoca furono del tutto disinteressate non ci metterebbe la mano sul fuoco. Se ha aiutato Harry è stato soprattutto per far finire un incubo che aveva trascinato dentro anche molti Mangiamorte. Però non per nobiltà, di questo ne è convinto. Così come non c’è proprio niente di generoso in ciò che sta facendo adesso.
«Probabilmente se non fosse stato per te le cose sarebbero finite molto peggio per tutti noi. Ma sebbene questa singola azione non sia niente se paragonata a tutto il resto, io non ti giudico dato che non mi sono comportato in modo molto diverso da te.» Non lo fa davvero, anzi non l’ha mai fatto perché colpevolizzare i suoi genitori sarebbe stato come assolvere se stesso da atti che, con Voldemort, avevano poco o niente a che fare. Quando bullizzava Neville con l’incantesimo della pastoia o prendeva in giro la Granger, in quei casi il signore oscuro non c’entrava niente.
«A differenza vostra però io ho fatto ammenda e sono andato avanti, voi non avete ancora dimostrato di essere cambiati né a me né a Harry. E organizzare una festa di fidanzamento non vuol dire niente.» Ancora non li giudica, non lo fa davvero, ma un accenno di rimprovero trapela dai toni altrimenti pacati della sua voce. Si infervora quel tanto da scomporre la pettinatura perfetta, ma è tutto ciò che lascia intravvedere di sé.
«Ho solo approfittato della situazione per riportare in auge il nostro nome, non ci vedo niente di male» dice lei, infervorata come mai l’ha sentita. Non c’è niente di male, dice. Certo, ovvio. Perché spera che siano cambiati? Ha ragione Arthur Weasley quando dice che è un illuso.
«Approfittato della situazione» ripete, senza dare particolari inflessioni alla voce, ma soppesando le parole una a una. Per quanto possa rigirare la frase o scomporla e ricomporla, il significato è comunque quello.
«Dovrei arrabbiarmi, madre, ma è stata una lunga serata e io sono stanco. Però per il futuro o riuscite ad accettare chi sono e chi voglio sposare, oppure la smettete di giocare alla famigliola felice.» Draco tiene ancora in mano la bacchetta e la stringe, conficcandosi le unghie nel palmo. Fa per agitarla e smaterializzarsi, ma prima che reciti l’incantesimo dentro la sua mente e che figuri il salotto di casa davanti agli occhi, Narcissa lo ferma. Lo fa, inaspettatamente, posando una mano sopra al suo braccio. Draco non ricorda l’ultima volta che sua madre lo ha toccato in quel modo, tanto più che ora sembra addirittura disperata. E se non è abituato alla rabbia, lo è ancora meno a una cosa come quella.
«Voglio solo chiederti se sei sicuro che tu ed Harry Potter siate destinati a stare insieme.»
«Che intendi con: “Destinati”?» indaga, anche se non dovrebbe. Dovrebbe invece andarsene e basta, ma non lo fa. Forse è lì che sbaglia e magari sua madre quando parla di destini non ha tutti i torti. In futuro si renderà conto che i mesi a venire sarebbero stati molto diversi se si fosse smaterializzato prima di sentire le parole di Narcissa. Il suo restare potrebbe essere anche visto come un segno del destino.
«Due mostri che irrompono a una festa di fidanzamento sono un cattivo presagio, Draco e non puoi ignorarlo. Ti ho aiutato in questi mesi e non mi sono opposta alla tua decisione, anche se avevo dei dubbi. Una sensazione di… di qualcosa di sbagliato. Però questa sera tutto quello che temevo si è concretizzato. Sto solo cercando di risparmiarti un dolore: tu e Potter siete molto diversi e avete un passato che non sta bene insieme. Anche se hai fatto ammenda per i tuoi errori, come tu dici, rimanete comunque due persone diverse. Forse questo è un modo in cui il destino cerca di farti capire che non dovete sposarvi. So che credi di amarlo, però… Ti stai solo ribellando a me e a tuo padre. Fra cinque anni quando questa fase sarà passata, ti ritroverai sposato a un uomo che ti ricorderà per sempre che sei stato un Mangiamorte. Quanto durerà la tua ribellione, te lo sei mai chiesto?»
«Non lo so, madre, da quanto tempo dura quella di zia Andromeda?» Ecco, è allora che qualcosa si incrina nel loro rapporto. Draco sente come una frattura aprirsi fra lui e sua madre, è quasi un dolore fisico che gli trapassa il petto. Tutta a d’un tratto, Narcissa ha fatto cadere la sua maschera di indifferenza e finta gentilezza che portava e ora gli appare per la persona che è, ovvero una che non crede in lui. Il suo amore materno, il suo fare di tutto per tenere insieme la famiglia sembra lontano anni luce. O forse, riflette subito, è ancora lì, saldamente ancorato ai principi e alle convinzioni di un tempo. Lei non si è mai mossa dall’epoca in cui Voldemort era ancora in vita, tantomeno lo ha fatto suo padre. Mentre lui è andato così avanti, che quasi fatica a credersi figlio loro. E non può pensare che ora lei gli parli di destino.

 

Ci sono tante cose che Narcissa Black Malfoy non sa. Tanto per cominciare non ha idea di quale sia davvero il suo rapporto con Harry Potter, ma questo praticamente nessuno lo sa. Forse non lo capiscono nemmeno Ron ed Hermione, che comunque sono i migliori amici del suo fidanzato. Narcissa non sa neppure per davvero cos’ha passato dopo la guerra, la vergogna provata dopo la redenzione è stata devastante, ma nemmeno si rende conto di quanto sia cambiato negli ultimi anni. Tanto meno sa che una volta a settimana va a trovare zia Andromeda. Non sa che gioca con il piccolo Teddy, il figlio di Ninfadora e del professor Lupin e che ogni tanto quasi invidia il suo essere orfano. Farebbe volentieri a cambio con lui, almeno un bambino sarebbe felice con i suoi genitori e Draco sarebbe libero dai propri. La sola volta in cui lo ha detto se n’è profondamente vergognato. Persino Potter quella sera ha avuto pietà di lui e in risposta alla pena che gli ha visto negli occhi, si è anche arrabbiato. Non tollera proprio la pietà. Quel giorno, infatti, Draco lo ha schiantato. Ma Narcissa non sa niente di niente, non parla con sua sorella da prima che fuggisse e neppure le ha fatto le condoglianze per aver perso il marito e la figlia. Tantomeno può immaginare che il suo unico figlio la frequenta. Lo scopre in quel momento e allora vacilla, barcollando all’indietro.
«Tu… Non…»
«Addio, madre» dice solo questo, perché non ha altro da aggiungere. Lei non sa, non sa niente e tanto meno quello che prova per Harry Potter, che con la ribellione non c’entra proprio nulla. E allora si punta addosso la bacchetta e si smaterializza. Casa sua gli appare nitida davanti agli occhi, che subito chiude inspirando lentamente e andando alla ricerca di una calma che non arriva. Ha la sensazione che villa Malfoy gli sia rimasta appiccicata addosso e fa fatica a scrollarsi via dalla mente il dialogo appena avvenuto con sua madre o l’indifferenza gelida di suo padre. Ha l’orribile sensazione che, volente o meno, un tarlo gli si sia insinuato dentro al cervello e già stia scavando nelle sue insicurezze. Eppure non se ne rende conto. Ora sono lontani, si ripete come fosse una preghiera, ed è la sola cosa che conta. Sbatte le ciglia, una e poi anche due volte e inspira l’aria di casa. La scopre calda e accogliente, c’è odore di tè alla cannella. Il suo preferito. Il caminetto del soggiorno è acceso, lo sbatacchiare delle stoviglie e degli armadietti in cucina gli fa capire che Harry è già tornato. Ha fatto presto, pensa, facendo capolino sull’uscio e appoggiandosi contro lo stipite della porta. Lo trova in pigiama, che traffica con la teiera. Se ne sta voltato in direzione dei fornelli, sembra assurdamente concentrato. Più volte in passato ha avuto la sensazione che vedesse anche alle proprie spalle, probabilmente gli Auror hanno i sensi più sviluppati dei comuni mortali o così si convince Draco, quando Potter gli parla senza neppure voltarsi a guardarlo.
«Ce ne hai messo, principessa» dice, scherzando, ma non troppo. Questa cosa della principessa sta decisamente sfuggendogli di mano, ma se lo rimprovera lo fa a malapena con un’occhiataccia, che pure gli riesce male. Quando si volta ha due tazze fumanti strette tra le dita, già sapeva che ne avrebbe avuto bisogno pensa abbozzando un sorriso tra le guance appena un poco rosate. Non si noterebbe nemmeno, se non fosse così costantemente pallido. Harry sapeva che avrebbe avuto bisogno di una tazza di tè, lo ha preparato con la cannella e la scorza di arancia, i suoi sapori preferiti. E allora si dice che non importa ciò che crede sua madre, Draco sa e tanto basta. Harry è immancabilmente gentile, premuroso e ricorda ogni più stupido dettaglio di ciò che ama oppure odia. Forse è una delle poche persone che l’hanno ascoltato per davvero. E sì, forse gli ricorda chi è stato, sì. Ma mentre mamma e papà fingono che niente sia mai successo, Draco non vuole dimenticare. Il suo passato da Mangiamorte non sta solo in quel tatuaggio sul braccio ormai sbiadito, ma nel suo riuscire ad alzarsi dal letto ogni giorno per voler essere una persona migliore. Perché Harry Potter gli ricorda anche quanto è cambiato ed è questo ciò che conta alla fine. 


«Non mi piace quella faccia» dice lui da dietro i suoi occhiali tondi, dopo qualche attimo di silenzio. Posa entrambe le tazze sul tavolo, spingendone una in sua direzione prima di appoggiarsi ai pensili con le braccia conserte. «Chi dei due?» domanda poi. Non serve fare nomi, ha già capito, come capisce sempre tutto di lui.
«Mia madre» replica Draco, spiccio. Si leva la giacca, che posa sullo schienale della sedia, cosa che fa un istante più tardi anche con il cravattino nero. Quando finalmente si lascia cadere a peso morto sulla suddetta sedia, ha i bottoni della camicia slacciati e si è addirittura tolto le scarpe. Potter, dato che ha la maturità di un bambino di tre anni, ovviamente ne approfitta per prenderlo in giro: «Una principessa come te che si toglie le scarpe in cucina?» gli chiede, sarcastico. «Buon cielo, ma allora è vero che ti ho traviato! Avanti di questo passo che farai? Metterai i vecchi vestiti di Dudley?»
«Non sono così disperato, Potter, ho solo avuto un brutto finale di serata» ribatte, massaggiandosi la radice del naso con finta disperazione. Ha l’espressione che usa di solito quando è disgustato, ma dentro di sé sorride. Era quello che gli ci voleva e lo sanno tutti e due.
«Allora che ha detto?»
«Puoi indovinarlo! Stai per sposare Harry Potter, la tua è una fase di ribellione… Niente che non mi aspettassi. Tu, invece?»
«Tutto bene» facendo però subito ondeggiare la testa come se volesse correggersi, cosa che fa poco dopo: «Cioè, uno dei due Schiopodi per poco non fa saltare la testa di Ron, ma non si è fatto nulla. Da oggi in avanti temo non avrà più paura soltanto dei ragni» dice e ride, perché il suo amico che rischia di morire è divertente. Tzé, dannati Grifondoro. Pensa, sogghigna fra sé e poi bevono tè in silenzio. C’è Bingley appollaiato sopra al camino del soggiorno che di tanto in tanto bubola, forse per ricordar loro che c’è anche lui in quella casa. L’orologio che hanno appeso alla parete accanto alla dispensa indica entrambi come “Al sicuro”, glielo ha regalato la signora Weasley, l’anno scorso a Natale. Dice che quando stai con uno che lavora al ministero è meglio avere uno di quelli per sapere dove si trova. Draco si ritrova a ringraziarla e a maledirla al contempo ogni sera quando, alle dieci, la lancetta di Harry segna ancora su “In pericolo”. Il suo ticchettio quella notte è confortante, è quasi l’una del mattino e il suo tic toc risuona piano nella cucina. Nessuno di loro sembra aver voglia di parlare. C’è stato un tempo in cui ha avuto paura di silenzi come quello, c’erano troppe cose non dette e il peso di se stesso sulle spalle, ma ora è piacevole. Il tè è molto speziato, reso dolce dalla cannella e una goccia di miele. Potter ci ha messo anche dello zenzero, lo ama un po’ di più per averlo fatto.    

 

                                                                                 
                                                                                                                                                                                               

 

Bingley arriva con la posta del mattino alle otto precise, puntuale come sempre. Draco non vede il disappunto con cui quello stupido gufo fa cadere La Gazzetta del Profeta sul tavolo della cucina: è irritato perché nessuno è ancora sveglio e né lui né Harry gli hanno dato i suoi biscotti preferiti. Ore dopo, Harry troverà cacca di gufo sui fornelli, il modo di Bingley di reclamare vendetta nei loro confronti. Ma è domenica mattina e l’ultima cosa che vuole è occuparsi delle beghe emozionali di quello stupido uccellaccio. Dorme fino alle dieci e un quarto, a svegliarlo è il profumo del caffè che arriva dalla cucina. Trova l’altra metà del letto vuota e mugola di disappunto intanto che, a fatica, apre prima un occhio e poi l’altro. Il mal di testa lancinante gli fa presente che ha davvero bevuto troppo, in futuro sarà meglio darsi una regolata se il giorno dopo non vuole strisciare come un verme. In genere, appena sveglio Potter è distratto, gli ha visto fare cose innominabili solo perché senza occhiali, ma stamattina è stato abbastanza attento da non tirare le tende e far entrare troppa la luce. Ne arriva giusto uno spiraglio, che illumina il soffitto. A Draco è sufficiente quello per acquistare lucidità, sbadiglia sonoramente intanto che si mette a sedere. Il cuscino di Harry ancora caldo gli suggerisce che non si è alzato da molto quindi ha tutto il tempo per andare in bagno e poi raggiungerlo prima che serva la colazione. Quando lo fa trova un paio di tazze di caffè nero e fumante sopra al tavolo, assieme a un cestino di scones e a un vasetto di marmellata di ciliegie. Forse è uscito. O magari no, deduce poco dopo, notando il biglietto che Potter tiene in mano.
«Fammi indovinare» mormora Draco, stringendo il nodo della vestaglia mentre lo raggiunge e lo bacia su una guancia. «La signora Weasley pensava che ne avessimo bisogno?»
«Già» annuisce lui. «Senti qua: “Cari ragazzi, ho preparato qualche scones in più per colazione stamani. Pensavo potessero risollevarvi il morale dopo ieri sera. Quell’Hagrid delle volte vive proprio fuori dal mondo. Molly.» È un pensiero carino, si dice andando a prenderne uno e ficcandolo in bocca con la grazia di un troll di montagna. Probabilmente è vero che sta diventando un troglodita come Potter. Chissà cosa direbbe sua madre nel vederlo far colazione in cucina e ancora in vestaglia, al Maniero si fa colazione in sala da pranzo, vestiti di tutto punto. Qualsiasi altra alternativa sarebbe indecorosa. Comunque a Narcissa non sarebbe mai venuto in mente di consolare qualcuno con dei dolci, ma a lei non verrebbe in mente di consolare nessuno e basta. Molly Weasley invece ha fatto del cucinare una missione di vita, ha cresciuto in quel modo una nidiata di figli alti e magri e Draco non sa come questo sia possibile, considerato quanto buoni siano quegli scones.
«Vostra altezza ha fame stamattina, a quanto vedo» scherza Harry, notando il suo abbuffarsi. «Chissà se ne avrai ancora dopo che avrai letto la prima pagina della Gazzetta del Profeta.» A Draco quasi va di traverso un pezzo di dolce, è costretto ad afferrare al volo una delle tazze e mandar giù un sorso di caffè, che è bollente e gli scotta la lingua, quindi inizia pure a tossire. Ha quasi paura a chiedere di cosa stia parlando. Non lo fa perché in fondo lo sa, la stampa gli sta addosso da quando hanno annunciato la data del matrimonio e tutti i giorni gli inviano richieste per interviste o dichiarazioni ufficiali. Sapeva bene già ieri sera che quei dannati giornalisti avrebbero scritto qualcosa a riguardo, sebbene nessuno di loro sia stato invitato. Spera solo che non sia quella vipera maledetta della Skeeter, che è brava come pochi a rigirare la frittata. Potter comunque ha già letto l’articolo, lo vede dal suo sguardo che qualcosa lo turba. E poi la nota, la Gazzetta è aperta sulla prima pagina ed è appoggiata al ripiano della cucina. Funziona un po’ come ha funzionato il suo cervello con Narcissa, dopo la festa, non dovrebbe ma lo fa. Probabilmente sarebbe più saggio vivere nell’ignoranza, fare come ha fatto finora ovvero evitare la maggior parte della roba che hanno scritto i giornali su di loro da quando tutti sanno che stanno insieme. Ma Draco non è assennato neanche per sbaglio. Lentamente si avvicina al ripiano, allunga la mano quasi timoroso, è come se sapesse che là sopra sta scritta la sua condanna a morte. E poi… niente, e poi legge.



 

Disastro alla festa di fidanzamento 

di Harry Potter

 

di Rita Skeeter


 

Ieri sera si è tenuta, presso il Maniero dei Malfoy, la festa di fidanzamento dell’ex bambino prodigio e salvatore del mondo magico Harry Potter, ora Auror del Ministero della Magia e amico intimo di Kingsley Shacklebolt in persona. Come ricorderete, dato che questo giornale fin da subito si è occupato del più sensazionale Coming Out della storia della magia, Potter ha annunciato di avere una relazione sentimentale con l’ex Mangiamorte Draco Malfoy, con il quale convive in un lussuoso attico di Diagon Alley. Mentre il mondo attende trepidante la cerimonia di nozze che si terrà il 6 giugno dell’anno prossimo, i cui dettagli sono segretissimi, la felice coppia ha festeggiato ieri sera con un nutrito gruppo di amici il fidanzamento. Allo sfarzoso party sono intervenute le più alte cariche del Ministero, Il Primo Ministro e sua moglie, il capo Auror, il capo Ufficio per la cooperazione magica internazionale, oltre che moltissimi professori e celebri ex alunni di Hogwarts, a cui il nostro amato eroe è ancora legato da forti sentimenti d’amicizia. Tra calici di costosissimo Champagne e ottima musica, però, non tutto è andato come Potter e Malfoy si aspettavano. Qualcosa di orribile è stato scatenato a quella festa. Pare davvero che Harry Potter sia maledetto. dopo la tragica scomparsa dei suoi genitori per mano di Colui-Che-Non-Dev’essere-Nominato * e un’infanzia di orrori, sangue e morte, sembra non riesca a essere felice neppure adesso che quei tempi sono lontani.

 

Alcuni invitati, intervistati da Rita Skeeter per ‘La Gazzetta del profeta’, sono stati testimoni di un terribile evento che ha sconvolto la serata e spaventato gli illustri ospiti, che immediatamente sono fuggiti a gambe levate. Il Primo Ministro Shacklebolt è stato scortato via dal Capo Auror e da alcuni suoi collaboratori, mentre Harry Potter ancora una volta vestiva i panni dell’eroe. ‘È corso verso il pericolo senza battere ciglio’ ha rivelato un testimone oculare, il quale ha visto l’ex bambino prodigio affiancato dai suoi amici: Tom Weasley ed Hermione Gramger. Già, ma chi ha rovinato la festa al nostro tanto amato eroe?

 

Nonostante le imponenti difese messe in atto dagli Auror per garantire la sicurezza del Primo Ministro, pare infatti che il guardiacaccia di Hogwarts, Rubeus Hagrid, salito alle cronache ormai sessant’anni fa per essere stato ingiustamente accusato di aver aperto la Camera dei segreti, sguinzagliando un terribile Basilisco per i corridoi della nostra amata scuola, abbia portato con sé alla festa due Schiopodi Sparacoda. Gli animali, le cui dimensioni sfioravano i dieci metri, hanno devastato villa Malfoy, mettendo fine a quella che, fino ad allora, era stata una riuscitissima festa. Narcissa Malfoy, la futura suocera di Harry Potter, si è detta sconvolta dell’accaduto: ‘Sono sinceramente attonita e rammaricata da quanto successo e mi scuso con tutti gli invitati, soprattutto con il Ministro della Magia e con la sua gentile consorte, con la quale ero coinvolta in un’interessantissima conversazione poco prima del tragico avvenimento’. I due terribili mostri sono stati prontamente trasportati nella Foresta Proibita, a Hogwarts e la preside McGranitt, intervistata da Rita Skeeter, assicura che là non causeranno danni a nessuno e che Rubeus Hagrid si occuperà di loro nel miglior modo possibile. 

 

Il Ministero della Magia non sembra intenzionato ad aprire un'inchiesta sul tragico accaduto, sebbene il Capo Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche si stia interrogando sull’effettiva provenienza dei due Schiopodi Sparacoda e pare abbia già convocato Rubeus Hagrid nei suoi uffici. Tuttavia, voci di corridoio suggeriscono che il turbamento della padrona di casa, Narcissa Malfoy, non provenga unicamente dai due mostri che le hanno distrutto la casa. Un testimone oculare giura di averla pizzicata in un’intima conversazione con il figlio Draco, durante la quale sembrava proprio che la suddetta nutrisse forti dubbi circa la sua unione del figlio con l’ex bambino prodigio: ‘Non credo tu debba sposare Harry Potter dopo quello che è successo’ ha detto. ‘Ciò che è accaduto è un cattivo presagio, getta un’oscura maledizione sul tuo matrimonio’. 

 

Nulla per ora è stato dichiarato dal nostro tanto amato eroe, il signor Potter né dal suo fidanzato Draco Malfoy circa queste preoccupanti affermazioni. Quello che noi tutti ci chiediamo, però, è se questa festa non fosse un disastro annunciato in precedenza che il signor Potter e il signor Malfoy si sono rifiutati di vedere con i loro occhi innamorati. Come possiamo noi credere che questo matrimonio sarà solido, se persino Narcissa Malfoy esprime dei dubbi? Più di tutto, però, siamo sicuri che un ex Mangiamorte come Draco Malfoy, il cui marchio di Colui-Che-Non-Dev’essere-Nominato è ancora impresso sul braccio, sia degno di sposare chi ci ha salvati dal più oscuro mago del mondo? 


Rita Skeeter, per la 'Gazzetta del Profeta'



 

 

Continua




 

*Secondo le dichiarazioni della Rowling, dopo la guerra il tabù sul nome di Voldemort è caduto, tuttavia sono dell’idea che questo non sia un qualcosa di immediato né che in automatico tutto il mondo magico tornasse a pronunciare quel nome come se niente fosse, sarebbe poco verosimile. Mi immagino più un cambiamento lento e progressivo.

 

Note: Ringrazio di nuovo MissAdler, anche se lei dice che non dovrei, ma io devo. Perché oltre ad avermi aiutata a uscire dal baratro dov’ero caduta con la scrittura, mi anche aiutata a fare chiarezza con questo capitolo. Abbiamo parlato di Narcissa, di Harry e Draco, di un sacco di cose legate a questa storia e ora ho un’idea molto più nitida di cosa devo fare.

Questo è stato il secondo capitolo, vi preannuncio che ho ufficialmente mandato all’aria lo schemino che avevo fatto quindi i capitoli potrebbero essere più di sei (sicuramente meno di dieci, ma più di sei). Come notate c’è sempre un po’ di angst nell’aria, ma quello ve lo avevo già detto, però cercherò sempre di mantenere un’atmosfera leggera, nonostante Lucius e Narcissa rendano le cose molto difficili. Per chi se lo chiedesse, Lucius sarà più defilato in questa storia, ci sarà un confronto con Draco più avanti, ma per il momento i problemi che Harry e Draco dovranno affrontare saranno altri. Rita Skeeter sarà uno di quelli.

Intanto ringrazio tutte le persone che hanno letto fino a qui, a chi ha recensito soprattutto. Ma anche chi ha inserito la storia tra le seguite e le preferite.
Koa

 

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Capitolo 3
*** La maledizione di Georgina Dunn ***


La maledizione di Georgina Dunn





 

Draco non si riprende subito dall’articolo di Rita Skeeter. Non si riprende neanche dalla discussione con sua madre, che comunque non gli ha scritto né si è fatta vedere dalla sera della festa. Continua a sentirsi un po’ tradito da lei e sì, anche illuso. In passato non solo si è offerta di aiutarlo con i preparativi, ma anche per la scelta del vestito e quindi ha pensato che lo avesse finalmente accettato, che considerasse Harry come parte della famiglia. Invece non è così. Draco dà a tutti l’impressione di stare bene, ai colleghi, agli amici di Potter… A Weasley che stranamente non lo prende in giro, anche perché Rita Skeeter ha sbagliato a scrivere il nome suo e quello della Granger: «Siamo i migliori amici del loro favoloso eroe, possibile che nessuno in quel dannato giornale sappia scrivere i nostri nomi in modo corretto?» si lamenta una sera. Draco pensa ci sia un po’ della mentalità di Hermione in quel pensiero sputato con rabbia, però gli dà ragione. Anzi scommette che il solo motivo per cui non sbagliano il suo è per via del passato da Mangiamorte che ha alle spalle. Nessuno dimentica i nomi degli ex Mangiamorte, è una sorta di regola non scritta del mondo magico. A dire il vero non vuole realmente pensarci, né a quello né a tutte le persone che avranno letto quel dannato articolo. Non che la gente non glielo faccia costantemente presente. I suoi amici, per esempio, stentano a credere che la sua vita sia la bolla di felicità che ostenta. Incontra Zabini lunedì a pranzo, Draco gli dice: «Tutto bene!» ponendo l’accento su un punto esclamativo che quasi quasi sembra apparirgli sopra la testa da quanto forti appaiono le sue intenzioni. Ma Blaise lo fissa comunque con compatimento. Un paio di giorni più tardi, Pansy gli scocca un’occhiata consapevole quando lui le dice che non ha nessun problema e che Rita Skeeter esagera come suo solito. Pansy sembra saperne molto più di lui, come sempre quando si tratta di sentimenti repressi. Si è resa conto che la radice più intima dei suoi pensieri riguarda Lucius, Narcissa e il loro rifiuto, eppure nessuno li nomina e lei non lo forza ad aprirsi. Se è sua amica una ragione ci sarà. A Draco non importa davvero di Rita Skeeter né della Gazzetta del Profeta, a Pansy lo dice anche e a quello lei crede. Ha mandato una lettera al direttore il giorno stesso dell’articolo, nella quale esprime tutto il proprio disappunto per i numerosi errori commessi e per le illazioni lanciate ingiustamente. Gli Schiopodi non erano alti dieci metri, ma a malapena tre e non hanno devastato villa Malfoy, ma solo rotto qualche vetro dell’ingresso, prontamente riparato dagli Elfi Domestici. Lui e Harry si amano pazzamente e non vedono l’ora di sposarsi mentre Narcissa… Draco ammette di aver inventato un abbozzo malfatto di giustificazione per quanto ha detto, nonostante lui per primo non trovi scuse valide. Dice che è rimasta sconvolta dagli Schiopodi, probabilmente è anche vero. Sebbene intimamente sappia che quelli sono soltanto animali e che lo stoicismo dei Black non si piega per così poco.

 

Non si illude che la lettera al direttore possa servire a qualcosa, lo pensa anche mentre la redige seduto allo scrittoio quella stessa domenica mattina. Mentre intinge la piuma nel calamaio d’oro fissa le teste di serpente tempestate di smeraldi come se cercasse nei loro sguardi di rubino le parole più adatte. Alla fine dà anche il consenso a pubblicarla, ma il suddetto direttore si guarda bene dal farlo. Nemmeno è utile affinché la smettano e, invece che farli desistere, non solo incentiva la loro già fervida immaginazione, ma diventa lui il bersaglio principale. Il secondo pezzo di Rita Skeeter lo leggono una settimana più tardi. Quella mattina, come sempre, Draco sorseggia caffè divorando uno scone della signora Weasley, la quale grazie a Merlino seguita a mandarne. Questo lo ha farcito con marmellata di mirtilli e lo divora avidamente intanto che occhieggia la prima pagina de “Il Cavillo”. Il titolo a caratteri cubitali parla di loro, dopo una breve introduzione c’è un rimando alla terza pagina, dove viene fatto un accurato resoconto della festa di fidanzamento della settimana precedente, più un’intervista a Rubeus Hagrid. Draco legge tutto con interesse, è compiaciuto dalla precisione di quel Nargillus Lovegood o come diavolo si chiama. C’è anche un sottile velo di sarcasmo indirizzato a quelli che il signor Lovegood definisce: “Gli amici della Gazzetta”, che gli suona tanto di presa in giro. Sarà anche stralunato e vestirà improbabilmente di giallo, sembrerà pure un venditore di girasoli fricchettone, ma almeno è preciso e la sua scrittura pungente. La robaccia esagerata della Gazzetta del Profeta pare lontana e non importante. Almeno fino a che non ha finito l’articolo. Passa a Harry Il Cavillo e quando e poi si dedica alla Gazzetta, quasi si strozza con lo scone ed è certo che della marmellata gli sia finita sulla vestaglia di seta verde, quando nota che proprio sulla prima pagina si insinua che Potter abbia bevuto un filtro d’amore. Fa più male di quanto dovrebbe. I Malfoy da dopo la guerra sono abituati a essere trattati a pesci in faccia, anche se al processo la testimonianza di Harry lo ha assolto, la stampa gli è stata comunque addosso ed è abituato alle illazioni. In parte sente anche di essersele meritate, ma questo no. Questo è troppo. Non dovrebbe, ma è comunque una stilettata di puro dolore, quella che gli attraversa il petto. Il tarlo che già si è insinuato nella sua mente, intanto che legge, va ancora più in profondità. Forse non sono destinati, forse Harry sbaglia ad amarlo. Così come ha fatto finora però decide di ignorare se stesso. Continua a scorrere le frasi che la Skeeter condisce con sensazionalismo, retorica e una punta di cattiveria. Non si limita a leggere fra sé, la sua voce è alta, attira l’attenzione di un Potter che pare aver intuito ogni cosa già semplicemente guardandolo negli occhi.




 

Harry Potter vittima di un filtro d’amore

 

di Rita Skeeter

 

[...] il celebre Auror, orfano di entrambi i genitori ed eroe del… [...] Ci domandiamo come abbia fatto l’ex bambino prodigio e Auror del Ministero Harry Potter a innamorarsi del perfido Draco. Il Malfoy all’epoca della caduta di Colui-Che-Non-Dev’essere-Nominato era maggiorenne. Durante il suo sesto anno, dopo aver ricevuto il terribile Marchio Nero, era stato incaricato da Voi-Sapete-Chi di uccidere l’ex Preside della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, compito che tuttavia venne portato a termine da Severus Piton. Durante i suoi maldestri tentativi di uccidere uno dei maghi più potenti mai esistiti, un’alunna della scuola di Hogwarts, Katie Bell, era stata ridotta in fin di vita da una maledizione indirizzata all’allora preside Albus Silente. La poverina era successivamente stata visitata dalla medimaga Madama Chips e fortunosamente guarita. Tuttavia non è solo per questo tragico evento che nutriamo forti dubbi circa i reali sentimenti di Potter. Molti ex alunni di Hogwarts riferiscono che Draco Malfoy all’epoca della scuola fosse un vero e proprio bullo: ‘Prendeva in giro chiunque non gli andasse a genio, con i suoi amici Serpeverde sempre pronti a spalleggiarlo’ riferisce una fonte anonima. A questo punto, cari lettori, ci chiediamo come può un eroe buono e generoso come Harry Potter innamorarsi di una persona che ha commesso crimini tanto efferati. Che il signor Malfoy abbia messo in atto un oscuro piano per entrare nelle grazie del nostro amato eroe?
‘Aveva ottimi voti in pozioni’ riferisce la preside McGranitt. Sembra quindi molto probabile l’ipotesi che sia facilmente riuscito a preparare un potente filtro d’amore con cui irretire il nostro giovane eroe. Se, come i neo-fidanzatini seguitano a dire, il loro sentimento è sincero ci chiediamo perché nessuno di loro sembra disposto a sottoporsi a delle analisi per accertare la verità una volta e per tutte.


Rita Skeeter, per la ‘Gazzetta del profeta’


 

 

Harry è furioso con Rita Skeeter, con tutti quelli che lavorano a “La Gazzetta del Profeta” e probabilmente anche col mondo intero. Ce l’ha con ogni cosa gli si pari davanti quella mattina, anche con i gufi che nella mezzora che segue fanno avanti e indietro dalla cucina portando messaggi di sostegno. Quello sentitamente indignato di Kingsley arriva subito dopo Errol, il vecchio gufo degli Weasley, i quali non mancano mai di far presente quanto non sopportino quella Skeeter. Può quasi vedere Arthur scrollare il capo con disapprovazione e Molly infuriata, muoversi velocemente tra i fornelli, intanto che miscela l’impasto di altri scones da spedire ai settecento figli che ha sparsi per il mondo. Apprezza invece il silenzio dei suoi genitori e quel: “Semplicemente scandaloso” con cui la Granger apre la sua lunga lettera: “È semplicemente scandaloso insinuare che un Auror del Ministero, eccetera…” Considerato che quando la legge non sono nemmeno le otto e si chiede quando l’abbia scritta. In realtà non è nemmeno da considerarsi una lettera, quanto una lista di cose che potrebbero fare per fermare quello che lei definisce uno scempio. In parte sorride mentre gli occhi scorrono tra le righe redatte con una calligrafia perfetta; in effetti pensa sinceramente di non aver conosciuto nessuno più agguerrito di Hermione Granger. Nonostante in un recente passato abbia apprezzato il suo ingegno e la capacità di ragionamento tipicamente Corvonero, continua a ritenere che sia l’emblema del Grifondoro. C’è qualcosa di schifosamente cavalleresco nel modo in cui mette insieme un piano che coinvolge un ricatto e un animagus non registrato al Ministero. Tuttavia, quello più spaventosamente scandalizzato dall’articolo è il Capo Ufficio Auror, il signor Graves. Frank Graves, dal fisico alto e corpulento, mento squadrato, occhi piccoli e sfuggenti, si presenta con i suoi ricci capelli biondi e il suo abito di tweed alla loro porta verso le otto e un quarto. Ha una valigia in pelle marrone, che regge con l’enorme mano avviluppata attorno a un manico che sembra fintanto piccolo tra le dita, ma Draco a stento la nota. Sembra arrabbiato, molto più di quanto non l’abbia visto infuriato di solito. Non riesce davvero ad abituarsi a questo, ma nemmeno al suo forte accento americano o all’uso di termini quali “Nomag” invece di “Babbano”. Più di tutto, fatica a fare il callo agli sguardi minacciosi che gli rivolge. Secondo Potter sono una sua impressione, ma quel mattino mentre lo occhieggia dal basso si dice che no, non è affatto immaginazione.
«Potter è in casa?» La sua voce è roca e indurita, ha modi spicci, ma comunque gentili. Non è rozzo né si arroga il diritto di entrare solo perché è il Capo Ufficio Auror. Aspetta fino a che non è Draco a lasciarlo passare e a farlo accomodare in soggiorno.
«Vado a chiamarlo, un momento solo.» Malfoy è ancora in vestaglia, ma è più elegante di Potter in qualsiasi occasione si sia mai fatto vedere in pubblico. Soprattutto adesso che, già pronto, pare un ubriacone sotto a un ponte. Felpa scolorita e troppo larga per la sua corporatura, comprata probabilmente nell’89 da sua zia Petunia, naturalmente non per lui, jeans rattoppati e scarpe rotte, per un attimo pensa debba fare una missione sotto copertura tra i babbani, o nelle fogne, ma subito si ricrede. È il suo abito da lavoro. E lo sarebbe anche per una cena elegante, per una passeggiata a Diagon Alley, per una colazione tra amici… Se non fosse che da quando stanno insieme glielo proibisce. Gli permette di andare in giro ridotto in quello stato solo quando deve fare l’eroe lontano da lui.
«Graves è qui, ti aspetta in soggiorno» dice, entrando in camera e andando diretto in bagno prima di chiudere la porta dietro di sé. Gli serve una doccia e di radunare i pensieri. Ha il primo appuntamento alle dieci, può prenderla con calma. 


 

Ne esce alle nove. Vestito di tutto punto, sbarbato, profumato, capelli ingellati e perfetti. Si sente così tanto uno schianto, che si stupisce di come la sua immagine riflessa nello specchio non abbia fischiato di ammirazione. Percorre il corridoio aggiustandosi i polsini della camicia che spuntano da sotto la giacca grigia. È piuttosto sicuro che troverà un biglietto di Harry in cui gli dice che forse non tornerà per cena, quando sente delle voci in soggiorno. Una è del malvestito straccione che sposerà a giugno, (Che uomo fortunato!), la seconda è di Frank Graves e poi ce n’è una terza, femminile, acuta e penetrante. Mai sentita prima. Si rende conto che appartiene a una ragazza molto giovane, alta circa un metro e sessanta, capelli neri, ricci e corti. Veste in maniera elegante, Draco nota subito il tailleur gonna e giacca verde pisello. Così come fa caso a un mantello verdone posato sullo schienale del divano. Appena lo vedono smettono di parlare e si voltano a guardarlo.
«Credevo fossi già uscito» esordisce Malfoy, brutalmente sincero. Fa trapelare tutto il proprio stupore, ma per una volta non se ne dispiace.
«Abbiamo improvvisato una sorta di riunione, nel frattempo ci ha raggiunti anche la nuova tirocinante: Rosamund Brown. Non credo di avervi mai presentati» dice indicando la ragazza. Se ne sta da una parte, tra la finestra chiusa e il camino scoppiettante, si esprime in un lieve inchino col capo in sua direzione e un “Piacere di conoscerla” che suona fasullo tanto quanto il suo. Draco le dedica un’occhiata gelida, odia quella tizia perché da mesi è la responsabile del malumore del suo fidanzato, oltre che dei continui ritardi a cena. Ha giurato a se stesso di cruciarla appena l’avesse incontrata di persona. Eppure la saluta, educatamente, pur con tutta quella freddezza che ha ereditato da sua madre e che sbandiera in occasioni come quella. Sono le sole volte in cui ringrazia di non aver avuto una mamma amorevole, sdolcinata e gentile come Molly Weasley.
«Incantato» mormora. Potrebbe anche imbastire un discorso in cui si offre di servire del tè per tutti, anche se hanno appena fatto colazione, ma grazie a Merlino è proprio il suo ragazzo a salvare la situazione e a bloccare sul nascere ogni suo tentativo di essere ospitale. Sì, di tanto in tanto è una fortuna lo star per sposare un cavernicolo.

«In realtà volevo aspettarti, perché il signor Graves e la signorina Brown sono qui perché dobbiamo andare in Francia per un paio di giorni ed è necessario partire subito.» Come in Francia? In che senso? Ma hanno la prova per la torta, devono assaggiare una cosa come sedici tipi diversi di combinazioni di glasse e creme e sua madre di sicuro non verrà ad aiutarlo. Vuol dire che dovrà farlo da solo?
«Lo so che oggi dovevamo andare dal pasticcere, ma...» Sì, dovevano! Brutto stronzo di uno straccione. Ha passato mesi a cercare di tenerlo lontano dai preparativi, anche per non stressarlo troppo con dettagli che a lui, molto più basico su queste cose, non interessano e di cui non capisce la differenza. Però appena si mettono d’accordo per fare qualcosa insieme se ne deve andare? Questa è sfortuna, dannazione.
«Lo sai che non possiamo rimandare l’appuntamento, Harry» fa notare, calmo e pacato. Non sembra affatto arrabbiato, anni a crescere tra i Mangiamorte ti insegnano anche come nascondere la rabbia quando ne provi moltissima. E poi andava bene in occlumanzia. Forse Potter non se la beve, ma non è a lui che deve apparire perfetto. Graves e quella stronzetta che già non sopporta sembrano crederci, quindi va bene così.
«Lo so, mi dispiace tantissimo, ma sono mesi che siamo sulle tracce di questo trafficante di animali rari e non possiamo assolutamente…»
«Non aggiungere altro» lo ferma, abbozzando un sorriso e alzando una mano a mezz’aria come a scacciare le sue scuse. Vorrebbe vederlo strisciare, ma evita di cadere così in basso. Ci sono dei testimoni e nessuno ha il diritto di assistere a uno dei loro battibecchi amorosi.
«Oggi avremmo dovuto fare una selezione molto generica, niente che non possa fare per conto mio. E poi conosco i tuoi gusti. Facciamo così: seleziono due campioni e poi passiamo insieme quando torni dal tuo viaggio di lavoro, per te va bene?» Tanto a Potter i dolci nemmeno piacciono. O meglio, li mangia, ma non ne va pazzo. Alla fine, Draco sceglierà le due che preferisce e lo manipolerà per fare in modo che sia lui a credere di aver deciso per quella obiettivamente più buona, quando non sarà affatto così. Come in tutti i matrimoni che si rispettano c’è sempre uno che bada alle sottigliezze e un altro che se ne frega, lui è ovviamente quello col buon gusto e Potter quello che non sa neppure dove stia di casa.
«Anzi sai che faccio? Chiedo a Pansy di venire con me, non vede l’ora di lamentarsi della cellulite che non ha.»
«Tienitelo stretto, Potter» borbotta Graves, ammiccando bonario in sua direzione, intanto che Harry corre ad abbracciarlo senza pensarci due volte. Nel suo sorriso sembra metterci tutto l’amore che prova per lui e Graves, ora molto meno minaccioso, li fissa intenerito. La stronzetta neanche la guarda, non gli interessa. La verità è che Potter sembra ringraziarlo innamorato, il suo pare uno slancio romantico di un fidanzatino. In realtà, Draco nota come un’ombra furiosa nel suo sguardo.
«Cioccolato» sussurra al suo orecchio, senza farsi sentire da nessuno. «Almeno una dev’essere al cioccolato e non azzardarti a manipolarmi per fare in modo di sceglierne una che piace solo a te, brutto bastardo. La sceglieremo insieme.» Accidenti! Una volta era più bravo a fingere, ma forse l’occlumanzia non funziona con chi vai a letto e ti conosce meglio di tua madre.
«Sei uno stronzo, Potter e ti odio» replica Draco, incattivito. Battuta che sibila tra i denti mimando un sorriso che non gli verrebbe neanche se qualcuno lo pagasse e a cui Potter replica con lui, per lui romantico, io di più. Il loro strano, insolito modo di dirsi “Ti amo”.



Harry si scosta da lui dopo un veloce bacio sulle labbra, non si prendono mai eccessive libertà davanti agli estranei. Nonostante le apparenze non lo fanno nemmeno allora. Anche se immagina che per lui quelle persone siano come una famiglia. Ovviamente è così, Potter ha mezze famiglie ovunque. Per sette anni ne ha avuta una a Hogwarts, ora ha quella del ministero.
«Io e il signor Graves stavamo parlando dell’articolo della Skeeter sulla Gazzetta di stamattina» esordisce Potter dopo un attimo di silenzio. Draco nota appena quella Rosamund qualcosa guardarsi attorno. Non li ha visti baciarsi, ha finto di essere interessata a un dipinto appeso alla parete. Chissà poi perché. Il quadro non è nemmeno interessante e il suo occupante non si fa vedere da almeno due giorni.
«Un vero e proprio scandalo che si parli così di un Auror del Ministero e del suo fidanzato. Uno scandalo, signor Malfoy» sostiene Frank Graves con fare risoluto e incattivito. Potter gli ha detto che il suo capo odia i giornalisti, nel tono infervorato della voce che riecheggia per la stanza ci vede proprio questo.
«Sono abituato al veleno della stampa» annuisce, facendosi avanti e affiancando Harry che in rimando gli stringe una mano come a volerlo sostenere. «Con il nome che porto e la storia che ho alle spalle... L’espiazione è una strada lunga e tortuosa.»
«Ciò che è stato fatto durante la guerra resta durante la guerra, signor Malfoy» dice Graves, con tono duro quasi come a redarguirlo. «E a mio modo di vedere sono le azioni a parlare. Lei non ha ucciso Silente quando avrebbe potuto e ha aiutato Potter prima della caduta di Voldemort, questo a mio modo di vedere mette in chiaro di che pasta è fatta una persona. O si è dei Mangiamorte o non lo si è, e un segno sul braccio non vuol dire proprio niente.» Draco non pensa sia così facile, ma per Frank Graves è chiaro che le persone siano bianche o nere. A dire il vero lui non si è mai sentito né l’una né l’altra cosa, al contrario ha la sensazione di essere un po’ grigio. Grigio come l’abito di velluto che indossa quella mattina e che fa risaltare il pallore delle sue guance, così come il colore degli occhi che sono di una sfumatura non dissimile. La verità è che il marchio che si intravede ancora sul braccio, grigio anch’esso, è un po’ il simbolo di chi è stato al di là del suo esser diventato un Mangiamorte perché suo padre glielo ha chiesto. Un po’ è per il bullismo, per i maltrattamenti, per le idee razziste… Ma Frank Graves pare aver già stabilito che tipo di persona è Draco Malfoy e, il suo giudizio lapidario, un po’ lo invidia: lui è tutta la vita che tenta di capire se stesso, fallendo miseramente.

 

«A questo proposito» esordisce qualche istante più tardi. Il silenzio è sceso nel salotto del loro appartamento come una coperta scomoda. A tratti gli pare di sentire l’eco delle parole di Frank Graves, nota senz’altro la sua faccia ora più indurita dalla determinazione, e Draco invidia anche quella. Rosamund Sarcazzo ancora guarda altrove, pare distante con i pensieri anche se in effetti non l’hai mai incontrata prima e per quanto ne sa potrebbe anche essere una mezza svitata. Non è mai stata davvero parte della conversazione, ma non si chiede su cosa stia ragionando. Sono le espressioni di Potter, a catturarlo. Sembrano lontane, pensierose. Quel criceto che ha nel cervello deve star rimunginando su qualcosa di stupido perché guarda a terra, quando Draco parla lo vede sussultare: «Stavo pensando al filtro d’amore e se vuoi posso sottopormi al Veritaserum. Non ho niente da nascondere e possiamo…»
«Assolutamente no!» si infervora Harry. «Sarebbe un insulto dover scendere ai livelli di quella donna.» Lo pensa anche lui in effetti, ma magari aiuterebbe a far finire le voci. Sa che c’è gente là fuori che si beve tutta quell’immondizia, magari qualcuno penserà che è vero e che ha irretito Harry Potter con un filtro d’amore. 

«Credimi, Draco, è da quando ho quattordici anni che quella donna insinua cose che non sono vere su di me e so che l’unico modo di batterla è fare il suo stesso gioco. Ho già scritto al signor Lovegood, al mio rientro farò un’intervista per “Il Cavillo”.» Draco sa quanto gli costi, Harry non fa più interviste dai tempi in cui il Wizengamot l’ha interrogato riguardo la morte di Voldemort. Aveva rilasciato una sola intervista dopo di allora, promettendo a se stesso che non ne avrebbe mai più fatte in vita sua. A suo giudizio aveva detto tutto quello che aveva da dire, la sua vita dopo di allora sarebbe stata lontana dalla ribalta. Così non è stato. Andare da Nargillus sembra una scelta intelligente, “Il Cavillo” è lontano dalle logiche sensazionalistiche della Gazzetta, lo ha constatato proprio quella mattina. Internamente approva, esaltato, esternamente non può non chiedergli se è davvero sicuro.
«Mi fido del signor Lovegood» annuisce ed è definitivo. Prima che lo veda smaterializzarsi, Draco si raccomanda di mandargli un gufo ogni tanto, solo perché si accerti che sia vivo. L’orologio che Molly ha incantato per lui non gli basta proprio. Intanto che sparisce in un Plop, Draco non riesce a togliersi dalla testa l’occhiata che Rosamund Brown dedica al suo impegnatissimo straccione prima di andarsene. Non è geloso del modo in cui fissa Harry, proprio no. No, davvero, ripete a se stesso, altezzoso, prima di richiamare a sé il mantello di ermellino e il bastone da passeggio. Glielo darebbe in testa, a quella dannata Rosamund, così impara a tenere gli artigli lontano da Harry. Quello è il suo pezzente, suo e di nessun altro.


 

È prevedibile che Pansy si lamenti della cellulite. Così come lo è il suo strafogare ogni assaggio di torta le si pari davanti senza mai dire qualcosa di diverso da: “Prendi questa, è ottima”. Lo dice sedici volte, per ogni fetta. Draco maledice se stesso e la pessima idea che ha avuto a invitare quella svitata. Avrebbe dovuto chiedere alla Granger, almeno non si sarebbe lamentata per tutto il tempo e avrebbe alzato il livello della conversazione. Anche perché quegli assaggi gli costano un occhio della testa, ma d’altronde è una delle pasticcerie magiche più famose di Londra e lui vuole una sola cosa da questo matrimonio (a parte sposare lo straccione): far vedere a tutti quanto è schifosamente ricco. Il proprietario, lui e Harry lo conoscono. Non che questo possa essere d’aiuto nell’ottenere uno sconto, ha detto Potter un giorno, quasi rammaricato. Draco ricorda di aver estratto la bacchetta e avergliela puntata al collo, minacciando un “Crucio”: i Malfoy non chiedono sconti a nessuno. Ad ogni modo quel tale, quel pasticcere, era nella delegazione di Beauxbaton che ha partecipato al Torneo Tremaghi. Si chiama Mathieu de la Tour * ed è ovviamente francese. Dice di essere rimasto incantato così tanto dall’Inghilterra babbana, chissà poi perché, che dopo la guerra si è trasferito a Londra, dove ha aperto una “Patisserie”. I babbani sono grandi consumatori di dolci, fa presente anche quel giorno, parlando con spiccato accento francese. Draco non sa niente di quei senza bacchetta, ma se sono tutti come la famiglia Dursley, Mathieu dev’essere ricco da fare schifo.
«Tornerò con Harry per la decisione finale» se ne esce alla fine dell’incontro, dopo tre quarti d’ora di assaggi e di Pansy che sembra volersi mangiare anche le gambe del tavolo. Carenze affettive un cazzo, le sussurra all’orecchio: quella maledetta strega ama scroccare e basta.
«Direi che vanno bene quella al cioccolato con lamponi e questa qui lilla con i mirtilli. Sabato mattina per te va bene?» Alla sua domanda, Mathieu risponde con un sonoro: “Oui” prima di annotare tutto su una pergamena e domandargli i dettagli sull'incantesimo da applicare alla torta. È la moda del momento: tutte le torte nuziali sono incantate oggi. E qualcuna anche per i compleanni. Se organizzi un matrimonio senza torta con annesso incantesimo, sei un pezzente. E lui non vuole essere un pezzente agli occhi di nessuno. Quelli che vanno per la maggiore sono i messaggi d'amore, spesso cantati o recitati. Ma anche farfalle e fiori che si librano nell'aria al momento del taglio della torta, vanno di gran moda. Si è creato un vero e proprio mercato, il “Settimanale delle streghe” dedica a ogni numero almeno un articolo in cui mostra nuovi incantesimi inventati dai più famosi pasticceri magici del mondo. Ecco, per quanto Draco ami la pomposità, lui e Harry hanno optato per un qualcosa di semplice ed elegante. Niente stupide farfalle, non sono femmine e poi lui le farfalle le odia. Nessuna orribile poesia recitata, magari anche male. Solo due sposini in cima alla torta che danzano sulla superficie a ritmo di musica. Niente di più. Mathieu sembra soddisfatto dalla comanda, che la torta sia al cioccolato oppure lilla e con i mirtilli, poco cambia: sarà comunque straordinaria. Quando esce dal negozio dopo aver elargito un sonoro acconto e dato a Pansy l’indirizzo di un buon magi-psicologo dal quale andare a curarsi, si ritiene soddisfatto.

 

In realtà è successa una cosa, tra la colazione e l'appuntamento dal pasticcere, ma anche se Draco forza se stesso a non pensarci proprio, la “Cosa” gli viene in mente di tanto in tanto. Di nuovo è quel maledetto tarlo che continua a dargli il tormento. Tutta colpa di Weasley, tanto per cambiare. Quell’allampanato pezzo di… Figlio di… Beh, insomma Ron irrompe nel suo ufficio poco dopo mezzogiorno. Oltrepassa la soglia senza nemmeno bussare o annunciarsi, con la segretaria che gli corre dietro provando a fermarlo. Malfoy le fa cenno di uscire, alzando gli occhi al cielo prima di tornare a dedicarsi ai documenti che ha davanti e che deve spedire al committente entro le due. Non ha alcuna intenzione di tardare sul lavoro per colpa dell’amico non propriamente a posto con la testa di Potter. Sente Ron fissarlo e per un istante si concede di guardarlo: la sua espressione è dura, la fronte corrucciata appena un poco nascosta dietro la zazzera di capelli rossi che gli ricade sugli occhi. Ce l’ha con lui per qualche motivo? Forse sì, pensa appena lo sente sbattere i pugni sul tavolo con talmente tanta violenza che fa tremare il calamaio, il quale è perfettamente allineato all’orologio da tavolo e alla fotografia di lui e Harry intenti a baciarsi. La piuma che tiene tra le dita e con la quale stava per firmare gli scivola dalle mani per lo spavento, macchiando il foglio. Qualcuno pagherà per questo e quel qualcuno è un metro e novanta di magrezza e capelli rossi, occhi spiritati e vestiti rattoppati che ancora lo fissa come se lo volesse uccidere. Draco non può dire di odiarlo come faceva ai tempi della scuola, ma non è che sia esattamente il suo migliore amico. Non ci metterebbe molto per cacciarlo fuori a pedate. Di sicuro non ha intenzione di iniziare la conversazione, quindi lo osserva in silenzio per almeno trenta, lunghissimi secondi fatti di lui che sfarfalla le ciglia e Ron che sembra posseduto. Forse non se ne accorge, ma gli sta facendo pesare terribilmente quella macchiolina sulla pergamena, oltre che il fastidio per averlo interrotto sul lavoro.
«Georgina Dunn!» esclama Weasley, gridando a squarciagola in una maniera che lo fa sembrare ancora più pazzo. Non che ci voglia molto.
«Chi?»
«Georgina Dunn» dice, tirando fuori da Draco non sa dove (E non lo vuole sapere), un vecchio libro polveroso che butta sul tavolo con poca grazia. Quasi è sicuro che là fuori una Hermione Granger sia morta per il pessimo trattamento riservato a quello che sembra un tomo centenario, o forse di più. Non ha idea di cosa si tratti e non lo vuole nemmeno sapere. Il libro è aperto circa a metà e comunque la nuvola di polvere che si è levata, e che gli sta facendo pizzicare il naso, per un attimo gli impedisce di leggere con chiarezza. C’entra una certa Georgina Dunn, Draco ci pensa davvero per almeno tre secondi: no, non conosce nessuna che si chiami così.
«Parente tua o della Granger?» chiede; in verità non capisce, ma presume sia per il matrimonio. «Se è per il ricevimento ti ricordo che abbiamo detto che vogliamo invitare solo i parenti e gli amici più intimi, non pagherò per dar da mangiare alla prozia di tuo nonno, Weasley, anche se è la più cara vecchina del mondo. Se è fan di Potter invece, mettila sul suo conto. Prosciugate un po’ i suoi, di averi milionari invece dei miei.»
«Ah, lascia stare» insiste Ron, allungando il libro proprio sotto al suo naso e indicando con la punta del dito una specifica frase. Draco allunga lo sguardo, un po’ curioso e legge: “La maledizione di Georgina Dunn”, il nome del titolo del capitolo è scritto in grassetto, a chiare lettere. Mh, non ha mai sentito di una maledizione che si chiama in questo modo.
«Interessante» replica, grattandosi la nuca e infilando anche un po’ di sarcasmo. «O forse no, non lo so. Che diavolo vuoi, Weasley?»
«Tutta quella cosa degli Schiopodi Sparacoda che piombano a una festa di fidanzamento… Mi ricordava qualcosa e poi un giorno ho capito: Georgina Dun! La maledizione.» Ah, ma si sono fissati tutti con sta storia della maledizione. Non gliene importa niente, in che lingua glielo deve dire? La sola maledizione che gli è toccata è amare un poveraccio senza nessun senso dello stile e della moda, educato da dei rozzi babbani di provincia. Tutto qua.

«Ho capito Georgina Dunn, ma chi diavolo è?» Ron inspira lentamente, poggia entrambe le mani sulla scrivania e nel farlo emette un lungo sospiro, pare stia cercando da qualche parte la pazienza per non picchiarlo. Buffo che siano in sintonia su qualcosa, almeno una volta.
«Georgina Dunn è una strega vissuta trecento anni fa, la sua storia è raccontata in questo libro di Maledizioni che ho trovato nella biblioteca del Ministero.» Nel parlare afferra il libro e lo richiude, pur tenendo aperto il segno alla pagina giusta. La copertina è impolverata, in pelle marrone e a caratteri che un tempo probabilmente erano stati d’oro, c’è scritto proprio: “Strane maledizioni”. Dev’essere una cosa da Auror perché lui non l’ha mai sentita prima.
«La sua famiglia di Georgina era molto ricca e tenuta in considerazione da tutti, un giorno lei si innamorò di un uomo. Un certo “Cavaliere”. Il cavaliere viene descritto come valoroso, pieno di coraggio e molto buono. Un eroe di guerra.»
«Sì, conosco il genere» sogghigna, pensando subito al suo, di cavaliere coraggioso.
«Il cavaliere e Georgina si innamorarono perdutamente l’uno dell’altra e lui quindi la chiese subito in sposa. La famiglia di lei era felicissima e accettò di buon grado. Quello che nessuno sapeva era che il cavaliere era perseguitato da una donna, una strega che era innamorata del cavaliere. Lui l’aveva più volte rifiutata e non era caduto nemmeno nella trappola di un filtro d’amore che lei aveva provato a dargli. Quando la strega seppe che si sarebbe tenuto un ballo in onore dei fidanzati, richiamò a sé due draghi e li scatenò contro il castello. Dopo che il cavaliere riuscì a domare le fiamme e a catturare i draghi, tutto sembrò tornare alla normalità e il padre di Georgina iniziò ad organizzare le nozze. Quello che nessuno immaginava era che la strega aveva gettato sui fidanzati una maledizione. Georgina e il cavaliere erano stati maledetti e questo fece sì che non riuscirono mai a sposarsi.»
«Ma che bella storia!» commenta Draco sarcastico. «La domanda è: per quale motivo decidi di raccontarla in orario d’ufficio? Non devi inventare strani oggetti spiritosi con tuo fratello o andare a caccia di mosche con qualche tuo amico immaginario?»
«Perché è la stessa cosa, Malfoy» replica Ron, sbattendo con forza le mani sul tavolo. «Non erano Schiopodi quelli di Georgina Dunn, perché non esistevano ancora a quell’epoca **, ma è la stessa cosa: tu ed Harry siete stati maledetti.» Ha sentito bene? Draco sbatte le palpebre: una, due, tre volte forse. Non riesce a credere alla storia che ha appena sentito. D’accordo, Weasley è uno di quelli che ha sempre una citazione pronta, a una favola che ha letto o un qualcosa che ha sentito da uno dei suoi ottocento svitati fratelli, i quali probabilmente lo prendono costantemente per il culo senza che lui tuttora se ne renda conto. Draco ci ragiona sopra, pensa a Georgina e al cavaliere, ai draghi e agli Schiopodi e no, non c’è proprio niente nella faccenda che hanno vissuto alla festa di fidanzamento che somigli a quella favoletta che ha appena raccontato. Non c’è davvero niente di uguale, proprio nulla. Certo è assurdo che nella testa di Weasley, Potter sia un cavaliere e lui una principessa… Un momento, qualcuno ha detto principessa? Nessuno qui ha detto principessa, lo ha pensato da solo. Potter non c’è e non l’ha chiamato “Principessa”, non lo fa dalla sera della festa. A Draco quasi dispiace, anche se non lo ammetterebbe mai.
«Io non vedo nessuna somiglianza» dice, gelido, riprendendo il lavoro. «Hai una fervida immaginazione, Weasley, questo te lo concedo. Dovresti fare lo scrittore.»
«Ma come fai a non vederle?» domanda lui, parlandogli come se si stesse rivolgendo a uno stupido. «Georgina Dunn e il cavaliere siete tu ed Harry. Due bestie giganti hanno fatto irruzione alla vostra festa di fidanzamento e ora la sfortuna ha già iniziato a colpirvi. Prima Rita Skeeter e poi anche Harry che se ne va in Francia mancando la prova per la torta, è la maledizione.»
«No, si chiama lavoro. Quello che io e un sacco di gente fa a quest’ora del giorno, persino Potter lavora. Di’ un po’, Weasley, hai sbattuto la testa da piccolo o deficiente ci sei nato?» lo rimbrotta, sarcastico. In realtà mente, soprattutto a se stesso. Quel tarlo che già si è insinuato nella sua testa e che sua madre tuttora sembra volergli cacciare a forza giù nel cervello, con il suo silenzio soprattutto, si è rifatto vivo appena ha sentito la parola maledizione. In effetti qualche somiglianza c’è, a dire il vero potrebbe anche essere che...
«Non credermi, non mi importa» replica Ron, alzando le mani e indietreggiando. «Però leggi il libro almeno, anche solo la parte in cui si parla delle maledizioni dell’antica Scozia, dove c’è Georgina Dunn. Se ho ragione, se tua madre ha ragione vi è stata fatta una maledizione. Siamo ancora in tempo ad agire prima che sia troppo tardi e che tu finisca solo come Georgina e il mio migliore amico trafitto da una freccia mentre va a cavallo.» Ma porc… Potter non va a cavallo, vorrebbe dirgli. C’è solo una cosa che cavalca e non è un animale. Però Weasley se ne va via prima che possa aprire bocca. L’ultima volta che l’ha visto tanto arrabbiato erano ancora in guerra, Voldemort era vivo e loro erano su fronti opposti. A Draco pare assurdo tutto quanto, soprattutto che sia stato proprio lui a collegare i fili e non la Granger. O forse non ha collegato un bel niente e quella è solo paranoia, o appunto: una fervida immaginazione. Con l’eco delle parole di Weasley che riverbera per l’ufficio e quel libro abbandonato sulla scrivania, fa spallucce e torna al lavoro. Non lo leggerà e questo è quanto. 

 

Draco non lo legge, lo ha giurato a se stesso. Eppure non rimanda indietro il libro. Potrebbe usare la famigerata furbizia Serpeverde e far finta di averlo fatto, alla fine è stato proprio Weasley a raccontargli tutta la storia. Che idiota! Non ha bisogno di ficcare il naso tra le pagine, inoltre ha di meglio con cui occupare il tempo. E quindi non lo apre, non subito. Nemmeno lo guarda, però lo porta a casa. Lo fa in automatico, radunando le proprie cose a fine giornata e infilandolo sotto al braccio prima di smaterializzarsi. Intanto che si sveste lo lascia sul comodino, non ci fa caso nemmeno prima di addormentarsi. In realtà legge spesso quando lui e Potter non sono in vena per il sesso, ma quella sera Harry non c’è e lui ha preso una pozione soporifera per non sentire la sua mancanza. Odia il pensiero di non potergli dare calci gratuiti mentre dorme. Ma il libro è ancora lì il mattino successivo e anche la sera dopo, quando torna a letto. Harry non è tornato. Non rincaserà fino ad almeno domani pomeriggio o così ha detto nel gufo che gli ha mandato quella mattina. E quindi Draco occhieggia quello stupido libro intanto che si prepara per la notte. Niente pozione soporifera stasera, quella che si è fatto ieri l’ha stordito così tanto che si è alzato alle otto e mezza. Inaudito per un giorno lavorativo.
«Per Salazar e va bene!» sbotta, fra sé, mettendosi sotto le coperte e prendendo il volume che apre alla prima pagina. Quella notte si addormenta alle due e fa più incubi di quanti non ne abbia mai fatti in tutta la vita. 


 

“Weasley, ti odio” scrive velocemente su un foglio di carta che infila dentro al libro che ha ben impacchettato così che un uccello possa trasportarlo. Il gufo in realtà lo guarda come se volesse dirgli che nemmeno sotto tortura si deciderà a volare sopra Londra con quel coso enorme agganciato alle zampe. Ma il libro alla fine non è così grosso né pesante e Draco riesce a corrompere Bingley con un biscottino, d’accordo due biscottini. Sì, Malfoy odia Weasley con tutto quanto se stesso. A parte che al mondo esistono maledizioni così strane che molte gli sono sembrate quasi inventate, un paio le ha addirittura sognate e non erano piacevoli. Quando è arrivato alla fine del capitolo in cui è raccontata la storia di Georgina Dunn e del cavaliere (che tra l’altro non ha nemmeno un nome), Draco ha chiuso di scatto il volume e ha deciso che odierà Ron Weasley per il resto delle loro vite. Il cavaliere è morto e Georgina è rimasta sola e infelice per sempre, a piangere sul suo amore perduto. Loro non faranno quella fine. Prima di tutto perché avrà anche un fidanzato pezzente dentro, ma è un ottimo mago e non si fa di certo catturare e uccidere come un idiota. E comunque lui e Harry non sono stati maledetti, è solo che… Che Draco ha un fidanzato con molti amici e, si dà il caso, che uno di questi è un gigante puzzone con la fissa per le bestie strane. Poteva succedere anche a Weasley e alla Granger, eh. Il loro è stato solo un caso e poi, diciamocelo, non è che sia successo chissà che. Erano due dannati Schiopodi, mica acromantule. Probabilmente se Hagrid fosse stato in fissa con i gatti avrebbe regalato loro un certosino, ma si sa che più si è grossi e più si amano le cose enormi… No questa gli è uscita male. Ma comunque, Draco non sa perché Hagrid abbia deciso di regalargli degli Schiopodi, sa solo di non essere in nessun modo Georgina Dunn. Lui e Harry non sono stati maledetti, proprio per niente. 



 

Continua




 

*Mathieu de la Tour è un personaggio inventato, ma mi piaceva che avesse un legame con Harry e Draco, anche se di conoscenza superficiale. In realtà c’è un easter egg in questo nome, in quanto “De la Tour” è il cognome dell’attrice che ha interpretato Madame Maxime.

**Gli Schiopodi non esistevano nemmeno all’epoca di Animali Fantastici, dato che in “Animali Fantastici e dove trovarli” non vengono menzionati. Si pensa sia un incrocio recente tra una manticora e un fiammagranchio. Fonte: Harry Potter Wiki Schiopodi Sparacoda | Harry Potter Wiki | Fandom

 

Note: La storia di Georgina Dunn e del cavaliere è bellamente inventata, non trae spunto da niente di mia conoscenza. Se ci sono somiglianze con qualcosa che avete sentito è una casualità, ma eventualmente fatemelo sapere che aggiungo i crediti. Non ho letto niente neppure in Harry Potter e non so se al ministero esista un libro sulle maledizioni più strane create al mondo. Forse l'ho già detto, ma nel caso ribadisco... Sono inventati anche il personaggio di Frank Graves, il Capo Auror e di Rosamund Brown, la giovane tirocinante che avranno un ruolo rilevante più in là nella storia.


Un grazie alle persone che hanno letto fino a qui, a chi ha recensito e a chi ha inserito la storia nelle preferite, seguite e ricordate.

Koa

 

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Capitolo 4
*** Ron Weasley non può avere ragione ***


Ron Weasley non può avere ragione

 



 

Draco finisce con il dimenticarsi di essere stato in ansia per la maledizione di Georgina Dunn. Cioè in realtà se ne ricorda perfettamente, ma preferisce far finta che niente di rilevante sia successo nei giorni immediatamente successivi ad aver letto quel dannato libro. Si dimenticherebbe volentieri anche di Ron Weasley, ma purtroppo quello gli sta tra i piedi un giorno sì e l’altro pure. È pur sempre il fastidioso migliore amico del suo altrettanto fastidioso fidanzato e con i preparativi che incombono e gli obblighi dei testimoni, lui e Weasley si incontrano più spesso di quanto non sarebbe disposto ad ammettere. La faccenda della maledizione è una sciocchezza bella e buona, nei primi tempi Draco lo dice a Ron praticamente ogni volta che si vedono, lo fa con sempre meno convinzione, ma nessuno sembra farglielo notare. Potter non ha capito niente o forse finge di non averlo fatto, o addirittura non gliene importa nulla. Con il lavoro è sempre più preso e trascorrono sempre più tempo lontani. Draco è ben poco persuasivo anche nei confronti di se stesso, nonostante si ripeta ogni mattina che va tutto bene, sembra servire a poco. Lo fa nei giorni successivi, finanche alle settimane che seguono, fino a quando poi smette proprio di pensarci. Tra il lavoro, i preparativi per il matrimonio, che deve fare da sé perché sua madre non ci pensa proprio ad aiutarlo, il dover vivere con Harry Potter (fatto che a dirla tutta deve ancora mandar giù), gli orari impossibili che il malvestito Auror ha sul lavoro, il dover sopportare le crisi sentimentali di Pansy e Blaise, Draco ha tempo a malapena di vivere decentemente. I suoi nervi sono andati a farsi fottore almeno da settembre, ormai la camomilla della sera se la inietta direttamente in vena altrimenti è come acqua fresca. Arriva a Natale praticamente strisciando, urlando di gioia il primo giorno di vacanze solo perché può permettersi di dormire fino alle nove. Nell’ultimo periodo ha pensato spesso ai suoi genitori, di tanto in tanto manda dei gufi per chiedere come stanno. Riceve risposte fredde che gli danno l’impressione che li stia infastidendo, però sono tutte in pieno stile Malfoy quindi non dà troppo peso alla questione. A dirla tutta, Draco non vede sua madre fino alla vigilia. Narcissa si materializza davanti alla loro porta di casa con un pudding e l’accenno di un sorriso, spuntato chissà dove. Forse è drogata di Felix Felicis, pensa non appena lei se ne esce con un gioioso: «Buon Natale, Potter» quando nota Harry alzarsi dalla poltrona antistante il camino e salutare educatamente. Poi agita una mano e uno dei suoi elfi domestici le appare alle spalle, schiocca le piccole dita verdastre e sotto l’albero appare una montagnetta di regali impacchettati. Draco è sbalordito dal modo di fare di sua madre, e anche irritato a dirla tutta, ma è lo stupore a farla da padrone e i primi momenti si ammutolisce. Narcissa finge che niente sia mai accaduto. Lo saluta, lo bacia su una guancia e gli augura Buon Natale, sorride a Harry Potter. E allora pensa davvero che si sia fatta di qualcosa. Sembra tutt’altra persona rispetto a quella con la quale ha discusso alla festa di fidanzamento. Pare non abbiano parlato di Andromeda, che non gli abbia chiesto se vuole davvero sposare l’uomo che ama a giugno. Dubita sia la “Magia” del Natale di cui parla tanto Potter a ogni inizio dicembre. Narcissa comunque non si trattiene molto, dice che lei e Lucius hanno una passaporta per il continente, trascorreranno le feste in uno chalet in Svizzera fino al nuovo anno. Intanto che lei lo abbraccia e lui si morde la lingua, per non chiederle se sia impazzita o altro, Potter gli pizzica il fianco. Non ha bisogno di voltarsi a guardarlo e vederlo scrollare il capo, in un muto invito a lasciar perdere, basta quello perché gli faccia capire che è inutile ribattere. Capire Narcissa Black Malfoy è troppo complicato per la notte della vigilia di Natale.

 

La situazione con sua madre rimane in una sorta di stallo anche nelle settimane successive, persino nei mesi a venire. Continua a non aiutarlo con i preparativi, non hanno più parlato della sera del fidanzamento, ma comunque di tanto in tanto si fa vedere. Ogni volta è sorridente e Draco seguita a stare zitto (per amore della pace). In effetti i mesi dopo le feste di Natale portano anche una serie di problemi di cui è costretto a occuparsi e che distolgono l’attenzione dai suoi genitori. Anzitutto, Rita Skeeter ha fatto tutto tranne che mollare il colpo, ma almeno l’intervista che Harry ha fatto per “Il Cavillo” è servita a qualcosa. Lui non viene più guardato come se avesse una brutta cosa sulla faccia e la gente ha smesso di parlare alle sue spalle. Il Profeta scrive su di loro almeno un paio di volte a settimana, ma Lovegood continua sarcasticamente a ridicolizzarlo e ormai la sua credibilità è scesa sotto lo zero. Gli articoli della Skeeter non fanno più così male. Il risultato è che Draco può permettersi di passeggiare per Diagon Alley senza venire additato come un bastardo che dà filtri d’amore agli eroi del mondo magico. Questa è una delle poche cose che vanno bene della sua vita, a parte Potter e il sesso con lui, quello va sempre a gonfie vele. Continua a evitare di usare la parola “Maledizione” a meno che questa non comprenda l’insultare Harry Potter in frasi tipo: “Maledetto il giorno che t’ho incontrato” o “Maledizione a te e a tutti i tuoi antenati”. Eppure il tarlo non se ne va, come potrebbe? Soprattutto perché l’organizzazione del matrimonio prosegue con un intoppo dietro l’altro. Il primo arriva con la fine di febbraio, quando i gelidi freddi invernali danno un po’ di tregua, le nevi iniziano a sciogliersi e qualche pomeriggio regala anche un po’ di tepore. Riceve un gufo un venerdì mattina: dopo ben cinque prove dal sarto, il suo abito è pronto e gli verrà consegnato quel pomeriggio stesso. Se lo fa portare da un fattorino, che si materializza direttamente nel suo ufficio. Dopo avergli lasciato una lauta mancia per il disturbo, lo congeda con un veloce movimento della mano come a dirgli di levarsi dalle scatole prima di subito. Ha da fare e quindi non si preoccupa di controllare ogni particolare dell’abito come è solito fare quando gliene arriva uno nuovo. Il vestito che ha ordinato, scuro, estivo, da cerimonia e con una lunga giacca ricamata con intarsi d’argento, sta in una custodia di stoffa. Draco abbassa la zip quel tanto da poter vedere che c’è e che i ricami sono quelli che ha stabilito con il sarto. Non bada ad altro, al momento ha dei tavoli da far quadrare e Potter non ha intenzione di aiutarlo. Non che Draco glielo abbia detto, gli farà vedere il lavoro finito e lui si limiterà a dire di sì. Basta non mettere i Dursley vicini a suo padre e tutto andrà per il meglio. Sempre che vengano, non l’hanno ancora confermato. Dunque quel giorno è davvero troppo occupato per pensare al vestito e poi si fida del suo sarto, dato che i Malfoy si servono di lui da decenni. Del guaio, se ne accorge il mattino successivo. Quando lascia che Potter esca di casa, così che possa provarsi il vestito da sposo senza che lui lo veda, non che sia superstizioso, ma vuole che sia una sorpresa. Solo allora si rende conto che la taglia non è minimamente la sua. La giacca gli sta grande di almeno tre taglie, i pantaloni sono enormi anch’essi. Andranno bene a chi almeno ha un fisico il doppio suo, se non di più. Senz’altro zio Vernon riuscirà a far entrare il suo enorme pancione dentro a quei calzoni, non che quello sia il suo genere ovviamente. Troppo raffinato, troppo elegante per un babbano che vende trapani. L’abito è stupefacente come se l’era immaginato, questo c’è da ammetterlo. L’argento risalta in maniera perfetta sulla sua pelle bianca, peccato che, indossandolo, sembri un clown. Elegantissimo, ma pur sempre un pagliaccio. Alla risata isterica che riecheggia nella camera da letto, segue la disperazione e domande che non trovano risposta se non quella già a lui ben nota della maledizione.
«Non siamo maledetti» ripete a se stesso, chiudendo gli occhi e inspirando lentamente. Cerca una pace che non ha, una calma che non trova. Ha un mancamento e si accascia sul letto, coprendosi il volto con le mani. Come può la taglia essere sbagliata? Ha fatto tantissime prove e il signor Luigi è un sarto d’esperienza, conosce a memoria le sue misure dato che si è fatto confezionare decine di abiti. Ha anche un archivio dove sono contenuti tutti i completi che si è fatto fare, comprese le sue misure, che comunque prende ogni volta che deve farne uno nuovo. Il signor Luigi è scrupoloso, vuole che i vestiti che confeziona siano perfetti. Quindi qualcosa è andato storto, è ovvio. Un imprevisto. Un errore nella consegna. Ma lo ripareranno. Ovviamente lo faranno, dato che ha pagato un sacco di soldi. Come prima cosa spedisce un gufo, ordina a Bingley di fare più in fretta che può e in risposta questi gli scocca un’occhiataccia contrariata, come di chi pensa che almeno gli si potrebbe chiedere “Per favore”. Draco è nervoso, sa che è impossibile riuscire a ridurla con un incantesimo o almeno è ciò di cui si convince. Lui di certo non ne è capace. E poi il signor Luigi sarà anche un mago, ma non lavora così. Probabilmente si fa aiutare dagli incantesimi di taglio e cucito per le operazioni più semplici, ma il resto lo fa a mano. Con lunghe forbici, gessetti e un metro da sarto che gli penzola dal collo. Per questo ha impiegato più di sei mesi per realizzare il suo vestito, applicando ogni filo d’argento con pazienza certosina. Ora sono alla fine di febbraio, mancano solo quattro mesi al matrimonio e non riuscirà mai a fare in tempo, gli dice Luigi stesso, scrollando il capo in senso di diniego ore più tardi, dopo che Draco si è materializzato nel suo negozio.
«Ho troppo da fare» dice, spiccio. Nemmeno lo degna di uno sguardo, seguita a lavorare sulle stoffe che ha sparse sopra al tavolo da lavoro, come se non avesse di fronte niente meno che un Malfoy. Una volta la gente si inchinava alla loro levatura sociale, ora quel pezzente neanche lo guarda intanto che gli parla.
«Le misure erano quelle segnate sul foglio, mi sono attenuto a quelle» aggiunge Luigi, facendogli dondolare davanti al naso un pezzetto di carta. Draco si porta il bastone sotto all’ascella e afferra il foglietto con un gesto rabbioso, notando con suo sommo rammarico che in effetti i numeri riportati sono proprio sbagliati. Girovita: 250! E quando mai ha avuto un girovita del genere? Non è del mestiere, ovviamente, ma quelle non possono proprio essere le sue. Il che ha ancora meno senso. L’ultima volta che si sono visti erano i primi di gennaio, la giacca non aveva ancora tutti i ricami, però era perfetta e gli calzava a pennello.
«Un mese e mezzo fa l’abito era della misura giusta, mi pare chiaro che in questo lasso di tempo avete commesso un errore» fa notare, cercando con tutto se stesso di mantenere la calma. Non deve arrabbiarsi né sfoderare la bacchetta. Tantomeno sfoderare la bacchetta. Quindi respira lentamente, si porta una mano alla tempia e la massaggia. La calma non arriva, ma almeno ha sedato gli istinti omicidi.
«Le misure erano quelle riportate sul foglio» ripete il signor Luigi, come in un copione prestabilito. Neanche questa volta l’ha guardato negli occhi.

«Mi servo da voi da anni, non avete mai commesso sbagli come questo e decidete di farlo per l’abito più importante della mia vita? Questo è uno scherzo, vero?» Draco non si rende conto di aver già fatto quella domanda, mesi prima alla festa di fidanzamento dopo che aver visto due Schiopodi Sparacoda irrompere al Maniero. Allora a rispondergli c’era stata la voce imbarazzata di Potter che gli diceva che no, non era affatto uno scherzo. Questa volta Harry non c’è a placare i suoi nervi o a rassicurarlo con lo sguardo, facendogli capire con un cenno che tutto andrà per il meglio. Potter sarà anche uno stupido eroe, ma è la sua colonna in un mondo che non fa altro che crollargli addosso. Il signor Luigi non cerca di rassicurarlo, anzi lo fissa come fosse impazzito. Non sembra neanche dispiaciuto, quanto irritato da quella che ritiene una seccatura. E a quel punto funziona un po’ come per sua madre, vorrebbe gridare, ma non lo fa. Per amore della pace, e dei suoi nervi che potrebbero saltare da un momento all’altro.
«Oh, per Merlino, va bene!» sbotta a un certo punto. «Errare è umano, giusto?» domanda in maniera un po’ retorica. Luigi questa volta non alza nemmeno gli occhi dal lavoro che sta facendo, sente uno sbuffo come se gli stesse dicendo che non ha fatto nessuno sbaglio.
«Santo cielo, sistemi questo dannato vestito e continuerò a servirmi da lei. Nessun rancore.» Draco sente di essere molto più magnanimo di quanto non lo sarebbe mai stato suo padre. Se il signor Luigi avesse fatto una cosa del genere a Lucius, questi probabilmente l’avrebbe torturato fino a farlo urlare di dolore. Draco non arriverebbe mai a tanto, anzitutto perché, ché ché ne dica la gente, non è come suo padre e poi perché ha fatto una promessa a Harry quando si sono messi insieme: niente più cose da Mangiamorte. E comunque non è così cattivo, non lo è mai stato. La cosa che si sente di fare è andarsene indignato e minacciare di non tornare più, ma nessuno lo biasimerebbe per questo.
«Mi dispiace, sono impegnato per i prossimi mesi» replica il sarto Luigi, congedandolo con un cenno della mano e dandogli le spalle. Non gli serve sapere altro. Si smaterializza, portando con sé quel vestito troppo grande e un peso che inizia a diventare troppo da gestire da solo. Il tarlo ha ripreso a scavare.


 

Draco Malfoy, in quella fine di febbraio, sa che c’è una sola cosa che potrebbe fare per aggiustare il suo abito da sposo ovvero andare da quell’unica persona in grado di gestire una situazione d’emergenza senza uccidere nessuno o guardarlo come fosse impazzito. Non indugia neanche un minuto, il tempo è prezioso. Troppo per tornare a casa e scrivere un nuovo messaggio nella speranza che Bingley sia già tornato. La Tana, quindi, gli si para davanti in tutta la sua decadente altezza, un tempo l’avrebbe definita una catapecchia davvero grande, ora… Beh, non la pensa diversamente, ma negli anni ha scoperto che dentro è calda e accogliente e poi Harry adora quel posto e allora lui se l’è fatta andar bene. Quando bussa alla porta, sa che nessuno aspetta una sua visita. I tempi in cui si chiedeva se sarebbe stato ben accetto sono lontani e allora, Draco bussa picchiettando il bastone da passeggio sull’uscio. L’abito da sposo, troppo grande per lui, ondeggia a mezz’aria alle sue spalle. Da poco è passato mezzogiorno, è l’ora di pranzo. Gli pare anche di percepire nell’aria il profumo dell’arrosto e quello più dolce delle patate. Forse c’è anche una torta al cioccolato nel forno, Draco non lo sa. Non ha davvero fame, non avrebbe mangiato in ogni caso, nervoso com’è, ma quel profumo stuzzica il suo interesse. Nessuno di sua conoscenza cucina come la signora Weasley, nemmeno gli Elfi domestici che con la magia ci sanno fare. Però non è qui per mangiare, ricorda a se stesso, ha solo bisogno che Molly gli dica che andrà tutto bene e che il vestito si potrà aggiustare. Ad aprirgli la porta è Percy, anche lui alto e con una chioma spettinata di capelli ricci e rossi. Sta in camicia e Draco pensa di non averlo mai visto così informale prima di allora. Ha le maniche arrotolate fin sopra i gomiti e un paio di bretelle agganciate ai pantaloni.
«Malfoy, qual buon vento?» chiede, squadrandolo dall’alto della sua espressione tirata. Non a tutti gli Weasley sta simpatico. Lo sa, lo sente sulla pelle e non è paranoia. Billy ha un’espressione incattivita quando lo guarda, Ginny probabilmente gli lancerebbe una fattura orcovolante ogni volta che lo incontra. Sebbene abbia superato da un pezzo la cotta per Harry, tra loro c’è un tacito patto di non belligeranza secondo il quale non litigano, si salutano cordialmente pur sapendo che non si frequenterebbero mai se non fosse per Potter. Fingono di anche di piacersi, anche se Draco non sa più quante volte Pansy gli abbia detto di far fuori la rossa prima che torni all’attacco. Lo ha ripetuto talmente tanto che una volta è stato anche tentato di darle retta e avvelenare il suo succo di zucca. Non l’ha fatto perché, rimanendo obiettivi, Ginny non ha mai fatto niente di male e comunque lei ed Harry sono amici. Ad ogni modo quel giorno sembra non esserci, c’è solo Percy che però pare detestare tutto e tutti quindi presume di rientrare nella maggioranza.
«Buongiorno» saluta, chinando appena un poco il capo con fare rispettoso e posando il bastone a terra. Alle sue spalle l’abito nella custodia di stoffa si muove con la grazia di un ballerino. Quel tanto di buona educazione che Narcissa gli ha impartito a suon di occhiatacce e disapprovazione, a qualcosa è senz’altro servita. Percy pare ammirato dalle sue maniere formali.
«Ho bisogno di vedere tua madre, è piuttosto urgente.» Non si azzarda a spiare all’interno, anche se sente un coperchio sbatacchiare contro una pentola e la voce di Arthur parlare con qualcuno, non sa chi. Forse Ron, a giudicare dal fatto che gli pare di sentire il mormorio di Hermione.
«Ma naturalmente» replica, spostandosi così da farlo passare. Percy gli ha sempre dato l’impressione che sarebbe stato un ottimo maggiordomo babbano e invece lavora in un ufficio del ministero che si occupa di relazioni internazionali, un vero spreco. Mentre lo osserva fargli strada fin dentro la casa, pensa che abbia quel giusto fare impettito e un modo quasi di classe e distaccato di dire le cose. Non per niente, Percy è il solo Weasley tenuto in considerazione da sua madre, secondo la quale è l’unica persona con cui si può conversare decentemente in quella famiglia.
«Oh, Draco» lo saluta Arthur, in maniera cordiale. Come è solito fare da qualche anno a questa parte, pochi, ma da quando sta con Harry Potter le vie della Tana gli si sono spalancate. Il signor Weasley sta davvero parlando con Ron che lo fissa come al solito un po’ stralunato e un po’ scocciato, mentre Hermione aiuta Molly in cucina.
«Come mai qui? E Harry non c’è?»
«No, sta ancora indagando su quei manufatti di magia oscura che ha requisito la settimana scorsa e non penso si libererà prima di sera.»
«Oh, che brutta, brutta faccenda» commenta Arthur, scrollando il capo intanto che Ron annuisce. Ha qualcosa in bocca, forse un muffin. Perché quel ragazzo sta sempre masticando non lo capirà mai. D’accordo che è abituato alla buona cucina, ma se ne va sempre in giro con quell’aria da: devo mangiare tutto prima che me lo rubino. Forse, pensa Draco, un modo come un altro di sopravvivere a sei fratelli.
«Ero qui per Molly in realtà» mormora, facendosi avanti pur in imbarazzo. Si guarda attorno, vagamente a disagio. Nonostante tutto ha ancora un po’ di pudore nel mostrarsi tanto informale con loro. «Ho un problema per il matrimonio e speravo potesse darmi una mano.»
«Ma certamente» annuisce Arthur, sorridente «Percy, va’ a chiamare tua madre.»
«Che ti è successo?» chiede invece Ron, facendosi avanti dopo che ha deglutito faticosamente almeno una metà del muffin. Draco lo vede allungare lo sguardo e notare la custodia del vestito che ancora ondeggia alle sue spalle. Sa già che tornerà a tormentarlo con quella storia della maledizione, ma non può nascondere quello che è successo ancora per molto quindi agita la bacchetta e la zip che tiene la custodia chiusa, si apre.
«È il mio abito per la cerimonia» spiega, notando la confusione sui volti di entrambi. «Me l’hanno consegnato ieri, ma le misure sono sbagliate.» Giacca e pantaloni ondeggiano ancora a mezz’aria, mentre la custodia di stoffa si deposita delicatamente sullo schienale della poltrona. La breve spiegazione che ha dato non è servita poi a molto, è perfettamente chiaro quale sia il suo problema.
«Miseriaccia!» esclama Ron per primo, lasciandosi poi scappare un’espressione sconvolta.
«Per tutti i folletti, sembra che qualcuno ti creda fortemente ingrassato» commenta Arthur, con aria bonaria. Draco apprezza il fatto che, nonostante ci sia un qualcosa di evidentemente tragicomico in tutto quello, il signor Weasley non rida. Anche lui ha riso, sebbene solo di disperazione. Potrebbe farlo, così come Ron, eppure sembrano sinceramente dispiaciuti.
«Non so come sia potuta succedere una cosa del genere» se ne esce, qualche istante più tardi, scrollando la testa. Più che altro è incredulità ed esasperazione. Sono solo alla fine di febbraio, ma tutto pare sfuggirgli di mano e i suoi nervi da mesi ormai sono allo stremo. 
«Gli ho commissionato moltissimi abiti in passato, ho fatto ben cinque prove e poi mi arriva in questo stato.» Nel silenzio che scende poco dopo gli sembra quasi di sentire gli ingranaggi di Ron mettersi in moto e teorizzare chissà che cosa, forse le sue labbra mimano la parola “Maledizione”, ma Draco non ci bada. Non lo sente neppure Arthur, tutto preso dall’arrivo di Molly che turbina tra loro come un fulmine. Si asciuga le mani nel grembiule fiorato che indossa intanto che si avvicina.
«Mi cercavi, caro?» dice, avanzando tra loro. Non è necessario che lo spieghi, lei ha già visto e ora fissa, sbigottita, l’elegante ed enorme vestito che penzola nel vuoto.
«Guarda!» E dice solo questo, indicando la giacca troppo grande e i pantaloni troppo larghi.
«Oh, buon cielo» mormora la signora Weasley, portandosi una mano alla bocca.
«Il sarto mi ha detto che non può sistemarlo, non ha tempo. Io non sono abile con questo tipo di incantesimi quindi sono venuto qui.» Draco sa che non ha bisogno di giustificare il suo aver bussato alla porta della Tana, sa di essere sempre ben accetto perché ama Harry e perché ormai loro sono una grande famiglia allargata. Sa che non serve spiegarsi, eppure lo fa lo stesso, raffazzonando una mezza scusa a cui comunque Molly non bada.
«Si può fare qualcosa?» le domanda, subito tacendo. Lei lo fissa con intensità, poi si avvicina al vestito, sfiora la stoffa con la punta delle dita, ne saggia la consistenza tirandola appena. La vede accarezzare con delicatezza i ricami d’argento della giacca e guardarli con una certa ammirazione, è un lavoro ben fatto e lei se n’è senz’altro accorta. Sta pensando a quello che si può fare, lo capisce dal modo in cui gira attorno all’abito con aria professionale. Draco, in silenzio così come Ron, Arthur, Percy e persino Hermione arrivata dalla cucina, aspetta la risposta di Molly come fosse una sentenza. Non sa cosa farà se sarà costretto a buttare quel vestito. Ha altri completi da parte, tutti molto eleganti e che sarebbero perfetti per una cerimonia di nozze, ma non è la stessa cosa. Draco se lo è sentito sulla pelle fin dal momento in cui Luigi ha abbozzato un disegno stilizzato del suo abito, mesi e mesi prima. Quando ha visto quei ricami d’argento su una giacca nera, il taglio dei pantaloni secondo la moda ha pensato subito che avrebbe dovuto sposarsi con quel vestito e con quello soltanto. Può sembrare sciocco o infantile, è come quel pezzo di stoffa rappresentasse un punto di partenza per una nuova vita accanto alla persona che ama.
«Si può fare» annuisce Molly Weasley, sorridente portandosi le mani in grembo. «Ma prima mangiamo, hai l’aria di chi ha bisogno di un bel pranzo sostanzioso per rimettersi in sesto.» Draco non dice niente, nemmeno protesta perché sa che sarebbe un inutile spreco di energie. Molly Weasley non accetta un no come risposta. Si limita a risponderle di sì, aggiungendo che pranzerà volentieri con loro. Si sente di spedire un gufo a Harry, nel caso in cui decida di tornare a casa e non lo trovi, poche parole e la speranza, vana ne è consapevole, che poi lui li raggiunga. E intanto che si lascia convincere da Arthur a sedersi e ad accettare uno stuzzichino, la signora Weasley agita la bacchetta richiamando piatti, bicchieri e posate. Una bella tovaglia bianca si deposita con leggiadria sulla tavola di legno. Ed è allora che si sente a casa.


 

Molly impiega qualche ora per sistemare il vestito e renderlo della taglia giusta. Avendo cresciuto sette figli, fa notare a un certo punto, ha dovuto imparare alla svelta gli incantesimi di taglio e cucito. La sicurezza dei gesti e la precisione degli incanti che lancia non lasciano dubbi riguardo le sue capacità, sebbene i maglioni che distribuisce a Natale siano di dubbio gusto, è abile e glielo riconosce. Draco fa un paio di prove, alla terza il vestito gli calza a pennello e lui può tirare un sospiro di sollievo.
«Mamma ci sa fare con queste cose» commenta Ron, masticando un cupcake verso le cinque di quello stesso pomeriggio. Lui ed Hermione hanno deciso di rimanere per dare una mano e ora che hanno finito, con un rapido movimento di bacchetta, la Granger serve tè per tutti. Sono seduti in soggiorno, Draco se ne sta affondato in poltrona mentre sorseggia tè nero con una goccia di latte e un’altra di miele ad arricchire il gusto, si sente esausto. Non ha davvero fatto nulla per esserlo, ma quando tutto si è sistemato e l’adrenalina ha abbandonato il suo corpo deve aver portato via anche le energie. Ha bisogno di Potter, che ancora non c’è e che probabilmente non vedrà prima di sera. Lui a cui ancora non ha detto niente e a cui di sicuro risponderà con un: “Tutto bene” quando lui gli chiederà della giornata. Mentirà spudoratamente, ma non con cattiveria. Non è necessario che Harry sappia che ha i nervi a pezzi e che ha paura che quella faccenda della maledizione sia vera, neanche gliel’ha detto di Georgina Dunn e del cavaliere. Ci ha pensato Ron per lui, ma Harry non ha creduto a una sola parola e in effetti, rimugina intanto che manda giù un altro sorso di tè, Potter deve aver detto al suo amico di non infastidirli con quella faccenda. A ben pensarci, Ron non ha mai più toccato l’argomento, se non fosse per qualche occhiata eloquente e una o due parole sussurrate non ne hanno più realmente parlato. Fino ad allora.
«E comunque penso ancora che siate maledetti» sostiene Weasley proprio in quel momento. A Draco va di traverso il tè, nel suo tossicchiare c’è quel sentore di sbagliato che lo divora ormai da mesi. Tutto è sbagliato, che Potter sia così preso al lavoro, che lui abbia tutti questi problemi, che sua madre non sia lì con lui in ogni passo importante… Non è come se l’era immaginato e fa un cavolo di male. Rapido, solleva lo sguardo su Ron, il quale divora dolcetti con la solita foga. Nell’osservare il modo in parte compiaciuto, ma anche vagamente preoccupato, con cui parla, Draco pensa che abbia l’aria di chi si è trattenuto sin troppo a lungo. Sta per ribattere e intimargli di tacere, perché non ce la farà a sopportare un’altra discussione con lui sulla maledizione di Georgina Dunn, ma grazie a Merlino non fa in tempo neanche ad aprire la bocca. L’urlo che riecheggia per il salone della Tana e che riverbera fin su in soffitta, lo fa sobbalzare e per lo spavento quasi rovescia il tè che ha in mano.
«Ritira subito quello che hai detto, Ron Weasley!» grida Molly, entrando in soggiorno con la stessa forza di un tornado. Regge un altro vassoio di dolcetti, questa volta sono biscotti al cioccolato. Draco può sentirne il profumo, deve averli appena sfornati ed è quasi sicuro che quella donna voglia ucciderlo a suon di zuccheri. Tuttavia, la rabbia che si nota nel tono della sua voce così come le espressioni severe che porta, gli chiudono lo stomaco.
«Ma mamma, la maledizione, i draghi e…» Hermione lo fulmina con lo sguardo, gli lancia un’occhiataccia come di chi non fa che ripetere le stesse cose da troppo tempo. Dev’essere l'espressione  che fa quando ricorda a Potter di abbottonarsi la camicia come si deve e non andare in giro come un senza bacchetta che dorme sotto a un ponte.
«Nessun: “Ma mamma”» tuona Molly, furente. «Quello che è successo alla festa di fidanzamento è stata solo colpa di Hagrid e della sua insana fissazione per gli animali pericolosi.»
«E il sarto? E Rita Skeeter?» insiste Ron, come se volesse far valere le proprie ragioni. Lui non lo sa, e non lo rivelerebbe neanche sotto tortura, ma gli è segretamente grato. Sta ponendo ad alta voce tutte quelle domande che intimamente fa se stesso da mesi e alle quali non riesce mai a rispondere. Da quando gliene ha parlato, Draco è costantemente diviso tra il crederci o meno. Non può essere vero, continua a dirsi. Ma quando arriva al passaggio successivo e inizia a farsi delle domande più serie su chi mai potrebbe averli maledetti e perché, ecco che ogni ragionamento frana su se stesso. Chi mai potrebbe arrivare a tanto? Si chiede, nascondendo l’angoscia dietro a una sbeccata tazza di porcellana che di sicuro ha visto giorni migliori. Deve ricordarsi di regalare agli Weasley un nuovo servizio da tè, il prossimo Natale.

«Un sarto che non sa fare il suo lavoro non è una maledizione e Rita Skeeter, quella brutta strega, tormenta il povero Harry fin dai tempi della scuola con i suoi articoli pieni di falsità e cattiverie, dove starebbe la novità?»
«Ecco, veramente…» balbetta Ron, in apparenza già sconfitto. La signora Weasley dice il vero. Non c’è niente di nuovo sulle prime pagine del Profeta, tutta roba già vista. E il signor Luigi probabilmente ha avuto una giornata no. Alla fine è stato onesto, non gli ha neanche fatto pagare il vestito a prezzo pieno, glielo ha scontato della metà. Ed è vero che “I Malfoy non accettano sconti da nessuno”, ma pagare a prezzo pieno un abito che poi sarebbe stato comunque da ritoccare gli sembrava un’ingiustizia.
«Molly ha ragione» se ne esce, posando la tazza sul tavolino e alzandosi in piedi con un movimento elegante. Sente gli occhi di tutti posarsi su di lui e le intenzioni tacere, al pari delle lingue. Ha un’aria definitiva nel tono della voce, come di chi non accetta repliche di alcun genere. Vede, negli altri, come un attimo di straniamento di fronte alla sua freddezza e allora ricorda che non è un lato del suo carattere a cui hanno davvero fatto l’abitudine.
«Rita Skeeter è una maledetta strega e quelli del Profeta non hanno più argomenti validi con cui riempire le loro pagine, se io e Harry siamo il loro articolo di punta da mesi. Per non parlare di tutto il clamore che hanno fatto ai tempi del nostro coming out. Quegli articoli non hanno niente a che vedere con la maledizione, sempre che ce ne sia davvero una. Giunto a questo punto neanche mi importa saperlo, tutto quello che voglio è riuscire ad organizzare questo matrimonio nel migliore dei modi.» Draco elargisce un elegante baciamano alla signora Weasley, grazie alla quale la ringrazia per l’aiuto che gli ha dato, oltre che per l’offerta gentile che lei ha fatto di aiutarlo nei mesi a venire. Non è un qualcosa che dimenticherà facilmente, i Malfoy saranno quel che saranno, ma sono riconoscenti con chi ha dato loro una mano. E quella piccola donna, con i suoi capelli rossi arruffati e i suoi grembiuli a fiori, gli ha letteralmente salvato il matrimonio. Le farà recapitare da Bingley un mazzo di fiori, il mattino successivo, assieme a un bigliettino. No, non lo dimenticherà affatto.


 

Draco mette il vestito sotto chiave. Letteralmente. Lo nasconde nella camera di sicurezza che ha alla Gringott, dove sa che nessuno lo toccherà fino al giorno delle nozze. Ché ché ne dica Potter, quello è ancora il posto più sicuro del mondo magico. Considerato che ancora teme che qualcuno lo voglia sabotare, o che non ha del tutto accantonato l’ipotesi che Weasley abbia ragione, gli sembra la soluzione migliore. Quando il folletto chiude la pesante porta alle sue spalle, tira un sospiro di sollievo. Nonostante questo, nelle settimane a venire la situazione non migliora. Rita Skeeter ancora seguita a tormentarlo, ma lui e Harry non leggono quasi più la Gazzetta del Profeta e una voce al ministero dice che le vendite del giornale sono crollate, la Skeeter ha perso ogni credibilità. Questa forse è la sola buona notizia che marzo porta con sé, a parte le nevi che si sciolgono e le giornate che si allungano. Alla metà del mese è a buon punto con i preparativi, ma è allora che si presenta un altro problema e questa volta riguarda gli Elfi domestici. La lista degli invitati, da contenuta, si è trasformata in un qualcosa di inevitabilmente gigantesco. Perché si sa che quando stai per sposare un eroe pieno di mezze famiglie, non c’è davvero mai fine agli sconosciuti a cui devi pagare un lauto pranzo. Ha bloccato il numero su trecento e non ha accettato altri nomi da aggiungere all’elenco, sono in ballo solo i Dursley che non hanno ancora confermato la loro presenza e con i quali farebbero trecentoquattro. Ma in quel caso si sente di fare un’eccezione e non perché gli piacciano, ma perché sono i soli parenti effettivi che Harry “Non riesco mai a di no” Potter ha in vita. Draco ha comunque spedito l’invito per tempo anche a loro, per l’occasione ha usato la posta babbana e sembra che zio Vernon abbia apprezzato in maniera particolare la giusta quantità di francobolli incollati sulla busta. Pare anche che Petunia abbia elargito commenti positivi riguardo la calligrafia perfetta con cui il suo nome era stato scritto. Draco ricorda di essersi profuso in un “Alla cortese attenzione della gentilissima famiglia Dursley” nell’intestazione del biglietto perché se c’è una cosa che fa fare è leccare culi alla gente. Ne va non troppo segretamente fiero, di quello e di tutti gli altri trecentodue che ha scritto. Li ha redatti tutti a mano, facendosi aiutare dalla Granger ovvero dall’unica persona che conosce ad avere una grafia quantomeno decente. Potter e Weasley dovevano solo tacere, preparare caffè e imbustare. 

 

Quando si è effettivamente reso conto del numero di partecipanti, dopo aver dovuto mandar giù almeno mezza bottiglia di Whisky Incendiario, ha realizzato che sarebbero serviti molti Elfi domestici per far fronte all’enorme quantità di cibo che sarebbe stato servito. Occorreva anche trovarne alcuni che fossero ben disposti ad aiutarlo con l’allestimento, il tendone e tutto quanto il resto, considerata soprattutto la location per il matrimonio. Arthur gli ha offerto il giardino della Tana, ma oltre a essere pieno di gnomi è davvero troppo piccolo. Il parco di villa Malfoy a un certo punto sembrava essere la soluzione migliore, ma Draco ha urlato un secco “No” a sua madre che ha messo fine a ogni discussione. Lui e Potter hanno trovato il posto perfetto già ai primi di dicembre e non ha intenzione di cambiare idea: si sposeranno sulle scogliere di Dover, che a giugno saranno uno splendore di prati verdeggianti e del sole nella giusta posizione rispetto a dove ha intenzione di piazzare un arco fiorito di gigli. Creeranno una passaporta da Diagon Alley e si faranno aiutare dagli Auror per gli incantesimi anti-babbano. Frank Graves si è addirittura offerto di mettere in moto la macchina organizzativa al posto loro, così che non debbano avere delle preoccupazioni. Draco sente che gliene sarà grato a vita. Soprattutto perché ha altro a cui pensare. Si fa aiutare da Harry e, di nuovo, dalla signora Weasley per stilare un menù che possa soddisfare le esigenze di tutti. Qualcosa di raffinato e al tempo stesso godibile. Quando sente di avere tutto pronto, inizia a pensare agli Elfi domestici. In genere in simili occasioni si parla con un singolo Elfo e questi fa da passaparola ad altri che sa essere liberi. Ma lui e Potter non hanno un Elfo domestico, il vecchio elfo dei Black è morto da anni. La stessa cosa vale per Weasley e la Granger e per tutti quanti i loro amici. I soli che conosce sono i due che servono al Maniero, ma Draco non ha nessuna intenzione di tornare né di chiedere aiuto a sua madre. Prova anche a girare per Diagon Alley e a chiedere a qualcuno se conosce un Elfo disponibile, ma da quando la Skeeter continua a lanciare veleno su di lui, non tutti si fermano a chiacchierare volentieri. Un giorno, quando già è passata la metà di marzo, Draco si ritrova costretto a bussare alla porta dell’ufficio che Hermione Granger ha al ministero. * Sulla porta c’è la dicitura: “Ufficio cura e controllo delle creature magiche”, proprio accanto, invece, inciso su una placca in metallo si nota la scritta: “Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbruttiti”, più brevemente C.R.E.P.A. che al momento conta qualche centinaia soci. Malfoy stenta sempre a farle presente che negli anni più che far valere i diritti degli Elfi domestici, la sua associazione è diventata un’agenzia di collocamento perché sa che Hermione tende sempre ad avere reazioni un tantino esagerate quando si parla di quell’argomento. Eppure quello che è, è sotto gli occhi di tutti.
«Mi servono almeno una decina di Elfi, forse quindici» le dice, dopo essersi fatto avanti, bastone da passeggio, abito elegante e fare impettito.
«Hai provato con il passaparola?» replica lei da dietro la sua scrivania, dalla quale alza gli occhi brevemente. Sembra indaffarata, ha una pila di qualche centinaia di fogli sulla destra e una altrettanto alta sulla sinistra. Draco non si perde a osservare l’ufficio di Hermione, c’è già stato e ogni volta che entra da quella porta lo trova singolare. Un po’ come la casa che condivide con Weasley, anche quello è pieno d’incantesimi stupefacenti, di oggetti che ha incantato lei stessa rendendoli straordinari. Da sempre è attratto da una clessidra incantata, al cui interno c’è un raffinato incantesimo che mostra una fata intenta a segnare il tempo che manca alla fine dell'orario di lavoro. C’è un orologio, proprio davanti ai suoi occhi, simile a quello che hanno lui e Potter in cucina, in cui viene mostrato dove sia Ron, se è in salvo, al lavoro o in pericolo. E via così da penne prendi appunti che scrivono da sole, a calendari magici fino a un archivio che si sistema da sé. Draco non smetterà mai davvero di ammirare l’ingegno di quella donna.
«Sembra che anima viva sia disposta a presentarne uno al sottoscritto, Granger e non ho nessuna intenzione di andare da mia madre a chiederle un simile favore. Sono disposto a pagarr anche dieci galeoni a Elfo.»
«Dieci galeoni?» domanda lei, sbigottita, abbandonando completamente il proprio lavoro e alzando gli occhi su di lui. «Sei forse impazzito?»
«D’accordo, dieci galeoni sono troppi, ma un galeone d’oro a testa se cucinano per trecento persone e mi aiutano con l’allestimento. Il Presidente dell’associazione per la riabilitazione di quello che è, lo ritiene un prezzo ragionevole?»

«Quindici falci a Elfo, non uno di più» lo corregge Hermione.
«Affare fatto!»
«Ti farò sapere» annuisce lei, rimettendosi al lavoro. Draco si smaterializza da lì prima che lei riesca a sbattere le ciglia.

 

Nemmeno l’intervento della Presidentessa del C.R.E.P.A. serve a qualcosa. Un mese più tardi, alla metà di aprile, Draco non ha ancora trovato un singolo Elfo a cui vada di lavorare per lui. Non aumentando il prezzo, non offrendo di farli lavorare gratis. Niente. Neanche il nome di Harry Potter è servito a qualcosa, non l’intervento di chi tiene a loro al punto da creare un’associazione per la loro salvaguardia e che si batta per i loro diritti. Sembra, a dire il vero, che non esitano più Elfi liberi a Londra. Il che è esattamente ciò che dice alla signora Weasley, quando di nuovo si presenta alla sua porta con un altro problema da risolvere. Nel frattempo, Draco è riuscito a trovare l’occorrente per l’allestimento, anche grazie a Harry che finalmente ha allentato la presa sul lavoro e si è messo ad aiutarlo. Un giorno gli ha detto che sarebbe passato alla banca a cambiare i galeoni con delle sterline, quindi è andato con Hermione nella Londra babbana e quando è tornato, ore più tardi, aveva con sé tutto l’occorrente per allestire un matrimonio di trecento persone. Tengono tutto in una scatola, grazie a un incantesimo di estensione irriconoscibile. Anche quella l’hanno sistemata nella cassetta di sicurezza alla Gringott, dove non può accedere nessuno, nemmeno Potter. La certezza di far sedere i suoi invitati su delle sedie e non per terra come i fricchettoni, gli dà un po’ di speranza. Ma questa non allevia del tutto la tensione, ha ancora un menù e nessuno che lo possa cucinare. Quando si presenta alla Tana, un mattino attorno al venti di aprile, al matrimonio manca un mese e mezzo e Draco sente già di impazzire. Molly lo fa sedere e gli offre una tazza di caffè caldo e un biscotto, tutti hanno bisogno di biscotti nei momenti tristi, dice lei.
«Ecco cosa faremo» se ne esce Molly intanto che lui, a bocca piena, annuisce lentamente. «Manderò un gufo a Minerva e le chiederò se può prestarci gli Elfi di Hogwarts, sono un numero sufficiente per cucinare il menù che serve a te a Harry, sono sicura che dirà di sì, ma nel frattempo ti chiedo di aprire questa» dice porgendogli una scatola ben impacchettata con un fiocco giallo e carta colorata, che Molly fa levitare sin sul tavolo.
«Il regalo mio e di Arthur per voi» dice, porgendogli altri biscotti che Draco sgranocchia impunemente intanto che fissa la scatola. Ma manca ancora così tanto e…
«Aprila, ti servirà molto più di quanto pensi.» E allora lo fa e sgrana gli occhi quando vede che dentro c’è soltanto un fiore, un giglio bianco per la precisione. Lo prende tra le mani, ne annusa il profumo, se lo rigira tra le dita, saggiando la consistenza dei petali setosi al tatto. Adora i gigli.
«So che non sei riuscito a trovare un fioraio magico e che pensavi di fare tutto da solo, beh, ho detto ad Arthur che se volevamo farvi un regalo come si deve allora avremmo dovuto fare qualcosa per voi. Penseremo noi ai fiori per la cerimonia. Gigli e tutto quello che vorrete.»
«Io non so cosa dire» balbetta e forse ha anche le guance rosse per l’imbarazzo. Non si sente davvero a disagio, più che altro emozionato. Incredulo e stanco. Tanto, tanto stanco. «Solo… Grazie, grazie davvero per tutto.»
«Ma figurati, caro» replica lei, regalandogli un sorriso.


 

Draco è più sereno nei giorni a venire. Ron Weasley non può avere ragione e non ce l’ha, si ripete con forza ogni giorno, sempre più convinto di quanto dice. Non pensa più alla maledizione di Georgina Dunn e del cavaliere. Ormai è tutto pronto. Ha risolto l’allestimento, i fiori, i posti a sedere, i menù e da quando la McGranitt ha accettato di prestare loro gli Elfi di Hogwarts, sente come se il peso che aveva sullo stomaco se ne sia andato. Gli abiti sono pronti e la torta verrà preparata dal miglior pasticcere di Londra. O così crede. In realtà a un certo punto succedono due cose, praticamente nello stesso momento. Arriva una lettera da parte di Dudley, un venerdì assieme alla posta del mattino. Bingley deve averla strappata di mano al povero cugino di Harry, perché l’angolo in alto a sinistra è rovinato e il resto della lettera, stropicciata. Poche parole scritte con una calligrafia elementare, permettono loro di capire che i Dursley al gran completo verranno alla cerimonia e al banchetto. Draco ha passato mesi a sperare che questo non succedesse e che i suoi genitori, i quali ancora odiano i babbani, incontrassero dei babbani che ancora odiano i maghi. Ma a quanto pare era troppo sperare che non venissero. Fa una faccia disperata, che Potter caccia via con un bacio e la promessa che andrà tutto per il meglio. Facile per lui essere sempre positivo, Malfoy invece non è così ottimista. Prevede già il disastro più totale. Che arriva sì, ma da una direzione che non si sarebbe mai aspettato. Legge la notizia sulla Gazzetta del Profeta, che ancora comprano per essere pronti a spedire lettere di protesta, che di solito non servono a niente, ma almeno fanno capire a quella gente di non essere affatto d’accordo con quanto viene scritto su di loro. All’inizio nemmeno se ne rende conto, ma poi quel nome scritto a caratteri cubitali sulla prima pagina, fa scattare un qualcosa dentro al suo cervello. Almeno, si dice, l’articolo non è della Skeeter.



 

Mathieu de la Tour 
arrestato nella notte



 

Il pasticcere Mathieu de la Tour, ex studente di Beauxbatons, trasferitosi a Londra qualche anno fa, dove ha aperto una pasticceria nella zona babbana della città, è stato arrestato questa notte dagli Auror del Ministero della Magia, per possesso di artefatti magici oscuri. Il Capo Auror Frank Graves ha ricevuto un messaggio anonimo nel pomeriggio di ieri, nel quale si diceva che il suddetto pasticcere nascondesse qualcosa di illecito nel retrobottega del suo negozio di dolci. A seguito di una breve indagine, un elevato numero di oggetti oscuri spariti alla fine di febbraio dall'Ufficio Misteri, il cui furto tiene gli Auror impegnati da settimane con indagini che però non hanno portato a un "Nulla di fatto" dietro l'altro, è stato rinvenuto nei locali della sua pasticceria. L’uomo è stato arrestato e interrogato dagli Auror, ma fonti interne al Ministero dicono che al momento si mostra reticente a collaborare. 

 

Il celebre pasticcere era stato incaricato qualche mese fa di creare la torta per il matrimonio di Harry Potter e di Draco Malfoy, quest'ultimo già famoso per le sue malefatte. Inevitabile per noi è fare un collegamento tra il Malfoy, ex Mangiamorte a servizio di Colui-Che-Non-Dev’essere-Nominato, e il signor de la Tour. Da parte nostra esprimiamo tutta la nostra solidarietà al signor Harry Potter e ci chiediamo quando il ministero si deciderà a intervenire nei confronti di Draco Malfoy.


 


 



Continua





 

*Per quanto riguarda la carriera di Hermione al ministero, prima di passare all’ufficio “Applicazione della legge sulla magia” ha passato diverso tempo all’ufficio: “Cura e controllo delle creature magiche”. Fonte: Harry Potter Wiki



Note: Un grazie alle persone che stanno seguendo questa storia, mi dispiace per aver tardato, ma sarà sempre un po’ così. Cercherò di pubblicare puntuale di giovedì, ma so già che non ci riuscirò. Grazie a chi ha lasciato una recensione a chi ha inserito la storia tra le seguite, preferite e ricordate di Efp.
Koa

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Capitolo 5
*** Sai qual è il colmo per un pasticciere? ***


Sai qual è il colmo per un pasticciere?




 

Succede una cosa, a metà febbraio. È il periodo in cui Draco viene coinvolto, proprio malgrado va detto, da una crisi sentimentale di Blaise Zabini, che lo tormenta persino la notte con i suoi inutili e odiosi drammi d’amore. In quei giorni in realtà le cose vanno sorprendentemente bene, è riuscito persino a trascorrere un bel San Valentino con Potter, fatto più unico che raro considerato il suo non aver dovuto lavorare per una sera. Un paio di giorni più tardi, Harry gli parla della questione. Fuori nevica e la cosa lo rende felice, adora la neve! Potter lo fa sedere sul divano del soggiorno, gli dà una mela (adora anche le mele, oltre alla neve) e dice che vuole che lo sappia da lui, ancora prima che esca la notizia sui giornali. Per un attimo teme che voglia lasciarlo, ma oltre al fatto che non rilascerebbe mai interviste sulla sua vita privata, il suo volto ha un’espressione troppo grave e la voce è tesa come di rado l’ha sentita. No, non è per loro due. Dice che c’è tensione al ministero della magia e che il Ministro e il capo Ufficio Auror sono fortemente preoccupati. La premessa che fa a quel discorso inizia dal loro quinto anno a Hogwarts, quando lui e quella banda di scapestrati amici suoi ha fatto irruzione all’Ufficio Misteri per trovare la profezia su Harry e Voldemort prima che ci arrivassero i Mangiamorte. Draco ricorda quel periodo, è stato allora che Lucius è stato arrestato per la prima volta. Dopo che gli Auror si sono fatti fregare da una banda di ragazzini del quarto anno, e una volta caduto l’Oscuro Signore, considerato anche ciò che vi è contenuto, sono state prese delle precauzioni ed è scattato un serrato iter burocratico. Tanto per cominciare non sono ammesse visite da parte di persone non impiegate presso il ministero e, anche coloro che vi lavorano, non possono accedere a tutte le stanze. Esistono impiegati dell’Ufficio Misteri e un Capo Ufficio Misteri a cui fare riferimento in caso di necessità. Per evitare che chiunque possa entrarci sono stati chiusi tutti i camini e innalzate delle barriere per impedire che maghi e streghe possano materializzarsi senza preavviso. Nel caso in cui una persona abbia bisogno di un qualche manufatto lì contenuto, o ne debba depositare uno, deve procedere con la compilazione di un modulo nel quale certifica cosa deve cercare e quale utilizzo intende farne. Poi, un impiegato stabilirà se tale oggetto può venire concesso in prestito oppure no. Nel caso in cui venga prelevato, esiste quindi una normativa di controllo e regolamento dell’uso dei manufatti magici, che Potter non si perde a spiegare. Sostiene però che sia un metodo rigoroso, coadiuvato da un regolamento molto preciso che non ha mai fallito. Fino ad ora. Draco non si sorprende quando gli dice che è stata Hermione a proporre la nuova normativa dell’Ufficio Misteri a Kingsley. Però si stupisce quando gli dice che c’è stata una falla. Quando alcuni artefatti oscuri contenuti negli archivi spariscono nel nulla, oltre all’iniziale sbigottimento, le più alte cariche si mettono in allarme. Non può proprio essere che sia stata messa in atto un’incursione dall’esterno, aggiunge Harry pensieroso. Se ne sarebbero accorti tutti.
«L’indagine è già iniziata, il primo passo è stato interrogare i dipendenti. Ci hanno somministrato il veritaserum» spiega Harry, sottolineando che Graves e Kingsley non intendono andarci leggeri. Potter non mostra la benché minima traccia di risentimento per essere stato sospettato, anzi conoscendo il suo sciocco senso di giustizia dev’essersi offerto di prenderlo per primo. Non gli dice di che oggetti di magia oscura si tratta e Malfoy è piuttosto sicuro di non volerlo nemmeno sapere. Non è quello l’importante.
«Ha portato a qualche risultato?» domanda e quando Harry scrolla il capo, vede la preoccupazione ispessirgli le rughe della fronte. I prossimi tempi, aggiunge ritirandosi in un mutismo pensieroso, saranno impegnativi soprattutto per lui.

 

Nonostante le indagini e il veritaserum, nei giorni immediatamente successivi al furto non solo il ladro non viene trovato, ma la refurtiva non salta fuori in nessuna delle moltissime retate notturne che gli Auror mettono in atto tra coloro che, in passato, sono stati accusati di praticare la magia oscura. Inutile girarci attorno, dice Potter: passeranno in rassegna tutti gli ex Mangiamorte ancora in vita non rinchiusi ad Azkaban. Vanno anche al Maniero e Draco per un attimo, uno solo, pensa che possa essere stato suo padre. Quando Harry lo informa che i suoi genitori sono puliti, tira un sospiro di sollievo. Fa la stessa cosa anche quando Graves e altri due Auror si presentano un pomeriggio davanti alla loro porta di casa, dicendo di dover ispezionare l’appartamento. Non sono lì per Potter, ovviamente. E comunque Harry non c’è, ha ritenuto più giusto essere assente all’ispezione. Nessun favoritismo per l’eroe del mondo magico, è questo a renderlo schifosamente più eroico di quanto già non sia.
«È una pura formalità» lo rassicura Frank Graves, ammiccando bonario. Non trovano niente, ché ché ne dica la Skeeter o il segno che ha sul braccio, Draco non è più un Mangiamorte da ormai molto tempo. L’essere stato sollevato da ogni accusa, così come Lucius e Narcissa, non lo fa sentire meglio. Anche perché le settimane a venire non portano risultati convincenti e tutti i sospettati vengono rilasciati dopo poche ore. La stampa sta addosso al ministero e pretende risposte. La gente, che passeggia per Diagon Alley e tiene la Gazzetta arrotolata sotto al braccio, cammina rapidamente scrollando la testa e pretende risposte. Nessuno sembra riuscire però a capirci qualcosa. Chi mai può essere tanto potente da oltrepassare le barriere magiche degli Auror? Come ha fatto a non farsi scoprire? Cosa ne deve fare di quegli oggetti magici? Con il passare delle settimane, Harry è sempre più teso. La refurtiva non viene trovata né le tracce di magia nera annesse vengono rilevate. Chiunque ha preso quegli oggetti deve averli messi in un cassetto e mai usati, così gli dice Harry una sera dei primi di aprile. Ha studiato ogni possibilità, riletto fino alla nausea le testimonianze degli impiegati, ma non riesce a risolvere l’enigma. Ormai passa più tempo al lavoro che a casa, ma non è colpa sua. Potter gli manca, certo, odia soprattutto l’idea di doverlo tenere fuori dai preparativi del matrimonio e non dovergli rivelare le preoccupazioni che lo attanagliano, e che invece tiene per sé. Non gli parla mai del vestito sbagliato o dei problemi a trovare Elfi domestici, dice: «Tutto bene» anche quando non va bene per niente. E poi c’è lei, Rosamund qualcosa, non ricorda proprio il cognome. La tirocinante Auror che ha causato così tanti grattacapi al suo fidanzato. Beh, c’è una ragione se Draco ha amato vivere i mesi di gennaio e febbraio e il motivo è che la suddetta tirocinante non era al lavoro con Potter durante quel periodo. Il suo tirocinio era terminato con la fine del mese di dicembre, per poi riprendere soltanto ai primi di marzo, dopo che la suddetta aveva effettuato gli esami di rito per il passaggio ad Auror effettivo. Quando Rosamund torna al lavoro, Draco se ne accorge subito. Lo nota una sera, gli basta la sua espressione nervosa per capire tutto al volo.
«Credo che quella ragazza non sia portata per fare questo mestiere» dichiara e se Potter si sbilancia in un giudizio simile, proprio lui che cerca sempre di essere gentile con tutti per non causare un dispiacere, significa che è la verità. Vuol dire anche che se una persona dell’Ufficio Auror lavora male, lui è costretto a lavorare il doppio per evitare che succedano disastri. Gli basta meno di un mese dal rientro di Rosamund, alla fine di marzo, Potter è esausto.
«Lavora male: è distratta, superficiale… I suoi incantesimi difensivi lasciano molto a desiderare. Non capisco nemmeno come abbia fatto a passare l’esame da Auror, considerato quanto è tosto.»
«E Graves te l’ha mollata a te» considera, con una punta di sarcasmo. Non è neanche una vera domanda. Anche se non gliel’ha detto apertamente, è ovvio che sia così.
«Il tirocinio è stato un incubo, qualsiasi cosa le spiegassi dovevo ripeterla due volte e quando la rifaceva, era comunque tutto sbagliato. Sembrava commettere errori di proposito. Però rimpiango quel periodo, almeno allora le facevo redigere rapporti o fare ricerche in biblioteca, adesso è effettiva e non posso neanche più fare coppia con Ron, devo per forza portarla dietro perché Graves non si fida a mandarla da sola.»
«Uomo saggio» commenta Draco, laconico. Per quella sera, decide spingendolo sul divano, hanno parlato abbastanza. Meglio fare l’amore e non pensare a Miss Inutilità.

 

Nessuno si sarebbe mai aspettato che la refurtiva sparita dal ministero a fine febbraio spuntasse fuori a maggio, a meno di un mese dal matrimonio che Draco ha autodefinito “Del secolo”. Il fatto che a venire arrestato sia il pasticciere che deve preparare la torta di nozze sua e di Potter gli fa cedere le ginocchia. Ha un mancamento, nemmeno finto stavolta. Si accascia sulla sedia della cucina, facendo cadere a terra il giornale. Quella è l’ultima goccia, ciò che lo fa definitivamente capitolare. Non può più andare avanti, ormai è chiaro: l’universo gli sta remando contro. Quando immaginava il modo in cui avrebbe organizzato il proprio matrimonio, Draco vedeva se stesso a fare scelte di stile sorseggiando Champagne e snocciolando commenti salaci assieme a Pansy. Di certo non si sarebbe mai immaginato questo delirio. Ne ha passate di tutti i colori, ma questo no. Questo è troppo. Harry sulle prime non capisce, non sa. E come potrebbe? Questa notte è stato con lui e l’articolo dice che Graves ha agito da solo, con l’aiuto di un altro Auror che però non viene accreditato. Gli accarezza la schiena, chiede cosa sia successo e Draco mormora parole incomprensibili, indicando il giornale a terra. Si sente debole e avrebbe soltanto voglia di urlare, se non fosse così sfinito dai tanti, troppi problemi che ha incontrato. Ha sopportato tutto in silenzio, con pazienza ed ettolitri di camomilla. Ma la torta di nozze è il simbolo di un matrimonio, Draco lo sa. Ha scelto con attenzione la loro, tenendo conto anche di Harry e dei suoi gusti, facendo in modo che fosse stupefacente. E invece il loro pasticcere è un mago oscuro, ha chissà come ha rubato artefatti dall’Ufficio Misteri e finirà ad Azkaban. Probabilmente il suo negozio è già stato chiuso dagli Auror. E ora come faranno? Non può chiedere di nuovo l’aiuto degli Weasley, Molly è stata fin tanto generosa con lui, dandogli una mano ogni volta e addirittura tacendo con Harry per evitare che si stressasse troppo. E probabilmente è anche vero che proviene da una famiglia che per generazioni ha pensato che tutto gli fosse dovuto unicamente in nome del sangue puro, ma Draco sente di non poter chiederle altro. Non di preparare una torta per trecento persone, è semplicemente improponibile. Disperato, affonda il viso tra le mani, quasi vorrebbe piangere, anche se sente di non riuscirci fino in fondo. Sarebbe quasi liberatorio, da quando quell’incubo è iniziato non l’ha mai fatto, ma la sua disperazione ha radici diverse e c’entra forse più con la frustrazione repressa che fa scattare nella sua mente un turbinio di pensieri terribili, che si susseguono ad altri ben peggiori. È allora che inizia a credere seriamente che Ron Weasley abbia ragione. Sono stati maledetti, questa è la sola spiegazione logica che riesce a trovare. Qualcuno non vuole che si sposino, chissà chi o perché, ma è evidente ormai. Forse è per colpa sua, per il fatto che è stato un Mangiamorte e per tutti gli errori che ha commesso quando era un ragazzo. Senz’altro è per il cognome che porta e il marchio nero sbiadito che ha sul braccio.

 

«Calmo, andrà tutto bene» dice Potter dopo aver letto il giornale e averlo risposto sul tavolo. Sa che è sbagliato prendersela con lui, sta solo cercando di farlo sentire meglio. Ma sbagliando davvero tutto quello che un uomo può sbagliare, salta su come uno a cui hanno punzecchiato il sedere e inizia a gridare: «Smettila di dirlo!» dice, facendo tutto tranne che calmarsi. «Niente va bene, da mesi ormai è tutto difficile, tutto complicato.»
«Di che stai parlando?» Potter ha sgranato i suoi grandi occhioni verdi, che poi socchiude spiandolo da dietro gli occhiali tondi che porta. Serra le labbra, riducendole a una fessura. Sa che sta cercando di capire che tipo di persona ha davanti e fino a che punto gli abbia mentito. Lo guardava così i primi tempi della loro relazione, quando ancora non si erano detti tutto. A quel punto si rende conto di aver parlato troppo. Si morde le labbra e abbassa lo sguardo, tutta la rabbia è improvvisamente evaporata. Che stupido è stato, non doveva agitarsi così. Ha torturato se stesso, portandosi al limite e sopportando il peso di una possibile maledizione sulle spalle, e lo ha fatto soltanto per proteggere il suo fidanzato.
«Niente, dicevo tanto per dire» borbotta, tornando dritto e impettito e facendo già per andarsene. Battere in ritirata è ancora la sua specialità. Ma Harry Potter non crede mai davvero quando Draco Malfoy ha in viso quell’espressione di finto disinteresse. Vorrebbe saper mentire come faceva una volta, ma ormai si rende sempre più spesso conto di non riuscirci affatto.
«Draco, c’è qualcosa che ti preoccupa. Non credere che non l’abbia notato, se è per de la Tour, ero serio quando dicevo che non hai niente da temere. Riusciremo a farcela e anche se non dovesse esserci una torta, non fa niente. L’importante siamo tu ed io.» La semplicità delle parole di Potter lo colpisce direttamente al cuore. Vorrebbe gridare, ma è come se la sua rabbia si fosse sgonfiata. Forse dovrebbe urlare ancora di più e invece tace. Ha sempre trovato la sua calma rassicurante. Riesce ad affrontare problemi che Draco trova insormontabili con una serenità che gli dà forza. Da quando stanno insieme l’ha sempre fatto, si appoggia a lui ogni volta che qualcosa non va nel modo in cui aveva previsto. Ma in passato si è sempre trattato di altro, di cose relativamente importanti come il rapporto con i suoi genitori, ma niente che riguardasse una maledizione. Draco è tentato di dirgli tutto, ma le parole non gli escono e i pensieri si inceppano.
«I-io…» tenta, balbettante, guardando a terra e non trovando neppure il coraggio di alzare lo sguardo su di lui. Harry sa di Georgina Dunn e del cavaliere, Weasley ne ha parlato anche a lui, ma è sicuro che non ci creda. Se gli dicesse adesso che è tutto vero, come reagirebbe? Potter ne sa più di un qualcosa di queste cose e non solo perché è un Auror con un’incredibile resistenza alle maledizioni senza perdono, ma anche perché ne ha affrontate parecchie nel corso della propria vita di studente. Dunque chi meglio di Harry Potter per affrontare un simile problema?

 

Draco sente come una voce dentro la testa che urla con disperazione e lo invoglia ad aprirsi con l’uomo che ama. Si è sempre sentito un vigliacco idiota al pensiero di dovergli raccontare un sacco di balle. Lo ha fatto per proteggerlo, certo, ma anche perché fin da subito si è sentito un cretino a pensare che fosse la verità. Non vorrebbe dar retta al tarlo che nella sua testa scava da mesi, fin dalla sera degli Schiopodi Sparacoda al Maniero e della discussione con sua madre, in fondo Potter ha ragione e potrebbe risolversi ancora tutto per il meglio. Immagina, per esempio, che questo pasticciere abbia degli aiutanti altrettanto capaci. Malfoy potrebbe pagarli profumatamente, concedendo loro una lauta mancia, se decidono di provare lo stesso a fare quella benedetta torta. Esistono degli appunti a riguardo, Draco ricorda un quadernetto in pelle dove de la Tour ha annotato quello che lui ed Harry desideravano. Immagina che non sia stato requisito, e perché avrebbe dovuto? L’idea lo rinvigorisce, ma certo che finirà per il meglio!
«Mi dispiace, Potter, se ho reagito così. Gli ultimi mesi sono stati impegnativi» ammette e non scenderà nel dettaglio, non serve nemmeno farlo. Organizzare ricevimenti di nozze è sempre stressante, lui lo è stato più del solito tutto qua.
«Ed è anche colpa mia, ti ho lasciato da solo con matrimonio da trecento invitati. Ron mi ha detto che sei stato molto stressato e che hai chiesto aiuto a Molly più di una volta.»
«Sì, lei è stata…» Ma Draco non trova le parole per descriverla. Per istinto gli viene da dire “Materna”, ma si trattiene perché è un aggettivo che stenta sempre a utilizzare. Lo è stata davvero, ma lei non è sua madre. Narcissa lo è e lei non ha mai corrisposto a descrizione. Forse, materno, lo è stato il suo volerlo salvare da morte certa, durante la guerra. Però è un discorso complicato, pieno di variabili che si intersecano rendendo il quadro una sorta di puzzle da milioni di pezzi e non si sente d’affrontare tutto questo in un momento del genere. Quindi dice: «Gentile» e spera che a Potter basti.
«Sono contento che tu abbia legato così tanto con loro, gli Weasley sono come una famiglia per me. Lo sono sempre stati.» Lo sa, così come sa che non considera Molly e Arthur come una madre e un padre. La sola persona ad aver ricoperto un ruolo del genere è stato Sirius e mai nessuno prenderà il suo posto. Gli Weasley sono più come degli zii sempre pronti a dare una mano, che mandano torte e buoni consigli.
«Sì, ma non voglio chiedere ancora il loro aiuto. Sono stati sin troppo disponibili, questa volta voglio cavarmela da solo.»
«Beh, non sarai solo» puntualizza Harry, inforcando meglio gli occhiali sul naso. «Visto che la refurtiva è stata recuperata mi prendo un giorno libero. Sistemeremo questa faccenda della torta prima di sera.»
«Davvero lo faresti?» domanda Draco, quasi con il timore che lo stia prendendo in giro o quello, ancora più reale, che d’improvviso si ricordi di avere di meglio da fare e se ne vada via. Non vuole vederlo sparire di nuovo, vuole che stiano insieme per tutto il tempo possibile.
«Certo, mando subito un gufo a Graves. Non dovrebbero esserci problemi.» E detto questo sparisce in soggiorno, lo vede sedersi allo scrittoio e vergare parole con una grafia frettolosa. Quella che probabilmente stenta lui stesso a capire. Qualche minuto più tardi, Bingley vola fuori dalla finestra con un foglio arrotolato attorno alle zampe.
«Allora, che si fa?» chiede Harry, con ritrovato entusiasmo.
«Anzitutto ti vesti, Potter, sempre se sei capace di farlo. E poi andiamo subito alla pasticceria e vediamo se gli assistenti di de la Tour si sentono in grado di preparare una torta del genere.» Intanto che va in camera per e agita la bacchetta così da far levitare tazze e piattini della colazione fin dentro al lavello, si rende conto che il tarlo non se n’è andato. L’ombra della maledizione incombe ancora sulle loro teste.


 

Harry insiste perché prima di andare in pasticceria facciano una passeggiata per le strade di Londra.
«È tanto che non ne facciamo una» dice e neanche può evitare di dargli ragione, perché ne ha. In effetti Draco non va spesso in giro tra i non magici. Però è maggio, fa relativamente caldo tanto da poter stare in maniche di camicia e quella è la prima volta dopo settimane che lui e Potter si prendono del tempo per loro. Sì, c’è ancora il problema della torta nuziale da risolvere e gli echi di una possibile maledizione a scavare nel suo cervello, ma in quel momento intanto che Harry lo prende per mano e punta la bacchetta verso se stesso per la smaterializzazione congiunta, ha il piacevole sentore che i problemi che lo attanagliano siano distanti. Forse ha ragione il malvestito quando dice che contano loro e basta, che torte o abiti non sono davvero importanti in un matrimonio. Ci pensa per un minuto o due senza dargli appieno ragione, perché è pur sempre un Malfoy ed è cresciuto in una casa in cui l’apparenza contava forse più della sostanza. Quasi gli pare di vedere il sopracciglio arcuato di Narcissa, che lo rimprovera di aver anche solo accarezzato l’idea che possano sposarsi senza torta nuziale. Però poi si smaterializzano a Piccadilly Circus e smette di pensare. Potter ha fatto apparire entrambi nello spogliatoio di un negozio di abiti. Non ha idea di come facesse a sapere che fosse vuoto, ma sa che quando ne escono la commessa li guarda straniti e poi ridacchia. Pensa abbiano fatto chissà cosa là dentro, ne è sicuro. E morirebbe piuttosto che ammettere che è arrossito sugli zigomi, però ha accelerato il passo ed è fuggito da lì prima di subito.
«Da questa parte» dice Potter, una volta fuori. Draco lo segue senza fiatare, non si sa orientare bene nella Londra babbana. Non ha mai avuto bisogno di studiare le mappe. Se ha necessità di andare in un luogo usa la magia per trovarlo, ma siccome sta per sposare uno stupido idiota, allora il suddetto stupido idiota gli dice che vuole andare a piedi fino alla pasticceria, che si trova a Fareham street, che Draco non ha idea di come si raggiunga da lì. Ma lui lo sa, dice: “Non è molto lontano” e allora lo segue. La camminata è piacevole, Piccadilly è invasa principalmente da frotte di turisti che si fermano a fotografare qualsiasi cosa con le loro macchinette molto poco magiche. Il via vai però si dirada man a mano che procedono fuori dalla piazza. Alla fine Londra non è così male. Quindi decide di rallentare l'andatura e godersi il momento. Si rende conto di diverse cose mentre camminano. Anzitutto è vero che i babbani guardano, ma non osservano. Lui e Potter hanno scritto “Maghi” in faccia ed Harry ha persino la bacchetta che gli spunta dai pantaloni, ma nessuno sembra farci caso. L’abbigliamento informale di Potter, fatto di jeans e maglietta, lo fa passare inosservato. Tutto al contrario di lui che con abito elegante alla moda dei maghi e bastone con la testa di serpente, probabilmente viene scambiato per un attore. È fortunato che non sia inverno e non abbia anche il mantello e l’abito di velluto, sarebbe sembrato ancora più strambo. Sente comunque su di sé le occhiate stranite, i mormorii indistinti alle spalle, ma è abile a ignorarli. Ci fa caso solo all’inizio, ma subito Potter si lancia nel racconto di quando zio Vernon e zia Petunia portavano lui e Dudley in giro per la città e pensava che le persone fossero tutte terribilmente gentili, dato che lo salutavano tutti levandosi il cappello. Anche allora, qualche mago c’è in giro che si leva il berretto e dice: «Buon pomeriggio, signor Potter» prima di filare via a passo spedito. Draco sorride dolcemente al pensiero di quell’Harry là, quello forse un po’ ingenuo che trovava buffo aizzare serpenti allo zoo contro suo cugino, quello che trovava le persone sempre molto educate e che ignorava di essere un mago. 

 

Da Piccadilly camminano fino a raggiungere Regent street, che percorrono sin quando non svoltano in Great Marlborough. Draco rimane affascinato dalle vetrine dei negozi ben arredate, dal piacevole tepore del sole che gli accarezza la fronte così come dal venticello primaverile che sferza la pelle accaldata del suo viso. Le strade sono un trionfo di fiorellini freschi e profumati che straripano da enormi vasi di fiori e profumano di un sapore dolce e piacevole. I babbani ancora lo fissano, ma tutto sommato è una passeggiata piacevole. Quasi si dispiace di non avere sterline in tasca quando nota una stupenda lampada in un negozio d’antiquariato. O ancora la volta in cui superano un chiosco che vende pesce fritto e patatine e che impregna l’aria dell'odore di pastella. Metterebbe volentieri qualcosa nello stomaco, anche se non è neppure mezzogiorno. Superano Noel street dopo essersi fermati più di un momento ad ammirare quanto ha da offrire una pelletteria che vende accessori da uomo, anche quello ha più di un qualcosa di interessante. Di nuovo, vorrebbe entrare e acquistare quella cintura che vede tra un’agenda e un paio di guanti, ma continua a non avere sterline con sé. Più o meno è allora che inizia a sentire male ai piedi, le sue elegantissime scarpe in cuoio non sono adatte a camminare così tanto. Quando le ha indossate questa mattina avrebbe dovuto mettere in conto di vivere con un nato povero e che povero ci morirà. Dal canto suo, i nobili non camminano. Usano la magia o al massimo si fanno portare le cose dagli altri. Se fosse vissuto secoli fa l’avrebbero issato su una portantina e condotto a braccia, magari intanto che lo sventolavano con piume di pavone bianco. «Sono stanco, Potter» si lamenta, nella vana speranza che decida di prenderlo in spalla. Non succede e invece di ascoltarlo, e magari optare per la smaterializzazione, Harry prosegue senza di lui invitandolo a sbrigarsi se non vuole rimanere indietro.
«Maledetto straccione!» sibila tra i denti, puntellando il bastone sul ciottolato del marciapiede e facendosi forza. Quando finalmente arrivano a Fareham street, dove Mathieu de la Tour ha aperto il suo negozio di dolci, è quasi sicuro che gli verranno le vesciche alle piante dei piedi. Non capisce proprio per quale motivo non hanno potuto smaterializzarsi lì da subito, si dice evitando però di soffermarsi a ragionare sul fatto che si sente nonostante tutto molto leggero e sì, anche felice. Gli pare quasi che quel tempo a non far niente e a parlare di sciocchezze con Harry gli abbia dato una nuova gioia di vivere. Almeno fino a che non nota una di quelle mappe per turisti appese a un cartellone. Ci si avvicina, curioso, studiando il punto in cui è e quello da cui sono partiti. E allora sgrana gli occhi.
«Ma lo sai, Potter, che abbiamo fatto tanta strada per niente? Potevamo fare un tragitto molto più breve per arrivare qui» * mormora poi, seguendo con la punta di un dito un intrico di strade ben diverso da quello che hanno fatto e che certamente li avrebbe condotti a Fareham street nella metà del tempo.
«Oh, lo so benissimo, Malfoy» replica l’impunito con un gran sorriso soddisfatto e ammiccando subito dopo. Lo ha preso in giro? Ha osato prenderlo per il culo in un modo così sfacciato? Ma brutto… Ah, vorrebbe prenderlo a schiaffi e per davvero questa volta.
«Non c’è niente da ridere, sono stanco, sudato e ho male dappertutto.»
«La solita regina del dramma» ribatte immediatamente Harry, alzando gli occhi al cielo. Ah, è lui quello esasperato? Si permette pure di sembrare spazientito e nervoso? E Draco che dovrebbe dire? Ha passato più di mezzora della sua vita in mezzo a dei babbani poveri che lo guardavano male, e Potter si azzarda pure a ridergli in faccia? Maledetto, anzi stramaledetto pezzo di scemo. Tzé, che pretende? Adesso sarà anche ricco e con una buona posizione, ma pezzente ci rimani a vita. E lui lo sa, perché gli fa tutti i giorni l’enorme onore della sua presenza, provando a salvarlo dalla poraccitudine nella quale vive.
«Tu, brutto...»
«Andiamo, principessa, la pasticceria è aperta» lo interrompe trattenendo un sorriso a fatica, prima di prenderlo per mano e trascinarlo davanti all’entrata. Non vorrebbe seguirlo, ma lo fa. Anzi stringe le sue dita e sorride: ama essere preso per mano. Draco finge di ignorare di esser stato, di nuovo, chiamato “Principessa” da Harry Potter. Erano mesi che non succedeva, ma mentirebbe a se stesso se dicesse che non ne ha sentito la mancanza. L’ha sentita eccome. Dalla loro festa di fidanzamento, a novembre, per la precisione. Finge anche che non gli piaccia, finge un sacco di cose in effetti. Non che servano a qualcosa, quell’idiota vestito male è sin troppo intuitivo per i suoi gusti. Cerca invece di concentrarsi su altro, tanto per cominciare sul proprio aspetto. Come un nato povero e senza bacchetta è costretto a specchiarsi in una vetrina e pettinarsi i capelli, che acconcia alla bell’è meglio. Il vento li ha scombinati tutti e le sue guance sono davvero troppo rosse per essere considerate decenti. Il suo nobile pallore se n'è andato da un pezzo. Potter è il solito disastro, ma lui non conta. Immagina che debba portare pazienza e quando mai quei capelli sono stati pettinati?
«Fuori non c’è nessun avviso» nota Harry, limitandosi a leggere un cartello sopra al quale è indicato l’orario di apertura e quello di chiusura. Questa volta è Draco ad alzare gli occhi al cielo.
«E che avviso vuoi che mettano? “Attenzione, il proprietario è un mago oscuro!” Sei ridicolo, Potter ed è incredibile che tu sia un Auror.»  
«Intendevo dire che non c’è nessun avvertimento su una chiusura, il proprietario è pur sempre stato arrestato. Mi domando chi sia a mandare avanti questo posto adesso.» Non serve molto perché lo scoprano e sì, è una specie di shock. Per Malfoy soprattutto. Questa volta, però, contrariamente a quando ha letto sulla Gazzetta del profeta che la sola persona in grado di realizzare il dolce dei suoi sogni era finito al fresco, non sa bene cosa provare. C’è Pansy Parkinson dietro al bancone, che serve pasticcini a una coppia di babbani sulla cinquantina. Pansy Parkinson con un grembiule color vinaccia e i capelli neri coperti da una cuffietta in stoffa. Pansy Parkinson? Pansy Parkinson! La sua amica Pansy. La stessa persona che senza la bacchetta non si prepara nemmeno una tazza di tè, perché non ha ancora imparato ad accendere i fornelli, ora serve paste in un negozio di dolci.  


«Pansy?» Draco non urla, l’educazione rigorosa che ha ricevuto da Narcissa scatta in automatico e gli impedisce di seguire quell’istinto primordiale che lo renderebbe sin troppo simile a un Dursley qualunque. Però è sorpreso, eccome se lo è. Harry al suo fianco è impietrito, ha probabilmente smesso di connettere perché se ne sta imbambolato e guarda nel vuoto. Se non fosse per il colorito vivace penserebbe che qualcuno gli ha lanciato un Petrificus Totalus. Ora non è più così sicuro che andrà “Tutto bene”, non è vero? Vorrebbe chiederglielo, ma Pansy che serve dolci ai babbani ammazzerebbe l'umorismo di chiunque. Draco avanza dentro il locale ben arredato da tavolini in ferro battuto, camminando a passo lento. C’è profumo di torta nell’aria, uno molto intenso, quasi melenso che gli dà fastidio. Lui però non ci pensa proprio. Procede incerto fino al bancone dietro al quale, ora, Pansy lo guarda un po’ sorpresa. La vede mordersi le labbra e trattenersi a fatica dal parlare, si limita a svolgere quello che, a quanto pare, è il proprio lavoro. I babbani pagano e se ne vanno, oltrepassandoli con il loro cabaret tra le mani. Il campanello sopra la porta tintinna quando questa si apre e chiude, svegliando sia lui che Potter dal torpore mentre Pansy boccheggia come un pesce fuori dall' acqua. Ah, lei è sorpresa. Davvero? Ma poi da quando lavora lì? Perché non gli ha detto niente? Perché non l’ha fatto e se scopre che invece Zabini lo sapeva, chiuderà i ponti con entrambi questo è sicuro. Da dopo i M.A.G.O., Pansy ha cambiato diversi lavori. Anni fa il suo sogno era lavorare per “Il settimanale delle streghe” ed essere una… com’è che l’aveva definita? Ah, sì, una reporter d’assalto! In verità voleva fare la solita stronza di sempre, ma a tiratura nazionale. Per raggiungere il suo obiettivo aveva seguito un corso di giornalismo, trasferendosi a New York per qualche tempo. Traduzione: è andata a fare la stronza a New York per sei mesi. Al suo ritorno, non avendo trovato subito un impiego presso nessun giornale (nemmeno il fricchettone che insegue Nargilli con un acchiappafarfalle l’aveva voluta) aveva iniziato a fare piccoli lavoretti. Prima da Madama McLaggen e poi addirittura in un paio di negozi babbani. Questo fino a sei mesi fa quando, per grazia divina, era stata presa come “Addetta ai caffè” al “Settimanale delle streghe”. All’epoca, se Draco l’aveva presa in giro in tutte le maniere possibili, Harry si era affrettato a rassicurarla: «Tutti i grandi giornalisti iniziano con il fare fotocopie, guarda Clark Kent!» aveva detto, senza che né lui né Pansy avessero idea di chi stesse parlando. Anzi, Pansy si era addirittura arrabbiata, puntandogli contro la bacchetta e insultando lo stramaledetto Harry Potter per non avergli presentato il suo amico giornalista.
«Clark Kent è il protagonista di un fumetto» aveva spiegato poi, facendo cadere su di loro un silenzio confuso. Un fumetto? E che diavolo sarebbe.
«Una storia» si era affrettato ad aggiungere. «Una storia con un uomo che ha dei poteri sovrannaturali, non come un mago o una strega e fa il… Ma lasciamo perdere, è una favola babbana» aveva aggiunto, lasciando cadere il discorso. 

 

Draco non sa perché ci pensa intanto che fissa la sua bugiarda migliore amica vestita come una pasticcera, la sua mente dovrebbe essere più vuota del deserto.
«Da quant’è che lavori qui?» le chiede, una volta che i babbani hanno lasciato il negozio. Sono rimasti soli e non c’è nessun altro in giro. 

«Vediamo» borbotta lei, pensierosa. «Siamo a maggio… quindi saranno cinque mesi ormai.»
«Cinque mesi?» le domanda, sconvolto «e non ti è venuto in mente di dirmelo? Pensavo lavorassi ancora al “Settimanale delle streghe” perché volevi fare la giornalista.»
«Ah, quella è roba vecchia» mormora in risposta, agitando una mano a mezz’aria come a voler scacciare la semplice idea. Incrocia le braccia al petto e poi sbuffa sonoramente: «Il giorno che t’ho accompagnato qui ho avuto una folgorazione: la pasticceria è la mia strada! E così ho chiesto a Mathieu di assumermi, ci ho messo un po’ a convincerlo ed ero tentata di confonderlo, ma alla fine mi ha presa. E ha iniziato subito a insegnarmi delle ricette, ora sono brava. So fare dei bignè quasi buoni.» Draco è spaventato dal “Quasi”, ma evita di farglielo notare. Sembra così contenta.
«Sai» prosegue Pansy. «Quel ragazzo aveva decisamente bisogno di qualcuno che gli organizzasse la vita.»
«Vedo come gliel’hai organizzata, è stato arrestato!» interviene Potter, salace. A Draco scappa da ridere, trattiene a malapena un ghigno che gli tende le labbra. Ama la sua ironia, lo fa sembrare un po’ meno eroico e un po’ più cattivo ragazzo. Ed è sexy in quella versione. Draco adora gli stronzi, lui è il principe degli stronzi!
«Ah, sono tutte bugie» si accalora Pansy e nel dirlo è così furiosa che addirittura esce da dietro il bancone e li raggiunge. Pesta a terra i piedi e stringe i pugni che ricadono lungo i fianchi. «Mathieu è una persona per bene e non c’entra niente con quel furto. Stamattina quando ho letto la notizia sono subito corsa al ministero e gliel’ho detto a quel Graves: non è davvero possibile che Mathieu sia un ladro.»
«Come fai a esserne sicura? In fondo non lo conosci da molto» obietta giustamente Harry. Ed è assolutamente vero. Lui si ricorda a malapena di questo tizio l’anno del Torneo Tre Maghi, non ha parlato granché con quelli anche perché la maggior parte di loro parlava solo francese. Però può anche aver avuto un lato oscuro, venuto fuori col tempo.
«Non sapete neanche cosa vuol dire fare questo lavoro» replica invece Pansy, imperterrita. «La pasticceria è tutto per Mathieu, è la sua vita e si fa un culo enorme per portare avanti questo posto. Entra qui dentro la mattina che non è nemmeno sorto il sole ed esce la sera tardi e non ha mai chiesto favori a nessuno. Adesso ci sono io che gli do una mano e servo i clienti, ma prima faceva tutto da solo. E poi comunque è ridicolo, quale ladro ruba artefatti magici così potenti e li nasconde nella cassa del suo negozio?»
«In effetti non hai tutti i torti…» mormora Harry pensieroso. «Mi sembra anche assurdo che sia riuscito a entrare al ministero con tutti gli incantesimi difensivi che ci sono. Servirebbero molti maghi per abbattere una barriera come quella.»
«Oh, beh, lui c’era stato a febbraio. Al ministero, intendo» aggiunse Pansy. «Sì, per la cittadinanza inglese. Dato che ormai sono anni che lavora qui, voleva chiederla e c’è andato per tutti i documenti necessari. Ma il capo Auror ha detto che è stato allora che ha rubato quelle cose, ma io non ci credo, non è possibile. Potter, tu devi fare qualcosa.»
«Non saprei cosa» mormora lui, facendo spallucce. Sa che non crede a nessuna delle accuse che hanno fatto a Mathieu de la Tour, glielo legge in faccia. Ma sa anche che è coscienzioso e che anni di lotte contro Voldemort, e contro lo stesso ministero, gli hanno insegnato che è sempre meglio ottenere delle prove prima di accusare qualcosa o qualcuno. Scagionare in questo caso, ma poco cambia.
«Però posso iniziare da te, hai notato qualcosa di strano qui ultimamente? Non so, Mathieu ha avuto atteggiamenti insoliti? Potrebbe non aver rubato gli artefatti oscuri, ma potrebbe averli comprati da qualcuno. Gente come Mundungus Fletcher si venderebbe anche la madre, se gliela pagassero a un buon prezzo.»
«A me è sembrato come al solito, però ti posso garantire che l’altro ieri gli artefatti non c’erano. Li hanno trovati nella cassa e sono io che la gestisco. La chiudo tutte le sere e deposito i soldi nella cassaforte, poi alla fine della settimana porto le sterline alla Gringott per cambiarle. Ti assicuro che ieri quando ho chiuso non c’era proprio niente di losco, tantomeno roba che emanava magia oscura.» A fronte di quella confessione, Potter annuisce e poi si zittisce. Inizia a guardarsi attorno, estrae la bacchetta dalla tasca dei pantaloni, la agita e nota della magia uscire dalla punta, ma Draco non riconosce l’incantesimo che usa. Niente comunque succede e lui la ripone poco dopo.
«La vostra clientela è tutta babbana?» domanda, notando tre porte, oltre a quella d’uscita. Una è la toilette, le altre due stanno dietro al bancone e una ha un paio di oblò dai quali si intravede la cucina mentre l’altra è spessa, in legno e c’è scritto: “Privato” su una placca in metallo.
«Per la maggior parte, ma ci sono molti Maghinò, oltre a streghe e maghi che vengono da noi. E infatti non usiamo la bacchetta, chiediamo ai clienti dotati di magia che entrano di evitare di tirarla fuori. Stiamo molto attenti perché non vogliamo grane con il ministero. La magia viene usata solo in cucina e nello stanzino, che poi è quello che contiene lo spogliatoio e la cassaforte» spiega Pansy. Draco nel sentirla parlare in quel modo viene scosso da un moto di stupore. Sembra così… seria, è accurata nel parlare e chiara nella maniera di esporsi. È professionale come non l’ha mai vista in tutta la vita. Non capisce per quale accidenti di motivo non gli ha detto niente in ben cinque mesi. Si sente quasi offeso. Lui le dice tutte le cose importanti della sua vita, lei è capace di parlare per ore del colore delle unghie di una tizia incontrata a caso in un negozio e non gli dice che ha cambiato lavoro?
«Oltre a te a Mathieu chi altri lavora qui?» chiede Harry, riportandolo alla realtà. Draco sbatte le ciglia e stringe con maggior forza la presa sul bastone, al quale un poco si appoggia.
«C’è la signora che viene a fare le pulizie» mormora, esibendosi in una smorfia di disappunto. «Io eviterei anche di doverla pagare, ma dato che il locale è nella parte babbana della città ci sono normative a cui sottostare e dobbiamo avere una persona che fa le pulizie ed è una Maganò, quindi sa tutto del nostro mondo.»
«Qualcun altro?»
«C’è la sorella di Mathieu, Clarisse, ogni tanto viene qui, ma in questo periodo è in Francia. O ci stava, beh, non so dove sia adesso. Si è presentata ieri pomeriggio, del tutto inaspettatamente, dicendo di dover parlare con suo fratello. Ieri abbiamo chiuso presto perché Mathieu era da un cliente a consegnare una torta. Stavo per serrare la porta quando me la sono trovata davanti.»
«A quel punto che hai fatto?» domanda Potter, circospetto.
«Le ho detto che Mathieu non c’era e che sarebbe rientrato in negozio di sicuro dopo le otto per sbrigare il lavoro per stamattina. Però lei è voluta entrare lo stesso, a lasciargli un messaggio o ad aspettarlo… Non ricordo bene che ha detto. Io comunque l’ho fatta entrare e ho continuato con quello che stavo facendo. Ho sistemato la sala, poi ho preso i soldi dalla cassa e sono andata a depositarli nella cassaforte e a cambiarmi. Quando sono tornata qui lei se n’era andata.» Potter neanche questa volta risponde, annuisce e quindi fissa il vuoto per quelli che sembrano minuti. E minuti. Pansy perde già subito la pazienza e riprende a fare chissà che cosa. Draco non la nota, si avvicina ad Harry e gli sfiora una spalla delicatamente. Ma lui non sembra sentire. Lo richiama un paio di volte e poi si riprende all’improvviso: «Devo andare!» dice soltanto questo. Draco mentirebbe se dicesse che non ha un moto di delusione. Tenta l’impossibile pur di nasconderlo, aveva promesso che sarebbe rimasto con lui tutto il giorno. Non sono neanche le dodici e già se ne va?
«Dove?» sussurra, deglutendo a fatica. La voce ridotta a un sibilo fioco.
«A risolvere questa faccenda, spero» replica, baciandolo sonoramente sulle labbra in quello che vorrebbe essere un segno di saluto e di scuse. Lo perdona già allora e se ne rende conto quando internamente si ritrova a sorridere.
«Posso usare lo stanzino per smaterializzarmi?» domanda quindi in direzione di Pansy, che annuisce e balbetta.
«Certo, ma…»
«E la torta?» domanda Draco, con una punta di stizza nel tono della voce. Se n’è forse dimenticato? Intanto che lui gioca al bel detective, hanno sempre un grosso problema da risolvere.

«Parlane con Pansy! Ha l’aria di chi sa quello che fa» dice, chiudendosi la porta alle spalle. Un istante dopo sente il plop della smaterializzazione. Pansy Parkinson ha l’aria di chi sa quello che fa? E quando mai ce l’ha avuta? 
«Ehi» dice lei, una volta rimasti soli. Gli dà una gomitata nel costato e Draco quasi si piega su se stesso da quanto è forte. «Lo sai qual è il colmo per un pasticcere?» gli chiede, ridacchiando fra sé. «Finire nei pasticci!» aggiunge, ridendo da sola come una matta. Draco alza gli occhi al cielo e sbuffa sonoramente. Non sa se la sua amica sarà davvero in grado di aiutarlo, ma per ora è la sola speranza che gli rimane di poter avere una torta nuziale. Certo, era rimasto che serviva caffè ai giornalisti del “Settimanale delle streghe” e la ritrova con un grembiule che serve dolci a dei babbani. Le cose cambiano. Forse. Ma è praticamente certo che Pansy Parkinson non cambia mai davvero, è ancora una mezza svitata.
«Eddai, Draghettuccio, fidati di me.» Fidarsi, lui?
«Di una che fa battute del genere?» gli chiede, sarcastico, intanto che fa schizzare un sopracciglio verso l’alto. E fidiamoci!




 

Continua





 

*La strada che Harry e Draco fanno per arrivare da Piccadilly Circus a Fareham Street è praticamente lunga il doppio di quella che si potrebbe fare seguendo un percorso più breve.  

 

Note: Due parole su due questioni: 

-La regolamentazione per l’Ufficio Misteri dopo la guerra me la sono inventata, così come il fatto che l’iter burocratico sia stato proposto da Hermione. Entrambe le cose però mi parevano sensate, considerato che ragazzini del quarto anno a Hogwarts entravano e facevano il comodo loro. 
-La seconda questione è legata a Rosamund Brown. Il corso per diventare Auror dura tre anni e da quello che si intuisce dai libri è molto duro, dato che per accedervi serve Eccezionale in diverse materie dei M.A.G.O. Non ho mai letto di un tirocinio, ma anche qui mi sembrava una cosa sensata l’idea che ci fosse un periodo di “Prova” durante il quale l’aspirante Auror viene messo sul campo per vedere come se la cava. Trovo improbabile che i neo-diplomati al corso Auror vengano subito gettati nella mischia.

Non ve lo aspettavate Pansy che lavora alla pasticceria di de la Tour, vero? Beh, nemmeno io! Sono stata bloccata su un punto un paio di giorni perché non avevo l’idea giusta e frizzante per andare avanti e poi ho avuto un’illuminazione. Chi meglio di Pansy per strapazzare un po’ il nostro Draghettuccio?
Ringrazio tutte le persone che stanno leggendo e seguendo questa storia, grazie a chi ha lasciato una recensione.
Koa

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Capitolo 6
*** Dentro lo stanzino delle scope ***


Dentro lo stanzino delle scope





 

Draco è nervoso, ma lo è in un modo diverso rispetto a come lo è stato negli ultimi mesi. Prima era frustrato e si sentiva solo, adesso lo è decisamente molto meno dato che Harry è più presente e soprattutto nell’organizzazione del matrimonio. Non hanno più parlato della maledizione di Georgina Dunn, ma ormai è ovvio che Ron Weasley avesse avuto ragione fin da subito. Non ne dubita neanche più, a questo punto è sicuro. Se ne rende conto un mattino, bevendo una tazza di caffè bello forte appoggiato al ripiano della cucina, intanto che fissa il vuoto mette insieme i puntini e mormora un: «Siamo maledetti» che riecheggia per la casa, dandogli fastidio come delle unghie su una lavagna. Poi ringrazia Merlino perché Potter è già uscito e non lo può sentire. Non solo non ne hanno più parlato, ma non gli ha mai davvero detto quanti problemi ha incontrato durante gli ultimi mesi. Ha accennato qualcosa, sorvolando poi su quanto gli abbia pesato. Harry ha già abbastanza da fare a cercare di scagionare Mathieu de la Tour senza doversi preoccupare anche di questo. Draco è ben deciso a non ignorare più la questione, ormai è arrivato al passaggio successivo ovvero difendersi come può. Il primo passo è ripetersi che va tutto bene: «Va tutto bene» dice. «Sto superando ogni problema.» E non è nemmeno una bugia. C’è riuscito grazie a Molly e ad Arthur, grazie alla Granger e persino a Weasley, il cui supporto è comunque molto goffo, ma almeno c’è stato. Si ritrova addirittura a ringraziare Pansy e i suoi dolci un po’ storti, non belli da vedere, ma decenti da assaggiare. Draco ce la sta facendo, non è solo. Anche se sua madre è sparita dalla circolazione da non sa più quanto tempo, limitandosi a spedire gufi e con suo padre che non gli parla dalla festa di fidanzamento.
«Va tutto bene» continua a dirsi quel mattino a colazione, accartocciando l’ultima edizione della Gazzetta del Profeta che riporta in prima pagina i soliti articoli scandalistici. La riduce a una palla di carta straccia intanto che marcia fin nel soggiorno, per poi lanciarla nel camino acceso.


 

Draco Malfoy è
ancora un mago oscuro?


 

«Ah, sta zitta, stregaccia maledetta!» dice, zittendo la voce di Rita Skeeter che gli pare di sentire nella testa. Gode quasi alla vista delle pagine di quel giornale da quattro soldi bruciare. Avrebbe dovuto usare l’ardemonio, sarebbe stato più appagante, ma non vale la pena di litigare con Potter per colpa di Rita Skeeter. Alla fine lei è il male minore, lo è sempre stata. Soprattutto se considera che, a un certo punto, il suo problema diventa qualcosa di ben più importante che una giornalaia da strapazzo perché la paranoia prende possesso dei suoi pensieri. Va molto a fondo nella sua mente, sin troppo a dire il vero, condizionando i suoi stati d’animo. Ultimamente non fa che scattare, al più piccolo rumore sobbalza come una molla e inizia a guardarsi intorno, sospettoso. Quando fa una passeggiata per Diagon Alley e vede qualcuno sfoderare una bacchetta, per istinto porta la mano destra alla tasca interna della giacca, pronto a sferrare un controincantesimo. Non serve mai e dopo si sente anche un cretino. Nessuno ha davvero avuto intenzione di attaccarlo, anzi la gente lo rispetta. Glielo dice addirittura Florian Fortebraccio: «Tu piaci alla gente» quando un pomeriggio non ne può più né del caldo né della paranoia ed esce per comprarsi un gelato. Quando glielo dice, Draco si guarda attorno e gli domanda il favore di ripetere dato che ha la sensazione che l’abbia scambiato per qualcun altro. Non è così, risponde Florian Fortebraccio e allora gli è grato, pagandolo due falci in più. Florian fa finta di non aver visto e, anzi, ammicca mettendo della panna montata in eccesso sul suo cono. Sono solo zuccheri e complimenti, ma hanno un devastante effetto positivo sul suo umore. Quella sera, Draco sorride. Non che simili frivolezze siano utili a scacciare per sempre i cattivi pensieri, anzi. Un paio di giorni più tardi Harry lo accusa di star diventando sempre più strano, glielo dice guardandolo male dopo che Draco ha suggerito che forse è meglio se iniziano a lavorare da casa. Lui l’ha già fatto, perché anche Potter non può? Ovviamente non può perché si chiama Harry Potter e non fa mai niente di ciò che gli viene ordinato e quindi, come da previsione, lo ignora, lo bacia e poi va al ministero della magia come tutti i giorni. Sembra impossibile trattenerlo, anche se in effetti… Beh, Draco lo conosce, anche se sapesse che la maledizione è una certezza uscirebbe comunque di casa e l’affronterebbe a testa alta. Dannato Grifondoro! Anche se il pericolo potrebbe venire da una scala pericolante o una tegola malmessa. Si ritrova soltanto a sperare di non avere ragione o che la sfortuna sfacciata di Harry Potter lo assista ancora per qualche tempo. Un pomeriggio, nota di se stesso il vivere costantemente attaccato all’orologio della cucina. La lancetta con la faccia di Harry segna quasi sempre su “In pericolo” e allora è lui a maledirlo con tutte le proprie forze, perché è chiaro che non riesca mai a stare fuori dai guai. Perlomeno riescono a risolvere alcune delle ultime questioni riguardanti il matrimonio, questa è una delle poche consolazioni che ha. Anche se non hanno più granché da fare, se non aspettare che il tempo passi e sperare di non morire, si ritrovano a dover rifinire i dettagli come in quale maniera accogliere i Dursley o in che modo presentarli ai Malfoy. Quella sarà senz’altro la parte più problematica del matrimonio, quella su cui riflette a lungo, spesso perdendoci la testa. Non giunge davvero a una conclusione, ma ringrazia Potter quando gli dice che andrà tutto bene. Non risolvono invece la faccenda della torta: Pansy dice che se ne occuperà lei, che è capace di farlo e Draco finge di crederle. Così come finge di credere alle rassicurazioni di Harry. Draco ama Pansy così come amerebbe una sorella, ma no: non riesce proprio a fidarsi di lei. E quindi il piano resta comunque quello di far scarcerare Mathieu de la Tour per tempo. Nel mentre, intanto che il detective dei poveri Harry Potter indaga perdendosi in teorie una più astrusa dell’altra, si ritrovano a dover prendere quella che poi si renderanno conto essere l’ultima decisione. Ciò che stanno rimandando ormai da troppo tempo: chi celebrerà le loro nozze? Non hanno davvero deciso e quindi a due settimane dal matrimonio si ritrovano a sfogliare una serie di nomi che potrebbero essere adatti all’occasione. Adatti secondo Harry, per Draco è tutta una tragedia e ogni cognome si trasforma in un: «Sono uno peggio dell’altro!» Non vuole che sia Lumacorno a sposarlo e men che meno la professoressa McGranitt. Draco dice categoricamente di no a entrambi. Dice di no persino alla professoressa Sprite, che comunque ha sempre trovato un po’ ambigua, oltre che simpatica. Considerato come sta messa adesso, è probabile che non arrivi sobria a mezzogiorno. Più di tutto però non capisce perché debba per forza essere un professore di Hogwarts a sposarli, come se per la loro storia quello fosse stato un periodo felice. Beh, non lo è stato. Anzi, ha fatto proprio schifo.
«La McGranitt sarebbe capace di farmi sentire in colpa con una sola occhiata e Lumacorno mi odia» dice, senza trattenere un brivido e una smorfia di disappunto. Ma Harry non si arrabbia e invece sorride: in fondo sa che è vero. Minerva McGranitt avrà tanti pregi, che ha rivalutato da dopo la guerra, ma sicuramente non è accomodante mentre il professor Lumacorno… A quanto pare Draco non rientra nelle sue grazie, chissà poi perché. La cerchia di eletti che si è costruito attorno non lo comprende neanche ora che è il fidanzato di Harry Potter e quindi può andarsene a quel paese. Alla fine riescono a trovare una soluzione neutrale, che sa metterà d’accordo tutti e optano per Kingsley, che a detta di Potter si è detto entusiasta alla semplice idea. Gli mandano un gufo, al quale il suddetto replica con un “Ma certo che sì” pressoché immediato.

 

A otto giorni dal matrimonio, Draco viene definito da Harry come “Una pila elettrica”. Una cosa da babbani, non conosce i dettagli e non li vuole nemmeno sapere. Il caffè gli è stato proibito, dalla sera alla mattina sparisce dalla dispensa della cucina e allora sì, che Malfoy impreca. Ripiega su una tazza di tè che non lo soddisfa e quasi pensa già di ubriacarsi. Quel pomeriggio, Molly arriva a casa loro con una torta alle ciliegie e una parola gentile, gli prepara una tisana rilassante alla malva e a quel punto un pochino si distende. Forse ci ha versato dentro anche una pozione soporifera, può essere dato che crolla sul divano senza neanche accorgersene, svegliandosi ore più tardi. Almeno riesce a dormire, visto che a quanto pare anche quello è diventato un lusso. È come se si aspettasse un disastro da un momento all’altro, ma mentre questo non arriva, a un certo punto è il suo cervello a iniziare a remargli contro. Una notte, a una settimana esatta dal giorno delle nozze, gli incubi lo svegliano di soprassalto. Sono le tre del mattino e Draco salta su come una furia. C’erano migliaia di Schiopodi Sparacoda ed Harry insanguinato. Non ha bisogno di accendere la luce che sta sul comodino, lo vede anche da solo che lui non c’è. Le coperte sono scostate, la sua metà del materasso è fredda come se non ci stesse da ore. Se non fosse perché è stato svegliato da un sogno in cui Harry è morto tragicamente, non si allarmerebbe. Potrebbe essere andato in bagno o magari è sveglio a lavorare al caso di Mathieu de la Tour, lo fa spesso di recente, eppure Draco si agita. Prende la bacchetta e si alza, camminando lentamente. Il parquet in noce scricchiola sotto i suoi piedi nudi, anche se sono i primi di giugno un brivido gli percorre la schiena. Guarda nel bagno, ma non lo trova. In soggiorno il camino è spento da ore e le tende sono tirate, Draco è costretto a chiamare un “Lumos” per poterci vedere. Poi si ricorda di andare verso lo scrittoio, perché quando è costretto a uscire gli lascia sempre due parole in cui lo avvisa, ma là, i fogli sono intonsi mentre la pergamena non è stata usata di recente. Di nuovo, Draco si ripete di non allarmarsi, ma è più forte di lui. Continua a camminare. Harry è senz’altro in casa, in camera da letto ha notato le sue scarpe e anche gli abiti che ha indossato ieri sera. Potter è mezzo ciecato, quando viene chiamato d’urgenza indossa i vestiti che puntualmente lascia sulla sedia proprio perché sa che saranno lì e riuscirà a trovarli anche al buio. Ovunque sia è ancora in pigiama, pensa, notando una luce fuoriuscire dallo stanzino delle scope. Si tratta di una stanzetta minuscola, dove hanno letteralmente gettato un paio di scope e di secchi per la pulizia della casa che vengono incantati all’occorrenza. Non c’è nemmeno lo spazio per muoversi. Non dovrebbe esserci quella luce calda che filtra da uno spiraglio lasciato aperto. Prova a bussare una e poi anche due volte, ma nessuno gli risponde. La scosta appena, senza cacciare dentro la testa, ma restando in corridoio ed è allora che sente delle voci. Potter è in compagnia? In piena notte?
«Harry, sei sicuro che non si sia accorto di niente?» La Granger? Sì, è proprio Hermione non ci sono dubbi. Che diavolo ci fa in casa sua alle tre del mattino? Lei e Weasley non dormono tutti abbracciati dopo essersi sussurrati tenere paroline d’amore all’orecchio?

«Non penso proprio o me lo avrebbe fatto notare, lo conosco.»
«Mi sembra proprio strano, però» commenta Weasley subito dopo. Ah, perché c’è anche lui? Ma ovviamente! Dove c’è uno ci sono anche gli altri due, il trio delle meraviglie non si separa per nessuna ragione. «Insomma è uno attentissimo ai dettagli e non si è accorto di quello che stai combinando qua dentro? Eppure quant’è che ci stai lavorando?»
«Un paio di mesi» risponde Potter. Sta lavorando a cosa? Che diavolo sta combinando là dentro? Un segreto forse? Roba di lavoro, magari? Potrebbe essere, ma non ne vede davvero la necessità. E comunque non è da lui, Potter è la persona più schifosamente limpida che conosca, non è tipo da bugie. Oltretutto, nonostante l’aria svagata e l’aspetto da straccione senza bacchetta è rigoroso sul lavoro e non porta mai degli incartamenti a casa proprio perché sa che non sarebbe visto di buon occhio dai suoi colleghi. Al di là di tutto questo, però, Draco non riesce a non chiedersi come accidenti facciano a entrare tre persone nello stanzino delle scope. È decisamente più piccolo del suo armadio.
«A proposito, ragazzi, grazie per l’aiuto che mi avete dato. Se non fosse stato per voi non sarei mai riuscito a fare tutto questo.»
«Ma figurati, Harry, allora quando glielo darai?» Draco non sa perché si faccia avanti a quel punto, ma è quanto succede. In fondo un po’ teatrale lo è sempre stato. Ama esserlo. E ama anche essere guardato, che le persone lo notino quando entra in una stanza. Harry lo nota sempre, lo faceva addirittura quando stavano su fronti opposti, all’epoca in cui si odiavano e si sarebbero volentieri presi a botte. Quindi sa che se si facesse avanti, lui si volterebbe in sua direzione e magari gli sorriderebbe persino. Qualunque cosa stia facendo là dentro. Ma quando spalanca la porta le cose non vanno esattamente come le aveva previste. E quello sarebbe lo stanzino delle scope? Si chiede, alzando il naso e fissando quello che non è più un basso e claustrofobico soffitto. Non lo è affatto, o meglio non lo è più. Lo era, forse un tempo. Fino a due mesi fa, a quanto pare. Eppure le scope ci sono ancora, lì da una parte appena oltre la porta. Due per la pulizia della casa, una ramazza e un secchio sono dove ricordava che fossero, è tutto il resto a essere cambiato. E Draco si sente un po’ scemo perché se davvero sono due mesi che quello non è più il loro stanzino delle scope, ma un qualcosa di ben diverso, allora lui deve aver vissuto sulla luna per non essersene mai reso conto.

 



Draco si riscuote, svegliandosi dal lieve stato di shock quasi di soprassalto. Sente un solletichio strano alle dita dei piedi e guardando verso il basso nota che li sta appoggiando su dell’erba fresca. Erba? Sì, di prato, perfettamente rasata e di un bel verde intenso. Gli piace, la sensazione è piacevole, ma ammette che è soprattutto la luce a colpirlo. Calda, intensa luce solare che si irradia tutto attorno a lui, avvolgendolo completamente. Draco ha probabilmente scollegato il cervello, perché inizia a chiedersi come sia possibile e solo in un secondo momento si ricorda di essere un mago. Anche Harry è un mago e persino Ron Weasley lo è. Certo, la magia. “Lumos solem” è l’incantesimo che è di sicuro stato lanciato là dentro e hanno anche ingrandito gli spazi, trasfigurato il pavimento e il soffitto, al punto che c’è una sorta di cielo sopra le loro teste con tanto di soffici nubi che viaggiano leggere. Sembra una magia simile a quella che c’era nella sala grande di Hogwarts e, per tutti i folletti, quelli sono anelli per il Quidditch? Lo sono davvero, nota, spalancando la bocca da quanto è lo stupore. Anzi quello è un campo vero e proprio, non uno di grandezza regolamentare, ma una metà. Sì, è una metà di un campo da Quidditch. E quelle che stanno appoggiate su una panchina sono le loro scope, due Firebolt fiammanti. E c’è anche la valigetta con tutte le palle e delle mazze da battitore. Le loro divise di Hogwarts appoggiate da una parte. Quello, si dice, è un sogno che si avvera. 

 


Draco ama giocare a Quidditch, anche quando era piccolo e viveva al Maniero amava sfrecciare per il parco della villa in sella alla sua scopa e nessuno ha mai avuto da ridire a riguardo, stranamente neppure sua madre. Ha avuto i migliori manici di scopa sul mercato, suo padre d’altronde ha sempre fatto in modo che avesse quanto di più costoso e all’ultima moda esistesse. Un po’ perché il piccolo Draco era un viziato del cazzo, non che ora sia diverso, ma in altrettanta buona parte è perché Lucius amava dare sfoggio dei propri soldi e del proprio potere. Quando al secondo anno è entrato a far parte della squadra dei Serpeverde, ché ché ne avessero da dire Potter e il duo simpatia che si porta ancora dietro, non è stato ammesso soltanto per via delle Nimbus2001, gentilmente regalate da Lucius, ma soprattutto perché è un bravo cercatore. Anche come portiere non se l’è mai cavata tanto male, ma all’epoca oltre al fatto che il posto era già preso, amava l’idea di sfidare direttamente Harry Potter e dimostrargli il proprio valore, quindi ha giocato come cercatore. Non che non gli piacesse anche l’idea di poterlo disarcionare dalla scopa con una spallata, eh, oltre che prendere il boccino prima di lui. Per un po’ è stato divertente, poi però è arrivata la guerra, Voldemort è tornato e Draco è diventato un Mangiamorte, allora il Quidditch è passato in secondo piano. Lo è stato per molto tempo in effetti, fin quando lui e Harry non hanno iniziato a uscire insieme. A un certo punto hanno scoperto che tra loro era ancora viva la rivalità di un tempo e da quel momento il problema è stato più che altro quello di trovare un posto in cui giocare. L’hanno fatto qualche volta nel giardino degli Weasley, ma sono state più che altro delle piacevoli eccezioni. Pomeriggi di Natale o di Pasqua trascorsi a giocare con tutti i fratelli, con la rossa che coglieva ogni occasione buona per sferrargli un calcio negli stinchi e lui che lanciava in sua direzione insulti neanche poi tanto velati. Hanno poi scoperto dell’esistenza di un campo fuori Londra, ma oltre al fatto che è sempre pieno di gente e che trovarlo libero è un’impresa, Potter è ancora il mago più famoso del mondo e non giocare è sempre meglio che venire interrotti ogni due per tre da ammiratori in cerca di foto e autografi. Ammiratori che per altro guardano lui malissimo. E quindi, arrivato a un momento della vita, precisamente dopo i ventisei anni, Draco ha deciso che il Quidditch sarebbe diventata una di quelle cose che si va a vedere allo stadio e di cui leggi sul giornale. Ma gli manca, oh gli manca tuttora da morire. E Harry lo sa, per lui è la stessa cosa. Ne hanno anche parlato, mesi fa, di quanto sarebbe stato bello avere un campo dentro casa. Hanno anche riso, trovando l’idea davvero assurda. Draco pensa tuttora che sia una sciocchezza, una vera e propria pazzia. Eppure eccolo lì, in un campo vero e proprio allestito dentro allo stanzino delle scope. L’ha fatto per davvero, pazzo, adorabile straccione!

 

Potter è voltato di schiena, bacchetta alla mano, piedi nudi e pigiama troppo grande un po’ bucato all’altezza del colletto. Malfoy ammira il suo riuscire a vivere felice nonostante la sciatteria che esibisce tanto sfacciatamente, come una provocazione. Weasley e la Granger gli stanno accanto e parlottano tra loro. Stanno discutendo di come fare a svelare quella che sì, è una sorpresa per lui. Un regalo per il matrimonio, intuisce tra le righe. Nessuno fa caso alla sua presenza, cosa che in parte offende il suo ego, ma in altrettanta maniera riesce a essere un sollievo. Non ama l’idea di spiarlo, ma può almeno farsi passare lo stato di stordimento e sembrare compassato e disinteressato. Draco non sa bene perché tenga così tanto ad apparire distaccato davanti a Harry Potter, ma è ancora un Malfoy cazzone con una buona dose di orgoglio. E quindi inspira ed espira lentamente, mentre ancora sono tutti troppo impegnati per notarlo. Il fatto che sembri proprio la conversazione più stupida che abbia mai ascoltato, a dire il vero è quasi offensivo.
«Dovresti bendarlo» se ne esce Ron a un certo momento. «Lo bendi e gli dici: ehi ho un regalo per te! E lo porti qui dentro.» Draco non pensa davvero che sia una brutta idea, ama essere bendato in effetti, ma oltre a essere poco originale gli farebbe venire in mente altro e inizierebbe a farsi film mentali uno più erotico dell’altro. Spera che Potter non lo faccia.
«Mi sembra un po’ banale» fa osservare Hermione e Draco la ringrazia mentalmente, così come spesso si ritrova a fare. Delle volte pensa che in quel dannato trio sia forse la persona più assennata, è pur vero che senza di lei, Potter sarebbe morto il primo anno a Hogwarts.
«E poi conoscendolo penserà a qualche nuovo gioco che voglio fare a letto» fa notare Harry e a quel punto non riesce proprio a trattenersi.
«Sì, è piuttosto probabile» se ne esce, con voce tagliente e sguardo apparentemente duro. Fermandosi esattamente a metà del tragitto che c’è dalla porta a dove Harry, Ron ed Hermione stanno ovvero al limitare del campo, proprio accanto alle panchine. Incrocia le braccia al petto, arriccia le labbra e assume un’espressione altezzosa. Chi non lo conosce potrebbe anche pensare che detesti la semplice idea che qualcuno gli abbia fatto un regalo, ma è tutto tranne che così. In effetti è ridicolo dato che sembra sempre molto vanitoso, egoista, materialista e pure egoriferito, uno che adora tutti i regali del mondo e che ama l’idea di essere venerato, ma Potter fa comunque parte della sfera di pochi intimi che non crede all’apparenza e lo smaschera con un’occhiataccia. Quando si volta, infatti, mentre Ron ed Hermione lo fissano a metà tra l’allibito e l’imbarazzato, sulla faccia di quello straccione impunito c’è un’espressione soddisfatta. Forse l’ha pensata come una sorpresa, ma è sicuro che non gli dispiaccia troppo che questa gli sia stata bruciata. L’ha tolto dall’incombenza di dover pensare al modo più giusto per fargli quel regalo, Draco lo sa che Potter è pessimo in queste cose quindi è stato meglio così.
«Mi sono svegliato e non c’eri» spiega, prima che lui lo chieda. Al suo fianco, nota una certa tensione correre tra i suoi amici, sembrano a disagio. «E allora ti ho cercato. Pensavo te ne fossi andato al lavoro e poi vedo una luce provenire da qua dentro. Se volevi che fosse un regalo dovevi almeno chiudere la porta.»

«Ehm» balbetta ed è anche arrossito sulle guance, ma riesce piuttosto in fretta a diventare adorabile. In passato lo avrebbe preso per il culo e poi schiantato, già solo perché aveva lasciato intravedere una faccia così imbarazzata; quella notte ha voglia di baciarlo.
«E così questo sarebbe il mio regalo di nozze» trilla, procedendo in sua direzione intanto che si guarda attorno. C’è ancora meraviglia sul suo viso, nonostante l’apparenza fredda e distaccata, resta un lavoro notevole sotto ogni punto di vista. E non può non rimanere ammirato, nonostante tutto subisce il fascino delle belle cose. Quello dei gesti d’amore e anche di chi pensa così tanto a lui da mettere in atto un incantesimo estensivo irriconoscibile così complesso.
«Ron ed Hermione mi hanno aiutato, ma l’idea è stata mia. Ne avevamo parlato, ricordi?» Certo che sì, e come potrebbe dimenticare?
«Mh, sì, mi pare» mente, arricciando le labbra come se stesse ancora cercando di convincersi se è felice oppure no. Lo è immensamente. Lo è al punto che vorrebbe vedere Weasley e la Granger sparire da lì prima di subito.
«Quindi, mh, ti piace?» Anche volendo, non riesce a fingere ancora per molto. Il sorriso che gli esplode letteralmente in volto è dolce, oltre che l’emblema stesso della contentezza. Draco non risponde con le parole, ci sono occasioni in cui i gesti sono molto più significativi e infatti tace, si avvicina e quando è arrivato a un palmo dal suo naso, lo afferra di slancio per la casacca del pigiama e lo attira verso di sé, baciandolo con foga.
«Ti farò il culo, Potter» commenta sulle sue labbra, intanto che lui stira un sorriso.
«Ti piacerebbe, Malfoy» replica lui, baciandolo con ancora più foga. Ron ed Hermione se ne vanno poco più tardi, Draco sente a malapena il plop della smaterializzazione riecheggiare per lo stanzino delle scope. Né lui né Harry ci fanno caso. Sono decisamente più impegnati a baciarsi.

 

Inaugurano il campo da Quidditch nello stanzino delle scope non come chiunque farebbe con un campo da Quidditch ovvero a cavallo di una scopa. Draco cavalca qualcosa a un certo punto, ma non è di certo la sua Firebolt fiammante. Fanno l’amore là sull’erba, tra attimi di lussuria e risatine maliziose, fischi anche di ammirazione per quanto il prato sia verosimile. Sembra erba vera, commenta infastidito dal prurito lieve che gli provoca alle ginocchia. Harry ne è compiaciuto, lo è di tante cose e a dire il vero anche della reazione che ha avuto. L’essere spinto a terra non è così male quando subito dopo ti infilano le mani dentro ai pantaloni. E allora ridono e di nuovo fanno l’amore. Le tre del mattino diventano le cinque e poi le sei. Forse si addormentano, ma se questo succede è sicuramente per poco. Per una volta, tuttavia, Draco non patisce la mancanza di riposo e al contrario quando alle nove lui e Harry si ritrovano in cucina dopo una bella doccia, a mangiare porridge e a bere tè, si sente rilassato e sereno. A memoria capisce di non sentirsi così da molto tempo e razionalizzando si rende conto che è perché non ha pensato neanche un minuto alla maledizione. Però lo fa allora, per un istante soltanto, ma che basta a mutare in maniera drastica le sue emozioni. Ma certo, pensa, sono maledetti. Questo non è cambiato. Però Harry non vede, non subito perlomeno. Se ne sta seduto al tavolo e lo informa dei progressi che ha fatto nel caso di Mathieu de la Tour e Draco si sforza di ascoltare e di dargli ragione o contraddirlo a seconda dei casi. Sono maledetti, ma non vuol dire niente, sono ancora vivi e non gli è toccato il destino tragico di Georgina Dunn né quello del cavaliere.
«Ho fatto dei passi avanti» mormora Potter, mandando giù il porridge a grosse cucchiaiate. «La sorella di Mathieu dice di non essersi mai mossa dalla Francia e dei testimoni sembrano convalidare la sua tesi.»

«Il che vuol dire che la persona che è entrata nella pasticceria non era Clarisse, ma qualcuno sotto Pozione Polisucco.» Non può dire di non averci pensato, anzi è la prima cosa che gli è venuta in mente dopo aver sentito il racconto di Pansy. Lei non ha mentito quando diceva che il suo capo era innocente e di sicuro nemmeno Clarisse lo ha fatto, quindi dove sta la verità? Chiunque sia stato a entrare nel negozio in quel tardo pomeriggio di maggio, è evidente che ha congegnato un piano perfetto per incastrare Mathieu. Ha messo gli artefatti oscuri nella sua pasticceria e poi ha chiamato gli auror perché ispezionassero il luogo. Un piano perfetto. Draco per la prima volta da giorni pensa che possa non c’entrare niente la maledizione di Georgina Dunn. Magari quel tizio aveva dei nemici o ha avuto qualche screzio con qualcuno, anche se in effetti è un modo un po’ strano per vendicarsi di una persona, soprattutto nel mondo dei maghi. Draco non sa davvero come funzioni tra i babbani, ma tra maghi e streghe se ce l’hai con qualcuno lo schianti o gli lanci una maledizione senza perdono, al massimo gli bruci la casa o il negozio nell’ardemonio. Ma condannarlo alla prigione, sembra più… personale, ecco. Senz’altro inspiegabile con le poche informazioni in suo possesso. 
«Magari qualcuno ce l’aveva con lui» dice, parlando più che altro fra sé. In effetti è più che altro un riflettere ad alta voce, a cui però Potter non sembra essere d’accordo.
«Al punto da condannarlo alla prigione?» chiede Harry, sarcastico. «Mi sembra… Strano, ecco. Per i suoi parenti e anche secondo Pansy era benvoluto da tutti, non aveva ex ingombranti o tossici e non ha mai avuto pendenze con la giustizia. Risulta incensurato sia in Inghilterra che in Francia e a scuola era un ottimo studente. Qualcuno lo voleva dentro per un motivo, questo è ovvio, ma quello che non mi spiego è il comportamento di Graves.»
«Che intendi?» domanda, curioso. Harry assottiglia lo sguardo, si lascia andare a un sospiro pesante. Smette addirittura di mangiare, abbandonando metà del porridge nella ciotola. Intreccia le dita sotto al mento e parla in maniera ponderata, sembra voler soppesare ogni parola gli esca dalla bocca.
«Frank Graves non si è guadagnato la posizione di Capo Ufficio Auror dal nulla, Malfoy, ma perché è un uomo attento e scrupoloso. Non una delle persone finite ad Azkaban da lui arrestate è stata condannata per caso, quando indaga su qualcuno è solito approfondire e andare in cerca di prove e testimoni. Eppure in questo caso non ha nemmeno interrogato Clarisse o i parenti di de la Tour, cosa che per altro sarebbe nella prassi. C’è un iter da seguire, ma nessuno è stato convocato. Mathieu è semplicemente stato messo in prigione senza alcuna prova. Gli hanno sottoposto il veritaserum in cui ha negato di essere stato lui, ma Graves ha ritenuto invalida la confessione. Ho provato a parlare con Frank, ma lui… Non lo so, sono settimane che è strano. Anzi, è tutto strano e… c’è qualcosa che non va in questa storia.» Il fatto che Potter appaia così sconcertato e nervoso, che emetta gesti di stizza come picchiare i pugni sul tavolo, spinge Draco ad alzarsi dalla sedia e a mettere da parte se stesso e i propri problemi, almeno per un secondo.
«Ehi» gli dice, massaggiandogli la schiena con movimenti lenti «stai facendo tutto il possibile per liberarlo, non darti pena.» Ma lui scrolla la testa, negando vibratamente.
«Draco, fra una settimana Mathieu de la Tour sarà sottoposto al Wizengamot e se sarà condannato verrà spedito ad Azkaban da innocente. Questo va al di là della nostra torta per il matrimonio, è questione di giustizia. Quel ragazzo non ha fatto niente, l’hanno messo in galera senza prove e io non riesco a capire chi può avergli fatto una cosa del genere.» A Draco si stringe il cuore nel vedere l’uomo che ama darsi così tanta pena e non riuscire a trovare neanche una prova in sostegno di de la Tour. Soprattutto perché la questione sembra andare anche oltre, non riguarda solo il fare quel che è giusto per far uscire la verità, ma anche di scoprire cosa si nasconde dietro la stranezza di certi comportamenti. L’ha detto anche lui: Graves è il primo ad avere atteggiamenti insoliti per il suo modo di fare. Anzi, ora che ci pensa sono mesi che Draco vede stranezze ovunque vada. Ora se ne rende conto, adesso riesce a vedere il quadro nel suo insieme. Un qualcosa nel discorso di Harry ha fatto scattare una molla dentro al suo cervello. Anche il signor Luigi, il sarto, aveva un comportamento strano quando è andato da lui a ritirare il vestito. Il non aver trovato elfi domestici per il matrimonio era “Strano” persino a detta di Hermione, che di quelle cose se ne intende. In sei mesi che è stato impegnato a organizzare questo matrimonio ha visto tantissime cose insolite, non può essere una coincidenza. Weasley che irrompe nel suo ufficio dicendo che sono maledetti, gli Schiopodi Sparacoda alla sua festa di fidanzamento... No, niente è accaduto per sfortuna. E allora capisce. Certo, è così ovvio. La maledizione di Georgina Dunn non è il nocciolo della questione. Che esista oppure no a questo punto è irrilevante. In entrambi i casi c’è qualcuno che si nasconde dietro, un qualcuno che si muove nell’ombra e cerca di sabotare le sue nozze. Se anche ci fosse una maledizione, si dice, questa sarebbe stata comunque lanciata da qualcuno. Clarisse, Draco pensa a lei. Sì, Clarisse è il punto di svolta di questa tragicomica vicenda. Se Clarisse era in Francia, se c’erano dei testimoni a confermarlo e se Pansy ha visto Clarisse alla pasticceria, vuol dire che Mathieu è stato incastrato e se è stato incastrato allora qualcuno ha fatto molto di più che lanciare una maledizione. Draco si sente un idiota, un perfetto e totale cretino per non averci pensato prima. È stato così concentrato a cercare di capire se la maledizione esisteva davvero, che non ha mai pensato che deve per forza esserci qualcuno che non vuole che si sposino.
«Che hai? Perché fai quella faccia?» gli domanda Harry. E allora si dice che quello è il momento di essere più coraggiosi, quello in cui finalmente deve coinvolgere anche l’uomo che ama e che vuole sposare, in tutto quello che gli è accaduto. Dopo tutto questo tempo e aver portato sulle spalle il peso di una possibile maledizione, è arrivato il momento di parlare.
«Devo dirti una cosa, Potter e non ti piacerà.» Se Draco potesse vedere nel futuro, è sicuro che si sentirebbe decisamente meglio e che affronterebbe quel discorso a cuor leggero. Ma è la paura a far tremare la sua voce, la stessa che agita le dita delle sue mani e gli rivolta lo stomaco. Sa che ci saranno delle conseguenze e Harry si arrabbierà per essere stato tenuto all’oscuro di tutto, probabilmente litigheranno, ma per la prima volta in vita sua, Draco sente di poter fare qualcosa di buono per Harry Potter e per se stesso.




 

Continua





 

Note: Ehilà! Mi dispiace averci messo tanto per aggiornare, ma a un certo punto di un paio di settimane fa sono stata presa da un Calendario dell’Avvento, poi è arrivato il Natale e ho messo in pausa la scrittura. Voglio fare solo un’annotazione su quanto avete appena letto: a un certo punto della stesura di questa storia mi sono chiesta se era possibile usare l’incantesimo estensore irriconoscibile per creare un campo da Quidditch in casa. All’inizio mi sembrava assurdo, ma poi mi sono ricordata della valigia di Newt Scamander. Ho dunque pensato che un mago abile con gli incantesimi avrebbe anche potuto creare un qualcosa di enorme come un campo da Quidditch. Può sembrare esagerato, ma una delle cose che mi sono sempre chiesta della vita di Harry da adulto è dove sfogasse la propria passione per il Quidditch. Nei libri viene raccontato che delle volte giocano nel giardino di casa Weasley, ma per quanto Molly sia ospitale non ce li vedo Harry e Draco a scroccare così tanto la sua ospitalità. Non viene neanche mai detto se esistono dei campi pubblici, tipo i campetti da calcio o basket che ci sono da noi, ma ho pensato che potesse essere, anche se fuori Londra perché in città la vedo difficile. Diciamo che ho inventato un po’ tutto di questo capitolo.

 

La speranza è che io riesca a pubblicare entro la fine della settimana prossima, ormai però ho ripreso il ritmo con questa storia quindi dovrei farcela. Nel frattempo, un grazie a tutti per aver letto e recensito la storia sino a qui. Auguro a tutti una buona fine e un buon inizio d’anno.
Koa

 

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Capitolo 7
*** Il detective dei poveri e Mr furetto ***


 

Il detective dei poveri e Mr furetto





 

Per Draco Malfoy gli ultimi mesi sono stati un inferno, ma su questo ha già abbondantemente riflettuto e non intende indugiare ancora. Ciò che più lo innervosisce però, e che a tratti lo rammarica anche, è il fatto che avrebbe dovuto essere un periodo di gioia e condivisione con il proprio partner e invece ha condiviso poco ed, escludendo gli orgasmi, di gioia non ne ha vista poi tanta. Avrebbe anche potuto accettare qualche stress passeggero dovuto al non saper scegliere i centrotavola tra due che Potter, nella sua abissale ignoranza, avrebbe definito come perfettamente identici. E invece è incappato in una serie di “Incidenti”, che tali non sono, ed è finito a sette giorni dal matrimonio con poche certezze nella vita e i nervi a pezzi. È quanto gli dice, raccontando sin nel dettaglio ogni piccola disgrazia che è avvenuta e che sino ad ora ha tralasciato o minimizzato, calcando in special modo la mano sul suo stato emotivo e sulla volontà di proteggerlo. Quando, sul finire del discorso che improvvisa, arriva a parlare della maledizione di Georgina Dunn e delle convinzioni di Ron Weasley, Harry non ha la reazione che Draco si aspettava. La sua risata potrebbe essere addirittura contagiosa e se fosse in vena di divertirsi, e non mortalmente offeso come invece appare, potrebbe anche dargli corda e ridere con lui. Ma non lo è. Draco ha un diavolo per capello, è praticamente esaurito da quello che gli è successo, vorrebbe solo sposarsi e mettere fine a tutto e quindi incrocia le braccia al petto, arriccia le labbra assumendo un’espressione arrabbiata. Non deve nemmeno sforzarsi di fingere come fa di solito, è furioso e basta. Perlomeno, riflette cercando di trovare un qualcosa di positivo in quella ridicola situazione, non deve spiegare a Harry cosa sia la maledizione di Georgina Dunn, a quello ha già pensato Ron mesi fa. Gli ha anche fatto sfogliare il testo: “Antiche maledizioni della Scozia” con cui Weasley si è presentato nel suo ufficio lo scorso inverno. Draco sa anche che il suo fidanzato all’epoca ha scacciato la questione con un gesto secco della mano dopo aver detto a Weasley di piantarla di fare lo stupido. Lo pensa tuttora, è evidente dalla faccia sbigottita che ha messo su non appena finisce di ridere ovvero quando si rende conto che Draco è drammaticamente serio e che in realtà i suoi nervi stanno andando a pezzi. A quel punto lo vede cambiare espressione e indurire la mascella come quando è molto arrabbiato e deve trattenersi dal dire qualcosa di stupido. Negli occhi verdi, affatto nascosti dalle lenti tonde e sotto quella barba folta, Potter ha impressa una incredulità palpabile.
 

«Aspetta» dice «fai sul serio?»
«Non volevo crederci» confessa invece Draco, scrollando il capo e abbassando lo sguardo con fare mesto. Inizia a fissare il pavimento come se pensasse che sia la cosa più interessante del mondo e lasciando che gli occhi di Harry lo scrutino, senza muovere alcuna obiezione. Lo sa, sta decidendo se è serio oppure se lo sta prendendo in giro. Lo conosce ed è certo che stia anche cercando di ricordare i mesi appena trascorsi, collegando i puntini così da formare il quadro generale della situazione. Deglutendo a fatica e ingoiando un groppo che gli grava in gola, Draco si fa coraggio. Harry merita che approfondisca la questione sin nei più minimi dettagli, deve sapere che non è impazzito all’improvviso, ma che ragiona da mesi sulla maledizione.
«Ho rifiutato di pensare che Ron avesse ragione fino a quando Mathieu de la Tour non è stato arrestato. A quel punto era piuttosto ovvio che qualcuno ce l’avesse con noi.»
«A me sembrano tutte sciocchezze!» sbotta Harry, con una certa determinazione che poco serve a mascherare l’irritazione. Non è chiaro se sia nervoso perché la reputa un’esagerata scemenza o perché non c’è arrivato prima lui, forse però ha più a che vedere con l’esser stato all’oscuro di tutto per dei mesi. Quindi si alza da dov’è rimasto seduto sino a quel momento, ovvero sulla sedia del tavolo della cucina, dimentica il porridge, dimentica di essersi definito affamato giusto un quarto d’ora fa e si limita a fronteggiarlo. Harry Potter ha la straordinaria capacità di guardarti negli occhi e farti sentire piccolo piccolo, in quanto Malfoy lo ha sempre pensato, anche prima che si mettessero insieme. Come aggravante c’è il fatto che non è arrabbiato né furioso. Se lo fosse, probabilmente, sarebbe meglio perché la rabbia svanirebbe presto e finirebbero con il confrontarsi e fare pace, ma è l’amarezza che dimora sul suo volto a colpire Draco come farebbe uno schiaffo. Quella non andrà via con un bacio o una promessa perché in genere porta alla tristezza, mette le radici nel cuore e arriva sino al cervello, facendolo marcire. Lo ha deluso e a quel punto spera di non averlo fatto una volta di troppo. C’è stato un tempo in cui non si sentiva all’altezza del suo puro animo da eroe, in cui i rimorsi per il suo passato gli impedivano di vivere felice e Harry non sempre lo ha capito. Si sono anche lasciati per un certo periodo proprio per questo motivo. Ma ora il suo esser stato un Mangiamorte non c’entra nulla. Ha solo cercato di proteggerlo, ha fatto soltanto questo. Può fargliene una colpa?

 

«Tutti hanno problemi quando organizzano un matrimonio» replica Potter. «Anche Hermione li ebbe, ricordi? Il suo vestito scomparve il giorno prima della cerimonia e lei andò nel panico.» Che paragone idiota, pensa, ma grazie a Merlino l’educazione di Narcissa si fa viva proprio prima che apra la bocca per parlare. Si sta arrabbiando ed è proprio l’atteggiamento di Harry a innervosirlo. A ben vedere ha capito il discorso che sta facendo, ma poco ha a che vedere con quello che è successo a lui. Quelli che ha incontrato non erano normali intoppi, erano bastoni fra le ruote ed è meglio che Potter lo capisca prima che facciano qualcosa di stupido come iniziare a litigare sul serio.
«Qui non si tratta di un problema con un vestito» insiste, sperando di essere sufficientemente convincente. C’è molto di più in ballo, vorrebbe aggiungere, ma il fatto che non lo veda non lo stupisce. D’altra parte, dov’è stato negli ultimi mesi? Di certo non ad aiutarlo. Insieme hanno deciso davvero molto poco, c’è stato un periodo durante il quale lo vedeva a malapena la notte, a letto. Potter usciva la mattina prima di colazione e rientrava la sera tardi e in verità, Draco ha patito quel periodo molto più di quanto non abbia dato a vedere. Forse, si convince, se fosse stato al suo fianco avrebbe sofferto meno e i suoi nervi sarebbero molto più saldi. Non dovrebbe rinfacciarglielo e infatti non lo fa, perché oltre a essere inesatto è ingiusto perché non se n’è di certo fregato, ma aveva semplicemente molto da fare al lavoro. In effetti, ora che ci pensa, è stato lontano proprio per seguire le indagini sul furto di quegli artefatti di magia oscura che sono stati ritrovati nel negozio di Mathieu de la Tour. Che anche l’assenza di Harry sia una macchinazione? Draco sfiora il pensiero, ne accarezza diversi senza realmente ragionare su di essi. A questo punto non sa neanche se dirglielo perché non ha idea di come reagirebbe e non è sicuro di prenderla bene se, nel caso, Potter dovesse ridere di nuovo di lui. Se ammettesse di essersi arrabbiato, poi, se desse voce a questi pensieri è sicuro che tra loro si creerebbe una frattura incolmabile. E non vuole che succeda una cosa simile a una settimana dal matrimonio. Sono arrivati troppo vicini e hanno subito troppo per fermarsi adesso. Sarebbe da vigliacchi e Draco Malfoy ha smesso di esserlo dalla fine della guerra. Quindi inspira ed espira lentamente. Cerca una calma che non possiede da ormai troppe settimane, l’ansia gli divora lo stomaco stringendolo in una morsa. Lo sente rivoltarsi e la nausea salire sino su in gola, ma comunque va avanti. Maledice il dannatissimo tè che ha bevuto perché ora rischia di rivoltarlo per intero nel lavandino. Incredibilmente, quando parla la voce è pacata e sottile: «Prima il vestito troppo grande, poi gli elfi domestici… Il pasticcere che deve fare la nostra torta viene arrestato, Rita Skeeter e la Gazzetta del Profeta continuano a massacrarci senza sosta e scommetto che anche gli Schiopodi Sparacoda alla nostra festa di fidanzamento hanno a che fare con questo.» In realtà a quest’ultima cosa non ha dato una spiegazione convincente, nel senso che potrebbe essere pienamente da Hagrid portare degli animali del genere a spasso come chiunque farebbe con un cagnolino.

 

«Mettiamo il caso che ci sia una qualche maledizione, gli Schiopodi Sparacoda cosa c’entrerebbero in tutto questo? Te lo dico io: un bel niente! Il fatto è che ad Hagrid piacciono queste cose e ha pensato che li gradissimo anche noi, ma lui è totalmente inoffensivo.»
«Certo, completamente» ribatte infilando forse una punta di sarcasmo di troppo. In realtà non ha mai pensato a Rubeus Hagrid come a qualcuno di inoffensivo, insomma è uno che alleva acromantule nella foresta proibita…
«Non penserai che lui c’entri qualcosa con tutto questo, vero?»
«Assolutamente no» si affretta a negare, scrollando il capo con vigore. Non vuole che Potter travisi le sue parole. Non sta dando a quel mezzogigante la colpa di niente ed è importante che lo capisca, dato che per lui è una delle persone più importanti. Se Harry glielo ha chiesto, Draco lo sa benissimo, è perché c’è stato un tempo in cui non lo sopportava e trovava ogni scusa buona per insultarlo. Non che ora sia la sua persona preferita sulla faccia della terra, ma vale lo stesso discorso che è valso per gli Weasley: Draco ha imparato ad apprezzarne la compagnia per amore di Harry.
«Hagrid non farebbe del male a una mosca, tantomeno a te» specifica. «Però ammetterai che è facilmente corruttibile, basta un po’ di Whisky Incendiario per convincerlo a fare qualcosa. Non dico che ci sia lui dietro a tutto questo, ma se c’è davvero qualcuno, maledizione o meno, magari questa persona ha sussurrato qualcosa all’orecchio di Hagrid e l’ha convinto a regalarci quegli Schiopodi Sparacoda. La ritieni una cosa tanto improbabile?» Harry non risponde, non subito. Sa che dietro al suo silenzio non c’è indifferenza o rabbia, sta semplicemente pensando. Perché quanto ha detto è piuttosto verosimile. Pur non conoscendo l’identità della persona che ce l’ha con loro potrebbe anche essere che uno come Hagrid sia stato abbindolato così che gli venisse in mente di regalare loro delle bestie potenzialmente letali. Quando ci sono di mezzo degli animali strani e puzzolenti, Hagrid smette completamente di ragionare. Insomma, è uno che va in giro con cani a tre teste e uova di drago. E quindi ci pensa, a dire il vero lo fa così tanto intensamente che quasi gli pare di vedere il filo dei ragionamenti dipanarsi davanti ai suoi occhi. 
«Ascolta» insiste, questa volta prendendola ancora con più calma. «Non c’è niente di casuale in quello che è successo. Puoi anche credere che non ci sia alcuna maledizione, ma qualcuno ce l’ha con noi e non vuole che ci sposiamo.»  
«Io… è che mi sembra tutto così assurdo! E poi comunque hai risolto ogni cosa.»
«Harry, non è questo il punto» se ne esce Draco, alzando appena un poco la voce. Non urla, i Malfoy non urlano mai, così gli hanno insegnato i suoi genitori e lui non segue semplicemente i dettami di quanto gli hanno inculcato, ormai gli viene naturale. Eppure si altera, perché Potter è un idiota e non capisce. Nel suo calmarsi immediatamente successivo c’è in realtà tutto l’amore che prova per quell’idiota di uno straccione.
«Se Ron ha ragione e la maledizione esiste davvero, allora c’è il pericolo che succeda qualcosa a uno di noi due. E io temo… ho paura che possa capitarti qualcosa di brutto.»
«Ma cosa dovrebbe succedermi?» domanda Potter e ormai è evidente che si sta davvero alterando. Se possibile, Draco si sente più frustrato che mai. Quasi è peggio dell’essere solo e portare il peso di tutto sulle spalle senza poterlo condividere con nessuno, almeno poteva sperare che Harry sarebbe stato d’accordo con lui, che lo avrebbe supportato e che avrebbe condiviso le sue paure e invece si ritrova con i suoi occhi addosso, che lo fissano come se stesse dicendo la più grande delle sciocchezze.
«Non lo so» sbotta, urlando come davvero mai ha fatto. Che si fottano le regole del buon vivere di Narcissa e anche tutte le storie sul: “I Malfoy non urlano mai”. «Ma non voglio che tu muoia!» Questa volta è meno di un sussurro, ma Potter lo sente lo stesso e il fatto che addolcisca le espressioni e che lo abbracci di slancio permette a Draco di capire che dev’essere un vero disastro. Piuttosto patetico in realtà, perché odia piangere e il fatto che senta delle lacrime pizzicare gli angoli degli occhi, gli consente di capire sino a che punto è disperato. Potrebbe anche scoppiare in un pianto a dirotto, ma non lo fa. Però si aggrappa a lui con quanta forza ha nelle braccia e lo stringe a sé così come farebbe un naufrago con una boa di salvataggio.
«Non mi succederà niente, andrà tutto bene» dice, ma Draco lo nota: c’è un turbamento lieve nascosto tra le sue parole. Forse spera di crederci, ma quanto gli ha appena detto ha insinuato un tarlo dentro la sua testa. E lo riconosce, è lo stesso che ha avuto lui per mesi e a cui non ha dato ascolto.


«Mi dispiace non avertelo detto» confessa, senza alzare il viso dalla sua spalla alla quale si è appoggiato. Harry lo stringe per la vita ed è in effetti tutto quello di cui ha bisogno in questo momento. «Io volevo solo risparmiarti un altro peso, con tutto quello che hai avuto a cui pensare» 
«Lo capisco, Draco, ma nelle coppie si condividono anche i problemi e non solo le gioie. Promettimi che se ci sarà qualcosa che ti turberà ancora in questo modo, me lo dirai.» Draco annuisce e lo rassicura dicendogli che sì, glielo dirà. Ma non ci crede per davvero. Può sembrare anche un bastardo impunito, soprattutto perché razionalmente sente che Potter ha ragione, ma sa anche che se tornasse indietro rifarebbe tutto.
«Adesso cosa facciamo?» domanda Draco, poco più tardi. Si sono già allontanati, sebbene non di molto e si guardano negli occhi. Harry ancora finge di non essere preoccupato, forse per rassicurarlo non lo sa con esattezza, ma c’è comunque una forte determinazione in lui.
«Dopo tutto quello che mi hai detto è evidente che, maledizione o no, qualcuno non vuole che ci sposiamo quindi dobbiamo capire di chi si tratta.» Draco ci ha riflettuto, anche se non molto, ma non ha davvero idea di chi potrebbe aver messo in scena una cosa simile. Ha pensato anche ai suoi genitori, ma lo trova improbabile. Sotterfugi del genere potrebbero essere nello stile di suo padre, ma non crede che sia arrivato a tanto. Certo è vero che avrebbero preferito vederlo sposare una donna, soprattutto qualcuno che non si chiami Harry Potter, ma è anche certo che vedano questa occasione come la migliore chance per tornare ad avere il peso politico e sociale di un tempo. Quindi li accantona e non ci pensa più. A un certo punto, poi, ha accarezzato l’ipotesi di Ginny Weasley, ma gli sembra ancora più improbabile: è vero che lei è Harry stavano insieme, anni fa, ma si sono lasciati da buoni amici e poi lei già da qualche tempo sta con un altro ragazzo ed è felice. Sì, lei e Draco ancora si guardano come se volessero cruciarsi, ma è un gioco delle parti che lui per primo ammette essere forzato. A fronte di questo, l’ipotesi più probabile è che sia un mitomane, un qualcuno che non fa parte delle loro vite, ma che sa abbastanza di loro d’aver seguito tutti i movimenti di Draco. Non che questo lo aiuti a capire.
«Secondo te chi può essere stato?»
«Non ne ho idea, Malfoy, ma per scoprirlo dobbiamo partire dall’inizio. Vestiti» ordina «andiamo a Hogwarts.» Dopodiché esce dalla cucina, sparendo nel corridoio.



 

Rubeus Hagrid vive ancora nel capanno di caccia al limitare della foresta proibita. Quella specie di topaia con un cattivo odore e pessimi biscotti stipati in una credenza fatiscente. Dopo la guerra ha ripreso la cattedra di “Cura delle creature magiche” su richiesta della preside McGranitt e da allora ha fatto dell’insegnamento la sua vita. Dicono che ancora giri per il mondo, l’estate, in cerca di creature magiche strane o particolari mai viste prima e pare si diverta anche un mondo. Dicono che Madame Maxime ogni tanto sia con lui, ma nessuno ha osato testimoniare a riguardo. Secondo Harry non esiste uomo o donna che possa insegnare una materia come “Cura delle creature magiche” più di lui, forse solo Newt Scamander che comunque è troppo vecchio per farlo. Draco ci pensa sopra per un po’ intanto che si veste e poi anche quando si materializzano nel villaggio di Hogsmeade. Alla fine scaccia il pensiero, perdendosi nell’osservazione di ciò che ha intorno a sé. Nonostante siano i primi di giugno il tempo non è così clemente come sperava. A Londra farà anche caldo, ma qui l’aria è fin tanto umida e la terra è bagnata, segno evidente che ha smesso da poco di piovere. Il cielo rabbuiato da pesanti nuvoloni grigi, infine, non consente ai raggi del sole di filtrare per bene e lascia presagire che ci sarà presto un altro temporale. L’aria è relativamente calda, sin troppo e al punto da sembrare rarefatta. Petricore, pensa stirando un sorriso, il profumo della terra dopo la pioggia. Ama questo odore, gli ricorda le estati al Maniero, in un tempo in cui non aveva davvero pensieri per la testa e Voldemort era lontano. Lui e Harry si incamminano a passo lento, passano accanto a I Tre Manici di Scopa senza entrarci. Non sembra ci sia molta gente a quell’ora, ma una lavagna sistemata accanto alla porta dice che quel giorno c’è un ottimo Rum di ribes rosso appena arrivato e, per i minorenni, dello sciroppo di ciliegie da leccarsi i baffi. Draco non ha più lo stomaco rivoltato, anzi si rende conto di non aver mangiato niente e quasi vorrebbe quasi assaggiarlo, magari accompagnandolo con una bella zuppa calda, ma sa che non hanno tempo per quello adesso. Magari più tardi, si annota mentalmente. 
«Rum di ribes rosso» mormora Harry a un certo momento, ha letto la stessa cosa, pensa sorridendo di nuovo. «L’hai mai assaggiato?»
«Una volta, ma rinfrescherei la memoria volentieri. Ti va di andarci più tardi? Sono sicuro che Madama Rosmerta sarà felice di vederti. Non sono sicuro che sia felice di vedere me invece» tituba ricordando quando, al suo sesto anno, le ha praticato la maledizione imperius per obbligarla a consegnare la collana maledetta a Katie Bell. Da allora c’è tornato, ovviamente, e lei l’ha sempre trattato come un appestato.
«Non darti pena, Malfoy, è stato tanto tempo fa. Neanche se ne ricorderà.» Draco non ne è così sicuro, ma ugualmente annuisce lasciando che i profumi di Hogsmeade avvolgano i suoi sensi. Dove un tempo sorgeva l’emporio degli scherzi di Zonko ora sorge una succursale dei Tiri Vispi Weasley, * George ha infatti rilevato l’attività dopo la fine della guerra e ora gli affari vanno a gonfie vele. Qualche passo più in là e c’è Mielandia che lo avvolge con i suoi profumi dolciastri, è una vita che non mangia una cioccorana. Immagina che crescendo queste abbiano perso ogni attrattiva, ma in effetti quello stand in vetrina è piuttosto invitante. Se non aveva tempo per un sorso di Rum di ribes rosso, ne ha ancora meno per Mielandia e infatti Harry lo strattona leggermente per un braccio proseguendo il cammino. Si concedono una passeggiata su per la collina che conduce a Hogwarts, lungo il tragitto qualcuno lo riconosce mentre altri passano oltre senza guardarlo. Considerato che è metà mattina in giro non c’è nessuno, se non qualche abitante del paese. Quando arrivano all’enorme cancello lui e Harry si tengono per mano, affascinati dai torrioni del castello e dalle alte torri rimangono più di un istante a guardare ciò che hanno di fronte. Adesso che ci pensa, nota deglutendo a fatica, è la prima volta che tornano a Hogwarts come una coppia. Senz’altro la prima in cui oltrepassano quella soglia mano nella mano. Cerca di convincersi che non sia un problema, e in effetti non lo è, ma si sente addosso quel tanto di giudizio e soggezione che non riesce a scacciare facilmente. Viene distratto da Potter che maledice se stesso per aver dimenticato la mappa del malandrino a casa, avrebbero risolto immediatamente la questione invece di girare come due anime in pena. Cercano Hagrid nel capanno di caccia, ma non lo trovano. Si dicono che probabilmente è nella foresta proibita o da qualche parte a fare lezione, perciò tanto vale aspettare che finisca. Di certo Draco non ha intenzione di infilarsi nella foresta come se niente fosse. Siccome si sono fatte già le undici, Harry avanza la proposta di andare a cercare un qualcuno in particolare che sono certi troveranno nell’aula di trasfigurazione.
«Salutarla mi sembra il minimo considerato che siamo qua» fa notare Potter, oltrepassando il portone d’ingresso. Non ci impiegano molto per arrivare a destinazione, a Hogwarts è tutto uguale a un tempo e la distruzione causata dalla guerra non ha cambiato davvero niente. Quando arrivano di fronte all’aula, la lezione è appena finita e una frotta di studenti, probabilmente del primo anno a giudicare dall’età, appartenenti alle casate di Tassorosso e Serpeverde, escono come una fiumana dall’aula parlottando tra di loro a voce bassa. I più notano Harry, sebbene nessuno si azzardi a salutarlo, ma gli altri filano via rapidamente. Minerva McGranitt è seduta dietro la cattedra, china su un foglio che legge attentamente. Al suo fianco, a destra, ha posata la sua fidata bacchetta mentre una pila di temi torreggia dalla parte opposta, minacciata soltanto da una folata di vento che entra dalla finestra. Senza alzare lo sguardo, la professoressa agita la bacchetta e la finestra si chiude, è allora che Harry bussa alla porta lasciata aperta.
«Sì?» domanda; la sua voce sottile riecheggia per l’aula deserta. Draco si ricorda delle lezioni di trasfigurazione e un brivido corre giù lungo la sua spina dorsale, è un qualcosa a metà tra la malinconia, perché in un certo senso gli mancano quegli anni, e al tempo stesso sollievo per via del fatto che è un bene che siano ormai morti e sepolti. Vede a malapena Potter prendere dalla tasca la propria bacchetta, si rende conto di cos’ha fatto quando la piuma che la professoressa McGranitt utilizza per scrivere e che sta al suo posto dentro al calamaio inizia a levitare a mezz’aria e, poco dopo, si trasforma in una rosa bianca prima di depositarsi di fronte al naso adunco di Minerva. Un po’ innervosita lei alza lo sguardo, pronta di certo a rimproverare uno studente indisciplinato con una sonora punizione, ma quando li vede sulla soglia in fondo alla stanza, la sua espressione cambia radicalmente.
«Signor Potter, signor Malfoy!» esclama, vivamente sorpresa.
«Mi chiedevo come valuterebbe questa trasfigurazione, professoressa?» scherza Harry, facendosi avanti nell’aula e camminando lentamente bacchetta alla mano. Il solito sbruffone, pensa Draco alzando gli occhi al cielo e incrociando le braccia al petto.
«Ottimamente, come sempre, ma da Harry Potter mi aspetto questo e altro» mormora lei, abbracciando prima Potter e poi anche lui. Considerato ciò che ha fatto ai M.A.G.O. se lo aspetterebbe chiunque in effetti. ** «Cosa fate qui?»
«Avremmo bisogno di parlare con Hagrid, temiamo che qualcuno stia cercando di sabotare il nostro matrimonio.»
«O che lo abbia maledetto» lo corregge Draco, dedicandogli anche un’occhiataccia.
«Non ne siamo sicuri» dice Potter annuendo. «Ma dobbiamo capire chi ci sta facendo questo e pensavamo di iniziare da quando questa faccenda è cominciata.» 
«Dagli Schiopodi Sparacoda» precisa la McGranitt, la quale è evidente che non abbia bisogno che le vengano spiegate le cose, pare sappia già tutto quanto per conto proprio. Il che non lo stupisce affatto, c’è tutto un sottostrato di pettegolezzi che gira per il mondo magico. Il Ministero della Magia è praticamente diventato alla stregua di un covo di comari pettegole.
«Esatto e siamo sicuri che Hagrid abbia agito in buona fede, ma lo sa anche lei com’è. Quando ci sono di mezzo gli animali…»
«Non me ne parlare, Potter» lo interrompe Minerva alzando gli occhi al cielo, ha l’aria di un qualcuno che conosce la questione sin troppo bene. «Hagrid ad ogni modo è nella foresta proibita a tenere una lezione, Merlino solo sa su che cosa, ma dovrebbe essere qui per l’ora di pranzo. Nel frattempo se non avete niente di meglio da fare, che ne dite di una bella lezione di trasfigurazione con gli studenti del primo anno?» C’è un velo di furbizia tra le espressioni di Minerva McGranitt e a cui entrambi replicano con un sonoro: “D’accordo”. Stranamente anche Draco si sente bene all’idea. Forse non sarà esaltante e fuori di testa come il suo addio al celibato, che si terrà fra quattro giorni tra l’altro e che sta organizzando Pansy, il che lo renderà ovviamente ai limiti della legalità, ma almeno sarà una piacevole distrazione. E Merlino solo sa se non ne abbia bisogno.

 

Harry alla fine riesce a mettersi in mostra anche nelle lezioni di trasfigurazione dei bambini. Draco non ne dubitava, non dubita mai della sua innata capacità di farsi riconoscere e ammirare dalla gente. È piuttosto sicuro che una piccola parte di lui se ne compiaccia anche, ma se così è evita molto bene di darlo a vedere apparendo invece come molto modesto. Lui invece non fa nulla se non guardare gli altri lavorare, il che è per altro la sua attività preferita. Fino a che la lezione non finisce se ne sta seduto da una parte, con una certa eleganza, divertito dalle osservazioni salaci della McGranitt di fronte a trasfigurazioni non propriamente riuscite dei suoi studenti. Quando escono dall’aula per andare nella sala comune dove sperano troveranno Hagrid, Draco ha il cuore leggero e l’animo divertito. Non stava così bene da mesi, ma quando il faccione barbuto di Hagrid incrocia il loro sguardo, la realtà gli piomba addosso di nuovo. Si costringe a respirare a fondo, rassicurato soltanto dalla presa salda di Harry che ora non lascia la sua mano. Andrà tutto bene, è come se volesse ripetergli. Troveranno il colpevole e questa brutta storia finirà.
«Hagrid» lo chiamano, è circondato da una folla di ragazzini ai quali sta mimando il verso di una manticora in amore. Chissà poi perché. Anche se non dovrebbe stupirsi, uno che si diverte a giocare ad acchiapparella con gli ippogrifi… Quando Hagrid si sente chiamare da una voce adulta, alza lo sguardo verso di loro, sembrando sulle prime un tantino sorpreso.
«Harry!» esclama. «E c’è anche il signor Malfoy. Cosa vi porta a Hogwarts? Nostalgia dei vecchi tempi?»
«Avremmo bisogno di chiederti una cosa, Hagrid, è importante.»
«Ma certo» annuisce lui, affrettandosi a congedare la frotta di bambini che gli sta attorno. «Con voi ci vediamo più tardi, piccoli pesti, andate a pranzare forza. Secondo anno, sono i più vivaci» ammicca infine in loro direzione abbassando la voce come se stesse confidando un grande segreto.
«Ti fanno impazzire, eh?» chiede Harry, ridacchiando.
«Mai quanto te, mio caro signor Potter, non ho mai incontrato nessuno con una così grande allergia alle regole. Eri un vero furbacchione.»
«Certe cose non cambiano davvero mai» commenta Draco, salace. Lui ha sempre fatto di tutto pur rispettare le regole che venivano imposte anche all’epoca della Umbridge quando, a dire la verità, ne imponeva davvero di ridicole. Ma ai tempi anzitutto avevano un odio in comune, ovvero Harry Potter e i suoi favolosi amichetti e poi quella strega rosa lo faceva giocare con il suo passatempo preferito ovvero: “Diamo la caccia a Potter”.

«Allora, perché siete qui? Non me l’avete ancora detto mi sa.» Sembra preoccupato e quasi si ritrae come se temesse di aver fatto una sciocchezza, non crede neanche che quello sia il luogo migliore per parlare di quella faccenda. Non è granché intimo e comunque tutti fissano Harry come se avesse due teste, quindi quando il suddetto se ne esce con un: «Io e Draco…» Lui lo interrompe immediatamente.
«Senti» dice, con fare spiccio «perché non andiamo a I Tre Manici di scopa? So che fanno un’ottima zuppa di piselli e oggi hanno un Rum di ribes rosso che dev’essere eccezionale.»
«Questa sì che è una bella idea!» commenta Hagrid, concedendogli un’amichevole, quanto sonora, pacca sulla spalla. Draco barcolla, una manata da un mezzogigante potrebbe anche spezzarti una costola, nello specifico smette di respirare per un secondo salvo poi temere di finire per terra. Non succede, ma è certo che gli sarà venuto un segno rosso sulla schiena. Un pochino lo insulta tra i denti, ma a dire il vero ne è quasi felice. Perché se fino ad allora ha avuto l’impressione di non andargli a genio, ora non ha più nessun dubbio: Hagrid concede pacche sulle spalle solo a chi considera dalla sua parte. Intanto che escono dalla scuola in direzione di Hogsmeade, infatti, sembra davvero che sia diventato il suo migliore amico.

 


Ciò che viene fuori da quel pranzo a I Tre Manici di Scopa sostanzialmente lo si può suddividere in due punti: il Rum di ribes rosso dovrebbe essere illegale da quanto è buono, e infatti Potter ne compra una bottiglia da una Madama Rosmerta felicissima di vederlo, in secondo luogo avevano ragione a pensare che Hagrid fosse stato convinto da qualcuno. Né lui né tantomeno Harry si sentono davvero di escludere che due Schiopodi Sparacoda, nella sua testa, potrebbero essere il regalo di fidanzamento perfetto, ma a detta di Potter persino lui l’ha trovato un tantino esagerato. Draco non è sicuro che il detective straccione che gli stringe la mano di tanto in tanto, come a volerlo perennemente rassicurare, abbia davvero capito chi è e di cos’è capace Rubeus Hagrid. Sta di fatto che dopo un piatto di zuppa e una bottiglia di Rum la lingua di quel barbuto idiota di scioglie come neve al sole.
«Una sera ero appena uscito da qui, ero un po’ alticcio non so se mi capite…» Draco si morde la lingua per non replicare che lui capisce sempre quello che gli dice, ma non è davvero sicuro del contrario, ma preferisce evitare di prenderlo in giro proprio mentre li sta aiutando.
«Mi si avvicina un tizio, a dire il vero non sono sicuro di chi fosse.»
«Non l’hai visto in faccia?» domanda Potter.
«No, era buio e portava il cappuccio. Aveva una voce sottile sottile» dice, assottigliando il suo enorme vocione in un goffo tentativo di imitare un tono più flebile. Il fatto che fallisca miseramente lo rende quasi ridicolo, anche se comunque il concetto è piuttosto chiaro. «Come quella di una donna, beh, ma magari era davvero una donna. Ho visto che aveva uno strano colore di capelli.»
«Strano in che senso?» chiede Draco, curioso.
«Sembravano viola e anche il naso era un po’ strano, tipo quello di un maiale solo più piccolo. Non ne sono sicuro però, ho detto che era buio. Comunque io gli chiedo che voleva e questo mi dice che ha per le mani due Schiopodi Sparacoda adulti e mi chiede se ero interessato.»
«E tu che hai… no lascia perdere, so già la risposta» ribatte Draco, sarcastico, scacciando il pensiero dalla testa.
«Ovviamente ero interessato, chi non lo sarebbe? Gli Schiopodi sono creature così affascinanti e sono davvero incompresi, poverini. E poi quel tizio li dava via per niente. Mi ha chiesto in cambio un paio di asticelli e ne ho una pianta piena a casa quindi ho detto di sì. Poi mi dice che sarebbero stati perfetti per un regalo a Harry Potter e ho pensato che aveva ragione. Mi dispiace, Harry e anche a te, Malfoy» conclude infine, è chiaramente sbronzo e lo si nota dal colore delle guance di un rosso più vivace sotto la barba irsuta. Ma dal modo in cui parla è chiaramente dispiaciuto, quasi gli fa pena.
«Non importa, Hagrid, va tutto bene» lo rassicura Potter. «Conta il gesto più che la sostanza e da te non mi aspetterei niente di meglio di due Schiopodi Sparacoda.» Draco quasi sogghigna, ma in effetti, la sua mente è altrove. Finisce la zuppa in silenzio e poi anche dopo che Hagrid se ne va, lasciandoli soli, il suo mutismo non si trasforma in parole di circostanza. La sua mente sta ragionando su un particolare, insignificante in apparenza, ma che gli continua a tornare in mente. La persona che ha venduto ad Hagrid gli Schiopodi aveva i capelli viola e il naso strano, insolito vero?

«A cosa pensi?» gli chiede Harry, intrecciando le dita alle sue e baciandolo su una guancia.
«A quello che ha detto Hagrid poco fa: la persona che l’ha avvicinato aveva i capelli viola.»
«E quindi pensi a…»
«Penso che se sto facendo qualcosa di losco e non voglio che nessuno mi riconosca allora uso la magia per trasfigurare il mio aspetto, ma sai… la persona che stiamo cercando potrebbe essere un metamorfomagus.» Che sia un’ipotesi azzardata, Draco lo pensa subito dopo aver pronunciato quella parola. Teoria stiracchiata, ma è un inizio. Un qualcosa, oltre ad avere la certezza che Hagrid non ha agito di testa propria. Anche Harry pare stranito, eppure non dice niente e non si affretta a negare. Esistono i coloranti per i capelli anche nel mondo dei babbani e non è difficile trasfigurare il proprio aspetto con la magia, ma la particolarità del colore viola… Draco non è sicuro di niente, ma certo è che un tarlo si è insinuato nella sua testa
«La metamorfosi è ereditaria» spiega Potter. Già è vero, lo è. Ha ragione. Teddy, infatti, il figlio di Ninfadora e Lupin è un metamorfomagus come sua madre. «Si trasmette dai genitori e vale lo stesso discorso degli animagus: devono essere registrati al Ministero. Quindi se il nostro sabotatore è un metamorfo allora trovarlo sarà più facile del previsto.» Draco si sente stranamente positivo quando si alza dal tavolo ed esce da I Tre Manici di Scopa. Ha ancora Harry accanto con una bottiglia di Rum di ribes rosso stretta in una mano e la bacchetta nell’altra, pronto a smaterializzarsi da lì. Prima che lo veda puntare la bacchetta contro se stesso però e che Draco gli prenda il braccio, un ultimo pensiero gli attraversa la mente.
«Sai, sono contento che tu abbia fatto questa cosa con me e non con i tuoi amici.» E lo è davvero, nel senso che sa perfettamente che se ci fosse stata Hermione probabilmente avrebbe già una teoria bella che pronta, anzi si chiede perché non l’abbiano ancora consultata, ma è comunque felice di aver fatto questa cosa con lui. «Cioè, sembri ancora il detective dei poveri così conciato, ma sei quasi decente.»
«Mh, non è male sai?» domanda Harry con una punta di furbizia nei modi. «Il detective dei poveri e Mr furetto. Le nostre avventure potrebbero finire sulla Gazzetta del Profeta.»
«Non finiranno da nessuna parte se mi chiami di nuovo così» lo minaccia, ma nel dirlo sorride. Sorride anche dopo che sono spariti con un plop dalle strade di Hogsmeade. Mr furetto… che scemenza. Ha ucciso per molto meno di un soprannome così idiota.





 

Continua






 

*Zonko muore e il negozio chiude, questa è la sostanza della questione, non viene mai detto cosa succede al negozio dopo la guerra, ma ho pensato che George potesse considerare quel posto un affare e rilevarlo. Naturalmente è una mia invenzione.
**Harry ha completato gli studi a Hogwarts, frequentando il settimo anno e preparando i M.A.G.O. dopo la guerra. La cosa viene spiegata nel prequel di questa storia: “Un matrimonio da sogno (o quasi)” dove faccio anche riferimento al fatto che la sua prova di trasfigurazione è stata stupefacente.

 

Note: Sono riuscita ad aggiornare abbastanza in tempo, poteva andare peggio nonostante il poco tempo per scrivere che ho avuto questa settimana. Dal prossimo capitolo le cose vireranno un po’ sull’angst intanto Harry e Draco dovevano partire da qualche parte per capire chi diavolo è ad avercela con loro. L’intuizione di Draco sul metamorfomagus li porterà avanti nelle indagini oppure no? Lo scoprirete presto, nel frattempo grazie a tutte le persone che sono arrivate a leggere sino a qui e grazie a chi ha recensito e inserito la storia nelle liste: preferite, seguite e ricordate.
Koa

 

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Capitolo 8
*** Una questione di memoria ***


Una questione di memoria





 

La situazione si complica quello stesso pomeriggio, appena dopo aver lasciato I Tre Manici di Scopa, ma lo fa in una maniera che si potrebbe definire come drammaticamente sorprendente. Con il senno di poi potrebbe affermare con esattezza che è in quel momento, appena dopo che decidono di far visita allo storico sarto dei Malfoy, che la tragedia ha inizio. Sulle prime, Draco pensa solo che sia quantomeno doveroso aggiungere un altro tassello al puzzle. Non vede il pericolo arrivare, in effetti si concentra su altro: una fattura lanciata per errore e non vista, che potrebbe colpire Harry in pieno petto, una tegola che potrebbe staccarsi da un tetto e fratturargli il cranio, una macchina che potrebbe sbandare intanto che camminano lungo il marciapiede della Londra babbana... Deve tenere alta l’allerta perché hanno ancora il dubbio che ci sia ben altro che un semplice sabotatore e che la maledizione di Georgina Dunn sia stata lanciata veramente su di loro. Se così fosse non deve dimenticare che il cavaliere della storia è morto e lui non può permettere che succeda qualcosa di brutto a Potter, perché sarà anche vero che è un insopportabile eroe con la povertà nell’animo, ma è il solo pezzente di cui potrà mai essere così tanto pazzamente innamorato. Draco ignora ciò che sta per accadere e quel giorno, dopo che lasciano Hogsmeade, sa solo che è necessario andare da Luigi e provare a capire perché l’abito del matrimonio gli è stato consegnato in quelle condizioni. Se c’è un disegno più grande, questo gli sfugge, ma d’altronde i fili si tendono come seta di ragno in una maniera che è impossibile prevedere. Se lo fosse stata avrebbe capito tutto molto prima e invece c’è dentro dal fidanzamento, che si è svolto a novembre, e ha iniziato a collegare i puntini soltanto adesso che è giugno. In futuro non biasimerà troppo se stesso per tanta disattenzione, in quel pomeriggio lo fa ancora meno. Nei successivi minuti, dopo essere arrivati a casa ed essersi allentato i bottoni della camicia, lascia che la tensione scivoli via dal suo corpo. Ci sarebbe molto di cui parlare e anche parecchio su cui riflettere, ma invece che ragionare sulle parole di Hagrid viene distratto da Harry. Osservarlo è piacevole e quando nota il suo essere pensieroso si perde ancora di più a cercare di capire cosa gli passa per la testa. Da quando hanno lasciato la locanda di madama Rosmerta ha parlato poco o niente, esprimendosi a monosillabi. In un’altra occasione, magari una felice e spensierata, lo avrebbe definito più cavernicolo del solito, ma c’è davvero poco da ridere e allora lo fissa e basta. Non c’è bisogno che dica a cosa sta pensando perché questo sia ovvio: probabilmente si sta convincendo a sottoporre la questione a Ron ed Hermione. Sin dal giorno in cui è arrivato a Hogwarts non c’è problema che non abbia condiviso con i suoi migliori amici e a rifletterci, non è nemmeno una cattiva idea. Draco si sente anche un po’ uno scemo quando si ricorda della ferrea logica di Hermione Granger, perché non ha pensato lui di coinvolgerla? Si è limitato a chiederle degli elfi domestici e c’era il giorno in cui ha chiesto aiuto a Molly per il vestito, ma poi non hanno più parlato di nessuna questione riguardante il matrimonio. Eppure è la strega più intelligente che conosca, una di quelle che sa usare il cervello molto meglio di quanto, e qui lo dice e qui lo nega, non riesca a fare lui. Forse lei e quella specie di divoratore seriale di cibo che ha per marito, potrebbero essere utili a capire chi si cela dietro questo sabotaggio. Alla fine sta tutto lì: comprendere chi è e fermarlo. Rivolgersi a loro è il minimo che possano fare adesso, Harry glielo dice mentre, indeciso, cerca di capire se è meglio inviare un Patronus o limitarsi a un biglietto. Decide che un messaggio scritto è meglio, un Patronus la allarmerebbe troppo e inutilmente. Per ora ci sono solo molti sospetti, ma nessun pericolo reale e quindi redige poche righe su una pergamena che lega infine alla zampa di Bingley. In quel breve messaggio non spiega niente e Draco si ritrova concorde: è più che sensato.
«Se c’è una cosa che il professor Moody mi ha insegnato è a essere prudente» spiega Harry vergando parole frettolose con la piuma che sta sopra lo scrittoio. «Vigilanza costante» conclude, ammiccando e parlando con un tono che ricorda quel vecchio Auror a cui era palese mancasse una rotella. A dire il vero come professore nemmeno gli piaceva, nonostante alla fine si fosse rivelato tutt’altro ovvero un Mangiamorte.

«Che le hai scritto?»
«Solo che devo parlare a lei e a Ron di una questione importante, le ho dato appuntamento per stasera qui. Loro ci aiuteranno, vedrai.»
«Lo spero, Potter» mormora, pensieroso, afflosciandosi nella poltrona antistante il camino e massaggiandosi gli occhi. Sembra stravolto, come se avesse lavorato tutto il giorno, ma non lo è davvero. Non fisicamente almeno, la sua è più una stanchezza mentale. Sente di essere arrivato al limite della sopportazione e dello stress e non ha davvero idea di come farà ad andare avanti. Harry è la sua sola consolazione, l’unico punto fermo che gli è rimasto in un mondo in cui neanche la sua famiglia si mostra entusiasta per il suo matrimonio. Bello schifo, rimugina evitando di pensare ai suoi genitori e al fatto che non parla con loro da prima delle vacanze di Natale.
«Hermione è brava in queste cose» aggiunge Harry, attirando la sua attenzione. «Lei è sempre piena di risorse e anche Ron… è un ottimo Auror.» Draco quasi sorride nel sentirlo parlare in quel modo. Per un istante ha avuto la sensazione che Potter non avesse i giusti elogi con cui descrivere il suo migliore amico. A dire il vero, a parte “Pozzo senza fondo” lui per primo non saprebbe come definire Weasley. Certamente è affidabile, oltre che coraggioso. Leale, di sicuro. Un mago potente? Anche, alla fine fa l’Auror e avendo frequentato l’eroe del mondo magico per anni ha capito che non sopravvivi al corso di formazione per Auror se non sei un minimo portato. La risata che scaturisce da quella concatenazione di pensieri nasce in maniera naturale, eppure la tiene per sé: ha la sensazione che non sia ancora il caso di ridere. Quando poi Bingley bubola, agitando le ali prima di volare fuori dalla finestra, un miscuglio di emozioni diverse gli agita lo stomaco. Si sente ottimista e terribilmente spaventato al tempo stesso.  


 

Sin dall’inizio di questa tragicomica vicenda, Draco ha avuto la netta impressione che ogni passaggio del matrimonio che si preparava ad affrontare fosse permeato di stranezze. Di cose che non riusciva ad afferrare per ciò che realmente erano. A voler fare un paragone è un po’ come avere davanti un dipinto, ma vederlo sfocato, non distinguere colori, figure, contorni e nemmeno la cornice. Parte di questo sentore si è dissolto nel momento in cui lui e Harry sono arrivati alla conclusione che una persona sta sabotando le loro nozze, da allora il mondo appare come un po’ più nitido rispetto a prima. Quando hanno incontrato Hagrid e questi gli ha rivelato che uno sconosciuto incappucciato gli ha venduto due Schiopodi Sparacoda, mettendogli in testa l’idea di regalarli a Harry Potter inoltre, parte di questo “Quadro” gli si è mostrato per ciò che è, ma non ci mette molto a comprendere che la consapevolezza non migliora le cose. Al contrario, da un certo punto di vista le peggiora anche. La paura non svanisce mai per davvero, anche nei frangenti in cui non ci pensa, gli sobbolle dentro la pancia come una pozione velenosa. Probabilmente la nausea non se ne andrà finché non avranno risolto la questione e trovato il colpevole. Anzi, ne è certo ormai. Quando si smaterializzano dal loro appartamento di Diagon Alley per riapparire nella Londra babbana, Draco ha ancora il terrore che Potter resti vittima di un incidente mortale. Potrebbe anche venire ucciso da questo misterioso sabotatore, che magari potrebbe decidere all’improvviso di farli fuori entrambi, come può essere sicuro che camminando per strada sarà salvo? Non vuole davvero pensare all’eventualità di un attacco o, peggio ancora, di un duello. Eppure non riesce a scacciare il pensiero. Camminare è quasi faticoso, la sua mente è altrove e nonostante il lauto pranzo si sente ancora più spossato. Lui e Harry stanno passeggiando lungo il marciapiede l’uno accanto all’altro, ma fin tanto lontani per i suoi gusti. Draco ciondola con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni e ha la camicia slacciata, il passo che struscia sull’asfalto mentre lo sguardo è basso, rivolto a terra. Neanche Weasley nei giorni peggiori era così trasandato. Evita un turista distratto quanto lui grazie a un colpo di fortuna, ma se qualcuno gli rovinasse addosso buttandolo a terra, probabilmente neppure se ne accorgerebbe. Riflettendoci non ricorda di esser mai uscito di casa in un simile stato. Non ha con sé neanche il bastone e quando il clacson di una macchina strombazza a pochi metri da lui, facendolo sussultare per lo spavento, si rende conto di non aver nemmeno pensato a doversi vestire adeguatamente. Non ha la giacca, niente ghette o bretelle e ha l’anello di famiglia al dito della mano destra per abitudine, più che per altro. Riesce a essere terribilmente elegante, però, lo sarebbe anche con indosso un abito fatto di spazzatura. Mentre Potter… Beh, lui è molto più avvezzo di lui alla povertà e l’aspetto da straccione è la norma e quasi gli dona. Pensandoci sorride per una frazione di secondo, ma quando si volta in direzione di una vetrina e vede il proprio viso stropicciato là riflesso, capisce di essere lui quell’uomo con le guance scavate, i capelli non perfettamente pettinati e il terrore negli occhi. E allora realizza che la paura non se ne andrà perché Harry Potter lo tiene per mano e infatti torna, prepotente, dopo che si fermano davanti al negozio di Luigi, lo storico sarto dei Malfoy. 

 

È tutto come al solito: la stessa insegna marrone scuro con incisa sopra, a lettere dorate, la scritta “Da Luigi”, le medesime vetrine con abiti da uomo eleganti su uno sfondo verde scuro e un cartello con sopra scritto “Aperto” appeso alla maniglia. Non sa perché, ma per un attimo ha creduto che si sarebbe trovato davanti uno scenario apocalittico con vetri distrutti e l’insegna bruciata. È da sciocchi, si dice intanto che Harry si fa avanti, aprendo la porta. Ad accoglierli è il campanello appeso sopra lo stipite, che trilla in maniera acuta attirando l’attenzione di un commesso in giacca e cravatta. Draco lo riconosce subito, l’ha visto spesso e non solo ci ha già avuto a che fare in più di un’occasione, ma c’è stato un periodo, prima che il detective dei poveri rapisse il suo cuore, in cui ha persino pensato di provarci. Non l’ha mai fatto e quando il ricordo lo sfiora quasi si sente a disagio. 
«Non c’è nessuno» mormora Harry al suo fianco; si guarda attorno appena dopo avergli preso la mano e intrecciato le dita con le sue. A dire il vero, Draco fa caso a malapena a chi gli sta o non gli sta attorno, stringe quella mano come se non contasse nient’altro nella vita, quasi non volesse fare che questo. Lui è la sua boa di salvataggio in un mare in tempesta.
«Solo un momento.» È il commesso a riportarlo alla realtà, con la sua voce acuta e l’accento del Galles. Sposta lo sguardo su di lui, curioso, vede che è affaccendato a sistemare diverse stoffe che sono state lasciate in disordine sopra a un bancone. L’occhio gli cade su un campionario che è composto in realtà solo da pezzi di tessuto. Il libro è ovviamente incantato e ogni pagina, che pagina non è per davvero, ti invoglia alla sua maniera a essere acquistata. “Comprami, sono il migliore sulla piazza” dice del popeline azzurro chiaro. “Non dargli retta, io sono più resistente” replica invece del filo di scozia di un azzurro leggermente più intenso. Draco ha la sensazione che in una giornata di noia potrebbe anche ascoltare i battibecchi di quegli stracci per delle ore, ma grazie a Merlino il ragazzo chiude il libro riponendolo sotto al bancone e le voci si quietano. Al suo fianco, Harry assomiglia a un bambino in un negozio di caramelle. Ha gli occhi spalancati e la bocca aperta, le espressioni estatiche, è incantato da tutto ciò che gli sta attorno. Nonostante sappia di essere un mago da più di quindici anni, guarda ancora alla magia con quel pizzico di ammirazione e incredulità con cui faceva a undici anni. E allora i suoi occhi verdi si allargano per lo stupore quando un manichino vestito con una vecchia giacca rattoppata gli fa un inchino. Il metro da sarto si annoda e snoda da sé mentre spilli e aghi si conficcano da soli dentro a un puntaspilli.
«Adoro la magia» lo sente borbottare con voce bassa, ma carica di meraviglia. Lui non ci vede niente di sensazionale: è tutto esattamente come lo ricorda, nell’aria c’è anche quello strano odore che c’è sempre quando va a farsi un vestito ovvero un miscuglio di legno e creolina. Sempre i medesimi tappeti scuri, i soffitti alti e quel lampadario appeso al soffitto composto da sole candele. Il commesso si volta a guardarli proprio mentre Draco si perde a osservarlo.
«Ditemi» dice il ragazzo e, nel guardarlo, nota che ha un paio di occhiali a mezzaluna calati sul naso che lo fanno sembrare più vecchio di quanto in realtà non sia. È un mago, ma è vestito da babbano dato che ha un abito gessato grigio con una camicia color porpora dal cui taschino spunta un fazzoletto bianco. I capelli ricci, di un caldo biondo scuro, gli ricadono disordinatamente sulla fronte, è relativamente giovane sebbene non di molto, forse sulla trentina. Ha un fisico asciutto e longilineo, naso adunco e bocca sottile. Quando si rivolge a loro, fissandoli con un paio di occhi blu carichi di curiosità, Draco si rende conto di non ricordare il suo nome.
«Posso aiutarvi?» domanda ancora, questa volta mostrandosi seccato.
«Stavamo cercando il signor Luigi.»
«Lascia, Travis, faccio io.» A intromettersi è una voce appartenente a un qualcuno che Draco non riconosce. Scopre, poco più tardi, che è appartiene a un uomo di mezza età, carnagione olivastra e capelli neri ben pettinati, tenuti fermi da una dose abbondante di gel per capelli. Quando gli si fa vicino sente un profumo intenso di menta e tabacco. I baffetti portati sottili sotto al naso e la forma del viso allungata, nonché i colori in tutto e per tutto simili a quelli di Luigi, suggeriscono che quello dev’essere un parente. Forse il figlio, considerata l’età.
«Sì, noi…» tenta il suo adorato poveraccio, subito interrotto.
«Lei è Harry Potter, giusto?» chiede l’uomo, indicando la cicatrice sulla fronte che si intravede appena sotto la zazzera di capelli perennemente in disordine che gli ricade costantemente sul davanti. Nel parlare quel tale sfoggia un piccolo sorriso, leggermente tirato, ma in apparenza sincero. Gli occhi sembrano curiosi, pare la tipica espressione dei fan di Harry Potter quando lo incontrano per caso. «Anche in Italia lei è molto famoso» spiega, confermando in maniera indiretta di essere un parente di Luigi, che ha sì vissuto a Londra tutta la vita, ma che è nato nel continente.
«Immagino sia così» mormora Harry in risposta, grattandosi la nuca imbarazzato. Ormai è abituato a scene del genere e non fa nemmeno più finta di stupirsi, ma non vuol dire che questo gli piaccia o che non si vergogni almeno un pochino.
«Quindi lei dev’essere il signor Malfoy, mio padre mi ha parlato di lei e ovviamente anche del signor Lucius. Vi ha sempre descritti come i migliori clienti del suo negozio.»
«Mi fa molto piacere» risponde, senza trattenersi dal mostrarsi compiaciuto. Gli piace essere il migliore in qualcosa, ma soprattutto apprezza quando il suo buongusto viene ricordato. Perché andrebbe ricordato eccome. «Il signor Luigi è il miglior sarto d’Inghilterra, questo è certo o la mia famiglia non si sarebbe servita qui per decenni. A proposito di suo padre… perché lei è il figlio di Luigi giusto?» 
«Oh, ma certo!» esclama quello, affannandosi a riparare a quella che a sua detta sembra essere una disgrazia. Più che altro gli pare una disattenzione, ma a dirla tutta Draco sta andando in giro come uno scappato di casa, è davvero l’ultimo a poter parlare.
«Che maleducato, terribilmente maleducato signor Malfoy. Io sono Mario, il figlio. Solitamente vivo in Italia con la mia famiglia, ma adesso…» Non termina la frase, al contrario la lascia in sospeso e il suo stesso volto si intristisce tutto d’un colpo. Sino a pochi istanti fa era felice e curioso, mentre adesso pare l’uomo più disperato del mondo. C’è forse un barlume di compostezza che gli impedisce di scoppiare a piangere davanti a degli estranei, ma giusto allora nota che ha gli occhi rossi come se avesse appena smesso. Che sia capitato qualcosa al signor Luigi gli pare ormai una certezza. Da quando era un bambino e suo padre lo portava dal sarto per farsi fare un vestito elegante, ha sempre visto il signor Luigi dietro a quel bancone. Il fatto stesso che non ci sia è una conferma dei suoi sospetti. Eppure è strano, certamente era anziano, ma gli aveva sempre dato l’impressione di essere in buona salute dato che lavorava ancora attivamente.


«Cosa è successo?» chiede Harry, spezzando gli indugi e parlando anche al suo posto. Pensa sempre che sia meglio lasciare a lui il compito di fare domande, i suoi toni dolci e i modi gentili fanno presa su chiunque. Al contrario suo che pare sempre giudicare e avere la puzza sotto al naso, anche quando in realtà è spaventato a morte. A fronte di quella domanda, inaspettatamente, il volto di Mario si deforma in un’espressione di puro stupore. Come se l'avessero preso in contropiede, boccheggia e passa lo sguardo da lui a Harry quasi volesse accertarsi che non lo stiano prendendo in giro.
«Mi volete dire che non lo sapete?»

«Sapere cosa?» chiede Draco un po’ ingenuamente. In realtà lo ha intuito, è da quando è entrato là dentro che ha una pessima, ma davvero pessima sensazione. Orribile a dire il vero.
«Mio padre è ricoverato al San Mungo, da più di un mese oramai.»
«Al San…» balbetta, mangiandosi le parole che ricaccia giù in gola a forza. Non è solo per la notizia in sé, non perché gli dispiace per quell’uomo gentile, anche se in parte è così, è perché istintivamente lo sente che c’è dell’altro. Non è una casualità, Draco lo percepisce sin dentro lo stomaco, ancora in subbuglio. Quasi non vuole sapere. Quasi preferisce che il mondo si fermi, qui e adesso, e che qualcuno lo faccia scendere. Vorrebbe solo sparire. Lui e Harry. Che vadano in un posto lontano dove non li conosce nessuno. Dove non vengono fermati per strada ogni cinque minuti perché l’eroe viene riconosciuto e dove non esiste alcuna ragione al mondo di sabotare il loro matrimonio. Draco non vuole pensare, tantomeno ha bisogno di credere alle proprie orecchie e quindi per un istante chiude gli occhi e inspira lentamente.
«Cosa gli è successo?» interviene Potter, spezzando il silenzio. Quasi lo odia per aver interrotto in quel modo la sua ricerca di pace interiore, ma è davvero troppo curioso e allora apre subito gli occhi e fissa Mario intensamente. Questi scrolla la testa, sconsolato. Sembra profondamente triste. «Nessuno lo sa con precisione, i medimaghi sostengono che potrebbe essere stato un incantesimo di memoria, forse addirittura più di uno. La sua mente è vuota, non ricorda i suoi figli o i nipoti, non ha idea di come si faccia a cucire un abito e fare il sarto era tutta la sua vita. Amava questo lavoro al punto che ha sempre rifiutato i miei inviti a raggiungermi in Italia o a ritirarsi in un posto dove il clima è più caldo e adesso invece…»
«Mi domando chi può aver fatto una cosa del genere» mormora Harry senza davvero chiederlo, ma parlando più che altro fra sé. È evidente che stia riflettendo su quanto hanno appena scoperto. Draco è sicuro che lui e Potter siano arrivati alla medesima conclusione: se è stato fatto qualcosa a Luigi è senz’altro per via di quel maledetto vestito. Non può essere una casualità, già da tanto tempo ha smesso di credere alle coincidenze. 
«Non lo so» ammette Mario in risposta, passandosi una mano sul viso come a voler dare a se stesso una scossa. «Io non ero qui, non so neanche se aveva dei problemi o qualcuno ce l’aveva con lui anche se mi sembra impossibile.»
«Le persone che lavorano con lui non si sono accorte di niente?» interviene Malfoy. Sa che ci sono due assistenti che sono lì da molto tempo, uno è quello che li ha accolti appena entrati e che poi si è defilato, l’altro ancora non l’ha visto, ma sa che effettua consegne ai clienti. 
«No, hanno solo detto di averlo trovato che vagava per strada, non è stato rubato niente né da casa né dal negozio. Gli hanno solo cancellato la memoria, quasi non volessero che ricordasse.» Quasi non volessero che ricordasse. Ha detto proprio così. Quelle parole accendono un qualcosa dentro la sua testa, come una consapevolezza. Più cose scoprono, più il quadro diventa chiaro. Luigi, si dice, doveva aver compreso qualcosa di fondamentale e perciò è stato messo a tacere.
«Perché non ha sporto denuncia all’ufficio Auror?» domanda Potter, facendo una giusta osservazione. Draco fa vagare lo sguardo dal suo ragazzo sino a quell’uomo italiano, che però ha drasticamente mutato le proprie espressioni. Adesso sembra tutto tranne che triste, pare invece molto arrabbiato come se qualcuno gli avesse fatto un enorme torto.
«Oh, ma l’ho fatto!» esclama Mario, accalorato. Gesticola in maniera così plateale, agitando le mani sin sopra la testa, che a guardarlo vien quasi da ridere. «Quando ho ricevuto la notizia dell’aggressione ho preso la prima passaporta e sono venuto qui, quindi sono andato al Ministero. Ho parlato con un certo Graves che mi ha detto che avrebbe indagato a riguardo, ma da allora non ho più saputo niente nonostante i tantissimi gufi che ho mandato. Non mi hanno mai risposto.» Non ha bisogno della conferma di Harry per sapere che quello è un atteggiamento piuttosto strano da parte degli Auror. Non saranno forse le persone più espansive del mondo, ma è atipico per loro il non dare alcuna notizia ai parenti della vittima di un’aggressione. Le loro indagini sono sempre molto rigorose e precise e anche quando passa del tempo, come in un questo caso, cercano di rassicurare i parenti sostenendo di star facendo tutto il possibile. Il silenzio è invece alquanto sospetto.
«Signor Potter» lo prega Mario, subito dopo. «So che lei è un Auror, si sa qualcosa del colpevole? Io devo sapere chi ha fatto questo a mio padre.» Draco vede Harry scrollare il capo in maniera grave, basta questo a far capire che non ne sa nulla. Se ne domanda la ragione, è vero che Potter non è il Capo Ufficio Auror, che non è a conoscenza di tutti i casi a cui lavorano là al Ministero, ma di nuovo sente che c’è qualcosa di strano in questa faccenda che non riesce ad afferrare.
«Mi dispiace, io non sapevo neppure che Luigi si trovasse al San Mungo. Però dato che mi trovo qui immagino di poter dare una mano: devo poter vedere la bacchetta di suo padre.» Se sulle prime, Mario sembra stranito da quella richiesta, come se non ne afferrasse il motivo. A Draco pare invece piuttosto ovvio, vuole capire se ha provato a difendersi. Se c’è stato un duello o qualcosa di simile
«M-ma certo» annuisce l’uomo, balbettando appena prima di sparire per qualche istante in una stanza adiacente dove ammette di averla conservata, nella speranza che suo padre guarisse riprendendo il proprio lavoro di sempre. Quando fa ritorno tiene tra le dita sottili una lunga bacchetta di faggio che porge a un Harry, il quale non esita neanche un istante e la prende con sicurezza. Se la rigira tra le dita per un paio di volte, quindi la posa sul bancone e, dopo aver preso la propria dalla tasca dei pantaloni, la agita pronunciando un incantesimo. Pochi istanti più tardi, un filo argentato fuoriesce dalla bacchetta di Luigi e allora gli ultimi incantesimi da lui effettuati gli si dipanano davanti agli occhi come un rocchetto di filo che si srotola, finendo a terra.
«Incanto reverso o prior incantatio che dir si voglia» spiega, in maniera spiccia sebbene non brusca. «Gli ultimi incantesimi lanciati da suo padre, scommetto che l’uomo con cui ha parlato non le ha fatto la mia stessa richiesta, giusto?»
«Oh?» chiede Mario, il quale è rimasto affascinato da quella linea argentata che si libra per il negozio. Draco osserva gli incantesimi che sono stati lanciati e che si susseguono in un flusso continuo, cercandone un qualcuno che possa considerarsi rilevante, ma sono tutti piuttosto semplici. Si tratta di stregonerie che qualunque mago o strega fa nella vita di tutti i giorni. «No, nessuno mi ha chiesto la bacchetta. Non ho neanche pensato di controllare io stesso, che sciocco.»
«Non si crucci, Mario» mormora Harry con fare rassicurante. «Questo è un lavoro da Auror, avrebbe dovuto farlo l’uomo con cui ha parlato. Ad ogni modo adesso sappiamo che suo padre non si è difeso in alcun modo e anzi mi chiedo… Secondo lei avrebbe potuto avere la prontezza di rispondere a un possibile attacco? Sì, insomma anche di pronunciare un incantesimo di disarmo o un sortilegio scudo? Un controincantesimo, insomma» 
«Non ho mai visto mio padre duellare, se è questo che mi sta chiedendo» replica Mario, assumendo un’espressione pensierosa. «Però immagino sapesse come farlo. Insomma sa usare perfettamente le barriere magiche, presumo conosca anche tutto il resto.» Dalla voce non pare poi così convinto, ma è piuttosto improbabile che non sapesse difendersi. Sì, esistono maghi e streghe più portati di altri a contrastare le arti oscure, non per niente non tutti hanno il talento di diventare degli Auror, ma a scuola insegnano i modi in cui difendersi e non c’è ragione per cui Luigi non sapesse come fare. 
«Come immaginavo, ciò significa che chiunque ha cancellato la sua memoria lo ha fatto senza farsi vedere. Di nascosto insomma, magari per non farsi riconoscere o vedere in faccia così che Luigi potesse capire le sue intenzioni.» Oh, ha capito quello che intende. La persona che l’ha attaccato lo ha fatto senza mostrarsi, ma lanciando un incantesimo di memoria alle sue spalle, magari dopo averlo pietrificato e solo perché probabilmente vedendolo in faccia avrebbe capito tutto e si sarebbe difeso? Ma se è così allora vuol dire che Luigi conosceva il suo aggressore. 


«Quindi tu pensi che…» borbotta Draco, senza finire la frase, ma lasciando il concetto in sospeso. Non è necessario spiegarsi, Harry ha intuito l’origine dei suoi ragionamenti. Potter annuisce con fare grave, è estremamente pensieroso come se stesse riflettendo seriamente su chi potrebbe mai aver fatto una cosa simile. Lo è anche lui a dire la verità, perché se è vero che era stato Graves ad accogliere Mario al Ministero della Magia e a raccogliere la sua denuncia allora… Draco di nuovo non finisce il concetto, andando subito dietro a un altro ragionamento che si sussegue come le maglie di una catena. Quanto dovrebbero spingersi in là con Mario? Sino a che punto devono dirgli? Si rende conto che non è sicuro di come reagirebbe se sapesse che suo padre non lo riconosce più per colpa sua. Perché è colpa sua, questo è chiaro. Sua e di questo dannato matrimonio. Se lo cruciasse non lo biasimerebbe, a dire il vero lui per primo non saprebbe proprio dire come si comporterebbe se fosse al suo posto.
«Sono convinto che l’aggressore volesse assicurarsi di non essere scoperto» dice Potter, qualche minuto dopo di silenzio.

«Già, ma perché aspettare tanto?» Sì, ha pensato anche a questo perché l’arrivare a fare adesso una cosa del genere ha ancora meno senso. «Non poteva cancellare la sua memoria mesi fa?»
«Non ne ho idea, forse Luigi aveva capito cos’era successo e l’ha minacciato o…»    
«Si può sapere di che accidenti state parlando?» li interrompe un Mario visibilmente alterato, proprio mentre l’incantesimo reverso svanisce e la scia argentata smette di vorticare attorno a loro. Che devono fare? Quasi pare dirglielo con il solo potere della mente a un Harry che annuisce silenzioso, gli sta dicendo che è suo diritto sapere. Per quanto brutta, la verità è sempre la scelta migliore.

 

Prende un grosso respiro, stringe le mani in due pugni stretti che intreccia dietro la schiena per non dare di sé l’impressione di essere in tensione. In realtà sfodera di nuovo l’educazione rigida di sua madre, che tanto si è sforzata per far sì che suo figlio mostrasse meno sentimenti possibili. La gelida educazione dei Malfoy serve a ben poco, però, di certo non placa i nervi tesi. Negli anni, e conoscendo Harry, ha capito che in realtà riesce nell’esatto contrario.
«Mesi fa sono venuto qui per commissionare un lavoro a suo padre, si trattava di una cosa un po’ speciale ovvero il completo per il mio matrimonio. Come sa bene anche lei, i Malfoy si servono da voi da generazioni e quando ho pensato a chi potesse confezionare ciò che avevo in mente, mi sono detto che nessuno era meglio di Luigi. Naturalmente il vestito era a dir poco stupefacente.»
«Lo so» annuisce questi, consapevole e con la voce che trema di orgoglio e ammirazione. «Ho visto i disegni, sono tutti conservati nell’archivio, ma che c’entra questo?»
«C’entra molto più di quanto non creda, signor Mario» replica un Draco con fare mesto, prima di schiarirsi la gola e riprendere a parlare: «Ho fatto cinque prove, sia per i pantaloni che per la giacca. Un paio di settimane prima che questo mi venisse consegnato nel mio ufficio, io provai quel vestito proprio in questo negozio. Andava tutto bene, avevo già pagato il lavoro e non potevo che ritenermi soddisfatto. Ma suo padre era una persona molto precisa e io l’ho sempre ammirato per questo, voleva aggiungere un ritocco ai pantaloni e allora gliel’ho lasciato, d’altronde avevo tempo e lui aveva dichiarato che non ci avrebbe impiegato più di una quindicina di giorni per finire il lavoro e così è stato.» Quando Draco deglutisce si rende conto di avere la bocca secca, si lecca le labbra e poi le mordicchia con i denti. Le mani sono sudate, Harry ha lasciato la presa minuti fa e la sua presenza a fianco gli manca terribilmente. Eppure non è lontano e i suoi occhi gli stanno addosso costantemente, come a volerlo incoraggiare a proseguire. «Il giorno in cui mi è stato consegnato, mi sono reso conto che era della misura sbagliata. Era addirittura di tre o quattro taglie più grande della mia.» Mario guarda entrambi con sbigottimento, è allibito, come può non esserlo? Luigi è famoso in tutta la Gran Bretagna per la precisione e il rigore, oltre che per la sua arte, immagina come dev’essere per l’uomo che ha cresciuto. Per un figlio che nel vederlo senza alcuna memoria non riesce a non disperarsi. Capisce il suo sbigottimento, anche lui era rimasto sconvolto all’epoca.

«In un primo momento ho pensato a uno scherzo» prosegue Draco, con voce sottile. «L’abito era così oltre misura che non riuscivo a darmi nessun’altra spiegazione logica. Avevo visto con i miei occhi quella giacca neanche due settimane prima. C’era qualcosa che non andava e ho creduto di dover venire qui a parlare con lui, ma quando sono arrivato, sia suo padre che il commesso avevano un comportamento molto strano. Non hanno voluto aggiustarlo, non mi hanno neanche dato retta e quando ho capito che insistere era inutile me ne sono andato. Ero molto deluso, ma ho pensato che il lavoro era stato fatto e occorreva solo un ritocco che potevo fare con la magia. Avrei fatto cadere la questione se non fosse stato che…»
«Che?» lo incalza Mario, apprensivo.
«Io e Draco abbiamo scoperto che qualcuno sta sabotando il nostro matrimonio» confessa Harry sotto lo sguardo sconvolto di quell’italiano. «Ci hanno giocato dei brutti tiri, ma finora erano sempre state cose che riguardavano noi. Non immaginavamo che suo padre fosse rimasto coinvolto fino a questo punto e non sa quanto ci dispiaccia.» Quando Harry finisce di parlare, il silenzio cala in quel negozio da sarto, situato nel cuore della Londra babbana. Per loro fortuna non c’è nessuno là dentro, tranne che il commesso che comunque è un mago. Draco non ha fatto davvero caso a lui per tutto il tempo. Se n’è rimasto da una parte, tenendosi occupato forse per non dare a vedere che stesse spiando la loro conversazione. A dire il vero non hanno proprio niente da nascondere, anzi Harry sembra dell’idea di parlare anche con lui. Tuttavia non fa tempo a farsi avanti e a chiedergli di intervenire perché se Mario pare comprensibilmente sconvolto e taciturno, come se stesse ancora elaborando quanto accaduto, il commesso pare non essere affatto stupito da quello che ha sentito. Draco non si accorge subito che si sta facendo avanti, ma quando lo vede raggiungerli e lasciar da parte il proprio lavoro, nota che è nervoso.
«Penso che il signor Luigi fosse sotto la maledizione imperius» confessa, attirando su di sé ogni attenzione. La sua voce acuta trema al punto da diventare fioca, è incredibilmente agitato eppure fa l’impossibile pur di rimanere composto. «E la stessa cosa vale per me mentre il ragazzo che fa le consegne, lui non ne sapeva niente e non credo sia stato coinvolto: lui ha solo preso l’abito e l’ha portato a destinazione. Però io ricordo bene il suo abito, signor Malfoy. Ci ho lavorato personalmente, aiutando il capo a elaborare ogni dettaglio con la solita cura e precisione. Teneva molto a fare un ottimo lavoro e così è stato.»
«Ti ricordi quando è stata l’ultima volta che hai visto il vestito come lo ricordavi?» domanda Harry, il ragazzo annuisce subito.
«Benissimo, avevamo appena finito quando il capo ha detto che l’indomani mattina avremmo dovuto consegnarlo. Era emozionato all’idea che lo vedesse, signor Malfoy.»
«E poi che è successo?» lo incalza Draco.
«Quando sono venuto al lavoro il giorno successivo ho trovato l’abito di una misura tre volte più grande. Stava su quel manichino» dice, indicando quello che sta accanto al tavolo e che al loro ingresso si è inchinato a salutarli. «Era stato allargato con la magia, ho riconosciuto il taglio fatto con la bacchetta, che è diverso dalle tecniche babbane che usa il capo. Inoltre era stata utilizzata una stoffa più scadente, insomma era proprio un brutto lavoro e per un attimo ho pensato a un atto di vandalismo perché il signor Luigi non può aver fatto quelle modifiche per mano propria. Ho chiesto spiegazioni, ma sembrava tranquillissimo come se la cosa fosse normale. Poi è successo qualcosa… Una voce nella mia testa mi diceva che non avevo visto niente, di obbedire a ciò che mi veniva detto. Ho provato a oppormi, lo giuro, ma non riuscivo e…»           
«Maledizione Imperius» annuisce Draco, consapevole. Sì, il disegno diventa sempre più chiaro. «Sai qualcosa su chi può essere stato?»
«Non ne ho idea, ma il signor Luigi credo lo sapesse» confessa poi quel Travis. «Quando l'effetto della maledizione svanì, mi disse di dimenticare l’accaduto perché aveva già riparato il danno e tutto era stato sistemato con lei, signor Malfoy. Credevo che la questione fosse risolta, poi qualche tempo dopo ho sentito che discuteva con una persona, di là nell’altra stanza» dice indicando a quel punto lo stanzino da cui, poco prima, Mario ha recuperato la bacchetta del padre.
«Ed era un uomo o una donna?» domanda Draco, speranzoso. Magari ha riconosciuto il tono di voce, magari...
«Non so dirlo, mi dispiace, però ricordo una cosa molto distintamente» dice, guardando entrambi con determinazione. «Chiunque fosse quella persona non era il primo reato che commetteva.»
«In che senso?» interviene Harry, decisamente confuso.
«Li ho sentiti parlare di un furto, di oggetti di magia oscura e di una villa fatta di edera» Una cosa? Si chiede Draco, sbigottito proprio mentre Travis fa per correggersi. «No, una villa che si chiama edera o forse ricoperta di edera o… Per tutti i folletti, non ricordo con precisione, ma so che la persona arrivava da lì e che teneva qualcuno prigioniero.» 
«Chi? Chi tiene prigioniero?» lo incalza Harry, facendosi avanti in modo quasi rabbioso. Travis indietreggia spaventato, deglutisce a fatica e scrolla il capo in senso di diniego.
«Mi dispiace, non ne ho idea.» Quelle sono le ultime parole che vengono pronunciate, poi il silenzio scende sul negozio da sarto del vecchio Luigi. Un prigioniero, una villa di edera e la maledizione imperius su un vecchio sarto. Questa storia ha sempre meno senso.




 

Continua









 

Note: Ciò che è accaduto a Luigi ricorda moltissimo quanto successo a Gilderoy Allock e al suo incantesimo di memoria  che gli si è ritorto contro. Quando ho iniziato a elencare mentalmente i motivi per cui un mago o una strega possono finire al San Mungo mi sono venute in mente poche cose, a parte le malattie tipo Spruzzolosi e Vaiolo di Drago, mi sono venuti in mente i genitori di Neville, finiti lì per colpa della maledizione cruciatus, e ovviamente anche Gilderoy e ho pensato che una cancellazione di memoria fosse in linea con quello che era successo a Luigi. Sì, è stato sotto maledizione imperius e considerando che chi viene obbligato a fare certe cose, poi se ne ricorda, ho pensato che il nostro colpevole volesse assicurarsi che Luigi non parlasse.  

 

Il capitolo è forse più breve degli altri, ma vengono affrontate questioni importanti che avevo bisogno di sviscerare adeguatamente prima di andare avanti. Inoltre viene introdotta la “Location” che sarà al centro dei prossimi capitoli che conterranno la parte più succosa e tragica della storia. Dal prossimo si entra nel vivo dell’azione, Harry e Draco stanno mettendo insieme i puntini e tra poco sarà tutto più chiaro. Nel prossimo capitolo verranno fatti nomi e cognomi, intanto grazie per aver seguito la storia fino a qui.
Koa

 

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Capitolo 9
*** La villa di edera in cima alla collina ***


La villa di edera in cima alla collina




 

Draco è troppe cose per poterle elencarle tutte. Sente emozioni diverse, contrastanti e spesso anche orribili, che pare sfuggano al suo storico controllo come un serpente viscido. Anche se riuscisse a distinguere ogni singola sensazione, il che di per sé sarebbe un’operazione complicata, non è nemmeno in grado di parlare. Quando lui e Harry escono dal negozio di Luigi iniziano a camminare senza una meta precisa lungo il marciapiede che costeggia una strada trafficata nel centro della Londra babbana, per una volta si convince che il loro silenzio confortante. Potter non pretende da Draco alcunché, nemmeno che parli e per questo non è infinitamente grato. Gli sta semplicemente accanto, stringendo la sua mano e mettendo un piede avanti all’altro lentamente. Gli sembra già tanto riuscire a stare in piedi e respirare, però è piacevole, questo lo deve ammettere. Il clima è conciliante, nonostante il periodo. Fa caldo in quei primi di giugno, ma la brezza leggera che spira da sud sbuffando fin dentro alla sua camicia è piacevole e gli accarezza la pelle del viso accaldata. A poco serve, tuttavia, se non a rendere l’estate più sopportabile. Senz’altro non allevia il suo cattivo umore e non gli leva dalle orecchie quel dannato ronzio. Lo stomaco è sempre più in subbuglio e intanto che una zaffata di fritto proveniente da un Fish & Chips lì vicino, gli fa venire da vomitare, si rende conto che più va avanti a vivere e meno il suo stomaco riesce a collaborare. Il sentimento che prevale è la mortificazione. Si dà la colpa per ciò che è accaduto a Luigi, se ne dà tantissima a dire il vero. C’è un livello più razionale dei suoi pensieri, una vocina che gli ronza in testa e che dice ciò che è sensato e giusto provare e cosa invece lo è molto meno, di conseguenza sa con esattezza che non dovrebbe sentirsi in questo modo. Non ha fatto niente di male, ha semplicemente ordinato un vestito da un sarto di fiducia come fa da tutta quanta la sua vita. Come hanno fatto anche suo padre e suo nonno prima di lui e questo, contrariamente a molto altro, non è un’eredità dei Malfoy da ripudiare. Ha fatto tutto quello che doveva, ha persino pagato e non ha preteso i soldi indietro nonostante il danno subito. Per tutti i folletti, non si è nemmeno infuriato con Luigi o con il suo assistente! Eppure perché si sente in questo modo? Draco lo sa perfettamente, anche se tenta di non pensarci si rende conto che è inutile evitare l’argomento: per quanti sforzi faccia non riesce mai davvero a lasciarsi il passato da Mangiamorte alle spalle. Non dovrebbe avere niente a che fare con questo, ma a tratti è come se ogni brutta cosa che gli succede sia una condanna per ciò che è stato. Se Luigi ha perso la memoria, è senz’altro a causa sua. Neanche sa perché un signor nessuno stia cercando di far saltare le sue nozze e ignora la ragione per cui sia arrivato a tanto, ma di nuovo l'istinto gli suggerisce che la colpa non può che essere sua. Può sopportare tutto, Draco si è ripetuto per dei mesi che può subire l’odio della gente. Se Harry gli sta accanto può fare tutto, ma questo… Oh, questo va al di là di un qualche stupido scherzo. Se paragonati, i suoi problemi diventano davvero troppo piccoli e ridicoli al punto che pare persino sciocco il suo essersi fatto così tante paranoie.
«A cosa pensi?» domanda Harry, spezzando il silenzio. In realtà la città è rumorosa, trafficata e carica del chiacchiericcio della gente, ma Draco non la sente davvero. Quando l’uomo che così tanto ama gli rivolge la parola, si volta appena a guardarlo e allora gli sorride. Gli accarezza delicatamente la pelle del viso coperta da un folto strato di barba, lo fa con le punte delle dita. E questa allora pizzica in un modo fastidiosamente piacevole, così come fa volta in cui lo bacia. Poi però quel timido sorriso nato tra le sue espressioni perennemente gelide, muore divorato dalla tristezza. Al momento ha ben poco per cui ridere.
«Fare il sarto era tutto per quell’uomo e adesso non sa neanche più cosa sono ago e filo. Mi sento in colpa, Harry» ammette alla fine, buttando fuori tutta l’amarezza che prova. Ed è incredibile, ma dopo quella confessione sente che parte del peso che gli gravava sul petto se n’è andato. Forse respirare fa un filino meno male rispetto a prima, ma è certo che ancora lo faccia sentire in colpa.
«Non devi, non hai fatto niente.»
«Sì, è quello che non faccio che ripetermi, ma… Beh, forse non avrei dovuto chiedere a lui di fare quel vestito.»
«Ehi!» Harry ferma la propria camminata all’improvviso e quindi lo abbraccia di slancio, stringendolo a sé. Draco ne è così sorpreso che batte le palpebre e solo dopo qualche istante si rende conto che sono in mezzo alla strada, a impedire alla gente di proseguire con proprio cammino. Anche se a questo non vuole pensare allora chiude gli occhi e rilascia un respiro pesante. La bacchetta di Harry, che tiene ancora tra le dita, ora gli preme sulla schiena in una maniera piacevole. Il suo fiato caldo che sa di dentifricio gli accarezza il collo, il suo corpo è solido e forte. Lui è la sua roccia.
«Dovrebbe essere il periodo più bello delle nostre vite e invece fa tutto schifo, forse non è destino che ci sposiamo, magari dovremmo…»           

«Non lo dire neanche!» lo interrompe bruscamente, sciogliendo l’abbraccio e guardandolo dritto negli occhi. Lo fa con quella purezza così sincera e onesta, ma al tempo stesso battagliera che un tempo odiava. Adesso la ama e in parte la invidia: certe volte vorrebbe essere come lui. Le sue iridi verdi tremano appena quando i loro sguardi si allacciano e Draco già si pente di ciò che ha detto.
«Sabato noi ci sposeremo e non permetterò a nessuno di mettersi in mezzo.»  
«Potter, questo pazzo è arrivato a cancellare la memoria di un uomo e forse ha anche rapito un poveraccio che ha portato chissà dove. Non sappiamo cosa farà adesso o a quale delle persone a noi care farà del male.» Sì, questo è il punto. A questo non punto non ha più paura solo per Harry, o per se stesso, ma anche per qualunque invitato al matrimonio. Non è così sciocco essere prudenti, no? 
«Non ti devi preoccupare, a questo penso io. So già da dove cominciare.»
«Che intendi?» chiede Draco, intanto che lo vede indietreggiare e puntare la bacchetta verso se stesso. Vuole smaterializzarsi e vuole farlo da solo, il che significa che ha un’idea, ma che non vuole il suo aiuto. Sarà qualcosa di sconsiderato o di stupidamente eroico come sempre.
«Chiunque sia a volerci fare questo lavora al Ministero della Magia, ormai è chiaro. Gli artefatti rubati e un caso insabbiato sono la prova che l’ufficio Auror c’è dentro fino al collo e io so anche da dove iniziare a cercare. Ci sono delle cose che devo capire, ma tu adesso devi andare a casa.»
«No, io vengo con te» si impunta, facendosi avanti intanto che, di nuovo, Potter indietreggia allontanandosi ancora di più e sfuggendo alla sua presa.
«Neanche per idea» nega poi con vigore. «La tua presenza sarebbe sospetta e comunque non puoi entrare negli archivi o nel nostro ufficio, è da lì che devo iniziare. Vai a casa, parla con Hermione e raccontale tutto. Lei arriverà tra qualche ora. Noi ci vediamo più tardi.»
«Ma, Harry…» lo implora. È un: “Non andartene”, un “Non adesso che ho bisogno di te” e suona molto più bisognoso e patetico di quanto a Draco non piaccia.
«Ho la situazione sotto controllo» ribadisce lui, annuendo e a quel punto sente che sta per andarsene. Non può lasciare che se ne vada prima che sappia che lui… Semplicemente non può. Grazie a uno scatto gli si avvicina ed è così rapido che i suoi riflessi da Auror vengono colti di sorpresa.
«Aspetta» grida e quindi lo afferra per il colletto della maglia, attirandolo a sé e baciandolo con ardore. È quello di cui ha bisogno adesso. «Se ti fai ammazzare, giuro su Salazar Serpeverde che ti uccido. Hai capito, Potter?»  
«Ai tuoi ordini, Mr furetto» gli risponde, furbescamente e addirittura ammiccando, subito prima di sparire da lì con un piccolo plop. Non è affatto incredibile che la paura che prova non se ne sia davvero andata. Anzi è ancora sotto la sua pelle, a divorargli lo stomaco, a far ronzare le orecchie. Sa che non se ne andrà fino a che questa storia non sarà finita.



 

Esagerando, Draco potrebbe affermare che vive le successive ore chiuso in casa lontano da Harry in una sorta di lenta agonia. O meglio, è così che in futuro descriverà il suo stato d’animo in quel pomeriggio, ma è certo che amplificherà un tantino le cose, calcando la mano sulla tragedia e solo per scatenare del sano pietismo nei suoi migliori amici che ascolteranno l’intera vicenda con il fiato sospeso. La verità è che di dramma non ne vede, almeno nelle prime ore. Però l’angoscia ce l’ha e gli divora le interiora, agitando il suo cuore. Draco si aiuta con qualche bicchierino di Whisky Incendiario, che manda giù a ripetizione fino a quando non capisce che è meglio lasciar da parte l’alcol. Non vuole accogliere gli ospiti da sbronzo, non in piena crisi comunque. Hermione ad ogni modo arriva da sola, poco dopo le sei. Draco è steso sul divano da un tempo indefinito, è certo che resiste da almeno mezz’ora alla tentazione di alzarsi, prendere la bacchetta e smaterializzarsi al Ministero della Magia in cerca di Potter. Gli ha detto di non seguirlo, aggiungendo che ha la situazione sotto controllo e lui obbedisce tuttora, anche se a fatica. Perché in fondo sa che ha ragione, la sua presenza sarebbe vista con sospetto all’interno dell’Ufficio Auror e con tutti i sistemi di controllo che hanno, probabilmente lo scoprirebbero anche se stesse sotto al mantello dell’invisibilità del padre di Harry. Così facendo rischierebbe di mettere in allarme la persona misteriosa che pare avercela così tanto con loro, quindi ripete a se stesso per un’ennesima volta che è più saggio starsene buoni. E quindi, sul divano. Potrebbe anche andare in cucina e rimanere impalato a fissare l’orologio che gli ha regalato Molly lo scorso Natale, quello che indica con esattezza se lo stupido Potter si trova in salvo oppure in pericolo. Ma non fa niente di tutto questo, fissa il soffitto con sguardo vacuo, concentrandosi su una crepa che parte dall’angolo e si dirama come la tela di un ragno fino al centro del salotto. Si rende conto che rimanere inerti a non far nulla gli provoca una sorta di piacevole torpore che instupidisce persino la paura, paradossalmente è persino piacevole. Qualcosa però cambia qualche minuto dopo che la pendola del soggiorno batte lei sei, con i suoi rintocchi lenti e cadenzati. Hermione bussa alla porta d’ingresso, lo fa in maniera breve e non insistente. Draco capisce che è lei dalla maniera discreta con cui si annuncia e allora si rimette subito in piedi e corre ad aprirle. Nota che è sola, fasciata in un tailleur lilla che le sta davvero molto bene. Per un frangente pare quasi radiosa, in una maniera incomprensibile. Ma probabilmente il suo è un modo come un altro di nascondere la stanchezza, arriva direttamente dall’ufficio e sa che comincia molto presto la mattina. Chissà se ha incontrato Potter, si chiede. Mh, e come mai Weasley non è con lei? L’istinto di domandare spiegazioni è davvero troppo forte. La Granger però non sa nulla della maledizione o meglio sa ciò che Ron le ha sicuramente detto, ma di tutto il resto invece è all’oscuro e di conseguenza si limita a ciò che più di tutto gli preme sapere: «Hai incontrato Harry mentre eri al Ministero?» chiede e allora lei arriccia appena un poco le labbra, assottigliando lo sguardo. Sembra che quella domanda l’abbia sorpresa, le sue espressioni mutano e poi cambiano di nuovo nell’arco di pochi secondi. Dal modo in cui i suoi occhi saettano a destra e a sinistra è evidente che si stia rendendo conto che Potter non è in casa, Draco è certo che il suo cervello stia già macchinando una spiegazione. Di per sé quella è già una risposta, ma lei tiene comunque a sottolinearlo.
«No e non so nemmeno dove sia mio marito» replica con tono asciutto e maniere spicce, intanto che si fa avanti nell’appartamento camminando lungo il breve corridoio. Draco non si perde in convenevoli, è già stata a casa loro moltissime volte e poi sarà anche stato educato da Narcissa Black Malfoy, ma intuisce quando è tempo di saltare certe delicatezze. La Granger d’altronde pare del suo stesso avviso.
«Ronald avrebbe dovuto essere qui» continua «lo avevo avvertito del vostro messaggio, ma circa un’ora fa mi ha mandato un Patronus in cui diceva che non sarebbe riuscito ad arrivare in tempo e che ci avrebbe raggiunti più tardi. Sono giorni un po’ agitati giù all’Ufficio Auror, hanno molto lavoro» conclude e appare mortificata, quasi dovesse giustificare l’assenza di suo marito. Non deve, perché anche lui sta assieme a un Auror e il suo, di Auror, ha anche la sindrome dell’eroe quindi lavora ancora più di Ron Weasley. Anzi, forse lavora più di tutti in quel dannato Ministero.
«Non me ne parlare, conosco benissimo la questione» replica, in un tentativo di smorzare il suo disagio. «Comunque come avrai capito nemmeno Harry c’è, quindi dovrai farti bastare le mie spiegazioni.» Il pensiero immediatamente successivo che scaturisce dalla sua mente non ha a che fare con quali parole utilizzerà per introdurre l’argomento, cosa che lo ha preoccupato nelle ore appena passate. Lo porta invece a dirsi che è probabile che Weasley abbia incontrato Potter al Ministero. Lo spera davvero, almeno Harry non sarebbe solo. Se dovesse fare qualcosa di non propriamente legale o comunque di nascosto da tutti, potrebbe contare sull’appoggio del suo migliore amico. Sarà certamente andata così, anzi, magari è per questo che Ron non c’è. O forse lo spera. La verità è che con certezza non sa davvero niente, tranne che nello sguardo che la Granger gli rivolge intanto che Draco si lascia cadere sul divano, affondando la testa tra le mani, c’è un fare interrogativo con il quale sta pretendendo delle spiegazioni.
«Mi vuoi dire che succede?»
«Sta andando tutto storto, ecco che succede!» sbotta, la sua testa è diventata un caos. Le orecchie non fanno altro che ronzare e lo stomaco non fa che rivoltarglisi per la nausea. Non ha mangiato niente per tutto il pomeriggio, fatta eccezione per quella mezza bottiglia di Whiskey Incendiario non ha buttato giù nulla, neanche una tazza di tè.
«Spiegati, per favore perché il messaggio di Harry era piuttosto criptico.» E allora Draco alza lo sguardo, vede le sue espressioni determinate, addolcite da una punta di comprensione. Capisce che Potter ha ragione e che lei può aiutarli, deve solo mettere in fila i pensieri e formulare un discorso sensato così che possa capire. Se inizia dalla fine, se comincia a blaterare di maledizioni non farà altro che farla andare via, considerato che Ron parla di quella dannata Georgina e di quello stupido cavaliere da mesi ormai, lei non ne potrà davvero più di sentirlo.
«Va bene» annuisce, dandosi coraggio. «Tutto è cominciato alla festa di fidanzamento» prosegue, alzandosi in piedi e prendendo a camminare per il salotto con le mani intrecciate dietro la schiena. Le racconta tutto per come l’ha vissuto, in una maniera non dissimile dal discorso che ha fatto a Harry proprio questa stessa mattina. Comincia dalla persona che ha venduto ad Hagrid gli Schiopodi Sparacoda, descrivendola per come lui stesso l’ha descritta ovvero con uno strano colore di capelli e molto interessata alla festa di fidanzamento di Harry Potter. Le dice di Rita Skeeter e di tutti quegli articoli infamanti che ha scritto su di loro, conditi di sensazionalismo, aggiungendo però che sa benissimo che potrebbe non avere niente a che vedere con tutto questo. Continua con Luigi e la Maledizione Imperius, la memoria cancellata e il vestito di una misura incredibilmente sbagliata che anche lei ha visto mesi fa alla Tana. Le dice della confessione dell’assistente e di ciò che ha rivelato circa una misteriosa villa di edera e un qualcuno di rapito, rivelazione che la fa impercettibilmente sobbalzare, ma è quando parla degli artefatti di magia oscura e di Mathieu de la Tour che Hermione Granger fa trapelare il primo accenno di turbamento. Non dimentica di dirle di Pansy e della sorella che prima c’era e poi non c’era più. Infine si concentra sul ruolo di Frank Graves, sui casi insabbiati e su quanto tutto quello lo stia portando alla pazzia. Quando giunge alla fine del discorso è certo di non aver dimenticato neanche un particolare: «Maledizione o no qualcuno sta cercando di sabotare il nostro matrimonio e in questo momento il mio futuro marito è chissà dove a fare chissà cosa mentre un pazzo che cancella la memoria a innocenti sarti e rapisce chissà chi portandolo chissà dove, è a piede libero. E io sono qui a mangiarmi il fegato dall’ansia.» 

 

Quando finisce di parlare si rende conto che quelle ultime parole le ha urlate. La sua voce riverbera per il soggiorno, finendo in un’eco lontana, fuori dalla finestra aperta che lascia entrare una brezza leggera di inizio giugno. Si sente esausto, è la seconda volta quel giorno che racconta le medesime vicende per come le ha passate, ma ora sente di non farcela più e quindi crolla sulla prima poltrona che ha a tiro, massaggiando gli occhi stanchi. Vorrebbe dormire, magari abbracciato al suo fidanzato dopo aver fantasticato su quella luna di miele a Venezia che non sanno nemmeno se faranno mai. Anzi, non sanno neppure se si sposeranno per davvero o verranno ammazzati prima. Che un dissennatore entri dalla finestra e gli dia subito un bacio, mettendo fine all’agonia, pensa salvo poi crollare nello sconforto più nero. Come può pensare a una cosa del genere? Harry ci crede, Harry vuole risolvere la faccenda prima che finisca in tragedia, ma lui si sente morire. E in colpa, si sente anche questo in effetti. Quasi si dimentica di Hermione e del suo ragionare impetuoso, che fuoriesce dalla maniera frettolosa con cui picchietta il piede a terra, il basso tacco quadrato delle decolté che indossa ticchetta sul pavimento in legno. Draco si aggrappa a quel rumore ritmico ed è quello a riportarlo alla realtà, allora si ricorda di non essere solo e solleva lo sguardo in sua direzione.
«A cosa pensi?» le chiede nella speranza che lei abbia capito, che lei sappia cosa accidenti devono fare adesso.
«Al movente» replica la Granger, affondando meglio tra i cuscini dell’altra poltrona. Intreccia le dita sotto al mento e chiude per un attimo gli occhi, se la sua mente fosse un orologio, Draco è certo che potrebbe quasi vedere gli ingranaggi che girano meccanicamente, incastrandosi gli uni con gli altri. Ma Hermione Granger è una donna dai folti capelli castani, legati da un fermaglio di madreperla, il cui sguardo acuto pare fissare un disegno che sta davanti ai suoi occhi, ma che soltanto lei riesce a vedere.
«Il che cosa?» le chiede, lui invece non afferra proprio. Lei rotea gli occhi e sospira pesantemente, ha quell’aria da: odio dovervi spiegare le ovvietà, che in realtà è falsa come l’oro dei Leprecauni dato che adora spiegare le cose alla gente.
«Quando ero piccola volevo diventare una famosa scrittrice, quindi per imparare più cose possibili leggevo moltissimi romanzi e racconti, anche di quelli non adatti alla mia età. Mamma e papà erano molto aperti in questo senso e assecondavano ogni mia richiesta, se aveva a che fare con un bel libro. Poi ho scoperto di essere una strega e che esisteva addirittura una scuola di magia e mi sono concentrata su quello, ma prima ero appassionata di storie in cui c’erano avventure, misteri e omicidi. Adoravo Agatha Christie, la famosa scrittrice babbana.»
«Tutto questo è molto interessante» ribatte Draco, con un filino di sarcasmo di troppo. «Ma il punto sarebbe?»
«Che avendo letto molto sull’argomento so che quando si commette un delitto c’è sempre un movente. Persino Voldemort aveva un motivo per voler uccidere Harry, contorto e malato, ma lo aveva. Qui non c’è nessun omicidio, è vero, ma deve esserci una ragione per cui questa persona fa tutto questo, giusto?» Oh, già. Draco non ha proprio pensato al motivo per cui il sabotatore si è dato così tanto da fare per rovinargli il matrimonio. O meglio, si è fatto qualche domanda a riguardo, ma senza darci troppo peso. Nei mesi passati era più impegnato a cercare di sopravvivere e a capire se era o meno maledetto, che a trovare una ragione specifica perché determinate cose accadevano. Forse però, riflette in quei frangenti intanto che la voce acuta di Hermione ancora riecheggia per il soggiorno, la sua totale assenza di teorie a riguardo ha a che vedere con la sua visione di insieme riguardo al male. Draco ha vissuto certe situazioni in prima persona, a iniziare da suo padre e sua madre, fino a zia Bellatrix o a Lord Voldemort stesso, quindi sa che non sempre dietro a un’azione malvagia esiste una motivazione razionale. Potrebbe quasi comprendere la vendetta, ma la cattiveria per come l’ha conosciuta da ragazzo era completamente insensata. I Mangiamorte andavano in giro a caccia di babbani, li torturavano e uccidevano, ma che ragione c’era in questo se non razzismo e intolleranza? Pensandoci adesso si rende conto che non ce n’era davvero nessuna e che il male non ha bisogno di motivi, ma forse Hermione è troppo razionale e attaccata alla logica del: se faccio una cosa è per via di determinati fattori, per riuscire a comprendere fino in fondo questo discorso. E quindi lo lascia cadere, andando direttamente al nocciolo della vicenda: a suo modo di vedere tutto questo può significare soltanto che la persona che ha cancellato la memoria a Luigi e reso impossibile la sua vita negli ultimi mesi, potrebbe essere un qualcuno che desidera far loro del male perché sì.
«Non non ne ho idea e…» tenta, subito però lei lo interrompe.
«Poniamo il caso che la persona in questione provi dei sentimenti per uno di voi due. Per quale motivo agire in questo modo?» 

«Che intendi?» le chiede e a fronte di quella domanda, Hermione appare risentirsi e scaldarsi ulteriormente. Le sue guance si imporporano leggermente e arriccia le labbra, torcendosi le mani.
«Voglio dire, perché non ha semplicemente creato un filtro d’amore e lo ha versato nel succo di zucca di uno di voi?»
«Ecco, io non…»
«Sarebbe anche possibile, giusto?» lo interrompe ancora lei, in quella che sembra più che altro una domanda retorica. Pare ovvio che sappia perfettamente la risposta e che il suo sia un ragionamento a voce alta o, più probabilmente, un modo come un altro di far pensare lui. «Insomma, questa persona è riuscita a sapere chi è il pasticcere da cui vi siete serviti. Sa chi è il tuo sarto, sa che ti servivano elfi domestici per il pranzo di nozze, sa addirittura di Hagrid e del legame che ha con Harry. Sa praticamente tutto, quindi non avrebbe avuto difficoltà a somministrare un filtro d’amore, magari durante una cena a un ristorante. Voi due uscite parecchio e non sarebbe così impossibile.» Ha ragione, non c’è dubbio. E la sicurezza con cui esprime le proprie opinioni, oltre che la logica inattaccabile, non gli permettono di ribattere in maniera sensata. Non avrebbe nemmeno argomenti con cui farlo, perché è vero: lui e lo straccione escono spesso a cena o magari vanno in qualche pub babbano dove servono dell’ottima birra. Londra, poi, è una città cosmopolita con un’interessante mescolanza di culture ed è successo che trascinasse il detective dei poveri a cena in un famoso, e lussuoso, ristorante italiano. Tuttavia sulle prime, Draco boccheggia. Ammette che l’ha sfiorato l’idea che il sabotatore fosse innamorato di Harry, insomma negli anni quante ragazze ci hanno provato con lui solo per portarselo a letto una sera o dichiarandosi pazzamente innamorate dell’eroe del mondo magico? Quanti filtri d’amore ha stanato nella sua vita? Molti più di quanti voglia ammettere o a cui gli piaccia pensare.

«Questo significa che non è l’amore il movente» continua Hermione. «Ma un altro ancora. Forse è una questione personale, anche se non può proprio quale potrebbe essere o magari è…» A Draco si accende un qualcosa nel cervello proprio in quel momento. Non è l’amore il movente e di conseguenza si dice che non sarà nemmeno una questione personale legata al suo poveraccio preferito, dato che Harry Potter non ha mai fatto male neppure a una mosca. Di conseguenza, escludendo i suoi genitori e gli ex Mangiamorte, la cui maggioranza sta ad Azkaban o finge che niente sia mai successo, si convince che l’unica ragione per cui si ritrova in questo casino può essere una soltanto.
«È colpa mia» annuisce, drammaticamente consapevole. Ma d’altra parte già lo sapeva. La voce tagliente e lo sguardo sottile, lasciano trapelare una freddezza stoica e sembra come se niente lo potesse scalfire, tantomeno questo. Narcissa gli ha insegnato a fingere anche che i problemi appartengano ad altri, eppure non c’è niente di più lontano dalla realtà. In verità, Draco è dilaniato dall’idea di star facendo indirettamente male all’uomo che ama. Che si aspettava? Credeva davvero che sarebbe andato tutto liscio e che si sarebbero sposati, vivendo felici il resto delle loro vite come se il passato non ci fosse mai stato? Draco lo sa, lui è un Malfoy e niente di ciò che è accaduto dopo la guerra è successo per caso, soprattutto non i torti che ha subito. In fondo questa realizzazione non è nemmeno una sorpresa. Sapeva che era colpa sua, soltanto che non si è mai azzardato a dirlo davanti a Potter, ma l’ha pensato. E ha anche creduto che questa fosse la punizione per tutto il male che lui e la sua famiglia hanno fatto prima della caduta di Voldemort.
«Non lo puoi sapere» sostiene Hermione, agguerrita, spezza il suo rimuginare incessante come farebbe un tornado con un ramoscello. Ciononostante il suo tentativo appare molto debole e le intenzioni che mostra, così come il disagio che le appare negli occhi e che si affretta a nascondere con un certo imbarazzo, lasciano intendere che sia arrivata anche lei alla medesima conclusione. Non può essere per via di Harry, è benvoluto da tutti, è l’eroe del mondo magico. Viene rispettato da maghi e streghe di tutto il mondo e nessuno gli vuole davvero male. Quindi è perché lui è un Malfoy, gli pare chiaro. Anche se non sa con precisione cos’abbia spinto quella persona e quali, e quante, sfaccettature abbia la questione, non può essere altrimenti.


«Cos’altro può essere?» le chiede, dando voce a quei pensieri. Ha ancora l’impressione che Hermione si tenda, siede in punta alla poltrona e le dita tamburellano nervosamente le une sulle altre. Forse si pente di aver detto troppo, non la conosce intimamente, ma è sicuro che sia quel tipo di persona lì. «Andiamo, Granger, chi mai potrebbe avercela con Harry Potter?» Nessuno, ecco chi. Lo pensa, ma non lo dice anche perché sa che il suo futuro marito ne è infastidito. Patisce sempre molto che la gente lo creda perfetto, che pensino di lui che sia una specie di santo perché non ci si è mai realmente sentito. Di peccati e maledizioni senza perdono ne ha lanciate lui per primo.
«Non puoi sapere quanti fuori di testa ci siano a questo mondo, Draco. Harry stesso non è perfetto e tu lo sai bene.» Oh, certo che lo sa. Ha una marea di difetti, è disordinato, ha la sindrome del povero e si veste come tale, è caotico e delle volte se la prende con lui per delle sciocchezze, ma non sono di quei difetti che contano davvero. Sono più questioni bonarie con cui gli riempie la vita, senza renderla noiosa. Non è certo stato un mago oscuro, ma di nuovo evita di dar spazio a certe frasi. 
«Già, vedo in quanti lo detestano…» mormora, sarcastico. «Se te ne sei dimenticata uno di quelli che l’ha odiato è stato ucciso anni fa e l’altro ce l’hai davanti, mentre tutti gli altri hanno fatto alla svelta a cambiare fronte e a fingersi suoi sostenitori.»
«Malfoy, tu ti sei innamorato di Harry e lui si è innamorato di te» ribatte la Granger, determinata. «Sei cambiato tanto da quando andavamo a scuola. Chiunque sia questa persona e qualunque siano le ragioni per cui ha fatto questo, non dimenticare che è nel torto. Niente giustifica il cancellare tutti i ricordi di un uomo innocente, così come non esiste motivazione che valida ciò che ti è stato fatto.» Ecco probabilmente se Ron Weasley non fosse uscito dal camino proprio in quel momento, Hermione sarebbe anche riuscita a convincerlo che non è colpa sua nella maniera più assoluta. Magari avrebbe iniziato a spiegare per filo e per segno come in realtà la vita di Harry l’abbia migliorata. È sicuro che stia per ripetere ancora che non è affatto colpa sua, che è cambiato, che ha capito i propri errori, ma prima ancora che formuli nella propria testa un discorso sensato, quella testa rossa che ha per marito spunta dal camino in un tripudio di fiamme verdi. E invece che provare a darle retta, si convince di essere l’unico possibile responsabile. Lo credeva anche ore fa, a dire il vero. Quando hanno lasciato il negozio di Luigi, ma adesso quello stesso pensiero invece che venire scacciato via dalla inattaccabile logica di Hermione Granger, rimane nel cervello e lì marcisce. 

 

Ciò che si ritrova a fare pochi istanti più tardi è, alla fine, mettere tutto questo da parte almeno per un po’. Ron Weasley attraversa il suo soggiorno camminando a grandi passi come una furia, è coperto interamente da acqua, come se avesse fatto un bagno indesiderato con tutti quanti i vestiti. Questa naturalmente gronda sul tappeto. A Draco non importa molto che gli stia imbrattando casa, è più preoccupato dall’espressione che Ron ha in viso e che non lascia presagire niente di buono. Pare sconvolto e in preda a un inizio di attacco di panico, ciò che non riesce a non pensare però è dove diavolo sia quello stupido straccione che deve sposare. Erano insieme, giusto? No, un momento: lo ha solo supposto perché crederlo lo faceva sentire più tranquillo, ma non ne è affatto certo. 
«Stava per afferrarmi, dannazione!» sbotta, agitando la bacchetta e asciugandosi frettolosamente con un incantesimo. Quindi, senza aggiungere altro, inizia a farne un altro di protezione in tutto l’appartamento.
«Malfoy, chiudi subito il camino» gli urla contro. Quasi gli sfugge un: “Ma Harry?” che però tiene per sé. In realtà è colpito dalle grida oltre che dalla maniera in cui gli parla, è spaventato come se fino a un attimo fa fosse stato inseguito da qualcuno che tuttora cerca di seminare. Draco non ha il tempo neanche di pensare, scatta in piedi come una molla e si affretta a obbedire, chiudendo il passaggio nel camino così che nessuno possa entrare. Potter rimarrà bloccato fuori di casa, considerato che Ron sta già innalzando moltissime barriere anti mago, probabilmente è il caso di mandargli un gufo, pensa notando però che Bingley non è ancora tornato. Sì, giusto: l’ha lasciato uscire proprio prima che la Granger arrivasse, di modo che potesse passare la notte a caccia ed è sicuro che non tornerà prima di domani mattina. Non lo fa mai. Forse con un Patronus… Anche se non è mai stato troppo bravo a farli parlare.
«Ron, ma che diavolo» tenta Hermione, si è alzata in piedi anche lei e per istinto ha sfoderato la bacchetta. Lo ha fatto anche Draco, ormai è un riflesso condizionato.
«Herm, tu stai bene?» chiede Weasley, apprensivo, correndo subito in sua direzione e abbracciandola di slancio. La stringe per le spalle, la bacia su una guancia e infine le accarezza i capelli in un gesto tenero che contraddice la sua fretta quasi brutale. 

«Benissimo, ma mi dici che è successo?»
«Per un attimo ho pensato… per Merlino che spavento!» Soltanto ora si rende conto che Weasley sta annaspando vistosamente quasi si fosse fermato soltanto adesso dopo una lunga corsa. Continua a pensare che sia un atteggiamento insolito da parte sua e ha anche un’orribile sensazione alla bocca dello stomaco, ma contrariamente a ciò che ha provato finora non è paura fine a se stessa, non paranoia. Sembra come un sentore strano, quasi il suo corpo e i suoi poteri magici lo stessero avvisando di un imminente pericolo. Anche se non esiste niente del genere nel mondo dei maghi, nessuna premonizione, nessun cattivo presagio. A parte quella sciroccata della Cooman, che non ha neanche capito se ci è oppure ci fa.
«Ronald, che succede?» si azzarda a chiedere Hermione, spezzando gli indugi.
«Ero con Harry, all’Ufficio Auror. Mi ha parlato di quello che vi è successo» dice, guardando ora direttamente nei suoi occhi. Pensa sia un bene e non soltanto perché così non dovrà ripetere da capo tutta la storia, e non ce la farebbe davvero adesso, ma perché è un bene che Potter abbia avuto un alleato che, si dà il caso, è anche un Auror.
«Sai tutto quindi?» chiede la Granger, consapevole, mentre Weasley annuisce vigorosamente. 
«Abbiamo fatto delle ricerche» inizia a spiegare. «Harry pensava fosse il caso di cominciare dai metamorfomagus registrati al Ministero, perché sappiamo che in Gran Bretagna il numero di maghi e streghe con simili poteri è alquanto ristretto, all’inizio però non abbiamo trovato nulla di sospetto.»
«Magari non si è registrato» tenta Draco e pensa sia possibile. Potter gli ha detto che suo padre e i suoi amici erano diventati animagi all’oscuro di Silente e del Ministero, non gli sembra tanto improbabile che anche questa persona abbia fatto la stessa cosa. D’altra parte non sono poteri tanto diversi, o forse sì? Ammette di non saperne granché, ha sempre trovato la trasfigurazione piuttosto inutile. Andiamo, a che serve trasformare una pluffa una zucca? Quando mai ti può servire un incantesimo del genere?
«Impossibile» nega però Ron, scrollando la testa e facendo crollare ogni sua teoria. D’accordo, è ufficiale che non ne sa niente. «I metamorfomagus non sono come gli animagus, le loro metamorfosi all’inizio avvengono in maniera incontrollata, anche a seconda dell’umore che è ciò che le mette sotto gli occhi di tutti. Può essere che per sei mesi abbiano i capelli azzurri e poi un giorno si svegliano con i capelli verdi. Finché non acquistano maggiore abilità non sanno controllare i loro poteri. A Hogwarts quando si accorgono di questo particolare talento, il metamorfo viene immediatamente segnalato al Ministero.» 
«Mh, quindi non c’era nessuno di sospetto negli elenchi?» tenta Hermione, è evidente che non ci fosse o avrebbe detto subito loro quel dannato nome.
«Il fatto è che la persona che ha convinto Hagrid a comprare gli Schiopodi Sparacoda è la stessa che ha fatto irruzione all’Ufficio Misteri e che bazzica così tanto nell’Ufficio Auror da riuscire ad archiviare un caso, prima che questo arrivi alle orecchie mie o a quelle di Harry. Stiamo parlando di qualcuno che in grado di lanciare una Maledizione Imperius su Frank Graves, che sa preparare una pozione polisucco per assumere le sembianze della sorella di Mathieu de la Tour, qualcuno che ha fatto sparire tutti gli elfi domestici di Londra e che sa praticamente tutto della vita di Harry.»
«E quindi? Weasley sto perdendo la pazienza.»
«E quindi è stato difficile, Malfoy» ammette infine, crollando sul divano a peso porto e massaggiandosi la radice del naso con fare insistente. «Abbiamo controllato le passaporte per il continente, perché Pansy ha dichiarato di aver incontrato la sorella di de la Tour quel giorno alla pasticceria, ma sembra che la donna non sia arrivata da nessuna delle passaporte dalla Francia né quel pomeriggio né durante i giorni precedenti. Alla fine ci siamo detti che, se c’è un colpevole, allora dev’essere per forza un Auror. Quindi ci siamo decisi a controllare le schede di tutti, ma all’inizio non capivamo e poi…»
«E allora?» lo incalza, ha bisogno di sapere e quel dannato rosso sta indugiando un po’ troppo per i suoi gusti. Deve sapere e sta già perdendo la pazienza. Anzi, sono mesi che perde la pazienza a dire il vero. Mesi che si fa domande, che si chiede chi mai può averli maledetti. E anche ora che crede un po’ meno alla maledizione e molto di più alla mano che si muove nell’ombra, pretende di conoscere quel nome.
«Non c’è nessun metamorfo tra gli Auror o almeno così credevamo. La verità è che non è stata registrata perché non è nata né in Inghilterra né in nessun’altra parte del Regno Unito. Ma noi abbiamo trovato quel nome notando una strana coincidenza.» 
«E quale?» indaga la Granger, sembra stranamente ammirata dal lavoro di indagine che Weasley e Potter hanno fatto. Ma a dirla tutta, Hermione ha sempre un po’ quell’aria stupita quando suo marito dice un qualcosa di particolarmente intelligente. Draco la capisce, sarebbe sorpreso anche lui se stesse con Weasley. Povero, povero sottovalutato Ron Weasley, pensa scrollando il capo bonariamente salvo poi tornare immediatamente serio.
«Pensavamo fosse Graves il responsabile, combaciava tutto. Tanto per cominciare è il Capo Ufficio Auror e solo lui può insabbiare così bene un caso e poi non è nato nel Regno Unito ed abbastanza abile da cancellare la memoria di Luigi o lanciare una Maledizione Imperius tanto potente, ma Harry si rifiutava di credere che avesse macchinato tutto quello soltanto per non farvi sposare. E a essere sinceri lo credevo anch’io, miseriaccia Graves è quello che è, ma è una brava persona.» Sì, lo pensa anche lui. Potter ha un’ammirazione sconfinata per quell’uomo, lo ritiene una sorta di mentore dato che gli ha insegnato praticamente tutto quello che sa, facendolo diventare un Auror davvero eccezionale. Inoltre si è sempre dimostrato entusiasta per il matrimonio, oltre che collaborativo nei loro confronti, offrendosi di aiutarli in più di un’occasione. Draco non dimentica l’espressione compiaciuta e orgogliosa che aveva l’ultima volta che si sono incontrati, proprio in questa casa.
«Capisco perché lo ha pensato» ammette anche Malfoy «sembra impossibile che un uomo come lui abbia architettato tutto questo. Harry dice che il suo senso di giustizia è molto forte.»
«Infatti è per questo che siamo andati avanti a scavare e allora abbiamo notato che la città di nascita di Rosamund Brown non era indicata nella sua scheda personale. Ci aveva detto di essere di Bibury * e che era nata e cresciuta lì, in campagna. Ci aveva detto di essere una fiera Corvonero, ma quando abbiamo controllato stranamente non figurava nemmeno tra gli alunni di Hogwarts del suo anno, né quelli successivi.»
«Un momento, non è mai andata a scuola?» domanda Draco, confuso. Non è impossibile. Frequentare Hogwarts non è obbligatorio, anche se ora succede molto meno che in passato, capita che maghi e streghe decidano di educare i propri figli a casa. Anche se la maggior parte sceglie di spedirli a scuola dove possono ricevere un’educazione più mirata, ma soprattutto dove possono stare con i bambini della loro età. Draco ovviamente si ricorda anche della tizia nominata da Ron, l’ha incontrata una volta e tanto gli bastava. Ricorda però che fissava Harry in maniera inquietante e non gli stava affatto simpatica, perché l’ha praticamente tenuto lontano da lui per settimane. Avrebbe dovuto capire da questo che era una stronza, perché è stata lei, vero?
«No, è andata a scuola, ma a Ilvermorny. ** Ai suoi genitori dev’essere sembrato più sensato considerando che è nata negli Stati Uniti.»
«Ma ch…» tenta, salvo poi rendersi conto di quello che Weasley gli sta dicendo.
«Per farla breve, Rosamund Brown non si chiama davvero Brown. Il suo vero cognome è Graves ed è la figlia del Capo Ufficio Auror, è una metamorfomagus ed è particolarmente brava con le maledizioni o almeno così sosteneva la sua valutazione finale al corso per Auror, che ha frequentato con il cognome della madre. Penso che Graves non volesse per la figlia alcun tipo di favoritismo, anche per questo figurava con un cognome diverso. In questo neanche Harry ci ha visto delle cattive intenzioni. Anche se avremmo preferito saperlo, ecco. Avrebbe facilitato di molto le cose.»
«Quindi mi stai dicendo che Rosamund Brown in realtà è la figlia di Frank Graves?» sbraita Draco, sconvolto. Questa è una notizia allucinante.
«C’è lei dietro tutto quanto» ammette infine. «Per noi è stato chiaro appena abbiamo letto il suo vero dossier, che era nascosto nella scrivania di Graves. Penso abbia controllato anche lui perché gli abbiamo fatto delle domande oggi, ma sembrava piuttosto confuso e ha ammesso di non ricordare bene alcuni momenti dei mesi passati. Parlava di settimane intere di oblio.»
«Questo è sconcertante» ammette Hermione e Draco vorrebbe correggerla dicendo che è sconvolgente e da pazzi, ma Weasley li interrompe.
«Il problema però adesso è un altro» dice ed è allora che nota che qualcosa non va in tutto questo. Forse lo intuisce dalle espressioni di Ron, non ne è sicuro. Però si rende conto di essersi distratto con il racconto di Rosamund Brown o Graves che dir si voglia e allora capisce di aver dimenticato un particolare. Se il duo delle meraviglie ha fatto tutto questo insieme, perché Weasley è venuto qui da solo e ha innalzato delle barriere magiche così che nessuno potesse entrare? Il motivo è una drammatica comprensione che gli rivolta lo stomaco fin da quando ha lasciato Harry, ore fa. Quasi non serve che Ron glielo dica, Draco se lo sente.
«Dov’è Harry?» Se lo sente nelle ossa che qualcosa è andato storto. La sensazione di nausea invece che passare, aumenta man mano che i minuti passano.
«Malfoy, ascolta» tenta Weasley con fare pacifico, ma se possibile quella voce calma ha l’effetto contrario sui suoi nervi.
«Dov’è il mio fidanzato?» sbraita, sconvolto.
«Lui… Beh, non sono sicuro di quale fosse il suo piano, mi ha detto solo di venire qui a parlare con voi, ad avvertirvi di quello che avevamo scoperto mentre lui si consegnava a Rosamund. C’è ancora il sospetto che abbia rapito qualcuno, come ha detto l’assistente di Luigi. Però all’ultimo momento lei deve aver capito cosa stava succedendo e mi ha inseguito per impedirmi di venire qui. Perciò temevo che si fosse attaccata a me quando sono entrato nel camino o che fosse corsa da te, Hermione, subito dopo avermi lasciato.» Draco non sente più niente, non la voce di Ron Weasley, non i rumori di Diagon Alley fuori dalla finestra, nulla. Le sue orecchie iniziano a fischiare e il cuore a martellare dentro al petto. La nausea gli si attacca alla gola, facendogli venire voglia di vomitare tutto il Whiskey Incendiario che ha mandato giù nel pomeriggio. Crolla sulla poltrona, perché le gambe a un certo punto cedono e la vista diventa sfuocata. Se chiude gli occhi riesce a vedere l’immagine di Harry morto, vede il lago di sangue e i suoi bellissimi occhi verdi, vacui. Ricorda la maledizione di Georgina Dunn e il tragico destino del cavaliere. Il pensiero che tutto questo possa accadere per davvero non fa che aumentare il panico. Sente qualcuno accarezzargli il viso e una voce lontana, dolce, tentare di rassicurarlo. In parte ci riesce, le dita fresche che gli passano tra i capelli sono piccole, ma decise. A qualcosa servono, quel tocco è materno in una maniera che Draco non ha mai davvero sperimentato in vita sua. Quasi pensa a Narcissa, salvo ricordare che lei non è mai stata niente di tutto questo. Quando riapre gli occhi, c’è Hermione che lo fissa con aria preoccupata.
«Non può morire» sussurra e basta, a voce fioca e flebile, spezzata dal un pianto che ricaccia giù a forza. Non piangerà, lo ha deciso.
«E non succederà» ribatte lei, tendendogli la mano come a invogliarlo a mettersi in piedi. Draco accetta il suo aiuto, anche se non è sicuro di riuscire a reggere. «Lui mi rende migliore, se lui muore io…»
«Draco, tu ti sei reso migliore. Non Harry» sostiene lei con fermezza, guardandolo negli occhi in una maniera che quasi lo fa tremare. «Lui ti ha sostenuto e appoggiato, più di tutti ha cercato di capirti, ma sei tu ad aver fatto di te stesso una persona migliore.»
«E comunque Harry non morirà» sostiene Ron, incrociando le braccia al petto e annuendo con vigore. «Anche perché noi adesso andremo a salvarlo e ho anche un’idea di dove iniziare a cercare.» Ecco, c’è un qualcosa di strano che scatta in Draco Malfoy in quel momento: sicurezza. Certo, è spaventato a morte e non è nemmeno sicuro di cosa dovranno fare o di come faranno a salvargli la vita, ma Ron ed Hermione sembrano così sicuri di loro stessi che è impossibile dir loro di no. Ma anche se non ci fossero, Draco non è mai stato coraggioso né un eroico cavaliere, come ogni buon Grifondoro, al contrario ha sempre preso in giro quell’atteggiamento spavaldo che Harry stesso ha in un misure alquanto abbondanti, ma nonostante questo sente di dover fare qualcosa. Perché Hermione ha ragione: il cambiamento nasce da lui stesso e da nessun altro. 




 

Weasley ha un piano che spiega in modo chiaro e conciso, partendo dal luogo in cui è sicuro che Harry si trovi e raccontando poi come intende andarci, considerato soprattutto che dev’essere protetto da delle potenti barriere. C’è un istante in cui considera che sia quantomeno saggio il chiamare a raccolta altri Auror e lo fa notare, salvo poi pentirsi di aver obiettato. Non sanno quanto Frank Graves abbia influenzato gli altri a riguardo e non sanno nemmeno se sia ancora sotto la Maledizione Imperius. E comunque, aggiunge Hermione alla fine del proprio discorso, spiegare l’accaduto sarebbe troppo complicato e perderebbero senz’altro del tempo prezioso. Loro devono andare subito a salvare Harry e a fermare quella pazza. Quindi è meglio agire da soli. Secondo Draco il proprio seguirli fidandosi ciecamente suona un po’ come l’inizio della fine del mondo a lui conosciuto. Un tempo non si sarebbe fidato neppure si farsi servire il tè da un Weasley né da una che avrebbe appellato quasi certamente come “Sporca Mezzosangue”, ma le cose cambiano anche per i Malfoy. E allora l’uomo che ha di fronte e che ha ancora un po’ la faccia da scemo, non è più solo un povero qualunque, ma il migliore amico di Harry pronto a morire pur di salvargli la vita. Dannata sindrome dell’eroe, dannati Grifondoro! Quindi non può proprio fare a meno di annuire e dare la mano a Ron per la smaterializzazione congiunta, è davvero l’inizio della fine del mondo. E se fosse dell’umore per certe cose è sicuro che commenterebbe in maniera caustica ogni sua frase, ma a ogni abbozzo di risata ricorda che Harry è nelle mani di quella tizia che non ha ancora mai palesato le proprie intenzioni. Non c’è proprio niente da ridere, pensa infine sparendo dal proprio appartamento.

 

 

C’è ancora luce quando lui, Ron ed Hermione si materializzano in quella che è in tutto e per tutto una palude sporca e umida. Weasley ha indubbiamente sbagliato mira, considerato che sono finiti in una pozza melmosa e maleodorante, con un rospo che li guarda male prima di saltare via tra l’erba alta, sì, ha decisamente sbagliato. Il sole è calato da un pezzo e il buio non ci metterà molto a scendere, l’aria sta iniziando a diventare pungente. Draco rabbrividisce, stringendosi inutilmente nella camicia di lino bianco che indossa, è sin tanto leggera e a nulla serve contro quei refoli d’aria fredda che odorano di terra e morte. Dà un’occhiata all’orologio da taschino, segna le sette e mezza. Tzé, sbotta tra sé. A suo modo di vedere hanno trascorso fin troppo tempo a rifinire il piano. Hermione ha insistito a riguardo, sostenendo che non rifiniscono mai nessun loro piano d’azione e che era davvero il caso di farlo. Una discussione che è virata in una lite matrimoniale in tutto e per tutto, a cui Draco ha dato una smorzata, zittendo entrambi con un urlo un po’ più elevato del normale prima di far notare loro che il più famoso straccione del mondo è ancora tra le mani di un’imprevedibile svitata. Alla fine, riflette intanto che mette un piede avanti all’altro e cerca di ripulirsi il fango dalle scarpe italiane che si sono inzaccherate fino alla punta, non ha nemmeno capito quale sia questo famigerato piano. Anzi, non ha nemmeno compreso in quale parte della Gran Bretagna si trovino in questo momento. Ron ha tenuto solo a precisare che Frank Graves non ha mai rivelato a nessuno il luogo in cui abitava e, guardando quella casa di edera dall’aria fatiscente che si erge sulla cima di una collinetta, capisce anche il perché. Se abitasse lì è sicuro che non lo direbbe neppure a sua madre, anzi tantomeno a lei.
«Come sai che sono lì?» domanda, piuttosto scettico riguardo… Beh, qualsiasi cosa. A dire il vero fissa con un certo orrore la montagna di rovi che li separa dall’entrata della villa. Possono spazzarli via con un incantesimo, ma avranno comunque parecchio da camminare e non vuole andare fin lassù se Weasley non è convinto al cento per cento di quello che ci potranno trovare.
«Quando io e Harry abbiamo rovistato nella scrivania di Graves in cerca di indizi utili, ho trovato una fotografia di quella casa, con Frank Graves e Rosamund in primo piano. Dovevi vedere la faccia di Harry quando ha visto la facciata della villa interamente ricoperta di edera.» Sì, allora è sicuro. Pensa con una punta di rammarico. Cavolo, non poteva essere su una bella spiaggia con un facile accesso?

«Mh, l’assistente di Luigi ha accennato a una cosa del genere, ma non era sicuro di aver sentito bene. Certo è una coincidenza incredibile.»
«Fidati, Malfoy, questa è molto più di una coincidenza. Questa è una prova» sostiene, appena un po’ tronfio, prima di far loro strada attraverso quel dedalo di rovi ed erbaccia che gli arriva fino alle cosce. A Draco non resta che camminare, nella speranza che abbia ragione.

 

Si fanno largo con la magia, usando incantesimi esplosivi che sparpagliano rovi per tutta la brughiera. Fanno malamente attenzione alle pozzanghere di fango che rischiano di inghiottirli per intero, Hermione ci finisce dentro fino al ginocchio e allora lui e Ron devono farsi forza per tirarla fuori. Impiegano più di mezz’ora per arrivare davanti ai cancelli della villa, mezzora durante la quale è calato il buio, è scesa la nebbia e probabilmente hanno anche visto dei marciotti lungo il tragitto che hanno cercato di attirarli con i fuochi fatui. Ciò che lo inquieta tuttavia, oltre all’aspetto non propriamente attraente di quella grande casa che si sviluppa su due piani e la cui facciata frontale è interamente ricoperta di edera rampicante, è la totale assenza di barriere magiche. Se ne aspettavano di potenti, ma riescono a passare con estrema facilità, arrivando su per la collina con le guance arrossate e il fiato corto. Il buio è già calato, sono costretti a ricorrere alla bacchetta per non inciampare nel ciottolato. Ovviamente non c’è nemmeno un po’ di luna a rischiarare la notte. L’enorme cancello, ad ogni modo, è solamente accostato. Rosamund non si è preoccupata di chiudere il passaggio, quasi non si aspettasse l’arrivo di nessuno. Certo, vivendo in un tugurio del genere, nessuno si aspetta l’arrivo di anima viva. Scommette che è anche infestata dai fantasmi e probabilmente i lupi mannari vengono nelle notti di luna piena per le loro scorribande.
«Un tempo dev’essere stata una bella casa» commenta Ron e Draco alza gli occhi al cielo, poteva scommetterci che lui l’avrebbe trovata bella. D’altronde è cresciuto alla tana che è l’equivalente di una baracca solo molto, ma molto grande.

«Ora fa solo schifo» borbotta Malfoy tra sé, mentre si incamminano su per il viale d’ingresso. Il giardino non è eccessivamente grande, niente a che vedere con il parco che circonda il Maniero dei Malfoy e che Draco mantiene come punto di riferimento per ogni cosa, anche per il parco di Buckingham Palace o per i giardini di Kensington. La brughiera è delimitata da una cancellata che corre lungo il perimetro e che sembra piuttosto malridotta, il cancello cigolante e la scritta fatiscente che recita: “Villa edera” all’ingresso, sono il chiaro segno che sia stata abbandonata da moltissimo tempo e che Graves e Rosamund non abbiano pensato a rimodernarla. Il secondo piano sembra quello ridotto peggio, il tetto è un colabrodo e le serrande sono rotte o divelte e l’intonaco è ormai andato. Al primo piano invece le serrande paiono funzionanti e si vede distintamente una luce al di là delle tende non ben tirate, è lì che stanno per andare.
«Ripetimi il piano» mormora Draco in direzione di Ron. Hermione ha saggiamente deciso di fare un giro della casa per ispezionare i punti di ingresso. Vedono subito una porta principale che dà sul viale s’ingresso e che è ben chiusa, ma deve essercene almeno un’altra sul retro o magari una finestra aperta o una rotta. Un qualcosa che consenta loro di entrare senza fare troppo rumore.
«Penso sia meglio entrare da due punti diversi, per aggirarla e non concederle vie di fuga» dice Weasley, facendo per altro magnificamente notare tutta la propria esperienza da Auror. Harry gli ha spiegato che al corso insegnano anche queste cose, per riuscire a catturare più facilmente i nemici. E lui si sente un po’ più al sicuro all’idea che Ron sappia ciò che fa. Certo non gli è proprio tutto chiaro, ad esempio che faranno una volta entrati?
«E come dovremmo dividerci, dato che siamo in tre?» chiede, con una punta di acidità nei toni così come nelle maniere.
«Io trovo un accesso sul retro e voi entrate da quella porta, basterà un contro incantesimo per aprirla, nel caso fosse chiusa. Ricordate, appena la vedete, schiantatela o pietrificatela, o disarmatela. Non penso che Graves sia qui, di conseguenza dovrebbe essere sola. O almeno lo spero.» Decidono di fare come dice e non perdere tempo in chiacchiere, a suo modo di vedere ne hanno perso abbastanza. Prima di entrare dalla porta, però, decidono di avvicinarsi a una delle finestre di quello che dovrebbe essere il soggiorno solo per vedere se dentro c’è effettivamente anima viva. Lui, Ron ed Hermione si acquattano appena sotto a un davanzale. Sente delle voci, ma non riesce a distinguerle e allora si innervosisce. Sa che dovrebbe essere più cauto, che dovrebbe evitare di farsi vedere, ma deve accertarsi che Harry stia bene e quindi, preso un po’ di coraggio, si alza in piedi. In un primo momento fatica a scorgere delle figure, nota quella che dovrebbe essere Rosamund Brown. Non è sicuro sulle prime, l’ultima volta che l’ha vista aveva un caschetto nero, adesso invece sfoggia una chioma di un rosso violaceo molto intenso. Lei gli dà le spalle mentre a pochi passi, seduto su una sedia e legato da pesanti corde, c’è Harry. Sì, è vivo ed è la prima cosa di cui si accerta. Ma quella maledetta gli ha tolto gli occhiali, il che vuol dire che è completamente cieco e inerte. Potter la mattina non vede neanche la porta del bagno senza occhiali. Inoltre dalla tasca posteriore dei pantaloni di Rosamund vede spuntare la bacchetta di Harry, dovranno recuperare anche quella. Non è però questo che attira la sua attenzione e a dire il vero nemmeno Frank Graves che se ne sta seduto su un divano vecchio di almeno cent’anni. Dev’essere di nuovo sotto la Maledizione Imperius, perché guarda fisso nel vuoto e ride, imbambolato. C’è dell’altro in quella stanza, altre persone. Draco le riconosce subito, sono legate a delle sedie con corde pesanti tanto quelle di Harry. Ognuna a una sedia per un totale di tre prigionieri. Uno è Harry, che ringhia e mostra i denti, dice qualcosa a Rosamund, ma non riesce a sentire né a leggere il labiale. Mentre gli altri due, Draco riconoscerebbe quelle figure tra mille altre: un uomo e una donna, magri, stanchi e provati, sono i suoi genitori.




 

Continua





 

*Bibury: paesino appena fuori Londra, molto piccolo e caratteristico. Piuttosto carino a dire il vero.
**Ilvermorny è la scuola di magia americana.

 

Note: Come forse ho già detto, non so se effettivamente i metamorfomagus siano registrati al ministero, è una particolarità molto diversa da quella degli Animagus che grazie al loro potere di trasformarsi in animali possono sfuggire a un’ipotetica cattura. Però ho creduto che fosse un qualcosa di non poi tanto diverso perché alla fine anche loro possono cambiare le proprie fattezze.


Chiedo scusa per il ritardo con cui aggiorno, su Facebook avevo detto che mi sarei presa due o tre giorni per finire una OS Malec che avevo lì da dicembre e poi il capitolo è stato molto complicato da scrivere. Il prossimo lo sarà altrettanto, ma spero di aggiornare comunque entro la domenica della settimana prossima. Intanto grazie per aver letto fino a qui e grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo, grazie anche per aver inserito la storia tra le seguite, le preferite e le ricordate.
Koa

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Capitolo 10
*** Il teorema dello Schiopodo Sparacoda ***


Il teorema dello Schiopodo Sparacoda





 

C’è qualcosa di viscido nell’aria, che gli striscia sulla pelle e si insinua fin dentro le ossa, lasciandogli appiccicata addosso una sensazione spiacevole. Draco racconta a se stesso che sta tutto nella nebbia fitta di quella brughiera che impedisce una visuale nitida al di là qualche metro, ma a voler essere sinceri è la paura a sfiancarlo. Fa poco caso alla nebbia comunque e molto di più all’odore prepotente di terra bagnata che sa anche un po’ di muffa, è crollato pesantemente sul terreno umido, affondando quindi il viso tra le braccia conserte, lo sconforto prende possesso delle sue emozioni in maniera così importante, da non lasciar spazio a nient’altro. Tirarsi le ginocchia al petto mentre cerca disperatamente di non piangere davanti a Weasley e alla Granger, è il passaggio successivo di quell’intricato labirinto che è la sua mente. Se anche lo facesse, si dice, è probabile che non lo prenderebbero in giro, il suo fidanzato e i suoi genitori sono tenuti prigionieri e minacciati con una bacchetta da una mezza svitata, gli sarà anche concesso di perdere il controllo per un attimo, giusto? Nessuno lo giudicherà malamente, ma la sensazione è scomoda lo stesso perché Draco non è abituato a esporsi in questo modo con le altre persone. E infatti non versa una lacrima, anche se il terrore è difficile da scacciare. Si preoccupa del puzzle che ha da mesi davanti agli occhi, solo per tenere impegnato il cervello. Era sicuro di esser riuscito a mettere una di seguito all’altra ogni tessera, componendo un disegno preciso, ma ora quello stesso quadro lo percepisce come incompleto. Mancava un tassello fondamentale: i suoi genitori. Da quanto tempo mamma e papà si trovano in questo posto orribile? Quanti dei gufi che lei gli ha mandato erano effettivamente scritti per volontà di Narcissa? Draco non riesce a non pensare alla sera della festa di fidanzamento al Maniero, quando sua madre ha pronunciato quelle parole, mettendo in discussione il suo amore per Harry Potter e facendogli capire in modo chiaro che non approvava il matrimonio. Di quella sera, così come dei giorni successivi, tra gli articoli infamanti di Rita Skeeter a distrarlo ricorda di essere stato confuso. Il giorno in cui ha fatto coming out, così come quando ha annunciato di stare insieme a Harry Potter non sono stati certo i più felici della vita di Narcissa, né tantomeno quelli di Lucius, ma anche se non capivano fino in fondo, e se non accettavano, hanno abbozzato. Lei ha provato a essergli di supporto e in parte, Draco si è sentito compreso. Quel giorno, quello del fidanzamento, le parole di sua madre lo avevano colpito come una coltellata in petto. Ed è assurdo che ci stia pensando proprio adesso, ma non riesce a non farlo. Era davvero lei la donna con cui ha parlato? E se lo era, che fosse sotto la Maledizione Imperius? Egoisticamente quasi lo spera, almeno vorrebbe dire che simili cattiverie non erano frutto della mente di Narcissa, ma di quella di Rosamund Brown, o come diavolo si chiama. Draco non è sicuro di nulla ormai e non ha davvero una risposta a nessuna di queste domande, i pensieri gli scivolano via dalla testa e si intersecano in una ragnatela di sensazioni che gli rivoltano lo stomaco. Gli viene da vomitare e la testa gira. Non capisce, non ci riesce da tanto tempo, ma adesso meno che mai. Il movente, come lo ha chiamato la Granger, sfugge alla sua comprensione. Perché mettere in scena tutto questo? Le ragioni gli sfuggono così come la lucidità e allora prova a riprendere il controllo di se stesso, respirando lentamente. Hanno ancora un piano da seguire e delle persone da salvare, non può crollare proprio adesso. Ron ed Hermione gli stanno accanto, la loro è una presenza muta e solida, in buona parte rassicurante. Bacchette alla mano e sguardo comprensivo, carico di un’ansia palpabile, lo guardano entrambi riducendo ogni sentimento a un lieve imbarazzo. Non sono preoccupati soltanto per Harry, Draco lo ha capito da come gli occhi della Granger si sono allargati per lo stupore alla vista di Lucius e Narcissa, nel momento in cui ha allungato lo sguardo al di là delle finestre del primo piano di villa edera. Forse neppure Hermione si sarebbe mai aspettata di provare pena per loro, ma le persone cambiano. Questo matrimonio ne è l’esempio. 

 

Uno dei due ha lanciato un incantesimo silenziante, Draco non sa chi sia stato, ma ringrazia mutamente. Hanno tutti e tre bisogno di racimolare le idee, anzi no lui ne ha bisogno e non può farlo se teme di essere sentito da Rosamund Brown. Prova ancora l’istinto feroce di fare irruzione là dentro e cruciare quella tizia, che nella sua testa definisce con epiteti ben peggiori, il cui meno volgare è “Maledetta”. Il sentimento non è dissimile da quello che provava ore fa di andare al Ministero ad aiutare Harry. Non l’ha fatto oggi e non lo fa neanche adesso, non ancora almeno. Stringe i pugni e le unghie graffiano la stoffa leggera dei pantaloni che indossa. Non è neanche sicuro di riuscire a stare in piedi.
«Quand’è l’ultima volta che hai parlato con loro?» domanda la Granger a un certo punto. Draco ci ha già riflettuto, ovviamente, ma la risposta che dà a se stesso è impietosa e lo fa sentire ancora più in colpa. Era Natale, ne è sicuro. Sua madre era arrivata la sera vigilia con un mucchio di regali, ha ben impresso nella memoria il suo atteggiamento strano, che lo aveva lasciato spiazzato. Ricorda la maniera gentile che Harry ha avuto di ringraziarla per il pensiero, prima di stringere il suo braccio e impedirgli di affrontarla a viso aperto. Così saggio, ha pensato allora. A dicembre era ancora troppo arrabbiato con lei, se avesse aperto bocca come voleva avrebbe ulteriormente inasprito il rapporto con sua madre e con il matrimonio imminente, Draco non se lo sarebbe mai perdonato. Harry lo aveva capito, ma chissà, forse se le avesse detto tutto fin allora la verità sarebbe uscita e niente di tutto questo sarebbe mai accaduto. Ma stranamente Draco non biasima se stesso e tantomeno lo fa con Harry. Ricorda invece che Narcissa all’epoca aveva annunciato che lei e Lucius avrebbero trascorso le vacanze in Svizzera dove sono rimasti per qualche settimana. Dopo di allora gli sono arrivati soltanto dei gufi, brevi lettere a cui lei rispondeva, scrivendo con la sua calligrafia appuntita e frettolosa. Era lei a redigere quei messaggi, di questo non ne ha mai dubitato, dubita ora che fosse pienamente in sé e non obbligata dalla Maledizione Imperius. Ha sempre detto di stare bene e di essere molto impegnata. A voler essere sinceri, Draco non le ha mai creduto, ha solo pensato che non volesse più vederlo.
«A Natale» butta fuori dopo qualche istante di silenzio. La voce gli esce roca, graffiata dalla nausea che gli attanaglia la gola. Ha ancora un freddo del diavolo, l’umidità serpeggia sotto la camicia, gli striscia sulla pelle come un viscido serpente. Fa schifo, ma se dovesse dare una forma al senso di colpa, direbbe che è fatto esattamente così, di marciume e nebbia.
«Lo so, è orribile per un figlio» prosegue ed evita bellamente di incrociare lo sguardo di Ron ed Hermione, non vuole subire anche il loro giudizio. «Lei aveva detto di non volermi aiutare con i preparativi del matrimonio e il giorno della festa di fidanzamento mi aveva fatto così arrabbiare, che ho pensato fosse meglio tenerla all’oscuro di tutto mentre con mio padre…» Con lui non parla mai, pensa, ma non lo dice. Non ci parla da quando ha fatto coming out. Non per grandi discorsi almeno. Lui gli rivolge saluti formali e quando sono in pubblico si mostra sorridente, alla mano e gli dà sonore pacche sulle spalle come se fosse orgoglioso di suo figlio. Ogni tanto gli chiede delle imprese e come va il lavoro, Draco risponde più per senso del dovere che per il desiderio di renderlo fiero. A pensarci, non parlano da prima della guerra, anzi, probabilmente non hanno mai davvero parlato.
«Non c’è bisogno che ti giustifichi» se ne esce Hermione, pacifica. Draco apre appena un poco gli occhi e volge lo sguardo in sua direzione, senza farsi scoprire troppo a guardarla. I suoi capelli sono un disastro, colpa dei rovi di poco fa. Il bel tailleur lilla che indossa è strappato in alcuni punti e si è sporcato di terra, mentre le scarpe sono inzaccherate di fango, ciononostante riesce comunque ad avere un bell’aspetto. Non sa di preciso cosa sia, è qualcosa nello sguardo, una luce che in passato non ha mai notato e che oggi continua a saltargli agli occhi.
«Miseriaccia, se avessi un padre come il tuo neanche io ci parlerei granché» commenta Weasley dopo qualche attimo. Il sorriso che Draco stira è più un’ombra che un divertimento sincero, gli angoli della bocca si sollevano di poco, ma subito dopo si piegano nuovamente all’ingiù.
«Già, ma non riesco a non domandarmi da quanto tempo si trovano qui. Forse sono passati mesi, non ne ho idea. Se fossi stato più presente, se mi fosse venuto in mente di passare al Maniero qualche volta, magari tutto questo non sarebbe successo.»

«O probabilmente Rosamund aveva pensato anche a questo, non trovi?» domanda furbescamente Hermione; già, sì, considerando il tutto crede sia piuttosto ovvio.
«Però c’era comunque qualcosa di strano, fin dalla festa di fidanzamento. Mia madre sarà quel che sarà, ma non si disinteressa mai di un evento sociale, soprattutto di un matrimonio. Può passare mesi a scegliere un abito per un invito a una cerimonia di nozze, figuriamoci se a sposarsi è suo figlio. Insomma, ha curato lei ogni dettaglio della festa al Maniero e proprio per questo io credevo che mi avrebbe aiutato. Avrei dovuto capirlo da questo.» Sì, avrebbe dovuto. Così come non avrebbe dovuto abbandonarli a loro stessi. Harry non l’avrebbe fatto e nemmeno Weasley, a dire il vero o la Granger, che ha girato il mondo per ritrovare i suoi genitori dopo la fine della guerra. Ma pare che Draco Malfoy riesca a fare comunque le scelte più sbagliate, anche quando prova a fare la cosa giusta, anche quando prova a essere la brava persona che merita di stare al fianco di Harry Potter. E ora invece non ha nemmeno il coraggio di sporgersi di nuovo oltre quel davanzale in muratura per accertarsi che i suoi genitori stiano davvero bene. Li ha visti pallidi e patiti, sporchi indubbiamente, ma tutto sommato in salute. O almeno, è questo che si ripete, ma è scontato che stia in buona parte mentendo a se stesso o esagerando in positivo.
«Quel che è certo è che non risolveremo niente stando qui a chiacchierare» se ne esce Weasley dopo qualche attimo. «Ci sono delle persone là dentro che hanno bisogno del nostro aiuto. Il fatto che i prigionieri siano tre non cambia nulla, faremo come abbiamo concordato. Aspettate cinque minuti e poi entrate.» Ron si alza in piedi, pur cercando di restare al di sotto delle finestre così che Rosamund Brown non lo veda. Considerata l’altezza pare ancora più goffo di quanto non lo sembri di tanto in tanto; ha la tendenza a ciondolare camminando con le spalle un po’ curve e struscia anche i piedi a terra. Sempre meno di quanto non facesse da ragazzo, così alto e allampanato, davvero molto magro. Adesso ha una buona dose di muscoli che ha messo su grazie all’addestramento da Auror e incredibilmente, nonostante l'apparente goffaggine, la maniera in cui cammina non lascia trapelare insicurezza. Gli Auror sanno quel che fanno, Draco lo ricorda a se stesso in ogni istante perché in un certo senso Weasley gli dà tutte quelle sicurezze che altrimenti non avrebbe. Appena lo vede sparire dietro l’angolo della casa, si rilassa contro il muro freddo e inspira lentamente. Deve aver piovuto nel pomeriggio perché la parete in muratura che ha alle spalle è bagnata, l’umidità gli inzuppa la camicia di lino bianca. Non costringe se sesso a sedare un brivido, fa freddo in questo dannato posto. La brughiera sembra essersi dimenticata che è ormai il mese di giugno. Stringe al meglio la bacchetta che ha tra le dita e che tiene premuta sulla coscia, i polpastrelli prudono per la tensione. Vorrebbe avere il potere di far scorrere il tempo, manderebbe avanti le lancette fino al giorno del matrimonio. Vorrebbe che tutto fosse già finito e doversi preoccupare di questioni ridicole come una macchia sul vestito o ascoltare Pansy mentre gli racconta nel dettaglio della sua pomiciata con uno sconosciuto all’addio al celibato. Quello che non ha nemmeno fatto, quello che non farà. Avrebbero dovuto festeggiare questa settimana, ma non se l’è sentita e ora è qui e fa tutto schifo.

 

Raggiungono il portone d’ingresso camminando furtivi, restano chinati appena un poco in avanti con la schiena che si fa ingobbita, passando al di sotto delle finestre fino a che queste corrono lungo la facciata della villa, coperta di edera. Draco raddrizza la schiena soltanto quando giungono in prossimità di un grosso portone bianco, con un battente che una volta doveva essere di un colore non dissimile all’argento, ma che ora sembra più un pezzo di ferraglia arrugginito. Il legno, marcito e tarlato, è rovinato anch’esso e così come il resto della casa è diventato fatiscente. Nota però ancora qualche decorazione, divorata dal muschio, come due angioletti di pietra che stanno al di sopra dell’architrave e che guardano verso il basso con le loro alucce spiegate. Il battente, inoltre, è posato sopra a un ornamento che ricorda un motivo floreale, un ingarbuglio di edera e fiori. Lo sfiora con la punta delle dita, trovandolo gelido e umido al tatto. Sulle prime si chiede se il portone sia chiuso oppure aperto, ma guardando con maggior attenzione fa caso al fatto che il catenaccio non è tirato. Il legno è talmente consumato che in alcune feritoie si può vedere dall’altra parte, spiando all’interno nota una pesante chiave in ferro ficcata nel buco della serratura, questa però non è stata girata. È come se Rosamund Brown si fosse dimenticata di tirare il catenaccio o di lanciare un incantesimo per bloccare il portone. Dubita fosse di fretta, ha avuto tutto il tempo per alzare delle barriere efficaci, ma oltre a essere riusciti ad arrivare fin qui senza alcun tipo di difficoltà, riescono anche a oltrepassare l’ingresso altrettanto facilmente. La porta, infatti, è semplicemente accostata. Con ogni probabilità non pensava che l’avrebbero trovata o forse era troppo impegnata a gestire tre prigionieri, cosa piuttosto plausibile considerato che Harry non si è certo trasportato fin lì di propria iniziativa. O almeno lo spera, se così fosse sarebbe il più idiota tra gli idioti dell’universo.
«Non ci sono barriere di protezione» sussurra Draco guardando Hermione. Non è sicuro che l’incantesimo silenziante funzioni ancora, nel dubbio parla a bassa voce tastando il legno ammuffito della porta con le mani. La Granger annuisce, lo guarda con occhi sottili mentre le labbra sono arricciate nella classica espressione che fa quando sta rimuginando su qualcosa. Si sta probabilmente facendo le sue stesse domande, anche uno stupido si chiederebbe perché Rosamund Brown, pur avendo studiato da Auror, è stata così leggera nel proteggere se stessa. Anche se, a dirla tutta non è neanche la prima volta che commette degli errori. Ha cancellato la memoria di Luigi più volte, dopo avergli raccontato tutto quello che stava combinando senza preoccuparsi di controllare che fossero soli in negozio. Neanche è sicuro del perché l’abbia fatto, che avesse bisogno di un confidente? Possibile che il senso di colpa la stesse schiacciando? Draco non ne ha idea, spera solo che sia troppo cretina per portare avanti il proprio piano in maniera sensata ancora per molto. La stupidità di quella donna, così come gli errori che ha commesso hanno fatto in modo che riuscissero a comporre quel famigerato puzzle che altrimenti non sarebbe mai riuscito a mettere insieme.
«Non è strano che non ci abbia pensato?» chiede Malfoy, di nuovo a voce talmente bassa che si domanda se Hermione l’abbia o meno sentito. Dalla maniera in cui annuisce è chiaro che abbia sentito e che sia d’accordo con lui.
«Non ha attivato neanche un Cave Inimicum, * forse credeva che ci avremmo messo di più a rintracciare Harry» avanza lei, titubante, ma non sembra convinta neppure lei di quello che sta dicendo.
«O forse è svitata» osserva Draco, spingendo l’uscio con poca forza e aprendo così un’ampia visuale dell’atrio e del corridoio. Non che serva a qualcosa, l’interno di quella casa è immerso nel buio, fatta eccezione per il soggiorno. Un refolo di vento più gelido che proviene da dentro lo attraversa, facendolo rabbrividire. I cardini del portone emettono un cigolio sinistro e piuttosto rumoroso quando questo viene spalancato, a quel punto le voci provenienti dal salotto si quietano. C’era come un mormorio indistinto, una voce senz’altro femminile che ora però tace. Se è vero che poco fa non li ha sentiti parlare, questo, Rosamund Brown lo ha sentito sicuramente. E sarà anche una cretina, per usare un eufemismo, ma non fino al punto di non controllare quando una casa sinistra immersa nel nulla, emette strani rumori. Devono levarsi subito da lì, già ma dove andare? Non sarebbe saggio uscire, vedendola aperta Rosamund Brown bloccherà di sicuro la porta e a quel punto si ritroverebbero da capo. Colto alla sprovvista, Draco fissa Hermione con occhi sgranati chiedendo a lei mutamente se ha qualche idea. Un rumore di passi, quasi sicuramente appartenente a una donna che indossa delle scarpe con il tacco, si fa sempre più vicino. Sta venendo a controllare e cammina anche alla svelta. Accidenti, devono nascondersi, e subito! Senza preoccuparsi di chiudere il portoncino, si guarda velocemente attorno senza però riuscire a trovare una soluzione adatta. Se solo fosse accesa qualche luce in più riuscirebbe a capire qualcosa di quella casa e invece il buio è totale. Gli pare di intravvedere una scalinata che conduce al piano superiore, ma è troppo lontana perché la raggiungano per tempo e poi, per quanto ne sa, il pavimento potrebbe emettere altrettanti scricchiolii, facendoli scoprire praticamente subito. C’è solo una porta sulla destra, ma non nota nient’altro. Se anche c’è un armadio, un qualche anfratto o un grande mobile che li può nascondere, non lo vede. Non fa in tempo però neppure a pensare a cosa fare, che Hermione lo afferra per un braccio e lo trascina oltre a quella porta sulla destra, che chiude proprio all’ultimo istante. C’è una frazione di secondo durante la quale il tempo si ferma e resta appeso in una sorta muta di incertezza dove lui e la Granger sono sia salvi che spacciati, in cui si sente letteralmente morire. Se vengono scoperti ora, che succederà a Harry o ai suoi genitori? Il piano era entrare di soppiatto e disarmarla, ma funzionerebbe anche se la affrontassero a viso aperto? Draco non ne ha idea, non ha mai fatto niente del genere in vita sua. Ha immaginato che Weasley sapesse il fatto suo a questo proposito, ma è stato talmente sconvolto per tutto il giorno che non ha pensato a domandargli delle possibili varianti di questo “Geniale” piano di azione. Draco emette un sospiro frammentato, sente le mani tremare e allora le stringe entrambe. Una si avviluppa attorno alla bacchetta, ma le dita gli sudano e la presa quasi scivola, mentre l’altra la tiene rilasciata lungo i fianchi, contratta e stretta in un pugno duro. Chiude appena un poco gli occhi, come a voler trovare una sorta di calma interiore, ma subito li riapre quando si rende conto di voler vedere quello che succede. Non vuole chiudere gli occhi. Il cuore martella così forte nel petto, che per un istante teme che Rosamund Brown possa sentirlo. Una goccia di sudore gli scivola giù dalla fronte, infrangendosi sulle labbra aperte. Il respiro è affannoso mentre la tensione e la paura gli scorrono sulla pelle in egual misura. Al di là della porta socchiusa, i passi non si sono fermati, hanno continuato fino al corridoio e lì hanno indugiato. Dev’essere passata anche davanti a loro, Draco intravede la luce di una bacchetta, ma qualunque cosa Rosamund stia cercando ha tirato dritto senza fermarsi o provare ad entrare dove si sono nascosti. Basterebbe un Revelio per farli uscire allo scoperto e a quel punto sarebbero costretti a lasciare le bacchette e Weasley si ritroverebbe da solo, con ben cinque prigionieri da salvare. Non può permetterlo. E non può lasciare nemmeno che la paura lo divori, Harry ha bisogno di lui e anche i suoi genitori. Quindi rinsalda la presa e deglutisce a fatica, mandando giù un grumo di saliva. Hermione sta al suo fianco, rigida e quasi impettita, con la bacchetta tenuta saldamente tra le dita. Il suo respiro è accelerato ed è spaventata, ma non dà segno di essere nel panico. Al contrario pare aver trovato una sorta di calma che le impedisce di tremare come invece sta palesemente facendo lui. Draco cerca di distrarsi per non impazzire, per non saltare fuori dal suo nascondiglio e prendere per il collo la persona che ha reso un inferno gli ultimi mesi della sua vita. Non sarebbe saggio, sarebbe controproducente, continua a ripetersi. Quindi inizia a guardarsi attorno, contestualizzare serve sempre a qualcosa, ma questa volta non ha idea di dove siano finiti. La luce che proviene dall’esterno è molto rada, la nebbia impedisce al chiarore naturale della notte di entrare dalle finestre e consentirgli così di distinguere almeno i contorni in maniera nitida. Da quel poco che vede, però, sembra una biblioteca con un paio di poltroncine e un camino sul fondo, ovviamente spento. Fuori nel corridoio i passettini di Rosamund Brown si dirigono verso l’ingresso, i rumori indugiano più di un istante e Draco immagina che sia uscita per controllare. Non attende però troppo tempo, perché subito dopo il portone si richiude, la sente pronunciare un incantesimo che blocca il chiavistello e qualche istante più tardi i passi si allontanano verso il soggiorno. La luce della bacchetta, sparisce con lei. Draco riprende a respirare correttamente soltanto quando anche l’altra porta, quella del soggiorno, sbatte contro la parete.
«Penso se ne sia andata» sussurra Hermione a voce bassissima, allunga lo sguardo al di là di una fessura che hanno lasciato aperta. Studia l’ingresso per qualche attimo dopodiché si volta in sua direzione e annuisce come a volerlo invitare a seguirla. Camminano l’uno a fianco dell’altra, a passi lenti, cercando di fare il minor rumore possibile fino a che non sono abbastanza vicini all’entrata del soggiorno da poter sentire ciò che accade all’interno. Draco ha un sussulto quando sente la voce di Harry spezzare il silenzio con una risata roca e sarcastica.
«Che c’è di divertente?» ringhia Rosamund Brown. Draco si rende conto di non averla neanche mai sentita parlare così tanto prima. L’ha incontrata una volta, tempo fa, proprio in casa sua e di Potter e poi mai più. Si sono salutati e basta. Per il resto ne ha solo sentito parlare, male, dal suddetto Potter. Sa che è un pessimo Auror e da quanto ha visto, dalla maniera cioè in cui non ha protetto questa abitazione, capisce anche il perché. Non ricordava però che la sua voce fosse tanto acuta e fastidiosa.
«Ti ho chiesto: ami tu Draco Malfoy?»
«Certo che lo amo» replica Harry con voce sicura. Non c’è più traccia di scherno in lui, gli echi della risata di poco prima si sono spenti e ora il suo parlare è fermo e sicuro, serio nei modi. Draco ha un sussulto. «Lo voglio anche sposare, se non mi ucciderai prima.» Stupido idiota, non darle idee! Pensa fra sé intanto che si rende conto di odiarlo, soltanto un eroe stupido come lui può mantenere un tono così beffardo di fronte al proporio aguzzino. Dovrebbe essere più accondiscendente e non farla arrabbiare, si sa che i pazzi sono pericolosi quando si infuriano e Rosamund Brown non gli sembra molto a posto con la testa. Ma lui invece ride e la prende in giro, la sua voce è intrisa di sarcasmo e anche adesso lo sente sogghignare. Si farà ammazzare per la sua stupidissima ironia.
«Non è possibile! Ti ho dato l’antidoto per il filtro d’amore, dovresti smettere di dire certe cose.»
«Non so cosa insegnano a Ilvermorny, ma a Hogwarts ho imparato che l’antidoto funziona solo se si è assunto un filtro d’amore e io non ho preso niente del genere. Amo Draco e lo voglio sposare, niente mi fermerà da questo intento.»

«Io non capisco, io…» tenta Rosamund Brown con la sua voce acuta e fastidiosa. Sembra confusa, come se non riuscisse a capire come sia possibile che Harry Potter sia innamorato di Draco Malfoy. Nonostante tutto, non può dire di non capirla. Comprendere benissimo la sua confusione, lui sono anni che si fa la stessa domanda. Come è possibile?
«La Gazzetta del Profeta diceva che eri sotto l’effetto di un filtro d’amore, dev’essere per forza così.» Oh, ma che idiota! Non penserà di certo che quella che tuttora Rita Skeeter butta in prima pagina, sia la verità? Dovrebbe seriamente scrivere una lettera al direttore della Gazzetta e dirgli di smetterla di dire certe cose, perché altrimenti la gente idiota come quella tizia finisce per crederci e per combinare casini come questo.
«Ascolta, Rosamund» replica Harry, questa volta con maniere più condiscendenti e pacate. «Sono disposto a raccontarti la mia storia con Malfoy, dico davvero. Però prima lascia andare i genitori di Draco, non hanno fatto niente.»
«Non hanno fatto niente?» grida lei, sembra furiosa in una maniera che fa fare a Draco un passettino in avanti e rinsaldare la presa sulla bacchetta. Non va oltre, anche se vorrebbe fare irruzione là dentro, Hermione posa una mano sul suo braccio e lo trattiene con una discreta forza. Questa volta non parla, ma scrolla il capo in senso di diniego come a fargli capire che non è ancora il momento. Draco resta dove sta più per via dello sguardo duro che gli dedica, che per le dita avviluppate ancora al suo avambraccio.
«Sono stati due Mangiamorte» continua Rosamund, furiosa, «hanno dato la loro casa al signore Oscuro. Ti volevano ammazzare e tu adesso sposi il loro figlio. Ti rendi conto che c’è qualcosa che non va? Sei stato incantato o confuso.»
«Non pretendo che tu capisca, Rosamund, ma è semplicemente andata così. Inoltre c’è stato un processo, il Wizengamot…»
«Il Wizengamot ha sbagliato!» sbraita lei, interrompendolo «avrebbero dovuto condannarli al bacio del dissennatore.»
«Sono già stati puniti a sufficienza, non trovi?» chiede Harry con fare gentile, ma brutalmente serio. Draco può quasi sentire Rosamund emettere un flebile sibilo di sorpresa. «Quello che è successo durante la guerra è stato terribile non soltanto per chi stava dalla mia parte, ma anche per molte delle persone sul fronte opposto. Come ho detto nella mia testimonianza, Draco non soltanto si è rifiutato di uccidere Silente, ma mi ha aiutato quel giorno al Maniero, non denunciandomi a Bellatrix e anche dopo nella stanza delle necessità. Narcissa invece mentì a Voldemort, non dicendogli che ero ancora vivo e che la Maledizione che uccide non aveva avuto alcun effetto su di me. Aiutare colui che dovrebbe essere tuo nemico nel momento di massimo potere di Voldemort è stato ciò che ha fatto credere al Wizengamot che il perdono fosse la soluzione più giusta, così come era stato fatto in passato con Piton mentre Lucius… togliere la bacchetta a un mago a vita è una delle punizioni più grandi che una persona dotata di poteri magici possa ricevere, non trovi? E se non lo sai ti consiglio di documentarti su come si comporta la magia di un mago o una strega quando questa non può essere espressa attraverso la bacchetta, Rosamund, anche se in quanto Auror dovresti saperlo.» Ciò che Draco nota degli attimi immediatamente successivi all’accorato monologo di Harry Potter, è il silenzio. Il camino crepita di fiamme vive e la legna secca emette dei piccoli scoppiettii. Sotto i suoi piedi, il parquet cigola appena. Riesce a percepire un mormorio basso e privo di senso, appartenente a una voce maschile. La associa a Frank Graves, che ha intravisto dalla finestra pochi minuti fa e che gli era sembrato completamente inerme e fuori di testa, canticchia una canzoncina incomprensibile ed è tutto quello che si sente. Draco fatica a concentrarsi su un qualcosa che non siano le parole di Harry. Sono cose che già sapeva, discorsi che hanno fatto e rifatto almeno cento volte, ma riascoltarli gli causa un effetto strano nello stomaco che ora è in subbuglio. Un battito d’ali gli sfarfalla nel petto, scacciando la paura anche se solo per un istante. Quel periodo, quello della morte di Silente e poi anche tutto l’anno successivo fino alla caduta del signore Oscuro, è stato un incubo. Il marchio nero sull’avambraccio è sbiadito, certo e per anni lo ha tormentato come il simbolo di tutto ciò che è stato, compreso il ragazzino razzista che appellava gli altri come “Sporco mezzosangue” sentendosi superiore. Draco ha biasimato se stesso per tanto tempo ed è crollato in una sorta di abisso, dal quale Harry Potter lo ha salvato. E poi si sono innamorati e tutto quello è semplicemente passato. Sì, è come dice la Granger, pensa ricordando alle parole che gli ha rivolto ormai ore fa, si sono innamorati e non c’è niente di più bello. Eppure perché fa male? Si chiede, ma a quello trova subito una risposta. Lo fa perché quel tarlo che nella sua testa marcisce ormai da mesi, per tutto il tempo ha rimuginato proprio su questo. Perché ciò che ha detto Narcissa alla festa di fidanzamento, fossero o meno le sue intenzioni, le ha sentite eccome. Come può Harry stare insieme a uno come lui dopo tutto il male che ha fatto? Come può averlo perdonato? Come può mettersi alla stessa tavola di Lucius, che ha tentato di ucciderlo o sorridere a Narcissa, che lo ha disprezzato per degli anni? Forse non fa male a chiamarlo “San Potter”, pensa stirando un sorriso piccolo, prima che la tristezza divori le sue espressioni. Forse non dovrebbero stare insieme.
«Come puoi volerti sposare con uno come lui? Tu sei Harry Potter, l’eroe del mondo magico. Sei buono, generoso, gentile, hai un cuore puro, hai salvato tutti quanti da Voldemort e poi ti allei con il tuo nemico?» chiede una Rosamund Brown, che forse è fuori di testa per davvero e che certamente ha sbagliato nei modi, ma che per una strana ragione sta facendo tutte le domande giuste. Come può stare con lui?
«È il teorema dello Schiopodo Sparacoda!» La voce che ha parlato non appartiene a nessuna delle persone che sa esserci là in quel soggiorno, non è di Harry né di Frank Graves, non sono i suoi genitori e tantomeno Rosamund Brown. Draco la riconosce subito e allora ricorda che c’è anche un’altra persona in quella casa, Ron Weasley. In effetti, anche se avesse avuto dei problemi a capire che si trattava di Ron, il sussulto di Hermione, accucciata al suo fianco, lo avrebbe reso perfettamente chiaro. Weasley ha usato l’altro ingresso, uno che conduce a una specie di cucina, l’hanno vista non appena sono arrivati quando hanno fatto il giro della casa. Per raggiungerli ha usato l’altra porta che dal soggiorno si apre su di essa. Draco maledice che non ci siano spiragli, vorrebbe vedere cosa succede là dentro. Vorrebbe andare da Harry e da sua madre e suo padre, ma di nuovo rimane immobile.
«Che diavolo ci fai tu qui? Come mi hai trovato?» sputa Rosamund, rabbiosa.
«Non voglio farti del male» interviene Ron «ma forse dovrei spiegarti un paio di cose, perché dai discorsi che fai mi sa che non conosci il teorema dello Schiopodo Sparacoda.»
«Di che accidenti sta parlando quell’idiota?» sussurra Draco mentre Hermione scrolla la testa, ammettendo di non averne la minima idea. Ron Weasley con le sue maledizioni strane dell’antica Scozia e un aneddoto sulla sua stramba famiglia per ogni situazione… Se lo stupido Potter si famale per la scemenza che sta per dire, giura su Salazar Serpeverde che lo ucciderà con le sue stesse mani.
«Che diavolo è? Non l’ho mai sentito prima» ammette Rosamund.
«Il teorema è semplicissimo» prosegue Weasley, pacato. Sembra dannatamente serio. «Se ad Hagrid piacciono creature come le Acromantule o gli Schiopodi Sparacoda, se impazzisce per i draghi al punto da volerne uno dentro casa e se fa tutti quei versetti idioti che si fanno di solito ai bambini quando un Dorsorugoso di Norvegia gli brucia la barba, beh allora esisterà qualcuno al mondo che amerà Draco Malfoy alla stessa maniera. Il teorema dello Schiopodo Sparacoda, no? Hagrid sta ai ragni giganti, come Harry sta a Malfoy. Malfoy è l’acromantula di Harry. Semplice.» Per un istante tutto tace. La voce di Weasley scema, finendo in niente. Sente Hermione sospirare, ma non sa se di ammirazione, stupore o se gli stia semplicemente dando del cretino. C’è ancora il crepitare del camino là dentro, forse il ticchettio di un pendolo. Lo sbuffare del vento che s’è fatto su intenso e sbatacchia le persiane così come il portone d’ingresso. Il parquet marcio scricchiola sotto le sue costosissime scarpe mentre, all’interno del soggiorno, una risata si leva alta e cristallina. Harry esplode in un divertimento sincero e onesto. A Draco piace quando ride in questo modo, ancora di più se è per merito di una sua battuta o un commento sarcastico rivolto a qualcuno che a entrambi sta sullo stomaco. Il teorema dello Schiopodo Sparacoda… che idiozia gigantesca! Non poteva che uscire dalla bocca di quello scemo di Weasley. Pensa, abbastanza compiaciuto. Non gli va di essere l’acromantula di Harry Potter, ma è vero che Hagrid pare essere il solo al mondo ad apprezzare creature che chiunque definisce come mostri puzzolenti. Per lui uno Schiopodo Sparacoda è l’equivalente di un dolce micetto per uno… beh, uno normale. Il che significa che Harry è come Hagrid? Mh, non crede sia così, però sa che è il caso di fare qualcosa per davvero quindi si alza in piedi, massaggiandosi le cosce indolenzite mentre aiuta Hermione a fare lo stesso. È il momento di andare, si dice aprendo la porta del soggiorno.
«Quello che dici non ha senso» sta dicendo Rosamund Brown e soltanto ora la vede in modo chiaro, se ne sta al centro della stanza a debita distanza da Harry e dai suoi genitori, a metà tra lui e Ron Weasley.
«Ma che diavolo…»
«Piacere e, beh, a quanto pare sono uno Schiopodo Sparacoda!» dice, accennando a un pizzico di ironia. A Harry si illumina lo sguardo non appena i loro occhi si incontrano e Draco addirittura sorride, salutandolo con un cenno lieve della mano. Sua madre e suo padre si sono voltati in direzione della porta e lo fissano, altrettanto felici di vederlo. Persino Lucius sorride e sinceramente pensa di non aver mai visto una simile espressione sulla sua faccia in tutta la vita. La loro gioia dura però molto poco, Rosamund Brown si è accorta della presenza sua e di Hermione e adesso anche lei lo sta guardando. Dal modo in cui immediatamente agita la bacchetta, sembra proprio che stia per lanciare un incantesimo. Draco inspira profondamente, preparandosi allo scontro. Se così dev’essere, allora difenderà la sua famiglia costi quel che costi.



 

Continua 




 

*Cave Inimicum, cito questo tra i tanti che ho menzionato perché forse è quello meno famoso. Viene messo una sorta di allarme quando il tuo nemico arriva nel luogo in cui hai lanciato l’incantesimo, avvertendo della sua presenza. Conoscendo il tuo nemico è infatti piuttosto sensato lanciarlo, come pensa subito Hermione. Tutti gli altri incantesimi citati vengono menzionati nei libri di Harry Potter, tra gli altri c’è il “Revelio” che poi è il “Homenum Revelio” recitato da Hermione a Grimmauld Place, in “Harry Potter e i doni della morte”:


 

Note: Incredibilmente sono riuscita ad abbozzare e finire questo capitolo entro mercoledì, come speravo. Il capitolo è un po’ più breve di quanto avevo previsto, ma ha subito diverse modifiche e tagli durante la stesura. C’era una grossa rivelazione su Hermione che ho tagliato e che inserirò nei prossimi capitoli, perché qui spezzava la tensione, che poi è il punto centrale del capitolo. E non me la sentivo di affrontare il capitolo-spiegazione in cui Rosamund spiegava perché ha fatto ciò che ha fatto e come lo ha fatto (anche se ormai questo è ovvio), un po’ come succede nei gialli. So per esperienza che cose del genere sono parecchio complesse da mettere giù quindi butterò tutto nel prossimo capitolo.

 

Purtroppo lo scorso capitolo non ha ricevuto recensioni, ma ringrazio comunque chi lo ha letto e chi è arrivato a leggere fino a qui. Spero che questo vi piaccia di più. Non manca comunque molto alla fine, il giorno del matrimonio si avvicina.
Koa

 

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Capitolo 11
*** Il segreto di Hermione ***


Il segreto di Hermione




 

Nonostante il teorema dello Schiopodo Sparacoda e la risata di Harry gli rimbombino ancora nelle orecchie, Draco non vive bene gli istanti successivi. Non è perché è stato paragonato a un’acromantula, non è così permaloso né suscettibile come spesso e volentieri lascia a intendere a chiunque lo giudichi uno sciocco superficiale. Può convivere con l’idea che quel beota di Weasley lo associ a un ragno gigante e peloso, anche perché a dire la verità il suo tentativo lo ha parecchio apprezzato. L’agitazione che lo coglie ha più a che vedere con il fatto che ancora non sa come scacciare la consapevolezza che Rosamund Brown abbia ragione. A voler essere onesti, non ne ha? Non è forse nel giusto quando afferma che un Malfoy non merita di stare insieme a Harry Potter? Draco non vorrebbe crederci, ma poi pensa a tutto quello che è successo a Luigi e a Mathieu de la Tour e allora non può fare a meno di chiedersi cosa succederà ancora per causa sua. In effetti non si domanda altro per gli istanti a venire e, anzi, si rende conto che non fa che rimuginare su questo ormai da mesi. C’è ancora qualcosa che marcisce dentro al suo cervello ed è il dubbio di non meritarsi tanta felicità, quello di essere maledetto come ha insinuato Ron Weasley in quell’ormai lontano giorno di gennaio. Forse hanno ragione tutti, forse è maledetto, forse dentro ha un qualcosa di sbagliato e orrendo. Un pensiero decisamente molto poco razionale, che solitamente impiegherebbe non più di un secondo a scacciare. Draco è anche egocentrico, oltre che teatrale, suscettibile, regina del dramma… non è senz’altro il tipo di persona che si fa abbattere dai pregiudizi altrui, ma la verità è che si sente sfinito. E che il marciume invece di sparire come dovrebbe, in maniera del tutto incomprensibile non fa che ingigantirsi. Dovrebbe iniziare a pensare in maniera lucida, a partire dal fatto che Rosamund Brown è convinta che Potter sia un santo. Già da questo dovrebbe rendersi conto che ha torto e che non può di certo decretare il loro futuro. La maggior parte della gente dà a Potter dell’eroe, lo ritengono puro e innocente, ma la verità è che durante la guerra ha commesso più di un atto illecito. Ha solo avuto la fortuna di vincere, come dice Harry stesso. Ma Draco non vuole rimuginare su niente di tutto questo, tanto meno adesso che ha di fronte la persona che ha reso un inferno gli ultimi mesi della sua vita. Ora ha solo tanta rabbia in corpo che vorrebbe poter scaricare, una frustrazione accumulata da mesi che lo sta divorando. Vuole che finisca, vuole che tutto quanto finisca e che lui e Harry siano finalmente liberi. E invece stringe con forza le dita attorno alla bacchetta, per istinto l’ha sollevata, puntandola contro una Rosamund Brown che lo fissa con occhi sgranati e un fare vagamente terrorizzato in volto. Draco vive malissimo anche la paura nascosta negli occhi di lei, uno sguardo che si impone di ricambiare ignorando i suoi genitori spaventati e stravolti e il suo fidanzato che non gli toglie gli occhi di dosso, forse impaurito dall’idea che possa commettere una qualche sciocchezza. Ma lui non lo fa, anche se vorrebbe. Probabilmente se l’avesse attaccata, dando sfogo alla sete di vendetta che ribolle nel suo sangue, le cose poi sarebbero andate diversamente e magari sarebbe anche riuscito a lasciarsi alle spalle certi sentimenti negativi. Ma in realtà la situazione si evolve in una maniera improvvisa e senza che quasi se ne renda conto. A raccontarsi potrebbe sembrare deludente, di certo non degno di un romanzo all’insegna dell’avventura o di una delle eroiche azioni di Harry Potter. Sete di vendetta oppure no, si aspettava quantomeno un duello all’ultimo colpo di bacchetta, roba che avrebbe fatto impallidire Silente e Grindelwald nel lontano ‘45. No, d’accordo, sta volando decisamente troppo in alto. Però almeno un “Crucio” lanciato su Rosamund, la quale avrebbe finalmente dato una qualche spiegazione e permesso a lui di attuare quel pizzico di vendetta che ora gli prude soltanto le dita e rivolta lo stomaco, almeno quello se lo meritavano. Draco più che altro, ora come ora quella donna merita soltanto di finire ad Azkaban. 

 

Se l’obiettivo di Rosamund Brown era instillare il dubbio dentro di lui, allora Draco pensa ci sia riuscita benissimo. Perché l’incertezza persiste su ogni cosa: dalla maledizione di Georgina Dunn, che ancora non ha capito se sia o meno stata lanciata su lui e Harry, per proseguire poi fino a ogni tassello di quel puzzle che ha faticosamente messo insieme. Ci sono tante cose che vorrebbe chiederle, ma le parole nella sua mente sono quasi troppe e nessun suono gli esce dalla bocca. Su tutto, deve sapere se è stato maledetto, perché ha bisogno di capire se sono destinati a sposarsi. Se glielo avessero domandato mesi fa avrebbe sicuramente risposto di sì, che lui e Harry si amano e che ognuno è artefice del proprio destino, magari ritenendo anche molto idiota la suddetta domanda. E invece adesso quel dannatissimo dubbio gli si è insinuato nella mente e lo rende incerto persino su questo. Draco alza lo sguardo sulla persona che ormai ritiene la propria avversaria, lo fa dopo averlo fatto vagare sino al pavimento, studia le espressioni del suo volto come se vi cercasse le risposte su cui si cruccia da così tanto tempo. Eppure il viso Rosamund è una maschera di pietra. Tiene la bacchetta sollevata e la punta in sua direzione, ma non fa nulla se non stare ferma. All’inizio sembrava quasi volerlo attaccare, ma ora è immobile e lo fissa come se stesse guardando un cane e tre teste. Può sembrare assurdo, per lui lo è di certo, ma è più spaventata da lui che dall’ormai consapevolezza che finirà in prigione molto presto. E non sembra importargliene né della vita dietro le sbarre che l’aspetta né del fatto che i dissennatori la distruggeranno con il senso di colpa, invece è come se avesse di fronte un drago pronto a sputare fuoco, ma non avesse nulla per proteggersi. Draco non intende farle niente, nonostante i suoi desideri più oscuri premano per ottenere vendetta, in quei frangenti sente quasi il bisogno che questo le sia chiaro. Anzi deve farle capire che non è il mostro che intende, lei deve sapere di essersi sbagliata. A ben vedere non ha mai fatto realmente male a qualcuno, non nel senso fisico del termine. Se considera le ferite morali, allora sì che ha di che pentirsi, ma anche quando era un Mangiamorte è sempre stato molto più parole che fatti. Dei due, è Harry quello che passeggia indisturbato nella foresta proibita, cogliendo margherite in mezzo a centauri inferociti, di certo non lui. Draco sa attaccare e difendersi, sua zia Bellatrix gli ha insegnato a duellare molto meglio di come non abbiano mai fatto i professori di Hogwarts. Era una pazza sadica, ma con le arti oscure ci sapeva fare benissimo. E poi, stare con Potter in questo senso si è rivelato molto utile dato che gli ha insegnato alcuni trucchetti, su tutti a evocare un Patronus, impresa nella quale non era mai riuscito. Nonostante tutto questo non si sente affatto un duellante esperto. Per Salazar, non è un dannatissimo Auror! E tantomeno è un eroe. Si riscuote formulando quell’esatto pensiero e di nuovo trova gli occhi di Rosamund puntati nei suoi. Mentre lei se ne sta a pochi metri da lui, con la fronte pallida e le dita delle mani che tremano, Draco ripensa alle parole di Hermione e alla domanda che quello stesso pomeriggio ha posto a entrambi, mettendo metaforicamente sul tavolo una questione che ritiene essere particolarmente importante. Perché agire in questo modo? Per quale motivo ideare un piano così contorto e non andare direttamente al punto? La Granger parlava di un filtro d’amore, convinti entrambi che questo famigerato nemico volesse separarli perché innamorato di uno di loro, ma allo stato attuale delle cose la situazione non cambia granché. Per quale ragione, se Rosamund pensava che lui fosse il nemico da sconfiggere, non l’ha ucciso alla prima occasione utile? Per quale motivo mettere in scena tutto questo, con la faccenda della maledizione di Georgina Dunn e del cavaliere? Ne è valsa la pena, di darsi così tanto da fare quando la soluzione sarebbe stata più semplice? Draco non si rende conto di averlo detto ad alta voce, capisce di aver fatto quella domanda quando gli occhi di tutti si spostano su di lui. E a quel punto il tempo che sino ad allora era rimasto come sospeso, quasi cristallizzato, si rompe e le lancette riprendono a scorrere.
«Se davvero mi odi per quale motivo non mi hai ucciso subito? Perché inscenare tutto questo?» Lei lo fissa sbalordita, sfarfallando le ciglia. Il tremore delle mani attorno alla bacchetta si accentua tanto che è costretta a rinsaldare la presa. Le dita si avviluppano attorno al legno come le spire di un serpente. Serve a poco ad ogni modo. Qualcuno la disarma senza che neppure la stessa Rosamund se ne accorga. Forse è stato Weasley, provvidenziale così come la sua, leggermente teatrale questo glielo concede, entrata in scena di poco fa. La bacchetta salta letteralmente via dalle minute dita di Rosamund Brown, salvo poi schizzare per aria e atterrare ai piedi di Ron. Lei neppure se ne accorge, il che rende perfettamente l’idea di quanto sia sconvolta al pensiero di trovarsi di fronte l’oggetto del proprio odio. Sì, lei lo odia, questo è ormai piuttosto ovvio.
«Perché?» le chiede e di nuovo non si rende conto di aver parlato finché non la vede sussultare vistosamente, colta alla sprovvista. L’eco della sua voce, uscita molto più acuta del solito, riverbera per il soggiorno fatiscente di Villa Edera. Nota quasi distrattamente Ron ed Hermione darsi da fare a liberare i prigionieri. Non sa esattamente cosa si aspettava, inverosimile duello all’ultimo colpo di bacchetta a parte, ma è certo che la situazione si stia sviluppando in un modo piuttosto pacifico. Due maghi e una strega esperti contro una singola persona, cosa pensava sarebbe mai potuto accadere? Era piuttosto ovvio che la disarmassero e catturassero agevolmente. In un futuro si renderà conto che non sono per davvero le azioni di Rosamund a contare, non la sua abilità con la bacchetta, ma ciò che ha lentamente insinuato dentro al suo cervello. Draco sbatte le ciglia, si ritrova ancora a indugiare in quell’intrico che sono i suoi ragionamenti e ringrazia mutamente Weasley e la Granger che si danno da fare, slegando il suo fidanzato e i suoi genitori con un incantesimo e occupandosi di Frank Graves, stordito dalla Maledizione Imperius.

«Perché?» ribatte lei, con voce cantilenante. «Se me lo chiedi allora non hai capito nulla, Malfoy. Harry Potter è un eroe, il nostro eroe» aggiunge sollevando il mento, impettita. «E io non permetterò che sposi un Mangiamorte. Tu l’hai stregato, io lo so. Rita Skeeter…»
«Quelli di Rita Skeeter sono solo articoli scandalistici, non crede neppure lei alle sciocchezze che scrive. Non è vero niente, è solo spazzatura» si infervora, agitando le mani sopra la testa da tanta è l'esasperazione. Ecco, quando diceva che la Skeeter andava fermata perché qualcuno avrebbe anche potuto crederle e pensare che Harry fosse per davvero sotto l’effetto di un filtro d’amore mentre Potter minimizzava, lui intendeva proprio questo. E aveva dannatamente ragione. Rosamund ad ogni modo non pare affatto convinta della risposta ricevuta, ma Draco ha la sensazione che non voglia vedere la verità e che la vena di follia che permea ogni sua parola, o azione, le impedisca di guardare il mondo con lucidità. Così come le persone. A qualunque mago o strega che abbia un minimo di esperienza con le pozioni sarebbe evidente che Harry Potter non è sotto l’effetto di un filtro d’amore. Persino Paciock ci arriverebbe, e lui in pozioni è sempre stato scarso.
«Beh, allora…» tenta lei, ma Draco subito la interrompe. Non ha intenzione di perdere tempo in sciocchezze.
«Voglio solo sapere perché hai inscenato tutto questo; per quale motivo non hai deciso di uccidermi e farla finita subito? Se fossi morto i presunti problemi di Potter si sarebbero risolti, quindi perché non l’hai fatto?»
«Sarebbe stato troppo facile, oltre che insoddisfacente. Tu dovevi capire e vedere la felicità che eri convinto di aver trovato disgregarsi davanti ai tuoi occhi» replica lei, intanto che un incantesimo le lega i polsi, facendola sobbalzare appena. Weasley e la Granger non perdono tempo e Draco li ringrazia mentalmente. Getta un’occhiata fugace su Harry, è stato appena liberato dalle corde che lo legavano con la magia, ma è senza bacchetta e ora la sta cercando. In effetti quella è la priorità per un mago e sembra che Rosamund gliel’abbia requisita quando lo ha rapito. O si è fatto rapire, in effetti questa parte è ancora oscura. Anche se è probabile che non la voglia nemmeno sapere. Si arrabbierebbe in maniera esagerata se si rendesse conto che si è fatto catturare di proposito. 

«Ma capire cosa?» chiede, riportando l’attenzione su Rosamund Brown.
«Che la vostra unione genera solo male, che tutto quello che tocchi alla fine diventa marcio perché tu sei marcio, Draco. Sei putrido e non ti meriti di stare con il nostro eroe Harry Potter. Lui è puro, nobile d’animo e di cuore, è la persona più generosa e altruista che esista al mondo e dovrebbe stare con qualcuno che sia alla sua altezza, non con una persona che ha il marchio di Voldemort ancora impresso sul braccio e che ha giurato fedeltà a colui il quale ha provato più volte a uccidere l’eroe del mondo magico, un bambino innocente.» Draco vorrebbe quasi ribattere dicendo: “Un qualcuno come te?” ma all’ultimo ricaccia le parole giù in gola. Non è quella la ragione. Sa che l’amore non c’entra niente, se Rosamund fosse innamorata di Harry ciò che fa sarebbe più facile da spiegare e probabilmente anche da capire, forse persino da accettare, ma alla fine sarebbe sin tanto semplicistico. La sua è più un’ossessione, una fantasia malsana che deve aver alimentato per degli anni e alla quale ha dato sfogo non appena l’ha incontrato. Pensandoci, inizia a convincersi che la Maledizione Imperius su Frank Graves deve andare avanti da molto più tempo di quanto non si creda. Forse è stata proprio lei a convincerlo a trasferirsi in Inghilterra dagli Stati Uniti dove, per altro, Graves aveva una carriera ben avviata come Auror presso il Ministero. Nessuno, a detta di Potter, era riuscito a capire perché avesse deciso di trasferirsi. Sapevano che la moglie era morta qualche anno prima e che era rimasto solo, in molti avevano pensato che cercasse qualcosa di diverso o che Kingsley in persona lo avesse convocato perché di lui si sapeva fosse un ottimo mago, ma guardando le cose sotto a una diversa prospettiva, forse c’è sempre stata Rosamund a tirare le fila. Deve essere così, ha senso dopo tutto. Questo non la giustifica affatto, ovviamente non lo fa e non spiega fino in fondo ogni misero di questa intricata situazione, ma dà l’idea del fino a dove si spinga l’ossessione di quella ragazza. Ed è molto più inquietante e pericoloso di quanto non appaia. Lei deve averli spiati per moltissimo tempo, ha violato la loro intimità con e senza la magia ed era così ossessionata d’aver macchinato un qualcosa di tanto articolato.
«Tu non devi sposarlo» continua Rosamund, imperterrita. «Se lo farai rovinerai il nostro eroe, butterai all’aria la sua vita e anche la sua anima ne soffrirà e si trasformerà e questo non è giusto.»
«Tu non sai quello che dici» tenta Draco, indietreggiando appena. Teme questo discorso, lo spaventa molto più di quanto non abbia effettivamente paura della morte stessa perché in fondo è ciò che pensa di se stesso. Quello che ha detto in un certo senso pensa sia vero: è marcio dentro, lo sa benissimo anche da sé. Ne è convinto sin da quando la guerra è finita e ha iniziato a prendere coscienza di quello che ha fatto, ma la presenza di Harry e il suo amore hanno mitigato quei sentimenti. Credeva di avercela fatta, di esserne uscito e di aver soffocato la negatività, ma ora questa se ne sta lì e lui si sente spaccato a metà. Incerto tra il dare ragione a quella donna e l’aggrapparsi ancora una volta al sentimento che prova, negando quelle illazioni. Decide di provarci, anche se alle sue stesse orecchie suona come un ultimo, disperato tentativo. Il suo cuore si avviluppa attorno all’amore che scorge negli occhi di Harry in quel preciso istante. Un Harry che lo ha raggiunto e affiancato e gli stringe la mano, non impegnata a reggere la bacchetta. Draco si volta e incontra le sue iridi, il verde intenso e bellissimo di cui si è innamorato e quel sorriso sghembo, il suo annuire lieve come a volerlo incoraggiare. Ci deve provare: «Non hai la minima idea di chi lui sia e le cose che dici lo dimostrano. Forse è vero che non siamo destinati a stare insieme, anzi di questo ne sono sicuro considerato chi eravamo. Ma se avessi dato retta al “Destino” forse sarei eterosessuale e sposato con una donna o probabilmente sarei morto per colpa di un dissennatore, quel giorno a Hogwarts. Le cose stanno così, siamo cambiati tutti dopo la guerra e siamo innamorati, dove sta il male in questo?»
«Non credi nemmeno tu a quello che dici» ribatte Rosamund, affatto piegata. «I bei discorsi sull’amore non cambiano la sostanza delle cose. Sai che ho ragione o non saresti arrivato a questo punto, sbaglio forse?»
«Io…» prova, ma qualunque cosa voglia dire la lingua affilata di quella donna è più veloce.
«Avevo trovato quel libro sulle Antiche Maledizioni della Scozia per caso, nella biblioteca del Ministero e da lì ho avuto l’idea. Non ci ho messo niente a convincere quello stupido di un mezzo gigante a regalare al famoso Harry Potter un paio di Schiopodi Sparacoda per la sua festa di fidanzamento. Da allora tutto è stato facile.» Inizia con queste esatte parole quella che si rende presto conto essere una spiegazione di quello che per lui è stato un incubo. Rosamund non sembra pentita, al contrario ha un ghigno sadico che le stira le labbra e gli occhi vivi e luccicanti, come di un qualcuno che è dannatamente fiero di se stesso. «Ho usato il mio essere una metamorfomagus, le mie capacità, il fatto che mio padre fosse il Capo Ufficio Auror, ho usato ogni mezzo per distruggere il vostro matrimonio.» Draco si costringe a sedare un brivido, ma ci riesce a malapena. E quando la sua pelle diafana si increspa, dà la colpa al freddo di quella brughiera avvolta in una nebbia sempre più fitta e alla notte già scesa fuori da quelle finestre piene di spifferi. C’è qualcosa di malsano nel modo in cui parla, in ciò che dice e in quel sorriso crudele. A colpirlo è la follia lucida con cui parla, spiegando quanto ha fatto nel più piccolo dettaglio. Ne ha quasi paura, è inquietante e non può non domandarsi sino a dove si sarebbe spinta se non l’avessero fermata.
«Convincere Weasley che eravate maledetti è stato un gioco da ragazzi» riprende. «Mi è bastato farglielo trovare nel momento migliore. Non si è accorto di nulla, ha semplicemente pensato di essere stato molto fortunato. Il resto lo ha fatto tutto da solo. Georgina e il cavaliere… Non siete maledetti, non c’è stato bisogno di arrivare a tanto, ma tu dovevi crederlo e hai agito esattamente nel modo che pensavo. Da quel momento in avanti ti sei tormentato per cercare di capire se era vero oppure no, mentre il tuo matrimonio attorno a te si sfaldava così come le tue certezze. Ho interrotto la tua festa di fidanzamento, ho fatto in modo che la tua stessa madre ti si rivoltasse contro. La tua cara mamma si è opposta all’inizio, ma alla fine ha cercato di convincerti che non dovevi sposare Harry e poi ho fatto sparire lei e tuo padre, li ho relegati a Villa Malfoy, soggiogati dalla Maledizione Imperius e tu non hai fatto nulla per cercarli. Sei anche un pessimo figlio, ma di questo non me ne dispiaccio. In fondo loro sono peggio di te.» Draco sa di non avere genitori perfetti, a dire il vero sono agli antipodi dall’esserlo. Sua madre è sempre stata fredda e rigida, legata alle tradizioni della famiglia Black, facendo proprio il rigore dei Malfoy dopo che si è sposata. Quando è nato lui, non si è addolcita affatto e, se non per pochi abbracci dati più che altro per il sollievo di vederlo ancora vivo, non ricorda segni d’affetto da parte sua. Però gli ha insegnato tanto e ha fatto di tutto, durante la guerra, perché ne uscisse vivo. Questo glielo deve riconoscere. Suo padre… Beh, Lucius è quello che è ormai lo sa e da tempo ha smesso di sperare che possa cambiare. In quei frangenti ripensa alle parole del signor Weasley, la sera del fidanzamento, prima che gli Schiopodi irrompessero all’ingresso. Ricorda ciò che ha detto, il fatto che è pur sempre suo padre. Nonostante tutto, nelle vene scorre il suo sangue. Il loro sangue, quello di due genitori stravolti da mesi di Maledizione Imperius per la quale Draco si incolpa. E allora reagisce d’istinto, come non dovrebbe. Lo fa per tutto: per il povero Mathieu de la Tour, ancora rinchiuso in una cella di Azkaban e accusato ingiustamente. Lo fa per il sarto Luigi e le memorie di una vita andate perdute. Lo fa per mamma e papà e lo fa per Harry Potter, che ama pazzamente, ma in fondo lo fa più per se stesso. Dà sfogo alla rabbia che prova da mesi, alla frustrazione che sente sotto la pelle e che gli urla di agire e allora, azzerata la distanza che lo divide da Rosamund, le punta la bacchetta alla gola. Ci sono molti modi per uccidere una persona, sua zia Bellatrix glieli ha insegnati tutti e ché ché ne dica la sua fedina penale ripulita, Draco li ricorda tutti.
«Taci!» urla, il viso pallido è stravolto dalla furia, i capelli spettinati gli ricadono sulla fronte mentre gli occhi sgranati lo fanno apparire come un folle.
«Ho rovinato il tuo matrimonio, Malfoy» prosegue lei, intanto che un ghigno vittorioso le deforma il viso. «Ho fatto sparire gli elfi domestici da Londra, radunando tutti quelli che trovavo. Ho rovinato il tuo abito, incastrato il tuo pasticcere dopo aver rubato quegli artefatti di magia oscura dall’Ufficio Misteri. Pensavo di portare qui Harry Potter e togliergli il sortilegio che ha addosso, ma ora mi rendo conto che la stregoneria che gli hai fatto è molto più sottile. Farai tutto tu.»
«Che diavolo dici?» sbraita, senza levarle la bacchetta dalla gola, ma al contrario premendo la punta ancora di più contro la sua pelle. Nota solo allora che i suoi capelli hanno cambiato improvvisamente colore, sono diventati di un verde giallognolo piuttosto smunto. Un verde non brillante, che non ricorda affatto i colori di Serpeverde, ma più il colore stesso della bile. Forse quella ragazza ha molta più paura di quanta non voglia dare a vedere.
«Pensi che dopo stanotte ti guarderà ancora nello stesso modo? Credi ancora che vorrà sposarti?» Draco lascia la presa su Rosamund Brown, terrorizzato da quanto ha appena detto. La bacchetta gli scivola via dalle dita intanto che indietreggia, inciampando nei suoi stessi piedi e guardandosi le mani come se fossero coperte di sangue. Lei ride, in maniera folle. Draco non si azzarda a sollevare lo sguardo in direzione di Harry, ha troppa paura per farlo. E lui non è coraggioso, non lo è mai stato. Non sa cosa succederà adesso, non sa nemmeno se Potter ha creduto a quello che lei ha detto. E anche se non l’avesse fatto, l’ha attaccata e voleva ucciderla, come pensa di uscirne? A questo non c’è soluzione e lui lo sa, quando si sono messi insieme ha giurato che non avrebbe più fatto del male a nessuno o detto una parola contro qualcuno, ma ora… Ora si è lasciato andare all’ira e ha rovinato tutto. Tutto.

 

 

Draco non sente arrivare lo schiantesimo, percepisce uno spostamento d’aria e poi un tonfo sordo. Hermione Granger è un fenomeno con gli incantesimi non verbali, a scuola è stata la prima del loro anno imparare a farli. Quando lancia uno Stupeficium, Rosamund Brown si solleva da terra e vola attraverso la stanza, vorticando a mezz’aria e abbattendosi infine contro una parete dall’altra parte della stanza. C’è un vecchio vaso impolverato che sta sopra a un mobile lì accanto e che cade per via del colpo contro il muro, mancando la testa di Rosamund per un soffio. La Granger, tuttavia, non sembra affatto pentita di averla quasi uccisa.
«Scusate» dice solo questo, Hermione, con un sorriso timido, imbarazzato e un lieve rossore a colorarle le guance. Nonostante l’apparente vergogna delle sue espressioni, Draco vede la tempesta nel suo sguardo. «Ma qualcuno doveva zittirla.»
«Non fenomenale, di più!» se ne esce Weasley, fischiando di ammirazione.
«Mi hai preceduto, Hermione» se ne esce invece Harry, incredibilmente allegro. Per cosa, proprio non lo capisce. «Ma non so se mi sarei limitato a uno Stupeficium. Ho cruciato gente per molto meno.» Draco vorrebbe quasi chiedergli di chi stia parlando, sa che non è innocente, ma quello sembra troppo persino per il suo pavoneggiarsi imperterrito. Fa quindi schizzare un sopracciglio verso l’alto, ma non parla, non ha la forza di scherzare. Forse riuscirà a lasciarsi tutto questo alle spalle, ma la verità è che quanto ha detto Rosamund Brown è vero, il dubbio si è insinuato nella sua mente e nonostante lei ora sia priva di sensi, non accenna a lasciarlo andare. E invece di tirare un sospiro di sollievo per questa faccenda finalmente conclusa, si tormenta anche nei momenti a venire, nonostante il tutto si faccia molto più concitato e frenetico. Potter invia un Patronus a Kinsley, dicendogli di mandare dei rinforzi e alla fine aggiunge che gli spiegherà l’intera situazione sin dal principio. Quando gli altri Auror arrivano, dopo appena cinque minuti, alcuni di loro scortano Graves San Mungo, perché venga visitato dai Medimaghi. Non sembra in buona forma, Draco lo ha capito al primo sguardo. I segni della Maledizione si notano tra le espressioni del suo viso stravolte, nella postura ingobbita così come nel pallore delle guance, la fronte imperlata di sudore e lo sguardo perso nel vuoto. Sembra patito e più magro di quanto ricordava. Come i suoi genitori. Draco è preoccupato per la loro salute e per una volta non se la sente nemmeno di nasconderlo, chiede agli Auror che anche loro vengano visitati, soprattutto per suo padre che è già provato dal non uso della bacchetta. Nonostante le sue premure, entrambi si rifiutano.
«Stiamo bene» annuisce Narcissa. Draco la vede cercare di ritrovare la compostezza di un tempo, dandosi una veloce pettinata con le dita e irrigidendo la postura. Riesce nonostante tutto a sembrare distaccata e a non far trapelare le proprie emozioni, non sa se ammirarla o compatirla per questo.
«Mamma, io… mi dispiace per tutto!»
«Dispiace a me, Draco» dice lei, accarezzando una sua guancia in maniera delicata e materna. Forse è perché il suo sguardo è provato e sfinito, ma è molto più affettuosa di quanto non lo sia mai sembrata. «Le cose che ti ho detto, voglio tu sappia che non ero io. Era quella ragazza, si è insinuata nella mia mente e mi ha obbligato a starti lontano. Sì, è vero che io e tuo padre non abbiamo accettato subito il tuo matrimonio, ma poi abbiamo capito e in ogni caso non ti avrei mai lasciato da solo in un momento così importante per te. Ho provato a sfuggirle, dopo Natale siamo andati in Svizzera e pensavo bastasse a farla desistere, ma non è servito a niente. Al nostro ritorno lei era lì ad aspettarci. Avrei dovuto dirti tutto la vigilia, quando sono venuta a casa vostra, ma temevo non mi credessi e che la considerassi una scusa.»
«Sarei dovuto venire al Maniero e accertarmi con i miei occhi che stavate bene, sentivo che il suo silenzio era strano» ammette, vergognandosi di se stesso. Ha l’impressione di averli abbandonati, lasciandoli alla mercé di una pazza.
«Non sarebbe cambiato niente, ti avrei mandato via e avremmo peggiorato soltanto la situazione. Ora abbiamo solo bisogno di riposo, sabato ti sposi!» finisce lei, trillando in maniera entusiasta. La stanchezza trapela in maniera fin tanto esagerata dalle sue parole, ma il suo tentativo è comunque apprezzabile e il sorriso, sincero. Draco indietreggia dopo averla abbracciata e baciata velocemente su una guancia, se ne stanno andando, ma non pensa di lasciarli soli a lungo. Più tardi passerà al Maniero per vedere come se la cavano. Vede sua madre stringere la mano a Lucius per la smaterializzazione congiunta, ma inaspettatamente all’ultimo momento suo padre si ritira e avanza di un passo sotto lo sguardo perplesso di Narcissa. Sta camminando verso di lui e lo guarda dritto negli occhi. Draco nota i suoi abiti sporchi, i capelli bianchi spettinati, un velo di barba grigia sul mento e le pesanti occhiaie che gli segnano il viso, nonostante questo riesce a essere comunque discretamente elegante. In quella sua maniera disinteressata e altezzosa.
«Non so se Potter te lo dirà» esordisce, parlando con voce sottile. «Ma quella ragazza ha tentato su di lui la Maledizione Imperius, voleva che ci uccidesse. Lui però ha resistito e si è rifiutato. Avrebbe potuto non farlo e approfittarne per liberarsi di noi. Per un attimo ho pensato lo facesse, ma ci ha difesi e protetti. Si è fatto catturare apposta per liberarsi e quando era qui ci ha rassicurati sul fatto che stessi bene e che presto sarebbe arrivato qualcuno a liberarci tutti. Lui è… è una brava persona.» Ed è più di quanto Draco non abbia mai osato sperare di sentirsi dire da Lucius Malfoy. Molto più di quanto non abbia concesso riguardo la sua relazione con Harry e, ancora prima, il dichiararsi omosessuale. Gli suona quasi come un’approvazione per le scelte che ha fatto dopo la guerra e, in fin dei conti, per il suo stesso modo di essere. E quasi si sente più leggero. Sono anni che dice di non avere bisogno del consenso di suo padre, ha sempre creduto in quello che diceva e non ha mai mentito. Non agli altri almeno, forse un po’ a se stesso perché era ciò di cui era più facile convincersi. Solo che adesso che lui lo guarda con quel cenno di assenso, è come se stesse meglio e il cuore fosse più leggero. Quando si smaterializzano entrambi, Draco sbatte le ciglia e si ridesta appena. Vede Harry camminare verso di lui, bacchetta alla mano e un gran sorriso compiaciuto. A quel punto si rende conto che il respiro si è fatto più lento e il peso che gli gravava sul petto, pare già alleggerirsi. Forse le cose non andranno tanto male. Forse non è marcio come Rosamund ha detto. Forse ce la farà o forse… forse sbaglia e quel tarlo che scava da mesi nella sua mente inizia a farsi dare retta. Anzi, è proprio così. Draco non sta meglio, non ha voglia di ridere e non ha voglia nemmeno di lottare. La battaglia lo ha stancato, la sopravvivenza lo ha stancato. Vuole solo lasciarsi andare e basta. Mentre bacia Harry, che lo stringe a sé dopo aver divorato le sue labbra in un trovarsi lento e delicato, pensa agli ultimi baci. Quello è un ultimo bacio? Non nelle intenzioni di Potter, ma nelle sue di certo. Bacia Harry come se fosse l’ultima volta, quasi fosse sull’orlo di un precipizio e stesse per prendere una decisione drastica. Sarà davvero il loro ultimo bacio? Oppure avrà il coraggio di guardarlo negli occhi e ammettere davanti all’uomo che ama che ha paura che Rosamund Brown abbia ragione? Avrà il fegato di percorrere quella navata improvvisata in un prato e sposarsi? Draco non lo sa, non affronta adesso l’argomento. Potter gli sfugge, fisicamente e non emotivamente. Il suo è mero senso del dovere, ma in questo lo capisce. D’altra parte è il suo lavoro. Dice di dover seguire Kinsley al Ministero per raccontargli tutto quanto e di doversi assicurare che Mathieu de la Tour venga scarcerato immediatamente. Draco annuisce, dice che si vedranno più tardi, ma sa già di mentire. Non sa se tornerà a casa, non sa nemmeno cosa farà adesso della sua vita. E mentre lo vede smaterializzarsi con Ron al seguito, si convince che sì, Rosamund ha ragione. Non merita niente di tutto questo.




 

Villa Edera non ha niente di bello. L’edificio è fatiscente e avrebbe bisogno di una bella ristrutturata. Il clima fa schifo, l’umidità entra fin dentro le ossa e fa rabbrividire. Il giardino è una selva di sterpaglie e brugo e laddove un tempo doveva esserci stato un bel vialetto d’ingresso e aiuole fiorite, ora non c’è niente se non erba alta. L’edera che si arrampica sulla facciata pare essere la sola cosa viva a persistere là dentro, ma a Draco suona più come un polipo che, con i suoi tentacoli, non lascia la presa sulla propria preda. Il cancello è arrugginito e cigola così come ogni pezzetto di ferro da lì al tetto, l’odore di muffa, poi, gli è penetrato sin dentro le narici e non lo lascerà per un bel pezzo. No, Villa Edera è un posto dove non vivrebbe mai. Eppure Draco non se ne va, nelle ore che seguono si siede su quel divano scomodo e pieno di bitorzoli dove prima stava Frank Graves e si lascia andare a un paio di respiri profondi. Il sonno arriva senza che quasi se ne renda conto. Potter se n’è andato da ore, è sicuramente al Ministero e non si muoverà fino al mattino. Non ha bisogno che glielo dica, lo conosce. I suoi genitori staranno dormendo, li raggiungerà nel pomeriggio. Per dir loro cosa, non ne ha idea. Il sonno, nota quando si risveglia sul finire della notte, non ha portato consiglio e lui ancora non sa cosa deve fare. Non ha idea di come affronterà la questione con Harry: se dovessero annullare il matrimonio a lui non starà bene. Pesterà i piedi e si arrabbierà, non capirà. In pochi capiranno, forse nessuno. Probabilmente neppure Pansy, che è sempre stata al suo fianco anche nei momenti peggiori della vita. L’alternativa è ammettere di essere spaventato, di avere paura di provocare altro dolore alle persone, ma in questo nessun Malfoy è mai stato bravo. Crede che non riuscirebbe a sopportare un’altra crisi, non ce la farebbe a vedere la vita distrutta di qualche altra famiglia. Sì, alla fine Mathieu de la Tour se la caverà, ma a che prezzo? I suoi genitori sembrano stare bene, ma cos’hanno provato a venire soggiogati per tutto questo tempo a causa sua? E Luigi è sano e salvo, ma recupererà mai la memoria? Draco sente di volerlo andare a trovare, vorrebbe parlare con un medimago, pagare le sue cure anche se quell’italiano, Mario, probabilmente lo picchierà anche per averlo solo pensato. In parte vuole ripulirsi la coscienza, è vero e forse è questo che lo fa stare peggio. Ma l’alternativa sarebbe non fare assolutamente meglio e forse un cazzotto se lo merita anche. Non c’è nient’altro che possa fare di utile in questo momento. A parte starsene seduto. Draco affonda tra i cuscini di quel divano, stiracchiando i muscoli della schiena: ha il collo a pezzi. Recupera l’orologio a cipolla dalla tasca e nota che sono quasi le cinque del mattino. Non ha dormito che poche ore. Il sole sta già sorgendo, * un raggio di luce inonda il soggiorno di Villa Edera illuminando i contorni del mobilio. L’alba lo fa alzare da lì, il pensiero di respirare l’aria frizzante del mattino e non quella stantia a polverosa del soggiorno lo fa persino uscire. La nebbia è sparita e il cielo si sta colorando di rosa e arancione, è piacevole. Non ha mai visto l’alba nella brughiera e ha un qualcosa di suggestivo e irreale, il cielo pare dipinto da una mano esperta. Lei arriva in quel momento, sente il plop della smaterializzazione alle sue spalle. Riconosce la camminata dal ticchettio delle scarpe sul selciato.
«Ancora qui?» domanda Hermione Granger. Draco non si muove di un millimetro, la spia velocemente e allora nota che si è cambiata d’abito e data una ripulita, ma a giudicare dalle occhiaie che le scavano il volto, non ha dormito molto. Se alle cinque del mattino è venuta a cercarlo, significa che anche lei è tormentata dai pensieri. E che ha un marito che fa l’Auror, e che starà sicuramente a fianco di Harry in questo momento delicato e pieno di lavoro.
«Avevo bisogno di pensare» ammette, alla fine, lasciando andare un sospiro. Non sa perché con lei gli venga così facile parlare, non c’è mai stato nulla di simile in passato tra di loro. Parlare gli viene a malapena naturale con Pansy, a cui ha detto tutto certo, ma con la quale non ha mai parlato a cuore aperto. Pansy è più da ubriacature dopo una rottura o parlare male del tizio che ci prova con quello che ti piace, non da discorsi profondi. Hermione è diversa, molto più attenta a ciò che la circonda ed è anche intelligente e saggia, sa sempre cosa dire e non lo giudica mai. Vorrebbe averle dato credito prima, quando erano ragazzi e lui la insultava.
«Mi chiedevo, Granger, ti ho mai chiesto scusa per averti chiamata “Sporca mezzosangue”?»  La domanda la prende alla sprovvista, spiandola intanto che non toglie lo sguardo dal sole che sorge a est e che sale in un turbinare di rosa e arancio, nota che ha arricciato le labbra e assottigliato gli occhi. Fa sempre quella faccia quando qualcuno la coglie impreparata.
«Lo hai fatto cinque volte, le ho contate e ti ho sempre fatto notare che bastava che tu l’avessi fatto una volta. Inoltre non vedo perché tu debba pensarci adesso» fa notare alla fine, fa caso allora che tra le mani tiene una borsetta di cuoio, è di piccole dimensioni e c’è un tintinnio sospetto dentro. Come di boccette per le pozioni. Deve aver lavorato invece che dormito.
«Quello che ha detto Rosamund mi sta facendo penare a tante cose, credo che avesse ragione.»
«Oh, invece non ne ha» replica lei, stizzita, arricciando il naso e sollevando il mento. «Sai quella tizia non l’ho mai sopportata fin da quando era una tirocinante e tormentava Harry di continuo. La incontravo tutti i giorni al Ministero e me lo sentivo che era falsa come l’oro dei Leprecauni. I suoi sorrisi erano sempre troppo accentuati, troppo cariati. Il suo entusiasmo nell’incontrarmi era posticcio, mi ha evitata sin dal giorno in cui è arrivata. Ora penso l’abbia fatto perché sapeva che avrei notato che era una metamorfo e perché avrei finito con il capire tutto. Se fossi stata più attenta…»
«Non avresti potuto fare niente, l’hai sentita no?» le chiede, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni intanto che annusa l’aria che sa di terra bagnata. Vuole che questo le sia chiaro, non è responsabile di niente. Nessuno lo è, tantomeno lei o Weasley che ha alimentato senza volerlo la questione della maledizione. Se c’è un colpevole quello è solo lui. 

«Questo vale anche per te, Draco» annuisce Hermione, che pare aver scavato nella sua mente e aver intuito l’origine dei suoi pensieri. «Non avresti potuto fare nulla per evitarlo, ma lei si sbagliava su tante cose. Non sei marcio né mostruoso, hai commesso degli sbagli in passato, ma sei cresciuto e migliorato e la cosa importante è che ci credevi davvero. E ami Harry, a me basta questo.»
«Ecco io…» tenta, ma lei subito lo interrompe. Pare non abbia finito di parlare. A dirla tutta è come se non concedesse a Draco neppure la possibilità di rimuginare.
«E soprattutto si sbagliava sul matrimonio. Sì, è vero, ti ha messo tanti ostacoli davanti, ma tu li hai superati tutti. Forse hai sbagliato a non dire tutto subito a Harry, ma hai chiesto aiuto alla signora Weasley e a me e a Ron. Hai accettato persino l’aiuto di Pansy, dalla quale di norma nessuno accetterebbe neppure una tazza di tè ed è questo a renderti una brava persona.» Draco stira un sorriso, che non riesce proprio a tenere per sé. Ridacchia per Pansy, perché è dannatamente vero. Ma poi l’ironia diventa dolcezza, Hermione comunque ha ragione su tutto, ha superato ogni ostacolo nonostante le difficoltà e lo stress.
«Immagino di avere paura che possa succedere qualcosa alle persone per colpa mia» ammette, vergognandosi. Non è mai stato così esposto con qualcuno che non fosse Potter in tutta la vita e gli fa uno strano effetto, non propriamente piacevole a dire la verità. «Rosamund ha detto di aver instillato il dubbio nella mia testa e aveva ragione, lo ha fatto.»
«E adesso temi che, se ti sposerai, farai del male a qualcun altro, giusto? Quindi la soluzione quale sarebbe? Non sposarti?» Non le risponde a parole, gli basta annuire perché sia ovvio ciò su cui rimugina da ieri sera. Lei rincara la dose senza pensarci due volte: «Draco, se Rosamund Brown ha deciso di agire in questo modo non è per colpa tua. Nulla giustifica un’azione violenta, puoi anche essere stato un Mangiamorte da ragazzo, ma questo non vuol che dire che un uomo debba perdere la propria libertà o un altro i propri ricordi, perché tu non possa essere felice adesso. Se c’è una cosa che la guerra mi ha insegnato è che le intenzioni contano al di sopra di ogni altra cosa.» Draco immagina abbia ragione, immagina un sacco di cose in quel momento, ma non esprime niente di ciò che ha in testa. Adesso c’è il solo il caos e anche volendo uscirebbe un marasma di frasi senza senso e balbettii fastidiosi. Fatica a parlare in effetti. Però le dà retta, se Rosamund Brown ha instillato un dubbio mostruoso, Hermione e la sua logica impeccabile sono come un controincantesimo che scaccia il maleficio.
«E comunque ti capisco, anch’io ho paura» aggiunge la Granger dopo un attimo di silenzio. Questa volta, Draco si lascia andare a una risatina lieve, non ci crede proprio.
«Impossibile» dice, con un velo di ironia nel tono di voce, «i Grifondoro non hanno mai paura.»             
«Fidati, ci sono occasioni in cui ne abbiamo anche noi.» 
«Tipo?» le domanda, arcuando un sopracciglio.
«Tipo che sono incinta.» La rivelazione non dovrebbe essere così scioccante. Lei e Weasley sono sposati e anche se non lo fossero non dovrebbe essere sconvolgente lo stesso. Immagina che anche Ron Weasley faccia sesso nella vita, non che voglia immaginarlo mentre fa certe cose, ma insomma, non dovrebbe spalancare la bocca e gli occhi come invece fa. Perché lo fa ed emette anche un suono stridulo, simile allo squittio di un topo o a quello di uno scoiattolo. La Granger è incinta? Che Merlino lo fulmini se si aspettava una cosa del genere.



 

Continua  



 

*Che ci crediate o no, sono andata a verificare a che ora sorge il sole in Inghilterra a giugno. Ho trovato l’informazione questo sito: Alba e tramonto del sole, durata del giorno in Londra, Regno Unito oggi e per il mese corrente (dateandtime.info) è vero qua non sono a Londra, non ho specificato dove, ma immaginatevi la brughiera a sud dell’Inghilterra tipo il Devon dove presumo non cambi poi molto. 

 

Note: Il titolo è ispirato a un capitolo di “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”.

Lo so, in questo capitolo succedono un’infinità di cose, su tutto la rivelazione finale di Hermione che io avevo bellamente spoilerato su Facebook. Il confronto con Rosamund era doveroso perché si comprendessero fino in fondo i motivi per cui l’hanno spinta a sabotare il matrimonio di Harry e Draco. Volevo che fosse chiaro che Rosamund ha seri problemi, è ossessionata da Harry e lo ha praticamente stalkerato in maniera pesante per molto tempo, obbligando tutti con la magia a piegarsi al suo volere. A pagare il prezzo più caro, dopo Luigi, è stato di sicuro Frank Graves che è stato soggiogato per tantissimo tempo. So di essermi addentrata in un territorio pericoloso, perché questa storia nasce per essere comica e all’inizio Draco stesso prendeva quello che gli capitava quasi con leggerezza. La scena in cui gli Schiopodi irrompono al Maniero era volutamente tragicomica. Poi però, come vi sarete accorti, i toni della storia sono cambiati ed è diventato tutto dannatamente serio. In questo capitolo, Draco doveva arrivare a dubitare di se stesso e del proprio matrimonio. Ma alla fine arriva Hermione, provvidenziale, a fargli capire che sta facendo una cavolata. Nel prossimo vedrete cosa Draco ha deciso di fare, intanto grazie a tutte le persone che hanno recuperato i capitoli precedenti. Grazie per aver letto e inserito la storia tra le seguite, preferite e le ricordate.



Un’ultima cosa, sto meditando di scrivere una OS per San Valentino (altro fandom, non drarry) in teoria avrei già iniziato, ma oggi non mi sembra più un’idea così geniale. La sostanza è che non so cosa farò e non so se lo farò, quanto ci metterò, eccetera quindi il prossimo aggiornamento potrebbe slittare di qualche giorno. Non preoccupatevi però, arriverà comunque.
Koa

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Capitolo 12
*** Pansy Parkinson e lo scoiattolo ballerino ***


Note introduttive: In questo capitolo viene fatta menzione, in maniera non descrittiva, di autolesionismo e consumo di alcol e droghe. 






 

Pansy Parkinson e lo scoiattolo ballerino

 





Draco fissa il ventre piatto di Hermione per un istante di troppo e in tutta risposta lei incrocia le braccia al petto e arriccia il naso, chiudendosi in se stessa. Ora che la vede, che sa, nota le guance un po’ più rosse e il viso forse lievemente più rotondo. Anche se forse è solo una sua impressione, a voler essere onesti sembra la stessa donna di sempre. Nessuno direbbe che è incinta, la sua gravidanza dev’essere all’inizio o almeno così crede. Draco non ne sa molto a riguardo. Non appena formula questo pensiero, tuttavia, un altro si forma dentro la sua testa e allora si domanda perché glielo stia dicendo proprio adesso. In che modo dovrebbe aiutarlo? Dovrebbe servire affinché veda la situazione in cui si trova sotto un altro punto di vista? Dovrebbe avere meno paura di se stesso ora che sa che Hermione è incinta? A Draco sembrano osservazioni stupide da fare dopo una simile confessione e quindi, invece che ribattere, sorride sinceramente. Perché è felice per lei, e anche per Wesley e sa già che Potter ne sarà entusiasta. Ricorda quante volte nelle ultime settimane, guardandola, ha avuto l’impressione che fosse più radiosa e che in lei ci fosse un qualcosa di diverso che tuttavia non riusciva pienamente ad afferrare. Adesso dà alla Granger una spiegazione più definita, inquadrandola in maniera più ampia ed è come se anche il quadro di Hermione, oltre a quello del misterioso sabotatore, si fosse finalmente rischiarato. La differenza è che ciò che si trova davanti ora è decisamente più bello da guardare. Draco si sente un po’ uno sciocco a non averlo capito prima, perché a pensarci era quasi ovvio che ci fosse qualcosa di insolito. L’ultima volta che lei e Weasley sono venuti a cena, non meno di due settimane fa, Hermione non ha bevuto vino come è solita fare e a tratti pareva faticasse a mangiare, come se avesse la nausea o temesse di vomitare tutta la cena al mattino successivo. Ricorda di aver pensato a un disturbo passeggero, ma Draco era davvero troppo distratto per notare ciò che i suoi occhi nascondevano.
«Non guardarmi così!» mormora lei, in imbarazzo. Si stringe meglio nelle braccia conserte al petto, la borsetta di perline che tiene a tracolla, tintinna contro i bottoni della camicia.ù
«Scusa» si affretta a replicare, questa volta in imbarazzo. Non è un guardone e ha smesso di cercare di convincersi che gli piacciano le donne ormai tantissimi anni fa, quindi il suo osservare il corpo magro e slanciato di Hermione Granger pare decisamente fuori luogo.
«Immagino io debba congratularmi con te e Weasley» aggiunge poi. «Sono piuttosto sicuro che vostro figlio, o figlia, avrà i capelli rossi. A certe cose non si comanda» tenta di scherzare, ma forse non gli riesce poi così bene. Hermione non ride affatto. Nonostante si senta meglio rispetto alla notte precedente, è ancora stordito. Probabilmente è perché ha dormito male o perché la paura, così come le cattive sensazioni che ha provato, non riescono a scivolare via dal suo cuore. Però è certo che in un’altra situazione si sarebbe comportato in maniera molto più affabile e, magari, puntellando ogni frase con un tocco di ironia.
«Beh, aspetta a congratularti» ribatte Hermione prontamente, facendo guizzare un’occhiata direzione del cielo aranciato, arricchito qua e là da sbuffi di soffici nubi bianche che viaggiano leggere. Vuole sfuggirgli e se i suoi zigomi sono lievemente più arrossati non è di certo per il subbuglio ormonale che ha in corpo, quanto per un velo di imbarazzo che le fa mordere le labbra. Nemmeno Hermione è solita aprirsi così tanto con qualcuno. Draco la sente sospirare, emette un respiro pesante che si infrange nell’aria fresca dell’alba.
«A Ron ancora non l’ho detto» sputa fuori tutto in un fiato. «E nemmeno ai miei genitori o a Harry. Tu sei il primo a saperlo.» Di fronte a quella rivelazione, Draco strabuzza gli occhi. Non sa perché, ma è molto più sconvolto dall’idea di essere stato il primo confidente di Hermione, che dal fatto stesso che sia incinta. Beh, che dire… questa non se l’aspettava proprio, ma adesso che dovrebbe fare? Le ha già fatto le congratulazioni, forse però dovrebbe provare a rassicurarla. Più di tutto, infatti, Hermione sembra nervosa. La maniera in cui si aggroviglia le dita attorno alla cinghia della borsetta che ha a tracolla, è il sintomo di quanto le sia costata una simile rivelazione a una persona con la quale, a voler essere onesti, non è poi così tanto in confidenza. Con lui non è come con Ginny, che è la sua migliore amica. Al contrario, per i primi tempi della sua relazione con Harry, lui ed Hermione si sono tenuti a debita distanza, limitandosi a saluti formali e decisamente imbarazzati. Adesso è come se, nonostante quanto appena detto riecheggi ancora nell’aria frizzante del primo mattino, tra lui e la Granger ci fosse la distanza di un tempo. Ma Draco è ancora sconvolto per Rosamund Brown, i mesi passati carichi di tensione gli stanno crollando tutti quanti addosso quindi si sente più sfibrato che mai. Non è sicuro che riuscirà bene a rassicurarla, ma è certo almeno di doverci provare. In effetti non sono mai stati granché da contatto fisico, quella mano che appoggia sulla sua spalla quasi pare scottare. Lei si riscuote, sollevando il viso in sua direzione intanto che Draco ritira in fretta la mano.
«Andrà tutto bene, vedrai» le dice, provando a forzare un sorriso che non ha. Non per via di lei e della sua gravidanza, ovviamente non c’entra nulla, ma per gli strascichi di ciò che è accaduto questa notte che non se ne andranno via grazie a un incantesimo. Magari fosse così, ma non può obliviare se stesso e non esiste una pozione per provare felicità nonostante tutto, la Felix Felicis non dà che sensazioni posticce e temporanee e a Draco non interessa niente che riguardi la magia. Non per questo argomento, non in questo momento. In effetti sente che non sarebbe neanche poi così giusto. I ricordi di quanto accaduto li porterà con sé per tutta la vita, anche se finirà con il non sposare Harry Potter, questo è un qualcosa che non riuscirà a scacciare dalla sua mente tanto in fretta.
«Sicuro?» gli chiede, ridacchiando in maniera forzata. «Perché mi sono documentata su gravidanza e parto, so tutto sull’argomento. Fidati, per una volta maledico la mia attitudine a fare ricerche. Ora sono più terrorizzata di prima.»
«È così terribile?» domanda, curioso. La verità è che “Odio sapere tutto” non è una frase che nel suo immaginario Hermione direbbe mai.
«In questo momento il mio stesso corpo mi spaventa quindi capisco quello che stai passando molto bene, immagina di far passare un tacchino dal tuo…»
«Sì, grazie» la interrompe, bruscamente. Un filino inorridito, lo confessa. Non era davvero il caso di dirlo ad alta voce, ora non si leverà mai più l’immagine dalla testa. «Ed ecco spiegato perché mia madre mi odia e io che pensavo fosse per via di Potter.»
«Andiamo, Narcissa non ti odia affatto» precisa lei, serena. «E nemmeno tuo padre. Forse fanno fatica a capirti o ad accettare le scelte che hai fatto negli ultimi anni, ma l’odio è un’altra cosa. Penso sia più corretto dire che il cambiamento per alcune persone è difficile da accettare, specialmente quando riguarda qualcuno che credevi di conoscere o a cui vuoi bene. Vale anche per se stessi, a proposito.» Sì, immagina sia così. Che abbia ragione insomma. E non si riferisce tanto ai suoi genitori, quanto a se stesso. In questi anni si è reso conto di poter vivere anche senza di loro o senza l’approvazione di suo padre, pensiero che all’inizio lo aveva ferito, ma il cui dolore si è lenito nel corso del tempo. Anche grazie a Harry, ma questo è un altro discorso. No, non pensa a mamma e a papà, il problema sta dentro di lui. Draco è cambiato, sente di esserlo ed è come se si fosse reso conto soltanto grazie a questa disavventura di non essere poi tanto diverso da quello di un tempo.
«Il ragazzo che ero quando andavamo a Hogwarts è ancora da qualche parte dentro di me e la cosa mi spaventa a morte» ammette, buttando fuori quella confessione in un fiato. Questa è una cosa che non ha mai detto a Potter, che eppure conosce ogni angolo spigoloso e oscuro della sua personalità. E che lo ha accettato. E grazie al quale è andato avanti, lasciandosi ogni cosa alle spalle.
«Intendi quel razzista, viziato, figlio di papà, snob e sleale Serpeverde che veniva a scuola con me, Ron ed Harry?»
«Già proprio lui» sussurra a voce così bassa che quasi teme Hermione non l’abbia sentito, riesce comunque a stirare un sorrisino che nonostante ci provi non sa proprio come ricacciare indietro. Oltre all’ironia nella voce della Granger, a farlo sorridere è la consapevolezza arrivata all’improvviso di non ritrovarsi più in quella descrizione. Lui non è più quelle cose, ora lo capisce. Eppure potrebbe tornare, giusto? Potrebbe? Mosso da un gesto istintivo, Draco sfiora il marchio nero che ha sul braccio. Lo fa delicatamente, con le punte delle dita intanto che i ricordi tornano indietro al giorno in cui Voldemort gliel’ha fatto, premendo la bacchetta sulla pelle diafana nel suo avambraccio. Ricorda la sensazione orribile che aveva addosso, quando il signore oscuro ha recitato l’incantesimo. Era come un alito di morte che da allora non l’ha mai realmente lasciato. Ha bene in mente l’espressione fiera di suo padre, quella gelida di sua madre e zia Bellatrix che, dietro di lui, con le mani premute sulle sue spalle, portava in viso l’espressione di divertita follia che gli ha sempre reso complicato il comprenderla fino in fondo. Sono memorie orribili, che ha provato più volte a scacciare e che è terribile veder riemergere.
«E la tua paura è che Rosamund Brown in fondo abbia ragione?» domanda lei, riscuotendolo dal proprio torpore. Draco annuisce senza parlare. Non gli esce nemmeno un suono. Qualunque cosa voglia dire, e non è sicuro di cosa possa essere, muore sulle sue labbra secche. Le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti espongono il marchio nero che ancora stuzzica. Vorrebbe poterlo cancellare con un colpo di bacchetta. Una volta era talmente disperato e inorridito da se stesso che ha anche provato a grattarlo via con le unghie, arrivando quasi a scorticarsi. Ricorda l’espressione sconvolta di Harry quando ha visto i graffi e poi le sue cure gentili. Il modo in cui, alla fine, l’ha baciato. “Quello che siamo stati è parte di ciò che siamo adesso” così gli ha detto, baciando una a una le sue ferite. Allora ha pensato che fosse uno strano ragionamento e che l’eroe del mondo magico non avrebbe dovuto dire una cosa simile a un ex Mangiamorte, adesso che ci ripensa capisce un po’ meglio il senso di quelle parole. Lui è stato un Mangiamorte, ma ciò non significa che lo è ancora, solo che si trova a un certo punto di un percorso che lo ha reso una persona migliore.
«Mi sto solo domandando con che spirito andrò a sposarmi dopodomani e se davvero dovremmo farlo o magari se sarebbe meglio rimandare.» Hermione non ha la reazione che Draco si aspetterebbe da lei. Non c’è nessuna sceneggiata, né traccia di grandi discorsi. Non prova nemmeno a fargli cambiare idea, forse sa che non servirebbe a nulla. C’è solo un sorriso, che le tira dolcemente le labbra. Per un attimo pensa che tanta delicatezza sia merito della gravidanza, ma poi si rende conto che è sempre stata così.
«Molly probabilmente ti direbbe di riempire lo stomaco prima di prendere una qualunque decisione, perché così il veleno si attacca al cibo e non alle pareti dello stomaco.» * Draco sorride, non riesce proprio a farne a meno. Sì, è una cosa che direbbe la signora Weasley. «Penso abbia ragione sai?» Probabilmente è anche vero ed è certo che in questo momento sia troppo stravolto e sfatto per poter ragionare lucidamente, quindi è probabile che dopo aver risposato e riempito lo stomaco, riesca davvero a vedere la situazione sotto a una diversa prospettiva. Ma al tempo stesso non riesce a non stuzzicarla.
«Mi stai davvero dicendo che dovrei rimpinzarmi e poi prendere una decisione che potrebbe cambiare per sempre la vita mia e di Harry?» le chiede, facendo schizzare un sopracciglio verso l’alto e caricando i toni della voce con un qualcosa di vagamente derisorio. «In effetti sembra una cosa molto da Weasley» conclude infine, con una punta di sarcasmo che le fa alzare gli occhi al cielo.
«No, ti sto dicendo di andare a casa e farti una doccia. Bevi una tazza di caffè, mangia qualcosa, riposati. E solo dopo che ti sentirai meglio fisicamente deciderai quello che è bene per te. Io però non ho dubbi che sarà la scelta giusta.» Hermione se ne va allora, lasciandogli la raccomandazione di non dire a nessuno della gravidanza e in dono la sua borsetta di perline, che Draco scopre essere piena di pozioni. “Per i tuoi genitori” ha detto prima di sparire nel nulla. Draco, preso alla sprovvista, rovista tra le boccette. In alcune è contenuta un po’ di pozione ricostituente, le riconosce dal colore. Altri sono distillati soporiferi e poi ce ne sono un paio che sembrano felix felicis. Si è indubbiamente data da fare per due persone che, oltretutto, in tutti questi anni l’hanno a malapena salutata. Draco la ringrazierà adeguatamente non appena si sentirà meglio, ma intanto mentre lancia un’ultima occhiata in direzione di Villa Edera, si smaterializza. È ora di tornare a casa.



 

Alla fine, e nonostante l’abbia additata come una ridicolaggine, segue il consiglio della signora Weasley. Farebbe ciò che lei gli direbbe di fare se fosse con lui in questo momento. Si è preparato un discorso sulla paura, Rosamund Brown e su dove è stato davvero questa notte, ma quando torna a casa si rende conto che Harry non c’è. Trova solo un biglietto sullo scrittoio messo giù con la grafia che usa quando è di fretta. Draco lo legge con le mani che tremano e intanto che legge ad alta voce e scopre il fiato spezzarsi, si rende conto che tutto quello a cui ha pensato dovrà   aspettare: “Sono tornato e non ti ho trovato, immagino tu sia al Maniero. Vado in ufficio, ma sarà solo per mezza giornata. Stamattina Mathieu de la Tour verrà liberato e voglio andare a prelevarlo personalmente da Azkaban. Poi lo porteremo al San Mungo, perché venga visitato e si riprenda. Penso di tornare per l’ora di pranzo”. Sì, è una buona cosa. Mathieu è una brava persona e un ottimo pasticcere, merita che venga fatta giustizia e di tornare al proprio lavoro. Sempre che ne abbia ancora uno. In effetti non ha notizie di Pansy da un bel pezzo, per quanto ne sa, e perché la conosce, è certo che potrebbe anche aver incendiato il suo locale inavvertitamente. Forse sarà il caso di andare da lei nel pomeriggio e assicurarsi che ogni bon bon si trovi ancora al proprio posto, ma nel frattempo ha bisogno di pensare a se stesso. Come prima cosa decide di farsi un bagno caldo, perché sente i muscoli di gambe e braccia bruciare da quanto sono tesi e affaticati e poi non ha l’odore di un Lord, ecco. Quando si immerge nella grande vasca che ha regalato a Potter appena dopo che sono andati a vivere insieme, e che a dirla tutta usa molto meno spesso di quanto dovrebbe, viene inondato dal profumo intenso della lavanda dei sali da bagno, oltre che degli oli che hanno riempito la vasca di bolle. È molto più che piacevole, è rigenerante. Lasciandosi cadere contro il bordo della vasca, Draco emette un sospiro lieve e chiude gli occhi in un tentativo di rilassarsi. Ne aveva decisamente bisogno. Ha la sensazione che la stanchezza accumulata da mesi se ne stia andando assieme allo sporco. La notte appena trascorsa non è stata riposante e l’idea di addormentarsi sul divano bitorzoluto di Villa Edera ancora gli suona come una sciocchezza. Nonostante fosse sfinito, al risveglio si è sentito peggio di prima e adesso è come se avesse accumulato tutto e stesse finalmente lasciando andare ogni cosa. Chiudere gli occhi gli viene naturale. Forse si addormenta anche, ma non è che per pochi minuti, quando si risveglia l’acqua è ancora calda e le bolle di sapone danzano sulla superficie. Il calore allevia il dolore e non soltanto la stanchezza, scaccia i brutti pensieri che sembrano quasi non appartenergli più. Riesce a dimenticare meglio di quanto non farebbe un oblivion, almeno fino a che i ricordi non si soffermano su Harry. Quando la sua immagine gli si proietta dietro le palpebre chiuse, Draco apre gli occhi di scatto e sente il cuore battere all’impazzata dentro al petto. E allora si rende conto di quanto complessi e contraddittori siano i sentimenti che sta provando. Vorrebbe Harry accanto a sé in questo momento, lo desidera molto più di ogni altra cosa, ma al tempo stesso teme il giudizio che potrebbe dargli se aprisse a lui il proprio cuore. Draco si sentirebbe pessimo a non dire nulla di ciò che gli vortica, impazzito, per la testa. Lo ha fatto con Hermione, è impossibile che non lo faccia con l’uomo che in teoria sta per sposare. Eppure ne ha il terrore e qui sta la contraddizione: nel suo volerlo e non volerlo vedere allo stesso tempo. Alla fine, immagina solo di avere paura. Teme i suoi occhi verdi così sinceri e carichi di giudizio e il suo sarcasmo incattivito da esso. E così capisce che desidera e non desidera perdersi in lui, sarebbe come annegare in un mare perfettamente calmo e privo di correnti. Harry potrebbe rendere questo momento terribile, così come perfetto. Tutte le buone intenzioni che ha avuto finora di affrontare il discorso come una persona adulta, così come ciò che ha pensato riguardo la paura che ha di lui, svaniscono non appena le sue fantasie indugiano sulle lunghe dita di Potter. Potrebbe schiavizzarlo e farsi fare un massaggio al collo, la sua cervicale ne avrebbe bisogno. Potrebbero fare l’amore in questa stessa vasca da bagno piena di bolle o baciarsi fino a perdere la sensibilità. Per questo però, ridacchia fra sé, potrebbe necessitare di energie. Non sa davvero come faccia a uscire dalla vasca da bagno e a non pensare ad altro che a un qualcosa che forse, una volta incontratisi, potrebbe anche non accadere. Eppure, Draco non fa che pensare al sesso con Harry Potter come se fosse la soluzione a ogni male della sua vita. Ci fantastica sopra intanto che esce dal bagno in una nuvola di vapore, che lo segue fino alla metà del corridoio e che in parte si inoltra in cucina. Nessuno ha mai risolto niente con una scopata ed è certo che meno che mai ci riuscirebbe adesso, eppure vorrebbe che Potter fosse proprio qui in questo momento e che rimandasse con lui ogni discorso per fare nulla se non trovarsi di nuovo sotto le lenzuola.
«Tornerà per mezzogiorno» borbotta, parlando davvero da solo. Getta un’occhiata all’orologio della signora Weasley e che recita: “Al lavoro” intanto che sorseggia una tazza di caffè appoggiato contro ai mobiletti della cucina. È ancora in accappatoio, ma non gliene importa realmente. Si lascia andare al sapore forte del caffè, alla maniera in cui pare riuscire a schiarire la sua mente da ogni bruttura. Una tazza lo rimette letteralmente al mondo assieme a uno scones volato letteralmente dalla finestra, che Molly ha sistemato in un pacchettino con molti altri e consegnato a Bingley e ad Errol, il vecchio gufo degli Weasley. Pare chiaro, ormai, che nonostante il carattere scontroso, Bingley sappia sempre perfettamente quando palesarsi sul davanzale di una delle finestre de la “Tana” per prendere in consegna qualcosa. Ad ogni modo, Draco l’ha già ringraziata con un bigliettino, che ha scritto di fretta e legato alla zampa che Errol gli porgeva. Intanto che lo divora, sporcandosi le labbra di marmellata, inizia a credere che Molly stia utilizzando anche con lui la tattica del cibo e dello stomaco, o del veleno nello stomaco… O che cavolo è, non ricorda le parole con precisione. Perché è sistematico che dopo ogni brutta cosa che gli è capitata, da quella finestra sia entrato un dolce di qualche tipo. Lo scones alla marmellata di albicocche è strepitoso, ad ogni modo. Gli riempie lo stomaco il giusto e Draco è costretto a forzare se stesso, resistendo alla tentazione di mandarne giù anche un secondo. Non può lasciarsi troppo andare, deve pur sempre entrare nell’abito da sposo. Perché sì, al diavolo, alla fine sta per sposarsi, giusto? E probabilmente Hermione e Molly hanno ragione, rimettersi in sesto ha scacciato la negatività della notte precedente, che gli era rimasta addosso al mattino. Draco si sente positivo, rinvigorito e ha una strana voglia di fare che gli impedisce di starsene con le mani in mano. Prima di mezzogiorno, fa tantissime cose. Tanto per cominciare compra un abito da cerimonia per sua madre, è certa che non abbia niente di nuovo, considerato che è stata soggiogata da Rosamund per mesi e questo per lei deve essere un problema enorme dato che non si presenta mai a un festa con un abito che ha già utilizzato. Va in una boutique babbana che ha intravisto settimane fa, durante la sua passeggiata con Potter e resta molto soddisfatto del proprio acquisto. Decide per un abito lilla, elegante e sofisticato. Non ha dubbi sul fatto che le piacerà e infatti, dopo che si reca al Maniero con quel regalo e le pozioni che tintinnano in una borsetta di perline, è certo di aver fatto un ottimo lavoro. Quando scarta il regalo, mamma accenna un sorriso dietro all’espressione perennemente accigliata che ha di solito. Suo padre invece gli concede una pacca sulla spalla e, per un istante, Draco pensa che qualcuno gli abbia lanciato un confundus o che sia sotto la Maledizione Imperius di sua madre, perché apprezza addirittura la pozione ricostituente della Granger, che ingurgita in un unico sorso. Pare rimetterlo in sesto in un istante perché cambia quasi immediatamente espressione. Anche se in effetti ha un’aria molto più ordinata di quella che aveva ieri sera, una notte di sonno e un bagno caldo devono aver avuto un effetto positivo anche per lui. Si è rasato la barba e probabilmente regolato anche i capelli, ha un abito molto elegante dal taglio classico e si appoggia a quel bastone con la testa di serpente che, al contrario delle altre volte, non utilizza soltanto come abbellimento, ma grazie al quale si aiuta per camminare. Immagina che lo userà per un bel po’, almeno fino a che le forze non saranno tornate del tutto. E pensare che sarebbero entrambi in ottima forma se non fosse stato per causa sua. D’accordo, la gran parte della responsabilità è di Rosamund Brown e probabilmente Hermione ha ragione quando sostiene che non sarebbe cambiato niente e che quella donna avrebbe trovato comunque il modo di tenerlo lontano da Lucius e Narcissa, eppure non riesce a non sentirsi in colpa. In quel frangente, intanto che sua madre fa servire del tè da uno degli Elfi Domestici della villa, ripensa al breve dialogo che ha avuto con loro soltanto ieri sera. Il racconto di quei mesi, edulcorato senz’altro e minimizzato da quell’aria di gelo e noncuranza tipica della sua famiglia, non l’ha convinto affatto. Lo vede che hanno sofferto e conosce le maledizioni senza perdono e l’effetto che provocano, sa che impiegheranno del tempo prima di riprendersi completamente. Forse è pensando a cosa effettivamente può fare per loro di concreto, che avanza la proposta che da ore gli vortica nel cervello.
«Potremmo rimandare il matrimonio» dice, a un certo momento, interrompendo il silenzio. Sente la propria voce riecheggiare nel salottino del primo piano dove mamma l’ha ricevuto intanto che l’Elfo entra dalla porta con un vassoio tremolante tra le piccole manine. Potrebbe essere una soluzione valida, se lo rimandassero avrebbero più tempo per riprendersi da quanto accaduto. E non soltanto mamma e papà, ma anche lui e Harry. Potrebbero discutere seriamente se è giusto o meno che stiano insieme, potrebbero…
«Assolutamente no!» nega Narcissa, vibratamente, interrompendo il suo ragionare. Draco solleva lo sguardo in sua direzione e la studia per un istante o due, a giudicare dalla maniera rigida con cui ha impettito la postura deve considerare un matrimonio rimandato come un abominio. Lucius non ha fatto altro che inarcare un sopracciglio, lasciandosi cadere su una delle poltrone e richiamando a sé l’Elfo che appoggia il vassoio sul tavolinetto basso. Suo padre non interverrà, anche se gli ha metaforicamente dato una pacca sulla spalla e accettato la sua relazione con Harry Potter, non metterà becco in una questione della quale è sicuro che gliene importi relativamente poco. Che si sposino fra un giorno o fra un anno, a lui cambia ben poco.
«Sicura, madre?» avanza, «perché penso che a Harry non dispiaccia, se…»
«Non possiamo permettere a quella donna di fare più danni di quanti non ne abbia già fatti. Questa è la mia ultima parola» conclude con il tono autoritario di chi non ammette repliche per alcuna ragione al mondo e Draco lascia cadere il discorso. Per un qualche assurdo motivo quella frase gli rimane appiccicata addosso, anche dopo che lascia il Maniero. Ci ripensa addirittura nelle ore a venire, ricordandosi che Hermione ha detto una cosa molto simile. Magari dovrebbe dar loro ragione e smetterla di colpevolizzare se stesso per ogni minima cosa, questo sarebbe l’obiettivo, ma arrivarci non è per nulla facile. 

 

Intanto che cucina un pranzo veloce per lui e Potter, sempre che si decida a tornare a casa prima o poi, Draco cerca di ripensare nel dettaglio al dialogo che ha avuto con la Granger. Di solito non è così scrupoloso nell’interiorizzare i sentimenti, eppure sta vivisezionando se stesso in maniera precisa perché non può lasciare che sia una semplice paura a rovinare la sua vita affettiva. Sì, i sentimenti che ha buttato fuori qualche ora fa con Hermione non se ne sono andati, e come potrebbero? Si sente meglio, è vero, è meno confuso e più determinato nel portare avanti la sua storia con Harry nonostante tutto, ma le paure più recondite ci sono ancora. Non se ne vanno grazie a uno scones e a un bagno caldo, non potrebbero mai farlo. Per dirne una, ancora è spaventato da come reagirà Harry al caos che c’è dentro la sua testa. Non ha idea di come affronterà la questione e dovrà farlo prima che si sposino, ma come fargli capire la confusione che alberga dentro la sua mente? La lontananza non aiuta, non fa che ingigantire i problemi e sente che in parte è causa sua e del proprio allontanamento. Non solo non lo vede da ieri, ma non hanno neanche mai parlato di quello che è successo. Perché prima ancora delle parole accusatorie di Rosamund Brown, prima ancora del dubbio di poter tornare a essere quello di un tempo c’è stato il terrore viscido di perdere Harry. Sono mesi che teme per la sua vita, che si convince di essere maledetto e non sa come uscire da questa spirale che pare non far altro se non attirarlo verso il basso. Ed è di questo che dovranno parlare, prima o poi. Sì, Draco ha messo definitivamente da parte il sesso almeno per il momento. Quello è stato un pensiero estemporaneo, una via di fuga data da pensieri lascivi, ma non ha mai realmente creduto che potesse essere la soluzione a tutto. Al contrario ragiona in ogni istante delle ore che vengono, al discorso che imbastirà non appena si vedranno. Lo fa intanto che controlla la location per il matrimonio, mentre va in gioielleria a ritirare gli anelli, particolare di cui si è ricordato meno di un mese fa, ma dettagli. Ci pensa anche mentre cucina un pranzo veloce. Cambia idea su ciò che dirà o farà almeno sette volte, quella mattina. Ci pensa e ripensa anche quando ripone il pranzo dentro al forno nella speranza che Potter torni a casa presto. E infine ci ragiona intanto che cammina lungo il corridoio a passo appena un poco ciondolante e, senza badare realmente a dove stia andando, entra nello stanzino delle scope. Quello dove Potter e i suoi amici hanno costruito un campo da Quidditch. 

 

Hanno avuto occasione di giocarci, ma Draco non si è ancora del tutto reso conto di cosa quel cretino abbia fatto per lui, così come della complessità degli incantesimi che sono stati utilizzati. Quel posto è magnifico, c’è poco da aggiungere. La perfezione della trasfigurazione che riproduce un cielo primaverile, lo lascia meravigliato ogni volta che punta il naso all’insù e dà un’occhiata alle soffici nuvole che si muovono seguendo la spinta di un vento che non c’è. Draco si lascia cadere a peso morto sull’erba asciutta, sdraiandosi a terra e volgendo lo sguardo a quel cielo magico mentre passa ripetutamente le dita tra i fili d’erba. Nessun incantesimo riproduce la rugiada del mattino e di questo quasi ne è dispiaciuto, sarebbe piacevole camminare a piedi nudi sul prato bagnato, con l’aria che sa appena un poco di umidità e notte. Draco sorride fra sé mentre si rende conto che qui dentro sta meglio, gioca un po’ con i fili d’erba, tirandoli appena con le punte delle dita e quindi li accarezza una, due volte intanto che nota il respiro farsi più lento e il battito diventare regolare, meno agitato. La paura non se n’è andata. Il suo timore più grande di tornare a essere quello di un tempo, una versione peggiorata di se stesso, si rifà viva così come quella di fare del male alle persone a cui vuol bene e quasi lo fa smettere di respirare. Non basterà mai soltanto una tazza di caffè e un bagno caldo per allontanare certi sentimenti. Però può provare a farcela, deve riuscirci perché ama Harry Potter e vuole sposarlo. Se non rimugina troppo su se stesso può anche farcela.
«Un Malfoy seduto a terra? Come un povero? Adesso sì che le ho viste tutte!» Draco si volta in direzione della voce, che ha riconosciuto benissimo non c’è neanche da dirlo. Lo fa già sorridendo, è un moto istintivo e non riesce a trattenersi, forse nemmeno lo vuole. Nota Harry appoggiato allo stipite della porta che dà sul corridoio che, braccia incrociate al petto, ghigna in maniera beffarda.
«Che vuoi farci, Potter, sto sposando uno cresciuto in un sottoscala e che veste ancora degli abiti stracciati del cugino… è chiaro che sono stato influenzato in negativo.» Draco arriccia il naso, fingendosi disgustato. Lo è sempre un pochino perché Potter ha il senso della moda di un organismo unicellulare, ma ammette che calca volutamente la mano perché nonostante tutto è ancora bello che ci sia questa tensione tra di loro. Questo prendersi in giro così ironico che, spesso, sfocia in tensione sessuale se non in sesso vero e proprio. La risata di Harry è stranamente acuta, cristallina e sinceramente divertita. Funziona un po’ come un balsamo per l’anima e quando se lo ritrova a un palmo dal naso, non riesce a fare nient’altro che attirarlo verso di sé e baciarlo. 

«Ciao, principessa!» esclama lui dopo averlo baciato, Draco quasi arrossisce sugli zigomi. Fa quasi male e non il fatto che Harry abbia perso l'equilibrio e si sia sbilanciato in avanti, crollandogli addosso, non che l’abbia chiamato in quel modo, il problema è che nel vederlo la sua stupida emotività esplode. Perché è come trovarselo davanti avesse fatto scattare un qualcosa, rilasciato la tensione che portava dentro da troppo. Se ne rende conto intanto che lo bacia e dopo, quando si allontanano l’uno dalla bocca dell’altro e Harry lo stringe a sé, capisce che quell’uomo sarà la sua fine. Draco si aggrappa a lui disperatamente, ha bisogno del contatto fisico e di bruciare in esso. Le sue mani lo avvolgono in un abbraccio caldo, quasi soffocante da quanto sa essere protettivo. In quei frangenti concede a se stesso di piangere sulla sua spalla e Draco odia piangere, si sente sempre vulnerabile ed esposto e non è un qualcosa a cui è mai stato abituato. Il più delle volte la sensazione è sgradevole, lo è anche adesso. Ma con lui può, lui capirà. 
«Adesso è tutto finito» sussurra Harry al suo orecchio mentre gli accarezza la schiena e riempie la sua tempia di soffici baci. Le attenzioni che gli dà sono delicate e bruciano sulla pelle, riescono a riaccendere una fiamma di speranza nel suo cuore. Se lui dice che andrà tutto bene, allora deve crederci. Harry avrà salvato tutto il mondo magico dalla follia di un mago oscuro, ma ha salvato anche l’anima di un nemico e lo ha fatto innamorare di sé, esiste forse atto più nobile ed eroico di questo?
«Il dubbio che ha insinuato nella mia testa è la mia paura più grande.»
«Lo so» mormora lui, scendendo fin sul mento con il suo baciarlo lento, intanto che si stendono sul fianco così da poter essere più comodi. «Ma considera che Rosamund non sapeva niente né di me né di te, tutto ciò che credeva di aver capito non corrispondeva alla nostra realtà. Tu adesso sei una brava persona e non diventerai malvagio. Io ne sono sicuro, io mi fido di te.» Lui si fida e Draco crede davvero alla sua sicurezza, anzi ci si aggrappa quasi fosse il solo scoglio che trova in un mare in tempesta. Però gli è fin tanto chiaro perché lo faccia. Harry è pur sempre un dannato Grifondoro, eroico, coraggioso e stupidamente cavalleresco. Non sa se lo dice per uno strano senso del dovere o perché in fondo ci creda per davvero. Già, ma alla fine conta così tanto? Harry crede in lui, dovrebbe bastargli questo. Specialmente perché Draco non è nulla di tutto ciò.
«Sono un debole, Harry, lo sono sempre stato.»   
«Non è vero» lo sente rispondere e la sua voce appare appena un poco indurita, come se fosse arrabbiato. Lo è davvero, pensa nell’attimo in cui si scosta da lui soltanto per guardarlo negli occhi. Ha quella determinazione in viso così onesta, sembra quasi credere a quel che dice.
«Hai tenuto duro da solo per tutto questo tempo, senza dirmi niente e lo hai fatto soltanto per proteggermi e alla fine sei anche venuto a salvarmi. Questa non è una cosa da deboli.» Per una qualche strana ragione si ritrova a credergli, senza nemmeno che se ne renda conto. Sì, è vero ha fatto quelle cose. Ma valgono davvero? Se lo domanda appena prima che gli tornino in mente le parole di Hermione, poi quelle di sua madre e alla fine quelle dell’uomo che sta per sposare. Tutti credono in lui e se ci crede Harry, può farlo anche Draco. 
«C’è stato un momento in cui ho pensato che non avremmo dovuto più sposarci, Rosamund ha toccato tutti i punti giusti per farmi dubitare e ho creduto di essere io il male, di non essere degno di te. Ho pensato di non meritare la felicità per via della persona che sono stato, ma adesso capisco che se tu lo vuoi ancora, allora non possiamo permetterle di vincere.» Lo ha detto tutto d’un fiato, senza quasi respirare, ma lo ha detto. E si sente meglio, anche se non è sicuro di come reagirà Harry a questo punto. Draco guarda a terra, gli manca sempre un po’ il coraggio di buttarsi, quello di alzare la testa e affrontare le cose brutte della vita guardandole negli occhi. Lo ha fatto ogni volta, ma impiegando del tempo e senza lanciarsi a capofitto nel pericolo come un Grifondoro di sua conoscenza. Immagina sia questione di indole, ma se finora l’ha considerato un pregio, ora lo vive come un peso. Prima di sollevare lo sguardo in sua direzione, infatti, prende un gran respiro e poi… Poi stranamente, Harry gli sorride. Non è la reazione che si aspettava da lui, ma è vero anche che ha smesso di essere prevedibile nell’attimo stesso in cui si è reso conto che ricambiava il suo sentimento. Quella era di per sé una cosa stupefacente. Era convinto che si sarebbe arrabbiato o indignato, magari che avrebbero finito con il litigare e invece sorride e gli accarezza una guancia.
«Io so che lo voglio tantissimo» dice, dolcemente, scostandogli una ciocca bionda che gli è ricaduta fin sulla fronte. «E hai ragione: non dobbiamo lasciare che Rosamund vinca perché se c'è una cosa che la vita mi ha insegnato è che i problemi è sempre meglio affrontarli con qualcuno che da soli» mormora Harry, concludendo il proprio discorso. Draco annuisce piano, lo sa che è vero. Ed è una lezione che ha imparato molto duramente. Spia le sue espressioni senza farsi troppo vedere e lo trova che ancora sorride. Pensa a quanto sia incredibilmente bello. Non pensa mai che Harry sia bello, chissà poi perché. Non è un ragionamento sul quale si sofferma di solito, forse perché a una parte di sé ancora suona decisamente strano. Eppure lo è in così tanti sensi che fatica a distinguerli l’uno dall’altro. Ha ragione, non è un caso che la sua vita sia migliorata dal momento in cui gli ha rivelato quello che stava succedendo e se adesso le cose si sono sistemate, è senz’altro merito del fatto che hanno agito tutti insieme. Come una famiglia. Una specie di famiglia. Una della quale non avrebbe mai pensato di far parte, ma che lo ha aiutato, difeso e protetto da se stesso in moltissime maniere diverse. Draco in quei frangenti pensa agli scones della signora Weasley, alle sue tazze di tè caldo offerte nei momenti giusti assieme a dell’ottima torta alla zucca. Pensa ai sorrisi paterni di Arthur, alla borsa di perline di Hermione piena di pozioni per i suoi genitori. Pensa a lei incinta che gli chiede di tenere il segreto. Pensa a Ron e a come è riuscito ad accettarlo, nonostante i pregiudizi. E pensa alla sua amica Pansy, che forse a quest’ora avrà già mandato a fuoco la pasticceria di Mathieu de la Tour. No, non è mai stato solo e mai lo sarà.
«Voglio lasciarmi questa storia alle spalle e fare una luna di miele di almeno due settimane» scherza, dopo un attimo di silenzio.
«Non ti preoccupare, Malfoy, a quello ci sto già lavorando» dice, prima di spingerlo nuovamente sull’erba e iniziare a baciarlo. Non ha intenzione di chiedergli alcunché. Non adesso. Hanno già parlato della luna di miele, ma Draco era troppo in agitazione per godersi i sogni a occhi aperti su spiagge di sabbia bianca e così ha rimandato a quando tutto sarebbe finito. Adesso è “Tutto finito”, ma al momento ha ben altro da fare, pensa ricambiando quel primo bacio e lasciandosi andare.

 

Se c’è una cosa su cui non scherza davvero mai è sul potere distruttivo di Pansy Parkinson. Ma non distruttivo in un’accezione che potrebbe avere a che fare con Harry Potter e la sua, decisamente sexy deve ammetterlo, capacità di fare il cazzutissimo Auror. Non del tipo: “Faccio fuori tutti i cattivi del mondo assieme ai miei amici”. Quella ragazza è una vera e propria calamità naturale, soprattutto quando di mezzo c’è del cibo da preparare. Non è pratica di cucina, mai stata. E tantomeno è in grado di usare la bacchetta per farlo. Tutto ciò che sa è come stappare una bottiglia. Pansy stappa bottiglie con qualsiasi parte del corpo e che Merlino lo fulmini se non ha capito di essere gay nel momento in cui l’ha vista stappare una bottiglia di birra con le chiappe. Ma è anche esperta di vino rosso, champagne, superalcolici… lei è abile in questo. Sì, e anche a preparare cocktail. Quando c’è di mezzo l’alcol, Pansy non ha rivali. Prepara gin tonic perfetti praticamente a occhi chiusi. Non che sia un’alcolizzata, eh. Solo che è particolarmente portata per bere, e per sparlare della gente. Sì, è una pazza con una bottiglia che spettegola su chiunque. Anche per questo è rimasto allibito quando gli ha confessato di voler diventare una pasticcera. Si era aspettato che a un certo punto trasformasse la sua voglia di bere in un affare e facesse un qualcosa come aprisse un bar o un pub o una cosa del genere, ma non che si mettesse a preparare complicatissimi dolci. Deve ammettere d’aver pensato anche che non sarebbe durata. Pansy è una che si stanca presto delle cose nuove, del tipo: mi arrendo alla prima difficoltà. E deve ammettere che ha avuto anche un po’ pena di Mathieu de la Tour e forse, per un istante, ha anche pensato che fosse meglio per lui stare ad Azkaban che in cucina con Pansy. Anche per questo dice a Harry di voler andare in pasticceria a dare un’occhiata prima di sera. Ha bisogno di assicurarsi che quel posto sia ancora in piedi e che l’uomo a cui ha quasi rovinato la vita abbia ancora un lavoro una volta uscito dal San Mungo. Non si perdonerebbe mai se tutti quei deliziosi bignè venissero bruciati dall’ardemonio.
«Quando hai detto che lo dimettono?» domanda dopo che lui e Harry si materializzano in un vicolo nei pressi della pasticceria, lontano dagli sguardi dei babbani. Niente passeggiate romantiche per Londra oggi, sono troppo stanchi e hanno altro da fare. Si prenderanno tutto il tempo del mondo dopo le nozze. Il matrimonio è dopodomani è lui è ancora in alto mare con i preparativi. Potter gli ha detto: “Non ti preoccupare, domani gli Auror penseranno agli allestimenti”, ma lui non è tranquillo per niente. Oltre al fatto che, tecnicamente, non esiste più un Capo Ufficio Auror e che si immagina quei tizi come un branco di animali alla deriva, è proprio per colpa di uno di loro se i suoi sono stati rapiti.
«Stasera lo faranno uscire, domani mattina al massimo. Però non ti preoccupare: sta bene ed è solo una misura precauzionale. Lo stanno riempiendo di pozioni.»
«Non è di lui che mi preoccupo, Potter» mormora, accelerando il passo. Ha una certa fretta, chissà perché ha una pessima sensazione. «Ma di quella dannata pasticceria e di Pansy Parkinson per la precisione.» Draco scivola con abilità tra passanti e turisti che gettano su di lui occhiate di disapprovazione quando lo vedono sgomitare e quasi correre. Non bada davvero a nessuno, nemmeno alla signora ottantenne che per poco travolge e della quale si occupa il cavalleresco Harry Potter. La sensazione diventa sempre più orribile e lui non ha tempo da perdere.
«Eccoci» dice, fermandosi di fronte all’entrata del negozio. Sembra tutto nella norma o così pare. Tanto per cominciare non nota fiamme magiche uscire dal soffitto, le vetrine sono integre e, da quanto può vedere, all’interno gli arredi sono intatti. O così sembra, quando c’è di mezzo Pansy niente è mai realmente prevedibile. Prendendo un gran sospiro, Draco apre la porta della pasticceria. Il campanello tintinna sopra la sua testa, il locale è vuoto il che è strano di per sé considerato che è metà pomeriggio e che posti come quello non chiudono prima delle sette di sera.
«Pansy?» chiede, alzando appena un po’ la voce. Se se n’è andata senza chiudere a chiave, allora è la più stupida strega del mondo. Potrebbe anche farlo in effetti, anche se pare troppo persino per lei. Ad ogni modo c’è e dopo un paio di istanti che la porta si è richiusa alle sue spalle, sbuca da dietro il bancone sotto al quale sta chiaramente accucciata. Lo fa con uno scatto repentino a bacchetta sguainata, lancia uno schiantesimo con talmente tanta velocità che Draco ha a malapena il tempo di sbattere le ciglia e chiedersi che accidenti stia combinando. Per fortuna che sta per sposare un Auror, Potter è talmente rapido nei movimenti che in meno di un attimo gli sta davanti e ha innalzato un sortilegio scudo sopra al quale lo schiantesimo rimbalza, andosi a infrangere contro a un tavolino che viene ribaltato e finisce contro al muro.  

«Pansy, ma sei impazzita?» sbraita Draco, furioso. «Siamo noi!»
«Da quando lanci schiantesimi contro i clienti?» indaga invece Harry, con voce seria e carica di rimprovero. Potter disapprova, e ci mancherebbe altro. Pansy non risponde a nessuna delle domande che le fanno. La vede di nuovo spuntare da dietro il bancone, questa volta più lentamente e senza puntare la bacchetta contro nessuno. Sbuca soltanto con la punta del naso e osserva entrambi rimpallando lo sguardo da lui a Harry e viceversa. Nota allora che i suoi occhi sono spiritati, neanche fosse perseguitata da un fantasma.
«Draco, sei tu?» 
«E chi vuoi che sia? Mago Merlino?» ribatte, sarcastico.
«E quello con te è Harry Potter?» domanda ancora, la sua voce è cauta così come l’esporsi al di sopra del banco dove sono esposti dei dolci. Resta infatti ferma senza muoversi di un millimetro. La punta del naso premuta sul marmo e le dita aggrappate a esso.
«E chi vuoi che sia? Occhiali tondi e vestiti da buttare significa solo una cosa: San Potter. Pansy, mi vuoi dire che diavolo sta succedendo?»
«Provalo!» ordina lei, perentoria. «Provami che sei tu.» Va bene, è impazzita del tutto. Ma a quanto pare la cosa migliore è darle retta e mettere fine a questa buffonata.
«Mh, vediamo» borbotta Draco, fintamente meditabondo. «Sei la mia migliore amica fin dai tempi della scuola, ti addormenti sul nostro divano ogni venerdì sera ubriaca marcia, hai una voglia sul culo a forma di…»
«Va bene, non aggiungere altro» lo interrompe lei, alzandosi di scatto e uscendo dal nascondiglio che si era trovata. «Non scandalizziamo troppo il sant’uomo che mi accompagna» dice, indicando proprio Harry che ovviamente si acciglia subito. Odia essere chiamato “San Potter” e, se Draco lo fa, è solo per stuzzicarlo perché stuzzicarlo vuol dire sesso infuocato ed è in un periodo della giornata in cui ha decisamente bisogno di sondare il terreno in attesa della serata.
«Potter sembrerà anche un santo, ma non lo è e di sicuro non si scandalizza perché ti ho vista nuda» mormora, candidamente.
«Già, ma Potter potrebbe innervosirsi se andate avanti a parlare di questa cosa» interviene Harry con tono leggero e ironico, indicando entrambi. È geloso, eh? Bene, buona a sapersi. «Pansy, ci vuoi dire che diavolo stavi combinando? Da quando accogli così i tuoi clienti?»    
«Non l’ho fatto apposta, solo non pensavo foste voi due. Mi aspettavo qualcun altro» ammette, incrociando le braccia al petto con fare battagliero. Chi altro può mai accogliere così? Che abbia avuto dei problemi con qualcuno? Dubita sia stata Rosamund Brown sinceramente.
«E chi? Un ladro forse? Pansy, quello era uno schiantesimo.»
«Ehi, non è colpa mia» si difende lei, alzando le braccia in segno di resa. «Io sto solo cercando di proteggere questo posto, chiaro? C’è un dannato scoiattolo che mi tormenta da stamattina.»
«U-uno scoiattolo?» balbetta Draco incredulo. Uno scoiattolo? Lei li ha quasi schiantati per uno scoiattolo?
«Uno scoiattolo ballerino» precisa Pansy, abbassando la voce come se temesse di farsi sentire da qualcuno. «È entrato questa mattina dalla finestra della cucina, mi ha messo a soqquadro tutto e poi si è messo a ballare sopra i bignè. Dannato scoiattolo ballerino.» Draco è incredulo, davvero incredulo. Ha bevuto è ovvio. O li sta prendendo in giro. Forse più probabile la seconda. Perché non esiste nessuno scoiattolo.
«E dimmi un po’ Pansy» indaga Draco, facendosi avanti, deve controllare in che stato sono gli occhi perché se sono arrossati ha ragione lui e Pansy è la solita cretina. Lei però indietreggia non appena lo vede avanzare, interessante: sta nascondendo qualcosa. «Questo “Scoiattolo ballerino” è per caso alto due metri, spalle larghe, braccia muscolose, occhiali tondi e aria da uomo che non deve chiedere mai? Perché hai attaccato il mio fidanzato, nel caso non te ne fossi accorta.»
«Ma certo che no, è uno scoiattolo… sarà alto… boh, così?» dice facendo segno con le dita e indicando un’ipotetica altezza di pochi centimetri.
«Pansy, tu hai fumato!» le dice Draco, ormai sicuro di aver capito tutto quanto.
«Proprio no, ho lavorato tutto il giorno perché quei dannati Auror mi hanno detto che Mathieu sarebbe uscito dal San Mungo in giornata e ho pensato di portarmi avanti e fargli trovare la vetrina piena di dolci, ma poi è arrivato lo scoiattolo e…»
«Pansy, quante volte ti ho detto che la salvia serve a insaporire i cibi e non a fumarla? Quante?»
«Ma ti giuro che è vero» si impunta lei percorrendo a grandi passi la distanza che la divide dalla porta che conduce al laboratorio dove vengono preparate paste e torte. Quando la spalanca vede subito che al di là c’è il disastro più totale. Questo è troppo anche per lei, in genere si limita ad addormentarsi in un angolo o a dire di veder volare gli unicorni sopra la sua testa, ma non arriva mai a un qualcosa di simile. C’è della crema pasticcera che cola soffitto e che, a terra, ha formato una chiazza giallastra sopra la quale è meglio non mettere piede. Dei bignè vuoti sono stati sparsi ovunque così come pentole, ciotole, posate, cucchiai e spatole. Tutto è rivoltato e sottosopra, come se fosse passato un uragano di proporzioni gigantesche e avesse lasciato alle proprie spalle soltanto distruzione.
«Ma che diavolo» tenta, salvo poi spalancare la bocca. Pansy si prodiga in un’accurata descrizione di quanto accaduto, dalla finestra lasciata aperta per via del caldo proveniente dal forno acceso, allo scoiattolo che entra e si avvicina a un cestino dove erano state sistemate delle nocciole. Aggiunge poi di averlo allontanato con un gesto della mano, ma che questo è tornato indietro rubando altre nocciole e scappando dalla finestra.
«Pensavo non si sarebbe più fatto vedere, di averlo spaventato e invece è tornato altre due volte, anche quando ho chiuso la finestra lui ha trovato il modo di entrare lo stesso dalla porta. Non sapete quanto sia scaltro quel dannato topo con la coda vaporosa. Quando si è messo a ballare sul tavolo ho pensato fosse un animagus per questo ho cercato di schiantarvi.» Draco si massaggia la radice del naso, provando in tutti i modi a non insultarla. Gli pare sensato. Quale animagus mette a soqquadro una pasticceria per rubare due nocciole? Per Merlino, ma perché non può avere una migliore amica un po’ più normale? O almeno una che riesca a usare il cervello in maniera decente? Draco sospira pesantemente, sarà meglio mettere in ordine questo casino pensa tirando fuori la bacchetta e imitando Harry che già si sta iniziando a prodigarsi con incantesimi di pulizia. Non possono permettere che Mathieu de la Tour torni dopo una prigionia, per altro ingiusta, e trovi questo disastro. E non perché si sente responsabile di quanto successo con gli artefatti di magia oscura, ma perché Pansy è amica sua e se ne sente sempre un po’ responsabile. Non occorrono che pochi minuti per mettere in ordine tutto e ripulire il laboratorio, dopo dovrà solo assicurarsi che la sua amica non combini di nuovo un disastro del genere. No, non crede ci sia stato alcuno scoiattolo e magari è vero che non ha fumato, però è più propenso a credere che abbia combinato un disastro dei suoi e che non lo voglia ammettere. È ciò di cui è sicuro, almeno fino a un certo momento. Draco e Harry hanno appena finito di mettere in ordine la cucina e ripulirla dalla crema pasticcera. Sta cercando disperatamente di non gridare, vorrebbe solo dire a Pansy di smetterla di fare quel ridicolo balletto perché tanto non ci crede nessuno e che ha capito che è tutta una balla. Quando solleva lo sguardo in direzione della finestra. L’hanno lasciata aperta perché là dentro fa davvero molto caldo e non gliene è realmente importato del fatto che Pansy si sia raccomandata di non farlo perché “Lui” sarebbe di sicuro tornato. Draco le ha urlato uno: “Smettila, non esiste nessuno scoiattolo” e poi l’ha aperta e beh, ora pensa di non avere più poi così ragione. C’è uno scoiattolo con una lunga coda rossa e vaporosa, se ne sta sul davanzale della finestra e sta… ballando? Come se suonasse una musica ritmata, agita zampette e coda a ritmo. O per Salazar, sta davvero ballando e lo fa come se volesse sbeffeggiarlo. Dura solo pochi istanti e poi sparisce nel nulla. Draco annusa l’aria, se non c’è odore di salvia appena fumata o di un’altra erba di sua conoscenza, allora è il suo cervello che gioca brutti scherzi. Ma non dirà nulla, non le darà mai ragione. Non è davvero successo niente, nessuno scoiattolo ballerino era fuori da quella finestra. E questo è quanto.




 

Continua

 



 

*Immagino che abbiate riconosciuto questa frase, è la famosa frase che ripete Cettina (Sì, quella di “Un medico in famiglia”) e che ho pensato potesse essere perfetta se detta da Molly Weasley.


 

Note: Scrivere questo capitolo è stato molto complicato, tutti in un certo senso sono complessi, ma questo lo è stato particolarmente. Il passaggio dalla lunga prima parte all’ultima, in cui Pansy è alle prese con lo scoiattolo, è stata quasi traumatica. Ma ci tenevo a scriverla, perché volevo alleggerire il capitolo che è davvero pesante dal punto di vista introspettivo. Volevo che Draco arrivasse a capire quello che doveva fare con Harry, ciò che era più giusto fare con il matrimonio, ma la strada per comprenderlo doveva essere tortuosa e non lineare o sarebbe stato troppo facile. E quindi è pieno di contraddizioni, continua a ripetere le stesse cose… Insomma è stato pesante. 

Volevo avvisarvi che siamo a meno tre capitoli dalla fine, nel prossimo si entrerà nel vivo del matrimonio. Intanto grazie per essere arrivati a leggere fino a qui. Grazie a chi ha recensito il precedente capitolo.
Koa

 

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Capitolo 13
*** Draco Malfoy e la torta di Schröedinger ***


Draco Malfoy e la torta di Schröedinger




 

Pansy dimentica la faccenda dello scoiattolo ballerino molto più lentamente di quanto non faccia di solito con cose del genere. Il più delle volte è sufficiente distrarla con una qualsiasi altra cosa, ma dopo mezzora dal loro arrivo ancora si guarda attorno terrorizzata, neanche stesse aspettando il ritorno di Lord Voldemort dal mondo dei morti. Occorre che Draco devii la conversazione sull’imminente matrimonio almeno tre volte, sempre fallendo nell’intento, dato che lei non sembra proprio mollare l’osso. È solo quando butta lì tutta la faccenda del rapimento dei suoi genitori che ottiene la sua attenzione, oltre che un sacrosanto silenzio. Quando poi si prodiga nella precisa ricostruzione di quanto successo con Rosamund Brown, Villa Edera e il sabotaggio del matrimonio, tutto sembra finire nel dimenticatoio. Tralascia soltanto il fatto che Hermione sia incinta, ha giurato che non l’avrebbe rivelato neppure a Harry Potter ed è ciò che ha intenzione di fare. Pansy comunque non ci baderebbe più di tanto, lei e la Granger non si sono mai prese. Ad ogni modo a Draco non piace il dover riaprire una ferita tanto fresca, ma riesce comunque a trovare un aspetto positivo in quel dolore e disagio che gli salgono dallo stomaco e chiudono la gola: la sua amica è troppo impegnata a strabuzzare gli occhi e a pendere dalle sue labbra, che a guardarsi attorno nella speranza di non vedere un mostriciattolo di dieci centimetri dalla pelliccia rossiccia, sbucare dalla finestra. E Draco ringrazia Merlino, Salazar Serpeverde e, per una volta, anche tutti gli altri fondatori di Hogwarts per avergli concesso la fine di quello strazio. Arriva da un periodo della sua vita decisamente stressante e tutto gli serve tranne che una persona adulta che sclera male su un accidenti scoiattolo. Che, d’accordo, esisteva davvero, ma che male potrà mai fare a due maghi e una strega adulti? Questo ancora non gli è chiaro, ma grazie a Salazar, Pansy non lo nomina più nei minuti a venire, al contrario è rapita dal suo racconto su Rosamund Brown. Il suo commento a riguardo è un laconico: “Stronza maledetta” che condisce poi con ben altri epiteti, molti di questi indicibili. Draco non la ringrazia a voce, ma ne è segretamente compiaciuto così come Harry che stira un ghigno affilato dietro le espressioni seriose. Comunque è piuttosto sicuro che il suo sguardo parli da sé e che riveli fintanto chiaramente ciò che gli passa per la testa. Non che da lei si aspettasse meno che questo, Pansy è l’amica ideale per affrontare certe situazioni con la giusta dose di spensieratezza. Riesce sempre ad alleviare il peso sul suo stomaco e a farlo in un modo diverso da quello di Potter. Harry è una sicurezza per il futuro, è amore e dolcezza e ha una buona parola specialmente per lui. Quando un cattivo finisce dietro le sbarre ti rassicura dicendo che è tutto finito, di piangere magari, ma non di pensarci più. Pansy, invece, appaga quel lato di Draco che ha bisogno di una stronza accanto che dice tutte quelle cose che Harry Potter è troppo buono per tirar fuori. Quando la sente insultare Rosamund Brown in quel modo così feroce e senza peli sulla lingua, ne è divertito e alla fine, quando la risatina si spegne, si sente più leggero. Non vuole più pensare alle brutte cose su cui finora è stato sin troppo concentrato e si rende conto di avere attorno le persone giuste per poter essere finalmente un po’ più felice. O meglio sta iniziando lentamente a preoccuparsi di ben altro e lo fa nell’esatto istante in cui si rende conto che si sposerà dopodomani. Dopodomani andrà all’altare e lui farà Potter di cognome. Cazzo! Cazzo e ancora cazzo! Ma come è finito in questa situazione? Come è passato dal: “Ti odio, muori! al “Oddio, domani ci sposiamo?” Del panico da altare ne ha sempre sentito parlare come un qualcosa di naturale, ma nessuno si è mai preoccupato di fargli sapere in che maniera superarlo. A farlo andare in paranoia, adesso, c’è anche la consapevolezza che non hanno ancora niente di pronto: la location verrà allestita dagli Auror amici di Potter soltanto a partire da domani e gli Elfi non si metteranno a cucinare prima di sabato. E se qualcosa andasse storto? Draco è piuttosto sicuro che con la magia possano correre ai ripari molto facilmente, ma è certo che non riuscirà a risolvere l’ennesima crisi, non a ridosso del matrimonio. Il panico organizzativo dello sposino sull’orlo di una crisi di nervi inizia a divorarlo proprio quando Pansy, con quella noncuranza tipica del suo carattere, si preoccupa di fargli sapere che è ufficialmente in grado di preparare la loro torta di nozze, ma che non garantisce nulla né sulla farcitura né sulla glassa e tantomeno sulle decorazioni. In pratica può anche venirle un buon impasto, ma decorato da schifo e farcito peggio. Ottimo, pensa fra sé, affondando il viso tra le mani e disperandosi platealmente. Forse è meglio che Pansy versi una qualche pozione in quella dannata torta, in questo modo nessuno si renderà conto che sarà pessima. Ma che ha fatto di male nella vita?
«Non disperarti, Draco, non è mica la fine del mondo» commenta lei, serafica, con un'alzata di spalle. Adesso la strozza! Sì, ma che sarà mai? Si chiede, insistendo col sarcasmo che carica le sue espressioni di una finta meraviglia. Il più importante giorno della sua vita e potrà dirsi fortunato se il dolce non sarà farcito col veleno di basilisco. Una cosa da nulla: “Eccoti una fetta di torta, mio caro e tanti saluti alla vita”.
«E comunque non è detto che mi verrà male, molte cose mi riescono bene, ma la vostra torta è molto complicata. Dovevate sceglierne una più facile.» Ah, ma certo che sciocco. Chiunque sceglierebbe la torta in base a quello che sa o non sa fare il pasticcere. Giusto. Allora la prossima volta che si sposa farà così.
«In pratica se Mathieu non si mette a lavorare nei prossimi due giorni la nostra torta di nozze potrebbe sia fare schifo che essere buonissima» commenta mentre Pansy annuisce, ammirandosi le unghie perfettamente laccate, quasi infischiandosene di star rovinando ufficialmente il suo matrimonio. Draco sa che da Mathieu de la Tour non può pretendere alcunché. Azkaban non è mai stato un bel posto e non lo è nemmeno ora, il Ministero della Magia usa ancora i Dissennatori e questi ti lasciano privato di ogni forza e finiscono con lo svuotare la tua anima anche senza il bacio. Per quanto Potter l’abbia rassicurato circa lo stato di salute di Mathieu e abbia detto che sarebbe a breve uscito dal San Mungo, sanno benissimo che non hanno nulla da pretendere. Soprattutto perché dovrebbe mettersi a lavorare per le persone che, indirettamente questo è chiaro, l’hanno fatto finire dentro. Se preparerà la loro torta di nozze sarà più per un favore personale, di certo lui e San Potter non lo obbligheranno. E poi hanno un’alternativa, è quello che in teoria dovrebbe rassicurarlo. Il fatto che l’alternativa sia un metro e sessanta di sconsideratezza, poca cura e inesperienza, beh, si dovranno accontentare immagina. Se la torta farà schifo si faranno tutti quanti una bella risata e pace, almeno questo matrimonio verrà ricordato per qualcosa di divertente. 
«Perfetto» commenta Potter, scrollando la testa e sospirando pesantemente. «Ci mancava solo la torta di Schröedinger!» Giust… No, aspetta la torta di chi?
«Un qualche pasticcere tedesco amico tuo?» domanda Pansy curiosa, sbattendo le ciglia mentre Draco, decisamente confuso, osserva il suo fidanzato sospirare e massaggiarsi la radice del naso. Mai sentito questo tizio, ma è quasi nella normalità delle cose che Harry tiri fuori questi strani nomi di babbani che lui non ha mai sentito nominare prima. Sarà uno di quelli. Certo però è che se questo Schro-qualcosa fosse davvero un pasticcere così bravo sarebbero potuti andare da lui a farsi fare la torta, invece che farsela preparare da una mezza pazza che insegue scoiattoli.
«Se è davvero un pasticcere perché non gli mandi un gufo e gli chiedi di aiutare la sciroccata qui» dice indicando Pansy.
«Infatt… Ehi! Non sono sciroccata» si lamenta la sua amica, indignandosi e alzando il naso all’insù.
«Ma quale pasticcere tedesco!» sbotta Harry, alzando le mani al cielo, esasperato.
«Austriaco?» replica Draco, ancora più confuso. «Non ci sono molte alternative con un cognome così, a meno che no…»
«Schröedinger non è un pasticcere, era uno scienziato e… No, lasciamo perdere, è una cosa troppo difficile. Sono cose da babbani» commenta subito dopo, scacciando il discorso con un gesto secco della mano. «Quello che volevo dire è che fino al momento in cui la mangeremo non sapremo se la torta sarà buona o pessima.»
«Che è esattamente quello che ho detto io un attimo fa» replica Draco, ancora più stordito. Si è rincretinito anche lui per caso? Potter dice sempre la cosa più saggia al momento giusto, non è uno che perde tempo a ripetere frasi già dette da altre. Deve aver bevuto anche lui o fumato, non ci sono altre spiegazioni plausibili. Curioso, si avvicina, gli afferra il viso con entrambe le mani e studia i suoi occhi. Non c’è traccia di rossore, ma questo non vuol dire niente.
«Ma che fai? Che guardi?» si lamenta, tirandosi indietro con uno scatto.
«Dimmi la verità, sei in botta anche tu, vero?»
«Ma smettila» risponde Potter, tirandogli una piccola gomitata nello sterno. «Non ho bevuto, fumato né altro e nemmeno Pansy.»
«Interessante, allora è questo posto che rincretinisce le persone» mormora, guardandosi attorno come se cercasse di capire un qualche incantesimo che permea le mura. Non nota niente di strano, ma tutto può essere quando c'è la magia di mezzo. Insomma Neville Paciock ha ottenuto il suo M.A.G.O. tutto può essere.
«Comunque per quanto riguarda la nostra torta nuziale non abbiamo altre alternative. Quindi, Pansy, fai quello che riesci e andrà bene lo stesso.»
«Scusa?» domanda un Draco alquanto alterato, che interrompe per un istante la sua opera di contemplazione di pareti e soffitto e rimpalla lo sguardo da Harry a Pansy. «No, che non andrà bene lo stesso. Non so cosa ne pensa il tuo amico Schro-qualcosa, ma io ho intenzione di sposarmi una volta soltanto e mi piacerebbe che i miei invitati non morissero avvelenati per colpa di una strega pasticcera che non sa neanche quello che fa.»
«Eh no, Draghettuccio, così mi offendi» sbotta Pansy, arricciando il naso e stringendo i pugni che lascia ricadere lungo il corpo. «I miei dolci non sono poi così male, e te lo proverò» dice, uscendo dal laboratorio e marciando decisa in direzione del locale principale, che è grazie al cielo ancora vuoto. Recupera un vassoio da dentro la vetrina con il quale torna un istante più tardi, porgendolo soltanto a Harry. Questo è pieno di bigné di gusti e colori diversi, alcuni sono ricoperti di zucchero a velo, altri di glassa marrone o color caffè. In effetti non sembrano poi così male. A voler essere pignoli sono uno diverso dall'altro, alcuni più grandi mentre altri più piccoli, la perfezione è ben lontana dall'essere raggiunta.
«Assaggia, Potter» ordina lei, perentoria mettendogli il vassoio sotto al naso. Harry alza lo sguardo su di lui e Draco annuisce con un lieve cenno del capo. Immagina che non abbiano alternative, anche perché Pansy potrebbe inseguirli fino a casa con quel dannato vassoio. Potter abbozza e prende un bel sospiro prima di afferrare un bignè ricoperto di zucchero a velo e addentarlo per metà. Riesce a vedere della crema pasticcera giallognola grondare giù dalla pasta e sporcare le labbra di Harry, che mastica guardando il vuoto. Hanno già assaggiato cose cucinate da Pansy prima e sono sempre sopravvissuti, ma confessa di aver pensato a un caso irripetibile. Una di quelle cose straordinarie che succedono una sola volta nella vita. Potter ad ogni modo ancora mastica e guarda il vuoto avanti a sé, sembra indeciso su cosa dire, come se stesse cercando di capire. Però non è morto, questo è già un risultato.
«Non male. La crema sa troppo di limone per i miei gusti, però è mangiabile» confessa, ingurgitando anche l’altra metà che gli era rimasta in mano.
«Visto?» chiede Pansy rivolgendosi direttamente a lui, intanto che gli fa la linguaccia. «Malfidato! E ora fuori, tutti e due. Mathieu potrebbe arrivare da un momento all’altro e io ho bisogno di lavorare in tutta calma. Inoltre devo consegnare una torta entro le sei di questa sera, quindi è stato bello vedervi, ci vediamo domani. Tanti auguri. Addio.» Pansy li caccia dal laboratorio senza fare troppi complimenti, anzi non si limita a farli uscire dalla cucina, ma sbatte loro la porta della pasticceria in faccia. Harry e Draco vengono investiti dal traffico di pedoni dei marciapiedi di Londra e, guardandosi, immaginano sia meglio andarsene e occupare in un’altra maniera il resto del pomeriggio. Quando compaiono entrambi nel soggiorno di casa loro, non impiegano neanche un istante a capire cos’è più saggio fare in questo momento. Harry lo attira a sé e lo bacia con ferocia, le sue labbra sanno di crema pasticcera al limone.


 


C’è una questione inerente al matrimonio che non hanno mai davvero affrontato, in parte perché Draco è stato molto più occupato dalla maledizione di Georgina Dunn, che a ragionare su simili dettagli. Anzi, se deve proprio essere onesto non ci ha neanche mai pensato, ma stranamente quel giorno la questione non fa che tornargli in mente. Hanno fatto l’amore, a letto questa volta e non sul campo da Quidditch trasfigurato nello stanzino delle scope. Il loro materasso è proprio comodo, dovrebbero usarlo più spesso per cose del genere e non farlo ovunque capita in giro per casa, con il rischio di spezzarsi la schiena contro a una superficie decisamente inadatta al sesso. Forse esagera nel dire quel “Rompersi la schiena”, ma alla fine neanche poi tanto considerato che una volta hanno rischiato di spaccare a metà il tavolo della cucina. Draco sorride al ricordo, quella è stata una gran bella mattina. Sbatte le ciglia un paio di volte, trattenendo a fatica uno sbadiglio e lo fa senza distogliere lo sguardo dal soffitto della stanza, osservando con particolare interesse una crepa che parte dall’angolo a sinistra e arriva fino al centro. Il sesso è servito a qualcosa, aveva ragione anche in questo perché è piacevole starsene così a fare niente. All’inizio ammette di essersi opposto, un po’ stupidamente. Voleva andare a controllare la location, e poi c’erano i fiori e gli Elfi da istruire e… Un milione di altre cose da fare. Harry lo ha convinto che avevano tutto quanto sotto controllo e che gli Auror avrebbero pensato a tutto quanto, assieme ai signori Weasley e che loro avrebbero dovuto semplicemente rilassarsi, soprattutto dopo la brutta avventura appena passata. E Draco ha pensato avesse ragione e lo ha trascinato in camera da letto. Adesso, Harry lo abbraccia da dietro e di tanto in tanto deposita soffici baci sul suo collo. Non sono propriamente vestiti, ma fa caldo in quei primi di giugno e la brezza lieve che entra dalla finestra e agita le tende di pizzo bianco è piacevole. Potter ha appena finito di dire che Molly insiste perché passino separati la notte prima del fatidico giorno. Ha aggiunto anche che si è preoccupata di offrire a Harry una stanza alla Tana, dove potrà riposare e prepararsi. Il primo pensiero che fa dopo che ha finito di dire che pensa di accettare, è che non è mai stato superstizioso. Ce n’è davvero bisogno? Probabilmente no, non pensa realmente che, se si vedranno prima della cerimonia, la loro vita matrimoniale andrà a rotoli. Però annuisce quando lui gli chiede se la trova una buona idea. Non è superstizioso no, ma gli ultimi mesi gli hanno insegnato a non dare un calcio alla fortuna e a non sottovalutare nulla. Per quanto ne sa potrebbe esserci una qualche maledizione ungherese legata alla notte prima delle nozze ed è meglio non rischiare.
«Non ci credo davvero, però Molly è stata così gentile» dice lui, mordicchiandogli la spalla. Non è mai saggio dire di no alla signora Weasley quando è seriamente intenzionata a prendersi cura di qualcuno. Potrebbe soffocarti con i muffin e stordirti con l’acquaviola. E comunque non pensa sia una poi così cattiva idea; stare separati per una notte potrebbe rivelarsi anche molto stuzzicante. 

«Non sottovalutiamo queste cose, Potter» sceglie invece di dire, preferendo non scoprire immediatamente le proprie carte, ma buttandola sul leggero. «Tu andrai alla Tana, noi ci vedremo il giorno del matrimonio sull’altare e vedi di esserci o...»
«O tuo padre lo verrà a sapere?» scherza lui, prendendolo in giro e quindi ridacchiando contro la sua pelle che mordicchia, lecca e bacia provocandogli mille brividi lungo la spina dorsale. Maledetto, se fa così finirà con il farlo eccitare di nuovo ed è sicuro di essere troppo stanco per un secondo round.
«O ti crucio le palle» dichiara con voce seriosa. Lo farebbe davvero e quell’idiota di uno straccione lo sa perfettamente. Draco non è sicuro di come reagirebbe con il cuore spezzato, ma sa che nell’immediato la furia prenderebbe il sopravvento e Potter ne è perfettamente consapevole.
«Non ti dispiace se me ne vado via domani sera, vero?» In realtà no e si affretta subito a negare, scrollando il capo. Non gli pesa così tanto. Anzi, potrebbe approfittarne per fare qualcosa di carino. Magari chiamerà Pansy e Zabini, che comunque sono i suoi migliori amici. Vorrebbe aggiungerci un “Purtroppo”, ma non sente di voler essere così cattivo con loro. Sarà come una specie di addio al celibato, quello che non hanno fatto. Berranno un po’ e si racconteranno vecchie storie imbarazzanti di quando erano adolescenti. Potrebbe anche rivelarsi divertente.
«Allora andata, andrò dagli Weasley» annuisce Harry, senza smettere di torturargli il collo con la bocca. In realtà non ha fatto altro da quando sono tornati a casa e Draco non se n’è proprio lamentato. E chi lo farebbe? Sì, deve confessare di essersi distratto negli ultimi minuti: c’è ancora quella faccenda che gli torna in mente e lo tormenta appena un poco. Riguarda i cognomi, i loro cognomi per la precisione. Sì, è una sciocchezza, ma il suo cervello la sta ingigantendo e lui non ha intenzione di farlo diventare un problema. Draco non ci ha davvero ragionato sopra, sa che in genere uno dei due sposi prende il cognome del proprio partner. Sua madre l’ha fatto, anche se ci tiene a rimarcare che si sente ancora una Black. Lo ha fatto anche la signora Weasley. Loro dovranno fare lo stesso? Perché non è sicuro che sia una regola scritta, Hermione per esempio si è limitata ad aggiungere il nome Weasley al proprio. * Potrebbero fare una cosa del genere. Anche se: “Draco Malfoy Potter” sembra il nome di un fabbricante di bacchette.
«Stavo pensando» avanza, intanto che Harry smette di baciarlo e gli presta attenzione. Probabilmente attratto dal tono di voce più serioso. «Vuoi che prenda il tuo cognome dopo il matrimonio?»
«Draco Potter» mormora lui, soppesando le parole. Si volta a guardarlo, torcendo appena un poco il collo e lo vede arricciare le labbra come se ci stesse ragionando sopra per davvero. Probabilmente non gli è neanche mai venuta in mente la possibilità.
«O Harry Malfoy, se preferisci» specifica, anche se fa più schifo dell’altro. Sono raccapriccianti tutti e due, ma preferisce non dirlo. Come ha detto, non ne hanno neppure mai parlato e, per quanto ne sa, potrebbe trovarli accostamenti bellissimi. Se così fosse dovrebbe seriamente rivalutare tutta quella cosa dell’anello e del sì sull’altare, perché non può sposare uno con un così pessimo gusto. Anche se a dirla tutta… Oh, al diavolo! Il solo buon gusto che Harry Potter abbia mai avuto è stato quando ha scelto di fidanzarsi con lui. Ad ogni modo è quasi certo che, riguardo ai cognomi, la propria espressione parli da sé, ma preferisce far finta di niente ed evitare di dire ciò che pensa davvero. Almeno per il momento.
«Draco Potter o Harry Malfoy» mormora con fare meditabondo. «Perdonami se sarò brutale, non ho altre parole per dirtelo: mi fanno schifo tutti e due. Sono qualcosa di raccapricciante, mi fanno venire voglia di mandarti al diavolo e non sposarti più.» Oh! Draco rimane interdetto per un paio di secondi buoni, sfarfalla le ciglia, spalanca la bocca e infine esplode in una sonora risata. Grazie a Merlino. Per un attimo ha temuto che gli piacessero davvero.
«Sappi che se mi avessi detto di prendere il tuo cognome non ti avrei sposato più nemmeno io» mormora, tra le risate, tenendosi la pancia e lacrimando dagli occhi.
«Sul serio, Draco, sono terrificanti.»
«Stavo cercando di immaginarti: piacere sono Harry Malfoy. Brr!» conclude ridacchiando. Draco sente la tensione lasciare il suo corpo. Non è solo per la sciocca faccenda dei cognomi, che tanto sciocca non è, considerato che per nessuna ragione al mondo si sarebbe mai fatto chiamare Potter. Potter è un cognome da poveri straccioni, può accettare di sposarne uno, ma non di diventare come lui.
«Ti senti più tranquillo adesso?»
«Sì» annuisce Draco, scivolando dalla sua presa e mettendosi seduto. Non vuole davvero lasciare il letto, e nemmeno le braccia di Harry se è per questo, ma un certo languore gli sta salendo su dallo stomaco e non è sicuro di riuscire a ignorarlo ancora per molto. «Penso che abbiamo affrontato tutte le questioni: abbiamo gli abiti, gli anelli…»
«Che io non ho mai visto perché te ne sei ricordato meno di un mese fa» lo interrompe Harry ridacchiando.
«Ehi, non mi pare che a te sia venuto in mente» lo rimprovera bonariamente. Non accetta critiche su come ha gestito il matrimonio, sia chiaro. Aveva troppo a cui pensare ed era solo, considerato che San Potter ha passato mesi a dormire tre ore a notte e a non tornare nemmeno a casa. Per non parlare poi di tutte quelle cose brutte che accadevano. Se n’è dimenticato, va bene? Anche se non ha idea di che accidenti di marito si dimentica le fedi nuziali, ma questo è un altro discorso e preferisce non parlarne.
«Facciamo che abbiamo risolto anche questa e pace?» chiede Harry, abbozzando un ghigno. Draco scuote la testa, fintamente esasperato.
«Essia, ma questa concessione mi costa, Potter e adesso muovi il culo che ho fame.» Sente il sospiro contrariato di Harry fin dal bagno, ma non ci bada troppo. In realtà adora stuzzicarlo, farlo innervosire è forse una delle cose che trova più divertenti nella vita. Dopo il sesso, ovviamente.


 

Draco dorme profondamente quella notte, bene come non ricorda di aver fatto negli ultimi mesi. Non gli serve nessuna pozione soporifera, ci pensa la stanchezza e la notte precedente trascorsa su un divano scomodo, a fare tutto quanto. Ritrovare la serenità lo fa crollare alle nove e mezza in poltrona, dopo di allora si rende conto a malapena di essere andato a letto, cadendo in un sonno profondo non appena posata la testa sul cuscino. Sospetta che Potter gli abbia fatto un Levicorpus, ma a dire il vero preferisce pensare che lo abbia portato tra le sue forti braccia come il fottuto eroe che è sempre stato. Ad ogni modo complice con ogni probabilità anche il bicchierino di Rum di ribes rosso che hanno acquistato a Hogsmeade qualche giorno fa, Draco fa una lunga e sana dormita. Quando si sveglia è l’alba, o così crede. Non ha bene idea di che ore siano, ma è certo che fuori sia già chiaro e che il sole stia ancora per sorgere. Lo nota da uno spiraglio aperto tra le tende delle finestre che gli consente anche di scorgere il corpo di Harry al suo fianco. Lui è lì, non se n’è andato. Ed è vero che stanno insieme e convivono da molto tempo, ma se ripensa agli ultimi mesi si dice che rappresenta invece una novità, considerato che dalla festa di fidanzamento hanno condiviso ben poco. Sorride nel constatare che se ne sta scomposto tra le lenzuola: capelli spettinati sparsi sul cuscino, braccia e gambe spalancate tipo stella marina. Occupa la stragrande maggioranza del materasso, tanto che Draco fino a un attimo fa è stato rannicchiato da un lato, quasi sul bordo. Ancora si chiede come abbia fatto a non rotolare giù per terra. È tentato dall’idea di spostare almeno un braccio, ma alla fine rinuncia perché gli dispiacerebbe troppo. Sembra dormire così bene… E poi sente comunque il bisogno di alzarsi, quindi che si metta pure a dormire in orizzontale. Invece che muoversi immediatamente, però, rimane a guardarlo per quello che è un tempo indefinito. Forse trascorrono dei minuti o magari addirittura un’ora. Non è sicuro, quando sono a letto spesso il trascorrere del tempo diventa secondario. Sa solo che gli piace guardarlo e che vorrebbe toccarlo, ma che all’ultimo trattiene le dita, stringendole in un pugno. Non vuole svegliarlo, perché per quanto neghi di essere stanco,  Harry arriva da un periodo forse più stressante del suo. Quindi ritira la mano e, di nuovo, si perde a osservarlo. Un raggio di luce che penetra attraverso le tende, lo accarezza e illumina il suo viso sereno. Ha già detto che è bello? Lo è forse in un modo poco convenzionale, ma che a lui piace da morire. Quasi gli spiace allontanarsi, vorrebbe restare lì, ma ci sono tante cose che deve fare prima di domani. Draco è tentato, ancora una volta, di toccarlo. La tentazione è così dolce che prima di scivolare via gli lascia un bacio sulla fronte. Potter non si sveglia, ma aggrotta le sopracciglia ed emette una sorta di grugnito che lo fa somigliare a un orso. Probabilmente è infastidito dai ciuffi dei suoi capelli che l’hanno involontariamente stuzzicato, eppure non si sveglia. E allora Draco si alza e poi indietreggia, dà un’occhiata all’orologio che tiene sul comodino e nota che sono le sei e un quarto del mattino. La luce che entra dalle tende gli consente di muoversi con una discreta sicurezza. Non molta a dire il vero, ma quel tanto da non sbattere il mignolo del piede contro lo spigolo del comò e non inciampare negli scarponcini che Potter ha lasciato in mezzo alla stanza. Quando alla fine si chiude la porta del bagno alle spalle e usa la bacchetta per accendere la lanterna, quasi maledice se stesso quando la luce lo acceca. Idiota lui che si è alzato così presto, doveva restare a letto e basta. Eppure Draco freme per fare qualcosa. Domani si sposerà con quel disastro ambulante e malvestito che è Harry Potter e ora lui è un miscuglio di aspettativa e terrore, che gli impedisce di stare fermo. Magari sbaglia a farsi subito una doccia e a vestirsi di tutto punto, anzi probabilmente dovrebbe godersi l’attimo. Ma Potter ha il sonno pesante e non può aspettare che si svegli. Se va bene si alzerà per le dieci, considerato che non deve lavorare è piuttosto probabile che tiri fino a mezzogiorno e recuperi un po’ di sonno arretrato. A Draco in fondo non dispiace, apprezza un po’ di solitudine la mattina. Ama muoversi per casa in vestaglia, leggersi la Gazzetta del Profeta, prepararsi la colazione aspettando che Bingley torni dalla sua caccia notturna. Quel mattino, dopo che esce dal bagno in una nuvola di vapore, è già perfettamente vestito e sbarbato. La doccia lo ha svegliato, ma è il caffè che lo rimette al mondo. Di nuovo non è sicuro che sia la scelta giusta, è probabile che arriverà a sera con i nervi a fior di pelle, ma adesso ne ha proprio bisogno. Manda giù anche un paio di scones, di quelli che sono avanzati e lo fa in un sol boccone. Ieri, dopo che hanno fatto sesso, Potter ne ha ingurgitati quattro di seguito. Non è sicuro di come faccia a rimanere così magro, considerata la quantità di roba che mette nello stomaco. Se avesse i capelli rossi penserebbe subito che è un tratto ereditario degli Weasley e che in realtà è in tutto e per tutto un loro figlio. Ma non c’è niente degli Weasley in lui, immagina sia solo che abbia un gran culo. I due che mangia ad ogni modo fanno il loro dovere e, quando finalmente riesce a connettere quel tanto da poter pensare di uscire, Draco si sente molto meglio. Non ci sono molti posti in cui andare alle sette meno un quarto del mattino e non ha nessuna intenzione di irrompere in casa d’altri, il luogo in cui deve andare d’altra parte non è abitato quindi non disturberà anima viva. Si preoccupa soltanto di spedire qualche gufo. Il primo a sua madre, vuole pranzare con lei e papà, magari in un ristorante. Il secondo invece lo invia a Pansy e il terzo ancora a Zabini, sono brevi messaggi nei quali li invita a casa sua per quella sera stessa, per una piccola rimpatriata o addio al celibato che dir si voglia. Dopo aver spedito Bingley carico di lettere fuori dalla finestra, sparisce anche lui in un lieve plop.


 

Ci sono cose che Draco ha promesso di fare a ridosso della cerimonia e altre dalle quali ha giurato di tenersi alla larga. Non darà particolari ordini agli Elfi domestici che arriveranno da Hogwarts, non più di quelli che ha già dato mesi fa. Li ha già istruiti sul menù del banchetto e non intende star loro col fiato sul collo. Anche perché se la caveranno perfettamente da soli. Appositamente per Elfi, gli Auror installeranno quella che Potter ha definito una “Cucina da campo” molto grande e parecchio attrezzata che sarà posizionata proprio vicino al tendone dove si terrà il rinfresco. Draco sa solo questo, non conosce i particolari. Delle cose come tende e sedie se ne sono occupati Harry ed Hermione, andando a fare spese in un negozio babbano. Hanno molto intelligentemente comprato un solo esemplare di tutto quello di cui avevano bisogno perché “Poi lo moltiplicheremo con la magia” gli ha fatto sapere Potter. Draco all’epoca aveva annuito, ammirato e soddisfatto: gli era sembrata un’idea davvero geniale. Poi però ha iniziato a dubitare di tutto e a pensare che, forse, era il caso di mettersi al lavoro lui per primo. Fosse per lui si starebbe già dando da fare con la bacchetta, ma con tutto quello che ha passato negli ultimi giorni ha appunto giurato che non farà niente del genere. Non ha intenzione, insomma, di frapporsi al lavoro degli Auror o di dar loro indicazioni. Non sarà una “Spina nel culo” come ha detto Harry, supportato da Ron ed Hermione. Loro dovranno occuparsi di proteggere l’intera zona che lui e Potter hanno scelto per il matrimonio, issando barriere anti-babbano e altre contro i nemici, oltre che installare tutto il materiale per il rinfresco e gli invitati. E lui dovrà stare zitto e tenere la bacchetta in tasca. Draco è stato assurdamente in ansia per ognuna di queste singole cose e in parte lo è tuttora, se ne sta sempre con il timore che qualcuno possa sbagliare e i suoi invitati si ritrovino senza posti a sedere o privati del cibo. Sa che questo è impossibile, esiste la magia e ha un esercito di Elfi domestici che cucinerà fino a farli scoppiare, quindi la sua stessa presenza qui in questo momento è assolutamente contraria alle promesse fatte. Eppure, Draco si è alzato apposta così presto. C’è una cosa che deve fare e che va al di là di ogni cosa può aver giurato. Non c’entra con lo spirito organizzativo né con il panico dello sposino. Quando lui e Harry hanno scelto il luogo in cui si sarebbero sposati ovvero una radura sulle bianche scogliere di Dover e lo hanno visitato in prima persona, trovandolo assolutamente perfetto, si è immaginato che la cerimonia sarebbe avvenuta sotto un arco fiorito ed è questo che è venuto a fare. Aveva pensato ai gigli, Draco ama i gigli, ma poi ha avuto un’idea migliore. Draco se la cava abbastanza bene con gli incantesimi floreali e si è anche esercitato per creare il tipo di pianta che aveva in mente. All’inizio della sua storia con Potter ha evocato molti più mazzi di fiori di quanti non voglia ammettere e tutto perché vedere le espressioni stupite di Harry, che mai in vita sua aveva ricevuto fiori in regalo, ne valeva la pena. Ma una pianta con tanto di fronde è un incantesimo complicato che deve necessariamente riuscirgli per come se l’è immaginato. Draco si materializza al centro della radura, il sole è già sorto sulle bianche scogliere di Dover, ma è ancora presto perché faccia già caldo. Non sono nemmeno le sette del mattino, il prato verde è bagnato di rugiada. C’è una leggera nebbiolina a permeare l’aria e a renderla ancor più umida. Non appena il sole si alzerà, la temperatura diventerà più accettabile. Per ora, Draco rabbrividisce nella camicia di lino che indossa. Incede nell’erba alta, preoccupandosi anche di rasarla con la magia. D’accordo ha promesso di non fare niente, ma se agita la bacchetta è solo per salvare i suoi costosissimi pantaloni. A un certo punto è quasi sicuro di aver fatto arrabbiare qualche gnomo, perché sente più di un fruscio ai propri piedi. Spera che gli Auror facciano qualcosa in proposito, magari una disinfestazione, perché non vuole che i suoi invitati vengano assaliti da quelle piccole pesti. Il suo camminare si ferma solo quando arriva in prossimità del luogo che lui e Harry hanno scelto. A ridosso della scogliera, a debita distanza dal precipizio ovviamente perché non vuole morire il giorno delle sue nozze. La scelta coincideva anche con l’orario scelto, la posizione del sole, la loro posizione rispetto agli invitati, scelta in modo che lui e Harry li sovrastino. Insomma ci hanno ragionato sopra parecchio. Adesso non fa l’effetto che dovrebbe, l’ora del giorno è quella sbagliata e i giochi di luce che ha in mente non funzionano al momento, però anche in questo modo è stupefacente. E il luogo molto suggestivo. Si sposeranno a mezzogiorno quando il sole sarà alle loro spalle, creando un gioco bellissimo che lui ha intenzione di esaltare con il giusto incantesimo floreale. Ora il sole gli sta a sinistra e, nonostante sia presto, quasi lo infastidisce. Draco arriva camminando a grandi falcate nel punto giusto e con un colpo di bacchetta, fa spuntare dal terreno un ciliegio in fiore che si materializza davanti ai suoi occhi. ** Adora i fiori di ciliegio. Il tronco di quello che è appena spuntato dal terreno, oltre che essere pieno di fiori rosa, è ritorto leggermente verso destra, come se si incurvasse. È proprio quello che aveva in mente di ottenere. Con un altro movimento di bacchetta, un secondo ciliegio in fiore si materializza lì accanto. Anche questo è ritorto su se stesso, piegato appena verso sinistra e anche lui è frondoso e pieno di fiori al punto da scoppiare. L’uno accanto all’altro creano una sorta di spazio, che ricorda vagamente un cuore, attraverso il quale la luce entrerà, illuminando entrambi. Draco indietreggia e osserva, fiero di sé, il lavoro appena fatto. Sono magnifici e si è decisamente superato. I fiori rosa vengono agitati dal vento e uno si stacca da uno dei rami e gli vola ai piedi. Draco muove la bacchetta e il fiore inizia a levitare davanti a lui fino a che l’incanto finisce e il fiorellino gli si deposita in mano. Lo ha fatto per Harry, perché lui è puro e gentile come un fiore di ciliegio. E quando Draco alza di nuovo lo sguardo su quelle fronde ampie, sospira. Stanno per sposarsi, realizza. Lui e Harry.


 

Continua 


 

*Devo necessariamente ringraziare Lisi Efp per l’aiuto che mi ha dato. In “The Cursed Child” Rose, la figlia di Hermione e Ron, si fa chiamare “Weasley Granger” e insieme abbiamo pensato che Hermione potesse aver fatto la stessa cosa, aggiungendo il cognome di Ron al proprio sebbene non ci sia nessun riferimento nel testo.

**Questa è una delle poche licenze narrative che mi sono concessa. So che esiste un incantesimo per evocare dei fiori e quindi ho pensato che Draco potesse addirittura far spuntare due piante enormi. Che sono piante comuni, non piante magiche e nella mia testa è quello che fa la differenza. Le piante magiche delle volte sembrano avere una propria volontà, tipo il platano picchiatore o le mandragore, ma i fiori che vengono evocati sono invece normalissimi. Ho pensato ci fosse una differenza, anche se ammetto che non sono sicura che sia possibile. Però volevo assolutamente creare questa scenografia.


 

Note: Due parole su Schröedinger e sul cosiddetto paradosso del gatto. Lascio qui il link nel caso non sapeste di cosa si tratta, Wikipedia lo spiega abbastanza bene: Paradosso del gatto di Schrödinger - Wikipedia Mi piaceva molto come titolo e come espediente comico e quindi all’inizio l’ho usato senza pensarci troppo. Poi mi sono fermata e mi sono chiesta se Draco (all’inizio era Draco a fare la battuta), potesse avere idea di cosa fosse il gatto di Schröedinger e mi sono detta che era poco probabile specialmente che lo citasse con così tanta naturalezza. Quindi ho optato per Harry, che è vero: non ha un’istruzione babbana superiore però è nato e cresciuto tra i babbani, ha frequentato le scuole babbane fino agli undici anni e poi, anche dopo, andava a casa degli zii d’estate e ricordo anche che Harry e Draco hanno una televisione nel loro appartamento di Diagon Alley (come citato in: “Say yes to the dress”). Di conseguenza ho creduto potesse continuare a tenersi informato sul mondo babbano. Non trovo così improbabile che sappia cosa sia, la faccenda del gatto nella scatola è molto mainstream.

Come potete vedere, la storia è tornata su atmosfere molto più leggere e da commedia. Non dimenticherò del tutto Rosamund Brown e quello che ha fatto passare a Draco, sarebbe improbabile. Ogni tanto l’argomento tornerà fuori, però da adesso in avanti si viaggerà su toni da commedia.

Un grazie a tutte le persone che stanno seguendo, soprattutto a chi ha recensito e continua a sostenere me e questa storia. Andrei avanti comunque anche senza recensioni, lo sapete, ma è bello ricevere commenti di qualsiasi genere quindi grazie. Ormai siamo agli sgoccioli. Ammetto di essere emozionata.
Koa

 

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Capitolo 14
*** Non ci si stravacca nella dimora di un principino ***


Note introduttive: Attenzione, linguaggio scurrile e uso di alcolici.





 

Non ci si stravacca nella dimora di un principino




 

Draco si districa tra gli impegni del giorno con una discreta maestria. Anzitutto riesce a uscire indenne dal pranzo con sua madre, il che di per sé dovrebbe essere considerata una cosa eccezionale. Narcissa non lo risparmia affatto e, nonostante il suo recupero fisico e mentale non sia ancora completo, pretende di sapere ogni dettaglio sui mesi di preparativi che si è persa. Il suo volerlo fare in un paio d’ore scarse, senza badare alla stanchezza, è così tipico del suo carattere che Draco annuisce e basta, senza lottare perché tanto non ne vale la pena. Dal canto proprio, mamma vuole essere aggiornata su tutto: dai centrotavola sino alle stoviglie, finanche al menù del pranzo di nozze. Ovviamente dà un’opinione su qualsiasi cosa. Molto spesso si esprime senza parlare, inarcando semplicemente un sopracciglio o arricciando le labbra all’occasione. Gli escono dalla bocca almeno un paio di: “Mh” e diversi: “Si poteva fare meglio”, che comunque non lo offendono perché in effetti da lei in genere si aspetta ben di peggio. A detta di chiunque sembrerebbe una madre anaffettiva e ipercritica, ma Draco la percepisce come decisamente giù di corda rispetto al suo solito. Sarà la stanchezza data dai mesi passati a subire una Maledizione Imperius che la teneva soggiogata e lontana da lui o probabilmente il fatto che, almeno un pizzico, si siano riappacificati, ma Narcissa non sputa tutto il veleno di cui sarebbe capace. Anzi, si dice addirittura grata alla signora Weasley per l’aiuto che gli ha dato e giura di andare da lei a ringraziarla personalmente. Nonostante le belle parole che esprime, gli pare comunque evidente quell’incrinatura nel tono di voce. Sembra quasi che ci sia nascosto dell’altro dietro a quel sorriso e forse è una nota di gelosia, quella che intravede nel suo sguardo e che naturalmente si preoccupa subito di nascondere. Mamma non ama esporsi più di tanto, soprattutto quando di mezzo ci sono le emozioni. Non pensa abbia mentito riguardo la faccenda della gratitudine, ma è sicuro che al tempo stesso si stia facendo qualche domanda sul perché suo figlio non sia andato da lei, ma abbia preferito un’estranea. E non è solo per le parole che gli ha rivolto alla festa di fidanzamento e per quel rifiuto che ha bruciato per troppo tempo, sanno perfettamente tutti e due che non ci sarebbe andato comunque. Narcissa avrebbe delegato il compito di riparare il vestito a un Elfo domestico e lui in quel momento non aveva bisogno soltanto di mettere una pezza a una stoffa, ma di una madre comprensiva che lo rassicurasse dicendogli che tutto sarebbe andato per il meglio. Narcissa non è una cattiva persona, ma è fatta alla sua maniera. Draco invece pensa di non aver mai incontrato nessuno più rassicurante di Molly Weasley, tantomeno sua madre. Se si risente, tuttavia, non lo dà a vedere. Però dopo pranzo pretende di accompagnarlo alla Gringott, per recuperare l’abito da sposo che ha depositato nella propria camera blindata mesi fa, così da tenerlo al riparo da ulteriori attacchi dell’allora misterioso sabotatore. Lo vuole anche vedere, sebbene glielo abbia descritto con dovizia di particolari, Narcissa è il tipo di persona che si fida soltanto del proprio giudizio. 
«Perché proprio alla Gringott?» chiede, intanto che procedono a passo lento lungo Diagon Alley. La tiene sottobraccio, sorreggendola e infondendole quella sicurezza che in più di un’occasione sembra mancarle. Lungo il tragitto a Draco nemmeno dispiace quando vengono riconosciuti e additati. Però dubita che, nascosto in quel parlottio, ci sia un qualcosa di diverso dal mero pettegolezzo. Sono mesi che quelli della Gazzetta del Profeta, e Rita Skeeter in particolare, pubblicano articoli che lo riguardano. Mesi di teorie complottiste su come abbia fatto a conquistare l’eroe del mondo magico o di reportage di dubbio gusto, accompagnati da fotografie rubate. Draco non conta neanche più il numero di volte in cui si è visto sbattere in prima pagina, con uno scatto che non gli rende affatto giustizia e che lo fa sembrare un criminale qualunque. Ha smesso di prendersela, però, non vale la pena rodersi il fegato per queste cose.
«Perché è il posto più sicuro che conosco» replica, facendo spallucce. Il solo in cui Potter non andrebbe a sficcanasare, rovinando la sorpresa.
«Voglio dire, non potevi semplicemente chiuderlo nel tuo armadio?» Avrebbe potuto, ma anzitutto Potter non l’ha ancora visto e ci tiene che le cose restino in questo stato perché sì, è un uomo romantico e vuole lasciarlo a bocca aperta. In secondo luogo sa che la banca dei maghi è il posto più sicuro del mondo, nessuno può entrarci, a meno che non ti chiami Harry Potter e non ti metta in testa di svaligiare la camera blindata di Bellatrix Lestrange, ma questa è un’altra storia.
«Non volevo correre rischi» replica, mettendo fine alla discussione. Lei ad ogni modo sembra accettare la spiegazione e quando si ritrovano davanti all’entrata della banca, mettono entrambi fine alla discussione.


 

Grazie a Merlino, a mamma il suo abito piace. Non commenta con parole acide, nella sua voce non c’è traccia di disgusto così come sul suo volto, che al contrario pare né più né meno che estasiato. Dentro al suo guardare ogni singolo ricamo della giacca c’è quella sua precisione analitica che in lei apprezza sempre moltissimo, e che in parte è sicuro di aver ereditato. Luigi ha lavorato con una cura che rasenta il maniacale a ogni singolo filo argentato e se il risultato è lasciare Narcissa Black Malfoy senza parole, allora pensa proprio che sia riuscito in un qualcosa di eccezionale. 
«Supera decisamente le mie aspettative, Draco» commenta alla fine, accarezzando la stoffa con la punta delle dita e fissando ogni particolare per un tempo indefinito. Sì, è andata decisamente bene. O quasi. Ha comunque a che vedere con sua madre ed è impossibile che lei non lo torchi riguardo a qualsiasi cosa le venga in mente. Se con il vestito l’ha sfangata, è quando gli chiede di visitare il luogo in cui si celebrerà il matrimonio, che le sue ginocchia tremano. C’è già stato questa mattina, ha fatto quel che doveva e ha aspettato gli Auror per dare loro qualche piccola indicazione e poi, come promesso, se n’è andato. Da allora ha giurato di stare alla larga da qualsiasi cosa inerente all’organizzazione della cerimonia e del banchetto. Portarci sua madre vorrebbe dire anzitutto rompere una promessa fatta a Potter, ma soprattutto significherebbe portarci una persona affetta da crisi organizzativa maniacale, che inizierebbe a trovare mille difetti e si auto eleggerebbe capo assoluto, impartendo ordini a chiunque. Non può assolutamente permettersi di litigare con Harry adesso né tantomeno con i suoi amici Auror, ma sa anche che mamma non accetterà un no come risposta, quindi prima di replicare pondera bene ciò che sta per dire.
«Gli amici di Potter ci stanno lavorando proprio adesso» esordisce «non vorrai certamente vedere quel posto quando tutto è in disordine, vero?» Draco si fa i complimenti da solo, compiacendosi di se stesso per la fenomenale prontezza di riflessi. Con sua madre è sempre bene far leva sul disordine, la sciatteria o quant’altro di simile se si vuole ottenere come risultato il suo stare alla larga. Funzionava a quindici anni quando non voleva che entrasse nella sua stanza, funziona anche adesso. Potrà giudicare e criticare a lavoro fatto, sarà la solita palla al piede, ma almeno lo farò a lavoro finito senza più far pesare niente a nessuno. Tranne che a Draco stesso, questo è ovvio, ma è vero anche che ha le spalle abbastanza larghe per sopportarla. Ad ogni modo sembra proprio aver premuto i tasti giusti perché lei arriccia il naso, rilassa la postura ed esprime un flebile: «D’accordo.» Sa che ciò non significa che si stia tirando indietro dal criticare o appuntare tutto quello che, a suo modo di vedere, è stato fatto con poca cura. Ma intanto che la vede recuperare la bacchetta dalla giacca del tailleur che indossa, immagina possa anche rimandare a domani l’incombenza di dirle che a lui e a Harry va bene anche così. Meglio evitare il sarcasmo e non risponderle dicendo che se lo annoterà per il prossimo matrimonio, sua madre non reagisce mai troppo bene all’ironia e anzi finisce con l’irrigidirsi ancora di più. Quindi pensa che si limiterà a scrollare le spalle e a congedarla.
«Mi raccomando, la passaporta sarà in Diagon Alley proprio di fronte all’entrata dei Tiri vispi Weasley. Ci sarà un addetto del Ministero a controllare perché quello è il solo modo di arrivare in quel posto. Si tratterà di un vecchio scarpone e verrà attivata dalle dieci del mattino in avanti. Se per una qualunque ragione la perdete, mandatemi un gufo e vedrò di sistemare le cose.»
«Perfetto, a domani» replica, lasciando dietro di sé soltanto il lieve plop della smaterializzazione. Draco sospira pesantemente, si sente sfinito. Certo non si aspettava per davvero di ricevere una pacca sulla spalla, ma ammette che per un attimo ha sperato che lei lo rassicurasse o gli facesse le congratulazioni. Non le ha mai fatte, neanche quando hanno annunciato il matrimonio, ma come ripete sempre: non deve aspettarsi poi molto, è già tanto se ha accettato che si sposi con un uomo. Almeno però è sopravvissuto, si dice mentre stringe al meglio l’abito ovviamente rinchiuso in una sacca di protezione. Non ha idea, però, di come lui e Potter ne usciranno dall’incontro tra i suoi genitori e gli zii di Harry che, hanno deciso, si incontreranno direttamente domani prima della cerimonia. Non ci vuole pensare adesso, ha già dato con le paranoie almeno per oggi.

 

Quando torna a casa trova Harry e Ron seduti sul divano del soggiorno intenti a parlottare tra loro a bassa voce. Ritiene di per sé la cosa alquanto sospetta, specialmente perché pare subito evidente che Hermione non è lì con loro. Strano, di solito quei tre sono sempre insieme. Conoscendola, è probabile che stia ultimando qualche pratica in ufficio prima del fine settimana, ma non ne è sicuro perché potrebbe anche avere a che fare con la gravidanza. Già, è vero: Hermione è incinta. E non lo sa ancora nessuno, è questo che lo sconvolge, sebbene stia facendo di tutto per non darlo a vedere. Si è chiesto più volte se fosse cambiato qualcosa da quella mattina a Villa Edera, se lei si sia decisa a dirlo a Ron, ma a giudicare da come quest’ultimo se ne sta in silenzio e ora lo fissa dal basso, decisamente contrariato dalla sua presenza, pare proprio che non ne sappia niente. Nah, Weasley glielo avrebbe già detto se sapesse che sua moglie aspetta, è praticamente impossibile che se ne stia zitto quando è a conoscenza di una notizia tanto importante. E comunque la sua espressione sarebbe di pura felicità, non certo così cupa. Si domanda però di che accidenti stiano parlando, anche se probabilmente è niente più di un qualche pettegolezzo da ufficio. Nell’osservarli Draco assume in maniera quasi involontaria un cipiglio torvo e scruta il suo fidanzato, il quale ha smesso all’improvviso di parlare e ha sollevato lo sguardo in sua direzione, sbattendo le ciglia come se stesse mettendo a fuoco. Non sembra davvero sorpreso di vederlo, è più che altro colto alla sprovvista. Il che conferma la sua prima impressione: quei due stanno complottando qualcosa. Di che potrebbe trattarsi? C’entra un qualche segreto, questo è chiaro, però dubita abbia a che vedere con l’addio al celibato. Non andranno in un locale babbano di spogliarelli, conosce posti come quelli dato che Pansy e Zabini ne sono assidui frequentatori ed è capitato, ovviamente per caso, che ci andasse anche lui e sa che Potter non ne è il tipo. Magari lui e i suoi amichetti del cuore si sbronzeranno sul divano, questo è già più probabile. Ha detto che trascorrerà la serata alla Tana e non dubita che sarà così. Draco è più che altro incuriosito da tanta segretezza, ecco. Gli piacerebbe tanto sapere per quale assurda ragione sono sobbalzati entrambi come se fossero stati colti in flagrante a fare qualcosa di illecito. Qualcosa di illecito… Beh, considerati i soggetti, non è neanche così strampalata come idea. Potter fa di continuo cose illegali, il che lo rende un Auror davvero molto strano.
«Draco, sei già tornato!» esclama Harry, rizzandosi meglio a sedere. In risposta, lui alza gli occhi al cielo, sospira per l’esasperazione e a quel punto un po’ del sarcasmo che ha dovuto trattenere per ore con sua madre gli sale su fino in gola. Il bello dello stare con Potter, oltre al sesso s’intende, è che si può permettere anche di calcare la mano sull’ironia più brutale senza che lui si offenda troppo. Non si arrabbierebbe mai perché gli ha risposto male, il massimo sarebbe vendicarsi prendendolo per il culo per la pettinatura, cosa che per altro fa dal primo anno a Hogwarts. Poco originale, ma efficace dato che è precisamente da allora che lui si acciglia ogni volta che gli fa notare che: “Quella che hai in testa è né più né meno una leccata di mucca, Malfoy”. E forse è proprio perché ci ripensa che accentua il sarcasmo.
«No, in realtà sono ancora a pranzo con mia madre e quella che vedi è una proiezione della tua mente. Sei ubriaco o impazzito, una delle due» replica, salace. «Certo che sono tornato!» sbotta infine. Harry alza gli occhi al cielo e sbuffa, in una perfettamente imitazione di quanto Draco ha fatto un attimo fa. Incrocia però le braccia al petto e lo scruta dalla testa ai piedi intanto che Ron si zittisce al suo fianco, cadendo in un silenzio teso. Sembra imbronciato, ma continua a non avere idea del motivo.
«Come mai è così antipatico oggi?» borbotta Weasley, che come al solito non ha capito l’ironia della situazione. Draco ringhia impercettibilmente, ma perché deve essere circondato da gente del genere?
«Andiamo, Ron» se ne esce Potter all’improvviso, senza dargli neanche il tempo di articolare una mezza risposta indignata. «Stiamo parlando di Malfoy, giusto? Dove starebbe la novità? Antipatico, snob, sembra sempre che stia sentendo un cattivo odore, ti guarda come se ti disprezzasse…»
«Ma ehi, ho anche dei difetti» ghigna, indicando se stesso, ma scoccando a Harry un’occhiata divertita. Le loro migliori scopate sono iniziate proprio così, con frecciatine e Draco che finge di sentirsi profondamente oltraggiato. Arrivati a questo punto in genere calca la mano su qualcosa di ancora più tagliente e magari gli si avvicina anche, stuzzicandolo. Potter non è mai stato un asso a giocare d’astuzia, lui in queste cose è un tipo decisamente più brutale ed è sempre il primo a cedere alla passione e a baciarlo. E Draco è sicuro che se non ci fosse Weasley seduto sul divano a questo punto si starebbero già dando da fare. Siccome non può davvero permettersi di far vedere il proprio sedere nudo a Ron Weasley, trattiene per sé un commento ancora più salace. Harry lo fissa, mordendosi le labbra e rendendo la sua concentrazione decisamente labile. Sa che non sta giocando a fare il malizioso, Potter è incapace in queste cose, probabilmente sta solo trattenendo una risata.
«Ah, Malfoy, adoro quando mi guardi come se fossi la peggior sciagura che ti sia mai capitata».
«Chi vi capisce è bravo» si arrende invece Ron, sprofondando tra i cuscini del divano, mentre Potter si decide a cambiare argomento e gli domanda come sia andata con sua madre. A sentir nominare Narcissa, a Draco si ammoscia ogni divertimento su cui ha fantasticato negli ultimi minuti. Come far bloccare a qualcuno la voglia di farlo: nominare la mamma!
«Mh» mugugna, occhieggiandolo di sbieco. Con chiunque altro penserebbe che sia un tentativo di fare conversazione, tanto per dire qualcosa, ma Harry è sinceramente interessato alla sua vita, soprattutto a ciò che riguarda la famiglia. E non perché voglia davvero bene a Lucius e Narcissa, sia mai, ma perché lo ama. La risposta è talmente semplice da risultare quasi banale, ma a lui basta questo anche se ci sarebbero mille altri motivi da elencare.
«Domanda di riserva?» Apprezza il suo tentativo, ma non ha davvero voglia di parlarne. Anzi, non ha mai voglia di parlare di Narcissa. Di certo non lo vuole fare adesso, con Weasley che lo scruta imbronciato e la stanchezza che gli striscia addosso. Ora vuole solo sedersi in poltrona e affogare le proprie frustrazioni in un bicchiere di Whisky Incendiario, uno bello forte che gli brucia la gola e annebbia i sensi. Quindi agita appena la bacchetta, attivando un incantesimo “Locomotor” sul vestito che si muove da sé in direzione della stanza.
«Sul letto» dice, mentre l’abito rinchiuso nella custodia attraversa la stanza, ondeggiando ridicolmente a mezz’aria come un fantasma senza testa, braccia e gambe e avviandosi lungo il corridoio.
«Non spiare, Potter, ti è vietato guardare» borbotta, notando compiaciuto l’occhiata curiosa che Harry ha lanciato alla custodia. Si irrigidisce subito non appena glielo fa notare e poi arrossisce sulle guance, colto in fallo. Draco al suo contrario sorride sornione mentre affonda in poltrona, ama vedere le sue guance che si colorano in quel modo e succede fin tanto di rado per i suoi gusti. 
«Immagino di dover aspettare» mormora Harry, sorridendo con fare pacifico. Sì, immagina debba farlo. Però ne varrà la pena, lo sente. Già riesce a vedere la sua espressione meravigliata quando lo vedrà per la prima volta con quell’abito addosso. Ci pensa anche mentre si allunga in direzione del tavolino per recuperare un bicchierino dentro al quale versa due dita di Whiskey. Soltanto allora nota il baule di Potter, sistemato da un lato della stanza.
«Te ne stai per andare» dice, senza guardarlo, facendo ondeggiare il liquido ambrato dentro al bicchiere. A dire il vero è un tantino contrariato, sperava almeno che avrebbero cenato insieme, dato che Pansy e Zabini non arriveranno prima delle otto.
«Sì, Kingsley mi ha convocato inaspettatamente» dice, agitandosi sul divano. È nervoso, ma non crede sia per il matrimonio. Forse è perché dovrà parlare con il Ministro della Magia e non ha idea del motivo. Agiterebbe chiunque in effetti, soprattutto quando ti sposi domani!
«Dovrò essere da lui fra poco, ti stavo aspettando perché volevo salutarti prima di andare» aggiunge, alzandosi in piedi e prendendo a camminare lentamente in sua direzione. Draco lo guarda dal basso, sorseggia lentamente il proprio Whiskey, fingendo quasi di non notare la sua figura slanciata, le gambe muscolose, il petto sodo e quei capelli ovviamente spettinati. Nel constatare la sua timidezza e quel fare un filino goffo con cui gli si approccia, gli angoli della bocca si arcuano impercettibilmente verso l’alto. Adora anche questo di lui, oltre al vederlo arrossire. Solo allora si rende conto che non vuole davvero separarsi da Harry, ma hanno detto che è meglio quindi va bene, immagina di poterlo fare. Draco non è davvero sconvolto dall’idea di non vedere il suo futuro sposo per una notte. Può sopravvivere benissimo anche senza di lui. Non che gli piaccia l’idea di dormire separati, ma più che altro è il pensiero di quello che succederà quando si ritroveranno, che gli strizza lo stomaco. Sì, è tutto vero: domani si sposa con quel povero eroe di Potter e non è sicuro di sapere come fare esattamente a sposarsi. Oh, certo sono mesi che pianifica, che pensa a ogni più piccolo dettaglio, ma non si è mai davvero focalizzato sul fatto che ha trascorso tutto questo tempo a organizzare il suo, di matrimonio. E la realizzazione sta arrivando proprio adesso, e lo agita. Per Merlino! Perché proprio ora? Con Weasley che lo fissa come se lo odiasse.
«Vedi di non bere troppo, Malfoy» lo prende in giro Potter, Draco fa schizzare le sopracciglia verso l’alto e sbuffa una risatina dal naso.
«Con Pansy e Zabini nella stessa stanza? Impossibile, ma tenterò se tu mi prometti di non fare l’eroe nelle prossime ore. Aspetta almeno fino a domani sera a gettarti nell’ardemonio per salvare un gattino o qualsiasi cosa tu faccia quando vai al lavoro. Va bene?» Ecco, in realtà non vuole che sembri uno scherzo. Tutto è tranne che quello a dirla tutta. In questo momento vorrebbe tutto meno che Harry ci restasse secco la notte prima delle nozze come quella dannata maledizione di quella dannatissima Georgina Dunn, a cui per altro ancora pensa.
«Va bene, credo di poterlo fare.»
«Non sto scherzando» dice invece Draco con voce dura, forse troppa tanto che Harry smette di sorridere e diventa drammaticamente serio. Per rimarcare il concetto si alza in piedi e lo fronteggia come se stessero per duellare, prendersi a pugni o fare l’amore. Da qualche anno ormai è sottile la linea che separa il voler fare a botte, dal rotolarsi invece tra le lenzuola. Non che si siano mai più picchiati, ma Draco sa che a volte danno questa impressione a chi non li conosce.
«Tu stanotte starai alla Tana con la tua famiglia e i tuoi amici. Fate quello che fate di solito quando non ci sono: parlate male di me se la cosa diverte voi Grifondoro da strapazzo, ma niente missioni pericolose. E se Kingsley ti ordina di andare a salvare chissà chi tu puoi anche mandarlo a…»
«Ehi» lo interrompe lui, abbracciandolo di slancio. Sì, ora sta meglio. Draco posa la testa sul suo petto e un flebile respiro gli scappa dalla bocca, immagina solo di avere paura. Ma è normale, dopo tutto quello che hanno passato, giusto? «Non succederà niente.»
«Sarà meglio per te, Potter, o ti vengo a cercare» lo minaccia, puntandogli contro un dito intanto che lui indietreggia.
«La mia unica missione adesso è sposarmi» dice, lanciandogli un bacio volante e strizzandogli l’occhio. «Ci vediamo all’altare, domani a mezzogiorno» aggiunge, prima di sparire con il suo amico Weasley e quel grosso baule che ha dai tempi della scuola. Draco sospira, ricadendo di nuovo in poltrona. Si vedranno all’altare.

 

Inaspettatamente il resto del pomeriggio scivola via in maniera veloce. Draco si aspettava un’attesa agonizzante, ma in parte aiuta il viverlo con pigrizia, prendendo del tempo per se stesso. Si fa un bel bagno caldo, beve una tazza di tè e verso le sei si cucina una cena veloce, alla fine si addormenta sul divano in vestaglia. Dovrebbe vestirsi, mostrarsi elegante come suo solito, ma Draco non ha davvero intenzione di mettersi qualcosa addosso che non sia il pigiama di seta che già indossa o la vestaglia con ricamate le sue iniziali e lo stemma di famiglia. Perché se è un principino, allora lo è fino in fondo e nel suo regno fa come vuole e non ammette repliche. E poi, al diavolo, deve ricevere Pansy e Zabini, non la Regina! Sono i suoi migliori amici, l’hanno visto in condizioni ben peggiori di quelle con cui gli apre la porta, alle otto e dieci di quel venerdì sera. Zabini ha la faccia di chi non dorme da due giorni e ci scommette, c’entra una ragazza. Pansy invece è spiritata, il trucco è sbavato, i capelli sono un disastro e ha due occhiaie violacee sotto gli occhi. Lei non sta scopando con nessuno, non come Zabini che di solito fa le ore piccole in giro per locali, sta invece lavorando come una matta alla sua torta nuziale. Quindi non le dirà niente di cattivo, potrebbe anche prenderla sul personale e distruggere quanto ha già fatto con un engorgio, sarebbe da lei. Quindi si limita a dirle che la vede “Superbamente a pezzi”, che grazie al cielo prende per un complimento che la ringalluzzisce appena. Oltrepassa la soglia a passo stanco, con aria quasi annoiata e gli molla in mano un paio di bottiglie di liquori babbani: la prima è vodka mentre il secondo è rum bianco.
«Le ho fregate dalla dispensa della pasticceria» dice con palese noncuranza, come se non avesse commesso un illecito che potrebbe anche costarle il posto. Non conosce bene Mathieu, ma dubita abbia voglia di farsi derubare il giorno dopo essere uscito da Azkaban. Di certo però non gliele riporterà indietro, non è così bacchettone. Non è mica come Potter! Quindi se le rigira tra le mani, legge le etichette e fischia di ammirazione, ha già bevuto roba del genere prima ed era rimasto piacevolmente colpito dai liquori che i babbani riescono a distillare senza magia. Ha una predilezione per il rum, a essere onesti, ma pensa si scolerà entrambe le bottiglie senza battere ciglio.
«Puoi farlo, Pansy? Lì ci lavori! E se Mathieu se ne accorge?»

«Per favore» replica lei, scacciando la semplice idea con un movimento rapido della mano, che rotea a mezz’aria. «Non ha certo voglia di mettersi a contare le bottiglie, credimi. Ieri è passato in laboratorio e se n’è andato a dormire dopo cinque minuti. Se farà domande gli dirò che le ho usate mentre non c’era. Ci crederà» conclude infine, annuendo.
«Se lo dici tu, ma non penso che rubare dal negozio in cui lavori sia un buon modo per iniziare la tua carriera di pasticceria» le fa notare, sprofondando in poltrona e richiamando grazie a un colpo di bacchetta un paio di bicchieri. Lui berrà direttamente dalla bottiglia: per ascoltare le stronzate di Blaise, perché è praticamente certo che abbia una storia da raccontare, dev’essere almeno sbronzo.
«Allora, Zabini?» lo incalza, mentre Pansy si butta a peso morto sul divano, si leva le scarpe e appoggia i piedi nudi sul tavolino. Dovrebbe dirle qualcosa, non ci si stravacca in quel modo nella nobile dimora di un principino, ma ha portato il rum quindi abbozza e si concentra sul suo migliore amico che ha l’aria mogia e sciupata: «Questa volta chi è?»
«Una strega, ma…» esordisce, assumendo però subito uno sguardo pensieroso e vagamente corrucciato. Perlomeno è una novità, è da quando hanno finito di andare a scuola che Blaise esce solo con ragazze babbane. In un primo momento ne era rimasto più che sconvolto, sebbene non fosse mai stato un Mangiamorte, non aveva avuto troppa considerazione per i non magici. Poi però quando gli ha spiegato che chi non possiede una bacchetta non sa niente della guerra e di conseguenza non ha motivo di giudicarlo come un perfido Serpeverde, ha cominciato a capire. Draco non può davvero dire di non comprendere le sue ragioni e non ha mai detto nulla di negativo a riguardo. Non ne avrebbe motivo, insomma lui si è messo insieme a Harry Potter. E comunque ha sempre ascoltato tutte le sue assurde storie su quanto male andasse la sua vita sentimentale senza battere ciglio. E ogni volta puntualmente si annotava di stare zitto e annuire, di non dire davvero ciò che pensava di lui. Zabini ha uno schema molto preciso: conosce una ragazza ed escono insieme per qualche settimana, ma arrivato al punto di far diventare le cose più serie e rivelare alla suddetta del mondo magico, ecco che se la dà a gambe, accampando scuse ridicole su quanto la suddetta ragazza sia piena di difetti. Draco non ha mai davvero creduto a nessuna delle favolette di Blaise e scommette che dietro a quel “Ma” che ha aggiunto subito dopo aver precisato che, questa volta, si tratta di una strega, ci sia l’ennesima storia assurda che gli toccherà ascoltare. La verità è che Zabini, oltre a essere terrorizzato dall’idea di impegnarsi, è anche un ipercritico rompicoglioni. Ha lasciato donne stupende per i motivi più futili e ogni sua relazione non dura più di tre settimane.
«Ma?» lo incalza, mentre lui si agita e inizia a bere forsennatamente dal bicchiere nel quale si è versato una generosa quantità di vodka.
«Ecco, io…»
«Fammi indovinare» tenta, buttando là del sarcasmo. «La punta del mignolo del suo piede sinistro pende un po’ troppo verso destra e a te la cosa urta da morire, quindi non la rivedrai più?» Nel sentirlo parlare in quel modo, Pansy emette una risata sguaiata che suona più come un barrito intanto che Blaise si acciglia.
«Non ho mai lasciato nessuno per un motivo tanto stupido.»
«No, ma hai mollato una ragazza perché aveva i capelli troppo crespi» gli fa notare Draco, saccente, appena dopo aver mandato giù un primo sorso di rum bianco: è ottimo proprio come ricordava. «Un’altra invece perché aveva una risata che a te dava fastidio, un’altra ancora perché masticava in una maniera irritante… potrei continuare, la lista è lunga.»
«C’era anche quella che aveva le mani troppo grandi» fa notare Pansy, saggia.
«E anche la tizia del cappel…»
«Insomma basta!» sbotta Zabini, contrariato a voce molto alta. «La ragazza con cui sto uscendo è fantastica e non ha nessun odioso difetto, il problema è che a voi non piacerà, già lo so.» Già lo sa? E come accidenti fa a saperlo? D’accordo se Zabini è un ipercritico cagacazzo, lui non è da meno. Draco è l’equivalente di una vecchia zia acida a cui non va mai bene niente e che ti fa l’elenco di quanto sbagliata sia la tua vita. La differenza è che non ha nemmeno trent’anni e non è lo zio di nessuno. Però resta il fatto che dovrebbe almeno prima sapere di chi si tratta e magari anche conoscerla, prima di sparare sentenze. E comunque questa è proprio nuova, perché da quando lo conosce (e ormai sono moltissimi anni), Blaise non si è mai preoccupato che una fidanzata piacesse o meno ai suoi amici. Dev’essere qualcosa di più serio, magari è innamorato. O forse la conoscono. La conoscono? Bah, è una strega quindi è probabile che abbia già sentito il suo nome. No, aspetta, adesso vuole assolutamente sapere di chi si tratta.
«Ma chi è?»
«Non so se è il caso che lo sappiate….»
«Andiamo, Blaise, può essere peggio di Malfoy che sposa Harry Potter?»
«Ottimo punto» interviene Pansy, sollevando il proprio bicchierino pieno di Vodka. Draco le sorride e alza invece la propria bottiglia come a voler brindare insieme.
«Insomma stiamo parlando di San Potter» rincara la dose Draco. «Te lo ricordi non è vero? A scuola lo odiavamo tutti e lo prendevamo costantemente per il culo, lui e i suoi amichetti del cuore Grifondoro. E invece adesso guardami, domani lo sposo.»
«Ha ragione» constata di nuovo Pansy «non può essere peggio del futuro signor Draco Potter Malfoy.» Non sa davvero come abbia fatto a non strozzarsi con il rum che sta bevendo, sentire quel cognome da poveri associato alla sua regale persona gli provoca un brivido gelido lungo la schiena. Tuttavia non vuole dare ai suoi amici l’occasione per prenderlo per il culo, non a un passo dal matrimonio almeno. E Pansy ci sguazzerebbe in una cosa del genere, anzi lo perculerebbe fino alla fine dei suoi giorni. Quindi abbozza un sorriso falsissimo e annuisce, dandole ragione. Grazie al cielo la sua migliore amica sembra essere più concentrata su Blaise che su di lui. 
«Va bene, ve lo dico, ma giuratemi tutti e due che non riderete!» li minaccia entrambi con il dito puntato. Draco ha le dita incrociate dietro la schiena, anche se non lo ammetterebbe mai. Però borbotta un: “Parola di Serpeverde” che vale sì, ma fino a un certo punto. La lealtà non è una caratteristica della loro casata, l’opportunismo invece sì e se mescolato all’ambizione fanno in modo che un’informazione possa diventare potenzialmente vitale per la sua sopravvivenza.
«Ormai è qualche settimana in effetti» cede Zabini «e non lo sa proprio nessuno sia chiaro, ma sto uscendo con Luna.» Luna, Luna… Oh per Salazar, quella Luna? Quella lì? Ma non stava con Paciock? No, aspetta forse quello era un brutto sogno che ha fatto qualche notte fa.
«Ti prego, dimmi che non è Lunatica Lovegood» replica, ma Zabini oltre a essere arrossito sulle guance non fa niente per negare e intanto che Pansy spalanca la bocca, completamente sconvolta dalla portata della notizia, Draco affonda nella poltrona e guarda la bottiglia di Rum che ha tra le mani. Sente di non essere pronto per sentire delle notti di fuoco della coppia Zabini-Lovegood, non prima di aver svuotato almeno metà del contenuto della bottiglia.
«Alla vostra» dice, accennando a un brindisi, prima tracannare rum come se non ci fosse un domani. Finirla, deve finire la bottiglia e forse riuscirà a digerire la notizia.


 

Continua



 

Note: Chiedo scusa per il ritardo con cui aggiorno, chi mi segue su Facebook conosce i motivi, sono state settimane un po’ complicate e scrivere era l’ultima cosa che avevo in mente. Appena la situazione si è più o meno risolta mi sono messa subito a finire il capitolo che avevo già cominciato. I piani stanno cambiando ancora, cambiano di continuo come le scale di Hogwarts. Sapevo che l’avvicinamento al matrimonio avrebbe portato via più di un capitolo, in origine avevo previsto due soli capitoli perché non avrebbe dovuto esserci la scena con Pansy e Zabini, ma poi ho pensato che un po’ di leggerezza fosse necessaria. Penso quindi che me ne serviranno altri due, nel prossimo verranno affrontate alcune situazioni come la gravidanza di Hermione e verrà spiegato perché Harry ha dovuto vedere Kingsley, nell’ultimo invece verrà celebrato questo benedetto matrimonio.

In questo capitolo c'è un riferimento alla serie "Friends", al personaggio di Chandler in maniera particolare, mi piacerebbe vedere se qualcuno lo coglie. 
Intanto grazie a tutti per aver seguito la storia fino a questo punto, ormai siamo in dirittura d’arrivo. Grazie a chi ha inserito la storia tra le seguite, le preferite e le ricordate.
Koa  

 

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Capitolo 15
*** Tutti odiano Harry Potter ***


Tutti odiano Harry Potter




 
 

Hermione non si preoccupa neanche di bussare, in genere è più discreta e rispettosa degli spazi altrui, ma quel mattino irrompe direttamente nel suo soggiorno, materializzandosi a un palmo dal suo naso. Draco non può dire di sentirla,o vederla, percepisce a malapena un fruscio e forse addirittura un mormorio indistinto, probabilmente lo sta chiamando o addirittura commentando lo stato pietoso in cui hanno lasciato l’appartamento. Ciò che lo sveglia è la Granger che spalanca tende e finestre del salotto senza fare troppe cerimonie, facendo entrare un venticello fresco e tantissima luce. In tutta risposta, lui geme per il fastidio. Tutta quella esposizione gli ferisce la vista e allora si ripara a malapena, coprendosi gli occhi con l’avambraccio, per un istante quasi crede di potersi riaddormentare. Una vana speranza: Hermione ha una voce squillante che gli trapana i timpani e grazie alla quale spera di farlo alzare dal divano dove è crollato qualche ora fa, perché era talmente ubriaco che non ha considerato di alzarsi e andare a letto. Zabini e Pansy devono avercelo abbandonato senza farsi troppi problemi. Se ne sono andati da un pezzo, non ha esattamente idea di che ore fossero quando sono strisciati via dal suo appartamento, ma non importa realmente. Dopo che Blaise ha dichiarato di uscire con Luna Lovegood non ricorda più nulla di concreto, il resto della serata è offuscato. Ha in mente Pansy che a un certo punto è salita sul tavolino e ha iniziato a svestirsi perché, diceva lei, in tutti gli addii al celibato dev’esserci uno spogliarello. Non ricorda bene, ma è probabile che non abbia avuto cuore di dirle che vederla spogliarsi non gli fa davvero nessun effetto, anzitutto perché è la sua migliore amica e poi perché le donne proprio non gli piacciono. Quindi è plausibile che abbia fischiato e urlato, dichiarando che fosse il momento più alto dell’intera serata. Di certo ciò che più si avvicinava a un addio al celibato di tutto rispetto, considerato che hanno parlato molto più di Blaise e Luna che lui. Non può pensare a questo però, non adesso. C’è ancora Hermione che gira attorno al divano sopra al quale è steso e agita la bacchetta come una forsennata, ripulendo tutto il casino che hanno combinato. A Draco vederla muoversi così rapidamente fa venire da vomitare.
«Che diavolo ci fai in casa mia, Granger?» biascica a un certo momento, cercando di non morire. Ma tutta questa luce è legale? E soprattutto chi accidenti è che picchia in questo modo? «Che diavolo ci fai sveglia a quest’ora? Saranno le sei del mattino» mormora, cercando malamente di mettersi seduto. Impresa che gli riesce sebbene a fatica, perché il mondo sta girando? E perché ha voglia di vomitare? No, questa la sa: ha bevuto come una spugna è logico che ora lo stomaco si stia rivoltando.
«Sono le nove e mezza, Malfoy. Ti sposi tra poco più di due ore e stai ancora dormendo.» Aspetta, cos’ha detto? Sono le nove e mezza? Se ha ragione, e difficilmente Hermione Granger non ne ha, allora dovrebbe seriamente andare nel panico. Ha tipo un milione di cose da fare, tra cui controllare che il luogo in cui si sposeranno sia quantomeno accettabile e non un postaccio decorato da pezzenti. Ah, e poi dovrebbe darsi una ripulita e almeno provare a stare in piedi senza barcollare. Eppure invece di muoversi, ancora cerca di capire chi è, come accidenti è finito in questo stato e soprattutto perché non si è svegliato prima.

«Beh» tenta di dire, ma la voce gli esce molto più roca di quanto vorrebbe. Quindi tossicchia un paio di volte nella speranza di riuscire ad articolare la frase che, nella sua testa, è più o meno chiara. «La situazione è cambiata e ho fatto fuori una bottiglia di rum da solo» confessa perché tanto è inutile mentire, quello che è successo è più che evidente dai bicchieri vuoti, che Hermione ha pensato bene di far sparire prima ancora che aprisse gli occhi. Adesso grazie al cielo ha smesso di girare per la casa come se fosse impazzita, ma il fatto che si sia fermata e stia battendo nervosamente un piede a terra, non migliora le cose, anzi fa solo aumentare il suo mal di testa.
«Avevi giurato a Harry che non avresti bevuto, è così che vuoi iniziare la tua vita matrimoniale? Con una sbornia?» Sì, pensa, anche se non lo dice. E probabilmente continuerà su questa linea ancora per un po’, sebbene al momento l’idea di bere sia impensabile. Tanto per dirne una gli scoppia la testa, quindi inizia a massaggiarsi le tempie in maniera lenta. In effetti sì, si è ubriacato. Ha passato di peggio, questo è vero, essendo amico di Pansy da una vita ne ha fatte di cotte e di crude, ma non può assolutamente passare per quello che non mantiene le promesse. Strofinarsi le tempie serve a poco, ad ogni modo, gli ci vorrà un dopo sbornia e un triplo caffè, questo è certo.
«Anzitutto abbassa la voce» esordisce, strascicando le parole e ancora schiarendosi la gola. «In secondo luogo, Zabini ha pensato bene di rivelarmi il suo più grande segreto proprio ieri sera e ne sto tenendo abbastanza, non trovi? Ho i miei segreti, quelli di Potter, i tuoi e adesso persino quelli di Blaise, scusami se mi sono scolato una bottiglia di Rum la notte prima di diventare il signor Potter.» Sì, lo diventerà ed è perfettamente inutile che da giorni stia cercando disperatamente di non pensarci. A quanto pare “Draco Potter” è un accostamento ancora più terribile mentre si cerca di non soccombere ai postumi di una sbronza colossale, il giorno del proprio matrimonio.
«Oh, mi dispiace» ammette lei, irrigidendo la postura e fermando il battere del piede sul pavimento. Grazie a Merlino ora se ne sta ferma, un altro secondo e l’avrebbe fatta sparire. Lei e il suo dannato piede.
«Senti, Granger» le dice, racimolando tutta la propria scarsa concentrazione. «Va tutto bene, però trova il modo di dire a tuo marito che sei incinta. Ieri sera lui e Harry erano proprio qui e Ron non aveva una bella faccia.»
«Già, ehm» mormora in imbarazzo. «Abbiamo avuto una discussione, lui dice che sono strana e si è convinto che lo stia tradendo e io mi sono offesa perché è il solito cretino e poi… Beh, non ho avuto il coraggio di dirgli la verità.» Nel sentirla parlare in quel modo, Draco sprofonda tra i cuscini del divano, massaggiandosi la radice del naso. Più per la disperazione nella quale sta cadendo, che per il dolore che ancora non passa. Appoggiare la testa sui cuscini e guardare il soffitto aiuta, quantomeno il mondo smette di girare. Gli occhi adesso fanno un po’ meno male, si sono abituati alla luce calda di giugno. Però il tizio che picchia contro la sua fronte non se n’è ancora andato, in più il proprio stesso odore gli fa venire la nausea.
«Ho passato tutta la sera a gestire i drammi sentimentali di Blaise, con Pansy che non faceva che lamentarsi che non aveva nemmeno uno straccio d’uomo con cui venire al matrimonio. Più che il mio addio al celibato era la festa del: “Lamentiamoci tutti con Draco”. Adesso non ce la faccio anche con i problemi tuoi e quelli di Weasley. Non oggi!» Oggi no, nella maniera più assoluta. Deve gestire se stesso che si sposa e questo basterebbe già da sé. Peccato ci sia anche sua madre che criticherà ogni petalo secondo lei fuori posto, suo padre che probabilmente deve ancora realizzare ciò che sta per succedere e soprattutto dovrà gestire gli zii di Harry che incontrano i suoi genitori. Non può farcela anche con questo.
«Nessun dramma, prometto» annuisce e Draco si sente un po’ egoista, oltre che stronzo, soprattutto. Eddai, può darle almeno la possibilità di un breve sfogo.
«E va bene» annuisce, stancamente. «Ti concedo trenta secondi per una confessione veloce, poi non voglio più sentirne parlare almeno fino a domani, chiaro?»
«Mi dispiace, dico davvero» ammette lei. «E so che glielo devo dire, ma sono in confusione e spaventata. Non sono neanche andata da un medimago a farmi visitare, ma da un medico babbano. Lo stavo per dire a mia madre ieri, ma poi ho cambiato idea perché non era giusto che Ron lo sapesse per terzo. Già si arrabbierà quando saprà che Draco Malfoy lo ha scoperto prima di lui. Però giuro che entro stasera glielo dico. Io sono stata un po’ distratta di recente e pensierosa, mi sto facendo tante domande su che tipo di madre sarò e Ron non fa altro che farmi arrabbiare con i suoi sospetti.»
«Harry dice che Weasley è sempre un po’ sospettoso, ma che così ci è nato. Probabilmente è solo un po’ insicuro. Ti do due consigli: vai da un medimago perché dei dottori babbani non mi fiderei mai nella vita. Secondo, dillo a Ron prima che lo scopra da solo perché, se mai dovesse succedere, se la prenderà a morte e lo sai meglio di me. E ora se permetti vado a vomitare.» Ecco, adesso che ha fatto il proprio dovere di bravo amico può, nell’ordine, vomitare, pisciare (magari non in quest’ordine) lavarsi i denti, farsi una doccia e bere caffè. Tanto caffè. Litri di caffè.
«Aspetta un attimo» lo ferma invece Hermione, rovistando nella propria borsetta dalla quale estrae una bottiglia di piccole dimensioni. Non è una pozione fatta in casa, ha un’etichetta verde con impresso sopra il viso di un uomo baffuto che regge una bottiglia di vino. Forse un qualche rimedio che non ha mai sentito.
«Nell’eventualità che non avessi mantenuto la tua promessa di non bere, sono venuta preparata. Prendi» gli ordina, mettendogliela in mano. «È un distillato magico dopo sbornia. Non ho idea se funzioni o meno, ma è stato creato da Bale Dillard, * il famoso medimago americano. Il pozionista che me l’ha venduta dice che è ottima.» Ah, beh, se lo ha detto un pozionista… Draco non si fida poi tanto, quei tizi sanno mentire piuttosto bene pur di vendere una boccetta in più e al Ministero sono impegnati notte e giorno per impedire ai ciarlatani di vendere robaccia che magari risulta anche dannosa per il fisico. Immagina però non gli rimanga altro da fare che fidarsi, Hermione non è una che si lascia fregare. Avrà come minimo preteso di sapere la lista degli ingredienti, che di certo il pozionista non le avrà mai dato (solo un idiota rivelerebbe una cosa simile a un cliente). Spera solo che non gli faccia male. Alla fine, dopo più di un attimo di tentennamenti, afferra la bottiglia, soffermandosi un istante a leggere l’etichetta dove una scritta recita: “Se hai bevuto troppo, bevimi” e soltanto alla fine lo fa. Senza annusare, se lo facesse probabilmente correrebbe in bagno a vomitare e preferisce evitare. Infatti il sapore è orrendo, ma ne vale la pena già per il fatto che l’espressione che fa, strappa un sorriso a Hermione.
«Immagino non sia succo di zucca» borbotta, grattandosi la nuca imbarazzata.
«Decisamente no!» Anzi sa di fango, per non dire qualcos’altro. Però i benefici, come succede con le pozioni, sono immediati. Si sente subito meglio, non ha più voglia di rimettere, la testa ha smesso di martellare e riesce anche ad alzarsi in piedi e a non barcollare. Quasi.
«Tutto ok?» indaga Hermione, titubante.
«Se mi riempio di bolle do la colpa a te e poi vado a cercare a casa questo Dillard per cruciarlo.»
«Non esagerare, Malfoy, non succederà niente del genere» replica, asciutta. «Però adesso dobbiamo sbrigarci, gli Auror metteranno le barriere magiche tra meno di mezz’ora. Fatti una doccia, io preparo un po’ di caffè» dice, camminando subito in direzione della cucina. A Draco non resta che obbedire e quindi scivola via verso il bagno. La doccia lo rimette al mondo, come spesso succede dopo una sbornia è quel passaggio fondamentale per riuscire a dare a se stesso un aspetto decente. La medesima cosa, ovvero la decenza, che sa bene di aver perduto ubriacandosi la notte prima del suo matrimonio, ma a questo non vuole più pensare. Ancora avvolto dall’accappatoio si lava i denti, il che gli cambia decisamente la vita perché non avere più quel sapore di morte in bocca è una liberazione. Si dice sempre di non voler esagerare con l’alcol perché poi finisce con l’odiare se stesso durante i postumi, ma ricade puntualmente nello stesso vizio. Contrariamente a quanto succede di solito, però, questa mattina la pozione ha funzionato e quando esce dalla camera da letto, vestito leggero con una camicia di lino bianca e morbidi pantaloni color cachi, sembra una persona degna del proprio rango e non un essere strisciante. Quando la Granger lo chiama all’attenzione, dicendogli che sono già le dieci meno cinque e ha solo pochi minuti per bere il suo caffè, Draco sta perfezionando i capelli, a cui tiene in maniera particolare. Non ha intenzione di pettinarli all’indietro come ha sempre fatto fin da quando era un bambino, questa volta li lascerà morbidi. Li ha ingelliati appena un poco, giusto quel tanto perché stiano fermi, ma l’effetto è molto morbido e naturale. Harry impazzirà, ne è certo. Ama i suoi capelli in maniera particolare, specialmente quando non sono laccati all’indietro, ma morbidi e un po’ spettinati. In effetti non gli ha rivelato neanche questo dettaglio, fa parte della sorpresa e già sa che lo lascerà a bocca aperta.


«Eccomi» dice, vestito alla mano ancora chiuso nella custodia, già incantata a dovere, che volteggia alle sue spalle. Quando compare sulla soglia della cucina, Draco è consapevole di essere uno schianto. Lo è sempre, ma questo è il giorno del suo matrimonio e forse merito anche del sapore di morte che aveva in bocca fino a venti minuti fa, è un vero e proprio raggio di sole. Quando nota la Granger spalancare la bocca per lo stupore capisce di aver fatto un ottimo lavoro.
«Malfoy, sei…»
«Favoloso?» replica, alzando un sopracciglio e incedendo nella stanza con passo svelto e aggraziato. «Lo so, cara, grazie e penso proprio che dopo questo caffè mi sentirò ancora meglio» dice, afferrando la tazza colma che Hermione tiene in mano, bloccatasi però a mezz’aria quando l’ha visto apparire sulla soglia. Se lei reagisce in questo modo, e sono a malapena amici, chissà Potter che faccia farà quando lo vedrà. Ci pensa qualche istante, in un paio di fantasie che gli strappano più di un sorriso, che però nasconde abilmente dietro la tazza da caffè ben piena che inizia sorseggiare lentamente. Si sente piacevolmente inebriato dal sapore forte del caffè che, mescolato a una goccia di latte, lo rende più dolce. 

«E comunque neanche tu sei così male.» Ora che è tornato alla vita e che il suo cervello ha ripreso a connettere, riesce a notare anche il vestito: un abito azzurro che le arriva fino al ginocchio. Scarpe basse, dello stesso colore. Nessun cappello, ma una collanina d’oro che le penzola dal collo, la vera matrimoniale e un'acconciatura resa ancora più carina dai capelli perfettamente lisci. 
«Grazie, Draco, sei davvero gentile.»
«E il caffè è ottimo!» esclama, svuotando metà della tazza. «Sei brava, Granger. Fossi in te ci penserei per un eventuale lavoro futuro, sai nel caso la storia del Ministero andasse male.» Lei fa una faccia appena un poco contrariata, ma coglie subito l’ironia della situazione e inizia a sogghignare. In realtà sembra si stia sforzando, ma non pensa che la colpa sia della sua ironia pungente. In effetti ha un alone verdastro in viso che lo preoccupa.
«Tutto bene?»
«Mh, sì, è solo che questo odore mi dà nausea» dice, indicando la tazza.
«Allora sarà meglio farlo sparire» dice, ammiccando in sua direzione e cercando di farla sorridere. Beve il tutto in un paio di sorsi e alla fine ripulisce ogni cosa con un tocco di bacchetta, facendola volare le stoviglie fin dentro la credenza. Un istante più tardi, Draco è pronto a partire.
«Finite incantatem» dice, puntando la bacchetta contro la custodia del vestito e questa poco dopo si affloscia tra le sue mani. «Sono pronto!» esclama alla fine, impegnandosi per non far trapelare un lieve tremolio della voce. 
«Non hai dimenticato niente? Sicuro?»
«Sta tutto qui dentro» replica, indicando la custodia del vestito. Ha controllato sei volte ieri e un’altra poco fa. D’accordo ha controllato tre volte solo negli ultimi cinque minuti, ma questo non è il caso che Hermione lo sappia. Della sua pazzia ne è consapevole soltanto Harry e si reputa fortunato che lo ami nonostante tutto.
«Perfetto, allora prendi la mia mano» gli ordina e Draco lo fa, mandando giù un grumo di saliva che gli si è annodato in gola. Ci siamo, pensa, è arrivato il momento.

 

Non può dire di non aver fantasticato sul proprio matrimonio, perché lo ha fatto. E non intende nella vita in generale, ma proprio nell’ultimo periodo. I primi tempi del fidanzamento, quando ancora non sapeva che Rosamund Brown cercava in tutti i modi di sabotarli, lui e Harry hanno discusso di ciò che desideravano e allora è capitato che ci ragionasse un po’ sopra. Se dev'essere onesto lo ha anche sognato: una notte i fiori delle decorazioni hanno preso vita, lo hanno assalito e soffocato prima che potesse pronunciare il fatidico “Sì”, alla fine si è svegliato sudato e sconvolto. Non succederà niente del genere, si dice appena dopo essersi materializzato nell’ampia radura che lui e Harry hanno scelto. Ché ché ne dicano le sue paranoie, nessuna maledizione impera sopra le loro teste, pronta a scatenarsi. Va tutto bene, il fatto che i mesi appena passati siano stati terribili non significa che il giorno delle sue nozze sarà altrettanto brutto. Andrà bene, Draco ci deve credere se vuole mettere un passo avanti all’altro. Gli Auror innalzeranno delle barriere e ci saranno le massime protezioni offerte dal Ministero della Magia. Il fatto che il fiato gli si spezzi in gola e lo stomaco si stringa per l’emozione ha più a che vedere con quello che si trova davanti, che con la paura. C’entra con quella meraviglia che gli si è dipinta in viso e con il lavoro magnifico che è stato fatto in quel posto. Anzitutto lui e Harry avevano ragione, la bellezza delle scogliere in estate è magnificente e sebbene il sole non sia ancora situato nel punto giusto, già tutto è stupendo. La giornata è ottima, tira un filo di vento dal mare che sciaborda contro gli scogli bianchi, giù dallo strapiombo. Il cielo è terso e il sole è già caldo. Nell’aria c’è un profumo intenso di fiori freschi che lo inebria. Lo ha sognato, certo, ma non avrebbe mai neanche immaginato di vedere niente del genere. I due alberi che lui stesso ha fatto crescere con un colpo di bacchetta proprio ieri mattina sono rigogliosi e traboccano di delicati petali rosa, che di tanto in tanto vengono soffiati dal vento creando, ai loro piedi, un tappeto di fiori di ciliegio. Draco vi si avvicina a passo lento, solleva il viso e si copre la vista per ripararsi dal sole che si fa largo tra i rami, creando magnifici giochi di luci e ombre. L’arco che le piante formano naturalmente è stato abbellito da un palco squadrato di colore bianco, sopra al quale verrà effettivamente svolta la cerimonia. Lo hanno decorato con due vasi di fiori posti ai lati, sono gigli, i suoi preferiti. Alle sue spalle, una volta giratosi così da poter guardare meglio, scorge due colonne di panche ben allineate l’una dietro l’altra. Anche queste sono fatte di un bel legno bianco e sono state posizionate di modo da creare una sorta di navata al centro. Ognuna è stata abbellita con del candido tulle e fiori freschi, iris viola con screziature gialle che emanano un profumo dolce e intenso. Spostando lo sguardo alla propria destra, Draco fa caso anche a un altro palchetto di fattura e colore identici a quello che ha già visto, questo però servirà ai musicisti. Hanno scelto un quartetto d’archi per suonare durante la cerimonia. Niente di troppo sopra le righe o particolare, ma un qualcosa di classico ed elegante in pieno stile Malfoy. Al di là del palchetto, dove già alcuni violinisti si stanno preparando a suonare, fa caso a un paio di tende da campo di piccole dimensioni. È certo che siano incantate e più grandi all’interno, ovviamente, ma sa perfettamente di cosa si tratta. Tempo fa Hermione aveva fatto loro notare che, sposandosi in campagna e non essendoci una casa nelle vicinanze, sia Harry che Draco necessitassero di un luogo riparato in cui rilassarsi prima della cerimonia. Un posto insomma in cui cambiarsi d’abito e bere una tazza di tè prima del fatidico momento, una in cui potersi adeguatamente celare alla vista dell’altro. Di quelle tende ce ne sono giusto un paio, una a fianco dell’altra. Immagina di doverne raggiungere una il prima possibile, quantomeno per sedersi e chiudere gli occhi per un po’. La pozione di Hermione ha funzionato subito, ma si è alzato da meno di mezzora e sente d’aver bisogno di pace per metabolizzare quanto sta per succedere. E lo farà senz’altro, appena dopo essersi assicurato che i suoi genitori siano arrivati. Non li vede ancora nei paraggi, ma scommette che saranno in orario: non sono soliti tardare agli appuntamenti, specialmente quando sono importanti. Tuttavia, prima di andare a rilassarsi, dà un’altra occhiata attorno a sé. Alla propria sinistra, oltre la zona in cui stanno e dove si celebrerà il matrimonio, vede un ampio spazio che sarà dedicato al ricevimento. C’è una cucina di campo dove degli Elfi Domestici stanno già lavorando alacremente al banchetto. Subito prima c’è una gigantesca tenda sotto la quale sono stati allestiti tavoli, sedie e una zona dove si potrà ballare. Hanno fatto un ottimo lavoro non c’è che dire, è tutto assolutamente perfetto ed elegante. A dirla tutta si sente un po’ un infame ad aver dubitato.
«Draco, Hermione.» A parlare è la voce squillante della signora Weasley che cammina a passo svelto in direzione sua e della Granger. Veste con abito giallo canarino che non le sta affatto male e porta un cappello dello stesso colore dalla tesa larga, Arthur è subito dietro di lei, in un vestito blu scuro e lo saluta con una stretta di mano. Hanno entrambi un sorriso cordiale, anche se non lo dicono mai apertamente, considerano Harry alla pari di un figlio e che siano emozionati proprio come lo sarebbero due genitori è evidente.

«Buongiorno a voi» li saluta allargando un sorriso che va da una guancia all’altra da quanto è ampio. Non si sente da meno di questo, anche se ha ancora quella paura buona che gli strizza lo stomaco per l’emozione. «Arthur, Molly, avete fatto un lavoro favoloso con i fiori. Adoro gli iris e i gigli, è tutto perfetto e non vi ringrazierò mai abbastanza per l’aiuto che avete dato a me e a Harry.»
«Ah, sciocchezze, caro» replica, accarezzandogli una guancia con fare materno ed elargendo un sorriso bonario. «Per la famiglia si fa questo e altro.» Famiglia, sì, Draco fa parte della loro famiglia adesso. Hanno accolto lui così come hanno accettato Hermione ed Harry prima di loro. Non dovrebbe arrossire, non per una sciocchezza del genere, ma è il giorno del suo dannato matrimonio e può anche permetterselo.
«A proposito, Harry è già arrivato?» domanda, cambiando argomento. Da quando si è materializzato e ha iniziato a guardarsi attorno ne ha anche approfittato per vedere se il suo fidanzato era nelle vicinanze. Non ha notato nessuna chioma spettinata, ma potrebbe essere già dentro la propria tenda o da qualche altra parte a fare chissà cosa.
«Sarà di ritorno tra poco, è andato a Little Whinging a prendere i suoi zii. Andavano in auto fino all’entrata del Paiolo Magico e poi mostrava loro la Passaporta. Si tratta però di babbani che non hanno mai preso prima dei mezzi magici, impiegherà un po’ prima di arrivare» spiega Arthur. Già, ha ragione. Potter era anche piuttosto preoccupato per la faccenda dei suoi parenti babbani, sebbene cercasse di non darlo troppo a vedere. Nessuno di loro ha mai amato troppo la magia, la sola volta in cui qualcuno ha usato il loro camino per materializzarsi in soggiorno ne sono rimasti sconvolti per giorni, o così gli ha detto Potter. Quel che è certo è che non sono interessati alla vita di maghi e streghe. Non hanno mai davvero fatto domande a Harry riguardo la sua vita a scuola né gli hanno fatto visita nella nuova casa, non hanno neppure voluto sapere cosa faccia per vivere. Potter stesso ha cassato la faccenda in maniera superficiale, dicendo soltanto che il suo lavoro è l’equivalente magico di Scotland Yard e a zio Vernon è bastata come spiegazione. Da questo a prendere mezzi di spostamento magici però ce ne passa. Immagina che sia un qualcosa di particolarmente complesso da mettere in atto, forse è anche per questo che si è portato Ron come aiuto. Considerato che Potter non si vede, e che soprattutto non si potranno incontrare né parlare immagina non gli resti altro da fare che andarsi a rilassare un po’.
«Sarà meglio che vada nella mia tenda, ci siamo promessi che non ci saremmo visti prima delle nozze.»
«Ma naturalmente, caro» annuisce Molly «e se ti serve qualcosa fammelo sapere che ti raggiungo subito.»
«Ho tutto quello che mi serve, solo avvisatemi quando arriveranno i miei genitori.» Non gli serve insistere per strappare a tutti i presenti la promessa di essere avvertito nel momento in cui Narcissa e Lucius oltrepasseranno la barriera magica grazie alla Passaporta. Sa che se la caveranno perfettamente anche da soli e che anzi troveranno la maniera per trarre vantaggio da tutto questo, d’altra parte sono pur sempre due Serpeverde e nonostante tutto restano persone ambiziose. Approfitteranno dell’occasione per farsi belli con i presenti e parlare bene del nome della famiglia Malfoy, facendo crescere le loro quotazioni. Draco conosce il copione a memoria e per una volta sente di non volersi neppure arrabbiare. Non può pretendere da loro più di quanto non siano effettivamente in grado di dare al momento, gli hanno già mostrato la loro vicinanza, quella sera a Villa Edera. Forse con il tempo riusciranno a capire sino in fondo e ad accettare ciò che è, e la famiglia che desidera costruire assieme a Harry, ma per il momento è sufficiente la loro presenza.
«Perfetto, allora vado» dice, incamminandosi verso la tenda di sinistra che gli è stata indicata come quella riservata a lui. Come aveva supposto all’interno è decisamente molto più grande, c’è spazio almeno per una decina di persone ed è munita di salotto, cucina e camere da letto. Decide di dedicarsi immediatamente al vestito, che appende in quello che sembra una sorta di appendiabiti di ridotte dimensioni. Appoggia le scarpe a terra, sistema i calzini sopra a un letto e poi recupera una piccola custodia dove conserva i gemelli d’argento con gli occhi di serpente, per i polsini della camicia e il cravattino nero che metterà al collo. C’è tutto quanto di necessario per sposarsi nella maniera più adeguatamente elegante possibile, ora non gli resta che aspettare. Afflosciandosi malamente su una delle poltrone del piccolo salottino, con il caldo di giugno che a dire il vero percepisce a malapena là dentro, Draco chiude gli occhi e sospira. Si sta per sposare, tra poche ore sarà il signor Potter e non sa esattamente come prenderla. Ricorda la morsa allo stomaco che ha avuto prima a casa, quando si è reso conto di quello che stava per fare e poi anche ieri sera, quando Zabini e Pansy hanno iniziato a prenderlo in giro sul fatto che non sarebbe più stato un uomo libero e allora si rende conto che più il momento si avvicina e meno ha paura. Oh è ancora nervoso, teme che qualcosa possa andare storto perché è un dato di fatto che suo padre e lo zio di Harry non si siano ancora mai incontrati e non hanno di sicuro molti punti in comune e c'è la possibilità che possa succedere un disastro come accadde al matrimonio di Dudley e Melissa, l’anno scorso, ma nonostante tutto è incredibile che in lui non ci sia la benché minima traccia di terrore. Chiudendo gli occhi e inspirando di nuovo l’aria rarefatta di quella tenda che sa di polvere, Draco si sente immensamente felice.  

 

I suoi genitori sono arrivati sani e salvi, Hermione fa capolino verso le dieci e mezza dicendo che lo stanno cercando, ma che Harry non si è ancora fatto vivo. Di quest’ultima cosa non se ne preoccupa neppure, come ha detto anche Arthur occorrerà del tempo per far arrivare a destinazione dei babbani. Non che in genere abbiano problemi con i mezzi di trasporto magici, ma perché sono le persone meno aperte alla questione che abbia mai incontrato. Inizierà a preoccuparsi per davvero se alle undici e mezza non si sarà ancora fatto vivo, anzi a quel punto sarà andato a cercarlo di persona. Adesso desidera soltanto pensare a sua madre e a suo padre, quindi ne approfitta per scivolare fuori dalla tenda. C’è un buon numero di gente che fa avanti e indietro, molta più rispetto a prima. Chi gestisce il banchetto è impegnato a organizzare i posti a tavola, ad aiutare gli Elfi nel loro lavoro e poi ci sono i musicisti che provano i brani della cerimonia e un chiacchiericcio sommesso di qualche ospite già arrivato. Come aveva previsto, i suoi genitori non hanno perso neanche un momento per darsi da fare e già stanno intessendo pubbliche relazioni, se così le si può chiamare. Ferma il proprio passo svelto solamente per un istante e dà una rapida occhiata al capannello che hanno formato assieme a Hermione, Molly e Arthur con i quali stanno chiacchierando più o meno amabilmente. Narcissa aveva giurato che avrebbe ringraziato la signora Weasley per l’aiuto che gli aveva dato e una Black, come ripete spesso, non è quel genere di persona che non mantiene la propria parola. Draco sorride nel notare la sobria eleganza di sua madre che contrasta con l’abito di Molly, molto più appariscente e dozzinale. Mamma invece è perfettamente elegante e adeguatamente non eccessiva. Ha la giusta quantità di gioielli, una parure composta da orecchini e collana che sua nonna gli ha lasciato in eredità, guanti bianchi che le coprono le mani sino agli avambracci, un cappello della medesima tonalità lilla del vestito che ha una veletta di pizzo che le copre gli occhi ben truccati. Papà invece ha scelto un abito chiaro con le code, un tait da cerimonia che ha arricchito con i soliti dettagli quali il bastone, un cravattino nero e l’anello con il blasone di famiglia al dito. Ha i capelli appena un poco più corti del solito, mamma deve averglieli regolati con l’aiuto della magia, ma sono le occhiaie che gli scavano il viso che attirano la sua attenzione. Papà è già molto provato dal non uso della magia, la Maledizione Imperius per lui è stata un colpo ancora più duro ed è convinto che sia molto più stanco di quanto non dia a vedere.
«È stato un piacere dare una mano» sta dicendo Arthur, attirando con quelle parole la sua attenzione. Draco si riscuote e riprende a camminare, sebbene in maniera molto più composta. «Piuttosto» continua il signor Weasley. «Mi dispiace molto per quello che vi è successo, le Maledizioni hanno effetti terribili.»
«Stiamo bene» replica papà con tono asciutto e in apparenza freddo. Sembra infastidito da quella che è la genuina premura di un uomo che nei suoi confronti ha sempre avuto tutt’altri sentimenti. Draco però si rende conto, e forse per la prima volta, che Lucius sembra più a disagio che indifferente. D’altra parte le cose sono così cambiate dai tempi della guerra che alcuni hanno semplicemente faticato a stare al passo, papà è senz’altro una di quelle persone. Probabilmente è anche colpa anche dell’isolamento dentro al quale ha forzato se stesso o forse è questione di carattere, a dire il vero non ne è sicuro. Sa con esattezza che Arthur ha seppellito secoli fa ogni rancore nei confronti dei Malfoy. Harry dice che l’ha fatto anche per via della morte di Fred, che lo stava logorando, per la quale incolpava ogni Mangiamorte avesse sostenuto il Signore Oscuro. A un certo punto però si è reso conto che l’odio lo stava distruggendo e allora ha iniziato a lasciar andare ogni sentimento negativo. Gli è servito del tempo, non ha neanche accettato subito il fatto che Potter uscisse con lui, all’inizio era in evidente imbarazzo. Senz’altro ha impiegato più tempo della signora Weasley per salutarlo con il sorriso cordiale che gli rivolge adesso. Però immagina che un uomo rigido come suo padre, un qualcuno che dopo la guerra ha dovuto rivalutare se stesso e costruirsi una vita molto diversa rispetto a quella che aveva avuto sino ad allora, si senta non a proprio agio nell’accettare così tanta gentilezza. Draco ricorda di quella volta che lui e il signor Weasley si sono presi a pugni al Ghirigoro, immagina che per lui superare il proprio passato sia ancora più difficile che per Arthur.

«Le pozioni della signorina…» continua Lucius, subito però interrompendosi. «Voglio dire della signora Granger Weasley erano davvero molto potenti e mi sono state molto d’aiuto.»
«Oh, Hermione è bravissima con le pozioni» si rallegra Molly, fiera. Non sa perché si faccia avanti allora, ma decide di intervenire forse perché teme che la conversazione possa spegnersi facendo cadere tutti in un imbarazzante silenzio.
«Madre, padre» dice in una sorta di saluto, che attira la loro attenzione. «Sono contento di vedervi in buona salute.»
«Lo stavamo dicendo proprio ora» interviene sua madre «le pozioni sono state efficaci.»
«Mi fa piacere» annuisce. In quei frangenti, Draco rimugina su tantissime cose e a dirla tutta non sa nemmeno il perché. Pensa a quanto sia bella sua madre quel giorno, a come il suo sorriso sembri molto meno forzato rispetto a quanto non lo sia di solito a eventi del genere. Pensa a suo padre e a quel rigore grazie al quale si impone di non biasimare troppo se stesso per il proprio passato. Ma, più di tutto, Draco pensa a Harry che al suo contrario non ha la fortuna di avere i suoi genitori presenti. Sua madre non prenderà quella Passaporta e non sarà vestita di un delizioso abito lilla. E allora tutte le divergenze che ha avuto con lei diventano d’improvviso un po’ sciocche, così come stupida e insensata è la loro lontananza. In parte è per questo che le si avvicina, baciandola su una guancia, in altrettanta misura invece c’entra con il fatto che oggi si sente felice e ha voglia di farlo. Non è un gesto che fa spesso, al contrario non sono mai stati avvezzi a scambiarsi alcun tipo di effusioni ed è chiaro che Narcissa se ne sorprenda. La sente sobbalzare e quindi irrigidirsi in quella sorta di abbraccio che improvvisa, salvo poi rilassarsi immediatamente dopo.
«Sei bellissimo, figlio mio, anche se non indossi ancora quel tuo vestito» dice lei, accarezzandogli una guancia in maniera lenta. La sua tenerezza gli è sconosciuta, a tratti addirittura lo sconvolge, il che è evidente dallo stupore che non riesce a nascondere.
«Se vuoi prima della cerimonia puoi venire nella tenda e vedere come mi sta. Se ti va, naturalmente.»
«Verrò con piacere» annuisce lei. «Così ti do anche qualche consiglio che ti sarà senz’altro utile.» Draco alza gli occhi al cielo e trattiene uno sbuffo divertito, sa che con “Consiglio” intende dire che criticherà ogni cosa, ma gli sta bene. Oggi gli andrà bene tutto purché nessuno tenti di sabotare alcunché. Pensa anche che Narcissa molto presto passerà in rassegna ogni dettaglio di quel posto, dando il tormento ai camerieri, quindi si dice di voler giocare d’anticipo, facendole notare quanto siano splendidi gli addobbi floreali. Ed è proprio allora che sente la voce di Harry provenire da poco lontano. Lui è qui, è arrivato. Tra poco si sposeranno. Per tutti i folletti, sente di nuovo quella morsa allo stomaco che quasi lo fa piegare su se stesso, respira a fatica e… fa caldo, non è vero?
«Penso siano arrivati» borbotta Molly, spingendosi sulle punte dei piedi per poter vedere al di là del gruppetto di persone che oscura loro la vista. Draco, che è decisamente più alto di lei, vede giusto una testa rossa e nient’altro. Oh, sa di aver fatto una promessa: non si dovranno incontrare prima della cerimonia, ma se lo scorge da lontano non vale, vero? Spera davvero che non valga o comunque non gli importa, ha bisogno di vederlo proprio adesso. Deve assicurarsi che sia reale, che non abbia ferite mortali addosso o strane cicatrici spuntate sul viso. Purtroppo è proprio quando sta per incrociare il suo sguardo che Hermione lo afferra per un braccio trascinandolo via da lì, ma che cavolo…
«Scusate» dice, con quel tono spiccio che usa quando non ammette repliche. «Gli sposi non si devono incontrare prima della cerimonia, torna subito nella tua tenda prima che vi lanci un incantesimo addosso.»
«Ma» tenta, sapendo già che è inutile. Sarà anche più bassa e minuta di lui, sarà anche un po’ verdognola in faccia, ma è sorprendentemente forte e anche molto decisa. Sa bene anche per conto proprio che non servirà a niente ribattere, però ci prova lo stesso: «devo salutare i suoi parenti, presentare loro i miei genitori e…»
«Non farai niente del genere, ci penserà Harry» replica lei, spingendolo con poca delicatezza dentro la tenda. «Non vorrai scatenare qualche strana maledizione.» No, non lo vuole. Però non può affidare un compito del genere a uno come Potter.
«Ma Harry è un rozzo poveraccio educato dai babbani e cresciuto in un sottoscala, cosa ne sa di come si facciano delle presentazioni ufficiali?» La Granger ferma il proprio passo all’improvviso, poi si volta e lo guarda stranita. Si sono allontanati rispetto a dove stavano prima, da qui non riesce neanche più a sentirlo parlare.
«Ah, non vi capirò mai a voi due» sbotta, spingendolo dentro la tenda. «Resta qui.» Draco sta per infischiarsene e seguirla, non può impedirgli di vedere il suo fidanzato nonché futuro marito. Nient’affatto! Le vuole bene, mantiene il suo segreto come un buon amico leale e fidato, ma per nessuna ragione intende darle retta. Harry gli è mancato e ha bisogno di accertarsi che stia bene e che, qualunque cosa Kingsley gli abbia detto, non riguardava una qualche pericolosa missione. Quindi marcia con decisione verso l’uscita, ma prima che riesca a scostare la tenda un fischio attira la sua attenzione. Sembra un richiamo, sì, è come se qualcuno stesse cercando di chiamarlo. Draco si guarda attorno confuso, sembra arrivare dalle sue spalle. Chiunque sia lo sgriderà di certo, non si fischia a un Malfoy.
«Ehi, sono qui» dice una voce che proviene da uno dei letti. Draco, curioso, torna sui propri passi per vedere di chi si tratti ed è allora che vede George Weasley, sdraiato comodamente, con le braccia incrociate dietro la nuca che ora lo guarda con un sorriso sghembo.
«Ciao!» esclama.
«Che ci fai qui dentro?» Non è molto in intimità con persone che non siano Ron, che fa quasi ridere a pensarci, ma è lui lo Weasley con il quale ha più contatti. Tra lui e Ginny aleggia ancora un discreto imbarazzo. Gli altri invece li vede di rado, alle feste comandate o a qualche cena organizzata alla Tana. Con George non ha mai avuto molte discussioni, sebbene sia da sempre uno dei pochi Weasley che riusciva a rispettare anche prima di innamorarsi di Harry. Lui e Fred gli sono sempre piaciuti, dovrebbe prendersi la briga di dirglielo una volta tanto.
«Ti salvo la vita, amico» se ne esce George, alzandosi da dove sta e dandogli una sonora pacca sulla spalla. «Se esci da quella tenda, Hermione ti mangerà vivo. Non cercherei neanche lontanamente di disobbedirle, di recente è un po’ strana» sussurra, toccandosi la tempia come se volesse fargli capire che non ci sta tanto con la testa. Draco emette uno sbuffo sonoro, tzé, come se non sapesse già da solo che la Granger ha qualcosa di diverso dal solito. Vorrebbe quasi ribattere a tono dicendo che sa bene che non si disobbedisce a una donna incinta, quantomeno per rispetto e che se lo fa è solo perché deve vedere Harry, ma ricorda all’ultimo momento che ha giurato solennemente di non rivelare la faccenda della gravidanza a nessuno. Quindi ricaccia quelle parole giù in gola e si morde le labbra. Incrocia le braccia al petto mostrandosi forse più contrariato di quanto non lo sia effettivamente.
«Però ho una soluzione.»
«Mh, e quale?» Aveva pensato al mantello dell’invisibilità del padre di Potter, ma è a casa dentro a un baule e ci sono potentissime barriere magiche, non ha davvero senso filarsela per una sciocchezza simile e comunque dubita che George ne abbia uno altrettanto buono. «Potresti ascoltare quello che dicono, mai sentito parlare di orecchie oblunghe? Io e Fred le inventammo al nostro settimo anno a Hogwarts» dice, gonfiando il petto orgoglioso di se stesso. Subito dopo però abbassa la voce e gli parla in confidenza: «Tuttora le vendo al Ministero a un prezzo maggiorato e non se n’è mai accorto nessuno perché sai, non è che quei tizi abbiano un vero senso per gli affari. Però vogliono ascoltare i fatti altrui e io faccio affari d'oro!» Draco sputa una risatina dal naso intanto che alza gli occhi al cielo, fintamente esasperato. Non lo è e non è nemmeno sconvolto a dirla tutta, Fred e George sarebbero stati due perfetti Serpeverde. Ecco perché i gemelli gli sono sempre piaciuti, hanno un gran intuito per i soldi e in un questo li ha sempre trovati geniali. Nel caso delle orecchie oblunghe, immagina non ci sia altra soluzione. L’alternativa è affrontare un cane da guardia incinta che probabilmente passa le sue mattine a vomitare di nascosto dal marito.
«E il cane da guardia non se ne accorgerà?» domanda, indicando Hermione fuori dalla tenda con un cenno del mento.
«Garantito!»
«E va bene, immagino di non avere molta scelta.»
«Perfetto!» replica George, tirando fuori dalla tasca della giacca una di quelle finte orecchie. «Siccome è il tuo matrimonio non ti chiederò cinque galeoni.»
«Graz…»
«Potrai darmeli con comodo nei prossimi giorni» lo interrompe, facendo spallucce, prima di uscire dalla tenda strizzandogli l’occhiolino. Ecco, gli sembrava strano. Che tipo quel George, pensa mentre sparisce là fuori. Draco sospira, srotola le due orecchie e ne lancia una in direzione del capannello, radunatosi attorno a Harry. Vede a malapena attraverso la feritoia della tenda che si è ricavato e allora nota Ron, il più alto di tutti, Hermione di schiena accanto a lui, i signori Weasley, ovviamente i suoi genitori e anche tutti i Dursley al gran completo: Petunia, Vernon, Dudley e Melissa. Quest’ultima è la moglie del cugino di Potter, a cui finalmente i Dursley hanno rivelato l’esistenza della magia. In una telefonata che Harry ha ricevuto da suo cugino sembra che Melissa, a fronte di quella straordinaria rivelazione, abbia iniziato a ridere sguaiatamente, pensando che suo marito e i suoi genitori fossero impazziti. Soltanto dopo aver capito che faceva sul serio è svenuta, cadendo a terra come un frutto troppo maturo. Fatto che è avvenuto a malapena una settimana fa. Sembra incredibile, tuttavia, che Melissa in quel gruppetto di babbani dia l’impressione di essere quella più a proprio agio. Nota Vernon, rubizzo in volto, strizzato in un abito blu scuro decisamente troppo stretto per la sua mole. Capelli tirati indietro e tenuti fermi con del gel, dal quale spuntano alcuni ricci grigi. Dudley in un abito rosa confetto decisamente terribile si guarda attorno come se cercasse di capire chi è e in quale lingua parlano tutti i presenti, Melissa al suo contrario è fine ed elegante. Veste di rosso, in un abito che le sta d’incanto e che fa risaltare la sua carnagione chiarissima. Infine c’è Petunia, sicuramente la più composta tra tutti. Potter non riesce a vederlo, il che gli fa dubitare del fatto che Hermione abbia davvero lanciato su di lui un incantesimo, però sente la sua voce.
«Zio Vernon, zia Petunia» dice, con voce impostata. «Questi sono Narcissa e Lucius Malfoy, i genitori di Draco.» Ecco, è proprio il momento a cui sperava di assistere e invece è stato relegato in questa stupida tenda. «Signori Malfoy, loro sono i miei zii: Petunia e Vernon mentre lui è mio cugino Dudley e lei è sua moglie Melissa Penton.» Mh, sì, può dire che se la sia cavata. Niente battute idiote, niente sarcasmo, maniere non pompose, ma nemmeno troppo sbrigative. Lo ha istruito bene, non c’è che dire. Ancora qualche anno e lo farà diventare il principe dei poveri. Aprendo un po’ di più la tenda intanto che tiene l’orecchia oblunga in mano, Draco riesce a vedere suo padre, che pare si stia fintanto trattenendo. Vede chiaramente la sua faccia ed è sicuro che stia pensando a come accidenti ha fatto a finire in una situazione del genere. Dopo tutto quello che ha combinato nella vita, si ritrova imparentato non soltanto con dei senza bacchetta, ma con i peggiori e intolleranti babbani che ci siano in tutta l’Inghilterra. Vernon non sembra d’umore migliore e fissa Lucius in cagnesco. Pare un cagnolino molto tenace, pronto a mordergli la gamba da un momento all'altro. Anche se è discretamente lontano riesce a scorgere i suoi occhi piccoli e diffidenti, squadrare le persone che ha davanti come se avesse appena visto spuntargli una seconda testa.
«Molto piacere, signora Malfoy» interviene Petunia, stretta in un vestito rosa a pois bianchi che è sicuramente meno peggio di quell’outfit da pellegrino che aveva al matrimonio di suo figlio. «Il suo abito è incantevole.»
«Grazie, Petunia, è davvero gentile. Anche lei è molto elegante.» Ecco, se c’è una cosa che sua madre sa fare è lisciarsi la gente, ingraziarsi persone che di norma non si calcolerebbe se non fosse per un tornaconto personale. In questo caso non ne guadagnerà granché, ma Narcissa sa perfettamente come comportarsi a un evento sociale importante per lei e per la sua famiglia, quindi sorride compiacente e annuisce. Mentre per quanto riguarda la zia di Harry, basta che qualcuno le faccia un complimento su quanto sia elegante, pur non essendolo affatto, e subito si ringalluzzisce. Draco vede spuntare un gran sorriso su quel volto cavallino e quindi tirare una rozza gomitata al marito, direttamente nel costato. Questo si scuote, massaggiandosi lo sterno e bofonchiando poche parole di circostanza: «Molto piacere a entrambi» dice, in modo secco e poco cordiale. Pare evidente che non gli piaccia l’idea di stare lì e non fa niente per nasconderlo. Lucius non appare poi tanto diverso, con i suoi modi melliflui suona più come una serpe velenosa pronta a scattare che come un qualcuno di onestamente gentile.
«Incantato» sibila ed è chiaramente schifato, non c’è dubbio su questo. Almeno non si sono insultati e nessuno sta lanciando cazzotti o calci, considerato come è andata al matrimonio di Dudley, è già un gran risultato.
«Harry, caro» interviene a quel punto la signora Weasley. «Sono quasi le undici, penso sia il caso che tu ti vada a preparare. Devi cambiarti d’abito e darti una rinfrescata, la tua tenda è quella di destra. Draco sta già occupando la propria.»
«Sì, in effetti ho bisogno di togliermi questi vestiti» annuisce lui. «Vogliate scusarmi.» Lui ancora non lo vede, ma lo sente spostarsi e percepisce il rumore dei passi sull’erba fresca. Passi che si fermano e che non proseguono, ma che al contrario tornano indietro. Nel sospiro che emette in direzione di suo zio e di Lucius, questa volta nota un modo di fare molto meno cordiale, decisamente meno affabile e parecchio sarcastico. Non c’è bisogno di vederlo in faccia, Draco lo conosce meglio di chiunque e i suoi silenzi spesso parlano più di mille parole. Soltanto alla fine di un breve non parlare si rivolge direttamente a suo zio Vernon e poi anche a Lucius. Ancora non riesce a vederlo in faccia, ma nota le sue mani sposarsi sulle spalle di suo padre e del signor Dursley. Ha quasi paura di quello che sta per succedere: «Voglio darvi un aiuto per rompere il ghiaccio. Lucius, mio zio Vernon mi disprezza sinceramente.»
«Che diavolo stai dicendo, ragazzo?» borbotta questi, sibilando tra i denti.
«Non essere modesto, zio» ribatte Harry, salace. «Credimi, Lucius, sono cresciuto in casa sua e mi ha odiato dal primo all’ultimo giorno che abbiamo vissuto insieme. Zio Vernon, devi sapere che il padre di Draco una volta ha cercato di uccidermi. Beh, forse erano due volte, ma ti assicuro che non è stato un incidente.»
«U-ucciderti?» balbetta questa volta Vernon.
«È stato tanto tempo fa. La sostanza è che non è vero che niente vi accomuna, come state certamente pensando. Provate a parlare di quanto mi odiate, sono certo che avrete di che discutere. A più tardi.» Draco non riesce a credere alle proprie orecchie. O meglio non riesce a credere all’orecchio oblungo che ha ancora stretto in una mano e che fissa come se cercasse da lui chissà quale verità. Una volta avevano scherzato su questa cosa, era stato proprio Harry a sostenere che suo zio e Lucius avessero in comune l’odio per lui e che poteva essere un buon argomento di conversazione. Pensava scherzasse e invece lo ha fatto davvero. A fatica trattiene una risata, intanto che lascia andare l’orecchio oblungo e lo dimentica, facendolo cadere per terra. Non impiega molto a rendersi conto che è solo e che nessuno lo potrà sentire, quindi inizia a ridere sguaiatamente, tenendosi la pancia intanto che gli occhi cominciano a lacrimare. Ecco perché lo ama, perché lo vuole sposare. Ecco perché… Ma Draco non riesce a finire il pensiero, un fruscio alle sue spalle attira la sua attenzione. Proviene da fuori e non ci mette molto a capire di chi si tratta. Scorge la figura di Harry, alta e slanciata, illuminata dalla luce, come un’ombra che si proietta sulla stoffa.
«Vattene, Potter, non possiamo ancora vederci.»
«Lo so, Ron si è raccomandato all’infinito e infatti non ho intenzione di entrare»
«Ed Hermione ha fatto lo stesso quindi entra nella tua tenda, cambiati e ci vediamo più tardi.» In realtà non vorrebbe essere così duro, ma deve. Ha fatto una promessa e non vuole sfidare la sorte più di quanto non abbia fatto di recente, quindi si fa appena un poco più indietro e nega di nuovo.
«Eddai, solo un minuto, è importante.»
«Se non te ne vai, tuo zio e mio padre non saranno i soli a non sopportarti. Visto che tutti odiano Harry Potter comincerò a farlo anch’io. Anzi, già ti detesto. Non ho mai smesso dal primo giorno di scuola. Quindi vai via.»
«Non posso» replica Harry ancora più determinato. «C’è una cosa che ti devo dire prima che ci sposiamo. Un segreto e non posso sposarti se non te lo dico.» Un segreto? Ha detto davvero segreto? Proprio quella parola lì? Eh, ma che cavolo! Ma tutti a lui? Ma per caso c'è una scritta sulla fronte che dice: "Svelatemi i vostri segreti più reconditi?” Prima Hermione, poi Zabini e adesso Harry… Draco preferisce concentrarsi su questo che sul fatto che il suo futuro marito non possa sposarlo se non gli dice questa fantomatica verità. Perché è quello che ha detto e Draco lo sta elaborando e lo elabora anche negli istanti successivi, che trascorre in silenzio mentre, fuori, Potter, aspetta senza aggiungere una parola. Sa che tocca a lui decidere, anche se a dirla tutta non gli ha dato molta scelta. Ovviamente non dice di no, a patto che non entri. Perché non ha idea di quello che ha combinato, ma è certo che lo strozzerà se ha fatto qualcosa di stupido. E se invece vuole lasciarlo, perché l’idea lo sfiora a un certo punto, beh, allora lo ucciderà proprio. Parola di Serpeverde.




 

Continua 



 

*Nome di fantasia, così come mi sono inventata il fatto che esista un distillato magico dopo sbornia.

 

Note: Come promesso nello scorso capitolo, questo è arrivato molto più velocemente. Questa settimana ho avuto la testa più libera e anche più tempo per dedicarmi alla scrittura. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Il prossimo, sul quale inizierò subito a lavorare, sarà l’ultimo dopodiché saluterò questa coppia e questo fandom. 
Koa

 

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Capitolo 16
*** Il matrimonio di mio marito ***


Il matrimonio di mio marito





 

Draco non ha bisogno di troppe spiegazioni. Gli basta schiarire la mente da ogni assurda paura, come quella in cui Potter lo lascia sull’altare perché ancora innamorato di Ginny, cosa che peraltro ha sognato non molto tempo fa, per rendersi conto di che cosa questo segreto riguardi. Non può avere a che fare realmente con una ex che ritorna e un sentimento che non se n’è mai andato, lui non finirà triste e solo, consolandosi con bei maschioni mezzi nudi che Pansy lo obbligherà a guardare in un qualche triste locale di spogliarelli. Se c’è qualcosa che Harry non gli dice, un qualche problema che ora, separati dalla stoffa spessa e pesante della tenda, non è in grado di scorgere sul suo volto allora questo riguarda tutt’altro. E non ha bisogno di specificare che si tratta di un qualcosa di importante, pur non avendo aggiunto una singola parola a quelle che gli ha appena detto, lo vede stringere con forza i pugni, avviluppando le dita attorno alla tenda e quindi ringhiare come un animale in gabbia. A Draco dà l’impressione di un qualcuno che si sta trattenendo dallo strappare via con forza ogni velo che li separa, nascondendoli alla vista dell’altro. Intanto che deglutisce, spazzando via ogni traccia di paranoia dallo stomaco, fa un passo in avanti, solleva le mani e sfiora quelle di Harry coprendole con le proprie. Vorrebbe abbracciarlo, baciarlo e fare molto più di questo timido, semplice gesto, ma nonostante l’ironia con cui ha affrontato la separazione e quel tentativo di fuga, poco fa, vuole davvero che Harry non lo veda fino a quando non saranno sull’altare. Sente realmente il bisogno di rispettare questa sciocca tradizione e quindi riesce un po’ a comprendere la tensione che traspare dalla postura rigida e che viene rilasciata fuori dal suo corpo nell’attimo stesso in cui le loro dita si intrecciano. Non ha davvero mai smesso di chiedersi quale sia questo famigerato segreto che gli vuole rivelare, ma una parte di sé sa benissimo che deve avere a che fare l’incontro che ha avuto con Kingsley. Dubita c’entrino i problemi di Ron ed Hermione, non è un qualcosa che lo può tormentare al punto da uscirsene con una frase tanto drammatica perché Potter non è melodrammatico. Non come lui, almeno. Però il Ministro della Magia potrebbe averlo impensierito per davvero. Non ha voluto rivelargli ciò di cui hanno parlato e, a incontro concluso, non gli ha mandato un gufo per informarlo quindi non ha la minima idea di cosa possa essere. Draco ha visto e sentito Harry Potter per l’ultima volta nel pomeriggio quando se n’è andato assieme a Weasley e a un pesante baule e adesso lo ritrova al di là di questa odiosa tenda, tormentato e pronto a confessargli il più oscuro dei misteri.
«Avanti, parla!» lo incita, spuntando fuori le parole in modo atono e incolore, deglutendo a fatica le troppe domande che gli vorticano in testa. Qualsiasi cosa Harry gli dirà, metterà da parte il sarcasmo e sarà paziente e comprensivo. D’altra parte stanno per sposarsi, giusto? E com’è che dice il rito? In salute e in malattia? Lo seguirebbe anche in capo al mondo, questo è sicuro, perché è così che si fa in una coppia.
«Riguarda Frank Graves» esordisce, ma parla a voce bassa, quasi sussurrando. Nel sentire quel nome Draco sobbalza. Non ha più pensato a lui, anzi a dirla tutta non si è mai realmente soffermato a ragionare sull’uomo, la cui mente è stata per chissà quanto tempo controllata da una figlia che a ben vedere gli ha rovinato la vita. Draco non saprebbe dire quanto di Frank Graves ci sia ancora dentro di lui, lo conosce appena. Accidenti, non sa neanche come stia al momento e non si è mai preoccupato di chiedere. Per un istante, quando Harry pronuncia quel nome, teme gli stia per dire che è morto. Anche se… se così fosse, perché dovrebbe essere un segreto? Sarebbe tragico, ma non un mistero.

«Sì?» replica, a mo’ di domanda. Non riesce realmente ad aggiungere altro, c’è un qualcosa che gli soffoca la gola. Forse paura, ma non quel panico da altare buono che gli agita i nervi, questo è il timore di un qualcosa di più grave. Quello stesso sentimento che ha provato quando ha capito che Harry e i suoi genitori erano prigionieri di Rosamund Brown.
«Lui non potrà più lavorare come Capo Ufficio Auror.»
«Sta così male?» chiede in rimando, parlando istintivamente e senza pensare troppo al vero significato delle parole di Potter. A voler essere onesti è sinceramente colpito dalla presa che sta avendo il discorso. Non si aspettava che avrebbero finito con il discutere di questo e anche se proprio non lo vorrebbe, perché quel nome rievoca ricordi spiacevoli, immagina di poterlo fare e quindi deglutisce di nuovo e poi tace. Le sue mani ancora sono intrecciate a quelle di Harry e il pollice ne sfiora il dorso dolcemente, quasi a volerlo incitare a continuare perché, comunque vada, sarà sempre al suo fianco.
«Sì» risponde di slancio, subito correggendosi: «Voglio dire, non ne ho idea. I medimaghi non si sono pronunciati ancora, non sappiamo se riusciranno a curare la sua mente oppure no, ma anche se dovesse ristabilirsi… Beh, ci sarà un processo. Il Wizengamot si radunerà fra due settimane per giudicare l’intera questione.» Soltanto a quel punto il reale peso delle rivelazioni di Potter gli frana addosso, travolgendolo. Un processo nel quale saranno coinvolti entrambi, di nuovo. Sa di non avere niente da temere, lui è la vittima in questa orribile situazione. Lui e, certamente, anche Harry. I pensieri di Draco vorticano per qualche istante attorno a ciò che, si dice, potrebbe succedere a Rosamund Brown. Verrà di sicuro confermata la sua detenzione ad Azkaban, questo è certo e poi immagina dovranno indagare su quale sia realmente stato il ruolo di Frank. Stando alle parole di Harry, anche se dovesse riprendersi è probabile che non lavorerà più al Ministero della Magia, tantomeno nell’Ufficio Auror. Chissà se c’è qualcun altro coinvolto, qualcuno di cui magari non sanno niente e che il Wizengamot accuserà, chissà se… Draco smette di accarezzare il dorso della sua mano intanto che la paura irrazionale che il suo futuro marito possa finire sotto processo si fa strada dentro di lui. Il suo tirarsi indietro è come una reazione, quasi avesse avvicinato le dita alle fiamme del camino e si fosse scottato. Non si è mai soffermato a ragionare sulle conseguenze di quanto accaduto a Villa Edera, era troppo impegnato a elaborare i propri sentimenti per preoccuparsi anche di questo. Ora però il terrore gli striscia sotto pelle, rendendolo drammaticamente consapevole.


«Non dirmi che sei nei guai?» sussurra, visibilmente preoccupato. Non se la saranno presa con lui, non possono, vero? Loro sono state le vittime in questa triste faccenda e, anzi a dirla tutta, Potter lo è stato molto di più dato che ha lavorato a stretto contatto con Rosamund Brown e che si fidava ciecamente di Frank Graves, considerandolo come una sorta di mentore. Non ha davvero mai ragionato su quanto si sia sentito tradito da due persone che considerava amiche, ma a questo ora non vuole pensare, lo affronteranno con il tempo. Ancora non hanno avuto la calma necessaria per parlare di quanto successo quella notte e senz’altro non è un discorso che possono fare qui. Adesso preferisce concentrarsi su problemi più urgenti: il fatto che Harry abbia sempre obbedito a Frank Graves senza battere ciglio e non si sia mai reso conto di nulla, non significa che sia colpevole tanto quanto loro, ma solo che quei tizi fossero molto bravi a nascondere le loro tracce. Il Wizengamot deve saperlo e se non lo sanno glielo dirà lui, li convincerà.
«No, non è nulla di simile» dice Harry con più fermezza, interrompendo in quel modo il franare impetuoso dei suoi pensieri. Come ha detto? Ha sentito bene? Draco sbatte le ciglia un paio di volte, confuso. Si rende conto di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo e allora lo rilascia in un respiro inframezzato dall’agitazione. Va bene, non verrà arrestato. Non finirà i propri giorni ad Azkaban e lui non dovrà vestire il lutto prima del tempo, andando a portargli le arance in galera in attesa del bacio del dissennatore. D’accordo, se non è questo può gestirlo. Già, ma allora che cos’è?
«Per l’amor di Salazar, Potter, parla o giuro che apro questa tenda e ti punto contro la bacchetta.» Probabilmente ha alzato un po’ troppo la voce e magari qualcuno là fuori lo ha anche sentito, ma a dire il vero non gliene importa, sente di dovergli dare una scossa o non ne usciranno più. Harry sta tentennando molto più di quanto non sia solito fare, in genere è quel tipo di persona che va direttamente al punto senza fare troppi giri di parole.
«Kingsley vuole affidarmi il ruolo di Capo Ufficio Auror» sputa fuori tutto in un fiato. Draco quasi fatica a capire, tanto che ripete quella stessa frase dentro la sua mente per un paio di volte. Forse intuendo la sua confusione, Harry riprende immediatamente: «Me lo ha detto ieri quando mi ha convocato. Dice che sono la persona giusta per quel lavoro.» Va bene, calma Malfoy, dice a se stesso chiudendo gli occhi e inspirando lentamente. È una bella notizia, anzi bellissima. Potter avrà un avanzamento di carriera, prenderà più soldi e avrà più potere. E forse è proprio per questo che adesso è così arrabbiato con lui, per quale accidenti di motivo l’ha spaventato tanto? Stupido, stupidissimo Grifondoro! Vorrebbe quasi urlare, quasi. Draco non lo fa e non lancia neppure in sua direzione tutti gli insulti che gli vengono in mente. Nonostante tutto, è pur sempre il figlio di Narcissa Black ed è tutta la vita che attua un ferreo controllo su se stesso.
«E questo sarebbe un segreto?» mormora, invece che gridare.
«Sì, e non lo deve sapere nessuno. Al momento quel posto è occupato dall’Auror più anziano, è una prassi d’ufficio. * Un qualcosa di temporaneo finché il Wizengamot non avrà concluso il processo. Soltanto dopo Kingsley ufficializzerà il mio nome come Capo Ufficio.» Va bene, questa parte l’ha capita e ha un suo senso logico. Non conosce a fondo tutte le dinamiche interne al Ministero, e grazie a Merlino che non le sa! Quello che non riesce proprio a comprendere è il perché di tanto dramma, del tono grave che Harry ancora usa per parlare, del fatto che ne stiano discutendo come se stessero parlando di un fatto di assoluta gravità.
«Tutto qui?» gli chiede, infatti, «da come ne parlavi pensavo avessi ucciso qualcuno.»
«C’è un’altra cosa.» E ti pareva! Può filare tutto quanto liscio? Ma ovviamente no. Cosa gli avrà chiesto di fare? Partire per sei mesi di ritiro spirituale in Nuova Zelanda? Camminare indisturbato attraverso l’ardemonio? Vestire di viola e arancione? Per tutti i folletti, che cavolo dovrà mai fare più di quanto non abbia già fatto?
«Potter, porca di una…» sbotta, censurandosi da solo e mordendosi subito la lingua. «Non farmi diventare volgare. Possibile che oggi ti debba tirar fuori le parole di bocca? Devo somministrarti un veritaserum o ce la fai da solo?»
«Il fatto è che non ho accettato, non ancora almeno» sputa fuori alla fine, parlando in un unico fiato. Lo ha detto talmente piano, che per un istante teme di aver capito male. Perché ha capito male, giusto?
«Che hai detto?»
«Che non ho ancora accettato.» Ah, d’accordo, aveva capito giusto e sì, dunque, perfetto, sta per sposare un cretino. Anzi un totale idiota; che cavolo vuol dire che non ha ancora detto di sì? Ma sarebbe dovuto venire subito da lui e stappare insieme una bottiglia di Champagne e fare del sano sesso celebrativo, perché non lo ha fatto? E per quale cazzo di motivo ha ancora quel tono da cane bastonato? Draco è molto più che arrabbiato, è furioso. Fosse per lui lo prenderebbe a pugni, ma è una persona per bene e non ha mai picchiato nessuno in vita propria. Certamente poi non può riversargli addosso tutta la propria frustrazione, da quando stanno insieme non ha fatto neanche questo. La loro è una sana relazione adulta, non un rapporto tossico nel quale gli scarica addosso ogni sentimento negativo nel tentativo di manipolarlo. Quindi chiude gli occhi e sospira, infine si massaggia la radice del naso. Sì, è un cretino, ma lo farà parlare e capirà le sue motivazioni. Draco ce la può fare anche senza farsi venire un esaurimento nervoso, forse.
«Non venirmi a dire che non ti senti all’altezza del lavoro, perché sai dove te la puoi ficcare la tua falsa modestia da nobile Grifondoro del cazzo?» D’accordo, aveva promesso che non sarebbe stato volgare, ma questo è troppo. Passi lo spavento che gli ha fatto prendere, ma non è disposto a sentire i suoi piagnistei ancora per molto.
«Non è per questo» replica poi, e Draco vede subito il suo fidanzato lasciar andare la stoffa della tenda e rilasciare un sospiro pesante. Attraverso il gioco di luci e ombre, nota che si sta grattando la nuca in un chiaro segno di imbarazzo. «Il fatto è che dovrò lavorare di più e avrò molte più responsabilità rispetto a prima. Passerò meno tempo a casa e…»
«E potresti venire chiamato chissà dove nel bel mezzo della notte?» finisce per lui la frase, ponendola forse con una punta in più di sarcasmo. «Per Merlino, Potter, sono sconvolto. Tu davvero mai te la sei filata durante una cena, rientrando alle cinque del mattino e alzandoti dal letto alle sette per poi tornare al lavoro. Non l’hai davvero mai fatto.»
«Sì, ma quello era prima» gli risponde con foga mal trattenuta. «Adesso ci sposiamo e tu forse vorrai una vita diversa.» Va bene, è un problema serio. Lo sta iniziando a capire. O meglio, è serio per Potter, non certo per lui. A suo modo di vedere è un’opportunità d’oro che, se fosse al posto suo, coglierebbe senza pensarci due volte. Però è anche vero che sono due persone dai caratteri profondamente diversi e a dirla tutta non è così tanto stupito che gli venga a dire certe cose. Draco comprende le sue ragioni e non lo biasima troppo per star facendo un ragionamento a dir poco assurdo. In fondo lo ama anche perché è fatto in questo modo, la sua nobiltà d’animo è proprio una caratteristica fondante della sua personalità. Sta pensando anzitutto a lui invece che a se stesso, di questo non se ne stupisce affatto: ogni buon Grifondoro è in fondo in fondo votato al martirio. E soprattutto non è per nulla ambizioso, se dovesse accettare lo farebbe solo perché consapevole che in quel modo potrebbe aiutare tanti poveri indifesi e arrestare i cattivi, tipico ragionamento da Harry Potter insomma. Sì, tecnicamente è un coglione che si fa una quantità esagerata di paranoie, nella pratica è troppo dolce perché possa rimanere arrabbiato con lui ancora per molto.
«Ascolta, se ti preoccupi per me allora non farlo» risponde, cercando di essere il più sincero possibile. «Ci organizzeremo in qualche modo e poi sai che i miei orari di lavoro sono flessibili. Vorrà dire che mi adatterò io ai tuoi, invece che tu ai miei. Tanto rimarrò comunque ricco sfondato e la mia casata non cadrà in rovina per questo, al contrario» aggiunge alla fine. «Le mie quotazioni voleranno. Potrò vantarmi di essere il marito del capo Ufficio Auror del fottuto Ministero della Magia, in quanti possono dire la stessa cosa?» Draco lo sente sogghignare da dietro la tenda, è più rilassato e lo percepisce anche dalla maniera in cui fa ricadere le braccia ai lati del corpo. Se potesse guardarlo negli occhi certamente amerebbe le sue iridi verdi fissarlo con amore da dietro gli occhiali tondi.

«Soltanto tu puoi trasformare la mia promozione in tuo trionfo, è tipico tuo.»
«Non ti sto dicendo che devi accettare perché sono io a chiedertelo, pensa solo a quello che ho detto e non decidere in base a come potrei prenderla io. Per una volta, Potter, pensa a te stesso e non agli altri. Allora lo farai?»
«Lo farò!» Draco annuisce, soddisfatto. Non ha detto che accetterà, ma a lui basta sapere che ci penserà. Si sentirebbe troppo in colpa se rifiutasse a causa sua. Ha più o meno risolto anche questa faccenda ed è probabile che finirà con il diventare il marito di un Capo Ufficio Auror. Chissà se, se mai verrà ufficializzata la nomina, anche quella vipera della Skeeter non si decida a finirla con le solite montature giornalistiche. Anche se dubita perché Harry e Draco hanno venduto l'esclusiva del loro matrimonio a “Il Cavillo”, che farà un vero e proprio servizio completo con tanto di fotografie e interviste. Soltanto per questo, quelli della Gazzetta del Profeta avranno il dente avvelenato per altri tre anni almeno. 
«Alla fine non era un segreto poi così grande» scherza Harry. Draco non sa perché gli venga in mente proprio adesso, ma nel sentire quelle parole un qualcosa scatta nel suo cervello. Sì, forse quello non era un mistero poi così grave, a ragionarci era anche pensabile che Kingsley facesse una scelta simile dato che Harry, nonostante la giovane età, è l’Auror più quotato in quell’ufficio, ma quello che invece conserva lui è decisamente qualcosa di molto più serio.


«Già, a proposito di segreti» esordisce «anch’io ne ho uno, una cosa che non ti ho detto. Però non te lo posso dire perché ho fatto una promessa a una persona a cui teniamo entrambi e sia mai che qualcuno dica che noi Serpeverde non manteniamo la parola data.» Perché invece lo fanno. Quasi sempre, quando gli conviene, ma lo fanno. Senz’altro lo fa adesso, mostrando probabilmente quel due percento di Tassorosso che c’è nelle sue vene.
«Riguarda Hermione?» gli chiede lui inaspettatamente. La domanda è secca, senza giri di parole come quelli che ha fatto fino a un attimo fa. Sembra non pensarci sopra due volte, va a colpo sicuro, quasi fosse già a conoscenza del sesso del bambino o avesse messo in lista un paio di nomi assieme al suo amico. La sicurezza che mette nella maniera che ha di parlare potrebbe anche fregarlo, se non fosse praticamente certo che è impossibile lo abbia scoperto da solo.
«Tu cosa sai?» replica prontamente Draco, salvo poi correggersi immediatamente: «Anzi no, non rispondere perché sono sicuro che tu non sappia proprio nulla.» Ricorda perfettamente quello che la Granger gli ha detto questa mattina: Ron è convinto che abbia una tresca ed è arrabbiato con lei per niente di più che un sospetto. Era di questo che lui e Harry stavano parlando ieri, subito prima che li interrompesse con il proprio arrivo, Draco ci metterebbe la mano sul fuoco.
«Ron è sicuro che lei abbia un altro» dice Harry, infatti, confermando i suoi sospetti. «A me però sembra una cosa ridicola, Hermione ama profondamente Ron e soprattutto è una persona onesta. Se si fosse innamorata di un altro glielo avrebbe senz’altro detto.» Sì, è abbastanza d’accordo con lui. Perché è vero che è da pochissimo che sono diventati più intimi, ma è convinto di conoscerla almeno un pochino e non tradirebbe mai nessuno, tanto meno suo marito.
«Ti posso assicurare che non è questo» annuisce, «e se Weasley fosse un po’ meno insicuro, se si concentrasse più su sua moglie che su se stesso, probabilmente si accorgerebbe anche lui di come stanno le cose. Hermione è profondamente turbata in questo periodo della sua vita e anche spaventata, avrebbe bisogno di un compagno comprensivo e non di un paranoico, geloso che la accusa di cose non vere.» Forse è ingiusto nel parlare in questo modo di Ron, alla fine lui ignora la verità e parte della colpa, se così la si può definire, sta nel fatto che la Granger per prima non si è aperta con suo marito. Weasley non può inventarsele, le cose. Quel che è certo è che avrebbe potuto evitare di considerare per partito preso il fatto che sua moglie abbia un amante, perché è davvero un’accusa pessima da mettere in atto.
«Quand’è che tu ed Herm siete diventati così uniti da scambiarvi i segreti?» gli chiede in rimando ed è senz’altro sorpreso dalla piega che ha preso la discussione.
«Geloso, Potter?» replica Draco, stuzzicandolo. Oh, adora punzecchiarlo in questo modo.
«Curiosità, non mi siete mai sembrati così amici.» 
«Che vuoi che ti dica? Le cose cambiano» dice semplicemente, facendo spallucce. Cambiano davvero, sta per diventare il signor “Occhiali tondi e faccia da scemo”,  e Harry per primo stringe la mano a suo padre senza alcun rancore, se non è cambiamento questo, Draco non sa proprio cosa sia allora.
«Diciamo che l’altro giorno a Villa Edera siamo entrati in confidenza, io ero sconvolto da quello che è successo ed Hermione mi ha parlato di ciò che l’affligge, ci siamo dati forza a vicenda in un momento delicato per entrambi. Però mi ha fatto giurare di non rivelare a nessuno della nostra conversazione e io sto mantenendo la parola data. Sono piuttosto sicuro che entro stasera lo saprai anche tu, quindi non durerà molto questo mistero e ora se permetti me ne vado, dato che sono già passate le undici.»
«Dove vai?» chiede Harry, facendogli alzare gli occhi al cielo.
«A prendere la mia chitarra, farò il cantante e girerò l’Irlanda a piedi. Dove vuoi che vada, Potter? A vestirmi, devo andare al matrimonio di mio marito» ** conclude, ammiccando intanto che si allontana in direzione dell’abito che vede appeso dall’altra parte dell’enorme tenda che lo ospita. Dietro di sé, sente Harry ridere e andarsene borbottando un: “A dopo” che, di nuovo, gli strizza lo stomaco per l’emozione. Sta per sposarsi.


 

Decide di prendere le cose con la dovuta calma, la sua non è tanto una scelta ponderata quanto una necessità. Sbottonandosi la camicia di lino che ha indossato sino a quel momento si rende conto che le dita gli tremano, se andasse velocemente è probabile che si annoderebbero le une con le altre da quanto è teso. Ovviamente sta esagerando, ma incredibilmente scopre che fare una cosa alla volta lo aiuta. Un bottone dopo l’altro, prima di riporre la camicia sulla stampella, levarsi scarpe e pantaloni e inspirare lentamente nell’osservare l’abito da cerimonia che pare lo stia fissando, in attesa. L’operazione non gli richiede più di qualche minuto, però ne passa quasi dieci a specchiarsi e ad aggiustarsi i capelli, ringraziando Salazar per la lungimiranza che ha avuto nel portare con sé un po’ di gel, per merito del quale riesce a dare alla propria chioma un’aria elegantemente disordinata. Non c’è nulla di caotico nelle morbide punte bionde acconciate come meglio non poteva, ma un look studiato nel più piccolo dettaglio. Ha visto fotografie babbane sulle riviste che di tanto in tanto Pansy compra, in cui dei modelli erano pettinati nella stessa maniera, quindi presume di essere anche alla moda. Quel che è certo è che Potter impazzirà nel vederlo e vorrà strappargli tutto di dosso, in effetti è una buona idea l’aver preso quelle due enormi tende piene di letti.
«Posso?» Draco sta sistemando l’orologio dentro la tasca della giacca, quello che, sul cipollotto, ha impresso lo stemma dei Malfoy. Lo ha appena controllato: segna le dodici meno un quarto quando scorge Hermione sulla soglia della tenda. La sua voce, appena un poco timida, lo fa sobbalzare, ma riesce immediatamente a ricomporsi. Negli ultimi minuti ha ricevuto svariate visite: Molly è venuta cinque minuti fa per sapere se stava bene e se gli serviva qualcosa, poi Arthur gli ha chiesto la medesima cosa un minuto più tardi e alla fine è entrata Pansy. I suoi intenti erano di sicuro molto meno premurosi, si è fatta vedere anzitutto per prenderlo in giro del fatto che sta per diventare “Il signor Potter” e poi anche per fargli sapere che Mathieu ha deciso di aiutarla con la decorazione e l’incantesimo, dato che lei in questo non è molto pratica, il che significa che la torta sarà spettacolare da guardare, ma con ogni probabilità terrificante da mangiare. 

«Vieni, sono già pronto» mormora, allacciandosi la giacca e camminando in sua direzione a passo lento e studiato. Fa caso soltanto adesso a quanto sia splendida nel vestito che indossa, già ha notato in più di un’occasione quanto la maternità la faccia sembrare radiosa, ma oggi Hermione sembra proprio splendida. Si domanda come faccia Weasley a non essersi reso conto di niente, è talmente ovvia l’origine della dolcezza del suo viso.
«Non gli hai ancora parlato» dice e non ha neanche bisogno che lei scrolli il capo in senso di diniego, è chiaro come il sole ciò che serba è ancora un segreto.
«Non ne ho avuto il modo, abbiamo entrambi troppo da fare al momento, ma giuro che dopo la cerimonia glielo dico.»
«Come vuoi tu, Granger» replica, facendo spallucce. Alla fine non è un suo problema, solo gli dispiace quando qualcuno a cui vuole bene soffre nella maniera in cui lei sta soffrendo.
«Ad ogni modo ti ho portato questo» risponde, facendosi avanti e mostrando il fiore che tiene tra le dita. Si tratta di un iris viola, di quelli che adornano la navata, ha stupefacenti con screziature gialle e bianche. «Harry ne ha uno uguale, lo ha messo nel taschino.»
«Sì, dubito mi stia bene tra i capelli» scherza, particolarmente ironico. «Anche se sarebbe interessante uscire da questa tenda con un iris in testa.» Hermione ridacchia, aiutandolo ad appuntare al meglio il fiore sulla giacca e facendo in modo che non si muova e i petali non si schiaccino.
«A tuo padre prenderebbe un colpo» mormora lei e questa volta è il proprio turno, di ridere. In effetti sarebbe un esperimento interessante, ma non è davvero pronto a sentire i Dursley al gran completo parlar male del suo look. Non si farà prendere in giro da uno che al proprio matrimonio era vestito come una scatola di confetti alla mandorla.
«Per non parlare di zio Vernon e zia Petunia» dice infine, salvo poi tornare subito serio. Già e a proposito dei parenti babbani di Harry, e di suo padre… «Là fuori come sta andando?»
«Tutto bene» chiarisce immediatamente la Granger. «Tuo padre non ha litigato con zio Vernon e tua madre già spettegola con zia Petunia. Vanno d’amore e d’accordo. Tu ricordati, quando il quartetto d’archi inizierà a suonare uscirà Harry e poi toccherà a te. Io rimarrò qui fuori e vi darò il segnale. Tua madre ha detto che ci tiene ad accompagnarti all’altare, quindi tra poco sarà qui.» Oh, sul serio? Ha detto davvero una cosa del genere? Non ne hanno realmente mai parlato, anche perché Draco ha fatto mesi a non rivolgere la parola ai suoi genitori, era convinto che all’altare ci sarebbe andato da solo e, anzi, a dire il vero pensava che avrebbe proprio faticato a farli venire al matrimonio. In effetti prima lei gli aveva promesso che si sarebbe fatta vedere, ma non pensava si riferisse a questo.
«Davvero?» chiede, senza riuscire a trattenere dello stupore. Immagina che l’idea gli piaccia, anzi, non se l’aspettava proprio e ora si sente quasi emozionato. Percorrere la navata, tra quei fiori profumati, con al braccio sua madre intanto che Harry lo guarda dall’altare, è un sogno che si avvera. Un sogno che certamente non faceva quando era ragazzo, all’epoca Potter lo voleva soltanto schiantare, ma che invece ha maturato con gli anni. Stare insieme a Harry e costruire con lui una relazione solida, fantasticare sul futuro, fare progetti… C’è stato un periodo buio della sua vita durante il quale non pensava avrebbe mai avuto niente del genere, e se pensa che lo stava gettando al vento per colpa di quella Rosamund Brown, ha voglia di maledire se stesso.
«Sì, sembrava tenerci molto» dice la Granger, annuendo lievemente. 
«Potter invece si fa portare all’altare da qualcuno?» Questo fa parte dei dettagli della cerimonia a cui ha pensato nelle settimane appena trascorse, ma delle quali non hanno discusso. Lo aveva dato per partito preso che ci sarebbero andati da soli, ognuno per conto proprio. Harry non ha più i genitori, il suo padrino è morto e dubita fortemente che i suoi zii desiderino accompagnarlo all’altare. Anzi, non crede nemmeno che Potter voglia andarci con al braccio sua zia Petunia. Però, è anche vero che suo padre sta facendo comunella con un babbano, quindi tutto può essere. E la vita gli ha insegnato che nei matrimoni a cui partecipa tutto può succedere.
«Molly e Arthur, per lui gli Weasley sono come una famiglia. In assenza dei suoi genitori o di Sirius, sono la scelta migliore che potesse fare.»
«Lo penso anch’io» mormora, assolutamente convinto, prima di aggiustarsi il fiore nel taschino per l’ultima volta.


Sua madre si fa vedere a quel punto, oltrepassa l’entrata della tenda guardandosi attorno come a volerlo cercare, ma fermandosi sulla soglia. Quando i loro sguardi si incrociano, la trova a sorridere. Anche lei, proprio come Hermione, è bellissima. Riesce saggiamente a nascondere la stanchezza dietro a una postura rigida e a un’espressione granitica, ma è felice. Nel notare le sue labbra truccate che si stirano verso l’alto, Draco forza se stesso a cacciare giù in gola un grumo di lacrime. Non vuole piangere davanti a sua madre, l’ultima volta che l’ha fatto aveva sei anni e non intende ripetere l’esperienza. Non lo farà anche se è il giorno del matrimonio e, tecnicamente, gli è concesso anche di commuoversi. Forse è per questo che, invece di indugiare, corre subito ad abbracciarla, intanto che Hermione si defila, lasciandoli soli. Draco nasconde il viso nel suo collo e tira su col naso, lo sguardo che si appanna e lo stomaco che si stringe in una morsa. Narcissa ha quel profumo che hanno i gelsomini nelle sere d’estate.

«I Malfoy non si emozionano, lo so» borbotta, imbarazzato, intanto che lei sospira e si allontana, asciugando le lacrime che gli pungono gli occhi con un fazzolettino di pizzo. Pare volerlo rimproverare, ma non è più sicuro se lo voglia fare per essersi commosso o aver detto una simile sciocchezza. Eppure sua madre tace, bastano i gesti spicci con cui agisce e quel piccolo sorriso soddisfatto che gli dedica quando torna ad avere un aspetto accettabile.
«I Malfoy fanno qualche eccezione» gli concede, dopo un attimo di silenzio. «Questo è il giorno del tuo matrimonio. Nonostante in passato io abbia sognato per te un qualcosa di diverso, mi sto rendendo conto che non potevi fare scelta migliore di Harry Potter.» Lo pensa anche lui, anzi adesso più che mai ne è convinto. Anche se non è sempre stato così, Rosamund Brown dopotutto non ha inventato niente e ha pescato a piene mani in quel torbido che Draco ha alimentato per anni per conto proprio. Non sa perché si convinca che è importante che sua madre lo sappia, probabilmente perché non ha mai realmente dimenticato quella loro discussione, a novembre. Forse è vero che era già sotto l’influenza della Maledizione Imperius e probabilmente è vero che non gli avrebbe mai parlato così schiettamente, ma quelle cose lei le pensava.
«Mi sono domandato per tanto tempo se era la persona adatta a me, se a causa del nostro passato fosse o meno giusto sposarci. In effetti me lo sono chiesto fino a qualche giorno fa. Però lui è una persona incredibile e io non riesco a immaginarmi al fianco di nessun altro, alla fine penso conti questo» dice, e allora si rende conto di non essere mai stato così tanto sincero con lei prima di allora. Cerca disperatamente di dare a se stesso un po’ di contegno, non è sicuro di riuscirci.
«Conta senz’altro» conviene Narcissa, annuendo seppur in maniera lieve. Draco non sa perché stia pensando proprio adesso al loro litigio alla festa di fidanzamento, ma c’è una cosa di quella sera che lo ha tormentato per troppi mesi e forse non avranno mai più un’occasione come questa per confrontarsi. Il fatto che una persona sia tua madre non significa che tu sia in intimità con lei, quindi sente di doverne approfittare finché gli è possibile.
«Quella sera alla festa di fidanzamento» tenta, ma Narcissa subito lo interrompe. Non è sicuro che ciò che è passato nei suoi occhi come un lampo sia per davvero imbarazzo, è difficile scorgere sentimenti di questo tipo in sua madre. Lui di certo non è abituato a notarli.
«Draco, ti ho già detto che mi dispiace, ma era quella donna che mi influenzava.»
«Lo so, sono io che devo scusarmi. Quello che ho detto su zia Andromeda…»
«Non importa» replica, in maniera fintanto asciutta. Pare quasi non dare alla questione troppa importanza, ma Draco sa per certo che sta minimizzando. «Hai risposto a una provocazione, niente più di questo.» Lo ha fatto, non può dire che su questo abbia torto. Ha però temuto per troppo tempo di averla fin tanto ferita e questo non lo riesce ad accettare. Era una cattiveria bella e buona, lo sanno tutti e due.
«Lei è qui lo sai, vero?» Narcissa annuisce in maniera lieve, senza rispondere. Se non sapesse per certo che non è avvezza a certi sentimentalismi direbbe che non parla perché è troppo emozionata, più semplicemente immagina non abbia niente da dire. Quello tra lei e sua sorella è un muro diventato talmente alto da essere invalicabile. La consapevolezza che dimora nel suo sguardo dà a Draco la certezza che l’abbia già vista o, almeno, che l’abbia immaginato da sola. Zia Andromeda ha stretto un buon rapporto con Harry, dato che è la nonna del suo figlioccio. A voler essere onesti è soprattutto grazie a lui se Draco ha intrecciato quel minimo di conoscenza che hanno adesso. Una cosa che per altro non ha mai nascosto.
«Potrebbe essere la giusta occasione per parlarle, almeno farle le tue condoglianze. Ha perso sua figlia e suo marito durante la guerra e non le hai mandato neanche un mazzo di fiori.»
«Hai ragione, non l'ho fatto. Però è successo molto tempo fa e io non parlo con mia sorella da così tanto, che a malapena ricordo com’è il suo viso. Dubito inoltre che abbia voglia di parlare con me.» Draco è sicuro che non sia del tutto vero, ma conosce le maniere di sua madre e sa che quell’espressione e il suo fare spiccio sono il chiaro segnale che non ha voglia di discuterne ancora. Quindi decide saggiamente di non insistere e chiude la questione con un bacio su una guancia.
«Grazie, figlio mio» mormora lei, annuendo in maniera lieve. «Ti chiedo solo una cosa: per favore, non farti chiamare “Signor Potter” come va in giro a dire quella stupida di Pansy Parkinson. Se lo farai ti diseredo.» La voce di Narcissa è più leggera rispetto a poco fa, sta chiaramente scherzando perché il suo viso è divertito. Dovrà parlare con Pansy e dirle di smetterla, ma non fa in tempo neanche a pensare a una battuta di spirito che un attimo più tardi la musica della marcia nuziale riecheggia fin dentro la tenda. È ora di andare.

 

Draco percorre la navata improvvisata tra due file di panche bianche che guardano a un altare, impreziosito di fiori di ciliegio. Questi, portati dal vento, ricadono delicatamente sull’erba asciutta del primo pomeriggio. Si era immaginato come potesse essere la luce del sole incastonata in un arco naturale fatto di rami e petali rosa, ma l’effetto visivo è di molto al di sopra delle aspettative. Decisamente stupefacente, si dice intanto che cammina con studiata lentezza, così come ha provato e riprovato a fare a casa senza farsi scoprire da Potter. Mamma è accanto a lui, Draco la tiene per un braccio e la stringe appena intanto che, con lo sguardo, fa caso ai volti che li fissano, alcuni più seri mentre altri sorridenti. C’è praticamente l’intero mondo magico inglese, là presente. Tutti i professori di Hogwarts al gran completo, dalla Preside McGranitt, al professor Lumacorno, ovviamente Hagrid con la sua solita cravattona arancione a pois gialli, la professoressa Sprite e il professor Vitious finanche alla Cooman, al solito stralunata, che parla da sola e si guarda in giro come se stesse cercando di capire chi è e dove si trova. Vede anche moltissimi dei compagni del loro anno e qualcuno anche più grande o più piccolo. Sorride, appena fa caso alle due file di teste rosse là davanti, sono tutti gli Weasley al gran completo con tanto di fidanzati e fidanzate, perlomeno chi ce l'ha. Charly è solo, ma ci scommette che avrebbe portato un drago, se soltanto glielo avessero permesso. E non l’hanno fatto. Draco ha scritto una lettera di ben due pagine che ha consegnato a Bingley, in cui elencava tutte le ragioni per cui non potesse portare con sé il suo Grugnocorto svedese preferito. Oltre a loro c’è la squadra di quidditch del Grifondoro, da Oliver Baston a Katie Bell e Angelina Johnson. Luna Lovegood seduta accanto a Blaise Zabini, si tengono per mano perché probabilmente hanno deciso che tenere il segreto era davvero sciocco. C’è anche Cormac McLaggen, seduto accanto a loro e nel vederlo Draco aggrotta le sopracciglia, ha il tragico sospetto che si sia imbucato perché lui certamente non l’ha invitato. Chi mai inviterebbe un idiota simile? Vede anche diversi dei suoi compagni Serpeverde, chi non è morto o in galera è venuto. E poi ci sono ovviamente anche i Dursley in prima fila seduti accanto a Lucius, al fianco del quale c’è un posto vuoto riservato a sua madre. I babbani sono un po’ confusi e sulle spine, come se si aspettassero una bacchetta nella schiena da un momento all’altro. Infine c’è tanta, tantissima altra gente tra cui un fotografo de “Il Cavillo” che fa scatti a ripetizione e l’ormai soprannominato “Nargillus” Lovegood, vestito di giallo e arancione, che sussurra a una penna prendi appunti, la quale ronza attorno alla chioma di lunghi capelli bianchi. Draco non vede i visi tutti, poi magari saluterà ognuno di persona al banchetto, perché quando posa lo sguardo su Harry è come se il resto del mondo si offuscasse. Lui è lì, accanto a un Ron che è vestito in maniera elegante, almeno per una volta. Non ha un vecchio vestito della sua prozia Tess, ma uno di sartoria. Davanti a Weasley vede anche Pansy, strizzata in un abito verde mela decisamente molto attillato e che mette perfettamente in risalto le sue forme. Dietro di loro, il Ministro della Magia sorridente con così tanta felicità in volto che pare il suo, di matrimonio. Tiene tra le mani un foglio ripiegato su se stesso, non sembra affatto nervoso, perché dovrebbe esserlo poi? Certamente lo è Potter, il quale sembra più un fascio di nervi che un uomo. Le sue dita picchiettano le une sulle altre, si morde di continuo il labbro inferiore e sposta il peso da una gamba all’altra. Ciononostante, riesce a essere bello come soltanto Harry Potter sa essere ovvero un po’ spettinato, con quegli occhiali rotondi calati sul naso, gli stessi di quando aveva undici anni, quell’aria da povero che si è arricchito chissà come e che resterà pur sempre uno straccione nell’animo. Indossa l’abito che in un lontano giorno di luglio ha comprato da Madama McLaggen e ha un iris viola identico al suo, ficcato dentro al taschino. La maniera precisa con cui questo è stato appuntato suggerisce che sia stata una premura di Hermione, che deve aver speso più di un istante per sistemarlo. Harry, ad ogni modo, è esattamente come ricordava di averlo visto tempo fa nel negozio di abiti, a Diagon Alley. Forse è ancora più attraente di quel giorno di luglio. Quando si avvicina all’altare, Potter gli viene incontro e lo prende per mano, accompagnandolo sopra al palchetto di legno decorato con fiori e tulle. Ha appena salutato Narcissa con un bacio sulla guancia. Draco è sicuro di avere un sorriso po’ scemo, dentro vorrebbe urlare, ma è meglio che non lo sappia nessuno al momento. Harry al contrario non fa che guardarlo: ha la bocca spalancata e la faccia da idiota, sta come al solito.
«Chiudi la bocca, Potter» sussurra, mentre lui arrossisce, balbetta e infine annuisce.
«È che… i capelli e l’abito… stupendo, sei… bellissimo» dice, baciando le sue labbra velocemente, prima di scostarsi con un movimento fintanto brusco. Ancora lo fissa come un beota e, tra gli invitati, qualcuno ridacchia. Sì, la faccia di Potter è esattamente l’effetto che desiderava ottenere e può decisamente ritenersi soddisfatto.  

 

«Avvicinatevi.» La voce decisa e profonda di Kingsley Shacklebolt si frappone tra di loro in maniera quasi fastidiosa, facendo sussultare vistosamente entrambi. Quasi ricordasse soltanto in quel momento che non sono da soli, ma che un centinaio di persone li stanno osservando in attesa e che hanno nientemeno che il Ministro della Magia a meno di un palmo dal loro naso, Draco annuisce e si ritrova a obbedire. Cerca stoicamente di ignorare la stretta allo stomaco, che ormai sono giorni che non lo lascia in pace e deglutisce a fatica intanto che l’uomo che sta loro di fronte, riprende a parlare: «Parenti degli sposi, acquisiti e non, amici tutti, siamo qui riuniti per celebrare l’unione di Harry Potter e Draco Malfoy.» Esordisce con queste esatte parole, la sua voce profonda non riecheggia per la radura, ma si stende sopra di loro come un manto leggero e che subito viene tolto. Si aspettava quantomeno un applauso sul suo nome, così, gratuitamente, ma non appena si rende conto che nessuno lo osannerà per chiamarsi “Draco Malfoy” zittisce quegli assurdi pensieri. Il Ministro riprende e parlare subito dopo.

 

«Come molti qui, ho avuto la fortuna di conoscere Harry quando era un ragazzo. La sua storia la sappiamo tutti, l’abbiamo letta sui giornali o nei libri, ma in non molti possono dire di averlo conosciuto in quel periodo. Alcune di queste persone non sono qui a raccontarlo, ma io ho avuto la fortuna di sopravvivere alla guerra e posso dire di aver avuto l’onore di far parte di quella ristretta cerchia di maghi e streghe che tanto si è impegnata per vincere una guerra che all’epoca pareva impossibile..» Kingsley fa una breve pausa a quel suo discorso introduttivo. Per Draco è un po’ una novità, in effetti non hanno mai discusso di questo. Hanno semplicemente deciso di non scrivere dei voti matrimoniali, ma di seguire un rito più classico. Ora che ci pensa, Potter aveva borbottato qualcosa sul fatto che Kingsley avrebbe detto due parole. Probabilmente era presumibile che il discorso prendesse questa piega ed è altrettanto probabile che Potter già lo sapesse, tuttavia Draco si ritrova a spiarlo ugualmente con la coda dell’occhio. È un po’ preoccupato per lui, anche se a malapena lo dà a vedere. Sa quanto a Harry poco piaccia essere lodato, quanto sia infastidito le volte in cui la gente lo tratta davvero come un eroe. Loro ci scherzano sempre, a Draco piace prenderlo per il culo, ma la ragione per cui non litigano mai è perché non fanno altro che sdrammatizzare un passato che altrimenti sarebbe troppo ingombrante. A ben vederlo, in quei frangenti Potter sembra nervoso sebbene non come poco fa e può scommettere anche che si senta vagamente a disagio.
«Ricordo la prima volta che lo incontrai» riprende il Ministro. «Non era come mi aspettavo. Avevo sentito tante cose sul bambino che è sopravvissuto, ma ciò che di lui mi sorprese fu la dolcezza che c’era nel suo sguardo. All’epoca non pensavo granché al futuro, a ciò che sarebbe stato di tutti noi dopo la guerra, ma mi auguravo che quel ragazzo che tanto aveva sofferto potesse avere il meglio possibile per la sua vita. Certo che non avrei mai immaginato che questo futuro potesse venire condiviso un giorno con Draco Malfoy.» Lui è il primo a ridacchiare, beh, non è il solo. Neanche lui avrebbe mai pensato a una cosa del genere. Potter men che meno. «So quello che di lui si dice su alcuni giornali e credetemi quando dico che sono delle emerite sciocchezze. Non tutti avrebbero avuto il coraggio di abbassare la testa e mettersi a lavorare seriamente su se stesso come invece ha fatto Draco dopo la guerra. Non tutti gli ex Mangiamorte sono stati così onesti da alzare le mani e dire: “Ho sbagliato!”. Lui invece ha colto la possibilità che il Wizengamot gli ha dato ovvero diventare una persona buona ed è ciò che ha fatto nel corso degli anni. Sono contento di aver scoperto un qualcuno di straordinario, un gran lavoratore, un uomo sensibile che ama profondamente Harry. A me basta questo perché dia la mia benedizione a questa unione.» Draco lascia andare un lieve respiro nervoso, un po’ è l’emozione, un po’ l’orgoglio e in buona parte sono lacrime che ricaccia indietro a fatica. Ha sempre saputo che il Ministro aveva stima di lui, il suo ragazzo cerca di rassicurarlo a riguardo da tempo immemore. Ammette di non averci mai realmente creduto, Potter è uno che edulcora le medicine amare con della melassa e la sua opinione non è mai totalmente affidabile riguardo cose del genere. Però non avrebbe mai pensato che avesse una simile idea di lui, ne è sorpreso e lusingato.
«E ora lo scambio degli anelli» dice il Ministro, qualche istante più tardi. Subito vede Ron muoversi ed estrarre dalla tasca della giacca una piccola vera d’argento che porge a Potter. «Ripeti dopo di me» dice Kingsley invitando a imitarlo. Il suo futuro marito tiene l’anello tra le dita forse molto più saldamente di quanto non sarebbe necessario fare. «Io Harry.»
«Io Harry» ripete, la voce gli trema e quasi balbetta.
«Prendo te, Draco, come mio legittimo sposo.»
«Prendo te, Draco, come mio legittimo sposo» lo imita di nuovo Harry, diligente. La voce ora un po’ più ferma e lo sguardo deciso, puntato nei suoi occhi grigi.
«E prometto di esserti fedele sempre, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non ci separi.»
«E prometto di esserti fedele sempre» annuisce Potter. «In salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non ci separi.» Appena finisce di ripetere il rito parola per parola, Draco gli porge la mano sinistra, un po’ tremante a dire il vero, ma nessuno ci fa caso in quel momento. Harry infila l’anello al suo dito, che non scivola come dovrebbe e rimane incastrato all’altezza della nocca finché non viene spinto un po’ più su con forse eccessiva forza. Kingsley, soddisfatto, invita a quel punto Pansy a farsi avanti e lei lo fa, con quella sua sicurezza un po’ sfrontata. Non manca di fargli l’occhiolino e stirare un ghigno sarcastico, mima con le labbra "Signor Potter" di modo che possa vederlo soltanto lui. Malfoy addirittura sorride, sebbene soltanto per un istante prima che Kingsley riprenda a parlare: «Ripeti dopo di me. Io Draco, prendo te, Harry.»
«Io Draco, prendo te, Potter» dice, mordendosi la lingua. Accidenti, è l’abitudine. Sente qualcuno ridacchiare alle sue spalle e forse qualcun altro, tra gli invitati, ma decide di non pensarci sopra troppo. «Prendo te, Harry» si corregge poi.
«Come mio legittimo sposo e prometto di esserti fedele sempre, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non ci separi»
«Come mio legittimo sposo» ripete, preciso. «E prometto di esserti fedele sempre, in salute e in malattia, in ricchezza e… in ricchezza e… Oh, per la barba di Merlino, in ricchezza e in povertà, va bene? Ti amo, Potter e ti starò accanto anche da poveri.» Draco sente che dietro l’occhiataccia che Kingsley gli dedica c’è in realtà un divertimento molto bonario, tuttavia sulle prime sembra tanto arrabbiato al punto che deglutisce imbarazzato. «Ehm, finché morte non ci separi?» aggiunge, con tono più leggero e scherzoso, quasi provasse a metterci una pezza. Vede Harry sbuffare e alzare gli occhi al cielo, ovviamente ha trasformato il loro matrimonio in uno spettacolo da cabaret, ma almeno lo ha reso divertente; giusto?
«Mettimi quel dannato anello, Malfoy» borbotta, allungando la mano e facendo scoppiare tutti quanti a ridere. Non ci mette molto a infilarlo al suo dito e quando lo fa, uno scroscio di applausi invade la radura.
«Vi dichiaro marito e marito» aggiunge Shacklebolt, sorridente. «Potete baciarvi… oh, al diavolo, lo state già facendo! Facciamo loro un altro applauso» dice infine, con un tono di voce che tanto gli ricorda l’affabulatore di un circo che cerca di attirare più pubblico per i suoi spettacoli. A quel punto una pioggia di fischi e applausi li sovrasta. Pansy fa cadere sopra le loro teste dei petali di rose che le rendono dalla bacchetta, qualcuno invece lancia verso il cielo dei fuochi di artificio. Qualcun altro grida: “Viva gli sposi” e urla frasi un po’ sconce, scommette che è George. In tutto questo, Draco guarda Harry, lo guarda e basta. Lo ha appena baciato, ma vorrebbe farlo ancora perché gli sembra l’unico modo per accertarsi che sia tutto vero e non un sogno dato dalla sua fervida immaginazione. A stento crede che, dopo tutto quello che hanno passato, siano arrivati a questo. Rosamund non ha vinto, pensa, un istante prima di baciarlo ancora. Non ha vinto proprio un bel niente.





 

Continua 




 

*Non ho la minima idea di come funzioni la burocrazia del Ministero della Magia in casi del genere, ma in situazioni di emergenza ho pensato che possa venire eletto una sorta di capo “Ad interim” finché non ne verrà nominato uno nuovo, come succede solitamente nel mondo reale.
**Citazione alla fanfiction: “The Wild Rover” di Eeeva che vi consiglio di leggere se non conoscete.

 

Note: Doveva essere l’ultimo e invece non lo sarà. Dico troppo spesso questa frase, ma come al solito alla fine di una storia non calcolo mai in modo serio quante cose vanno nel finale, perché tutte le risposte vengano sviscerate con i giusti tempi e non frettolosamente. Qui ci sono molte questioni da affrontare, tra cui la gravidanza di Hermione, Pansy e la sua torta, il regalo di Hagrid… Molte cose che ho già scritto e infatti non dovrete attendere un’altra settimana per il capitolo nuovo. Domani mi dedicherò a una traduzione che sto facendo, ma poi penserò a questa storia e a questo benedetto finale.
Nel frattempo, grazie a tutti coloro che hanno letto fino a questo punto. Grazie anche a chi ha recensito e inserito la storia tra le seguite, preferite e ricordate, grazie anche per i kudos su AO3.
Koa

 

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Capitolo 17
*** La professoressa stralunata e l'amestista giudicante ***


La professoressa stralunata e l’ametista giudicante




 

Il banchetto è stato semplicemente eccezionale, Draco lo descrive con queste esatte parole a un Harry che lo guarda sorridendo di sbieco. Come potrebbe sostenere il contrario? Le pietanze sono state preparate in maniera perfetta, il cibo di ottima qualità servito elegantemente e infine vini pregiati e ottimi liquori magici offerti a fine pasto. A ben ragione, gli elfi domestici di Hogwarts valgono il doblone che ha dato loro come ricompensa per il lavoro svolto e, a voler essere onesti, non si aspettava di meno da degli elfi con la loro esperienza. Ugualmente, però, fin dall’inizio di questa giornata si era imposto di non sperarci sopra troppo perché con tutto quello che gli è capitato durante i preparativi sarebbe onestamente potuto accadere di tutto. Grazie a Salazar, invece, ogni cosa è andata per il verso giusto. Gli invitati sono soddisfatti e, a pancia piena, si godono le prime danze in attesa del taglio della torta. I tavoli si sono svuotati per la maggior parte, soltanto qualche reduce è rimasto seduto per chiacchierare con chi di ballare non ne ha voglia. La maggior parte invece è già in pista, principalmente si tratta di giovani coppiette innamorate che ora si muovono a ritmo di un lento. Il complesso che hanno scelto suona musica moderna, di quella che sua madre certamente disapprova, ma a Draco piace e Potter apprezza quindi si convince che va bene così. La gente, ad ogni modo, sembra divertirsi e a suo modo di vedere è la cosa più importante. La giornata è calda, ma sufficientemente ventosa perché non si stramazzi a terra a causa dell’afa. Più di qualcuno ha abbandonato il tendone e passeggia in lungo e in largo per l’ampio prato che li circonda, altri si sono allontanati con ogni probabilità per andare a pomiciare dentro a una delle due tende. Conoscendo i suoi amici, tutti i letti saranno occupati peggio che nei più infimi bordelli. Draco sospira in maniera lieve, è abbastanza irritato deve ammetterlo perché a proposito di gente che va per bordelli… Lui sarebbe lo sposo, aveva prenotato un letto ore fa e avrebbe di che lamentarsi con tutti quelli che se ne sono andati via ridacchiando, illudendosi di non essere visti da nessuno e occupando posti che non avrebbero dovuto occupare. Ah, beh, ma immagina sia comunque troppo stanco per il sesso quindi si decide ad abbozzare e fingere di non esserne indispettito. Inoltre si sente intontito dall’ottimo cibo e dalla quantità di vino che ha messo nello stomaco. Non si è vergognato affatto d’aver mandato giù bicchieri a ripetizione, è il giorno del suo matrimonio può anche permettersi di arrivare sbronzo a fine giornata. 

 

Stiracchiandosi pigramente sulla sedia che ancora occupa, nota Harry alzarsi dalla tavola e allontanarsi di qualche passo, fermandosi a parlare con un collega d’ufficio. Non è interessato ai loro pettegolezzi, quindi sposta le proprie attenzioni altrove. Sua madre è seduta proprio accanto a Petunia, Draco mentirebbe se dicesse che non l’ha osservata per tutto il pranzo, temendo di vederla arricciare il naso o alzare gli occhi al cielo in maniera impercettibile come fa troppo spesso a eventi del genere. Sarebbe stato un pessimo segnale e non che si aspettasse scenate in mezzo alla gente, ma senz’altro lo avrebbe redarguito per la pessima scelta del menù, il giorno successivo. Eppure non è accaduto niente del genere, al contrario l’ha vista annuire, pienamente soddisfatta e a tratti addirittura estasiata dalle elaborate pietanze che si le materializzavano davanti ogni volta che il suo piatto si svuotava. Draco non ammetterebbe mai ad alta voce che vedere Narcissa annuire è ciò che gli ha consentito di vivere la giornata in tranquillità, perché vorrebbe dire che in un certo qual modo è ancora dipendente dall’opinione di sua madre quando in realtà non lo è affatto. Solo che non vuole rotture di scatole, non oggi. Per questo l’ha tenuta d’occhio e la guarda ancora adesso ascoltare ciò che la zia di Harry ha da dirle. Mamma sa intessere relazioni come pochi altri, non ha mai realmente capito perché non abbia deciso di fare carriera nel Ministero della Magia, avrebbe dominato l’Ufficio Cooperazione Magica Internazionale in pochissimo tempo, schiavizzando tutti i suoi collaboratori. Probabilmente avrebbe intessuto relazioni soddisfacenti anche con i sassi della luna. Ne è certo perché solo una persona particolarmente abile potrebbe annuire in quella maniera di fronte alle petulanti chiacchiere dell’altrettanto petulante Petunia. Draco l’ha conosciuta, ha parlato con lei in svariate occasioni e ha sentito ciò che lei e suo marito hanno da dire, quindi sa che c’è molto poco da annuire e decisamente niente per cui sorridere. Tuttavia Narcissa ci riesce, chissà come. Magari c’era qualche pozione nel suo vino o chissà che altro. Qualsiasi cosa, però, deve aver contagiato anche suo padre. Probabilmente è qualcosa nell’aria, constata guardandosi attorno con fare pensieroso. Persino Lucius “Odio tutto” Malfoy è riuscito a farsi un amico. Se poi si considera che l’amico in questione è il babbano che ha cresciuto il marito di suo figlio, nonché bambino prodigio, nonché sopravvissuto a una guerra che li ha visti su fronti opposti, beh, la cosa ha dell’incredibile. Vernon Dursley è notoriamente una persona amichevole solo quando sa che potrà ottenere qualcosa che avvantaggi la sua posizione sociale. In questo senso, Draco pensa sarebbe stato un ottimo Serpeverde. Non è del tutto sicuro di cosa riuscirà ad ottenere da suo padre, ma tra le espressioni accigliate di tanto in tanto spunta un sorriso. I suoi occhi piccoli e rancorosi, che troppo spesso si guardano attorno come se sentissero il bisogno di accertarsi che nessuno gli stia puntando nella schiena quella famosa bacchetta, piuttosto spesso scivolano su di lui e lo squadrano dalla testa ai piedi. Draco si è sentito fin tanto studiato per tutto il giorno, ma non gliene fa una colpa anche perché lui ha fatto altrettanto. Oltre che sua madre, ha tenuto d’occhio anche suo padre e per fortuna che l’ha fatto: non pensa dimenticherà facilmente il momento in cui ha visto zio Vernon mandare giù un bicchierino di Whiskey Incendiario. Secondo Harry nessuno mai, tantomeno lui, si sarebbe aspettato di vederlo bere un liquore del mondo dei maghi con così tanta facilità. Non possono dire di non aver riso entrambi quando lo Whiskey ha iniziato a bruciare in gola come nessun liquore babbano è in grado di fare, quelle guance sono diventate ancora più rosse mentre gli occhi sono strabuzzati all’infuori e la bocca si è spalancata in cerca d’aria. Bisogna esserci abituati, ha sentito Lucius mormorare con voce melliflua e appena un poco divertita. Draco ritiene probabile che in quel momento, papà abbia rivalutato le torture sui babbani che faceva quando era un Mangiamorte. Trova verosimile che si sia reso conto che avrebbe dovuto far bere loro dello Whiskey Incendiario, invece che usare una Maledizione senza perdono. Avrebbe ottenuto senz’altro un effetto più esilarante.


«Li stai ancora fissando?» Draco sussulta quando il corpo di Harry si frappone fra lui e l’oggetto del suo interesse, la sua voce è bassa e sottile, appena un poco roca. In tutta risposta lui accavalla elegantemente le gambe, intanto che rigira del vino nel calice mezzo vuoto che tiene tra le mani. Bordeaux, un vino francese fatto da dei babbani decisamente molto abili. Ha chiesto agli elfi qualche bottiglia di quel rosso e l’ha ottenuta con uno schiocco di dita. Sul serio, devono pensare di assumerne uno anche per il loro appartamento.
«Affatto» replica, fingendo una noncuranza che non possiede. In realtà sì, li sta ancora fissando e non se ne vergogna affatto. Solo che è meglio che San Potter non lo sappia o attaccherà una ramanzina che non finisce più.
«Serpeverde bugiardo» ribatte subito Harry, afflosciandosi sulla sedia al suo fianco. Il fatto che gli prenda una mano tra le proprie e ne baci il dorso potrebbe anche essere considerato un gesto romantico, ma Draco sa che è un becero tentativo di manipolarlo e farlo quindi cedere.

«Non sei preoccupato dal fatto che mio padre e tuo zio stiano parlando da stamattina ininterrottamente?»
«Nah, probabilmente stanno solo cercando di capire il modo migliore di uccidermi» scherza Harry, beccandosi un’occhiataccia e quindi anche una gomitata nello sterno. «Aho, fa male!» lo sente lamentarsi, massaggiandosi il petto.
«Ti sta bene, Potter! Non si scherza su mio padre Mangiamorte e su tuo zio stronzo che si scambiano le informazioni.» Perché è questo che stanno facendo, ne è sicuro. La sola cosa che potrebbe fare per esserne assolutamente certo è prendere una di quelle orecchie oblunghe che gli ha dato George stamattina e verificare. Peccato abbia lasciato la propria nella tenda e a quest’ora qualcuno ci starà facendo sesso sopra, quindi è meglio non andarla a cercare.
«Non c’è niente di cui preoccuparsi» replica Harry, bonario. A quel punto cambia tattica, lascia perdere il dorso della sua mano e inizia a baciargli il collo lentamente. Maledetto, così non vale. Ha tolto la giacca da ore e porta soltanto la camicia, le cui maniche sono state arrotolate fin sopra i gomiti, ha anche slacciato qualche bottone all’altezza del collo liberandosi del cravattino, ma ora suo marito sta letteralmente succhiando porzioni del suo collo e lui vorrebbe soltanto strapparsi tutti i vestiti e stendersi su un letto. Letti che sono tutti occupati, perché hanno degli amici pervertiti. Stramaledetti anche loro!
«So-sono preoccupato» balbetta, mordendosi un labbro così da trattenere un gemito che sarebbe inopportuno. Questo sua madre non lo tollererebbe affatto. «Chissà che stanno complottando quei due…»
«Va tutto bene» ripete Harry di nuovo, intervallando baci a parole mormorate. Sta anche cercando di infilare una mano tra i bottoni della camicia, cosa che farà diventare la situazione decisamente pericolosa. Appena qualcuno gli sfiora i capezzoli, inizia a vedere le stelle e Potter lo sa benissimo.
«Tua madre» biascica Potter tra un bacio e l’altro. «Sta certamente invitando mia zia per un tè al Maniero e mia zia le starà dicendo che in cambio porterà i suoi famosi muffin alla cannella.»
«Ma mia madre odia la cannella» borbotta Draco, sogghignando, mentre trattiene forzatamente un gemito.
«Aha» lo sente annuire intanto che struscia il naso contro il suo collo. «Ma zia Petunia non lo sa e noi non glielo diremo.» Non lo faranno? Pensa proprio di no in effetti, si dice intanto che a fatica trattiene una risatina.
«Ma chi lo ha detto che i Grifondoro sono sempre buoni? Evidentemente ne ho trovato uno stronzo.» Soltanto allora Potter decide di allontanarsi dal suo collo e lasciarlo andare, gli dà solo un ultimo bacio sulla giugulare e poi lo guarda così intensamente, che se non fosse già seduto gli tremerebbero le ginocchia.
«Mettiti in fila, Malfoy, io ho sposato il principe degli stronzi. Anzi, no, la principessa più stronza del reame.» Principessa, di nuovo quella parola. Erano mesi che non la usava. Ancora gli fa un certo effetto, come un brividino che scende lungo la schiena. Ancora a Potter piace al punto che sogghigna, a metà tra il divertito e l’eccitato. Sa che è una provocazione, se ci cadesse si rintanerebbero da qualche parte a farlo, ma Draco non cede. Oh, sarebbe troppo facile.  
«Quindi siamo entrambi bloccati per la vita con due stronzi come noi» sibila invece. «Cosa intendi fare a riguardo?»
«Cosa intendo fare?» ripete Harry, facendo schizzare un sopracciglio verso l’alto. Si aspettava tutt’altro, lo sa. Anzi lo vede dalla sua espressione stupita, dalla maniera in cui cerca una risposta adeguata e quindi la trova alzandosi di scatto dalla sedia. Afferra di slancio la sua mano, accennando alla pista da ballo con un cenno del mento.
«Le principesse stronze come me, caro il mio principe dei poveri, non si schiodano per nulla dal proprio trono. Dovresti saperlo.»
«Forse sua maestà vorrà accettare di ballare con me» gli dice e intanto che parla stringe le sue dita, lo fa con forza e nel mentre annuisce muovendo il bacino con fare lento. Draco ride e lo fa con il cuore, perché l’uomo che ha sposato davvero non sa ballare, ma quello è un gioco che gli piace troppo per non cedervi incondizionatamente. 




 

No, Harry Potter non sa ballare. Sarà anche uno da impacciati slanci romantici o uno in grado di farglielo diventare mezzo duro durante un matrimonio, però non ha mai imparato a muovere dei passi in maniera decente. Nonostante l’alto tasso di romanticismo del momento e quel gioco di insulti che in realtà sono sottili dichiarazioni d’amore, Draco non impiega più di qualche secondo per rendersi conto che no, dall’ultima volta che hanno danzato ad adesso non è cambiato proprio niente. Sembra ancora un elefante che cerca di essere aggraziato, e non ci riesce. Ha visto ippopotami muoversi meglio, per dire eh… La sola differenza è che un tempo aveva una via di fuga, adesso se l’è messo in casa e dovrà davvero vivere il resto della propria vita con uno che balla così. Oh, beh, immagina di poterlo fare, pensa stringendolo a sé un po’ meglio. Non lo sta facendo condurre, almeno questo, ma ciò non gli impedisce di massacrargli i piedi un passo sì e l’altro pure.
«A cosa pensi?» chiede Harry a un certo punto. Draco bada soltanto ai piedi stretti in un paio di scarpe, che stanno diventando una tortura e che non lo ringrazieranno per la decisione di essersi messo a fare le piroette con uno che non sa nemmeno coordinare braccia e gambe per un cavolo di lento. Però non lo dice, Potter la prende sempre male quando viene fuori l’argomento.
«Penso alla morte di cui dovremo morire quando taglieremo la torta» mente, anche se neanche troppo. In tutto questo non ha dimenticato Pansy e le sue improbabili avventure da pasticcera. Anzi vive la faccenda come un condannato che aspetta il bacio del dissennatore, con poche speranze e tanta disperazione. Forse però esagera, o no? Insomma è una torta: uova, farina e latte, che mai potrebbe andare storto? Per esempio potrebbe metterci per sbaglio qualcosa di velenoso, potrebbe essere bruciata, troppo amara o troppo dolce, potrebbe essere un sacco di brutte cose in verità. Quindi fa bene a essere in ansia e a fare il tragico come suo solito. Harry ha capito quello che gli sta passando per la testa, considerato il modo divertito in cui lo guarda ovvero alzando poi gli occhi al cielo ed emettendo uno sbuffo esasperato, deve già sta pensando al modo migliore di prenderlo in giro. Perché lo sa che, oltre ad aver spiato i suoi genitori, ha tenuto d’occhio anche Pansy e per questo sa che è sparita da almeno mezz’ora. Dubita abbia rimorchiato qualcuno, è stata per tutto il tempo troppo agitata a causa di quel dannato dolce per pensare a scopare. Sa che hanno sistemato la torta nella cucina da campo, sorvegliata dagli elfi domestici e tenuta alla giusta temperatura da un incantesimo per far sì che non si sciolga, sa anche la sua amica sta facendo un lavoro di rifinitura assieme a Mathieu de la Tour, sa anche che si sta impegnando moltissimo quindi dovrebbe darle fiducia. E Draco, che si è ripromesso di dirle che non l’avrebbe mangiata per nessun motivo al mondo perché non si fida nella maniera più assoluta, si rende conto che non le ha ancora detto un bel niente e che probabilmente si ritroverà ad annusare una fetta di torta su un piattino nella speranza di non sentire odori strani. Ha deciso: farà fare il primo assaggio a Potter, se lui non morirà allora la potrà mangiare anche lui.
«Non essere drammatico, Malfoy, è solo una torta!» Già, lo ha detto persino lui. Solo una torta.
«Lo so ed per questo la darò prima a…» Ma Draco non finisce di parlare perché la sua attenzione viene attirata da altro. Poco lontani da dove si trovano, Ron ed Hermione stanno ballando l’una tra le braccia dell’altro. Contrariamente a molti altri là presenti, però, hanno un atteggiamento molto poco complice e sembra non si stiano neanche divertendo. La Granger è tesa e imbarazzata mentre Weasley ha un muso così lungo e la testa tanto bassa, con quei capelli rossi che gli coprono le orecchie e penzolano ai lati della testa, che somiglia vagamente a un cockers spaniel. Uno molto triste, però. A pensarci loro sono spariti da più tempo di Pansy, a un certo punto si sono letteralmente volatilizzati solo che non ha notato litigate quindi pensava avessero finalmente chiarito tutto. Però è anche vero che non si è accorto di granché, hanno parlato quasi ed esclusivamente delle loro famiglie, ah e anche di Blaise e Luna perché Harry “La comare” Potter, che finge disinteresse, ma è peggio di una parrucchiera babbana, ha voluto sapere tutto quello che Zabini gli aveva raccontato riguardo la sua nuova storia d’amore. Giustamente suo marito è rimasto sconvolto dalla notizia che Blaise uscisse con la Lovegood; e chi non lo sarebbe? Adesso però che fa caso a Ron ed Hermione si rende conto che non hanno una bella faccia, forse hanno litigato di nuovo.
«Che c’è?» domanda Harry e a Draco basta indicare con un cenno perché afferri al volo l’intera faccenda. Ron ed Hermione non si sono affatto chiariti, stanno ancora litigando.
«Si può sapere che cos’hai adesso?» esordisce Weasley, con fare lamentoso. «Ti ho chiesto scusa per averti accusata di avermi tradito, mi dispiace, ma tu sei comunque strana di recente e questo non puoi negarlo. Tutti se ne sono accorti.»
«Ovviamente, Ronald, io sono strana e quindi la prima cosa a cui pensi è che abbia un altro? Ma come ragioni?» In effetti, Draco si ritrova ad ammettere che non ha tutti i torti. Non dovrebbe essere la prima cosa a cui pensa tuo marito quando ti comporti in maniera insolita, ma è anche vero che le relazioni sono complicate ed Hermione è fintanto criptica.
«Per quello ti ho già detto che mi dispiace e mi farò perdonare, ma nel frattempo tu mi devi una spiegazione.» Quella di Ron non suona tanto come una pretesa, più come una richiesta esasperata. Conoscendolo è probabile che stia immaginando i peggiori scenari, è decisamente un paranoico. Draco però è più interessato a Hermione e quindi ne spia le espressioni, curioso di capire cosa succederà adesso. A fronte di quella richiesta, che è suonata in maniera vagamente perentoria, è probabile che si sia innervosita ancora di più. La vede inspirare lentamente e invece che continuare a ballare, fermarsi. Fa cadere rigidamente le braccia lungo il corpo, con i pugni stretti, le labbra martoriate dai denti, il vestito che le stringe appena un poco sull’addome e la borsa di perline che le penzola a tracolla. Deve dirglielo adesso o il muro che si è creato tra loro non farà che alzarsi sempre di più e ad un certo punto abbatterlo diventerà impossibile. Può anche essere una bella notizia, ma sta diventando una tragedia decisamente assurda. Nonostante tutto, ad ogni modo, continua a capirla. Sul serio, comprende ogni aspetto del suo silenzio, ma ciò non toglie che debba farsi coraggio. D’altra parte è una Grifondoro, giusto? Loro non sono sempre nobili, virtuosi e coraggiosi? Forse questo è un tipo di eroismo più sottile e un coraggio meno sfrontato, ma sempre di questo si tratta. Draco sta guardando proprio lei quando succede, è in trepidante attesa che finalmente sveli il proprio segreto mentre Potter, al suo fianco, fissa i suoi migliori amici con un patimento sofferto in volto. Lui sta prendendo i loro litigi in maniera più profonda di chiunque altro, probabilmente perché si è reso conto di quanto seria è la situazione. Forse la ragione per cui non se ne rendono conto è perché sono tutti quanti troppo presi da quello che desidererebbero accadesse, ma sta di fatto che non la vedono arrivare. Nessuno di loro la nota, a voler essere sinceri, neppure Weasley e la Granger che sono talmente presi a guardarsi negli occhi da non badare a nient’altro. Draco è sicuro che, ancora un istante di silenzio da parte di Hermione, e Weasley se ne sarebbe andato scrollando la testa, ma non è questo che succede. Invece c’è la professoressa Cooman, che sbuca letteralmente dal nulla e che ora sta danzando da sola proprio accanto a Ron e a sua moglie. Oddio, non è che stia propriamente ballando, ecco. Non nella maniera più convenzionale del termine. Agita le mani sopra la testa e si muove in maniera scomposta, per nulla a ritmo con la musica, ma forse per lei questo è ballare. Indossa una palandrana viola che le cade fino ai piedi, una fascia dello stesso colore le tiene fermi i capelli mentre al collo ha un’infinità di collane e monili che tintinnano a ogni passo. Nota anche due sfilze di bracciali su entrambi i polsi che si agitano ogni qual volta muove le mani e ha anche un paio di anelli alle dita, che hanno pietre grosse come pugni.
«Colei che non capisce la nobile arte della preveggenza è incinta, giovane Wallaby… Worsley… Wisley… Weasley» dice infine la Cooman, vittoriosa. Chissà se per indovinare il cognome di Ron ha usato la preveggenza!? Draco sogghigna nel pensarci, attirato subito dopo dalla maniera in cui la Cooman punta l’indice in direzione del ventre di Hermione, prima di vorticare via in passi a ritmo di musica. Di nuovo, niente in ciò che fa sa di danza, dà più l’idea di una persona che non ci sta tanto con la testa. Draco però non vuole badare troppo a quella vecchia strega, sa che Hermione ha ancora una scappatoia perché la Cooman è mezza pazza e potrebbe fingere che sia ubriaca e darle torto. Ma servirebbe a qualcosa? Qualunque siano le sue intenzioni, falliscono miseramente dato che Hermione sussulta, il che di per sé è già una risposta. Ha anche sgranato gli occhi ed è diventata improvvisamente pallida e rigida, Ron le bada a malapena, in effetti fissa la Cooman con fare stralunato: «Come ha detto scusi?» urla in sua direzione, richiamandola nuovamente a loro.
«Colei che cerca disperatamente ogni risposta nei libri invece che vederla davanti al proprio naso ha il ventre gravido, sciocco ragazzo, possibile che tu sia così cieco?» gli chiede muovendo le mani sopra la testa e parlando in maniera enfatica. A Draco sembra di essere tornato a scuola, in quell’asfissiante stanzetta in cima alla torre dove la Cooman insegnava. Gli pare di sentire i profumi di quella stanza, l’odore di tè a impregnare l’aria rarefatta e polverosa, la calura estiva che appiccava la divisa scolastica alla pelle. La sua maniera di parlare è pressoché identica a quel tempo, quando prediceva la morte di Potter un giorno sì e l’altro pure, scatenando un certo divertimento tra la casata di Serpeverde (e in lui in maniera particolare).
«Usa la mente, ragazzo, eppure eri bravo nella mia materia» lo redarguisce lei. Eh, insomma… Vorrebbe quasi ricordarle che nessuno è mai stato davvero bravo a leggere le foglie di tè o a vedere un accidenti di qualcosa riguardo al futuro dentro una sfera di vetro piena di fumo. Forse una delle gemelle Patil era portata, ma non è sicuro di ricordare quale delle due fosse. Era invece palesemente ovvio che tutti quanti inventassero delle disgrazie per ottenere voti più alti, lo ha fatto lui e persino Harry. Draco ha ottenuto un “Eccezionale” all’esame dei G.U.F.O. proprio predicendo la morte tragica di Potter per mano del Signore Oscuro. Se non è maestria questa, non sa proprio cosa sia.
«Come fa a saperlo?» Sì, forse a Draco converrebbe stare zitto. In fondo Ron è ammutolito e confuso ed Hermione lo è altrettanto. Potrebbero far finta che niente sia mai successo, tuttavia le parole gli scivolano fuori dalla bocca senza che quasi se ne renda conto. «Voglio dire, lo ha previsto o solo capito?» domanda di nuovo, parlando a voce così alta che sia Weasley che la Granger si voltano a guardarlo. La Cooman invece si muove a passo di samba, il che di per sé non sarebbe insolito se l’orchestra non stesse suonando un valzer. Ad ogni modo, a Ron tanto basta per capire.
«Aspetta, tu sei incinta?» squittisce, con voce acuta. Hermione annuisce e basta, silenziosa, con le mani posate sul ventre. «E Malfoy lo sa? Malfoy lo sa e io no?»
«Non farne un dramma, Weasley» sbotta Draco, minimizzando mentre Harry gli tira una sonora gomitata nel costato e gli scocca un’occhiata contrariata. «Potter, è inutile che mi guardi così, ho ragione e basta. La Granger era spaventata a morte e aveva bisogno di una persona che la rassicurasse, dato che suo marito era troppo impegnato a darle addosso per capirla. E comunque l’ho saputo soltanto l’altro ieri e grazie al cielo non ho dovuto tenere il segreto a lungo, adesso lo sappiamo tutti quindi congratulazioni, addio!» dice, prendendo Harry per mano e forzandolo a lasciare quei due alle loro beghe matrimoniali. E poi lui e Potter hanno di meglio da fare, o no? Cose tipo bere, chiacchierare con il Ministro della Magia, vantarsi di avere il matrimonio perfetto anche se non è vero, salutare qualche ex compagno di Hogwarts mettendoci un filo di supponenza… Potrebbero fare un sacco di cose, eppure suo marito non si muove affatto.
«Hermione è incinta» ripete, fissando il vuoto.
«Buongiorno e ben svegliato! Sei tornato sulla terra tra noi comuni mortali?»
«E t…» Tuttavia non fa in tempo a terminare la frase che è proprio la professoressa Cooman a frapporsi tra lui ed Harry. Scivola letteralmente in mezzo a loro e gli punta addosso l’indice inanellato che preme contro la sua pancia. Draco non riesce a concentrarsi sulle espressioni determinate che dominano il suo volto né tantomeno sulla faccia sorpresa e divertita di suo marito, perché c’è una pietra di ametista grande quanto il suo soggiorno tra quelle dita. Un ametista enorme che sembra guardarlo e giudicarlo, accusandolo di chissà che. Non è sbronzo, davvero non lo è, ma quella pietra lo sta guardando male. Lo chiamerà l’ametista giudicante e lo odia, così come odierà forse per sempre anche quello che succede un attimo dopo.
«Tu!» dice la professoressa Cooman, cominciando a muovere la mano in maniera lenta su e giù sulla sua pancia. «Il tuo ventre è già gravido, lo vedo. Una nuova vita presto nascerà, avrà il sangue dei Malfoy e il nome di uno scorpione.»
«Questa è vodka, professoressa» replica, sarcastico, pichiettandosi l’addome un paio di volte. Lo è davvero, considerato quanto ha bevuto ieri sera. «Mi creda, nessuno qui resterà gravido di niente» ridacchia intanto che la Cooman se ne va, alquanto confusa, cerca in Harry un appoggio per riderne insieme, ma la sua faccia è tutt’altro che divertita.
«Che c’è?»
«Tu non chiamerai nostro figlio con il nome di uno scorpione» dice, profondamente indignato, prima di voltare su se stesso andarsene lasciandolo solo come un cretino. Quello di cui si convince, riflette intanto che lo vede allontanarsi, è che la prossima volta ci penserà due volte prima di invitare Sibilla Cooman al proprio matrimonio.


 

Draco non è sicuro se il suo buon umore sia stato provocato dall’assurdo episodio con la professoressa stralunata e l'ametista giudicante e dalle risate isteriche che sono seguite a quel breve episodio, ma è probabile. O magari può essere dato dal fatto che Ron ed Hermione si sono finalmente chiariti e lui ha smesso di dover tenere oscuri segreti che lo hanno fatto sentire alquanto a disagio con se stesso. Forse però c’entra col fatto che Potter, nonostante l’indignazione per il nome da scorpione, abbia comunque ripreso a ballare con lui e lo abbia anche baciato, a lungo e profondamente. No, non lo sa con precisione che cos’è, però arriva al tragico momento del taglio della torta con una discreta serenità che gli si muove nella pancia. Probabilmente parte del merito è anche della mole di regali che si ritrova a dover scartare. Prima di mandare il suo novello sposo verso morte certa e di conseguenza capire in che modo gli toccherà mettere fine alla dinastia dei Parkinson una volta e per sempre, infatti, c’è un altro episodio che ha del tragicomico e che riguarda i regali di nozze. Hanno deciso di scartarli davanti a tutti, anche se in futuro si pentirà amaramente di questa scelta perché avrebbero potuto evitare e farlo nella comodità del loro appartamento a Diagon Alley. Non è sempre facile fingere che quello che hai davanti ti piaccia da morire, perlomeno a casa avrebbe potuto snocciolare commenti salaci, bevendo tè e piluccando scones. Qui deve annuire, sorridere e beccarsi le occhiatacce di suo marito che minaccia di passare alle gomitate o, peggio, di calpestargli i piedi. E Draco non tollererebbe altro dolore dopo il drammatico primo ballo da sposati. Sulle prime, tuttavia, quando si ritrova sommerso da pacchetti ben incartati delle più disparate dimensioni, si sente come un bambino il giorno di Natale. La verità è che adora quando la gente gli fa dei regali e tecnicamente non importa che quelli siano anche di Potter, a lui non interessano le cose materiali e di conseguenza potrà considerarli soltanto suoi. Quando si avvicina al tavolo che ospita l’enorme mole di pacchetti, sente l’aspettativa formicolare sulle dita. Ha atteso questo momento forse più del “Sì” sull’altare. Il che fa brutto da dire il giorno delle proprie nozze, ma ha patito fin troppo negli ultimi mesi e questo è il suo dannato premio di consolazione. Se avesse le stesse doti della professoressa Cooman di certo saprebbe che ha ben poco di cui gioire e molti sorrisi tirati da sfoggiare, ma se vedesse nel futuro è certo che avrebbe seguito quella moda babbana di fare la lista nozze. Draco ovviamente non aveva la minima idea che esistesse una cosa del genere, lo ha scoperto tempo fa da Ron ed Hermione che ne hanno fatta una per il loro matrimonio. Ammette che ci ha quasi pensato, mesi fa, ma poi si è ricordato che lui e Potter in quella dannata casa hanno fin troppa roba e comunque, parlando in generale, non la trova una grande idea perché preferisce che le persone siano libere di scegliere da sole. È per queste ragioni che si è rifiutato e anche perché… beh, ci sono quasi trecento invitati a questo dannato matrimonio, sia mai che a qualcuno venga in mente di scolpire una statua gigante a sua immagine e somiglianza e chi è lui per porre dei limiti alla creatività? Mai farlo, quando si tratta di regali. Tuttavia, inizia a ricredersi dopo appena cinque minuti quando si ritrova davanti a una mole di paccottiglia, che lo convince che non sia stata una splendida idea far pensare da sola la gente. Probabilmente trasfigureranno un po’ di roba in qualcosa di più utile, anche perché per la maggior parte hanno ricevuto piatti e bicchieri dalle forme e dai colori insoliti, oltre che per gli utilizzi più disparati. E poi ancora brocche, cornici d’argento come se piovessero e soprammobili di dubbio gusto. Ce n’è per tutti i gusti, anche i più particolari e su cui Draco ha rimandato ogni giudizio a quando sarà meno sbronzo. Sì, è alticcio e allora? Si è sposato con Harry Potter e deve ancora digerire l’idea di amarlo… Ad ogni modo non vuole davvero pensare alla coperta che ha ricamato all’uncinetto la signora Figg e che ha portato in dono con tanta gentilezza, sono sposati da cinque ore e già hanno avuto di che discutere e non vuole realmente litigare per un ricamo su una coperta di dubbio gusto. Secondo Potter, infatti, al centro di quell’accozzaglia di stoffe è raffigurato un fiore mentre per lui quello strano sgorbio somiglia di più a un pene.
«Non è un pene, è un fiore» dice Harry, parlando tra i denti per non farsi sentire da nessuno.
«Ne ho visti tanti in vita mia, Potter e, fidati, quello è proprio un cazzo!» Insomma, come può pensare che sia davvero un fiore? Quella cosa è sicuramente tutt’altro, insomma basta guardare la forma allungata di quello che, in teoria, dovrebbe essere uno stelo e poi quei due strani cerchi… Potter forse ha gli occhiali appannati, ma lui ci vede benissimo.
«Tieni presente, Malfoy, che se continui a volerne parlare adesso sarà l’unico che vedrai per le prossime settimane» dice infine, facendolo tacere una volta e per tutte. Harry ha torto marcio e non vuole dargli ragione solo perché la signora Figg per lui è come una vecchia zia e non pensi mai che le vecchie zie ricamino peni all’uncinetto, però si rende anche conto che è meglio non insistere troppo e quindi alla fine arriccia le labbra e tace. Specialmente perché negli attimi immediatamente successivi deve affrontare una strana pianta carnivora sudamericana regalatagli da Neville, la quale cerca bellamente di mordergli le dita. Secondo Paciock è l’ideale contro le zanzare, Draco immagina sia vero, ma decide di non volerne testare l’efficacia di persona. A dirla tutta preferisce di gran lunga il regalo della professoressa Sprite. Per restare in tema con il proprio lavoro ha scelto anche lei una pianta, ma il fiore blu dell’aconito è decisamente più bello da vedere di un rametto spelacchiato con i denti aguzzi.

«I fiori sono ideali per le pozioni» replica lei con voce asciutta e modi spicci, ha lo stesso modo di parlare che aveva anni fa quando faceva lezione di erbologia a Hogwarts. Draco la ringrazia, tanto per cominciare sarà utile averla in casa e poi quei bellissimi petali blu non gli mangeranno una mano, il che è sicuramente un punto a suo favore. Se con le piante non è andata benissimo, si ritrova a sperare che vada meglio con Luna. Ci spera, ma poi vede il quadro che ha dipinto per loro e comincia a maledire se stesso e la pessima idea di non fare una lista nozze in un negozio di liquori. Avrebbe avuto da bere gratis per l’eternità! Quello che la Lovegood ha pensato di fare per loro non è una bottiglia di Whiskey, peccato perché l’avrebbe apprezzata. Si avvicina invece molto di più alla famosa statua che non ha ricevuto, e che ancora spera di ricevere, ma è francamente orribile. Terrificante proprio. Ritrae lui e Potter, forse… Nel senso che c’è un tizio biondo e uno moro con gli occhiali, immagina siano loro! Sono uno accanto all’altro su di un’isola in mezzo al mare, che combattono contro degli esseri strani. Mai visto niente di simile. Mai visto nemmeno uno stile così brutto. Draco conosce i quadri dei più famosi pittori, magici e non. Certi babbani hanno fatto di quei capolavori, che pare assurdo li abbiano creati senza l’aiuto della magia, ma Luna Lovegood al capolavoro non ci si avvicina neanche per sbaglio.
«L’ho chiamato “L’isola dei Gorgosprizzi”» ha tenuto a informarli intanto che, al suo fianco, Zabini annuisce osservando il dipinto con ammirazione. Che diavolo ha da ridere quel cretino? Ma soprattutto, se gli piace tanto perché non se lo tiene? Quello sì, che sarebbe un bel regalo di nozze.
«Non è meraviglioso?» domanda Blaise, facendo poi notare quella che, secondo lui, è la perfezione della pennellata. Vorrebbe quasi chiedergli se è drogato perché solo se hai fumato puoi trovare bella una cosa del genere, ma all’ultimo rinuncia. Non mette in dubbio che Luna si sia impegnata, ma “Perfezione” e “Ritratto” non sono parole che si abbinano bene per quel particolare dipinto. Sinceramente? Pensa sia atroce. Persino un pittore surrealista non ci capirebbe un accidenti di niente e probabilmente tirerebbe tele e pennelli addosso a quella stralunata della Lovegood.
«Grazie, sei stata molto… molto gentile» mormora Potter con un gran sorriso cucito in volto, Draco nota il suo deglutire a fatica e l’espressione forzata. Ha concluso la faccenda con un po’ di diplomazia, ma sa meglio di lui che quel coso finirà in soffitta. Lo tireranno fuori solo quando Zabini e Luna verranno a trovarli e poi tornerà da dove è venuto. Sembra la soluzione più sensata. 

 

Per fortuna non va sempre male e nel marasma di stramberie che si ritrovano a scartare, riescono anche a ricavarne anche qualcosa di utile: Lucius e Narcissa sono senza ombra di dubbio tra coloro che gli hanno fatto il regalo migliore. Si tratta di un paio di orologi da taschino, entrambi d’oro e con lo stemma della famiglia Malfoy, i loro nomi incisi sopra e un paio di pietre preziose a impreziosire la decorazione. Sono oggetti di gran pregio, oltre che di una certa classe, persino Potter è costretto ad ammettere che sia un qualcosa di sensazionale. E questa volta il suo sorriso è teso non per via di una forzatura o perché non sa come dire che ciò che vede gli faccia schifo, ma perché è l’imbarazzo a coglierlo intanto ringrazia i suoi neo suoceri con una stretta di mano. Con mamma e papà è andata bene, con suoi zii… non va malaccio, dai. Nonostante tutto sembrano essersi impegnati. Draco scommette che dietro al loro regalo, più che la volontà stessa di fare un piacere a due che definiscono “I gay”, c’è il desiderio di Petunia di non sfigurare di fronte ai genitori dell’altro sposo. Non sa se sia un tentativo di ringraziarli per il famoso servizio da tè della Regina, o meglio spacciato come tale, ma nel grande pacco che scartano c’è un servizio in porcellana di pregio e che con ogni probabilità andrà a fare compagnia insieme a tutti gli altri che ha stipati nella credenza. Magari in qualche occasione lo useranno anche, è classico, ma meglio del quadro dei Gorgosprizzi… Qualunque cosa è meglio di quello!
«Ora ci tocca a me.» Draco ha appena finito di ringraziare Fleur e Bill, hanno creato per lui e Potter un sonaglio da vento fatto di conchiglie che creano una breve melodia se accarezzate. Originale e fatto a mano, ma decisamente carino. Lo metterà sulla finestra della cucina e ogni volta che il vento soffierà, queste si agiteranno. Sta giusto pensando a come spiegare a Bingley cosa sia e a non beccare, quando la voce di Rubeus Hagrid lo fa sussultare. Solleva il volto e allora lo vede farsi largo tra una folla di persone decisamente più basse di lui. Non nega di avere paura e sa che anche Harry al suo fianco teme un po’ questo momento, anche se non lo ammetterebbe mai sente il suo corpo tendersi. L’ultima volta che Hagrid ha pensato di fare un regalo ha distrutto l’atrio del Maniero. Ora però non ci sono bestie enormi con lui, tra le mani tiene un semplice cestino di vimini coperto da un telo molto rozzo. C’è qualcosa che si agita là dentro, senz’altro un animale ed è di ridotte dimensioni. Nessun mostro gigante, che fortuna! Se in un primo momento si domanda quanti animali pericolosi possano stare comodi in uno spazio così ristretto, convincendosi che non possa esserci nulla di spaventoso, dopo un attimo inizia a ricredersi. Se ben ricorda le lezioni di Cura delle creature magiche, esistono moltissimi esseri velenosi che sono più piccoli della sua mano e con Hagrid tutto può essere.

«Non lo sapevo se regalare a Harry e a Malfoy un pianta di asticelli, perché quello sì che è un regalo di nozze coi fiocchi» se ne esce quel mezzo-gigante dopo un istante o due. Una pianta di asticelli… bello! Chi non vorrebbe un arbusto pieno zeppo di insetti che ti rubano le cose? Dopo i Gorgosprizzi e la pianta carnivora, è l’ideale.
«Ma non volevo sbagliare stavolta e quindi pensavo che forse era meglio lui» aggiunge, scoperchiando il cestino dal quale sbucano un paio di piccole orecchie appuntite. Va bene, riconosce la forma e sa che quelle sono orecchie da gatto. Così come felino è l’animale che si intravede là dentro. Hagrid ha regalato loro un animale magico domestico, un gatto nero per la precisione che ora li guarda con espressivi occhi verdi e un musetto dai tratti affilati. Draco non sa bene come sentirsi a riguardo, forse sollevato o probabilmente è spaventato… Magari sarebbe stato meglio l’ennesima caraffa d’argento che un qualcosa di vivo e pensante.
«Le dimensioni dei denti sono nella norma, accontentati e ringrazia» sussurra Potter al suo orecchio, forzando un sorriso. Ha ragione, la sua si chiama praticità. Non è una bestia gigante, non ha denti lunghi quanto il suo avambraccio, niente chele o pungiglioni velenosi, è solo un micio tutto nero. E poi sembra anche carino, pensa intanto che vede suo marito chinarsi sul cestino e provare a prendere il gatto in braccio. Questi non sembra poi così d’accordo, risponde soffiandogli contro e tirando fuori le unghie e allungando una zampa con l’intenzione di graffiarlo. Non ci riesce solo perché Harry è sufficientemente svelto da allontanarsi. Sta giusto pensando che sono stati sfortunati e che il suddetto gatto, invece di essere intelligente come Grattastinchi, è una piccola stupida palla di pelo, quando del tutto inaspettatamente salta in braccio a Draco. Non se l'aspettava, ma riesce comunque a prenderlo al volo constatando nell’immediato quanto morbido sia il suo pelo. Caspita è davvero soffice! Questi subito si strofina contro di lui e comincia a fare le fusa. Deve ricredersi: quel gatto sembra molto intelligente.
«Questa piccola bestiola ha fiuto: evita i poveri straccioni e va alla ricerca del buongusto» borbotta, accarezzandogli la testolina e sentendosi compiaciuto del suo aver aumentato le fusa.
«Non lo so se mi piace» commenta invece Harry, incrociando le braccia al petto.
«A me invece sì» annuisce, già pensando al nome adatto. «Grazie, Hagrid, è stato il miglior regalo che abbiamo ricevuto.» E se ci crede davvero non è soltanto perché in fondo gli piacciono i gatti, ma perché quello in particolare lo guarda come se capisse perfettamente ogni aspetto della vita. Pare, quasi, che dentro di sé faccia commenti sarcastici sul quadro della Lovegood o sul vestito color vinaccia di Ginny Weasley, su cui non ha avallato neanche un pensiero per non essere troppo volgare. Ma quel tenero micetto sembra fregarsene delle buone maniere e pare non voglia far altro che mostrarsi superiore a ogni altro essere vivente. E gli piace. Ha deciso: lo chiamerà Merlino! 


 

Lui e Harry hanno avuto di che discutere per quanto concerne la torta nuziale. Sono rimasti settimane indecisi su una torta al cioccolato bianco e mirtilli, decorata con del tenue color lilla e una al cioccolato fondente farcita ai lamponi. Erano indecisi perché Potter optava per la seconda mentre Draco decisamente per la prima. Era sicuro di aver rinunciato e detto a Mathieu che avrebbero scelto la seconda, ne era convinto perché ha tenuto il muso a Harry per due giorni, ponderando su come fargliela pagare. Eppure la torta che fluttua in loro direzione tra due ali di folla che, estasiate, la ammirano come se stessero guardando un animale magico raro, è di un delicato color lilla, impreziosita da ciuffi di panna montata e decorata con mirtilli. Sono cinque piani l’uno sopra l’altro e, in cima, c’è l’incantesimo che hanno richiesto: due sposini somiglianti in tutto e per tutto a loro danzano un valzer inglese, le cui note si innalzano sopra le loro teste. Un incantesimo perfetto, decisamente eccezionale. A Draco quasi non importa più che la torta faccia schifo, quello che vede va al di là di ogni immaginazione.
«Ma…» Non riesce a far altro se non balbettare, troppo sconvolto. Si è innamorato del sapore di quella torta nell’attimo stesso in cui l’ha assaggiata, in quell’ormai lontano giorno d’inverno. Il suo sapore delicato, dolce per il cioccolato e lievemente asprigno della frutta, erano stati mescolati alla perfezione. Sa di averla voluta con tutto se stesso, ma di avervi rinunciato per amore di Harry ed è per questo che non sa come sia possibile che ci sia proprio quel dolce lilla davanti ai suoi occhi. Non capisce almeno finché non sente Harry dire: «Sorpresa!» Potter gli si para davanti, afferra le sue mani che ora stringe tra le proprie e quindi bacia via il suo stupore prima di continuare a parlare: «Ho parlato con Pansy qualche giorno fa e le ho detto di preparare quella che volevi tu invece dell’altra. Le ho anche chiesto di non dirti niente perché volevo fosse una sorpresa. E lei è stata tanto gentile da stravolgere tutti i piani che aveva fatto.» La sua amica ha fatto davvero una cosa simile? Sa quanto si fosse preparata, quanto avesse studiato nel caso in cui avesse dovuto preparare la torta senza l’aiuto di Mathieu, quindi immagina quale sforzo abbia dovuto fare cambiando la ricetta all’ultimo minuto. In quel momento, intanto che fissa un Harry che gli sorride in quella maniera così splendida, Draco pensa a quello che ha detto a sua madre, questa mattina poco prima della cerimonia. I Malfoy non si emozionano e sicuramente non piangono, in special modo non davanti ad altre persone. Draco sa di non averlo fatto davvero mai, non quando al suo cospetto ci sono trecento persone che lo fissano in attesa che dica qualcosa. Eppure qualche lacrima comincia a pizzicare e non piangere richiede tutto il suo stoicismo. Forse è anche per nascondersi che lo abbraccia di slancio, affondando il volto nell’incavo del suo collo. Lo bacia lì, sulla giugulare e una lacrima salata scivola fin sulle labbra. Non vuole che la gente veda.
«Grazie» sussurra al suo orecchio. «Ti amo, Harry» aggiunge poi. Lui annuisce e ancora sorride intanto che gli accarezza dolcemente la schiena, stringendolo a sé.
«Aspetta a dirlo, Pansy non ha avuto tempo per le prove, quindi prima assaggiala.» Lo immagina, ma non importa. Non più. Si è fatto così tante paranoie per questa dannata torta, ma adesso sembrano solo pensieri stupidi e lontani. Harry aveva ragione nel dire che contano solo loro e nient’altro. Loro e un matrimonio che forse non è perfetto, ma che è il coronamento di un sentimento vivo e sincero, un qualcosa di reale. Comunque vada, pensa intanto che gli sposini lassù in cima alla torta smettono di ballare e si depositano con leggiadria tra la panna montata, gli sarà piaciuta comunque. Ci pensa e ci ripensa, convincendosi ogni volta con un po’ più di forza, fino a quando non manda davvero avanti Harry per assaggiarla. Prima lui, che è un Grifondoro ed è persino un eroe. E poi ha vissuto abbastanza da poter fare tante cose. Lui invece no. Quando la prima forchettata sparisce tra le sue labbra e le sopracciglia si aggrottano in maniera preoccupante, il cuore di Draco affonda nello stomaco.
«Fa schifo, vero?» Lo sapeva! Cavolo, lo sapeva. Avrebbe dovuto immaginare che…

«Non è male» mormora invece Harry, ma sembra ancora poco convinto. «Aspetta, ne mangio ancora un po’» dice masticando un altro boccone e poi ancora un altro, fino a che la fetta che ha nel piatto non viene spazzolata per intero e rimangono solo briciole e ciuffi di panna lilla che si è sciolta. Draco cede allora, più che altro per la curiosità. Quelle dannate sopracciglia aggrottate, l’espressione confusa… Non si rende conto che lo ha preso in giro, fino a quando non manda giù il primo boccone. Non è pessima, non lo è davvero. Nella sua bocca avviene una vera e propria esplosione di sapori: sente il cioccolato bianco, i mirtilli e la giusta quantità di rum bianco che si fondono insieme in un qualcosa di meraviglioso. Ed è più buona di quanto ricordava, è stupefacente! Intanto che mette in bocca un altro pezzetto cerca Pansy con lo sguardo, lei è lì che taglia fette con la bacchetta e che ammicca in sua direzione, sorridendo. Lo saluta con la mano, agitando appena le dita e allora c’è uno strano e insolito sentimento di orgoglio che nasce dentro al suo cuore. Vuole bene a quella casinista come se fosse sua sorella e per troppo tempo ha avuto paura che non trovasse la sua strada, ma questa torta… Questo è l’inizio di un qualcosa che per lei potrebbe avere un valore. E Draco è felice che abbia iniziato proprio con lui.
«Grazie» mima con le labbra e lei allora si inchina, schioccandogli un bacio volante. Sa che ha fatto tutto da sola, incantesimo e decorazione a parte per le quali ha ricevuto l’aiuto di Mathieu, e per questo l’abbraccerà come si deve quando tutto sarà finito. Ora, però, c’è solo il cioccolato bianco che sporca le labbra di Harry e che Draco si ripromette di far sparire il prima possibile.



 

Non sa per quale motivo si sveglia così presto il mattino successivo. Potrebbe dormire, lui e Potter sono in luna di miele, ha affidato il lavoro in ufficio ai suoi assistenti e non lo disturberanno a meno che non succeda una catastrofe. La giornata di ieri è stata faticosa, è arrivato a sera con i piedi gonfi e lo stomaco in subbuglio per il troppo Champagne e non è riuscito nemmeno a fare una sveltina nella tenda, cosa che ha imbruttito il suo umore. Però ha ballato e riso fino allo sfinimento e ora è già in piedi, alle otto meno cinque di domenica mattina. Ha una catasta di regali da sistemare, le valigie da preparare e chissà ancora che altro da fare. Invece che muoversi, Draco fissa il regalo che Ron ed Hermione hanno avuto il tempo di fare, tra un litigio e l’altro. Lo ha cercato come prima cosa appena sveglio per ammirarlo meglio alla luce del giorno. Hanno incantato una clessidra, ma l’effetto che fa a guardarla non è quello che prova di solito di fronte a oggetti del genere, al contrario questo è stupefacente. Un incantesimo a dir poco perfetto, ammirevole nella scelta dei dettagli. La sabbia non è sabbia, è polvere d’oro o comunque un qualcosa che ne ha il medesimo colore. Dubita abbia lo stesso valore in denaro, ma non importa. Alle estremità ci sono due fiori, un giglio da una parte che rappresenta Lily, la madre di Harry. Dall’altra invece c’è un fiore di biancospino, che simboleggia Draco. Hanno incastonato il loro amore in una clessidra, facendo in modo che il tempo scorra più o meno velocemente se lui e Harry sono o no insieme nella stessa stanza. Draco, solo in una cucina vuota, fissa la polvere d’oro che scivola giù con una lentezza disarmante. Gli pare di notare i petali del giglio agitarsi, ma non è sicuro che non sia una mera impressione. Quel che è certo è che non si stupirà mai dell’ingegno di Hermione Granger e immagina dovrà ringraziare anche Ron perché, pare, che l’idea dei fiori sia stata sua. La caffettiera sui fornelli gorgoglia proprio in quel momento, emettendo un flebile sbuffo di vapore e richiamando in quel modo la sua attenzione. Draco agita la bacchetta distrattamente e fa volare la moka fino al tavolo, versando del caffè in una tazza. Basta già il profumo a svegliarlo. Bingley è da poco entrato dalla finestra con la Gazzetta del Profeta arrotolata nel becco mentre Merlino, il loro nuovo animale magico domestico, è acciambellato nella cuccia che hanno ricavato da vecchio cuscino, sistemato accanto al tavolo. Bingley, appollaiato sul davanzale, arruffa le penne e quindi bubola forse per richiamare su di sé l’attenzione del gatto. Merlino apre un occhio e lo spia, controllando la situazione, ma subito lo richiude. Non hanno ancora litigato, il che è un miracolo, se si considera il carattere dispotico di quello stupido gufo. Draco li guarda di sottecchi intanto che sorseggia caffè e legge la prima pagina della Gazzetta. Il Cavillo non è ancora arrivato, ma immagina che una civetta entrerà tra non molto dalla finestra lasciata aperta. Solitamente è proprio il signor Lovegood a farglielo recapitare, quando c’è un articolo che parla di loro, ma questa mattina il suo gufo è in ritardo. Draco è curioso di sapere cosa quel fricchettone ha scritto su di loro o quale delle migliaia di fotografie che sono state scattate, ha usato. Per saperlo immagina di dover aspettare. Sta leggendo invece la prima pagina del Profeta, un articolo di Rita Skeeter ovviamente, quando un assonnato Harry striscia in cucina trascinando i piedi e trattenendo a fatica uno sbadiglio. Come vede La Gazzetta del Profeta sul tavolo, alza gli occhi al cielo e sbuffa.
«Che bugia si sono inventati oggi?» domanda, avvicinandosi alla credenza e preparando il solito porridge.
«Ti sembrerà assurdo, Potter, ma non parlano di noi.» Già, è proprio ridicolo a pensarci. Però è così. Ha sfogliato con attenzione ogni singola pagina e ha trovato solo un trafiletto, a pagina tre, in cui si dice che Harry Potter e Draco Malfoy si sono sposati in una cerimonia privata tenuta alle scogliere di Dover. Nessun sensazionalismo, nessuna invenzione di quell’arpia della Skeeter. Niente foto in cui sembra un ricercato per omicidio, niente di niente.

«Cosa?» strilla un Harry forse più stupito di lui, strabuzzando gli occhi e correndo subito a vedere. Sì, è assurdo, però è vero. E quella è la prima mattina dopo mesi che quel giornale non ha messo i loro nomi in prima pagina. Sa di aver detto che non gli pesava poi molto vedere quella spazzatura buttata alla mercé di tutti e che in fondo, tutte le persone a cui vuol bene sanno come stanno le cose, ma la verità è che ha patito il vedere infangato il proprio nome. Oggi però Rita Skeeter scrive di una famosissima strega canadese da poco arrivata in Inghilterra per una serie di concerti. L’articolo, oltre a riportare una foto della suddetta cantante, contiene anche una breve intervista e tutte le date degli spettacoli che si terranno a Londra. Draco ha letto l’articolo fino in fondo, alla ricerca di una qualche frecciatina a loro che però non ha minimamente notato. Non ha idea di quello che sia successo in quella redazione, ma gli piace e qualunque cosa sia spera che duri. Sì, oggi è proprio una bella giornata: Rita Skeeter non ha inventato nessuna assurda storia su come ha fatto un ex Mangiamorte ad accalappiare l’eroe del mondo magico e oltretutto fuori splende il sole, magari faranno una passeggiata nel pomeriggio. La vera nuziale che ha al dito gli sta d’incanto e riflette la luce che entra dalle finestre aperte. Lui e Potter sanno per partire per un viaggio di nozze all’insegna di calde spiagge di sabbia bianca, buon cibo e ottimo sesso, non può chiedere di meglio in effetti. E poi adesso ha un gatto che ronfa beato a pochi metri da loro, ha un gufo solerte e presto la famiglia Weasley-Granger lo renderà zio. Sua madre ha rivolto la parola a zia Andromeda per la prima volta dopo quasi trent’anni, non sa se faranno pace davvero, ma almeno è un inizio. Lucius alla fine non ha ucciso Vernon Dursley, anzi l’ha invitato al Maniero per la prossima settimana. Spera che questa amicizia non duri troppo, così ha detto Potter sebbene segretamente gli faccia piacere. Pansy ha ricevuto un bonus in denaro per il lavoro che ha svolto tutto da sola, Mathieu è contento di lei e le ha giurato che diventerà una pasticcera coi fiocchi. Draco è felice davvero e non può negarlo, ha un marito che lo ama, un campo da Quidditch nello stanzino delle scope, una pianta che acchiappa le zanzare, un sonaglio da vento appeso alla finestra. Ha un quadro con i Gorgosprizzi e una coperta con un pene gigante ricamato sopra, e cinque brocche d’argento che stanno per diventare tutt’altro, ma è talmente felice che va bene anche così. Non sa come ha fatto a sopravvivere ai mesi che ha appena passato, ma ciò che prova in questo momento è così bello che si convince che comunque ne sia valsa la pena. Ne è valsa davvero la pena, pensa mentre nota distrattamente che la polvere d’oro nella clessidra incantata, ha preso a scorrere più velocemente.



 


Fine



 

Note: I crediti per la clessidra incantata vanno alla Rowling e alla clessidra di Lumacorno. Poi faccio notare che avevo fatto un sondaggio su Facebook settimana scorsa, avevo chiesto di scegliere tra Sibilla Cooman e Molly Weasley. Non avevo spiegato niente, solo detto che riguardava questa storia. Le persone hanno votato per Molly, ma io alla fine ho scelto la Cooman. Avevo due idee su come far rivelare a Hermione che era incinta, una riguardava proprio Molly ed era una scena sicuramente molto carina che avrei potuto benissimo usare. Poi però mi sono ricordata che questa è una storia comica o dovrebbe esserlo e, mi dispiace per la signora Weasley, ma Sibilla Cooman è la commedia che cammina. Non potevo perdere questa occasione e per questo motivo ho scelto lei. 

 

Ridendo e scherzando sono passati cinque mesi da quando ho iniziato a scrivere questa storia, era novembre e da allora ho sinceramente temuto di non riuscire a finirla soprattutto tra febbraio e marzo quando ho sospeso la pubblicazione. Sono felice di avercela fatta, anche perché è stata una sfida personale davvero molto stimolante. Volevo ringraziare tutte le persone che hanno seguito questa storia fin dall’inizio, in particolar modo chi ha speso un po’ del proprio tempo per lasciare una recensione. Grazie a chi ha letto su AO3 e mi ha lasciato dei kudos, anche quelli sono molto apprezzati. Credetemi, il vostro sostegno per me è molto importante anche con un piccolo gesto. Come ho detto, per me con questa coppia finisce qui. Almeno per il momento non ho idee che li riguardano e questa serie è stata già abbastanza sfruttata, quindi se mai tornerò sarà con qualcosa di diverso. Però è stato bello costruire questa serie comica, è stato come uscire dalla mia comfort zone e mi è piaciuto da matti scriverla.
Koa

 

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