Tokyo Revengers -Words As Weapons-

di Stella Dark Star
(/viewuser.php?uid=849874)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1: [Our First Week] ***
Capitolo 2: *** Chapter 2: [Not Planned] ***
Capitolo 3: *** Chapter 3: [Good Change] ***
Capitolo 4: *** Chapter 4: [Break Up & Make Up] ***
Capitolo 5: *** Chapter 5: [Bloom] ***
Capitolo 6: *** Chapter 6: [Summer Disease] ***
Capitolo 7: *** Chapter 7: [Suffering] ***
Capitolo 8: *** Chapter 8: [Puberty] ***
Capitolo 9: *** Chapter 9: [All The News] ***
Capitolo 10: *** Chapter 10: [Not So Well] ***
Capitolo 11: *** Chapter 11: [Turquoise Haired & Blue Eyed] ***
Capitolo 12: *** Chapter 12: [Some Embarrassment] ***
Capitolo 13: *** Chapter 13: [Road To Disaster] ***
Capitolo 14: *** Chapter 14: [A New Me] ***
Capitolo 15: *** Chapter 15: [Toxic] ***
Capitolo 16: *** Chapter 16: [Shades Of Betrayal] ***
Capitolo 17: *** Chapter 17: [Lemon Cake] ***
Capitolo 18: *** Chapter 18: [Hospital Stay] ***
Capitolo 19: *** Chapter 19: [About Pain And Relationships] ***
Capitolo 20: *** Chapter 20: [Angel Wings] ***
Capitolo 21: *** Chapter 21: [One Step From Sin] ***
Capitolo 22: *** Chapter 22: [Dark Lust] ***
Capitolo 23: *** Chapter 23: [Drops Of Blood] ***
Capitolo 24: *** Chapter 24: [Take My Hand] ***
Capitolo 25: *** Chapter 25: [Love Stage] ***
Capitolo 26: *** Chapter 26: [Rumble Of Thunder] ***
Capitolo 27: *** Chapter 27: [Storm Wind] ***
Capitolo 28: *** Chapter 28: [Piece By Piece] ***
Capitolo 29: *** Chapter 29: [Skinny Love] ***
Capitolo 30: *** Chapter 30: [Deep Inside] ***



Capitolo 1
*** Chapter 1: [Our First Week] ***


Tokyo Revengers
-Words As Weapons-
 
Chapter 1
[Our First Week]
 
Kan era tesa come una corda di violino. Quel mattino si era alzata presto, senza quasi aver dormito, aveva fatto una doccia bollente e poi si era vestita a modo e spazzolata i capelli. Niente trucco, niente tacchi. Doveva assolutamente fare una buona impressione su quell’uomo che l’avrebbe ‘esaminata’. Suo fratello l’aveva accompagnata in moto e lasciata a una certa distanza dallo Studio. Si erano scambiati uno sguardo colmo di preoccupazione, senza dire una parola, anche se lui un paio di volte aveva dischiuso le labbra per poi serrarle. Si erano già detti tutto la sera prima, si erano abbracciati stretti per ore, si erano incoraggiati e consolati a vicenda…ora non c’era altro che potessero dire. Un cenno col capo, poi lui era ripartito e lei aveva bruciato la distanza che la separava dalla porta massiccia ed era entrata. Una veloce accoglienza, una sedia rivestita di velluto, il ticchettio di un orologio che scandiva il tempo. Era rimasta praticamente immobile con le mani strette in grembo, fino a quando la segretaria non le aveva rivolto la parola. “Prego, può entrare.”
Un cenno di ringraziamento, si rialzò e si accorse di avere le mani sudate e fredde. Pochi passi ed entrò nella stanza assolutamente ordinata e che odorava di carta stampata e un po’ di deodorante per ambienti alla rosa.
Alla scrivania era l’uomo che quel giorno doveva assolutamente portare dalla sua parte. Mezza età, un completo nuovo, occhiali griffati, capelli brizzolati. Le fece cenno con la mano di sedersi sulla sedia imbottita davanti a lui e lei obbedì a testa bassa come un cagnolino.
“Benvenuta, Signorina xxx.”
Quel cognome… Eppure era sicura di aver specificato come voleva essere chiamata. La stava già mettendo alla prova per vedere la sua reazione? Bene, non doveva scomporsi. Lo ringraziò a mezza voce.
“Come le avranno sicuramente detto, lei oggi è qui per convincermi di essere una persona responsabile. In caso contrario…” Assottigliò gli occhi: “Lo sa cosa sarò costretto a fare.”
Kan strinse le mani che involontariamente aveva di nuovo portato in grembo. “Io amo le mie bambine e farei qualunque cosa per loro.” La voce le uscì ferma e sicura, nonostante si sentisse tremare come una foglia.
“Non lo metto in dubbio, ma a volte l’amore non basta.” Scorse le righe di uno dei fogli del fascicolo. “Alla sua età dovrebbe essere una studentessa delle Superiori, non una madre. Ma non è questo il problema. Lei si trova qui perché l’altro giorno ha abbandonato la carrozzina in mezzo ad un marciapiede trafficato, per inseguire una moto.” Risollevò lo sguardo su di lei. “Si rende conto della gravità della situazione? Ha messo in pericolo le bambine. Qualcuno avrebbe potuto portarle via oppure la carrozzina poteva finire sulla strada...”
Il cuore le doleva in petto. Lo sapeva di aver agito in modo sconsiderato, non c’era bisogno che glielo dicesse. Prese un respiro profondo, non poteva permettersi di perdere il controllo. “Lo so bene, glielo assicuro, e prometto che non accadrà mai più. Quando ho sentito il rumore di quella moto…io… Ho creduto che si trattasse di lui… Che fosse tornato…”
“Sono al corrente. Il padre delle piccole ha fatto perdere le sue tracce. E lei spera che un giorno possa tornare?”
Kan si morse un labbro e contò fino a tre prima di rispondere con decisione: “Sì. Se sapesse di avere due figlie sarebbe già tornato, ne sono certa.”
Ci furono degli istanti di silenzio in cui i due si fissarono negli occhi. Fu l’uomo a riprendere la parola, accennando un mezzo sorriso interessato. “Mi racconti tutto dal principio. Compreso il motivo per cui non vuole farsi chiamare col cognome della sua famiglia adottiva.”
Dunque lo sapeva. Bastardo. A che gioco stava giocando? Lei rischiava di vedersi strappare le bambine che erano la sua nuova ragione di vita, che aveva portato in grembo per nove lunghi mesi e che alla nascita le avevano donato una nuova speranza di felicità. E adesso quell’uomo, che aveva il potere di sottrargliele, si divertiva a vederla in difficoltà. Bene. Era pronta ad accettare la sfida. Le parve quasi incredibile ciò che stava provando in quel momento, come se un’enorme determinazione e spirito combattivo le stessero scorrendo nelle vene, spazzando via la tensione e il timore. In una scazzottata avrebbe vinto di sicuro, invece quel giorno doveva fare uso delle sole parole per combattere.
“Mi chiamo Ryuguji Kan. Sono nata il 10 maggio 1990 a Shibuya, Tokyo. Mio fratello gemello Ken è nato sei minuti prima di me. Nostra madre era una prostituta. Ha dato me in adozione il giorno stesso della mia nascita e ha tenuto mio fratello con sé ma, incapace di ricoprire il ruolo di madre, lo ha abbandonato nel palazzo in cui lavorava ed è fuggita senza lasciare traccia. Ho scoperto di essere stata adottata quando ero in sesta elementare. Prima che me lo chieda, la risposta è no. Non ho avuto alcun trauma. I miei genitori adottivi mi hanno sempre trattata con una certa freddezza e i parenti mi mostravano apertamente ostilità. Non sono rimasta sorpresa quando la sorella della mia madre adottiva mi ha confessato tutto, con l’intento di ferirmi. Non me ne importava niente dell’adozione. L’unica cosa che desideravo era incontrare mio fratello, il mio unico legame di sangue.”
*
 
Dal momento in cui aveva appreso la verità, tutto era diventato più chiaro. Non si era mai sentita veramente amata o parte della famiglia, non si era mai legata a quelle persone che per tanti anni avevano interpretato malamente il ruolo di zii e zie e in fondo non aveva mai compreso l’anima dei due signori che credeva i suoi genitori e che invece erano degli estranei. Da piccola aveva ricevuto molti giocattoli, aveva festeggiato compleanni con torte colorate e deliziosi pasticcini, era stata perdonata innumerevoli volte quando aveva combinato delle marachelle a scuola a causa del suo carattere troppo vivace, però…quante volte era stata abbracciata in tutta la sua vita? Ci aveva riflettuto e le aveva contate sulle dita una ad una. Davvero troppo poche per dei genitori, ma almeno adesso sapeva il perché. La primissima domanda che aveva posto loro era stata “perché mi avete adottata se non mi amate?”. Non erano stati in grado di dare una vera risposta, solamente un farfugliare di frasi fatte che uscivano dalle loro bocche senza un filo logico. E poi suo ‘padre’ aveva commesso un piccolo errore, si era lasciato sfuggire un dettaglio che per lei fu di vitale importanza. C’era un fratello gemello. Divenne quello il suo punto focale, l’obiettivo da raggiungere, la ragione per andare avanti dopo essere precipitata in una verità che nessun bambino vorrebbe mai sapere. Non era stato facile ricevere informazioni, visto che loro avevano fatto in modo che non s’incontrassero per ‘tenerla lontana da quella peccaminosa realtà’, come l’avevano definita.
“Vi prego… Ditemi dove posso trovare mio fratello.”                
Una supplica quasi in lacrime, una cosa che in genere funzionava quando voleva ottenere qualcosa da loro. Però questo accadeva quando erano i suoi genitori, non era più sicura che avrebbe avuto lo stesso effetto adesso… Seduti attorno al tavolo di quella cucina che improvvisamente era diventata più grande e più fredda, come ogni altra stanza all’interno di quella casa, Kan decise di giocare delle carte pericolose. “Se mi avete voluto almeno un po’ di bene, permettetemi di incontrarlo.”
Seppur freddi e riservati, i due sentirono comunque il peso di quelle parole che lei aveva lanciato contro di loro come pietre affilate. Adottata o no, era la bambina che avevano accolto in fasce e che avevano cresciuto. E che riusciva ad averla sempre vinta. E così, un pomeriggio dei primi giorni di maggio di quell’anno 2002, appena era suonata la campanella della fine lezioni, Kan aveva abbandonato la cartella sotto al banco ed era corsa via come il vento per raggiungere la metro.
Elementari 4…. Era la scuola che frequentava suo fratello.
“Ehi voi! Posso chiedervi una cosa?” Si avvicinò a due bambini che dall’aspetto dovevano avere la sua età. “Conoscete Ryuguji Ken?”
Nell’udire quel nome, i due ebbero una strana reazione. Impallidirono e si scambiarono un’occhiata tra loro, come restii a rispondere.
“Allora?” Incalzò lei, battendo un piede a terra con impazienza.
“Ehm…” Quello un po’ meno pisciasotto si sporse su di lei e le parlò a bassa voce. “Cosa vuoi da Draken?”
Kan sgranò gli occhioni nocciola. “Dra…ken? Eh?”
“E’ un tipo pericoloso, quello. Non solo è un teppista fatto e finito, da quando si è unito a Mikey è temuto sia dagli studenti delle elementari che delle medie.”
Pensa un po’! Quindi suo fratello era un temuto teppista?
“Che figata!” Disse con aria sognante. “Dove posso trovarlo?”
Di nuovo i due si scambiarono un’occhiata, chiedendosi se quella ragazzina non avesse qualche rotella fuori posto. Stavolta fu l’altro a rispondere. “Ogni giorno va alle Elementari 7, la scuola di Mikey. Sicuro lo trovi là, se ti sbrighi.”
“Volo!” Fu sul punto di farlo, in effetti, se non fosse stato per un dettaglio che la costrinse a bloccarsi anche se aveva già le braccia e una gamba a mezz’aria! “Scusate…come lo riconosco?”
“………..è molto alto, ha una cresta bionda e un drago tatuato sulla tempia…..”
Bene, ora aveva tutto ciò che le serviva. Ringraziò i due e si diede nuovamente alla corsa. Per fortuna la scuola non era lontana e con la sua velocità nella corsa non ci mise molto a raggiungerla. A quell’ora quasi tutti gli studenti erano usciti da scuola, poi molti andavano dritti a casa, altri a giocare nei parchi e cose così…non doveva essere difficile individuare uno stangone col tatuaggio di un drago, no? Guarda di qua, guarda di là, gira e rigira… “Dove accidenti è? Forse se n’è già andato?” Svolazzava come una falena impazzita davanti alla scuola, senza trovarlo. Provò a fare un giro attorno, ma nulla. “Uffa! Dovrò chiedere a qualcuno dove abita questo Mikey, magari sono andati da lui…”
“Ehi Mikey, ma perché devi sempre decidere tu?”
Eh…?
Kan si voltò di riflesso nella direzione in cui aveva sentito pronunciare quel nome. Era una stradina che non aveva notato. Corse fino all’angolo e si mise a sbirciare. Erano tre ragazzi… Uno aveva capelli neri e gli occhi da gatto, uno era un bambino biondo con lo sguardo addormentato e l’altro…era così alto! Una cresta bionda… Bastò che voltasse un poco la testa per vedere l’inconfondibile tatuaggio. Il cuore di Kan fece una capriola nel petto. Di slancio andò verso di loro gridando. “Ryuguji Ken?”
Gli sguardi di tutti e tre si puntarono su di lei con curiosità. E il diretto interessato rispose con tono neutrale. “Sì, sono io.”
Wow… Ora che ce l’aveva davanti, era davvero figo! Oltre cresta e tatuaggio aveva anche l’orecchino al lobo! Non aveva mai incontrato un teppista di persona...ma che andava a pensare? Doveva presentarsi e dirgli tutto.
“Ehm..io… Io mi chiamo Kan…”
Lui la squadrò, non capendo bene la situazione. E a ben vedere! No, doveva fare le cose per bene e soprattutto in privato, non davanti a quei due cretini che la guardavano a bocca aperta come se fosse la prima volta che vedono una ragazza…. Sul serio, che avevano da guardare? “Senti…” Puntò il pollice all’indietro. “Possiamo parlare un momento?”
“Va bene…” Draken rispose automaticamente e seguì quella ragazzina fino a svoltare l’angolo della strada. Ora che erano soli, l’atmosfera era cambiata. Quando prima si era visto arrivare addosso quella gazzella era rimasto sorpreso, sulle prime aveva pensato si trattasse di una studentessa delle Medie visto quant’era alta ma…ora che la guardava bene, indossava una divisa delle Elementari. I suoi tratti avevano un che di infantile e l’improvvisa timidezza che stava mostrando le colorava le guance di un lieve rosa. Era bella, anche se i lunghi capelli biondi che teneva in una coda di cavallo erano un po’ arruffati come se avesse fatto una lunga corsa. O l’aveva fatta davvero? Era piombata come un vulcano e adesso si stava stropicciando le mani con impaccio e teneva lo sguardo basso.
“Sì insomma… Ti stavo cercando… Volevo assolutamente incontrarti…”
Un momento… Un dubbio gli piombò alla mente, facendogli sudare freddo. “Aspetta, ma tu…”
Lei risollevò lo sguardo sul suo. “Non sai quanto ho sognato questo momento!”
La sua voce era tenera e quelle guance rosate che facevano pendant con le labbra la rendevano deliziosa a guardarsi. Era davvero carina…. Se non fosse stato che lui non era assolutamente pronto a gestire uan situazione così! Era la prima volta che si sentiva a disagio con una ragazza! Cioè, lui che viveva letteralmente in un bordello ed era nato e cresciuto tra belle donne mezze nude e provocanti, come poteva essere paralizzato?
D’istinto mise le mani avanti, come a creare uno scudo tra loro. “Senti io….ti ringrazio…davvero…”
Kan sgranò gli occhi, chiedendogli con lo sguardo cosa stesse dicendo.
“Il fatto è che…non me la sento! Cioè…tu sei davvero carina e sono sicuro che troverai facilmente un fidanzato!”
L’avesse mai detto. L’espressione sul viso di Kan mutò immediatamente, le sottili sopracciglia si aggrottarono e dalle iridi parvero uscire dei lampi. Strinse i pugni ai fianchi e gridò diretta: “NON MONTARTI LA TESTA, SCEMO!!!”
Alle proprie spalle, a poca distanza, Draken sentì lo scoppio di risa dei suoi amici che avevano sentito tutto e che nel frattempo si erano avvicinati per godersi meglio la scena!
Kan continuò. “Non sono qui per farti la dichiarazione!”
Ok, adesso anche lui cominciava ad arrabbiarsi. “Tsk! E allora che vuoi?”
“Non è così facile…” E di nuovo si fece timida.
“Lasciamo perdere. Grazie a te i miei amici mi prenderanno in giro a vita.” Fece per svoltare l’angolo, ma si sentì artigliare il polso. Nel voltarsi, vide i suoi occhi pieni di lacrime.
“Sono tua sorella gemella. Siamo stati separati alla nascita.”
Le risate cessarono all’istante. Draken ebbe l’impressione di vedere in lei una versione di se stesso.
*
 
Tutto sommato Baji non se la cavava malaccio. Certo era tutto sudato e cominciava a sentire la stanchezza, però ormai era un bel po’ che si allenava a far balzare la palla da un piede all’altro e tenendo il conto dei palleggi che riusciva a fare. Comunque, fin che il numero superava quello delle volte in cui gli era caduta, poteva dirsi soddisfatto di se stesso, alla faccia di Kazutora che lo aveva preso in giro dandogli della schiappa! Il pensiero dell’amico lo fece sorridere. Non vedeva l’ora di rivederlo, anche se negli ultimi sette mesi era una cosa che facevano ogni giorno loro due soli. Già…prima o poi avrebbe dovuto presentarlo anche agli altri, ma ora come ora, voleva tenerlo per sé. La palla gli sfuggì dal piede e rotolò a terra in direzione di un albero. Corse a prenderla e tornò indietro deciso a porre fine a quell’allenamento. Il suo sguardo si fece un po’ infastidito quando si posò sulla figura bellamente distesa all’ingresso del dojo. Braccia intrecciate dietro il capo, gambe intrecciate alle caviglie, sguardo fisso nell’azzurro del cielo e un lecca-lecca che si muoveva distrattamente nella sua bocca con un buffo rumore bagnato. L’aveva preso mentre tornavano da scuola, ma non si sarebbe aspettato che ignorasse completamente lui per passare il tempo a succhiare quel coso!!!
“Ehi Mikey! Non hai detto una parola da quando siamo qui!” Si impegnò perché risuonasse come un aspro rimprovero.
“Mh…”
“A cosa stai pensando così intensamente? A quello che è successo prima?”
Per un istante il lecca-lecca si fermò, il bastoncino dritto verso l’alto. E poi si mosse di lato. “E’ stato strano… Era come vedere una versione kawaii di Ken-chin…”
“Già… Ci sono rimasto quando ho sentito che è sua sorella gemella! Cioè, una cosa così non capita tutti i giorni!” Ridacchiò. “Un Draken con le ciglia lunghe, la gonna e il lucidalabbra!”
“E’ proprio il mio tipo…” Rispose Mikey, con tono piatto e disinteressato, ma lo stesso Baji si ritrovò blu e con addosso un forte senso di nausea! “Dr-draken è il tuo…?”
Come niente fosse, Mikey riprese a spiegare. “E’ stata coraggiosa a cercare suo fratello tutta da sola. E ha anche risposto per le rime a Ken-chin. Ha un carattere forte.”
Momento di silenzio…ed ecco che Baji riprese un colorito normale, sentendosi sollevato. “Ah parlavi del carattere! Mi hai fatto prendere un colpo!” Posò la palla sul terreno e si sedette accanto a Mikey, sospirando. “Chissà se sono ancora insieme in questo momento…”
Mikey emise un forte risucchio con la bocca, facendo vibrare lo stecchino. “Ne avranno parecchie di cose da dirsi dopo quasi dodici anni di separazione…”
Ed infatti, mentre loro due ne parlavano, Draken e Kan si trovavano in un locale nei pressi delle Elementari 7…
“Etchu!” Draken emise un forte starnuto, cercando di coprire la bocca con la manica della maglia. Stordito, tirò su col naso e sbatté le palpebre. “Credo che qualcuno stia parlando di me…”
Davanti a lui, separati solo dal tavolino, Kan non riuscì a trattenere una risatina. “Ci credi davvero a questa cosa? Ma dai!” Avesse saputo…!
Draken la osservò come aveva fatto nelle ultime due ore da quando l’aveva incontrata. Sulle prime il suo cervello si era come bloccato, nell’apprendere quell’incredibile informazione. E come biasimarlo? Non aveva mai nemmeno immaginato di avere una sorella gemella e ritrovarsela davanti all’improvviso lo aveva fatto svalvolare! Si erano guardati in silenzio per un po’, prima che lei prendesse l’iniziativa e gli chiedesse di andare da qualche parte a parlare. Lui l’aveva seguita in silenzio, erano entrati in quel locale semplice e piccolo e avevano ordinato qualcosa da bere giusto per non essere cacciati. Lui un succo alla pera e lei un succo alla pesca. Kan aveva parlato per una buona mezzora per raccontargli ciò che sapeva e com’erano andate le cose e lui l’aveva fissata come ipnotizzato, cercando di elaborare le informazioni. Gli c’era voluto un po’ per ritrovare l’uso della parola, ma c’era riuscito grazie allo sguardo caldo di lei e a quegli occhi che erano identici ai suoi. Tra una cosa e l’altra i bicchieri erano rimasti pieni sul tavolo.
“Io….ti chiedo scusa… Di solito non sono così.” Si giustificò.
Kan inclinò leggermente la testa e gli sorrise. “Ma certo, non devi scusarti! Ti sono piombata addosso! Avrei dovuto dirtelo con più calma…”
“Però sono felice che tu mi abbia trovato!” Confermò lui, con gli occhi lucidi per l’emozione. In genere era un tipo serio e sicuro, ma questo non significava che fosse fatto di ferro!
Kan abbassò lo sguardo sul proprio bicchiere, lo afferrò e ne bevve velocemente il contenuto. Una scia di succo color arancio rosato le colorò il labbro superiore. “Sarei maleducata a lasciarlo, dopo che me l’hai offerto! Anche se sei stato costretto, visto che ho lasciato la mia cartella a scuola!”
Draken prese una salvietta dal contenitore apposito e allungò il braccio per pulirle la bocca, neanche fosse stata una bambina! Quando lei si accorse del motivo di quel gesto, arrossì leggermente e gli regalò un sorriso.
Niente, vederla sorridere era già diventata una dipendenza per lui. Come avrebbe fatto a lasciarla andare a casa adesso che sapeva della sua esistenza? Però non poteva tenerla lì fino a sera… Bevve il succo alla pera tutto d’un fiato e si alzò dalla sedia. “Andiamo alla metro?”
“Mh!” Anche lei si alzò e uscirono dal locale.
Non fecero che pochi passi quando Draken azzardò un timido… “Posso tenerti la mano?”
Invece di rispondere, Kan mise la mano nella sua e lasciò che lui gliela stringesse dolcemente. Un’emozione fantastica! Un gesto così innocente da non dar loro la minima preoccupazione delle persone che li guardavano per strada. Erano gemelli, non facevano niente di male!
“Allora…” Kan ruppe il silenzio quasi a malincuore. “Ci rivediamo domani per parlare della festa?”
“Sì! E’ il nostro primo compleanno insieme! Voglio che sia indimenticabile!” Rispose lui, evidentemente elettrizzato al pensiero! “Dirò a Mikey che non passo a prenderlo dopo le lezioni, così io e te possiamo vederci e parlare con calma! Voglio portarti in un posto dove fanno un parfait al cioccolato squisito!”
Kan esplose entusiasta: “Io amo il parfait al cioccolato!!!”
E con questo punto d’incontro, continuarono a chiacchierare fino ad arrivare alla metro. Passati i tornelli, però, il loro stato d’animo precipitò.
Draken biascicò un… “Tu devi andare di là, giusto?”
“Mh… Abito nella direzione opposta alla tua…”
“Quindi…dobbiamo salutarci?”
A vederli così, entrambi a capo chino e con le mani ancora unite, mettevano quasi tristezza. Se fossero stati in un anime, sarebbero stati avvolti da un’aura grigia…
Draken strinse più forte la mano di lei, i loro sguardi s’incontrarono. “D’ora in poi voglio che ci vediamo ogni giorno. Non m’importa di cosa dicono i tuoi genitori adottivi, noi dobbiamo stare insieme. Ti farò conoscere le persone che mi hanno cresciuto, la mia camera diventerà la tua e se sarò costretto ti rapirò e ti porterò a vivere con me.” Era così determinato da far tenerezza!
“Grazie, Ken… Davvero!” Non trovava le parole per dirgli quanto fosse toccata dal suo discorso, ma si ripromise di dimostrarglielo in tutti i modi, giorno dopo giorno, da brava sorella. Le loro mani rimasero unite ancora un po’ prima che loro trovassero il coraggio di salutarsi.
*
 
Il giorno dopo, quello dopo e quello dopo ancora, i gemelli continuarono ad incontrarsi e a passare il tempo a chiacchierare di ogni cosa gli passasse per la testa, senza freni, senza logica, ogni argomento che veniva fuori diventava un mondo da esplorare secondo il loro punto di vista, secondo le loro esperienze, secondo le loro vite fino a quel momento. Anche se erano gemelli, per certe cose avevano gusti diversi. Ad esempio, Draken era appassionato di moto fino al midollo, mentre lei non aveva nessuna intenzione di guidarne una!
“Però, quando ne avrò una mia  e potrò guidarla, tu salirai con me. Vero, sorellina?” Le chiese, tutto dolce come uno zuccherino, seduti uno accanto all’altra sui gradini di un parco a Shibuya. Niente spazi personali, si erano seduti lì vicinissimi, coi vestiti che si sfioravano, neanche avessero voluto colmare gli anni di separazione stando appiccicati adesso!
Kan rispose senza esitazione. “Assolutamente sì!”
Draken sorrise soddisfatto. “Bene! Il prossimo anno farò il patentino e andremo ovunque!” Per essere un ragazzino di sesta elementare aveva le idee chiare!
Kan fece un cenno col capo e poi sollevò il viso verso il cielo limpido di quella giornata di primavera che profumava di fiori più di ogni altra della sua vita.
“Ci pensi? Domani compiremo dodici anni!”
“Abbiamo organizzato tutto! Le ragazze sono state gentili a lasciarci una stanza libera per festeggiare! Stasera voglio gonfiare dei palloncini e appendere le decorazioni che abbiamo preso! Ah e non dimentichiamoci di andare a ritirare la torta che i tuoi genitori adottivi si sono offerti di pagare!” Il suo sorriso si trasformò in pura sorpresa quando all’improvviso qualcuno gli saltò alle spalle e lo avvinghiò tipo polpo!
“A che ora è la festa, Ken-chin?”
Non era possibile! Eppure era sicuro di non avergli detto dove sarebbero andati quel giorno! E allora come  accidenti faceva a saperlo? Li aveva pedinati? Dannato impiccione!
“Che cavolo fai??? Togliti!!!” Si ribellò, mentre Mikey si divertiva un mondo ad infastidirlo! Però da bravo lo lasciò e balzò un paio di gradini più giù, mettendosi davanti a Kan.
Lei sorrise gentile. “Sei quello dell’altro giorno?”
Mikey si sporse su di lei con aria fin troppo furba e le parlò praticamente a un centimetro dalla faccia. “Sano Manjiro! Piacere!”
Presa da un moto di tenerezza, Kan gli afferrò il viso con le mani e si mise a stropicciargli le guance. “Sei un bambino dolcissimo! Già ti adoro!”
A quel punto Draken si alzò di scatto e si fece sentire con rabbia. “Ehi tu, non approfittarti di mia sorella!”
Di conseguenza si beccò una ramanzina. Infatti, Kan gli lanciò un’occhiataccia e si strinse la testa di Mikey al petto per difenderlo. “Non trattarlo così! E’ solo un bambino! Scommetto che ha tanto bisogno di affetto!”
“Kan…tu non capisci… Non è affatto un bambino!” Insistette lui, digrignando i denti nel vedere quanto il suo amico se la godeva con la faccia schiacciata fra i piccoli seni di lei. “Ha la nostra età! Quell’idiota lì è Mikey!”
Il tempo si fermò. Ok…qualcosa non quadrava….
“Ken… Quando dici Mikey…intendi…quel Mikey di cui mi hai parlato nei giorni scorsi? Il terrore di Shibuya che fa a botte anche coi ragazzi delle Superiori? Quello così forte da non aver mai perso uno scontro?” Ormai era pallida come un lenzuolo.
“Proprio così…. E tu lo stai stringendo fra le tette!”
Il grido di Kan squarciò l’aria, tanto potente che dei volatili negli alberi più in là volarono via in massa con un gran fracasso di sbattere d’ali. Con gesto fulmineo lei lasciò la presa e retrocedette sui gradini come terrorizzata, puntando un dito tremolante su un Mikey visibilmente compiaciuto!
“Tu…tu…tu…”
“Eh eh! Ciao!”
Piccolo bastardo! L’aveva fregata!
“Ti immaginavo con un aspetto completamente diverso!”
Draken sospirò. “E’ successo anche a me quando l’ho incontrato l’anno scorso…”
Mikey si avvicinò a lei e le prese una mano.
“Ti prego non uccidermi! Chiedo perdono!” Starnazzò lei, chiudendo gli occhi. Quello che non si aspettava era di essere sollevata e rimessa in piedi nel modo più gentile possibile (data la situazione e la posizione in cui si trovava!). A guardarlo bene, quel ragazzino aveva qualcosa che attirava lo sguardo… Anche se era uno gnomo, era indubbiamente carino, i suoi capelli biondi erano luminosi e ordinati e quegli occhi scuri sembravano contenere i misteri del mondo. Il cuore le balzò in petto nel rendersi conto che le stava ancora tenendo la mano.
E Draken saltò fuori ancora una volta! “Non toccarla! E smettila di guardarla come se fosse una delle quarantotto illustrazioni di quel dannato libro che sfogli in continuazione! Razza di…” Dovette mordersi la lingua per non dire altro. Per lo meno si rincuorò nel vedere che sua sorella non aveva reagito a quell’affermazione. Quindi non era a conoscenza di quel tipo di letture… Meglio così. Però aveva la netta sensazione che Mikey gli avrebbe causato un bel po’ di problemi.
*
 
Come da programma, dopo la scuola i gemelli si erano incontrati per andare insieme a ritirare la torta in una piccola pasticceria di Shibuya, che Kan adorava particolarmente da quando era una bimbetta della Materna. Subito dopo, in barba alle regole, alla società e alla moralità, Draken l’aveva condotta nel luogo in cui viveva, dove era cresciuto e dove la donna che li aveva messi al mondo l’aveva abbandonato per rifarsi una vita. Il luogo che all’esterno appariva come un centro massaggi, in realtà era un bordello e le presunte massaggiatrici che ci lavoravano e che di certo non erano qualificate per tale ruolo, erano ragazze e donne che si vendevano giorno e notte per avere un tetto sulla testa e cibo nello stomaco. Eppure, per Draken, quelle persone erano la sua famiglia e le trovava le migliori al mondo. Entrati nel palazzo proprio nei pressi della famosa stazione di Shibuya, presero l’ascensore e salirono fino al quarto piano. Quando il campanellino suonò, le porte si aprirono, e…dalla postazione di accoglienza, un uomo all’incirca di mezza età che era intento a leggere il giornale fino a quel momento, sollevò gli occhi dai fogli e li posò su di lei. Draken gli andò incontro, accennando un sorriso, tenendo tra le mani la scatola con la torta. Kan lo seguì a capo chino.
L’uomo si alzò dalla sedia e si sporse in avanti per guardare meglio la nuova arrivata.
“Che bella signorina abbiamo qui!” Il suo tono cordiale convinse Kan a risollevare lo sguardo e incontrare i suoi occhi chiari e buoni. Anche se lavorava in un posto del genere, si vedeva che era una brava persona.
“S-salve…”
“Ah ah ah, mi sembra di rivedere il piccolo Ken! Anche lui aveva fatto così la prima volta che mi ha visto, quando sono stato assunto qui!”
“Tra qualche anno sarò più alto di te, come fai a chiamarmi piccolo???” Scherzò Draken, con complicità.
“Ah quella è la famosa torta di cu hai parlato?” Chiese l’uomo, indicando col dito. “Vuoi che la porto io di là? Così potete andare a posare le cartelle!”
Draken fece un cenno affermativo. “Grazie!” Gli porse la scatola con attenzione, quindi prese sua sorella per mano e la trascinò via quasi di corsa, tanto era ansioso di mostrarle la sua stanza. Attraversarono un corridoio illuminato da una luce soffusa e, quando giunsero in fondo, Draken aprì la porta in velocità e accese la luce. “Io dormo qui!”
Senza lasciare la sua mano, Kan fece qualche passo dentro il piccolo mondo che apparteneva a suo fratello. Era una camera decisamente maschile e un po’ infantile, con le pareti tappezzate di poster di moto, un letto con le coperte messe su in modo disordinato e un piccolo armadio dove erano i vestiti. Nell’aria c’era l’odore di suo fratello.
“Ti piace?” Le chiese lui, impaziente ed emozionato.
“Sì! Mi sento a mio agio come se fossi nella mia stanza!”
Da lì partì in automatico un tour per mostrarle ogni singola cosa, dal mobiletto dove conservava le riviste sulle moto, fino al cassetto dei calzini! Tra chiacchiere e risate, passò un’oretta e i loro stomaci iniziarono a farsi sentire reclamando la torta che li stava aspettando.  Di nuovo di corsa raggiunsero una porta socchiusa e da cui proveniva una luce più forte che nel resto del palazzo.
“Non vedo l’ora di mangiare la tortaaaaaa!!!” Gridò Draken, seguito da lei che gridò a sua volta: “Torta al cioccolatooooo!!!” Non appena spalancarono la porta, non solo trovarono di fatto la loro bella torta sul tavolo con tanto di candeline accese, ma anche uno striscione appeso alla parete con scritto ‘Happy Birthday Ken&Kan’. E cinque donne mezze nude in attesa su delle poltroncine.
“Finalmente siete arrivati!”
“Ancora un minuto e la torta ce la saremmo mangiata noi!”
I gemelli rimasero a bocca aperta per la sorpresa. Non si aspettavano di venire festeggiati dopo che lo stesso Draken aveva rifiutato categoricamente di invitare gli amici per poter fare una festa privata solamente con sua sorella. Ma anche così non era male, soprattutto perché le ragazze, incuriosite da Kan, la ricoprirono di attenzioni, le fecero numerosi complimenti per la sua bellezza e le consigliarono di fare un po’ di permanente per rendere i capelli ondulati. Be’, delle conversazioni normali, si può dire! Unica nota storta, Draken fu costretto a pazientare prima di poter gustare la tanto bramata torta, ma quando gli diedero il permesso di tagliarla si sentì finalmente soddisfatto! Meno per aver dovuto condividerla quasi tutta con loro, quando invece sperava di sbafarsela lui, ma pazienza! Una alla volta, richiamate dal lavoro, le donne lasciarono la stanza e concessero ai gemelli un po’ di privacy per parlare delle loro cose, giocare coi palloncini colorati e bere fiumi di bibite gassate che finirono inevitabilmente in una gara di rutti!
“Non mi sembrava di aver acquistato dei maialini!”
Al suono di quella voce, Draken si voltò verso la porta aperta e subito si premurò di fare un inchino rispettoso. Kan lo imitò.
“Oh su, non serve essere così formali!” La nuova arrivata era una donna di mezza età, ben vestita con un tailleur color porpora, una spilla d’oro sul risvolto della giacca, i capelli raccolti e un filo di rossetto sulle labbra. In mano aveva una scatola sottile e quadrata rivestita di velluto blu notte. Prese posto su una delle poltroncine, piegando le gambe elegantemente di lato, e poi fece cenno ai ragazzini di avvicinarsi.
Per prima si rivolse a Kan. “Io sono la signora Toku. Mio marito è il proprietario di questo posto, ma di fatto sono io a gestirlo.”
Draken confermò. “Viene a trovarmi spesso e se ho delle richieste lei mi accontenta sempre!”
“Nel limite del possibile, s’intende!” Sottolineò lei, accennando un sorriso, per poi tornare a rivolgersi a lei: “Tu sei Kan, giusto?”
“Sì, signora! Chiedo scusa per il disturbo!”
“Piccola cara….” Allungò una mano per sfiorale il viso col dorso della mano. “L’ultima vota che ti ho vista eri una figura grigia su un’ecografia…”
I gemelli si scambiarono un’occhiata interrogativa, ma fu Draken a parlare. “Tu sapevi della sua esistenza?”
Lei fece un cenno col capo. “Sì. Ero l’unica a saperlo. Vostra madre si confidò con me quando scoprì di essere incinta di due gemelli.”
“Ma allora perché non me lo hai mai detto?” La riprese Draken, stringendo i pugni.
La signora si prese alcuni istanti per elaborare il discorso e poi rispose mantenendo un tono pacato. “Fin dall’inizio, vostra madre era incerta se tenervi entrambi. Si rendeva conto che questo luogo non era adatto per crescere dei bambini, ma non aveva denaro per una casa e per qualche motivo rifiutò il mio aiuto. Credo che inconsapevolmente avesse già deciso cosa fare… Alle altre disse solo di essere incinta, senza entrare nei dettagli, e poi, il giorno del parto…” Fece una pausa, lo sguardo le tremava di tristezza. “Mi disse di aver chiamato i neonati Ken e Kan e…che aveva già preso accordi affinché la bimba venisse presa dagli assistenti sociali e data in adozione. Il bimbo invece volle tenerlo con sé, quasi come stesse parlando di un’ancora a cui aggrapparsi. Il resto lo sapete…”
“Potevi…comunque dirmelo…” Disse lui, a voce bassa, prima di tirare su col naso.
La signora non gli rispose, aprì di fronte a loro la scatola. All’interno erano due collanine sottili in oro. “Secondo il suo volere, avrei dovuto darvele per il compimento dei vostri diciotto anni. Un’età in cui avreste dovuto essere abbastanza grandi e maturi da capire. Prima di allora non avreste dovuto incontrarvi. E invece…”
Kan sollevò lentamente la mano per sfiorare una delle catenine. “Sono da parte della nostra mamma?”
“Esatto. Le scelse lei personalmente per i suoi bambini e io mi offrii di ricoprire le spese. Visto che il destino ha voluto farvi incontrare, credo sia giusto che le abbiate adesso.”
Li invitò con un cenno del capo e loro presero le catenine e le indossarono in silenzio. Un dono inaspettato da una persona che li aveva abbandonati ma che forse in fondo li aveva amati.
“Conservatele con cura. E’ l’unica cosa che vi ha lasciato.”
Il loro primo compleanno insieme era stato piuttosto dolce e frizzante, salvo poi svelare un retrogusto amaro…
*
 
Ora Ken e Kan avevano ufficialmente dodici anni! Il compleanno svoltosi il giorno precedente era stato decisamente indimenticabile dopo quanto successo, nel bene e nel male, ma visto l’aura di tristezza che li aveva circondati dopo aver ricevuto le catenine, avevano deciso di proseguire con i festeggiamenti la mattina dopo, approfittando della libertà del sabato. Era anche una bella giornata, l’aria era tiepida e loro avevano una gran voglia di passeggiare tra le vie di Ikebukuro e godersi i divertimenti otaku che il quartiere aveva da offrire. Kan aggrappata al suo braccio, sorridente, e Draken che camminava disinvolto tenendo le mani in tasca, si affacciarono alla via principale e…
“Da quale negozio cominciamo? Videogiochi o manga?” Chiese Kan, con gli occhi che già brillavano al pensiero.
“Mah…è lo stesso… Piuttosto…” Volse un po’ il capo all’indietro e fulminò con lo sguardo le figure che li seguivano come ombre. “Perché loro sono qui?”
Baji, evidentemente assonnato, rispose senza impegno. “Io ci sono stato trascinato…” Emise un ampio e sonoro sbadiglio. “Che palle, ieri ho anche fatto tardi in sala giochi.”
Al contrario di lui, Mikey sembrava più sveglio del solito e camminava con aria allegra e tenendo le braccia incrociate dietro la testa. E l’immancabile lecca-lecca in bocca. Incrociò lo sguardo di Draken, spostò il lecca-lecca di lato con la lingua. “Cosa? Ieri non mi hai invitato, quindi volevo festeggiare oggi insieme a voi!” Chiuse gli occhi ed esibì un sorriso a trentadue denti, col massimo della sfacciataggine, facendo urtare i nervi a Draken ancora di più!
Per fortuna intervenne Kan. “Non prendertela, Ken, per me va bene! Sono contenta di passare del tempo coi tuoi amici! E così posso conoscere meglio sia Mikey che Kei!”
“Te l’ho già detto prima, voglio essere chiamato per cognome.” Puntualizzò Baji, squadrandola, per niente felice del nomignolo e della confidenza che lei gli aveva dato fin dalle presentazioni. E il fatto che invece di rispondergli deviò il discorso, non aiutava certo a farla entrare nelle sue simpatie!
“Perché non proviamo quel nuovo gioco per la PS? A scuola ho sentito che i combattimenti sono fighissimi!”
Draken ridacchiò. “Però voglio essere il tuo primo avversario!”
“Se mi prometti di sopportare la sconfitta, ci sto!” E gli fece l’occhiolino.
Mikey s’intromise facendo capolino fra loro: “E dopo che avrà perso posso sfidarti io?”
“Ehi, perché siete così sicuri che sarò io a perdere???” Sbottò Draken, sentendosi punto nell’orgoglio, ma comunque ottenendo solo delle risate come risposta.
Baji era in disparte dal gruppo, per sua stessa volontà. Aveva capito che i due gemelli avevano già creato un legame e la loro complicità faceva da muro verso chi gli stava attorno. In realtà gli era già successo in passato, quando Mikey aveva incontrato Draken e lui si era ritrovato ad essere l’ultima ruota del carro, mentre loro se la spassavano per ogni minima cosa. Forse a dagli più fastidio era l’invadenza con cui Mikey ci provava con Kan? Glielo aveva confidato apertamente qualche giorno prima.  Aveva tentato di spiegargli che l’averle parlato un’unica volta ed essere stato a contatto coi suoi seni, non era abbastanza per parlare di una cosa seria come l’amore….ma figurarsi se quello gli aveva dato retta! E infatti eccolo lì a sbavare dietro la sua gonnellina a balze come un cagnolino… Patetico. Ancora non capiva perché Mikey aveva coinvolto anche lui in quell’uscita, se non aveva intenzione di filarselo di striscio. Nessuno dei tre lo stava facendo, comunque. Si limitò a seguirli in negozio, a seguire passivamente la partita tra i gemelli, la sconfitta di Draken e il successivo scontro tra Mikey e Kan. Almeno quello fu abbastanza interessante.
Mikey si entusiasmò non poco ad affrontare una valida avversaria quale lei si era rivelata. Sentiva il sangue scorrergli più caldo nelle vene quando lei schivava i suoi colpi e il cuore gli palpitava quando lei lo colpiva con astuzia. Era forte per essere una ragazza! Gli venne spontaneo chiedersi se anche nel combattimento corpo a corpo fosse così… Kan e Draken condividevano gli stessi geni, sarebbe stato fantastico se anche lei fosse appassionata di combattimento e avesse abilità! Era così preso da questi splendidi pensieri che dimenticò di schivare un potente calcio aereo che gli azzerò la vita. Game over!
Draken rimase a bocca aperta. “Hai sconfitto perfino Mikey!! Grande la mia sorellina!” Le diede il cinque e la sollevò in braccio mentre lei se la rideva contenta per la vittoria. Nel mentre, Mikey sputò lo stecchino in un cestino dei rifiuti, quindi si avvicinò a loro accennando un sorriso compiaciuto. “Sei l’unica al mondo da cui sono felice di essere sconfitto!”
Le guancie già arrossate per l’emozione di lei, divennero ancora più rosse a tale complimento e si ritrovò a nascondere il viso sulla spalla del fratello. Un punto per Mikey!
La seconda tappa di quel giorno fu una nota libreria multipiano che ospitava una vasta collezione di manga. E anche lì Mikey non tardò a trovare l’occasione per fare una mossa.
“Io vado un attimo in bagno!” Li informò Draken, correndo subito via. Ottimo.
Mentre Kan si era avvicinata ad uno scaffale di shojo romantici per vedere alcune copertine, Mikey le si avvicinò e parlò con in bocca il secondo lecca-lecca della mattina.
“Senti, a te piacciono le fragole?”
Lei rispose senza guardarlo, ma comunque sorridente con in mano un nuovo manga. “Sì! Mi piacciono tutte le cose dolci, credo!”
“Vuoi assaggiare?”
Finalmente lei gli rivolse lo sguardo e notò che lui indicava lo stecchino di quello che aveva in bocca. E fraintese. “Vuoi dire che ne hai un altro in tasca? Grazie, sei così gentile!”
Lui scosse il capo e si tolse il lecca-lecca dalla bocca, per poi porgerglielo. “Tieni.”
“Ehm…eh?” Momento di panico. Davvero voleva che assaggiasse QUELLO? Lo aveva in bocca lui fino a un attimo prima! Ma che accidenti…? E continuava a fissarla senza battere ciglio, con una sicurezza disarmante! E scema lei ad assecondarlo! Cioè…perché stava alzando la mano? Nel prendere lo stecchino le dita sfiorarono quelle di lui, dandole una leggera scossa. Ecco, aveva accettato, e adesso? Doveva…veramente farlo? Si sorprese di se stessa nell’aprire la bocca, il cuore che le batteva fortissimo man mano che la sfera colorata di rosa si avvicinava e poi….plop! Era fatta, era nella sua bocca!!! In pratica stava facendo uno scambio di saliva con Mikey!!! Era…era a tutti gli effetti un bacio indiretto! E lui adesso stava pure sorridendo!!!
Nessuna sorpresa che di lì a poco Draken tornò e la trovò con la faccia color ciliegia!
“Che succede?” Lo sguardo che continuava a muoversi dall’uno all’altra, senza che nessuno di loro rispondesse.
Baji guardava la scena da due metri di distanza, con aria truce. “Davvero patetico.” Pensò, per poi prendere in mano un manga a caso, giusto per avere la scusa di estraniarsi da quella ridicola situazione.
Di lì a poco se ne andò, dicendo di avere altro da fare.



Continua nel Capitolo 2: [Not Planned] 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chapter 2: [Not Planned] ***


Chapter 2
[Not Planned]
 
Erano passate alcune settimane, l’estate era alle porte e Mikey non era ancora riuscito ad ottenere risultati degni di nota nonostante il suo evidente interesse per Kan. Come amici andavano bene, si incontravano diverse volte a settimana, parlavano, giocavano…ma tutto sempre e solo in presenza di un Draken iperprotettivo all’ennesima potenza. Stare da solo con lei era praticamente impossibile e di conseguenza anche corteggiarla come si deve era un’impresa. Non voleva prendere in considerazione l’idea di fare le cose di nascosto, dato che Draken era il suo migliore amico, però doveva trovare un modo per far evolvere le cose con Kan. Il che era tutto un dire… Lei era sempre gentile e amava scherzare, ma lui tremava al pensiero che lo vedesse come un bambino a causa della sua bassa statura. Quindi che fare? Ovviamente non poteva parlarne con Draken, mentre Baji si scartava da solo. In genere cercavano di vedersi loro quattro, ma lui era come si non ci fosse oppure assisteva come spettatore a ciò che facevano loro. Frasi come “ho da fare”, “devo andare in un posto” o “devo vedere il mio amico”, erano diventate un’abitudine. Un po’ si sentiva in colpa per questo, da quando Kan era entrata nel gruppo aveva dato decisamente più attenzioni a lei che a lui, però…che diamine, era importante! L’aveva conosciuta i primi di maggio ed ora che era quasi fine giugno non aveva ancora marcato il territorio! Alla fine si era ritrovato a parlarne con Shinichiro. Un segno di disperazione! Adorava suo fratello maggiore, era sempre stato il suo eroe da che aveva ricordo, però la verità era che Shinichiro era una schiappa in amore. Aveva ben dieci anni più di lui e non era mai riuscito ad avere una fidanzata, perché tutte quelle con cui ci aveva provato gli avevano dato due di picche. Chissà perché! Shinichiro era bello, serio, simpatico e affidabile ed aveva aperto un’attività dove lavorava sodo con le moto che tanto amava. Com’era possibile che nessuna ragazza gli fosse caduta fra le braccia? Nemmeno ai gloriosi tempi in cui era stato a capo della gang Black Dragon era riuscito a rimorchiare! Forse il suo unico difetto era quello di essere troppo buono.
Ad ogni modo, Mikey gli chiese consiglio, per forza di cose, ma preparato in caso si fosse trattato di un buco nell’acqua. Come dire, chiedere consigli sulla carne ad un vegetariano non era produttivo, no? Ed infatti… Andare da lui era servito solo a beccarsi delle battutine allusive e delle risatine strafottenti. Ma bene! A Mikey non restò che andarsene, imbronciato e insoddisfatto. Fino a quando non arrivo un’improvvisa l’illuminazione.
“Per passare più tempo con lei, senza subire le occhiatacce di Ken, dovresti farla iscrivere al dojo del nonno!”
Mikey si fermò giusto sulla soglia, si voltò lentamente verso il fratello e lo ascoltò attentamente.
Shinichiro si grattò distrattamente la testa con una chiave inglese e riprese a parlare. “Pensando a quello che mi hai detto su di lei in queste settimane, credo che le piacerebbe praticare il karate! E tu potresti farle da compagno di allenamento e averla tutta per te!” E in conclusione sfoggiò un sorriso malizioso, neanche fosse stato un esperto in materia amorosa. Ma tralasciamo…
Senza esitare, Mikey gli saltò addosso con entusiasmo. “Che idea geniale, Shinichiro!”
“Ah ah! Vedi che hai fatto bene a chiedere al tuo fratellone?” Ricambiò il suo abbraccio con gran sentimento, felice di essergli stato d’aiuto. L’amore sconfinato che i due fratelli provavano l’uno per l’altro era semplicemente meraviglioso.
E così, seguendo il prezioso consiglio, Mikey ne parlò col nonno e poi invitò ufficialmente Kan al dojo per fare una prova di allenamento insieme. Be’ nel caso del nonno, si trattava di un’ottima opportunità per avere un nuovo iscritto e accresce i profitti. Era pur sempre un vecchietto che doveva mantenere due nipotini!
Quando Kan arrivò accompagnata da un dubbioso Draken, Mikey era pronto all’ingresso con tra le mani una divisa bianca da farle indossare e che aveva ordinato apposta per lei. Non appena i loro sguardi s’incontrarono, Mikey le sorrise, per poi richiamare l’attenzione del nonno.
“Nonno, lei è la mia amica Kan!”
L’anziano signore, già abbigliato a dovere, sorrise sotto i baffi. “Benvenuta! E’ così raro trovare ragazze a cui piaccia combattere, di questi tempi!”
“Però non credo di essere molto brava, signore….” Si strinse nelle spalle con un accenno di timidezza.
Il nonno diede due belle pacche sulla schiena esile di Mikey. “Allenandoti con questo giovanotto non ci metterai molto a stendere anche quelli grandi il doppio di te!” Ovviamente Mikey sorrise compiaciuto a tale complimento, salvo poi voler sprofondare per l’uscita azzardata che suo nonno fece subito dopo. “Vedo che Manjiro ha buon gusto in fatto di ragazze, rispetto all’altro mio nipote!”
Giusto il tempo di finire la frase, che Draken si piazzò davanti a Mikey e gli si appiccicò alla faccia con aria truce. “Peccato che mia sorella sia off limits.”
“Ah… Anche tu sai l’inglese, Ken-chin?” Non che fosse davvero intimorito da lui, però era meglio andarci piano quando era in ballo un argomento così delicato.
“Anche tu saresti un ottimo atleta, Ken!” Saltò fuori ancora il nonno.
“Grazie signor Sano, ma io preferisco allenarmi da solo.” Rispose lui, senza muoversi di un millimetro.
Vista la situazione pericolosa, alla fine ci pensò Kan a cambiare discorso. “Quella divisa è per me, vero Mikey? Dove posso cambiarmi?”
“Ah giusto! Nello spogliatoio potrebbero esserci ancora dei ragazzi, meglio se vai a cambiarti in quello in casa dove c’è la stanza da bagno! Vieni, ti ci porto!”
Con gesto fulmineo, Draken agguantò la divisa dalle sue mani. “Ce la porto io. Anche se non sono mai entrato in casa tua, non sarà difficile da trovare.”  Con l’altra mano afferrò Kan per il polso e la trascinò via.
Che fastidio!!! Mikey sperava di approfittarne per sbirciare e invece quel seccatore gli aveva rovinato i piani. Gli venne spontaneo incrociare le braccia al petto in segno di disappunto e gonfiare le guance come un bambino capriccioso. E allora SBONK!, il nonno gli piazzò un pugno dritto sulla testa, avendo capito le sue intenzioni. “Piccolo scostumato!” Il vecchietto sapeva il fatto suo!
Per lo meno i gemelli trovarono subito la stanza giusta e Kan si cambiò in fretta mentre Draken faceva da guardia davanti alla porta. Mise i vestiti in un cesto, sperando che non disturbassero.
Quando Draken sentì la porta scorrevole aprirsi dietro di lui, si voltò e…
“Così va bene? La taglia mi sembra giusta!”
Coi capelli biondi alzati in una coda di cavallo e la divisa da karate era davvero carina. Cioè, lo era sempre! Esisteva qualcosa che non stesse bene addosso a lei? Scosse il capo per riprendersi e si occupò di aggiustarle il nodo della cintura. “Ecco fatto!”
Mikey attendeva massaggiandosi la testa ancora dolorante per il colpo subito, ma quando la vide arrivare si dimenticò subito di ogni cosa.
“A che ora passo a prenderla?” Ringhiò Draken.
“La lezione dura un’ora, quindi…”
“Allora rimango nei paraggi e torno fra un’ora.” Poi si rivolse a lei. “Tu aspettami qui. Non andare a cambiarti prima del mio arrivo.”
Lei fece un cenno affermativo e lui se ne andò senza salutare.
“Uh uh! Ho sempre desiderato avere un fratellone iperprotettivo!”
Mikey invece era di tutt’altro avviso e sentire quella frase gli fece mancare le forze. “Contenta tu.”
Un sonoro richiamo dall’interno diede inizio alla lezione. Come prima cosa vennero fatte le presentazioni della nuova allieva agli altri compagni e ai Sensei, poi uno di loro venne incaricato di farle un primo esame per valutare le sue capacità. Mikey rimase ad assistere.
L’uomo, piuttosto giovane e dai capelli corti e curati, si mise in posizione coi piedi ben saldi a terra e stese un braccio verso di lei tenendo il palmo della mano aperto. “Bene, Kan, voglio che tu colpisca la mia mano con tutta la forza che hai.”
“Mh!” Si mise in posizione, andando a memoria di alcune lezioni ricevute durante le ore di ginnastica a scuola. Piegò un braccio all’indietro e quando si sentì pronta caricò il colpo, cercando di mirare meglio che poté.
“Ben fatto! Il tuo stile è molto rozzo, però di forza ne hai, per essere una ragazza!”
Lei sorrise. “Grazie, Sensei!”
“Ora proviamo un’altra cosa.” Recuperò un ampio cuscino d’allenamento e se lo sistemò a dovere sul braccio e sulla spalla. “Adesso colpisci con un bel calcio!”
Questa volta Kan si prese un po’ di tempo per prepararsi. Qualche piegamento, qualche roteazione della gamba per scaldare il muscolo… Poi riprese posizione, si piegò col busto di lato, sollevò una gamba portandola all’indietro e colpì con tanta forza da far cadere l’uomo in ginocchio.
Mikey rimase a bocca aperta.
“Oh no, chiedo scusa! Ho esagerato!” Kan, preoccupata, si precipitò ad aiutare l’uomo a rialzarsi, anche se lui in verità non se l’era affatto presa. Anzi!
“Credo proprio che i calci siano la tua specialità! Hai le gambe lunghe e snelle e con il giusto allenamento potresti vincere un bel po’ di tornei!”
Mikey attirò la sua attenzione tirandolo per la manica. “Visto che è anche la mia specialità, d’ora in poi posso allenarmi con lei?”
“Mmh… Le ci vorrà un po’ di tempo per raggiungere il tuo livello, ma credo non ci siano problemi.”
I due ragazzini si scambiarono un’occhiata, felicissimi, anche se per motivi diversi. Kan era entusiasta perché ammirava Mikey per la sua forza e stare in sua compagnia le piaceva, mentre lui….aveva trovato una scusa per starle appiccicato! E a tal proposito, di punto in bianco sollevò le braccia in aria e gridò: “Grazie, Shinichiro!!!”
Indovinate? Finì col nonno che arrivò  a piazzargli un altro pugno, intimandogli di fare silenzio!
*
 
“Non lo so, Kan… Non mi sembra una buona idea.” Disse Mikey, con aria palesemente dubbiosa.
Peccato che lei non fosse dello stesso avviso! “Sono troppo curiosa! Ogni volta sparisce con una scusa! Voglio vedere cosa fa!”
Allora fu Draken a provare a fermarla. “Sì, ma se ti fai beccare sono guai. Già non gli stai molto simpatica…” Non fece in tempo a finire la frase, che lei lo sovrastò con un sonoro “Ci vediamo domaniiii!!!” E sparì dietro l’angolo, pienamente convinta di quello che stava facendo.
A Mikey e Draken non restò che scambiarsi un’occhiata rassegnata, tanto ormai sapevano com’era fatta!
Fu così che Kan si diede al pedinamento di Baji, scivolando come un’ombra da un angolo all’altro, mantenendo una certa distanza e arrivando persino ad appiattirsi nelle rientranze dei portoni, senza però perdere di vista l’obiettivo. Passò un buon quarto d’ora prima che la faccenda avesse uno sviluppo.  Baji si era fermato di fronte ad una vetrina. Niente di strano, fino a quando Kan non vide qualcosa che non si sarebbe mai aspettata da quel musone…un sorriso dolcissimo! E non solo, anche i suoi occhi erano diventati luminosi come stelle!
Kan lo sbirciò con cospetto. “Ma cosa sta guardando?” Ora che ci pensava, a Baji cosa piaceva? Anche se con lui aveva trascorso meno tempo rispetto a Draken e Mikey, si rendeva conto di non sapere praticamente nulla, a parte che gli piaceva fare a botte e viveva da solo con la madre. Quando vide Baji entrare nel negozio, scattò fuori dal nascondiglio e si avvicinò furtiva. Si trattava di un negozio di animali e, nella vetrina dove lui prima aveva sostato, c’era una nicchia dove cinque gattini bianchi e neri dormivano tutti ammucchiati. Kan si appiccicò al vetro, gli occhi a forma di cuore. “Kawaii!!!”
In effetti degli esserini così dolci potevano sciogliere un cuore di ghiaccio. E allora… “Eh eh!” Kan lasciò la vetrina ed entrò a sua volta nel negozio. Individuò subito un Baji felicissimo, mentre era intento a dare da mangiare ad un coniglietto bianco come una palla di neve! Senza esitare si precipitò da lui tutta soddisfatta.
“Allora è questo il grande segreto di Kei!”
“Ti ho detto di non chiamarmi così!” Ringhiò lui, ancora prima di rendersi conto di cosa stava accadendo, salvo poi vedere la sua faccia e sbiancare più del manto del coniglietto.
Lei gli fece l’occhiolino. “Beccato!”
Baji, spiazzato, si ritrovò a fissarla con occhi e bocca spalancati, anche quando lei si sedette a terra di fronte a lui e si mise ad accarezzare le orecchiette del piccolino che si gustava indisturbato il pasto. Era quasi incredibile pensare che due persone così diverse potessero avere un interesse in comune. Ma la prova era davanti ai suoi occhi, quindi… Finalmente richiuse la bocca. Che fosse il caso di fare un passo indietro con lei? Quali motivi aveva per odiarla? La sua invadenza, la sua mancanza di rispetto per gli spazi personali, la sua eccessiva confidenza, il fatto che Mikey  e Draken non avessero occhi che per lei, l’essersela ritrovata anche al dojo e di conseguenza aver quasi smesso di frequentare le lezioni… Be’, di motivi ne aveva fin troppi. Ma adesso che la vedeva sotto quella nuova luce, forse…
“Potrei averti giudicata troppo male…” Borbottò.
“Mh?”
“Voglio dire, visto che entrambi amiamo gli animaletti, potremmo provare a fare amicizia.” Poverino, era così infantile! Stava avanzando una proposta di amicizia, ma restando sulle difensive.
“Ma lo sai che ti preferisco quando sorridi? Sembri trasformarti!”
In un lampo, la faccia di Baji divenne tutta rossa. “Che cavolo dici, scema?”
“Ah ah! Allora desso che siamo diventati amici, posso chiamarti Kei?”
“Non esagerare.” Mise subito in chiaro lui, mantenendosi saldo su quella posizione.
Dopo quel giorno, i due si accordarono per andare insieme al negozio di animali tutte le settimane e godersi del tempo con le bestioline. La cosa sembrava funzionare e anche quando erano in gruppo lui sembrava meno musone. Quindi era tutto sistemato? Purtroppo no. A distanza di poche settimane, il destino decise di mettere alla prova quella nuova e ancora fragile amicizia.
“Hai visto che espressione ha fatto quel cincillà? E’ stato divertentissimo!” Disse Baji, mentre lui e Kan uscivano dal negozio al termine di uno dei loro incontri.
Kan aveva riso così di gusto da avere il viso tutto arrossato e una lacrima le faceva capolino dalle ciglia. “Ahhh… E’ meglio che vada ora! Mio fratello mi starà aspettando alla metro per andare a mangiare il quel nuovo ristorante di sushi che hanno aperto!”
“La prossima volta vorrei unirmi anch’io! Anzi, facciamo un’uscita tutti e quattro!” Propose Baji cordialmente, ma ecco che la sua espressione allegra cambiò rapidamente nel vedere una figura corrergli incontro e facendogli segno di saluto col braccio alzato in aria.
“Ehi, Baji!”
Non appena gli fu accanto e si fermò a riprendere fiato, Baji lo apostrofò. “Che ci fai qui?”
“Mi avevi detto che venivi al negozio e ho pensato di raggiungerti!”
“Che cavolo! Ti avevo detto di aspettarmi alla sala giochi, Kazutora!”
Kan ebbe un’improvvisa illuminazione. “Ma tu sei l’amico segreto di Kei?”
Sentendo il nomignolo, Kazutora fraintese. “E’ per questo che sei arrabbiato? Ho interrotto un appuntamento romantico con la tua ragazza?”
“Figurati se sto con questa spilungona!” Puntualizzò lui, beccandosi un’occhiataccia da parte di Kan. Comunque dovette rassegnarsi, ormai il danno era fatto. Emise un rumoroso sospiro spazientito, per far capire che avrebbe preferito staccarsi una costola piuttosto che fare ciò che stava per fare…
“Questa è Kan, la gemella del mio amico Draken.”
Lei fece un inchino e sorrise. “Piacere di conoscerti, Kazutora!”
Solo a guardarla, gli ormoni di Kazutora si erano dati alle danze! “La gemella di Draken? Sei completamente diversa da come ti aveva descritto Baji! Sei una strafiga!”
Ignorando l’uscita finale, lei si concentrò su un’altra parte della frase. “Che cosa ti ha detto, scusa?”
Capendo di aver fatto una gaffe, si morse un labbro. “Ehm…niente…”
Allora Kan infilzò Baji con lo sguardo. “Certo che sei incredibile tu.”
“Tsk!” Fu l’unica riposta che diede lui.
“Tu invece hai un’aria simpatica! Assomigli ad un animaletto del negozio! Sono sicura che andremo d’accordo!”
Ed ecco che Baji esplose. “Non pensarci neanche! Kazutora è amico mio! Non voglio che vi frequentiate!” Fece un passo verso di lei e le parlò faccia a faccia. “Sono serio, Kan. Stagli lontano. Hai già Draken e Mikey che ti fanno le fusa.”
La situazione si era fatta parecchio pesante e la tensione tra i due era palpabile, per questo Kazutora si mise in mezzo per sdrammatizzare. “Ok ma non scaldarti, Baji! Piuttosto sfrutta questa energia quando giochiamo a Street Fighter!”
Baji continuò a fissarla in cagnesco ancora per un po’ e poi, senza dire nulla, le voltò le spalle e si incamminò. Almeno Kazutora si mostrò gentile e si chinò ad angolo retto per scusarsi, per poi abbozzare un sorriso. “Spero di rivederti!” E corse dietro a Baji.
Rimasta sola sul marciapiede, Kan sospirò sconsolata. “Mi sarebbe piaciuto conoscerlo… Sembrava davvero un ragazzo simpatico…”
*
 
Draken non era molto convinto. Anzi, non lo era per niente! Più si osservava allo specchio e più desiderava togliersi quella roba e indossare i suoi soliti vestiti. Per carità, si sentiva fresco e comodo, il tessuto era morbido e gli ricadeva bene fin sopra le caviglie, se solo la fantasia non fosse stata di carpe rosse su sfondo arancio che attirava fin troppo l’attenzione.
Click!
Dal riflesso dello specchio, vide sua sorella con la macchina fotografica digitale in mano. E un sorriso soddisfatto sulle labbra. “Ken, quanto sei figo!”
Lui tentò di sorridere, senza ottenere un buon risultato. Neanche un’ora fa, lei si era presentata alla porta vestita di tutto punto con quello yukata, che su di lei stava d’incanto, assieme all’obi rosso attorno al girovita, per non parlare dei capelli biondi raccolti sulla nuca e fermati da uno spillone con due piccole carpe pendenti! E, come tocco finale, la maschera raffigurante un gatto, posizionata a lato della testa. Kan era bellissima. Peccato che lui non si aspettasse che dentro la busta che aveva portato con sé ci fosse uno yukata identico per lui e con tanto di maschera. Già, la sua adorata gemella aveva deciso che quella sera, per andare alla festival di Tanabata del quartiere, sarebbero stati vestiti uguali. Wow… Ripetiamo, lei era bellissima!!! E lui sembrava un imbecille. Che fosse colpa della cresta? I capelli gli stavano crescendo, senza gel gli coprivano un po’ la testa, però non gli andava di nascondere il drago di cui era tanto orgoglioso. Fare un codino era un po’ prematuro, gli stava appiccicato al cranio e i capelli che ne uscivano sembravano una specie di scopa rovesciata! Cercò di lisciarli dalla parte dove aveva la maschera…forse così non era malaccio… Era disposto a qualunque cosa pur di vedere sua sorella felice.
Una volta che lui fu pronto, insieme lasciarono la stanza e quando arrivarono all’ingresso si ritrovarono con la folla di donne pronte coi telefoni per paparazzarli! Ci mancavano solo loro… Da quando aveva portato lì Kan la prima volta, la loro popolarità era cresciuta a dismisura. Lui era sempre stato stuzzicato, essendo cresciuto lì, ma con l’arrivo di Kan erano diventati praticamente due star! E il bello è che lei si prestava volentieri a questa pazzia, si metteva in posa come se stesse facendo un vero servizio fotografico e a lui toccava sopportare. Tra mezzi sorrisi di circostanza, smorfie di sfinimento e quant’altro, passarono almeno dieci minuti, fino a quando il caro receptionist, che per tutto il tempo se n’era rimasto in postazione a leggere il giornale come se nulla fosse, si decise a richiamare l’ordine. “Ragazze, che ne dite di tornare nelle vostre stanze a fare il vostro dovere? Soprattutto quelle che hanno abbandonato i clienti sul letto.” Tono fermo ma non troppo rigido.
Seguì un trascinarsi di lamentele  sbuffi, ma un po’ alla volta obbedirono e il silenzio tornò a regnare. I gemelli stavano giusto per avviarsi all’ascensore quando il telefono squillò. L’uomo rispose.
“Buonasera, signore! …come dice? Sì, sono entrambi qui davanti a me.”
I due, sentendo quelle parole, si fermarono e rimasero in attesa.
“Mh… Sì, capisco… Ora glielo riferisco. Buonasera. Oh e auguri di pronta guarigione.” Quindi riagganciò. “Era un certo signor Sano. Ha detto che suo nipote Manjiro ha la febbre e non può venire al festival con voi.”
I due si scambiarono un’occhiata dispiaciuta.
“Povero Mikey…” Kan si stropicciò le mani. “Mi sento in colpa ad andare senza di lui…”
“Vero… Era così ansioso di appendere il cartoncino col suo desiderio al bambù… Però… Kan, e se andiamo a trovarlo? Possiamo fargli scrivere il desiderio e poi ci pensiamo noi ad appenderlo!”
Kan parve illuminarsi all’istante. “Che idea geniale! Ken, ti adoro!” Subito prese il fratello per mano e insieme corsero all’ascensore, dimenticandosi di salutare.
Prendendo la metro, il viaggio fu breve e in men che non si dica furono alla porta di casa Sano.
Fu il nonno ad aprire. Kan s’inchinò profondamente e salutò, mentre Draken non si sforzò nemmeno di essere educato, così lei pensò bene di afferrarlo per i capelli e farlo inchinare con la forza! Cosa che strappò un sorriso all’anziano.
“Sensei, Mikey sta tanto male?” Chiese lei, visibilmente preoccupata.
“Pff! Non c’è bisogno che mi chiami così quando siamo fuori dal dojo!” Si ricompose subito, riacquistando la sua tipica espressione accigliata. “Riguardo mio nipote…”
Un veloce ‘Tum-Tum-Tum’ gli spezzò la frase e come un lampo arrivò Mikey, il quale rischiò di finire dritto fuori casa scivolando sul legno troppo lucidato!
“Kan, sei preoccupata per me?” Le chiese, sprizzando gioia da tutti i pori.
“Ci sono anche io, eh…” Si fece sentire Draken, accennando un saluto con la mano.
Mikey lo ignorò totalmente. “Non temere, è solo febbre da crescita! Io sono in formissima!”
A smorzargli l’entusiasmo ci pensò il nonno, che lo afferrò per il colletto del pigiama e lo sollevò da terra, come fosse stato un cucciolo disobbediente. Il che non era molto lontano dalla realtà…!
“Brutto idiota, torna a letto! O devo legarti come un salame?” Gli gridò nelle orecchie, stordendolo.
“Signore, non lo sgridi per favore! Siamo venuti solo per chiedere a Mikey di scrivere il desiderio da appendere al bambù! Poi ce ne andiamo, promesso!”
L’uomo ci rifletté alcuni istanti, lisciandosi i folti baffi. “Be’…Shinichiro ha portato la piccola Emma al festival per questo motivo… Credo sarebbe ingiusto vietarlo a Manjiro solo per via della febbre… Ahhh e va bene. Vai a scrivere questo desiderio e poi infilati a letto fino a domani.”
Mikey lo fissò stupito, con tanto di bocca a formare una perfetta ‘O’. “Davvero? Grazie, nonno!” D’istinto mosse le gambe per mettersi a correre, salvo poi ricordarsi che era ancora sollevato da terra. Nonno e nipote si scambiarono un’occhiata buffa, prima che questo si decidesse a rimetterlo giù e lasciarlo correre via come il vento! E intanto Kan si sentiva sempre più in colpa, chiedendosi se per quella visita  a Mikey non sarebbe salita la febbre a 40…
Tempo due minuti e Mikey tornò per consegnare il prezioso pacchetto. Aveva piegato un foglio di carta bianco per creare una busta e dentro ci aveva infilato il cartoncino azzurro con scritto il desiderio. Affidatolo alle mani di Kan, si sporse su di lei in punta di piedi e la guardò dritta negli occhi. “E’ una cosa molto importante. Appendilo senza leggerlo, altrimenti ho paura che non si avveri.”
Draken ridacchiò. “Che bambino!” Ma ancora fu ignorato.
Avendo le mani di lui appoggiate sopra, Kan poteva sentire il calore causato dalla febbre e anche i suoi occhi lucidi erano segno che non stava affatto bene. Accennò un sorriso e ripose. “Hai la mia parola!”
Nessuno avrebbe potuto dire quando si sarebbero staccati, se il nonno non avesse recuperato il nipote afferrandolo di nuovo per il colletto del pigiama e trascinato dentro!
Il foglietto azzurro riportava questa frase: “Desidero che Kan si innamori di me e diventi la mia ragazza”.
*
 
Era iniziato tutto così, una sera al termine dell’allenamento di karate al dojo.
“Mikey, tra un mese sarà il tuo compleanno! Che regalo vorresti ricevere?”
E lui, con la bocca aperta tipo merluzzo, la osservava farsi aria con le mani, il volto arrossato, alcuni capelli sfuggiti alla coda che si erano incollati ai lati del viso, il collo umido che sembrava brillare al riflesso della luce, la chiusura della giacca che si era un po’ allentata e gli permetteva di intravedere le rotondità del suo seno dalla scollatura… In poche parole, se la stava mangiando con gli occhi! Ci mise mezzo minuto prima di riconnettere il cervello e trovare l’uso della parola.
“Voglio te!”
“Come, prego???” Starnazzò lei, di rimando.
Mikey si esibì con quel suo sorriso furbetto e gli occhi chiusi. “Voglio festeggiare con te!”
“Ah… Sì, ovviamente ci sarò! Però vorrei farti un regalo!”
“Ci penserò!”
E alle sue spalle, il nonno che si stringeva le mani dietro la schiena, cercando di resistere alla tentazione di dargli un pugno sulla testa, avendo capito le sue vere intenzioni!
Poi c’era stata quella domenica in cui erano usciti in quattro, per andare a provare un nuovo videogioco a Ikebukuro.
“Mikey, siamo già ad agosto! Hai pensato a che regalo vorresti?”
E lui, imbambolato ad osservarla, mentre lei se ne stava seduta cavalcioni su uno sgabello dal sedile imbottito, con un vestitino bianco dalla gonna piuttosto corta che, in quella posizione, le lasciava scoperta una buona dose di coscia.
Ci mise un minuto buono a rispondere. “Voglio te…”
“Ah! Di nuovo quella cosa! Ho detto che ci sarò! Io voglio sapere il regalo!” Insistette lei.
“Ci penserò meglio!” Terminò lui, facendo spallucce, sorridente.
E vicino a lui Baji, che fingeva di essere concentrato in una partita contro Draken al capo opposto dell’apparecchio, e che roteò gli occhi nel capire perfettamente le sue vere intenzioni!
Poi c’era stato quell’afoso pomeriggio al Santuario di Musashi, nel pieno delle vacanze estive.
“Uffa, Mikey!!! Tra una settimana è il tuo compleanno! Ti decidi a dirmi cosa vuoi?”
E lui, con la bocca aperta con tanto di gocciolina di saliva che gli faceva capolino da un angolo, la osservava accanto alla fonte dove si era rinfrescata, l’acqua che le era colata dalle labbra ed era ricaduta fin dentro la scollatura, dove avrebbe voluto infilarsi anche lui.
Ci mise oltre un minuto a connettersi…ma questa volta le prese le mani e, guardandola negli occhi, le disse seriamente. “Voglio te.”
Kan arrossì all’istante, rischiando quasi di far evaporare l’acqua fresca che aveva sulla pelle! “M-m-m-m-m Mikey???”
E Draken a poca distanza che, avendo seguito tutta la scena, si avvicinò con aura omicida e strappò via le mani dell’amico da quelle di Kan! Quindi, accigliato, torreggiò su di lui e lo riprese. “Cosa pensavi di fare a mia sorella?”
Mikey era visibilmente indifferente e non tentò nemmeno di nasconderlo. “Ehi Ken-chin…così ti verranno le rughe precoci…” Facendo spallucce lo superò, facendolo fumare di rabbia.
Kan, dietro al fratello, ancora si stava guardando le mani che prima Mikey le aveva toccato.
“Kan?”
“S-sì?” Sussultò.
“Davvero, mi basta che tu ci sia! Non prendermi niente!”
“Però… Io ci tenevo…”
Mikey fece un saltello verso di lei e sorrise. “Allora quel giorno ti dirò qual è la cosa che più vorrei al mondo! Ci stai?”
Lei accennò un timido sorriso. “Mh!”
E poi arrivò il fatidico 20 agosto, il giorno in cui Mikey compì 12 anni.
Per la prima volta da che aveva ricordo, aveva deciso di fare le cose in grande e organizzare una festa coi gavettoni! Una cosa solo per loro quattro, i suoi amici più vicini, per divertirsi nel caldo pomeriggio, mentre la sera avrebbe festeggiato in famiglia con tanto di torta. L’aveva pensata bene!
Dopo pranzo, i suoi amici arrivarono in tenuta da mare e trovarono una grossa cesta ricolma di palloncini gonfi di acqua ad attenderli, oltre che uno spazio sotto la veranda dove erano delle bibite fresche e bicchieri colorati. Loro, nonostante il festeggiato avesse detto di non volere nulla, disobbedirono portando dei regali alquanto utili: Baji portò quattro vasetti di ananas sciroppata, stando dentro il budget che poteva permettersi; Draken portò una grossa anguria, presa durante il tragitto ad una bancarella lungo la strada; Kan invece aveva convinto i genitori adottivi ad acquistare due meloni con tanto di confezione di lusso! E ovviamente la cara macchina fotografica digitale! Consegnato il tutto, i ragazzi si tolsero i vestiti e li posarono a parte, sempre alla veranda, e qui ci fu una gaffe…
Col muso lungo, Mikey sbottò: “Ma come? Perché ti sei messa il costume intero, Kan?”
Eppure era carina. Il costume color fucsia presentava dei merletti bianchi sia sulla scollatura ampia che sul girovita, per poi terminare sul davanti seguendo le linee delle anche. Con la sua altezza, il suo corpo si stava sviluppando in fretta e di certo non sembrava una bambina! Comunque, avendo difficoltà a trovare una risposta, ci pensò Draken a farlo per lei. “Perché a dodici anni non mi sembra il caso di farle indossare un bikini! Idiota!” Secco e diretto!
Fu solo uno dei battibecchi del giorno, anche se in generale la festa fu fantastica. Tra corse, schizzi, risate e il momento di relax in cui bevvero le bibite e mangiarono la frutta. Perfino Baji si sbottonò, facendo i complimenti a Kan per la scelta del melone! Il secondo era già stato consegnato al nonno, perché lo tenesse in fresco per la serata in famiglia, come anche la metà dell’enorme anguria che da soli non sarebbero mai riusciti a finire! E a tal proposito, Kan ammise per la prima volta che le angurie non le piacevano, anche dopo che suo fratello provò a fargliene assaggiare un pezzo con sopra il sale. Nulla. Un’altra delle differenze tra loro, visto che lui adorava l’anguria e ogni anno non vedeva l’ora che arrivasse l’estate per farsene delle scorpacciate!
Nel pomeriggio scattarono anche un bel po’ di foto per immortalare tutte le fasi della festa. Compresa la fase: ‘Mikey cinge i fianchi di Kan con nonchalance e Draken per poco non lo soffoca stringendogli il collo contro il braccio’.  Una sequenza di foto che Baji aveva scattato con grande interesse, ma di cui Kan accarezzò l’idea di cancellarne buona parte, soprattutto quelle che avrebbero fatto da prova nel caso il fratello fosse finito in riformatorio per tentato omicidio…
Tra una cosa e l’altra, arrivò il momento di finire la festa. Essendo Kan l’unica ragazza, le venne permesso di usare per prima la stanza da bagno per asciugarsi e rivestirsi. In questo modo, quando fu il turno dei maschietti, Mikey fece tutto alla velocità della luce per finire per primo e fare una cosa importante. Afferrò Kan per mano e di corsa la portò sul retro della casa, fino ad un albero dove una lanterna era stata appesa ad un ramo. Un punto ben studiato, all’ombra, in modo che si potesse vedere la luce della candela anche se era ancora giorno.
Kan lo aveva seguito ridendo, per il suo comportamento bizzarro, ma quando fu sotto quella lanterna il suo sguardo divenne brillante. “Che bella!”
“Sì… Ho chiesto al nonno di appenderla per me.” Strinse la mano di lei, come per ricordarle che erano ancora a contatto. Inutile dire che lei faceva finta di niente di proposito, perché si sentiva un po’ tesa per quel gesto. Accorgendosi di un grosso masso lì vicino, vi si sedette sulla sommità, con l’intenzione di lasciar andare la sua mano, ma lui non cedette e le andò ancora più vicino, stando in piedi.
“Ora posso dirti cosa vorrei per il mio compleanno.”
“Alla buon’ora! Accidenti a te!” La buttò sullo scherzo.
Mikey invece rimase serio e si sporse leggermente su di lei. I loro sguardi s’incontrarono. “E’ quello che ti ho detto ogni volta che me lo hai chiesto. Voglio te, Kan.”
Lei non disse nulla, solo si limitò ad ascoltare le sue parole e i battiti del proprio cuore che diventavano più intensi e più veloci ad ogni istante. Vide il viso di Mikey avvicinarsi ancor più.
“Mi piaci, Kan.” Le disse con un filo di voce.
“Anche tu mi piaci…” Lo disse così piano che quasi temette lui non avesse sentito, ma fu solo un istante, quello dopo i loro occhi si chiusero e Mikey posò le labbra sulle sue. Un bacio dolce, semplice, solo il tocco delle loro labbra. Un bacio non da adulti, non da bambini, un bacio adeguato a due ragazzini che vivevano il primo amore. Attorno a loro solo la pace e il silenzio.
Ci volle del tempo prima che Mikey si separasse dalle sue labbra morbide. Lentamente, entrambi riaprirono gli occhi. Nel guardarsi si sentirono un po’ impacciati e risero.
“Mi sento come se fossi stata io a ricevere un regalo!” Scherzò lei.
“E’ un regalo condiviso, secondo me!” Quindi sollevò la mano di lei, per attirare di nuovo il suo sguardo. “Kan, vuoi essere la mia ragazza?”
Una domanda scontata dopo essersi baciati, ma assolutamente legittima. La vide abbassare il capo, la scambiò per timidezza e ridacchiò. “Mi basta un cenno con la testa se non riesci a dirlo!”
“Ecco io…”
C’era qualcosa di strano nella sua voce. Come un’incrinatura…
Kan risollevò il viso, aveva gli occhi lucidi e tristi. “Non sono pronta, Mikey… Scusa…”
Si rialzò dal masso, fece scivolare le dita via da quelle fredde di lui. E scappò via, verso l’ingresso della casa da dove ora venivano le voci di Draken e Baji.
*
 
Shinichiro rincasò quando il sole era quasi tramontato del tutto. E di corsa.
Mentre si toglieva le scarpe all’ingresso, si fece sentire per informare i familiari del proprio arrivo. “Scusate il ritardooo! Un cliente si è fermato a chiacchierare e non mi sono accorto dell’ora!”
Durante il tragitto lungo il corridoio, si sistemò la frangetta, sapendo di averla scompigliata a causa della corsa. Il negozio era abbastanza vicino alla casa e non gli era sembrato il caso di prendere la moto per arrivare lì. Quando entrò in cucina trovò la piccola Emma e il nonno già seduti a tavola, precisamente una tavola ricca di prelibatezze, tra carne grigliata, pesce fritto, salse… Ma di Mikey non c’era traccia.
“Dov’è Manjiro? E’ la sua festa!”
A rispondere fu Emma. “Ha detto che non si sente bene… Forse ha preso freddo giocando a fare i gavettoni con gli amici…”
“Scherzi??? Ma se oggi ha fatto un caldo infern-” S’interruppe da solo nel ricordare un dettaglio importante. Suo fratello gli aveva detto che il piano era quello di fare la dichiarazione d’amore alla ragazza che gli piaceva, dopo la festa. Il fatto che non fosse lì poteva significare che voleva vederlo da solo perché era impaziente di raccontargli tutto, ma magari si vergognava a farlo di fronte a loro!
“Shinichiro! Togliti quell’espressione ebete dalla faccia!” Gridò il nonno, richiamandolo al presente e facendolo sobbalzare!
“Tranquillo, nonno! Ci penso io a chiamare Manjiro!” Strizzò l’occhio e corse via dalla cucina. Raggiunse rapidamente la stanza del fratellino e, quando entrò, lo trovò buttato sul letto e con la faccia affondata nel cuscino. Ridacchiando, andò verso di lui. “Eh eh! Ancora emozionato? Sono quasi invidioso di sapere che il mio fratellino ha trovato la ragazza prima di me!”
Fece per allungare una mano su di lui, ma ecco che venne assalito e si ritrovò balzato sul letto ancora prima di capire cosa fosse successo e con Mikey avvinghiato a lui come una piovra.
“Wow che energia! Dev’essere la forza dell’amore!”
Lui continuava a scherzare ma…c’era qualcosa che non andava… Perché non rispondeva?
“Manjiro, stai bene?”
Lui fece segno di no, muovendo la testa contro il suo grembo.
“Non dirmi che…” Deglutì. “Ti ha rifiutato?” Gli occhi sbarrati per lo shock.
Poco alla volta riuscì a farsi raccontare l’accaduto. Per lo meno non era grave come aveva immaginato, però poteva capire che per un ragazzino di quell’età doveva essere un duro colpo. Cioè, non che ci fosse un’età per abituarsi a certe cose. Se ripensava a tutte le volte che gli era andata male, gli veniva ancora da piangere!
“Manjiro… Non credo dovresti prenderla così. In fondo ha detto che le piaci e ha risposto al tuo bacio, no?”
“A cosa serve se non vuole essere la mia ragazza?” Sbottò lui.
Shinichiro sorrise al vuoto, con comprensione, la mano che si muoveva lenta fra i capelli del fratellino. “Devi imparare ad avere pazienza, quando si tratta di ragazze. E approfittare di questo tempo per conoscerla meglio e capire cosa l’ha spinta a dirti di no!”
“E se…non volesse più vedermi?”
“Andiamo! Una ragazza non ti bacia per poi sparire nel nulla! Sono sicuro che in questo momento stia pensando a quello che è successo e non vedrà l’ora di rivederti per parlarne!”
Nessuna risposta.
“Fidati di me. Sono stato rifiutato abbastanza volte da capire quando c’è speranza e quando è il caso di lasciar perdere! Però…se preferisci stare qui a piangere…”
“Non sto piangendo!” Ringhiò Mikey, tirandosi immediatamente su e guardandolo in faccia. In effetti non piangeva, però quegli occhioni gonfi e arrossati avevano una gran voglia di scatenare un acquazzone!
Schinichiro accennò un sorriso. “Anche se lo facessi non ci sarebbe nulla di male! Ma so che il mio fratellino vuole essere forte!” Quindi poggiò la fronte contro la sua e si fece serio. “Manjiro, fammi una promessa. Non arrenderti mai, quando in ballo c’è il tuo cuore.”
“Tu credi…che un giorno lei mi dirà di sì?”
“Certo! Non potrà resisterti! Sei così carino!”
Mikey si scostò dalla sua fronte e lo guardò con rabbia. “Non chiamarmi carino!” Ma subito scoppiò a ridere, ritrovandosi ostaggio del solletico infertogli dal fratellone!
Shinichiro lo torturò abbastanza da fargli dimenticare la tristezza, era così bello vederlo ridere! Ora che lo aveva fatto stramazzare sul letto, gli diede una tregua. Si poggiò su di un gomito e si sporse verso di lui. “Quello che ho detto è vero, Manjiro. Fino a quando avrai anche solo un briciolo di speranza, non arrenderti se la ami davvero.”
Dal basso, col viso arrossato per il troppo ridere, Mikey lo guardò di traverso, sollevando un sopracciglio. “Non è un discorso troppo pesante per uno che ha appena compiuto dodici anni?”
Shinichiro rise. “Hai ragione! Allora sai cosa? Adesso andiamo a divertirci! Giù c’è una tavola piena di cibo squisito che ti aspetta!”


Continua nel Capitolo 3: [Good Change] :)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Chapter 3: [Good Change] ***


Chapter 3
[Good Change]
 
Tutto sommato lo scenario era romantico. La pasticceria sembrava una torta colorata di tinte pastello, l’aria era deliziosamente pregna del profumo della frutta e della pasta di zucchero. Gran parte dei tavolini erano occupati da giovani coppiette di studenti che si godevano gli ultimi giorni di vacanza prima del ritorno a scuola, e tra loro c’erano anche Mikey e Kan. Più o meno. Era stata lei ad invitarlo lì, nella sua pasticceria preferita, per poter parlare con calma, però da quando erano arrivati non avevano quasi spiccicato parola e Kan mostrava una certa tensione. Non riusciva a guardarlo in faccia e, cosa strana, non aveva ancora toccato l’enorme fetta di torta che aveva ordinato, al triplo cioccolato e con una grossa fragola sulla sommità. Non che lui avesse fatto molto, aveva a malapena sbocconcellato il tortino di crema pasticcera con spicchi d’arancia…
Era passata una settimana dal giorno del compleanno, lui aveva riflettuto su quanto accaduto e le aveva lasciato del tempo per fare altrettanto. Era stato contento di sentire la sua voce al telefono per quell’invito. Vista la situazione, era il caso che fosse lui ad iniziare il discorso? Con la coda dell’occhio, sbirciò l’ampia vetrata della pasticceria. Era inquietante sapere che Draken era là a fare da palo e continuava a lanciare occhiate all’interno. Naturalmente Kan si era confidata col fratello, e anche lui aveva fatto lo stesso, in quanto suo migliore amico. Forse si era lasciato andare un po’ troppo. Dirgli che amava sua sorella e che avrebbe fatto qualunque cosa per conquistarla, aveva fatto aumentare l’istinto di protezione in Draken. In pratica si era tirato la zappa sui piedi da solo! Ma questo non doveva essere un ostacolo. Posò la forchettina, il rumore attirò l’attenzione di lei.
“Kan, io sto bene!” Disse lui, sorridendo.
Lo sguardo di Kan ebbe un tremolio, la forchettina che rigirava tra le dita. “Ma io…ti ho ferito…”
“Sono sicuro che non volevi farlo! Avrai avuto un motivo, no? Per questo mi hai chiesto di vederci?”
Quel ragazzo era meraviglioso e questo la faceva sentire ancora di più uno schifo. Dopo la festa aveva pianto tra le braccia di Draken per un bel po’ e le c’era voluto del tempo per trovare il coraggio di telefonare a Mikey. Eppure lui era lì, sorridente, e stava cercando di aiutarla ad affrontare la questione. Era meraviglioso…e maledettamente figo!
Come per darsi la carica, diede una bella forchettata al dolce e se ne ficcò in bocca un bel boccone. Dio quant’era buona… Riusciva a sentire tutti e tre i tipi di cioccolato e la carica di zuccheri che le scorreva nelle vene. Ingoiò rumorosamente, mentre Mikey la osservava con interesse.
“La verità è che tu mi piaci tantissimo!”
Si rese conto di aver gridato quando tutto attorno si creò il silenzio e gli occhi delle persone si puntarono su di lei.
Aggrottò le sopracciglia. “Scusate, posso avere un po’ di privacy? Sto cercando di dichiararmi!” Lo disse alzando ancora di più la voce, per la cronaca.
Fuori, Draken si batté una mano sulla fronte e preferì voltarsi. Al contrario, Mikey si sentiva il più fortunato del mondo. La ragazza che amava era davvero tosta!
In qualche modo, il mondo tornò a girare regolarmente, a parte alcune facce perplesse, varie risatine e qualche incoraggiamento.
“E’ così, Mikey. Tu mi piaci così tanto che mi viene da piangere ogni volta che ci penso. Però…” Ecco la parte difficile.
Mikey le fece segno con la mano di continuare. “Dimmelo, Kan. Aiutami a capire.”
Lei fece un cenno col capo. “Ho paura. Tu sei incredibile, sei rispettato e temuto e…la tua fama non farà altro che crescere.” Prese respiro e proseguì. “Non credo di potercela fare. Se diventassi la tua ragazza, dovrei sostenere un peso enorme. E poi io non sono alla tua altezza.” Si fermò e spalancò gli occhi. “Cioè, intendo il tuo valore, non la tua statura! Quella non è assolutamente un problema! Giuro!”
A Mikey venne spontaneo ridere. “Mi piaci anche quando sei così impacciata!” Però poi scosse il capo e la tranquillizzò. “Non devi pensarci. Chiunque diventerò, tu sarai sempre perfetta per me. Ma se per te è troppo essere la ragazza di Mikey, allora…” Allungò la mano sul tavolo e la posò sulla sua. “Diventa la ragazza di Manjiro!”
“Manjiro…” Sussurrò lei, sentendosi più sollevata. Ma non ancora convinta.
“Non ti metto fretta. Voglio che tu ti senta a tuo agio con me. Se vuoi possiamo restare amici e provare ad uscire da soli ogni tanto per conoscerci meglio!” Che era esattamente ciò che gli aveva detto Shinichiro quella volta.
Finalmente Kan sorrise. “Mi piacerebbe uscire da sola con te!”
“Se ti va possiamo anche baciarci! Mi è piaciuto un sacco quello che ci siamo dati!”
“Non dire cose imbarazzanti!” Lo rimproverò lei, a mezza voce, per non attirare di nuovo l’attenzione di tutti. Mosse la mano sotto la sua per intrecciare le dita. “Per me va bene… Anche io voglio baciarti ancora…” Ammise, con un accenno di imbarazzo.
Soddisfatto, Mikey ringraziò col pensiero le prime divinità che gli vennero in mente, primo fra tutti Buddha, e poi concluse con un: “E ora godiamoci i nostri dolci!”
Kan ridacchiò. “Sì! Questa torta è squisita! Vuoi assaggiare?”
“Sì!” E fu parecchio contento di farsi imboccare con la stessa forchettina che prima si era messa in bocca lei.
“Ti faccio assaggiare il mio?” Propose poi.
Lei abbozzò una piccola smorfia. “Scusa… L’arancia così al naturale non mi piace.”
Mikey abbassò lo sguardo sul dolce, con aria guardinga. “Quindi oggi non posso baciarti. Capito. Dovrò stare più attento a questi dettagli.”
Fu in quel momento che si accorsero di una presenza fra loro. Voltarono gli sguardi nella stessa direzione e videro Draken, in tutta la sua altezza, lì in piedi con in mano una fetta ti torta al cioccolato e ciliegie. E uno sguardo tremendamente serio. Le mani dei due, ancora intrecciate, si allontanarono all’istante. Solo allora Draken sorrise. “Posso unirmi a voi, adesso? Mi sembra che abbiate chiarito!”
Mikey e Kan, senza un motivo, o forse per allentare la tensione, scoppiarono a ridere.
“Tsk! Non è divertente! Comunque sono entrato perché stavano per cacciarmi, credendo che fossi uno stalker.”
Tale confessione li fece ridere ancora di più. Una risata che, fortunatamente, contagiò anche lui.
*
 
“Quindi voi due cosa siete adesso?” Saltò fuori Baji di punto in bianco, anche se dal tono spento sembrava tutt’altro che interessato. Un ottimo modo per turbare la quiete di un pomeriggio di sole settembrino, in un fine settimana. Comunque…la domanda era rivolta ai due che camminavano fianco a fianco e che non rispondevano di proposito.
“Di che cosa stai parlando?” Chiese Draken.
“Per precisare, non che me ne freghi qualcosa. Era solo per un aggiornamento. Dopo che tua sorella ha scaricato Mikey al compleanno, non mi avete detto più niente. Ho capito da solo che hanno chiarito, però…come sono messi?”
Tenendo lo sguardo rivolto altrove, Kan rispose. “Siamo amici. All’incirca.”
Momento di silenzio, poi a Draken venne un dubbio. “Che significa all’incirca?”
“Be’…ci stiamo frequentando…”
“Quindi quel giorno in pasticceria che cavolo avete…” Si fermò, ricordando la scena delle loro mani intrecciate sul tavolo. “Ehi Kan, c’è qualcosa che devi dirmi? Qualcosa che forse ho frainteso?” La afferrò per il braccio e l’attirò a sé, lo sguardo indagatore di lui si fissò su quello ansioso di lei. Ahi!
“Non è che c’entra qualcosa con i tuoi misteriosi impegni di questo periodo, che guarda caso coincidono con le scuse assurde di Mikey quando dice che non può vedermi?”
Praticamente si era risposto da solo! Scosse il capo e usò un tono meno severo. “Non trattatemi da scemo! Se state uscendo ditelo e basta!”
“Ma-ma io temevo che ti arrabbiassi come al solito!” Si giustificò lei.
“Sono tuo fratello, dovresti fidarti di più di me, accidenti!”
Vista la svolta, Kan si sentì più rilassata e riuscì a sorridere. “Sei il miglior fratellone del mondo!”
E Baji lì vicino che, mantenendo il suo modo di fare freddo e distaccato, concluse. “Quante storie per una cosa così banale… Neanche fosse la notizia dell’anno.”
Finalmente, il quarto del gruppo si decise ad entrare nella discussione. Anzi, prima masticò bene e ingoiò un biscotto alle mandorle che aveva dimenticato nella tasca dei pantaloni, un biscotto che la piccola Emma aveva preparato a scuola durante le ore di economia domestica. Poi si affiancò a Baji e scimmiottò il suo andamento indifferente. “Già, è una cosa normalissima.” Attese alcuni istanti e poi non riuscì a resistere e il suo viso si accese di entusiasmo. “Non è vero! In realtà io e Kan ci baciamo sempre, quando siamo da soli!”
“CHE COSAAA?” Tuonò Draken, per poi afferrarlo per la maglia. “Dannato nanerottolo!”
Non si con quale coraggio Mikey continuò a sorridere, nonostante la minaccia, mentre Kan era diventata quasi viola e non aveva idea di cosa dire o fare per risolvere quel casino. E Baji fingeva di non vedere nulla. Insomma, uno scenario tipico di questo quartetto!
*
 
Dato che per il cappotto era troppo presto, la giacca della divisa scolastica non le era mai piaciuta e il gilet grigio da solo non era abbastanza a scaldarla, Kan aveva saggiamente scelto di indossare un’ampia e vaporosa giacca di lana lavorata a mano, per proteggersi dalla brezza autunnale. Durante le ore di scuola aveva dovuto tenerla nascosta nell’armadietto, giusto per non beccarsi una ramanzina, ma una volta fuori aveva felicemente compiuto la trasformazione! Le lunghe maniche le arrivavano a metà mano, mentre l’abbottonatura bassa lasciava scoperta una buona porzione di camicia bianca e il papillon della divisa. Sul fondo si vedevano appena pochi centimetri della gonnellina plissettata nera. Stretto nella mano teneva il cordino di una borsetta. Si chinò sulle ginocchia ed ecco che i lunghi capelli sciolti le ricaddero sul viso, facendola sbuffare. Sistemò le ciocche dietro le orecchie per la millesima volta. “Come ho fatto a dimenticarmi l’elastico?”
Tolti gli scocciatori, si dedicò al motivo per cui era andata lì in quel famoso parco di Shinjuku. Fra le foglie che erano a terra ne scelse una e la sollevò tenendola per il gambo. Era perfetta, ampia e di colore rosso acceso con qualche nervatura marrone. Kan sorrise. “Tu vieni a casa con me!”
Ripose la foglia con cura dentro la borsetta, assieme alle altre che aveva raccolto, quindi si rialzò in piedi e proseguì la ricerca. Era così assorta a guardare le foglie cadute al suolo, che accidentalmente finì con l’urtare qualcuno accanto ad un albero.
“Oh chiedo scusa! Ero distratta!” Disse immediatamente, facendo un inchino.
“Non fa niente! E’ anche colpa mia che ero qua fermo a fissare una cosa!”
Quella voce…? Kan si rialzò di scatto. Quei grandi occhi color ambra, quel neo sotto l’occhio destro, quella frangetta lunga e i capelli ordinati da bravo ragazzo.
“Ah!” Dissero all’unisono, indicandosi a vicenda.
“L’amico segreto di Kei!”
“La gemella strafiga di Draken!”
E a quel punto Kan sbottò. “Mi hai lasciato questo soprannome imbarazzante? Io mi chiamo Kan!”
Il povero ragazzo fece un passo indietro, visibilmente a disagio per quella reazione. “Be’ allora anche tu chiamami per nome! Sono Kazutora!”
Qualche istante di silenzio e Kan ridacchiò. “Uh uh! Come sei carino con quegli occhioni spauriti!”
“Non voglio essere carino!” Sentenziò lui.
“Va bene, scusa! In realtà sono felice di averti incontrato!”
Kazutora si passò una mano sulla nuca, timidamente. “Anche io… Dopo quella volta ho provato a chiedere a Baji di invitarti a stare con noi, ma lui non ha voluto saperne.”
“Pfuh! Che egoista! Neanche tu fossi un antico tesoro da nascondere!” Rimarcò lei, aggrottando le sopracciglia, ma poi lasciò perdere e fece spallucce. “Adesso siamo soli, per fortuna! Cosa ci fai qui al parco?”
“Sì io…” Indicò qualcosa sulla corteccia dell’albero. “Guardavo gli insetti che si fanno il bozzolo per l’inverno!”
Kan si avvicinò al punto indicato, per vedere meglio. “Oh… Ti piacciono gli insetti?”
“No… Una volta provavo piacere nell’ucciderli… E’ stato dopo aver incontrato Baji che ho smesso e…” Abbozzò un triste sorriso. “Non lo so! Ora li guardo e basta! Li ammiro per il loro modo di sopravvivere alle difficoltà della vita!”
Kan lo guardò con occhioni da cerbiatta e gli sfiorò il braccio. “Che cosa profonda…!”
Ok, una ragazza così carina stava guardando e toccando proprio lui! Che fortuna! Improvvisamente gli era venuto caldo! Era bastato poco per provocargli una tempesta ormonale! Meglio fare qualcosa per calmarsi...dunque…
“Ah ehm… Tu cosa stavi facendo?”
Ora fu lei a indicare qualcosa, puntando verso il suolo. “Le foglie!”
Vedendo l’interrogativo nello sguardo di lui, gli mostrò il contenuto della borsetta. “In autunno raccolgo le foglie più belle e poi le uso per creare delle decorazioni!”
“Forte!”
In quel momento arrivò una folata di vento che fece tremare Kan dalla testa ai piedi. Considerando che aveva le gambe nude era comprensibile.
Kazutora si toccò il giacchetto, però questo era senza maniche. “Cavoli, non ho niente da darti…”
“Non preoccuparti, più tardi con un bel bagno caldo tornerò in temperatura!” Scherzò lei, senza però convincerlo.
Infatti la prese sottobraccio, avvolgendole le spalle, e propose: “C’è un ristorante di ramen, qui vicino! Andiamoci!”
Già con quella premura, Kan sentì un piacevole calore dentro di sé.
Giunti al ristorante presero posto al bancone e vennero accolti da un signore coi capelli grigi e un gran sorriso bonaccione. “Cosa vi porto, ragazzi?”
“Per me una porzione abbondante vegetariana, grazie! Tu Kazutora?”
Lui, che stava sbirciando all’interno della tasca del giubbino, per contare le monetine, ebbe un piccolo sussulto prima di rispondere impacciato. “Non ho fame! Sono a posto!”
Kan sollevò un sopracciglio. “A chi vuoi darla a bere?”
“Eh?”
Ignorandolo, Kan diede l’ordine all’uomo. “Una porzione piccante per il mio amico!”
Kazutora rimase a bocca aperta. “Ma…?”
“Cosa? Non ti piace il piccante?”
“No, mi piace! Però… Non ho i soldi per pagare!”
In tutta risposta, lei si chinò verso di lui e accennò un sorriso di furbizia. “I miei sono benestanti!”
A partire da quella frase, la conversazione si avviò da sola. Entrambi avevano parecchio da raccontare (e criticare) riguardo la sfera familiare e poterne parlare a ruota libera era senz’altro liberatorio! Si scoprirono sulla stessa lunghezza d’onda!
Svuotate le ciotole e riempite le pance, i due lasciarono il ristorante e, dopo aver attraversato nuovamente il parco, si diressero alla metro più vicina.
“Se Baji sapesse che sono qui con te si arrabbierebbe di brutto!”
“Lo so! Che rompipalle! Io e lui abbiamo trovato un punto in comune, gli animaletti, però per molte cose è ancora così rigido…”
“Io però vorrei tanto rivederti, Kan.”
“Anche io…”
Se fino a un attimo prima erano sorridenti e stavano scherzando, desso camminavano a testa bassa. Kazutora voleva fare una proposta… Strinse il pugno. “Senti Kan, ti andrebbe di vederci noi due da soli qualche volta?”
Lei gli lanciò un’occhiata dubbiosa. “Se Baji venisse a saperlo, saremmo nei guai…”
“Lo so… Lui è il mio migliore amico, siamo molto legati e non voglio cercare lite. Ma questa sua gelosia proprio non la capisco.” Si fermò e la guardò negli occhi. “Prometto che farò di tutto per convincerlo, ma nel frattempo io e te continuiamo a vederci, ti prego!”
Kan sospirò. “Io vorrei che fossimo tutti amici… Ma finché lui non lo capisce…” Gli prese la mano e gliela strinse per sigillare l’accordo. “Ci sto!”
Kazutora si sentì più leggero, come se avesse appena gettato un enorme masso dopo averlo portato sulle spalle per ore. Il pensiero di avere una nuova amica lo emozionava. Sorrise e ricambiò la stretta di quella mano sottile e morbida ma allo stesso tempo forte. “Affare fatto!”
*
 
A fine novembre le temperature si erano abbassate sensibilmente e questo per Kan significava solo una cosa: tragedia! Quel giorno poi il cielo era coperto di pesanti nuvole grigie che davano l’impressione di crollare da un momento all’altro, dettaglio che l’aveva spinta ad indossare il cappotto in feltro della scuola e i calzettoni di lana che le arrivavano alle ginocchia. Il problema era che da quel punto all’orlo della gonna c’erano un paio di spanne di distanza e lei aveva le cosce congelate. C’era qualcosa di sbagliato nel sistema scolastico, per obbligare le studentesse a soffrire così. E il vero inverno non era ancora arrivato! Al solo pensiero, un brivido l’attraversò tutta e Draken, accanto a lei, se ne accorse.
“Cominci a preoccuparmi, Kan…” Disse seriamente. “Penso che non ti rimprovererebbe nessuno se uscita da scuola indossassi i pantaloni della tuta da ginnastica sotto la gonna. Non lo hai mai fatto?”
“Di solito andavo dritta a casa, quindi resistevo.”
Draken le avvolse le spalle con un braccio, per darle un po’ di calore e, tempo un secondo, Kan gli si strinse addosso come una scimmietta neonata! “Waah come sei caldo! Sembri una stufa portatile!”
Lui ricambiò l’abbraccio, sorridendo. “Questo e altro per la mia sorellina!”
Una manifestazione d’affetto dolcissima, che però venne interrotta da un pianto acuto.
I gemelli si scambiarono un’occhiata e poi si voltarono nella direzione da cui proveniva il suono. Poco più avanti c’era un piccolo parco giochi. Corsero fino a lì e videro due bimbe sedute su una panchina, di cui la più grande che piangeva copiosamente, mentre la piccola si tratteneva a stento. Evidentemente erano sorelle, poiché avevano lo stesso colore di capelli di un tenue lilla.
Quando arrivarono loro, capirono subito la situazione nel vedere che ai piedi della maggiore giaceva metà taiyaki con la crema di fagioli azuki spanta in una piccola pozza.
Kan le sfiorò la sommità del capo con gentilezza. “Non piangere, piccola! Non c’è un adulto con te e la tua sorellina?”
La bimba rispose, continuando a singhiozzare. “Il…hic…m-mio…fratelloneeeee!”
“E dov’è?”
Lei puntò il dito in direzione della casetta dei bagni. “In bagno… Hic…ci ha…hic…ci ha preso il taiyaki e…ci ha detto…hic..di aspettarlo qui. La mia metà è…hic…mi è caduta-ueeeeh!”
Draken si guardò attorno e vide che poco più in là c’era un negozio coi dolciumi esposti. “Kan, io vado a prendere un altro taiyaki, tu rimani qui con loro!” E corse via.
Kan si chinò sulle ginocchia per essere all’altezza della bimba. “Hai sentito? Il mio fratellone te ne prende un altro! Ora smetti di piangere, altrimenti farai piangere anche la tua sorellina!”
La bimba guardò l’altra piccola e si accorse dei suoi occhioni gonfi e tristi. Si sentì in colpa e smise subito si piangere. Tirò su col naso e si passò la manica della giacca sugli occhi per asciugare le lacrime.
“Brava, così va meglio!” La elogiò Kan, sorridendo.
Nel mentre tornò Draken, sventolando nella mano il dolcetto. Glielo porse. “Tieni! E’ tutto tuo!”
Lei lo prese lentamente, un po’ intimidita, ma quando ebbe tra le mani il prezioso pesciolino, i suoi occhi brillarono e spalancò la bocca per addentarlo.
Vedendo che si era sistemato tutto, anche la più piccola si calmò e riprese a sbocconcellare la sua metà.
“Mana? Luna? Cosa succede?”
Un richiamo e una figura che correva verso di loro.
Kan fu sul punto di dare spiegazioni, ma Draken la precedette. “Mitsuya?”
Il ragazzo, dai capelli color lilla, sgranò gli occhi su di lui. “Draken? Come mai qui?”
Lui ridacchiò. “Stavo andando a casa tua! Volevo farti una sorpresa!” Poi con la mano indicò Kan. “Lei è mia sorella gemella! Volevo presentartela!”
E allora Kan si fece sentire. “Cosa cosa? Scemo, potevi dirmelo! Mi sarei preparata a dovere!” Si passò rapidamente le mani fra i capelli, anche se erano in perfetto ordine, e fece un piccolo inchino. “Piacere, io sono Kan!”
“Io sono Mitsuya Takashi!” Rispose lui, con tono gentile.
“Sono felice di conoscere il ‘twin dragon’ di mio fratello! Ken mi ha parlato tanto di te!” Gli sbirciò la testa da entrambi i lati e poi si rivolse al fratello con tono critico. “Quindi è vero che gli hai ordinato di farsi crescere i capelli per coprire il tatuaggio. Tiranno!”
“Eeh?” Draken rimase sbalordito da quel rimprovero. “Ma veramente… Cioè, te l’ho spiegato!”
Mitsuya s’intromise bonariamente. “Avevamo un accordo, ha ragione lui! Il drago è suo! Ho infranto la promessa che gli avevo fatto perché credevo che non lo avrei più rivisto, ma…” Fece spallucce, sorridendo. “Tra rinunciare ad esibire un tatuaggio e avere un buon amico, preferisco la seconda!”
Draken annuì per confermare e sottoscrivere! Quindi Kan dovette arrendersi.
“Ti ho appena conosciuto e ho già capito che sei troppo buono…” Sospirò.
“Fratellone…”
Mitsuya abbassò lo sguardo sulla sorellina più piccola, che lo stava tirando per la manica. Mitsuya notò che aveva delle bricioline attorno alla bocca e si premurò di toglierle. “Dimmi, Mana!”
La piccola strinse le ginocchia e lo guardò con occhi lucidi. “Pipì!”
“L’accompagno io!” Si offrì Kan, quindi la prese per mano. “Vieni, piccola!”
Mentre loro due si avviavano ai bagni, Mitsuya diede un’occhiata all’altra sorellina e… “Quel taiyaki mi sembra più grande di prima…” Seguendo la direzione colpevole del suo sguardo, si accorse del mezzo pesciolino a terra vicino ai suoi piedi. “Luna…”
Draken lo informò prontamente. “E’ stato un incidente, non sgridarla! Ho risolto io!”
“Ho visto... Ora non ho soldi da restituirti, ma se andiamo a casa mia vedo se riesco a trovare altri spiccioli in giro.”
Draken conosceva bene la sua situazione familiare e sapeva delle condizioni difficili in cui vivevano lui, le sorelline e la madre. Pr questo la buttò sul ridere e si mise a scuotere velocemente le mani. “No no, non serve! Offro io! Non preoccuparti!”
Il sorriso dolce di Mitsuya fu la più grande delle ricompense. Poi si rivolse alla sorellina con un tono più serio. “Almeno hai ringraziato il mio amico come si deve?”
Luna abbassò di nuovo lo sguardo e arrossì, ma poi prese coraggio e scese dalla panchina. “Graaazieee…”
“Credo sia intimorita dal tuo aspetto!” Scherzò Mitsuya.
“Tutto ok! Piuttosto, è la prima volta che vedo le tue sorelline! Sono carine come mi avevi detto! Sembrano due bamboline!”
“Anche tua sorella è bellissima! E mi hai avvisato del suo caratterino!”
Entrambi risero complici ma…vennero beccati in flagrante!
“Ah è questo che ti ha detto?”
Draken parve sbiancare. “Era un complimento! Giuro!”
“Sé…” Subito cambiò espressione, sgranando gli occhioni a Mitsuya. “In realtà io sono uno zuccherino! Sono gli altri a farmi arrabbiare!”
“Ehm…” Mitsuya era in serie difficoltà a trovare qualcosa da dire, dopo un’affermazione così stramba! Fortunatamente, pur senza saperlo, le sue sorelline lo salvarono.
Luna si aggrappò ad un braccio di Kan, costringendola a prestarle attenzione. “Sorellona, vieni con noi sull’altalena?”
E Mana, che ancora le stava tenendo la mano, ripeté a pappagallo. “Altalena!”
Impossibile rifiutare!
*
 
Dal momento in cui era uscita da scuola, Kan era stata costretta a guardarsi attorno per essere sicura che nessuno la stesse seguendo. Dire una piccola bugia a suo fratello l’aveva fatta sentire in colpa, però doveva tenerlo lontano. Ma soprattutto, doveva affrettarsi ad andarsene prima che a Mikey venisse la brillante idea di correre lì per farle una ‘sorpresa’, come era capitato altre volte. Per chiarire, le faceva sempre piacere vederlo, soprattutto in quelle rare occasioni in cui si presentava da solo e trascorrevano il pomeriggio insieme a parlare e a baciarsi in qualche cantuccio nascosto! Solo a ripensarci il cuore le batteva da matti!!! Scosse la testa per abbandonare quei pensieri e velocizzò il passo per raggiungere la metro. A quell’ora per fortuna c’erano pochi pendolari, così, oltre a trovare posto per sedersi, poté fare una panoramica e assicurarsi che non ci fossero facce note.
“Fiuuuh!” Assieme all’aria, si sciolse anche lei sul sedile. Per quanto sarebbe andata avanti quella situazione? Mentire, fare le cose di nascosto… Lo odiava. Ma non aveva scelta.
Il viaggio fu molto breve, scese dal treno e di nuovo si guardò attorno come una ladra, suscitando sospetto in chi la vedeva comportarsi in quel modo strano. Un passo alla volta raggiunse l’uscita. Subito fuori, spalle appoggiate al muro, Kazutora l’aspettava. Con addosso pantaloni e camicia e i capelli con la frangia lunga e ordinata, sembrava il tipico bravo ragazzo. Come nascondeva bene la sua natura ribelle!
“Pss pss!”
Quel suono gli entrò nelle orecchie creandogli fastidio e prurito. “Ma che…?” Voltandosi, vide la figura rannicchiata nell’ombra. “Kan! Che cosa stai facendo?”
“Parla piano!” Gli intimò lei, portandosi un dito alle labbra. “Controlla che non ci sia Kei nei paraggi!”
Kazutora la guardò con tanto d’occhi, per poi scoppiare a ridere. “Che stai dicendo?” Le porse la mano e l’aiutò a rialzarsi. “Baji non viene mai in questa stazione!”
“Non mi fido lo stesso. Quello ha un caratteraccio ed è sospettoso. Potrebbe saltare fuori da un cespuglio da un momento all’altro e sbranarci entrambi!” Terminò con un che di teatrale.
Nessuna sorpresa che a Kazutora scese la gocciolina sulla testa, come accade negli anime. “Kan…qui non ci sono cespugli!”
Lei si guardò attorno rapidamente. “Comunque non mi fido! Quello è simpatico solo quando ha un animaletto in braccio!”
“Non posso darti torto!” Confermò lui, ridacchiando, prima di porgerle il braccio. “Andiamo ora!”
Lasciarono la stazione e percorsero varie stradine per circa un quarto d’ora, fino a giungere ad una palazzina grigia.
“Siamo arrivati! Io vivo qui con mia madre!”
Salirono le scale fino al terzo piano, poi Kazutora aprì una porta con la chiave che teneva nello zaino di scuola. Lui e Kan si tolsero le scarpe all’ingresso e posarono gli zaini nell’angolo. Dall’interno della casa proveniva il rumore di una macchina da cucire.
“Mamma, siamo arrivati!”
Il rumore cessò e giunse una voce femminile. “Venite avanti!”
Kan seguì Kazutora fino all’ampio spazio che comprendeva salotto e cucina. Lì ad attenderli c’era la signora Hanemiya. Era ancora abbastanza giovane, anche se i problemi coniugali l’avevano segnata, lasciandola pallida e con qualche piccola ruga attorno agli occhi. E anche il suo tono di voce, seppur gentile, tradiva una certa stanchezza. “Tu sei l’amica di mio figlio! Piacere di conoscerti! Quando Kazutora mi ha detto che ti avrebbe portata qui a casa, quasi non ci credevo! E’ un tipo solitario, non mi aspettavo che potesse fare amicizia con una ragazza!”
Kazutora sbuffò. “Ora che l’hai vista devi credermi per forza, no?”
Fu ignorato.
Kan s’inchinò con rispetto. “Il piacere è mio, signora! Io e Kazutora ci conosciamo da poche settimane, però andiamo molto d’accordo! E abbiamo un amico in comune!”
“Mi fa piacere sentirlo. Oh, mi stavo giusto prendendo una pausa dal lavoro, vi andrebbe di bere una cioccolata calda?”
Gli occhi di Kan brillarono come stelle. “Sìììì, la prego!!!”
“E’ stato mio figlio a dirmi che ami la cioccolata! Mi racconta sempre tante cose su di te!”
“Mamma! Chiudi quella bocca!” La rimproverò lui, per poi prendere Kan per mano e condurla via.
Kan ebbe comunque il tempo di dare una sbirciata attorno. Un luogo semplice, con mobilia minimale e forse datata e un grosso tavolo su cui era la macchina da cucire e una pila di maglie da assemblare davanti con dietro.
Non appena entrarono nella camera di lui, Kan si fece sentire. “Dovresti trattare meglio tua madre. Si vede che ce la sta mettendo tutta per andare avanti dopo quello che ha passato. E il lavoro che fa non è certo leggero.”
Kazutora abbassò lo sguardo. “Lo so… Non è facile neanche per me…” Strinse i pugni e cambiò discorso. “Allora? Che ne pensi della mia stanza?”
Che dire… C’erano due cose che saltavano subito all’occhio. Le tende leopardate e il copriletto della stessa fantasia. Già qui era difficile esprimersi. Poi c’erano i poster appesi alle pareti, tutti ritraenti belle ragazze in bikini o biancheria intima.
“Sai Tora… Non so se sei coraggioso o stupido a portare una ragazza qui dentro.”
“Perché???” Trasalì lui. Come se non fosse ovvio il motivo!
Kan si avvicinò ad un maxi poster con una ragazza bionda, una straniera, con un bikini ridottissimo e un paesaggio marittimo sullo sfondo.
“Non credo che le mie diventeranno così grandi.” Disse, per poi chinare la testa.
Kazutora si sentì sprofondare! Aveva commesso una gaffe cosmica! Tutto agitato, cercò di giustificarsi. “Guarda che non sto facendo un confronto! Non devi diventare come lei per piacermi!”
Kan rimase a capo chino ancora per un po’, ma poi le sue spalle iniziarono a tremare e… “Pff! Ti sto prendendo in giro!”
Prima che Kazutora riuscisse a trovare le parole per lamentarsi di quello scherzo, nella stanza entrò sua madre con in mano due tazze fumanti che emanavano un profumo delizioso.
“Ecco la cioccolata!” Le posò sulla scrivania e poi si rivolse a loro. “Vedo che vi state divertendo!” Ma quando il suo sguardo si posò sul poster giusto sopra le loro teste, cambiò espressione. “Kazutora, ma non potevi togliere quella roba? Kan si farà una brutta idea di te!”
“Ma mamma! Sono un maschio! Queste cose sono normali!” Sbottò lui.
La signora sospirò con pazienza. “Quanto vorrei che l’amicizia di Kan ti aiutasse a migliorare…” Scosse il capo. “Io torno di là. Mi guardo un po’ di tv mentre bevo la cioccolata e poi riprendo a cucire per un paio di ore.”
“E’ stata gentilissima a preparare la cioccolata per noi, anche se è così impegnata! La ringrazio!” Disse Kan, con sentimento.
La signora accennò un sorriso. “Sei molto dolce, Kan! Insegna anche a mio figlio cos’è la sensibilità!” Quindi uscì dalla stanza.
“Tsk!” Fu il commento di Kazutora al riguardo. Non odiava sua madre, però faticava a dimostrarle affetto.
I due si sedettero sul bordo del letto a bere la cioccolata e chiacchierare del più e del meno. Fino a quando…
“Qualche giorno fa ho parlato con Baji! Ha detto che mi presenterà ai suoi amici quando saremo in 1a Media!”
“Ma dai! Meglio tardi che mai!”
“Ci iscriveremo alla stessa scuola e, a quanto ha detto, anche Mikey e Draken la frequenteranno!”
Kan si posò la tazza in grembo, il manico ben saldo tra le dita. “A me non hanno detto niente…”
“Davvero? Cioè, capisco Baji, da lui non mi aspetto niente di diverso! Ma tuo fratello perché non te ne ha parlato?”
Una cosa così importante. Già. Lui e i suoi amici avevano deciso di iscriversi alla stessa scuola per stare tutti insieme, eppure a lei non aveva detto niente. Né lui né Mikey…
“Immagino che dovrò scoprirlo…”
*
 
A guardarlo, quel disegno non sembrava opera di una ragazzina di sesta elementare. Kan aveva la mano sciolta e se la cavava molto bene con le linee curve. Da un primo schizzo fatto a matita, lavorava coi pastelli fino a rendere le figure quasi tridimensionali, dando la sensazione di poterle toccare con mano al di fuori della carta. Il foglio quadrato raffigurava un pezzetto del giardino sul retro casa di Mikey, col grande albero ricco di foglie verdi, il ramo a cui era appesa la lanterna accesa, la fioca luce che emanava nell’ombra, e ancora il grande masso, l’erba e alcune erbacce che crescevano indisturbate senza però rovinare il paesaggio. Nello spazio vuoto tra la lanterna ed il masso, era scritto un kanji in rosso fuoco e dalle linee tondeggianti come se fosse stato fatto col pennello.
Kan, seduta sul tappeto, stava lavorando sul tavolino tondo accanto al letto del fratello, ed era così concentrata da avere perfino le guance arrossate. Ormai stava dando gli ultimi ritocchi. Accanto al foglio giaceva una scatolina quadrata, grande all’incirca un quarto del foglio.
Draken era sdraiato sul letto, una mano dietro la testa, lo sguardo fisso. Con la punta delle dita teneva l’estremità di una catenina, sul cui fondo dondolava un ciondolo dalla forma di un Manji in acciaio dorato.
“Ken, sei arrabbiato?”
Quella domanda lo riportò al presente, abbassò il ciondolo sul petto e volse lo sguardo. “No…”
“Sei sicuro? Non voglio che tu porti rancore a Mikey per colpa mia…”
Anche se avevano gli stessi occhi, quelli di Kan erano bellissimi, forse per via delle lunghe ciglia nere o per quella lucentezza delle iridi che donava una sfumatura dorata.
Draken accennò un sorriso, arricciando un angolo della bocca. “Mettiamola così: ora che diventerete una coppia, se lui ti farà qualcosa di male, avrò il pieno diritto di pestarlo!”
Kan ridacchiò. “Spero di no! E’ il tuo migliore amico!” Posò il pastello che aveva in mano e sollevò il foglio per far vedere il disegno a lui. “Che ne pensi?”
“Cavoli, è bellissimo! E ci hai messo solo un’ora a farlo! Guarda che roba! Vorrei soffiare sulla lanterna per vedere se si spegne la fiamma!”
“Eddai, non esagerare!”
“Dovresti iscriverti in un istituto artistico! Disegni e colori da urlo! Per non parlare di quelle composizioni di fiori e foglie che fai in base alle stagioni! Ma sei davvero mia sorella? Io sono impedito in queste cose!”
“Io sono impedita con le motociclette, allora! E poi… Da quando ci conosciamo usi me al posto dello specchio perché dici che siamo identici! Vedi tu!”
In effetti lo aveva fatto qualche volta, ma si era trattato di uno scherzo! Anzi, una cosa molto affettuosa nei confronti di sua sorella. Draken si mise seduto sul bordo del letto e fece un cenno verso la scatolina. “Hai deciso come mettere tutto?”
“Mh!” Kan piegò il disegno in quattro e lo infilò nella scatolina, quindi si fece passare la collana, avvolse la catenina su una pedana trasparente e ripose dentro il tutto sistemando il ciondolo bene al centro. “Ecco fatto! Spero che a Mikey piaccia!”
“Ah ah! Uno egocentrico come lui farà i salti di gioia!” Vedendo che lei non reagiva al commento, scese dal letto e l’abbracciò da dietro, la guancia contro la sua. “Andrà bene! Mikey è innamorato perso di te!”
“Però l’ho fatto aspettare tanto…”
“Figurati! Vola a un metro da terra ogni volta che ti vede! Quel nanerottolo!” L’ultima parola la disse digrignando i denti, ma tralasciamo… Adocchiò l’orologio. “Ehi Kan, è ora dell’appuntamento!”
Si alzarono da terra, lei si sistemò la gonna del vestitino in velluto blu che le arrivava alle ginocchia, le gambe saggiamente protette da calzamaglia bianca. Suo fratello recuperò il suo cappottino a campana e l’aiutò ad indossarlo. In ultimo, le ficcò in testa un paraorecchie peloso.
“Quando ti vedo non so più se ci troviamo in Giappone o in Antartide!”
“Uffa! E’ la Vigilia di Natale! E fa buio presto!” Lo rimproverò, facendo una smorfia.
Draken le sorrise, quindi si premurò di mettere il coperchio alla scatolina e gliela porse affinché la riponesse nella tasca del cappotto.
“Spero non ti faccia aspettare fuori.”
“Io scommetto che è già arrivato! Per fortuna è qui vicino!” Stampò un bacio sulla guancia del fratello e poi disse tutta contenta. “Se tutto va bene, da questa sera avrò il ragazzo!”
“Non ricordarmelo e sparisci!” La voltò e la spinse verso la porta con fare giocoso. Anche se poi, quando lei lasciò la stanza, si sentì addosso quella solitudine che aveva provato per lungo tempo. Da quando Kan era entrata nella sua vita, non era più in grado di stare da solo…
Scosse forte la testa e si diede due schiaffi sulle guance. “Smettila, non sta mica andando via per sempre!” Tornò al letto e si lasciò cadere di peso sul materasso. “Mia sorella e il mio migliore amico… Che cliché noioso!” Chiuse gli occhi e si impose di fare un sonnellino.
Quello che aveva detto Kan sulla distanza del luogo d’incontro era assolutamente vero. Essendosi dati appuntamento fuori dalla stazione di Shibuya, appena uscita dal palazzo dovette solamente attraversare le famose strisce pedonali. Vide Mikey ad aspettarla seduto ai piedi di un enorme vaso contenente un albero, proprio sul piazzale. Indossava un giubbino imbottito di vecchia data, probabilmente appartenuto a suo fratello maggiore, e in mano aveva quello che restava di un waffle cosparso di miele.
“Mikey!” Lo chiamò lei, balzando al suo fianco.
Lui si mise in piedi di scatto, gli occhi spalancati su di lei. “Sei troppo bella…!”
“Ehm, grazie…!” Rispose con un accenno di timidezza, per poi ritrovarsi davanti alla faccia il pezzetto di waffle sopracitato. In automatico, Kan aprì la bocca e ricevette il bocconcino direttamente dalla sua mano. “Buono!”
“Vero? Ne ho preso uno appena sceso dal treno! Era caldo e fumante! Ci tenevo a fartelo assaggiare!” Con quel faccino adorabile che aveva, nessuno avrebbe saputo rifiutare!
Una delle cose che Kan aveva imparato fin da subito, era che per lui condividere il cibo era un’enorme manifestazione di affetto. Non c’entrava nulla la generosità, anzi, Mikey era molto serio quando si trattava di cibo e se una cosa gli piaceva davvero se ne impossessava come un cane come un osso. Guai a chi glielo toccava! Da quanto ne sapeva, lei era l’unica a cui permetteva si assaggiare i suoi dolcetti. Valeva a dire che…l’amava proprio tanto?
“Andiamo?” Propose Mikey, facendo un cenno col capo.
Avevano pianificato di passeggiare per le vie del centro e ammirare gli addobbi natalizi, le vetrine colorate e la moltitudine di lucette che ricoprivano praticamente ogni cosa lungo la strada. E che erano una bellezza conosciuta in tutto il globo. Chiacchierando e scattando foto, il tempo passò velocemente, il sole tramontò, e il paesaggio raggiunse il massimo splendore di luci artificiali. Meraviglioso, peccato per il freddo che si divertì ad arrossare il naso di Kan come una ciliegia!
Mikey indicò una caffetteria. “Ti va una cioccolata calda?”
Kan gridò un ‘sì’ di volata, precipitandosi alle porte della caffetteria. Le bastò mettere piede all’interno e farsi avvolgere dal calore del riscaldamento per sentirsi rinascere.
Si accomodarono ad un tavolino. In breve la cameriera servì loro due tazze colme di cioccolato bollente con aggiunta di bianchi marshmellow e un cestino di biscottini al burro. I loro occhi brillarono dalla gioia e sentirono di avere l’acquolina in bocca.
Tempo cinque minuti e Mikey si sbafò sia la cioccolata che buona parte dei biscottini, con quella sua tipica e buffa ingordigia! Quando si leccò il baffetto di cioccolata sopra il labbro, Kan era ancora a metà tazza.
“Non è strano che i nostri appuntamenti si svolgano quasi sempre così, vero?” Scherzò.
“Non è colpa nostra se ci piacciono i dolci!” Kan si portò la tazza alle labbra e bevve un lungo sorso.
“Kan, prima di riaccompagnarti, vorrei darti una cosa.” Si mordicchiò un labbro. “Ecco, ti ho preso un piccolo regalo…”
“Anche io ho qualcosa da darti!”
“Inizio prima io allora!” Mise mano ad una tasca del giubbino e poi appoggiò al centro del tavolo un sacchettino natalizio decorato da un fiocco rosso in tessuto. “Il fiocco lo ha fatto Emma, perché io sono un disastro!”
“Però se dici così mi dispiace aprirlo!”
Non aveva ancora conosciuto la sorellina di Mikey, però se era piccola e carina come lui doveva essere adorabile. Con un piccolo rimorso ma anche una grande curiosità, Kan prese il sacchettino e tirò il nastro per sciogliere il fiocco. Con due dita prese il contenuto e lo estrasse. Erano due orecchini di resina a forma di lecca-lecca rosa.
“Te lo ricordi il lecca-lecca alla fragola di quella volta a Ikebukuro?”
“Certo che lo ricordo! Sono quasi morta dall’imbarazzo! Però…che carini questi orecchini!!!” Muovendoli, i due bastoncini bianchi tintinnarono tra loro.
“So che ti piacciono le cose kawaii e io volevo regalarti qualcosa che ti ricordasse quel momento… E’ stata la prima cosa che ti ho fatto assaggiare…”
“Grazie Mikey! Li doro! Li indosserò per tutta l’estate!”
L’aveva resa felice. Che bella sensazione! Era stata una grande idea quella di commissionare quegli orecchini in un negozio specializzato.
Kan li posò e fu il suo turno di prendere la scatolina dal cappotto e consegnargliela. “Tieni!”
Mikey la prese con entrambe le mani, la posò di fronte a sé e sollevò il coperchio. “Che figata! Un Manji!” Estrasse la pedana trasparente e sfilò la catenina per sollevare il ciondolo e guardarlo meglio. “Il mio sole splendente!”
“Proprio come te che ce l’hai nel nome!” Sottolineò lei.
Lui rispose al complimento con un sorriso, per poi tirare fuori una fanfaronata. “Lo conserverò con cura! Lo indosserò con orgoglio e lo porterò con me fin nella tomba!”
“Pff!” Kan si tappò la bocca per non scoppiare a ridere. Quant’era esagerato!
Comunque, Mikey lo indossò subito, entusiasta, e Kan si chiese seriamente se se lo sarebbe mai tolto. Quando vide che lui stava ammucchiando le cose della scatolina, lo fermò. “Aspetta, c’è un’altra cosa lì dentro!”
“Mh? Cos’è? Un foglio?” Lo estrasse e lo spiegò per bene. “Questo è il mio giardino! Wow, è più bello di quello vero!” Poi notò una cosa. “E questo kanji?”
Kan si sentì il cuore in gola. Era il momento. Distolse lo sguardo. “Quello è…la risposta alla tua domanda.”
Silenzio e tanti punti interrogativi che fluttuavano intorno alla testa di Mikey.
“Ti-ti ricordi cosa mi hai chiesto…quel giorno? Dopo il nostro primo bacio?”
Mikey alzò gli occhi al soffitto per pensarci. Poi…
“Oh!” Una bellissima bocca a forma di ‘o’ e il suo sguardo colmo di speranza. “Vuoi dire che…”
Kan fece un cenno affermativo col capo. “A te piacciono le persone forti e io voglio esserlo. Per te. E continuare a tenerti sulle spine non è giusto! Volevo dirtelo.”
“Quindi adesso io e te stiamo insieme? Ufficialmente?”
Le guance di lei s’imporporarono nel rispondere. “Sì! Lo sai leggere quel kanji, vero?” Voleva essere una battuta, però sapendo che Mikey a scuola non era una cima e che frequentava Baji che aveva il cervello di un pesce rosso, un dubbio le era venuto! Quello che non si aspettava era che lui si alzasse dalla sedia e si mettesse a gridare felice: “Mi sono fidanzato con la ragazza dei miei sogni! Cameriera, un altro giro di cioccolata calda per festeggiare!”
Kan desiderò ardentemente di sprofondare nel pavimento… Vero è che la volta precedente, a fine estate, era stata lei ad alzare la voce in pasticceria, però…in questo modo rischiavano di diventare la barzelletta di Shibuya!!!


Continua nel Capitolo 4: [Break Up & Make Up]

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Chapter 4: [Break Up & Make Up] ***


Chapter 4
[Break Up & Make Up]
 
La notte di Capodanno è da sempre un nuovo inizio, una porta aperta su un nuovo anno tutto da esplorare, sogni da realizzare, buoni propositi per migliorare se stessi, colmi di speranza per le cose belle che si spera accadranno. Tutto ciò che è stato viene lasciato alle spalle, si dimenticano le cose negative, si perdona, ci si alleggerisce dei fardelli e si va avanti. Condividere quella notte con i familiari, con gli amici o in generale con chi si ama, è fonte di gioia. Si cena assieme, con piatti tradizionali, poi si va in un Tempio a pregare e fare offerte agli dei, chi indossando il kimono e chi un normale cappotto. Nel caso di Baji e Kazutora la storia era un po’ diversa. Avevano disertato la cena in famiglia, lasciando le rispettive madri in mano a parenti che si facevano vedere raramente, poi si erano mangiati degli gyoza già pronti presi al konbini ed erano andati a rintanarsi nella loro amata sala giochi, che per l’occasione teneva aperta tutta la notte. Loro due si bastavano e tutto il resto del mondo poteva andare a fanculo. Baji poi era ancora di pessimo umore per qualcosa che riguardava Mikey e la Vigilia di Natale, anche se Kazutora non era riuscito a strappargli più dettagli per capire cosa fosse successo.
“Comunque non me ne frega niente, che facciano quello che vogliono. Tanto Mikey non mi si fila più da tempo.”
Fu questa la frase più articolata che Baji pronunciò al riguardo. Di cosa stesse parlando lo sapeva solo lui.
Attorno  a loro c’era più chiasso di quanto si sarebbero aspettati e questo li aveva spinti a piantare le tende su due videogiochi e continuare a fare partire fino a quando non avessero esaurito le monete. Alzarsi da lì anche solo per un istante, significava perdere il posto e venire sballottati da un gruppo all’altro.
“Ehi Baji, dopo vorrei andare al Tempio. Devo prendere una cosa.”
“Cosa?” Domandò lui, senza staccare gli occhi dallo schermo.
“Un biglietto della fortuna. E magari faccio un’offerta agli dei, se mi gira bene!”
“Che cazzata.!
“Ah ah! Lo so!”
“Ti accontento giusto perché sei tu, sappilo.”
Lo disse con serietà, ma Kazutora sorrise perché sapeva che il suo amico celava un cuore tenero sotto la corazza.
La mezzanotte era passata da una buona mezzora quando lasciarono la sala giochi, faticando non poco a raggiungere l’uscita. Le strade erano affollate, ovviamente, e la situazione non migliorò quando raggiunsero il Tempio più vicino. La fila per suonare le campanelle e pregare era talmente lunga che ci sarebbero volute almeno un paio di ore per smaltirla tutta, quindi puntarono subito sul negozio gestito da due adorabili sacerdotesse adolescenti. Giusto per fargli compagnia, anche Baji prese un biglietto, poi cercarono un posticino tranquillo dove sostare.
Kazutora aprì il proprio col sorriso sulle labbra ma, quando lesse cosa c’era scritto, la sua espressione mutò completamente.
“Che ti prende?” Gli chiese Baji, accorgendosene.
“Grande sfortuna…” Avvicinò il foglio al viso e lesse la lista delle voci. “Sono una peggio dell’altra…”
Baji aprì il suo e lesse ‘piccola sfortuna’. “Vuoi fare a cambio? Il mio è meno schifoso.”
“Ma ti pare? Non ha senso scambiarceli! Cazzo… Dopo averti incontrato le cose stavano migliorando. Cosa deve succedere di così brutto?”
Baji gli strappò il foglietto di mano e ci sputò sopra.
“Cosa fai, cretino???”
Lo ignorò e sputò anche sull’altro, per poi unirli insieme e formare un’unica palla di carta.
Kazutora lo richiamò ancora. “Dobbiamo andare ad appenderli per allontanare la sfortuna da noi!”
“Stronzate.” Rispose secco lui, quindi adocchiò un cestino della spazzatura e fece canestro.
“Baji!!!”
“Piantala! Non ci crederai davvero?! Sono dei biglietti stampati senza una logica, valgono meno della carta igienica.”
Kazutora strinse i pugni. “Tu non capisci. In questo modo non ho speranze che il mio desiderio si avveri.”
“E sarebbe?” Chiese Baji, sollevando un sopracciglio.
“Be’…in realtà ce ne son diversi… Tipo…che io e te continuiamo a essere grandi amici.”
Baji gli gettò le braccia al collo e lo guardò negli occhi. “Questo te lo garantisco io. Non ti serve un biglietto della fortuna.” Era dannatamente serio.
Kazutora abbassò lo sguardo. “Grazie. Poi…desidero piacere ai tuoi amici, quando me li presenterai.”
“Non posso prometterlo, ma credo che sarà così. In ogni caso, l’importante è che tu piaccia a me.”
“In ultimo… Vedi…c’è una persona che mi piace…”
Tu-tum.
“Chi?”
“E’ qualcuno a cui mi sono affezionato fin da subito e…” Deglutì. “Voglio dichiararmi.”
Tu-tum.
“Nome?”
Kazutora arrossì. “Non posso dirtelo! Insomma…non adesso.”
Tu-tum. Tu-tum.
“Non adesso?”
“Il fatto è che…è una cosa segreta…diciamo…”
Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum.
Il cuore di Baji stava per scoppiare per l’emozione, credendo di essere proprio lui quella persona. D’altra parte lui e Kazutora erano inseparabili da quella memorabile sera in cui, al loro primo incontro, lui gli aveva tirato un pugno in faccia! Giorno dopo giorno, mese dopo mese, il sentimento di Baji non aveva fatto altro che crescere nei confronti di Kazutora. Colui che era entrato nella sua vita proprio nel momento in cui ne aveva più bisogno (quando Draken aveva preso il suo posto al fianco di Mikey) e grazie a Kazutora era diventato di nuovo il migliore amico di qualcuno e l’aveva ricompensato di ciò che aveva perso. Ora come ora era Kazutora la sua metà, due pezzi di un puzzle che s’incastravano alla perfezione. Era la sua persona speciale ed era solo suo. Sullo slancio di quel pensiero un po’ romantico e un po’ egoista, lo sciolse dall’abbraccio e lo prese per mano. “Vieni con me!”
Schivando delle persone e spintonandone delle altre, tornarono di nuovo al negozietto.
“Vorrei un omamori per la fortuna in amore!” Disse Baji, ad una delle ragazze.
Kazutora sobbalzò. “Non voglio che spendi soldi per me!”
Lui sfoggiò un sorrisino furbo, esibendo quei suoi canini da vampiro. “Mia madre mi ha dato la paghetta! E poi questa è una cosa importante per te! Quindi lo è anche per me!”
Prese il sacchettino di carta in cui l’amuleto era stato riposto e glielo diede. “Metticela tutta, tigre!”
Kazutora sul momento non seppe cosa dire, ma poi si sciolse e lo ringraziò con un sorriso.
Quando tornò a casa, più tardi, scartò l’amuleto e vi mise all’interno una fogliolina secca. All’apparenza non era niente di speciale, solo una foglia lanciforme di colore marrone, ma per lui era speciale. L’aveva tolta dai capelli di Kan, una delle prime volte in cui si erano visti al parco di Shinjuku e lui l’aveva aiutata a raccogliere delle belle foglie. Ora che l’amuleto era completo, se lo strinse al petto nel silenzio della stanza.
“Fa che la ragazza di cui sono innamorato mi ricambi.”
*
 
Kazutora sbirciò il proprio riflesso su una vetrina. I capelli in stile finto spettinato gli donavano abbastanza, ma il problema erano i vestiti, il solito maglione da sfigato e i pantaloni di seconda mano che lo facevano sembrare uno straccione. Uno dei suoi buoni propositi per l’anno nuovo era quello di cambiare stile, ma finora non era riuscito a metterlo in pratica a causa della mancanza di materia prima. I soldi. Aveva preso alcune riviste di moda, cioè, le aveva proprio ‘prese’ senza pagare da un giornalaio un po’ sulle sue che non si era accorto di nulla. Almeno sfogliando le pagine aveva cominciato a farsi qualche idea su cosa gli piaceva. Si fissò qualche minuto prima di decidere di rimettersi addosso il giubbotto, vecchio ma stranamente ancora in buono stato. Con quello poteva coprire un po’ il disastro che aveva sotto. Sospirò e lasciò perdere, tanto continuare a guardarsi non sarebbe servito a nulla. Fece qualche passo indietro, verso l’entrata del centro commerciale. Era nervoso. Aveva deciso di dichiararsi a Kan quel giorno stesso e gli rompeva essere vestito da cani!
“Tora!!”
La voce cristallina lo distolse dai pensieri. Volse lo sguardo e la vide, sorridente, bellissima, con le forcine colorate fra i capelli biondi, un cappottino di pelliccia grigia e una lunga gonna aderente che le arrivava alle caviglie. Lei e il suo modo di affrontare il freddo! Le sorrise e l’accolse a braccia aperte quando lei gli saltò addosso per abbracciarlo.
“Quanto tempo!”
“Avevo tanta voglia di vederti! Mi chiedo come hai fatto a farti mettere in punizione per due settimane! Hai cominciato proprio bene l’anno!” Scherzò lui.
Sciolto l’abbraccio, lei liquidò la faccenda. “Bah non parliamone! I miei genitori adottivi non capiscono niente! Non serve che ti dico i dettagli!”
Ok, era confermato: la vivacità fatta persona era tornata da lui!
Fecero un giretto veloce al piano terra, aggiornandosi sulle novità del periodo in cui non si erano visti, invece, quando salirono al primo piano, Kan si scatenò nei suoi negozi preferiti! Il suo entusiasmo era incontenibile quando vedeva qualcosa che le piaceva. Nel negozio di giocattoli aveva accarezzato tutti i peluche sugli scaffali, in quello di make up aveva provato almeno cinque palette nuove, in alcuni negozi di abbigliamento aveva praticamente messo su una sfilata di moda da quanti vestiti si era provata. Eppure non aveva acquistato nulla, stranamente. In ultimo, ma non meno importante, l’aveva preso a braccetto e trascinato in un negozio di abbigliamento maschile alla moda, che lei aveva definito “il negozio più figo che abbia mia visto, quanto vorrei essere un maschio per venire qui a vestirmi, quello scemo di mio fratello non vuole saperne di cambiare stile, ti prego almeno tu rendimi felice”. E poteva giurare di averle sentito dire tutto quanto senza fermarsi a riprendere fiato! Certo che, più che fargli provare qualcosa, Kan aveva praticamente spadroneggiato all’interno del negozio, mettendo all’angolo perfino la commessa! Vedeva, prendeva, accostava alla figura di Kazutora, poi se le piaceva lo mandava dritto in camerino, altrimenti rimetteva a posto. Invadente sì, disordinata no. Comunque, Kazutora perse il conto delle volte in cui aveva fatto avanti e indietro dal camerino e che poi si era messo in posa per lasciarsi scattare delle foto e farla contenta. Non che se ne lamentasse, sia chiaro. Vedere gli occhi di Kan brillare gli faceva venire il batticuore. A dirla tutta, gli dispiacque quando arrivò il momento di andare. Tornò un’ultima volta in camerino e si rimise addosso i vestiti da nullità. Che peccato… Quando uscì, trovò Kan a chiacchierare con la commessa, in modo cordiale, come per farsi perdonare del comportamento scorretto di prima. Che tipa! Kan lo vide, salutò e poi uscirono insieme dal negozio.
“Accidenti, che faccia da funerale!”
“Ora mi passa… Sono solo triste di non indossare più quei vestiti fighissimi…” Minimizzò lui.
“Non disperare, Cenerentola! Vedrai che la scarpetta tornerà da te!”
“Eh?”
Kan sollevò lo sguardo, pensierosa. “Mi sa che non era così la storia…” Fece spallucce e tornò a sorridere. “Tieni!”
Da dietro la schiena svelò la busta e gliela aprì davanti agli occhi. All’interno c’erano un paio di jeans neri con catena pendente al fianco e una felpa in tinta con stampato davanti un bulldog stilizzato di colore bianco.
“Eh?”
“Buon Natale e Felice Anno nuovo, amico mio!”
Kazutora aprì la bocca…
“Se dici un altro ‘eh?’ giuro che ti picchio!” Lo bloccò lei, un po’ scherzando e un po’ facendo sul serio, poi gli prese una mano e la infilò nei manici della busta. “Trova un’occasione speciale per indossarli, così potrò farti delle foto con lo sfondo diverso da quello del camerino!”
Finalmente lui riuscì a spiccicare parola, seppur perplesso. “Non posso accettare! E’ troppo per me!”
“Non rompere! Visto che per le festività non abbiamo potuto vederci, volevo recuperare!”
Kazutora dovette cedere. Ormai la conosceva e sapeva che non poteva farle cambiare idea. Però pensandoci… Kan non aveva preso nulla per se stessa, nonostante tutte le cose belle che aveva visto. Il che era strano, sapendo che lei spendeva con facilità i soldi dei genitori. E allora quel regalo costoso per lui? Qualcosa non quadrava.
“Ehi Kan…” Le si affiancò, dopo che lei lo aveva lasciato indietro per avviarsi lungo il corridoio. “Cosa significa?”
“Che cosa?”
“Perché tu non hai fatto compere?”
“Perché non ne ho voglia!” Mentì spudoratamente.
“Se non mi dici la verità, riporto tutto indietro.” E stavolta era irremovibile.
Kan abbassò lo sguardo. “Per il momento non ho altri soldi. Durante la punizione mi hanno ritirato anche la paghetta e questi li ho tenuti da parte perché ci tenevo a farti un regalo. Tu sei importante per me.” Si morse il labbro, ma poi lo guardò e tornò a sorridergli. “Però non preoccuparti, presto ricomincerò a fare le mie spese folli, quando avrò recuperato fondi!”
Con una confessione così, Kazutora non riuscì a trattenersi e l’abbracciò di slancio. A volte lei manifestava il proprio affetto in modi strani, però i suoi sentimenti erano puri e questo lo rendeva felice. La sciolse lentamente dall’abbraccio, i loro visi erano vicinissimi. Forse era il modo giusto per dichiar-
“TRADITORI!”
*
 
Sentendo quel grido, Kan e Kazutora si voltarono di scatto e, purtroppo per loro, si ritrovarono davanti un Baji incazzatissimo.
Kan tentò di parlare, nonostante il tremolio alla voce. “K-kei! Che…sorpresa! Che ci fai qui?”
“Un acquisto per mia madre. Tu invece? Che ci fai tra le braccia di un altro?”
“Ah! N-non è come credi! Io e lui…”
Prima che terminasse la frase, Baji si rivolse a lui. “Questo è un colpo basso, Kazutora. Ti avevo promesso di presentarti i miei amici ad aprile, il primo giorno di scuola. Era così difficile aspettare?”
Kazutora distolse lo sguardo. “Forse non mi crederai, ma io e lei ci eravamo incontrati per caso molto prima che tu prendessi quella decisione. E abbiamo deciso di continuare a vederci di nascosto perché sapevamo che ti saresti arrabbiato.”
“Da quanto va avanti?”
“Be’…”
“QUANTO?”
“Da fine ottobre…”
“Tsk!” Baji era così amareggiato che quasi gli veniva da ridere. Quasi. Digrignò i denti, gli occhi sottili ridoti ad una fessura come una pantera sul punto di attaccare. “Io e te abbiamo chiuso, sappilo.” Ovviamente si rivolse a Kan.
Lei scosse il capo. “Per favore... Possiamo risolverla pacificamente…”
Fu ignorata per la seconda volta e Baji tornò a parlare con Kazutora. “E tu… Cosa dovrei dire dopo che ti ho trovato a spassartela con la ragazza di Mikey?”
Si sentì raggelare. Che cosa aveva detto? Guardò lei, poi di nuovo Baji, la voce gli si era bloccata in gola.
Baji ridacchiò, vedendo la sua reazione. “Non lo sapevi? Quei due si sono messi insieme il 24 dicembre.”
La Vigilia di Natale… Ecco cos’aveva suscitato il suo malumore, quella volta!
“Ma allora… Perché mi hai preso quell’amuleto, se sapevi che…”
Baji spalancò gli occhi. “Quindi è lei la persona a cui volevi…” Non riuscì a terminare la frase e rise di se stesso. “Quanto sono idiota!”
Kan allungò una mano per sfiorargli il braccio. “Kei, ascolta…”
“Cazzo, ti ho detto di non chiamarmi così!” Le gridò contro. “E io che mi ero abbassato ad esserti amico! Tu invece sei solo una falsa bugiarda! Vuoi portarmi via tutto!”
“Cosa stai…?”
“Osi dire che non è vero? Tu e Draken avete proprio lo stesso sangue! All’improvviso è spuntato dal nulla e mi ha rubato il ruolo di migliore amico di Mikey! Poi sei arrivata tu e te ne sei impossessata facendolo diventare il tuo cagnolino bavoso!”
Kan aggrottò le sopracciglia. “Adesso stai esagerando. Io e Ken non abbiamo fatto un bel niente, Mikey ha preso le sue decisioni da solo.”
Baji allora indicò Kazutora. “E non contenta, ora mi stai portando via anche Tora!”
“Non è vero. Baji, adesso smettila.” Intervenne Kazutora, anche se inutilmente. Infatti Baji strinse i pugni e gridò. “Maledetti gemelli, perché non sparite dalla mia vita?”
Kazutora gli fu addosso e gli tappò la bocca con la mano. La situazione era degenerata.
Kan aveva sempre saputo che sarebbe stato difficile andare d’accordo con Baji, ma da lì ad arrivare a queste accuse infamanti, ce ne voleva! Non aveva nemmeno sospettato che lui pensasse delle cose così atroci su di lei e suo fratello. Era delusa, arrabbiata, triste…e non voleva più stare lì.
“Io me e vado. Scusa Kazutora.” Disse a bassa voce, per poi correre via.
Kazutora non poté seguirla, né richiamarla, e faticava anche a far tacere Baji che continuava a dimenarsi nella sua stretta. Con quella scenata stavano attirando l’attenzione, c’erano già troppe persone che li stavano guardando e non mancava molto perché arrivasse un addetto alla sicurezza. Meglio andarsene, prima di finire nei guai. In qualche modo riuscì a portare Baji al piano di sotto e poi fuori dal centro commerciale.
“Lasciami, dannazione!” Con uno strattone, Baji si liberò
“La stai facendo un po’ troppo grande. Anche se mi dispiace averti tenuto nascosta questa cosa, devi capire che-”
“Non me ne frega un cazzo!” Baji gli si avvicinò, fino ad essere a pochi centimetri dalla sua faccia. “Davvero pensi che io sia arrabbiato per questo? Mi ha dato fastidio scoprire che avevi un segreto con me, ma il problema è un altro.”
“E quale sarebbe? Dimmelo, visto che io non ci arrivo!”
Fece un passo indietro e gli voltò le spalle. “Sei davvero lento, porca puttana.”
A meno che… “Baji…sei innamorato di Kan anche tu?”
“Ma che cazzo, Tora! Ti pare che potrei amare quella stronza?” Sbottò lui.
“E allora che…” Il cuore gli mancò un battito nel vedere che Baji aveva gli occhi lucidi e le labbra che tremavano. “Noi siamo amici… Insomma, io sono il tuo migliore amico, no?”
“Lo sei!” Dovette deglutire. “Ma io desideravo che tu diventassi più di questo. Quella sera, sentendoti parlare della persona di cui eri innamorato, io credevo ti riferissi a me.” Deglutì di nuovo, si passò una manica sugli occhi prima che le lacrime uscissero. “Invece sono solo un illuso!” E anche lui se ne andò di corsa. E di nuovo Kazutora non fu in grado di muoversi. Era come inchiodato a terra. In pochi minuti aveva scoperto che la ragazza che amava era già fidanzata e che il suo migliore amico era innamorato di lui. Come doveva reagire? Cosa doveva pensare? I manici della busta si ruppero nella sua mano, dopo essere stati completamente sgualciti durante lo scontro, Il peso dei vestiti la fece cadere a terra con un ‘pof’. Un idiota malvestito, con una busta rotta accanto al piede, in un freddo giorno di metà gennaio.
*
 
Le facce scure di Draken e Mikey la dicevano lunga su cosa avrebbero fatto a Baji se lo avessero avuto fra le mani in quel momento. Alla fine, tra i sentimenti che Kan aveva provato durante il litigio, aveva prevalso la tristezza e lei era corsa da suo fratello.
Draken e Mikey erano insieme nella stanza quando lei era arrivata all’improvviso, col viso rigato di lacrime, e si era gettata fra le braccia del suo fratellone.  C’era voluto un po’ per raccontare tutto, più che altro perché i singhiozzi le avevano spezzato la voce in continuazione, mentre le lacrime erano scese incessantemente sulla spalla di Draken, lasciando un grande alone bagnato sulla felpa. Lui aveva ascoltato in silenzio, tenendo stretta a sé la sorella, seduti sul letto, di tanto in tanto i battiti del cuore acceleravano quando la rabbia gli saliva. Aveva atteso che il racconto finisse e che i singhiozzi di lei cessassero, fino a quando nella stanza non era calato un profondo silenzio. Solo allora aveva parlato.
“Quindi per tutto questo tempo, Baji mi ha visto così.”
Kan emise un mugolio di conferma.
Fino a quel momento, anche Mikey era rimasto fermo e muto, seduto sul tappeto, le gambe incrociate e lo sguardo fisso sulla schiena di Kan. Poi si alzò in piedi, il pugno stretto al fianco. “Anche se lo conosco da quando eravamo piccoli, nessuno gli da il diritto di maltrattare la mia ragazza e offendere il mio migliore amico. Dovrà vedersela con me.”
Fece per avvicinarsi alla porta, ma Kan balzò in piedi e lo fermò avvolgendogli il pugno con entrambe le mani. “Non farlo, Mikey! Non è questo che voglio!”
“Dopo quello che ha fatto, una scarica di pugni se la merita. Non è la prima volta.”
“Sono d’accordo.” Draken si alzò a sua volta e si avvicinò ai due. “Ma il primo turno spetta a me.”
Si scambiarono un’occhiata terrificante.
“Che state dicendo? Kei è nostro amico! Non ve l’ho raccontato per favi alzare le mani, ma perché voglio che sistemiamo le cose!” Prese respiro e s’impose di calmarsi. “Ho pianto perché le sue parole mi hanno ferita, è vero, ma sono molto preoccupata per lui. Quanto male deve sentirsi per arrivare a dire certe cose?”
“Quindi proponi di parlarne insieme e fare pace?” Chiese Draken.
“Ovviamente! Siamo un gruppo! Siamo amici! E gli amici si supportano e si perdonano anche quando sbagliano!”
Sentì il pugno di Mikey sciogliersi nella mano, pian piano la tensione stava andando via e anche il suo sguardo si stava facendo più limpido.
Draken sbuffò, per poi abbozzare un mezzo sorriso. “Stai puntando al Nobel per la pace, sorellina?” Ma sì, una battuta era quello che ci voleva per entrare nello spirito giusto!
In quel momento si udirono dei colpi affrettati alla porta. “Kenny, puoi venire? Ko-chan ha un crampo alla gamba!”
Era una cosa piuttosto frequente che le donne lo chiamassero per dei massaggi, per delle commissioni o per svolgere dei lavoretti, essendo lui l’unico maschio oltre al Direttore. Ah già, l’uomo all’ingresso non era un portinaio, bensì il Direttore del ‘centro massaggi’, solo che Kan lo aveva scoperto in un secondo momento, dopo aver frainteso il suo ruolo all’inizio!
“Il dovere mi chiama…” Sospirò Draken, quindi uscì dalla stanza, lasciando loro due soli.
“Andiamo a sederci sul letto, mentre aspettiamo che torni!” Propose Kan, portando Mikey con sé tenendolo ancora per mano. Si erano appena accomodati sul duro materasso, quando Mikey prese l’iniziativa di punto in bianco e saltò addosso alla propria ragazza! La spinse giù distesa e la intrappolò puntellando saldamente i gomiti e le ginocchia sul materasso. Fosse stato un predatore, l’avrebbe sicuramente mangiata. Invece abbassò lentamente il capo e posò le labbra sulle sue, in un tenero bacio. Le labbra di Mikey erano sempre tiepide al primo contatto, ma poi diventavano perfino bollenti quando il bacio si faceva più intenso. Si fermarono giusto per riprendere fiato, i loro sguardi socchiusi s’incontrarono.
“Non permetterò che accada ancora. Tu sei la mia ragazza, nessuno può farti del male e passarla liscia.” Disse al massimo della serietà, poi si chinò ancora, le sue labbra questa volta si posarono appena sotto l’occhio di lei, stampando leggeri baci e seguendo un tragitto fino alla guancia. Si leccò le labbra, sentì il sapore salato delle sue lacrime. “La prossima volta che qualcuno ti fa piangere, si ritroverà lui a piangere implorando la mia pietà.” Si spostò sull’altra guancia e fece lo stesso percorso, leccando la pelle con la punta della lingua, tipo un gatto che lecca le ferite della sua compagna. A modo suo era molto tenero.
Sotto quelle attenzioni, Kan si rilassò, riuscì a liberare le braccia dalla ‘trappola’ e gliele avvolse attorno al collo. Si guardarono intensamente, Kan sentì il cuore battere un colpo come un tamburo sotto l’effetto di quello sguardo magnetico e profondo. Fu lei a socchiudere gli occhi, mentre lo attirava giù a sé, fino a che le loro labbra non furono di nuovo unite. Da quando erano diventati ufficialmente una coppia, i loro baci si erano fatti più piccanti.
*
 
Quando Baji andò ad aprire la porta e vide chi aveva suonato il campanello, il suo sguardo tremò.
“Non ti sei più fatto vedere alla nostra sala giochi, così ho deciso di venire a casa tua.” Il volto di Kazutora era impassibile come quello della Sfinge, era impossibile capire quali fossero le sue intenzioni. Era venuto per dirgli addio? Oppure per chiamarlo frocio e pestarlo? O…
“Cosa vuoi?” Meglio stare sulla difensiva.
“Fare pace col mio migliore amico. Se sei d’accordo.”
In effetti Baji rimase sorpreso da quelle parole. La terza opzione eh? Che culo! Si spostò un po’ dall’ingresso. “Entra, qui sul pianerottolo si gela.”
Gli fece togliere le scarpe e lo condusse fino al salotto che era incorporato alla cucina e lì si accomodarono sul divano.
Baji si stropicciò le mani in grembo, tradendo un certo nervosismo. “Ti avviso che Mikey e Draken mi hanno già fatto una testa così per quello che è successo quel giorno. E mi sono anche scusato con Kan.”
“Sì, me lo ha detto. Ci siamo visti diverse volte dopo quell’episodio. Sei tu che sei sparito.”
“Ah… Be’…”
“Mi hai evitato in ogni modo e non mi hai nemmeno telefonato. Sono passate quasi due settimane.”
Che lo aveva evitato era vero. D’altronde, dopo quello che era successo, si vergognava da morire.
“Io… Non sapevo se volevi rivedermi…” Si giustificò.
Kazutora fece una smorfia. “Prima mi hai fatto una specie di dichiarazione d’amore e poi ti sei dileguato! L’unica cosa positiva è che ho avuto tempo di pensare alle tue parole…” Gli posò una mano sulla spalla. “Mi dispiace, Baji, non posso ricambiare i tuoi sentimenti. A me piacciono le ragazze. Però voglio continuare ad essere il tuo migliore amico, se per te va bene.”
Baji ridacchiò con una nota di amarezza. “Tranquillo, mi sono disilluso nei giorni in cui non ci siamo visti! Anzi, non so come avevo fatto a sperarci dopo aver visto la tua camera!”
“Già! Il pianeta ragazze è il mio sogno!” Kazutora stette allo scherzo, ma poi tornò subito serio. “Scusa se ti ho spezzato il cuore. So come ci si sente, visto che mi ritrovo nella tua stessa situazione.”
“Ti sei dichiarato a Kan?”
“Ti pare? Non avrebbe senso! Rischierei solo di rovinare la nostra amicizia!” Ascoltandosi, si rese conto che quelle parole potevano sembrare una frecciatina nei confronti di Baji, allora si affrettò a precisare. “Ma tra me e te non cambierà niente! Promesso! Non sono a disagio per i sentimenti che provi per me!”
Baji ridacchiò, ma questa volta più allegramente. “Meno male! Se mi trattassi in modo diverso credo che morirei!”
Kazutora gli diede un’amichevole pacca sulla spalla. “Ho intenzione di sopportare il tuo caratteraccio per i prossimi cento anni!”
“Credi…che riusciremo a sopportare il peso di questa situazione? Insomma…io innamorato di te, tu innamorato di lei e lei felice con Mikey?” Chiese Baji, guardandolo negli occhi con una certa preoccupazione.
“Non abbiamo scelta…” Kazutora prese respiro e cercò di dare voce ad un pensiero. “Per un po’ farà male, ma col tempo diventerà facile. L’ideale sarebbe che io mi innamorassi di un’altra ragazza e che tu trovassi un ragazzo che ti ricambia.” Fece spallucce. “Io sarei un disastro come tuo fidanzato, comunque! Tu hai bisogno di qualcuno che penda dalle tue labbra! Un tipo semplice, paziente e affidabile!”
“Cavoli… Praticamente hai descritto un animaletto domestico!” Si lasciò cadere all’indietro, sul morbido schienale imbottito. “Sarebbe bello trovare un tipo così! Chissà se ci riuscirò…”
Kazutora fece un cenno affermativo. “Potrebbe succedere da un momento all’altro! Hai più speranze di me! Io sono troppo esigente, perdo la testa per ragazze belle e sensuali e trovarne una che vorrà stare con me sarà un’impresa!”
“Quindi consideri Kan bella e sensuale… Bah, non capisco perché tutti impazziscano per lei…”
E questa opinione non gliel’avrebbe mai fatta cambiare nessuno.
*
 
Con marzo alle porte, il periodo del ghiaccio e del freddo era ufficialmente finito, ma questo non significava che Kan fosse pronta a rinunciare alla calzamaglia di lana, che non mancava mai di indossare non appena la campanella annunciava il termine delle lezioni! Mikey lo accettava, non è che bastasse questo a rendere la sua ragazza meno bella, però non vedeva l’ora di deliziarsi delle sue gambe da gazzella, al naturale, sia per guardarle sia per toccarle. Da quando stavano insieme non era ancora riuscito ad andare oltre ai baci, perché lei addosso aveva sempre troppi strati di lana o velluto che gli impedivano di…ehm…fare ciò che voleva. E adesso che la primavera si avvicinava, stava letteralmente contando i giorni che lo separavano dal suo obiettivo.
“Hai un’espressione strana…a cosa stai pensando???” Una domanda che conteneva già un rimprovero.
“A niente! Solo al povero Ken-chin che è a letto col raffreddore.”
Kan fece una mezza smorfia dubbiosa. “Quella non mi sembrava affatto preoccupazione…” Scosse il capo. “Lasciamo perdere.”
Camminando, la sportina col logo della farmacia di tanto in tanto le batteva contro la gamba. “Spero che con queste medicine, Ken si sentirà meglio.”
“Sentendo lui, bastavano le bevande energetiche! Neanche fosse fatto d’acciaio!” Scherzò Mikey.
“Il fratellone non ha affatto cura di se stesso! Guarda me! Indossando i giusti vestiti ho superato l’inverno senza ammalarmi!”
“Mh… Dopo l’inverno viene la primavera…e le temperature cominciano ad alzarsi…” Inseguendo una fantasia, sulla faccia gli si stampò di nuovo quell’espressione maliziosa al limite della decenza. “Poi arriva l’estate… Sarà calda! E per noi sarà bollenteee!”
Kan sapeva cosa gli frullava nella testa, visto che ultimamente provava ad allungare le mani ogni volta che si baciavano. Però, anche se da una parte era contenta di quelle attenzioni, dall’altra le saliva il panico. Mikey le piaceva così tanto che le veniva voglia di gridarlo al mondo intero. Il problema era che non si sentiva pronta per certe cose. Accidenti. Le stava sudando la mano. Ecco, camminare con lui mano nella mano era bellissimo, ma quando si emozionava troppo e la mano le sudava, si vergognava, temendo che a lui facesse schifo. Anche se non l’aveva mai detto. Boh, forse si stava martellando su cose insignificanti. Stando con uno così figo si sentiva un po’ insicura, soprattutto fisicamente.
“Guarda che brava sorella maggiore! Tiene per mano il suo fratellino al ritorno da scuola! Spero che tra qualche anno sarai così bravo anche tu!”
Una frase pronunciata da una mamma col passeggino, affiancata dal figlioletto che doveva essere in prima Elementare, a occhio e croce.
Loro due li oltrepassarono, senza dire nulla, e poco dopo svoltarono per imboccare una strada che portava alla metro. Lì si fermarono, si voltarono lentamente per guardarsi a vicenda e…
“AHAHAHAHAH!!!”
Da piegarsi in due dalle risate! Non era la prima volta che succedeva, in fondo loro due non dimostravano gli anni che avevano. Kan era alta e slanciata e le si dava qualche anno in più, mentre Mikey era basso e sembrava un bambino!
“Ti voglio tanto bene, sorellona!” Se ne uscì Mikey, approfittandone per abbracciarla e schiacciare la faccia fra i suoi seni.
“Ti prego, piantala! Mi farai arrestare!”
“Ma se abbiamo la stessa età!”
Un po’ alla volta smisero di ridere e pensarono bene di togliersi da lì per non dare spettacolo.  Scesero i gradini per la metro, dove vennero accolti da un bel calduccio, poi si sedettero al bar e fecero scorta di zuccheri mangiando dei caldi e gustosi waffle al miele, di cui ultimamente Mikey era ghiotto. E che lei imitava volentieri.
Terminato il primo dei due che aveva nel piattino, Mikey si succhiò il polpastrello bagnato di miele. “Ci pensi che tra un mese saremo studenti delle Medie?”
“Mh!” Kan deglutì il boccone. “Posso diti una cosa? Il giorno della cerimonia di apertura, ho intenzione di fare una sorpresa a Ken!”
“Quale?”
“Mi presenterò con addosso la divisa della vostra scuola!”
Sguardo assente di Mikey. Un puntino. Due puntini. Tre puntini di sospensione.
“Non hai capito? Mi sono iscritta anche io lì!”
Un’esplosione di fuochi d’artificio riempì gli occhi di Mikey. “Dici davvero?”
“In verità l’ho fatto a gennaio. Ricordi quando i miei mi hanno messa in punizione? Era per quel motivo. Loro non volevano e insistevano a dire che sarei andata in un prestigioso istituto. Ma alla fine li ho convinti a lasciarmi fare quello che voglio!”
“Caaaavoliii!” Cantilenò Mikey, con ammirazione.
“Quando tu e Ken vi siete decisi a dirmi che avreste frequentato la stessa scuola, io lo sapevo già da tempo. E mi ha fatto arrabbiare il fatto che non mi abbiate chiesto di unirmi a voi.” E quest’ultima parte la disse lanciandogli un’occhiataccia, poi però fece spallucce. “Comunque poi ho fatto di testa mia! Non esiste che restiamo separati!”
“Spero che mi mettano nella tua stessa classe, così potremo sederci vicini! E io potrò dormire con la testa sulla tua spalla!”
“…hai già deciso che dormirai per tutte le lezioni?”
Lui non le prestò attenzione, la nuova fantasia che stava inseguendo lo assorbiva completamente!
“Ogni mattina faremo la strada insieme, tenendoci per mano, poi pranzeremo insieme sul tetto della scuola, soli soletti, e tu mi imboccherai! E al pomeriggio ci nasconderemo nelle aule vuote per pomiciare! E dopo le lezioni di ginnastica faremo la doccia insieme!!!”
Anche troppo, a dirla tutta. Ok fantasticare, ma le sue parole stavano descrivendo situazioni che passavano il limite, sia del regolamento scolastico che del pudore in generale! Non c’è da sorprendersi che Kan, vergognandosi da morire, lo abbia richiamato alla realtà con un sonoro: “Ricordati quanti anni abbiamo, scemo!!!”
Poco più tardi andarono al palazzo dove Draken abitava. Mikey gli fece giusto un saluto stando alla porta della stanza e poi ritornò a casa, Kan invece si preparò tutto l’occorrente per passare la notte lì. Draken era un ragazzo forte e robusto, ma anche lui con un bel raffreddore addosso diventava debole e bisognoso di premure. Fece appena un piccolo tentativo per convincere sua sorella ad andarsene, per paura di attaccarle il raffreddore, ma dopo che lei lo ebbe aiutato a mangiare il riso in brodo e dato le medicine, la voglia di averla accanto divenne abbastanza forte da farlo cedere. Nessuno aveva una parola contraria sul fatto che dormissero insieme, dato che erano gemelli, e loro stessi non si posero il problema. Avevano condiviso il ventre per nove mesi, non c’era nulla di sbagliato a condividere il letto per una notte.
Kan fece una doccia calda e indossò l’amato pigiama di flanella, prima di intrufolarsi sotto le coperte. “Che bel calduccio qui!” Disse, accoccolandosi contro di lui.
“Forse è anche colpa delle linee di febbre. Con le medicine dovrebbero scendere.” Aveva la voce un po’ nasale, giustamente, però almeno non era sofferente e con un pizzico di fortuna si sarebbe addormentato in fretta. Prima dormiva, prima le medicine facevano effetto.
Kan si sporse un istante per stampargli un bacio sulla fronte. “Buonanotte, fratellone.” Poi lui tirò il cordino per spegnere la luce e il buio invase la stanza. Al caldo e abbracciati, la prima a scivolare nel sonno fu proprio Kan, ma non prima di sentire la voce di suo fratello sussurrare piano: “Sono felice che tu sia qui con me.”


Continua nel Capitolo 5: [Bloom]!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Chapter 5: [Bloom] ***


Chapter 5
[Bloom]
 
Alle Medie, esattamente come alle Superiori, i teppisti si riconoscevano a colpo d’occhio per il loro aspetto appariscente. Che la scuola avesse rigide regole o meno, loro se ne fregavano e si distinguevano dalla massa esibendo capigliature stravaganti e spesso ossigenate, piercing ed eventuali tatuaggi. Volendo c’erano anche quelli più discreti che si limitavano all’abbigliamento, indossando gli ampi pantaloni dal cavallo basso e tenendo la giacca della divisa sbottonata e in disordine. E Mikey e Draken avevano seguito alla lettera questa tradizione! Mikey forse era quello meno vistoso, anche se dentro una divisa di due taglie più grande suscitava più tenerezza che paura, invece Draken saltava all’occhio più di un’insegna al neon tra il tatuaggio del drago sulla tempia, i capelli biondi raccolti in un codino, il cerchietto al lobo e la divisa tenuta nel modo più disordinato possibile! Si trovavano al cancello principale, da cui passavano sempre più studenti man mano che si avvicinava l’ora ‘x’. Mikey era piuttosto agitato, non riusciva a tenere i piedi fermi sul posto per più di due secondi, apriva e richiudeva le mani meccanicamente e spesso allungava il collo per sbirciare lungo il viale. Tutte cose che a Draken cominciavano davvero a dare sui nervi.
“Mikey, ti dai una calmata?! Dobbiamo solo conoscere l’amico d Baji, mica l’Imperatore in persona!”
“Eh? Guarda che non è mica per quello!” Rispose Mikey, divertito, per poi ricordarsi che si trattava di una sorpresa e non doveva tradirsi. Prese respiro e cercò di rilassarsi.
Visto che quando si parla del Diavolo, spuntano le corna, proprio in quel momento sentì il richiamo di Baji alle proprie spalle. Lui e Draken si voltarono e vennero fatte le presentazioni. Per Draken fu subito adorazione nel vedere il tatuaggio di tigre sul collo e i capelli con la permanente ‘panchi’. Mikey invece usò un metro diverso, per valutarlo. Quello era il ragazzo di cui Kan gli parlava sempre, a volte anche troppo. Lo aveva descritto come timido e riservato e a lei piaceva molto stare in sua compagnia, senza contare che non mancavano mai di uscire insieme almeno una volta a settimana. Trascurando così lui, il suo ragazzo. Ok, era già un po’ geloso di quel tipo, forse per questo decise di mostrarsi come una persona ‘superiore’, emanando una totale sicurezza.
“Bene, Kazutora. Oggi sarai tu a farmi divertire.” Gli disse, facendolo risuonare come un ordine e puntandogli il dito contro, giusto per mettere in chiaro chi comandava. Voleva metterlo alla prova per capire cos’avesse di speciale e perché era riuscito a conquistarsi le simpatie di Kan.
Di nuovo…stava pensando intensamente a lei? E ovviamente Kan arrivò di corsa, vivace come un vulcano in eruzione, gridando: “Ciao ragazzi!!!” E poi saltò addosso a Kazutora. Esatto. A Kazutora. Non Mikey. Kazutora. E questo risvegliò in lui l’istinto omicida!
“Ken-chin? Perché la mia ragazza è appiccicata a uno che non sono io?” Ed è doveroso sottolineare che, mentre poneva questa domanda, era avvolto da una minacciosa aura oscura.
A Draken però non importava niente, piuttosto era rimasto a bocca aperta nel vedere sua sorella con addosso la divisa di quella scuola. “Kan? Ma che accidenti significa?”
Lei, beata con le braccia attorno al collo di Kazutora, si ricordò all’improvviso di ciò che aveva pianificato per quel giorno. Come una molla rimbalzò dalle braccia di Kazutora a quelle di Draken, gridando: “Sorpresa, fratellone!”
Draken aggrottò le sopracciglia. “Sorpresa un corno! Ma non dovevi iscriverti a quel prestigioso istituto?”
“Ehm…” Si morse le labbra, sapeva di averla combinata grossa, ma non sapeva bene come venirne fuori. In effetti, oltre a saltargli addosso non aveva pianificato altro. Era proprio cretina!!! “E’ solo che… Io volevo stare con tutti voi!”
“Che cavolo, Kan… Ecco perché ogni volta che vengo a trovarti, i tuoi genitori si rifiutano di salutarmi e mi lanciano occhiatacce da dietro lo stipite della porta. Avranno pensato che è colpa mia!”
“Non fare il tragico! E poi quelle due settimane di punizione me le sono fatte io, mica tu!”
L’avesse mai detto. Draken tuonò peggio di un temporale. “E’ per questo che ti avevano messa in punizione? Brutta scema!”
“Il mio timpano…” Frignò lei, portandosi una mano all’orecchio.
“Mi fai sempre preoccupare, cazzo. Noi ci siamo iscritti qui perché fra tre anni inizieremo a lavorare, tu invece farai anche le Superiori e l’Università. Non sei una fallita come noi.”
Dal suo posticino, Kazutora si sporse verso Baji per parlargli all’orecchio. “Perché sta parlando a nome di tutti?”
“Perché?” Baji lo guardò storto. “Tu hai grandi aspettative per il futuro?”
Non servì una risposta.
Nel bel mezzo del rimprovero, Mikey, che fino ad allora aveva tenuto lo sguardo puntato sull’orlo della corta gonna di Kan (che sfiorava magnificamente le linee curve dei suoi glutei!), pensò bene di riprendere la posizione dominante. “Ken-chin, adesso è il mio turno.”
“Bene, digliene quattro anche tu! Falle capire che si sta rovinando il futuro da sola.” Insistette lui.
Mikey prese il prezioso corpo della sua ragazza, sottraendola alle braccia di Draken, e la strinse a sé con fare possessivo. “Non hai capito, intendevo che è il mio turno di abbracciarla. E non trovo giusto che io sia il terzo, visto che sono il suo fidanzato.” Quindi ristabilì l’equilibrio del mondo rubandole un bacio, lì davanti a tutti, come fosse la cosa più naturale del mondo. Si trattò comunque di un bacio semplice, a stampo, che durò appena una manciata di secondi, a cui Kan non si sottrasse complice il turbinio di emozioni da cui era invasa. Al contrario, Draken aveva i nervi a fior di pelle e una vistosa vena sulla sua fronte pulsava in modo preoccupante. Poi c’era Kazutora, che avrebbe voluto andarsene e fingere di non conoscerli. Ed infine Baji, scontroso come un animale selvatico, che non mancò di lanciare una delle sue frecciatine.
“Spero che li espellano subito, così non sarò costretto a sopportarli tutto l’anno.”
Quando il bacio terminò, Kan fu l’unica a scusarsi, mentre Mikey se ne infischiò bellamente e anzi, mantenne quell’atteggiamento megalomane e cinse i fianchi di lei col braccio, tipo cowboy che prende una vacca al lazo. Mancava solo che gridasse ‘lei è mia’!
*
 
Kan si sistemò sulla sedia e si lisciò le pieghe del vestito in un gesto abituale.
“Io, Ken e Mikey siamo finiti nella stessa classe. Invece Baji e Kazutora nella sezione accanto. Ma questo non ci ha impedito di stare insieme e combinarne di tutti colori!” Aggiunse, ridendo.
L’uomo al di là della scrivania terminò di scrivere una frase e poi posò la stilografica sul blocco di appunti. “Questa parte del racconto l’ha messa di buon umore, vedo. Posso azzardare che per lei sia stato un periodo felice?”
Kan sorrise e rispose onestamente. “Sì, è così! Eravamo molto uniti e stavamo bene! Poi, sempre in quel periodo, se non ricordo male, mio fratello presentò Mitsuya al gruppo, anche se frequentava un’altra scuola. E per completare il quadro, abbiamo accolto fra noi anche il caro Pah, il sesto fondatore della Toman!”
Vedendo lo sguardo interrogativo di lui, Kan lo rassicurò. “Gliene parlerò fra poco, così capirà! Ora vorrei raccontarle un aneddoto importante che riguarda il cognome di mio fratello e il motivo per cui ho deciso di portarlo anche io. Era una delle cose che mi aveva chiesto all’inizio, giusto?”
L’uomo fece un cenno affermativo col capo. “Prego, l’ascolto.”              
Kan si bagnò le labbra con la lingua e riorganizzò rapidamente i pensieri. “E’ stato il secondo giorno di scuola, durante l’appello in classe. Potendo scegliere i posti dove sedersi, Mikey aveva optato per un angolino nascosto in fondo all’aula per realizzare il suo progetto di dormire sulla mia spalla e allungare la mano per toccarmi le gambe, ma…Pff!” Le venne da ridere, ricordando quel momento. “Mi scusi! E’ che quel pagliaccio ha avuto la pazza idea di dire quest’ultima parte in presenza di Ken e, come può immaginare, la razione di mio fratello fu tutt’altro che positiva! Si impossessò del posto all’angolo e obbligò Mikey a sedersi su quello di fronte a lui, in modo da poterlo tenere d’occhio costantemente!”
“E’ un buon fratello. Traspare da ogni parola che dice su di lui.” Confermò l’uomo.
“Sì, è un ragazzo meraviglioso e responsabile. Come dicevo prima, durante l’appello ha fatto una cosa che mi è entrata nel cuore. Mentre tutti gli studenti si erano presentati dicendo il nome, l’età e il cibo preferito oppure un hobby, al suo turno, Ken si alzò dalla sedia e disse queste esatte parole: ‘Mi chiamo Ryuguji Ken, ho dodici anni e la mia passione sono le moto. La cosa che amo di più al mondo è mia sorella gemella Kan e desidero che un giorno lei possa portare legalmente il mio cognome.’ Nell’aula piombò il silenzio dopo quella frase. I nostri compagni erano rimasti a bocca aperta e anche il professore mostrò un visibile interesse per quella frase.”
“Posso comprenderlo. Sentire parole così profonde dette da un dodicenne, per di più un teppista, deve sortire un certo effetto.”
“Confesso di essermi commossa… Mi alzai dalla sedia e lo ringraziai con un filo di voce e gli occhi gonfi di lacrime! Da quel giorno, si sparse in fretta la voce e tutti iniziarono a definirci ‘I Gemelli Ryuguji’.”
Sul suo blocco, l’uomo cerchiò più volte i kanji di quelle ultime parole.
*
 
La prima settimana di scuola si era conclusa senza che accadessero eventi degni di nota. Alla fine, trovandosi alle strette e sotto sorveglianza, Mikey si era rassegnato a tenere le mani a posto, dopo essere stato pizzicato diverse volte da Draken e immediatamente castigato. In ogni caso, Kan era una brava studentessa e aveva passato tutto il tempo a prendere appunti, quindi era inutile continuare a rischiare se lei era la prima a non dargli corda. Così aveva dovuto ripiegare sull’unica cosa che poteva fare: dormire sul banco. E nei pomeriggi, purtroppo, non era andata meglio. Kan si era messa subito a studiare per dimostrare ai genitori quanto si stava impegnando, poi ovviamente c’erano anche stati gli allenamenti al dojo e il sabato il gruppetto aveva affrontato la prima scazzottata con dei senpai del 3o anno che li avevano derisi davanti a un bar. In quell’occasione, Kan non si era neanche scomodata a partecipare, anzi si era seduta ad un tavolino a bere un succo di pesca e mangiare un dolcetto al cioccolato, osservando la scena come fosse stata al cinema. Ciliegina sulla torta, la domenica il nonno di Mikey gli aveva sequestrato la fidanzata per parlarle di un progetto per pubblicizzare il dojo, a cui voleva che lei partecipasse. Con queste premesse, non è difficile immaginare che al lunedì mattina Mikey avesse un diavolo per capello. Per poco non aveva dato un calcio in faccia a suo fratello Shinichiro, quando questo era andato a svegliarlo per la colazione. Aveva perfino mangiato di malavoglia, facendo seriamente preoccupare Emma e il nonno. Ad un certo orario era passati a prenderlo Baji e Kazutora, perché Draken aveva deciso che per un po’ era meglio che lui e Kan non facessero la stessa strada, così giusto per punirlo.
“Mikey, perché quella faccia? Non sei riuscito a cagare stamattina?”
Baji e la sua proverbiale sensibilità! Vero che Mikey era così scazzato da trasmettere il malumore a chi lo circondava. Inoltre c’è da dire che, a causa di questo suo comportamento, Kazutora si era fatto una pessima idea di lui e quasi aveva accarezzato l’idea di provare a soffiargli Kan… Aveva stilato una lunga lista di difetti di Sano Manjiro e tra i pochissimi pregi l’unico che gli piaceva era la bravura in combattimento. Però no, non poteva fare la carognata di fregargli la ragazza. Prima di tutto perché Kan sembrava felice con quel nanerottolo capriccioso. Se aveva dato a lui il ruolo di migliore amico, doveva accettarlo e fare del proprio meglio per non deludere le sue aspettative. Per questo, nonostante avesse l’impulso di mollare un pugno in faccia a Mikey, si ritrovò invece ad approcciarlo in modo del tutto diverso.
“C’è qualcosa in cui possiamo aiutarti? A meno che non sia davvero come ha detto Baji prima… In quel caso ti accompagniamo in farmacia e poi ti arrangi.” Disponibile sì, ma fino a un certo punto.
“Grr!!! Voglio stare da solo con la mia ragazza, ma Ken-chin è sempre in mezzo.”
“E ti pareva che non fosse qualcosa che riguarda Kan…” Si lamentò Baji, sbuffando. “Ma piuttosto di vederti così, preferisco aiutarti.” Gli diede una piccola gomitata sul braccio. “Vuoi che distraiamo Draken?”
Cambiamento imminente! Era bastata quella parola magica per far sparire l’aura oscura e far brillare gli occhi di Mikey! Utilizzarono i minuti restanti per elaborare un piano e, all’arrivo a scuola, poco mancò che Mikey saltasse addosso a Kan, da quanto era contento. Invece fu lei a farlo.  Con Kazutora. Ancora. Normalmente Mikey lo avrebbe fulminato con lo sguardo, ma in quel momento era troppo concentrato sul ‘dolce’ che avrebbe ‘gustato’ più tardi.
Draken indicò la sorella e Kazutora che, appiccicati, se la ridevano allegramente. “Non ti arrabbi oggi?”
Mikey fece spallucce. “Nah! Mi fido della mia ragazza! Se dice che è il suo migliore amico, per me va bene!”
“Veramente Kazutora sarebbe il mio  migliore amico!” Sbottò Baji, attirando l’attenzione del diretto interessato.
Kazutora sospirò e parlò con voce cantilenante. “Baji, te l’ho già spiegato… Kan è la mia migliore amica femmina.”
E lei confermò. “Esatto! E poi ti ricordo che il giorno in cui si è fatto il tatuaggio, c’ero io con lui! Gli ho tenuto la mano per tutto il tempo e l’ho aiutato ad affrontare il dolore!”
“In un certo senso… C’erano momenti in cui mi stringeva la mano così forte da farmi dimenticare il dolore dell’ago sul collo…” Sottolineò Kazutora.
“Ma scusa, non dovevi essere tu a stringere la mano a lei???” Chiese Baji.
“Eeeh…” Kazutora non fece in tempo a trovare le parole che Kan lo sovrastò. “E’ stata un’esperienza terrificante! Dolorosissima! Non farò mai un tatuaggio in vita mia!!!!”
Come dire che  aveva sentito più dolore lei a guardare, che non lui sotto l’ago. Ok! Il suono della campanella pose fine alle chiacchiere, Mikey si riappropriò della fidanzata e tutti insieme entrarono nell’edificio. Si cambiarono le scarpe agli armadietti, salirono un paio di rampe, imboccarono il corridoio dove si trovavano le sezioni del 1° anno e poi si divisero per entrare nelle rispettive aule.
Ecco cosa accadde (e non accadde) quel mattino:                         
1- Mikey non si mise a dormire sul banco subito dopo l’appello. (Strano! By Draken)
2- Mikey non allungò le mani sulle gambe di Kan. (Strano… By Draken)
3- Mikey continuò a fissare Kan col sorriso stampato sulla faccia, attirando l’attenzione di lei, la quale gli sorrise a sua volta. (Ci sta, sono innamorati. By Draken)
4- Mikey le inviò un bacio con la mano e lei rispose allo stesso modo. Per tre volte. E il professore li riprese con queste parole: “Mi fa piacere che siate così innamorati, ma preferirei che certe manifestazioni le faceste fuori dalla scuola.” Kan si scusò formalmente, arrossendo per le risatine dei compagni, e perfino Mikey si inchinò con rispetto. “Mi perdoni, professore. La bellezza della mia ragazza mi ha distratto dalla sua interessante lezione.” (Quel nanerottolo sta architettando qualcosa. By Draken)
Con questa idea nella testa, quando giunse l’ora di pranzo, Draken era totalmente sospettoso.
*
 
Come da nuova abitudine, Kazutora e Baji li raggiunsero per pranzare insieme in aula. Una cosa davvero carina che facevano, era quella di mettere i loro bento sul banco e poi mangiucchiare bocconcini prendendo cibo da tutti quanti. Quello di Kazutora di solito conteneva una grossa porzione di riso e verdure saltate; quello di Baji era quasi tutta tempura; quelli dei gemelli erano uguali e provenivano da un noto negozio di alimentari dove i genitori di lei erano rispettati clienti; quello di Mikey era senza dubbio il più colorato e il più sano di tutti, perché era stato preparato dalle dolci manine di Emma.
Una volta terminato il pranzo fra chiacchiere varie e battute, Kan si occupò di rimettere in ordine le scatole dei bento vuoti e distribuirle ai rispettivi proprietari. Allungò lo sguardo verso l’orologio a parete. “Ho giusto il tempo per fare un salto al bagno!”
A Draken non sfuggì l’espressione compiaciuta sulla faccia di Mikey, nel sentire quelle parole. Era certo che stesse per fare qualcosa di losco e che avrebbe trovato una scusa per uscire a sua volta, perciò decise di anticiparlo. “Mikey, devi andare anche tu? Ti accompagno.”
“Adesso non mi scappa! Ma grazie per l’invito!” Rispose lui, ridacchiando.
“Invito??? Ma quale invito, imbecille!” Ringhiò Draken, col pugno stretto e fremente dalla voglia di posarsi su quella faccia strafottente. In quel momento di distrazione, non si accorse dell’occhiata d’intesa che si scambiarono Kazutora e Baji. Proprio quest’ultimo si alzò dalla sedia e si mise la propria scatola del bento sottobraccio. “Draken, sai quel manga di cui ti parlavo prima? Vieni che te lo mostro, ce l’ho nella cartella!”
“Non che delle rane aliene siano la mia passione. Però gli do un’occhiata, ok…” Ripose la propria scatola sotto al banco e, nell’alzarsi, sbirciò Mikey che si stava stiracchiando. Doveva fidarsi?
“Io resto ancora un po’, non ho voglia di tornare di là.” Disse Kazutora, in modo naturale.
E così, tranquillizzato, Draken seguì Baji nell’aula accanto. Proprio mentre lui era girato di spalle, Mikey passò tutto allegro senza essere visto. Fregato! Attraversò velocemente il corridoio e scese al piano inferiore dove sapeva c’erano i bagni più vicini. E lì, restò in attesa poggiandosi di spalle alla parete di fronte a quello delle ragazze.
Nel giro di qualche minuto la porta si aprì e Kan lo vide. “Mikey? Come mai da solo? Di solito mio fratello ti sta appiccicato anche in bagno!” Lo disse sorridendo, anche se effettivamente era la pura e inquietante verità… Quando si sentì afferrare la mano e trascinare via, non riuscì a chiederne il motivo, per la sorpresa.
Di corsa salirono tutte le rampe di scale fino ad arrivare all’ultimo piano, dove poi Mikey sbirciò per cercare un’aula in particolare. Si era informato dopo aver notato qualcosa di strano dall’esterno. Era un’aula utilizzata come magazzino e aveva sempre le tende chiuse. Il luogo perfetto dove nascondersi per fare porcate! Vi spinse dentro Kan con pochi riguardi e si occupò di chiudere la porta abbassando la levetta, giusto per precauzione.
“Mi dici che stai combinando?” Starnazzò lei, con pieno diritto!
Lui, pacifico e sereno, puntò il dito. “Siediti sotto quella finestra, dove ci sono i teli piegati e lo scatolone.” Con quel tono era decisamente un ordine.
Kan avrebbe potuto rifiutarsi e dirgliene quattro, invece, sapendo di averlo trascurato, lasciò che i sensi di colpa avessero la meglio e cedette. “D’accordo, come vuoi.” Non si sentì affatto scomoda, in fondo i teli facevano da cuscino e lo scatolone era un ottimo appoggio per la schiena. “Ecco. E adesso?”
Mikey ridacchiò e si avvicinò a lei lentamente, tenendo lo sguardo fisso sul suo corpo come un cane randagio di fronte ad una succulenta bistecca. Quando le fu di fronte si mise in ginocchio, con una mano le accarezzò una gamba partendo da sopra la caviglia dove era ammucchiato il calzino, poi salendo fino al ginocchio e ancora più su seguendo la linea della coscia fino ad arrivare all’orlo della gonna. Kan sentì un brivido di piacere. Un momento di esitazione, poi quel dito s’insinuò sotto la stoffa e raggiunse il bordo arricciato delle mutandine.
“E’ da mesi che sogno di toccarti così!” Sussurrò, la voce calda di desiderio, prima di appoggiare le labbra sulle sue.
Le labbra di Mikey attiravano le sue come se volesse risucchiarle e in questo modo le fece diventare rosse come delle belle fragole. Si staccò lentamente, gli occhi ora socchiusi, la frangia di lui che sfiorava la fronte di lei.
“Voglio provare una cosa nuova…” Bisbigliò ancora. Con gesto veloce le aprì le gambe, gliele sollevò avvolgendole sulla parte alta delle cosce. Kan sentì il respiro bloccarsi in gola.
“Non avere paura, non faccio niente di spinto.” La rassicurò lui, e con quello sguardo sincero non c’era che da fidarsi. Si sistemò poco più avanti sui teli, per essere più vicino a lei, e di nuovo la baciò. Ci fu una leggera esitazione da parte di Kan, ma in breve si sciolse come il burro a contatto di quei baci caldi e passionali. Come era solita fare, gli cinse il collo con le braccia, attirandolo ancora più a sé, i piedi penzolanti attorno a lui per via della posizione in cui l’aveva messa. Le mani di Mikey che talvolta si muovevano contro la sua pelle delicata. Il rumore dei loro baci che rompeva il silenzio dell’aula semibuia.
Ma…mentre loro due si ‘esploravano’, qualche piano più giù cosa stava succedendo?
“CHE SIGNIFICA CHE E’ ANDATO IN BAGNO E NON E’ ANCORA TORNATO???” Tuonò Draken, facendosi sentire da un intero piano e mettendo Kazutora in soggezione. “E perché non sei andato con lui?” Aggiunse, giusto per completare!
“Non è che sia il sogno della mia vita guardarlo mentre piscia…” Cercò di giustificarsi Kazutora, sperando di non essere troppo offensivo. “Ora devo tornare nella mia classe, la campanella è suonata. A dopo!” E si dileguò prima che scoppiasse la bomba.
Draken si guardò attorno, sapeva che di lì a poco sarebbe entrato il professore e uscire sarebbe stato un problema. Però se sua sorella non era ancora tornata e Mikey era sparito, era evidente che stavano combinando qualcosa alle sue spalle. “Cazzo che rabbia.” Sibilò tra i denti.
Per prima cosa andò ai bagni di sotto, di Mikey nessuna traccia e in quello delle ragazze sembrava non esserci anima viva (non era entrato, però aveva sbirciato dalla porta). Seconda tappa, i distributori automatici di merendine, il posto più gettonato per quella coppietta di dolci-dipendenti, ma niente nemmeno lì. Terza tappa, il terrazzo sul tetto della scuola, in teoria chiuso agli studenti, in pratica usato da chi aveva voglia di rischiarsela. E lì… Li vide. Dalla posizione stavano pomiciando alla grande, cosa che lo fece imbestialire. Andò verso di loro in poche falcate e gridò: “Razza di pervertito, non toccare mia sorel-”
I due sobbalzarono per lo spavento e…
“Ma voi chi cavolo…?” Ottimo. Aveva sbagliato coppia. Non li conosceva, però dalle scarpe si accorse che erano studenti del secondo anno. “Perché cazzo fate queste cose a scuola?” E se ne andò più arrabbiato di prima.
Al limite della sopportazione, fece un giro all’esterno della scuola e poi , al suono della campanella, decise di tornare in classe e aspettare.
“Ken, dove sei stato fino adesso?”
Una visione!!! Sua sorella era in classe e seduta al proprio posto! E accanto c’era anche Mikey. Porca miseria quanto avrebbe voluto ammazzarlo lì all’istante!!! Fece uno sforzo abnorme per resistere alla tentazione, poi con passo pesante raggiunse il proprio banco.
“Adesso mi faccio un sonnellino, svegliami quando è ora di andare.” Disse Mikey, incrociando le braccia sul banco e poggiandoci comodamente la testa.
Che faccia tosta!
*
 
Come è facile immaginare, da quel giorno le toccatine divennero il nuovo passatempo della coppietta, anche se a volte stare da soli era un’impresa da quando Draken aveva mangiato la foglia. Non passava giorno senza che dicesse frasi del tipo “Devo proteggere l’innocenza di mia sorella!”. Comunque, in un modo o nell’altro, loro due riuscivano a nascondersi da qualche parte e fare quello che volevano!
Nel pieno della primavera, al gruppo si erano aggiunti due nuovi elementi, Mitsuya e Pah, che ricoprirono rispettivamente i ruoli di ‘mammina’ e ‘tonto’ che ancora mancavano. E dirlo non è una cattiveria. Mitsuya con la sua ammirevole pazienza e comprensione e la sua passione per il cucito, era una figura serena e conciliante per gli altri e riusciva sempre a farli sentire a loro agio, oltre che fare da confidente. Pah frequentava la sua stessa scuola ed era diventato amico di Mikey dopo averlo sfidato in combattimento. E aver perso, ovviamente. Ma col suo modo di fare buffo, la sua faccia pienotta e buona e lo sguardo vuoto, era subito entrato nelle simpatie di tutti. Ritrovandosi così in sette, le uscite di gruppo si fecero ancora più movimentate e divertenti. E proprio in questa bella atmosfera giunse il tredicesimo compleanno dei gemelli.
Quel mattino, a grande richiesta del Direttore, i due si erano recati nella stessa sala del ‘centro massaggi’ dove l’anno prima avevano festeggiato insieme per la prima volta, e lì trovarono quasi tutte le ragazze ad attenderli (rigorosamente in biancheria intima e pronte a tornare al lavoro).
“Visto che dopo uscirete coi vostri amici, abbiamo deciso di anticipare la festa!” Disse una, ridacchiando. Poi un’altra indicò due scatole da regalo sopra il tavolo. “Questi sono per voi, da parte di tutta la squadra!” Ed infine, un’altra fece una precisazione: “Il Direttore e la signora Toku hanno preso accordi coi genitori adottivi di Kan per farvi questi regali!”
I gemelli si guardarono un po’ perplessi per alcuni secondi, ma poi, sotto incitazione delle ragazze, tirarono i nastri che adornavano le scatole e sollevarono i coperchi. Le bocche spalancate e le loro espressioni di pura meraviglia, furono immediatamente immortalate da una raffica di scatti fatti coi cellulari!
“Woooh!” Dissero contemporaneamente. Dentro le scatole vi erano due cellulari nuovissimi, identici, con chiusura a conchiglia e di un bellissimo rosa metallizzato.
Draken prese il proprio e lo sollevò alla luce del lampadario. “Che forza! Il mio colore preferito!”
Le dita di Kan esitarono un momento prima di prendere l’altro. “Non ci posso credere… Era da mesi che pregavo i miei di regalarmi un cellulare, ma non avrei mai immaginato che potessero partecipare a questa sorpresa!” Si voltò a guardare suo fratello, il suo viso che sprizzava gioia nel tenere in mano quel piccolo tesoro.
In quel periodo i ragazzi avevano cominciato a recarsi spesso alla discarica e trascorrere lì alcune ore alla ricerca i pezzi per costruire le loro moto. L’idea era quella di preparare tutto per l’estate, in modo da poter sfrecciare per le strade godendosi la loro passione per le due ruote. E quel giorno non fece eccezione. Invece di fare una vera festa di compleanno con dolci e palloncini, Kan aveva acconsentito a trascorrere il pomeriggio alla discarica assieme al fratello e agli amici, dichiarando che per lei era più importante la loro compagnia di una torta. Be’…fu abbastanza difficile da credere, dato che conoscevano la sua golosità, però tutti apprezzarono lo sforzo.
Circondati da montagne di ferraglia, dei sette del gruppo, in realtà, solo quattro erano alla ricerca di pezzi. Per via della seguente situazione.
Pah, essendo figlio di un capo d’azienda, aveva ottenuto una moto il giorno stesso in cui l’aveva chiesta, quindi partecipava a quegli incontri giusto per fare presenza. Mikey per il momento era in tacita attesa che suo nonno acconsentisse a fargli avere una moto, il quale non era per niente ansioso di vedere anche il secondo nipote avere a che fare con quelle cose. Suo fratello Shinichiro con le moto ci viveva, in tutti in sensi, visto che lavorava in un’officina e aveva trasformato la sua stessa camera in un piccolo garage dove passava tutto il tempo libero ad armeggiare con bulloni, chiavi e olio, e aveva promesso al fratellino di convincere il nonno a tempo debito. Poi c’era Kan, la quale non provava il minimo interesse per quelle cose, ma pur di stare con gli amici, il fratello e il fidanzato era disposta a tutto. Quindi restavano Draken, Mitsuya, Kazutora e Baji a darsi da fare!
Date le loro situazioni familiari, l’unico modo per avere una moto era quello che se la costruissero da soli dal primo all’ultimo pezzo, giorno dopo giorno, affidandosi alla buona volontà. Draken faceva un po’ da maestro in tal senso, perché era quello più ferrato in materia, avendo imparato a memoria ogni singolo pezzo ancora prima di imparare a scrivere il proprio nome! E così un po’ alla volta, lavorando sodo, stavano dando vita a quelle che sarebbero state le loro compagne di strada.
Mitsuya fece un enorme sforzo per stringere un bullone particolarmente duro, tanto che le braccia gli tremarono. “Fiuu, finalmente!” Accennò un sorriso e si passò la manica della tuta da lavoro sulla fronte.
Draken sollevò lo sguardo su di lui. “Tutto bene?”
“Sì, mi ha fatto un po’ dannare ma alla fine ho vinto io!”
Baji si unì alla conversazione, ma senza distogliere lo sguardo da ciò che stava facendo. “Io verrò anche domani. Devo cercare un pezzo difficile. Spero di riuscire a trovarlo qui in mezzo, altrimenti sono nei guai con quello che costa prenderlo nuovo.”
“Ti aiuto io! Tanto domani non ho niente da fare” Si propose Kazutora.
“Ah io purtroppo passo. Domani devo occuparmi delle mie sorelline fino a sera.” Mitsuya diede un’occhiata generale al proprio operato e poi sospirò. “Sono più indietro di tutti voi… Per fortuna posso recuperare nei fine settimana.”
Fu allora che Pah fece una delle sue uscite. “Se volete, qualche volta posso farvi guidare la mia! Sono l’unico ad avere la moto e mi annoio ad andare in giro da solo.” Lui era fatto così, aveva il cuore più pieno della testa e, anche se faceva del suo meglio per esprimersi, i risultati potevano non suonare bene.  Però i suoi amici lo sapevano e cercavano sempre di prenderla nel modo migliore possibile. Insomma, sentire dalla sua bocca una frase del genere mentre loro si ammazzavano di fatica, non dava esattamente una bella sensazione, ma sapevano che Pah non lo faceva apposta, quindi era inutile prendersela.
Lui, Kan e Mikey si erano seduti alla meglio alla base di una delle montagne di ferraglia, per lo più chiacchierando e talvolta dando una mano agli altri in qualche modo. Ad esempio, Kan si era auto incaricata di andare a prendere le bevande al distributore di lattine che si trovava nei pressi della discarica. E Mikey ogni volta l’accompagnava per aiutarla a trasportarle. O almeno questa era la versione ufficiale…il vero motivo era di stare da solo con lei  qualche minuto e baciarla lontano da occhi indiscreti. A dire il vero, da quando Draken e gli altri erano indaffarati con la costruzione delle moto, per loro era diventato più facile trovare una scusa per vedersi. Kan diceva di dover studiare, Mikey si inventava qualcosa tirando in ballo il nonno rompiscatole ed ecco che l’appuntamento era organizzato. Che poi era una parola grossa… Il più delle volte si chiudevano in camera di Mikey a pomiciare.
Notando che da dieci minuti buoni Mikey le stava fissando l’orlo della gonna come se volesse oltrepassare la stoffa con lo sguardo, Kan capì che era il momento di allontanarsi da lì.
Con un piccolo slancio di alzò in piedi. “Vado a prendere da bere! Cosa volete?”
A turno risposero con le rispettive preferenze, che Kan memorizzò, quindi dopo che Mikey si fu offerto di aiutarla, s’incamminarono assieme verso l’uscita della discarica.
Attraversarono la strada di corsa e tenendosi per mano, anche se di fatto non c’era nessuno, ma Kan rideva ogni volta e Mikey adorava sentirla ridere, quindi non mancava mai di farlo. Invece di andare dritti al distributore, deviarono in un vicoletto lì vicino, un posto piccolo e riservato. Accanto alla fila dei bidoni della spazzatura, Mikey recuperò una cassetta di legno per la frutta, che per un qualche motivo non veniva mai portata via. Per lui era perfetta, ci saliva sopra e così si ritrovava alla stessa altezza della sua ragazza. Era una cosa importante quando si baciavano stando in piedi, poiché lui si sentiva ridicolo ad essere basso. Solo in quel caso, per intenderci. Giusto perché non voleva sentirsi uno dei sette nani con Biancaneve!  Uno strano problema su cui Kan stava lavorando, sapendo che Mikey si sentiva un dio al di sopra di tutti, perché si vergognava dell’altezza quando doveva baciarla? Mistero… Comunque, in quel momento c’era la cassetta di legno a compensare, perciò lei gli portò le braccia al collo e il bacio ebbe inizio. Facendo esercizio stavano diventando bravi a usare la lingua! Dolci sospiri, suoni bagnati, una mano di Mikey posata molto in fondo alla schiena di lei, mentre l’altra si muoveva lenta sotto la gonna.
Le lingue si districarono, le labbra si separarono e loro due ripresero fiato, fronte contro fronte.
“Kan… Metti la mano sulla tasca destra dei miei pantaloni.” Sussurrò Mikey.
Lei lo fece senza porre domande e…in un istante i suoi occhi si spalancarono e lei balzò indietro arrossendo. “Mikey, pervertito!”
Lui rimase spiazzato. “Che???”
Tenendo sollevata la mano, come se si fosse scottata, Kan abbozzo una mezza risposta. “Ho sentito…duro…”
La faccia di Mikey cambiò completamente e gli scappò una risata. “Hai frainteso!” Mise mano alla tasca e ne estrasse un pacchettino regalo dalla forma tubolare. “Buon compleanno!”
Nel vederlo, Kan si sentì una perfetta scema. “Che cavolo, mi hai fatto prendere un colpo!” Anche se alzò un po’ la voce per rimproverarlo, adesso stava ridendo anche lei.
Mikey le porse il pacchetto. “Se avessi voluto farti sentire il mio, ti avrei detto di toccare la tasca sinistra!”
“Piantala!” Lo riprese di nuovo, strappandogli il pacchetto di mano. Lo aprì con curiosità, al suo interno trovò un braccialetto dalla catenella sottile argentata e con appeso un ciondolo a forma di waffle con tanto di gocciolina di miele sopra.
“Mikey! E’ carinissimo! Grazie!” Aveva gli occhi che brillavano.
Lui scese dalla cassetta e le si avvicinò. “E’ il secondo dolcetto che ho condiviso con te!”
“Me lo ricordo!” Lo guardò di sottecchi, abbozzando uno scherzo. “Vuoi farmi collezionare tutti i nostri scambi di saliva?”
“Non tutti, solo quelli che per me sono stati più importanti.” Rispose lui, alzando le spalle, per poi sorridere. “Ma al prossimo regalo sarò più romantico, promesso!”
Lei gli diede un bacio di ringraziamento. Mikey l’aiutò ad allacciare il braccialetto, mentre lei ripose la scatolina dentro la borsetta per conservarla.
“Credo che ora dovremmo prendere le lattine, altrimenti Ken ci farà le solite domande sospettose!”
“Ah ah! E’ vero!” Uscirono dal vicoletto ed ecco che Mikey tirò fuori un’ultima fanfaronata. “Posso dirti cosa vorrei per il mio tredicesimo compleanno?”
“Ehm…va bene… Mancano ancora tre mesi!”
“Te lo dico lo stesso! Voglio che ci tocchiamo lì sotto a vicenda!”
Kan inciampò a causa di una formica che le tagliò la strada. O almeno è l’unica spiegazione accettabile, visto che per terra non c’era assolutamente nulla.  Chissà perché, all’improvviso non vedeva l’ora di tornare dagli altri!”


Continua nel Capitolo 6: [Summer Disease] :) 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Chapter 6: [Summer Disease] ***


Ps: lo dico ora ma dovevo farlo fin dall'inizio....vi chiedo scusa per eventuali errori di trama! Ma vi prego di sostenermi e continuare a leggere questa storia! Grazie!

 
Chapter 6
[Summer Disease]
                                                                                          
“Un giro in moto tutti insieme? Ma è fantastico! Quando? Dimmi quando, fratellone!!!”
Era bastata una frase per metterla in modalità ‘bambina felice’, anche se a guardarla in quel momento sembrava più una bambina impegnata a combinare qualche marachella! Il suo talento per le composizioni di foglie e fiori essiccati aveva avuto un inaspettato successo tra le ragazze del ‘centro massaggi’ e già da un paio di mesi le avevano commissionato alcuni lavoretti stile bricolage per decorare le loro stanze e dare un tocco di colore e di freschezza, perciò non era insolito trovarla lì con addosso una salopette beige un po’ malmessa, una maglia bianca che ormai bianca non lo era più, i capelli legati in uno chignon e un pennello in mano. La stanza in cui stava lavorando odorava di fragranze floreali e colla liquida, anche se la finestra era aperta per arieggiare. Ormai era ai ritocchi finali di una complessa combinazione di fiori sull’armadio a muro. Kan era felice di occuparsi di questi lavoretti artistici, soprattutto perché in cambio riceveva delle paghette e molti consigli di natura…ehm…sessuale, visto che ultimamente Mikey si era fatto più voglioso e lei aveva acconsentito ad iniziare alcune esplorazioni in certi punti molto intimi. L’accordo iniziare era di aspettare il tredicesimo compleanno di lui, ma poi la curiosità aveva avuto il sopravvento e così avevano anticipo le cose. E lei non voleva assolutamente fare la figura dell’impacciata. Conoscere un bel gruppo di professioniste era una fortuna di cui approfittare! Ah ovviamente niente di tutto questo era stato detto a Draken, infatti lui era convinto che la cosa si limitasse alle paghette e al consenso a dormire lì quando voleva e fare uso di asciugami e cosmetici a piacimento. Se avesse saputo la verità avrebbe sicuramente fatto una sfuriata. E tagliato le mani a Mikey.
“Ci siamo messi d’accordo per domani! Ora che Mitsuya ha preso dimestichezza con la sua moto, possiamo divertirci in gruppo e andare dove vogliamo!” Anche lui con quegli occhi brillanti e il sorriso smagliante sembrava un bambino felice. Era uno di quei momenti in cui i due avevano la stessa espressione e sembravano riflessi allo specchio da quanto erano uguali!
Kan posò il pennello sul bordo del barattolo di colla e con due balzi fu addosso al fratello. “Che bello! E avete deciso dove andare?”
“Baji ha proposto il Santuario di Musashi! Dice che ha una cosa importante da comunicare!”
“Va bene! E’ vicino, però almeno per la prima volta potremo esibire tutti i nostri caschi colorati!”
Draken ridacchiò. “Ah ah, ma pensi ai caschi tu? Io sono eccitato al pensiero di far rombare i motori alle nostre cinque belle ragazze!”
In tutta risposta, Kan gli diede una piccola testata. “Una moto non è una ragazza! Non puoi mica sposarla!”
Quell’ultima parola però ebbe uno strano effetto su di lui e lo indusse ad immaginare la propria Zephyr con un velo sul manubrio, alcuni nastri bianchi sulla carrozzeria e un grosso fiocco sulla targa. Le sue guance si fecero di un tenue rosa.
“Oh ti prego…!” Sospirò Kan per poi tornare a dedicarsi ai ritocchi con la colla.
Suo fratello era parecchio strambo riguardo quell’argomento. Si emozionava per qualunque cosa riguardasse le moto. Da quando aveva terminato di costruire la sua, le donava mille attenzioni e premure, neanche fosse stata una fidanzata, e in camera aveva riempito gli scaffali con decine di riviste di motociclismo. Ne aveva perfino sotto al materasso! Quando le trovò, non le fu difficile capire che le usava al posto delle riviste porno. Era una cosa assurda!!! D’altra parte c’era da considerare il fatto che viveva letteralmente circondato da donne perennemente in biancheria intima sexy, se non addirittura nude, che lo viziavano, lo seducevano e gli chiedevano di massaggiarle praticamente ogni giorno. Era probabile che il corpo femminile non avesse più effetto su di lui. Kan se lo chiedeva spesso… A lui piacevano le ragazze? A scuola non ne guardava nessuna. Gli diede una sbirciata, adesso era seduto lì per terra, a gambe incrociate, e stava ammirando le decorazioni floreali che lei aveva fatto. Erano quasi tutti fiori di varie tonalità di rosa, il colore preferito di entrambi. Ed anche il colore dei loro caschi. L’idea era stata di Kan, glielo aveva regalato per festeggiare il giorno in cui aveva terminato di costruire la moto. Essendo il suo colore preferito, ne era stato felice. Poi erano tornati insieme al negozio a prenderne uno uguale per lei. Draken le aveva promesso che da quel momento in poi avrebbero sfrecciato per la capitale stando in sella insieme e Kan si era sciolta in lacrime per la gioia! Ora che ci pensava bene, le faceva piacere che suo fratello non fosse il tipo da correre dietro alle gonne. In questo modo era come se fosse lei l’unica ragazza del suo cuore e la cosa le stava più che bene!
*
 
Il giorno seguente, il 19 giugno, si radunarono a casa di Mikey, al momento l’unico del gruppo a non possedere una moto. Qualche saluto, due chiacchiere, l’eccitazione di Kan nel vedere la fila di caschi colorati come l’arcobaleno, poi Mikey montò in sella con Baji e il gruppo partì in direzione del Santuario. Nonostante il viaggio fosse breve, a metà strada ci fu un’esplosione di testosterone e, fermi ad un semaforo rosso, i ragazzi iniziarono a vantarsi a turno delle rispettive moto. Poteva starci, se il discorso si fosse chiuso lì, purtroppo bastò un’uscita di  Draken per abbassare la conversazione a livelli primordiali.
“Finalmente vi è cresciuto qualche pelo pubico?”
Tra Mitsuya che si vantò di averne tanti fin dalla quinta elementare e Kazutora che per l’invidia lo minacciò di bruciarglieli tutti, Kan desiderò ardentemente che una divinità venisse a tappare la bocca a quegli imbecilli. Per lo meno Mikey ebbe il buon gusto di tacere o forse era semplicemente disinteressato alla conversazione, dall’espressione che aveva.  A conti fatti non poteva arrabbiarsi e nemmeno vantarsi, semplicemente era abbastanza soddisfatto della morbida peluria bionda che lentamente gli stava crescendo lì sotto. Però che cavolo, anche starsene lì muto invece di interrompere quel discorso imbarazzante non era da uomo! E allora ci pensò Kan a fare la mossa decisiva.
“A me i peli pubici fanno schifo. Quindi ogni mese vado dall’estetista a farmi la depilazione con la cera. Fine del discorso.” L’ultima frase l’aveva detta ringhiando, giusto per far capire che chiunque avesse osato fiatare l’avrebbe pagata cara. Un avvertimento non necessario, comunque, visto che i ragazzi rimasero a bocca aperta! Be’, tranne Mikey, che già conosceva quei dettagli intimi sulla sua ragazza. Pochi istanti di silenzio ed ecco che Pah entrò in scena riallacciandosi al discorso precedente.
“La mia CBX 400F  è la migliore di tutte! Facciamo una gara fino al Santuario!” E lo disse sorpassandoli a tutta birra e salutandoli con la mano per sbeffeggiarli.
Lo spirito di competizione si riaccese e in un istante i motori cominciarono a rombare. Mentre la moto di Draken partiva, Kan sentì di sfuggita la voce di Mikey… “Mi sta venendo una botta di sonno…”. Sorrise tra sé, pensando che Baji sarebbe irrimediabilmente arrivato ultimo! Si strinse di più al fratello, avvolgendogli i fianchi con le braccia, e si godette il resto della corsa.
Quando arrivarono, lasciarono le moto ai piedi della grande scalinata e si resero conto che Baji era rimasto parecchio indietro. Scoppiarono a ridere dimenticando la gara!
Kazutora si accostò a Kan, porgendole il braccio. “Saliamo insieme?”
“Wow che galante!” Intrecciò il braccio al suo e, dopo aver salito qualche gradino, le venne voglia di fare uno scherzo. “Peccato che stoni con la camicia hawaiana e i capelli con la permanente!” Lasciò una risata innocente, la testa poggiata sulla spalla di lui.
Kazutora si passò rapidamente una mano sopra la chioma. “Sono tanto brutti? Da quando li ho fatti così, li guardi sempre in modo strano.”
“E’ solo che mi mancano i tuoi capelli morbidosi! Non vedo l’ora che ricrescano per poterli accarezzare!”
“A-anche io allora!” Rispose impacciato. Gli piaceva il contatto fisico con lei, anche se sapeva che le sue attenzioni affettuose erano solo da amica, lui era ancora innamorato e non si sentiva in colpa ad approfittarne.
“Ah le camicie non voglio che le cambi! Ti caratterizzano e poi so che ti piacciono tanto!”
Kazutora le sorrise. “D’accordo!” Il cuore gli fece una capriola nel petto quando lei gli stampò un bacio sulla guancia. Avere il titolo di migliore amico aveva i suoi vantaggi!
Una volta raggiunta la cima, Kan andò a bere un sorso d’acqua dalla fonte, mentre Kazutora, Draken e Mitsuya fecero una partitella a calcio, visto che quest’ultimo aveva portato un pallone. E dì a poco anche Pah si unì al gioco.
Quando finalmente Baji riuscì a giungere a destinazione, con Mikey caricato sulle spalle che se la dormiva pacifico, ai ragazzi venne spontaneo esclamare un sentito. “Era ora!” Comunque, il piccolo bastardo decise di svegliarsi giusto in quel momento e rimise piede a terra fresco come una rosa, mentre Baji era ricoperto di sudore per averlo trasportato!
Ora che c’erano tutti, si radunarono in cerchio, tranne Mikey che preferì sedersi su una staccionata, e Baji poté esporre la sua grande idea, non che il motivo principale per cui si trovavano lì.
Per Kan fu l’inizio di un incubo.
Rimase immobile ad ascoltare, respirando appena, quasi sperando di venire dimenticata o di confondersi col paesaggio. Perché aveva così tanta paura? No, non era solo quello. Era anche scontenta, amareggiata, contraria…insomma, di tante emozioni non ce n’era una di positiva. Attorno a lei i ragazzi erano entusiasti, più Baji parlava e più loro si gasavano. Non era un segreto che amassero fare a botte, figurarsi adesso che avevano una scusa buona per farlo ancora di più! Pff! Cos’è, si credevano paladini della giustizia solo perché adesso potevano malmenare qualcuno sotto una bandiera? E quel banale tentativo di Baji di usare Kazutora come motivazione? Un giorno l’amico le aveva personalmente confidato di avere avuto problemi con la famosa gang Black Dragon e le aveva fatto promettere di non dirlo a nessuno, nello stesso momento in cui lei gli stava disinfettando le ferite. Kan lo aveva pregato di stare lontano da quei cretini e di prendersi cura di se stesso, di smetterla di cercare la zuffa a tutti i costi. Ma niente. Kazutora continuava a mettersi nei guai, Baji se n’era accorto e adesso era lì a… Uffa. Quella che doveva essere una bella giornata si era trasformata in uno schifo. L’aveva pensata bene quel cazzo di attaccabrighe!  Aveva deciso perfino i ruoli di ognuno e se la godeva a fare squadra con Kazutora. Kan ci aveva fatto caso… Ultimamente gli stava sempre addosso o comunque trovava ogni pretesto per toccarlo, proprio come stava facendo adesso tenendogli un braccio attorno al collo, anche  se lo faceva apparire come un gesto scherzoso. Era da un po’ che aveva voglia di chiedergli perché. Sperò vivamente che non fosse il suo modo di rivaleggiare con lei, per il ruolo di migliore amico! Faceva di tutto per avere le attenzioni di Kazutora, soprattutto negli ultimi tempi. Lui e la madre single si erano recentemente trasferiti in un’altra zona e lui aveva dovuto cambiare scuola controvoglia. Questo significava non poter più fare la strada con Kazutora tutte le mattine, non sedersi vicino a lui in classe, non mangiare insieme durante la pausa pranzo… Accidenti, si era persa in pensieri. Cosa stavano dicendo? Ah…il nome. Mikey ne aveva appena proposto uno di mega egocentrico, tipico di lui, ma gli altri non ne volevano sapere. Divertente. Normalmente si sarebbe messa a ridere per quella situazione comica, soprattutto per l’espressione offesa di Mikey che era davvero buffa, però…
“Vado a vedere se trovo delle belle foglie per le mie composizioni!”
In un attimo tutti gli occhi si puntarono su di lei.
“Ci sono…ehm, molti alberi! Sì insomma…mentre decidete il nome…” Il sorriso che si stava sforzando di fare doveva essere orrendo, visto che era tutt’altro che allegra, quindi si affrettò a girare sui tacchetti dei sandali e ad inoltrarsi nell’area alberata che circondava il Santuario.
Camminò fino a non riuscire più a sentire le loro voci, le girava la testa e di certo non aveva voglia di mettersi a cercare foglie. Prese posto sotto uno dei tanti alberi, le gambe piegate di lato. Si sistemò la gonna del vestito, una bella corolla verde prato che aveva scelto apposta per andare in moto e che non si sollevasse durante la corsa. Sospirò rumorosamente, doveva calmarsi e togliersi quella dannata sensazione di dosso. Sollevò il braccio, al polso aveva il bracciale col pendente a forma di waffle che Mikey le aveva regalato per il compleanno. Lo guardò con affetto. Allo stesso modo con l’altra mano stuzzicò uno degli orecchini a forma di lecca-lecca rosa. Il regalo che lui le aveva fatto alla Vigilia, il giorno in cui si erano messi insieme ufficialmente.
“Sono felice che tu li abbia indossati, oggi!”
Kan riabbassò le braccia e alzò lo sguardo. Mikey stava camminando verso di lei, gli occhi da gatto e le labbra leggermente incurvate in un sorriso. Certo che con quella tutina estiva rosa stava da dio… Quando giunse a lei si mise in ginocchio e le cinse il viso con le mani.
“Cosa c’è? Ti senti ferita perché Baji non ti ha dato un ruolo nella gang?”
Aveva parlato con tono gentile, però quell’ultima parola le urtò i nervi e si ritrovò a scostare il viso di scatto per sfuggire al suo tocco. Mikey ci rimase male.
“Perché avete bisogno di mettere su una gang? Non vi basta fare a botte quando capita?”
“Non è per questo… Vogliamo farci valere e creare qualcosa che verrà ricordato.”
“Siete dei ragazzini di prima Media, è più facile che vi facciano scappare a casa in lacrime.”
Mikey ridacchiò. “Con la nostra forza non perderemo mai!”
Kan reagì di scatto, afferrandolo per le spalle. “Non capisci che è pericoloso? Perché non usi la tua forza per qualcos’altro? Il nonno farebbe i salti di gioia se aiutassi a pubblicizzare il dojo!”
Mikey ridacchiò di nuovo e scosse il capo. “Ti preoccupi troppo! Vedrai che andrà tutto bene!” Si chinò per darle un bacio, ma lei lo schivò. Vabbè pazienza. Si rialzò in piedi e le porse la mano, sorridendo. “Dai torniamo dagli altri! Non è bello senza di te!”
Kan gli prese la mano e lasciò che lui l’aiutasse a rialzarsi, quindi s’incamminarono mano nella mano per tornare. La mano di Mikey era calda… Una mano su cui lei sapeva di poter sempre contare. L’aveva vista turbata ed era venuto a cercarla, l’aveva consolata ed era stato gentile. Mentre lei era stata scontrosa. Si fermò e subito Mikey si volse per guardarla con sguardo interrogativo.
“Scusa… Se per te è importante questa cosa della gang, allora…” Abbozzò un sorriso. “E’ mio dovere di fidanzata sostenerti!”
Mikey ricambiò il sorriso. “Grazie, Kan!” Poi sbirciò attorno alla ricerca di qualcosa, borbottando tra sé. “Non c’è niente. Come faccio a-?” Non finì la frase perché Kan si chinò un poco sulle ginocchia per abbassarsi e dargli un bacio. Le loro labbra rimasero unite una manciata di secondi, poi Kan si separò e accennò un sorriso. “Ogni tanto va bene anche così!”
Mikey lasciò un sospiro di resa. “Devo sbrigarmi a crescere… Voglio diventare più alto di te e baciarti bene!”
Finalmente Kan riuscì a ridere.
*
 
La camera di Shinichiro si poteva classificare come parco divertimenti, da quanto era fantastica. Partendo dalla parete in fondo, c’era una tv spaziale da almeno settanta pollici che già attirava molti visitatori e una collezione di DVD che raccoglieva principalmente titoli d’azione americani. Sulla parete di sinistra c’era un divano bianco immenso ad angolo retto che poteva accogliere tranquillamente una decina di persone, poi un ampio tappeto bianco e peloso e un tavolino. Sulla parete di destra c’era il letto e una serie di mensole per vari oggetti, tra cui i vestiti e una cesta per il bucato sporco. Ma per quanto riguardava Shinichiro, il pezzo forte era la parte all’ingresso della camera, quella che sembrava un’officina per via di tutti gli strumenti del mestiere e la sua amata moto. Era lì che trascorreva quasi tutto tempo libero, lavorando senza sosta sulle moto di tutti. Era anche vero che ogni tanto faceva delle serate film con gli amici, ma la sua passione restavano le due ruote. Per questo, nei giorni e negli orari in cui non lavorava al suo negozio, era facile trovarlo lì, chino su un motore, con addosso la tuta da meccanico piena di macchie di grasso che sembrava più il manto di un dalmata, oppure con una comoda t-shirt e pantaloni larghi. E sempre con qualcuno a tenergli compagnia. Di solito erano gli amici dei tempi della gang, la prima generazione della rinomata Black Dragon, che si divertivano a ricordare avventure e bravate con lui come protagonista. Altre volte invece ci pensava il fratellino a stare con lui e guardarlo in silenzio mangiando un dolcetto. Quando c’era Draken, Shinichiro diventava un vero e proprio Maestro e gli insegnava ogni trucco riguardante le moto, tutte cose che poi lui aveva avuto modo di applicare nella costruzione della propria, oltre ad aver aiutato Mitsuya, Baji e Kazutora nei giorni alla discarica.
Quel giorno in particolare, Shinichiro stava dando una sistemata alla moto del suo migliore amico, Wakasa. Sfacciato al limite della decenza, sicuramente era uno che si faceva notare per la folta chioma platinata e l’orecchino con tre perle rosse. E un sorriso provocante sulla faccia.
“Shin, che ne dici se una di queste sere porto qui un paio di pollastre e ce le facciamo?”
Shinichiro rispose senza battere ciglio, concentrato sul lavoro. “No, grazie. L’altra volta te le sei fatte tutte e due tu. E io ho dovuto fare finta di niente e guardarmi il film che voi mi avevate chiesto di mettere su.”
“Ah ah ah! E dai, te la sei presa? Non è colpa mia se quella che avevo portato per te mi si è appiccicata addosso!”
“Non ti sto dando la colpa. Ma dopo tutti i due di picche che ho preso, mi è passata la voglia di provarci con le ragazze.”
Wakasa, stravaccato sul divano neanche fosse stato un antico romano, lasciò i comodi cuscini e andò verso l’amico. Si chinò alle sue spalle. “Se vuoi chiudere con le femmine, significa che vuoi cambiare sponda? Potrei farti assaggiare qualcosa di nuovo!”
“La tua generosità mi commuove, Waka.” Ancora una volta rispose con tono piatto, senza scomporsi minimamente, allora l’altro, indispettito, gli passò una mano sotto e gli diede una strizzata alle palle che lo fece sobbalzare!
“Che cazzo, Waka! Adesso ti mando via a calci!”
Wakasa fece un passo indietro, mani sollevate. “Ok ok, scusa! Ma scommetto che se lo avesse fatto quella brunetta che ti piaceva tanto, non avresti risposto così!”
Shinichiro lo provocò di rimando. “E se lo faccio io a te?” Lo afferrò al busto per tenerlo fermo e con l’altra mano lo palpeggiò con forza, per fargli passare la voglia di fare certi scherzi. Non aveva mai capito che Wakasa era diventato un donnaiolo per smorzare i sentimenti che provava per lui da anni…
Mentre Shinichiro ci dava dentro e Wakasa si contorceva dalle risate, incerto se provare a liberarsi o godere di quel fortuito tocco, una piccola figura fece capolino dall’entrata.
“Shinichiro…?”
Sentendo quella voce, lui si paralizzò all’istante, tranne il suo sguardo che invece si volse lentamente fino a posarsi sul viso del suo fratellino che lo guardava con occhi sgranati.
“M-manjiro?”
“Disturbo?” Mentre lo chiedeva fissò un punto preciso e quando Shinichiro si rese conto di avere la mano a stretto contatto con le parti intime dell’amico, si affrettò a toglierla e ad allontanarsi da lui, più imbarazzato che mai.
“Ah che peccato! Mi stavo divertendo!” Puntualizzò Wakasa, ridacchiando, al che fu subito ripreso da un acuto “TACI!!!”.
Shinichiro si avvicinò a Mikey. “Dimmi, ti serve qualcosa?”
“Volevo chiederti della moto per me…”
Di nuovo. Era da giorni che insisteva con quella storia. Da quando l’avevano nominato Comandante della nuova gang era diventato un disco rotto. Non aveva nulla in contrario al fatto che lui e gli amici avessero fondato una gang, però non era sicuro che uno scricciolo come Mikey potesse guidare una vera e propria moto.
“Manjiro, te lo ripeto per l’ultima volta. Vorrei che cominciassi con uno scooter per abituarti.”
Mikey mise il broncio. “Ma se è da quando avevo tipo sei anni che mi fai guidare la tua moto? Me l’hai insegnato tu!”
“Però sono sempre stato in sella con te e ancora non mi fido a lasciartelo fare da solo.” Era serio e stava parlando così per il suo bene. Che cavolo, aveva solo dodici anni, ne aveva di tempo per scatenarsi! Vedendo che adesso Mikey aveva gonfiato le guance come un rospo, per il disappunto, gli scappò una risatina. Gli fece una carezza sulla testa. “Lo so che sei arrabbiato, ma ti chiedo di avere solo un po’ di pazienza! Ok?”
Mikey parve pensarci su e…ecco che arrivò Kan, sorridente e con un vestitino corto che le risaltava le lunghe gambe da gazzella. “Mikey! Shin! Ciao!”
L’espressione di Mikey cambiò completamente. Ad un inopportuno “Woooh che schianto!” da parte di Wakasa, pensò bene di proteggere il proprio territorio avvolgendo i fianchi di Kan col braccio e stringerla a sé.
Comunque, ci pensò Shinichiro a rimettere in riga l’amico. “Piantala, idiota! E’ la ragazza di Manjiro! E ha tredici anni!”
“Tsk, stavo solo apprezzando.” Disse stizzito, per poi tornare sul divano a poltrire.
Shinichiro finalmente si calmò e regalò alla nuova arrivata un dolce sorriso. “Come stai, Kan? Tutto bene a scuola?”
“Sì, benissimo! I miei voti sono alti e i miei genitori sono contenti!”
“Brava, continua così! E se puoi insegna qualcosa a quello zuccone del mio fratellino!”
“Non ho ancora imparato a fare miracoli!” Scherzò lei.
“Se qualche volta vi chiudeste in camera per studiare e non solo per pomiciare, male non vi farebbe!” Si chinò per essere faccia a faccia con Mikey. “Vero, Manjiro?”
Mikey sostenne il suo sguardo con fermezza, per poi uscirsene con un commento strafottente. “Non è colpa mia se sono così figo da aver attratto la ragazza più bella di Tokyo!”
Inutile dire che lo lasciò di sasso. Kan perlomeno chinò il capo per scusarsi, ma subito Mikey se la portò via con aria spavalda da gran conquistatore.
Tempo due secondi e… “BWAHAHAHAHAHAHA!!!” Wakasa esplose in una grassa risata, tanto da ritrovarsi a contorcersi sul divano.
Shinichiro gli lanciò una doverosa occhiataccia. “Che hai da ridere tu? Guarda che mi fa piacere sapere che Manjiro ha una ragazza così carina e brava.” Quindi tornò alla moto e riprese il lavoro interrotto.
“Ahhh…” Wakasa si massaggiò il ventre dolorante e smise di ridere. “Però sarai invidioso, ci scommetto!”
“Figurati.” Era tornato serio.
Wakasa s’impose di lasciare di nuovo il divano, anzi a spostarsi su un altro lato per poter vedere Shinichiro in faccia. Si sedette sullo schienale e gambe aperte per mantenere l’equilibrio. “Per te saranno solo ragazzini, ma io ho visto lo sguardo da predatore del piccoletto. Vedrai che non mancherà tanto.”
“Di cosa stai parlando?”
“Il tuo fratellino sta per perdere la verginità. Rassegnati.”
Shinichiro sbuffò ridacchiando. “Sono troppo giovani, ti pare?”
“Sì sì, continua a ripetertelo! Quei due l’innocenza se la mangiano a colazione! I tempi sono cambiati!”
Shinichiro avrebbe tanto voluto ribattere. Purtroppo sapeva che ormai i ragazzi si dividevano in due categorie sulle tappe del sesso. C’erano quelli bravi che lo facevano alle Superiori e c’erano quelli precoci che si buttavano già alle Medie. Era una questione di sviluppo. Lui ad esempio, alle Medie era ancora un cazzo di moccioso. Aveva dato il primo bacio solo in terza Superiore e toccato la prima tetta al diploma. E adesso, ad un passo dal compiere ventitre anni, era ancora vergine. Il solo pensiero lo faceva schiumare di rabbia. Era uno sfigato assurdo in amore. Davvero non capiva perché facesse schifo alle ragazze. Quando si guardava allo specchio si vedeva piuttosto bello… Bah, vai a capire le femmine… Forse provava davvero una punta d’invidia per il suo fratellino che era riuscito ad avere successo così presto dove lui invece aveva fallito. I geni della figaggine erano passati tutti a Mikey. Anche il loro padre aveva avuto successo con le donne, quando era in vita. Fin troppo. Infatti Emma era nata quando Mikey aveva circa un anno. Ovviamente l’aveva avuta da un’altra donna. Ecco, doveva pregare che Mikey non facesse la stessa cosa. Doveva farsi un promemoria e insegnargli ad essere fedele. Ora lui aveva occhi solo per Kan, letteralmente, ma in futuro chissà… Meglio prevenire.
*
 
Il compito di disegnare e cucire i tokkofuku per i membri della gang, fu assegnato al caro Mitsuya, l’unico in grado di usare ago e filo senza uccidersi da solo. Se esistesse un certificato della ‘brava mammina’, lui l’avrebbe preso già alle elementari! Era quello il vero ruolo che ricopriva nel gruppo e adesso che era nata la gang avrebbe continuato a fare le stesse cose, a prendersi cura dei casi disperati che erano i suoi amici, a dare loro supporto, ad ascoltarli, a consigliarli e pulirgli il moccio dal nas- ah no, quello sapevano farlo da soli. Lui stesso a volte confondeva le necessità delle sue sorelline con quelle degli amici e gli veniva spontaneo essere eccessivamente premuroso nei loro confronti. Per questo aveva accettato di prendersi l’incarico di creare le divise. I primi giorni Kan fu felice di aiutarlo, occupandosi di scrivere su dei fogli le misure dettagliate che lui le diceva, man mano che si dava da fare col metro a nastro. La sua presenza lo rincuorava, era come avere una spalla su cui fare affidamento, senza contare che le sue sorelline l’adoravano e le stavano addosso per ore giocando a pettinarle e acconciarle i capelli e inventando scenari dove lei era la protagonista, di solito una Principessa che doveva andare al gran ballo di corte o cose così. E a lei non dava alcun fastidio.
“Se devo confessarlo, io adoro sentire le dita tra i capelli! E’ così rilassante!” Disse il primo giorno, comodamente seduta al chabudai, una matita in mano e un foglio davanti che stava riempiendo con una bellissima calligrafia.
“Ne sono felice! Mana e Luna hanno un sacco di cianfrusaglie per i capelli e usarle su di te le rende entusiaste, da quello che vedo!” Sorridendo, scambiò uno sguardo complice con lei, tenendo fra le mani il metro con tocco abile, come si fosse trattato di un serpente invece che un oggetto inanimato.
Avendo seguito la conversazione, Luna lanciò un’occhiataccia al fratellone. “Ti abbiamo chiesto tante volte di farti crescere i capelli, ma tu non lo fai mai!!!” Non gli diede il tempo di difendersi da quell’accusa e si rimise subito all’opera con quella che sembrava un groviglio di forcine colorate che avrebbero richiesto un bel po’ per essere tirate via! E Kan, ignara di quello che succedeva alle proprie spalle, ridacchiò divertita per quella linguetta tagliente che aveva Luna.
In effetti le parole della piccola avevano un fondo di verità, che però Mitsuya non avrebbe mai ammesso apertamente. Si teneva i capelli corti di proposito, proprio per evitare di cadere vittima delle idee artistiche delle sorelline. Va bene fare la figura materna, ma aveva un orgoglio da difendere.
“Ehi Mitsuya, devo stare così ancora per tanto? Mi fa male il braccio!”
Nel sentire quel lamento tornò al presente. Stava prendendo le misure a Mikey e il povero aveva da un po’ il braccio sollevato verso l’esterno per permettergli di misurare la lunghezza totale e il giro ascellare. “Ah, scusa. Sì ho fatto, riabbassalo pure!”
Mikey lo lasciò ricadere a peso morto e si massaggiò un muscolo vicino alla spalla che si era un po’ indolenzito.
Mitsuya guardò il numero che aveva puntato col pollice prima di mettersi a parlare e lo riferì a Kan affinché lo aggiungesse agli altri della lista.
In quel momento entrò Draken dalla porta d’ingresso, tenendo sollevata nella mano una sportina piena di bevande e stuzzichini. “Qualcuno ha voglia di uno snack?”
Mana e Luna abbandonarono immediatamente pettine e forcine e gli corsero incontro gridando “Io, io!” e sollevando le braccia per farsi dare qualcosa.
Lui si abbassò su un ginocchio e aprì la sportina per permettere loro di scegliere ciò che volevano. Aveva un sorriso davvero dolce e si vedeva che apprezzava la vicinanza delle bimbe. Il loro rapporto era decisamente migliorato rispetto all’inizio, quando le piccole erano intimorite da lui a causa della sua altezza e al drago che aveva tatuato sulla tempia. Il che era comico, visto che per alcuni giorni anche Mitsuya aveva portato lo stesso tatuaggio, prima che Draken gli imponesse di nasconderlo! Ma forse su di lui faceva un effetto diverso… C’erano voluti diversi incontri prima che le due riuscissero ad accettare di essere prese in braccio e ricambiare i sorrisi. Comunque, l’importante era che tutto fosse stato risolto.
“Sto per ingelosirmi.” La informò Mikey, sedendosi accanto a lei.
Lo guardò con tanto d’occhi. “Di chi parli???”
Lui fece un cenno con la testa. “Di Ken-chin… A volte ti incanti a guardarlo…”
Tempo due secondi e Kan gli rise letteralmente in faccia. “Ahahah non dire stupidaggini! E’ solo che mi fa sciogliere il cuore quando sorride così! E vederlo fare il tenero con le bimbe è bellissimo!”
Mikey la strinse in un abbraccio, accennando un sorriso. “Anche io sono tenero!” E come dargli torto, con quella frangetta bionda e gli occhi da gatto e il visetto tondo, era un incrocio tra un bambino e un animaletto domestico! Kan rispose all’abbraccio, le punte dei loro nasi si toccarono giocose un paio di volte, facendoli ridere.
“Voi due, evitare di amoreggiare davanti a queste creature innocenti!”
Ovviamente Draken li aveva ripresi, cambiando tono ed espressione. Sul serio, quando si sarebbe abituato al fatto che stavano insieme? Andò al tavolino e posò la sportina al centro, quindi ci pensò Kan a svuotarla del contenuto e dividere in base alle preferenze. Quando anche Mitsuya prese posto con loro, tenendo il metro avvolto attorno al collo, si misero a chiacchierare del più e del meno.
Il giorno seguente ci fu uno scenario simile, solo che invece di Draken e Mikey, era stato il turno di Baji, Kazutora e Pah. Il terzo giorno, Kan e Mitsuya erano andati da soli in giro per negozi all’ingrosso di tessuti a cercare la stoffa necessaria, qualcosa di non costoso e facile da lavorare. Il problema arrivò dopo… Anche se Kan era stata un’assistente valida, Mitsuya si ritrovò di fatto da solo quando scoprì che lei non sapeva attaccare neanche un bottone. Ahi…
“Ti prego, perdonami!!! Ero una frana in economia domestica, quindi ho deciso di lasciar perdere!”
Si era chinata ad angolo retto, mortificata per quella grave mancanza in un momento tanto importante.
“Ehm…ma no, tranquilla! Abbiamo tagliato tutto, anche se ci metterò qualche giorno in più a cucire non cambia niente!”
Questo era vero, però per lei era stato uno schiaffo rendersi conto di essere così incapace. Adesso era la ragazza del Comandante di una gang, non poteva permettersi errori. In un modo o nell’altro, doveva imparare a fare quelle cose che prima aveva dato per scontate. Doveva provarci. Per Mikey.
*
 
I tokkofuku furono pronti dopo alcune settimane, proprio nel periodo in cui il dojo cominciava ad accogliere nuovi iscritti in vista delle prossime vacanze estive. Per Kan significava essere più indaffarata, essendo lei la punta di diamante e l’allieva preferita del nonno/Sano Sensei. Mentre Mikey e Baji erano diventati gli allievi peggiori per via delle loro condotta indisciplinata e la mancanza di buona volontà (in poche parole, anche se erano indubbiamente forti, si allenavano senza ascoltare i consigli degli adulti), Kan si era fatta strada ed era motivo di orgoglio per il dojo anche per via della sua affidabilità. Perciò, ora che i ragazzi avevano in testa solo il chiodo fisso della neonata gang, che avevano chiamato ufficialmente ‘Tokyo Manji Gang’, lei stava dando il meglio per aiutare al dojo. Inevitabilmente ci furono dei dissapori per questa situazione. Ad esempio, il giorno in cui i ragazzi indossarono le divise per la prima volta e si fecero fotografare sulle strisce pedonali del famosissimo incrocio di Shibuya, lei non si era presentata. Nello specifico, per l’occasione aveva affidato la propria fotocamera a Draken, dicendo che li avrebbe raggiunti in tempo per scattare lei stessa la foto e invece non ci aveva nemmeno provato. Era rimasta al dojo per accontentare il nonno, disertando un impegno preso con loro. Per questo, per non sentirsi troppo in colpa, quando i ragazzi le proposero di unirsi alla loro prima gita fuori porta come gang, lei accettò subito. La meta era Yokohama.
Era l’inizio di luglio e fortunatamente non era ancora arrivato il grande caldo. Alla fine Mikey era stato costretto ad accontentarsi dello scooter impostogli da Shinichiro, un trabiccolo riverniciato di rosso come il suo colore preferito e con impresso sul davanti il simbolo del manji fatto con strisce di nastro adesivo nero. E lento da morire. Lui si era fatto da solo il lavaggio del cervello per farselo piacere e continuava ad inventarsi lodi come “Il mio adorato scooter! Il mio potente falco!”, ma era lui stesso il primo a NON crederci! Gli altri per lo meno facevano una certa figura in sella alle loro belle moto, con addosso i nuovi tokkofuku e l’aria fiera. Perfino Pah, che aveva l’incarico di portare il pesante bastone con la bandiera, sembrava più imponente del solito. E poi c’era Kan, che col suo prendisole azzurro semi trasparente, il cappello di paglia a tesa larga e le infradito, più che parte del gruppo sembrava essere stata rapita.
Mancava poco alla destinazione, quando il gruppetto dovette fermarsi per l’ennesima volta ad aspettare che Mikey si mettesse al passo con la sua tartarug-ehm col suo adorato scooter… Ci fu un lamento generale, ovviamente, ma c’era poco da fare fino a quando non avrebbe avuto una moto come loro. Niente fraintendimenti, era carinissimo a vedersi, ma l’immagine del bambino coccoloso che aveva era ben lontana da quella di Comandante di una gang che avrebbe dovuto dare. Ed infatti, neanche il tempo di pensarlo, che un gruppo di teppisti in moto li affiancarono, ridendosela della grossa. Erano studenti delle Superiori, indossavano tokkofuku color porpora e il loro capo era armato di mazza. Le frasi di scherno si sprecarono e fu solo grazie al sangue freddo di Mikey se le cose non degenerarono. Per tutto il tempo Kan rimase dietro al fratello, col cuore che le batteva come un tamburo nel petto. Anche se non aveva senso. Tutti loro erano perfettamente in grado di difendersi, lei compresa, eppure in quel momento aveva fissa nella mente l’immagine dei suoi amici abbandonati sul ciglio della strada con le ossa rotte e lei in stato di shock dopo essere stata stuprata. Era una cosa che poteva accadere davvero, non un’esagerazione. Quando sentì i rombi dei motori dei ragazzi più grandi che si allontanavano, Kan si rese conto di star strizzando gli occhi e anche la stoffa della giacca del fratello. Riaprì gli occhi e lentamente riprese a respirare per calmarsi.
“Kan, stai bene?”
Ebbe un piccolo fremito a quella domanda. Sollevò la testa ed incontrò lo sguardo preoccupato di Draken. Tentò di rispondere, ma la voce non uscì, quindi si limitò a fare un mugolio.
“Tranquilla, quelli erano i classici conigli che parlano tanto per darsi arie e poi se la fanno sotto.”
Provò di nuovo a rispondere, nulla, allora accennò un mezzo sorriso.
Ora che le acque si erano calmate, il gruppetto poté ripartire. Anzi no. Mikey era rimasto a secco di carburante e, non avendo nessuna intenzione di trascinare lo scooter fino a un benzinaio, tirò in ballo la carta della gang e appioppò l’incaricato a qualcun altro. E Baji fu lo sfigato a pescare la pagliuzza più corta! Almeno gli altri poterono ripartire e raggiungere finalmente la spiaggia.
I ragazzi parcheggiarono le moto e poi andarono ad una cabina spogliatoio per togliersi le divise, mentre Kan si occupò di prendere un posto ombrellone con tanto di sdraio e lettini. In barba a chi diceva che lei non aveva un ruolo nella gang! Col cavolo! Lei di fatto era la cassa della Toman!
“Avere dei genitori adottivi benestanti è proprio una figata!” Disse tra sé, ritrovando il sorriso.
Si riunì ai ragazzi fuori dalla cabina e lasciò detto il numero dell’ombrellone che le era stato dato. Mitsuya, Draken, Pah e Kazutora si lanciarono di corsa verso la meta. Mikey invece…
“Perché tu sei ancora vestito?”
“Vado a vedere se Baji ha bisogno di aiuto. Ci sta mettendo un po’…”
Kan gli sorrise. “Così mi piaci! Prima sei stato troppo tirannico!”
Mikey ridacchiò. “Volevo vedere se mi obbediva!” Fece un passo verso di lei e le parlò con voce seducente. “Sotto al prendisole indossi…quello? Mi sembra di intravederlo attraverso il tessuto.”
“Ehm…sì! So che ci tenevi tanto…e allora…” Rispose lei, timidamente.
“Quando torno voglio vederti in bikini e imbucarci da qualche parte a pomiciare!”
Ecco, quello era un comportamento di Mikey di cui non si sarebbe mai lamentata!
Una volta che Mikey si fu allontanato, lei andò all’ombrellone a sistemare le proprie cose. Vide che suo fratello e Mitsuya erano già in acqua a divertirsi, mentre Pah e Kazutora si erano seduti comodi sulle sdraio e stavano ammirando spudoratamente le ragazze in costume.
Posò la borsa sotto all’ombrellone, assieme alle infradito, poi tolse il capello per appenderlo.
“Ragazzi, asciugatevi la bava dalla bocca o qualcuno vi denuncerà!” Scherzò.
Kazutora si volse verso di lei con l’intenzione di rispondere facendo una battuta, ma l’idea morì sul nascere quando si ritrovò ad osservare lo spettacolino di lei che si sbottonava il prendisole. Ad ogni bottone che sfilava dall’asola, la bocca di lui si apriva un po’, e quando Kan arrivò all’ultimo bottone, lui aveva la bocca così spalancata che avrebbe potuto passarci un tir! Con lo sguardo divorò le rotondità di quel corpo, a partire dai seni tondi e abbastanza grandi da riempire per bene le mani di un ragazzo (…), i fianchi snelli che richiamavano ad avvolgerli col braccio (…) e le bellissime gambe lunghe che lui aveva ampiamente osservato e apprezzato già dalla scorsa primavera. “Waaaaaaaah…! Kan…sei…”
Kan ridacchiò nel vedere la sua faccia buffa e decise di stare al gioco. “Sono cosa?”
Kazutora prese respiro per rispondere e…
“Niente di che.”
Fermi tutti!!! A parlare era stato Pah.
Kan gli si parò davanti, sfoggiando una bella espressione accigliata. “Che cosa hai detto???”
“E’ stato Baji a dirlo.” Rispose lui, semplicemente.
“Baji??? Ma che-?”
“L’altro giorno ho sentito lui e Kazutora parlare di te. Kazutora ha detto che sicuramente saresti stata fantastica in costume da bagno e Baji ha risposto che ti aveva già vista e non eri niente di che.”
Allarme omicidio!!! Kan era talmente incazzata da emanare scintille dagli occhi, anche se Pah se ne stava impassibile come se niente fosse, quindi Kazutora pensò bene di mettersi in mezzo e provare a salvare la situazione. “Ah ma non diceva sul serio!”
“E invece è proprio da lui dire queste cattiverie! Lo conosco fin troppo bene!”
“Kan, non è come credi! La verità è che  a lui non piace… Non piace…” Cazzo si era bloccato. Stava per dire che a Baji non piace il corpo femminile, ma così avrebbe tradito il suo segreto. Nessuno a parte lui sapeva che Baji era gay. Il problema è che Pah aprì di nuovo la bocca nel momento sbagliato e se ne uscì con un “Non gli piace Kan. Lo dice sempre.” E fu tutto perduto. Kazutora non poté fare niente, disastro totale.
Rossa in volto e coi pugni stretti, Kan starnazzò: “Kei è un deficiente senza cuore! E tu sei uno stupido che gli da retta!” Quindi si strinse il prendisole al corpo, come vergognandosi, e se ne andò furiosa.
“So di essere stupido… Ma quelle cose le ha dette Baji, perché si è arrabbiata con me?”
A quella domanda, Kazutora si sentì mancare. E infatti scivolò sulla sdraio come burro. “Accidenti Pah… Dovresti davvero pensare prima di aprire la bocca.”
Kan camminò in riva al mare per un po’, perché aveva dimenticato di indossare le infradito e non riusciva a stare a contatto con la sabbia bollente. Bastò questo a farle passare la rabbia, però la tristezza e il senso di umiliazione non volevano saperne di sparire. Trovò un posticino tranquillo dove sedersi, piegò le ginocchia al petto e se le abbracciò. Il mare doveva essere bellissimo lì a Yokohama, peccato che le lacrime negli occhi le stavano offuscando la vista. Aveva anche dimenticato il cappello.
Impossibile dire quanto tempo passò quando sentì un paio di braccia avvolgerle il busto e una testa posarsi sulla sua spalla.
“I tuoi capelli sono caldissimi sotto al sole!”
Ignorò l’approccio simpatico, stava ancora troppo male.
“Mi hanno detto cos’è successo. Kazutora era preoccupato per te e Pah era dispiaciuto.”
“Non ce l’ho con loro…”
Un momento di esitazione. “E Baji vuole chiederti scusa.”
“Lo hai minacciato tu?” Chiese con tono acido.
Mikey le stampò un bacio nell’incavo tra la spalla ed il collo, percepì il sapore salato dell’aria di mare. “Lui non ti odia, ha solo un brutto carattere! L’ho pestato per tutta l’infanzia per questo!” Non ottenne risposta, allora accostò le labbra al suo orecchio e bisbigliò. “Non mi importa quello che dice lui. La mia ragazza è la più bella! Non hai niente da invidiare a quelle che sono qui in spiaggia!”
“Tanto lo stai dicendo solo perché hai fretta di vedermi in bikini…” Provò a dirlo come una lamentela, ma un cenno di divertimento nella voce la tradì.
Ora che sapeva di essere sulla pista giusta, Mikey si alzò in piedi e si mise di fronte a lei in posa statuaria, con addosso solo un costumino rosso. “In cambio ti faccio ammirare il mio fisico perfetto! E i miei muscoli possenti!”
“Ahahahah Mikey!!!” Finalmente una bella risata. Ovviamente rideva per il suo atteggiamento buffo, però quel fisichetto le faceva gola sul serio. Non si poteva negare che Mikey fosse fatto in miniatura, ma il suo corpo si stava pian piano forgiando grazie agli allenamenti e continuando così avrebbe attirato stuoli di fan urlanti che di certo non si sarebbero soffermate sulla sua bassa statura. Porca miseria… A quel punto sarebbe stata lei a far volare qualche calcio per ricordare a tutte che Mikey era solo suo!!!
Con uno slancio si alzò in piedi. “Be’ direi che ti sei meritato un premio!” Con la punta delle dita sollevò i lembi del prendisole e incrociò le gambe per fare una piccola riverenza.
Gli occhi di Mikey si riempirono di stelle. “Sei più bella di quelle ragazze occidentali sulle riviste che Shinichiro nasconde sotto al materasso!” Un gran complimento, se la cosa si fosse fermata lì. Invece Mikey doveva per forza strafare, quindi gli uscì di bocca una frase sconnessa riguardo le sue tette e si buttò in avanti con tutta l’intenzione di affondare la faccia proprio lì! Kan lo schivò prontamente, facendolo schiantare sulla sabbia.
“Te la sei cercata! Guarda cosa ti metti a fare qui davanti a tutti!” Lo riprese Kan con decisione, tornando a coprirsi.
Mikey ci mise una manciata di secondi a connettere il cervello e togliere la faccia dalla sabbia. Più che uno ripresosi da un attacco ormonale, sembrava essersi appena svegliato, con quegli occhi socchiusi e lo sguardo perso nel vuoto! Con calma si rimise in piedi, si scrollò la sabbia di dosso e agitò la chioma per togliere eventuali granelli dai capelli. Già, addormentato e figo! Dopo un po’ posò lo sguardo su Kan, che era ancora ferma lì accanto ad osservarlo, in attesa di una sua reazione. Ed ecco che il suo sguardo tornò lucido. “Ah giusto, devo cercare un posto dove vendono del ghiaccio.”
Kan strabuzzò gli occhi: “Ghiaccio???”
“Sì…per Baji… Sulla schiena ha già un livido enorme…”
“Aspetta aspetta! Di cosa stai parlando? Che è successo a Kei?”
“Ecco… Te lo racconto mentre camminiamo.”
La prese per mano e le fece un resoconto piuttosto dettagliato dell’avventura vissuta dal benzinaio. Del gruppo di teppisti in porpora che disgraziatamente Baji aveva rincontrato, del modo in cui si era preso una mazzata sulla schiena per difendere lo scooter di Mikey, del modo in cui lo stesso Mikey lo aveva poi distrutto con un calcio solo per avere la scusa di pestare quei ragazzi e uccidere il loro orgoglio… Uno scenario che probabilmente sarebbe divenuto la normalità. Scontri tra gang per i motivi più assurdi e poi ferite da curare. Come quella di Baji.
Quando tornarono all’ombrellone, trovarono Baji steso di pancia su un lettino e Kazutora a vegliare su di lui. Quando quest’ultimo li vide arrivare scambiò un’occhiata con Kan, lei gli fece un cenno di rassicurazione con la testa e un attimo dopo lui e Mikey s’incamminarono insieme verso la riva, dove gli altri stavano giocando con un pallone gonfiabile. Kan si sedette sul bordo del lettino, senza che Baji si fosse accorto della sua presenza. Vedendo il livido sulla sua schiena provò pena per lui. Prese dalla sportina una busta di ghiaccio istantaneo, seguì le istruzioni per attivarlo e lo posò sopra il livido. Solo allora Baji volse leggermente il capo per guardare chi c’era. Giusto un attimo, poi tornò a poggiare il mento sulle braccia intrecciate in avanti.
“Grazie…” Sussurrò.
“Guarda cosa ti sei fatto fare per difendere quello stupido trabiccolo…”
“L’ho fatto per Mikey…”
“Già…”
“Senti…per quello che ho detto su di te…” Non ci fu bisogno di cercare le parole, perché Kan lo interruppe. “Lascia stare. Se fossi ancora arrabbiata, ora non sarei qui ad aiutarti.”
Il che era vero. Sapeva com’era fatto Baji e sapeva che avrebbero litigato ancora, ma in fondo continuava a sperare che un giorno le cose tra loro sarebbero migliorate.


Continua nel capitolo 7: [Suffering] 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Chapter 7: [Suffering] ***


Chapter 7
[Suffering]
 
“Sinceramente, perché stai con quel cretino di Mikey?”
Kan si sentì porre quella domanda di punto in bianco, senza un motivo e da una persona insospettabile. Spiazzata, ci mise alcuni secondi a rispondere, anche se poi usò un tono deciso, come per sottolineare un’ovvietà. “Perché sono innamorata!”
“E di cosa? Quel bamboccio è insopportabile!” Rimarcò Kazutora, battendo le mani sul ripiano del tavolo.
Si erano incontrati in una caffetteria sotto richiesta di lui, da soli, perché voleva parlarle della spinosa decisione di sua madre di fargli cambiare scuola. Cosa di cui Kan poteva capire le ragioni, in verità. Lui dalla scorsa primavera non aveva praticamente aperto un libro e frequentava solo per stare in compagnia degli amici. Per lo meno l’altra scuola in cui voleva mandarlo era più vicina a casa. E poi…c’erano buone probabilità che lei avesse conosciuto un professore particolarmente gentile, che lavorava appunto lì, e che aveva all’incirca la sua età. Ed era scapolo. Giusto per chiarire, non c’era niente di male al fatto che lei volesse rifarsi una vita, dopo l’inferno che aveva vissuto a causa dell’ex marito, ma la cosa di cambiare scuola a Kazutora proprio non andava giù. Quindi sì, di materiale da conversazione ce n’era in abbondanza, eppure in qualche modo il discorso era finito su Mikey, con quella domanda sparata all’improvviso.
“Ehm… Kazutora che ti prende?”
“Sei d’accordo con me, no? Pensa di essere chissà chi e invece è solo un bambino viziato a cui la date sempre vinta!”
Ecco, su questo Kan non poteva mentire. Da quando era stata fondata la gang, Mikey si era montato la testa ancora di più. Giusto l’altro giorno aveva dato di matto in un ristorante per famiglie, solo perché sul menu per bambini che gli piaceva tanto avevano dimenticato di mettere la bandiera da collezione. Lui aveva piantato lì tutto e se n’era andato sbuffando, seguito dal resto del gruppo. Tranne Kazutora che si era lamentato per quel comportamento ed era stato sgridato per questo. Mentre Kan, come al solito, si era occupata di pagare il conto e chiedere scusa a nome di tutti. Decisamente Kazutora NON aveva torto.
Sospirò accennando un sorriso. “Lo so, a volte è un po’ così’! Ma viene naturale adorarlo! E’ unico al mondo! E poi nessuno riesce a farmi battere il cuore come lui!”
“Quindi…hai sempre rifiutato le dichiarazioni degli altri ragazzi?”
Kan si mise a giocherellare con una ciocca di capelli, segno di forte agitazione. “Vedi… Col mio carattere non ero esattamente vista come una possibile fidanzata! Perciò nessuno mi ha mai fatto la dichiarazione! Mikey è stato il primo! E all’inizio l’avevo anche rifiutato, ricordi?”
Kazutora era incredulo. Solo adesso si rendeva conto di aver perso un’occasione d’oro. Se quella volta invece di lasciarsi schiacciare dalla timidezza si fosse dichiarato, adesso magari Kan sarebbe la sua ragazza. Accidenti che rabbia. L’unica ragazza che aveva mai amato, era finita nelle mani di un nanerottolo tiranno, solo perché lui non l’aveva battuto sul tempo!!!
“Cazzo che rabbia!” Disse, digrignando i denti. Si sorprese nel sentire il tocco della mano di Kan sulla sua. La guardò e il suo sorriso dolce riuscì a calmarlo.
“Forse hai bisogno di più tempo per vedere i suoi lati migliori!”
Parlava da ragazza innamorata, niente da dire. Era proprio cotta di lui. Quindi doveva arrendersi?
“Uff… E va bene… Se lo dici tu sarà così…”
“Puoi dirlo forte!” Concluse lei, regalandogli un enorme sorriso e tenendo ancora la mano sulla sua con naturalezza.
Kazutora aveva una gran voglia di rispondere a quel tocco. E non aveva un motivo per non farlo. Probabilmente agli occhi delle altre persone lì attorno apparivano come una coppietta. Che parola deliziosa! Doveva solo girare la mano e afferrare la sua nel palmo e…
In quel momento Kan succhiò rumorosamente dalla cannuccia il frappé al cioccolato, appositamente per richiamare la sua attenzione. Deglutì, poi poggiò la testa contro una mano, tenendo il gomito puntellato sul tavolo. “Continua a raccontarmi di tua madre e quel professore!”
Che cazzo.
Comunque, alla fine aveva avuto ragione lei, riguardo a Mikey. Di lì a poco, prima delle vacanze estive, Kazutora si era di nuovo messo nei guai e Mikey per salvarlo aveva messo K.O. un’intera squadra, confermando così il suo titolo di ‘Invincibile Mikey’. E Kazutora aveva iniziato ad adorarlo come un dio. L’inizio di una catastrofe.
*
 
Ad agosto inoltrato, l’unico modo per sopravvivere al caldo e alla forte umidità, era quello di evitare il sole e stare rinchiusi il più possibile in luoghi dotati di un condizionatore potente. Cosa che il gruppo di amici aveva fatto, arrivando persino ad evitare inutili scontri, per la felicità di Kan. Per lei fu un po’ come essere tornata ai bei vecchi tempi in cui stavano insieme per divertirsi in compagnia. Le vacanze estive erano sinonimo del dolce far niente ed infatti la maggior parte di loro non si sprecò nemmeno di fare i compiti. Be’, Kan e Mitsuya erano studenti modello nelle rispettive scuole e si aiutavano a vicenda per migliorare ulteriormente. Kazutora, a causa della nuova situazione in famiglia, rischiava seriamente di diventare membro del club di analfabeti di Baji (se fosse esistito), a cui già faceva parte Pah! Poi c’era Draken che in qualche modo cercava di seguire la scia di sua sorella e tutto sommato era uno studente di cui non lamentarsi. In ultimo ma non meno importante, Mikey che tra capricci e pisolini random poteva tranquillamente retrocedere alla Materna! E pensare che presto avrebbe compiuto tredici anni… A tal proposito, ultimamente si era fatto piuttosto insistente sul regalo che voleva ricevere da Kan. Visto che le toccatine intime erano state ampiamente anticipate rispetto all’idea originale, sosteneva che adesso potevano passare alla fase successiva. Peccato che Kan continuasse a deviare il discorso… La sera del 13 agosto, Mikey si era presentato al ‘centro massaggi’ dopo cena, con la scusa di approfittare dell’aria condizionata. Non era del tutto falso, dato che a casa sua avevano solo i ventilatori, però il vero motivo era fare ulteriore pressione per affrontare quell’argomento che tanto gli premeva. Kan era già d’accordo col fratello che sarebbe rimasta lì a dormire e, quando Mikey arrivò, la beccò appena uscita dal box doccia che era nella stanza di Draken. Una vista appetitosa, per lui! Nessuna sorpresa che, già a bocca aperta e mani in avanti, stesse per andare a mangiarsela! Però Draken lo afferrò prontamente per il cappuccio della maglia e lo strattonò all’indietro a mo’ di guinzaglio. “Non obbligarmi a spezzarti le dita una ad una, Mikey.” Lo avvertì, ringhiando.
“Prima o dopo dovrai abituarti all’idea che stiamo insieme, Ken…” Sospirò Kan.
“Preferisco il DOPO che il PRIMA.” E fine del discorso. Dopo di che, trascinandosi Mikey dietro, uscì dalla stanza per lasciarle un po’ di privacy.
Mikey mise il broncio. “A volte sei proprio noioso, Ken-chin.”
Bastò un’occhiata fulminante di lui per non fargli dire altro. In meno di cinque minuti, Kan li avvisò che potevano rientrare. Aveva indossato una sensuale canotta con le spalline strette in pizzo e la scollatura ampia, che di lunghezza non arrivava nemmeno a metà coscia, e aveva spazzolato bene i capelli per farli asciugare naturalmente. L’espressione innocente e le mani intrecciate dietro la schiena di certo non fregavano nessuno, però lo stesso Draken decide di concedere loro un po’ di intimità, giusto per non farsi odiare. E quindi la buttò lì.
“Voglio fare la doccia anche io… Andrò nell’altra stanza, così non vi disturbo. Però sappiate che tornerò in una ventina di minuti, vedete di non farmene pentire.”
Mikey pensò saggiamente di non guardarlo negli occhi per non tradirsi da solo, mentre Kan si sforzò di mantenere la finta aria innocente. E con questo, Draken lasciò la stanza.
Tempo due secondi e Mikey andò a buttarsi sul letto. “Kan, vieni qui! Non perdiamo tempo!”
“Mikey!!! Un po’ di contegno! Se ci facciamo beccare subito, Ken ci ammaz-pff!” Non riuscì a stare seria per terminare la frase e, anzi, per stare al gioco lei stessa si buttò sul letto.
Le risate scemarono in fretta, Mikey e Kan, stesi sul fianco, vicinissimi, si guardarono negli occhi e in breve scattò automatico il bacio. Uno di quelli intensi, con la lingua, che ogni volta li lasciava senza fiato. La mano di Mikey si posò sul fianco di lei per alcuni istanti, per poi scendere lentamente, oltrepassare l’orlo della canotta ed entrare in contatto con la sua pelle morbida e fresca. Ormai sapeva come sfiorare certi punti e deliziarsi dei mugolii di piacere che lei emetteva. Era da diversi mesi che la esplorava, anche se il terreno su cui avrebbe volentieri piantato la propria ‘bandiera’ era…esattamente…quella parte calda e umida che lei aveva fra le cosce. Da dove si trovava, la mano disegnò la rotondità di una natica e andò senza esitazione ad infilarsi nello spazietto triangolare per raggiungere il punto che gli interessava, pur stando sopra la stoffa delle mutandine. Fece appena in tempo a sentire il piacevole calore sulla punta delle dita che…
“Mh… Mikey aspetta…” Kan aveva interrotto il bacio.
“Solo un po’.” Bisbigliò lui, quasi come una preghiera. “Toccami anche tu… Mi sta già diventando duro…”
Kan si morse un labbro per la frustrazione. “Oh Mikey! Ken tornerà tra poco! Non possiamo! Lo sai che quando iniziamo a toccarci non riusciamo a smettere fino alla fine!”
Cavoli se era vero. Non che facessero grandi cose, però le loro dita curiose si davano un bel da fare quando ne avevano la possibilità.
“Uff…” Mikey tolse la mano e si lasciò cadere disteso a pancia in su. “Hai ragione tu.”
Per non rischiare che cadessero di nuovo in tentazione, Kan si allontanò un poco e si sedette sul bordo del letto, dandogli di spalle.
Fu in quel modo che li trovò Draken, di ritorno dalla doccia. Bello fresco, con addosso un paio di pantaloncini grigi per la notte e l’asciugamano attorno al collo. E lo sguardo sospettoso.
“Non sono così scemo da credere che non vi siate nemmeno sfiorati!”
I due non dissero niente. Meglio così. Una volta richiusa la porta, Draken recuperò il pettine e poi si sedette ai piedi di sua sorella. “Ci pensi tu?”
“Mh!” Contenta, Kan prese il pettine dalla sua mano e cominciò ad occuparsi dei suoi capelli ancora bagnati. “Continuerai a farli crescere?”
“Credo di sì. So che sembra stupido, perché dovrò sempre legarli per far vedere il tatuaggio, però…” Fece spallucce.
“Se li fai diventare lunghi come i miei, saremo davvero uguali!”
“Sè… Quanti anni mi ci vorrebbero a farli crescere così tanto?”
Kan ridacchiò. Adorava i capelli di suo fratello e sempre più spesso lui le permetteva di pettinarli o anche di curarli facendo dei trattamenti per renderli più morbidi. Nell’ultimo anno erano cresciuti abbastanza da formare una specie di caschetto, anche se sul davanti alcune ciocche tendevano ad essere più lunghe. Comunque, in questa tenera scenetta fraterna, presto si aggiunse una figura oscura che fece capolino alle spalle di Kan, in preda alla gelosia. Mikey in versione yokai!!!
“Mi faccio crescere i capelli anche ioooooo…” Sibilò al suo orecchio, facendola rabbrividire.
E Draken ovviamente lo riprese. “Non è ancora ora che te ne torni a casa?”
“Forse è meglio se chiami Shinichiro per dirgli di venire a prenderti. Ormai è sera.” Aggiunse Kan, con molta premura.
Mikey scese dal letto e accennò un sorriso. “Non voglio disturbarlo! Ultimamente passa tanto tempo in negozio, dice che sta lavorando ad una cosa importante! E poi con la metro faccio presto a tornare!”
“Va bene! Posso stare tranquilla se dici così!”
“Mh! Allora vado! Ci vediamo domani!” E si sporse per dare un bacio a fior di labbra a Kan, scatenando un’altra polemica da parte di Draken!
“Fosse per me, queste cose le fareste solo dopo il matrimonio!” Lo disse seriamente, però poi gli venne da ridacchiare e allora per compensare diede una gomitata a una gamba di Mikey. “Sparisci, nanerottolo!”
La cosa finì in una risata generale. Mikey uscì dalla stanza ma, prima di richiudere la porta, fece l’occhiolino a Kan e lei gli rispose con un ampio sorriso. Nella fretta, aveva completamente dimenticato di essere andato lì per parlarle di ‘quella cosa’, ma pazienza. Ci avrebbe riprovato domani. E con questo pensiero tornò a casa, ignaro della grave tragedia che si sarebbe compiuta dopo poche ore.
*
 
Si trattava di un sogno o di un ricordo? L’uno o l’altro, forse entrambi. L’unica cosa che Draken sapeva era che avrebbe voluto stare così per sempre. Provava un miscuglio di sensazioni piacevoli, come la pace data dal silenzio, la freschezza sulla pelle, il contatto più caldo col corpo di sua sorella… La stava abbracciando, sentiva il leggero rumore del suo respiro. Erano al sicuro ed erano insieme, come nel grembo materno. Pur avendo gli occhi chiusi era come se riuscisse a vedere il volto addormentato di Kan, la sua espressione serena, percepiva il leggero movimento del suo busto al ritmo del respiro, sentiva il contatto delle loro gambe intrecciate sotto al lenzuolo. Sì, ovunque si trovassero, voleva restare così e fondersi con lei in un unico corpo. Ma chi conosce il detto, sa che tutte le cose belle finiscono…
Al principio non ci fece caso più di tanto, era qualcosa di molto lontano, ma poco alla volta divenne più forte. Cos’era? Un ronzio? Era davvero fastidioso. E poi quel rumore era come se lo stesse chiamando. Cioè, fisicamente era fermo lì, però la sua mente stava venendo trascinata via. Non voleva. Non voleva!!!
Aprì gli occhi. La tenda chiusa lasciava la stanza quasi buia, ma anche con la pochissima luce che filtrava riusciva a scorgere i lineamenti del volto addormentato di Kan. E il ronzio ricominciò. Cavoli, era il cellulare che vibrava sopra il tavolino. Tolse il braccio da sopra il corpo di lei e con cautela si girò nel letto dalla parte opposta. Afferrò il telefono e lo volse per guardare lo schermo. Anche se la luce gli infastidì gli occhi, riuscì a leggere l’ora e il nome di Mikey sulla chiamata in arrivo. Premette il pulsante verde e lo accostò all’orecchio.
“Mikey, che succede? E’ l’alba!”
Ci fu un momento di silenzio e poi la voce di Mikey arrivò lontana. “Scusa, ti ho svegliato…”
Draken emise un piccolo sospiro e si tirò su per mettersi in posizione seduta. “Non importa… Cosa devi dirmi?”
“Kan è lì con te?”
Che domanda idiota era? Lo sapeva che era rimasta lì a dormire. Per fortuna non aveva voglia di fare il brusco a quell’ora, quindi rispose con tono neutro. “Sì… Sta dormendo accanto a me.”
Questa volta il silenzio dall’altra parte fu più lungo, ma lui sapeva che non poteva essere caduta la linea perché sentiva il respiro di Mikey. Era sul punto di salutarlo e riattaccare quando la sua voce tornò di nuovo.
“Ken-chin…”
“Dimmi.”
“…durante la notte…Shinichiro…”
Gli occhi di Draken si spalancarono e in un attimo ogni traccia di sonno svanì. Che cosa aveva appena detto? No, non aveva capito male e non gli avrebbe mai chiesto di ripetere una frase del genere. Deglutì e gli uscì solo un banale: “Cos’è successo?”
Per i successivi dieci minuti ascoltò Mikey parlare, la sua voce incrinata era un tormento che sentiva arrivare fino al cuore, mentre nella sua testa continuava a gridare che stava ancora sognando e quello non era altro che un incubo. Però la sofferenza nella voce di Mikey era reale.
“…adesso dove sei?”
“A casa. Io, Emma e il nonno siamo tornati da poco dall’obitorio.”
“Io… Aspetto che Kan si svegli e poi…”
“Sì…quando vuoi… Grazie, Ken-chin.”
“Non hai motivo di ringraziarmi. Mikey…mi dispiace tanto…”
Un piccolo mugolio e poi il telefono divenne muto.
Draken non si rese conto di avere ancora il telefono accostato all’orecchio, fino a quando questo non gli scivolò di mano e gli finì in grembo. Lo riprese subito e lo appoggiò di nuovo sopra il tavolino. Dopo il peso di quella telefonata, stare al buio gli diede un senso di soffocamento. Lasciò il letto e andò dritto a tirare la tenda della finestra. Era ancora estate quindi il sole sorgeva presto, Shibuya era ricoperta di luce gialla come fosse fatta d’oro e per le strade c’era ancora poca gente. Il suo sguardo si sollevò verso il cielo limpido e poi verso il sole. Era così bello, così caldo, così luminoso. Il sole era vita. Vita… Una cosa che Shinichiro non aveva più. L’immagine divenne torbida, i suoi occhi erano pieni di lacrime.
“Ken?”
Quella voce assonnata che lo chiamava lo aiutò a riprendersi. Si voltò e vide sua sorella stropicciarsi gli occhi, i capelli arruffati che le ricadevano sul davanti. Come attratto da una potente forza invisibile andò rapidamente verso di lei e si buttò sul letto per stringerla fra le braccia. Adesso sì che aveva voglia di piangere.
“Sorellina…” Bisbigliò. Kan era tutto ciò che aveva al mondo, se l’avesse persa…
“Ken, stai bene?” Kan si accorse che c’era qualcosa di strano in lui, ma non capendo e non ricevendo risposta, si limitò a ricambiare l’abbraccio.
Draken strinse i denti per trattenere il pianto, uno sforzo che lo tenne impegnato per diversi minuti e lo fece accaldare. Quando finalmente si calmò, risollevò il capo, vide il sorriso appena accennato di lei, il suo sguardo velato di curiosità. Le diede un bacio sulla guancia.
“So che ti piace essere affettuoso quando siamo da soli! Però…Ken!!!” Ridacchiò lei.
“Prima mi ha telefonato Mikey… E’ successa una cosa terribile…”
Prese coraggio e le raccontò tutto. Durante la notte, Baji e Kazutora si erano intrufolati in un negozio per rubare una moto, senza sapere che proprio quel negozio apparteneva al fratello maggiore di Mikey. Prima di riuscire a svignarsela erano stati scoperti e Kazutora aveva colpito Shinichiro in testa con un pesante attrezzo, provocando la sua morte. Un racconto macabro che lasciò Kan pallida e tremante. Rimase ad ascoltare senza dire una parola, proprio come lui aveva fatto poco prima con Mikey. Al termine del racconto, Draken abbassò tristemente lo sguardo.
“Io non avevo idea che quei due volessero rubare una moto, altrimenti glielo avrei impedito a suon di ceffoni.”
“Non è possibile… Non può essere vero! Kazutora non può aver fatto una cosa del genere!” Kan aveva lo sguardo lucido, la voce le uscì un po’ gracchiante. “Deve essere stato qualcun altro! E lui era lì per…per…qualunque altra cosa! Non aveva motivo di colpire Shinichiro!”
“Se ci pensi bene, Kan, lui non aveva mai visto Shinichiro. La Polizia non ha detto molto, però da quello che mi ha raccontato Mikey, sembra che il colpo sia partito per un attacco di panico. Però anche Baji era lì e lui lo conosceva, quindi non so perché non l’abbia fermato ma…” Si interruppe e lasciò un sospiro. “Non lo so. Per sapere i dettagli dovremo aspettare il resoconto degli interrogatori.”
“Io voglio andare da Kazutora adesso! Non posso stare qui ad aspettare!” Kan balzò giù dal letto e per poco non finì a terra, tanto le tremavano le gambe. “Devo andare da lui… E’ stato un incidente. Lui non voleva, non possono accusarlo.” Andò verso la stampella dove era appeso un vestitino a fiori, continuando a farfugliare come una pazza, cosa che costrinse Draken ad agire.
Andò da lei e la fece voltare, aveva il viso arrossato e gli occhi spalancati. L’avvolse con un braccio, poggiandole una mano sulla schiena, mentre con l’altra le sfiorò la guancia. “Prendi un bel respiro e calmati, per favore.”
Kan obbedì, per fortuna. Prese respiro, una volta, due volte, tenendo lo sguardo incollato al suo, scorgendo nei suoi occhi un’ombra di preoccupazione. Smise di tremare.
“Ken... Andrà tutto bene, vero?”
Ne dubitava fortemente, ma spiegarglielo mentre era poco lucida era complicato.
“Anche se si è trattato davvero di un incidente, lui ha comunque ucciso una persona. Lo capisci?”
“Ma-ma… Lui non l’ha fatto a posta, ne sono sicura!”
No, un altro attacco di pazzia no! Draken poggiò la fronte contro la sua e le parlò con tono più calmo possibile. “Ora lascia perdere Kazutora. Mikey ha bisogno di te. Anche Emma e il signor Sano. Hanno perso una persona cara e stanno soffrendo.”
Era incredibile che dovesse dirlo davvero, ma non poteva fare altrimenti. La notizia l’aveva così turbata che la sua mente aveva momentaneamente escluso chiunque tranne Kazutora e lui doveva aiutarla a tornare in sé. La priorità ora erano i Sano ed era indispensabile che lei fosse lucida e in grado di dare sostegno morale.
*
 
Quel mattino del 14 agosto 2003, quando Draken e Kan bussarono alla porta di casa Sano, ad aprire fu il nonno. Aveva ancora i capelli in disordine di chi è stato svegliato nella notte, gli occhi rossi di chi aveva pianto a lungo, il viso pallido e divorato dalle rughe di chi ad una certa età ha già perso troppe persone care.
I gemelli si inchinarono con gran rispetto e a parlare per primo fu Draken.
“Signor Sano, le facciamo le nostre più sentite condoglianze. Shinichiro era…” La voce si incrinò. “Era come un fratello maggiore per noi.”
Kan dovette deglutire per riuscire  a parlare. “Shin era meraviglioso. Gli volevano tutti bene…”
Ci furono alcuni istanti di silenzio, poi, mentre loro erano ancora chini, il nonno posò le mani rugose e stanche sulle loro teste, in un gesto di affetto. “Siete dei bravi ragazzi.” La sua voce era spenta, l’esatto contrario di come l’avevano sempre sentita. Quell’uomo anziano aveva perso un figlio, una nuora e ora anche un nipote. Tolse le mani dai loro capi e i due li rialzarono.
“Nonno…” Sussurrò Kan, non riuscendo a dire altro.
“Se possiamo fare qualcosa…” Si propose Draken.
Il nonno fece un cenno con la testa. “Emma non ha smesso un attimo di piangere. Se puoi aiutarmi a consolarla…”
“Certo.”
Poi l’anziano si rivolse a Kan. “Manjiro è in camera sua. Anche se non l’ha detto, so che ti sta aspettando.” Non ci fu bisogno di aggiungere altro.
Il nonno e Draken andarono in cucina, dove si trovava Emma, seduta al tavolo davanti ad una tazza di tè ormai freddo. Mentre il nonno si occupò di mettere il bollitore sul fuoco, Draken si sedette sulla sedia accanto  a lei.
“Ehi…” Prese un fazzoletto di carta dalla scatola che era sul tavolo e glielo porse. “Scommetto che Shinichiro direbbe che sei molto più bella quando sorridi!”
Emma lo guardò con occhi gonfi e lacrimanti, incontrò i suoi che erano così buoni e profondi. E in un istante parve dimenticarsi che stava piangendo. Accettò il fazzoletto, con cui si asciugò la faccia e il naso gocciolante.
“Visto? Sei davvero più bella!”
“Non sto ancora sorridendo!” Si lamentò lei.
“Lo farai tra poco, vedrai!” E fu lui stesso il primo a mostrare quel sorriso dolce che solo in pochi avevano avuto l’onore di vedere. Emma compresa. Era lo stesso sorriso che le aveva mostrato la prima volta che si erano incontrati. Quel ricordo le era rimasto impresso nella mente. Se l’era ritrovato in casa all’improvviso, Mikey stava facendo il bagno e lei era rimasta da sola con quel gigante dall’aria truce. Sulle prime ne aveva avuto paura, ma poi, dopo poche parole, lui le aveva svelato un altro lato di sé. E grazie a quel ricordo, Emma ritrovò il sorriso.
“Ecco, l’avevo detto!” Rimarcò Draken, ridacchiando. “Non so te ma io ho una fame! Ti va di fare colazione insieme?”
“Sì!” Acconsentì lei. “Ti piacciono le uova all’occhio di bue?”
“Mi va bene tutto, non preoccuparti!”
Emma balzò giù dalla sedia e corse al frigorifero per prendere in contenitore con le uova e il burro. Posò gli ingredienti sulla credenza e poi recuperò una padella di grandi dimensioni. Si vedeva che era abituata a cucinare, anche se era ancora in sesta Elementare. Una piccola donnina che preparava la colazione con cura, sotto gli sguardi affettuosi del nonno e di Draken.
Ma torniamo indietro di pochi minuti…
Dopo aver percorso il corridoio dell’entrata insieme, i tre si divisero. Il nonno e Draken andarono in cucina, mentre Kan salì le scale per andare al piano di sopra.
Di fronte alla porta della stanza di Mikey, ebbe un momento di esitazione, prima di battere due colpi. “Mikey, sono io…”
Entrò senza attendere il permesso e trovò Mikey seduto sul bordo del letto, intento a sfregarsi gli occhi col dorso delle mani, con un ritmo maniacale. Non si era nemmeno accorto del suo arrivo. Kan lo raggiunse, si chinò leggermente su di lui e gli prese le mani per fermare quel movimento. Spostandogliele, vide che sia sulle palpebre che sul contorno degli occhi la pelle era così arrossata da essere sul punto di lacerarsi. Ma il suo viso era asciutto.
“Kan…?”
“Mikey, cosa ti stai facendo?”
Invece di rispondere, lui l’avvolse in un abbraccio forte e improvviso, affondando il viso fra i suoi seni. Era disperato, eppure non emise un singhiozzo e non versò una lacrima.
“Sono qui, sono qui…” Lo rassicurò lei, accarezzandogli la testa. “E’ stato…un tragico incidente. Non so cosa dire…”
Sentì il calore delle labbra di Mikey fra i seni. Ma non si trattava solo di baci. Quella sensazione di umido era la lingua? Mikey mosse un po’ la testa e si intrufolò oltre l’orlo della scollatura, oltre il bordo del reggiseno, le labbra che imprimevano baci sulla pelle delicata.
“Mikey, non credo sia il caso che…”
Lui non ascoltò, con la mano abbassò le spalline, scoprendole così il seno sinistro, quindi senza esitare prese la rosea mammella fra le labbra.
Kan era tremendamente a disagio. Era forse il suo modo di affrontare il dolore? Però…oh insomma era tutto sbagliato! E la situazione peggiorò ulteriormente quando lui la prese per i fianchi e la buttò distesa sul letto.
“Mikey no!” Lo implorò lei, ma nulla, Mikey aveva lo sguardo vuoto, tipo automa. Perfino i suoi gesti divennero meccanici quando si abbassò i pantaloncini, scoprendo così il membro che già mostrava segni di indurimento. E al piano di sotto c’erano Draken, Emma e il nonno.
“Adesso smettila, Mikey!” Gridò Kan, chiudendosi a riccio nel tentativo di sfuggirgli. Era spaventata, aveva il cuore che batteva come un tamburo e non poteva sopportare l’idea che lui volesse costringerla a fare qualcosa che non voleva. “Lo so che stai soffrendo, ma non è così che ti sentirai meglio!”
Le sue parole, o forse il suo tono di voce stridulo, parvero funzionare. Mikey si fermò e subito dopo ricadde all’indietro, piantando il didietro sul materasso. Ora il suo sguardo non era più vuoto, era confuso, spiazzato, come se non si rendesse conto della situazione. Si accorse di avere i genitali scoperti e di scatto si tirò su i pantaloncini per coprirsi. Poi allungò lo sguardo su Kan, tutta raggomitolata come un animaletto impaurito. “Kan, cosa…?”
“Io farei qualunque cosa per te! Qualunque! Ma non questo! Non adesso!”
Finalmente Mikey realizzò cosa stava accadendo, il suo sguardo tremò. “Io… Scusa…”
Vederlo così inerme era uno spettacolo che spezzava il cuore. Doveva soffrire davvero tanto per arrivare a ridursi in quello stato. E lei, la sua ragazza, aveva il dovere di aiutarlo. Questo pensiero le diede la spinta per reagire, ora che il pericolo era cessato poté avvicinarsi, prendergli il viso tra le mani a coppa e consolarlo. “Lo faremo, te lo prometto. E sarà un’esperienza bellissima! Ma non ora. Voglio che la nostra prima volta sia un ricordo felice!”
“Anche io.” Confermò lui, con un filo di voce. Deglutì, ora il suo sguardo si era fatto implorante. “Prometto che non ti faccio niente. Ma…fammi stare lì per un po’, ti prego!”
Sì, questo poteva farlo. Scostò le mani dal suo viso e lasciò che lui lo appoggiasse nuovamente fra i suoi seni, quindi lo abbracciò e posò il mento sulla sommità della sua testa. “Tutto il tempo che vuoi.”
Non era qualcosa di erotico, in quel momento. Da quando erano una coppia, era capitato anche altre volte che Mikey volesse stare col viso fra i suoi seni. Be’ all’inizio era davvero una cosa sconcia, dettata dal desiderio, dalla pubertà, ma poi col tempo aveva assunto un significato più profondo. Soprattutto in quel giorno in cui il mondo gli era crollato sotto ai piedi, quello era l’unico luogo in grado di dargli conforto e senso di protezione. Ciò di cui aveva più bisogno in quel momento.
*
 
Comfort zone. Dove Mikey avesse sentito quel termine era un mistero, fatto sta che quel giorno decise di dare questo nome al suo posto preferito. Sì insomma, ‘quel posto’ fra i seni di Kan. Come gli fosse venuto in mente di tirare fuori una simile fanfaronata in un momento del genere, solo gli dei lo sapevano. Passato il momento di profonda disperazione, Mikey, Emma e il nonno riuscirono a passare alla fase dell’accettazione. Per quanto doloroso, per quanto ingiusto, Shinichiro non c’era più e la famiglia Sano d’ora in poi sarebbe stata composta solo da loro tre.
Poco dopo l’ora di pranzo, pasto che nessuno di loro riuscì a consumare, la polizia telefonò per convocare il nonno e aggiornarlo sugli sviluppi delle indagini. Mikey andò alla Centrale insieme a  lui. Mentre erano via, Kan si offrì volontaria per fare le faccende domestiche e Draken accompagnò Emma a fare un po’ di spesa. Tenersi impegnati era la cosa migliore per non fermarsi a pensare e precipitare nel baratro.
Una volta che furono di nuovo tutti insieme, si riunirono nella sala dei tatami e presero posto attorno al chabudai. Mikey raccontò ciò che la Polizia aveva detto. Una verità scioccante e talmente colma di sfortunate coincidenze fino all’inverosimile. Ad un certo punto, Mikey s’interruppe e ricercò la mano di Kan sotto al tavolo per stringerla, bisognoso della sua forza.
“La moto che Baji e Kazutora stavano rubando era una ‘Babu’… Shinichiro l’aveva costruita per me, anche se io non lo sapevo.” Fece una pausa per ingoiare il nodo alla gola che gli strozzava la voce. “La notte scorsa, Schinichiro mi aveva chiamato. Stavo dormendo ma stranamente la vibrazione del telefono è riuscita a svegliarmi. Mi ha detto di raggiungerlo al negozio perché voleva mostrami una cosa importante e non voleva aspettare una settimana.” Fece un’altra pausa. “Ultimamente era strano e passava molto più tempo in negozio… Era per questo. Stava costruendo la moto che gli chiedevo da mesi e per cui ho fatto un sacco di capricci. Doveva essere il mio regalo di compleanno.”
Draken intervenne. “Tipico di lui… Non ti aveva mai negato nulla… In realtà gli serviva il tempo di costruirla.”
Il nonno si alzò dal cuscino, mostrando un certo affaticamento. “Ragazzi io vado a riposare. Più tardi chiamerò l’agenzia funebre per organizzare il funerale.” E a passo lento uscì dalla sala.
Non ci volle molto perché anche Emma scivolasse nel sonno. Sommando le ore che aveva passato a piangere, il trauma della perdita, la sua giovane età e l’essere stata svegliata nel cuore della notte, c’era da stupirsi che avesse resistito così tanto prima di crollare. I tre stavano parlando a bassa voce del più e del meno, quando lei sentì le palpebre pesanti e la testa ciondolante. Un paio di minuti e ‘tuc’, eccola addormentata contro la spalla di Draken.
“Deve essere esausta…” Disse lui, guardandola, poi si rivolse a Mikey. “La porto nel suo letto? Dormirà meglio distesa.”
“Mh. La sua camera è di sopra in fondo al corridoio, dalla parte opposta della mia.”
“Capito.” Facendo molta attenzione, riuscì a prenderla in braccio, quindi s’incamminò.
“Anche tu hai bisogno di dormire. Ti porto in braccio?” Kan abbozzò uno scherzo, però era evidente che Mikey necessitasse di alcune ore di sonno per riprendere colorito. Proprio lui che si addormentava in ogni momento e ovunque, perfino su una moto in corsa, era incredibile che dovesse essere spinto a farsi una dormita!
In un qualche modo Mikey riuscì ad accennare un piccolo sorriso, per ringraziarla della sua premura. “Prima vorrei che tu facessi una cosa per me. Mi farebbe rilassare!”
Kan sbatté le palpebre un paio di volte. “Se ti basta una cosa veloce di mano, va bene. Ma forse è meglio andare in bagno. Se Ken torna e ci becca, potrebbe staccartelo in un attacco di gelosia.”
Momento di silenzio. Puntini di sospensione.
“Credo sia colpa mia se hai un’opinione così bassa di me.” Mikey scosse il capo e chiarì. “Non voglio fare cose sconce, parlavo di altro!” Si alzò in piedi. “Torno subito!”
Dopo alcuni minuti, ricomparve Draken e Mikey arrivò dietro a lui. Tra le mani aveva un blocco da disegno, la scatola dei pastelli e un astuccio con la cancelleria. Li posò sul ripiano del tavolo.
Draken riprese posto di fronte a loro, incuriosito da quella svolta, mentre Mikey si rimise di fianco a Kan. “Ti va di fare un disegno per me?”
Kan aprì il borsellino per prendere la matita. “Cosa preferisci?”
“La stanza di Shinichiro… L’entrata dove tiene la ferraglia, sai…” I suoi occhi divennero lucidi. “Ho questo ricordo di quando ero più piccolo. Lui seduto a terra che stava aggiustando la sua moto, con addosso la divisa bianca della Black Dragon. E io lo guardavo seduto su una pila di ruote accatastate, mangiando il mio lecca-lecca preferito…”
Draken abbassò lo sguardo, dovette stringere i denti per non mettersi a piangere. Kan invece si fece forza, stampò un bacio sulle labbra di Mikey e disse con decisione. “Cominciamo! Dammi tutti i dettagli che ricordi! Com’eri vestito, a che gusto era il lecca-lecca! Ogni cosa!”
Probabilmente, quello fu uno dei disegni più belli che avesse mai fatto.
*
 
[Mi hanno rilasciato. Possiamo vederci? Mia madre tra poco va al lavoro. Se puoi vieni da me.]
Kan trovò questo messaggio sul telefono, interamente scritto in hiragana. Anche senza leggere il nome avrebbe capito che si trattava di Baji, sapendo che la sua conoscenza della scrittura era ad un livello bassissimo. A volte le veniva spontaneo chiedersi come facesse a leggere i manga e quelle piccole enciclopedie sugli animali che gli piacevano tanto.
“A che cavolo mi metto a pensare?” Bisbigliò tra sé, riponendo il telefono sul comodino.
Andò davanti allo specchio a controllare di essere in ordine, il vestito bianco con la gonna a papavero le dava un’aria più adulta e anche la lunga treccia che dalla sommità del capo le ricadeva oltre la spalla sul davanti. Il primo outfit della giornata. Quel mattino aveva deciso di fare visita alla signora Hanemiya per avere notizie di Kazutora. Il processo avrebbe avuto luogo tra alcuni giorni, ma con le premesse che c’erano era difficile credere che lui sarebbe stato rilasciato tanto presto. Si rese conto di avere il pugno stretto al fianco solo perché lo vide riflesso sullo specchio. Aprì la mano, sentì uno scricchiolio alle nocche. Il tempo di prendere la borsetta a tracolla e di infilare i saldali, e poi si avviò alla metro. Prima tappa: casa Baji.
Non era mai stata a casa sua, ma le era capitato di passare per quella strada in compagnia di Kazutora. Le palazzine erano pressoché tutte uguali e il paesaggio sobrio e scolorito dava quasi un senso di tristezza. Camminando con lo guardo rivolto verso l’alto, si accorse di una presenza. Affacciato ad una finestra, Baji le fece segno con la mano. Bene, adesso sapeva che quella era la palazzina dove viveva. Dopo aver trovato l’entrata, salì varie rampe di scale ed ecco che lo trovò ad attenderla davanti alla porta.
Baji riuscì a sostenere il suo sguardo serio per pochi istanti, prima di abbassarlo. “Ehi…”
Al diavolo le formalità, al diavolo tutti i litigi, in quel momento Kan fece l’unica cosa che aveva bisogno di fare. Lo abbracciò per la prima volta da quando si conoscevano. Baji sulle prime rimase immobile, ma poi si lasciò andare e ricambiò. Non era proprio nelle condizioni di rifiutare l’affetto di qualcuno. Rimasero così per un po’, senza dire nulla, poi Baji la invitò ad entrare e la precedette fino alla propria camera da letto.
Kan non fu sorpresa di ciò che vide, quella sembrava la camera di un bambino per via di tutti i peluche e pupazzetti ritraenti animali che erano sparsi ovunque! Su una sbarra per gli abiti vide appesa la divisa da karate e il tokkofuku della gang.
“Ecco… Grazie per essere venuta…” Ruppe il silenzio lui.
“Oggi pomeriggio verrai al funerale di Shinichiro?”
Di nuovo lui abbassò lo sguardo. “Ovvio. E anche mia madre verrà a fare le condoglianze. Io…sono disposto a strisciare come un verme pur di avere il perdono di Mikey.”
“Se servisse a riportare in vita Shi-” Kan si morse la lingua, non aveva il diritto di dirlo.
Dalla gola di Baji si levò un piccolo singhiozzo. “Lo so che non potrò mai rimediare. E so che se avessi fermato Kazutora in tempo, non sarebbe successo tutto questo. E adesso…” Tirò su col naso. “…adesso lui non sarebbe dietro le sbarre.”
Kan non lo aveva mai visto così abbattuto, così vulnerabile. Uno tremendamente orgoglioso come lui, quanto doveva soffrire per ridursi in quel modo davanti a lei? Però era anche vero che appena uscito di cella era stata lei la prima persona che aveva contattato. E questo le bastò. Allungò una mano e la posò di sul suo braccio. “Puoi ancora fare qualcosa, Kei. Aiutami a convincere Mikey a testimoniare a favore del nostro Tora, al processo.”
Baji scosse il capo. “Non lo farà mai… Suo fratello è morto. Perché dovrebbe parlare a favore di chi gliel’ha potato via?”
“Dobbiamo provarci, Kei!” La voce le tremò e gli occhi le si riempirono di lacrime. “Dobbiamo farlo per il nostro migliore amico!”
Questa volta Baji fece dei cenni affermativi, tirò su col naso ancora una volta e ingoiò un nodo alla gola. “Quando gli parlerò…tu sarai al mio fianco? Da solo temo che mi manchi il coraggio.”
“Non ho intenzione di abbandonarti!” Incredibile come riuscì a sorridere, aggrappandosi ad una piccola speranza. Quindi prese un bel respiro. “Scusami, adesso devo assolutamente calmarmi e ricompormi.”
“…mancano diverse ore al funerale…”
“Non è per quello, scemo! Ti pare che ci andrei vestita così?”
Quando si dice la ripresa… Si concesse qualche secondo e poi parlò con tono normale. “Mi sono preparata per andare dalla signora Hanemiya. Per quanto poco, vorrei darle il mio appoggio.”
“Sì, lo capisco…”  Confermò lui, per poi togliersi la maglietta di punto in bianco e restando a torso nudo.
“Che stai facendo???” Starnazzò Kan, a pieno diritto.
“Faccio una doccia veloce e vengo con te.”
“Ma che-? Non l’hai neanche conosciuta!”
“La conoscerò oggi.” Le passò davanti, ma poi si fermò e si voltò a guardarla. “Voglio conoscere la donna che ha dato alla luce il ragazzo di cui sono innamorato.”


Continua nel Capitolo 8: [Puberty] 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Chapter 8: [Puberty] ***


Chapter 8
[Puberty]
 
L’uomo sfogliò le pagine del blocco degli appunti, dando una veloce scorsa a ciò che aveva scritto fino a quel momento. Per lo più si era trattato di parole chiave cerchiate o sottolineate e frasi dalla calligrafia ordinata con vari spazi a separarle. Le pagine erano tutte così, tranne l’ultima. I fatti legati all’omicidio di Sano Shinichiro avevano richiesto più attenzione e più dettagli, soprattutto le opinioni e i pensieri espressi dalla sua assistita. E a proposito… La guardò di sottecchi da sopra gli occhiali, stava rigirando tra le mani un bicchiere di plastica trasparente ormai vuoto ed era assorta nei propri pensieri.
“Mi dispiace disturbarla, ma dobbiamo procedere.”
Kan smise subito di giocherellare col bicchiere e volse lo sguardo a lui. “Ha ragione, mi scusi. Era da un po’ che non ripensavo a quei fatti.” Si schiarì la voce e posò il bicchiere sul bordo della scrivania.
L’uomo riprese la stilografica tra le dita. “Riprendiamo da dove eravamo rimasti. Lei e Baji Keisuke dovevate parlare con Sano Manjiro. Dalla reazione che ha avuto, posso azzardare che non sia andata bene?”
Kan scosse il capo, accennando un sorriso. “L’opposto! Mikey si mostrò di mentalità aperta in quell’occasione. Perdonò Kei e accettò di testimoniare a favore di Kazutora.” Ed ecco che quel flebile sorriso le morì sulle labbra. “Purtroppo non bastò. Kazutora venne condannato a due anni di riformatorio, con tanto di assistenza psichiatrica. Praticamente è come se gli avessero detto che era fuori di testa. Povero amico mio…”
“Lei era presente al processo?”
“Sì. Con l’aiuto della signora Hanemiya mi fu concesso di assistere. Per miracolo, prima che Kazutora venisse portato via, riuscimmo a sfiorarci le mani. Io piansi per ore…” Si portò una mano alla bocca e chiuse gli occhi.
“Non nego che sia stata un’esperienza dolorosa, ma la sua reazione mi sembra eccessiva. E’ uscito al termine dei due anni.”
Kan riabbassò la mano e lasciò una risatina amara. “Lasci che le faccia uno spoiler! Poco dopo essere tornato libero, Kazutora finì ancora nei casini e venne condannato a dieci anni dietro le sbarre. Dove si trova attualmente.”
L’uomo rimase a bocca aperta alcuni istanti, prima di tornare serio e ricomporsi. “Il suo attaccamento per un soggetto così instabile va a suo sfavore. Sono costretto a segnarlo nei miei appunti.”
“Tsk! Può scrivere quello che vuole, io non smetterò mai di volergli bene.”
Aveva cambiato atteggiamento all’improvviso, come una leonessa che si prepara ad attaccare per difendere il proprio cucciolo. Da una parte le faceva onore, dall’altra rischiava di peggiorare le cose. Per questo l’uomo dovette fare appello alla propria umanità, decidendo di chiudere un occhio al riguardo. Prese la brocca e riempì d’acqua il bicchiere di Kan. “Cerchi di mantenere la calma, altrimenti mi sarà difficile aiutarla.” In ogni caso non avrebbe potuto dimenticare che davanti a sé aveva una ragazza madre, un’adolescente che per via di una gravidanza era stata cacciata di casa e ora viveva assieme al fratello che possedeva un’officina.
Fortunatamente Kan lo ascoltò, bevve un lungo sorso di acqua e si schiarì la mente per proseguire il racconto.
“Dunque… Processo a parte, in quei giorni c’era stato il compleanno di Mikey. I suoi tredici anni. Anche se non ci fu alcuna festa, per via del lutto, tutti noi ci impegnammo per dargli sostegno morale e… Facemmo una colletta per acquistare una scorta di dolcetti da regalargli! Poi ricominciò la scuola.” Fece una pausa, inseguendo un triste pensiero. “Con Kei in un’altra scuola e Kazutora in riformatorio, non fu più lo stesso. L’unica cosa positiva è che ogni mattina, io e Ken, conciammo ad andare insieme  a casa di Mikey per buttarlo già dal letto e portarlo a scuola!” Dal sorriso che le sbocciò sulle labbra, l’uomo capì che i toni del racconto sarebbero tornati leggeri, almeno per un po’.
*
 
Se il vetro del forno fosse stato lo schermo di un televisore, ci sarebbe stato di che ridere per la comicità delle facce che vi guardavano attraverso! Emma e Kan, infatti, si erano accucciate davanti al forno ed entrambe osservavano l’interno con sguardo fermo e la bocca aperta! Comiche sì, ma anche carine a guardarsi, essendo due ragazze particolarmente graziose. Indossavano ancora le divise di scuola, su cui avevano aggiunto dei grembiuli bianchi coi bordi fru-fru e avevano i capelli raccolti in pratiche code di cavallo. Da un po’ non spiccicavano parola da quanto erano concentrate.
Dling! Il campanello del forno fece illuminare i loro sguardi e in un attimo furono di nuovo in piedi.
“Ti prendo i guantoni!” Si offrì Emma, balzando di lato e allungandosi fino a raggiungere un gancio dove questi erano appesi. Li porse a Kan, quindi lei li infilò, aprì il forno con discrezione per far uscire un po’ di calore e poi si chinò per estrarre il vassoio che poi ripose sopra al piano cottura.
“Tu che ne pensi?” Chiese Kan, intimorita.
“Secondo me sono deliziosi! E hanno anche un bell’aspetto!”
Il vassoio conteneva una ventina di muffin fumanti con gocce di cioccolato.
Vedendo che lei continuava a stare sulle spine, Emma ridacchiò. “Ti preoccupi troppo! Stai diventando brava coi dolci!”
Kan alzò le spalle. “Le cose semplici forse sì… Da quando ho deciso di impegnarmi in economia domestica mi sembra di vedere qualche risultato! Ma da qui a pensare di cucinare portate complete, ce ne vuole!”
“Hai ancora tanto tempo per imparare!” Si sporse su di lei e sfoggiò uno sguardo fin troppo malizioso per la sua età. “Saprai cucinare un sacco di cose per quando tu e mio fratello sarete una coppia di sposini!”
Quelle parole ebbero un effetto immediato sulla faccia di Kan, facendola diventare di un rosso acceso!
“EMMA! MA COSA DICI???” Esplose per l’imbarazzo!
“E perché? Tu e Mikey vi sposerete, un giorno!”
Questa volta Kan si coprì il viso con le mani. “Per favore, non stuzzicarmi!!!”
Ed Emma si lasciò andare ad una risata cristallina.
Erano così immerse in quella scenetta da non essersi accorte di avere uno spettatore. Mikey le stava guardando da qualche minuto, facendo capolino dallo stipite della porta. La sua espressione mostrava visibilmente quanto fosse entusiasta di vedere la sua ragazza e la sua sorellina andare d’accordo. Però dovette lasciare la postazione, a malincuore, e uscire di casa perché Baji lo stava aspettando.
“Ce ne hai messo di tempo!” La nuova divisa scolastica che indossava aveva giacca e pantaloni blu e una cravatta rossa. Gli donava particolarmente, perché gli dava un’aria più seria e composta.
Mikey gli fece uno dei suoi sorrisi ad occhi chiusi. “Scusa! Le ragazze erano in cucina a sfornare dei muffin e mi sono fermato a guardarle!”
“I muffin? O il didietro di Kan mentre era china davanti al forno?” Azzardò lui.
Mikey sobbalzò. “Cacchio, sono arrivato un attimo dopo e me lo sono perso…”
“Eddai, ormai lo conoscerai a memoria! E non solo quello!”
Per certe cose Baji aveva fin troppo intuito… Comunque, Mikey fece tintinnare nella mano le monete che era andato a prendere su in camera sua e che erano il motivo per cui era dovuto passare da casa, quindi le infilò nella tasca degli ampi pantaloni. “Andiamo!”
Si incamminarono in silenzio, fino a quando Baji non prese parola.
“Ascolta… Riguardo quella cosa che ti ho detto l’altro giorno…”
Mikey gli lanciò una rapida occhiata interrogativa. “Che sei gay e ami Kazutora?”
Un improvviso rossore colpì il naso di Baji, per poi estendere agli zigomi e raggiungere le orecchie!
“Ehm sì…quello…”
“Ti ho già detto che non c’è problema! Resti sempre mio amico! Anche se ti piacciono i ragazzi!”
“Grazie… E anche per non essertela presa del fatto che l’ho confessato prima a Kan che a te.”
“Figurati!”
“Però… C’è anche quell’altra cosa di cui sto aspettando una risposta.”
Sul volto sorridente di Mikey calò un’ombra e anche il suo tono di voce parve rabbuiarsi. “Quello è impossibile.”
Baji lasciò un piccolo sospiro. “Ti ho spiegato cos’è successo. E al processo l’hanno confermato. Kazutora non è cattivo…”
“Non puoi chiedermi di perdonarlo. Anche se è stato un incidente, anche se adesso lui è seguito da uno strizzacervelli, resta comunque l’assassino di mio fratello.”
E non aveva torto, era questo il problema. Baji si rendeva conto di chiedergli un favore enorme.
Di fronte ad un distributore automatico, Mikey si mise a esaminare ogni singola confezione all’interno, mentre Baji rimase lì accanto incerto su cos’altro dire.
“Kan mi ha detto che continuerà a fare visita alla signora Hanemiya…e anche io lo farò. Per quanto poco possa servire.”
“Mh.” Una riposta che si poteva interpretare come un ‘non me ne può fregare di meno’, ma forse era perché in quel momento era concentrato su altro. Oltre che con lo sguardo, passò in rassegna gli articoli anche facendo scorrere il dito fino a quando non decise cosa prendere. Infilò le monete, cliccò sul numero corrispondente ed ecco che una scatola poco più grande di una mano cadde nella buca. Mikey la recuperò e si mise a leggere i paragrafi scritti in piccolo sul retro, bisbigliando tra sé. “Dovrebbero essere questi…”
Baji diede un colpo di tosse nella speranza di riavere la sua attenzione. “Quindi cosa posso fare per convincerti?”
Non ottenne risposta. E la cosa gli diede ai nervi.
“Davvero una scatola di caramelle è più importante di quello che ti sto dicendo?”
Almeno Mikey si degnò di guardarlo! La boccuccia a formare una piccola ‘o’ e le sopracciglia alzate, volse la scatola verso di lui.
Ora che la guardava bene, era piuttosto strana. Insomma, di solito le scatole delle caramelle erano ricche di colori, avevano grandi scritte e spesso raffiguravano il contenuto. Quella invece era in tinta unita, un colore quasi cupo, e aveva delle scritte molto geometriche, qualche numero e… “Ma sono preservativi???”
Mikey riabbassò la mano. “Sì. Da quando è ricominciata la scuola, ho parlato diverse volte col signore dell’infermeria. Mi ha dato dei consigli.”
“Quindi…tu e Kan volete…?”
“Io voglio. Lei non lo so… L’altra volta stavo quasi per costringerla… Sono pentito e aspetterò che si senta pronta. Però spero che accadrà presto, per questo mi sono preparato.”
“Sei fortunato ad avere lei…” La buttò lì Baji.
“Non dirlo con quel tono! Anche tu puoi avere un fidanzato! Devi solo cercarlo!” E per alleggerire la tensione se ne uscì con una fanfaronata. “Se vuoi qualche volta ti accompagno a 2-chome! Lì dovresti rimorchiare bene!”
Baji gli diede un leggero pugno sul braccio. “Ma piantala!”
Decise che per un po’ era meglio evitare il discorso di Kazutora, ma questo non significava che si sarebbe arreso nel suo intento di ottenere per lui il perdono di Mikey.
*
 
La scrivania della stanza di Kan era così elegante e ricca di oggetti colorati che avrebbe potuto tranquillamente essere fotografata per una pubblicità! Il legno dipinto di bianco aveva un effetto brillante, grazie alla patina di smalto lucido, i bordi del ripiano e dei cassettini e le stesse gambe avevano forme tondeggianti, secondo lo stile occidentale rococò. E sulla superficie c’era una vasta esposizione di oggetti kawaii, tra penne e matite con le teste dalle forme di farfalle e unicorni, un box decorato coi fiori con due cassettini ricolmi di pastelli, una lampada in vetro a forma di fiore rosa, pupazzetti da collezione presi ai distributori di sfere….e via dicendo! Quando era a casa era lì che si metteva a disegnare, anche se ormai era una cosa che faceva tranquillamente anche a casa di Mikey o nella stanza di Draken. Però, quel giorno in particolare, era intenta a scrivere una lettera.
Accanto al foglio ben scritto, giaceva un biglietto di compleanno fatto a mano, raffigurante dei classici palloncini colorati che circondavano la scritta ‘Happy Birthday’ e il muso di un tigrotto sorridente. Dall’interno del biglietto fuoriusciva una foto che ritraeva lei e Kazutora nei giardini del Santuario di Musashi, durante l’estate. Lei bellissima e raggiante appiccicata al suo braccio e lui che sorrideva timidamente.
Kan terminò la lettera. Come ultima frase scrisse un sentito ‘Ti voglio bene’ affiancato da un cuore e poi sotto fece la propria firma. Recuperò due pastelli di diversa totalità di rosso per colorare il cuore e dargli un effetto tridimensionale.
“Ecco fatto!” Disse soddisfatta. Piegò per bene la lettera, poi la sistemò assieme alla foto dentro il biglietto di auguri e ripose il tutto in una busta già compilata e affrancata. Ora poteva andare a imbucarla, certa che sarebbe giunta a destinazione in tempo.
Terminato quell’importante compito, andò a casa di Mikey. Non ebbe bisogno di bussare o altro, ormai era diventata di famiglia, però per educazione si annunciò appena entrata. Lasciò giù le scarpette e seguì la scia di voci fino alla sala dei tatami. Trovò il nonno seduto al chabudai, con aria piuttosto accigliata, davanti ad un quotidiano di cui aveva evidentemente interrotto la lettura. Emma sedeva sul lato accanto e, invece di fare i compiti, stava seguendo la discussione con un certo interesse. E poi c’era Mikey, l’unico in piedi, che stava dando tutto se stesso per far valere le proprie ragioni.
Kan entrò discreta. “Scusaaaateee…che succede?”
Gli sguardi si puntarono su di lei e in un attimo Mikey le fu addosso.
“Per fortuna sei arrivata! Aiutami a convincere quel testone del nonno!” La prese per mano e la tirò fino al posto dove lui era prima.
“Sì ma… Di cosa state parlando?”
“Io voglio assolutamente una cosa, ma lui non vuole comprarmela!”
Ok. Uno dei tanti capricci.
“Ahhh…e sentiamo, cos’è?”
“Be’…” Mikey abbassò lo sguardo e si concesse un momento per riorganizzare il discorso. “Vedi, ho deciso di trasferirmi fuori, nella stanza di Shinichiro. C’è un po’ da sistemare...niente di che. Il problema è che il letto è piccolo e scomodo e io ne vorrei uno nuovo.”
“Se ci facciamo aiutare da Ken, possiamo portare il tuo fino a lì! Problema risolto!”
La faceva facile lei! Peccato che Mikey non fosse dello stesso avviso e s’impuntò ancora di più!
“Ne voglio uno nuovo! Anche il mio è piccolo!”
“Non credo che crescerai così tanto da non starci più…pff! Ahahaha! Scusami!!!” Una risata era d’obbligo, con una frase del genere. Anche se Mikey era in fase di crescita, la vedeva difficile che diventasse un gigante! Lui ovviamente di offese, gonfiò le guance e aggrottò le sopracciglia, mostrandosi ancora più infantile!
“Kan è più saggia di te.” Sentenziò il nonno, senza battere ciglio.
“Ma uffa! Ne ho anche visto uno in saldo che sarebbe perfetto! Ti prometto che per un anno intero non ti chiederò più niente! Dai nonno!!!”
“Manjiro, non capisco il motivo di questa insistenza. Quando ti servirà davvero, allora te lo prenderò. I materassi che abbiamo in casa sono più che sufficienti.”
“Tu non capisci!” Gridò Mikey, esasperato.
“Allora dammi un buon motivo.”
“E va bene.” Prese un bel respiro e parlò guardandolo negli occhi con fermezza. “Io vorrei un letto comodo. E grande. Per fare sesso con la mia ragazza!”
La reazione immediata di Kan fu quella di spingerlo via, facendolo volare a qualche tatami di distanza e con la faccia piantata al suolo!
Scosse forte il capo. “Nonno non ascoltarlo! Io e lui non abbiamo fatto niente di così spinto!!!”
E l’imbecille a terra, di nuovo si fece sentire. “Non ancora!”
Kan prese un cuscino e glielo tirò addosso con forza, più imbarazzata che mai. Mentre il nonno si era fatto così scuro in volto che sembrava ad un passo dal provare qualche mossa di karate sul nipote. E a ben diritto. L’unica buona anima che ne rimase fuori fu Emma, che pensò bene di terminare la scena esprimendo la sua onesta opinione. “Mio fratello è un idiota.”
*
 
Gli allievi, nelle loro divise bianche, si divisero in file ordinate e s’inchinarono con rispetto recitando all’unisono i ringraziamenti. I Sensei, che li allenavano ogni settimana, s’inchinarono a loro volta e così ebbe fine un altro pomeriggio di allenamenti al dojo dei Sano. Le attività avevano ripreso quasi subito dopo la scomparsa di Shinichiro, sia per dare continuità alle lezioni, sia perché col denaro degli iscritti il nonno poteva recuperare le spese del funerale. Ora la responsabilità della casa e dei due nipotini era interamente sulle sue vecchie spalle. Era questo il motivo per cui un mese prima aveva rifiutato a Mikey quel materasso nuovo, al di là del fatto che si trattasse di un capriccio. Di buono c’era che da allora i voti scolastici del nipote stavano migliorando, tanto era determinato ad ottenere ciò che voleva. In quel momento, il suo sguardo si posò proprio su di lui. Stava parlando con Baji e con Kan. Era stato fin troppo bravo a superare il lutto in fretta, però ora lo preoccupava il fatto che avesse messo in cima alla lista delle priorità la moto costruitagli dal fratello. La storia della gang per un po’ era passata in seconda linea, ma dubitava che avrebbe lasciato perdere. Per lo meno aveva accanto una brava ragazza come Kan e questo lo rassicurava un po’.
“Io nel fine settimana voglio andare in quella caffetteria dove si possono coccolare i gatti! Avete presente?” Disse Baji, con gli occhi ambrati che brillavano dall’emozione.
“Sì, ne ho sentito parlare! Dicono che l’aspetto sia molto tradizionale, però mentre sei inginocchiato sui cuscini gustandoti un buon tè, sei circondato da gatti che vogliono carezze!” Kan si abbracciò il busto, gongolando al solo pensiero.
“Ehi ti va di andarci con me?”
“Magari!!!”
“E tu Mikey? Ti unisci a noi?”
Con l’espressione che aveva messo su non serviva nemmeno una risposta…
“Ti sembro il tipo?”
Baji lo squadrò. “Più che altro rischi grosso. Metti che ti addormenti sui cuscini con un taiyaki in bocca…qualcuno potrebbe scambiarti per un gatto!”
E Kan si fece una bella risata, fregandosene bellamente se nel frattempo Mikey aveva rizzato il pelo-ehm i capelli per l’irritazione!
“Vabbè io e te ci mettiamo d’accordo per sabato allora!” Concluse Baji, rivolto a lei.
“Sì!” Diede una sbirciata attorno, ormai quasi tutti i ragazzi erano andati allo spogliatoio a cambiarsi. “Vado a darmi una sistemata anche io, prima che arrivi Ken. Anzi, è strano che lui non sia già qui, di solito è così puntuale!”
Bastarono quelle parole a far accendere una lampadina nella testa di Mikey. Se i gatti erano furbi, lui lo era di più! Buttò lì un veloce “Baji, coprimi.”, quindi prese per mano Kan e se la portò via senza fare complimenti.
“Mikey! Non c’è bisogno di tirarmi così!” Protestò lei, senza essere ascoltata.
Mikey la trascinò in casa, fino all’anticamera della stanza da bagno, richiuse rapidamente la porta scorrevole e…saltò addosso a Kan come una bestia affamata! In senso letterale. La intrappolò contro la parete e si sollevò sulle punte dei piedi per arrivare meglio alla sua altezza e baciarla. Un bacio spinto, bollente, molto umido, un gioco di lingue con sottofondo di mugolii di piacere. Una cosa da togliere il fiato. Si separarono solo quando l’esigenza di respirare glielo impose. I loro sguardi socchiusi s’incontrarono, i loro respiri caldi si amalgamarono.
“Mi piaci tanto, Kan…” Sussurrò contro le tue labbra.
“Anche tu mi piaci tanto…”
Evidentemente lui prese quella risposta come un segnale per andare ‘oltre’ il bacio, visto che non esitò a slacciarle la cintura e aprirle la giacca, denudandole così il petto. Non indossava il reggiseno… Che colpo di fortuna! Di fronte a quelle morbide rotondità, a Mikey venne l’acquolina in bocca e subito si fiondò su una mammella, leccandola e succhiandola come se ricercasse nutrimento, mentre l’altro seno subiva il piacevole massaggio della sua mano. Quella sua dipendenza per il seno era diventata indecente! C’era però da sottolineare che anche a Kan piacevano quelle particolari attenzioni e non pensava minimamente di fermarlo. La piccola brutta esperienza che avevano avuto quel fatidico giorno era ormai lontana, Mikey non l’aveva più forzata e lei un po’ alla volta era diventata più disponibile.
Sfortunatamente, nel pieno di quella piacevole attività ormonale, la porta scorrevole si aprì di colpo e Draken li beccò in flagrante. E così finì la storia di Sano Manjiro, ad appena tredici anni di vita.
.
.
.
Ovviamente no. Però dal numero di vene gonfie che pulsavano sul collo e sulla fronte di Draken, poco ci mancò!
Alle sue spalle comparve Baji, con sguardo palesemente pentito. “Scusate, non sono riuscito a fermarlo.”
“PORCA PUTTANA, MIKEY!!! TI ROMPO TUTTE LE OSSA!!!”
Ragionevolmente, Mikey allontanò le mani dal corpo di lei e fece un passo indietro, lasciandole così la possibilità di coprirsi.
“MA VOI DUE FIN DOVE VI SIETE SPINTI??? CAZZO!!!”
Mikey rispose con noncuranza. “La sua verginità è intatta. Non farti scoppiare le vene, Ken-chin.”
“Razza di-”
“Sì lo so, adesso lasciamo che si cambi.”
Per uno che rischiava di essere fatto a pezzi, era fin troppo calmo. Ma ok. Richiusa la porta alle proprie spalle, si allontanò di alcuni passi.
“Credo che farò dei cambiamenti nella nostra gang.” Esordì così dal nulla.
Baji e Draken si scambiarono un’occhiata, ma fu quest’ultimo a parlare. “Che intendi dire?” (Per fortuna si era già dimenticato di essere arrabbiato!)
Mikey si volse verso di loro. “Ancora non lo so. Mi serve del tempo per rifletterci. Ma quello che abbiamo fatto finora sono tutte sciocchezze e io voglio che la Toman diventi una gang potente e rispettata.” Vedendo le loro espressioni da merluzzi, sorrise. “Quando avrò deciso ne riparleremo!”
*
 
Da quando Draken li aveva pizzicati a fare quelle cose, la loro vita era diventata un inferno. Porca miseria!!! Non riuscivano mai a stare da soli e per di più lui teneva costantemente d’occhio le mani di Mikey come se non vedesse l’ora di coglierle in fallo per spezzargliele! Di conseguenza, frustrato com’era, Mikey si abbandonava con più frequenza al sonno per non ammazzarsi di seghe. Oppure si ammazzava di seghe e dopo era così stanco da necessitare di dormire di più. Insomma, era entrato in un circolo vizioso senza fine e l’unica persona al mondo che poteva aiutarlo aveva una dannata guardia del corpo sempre attaccata alla gonna.
Essendo autunno le foglie avevano cominciato a cadere, perciò non era insolito che s’incontrassero in gruppo in qualche parco per tenere compagnia a Kan, mentre raccoglieva materiale per le sue composizioni, ma anche lì guai se provava ad abbassare lo sguardo sulle gambe di lei quando si chinava! Draken era pronto a fulminarlo! A stento riuscivano a darsi un bacio a fior di labbra  quando si separavano per tornare a casa. Per riuscire a fare uno scambio di saliva dovevano accontentarsi delle pasticcerie, quando s’imboccavano a vicenda con la scusa di assaggiare i rispettivi dolci. Patetico… Ma cosa potevano fare? Kan era stata perfino costretta dal fratello a fare delle ‘sedute’ con le ragazze del centro massaggi, in cui le spiegavano quanto fosse importante mantenere la purezza anche per evitare eventuali malattie. Ora…non si sa come avesse fatto Draken a convincerle a fare tutto ciò, comunque loro si prestarono volentieri e anche Kan obbedì per accontentarlo.
In questa pessima atmosfera arrivò il giorno di Halloween e il gruppo di amici festeggiò semplicemente mangiando dolcetti a tema in una delle tante pasticcerie. Una cosa tranquilla, giusto per stare in compagnia. Se si vuole tralasciare il fatto che Mikey indossò la gonna della divisa di Kan e si presentò in un negozio di dorayaki dicendo di essere una bambina vestita da ‘studentessa delle Medie’! E il bello è che i signori al bancone gli credettero! Buon per lui! Così se ne uscì tutto contento con due dorayaki fumenti tra le mani, facendo ridere tutti gli amici, compresa la sua ragazza che per forza di cose aveva avuto indossare i pantaloni della tuta.
Tutti dettagli strani che però messi assieme portavano ad un’unica spiegazione: l’astinenza stava giocando dei brutti scherzi alla mente di Mikey. Non che Kan non se ne accorgesse, più che altro le sue giornate erano abbastanza piene per via della nuova routine. Andare a scuola, studiare, scrivere lettere a Kazutora, andare dai Sano per esercitarsi a cucinare con l’aiuto di Emma e tenere compagnia al nonno, fare gli allenamenti di karate, fare visita alla signora Hanemiya assieme a Baji anche solo per un saluto, dormire alcune notti al centro massaggi per stare di più con Draken, fare i compiti con Mikey per aiutarlo a migliore i suoi voti, andare per negozi di animali con Baji, andare occasionalmente da Mitsuya per badare alle sue sorelline mentre lui svolgeva qualche compito per il club di cucito a cui si era iscritto. E chi più ne ha più ne metta!
Niente da stupirsi se dopo alcune settimane passate così, Mikey prese una decisione definitiva. Che fosse dettata dai tormenti dell’astinenza, dal bisogno di trovare una valvola di sfogo o dalla necessità di cambiamento, alla fine convocò i ragazzi per una riunione e spiegò loro l’idea di ampliare la gang e dare inizio ad un percorso nel mondo dei teppisti che li portasse alla vetta. A onor del vero, non ebbe subito una totale approvazione da parte loro. Sapevano dei rischi ai quali andavano incontro e percepivano il peso dell’impegno che stavano prendendo, ma allo stesso tempo il sogno di gloria offuscava non poco i loro cuori e anche la stretta morale nei confronti di Mikey dopo ciò che gli era accaduto giocò un ruolo importante. I dubbi vennero accantonati e il consenso divenne unanime. Da quel giorno non erano più ragazzini delle Medie che giocavano a menare le mani e farsi vedere sulla moto. Era arrivato il momento di fare sul serio. Il primo passo lo avevano già fatto in passato, poco dopo la formazione della gang, avendo abbattuto la nona generazione della Black Dragon composta da ragazzi anche molto più grandi di loro. Ora non dovevano che riprendere i combattimenti e crescere sempre più.
*
 
Il secondo passo fu quello di accogliere nuovi membri. E chi meglio di amici fidati?
“Anche io voglio conoscere gli amici dei nostri amici!!!”
Da quando le era stato detto che dei nuovi ragazzi sarebbero stati presentati in via ufficiale, prima di venire ammessi nella gang, Kan si era impuntata come se fosse una questione di vita o di morte. Perfino il giorno stesso dell’incontro si era letteralmente aggrappata al braccio di Draken per obbligarlo a portarla con sé e lui aveva continuato a camminare trascinandosela dietro, per un buon tratto di strada. E con Mikey accanto, che non aveva ancora spiccicato parola.
“Il posto è quello laggiù, vero?” Gli chiese Draken, indicando con un cenno della testa un vecchio magazzino evidentemente in disuso.
Mikey rispose solo con un mugolio.
“Non capisco perché non siamo venuti qui con le moto. Non fa ancora freddo. E avremmo fatto una gran figura, visto che indossiamo il tokkofuku.”
Gli ultimi passi e furono di fronte al magazzino. E questo significava…
“Kan, adesso staccati.”
Lei non mostrò segni di cedimento, anzi, divenne ancora più insistente e capricciosa. “Ti prego, Keeeeeeen!!! Fammi restare!!!”
Ma perché toccava sempre  a lui fare la parte della persona adulta e ragionevole?
“Adesso fai la brava e vai ad aspettarci nella caffetteria che abbiamo passato prima.”
“Ti ho detto di no!!! Non puoi obbligarmi!!!” Livello Materna….
Adesso sì che lo stava facendo arrabbiare! Non per niente le sopracciglia di Draken s’inarcarono severamente e lui si chinò per parlarle dritto in faccia. “Senti un po’, questo è un incontro ufficiale della gang. E io, come Vice Comandante, ti ordino di toglierti dai piedi visto che non ne fai neanche parte.”
Che serietà. Che determinazione. E…che bastardaggine. Proprio lui che adorava la sorellina…
“E’ vero che non sono un membro della gang, ma sono la fidanzata del Comandante e questo mi eleva ad un grado superiore al tuo.”
Un contrattacco astuto, la ragazza sapeva il fatto suo! Se invece che a parole fosse stato uno scontro di un videogioco di combattimenti, di certo Draken sarebbe finito k.o. con un potente calcio volante. Quindi che dire? Quando era il momento di accettare la sconfitta… E invece no! Con un ultimo colpo disperato, Draken si rivolse a Mikey.
“Mikey, tu sei il Comandante! Dille che ho ragione io e deve andarsene!”
Lungo momento di silenzio…
“Bah, per me può restare. Tanto è solo una prima presentazione, niente di che.” E con totale nonchalance aprì il portellone in ferro arrugginito, facendolo cigolare tremendamente. Forse un tempo qualcuno si era preso la briga di chiuderlo a chiave ma, per com’era ridotto ora, la serratura era a brandelli. Comunque, la cosa importante è che alla fine Kan riuscì ad ottenere ciò che voleva e Draken dovette rassegnarsi!
L’interno, com’era da aspettarsi, era completamente impolverato, però in quella che doveva essere stata una sala relax c’erano alcuni divani e tavolini coperti da teli, oltre a varie casse sparse qua e là.
“Io…faccio in tempo a dare una spazzata? Sembra il set di un film dell’orrore…” Sottolineò giustamente Kan.
“Tra poco arriveranno, è inutile. E poi non mi sembra di vedere una scopa qua in giro. Però, se mi aiuti possiamo andare a battere i teli.” Propose Draken.
“Sì, buona idea!”
Prendendoli uno alla volta li portarono fuori e gli diedero delle belle scrollate, sollevando polveroni che avevano dell’incredibile, poi li piegarono e li misero da parte. Una volta terminate le presentazioni, avrebbero coperto tutto di nuovo. E mentre loro se ne occupavano, Mikey rimase tutto il tempo fermo davanti ad una finestra sbarrata, dove da due stecche rotte filtrava la luce del giorno.
“Mikey, io e te potremo sederci su questo divano! Che ne dici?”
Si voltò e vide Kan che gli indicava il divano centrale. “Va bene.”
Lei sorrise. “Perfetto!” E senza esitare si piazzò su un grande cuscino, proprio alla destra di Mikey, come a impossessarsi del posto che in teoria spettava al Vice. Furba lei! In ogni caso, prima che Draken potesse protestare, Mikey andò ad accomodarsi a sua volta. “Ken-chin, vedi se sono arrivati e falli entrare secondo l’ordine che abbiamo stabilito.”
Nonostante il nomignolo, il tono di voce non lasciava dubbi sul fatto che quello fosse un ordine, infatti Draken gridò. “Signorsì!” E uscì dal magazzino.
Una volta tornato, si mise in posizione dal lato del divano dove era sua sorella, però stando in piedi.
Il primo ad entrare fu Baji, anche lui in divisa, seguito da un ragazzo che già a prima vista doveva aver fatto battere di centinaia di cuori. La pelle dal colore naturalmente caramellato suggeriva che fosse di sangue misto, mentre la sua capigliatura folta e molto mossa era stata decolorata fino ad ottenere un bianco candido, ad eccezione di due ciuffi sulla frangetta che erano neri. Ma il suo segno caratteristico senza dubbio era il serpente che aveva tatuato sul collo.
“Buongiorno, Comandante!” Gridò Baji, facendo un inchino ad angolo retto. “Baji Keisuke, nominato Capitano di quella che diventerà la Prima Squadra. Presento il mio braccio destro, il mio Vice. Sato Ryusei.”
Il ragazzo s’inchinò a sua volta.
Mikey non batté ciglio, tanto era immerso nel ruolo. “Se Baji ti ha scelto nonostante i tuoi trascorsi, io non ho niente in contrario.”
Di quali trascorsi stesse parlando, Kan non ne aveva idea, ma anche se aveva una gran voglia di saperlo, si obbligò a tacere. La situazione sembrava alquanto seria.
“Però vorrei sentire dalla tua bocca il motivo per cui meriti di far parte della nostra gang.”
Ryusei si rimise dritto, il suo viso serio fino a un attimo parve rilassarsi, le sue labbra s’incresparono in un sorriso sicuro. “Il mio passato dice tutto! Sono capace di fare il culo a chi se lo merita! Essere uno dei vostri vi sarà di vantaggio!”
“Ti darò presto l’occasione di dimostrarmelo, te lo assicuro. Potete andare.”
I due salutarono con rispetto e s’incamminarono seguiti da Draken. Un attimo prima di svoltare l’angolo, senza che nessuno lo notasse, Ryusei fece l’occhiolino a Kan in modo così seducente da causarle una forte palpitazione. Cosa che lei cercò di ignorare.
“Mikey…scusa ma non avevi altro da chiedergli? Neanche lo conosci!”
“Lo conosco abbastanza. Abbiamo avuto a che fare con lui e la sua gang di teste di cazzo diverse volte, nel corso di quest’anno. Spero per lui che non venga qui a prenderci in giro o sarò io a fargli il culo.” E con tutta quella serietà c’era da credergli.
Di nuovo tornò Draken. Questa volta a fare il proprio ingresso fu Mitsuya, seguendo la stessa procedura. “Mitsuya Takashi nominato Capitano di quella che diventerà la Seconda Squadra. Presento il mio braccio destro, il mio Vice. Shiba Hakkai.”
Un tipo alto, lungo e secco come un chiodo. Aveva l’aria spaurita. I suoi capelli erano cortissimi e colorati di blu e da un lato della testa si era fatto rasare una figura dalle linee curve e armoniose. Aveva una profonda cicatrice che gli attraversata le labbra da un lato, gli occhi di un blu profondo erano tremanti per quanto era agitato. Sembrava che stesse per farsela sotto da un momento all’altro, poverino! E siccome se ne stava fermo come un manichino dopo essere stato presentato, Mitsuya dovette dargli una gomitata e sgridarlo a mezza voce. “Inchinati!”
Il povero Hakkai si piegò quasi fino a terra. “Sono onorato!”
“Che cosa speri di ottenere una volta diventato membro effettivo della gang?” Chiese Mikey.
“Eh? Ah io…” Aveva rialzato la testa e stava boccheggiando tipo pesce fuor d’acqua! Gli ci volle un po’ per prendere coraggio e parlare come si deve. “Io voglio solo stare con Taka-chan! Gli devo tutto! Lui è sempre gentile con me! Mi ha fatto lui il disegno sulla testa! Quando vado a casa sua mi prepara anche da mangiare mentre gioco con le sue sorelline! E ha già detto che mi cucirà il tokkofuku della gang con le sue mani! Io lo adoro perché è figo in tutto quello che fa!”
Mitsuya voleva morire. E come se non bastasse, dall’esterno giunse un grido entusiasta con la voce di Ryusei. “Viva gli sposi!!!”
Kan scoppiò a ridere di gusto! “Mikey, ti prego fammi andare a prendere un bouquet! Puahahahah!!!” Disse, lacrimando da quanto rideva. “Così lo facciamo lanciare a Mitsuya!”
Mitsuya non aveva il coraggio di guardare Mikey negli occhi e temeva seriamente di essere mandato via a calci assieme a quel caso disperato del suo amico. A meno che Hakkai non avesse fatto un colpo prima, viso che il suo viso aveva assunto una tonalità di rosso preoccupante.
E invece, di punto in bianco, la faccia impassibile di Mikey si trasformò ed ecco che gli scappò una risata. “Sai Mitsuya, spero che il tuo amico sappia tirare pugni con la stessa velocità con cui spara cazzate!”
Grazie a questa battuta la tensione venne spazzata via, Mitsuya si calmò, Hakkai perse qualche tonalità di rosso dal viso e perfino Draken si concesse una mezza risata.
“Va bene, ora andate! Non vorrei farvi tardare alla vostra luna di miele!” Concluse Mikey, facendo un cenno con la mano.
“Ma che cavolo dici, scemo!” Rispose Mitsuya, sorridendo, ma lo stesso desideroso di uscire da lì al più presto!
Terzo giro per Draken. Entrò l’ultimo duo guidato da Pah. Anche lui fece l’inchino e poi cominciò a farfugliare qualcosa di strano.
“Io Pah….anzi no…com’era? Io Hayashida Haruki….ehm… Capitano della Terza Squadra…che ancora non esiste…o quello che è… Prendo il mio amico Peh…cioè Hayashi Ryohei…come mio Vice. Per tenerlo al mio fianco…e…”
Ora, è doveroso precisare che mentre lui metteva insieme quelle frasi sconnesse, nella stanza era calato il silenzio più totale.
Il ragazzo che era con lui, anche questo abbastanza alto e molto magro, portava i capelli corti e scompigliati, di un normale castano chiaro, ma i suoi occhi spalancati che fissavano il vuoto lasciavano intendere che non fosse un campione d’intelligenza…
Ad un certo punto, Mikey si decise ad interrompere quella cosa. “Pah-chin, fermati. Mi spieghi cosa cazzo stai dicendo?”
Pah non fece una piega, col suo faccione tondo e gli occhietti piccoli e scuri di uno che si sentiva un campione se riusciva ad allacciarsi le stringhe della scarpe da solo! “Sto…presentando il mio amico…”
Mikey alzò un sopracciglio. “In quel modo? Dovevi imparare a memoria solo due frasi.”
“Ma…io le avevo imparate! Sei stato tu a cambiare all’ultimo momento!”
“Che???”
“E’ stato quel tizio là fuori…quello col serpente tatuato, a dirmi che dovevo dire queste cose!”
E da fuori, appunto, giunse una sonora risata da parte di Ryusei, subito seguita da un rimprovero di Baji. “Che cazzo gli hai detto, deficiente?”
Di nuovo Kan esplose a ridere, piegandosi in due, tanto assurda era la situazione!
Quando finalmente Pah capì cosa stava accadendo, i suoi occhietti parvero infiammarsi. “Quel bastardo mi ha fregato.”
Fu allora che l’altro aprì bocca in sua difesa. “COMANDANTE, NON PRENDERTELA CON PAH. NON E’ COLPA SUA SE E’ TROPPO BUONO E SI FA PRENDERE PER IL CULO.”
“…non capisco se lo stai difendendo o insultando…”
“ADESSO CHE SONO IL SUO VICE, STARO’ ATTENTO A TUTTO QUELLO CHE FA. HAI LA MIA PAROLA.”
“Come vuoi… Ma non c’è bisogno di urlare…”
“STO PARLANDO IN MODO NORMALE, COMANDANTE!”
Il che stava a significare che quello era il suo abituale tono di voce. Aiut- A Mikey ci volle un secondo per decidere che avrebbe tenuto quel tizio ad una certa distanza per salvarsi i timpani.
“Bene, andate. Nei prossimi giorni faremo una riunione.”
I due fecero l’inchino e, mentre uscivano… “Scusa, Peh. Sono stupido e ti ho fatto fare brutta figura.”
“NON IMPORTA. LA SEGATURA CHE HAI NEL CERVELLO TI CONFONDE.”
Era incredibile come fossero in sintonia quei due, anche se in un modo tutto loro!
Una volta che furono andati, Mikey lasciò un lungo sospiro, sciogliendosi sul divano come una fetta di burro in una padella calda.
“Sono successe delle cose strane oggi…” Commentò Draken.
Per fortuna c’era Kan a spassarsela e a vedere il lato comico della situazione. “Ecco perché mi stavate tenendo lontana! Non volevate farmi sapere che avete messo su un’agenzia matrimoniale!”
Meglio buttarla sul ridere! E infatti, seguendo la sua scia, anche loro due si fecero una bella risata!



Continua nel capitolo 9: [All The News]! 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Chapter 9: [All The News] ***


Chapter 9
[All The News]
 
La Vigilia di Natale parve arrivare in un batter d’occhio e con essa anche il primo anniversario di Mikey e Kan. Per l’occasione, Mikey andò a prenderla a casa in moto, preoccupandosi di farle trovare una vaporosa coperta con cui coprirsi le gambe per contrastare il freddo di fine dicembre. Una premura che era certo lei avrebbe apprezzato, al contrario dei suoi genitori che invece di lui non apprezzavano nulla e che in quel momento gli stavano lanciando occhiatacce dalla finestra del salotto, giusto per ricordargli quanto fossero contrari a quella relazione e che piuttosto di accoglierlo in casa avrebbero preferito vederlo schiantarsi contro il portone di quei vicini con cui non andavano affatto d’accordo. In ogni caso, fino a che gli permettevano di vedere Kan, poteva fregarsene delle loro opinioni malevole. In sella alla sua ‘Babu’, avvolto da un giubbotto imbottito color blu notte col collo alto, pensò bene di sfoggiare un sorriso a trentadue denti, non tanto per mostrare rispetto, ma solo perché si sentiva superiore e quello era un modo tutto suo personale di sfotterli.
Di lì a qualche minuto arrivò Kan, saltellando con un paio di stivaletti foderati di pelliccia nera lucida. Chiuse il cancelletto e, dopo aver fatto un passo, fece una piroetta per lui. “Cosa ne pensi?”
Quell’inverno aveva cambiato cappotto, perché crescendo in altezza l’altro le era diventato corto. Questo nuovo le calzava a pennello ed era di un bel rosso acceso. La forma era leggermente a campana, come piaceva a lei, e le sfiorava le ginocchia; le maniche erano piuttosto aderenti ma erano lunghe fino a coprire metà mani; il colletto aveva un aspetto piuttosto rigido, ma essendo largo le dava libertà di movimento, cosa che non si poteva dire dei bottoni sul petto che invece le risaltavano il seno e sembravano tirare dentro le asole! Dall’orlo sotto si vedeva la calzamaglia di lana nera, indumento con cui lei si sposava ogni cavolo di inverno. Per l’appuntamento aveva acconciato i capelli in una treccia, che partiva dalla sommità del capo e terminava con un pon-pon rosso che faceva pendant col paraorecchie peloso. Sommando il tutto, era bellissima e Mikey ne rimase affascinato!
“Waaaah…! Se sei tu il mio regalo di Natale, non vedo l’ora di scartarti e giocare!”
Kan ridacchiò timidamente, anche se era chiaro che quel complimento era gradito.
Mikey diede due colpetti sul sedile dietro di lui. “Andiamo?”
“Mh!” Prese la coperta che lui aveva preparato, quindi prese posto sulla sella elegantemente mettendo le gambe di lato e si avvolse per bene con la coperta, assicurandosi che questa non volasse via durante la corsa. “Andiamo!”
Mikey accese il motore, lo fece rombare orgogliosamente, e partì con una sgasata che sicuramente attirò le maledizioni dell’intero viale! Quel pomeriggio, invece di restare a Shibuya, decisero di andare a Yokohama a visitare il famosissimo mercatino natalizio nel palazzo di mattoni rossi. Nonostante il traffico, il viaggio fu piacevole per entrambi e fortunatamente non troppo lungo.
Una volta arrivati, Mikey lasciò la moto in un parcheggio a pagamento, quindi prese per mano la sua ragazza e insieme si avventurarono nella folla per cominciare dalle bancarelle all’sterno. Una faticaccia, con tutta la gente che c’era, ma Kan non si lamentava di queste cose, essendo abituata a fare shopping in centri commerciali perennemente affollati! Il modo in cui riusciva a scivolare come un’anguilla fra le persone, e trascinandosi dietro lui, era decisamente degno di nota. Come anche la furbizia di prendergli subito un taiyaki ripieno di crema di fagioli azuki per farlo stare buono, mentre lei osservava la merce esposta.
Passò quasi un’ora quando finalmente entrarono nell’edificio e…la prima cosa che fecero, fu quella di andare alla caffetteria con meno fila di attesa per scardarsi e rifocillarsi. A Mikey bastò una tazza di caffelatte caldo con aggiunta di biscottini al burro, giusto per riempire gli ultimi spazi nello stomaco, mentre Kan optò per un tortino al cioccolato, ripieno di cioccolato fuso e con decorazioni di cioccolato fondente. Praticamente una bomba calorica!
“Per fortuna non hai il diabete!” Scherzò lui, guardando la sua espressione soddisfatta di fronte a tale capolavoro di pasticceria.
Adesso si era tolta il paraorecchie, però non era dell’idea di togliersi il cappotto. Afferrò la forchettina e… “Ho dimenticato la macchina fotografica! Mi fai una foto col tuo cell? Devo immortalare questo dolce momento!”
Lui ridacchiò. “Non avevo dubbi!” Recuperò il cellulare dalla tasca del giubbotto. “Mettiti in posa!”
Kan si portò la treccia sul davanti e aprì i bottoni del colletto. Ora che la vedeva meglio, sotto una buona fonte di luce, notò che si era truccata. Una sfumatura di rosso brillantinato sulle palpebre e un lucidalabbra abbinato che, accidenti, lui avrebbe tanto voluto assaggiare subito per sentire che sapore aveva.
Una volta scattate un paio di foto, Kan fece per infilzare il tortino… “Fermi tutti!!”
Mikey la guardò con tanto d’occhi.
“Ehm…cioè… Buon anniversario…a…a…amore.” Dire quella parola le costò un grande sforzo, essendo la prima volta che lo chiamava così. Quel rossore sulle guance la rese ancora più carina. “Ecco…ho pensato che…dopo un anno che stiamo insieme…magari potevo dirtelo.” Strizzò gli occhi per l’imbarazzo. “Ma tu non sei obbligato a dirlo per forza! E’ una cosa mia!”
Tempo qualche secondo e sentì un colpetto sulla fronte. Aprì gli occhi, vide che Mikey si era sporto sul tavolino apposta per ‘battere’ la scatolina di un regalo.
Lui accennò un sorriso e disse. “Buon anniversario anche a te! Amore!”
Il cuore di Kan fece una capriola. Aprì la scatolina e riversò il contenuto sul palmo della mano. Le venne da ridere nel vedere di cosa si trattava. “Un po’ me lo aspettavo! Ma…” Sollevò la mano, tenendo le estremità della catenina della collana fra le dita. “Perché un dorayaki?”
“Ci ho riflettuto tantissimo, sai? Le prime due volte ho scelto le forme dei dolcetti che avevamo condiviso, però poi questa cosa abbiamo iniziato a farla sempre più spesso e quindi…ho deciso di prendere un ciondolo che raffiguri il dolcetto più importante di tutti! Quello che non condividerei mai con nessuno eccetto te!”
Kan ridacchiò. “E’ carinissimo! E dopo che ti è costato questo enorme ragionamento, per premiarti lo indosserò subito!”
Miracolo dei miracoli, finalmente si tolse il cappotto! Be’ a dire il vero lo scenario non cambiò tanto, visto che sotto indossava un vestito in lana rossa con ricamate delle ghirlande…cosa che fece desiderare ancora di più a Mikey di ‘scartarla’ e godere del suo corpo senza tutta quella roba!
Kan indossò la collana, la cui catenina lunga faceva sì che il ciondolo cadesse appena sotto i seni. “Ti ringrazio davvero! Già l’adoro!” E di nuovo prese la forchettina, convinta di potersi gustare il tortino…se solo Mikey non l’avesse interrotta per protestare!
“E io???” Chiese, sfoggiando degli occhioni da cucciolo che chiedeva un biscotto al padrone.
“Non me ne sono dimenticata! Per il tuo regalo dovrai aspettare un po’!”
“Eh? Perché?”
“Perché si trova a casa tua! Credo che Emma in questo momento lo stia sistemando!”
Mikey si accese di curiosità. “Che cos’è???”
“A-ah! Non ti dico niente!” Disse lei, facendo no con la testa. “Una volta finito il nostro giretto per il mercatino andiamo dritti a casa tua! E non provare a scrivere di nascosto a Emma, perché neanche lei te lo dirà! E’ un regalo anche da parte sua e del nonno! Per Natale!”
“Natale? Ma così non è valido! E il mio regalo di anniversario?” Ovviamente scherzava. (Ma neanche tanto…)
Kan abbassò lo sguardo, accennando un timido sorriso. “C’è anche quello…non temere…”
Ritrovando nuova determinazione, Mikey sollevò i pugni in aria. “Ok! Mangiamo e andiamo via!”
E Kan gli smorzò l’entusiasmo facendo una severa precisazione. “Puoi anche scordartelo, bello mio! Non c’è fretta! Ho ancora una marea di cose da vedere!” E lo disse con tono tanto minaccioso che Mikey non osò controbattere.
*
 
Aveva detto di voler vedere tutto il mercatino di Natale? E l’aveva fatto! Porca miseria, quanto lo aveva fatto dannare quel pomeriggio! Si era intestardita a prendere dei regalini per tutti gli amici e non aveva saltato nemmeno un espositore per essere sicura di non perdere nulla di importante. Per carità alla fine si era trattato di tanti piccoli acquisti, ma abbastanza da riempire una borsa che poi durante il viaggio di ritorno si era tenuta stretta in grembo come un neonato! Quella ragazza a volte era senza fondo. Anzi, il suo portafogli lo era! D’altronde coi genitori benestanti non aveva motivo di frenarsi. Forse sotto questo punto di vista la invidiava un po’. Comunque, che fosse o non fosse, quando Mikey attraversò il portone di casa con la moto, tirò un sospiro di sollievo.
“Con tutto quel camminare mi è venuta una fame da lupi!” Disse, non appena ebbe spento il motore. Attese che Kan smontasse, quindi fece altrettanto e portò la moto all’interno della stanza/garage che condividevano amorevolmente. Lui e la moto.
“Sbrigati, Mikey, sto congelando!”
“Eccomi.” Richiusa la porta andò ad affiancare Kan e insieme entrarono in casa. “Nonno! Emma! Siamo tornati!”
Giunse in risposta la voce di Emma. “Siamo in cucina!”
Il tempo di togliere scarpe e cappotti, e di riporre la grossa borsa dei regali in un angolo affinché nessuno ci inciampasse sopra, e i due raggiunsero la cucina.
“Fuori fa freddissimo! Datemi qualcosa di caldo, vi pregooo!!!” Implorò Kan, frignando, correndo verso il piano cottura dove erano delle pentole fumanti.
Il nonno, già seduto a tavola, disse la sua. “E Manjiro ti ha portata via in sella a quella moto, nonostante il gelo. Nipote disgraziato.”
Ovviamente Mikey protestò. “Le ho dato una coperta! Non sono così insensibile!”
“Va bene, adesso siediti, la cena è pronta.” Disse Emma, ponendo fine al discorso. Con l’aiuto di Kan portò le pietanze in tavola e, una volta che anche loro si furono sedute, la cena ebbe inizio.
Cucchiai alla mano, non ci misero molto a svuotare le ciotole della zuppa, soprattutto Kan che assorbiva ogni goccia nel tentativo di riscaldarsi e annientare il freddo che sentiva nelle ossa. Com’è facile immaginare, l’argomento principale di conversazione fu il mercatino natalizio di Yokohama e Kan non mancò di descrivere con entusiasmo ogni cosa che aveva visto.
“Ah quasi dimenticavo! Torno subito!” Si alzò dalla sedia e andò di volata all’ingresso, tornando poi con due pacchettini rossi tra le mani. “Questo è per te, nonno! E questo è per te, Emma!” Tutta contenta li consegnò ai due nominati, sotto ai loro sguardi sorpresi, quindi aggiunse. “Sono solo pensierini! Niente di che! Tipo un ringraziamento per l’invito a cena!”
“Io vorrei aprirlo domattina, mentre faccio colazione coi biscotti che abbiamo preparato ieri pomeriggio insieme io e te!” Disse Emma.
“E’ tuo, puoi aprirlo quando vuoi!” Le rispose Kan, sorridendo gentile.
“Allora lo aprirò domani anche io.” Saltò fuori il nonno, con aria solenne, anche se dal modo in cui stringeva il pacchetto nella mano, si capiva che era impaziente di sapere cosa contenesse!
Al termine della cena, Kan ed Emma riordinarono e pulirono in velocità, così da poter godersi il dolce in assoluta tranquillità. Una carinissima torta di Natale al cioccolato e panna, decorata con Babbi di zucchero colorato.
“Mmh! E’ deliziosa! Sono felice che tu mi abbia portata in quella pasticceria, Kan!” Emma era entusiasta dell’acquisto e non mancò di leccarsi le labbra da quanto era delizioso il dolce.
“E’ la mia preferita in tutta Shibuya! Non mi delude mai!” Kan diede una scorsa a Mikey, che stava mangiando di gusto perfino le briciole, e si accorse che aveva un baffetto di cioccolato appena sopra il labbro. D’istinto lo ripulì col dito e se lo portò alle labbra. Salvo poi accorgersi di cosa aveva appena fatto davanti ai familiari del proprio ragazzo e arrossire per l’imbarazzo. “Scusate!”
Mikey esibì un sorriso trionfale e le avvolse le spalle col braccio. “Sono così irresistibile che non riesce a stare senza toccarmi per più di dieci minuti!”
Emma non mancò di stroncarlo. “Ci credi solo tu, Mikey…”
E allora lui le lanciò una frecciatina. “Se fossi meno antipatica saresti più fortunata in amore!”
Il tutto si concluse con lei che gli fece la linguaccia. Piccoli dispetti innocenti tra fratelli che si vogliono bene!
Con un ultimo boccone Mikey finì la fetta di torta e aprì un nuovo discorso. “Pensavo di farmi crescere i capelli. Che ne dite?”
Kan lo guardò con occhi sgranati. “Perché??? Stai già benissimo così!”
Mikey prese un ciuffetto della frangia e poi lo soffiò verso l’alto. “Ho voglia di provare qualcosa di nuovo! Anche Baji e Ken-chin se li stanno facendo crescere, no?”
“Mmh… Non saprei… Loro stanno bene, ma tu…” Kan era dubbiosa. “Però se vuoi provare, va bene. A patto che, se non mi piacciono, li tagli ovviamente!” Eh…ovviamente…
Ancora qualche chiacchiera alla buona e poi la famigliola si spostò nella sala dei tatami per mettersi comoda a guardare la tv. Be’ tranne Kan, che dopo pochi minuti li lasciò dicendo di dover andare in bagno e sparì. Mikey notò che c’era qualcosa di strano e si interrogò su cosa fosse. Sullo schermo, oltre alle immagini di un programma musicale dedicato al Natale, c’era anche l’orario ed è su quello che lui posò lo sguardo più spesso.
“Che le sia venuto mal di pancia per tutta la cioccolata che ha mangiato oggi? E’ da sedici minuti che è andata via. Io volevo pomiciare un po’ ma…se sta male è meglio che la riporti a casa.” Mormorò tra sé, preoccupato. E un attimo dopo si sentì piantare un pugno sulla testa che gli fece lacrimare un occhio. “Nonno! Ma perché?”
Senza distogliere lo sguardo dallo schermo, il nonno rispose semplicemente. “Perché non vai nella tua stanza a vedere il regalo che ti abbiamo preso?”
“Eh?” Addio lacrimuccia, benvenuto sorriso! “Lo avete messo là? Corro!”
Detto fatto, scappò via carico di entusiasmo, curioso di sapere di cosa si trattasse. Quasi non notò che la luce dentro era accesa, ma quando aprì la porta e allungò lo sguardo, vide immediatamente l’enorme letto che al mattino non c’era. Adesso sì che aveva voglia di piangere, però dalla gioia!
“Un letto nuovo!!!” Essendo rimasto a piedi scalzi per andare lì, prese la rincorsa e si tuffò per provare la morbidezza del materasso che tanto aveva aspettato. Una goduria!
“Mikey?”
Nel sentire quella voce rialzò la faccia affondata nel materasso e con uno scatto si mise in posizione seduta, pronto ad accogliere la sua ragazza per… Momento. Sì Kan era lì ad un passo da lui ma… Indossava solamente un completino intimo di pizzo rosso, le gambe leggermente accavallate per la timidezza. Mikey rimase a bocca aperta.
Kan, che si era sciolta i capelli e li aveva spazzolati, si portò una ciocca dietro l’orecchio. “Io…ho detto a Ken che questa notte avrei dormito a casa dai miei. E…ho detto ai miei che avrei passato la notte da Ken.”
Mikey deglutì e di nuovo si ritrovò a bocca aperta.
Lei , che fino allora aveva tenuto lo sguardo basso sul tappeto dal pelo bianco, trovò il coraggio di sollevarlo e guardarlo negli occhi. “Questo è il mio regalo per te… Buon anniversario, amore!”
E allora Mikey non ebbe più dubbi che quella sarebbe stata la notte più bella della sua vita.
*
 
Mikey le porse la mano e la tirò giocosamente sul letto, strappandole un sorriso.
“Ma allora questa notte… Insomma… Tu e io… Stiamo per…”  Era così emozionato che non riusciva a formulare bene le frasi!
“S-se vuoi… Per me va bene…”
Questa volta fu Mikey a sorridere, prima di baciarla. Un primo bacio semplice, giusto per allentare la tensione e fare in modo che lei si rilassasse. Era così rigida da tenere le gambe serrate, e di certo non era colpa del freddo, visto che la stanza era ben riscaldata. La stufetta elettrica all’angolo doveva essere stata accesa qualche ora prima.
Con uno schiocco di labbra, Mikey interruppe il bacio e provvide a togliersi la felpa e la maglietta sottostante, facendo una palla unica di stoffa che poi buttò a casaccio per terra.
“E adesso questi!” Si tolse i calzini e anche quelli li buttò. Vide che lei era ancora immobile, allora provò a buttarla sul ridere. “Non vedi l’ora che tiro fuori l’uccello eh?”
“Scemo!!!”
Finalmente una reazione! Ma nonostante il grido, le venne da ridere e Mikey ne fu contento. Si alzò dal letto e fece alcuni passi in direzione delle mensole. “Mi sono preparato subito dopo le vacanze estive. Anche se non sapevo quando sarebbe successo, tra noi.” Si sollevò sulle punte dei piedi e infilò la mano a tastoni dentro un’anonima scatola nera di cartone e senza coperchio.  Pochi istanti di ricerca e trovò quello che voleva.
Mentre tornava da lei, mise in mostra la confezione di preservativi. “Non volevo rischiare che Emma li trovasse per sbaglio!” Ruppe l’involucro trasparente che avvolgeva la confezione e poi strappò un’ala di cartone per creare un’apertura. Ne estrasse un pacchettino argentato e sottile, quindi abbandonò la confezione sul tavolino lì vicino. “Scusami… Per ora porto la misura più piccola, lo sai, ma mi impegnerò per darti piacere.”
Kan scosse velocemente il capo, le guance arrossate. “N-non è assolutamente un problema! Mi piaci tantissimo così come sei!” Lasciò il letto e si avvicinò a lui. Prese respiro e dischiuse le labbra per dire qualcosa, ma non lo fece e, invece di parlare, sollevò una mano sul suo petto.
Le dita tiepide gli sfiorarono la pelle, seguendo un tragitto verso il basso, gesto che provocò a Mikey un brivido di piacere. E ancor più quando quelle dita s’insinuarono appena sotto il bordo dell’elastico dei pantaloni sportivi. Lo tirò un poco, quanto bastava per abbassargli i pantaloni, e questo fece sì che dentro le mutande qualcosa cominciasse a muoversi…
Scavalcato il mucchietto di stoffa che gli era ricaduto ai piedi, Mikey andò al letto per scostare il piumino e appoggiò il preservativo ancora chiuso accanto al cuscino, quindi si volse verso di lei. “Ti prego, facciamolo…”
Non ci fu bisogno di attendere una risposta, perché Kan gli scivolò tra le braccia. Mentre le loro labbra si univano in un nuovo bacio, i loro corpi si adagiarono sul materasso, aderendo l’uno all’altro con naturalezza.
Ci fu un intenso gioco di lingue e poi Mikey poté passare alla seconda fase. Il gancetto del reggiseno si trovava sul davanti, sottoforma di fiore dorato che faceva da punto luce fra i seni. Lo sganciò in un istante e, una volta scostate le sottili coppe di pizzo, poté dedicarsi ai rosei boccioli che già tante volte aveva assaggiato e stuzzicato fra le labbra. I piccoli gemiti di lei gli fecero da segnale che stava andando bene, ma anche il suo corpo era una conferma. Nella posizione in cui si trovava, anche se entrambi indossavano ancora la biancheria intima, strisciando piano l’inguine contro di lei riusciva a sentire il calore umido della sua intimità e, a dirla tutta, anche il suo amichetto cominciava a bagnarsi e premere per chiedere di essere ‘liberato’. Non ancora. Prima voleva occuparsi per bene di lei.
Con una mano accarezzò il suo corpo, partendo dal petto, poi giù fino a sfiorare l’orlo delle mutandine. Con le dita passò sotto al sottile elastico, poi queste scesero fino a sfiorare le morbide pieghe intime, dove s’insinuarono lentamente e con delicatezza, fino a raggiungere l’apertura calda e bagnata. Anche in quello aveva già fatto abbastanza pratica da sapere che, quando era così bagnata, significava che poteva procedere. E allora si fece strada all’interno con due dita, con movimento sicuro ma non troppo forte. che la fece gemere ancora di più. Di solito toccarsi era una cosa che facevano insieme, ma adesso voleva essere lui ad avere il controllo della situazione. Che fosse l’istinto animale? Come poteva definire quella sensazione che provava guardandola eccitata sotto le sue attenzioni? Forse quella sera avrebbe ottenuto una risposta, o forse no, l’unica certezza che aveva era di volersi unire a lei completamente.
Si sentì stringere le dita dentro di lei. Il momento in cui Kan diventava ancora più bella, quando raggiungeva l’apice del piacere. I suoi occhi lucidi brillavano come diamanti, i seni si gonfiavano al ritmo del respiro affannato. Accidenti, non ce la faceva più. Sentiva il pene pulsare come un pazzo. Tolse le dita lentamente e, già che c’era, ne approfittò per sfilarle le mutandine.
Adesso toccava a lui.
Si rialzò. Nell’abbassare le mutande, la sua erezione balzò fuori come una molla, facendogli emettere un piccolo gemito di dolore. Recuperò il pacchettino argentato, di cui strappò il bordo con attenzione, quindi ne estrasse il dischetto semitrasparente.
“Aveva detto di fare così…” Mormorò, appoggiandolo sulla punta. Al centro c’era come un piccolo rigonfiamento, che prese fra pollice e indice, quindi con l’altra mano distese il preservativo per tutta al lunghezza. “Sì, mi sembra che sia messo bene.” E poi guardò lei.
Per dirlo con parole semplici, Kan aveva sempre considerato il suo ragazzo un gran figo. Era sincera nel dire che di lui le piaceva tutto e in quel momento nella sua testa lo stava gridando a squarciagola! Che vista mozzafiato… Era assolutamente vero che Mikey era alto poco più di uno gnomo da giardino ma…c’erano dei dettagli a fare la differenza. Mikey praticava arti marziali nel dojo di famiglia da quando aveva imparato a stare in piedi e col passare degli anni il suo corpo si era plasmato da fare invidia a una statua greca. La statura era davvero l’ultima cosa che si notava, di fronte a quei muscoli tondeggianti che spiccavano soprattutto sull’addome e sulle gambe. Anche il suo pene, seppur adeguato alla statura, quando era in erezione diventata di tutto rispetto. E quel taglio di capelli che su di lui stava alla perfezione, con la frangia che tendeva a cadergli sugli occhi. E lo sguardo che la stava catturando, incatenando e divorando. Si sentì di nuovo eccitata e arrivò a chiedersi parchè cavolo lo avesse fatto aspettare così tanto. Adesso era lei a desiderarlo fortemente.
“Mettimelo dentro, Mikey…” Sussurrò, per poi invitarlo aprendo bene le gambe.
Mikey risalì sul letto ginocchioni e, con movimenti giustamente un po’ impacciati, riprese posto fra le cosce di lei. Per quanto determinato, era pur sempre la sua prima volta. Pene in mano, la penetrò lentamente fino a metà, poi si abbassò su di lei e proseguì con la spinta del bacino. Andò tutto bene fino a quando Kan non emise un suono strozzato e il suo viso si contrasse.
Allarmato, Mikey si fermò immediatamente. “Ti fa male?”
Pochi istanti e il volto di lei tornò rilassato, anche se il respiro si fece un po’ veloce e irregolare. Fece un piccolo cenno col capo, cercando di sorridere. “Un po’, ma sta già passando!”
“Aspetto lo stesso prima di muovermi.” Le disse gentilmente lui, poi le stampò dei teneri baci sul viso. Avevano l’intera nottata per loro e ancora tanto da scoprire in quella nuova esperienza.
*
 
Con l’anno nuovo, il 2004, la Toman poteva già vantare numerose vittorie e una certa fama, le quali avevano contribuito ad accrescere il numero dei suoi membri, fino a creare tre squadre ben fornite. Facendo una prima distinzione, la Prima di Baji e Ryusei era quella che picchiava forte e agiva d’istinto, la Seconda di Mitsuya e Hakkai era quella più ragionevole e che alzava le mani solo quando non c’erano alternative e poi c’era la Terza di Pah e Peh. Di quest’ultima si poteva dire che…be’, essendo i capi dotati più di cuore che di cervello, i suoi componenti tendevano a prendersi qualche libertà e non era insolito che Draken dovesse richiamarli all’ordine, seppur facendolo in modo non ufficiale e quindi non in presenza delle altre squadre. Niente di cui preoccuparsi, per il momento. O per lo meno, non erano loro a dare problemi.
Fin dall’inizio, Mikey aveva tenuto gli occhi addosso a Ryusei. Il suo comportamento da animale selvatico non gli piaceva e ancor meno il modo in cui interagiva con la sua ragazza. Se lo stava facendo apposta per infastidirlo era un gran bastardo, se invece lo faceva senza rendersene conto era un vero idiota. In ogni caso, la gelosia nei suoi confronti gli stava rodendo il fegato, dannazione, e non poteva farci nulla. Quel che era peggio è che a Kan la cosa non sembrava interessare.  Erano bastati pochi incontri con Ryusei, in cui lui le aveva raccontato la lacrimevole storia della propria infanzia o ancora il modo in cui era stato cacciato dalla sua stessa gang dopo aver difeso Baji durante uno scontro avvenuto ancor prima che Toman venisse ampliata. E allora lei lo aveva preso a cuore, aveva cominciato a viziarlo, a trattarlo come un bambino bisognoso di affetto, con quel suo istinto da crocerossina che a volte era più un difetto che un pregio. Mikey non l’aveva detto a voce, ma provava lo stesso sentimento negativo di quando c’era Kazutora. O forse peggio, perché mentre Kazutora nascondeva la cotta per lei limitandosi a fare il migliore amico, Ryusei era decisamente più sfacciato e non si faceva problemi a provarci apertamente. Chiaro, si fidava cecamente di Kan e non pensava minimamente che lei potesse tradirlo, ci mancherebbe! Però…tenere d’occhio quel serpente velenoso di Ryusei era una mossa intelligente, anche se questo significava dover andare in luoghi dove altrimenti non avrebbe mai messo piede. Come ad esempio un locale pieno di gatti.
Sigh.
“Purrrrr! Purrrrrr!” Il gatto dal pelo folto e grigio aveva tutta l’aria di godersela a stare sulle ginocchia di Kan e farsi accarezzare, esattamente come lei era in estasi nel farlo. La pelliccia era incredibilmente morbida e, sommando le fusa emesse dal felino, era come avere addosso una sorta di coperta elettrica!
“Ah ah! Quel gatto vibra così tanto che lo sentiranno anche in fondo al locale!” Disse Ryusei, seduto al lato del tavolo alla sua destra e anche lui con in grembo un gatto. L’unica differenza era che il suo, piccolo e nero, stava giocando ad artigliargli le dita, che lui alzava e riabbassava.
In quel momento si sentì un acuto ‘ROOOONF!’ provenire dal lato alla sinistra di Kan. Lei si sporse leggermente e le venne spontaneo sorridere alla vista che si presentava. Mikey stava dormendo raggomitolato sui cuscini, con addosso una felpa color crema che lo copriva quasi fino alle ginocchia. La cosa buffa è che si era addormentato con mezzo taiyaki che gli pendeva dalla bocca aperta, assieme ad un filo di saliva.
Baji, all’ultimo lato del tavolo quadrato, si sporse a sua volta e ridacchiò. “La mia premonizione si è avverata! Ci ho preso in pieno!” Kan si mise a ridere, ricordando quella conversazione, mentre a Ryusei dovettero raccontarla, dato che in quel periodo ancora non faceva parte della gang.
Kan allungò una mano sulla testa di Mikey per fargli una carezza fra i capelli. Chissà come sarebbe diventato coi capelli più lunghi… Non poté soffermarsi a pensarci più di tanto, perché il gattone grigio richiamò la sua attenzione con un miagolio piuttosto lamentoso.
“Sì, sì, adesso torno ad accarezzare te, micio!” In fondo, al suo ‘gatto personale’ dedicava già tanto tempo, forse anche più del normale da quando avevano passato la loro prima notte insieme. Anche se nel frattempo era successo altre volte, le veniva ancora il batticuore a pensarci. Scosse il capo e decise di sviare i pensieri su un altro campo.
“Kei, hai imparato a scrivere altri kanji a parte quelli del tuo nome?”
Se Ryusei si mise a ridere, al contrario Baji le lanciò una meritata occhiataccia. “Ma fottiti!” A stento riuscì a trattenere un sorriso e, pur di mascherarlo, si chinò fin troppo sul gatto dal pelo rosso e bianco a cui stava facendo smangiucchiare un biscottino.
Insomma, attorno a quel tavolo c’erano tre amanti degli animaletti.
“Ci pensate che tra due mesi finirà il primo anno scolastico? Come vola il tempo!”
“A me non frega niente della scuola.” Sottolineò Ryusei, facendo una smorfia. “Voglio solo fare a botte e dormire.”
Kan lo rimproverò. “Sei davvero un pessimo esempio per Kei. E pensare che fate la stessa scuola. Ma prima o poi ti rovinerai quel bel viso e allora vedremo!”
Ryusei le fece l’occhiolino. “Ti preoccupi per me?”
“No! Solo della tua faccia!”
“Ti piace eh?”
“Non è una cosa che ti dicono tutte le ragazze ogni giorno?”
Ryusei allora puntellò il gomito sul tavolo e si sporse verso di lei. “Sì, ma detto da te è speciale!”
Che fosse a causa del sorriso malizioso, del fascino latino o dello sguardo seducente, Kan arrossì e non riuscì a rispondere a tono come avrebbe dovuto. Le uscì solo un impacciato “P-piantala!” e lui ne rimase soddisfatto come se avesse vinto una battaglia.
Baji alzò gli occhi al soffitto. Ogni tanto tra quei due scoppiavano di questi strani battibecchi amorosi e ogni volta finiva con Mikey che faceva una scenata di gelosia. Per questo decise di intromettersi subito. “E dai, non ce la fate proprio ad evitare queste cazzate? Se Mikey vi sente-”
Frase interrotta. Con movimento rapido, Mikey scattò via dai cuscini e fu addosso a Kan, le braccia attorno al suo girovita e la testa contro i suoi seni. E lo sguardo minaccioso puntato su Ryusei. “Baji, vedi di tenere a bada il tuo amico o lo prendo a calci.”
“Ecco appunto. Uff…” Di nuovo Baji alzò gli occhi al soffitto.
Essendo che il suo posticino comodo era stato usurpato, il gatto grigio decise di andarsene, ma non prima di aver dato un colpo di coda in faccia a Mikey.
Kan sospirò. “Hai dato fastidio al micio. Che cavolo, Mikey!”
“Non vedo dove sia il problema. Puoi accarezzare me.”
“E smettila di minacciare Ryu! Lo sai che scherza!”
“Pff!” Un rumore che costò a Ryusei un pugno sulla spalla da parte di Baji.
Mikey sollevò la testa e la guardò negli occhi. “Gli dai troppa corda. Lo so che per te è solo un amico, ma lui non vede l’ora di saltarti addosso. Se fino a poco tempo fa avevo dei dubbi, adesso ne sono sicuro.”
Kan minimizzò. “Ma fammi il favore! Con tutte le ammiratrici che ha, figurati se mira a me!”
Questa volta Baji sollevò prontamente il pugno, nel caso Ryusei avesse avuto la brillante idea di dire qualcosa. Per fortuna non servì.
Stranamente, le parole di Kan parvero rassicurarlo, o almeno spinsero Mikey a lasciar perdere. Le sfiorò le labbra con un bacio e subito dopo si sistemò col viso fra i suoi seni, in quel modo che gli piaceva tanto. “Coccole…” La voce uscì ovattata a causa del maglione che lei indossava.
“Io vado un attimo al bagno!” Ryusei si alzò dal cuscino e, tenendo il gattino appollaiato sul braccio, si avviò.
Ora che erano rimasti soli, tralasciando Mikey che stava già partendo per il mondo dei sogni sotto l’effetto delle carezze di lei, Kan si rivolse a Baji seriamente.
“Sai Kei, dovresti chiedergli di uscire…”
“Ci vediamo tutti i giorni a scuola e siamo nella stessa gang e nella stessa squadra! Perché dovrei?”
“Intendo…ecco…tipo appuntamento romantico.”
Baji sollevò un sopracciglio. “Di che stai parlando?”
“Vedo che andate molto d’accordo. E lui non esce con nessuna, nonostante le ondate di ammiratrici. Pensavo che magari…che so…tu e lui…”
Baji scostò lo sguardo. “Anche se lui fosse interessato a me, cosa che dubito, io non provo lo stesso sentimento che ho per Tora. Non…non credo nemmeno che Ryusei mi piaccia in quel senso, se devo dirla tutta.”
“Kei… Dovresti darti una possibilità di essere felice. Non ti chiedo di dimenticare Kazutora, però…” Si diede alcuni istanti per cercare le parole e poi riprese. “Non fai un torto a nessuno se ti dovesse capitare di innamorarti di nuovo.”
“Tsk, guarda che lo so! Il mio amore per lui non è corrisposto e quando uscirà dal riformatorio io sarò soltanto il suo migliore amico, come prima. Ma nonostante lo sappia…non sono ancora pronto ad innamorarmi di un altro.”
Kan non insistette oltre, sapeva fin troppo bene quanto l’amore fosse una questione delicata.
*
 
Era una bella giornata di fine febbraio, il cielo era limpido e il sole riscaldava l’aria donando qualche grado in più rispetto alle medie stagionali. Un giorno infrasettimanale in cui, dopo le lezioni, Mitsuya aveva le attività del club di cucito. Visto che quel pomeriggio le sue sorelline sarebbero andate a casa di un’amichetta e non doveva andare a prenderle a scuola, si era concesso di fare le cose con calma e lavorare a due nuovi vestitini per loro. Qualcosa di leggero, di primaverile, che stesse bene con la stoffa a stampa floreale che aveva trovato in offerta in uno dei tanti negozi di scampoli che frequentava, però voleva anche che i modelli avessero delle differenze e questo richiese più tempo del previsto. Ma ugualmente, terminato l’orario di permanenza al club, era uscito dall’aula soddisfatto per essere riuscito a tagliare la stoffa e aver fatto l’imbastitura di entrambi i vestitini. Oltre che assistere le altre ragazze del club, come al solito. E proprio con tutte loro uscì da scuola, in un gruppo piuttosto compatto e rumoroso che lo adorava senza riserve. Non che la cosa gli dispiacesse, ovviamente! Per farla breve, in quella giornata perfetta non si sarebbe mai aspettato un agguato.
Non appena oltrepassò il grande cancello aperto, attorniato dalle sue gallinelle chiassose, una folata di vento lo investì e…volgendo appena lo sguardo, vide la ‘Babu’ con in sella il suo proprietario, intento a leccarsi le dita con aria soddisfatta.
“Mikey?”
Lo disse abbastanza forte da farsi sentire e infatti lui incrociò il suo sguardo e gli sorrise.
“Presidente, chi è quello? Un tuo amico?” Chiese Yasuda, con aria contrariata.
“Ehm sì… Chiedo scusa a tutte, devo salutarvi qui! A domani!”
Quelle frasi furono accolte da varie lamentele e qualche sbuffo, oltre che da un’occhiataccia di Yasuda rivolta a quello che per lei era la feccia della società, un criminale e un disturbatore della quiete pubblica.
“Non capirò mai perché il Presidente frequenti certa gentaccia.” Non era l’unica a pensarlo, ma lei aveva dei solidi pregiudizi nei confronti dei teppisti a causa della pessima impressione che aveva avuto a inizio anno scolastico. Senza contare che odiava in modo smisurato Peh ogni volta che questo si azzardava a mettere piede nella stanza del club per disturbare.
Comunque, torniamo ai due amici…
Mitsuya raggiunse Mikey. “Come mai qui?”
“Ti stavo aspettando! E nell’attesa ho mangiato il dorayaki che avevo preso prima!”
“E…perché mi stavi aspettando?”
“Devo chiederti un favore! Salta su, andiamo a casa tua!”
Per essere così di buon umore non doveva essere niente di grave, giusto? Mitsuya prese il casco rosso che lui gli porse e poi salì sulla sella dietro. Ok, magari non era niente di grave, però era strano che Mikey fosse da solo. In genere era appiccicato a Kan o a Draken…vai a capire…
Arrivati a destinazione, Mikey parcheggiò la moto quasi davanti alla porta e, una volta entrato in casa, andò dritto ad accomodarsi al chabudai senza nemmeno chiedere permesso!
“Mi sono informato! So che sei a casa da solo fino a stasera e che le tue sorelline cenano via. Quindi puoi dedicarmi un po’ di tempo!”
Impossibile dire se fosse più inquietante quello che aveva appena detto o quel sorriso ad gli occhi chiusi!
“Mikey… Cominci a farmi paura…!” La voce un po’ tremolante.
“Porta qui il materiale da disegno e siediti vicino a me!”
Mitsuya obbedì. Preparò il blocco per gli schizzi, la gomma,  e in ultimo la matita a mine. “Dimmi.”
“Voglio che disegni una divisa della Toman per Kan!”
“EEEH?” Questa poi…
“Ho qualche idea per personalizzarla! Non le farei mai indossare quella che abbiamo noi!”
“Mikey, frena.” Quello era partito con la parlantina, ma c’erano dei punti importanti da chiarire. “Hai intenzione di far entrare Kan nella gang?”
Mikey alzò le spalle. “Che c’è di strano? E’ la mia ragazza!”
“A quanto ne so lei non ha mai espresso il desiderio di farne parte, però.”
“Infatti non ne sa ancora niente! Voglio farle una sorpresa! Le darò la divisa e le chiederò di entrare nella gang!”
Era troppo sicuro di sé. E non andava bene. Possibile che proprio lui non avesse capito che la Toman non andava a genio a Kan? Aveva palesemente mostrato disaccordo fin dal giorno in cui la sua creazione era stata proposta! E adesso Mikey era lì con quella stramba idea nella testa?
“Ascolta… Io credo sia meglio che tu e lei ne parliate, prima di prendere una decisione.”
Mikey lo guardò storto. “Vuoi aiutarmi o no?”
Non lo avrebbe fatto ragionare neanche prendendolo a testate, quindi…l’unica opzione che gli rimaneva era quella di accontentarlo.
“D’accordo.” Per prima cosa disegnò la figura stilizzata di un corpo femminile, tenendo conto che la sua amica aveva un fisico snello e slanciato. “Quali idee hai?”
Contento di averla avuta vinta, Mikey ritrovò il sorriso e ricominciò a parlare a ruota libera. “Per cominciare, vorrei che i vestiti sottostanti fossero normali, in modo che non si capisca che è una divisa. Pensavo ad una maglia nera, però elegante e con una scollatura abbastanza profonda da poterci mettere la mia fac-” Piccola interruzione. “Che metta in risalto il suo seno.” Modificare il finale della frase non servì a farlo sembrare meno porcello, ma pazienza.
Mitsuya girò il foglio e abbozzò la figura di una maglia. “Così?”
“No. Più attillata. Col bel corpo che ha! E magari con quelle maniche lunghe e molto aderenti che arrivano fino a mezza mano, hai presente?”
Più dettagli gli forniva, più Mitsuya disegnava e dava forma alle idee dell’amico.
“Ecco, così è perfetta! Adesso la parte sotto! Lei indossa sempre le gonne, quindi anche in questo caso la farei! Una gonna lunga fino alle caviglie, che vada bene anche per l’inverno!”
Mitsuya fece uno schizzo, ma subito lui replicò. “Non così! Anche questa deve essere attillata! Almeno nella parte sopra! Tipo…che le fasci i fianchi!”
Mitsuya disegnò delle linee più aderenti. “Così?”
“Mh… Però che si allarghi  un po’ andando verso il basso e…ci vedrei bene uno spacco che parta dalla coscia! Ah, sulla gamba destra, quella che usa per dare i calci!”
Mitsuya si fermò e lo guardò in tralice. “Calci? Lei non ha mai dato calci all’infuori del dojo.”
“Sono sicuro che lo farà una volta entrata nella gang! Tu disegna e basta!”
Più la mina si muoveva sul foglio e più lui si convinceva che quello sembrava un costume per un gioco erotico… Ma c’era anche un lato divertente. Guardando quello spacco, non gli era difficile immaginare Kan piazzarci sotto l’amata calzamaglia! Il pensiero gli diede un po’ di buon umore.
“Per le calzature hai già iniziato a guardarti attorno? Di certo non può indossare  quelle bianche che abbiamo noi, stonerebbero troppo.”
“Sì… Credo che degli stivaletti andranno bene… Magari in pelle nera e con la suola in gomma.”
Aveva le idee chiare, non c’è che dire. Doveva averci riflettuto parecchio per elaborare tutti quei dettagli.
“Allora quelli li disegnerò in modo approssimativo sul bozzetto. Ora…passiamo al tokkofuku?”
Mikey scosse il capo. “No! Niente tokkofuku! Per lei ho pensato a qualcosa di più leggero e meno severo! Un haori!”
“Un haori?”
“Già! Uno moderno, tipo quelli estivi dall’aria svolazzante, senza chiusura e con poche cuciture!”
Per disegnare quell’ultimo capo ci volle più tempo che non per tutto il resto e per Mitsuya non fu facile capire l’idea che era nella mente di Mikey. Ok disegnare, ma poi era compito suo realizzare i cartamodelli e riportare tutto su stoffa! Ad ogni modo, finiti gli schizzi, strappò il foglio e lo affiancò al blocco, quindi tornò sulla pagina precedente dove aveva disegnato il corpo e vi riportò i capi adattandoli alla figura. Indubbiamente, le sarebbero stati a pennello.
“Soddisfatto?”
“Quasi! Ora devo dirti quali kanji ricamare!”
“Giusto… In quale squadra la farai entrare?”
Mikey ridacchiò. “Farò molto meglio! Lei merita un posto al di sopra di ogni squadra! Perciò…”
Le parole che pronunciò poi, lasciarono in Mitsuya un senso di timore. Conosceva Kan abbastanza da sapere che per lei non sarebbe stato facile adattarsi a quella situazione. Sempre che avesse accettato. In ogni caso, prevedeva che per tutti loro ci fossero forti piogge in arrivo.


Continua nel capitolo 10 [Not So Well]!
Le previsioni di Mitsuya saranno giuste???

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Chapter 10: [Not So Well] ***


Chapter 10
[Not So Well]
 
Quando Mitsuya le aveva chiesto di fargli da modella per un progetto del club, Kan ne era stata entusiasta. Ovviamente si trattava della ‘scusa’ inventata da lui e Mikey, affinché potesse cucirle gli abiti su misura senza farle sospettare di cosa trattava in realtà L’idea era quella che fosse tutto pronto in tempo per il culmine della fioritura, solo allora Mikey le avrebbe fatto la proposta e dopo sarebbe stato tutto nelle mani del destino. In ogni caso, non era affar suo, lui aveva solo il compito di cucire e far sentire l’amica a proprio agio. Sssì… Per lei di problemi non ce n’erano, quel pomeriggio si era presentata sorridente e con tanta voglia di collaborare, però…nel momento in cui Mitsuya si era ritrovato col metro a fettuccia fra le mani e sul punto di prenderle le misure, si era bloccato. Come aveva fatto a non pensarci prima? Eppure era naturale che dovesse farlo.
“Mitsuya, va tutto bene?”
In effetti no. Aveva bisogno di chiamare Draken. SUBITO.
Ringraziando gli dei lui era libero e si affrettò a raggiungerli. Non appena entrò dalla porta, si rivolse a Mitsuya con evidente sorpresa. “Se posso aiutarti lo faccio volentieri! Anche se non so davvero cosa potrei fare! Anche quando hai cucito le divise per la gang è stata Kan ad aiutarti!”
Kan confermò. “Sono curiosa anche io di saperlo! Non mi ha detto nulla!”
Adesso doveva dirlo per forza. Anche se all’esterno sembrava calmo, dentro si sentiva tutto in subbuglio, perciò pensò di prendere un bel respiro prima di parlare. “Draken, tu per me sei come un fratello. Il mio ‘twin dragon’.” Poi si rivolse a Kan. “Tu Kan sei importante per me e l’affetto che provo nei tuoi confronti va oltre la semplice amicizia. Però sei una ragazza e il fatto di non avere legami di sangue con te mi mette in difficoltà.” Con gesto deciso sollevò il braccio verso Draken, porgendogli il metro. “Non ce la faccio a prendere delle misure così dettagliate e sopportare i sensi di colpa per dover allungare le mani.”
I due lo guardarono con tanto d’occhi per alcuni istanti, prima di cedere e scoppiare in una fragorosa risata!
“Ma dai, dici sul serio?” Riuscì a dire Draken, quasi piegato in due dal ridere.
Kan invece fu più diretta e prese Mitsuya a braccetto. “Sei davvero una brava persona! Ma dovrai superare questo scoglio se hai intenzione di specializzarti nel campo!”
“Infatti spero di fare pratica con te!”
Draken lo affiancò. “Comincia a dirmi cosa devo fare.”
“Sì. Dunque…alcune posso prenderle io, così ti mostro.” Quindi si occupò subito lui delle misure meno invadenti, come ad esempio quelle riguardanti le braccia o le spalle e man mano spiegava a Draken come tenere il metro correttamente e poi riportare le cifre su un foglio dove aveva già preparato tutte le diciture. Poi gli affidò il metro per fargli misurare il girovita.
“Ok, mettiti così… Ora leggi il numero.” Draken obbedì e lui scrisse la cifra sul foglio. “Ora misuriamo il petto.”
“Ah preferite che tolga la camicetta? Può aiutarvi?” Chiese Kan, per essere d’aiuto.
Draken volse lo sguardo verso Mitsuya, in attesa di una risposta. Sul serio? Se ne stavano lì senza battere ciglio? Incapace di sostenere i loro sguardi, dovette abbassare il suo, quindi rispose con voce un po’ incrinata. “No, v-va bene così. Si tratta di qualche millimetro di stoffa.” Diede un colpo di tosse e cercò di ridarsi un contegno. “Kan…solleva le braccia, per favore. Stile aereo. Ora tu Draken, fai passare il metro attorno al busto… Bene, adesso unisci le estremità al centro. Al centro…dei seni…”
Draken però tirò un po’ troppo e il metro divenne tipo una cinghia che stringeva le rotondità in un modo un po’ troppo osé. E Mitsuya divenne viola. “N-no, non tirare così, fallo più delicatamente! Allenta la stretta…”
Draken, concentrato, inclinò leggermente il capo e si mordicchiò un labbro, mentre Mitsuya continuava a dargli indicazioni. “Lascia che un’estremità ti scivoli tra le dita delicatamente… Segui il ritmo del suo respiro… Vedi il rigonfiamento quando lei inspira? Ecco..adesso hai la misura esatta. Leggi il numero che hai in linea con l’unghia del pollice.”
Non appena Draken lo disse, lui finalmente poté distogliere lo sguardo. Dannazione aveva il cuore che gli rimbombava nelle orecchie. “Facciamo una pausa.” Buttò il blocco da scrittura sopra il chabudai e sgusciò fino al cucinino per prendersi un bicchiere d’acqua. Che diavolo gli prendeva… Kan era una sua amica.
“Guarda Ken! Questo è il figurino che mi ritrae!” Disse Kan, prendendo il foglio dalla cartellina lì accanto. “Spero che questi abiti mi staranno bene anche dal vero!”
Draken gli diede un’occhiata e poi prese a squadrarlo. “Che strano stile. Non è da te, Mitsuya. Come mai questa scelta?”
Cazzo. Non aveva pensato all’eventualità che Draken potesse vederlo prima della fine. Era comprensibile che fosse sospettoso di fronte ad una cosa del genere. Avrebbe tanto voluto mozzarsi la lingua pur di non rispondere.
“Volevo provare qualcosa di diverso. Finora ho cucito sempre vestiti per le mie sorelline, oltre ai tokkofuku per la gang.”
Draken allungò lo sguardo su di lui, gli occhi assottigliati. “E’ comunque strano… Questo spacco sulla gonna è esagerato. Per non parlare della scollatura. Sicuro di non voler realizzare uan cosa più casual?”
Ecco. E adesso cosa s’inventava? Non poteva dire la verità e, in ogni caso, a lavoro ultimato sarebbero stati cazzi di Mikey. Lui non voleva responsabilità in quel casino.
“Dai Ken, non fare il guastafeste! Io sono contenta di fargli da modella! E non mi dispiace questo stile sexy!” Kan disse l’ultima fase facendo l’occhiolino al fratello. E funzionò. Draken parve tornare di buon umore e abbozzò un sorriso. “E va bene! Se ti diverti, io non parlo più! Però, Mitsuya, la prossima volta disegna qualcosa di più coprente, grazie.”
“Ehm…sì, assolutamente!” Sperò di sorridere in modo convincente, anche se una parte di lui se la stava facendo sotto. Non che avesse paura di Draken, però sapeva che quando si trattava della sua gemella poteva diventare pericoloso. Comunque, ancora una volta si ripeté nella mente che erano cazzi di Mikey e si ridiede la carica per riprendere il lavoro.
“Ok, ora passiamo alla parte sotto. Mi servono le misure per la gonna.
Dopo quel giorno, ci fu solo un’altra occasione in cui lui dovette ricorrere all’aiuto di Draken, ma nel complesso le cose andarono abbastanza spedite e tutto fu pronto per le vacanze di primavera. Il primo anno scolastico terminò. E Baji venne bocciato.
*
 
Primavera+Vacanze= Risveglio dei sensi SESSO SFRENATO!
Mikey aveva inventato questa formula ed era determinato ad usarla fino in fondo senza porsi problemi. Col consenso di Kan, ovviamente. Le esperienze intime avute nei mesi più freddi dell’anno erano state abbastanza romantiche, considerando il fatto che ogni volta erano seguite da coccole sotto il caldo piumone, ma adesso che le temperature cominciavano ad alzarsi, che il sole dava una bella carica di vitamina D e che in ogni dove gli alberi erano in fiore e addolcivano l’animo coi loro profumi…be’, era facile immaginare quale effetto avesse tutto questo su due ragazzi nella loro prima adolescenza! E allora, quando non erano da qualche parte in compagnia degli amici, ecco che s’infilavano fra le lenzuola a divertirsi e a scoprire man mano nuovi orizzonti del piacere. Come Mikey aveva promesso quella famosa sera di dicembre, si dava da fare per farle provare nuove e intense sensazioni e lei s’impegnava per ricambiare, sempre più succube bel fascino del suo ragazzo. Non solo il fatto di stringerlo fra le cosce, o quel desiderio di essere posseduta che si faceva sempre più forte, si sentiva come se fosse sotto un incantesimo d’amore osservandolo quando era eccitato, accaldato, coi capelli più lunghi e arruffati da cui sotto la frangia s’intravedevano gli occhi languidi, mentre si muoveva dentro di lei. Tutto di lui era sensuale, durante il rapporto, comprese le frasi sconnesse che accennava di tanto in tanto e i gemiti musicali che talvolta si mescolavano ai suoi.
“Kan…ah! Ci sono quasi…”
“Ahhh… Anch’io!”
Una grande concentrazione, il movimento sincronizzato dei loro bacini e, nel giro di un minuto, raggiunsero insieme l’estasi. Soddisfatto, Mikey si abbandonò su di lei, la faccia beatamente affondata fra i seni, nella sua comfort zone. Rimase così finché non ebbe ripreso fiato. Nella stanza, la luce che filtrava dai vetri avvolgeva tutto in un manto bianco luminoso e che creava un’atmosfera pacifica.
“Waah! Sto troppo bene!” Disse Mikey, risollevando la faccia sorridente. Poi scivolò su un fianco e si sistemò accanto a lei. “Ti è piaciuto?”
“Mi piace sempre!” Confermò Kan, senza imbarazzo.
Mikey si sfilò il preservativo e, prendendo una mira approssimativa, fece canestro nel cestino all’angolo. “Stiamo diventando bravi, eh? La prossima volta potremmo provare qualcosa di nuovo!”
Kan ridacchiò. “Ti stai già annoiando a farlo così?”
“No, ti pare! Però ci sono tante posizioni che vorrei provare!” Sfoggiò un sorriso malizioso. “Ti faccio vedere!” Quindi rotolò sull’altro fianco, verso la parete e, dopo aver infilato la mano sotto al materasso in un punto preciso, ne estrasse una rivista piuttosto corposa. Si risistemò accanto a lei e le mostrò la copertina.
“E così è questo il prezioso regalo che hai ricevuto da Baji in quinta Elementare!”
“Già! All’inizio Baji se l’era presa per sé e ci divertivamo a sfogliarla insieme! Ma lui ha perso presto interesse e così me l’ha regalata!” Scosse il capo ridacchiando. “Adesso so il perché! In realtà gli piacciono i ragazzi!”
La rivista in questione era un’edizione speciale dedicata alle ‘48 posizioni’ sessuali e, volendo, si poteva definirla la malattia di Mikey.
“Mi chiedo per quale motivo Baji possa averla acquistata. Era ancora un bambino. Possibile che si stesse già facendo delle domande sulla propria sessualità?” Chiese Kan.
Mikey sollevò le spalle. “Forse! Posso farti vedere qualche pagina?” Era così ansioso da fare quasi tenerezza. Ad un cenno affermativo di lei, aprì la rivista su una pagina marcata da un piccolo post-it giallo. “Questa è semplice! Potremo provarla per prima! Oppure questa…” Sfogliò fino a raggiungere un’altra pagina con post-it giallo, dopo averne passati altri di rosa, azzurro e verde.
“Mikey… Ma tutti questi post-it?”
“Oh! Vedi… Ho diviso le posizioni per colori! Quelle rosa sono le mie preferite, mentre quelle gialle sono le più semplici da fare!”
E dopo una spiegazione così, Kan non ebbe il coraggio di chiedergli a cosa corrispondessero gli altri colori. Ascoltò le varie proposte di lui, pensando intensamente che se avesse parlato con tanta precisione anche durante le interrogazioni a scuola, avrebbe concluso l’anno con ottimi voti invece che con una sfilza di sufficienze. Neanche a dirlo, uan volta ottenuto il materasso nuovo, i suoi voti avevano cominciato a calare, nonostante lei avesse fatto di tutto per aiutarlo nello studio. Cosa che fino all’ultimo l’aveva irritata da morire. Dopo aveva saputo della bocciatura di Baji e si era ripromessa di fare qualcosa almeno per lui. Non poteva accettare che il suo amico passasse per un completo somaro!
“Ah!”
Mikey smise di parlare e la guardò incuriosito. “Wow! Ti eccitano così tanto queste immagini?”
Istinto omicida in salita… “No, scemo!” Si tirò su e si mise seduta. “Devo rivestirmi o farò tardi. Lo sai che devo vedere Kei. Già mio fratello è convinto che stia passando il pomeriggio con lui…”
“Vero! Dobbiamo arricchire il repertorio delle balle da raccontare a Ken-chin, se non vogliamo farci scoprire!”
In effetti, anche se lui minimizzava la faccenda, quella catena di bugie per riuscire a stare da soli cominciava a farsi rischiosa.
Kan scese dal letto e recuperò la biancheria e i vestiti sparsi a terra. Prima o poi doveva insegnare al suo ragazzo a smetterla di scaraventare via la roba in quel modo. Una volta rivestita, s’impossessò della spazzola che aveva comprato apposta da tenere lì e si diede una bella sistemata ai capelli. Lasciandoli crescere e tagliando solo le punte quando necessario, adesso la chioma le arrivava quasi in fondo alla schiena.
Nel frattempo Mikey aveva messo via la rivista e ora la stava osservando con aria incantata. “Vorrei stare con te in ogni momento…”
Lei gli sorrise. “Fra sei anni avremo l’età legale per sposarci! E allora staremo appiccicati giorno e notte!”
“E soprattutto, Ken-chin non potrà più minacciarmi di morte!”
Finito con i capelli, Kan tornò al letto e si sporse per stampargli un bacio sulle labbra. “Ci vediamo domani, amore!”
“Sì! Ah non essere troppo severa con Baji! Non se lo aspettava di venire bocciato…”
Kan uscì senza rispondere. Non essere severa? Ha! Si fece ribollire il sangue fino a quando non arrivò alla sala giochi dove avevano appuntamento e, dopo averlo raggiunto…
“BRUTTO IDIOTA, COSA PENSI DI FARE DELLA TUA VITA?”
A quel grido, Baji si sentì tremare fin nelle viscere. E le sue mani abbandonarono i comandi del videogioco, gesto che lo portò ad un inevitabile ‘game over’. Sopracciglia aggrottate, si volse di scatto. “Che cazzo, mi hai fatto perdere.”
Ma Kan lo sovrastò, imponendosi su di lui con aura demoniaca. “Quello che hai perso è un anno scolastico! Perfino Pah è riuscito a passare! PAH!!! Che ha il cervello pieno di segatura!!!”
“Ehm…quello lo può dire solo Peh, credo…” Azzardò Baji.
“Chi se ne frega! Adesso Peh non è qui!” Lasciò un rumoroso sospiro e prese a parlare con tono di voce più moderato. “Dico davvero, Kei. Come hai fatto a farti bocciare?”
“E io che ne so! Avrò dei Prof. bastardi!”
“Hai intenzione di rimediare o no? Hai anche fatto piangere tua madre!”
Baji percepì quella frase come uno spillo conficcato in un dito. “Senti, non l’ho mica fatto apposta! Starò più attento! La prossima settimana andrò insieme a Mikey a comprare un paio di occhiali per la scuola, così sembrerò più intelligente e forse lo diventerò davvero!”
Kan si portò una mano alla fronte, sentendo di stare per perdere la pazienza. “Occhiali… Anche questa cazzata doveva metterti in testa, Mikey.” Prese respiro e lasciò ricadere la mano. “Ascolta Kei, devi prendere questa cosa più seriamente. Se hai bisogno, posso aiutarti io a studiare, lo sai.”
Lui mise il broncio e mormorò: “Però farmi aiutare da una femmina…”
“Farò finta di non aver sentito.” Kan adocchiò la sedia alla postazione di gioco accanto a quella dove era lui, visto che era libera ne approfittò per sedersi. “C’entra qualcosa Tora?”
Solo a sentire il nome, Baji ebbe una fitta al cuore. Come sempre. “Non lo so… Ormai è passato del tempo da quell’incidente ma…” Non finì la frase.
“Lui manca tantissimo anche a me. Per questo gli scrivo molte lettere. E lui mi risponde sempre.” Fece una pausa e poi riprese. “Tu invece non gli hai mai scritto da quando è in riformatorio.”
“Lo sai che non so farlo. Per questo lascio dei messaggi verbali a sua madre quando andiamo a trovarla o dico a te di aggiungere qualche riga da parte mia nelle tue lettere.”
“Non è la stessa cosa. Sono sicura che se ricevesse una cosa tua, piangerebbe dalla gioia. Siete migliori amici e vi volete bene.”
“E’ che…scrivere in hiragana è imbarazzante…”
“Allora impara i kanji!” Attese che lui la guardasse negli occhi e allora gli sorrise. “Ti aiuto io! Così riuscirai a scrivergli una bella lettera! Sai che sorpresa sarà per lui?”
“Tu… Tu dici?”
“Ma certo! Provaci, Kei! Fallo per lui!”
Baji abbassò lo sguardo. “Grazie…”
“E poi promettimi che proverai a trovarti un fidanzato! Adesso che hai i capelli più lunghi stai diventando bello!”
Gulp! Baji digrignò i denti e rispose per le rime. “Io sono nato bello, stronza!!!”
Kan si concesse una risata, felice che il loro rapporto fosse fatto così.
*
 
In un certo senso si poteva dire che Mikey si era fatto dei conti nella testa e ne aveva tratto le conclusioni che aveva voluto. Ad esempio, aveva dato troppa importanza a quelle volte in cui Kan era stata partecipe degli incontri della gang, fraintendendo il vero motivo, in quanto lei lo faceva solo per il desiderio di stare in compagnia degli amici e non perché interessata ai resoconti sulle scazzottate. Per non parlare di quella volta in cui l’aveva convinta a fare un giochino erotico con addosso il suo tokkofuku di Comandante…un elemento che non doveva nemmeno prendere in considerazione e che invece aveva contribuito a dargli l’errata convinzione che lei sarebbe stata felice di avere un ruolo importante nella gang. E così, una volta che Mitsuya terminò di creare gli abiti da lui richiesti, sempre di sua iniziativa decise di fare le cose in grande e organizzare un raduno nel bel mezzo delle vacanze primaverili per presentarla ufficialmente. A sua insaputa e sempre dando istruzioni dettagliate ad un Mitsuya per niente felice di obbedire.
La sera concordata, Kan raggiunse casa dell’amico, euforica al pensiero di sfilare come una vera modella. Seguendo il proprio gusto estetico, aveva provveduto a truccarsi in modo adeguato, ossia un elegante tocco di eyeliner, un ombretto color cannella arricchito con una spruzzata di brillantini dorati e per finire un lucidalabbra. I capelli invece li aveva raccolti in un’alta coda di cavallo, in modo che la chioma riscendesse a cascata sulla schiena. Come tocco finale, due piccolissime sfere dorate ai lobi che facevano da punto luce. Quando entrò in casa, la trovò stranamente ordinata e silenziosa, il che era piuttosto strano…
“Sei solo?” La domanda le uscì con più enfasi di quanto avesse voluto!
“Sì. Sono andate tutte e tre a cena da una collega di mia madre. Siccome le avevo detto che stasera dovevo uscire, sai…” La voce gli si era quasi spenta nel parlare. Ci fu un momento di silenzio, poi le fece un cenno col capo. “Vieni.” E la precedette fino allo stanzone suddiviso in due da una tenda, dove si trovavano rispettivamente la sua stanza da una parte e quella delle sorelline dall’altra. Una porzione di tenda era stata lasciata aperta e fu quello il punto che le indicò Mitsuya. “Puoi cambiarti qui, prego.”
“Grazie!” All’interno trovò gli abiti appesi su una stampella, alle sue spalle la tenda venne richiusa per concederle privacy. Mentre si cambiava, le venne spontaneo ripensare a quei momenti comici in cui Mitsuya era arrossito nel sfiorarla durante le varie prove. Quel ragazzo in genere era super professionale e quel lato impacciato lei non se lo aspettava proprio! Si ritrovò a sorridere.
“Guarda che ti sento! Stai ridendo di me!” La voce arrivò oltre la tenda.
“Era solo un ampio sorriso, non puoi averlo sentito!” Però di fatto lo disse ridendo.
“Io ho un sesto senso!” Rispose lui, stando al gioco.
Qualche minuto ed ecco che Kan riaprì la tenda e assunse una posa sexy da rimorchiatrice seriale, giusto per fare scena.
“E’ sleale provarci col sarto!” Scherzò lui.
Kan gli andò incontro. “E’ come se mi stessero meglio dell’ultima volta che li ho indossati!”
“L’unica differenza è che adesso li hai resi tuoi.”
“Oh…” Kan sbatté le palpebre accorgendosi di un fatto. “Come mai ti sei messo la divisa della gang? E’ tipo un match per la sfilata? Che forza!”
Più lei sorrideva e volava con la fantasia, più lui si sentiva in colpa per ciò che stava per fare. D’altronde non aveva scelta. Si accorse di avere stretto il pugno, allora rilassò la mano. “Meglio andare o faremo tardi.”
All’ingresso indossarono ognuno i propri stivaletti e Mitsuya si appese al braccio un piccolo fagotto avvolto in tessuto nero e legato da una fascia, quindi partirono in sella a Impulse, la fedele moto di Mitsuya. Il viaggio fu rapido e silenzioso, fino a quando non giunsero ad un parcheggio vuoto, dove Kan cominciò ad esporre dei dubbi. “Pensavo che saremmo andati alla tua scuola… Dove siamo? Prima seguendo la strada sembrava che stessimo andando al…”
Lui le porse il braccio, apposta per interromperle la frase.
Fuori dal parcheggio presero una stradina che s’inoltrava fra gli alberi e camminarono in silenzio spingendosi sempre più all’interno.
“Mitsuya… Sono abbastanza sicura che siamo nei pressi del Santuario di Musashi…”
Lui strinse i denti per non rispondere.
Continuarono a camminare fino a quando tra il fogliame non scorsero la figura familiare del Santuario. Poco più avanti, una figura accostata ad un albero li attendeva. Man mano che entravano nella zona più illuminata, si resero conto che quella figura era Mikey.
Sentendo i loro passi, si girò e, abbandonando la posa sul tronco, si preparò ad accoglierli col sorriso sulle labbra. “Non vedevo l’ora che arrivaste!” Era vestito di tutto punto e con la frangia all’indietro legata in un codino, come aveva cominciato a portarla di recente.
Kan era visibilmente confusa, com’era legittimo. “Che cosa succede? Io stasera dovevo sfilare…”
Mikey se la studiò attentamente dalla testa ai piedi, dal suo sguardo luminoso traspariva un’immensa soddisfazione. “Hai fatto un ottimo lavoro, Mitsuya! Sapevo che vestita così sarebbe stata fantastica!”
Mitsuya si limitò a chinare leggermente il capo, poi, senza dire una parola, se ne andò in direzione della scalinata.
Ora che erano rimasti soli, Kan si sentì libera di dirgliene quattro. “Mikey, sono seria. Cosa cazzo sta succedendo? Cosa c’entri tu in tutto questo?”
In quel momento arrivò Draken. “Ehi Mikey, che roba è? Mitsuya mi ha appena detto di dart-” Nel vedere sua sorella, si bloccò un istante, palesemente sorpreso. “Kan? Che ci fai qui? E la sfilata?”
“E’ quello che sto cercando di capire, te l’assicuro.”
“Quindi Mitsuya non è qui solo di passaggio…”
A quel punto intervenne Mikey. “Per fortuna non si è lasciato scappare niente o avrebbe rovinato la sorpresa!” Quindi prese il fagotto dalla mano di Draken, lo slegò dalla fascia e liberò il contenuto dal piccolo telo in cui era avvolto. Come d’abitudine, gettò le cose alla rinfusa, sotto gli sguardi sempre più contrariati dei gemelli. Si accucciò come per controllare qualcosa e poi, ottenuta conferma, si inginocchiò di fronte a Kan e mise in mostra quello che si rivelò uno haori, piegato in modo che si potessero leggere le scritte ricamate sul retro e su una delle maniche.
‘Prima Generazione – Tokyo Manji Gang’ e…
“Kan, vorresti entrare nella gang e stare con me al comando?”
Dietro di lui, a Draken sfuggì uno stizzito: “Ma che caz-”
I ricami sulla manica dicevano ‘Fidanzata Del Comandante’.
Kan all’improvviso si sentì come se fosse appena caduta nel fiume in pieno inverno. “Mikey, io… Non so cosa dire…”
Lui ridacchiò. “Dimmi di sì!”
Esitò. Quella era l’ultima parola che avrebbe voluto dire. Eppure, con un filo di voce, la sillaba le uscì dalla bocca come un ultimo soffio di vita.
Mikey divenne raggiante. Si rimise in piedi, aprì bene lo haori  e l’aiuto ad indossarlo, ignaro dello sguardo allarmante che si stavano scambiando lei e Draken.
“Amore, sei bellissima!” La elogiò Mikey, per poi rivolgersi a Draken. “Ken-chin, annunciami.”
Lui obbedì prontamente e si avviò, mentre Mikey prese per mano la sua ragazza e se la trascinò dietro. Da lì accadde tutto in fretta.
Draken richiamò i ragazzi al silenzio. Mikey si affacciò alla scalinata. Tutti si inchinarono ad angolo retto e lo salutarono. Lui ordinò loro di rialzare le teste. Pochi secondi e Kan si ritrovò addosso una trentina di paia di occhi sbalorditi.
“Il motivo per cui ho indetto questo raduno è per presentarvi un nuovo membro della gang. Anche se la conoscete tutti, farò le cose a modo. Da questo momento, Ryuguji Kan, comanderà al mio fianco, in quanto mia fidanzata. Mi aspetto che le portiate il massimo rispetto, come fate con me.”
Il silenzio che seguì parve interminabile.
Mikey riprese. “Durante gli incontri ufficiali, la saluterete con l’appellativo di ‘Signorina’ e vi rivolgerete a lei chiamandola Ryuguji-san. Chi non lo farà, verrà punito. Questo è tutto.”
Kan era immobile come una statua. E pallida. Quando si sentì stringere la mano, che aveva ancora nella sua, volse o sguardo su Mikey e lui le diede un’occhiata d’incoraggiamento. Giusto, ora toccava a lei parlare.
“Ehm…buonasera.” Sentì di avere la voce incrinata, deglutì, doveva sforzarsi di apparire più decisa. “Grazie per avermi accolta. Io non so bene in cosa consista il ruolo che mi è stato affidato, ma prometto di impegnarmi e di esservi di sostegno.”
Di nuovo calò il silenzio. Quella situazione era talmente inaspettata che nessuno sapeva come comportarsi. Eccetto Mitsuya, infatti fu lui il primo a reagire, come a voler espiare la propria colpa. Si chinò con rispetto e gridò il saluto. “BUONASERA, SIGNORINA!”
Il secondo fu Draken, che gridò ancora più forte in sostegno della sorella. Poi a seguire furono Baji, Ryusei, Hakkai e quei simpatici scemi di Pah e Peh, fino a che il grido non divenne generale, esattamente come quando salutavano il Comandante.
Ancora intontita, Kan non riuscì a sorridere ne a fare alcun movimento. L’unica cosa chiara era che non poteva più tirarsi indietro.
*
 
Se le avessero chiesto di definirsi con un aggettivo, Kan avrebbe scelto incapace. Perché è esattamente questo che si era rivelata quella sera. Che fosse un avvenimento inaspettato, che fosse qualcosa contro la sua volontà, non giustificava il modo in cui aveva gestito la situazione. Dopo la presentazione ufficiale non c’era stato altro, lei, Mikey e Draken erano scesi dalla scalinata e si erano uniti agli altri ragazzi per chiacchierare, abbandonando in parte i propri ruoli. Tranne lei, che era rimasta congelata, non in grado di parlare o scherzare normalmente, come se quelli non fossero gli amici di tutti i giorni. E come lo haori che indossava, fosse una pesante armatura invece di uno straccetto leggero. Il disagio non l’aveva abbandonata un istante e, proprio lei che normalmente si divertiva in compagnia, quella sera riuscì a stento a sorridere, fin che non ce la fece più e si ritrovò a fuggire con la scusa di dover andare ai bagni. Be’, volendo ci andò davvero, solo non per una necessità fisiologica ma bensì per allontanarsi da tutti. Una volta rimasta sola, si accucciò a terra, stringendosi a riccio e tremando come una foglia. Perché era così? Un’altra ragazza avrebbe fatto i salti di gioia nel ricevere un tale onore. Mikey l’amava così tanto da averle donato un ruolo al suo fianco e quasi alla pari.  Un ruolo che era al di sopra perfino di quello di suo fratello gemello. E allora perché adesso si trovava in ginocchio sul pavimento di un bagno pubblico?
All’improvviso percepì il tocco di una mano sulla schiena tremante.
“E’ tutta colpa mia. Perdonami.”
Era Mitsuya.
Kan scosse il capo. “Non hai fatto niente di male.” La voce le uscì così debole che lei stessa faticò a sentirsi.
“All’inizio ho provato a farlo ragionare. Ma era così convinto della sua idea…”
“Mitsuya? N-non cambierà niente…vero? Restiamo sempre amici…vero?”
Mitsuya non fece in tempo a rispondere, che sentì le spalle di lei sobbalzare sotto la sua mano e poi un colpo di singhiozzo. D’istinto l’avvolse in un abbraccio da dietro e le parlò all’orecchio con voce sussurrata. “Non c’è niente di cui aver paura.”
“Sniff! Ti prego…non dirlo a Mikey.”
“Mai al mondo.”
“Ho solo…sniff! Ho solo bisogno di un po’ di tempo.”
“Non preoccuparti.”
Kan si rendeva conto di essere ridicola a reagire in quel modo, senza contare che aveva perfino fatto sentire in colpa Mitsuya. E tutto per cosa? Faceva sempre la strafiga ma in realtà aveva paura di tutto. La prima volta che Mikey l’aveva baciata e chiesto se voleva diventare la sua ragazza, lei lo aveva rifiutato perché aveva paura. Il giorno in cui era stata fondata la gang, lei è fuggita via perché aveva paura. Quando Mikey era disperato e in cerca di contatto fisico per quella che doveva essere la loro prima volta, lei lo aveva respinto perché aveva paura. E adesso…idem.  Quando si trattata di qualcosa di importante per Mikey, lei andava in crisi. Ma questa volta non aveva intenzione di farlo soffrire e si ripromise di non parlargli mai di ciò che stava provando quella sera. Ingoiò le lacrime e si obbligò a smettere di piangere. Il calore dell’abbraccio di Mitsuya l’aiutò a stare meglio.
“Ehi…adesso riesci a vedermi come una sorella?”
“No… Mana e Luna non sono così piagnucolone!” Accennare uno scherzo era una buona idea.
Mitsuya si rimise in piedi e poi le offrì la mano per aiutarla a rialzarsi. Aveva il viso arrossato e gli occhi in condizioni disastrose.
“Non puoi tornare là così… Che ne dici se ti riporto a casa?”
Kan non provò nemmeno a protestare, era chiaro che aveva ragione lui. “Preferisco al centro massaggi. Stanotte vorrei dormire con Ken.”
“Mh.” Le sfiorò una guancia col dorso della mano. “Per fortuna ho parcheggiato la moto sul retro! Ora io esco e faccio una telefonata a Draken per avvisarlo. Tu prenditi ancora un minuto, ok?” Era così gentile…
Quando lui fu uscito, Kan si appoggiò a uno dei lavandini, e il suo sguardo incontrò l’immagine riflessa allo specchio.  Il rossore sul viso era ancora marcato e l’eyeliner a lunga tenuta, essendo stato messo a dura prova, era colato ai lati degli occhi. Si faceva schifo da sola. Col dorso della mano provò a cancellare li righe, per quel poco che servì, tanto aveva gli occhi che sembravano due pozze d’acqua stagnante! Il luogo era così silenzioso che poteva udire la voce di Mitsuya all’esterno.
“Pronto, Draken? Sì... Ascolta, io accompagno Kan al centro massaggi e… Cosa? No tutto ok! E’ solo che…sai, troppe emozioni tutte insieme! E’ un po’ stanca e vorrebbe andare. Tranquillo, nessun disturbo! L’accompagno volentieri! Tanto avevo già intenzione di tornare a casa e aiutare mia madre a mettere a letto le bambine! …va bene glielo dico!”
Era davvero un buon amico.
Non avendo nessun motivo per farlo aspettare, Kan uscì e lo trovò appunto lì fuori ancora col cellulare in mano.
Lui le accennò un sorriso. “Possiamo andare! Ha detto che lui rimane ancora un po’ per impedire a Mikey di bombardarti di messaggi!”
Kan non disse nulla, né in quel momento, né mentre percorrevano il sentiero fra gli alberi, né durante il viaggio di ritorno in moto. Poi, una volta giunti davanti al centro massaggi, smontò di sella e gli si piazzò di fianco con un certo impaccio. “Ecco io…”
“Andrà tutto bene! Ma se hai bisogno di parlare con qualcuno o anche solo di sfogarti, io ci sono!”
Certo che Mitsuya era proprio figo in tutto. Sapeva sempre cosa fare e cosa dire, poi in sella alla sua Impulse, con le mani sui manubri pronte a dare gas, e quello sguardo di uno che sa il fatto suo…
“Che figo…” Rendendosi conto di averlo detto a voce, si morse la lingua per l’imbarazzo. “Scusa, mi è scappato!”
Mitsuya ridacchiò. “Anche Hakkai me lo dice sempre! Non mi dispiace!”
“Però ora vedi di sparire! Sono emotivamente instabile in questo momento e non vorrei rischiare di saltarti addosso per poi pentirmene domani! Mikey ti ucciderebbe! E Hakkai mi odierebbe a morte! Già adesso non mi rivolge la parola!”
“Ah ma non è perché non gli piaci, eh! La verità è che… Be’, te lo spiegherò un’altra volta! Ora vado! Cerca di rilassarti e farti una bella dormita!”
Lei gli fece un cenno affermativo, sorridendo, quindi lui mise in moto e partì con un’accelerata degna di nota. A Kan non restò che rientrare. Prese l’ascensore e, arrivata al piano giusto, come di regola trovò il Direttore al banco d’accoglienza, intento a leggere il giornale.
“Buonasera!”
“Buonasera a lei!” Il tempo di passargli davanti e…
“Stai bene, piccola? Hai gli occhi gonfi.”
“Ah ah! Non è niente! Ho solo voglia di struccarmi e infilarmi a letto!”
Lui assottigliò gli occhi, come se volesse leggerle dentro l’anima. “Sicura? Non è che è successo qualcosa?” Il suo sguardo si spostò su un punto preciso. “E che abbia a che fare con quelle?”
Stava guardando le scritte sulla manica dello haori.
“Niente di che! Non si dia pena, davvero!”
“Ken non è rientrato con te?”
“No, sono venuta in moto con un amico! Ken tornerà più tardi!” Dopo di che chinò il capo con rispetto e terminò la conversazione. “Le auguro la buonanotte!”
*
 
Quando Draken rientrò, dopo un paio di ore, vide sua sorella addormentata nel letto e si sforzò per essere più silenzioso possibile. Accese la luce gialla della lampada da lettura, giusto per non muoversi a casaccio, quindi si tolse la divisa della gang e l’appese alla parete nel suo spazio apposito. Indossò velocemente il pigiama e, proprio mentre stava infilandosi sotto le coperte…un mugolio annunciò il totale fallimento della missione! Kan aprì gli occhi di uno spiraglio.
Draken lasciò un sospiro, ormai rassegnato. “Scusa, sono un coglione! Non volevo svegliarti!”
Lei emise un altro piccolo mugolio e sbatté le palpebre un paio di volte. “Fa niente…” Aveva la voce giustamente roca per il sonno interrotto.
“Ah quasi dimenticavo…” Tolse l’elastico con cui teneva legata la treccia e lo posò accanto alla lampada, quindi con movimento rapido si passò le dita fra i capelli per disfare l’acconciatura e lasciarli liberi.
“Vuoi che te li spazzolo?”
“Pff! Come fai a essere così premurosa da mezza addormentata? No, facciamo domattina, adesso è tardi e non mi va.” Si accomodò meglio sul materasso e, in un gesto naturale, accolse la sorella nel proprio abbraccio. I suoi capelli profumavano di shampoo alla camomilla, quella che usava sempre per mantenere i capelli più chiari possibile. Anche se, a onor del vero, entrambi avevano i capelli biondi dalla nascita e a quell’età non correvano pericoli che diventassero scuri e quindi dover ricorrere alla decolorazione come facevano molti loro coetanei. Avvicinò il naso alla chioma di lei per inspirare ancor più il profumo. “Che buono…non mi stanco mai di sentirlo…”
“La marca è ottima e la qualità vale il prezzo.”
Draken sorrise per quelle parole, era sempre divertente sentire la sua parlata da ragazza benestante! Allungò il braccio libero e ricercò il pulsante per spegnere la luce. Sul momento i loro occhi si ritrovarono di fatto al buio, ma bastò davvero poco perché le luci colorate di Shibuya sì insinuassero sotto la tenda e velassero la loro notte con un effetto che aveva un che di fatato.
“Ken?”
“Mh?”
“Mikey…cos’ha detto di me?”
“Era preoccupato perché sei andata via all’improvviso. Gli ho spiegato che eri solo stanca, come mi aveva detto Mitsuya per telefono e…dopo un po’ si è calmato.” Fece una pausa per spostare un po’ la testa sul cuscino. “Voleva scriverti. Sono riuscito a convincerlo a non farlo. Anche perché avevo il presentimento che avessi spento il telefono. Ci ho preso?”
“….mh.”
“Sai Kan, non sei costretta a fare parte della gang se non vuoi. Mikey ha messo su tutto quel teatrino, ma noi sappiamo com’è fatto e possiamo lasciare correre.”
Il silenzio rimase così a lungo da fargli credere che si fosse riaddormentata, invece poi la sua risposta arrivò. “Voglio provarci. Per lui.”
“Va bene! Anche se confesso che quella scollatura e lo spacco mi fanno incazzare…” Le diede un bacio sulla fronte, con affetto. “Buonanotte…”
“Ken?”
“Mh?” Cos’era tutta quella parlantina? Lui aveva sonno e voleva dormire!
“Io e Mikey…l’abbiamo fatto…”
Non aveva ancora chiuso gli occhi, ma dopo una frase del genere si ritrovò a spalancarli tipo gufo. “Perché me lo stai dicendo?”
Kan mosse le spalle con noncuranza. “Ero stanca di tenertelo nascosto.”
“E…quando è successo?”
“La notte del nostro primo anniversario. E continuiamo ancora…”
“Bene, adesso ho voglia di ammazzarlo quel nanerottolo. Dannazione.”
Stranamente lei non disse nulla. Il che era sospetto. In genere difendeva Mikey a spada tratta e a lui ne diceva quattro con quella grinta da pantera che la caratterizzava in determinati momenti. Cos’è, voleva che lo uccidesse davvero?
“State usando delle protezioni?”
“Sì…”
“Mi basta.”
Kan si mosse nel suo abbraccio e sollevò lo sguardo su di lui, per quanto la fioca luce artificiale da fuori permettesse loro di vedersi. “Tutto qua?”
“Che senso ha protestare? Io ce l’ho messa tutta per darvi un freno! Affari vostri! O preferisci che vado là a staccargli l’uccello?”
Di nuovo, si aspettava che lei rispondesse a tono o gli desse una testata di punizione, invece non fece nulla. Era fin troppo strana quella sera e la cosa cominciava a preoccuparlo davvero. “Ehi Kan…non dici niente?” Doveva perfino a incoraggiarla a parlare, porca miseria!
Lei abbassò lo sguardo e posò il capo contro la sua spalla, come coccolandosi contro di lui. “E’ tardi, dormiamo. Buonanotte.”
Non ci voleva un genio per capire che qualcosa non andava e quello era il suo tacito modo di ricercare sostegno. Cosa che lui le avrebbe dato in qualunque momento e in qualunque situazione.


Continua prossimamente nel Capitolo 11! :) 
Kan troverà un nuovo amico dolcissimo che porterà un po' di.....azzurro nella sua vita! :)

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Chapter 11: [Turquoise Haired & Blue Eyed] ***


Chapter 11
[Turquoise Haired & Blue Eyed]
 
Ahh le gioie della primavera! Le giornate che si allungano, il cielo limpido e soleggiato, i profumi dei fiori e delle piante che riempiono l’aria… Tutti ottimi motivi per stare all’aria aperta e fare una passeggiata in compagnia degli amici! Peccato che per Baji si trattò di un’immensa fregatura e adesso il suo umore era nero come la divisa che indossava. Per non parlare delle ciglia aggrottate che gli davano un’aria ancora più truce.
“Lo sapevo che dovevo andare con la moto…” Farfugliò a denti stretti.
Per quale motivo era così? Be’ è presto detto. Quella richiesta di andare a piedi era stata fatta da Kan apposta per dargli il tormento e per tutto il tragitto non gli aveva dato un attimo di tregua!
“Non mi sembra di chiederti tanto! Siamo amici che hanno un migliore amico in comune, dovrebbe essere normale condividere le informazioni! E invece l’ho saputo per caso dopo settimane, solo perché è stato lui ad accennarmelo nell’ultima lettera!!!” Infastidita, agitò i pungi ai fianchi. “Ti vuoi degnare di rispondermi???”
Se era una sua reazione che voleva, la ottenne. Baji emise un minaccioso ringhio e si voltò verso di lei con uno scatto, come se volesse azzannarla. “Che cazzo vuoi? Non ti ho detto di aver spedito una lettera a Kazutora, e allora? Sono cazzi miei!”
“Sono stata io a darti lezioni per insegnarti i kanji, durante le vacanze! Potevi fare lo sforzo di avvisarmi che avevi scritto una lettera da solo! Chissà quanti errori hai fatto! Se l’avessi letta io li avrei corretti!”
“Ah a quello ci ha pensato Chifuyu!” Intervenne Ryusei, che per tutto il litigio era rimasto dietro di loro a godersi la scena, ridendosela sotto ai baffi. Quel bastardo!
“Chi è Chifuyu???”
Ryusei si sporse su Kan e sorrise con malizia. “E’ al primo anno nella nostra scuola! Un biondino ossessionato dal nostro caro Keisuke!”
Improvvisamente Kan mostrò un certo interesse, guarda caso. “Biondino?”
“Un tipetto che in queste settimane mi sono divertito a prendere per il culo! E’ così scemo da far tenerezza!”
“Perché hai detto che è ossessionato da Kei?”
“Lo segue ovunque! E gli fa le fusa come una gatta in calore!”
“E’ carino?”
“Mmh…secondo il mio parere di maschio, sì! Ha anche gli occhi azzurri!”
“E gli ha corretto la lettera?”
“Già!”
I due si scambiarono uno sguardo complice e…un sorriso si accese sul viso di Kan!
“Kei, hai un ammiratore!!! Ti ha già fatto la dichiarazione?”
Baji ne aveva le palle piene di quella sua mania di spingerlo a fidanzarsi con chiunque gli rivolgesse la parola. “Ti sopportavo di più quando cercavi di farmi mettere con Ryusei…”
“Ci avevo visto giusto, però! Anche Ryu è gay! Ho dovuto abbandonare i miei piani quando lui ha confessato di avere già un fidanzato!” Si difese lei, mettendo su un adorabile broncio da bambina.
“Anche se adesso siamo in pausa perché sono successe un po’ di cose…” Confermò lui, con un sorriso un po’ triste.
Per fortuna Kan non si soffermò su questo e tornò all’argomento principale, pungolando Baji sulla spalla. “Voglio sapere di più su questo Chifuyu!!!”
“Non ho niente da dirti. E’ solo un rompiscatole che mi sta appiccicato. Ho sbagliato a dargli corda all’inizio. Per ricambiare il favore della lettera, l’ho salvato durante una rissa.”
Gli occhi di Kan diventarono a forma di cuore. “Lo hai salvato???”
“Poi abbiamo scoperto di vivere nella stessa palazzina e ho avuto la brillante idea di invitarlo su da me.”
“Abitate nella stessa palazzina???”
“E abbiamo perfino condiviso una confezione di peyoung, porca troia.”
“Cioè avete usato le stesse bacchette??? Tipo bacio indiretto???”
“E’ arrivato perfino a seguirmi al cesso, a scuola. Una di queste volte lo ammazzo.” Non fece in tempo a finire la frase che Kan gli saltò addosso con una carica di entusiasmo pazzesca!
“Quindi l’avete fatta fianco a fianco??? E tu hai sbirciato il suo coso???”
Niente, non poteva farcela contro di lei. Per quanto incazzato, la sua faccia divenne irrimediabilmente rossa come un pomodoro. “Ma che domande fai, cretina? Che cazzo! Mikey, riprenditi questa pervertita e mettile il guinzaglio!”
Esatto. Mikey era il quarto e ultimo componente del gruppetto, il quale, nonostante indossasse il tokkofuku da Comandante, se n’era rimasto zitto e in disparte ad ascoltare, fino a quando non gli venne rivolta la parola.
“Sono contento di vedere la mia ragazza felice! E lo è parecchio, quando si parla della tua vita amorosa!” Così, senza peli sulla lingua e col viso da furbetto che si ritrovava.
“Ma quale vita amorosa? Ti ci metti anche tu?”
Poi Ryusei si intromise ancora. “Ah lo sapete che io e loro due abbiamo un gatto in comune? E’ nero e ha una cicatrice sulla fronte! Io lo chiamo Ronaldinho!”
“Hai sentito, amore? Kei e questo misterioso Chifuyu hanno adottato un gatto! Il prossimo passo è il matrimonio!!!” Gridò entusiasta Kan.
“Ehm…veramente ho detto che il gatto è anche mio…” Tentò di precisare Ryusei, ma senza che nessuno gli desse retta!
“Puah, mi avete stufato. Andate a fanculo tutti e tre.” Tagliò corto Baji, per poi velocizzare il passo e allontanarsi. E Ryusei gli andò dietro.
Kan li seguì con lo sguardo, il suo umore era precipitato all’improvviso. Era tremendamente curiosa e fin troppo invadente, però non si aspettava che il suo amico reagisse così. “Si arrabbia sempre…”
“E’ fatto così, non dargli peso!” Rispose Mikey, prima di avvolgerle i fianchi col braccio. “Ora pensiamo all’incontro e al motivo per cui siamo qui.”
Il luogo, altro non era che il magazzino dove si svolgevano le riunioni private tra gli Ufficiali della Toman. Lo stesso magazzino dove in inverno erano state formate le squadre.
*
 
Quando Mikey e Kan entrarono nel magazzino, trovarono tutti i Capitani e i Vice pronti ad accoglierli. Inchino ad angolo retto e le loro voci gridarono all’unisono: “Buongiorno, Comandante! Buongiorno, Signorina!”
Come da regola, loro due non aprirono bocca e si avviarono solennemente fino a quello che fungeva in qualche modo da ‘trono’, ossia due casse in legno di grandi dimensioni e un tavolino rovesciato le cui gambe facevano da braccioli. Presero posto, Mikey in posa tutt’altro che regale, neanche fosse stato nel salotto di casa sua, mentre Kan si sistemò a gambe accavallate, a favore dello spacco della lunga gonna. Gli altri si sedettero sui vecchi divani verdi che formavano una piccola platea. Tranne Draken, che come sempre rimase in piedi al fianco di Mikey, pronto ad eseguire gli ordini.
“Sono arrivati?” Gli chiese Mikey, sporgendosi un po’ verso di lui.
“Sì, signore!” Draken attese un suo cenno e poi si rivolse a tutti i presenti. “Oggi siamo qui per ascoltare due aspiranti membri e decidere se accoglierli o meno tra noi.”
“Ma in quale squadra li mettiamo?” Chiese Pah, con la conseguenza che si prese una gomitata da Peh per richiamarlo al silenzio.
Mikey diede l’ordine a Draken. “Falli entrare.”
Con passo militare, lui andò nella stanza adiacente e, in capo a una manciata di secondi, tornò con al seguito due ragazzi con una voluminosa capigliatura in stile afro, uno in rosa pesca e l’altro in turchese.
Draken poi si fermò alla propria postazione, mentre i due si misero di fronte al ‘trono’ di Mikey e Kan. E s’inchinarono. A parlare fu il ragazzo dai capelli rosa pesca. “Sono Kawata Nahoya, detto Smiley. Capo della Twin Devils Gang di Meguro. Mio fratello gemello, Kawata Souya, detto Angry, è al comando con me.”
Gemello. Ok questo spiegava molte cose. Stessi capelli ricci, stessa altezza, stessi vestiti, stessa facc-cioè…i tratti erano uguali, però uno aveva gli occhi così sottili da non riuscire a vederne le iridi e un sorriso quasi inquietante, invece l’altro aveva gli occhi azzurri e un’aria palesemente incazzata che metteva i brividi. Ad ogni modo, una volta fatta la presentazione, Mikey fece segno con la mano di proseguire, cosa che Kan trovò molto maleducata. Per quanto fosse figo a vedersi, per quanto sprigionasse sicurezza da tutti i pori, il suo atteggiamento da dio supremo a lei non piaceva. Purtroppo non poteva dirlo, perché ormai sapeva come funzionavano le cose…
Smiley riprese a parlare. “La nostra gang, anche se piccola, si è distinta in numerosi scontri. L’unica persona che non siamo mai stati in grado di battere è Mochizuki Kanji, a capo della Jugem. Abbiamo riconosciuto la sua forza, però non ci siamo sottomessi a lui. Forse io e mio fratello non valiamo molto, però vorremmo unirci alla Tokyo Manji Gang!”
Finalmente Mikey si degnò di aprire bocca. “Ho sentito parlare di voi. Siete due diavoli rispettati.”
“E noi abbiamo sentito grandi storie sull’Invincibile Mikey! E desideriamo essere al tuo servizio!”
“Nella Toman abbiamo bisogno di persone capaci. Vero, Ken-chin?” Volse lo sguardo a Draken e si beccò un’occhiataccia da parte sua per averlo chiamato con quel nomignolo confidenziale, quando lui gli aveva detto mille volte di usare il nome Draken almeno durante gli incontri ufficiali.
“Confermo.”
Poi Mikey si rivolse a Kan. “Tu cosa ne pensi?”
“Ehm… Prima di dare un’opinione vorrei fare una domanda. Angry, giusto? Scusa se te lo chiedo ma…perché sei così arrabbiato?”
A rispondere fu il fratello. “Ah ah, non è arrabbiato!  Questa è la sua espressione naturale! I nostri genitori hanno giurato che aveva questa faccia anche appena nato!”
“Ah…allora…mi devo davvero scusare per aver frainteso!” Si sentiva sempre così impacciata durante gli incontri… Dato il suo ruolo, avrebbe dovuto mostrarsi sicura e impassibile e invece ogni volta faceva la figura della completa scema. Per quanto ci provasse, non riusciva ad adattarsi.
“In realtà mio fratello è un tenerone! E anche molto timido!” Gli diede una piccola pacca sulla spalla. “Avanti, Angry, dì qualcosa e dalle il regalo!”
Kan strabuzzò gli occhi. “Regalo?”
Angry fece un mezzo passo avanti, guardandolo bene si poteva capire quanto fosse agitato, ad esempio per i suoi movimenti rigidi.
“Sì, io… Ho pensato che ad una ragazza potesse piacere…” Si voltò verso il fratello, come per ricercare supporto, ma tutto ciò che ottenne fu quel suo sorriso inquietante.
“Ecco…” Infilò la mano sotto il giubbino e ne estrasse uno spillone per capelli decorato da una farfalla in acciaio e dipinta dei colori dell’arcobaleno con effetto perlato. Lo porse a lei, sostenendolo con entrambe le mani. “Per te, Ryuguji-san.”
Kan si alzò subito in piedi e prese quel dono con delicatezza, gli occhi che le brillavano. “E’ bellissimo! Io adoro le cose colorate! Angry, sei così dolce!”
A quel complimento, le guance di lui si fecero più rosee e lei se ne accorse. “Ah ah, che carino!” E poi si rivolse a Mikey. “Amore, lo prendiamo?”
Lui, in tutta risposta, abbozzò una battuta. “Non è un animaletto domestico di quel negozio di animali dove vai spesso con Baji!”
Lo scherzo ebbe effetto e gli altri ragazzi non si trattennero dal sorridere, mettendo Kan in imbarazzo. “I-intendo nella gang!!! Lo prendiamo nella gang!!!”
“Gemelli Kawata, non vi tengo sulle spine! Potete far parte della nostra gang! Assieme ai vostri ragazzi formerete la Quarta squadra e voi ne sarete a capo come Capitano e Vice!”
Smiley rimase a bocca aperta per lo stupore. “Quarta squadra? Che forza!”
Perfino Kan abbandonò subito l’imbarazzo e sorrise ad Angry. “Ora che siamo compagni, spero che diventeremo anche amici!”
E allora fu il turno di Angry di rimanere a bocca aperta! “S-sì, Ryuguji-san!”
“Ah già che ci siamo, mi aiuti a indossarlo?” Gli allungò lo spillone e si girò. “Ci arrivi? Altrimenti mi abbasso! Credo di essere un po’ più alta di te!”
“Eh? Ah sì, un po’, ma ci arrivo se mi alzo…” Detto fatto, si sollevò leggermente sulle punte delle scarpe e, dopo una breve esitazione, infilò lo spillone nel punto dove i capelli erano fermati da un elastico sulla cima del capo.
Contenta, Kan fece una piroetta per lui e gli regalò un sorriso dolcissimo. “Come mi sta?”
Le guance di Angry s’imporporarono ancora di più e dalla bocca non gli uscì un suono. In ogni caso, la risposta gliela si leggeva in faccia!
*
 
Angry aveva sempre provato una grande ammirazione per suo fratello gemello. Tanto per cominciare, Smiley era nato qualche minuto prima di lui e questo lo rendeva il fratello maggiore da seguire, da rispettare e su cui fare affidamento. Aveva un carattere estroverso, non si faceva problemi a dire la sua in ogni situazione ed era dotato di sfacciataggine e coraggio. Non vedeva l’ora di buttarsi in una rissa, tanto amava fare a botte, e poco importava che si conquistasse la vittoria o che perdesse, lui andava senza paura e chissenefrega! Angry lo seguiva senza battere ciglio, poi se qualche volta (spesso) doveva aiutarlo in combattimento o vendicarlo dopo una sconfitta, ne era solo che felice. Smiley sapeva perfino cucinare dell’ottimo ramen, che non vedeva l’ora di offrire agli amici, e concedeva sempre a lui l’onore di fare il primo assaggio. Inoltre, sognava di diventare un host, da grande, perciò amava essere al centro dell’attenzione e a scuola era piuttosto popolare. Aveva l’abitudine di portare nella tasca un preservativo, così, se tra una lezione e l’altra o durante la pausa pranzo gli capitava di avere un’avventura con una ragazza, non si faceva trovare impreparato. E se era necessario lui lo copriva coi professori e poi ascoltava i suoi racconti dettagliati e piccanti. La sera, prima di dormire, Angry pregava in silenzio gli dei, affinché esaudissero il suo desiderio di restare per sempre al fianco di suo fratello. A causa di questa linea di pensiero, si ritrovò in serie difficoltà quando per la prima volta nella vita, fu proprio lui soggetto delle attenzioni di qualcuno. Per di più di una ragazza bellissima e gentile.
Quello avuto nel magazzino fu solo un primo approccio. Con l’arrivo di maggio, una volta che le divise furono pronte, la Quarta squadra divenne attiva e presentata all’intera gang. E da quella sera, Kan cercò Angry assiduamente. Ad ogni incontro correva da lui felice, gli chiedeva come stava, gli raccontava qualcosa e a fine serata lo abbracciava e gli dava la buonanotte. Era meravigliosa. E fu sempre sua l’idea di organizzare un’uscita a quattro per il compleanno, per festeggiare i quattordici anni assieme ad un’altra coppia di gemelli. Il piano era d’incontrarsi alla stazione di Shibuya, passeggiare per le vie principali e poi festeggiare nella pasticceria preferita di Kan. Tassativamente vietato portare regali, si era raccomandata, perché l’unica cosa che voleva gliel’avrebbe chiesta il giorno stesso. In ultimo, aveva stabilito una sorta di ‘dress code’: colori pastello. Così, il giorno stabilito, Angry e Smiley si presentarono all’appuntamento con addosso delle comode tute, rispettivamente arancio e azzurro, che differenziavano di poco dai colori dei loro capelli. E ai piedi delle sneakers bianche. Scesi dal treno, uscirono dalla stazione e trovarono i gemelli Ryuguji ad attenerli seduti su un supporto di legno che faceva da panchina. Anzi, Draken c’era seduto, mentre sua sorella era comoda sulle ginocchia di lui e gli stava raccontando chissà cosa con aria allegra.
Smiley li chiamò agitando la mano in aria. “Ragazzi, siamo arrivati!”
Non appena i due si alzarono per andargli incontro, Angry disse timidamente: “Buon compleanno!” E Kan gli saltò addosso per abbracciarlo! “Grazie, sei dolcissimo!”
Lui, che doveva ancora abituarsi a quelle manifestazioni di affetto, rimase immobile, anche se dentro ne era felice. Ci aveva già fatto caso altre volte, ma quel giorno i capelli di Kan profumavano tantissimo di camomilla. E a lui quel profumo piaceva.
“Siete stati bravi a seguire alla lettera il capriccio di mia sorella!” Disse Draken, con tono scherzoso.
Smiley rispose. “Niente di strano, per noi! Piuttosto non credevo che il temuto Draken potesse vestirsi così!”
In effetti finora lo aveva visto con addosso la divisa della gang e, trovarselo davanti con una maglia oversize rosa su pantaloni verde chiaro, era una cosa pazzesca! Kan invece aveva un vestito a gonna lunga rosa con sopra un corto giubbino in jeans verde chiaro, in match col fratello. E nei capelli raccolti, spuntava lo spillone con la farfalla che Angry le aveva regalato quel giorno.
Fatte le prime battute, s’incamminarono per le coloratissime strade di Shibuya, chiacchierarono alla buona dei loro interessi oppure della gang dove pian piano si stavano ambientando. Angry notò che Kan rimase tutto il tempo a braccetto col fratello e che anche lui prendeva la cosa con naturalezza. Anche se aveva già sentito dire che avevano un ottimo rapporto, vederli così era emozionante.
Durante il tragitto fecero diverse soste per fare delle foto, su insistenza di Kan, e talvolta si fermavano per permettere a lei di guardare delle vetrine di vestiti e gioielli. Trasportato dall’atmosfera allegra, Smiley arrivò perfino a dimenticarsi di voler tenere nascosta la sua passione per i manga e il merchandising e, tra una chiacchiera e l’altra, strappò loro la promessa di organizzare un giro ad Akihabara. Era il caso di dire che il ghiaccio era rotto! Tra una cosa e l’altra, Angry ad un certo punto si avvicinò a Kan…
“Ehm…qual è il regalo che vorresti? Adesso puoi dirmelo.”
“Ah giusto! Ecco…” Lasciò il braccio di Draken e, timidamente, unì le mani come in preghiera. “Vorrei entrare più in confidenza con te! E…mi piacerebbe chiamarti per nome! Se posso… Tutti ti chiamano Angry ma…insomma, io vorrei esserti più vicina!” E se lo chiedeva con quegli occhioni supplichevoli, come dirle di no?
“P-per me va bene!  Chiamami come vuoi, Ryuguji-san!”
“Anche tu chiamami per nome! Mikey ha stabilito quella regola per gli incontri, ma almeno quando non siamo in divisa puoi chiamarmi Kan!”
Angry abbassò il viso per tentare di nascondere di averlo in fiamme. “S-sì... Mi servirà un po’ di tempo per abituarmi!”
“Ah ah sei sempre la solita!” S’intromise Draken. “Non hai pensato che sono più grandi noi?”
Kan strabuzzò gli occhi. “Cavoli, è vero! A fine mese farete quindici anni!”
E a quel punto intervenne Smiley. “Vero, abbiamo un anno in più! Però, ragazzi, voi ci battete in altezza! Sul serio, come fate a essere così alti?”
Kan e Draken si scambiarono un’occhiata, poi le gli chiese: “Glielo diciamo?”
“Ma sì!”
“A noi piace pensare che nostro padre sia un giocatore di basket americano!”
“Eh eh! Mi prendete in giro!” Li riprese Smiley, ridacchiando.
“No! E’ una cosa che immaginiamo! Visto che non sapremo mai chi è nostro padre, ci siamo inventati la sua identità! E poi questo spiegherebbe perché abbiamo i capelli così chiari di natura e perché siamo alti io 175  e lui 185!”
“…la mia autostima sta scendendo sotto la suola delle scarpe coi miei 170!”
“Ma figurati! Sei comunque più altro di Mikey!”
Stavolta fu Angry a fare una domanda. “ Tu e Mikey avete una bella differenza di altezza… Avete problemi per questo?”
“Assolutamente no! Mikey non ha complessi per la sua altezza e anche io mi sento a mio agio! A volte lo chiamo affettuosamente il nanerottolo del mio cuore!”
“Che invidia, siete proprio affiatati…” Borbottò Smiley.
Di lì a poco decisero che era ora di mettere qualcosa sotto i denti e allora si recarono alla pasticceria, dove le cameriere accolsero Kan con entusiasmo, in quanto cliente abituale, e la fecero accomodare al suo tavolino preferito. Angry rimase visibilmente stupito nel costatare che il suo dolce preferito era la torta al triplo cioccolato e panna. Aveva sentito dire che fosse golosa, ma non credeva così tanto! Come facesse una ragazza così amante dei dolci ad avere un fisico perfetto, era un mistero. Altra cosa che notò, era che lei guardava spesso il telefono e talvolta digitava in fretta sulla tastiera.
“Ah sono gli amici che mandano gli auguri! Siccome sanno che Ken è insieme a me, li mandano doppi anche per lui!”
Questa era stata la risposta ufficiale, quando glielo aveva chiesto, ma era anche vero che molte volte leggeva e un’ombra si posava sui suoi occhi, prima di ignorare e tornare sorridente. Anche se erano diventati amici, non si sentiva ancora autorizzato ad approfondire la cosa con ulteriori domande.
*
 
Con delle giornate così belle e calde, Mikey aveva preso l’abitudine di lasciare la porta della camera aperta, soprattutto per far entrare aria pulita e profumata di fiori che coprisse gli odori della moto con la quale ‘conviveva’. Nella stanza c’era silenzio e i piccoli rumori dall’esterno, come il cinguettio degli uccellini o delle biciclette che passavano, creavano una bella atmosfera e si mescolavano piacevolmente ai musicali sospiri di piacere e ai sensuali suoni della saliva. In realtà non era nulla di troppo erotico, Mikey e Kan stavano solamente pomiciando sul grande divano bianco. Erano da poco tornati da scuola, perciò indossavano ancora le divise e, com’è facile immaginare, dopo mezza giornata passata a dormire sul banco, Mikey aveva energie da vendere e aveva proposto di sfruttarne un po’ in una piacevole attività. Questo in parte spiegava perché lui avesse scelto di stare seduto sui talloni invece di mettersi comodo, mentre aveva lasciato che lei si sistemasse, una spalla contro lo schienale e le gambe che scendevano di lato dal cuscino. Lo aveva già notato… Più passava il tempo, più la gonna della divisa scolastica sembrava diventare più corta, tanto le sue gambe erano lunghe. Perciò, rimanendo così tanto scoperte, non c’era da sorprendersi se la mano di Mikey si fosse inoltrata in quel territorio, muovendosi delicatamente appena sotto all’orlo. Ma a dirla tutta, era col bacio che ci stava dando dentro! Labbra unite e un appassionato gioco di lingue, mentre le dita di Kan si muovevano lente fra i suoi capelli. Ad un certo punto Mikey giocò d’astuzia e fece in modo che fosse lei ad inseguire la sua lingua, così, una volta che ne sentì la punta, strinse le labbra per intrappolargliela e la risucchiò all’interno della propria bocca, neanche fosse stata un popsicle!  Kan emise un mugolio di protesta e cercò di tirarsi indietro, allora lui la liberò e il bacio venne interrotto. Si scambiarono un’occhiata divertita, le guance rosse e il fiato corto per l’intensità con cui si erano baciati.
“Stai cercando di mangiarmi?” Chiese Kan, ridacchiando.
“Potrebbe essere!” Si sporse su di lei per appoggiarsi fronte contro fronte. “In questi momenti sei tutta per me! Sono così felice!”
“Sono sempre tutta per te, amore!”
Mikey rimase in silenzio alcuni istanti, prima di azzardare una frase pericolosa…
“Ultimamente passi tanto tempo con Angry. Mi manchi…”
“Ma dai!”
“Anche il giorno del tuo compleanno hai voluto passarlo con lui.”
Kan lo guardò con tanto d’occhi. “Non dirmi che ce l’hai ancora per quella volta! Era solo un’uscita tra coppie di gemelli per conoscerci meglio! E poi di che ti lamenti? La sera io e Ken siamo venuti qui a cena e io ho dormito con te! Anzi…ho dormito ben poco…”
Mikey accennò un sorriso. “Vero! L’abbiamo fatto tutta la notte e mi hai lasciato provare quella posizione che volevo! E’ stato fantastico! Però…” Abbassò lo sguardo e si fece mogio. “Lo chiami per nome. E lo abbracci.”
“Perché mi sono affezionata!”
“E poi vi date appuntamento per uscire da soli.”
“Mi accompagna a fare shopping! A te non piace e ogni volta che te lo chiedo ti lamenti!”
“Non mi va giù che passi tanto tempo con un altro ragazzo.”
Kan sospirò esasperata. “Ti prego, non torniamo alle solite!  Ti rendi conto di essere geloso per delle cose assurde? Io e Souya siamo solo amici! Smettila di pensare che chiunque sia dotato di un pene voglia provarci con me!!!”
Sting! Mikey la guardò di sottecchi. “Però se fossi io a parlare con delle ragazze, t’incazzeresti.”
“E direi! Sei un figo da paura e a capo di una gang! Almeno la metà delle stronze della nostra scuola ti salterebbero addosso volentieri, se non ci fossi io!”
Quella confessione fece ritrovare il sorriso a Mikey. “Se un giorno vorrai picchiarne qualcuna, fammi assistere!”
“Sìììììì! Magari lottiamo dentro una pozza di fango e ci strappiamo i vestiti di dosso!” Scherzò.
“Ugh…così mi fai eccitare!”
“Ma piantala!” E gli diede uno schiaffetto sulla spalla come ammonimento. Si girò sul cuscino e si allungò per prendere il bicchiere di cola che era sul tavolino in vetro. “Comunque…te lo chiedo per favore, non trattare male Souya. E’ un ragazzo dal cuore d’oro e la sua amicizia sta diventando importante per me.”
Mikey ci pensò un po’ su con aria dubbiosa. “In pratica… Angry è tipo il rimpiazzo di Kazutora?”
L’avesse mai detto. Kan balzò in piedi, le sopracciglia aggrottate e una vena gonfia sulla tempia. Quando era così incazzata diventava la copia di Draken! C’era poco da ridere…
“Tu…come ti permetti?” Ringhiò, per poi alzare il tono di voce. “Nessuno prenderà mai il posto di Kazutora! Lui è il mio migliore amico per la vita! E se pensi davvero che il nostro legame sia così debole, allora sei un idiota!” Lasciò un rumoroso sospiro e girò attorno al divano fino a raggiungere il lato rivolto verso l’ingresso. E si piazzò lì, appoggiata al retro dello schienale.
Mikey aveva capito di averla combinata grossa. Quella frase gli era uscita così e basta, non si aspettava una simile reazione. Il che significava che lei era ancora molto legata a Kazutora… Che fastidio. Erano passati una decina di mesi da quando lui era stato messo in riformatorio. Ogni tanto Baji provava a spendere qualche parola in suo favore, ma col cavolo che gli dava retta. Quel bastardo aveva ucciso suo fratello Shinichiro!!! Aveva anche saputo che la sua situazione mentale non era delle migliori e che le sedute con dei professionisti non stavano avendo effetto. Fanculo, invece di due anni poteva restare là dentro per altri venti! Pur non essendo lì, riusciva ad essere la causa di un litigio con la sua fidanzata, che cazzo! Si impose di calmarsi e di fermare il cervello, adesso doveva solo pensare a fare la pace con Kan. Si alzò e camminò sopra il divano fino a raggiungere il punto in cui era lei, quindi si sedette sul bordo dello schienale dalla parte interna. Un piccolo momento di esitazione e poi avvicinò il viso al suo orecchio. “Scusa…” Con le labbra le sfiorò la pelle, poi scivolò verso la guancia e vi stampò un bacio, poi uno ancora più in là, fino ad arrivare alle labbra. Anche se lei non si mosse, accettò il bacio.
“Mi perdoni?” Sussurrò lui, guardandola negli occhi.
“Ma sì, amore… Non è successo niente…”
Mikey lo interpretò come un ‘pace fatta’ e le diede un altro bacio, ma stavolta più intenso. E già che c’era, allungò pian piano la mano per sfiorarle nuovamente la gamba nuda. Il bacio si fece più focoso, Kan sollevò una mano sulla sua nuca, mentre la mano di Mikey saliva sempre di più e s’insinuava oltre l’orlo della gonna e…ovviamente, proprio in quel momento arrivò Draken con un dorayaki in mano! Gli bastò un secondo per adocchiare la mano di lui e capire a cosa stava puntando, quindi si mise in posa da lanciatore di baseball e gli tirò il dorayaki dritto sulla testa!
Mikey si portò una mano sulla parte colpita e, con tono offeso, disse: “AHI!”
Draken rispose stizzito. “Il mio istinto omicida ha avuto la meglio. Ringrazia che era solo un dorayaki.”
Kan si mise a ridere. “Evita di farlo anche al nostro matrimonio, fratellone!”
Mikey scese dal divano e si chinò per raccogliere il dolcetto, fortunatamente insacchettato, da terra. “Ah grazie per questo, non me l’aspettavo!”
“E’ stata una mia idea!” Dalla porta fece capolino Emma. “Anche se non te lo meriti.”
“Eh? E perché?”
“Ma come? Ti ho avvisato che un professore voleva parlarmi dopo le lezioni e tu invece di aspettarmi hai lasciato il tuo migliore amico là!”
“Di che ti lamenti? Dovresti essere contenta!” Replicò lui, con la conseguenza che le guance di Emma si velarono di rosso.
*
 
Una delle piccole gioie quotidiane di Chifuyu era osservare l’espressione beata di Excalibur, per il modo in cui se ne stava disteso col musetto appoggiato alla sua gamba, mentre lui gli spazzolava il pelo. Da quando, mesi prima, lo aveva trovato in uno scatolone, gli si era affezionato in modo incredibile e poco importava se poi aveva scoperto che il suo gatto aveva più padroni contemporaneamente, per quanto lo riguardava, restava il suo adorato Excalibur ed era sempre felice di ricevere le sue visite, di giocare con lui, di nutrirlo, di lavarlo o di spazzolarlo come stava facendo in quel momento. Era un micio che dava soddisfazioni e si lasciava fare anche lo shampoo senza opporsi. Sentire la forte vibrazione delle sue fusa contro la gamba, era un segno di trionfo! Prima di cominciare la spazzolatura si era occupato di stendere un grande asciugamano a terra, così al termine doveva solo batterlo dalla finestra ed evitare di prendersi una sgridata dalla madre, che a volte lo rimproverava per la quantità di pelo che trovava in giro per la casa. Excalibur, più che un animale domestico, era come un fratellino minore. E di certo era considerato veramente come un secondo figlio per sua madre, visto che un giorno l’aveva beccata a tenerlo in braccio come un bebè! Proprio lei che all’inizio si era tanto lamentata della new entry e aveva dichiarato di non volerne sapere.
“Ho quasi finito! Dopo andiamo insieme da Baji-san!”
Baji era appunto il secondo padrone che il micio si era scelto e che gli voleva altrettanto bene. A volte Chifuyu aveva dovuto ammettere di essere geloso, perché sperava di avere l’esclusiva sulla bestiolina, ma in fondo non c’era niente di male a condividere. Su Ryusei non era molto d’accordo, ma Baji era ok. Baji… Era passato qualche mese da quando l’aveva conosciuto. E già ne aveva passate di tutti i colori! Era andato da lui per sfidarlo in combattimento e invece si era ritrovato davanti un secchione! Anzi, un finto secchione dagli occhiali a fondo di bottiglia, che non era neanche in grado di scrivere una lettera! Quel ricordo lo fece sorridere. Subito dopo aveva scoperto chi era veramente, l’aveva visto in azione e ne era rimasto folgorato. Ne era seguita una fase disastrosa, in cui Baji era arrivato persino a pestarlo invece di permettergli stare al suo fianco. Aveva affrontato parecchie tribolazioni prima di essere finalmente accolto nella Prima squadra. Ma alla fine ce l’aveva fatta, l’aveva convinto, e adesso indossava fieramente la divisa nera dai ricami gialli della Tokyo Manji Gang. L’unico problema restava Ryusei… La sua mano si fermò.
“Che cosa passa per la testa a quello là, non riesco a capirlo.” Sospirò e posò la spazzola. “Ehi dormiglione! Guarda che ho finito!” Lo prese con entrambe le mani e lo sollevò all’altezza del viso. Il micio fece un enorme sbadiglio, tanto era assonnato dall’effetto della spazzolatura. Chifuyu si alzò in piedi e, dopo averlo riposto sopra il letto per lasciargli continuare il pisolino, si occupò di sistemare le altre cose.
“Bene, ora possiamo andare!” Riprese in braccio Excalibur, all’ingresso si diede una scorsa allo specchio e si passò una mano fra i capelli biondi anche se non avevano bisogno di essere riordinati, quindi uscì dall’appartamento. Dal secondo piano dove si trovava, salì le rampe di scale fino al quinto. Abitare nella stessa palazzina era comodo! Poteva andarci in ciabatte e anche se pioveva restava all’asciutto. Stava giusto per svoltare l’angolo quando sentì la voce di Baji…
“Piantala di rompere il cazzo e non intrometterti!”
Ahi ahi. Dal tono di voce era palesemente arrabbiato. Ma con chi? Restando nascosto dietro il muro, fece giusto capolino con la testa per sbirciare. C’era una ragazza bionda e alta. Una straniera?
“Senti, non me ne frega niente se non vuoi l’aiuto della gang, ma ti ricordo che Ryu è anche mio amico e se si è messo nei guai voglio aiutarlo!”
Chifuyu notò due cose. La prima era che la ragazza parlava un giapponese perfetto e la seconda che stava tenendo testa a Baji. Quest’ultimo era un ottimo motivo per adorarla! Non quanto adorava Baji, ovviamente.
“Se non risponde alle tue chiamate e ai tuoi messaggi, vuol dire che non ti vuole tra i piedi! Capisci e falla finita!”
“Almeno dimmi dove abita! Non sono mai stata a casa sua!”
“Nemmeno io. Ora vattene!” E richiuse la porta con un tonfo assordante.
“STRONZO!” Gridò la ragazza, per poi dare un calcio alla porta, prima di allontanarsi con aria furiosa.
Chifuyu era rimasto a guardare con interesse e per poco non si dimenticò di spostarsi da lì. Balzò all’indietro in modo così repentino che rischiò di  precipitare dalle scale! Per lo meno Excalibur, percependo il pericolo, saltò giù dalle sue braccia e se la diede a gambe.
“Excalibur? Dove vai?”
Provò ad inseguirlo, ma indubbiamente la bestiola fu molto più veloce a correre giù. Inutile provarci, non aveva speranze di raggiungerlo.
“Speriamo che si faccia rivedere presto.” Disse tra i denti, masticando un po’ di amaro.
“Scusami, dovrei passare.”
Si voltò di scatto e vide che si trattava proprio della ragazza di poco fa. Ora che la vedeva da vicino, il suo viso aveva tratti giapponesi, nonostante le gambe così lunghe. E poi era molto bella.
Senza volerlo esitò alcuni istanti prima di rispondere. “Ah…sì scusa!” Si spostò per lasciarle libero il passaggio, ma lei rimase dov’era.
“Un ragazzo biondo e carino che vive nella stessa palazzina… Per caso sei Chifuyu?”
“Eh? Sì! Sono io! Ci conosciamo?” Bene bene, la cosa si faceva interessante.
Inaspettatamente la sua espressione cambiò in modo radicale, diventando sorridente. “E’ stato Ryu a parlarmi di te poco tempo fa! Dice che sei molto affezionato a Kei!”
Chifuyu strabuzzò gli occhi. “Ryu…? Kei…?”
“Intendo Sato Ryusei e quel testone di Baji Keisuke!”
Cavoli, dovevano essere proprio tanto in confidenza se li chiamava con quei nomignoli!
“Ah… Sì, io ammiro molto Baji-san!”
“Qual è il tuo appartamento?”
“Abito al secondo piano.”
A quel punto la ragazza ampliò ulteriormente il sorriso. “Io sono Ryuguji Kan, la fidanzata dell’Invincibile Mikey! Hai qualcosa di buono da offrirmi?”
E allora Chifuyu ebbe il sospetto di essere finito in una trappola. E infatti, dopo pochi minuti…
“Sluuuurp!” Kan era seduta al tavolo della sua cucina, a gustarsi un bicchiere di latte alla fragola con cannuccia. Sembrava simpatica, anche se piuttosto sfacciata, ma si vedeva che era contenta di essere lì a bere il latte alla fragola. Che carina! A metà bicchiere smise di bere e si passò la lingua sulle labbra. “A dire il vero, prima ero abbastanza sicura che fossi tu! Ryu mi ha passato le foto del festival scolastico della vostra scuola!”
Il festival scolastico… Oddio… Chifuyu cominciò a sudare freddo.
“Tu e Kei stavate benissimo vestiti da ragazze! Alcune foto le ho fatte stampare e le ho messe dentro un album!”
Chifuyu si sentì sprofondare. Aveva fatto entrare in casa una svitata!!! Doveva aver fatto un’espressione strana, perché lei si mise a ridere.
“Ah ah, tranquillo! Non ho intenzione di divulgarle nella gang e uccidere la tua virilità!”
Forse poteva fidarsi. Non sembrava avere secondi fini… Questo bastò a farlo rilassare.
“Io ero ridicolo! Invece Baji-san era un gran figo! Come sempre!”
“Nah, tu eri bello come una bambolina! Lui rovina sempre tutto con quella dannata espressione scazzata. Quanto vorrei che si rilassasse un po’…”
“Anch’io… Se quel tizio non gli desse tanti problemi…”
Kan tornò subito seria. “Sai cosa sta accadendo? Kei non vuole dirmelo e Ryu è irrintracciabile.”
Chifuyu scosse il capo. “Non esattamente… So solo che riguarda la gang Yotsuya Kaidan di cui lui faceva parte prima della Toman.”
Kan abbassò lo sguardo, le sue dita presero a giocherellare con la cannuccia. “Mi sa che non riesce a sistemare le cose col suo fidanzato…”
“Fidanzato???”
Lo sguardo stupito di Chifuyu la fece ridere di nuovo. “Forse non dovevo dirtelo! Ti danno fastidio queste cose?”
Chifuyu scosse vigorosamente il capo. “No no! E’ che non me l’aspettavo!”
“Sei un bravo ragazzo, sai?”
“Baji-san ha detto la stessa cosa il giorno in cui ci siamo conosciuti!”
“E Kei non è uno che fa complimenti alla leggera! Fossi in te ci farei un pensierino!” Terminò, facendogli l’occhiolino.
Tu-tum. E adesso perché il cuore gli batteva così? Per quella frase?
“Che intendi dire?”
“Ah niente di che! Il nostro caro Kei ha tanto bisogno di essere amato! Chissà che non arrivi perfino ad addolcirsi, se trova la persona giusta!” Si portò la cannuccia alle labbra e riprese a bere il latte alla fragola che era rimasto. Un po’ troppo sfacciata, decisamente! E poi…cos’era quella patata bollente che gli aveva lanciato???
*
 
Nel giro di pochi giorni aveva litigato sia con Baji che con Mikey. Be’, magari non era stato un vero e proprio litigio quello con Mikey, anche se quel mattino avevano…ehm…parlato animatamente (?) della situazione della Prima squadra. Nello specifico, di Ryusei. Forse era stata lei la prima ad alterarsi, ok, ma in che altro modo poteva reagire dopo aver scoperto che Ryusei era finito in ospedale dopo essere stato catturato e torturato dalla sua ex gang??? Tanto per cominciare, avrebbe preso Baji a testate per non averglielo detto, senza contare che era rimasto coinvolto anche Chifuyu! Lei gli aveva parlato solo una volta, ma già l’aveva rinominato ‘angelo’ e sapere che qualcuno gli aveva fatto del male era inconcepibile!  Perché accidenti la tenevano fuori da tutto? Cioè, sapeva che Baji era una testa di cazzo irrecuperabile, però ci si era messo anche Mikey dopo. L’aveva tenuta all’oscuro di una riunione tra gli ufficiali della Toman per discutere appunto di tutto questo. E come se non bastasse, quel cretino del suo ragazzo le aveva severamente proibito di mettersi in mezzo e di lasciare che la Prima squadra si occupasse del problema con la Yotsuya Kaidan, per volere dello stesso Baji. Ripensandoci, il loro era stato un litigio eccome, visto che lei gliene aveva gridate di ogni. E a pieno diritto. Che rabbia, si sentiva ancora ribollire il sangue. Prima la obbligava a entrare nella gang e dopo le impediva di fare qualunque cosa? Quindi la voleva accanto solo come una bambolina da mettere in mostra?
“Stupido nanerottolo!!!” Disse tra i denti.
“Oh…? Mi sa che ho fatto pace troppo presto…”  Disse Angry, spalancando quei suoi occhioni blu.
Erano seduti su una panchina del centro commerciale preferito di Kan, o meglio, lei si era accomodata sulla lunghezza della panchina per tirare su le gambe e poi si era appoggiata di schiena alla spalla di Angry, mentre lui era seduto normalmente. Accanto ai suoi piedi, giacevano tre borse in plastica piene dello shopping terapeutico di lei.
“Ti confesso che ho ancora voglia di prenderlo a schiaffi. Ma è lo stesso.”
Angry, col cellulare rosa metallizzato di Kan tra le mani, da una ventina di minuti non faceva che digitare, inviare, poi leggere e rispondere. Visto che Mikey, come al solito, l’aveva bombardata di messaggi e lei non aveva nessuna voglia di dargli retta da quanto era arrabbiata, aveva rifilato all’amico il compito di rispondere ai messaggi, fingendosi lei ma in versione più calma.
“Vuoi sapere cosa ci siamo scritti fino adesso?”
“No… Chissene…” Appoggiò il capo all’indietro, sopra la spalla di lui, e con lo sguardo si perse verso l’alto, sulla vista dei vari piani del centro commerciale che avevano visitato nelle ultime ore. Di solito comprare tante cose kawaii l’aiutava a rallegrarsi, ma dopo quel litigio con Mikey aveva le palle che giravano come delle trottole.
Facendo un rapido check dei messaggi, Angry disse solamente: “Spero di essere stato bravo. Non mi sembra si sia accorto che non sei tu a scrivere.”
“L’hai cucinato a puntino fino a farlo sentire costretto a scusarsi?”
“Sì.”
“Allora va bene.” Portò una mano all’indietro, per toccare la sua folta e morbida chioma turchese. “Grazie, sei un tesoro!”
“Sono contento di aiutarti! Quando mi hai telefonato così arrabbiata, mi sono subito preoccupato.”
“Per fortuna ci sei tu! Il mio amico dolcissimo!” Si girò sul fianco, cambiando posizione, e si sporse su di lui per stampagli un bacio sulla guancia. Arrivò un altro messaggio di Mikey.
Angry premette il pulsante per aprirlo.
[Questa notte rimani a dormire da me? Voglio tante coccole dalla mia bellissima fidanzata!]
Angry diede una sbirciata a Kan. “Gli rispondo di sì?”
“Ma neanche per sogno! Non si risolve tutto col sesso!” Una risposta fin troppo diretta.
Le guance di Angry si colorarono di porpora. “Ma…ha parlato di coccole…”
“E gli credi? Lo conosco da molto più tempo di te, fidati! So come è fatto! Non voglio dargliela vinta così facilmente!”
Angry ci rifletté un poco e dopo cominciò a digitare un messaggio: [Non me la sento… Questa cosa di Ryu mi ha presa troppo… Se vuoi ci vediamo domani. Prometto di farti tutte le coccole che vuoi!]. Di nuovo sbirciò lei. “Così può andare?”
Kan sorrise divertita. “E’ il tuo modo di dirmi che devo farmela passare entro domani?”
“Un po’ sì… Vorrei che tornaste quelli di sempre. Siete una bella coppia quando andate d’accordo!”
Onesto. E adorabile! Un bastoncino di zucchero filato fatto persona!!!
“Awww Souya, sei troppo puccioso! Così mi fai sciogliere! Voglio darti un altro bacio!”
E lui, zitto e buono, chinò la testa verso di lei per prendersi il meritato premio. LOL!
“Lo invio e poi andiamo, che ne dici?”
“Dove andiamo?” Chiese lei, incuriosita.
“Ti porto a casa mia! Voglio dire a Nahoya di preparare il suo ramen speciale per te!” Premette il tasto di invio, poi richiuse il telefono a conchiglia e lo ridiede alla proprietaria. “Ti va?”
Non ci fu bisogno di una risposta, gli occhi brillanti di Kan dissero già tutto!
Borse in mano, uscirono dal centro commerciale e andarono fino al parcheggio dove era la moto di Angry. Non per dire, ma la sella con spalliera era dieci volte più comoda per lei! E le fu anche abbastanza facile tenere strette le borse, non come sulla moto di Mikey dove ogni volta rischiava di volare via perfino lei! Una bella sgasata e si misero su strada, diretti al quartiere dove abitava lui. Kan aveva finalmente ritrovato il buonumore! Se solo il destino non avesse deciso di giocarle un brutto scherzo…
Con tutta la gente che c’era in giro, fu quasi un miracolo che riuscì a vedere proprio lui.
“Souya, ferma la moto!!!”
Gridò con tono così urgente da indurlo ad accostare con una manovra azzardata, la quale gli causò una bella strombazzata di clacson da almeno due delle auto che aveva dietro. Prima che potesse chiederle alcun che, Kan balzò giù di sella e gli buttò in grembo le borse.
“Hei Ryu!”
Era proprio lui, sul marciapiede. Si voltò verso di lei. “Ah sei tu…”
Quella risposta disinteressata le diede ai nervi. “Perché non ti sei fatto sentire? Ho saputo che eri finito in ospedale. Potevi mandarmi un messaggio per avvisarmi, invece di farmi morire di ansia!”
Accanto a Ryusei c’era un altro ragazzo, piuttosto bello, coi capelli lunghi, ondulati e biondo platino. E uno sguardo sinistro che aveva un che di folle.
“Chi è questa troietta?” Aveva anche una bella voce, ma che razza di bastardo!!!
“COME TI PERMETTI?” Si difese Kan, sfoderando gli artigli.
Ryusei l’afferrò per un braccio e la portò in disparte, accennando al ragazzo un veloce: “Kojiro, me la sbrigo subito.”
“Aspetta ma…. E’ il tuo-” Ryusei la tirò a sé. “Non ti hanno detto di starne fuori?”
Aveva qualcosa di strano, era serio, era come se la sua anima fosse morta e perfino i suoi occhi erano vuoti come quelli di un fantoccio.
“Ryu…cosa sta succedendo?”
“Smettila di cercarmi. Dimenticati di me.”
“Che stai dicendo? Non ho intenzione di farlo!”
A mali estremi, estremi rimedi, Ryusei impresse le labbra sulle sue con forza, in un bacio doloroso e privo di sentimento, al quale lei non si prestò. Kan riuscì a ribellarsi e a spingerlo via.
“Che cazzo fai?”  Disse, lanciandogli uno sguardo rabbioso.
“Tsk! Non era evidente fin dall’inizio che ci stavo provando con te?” La sfidò.
“Piantala. Hai confessato di essere gay, non ci casco.”
“Ah ah! E ci hai creduto? L’unica cosa che volevo era portarti a letto! Mi sono divertito a raccontarti quelle cazzate e vedere come reagivi! Stupida stronzetta benestante!”
Kan non era più in grado di rispondere, non sapeva fino a che punto lui stesse dicendo la verità, ma quelle parole facevano male. Troppo male. Non voleva il suo aiuto? Bene. Il suo cuore non ce la faceva più. Era il momento di farla finita, anche se questo significava perdere per sempre un amico…
Prese un respiro profondo, doveva stare attenta a non scoppiare a piangere. “Ho capito… Me ne vado…” Strinse i denti alcuni istanti e poi aggiunse. “Se un giorno cambierai idea… Ci sarò…” Gli voltò le spalle e si allontanò. E Ryusei fece altrettanto.
Non appena affiancò tale Kojiro, questo gli diede una piccola spallata. “Veramente le avevi detto di essere gay?”
Ryusei alzò le spalle con noncuranza.
“Comunque, potevi anche evitare di baciarla. Non che cambi molto, in verità. In qualunque modo la si veda, tu sei mio.” Se solo ci fosse stato un briciolo di amore in quelle parole…
Tornata alla moto, Kan trovò Angry ad attenderla. Teneva un pugno stretto e dalla posizione delle gambe sembrava che dovesse scattare via da un momento all’altro.
“Vuoi che vado a pestarlo?”
Era l’ultima cosa che voleva. Scosse il capo. “Lascia perdere.” Rimontò in sella e, vedendo che lui rimaneva fermo in quella posizione, gli posò una mano sopra il pugno. “Non ne vale la pena. E’ solo un idiota.”
Lui la guardò sorpreso. “Ma…ho visto cosa ti ha fatto!”
“Ora voglio solo mangiare quel ramen che mi hai promesso…” Con uno sforzo di volontà enorme, riuscì a simulare un leggero sorriso. Sperò che bastasse a convincerlo.
Angry diede un’occhiata ai due che si allontanavano, ma poi cedette. “Hai ragione…” Le passò le tre borse e poi impugnò i manubri della moto per ripartire.

Continua nel Capitolo 12: [Some Embarrassment]

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Chapter 12: [Some Embarrassment] ***


Chapter 12
[Some Embarrassment]
 
Lo scontro tra la Prima squadra della Toman e la Yotsuya Kaidan, si era svolto il giorno di Tanabata e Kan non aveva idea di come si fosse concluso. Dopo la triste scenata di Ryusei, aveva cancellato i suoi contatti dal telefono, altrimenti era certa che avrebbe ceduto all’impulso di scrivergli e questo non doveva assolutamente farlo. Di chiamare Baji neanche a parlarne, dopo il modo in cui l’aveva trattata e addirittura sbattuto la porta in faccia. Fanculo, questa volta non aveva intenzione di andargli incontro, doveva essere lui ad abbassarsi. E poi c’era Mikey, che non aveva detto nulla a riguardo, e lei, pur di evitare un altro litigio, aveva preferito non fargli domande. L’unica cosa positiva di quella giornata, era che la sera erano andati al festival assieme a Draken ed Emma. Una serata piacevole in cui avevano riso, si era abbuffati tutti e tre sotto lo sguardo contrariato di Draken e poi avevano appeso i cartoncini colorati al bambù. Per l’occasione, lei ed Emma avevano indossato degli yukata e si erano aiutate a vicenda per le acconciature. Ovviamente, assieme al tradizionale kanzashi, Kan aveva aggiunto anche lo spillone a farfalla regalatole da Angry e si era premurata di inviargli delle foto come per dire “anche se non ci sei, una parte di te è qui con me!”. Stranamente, Mikey non si era lamentato. Cosa ancora più strana, quando la invitò a dormire a casa sua, Draken non si era opposto e non aveva cercato di ucciderlo. Si erano messi d’accordo per distrarla? Era a causa dello scontro? I loro amici stavano bene? Queste domande continuarono a ronzarle nella testa e le causarono un sonno piuttosto agitato.
Il mattino dopo, fu Mikey il primo a svegliarsi, sentendo la vibrazione del cellulare. La sveglia? No. Era Draken che gli inviava una raffica di messaggi per raccomandarsi di farsi trovare pronti e in orario per andare a scuola. Mikey posò il telefono e si stiracchiò un poco sotto le lenzuola. Si voltò verso Kan, ancora addormentata e che gli dava di spalle. Sorrise beffardo, c’era ancora tempo prima di alzarsi! Scivolò sul materasso per avvicinarsi a lei, le avvolse il girovita col braccio per far aderire meglio i loro corpi e poi le diede un bacio sull’incavo tra la spalla ed il collo. Mentre dal basso cominciò a strusciare lentamente il membro contro il sedere di lei. Piccole attenzioni piacevoli che le fecero abbandonare il mondo dei sogni, piano piano, il calore della lingua di Mikey contro la pelle le strappò un sorriso. E lui se ne accorse.
Spostò la testa un po’ più in alto e le sussurrò all’orecchio con tono giocoso. “Sei sveglia? Mh? Sì?”
Kan provò a fingere di essere ancora addormentata, ma non riuscì a trattenersi dal ridere quando lui le infilò la punta della lingua nell’orecchio!
“Va bene, lo ammetto! Sono sveglia!” Volse un po’ il capo e incontrò il suo viso sorridente, contornato dai biondi capelli scompigliati che ormai gli ricadevano sugli occhi. Il sole poteva andare a nascondersi, non avrebbe mai potuto splendere come lui.
“Ken-chin ha scritto poco fa! Ha detto di prepararci!”
Momento di silenzio… Il cervello di Kan ci mise del tempo a connettere, data la scarsa quantità di sonno di quella notte, però poi i tasselli cominciarono ad incastrarsi, ricordandole che quello era un girono infrasettimanale, che c’era scuola e che…quella cosa dura che sentiva premere contro il sedere non andava bene!!!
“Allora vedi di mettere a cuccia il tuo ‘amichetto’. Se Ken ci becca così, dubito che te la caverai solo con un dorayaki in testa!” Il ricordo la fece sorridere.
“E se prima ci divertiamo un po’ e lo facciamo contento, il mio ‘amichetto’?”
Come si dice, tentar non nuoce, peccato che Kan non gli diede corda e anzi assunse un’aria severa per mettere le cose in chiaro.
“Scordatelo. Non voglio fare tardi. Oggi abbiamo un test e io voglio prendere un bel voto.”
Il pene di Mikey perse l’entusiasmo e si ritirò in castigo. (LOL)
“Facciamo una doccia al volo. Stanotte abbiamo sudato e siamo tutti appiccicosi.” Disse Kan, scavalcandolo per scendere dal letto. Andò dritta al tavolino a recuperare un mollettone per capelli, una delle varie cose che lasciava lì abitualmente da quando avevano iniziato a stare insieme la notte.
Con uno sforzo di buona volontà, anche Mikey lasciò il comodo materasso e si infilò i pantaloni corti del pigiama. “Meglio se ci copriamo un po’ per entrare in casa, non vorrei che il nonno ci vedesse nudi e facesse un colpo!”
“Ti pare che ci vada nuda???” Prese la maglietta che lui le stava porgendo, l’altro pezzo dello stesso pigiama, e poi uscirono dalla stanza per dirigersi verso la casa. Dall’ingresso alla stanza da bagno non fecero incontri. Meglio così.
Il box doccia era piuttosto grande, perciò poterono entrarci insieme e risparmiare tempo. Mikey preferì farsi uno shampoo, Kan invece evitò accuratamente, sapendo quanto tempo le avrebbe portato via prendersi cura della folta chioma. Piuttosto si dedicò al corpo, usando un bagnoschiuma ai fiori di ciliegio e una spugna rosa, altre cose che aveva lasciato lì all’occorrenza. Pensandoci, in caso di trasloco avrebbe fatto presto a liberare la stanza a casa dei genitori adottivi, visto che ormai aveva disseminato cose sue tra il centro massaggi e casa Sano! Che bello… Un giorno lei sarebbe diventata parte della famiglia a tutti gli effetti, sposando Mikey… Il pensiero la fece arrossire così tanto che non poté fare nulla per mascherarlo.
“Ti è venuta voglia? Se vuoi fare una sveltina lo faccio alzare subito!” Propose speranzoso lui.
“Taci, per favore!!!” Lo pregò Kan, coprendosi il viso con le mani.
Figurarsi se stava buono!  Come niente fosse, l’avvolse in un abbraccio e attese che lei riabbassasse le mani. “Quando saremo sposati nessuno potrà dirci niente! Faremo il bagno insieme ogni sera, dormiremo insieme tutte le notti e staremo appiccicati anche durante i pasti e gli spuntini!”
“Però…manca ancora un sacco di tempo…” Sottolineò lei, piagnucolando un po’.
“Forse passerà in fretta! Per allora io sarò diventato Maestro di Arti Marziali e porterò avanti il dojo del nonno! Così Ken-chin ci darà la sua benedizione e tu diventerai la moglie di un Sano Manjiro rispettabile!”
Lo disse con grande spontaneità e trasparenza, sorridendo ma parlando sinceramente. Prima d’ora non aveva mai accennato al fatto di avere questi progetti per il futuro. Uno che viveva per mangiare schifezze, dormire come un ghiro e fare a botte, era incredibile che si mettesse a parlare di argomenti così…diversi. Eppure l’aveva appena fatto.
“Non potrei desiderare un futuro migliore per noi due, amore!” Rispose Kan, sorridendo commossa, col cuore pieno di speranza.
*
 
A guardarsi, era una scena piuttosto comica. Hakkai, con appese ai gomiti le piccole Mana e Luna, intento a sollevarle a turno scandendo le parole: “Dieeeeeci... Uuuundici… Dooodici…” E loro che cercavano di tenersi ben salde nonostante le risate! Le bimbe si divertivano molto con lui, anche se, più che vederlo come un secondo fratello maggiore, lo usavano alla pari di un giocattolo. (*coughservocough*)
Ad un certo punto, Luna allungò lo sguardo su Mitsuya e si lamentò. “Fratellone, non hai ancora finito?”
Lui, seduto al chabudai sopra il quale era aperto il cestino del cucito, rispose alla sorellina con tono pacato e senza distogliere lo sguardo dal rammendo di cui si stava occupando. “Non è colpa mia se hai strappato la gonna a scuola.”
“Non l’ho mica fatto apposta! Si è impigliata!” Il solito caratterino…!
“Va bene…” Sospirò, accennando un sorriso paziente. “Che ne dite di mangiare il budino mentre finisco? Così avrete più energie per quando andremo al parco!”
La proposta venne accolta da grida gioiose e da una corsa fino al frigorifero della cucina lì accanto. La fortuna di avere un giocattolo vivente era che non dovevano occuparsi di rimetterlo a posto! Povero Hakkai! Ma lui non se la prese, anzi, era soddisfatto di aver fatto un po’ di esercizio e contemporaneamente averle fatte giocare.
Andò a sedersi accanto a Mitsuya. “Ehi, come va?”
“Ho quasi finito… Puoi mangiare qualcosa anche tu, nel frattempo.”
“Nah! Facciamo dopo, mentre le bambine vanno sulle giostrine! Offro io!”
Mitsuya sorrise, non tanto per l’offerta, ma perché sapeva che quello era il suo modo per sdebitarsi del fatto che si prendeva cura di lui. Fin dal primo incontro lo aveva aiutato, protetto, guidato giorno dopo giorno ed erano diventati inseparabili. Certo non se ne approfittava, ma sapendo che Hakkai era di famiglia ricca non si sentiva neanche in colpa. No?
“Ecco fatto!” Tirò il filo per bene e poi se lo portò alla bocca per spezzarlo coi denti.
Hakkai ridacchiò. “Hai le forbici proprio lì in cima al cestino!”
“Ah, è l’abitudine!” Rispose lui, con un’alzata di spalle. Infilò l’ago nel batuffolo apposito e chiuse tutto, quindi si rialzò. “Luna, ho fatto. Te l’appendo in camera così puoi indossarla domani.”
“Graaaazie!” Una risposta a bocca spalancata, prima di venire imboccata dalla sorellina. Lei e Mana adesso stavano giocando ad imboccarsi a vicenda.
Nel mentre in cui Mitsuya era di là, Hakkai tentò un approccio con loro. “Ne date un cucchiaino anche a me?”
La piccola Mana lo guardò con occhi sgranati per qualche istante e poi fece per allungargli il cucchiaino pieno ma… Luna la fermò.
“No! Non ti diamo niente perché sei uno spaventapasseri senza cervello!”
“EEEH???”
“Lo ha detto la sorellona Kan!” Aggiunse lei, con convinzione. E allora Mana ritirò la mano e si fece seria per imitare la sorella.
“Ma-ma-ma… Cos’ho fatto???” Chiese giustamente Hakkai.
Mitsuya tornò e si mise a ridere nel vedere la sua espressione sbalordita! Si risedette accanto a lui. “Non l’ha detto per offenderti! Non fraintendere!”
“Ok ma dimmi perché! Non le ho neanche mai parlato!”
“Appunto! Fai parte della gang da una vita e non le hai mai parlato!”
Hakkai abbassò lo sguardo e arrossì leggermente. “L-lo sai che ho quel problema…”
La particolarità più strana di Hakkai, era proprio l’incapacità di rivolgere la parola alle ragazze, ad eccezione di sua sorella Yuzuha che negli anni gli aveva anche fatto da mamma e da migliore amica. Mana e Luna erano ok solo perché erano ancora bambine. Kan invece era indubbiamente una ragazza. Ogni volta che lo aveva salutato, lui aveva sempre risposto con un inchino e quelle volte in cui gli aveva porto delle domande, lui aveva quasi smesso di respirare ed era dovuto intervenire Mitsuya. Era una cosa inspiegabile, Kan era una ragazza esattamente come Yuzuha, l’unica differenza era che con lui non c’erano legami di sangue. A lungo andare lei si era spazientita e, visto che Mitsuya era quello che passava più tempo con lui, gliene aveva parlato diverse volte. All’ultima era così arrabbiata da essersi lasciata scappare quella frase dello spaventapasseri! E ovviamente, Mana e Luna avevano memorizzato quelle parole per usarle al momento giusto.
“Ehhh… Le ho detto di darti del tempo, però anche tu dovresti impegnarti.”
“Non riesco neanche a guardarla negli occhi, figuriamoci parlarci!”
Mitsuya cambiò posizione, puntellò le mani sul suolo rivestito da un tappeto in gomma con le lettere dell’alfabeto, quindi spostò il peso all’indietro e guardò verso l’alto. “Come potrei aiutarti? …non riesci a vederla come una specie di sorella maggiore? Lei e Yuzuha hanno la stessa età!”
Hakkai lo guardò con la coda dell’occhio. “Yuzuha mi protegge… Kan invece sembra che voglia prendermi a pugni…”
“Be’, non posso darti torto! Allora…non vederla come una ragazza! Voglio dire, lei sta con Mikey quindi è intoccabile! E’ come una divinità che non puoi avvicinare e che devi temere!” Volse il capo verso di lui. “La tua famiglia è cristiana, giusto? Scommetto che non vorresti far arrabbiare il tuo dio, dico bene?”
Hakkai scosse vigorosamente la testa.
“Ecco, fai finta che Kan sia come lui. Salutala, rispondi alle sue domande, così lei non si arrabbierà!”
“Taka-chan… Stai facendo un discorso strano…”
In effetti Mitsuya si sentiva un po’ idiota a fare certi paragoni, quindi cercò di sdrammatizzare. “E tu capiscimi, scemo! Era un esempio!”
Puntuali, Luna e Mana si fecero sentire con un acuto. “FINITO! Andiamo al parco!”
Un ottimo momento per porre fine al discorso. Hakkai era salvo!
*
 
Yuzuha si era appena stravaccata sul divano, fregandosene della gonna della divisa scolastica che era balzata in aria mettendo in mostra le mutandine. Tanto non c’era nessuno lì. Ma anche ci fosse stato qualcuno, no problem, il pudore non era una cosa che le apparteneva. Si lisciò i lunghi capelli castani all’indietro e afferrò il telecomando sul tavolino per accendere la tv e guardarsi qualche programma comico. Neanche il tempo di premere il pulsante che comparve Hakkai.
“Ehi…pensavo che saresti rimasto con Mitsuya tutto il pomeriggio! Come mai a casa così presto?”
“Ecco…lui ha avuto un impegno improvviso, così sono tornato a casa.” Quando parlava quasi mugugnando e tenendo la testa bassa sembrava un animaletto indifeso. “Senti Yuzuha…l’altro giorno io e Taka-chan stavamo parlando di una cosa e…credo di avere bisogno del tuo aiuto…”
“Ma certo! Se posso aiutarti, lo faccio volentieri!” Era molto disponibile nei confronti del fratellino.
“Il fatto è che…” Hakkai si portò una mano alla nuca e prese a massaggiarsi con gesto nervoso, mente le raccontava di una strana conversazione e dell’idea che gli era venuta poi per risolvere un certo problema.
Ad un tratto, Yuzuha si tirò un po’ su, i gomiti puntellati sul bracciolo del divano, e guardò il fratello con occhi sgranati. “Vuoi fare una festa in piscina???”
Hakkai riprese a parlare con un certo impaccio. “N-non è una festa! Inviteremo solo Taka-chan e Kan!”
“Ah sì… Ricordo che mi hai parlato di quella ragazza già altre volte e che volevi farmela conoscere...”
“Guarda che è più simpatica di quanto ti abbia raccontato! E ha un carattere forte come te! Credo che non avrete difficoltà a diventare amiche!”
Yuzuha arricciò le labbra con fare dubbioso, quindi si rimise in piedi balzando giù dal divano. “Non mi dispiacerebbe, in effetti.” Afferrò il fratello per il colletto della divisa e lo costrinse ad abbassarsi dalla statura di spilungone per essere alla sua stessa altezza. “Qual è il vero motivo? Ti conosco come le mie tasche, so che mi nascondi qualcosa!”
Colpito e affondato! Hakkai lasciò un sospiro e decise di vuotare il sacco, tanto tenerla per le lunghe non sarebbe servito a niente. “La verità è che spero di sbloccarmi e riuscire a parlarci. Di fatto, all’interno della gang lei è un mio superiore e quando non riesco a rispondere alle sue domande faccio la figura del coglione. Spero che facendola diventare tua amica, diventi più facile anche per me.” E  se lo diceva con quell’espressione da cucciolo triste…
Vedendolo così, Yuzuha gli sorrise e gli diede un colpetto fronte contro fronte, lasciando la presa al colletto. “E bravo il mio fratellino! Sono contenta che tu voglia impegnarti!”
Hakkai sorrise a sua volta. “Grazie!”
“E visto che anche io ci tengo a fare una buona impressione, preparerò tutto in grande stile! A partire dai biglietti d’invito! Te li farò trovare pronti domani, così dovrai solo consegnarli! Ok?”
Eccome se era ok! Hakkai adorava sua sorella e lei non mancava mai di accontentarlo e di fare qualsiasi cosa per renderlo felice. E farlo cadere in una piccola trappola… Vero che si occupò lei degli acquisti per la festa, vero che scrisse lei gli inviti, vero che lo aveva avvisato di doverli consegnare…ma consegnare personalmente! Era un modo per fargli fare esercizio! Lui all’inizio non se ne rese conto, in fondo darlo a Mitsuya fu facile. Il problema si presentò dopo, quando finalmente capì che per consegnare l’invito a Kan doveva vederla e…parlarci? Panico. Grazie agli dei, Mitsuya si occupò di inviarle un messaggio per avvisarla, dopo di che accompagnò Hakkai al luogo dell’incontro.
Per l’intero tragitto Hakkai non spiccicò parola da quanto era nervoso.
“Eccola là! E’ con Mikey su quella panchina!” Indicò, Mitsuya.
Infatti, nella piazzola accanto ad una nota libreria multipiano, i due piccioncini chiacchieravano spensierati, lei con in mano una borsetta col logo della libreria.
Mitsuya fece per chiamarli ma, la voce gli si bloccò in gola nel notare che la mano di Mikey si stava muovendo furtivamente un po’ troppo vicino all’orlo della gonna di lei. “Ma tu guarda! Fare certe cose davanti a tutti!” Disse, scuotendo la testa e sorridendo divertito al contempo. Attese di essere un po’ più vicino e solo allora si fece sentire con un: “Ehilà!”
I due si voltarono contemporaneamente, un istante dopo, Kan schiaffeggiò la mano di Mikey, come se si fosse resa conto solo in quel momento di cosa stava facendo! Ignorando il suo “auch!”, si volse di nuovo e salutò sorridendo ai nuovi arrivati. “Ciao ragazzi! Cosa dovete dirmi di importante?”
Mitsuya passò subito la patata bollente. “E’ Hakkai che deve dirtela!”
“Oh davvero? Cosa? Dimmi tutto!”
Ovviamente, rimase in attesa di una risposta che da Hakkai non sarebbe mai arrivata, visto che rimase muto e immobile a fissare il marciapiede. Cosa che costrinse Mitsuya a dargli una bella gomitata sul braccio! E allora, con uno scatto, Hakkai tirò fuori da sotto la giacca la busta e la porse a lei, facendo un inchino. In quel momento rientrò in scena Mikey.
“Ehi, è una lettera d’amore quella???” Chiese, piuttosto scazzato.
Mitsuya sbuffò esasperato. “Mikey, chiudi la bocca, ti prego.”
Kan prese la busta e, incuriosita, l’aprì immediatamente per vederne il contenuto. Il suo sguardo si illuminò. “Avete una piscina? Che figata! Ci vengo volentieri!”
Mitsuya indicò delle righe sul fondo del foglio. “Quelli sono i contatti di Yuzuha! Scrivile la conferma, così si salva il tuo numero!”
“D’accordo! Lo faccio dopo!”
Mikey allungò il collo e si mise a leggere a sua volta. “Cos’è? Una festa? Posso venire anche io?”
Kan lo riprese prontamente. “NO! Voglio conoscere la sorella di Hakkai e chiacchierare con lei in pace! Senza te che allunghi le mani dappertutto sopra e sotto il mio costume!”
Mikey sfoggiò un’espressione indubbiamente offesa.
“Cerca di capirmi, Mikey! Fuori dal centro massaggi non ho nessuna amica femmina!”
“E Emma dove la lasci?”
“Ma con lei è un’altra cosa! La sorellina del mio ragazzo è più una familiare!”
Mentre lo diceva, un leggero rossore le colorò le guance e Mikey apprezzò la cosa. “E va bene, amore! Non mi intrometto più! Però…vorrei capire perché Mitsuya è stato invitato!”
“Io farò da supporto morale ad Hakkai! E controllerò che non affoghi mentre guarda di nascosto Kan in costume!”
Voleva essere una battuta, però la faccia del diretto interessato divenne così rossa che non ci furono dubbi sul fatto che ci avesse già fatto un pensierino… Si può essere più scemi…
Prima che Mikey dicesse qualunque tipo di lamentela, Kan pensò bene di parlare per prima. “Allora sabato pomeriggio festa in piscina dai Shiba!”
E puntualmente, il telefono di Mikey suonò. “Pronto, Ken-chin? Sì, ora arriviamo… Che? No, non stiamo facendo cose sconce! …no! Ci stiamo mettendo tanto perché Mitsuya e Hakkai ci hanno chiesto di incontrarli! Non me lo sto inventando, è vero!”
Kan si batté una mano sulla fronte. “Scusate… Sono circondata da imbecilli…” Con decisione tolse il telefono dalla mano di Mikey. “Ken, piantala! Arriviamo! Ciao!” E glielo restituì.
“Grazie dell’invito, Hakkai! Più tardi scriverò a tua sorella!” Gli disse gentilmente.
Qualche cenno del capo da parte di lui e poi i quattro si salutarono.
Mitsuya restò una manciata di secondi a guardare la coppia che si allontanava. “Alla fine non hai spiccicato una parola, accidenti a te!”
“Per fortuna c’eri tu con me, Taka-chan! Grazie!”
*
 
I fratelli Shiba sapevano che Mitsuya e Kan sarebbero arrivati insieme, perché lui si era offerto di accompagnarla, dato che lei non era mai stata in quella casa. Quello che non si aspettavano, una volta aperta la porta, era di ritrovarsi con due ospiti in più! Oltre ai due invitati, infatti, si erano unite anche le piccole Mana e Luna.
“Mia madre ha avuto un impegno improvviso e ho dovuto portarle con me!” Si giustificò Mitsuya, con un certo disagio.
“Non è un problema! Anzi, a guardarvi sembrate una bella famigliola!” Disse Yuzuha, in un misto fra gentilezza e derisione. Non per cattiveria, ma visto lo scenario che aveva di fronte… Le bimbe erano graziose con i loro vestitini a forma di campanula, rosa per la minore e lilla per la maggiore; ai piedi avevano sandalini bianchi decorati con margherite in tessuto e i capelli erano raccolti in due pon-pon. Le loro espressioni brillavano di felicità, sapendo che a breve avrebbero giocato in piscina! Piuttosto male assortiti erano invece i genitor-ehm, sì insomma, gli altri due! Mitsuya aveva l’aria di un dipendente sfruttato, che si faceva in quattro dalla mattina alla sera, o forse era colpa della carnagione molto pallida e dei capelli corti e arruffati!  Indossava un camicione arancio sbiadito, di seconda o terza mano, su pantaloni corti che un tempo dovevano essere stati di un giallo carico, poi ciabatte da piscina tristissime e sottobraccio un borsone in paglia col necessario per le bambine. In ultimo ma non meno importante, Kan sembrava appena scesa dalla passerella di una sfilata di moda estiva! Vestitino prendisole con scollatura ampia a fascia incrociata, da cui scendevano voluminosi drappeggi fino a metà coscia, il tutto in tessuto lucido con stampa fantasia mediorientale dalle forme tondeggianti e colorate in senape, verde acqua, rosso corallo e fucsia; ai piedi portava dei sandali gioiello in oro e strass; un paio di occhiali da sole più che proteggerla le decoravano il viso, date le lenti gialle e la montatura a forma di sole dorato; i capelli erano raccolti sul capo in una lunga treccia e sottobraccio anche lei aveva una borsa in paglia. Tirando le somme, più che una bella famigliola, apparivano come un marito sottomesso dalla moglie, che lavorava unicamente per comprare a lei gingilli appariscenti e alla moda, assieme alle figliolette che probabilmente avrebbero seguito la scia della madre!
Viaggi mentali a parte, i fratelli fecero entrare gli ospiti e, dopo un rapido giro di quel piano della casa, li portarono senza indugi alla piscina all’esterno. Su un lato erano pronte delle sedie a sdraio e due ombrelloni, mentre a distanza di sicurezza e all’ombra, era stato allestito un piccolo buffet con bevande colorate servite in bicchieri con gli ombrellini di carta, vassoi con pasticcini ricolmi di creme e frutta fresca e mini sandwich con varie salse.
Mana e Luna fecero per tuffarsi sul vassoio dei pasticcini, ma Mitsuya le fermò prontamente prendendole per i colletti dei vestitini. “Voi due…che ne dite di giocare in acqua, prima? Più tardi, quando avrete fame, farete merenda!”
Le bimbe si scambiarono delle intense occhiate, come se stessero comunicando telepaticamente, ma dopo un po’ esplosero in un entusiasta: “PISCINA!!!” Al quale seguì uno svolazzamento di vestiti e sandali!
Hakkai si fece dare il borsone da Mitsuya e si occupò di gonfiare in velocità le due ciambelle per loro e poi di aiutarle a calarsi in acqua.
Mitsuya osservò tutto quanto, sorridendo. “Meglio se vado anche io, prima che lo facciano cadere in acqua a tradimento!”
Una volta rimaste sole, Yuzuha continuò a fare la buona donna di casa e, facendo un gesto galante, invitò Kan a prendere posto sulle sedie a sdraio.
Posata la borsa a terra, Kan si sfilò il prendisole e lo appese sotto l’ombrellone, rivelando così un corpo favoloso e slanciato che gran poco aveva in comune con gli standard giapponesi.
“Wow! Scommetto che il tuo ragazzo avrà un bel da fare a prendere a pugni tutti quelli che ti ronzano intorno per provarci con te!” Disse Yuzuha, appendendo a sua volta il vestito.
Kan la squadrò con disappunto per alcuni istanti, salvo poi scoppiare a ridere. “Anche troppo!” Si mise seduta e tirò fuori dalla borsa il tubetto di crema solare, quindi se ne mise un po’ sulla mano e cominciò ad applicarla sulle gambe. “In realtà non ho molti ammiratori! Essere la fidanzata dell’Invincibile Mikey mi crea un muro attorno, sai… Be’, non che prima ne avessi! Col caratteraccio che mi ritrovo!”
Yuzuha accennò un sorriso. “A volte basta avere accanto poche persone, se sono quelle giuste che ti rendono felice. Caratteraccio o no, se lui ti ama non hai bisogno di altro.”
“Mi sa che devo contraddirti! Ho degli amici a cui sono affezionata e quando lui fa le solite scenate di gelosia mi fa incavolare da matti!”
“Uuuuh, che tipo di amici? Sentiamo!” La stuzzicò Yuzuha, ammiccando.
Kan si mordicchiò le labbra, un po’ imbarazzata. Si mise ancora della crema sulla mano e cominciò a spalmarla sulle braccia. “Prima di chiunque altro c’è mio fratello Ken! Avendo condiviso lo stesso ventre, per me è la persona più importante al mondo! Poi appunto c’è Mikey, il mio ragazzo! E poi…c’è Kazutora, il mio migliore amico! E Souya, il mio amico del cuore!”
“Aspetta aspetta! Ho capito bene? Hai un migliore amico e un amico del cuore?”
Ad un cenno affermativo di lei, Yuzuha si fece una risata.
“Ehi, non prendermi in giro!” La riprese Kan.
“Scusami! E’ che…era dalle elementari che non sentivo delle cose del genere! Ma quei due come si trovano con queste etichette?”
“Souya è dolce come uno zuccherino e il ruolo gli piace! Mentre Kazutora…” Il sorriso le morì sulle labbra. “Lui…vedi…è in riformatorio. Sta scontando una pena di due anni ed è dentro da quasi uno. E…mi manca tantissimo.”
Vedendo il cambiamento repentino in lei, Yuzuha si sentì in colpa. “Ti chiedo scusa, non avevo idea di tutto ciò… Cosa gli è successo? Se ti va di parlarne…”
“Lui…per errore…ha colpito il fratello maggiore di Mikey e…” Scosse il capo. “No, non ce la faccio, è una storia terribile. Questa è una festa e…”
“Va bene, va bene, non dire una parola di più. Ho tirato fuori l’argomento sbagliato.” Yuzuha prese il tubetto di crema e le fece una proposta. “Posso spalmartela sulla schiena?”
Un momento di esitazione e poi lei acconsentì. “Sì, grazie!”
E dalla parte opposta della piscina, le bimbe si divertivano a giocare, sguazzando protette dalle ciambelle. Mentre i due scemi fissavano la scena in fondo con evidente e inopportuno interesse. D’altronde…due ragazze in costume da bagno, così belle, e che si aiutano a spalmarsi la crema…è una spettacolino che fa gola!
“Taka-chan…se se ne accorgono siamo spacciati…”
“Lo so… Ma non riesco a smettere…”
“A chi lo dici…”
“Ehi Hakkai… Una delle due è tua sorella… Non fare il pervertito…”
Tralasciando questi qua, terminò la fase della crema e le ragazze lasciarono le sdraio.
“Che dici, facciamo un tuffo?” Propose Yuzuha, legandosi i capelli.
“Magari comincio bagnandomi i piedi… Se mi tuffo così all’improvviso muoio! Sono delicata!”
“Allora ti tengo compagnia!” La precedette andando a sedersi a bordo piscina e immergendo le gambe fino alle ginocchia. Kan prese posto accanto a lei, ma un attimo prima di sfiorare l’acqua con l’alluce… “Momento! Faccio delle foto da inviare a Mikey! E’ dall’anno scorso che non mi vede in costume!” Recuperò il telefono e, senza indugi, si diede agli scatti e alle pose più disparate.
Yuzuha avrebbe preferito non guardare, però avendola proprio lì accanto come poteva? Così decise di parlare un po’, per togliersi d’imbarazzo. “Quindi tu…fai spesso foto osé?”
“Non è come credi! Io e Mikey passiamo tanto tempo insieme, quindi non è necessario! Però è anche vero che io faccio foto per hobby, quindi o col cellulare o con la fotocamera, ritraggo tutto quello che mi piace!”
“Fotografia… Un bel hobby!”
“Ho anche altre passioni! Sono brava a disegnare e faccio decorazioni con foglie e fiori essiccati!”
“Hai una vena artistica!”
“Più o meno! …ok basta così!” Si rimise seduta normalmente e fece scorrere le foto che aveva scattato per scegliere le migliori. “Ora gliele mando e poi metto via il telefono!” Detto fatto, andò ad appoggiare il telefono sulla sedia a sdraio e tornò da lei. “Ora posso bagnarmi le gambe!”
Mentre lei, centimetro dopo centimetro, cercava di immergerle nell’acqua trattenendo dei gridolini per la temperatura troppo bassa (per lei), Yuzuha fece caso che il suo telefono aveva cominciato a vibrare a ritmi di due. Erano messaggi. Che Mikey stesse commentando ogni singola foto?
Riuscita nella grande impresa, Kan lasciò un respiro profondo e si rilassò. “Bene, ora dimmi di te! Hai un fidanzato? O tu e Hakkai vi contendete Mitsuya?”
“Pff! Oddio no! Lo lascio volentieri ad Hakkai, non è proprio il mio tipo!” Fece spallucce. “Per ora non mi interessa avere un ragazzo. Prendermi cura di Hakkai è la cosa che mi piace di più e che mi da uno scopo nella vita!”
“Mitsuya mi ha accennato qualcosa! Tu e tuo fratello siete molti legati, vero?”
“Diciamo che ricopro molti ruoli nella sua vita! Abbiamo un fratello maggiore ma…non andiamo d’accordo… I suoi metodi per farci crescere non sono stati esattamente amorevoli…”
Questa volta fu lei a farsi improvvisamente triste, a quanto pare gli argomenti tabu saltavano fuori come grilli! E allora Kan sdrammatizzò con una battuta. “Meno male che non ti piace Mitsuya, perché ho una confessione da farti! Lui e tuo fratello si sono sposati l’anno scorso e io ho assistito!”
Yuzuha si ritrovò a bocca spalancata. “Che cosa??? Raccontami!!!”
“Taka-chan ma…io e te davvero siamo….?” Chiese Hakkai, rosso come un peperone!
“No. Girati di qua e ignorale.” Mitsuya dovette armarsi della sua proverbiale pazienza per non andare là e ficcare la testa sott’acqua a tutte e due! Di cosa cavolo si mettevano a parlare quelle cretine?
*
 
Fotografie osé… Era imbarazzante solo pensare queste parole, figurarsi dirle a voce! Prima della festa in piscina Kan non aveva mai mandato foto così particolari a Mikey. Non ci aveva mai pensato e poi era vero che trascorrevano tanto tempo insieme, quindi certe ‘cose’ gliele faceva vedere direttamente dal vivo! Che poi, delle foto in costume da bagno, anche se bikini, potevano davvero essere considerate osé? Le aveva scattate mentre aveva altre persone attorno e non se n’era vergognata. Aveva ricominciato a rimuginarci solo la sera, dopo essere tornata a casa e aver letto tutti i messaggi di Mikey. L’aveva sommersa di complimenti, poi era passato alle frasi piccanti e…a distanza di un’oretta le aveva riscritto per confessarle di aver usato quelle foto per farsi un botto di seghe. E a lei aveva fatto piacere. Da lì era stato facile collegare le foto, i messaggi e il commento di Yuzuha. Dopo pochi giorni si era ritrovata a chiedere alle ragazze del centro massaggi dei consigli sulla biancheria intima sexy, sulle pose da assumere davanti all’obbiettivo…arrivando perfino ad allestire una specie di set in una delle loro stanze solo per scattarle delle foto provocanti! Il tutto rigorosamente di nascosto da Draken, ovviamente. Un nuovo gioco a cui dedicarsi, oltre che un modo per distrarre Mikey dalle riunioni della gang e dalle zuffe, almeno un poco. La parte problematica arrivò ad agosto… Il 20 sarebbe stato il quattordicesimo compleanno di Mikey, ma prima, il 14, era il primo anniversario di morte di Shinichiro. Lutto e festa, due date troppo ravvicinate per sapere come comportarsi. Indubbiamente presto avrebbe dovuto tornare seria e dargli tutto il supporto morale possibile e poi magari riprendere il giochino in occasione del suo compleanno. Comunque, aveva ancora un po’ di tempo per organizzare tutto. Ultimamente era così presa dal suo stesso corpo da non riuscire a trattenersi… Riconosceva di avere un fisico invidiabile e quando si trovava da sola nella stanza da bagno, nuda di fronte allo specchio, si concedeva di peccare di vanità, compiacendosi di ciò che vedeva riflesso. Quel mattino in particolare, il primo sabato di agosto, dopo essersi alzata un po’ più tardi del solito, sentì la necessità di dare sfogo a quella sua vena artistica (come l’aveva definita Yuzuha). Sgattaiolò fino in camera per recuperare il cellulare e poi tornò al bagno, a sedersi sullo sgabello davanti allo specchio. Quale posa poteva fare? Le gambe piegate di lato all’amazzone e il seno in bella mostra? Oppure meglio coprirlo con un braccio e lasciare intravedere il rettangolino roseo fra le gambe?
“Uff… Non vorrei esagerare proprio adesso… Non gli ho mai inviato foto dove sono completamente nuda…” Si alzò e andò a sedersi accanto alla vasca, le spalle poggiate contro il bordo e il telefono penzoloni nella mano. Perché di punto in bianco le erano venute certe voglie? Da quando si erano conosciuti non avevano fatto altro che bruciare tappe come se non ci fosse un domani. Be’ veramente era sempre stato lui a cominciare!!! Però…fra le tante cose che avevano fatto nel campo erotico…ce n’era una che non avevano ancora provato…
Risollevò il telefono nella mano, aprendolo lo schermo si illuminò, mostrando così come sfondo una foto di Mikey. L’aveva scattata mentre lui era sovrappensiero, con addosso il tokkofuku, i capelli con la frangia tirata indietro e legata da un codino…e uno sguardo così profondo da far esplodere le ovaie a qualunque ragazza. Uno strafigo all’ennesima potenza. Kan non ebbe più dubbi su cosa fare.
In quel momento, Mikey si trovava a casa sua, in cucina, intento a fare merenda con un appetitoso e fumante dorayaki appena acquistato. Una delizia che gli faceva brillare gli occhi e sorridere come un bambino felice! Su un angolo della bocca aveva già tracce del dolce ripieno di fagioli rossi azuki. Spalancò la bocca emettendo un infantile e comico “aaaaaaahm!” e si lasciò cadere sulla lingua l’ultimo pezzetto di dolce. Il telefono che aveva messo sopra il tavolo cominciò a vibrare. Sbirciò lo schermo, quindi si leccò le labbra e rispose mentre aveva ancora il boccone. “Amore!”
Sentendo la voce strana, Kan si affrettò a chiedere: “Cosa stai facendo?”
“Mh? Ah ho appena fatto uno spuntino! Sono stato a quel nuovo negozio di dorayaki, hai presente? E’ squisito! Stasera andiamo a prenderne un altro assieme, così lo mangi anche tu!”
“Amore mio, sei così premuroso!” Ci mise un po’ troppa enfasi…
Stavolta fu Mikey a sentire qualcosa di strano nella sua voce. “Tu cosa stai facendo?”
“Il bagno! Anzi, non sono ancora entrata nella vasca…”
“E perché mi chiami? Più tardi dobbiamo vederci!” Beata innocenza…
“Sai…avevo voglia di sentire la tua voce… Sono…nuda accanto alla vasca…” E dopo avergli lanciato un amo così grande, doveva abboccare per forza! E difatti…
“Kan…ma tu…?”
“Con la mano mi sto accarezzando il seno…”
Mikey deglutì, immaginandosi la scena.
“E’ piacevole…” Non erano solo parole, lei stava facendo davvero ciò che diceva, le dita della sua mano stavano massaggiando la rosea corolla del seno, avvicinandosi sempre di più alla piccola gemma che spiccava turgida. “Adesso voglio scendere…”
Mikey stava cominciando a sudare.
“La linea verso il basso e….ecco l’ombelico…”
Mikey si alzò così velocemente dalla sedia, che questa ricadde all’indietro e fece un gran baccano sbattendo sul pavimento. “Aspetta. Lascia la mano dov’è. Dammi dieci secondi.”
Kan lo stuzzicò di proposito. “Solo dieci, non riuscirei ad aspettare di più!”
Mikey volò fuori dalla cucina e, nel mentre in cui passò davanti alla sala dei tatami, dove suo nonno stava leggendo un libro, gridò come un forsennato. “NONNOOOO! DEVO FARE SESSO TELEFONICO CON LA MIA RAGAZZA! STAI LONTANO DALLA MIA CAMERA!” Quindi sparì fuori di casa per raggiungere la stanza all’esterno, fregandosene bellamente di aver fatto sbiancare ancor più i capelli dell’anziano! Non solo lui, aveva gridato così forte che anche al piano di sopra Emma l’aveva sentito dalla propria stanza, rischiando di far scivolare dalla mano la lima e rovinare così l’unghia su cui stava lavorando. Le uscì un profondo sospiro. “Mio fratello è proprio un idiota.”
Nel frattempo, Mikey entrò in camera sbattendo la porta dietro a sé e poco più avanti inciampò sugli stivaletti da motociclista che lui stesso aveva ficcato accanto al divano. Non si uccise per un pelo e addirittura riuscì a sfruttare lo slancio della caduta per gettarsi sul letto! Lì si rigirò come un lombrico per mettersi in una posizione comoda e poi abbassò i pantaloni estivi quanto bastava per tirare fuori il suo ‘amichetto’!
“Kan, sono qui! Ce l’ho in mano! Continua a dirmi cosa stai facendo!”
Dall’altro capo del telefono arrivò una risata che conosceva bene. “Povero nonno! Una di queste volte gli farai fare un infarto!”
“Perché? Gli ho solo detto di non avvicinarsi!” Rispose sinceramente lui.
“La prego, si fermi. Non dica un’altra parola.”
Kan obbedì ed interruppe il racconto all’istante, mentre l’uomo al di là della scrivania teneva la mano aperta contro di lei, a mo’ di cartello di stop!
“Glielo devo chiedere, perché mi sta raccontando questo episodio?”
“Ehm…” Già, perché? Era così assorbita dal racconto da aver quasi dimenticato dove si trovava e perché era lì.
L’uomo continuò il rimprovero. “Sto cercando di mantenermi professionale, ma lei sembra divertirsi a rendermi le cose difficili.”
“Mi scusi… Mi sono lasciata trascinare dai ricordi!” Arricciò le labbra con fare dubbioso. “Però quando le ho raccontato della mia prima volta e delle 48 posizioni, lei non si è lamentato.”
“In quei ricordi erano contenute informazioni sulla sua crescita personale. Questo invece è solo una…una…” Nonostante gli anni di esperienza, le parole non gli vennero e così si sentì costretto ad usare un termine che non avrebbe voluto. “Una porcata senza uno scopo utile.” Ritirò la mano e si sistemò gli occhiali per ridarsi un contegno. Quindi si schiarì la voce. “Ora, per favore, riprenda il racconto da un punto che possa essere di qualche utilità a questo incontro.”
Dato che lui aveva riacquistato la massima serietà, lei fece altrettanto. “Dunque…i mesi seguenti non ci furono episodi degni di nota, oltre al fatto che venne formata una Quinta squadra nella gang. Ma ora non è rilevante. La mia vita procedette come sui binari di un percorso già stabilito. Uscite con gli amici, compleanni, raduni della gang, notti di fuoco col mio ragazzo, qualche battibecco…cose così. Il tempo sembrò scorrere normalmente, almeno fino all’arrivo dell’anno nuovo. A gennaio successero alcune cose che, in qualche modo, furono la causa di un episodio che io rinominai ‘Saint Valentine Disaster’.
L’uomo riprese la stilografica tra le mani. “Bene, allora. Mi racconti i dettagli di questo disastro.”

Continua nel Capitolo 13: [Road To Disaster]
Le cose tra Mikey e Kan cominciano ad andare male...

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Chapter 13: [Road To Disaster] ***


Ero indecisa se pubblicare o concedermi un po' di tempo. In questi giorni sto affrontando un lutto. Poi ho pensato che il capitolo era pronto e non mi costava niente fare qualche click. Da lì la paura, verrò accusata di mancanza di sensibilità? A cui è subentrata la vera domanda, cosa c'entrate voi? Non ci conosciamo, non so chi siete, però so che ci siete. Al di là di quello che può succedermi nella vita privata, voi siete qui a leggere questa storia e aspettate con pazienza la pubblicazione del capitolo successivo. Sostenitori silenziosi ma sempre presenti. Perciò oggi sono qui per ringraziarvi e proseguire questa avventura insieme.
 
Chapter 13
[Road To Disaster]
 
Il 2005 arrivò portando con sé un po’ di bene e un po’ di male, già a partire dalle prime ore. Per i festeggiamenti, gli Ufficiali della Toman (ad eccezione di quelli della nuova Quinta squadra) si erano radunati al solito Santuario, con tanto di divise, anche se praticamente chiunque attorno a loro aveva indossato gli abiti tradizionali. Il loro non era nemmeno un vero ‘incontro’, si erano semplicemente trovati per parlare, mangiare takoyaki bollenti per riempirsi la pancia e fare i cretini. Kan si era unita a loro, ma col cavolo che aveva messo la divisa col freddo che faceva! O per lo meno non tutta… Lo haori ce l’aveva, ma sotto a quello si era messa svariati strati di lana che poco ci mancava sembrasse parente di Babbo Natale! Non era il primo Capodanno che passava fuori, ovviamente, però aveva dovuto prendere degli accorgimenti, sapendo che cosa avevano in mente quei dieci. Una pazza idea di ragazzi altrettanto pazzi, che nel cuore della notte si erano avventurati per le strade in direzione del mare, a Kujukuri. Vero che era emozionante, divertente, scherzare assieme, gridare nel vento e poi correre sulla spiaggia in attesa dell’arrivo dell’alba, mentre i poveri malcapitati di Hakkai e Chifuyu erano stati mandati al konbini a fare rifornimento di viveri. Se solo Kan non fosse quasi morta di freddo!!! Il viaggio era stato particolarmente difficile per lei e, una volta arrivati, aveva detto di voler stare raggomitolata in un posticino sulla sabbia per fare accumulo di calore. Ma anche loro, porca miseria, come avevano potuto dimenticarla là per guardare il sole che sorgeva??? Dopo un po’, forse percependo un segnale telepatico in quanto suo gemello, Draken la raggiunse e la trovò a tremare come una foglia e con le labbra quasi viola! Immediatamente la strinse a sé e con una mano prese a sfregarle energicamente la schiena per darle calore.
“Avrei dovuto pensarci… Una gita così non è adatta a una ragazza che soffre il freddo come te…”
Un piccolo errore, sì, ma che stava risolvendo prendendosi cura di lei da bravo fratello.
Il secondo a notare qualcosa fu Chifuyu, o meglio, quando aveva visto passare Draken non ci aveva dato peso, salvo poi girarsi e rendersi conto di cosa accadeva. Allora si ricordò una cosa importante. Frugò nella borsa che aveva ancora in mano e recuperò una lattina di caffelatte caldo zuccherato, quindi corse verso i due. “Ehi tutto bene?”
“Non tanto…” Rispose Draken, visto che lei stava ancora battendo i denti e non poteva parlare.
Chifuyu porse la lattina. “E’ ancora caldo, l’avevo preso apposta per lei ma poi me ne sono dimenticato. Scusatemi!”
Draken prese la lattina e tirò la linguetta per aprirla. Tenendo sempre avvolta la sorella con un braccio per non disperdere il calore, le portò la lattina alle labbra. “Fai piccoli sorsi. Con questo ti sentirai meglio.”
In effetti i primi sorsi furono complicati, ma poi pian piano le labbra smisero di tremare e, verso metà lattina, Kan riuscì a prenderla fra le proprie mani e terminare di bere da sola. E questo contribuì a tranquillizzare Draken.
“Sei nata solo sei minuti dopo di me, ma rimarrai sempre la mia sorellina da proteggere!” Disse con tenerezza, accennando un sorriso.
Quando la lattina fu completamente vuota, Kan si leccò le labbra con fare buffo, e subito dopo Chifuyu si offrì gentilmente di andare a buttarla in un cestino poco più in là.
“Sei davvero un angelo!” Lo ringraziò lei, ritrovando il sorriso.
Chifuyu arrossì leggermente e le rispose con un accenno di timidezza: “E’ da quando ci conosciamo che mi chiami così, ma questa è la prima volta che faccio qualcosa per meritarmelo!”
In quel momento arrivò di corsa Angry, talmente preoccupato da gettarsi in ginocchio da lei.
Chifuyu cercò di nascondere una risata coprendosi la bocca con la mano e si allontanò.
“Kan, stai male? Posso fare qualcosa?” Chiese Angry, con urgenza.
Vedendolo così, Kan ebbe un attacco di tenerezza e non poté evitare di fare gli occhioni lucidi e di implorarlo. “Abbracciami, ho tanto bisogno di coccole!!!”
“Subito!” E senza esitare si unì all’abbraccio fraterno per rendersi utile.
Tra il triplo abbraccio, i numerosi strati di lana di lei e il calore dei raggi del sole, i tre finirono con l’addormentarsi beatamente, creando così una scenetta tenera che Mitsuya impresse scattando una foto col proprio telefono. Era naturale che col passare dei minuti anche gli altri si accorgessero di ciò che accadeva alle loro spalle. Salvo Pah, che si era addormentato sulla sabbia da un pezzo e russava sempre più forte! E poi Mikey… Guardare il sole sorgere lo aveva assorbito e fatto perdere in pensieri così intensamente, che quando finalmente si risvegliò si sorprese di non vedere Draken dietro a sé. E ancor più nel constatare che nessuno oltre a lui stava più guardando il paesaggio, bensì qualcos’altro dalla parte opposta. Lasciò il molo e camminò fino al ‘misterioso’ punto d’interesse. E allora capì. Draken faceva come da colonna portante che sosteneva lei, la testa ciondoloni e il ciuffo biondo che gli ricadeva sul viso, Kan invece aveva trovato un comodo cuscino con la folta chioma di Angry e la sua espressione rilassata era la conferma di quanto stesse bene, ed infine Angry che si era appoggiato di guancia alla spalla di lei e anche nel sonno manteneva la tipica espressione arrabbiata.
“Avrei dovuto esserci anche io lì!” Disse Mikey, accennando una risatina. “Colpa mia che non me ne sono accorto!”
Dopo quell’avventura, Kan rimase a letto con la febbre per tre giorni!
*
 
Yuzuha conosceva bene quella sensazione di impotenza, data dal restare chiusa in casa mentre suo fratello minore era chissà dove ad azzuffarsi con altri teppisti. Per questo quando aveva ricevuto la telefonata di Kan, era stata lieta di invitarla lì a casa e preparare una cioccolata calda da bere insieme. Sulle prime era tutto normale, si erano accomodate sul divano in sala, avevano scambiato due chiacchiere alla buona, Kan si era versata una seconda tazza di cioccolata…e poi all’improvviso era ammutolita. Una statua, immobile, a gambe incrociate, con la tazza sollevata all’altezza delle labbra e il vapore che saliva fino ad inumidirle il naso.
“Kan?”
Nel sentire la sua voce, lei ebbe un piccolo sussulto. “Cosa?”
“I ragazzi sanno cavarsela, tranquilla! Anche io ho il cuore in gola per Hakkai, ma so che tra un po’ tornerà a casa sorridente e un po’ ammaccato, come sempre!”
Kan fece un cenno col capo, ma senza riuscire a sorridere. “Per me è lo stesso… Spesso rimango ad aspettare a casa Sano, assieme ad Emma e al nonno, e poi quando Ken e Mikey tornano ci prendiamo cura di loro, gli disinfettiamo le ferite, mettiamo la pomata sui lividi… Altre volte invece mi hanno concesso di assistere a piccoli scontri, però…” Posò la tazza ancora mezza piena sul tavolino e riprese a parlare. “Mi chiedo se non sarebbe meglio partecipare in modo attivo, invece di limitarmi a fare da spettatrice o di aspettare a casa per fare da infermiera.”
Yuzuha ci pensò qualche istante, non era sicura di cosa dover dire. “Ma…tu hai detto che non hai mai combattuto al di fuori del dojo dei Sano, no?”
“Mh. Ma allora che scopo ha essere nella gang se non posso fare nulla per aiutare i miei amici, mio fratello e il ragazzo che amo?”
“Saresti in grado di combattere contro dei veri teppisti?”
“Non lo so… Negli allenamenti sono abbastanza brava… Ma non ho mai fatto a botte nella vita.” E buttò la testa all’indietro, sullo schienale del divano.
Yuzuha le posò una mano sulla spalla e le parlò con tono comprensivo. “Credo che dovresti parlarne con Mikey, se hai questi dubbi.”
“Gìà… Magari ci riesco tra una scopata e una riunione, chissà!” Poi scosse il capo, ridendo tra sé. “Sto straparlando, scusa! Dico tante cose, ma alla fine vorrei solo che tutto questo finisse e che le persone a cui tengo la smettessero di cercare la zuffa ad ogni costo!”
Una bella gatta da pelare…
“Perché invece di stare qui non andiamo a farci un giro? Distrarci ci farà bene! Volevi andare a vedere le promozioni di quella profumeria, giusto? E allora andiamo!”
“Hai visto come sono conciata?” Disse Kan, facendo una smorfia, mentre con la mano indicava la calzamaglia nera sotto la gonna della divisa scolastica.
“Cosa c’è di diverso dal solito?”
“Niente, ma oggi mi sento una scema! Odio avere sempre freddo e odio mettermi questa roba che mi fa sembrare ridicola!”
“Be’, guardami!” Yuzuha si alzò in piedi. “Sì, indosso i pantaloni della tuta da ginnastica, e no, non ho intenzione di toglierli! Fregatene anche tu!” Era decisamente una ragazza che sapeva come affrontare le situazioni. Anche se avevano la stessa età, lei era decisamente più matura e più che un’amica a volte faceva la parte della mamma, tanto era abituata con Hakkai! Quel che conta è che tanta determinazione riuscì a rassicurare Kan abbastanza da farle ritrovare il sorriso.
Le fece l’occhiolino dicendo “Andata!”, quindi finì di bere al volo la cioccolata (figurarsi se avanzava qualcosa di dolce!) e insieme andarono all’ingresso per mettersi le scarpe e indossare i cappotti di scuola.
“Gli uomini vanno in guerra e le donne badano alla casa e ai figli. Ma anche no!” Scherzò Kan, mentre uscivano di casa per avviarsi alla metro più vicina.
Bastarono pochi cambi di treno per raggiungere Shibuya, quando uscirono dalla stazione e attraversarono le famose strisce pedonali, Kan puntò il dito verso un palazzo. “Vedi quello? Ken è cresciuto lì! Mi fermo spesso anche io a dormire con lui, oppure a fare compagnia alle ragazze che ci lavorano! E ne approfitto per farmi dare consigli sconci!”
Yuzuha sollevò lo sguardo, la luce del sole rese i suoi occhi più limpidi e chiari. “Se stai meglio lì piuttosto che a casa coi tuoi genitori adottivi, hai tutta la mia approvazione!”
Cercando di non farsi travolgere dalla folla, presero la via centrale alla diramazione e continuarono a parlare del più e del meno. Fino a quando…
“Ehi, guarda quelle pollastre!”
“Scommetto che senza vestiti sono molto più fighe!”
Due ragazzi dall’aspetto trasandato, forse abbastanza grandi da essere studenti delle superiori, ma con in faccia una buona quantità di piercing che si abbinavano fin troppo ai loro ghigni distorti.
“Spostiamoci.” Disse Yuzuha, prendendo Kan a braccetto. Scivolare tra la folla non era facile, ma provò comunque a mettere un po’ di distanza tra loro. Invano. Bastarono pochi metri perché quelli le raggiungessero. Con una rapida mossa, le afferrarono per il girovita e le trascinarono all’interno di un vicolo cieco e semibuio. Fu tutto così veloce, che le ragazze non fecero in tempo ad emettere un fiato per chiedere aiuto e in men che non si dica si ritrovarono entrambe schiacciate contro la parete sudicia e con le braccia intrappolate dietro la schiena.
“Lasciateci andare, bastardi!” Ringhiò Yuzuha, dimenandosi.
Kan si sforzò di porre resistenza, ma il dolore alle braccia le toglieva le forze, e sentire l’inguine di quel tizio premerle contro il sedere le fece venire un senso di nausea, tanto quanto il suo fiato che puzzava di alcol scadente.
“Me l’hai già fatto diventare duro, bambola! Ah ah!”
“Che schifo, togliti!”
“Quando avrò finito, volentieri!”
“Il mio ragazzo ti farà a pezzi, quando lo saprà!”
Una minaccia debole, che lo fece solo rodere di più.
“Bwahahahah!! E chissene!!!”
Kan strinse i denti, doveva farsi coraggio e riprovare, prima che accadesse l’irreparabile. “Nessuno è così stupido da mettere le mani addosso alla fidanzata dell’Invincibile Mikey.”
Parve funzionare, o per lo meno il tizio si bloccò un istante, prima di scambiare un’occhiata con l’altro che stava tenendo ferma Yuzuha sempre più a fatica.
Invincibile Mikey?”
Credendo di aver trovato una via verso la libertà, Kan ci mise più enfasi nel parlare. “Proprio lui! Ti ammazzerà, questo è certo! Ma forse puoi salvarti se ti sbrighi a scappare da questa città e dal Giappone!” Ormai era fatta, era sicura che i due idioti se la sarebbero fatta sotto dalla paura, eppure…le bastò incontrare lo sguardo grave di Yuzuha per capire che forse in quel piano approssimativo c’era una falla. Aveva commesso uno sbaglio enorme.
“Ahahahaha! Sarà ancora più divertente sbattertelo dentro! Quel nano di merda ha messo al tappeto alcuni miei amici e questa è l’occasione perfetta per vendicarli!”
Smise di schiacciarla contro la parete solo per riuscire a strapparle di dosso la calzamaglia e le mutandine. Il freddo che le colpì all’istante le parti intime, fu il campanello di allarme che indicava la fine dei giochi.
*
 
Le risate di Draken e Mikey riempivano la strada, al termine di uno scontro che si era rivelato più facile del previsto. Qualche graffio e qualche livido non mancavano, ovviamente, ma la soddisfazione della vittoria era meglio di qualunque disinfettante, per loro.
“Quei tizi che hai preso a pugni dovranno mangiare con la cannuccia per una settimana, Ken-chin!”
“E quello che tu hai steso per ultimo con un calcio? Hai visto che faccia ha fatto? Sembrava uno scarafaggio spiaccicato a terra!”
Si spalleggiarono, ridendo di gusto, e in quel mentre il telefono di Draken si mise a suonare. Lo recuperò dalla tasca dei pantaloni e lesse il nome sullo schermo prima di rispondere. “Ehi sorellina! Stiamo tornando! Abbiamo vinto alla grande! Sei assieme a Emma?”
Dal capo opposto arrivò una voce che non apparteneva a Kan. “Pronto, Draken? Sono Yuzuha, la sorella di Hakkai.”
Draken divenne serio all’istante. “Yuzuha? Perché stai chiamando dal telefono di mia sorella?”
“Ti prego, raggiungici subito. Siamo in un vicolo vicino al palazzo dove abiti.”
“E’ successo qualcosa? Kan sta bene?”
“Io…credo di sì… Due tizi ci hanno assalite e siamo riuscite a stenderli, in qualche modo…”
Mikey non poteva sentire la conversazione per intero, ma capì che qualcosa non andava quando vide il volto di Draken impallidire. Chiese a mezza voce. “Che succede?”
Lui non lo sentì nemmeno e continuò a parlare al telefono. “Siete ferite?”
“No, per fortuna. Però ho bisogno del tuo aiuto… Non riesco a fermare Kan. Se continua a colpirlo finirà per ammazzarlo. Ti prego, corri.”
Non ci fu bisogno di dire altro, Draken chiuse la chiamata e si rimise il telefono in tasca cominciando a correre, seguito da Mikey. Da dove si trovavano fecero prima di corsa piuttosto che prendere la metro. Quando arrivarono in zona, cercarono tra i vicoletti fino a quando non notarono Yuzuha fare segno col braccio alzato. La raggiunsero e, entrando nel vicolo cieco, si ritrovarono di fronte ad uno scenario inaspettato. A pochi passi c’era il primo ragazzo a terra, svenuto, evidentemente quello atterrato da Yuzuha, mentre poco più in là… Il secondo tizio aveva la faccia gonfia per i colpi ricevuti, gli occhi riversi all’indietro e la bocca aperta da cui usciva un filo di saliva. Scorrendo con lo sguardo verso il basso, aveva anche i pantaloni un po’ abbassati e il membro in bella mostra. E Kan, con sguardo vitreo e i resti della calzamaglia raccolti sulle caviglie, continuava a calciarlo al fianco in modo ritmico.
Dopo un primo momento di sgomento, Draken si gettò su di lei e l’avvolse in un abbraccio per spostarla da lì. “Basta così, Kan.”
Dietro a loro, Yuzuha si mise a spiegare. “Ci hanno prese all’improvviso e trascinate qui. E ci hanno schiacciate contro il muro. Io non riuscivo a liberarmi… Poi lei…” Fece una pausa e si rivolse a Mikey. “Ha fatto il tuo nome per spaventarli, ma questo ha avuto l’effetto contrario. Quel tipo…le ha strappato di dosso-” S’interruppe, il suo sguardo e quello di Mikey si fissarono sullo stesso punto a terra, dove erano le mutandine strappate di Kan, rosa e col bordo di pizzo, come piacevano a lei… Yuzuha prese respiro e proseguì il racconto. “Non so cosa sia successo dopo. Un momento ho visto il terrore negli occhi di Kan e quello dopo il tizio che la teneva ferma era a terra. Ho approfittato del momento per colpire il mio e l’ho atterrato con qualche calcio. E poi…sono rimasta a guardare… Nei suoi occhi non c’era più luce, mentre combatteva… Colpi precisi, forti e serrati…e non ha più smesso…”
Ora era ferma tra le braccia di Draken, immobile, come in stato di trans. Lui la girò per guadarla in viso, incontrò quegli occhi vitrei e spenti. “Kan, riprenditi. E’ finita.” Ci vollero alcuni istanti prima di ottenere una reazione, piano piano lei tornò presente, il suo guardo si riempì e delle lacrime fecero capolino dalle ciglia. “Ken…” Lui, sentendo il suo corpo cedere, la prese in braccio.
Kan, sconvolta, cominciò a parlare. “E’ stato orribile… Voleva…”
“Lo so. Ti sei difesa. Sei stata brava.”
Kan guardò alle spalle del fratello e vide il corpo a terra. “N-non l’ho ucciso, vero?”
“No, è solo svenuto. Ha avuto quello che si meritava.” Poi si rivolse a Yuzuha. “Tu stai bene?”
Lei fece un cenno affermativo. “Sono ancora un po’ turbata, niente più.”
“Mh. Andiamocene.”
“Aspettate.” A parlare fu Mikey. “Tra un po’ tornerà cosciente.”
“Vuoi chiamare un’ambulanza? Che se ne occupi il suo amico, quando si sveglia. Fanculo.”
“Non dire cazzate.” Mikey strinse il pugno, il suo sguardo era pieno di odio. “Voglio che quel figlio di puttana mi guardi negli occhi mentre lo ammazzo.”
Draken lo riprese a denti stretti. “Non ti ci mettere anche tu. Ho detto andiamo.”
Lui non si mosse, almeno fino a quando non sentì la voce implorante di Kan. “Mikey, voglio andare via da qui, ti prego…”
Il pugno di Mikey era così stretto che stava tremando. Ma poi smise e la sua mano si riaprì. “Merda.” Imprecò a basa voce, per poi girare sui tacchi e fare da apripista al resto del gruppetto.
In un paio di minuti raggiunsero il centro massaggi e allora fu il delirio, tra il direttore che insisteva per chiamare la polizia, le ragazze che si facevano il passaparola creando ancora più trambusto, per poi ammassarsi attorno a Draken, che ancora teneva in braccio la sorella. Dovette chiedere a Mikey di stare con Yuzuha nella saletta d’attesa, mentre lui si chiuse nella sala delle vasche con Kan. Non era definita a caso la ‘sala delle vasche’, era un luogo abbastanza spazioso che conteneva ben quattro vasche da bagno in stile occidentale e solitamente era utilizzata dalle ragazze quando avevano voglia di rilassarsi dopo il lavoro. Nel mentre che Draken tirava l’acqua calda per riempirne una, adagiò Kan su una delle nicchie per la pulizia del corpo e poi l’aiutò a togliersi gli indumenti. I brandelli della calzamaglia doveva farli sparire, non voleva più vederli. Il pensiero che un bastardo avesse fatto del male a sua sorella lo stava facendo impazzire, anche se dovette ammettere che poteva andare peggio. La riprese in braccio e la portò alla vasca ormai piena.
“Grazie, ora entro da sola.” Sussurrò lei, dopo essere stata adagiata sul bordo. Scivolò giù piano, il contatto con l’acqua calda le donò una sensazione immediata di protezione. Quando Draken si sedette sul bordo, lei gli prese la mano e la strinse dolcemente.
“Davvero non ti ha fatto niente?”
“Tranquillo… L’ho colpito prima…”
“Stai un po’ meglio adesso?”
“Sì…a parte il braccio che mi ha tenuto più stretto…” Lo sollevò facendo una piccola smorfia. “Forse mi verrà un piccolo livido, ma niente di che.”
Draken emise un rumoroso sospiro per non imprecare come uno scaricatore di porto. Una parte di lui voleva tornare indietro e pestare a morte quel maledetto.
Ci fu qualche minuto di silenzio prima che la porta si aprisse. Mikey se la richiuse subito dietro le spalle e li raggiunse alla vasca, stando dalla parte opposta a dove era l’amico.
Draken gli fece un cenno. “Yuzuha?”
“L’ho accompagnata giù e poi è arrivato Hakkai. Sono andati via.”
“Bene…”
Mikey si chinò sulle ginocchia e si sporse un po’ all’interno della vasca, i suoi occhi scrutarono il volto di Kan come alla ricerca di qualcosa, perciò lei lo anticipò rassicurandolo. “Non mi ha colpita. Mi ha solo tenuto ferma. Sono stata io a suonargliele…” La voce le usciva flebile come se avesse timore di parlare, in conseguenza del trauma.
“Ti prometto che non accadrà più. Nessuno si azzarderà ad alzare un dito su di te.”
Che fosse stato per il tono severo o quant’altro, gli occhi di lei cominciarono a lacrimare e delle parole amare le uscirono dalla bocca. “Credevo che il tuo nome mi avrebbe protetta. Perché non è stato così?” Non che volesse davvero una risposta e nemmeno lo aveva detto con l’intenzione di ferirlo, ma lo stesso quella domanda causò a Mikey dei sensi di colpa. Non potendo rispondere o sostenere il suo sguardo, abbassò la testa, la sua mano andò a posarsi sul capo di lei.
*
 
In un qualche modo, l’avventura di Kan fece più notizia dell’ultima vittoria della Toman e si estese a macchia d’olio nel giro di qualche giorno. Fino ad allora, la sua ‘fama’ era sempre stata limitata, la sua immagine non era altro che quella di una bambolina bella da vedere, un oggetto appartenente all’Invincibile Mikey. Dopo che fu reso noto il modo in cui aveva ridotto il proprio aggressore, ci fu un immediato cambiamento di opinione nei sui confronti e frasi come “La gemella di Draken picchia forte come lui!”, “Vorrei vedere i gemelli Ryuguji combattere fianco a fianco!” o ancora “Altro che bambolina, quella è una macchina da guerra!” giunsero anche alle orecchie della diretta interessata, anche se, onestamente, a lei non fregava nulla. Il piccolo trauma subìto quel giorno e la brutale scoperta delle sue potenzialità, la spinsero a sospendere per un po’ gli allenamenti al dojo, mentre a scuola cercava di ignorare le occhiate curiose e i bisbigli che avevano cominciato ad avvolgerla come una nuvola di moscerini. Il problema è che, per Mikey e Draken fu l’esatto contrario. Certo, vedere che lei si era ripresa in fretta fu un sollievo, ma quel fuoco provocato dalla rabbia nel sapere che un bastardo aveva allungato le mani su di lei e l’aveva quasi stuprata, continuava ad ardere fortemente, e questo li portò a prendere la decisione di tenerla sotto stretta sorveglianza e di non lasciarla mai sola nei luoghi affollati o in generale all’aperto, almeno fino a quando non si fossero calmate le acque. Da parte di Mikey, l’errore più grande fu quello di trascurarla per dedicarsi a ricerche sui tizi che avevano aggredito lei e Yuzuha. Lo scopo era quello di accertarsi che i due avessero agito in solitaria e che non avessero una gang alle spalle pronta a vendicarli. La cosa richiese tempo, circa tre volte a settimana lui e tutti quelli da lui incaricati di fare una rete di ricerca, s’incontravano in privato per discutere degli aggiornamenti, poi sommando i raduni della gang e altri incontri ufficiali, si poteva dire che le volte in cui Kan e Mikey stavano da soli si contavano sulle dita. Come nota positiva, c’era che Kan poteva scegliere liberamente ogni singolo giorno da chi farsi ‘controllare’, altrimenti detto, poteva trascorrere molto più tempo con gli amici, vecchi e nuovi. Ad esempio, in poco tempo aveva imparato Chifuyu a memoria, e una volta aveva fatto dare ordine ufficiale a Baji di andare con lei a fare shopping per un intero pomeriggio e per questo lui l’aveva odiata! LOL! Inoltre, ne approfittò anche per portare avanti il piano di far innamorare lui e Chifuyu, così da farli diventare una vera coppia!
“Ce la farò! Vedrete! Quei piccioncini hanno solo bisogno dell’atmosfera giusta per far sbocciare l’amore!” Disse fieramente, tenendo in mano una lima per unghie come fosse stata una bacchetta magica!
Quel pomeriggio, il salotto di casa Kawata era diventato un centro estetico a sua piena disposizione, in base al capriccio del momento. Aveva deciso di voler dare una sistemata ad Angry e, ad un primo rifiuto da parte di Smiley, aveva aggiunto che avrebbe invitato anche Yuzuha e così era riuscita ad ottenere il suo consenso. In poche parole, Smiley ci aveva visto un’opportunità di rimorchiare e non poteva farsela scappare. Di conseguenza, il tavolino del salotto si trasformò in un piano da lavoro e i gemelli furono torturat-ehm coccolati dalle delicate mani delle due ragazze per un paio di ore.
Fase 1: tirare indietro le voluminose chiome facendo uso di robuste fasce.
Fase 2: rifinire le linee delle sopracciglia tramite un lungo processo con le pinzette, che li fece lacrimare un po’.
Fase 3: tonificare la pelle del viso con delle maschere facciali nutrienti.
Fase 4: limare per bene le unghie e togliere minuziosamente le cuticole. Poi lo smalto.
Tutto sommato, per Angry fu un pomeriggio rilassante, assieme alla sua amica del cuore che si prendeva cura di lui. Più difficile fu invece per Smiley ritrovarsi sotto le attenzioni di Yuzuha, che nel campo dell’estetica non era decisamente ferrata, e di cui i movimenti impacciati ne erano la prova. E i suoi tentativi di provarci con lei, di certo non la spingevano ad impegnarsi!
Quando lei gli tolse la maschera dal viso, ebbe il coraggio di dire sfacciatamente: “Sono diventato ancora più bello?” Il tutto sorridendo come un cretino.
Yuzuha lo guardò con aria vagamente disgustata, per via della sostanza gelatinosa che gli era rimasta sulla pelle, così simile a bava di lumaca. Evitò di rispondergli e si affrettò a recuperare una salviettina umida per togliere quella roba.
“Essere toccato da una bella ragazza è uno dei miei hobby preferiti!” Insistette lui, anche se Yuzuha non aveva intenzione di dargli corda.
Non c’era da sorprendersi se Angry stesse silenziosamente compatendo il fratello, sbirciando di tanto in tanto con la coda dell’occhio. Ma sicuramente preferiva concentrarsi di più sul tocco gentile di Kan e sul suo lieve sorriso. Vederla così serena dopo quello che aveva passato, era un miracolo.
“Che pelle morbida che hai, Souya!” Disse lei, una volta terminato di passare la salvietta sul suo viso. “Mi viene ancora più voglia di riempirti di baci!”
E subito Smiley disse la sua. “Anche a te viene voglia di baciarmi, Yu-chan?”
Dall’espressione che fece lei, era evidente che fosse sul punto di dagli una testata per spaccagli i denti e togliergli quel sorriso dalla faccia. Senza contare che non l’aveva assolutamente autorizzato ad usare quel nomignolo. Ma ok…
“E ora passiamo allo smalto!” Proclamò con entusiasmo Kan, mettendo mano in uno degli astucci che aveva portato per l’occasione. Ne estrasse due boccette che NON causalmente erano della stessa identica tinta dei capelli dei gemelli. Strizzò l’occhio. “Così ogni volta che vorrete farvi lo smalto, sarete costretti a chiedermelo!”  Insomma, una minaccia vera e propria che punse sul viso anche Yuzuha, in quanto intenzionata a non mettere più piede lì e ritrovarsi di nuovo in compagnia di quel tizio dal sorriso inquietante e dal suo gemello perennemente scazzato.
Ad ogni modo, entrambe presero i pennellini e si misero ad applicare lo smalto.
“Ci pensate che tra una settimana è San Valentino? Dovrò darmi da fare coi cioccolatini!” La buttò lì Kan, tanto per cambiare argomento.
Yuzuha le rispose con poco interesse. “ Be’ i negozi sono pieni, non avrai difficoltà a trovare.”
“Non ho intenzione di comprarli! Gli altri anni mi limitavo a farli a mano per Ken e Mikey e per gli amici li acquistavo, ma quest’anno voglio fare tutto io! Ho già terminato di fare i disegni personalizzati per i sacchettini, devo solo farli stampare su carta lucida! Invece per i cioccolatini ho scritto degli appunti perché voglio farli di gusti diversi per ognuno a cui li darò!”
Yuzuha sentì un brivido attraversarle la schiena. “Fantastico… Ma non chiedermi di aiutarti, ti prego.” Disse sottovoce, ma abbastanza forte da farsi sentire!
“Nah, tranquilla! La mia assistente ufficiale è Emma!”
“Grazie a d-” Diede un colpo di tosse e tornò a parlare a voce normale. “Io mi limiterò a prendere dei cioccolatini di una marca costosa per Hakkai, come al solito. E magari anche per quel pelato di Mitsuya…giusto in segno di amicizia e per ringraziarlo di prendersi cura del mio fratellino.”
A quelle frasi, Kan dovette interrompere di applicare lo smalto, per lasciarsi andare ad una bella risata. “Non so se è più divertente il fatto che lo chiami pelato o che gli regali tu i cioccolatini, quando invece dovrebbe farlo Hakkai che è la sua mogliettina!”
E purtroppo era pienamente convinta di quello che diceva.
*
 
Nulla togliendo ai maestri del piacere che nei secoli avevano creato e disegnato le posizioni ben note a tutti, quella che Kan preferiva era la più classica e semplice. Essenziale era il fattore visivo, per cui guardarsi negli occhi le dava la sensazione di essere importante, di essere al centro del suo mondo. Poi c’era il contatto fisico, che non riguardava solo la penetrazione, ma anche poterlo stringere tra le cosce, avvolgergli il bacino con le gambe in segno di possesso. O ancora il dettaglio dei capelli di lui, che in quei momenti ai arruffavano col sudore e gli davano un’aria selvaggia, come piaceva a lei. In ultimo ma non meno importante, la musicalità dei suoi gemiti che si facevano incredibilmente dolci, rispetto al normale tono di voce che aveva. Quelli erano i momenti in cui Mikey apparteneva a lei completamente e lei apparteneva a lui. Dopo la vicenda del vicolo, Mikey era diventato più freddo, più serio, e spesso quando erano insieme aveva la mente altrove. Tranne quando facevano sesso, per l’appunto.
All’estasi seguì il meritato riposo, Mikey posò la testa sul petto di lei e si lasciò accarezzare i capelli. I loro corpi a contatto erano bollenti, oltre che bagnati per la piacevole fatica.
“Avremmo dovuto aspettare domani, ma non sono riuscito a resistere!” Mentre parlava, il suo respiro solleticò la pelle delicata del seno di lei.
“Va bene così, amore… Avevo tanta voglia di stare con te… E poi domani possiamo rifarlo!”
“Mmmh! Un altro San Valentino da festeggiare! Che bello essere una coppia!” Si gongolò, poi sollevò il capo e la guardò con curiosità. “Non vedo l’ora di assaggiare i cioccolatini che mi hai preparato! Ogni anno diventi più brava!”
Lei gli regalò un luminoso sorriso. “Grazie, amore! Spero che anche agli altri piacciano, mi sono impegnata tanto!”
Mikey arricciò le labbra in un capriccio. “Sono un po’ geloso!”
In tutta risposta, Kan esibì la lingua in una simpatica smorfia e poi si mise a ridere. “So come farti togliere il broncio!” Scivolò sotto di lui per scendere dal letto e andò al divano bianco dove aveva posato la cartella di scuola. Dopo aver frugato un po’ all’interno, ne estrasse qualcosa e tornò da lui. “Pensavo di dartelo domani, ma è meglio prevenire! Ricordi quel cinema dove siamo passati davanti l’altro giorno? C’era la locandina di un film romantico che mi interessava!” Gli mise davanti alla faccia un biglietto e terminò di parlare. “Domani andiamo a vederlo insieme!”
Mikey fissò con sospetto quel biglietto, incerto se lamentarsi della scelta del film o se fingere che andava bene, ma poi optò per una terza opzione e si fece malizioso. “Dì la verità, è solo una scusa per pomiciare in ultima fila e provare il brivido del rischio di essere beccati!”
“Vedila come vuoi!”
Poi Mikey lesse l’orario stampato. “Le cinque del pomeriggio? Allora prima possiamo andare a mangiare qualcosa nella pasticceria lì vicino!”
“No! Domani pomeriggio ho un’agenda fitta! Finite le lezioni devo incontrare Kei e Chifuyu per dare loro i cioccolatini, poi vado dritta alla scuola di Mitsuya, Pah e Peh e magari mi fermo un po’ a chiacchierare con le ragazze del club di cucito! Dopo raggiungo Souya e Nahoya alla stazione più vicina e per finire faccio un salto a casa a prepararmi per il nostro appuntamento!” Stampò un bacio sulle labbra di Mikey. “E tu sarai ad aspettarmi davanti al cinema!”
Mikey aggrottò le sopracciglia. “Chi ti accompagna per tutto il pomeriggio? Ken-chin?”
“Che cavolo, no! Ci vado da sola!”
“Ma non puoi! Abbiamo stabilito che-” Lei lo interruppe. “Ah! Ne ho già parlato anche con Ken. Non posso passare il resto della vita con le guardie del corpo! E’ assurdo!”
Mikey si obbligò a tenere le labbra serrate, altrimenti avrebbe detto che era assolutamente contrario, anche se glielo si leggeva negli occhi.
Kan lo rassicurò. “Starò attenta! Sono solo alcune ore prima di vederci!”
Per forza di cose, Mikey dovette cedere. “E va bene… Però dico a Ken-chin di restare in zona nel caso che-” E di nuovo: “Ah! Non voglio controlli! E non sa nemmeno del cinema! E’ il nostro appuntamento romantico e riguarda solo noi! Chiaro?” Nonostante il tono minaccioso, stava sorridendo, e quel sorriso per Mikey era importante.
Kan si raccomandò di non perdere il biglietto e di essere puntuale. Discorso chiuso.
*
 
Lista dei cioccolatini di San Valentino (in ordine di consegna):
-Direttore Masaway: cioccolato fondente 60% con aggiunta di cannella + sacchetto di ritagli di quotidiani uniti e plastificati.
-Ken: cioccolato al latte con cuore di gianduia morbido+ sacchetto con foto di Zephyr e cuori rosa.
-Nonno: cioccolato al latte con scaglie fondenti + sacchetto a forma di giacca delle arti marziali.
-Mikey: cioccolato al latte con cuore morbido di mou e pezzetti di biscotti al burro + sacchetto con molti cuori rossi sovrapposti a effetto metallizzato.
-Chifuyu: cioccolato bianco con cuore morbido di cioccolato al latte + sacchetto con visi stilizzati di angioletti su sfondo azzurro.
-Kei: cioccolato extra fondente con scaglie di peperoncino + sacchetto con viso stilizzato di vampiro (basato sul viso di Kei!)
-Mitsuya: cioccolato gianduia con cuore morbido di mou + sacchetto viola drappeggiato.
-Pah: cioccolato bianco con pezzetti di mandorle + sacchetto con ritratto di Alexandra.
-Peh: cioccolato fondente 40% con pezzetti di mandorle caramellate + sacchetto con ritratto stilizzato di Pah.
-Souya: cioccolato al latte con cuore di gel alla fragola + sacchetto turchese con pon-pon.
-Nahoya: cioccolato fondente con cuore di gel all’arancia + sacchetto color pesca con pon-pon.
 
Nel momento in cui Kan spuntò l’ultimo nome, si sentì incredibilmente realizzata e tornò a casa col sorriso sulle labbra. Era il momento di pensare a se stessa e diventare uno schianto per festeggiare con Mikey!
Per prima cosa si lavò accuratamente il corpo con un bagnoschiuma alla fragola che Mikey aveva apprezzato già altre volte, poi indossò un completino intimo in pizzo rosso dall’effetto vedo-non vedo che lasciava pochissimo spazio all’immaginazione. Come abiti scelse una maglia in seta rossa caratterizzata dall’ampia scollatura drappeggiata come a formare la parte superiore di un cuore e una gonnellina nera a balze rosse sotto cui aveva aggiunto un paio di collant color carne per proteggere le gambe dall’aria ancora fredda di febbraio. Come accessori optò per orecchini con tre cuori pendenti in acciaio e collana con ciondolo abbinato. La chioma decise di lavorarla con l’arricciacapelli, per darle un aspetto più voluminoso e assomigliare un po’ alle bambole di porcellana occidentali! Per il trucco si diede una spruzzata di brillantini rossi sulle palpebre e un lucidalabbra color fragola, poi smaltò le unghie di rosso e applicò dei piccoli adesivi a forma di cuore su ognuna. Come scarpe scelse un paio di ballerine rosse con un semplice fiocco e, per completare l’opera, una giacca in velluto rosso. Una volta pronta, salutò i genitori e uscì di casa tutta contenta. “Chissà se Mikey mi sta già aspettando al cinema!”
“ROOOOOONF!!!” Mikey russò così forte che perfino i clienti al tavolo più lontano del locale si misero a ridere, mettendo tremendamente in imbarazzo i poveri Draken e Mitsuya, seduti con lui.
Draken sospirò spazientito. “Non viene voglia anche a te di dargli un calcio nelle palle, quando fa così? Almeno farebbe casino per un buon motivo.”
Mitsuya ridacchiò mentre ancora guardava l’amico addormentato, con la testa appoggiata allo schienale della panca e la bocca spalancata. Pensò bene di tirargli su la mandibola, giusto per. Sul tavolo giaceva il piatto disseminato di briciole del suo spuntino pomeridiano e metà bicchiere di Cola. Mitsuya scosse il capo, sorridendo, e tornò a rigirare distrattamente il cucchiaino nella propria crema al latte. “Cosa mi stavi dicendo prima di essere interrotto dal trombone?”
“Ah sì…” Draken abbassò lo sguardo, mostrando una certa timidezza. “Ecco… Questa mattina Emma mi ha dato dei cioccolatini fatti da lei. Sì insomma, l’avrà fatto per amicizia…”
“Come Yuzuha con me.”
“Esatto. Però…” Puntò lo sguardo sul bello addormentato. “Preferisco non dirlo a Mikey. E a nessun altro. L’ho detto a te solo per avere la tua opinione…”
E allora Mitsuya abbozzò un sorriso malizioso. “Se per te quei cioccolatini hanno un altro significato, dovresti parlarne con Emma per approfondire la questione!”
“Ma anche no, rompipalle!!!” Lo riprese subito Draken, per poi cambiare argomento. “Piuttosto, non so che programmi ha Kan stasera. E’ stata vaga. Ha solo detto di vedersi con Mikey, ma a questo punto credo si fermerà a dormire da lui.”
Mitsuya controllò l’ora sull’orologio da polso. “E’ quasi ora di cena. Lo sveglio?” Ad un cenno di assenso di Draken, scosse la spalla di Mikey. “Ehi sveglia! Stai dormendo adesso perché stanotte farai baldoria con Kan e non chiuderai occhio?” Disse ridendo, anche se si beccò un’occhiataccia da parte di Draken.
Mikey emise un po’ di mugolii e un buon numero di espressioni infastidite, prima di decidersi ad aprire gli occhi di uno spiraglio. Fece un enorme sbadiglio e si portò una mano alla pancia per massaggiarla. “Mi sta venendo ancora fame…”
“Allora vai a casa! A quest’ora Emma starà preparando la cena!” Disse Mitsuya.
“Mh?” La mano di Mikey si fermò e un attimo dopo lui spalancò gli occhi. “Che ora è???”
“Le sei e mezza.”
Mikey gli saltò addosso e gli artigliò il braccio dove era l’orologio. “Cazzo! Il film era alle cinque!”
“Quale film?” Chiese Draken.
“Quello che dovevo vedere con Kan! Avevamo appuntamento davanti al cinema! Cazzo cazzo!!!” Balzò via dalla panca e corse fuori dal locale lasciando che la porta in vetro sbattesse dietro di lui. Per fortuna si trovava nei pressi della stazione di Shibuya e, facendo una corsa, non ci mise molto a raggiungere il cinema, anche se volò come se avesse il diavolo alle calcagna. E pensare che si era anche messo in tiro per quell’appuntamento… Aveva pettinato i capelli con la riga di lato, in modo da creare una bella onda sulla destra, poi aveva indossato un completo in jeans su sneakers bianche. In genere preferiva abiti comodi e non gli dispiaceva essere trasandato, però quando c’erano delle occasioni come quella preferiva curarsi per apparire più figo agli occhi della sua ragazza. E poi eccolo lì, a fare una figuraccia. All’ingresso si fermò per riprendere fiato e lisciarsi i capelli all’indietro per sistemarli. Adocchiò una cassa libera e andò biglietto alla mano a chiedere informazioni. “Mi scusi, mi può dire dove si trova questa sala?”
La donna aguzzò la vista attraverso gli spessi occhiali. “Sì… Però, ecco… Questo film è finito…”
“Lei non capisce. Io devo vederlo. La mia ragazza mi sta aspettando.” Ripose Mikey, con quell’aura minacciosa da teppista che ogni tanto emergeva nei momenti sbagliati.
“Io… Mi dispiace ma…” Intimorita, la donna sollevò un dito per indicare. “La sala è da quella parte, il secondo corridoio, ma gli spettatori ormai staranno uscendo.”
Fregandosene del biglietto, Mikey scattò via nella direzione indicata e, una volta imboccato il corridoio, prese a guardarsi attorno. E la vide. Kan era vicino ad un cestino della spazzatura, stava buttando il bicchiere di carta di una bibita.
“KAN!” Le andò incontro. “Perdonami, mi sono addormentato. Sono un idiota.”
Lei lo stava guardando con occhi colmi di odio.
“Ci tenevo anche io, dico davvero! Ma possiamo guardare un altro film!”
Nessuna risposta.
“Eh amore? Ti va?”
Attorno a loro c’era sempre più gente, man mano che usciva dalla sala.
“Kan, parlami! Lo so che sei arrabbiata, ma voglio farmi perdonare!”
E allora Kan sollevò la mano in cui teneva il contenitore dei popcorn salati, praticamente pieno, e senza battere ciglio lo versò sulla testa di lui, in una cascata di fiocchi bianchi e sale. Inutile dire che tutti gli sguardi si puntarono su di loro. Poi lei buttò il contenitore nel cestino. “Ringrazia che non erano quelli al burro fuso.” Fece per andarsene, ma lui l’afferrò per un polso.
“Kan, parliamone. Non litighiamo proprio oggi.”
“Non ho niente da dirti. Tra noi è finita.”
Quelle parole, tanto inaspettate quanto dure, lo bloccarono lì, permettendo a lei di liberarsi e andare via. Non era la prima volta che litigavano, ma quelle parole non erano mai state pronunciate prima. Cosa stava succedendo? In qualche modo ritrovò la spinta per reagire e corse fuori dal cinema per raggiungerla.
“Kan aspetta! Non dire così! Dai, era solo uno stupido film!”
“Non me ne frega niente del film! Io volevo solo stare con te!” Lo fulminò con lo sguardo.
Mikey spalancò le braccia. “Adesso sono qui, abbiamo tutto il tempo di stare insieme!”
“Sparisci dalla mia vista, imbecille.”
Mikey le si parò davanti con determinazione. “Voglio che facciamo pace. Sei importante per me.”
Kan sfoggiò un mezzo sorriso amaro. “Importante? Più importante di dormire ovunque e a qualunque ora? Più importante dei mille spuntini che ti sbafi? Più importante di quella cazzo di gang e delle cazzo di riunioni del cazzo che fai in continuazione?”
Mikey si fece più serio. “Adesso sei ingiusta. Stai facendo una scenata per una cazzat-” Sciaff!
Kan gli diede uno schiaffo che lo zittì. “La vera cazzata è la nostra relazione. Vaffanculo Mikey.”
E stavolta lui non la fermò.
*
 
Draken e Mitsuya si erano spostati davanti all’edificio dove era il centro massaggi, in un piccolo parcheggio dove quest’ultimo aveva lasciato la moto. Stavano ancora scherzando alla buona, anche se Mitsuya era già montato in sella ed era pronto per partire, e fu proprio lui ad accorgersi della presenza di Mikey, che stava camminando verso di loro in modo strano…come fosse in modalità zombie…
“Qualcuno va in bianco stasera!” Scherzò Mitsuya, ridendosela.
Draken invece gli fece una domanda diretta. “Dov’è mia sorella?”
“Non lo so...” Rispose Mikey, a testa bassa, come un cane bastonato.
“Ok, molto divertente. Ma sul serio, dov’è Kan?”
“Abbiamo litigato… Lei mi ha dato uno schiaffo ed è andata via…” Sollevò piano la testa, mettendo così in mostra la guancia rossa e un po’ gonfia.
Draken strinse il pugno, cominciando ad arrabbiarsi. “Cosa cazzo vuol dire che se n’è andata eh?” Lo afferrò per i bordi del giubbino. “L’unica cosa che dovevi fare era di non lasciarla sola! E tu che cazzo fai? Invece di correrle dietro la lasci andare via, di sera, con tutta la gentaccia che c’è?”
Mitsuya scese dalla moto e cercò di intromettersi prima che la situazione tra i due degenerasse. “Draken, ti aiuto io a cercarla. Forse è ancora qui attorno.”
Draken lasciò la presa, ma comunque diede uno spintone a Mikey. “Potrebbe aver preso la metro. E col casino che c’è sempre a questo incrocio non ce ne siamo accorti.”
Mitsuya gli posò una mano sul braccio. “Andiamo a dare un’occhiata in giro, non si sa mai.” E insieme si allontanarono, senza più badare a Mikey.
Cominciarono dalle strade che lei frequentava di più, quelle coi negozi che le piacevano, sperando che le fosse venuta voglia di fare shopping terapeutico dopo il litigio. Ma niente. Draken tentò di telefonarle, ma gli andò male anche per di lì. “Cazzo, ha spento il telefono. La odio quando fa così.”
“Che sia tornata a casa?” La buttò lì Mitsuya.
“Ne dubito. Non va molto d’accordo coi genitori adottivi e sta a casa con loro il meno possibile. E poi non posso chiamare e dire che ho perso mia sorella. Io passerei da irresponsabile e lei finirebbe in punizione.”
“Dammi il telefono.” Disse Mitsuya, anche se di fatto glielo prese dalle mani, quindi cercò il numero nella rubrica e avviò la chiamata. “Pronto, buonasera signora. Scusi il disturbo a quest’ora. Sono Mitsuya Takashi, un amico di sua figlia. Potrei parlare con Kan, per favore?” Attese la riposta e poi scosse il capo guardando Draken. “Ah, giusto! Me lo aveva detto che usciva col fidanzato! Allora contatterò lui! La ringrazio, buona serata!” Riagganciò e ridiede il telefono a Draken. “Un posto in meno dove cercare. Dunque… Provo a sentire Yuzuha? Sarà andata a sfogarsi da lei, sai come funziona tra ragazze.” Questa volta prese il proprio telefono dalla tasca del giubbino e chiamò l’amica. “Ciao Yuzuha! Kan è lì da te?”
Dalla voce di lei, capì facilmente che doveva essersi appisolata sul divano davanti alla tv.
“Mh? Kan? Certo che no! Oggi è San Valentino, perché dovrebbe passarlo con me?”
“Be’ si è vista con Mikey… Però hanno litigato e adesso non sappiamo dove sia.”
“Ah… Mikey è ancora vivo? Magari è andata a seppellire il cadavere!”
“Ehi, non scherzare, è una cosa seria.”
“Scusa… Se dovesse farsi sentire ti avviso. Ah aspetta… Hakkai vuole sapere se ti piacciono di più i cioccolatini che ti ha regalato lui o i miei!” (allora era vero!!!!!!!!!!!)
Suo malgrado, Mitsuya si ritrovò ad arrossire. “N-non è il momento! Digli che lo richiamo!”
Draken lo guardò con un sopracciglio alzato. “Perché sei arrossito? Che hai?”
“Hakkai delle volte sa essere così--- Niente, lascia perdere. Piuttosto, chi chiamiamo ora?”
“Provo con Angry. Lei gli sta sempre appiccicata.” Selezionò il nome in rubrica e via con la chiamata. “Pronto, Angry? Sono Draken.”
“Ehm…sono Smiley. Mio fratello sta facendo il bagno.”
“Ah ok. Senti, per caso Kan è lì da voi?”
“Mmh no, non è qui! Aspetta che chiedo a Souya se sa qualcosa…” Lo lasciò in attesa, però portando il telefono con sé, gli fece comunque sentire in sottofondo la conversazione col fratello. Poi gli rispose. “Niente. L’abbiamo vista nel pomeriggio per i cioccolatini e poi basta. Tutto ok?”
“Veramente no… Mikey ne ha fatta un’altra delle sue e mia sorella è sparita.” Sospirò e poi riprese a parlare. “Però la risolviamo, non preoccupatevi. Dillo anche ad Angry.”
“D’accordo. Allora ciao.” Di nuovo in sottofondo si sentì parlare e anche un forte rumore d’acqua, ma poi la chiamata venne chiusa. Angry doveva essere balzato fuori dalla vasca…
Draken strinse i denti e sferrò un pugno nel vuoto. “Dannazione, dove cazzo è???”
Al contrario di lui, Mitsuya era la calma fatta persona. “Proviamo con Chifuyu? Ultimamente ha una strana fissa per lui. Io non ho il suo numero, però.”
“Nemmeno io… Devo chiederlo a Baji.”  E via con un’altra telefonata. “Pronto, Baji? Scusa l’improvvisata, posso chiederti il numero di Chifuyu? Ho bisogno di contattarlo.”
“E’ qui con me in camera mia… Te lo passo?”
“No, chiedigli solo se ha ricevuto messaggi o chiamate da mia sorella.”
“Mh…” Senza preoccuparsi di allontanare il telefono dal viso, glielo chiese subito. “Ehi, quella scema di Kan si è fatta sentire?” E un po’ in lontananza si udì la riposta di lui. “No. Le avevo scritto per ringraziarla ancora dei cioccolatini, però non mi ha risposto.”
“Sentito, Draken? Comunque, che è successo?”
“Ha litigato con Mikey e se n’è andata chissà dove… Io e Mitsuya la stiamo cercando in centro a Shibuya e nel mentre facciamo delle telefonate.”
“Chi avete chiamato?” Strano che avesse interesse…
“Casa dei suoi, Yuzuha e i gemelli Kawata. E so che non è al centro massaggi.”
“Allora è facile. Rimane solo un posto.”
“Che intendi dire?”
“Scommetto tutto quello che vuoi che è andata dal suo migliore amico.”
“Ti ho detto che non è da Angry.”
“Lo fai apposta o sei nato deficiente? Chi è il suo migliore amico? Quello a cui non smette mai di pensare? Quello a cui scrive centinaia di lettere? Quello che non vede l’ora di riabbracciare?”
Draken rimase in silenzio alcuni istanti, prima di rispondere l’ovvio. “Kazutora. Ma lui è chiuso in riformatorio.”
“E con questo? Non fare il sempliciotto. Muovi il culo e vai.” E riattaccò senza salutare.
“Che ha detto? Cosa c’entra Kazutora?” Gli chiese Mitsuya.
“Andiamo a prendere le moto. So dov’è Kan.”  E lo disse con tanta serietà che non ci fu bisogno di fare altre domande. Tornarono indietro di corsa, senza badare al fatto che Mikey e la sua moto non c’erano più, ma anche fosse stato lì, Draken gli avrebbe detto di non seguirlo, visto il disastro che aveva combinato. Le due moto sfrecciarono per le strade trafficate, facendo parecchi slalom di macchine, e un po’ alla volta raggiunsero il riformatorio dove era rinchiuso Kazutora. E proprio lì trovarono Kan, aggrappata al grande cancello d’ingresso.
“Che cosa le costa farmelo vedere un momento? La prego!” La voce stridula e spezzata dal pianto. “Voglio solo incontrarlo! E’ da tanto tempo che siamo separati!”
L’uomo non si sa se fosse solo bonaccione oppure privo di spina dorsale per non averla ancora cacciata. Dalla faccia sembrava dispiaciuto… “Gliel’ho detto. Non posso…”
Draken fermò la moto con una rumorosa sgommata e smontò al volo. “Kan, dannazione, vuoi farti arrestare?” La prese per le braccia per allontanarla dal cancello, sotto allo sguardo incredulo dell’uomo.
“Mi scusi, lei è…?”
“Sono suo fratello. La prego di scusarla. Ha avuto una brutta avventura e non sta ancora bene.”
Kan cercò di liberasi dalla sua presa. “Lasciami, Ken! Voglio vedere Tora!”
“Lo vedrai fra sette mesi, falla finita.” Disse chiaramente, giusto per farle capire che altre obiezioni sarebbero state inutili.
Vedendo che il ragazzo ci sapeva fare, il guardiano parve sentirsi più sicuro di sé e si ricordò della propria posizione. “Mi raccomando di badare a sua sorella. Un altro al posto mio l’avrebbe ammanettata e chiamato i genitori.”
Draken, per quanto incazzato, chinò il capo con rispetto. “Lo so e la ringrazio della sua pazienza. Ora ce ne andiamo, non si preoccupi.”
L’uomo fece un cenno col capo e tornò alla struttura.
Ora che poteva agire, Draken fece girare Kan per guardarla in viso e non si risparmiò. “Che cazzo ti è saltato in mente di sparire in quel modo? Hai idea di quanto fossi preoccupato?” In effetti, oltre alla rabbia che gli induriva l’espressione, si vedeva dai suoi occhi lucidi come si sentiva dentro. L’abbracciò stretta, la voce ora gli uscì leggermente incrinata. “Non farlo mai più. Ho solo te al mondo. E sai che puoi contare su di me per qualunque cosa.”
“Lo so, fratellone…” Rispose lei, mentre le lacrime le solcavano il viso.
Mitsuya era rimasto in disparte, quasi temendo di essere di troppo in quella scenetta fraterna che gli era così familiare. D’altronde anche lui aveva due sorelline di cui prendersi cura. Sorrise, contento che le cose si fossero sistemate. “Meglio se avviso i nostri amici!” Scrisse un messaggio unico e poi selezionò i vari numeri dalla rubrica. Nel giro di mezzo minuto, il telefono gli vibrò più volte nella mano per le varie risposte. Arrivarono tutte. Tranne quella di Mikey.

Continua prossimamente nel Capitolo 14.
Riusciranno Mikey e Kan a riappacificarsi? E...sarà la soluzione migliore???

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Chapter 14: [A New Me] ***


Chapter 14
[A New Me]
 
In principio era stato Baji a dire la sua, con quel tono di voce rozzo e fastidioso, gli occhi sottili con lo sguardo provocatore e i canini da vampiro che sporgevano minacciosi. “Se il mio ragazzo mi lasciasse per aver fatto tardi a un appuntamento, lo prenderei a pugni fino ad ammazzarlo!”
Era stato un pomeriggio dopo la scuola, nella stanza di Chifuyu, il quale aveva risposto con un sorriso nervoso: “I tuoi pugni fanno male, Baji-san!”
E Kan, che si era autoinvitata per stare un po’ con lui, era esplosa come un petardo. “Kei!!! Non dirmi che gli hai fatto ancora male!!! Fai schifo come fidanzato!!!”
“Guarda che non stiamo insieme…” Aveva risposto stizzito lui.
“Ma ti rendi conto? Gli dei ti hanno mandato un angelo! E tu, invece di amarlo con tutto te stesso, lo prendi a pugni ogni volta che ti gira male?”
“Ti ho detto che non stiamo insieme.”
Senza ascoltarlo neanche per sbaglio, Kan aveva preso il viso di Chifuyu, tenendolo con le mani a coppa, e lo aveva esibito tipo reliquia. “Guarda questo bel faccino! Questa pelle delicata da accarezzare! Questi occhioni azzurri come il cielo! Queste labbra da baciare con dolcezza come fossero i petali di un fiore!”
A Baji erano girate non poco le palle, per questo aveva sputato veleno con delle parole abbastanza pesanti. “Dirò a Mikey quanto è fortunato ad essersi liberato di una seccatura come te.”
Se Chifuyu non fosse intervenuto, quei due sarebbero arrivati alle mani.
Poi c’era stata Emma con la sua strana telefonata. “Sono io la prima a dire che mio fratello è un idiota, però non posso vederlo così… In questi giorni sta mangiando pochissimo… Riesci a immaginare un ingordo come Mikey che non mangia???”
E Kan aveva risposto in modo neutrale. “Non mi rende felice sapere che sta male, però anche tu cerca di capire il mio punto di vista! Ultimamente il nostro rapporto non era dei migliori…”
“Per forza, guarda con chi ti sei messa! Io speravo che avessi accettato tutto di lui… Lo sapevi fin dall’inizio che era un caso disperato…”
Al che era seguita uan lunga pausa, prima che Kan rispondesse incerta. “Emma… Così non mi convinci a tornare con lui…”
Poi erano seguite una serie di frasi lacrimevoli da parte di Emma, sul fatto che anche il nonno era preoccupato e che a casa Sano si sentiva la sua mancanza…ecc…
Infine, c’era stata la sera in cui Draken aveva deciso di parlarle chiaro, visibilmente desideroso di accelerare la loro riappacificazione. Kan era sdraiata sul letto di lui e stava sfogliando una rivista di moda, mentre lui era seduto a terra, la schiena poggiata contro il fianco del letto, nel bel mezzo di un piccolo allenamento per il bicipite con un peso da 5 kg.
“Quel poveretto non è più andato a scuola dopo che lo hai mollato… Un po’ ti capisco eh, i primi giorni ero incazzato anche io. Però dopo sono andato a casa sua, gli ho detto in faccia che era un coglione e mi è passata.”
Kan aveva posato la rivista, sospirando, e si era persa a guardare il soffitto. “Non è che ho smesso di amarlo… Vorrei solo che capisse dove ha sbagliato.”
“Secondo me lo ha capito. Emma mi ha detto che ha perfino smesso di lavarsi…”
“Perché ho come l’impressione che voi due vi siate messi d’accordo per impietosirmi?”
Casualmente, a Draken era scivolato di mano il peso, il quale era caduto a terra con un tonfo. “Non so di cosa stai parlando, sorellina!” Era un pessimo bugiardo!
“Sé vabbè…” Kan si era stiracchiata e poi aveva incrociato le braccia dietro la testa. “Domani farò tardi a scuola.”
“Perché?”
“Vado a dare la sveglia a quello scemo del tuo amico. E provo a perdonarlo…”
Draken si limitò a sorridere, lieto di sentire la buona notizia, quindi riafferrò il peso e continuò l’esercizio ancora per un po’.
Il mattino seguente, Kan inviò un messaggio ad Emma per avvisarla del suo arrivo e lei rispose con delle faccine sorridenti. Incredibile che lo stesse facendo davvero… In parte era ancora arrabbiata, ma in quei giorni aveva avuto modo di riflettere e alla fine aveva dovuto ammettere a se stessa che forse non era pronta a gettare via tutto. Quella sera aveva esagerato con le parole…  Il solo entrare dal portone dei Sano le diede una piacevole sensazione di ‘casa’, poi andò alla porta della stanza di Mikey. Chissà come lo avrebbe trovato… Quanto erano stati sinceri suo fratello ed Emma nelle descrizioni?
“Se lo trovo ad ingozzarsi di dolcetti e fare un videogioco, giuro che lo prendo a testate.”
E invece, quando aprì la porta, la prima cosa che notò fu il forte odore di chiuso e di…putrido?
“Non dirmi che ti sei mummificato qui dentro!”
Dopo un lungo momento di immobilità, ecco che da sotto il piumino si mosse qualcosa, che pian piano riemerse tipo talpa che esce dalla tana. Ed ecco fare capolino una massa di capelli biondi e completamente scompigliati, sotto cui si intravedeva a malapena un viso.
Kan andò da lui senza esitare, si sedette sul bordo del letto e con gesto premuroso insinuò piano le dita fra quei capelli, scostando una ad una le ciocche, fino a riuscire a scorgere gli occhi. Erano gonfi, arrossati, contornati da vistose occhiaie… Lo conosceva abbastanza bene da sapere che non aveva pianto, però era evidente che aveva dormito pochissimo, e ora la stava guardando come fosse un’allucinazione che poteva svanire da un momento all’altro.
“Ti sei ridotto così per me?” Gli chiese a bassa voce, posando la mano sulla sua guancia.
Lo sguardo di Mikey ebbe un tremolio. “Tu…mi hai lasciato?” La sua voce sembrava quella di un gattino che implorava.
Vedendolo così, a Kan tornò in mente un episodio del passato. Un’estate, un giorno di agosto, un compleanno…e il loro primo bacio. Mikey le aveva chiesto di diventare la sua ragazza e quando lei lo aveva respinto, lui aveva sfoggiato lo stesso identico sguardo colmo di sofferenza. Poi quel ricordo ne fece riaffiorare un altro, di un pomeriggio in pasticceria, quando Mikey le aveva detto una frase bellissima. “Se per te è troppo essere la ragazza di Mikey, allora diventa la ragazza di Manjiro!” Era solo un moccioso allora, eppure aveva saputo usare una mentalità così aperta! Che ne era stato di quel ragazzo?
Kan gli accarezzò la guancia con tocco gentile. Aveva così tanta voglia di ritrovarlo…
“Io ho lasciato Mikey.”
“Mi-?”
“Voglio essere la ragazza di Manjiro. Capisci?”
Forse sì, o almeno dal suo sguardo doveva aver ricordato anche lui la conversazione di quella volta. “Non…ce la fai a perdonare Mikey?”
Kan riabbassò la mano e lasciò un leggero sospiro. “Non credo.”
Mikey si sporse su di lei e posò piano le labbra sulle sue, quasi temesse di essere respinto, un piccolo bacio breve, prima di separarle e parlare sottovoce. “Manjiro un giorno sarà completamente tuo, lo sai. Adesso è Mikey ad aver bisogno di te. Dagli una seconda possibilità, ti prego.”
Kan non nascose una certa irritazione per quelle parole. “E’ così importante per te questo ruolo?”
“Sì… E anche tu lo sei. Tantissimo.” Le prese una mano e gliela strinse dolcemente. “Rimani con me ancora un po’, Kan. Prova ad accettare questo lato di me, prova ad accettare la gang. E per una volta prova ad essere davvero la fidanzata dell’Invincibile Mikey.”
“Quindi, devo prenderla come una recita?”
“Solo quando indossi la divisa della Toman!”
Se non era una trappola, poco ci mancava. Era l’unico modo per trovare un accordo?
“Posso provarci, se vuoi.” Ripose lei, poco convinta.
“Quando scioglierò la gang, poi saremo solo io e te, promesso!” Accennò un sorriso e fece per baciarla una seconda volta, ma lei lo respinse. “Adesso che abbiamo chiarito, devo dirtelo. Puzzi da far schifo! Ma ti pare di ridurti così per un litigio?”
Mikey ridacchiò, in quel modo innocente che lo caratterizzava. “Ricevuto! Vado a lavarmi!”
“Io nel frattempo cambio le lenzuola e faccio prendere aria a questa camera!” Gli disse, mentre lui correva via carico di ritrovata energia. Era bastato davvero poco per tirarlo su… Comunque, lenzuola e copripiumino avevano un odore tremendo, quindi si affrettò a toglierli e creare un’unica palla pronta da portare a lavare. Poi andò fuori a battere il cuscino e lo stesso fece con il piumino, tenendo piegato in due e dandogli delle belle scrollate energiche. Giusto il tempo di rientrare in stanza e riporlo momentaneamente sul divano ed ecco che una sagoma le arrivò alle spalle. Era Emma e teneva tra le mani un set di lenzuola pulite.
“Tieni! Ci penso io a buttare in lavatrice quelle sporche!” E aggiunse ridendo. “Farò un lavaggio più intenso e con un’aggiunta di detersivo!”
Kan le sorrise. “Grazie!”
“Grazie a te per aver perdonato mio fratello!”
Perdonato… Era ancora incerta su questo. Lo aveva fatto?
*
 
“Non mi va.”
Erano le uniche parole che Mikey sentiva ogni volta che provava ad entrare in intimità con la sua ragazza. Ormai erano passate alcune settimane da quando avevano chiarito e, ok che non si aspettava di tornare subito una coppietta di piccioncini perché lei era molto orgogliosa, però questa cosa stava andando un po’ troppo per le lunghe. Kan aveva ricominciato a frequentare casa Sano e trascorreva volentieri del tempo col nonno come una nipotina affettuosa, inoltre aveva promesso di riprendere presto gli allenamenti al dojo. Anche con gli amici si comportava normalmente, sorrideva, scherzava e abbracciava come sempre. L’unico, ma davvero l’unico con cui manteneva alzata una barriera, era lui. Qualche bacio se lo davano, niente di speciale, ma oltre a quello le coccole scarseggiavano e a letto non era più successo assolutamente niente. Si sentiva frustrato. Non che avesse problemi a sfogarsi da solo, quando la necessità si faceva più forte, però non era lontanamente comparabile alle notti di fuoco che voleva passare con lei.
Quella sera avevano in programma di cenare insieme da lui e già si stava preparando mentalmente per farle pressione affinché rimanesse anche per la notte, tanto più che era sabato sera. Era già tutto pronto per uno scenario romantico. Aveva messo su le lenzuola che profumavano di oceano (a quanto diceva l’etichetta sull’ammorbidente), messo sul tavolino alcune candele profumate ai frutti tropicali, da accendere pochi minuti prima di andare in stanza, e acquistato una scatola di cioccolatini da gustare dopo aver fatto sesso. Doveva solo pazientare un po’ e finalmente avrebbe riavuto la sua bellissima fidanzata! Solo aspettare…aspettare… Però che nervi, il tempo non passava mai! Si trovavano a casa dei gemelli Kawata da un’ora, assieme a Mitsuya e Hakkai, ma sembrava che quello stupido orologio da parete si fosse fermato. Era come se fosse passata una vita da quando Kan si era seduta sulle ginocchia di Angry. All’inizio non gli era parso strano, in fondo era risaputo che quei due stavano sempre appiccicati, però poi lei si era accoccolata sulla sua spalla e aveva cominciato ad accarezzargli i capelli senza più smettere. Angry non faceva nulla di male, per carità, accettava le coccole con innocenza e anche la sua mano posata sul fianco di lei non dava l’aria di essere un gesto malizioso. Ma lo stesso a Mikey urtava i nervi vedere la sua ragazza così tenera con un altro, quando con lui era un pezzo di ghiaccio!!! Probabilmente a causa di questo pensiero doveva essersi irrigidito o forse era trapelato qualcosa dalla sua espressione, perché di punto in bianco Mitsuya se ne saltò fuori con una frase strana.
“Vai al bagno se non ce la fai più a trattenerla! Ci penso io a fissare Kan al posto tuo!”
E a lui si accodò Smiley, dal tappeto dove era seduto. “Allora la guardo anche io! Figata!”
Be’ nel caso di Smiley non c’era niente di nobile, mentre Mitsuya aveva parlato apposta per distrarre Mikey, avendo notato qualcosa di strano in lui.
“Vado un attimo, visto che lei è in buone mani.” Disse Mikey, mentre si alzava dal divano, quindi si sporse in avanti e puntò lo sguardo su Angry prima di aggiungere un acido: “Letteralmente.”
Ovviamente non aveva bisogno del bagno, comunque ne approfittò per rinfrescarsi il viso (o calmare i bollenti spiriti, a seconda dell’interpretazione). Doveva calmarsi. Sapeva che non c’era motivo di ingelosirsi per Angry e poi Kan odiava le scenate di gelosia… Fissò la propria immagine allo specchio. “Impegnati per riconquistarla. Se continui a fare le stesse cazzate, non ti perdonerà.”
Contò fino a dieci e poi uscì dal bagno. Attraversò il corridoio e, quando giunse al salottino che si trovava nel mezzo fra le camere dei gemelli, sentì Kan scoppiare in una fragorosa risata. Entrato, spaziò lo sguardo per capire cosa fosse successo, ma tutto che vide fu Mitsuya che teneva la testa bassa per l’imbarazzo e Hakkai con la faccia di una tonalità di colore tra il rosso e il viola.
“Ehi che fate?”
Gli rispose Smiley. “Per sbaglio Mitsuya ha posato la mano su quella di Hakkai e lui ha cambiato colore.” E alzò le spalle, per sottolineare che era tutto lì.
Mitsuya imprecò tra i denti e parlò all’amico con tono di rimprovero, anche se lui stesso era arrossito un po’. “Certo che anche tu! Può capitare di sfiorarsi, siamo seduti vicini! Mica l’ho fatto apposta!”
Hakkai, poverino, faticò a parlare. “I-io...pensavo che tu…sì insomma…facessi sul serio e… Mi sono emozionato, scusa Taka-chan!”
E allora Kan se ne uscì con una delle sue. “Mi sa che ho sbagliato! E’ Hakkai la moglie!”
Nessuno le diede torto.
Mikey si risedette sul divano e attese pazientemente che arrivasse l’ora di cena. Per tutto il tempo Kan non gli rivolse la parola e questo contribuì a far diventare il suo umore ancora più nero. Quando finalmente se ne andarono, non si prodigò in saluti, come è facile immaginare, però commise un grave errore che gli mandò in frantumi i piani. Si lamentò. La moto era parcheggiata poco più avanti, in uno spiazzo, e sarebbe bastato che tenesse la lingua fra i denti fino a lì…
“Hai intenzione di trattarmi così ancora per tanto?” Si voltò di scatto, puntandole addosso uno sguardo cupo che non prometteva niente di buono.
Presa alla sprovvista, Kan sgranò gli occhi. “Cosa…?”
“Credi che non l’abbia notato? Fai di tutto per non restare da sola con me e mi ignori davanti agli altri! Siamo tornati insieme o no?”
“Sì… Mi serve solo un po’ di tempo per abituarmi all’idea che-”
“Tempo?” Mikey ridacchiò amareggiato. “A te serve sempre tempo! Da quando ci conosciamo! Tempo per accettare la mia dichiarazione d’amore! Tempo per diventare la mia ragazza! Tempo per farti toccare! Tempo per scopare con me!!!” Quell’ultima parte l’aveva praticamente gridata. Non era mai successo che perdesse le staffe con lei. Cosa stava succedendo? Si pentì’ subito di quello che aveva detto e cercò di rimediare. “Scusa, amore, non volevo dirlo.” Le si avvicinò per abbracciarla, ma lei indietreggiò e lo respinse. Dall’espressione che aveva, era più imbarazzata che arrabbiata. Infatti si guardò attorno per controllare che nessuno avesse sentito.
“Io torno a casa dai miei.” Biascicò a bassa voce.
“No! Dai Kan, non volevo! Per favore!”
Lei scosse il capo. “Chiedi scusa al nonno e ad Emma da parte mia.”
“Kan, aspetta! Perdonami!” Provò a richiamarla, mentre lei se ne andava via a piedi. Niente. Ora sì che aveva una voglia fottuta di piangere. Era esasperato. Alzò il viso al cielo e bisbigliò. “Porca puttana, non di nuovo.”
*
 
Per Chifuyu era un sogno ad occhi aperti trovarsi lì in quel parco, disteso sull’erba fresca, ad ammirare i pallidi fiori di ciliegio nella chioma dell’albero sopra di lui, con qualche raggio di sole che filtrava tra i rami e si posava sul suo viso come volesse baciarlo. Ma nulla di tutto ciò era speciale come avere Baji accanto. Distolse lo sguardo dal paesaggio e lo posò su un soggetto che adorava molto di più. Il profilo disegnato, le sopracciglia dal taglio severo, quello sguardo sottile e concentrato… I capelli neri erano molto cresciuti nell’arco dell’anno e lui non sembrava intenzionato a tagliarli… Meglio così, gli piacevano così ondulati e spesso quando camminavano per strada, al minimo soffio di vento, si muovevano come le onde in mare aperto. Wow…a breve sarebbe stato il loro primo anniversario… Cioè, un anno da quando si erano conosciuti! Ma cosa andava a pensare? Il suo cuore aveva palpitato più forte a causa di quella parola! In fondo che male c’era… A Baji piacevano i ragazzi e lui era un ragazzo quindi….la cosa poteva funzionare, no? Con un coraggio che non credeva di avere, Chifuyu si spostò e andò a posare il capo contro la spalla di lui. Baji non reagì, talmente era immerso nella lettura del manga, uno shojo che avevano trovato prima in una libreria dell’usato. A Chifuyu era piaciuta la copertina, perché il protagonista maschile assomigliava a Baji, e così lo aveva comprato. Poi, mentre Baji era in fila fuori dal bagno di un centro commerciale, lui lo aveva aspettato e si era messo a leggere. Pensandoci, forse era colpa di quel manga se adesso si sentiva così. Due compagni di classe, una ragazza bella ma molto timida, un ragazzo forte e un po’ difficile, una storia d’amore nata lentamente e che terminava con un romantico bacio sotto un ciliegio in fiore.
“Chifuyu? Credo mi sia venuto il diabete.” Baji volse lentamente il capo e lo guardò in modo strano. “Davvero ti piace questa roba sdolcinata?”
“E’ la prima volta che ne leggo uno…ma la storia mi è piaciuta!”
“Tsk! Fammi il favore!” Posò il manga sull’erba e sollevò lo sguardo alla chioma fiorita dell’albero. “Nella realtà non esistono storie romantiche come questa! Guarda Mikey e Kan!”
Chifuyu abbassò lo sguardo tristemente. “Prima lei lo ha lasciato, poi sono tornati insieme, poi hanno litigato di nuovo e hanno rifatto pace appena iniziate le vacanze di primavera… Non li vedo più affiatati come prima…”
“Se dopo due anni sono già ridotti così, tanto vale che si lascino e basta!”
Non fu tanto per la frase in sé, quanto più per la leggerezza con cui l’aveva detta, come fosse una cosa da nulla, a infastidire Chifuyu. A costo di rovinare l’atmosfera, si sentì in dovere di difendere la coppia. “Stanno attraversando un periodo difficile. Io non smetterò di fare il tifo per loro. Sono una bella coppia.”
Baji si volse di nuovo e lo guardò sogghignando. “Oi! L’angelo ha l’aureola storta oggi?”
Chifuyu digrignò i denti. “Io ti stimo dal profondo del cuore, Baji-san, ma a volte odio questo tuo lato insensibile.” E si spostò dalla sua spalla.
“Ma guarda che tipo!” Baji si tirò su, puntellando un gomito a terra, e si sporse su di lui. “Mi tieni il broncio?” Gli chiese, ridendo strafottente. “In questo momento sei capriccioso come l’amica della protagonista! Io invece preferisco l’altra, tutta timida e carina!”
“Scusa tanto se non sono il tuo tipo eh!” Non sapeva perché continuava a rispondergli in quel modo, quando solitamente si lasciava sottomettere senza battere ciglio.
“Chifuyu…” Ora il tono di voce era cambiato, non era più derisorio e…il suo sguardo si era fatto più intenso e profondo… Gli mise una mano sotto il mento e gli sollevò leggermente il viso, con tocco gentile. I lunghi capelli, in quella posizione, gli contornavano il viso e ricadevano giù fino quasi a sfiorare quello di lui. Improvvisamente era diventato tutto così sensuale…
“Io non so quale sia il mio tipo, però tu sei perfetto così.”
Chifuyu sbatté le palpebre un paio di volte, confuso. “Che intendi dire, Baji-san?”
“Non sono romantico e, onestamente, non credo in queste cose, ma…se per te è lo stesso...” Smise di parlare, nei suoi occhi per un istante passò un’ombra, come se un pensiero gli fosse venuto in mente all’improvviso. Scosse la testa.
Chifuyu venne catturato dal suo sguardo, si accorse che il suo viso si faceva sempre più vicino… E allora accadde ciò che fino a quel momento aveva sempre e solo immaginato e non credeva sarebbe avvenuto nella vita reale. Le labbra di Baji si posarono delicatamente sulle sue. In quel momento, una leggera pioggia di sakura ricadde su di loro come una benedizione e un fruscio di vento andò ad insinuarsi fra le pagine del manga profetico.
*
 
Alla fine ci aveva pensato Draken a fare da intermediario e a prendere in mano la situazione per sistemare le cose, perché, a dirla tutta, ne aveva le palle piene dei loro litigi e dei loro drammi che neanche in tv! Mikey lo aveva chiamato la sera stessa dell’ultimo litigio, in preda alla depressione, poi lui aveva chiamato Kan per sentire la sua versione dei fatti e lei aveva strillato come un’aquila per la rabbia. Quindi toccava a lui risolverla una volta per tutte. La mattina dopo, visto che era domenica, era andato a casa di Mikey di buonora, portando due dorayaki caldi, glieli avevi ficcati in bocca quasi a forza e poi se l’era caricato sulle spalle per portarlo fino al centro massaggi, dove Kan attendeva senza sapere nulla di quello che suo fratello avesse architettato. Una volta lì, aveva ignorato bellamente le proteste di Kan e le suppliche di Mikey e li aveva obbligati a prendere posto sul tappeto, uno di fronte all’altra, per parlare. Con lui nel mezzo, a fare da consulente matrimoniale. Se l’era anche cavata bene facendo le domande giuste e pretendendo delle risposte precise da entrambe le parti, analizzando con cura i sentimenti che ne emergevano e spingendoli a trovare dei punti d’incontro che riportassero equilibrio nel loro rapporto. Per di più, durante la discussione riguardante la sfera sessuale, aveva avuto l’impulso di uccidere Mikey solamente tre volte!!! Era orgoglioso di sé, accidenti! Una laurea honoris causa  se la meritava! L’incontro si concluse con l’accordo che, durante quelle vacanze di primavera, avrebbero organizzato un raduno in cui Kan avrebbe mostrato il tipo di persona che voleva essere all’interno della gang. Il tutto con l’appoggio di Mikey.
La sera stabilita, tutte e cinque le squadre si riunirono al Santuario di Musashi, cariche di aspettative e chiedendosi quali grandiose novità avrebbero sentito. Be’, di grande ci fu l’entrata in scena di Mikey e Kan, in sella alla Babu rombante, con uno stile mozzafiato che lasciò tutti a bocca aperta. Nel mentre in cui Mikey parcheggiava, Draken richiamò tutti all’ordine, facendoli suddividere in file ordinate e disposti su due fronti, creando così un percorso al centro che Mikey e Kan attraversarono fianco a fianco, con orgoglio, accolti da inchini profondi e saluti rispettosi. Una volta che ebbero salito la scalinata, i membri della gang cambiarono disposizione per essere di fronte a questa. Draken rimase giù, non voleva perdersi nulla di quanto stava per accadere. Mikey scambiò un’occhiata con Kan e le lasciò prendere la parola.
“Comincerò col dirvi che questa sera non siete stati chiamati qui per festeggiare il mio ritorno. Nel caso le vostre testoline ci stessero già pensando.”
Era diversa. Le altre volte per lo più se ne stava ferma e seduta ad ascoltare e sul suo viso non era insolito vedere un’espressione annoiata oppure un leggero disagio, adesso invece stava mostrando una sicurezza e una fermezza come non mai e il suo sguardo tagliente non aveva problemi a posarsi sui volti singoli come a dire ‘sì sto parlando proprio con te’. Era quella la Kan teppista che aveva tenuto nascosta dentro di sé?
“Finora mi avete vista come una bella bambolina, un oggetto appartenente al vostro Comandante, e io ammetto di non aver fatto nulla per cambiare le cose. Da oggi non sarà più così. Ho intenzione di valorizzare il mio ruolo e di essere per voi una figura di riferimento. Inoltre, in determinate situazioni,  parteciperò attivamente agli scontri con le altre gang.” Fece una pausa, nell’aria si sentì appena qualche bisbiglio indefinito, quindi riprese. “Questo significa che potrete contare sulle mie abilità nel combattimento, ma anche che, per vostra sfortuna, dovrete obbedire ciecamente ai miei ordini, in quanto vostro superiore. L’unica persona che potrà contestarli, sarà il Comandante.”
A questo punto i bisbigli si fecero più numerosi e più forti, divisi tra accettazione e scontento, ma a sovrastarli tutti fu un commento di scherno di un idiota. E Kan lo sentì. Scese la scalinata e si insinuò tra le fila per raggiungere il ragazzo della prima squadra che aveva parlato.
Gli si parò di fronte. “Cosa cazzo hai detto?”
Il tizio, incurante dello sguardo di ghiaccio di lei, rispose ridendo. “Ho detto che, se mi ordinerai di proteggerti durante uno scontro, poi spero mi darai una bella ricompensa in natura!”
Non faceva ridere nessuno.
Kan avvicinò il viso al suo e lo guardò dritto negli occhi. “Ascoltami bene, pezzo di deficiente, io so cavarmela benissimo da sola. Però, se proprio ci tieni, posso darti subito un assaggio della ricompensa che desideri!”
Il ragazzo avrebbe dovuto notare il guizzo maligno che le attraversò gli occhi e capire che stava per succedere qualcosa di brutto. Invece il fesso continuò a buttarla sullo scherzo. “Come vuoi, bambola!” Fece giusto in tempo a terminare la frase, che il sorriso gli sparì dalla faccia, per lasciare posto ad un’espressione di pura sorpresa. Il respiro gli si bloccò in gola e il suo volto si contrasse. Kan gli aveva dato una meritata ginocchiata sulle palle.
“Che questo ti serva da lezione, schifoso.” Concluse lei, prima di lasciarlo scivolare a terra a contorcersi dal dolore. Dopo di che si rivolse alla folla, con voce tonante. “Questo sarà il trattamento che riceverà chiunque oserà mancarmi di rispetto. Vi conviene rifletterci attentamente, se volete conservare la capacità di avere figli.”
Seguì il percorso a ritroso per uscire dalle fila, ma poi, invece di risalire i gradini, parve cambiare idea e andò da Baji. Gli parlò minacciosa. “Vedi di tenere a bada gli stronzi della tua squadra, chiaro? Voi non siete al di sopra delle regole.”
Baji la fissò come se volesse disintegrarla e dalle sue labbra uscì uno stizzito: “Sì.”
“Sì cosa? Eh Baji?” Era la prima volta che lo chiamava per cognome.
Il loro fu uno scontro si sguardi infuocati, a cui Kan non aveva nessuna intenzione di cedere. Anche se Baji avrebbe preferito mozzarsi la lingua piuttosto di rispondere, alla fine si abbassò e sputò fuori quelle parole come fossero fiele. “Sì, Signorina.”
Kan non si trattenne dal mostrarsi fiera di quella vittoria e gli voltò le spalle per tornare al proprio posto in cima alla scalinata. Mentre saliva i gradini, gridò una frase ad effetto. “Da questo momento si cambia musica. E sarò io a suonare!”
Nonostante un primo momento di silenzio e di volti palesemente confusi, poco alla volta qualche voce cominciò a farsi sentire, fino a formare un coro unito e pieno di passione. “TOMAN! TOMAN! TOMAN!”
Mikey si avvicinò a lei e le cinse i fianchi col braccio. Un gesto ambiguo che poteva significare darle piena approvazione oppure indicare che lei restava comunque una sua proprietà.
*
 
La nuova identità di Kan non riscosse grande successo, o forse è più corretto dire che invece di diventare finalmente parte della gang ed essere da guida per gli altri, venne irrimediabilmente etichettata come ‘la bambola stronza’ e il suo comportamento spesso violento non fece che attirare lo scontento dei membri. Più che stare al comando, lei riversava sugli altri tutto l’odio che provava nei confronti della Toman e non mancava di distribuire testate e ginocchiate anche per futili motivi. Quel che è peggio, è che Mikey la lasciava fare senza battere ciglio. Quelli che più le erano vicini avevano tentato di parlarle e lei aveva sempre risposto ridendo e dicendo che stava semplicemente recitando una parte. Sotto un certo punto di vista non si poteva rimproverarla, poiché stava seguendo alla lettera le regole, comportandosi da teppista. Ossia, al di fuori era l’amica allegra e coccolosa di sempre, ma nel momento in cui si dava il via ad una riunione ecco che indossava quell’armatura rigida e pesante che non piaceva a nessuno. Per la cronaca, Baji non le aveva più rivolto la parola dopo quella sera. E nemmeno con Mikey le cose andavano alla grande. Lei aveva accettato di restare nella Toman, ma in cambio gli aveva imposto per ripicca di limitare il sesso una volta a settimana. Più che una coppia di innamorati, sembravano due nemici che tentavano di trovare una tregua. Per lo meno a Kan venne attribuito un riconoscimento per l’abilità in combattimento, grazie ad alcune scazzottate avvenute appunto durante le vacanze primaverili, cosa che andò tutta a vantaggio della gang.
Una sera in particolare, per festeggiare l’ultima vittoria contro una gang rivale, Mikey invitò Kan da lui per la notte e lei non solo accettò di buon grado, ma si offrì anche di fare le sue posizioni preferite e si mostrò particolarmente passionale e vogliosa, probabilmente carica dell’eccitazione della vittoria. Insomma, dopo tanto tempo, era tornata la fidanzata dei sogni! Per un pochino…
Tanto esausto quanto felice, al termine del rapporto Mikey si abbandonò su di lei e affondò beatamente il viso fra i suoi seni. “Mmh sto così bene qui!” Risollevò la testa e, rimanendo col mento appoggiato, si premette le morbide rotondità contro le guance, assumendo così un aspetto buffo come quello di un criceto che ha fatto scorte di cibo!
La trovata funzionò, perché Kan si mise a ridere. “Ma che stai facendo?!”
Allora Mikey si spostò più in alto e le stampò un bacio sulle labbra. “Ti faccio ridere!” Con fare giocoso fece scontrare le punte dei loro nasi. Poi cambiò posizione per sfilarsi il preservativo e lo lanciò facendo canestro, come d’abitudine, quindi si accoccolò contro di lei. “Non voglio aspettare una settimana per rifarlo… Dormiamo insieme anche domani!”
Kan gli sorrise dolcemente e rispose con tono altrettanto zuccherino. “Ma certo, amore mio!”
Gli occhi di Mikey si illuminarono di speranza. “Davvero???”
“Sì! Tu sciogli la gang e io vengo a letto con te tutte le volte che vuoi!”
Ah ecco. Era troppo bello per essere vero. Inutile dire che l’entusiasmo di Mikey si smorzò all’istante. “Me la farai pagare fino all’ultimo eh?”
“Tsk! Ti basterebbe una parola per sistemare le cose tra di noi, se lo volessi!” Rispose amaramente lei, prima di voltargli le spalle girandosi verso la parete.
Ma Mikey non lasciò correre, era troppo contento per mettersi  a litigare, perciò le si avvicinò, le cinse il girovita col braccio e le stampò dei piccoli baci sul collo.” Su, non arrabbiarti! Sei così bella quando sorridi!” Sapeva quanto lei fosse sensibile ai complimenti e infatti, anche se cercò di non farglielo vedere, sorrise. Non si dissero altro per quella sera e presto si addormentarono cullati dall’atmosfera serena.
Il mattino dopo, Kan si svegliò ancora nel suo abbraccio e col suo respiro caldo e regolare contro la nuca. Durante la notte lo aveva sentito russare diverse volte, ma era così stanca da essere ricaduta nel sonno ogni volta. Ultimamente Mikey russava spesso…era segno che stava crescendo. Sbadigliò, era un peccato stare a letto durante le vacanze, soprattutto con le belle giornate che c’erano, perciò scivolò giù dal letto dandosi una piccola spinta morale. Dopo aver indossato un pigiamino giusto per coprirsi, scelse un vestito dalla stampella e recuperò un paio di mutandine dal cesto dove erano anche quelle di Mikey. Anche se adesso si fermava lì solo una volta a settimana, era sempre bene avere tutto il necessario. Quando entrò in casa non incrociò nessuno, quindi andò dritta a farsi una doccia e sistemarsi per essere presentabile.
“Buongiorno nonno! Buongiorno Emma!” Salutò allegra, entrando in cucina.
Il nonno era seduto a tavola e stava guardando un notiziario alla tv, mentre Emma stava lavorando ad un impasto, mescolando energicamente con la frusta.
“Buongiorno Kan! Sto preparando dei pancake! Ti vanno?”
“Buonissimi! E possiamo metterci sopra lo sciroppo d’acero che ho portato l’altra volta!”
“Ottima idea! Ah, ci pensi tu alla colazione di Mikey?”
“Sì, tranquilla!” Tirò fuori una padella e poi andò al frigorifero a prendere tre uova e due strisce di pancetta. Erano poche le volte in cui Mikey mangiava riso come voleva la tradizione giapponese. “Dunque…non vuole l’occhio di bue, quindi le strapazzo e le cucino per bene.” Bisbigliò tra sé, prendendo una ciotola e una frusta più piccola di quella che stava usando Emma.
“Sei brava a stare al passo con tutti i capricci di mio fratello! Io preferisco mandarlo a quel paese!” Disse Emma, ridacchiando.
“Diciamo che ci ho fatto l’abitudine! E poi, grazie alle vacanze, mi sento piena di energie e sono felice di venire qui ad aiutare!”
In quel momento il telefono di Emma vibrò sopra il ripiano accanto al fornello. Lei posò la terrina con l’impasto per leggere il messaggio e rispondere. Nel frattempo, Kan strapazzò le uova e cominciò a cucinare la pancetta. Il telefono di Emma vibrò ancora e di nuovo lei rispose al messaggio, sorridendo.
“Chi ti scrive?” Domandò Kan, versando il liquido giallo arancio dentro la padella.
“Ehm… E’ Draken…”
“Che? Mio fratello?”
Emma abbassò lo sguardo timidamente. “Vedi…ogni tanto ci piace messaggiare… Anche per piccole cose! Magari ci diamo il buongiorno o la buonanotte, cose così!”
Kan notò un lieve rossore sul viso di lei. Cosa diamine significava? Cioè, sapeva che loro avevano i rispettivi numeri da quando Emma era diventata abbastanza grande da avere un cellulare tutto suo, però non capiva da dove saltasse fuori questa storia dei messaggi! Faceva tanto fidanzatini… Ma non lo erano!!! Giusto? Draken ne le aveva detto niente e poi, figurarsi se era interessato a una ragazzina! E poi era la sorellina di Mikey, il suo migliore amico! Be’…ok era pur vero che lo stesso Mikey era fidanzato con la sorellina del proprio migliore amico…ma era una cosa diversa! Diversissima!! E intanto il telefono continuava a vibrare ed Emma continuava a rispondere e i pancake già in padella fumavano… Di cosa stavano parlando quei due?
“Insomma, Emma, così brucerai tutto! Non riesci a concentrarti su quei pancake per cinque minuti?” La rimproverò, presa da una gelosia improvvisa.
Emma si fece mogia, stringendosi nelle spalle, e ripose il telefono nella tasca del grembiule. “Scusa… Hai ragione, ora devo preparare la colazione…”
Cavoli, era stata troppo dura con lei? Quelle parole le erano uscite senza controllo e adesso non aveva il coraggio di voltarsi per vedere l’espressione del nonno. Magari non ci aveva fatto caso? Però aveva ragione lei! Insomma, l’opzione di Emma con suo fratello non doveva proprio esistere!  Quel flusso di pensieri venne interrotto quando si sentì afferrare i fianchi e una sagoma calda le si posò contro la schiena. Era Mikey.
Le parlò con voce fortemente assonnata. “Il letto stava diventando freddo senza di te… E poi il mio stomaco ha cominciato a brontolare…”
“Ah… La colazione è pronta!” Spense la fiamma e diede un’ultima mescolata al tutto. Era nervosa e non era sicura di riuscire a nasconderlo. Prese la padella per il manico e versò pancetta e uova strapazzate nel piatto. “Ecco qua!”
Mikey fece capolino con la testa da dietro di lei e aguzzò gli occhi mezzi addormentati, ma subito li spalancò nel vedere il contenuto del piatto. “E’ tutto cotto come piace a me! Sei fantastica, amore!”
“Anche i pancake sono pronti…” Disse Emma. Aveva un’aria triste, se Mikey se ne accorgeva avrebbe cominciato a farle domande e poi sarebbe stata lei a fare una brutta figura, accidenti. Meglio intervenire subito. Kan sfoggiò un sorriso gentile e le fece una carezza sulla testa. “Brava, Emma! Porto io il vassoio in tavola, tu vai all’altra credenza a prendere la bottiglia dello sciroppo!”
Tra le varie opzioni, c’era anche quella che avesse frainteso la situazione e che i messaggi tra lei e suo fratello fossero solo amichevoli. Anzi, doveva essere così per forza! Non aveva motivo di preoccuparsi! O no?

Continua nel Capitolo 15: [Toxic]
I sospetti di Kan saranno fondati...? Cos'altro succederà ancora?

Pubblicità!!! Siete fan della BajiFuyu? Vorreste una storia dedicata a loro per vedere nel dettaglio come si sono innamorati e come vivono quotidianamente l'amore e come affrontano i problemi? Il vostro sogno...l'ho già realizzato io! "Baji x Chifuyu - Another Bloody Halloween", storia completa in 5 capitoli e con lieto fine. Potete leggerla a questo link: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3997833&i=1
Trama: 
Cambiare il passato può avere ripercussioni inaspettate sul futuro, questo Takemichi lo sa bene. Ma nemmeno lui poteva immaginare di ritrovarsi in una linea temporale in cui Chifuyu è un ragazzo intersessuale... Quel dannato 31 ottobre 2005, Baji era morto fra le braccia di Chifuyu, senza sapere che lui portava in grembo suo figlio.
Ottobre 2021. Unmei è un adolescente ribelle, Comandante di una gang, ha un pessimo carattere, è segretamente innamorato di Kazutora pur avendo una relazione di letto col migliore amico Blitz (figlio di Smiley) e ha il cuore a pezzi nel vedere sua madre Chifuyu soffrire ogni anno. Quando scopre per caso che Takemichi può viaggiare nel tempo, gli ordina di andare a salvare suo padre Baji per creare un nuovo futuro ma...con la stretta di mano si ritrova anche lui nel passato! Interagire con i suoi giovanissimi genitori, col suo amore Kazutora, con zio Taka, con Draken e perfino con un Mikey indemoniato sarà un'esperienza decisamente fuori dalle righe, dove non mancheranno drammi, delusioni ma anche momenti bizzarri e felici (e triangoli amorosi di varia natura)!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Chapter 15: [Toxic] ***


Chapter 15
[Toxic]
 
E così un nuovo anno scolastico era cominciato… E lui si stava gasando alla grande, senza avere nessuna intenzione di smettere o di abbassare la cresta! Pff! La cresta! Quella non ce l’aveva più da tanto tempo e ancora sorrideva nel pensare a quando la portava. Poi aveva incontrato Baji, aveva fatto di tutto per entrare nelle sue grazie e alla fine aveva detto addio al gel per capelli! Ora, a distanza di un anno, camminava fiero per i corridoi della scuola seguito da saluti, qualche inchino e frasi come “Quello è Matsuno Chifuyu del 2° anno! Vicecapitano della Prima squadra della Tokyo Manji Gang! E’ un gran figo!” E lui che dentro di sé gongolava contento, come un bambino a cui avevano appena detto di essere nella lista dei buoni di Babbo Natale! Ah ma non era la popolarità ad interessargli, chiariamo. Ogni frase che sentiva, lui l’associava a Baji, perché essere ben visto e ammirato da tutti, secondo lui portava lustro anche alla figura di Baji. Era il suo Capitano, il suo eroe, il suo migliore amico e…
“Eccomi, Baji-san!” Gridò allegro, entrando nell’aula.
Seduto ad un banco tra le prime file, con le pile di libri e dizionari attorno, si voltò verso la porta, mostrandosi coi soliti occhialoni in stile fondo di bottiglia e i capelli legati in una bassa coda. “Oi.”
Gli occhi di Chifuyu si illuminarono come diamanti, solo perché il ragazzo che amava gli aveva rivolto la parola. Lo raggiunse levitando a un metro da terra, sostenuto dalle alucce d’angelo che ormai si era convinto di avere a furia di sentirselo dire da Kan!
Baji ficcò i fogli degli appunti sotto al banco e tutto il resto lo piantò lì, fregandosene, visto che i compagni non gli avevano mai fatto rimproveri e lo trattavano con i guanti di velluto. I Professori ancora si chiedevano PERCHE’.
“Andiamo a prenderci quelle crepes, come d’accordo?”
“Mh!” Chifuyu non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, e che spettacolo quando si allontanavano dalla scuola e Baji faceva la sua mossa alla Clark Kent togliendosi gli occhiali! E poi il modo in cui agitava i lunghi capelli ondulati dopo aver sfilato l’estatico, awww!!! Lo faceva innamorare ogni singola volta. Ma quel giorno la fortuna era proprio dalla sua parte, se gli aveva permesso di stare appiccicato a lui anche nel treno affollato. Il cuore gli batteva forte nel sentire il suo odore così vicino, il suo respiro contro i capelli, le loro giacche che si sfioravano in alcuni punti e le loro mani che potevano sfiorarsi da un momento all’altro. Cose di questo tipo erano successe molte altre volte, senza contare che da quando stavano insieme si baciavano spesso, però…come faceva a non emozionarsi se adorava tutto di lui?
Scesero alla stazione di Shibuya e in breve raggiungevo una gelateria che di recente stava promuovendo una nuova specialità, per l’appunto delle crepes. Entrambi le scelsero con ripieno di gelato al cioccolato, mentre per arricchire, Baji preferì una spruzzata di scaglie fondenti e Chifuyu un doppio strato di panna montata.
“Soldi spesi bene! Dobbiamo tornarci!” Sentenziò Baji, soddisfatto del dolce già ai primi morsi.
“Vero, è buonissima!” Confermò Chifuyu, sbafandosi tutto in velocità! Si accorse che Baji lo stava guardando con un mezzo sorriso disegnato sulle labbra. “Che c’è?”
Baji si guardò attorno. “Vieni con me.” Lo condusse poco più in là, in una piccola rientranza all’angolo di un locale e gli si parò davanti come a fargli da scudo.
Chifuyu sgranò gli occhi. “Sul serio, che c’è?”
Baji avvicinò il viso al suo e gli diede una leccata appena sopra il labbro. “Avevi un fiocco di panna!” Lo informò, sorridendo.
“Ah ok…” Porca miseria gli era mancato un battito!!! Lo aveva fatto davvero? Cioè, pensava che stesse per baciarlo, ma anche così era stato fantastico! Ma ehi…il suo viso si stava avvicinando di nuovo quindi…adesso era il momento del bacio? Oddio sì- “Kei?”
Momento magico interrotto. Anche se con lui davanti non riusciva a vedere, sapeva di chi si trattava, poiché al mondo c’era un’unica persona a chiamarlo in quel modo. E l’espressione accigliata di Baji ne fu la conferma.
“Chifuyu, andiamocene.” Disse secco, afferrandolo per un braccio.
Fecero giusto un passo prima che lei lo richiamasse. “Aspetta, Kei!” Dal tono sembrava che stesse per mettersi a piangere. E infatti era così, Kan aveva gli occhi lucidi. Aveva allungato la mano, ma poi si era fermata come se fosse intimorita a toccare Baji. “Per favore, parlami!”
Dopo quella volta del pubblico rimprovero al raduno, Baji si era rifiutato di rivolgerle la parola e aveva ignorato ogni suo tentativo di riappacificazione. L’aveva ferito nell’orgoglio e lui gliela stava facendo pagare cara. Nemmeno Chifuyu era riuscito a convincerlo e gli dei sapevano quanto avrebbe voluto vederli andare d’accordo…
“Baji-san…almeno ascoltala…” Un altro tentativo non poteva nuocere. Più o meno, a parte ricevere un’occhiataccia da parte sua.
Alle loro spalle, Kan parlò di nuovo. “Non puoi odiarmi per così poco, te ne rendi conto? Mikey ti ha detto di molto peggio in questi anni!” Si morse le labbra, attaccarlo non era la tecnica giusta. “Io ho bisogno di quella maschera, capisci? Preferirei farmi ammazzare piuttosto di stare nella gang! Invece sono costretta! Lo sai quanto è abile Mikey ad obbligare gli altri a fare quello che vuole lui!”
Fu un attimo. Dapprima Chifuyu sentì la mano di Baji tremare e, quello dopo, la mezza crepes che aveva nell’altra mano era spiaccicata ai piedi di Kan, con tanto di schizzi di cioccolato sulle scarpe, sui calzini e sulle gambe. La gonna della divisa scolastica si era salvata per miracolo.
La voce di Baji divenne un ringhio. “E’ questo che più mi fa incazzare di te. Il modo di merda in cui tratti Mikey.”
Sia Chifuyu che Kan rimasero come paralizzati per quel suo atto rabbioso inaspettato.
“Quel ragazzo è innamorato perso di te dal primo momento in cui ti ha vista! Lo ricordi il giorno in cui hai conosciuto tuo fratello, no? Io e Mikey vi abbiamo lasciati da soli e siamo andati a casa sua. Lì Mikey mi ha detto che tu eri il suo tipo, anche se non sapeva niente di te! Si è fatto il mazzo per conquistarti! Cazzo! E tu hai mai provato a ricambiare sinceramente quel sentimento?”
“Io…” La voce le morì in gola, da quanto era turbata.
“Se ti fa così schifo stare con lui, sparisci dalla sua vita, stronza!”
Allora fu Chifuyu ad afferrarlo per il braccio e a supplicarlo di smetterla. “Adesso basta, Baji-san!”
“Taci! E’ ora che qualcuno le dica quanto ha rotto il cazzo!”
“Lo hai fatto, ok? Adesso andiamo via!” Provò  a tirarlo a sé, ma fu solo perché lui si lasciò trascinare che poterono andarsene, altrimenti non sarebbe mai riuscito a smuoverlo da lì.  Chifuyu volse un momento il capo e si rivolse all’amica. “Perdonaci, Kan! Più tardi ti scrivo!”
Svoltarono al primo angolo e camminarono per un buon tratto prima che Baji si liberasse con uno strattone. “E lasciami!”
“Scusa se te lo dico, Baji-san, ma prima hai esagerato…”
“Perché cazzo la difendi?” Lo aggredì lui.
Chifuyu strinse i pugni e gli tenne testa. “Perché a me lei piace! E’ un’amica gentile! E i suoi abbracci sono pieni di calore! Non è affare nostro se ha problemi col suo ragazzo!”
“Tsk! Piace proprio a tutti quella! Capisco gli etero che ragionano con l’uccello, ma tu non lo sei!”
Fermi tutti. “EH?”
“Tu…insomma…sei gay come me, no?”
Era un discorso che non avevano mai affrontato nel dettaglio e Chifuyu non sapeva bene cosa rispondere, così su due piedi. E questo fu un guaio.
Baji insistette. “Tu stai con me perché non ti piacciono le ragazze!”
Veramente le cose non stavano così…
“Ecco, Baji-san… Tu mi piaci. Ma a me piacciono le ragazze, non sono…” Si sentì morire nel vedere lo sguardo di lui. Lo aveva ferito?
“Quindi ho frainteso.” Bisbigliò Baji.
“No! Tu mi piaci davvero! In tutti i sensi!”
“Basta.” Lo liquidò lui, voltandogli le spalle.
*
 
Anche se era difficile da credere, una delle passioni segrete di Mikey era quella di sedersi sulla rientranza della finestra in camera di Draken e stare lì ad osservare l’incrocio della stazione che si riempiva come un formicaio e poi si svuotava nel giro di pochi secondi. Comodo e tranquillo alla finestra aperta, col vento che gli agitava piano i capelli, si sentiva come un dio al di sopra di tutto.
“Ehi Mikey, mia sorella ti ha detto cosa doveva fare dopo la scuola?” Domandò Draken, sdraiato sul letto a leggere l’ultima uscita della sua rivista preferita sulle moto.
Mikey rispose semplicemente “No…”.
In quel momento SBAM!, era bastato nominarla per farla arrivare! Già il fatto che avesse sbattuto la porta fu un chiaro segnale di pericolo, ma anche il suo aspetto lasciava intendere quanto fosse incazzata!
Draken posò la rivista e scattò in piedi. “Che succede? Che hai fatto lì sotto?”
Mikey fece un piccolo balzo giù dalla finestra e aprì la bocca giusto per dire una cazzata. “Ti è venuto un attacco di cacarella e non hai fatto in tempo a raggiungere il bagno?”
Pessima idea. Kan era entrata in stanza tenendo in mano le scarpe di scuola macchiate e, dopo quella frase idiota, le lanciò con forza addosso a lui. Peccato che Mikey schivò e le scarpe finirono dritte fuori dalla finestra!
“E’ cioccolata, pezzo di deficiente!!!” Strillò lei, a pieni polmoni.
Esterrefatto, Draken la guardò con occhi sbarrati. “Che cazzo hai fatto, sei impazzita?”
“Ken, lasciaci soli.” Tagliò corto lei.
“Ma ch-?”
“Ken-chin, vai. Me la cavo da solo.” Gli disse Mikey, senza battere ciglio.
Nell’aria c’era odore di omicidio, forse non era una buona idea andarsene… “Siete sicuri? Magari possiamo parlarne con calma.”
Venne ignorato, gli sguardi dei due erano come incollati e poco mancava che facessero scintille.
“Quel cazzone del tuo amico d’infanzia mi ha offesa davanti a tutti e mi ha lanciato addosso la merenda!” Era sottinteso che si trattasse di Baji.
Con assoluta tranquillità, Mikey chiese: “Perché lo ha fatto?”
“Per colpa tua, stronzo!” Con una falcata lo raggiunse e gli diede una ginocchiata sullo stomaco, così improvvisa e potente, che lo fece cadere in ginocchio. “Adesso lecchi, bastardo!”
Draken era talmente incredulo che non mosse nemmeno e rimase a fissare anche se non avrebbe voluto. Cosa stava succedendo?
Per quanto riguarda Mikey, la prima cosa a cui pensò era che doveva lavorare di più sugli addominali, se perfino la sua ragazza era riuscita a metterlo in ginocchio con un colpo solo! La seconda cosa, invece, fu di accontentarla. Controllò la situazione, entrambi i calzini erano scesi alle caviglie, perciò gli schizzi di cioccolata avevano colpito buona parte delle gambe.  Chinò la testa e cominciò a leccare da quella di destra, passando la lingua per ripulire la sua pelle color latte. La cioccolata aveva un buon sapore, sarebbe stato un peccato sprecarla, e poi quello che stavano facendo più che umiliante era erotico. Leccata dopo leccata arrivò al ginocchio, per poi dare un colpo di lingua nella zona subito sopra. Alzò gli occhi su di lei.
“Cos’hai da guardare?” Lo rimproverò Kan, prontamente, prima di afferrarlo per i capelli. “Ti stai divertendo?”
Il sorriso provocante di lui, unito alla risatina gutturale, disse più di mille parole! Insinuò una mano sotto la gonna e con gesto rapido le abbassò le mutandine. Mh…forse è doveroso precisare che Draken si era dileguato da un po’, avendo capito l’antifona, solo che i due non avevano fatto caso alla porta che veniva chiusa con una certa fretta, tanto erano presi da quel giochino…
Anche se Mikey aveva letteralmente i capelli nel suo pugno, non se ne curò e procedette sollevandole la gonna ai fianchi. Si leccò le labbra e parlò a se stesso, compiaciuto. “Buon appetito a me!”
Non per dire, ma Mikey era uno che ci sapeva fare. L’arte del piacere carnale aveva ben pochi segreti per lui, sia per gli ‘studi approfonditi’ delle 48 posizioni, sia perché ultimamente aveva preso il vizio di sfogliare assieme a Pah le riviste porno di cui l’amico andava molto fiero.
Era piacevole. Cazzo se lo era! Kan non poteva negarlo. Le ci volle un po’ per ricordarsi di essere arrabbiata e allora gli diede una bella tirata di capelli. “Tu! Chi ti ha dato il permesso?”
Con nonchalance, Mikey si sbottonò i pantaloni e mise in mostra l’erezione bella e pulsante. Kan maledì se stessa per essere così debole. L’ultima cosa che voleva era dargli soddisfazione, eppure, nel giro di tre secondi si ritrovò fra le sue braccia. Aveva voglia di prenderlo a pugni da quanto era figo in quel momento!!!
Mikey le stuzzicò il collo con la lingua e risalì piano fino ad arrivare al lobo dell’orecchio. “Eliminiamo la regola di una volta a settimana?” Bisbigliò.
“Mh? Che stai dicendo?”
Sentì le sue mani afferrarla per i fianchi e all’improvviso lui diede un colpo di bacino per penetrarla fino in fondo, facendola gridare di piacere.
“La eliminiamo? Mh?” Aumentò il ritmo, facendola gemere ancora di più, neanche fossero nel bel mezzo di una gara con le ragazze che stavano lavorando nelle altre stanze!
“E’ un sì? Amore?” Continuava a chiederglielo, senza darle tregua.
Kan non stava capendo più niente, era ancora arrabbiata con lui, ma quel piacere era immenso e…la voce le usciva sempre più acuta dalla gola.
“Dimmi di sì!” Insistette lui. E vinse. Con un altro colpo a fondo le fece raggiungere l’orgasmo e lei finì col gridare un ‘sì’ ancor prima di rendersene conto.
Sfinita, si adagiò contro di lui, la testa sulla sua spalla, mentre Mikey l’avvolgeva in un abbraccio.
“Ti sono venuto dentro, scusa…”
“Dopo mi farò dare una pillola dalle ragazze…”
Era stato un fallimento totale. E Baji aveva il coraggio di dire che era lei a trattare Mikey di merda.
*
 
“Da quel giorno non ci siamo più baciati… Non so nemmeno se stiamo ancora insieme…” Chifuyu parlava a voce bassa, quasi avesse timore di farsi sentire proprio dalla persona di cui stava parlando. Lo sguardo rivolto a quel soffitto che ora sembrava così diverso, rispetto a quando era steso sul letto assieme a Baji… Quando lui gli baciava il collo e gli accarezzava la pelle al di sotto dei vestiti… Quei momenti in cui a Chifuyu veniva naturale guardare il soffitto bianco, mentre piacevoli emozioni si estendevano per tutto il corpo. Però che cavoli, non riceveva la minima considerazione da parte della sua interlocutrice! Excalibur da un po’ ronfava sulla pancia di Kan, così forte da ricordare il rumore di un tir! E lei che cercava di non ridere coprendosi la bocca con la mano! Nessuna sorpresa se ad un certo punto Chifuyu le inviò delle dark vibes con tutto se stesso!
Per fortuna lei se ne accorse e rimediò subito. “Scusa, angioletto! Giuro che mi dispiace per tutto!”
“Non mi sembra.”
“Ti dico di sì! Non preoccuparti, ci penso io! Ho intenzione di bombardare Kei di messaggi, fino a quando non tornerete ad essere dei piccioncini che tubano!”
Le guance di Chifuyu si velarono di un lieve rossore. “Noi…non siamo così… Cioè, Baji-san non è un tipo romantico…”
“E allora mi faccio prestare una camera dalle ragazze, lego Kei al letto e ti lascio fare quello che vuoi con lui per una notte intera!”
E allora la faccia di Chifuyu divenne paonazza e il cuore gli balzò praticamente in gola!
“E dai, non vergognarti! Non c’è niente di male a voler fare cose zozze col ragazzo che ami!”
Era stato un pomeriggio parecchio comico, non c’è che dire! Salvo quest’ultima idea pazza che lui aveva rifiutato, alla fine Kan era davvero riuscita a convincere Baji a sistemare le cose con lui e così la coppietta era tornata quella di sempre. Poi vabbè, non è che quei due andassero in giro a sbandierare la loro relazione, ma per lei che ne era al corrente era un sollievo vederli andare di nuovo d’accordo. Inoltre amava essere la confidente sentimentale di Chifuyu, che fossero lì nella stanza di lui, sulla panchina di un parco o in una pasticceria, ascoltare i retroscena della loro storia d’amore in un qualche modo l’aiutava a riempire un po’ quel vuoto che aveva dentro. Tra lei e Mikey le cose non si erano affatto sistemate. Essere di nuovo affiatati nel sesso non significava che avessero cancellato i problemi tra loro. Fatalità…
“Ehm…cosa significa questo?”
Il giorno del suo quindicesimo compleanno, dopo aver festeggiato prima con alcuni amici e in serata con la famigliola del centro massaggi, di punto in bianco si era ritrovata davanti ad una stanza dove erano state portate le sue cose, quelle che fino al mattino erano nella camera di suo fratello.
“Tutte noi abbiamo pensato che fosse il momento di farti avere una camera tutta per te!”
“Alla tua età non sta bene che tu dormi ancora con tuo fratello. Ci sono dei limiti!”
“Così puoi invitare il tuo ragazzo! Qua dentro potete fare tutte le cosacce che volete!!!”
“E soprattutto abbiamo avuto il permesso del Direttore e della signora Toku!”
Draken era rimasto in disparte, spalle al muro e braccia incrociate al petto, ma vedendo la sorella in difficoltà decise di intervenire. “Ragazze, è il momento di tornare al lavoro! Forza! Prima che Masaway venga qui a riprendervi di persona!”
Come sempre, le sue parole furono accolte con sbuffi e una serie di lamentele, ma poco alla volta obbedirono e si ritirarono per svolgere le loro ‘mansioni’, restituendo così il silenzio e la pace al corridoio.
Visto che Kan restava ferma immobile, Draken la prese per mano e la condusse all’interno di quella stanza. Era un ambiente molto carino a vedersi. Da un lato c’era un ampio armadio che aspettava solo di essere riempito di decorazioni floreali; dal lato della finestra c’era una lunga tenda rosa tenue con effetto semitrasparente e un tavolino sottile dove al momento erano stati messi i suoi cosmetici e la macchina fotografica; sul terzo lato c’era l’ampia vetrata offuscata, a cui si accedeva ai servizi e alla doccia. Per finire, sull’ultimo lato c’era un grande letto pieno di cuscini a forma di cuore e le lenzuola rosa. La base per creare la sua camera dei sogni c’erano tutte, però…
“Non vuoi più che dormiamo insieme?” Gli disse, stringendogli la mano.
Lui le diede un’occhiata e poi sospirò tristemente. “Io ero contrario a questa cosa. Sarà perché siamo gemelli, non ci vedo nulla di male in quello che facciamo... E l’età non conta. Però posso capire il loro punto di vista.”
Era questo che significa crescere? Essere visti in modo diverso dagli altri? Avere nuovi limiti invece di acquisire più libertà? Erano stati separati alla nascita a causa di una decisione discutibile della loro stessa madre, si erano riuniti dopo quasi dodici anni e adesso volevano dividerli così?
“Accetto il regalo, ma non voglio che Mikey venga qui.” Stabilì lei.
Draken fece un piccolo cenno col capo. “Non gli dirò niente.”
Dopo di che si stesero sul letto, sdraiati uno affianco all’altra, faccia a faccia. I loro sguardi amalgamati che si rassicuravano…
Draken l’avvolse in un abbraccio protettivo, stringendola al proprio petto. “Nessuno potrà mai dividerci.” Le sussurrò all’orecchio, sigillando così la promessa.
*
 
Il 25 maggio arrivò il compleanno dei gemelli Kawata. E fin qua tutto bene. Per l’occasione, organizzarono un’uscita in una sala giochi nella zona dove abitavano. E anche qua niente da dire. L’invito era rivolto a due persone ben precise, con lo scopo di formare due coppie, solo che qualcosa non andò secondo i piani e…
Appostati al bancone del bar, in un angolino per non disturbare troppo, i quattro fecero uno spuntino a base di dolcetti e bibite gassate, tutto offerto da Kan, come ringraziamento per l’invito. In realtà aveva già dato loro i regali di compleanno, consistenti in due bracciali in corda nera  con perline colorate, azzurre per Angry e arancioni per Smiley. Tornado al resto, il break coi dolci serviva più che altro a ricaricare le batterie per riprendere a giocare, però, a dirla tutta…
“Souya, fai aaaaaaamh!” Kan avvicinò il cucchiaio con sopra una generosa porzione di crema pasticceria e acini d’uva e lo imboccò come fosse stato un bambino. Cosa che Angry in effetti sembrava, con quegli occhioni blu e le guanciotte che si gonfiavano masticando!
“Awww ti adoro!” Kan era in estasi per la pucciosità e non resistette all’impulso di schioccagli un bacio sulla guancia, facendolo arrossire un po’.
E no che Smiley si mise subito in mezzo con un abile stratagemma. “Anche io voglio un bacio!!! Sono il festeggiato al pari di lui!”
Kan stette al gioco. “Hai ragione, Nahoya! Rimedio subito!” Si avvicinò alla sua guancia e, chiusi gli occhi, sporse le labbra per dargli il bacio, ma ecco che quell’approfittatore si voltò di scatto e così ricevette il bacio dritto sulle proprie labbra.
Lei ovviamente se ne accorse e, seppur ridendo, lo rimproverò. “Che scemo che sei!!!”
“Ho un sacco di arretrati! Eh eh!” Si giustificò Smiley, mettendosi in posa da figo col gomito poggiato al bancone e le caviglie accavallate.
“Ah sì? Peccato che il resto non lo avrai!” Gli rispose per le rime lei, quindi terminò in bellezza facendogli la linguaccia! Poi diede un altro bacio ad Angry, così per ripicca, e continuò.
Smiley, trovandolo altamente ingiusto, esplose in un sonoro “EEEH???”, mentre Angry, più rosso di prima, la lasciava fare e segretamente ne gioiva!
In tutto questo, il quarto del gruppetto se n’era rimasto in disparte e ora se ne stava lì in piedi, zitto e fermo, con una Cola in mano, ad osservare il teatrino con la faccia di uno che avrebbe voluto scappare via all’istante. “Adesso capisco perché Yuzuha ha rifiutato l’invito e l’ha passato a me. Sleale!!!” Pensò tra sé Mitsuya, deciso più che mai a dirgliene quattro alla prima occasione, visto che era stato palesemente fregato.
“Se continuate così vi butteranno fuori!”
Non fu Mitsuya a dirlo, ma un ospite inaspettato. Altrimenti detto, Draken ed Emma arrivarono insieme, con gran sorpresa dei presenti. “Siamo venuti a fare gli auguri ai festeggiati!”
Dopo un primo scambio di auguri e ringraziamenti (e un tentativo fallito di Smiley di rimorchiare Emma. LOL!), Kan porse loro una domanda più che legittima. “Come mai Mikey non è con voi?”
I due si scambiarono un’occhiata e poi Emma ripose ridacchiando. “Ha detto che non aveva voglia di vederti sbaciucchiare un altro per tutto il tempo!”
“E come faceva a saperlo?”
Le risate si levarono in contemporanea, perfino da parte di Angry, e la cosa la mise in soggezione. “Sono una ragazza affettuosa, non rompete!” Li rimbeccò. Poi ordinò degli altri dolcetti e altre bibite per i nuovi arrivati e la festa riprese allegramente. Anzi, nel caso di Mitsuya la festa cominciò in quel momento, grazie all’arrivo del caro amico!
“Che ne dici di una sfida a Street Fighter?” Gli propose Draken, dandogli un’amichevole gomitata sul braccio.
“Scommetto che tu sceglierai Ken come combattente!”
“Sarebbe strano il contrario!”
Mitsuya adorava quei momenti in sua compagnia e soprattutto adorava il suo sorriso e la semplicità con cui scherzava, quando invece nei raduni o durante i combattimenti era la serietà fatta persona. Fin dal loro primo incontro da bambini, aveva capito che Draken era la persona più buona e altruista che ci fosse al mondo. Anche una cosa banale come sfidarsi a un vecchio videogioco, per lui era un momento da portare nel cuore.
Intanto, poco più in là, proseguivano le fanfaronate del trio di scemi capeggiati da Kan! Dopo aver fatto accomodare i gemelli davanti ad uno dei tanti videogiochi di astronavi e alieni, se ne uscì con una trovata. “Chi di voi due arriverà per primo a dieci vittorie, come premio riceverà delle coccole speciali da parte mia!”
Smiley la guardò dubbioso, con quei suoi occhietti perennemente socchiusi. “Cioè ci toccherai in posti dove non batte il sole?” E ovviamente si beccò un pugno in piena testa, con una potenza tale che nemmeno la folta capigliatura riuscì ad attutirlo.
“Ti sei appena auto eliminato, maiale.” Lo informò lei, a denti stretti.
“Aaaaaah no dai, scherzavo! Voglio giocare!”
Essendo la sua festa di compleanno, sarebbe stato ingiusto portargli rancore…e allora via! Insomma, tutto procedeva bene, i ragazzi si stavano divertendo e dopo una mezzoretta Kan iniziò a pentirsi della gara che aveva proposto, vedendo che Smiley stava vincendo 3 a 1… Le bastò buttare l’occhio altrove per cambiare completamente umore. Già da prima aveva notato che Emma era rimasta assieme a Draken e Mitsuya, in mezzo a loro due ad osservare i combattimenti sullo schermo e supportarli a turno, e non ci aveva trovato nulla di strano. Ma perché poi si era spostata dal lato opposto, dalla parte di Draken? E perché la sua mano era posata sulla sua spalla? E perché era così sporta sul suo viso? E soprattutto, perché le sue tette enormi si stavano strusciando contro il braccio di lui??? Non era la prospettiva ad ingannarla, quella si era davvero appiccicata a suo fratello in un modo indecente! Ma che voleva? Era quasi una bambina, anche se aveva quelle tette! Che poi, quando le erano cresciute così? Era appena entrata in 2a media! No ok, non era il momento di pensare a quello, adesso doveva allontanarla da lì ad ogni costo.
Abbozzò una frase di giustificazione ai gemelli e si precipitò come un falco da quella là. L’afferrò per un braccio senza la minima delicatezza e, fregandosene del suo sguardo sorpreso, le disse chiaramente: “Vieni al bagno con me, Emma.” Non le diede il tempo di replicare, se la trascinò dietro fino a quando non furono entrate nel bagno delle donne, poi, una volta lì, la spinse contro il muro e le sbarrò la strada col braccio. Un kabedon, ma non del tipo romantico.
“Dimmi subito cosa diavolo stai facendo.”
Imbarazzata, Emma distolse lo sguardo. “Il fatto è che…Ken…”
Kan trasalì. “KEN??? Cos’è questa confidenza? Lui per te è Draken!”
“Sono innamorata!!!” Lo disse con decisione, ad alta voce e sostenendo lo sguardo di lei.
“Non farmi arrabbiare, Emma.”
“Perché? Tu sei fidanzata con mio fratello. Che male c’è se a me piace il tuo?”
“Che mal-? Pff!” Le uscì una risatina amara, seguita da parole dure. “Voi Sano siete tutti così? Vi divertite a mettere una catena al collo delle persone? Eh?”
Lo sguardo di Emma si fece confuso. “Cosa stai dicendo?”
“Ho una notizia per te, stronzetta! Ken mi ama più di chiunque altro! E ha detto che nessuno potrà mai dividerci! Quindi mettitela via e cercati un’altra vittima!” Si scostò e fece per andarsene ma, dopo aver aperto la porta, si voltò a guardarla. “Da questo momento siamo nemiche. E se ti azzardi ad andare a frignare da qualcuno, ti farò rimpiangere di essere nata.”
*
 
Il povero gamberetto sembrava soffrire la solitudine, lì da solo in quel bento vuoto e di un triste colore nero. I suoi amici se n’erano andati uno ad uno, alternati a bocconi di riso, di tempura o di verdurine, e così si era ritrovato circondato dal nulla. Non poteva resistere a lungo, quella non era una vita degna di tale nome. E poi avvenne un miracolo. Le stesse bacchette che avevano portato via i suoi amici, si abbassarono su di lui e lo afferrarono, senza stringere troppo, per poi sollevarlo in aria. Era giunto il suo momento, finalmente. Il suo sguardo incontrò quello della creatura umana che stava per mangiarlo. Gli occhi erano buoni e gentili. Anche se lui non poteva parlare, la ringraziò attraverso un luccichìo degli occhietti neri e tondi, allora lei gli sorrise e se lo portò alla bocca. Fine.
“Mi perdoni la domanda indelicata. Devo preoccuparmi?”
Kan strabuzzò gli occhi. “Come dice?”
“Ha inventato sul momento una commovente storia con protagonista un gamberetto in agrodolce, parte del bento che ha appena mangiato.” Non voleva essere un rimprovero, più che altro era rimasto sorpreso da una cosa così insolita.
Kan lasciò una leggera risata. “Ah mi scusi! Sto parlando da diverse ore e non riesco a fermarmi!” Posò le bacchette in legno sopra il bento vuoto e poi spostò il tutto a lato della scrivania, dove l’uomo aveva poggiato anche le proprie cose del pranzo appena consumato. In teoria a breve sarebbe arrivata la segretaria a potare via tutto.
“Riprendiamo?”
“Sì! Adesso che ho mangiato mi sento di nuovo piena di energie!”
L’uomo accennò un sorriso. “Devo ammetterlo, già alla prima lettura del suo fascicolo preliminare avevo intuito che sarebbe stato interessante occuparsi del suo caso!” Diede un colpo di tosse e si fece nuovamente serio, quindi riprese in mano la cara stilografica, a cui probabilmente avrebbe dovuto cambiare la cartuccia d’inchiostro il giorno seguente, e si rimise al lavoro. “Sono in dovere di chiederle a cosa fosse dovuto quell’astio improvviso nei confronti di Emma Sano.”
Kan abbassò lo sguardo. “Immagino che con questa domanda stia alludendo ad un mio coinvolgimento nel terribile fatto avvenuto il seguente febbraio… Crede che sia coinvolta nell’omicidio? No, non me lo dica. Parleremo anche di quello, al momento giusto.” Si bagnò le labbra con la punta della lingua e riprese a parlare. “Rispondendo alla sua domanda… Negli anni ci ho pensato alcune volte e sono arrivata alla conclusione che, semplicemente, la me stessa quindicenne non sopportava l’idea che un’altra ragazza le sottraesse il fratello. Insomma, era gelosia e basta.”
“Ammetterlo è già un grande passo avanti.”
“Vede, in quel periodo sentivo tanto la stretta di Mikey su di me e temevo che anche Emma volesse fare lo stesso con mio fratello. Capisce cosa intendo?”
“Se sta cercando di chiedere la mia opinione personale, dovrò deluderla. Le regole me lo vietano.” Rispose secco lui, poi però la guardò si sottecchi da sopra le lenti degli occhiali e cambiò tono. “Se invece fingiamo di non trovarci in questo studio e che io sia solo un estraneo incontrato per la strada e con cui si è fermata a fare due chiacchiere…allora posso dirle che, ascoltando le sue confidenze, io credo che avrebbe dovuto lasciare Sano Manjiro il giorno in cui l’ha forzata a fare parte della gang e indossare una divisa che lei odiava già palesemente.”
Kan ridacchiò. “Sa che mi piace questo suo lato?” Prese un respiro profondo e tornò a concentrarsi. “Ora comincerò a parlarle di ciò che accadde quell’estate del 2005. Precisamente, partirò dai primi di  luglio, il periodo in  cui entrò nella vita di Mikey, di Ken e di tutti i nostri amici, un individuo che non mi è mai andato a genio.”
“L’ascolto.” Confermò l’uomo, facendole un cenno col capo.
Kan si sporse leggermente in avanti, la mano appoggiata al bordo della scrivania e il fuoco negli occhi. “Di tutte le persone che ho conosciuto nella mia vita, l’unica per cui non ho una sola buona parola da spendere, è lui. Hanagaki Takemichi.”




Continua nel Capitolo 16: [Shades Of Betrayal]!


 
Pubblicità!!! Siete fan della BajiFuyu? Vorreste una storia dedicata a loro per vedere nel dettaglio come si sono innamorati e come vivono quotidianamente l'amore e come affrontano i problemi? Il vostro sogno...l'ho già realizzato io! "Baji x Chifuyu - Another Bloody Halloween", storia completa in 5 capitoli e con lieto fine. Potete leggerla a questo link: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3997833&i=1
Trama: 
Cambiare il passato può avere ripercussioni inaspettate sul futuro, questo Takemichi lo sa bene. Ma nemmeno lui poteva immaginare di ritrovarsi in una linea temporale in cui Chifuyu è un ragazzo intersessuale... Quel dannato 31 ottobre 2005, Baji era morto fra le braccia di Chifuyu, senza sapere che lui portava in grembo suo figlio.
Ottobre 2021. Unmei è un adolescente ribelle, Comandante di una gang, ha un pessimo carattere, è segretamente innamorato di Kazutora pur avendo una relazione di letto col migliore amico Blitz (figlio di Smiley) e ha il cuore a pezzi nel vedere sua madre Chifuyu soffrire ogni anno. Quando scopre per caso che Takemichi può viaggiare nel tempo, gli ordina di andare a salvare suo padre Baji per creare un nuovo futuro ma...con la stretta di mano si ritrova anche lui nel passato! Interagire con i suoi giovanissimi genitori, col suo amore Kazutora, con zio Taka, con Draken e perfino con un Mikey indemoniato sarà un'esperienza decisamente fuori dalle righe, dove non mancheranno drammi, delusioni ma anche momenti bizzarri e felici (e triangoli amorosi di varia natura)!

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Chapter 16: [Shades Of Betrayal] ***


 
Invece di scusarmi per l'ennesimo ritardo con la pubblicazione, questa volta dirò "finalmente sono riuscita a pubblicare!!!" Ultimamente nella mia vita non c'è nulla di stabile. Allo stesso modo, scrivo quando posso e pubblico quando ho terminato, semplicemente! Grazie a tutti quelli che continuano a leggere questa storia nonostante tutto! :) 
 
Chapter 16
[Shades Of Betrayal]
 
“Qui stiamo parlando di scommesse sui combattimenti, vi rendete conto???”
La voce arrabbiata risuonò acuta fra le pareti metalliche del vecchio magazzino che sembrava stare in piedi coi quattro venti. Il suo unico pregio era quello di avere un buon passaggio d’aria, per questo veniva utilizzato come punto d’incontro estivo per le riunioni informali della Toman. Venivano dette informali perché non richiedevano di presentarsi in tokkofuku, ma lo stesso Kan indossava la sua divisa per calarsi nei panni del personaggio che doveva interpretare. Quel pomeriggio si erano radunati solamente i Capitani, ad eccezione della terza squadra per cui era stata richiesta la presenza di Pah e Peh insieme, allo scopo di discutere riguardo una voce preoccupante che girava. Uno dei loro membri agiva alle spalle della Toman, mettendo su degli scontri tra ragazzi delle scuole medie, con lo scopo di intascare i soldi delle scommesse che venivano fatte dagli spettatori.
“Se questa storia è vera, avete idea di quanta merda sta gettando sulla gang e su tutti noi?”
Stava parlando solo lei, era esplosa come un petardo e nessuno faceva nulla per zittirla.
Pah e Peh se ne stavano a capo chino, con aria contrita, come bambini che vengono sgridati dalla mamma dopo aver combinato una marachella. Anche se Kan era molto peggio, mentre torreggiava su di loro.
“E’ compito vostro tenere sotto controllo le teste di cazzo che sono sotto di voi! Non ci arrivate?”
Finalmente Peh trovò il coraggio di alzare la testa e parlare con la sua voce squillante. “E’ COLPA MIA, PAH NON-”
“Ovvio che è colpa tua!!!” Lo interruppe lei. “Nessuno si aspetta grandi cose da Pah, col cervello da criceto addormentato che si ritrova! Sei TU quello che deve gestire la squadra!”
Era evidente che stava esagerando, ma perché nessuno interveniva? Di fatto era Mikey quello in cima alla gerarchia, però… Mitsuya prese un rumoroso respiro dalle narici e strinse il pugno. Odiava quelle situazioni, lui che era un pacifista nel cuore. Senza contare che la sfuriata di Kan era decisamente fuori luogo, visto che lei era la prima ad odiare la Toman e sarebbe stata felice di vederla distrutta.
“Cosa pensate di fare per sistemare questo casino?” Le mani ai fianchi che le davano un’aria ancor più imponente.
Questa volta a rispondere fu Pah, anche se titubante. “Noi…parleremo con Kiyomasa e…”
In quel momento Mikey si decise ad aprire bocca, con tanto di sorriso. “Ci pensiamo io e Ken-chin! Se le informazioni che abbiamo sono corrette, domani dovrebbe esserci uno scontro! Noi andiamo là e se lo becchiamo in flagrante…gli facciamo il culo!” Poi ammiccò a Draken. “Che ne dici?”
Lui annuì. “Mh. Niente mezze misure. Ci sto.”
“Bene! Riunione terminata!” Concluse Mikey, ampliando il sorriso.
Per Mitsuya fu un segnale d’azione. Nel momento esatto in cui non erano più Ufficiali della Toman, tornavano ad essere semplicemente loro stessi, e anche lui poteva essere l’amico di sempre, nel bene e nel male. E visto che Kan era sempre la prima ad uscire, per lui fu facile seguirla. Essendo il magazzino abbandonato, in una zona abbastanza imbucata e circondata da alberi, nei paraggi non c’era anima viva. Kan si fermò poco più in là, all’ombra degli alberi, e abbandonò il capo all’indietro, chiudendo gli occhi. Non indossava lo haori, ma solo la lunga gonna con lo spacco vertiginoso e la maglia dall’ampia scollatura a cui aveva rimosso le maniche, mentre ai piedi aveva sostituito gli stivali con delle calzature che ricordavano quelle antiche romane. A guardarla così, la figura sottile e aggraziata, era come trovarsi al cospetto di un angelo caduto dal cielo e le cui ali erano diventate nere per aver commesso peccato. Era bella da togliere il fiato.
“Non ci sarai andata un po’ troppo pesante?” Disse Mitsuya, camminando verso di lei. Solo quando le fu accanto Kan riaprì gli occhi e perse lo sguardo nell’azzurro del cielo.
“Voglio vincere il premio di stronza dell’anno…”
Suo malgrado, a Mitsuya scappò un sorriso. “Sei sulla buona strada allora!” Non ricevette nessuna risposta, quindi continuò a parlare. “Pah ce la mette tutta, lo sai. E Peh lo aiuta più che può, non possiamo farne loro una colpa se commettono qualche errore. E poi, non è facile controllare ogni singolo membro di una squadra, lo so per esperienza.”
“Non ce l’ho con loro… E’ che queste riunioni mi fanno girare le palle…”
“FALLO ANCORA E TI SPACCO LA FACCIA!”
Il grido di Baji si espanse nell’area, seguito da un boato di risate. Chissà che stavano facendo quegli scemi! La cosa rese vane le parole di Mitsuya, visto che l’atmosfera era completamente cambiata. Sigh. Adesso era lui ad avere le palle girate. Fanculo tutti. Strinse i denti e afferrò Kan per un polso, per condurla più in là, dove c’era il fitto di alberi.
“Non sei obbligata a fare tutto questo. Piuttosto di vederti in quel modo, preferisco che tu lasci la gang adesso. Ti stai rovinando.”
Gli occhi di Kan si fecero lucidi. “Non posso… Tra me e Mikey c’è un accordo.”
“E non sei nemmeno obbligata a stare con Mikey, se non lo ami più. Sei libera di scegliere.”
Kan sorrise a stento. “Per come sono diventata ultimamente, chi mi vorrebbe?”
“Io.” Nel suo sguardo fermo non c’era traccia di scherno, però…
“Tu stai già con Hakkai! Che dici?”
Mitsuya scosse il capo. “Guarda che io e lui non abbiamo quel tipo di rapporto. Quante volte devo ripeterlo?” Sospirò e lasciò ricadere la questione. “Stando con me saresti più felice. Io ti lascerei piena libertà, sarei un ragazzo dolce e per niente geloso.”
Kan cominciava ad essere visibilmente confusa da quel discorso. “Io…ecco…non lo so!”
“Mana e Luna ti adorano! Per loro sei già come una sorella maggiore! Sarebbe tutto facile!”
“Mitsuya, non ci sto capendo niente! Io e te siamo sempre stati solo amici, da dove hai tirato fuori tutto questo?”
Lui alzò le spalle. “Col tempo i miei sentimenti sono cambiati. Adesso mi piaci in senso romantico.”
“Posso…posso pensarci un po’?”
“Sì, non ti metto fetta! Però…” Si sporse su di lei e la baciò. Un bacio semplice e allo stesso tempo pieno di dolcezza, proprio come lui.  Le strappò un piccolo gemito, allora provò a fare capolino con la lingua all’interno della sua bocca, con discrezione, quasi stesse chiedendo il permesso. E lei lo accolse. Le loro lingue presero a stuzzicarsi piano, con movimento lento e un po’ giocoso, donandogli una piacevole sensazione. Le voci che giunsero dall’esterno del magazzino posero fine al momento romantico e le loro labbra dovettero separarsi.
Mitsuya la guardò negli occhi e sussurrò. “Spero che questo ti aiuti nella decisione!” E si allontanò per primo.
Era indiscutibile che Kan avesse bisogno di tempo per metabolizzare il tutto, ma era meglio farlo a casa, da sola.  Fece rientrare in un cassettino dell’anima le emozioni che provava e tornò dagli amici con volto sorridente.
“Pah, Peh!” Andò incontro ai due a braccia aperte e praticamente si gettò su di loro con entusiasmo. “Andiamo a prendere un gelato solo noi tre? Voglio farmi perdonare!”
I due si guardarono perplessi, allora lei caricò. “Dai, ragazzi! Voglio andare in quella gelateria di Shinjuku dove fanno i gelati a forma di animaletti!”
Vederla così sorridente era un balsamo per il cuore di Mitsuya. Per quanto fosse brutto da dire, la causa dei suoi malumori erano sempre dovuti a Mikey. Lui diceva di amarla, la esibiva come un trofeo e tutto, ma alla fine la trattava più come una sua proprietà che non come una fidanzata. Che se ne rendesse conto o meno, era così. Non erano una coppia bilanciata. Non lo erano mai stati.
*
 
“Spero che questo ti aiuti nella decisione!”
Altro che aiutarla, l’aveva mandata completamene in tilt!!! Erano già passati alcuni giorni e lei non aveva fatto altro che ripensare a quel bacio dato con tanta gentilezza. Il primo bacio di Mitsuya, da quanto aveva intuìto. Quindi era vero che tra lui e Hakkai non c’era niente… Aveva viaggiato troppo con la fantasia? Comunque, prima o poi avrebbe dovuto dargli una risposta, per quanto difficile. Cioè, il difficile era dirgli di no e ferirlo. Mitsuya era un ragazzo meraviglioso sotto ogni aspetto, ma non faceva per lei. Era impensabile lasciare Mikey per mettersi con lui. Sul serio, da dove gli era uscita quella dichiarazione? Aveva detto che i suoi sentimenti erano cambiati, ok, ma quando era successo? E perché? Lei non si era accorta di nulla, anzi, di solito le faceva da grillo parlante quando alzava troppo la voce con gli altri ragazzi della gang. Non poteva essere innamorato di lei! Escludendo Hakkai, dopo quanto detto, l’unico con cui Mitsuya diventava uno zuccherino era Draken, anche se indubbiamente era gentile con tutti. Vabbè, in ogni caso non poteva diventare la sua ragazza. Anche se quel bacio era stato bellissimo… Cavoli, si sentiva le guance in fiamme! Calma. La sua eccitazione era dovuta al fatto di aver provato qualcosa di nuovo, dato che nella vita aveva baciato solo Mikey. E Ryusei una volta, ma quello non aveva significato niente, era stato solo un dispetto, quindi non contava. Idem per quello con Smiley alla festa di compleanno, che era stato solo uno scherzo. Invece quello con Mitsuya era stato un tradimento in tutto per tutto. E quel che è peggio è che non si sentiva in colpa.
Furono due dita che le afferrarono il naso giocosamente a farla ritornare al presente, ossia dentro la vasca da bagno di casa Sano. Aprì gli occhi e sopra di lei si ritrovò il viso sorridente di Mikey, contornato dai capelli bagnati e profumati dopo lo shampoo.
“Ti eri addormentata?”
Una volta che le lasciò il naso, lei lo arricciò in una simpatica smorfia. “Stavo solo pensando!”
“Ti senti ancora in colpa per la sgridata che hai dato a Pah e Peh quel giorno?”
Giusto, dopo quella sfuriata si era scoperto che Kiyomasa era davvero colpevole, ma lo stesso lei si era pentita di aver trattato così male quei due… “Un po’… Sono già d’accordo con Pah di vederci da lui, dopo! Ho intenzione di presentarmi con una scatola di donuts!”
“Continuando a offrigli dolci lo stai facendo ingrassare ancora di più!” Ridacchiò Mikey, poi colse il momento per darle un bacio.
Decisamente erano quelle le labbra che lei conosceva, le prime che aveva baciato ed assaporato ad appena dodici anni. Quelle con cui aveva sperimentato, imparato, giocato…e che riuscivano sempre a farle oltrepassare nuove frontiere del piacere. Era tutta colpa della gang se spesso non andavano d’accordo, ma un giorno si sarebbe sistemato tutto, bastava stringere i denti e… “MH!”
Separò le labbra dalle sue, le loro fronti si poggiarono l’una contro l’altra, i loro sguardi socchiusi s’incontrarono. Mikey accennò un sorriso malizioso, mentre le sue dita si muovevano lente fra le morbide pieghe dell’intimità di lei.
“Cosa c’è?”
“Dai Mikey, ti ho detto che devo andare da Pah!”
“Lo so! Ti faccio rilassare un pochino e poi vai!” E di nuovo la baciò.
Le sue dita aumentarono il ritmo e in breve il bagnato cremoso del piacere di lei si confuse con l’acqua calda della vasca. Per quanto Kan odiasse ammetterlo, per quanto avesse affrontato la questione una marea di volte, non era in grado di lasciare Mikey e porre fine a tutto.
Tra una cosa e l’altra rischiò di fare tardi. Riuscì a raggiungere quella pasticceria specializzata in dolci occidentali e ne uscì fieramente con una scatola ricolma di coloratissime donuts che gridavano “America!”. Dopo qualche cambio di metro, arrivò al quartiere dove viveva Pah, un luogo ben tenuto, con case curate e pittoresche, quasi al livello del suo. Una passeggiata con una vista piacevole fino a casa Hayashida. Suonò il campanello e si preparò davanti al citofono, pronta a presentarsi non appena qualcuno le avesse risposto.
Tutto tacque.
Suonò di nuovo e questa volta sentì Alexandra abbaiare da dentro la casa. Però dal citofono ancora nessuna risposta e dall’ingresso nessun movimento. A Kan vennero i primi fumetti.
“Non ditemi che quell’imbecille si è dimenticato di me!”
E come di norma, appena finita la frase il cancelletto si aprì con un ‘bzz’ e lei poté entrare. Stava giusto attraversando il vialetto quando la porta si spalancò e Peh comparve sulla soglia.
Kan si illuminò. “Speravo tanto che ci fossi anche tu! Così possiamo abbuffarci tutti e tre insieme!”
Solo dopo si accorse che Peh era piuttosto pallido e aveva un’espressione più grave del solito.
“E’ successa una cosa.” La voce invece era meno acuta del solito. Brutto segno.
Kan corse dentro, appoggiò la scatola sul mobiletto d’ingresso e dovete schivare a malincuore le affettuose attenzione della cagnolina. Trovò Pah in camera, seduto sul bordo del letto, a stropicciarsi le mani, gli occhi gonfi di lacrime di rabbia. Si mise in ginocchio di fronte a lui.
“Pah, stai bene?”
“Il mio amico… Il mio amico…” La sua voce era rauca e lui respirava pesantemente dalle narici come un toro infuriato.
Peh, che si era fermato sulla soglia della stanza, rispose al suo posto. “Una gang di Shinjuku ha preso di mira un suo caro amico… Lo ha chiamato prima, era disperato.”
“La Toman può fare qualcosa? Datemi più dettagli, per favore!” Disse lei, con urgenza, desiderosa di capire come poteva essere d’aiuto.
Pah cercò di dire delle frasi più articolate. “E’ successo ieri sera sul tardi… Lo hanno attirato in una trappola mentre era con la sua ragazza…” Strinse forte i pugni, tanto che le nocche sbiancarono. “Lo hanno massacrato di botte e lo hanno costretto a guardare mentre stupravano lei…”
Kan gli prese le mani, non voleva che si facesse del male continuando a stringere in quel modo. “Quali mostri arriverebbero a tanto?”
“La gang si chiama Moebius.” Disse Peh. “Dopo essersi divertiti con loro due, hanno messo le mani anche addosso ai genitori e rubato tutti i soldi che hanno trovato in casa.”
“CHE COSA?” Gridò Kan, sconvolta da tanta crudeltà. D’altra parte, sapeva che la malavita era così... Sotto certi aspetti era una gran figata, ma era anche in grado di distruggerti la vita. Arrivare a fare del male persino ad una ragazza che non c’entrava niente era imperdonabile.
*
 
Mentre era ancora a casa Hayashida, Kan chiamò suo fratello e lo fece venire lì, sia per raccontargli tutto, sia per aiutarla a calmare Pah dallo stato in cui si trovava. Non per cattiveria, ma con quello che c’era in ballo non le era passato per la mente di chiamare Mikey, sapendo com’era. Draken era la persona più affidabile che conosceva e dotato di un’umanità ammirevole, oltre che possedere la capacità di mantenersi lucido anche sotto pressione. Se da una parte Kan dava sostegno a Pah accarezzandogli la nuca per aiutarlo ad allentare la tensione, dall’altra Draken gli faceva domande in modo da ricavare più informazioni possibili sull’accaduto. Erano state commesse delle atrocità a causa di un futile litigio e una ragazza adesso era in coma in ospedale. I gemelli erano rimasti lì fino a tardi, quando i genitori di Pah erano rientrati, poi erano tornati insieme al centro massaggi. Avevano trovato grandi difficoltà nel dormire, durante la notte, comunque, decisero di comune accordo di non parlarne con Mikey fino a quando non avessero messo insieme tutti i pezzi. Perciò, il mattino seguente, dopo aver svegliato Mikey ed essere andati a scuola insieme, cercarono di comportarsi normalmente. Il che risultò impossibile.
Draken era talmente assorto in pensieri da non essersi accorto dello sguardo furbo di Mikey, tipico di quando stava architettando qualcosa di porcello… Il professore di matematica stava scrivendo alla lavagna, Kan guardava senza prendere appunti (cosa stranissima da parte sua, che era solita riempire interi fogli ad ogni lezione per studiare meglio) e Mikey pian piano cominciò a scivolare sulla sedia… Giusto una sbirciata per controllare che nessuno lo stesse guardando, si sporse di lato e iniziò ad allungare il braccio in una certa direzione… Col dito indice riuscì a raggiungere la sedia di Kan, quindi si allungò ancora un poco e lo infilò giusto sotto la sua coscia.
“AAAH!!!” Kan scattò in piedi, in un istante tutti gli occhi della classe erano puntati su di lei. Un istante dopo, invece, erano puntati su Mikey, sulla sua posizione decisamente innaturale e sul suo dito che era ancora dove non avrebbe dovuto essere. Sintesi: figura di merda colossale!
“Sano, credo tu abbia bisogno di uscire per calmare i bollori.” Disse stizzito il professore, senza nascondere un certo disappunto per quell’atto volgare durante la sua lezione.
Mikey scostò lo sguardo e finì dalla padella alla brace incontrando quello fulminante di lei.
“Mikey, sei un cretino!!! Credevo che un insetto si fosse infilato sotto la mia gonna! Vuoi farmi morire di paura?” Gli gridò contro, a pieno diritto.
Poi intervenne Draken, alle spalle di lui come un’ombra maligna. “Se vuoi ti accompagno in infermeria a farti medicare.”
“Ehm…non sono mica ferito…”
Allora Draken si fece palesemente minaccioso e lo guardò con occhi colmi di desiderio omicida. “Se non ti sbrighi a toglierlo dalla sedia di mia sorella,  te lo spezzo quel cazzo di dito!”
Sapendo che le sue minacce non erano a vuoto, specialmente quando si trattava di qualcosa riguardante la sua amata sorellina, Mikey scelse di fare il bravo bambino (che non era) e ritirò la mano in tutta fretta per metterla al sicuro.
“Sano, fuori di qui e restaci fino alla fine dell’ora.” Ordinò il professore.
Mikey sbuffò contrariato. “E va bene.” Si alzò dal posto e lasciò l’aula facendo sbattere la porta scorrevole. Volevano che restasse fuori? Benissimo! Lasciò la scuola e si recò al konbini più vicino, dove acquistò un pacchetto di patatine al formaggio e un’aranciata in lattina. E chissene se alla sua ragazza non piaceva il gusto dell’arancia!
“Tsk! Il suo nome si scrive con i kanji di agrumi e a lei non piace l’arancia, che assurdità!” Disse tra i denti, prima di attaccarsi alla lattina.
Rifece il percorso a ritroso e, una volta tornato a scuola, si fermò in un angolino tranquillo dalle parti della palestra, giusto per terminare lo spuntino in santa pace. Incidente a parte, aveva notato che quei due erano strani. Ce l’avevano con lui per qualcosa in particolare? Cosa nascondevano? Mumble mumble, skronch skronch, glu glu, suonò la campanella della pausa pranzo. Con calma tornò in aula e trovò i gemelli in assetto da pranzo, cioè coi banchi uniti e coi bento già pronti da mangiare.
“Amore, oggi ti ho portato quello coi ravioli cinesi! Sei contento?” Lo accolse Kan, sorridente.
“Mh.” Si sedette accanto a lei e s’impossessò dei suoi fianchi con gesto abituale, per vedere se faceva obiezioni. Niente. Draken cominciò a mangiare tranquillo e Kan fece altrettanto. Ma chi volevano fregare? Nonostante le apparenze, nei loro occhi c’era un’ombra…
“Vi decidere a dirmi cos’avete o devo incazzarmi?”
Vedendo l’occhiata che si scambiarono, si alterò ancora di più. “Vi conosco come le mie tasche, cazzo!”
Draken lasciò un piccolo sospiro. “Sei il comandante della Toman, quindi devo dirtelo…”
Gli raccontò ogni cosa, illustrando la gravità della situazione, e Mikey ascoltò in silenzio, mentre Kan tenne lo sguardo fisso sul bento che non aveva voglia di mangiare.
Quando Draken terminò, Mikey fece un cenno col capo. “Ho capito.”
“Non ho mai visto Pah in quelle condizioni. Dentro di me vorrei andare da quei bastardi e rompergli l’osso del collo, ma non posso farlo senza rischiare di coinvolgere l’intera gang.”
“La cosa migliore è fare un raduno al Santuario. Ken-chin, avvisa tu i Capitani.”
“Sì.”
Poi Mikey si rivolse a Kan, con gentilezza. “E’ per questo che eri agitata? Stavi pensando a quella povera ragazza?”
“Mh mh.” Confermò lei, allora Mikey accennò un sorriso. “Tu sei cazzuta e sai difenderti alla grande! Non preoccuparti! E poi puoi contare su di me! Ti proteggerò sempre! Nessuno oserà alzare un dito su di te!” Poi sollevò il dito con cui prima aveva causato tanto scalpore e terminò la frase con un sorriso burlone. “Eccetto me, ovviamente!”
Draken non mancò di farsi sentire. “Ho ancora voglia di spezzatelo.”
Per lo meno servì ad allentare la tensione e a farli sorridere di nuovo.
“Che ne dite di mangiare, prima che suoni la campanella? Sto morendo di fame!” Concluse Mikey tutto contento, afferrando le bacchette. Proprio lui che aveva appena mangiato!
*

 
Qualche giorno prima, Mikey e Draken avevano colto in flagrante Kiyomasa e, in un certo senso, era stata una fortuna, così ne avevano approfittato per sistemare subito la faccenda e ridare lustro al nome della Toman, anche se lui e gli imbecilli dei suoi amici che avevano contribuito al disastro, erano comunque ancora membri della terza squadra sotto il comando di Pah. Sistemato un problema, però, se ne creò subito un altro. Quello stesso giorno, Mikey trovò un nuovo giocattolo con cui divertirsi e non mancò di appioppargli subito un nomignolo per far sapere a tutti che era di sua proprietà. Da allora, la parola ‘Takemicchi’ uscì dalla sua bocca a ritmi inumani, mettendo ancora più in bilico la pazienza di Kan. Quando parlava di lui, gli occhi gli brillavano come stelle, mentre lo elogiava senza contegno.
“Avrei voluto che ci fossi stata anche tu! Nonostante Takemicchi avesse la faccia gonfia e sanguinante, continuava a rialzarsi in piedi e a sfidare quel cazzone di Kiyomasa!”
E Kan, seduta accanto a lui sul grande divano bianco della camera, con gli appunti di giapponese moderno sulle ginocchia, cantilenò annoiata: “Looo soooo… Me lo hai già detto cento volteee…”
“Ed è stato divertente anche il giorno dopo, quando siamo andati a prenderlo alla sua scuola! Per seguire la lezione di Storia ti sei persa tutto il resto! Prima io e Ken-chin abbiamo pestato quelli del terzo anno che hanno provato a fermarci, poi quando stavamo portando via Takemicchi è arrivata la sua ragazza, mi ha tirato un ceffone e me ne ha dette quattro! Te la farò conoscere, è fantastica!”
“Woooow…”
“Poi abbiamo chiarito e siamo andati a fare un giro in bicicletta e…” Rendendosi finalmente conto che a lei non fregava assolutamente nulla, con fare giocoso le si buttò addosso e caddero giù insieme sui morbidi cuscini.
“Ma che cavolo, Mikey! Sto studiando!” Puntualizzò lei.
“Devo assolutamente farti incontrare Takemicchi! Lui mi piace tanto e voglio condividerlo con te!”
Kan sospirò. “Lo sai che stai parlando di una persona, sì?”
“Allora, ti va di conoscerlo?”
Non l’ascoltava proprio…
“Ho alternative?” Disse lei di rimando, con l’amaro in bocca.
“E dopo cosa è successo?” Chiese Angry, con gli occhioni da cucciolo sgranati, mentre se ne stava seduto comodo a gambe incrociate sul divanetto del negozio di scarpe.
Kan, china per slacciare il cinturino di un paio di sandali gioiello col tacco a spillo, volse il capo per risponderli. “Puoi facilmente immaginarlo!” Quindi si sfilò il sandalo, si rimise in posizione seduta e riprese a parlare con questo in mano, agitandolo neanche fosse stato un burattino! “Siccome mi aveva infastidita, ho tirato fuori la storia che volevo iniziare a portare i tacchi, che non m’importava se la differenza di altezza fra noi aumentava e che non era colpa mia se lui era uno gnomo. Poi lui ha risposto che andava bene, tenendo sulla faccia quel sorriso da ebete, allora io mi sono incavolata e sono andata via.”
“E hai chiamato me perché ti accompagnassi qui al centro commerciale a fare shopping!”
“Esatto.”
“Però mi dispiace vederti arrabbiata… Finora hai provato tipo venti paia di scarpe, ma non te ne piace nessuno…” E se lo diceva con quel faccino adorabile, per forza le si scioglieva il cuore!!! Era come essere trafitti da un pugnale fatto di zucchero filato!
In uno slancio di tenerezza, Kan lo abbracciò e lui rispose con altrettanto trasporto.
“Vorrei fare qualcosa per farti stare meglio…”
“Lo stai facendo, tesoro mio! Anzi, scusami per averti fatto venire qui la sera del raduno!”
“Sei la mia amica del cuore! Per te attraverserei anche il Giappone a piedi nudi!”
“Mmmh basta, ti prego, o dovrai raccogliermi col cucchiaino!!!” E oltre alla battuta, Kan riuscì ad accennare una risata, segno che adesso stava meglio.
Un po’ alla volta si sciolsero dall’abbraccio, Angry per giocare le sfiorò la punta del naso con la sua. “Ti riaccompagno a casa Sano? E’ lì che tieni la divisa della Toman, giusto?”
E di nuovo Kan si fece mogia. “Sì… Ma adesso non mi va…”
“Tra poco dobbiamo andare al raduno…”
“Tranquillo, Mikey non inizierà la riunione senza di me. Rimango qui ancora un pochino, ma tu puoi andare…”
Angry la guardò di sbieco. “Sicura? Io preferirei riaccompagnarti là…”
Kan gli sorrise e la buttò sullo scherzo. “Ma che diffidente! Prometto di non fare pazzie e di presentarmi al raduno come si deve!”
Angry sorrise a sua volta. “Allora va bene! Io intanto raggiungo Nahoya e il resto della squadra!”
Lasciarlo andare era la cosa migliore, non voleva coinvolgerlo ancora più nel suo ennesimo battibecco amoroso…se così si poteva chiamare… Si guardò attorno, aveva ben sei paia di scarpe da sistemare, dato che prima aveva categoricamente rifiutato l’aiuto della commessa. Che poi, quello dei tacchi era solo un capriccio o li desiderava davvero? Il problema era Mikey… Non si poteva fargliene una colpa per essere basso, ma accanto a lei che figura avrebbe fatto? Sicuramente sarebbero apparsi ridicoli agli occhi di tutti. Uffa… Magari poteva portarli per le uscite senza di lui? Sbuffò rumorosamente e poi ripose tutto dentro le rispettive scatole, per bene. La commessa tornò e questa volta lei non fu scontrosa e le lasciò svolgere il proprio lavoro. Giusto un attimo prima che questa si allontanasse, la fermò. “Un momento!” Prese la scatola che era in cima e se la strinse al petto. “Queste voglio acquistarle!”
Comunque va detto che fu di parola. Prima passò al centro massaggi per lasciare giù il nuovo acquisto (e riporlo più in fondo possibile dentro l’armadio) e dopo tornò a casa Sano a cambiarsi, anche se Mikey era già uscito da un po’. Arrivò al Santuario di Musashi in perfetto orario, bella e impeccabile e pronta a sostenere il proprio ruolo. Dopotutto quell’incontro era per discutere della grave faccenda riguardante l’amico di Pah e l’aiuto che aveva chiesto.
Nonostante i trascorsi infelici con alcuni membri che si erano visti umiliare con testate e ginocchiate, venne accolta abbastanza bene, e già ad una certa distanza ricevette fischi di approvazione e schiamazzi adulatori. Con tutto quel casino, normale che anche Draken e Mikey si accorsero del suo arrivo. Quando fu di fronte a loro, a Mikey venne spontaneo chiedere: “Devo ingelosirmi?”
“Ma va! Metà della gang vorrebbe pestarmi sotto gli stivali!”
“Li ucciderei uno a uno prima di lasciarglielo fare!” E fregandosene bellamente delle decine di ragazzi che aveva attorno, la baciò appassionatamente. Anche troppo, considerando che lì accanto c’era Draken. Infatti Kan percepì la sua aura omicida e interruppe il bacio per sicurezza.
“Dai Mikey, abbiamo tutto il tempo dopo!”
Sempre l’istinto le suggerì di allungare lo sguardo e notare Mitsuya, con un’espressione ferita causata dalla scenetta che aveva appena visto. I loro sguardi s’incrociarono un istante, prima che lui si voltasse. Doveva trovare il tempo di parlare con lui…
“Vado a dare un’occhiata a Takemicchi.” La buttò lì Draken, prima di muoversi.
Ah dunque era stato invitato anche quel tizio. La conferma arrivò da Mikey.
“C’è anche lui! Si è allontanato qualche minuto per farsi pestare dalla sua ragazza!”
“Ah…bene…” Ma che cazz-? In effetti vide un imbecille inginocchiato a terra e già da una prima ochiata era l’esatto opposto di come le era stato descritto. Anche sotto il gonfiore delle botte appena prese era palese la sua faccia da scemo e poi, non per dire, a prendersele così davanti a tutti dalla ragazza era talmente da sfigati che avrebbe dovuto sotterrarsi da solo. Dentro ai pantaloni ampi da teppista sembrava un clown, i capelli ossigenati erano tirati su col gel in maniera penosa e adesso che si era rimesso in piedi aveva un’andatura da fumato. Cioè, era ancora a una certa distanza e già le aveva fatto una pessima impressione.
“E’ uno scherzo, vero???” Si sentì in dovere di chiedere lei.
Mikey fece segno con la mano, per farlo avvicinare. “Takemicchi, so io come tirarti su di morale! Guarda che schianto la mia ragazza!”
Alla faccia della modestia…!
E quell’altro neanche ci provò a mantenere un contegno, anzi affondò lo sguardo parecchio interessato prima nella scollatura della maglia e poi nel provocante spacco della gonna. Che sfigato.
Perfino Mikey se ne accorse e si affrettò a coprire con le mani quei punti di così forte interesse, per poi rimproverarlo. “Ti ho detto di guardare, non di mangiarla con gli occhi.”
Il tizio sbiancò di paura e si prostrò a terra, completamente privo di spina dorsale. “Perdono! Non uccidermi!” Che sfigato. (2.0)
“Nella stessa sera hai visto in biancheria intima la sorellina del Comandante e hai mangiato con gli occhi la fidanzata del Comandante, non che mia adorata sorella gemella.” Sottolineò Draken, con un sorriso malefico. “Chiunque al posto tuo sarebbe già morto!”
Di che parlava??? Emma?? Biancheria intima??? Quindi sosteneva di amare Draken e poi faceva la puttanella con uno scarto recuperato dalle fogne? Interessante! Non vedeva l’ora di usare questa storiella come ricatto!
*
 
Mitsuya aveva invitato Kan a casa sua con la scusa di farle qualche adattamento alla divisa. Da quando gliela aveva cucita su misura era trascorso un po’ e, nel frattempo, il suo corpo era…come dire…maturato, essendo nel periodo della crescita. Le aveva preso nuovamente le misure e confrontate con quelle precedenti. Ragionandoci un po’ su, era arrivato ad una semplice soluzione.
“Basterà cucire la scollatura di altri 3cm, per ridurla e fare in modo che il tuo seno non rischi di fuoriuscire, mentre lo spacco della gonna lo ridurrei di 5cm e potresti portarla leggermente più su in vita, perché ti stia a pennello.” Sentendola ridacchiare, le lanciò un’occhiataccia. “Che c’è?”
“Scusa! E’che sei così serio e professionale!”
“Devo esserlo. Questo diventerà il mio lavoro, dopo il diploma delle superiori.” Aprì il cestino del cucito che aveva preparato sopra il chabudai e recuperò ago e filo nero per mettersi all’opera. Kan era seduta sul lato accanto del tavolo e giocherellava coi contorni delle lettere del tappeto puzzle.
Dopo la scuola era passata da casa a cambiarsi ed indossare un vestitino fresco estivo, qualcosa senza maniche, con una morbida gonna a tulipano, il tutto in tessuto bianco e con stampe di fiori rossi. Aveva anche acconciato i capelli in un’alta treccia per contrastare il caldo estivo. Qualunque stile su di lei era perfetto e la faceva sembrare una modella nel bel mezzo di un servizio fotografico.
“Tu hai già deciso di continuare gli studi perché hai capito come gira il mondo.” Disse, appoggiandosi col gomito sulla superficie del chabudai. “Ken e Mikey invece non vogliono saperne…”
“Nel caso di Draken, posso capirlo. E’ un esperto di moto e può tranquillamente aprire un’officina sua, invece di spendere soldi per le scuole superiori.” Stava cucendo a filo doppio e con punti piccoli e molto fitti, in modo da rendere la cucitura resistente.
“Io ovviamente continuerò a studiare, ma non ho ancora scelto la scuola… I miei vorrebbero che andassi in un istituto privato, collegato all’Università. Ken invece mi ha consigliato di scegliere una scuola artistica, anche se non mi ci vedrei a fare del mio hobby un lavoro…”
“Io ti consiglio di cercare un’agenzia per modelle. Col tuo corpo avresti successo anche all’estero. Nessuno direbbe che sei giapponese.”
Kan gongolò soddisfatta. “Già! Tutto merito del mio papino biologico!”
Mitsuya si fermò e volse lo sguardo su di lei. “Chi???”
“E’ una mia fantasia! Ma potrebbe essere così! In fondo, non so chi sia mio padre!” Rispose lei, sorridendo.
Mitsuya fissò per bene l’ultimo punto e poi ruppe il filo coi denti, come d’abitudine. “Ecco.” Porse la maglia a lei, affinché la piegasse bene e la riponesse nella busta di carta che aveva portato, quindi prese la gonna e si mise a lavorare sullo spacco. “Chissà come sta andando al magazzino… Avranno deciso i dettagli sullo scontro contro la Moebius?”
“Chi lo sa… Mikey era convinto, Ken invece aveva ancora delle riserve l’ultima volta che me ne ha parlato. E poi, fare una riunione a quattro con Pah e Peh mi sa tanto da fregatura… Alla fine è sempre Mikey ad avere l’ultima parola.”
Mitsuya terminò rapidamente anche quella cucitura e allo stesso modo le porse la gonna da piegare, quindi prese il cestino e la cartellina dove erano i fogli delle misure e li portò in camera dove teneva tutte le sue cose, fuori dalla portata delle sorelline.
Kan lo seguì poco dopo, ma rimase sulla soglia. “Per quanto riguarda la tua proposta…”
Anche se lui aveva già sistemato tutto sulla mensola, rimase lì e dandole di spalle. “Ah te la ricordi ancora? Sono passate tre settimane.”
Kan prese il rimprovero e lo soffiò via con la mano, quindi entrò nella stanza. “E dai, tanto lo sai già cosa ti risponderò!”
Mitsuya si voltò di scatto, con espressione arrabbiata, allora anche lei si fece seria. “Ci ho pensato, credimi. Non nego che quel bacio mi sia piaciuto, ma questo non basta. Se devo lasciare Mikey, voglio che sia per qualcuno che mi fa venire il batticuore.”
“Batticuore eh?” Di punto in bianco spinse Kan all’indietro e la fece cadere lunga distesa sul futon steso a terra. Successe così rapidamente che lei non gridò e rimase ferma anche quando lui le salì sopra cavalcioni e le bloccò i polsi.
“Vediamo se ti piace questo.” Si chinò e le rubò un bacio, molto più lungo e molto diverso rispetto all’altro, così invadente e profondo…e che le tolse il respiro. Quando lui si staccò, si ritrovarono entrambi col fiatone.
“Allora? E’ questo che vuoi?” Il tono volutamente provocatorio.
“Mitsuya…cosa stai facendo? Tu non sei così.”
“Non sei convinta. Allora proviamo con qualcosa di più sconcio.” Si spostò più indietro e le aprì le gambe. E subito si bloccò. La vista era piacevole, delle mutandine bianco candido bordate di pizzo e che al centro aderivano così tanto da far intuire le forme morbide al di sotto. Eppure fu invaso da una strana sensazione di rinnego o di rifiuto. Come se non fosse quello il posto per lui. Un momento di immobilità che diede a Kan la possibilità di ribaltare la situazione, letteralmente, atterrandolo e piazzandosi sopra di lui. Senza se e ma puntò all’incavo tra la spalla ed il collo, dove prese a fare un lavoretto di lingua. Cosa che a Mitsuya non dispiacque.
“C-cosa fai?”
Kan risollevò la testa e sorrise beffarda. “Sto al tuo gioco!” Poi gli sollevò la maglietta, (scoprendogli così dei pettorali e una tartaruga niente male) e stavolta concentrò le attenzioni sui piccoli capezzoli rosa, uno stuzzicandolo col dito e l’altro con la lingua.
Mitsuya gemette, sorprendendosi di se stesso. Qualunque cosa stesse accadendo, gli piaceva. Cavoli… Era come se dai capezzoli partissero piccole scosse che poi si espandevano su tutto il petto. Era bello ma anche imbarazzante. Non doveva essere lui a farle quelle cose? Il mondo si era capovolto? La situazione peggiorò quando lei si accorse che lui aveva una corposa erezione. Compiaciuta, ci posò una mano sopra e si mise a sfregare il rigonfiamento attraverso la stoffa.
“Gh! D’accordo, ti chiedo scusa Kan! Non sarò più violento con te! Fermati!” La supplicò lui.
“Troppo tardi, bello mio!” Lo sfotté lei, in tutta risposta, aumentando il ritmo.
Il problema era che, a quel tocco, Mitsuya percepiva l’impulso di inarcare i fianchi e, per qualche motivo, sentiva uan strana sensazione anche dietro… Non gli era mai successo quando si masturbava da solo. Era normale che fosse così diverso farselo fare da un’altra persona?
“Wow! Mikey non geme così quando lo sego!” Insistette a sfotterlo Kan.
“Sta zitta! Ah!”
E pensare che sarebbe stato spingerla via per farla smettere. Allora perché non riusciva a farlo? Si sentiva la mente intorpidita, la guardava in modo diverso… Quella treccia bionda e quel profilo assomigliavano così tanto a quelli di… “AAAH!”
Sfinito si abbandonò a peso morto sul futon, mentre una sensazione paradisiaca lo cullava partendo dalle parti basse ed espandendosi su tutto il corpo. Si sentiva così bene che l’imbarazzo era sparito e ora voleva solo starsene così fermo e riprendere fiato. Kan si spostò e si sedette lì accanto.
“Scusami per averti forzato. Volevo togliermi un dubbio. E probabilmente anche tu.”
Di cosa stava parlando?
“Non dico che la tua dichiarazione non fosse sincera ma, dopo quanto ho visto, credo tu abbia sbagliato persona. Per questo vorrei farti una domanda e farti riflettere.” Lo sbirciò con la coda dell’occhio, mentre lui aveva lo sguardo perso sul soffitto. “Mentre raggiungevi l’orgasmo, a chi stavi pensando?”
Adesso la scossa Mitsuya la sentì dentro la testa. Aveva ragione lei. Il volto che aveva visto non era il suo, ma bensì quello di… La vibrazione del telefono interruppe quel pensiero. Gli era scivolato dalla tasca quando Kan lo aveva ‘rovesciato’, perciò fu lei a prenderlo e a leggere il nome sullo schermo. E a rispondere.
“Che coincidenza! Ciao Ken!”
A Mitsuya mancò un battito. Di tutti, doveva chiamare proprio lui e proprio in quel momento???
“Ah sì, sono a casa di Mitsuya, lui è qui vicino! Eh? Ops, scusa! Ho il telefono nell’altra stanza e non l’ho sentito! ……che cavolo alzi la voce, non l’ho mica fatto apposta!”
Una lite telefonica tra fratelli?
“Cosa ti serviva? …..Se hai già risolto non rompere!”
Tutto sommato era anche divertente sentire le sue risposte e guardare le sue espressioni! Almeno fino a quando non la vide impallidire… Si tirò su e le si avvicinò. “Tutto bene?”
Kan lo guardò con espressione grave. “No. Pah è stato arrestato.”


Continua nel Capitolo 17: [Lemon Cake]
La storia d'amore con Mikey continua a precipitare, soprattutto con la prima entrata in scena di qualcuno che darà a Kan il batticuore che sogna...

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Chapter 17: [Lemon Cake] ***


Chapter 17
[Lemon Cake]
 
Quando la commessa le porse la bella busta bianca col nome del brand scritto in oro e caratteri eleganti, accompagnata da un sorriso professionale e da un piccolo inchino, Kan la ringraziò di cuore. Yuzuha era accanto a lei e aveva tra le mani la medesima busta, solo di dimensioni minori, con dentro l’acquisto che aveva appena fatto. Uscirono insieme dal negozio, il sole splendeva con intensità e faceva luccicare ogni cosa, rendendo il quartiere più splendente.
“Non vengo spesso a fare shopping a Ginza, ma oggi è stato piacevole!” Ammise Yuzuha, camminando al fianco dell’amica.
“Per un’occasione speciale ci sta! Anche se sto parlando solo per me!” Confermò Kan, facendole l’occhiolino.
“Giusto, non mi hai ancora spiegato il perché di questa uscita! Quando mi hai chiamata temevo che fossi giù di corda per quanto successo a Pah e invece…”
“Non fraintende, lo sono ancora! Dopo la telefonata di Ken ero sconvolta. Dentro di me lo sono ancora, come tutti… Soprattutto Peh, che gli vuole un bene dell’anima. Senza contare che adesso mio fratello e Mikey sono in lite, avrai sentito no?”
Yuzuha fece un cenno col capo. Hakkai le aveva raccontato ogni cosa. Durante la riunione privata tra Mikey, Draken, Pah e Peh, la Moebius aveva fatto un’inaspettata entrata in scena e lo scontro era stato inevitabile. Mikey aveva avuto la meglio sul capo, tale Osanai, ma poi la situazione era degenerata quando Pah aveva tirato fuori il coltello e colpito a tradimento, sostenendo di voler vendicare l’amico e la ragazza stuprata. E aveva deciso di costituirsi. Gli altri se l’erano data a gambe per non essere arrestati e da lì si era creata la lite tra Draken e Mikey, il primo deciso a rispettare al decisione di Pah e il secondo intenzionato a tirarlo fuori al più presto. Una lite che aveva provocato una rottura in due della Toman, la quale pare che stesse portando allo scioglimento della gang.
“Loro hanno litigato altre volte in passato, ma mai così seriamente. Pensa che non si rivolgono la parola da tre giorni…” Fu allora che il suo viso velato di tristezza mutò e si illuminò di gioia. “Ormai è questione di pochissimo e poi finalmente la Toman non esisterà più!!!”
A Yuzuha scese la gocciolina sulla testa. “Alla faccia della sincerità…!”
“Cerca di capirmi! Finalmente io e Mikey potremo vivere la nostra storia d’amore come ogni adolescente! E io lo avrò tutto per me!”
“Non sei preoccupata per il litigio? Se il tuo ragazzo e tuo fratello dovessero tagliare i ponti, diventerebbe un problema anche per te.”
“Ma io ho intenzione di farli riappacificare! Voglio che le cose tornino come ai vecchi tempi, quando eravamo solo noi stessi e ci divertivamo da morire! E poi…” Si posò una mano all’altezza del cuore, in un gesto carico di sentimento. “Siamo ad agosto, tra poco più di un mese Kazutora uscirà dal riformatorio!”
Yuzuha sapeva quando lei tenesse a quel ragazzo e non poteva fargliene una colpa se per una volta le cose stavano prendendo una direzione che la rendevano felice. Fatto eccezione l’arresto di Pah, ovviamente.
“Quindi qual è l’occasione speciale per indossare quel vestito che hai preso?” Le diede di gomito, sorridendo.
Kan strinse i manici della busta tra le mani, emozionata. “Per la prima volta dopo tanto tempo, io e Mikey avremo un appuntamento romantico! Abbiamo deciso di andare da soli al Festival di Musashi, quest’anno!”
“Avete già messo il turbo da coppietta di piccioncini, eh?”
Kan arrossì. Anche se era la pura verità, sentirlo dire così le faceva battere forte il cuore. Si accorse quasi per caso del telefono che vibrava dentro la borsetta a tracolla. Lo recuperò e, leggendo il nome, fece un gridolino entusiasta. “Amore! Stavo giusto parlando di te con Yuzuha!”
Per scherzare, Yuzuha si accostò al telefono e parlò a volte alta. “Ha detto che ti ama alla follia e non vede l’ora di sposarti e darti cinque figli!!!”
“Yuzuha!!!” La rimproverò prontamente Kan, mentre lei già scoppiava a ridere. E poi c’era Mikey, dall’altra parte della’apparecchio, che prese la cosa fin troppo sul serio.
“Cinque non so… Magari ci fermiamo a tre?”
Kan si fece paonazza per la vergogna e si lamentò. “Non dobbiamo parlarne adesso! Ehm…comunque, perché hai chiamato?”
“Ah sì, hai tempo adesso? Voglio vederti!”
“Sì! Sono a Ginza, ma posso tornare subito!”
“Non sono a casa! Se ti spiego la strada riesci a raggiungermi?”
“Hai un indirizzo o qualche punto di riferimento?”
E di nuovo Yuzuha si intromise. “Dovete incontrarvi in un love hotel?” Per poi scoppiare a ridere ancora! Quanto si divertiva a prenderla per il culo! Ma questa volta Kan la ignorò e prestò attenzione alle indicazioni che Mikey le diede.
“Arrivo tra un po’, allora!” Terminò schioccando un bacio. Il tempo di mettere via il telefono e la sua espressione facciale cambiò completamente. “Ma tu quanto sei scema???”
Yuzuha non glielo aveva mai detto, ma le era grata di essere entrata nella sua vita, con tutte le volte che passavano del tempo assieme e tutte le volte che la faceva ridere… E dimenticare l’inferno famigliare in cui era intrappolata da anni e che peggiorava sempre più. Ad ogni modo, per quel giorno aveva fatto il pieno e la salutò senza rimpianti. Se avesse saputo cosa stava per succedere, sicuramente l’avrebbe accompagnata.
Gira e rigira, nonostante le difficoltà Kan si avvicinò poco alla volta alla destinazione. Doveva trovare un parchetto lontano dalla metro e per di più in una zona che non conosceva. Praticamente gli ultimi venti minuti camminò continuando a girare la testa a destra e sinistra, neanche fosse stata la lancetta di un metronomo, tanto più che non aveva idea di dove stesse andando. Fino a quando non sentì una voce in lontananza e, allungando lo sguardo, vide Mikey sbracciarsi per farsi notare. Ritrovando il sorriso, gli corse incontro e quando arrivò da lui gli si gettò addosso per abbracciarlo.
“Finalmente ti ho trovato!”
“Scusami! Ero andato a trovare Takemicchi per vedere come stava e…questo piccolo parco è vicino casa sua!”
“Ah…quello là…” Solo a sentirlo nominare le venne una smorfia di disgusto, tipo reflusso gastrico acido. Le era stato raccontato che alla riunione finita in rissa si era ficcato in mezzo anche lui, che si era preso qualche pugno e che alla fine mentre tutti scappavano via dagli sbirri  era svenuto come un pappamolle. Takemichi. L’eroe di Mikey. Applausi.
Mikey la prese per mano. “Sono successe un po’ di cose nelle ultime ore! Vieni!”
La curiosità data da quella frase, si trasformò in un incubo. Pochi passi più in là, trovò suo fratello, la stronza di Emma con un vestito provocante non adatto alla sua età, lo sfigato e una ragazza sciatta con un caschetto che le stava malissimo.
“Che cosa significa?”
Mikey sfoggiò un sorriso a trentadue denti. “Lei è Hina-chan, la ragazza di Takemicchi! Quella che mi aveva dato un ceffone a scuola e che lo ha pestato per gelosia all’ultimo raduno!”
La ragazza insignificante arrossì un poco. “M-ma che presentazione è?”
Kan se ne fregò e si rivolse a Mikey con serietà. “Cosa diavolo succede qui?”
“Grazie a Takemicchi, io e Ken-chin abbiamo fatto pace! Poi ci siamo ritrovati tutti qui! Prima c’erano anche i migliori amici di Takemicchi, mi hanno fatto giocare a palla con loro!”
Perplessa, Kan volse lo sguardo a Draken, come intimandogli di darle spiegazioni.
“Stavamo parlando di andare noi sei al festival di Musashi! Sei d’accordo?”
Di nuovo Kan tornò a rivolgersi a Mikey. “E il nostro appuntamento romantico?”
Mikey esibì una boccuccia a forma di ‘o’, prima di rispondere un po’ spiazzato. “Ah be’… Possiamo farlo un’altra volta! Tanto in estate ci sono festival ovunque!”
Ok…manteniamo la calma…aveva appena sputato sul loro appuntamento per fare un’uscita assieme a una coppietta di sfigati e alla sorellina zoccola che per forza di cose lei avrebbe dovuto tenere d’occhio per evitare strusciamenti su suo fratello… Fantastico. Ma poteva farcela.
Prese respiro e si sforzò di fare un sorriso amichevole. “Va bene, amore! Se questo ti rende felice!”
“Sapevo che avresti capito!”
“Comincerò a fare delle ricerche sui prossimi festival di Tokyo, così scegliamo quelli che più ci piacciono! Tanto adesso abbiamo un sacco di tempo libero, visto che la gang si sta sciogliendo!”
Mikey scoppiò a ridere. “Puahahahah! Assolutamente no! La Toman va avanti!”
Momento…
“Dopo la brutta vicenda di Pah e con la gang divisa in due, avevi detto che c’era il rischio di una lotta interna.”
“Sì ma adesso che io e Ken-chin ci siamo chiariti si sistemerà tutto!”
Tutto… Tutto cosa? Kan si sentì tremare.
“Mi stai dicendo che, in pratica, la nostra vita non cambierà di una virgola?” Dall’espressione che aveva era evidente a tutti che non l’aveva presa affatto bene e perfino Mikey smise di ridere.
“Amore, stai bene?” Fece per toccarle la mano, ma lei gliela schiaffeggiò via.
“Non toccarmi.” Le veniva da vomitare. Com’era possibile che la felicità che fino a poca prima era ad un passo da lei, fosse svanita così all’improvviso?
“Kan?” La richiamò Draken, lanciandole un’occhiata interrogativa.
“Io…è meglio che vada… Ci vediamo la sera del festival. Fino ad allora non cercatemi.” Biasciò lei, prima di andarsene a testa bassa e senza voltarsi indietro.
Inutile dire che caddero tutti in soggezione per quel suo comportamento inaspettato. Mikey rimase a fissarla mentre si allontanava, non sapeva nemmeno lui cosa pensare. Quando Draken gli si affiancò, sollevò lo sguardo triste su di lui. “Ho sbagliato qualcosa?”
Draken scosse lentamente il capo. “Non lo so proprio…”
*
 
Nonostante il condizionatore stesse andando a palla, Smiley continuava a sudare. Il suo corpo era luccicante e caldo e perfino la folta chioma riccia sembrava sul punto di sciogliersi, tanto i capelli erano madidi. L’immancabile sorriso però la sapeva lunga… Era impegnato nella migliore attività fisica del mondo e che a lui piaceva anche più delle risse. Insomma, un rapporto sessuale. Anche la posizione era la sua preferita, infatti, prendere una ragazza messa a pecorina lo faceva sentire come un cowboy! E lei era altrettanto coinvolta, visto il modo in cui gemeva. Smiley strinse forte i suoi fianchi fra le mani e fece un affondo completo, deliziandosi della vista che aveva lì sotto.
“Ho sempre voluto darti una botta! Sei una strafiga e hai un culo fantastico!”
Il tempo di finire la frase e riprese a muoversi con ritmo abbastanza serrato, fino a quando non raggiunse l’orgasmo. Rivolse lo sguardo al soffitto, con aria soddisfatta. “Oggi è il mio giorno fortunato!” Come se non bastasse, sfilò subito il preservativo e fece un commento tutt’altro che signorile. “L’ho riempito per bene!” Poi scese dal letto e andò a buttarlo nel cestino, per poi tornare sul materasso con un piccolo balzo.
“Dici che dovremo parlarne? Sul come siamo finiti così, intendo.”
“Non c’è nulla da dire.” Kan si sistemò sul fianco e si gettò i capelli all’indietro con un certo fastidio. “Volevo un po’ di coccole da Souya, ma lui non c’era. Siccome ero emotivamente fragile ho finito per cedere alle tue squallide avances. Fine.”
A Smiley venne da ridere. “Non riesci a dirlo con una faccia meno schifata? Fino a poco fa stavi gemendo di piacere!”
“…mi rendo conto di quanto sono caduta in basso.” Disse, facendo roteare gli occhi, poi ci pensò su qualche istante e arrivò ad una nuova conclusione. “Anzi, ho fatto bene. Quel bastardo se lo merita.”
“Ehm sì…” A tal proposito, a Smiley si smorzò un poco l’entusiasmo. “Non ha intenzione di dirlo a Mikey, vero? Sai, non mi va di scappare in Australia e cambiare nome!”
“Pisciasotto. Comunque no, non glielo dico. Me la terrò come soddisfazione personale.”
L’arrabbiatura del giorno prima non voleva passare. Dopo aver appreso quelle brutte notizie se l’era filata, arrivando persino a gettare a terra il nuovo acquisto e calpestare la busta dalla rabbia, immaginando di pestare Mikey. Era rimasta sveglia fino a notte fonda, salvo poi crollare per sfinimento mentale, e il mattino dopo, vendendo la miriade di messaggi sul telefono sia da parte di suo fratello che di Mikey, si era arrabbiata di nuovo. Li aveva liquidati con un giro di parole, giusto per non mandarli direttamente a fanculo e dopo le era venuta voglia di stare col suo amico del cuore e coccolarlo a mo’ di pet therapy! Invece un cavolo! Era stato Smiley ad aprirle la porta, in mutande per essersi appena svegliato, e allora aveva appreso che Angry era dovuto uscire con la madre per aiutarla  a fare compere. E lì, in un qualche modo, era successo il resto.
“Per sapere… Cos’ha fatto Mikey per farti incazzare tanto? Se vuoi dirmelo, eh!” Comico come si facesse avanti e subito si tirasse indietro! D’altra parte, sapeva che lei aveva un caratterino…
Ed infatti Kan rispose con la delicatezza di un bazooka. “Ha mandato a puttane i miei sogni! Ti basta???”
Smiley si pentì subito di averlo chiesto. Certo che era ingiusta, con so fratello Angry era sempre uno zuccherino invece con lui diventava una belva.
“Faccio un salto in cucina a bere. Ti porto qualcosa?” Chiese lui, alzandosi dal tetto.
“Lascia… Ora mi vesto e torno a casa.”
“Bevi lo stesso!  Col caldo che c’è fuori è meglio che ti tenga idratata!”
Era più forte di lui, gli veniva naturale essere amichevole con lei, nonostante il basso trattamento che spesso doveva subire. Era sua amica ed era la persona a cui suo fratello voleva bene, questo gli bastava. E poi, chissà, magari un giorno avrebbe avuto l’occasione di vantarsi con qualcuno di essersela fatta! Senza attendere una risposta, andò in cucina completamente nudo, aprì il frigorifero e prese la bottiglia di acqua fresca da cui bevve a collo. Per Kan scelse una lattina di Cola. Una volta tornato in camera sua, trovò Kan con addosso il vestitino con cui era venuta e intenta a legarsi i capelli umidi in una treccia.
“Tieni, so che ti piace!” Le porse la lattina.
Kan accennò un sorriso. “Grazie!” Aveva così tanta sete che ne bevve tre quarti tutto d’un fiato. Prese respiro e poi si rivolse a lui. “Ascolta… Non dare troppo peso a quello che abbiamo fatto... Non ero in me e…”
“Ehi, lo so già!” La tranquillizzò lui. “Credevo che io e te saremmo finiti a letto solo in un universo parallelo! Probabilmente non capiterà più ma…se dovesse venirti ancora voglia conta su di me!” Terminò facendole l’occhiolino (per quanto si potesse vedere  su uno che teneva perennemente gli occhi socchiusi! LOL!).
Grazie a Smiley, Kan se ne andò più serena e, durante il tragitto del ritorno, cominciò a pensare a Mikey… Pochi giorni prima aveva fatto delle cose con Mitsuya e adesso era finita a letto con quel caso umano di Smiley… Era il caso di rifletterci seriamente, non poteva continuare così. Altrimenti al prossimo litigio con chi sarebbe andata? Con Peh??? C’era un limite a tutto. E Peh era decisamente al di sotto di quel limite! A proposito, era due giorni che non lo sentiva. Chissà come stava… Cioè, lo sapeva benissimo che stava da cani, dopo quello che era successo a Pah. Gli era stato strappato via il suo migliore amico e compagno di mille avventure. Con l’ultimo messaggio le aveva detto di non preoccuparsi e che si sarebbe ripreso presto, me lei sapeva che era impossibile.
Era ancora persa in pensieri quando svoltò l’angolo di casa e si accorse di chi c’era davanti al cancelletto. L’ultima persona al mondo che voleva vedere. Con effetto istantaneo si rabbuiò.
“Che vuoi?”
Emma fece un passo verso di lei e le porse la busta con entrambe le mani. “Draken mi ha chiesto di portartelo. E di dirti che dovresti avere più cura di una cosa così costosa.”
Sulla carta chiara c’erano ancora le impronte dei sandali…
“Perché non è venuto lui?”
“Credo abbia capito che hai un problema con me. Io non ho detto niente, ma lui osservando ci è arrivato lo stesso. Conoscendolo, questo è il suo modo per farci parlare.”
Ma sentitela la stronzetta…
“Tsk! Non ho niente da dirti! O forse vuoi che ti faccia le congratulazioni per aver fatto lo spogliarello a quello sfigato penoso di Takemichi, quella sera?”
Emma non si scompose neanche un po’. “Ho fatto uno sbaglio, ma non devo giustificarmi con te. Tornando all’altro discorso, volevo dirti che mio fratello si sta spremendo per capire che cosa ti fatta arrabbiare. Dovresti spiegarglielo e chiarire.”
Kan sbuffò. “Un cervello che l’ha?” Prese la busta dalle mani di lei. “Se è così rincoglionito, glielo spiegherò domani sera al festival. Tanto col giramento di palle che ho, non conto di divertirmi.” Quindi la sorpassò e aprì il cancelletto.
Prima che lei rientrasse, Emma le parlò di nuovo. “Io non sono tua nemica. Ti considero parte della famiglia e vorrei andare d’accordo con te come prima.”
Kan si voltò e le lanciò un’occhiata gelida. “Quando la smetterai di fare le fusa a mio fratello, ne riparleremo.”
*
 
La sera del festival, Kan si presentò al centro massaggi in versione bambola mozzafiato, con addosso il vestitino che aveva preso a Ginza. Una cosina mediamente elegante, color panna, con le spalline sottili in strass e una scollatura molto generosa. Appena sotto il seno era una fascia di strass, da cui partiva la gonnella leggermente drappeggiata che arrivava circa a metà coscia. I capelli erano raccolti come una meringa e decorati da un cerchietto di strass, tranne due ciuffi che scendevano ondulati ai lati del viso e da cui si intravedevano due punti luce rotondi e semplici. Ai piedi aveva le famose scarpe gioiello che aveva preso la sera dell’uscita con Angry e che erano passate dall’armadio della sua stanza  lì a quello di casa dei genitori in gran segreto, neanche fossero state ricoperte di veri diamanti! Una pochette in oro bianco brillantinato completava il tutto. Riguardo il trucco, si era solamente colorata le palpebre di brillantini argentati e dato un lucidalabbra con lo stesso effetto.
Quando il Direttore Masaway alzò gli occhi su di lei, rimase sbalordito!
“Piccola, sei bellissima! Sei sprecata per una semplice festa di quartiere!”
“Ah ah, sicuramente! Sarei più adatta ad un party a bordo di uno yacht!”
E lui stette allo scherzo. “Sposa un buon partito e sarai tu stessa a dare le feste più lussuose a cui tutti vorranno partecipare!”
“Già… Un buon partito…” L’esatto contrario di Mikey. E il Direttore lo sapeva bene. Meglio cambiare argomento. “Ehm, vado sopra da Ken! Dopo ripassiamo insieme!”
Lui fece un cenno col capo. Quella ragazza era come una ventata di aria fresca ogni volta che metteva piede lì. Non lo aveva mai detto a voce alta, ma sarebbe stato felice di averla come figlia e ogni tanto ci fantasticava su. Provava la stessa cosa per Draken, ovviamente, avendolo cresciuto proprio come un padre col figlio. Voleva molto bene ad entrambi i ragazzi e, per quanto augurasse loro ogni felicità, già sapeva che un giorno avrebbero lasciato il nido per seguire le loro strade e gli sarebbero mancati moltissimo… Ma era ancora presto per preoccuparsene, perciò alzò le spalle e riprese a leggere il giornale.
Dopo aver ricevuto tanti complimenti, Kan trovò un’aria ben diversa quando entrò nella stanza del fratello. Si stava rigirando il telefono tra le mani e anche un leggero tic agli occhi era un segno di agitazione. Nell’accorgersi della sua presenza, la squadrò dalla testa ai piedi. “Hai indossato quel vestito costoso questa sera? Per una festa di quartiere?”
Kan aggrottò le sopracciglia. “Cos’è, ti sono venute le mestruazioni al cervello?”
Draken sospirò, litigare non era il modo migliore di cominciare la serata. “No, scusami…” Buttò il telefono sul letto, con noncuranza, e le si avvicinò. “Intendevo dire che sei troppo bella per il posto dove stiamo andando!” Molto meglio!
Kan gli sorrise. “Sei pronto per andare? Mikey e lo sfigato dovrebbero già essere là!”
E qua Draken distolse lo sguardo, lanciando un chiaro segnale di allarme. “Non arrabbiarti…”
Kan lo guardò con sospetto. “Perché? Sputa il rospo.”
Altro segnale, Draken si allontanò e andò a posarsi di spalle contro la parete. “Non ti piacerà saperlo… Mikey questa sera non verrà al festival.”
“Che intendi dire???”
“E’ stato chiamato altrove per discutere della situazione di Pah e…” Spalancò le braccia e le lasciò ricadere, non sapendo che altro aggiungere.
Stranamente Kan non si mise a gridare come al solito, ma anche vederla camminare in tondo come una pantera in gabbia non era rassicurante… Ancor meno quando si fermò ed estrasse il telefono dalla pochette come fossa stata una pistola. La tragedia fu inevitabile.
“DOVE-CAZZO-SEI.”
Seguì un lungo momento di silenzio, mentre Mikey si giustificava, ma ecco che poi arrivò la scarica di proiettili.
Non me ne frega niente. Adesso tu muovi il culo e vieni qua. …….no, sei tu che non capisci. Hai preso un impegno con me e adesso li spetti, CHIARO???” Ancora un altro po’ di attesa e poi le scappò una mezza risata sarcastica. “Proprio questa sera? Non potete parlarne domani? Sono sicura che Pah non scappa!!! E adesso TI ODIO PER AVERMELO FATTO DIRE!!!” Pestò il piede a terra così forte che per poco il tacco a spillo non si conficcò. “Ti rendi conto che mi stai lasciando da sola la sera del festival a cui andiamo insieme da quando ci conosciamo???”
A quel punto, Draken osò intervenire. “Capisco che Takemicchi e Hina non ti vanno a genio, ma ci siamo anche io e Emma!”
E di conseguenza si beccò uno stridulo: “TACI!”
“Quindi cosa decidi?” Il suo umore crollò a terra quando non ricevette la risposta che sperava, e perfino la sua voce risuonò più bassa e strozzata. “Non accetto più di essere trattata così da te… Basta, Mikey…” Ingoiò un nodo alla gola e aggiunse tristemente: “E’ finita.” Pigiò il pulsante per chiudere la telefonata e lasciò ricadere il braccio a peso morto. Tempo qualche secondo e il telefono cominciò a vibrare nella sua mano, ma lei riagganciò immediatamente. I suoi occhi erano pieni di lacrime. Di nuovo il telefono vibrò, questa volta se lo portò all’altezza del viso e rispose con voce incrinata dal pianto imminente. “Lasciami in pace!” Quindi lo spense e lo ripose dentro alla pochette.
Stava succedendo tutto troppo in fretta.
Draken fece per parlare, ma si fermò nel sentire il proprio telefono vibrare da sopra il letto. Si mosse per andare a prenderlo…
“Se tocchi quel telefono giuro che non rispondo delle mie azioni.”
Nonostante le lacrime, sua sorella aveva uno sguardo omicida che lo fece raggelare. Anche se non era certo il tipo da cedere per così poco.
“Sorellina, hai tutte le ragioni per essere arrabbiata, ma non serve buttarla per forza in tragedia. Possiamo passare lo stesso una bella serata in compagnia.”
“Perché non chiudi quella cazzo di bocca?” Esplose lei. “Lo difendi sempre, invece di stare dalla mia parte. Non te ne frega niente di me, ti odio!”
Parole ingiuste e dette con rabbia che non si meritava, per questo la lasciò andare senza cercare di trattenerla. E intanto il telefono continuava a vibrare incessantemente sopra il letto.
*
 
Kan era uscita dal centro massaggi fumante di rabbia, liquidando il Direttore con un secco “Mi scusi, non adesso.”, per sfuggire alle sue domande. Ma anche se la serata era completamente rovinata, non aveva nessuna intenzione di andare a casa. In tutto quel casino voleva uscirne vincente! Aveva evitato di passare una serata noiosa con gente che non le piaceva e si era liberata dal guinzaglio di un rapporto tossico. Due piccioni con una fava! Il problema era che continuare a ripeterselo non la stava aiutando molto… Scartò subito l’idea di chiamare Angry, poiché non voleva dargli l’impressione di cercarlo ogni volta che aveva problemi con Mikey; stessa cosa per Yuzuha, che aveva sempre timore di tediare; Chifuyu meglio di no, altrimenti Baji si sarebbe ingelosito e apriti cielo; di Mitsuya neanche a parlarne, dopo i freschi ricordi delle cose fatte su quel futon……… E allora non restava che una cosa da fare. A Shibuya le pasticcerie non mancavano e, visto che lei si trovava in centro, ne scelse una piuttosto raffinata e adatta al vestito che indossava, dove le pareti erano rivestite di tendaggi drappeggiati e le poltroncine erano foderate di velluto che le rendeva comode e soffici. Appena entrata, adocchiò nella vetrina una fetta di torta composta da almeno quattro tipi di cioccolato e la ordinò senza esitare. Tiè!
“La cioccolata cura ogni male!” Si disse, una volta che la cameriera l’ebbe portata al tavolino. E poi, a dirla tutta, se lo poteva permettere, visto che era magra di costituzione!
Chi cavolo aveva bisogno di un fidanzato o altre seccature, quando c’era la cioccolata a soddisfare ogni suo bisogno? Finalmente era libera di fare quello che voleva, alla faccia di quello stronzo gnomico che si credeva chissà chi!!! Il rumore metallico della forchettina sul fondo del piatto in ceramica interruppe quell’afflusso di pensieri maligni e le fece notare che la fetta di torta era già finita. L’aveva divorata con tanta foga da non essersi nemmeno resa conto del sapore. Ed era tutta colpa di Mikey!!! Strinse la forchettina nel pugno, ancora più arrabbiata di quando era entrata. Chissene, bastava ordinarne un’altra e ricominciare daccapo, ma stavolta assaporando il dolce con calma. Attese che la cameriera fosse nei paraggi e la richiamò per fare la nuova ordinazione, ma quando questa le fu accanto e col taccuino pronto in mano…cambiò idea.
Vedendola titubante, la ragazza tentò un approccio. “Desidera un consiglio?”
“Ho voglia di cambiare…” Rispose lei, a mezza voce, quindi allungò lo sguardo in direzione della vetrina. Anche se si trovava ad una certa distanza, le saltò subito all’occhio una figura. “Quella bianca cos’è?”
“E’ una torta al limone! Non troppo dolce e rinfrescante, perfetta per una serata d’estate!”
“Torta al limone… Sì, ne prendo una fetta. Grazie.”
La cameriera scrisse l’ordine, fece un piccolo inchino e andò ad eseguire.
Una volta che Kan ebbe la sua fetta di torta davanti, si rese conto che era ancora più bella e deliziosa di quanto non sembrasse da lontano. Aveva una base friabile al cacao amaro, il corpo composto interamente da crema al limone e la sommità era decorata da uno spicchio di limone zuccherato messo in verticale, con tutto attorno delle decorazioni di fili di cioccolato solidificato. Ne prese un po’ con la forchettina e chiuse gli occhi per godersi meglio il nuovo sapore. Come aveva detto la cameriera, era dolce ma non troppo e si amalgamava bene con la punta di cacao amaro, creando un gusto molto bilanciato assieme alla sfumatura acidula del succo di limone nella panna. Un sapore nuovo, per lei. Riaprendo gli occhi, si accorse che fuori stava piovendo, una pioggerella sottile che esaltava ancor più i colori dei neon del quartiere brulicante di persone. Non immaginava che ritrovarsi da sola, con un nuovo dolce, a guardare la pioggia dalla vetrata, potesse essere una sensazione così piacevole! I minuti passarono lentamente, boccone dopo boccone la torta sembrava diventare sempre più buona e il suo umore migliorava di conseguenza. Che pace…
Terminato il dolce, si passò la lingua sulle labbra, deliziata dalla nuova scoperta e poi sorrise al vuoto. “Devo chiedere scusa a Ken!”
Recuperò il telefono dalla pochette, incerta sul da farsi, sapendo che una volta acceso sarebbero arrivati una marea di messaggi da parte di Mikey. Era sul punto di ripensarci, magari suo fratello era già tornato al centro massaggi a causa della pioggia, poteva tornare anche lei e cercarlo lì. Scosse il capo, faceva prima a chiamarlo. E allora via, premette il tasto di accensione e inserì il codice pin. I suoi sospetti vennero confermati, nel momento in cui il telefono si avviò, cominciò a vibrare nella sua mano, senza sosta, e ogni singolo messaggio o avviso di chiamata persa erano proprio da parte di Mikey. Di suo fratello non c’era nulla. Però…avvicinò lo schermo e guardò attentamente.
“Questi sono da parte di Mitsuya?” Strano, dopo quella volta non si erano risentiti e a quanto ne sapeva non aveva in programma di partecipare al festival. Soprattutto con la pioggia. Andò a ritroso con la lista, fino a quando non trovò il messaggio che le aveva inviato per primo e lo aprì.
[Perché non riesco a contattare nessuno di voi due? Non dovevate andare al festival tu e Draken?]
Non riusciva-? Quindi anche suo fratello aveva spento il telefono? Aprì il secondo messaggio.
[Draken è in pericolo. Peh ha tradito la Toman, si è unito alla Moebius e ce l’ha con lui. Se siete insieme, diglielo!!!]
No ma che-? Peh aveva-?  Quindi era questo il motivo per cui l’altro giorno l’aveva tranquillizzata con quel messaggio? Per tenerla lontana mentre agiva di nascosto? E che significava che si era alleato con quei tizi? Era colpa loro se Pah aveva perso la testa e impugnato quel coltello, e adesso lui ci andava a braccetto?
“E cosa cazzo c’entra mio fratello? Ma è diventato scemo???” Disse tra i denti, giusto per non farsi sentire dalle altre persone attorno a lei. E proseguì la lettura.
[Sto cercando Draken assieme a Takemicchi. Vieni sul retro.]
Il retro… Erano nella zona del Santuario dove c’era il festival? Diede un’occhiata fuori, ora la pioggia scendeva più fitta e per strada era un viavai di ombrelli trasparenti. Se suo fratello era in pericolo, di certo non sarebbe stato questo a fermarla. Lasciò i soldi sul tavolo senza chiedere il conto, non aveva tempo da perdere e qualche yen di resto non le interessava. Lo stesso valeva per la pioggia, più che darle fastidio era rinfrescante per una serata di inizio agosto e in ogni caso prese la metro per avvicinarsi velocemente alla destinazione, quindi per il momento fu una doccia breve. Abbastanza diverso fu dopo, quando dovette camminare senza più ripari verso il Santuario, per poi trovare solamente le moto di Peh e Mitsuya nel solito parcheggio.
Provò a telefonare, ma lui non rispose. “Che cazzo! E ora?”
Se la moto era lì doveva esserci anche lui da qualche parte. Inutile andare verso la strada del festival, tanto con quella pioggia dovevano aver già chiuso tutti gli stand. E allora…il parcheggio sul retro? Invece di andare per il fitto di alberi, dove sarebbe stata più riparata ma avrebbe dovuto camminare sul terreno fangoso, preferì fare il giro per il largo e prendere la strada esterna. Ormai il vestito era ridotto a uno straccio da pavimenti da quanto era inzuppato e i capelli stavano su per miracolo. Per contrasto, gli strass delle scarpe gioiello luccicavano. Si affrettò a fare il giro e, quando svoltò l’ultimo angolo che dava sul piccolo parcheggio del retro, si fermò di colpo. Da un lato vide il gruppetto composto da suo fratello, Mitsuya, lo sfigato e la stronza di Emma che stava in disparte con l’ombrellino aperto. Mentre davanti a loro…si stendeva uno schieramento di tokkofuku bianchi che da soli avrebbero potuto illuminare la notte. Al centro dello scenario c’erano Peh, il traditore, con addosso la divisa della Terza squadra e Mikey, col suo completo estivo prediletto. E poi lo vide. Dal gruppo della Moebius avanzò un ragazzo che spiccava per l’altezza esagerata e il fisico magro come un chiodo. Nonostante la fitta pioggia, indossava delle ciabatte sciatte e pinocchietti neri con t-shit bianca. Guardandolo da quella distanza, le saltò agli occhi il ciuffo biondo rialzato col gel, assieme alla chioma di capelli neri di media lunghezza. Le ricordava qualcosa… Tu-tum! Cosa aveva visto… Quel tizio aveva appena parato uno dei calci letali di Mikey! Allora esisteva qualcuno al mondo in grado di tenergli testa? Anche se era fradicia di pioggia, percepì un sorta di calore scorrerle dentro e nel petto era come se avesse l’eco del forte battito di prima. Stava provando un’emozione fortissima solo per aver visto un perfetto sconosciuto parare il calcio di Mikey? Era una cosa del tutto nuova, un po’ come… “La torta al limone?”
Lo disse bisbigliando e subito si sentì ridicola. A che cavolo stava pensando? Mentre si perdeva in fantasticherie, il tizio aveva iniziato a gridare, con tanto di sorriso da psicopatico stampato in faccia. Si metteva male… Se avessero combattuto, un’intera gang contro quattro, non c’erano dubbi su chi avrebbe avuto la meglio. Ma ecco che a smentirla fu un rumore che conosceva fin troppo bene.
*
 
Che fosse stato Mitsuya o qualcun altro ad avvisarli, l’intera gang era giunta in moto sul luogo dello scontro, divisa in squadre e con tanto di bandiera. I numeri ancora non combaciavano ma forse adesso c’era una possibilità di vittoria per la Toman. Poche ciance, le gang si divisero sui due fronti e al grido di inizio s’infransero al centro come onde umane, dandosele di santa ragione. E lei cosa doveva fare? Quelli erano i membri della Moebius…erano più grandi di età ed erano gli stessi che poco tempo prima avevano stuprato una povera ragazza. E lei era una ragazza. Non indossava la divisa, non indossava scarpe adeguate… Se si fosse buttata lì in mezzo che cosa le avrebbero fatto? Era la prima volta che si sentiva così indifesa, così inadeguata, così fuori posto, così…timorosa. D’altro canto, come faceva a girare sui tacchi e andarsene, sapendo che suo fratello e tutti i suoi amici erano lì a combattere? La pioggia scendeva sempre più copiosa, lo scontro si faceva sempre più animato. Doveva fare una scelta.
“Cazzo cazzo cazzo-” Continuò a ripetere fra i denti, mentre si toglieva rapidamente le scarpe e le abbandonava assieme alla pochette sul ciglio della strada. L’acqua sull’asfalto del parcheggio le fu d’aiuto a correre a piedi scalzi, quindi  si gettò sul primo avversario in bianco, colpendolo con un calcio al volo. Il colpo ebbe effetto, ma non a sufficienza, infatti il tipo si rimise velocemente in equilibrio e la squadrò con scherno. “E tu chi sei, bellezza?”
“Una che ha avuto una serataccia, per tua sfortuna!” Rispose lei, ricambiando il sorriso strafottente.
Seguirono alcuni cazzotti, che il tipo parò senza troppe difficoltà, fino a quando Kan non prese il giusto ritmo e lo abbatté con un calcio ben piazzato che lo fece volare a terra e perdere i sensi.
Non fece in tempo a guardarsi attorno che subito un altro si fece sotto, probabilmente avendo visto la scena aveva capito che non era una con cui giocare. Riuscì a colpirla un paio di volte, causandole più rabbia che dolore, e non passò molto che si beccò un bel pugno in pieno stomaco che lo fece piegare in due. Poi lei lo afferrò per i capelli, gli diede una ginocchiata e via.
“Chi ben comincia è a metà dell’opera!” Disse tra sé, per infondersi ancora più carica. Da quel momento si lasciò trascinare dalla corrente, il suo corpo si muoveva con un ritmo febbrile mentre metteva ko uno dopo l’altro gli avversari che si ritrovava addosso. Cominciò anche ad ignorare le battute cretine sul suo abbigliamento e gli approcci piccanti e assolutamente indesiderati di chi provava a rimorchiarla prima di prendersele e finire a terra! Tranne che per uno.
“Guarda che quando ti hanno detto che ci sarebbe stato da ballare, non era in quel senso! Che cavolo hai addosso?”
Kan si voltò e incontrò il sorriso vampiresco di Baji.
“Che vuoi farci! Ho frainteso!” Stette al gioco, con un’alzata di spalle.
“Almeno quegli imbecilli per guardarti sotto la gonna si distraggono! Quindi grazie!” E tornò a regalare pugni generosamente, lasciandola con un enorme punto interrogativo.
Baji che ringraziava??? Cos’è, gli era venuta la febbre stando sotto la pioggia? Pazienza, non aveva tempo di fermarsi troppo a pensarci, con una battaglia in corso.
“PEEEEEEH!!!!”
A quel grido, il tempo parve fermarsi alcuni istanti. Mikey si fece strada verso l’amico a suon di pugni e quando lo raggiunse si lasciò colpire da lui. Gli scontri ripresero, ovviamente, perciò Kan non stette a sentire la conversazione, l’unica cosa che capì era che Peh stava soffrendo enormemente e questo lo aveva portato a fare una scelta sbagliata.
“Vieni qui, puttanella!” Un tizio l’afferrò a tradimento alle spalle e, passando per una sorta di tunnel umano, la trascinò ad un angolo del parcheggio, nonostante lei si stesse dimenando.
“Maledizione.” Lo sapeva che cosa stava per succedere, ma col cazzo che glielo avrebbe lasciato fare! C’era già passata una volta. L’unico modo per scamparla era fermarsi un momento e fargli credere di avere la situazione in pugno. Doveva solo portare un attimo di pazienza e… STONK!
No, non fece in tempo a sferrare lei il colpo, perché ci pensò qualcun altro e in un attimo il tizio scivolò a terra svenuto.
Kan si voltò e vide Mitsuya farle un cenno col capo. Nient’altro, non ci furono parole, solo si scambiarono un’occhiata e tornarono in pista. Kan riuscì a riacquistare posizione e farsi avanti verso il centro del parcheggio. E per la seconda volta quella sera, il cuore le batté più forte in petto. Mikey stava combattendo contro la torta al limone…cioè…sì insomma, il tizio di prima. Non era riuscita a capire chi fosse o che ruolo avesse, l’unica cosa che sapeva di lui era che stava tenendo testa a Mikey con grande abilità e ridendo di gusto. Sia quando colpiva che quando veniva colpito. Sembrava fuori come un balcone… Però aveva degli occhi bellissimi del colore dell’oro e grazie alla pioggia i suoi capelli si erano sciolti e gli ricadevano sulla fronte, rendendolo ancora più figo…
Si morse un labbro e scosse la testa. “Devo smetterla di pensare a queste cose.”
Non solo si trovava nel bel mezzo di un combattimento, ma farsi venire il batticuore per uno della Moebius era proprio da stupidi. Magari anche lui aveva abusato di quella ragazza… Anche se il solo pensarlo le provocò una fitta dentro. Il che era ancora più stupido. La distrazione le costò cara. Fu troppo lenta a sferrare un calcio e il suo avversario le afferrò una gamba, stoppandole il colpo. Poco male per quello, con una piccola giravolta cambiò posizione e riuscì a liberarsi, peccato che il bastardo nel tentare di bloccarla le tirò la gonna e… STRAAP!!!
Prima di tutto gli piazzò un pugno in piena faccia che gli ruppe il naso e in secondo luogo fece un check dei danni. Sul fianco destro, la gonna era strappata fino alla fascia di strass e muovendola appena le si vedevano le mutandine di pizzo bianco. “Ma porc-” Non riuscì a terminare l’imprecazione che un altro tizio arrivò in volata sferrando un pugno, che lei schivò come una scheggia, quindi lo colpì di rimando quattro  o cinque volte di fila fino a riuscire ad abbatterlo.
“Che bella vista, Kan!!!” Si fece sentire Smiley, sorridendo più del solito. Il cretino si era goduto lo spettacolino dello strappo sulla gonna.
Fanculo, non aveva tempo neanche per la vergogna, c’era ancora un buon numero di bianchi da stendere. Però… “Ugh!” Per un momento percepì dolore in una zona non ben definita del petto. Durò un istante, ma bastò a toglierle il respiro.
Angry le corse incontro. “Kan? Sei ferita?”
“No, io… Non lo so, ho avuto come un brutto presentimento… Che strano…”
“L’ambulanza è già partita, accidenti. Potevi salire anche tu.”
“Ambulanza? Di cosa stai parlando?”
Allora Angry sgranò gli occhioni blu. “Non hai visto cosa hanno fatto a Draken?”
Ora il cuore di Kan batté in modo diverso, doloroso, mentre un brivido le correva lungo la schiena. “Mio fratello?”


 La storia continua nel Capitolo 18: [Hospital Stay]
Draken viene portato d'urgenza all'ospedale. Un altro tassello da aggiungere alla grande crisi di Kan, che è ancora in lotta interiore a causa dell'ultimo litigio con Mikey. In più adesso ha scoperto che le piace la "torta al limone"...

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Chapter 18: [Hospital Stay] ***


Chapter 18
[Hospital Stay]
 
Non fu affatto facile convincere Kan ad attendere il termine dello scontro, una volta che si era messa in testa di andare all’ospedale. Nelle condizioni in cui si trovava in quel momento, bagnata fradicia, col vestitino strappato da cui si intravedano le mutandine e i piedi sporchi e feriti per aver combattuto scalza sull’asfalto, se si fosse presentata là era più facile che l’avessero rinchiusa nel reparto di psichiatria invece che indicarle la sala d’attesa. Era questione di poco, le teste di cazzo ancora in piedi della Moebius erano poche, ormai. Mitsuya si era già offerto per darle un passaggio personalmente, essendo lui stesso in pensiero per il caro amico che era stato portato via d’urgenza dopo aver ricevuto una coltellata a tradimento da parte di Kyomasa, un altro che aveva tradito e si era unito segretamente all’altra gang. Se per questo coglione stavolta era davvero la fine, per Draken doveva assolutamente esserci una possibilità di salvezza. Una speranza che albergava nel cuore di tutti. Poco dopo, con la sconfitta totale della Moebius, il parcheggio si svuotò rapidamente e tutti tornarono a casa, salvo appunto Mitsuya, Peh e Mikey, che più di tutti desideravano raggiungere l’ospedale per aver notizie di Draken. La pioggia pareva non smettere mai. Viste le condizioni di Kan, Mitsuya si avviò per primo, caricandosela sulla moto, con Peh che lo seguì a ruota. Una volta arrivati, Kan saltò giù dalla sella con l’agilità di un felino, ansiosa com’era di entrare, ma Mitsuya rispose con uno altrettanto agile scatto e riuscì a fermarla giusto davanti la porta vetrata dell’ingresso. Le cinse le spalle con le braccia, senza stringere, ma comunque accertandosi che lei non fuggisse.
“Prima dovresti sistemarti un po’ o i Dottori chissà cosa penseranno!” Il tono di voce era basso e, nonostante la nota scherzosa, un tremolio tradiva il suo vero stato d’animo. Si stava sforzando di essere l’amico serio e responsabile per aiutare l’amica evidentemente sconvolta. Per lo meno, prendersi cura di lei lo aiutava a non buttarsi con la mente a capofitto su Draken, anche se moriva dalla voglia di chiedere notizie di lui. Ogni cosa a suo tempo.
Sperando che non ci fosse nessuno, l’accompagnò al bagno delle donne, per prima cosa la fece appoggiare alla superficie marmorea e stendere le gambe su uno dei lavandini, in modo da sciacquarle i piedi e controllare i graffi. Un gesto spontaneo, che un po’ gli ricordava quando aiutava le sorelline a fare il bagno.
“Hai dimenticato le scarpe al parcheggio dietro al Santuario…”
“Fa niente…”
Lei aveva lo sguardo vitreo, come se si fosse svuotata dell’anima e fosse sul punto di tramutasi in una bambola di pezza. Ma lui non glielo avrebbe permesso.
Procedendo con la pulizia, utilizzò un fazzoletto pulito che aveva in tasca per rinfrescarle il viso e togliere il trucco colato a causa della pioggia. Per i capelli non poté fare grandi cose, si limitò a togliere la decorazione dall’acconciatura ormai inesistente e poi tentò di pettinarla passandoci le dita a mo’ di forchetta. Niente di speciale, ma anche il semplice movimento delle dita fra le ciocche bionde in qualche modo aiutò entrambi ad allentare la tensione. Con le forcine recuperate pensò di raccogliere qualche ciocca, giusto per donare un minimo di tono alla chioma. Ora restava il problema del vestito… Per quello davvero non c’era soluzione, ormai era solo da buttare nei rifiuti, cosa che ovviamente in quel momento non poteva fare. E allora…
Si sfilò il gilet nero che aveva tenuto addosso durante il combattimento e glielo porse. “Tieni, indossalo. E’ ancora bagnato, ma almeno ti coprirà quanto basta.” Attese che lei voltasse lo sguardo su di lui, quindi accompagnò il gesto con un lieve sorriso, il meglio che riuscì a fare.
Bastarono quei pochi minuti con lei per rendersi conto di una cosa importante. Il sentimento che credeva di provare, non era di natura romantica, bensì un tipo di amore molto più profondo e innocente, che, adesso si rendeva conto, somigliava davvero a quello che provava nei confronti delle sue sorelline. Che qualcosa non andava era evidente già quel famoso giorno del futon, ogni volta che ci pensava realizzava più chiaramente che non sarebbe mai riuscito a fare sesso con lei e che non aveva mai voluto quel tipo di rapporto. Non negava che i baci fossero stati piacevoli, sotto sotto, erano comunque amici, ma quando riaffiorava alla mente il ricordo delle mutandine sottili e bordate di pizzo, si sentiva colpevole e si vergognava. Ora si faceva perfino schifo al pensiero che il se stesso di poco tempo fa aveva quasi violato la sorellina di una persona così importante per lui quale era Draken.
Quando Kan scese dalla superficie, le diede una scorsa. Tutto sommato era accettabile, salvo quei piedi scalzi. Magari avrebbe chiesto ad un’infermiera di procurarle un paio di pantofole usa e getta. Al momento, per evitare di farla camminare scalza col rischio di prendere qualche infezione, la prese in braccio come una principessa e uscirono dal bagno. Lì fuori, schiena contro la parete, trovarono Peh ad attenderli.
“Andiamo a chiedere di Draken?” Chiese lui, con una voce insolitamente normale, forse in conseguenza ad aver gridato sotto la pioggia durante la litigata con Mikey.
Mitsuya fece un cenno affermativo e insieme andarono nella sala d’attese delle emergenze e lì, furono subito adocchiati da Takemichi, il quale gli andò incontro per aggiornarli sulla situazione.
*
 
Mikey si sentiva come se il tempo si fosse fermato. Il che era inspiegabile. Aveva sgasato per le strade per arrivare in fretta all’ospedale, parcheggiato la moto nel primo buco libero che aveva trovato e raggiunto gli altri. La prima cosa che vide fu Mitsuya col pugno premuto contro il muro, Peh al suo fianco con volto visibilmente preoccupato, mentre Takemichi spiegava loro che durante il viaggio in ambulanza Draken aveva avuto un arresto cardiaco e adesso si trovava sotto i ferri per un’operazione delicata. Si accorsero della sua presenza, pronunciarono il suo nome, ma lui li zittì con poche parole  e passò oltre. Alla fine del corridoio c’era una piccola sala d’attesa, dove erano gli amici di Takemichi, bagnati e malandati per aver combattuto contro il gruppetto di idioti con Kyomasa a capo. E poi c’erano Hinata ed Emma, abbigliate in stile tradizionale in occasione del festival, carinissime, per quanto le vicende della serata le avessero provate. Si avvicinò ad Emma che piangeva, le posò semplicemente una mano sulla spalla come segno che le era accanto, poi lasciò che fosse Hina a continuare ad occuparsi di lei. Di nuovo passò oltre, il suo sguardo si sollevò sulla scritta luminosa, i kanji bianchi che dicevano ‘operazione in corso’ e che risaltavano sullo sfondo rosso. La fissò per un po’, mostrandosi indifferente.
“Ken-chin… E’ sempre stato un uomo di parola. Non morirà qui. Non farebbe mai una cosa tanto sleale. Mi ha promesso…” Si voltò, esibendo un sorriso talmente forzato da non fregare nessuno. “…che avremmo governato il mondo insieme!” A modo suo cercò di rassicurare la sorella e gli amici, cosa che gli costò un immenso sforzo. Il suo dovere era terminato, ora?
Contò fino a tre e solo allora si decise a voltarsi nell’unica direzione dove ancora non aveva osato. Accanto alla porta della sala operatoria, su un piccolo divanetto posizionato all’angolo, c’era la ragazza che amava. Notò che indossava il gilet di Mitsuya, tenuto aperto, dal quale si vedeva quello che restava del grazioso vestito da festa, annodato sul lato dove si era strappato. I capelli erano sciolti sulle spalle, salvo alcune ciocche raccolte ai lati, giusto per darle una parvenza di ordine. Anche se teneva la testa bassa, si riusciva a scorgere il pallore del viso. Ai piedi portava un paio di ciabattine bianche. Nel vedere quel dettaglio, parve ricordarsi ciò che aveva portato con sé. Sottobraccio, infatti, teneva la pochette in oro bianco, mentre in mano, tenendo le dita a mò di gancio, aveva le scarpe gioiello. Le cose che Kan aveva lasciato al parcheggio.
Andò a sedersi accanto a lei, posò la pochette sul divanetto e ripose le scarpe vicino ai suoi piedi.
“Il vestito e tutte queste cose…erano per me, vero? Ti eri fatta ancora più bella per me…” La voce gli uscì bassa e incrinata, l’esatto opposto di quando aveva parlato mezzo minuto prima. “Tu volevi solo stare con me e io ho rovinato tutto…”
Kan non si mosse.
“Io…vorrei tornare indietro e darti l’appuntamento romantico che volevi…” Si chinò e, senza esitare, le sfilò le ciabattine per farle indossare le bellissime scarpe. Nel risollevare lo sguardo, incontrò gli occhi di Kan e riuscì ad accennare un sorriso vero. “Ti stanno benissimo, amore! Avevi ragione a volere indossare i tacchi!”
Vide delle lacrime sgorgare dai suoi occhi e si sentì in colpa. “Mi dispiace, Kan… Sono stato un pessimo fidanzato.”
Lei scosse il capo e rialzò la testa, allora anche lui si rimise in posizione retta.
“Ho detto a Ken delle cose orribili…” Disse lei, con la voce distorta dal pianto. “Dopo che io e te abbiamo litigato per telefono, ha cercato di sistemare le cose… Lui odia quando litighiamo e farebbe di tutto per farci fare pace…” Tirò su col naso e si passò una mano sotto agli occhi per scostare le lacrime, anche se subito scesero quelle nuove, ancora più grosse e ancora più calde. “Mi ha proposto di andare insieme al festival e io….” Il respiro sfarfallò un momento. “Io gli ho detto delle brutte parole e poi ho finito dicendo “non te ne frega niente di me, ti odio”. Un singhiozzo le spezzò la voce e le lacrime presero a scendere con più intensità. “E’ stata l’ultima cosa che gli ho detto.”
Mikey le prese gentilmente il viso fra le mani e la guardò dritto negli occhi. “Eri arrabbiata con me, non con lui.”
“E se non ce la facesse? Voglio dirgli quanto gli voglio bene!”
Era come ascoltare il pianto di un gattino, stringeva il cuore.
Mikey si stupì della forza d’animo che trovò dentro di sé, tanto intenso era il desiderio di consolarla e fare qualcosa per lei. “Lo sa che gli vuoi bene! E lui ne vuole a te! Sei la cosa più importante per lui, lo dice sempre!” Con delicatezza baciò quel viso a lui così caro e stravolto dalle lacrime e bisbigliò. “Devi essere forte. Ken-chin non vorrebbe vederti piangere così!” Lasciò che lei posasse la testa sulla sua spalla e l’avvolse in un abbraccio. Nonostante la situazione disperata, in fondo al cuore era felice di essere di sostegno alla sua ragazza e arrivò perfino a dimenticare di ciò che si erano detti al telefono. Ora tutto ciò che desiderava era fondersi con lei e sperare insieme che l’operazione di Draken andasse a buon fine.
Un po’ alla volta Kan smise di piangere, ma rimase nel suo abbraccio, bisognosa di conforto. L’attesa sembrava interminabile, nessuno di loro emise un fiato per ore. E poi, all’improvviso, il neon bianco e rosso si spense.
I ragazzi erano rimasti in piedi per tutto il tempo, le ragazze ad un certo punto si erano accomodate in un altro divanetto della sala, ma quando le porte della sala operatoria si aprirono, tutto il gruppo si riunì all’istante, ansioso di sapere l’esito. Tranne Kan e Mikey, che rimasero immobili per la tensione, come se muovendosi temessero di andare in frantumi.
Uscirono due uomini con camici blu e mascherina. Uno parlò.
“E’ fuori pericolo. L’operazione ha avuto successo.”
Tempo un secondo e dal gruppo si levarono grida di gioia, seguite da pianti e abbracci. Grazie al cielo l’incubo era finito. Kan prese un respiro profondo, si sentì come se l’aria le stesse entrando nei polmoni per la prima volta, mentre le lacrime che le solcarono il viso sembravano brillare ed illuminare il suo volto ora tornato roseo. Una vista che scaldò il cuore di Mikey. All’apparenza, fu lui l’unico a non cambiare espressione. Lui e Kan si alzarono in piedi insieme, ancora abbracciati, ma ecco che Mikey chiamò Mitsuya e, quando questo si avvicinò…
“Ti affido Kan per qualche minuto.”
Lui fece un cenno affermativo, sorridendo, con le lacrime che continuavano a sgorgare dagli occhi. “Ci penso io!”
Lo sostituì, accertandosi di avvolgere bene il girovita di Kan per sostenerla. Coi tacchi era ancora più alta, accidenti, ma la cosa lo fece ridere. E anche lei adesso rideva e piangeva, proprio come lui. Come tutti gli altri in quel momento. Tranne Mikey, che si allontanò per sfogarsi in privato.
Nessuno aveva ancora smesso quando arrivò un Dottore in camice bianco e occhiali da vista sottili, che si fece spazio nel gruppetto.
“Scusate… Con chi posso parlare? C’è un parente di Ryuguji Ken?”
Kan subito alzò la mano, in stile bambina delle elementari che sa la risposta alla domanda della maestra. “Io! Sono sua sorella gemella!”
L’uomo fece qualche passo per raggiungerla. “Ci sarebbero delle carte da firmare e poi dovrei contattare un adulto.”
“Sì, subito!” Si guardò attorno, alla ricerca di qualcosa. “Devo chiamare Masaway e anche la signora Toku!” Adocchiò la pochette e, per andare a prenderla, scivolò dall’abbraccio di Mitsuya.
Lui si ritrovò con le braccia sollevate, ma senza stringere nulla… Per un istante ne risentì di quel vuoto, ma quello successivo tornò a sorridere. Non vedeva l’ora di tornare a casa e dare il bacio della buonanotte alle sue sorelline, che a quell’ora stavano sicuramente dormendo serene nei loro piccoli futon. Ma non prima di aver dato una bella lavata di capo a Peh per i casini che aveva combinato!
*
 
Non era nebbia, forse erano più nubi di vapore rosa quelle che lo circondavano e tra le quali vagava librandosi, come se il suo corpo fosse stato privo di peso. La sua testa, soprattutto, la sentiva vuota e un senso di stordimento gli offuscava i pensieri. Dove si trovava? Cosa stava accadendo? Poi ecco che il vapore rosa cominciò a diradarsi e, lentamente, il suo corpo discese, fino a toccare terra con un piede. Non terra, legno. Era atterrato all’interno di un luogo che aveva un forte tocco tradizionale. Dove volgeva lo sguardo vedeva shoji. Anche lui era diverso dal solito, però, infatti indossava un hakama grigio e nero e al fianco portava una katana. Interessante! S’incamminò per il corridoio, senza sapere dove stesse andando, e di volta in volta buttava l’occhio nelle stanze che avevano gli shoji aperti. Ognuna di queste era ricca di colori, tra tele dipinte che ritraevano scenari naturali, vasi dalle curiose forme, fiori sistemati secondo lo stile ikebana, fino a quando non arrivò in quella che doveva essere la sala principale e da cui si accedeva da uno splendido fusuma dalle tinte verdi. D’istinto lo aprì, all’interno si faceva gran festa, c’erano uomini dalla mezza età in su che bevevano allegramente, deliziandosi della vista delle geisha. Osservandole meglio, si rese conto che tutte le geisha erano le ragazze del centro massaggi. Incredibile, erano bellissime agghindate in quel modo, invece che con addosso i soliti babydoll che non lasciavano spazio all’immaginazione. La cosa più bella era che c’erano proprio tutte, perfino quelle che se n’erano andate da anni e che non aveva più rivisto. Provava nostalgia nel vedere quei volti di donne a cui si era affezionato e che poi una dopo l’altra se n’erano andate. Non gliene faceva una colpa, non l’avevano abbandonato per ferirlo, ma perché avevano trovato un lavoro più onesto oppure si erano sposate e adesso stavano vivendo una vita migliore. Ed era giusto così. Eppure, rivederle lì tutte insieme gli provocò una fitta al petto che lo spinse ad uscire. L’esterno era altrettanto bello dell’interno, in quanto l’edificio era circondato da un giardino tradizionale ben curato e facendo attenzione si poteva sentire l’acqua che scorreva in un piccolo corso artificiale e il ‘tuc’ della canna di bambù che si muoveva a ritmo del passaggio dell’acqua. Oltre il giardino c’era una strada addobbata da lunghe fila di lanterne rosse e molta gente con abiti colorati camminava tutta verso un’unica direzione. Si insinuò nella folla e camminò anche lui, ignaro di dove stesse andando.
“Draken!”
Una voce gli giunse, non molto nitida, ma lui la riconobbe ugualmente. Uscì dalla folla e subito vide Emma ad attenderlo sul ciglio della strada. Indossava uno yukata blu con stampe di fiori gialli, aveva i capelli raccolti e decorati da un fiore rosa e gli sorrideva timidamente. Era bellissima. Era raro vederla sorridere, di solito mostrava un’espressione molto seria o anche corrucciata, invece adesso sorrideva per lui. La raggiunse e ricambiò il sorriso, altra cosa strana che in genere non faceva, perché quando le era accanto provava sempre un po’ di imbarazzo e allora faceva il duro per mascherarlo. Però quella sera era tutto migliore, quindi non c’era bisogno di mascherare nulla.
“Sei da sola?”
“Mio fratello aveva un impegno importante, non ha potuto accompagnarmi…”
Un impegno… Sì, gli suonava familiare. Di che impegno si trattava? Be’, non gli importava, ora voleva solo porgere il braccio ad Emma e camminare con lei. Era una serata piacevole, qua e là si esibivano artisti di strada che intrattenevano la gente facendo acrobazie o suonando strumenti così antichi che lui non ne ricordava nemmeno il nome e poi c’erano banchi dove vendevano cibo e da cui provenivano odori forti di impasti fritti o di carne grigliata o quello dolce del sake caldo. Perfino la pioggia che cominciò a scendere su di loro era tiepida e piacevole e inspiegabilmente non bagnava. Un’aura di magia avvolgeva ogni cosa e gli dava serenità. Peccato che non potesse durare per sempre. All’improvviso i colori cominciarono a spegnersi, prima il rosso, poi il rosa, poi l’arancio, poi il verde, e al loro posto arrivarono cupe tonalità di grigi scuri che deturparono il paesaggio. La pioggia ora era diventata fredda e gli stava bagnando i vestiti, la sentiva picchiare sulla testa tre quarti rasata. Le persone attorno che prima stavano passeggiando e festeggiando, sparirono e vennero rimpiazzate da uomini in armatura tradizionale e armati di tutto punto.
“Emma, stai lontana.” Le disse, facendola retrocedere col braccio.
Da dove fossero saltati fuori quei tizi non lo sapeva, ma era certo che il tutto si sarebbe presto tramutato in un combattimento. Sguainò la katana e si mise in posizione d’attacco, pronto a dare il meglio di sé. Lanciò un grido e corse incontro agli uomini con gran coraggio. Ogni colpo inferto gli dava più forza, amava combattere fin da piccolo e anche in quell’occasione la sua sarebbe stata una gran vittoria, ne era certo. La pioggia cadeva sempre più copiosa e sempre più fredda e i colpi che sferrava erano sempre più forti. E poi… Lo sentì all’improvviso. La lama attraversargli la carne e il dolore esplodergli dentro. Un grido assordante gli uscì dalla gola e riecheggiò tutto attorno, la vista gli si annebbiò. In un istante gli uomini in armatura sparirono, vide solo due figure umane nell’ombra e sentì due voci femminili sconosciute.
“Aumenta la dose di morfina.”
“Povero ragazzo, se si sveglia adesso soffrirà ancora di più.”
Dissero qualcos’altro ma lui non riuscì a capire, il dolore era così forte che non riusciva a pensare ad altro, fino a quando…non arrivò il buio totale.
Gli sarebbe stato impossibile dire quanto tempo passò, l’unica cosa che sapeva era che ora il dolore era molto più sopportabile, sentiva il cuore battere regolare nel petto e aveva una gran voglia di aprire gli occhi. Ci provò. Dapprima la luce lo accecò, facendoglieli strizzare, ma poi pian piano riuscì ad aprirli di uno spiraglio e a mettere a fuoco ciò che aveva attorno. Una stanza dalle pareti bianche, un mobiletto, un piccolo armadio… Dov’era?
“Ken…”
Sì, questa voce la conosceva bene. Volse appena il capo e la vide, gli occhi colmi di lacrime, i lunghi capelli biondi che ricadevano sulle spalle, e percepì il tocco della sua mano sulla propria.
Facendo un piccolo sforzo riuscì a parlare. “Sorellina!”
Kan scoppiò a piangere, la testa china sfiorò il braccio di lui.
“Ho avuto tanta paura. Durante la notte avevi avuto una ricaduta e al mattino non ti svegliavi più!”
Le sue lacrime calde che ricadevano sulla pelle, gli ricordarono la pioggia calda del sogno e in qualche modo lo confortarono. Mosse la mano, si ritrovò fra le dita una ciocca di capelli e ci giocò con tenerezza.
“Perdonami, ti prego! Le cose che ti ho detto…sniff…ieri sera, non sono vere! Non so perché le ho dette!” Continuò a dire lei, piangendo.
Ora ricordava, sua sorella aveva litigato per telefono, poi se l’era presa con lui ed era andata via incazzatissima. Poi era andato al festival, aveva passeggiato con Emma e dopo…era avvenuto lo scontro con la Moebius. Altro che uomini in armatura, era stato quel bastardo di Kiyomasa ad accoltellarlo a tradimento! Però era vivo e questo per il momento gli bastava. Spostò leggermente la mano, le sfiorò il viso bagnato di lacrime e di nuovo si sforzò di parlare. “Tranquilla… Ti voglio bene…”
Kan sollevò la testa, aveva il viso arrossato e umido, e per un attimo smise di piangere. “Anche io ti voglio bene, Ken! Tantissimo!”
Muovendo di nuovo la mano, lui le fece cenno di avvicinarsi e di poggiare il capo sulla sua spalla. Ora sì che andava bene. Non aveva le forze di dire una parola di più, ma poter stare a contatto con la sua metà era tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
*
 
I primi giorni Draken era stato per lo più sotto l’effetto della morfina, l’unico aiuto contro il dolore dopo l’intervento subìto e che fortunatamente gli aveva salvato la vita. Sua sorella era rimasta al suo fianco per quasi tutto tempo, a vegliare su di lui, a studiare le sue espressioni durante il sonno, ad accarezzargli la testa o la mano, o ancora a parlargli nei momenti in cui era sveglio, giusto per intrattenerlo con delle semplici chiacchiere, mentre lui era fermo a letto, debole e pallido come un agnellino. Si occupava lei anche di chiamare un’infermiera in caso di necessità, come il cambio della flebo o di cose più intime come il pappagallo e la padella. Lei si era anche offerta di occuparsene personalmente, sostenendo con fermezza che essendo gemelli non c’era nulla di cui vergognarsi, ma…Draken l’aveva cacciata a denti stretti! Alla fine era lui quello che si vergognava, altro che! Comunque, trascorsi una manciata di giorni, aveva preso a sentirsi meglio, ad aver meno bisogno di antidolorifici, aveva ricominciato a mangiare, seppur si trattava di cose semplici come riso o verdure bollite, ma anche quel poco contribuì a ridargli colorito e a donargli almeno le forze per parlare. Il più delle volte era per dire a Kan di non preoccuparsi troppo per lui, di non restare troppe ore in ospedale e soprattutto di dormire serena la notte a casa dei genitori. La sua compagnia gli era gradita, ci mancherebbe, ma vederla stancarsi così tanto per lui gli causava un leggero senso di colpa, per questo a volte si vedeva costretto a scrivere a Mikey di venire a prenderla e accompagnarla a casa. Una buona cena, una bella doccia e una sacrosanta dormita era tutto ciò le chiedeva, per il suo stesso bene. Riuscire a convincerla era tutt’altra storia! Era così gentile e così servizievole…e poco alla volta lui cominciava a stare meglio, però non poteva assolutamente alzarsi dal letto…e non ci volle molto perché cominciasse ad annoiarsi durante quelle poche ore che passava da solo. E allora le chiese il favore di recuperare alcune riviste di moto dalla sua stanza, giusto per avere qualcosa di bello con cui intrattenersi nei momenti vuoti. Un pomeriggio di inizio settimana, Kan si occupò appunto di questo e tornò all’ospedale tenendo nella mano il manico di una robusta borsa in tessuto, contenente parte delle preziose riviste del fratello.
Varcando la soglia della stanza, si annunciò con uno spassoso: “Eccomi con la merceeee!”
Si accorse che c’era Mikey, seduto sulla sedia accanto al letto, dove in genere si sedeva lei. I loro sguardi s’incontrarono con un pizzico di sorpresa, ma subito le loro espressioni divennero sorridenti.
“Ehi, ciao! Non sapevo fossi qui!” Disse lei, appoggiando la borsa sul bordo del letto, dalla parte opposta.
Lui alzò le spalle. “Ken-chin mi ha scritto che non c’eri e allora ne ho approfittato! Altrimenti non riesco mai a parlargli!”
Subito Kan lanciò un’occhiataccia al fratello. “Tu hai fatto cosa???”
Draken sostenne il suo sguardo per alcuni istanti, ma poi gli venne da ridere e, inevitabilmente, si portò le mani alla ferita. “Cazzo, non fatemi ridere!”
“Scusa scusa!” Disse Mikey, prima di rivolgersi nuovamente a Kan. “In realtà è un caso! Mi sono svegliato dal sonnellino pomeridiano e sono venuto qui a trovare Ken-chin!”
“Allora va bene!” Concluse Kan, soddisfatta. “Ken, dove metto questa borsa? L’appendo accanto al letto così puoi prendere le riviste senza fare forzi?”
In effetti, da un lato, vicino ai guanciali, sporgeva un piccolo gancio ricurvo di cui chissà qual era l’utilizzo.
“Sì, grazie. Lì ci arrivo senza farmi male.”
Poi Mikey saltò fuori con un: “Amore, vieni a sederti sulle mie ginocchia!” Con tanto di colpetti delle mani sulla parte indicata. Ma Kan esitò. Dalla sua faccia non era difficile capire che la proposta non le andava particolarmente a genio, però dopo mezzo minuto si rimise su il sorriso e acconsentì. “Va bene!”
Girò attorno al letto per raggiungerlo, quindi prese posto sulle sue ginocchia e si lasciò avvolgere i fianchi in un abbraccio. Che fosse o meno d’accordo con tali dimostrazioni di affetto, era tutto da vedere.
“Ehm…novità?” Chiese poi Kan al fratello.
Draken sgranò gli occhi. “Sei stata via tipo un’ora! Cosa vuoi che sia successo?”
“Ah ah, giusto! Ah già che c’ero, mi sono fermata un po’ a parlare con alcune delle ragazze del centro! Hanno detto di dirti che sentono la tua mancanza e…” Si fermò un momento per placare una risata, poi riprese. “Di riempirti di baci!”
Draken alzò gli occhi al cielo, le labbra increspate in un sorriso divertito. “Sbaglio o dicono tutte la stessa cosa? Dovrebbero cambiare repertorio!”
Groooooooowl! Un rumoroso brontolio di stomaco riempì la stanza, facendo zittire i gemelli.
Mikey ridacchiò. “Dopo il sonnellino non ho mangiato niente! E tutto per correre qui da Ken-chin!”
“Fanculo, non dare la colpa a me!” Sottolineò il diretto interessato.
“Vado al negozio di dorayaki e poi mi faccio un giro in moto! Ripasso domani a trovarti!”
Kan si alzò in piedi e, non appena lui liberò la sedia, vi prese posto.
Mikey accennò un sorriso gentile. “Io e te ci sentiamo più tardi, amore?”
Di nuovo Kan ebbe difficoltà a rispondere, perciò si limitò a mugolare.
“Bene! Allora vado!” Mikey si sporse per baciarla, ma ecco che lei fece la ritrosa e gli concesse giusto di sfiorarle le labbra in un modo che neanche i bambini. Draken notò il velo di tristezza posarsi sul volto dell’amico, che poi uscì dalla stanza a sguardo basso e lasciando un ultimo saluto con un filo di voce.
“Il mio istinto omicida è al minimo, potevi dargli un bacio normale!”  La buttò lì Draken. Voleva essere una battuta per ravvivare l’atmosfera, peccato che non funzionò, infatti Kan abbassò lo sguardo, lasciandogli intendere che c’era qualcosa che non andava. “Non dirmi che è ancora perché ti ha dato buca al festival!”
Kan sbuffò. “No che non è per quello! …cioè….non solo…”
“E dai Kan, perdonalo e mettici una pietra sopra! A volte ti impunti su delle cose così stupide!” La rimproverò lui. “Invece di appollaiarti qua dentro, dovresti passare più tempo con lu-”
“Voglio lasciarlo.”
Il silenzio calò nella stanza per alcuni istanti e l’aria parve farsi più pesante in seguito a quelle parole sussurrate.
“Quella sera, al telefono…non ho parlato spinta dalla rabbia. Facevo sul serio. Solo che lui non l’ha capito.”
“Questo è…?” Draken si fermò da solo e strinse le labbra, non sapendo bene che tono usare dopo una confessione del genere. Prese respiro e cercò di mantenere la calma. “Mikey mi ha raccontato del vostro riavvicinamento mentre io ero in sala operatoria. Cosa mi dici di quello? Non sembravi una che aveva appena lasciato il ragazzo, visto che ti sei buttata tra le sue braccia in lacrime.”
Quelle parole la punsero sul vivo e non perse tempo a farglielo sapere. “Vogliamo anche parlare del fatto che se non mi avesse dato buca saremmo andati al festival tutti insieme e tu non saresti finito in una trappola?” Gli occhi le ardevano come braci, tanto era convinta di ciò che diceva.
Sulle prime Draken rimase a fissarla, ma ecco che gli venne da ridere. “Che stai dicendo? Se la mettiamo così, io potrei dire che se fossi venuta con me e Emma come ti avevo chiesto, mi avresti aiutato nel combattimento e magari non mi sarei beccato quella coltellata!”
Colpita e affondata. La sua reazione però non fu quella che lui si aspettava e si sorprese nel vedere i suoi occhi prima infuocati riempirsi di lacrime.
“Mi-mi stai dando la colpa?”
Cazzo.
“Ehi…ehi no! No no no! Ma ti pare?” Disse, muovendo le mani in segno di diniego. “Intendevo dire che non ha senso soffermarsi su delle ipotesi! Ormai quello che è successo è successo!” Questa giustificazione non parve funzionare, allora le fece segno di sedersi sul letto, accanto a lui, così da poterle sfiorare il viso con la mano e guardarla negli occhi. “Le vicende di quella sera sono state una conseguenza di una serie di fraintendimenti, non si può puntare il dito contro un’unica persona e darle la colpa! Capito?”
Kan fece un piccolo cenno col capo e si asciugò le ciglia passandoci il dorso della mano, prima che le lacrime cadessero.
“E anche per l’altra cosa che mi hai detto… Invece di passare subito ad una conclusione negativa, prova a parlarne con Mikey! Spiegagli come ti senti e trovate una solazione insieme!”
Di nuovo lei fecce un cenno col capo. “Va bene, ci proverò…”
“Brava la mia sorellina!” Si complimentò Draken, dandole una carezza sulla sommità della testa.
Era consapevole che tutti quei tira e molla tra i due rischiavano di sfociare in una rottura definitiva e la cosa lo preoccupava. Vero che spesso si era lasciato andare in esagerate scenate di gelosia, a causa del suo istinto di protezione nei confronti della sorella, ma il pensiero che lei e il suo migliore amico si lasciassero non era ciò che voleva e nel profondo li considerava una bella coppia. Non era mia riuscito a dire a Mikey frasi come “Ti affido mia sorella”, ma nella sua mente era come se ci fosse già un tacito accordo di questo tipo e sapeva che Mikey pensava lo stesso. Quello che non sapeva era che Mikey era rimasto fuori dalla stanza ad ascoltare la loro conversazione. Sul volto un’espressione più tetra che mai.
*
 
Voglio lasciarlo.
Le cose tra loro non andavano più bene, questo lo capiva da solo. Cosa diamine doveva fare per riavere l’amore della sua ragazza? Tra loro c’era sempre stato qualcosa di difficile, fin da quando avevano dodici anni, a partire da quel pomeriggio estivo in cui lui l’aveva baciata, si era dichiarato e le aveva chiesto di diventare la sua ragazza. E lei aveva rifiutato. Era tutta una questione di tempistica, praticamente. Ogni suo tentativo di fare un passo in avanti nel loro rapporto, era stato fermato, perché lei aveva bisogno di un po’ di tempo in più. Ma adesso la loro relazione si stava deteriorando e i litigi superavano i giorni felici o anche solo quelli normali. Possibile che l’unica maniera per sistemare tutto fosse quella di sciogliere la gang? In un impeto di rabbia, tirò un calcio nel vuoto, anche se stando disteso sul materasso non ebbe alcun senso. Sospirò pesantemente e si portò entrambe le mani dietro la testa. La gang era la realizzazione di un sogno, era una promessa fatta alla memoria di suo fratello Shinichiro, era una famiglia per decine di ragazzi che per affrontare le difficoltà della vita si facevano valere sul campo. Perché lei si ostinava a non capirlo? Perché non riusciva a sentire dentro quella sensazione che legava tutti loro della Toman? Alzò la gamba, stavolta senza scalciare, e si mise a muovere il piede in direzione del soffitto, con movimenti senza logica. Sciogliere la Toman gli avrebbe ridato la sua storia d’amore con la ragazza che amava e che un giorno avrebbe sposato, ma così avrebbe deluso tutti gli amici e causato sofferenza a ragazzi che non lo meritavano. Portare avanti la Toman nella scalata verso il successo avrebbe fatto sì che mantenesse la promessa fatta, però gli avrebbe fatto perdere l’amore. Entrambe le opzioni gli facevano schifo. Lui voleva Kan e voleva la Toman con la stessa intensità e non era disposto a perdere nessuna delle due.
“Cosa cazzo devo fare?” Bisbigliò amaramente tra i denti, quindi smise di muovere il piede e lo riabbassò. Due colpi alla porta lo riportarono al presente. “Avanti.”
La porta si aprì e sulla soglia comparve Emma, abbigliata con un vestito leggero ma piuttosto castigato con una scollatura minima e la gonna lunga fino alle ginocchia. In mano aveva un fagotto. Per andare in ospedale si metteva indumenti di questo genere da quando Kan l’aveva ripresa severamente, sostenendo che il suo abbigliamento abituale era un’offesa per un luogo dove erano ricoverate persone malate e sofferenti. Anche le cose tra lei e Emma non andavano bene. Non ne aveva parlato con la sorellina, ma lo sapeva che era successo qualcosa già da tempo. Era abituato a vederle insieme a civettare come due sorelle e poi all’improvviso avevano quasi smesso di parlarsi e non avevano più cucinato insieme. Con tutto quello che succedeva ogni volta, non aveva ancora avuto tempo di chiedere ad Emma i dettagli.
“Cos’hai in mano?”
“Ho preparato del pan brioche per Draken. Al momento riesce a mangiare solo cibi leggeri e questo non dovrebbe causargli indigestione. E gli zuccheri spero gli diano energia.”
Era un pensiero così gentile, ma lo stava esponendo con un’espressione piatta come se non le importasse. Lui non aveva ben chiaro cosa ci fosse tra Emma e Draken e probabilmente loro stessi non avevano idea di che nome dare al loro rapporto.
Accennò un sorriso. “Gli piacerà!” Quindi balzò giù dal letto e in un paio di passi le fu di fronte. “Andiamo?”
Il giorno prima, era stata una buona idea quella di fermarsi ad origliare fuori dalla porta, almeno così aveva avuto il tempo di riflettere su come agire, invece di ritrovarsi impreparato. La cosa migliore da fare era anticipare il discorso di Kan e parlarle lui per primo. Era pronto.
Giunti in ospedale, trovarono Draken con un colorito più rassicurante e sua sorella al suo capezzale a tenergli compagnia. Tutto normale. Dopo i saluti, studiò velocemente la situazione. Kan era indispettita dalla presenza di Emma, mentre Draken ne era contento, quindi era il momento migliore per portarsi via Kan e lasciare da soli i due piccioncini, no? E allora andiamo! Prese Kan per mano e la trascinò via senza esitazione.
“Vieni con me.”
Lei provò a protestare, ma non la ascoltò, si infilò con lei nell’ascensore e salirono fino all’ultimo piano, quindi presero le ultime due rampe di scale per raggiungere il tetto. Un luogo isolato e silenzioso dove stare da soli. Ottimo.
“Insomma Mikey, che cavolo fai?” Lo rimproverò lei, tirando il braccio per liberarsi. E allora lui la baciò.
Le loro labbra si assaporarono, muovendosi lentamente, inumidite dalla calda saliva di entrambi. Dei piccoli sospiri leggeri, qualche mugolio, fino a quando non fu lui ad interromperlo. I loro sguardi socchiusi s’incontrarono. Toccava a lui prendere la parola.
“Io ti amo.”
Le lasciò un ampio margine di tempo per rispondere, ma lei non aprì bocca.
“Lo so che ho commesso molti errori, ultimamente. Ti ho trascurata e mi dispiace. Ma credimi se ti dico che i miei sentimenti per te sono forti come il primo giorno. Nel momento in cui il mio sguardo si è posato su quella ragazza alta, bionda e bellissima, ho capito che era lei l’amore della mia vita. E mai una volta ho pensato il contrario.”
Kan si morse le labbra, quella dichiarazione così profonda era anche troppo per la sua età. Senza contare che le rendeva difficile dirgli ciò che si era programmata.
“Oh Mikey…” Le uscì, con tono velato di sofferenza.
Lui riprese a parlare. “Per ora, l’unica cosa che non posso fare è sciogliere la Toman, ma qualsiasi altra cosa tu voglia chiedermi, io la farò. Mettimi alla prova.”
Troppo pesante, dannazione. Kan fece un passo indietro e gli voltò le spalle, era agitata, riprese a mordersi le labbra, mentre il suo sguardo vagava in alto al cielo, come alla ricerca di un segno divino.
Alle sue spalle, Mikey ripeté. “Qualunque cosa.”
“U-una cosa ci sarebbe…” Bene, adesso non riusciva neanche  a parlare! Si volse lentamente e lo guardò. “Tu non immagini neanche il potere che hai su di me o quanto io detesti me stessa per essere così debole.”
Mikey notò i suoi occhi lucidi e anche il suo petto che si gonfiava a ritmo più veloce del normale, si aspettò di tutto, tranne che lei gli si appiccicasse addosso come un polpo in calore! Gli intrecciò le braccia al collo e prese a baciarlo in modo famelico, con un gioco di lingua più intenso che mai, che ovviamente lui ricambiò ben volentieri. Nel mentre sentì che lei allontanò le braccia, ma non si rese conto del perché fin quando non separarono le labbra e riaprì gli occhi e allora la vide sfilarsi le mutandine color crema e bordate di pizzo e gettarsele alle spalle. Neanche il tempo di capire cosa stava accadendo che subito si ritrovò le sue mani abbassargli i pantaloni corti della tuta, portandosi giù anche i boxer. Se già il bacio erotico gli aveva portato la bandiera a mezz’asta, quel gesto gliela alzò completamente. Quando poi Kan lo prese per mano e cominciò a stendersi a terra trascinandolo giù con sé, la faccenda era già inequivocabile. Mikey la penetrò senza indugi, andò dritto fino in fondo in quel luogo caldo e bagnato in cui si sentiva come in una casa vacanze tutta per lui. I gemiti di Kan riecheggiarono nello spazio vuoto attorno, erano così musicali, così intensi, che avrebbe voluto ascoltarli per il resto della vita. Anzi, stare così con lei e dentro di lei, era ciò che avrebbe voluto fare per il resto della vita! Cosa che decisamente non avvenne, visto che l’eccitazione fuori dai parametri e così improvvisa lo fece durare meno del solito. Si sentì esplodere come una sac à poche riempita con troppa panna e riversò tutto dentro di lei, fino all’ultima goccia, quindi posò il capo sui suoi seni e si abbandonò al riposo.
“C’è solo una cosa che voglio chiederti.” Disse lei, con tono improvvisamente spento.
“Dimmi, amore.”
“Prendiamoci una pausa e proviamo ad essere solo amici per un po’.”
In un istante, Mikey si sentì precipitare dal cielo agli inferi.


Continua nel Capitolo 19: [About Pain And Relashionship]
Un esperimento a cui Mikey non vorrebbe sottoporsi, soprattutto a pochi giorni dalla scarcerazione di Kazutora (che è innamorato di Kan)....

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Chapter 19: [About Pain And Relationships] ***


Chapter 19
[About Pain And Relashionships]
 
A guardarlo, chiunque avrebbe detto che si trattava di uno studente volenteroso, che già dai primi giorni di ritorno a scuola dopo le vacanze estive si stava impegnando nello studio e nei compiti per raggiungere ottimi risultati. Così suggeriva quel vocabolario di giapponese aperto sulla scrivania, quel foglio dalla scrittura fitta a matita, un secondo foglio per la brutta copia e la schiena ricurva di Baji, chino su di esso. Guardando meglio, si notavano i numerosi frammenti di gomma delle cancellature, sparpagliati sul ripiano, e la punta della matita quasi consumata. Baji batté il pugno sulla scrivania, poi prese il foglio per appallottolarlo e gettarlo all’indietro, e questo si scontrò su  un’anta dell’armadio prima di rotolare a terra. Il foglio rimasto, quello dalla calligrafia piccola e sicura, era l’ultima lettera da parte di Kazutora. Come sempre, per riuscire a leggerla bene aveva dovuto aiutarsi col vocabolario e riportare alcune diciture in hiragana che aggiungeva tra una riga e l’altra. Poi aveva tentato di rispondere, ma dopo quattro fogli accartocciati ancora non ci riusciva. No, il problema non era scrivere le parole, ma il contenuto stesso della risposta. La lettera di Kazutora lo aveva turbato. Le prime righe parlavano della sua imminente liberazione e del suo ritorno a casa, e quella parte lo aveva reso felice, gli aveva fatto ballare il cuore in un valzer. L’altra metà della lettera, invece, aveva assunto toni duri, aveva spezzato la danza per lasciare posto ad una pesante tristezza e agitazione. Una frase in particolare lo aveva devastato.
[Fino a quando apparterrai alla Toman e a Mikey, non voglio vederti.]
Proprio adesso che poteva contare sulle dita i giorni che lo separavano dalla sua liberazione, dal desiderio di rivederlo e di abbracciarlo e di stare con lui ogni giorno… Il suono del campanello gli entrò nella mente come un fulmine. Imprecò tra i denti. Ficcò la lettera dentro al vocabolario, che poi richiuse, e andò con passo rapido ad aprire.
“Scusa il ritardo, Baji-san! Ho finito le commissioni per mia madre!”
Chifuyu era sorridente come al solito, i suoi occhi sembravano brillare ogni volta che erano insieme e sulle sue guance si poteva scorgere un lieve rossore.
“Non ti sei ancora tolto la divisa scolastica?” Aggiunse incuriosito.
Ora che glielo aveva detto, in effetti era vero. Appena rincasato aveva trovato la lettera e si era subito piazzato in camera a leggerla, dimenticando di cambiarsi. Chifuyu invece si era cambiato e ora indossava una maglia oversize a macchie colorate e pantaloni blu di una tuta che un po’ somigliavano a quelli di scuola.
“Posso…entrare?”
Recepì il segnale con un certo ritardo, come se il suo cervello avesse problemi di connessione, quindi si ritrovò a fare dei gesti buffi con la mano per invitarlo in casa. Doveva riprendersi alla svelta o lo avrebbe insospettito.
Chifuyu lo precedette in camera da letto, come d’abitudine, e subito notò il disordine sulla scrivania. “Non dirmi che stavi studiando! Se continui così, dovrai comprare dei veri occhiali da vista e buttare quelli finti che usi adesso per fare figura a scuola!” Una battuta che gli venne naturale, pensando all’evoluzione di Baji come studente. Da ripetente, si era poi impegnato per colmare le lacune e adesso cominciava a prendere voti sufficientemente buoni, seppur il suo livello non fosse ancora di uno studente di seconda media. “Quante cancellature! Cosa stavi scrivendo?” Si chinò sul vocabolario, da cui faceva capolino l’orecchio di un foglio, ma ecco che si sentì spingere via con forza.
“Perché non ti fai i cazzi tuoi?”
Chifuyu lo capì già dal tono di voce, ma poi ne ebbe conferma guardando la sua espressione severa e si fece piccolo piccolo. “Scusa…”
Ormai era inutile fingere, non era proprio dell’umore per stare al gioco e divertirsi, anche se riconosceva che Chifuyu non ne aveva colpa. Distolse lo sguardo.
Da parte sua, Chifuyu gli si avvicinò e con prudenza gli sfiorò il braccio con le dita, tipo gattino che vorrebbe coccole dal padrone ma non è sicuro che sia il momento giusto. Lui non reagì, allora provò ad approcciarlo con un pizzico di decisione in più, avvicinando il viso al suo. Sentì il calore della sua pelle anche senza entrarci a contatto, sollevò leggermente il viso per sussurrargli all’orecchio. “Baji-san, ti va di…?”
Giusto. Stava dimenticando un dettaglio fondamentale. Era Chifuyu il suo ragazzo. Il sentimento nei confronti di Kazutora non avrebbe mai potuto realizzarsi, perché lui era etero e l’aveva respinto. E poi nella sua vita era arrivato Chifuyu, gli aveva mostrato gentilezza fin dal primo incontro, nonostante il travestimento da ‘secchione’, e dal quel momento gli era sempre stato accanto. Per correttezza nei suoi confronti doveva restargli fedele anche col pensiero. Gli afferrò il mento con la mano e lo guardò negli occhi, quegli occhi azzurro verde che lo ammiravano tanto e dove lui riusciva a specchiarsi quando erano insieme. Con Kazutora avrebbe trovato un modo di recuperare l’amicizia ma…c’erano altri momenti per pensarci. Chinò il capo, le lebbra si unirono a quelle di lui in un bacio profondo. Lo sentì emettere un piccolo mugolio di piacere, percepì le sue braccia intrecciarsi attorno al collo, in un gesto vagamente possessivo, come a ricordargli che si appartenevano l’un l’altro.
Presi dall’intensità delle effusioni, nessuno dei due si accorse del rumore proveniente dal telaio della finestra e tantomeno della figura piccola e scura dagli occhioni sgranati che guardava all’interno, desiderosa di entrare nella stanza.
*
 
Da un po’ di tempo Mikey aveva un’immagine impressa negli occhi, qualcosa che gli era di conforto nei momenti in cui soffriva o gli sembrava di impazzire e a cui faceva ricorso quotidianamente, in particolare da quando era ricominciata la scuola. Riguardava un episodio che, per assurdo,  era avvenuto dopo il fatidico pomeriggio in cui Kan gli aveva detto di volere una pausa come coppia. Alla fine di agosto, il Dottore che si era occupato di Draken gli aveva annunciato la data di dimissione dall’ospedale e la notizia si era sparsa rapidamente tra gli amici. Allora, per festeggiare il suo ultimo giorno nella piccola ma serena stanza che l’aveva ospitato per lungo tempo, Mikey ed Emma avevano deciso di presentarsi con un carnet di pasticcini, di loro iniziativa e senza farlo sapere al diretto interessato. La mattina, non molto presto, erano dunque entrati nella stanza e, di fronte a loro, si era presentata un’immagine che ancora oggi lui definiva come divina. Draken e Kan condividevano il letto, abbracciati e addormentati, col lenzuolo che li copriva fin sopra i fianchi, la testa di lei posata sulla spalla del fratello e una mano sul suo petto, mentre lui le cingeva le spalle col braccio, tenendola dolcemente stretta sé in un istinto naturale di protezione, e i raggi gialli del sole che filtravano da alcune fessure della tenda per spargersi di loro. Divino era l’aggettivo più indicato, per quell’abbraccio fraterno. E dopo un tempo non ben definito, Mikey aveva accennato un lieve sorriso e sussurrato alla sorella: “Le persone che amiamo di più al mondo!” Frase che lei aveva confermato. E dunque lui ricorreva a questa immagine per mantenere la calma quando più desiderava saltare addosso a Kan e farla sua e rivendicare il proprio diritto di fidanzato. O anche solo come intrattenimento durante le ore di lezione. A Draken era stato prescritto un periodo di riposo di due settimane prima di poter frequentare, quindi Mikey ne aveva approfittato per offrirsi da accompagnatore di Kan e avere così la scusa di passare del tempo con lei. E va sottolineato che, per uno come lui che normalmente veniva fatto scendere dal letto solo con le bombe, trovare la forza di alzarsi da solo e prepararsi per tempo era un’impresa per cui meritava minimo una statua accanto a quella di Hachiko davanti alla stazione di Shibuya! Ovviamente no, ma nella sua testa era così! Adesso che non poteva più baciare e toccare la sua ragazza, le giornate gli sembravano così piatte e prive di entusiasmo… Le conversazioni più o meno erano le stesse, comprese quelle fatte durante la pausa pranzo, però in un qualche modo niente era più come prima. Quel giorno, sulla strada del ritorno, pensò di tentare con una manovra astuta.
“Ehi, Kan! Perché non andiamo a divertirci da me?” La buttò lì, mentre camminavano in direzione della metro.
“Perché no? Magari possiamo fare qualche gioco!”
Lui si sporse su di lei, ammiccando. “Se servono un babydoll e delle manette pelose, va bene!”
Kan si fermò e gli lanciò un’occhiataccia. “Quale parte di ‘prendiamoci una pausa e restiamo amici’ non ti è chiara?”
“Eddai, ci sono molti amici che fanno sesso! Che problema c’è?”
“Il problema sei tu, Mikey. Dovresti utilizzare questo tempo per riflettere su che cosa vorresti dal nostro rapporto e invece ti comporti come sempre.”
Mikey divenne altrettanto serio. “Io so già cosa voglio, non darmi la colpa. Ma se vuoi saperlo, allora te lo dico.” Sollevò la mano e cominciò a numerare sulle dita le frasi che diceva. “Voglio stare con te giorno e notte. Fare sesso ogni volta che ci va. Vedere gli amici, andare in moto e occuparci della Toman fianco a fianco. E appena compirò vent’anni ti porterò all’altare e ti metterò un anello al dito.”
Quell’ultima frase la disse a voce un po’ più alta, senza badare alle persone che camminavano attorno e lo sentivano. Kan, invece, finse di non udirla.
“La pausa riguarda anche il mio ruolo nella Toman.”
“Tutto qua? Non dici niente sulle altre cose?”
“Quelle non meritano risposta.” E aggiunse a denti stretti. “Soprattutto mentre tutti stanno ascoltando, cazzo!” E riprese a camminare, lasciandolo indietro.
Alla stazione si salutarono, dovendo prendere treni differenti, e Kan raggiunse il centro massaggi come faceva ogni giorno. Prima fece una sosta nella sua stanza personale, giusto per cambiarsi e darsi una rinfrescata, poi bussò alla porta del fratello. Ad un suo consenso entrò e lo trovò seduto nel senso verticale del letto, con un peso nella mano destra per fare esercizio.
“Dimentico sempre che ti hanno tolto i punti e che non corri il rischio di farli saltare!” Scherzò, per poi sedersi accanto a lui.
Draken fece un mezzo sorriso e la rassicurò. “Con questo braccio non correrei rischi, comunque! Ma se può farti sentire meglio, l’altro lo uso ancora pochissimo!”
Se la cavava, niente da dire, e fortunatamente si rendeva conto dei proprio limiti e non faceva pazzie, essendo il primo a volere ritornare in forma nel modo giusto e coi tempi giusti. Inoltre lì era costantemente coccolato dalle ragazze che ci lavoravano e che, a dirla tutta, erano felicissime di calarsi nei panni di infermiere sexy per lui!
Draken le fece un cenno col capo. “Com’è andata oggi?”
Kan alzò le spalle. “Diciamo bene… Fino a quando Mikey non se ne è uscito con le sue solite fanfaronate…”
“E’ innamorato, non me la sento di giudicarlo!”
“Guarda che anche io lo amo!” Lo rimbeccò lei. “Ma vorrei che si impegnasse di più, invece di impuntarsi. Se andassimo a letto tornerebbe tutto come prima e ricomincerebbero anche le litigate e tutto il resto! E’ così difficile da capire?”
“Ehi non prendertela con me! Io lo so! Ma non posso fare a meno di provare pena per lui, ecco!” Lo disse ridacchiando, giusto per allentare la tensione che si era improvvisamente creata.
“Uff, lo so…” Posò la testa sulla sua spalla, costringendolo così a lasciare la presa del peso. In sintesi, fine dell’allenamento!
“La prossima settimana potrò andare a scuola anche io e in tre sarà più facile…”
“Mh… Lunedì sì, martedì credo che la salterò.”
“Perché?”
“Non te lo ricordi? E’ il giorno in cui verrà rilasciato Kazutora.”
“Ah sì…” Draken si fece pensieroso, cercava di non soffermarsi troppo su quell’argomento spinoso ed era stato lui a fare in modo che la notizia non giungesse alle orecchie di Mikey. Anche se presto sarebbe venuto a saperlo lo stesso, di sicuro. “Baji cos’ha intenzione di fare?”
Kan risollevò la testa e lo guardò, una nota di incertezza nella voce. “Ci dobbiamo incontrare per parlarne. Cioè, gli ho chiesto un incontro per messaggio e poi quando lo vedrò gli parlerò di cosa ho in mente. Sarebbe bello se partecipasse…”
“E’ anche il suo migliore amico, mi sorprenderei del contrario!”
Se avesse saputo della lettera che Baji aveva ricevuto, non ne sarebbe stato così sicuro.
*
 
Rannicchiato sul letto in posizione fetale. La parte inferiore del corpo denudata. Schizzi bianchi di sperma che colavano sulle natiche e sulla schiena. Le mani strette in grembo. I capelli scompigliati. Gli occhi stretti da cui scendevano lente lacrime calde. La stanza così silenziosa da apparire quasi irreale. Nella mente di Chifuyu apparivano dei flash di ciò che era accaduto pochi minuti prima, brevissimi scorci che si aprivano sul volto arrabbiato di Baji, mentre sul corpo sentiva pulsare tutti i punti che lui aveva stretto con forza, a cominciare dai polsi, poi le cosce…e il punto più doloroso di tutti, il più intimo. Una fitta interna gli mozzò il respiro, pochi secondi e poté riprendere fiato. Nei suoi occhi nacquero nuove lacrime.
Fino a quel momento era andato tutto bene, erano andati a scuola insieme, erano tornati a casa, avevano condiviso la solita porzione di Peyoung, avevano parlato del più e del meno… Poi Baji aveva detto di voler tornare nel suo appartamento a cambiarsi e che si sarebbero rivisti più tardi, il tutto con un’aria un po’ pensierosa che lo aveva incuriosito, ma non aveva fatto domande. Nel mentre anche lui ne aveva approfittato per cambiarsi e indossare pantaloncini comodi abbinati ad una t-shirt azzurra come un cielo limpido. Tutto a posto, fino a quando Baji non era tornato, era entrato in casa senza suonare il campanello e lo aveva raggiunto in camera. Arrabbiato.
“Baji-san… Cos’è successo?” Una domanda più che legittima.
Ne era seguito uno sfogo riguardante una visita di Kan e un litigio, con soggetto quell’amico di cui spesso gli aveva raccontato con sofferenza e sempre con una profonda tristezza in fondo agli occhi. Quel ragazzo che a breve sarebbe uscito dal riformatorio. Chifuyu lo aveva ascoltato, aveva annuito, ma più Baji andava avanti a parlare, più Chifuyu si sentiva geloso di quella figura che gli era stata accanto prima di conoscere lui.
“Baji-san, tu lo ami ancora?”
Si era sorpreso lui stesso di averlo chiesto. Non aveva ricevuto risposta, allora aveva insistito, si era fatto invadente, aveva manifestato la gelosia che provava senza riuscire a fermarsi. E quello era stato un grave errore. Non ricordava nemmeno che cosa aveva detto Baji dopo, ricordava solo il suo viso dall’espressione sarcastica. Era accaduto tutto così in fretta… L’aveva afferrato per i polsi e baciato con forza, poi l’aveva spinto sul letto e sfilato pantaloni e intimo. Lui aveva provato a ribellarsi senza riuscire ad ottenere risultati. Poi aveva sentito le dita di Baji toccarlo nella cavità anale, senza alcuna gentilezza, e andare sempre più in fondo, allargando il passaggio. All’improvviso un momento di sollievo, prima della penetrazione. Un atto rude e doloroso che gli aveva strappato delle grida e delle lacrime e che lo aveva fatto supplicare di smettere.
Poco dopo era tutto finito.
Si era rannicchiato, dolorante e in preda alla vergogna, e aveva sentito Baji dire qualcosa che però lui non aveva capito.
“Perché è accaduta una cosa così?” Chiese al vuoto della stanza o forse pregando con tutto il cuore che quelle parole giungessero in alto, ad una divinità che sapesse la risposta.
Baji tornò nella stanza con una bacinella in una mano, un tubetto di pomata nell’altra e un piccolo asciugamano appeso al braccio. Posò il tubetto sulla scrivania, quindi si sedette sul bordo del letto e si mise in grembo la bacinella, la quale conteneva acqua saponata e una spugnetta morbida azzurra. La strizzò un poco nella mano, senza dire nulla la passò delicatamente sulla pelle di Chifuyu, partendo dalla zona dove erano gli schizzi bianchi. Si faceva schifo da solo nel vedere quello spettacolo che lui stesso aveva creato. Non capiva cosa gli fosse passato per la testa, per reagire in un modo così cruento e spietato, ai danni del suo ragazzo. Immerse la spugnetta nell’acqua e di nuovo la strizzò per procedere con la pulizia di quel caro corpo che aveva stretto e penetrato con violenza… Di nuovo risciacquò la spugnetta e stavolta si dedicò con estrema cura alla cavità anale, arrossata e un po’ gonfia per il trattamento subìto. Sentì Chifuyu emettere un piccolo gemito di dolore, quando passò la spugnetta nel punto dove era più gonfio. Tremò per l’orrore che provava verso se stesso. Dopo un po’ terminò, mise la spugnetta dentro la bacinella e posò il tutto a terra, accanto al letto, quindi prese l’asciugamano e lo passò con tocco leggero per asciugare.
“Nel mobiletto del bagno ho trovato una pomata per il gonfiore. Se non dovesse bastare, domani ti accompagno in ospedale…”
Da Chifuyu non arrivò nessun segnale.
Spalmò con cura la pomata bianca e fresca, assicurandosi di abbondare dove la situazione era più critica, sperando che gli desse presto un po’ di sollievo.
“L’altro giorno…”
La voce di Chifuyu spezzò il silenzio, bassa e leggermente roca, e lui si fermò per ascoltare.
“L’altro giorno ho letto la lettera che avevi tentato di nascondere… Non volevo farmi gli affari tuoi, ma volevo sapere…”
Di certo non poteva rimproverarlo, dopo quanto accaduto, allora rimase in silenzio e attese che lui parlasse nuovamente.
“Non conosco i dettagli, ma ho capito che quel ragazzo ti sta facendo soffrire, Baji-san…” Chifuyu si tirò su un poco, puntellando il gomito sul materasso, e lo guardò con occhi sinceri e colmi di tristezza. “Voglio solo aiutarti. Ti prego, lasciamelo fare.” Una lacrima gli solcò il viso.
Baji si sentì tremare nuovamente e dovette deglutire un nodo alla gola per riuscire a rispondere. “Dovresti odiarmi per quello che ti ho fatto, dannazione!” Aveva la voce spezzata, si sentiva un miserabile.
“Come faccio a odiarti se ti amo così tanto?” Un singhiozzo gli salì dalla gola, assieme a nuove lacrime che gli bagnarono il viso.
“Non posso prometterti che avrò cura di te, lo capisci? Potrei perdere ancora la testa e sarai tu a pagarne le conseguenze!”
“Non mi importa! Voglio stare con te, Baji-san!”
E allora Baji si lasciò andare ad uno slancio di affetto e lo strinse a sé, avvolgendolo con un braccio. Non meritava tanta devozione, se ne rendeva conto perfettamente, ma purtroppo era anche consapevole che, fin che non fosse riuscito a sistemare le cose con Kazutora, non sarebbe stato più completamente lucido.
*
 
Aveva fatto bene a dire a sua madre di non venire a prenderlo, quel giorno. Dopo due anni rinchiuso in una cella, non voleva perdersi nemmeno un istante del mondo là fuori, specialmente in una giornata così bella, con un sole splendente di fine estate, i cui raggi ricadevano su di lui come volessero abbracciarlo. Camminando lungo il viottolo che portava all’uscita, respirò a pieni polmoni l’aria esterna, ne riconobbe le fragranze dell’erba e degli alberi come anche l’odore polveroso del ciottolato su cui stava camminando e perfino quello più chimico dell’asfalto della strada più avanti. In spalla aveva un borsone blu con dentro le cose di quegli ultimi giorni, mentre tutto il resto lo aveva già consegnato alla madre alle visite precedenti, giusto per portarsi avanti. Ancora pochi passi e oltrepassò la linea che segnava il termine di proprietà privata. Finalmente Kazutora era libero.
Non appena fece un passo in strada, il cancello alle sue spalle cominciò a scorrere per richiudersi, in metafora a quella parte della sua vita che si era chiusa definitivamente. Da quel momento avrebbe impiegato tutte le sue energie per un’unica cosa: la vendetta. Il pensiero che quel bastardo di Mikey avesse vissuto felice e spensierato gli faceva ribollire il sangue nelle vene, cazzo, mentre lui era stato rinchiuso fra solide mura e aveva visto il mondo solo attraverso sbarre d’acciaio per due lunghi anni. Il sentimento di odio che aveva covato nei suoi confronti era cresciuto a dismisura, come allevare una piccola pianta con cura per poi scoprire un bel giorno che è diventata alta tre metri ed è carnivora! Vedere Mikey masticato osso dopo osso da una pianta carnivora era un pensiero stimolante! Che fossero gli alberi all’altro lato della strada a suggerirgli l’idea? Quel bel verde rigoglioso che- Un momento. Sotto a quegli alberi c’era anche qualcos’altro, anzi, qualcuno che in un istante spazzò via dalla sua mente quei pensieri malvagi per lasciare il posto ad una ventata di serenità e di gioia.
“Kan…!” Pronunciò quel nome come una preghiera, mentre i suoi occhi si riempivano della bellezza dell’amica, dei suoi lunghi capelli del colore dell’oro al sole, dei suoi occhi grandi dalla linea armoniosa come quelli di un gatto, dalle sue labbra rosee e sorridenti…
“Kazutora!” Anche la sua voce uscì soffocata dalla commozione, osservando il suo migliore amico correrle incontro.
Il borsone cadde al suolo, lasciandogli le braccia completamente libere per abbracciare la sua migliore amica, la sua confidente, la sua forza, la sua amata…e subito le braccia si riempirono di lei, del suo tiepido calore, del corpo snello e adorabile, del suo shampoo alla camomilla, del suo vestito sbarazzino con la gonna un po’ corta.
“Mi sei mancato tantissimo!” Disse lei, con le lacrime che scendevano come perle dai suoi occhi.
“Anche tu! Non vedevo l’ora di abbracciarti! Il tempo non passava mai!” Se possibile la strinse ancora più forte, in un inconscio tentativo di riempire quegli anni in cui erano stati separati. “Le foto che mi spedivi le tenevo appese alla parete e ogni sera prima di dormire le guardavo per sentirmi meno solo… E avrò riletto le tue lettere un centinaio di volte!”
Parole affettuose che contribuirono ad aumentare le lacrime di Kan per un bel po’.
In un qualche modo riuscirono ad allentare l’abbraccio, Kan aveva il viso così arrossato e bagnato da sembrare una bambina, invece Kazutora era raggiante e brillava di luce propria. Lo stesso sentimento, due reazioni diverse.
“E questi?” Kan sfiorò con le dita le ciocche bionde che erano in cima alla capigliatura dell’amico.
“Ah, sì! Ho fatto crescere i capelli, visto? Te lo avevo promesso, dopo il disastro che avevo fatto quella volta!”
“Perché questo stile mi ricorda tanto la tua camicia preferita? Anzi, forse è più un casco di banane!” Uno scherzo azzeccato che però aveva del vero. La nuova capigliatura gli stava bene, ma aveva un che di sospetto conoscendo i suoi gusti strani.
Kazutora stette al gioco e rispose “Non ti posso nascondere niente!” ed entrambi scoppiarono a ridere, felici e complici come un tempo.
Dopo un po’ Kazutora recuperò il borsone e se lo rimise in spalla, e con Kan aggrappata all’altro braccio s’incamminarono per andare via di lì.
“Anche solo fare una passeggiata all’aperto con te è una cosa che mi è mancata tanto!” La buttò lì, alzando il viso per godersi meglio una folata di aria fresca.
“Ne faremo in continuazione, allora! Faremo tutto quello che vuoi, devi solo dirlo!”
“Anche mangiare un gelato super dolce e super kawaii a Shinjuku?”
Non ci fu bisogno di una risposta, il sorriso furbo di Kan bastò ampiamente! Il tempo di raggiungere la metro più vicina e in un battito di ciglia raggiunsero Shinjuku e, nello specifico, una via in particolare che abbondava di gelaterie artistiche. Ne scelsero una a caso fra quelle che avevano dei tavolini all’aperto con dei posti liberi per accomodarsi. Quel borsone era un po’ un impedimento, almeno stando seduti poteva posarlo a terra. Non dovettero neanche attendere tanto per l’ordinazione, la gente andava e veniva e le cameriere erano svelte e attente, perciò, in breve furono serviti e si ritrovarono ad ammirare a bocca aperta due creazioni deliziose, rispettivamente una coppa con base di gelato al cioccolato e top alla fragola a forma di maialino per lei e base di gelato alla crema con top di nocciola a forma di orsetto per lui.
“Kawaii!!!” Dissero all’unisono, prima che Kan estraesse la macchina fotografica dalla borsetta per scattare delle foto da aggiungere alla collezione.
Kazutora la osservò, accennando un sorriso, contento che la sua amica non fosse cambiata. “La porti sempre con te?”
“Non sempre! A volte uso il cellulare! Ma oggi era un giorno speciale e dovevo assolutamente averla!” Lo guardò con occhi che brillavano e agitò la macchina nella mano. “Dobbiamo festeggiare il giorno del tuo rilascio! Ancora di più adesso che ho visto quanto sei diventato bello!”
“Pff!” Kazutora non riuscì a trattenersi, si portò una mano alla bocca nel tentativo di non ridere, ma fu inutile e allora lasciò che quella risata gli uscisse dal petto. Era da due anni che non rideva così. “Una delle tante cose che mi piacciono di te è che non hai peli sulla lingua!”
Kan si morse un labbro, una piccola ruga espressiva si formò fra le sopracciglia. “Sto esagerando? Sei sempre stato carino, solo che…”
“Così ti piaccio di più! Ricevuto! Non preoccuparti, non mi offendo! Anzi, adesso che lo so, non mi taglierò più i capelli corti!”
Kan gli fece un cenno col capo, arrossendo leggermente, per poi tornare all’argomento antecedente. “Facciamoci delle foto coi gelati, così possiamo mangiarli! E dopo ce ne facciamo delle altre noi due! Magari anche mentre passeggiamo per il centro, voglio ritrarti ovunque!”
Detto fatto, la prima serie di foto furono di loro sullo sfondo e dei gelati in primo piano, un’attesa che valse davvero la pena, visto che poi affondarono i cucchiaini dal manico lungo e non si fermarono fino a quando non ripulirono le coppe!
Kan si lasciò andare sullo schienale e si portò orgogliosamente una mano allo stomaco. “Che buono! Di gelati ne ho mangiati parecchi assieme a Souya, ma in questa gelateria non c’ero ancora stata!”
Quel nome causò in Kazutora una piccola fitta di gelosia. “Souya? Quel tuo nuovo amico di cui mi raccontavi nelle lettere?”
“Sì! E’ adorabile! Vorrei fartelo conoscere! Non so se hai creduto a quello che ti ho scritto, ma ti assicuro che la sua espressione naturale è davvero incazzata, anche se in realtà lui è un cucciolo da coccolare! E’ un buon amico e non sai quante volte mi ha ascoltata e aiutata!”
Niente da stupirsi, Kan era quel tipo di ragazza che quando si affeziona lo fa fino in fondo e non ha problemi a tessere le lodi di chi ha a cuore. Solo che una volta quelle attenzioni erano rivolte a lui, mentre ora…era stato rimpiazzato?
Visto che non disse nulla, lei riprese a parlare, ma stavolta con tono più serio.
“A proposito di amici… Avevo chiesto a Kei di venire con me oggi, ma non è andata bene. Credo che preferisca incontrarti da solo. In fondo ha sofferto molto anche lui la tua mancanza…”
Kazutora alzò le spalle. “Se vuole vedermi, sa cosa deve fare. Se non lo fa vuol dire che non ne ha così tanta voglia.”
“Che intendi dire?”
“In una delle poche lettere che è riuscito a scrivermi…ah giusto, credevo che non avrebbe mai imparato a scrivere, quindi non me ne aspettavo nessuna, invece tu hai compiuto un miracolo. Comunque…mi ha scritto di quel Chifuyu. Hanno stretto amicizia e se l’è portato nella Toman come Vice. Complimenti.”
“Vedi…” Kan abbassò lo sguardo, erano entrati in un argomento che scottava. “Dopo che ti hanno arrestato sono cambiate moltissime cose nella Toman. Da un piccolo gruppo, è diventata una gang di un certo successo, composta da cinque squadre di circa dieci elementi ognuna. Be’ lo sai già, te ne ho parlato per lettera alcune volte.  Kei è a capo della prima squadra e…inizialmente c’era un altro ragazzo al suo fianco, poi ha nominato Chifuyu e da allora sono inseparabili. Ma non è come credi.” Rialzò lo sguardo e parlò chiaramente. “Loro due stanno insieme, come innamorati. Il suo migliore amico rimani tu, nessuno prenderà mai il tuo posto.”
“Tsk! Secondo me Baji ha preso il pacchetto completo! Io l’avevo respinto perché sono etero e lui ha trovato qualcuno a cui dare tutto! Ecco la verità.”
Kan scosse il capo. “Lo sai che non è vero. Lui tiene moltissimo a te. Prova a schioccare le dita e lui arriverà scodinzolando.”
Quella frase lo fece sorridere, pur trattandosi di un sorriso amaro. “Staremo a vedere…” Era davvero curioso di sapere cos’avrebbe fatto. Lui glielo aveva scritto chiaro e tondo, se Baji era ancora suo amico doveva dimostraglielo lasciando la Toman. Facile no?
*
 
Che Mikey era depresso si vedeva lontano un miglio, con quell’espressione mogia, gli occhi spenti, quel suo modo di stare seduto con la schiena poggiata alla struttura del letto che lo faceva somigliare tanto ad uno di quei cuscini ‘pouf’ deformati. E poi non aveva ancora toccato il dorayaki che lui stesso aveva portato. Draekn, al contrario, aveva già mangiato di gusto il suo, un piccolo regalo inaspettato da parte dall’amico. Dopo le lezioni ognuno era tornato a casa propria e dopo un po’ Mikey si era presentato alla sua porta con due dorayaki caldi. Non aveva capito il perché di quella visita, fino a quando a Mikey non era sfuggita la domanda “Kan non ti ha critto niente?” e allora era diventato tutto chiaro. Kan non aveva tenuto nascosto il fatto che quel giorno avrebbe saltato le lezioni per stare con Kazutora (salvo che ai suoi genitori, ovviamente). E dal momento in cui Mikey lo aveva saputo si era ridotto ad un pupazzo con lo sguardo fisso nel vuoto. Era probabile che, incapace di sopportare la situazione, avesse preferito andare da lui per ricercare il suo sostegno, ma senza dirlo a parole. Non doveva essere facile sapere che la ragazza che amava era corsa sorridente dalla persona che gli aveva ucciso il fratello. Vederlo ridotto così era una pena. Stava ancora pensando a che argomento tirare fuori per distrarlo, quando la porta si spalancò e comparve Kan.
I piedi piantati a terra sull’uscio, li squadrò entrambi con aria sorpresa, prima di riprendersi ed entrare. “Non sapevo fossi qui.” Disse rivolta a Mikey.
Lui finalmente alzò lo sguardo, adesso che era arrivata lei nei suoi occhi si era smosso qualcosa che lo fece apparire più umano. “Bentornata…”
Ci mise almeno tre secondi prima di biascicare un incerto: “Grazie…” Era evidentemente a disagio e stare in piedi di fronte a loro lo metteva ancora più in evidenza.
Draken si schiarì la voce. “Quindi, com’è andata con…?” Niente, la voce gli mancò proprio nel momento di pronunciare il nome, come se dirlo in presenza di Mikey fosse un reato.
“E’ stato…emozionante! Lui mi è corso incontro per abbracciarmi e io ho pianto un sacco!” Cominciò a raccontare lei, ritrovando il sorriso. “Poi ha proposto di andare a Shinjuku a mangiare un gelato! Le nostre coppe, oltre che buone erano anche bellissime! Ho fatto delle foto!” Mise mano alla borsetta per estrarre la macchina fotografica ma…
“Te la sei proprio spassata con l’assassino di mio fratello.”
Bastò quella frase di Mikey, detta con tono acido e a capo chino, a rovinare l’atmosfera completamente.
“Non me la sono spassata. Ero felice di rivederlo e riabbracciarlo dopo tanto tempo.” Puntualizzò Kan, con una certa fermezza.
A quel punto Mikey si alzò e, facendosi vicinissimo a lei, la guardò negli occhi. “Vorrei poter dire la stessa cosa di mio fratello. Invece lui non tornerà più perché adesso è un mucchietto di cenere.”
Draken provò a riprenderlo, ma la sua voce incerta lasciò intendere come la pensava al riguardo. “Ehi Mikey, non esagerare… Dai…”
Al contrario di lui, Kan si fece ancora più decisa. “Prima o poi dovrai convincerti che è stato un incidente. Per quanto tragico, è stato un INCIDENTE!”
Mikey sostenne il suo sguardo per qualche secondo, salvo poi scivolare via come un’anguilla abbozzando un “E’ ora di cena, torno a casa.” E lasciare la stanza senza voltarsi indietro.
Le uova erano sicuramente rotte, ma non ne era uscita una bella frittata.
Kan lasciò un lungo sospiro. “Perché non capisce?”
“Perché la sua perdita è stata troppo grande. Shinichiro era la sua figura di riferimento, il centro del suo mondo. E all’improvviso gli è stato sottratto.” Si alzò da terra anche lui e prese le mani di sua sorella, con affetto. “Se Kiyomasa…anzi no, restiamo sul generico. Se qualcuno avesse ucciso me e ti venisse detto di perdonarlo perché è stato un incidente, tu lo faresti?”
Le pupille di Kan si strinsero in reazione ad un’ipotesi così improvvisa che assomigliava tanto a quello che sarebbe davvero potuto accadere. La ferita infertagli da Kiyomasa l’aveva quasi ucciso, era vivo per miracolo. “…è diverso. Tu per me sei…”
“Importante? Insostituibile? Anche Shinichiro lo era per Mikey!”
“Mh…” Sul volto di lei scese un velo di tristezza. “Starò più attenta a quello che dico, allora.”
“Ottima idea! Ora raggiungilo e stagli vicino!”
Lei ci mise un attimo a percepire, ed ecco che sgranò gli occhi e starnazzò un “Che?”
“Non dico di correre, puoi raggiungerlo a casa sua! Gli farà piacere, ne sono certo!”
“Non hai visto come si è incazzato? Se mi rivede mi prende a calci!”
“Pfuh, figurati! Ti ricordo che è innamorato perso di te da quando era alto un metro!”
Kan sollevò un sopracciglio. “Aveva undici anni quando ci siamo conosciuti.”
“Allora facciamo un metro e cinque. Dieci quando era in punta di piedi.” Rispose con convinzione lui, senza battere ciglio. Tempo due secondi ed entrambi si ritrovarono a ridere.
“Ma che stai dicendo, scemo?”
“La verità!” In breve la risata si placò e lui si fece più dolce, sfiorandole il viso con la mano. “Fidati di me, vagli dietro. E sii paziente. Mh?”
Kan fece un cenno col capo. “D’accordo…” Si scambiarono un’occhiata di rassicurazione e anche lei lasciò la stanza.
Bene, adesso non gli restava che pensare a cosa mangiare, visto che era ora di cena e cominciava a sentire i morsi della fame. Raggiunse l’ingresso senza incrociare nessuno nei corridoi e lì, alla guardiola, trovò immancabilmente Masawei a leggere il giornale. Praticamente quell’uomo non faceva altro nella vita!
“Ehilà! Che ne dici di fare una pausa dal  duro lavoro e mettere qualcosa sotto i denti?”
L’uomo abbassò di scatto il giornale e lo guardò con occhi affilati come se volesse trapassarlo. “Duro lavoro? Mi prendi per il culo?”
Era raro sentirlo dire parolacce, ma quando succedeva era di una comicità unica, infatti Draken scoppiò a ridere, portandosi una mano all’addome. Per fortuna la ferita era in via di guarigione…
“Scherzavo! Però se ti va di mangiare qualcosa assieme, mi sta bene!”
Masawei ci rifletté un poco, ma alla fine posò il giornale e prese in mano il telefono. “Ordino cinese d’asporto? E’ da un bel pezzo che non lo mangiamo.”
“Andata!” Confermò lui, contento di stare in compagnia dell’uomo che gli aveva fatto da padre.
*
 
[Avevi ragione tu. Siamo riusciti a parlare senza litigare. E abbiamo cenato assieme al nonno e a Emma. Avevo proprio voglia di  stare un po’ col nonno! Ah volevo dirti che rimango qua a dormire. Mikey è ancora un po’ giù di corda sai… Ci vediamo domattina per la scuola! Buonanotte!]
Non appena Draken ebbe letto questo messaggio sul telefono, strinse il pugno e…diede giù di gomito, in segno di trionfo!
“Forza Mikey! Riconquistala! Faccio il tifo per te!” Disse tra sé, con un entusiasmo decisamente fuori dalle righe. E pensare che fin dall’inizio era stato geloso di lui e in molteplici occasioni lo avrebbe volentieri fatto a pezzi, invece adesso, alla luce degli ultimi avvenimenti, si era reso conto che voleva rivederli insieme e felici come un tempo. Era dura da ammettere, ma fra tutte le persone che conosceva, Mikey era quello migliore a cui affidare sua sorella. Una volta aveva preso in considerazione anche Mitsuya, un ragazzo d’oro, però tra lui e Kan non c’era mai stata una particolare alchimia.
[D’accordo. Buonanotte sorellina!]
Inviò il messaggio e ripose il telefono sul tavolino della stanza. Si può dire che quella sera andò a letto contento, senza minimamente immaginare che cosa lo aspettava il mattino seguente…
All’apparenza era una mattina normale e lui aveva solo il compito di svegliare Mikey e sistemargli i capelli, come aveva sempre fatto, assecondando la sua pigrizia. Afferrò la maniglia della porta e, quando l’aprì…
“Buongiorno! Giù dal letto tutti e du-” Si paralizzò, letteralmente, nel rendersi conto che in quella stanza c’era un sottofondo canoro che conosceva fin troppo bene, essendo nato e cresciuto in un bordello. Il problema era che, quel tipo di versi non li aveva mai sentiti dalla bocca di sua sorella. E l’occhio diede conferma all’orecchio, in quanto, allungando lo sguardo verso il letto, vide la sua adorata sorellina e il suo migliore amico/Comandante in pieno accoppiamento.
Trauma. Profondo.
Mikey si accorse della sua presenza, ma invece di fermarsi come avrebbe dettato il buonsenso, si limitò a lanciargli un’occhiata maligna da sotto la frangia madida e a cacciarlo con un prepotente “Non adesso, Ken-chin!” che parve tanto un ringhio.
Draken retrocedette e sbatté la porta, sconvolto, per poi accucciarsi di lato contro la parete. Che cazzo di situazione. Proprio lui che normalmente non esitava a rimetterlo in riga per contatti molto più tollerabili, solo per aver visto ‘quella scena’ si sentiva come un animaletto spaurito. Che gli prendeva al cervello? Perché non gli suggeriva frasi del tipo “Quel bastardo sta violando tua sorella, ammazzalo!”? Forse…era perché il cuore gli stava dicendo qualcos’altro, con una voce più forte? La porta si aprì, facendolo trasalire. Ne uscì Kan, tenendosi stretta al corpo una vestaglia corta in seta rosa, coi capelli completamente in subbuglio che però non nascosero il suo sorriso imbarazzato.
“Dieci minuti e sono pronta!” Gli disse, per poi correre verso casa.
Dopo una manciata di secondi ne uscì anche Mikey, con addosso i pantaloni ampi da teppista e la camicia di scuola aperta sul petto nudo. Con la mano si lisciò i capelli all’indietro, lasciando così scoperta la fronte. Ogni centimetro di pelle era così da sudata da luccicare, ma sul suo volto c’era un’evidente espressione soddisfatta, nonostante il mezzo sorriso di scuse. “Eravamo un po’ presi e non ci siamo accorti dell’ora!”
“Quindi tu e lei siete tornati…?”
Mikey distolse lo sguardo, con fare incerto. “Nnnno…non credo… Stanotte abbiamo solo dormito abbracciati, poi al risveglio ci è venuta voglia e l’abbiamo fatto… Tutto qua!” Terminò con un’alzata di spalle. Si sedette accanto a lui. “Pensavo mi avresti ucciso! Che succede?”
In effetti Draken in quel momento era incredibilmente tranquillo, per uno che aveva appena visto una scena del genere con la sua stessa sorella come protagonista.
“Senti Mikey, vorrei chiederti una cosa.”
“Sì?”
Draken lo guardò. “Cosa si prova a farlo con la persona che ami?”
Wow. Mikey si sarebbe aspettato tutto, tranne una domanda così.
“Be’ è…” Gli venne spontaneo sorridere. “Fantastico! Un’emozione così bella che non saprei come descriverla! Provando a farti un esempio… Quando sono dentro di lei non c’è nessun altro posto al mondo dove vorrei essere!”
Di nuovo si preparò ad una critica o una minaccia, invece guardando negli occhi dell’amico vide chiaramente un velo di tristezza, magari mescolato ad un accenno di invidia. Si sorprese di questa scoperta e si sentì in dovere di consolarlo. “Ken-chin, anche tu proverai la stessa cosa, un giorno! Anzi, per quanto mi riguarda avresti già potuto farlo! Se vuoi saltare addosso a mia sorella, hai il mio consenso! Emma non aspetta altro!”
A questo punto si aspettava un ringraziamento, visto che era la mattina delle novità! E il suo errore fu proprio questo. Mai abbassare la guardia! Nel giro di un istante, Draken riacquistò il suo tipo sangue freddo e lo guardò così male da fargli desiderare di tornare indietro nel tempo di mezzo minuto per tenere la lingua stretta fra i denti!
“Solo perché tu non sei riuscito a tenerlo nei pantaloni, non significa che io debba diventare un pervertito come te.” Sibilò Draken, peggio di un serpente.


Continua nel Capitolo 20: [Angel Wings]!
Ali bianche all'orizzonte!!!! ;) 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Chapter 20: [Angel Wings] ***


 
Quale miglior momento per pubblicare, se non il giorno in cui il nostro amato Kazutora compie gli anni????
BUON COMPLEANNO TIGRE!!! OGGI SEI TU IL PROTAGONISTA!!! ^-^

 
Chapter 20
[Angel Wings]
 
“Toraaa!!!”
Sentendo il richiamo della voce amata, Kazutora si volse e in un attimo venne travolto da un ciclone che rischiò di buttarlo a terra! Per fortuna in riformatorio aveva continuato ad allenarsi ed i frutti del suo impegno gli consentirono di afferrare Kan di peso e di restare in equilibrio per evitare ad entrambi una bella caduta in pubblico!
“Se ogni volta mi salti addosso così, tutti qui a scuola penseranno che sei la mia ragazza!” Disse con tono divertito. Di fatto si trovavano oltre il cancello della scuola media di lui, sotto agli sguardi allibiti di tutti gli studenti che stavano appunto lasciando l’edificio per tornare a casa.
“Mica mi dispiace!” Sottolineò lei, prima di sollevarsi sulle punte e gridare: “Io adoro questa tigreee!!”
Kazutora non perse occasione di stringerla più forte a sé, assaporando il momento, anzi, uno dei tantissimi momenti speciali che lei gli stava donando da quando si erano riuniti. Più passavano il tempo insieme, più lui si sentiva come se fosse a bordo di una mongolfiera che lo stava portando verso la vetta della felicità, dove in cima lo attendeva uno spettacolare premio chiamato ‘perdita della verginità’! Si era fatto un po’ di conti in testa, ormai era chiaro che Kan e Mikey non sarebbero più tornati insieme, anche se lei continuava  a dire che erano solo in periodo di pausa. Quei due si vedevano giusto in orario scolastico, poi i pomeriggi (e spesso anche le sere), Kan lo trascorreva col sottoscritto. Non c’era pericolo che saltassero un giorno, neanche fossero incollati col mastice. Alla faccia di Mikey! Quanto godeva al pensiero di soffiargli la ragazza da sotto il naso!!! Tralasciando il fatto che lei lo vedeva tutt’ora come migliore amico…ma vabbè…
Comunque, nel trambusto generale, Kan notò una figura conosciuta e il suo entusiasmo rischiò di smorzarsi. Possibile che quello fosse…Sfighemichi?? Cavoli, lui e Kazutora facevano la stessa scuola? Che seccatura! Meglio andarsene prima che anche lui la vedesse o chissà che cosa sarebbe andato a raccontare a Mikey. Era pienamente convinta che quell’imbecille con la faccia da schiaffi facesse da galoppino a Mikey, quindi poteva facilmente essere anche la sua spia. Da quando Kazutora era tornato in libertà, Mikey si era ingelosito da morire e faceva di tutto per cercare la lite. Sinceramente, lei non voleva dagli ulteriore materiale per tormentarla. Scivolò fuori dall’abbraccio di Kazutora, quindi lo afferrò per una manica e lo trascinò via di fretta accampando una scusa. “Ho voglia di pancake con panna dolce e fragole! Andiamo!”
“Hai paura che ci sia la fila per entrare?” Ridacchiò lui, seguendola di buona lena.
Volendo, la paura c’era, ma era quella di finire nei casini con Mikey. La sua situazione sentimentale era ingarbugliata. Per quanto di recente trovasse perfino fastidiosa la presenza del suo fidanzato, non c’era modo che si decidesse a lasciarlo una volta per tutte. Stava vivendo una fase di stallo da cui non voleva uscire. Per quanto brutto da dire, preferiva tenere Mikey in sospeso piuttosto che rompere con lui. Forse perché in fondo lo amava più di quanto credesse? O era solo desiderio di possesso? Lasciarlo significava rischiare che lui si mettesse con un’altra e questo le era insopportabile.
Corsero per un buon tratto, lasciando le strade principali ed infilandosi in viette semideserte, dove finalmente Kan si fermò, sentendosi al sicuro da occhi indiscreti.
Kazutora si chinò sulle ginocchia per riprendere fiato. “Sul serio, perché mi hai fatto correre?” La guardò in tralice, sogghignando.
“Ecco…” Lei si morse le labbra, indecisa sul da farsi, ma preferì optare per una mezza verità. “Ho visto un rompipalle, tutto qua!” Tagliò corto, alzando le spalle e sorridendo. “Certo che fa strano vederti ridotto così per una corsetta!”
“Ehi! Hai le gambe più lunghe delle mie, stangona!” Rispose a tono, per poi farsi una risata in coro con lei. Si rimise dritto e l’affiancò. “Quindi che si fa adesso?”
“Ecco…” Di nuovo quella nota di incertezza, ma stavolta per una ragione diversa. “In realtà tra poco dobbiamo salutarci.”
Kazutora emise un sonoro: “EEEH?” Allora lei si fece piccola piccola e sfoggiò una boccuccia da bambina. “Ho insistito tanto per accompagnare mio fratello ad una visita di controllo e se non mi faccio trovare davanti all’ospedale all’ora che abbiamo accordato, si arrabbierà da matti.”
“Ah, per quello… Be’, va bene. E’ tuo fratello.” Kazutora si portò una mano ai capelli, con fare pensieroso. “A proposito, come sta?”
Un sorriso si accese immediatamente sulle labbra di lei. “Bene! Ormai la ferita si è rimarginata! Questa sarà l’ultima visita! Ormai sono passati due mesi!”
E pensare che, quando era accaduto, lui era ancora dentro. In quel periodo le lettere di Kan erano intrise della preoccupazione per Draken e lui da bravo amico l’aveva supportata con parole calde e inviato più volte gli auguri di pronta guarigione da riferirgli. Poi era uscito dal riformatorio, ma non gli era passato per la testa di incontrare Draken per parlargli personalmente o anche solo mandargli un sms. Un vero controsenso. Però era grato a Kan di non aver mai accennato a questo argomento. Eccetto lei, non aveva rivisto nessuno dei vecchi amici. Nemmeno Baji.
Una suoneria fece sobbalzare Kan. Recuperò il telefono dalla tasca della gonna e la disattivò velocemente. “Cavoli, è già ora! Devo andare!” Si sporse su di lui e gli stampò un bacio sulla guancia. “Domani per recuperare ti porto davvero a mangiare i pancake!” Disse sorridendo.
“Affare fatto!” Fece un cenno col capo e la guardò mentre si allontanava.
Ecco fatto. Solo soletto in una strada desolata. Forse era diventato troppo dipendente da lei… Si rimise a camminare a testa bassa e passo lento, perdendosi in pensieri. Cupi pensieri. Alla fine Baji aveva scelto la Toman invece di lui. Era deluso e amareggiato, si sarebbe aspettato un risultato diverso dal suo migliore amico. Si fermò un istante. Migliore amico? Tendeva a dimenticare che ormai non lo era più. Scosse il capo e riprese a camminare. Ma chissene, fin tanto che aveva Kan, non aveva bisogno di nessun altro. Passò vicino ad un distributore automatico, gli diede una scorsa.
“Quasi quasi mi prendo da bere. Vediamo che c’è.”
Si mise davanti al macchinario per esaminare i tipi di bevande in lattina disponibili. Fu allora che sentì una voce alle proprie spalle.
“Hanemiya?”
Si volse lentamente e vide un ragazzo piuttosto basso, con un’abbronzatura che spiccava più dei corti capelli ossigenati, un orecchino al lobo composto di tre piccole pietre rosse e uno sguardo dannatamente maligno sotto un paio di occhiali dal taglio sottile. Indossava la divisa di un’altra scuola, quindi decise di fargli il terzo grado. “Che vuoi? Sei un curioso venuto a vedere un assassino?”
Il ragazzo sfoggiò un sorrisino inquietante. “Io direi piuttosto la vittima di un incidente! E’ stata dura essere rinchiuso per colpa dell’Invincibile Mikey, vero?”
Il cuore di Kazutora mancò un battito. “E tu che cazzo ne sai?”
“So come puoi vendicarti, se la cosa ti interessa!”
Vendetta… Una parola che suonava come la tromba degli angeli, per lui.
“Chi diavolo sei tu?”
Se possibile, il sorriso del piccoletto si fece ancora più inquietante. “Mi chiamo Kisaki e ho delle idee interessanti da proporti!”
*
 
“Pensa a come diventeresti ai suoi occhi, se riuscissi a configgere Mikey. Non ci sarebbero più ostacoli tra voi e ti cadrebbe fra le braccia. E’ quello che vuoi, no?”
Kazutora lo guardò con occhi spalancati, così scuri e lucidi che Kisaki riuscì a specchiarcisi dentro.
Lo stava prendendo all’amo, era così evidente che quasi gli veniva da ridere da quanto era facile! Quel Kazutora era proprio un sempliciotto come gli era stato detto!
“Ti capisco perché anche io sono innamorato di una ragazza che mi è stata portata via prima che potessi conquistarla. Fa incazzare. Le femmine sono fatte così, si fanno attrarre da cose superflue e perdono di vista ciò che è meglio per loro. E poi tocca a noi fare i salti mortali per riprendercele!”
“Tu…credi che potrei farcela? Sono sempre stato il suo migliore amico…”
Incredibile come riuscisse a parlare con quel tono di voce piatto e senza battere ciglio. Sembrava un manichino in una di quelle attrazioni horror alle fiere.
Kisaki gli batté una pacca sulla spalla, in uno stile da amicone che decisamente non gli si addiceva, ma ormai la recita era quasi finita quindi poteva fare un ultimo sforzo. “Comincia con l’indossare la giacca della Valhalla e scoprilo!” Quindi mise mano alla tasca della giacca della divisa scolastica e ne estrasse un biglietto piegato in due, che gli porse. “Quando avrai deciso, scrivi a questo numero. Come ti dicevo, la gang non ha un vero capo, quindi è Hanma a guidarla.” Attese che lui prendesse il biglietto e allora fece un passo indietro e si mise entrambe le mani in tasca. “Non vede l’ora di conoscerti e di farti diventare il suo braccio destro!”
Gli voltò le spalle e se ne andò. Non aveva dubbi che Kazutora avrebbe ceduto in fretta dopo averlo manipolato così bene, usando le frasi giuste che lui voleva sentire. Poteva tranquillamente congratularsi con se stesso per il buon lavoro svolto, esattamente come le altre volte. Alzò lo sguardo fieramente ripensando a quando aveva convinto quella palla di lardo di Pah ad accoltellare Osanai. Osanai!!! Che si era preso la colpa di un pestaggio e una violenza sessuale che in verità era stato proprio lui ad organizzare! Un gioco da ragazzi che gli aveva tolto di dosso dei pesi inutili, visto che uno era praticamente fuori dalla malavita e l’altro chiuso in riformatorio. E poco dopo c’era stato Peh, di aspetto così simile ad un insetto stecco ed evidentemente con lo stesso cervello, visto quanto poco ci aveva messo a metterlo contro la Toman per vendicare l’amico. Dopo era stata la volta di Kiyomasa, un altro con l’intelligenza di un gorilla in gabbia, che con poche parole lo aveva fatto armare di coltello contro Draken. Peccato che le cose non fossero andate lisce la sera della battaglia tra Toman e Moebius… Il piano era di farci scappare il morto, ma pazienza, c’era tempo di recuperare!
“E’ raro vederti sorridere! Stai già pensando a come giocare col nuovo burattino?”
Kisaki aveva appena svoltato l’angolo del vicolo, dove Hanma lo attendeva spalle al muro e braccia conserte.
“Io gli ho messo i fili, poi sarai tu a manovrarlo per giocarci.” Precisò, tornando serio.
Hanma si scostò dal muro e lo affiancò. “Non ho sentito molto, ma non ha ancora accettato la tua proposta, o sbaglio?”
“Lo farà. Potrebbe vibrarti il telefono da un momento all’altro.”
Vederli assieme poteva strappare una risata per l’effetto che davano. Se Kisaki era basso, con una carnagione parecchio caramellata e l’aria seria, al contrario Hanma era uno spilungone di un metro e novantadue con la schiena leggermente ricurva e un sorriso beota stampato in faccia, per non parlare dei capelli sparati in alto col gel! Due opposti che la vita aveva fatto incontrare, un duo così improbabile che nessuno li avrebbe mai considerati amici. Eppure…
“Dì Hanma, non ti stanchi mai di seguirmi quando vado ad adescare i fessi?” Gli chiese Kisaki, così di punto in bianco.
“Per niente! Ma stavolta avevo un motivo in più per farlo!”
“E sarebbe?”
“Ero curioso di vedere quella bella gnocca di Kan coi vestiti addosso!”
Kisaki fece una smorfia, come se avesse represso un conato di vomito. “Da dove ti esce questa frase da maniaco?”
Hanma lasciò una delle sue risate folli, con quella voce strana un po’ da ubriaco che aveva di natura. “Te l’ho raccontato! La sera della battaglia aveva il vestito bagnato di pioggia e strappato! Era praticamente nuda!”
“Ah già… Ci mancava solo che ti facessi stendere da Mikey perché eri distratto. In quel caso ti avrei ammazzato con le mie mani, idiota.” Lo disse con un tono cupo che avrebbe fatto rabbrividire chiunque, tranne il simpatico buffone che aveva accanto e che appunto si mise a ridere di nuovo. Però a pensarci bene… Una volta acchiappato Kazutora sarebbe stato facile tirare dentro anche lei… L’idea gli stuzzicò la mente, facendogli accennare un sorriso.
“Sei interessato a Ryuguji Kan?”
“Eh?” Hanma fece un’espressione sorpresa e si mise a pensarci su. “Mmh… Se avessi un’occasione, me la farei! Ora che me lo chiedi!”
Perfetto, era proprio la risposta che voleva sentire. “Allora ho un compito per te, Hanma.” Non c’era limite ad una mente diabolica come la sua.
*
 
La quiete della stanza dalle tende leopardate, venne infranta dall’arrivo dei due ragazzi e dal loro chiacchiericcio amichevole, come succedeva molto spesso da un po’ di tempo.
Nel mentre in cui Kazutora richiuse la porta, Kan si tuffò sul letto e sulla morbida coperta anch’essa leopardata. “Con l’arrivo dell’autunno sto diventando pigra, me lo ha detto perfino mio fratello!” Disse, mentre aveva la faccia affondata in uno dei guanciali.
“E anche affamata, se penso a quanto era grande quella coppa di gelato che ti sei mangiata prima!” Scherzò lui, avvicinandosi al letto.
Ovviamente Kan si girò di scatto per lanciargli un’occhiataccia e lo rimproverò. “Ehi! Cosa vorresti dire? Che mi sto ingozzando di dolci?”
“Visto che le calorie ti stanno finendo sulle tette, la cosa non mi dispiace!” Insistette lui, con la conseguenza che si beccò un cuscino in piena faccia! Rimase immobile alcuni istanti e, quando il cuscino scivolò giù, l’evidente rossore sul naso fece scoppiare Kan in una fragorosa risata. E la cosa divertì anche lui. Salì carponi sul letto e andò a distendersi accanto a lei, approfittandone per avvolgerle i fianchi con un braccio.
“Lo sai che scherzo, vero? Sei così bella che chiunque dica il contrario è un vero cretino!”
Kan si gongolò felice. “Dopo un complimento così ti meriti un premio!” Sollevò leggermente la testa e gli stampò un piccolo bacio sulle labbra. Ma per Kazutora un gesto così non bastava più, quindi si abbassò su di lei lentamente, i loro sguardi si socchiusero man mano che i visi si avvicinavano e…le loro labbra si unirono in un bacio dolce, dai movimenti leggeri e ondulati e aggraziato da un piccolo sospiro da parte di lei.
Quando si separarono, Kazutora parlò con un accenno di tristezza nella voce. “Perché accetti i miei baci?”
“Perché ti voglio bene! E so che hai bisogno di molto affetto dopo quello che hai passato!” Rispose gentile lei, sorridendo dolcemente. Allungò una mano per scostargli i ciuffi della frangetta che gli ricadevano su un occhio.
“E se ti chiedessi di diventare la mia ragazza?”
Kan distolse lo sguardo, facendosi mogia. “Lo sai che ho un fidanzato…”
“Già…” Meglio cambiare argomento. “C’è una cosa che vorrei dirti. Hai presente quegli amici che ho contattato? Quelli che ho conosciuto in riformatorio?”
Lei fece un cenno affermativo, mentre si metteva seduta. “Mh! Hai detto che si chiamano… Chome e Chonbo! Li hai visti nei giorni scorsi, no?”
“Sì… Però non ti ho detto tutto…” Si rialzò dal letto dandosi la spinta con la mano e andò verso l’armadio. “Vedi, non li ho contattati solo perché avevo voglia di rivederli. In realtà li ho invitati a fare parte di-” S’interruppe e scosse il capo. “Ti faccio vedere.” Aprì un’anta dell’armadio e ne estrasse una giacca che già a prima vista era autunnale, piuttosto ampia e imbottita tipo giubbotto, di tessuto color ghiaccio.
Kan ne fu subito attratta, sulla schiena era stampata l’immagine nera stilizzata di un angelo dalle ali spiegate e senza testa, sormontato da un’aureola composta dalle parole ‘Team Valhalla’. Una domanda ingenua le affiorò alle labbra. “Avete creato un marchio d’abbigliamento?”
“Pff! No!” Suo malgrado a Kazutora venne da ridere, ma subito tornò serio. “Sono entrato in una gang. Mi è stato proposto qualche giorno fa e ho accettato. Si chiama Valhalla. Il suo simbolo è un angelo senza testa perché non ha un capo, ma è guidata da un numero due. E…me. Il numero tre.”
Anche se detta così su due piedi, la storia era interessante e Kan non faticò ad immaginare quell’angelo librarsi in volo verso il cielo azzurro, alla ricerca di un volto che lo rendesse completo. Era un’immagine poetica, a modo suo.
“Ehm…wow… Così all’improvviso…”
Kazutora andò ad appendere la giacca sulla parete opposta della stanza, nello stesso punto dove un tempo era la divisa della Toman. Poi tornò al letto e si sedette accanto a lei. “Non volevo tenertelo nascosto, è che sapevo ti saresti preoccupata.”
“Credevo volessi tenerti alla larga da queste cose… Invece sei un teppista fino al midollo!” Si forzò di scherzare, con scarso risultato.
Kazutora le prese una mano. “Ci sono delle cose che devo sistemare. Per me è importante.”
“Mh… Mi basta che tu stia attento. Io non mi tiro indietro, hai sempre il mio sostegno.”
A quel punto lui abbozzò un sorriso furbo. “Bene! Perché Hanma mi ha chiesto di invitarti ad uno dei nostri incontri! Vuole conoscerti!”
Momento di silenzio…..
“CHE????”
“Sarai nostra ospite! Ho parlato di te anche agli altri ragazzi e sei già simpatica a tutti!”
“M-ma? C-c-ch-? Sono la fidanzata del Comandante della Tokyo Manji Gang, mi linceranno!!!” Starnazzò Kan, visibilmente preoccupata per la propria incolumità.
“Ma no, per loro sei solo la mia migliore amica! Chissene di quello stronzo di Mikey!”
Davanti ad una sicurezza così, era difficile controbattere…
“Aspetta ma…chi è Hanma?”
“Il secondo in carica! E’ stato lui in persona a scegliermi come terzo! Siamo andati d’accordo fin dal primo incontro! E’ un tipo fuori di testa, ma fa un gran ridere se sai come prenderlo!”
Kan si sentì sprofondare. “Fuori di testa eh?” Ripeté sottovoce, sempre meno convinta.
“Dai fallo per me, Kan! Vieni una volta, poi se non ti piace non te lo chiederò più!”
Si rendeva conto di avere gli occhioni da cucciolo??? Era lo stesso sguardo del giorno in cui si erano conosciuti, davanti a quel negozio di animali dove Baji aveva fatto una scenata di gelosia. Due occhi a cui era impossibile resistere senza finire col cuore in frantumi per i sensi di colpa!!! Per questo alla fine Kan lasciò un sonoro sospiro e si arrese. “E va bene, facciamolo.”
Un presentimento le diceva che si trattava di una pessima idea, ma per lui valeva la pena tentare.
*
 
Un fatto innegabile è che la camera al centro massaggi era quella dove Kan si fermava a dormire più frequentemente, soprattutto per evitare eventuali litigate coi genitori adottivi, i quali non erano d’accordo che lei frequentasse un ragazzo con la fedina penale sporca. Figurarsi, di tutte le sue amicizie a loro non ne comodava manco mezza! E allora meglio rientrare a casa il meno possibile, piuttosto che ascoltare sempre le solite lamentele. Anche se, a dirla tutta, nemmeno lì al centro massaggi era molto tranquilla…
“Non sarebbe meglio se ti accompagnassi io?” La domanda di Draken era truce tanto quanto il suo sguardo riflesso sullo specchio. Impossibile non notarlo, visto che Kan era proprio lì davanti ad acconciarsi i capelli.
“L’invito è solo per me, Ken!”
“Capirai! Non mi sento sicuro a lasciarti andare a conoscere due tizi appena usciti dal riformatorio. Tsk.” Distolse lo sguardo, la sua mano prese a pizzicare nervosamente la coperta del letto su cui era disteso stando sul fianco.
Avesse saputo che stava andando nel covo dei serpenti, l’avrebbe chiusa a chiave, altro che! Ma questo lei non poteva dirglielo senza rischiare di scatenare un polverone. Dire a suo fratello che era ospite di una gang rivale, non solo avrebbe fatto scattare il suo istinto iperprotettivo, ma sicuramente lui avrebbe anche informato Mikey e solo gli dei sapevano che cosa sarebbe successo dopo! Che poi non gli aveva mentito, aveva solo modificato il numero di persone che doveva incontrare. Aveva detto 2 invece di…300. Cazzo, solo a pensarlo le era corso un brivido lungo la schiena.
“Fatto!” Si esaminò allo specchio per verificare che la coda di cavallo fosse ben fatta e che il nastro voluminoso di colore rosso fosse in ordine, poi fece due passi indietro per guardarsi a figura intera. Il giubbino corto in pelle rossa, aperto, sotto al quale era un top rosso con strappi in posizione strategiche che lasciavano intravedere il reggiseno in pizzo nero;  la mini in pelle nera che lasciava poco spazio all’immaginazione; gli stivali sopra il ginocchio, abbinati e con un po’ di zeppa. Il tutto le dava un’aria da teppista decisamente perfetta per l’occasione! Infine si volse completamente verso Draken, sorridendo. “Ora vado! Tornerò per cenare insieme, promesso!”
Dall’espressione che lui aveva sul viso, l’orario era decisamente l’ultimo dei problemi!
“Se dovesse succedere qualunque cosa, chiamami. Se allungano le mani, se dicono un commento volgare, se ti guardano come maniaci…tu chiamami e io arrivo a farli secchi.”
Kan sospirò spazientita. “Sono amici di Tora, non devi preoccuparti…”
“Sì, come ti pare. Ma tu tieni il telefono con la schermata sul mio numero.”
“D’accordo, fratellone!” Recuperò una tracolla pelosetta dalla forma tonda e rosso fuoco e in ultimo stampò un bacio sulla guancia di Draken. “A dopo!” E corse fuori dalla stanza.
Rimasto solo, Draken si lasciò cadere di schiena sul materasso, emettendo un lungo sospiro. “Non so, forse dovrei fidarmi… Anche se Kazutora ha tagliato i ponti con tutti noi, pare si stia comportando bene con Kan… Però…” Però la sua natura di fratello gli impediva di rilassarsi.
Non che Kan fosse l’immagine del relax, comunque! L’incontro con Kazutora era davanti ad un’uscita della stazione di Shinjuku, poi da lì percorsero la strada a piedi. Tutto bene, fino a quando lui non indicò un luogo preciso in fondo ad una strada semideserta, una vecchia sala giochi abbandonata, sulle cui porte vetrate era stato disegnato un angelo. Il cuore di Kan cominciò a battere più forte, non era affatto sicura di volerci andare.
“La nostra base è all’interno di quella sala giochi che ha chiuso i battenti! Stranamente il sistema idraulico è ancora in funzione, mentre per la corrente ci ha pensato uno dei ragazzi a fare un allacciamento abusivo! Forte, eh?”
Era così fiero che Kan non se la sentì di sottolineare quanto fosse illegale tutto questo, al contrario provò a guardarne il lato positivo, ad apprezzare l’ingegno di chi aveva fatto il lavoretto e…al fatto che avrebbe potuto fare pipì in un bagno invece che andare in un vicoletto buio e accucciarsi dietro una bidone della spazzatura! Più si avvicinavano alla meta, più il suo sguardo era in grado di cogliere i dettagli dell’angelo disegnato con le bombolette spray, nettamente diverso dal logo sulla giacca, una figura dalle linee tondeggianti, il corpo rosa chiaro, l’aureola dorata e un paio di ali bianche e così ben fatte da dare l’impressione di essere soffici al tatto. Pensandoci, l’avevano fatto così per farlo passare per un comune graffito, altrimenti se avessero scritto il nome della gang qualcuno sicuramente avrebbe fatto una segnalazione alla Polizia. Un altro dettaglio ad indicare che i ragazzi della Valhalla non erano affatto stupidi.
“Ci siamo!” Disse Kazutora, quando si fermarono. Di fronte a loro solo una catena con un cartello per impedire il passaggio. Lui la scavalcò con noncuranza, in un gesto abituale, quindi le porse la mano gentilmente. “Vieni!”
Una misera catena divideva il mondo come lo conosceva da uno tutto da esplorare. Basta temporeggiare, Kan prese respiro e scavalcò a sua volta, tenendo lo sguardo dritto davanti a sé. Un istante si stava riflettendo sulle porte vetrate, ma ecco che queste si aprirono, invitandola a lasciarsi alle spalle tutto ciò che conosceva. Contrariamente a quanto aveva sempre creduto, il ‘paradiso’ era un luogo di luci al neon bianche e un forte odore di fumo di sigaretta e i suoi ‘angeli’ invece di avere dolci sorrisi possedevano delle espressioni cupe. Quel che è peggio, appena messo piede lì dentro si ritrovò con decine di occhi puntati contro, che la guardavano come se fosse un pezzetto di pane caduto al centro della piazza. Le gambe le tremavano mentre pensava che accettare quell’invito era stata una pessima idea. Se fingeva di mantenere la calma, poteva ancora scappare? Era stata avvisata che la maggior parte dei componenti della gang erano ragazzi nati tra l’87 e l’89, quindi erano più grandi e più forti di lei. Dannazione… Quanti secondi le rimanevano prima di essere mangiata viva?
Skronch skronch skronch skronch…
Un momento. Ma che-? Abbassò lo sguardo di una decina di centimetri e si ritrovò a fissare un paio di occhi tondi e curiosi, su una faccia pacioccona dalla mandibola evidentemente impegnata a masticare di gran lena! Kan batté le palpebre, no non era un animale al di là del vetro dello zoo, anche se la testa bionda con disegnate delle figure a cerchi neri difficilmente ricordava qualcosa di umano!
La creatura sollevò la mano possente con cui teneva un sacchetto di chips al gusto pizza e parlò anche se aveva la bocca piena. “Vuoi?”
Kan non riusciva a respirare, figurarsi a rispondere! Allora lui fece un’aggiunta. “Puoi mangiarle anche tutte, di là ne ho un altro pacchetto.” Era molto gentile, se non fosse che non batteva ciglio e il suo tono di voce era privo di emozioni.
“Ehilà, Chome!” Saltò fuori Kazutora, alzando la mano verso di lui per dargli il cinque. Al che lui rispose ‘ehilà’ e ricambiò il gesto, sempre con quell’aura da yokai inoffensivo ma inquietante.
Vedendo l’amica paralizzata, Kazutora pensò bene di allentare la tensione con un invito. “Andiamo a sederci nella zona dei divanetti!” Le cinse le spalle col braccio e la guidò attraverso la folla, salutando distrattamente qua e là, sorridendo.
E pensare che lei aveva a che fare coi teppisti quotidianamente! Cioè, uno era letteralmente suo fratello gemello!!! Eppure fra la Toman e la Valhalla sembrava tutto così diverso… Ma era anche vero che nonostante gli sguardi nessuno le aveva mancato di rispetto, quindi era tutta una questione mentale. Forse? Guardandosi attorno non era così male, molte postazioni di gioco erano perfettamente funzionanti, mentre altre, come quelle col braccio di ferro per pescare i pupazzi, avevano i vetri rotti e venivano usate come posacenere. Ingegnoso anche questo! Fra le tante cose da vedere, il forte odore di fumo e l’agitazione, quando giunsero all’area divanetti Kan era visibilmente stordita.
Kazutora la fece sedere su quello più ben messo, anche se fra macchie e polvere in generale non c’era una grande differenza (!), poi si sedette accanto a lei. “Tutto bene?”
“Io…” L’espressione sulla sua faccia era indecifrabile come i sentimenti che stava provando, ma ecco che le venne da ridere neanche fosse stata ubriaca. “Mi sento come se fossi finita nella versione horror di Disneyland! Sono emozionata e spaventata, non capisco più niente!”
Giusto il tempo di finire la frase, che il ragazzo di prima, Chome, si sedette all’altro lato e di nuovo le porse il sacchetto di patatine, senza smettere un istante di masticare. “Adesso le vuoi?”
Kan scoppiò a ridere con più passione, però infilò volentieri la mano nel sacchetto. “Grazie!”
La situazione si era completamente ribaltata, buono a sapersi!
*
 
Una volta allentata la tensione, divenne più semplice per lei ambientarsi e non si preoccupò più degli sguardi che la analizzavano come la novità che effettivamente era. Al trio poi si era anche aggiunto Chonbo, l’altro compagno di riformatorio di Kazutora, un tipo non troppo serio, caratterizzato da una pelata totale, sopracciglia folte e un tatuaggio con un motivo in nero che gli occupava quasi un lato della faccia e che lei aveva amichevolmente rinominato ‘ghirigori’! Lui si presentò con delle bottiglie di Cola e si unì con naturalezza alla conversazione. Tra i sorrisi di Kazutora, la mandibola sempre in movimento di Chome e la testa lucida di Chonbo che luccicava sotto i neon, il tempo passò più serenamente di quanto Kan avesse creduto.
“E insomma, io facevo da palo all’entrata del cesso e quasi me la facevo sotto per paura che una guardia ci scoprisse! Quel tizio che Tora stava menando faceva un tale casino!!!” Stava raccontando Chonbo, tappandosi le orecchie con le mani per dare più enfasi alle parole. E Chome, sempre a bocca piena, concluse: “Io provavo a tenergli la bocca chiusa, ma quello non stava fermo!”
I tre amici scoppiarono a ridere di gusto al ricordo dell’ennesimo pestaggio, che aveva riempito una delle interminabili giornate rinchiusi dentro solide mura. Perfino Kan faticò a trattenersi dal ridere, suo malgrado. “Non dovrei fare così, ma l’avete raccontata troppo comica!”
“Puah non farti problemi, tanto era stato lui ad attaccare briga per primo!” La tranquillizzò Kazutora, facendo un gesto con la mano come se stesse scacciando una mosca.
Questo cambiava le cose, perché solo lei doveva trattenersi? Senza più rimorsi, Kan lasciò una bella risata, abbandonando la testa all’indietro sulla morbida spalliera del divanetto. Cavoli, che sensazione di leggerezza… Le sembrava impossibile aver avuto paura fino a un paio di ore prima. Quei ragazzi non avevano niente di diverso dagli altri teppisti, sfoggiavano un’espressione minacciosa solo quando era necessario, ma altrimenti erano comuni ragazzi che scherzavano e se la ridevano tra loro, divisi in piccoli gruppi, o ancora altri che giocavano ai macchinari in solitaria o in coppia e che imprecavano sorridendo sia che stessero vincendo o perdendo. L’aria era pregna di fumo di sigaretta, a causa di un malfunzionamento della ventola dell’aria che non erano riusciti ad aggiustare, ma ci si abituava presto all’odore e poi si smetteva di farci caso, e poi il sottofondo ricco delle musichette dei videogiochi rendeva tutto più allegro. Si stava divertendo, niente da dire! A riportarla coi piedi per terra ci pensò un’urgenza naturale. Si sporse su Kazutora e gli parlò all’orecchio. “Mi spieghi dov’è il bagno? La Cola comincia a fare effetto!”
“Ah è facile!” Si voltò e indicò una direzione col dito. “Vedi dove c’è quello spazio quadrato vuoto? Da un lato si va al bagno delle donne e dall’altro quello degli uomini! Però noi li usiamo tutti, quindi…” Si fermò un istante e diventò serio. “Dovrò chiedere di riservarne uno per te, non è giusto che tu condivida il bagno con centinaia di ragazzi.”
“Magari! Mi faresti un grande favore!” Si alzò in piedi e schivò un bel po’ di gente per raggiungere il luogo indicato. Per correttezza andò nel bagno delle donne, confortandosi del pensiero che lì non c’erano orinatoi e si sarebbe risparmiata di beccare qualche ragazzo a farla in piedi in bella vista. Comunque non male, il bagno era composto di dieci cabine e, dando una prima sbirciata, si intuiva facilmente che qualcuno li puliva, altrimenti sarebbero stati ben più sporchi. Per sicurezza chiuse con cura il chiavistello della cabina che scelse. Già che si era portata la borsa, ne approfittò per guardare il cellulare. C’era un messaggio di Mikey, poche righe per dirle che lui e Draken avevano mangiato dorayaki caldi. Quando non si vedevano le scriveva tutto quello che faceva, come un fidanzato premuroso. A volte le faceva tenerezza e lui le mancava, altre invece se ne fregava, come appunto stava accadendo in quel momento.
“Poteva pensarci prima di finire così.” Bisbigliò tra sé, per poi mettere via il telefono e sistemarsi.
Ai lavabi c’era perfino il sapone liquido! Quel posto le piaceva sempre di più! Sentendo il rumore di uno sciacquone a poca distanza, si affrettò a lavarsi le mani e svignarsela, giusto perché non si sa mai! Quando tornò all’area quadrata si fermò ad osservare tutto attorno. Quel luogo era all’insegna del divertimento sfrenato e i ragazzi che lo popolavano erano gli angeli peccatori. Tutti indossavano la giacca bianco grigia con lo stemma sulla schiena, il resto della divisa era composto da pantaloni neri, di ampiezza che variava in base ai gusti personali, e stivaletti grigi, mentre sotto la giacca c’era libertà tra chi indossava una felpa con cappuccio, una maglia normale o una canotta grigia.
“La divisa della Valhalla è dieci volte più figa di quella schifezza della Toman!” Disse liberamente, entusiasta, salvo poi mordersi la lingua ricordando che quelle della Toman erano stare realizzate da Mitsuya. Senza volerlo aveva offeso il suo amico… Scosse il capo e s’incamminò per tornare ai divanetti.
Tra uno slalom e l’altro, per errore un ragazzo indietreggiò proprio mentre lei gli stava passando dietro e, fatalità, in quel momento i suoi riflessi decisero di non funzionare a dovere, facendole perdere l’equilibrio con tanto di piccolo strillo. Nel mentre, il suo pensiero fu che fare una figuraccia il primo giorno era l’ultima cosa che voleva e che la forza di gravità le aveva dichiarato guerra se aveva deciso di farla cadere a terra come una scema. Pensieri formulati in uno o due secondi, i quali furono interrotti dall’urto contro un altro corpo. La buona notizia era che non sarebbe finita a terra perché qualcuno la stava sorreggendo da dietro, la brutta notizia era che non si trovava nella posizione di infastidire uno di una gang di rivale senza rischiare di essere punita. Anche se le braccia che l’avvolgevano saldamente per aiutarla a stare in piedi non le parvero affatto minacciose. In ogni caso pensò bene di rimediare.
“Chiedo scusa, non volevo. Di solito sono più attenta. Perdonami!”
In tutta risposta ricevette una risata e un simpatico rimprovero. “Una bella ragazza non deve scusarsi! Non è neanche stata colpa tua!”
Quella voce… L’aveva già sentita, non era possibile confonderla, era troppo strana… Possibile che…? Abbassò lo sguardo e vide un paio di mani grandi e dalle dita sottili, sui cui dorsi erano tatuati dei kanji che dicevano ‘delitto’ e ‘castigo’. Allora volse il capo e dovette sollevare il viso per guardare di chi si trattava, cosa che nella vita le era capitato raramente considerando la propria altezza sopra la media. Quel sorriso da matto, quegli occhi ambrati, quell’orecchino a filo dorato, quei capelli tirati su pazzamente e col ciuffo biondo che ricordava una fiamma. Il cuore si mise a martellare come un tamburo nel petto, com’era possibile che il destino le fosse stato così favorevole, da darle una simile opportunità di finire tra le braccia di quel ragazzo che aveva ammirato quella famosa sera della battaglia?
Lemon Cake?” Le uscì dalla bocca senza riflettere.
Il ragazzo spilungone la guardò stranito, prima di farsi un’altra risata. “Dici a me? Cos’è, un modo per dire che mi vuoi mangiare?”
Oh cazzo… Adesso sì che voleva restare lì per sempre.


Continua nel Capitolo 21: One Step From Sin
Kan è letteralmente caduta fra le braccia della sua "torta al limone"......cosa succederà tra i due??? 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Chapter 21: [One Step From Sin] ***


Chapter 21
[One Step From Sin]
 
Si sentiva davvero una miserabile a farsi portare sulle spalle da Kazutora, con lo stomaco contratto che doleva ad ogni suo passo e un sapore amarognolo nella bocca.
“Ti chiedo scusa, Tora… Sono un disastro…” Bisbigliò al suo orecchio, affranta.
Lui accennò un sorriso, anche se lei da dietro non poteva vederlo. “E’ stato un incidente, non preoccuparti! Ti conosco e so che troppe emozioni possono farti uno strano effetto!”
“Non è solo quello… Anche il forte odore di fumo…”
“E Chome che ti ha fatto ingozzare di patatine! E Chonbo che ti ha fatto bere bibite a tempera ambiente! Mescolando tutto è venuto fuori un bel vulcano!”
Il suo tono era divertito, peccato che lei non si sentisse affatto allo stesso modo. Passo dopo passo la stava portando alla stazione, lentamente, per assicurarsi che il suo stomaco non facesse scherzi. Quando lei richiuse gli occhi, purtroppo, rivide con gli occhi della mente quello che era accaduto. E non era per niente una bella vista! Un attimo prima era fra le braccia della misteriosa torta al limone e l’attimo dopo era china a vomitare. Fine della visione. Che figura di merda!
Come se Kazutora le stesse leggendo nel pensiero, la rassicurò. “Vedrai che Hanma ti inviterà ancora, non pensarci troppo!”
Giusto… Ciliegina sulla torta (al limone), lo spilungone era nientemeno che Hanma, il capo in seconda della Valhalla, e lei gli aveva vomitato accanto!!! Sempre meglio che addosso, siamo d’accordo, ma porca miseria!!!
Arrivati alla stazione di Shinjuku, Kazutora si fermò. “Ce la fai a camminare fino al treno?”
Kan emise un sospiro di sconforto. “Se torno al centro massaggi e mio fratello mi vede così, farà un sacco di storie. Ma se vado a casa dei miei rischio che mi rinchiudano col lucchetto.”
“Vuoi venire da me?” Propose lui.
“Mmh sei gentile, Tora… Ma è meglio se torno da Ken. Mi farà un po’ di domande, ma sempre meglio che tornare a casa.”
“Mh! In ogni caso ti accompagno, non voglio lasciarti sola.”
Lasciò che lei scendesse e si rimettesse in piedi, quindi andarono insieme al binario a prendere il treno per Shibuya. Visto che c’era posto, si sedettero uno accanto all’altra.
“Comunque…a parte l’attacco di nausea sei stata bene?”
Kan si morse le labbra, ma subito accennò un sorriso. “Sì, mi piacerebbe tornarci! Anche se sono già diventata lo zimbello della gang!” Era inutile negarlo.
Riposare un po’ in treno l’aiutò a sentirsi meglio, così, una volta arrivati a destinazione, lei e Kazutora si salutarono con un sorriso e si diedero appuntamento per il pomeriggio seguente. Come epilogo sarebbe stato buono, se solo la giornata fosse finita in quel momento. E invece… Kan prese l’ascensore fino al quarto piano, salutò il Direttore, imboccò il corridoio per andare dritta nella sua stanza e…
“Che cazzo hai fatto? Puzzi come una ciminiera!”
Beccata. Non potendo fuggire, Kan si rassegnò ad affrontare l’ira del fratello. Si volse lentamente, lo sguardo di lui era così arrabbiato che non riuscì a sostenerlo.
“Non è come pensi! Non ho fumato!” Mantenere un tono finto allegro fu dura.
“Tu no, ma a quanto pare quei balordi sì! Tsk!” Le mise una mano sotto al mento e le sollevò il viso. “Stai male? Sei pallida.”
“Ho solo…mangiato troppe schifezze e mi è venuta un po’ di nausea! Niente di che! Ti dispiace se per cena mangio solo okayu?”
Draken sospirò pazientemente e riabbassò la mano. “Vado al konbini a prendere quello in busta e te lo preparo. Tu però adesso fatti una doccia e butta quella roba puzzolente ammollo. Come si fa a ridursi così…” Si ficcò le mani in tasca e se ne andò continuando a borbottare.
Una bella doccia calda fece scivolare via il senso di malessere e una strofinata di spugna e bagnoschiuma alla rosa fece svanire la puzza di sigaretta, lasciando in lei solo tutti i bei ricordi di quel pomeriggio passato in compagnia. Col fratello parlò a ruota libera di un po’ di pazzie fatte coi ragazzi che aveva conosciuto e tenere nascosta la parte riguardo la gang e l’incontro con Hanma fu abbastanza facile. Nonostante lui avesse continuato a soppesare le sue parole e a scrutarla con diffidenza, sempre convinto che non era l’ideale per lei frequentare certe persone, l’ascoltò senza interromperla e si rassicurò nel vederla mangiare il riso fino all’ultimo chicco, in segno che si era davvero ripresa dal malessere. Per quanto contrario a certe frequentazioni, era naturale che la salute della sua sorellina venisse messa al primo posto nella scala delle priorità. Come anche il suo sorriso mentre raccontava, ottima dimostrazione che si era davvero divertita. Un punto a favore di  Kazutora.
Visto che avevano consumato la cena in camera di Kan, comodi sul letto, Draken pensò di rendersi utile raccogliendo le stoviglie e lasciarla così riposare. A guardarlo, sembrava un maritino amorevole, anche nel modo in cui la baciò sulla fronte e le diede la buonanotte sorridendo. In effetti, una volta che lei si fu distesa e sistemata per bene sotto le coperte, si rese conto della stanchezza che aveva addosso.
“Troppe emozioni! Aveva ragione Tora!” Disse tra sé, prima di spegnere la luce.
Rimase immobile con lo sguardo perso nell’oscurità per diversi minuti, fino a quando i suoi occhi non si abituarono e trovarono la leggera scia di luce artificiale che proveniva da una fessura fra le tende della finestra. Non si trattava di un errore, era sua abitudine lasciare le tende in un determinato modo per lasciar entrare una scia che cambiava colore per l’intera nottata, prima rosa, poi blu, poi viola, poi gialla…e addormentarsi seguendo quel ritmo, in un modo originale che sostituiva le tradizionali pecore. Ma ecco che il cellulare vibrò da sopra il comodino, interrompendo la magia.
“Sarà Mikey…” Allungò un braccio svogliatamente, preparandosi ad un interrogatorio. Figurarsi se per una volta poteva scriverle la buonanotte e farsi gli affari suoi. Quando aprì la conchiglia, dovette socchiuse gli occhi a causa della forte luce dello schermo e poi cliccò il tasto per leggere il messaggio.
[Come stai? Quando Kazutora ti ha fatta salire sulla sua schiena per portarti via stavo ancora ridendo!]
Ok… Non era Mikey… Però il numero non lo conosceva.
[Scusa. Ero anche preoccupato. Ma è stato divertente! Eri troppo su di giri!]
Che fosse Chome? O Chonbo? Con tutto quello che era successo, non si erano scambiati i numeri di telefono, però.
[Ah sono Hanma. Ho chiesto a Kazutora il tuo numero. Dovevo dirtelo subito, che scemo!]
Mistero risolto! Momento…
“CHE???” Kan sobbalzò sul materasso, era così agitata che riuscì ad incastrarsi fra le coperte e ci mise un po’ a riuscire a scostarle e a mettersi seduta!
“Miei dei, miei dei, miei dei!!! E’ proprio lui! E mi ha scritto!!!” Era dura soffocare i gridolini di gioia, ma di certo non voleva farsi sentire e rischiare che qualcuno accorresse a vedere cosa stava facendo. Soprattutto suo fratello…
Accidenti, il telefono le tremava nella mano da quanto era agitata. Si sentiva come una ragazzina che aveva appena ricevuto un sms dalla propria crush. Cioè…di fatto lei ERA una ragazzina che aveva appena ricevuto un SMS dalla propria CRUSH. E più di uno, per l’esattezza! Afferrò uno dei cuscini a forma di cuore che usava per decorare il letto e vi premette il viso per coprire un urlo di gioia. Quando si tolse il cuscino dalla faccia aveva il fiato corto e si sentiva le guance in fiamme.
“Ok, manteniamo la calma. Prima di tutto devo salvare il numero.”
Pigiò qualche tasto, scrisse il nome ‘Hanma’ e lo salvò nella rubrica.
“Ottimo!” Ora non restava che rispondergli. Doveva essere gentile e soprattutto scusarsi per quella figuraccia alla sala giochi. Mentre pensava, fece sfarfallare le dita della mano vicino allo schermo, la luce creava un effetto curioso sulle sue unghie lucide e curate, facendole apparire di una sfumatura tra l’azzurro e il bianco perlato.
Vrrr. Il telefono le vibrò nella mano. Leggendo il nome di Mikey sotto al simbolo della busta, imprecò tra i denti. “Fanculo anche tu.” Ignorò il messaggio e andò su un’altra schermata per rispondere ad Hanma.
[Sto molto meglio, grazie! Dopo il casino che ho fatto, non credevo mi avresti scritto!]
Attese una manciata di secondi e la risposta arrivò.
[Figurati, mi hai fatto pisciare sotto dalle risate! Mi piacciono le persone che mi fanno ridere!]
Kan scosse forte il capo, facendosi finire i capelli sulla faccia. “Non è una dichiarazione! Ferma il cervello, Kan!” Rimproverò se stessa. Si scostò i capelli e ricominciò a digitare.
[Felice di saperlo! Allora posso sperare di rivederti?]
[Domani dirò ai ragazzi di dare una ripulita a quel porcile, quindi…facciamo dopodomani?]
[Lo stai facendo per me? Non voglio creare fastidi… Non sono nemmeno un membro della gang…]
[Per una bella ragazza, questo e altro!]
Ok…la stava facendo morire… Era troppo diretto! Se ne rendeva conto? Però, per curiosità…
[Io…confesso che vorrei conoscerti meglio… La prima volta che ti ho visto è stata la sera dello scontro Toman-Moebius e… Sai, ti ho notato…]
[Lo so! Che ne dici di parlare di questo quando ci vediamo?]
Il cuore le batteva fortissimo. La sua parte razionale sapeva che ciò che stava facendo era sbagliato, flirtare con un altro alle spalle del suo fidanzato era deplorevole, però…
[D’accordo! Allora a presto! Buonanotte!]
[Buonanotte, bellissima!]
*
 
Inchino ad angolo retto, braccia protese in avanti e le mani a tenere due buste della spesa ricolme di snack salati e bibite fresche, Kan si scusò umilmente con i nuovi amici. “Un risarcimento per l’altro giorno. Voi mi avete offerto tante cose buone e la vostra amicizia e io ho combinato solo guai.”
Chome e Chonbo si diedero un’occhiata sorpresa, poi fu quest’ultimo a risponderle con tono allegro e prendere le buste dalle sue mani. “Se proprio insisti! Io comincio ad avere fame!”
E Chome precisò. “Io ho sempre fame, quindi va bene!”
Mentre i due si avviavano coi viveri, Kan tirò un sospiro di sollievo, contenta di aver risolto quello che in realtà era stato un problema solo per lei.
Kazutora l’affiancò. “Visto? Sono facili da conquistare!”
“Almeno adesso sono tranquilla!”
La prima parte del pomeriggio fu molto allegra, i quattro presero possesso nuovamente della zona dei divanetti, come fosse diventato un loro fortino personale, e le cose andarono bene tra chiacchiere, risate, qualche presentazione di altri ragazzi che si avvicinavano incuriositi per scambiare qualche parola con lei e che sotto gli sguardi truci poi si rivelavano essere tutti ragazzi simpatici. Simpatici fin che si stava dalla loro parte, per inteso. Un paio di volte passò lì davanti anche un tipo misterioso, un biondo dagli occhi grigi che indossava una mascherina nera e si teneva il cappuccio sulla testa neanche fosse un ninja. Ma non si fermò a parlare e nemmeno Kan provò a chiedergli come si chiamava. Ogni cosa a suo tempo, se quello era un lupo solitario non voleva rischiare di andargli in antipatia forzandolo ad interagire. Chissà chi era... Era giusto persa in pensieri quando sentì delle voci dall’entrata.
“Hanma-san. Hanma-san, ben arrivato. Ehi Hanma! Hanma-san, buongiorno.”
Erano saluti molto più confidenziali rispetto a quelli che era abituata a sentire, tanto più che la Valhalla quando si ritrovava non usava quella tiritera militare di file ordinate ed inchini come invece faceva la Toman. Qui era tutto più semplice e la gerarchia non aveva molta importanza.
Kan attese con il cuore in gola, mentre l’onda dei saluti si faceva sempre più vicina, come anche la fiamma gialla rialzata col gel che sovrastava tutti. E alla fine le fu davanti, in tutta la sua altezza, con l’orecchino pendente che oscillava ad ogni movimento ed uno sguardo che poteva rivaleggiare con quello di una statua egizia.
“Che palle…”
Kazutora gli fece un cenno con la testa. “Hanma, tutto bene?”
Lui si rivolse a Kan. “Lo sapevo che dovevo prenotarti. Mi sono attardato per pestare un idiota e ti ritrovo con tutti addosso come piccioni.”
Kan scattò in piedi con più entusiasmo del dovuto. “Nessun problema, possono continuare a divertirsi anche senza di me!” Volse il capo e lanciò al gruppetto un’occhiata allusiva. “Vero, ragazzi?” A cui loro dovettero per forza di cose rispondere di sì. LOL!
Con due saltelli lasciò l’area e si posizionò davanti ad Hanma sfoggiando un sorriso. “Tutta tua!”
Ora…lui di sicuro non era un santo, ma anche lei accidenti era fin troppo disponibile! La esaminò dall’alto. Portava la divisa scolastica in modo assolutamente inappropriato, a cominciare dalla camicia con ben tre bottoni aperti, da cui lui vedeva un bel balcone roseo e bordato di pizzo nero, poi la gonna era decisamente corta in contrasto con le gambe lunghe, ma essendo una marinaretta color senape, meno stoffa c’era meglio era, infine i calzini fuori regolamento di tipo ‘fantasmino’. Ah e i capelli sciolti con qualche ciuffo ribelle ondulato. In totale, era la protagonista di un film porno ambientato a scuola. E lui aveva una gran voglia di farsela.
La sua espressione delusa/scazzata mutò rapidamente, lasciando il posto ad un sogghigno malizioso che la sapeva lunga. “Andiamo di là, schianto!”
Prima che qualcuno fraintenda, NO, non si trattava di una stanza isolata con un vecchio materasso buttato a terra, semplicemente si spostarono in un’altra parte della sala e presero posto sui sedili del macchinario che simulava le corse in auto su pista. E dove li attendeva una bottiglia di birra bionda gocciolante, già aperta, dentro cui era stato messo uno spicchio di limone.
“Bene, l’hanno preparata!” Disse lui, sedendosi per primo e afferrando il collo stretto della bottiglia con decisione. Ne bevve un lungo sorso e si leccò le labbra soddisfatto. “La mia preferita!” Quindi si rivolse a Kan, che nel frattempo si era sistemata sull’altro sedile e attendeva con fare quasi timido. “Allora, cosa volevi dirmi di quella sera?”
“Ehm sì…ecco…” Di nuovo quella forte agitazione che le fece stringere i lembi della gonna fra le mani. Prese un bel respiro, lascio la presa e… “Eri troppo figo!!! Mai nessuno aveva parato il calcio mortale di Mikey! E tu ci sei riuscito!”
Vedendola così luminosa e con le guance arrossate, Hanma, rimase spiazzato.
“E il modo in cui gli hai tenuto testa per tutto lo scontro!!! Ti rendi conto di quanto sei figo?” Si lasciò trasportare così tanto che senza rendersene conto gli posò le mani su una gamba e si sporse su di lui, raggiante. “I tuoi movimenti erano così fluidi ed efficaci! Ho sperato che lo mettessi a terra! Te lo giuro! E non hai mai perso il sorriso, mentre lui era incazzato nero! Eri così figo!”
“Ehi ehi, è la terza volta che me lo dici! Così mi fai montare la testa!” La riproverò lui, anche se lo fece ridendo perché si stava divertendo da matti!
“Ah, ops! Me lo stavo tenendo dentro da così tanto tempo! Non sapevo se ti avrei mai rivisto!” Abbassò lo sguardo timidamente e si rese conto di dove aveva mani, quindi balzò all’indietro arrossendo. “Scusa!!!”
“Ahahah, con te non mi annoierò mai eh?” Bevve un altro sorso di birra e usò un tono più colloquiale. “Come ti ho scritto per messaggio, anche io quella sera ti ho notata. Non si vede tutti i giorni una ragazza combattere con tanta grinta! E per di più mezza nuda sotto la pioggia! Scommetto che almeno la metà dei presenti ce l’aveva duro a causa tua!” Lanciò la freccia infuocata e ammirò il bersaglio colpito, in questo caso il viso di Kan che divenne paonazzo dalla vergogna. Di nuovo gli venne da ridere. “Vuoi sapere se ce l’avevo duro anche io?”
Kan, in difesa, gli diede una pacca sul braccio. Sul serio, doveva farlo smettere o il cuore le avrebbe ceduto. “E tu…cosa mi racconti? Non so niente di te.”
Hanma poggiò la testa indietro, organizzando i pensieri. “Vediamo… Sono nato il 27 ottobre 1989 a Shinjuku, ma dopo il divorzio dei miei genitori mi sono trasferito a Kabukicho con mio padre. Sono in prima superiore, ma frequento poco perché mi annoio. Mi piace fare a botte perché la vita è troppo pallosa per viverla come fanno gli altri. E ho un migliore amico dalla scorsa estate.”
Aveva detto delle cose così personali con grande naturalezza e uno sguardo velato di tristezza che le toccò il cuore. Allungò la mano e la posò sulla sua, in segno di conforto. “Un divorzio non è mai facile… Hai bisogno di parlarne?”
Lui la guardò, i suoi occhi grandi e sinceri lo rassicurarono, era la prima volta che gli succedeva. Accennò un mezzo sorriso. “Sono passati diversi anni, figurati! Io e mio padre ce la caviamo. Lui è un impiegato, mi da un tetto e del cibo. Invece mia madre mi manda soldi in busta ogni mese per attenuare il suo senso di colpa per averci abbandonati. Guadagna bene perché è infermiera, quindi fanculo! Me li mangio quasi tutti in sigarette e alcol!”
Kan non sapeva se la buttava sul ridere per sdrammatizzare o se davvero aveva superato la cosa, ad ogni modo c’era qualcosa in lui che l’attraeva sempre di più. E non solo sul piano fisico.
Hanma le porse la bottiglia. “Bevi?”
“Ah no! Se lo facessi, mio fratello mi ucciderebbe!”
“Ahah il caro Draken! Mi piace quel tipo! Ho sentito tanto parlare di lui! Ma adesso non è qui, fatti un goccetto!”
In effetti, poteva bagnarsi le labbra senza rischiare. Accettò l’offerta e prese la bottiglia con entrambe le mani. A fermarla non era tanto l’idea di bere alcol, quanto più il dettaglio che ci aveva messo la bocca lui. Anche con Mikey era cominciata così, quel giorno che sembrava così lontano, in quella libreria a sfogliare manga, quando lui le aveva offerto il lecca-lecca che aveva in bocca, dando così vita al loro primo bacio indiretto. Che poi era assurdo pensarci, era capitato altre volte che lei scambiasse il cibo o le bevande con gli amici, quindi perché quel ricordo le premeva nel petto proprio in quel momento? E poi, lei era pronta  fare quel passo? A posare le labbra dove le aveva posate Hanma? Se il destino li aveva fatti incontrare, un motivo doveva esserci. Si portò la bottiglia alla bocca e la sollevò leggermente. La birra era abbastanza fredda, aveva un sapore che non conosceva, qualcosa di leggermente amarognolo ma anche saporito, con l’aggiunta del tocco acidulo del limone. Si chiese se anche le labbra di Hanma avevano quel sapore.
*
 
Nel giro di pochi giorni Kan e Hanma diventarono intimi. Si cercavano con lo sguardo appena messo piede nella sala giochi, si sorridevano e avevano la capacità di riuscire ad isolarsi dagli altri senza destare sospetti, tanto più che i ragazzi della gang li vedevano nientemeno che come amiconi che se la ridevano della grossa ogni giorno. E meno male…! Nemmeno Kazutora sembrava avere sospetti su quale fosse la vera natura del loro rapporto e sentire Hanma chiamarla con parole come ‘bellissima’ e ‘schianto’ invece che col suo nome, per lui era assolutamente normale, dato che l’amica lo era davvero. Era contento di vedere come si era inserita bene nella gang e non gli creava problemi condividerla con gli amici di scazzottate. Erano insieme e questo per lui significava tutto. Di nuovo: meno male! Perché Kan non riusciva a fermarsi! Ogni giorno non vedeva l’ora di correre alla sala giochi per incontrare tutti, di fare la civetta, di essere ammirata e di parlare con Hanma. Anche se, a dirla tutta, un giorno diedero vita ad un flirt in piena regola sotto agli occhi di tutti.
“Shuji! Che bel nome! Mi piace tantissimo!”
Hanma la guardò di sbieco per qualche istante, per poi dargliela vinta. “Puoi chiamarmi così, se vuoi!”
Ma lei gli passò davanti con stile elegante e provocante come un gatto e lo stuzzicò di proposito. “Però sul mio telefono ti ho salvato con un nomignolo che voglio usare solo io!”
“Ahah e sarebbe?”
Kan gli fece la lingua e rispose in modo  sfacciato. “Non te lo dico!”
Allora Hanma l’afferrò per stringerla a sé, ridendo, e ne approfittò per farle il solletico, cosa a cui lei era tremendamente sensibile! Non per niente si mise a dimenarsi e a gridacchiare fra le risate, attirando l’attenzione di tutti.
“Dimmelo! Avanti!” Continuò a torturarla lui, divertendosi fin troppo.
Kan ormai si muoveva come un’anguilla nel tentativo di sfuggire al suo tocco e ridere le stava portando via una buona dose di energie. Per questo adocchiò Kazutora e lo supplicò. “Tora! Aiuto!”
“Sei stata tu a provocarlo!” Rispose lui, alzando le spalle e ridendo a sua volta.
Niente da fare, se voleva essere liberata doveva cedere per forza! “Va bene va bene, te lo dico!”
Hanma fermò le mani, ma si occupò comunque di sorreggerla visto come era ridotta per il troppo ridere. Magari più tardi si sarebbe scusate, giusto per.
Kan cercò di riprendere fiato e nel mentre anche di aggiustarsi i capelli che si erano disastrati con tutti i movimenti assurdi che aveva fatto! Si sentiva il viso accaldato, ma pazienza. Sorridendo, scambiò un’occhiata con Hanma, che ancora era intento a ridere. Si alzò sulle punte delle scarpe per essere ad un’altezza più favorevole, quindi gli sussurrò all’orecchio. “Shu.”
Lui non disse nulla, solo mosse leggermente il viso, sfiorando il suo, e i loro sguardi s’incontrarono, stavolta senza cenno di scherzo. Come dimenticandosi di tutto e tutti.
“Amore, ci sei??? Io e Ken-chin abbiamo finito di giocare!”
Kan strabuzzò gli occhi e tornò al presente, ossia sul divano bianco della camera di Mikey, assieme appunto a lui e a Draken.
“Mh? Ah bene! Chi ha vinto?”
Draken ammiccò fieramente. “Il tuo fratellone! Avevi dubbi?”
“Tsk! Di pochi punti! Non vantarti!” Sottolineò Mikey, stizzito, incrociando le braccia al petto, salvo poi rigirare la frittata a suo favore e ritrovare il sorriso. “Ma se Kan non l’ha visto, allora non conta!”
“Conta eccome, nanerottolo!” Lo rimbeccò Draken, con tanto di occhiataccia.
Kan si fece una risata, trovandosi letteralmente nel mezzo tra i due litiganti e senza la possibilità di schierarsi per non peggiorare la situazione! Sembrava di essere tornati ai vecchi tempi, quando loro tre si divertivano insieme e battibeccavano che era una gioia! Che nostalgia…
“Che ne dici Kan, torniamo a casa? Sono le nove passate e domani c’è scuola. Altrimenti poi non riesci ad alzarti, dormigliona come sei.” Propose Draken.
Mikey però si fece avanti con un tentativo. “Perché non resti qui a dormire? Così domattina ci pensa Ken-chin a buttarci giù dal letto!” Dai suoi occhi si vedeva che stava pregando per una risposta positiva, anche se ultimamente lei gli aveva sempre dato due di picche. Quello che non sapeva era che Kan si stava facendo divorare dai sensi di colpa per via dell’attrazione che provava nei confronti di Hanma, e così…
“Sì, ci sto! Per te va bene, Ken?”
Sia Draken che Mikey la guardarono con tanto d’occhi per alcuni istanti, tanto erano increduli.
“Se per te è ok, non ci sono problemi! Tanto qui hai tutto il necessario!” Acconsentì ovviamente lui, conquistandosi un inchino di ringraziamento da parte di Mikey che stava toccando il settimo cielo.
Una volta che si furono salutati, la coppietta andò ad informare il nonno ed Emma e poi si impossessò della stanza da bagno per lavarsi e prepararsi alla nottata in totale tranquillità. All’incirca…se si pensa che era da un bel pezzo che lei non si fermava a casa Sano per la notte e quindi Mikey era un vulcano pronto ad eruttare passione…
Kan aveva alzato i capelli in un cipollotto e, appena Mikey terminò di insaponarsi e si spostò per sciacquarsi con la doccia, fu il suo turno di prendere posto allo sgabello. Usò un bagnoschiuma all’odore di uva, perfetto per l’autunno che era appena cominciato, e si sfregò con cura facendo uso della morbida spugnetta. Era così concentrata nella procedura da non chiedersi come mai ci fosse tanto silenzio accanto a lei. Posata la spugnetta recuperò la doccia e si risciacquò altrettanto accuratamente, ma appena posò anche quella e fece per alzarsi, ecco che un paio di braccia l’attirarono all’indietro e lei si ritrovò addosso a Mikey. Un piccolo grido fu d’obbligo!
La sua mano le sfiorò un seno, soffermandosi a palparlo con tocco non troppo rude, mentre l’altra mano si avventurò verso il basso, fino a raggiungere le morbide pieghe della sua intimità.
“Mh!” Kan si morse un labbro, non avrebbe potuto resistere a quelle attenzioni neanche se avesse voluto. Quelle mani la conoscevano troppo bene, erano state le prime a toccarla, ad esplorarla, ad imparare come darle piacere. Erano le mani del suo fidanzato. Volse leggermente il capo, il collo di Mikey odorava intensamente di sapone all’iris. Non resistette dal desiderio di dargli un morso, strappandogli un piccolo gemito strozzato.
“Mikey… Mikey aspetta…” In un qualche modo gli fermò la mano che la stava toccando in basso.
Mikey le lanciò un’occhiata interrogativa da sotto i capelli bagnati e arruffati.
“Voglio…che me lo metti dentro…” Era sempre difficile dire certe cose sconce, anche se stavano insieme da anni.
Per lo meno lo fece contento. Infatti Mikey sfoggiò un sorriso malizioso e le fece cenno col capo. “Appoggiati alla vasca!”
Kan obbedì, andò a sistemarsi con le braccia sopra il bordo della vasca ed inarcò i fianchi all’indietro. L’erezione di Mikey stava pulsando dalla voglia di penetrarla. Accostò la punta all’apertura di lei, quindi la prese per i fianchi e si fece avanti lentamente, assaporando ogni millimetro della penetrazione in quel corpo dove avrebbe voluto vivere e morire felicemente. Emise un profondo e gutturale gemito quando fu completamente dentro di lei. Per quanto fosse bisognoso di darsi da fare, procedette con calma, iniziando con spinte abbastanza lente e distanziate. Aumentò il ritmo gradualmente, come anche l’intensità degli affondi. Il rumore bagnato e gli schiocchi pelle contro pelle contribuirono ad aumentare l’eccitazione, assieme ai gemiti da gattina di lei. Più le piaceva, più glielo stringeva dentro e lui adorava questa cosa.
“Cazzo.” Imprecò tra i denti, sentendo che i testicoli si sarebbero contratti da un momento all’altro. Diede un’ultima raffica di spinte per raggiungere l’orgasmo e poi uscì in velocità, giusto un attimo prima di schizzare fuori tutto il piacere attraverso un getto bianco e denso che si riversò su di lei. Niente da sorprendersi se si sentì soddisfatto dell’ottimo lavoro svolto!
“Com’è denso… Ma tu non hai più fatto…?”
La domanda di Kan gli arrivò inaspettata. Nonostante la situazione piccante, rispose con un accenno di tristezza nella voce. “Se riesco, lo evito. Non è lo stesso piacere senza di te.”
Una risposta dolcissima che per la coscienza sporca di Kan fu una pugnalata.
*
 
Si riposarono un po’ facendosi cullare dall’acqua calda della vasca, fino a quando Mikey non cominciò a russare e allora lei dovette praticamente trascinarlo in camera! Niente di nuovo, era capitato altre volte che dovesse infilargli le mutande e metterlo a letto! L’unico problema era che lei non aveva affatto sonno. Il rapporto le era piaciuto, aveva voglia di stare con lui, però… Lo sentì mugolare nel sonno, stava dormendo pacificamente con la faccia fra i suoi seni, come un bimbo. Era adorabile.
Vrr vrr. Il cellulare vibrò da sopra il tavolino in vetro. Doveva essere Kazutora che le dava la buonanotte. Con estrema attenzione scivolò fuori dal letto e andò alla chetichella a recuperare il telefono, quindi si appollaiò sul divano ringraziando se stessa di aver indossato un pigiama a pantaloni lunghi per proteggersi dal fresco della sera. Quando aprì la conchiglia si accorse che il messaggio era da parte di Hanma. Anzi, Shu come diceva la scritta!
[Se stai dormendo non importa, se invece sei sveglia…ti va di messaggiare?]
Sorrise allo schermo e digitò.
[Domani anche tu hai scuola! Vai a dormire! O hai intenzione di raggiungere un record di ritardi?]
[Chissene, arrivo sempre tardi! E poi dormo sul banco!]
Una cosa che aveva in comune con Mikey, insomma. Ma non era il caso di dirglielo.
[Io domani ho compito di matematica e non ho capito quasi niente… Anche se ho studiato tutto il pomeriggio…]
Meglio non specificare che aveva studiato con suo fratello e con Mikey, che erano rimasti a casa di lui per giocare e che lei era ancora lì per la notte.
[Vorrei aiutarti, visto che sono più grande, ma la verità è che dopo le tabelline non ci ho più capito una mazza! A proposito di mazze…o forse no… Vabbe’, domani ci vediamo, giusto? Ti va di fare il tifo per me mentre gioco al flipper?]
[Finite le lezioni del pomeriggio vado a casa a cambiarmi e poi incontro Tora a metà strada per andare insieme alla sala giochi! Non vedo l’ora! Ma fare il tifo per una partita al flipper non l’avevo mai sentita! LOL]
[E io che volevo farti vestire come quelle cheerleader americane! Che peccato!]
“Pff!” Si tappò la bocca con la mano per non fare rumore. Ma quante fesserie riusciva a dire quello? Prese respiro e si rimise a digitare.
[Ti piacerebbe lo spettacolino! Di gonne così corte ne ho quante ne vuoi, mi mancano solo i PomPom!]
Fece giusto in tempo a premere il tasto d’invio che…
“Chi cazzo è Shu?”
Una voce dall’oltretomba sarebbe stata meno spaventosa. Kan sobbalzò sul divano e d’stinto andò a tirare la corda dell’interruttore per accendere la luce. Mikey la stava guardando con occhi cupi che neanche un demonio.
“Che cazzo Mikey! Vuoi farmi morire?”
“Perché stavi messaggiando con un altro a quest’ora?”
Kan provò a minimizzare. “Non riuscivo a prendere sonno e ho sentito il telefono vibrare. Tu invece perché sei sveglio? Prima stavi russando!”
“Non cambiare discorso. Dimmi chi è quel tizio.”
“…non ti riguarda.”
Mikey le si avvicinò mortalmente serio e la guardò dritta negli occhi. “Kan, mi stai tradendo?”
Il cuore le mancò un battito. Cosa stavano facendo lei e Hanma? Scherzare non era un male…ma negare che tra loro stesse nascendo qualcosa era da ipocriti. Scosse il capo sbuffando. “Non essere assurdo. Siamo solo amici.”
Mikey sogghignò. “E da buona amica assecondi le sue fantasie erotiche?”
“Dannazione, stavamo solo scherzando! Hanma è un buffone di natura, non-”
“Hanma???”
Oh cazzo. Le era scappato.
Ora gli occhi di Mikey erano sbarrati. “Io lo conosco… E’ quel bastardo con cui ho combattuto e che ha giurato di distruggere la Toman.” E subito cambiò sguardo, aggrottando le sopracciglia arrabbiato. “Ora capisco. Dai tuoi racconti mi sembrava strano che Kazutora avesse così tanti nuovi amici… La verità è che tu stai frequentando la Valhalla. UNA GANG RIVALE.”
Messa alle strette, Kan si ritrovò ad arrampicarsi sugli specchi. “Non sto frequentando una gang! Frequento dei ragazzi simpatici che fanno parte di una gang, che PER CASO è vostra rivale! Il mondo non gira tutto intorno a te, Mikey! Hai rotto!”
Ci fu un lungo momento di silenzio che poteva essere il preambolo della sua morte. Avevano litigato tante volte, ma mai gli aveva visto un’espressione così nera in viso e per un istante temette davvero di aver esagerato con le parole. Invece lui la sorprese. Fece un passo indietro e abbassò lo sguardo. “Devi dirlo a Ken-chin, non è giusto che tu glielo tenga nascosto.”
Tutto qui? Era così fortunata?
“E…adesso cosa…?”
Mikey protese la mano verso di lei. “Torniamo a letto, è tardi. Ma da domani non ti inviterò più.” Rialzò lo sguardo su di lei. “Una volta mi hai detto di usare questo periodo di pausa per pensare a che cosa voglio. Adesso sono io a dirti di fare lo stesso.”
*
 
Il momento della confessione avvenne la mattina seguente, dopo una nottata quasi insonne per entrambi. Draken non aveva fatto in tempo a godersi la sorpresa di trovarli già alzati e vestiti, che gli era stato detto tra capo e collo quel segreto che sua sorella aveva mantenuto fino allora. Si era beccata una sgridata, certo, ma la cosa che più l’aveva ferita era stato vedere una profonda delusione negli occhi di suo fratello. Era stata zitta per non affrontare la verità e, adesso che doveva affrontarla per forza, non aveva armi con cui combattere. Ed era solamente colpa sua. Ad ogni modo i tre andarono a scuola, il compito di matematica si rivelò un filo più semplice di quanto lei avesse creduto e appena suonò la campanella della pausa pranzo se ne andò. Il suo dovere l’aveva fatto, non sarebbe resistita oltre nel silenzio che si era formato nel loro trio. Decise di non abbattersi più del dovuto e anzi di sfruttare quelle ore libere per riprendersi e prepararsi per l’appuntamento che l’aspettava. Non era il caso di sfogarsi con Kazutora spiattellandogli tutto e farlo preoccupare inutilmente, no? E allora via! Indossò uno scamiciato in velluto arancio, con la gonna che le arrivava appena a metà coscia, una camicetta gialla sotto e un paio di stivaletti in camoscio, poi arricchì i capelli con delle forcine a forma di foglie autunnali e sorrise allo specchio. Bene, era quello il sorriso che doveva mostrare ai suoi nuovi amici. All’ora stabilita incontrò Kazutora alla stazione di Shinjuku e, appena arrivati alla sala giochi, iniziarono subito a fare baldoria. A seguire, il più che ben accetto sequestro da parte di Hanma! Aveva deciso per il flipper e flipper sia!
Più che un divertimento fu un’esperienza da batticuore. Vero che era lui a giocare, ma non si sarebbe aspettata di avere un posto ‘in prima fila’ fra lui e il macchinario! Le stava così addosso che poteva sentire il calore del suo corpo… E il suo odore… Le altre volte non ci aveva fatto caso, ma Hanma odorava di sigaretta, della marca che fumava lui e che si differenziava da quello che impregnava la sala. Ma c’era dell’altro. Il suo viso e il suo collo sprigionavano un intenso profumo di dopobarba, sicuramente di una marca non nota e di qualità quasi scadente, che però su di lui diventata un profumo seducente in grado di catturarla. Quanto avrebbe resistito prima di voltarsi e baciarlo? Non ce la faceva più. Era davvero il dopobarba o una conseguenza del litigio con Mikey e la sgridata di suo fratello?
“Parlamene, se può aiutarti.”
Per tutti gli dei, aveva detto qualcosa ad alta voce senza accorgersene?
“Come dici???” Chiese con voce stridula, rimanendo immobile per l’imbarazzo.
Hanma era perfettamente tranquillo, il suo sguardo era concentrato sulla pallina metallica che schizzava impazzita in un percorso che simulava una giungla e le sue dita erano in posizione sui pulsanti, pronte a schiacciare al momento giusto.
“Gli altri non hanno notato che ti sforzavi di sorridere, ma io ho capito che in realtà stai di merda. E’ successo qualcosa?”
Si conoscevano da poco eppure era stato in grado di leggerle dentro. Quel ragazzo era perfetto.
“E poi siamo qui da mezzora e non hai ancora fatto il tifo per me, quindi è chiaro che qualcosa non va.” Aggiunse poi, facendo scoppiare la sua immagine perfetta come una bolla di sapone.
Kan rimase in silenzio alcuni istanti, incerta su cosa dire, ma alla fine dire la verità poteva essere la scelta migliore. “Il mio rapporto con Mikey è distrutto.”
“Hai freddo? Avvolgiti con la mia giacca, stai tremando.” Se ne uscì all’improvviso lui, continuando a giocare. E il bello è che non era assolutamente vero che tremava, allora perché…?
Kan seguì il consiglio, si appoggiò di schiena contro il suo petto e si avvolse le spalle con i bordi della giacca vaporosa della Valhalla che lui indossava. Era come se si stessero abbracciando. Era questo, dunque.
“Cazz-” Hanma spezzò l’imprecazione alla stessa velocità con cui la pallina finì in una buca, una trappola dello scenario. Ma rimase fermo com’era. La partita era finita, però stava cominciando qualcosa di nuovo tra loro. Chinò leggermente la testa, sfiorando il viso di lei col suo. “Io ci sono.” Sussurrò piano al suo orecchio.
Kan si ritrovò con le lacrime agli occhi, per quel che stava accadendo. Chiunque li vedesse da dietro poteva vedere solo lui che giocava al flipper, quando invece la stava abbracciando e coccolando senza toccarla. Il suo respiro sul viso di lei era come una carezza invisibile.
Quella sera, Hanma contattò Kisaki per mangiare insieme dei dango. Una scusa bell’e pronta per parlargli di una cosa urgente. Poche chiacchiere seduti su una panchina, le scatole vuote e unte dei dango appoggiate sulla panchina fra loro due, come a fare da divisorio, e poi Hanma si mise a fumare una sigaretta.
Kisaki si sistemò meglio, appoggiando le braccia all’indietro contro lo schienale della panchina. “Quindi di cosa devi parlarmi?”
Era il momento eh? Hanma soffiò fuori una buona boccata di fumo e si passò la lingua sulle labbra distrattamente. “Quella cosa che mi avevi chiesto… Non posso farla. Non a lei.”
“Ti sei innamorato?”
Con una domanda così diretta, a Hanma venne da ridere. “Può essere!”
“Mh. Puoi stare tranquillo, non sarà necessario. Dai resoconti che mi hai fatto è chiaro che si schiererà con la Valhalla quando sarà il momento.”
Il petto di Hanma parve alleggerirsi e lui sentì di riuscire a respirare meglio. Anche se la sigaretta era consumata poco oltre la metà, la gettò a terra, quindi si alzò in piedi e la calpestò per spegnerla con la suola della scarpa. “Ora vado. Buonanotte.”
Kisaki attese che facesse qualche passo e poi parlò a voce alta e con tono allegro. “Congratulazioni!”
Hanma si fermò e si volse, ridacchiando. “Non stiamo insieme! Sto facendo le cose con calma…”
“Tu le piaci! Lo so anche senza avervi mai visti. Non posso sbagliarmi.”
Hanma fece un cenno col capo, svelando un certo imbarazzo. “Lo spero davvero, perché lei a me piace molto.” Accennò un sorriso e questa volta se ne andò dritto per la sua strada.
Ora che era rimasto solo su quella panchina, con la spazzatura da buttare, il sorriso di Kisaki si accentuò ancora di più, in una sfumatura maligna. “Che ragazza intelligente! Spezzerà il cuore a Mikey senza che io debba intervenire per farlo accadere!”


Continua prossimamente nel Capitolo 22!
Mikey le ha dato un ultimatum che potrebbbe segnare la fine della loro relazione, Hanma è sempre più preso da lei, Kazutora anima innocente non si accorge di nulla, Kisaki ha capito che è una "facile" alleata... Ci manca solo che arrivi anche Baji a creare scompiglio e poi la frittata è pronta! ....ops....! 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Chapter 22: [Dark Lust] ***


Chapter 22
[Dark Lust]
 
Quando Kisaki gli aveva parlato della delicata situazione mentale di Kazutora, Hanma non gli aveva creduto. Forse complice il fatto che in tutti i pomeriggi trascorsi alla sala giochi non era mai accaduto nulla di strano, il che ai suoi occhi lo faceva sembrare più noioso che pazzo! Kazutora non gli dispiaceva, lo aveva testato, aveva saggiato la sua forza e si era abituato in fretta alla sua compagnia e ai suoi racconti del riformatorio. Gli pizzicava solo di non essere riuscito a convincerlo a bere o a farsi un tiro da sigaretta, neanche fosse il bravo bambino della mamma... Insomma, Kazutora non aveva attirato veramente la sua attenzione fino al giorno in cui non aveva dato di matto. Un episodio che Hanma non avrebbe mai dimenticato. In senso positivo! Era avvenuto tutto con naturalezza, un gruppetto di ragazzi radunati a chiacchierare attorno alla macchina del Packman e lui a guardare da una certa distanza, attendendo il momento buono per fregarsi Kan e andare in qualche angolo a flirtare. E poi…era bastato sentire Kan confessargli che Mikey le aveva dato un ultimatum per la loro relazione e...si salvi chi può! Kazutora era diventato rigido come un robot, per poi esplodere come una bomba! Hanma si era emozionato nel vederlo così e sentire le sue grida mentre minacciava di voler uccidere Mikey era come assistere ad un concerto hard rock! Finalmente aveva visto il vero cuore di Kazutora e da allora non lo aveva più considerato noioso.
Altra cosa che aveva notato era il suo attaccamento a Kan, il suo trasformarsi in uno zerbino per accontentarla in qualunque modo e…i suoi evidenti problemi di vista per non vedere la gigantesca parete di FRIENDZONE che c’era tra loro due! La cosa lo aveva fatto ridere svariate volte! Quel ragazzo era davvero un illuso se sperava ancora di rimorchiarla. Fatto che non riguardava anche lui, forse… A volte si interrogava su quale fosse stato il momento in cui si era reso conto di provare dei sentimenti per Kan. E non trovava una risposta. Per quanto ci rifletteva, la realtà era che da luglio aveva pensato a lei solo in senso erotico, e gli dei gli erano testimoni di quante porcate gli erano passate per la testa (!!!), poi senza come o perché durante l’arco di ottobre si era ritrovato a chiedersi cosa faceva quando non era lì alla sala giochi, chi altri vedesse, quando avrebbe trovato il coraggio di chiederle un appuntamento… Si attaccò al collo della bottiglia e bevve un lungo sorso. Era seduto su uno sgabello, in gruppo con altri tizi, e da dove si trovava vedeva chiaramente lei, il suo sorriso, i capelli biondi che sembravano brillare alla luce dei neon… Già, quando cazzo era successo che si era innamorato di lei?
“Ehi Hanma! Non dormire con la bottiglia di birra in mano!”
Lo riprese uno dei ragazzi, facendo ridere anche gli altri del gruppetto.
“Ah ah non sperare di finirla al posto mio, bastardo!” Rispose di rimando.
L’atmosfera era sempre così lì dentro, si stava in gruppo, si scherzava, si beveva, si fumava e via dicendo. Ora che ci pensava, ammirava il modo in cui Kan si era integrata nella gang, come si era abituata al fumo che la circondava, come parlava e rideva con spontaneità con tutti quelli che le rivolgevano la parola. Spesso si portava la macchina fotografica e scattava foto come se ci non fosse un domani. Ne aveva perfino fatte alcune con addosso la giacca della Valhalla! E pensare che inizialmente  doveva essere solo una pedina per ottenere informazioni sulla Toman e tenere a bada Kazutora in caso di attacchi mentali. Scosse il capo, con fare divertito. Con lei non servivano inganni o manipolazioni, era una ragazza che sapeva ragionare ed era ad un passo dal vendere la testa di Mikey in cambio di un cioccolatino!
“Senti ma…non hai più visto quella troietta bruna con le tette grosse?” Gli chiese un altro, distogliendolo nuovamente dai suoi pensieri.
“Che? Figurati, l’ho scaricata una vita fa!” Rispose ridendo. “Me la sono fatta un paio di volte giusto per passare il tempo, non me fregava niente di lei!”
Un altro si fece avanti con una nuova domanda, tutto preso dalla curiosità. “E adesso te ne stai facendo un’altra, Hanma-san? Dicci i dettagli!”
Hanma fece una smorfia. “Sei ancora in seconda media, sta un po’ zitto!”
E di nuovo tutti scoppiarono a ridere.
Bah, non gliene era mai fregato delle ragazze. Non aveva mai avuto storie, giusto scopate occasionali o quando ne aveva voglia, niente di che. Un modo come un altro per ammazzare la noia che lo opprimeva, oltre che pestare a sangue chicchessia. Questo prima di incontrare Kisaki, s’intende. La mente geniale di quel ragazzo era meglio di un abbonamento al cinema di film d’azione! Attualmente stava pianificando qualcosa di grosso per far scontrare la Valhalla con la Toman. C’erano solo due persone a sapere che era Kisaki la mente dietro alla Valhalla, uno era appunto lui, il suo fedele braccio destro segreto, mentre l’altro era- “Choji, non hai ancora aperto bocca! Cos’è, la mascherina ti toglie tutto l’ossigeno?”
Per l’appunto, l’altro era Choji, un compagno di scuola di Kisaki e suo aiutante dietro le quinte. Un ottimo soggetto che se ne stava sempre zitto e sulle sue, nascosto dalla mascherina e spesso dal cappuccio della felpa. Probabilmente l’unico che non aveva mai rivolto la parola a Kan.
Stanco di stare lì seduto a fare niente, Hanma lasciò lo sgabello. “Ragazzi, abbandono il vostro covo di cazzate!” Si allontanò incurante delle battute alle sue spalle e si avvicinò ad un altro gruppo, sfoggiando il suo tipico sorriso beffardo. Andò a colpo sicuro verso Kan, porgendole la bottiglia di birra. “Il solito goccio, bellissima?”
“No.”
Una risposta secca, detta in un tono così acido che gli urtò le orecchie, prima di lasciare il posto e andarsene altrove. Indubbiamente era incazzata, eppure era sicuro che fino a poco prima stesse ridendo. Si ritrovò lì fermo, con un’espressione sorpresa che fece ridere gli altri attorno. Che le era preso???
*
 
Nella seconda metà di ottobre, la sera cala presto e la temperatura si abbassa costringendoti ad indossare capi lunghi e vaporosi, anche se durante il giorno hai sudato perfino stando fermo. Si cena un po’prima e poi sei libero di convincere tua madre ad andare a chiacchierare con l’inquilina di tre piani sotto, in modo da avere l’appartamento a disposizione per far gridare il tuo ragazzo dal piacere. Baji Keisuke, sei un bastardo fortunato!
Il monologo che Baji si stava facendo nella mente, per lui aveva un che poetico, forse complice la melodia di sottofondo eseguita con grande passione da Chifuyu. Per avere maggiore libertà di movimento lo stavano facendo per terra, dalla tenda aperta entrava debolmente la luce artificiale dalla strada. A quell’altezza assumeva una tinta blu azzurro che ben si sposava con la pelle candida di Chifuyu velata di sudore, i capelli biondi che diventavano fili argentati, i suoi occhi azzurri contornati di lacrime che brillavano come diamanti, i denti perlati che s’intravedevano dalla bocca aperta. Che vista celestiale! E come gridava, mettendoci spesso in mezzo il suo nome, come lo stesse supplicando di dargli sempre di più. Chifuyu era bello come un angelo e lui era il diavolo che lo stava distruggendo. Gli fece raggiungere l’orgasmo e il suo ultimo grido fu così acuto e intenso che il vetro della finestra vibrò, ma la cosa non preoccupò Baji, tanto era sicuro che i vicini pensassero che sua madre aveva trovato un uomo e che non sospettavano trattavasi invece di lui e il suo ragazzo che se la spassavano. Tenendosi appoggiato ai gomiti e le braccia, si chinò su di lui, i loro respiri caldi e affannati si amalgamarono, i suoi capelli lunghi ricaddero e andarono a sfiorare il suo viso. Chifuyu gli sorrise in risposta, prima di avvolgergli il viso con le mani e unire le labbra alle sue come ultimo atto per terminare il rapporto. Poi Baji cambiò posizione, mettendosi sdraiato, allora Chifuyu lo affiancò e ricercò il suo abbraccio, la testa andò a posarsi sul suo petto.
“Ti amo tanto, Baji-san…” Sussurrò dolcemente, come un lumino nella notte.
Poche parole che bastarono a far precipitare Baji in un abisso. Anche lui lo amava…sapeva di amarlo, come sapeva che Chifuyu meritava di essere felice. Ma giorno dopo giorno, si rendeva sempre più conto che non era lui la persona giusta per farlo. Non c’era momento in cui non pensasse a Kazutora, la frase sulla sua ultima lettera continuava a bruciargli nell’anima, scavando sempre più a fondo, fino a raggiungere la parte più oscura di lui. Amava Chifuyu...AMAVA CHIFUYU…ma forse in cuor suo continuava ad amare di più Kazutora. Nonostante lo avesse rifiutato, nonostante avesse messo in chiaro di essere etero, nonostante lo avesse avvisato di amare un’altra, Baji non poteva rinunciare a lui e per farlo… La mano con cui avvolgeva le spalle di Chifuyu tremò leggermente. Per farlo…era disposto a gettare tutto alle ortiche. Il calore di quel corpo che giaceva con lui, il dolce peso della sua testa sul petto, il suo respiro rilassato, gli trapassarono il cuore.
E mentre Baji si tormentava per questioni d’amore, alla sede della Valhalla c’era chi faceva altrettanto…
Hanma non sapeva più che pesci prendere, accidenti. Più volte aveva tentato di approcciare Kan e ogni volta lei gli aveva risposto bruscamente e piantato lì senza dare spiegazioni. Sbalordito da una situazione che non riusciva a comprendere, era seriamente sul punto di rassegnarsi quando Choji gli si avvicinò.
“Davvero non capisci?”
Hanma si volse di scatto verso di lui. “Tu sai che diavolo ha quella?”
Choji glielo spiegò senza fare una piega, anche se sotto quella mascherina chi poteva dire che espressione stesse facendo. “Non puoi parlare delle tue scappatelle davanti alla ragazza che ha una cotta per te.”
……………se il cervello di Hanma fosse stato un server, di sicuro non era un ultimo modello, visto che ci mise un po’ a rispondere!
“Ho detto che è una cosa passata! E poi lei come stracazzo ha fatto a sentire da quella distanza???”
“Mai sottovalutare una ragazza.” Sollevò lo sguardo serio su di lui. “Dovrai giocartela bene per farti perdonare.” E si allontanò, semplicemente, nello stesso modo in cui era arrivato.
Hanma tornò a cercare Kan con lo sguardo, chiedendosi come poteva essersi offesa per una cazzata del genere. La vide dire qualcosa all’orecchio di Kazutora e lui fare un cenno positivo, quindi la seguì con lo sguardo mentre attraversava la sala e raggiungeva le porte vetrate dell’entrata. Se ne stava andando? No… Aveva lasciato cellulare e macchina fotografica su un divanetto. Era uno di quei momenti ora o mai più? Scherzare era un conto, adesso era il momento di comportarsi da uomo tutto d’un pezzo e chiarire la faccenda.
Attraversò a sua volta la sala per andare dritto all’uscita e, appena messo piede fuori, trovò Kan lì accanto, le spalle contro il muro proprio dove era disegnato l’angelo senza testa. Senza indugi, le si parò di fronte.
Lei gli diede una veloce sbirciata, per poi scostare lo sguardo e chiudersi a riccio. “Che vuoi?”
Hanma poggiò una mano al muro, accanto alla sua testa, come a volerle sbarrare la strada tipo kabedon e si curvò quanto bastava per essere alla sua altezza. “Ti sto guardando.”
Lei alzò le spalle con noncuranza. “E allora?”
“Guardo solo te. Nessun’altra.”
Doveva essere stato convincente perché finalmente attirò il suo sguardo e la sua curiosità. E allora proseguì, serio come forse non lo era mai stato in vita sua. “Non so come funzionino queste cose di coppia, ma se dico o faccio qualcosa che ti turba, prendimi da parte e spiegami dove ho sbagliato, invece di evitarmi.”
Ora gli occhi di Kan erano ben aperti sui suoi e mostravano un leggero tremolio. Sperò di non aver esagerato, in fondo lei era ancora fidanzata con un altro e parlare di coppia non era esattamente corretto…
“Io…” Le labbra di Kan si schiusero un paio di volte, incerte su che parole pronunciare. “Grazie, Shu…” La voce così flebile che si sentì appena.
Non era la prima volta che si ritrovavano così vicini, non era la prima volta che i loro sguardi diventavano magnetici, non era la prima volta che l’atmosfera li spingeva a fare un passo più a fondo in quel loro rapporto che entrambi sapevano essere ben oltre la semplice amicizia. Però era la prima volta che Hanma si chinava così tanto con l’intenzione di posare le labbra sulle sue. Peccato che…
“Scusate se interrompo la vostra pomiciata!”
Dannazione. Con un tono di voce così strafottente, quel ‘scusate’ risultò ancora più offensivo e fece urtare i nervi a Hanma. Non per niente di voltò con movimento repentino e squarciò con lo sguardo la figura del tizio che aveva interrotto quel momento speciale.
“Chiunque tu sia, ti concedo dieci secondi prima di ucciderti.” Lo minacciò, sibilando tra i denti come un serpente.
Il ragazzo però lo ignorò e soppesò Kan con sguardo accusatorio. “Stai ancora con Mikey e la dai via come una caramella!” Giusto il tempo di finire la frase, il che era già tanto, e si ritrovò scaraventato a terra da un pugno sulla mascella.
“Ringrazia che non ti ho rotto nemmeno un dente, bastardo.” Sottolineò Hanma.
Con sua sorpresa, Kan lanciò un grido e si gettò in ginocchio a terra a soccorrerlo. “Stai bene?” E poi si rivolse a lui. “E’ un mio amico, Shu! Anche se ha un carattere di merda. Sì insomma ci conosciamo da tempo e lui è fatto così.…”
Il tizio riuscì a tirarsi su a sedere e si portò una mano alla mascella colpita e dolorante. Quando Kan gli scostò i lunghi capelli neri dalla faccia, rivelò un’espressione feroce come quella di un leopardo.
“Che cosa sei venuto a fare? Questo è territorio della Valhalla!” Dalla reazione di lei non si capiva se fosse più preoccupata o infastidita dalla presenza ti tale ‘amico’.
Lui fece quelli che all’apparenza erano versacci con la bocca, ma in realtà stava solo verificando se era in grado di muovere la mandibola correttamente, e poi le rispose. “Voglio vedere Tora.”
“Ho capito. Vado a chiamarlo.” Kan si rialzò in piedi di scatto e si rivolse a Hanma. “Per favore non picchiarlo, torno subito.” E corse dentro.
Qualunque cosa stesse succedendo non lo convinceva, soprattutto perché il nuovo arrivato aveva un evidente influenza su Kan e la cosa lo infastidiva parecchio. Lo guardò come fosse un insetto che si contorceva. Non gli piaceva per niente. Quando questo si rimise in piedi, la mano ancora sulla mascella che cominciava a gonfiarsi, osò perfino fare un mezzo sorriso.
“Sei Hanma, vero? Conoscendo la tua specialità devo ringraziarti davvero! I denti nuovi costano!”
Come faceva a scherzare dopo un pugno del genere… Non gli rispose nemmeno.
“Tora non vorrà vedermi, quindi lo dico direttamente a te.” Tornò serio tutto d’un tratto. “Voglio entrare a far parte della Valhalla.”
Momento di silenzio… Hanma gli rise in faccia. “Pfffuah! Speri davvero che io ammetta il primo coglione che incontro?”
“Non direi, se a chiedertelo è il Capitano della Prima squadra della Tokyo Manji Gang.” Gli concesse qualche istante per elaborare la notizia e poi proseguì con la presentazione. “Baji Keisuke. Ho intenzione di lasciare la mia gang per stare accanto a Kazutora.”
Che colpo di scena! Quel Baji Keisuke! Lo aveva intravisto una volta, in più Kisaki gli aveva parlato di lui e accennato alla possibilità che questo sarebbe potuto accadere.
“Interessante!” La buttò lì, di nuovo di buon umore. Non vedeva l’ora di dirlo a Kisaki!
*
 
Quando i macchinari non erano in uso e i neon erano spenti, la sede della Valhalla tornava ad essere una sala giochi abbandonata e anche l’atmosfera al suo interno cambiava completamente, diventando fredda e grigia, con tanto di nebbia di fumo che aleggiava macabra. Le poche volte che quel luogo perdeva vita, era perché si stava tenendo una riunione. La notizia che Baji era pronto a piantare la Toman per allearsi con loro, richiese un incontro dei capi per decidere sulla questione. Oltre a Hanma che era momentaneamente la figura più in alto e Kazutora che veniva subito dopo di lui, la gang era formata da tre grosse squadre, i cui capitani erano Chome, Chonbo e Choji. Come postazione utilizzavano un’area in fondo alla grande sala, dove Hanma usava prendere posto su una pedana che gli faceva da trono e dove lui sedeva impersonando appieno tale ‘ruolo’!
“Ricapitoliamo. Chiederemo a Baji di abbandonare la Toman con una dichiarazione pubblica e ci procureremo un testimone che lo confermi qui alla sede, davanti all’intera gang, su consiglio di Kazutora.” E avendolo nominato, si rivolse giustamente a lui. “Però vorrei sapere chi lo farà, se tu non hai più rapporti con nessuno di quella gang.”
Kazutora, mani in tasca, accennò un sorriso. “Mi farò aiutare da Kan! Lei sa meglio di chiunque altro quale di quei fessi può fare al caso nostro!” Poi tornò serio e fece un’aggiunta rivolgendosi a tutti i  presenti. “Ma oltre questo non la coinvolgeremo, chiaro?”
Gli altri diedero il loro assenso silenziosamente, poi fu la volta di Chonbo di parlare. “Ma una dichiarazione pubblica basterà? Quello potrebbe mettersi d’accordo coi compagni per fregarci.”
Hanma ci rifletté un po’ su. “Mmh…hai ragione. Ci serve di più. Qualcuno ha idee?”
Il silenzio calò nuovamente, salvo l’ininterrotto masticare di Chome che non stava mai senza un pacchetto di patatine tra le mani. “Che ne dite di far decidere a Kazutora? Lui conosce Baji molto bene.” Propose poi.
Kazutora sbatté le palpebre. “Io? Sei sicuro?”
“Portalo al limite, così scopriamo se ci ha mentito o se davvero vuole essere uno di noi!” Confermò Hanma.
Gli stava affidando quell’incarico di proposito, come un’arma a doppio taglio, non solo per mettere alla prova Baji, ma anche la sua stessa fedeltà. Una richiesta diabolica, alla quale non si sarebbe tirato indietro. Kazutora accettò e la riunione si concluse.
Comunque non lo fece aspettare a lungo, anzi, il pomeriggio del giorno seguente lo invitò a casa per parlargli dell’idea che aveva avuto, prima di condividerla con gli altri capi. Una cosa fulminea!
In quel momento la porta era stranamente aperta, quindi sua madre entrò senza bisogno di bussare. “Kazu, è venuto a trovarti quel tuo amico con gli scarabocchi sulle mani!”
“…guarda che non sono scarabocchi.” Rispose pazientemente lui, avendo già affrontato quell’argomento altre volte e senza essere riuscito a convincerla che i kanji tatuati sui dorsi delle mani di Hanma fossero parole di senso compiuto. “Fallo venire qui, per favore.”
La signora Hanemiya accennò un sorriso, era contenta che suo figlio si fosse fatto dei nuovi amici, per quanto questi apparissero strambi!
Si sentirono le loro voci per il corridoio e in breve Hanma comparve sulla soglia, in tutta la sua altezza e con stampato in faccia un gran sorriso.
“Chiudi la porta.” Gli ordinò Kazutora, prima di permettergli di aprire bocca.
Lui obbedì, ridacchiando, e una volta fatto si rimise in posa, ma stavolta spalancando le braccia entusiasta. “Sono tornato al ‘Tempio delle Seghe’!!!”
Ecco il motivo per cui Kazutora gli aveva fatto chiudere la porta.
“Devi chiamare la mia camera in questo modo ogni volta che vieni?” Lo riprese, storcendo il naso.
“Come altro dovrei chiamarla? Hai belle gnocche appese su tutte le pareti! E ogni volta che mi inviti finiamo col segarci di brutto!” Rispose Hanma, vagando con lo sguardo ai numerosi poster appesi ovunque, per lo più raffiguranti modelle straniere con occhi grandi e seni prosperosi.
“E piantala! Vieni, che parliamo di cose serie.” Gli fece cenno con la mano di raggiungerlo sul letto, dove lui era già seduto, e attese che Hanma si accomodasse. “Ci ho pensato…” Mezza frase e già sentiva lo stomaco stringersi. Prese respiro per scacciare la tensione e poi proseguì. “Io sono il primo a desiderare che Baji sia sincero e voglio credere che manderà a fanculo Mikey per stare al mio fianco come una volta…però ho bisogno di una prova.”
Hanma lo ascoltava senza guardarlo, il suo sguardo non riusciva a non perdersi nei numerosi dettagli che quella stanza aveva da offrire, che fosse solo l’orecchino col campanellino pendente lasciato sopra il comodino o il buffo adesivo di una banana sbucciata e sorridente attaccato sull’anta dell’armadio o ancora le foto ritraenti Kazutora e Kan, tutte incorniciate e ben tenute sopra una mensola, come un piccolo diario spezzato che cominciava dai loro dodici anni e poi passava ai quindici, quando lui era uscito dal riformatorio. Trasparivano quanto affetto ci fosse tra loro due.
“Una prova… Quale?” Chiese, giusto per fargli sapere che stava ascoltando.
“Una prova di fedeltà. Hai presente quel periodo storico in cui alcuni giapponesi si erano convertiti al dio delle religioni occidentali?”
“Boh, più o meno…” Non era di certo un patito di storia!
“In poche parole, quando tornavano sulla retta via, dovevano dare prova di non credere più in quel dio e per farlo erano costretti a calpestare le immagini sacre sotto i piedi.”
Suo malgrado, Hanma ridacchiò. “Pff! Speri che riesca a pestare l’Invincibile Mikey e magari anche uscirne vivo?”
“Non Mikey. Non sono un idiota.” Fino a quel momento era rimasto serio, ma all’improvviso la sua espressione mutò, i suoi occhi si riempirono di una luce folle, tanto quanto il sorriso sulle sue labbra. “Oltre a quel pezzo di merda, la persona a cui Baji tiene di più è il suo fidanzatino, un frocetto di nome Chifuyu! (nota dell’autrice nel bel mezzo del racconto: Perdonami Chifuyu!! Sei il mio angioletto, ti adoro! E’ solo una fan fiction, non penso questo di te! T-T) Sarebbe un grande spettacolo vedere Baji pestarlo a sangue! Che ne pensi?”
Che ne pensava… Era evidente che Kazutora non era lucido per elaborare un piano così maligno…e la cosa lo divertiva! “Lascio a te l’onore di dirglielo, allora!”
“Lo farò di persona! Ma solo dopo che avrà mollato la Toman!” Era talmente preso da quella fantasia contorta che anche la sua voce si era fatta cantilenante come fosse strafatto. “Visto che vuole tanto vedermi, lo accontenteroooò! Ahahaha!”
La definizione ‘fuori come un balcone’ gli calzava a pennello, in quel momento.
*
 
La sera del 20 ottobre, Baji lasciò la Tokyo Manji Gang. Era stato facile, negli ultimi tempi aveva talmente le palle girate da essere riuscito a creare problemi a catena e farsi dare il divieto di presentarsi alle riunioni e ai raduni. Pff, dare un divieto a lui! Come se in vita sua avesse mai permesso a qualcuno di dargli ordini! Sì, era stato fin troppo facile trasgredire, presentarsi, prendere a pugni il primo idiota sul suo cammino e gridare a gran voce che dal quel momento non era più un membro della gang. Come era stato facile poche ore prima dire a Chifuyu che la loro storia era finita e ignorare le sue suppliche e le sue lacrime sbattendogli la porta in faccia. E stare lì ad ascoltare il suo pianto incessante oltre la porta… Sì sì, facile… Ma chi cazzo voleva prendere in giro… Era rimasto così turbato da non riuscire nemmeno a salire a bordo della moto e aveva finito col raggiungere il Santuario di Musashi a piedi.
Strinse i pugni e smise di camminare, rischiando che le persone dietro di lui lo urtassero per la fermata improvvisa. A quell’ora i marciapiedi di Shinjuku erano trafficati da far paura. Abbassò la testa, i lunghi capelli ricaddero in avanti coprendogli la faccia. Meglio così, voleva essere solo un’ombra insignificante, essere attraversato con lo sguardo…e svanire davanti alla luce. Che cosa aveva fatto… Lasciare la Toman non era stato complicato, in fondo era necessario per portare avanti quel piano che aveva elaborato per aiutare Kazutora. Era una sua responsabilità e piuttosto di chiedere aiuto a qualcuno preferiva morire. Però lasciare Chifuyu…dannazione, si stava odiando con tutte le forze per averlo fatto. Era come se quell’immagine gli si fosse impressa nell’anima. Quegli occhi azzurri gonfi di lacrime, quel visetto contratto e arrossato dal pianto, quella voce incrinata che continuava a dire il suo nome… Sentì una fitta al cuore. Quanto si sarebbe tormentato prima di convincersi che aveva fatto la cosa giusta? L’aveva lasciato per il suo bene, per liberarlo dall’amore tossico che ormai c’era tra loro. Anzi, che lui solo aveva nel cuore, perché Chifuyu era la creatura più pura e candida che avesse mai incontrato. Prese un respiro profondo e si rimise dritto, si sforzò di non stringere più i pugni. Doveva lasciarsi tutto alle spalle e dedicarsi unicamente al piano.
All’ennesimo incrocio svoltò, pregando che fosse la direzione giusta. Kazutora gli aveva dato appuntamento in un qualche vicolo, ma non era sicuro di dove stesse andando, inoltre aveva addosso la divisa della Toman mentre si trovava in territorio Valhalla… Inconsciamente sperava di farsi uccidere? D’accordo, basta frignare come un poppante, c’era troppo in ballo per lasciarsi andare. Si guardò attorno, adesso che si era addentrato il numero di persone era drasticamente diminuito, il che significava che stava andando nella direzione giusta, ancora qualche svolta e… “Eccolo…”
L’insegna era spenta, ma indubbiamente si trattava della bottega che Kazutora gli aveva nominato e che faceva angolo ad vicolo alquanto stretto. E lui sicuramente era già lì. Si rese conto che le mani gli stremavano. Al diavolo tutto, svoltato l’angolo c’era il suo primo amore, il ragazzo con cui aveva condiviso gioie e dolori e che non vedeva da due anni. Mise le mani in tasca e si obbligò a percorrere l’ultimo pezzetto di strada con passo spedito. Svoltato l’angolo, vide la sua figura in penombra, la schiena contro il muro e un piede sollevato all’indietro e appoggiato.
 “Non ci si vedeva da un po’…Kazutora!” La voce gli uscì più ferma e sicura di quanto sperasse.
Kazutora lasciò il muro e si volse verso di lui. Il suo aspetto era cambiato davvero, Kan glielo aveva raccontato in precedenza, del fatto che si era fatto crescere i capelli e aveva delle meches che ricordavano un po’ un casco di banane, e indossava anche l’orecchino a campanella, bottino della sua prima vittoria in battaglia. Ma oltre a questo, il tatuaggio di tigre sul collo era sempre lo stesso e anche quei suoi grandi occhi color sabbia che lo guardavano felici. Era…felicità, giusto?
“Il fatto che tu sia qui significa che hai davvero lasciato la Toman!”
Anche il tono di voce era allegro, quindi era davvero felice di vederlo. Oddio, gli così faceva scoppiare il cuore però.
“Come promesso!”
“Bene! Allora…” Kazutora aprì leggermente le braccia. “Manterrò la mia parola! Vieni a prendere la tua ricompensa!”
Non se lo fece ripetere, bruciò la poca distanza che c’era fra loro e lo strinse fra le proprie braccia, con tanta forza come se volesse incatenarlo a sé per sempre. Quanto aveva desiderato quel momento…quanto…
Kazutora ridacchiò. “Mi stai ansimando sul collo!”
Avrebbe voluto divorarlo, altroché! Due anni che non lo vedeva, due anni che non lo toccava, due anni che non sentiva il suo odore, la sua voce…due anni con un buco nel cuore che solo lui poteva riempire di nuovo. D’istinto gli baciò quel collo adorato, ma non dolcemente, bensì con fare famelico, usando anche la lingua per assaporare meglio la sua pelle.
“Ehi ehi, ti stai limonando il mio tatuaggio? Ah ah!” Scherzò Kazutora, cercando di scostarlo un po’, però Baji era talmente su di giri che come si staccò dal collo andò dritto a imprimere un intenso bacio sulle sue labbra. Di nuovo lui dovette metterci un po’ di forza per toglierlo!
“Baji, ho capito che sei contento di vedermi, ma ora calmati!”
Baji aveva il fiato corto come se avesse corso la maratona e faticò a parlare. “Ho appena…anf anf…mollato la Toman…anf anf…non merito neanche un bacio?”
Kazutora gli regalò un sorriso ampio e sottile. “Ti darò anche di più quando sarai entrato nella Valhalla! Ma prima c’è un’altra cosa molto importante che devi fare!”
“Qualunque cosa.”
“Chifuyu!”
“Ho mollato anche lui…tra noi è finita.”
A Kazutora venne spontaneo gettare il capo all’indietro e farsi una risata. “Ahahahah! Fantastico! Sarà ancora più facile chiedertelo!”
Baji notò che le sue reazioni erano stranamente eccessive e forse gli ricordavano un po’ quello spilungone psicopatico di Hanma. Doveva averlo influenzato parecchio, quel tipo… Attese che la risata di Kazutora si placasse e che riabbassare il viso. Si ritrovarono occhi negli occhi
“Sai, Hanma non si fida affatto di te e c’è solo un modo per convincerlo a darti la nostra giacca grigia!” Non era assolutamente vero, ma dare la colpa a un altro era il suo forte. “Porta Chifuyu alla nostra sede per un’ultima passeggiata romantica!”
Baji alzò un sopracciglio. “Che stai dicendo?”
Ed ecco che Kazutora si fece più minaccioso. “Una volta lì, pestalo a sangue davanti a tutti. Ti accoglieranno a braccia aperte.”
Il cuore gli mancò un battito, perfino i suoi occhi tremarono. “Perc-? Chifuyu non c’entra nient-”
“Lo so, lo so! Dovrai farlo comunque o non ti rivolgerò più parola. E tu non vuoi, giusto?”
Non riusciva neanche a ribattere da quanto era scosso.
Vedendolo così, per essere sicuro di averlo in pugno, Kazutora alzò la posta. “Se lo farai, come ricompensa non mi limiterò ad un bacio sulla bocca.” Gli prese una mano e se la portò al basso ventre, facendogli tastare il leggero rigonfiamento nei pantaloni. “Potrai toccarmi anche qui! Sei innamorato di me, scommetto che non vedi l’ora di farmi delle porcate!”
Baji temette seriamente di restarci secco.
*
 
“Nyaaaaw!” Il piccolo Peke J miagolò con tristezza, lo stava guardando con gli occhietti neri e lucidi e gli aveva posato una zampina sulla testa, quasi stesse cercando di confortarlo. Era così dolce che riuscì a donargli un lieve tepore al cuore ferito.
Chifuyu cambiò leggermente posizione sul letto per poterselo accoccolare contro il petto e accarezzarlo per bene. Era da giorni che se ne stava a letto a piangere, dopo che Baji gli aveva spezzato il cuore… La sera del raduno non era stato assolutamente in grado di presentarsi, però aveva saputo tramite alcuni ragazzi della Prima squadra, per messaggio, che invece Baji era andato e aveva lasciato la Toman. Prima lui, poi la gang… Aveva fatto piazza pulita. Per come stava, il giorno dopo l’idea di andare a scuola era stata impensabile e perfino sua madre aveva chiuso un occhio. Poi era calata di nuovo la sera ed era arrivata un’altra mattina e lui stava ancora male e così il giorno dopo e quello dopo ancora... Aveva perso il conto.
“Le faccende di cuore sono le peggiori.” Gli aveva detto sua madre quel mattino, facendogli una carezza sulla testa prima di andare al lavoro.
Eppure lui sapeva che c’erano delle valide motivazioni dietro al comportamento di Baji. Aveva un carattere difficile, ma per arrivare a lasciare la gang che lui stesso aveva creato doveva esserci qualcosa di immenso a spingerlo. E sicuramente riguardava quel ragazzo… Kazutora.
Sentì il campanello della porta, lo ignorò. Se fosse stato il telefono a suonare, lo avrebbe preferito mille volte di più. Invece niente. L’aveva tenuto accanto al cuscino tutto il tempo, speranzoso. Lo riprese in mano e lo aprì. Come sfondo dello schermo aveva una foto di lui e Baji ad un appuntamento, nello stesso giardino e sotto lo stesso albero dove si erano scambiati il primo bacio. In qualche modo l’aveva convinto a fare quella foto, in una posa da innamorati, a braccetto, coi visi vicini e sorridenti e col ciliegio in fiore a completare il quadretto.
Il campanello suonò ancora. Che fosse il postino o un corriere? Chissene, non era importante. Ma ecco che il telefono si illuminò, accompagnato da un piccolo trillo, e sullo schermo comparve una busta con sotto il nome di Baji.
[So che sei in casa. Aprimi.]
Prima ancora che il cervello gli mandasse un segnale, Chifuyu balzò giù dal letto come una molla, abbandonando sia il cellulare che il gatto, per correre come un fulmine verso la porta. E quando la aprì, trovò proprio lui. Aveva il solito sguardo da pantera e indossava la divisa della Toman. Incapace di resistere, gli gettò le braccia al collo.
“Baji-san! Lo sapevo! Lo sapevo che saresti tornato! Non potevi lasciare davvero la Toman! Non potevi lasciare davvero me!”
Baji non era certo ceco da non notare che era ridotto uno straccio. Indossava il pigiama, aveva il viso pallido come un cadavere, gli occhi rossi ed era chiaro che non si era fatto il bagno negli ultimi giorni. E tutto per colpa sua. Per un istante fu tentato di ricambiare il gesto, ma le sue braccia si fermarono a mezz’aria e si riabbassarono. “Indossa la divisa e vieni con me.”
Chifuyu si scostò un poco e lo guardò con aria sorpresa. “Dove?”
“Fai quello che ti dico.” Bisbigliò Baji, prima di serrare la mascella con forza.
Se era un ordine come superiore, di certo non voleva disobbedirgli. Sciolse l’abbraccio e corse in camera a recuperare la divisa nera. Per abitudine infilò anche il cerchietto argentato al lobo e poi ricorse fuori.
“Andiamo.” Disse semplicemente Baji, facendogli segno con la testa di seguirlo.
La tensione era così densa che si sarebbe potuta tagliare con un coltello…
Andarono con la moto, un’occasione per Chifuyu di poterlo stringere a sé, anche se i suoi tentativi di fare conversazione vennero stroncati uno dopo l’altro con ringhiati “Taci!” e sgasate da rompere le orecchie. Seguendo la strada, vide che erano entrati a Shinjuku e ad un certo punto svoltarono verso un piccolo parcheggio per moto.
Il tempo di scendere e di nuovo Baji lo precedette con un secco “Vieni.”, a cui lui obbedì stando un passo indietro.
Vicolo dopo vicolo si inoltrarono sempre di più, fino a quando Chifuyu non allungò lo sguardo verso il fondo di una strada e vide la sagoma di un angelo dipinta sulla parete. Il cuore gli mancò un battito. Senza esitare prese Baji per un braccio e lo trascinò lì accanto nell’ennesimo vicoletto.
“Che cosa sta succedendo, Baji-san? Perché stiamo andando alla sede della Valhalla?”
Nel tentativo di rispondere, a Baji si spezzò la voce in gola e si ritrovò a stringere i denti.
Chifuyu gli mise le mani sulle spalle e lo supplicò. “Io voglio aiutarti! Ti prego! Dimmi che cosa hai in mente!” Avvicinò il viso al suo, la voce gli uscì incrinata. “Qualunque cosa sia, io sarò al tuo fianco, lo sai! Ti amo così tanto!”
Fu come un fulmine che gli attraversò il cervello. Baji lo spinse via e gridò. “SE TU MI ODIASSI SAREBBE TUTTO PIU’ FACILE! PORCA PUTTANA!” E tirò un forte pugno contro il muro, così intenso che si sentì uno scricchiolio di ossa.
“Baji-san, così ti fai male!” Scattò verso di lui e prese gentilmente la mano ferita, constatando che dalle nocche sbucciate stava uscendo sangue, e provando a fargli stendere le dita gli strappò un lamento strozzato. Se non era rotta, poco ci mancava. “Baji-san…”
“Ti ho detto di venire con me, non rompere il cazzo!” Era rabbioso, usando la mano sinistra sana lo afferrò per il colletto e lo costrinse a stare al passo fino a che non giunsero alle porte vetrate della sala giochi abbandonata.
Per Chifuyu fu come varcare la soglia degli inferi. Non era solo una questione di essere circondati da nemici, ogni faccia su cui posava lo sguardo gli appariva deformata, tutti lo guardavano come se volessero sbranarlo, l’aria pregna di fumo di sigaretta era nauseante e i bisbigli indefiniti che aleggiavano erano inquietanti. Si fermarono solo quando furono davanti a una specie di altare, dove ai lati sedevano due tizi, uno pelato e uno che si stava ingozzando di patatine come un maiale, mentre al centro sedeva a gambe incrociate quello che doveva essere il capo. Lo aveva già visto…
“Hanma, sono venuto come richiesto.” Disse Baji, con voce tonante.
“Non mi aspettavo di meno da uno come te!” Sottolineò lui, sorridendo, con le mani intrecciate davanti alla faccia.
Baji si guardò attorno. “Non vedo Kazutora…”
“Non preoccuparti, lui è andato a svolgere un piccolo incarico! Arriverà tra un po’!” Abbassò le mani e si sporse in avanti col busto, rivelando così una faccia dall’espressione diabolica e folle. “Tu puoi iniziare lo spettacolo! Ahah!”
Chifuyu era visibilmente confuso, non aveva idea di che diamine stessero parlando quei due. Che spettacolo? Cosa voleva? Si volse per chiederlo a Baji e vide che aveva messo mano alla tasca per estrarre l’elastico per capelli. L’elastico che usava sempre quando doveva fare a botte. E allora divenne tutto chiaro.
Nonostante la calma apparente, Baji era un fascio di nervi, però non doveva farlo capire alle persone che aveva attorno. Ormai la musica era partita e lui doveva ballare. Spinse Chifuyu a terra, facendolo ricadere sulla schiena, e salì su di lui cavalcioni. Si aspettava un minimo di reazione, invece nulla, nemmeno una parola, nei suoi occhi vide solamente una profonda rassegnazione al fato che lo attendeva. Lo afferrò per la giacca e sollevò il pugno con la mano ferita. Per un istante si bloccò. Era davvero in grado di farlo? Ma ecco che Chifuyu gli fece un segnale, un impercettibile cenno di assenso col capo, per poi chiudere gli occhi. Baji sferrò il primo pugno. Il contatto dello zigomo di lui contro le nocche gli diede una scarica di dolore. Sì, così era perfetto! Ad ogni colpo era consapevole di fare del male a Chifuyu, ma era ben felice di provare dolore lui stesso per l’atto ignobile che stava compiendo. Lui, demonio maledetto a cui gli dei avevano donato un candido angelo. Lui, che per inseguire un’idea egoistica stava strappando le piume a quella divina creatura. Lui, che non meritava altro che le pene dell’inferno per ogni colpo che gli sferrava. Il ragazzo gentile che l’aveva aiutato a scrivere la sua prima lettera, il ragazzo sfacciato che gli aveva dato il tormento per stargli accanto arrivando addirittura a seguirlo in bagno, il ragazzo dal cuore d’oro con cui si stava prendendo cura di un gattino affettuoso, il ragazzo dolce che lo aveva fatto innamorare e gli aveva donato le gioie di una relazione romantica…il ragazzo coraggioso che si stava facendo massacrare perché continuava a credere in lui nonostante tutto. Baji dentro di sé stava gridando come un pazzo e piangendo fino a contorcersi l’anima, anche se dall’esterno il suo volto era imperscrutabile come quella della Sfinge.


Continua nel Capitolo 23, speciale di 19 pagine: [Drops Of Blood]
Troppe faccende in sospeso, soprattutto in campo sentimentale...ma per ognuna c'è una fine.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Chapter 23: [Drops Of Blood] ***


BUON (BLOODY) HALLOWEEN!!! Pubblico un giorno prima perchè domani immagino che sarete impegnati a festeggiare! O almeno lo spero! :P Per l'occasione ho scritto un capitolo "speciale" di ben 19 pagine, quasi il doppio rispetto alla media degli altri capitoli, quindi leggetelo con calma! XD Ero ansiosa di terminare questo arco narrativo e ho deciso di andare fino in fondo, anche se il prossimo, inevitabilmente, avrà ancora l'eco della Valhalla a cui sono tanto affezionata. Ma le cose stanno per cambiare per la nostra Kan... 

Chapter 23
[Drops Of Blood]
 
Kan non era così cretina da non capire che tutti attorno a lei le stavano nascondendo qualcosa e allo stesso modo sapeva che lo stavano facendo per proteggerla, il che la fermava dal porre troppe domande. Voleva sapere, ma forse non abbastanza. In pochi giorni erano successe delle cose incatenate tra loro, di cui però le sfuggivano alcuni pezzi. Una sera suo fratello era tornato a casa molto agitato, le aveva raccontato per filo e per segno gli avvenimenti dell’ultimo raduno, ossia della nomina di un certo Kisaki al comando della Terza squadra in sostituzione di Pah che era in riformatorio, Tackemichi che era stato invitato ad assistere e chissà perché gli aveva tirato un pugno in piena faccia, l’arrivo inaspettato di Baji e della sua performance… Be’, lei era già al corrente della decisione di Baji, quindi non fece una piega, invece l’informazione riguardante Tackemichi le era poi tornata utile poco dopo. Per un qualche motivo, Kazutora le aveva chiesto consiglio su chi portare come testimone alla sede della Valhalla e lei aveva trovato spassoso fare il nome di quello sfigato. Avrebbe tanto voluto vederlo farsela addosso dalla paura davanti a tutti, l’amichetto di Mikey! Purtroppo le venne impedito di partecipare. Ancora si chiedeva perché… Era il giorno in cui finalmente Baji aveva ricevuto la giacca della Valhalla, altro momento a cui avrebbe assistito volentieri. Ripensandoci, quello stesso giorno, suo fratello era sbiancato durante una telefonata. C’entrava qualcosa? Se ne stavano tranquilli in camera di lui a parlare mangiando senbei, quando era arrivata una telefonata. Lei era rimasta zitta a guardare il suo volto, fino a quando lui non le aveva chiesto se sapeva della prova di fedeltà di Baji. Prova di fedeltà? Macché, non le avevano detto nulla! E chiedere a Kazutora non era servito, perché lui era stato parecchio evasivo nella risposta. Aveva solo ridacchiato sostenendo che si trattava di una sciocchezza.
“Uff…” Sbuffò senza farsi sentire dal Prof. di Matematica. Come materia non le era mai piaciuta e con tutti i pensieri che aveva per la testa, figurarsi se riusciva a seguire la lezione. Aveva preso pochi appunti, ma bastava farseli dare da qualcuno e studiare a casa per recuperare. Invece gli altri due che stavano facendo? Avendo la testa appoggiata alla mano e i capelli sciolti da quel lato, non fu difficile dare una sbirciata senza farsi notare. Suo fratello se ne stava fermo a braccia conserte a guardare la lavagna, neanche ci provava a prendere appunti! Mikey era chino sul banco a dormire, come sempre. Quel ragazzo era diventato di una noia mortale, ultimamente. Dopo averle dato l’ultimatum aveva praticamente smesso di cercarla, le mandava appena qualche messaggio di cortesia tipo la buonanotte, addirittura al mattino si era abituato a stare a letto fino a tardi, quindi lei andava a scuola da sola perché suo fratello aveva il compito di svegliarlo, vestirlo, imboccarlo e via dicendo… Ormai Mikey le rivolgeva a malapena la parola e ogni tanto la osservava con aria sofferente, come se si aspettasse di essere lasciato da un momento all’altro. Era inevitabile, solo che lei non sapeva decidere qual era il momento opportuno. Comunque al più presto, così finalmente avrebbe potuto far evolvere il suo rapporto con Hanma! Pensare a quel nome le risvegliò i sensi, tanto quanto la campanella della pausa pranzo. Abbandonò tutto sul banco, recuperò il telefono dalla cartella e lo nascose bene nella tasca della gonna, quindi con uno slancio si alzò in piedi e…
“Kan, dove vai? Non mangi?” La voce di Draken la fermò all’istante.
“Ah…ecco… Adesso devo fare una cosa! Ma torno presto! Tu intanto sveglia Mikey e prepara i bento sopra i banchi!” E scivolò fuori dall’aula come un’anguilla, per sfuggire ad altre domande.
Scese al piano terra e uscì dall’edificio alla ricerca di un angolino tranquillo e solo allora riprese in mano il telefono per scrivere un messaggio.
[Buongiorno! Sei a scuola?]
Attese…
[Ehi Shu??]
Attese…
[Non dirmi che sei ancora a letto!!!]
Attese ancora alcuni istanti e…il piacevole ‘dling’ annunciò l’arrivo di una risposta.
[Guarda che la maggior parte delle volte vengo a scuola! Non dirlo in giro ma in realtà sono un bravo ragazzo!]
Kan si mise a ridere. “Pfff come no! Chi ci crede!”
[Volevo solo dirti che hai fatto bene ad andarci, perché quando uscirai troverai una bella sorpresa!]
[Qualcuno ti ha detto che è il mio compleanno, vero?]
[Sì, però i ragazzi ti faranno gli auguri domani! Ho già preso accordi per fare una festa con la gang! E sono sicura che gireranno schifezze e alcol più del solito! Oggi invece…] Il dito le si bloccò un momento, per quanto stava per scrivere. […vorrei che fossimo solo io e te…] Un po’ di punti di sospensione servivano a creare l’atmosfera. Forse.
[E’ un appuntamento?]
Leggendo quella parola si sentì avvampare!
[Credo di…sì?]
[Figo!]
[Ci vediamo fuori dalla tua scuola al termine delle lezioni, va bene?]
[Ok.]
“Tutto qua? Ti sei sprecato, brutto scemo!” Disse tra i denti, prima di spegnere il telefono e metterlo via. Però, a conti fatti, era innegabile che tra poche ore si sarebbero visti per un appuntamento. E questo le fece venire il batticuore, accidenti.
Rimase lì ancora qualche minuto per calmarsi e dopo tornò in classe. Facendo finta di niente prese posto, afferrò le bacchette e…
“Stai bene? Hai il viso arrossato.” Di nuovo suo fratello le fece domande inopportune!
“Certo! Ho solo…preso accordi per vedere un amico dopo la scuola!” Sorriso finto al massimo.
“Kazutora?”
“No, un altro!”
“Baji?”
Solo a sentire il nome, a Mikey caddero le bacchette di mano, le quali rotolarono lente sopra il banco, senza però cadere oltre il bordo. L’abbandono di Baji gli bruciava ancora parecchio, anche se non ne faceva parola. Riprese in mano le bacchette e si rimise a mangiare come niente fosse.
Draken non fu molto bravo invece, aveva smesso di mangiare e ora lo punzecchiava solo il cibo. “Forse dovrei rincuorarmi del fatto che i tizi della Valhalla non ti coinvolgano nelle loro carognate. Ma tenerti all’oscuro di cosa sono in grado di fare è anche peggio…” Infilzò una fetta di tamagoyaki come volesse pugnalarla a morte.
Di nuovo quello strano discorso su qualcosa che riguardava Baji… Cosa mai gli avranno chiesto di fare? Più la faccenda si faceva misteriosa, meno ne voleva sapere.
*
 
Hanma se la prese comoda ad uscire da scuola dopo le lezioni, immaginando che a Kan sarebbe servito un po’ di tempo per raggiungere Kabukicho con la metro, così aveva cazzeggiato un po’ per i corridoi, scambiato due parole con altri ragazzi del suo stesso anno e si era avviato verso l’uscita quando ormai le attività dei club erano cominciate e anche chi non faceva parte di alcuno si era defilato per tornare felicemente a casa. Passo bighellonante e cartella portata dietro la spalla con noncuranza, attraversò la cancellata aperta e…
“Chi si vede! Lo studente modello Hanma Shuji del primo anno!”
Il primissimo pensiero che gli attraversò la testa fu “Ma che cazz-?”, ma poi si volse con sguardo sorpreso verso chi aveva parlato e vide Kan ad attenderlo con uan faccia che era tutta un programma! Giusto un attimo ed ecco che lei scoppiò a ridere, piegandosi in due.
“Che faccia hai fatto!!!”
Era da un po’ che non la vedeva in divisa della scuola, adesso che era autunno aveva iniziato ad indossare il gilet di lana color senape che faceva pendant con la gonnellina e…alle gambe già portava un paio di scaldamuscoli color crema che a occhio e croce andavano contro il regolamento scolastico. E non faceva ancora freddo. Ma era pur vero che nessuno gli aveva ancora rivelato quanto fosse freddolosa quella ragazza.
Kan gli si avvicinò con due saltelli e lo guardò dal basso all’alto con aria improvvisamente incantata. “Non avevo idea di quanto fossi figo con la divisa scolastica, Shu!”
Mh? Lo era? …veramente? E lui che credeva di avere un aspetto completamente sciatto! Trovava la propria divisa noiosa, a partire dai pantaloni bianchi che si sporcavano solo guardandoli e facevano un banale abbinamento con la camicia, poi la giacca in blu navy con cravatta abbinata e le scarpe nero sfumato abbinate alla cintura. Senza contare che al mattino non si pettinava nemmeno, quindi i capelli erano abbassati e un po’ arruffati e il ciuffo biondo gli ricadeva sulla fronte. Si capiva che era un teppista solo perché aveva i tatuaggi sulle mani e teneva l’orecchino a filo d’oro al lobo. Comunque, se lei lo trovava figo anche ridotto così, tanto meglio!
“Quindi cosa hai in mente per il nostro primo appuntamento?” Le chiese così getto.
Kan arrossì fino alle orecchie, quella parola continuava a farle un effetto devastante. Abbassò il viso e provò a rispondere, le mani che stringevano il manico della cartella. “Pensavo…di far decidere a te dove andare… Questo è il tuo quartiere e…vorrei vedere quali posti frequenti…per conoscerti meglio sai…”
Hanma emise la sua tipica risata ubriaca. “Allora si và, bellissima!”
Si misero in cammino fianco a fianco, chiacchierando del più e del meno, anche se lei incespicava nel rispondere perché continuava a guardarsi attorno con curiosità ad ogni viuzza che imboccavano. Agli occhi di chi li guardava erano solo due studenti di diverse scuole che passeggiavano per il quartiere. E ad Hanma questo quadretto non dispiaceva. Arrivati ad un piccolo incrocio, fece cenno con la testa verso un ristorante di ramen dall’aspetto tradizionale. “Mangiamo un boccone?”
“Sì!” Disse lei, sempre entusiasta quando si trattava di buon cibo.
Hanma la precedette per aprire la porta scorrevole e tenne sollevato il noren per far passare anche lei. L’atmosfera all’interno era calda e casereccia e nell’aria si levavano i vapori e i profumi del brodo vegetale e della carne.
“Shuji! Che sorpresa! Ben arrivato!” Lo accolse un uomo robusto di mezza età, che cercava di nascondere una fronte troppo spaziosa sotto alla bandana. La sua voce era grossa, ma simpatica.
“Ehi vecchio! Oggi sono in compagnia, fammi fare bella figura!” Gli diede corda Hanma, per poi fare segno con la mano a Kan di sedersi in uno dei posti al bancone e accomodarsi a sua volta.
“Woooh che bella signorina! E’ la prima volta che ne porti una!”
“Fai in modo che non sia l’ultima! Preparaci il tuo ramen migliore, vecchio!” Lo diceva col sorriso sulle labbra, per carità, però ci spingeva parecchio su quella parola! Infatti l’uomo ne approfittò per usarla come scusa e ingraziarsi la nuova ospite. “Sentito come mi parla? E pensare che lo conosco da quando portava il pannolino e mi stava in una mano!”
Kan sgranò gli occhi. “Lo conosce da tanto tempo! Non riesco a immaginare Shu così piccolo, vedendo quanto è alto adesso!”
“Ah ah, è stato un moccioso anche lui! Vero, Shuji? Ah quasi dimenticavo, tuo padre è venuto qui a pranzo ieri e gli avevo detto di salutarti! Scommetto che non lo ha fatto!”
Hanma alzò le spalle. “Ha sempre in mente il lavoro, che vuoi farci!”
“Tipico! Bene, ora vi preparo due belle scodelle piene, ragazzi!” E si diresse altrove per eseguire.
“Un uomo pieno di energia eh?” Hanma si rivolse a Kan, sorridendo. “Lui e mio padre si conoscono fin da giovani. Mio padre è nato in questo quartiere e mi ci portava praticamente tutti i fine settimana, per questo dopo il divorzio siamo venuti a vivere qui. Io ero alle Elementari, ma ricordo di aver fatto presto a familiarizzare perché molte persone le conoscevo già!”
Lo stava facendo, si stava aprendo con lei solamente come Shuji, lasciando da parte il teppista conosciuto come ‘Il Dio della morte’ di Kabukicho. Era questa l’intimità in cui Kan aveva sperato. Lasciò che le raccontasse qualche aneddoto spassoso legato a quel ristorante e al proprietario, anche mentre gustavano il ramen fumante ricco di verdure e maiale. E al termine, Kan si offrì di pagare per entrambi, ricordandogli che era un regalo per il suo compleanno.
“Ehi vecchio, possiamo lasciare qui le cartelle? Vorrei portare la mia amica a fare un giro!” Più che una domanda, quello di Hanma era effettivamente un ordine.
“Nessun problema! Lo sai a che ora chiudo!”
Kan fece un inchino cortese. “La ringrazio per il pasto, era buonissimo!”
“Grazie a te, signorina! Ti affido Shuji, pensaci tu a rimetterlo in riga!” Vedendo che lei arrossì, l’uomo emise una grassa risata.
Usciti dal ristorante, proseguirono con la perlustrazione del luogo. Ormai il sole stava tramontando e il quartiere cominciava ad illuminarsi di neon colorati ad ogni passo che facevano. Vedere Kan con gli occhi e la bocca spalancati per i negozi e le insegne colorate era uno spettacolo per lui, lo faceva sentire orgoglioso il fatto che lei si stesse divertendo così tanto.
“Waaaah che meraviglia!!! Guarda, Shu!!!” Esplose all’improvviso, davanti ad un negozio di ventagli che aveva la vetrina allestita come un paesaggio naturale giapponese. “Hai visto che bello quello con dipinto il tempio e il sentiero attorniato dai bambù? Quasi quasi me lo prend-NO!” Stava facendo tutto da sola, un attimo prima aveva gli occhi che brillavano e adesso stava aggrottando le sopracciglia. “Oggi sei tu il protagonista! Bando allo shopping!” Quindi si appiccicò a lui, prendendolo a braccetto, e lo pregò con voce piangente. “Portami via da questa vetrina o farò una pazzia!”
Hanma si mise a ridere, era talmente presa da quei ventagli da non essersi resa conto che in quella posizione sembravano una coppia di innamorati! Ma anche in questo caso, la cosa non gli dispiaceva affatto! Ripresero a passeggiare per le vie sempre più affollate e illuminate, parlando di tutto quello che gli veniva in mente o che gli ispirava l’ambiente. Kan era decisamente un topo di città, si sentiva ancora più viva in mezzo alla gente e ai rumori e la sua curiosità veniva catturata da un sacco di cose, che fosse un’insegna luminosa di una forma particolare o il vestito indossato da una perfetta sconosciuta che le era passata accanto. Era una Kan che le piaceva più di quella che aveva conosciuto alla Valhalla, per dire. Ed era tutta sua.
“Ehi Shu? Hai fatto caso che alla radio dei negozi e dei locali trasmettono spesso la stessa canzone? Che sia una novità?”
Lui inarcò un sopracciglio. “Uh? Non so, non ho ascoltato. Col casino che c’è in giro…”
Ma lei non si diede per vinta e, non appena passarono davanti ad un locale dove la stavano trasmettendo, lo tirò per il braccio per farlo fermare. “Ecco, ascolta!”
Il volume ovviamente non era alto, però si sentiva abbastanza bene e Kan cominciò a canticchiare: “Every little thing that you say or do, I’m hung up, I’m hung up on you! Waiting for your call, baby, night and day* Il ritornello l’ho già imparato!” Si rese conto che lui la stava fissando. “Che…c’è?”
“Com’è che il tuo inglese è così fluido? Ma allora è vero che non sei giapponese? Cazzo, sto uscendo con una modella straniera!”
“Ma che dici, scemo!” Lo rimproverò, dandogli una pacca sul braccio. “Credo che mio padre sia americano, ma chissà…. Ora ti racconto!” Gli spiegò nel dettaglio quella convinzione che lei e suo fratello avevano. E con questo nuovo argomento continuarono a camminare e attraversare incroci trafficati assieme a gente che andava velocemente in più direzioni, il che li fece sentire come fossero all’interno di un flipper. Tra questo e Kan che parlava come una mitragliatrice, ad Hanma cominciava a girare la testa, anche se si stava divertendo. Se non ricordava male, svoltando alla prossima strada dovevano esserci delle panchine, magari potevano sostare un po’. A passo sicuro girò l’angolo portandosi Kan appresso, ma dopo mezzo metro si fermò. Aveva sbagliato, era la strada dopo. Stava per dirlo a lei, ma quando la guardò si accorse che aveva gli occhi lucidi e gli stava stingendo il braccio. Che aveva adesso?
“Shu? Siamo qui per… Hai voglia di…” Dalla voce era evidentemente intimidita.
Guardò avanti e finalmente capì. Erano in una strada di love hotel. Oh porc-
“Non hai capito!” Si affrettò a chiarire.
“A me va bene.” Kan sollevò il viso e lo guardò con occhi languidi. “Lo voglio anche io. E’ inutile negare quello che c’è tra noi. Quindi se ti va, io…”
Era troppo bella. E troppo importante per rovinarla così. La prese per mano e la portò via da lì senza dire nulla, semplicemente per condurla sulla strada successiva, quella giusta, e ricercare la panchina meno in vista possibile. Si sedette in volata e la trascinò giù affinché lei fosse sulle sue ginocchia.
“Credi che non abbia mai pensato di saltarti addosso e divorarti per tutta la notte?” Lo sguardo di lei era sorpreso e leggermente intimorito, perciò usò un tono meno aggressivo. “Lo farò, ci puoi scommettere! Ma quando sarà il momento. Per una volta in vita mia voglio fare le cose nel modo giusto, così che un giorno potremo raccontare ai nostri figli come ci siamo conosciuti e come ci siamo innamorati, senza provare vergogna.”
“…i nostri figli?” Chiese lei, accennando un sorriso divertito.
Avrebbe voluto mangiarsi la lingua. Che cazzo aveva detto? “Merda, non sto capendo più niente!” La buttò lì, ridacchiando. Sentì il tocco delle mani di lei sulle guance, rialzò lo sguardo sul suo. Era così vicina…
“Sono innamorata di te…” Bisbigliò Kan, guardandolo negli occhi.
“Anche io.” Una risposta semplice, ma che per lui era tanto. Non aveva mai ricevuto una dichiarazione d’amore e non ne aveva fatte, questo la diceva lunga sulle ragazze che aveva frequentato prima di lei. Ma adesso era il momento per qualcosa di nuovo e di vero. Le mise una mano sul fianco e allungò leggermente il collo. Le loro labbra si unirono dando vita al loro primo bacio, sulla panchina di una qualunque strada di Kabukicho, in una sera come tante. Il momento più bello della vita di Hanma, fino ad allora.
 
*Nota: la canzone ‘Hung Up’ di Madonna è stata trasmessa per la prima volta alla radio Americana il 18 ottobre, mentre nel resto del mondo il 27 ottobre. Quindi in teoria anche in Giappone. Il giorno del compleanno di Hanma!
*
 
Il giorno dopo, alla sede venne fatta una grande festa che coinvolse interamente la Valhalla coi suoi trecento membri. Più che festeggiare il compleanno del loro Vice, era una scusa per caricarsi in vista della battaglia contro la Toman, che sarebbe avvenuta di lì a tre giorni. E come predetto da Kan, il tutto si svolse tra fiumi di birra, snack e dolci di ogni tipologia, tra risate e schiamazzi, tra giochi e qualche piccola litigata, tanto che fu un miracolo non ritrovarsi con la Polizia alla porta.  Ma il miracolo più grande, forse, fu che nessuno pensò di chiedere a Kan da che parte sarebbe stata durante lo scontro. Fin dal primo giorno era stata accolta a braccia aperte, come se tutti avessero dimenticato che lei di fatto era ancora la fidanzata dell’invincibile Mikey ed anche uno dei capi della Tokyo Manji Gang. No, era improbabile che l’avessero scordato, era più logico pensare che qualcuno li avesse rassicurati sulla sua buona fede, spingendo in modo che non si ponessero il problema. Però Kazutora non ne aveva fatto parola e lo stesso valeva per Hanma. Eppure uno di loro, o entrambi, aveva provveduto a coprirla.
Un’ondata di grida di supporto la riportò al presente, a poca distanza stavano facendo una sorta di torneo a braccio di ferro e chi assisteva faceva il tifo a gran voce. Era bello vedere come si stessero divertendo. Con lo sguardo ricercò Hanma, ovviamente aveva una bottiglia di birra in mano e una sigaretta nell’altra. Be’ anche lui si stava divertendo, almeno, e vederlo sorridere mentre chiacchierava con altri compagni le fece piacere. Solo uno si era isolato, ancora una volta.
Kan si rivolse a Kazutora, col quale sedeva ad uno dei divanetti e che in quel momento le cingeva i fianchi col braccio. “Perché Baji non partecipa? Ci sono tanti gruppi e lui se ne sta sempre da solo!”
Kazutora lo adocchiò, era chino su un macchinario e sembrava assorbito dal videogioco in cui bisognava uccidere gli zombie. Fece un mezzo sorriso e le rispose. “Lo conosci, non è uno che attacca bottone facilmente!”
“Ma se continua così gli altri non smetteranno di diffidare… Girano ancora voci sul fatto che sia una spia della Toman… Sono preoccupata, Tora…”
Lui alzò le spalle con noncuranza. “Il giorno della battaglia si farà valere, tranquilla!”
Magari aveva ragione, però le cose al momento non stavano andando bene. Si era messo in mostra sostenendo di voler stare al fianco di Kazutora e dopo essere entrato nella gang gli era stato alla larga… Quante volte avevano parlato in quei giorni?
“Vado un po’ sul retro a rinfrescarmi, mi è venuto caldo!” Alzandosi si sciolse dalla stretta di Kazutora, ma il braccio di lui seguì il movimento e la sua mano finì di proposito oltre l’orlo della gonna corta, posandosi sul retro coscia. “Vengo con te?”
Kan scosse il capo e gli sorrise. “Non serve! Torno presto!”
A Kazutora non restò che acconsentire e la congedò dandole una pacca sulla pelle nuda, con una certa sfacciataggine. Prima o poi avrebbero dovuto chiarire alcune cosette…
Il retro della sala giochi non era altro che uno spazio stretto delimitato da una rete e affacciato sulla parete spoglia di un palazzo dove gli inquilini raccoglievano la spazzatura. A poca distanza c’era un lampione della luce che permetteva di vedere dove mettere i piedi e allo stesso tempo creava un’atmosfera inquietante da film horror con quell’effetto di penombra, soprattutto quando non c’era il minimo rumore e pregavi che il restasse tale, altrimenti sicuro si trattava di un topo o di un gatto randagio o di un pipistrello!
La sera le temperature si abbassavano parecchio… Kan si strinse addosso il coprispalle di velluto, l’unica difesa che aveva contro l’aria umida e fredda. Trattandosi di una festa aveva scelto un vestitino col corpetto aderente e un gonnellina fatta di vari strati di tulle, tutto di color oro.
“Bel posto per darmi il mio regalo di compleanno!”
Vedendola sobbalzare, Hanma scoppiò a ridere. “Ma dai, ti ho spaventata! Ahaha!”
“Accidenti a te!” Lo rimproverò, buttandola in risata a sua volta. “Di che regalo parli, comunque?”
Il sorriso di Hanma si fece malizioso. “Be’, ieri ho detto che voglio fare le cose per bene, non che sono un monaco…!”
Si chinò su di lei lentamente, notò che i glitter dorati che aveva sulle palpebre mettevano in risalto i suoi occhi da gatta, rendendola ancora più bella. Chiuse gli occhi nel momento in cui le labbra entrarono a contatto con le sue, dapprima con tocco leggero, fino a quando lui non gliele dischiuse insinuandovi la lingua e facendosi strada pian piano fino ad incontrare quella di lei. Un passo avanti nel loro rapporto, sicuramente, visto che quello del giorno prima era stato un bacio romantico e questo invece era indubbiamente erotico.
Trasportata dal piacere, Kan gli portò le braccia al collo e si sollevò sulle punte per aderire meglio a lui. Era molto più bello baciare così, con un ragazzo alto su cui arrampicarsi! Aveva addosso la solita fragranza scadente che su di lui era così buona… E poi quel miscuglio di sapori nella sua bocca, tra birra e tabacco, la stava stordendo piacevolmente. Si rese conto di essere senza fiato quando Hanma interruppe il bacio… Le sorrise e bisbigliò. “Ti va di aggiungere un po’ di peperoncino?”
Ad un cenno affermativo, Hanma la sollevò in braccio, allora lei gli intrecciò le gambe attorno al bacino per sostenersi meglio, mentre la rete dietro faceva da ulteriore appoggio. I capelli sollevati col gel e quel sorriso furbo appartenevano senza dubbio all’Hanma teppista, la seconda faccia della medaglia, così in contrasto col ragazzo premuroso dell’appuntamento. E a lei facevano impazzire entrambi.
*
 
Baji uscì dal bagno sospirando, anche quella sera si stava rivelando completamente inutile per lui. Quei tizi pensavano solo a divertirsi e a menare le mani, non sapevano un corno che gli potesse tornare utile. Era entrato in quella gang per ottenere informazioni e per salvare Kazutora, invece il giorno dello scontro si stava avvicinando senza aver scoperto nulla. Se pensava che aveva dovuto fare del male a Chifuyu per essere lì, gli saliva un’incazzatura tremenda. Udì dei mugolii venire dal retro, dal cambio di temperatura doveva esserci la porta aperta… Però quei suoni non erano solo maschili, c’era anche una voce femminile…e che lui sapesse quella sera l’unica ragazza era… Per verificare i suoi sospetti si avvicinò all’uscita e allora li vide, Hanma e Kan avvinghiati come sanguisughe, la mano di lui con tatuato il kanji di ‘delitto’ le stava palpando un seno nudo. C’era un che di comico in questo, ma la cosa lo fece incazzare ugualmente. Strinse i pugni. Se Mikey avesse visto la sua ragazza in quel momento l’avrebbe mandata a fanculo una volta per tutte. O forse no. Non aveva mai capito perché amasse così tanto quella stronza, e mentre lui si struggeva, lei se la spassava con un altro. Decise di spostarsi prima di andare là e piantare un casino.
Tornando indietro gli capitò di incrociare Kazutora. Tempismo perfetto. Lo afferrò per la spalla e disse con decisione. “Tu vieni con me.”
Preso alla sprovvista, Kazutora sgranò gli occhi. “Eh? Stavo andando al cesso!”
“Devo ancora prendermi la ricompensa per aver pestato Chifuyu.” Ringhiò a un centimetro dalla sua faccia, prima di strascinarlo via.
“Ehi ma… Non posso pisciare, prima?”
“No. Puoi farla addosso a me, chissene.” Non accettò proteste di alcun tipo e lo condusse in un posto isolato che, a occhio e croce, doveva essere un angolo ristoro per i dipendenti della fu sala giochi. Sollevò Kazutora e lo piazzò sopra il ripiano della credenza, accanto ad una macchina per il caffè piena di polvere e probabilmente non funzionante. Incurante del suo sguardo interrogativo, gli si appiccicò alle labbra, rubandogli un bacio forte e famelico.
Kazutora provò a spingerlo via, ma non ci fu verso. Più che baciarlo lo stava mangiando. Non lo faceva un tipo così violento anche in amore... Quando finalmente Baji gli concesse una tregua, fece una smorfia e lo riprese amaramente. “Che cazzo, vuoi farmi sanguinare? Baciavi così anche quel Chifuyu?”
La rabbia gli fece ribollire il sangue nelle vene. “Non devi nominarlo.” Fuori di sé, gli slacciò i pantaloni e gli afferrò il pene per massaggiarlo con forza. Non sapeva nemmeno lui se lo stava facendo per punirlo o per prendersi la soddisfazione di toccarlo come aveva sempre desiderato. Avrebbe dovuto esserne contento. Finalmente lo stava toccando in modo erotico, aveva letteralmente il suo pene gonfio e umido nella mano…allora perché non provava niente?
“Baji…! Fai piano…!” Tentò di pregarlo Kazutora, sotto tortura da quella mano che gli stava infliggendo più dolore che piacere. Ed era pure la mano di un maschio. Baji lo stava fissando con sguardo assassino. Non sapeva nemmeno perché ce l’aveva duro, non c’era niente di bello in tutto ciò, quindi che tipo di reazione fisiologica era? Eppure riuscì ad avere un orgasmo, nonostante tutto.
Si lasciò ricadere all’indietro, sfinito, la schiena contro le ante della credenza. “Con questo abbiamo finito. Ho mantenuto la promessa.” Sottolineò, riprendendo fiato.
Baji lasciò la presa e fece un passo indietro, guardandosi la mano piena di liquido bianco. “Me lo hai lasciato fare solo per quello? Non ce la fai proprio a vedermi come qualcosa di più?”
“Cos-?” Kazutora scoppiò a ridere. “Ancora ci speri? In che lingua devo dirtelo che io sono etero? Lo sai che sto preparando il terreno per conquistare Kan!”
Di nuovo lei. Ma che cazzo avevano tutti da caderle ai piedi? Cos’aveva di speciale? Si sentì tremare, aveva bisogno di vendicarsi dopo che il suo primo amore gli aveva spezzato il cuore ancora una volta. Lo guardò di sottecchi. “Quella puttanella non merita il tuo amore.” Involontariamente gli uscì un sorriso distorto. “Perché non vai sul retro a vedere cosa sta facendo la tua preziosa Kan?”
Kazutora lo guardò mentre lui se ne andava, che cavolo si era inventato adesso? Non voleva proprio capirla che tra loro non poteva esserci quel tipo di rapporto. Gli voleva bene, per carità, ma come amico. Era già incredibile che gli avesse permesso di fare quella cosa… Abbassò lo sguardo sullo spettacolino che c’era sul suo basso ventre. “Tu però non mi aiuti a convincerlo così!” Per quanto servisse rimproverare il suo stesso pene…ma ok… Mise tutto a posto e scese dal ripiano. Che strana esperienza. E a conti fatti nessuno lo aveva mai toccato così, quindi Baji era ufficialmente il primo. Ora che il danno era fatto, si pentiva di avergli fatto quella promessa.
Uscito da lì gli si accese la curiosità su quanto gli aveva detto. In effetti Kan era andata sul retro, però poi non era più tornata. Magari poteva andare a cercarla. Il problema è che non si aspettava minimamente di trovarla in una certa situazione. Già avvicinandosi alla porta aperta aveva sentito dei rumori inconfondibili, però… Quello di spalle era Hanma? Mentre quella avvinghiata a lui…? No, doveva essere uno scherzo. Quella bionda che gemeva non era mica…? Proprio no… Quel seno scoperto strizzato dalla mano di un altro… Il collo arrossato e umido per i baci intensi di un altro… Cioè, no!
E invece sì. Cazzo.
“Cosa stai facendo alla ragazza che amo?”
L’apparizione di un fantasma sarebbe stata meno spaventosa. Quando Kan udì quella voce piatta, aprì gli occhi e si ritrovò davanti un volto pallido e dallo sguardo vuoto come quello di una bambola. Nessuna sorpresa se lasciò un piccolo strillo!
Ci fu un momento di caos, tra Hanma che si accorse del nuovo arrivato e rimase bloccato per la sorpresa e Kan che gli scivolava giù e cercava di ricomporsi il minimo indispensabile, muovendosi con movimenti scattanti per via dell’agitazione.
“Tora…! Posso-posso spiegarti!” Farfugliò con un mezzo sorriso imbarazzato. Controllò per l’ennesima volta di non avere pelle scoperta in ‘certi punti’ e si passò nervosamente la mano fra i capelli spettinati. “Vedi, io e Hanma…ecco...è successo che noi…”
“Non devi spiegarmi niente, Kan. Ho capito tutto.” Se lo avesse detto con una voce più umana e con lo sguardo a fuoco sarebbe stato meno inquietante…comunque…
“Ah! Be’, allora…tanto meglio!” Kan si tranquillizzò un po’. “Avrei dovuto dirtelo prima, in fondo sei il mio migliore amico…è che…sai…”
“Ti conosco bene. Hai un cuore grande e pensi sempre agli altri. Per rendere felice chi ami dai tutta te stessa.”
Hanma, che era rimasto girato di spalle per nascondere una fin troppo evidente erezione dentro i pantaloni, nel sentire quelle parole esplose in una risata, lei invece si sentì punta sul vivo e starnazzò un: “NON IN SENSO LETTERALE! SHU, SEI UN CRETINO! NON RIDERE!” Ma poi prese respiro e fece un passo verso Kazutora, pur stando all’erta come se fosse in presenza di un animale pericoloso. “Tora, non è così. Non te ne sei reso conto, ma in questo periodo io e lui…ci siamo conosciuti meglio e…” Di nuovo le mancarono le parole.
Kazutora finalmente la guardò, con uno sguardo lucido. “Tu non fai niente di male! La verità è che…” Ed ecco il suo sguardo tornò fisso e privo di vita. “E’ tutta colpa di Mikey.”
Momento di silenzio e punti di domanda fluttuanti.
“Che stai dicendo?” Chiese ovviamente Kan.
“Lui ti costringe ad essere la sua ragazza. Ma tu non sei felice e cerchi conforto fra le braccia di altri ragazzi. Non temere, ci penserò io a liberarti dalle sue catene. Lo ucciderò. Lo ucciderò e mi prenderò cura di te. Perché io ti amo davvero.”
Hanma e Kan si lanciarono un’occhiata, ma mentre quella di lui era divertita, la sua invece era allarmata. Non che sperasse di avergli tolto quell’idea dalla testa in così poco tempo, però sentirglielo dire ad un paio di giorni dallo scontro più atteso dalla malavita aveva un effetto devastante. Doveva trovare un modo per farlo ragionare.
*
 
Draken aprì gli occhi alla luce del mattino che filtrava tenue dalla tenda. Il dolce peso che aveva sul petto lo rassicurò. Mosse delicatamente la testa per strusciarsi sulla morbida chioma di sua sorella, mentre col braccio la strinse un po’ più a sé. Si era accorto che durante la notte lei si era infilata nel suo letto, a chissà quale ora, ma anche nel sonno l’aveva accolta con naturalezza e respirato il profumo dello shampoo alla camomilla con cui si era lavata i capelli. Ora che ci pensava, la sera prima aveva accennato di una festa alla sede della Valhalla, quindi al ritorno doveva essersi data una bella lavata per togliersi di dosso gli odori di quel posto, sapendo che a lui davano fastidio. Anche se nell’ultimo periodo una forza maggiore aveva creato una certa tensione tra loro, restavano gemelli e niente al mondo poteva metterli contro. Men che meno una lite tra gang. Però magari fare un tentativo per aiutare gli era concesso… Ci volle ancora un’oretta prima che lei si svegliasse, ma non fu assolutamente un problema, al sabato mattina anche a lui faceva piacere starsene a letto a poltrire. Le stampò un piccolo bacio sulla fronte e sussurrò: “Buongiorno, sorellina! Tutto a posto?”
Lei emise un mugolio incerto, prima di rispondere con voce assonnata. “Più o meno…” Si accoccolò contro di lui, era incredibile che suo fratello emanasse tutto quel calore indossando solo una maglietta intima e un paio di pantaloni sottili, mentre lei doveva già indossare un pigiama di flanella per non morire assiderata!!! Praticamente quel ragazzo era una stufa umana!
“Sai…sono preoccupata per Kazutora…”
Proprio il nome che lui sperava di sentire.
“Visto che l’hai nominato…avrei bisogno di chiederti un favore. Puoi dirgli che vorrei vederlo?”
Kan sollevò la testa e lo guardò con occhi annacquati dal sonno. “Vederlo? Non credo accetterà.”
“Speravo potessi convincerlo. E’ una cosa importante.” E aggiunse con decisione. “Non litigherò.”
Lei ci pensò su, quindi fece un piccolo cenno col capo e poi allungò il braccio per recuperare il cellulare che aveva messo sopra il tavolino lì accanto, assieme a quello di lui. Ricercò il numero in rubrica e si portò il telefono all’orecchio. Mentre attendeva chiuse gli occhi e per un attimo Draken pensò che si fosse addormentata!
“Ah Tora, sono io!” Riaprì gli occhi, la voce era più squillante ma ancora un po’ roca. “Scusami, non volevo disturbarti. Ieri sera abbiamo fatto tardi. Ascolta…sono con mio fratello…ha detto che vorrebbe vederti.”
Rimase in ascolto alcuni istanti e poi rispose. “Lo so, ma potresti accontentarlo solo per questa volta? Garantisco io. Ti fidi di me, no?”
Ascoltò le sue parole, poi guardò Draken negli occhi. “Dove e a che ora?”
“Al tunnel dove c’è il parcheggio delle biciclette. Alle 7 di sera, se gli va bene.”
“Allora, Tora, Ken ha detto-” S’interruppe. “Ah hai sentito… Sì. Va bene, glielo dico. Io e te ci vediamo domani, ok? Oggi riposati e stai con tua madre, lo sai che non vede l’ora di accudirti come quando eri piccolo!” Sorrise e dopo un ultimo saluto chiuse il telefono e lo rimise sul tavolino. Quando si voltò di nuovo verso Draken, era già tornata seria. “Ci sarà. Che cosa gli dirai?”
Draken scosse leggermente il capo. “Niente di che… Proverò a fargli cambiare idea sullo scontro. So che si tratta di un debole tentativo, ma…non riesco a smettere di sperare.”
“Già…” Kan appoggiò la testa sul cuscino e si portò il braccio sopra la fronte, non aveva nessuna voglia di alzarsi quella mattina.
Il resto della giornata non fu molto attiva, utilizzò il tempo libero per prendersi cura di se stessa. In tarda mattinata andò dal parrucchiere a farsi spuntare i capelli e fare un trattamento per rinforzarli. Altrimenti detto, si era fatta un pisolino con l’asciugamano sulla faccia con la scusa di curare i capelli. Dopo aver pranzato al ristorante vegano con suo fratello e alcune delle ragazze del centro massaggi, aveva cercato un estetista che ricevesse senza appuntamento e ci aveva trascorso un paio di ore per fare manicure, pedicure e una maschera facciale. Altrimenti detto, aveva sonnecchiato sulla poltrona con la scusa di farsi curare le unghie e il viso. Una giornata all’insegna della pigrizia. O forse un modo per concentrarsi e riflettere sul gran casino in cui si trovava. Poi arrivò la sera e con essa l’orario dell’appuntamento tra suo fratello e Kazutora, al quale le fu impedito di assistere. Era umiliante starsene con le mani in mano, mentre suo fratello tentava un’operazione di pace.
L’incontro si rivelò una perdita di tempo, comunque, e Draken se ne andò amareggiato. Seguendo il proprio senso del dovere, incontrò subito Mikey per fare rapporto. Non aveva mentito, ci aveva sperato davvero in una svolta positiva, per quanto le probabilità fossero minime, e lo stesso Mikey apprezzò il suo tentativo. E mentre Mikey se ne andava via in moto per riflettere a mente fredda, Draken tornava a casa, Kazutora sfidava la forza di gravità meditando sulla cima di un palazzo e Baji era chino sulla tomba della famiglia Sano a chiedere perdono allo spirito di Shinichiro…
“Sarà un macello… Lo so che finirà male…” Bisbigliò al vuoto Kan, portando la testa all’indietro. La parete dietro al letto era spoglia, fastidiosa da vedere…prima o dopo doveva metterci qualcosa per riempirla. Riportò la testa in avanti, fra le gambe incrociate teneva un album di fotografie dei bei vecchi tempi, quelli in cui loro erano tutti amici e si divertivano con poco. Prima che avvenisse quel dannato incidente e Kazutora finisse in riformatorio. Avevano solo qualche anno in meno ma sembravano quasi bambini! Con l’indice sfiorò una foto ritraente lei, Mikey e Kazutora. Erano abbracciati, con lei al centro, e sorridenti davanti ad una pasticceria. Bastava così poco…
“Se solo si potesse tornare indietro…”
Il telefono cominciò a vibrare sul copriletto, vide che era una chiamata da parte di Mikey. Nella sua mente formulò un pensiero.
Se solo potessi tornare indietro e impedire che la Toman venga creata…”
Distolse lo sguardo e lasciò che il telefono continuasse a vibrare.
Al capo opposto, Mikey attese pazientemente, squillo dopo squillo, fino a quando non partì la voce registrata di un operatore telefonico. Abbattuto, richiuse il telefono e lo strinse nella mano, lo sguardo che fino ad un attimo prima era puntato sullo spettacolare paesaggio della zona industriale e le sue luci, ora si ritrovò a guardare il suolo. “Non lasciarmi da solo proprio adesso, Kan…”
*
 
Kan aveva appena lasciato casa di Kazutora, quando incrociò Baji che evidentemente si stava recando lì. Non si era ancora abituata a vederlo con addosso la giacca bianco grigia della Valhalla, invece la sua espressione scazzata era quella di sempre. Non che questo fosse rincuorante…
“Ehi. Vieni da casa di Tora?” Domandò lui, quando furono uno di fronte all’altra.
“Mh. E tu stai andando a prenderlo per andare all’ultima riunione della gang, immagino.”
Baji assottigliò lo sguardo. “Ti rode non poter partecipare alle riunioni, eh?”
“Che vuoi farci… Non sono nella gang.” Kan abbassò lo sguardo. “Anzi, sono nella gang rivale, posso capire che non si fidino, visto che domani ci sarà il grande scontro.”
Baji emise un risolino di gola che le fece urtare i nervi.
“Sì, goditela. Tanto mi hai sempre odiato, non posso aspettarmi altro da te.” Fece per sorpassarlo e andarsene, ma lui sollevò la mano e la fermò. “Io non ti odio. A dirla tutta, ultimamente mi sono reso conto che sotto certi aspetti siamo uguali.”
Kan lo guardò con tanto d’occhi. “Uguali? Io e te?”
Adesso Baji era tornato serio, però nel suo sguardo c’era qualcosa di diverso, di profondo, qualcosa che catturò appieno la sua attenzione. “Io amo sia Kazutora che Chifuyu, ma per salvare il primo ho deciso di sacrificare il secondo. Esattamente come tu ami sia Mikey che Hanma.” Si avvicinò ancor più a lei, come non aveva mai fatto prima. “Chi deciderai di sacrificare domani?”
Una domanda che colpì il cuore di Kan come un pugno. Si sentì smarrita e dovette abbassare nuovamente lo sguardo.
Baji non si aspettava una risposta, perciò riabbassò la mano e tornò sui propri passi, lasciandola lì ad interrogarsi su una questione tanto pesante.
In quel momento due colpi alla porta la riportarono al presente e un istante dopo suo fratello comparve sulla soglia, vestito di tutto punto con la divisa e il tasuki già allacciato.
“Vado da Mikey. Io e te…ci vediamo alla discarica?” Aveva un’espressione grave.
“Sì. Vado con la metro.”
“Mh… Chi l’avrebbe detto che il 31 ottobre sarebbe arrivato così presto…” Mormorò Draken, come parlando tra sé, poi si rivolse a lei nuovamente. “Qualunque cosa deciderai di fare, resti sempre mia sorella.”
Una rassicurazione che significava molto. Il giorno prima, dopo essersi confrontata con Kazutora, aveva reso noto che si sarebbe presentata al luogo stabilito per la battaglia, senza però specificare se avrebbe combattuto o al fianco di chi. Sapere che suo fratello le dava il massimo appoggio, indipendente da questo, era un pilastro su cui appoggiarsi. Lo ringraziò con lo sguardo.
Draken fece un cenno con la testa e richiuse la porta, il silenzio calò nella stanza.
Da quell’angolazione e con l’anta dell’armadio aperta, doveva aver intravisto che lei indossava gli abiti neri della Toman, quella maglia scollata e la gonna dallo spacco ampio erano inconfondibili (!), però ciò che non aveva visto era che nella parte interna dell’anta c’erano appese una raccolta di fotografie dei suoi pomeriggi e sarete alla Valhalla. Per non creare ulteriori tensioni con lui, aveva deciso di ‘nasconderle’, creando una composizione di foto e fiori in un luogo non in vista, per l’appunto quello. Ma era davvero giusto così? Nascondere una cosa che amava? Quelle foto rappresentavano nuovi amici con cui si divertiva, ma anche il migliore amico a cui voleva un bene dell’anima e…il nuovo ragazzo di cui era innamorata. Fissando quelle foto e ripensando a fondo alla domanda di Baji, era infine giunta ad una conclusione. Senza spostare lo sguardo, mise mano alla gruccia e indossò lo haori che era stato creato per lei. Lo haori nero con lo stemma e i ricami gialli della Tokyo Manji Gang.
Il luogo dello scontro era una discarica di auto abbandonata, circondata da alte mura, insomma un posto perfetto dove pestarsi senza essere disturbati. Dentro cominciava già ad esserci un certo movimento, dato che quel giorno erano presenti degli spettatori, ragazzi di altre gang, venuti ad assistere per vedere quale tra le due sarebbe salita di un gradino nella scala del potere. Fuori dalle mura, invece, cominciavano a radunarsi i membri, da una parte le divise nere, dall’altra le giacche bianco grigie, e fu verso queste ultime che Kan si diresse. Baji non era tra loro, forse non era ancora arrivato. In diversi la videro avvicinarsi, ma Kazutora fu il primo ad andarle incontro e accoglierla in un abbraccio. Mentre lo stringeva, a Kan venne voglia di piangere.
“Grazie per essere venuta! Sapere che la mia migliore amica è qui mi fa sentire più forte!”
Lei ingoiò un nodo alla gola per rispondere. “Non potrei mai perdermi la tua vittoria!”
“Sarà così…vedrai!” Confermò lui, con sentimento.
In breve sciolsero l’abbraccio ed ecco che tra i ragazzi raggruppati cominciarono a volare le prime richieste. “Combatti con noi, Kan!” o “Togliti quello straccio! Con la nostra giacca stai meglio!” o “Scendi in campo e fai il culo al tuo fidanzato gnomo!”
Lei fece un passo verso il gruppo e cercò di sorridere. “Grazie, ragazzi! Una parte di me vorrebbe divertirsi con voi, ma… Credo sia meglio se ne resto fuori… Però farò il tifo per voi, con tutto il cuore! Promesso!”
Chome, sgranocchiando delle patatine al gusto pizza, saltò fuori con una proposta. “Dopo la vittoria facciamo una festa? Io e te possiamo andare al konbini a prendere tutti i gusti di patatine che troviamo!”
Lei ridacchiò ma, prima che potesse rispondere, Hanma s’intromise. “L’ho già prenotata io, mettetevi in fila!” La sua voleva essere una battuta, o almeno è così che la percepirono gli altri, invece quando si avvicinò a lei le fece capire che aveva intenzioni serie. “Facciamo fuori quei fessi e dopo ti porto in un love hotel a scopare fino a domani. Ci stai?”
Normalmente avrebbe riso o sarebbe stata al gioco sfoggiando un’espressione maliziosa, ma in quel momento era davvero troppo tesa e non riuscì a trovare una risposta adeguata. Fortunatamente Hanma si rivelò ancora una volta comprensivo. “Posso immaginare come ti senti… Hai ancora degli amici nella Toman. E io mi batterò con Draken.”
Kan scosse la testa. “Nessun problema. Fai quello che devi fare. Solo…non andarci troppo pesante con lui, se puoi.”
“Non ho intenzione di uccidere il mio futuro cognato!” Scherzò lui, ammiccando. Almeno riuscì a strapparle un sorriso divertito.
In ultimo, Kan fece un augurio al gruppo ed entrò nella discarica per cercare posto. Guardandosi attorno, era pieno di facce poco rassicuranti che ben s’intonavano ai cumuli di auto sfasciate. Alcuni li conosceva di vista o di nome, altri non aveva idea di chi fossero senza una divisa o uno stemma. Notò due bei ragazzi seduti sul tettuccio di un’auto, il cui colore era diventato indistinguibile. Uno portava degli occhiali tondi, aveva uno sguardo serio e i capelli biondi con ciocche azzurre. L’altro era particolarmente bello, il suo viso era delicato come quello di una ragazza, aveva gli occhi color ametista e i capelli lunghi misti tra biondo e castano raccolti in due trecce, peccato che indossasse un’ampia felpa grigia che stonava col suo bell’aspetto. Vicino a lui c’era un’altra auto malmessa, con un cofano ampio che faceva al caso suo. Prese posto lì, un po’ atteggiandosi a diva, con le gambe distese e le caviglie accavallate e i gomiti poggiati all’indietro sul vetro stranamente intatto del parabrezza. Se gli stivali salvavano le apparenze, al contrario lo spacco della gonna lasciava poco spazio all’immaginazione, come anche la scollatura, il che sperò attirasse l’attenzione più dei ricami sulle maniche che la indicavano come ‘Fidanzata del Comandante della Tokyo Manji Gang’.
Non passò neanche un minuto, che occhi d’ametista le rivolse la parola. “Un bello spettacolo e una bella ragazza accanto! Manca solo che qualcuno mi porti una coppa di champagne!”
La sua voce era raffinata come il suo sorriso e anche il suo modo di parlare aveva una certa eleganza. A Kan non fu difficile immaginarlo con un completo del colore dei suoi occhi e una coppa di champagne in mano. Non era il momento di flirtare, però quelle piccole attenzioni l’aiutarono a placare un po’ la tensione.
“La prossima volta, se te  lo portano, offrine anche a me!”
Occhi di ametista accennò un sorriso cortese e fece un cenno col capo.
Non si dissero altro, perché una voce richiamò l’attenzione generale. Quel giorno, Hansen, il Capo della più forte gang di Ikebukuro, avrebbe supervisionato l’incontro. Per prima cosa presentò le gang rivali, le quali fecero la loro entrata dalle porte opposte della discarica, con le bandiere innalzate. A seguire chiamò i rappresentanti al centro dello scenario, Kazutora per la Valhalla e Draken per la Toman. Fece loro due proposte, la prima di far combattere i migliori cinque per ogni gang, la seconda di fare rissa generale. Dentro di sé, Kan sperò che scegliessero la prima, una cosa più ordinata e semplice. Quello che non si aspettava era di vedere Kazutora perdere subito il controllo e abbattere Hansen con due pugni ben assestati, lasciando tutti a bocca aperta. Con un simile gesto, bastarono poche parole per far esplodere il conflitto ed ecco che centinaia di ragazzi corsero come cavalli al galoppo verso il centro del campo. La battaglia era iniziata.
*
 
Stava andando tutto bene, quelli della Toman se le prendevano di santa ragione, essendo in inferiorità numerica, quindi c’erano alte possibilità che perdessero. Magnifico. Agli occhi di Kan era uno spettacolo magnifico. Naturalmente il suo sguardo, più che vagare per il campo di battaglia, tendeva a seguire i movimenti di persone ben precise, ossia Draken, Kazutora e Hanma. E anche Mikey, per quanto odiasse ammetterlo. Questo fino a quando non vide che suo fratello e Hanma si scontrarono e iniziarono a combattere. Il suo cuore era diviso a metà, un lato sobbalzava quando Draken veniva colpito, l’altro invece quando era Hanma a subire in colpo. L’aveva previsto, indipendente dal colore della divisa, erano entrambi persone a cui teneva molto e parteggiare era impossibile. Per un po’ di separarono, dandole tregua, ma ecco che con un’improvvisa scarica di energia suo fratello sferrò un pugno così forte che Hanma volò all’indietro e andò a sbattere contro un cumulo di ferraglia. Il corpo di Kan ebbe un tremore, la sua mano ricercò un appiglio che non c’era e allora si ritrovò a stringere il pugno nel vuoto.
“Draken è tuo fratello, giusto?”
Si voltò di scatto, occhi di  ametista la guardava come se la stesse esaminando.
“Hai avuto una reazione curiosa, nonostante sia stato lui a sferrare un colpo all’avversario!”
Era chiaro dove stesse andando a parare, era tanto bello quanto maligno. Kan ignorò le sue parole e tornò a guardare il combattimento. Tralasciando quel colpo, quei due erano abbastanza alla pari e diedero vita ad un susseguirsi di attacchi e difesa, botta e risposta, senza arrivare al dunque. Non c’era un modo di risolverla senza che uno dei due venisse sconfitto? Be’ lo sapeva che era impossibile, solo le faceva male vederli picchiarsi e chiunque avesse vinto l’avrebbe comunque ferita dentro. Spostò lo sguardo giusto un momento e la situazione peggiorò. Se tra loro le cose erano ferme su un certo livello, dall’altra parte si respirava un’aria ben più pesante. In cima ad una montagna di auto, Mikey stava combattendo contro Chome e Chonbo, mentre Kazutora li guardava dall’alto. Aveva paura per i due nuovi amici, in verità, perché sapeva che uno con la potenza di Mikey non si faceva abbattere facilmente. D’altra parte, con Hanma impegnato altrove, erano loro due i più forti della gang. E poi accadde… I due lo immobilizzarono, Kazutora lo colpì con forza alla testa con un tubo metallico e Mikey cadde privo di sensi.
Kan sobbalzò sul cofano, portandosi le mani alla bocca. Era così turbata che la voce le si bloccò in gola. Cosa stava succedendo? Quando vide Mikey muoversi e mettersi seduto, si accorse che anche il respiro le si era bloccato in quella frazione di tempo.
“Lo sapevi Mikey? Se uccidi qualcuno sei una cattiva persona. Ma se uccidi il tuo nemico, sei un eroe.” Kazutora pronunciò quelle parole dal picco della montagna, come per dimostrare a tutti che lui era al di sopra di ogni cosa. Ma ottenne l’effetto contrario. Erano più le persone che lo guardavano come un folle di quelle che lo capivano. Che poi, chi poteva capirlo oltre a lei?
Era stata l’unica a non abbandonarlo quando lui era finito in riformatorio, l’unica a sostenerlo nel bene e nel male, l’unica che desiderava aiutarlo mentre chiunque altro lo derideva o voleva annientarlo. Il problema è che lei era laggiù e lui era lassù. Totalmente fuori controllo. Con un tubo di metallo in mano. E adesso stava scendendo per raggiungere Mikey, che era stato di nuovo bloccato da Chome e Chonbo. Ehi…non avrà mica avuto intenzione di…? La risposta arrivò immediata, quando Kazutora lo colpì con forza alla testa un’altra volta. E poi ancora. E ancora. E nessuno attorno faceva una piega, tutti gli occhi erano puntati sulla scena con noncuranza, neanche stessero guardando qualcuno che calpesta uno scarafaggio. Kan sentì la voce di suo fratello, stava correndo in aiuto di Mikey, ma Hanma lo bloccò per impedirglielo. Sì, lo capiva, guardando dall’esterno erano ragazzi appartenenti a due gang rivali ed era normale che uno fermasse l’altro. Però…Kazutora non la smetteva più di colpire. E il cuore di Kan non ce la faceva.
Scivolò giù dal cofano e corse poco più avanti. “KAZUTORA!”
Lui finalmente fermò il braccio e la cercò con lo sguardo.
“LA VITTORIA E’ TUA, ADESSO BASTA. NON C’E’ BISOGNO DI ARRIVARE A TANTO.”
Era talmente spaventata da avere il cuore in gola e il respiro affannato, peccato che Kazutora interpretò la cosa nel modo sbagliato.
“Perché lo stai difendendo?” I suoi occhi tremarono. “Tieni così tanto a lui?”
“NON E’ QUESTO. TI PREGO, FERMATI.”
Lui ignorò la richiesta e tornò a concentrarsi sul suo prigioniero.
Un colpo sferrato con più forza fece sanguinare la testa di Mikey terribilmente. Era tutto sbagliato… Un conto era sconfiggere la Toman per prendere il potere, un altro era colpire qualcuno fino ad ammazzarlo… E lei non voleva questo. Era sul punto di gridare qualcos’altro, quando si accorse che Mikey si era ripreso. E di nuovo ci fu un incredibile colpo di scena con lui che si liberò prima dalla stretta di Chome e poi con una forza sovrumana sollevò Chonbo con la gamba e lo usò per colpire Kazutora, buttandoli giù come birilli.
L’intera area divenne silenziosa, nessuno aveva il coraggio di emettere un fiato. Mikey cadde in ginocchio accanto al corpo esamine di Kazutora. Pochi istanti e Choji, con l’inseparabile mascherina, gridò all’attacco, in testa al suo squadrone, pronto a finire il lavoro.
Kan si guardò alle spalle, i combattimenti erano ricominciati, quelli della Toman stavano cercando disperatamente di crearsi un varco per andare ad aiutare il loro Comandante, anche suo fratello era impegnato a tempestare di pugni Hanma, che per un qualche motivo incassava senza difendersi. E lei era immobile. Voleva che la Valhalla vincesse, ma non voleva che Mikey morisse, voleva mettersi in mezzo tra suo fratello e il suo nuovo amore per separarli, voleva…voleva… Un tonfo dietro a lei la costrinse a voltarsi, alzando lo sguardo vide Choji fuori combattimento, calpestato dallo scarpone bianco di un tizio.
“Tetta Kisaki, Capitano della Terza squadra della Tokyo Mani Gang.”
Ah dunque era lui quello che aveva sostituito Pah. Siccome negli ultimi tempi se n’era fregata di tutto, non l’aveva mia visto, però accidenti…quanto era forte per aver atterrato Choji con un colpo? Fece appena in tempo a porsi la domanda che uno spettro comparve dal nulla, armato di tubo di metallo, e atterrò l’appena nominato Kisaki con un colpo secco.
“Kei!” Sussurrò Kan, vedendolo lassù, radioso coi capelli neri al vento e la giacca che gli calzava bene come non mai. Ma allora era davvero dalla parte della Valhalla! E aveva appena atterrato l’ultima speranza della Toman! Però…dietro di lui…
“KEI, ATTENTO!” Gridò lei per avvertirlo, ma non fu abbastanza veloce, il Vice di Kisaki lo afferrò per il coletto e lo scaraventò giù dalla montagna. E lui non la prese affatto bene. Si rimise in piedi subito, pronto a risalire, ma Chifuyu gli si parò davanti a braccia spalancate, chiedendogli di non farlo. In quel momento, Kan sentì una voce gridare “PUTTANA TRADITRICE, NON HAI MOSSO UN DITO PER AIUTARE LA TOMAN!!!”, fece appena in tempo a voltarsi e vedere un ragazzo correre verso di lei. Lo riconobbe, era un idiota della Prima squadra a cui una volta aveva dato una ginocchiata nelle palle durante una riunione. Si sentiva pesante come il piombo e non riuscì a reagire, solo lo vide sempre più vicino, fino a quando il suo pugno non le si abbatté sulla testa e tutto diventò nero.
*
 
Fortunatamente si riprese dopo pochi minuti, il suo sguardo incontrò l’azzurro del cielo e poco alla volta nella sua visuale entrò un altro tipo di azzurro…quello dei capelli di Angry.
“Stai bene?” La sua voce era preoccupata, nonostante l’espressione perennemente incazzata, e i suoi occhi erano buoni come li ricordava. Era da settimane che non si parlavano, per causa sua. Lui aveva continuato a scriverle e a chiederle di uscire insieme, ma lei ogni volta aveva rimandato perché troppo assorbita dai nuovi amici. E adesso lui era lì ad aiutarla e a prenderla fra le braccia per farla rialzare. Come amica si sentiva una schifezza.
“Dov’è quel figlio di putt-” Fece per chiedere, sentendo la rabbia montarle alla testa ricordando cosa era successo, ma Angry le spezzò la frase. “Ci ho pensato io. Non mi importa da che parte stai, nessuno può fare del male alla mia amica del cuore.”
Era un tesoro. Un vero tesoro. Il momento della riconciliazione però fu breve, bastò che Kan guardasse oltre la testa di Angry per assistere ad una scena inaspettata. Un momento Hanma era sorridente e stava sfottendo Mikey e quello dopo era a terra privo di sensi, per aver ricevuto un calcio atomico alla testa. Scivolò dalle braccia di Angry e corse da lui, gettandosi in ginocchio.
“SHU! SHU SVEGLIATI, PER FAVORE!” Lo mosse per farlo mettere disteso e gli fece poggiare la testa sulle proprie gambe a mo’ di cuscino. Con la mano massaggiò la parte colpita, per quanto inutile fosse dopo la batosta che aveva preso.
“Shu, coraggio… Dì qualcosa…” Muoveva la mano ritmicamente, senza capire bene cosa stava facendo, parecchio agitata. Il problema è che non fu l’unica… Dopo i primi istanti di silenzio per la scena sbalorditiva, tra i ragazzi della Valhalla scoppiò il panico e molti di loro se la diedero a gambe. Kan si guardò attorno, ancora più spaventata. “No… Non andate via! Ragazzi, aspettate! Shu ha bisogno di aiutooo!” L’ultima parola la gridò, senza che nessuno la badasse anche solo di uno sguardo.
Come se questo non bastasse, si aggiunse anche un altro scontro diretto tra Mikey e Kazutora. Nessuno dei due era lucido, mentre Kazutora aveva messo su uno sguardo folle di chi ha bisogno di una pasticca per calmarsi, Mikey era calmo solo in apparenza e questo lo rendeva ancora più spaventoso. Gli bastò un pugno potente…e atterrò Kazutora senza battere ciglio.
“Se hai in mente di distruggere solo le cose a cui tengo…ti distruggerò qui seduta stante.”  Lo calciò via più volte, come stesse giocando con una lattina vuota per la strada. Poi si mise cavalcioni su di lui e lo afferrò per il collo. E subito partì la scarica di pugni.
“Dannazione.” Sibilò Kan tra i denti, non avendo idea di come gestire quella situazione sempre più vorticosa. Guardò il volto esamine di Hanma, poi quello di Kazutora sotto attacco. Non aveva scelta, per quanto difficile dove muoversi da lì. Facendo attenzione posò il capo di Hanma a terra.
“Torno presto, amore mio.” Gli sussurrò, mentre si alzava in piedi, quindi con uno slancio corse verso Mikey e gli si gettò sulla schiena, iniziando a colpirlo con tutta la forza che aveva.
“LASCIALO STARE, MIKEY!” Ringhiò, continuando a colpire, ma lui era come in trans, aveva lo sguardo fisso e il suo braccio non cessava di tirare pugni alla faccia sempre più martoriata di Kazutora. Allora cambiò strategia, lo afferrò per il busto e si fece forza per tirarlo indietro. Per quanto ci provasse, non riusciva a smuoverlo. Si voltò e gridò verso il fratello. “KEN, VIENI AD AIUTARMI!” Ce la stava mettendo tutta, ma ogni sforzo risultava inutile.
“KEEEN!” Di nuovo si volse e si rese conto che suo fratello era ancora là a guardare, senza avere nessuna intenzione di muoversi. Per la prima volta, si sentì abbandonata da tutti. E intanto il pungo di Mikey continuava a picchiare meccanicamente.
“MIKEEEY!” Un grido squarciò il silenzio e finalmente il braccio di Mikey si fermò.
Visto che si alzò in piedi, Kan ne approfittò per staccarsi da lui e chinarsi su un Kazutora talmente provato dai colpi da far fatica a respirare. Per come era ridotta la sua faccia, Kan non aveva idea di dove mettere le mani senza fargli male. Era spaventata, non sapeva cosa fare, stavano succedendo troppe cose che non aveva previsto e la sua mente era più confusa che mai. Con le mani avvolse la testa di Kazutora, forse nel tentativo di dargli conforto, anche se era più lei ad averne bisogno. Avvicinò il viso ai suoi capelli e si mise a bisbigliare. “Non ti farà più niente… Stai tranquillo..”
Lei parlava e contemporaneamente sentiva delle voci, ma non riusciva a capire cosa stessero dicendo. Alzando lo sguardo si accorse che lì in piedi davanti a loro c’era Baji. Aveva del sangue che gli usciva dalla bocca, non sapeva perché, non l’aveva visto per tutto il combattimento, non sapeva cosa gli fosse successo…o perché adesso avesse un coltello a serramanico in mano. E poi vide qualcosa che non sarebbe mai riuscita a cancellare dalla mente. Impugnando il coltello con entrambe le mani, Baji alzò le braccia e riabbassandole velocemente andò ad affondarsi la lama nel ventre, per poi cadere all’indietro. Per lei fu troppo. Non cercò di fermare Kazutora quando sfuggì al suo tocco per rimettersi in piedi, non guardò dove andava, non fece nulla…solo restò lì inginocchiata a terra e tremante. Poco dopo, Baji morì fra le braccia di Chifuyu.
Mentre era lì inerme spettatrice, ascoltò i discorsi sul campo, il coraggio di Takemichi trovato chissà dove per fermare Mikey da un altro attacco di furia omicida nei confronti di Kazutora, il racconto di Mikey sul giorno in cui fu fondata la Toman… Sia per lui che per gli altri era un ricordo felice, solo lei quella volta l’aveva presa male…e a ben vedere. Aveva dimenticato che per celebrare la fondazione della gang il gruppo aveva acquistato un omamori. Forse perché lei in quel momento si era allontanata per capriccio e Mikey era venuto a cercarla a cose fatte… Si era persa un pezzetto del grande avvento (!)…cazzo che amaro in bocca sentiva, ripensandoci. Ora che si era un po’ calmata, le tornavano in mente tutte le brutte faccende avvenute dal momento in cui era nata quella fottuta gang. Tutte le litigate con Mikey, tutti i tira e molla perché lui la metteva al secondo posto, il fatto che Kazutora per procuragli una moto degna di un Comandante si era intrufolato in un negozio a notte fonda e così si era consumata la tragedia della morte di Shinichiro…e adesso anche Baji era morto. Ogni dannato problema negli ultimi anni era riconducibile alla Tokyo Manji Gang.
Sentendo una mano posarsi sulla sua spalla, ebbe un piccolo sussulto. Sollevò la testa e vide Hanma, aveva dei graffi sul viso e teneva una spalla un po’ sollevata, però tutto sommato sembrava stare bene. Meno male…
“Ce ne andiamo? Si sentono le sirene in lontananza, meglio sloggiare.”
“Scusa…”
Hanma inarcò leggermente le sopracciglia.
“Io non ho ancora finito qui… Tu vai pure…” La voce di Kan era stranamente calma, ma nei suoi occhi c’era qualcosa di strano, come se una fiamma stesse pian piano bruciando nelle sue iridi.
“Sei sicura?” Provò a chiederle, ma lei volse lo sguardo altrove, facendogli capire di avere già perso la sua attenzione. Un po’ gli diede fastidio. La vibrazione del telefono che aveva in tasca lo richiamò ad altro, lo recuperò e lesse il messaggio di Kisaki.
[Lasciala perdere, adesso non ha tempo per te. Ci penserà qualcun altro a portarla via.]
Diretto ed efficace come sempre. Però, per come stavano le cose, doveva aver ragione. Infastidito, schioccò la lingua, quindi mise via il telefono e se ne andò. Esattamente come fecero anche tutti gli altri presenti, non appena Kazutora dichiarò di restare e assumersi la responsabilità di quanto successo.
Rimase solo, accanto al corpo senza vita di Baji, come un’anima in pena…mentre le sirene della polizia si facevano sempre più forti. Non c’era tempo.
Kan gli porse la mano. “Tora, andiamo.”
“Non hai sentito? Ho detto che rimango con Baji.” Rispose a bassa voce e con lo sguardo fisso sul volto del caro amico perduto.
“Non me ne frega niente. Tu vieni con me. Non ti farò arrestare.”
“Io….non posso… Lui è morto per me…non posso abbandonarlo qui…”
Allora Kan si alterò. “Cazzo, Tora! E’ proprio questo il punto! L’ha fatto per salvarti! Se rimani qui il suo sacrificio non avrà alcun senso!”
Kazutora sfiorò con le dita una ciocca di capelli neri di Baji, sprofondando sempre più nell’autocommiserazione. “Ho creato solo guai a tutti… Non posso biasimarli se mi odiano…”
“Chi ti odia non capisce un cazzo!” Lo afferrò per il braccio, ancora più convinta a portarlo via con sé. “Non me ne vado senza di te, mettitelo in testa! Gh-” Un singhiozzo le spezzò la voce e in un attimo la vista venne offuscata dalle lacrime. “Ti prego…Tora…”
Finalmente lui risollevò lo sguardo e le sorrise dolcemente. “Hai sempre fatto tanto per me! Scusa se ti faccio solo preoccupare!”
“Non importa! Vieni via! Sistemeremo tutto!” Aveva fretta. Da un momento all’altro sarebbero comparsi i poliziotti e lei doveva trovare il modo di trascinarlo via, ma lui sembrava non capirlo.
“Mi hai tenuto compagnia con le tue lettere per due anni…mi hai dato speranza…e quando sono uscito dal riformatorio tutte le tue attenzioni sono state per me!” I suoi occhi divennero lucidi. “Ti ringrazio, Kan… Sei stata l’amica più buona e gentile che potessi desiderare! Non smetterò mai di pensarti!”
Kan smise di tirargli la manica della giacca, lentamente si mise in ginocchio accanto a lui, le lacrime avevano cominciato a rigarle il viso. “Se sai di essere importante per me, perché mi fai questo? Se vieni via con me, ti prometto che romperò con Mikey! Lo farò davvero!” Lasciò andare la giacca e fece risalire la mano lentamente, fino a posarla sulla guancia di lui. “Io ti voglio bene…”
“Anch’io ti voglio bene…” Si coccolò contro quella mano. “Ehi Kan, mi fai una promessa?”
“Qualunque cosa, ma adesso andiamo!”
Kazutora la guardò negli occhi e disse semplicemente: “Sono sicuro che lascerai Mikey! Ho sempre saputo che non è quello giusto per te. E quando lo avrai fatto…promettimi di essere felice con Hanma, va bene?”
Kan non fece in tempo a dire nulla, all’improvviso si ritrovò sollevata da terra dalle forti braccia di suo fratello e caricata sulla sua spalla come un sacco.
“No. Ken mettimi giù. Mettimi-” D’istinto cominciò a tiragli dei pugni alla schiena nel tentativo di farlo crollare. “HO DETTO METTIMI GIU!!! KEN, LASCIAMI!” I colpi non funzionavano e aveva anche le gambe immobilizzate da quanto gliene teneva strette, nemmeno dimenandosi riuscì a farlo vacillare. Allungò un braccio e ricominciò a gridare. “TORAAA! VIENI CON ME!”
Lo sguardo di lui stava tremando a causa delle lacrime, eppure sulle sue labbra continuava ad esserci quel lieve sorriso che dedicava solo a lei. Per quanto Kan gridasse, lui era fermo lì, perché sapeva che era la cosa giusta da fare. Aveva commesso errori troppo gravi e doveva scontarli. Era straziante vedere la sua migliore amica così, il suo viso contratto e bagnato di lacrime, la sua voce che usciva a pieni polmoni e che perfino le sirene delle volanti faticavano a coprire. Ma rimase fermo dov’era, sorridente, mantenendo il contatto visivo con lei fino all’ultimo istante. Poi Draken svoltò l’angolo dell’uscita. Ora che sapeva che lei era al sicuro, era pronto a farsi arrestare. Tornò a guardare Baji, il suo volto era livido, i rivoli di sangue usciti dalla bocca si stavano già seccando. Una vita stroncata.
“Se solo fossi riuscito a ricambiare i tuoi sentimenti d’amore…forse questo non sarebbe successo… Perdonami Baji…” Sussurrò, mentre i poliziotti piombavano all’interno della discarica, dall’entrata alle sue spalle.
Fuori dalle mura, Kan continuava a gridare e tirare pugni sulla schiena del fratello come una furia. Per un po’ lui portò pazienza, ma poi, con la schiena dolorante e i timpani che sventolavano bandiera bianca, dovette necessariamente agire per farla smettere. Altrimenti detto, le assestò una grossa sculacciata che le fece emettere un suono tipo quello di un cagnolino a cui viene calpestata per sbaglio una zampina.
“Se non la pianti di urlare, arresteranno anche noi, cretina.” Doveva essere duro per forza.
“Ma… Ma Tora… Non merita di essere abbandonato così!” Aveva gridato  e pianto così tanto che la sua voce era parecchio distorta e faceva fatica a pronunciare bene le parole.
Visto che si erano allontanati un po’ e il vicolo dove si era imbucato di proposito era deserto, Draken concesse una tregua ad entrambi e fece scendere la sorella dalla propria spalla. Non c’erano pericoli che facesse una pazzia, con tutto quel dimenare le sue forze erano diminuite. In quel momento era meglio così. La avvolse in un abbraccio e la strinse contro il petto, dove lei rincominciò a piangere.
“In qualche modo ne usciremo insieme, te lo prometto.”


Continua nel Capitolo 24: [Take My Hand]!
Una battaglia così lascia delle conseguenze...

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Chapter 24: [Take My Hand] ***


Chapter 24
[Take My Hand]
 
Tre scatole colorate. Lo stesso giorno in cui avvenne la battaglia, poi denominata ‘Bloody Halloween’, Kan si fermò in un convenience store ad acquistare tre scatole, incurante di avere addosso ancora l’abbigliamento da gang, incurante degli occhi gonfi che le davano problemi alla vista, incurante di ogni sguardo e ogni bisbiglio della gente che la attorniava. Una volta tornata a casa dei suoi genitori, senza dire una parola si era chiusa in camera e aveva riempito minuziosamente quelle tre scatole con tutti i ricordi che voleva accantonare. Aveva iniziato da quella azzurra, dove aveva riposto foto e regali e quant’altro fosse legato ai vecchi amici della Toman, poi quella gialla, ricolma delle lettere e delle vecchie foto di Kazutora. Ed infine quella rossa, per conservare i ricordi di una storia d’amore un tempo felice e che poi si era deteriorata col passare del tempo, fino a ridursi in frantumi. Ogni oggetto che si ritrovava in mano era un ricordo ben preciso, che inevitabilmente riaffiorava e le stringeva il cuore in una morsa. Le ultimissime cose che inserì, furono i monili a forma di dolcetti che Mikey aveva fatto fare appositamente per lei in determinate occasioni. Gli orecchini coi lecca-lecca rosa, il bracciale con un waffle al miele pendente e la catenina con il ciondolo dorayaki. Dei regali che erano stati fatti col cuore dal ragazzo che amava, Manjiro, prima che lui venisse soppiantato dalla personalità dominante dell’Invincibile Mikey. Per tutto il tempo li aveva tenuti con cura dentro a dei sacchettini in tessuto, assieme ai dolci ricordi che rappresentavano. La mano le tremò leggermente quando li accarezzò un’ultima volta, in un silenzioso addio. Il rumore sordo del coperchio sigillò quel passato che non sarebbe più tornato, dopo di che le tre scatole finirono in fondo all’armadio.
Ciò che era accaduto quel giorno venne riportato anche nei telegiornali locali e, tanto per cambiare, i genitori le diedero una bella lavata di capo. Frasi come ‘devi pensare al tuo futuro’, ‘ecco a cosa è servito frequentare quei delinquenti’, la spinsero solo a chiudersi ulteriormente in se stessa, a non rispondere a nessun messaggio o telefonata e a saltare la scuola. Concedeva qualche parola solamente a suo fratello, l’unico ad avere il numero fisso di casa e a contattarla giusto la sera per chiederle come stava e darle la buonanotte. Il suo mondo si era fermato, attorno non vedeva altro che il nulla. Non andò nemmeno al funerale di Baji.
Dormire. Dormire era l’unica cosa che voleva fare, l’unica cosa che l’aiutava a non pensare a niente e ad isolarsi dalla realtà. Fin quando qualcuno non riuscì a distruggerle anche quella via di fuga… Dapprima percepì un lieve tepore contro il corpo, la dolce stretta di un abbraccio, il caldo respiro contro l’orecchio e una voce sussurrata.
“Amore…ti amo tanto…”
Un viso tiepido sfiorò il suo e la voce tornò a parlare. “La porta era aperta e sono entrato. I tuoi non sono in casa. Scusa se ti sveglio, ma devi prepararti…andiamo a salutare Baji.”
La doccia fredda della realtà, il paletto di ghiaccio conficcato nel cuore, il fulmine dentro il cervello. In un momento riaffiorò quell’immagine agghiacciante di Baji che si conficca un coltello nel ventre, subito seguita dall’eco delle sirene della Polizia, la stretta di suo fratello mentre la portava via e…il viso a stento sorridente di Kazutora che si allontanava sempre più… Kan ebbe un fremito e balzò via da quel tocco come se avesse preso la scossa.
“Amore, stai bene? Ti ho spaventata?”
Come faceva a starsene lì, con quella faccia tosta, come se fosse tutto a posto? Perché era venuto lì anche se lei aveva ignorato i suoi contatti? Perché? No, lasciarsi prendere dall’isterismo avrebbe solo peggiorato le cose. Prese un lungo respiro e si calmò all’istante, se voleva eliminare Mikey dalla propria vita, era quello il momento di farlo.
Andò di fronte all’armadio, lo aprì e si chinò per afferrare la scatola rossa, quindi si voltò verso di lui. “Prendi.”
Mikey scivolò giù dal letto e obbedì senza fare domande.
“Adesso vattene e non farti più vedere.”
“Che? Amore, che dici? Cosa c’è qui dentro?”
Aveva messo su quell’espressione da bambino che lei in genere trovava buffa, quella con gli occhi spalancati e la bocca a forma di ‘o’. Peccato che non bastasse così poco a fermarla.
“E’ finita, Mikey. Ti sto lasciando. E ti restituisco tutto ciò che riguarda noi due.”
Lui non riuscì a reagire, solo si limitò ad ascoltare la sua voce ferma e fredda come l’inverno.
“La nostra storia è già finita da tempo, non so perché ci siamo trascinati fino ad ora. Ma adesso basta. Non voglio più avere niente a che fare con te e con la tua fottuta gang.”
“…se ne parliamo…possiamo sistemare…” Non sapeva nemmeno lui perché lo stava dicendo.
Kan buttò fuori una mezza risata. “Sistemare? E’ già tanto se non ti uccido, maledetto bastardo! Ce l’hai messa tutta per rovinare il nostro rapporto! Io non-” Si portò una mano alla fronte e serrò le labbra alcuni istanti, prima di sospirare. “Volevo risparmiartela ma mi hai fatto girare le palle! In questi anni non hai fatto che riempirmi la testa di stupide promesse che non avevi intenzione di mantenere! Tu che metti la testa a posto e diventi Maestro di arti marziali e un buon marito? Mi sento un’idiota per averci creduto!” Mise le mani in avanti e le agitò. “Ma non è tutto! Questa devo dirtela! Tralasciando quest’ultimo periodo che ti ho cornificato con Hanma e Kazutora, tu non avevi idea che io ti avessi già tradito in passato, vero? E con persone che conosci! Ah ah! Pazzesco! Tu che hai sempre messo la Toman al primo posto nella tua vita, hai a che fare ogni giorno con dei cretini che non si sono fatti problemi a provarci con me non appena tu giravi lo sguardo! Con uno ci sono perfino andata a letto una volta che mi avevi fatta incazzare per non ricordo quale motivo!”
Lo sguardo di Mikey ebbe un tremore e pian piano cominciò a farsi vuoto.
“Non ti dico i nomi, scoprilo da solo se ne hai voglia!” Kan gli si avvicinò e lo guardò dritto negli occhi. “D’ora in poi, ogni volta che parlerai con qualcuno che consideri tuo amico o tuo compagno, prova a chiederti se è stato lui a farmi una dichiarazione. O a baciarmi. O a scoparmi! La verità è che sei solo lo zimbello di tutti, caro il mio Invincibile Mikey!”
*
 
Draken era sul punto di crollare. Non era uno in grado di negare un favore ad un caro amico e quindi aveva agito senza rendersi conto di cosa stava affrontando, ma adesso stava seriamente raggiungendo il limite. Passo dopo passo, coi piedi che gli sembravano di piombo e la mente sempre più stordita, guardava quella porta come se fosse il collegamento col Paradiso. Doveva farcela, mancava poco. Mitsuya inserì la chiave nella toppa e…finalmente Draken poté far scendere dalle braccia le piccole Mana e Luna e con loro tutte le chiacchiere e i capricci ininterrotti che lo avevano rincitrullito per una ventina di minuti!!!
Le piccole furono le prime a correre dentro, seguite da Mitsuya che si raccomandò di lavare bene le mani prima di fare merenda. Posò i due zainetti accanto alla porta, poi si volse verso Draken e gli scappò un sorriso. “Sembri sconvolto!”
Sguardo fisso, Draken si muoveva come un automa. “Credevo di essere pronto… E’ da tutta la vita che sono circondato da ragazze pettegole e capricciose…ma le tue sorelline le battono tutte.”
“Pff! E io che ero contento di vedere che hanno superato la paura nei tuoi confronti!” Gli fece un cenno col capo in direzione dell’angolo cottura e il frigorifero. “Preparo qualcosa? O preferisci una limonata fresca?”
“Limonata, grazie.”
“Mh! Vai a sederti, ti raggiungo subito!” Per prima cosa si occupò di prendere dalla credenza due pacchettini di biscotti al burro, che consegnò quasi subito alle sorelline venute di corsa come un uragano per poi sparire alla stessa velocità e andare a giocare in camera da letto, poi versò due bicchieri di limonata e raggiunse l’amico al tavolino della sala adiacente.
Draken afferrò il bicchiere e ne bevve un lungo sorso, rigenerandosi. “Ahh molto meglio! Però ti confesso che lo rifarei! Quelle due sono parecchio chiassose ma anche adorabili!” Lo aveva detto sorridendo, ma ecco che quel lieve sorriso si spense subito. “Goditele fin che sono piccole, quando cresceranno ti daranno un sacco di pensieri.”
Mitsuya aveva capito l’antifona. Abbassò lo sguardo sul proprio bicchiere. “Ti ho invitato per parlarti di una cosa…”
“Riguarda la scenata di ieri di Mikey?” Scosse il capo, contrariato. “Odio ammetterlo, ma la responsabile è solo mia sorella. Non posso credere che lo abbia scaricato prima del funerale. E quella storia dei tradimenti poi…tsk, ci credo che Mikey ha dato di matto, cazzo.”
Era stata una scena penosa che nessuno avrebbe dimenticato tanto presto. Mikey si era presentato al funerale tenendo stretta tra le braccia una scatola rossa e per tutta la funzione non aveva mosso lo sguardo lo sguardo e tantomeno parlato con qualcuno. Non aveva nemmeno fatto le condoglianze alla signora Baji. Poi al termine, quando furono usciti tutti dalla struttura, era esploso come una bomba, gridando frasi sconnesse e accusando chiunque di aver allungato le mani sulla sua ragazza. Il caos totale. Era stato Draken ad intervenire per primo per calmarlo e a farsi spiegare cosa diamine gli fosse preso, allora era saltato fuori tutto e la voce si era sparsa a macchia d’olio, non solo tra i membri della Toman presenti. Alla sera ovviamente aveva telefonato a sua sorella per dirgliene quattro, ma lei gli aveva sbattuto il telefono in faccia. Che cazzo di situazione.
“Draken io…devo confessarti una cosa…” Fissò intensamente le bollicine della limonata che salivano in superficie e scoppiavano. “Sono…uno dei traditori…”
Ci fu un lungo momento di silenzio prima che Draken parlasse. “Cosa intendi?”
Dal tono non sembrava arrabbiato, però con una bomba del genere chi poteva dirlo. Per questo Mitsuya scelse con cura le parole e cercò di fingersi tranquillo. “E’ successo in quel periodo in cui Kan era attiva nella gang ed era troppo severa con tutti. Non sopportavo di vederla così…allora le ho proposto di lasciare Mikey e mettersi con me…” E precisò con più enfasi. “Le cose tra loro andavano già male  e io ero convinto di provare quel tipo di sentimento per lei!”
Lo sguardo di Draken era imperscrutabile. “Vai avanti.”
“Ecco…l’ho baciata…e poi ci siamo visti qui a casa mia…” Inutile continuare a fingersi calmo, aveva una fifa blu per come avrebbe potuto reagire il colosso seduto lì vicino! Però la sincerità era la strada giusta, quindi si fece più serio e proseguì. “Non abbiamo fatto molto. Lei mi ha rifiutato e si è presa gioco di me, in realtà. Ma questo mi ha aiutato a capire delle cose di me stesso che erano confuse. In un certo senso le sono grato.”
Draken lasciò un profondo sospiro, come rassegnato. “Quanti guai ha combinato quella scema... Ti chiedo scusa per lei, Mitsuya.”
Wow era andata di lusso! Temeva di essere pestato e invece!
“Ma no, non scusarti! Diciamo che è stato un malinteso tra me e lei! Ma ti confesso che non riuscirei a dirlo a Mikey…”
“Sono io a pregarti di non farlo. Peggioreresti le cose. Mikey adesso è uno straccio, ha solo bisogno che i suoi amici gli stiano accanto. Ha preso una mazzata da paura.”
Mitsuya fece un piccolo cenno col capo. “Comprendo. Mi aspettavo che tra loro finisse prima o poi, ma sentirsi dire certe cose deve essere devastante.”
“Tu sei mai stato innamorato?”
Quella domanda improvvisa lo fece sobbalzare leggermente e si sentì le gote accaldate. “Io? Ah…sì! C’è una persona che amo da tanto tempo… Anche se non glielo ho mai detto…”
Draken aggrottò le sopracciglia. “Hakkai?”
“No, non è lui!!! Ma perché siete tutti convinti che siamo una coppia?” Trasalì.
“Ah… Deve essere stata l’influenza di Kan… Lo diceva in continuazione e me ne ero convinto.” Scosse il capo. “Ad ogni modo, stai molto attento. Se c’è una cosa che ho capito dalle persone che ho attorno, è che le faccende sentimentali sono un gran casino.” Afferrò nuovamente il bicchiere e finì di bere la limonata rimasta in un unico sorso.
Mitsuya lo osservò timidamente, quei discorsi gli stavano facendo venire voglia di fare un passo avanti. Magari… “Sai, vorrei dichiararmi a questa persona, ma ho paura di rovinare tutto. Siamo molto legati, è un rapporto fraterno…e temo di non essere ricambiato.”
Draken ridacchiò appena. “Le tue preoccupazioni sono giuste! Io invece sono solo un codardo! Non so quanti secoli dovranno passare prima di riuscire a dichiararmi alla ragazza che mi piace!”
Cosa aveva detto. La ragazza che gli…? Ma certo. Certo. Mitsuya si portò una mano al petto, sentendo una fitta, ma ugualmente si sforzò di sorridere. “Una ragazza eh?”
“Sì ma non parliamone più! Anzi ora è meglio che vada da Mikey. Quel cretino potrebbe fare delle pazzie nello stato in cui si trova.” Si rialzò dal morbido tappetino di lettere colorate, dandosi la spinta con la mano. “Comunque non preoccuparti per quella faccenda. Non hai niente per cui sentirti in colpa e io non lo dirò a Mikey. Stai sereno.”
“Mh. Grazie.” Altro che preoccuparsi, nel giro di un minuto l’aveva già dimenticata quella faccenda. Adesso aveva ben altro a cui pensare. Per lo meno Draken si avviò da solo verso la porta, risparmiandogli una figuraccia, visto che il quel momento le gambe non lo avrebbero sostenuto se si fosse alzato in piedi.
Sulla soglia, Draken lo salutò. “Ci si vede allora.” E si richiuse la porta alle spalle.
Mitsuya si sentì tremare dalla testa ai piedi. Lo sapeva. Lo sapeva chi era la ragazza di cui Draken aveva parlato. Ne aveva già avuto il sospetto, solo che sentirselo dire così all’improvviso lo aveva annientato. Lo sapeva che Draken lo vedeva come un fratello e nient’altro. Lo sapeva da sempre, però… Sentì il telefono vibrare nella tasca, lo prese automaticamente e se lo portò all’orecchio.
Taka-chan! Posso venire da te? Ho preso dei dolcetti! Possiamo mangiarli assieme alle bambine!
La voce di Hakkai arrivò calda e squillante dall’altro capo del telefono.
“Hakkai… Hic hic…” Il pianto lo assalì senza possibilità di fermarlo.
Taka-chan? Stai male? E’ successo qualcosa?
“Sniff…no io…” Si passò una manica sugli occhi, le lacrime continuavano a scendere copiose. “Hakkai… Sono un idiota illuso…”
Arrivo tra cinque minuti, aspettami.
Lo aveva sempre saputo che quel sentimento non sarebbe stato ricambiato, per questo non aveva intenzione di dirglielo. Ma sapere che lui amava un’altra era...era...
*
 
I patti erano chiari, doveva tornare a scuola e ricominciare a studiare, in vista degli esami che si sarebbero svolti il prossimo febbraio. Non era così presto come si potesse credere, da novembre a febbraio il tempo sarebbe volato. Perciò, il giorno dopo aver scaricato Mikey, Kan si mise di buona lena sui libri per recuperare le materie saltate nei quattro giorni di assenza ed essere pronta per tornare al venerdì. Mentre si esercitava con un nuovo argomento di matematica, di cui avrebbe necessitato degli appunti dei compagni e forse una lezione supplementare dall’insegnate, sua madre entrò nella stanza con un’espressione cupa. Era sempre stata una donna fredda e distaccata, comunque.
“Fuori ci sono due teppisti che insistono per vederti. Gli ho detto di andarsene ma non mi danno retta. Devo chiamare la Polizia?”
Kan sospirò e abbandonò la matita a mine sopra il foglio con l’esercizio a metà. “No, vado a vedere chi sono. Faccio presto.”
“Ora che ne sei entrata, sarà dura uscire da quel mondo. Stupida ragazzina.” Le ultime parole le disse tra i denti con disprezzo.
Kan la ignorò, negli anni si era sentita dire di peggio, anche prima di conoscere suo fratello gemello ed entrare nel mondo dei teppisti di cui lui faceva parte. Ormai aveva fatto il callo. Mentre attraversava il corridoio del reparto notte, si chiese chi poteva esserci alla porta. Che fosse qualcuno mandato da Mikey per supplicarla di tornare? Aveva letto i suoi messaggi disperati, le sue parole d’amore…la cercava di più adesso di quando erano fidanzati. Quanto lo odiava. Quel pensiero le fece ribollire il sangue, adesso era intenzionata a colpire in faccia i deficienti che si erano presentati a casa sua e lasciare un bel messaggio di risentimento per il loro Comandante. Giunta all’ingresso afferrò la maniglia della porta con decisione e quando l’aprì… Un’intensa nostalgia l’attraversò, come una forza invisibile e benevola, riportando alla luce ricordi lieti di giorni spensierati, di grandi risate e di piccoli azzardi. Rivedere i due volti cari la fece commuovere, in uno slancio emozionale gettò le braccia al collo dei due amici, mentre delle lacrime silenziose e calde le bagnavano il viso.
Chome sbarrò gli occhi per la sorpresa, ma fu contento di quel gesto di affetto, mentre Chonbo rischiò di commuoversi a sua volta. Rispose all’abbraccio dell’amica e sussurrò emozionato. “Ci sei mancata, Kan!”
Rimasero così per alcuni minuti, poi lei li invitò ad entrare in casa.
“Non avevi detto che li avresti cacciati?” La madre comparve come un fantasma, lo sguardo aguzzo e pieno di odio per i nuovi arrivati.
“Loro sono Chome e Chonbo, miei cari amici. Ehm…possiamo usare il salotto per parlare?”
Chonbo fece un piccolo inchino cortese. “Chiedo scusa per il disturbo, non restiamo per molto.”
La donna strinse i pugni ai fianchi, indispettita più che mai, e sibilò. “Fate come mi va pare.” E si dileguò dalla parte opposta della casa.
Kan guidò gli amici nel salotto, un ambiente raffinato in stile occidentale caratterizzato da pesanti tendaggi e tappeti lavorati a mano. I tre presero posto su un ampio divano in pelle.
“Come state, ragazzi?” Esordì Kan, quasi timidamente. Era difficile fare l’amicona dopo tutto quello che era successo.
Chonbo rispose. “Noi bene. Anche gli altri…quasi tutti sono ok.”
“Abbiamo sentito Kazutora.” Aggiunse Chome. “Siamo riusciti a telefonargli.”
Kan fu attraversata da un brivido. “Che cosa ha detto?”
Chome alzò le spalle. “Ormai è di casa, si è già abituato alla cella. Però stavolta non credo se la caverà con due anni.”
“E’ presto per la sentenza, ma non ne uscirà presto, questo è sicuro.”
Kan si strinse le mani in grembo, il peso che aveva sul cuore quasi le dava difficoltà a respirare. “Io…non ho fatto niente per contattarlo… Non ho parlato quasi con nessuno. E’ stato tutto così…” Non le venne la parola giusta, rimase a bocca aperta alcuni istanti e poi lasciò perdere.
Chonbo posò una mano sulle sue. “E’ stata dura per tutti. Quando ho visto che non rispondevi ho capito che avevi bisogno di tempo. Però io e Chome eravamo preoccupati e abbiamo chiesto in giro dove abitavi.”
Kan accennò un sorriso sincero. “Grazie, sono felice che mi abbiate trovata!”
E di nuovo Chome fece un’aggiunta. “Non sei l’unica difficile da rintracciare! Anche Hanma ha risposto poco mentre era in ospedale e dopo ha spento proprio il telefono!”
“Ospedale? Di che stai parlando?” Chiese di getto lei, allarmata.
Chonbo inarcò leggermente le sopracciglia.  “Non lo sai? E’ stato ricoverato qualche giorno, subito dopo la battaglia.”
“Ricoverato? Ma se l’ho visto uscire sulle sue gambe! Non stava male! Che storia è?” Rendendosi conto di aver alzato un po’ troppo il tono, si diede un contegno, anche se l’agitazione era impossibile da placare. “Sono sicura che non mi ha cercata in questi giorni. Non mi ha scritto né telefonato. Se mi avesse detto che stava male io…”
Ora Chonbo le diede due colpetti rassicuranti sulle mani ancora unite. “Non è grave. Per farla breve, mentre ci stavamo allontanando dalla discarica ha iniziato a sentire un forte dolore al collo e in pochi minuti non riusciva più a muovere né quello né il braccio. Lo abbiamo accompagnato in ospedale e i dottori hanno detto che il blocco era dovuto al forte calcio ricevuto. Il giorno dopo ha scritto un messaggio globale per dire che lo ricoveravano due giorni e gli avevano messo un collare.” Si fermò un istante e ridacchiò. “Ha scritto anche che non voleva visite o ci avrebbe rotto il culo una volta guarito!”
Suo malgrado, anche a Kan sfuggì un mezzo sorriso. “Lo prendo come un segno che non sta troppo male! Però voglio andare a trovarlo. Sapete dove sia casa sua?”
I due si guardarono e poi Chonbo rispose. “Non lo sa nessuno. E’ risaputo che lui è ‘Il Dio della morte di Kabukicho’, ma nessuno della Valhalla è mai stato a casa sua. Credo lo abbia tenuto nascosto per non mischiare la sua vita da teppista con quella privata.”
In effetti il giorno dell’appuntamento avevano camminato per il quartiere, ma lui non aveva menzionato di volerle mostrare casa sua. Il che significava che non erano ancora così intimi come lei pensava. Si sentiva in colpa per averlo liquidato sul campo, quando lui si era offerto di andare via insieme. Magari adesso la odiava, chissà. Doveva assolutamente trovarlo e chiarire.
*
 
La prima cosa che Kan fece appena arrivata a scuola, fu di parlare col Professore responsabile della sua classe e chiedere un cambio di posto in aula. La scusa ufficiale era quella di trovare una postazione migliore da cui seguire le lezioni, la verità invece era che voleva tenersi più lontana possibile dai posti in fondo dove c’era Mikey. O almeno, quando lui si fosse deciso a tornare a scuola. Non si sorprese di constatare che la notizia della loro relazione finita si era sparsa in velocità, casomai fu sorpresa di ricevere saluti da compagni che le erano sempre stati alla larga per paura o delle domande dirette ricevute da persone che prima a stento le rivolgevano la parola. Era passato così tanto tempo da quando si era sentita una normale studentessa… Prese accordi con alcuni compagni per gli appunti dei giorni precedenti e poi riuscì a seguire la lezione con interesse, senza doversi preoccupare che un certo qualcuno le toccasse le gambe di nascosto o la fissasse senza motivo mettendola in imbarazzo. Anche se quello sguardo non le era mai dispiaciuto davvero… Mikey trovava sempre mille modi di farle battere il cuore, anche quando non faceva nulla ai suoi occhi era un gran figo. Ok, forse non era stata poi così attenta durante la lezione, visto che i suoi pensieri erano rivolti al suo ex fidanzato! Poi suonò la campanella della pausa pranzo. Cominciò a sistemare le cose sul banco, quando sentì una grande mano posarsi sulla spalla. Si voltò di scatto e vide suo fratello torreggiare con un’espressione estremamente seria.
“Dobbiamo parlare.” Aveva tutta l’aria di essere un ordine.
Kan fece un cenno col capo, quindi infilò le mani nel ripiano sotto il banco e ne estrasse due bento. “Siediti qui con me, fratellone.” Sapendo che quel momento sarebbe arrivato, si era preparata. Il bello era che non aveva idea di quando suo fratello fosse entrato in aula e di sicuro alla prima ora non c’era.
Draken prese un sedia lasciata libera sul posto accanto e si accomodò di fronte la banco della sorella. Tolse il coperchio al bento e si rifece gli occhi con l’abbondanza di tempura, bocconcini di granchio in agrodolce e verdure in pastella. Ringraziò del pasto e afferrò con le bacchette un gambero fritto. Lo masticò minuziosamente, assaporandolo come fossero passati decenni. Invero nei giorni scorsi si era accontentato di merendine prese al distributore automatico. Posò le bacchette e lasciò un piccolo sospiro. “Senti… Non voglio litigare… Sono sicuro che avevi le tue ragioni per rompere con Mikey, però vorrei chiederti di ripensarci. Quel poveretto sta di merda. Non esce più dalla sua stanza e passa le giornate con quella scatola in mano, a rigirare la roba che c’è dentro.”
Kan deglutì un pezzetto di verdura e si passò la lingua sulle labbra, senza alzare lo sguardo su di lui. “Ci siamo già passati. Ma stavolta non tornerò indietro. Quindi digli di piantarla con quelle sceneggiate, che non è la fine del mondo.”
“Mh... Fosse facile… Lui ti ama davvero, Kan.”
“Lo so…” Temporeggiò con le bacchette sopra lo scomparto della tempura. “E’ il suo modo di dimostrarlo che è sbagliato. I suoi sentimenti per me non li metto in dubbio.”
“Sì, ecco… Per questo potresti perdonarlo.”
“Ken, te lo dico in modo che non ci siano più dubbi al riguardo. Mi sono innamorata di un altro.”
Di fronte  a tale confessione, lo sguardo di Draken tremò. “Chi?”
Kan dovette mordersi la lingua per non dirlo, o sicuro lui avrebbe fatto una scenata. “Te lo dirò prossimamente. Per ora ti basti sapere questo.”
“State insieme?”
“Non ancora… Sono successe un po’ di cose e…” Non poteva dirgli che non si erano più visti e non aveva idea se tra loro ci fosse ancora qualcosa, quindi rimase sul vago. “Ci stiamo lavorando.”
Stavolta Draken sospirò rumorosamente, dopo aver ingoiato altri due gamberi. “Quindi con Mikey è proprio finita eh?”
“Già…” Non c’era altro da aggiungere.
Dopo quella chiacchierata, la sua determinazione a vedere Hanma divenne più forte. Pazientare durante le ultime lezioni del pomeriggio fu complicato, ma appena suonò l’ultima campanella appioppò a suo fratello la cartella e corse via come se avesse il diavolo alle calcagna. Mentre viaggiava sul treno diretto alla fermata di Kabukicho, il cuore cominciò a batterle forte. Sapeva che per trovare la casa di Hanma c’era solo una persona che poteva aiutarla. Per sicurezza si era ripassata il percorso al computer, perciò una volta attraversato il famoso arco ai neon rossi, si diresse a passo sicuro verso il ristorante di ramen dove aveva mangiato con lui quella volta. Il proprietario la riconobbe subito e le regalò un ampio sorriso bonaccione. Lei gli spiegò brevemente la situazione e, come aveva immaginato, l’uomo fu ben lieto di farle una mappa improvvisata su un tovagliolo di carta, rassicurandola che avrebbe trovato facilmente ciò che stava cercando.
Così Kan si avventurò nelle pittoresche vie luminose del quartiere, senza paura e seguendo la via segnata a penna. Ad ogni punto di riferimento che incontrava si sentiva più leggera. E, passo dopo passo, finalmente arrivò a destinazione. Come gli aveva detto l’uomo, si trattava di una via dove c’erano case piuttosto vecchie, il che le rendeva meno costose. Era stato per questo che all’epoca il padre di Hanma l’aveva potuta acquistare a buon mercato. Comunque, Kan mi mise a contare le porte per non rischiare di sbagliare abitazione, fino a quando non arrivò di fronte a quella giusta. Piegò il tovagliolo e lo ripose nella tasca della gonna. Si diede una veloce passata di mano sulla divisa e sui capelli, anche se di fatto era già tutto in ordine. La porta in legno aveva decisamente bisogno di una sfregata e una pitturata, ora che la guardava. Lì accanto c’era il tasto del campanello, senza luce e senza targhetta. Bando agli indugi, lo premette.
Dopo una decina di secondi sentì dei passi avvicinarsi dall’interno e la porta si aprì di uno spiraglio. Un occhio scuro la scrutò qualche istante, poi la porta si aprì del tutto, mostrandole un uomo alto, dalle spalle larghe e il fisico possente, gli occhi neri come la notte e i capelli legati in un codino basso. Indossava una tuta da ginnastica con la giacca aperta da cui si vedeva la maglia con stampato il logo di una palestra. “Sì?” Aveva una voce grossa, anche.
“Ehm… Buonasera, scusi per il disturbo. Per caso abita qui Hanma Shuji?”
“E’ mio figlio.” Rispose secco lui.
Vedendo che la fissava, Kan si affrettò a  fare un inchino. “Piacere di conoscerla, mi chiamo Ryuguji Kan. Sono un’amica di suo figlio.”
“Kan?” Bastò quella parola a far cambiare espressione all’uomo, in men che non si dica si fece cordiale e la invitò ad entrare facendole cenno con la mano. “Prego, non fare complimenti! E’ la prima volta che Shuji riceve visite!” La precedette oltre l’ingresso e si assicurò che la seguisse su dalle scale.
A una prima vista, anche l’interno della casa era vecchio e malandato, a partire dalla carta da parati che forse un tempo era stata colorata ma adesso aveva più macchie giallo marroni che altro. E quasi tutti i gradini scricchiolavano.
“Mi ha parlato di te! Sei un bellissima ragazza come aveva detto!”
Kan si sentì avvampare, non tanto per il complimento, quanto più perché non si aspettava che uno riservato come Hanma facesse certe confidenze al padre.
“Sono tornato a casa giusto per dargli un’occhiata, ma tra poco dovrò tornare al lavoro. Quell’imbecille si è messo in testa di prendere l’antidolorifico solo alla sera prima di dormire e passa la giornata a lagnarsi con sguardo sofferente. Magari tu riesci a convincerlo a curarsi meglio, tanto fra una settimana il collare glielo toglieranno, non c’è bisogno di fare l’eroe!” Era sì un rimprovero, però aveva parlato con tono divertito, il che lo rendeva simpatico. Però c’era una cosa che non quadrava. Hanma una volta aveva detto che suo padre era un impiegato, quindi cosa significava quell’abbigliamento sportivo? Mah…
Dopo due rampe, l’uomo girò a sinistra e si fermò davanti a una porta. Bussò e aprì di uno spiraglio. “Shuji, è venuta a trovarti la tua amica!” Non ci provò neanche a fingere di non aver rimarcato quella parola alludendo a qualcosa. Kan a questo punto era curiosa di sapere che cosa aveva detto esattamente di lei quello scemo del figlio!
“Chi? Cosa?” La voce all’interno era piuttosto rauca.
L’uomo premette l’interruttore della luce e si rivolse a lei. “Non spaventarti se sembra una larva!”
“Che cazzo, papà.” Ora non c’erano dubbi che si trattasse proprio di lui.
Inevitabilmente, Kan cominciò a sentire una certa pressione, unì le mani in grembo e si preparò ad accennare un sorriso gentile, sperando che lui non la cacciasse subito. Fece un passo per entrare nella stanza, scorse velocemente le poche cose che conteneva, il tipico disordine maschile, le tende palesemente nuove che stonavano col resto ma che probabilmente servivano a fermare gli spifferi che entravano dalla vecchia finestra dietro stante. Poi lo vide, sul futon steso a terra, coi capelli spettinati che gli ricadevano sulla fronte, il viso pallido e il collare bianco imbottito che gli teneva il mento leggermente rialzato.
“Ciao, Shu…”
Hanma digrignò i denti. “Tu che diavolo ci fai qui?”
Allorché intervenne il padre. “E’ così che accogli un’ospite? Pezzo di idiota, sii gentile!” Adesso non aveva usato un tono allegro o scherzoso, ma a Kan venne comunque da ridere. “Signor Hanma, ci penso io a lui adesso! La ringrazio!”
“Capito, Shuji? Trattala bene o ti manderà a quel paese. Io vado, ci vediamo questa sera. Passo dal konbini, se vuoi qualcosa di specifico per cena mandami un messaggio.”
Era indubbiamente premuroso nei confronti del figlio, nonostante la stazza e i rimproveri potessero suggerire il contrario. Salutò Kan e nel giro di mezzo minuto fu fuori casa, lasciandoli così da soli.
Kan si morse le labbra. “Scusa, non volevo disturbarti.”
Hanma emise un mugolio e dopo alcuni istanti parlò. “Per intenderci, non volevo farmi vedere in queste condizioni, ma visto che sei qui…mi fa piacere.”
Ok forse c’era speranza! Bastò questo a far ritrovare la determinazione a Kan. Si avvicinò e si mise in ginocchio accanto a lui, quindi si accomodò alla meglio sul tatami spelacchiato. “Chome e Chonbo sono venuti a casa dei miei, ieri, e mi hanno detto di te. Perché non mi hai scritto in questi giorni? Sei…arrabbiato con me?”
Lui ridacchiò amaramente. “Non dire cazzate! Ho pensato che avessi già abbastanza casini da risolvere, senza che mi aggiungessi anche io!” Sorrideva come sempre, però si notava quel velo di sofferenza sulle labbra e nel tono di voce. Doveva fargli molto male…
“In realtà… Non c’è gran che da risolvere. Ci sono cose impossibili da riparare…” Abbassò il capo e si fece triste. “Credo che ormai mi odino tutti quanti. E non mi riferisco solo al giorno dello scontro… Sai…ho rotto con Mikey.”
Ci vollero diversi secondi prima che Hanma rompesse il silenzio con una riposta. “Ho saputo.”
Kan deglutì un nodo alla gola e sussurrò. “Permettimi di prendermi cura di te, Shu.” Aveva timore di essere respinta, di aver dato per scontato che non essere più fidanzata le avrebbe aperto una nuova strada con lui, ma… Sentì la mano di Hanma sulla propria, le sue dita accarezzarle la pelle prima di intrecciarsi fra le sue, stringendole dolcemente. Lo guardò con la coda dell’occhio, ovviamente lui aveva lo sguardo rivolto verso il soffitto a causa del collare che gli impediva di muovere la testa.
“Dammi il tempo di rimettermi in forma e riprenderemo da dove ci siamo interrotti.”
Kan sorrise, era felice di sapere che i sentimenti di lui erano rimasti gli stessi.
*
 
Nei due giorni di ricovero in ospedale, Hanma aveva pensato tanto a Kisaki. Mentre per gli altri si era limitato a pochi messaggi scontrosi per essere lasciato in pace, con lui era stato più gentile e aveva continuato a messaggiare per combattere la noia di essere fermo a letto. E il dolore. E anche la vergogna. Se da una parte essere accudito da infermiere professioniste lo faceva sentire come un Sultano, il rovescio della medaglia era dover ingoiare l’orgoglio quando era il momento delle spugnature o di utilizzare il pappagallo e la padella. In quelle situazioni non si era sentito neanche più un umano. Per questo, una volta tornato a casa, si era impegnato ad arrangiarsi più che poteva. In poche parole, cose come andare al cesso da solo e mangiare seduto a tavola erano diventate la sua priorità, in attesa di disfarsi di quell’odiato collare.  Aveva pensato anche allo scontro con la Toman. Non era finita come lui aveva sperato, ma visto che a Kiskai andava bene lo stesso non si faceva problemi. Vincere o perdere non aveva importanza, ciò che contava era che Kisaki si avvicinasse sempre più a Mikey, fino ad arrivare a controllarlo a suo piacimento. Ah quel diavolo di Kisaki! Dal giorno in cui lo aveva conosciuto era come se stesse vivendo dentro un circo dove gli spettacoli erano senza fine! Stare con lui gli bastava, o almeno era quello che pensava fino a quando Kan non era entrata nella sua vita. In quei giorni aveva pensato anche a lei, ai sentimenti che provava, alle loro chiacchierate, ai baci… Si era chiesto cosa sarebbe accaduto se lei fosse venuta a sapere che lui aveva contribuito a far impazzire Kazutora per spingerlo ad uccidere Baji. Probabilmente non glielo avrebbe perdonato. Il fatto che avesse seguito cecamente le istruzioni di Kisaki significava che teneva più a lui che a lei? No, erano due cose differenti. Ammirava Kisaki per la sua genialità e la sua mente contorta e si era affezionato a quel piccoletto come a nessun altro. Invece con Kan stava bene, era una persona con cui era facile rapportarsi dandole le giuste attenzioni. Anche se fisicamente l’aveva attratto fin da subito, si era innamorato di lei poco alla volta e ogni giorno che passava si rendeva conto di volerla accanto. Era pur vero che non voleva farsi vedere da lei con quel coso odioso addosso, però, quando era entrata nella sua stanza, timida e preoccupata per lui, gli era venuto naturale esserle grato. Dopo aver chiarito alcune cose, vedendolo sofferente e pallido, Kan gli aveva accarezzato la testa per farlo rilassare. E aveva funzionato. Mentre una mano gli passava dolce fra i capelli facendogli dimenticare il dolore al collo, l’altra era rimasta stretta nella sua per tutto il tempo. Hanma giurò a se stesso che non avrebbe mai lasciato quella mano, per il resto della propria vita. Una promessa che lo mise subito a dura prova!
Non sapeva nemmeno lui com’era successo, praticamente un paio di ore dopo suo padre era rincasato, l’aveva invitata a restare per cena e…da lì era cominciato il caos.  Lui che si era armato di buona volontà per far vedere che poteva stare a tavola e conversare senza soffrire troppo, si era ritrovato in mezzo ai casini all’improvviso. Certo avrebbe dovuto aspettarsi che parlando sarebbe saltata fuori la verità, ma non si aspettava delle reazioni così esagerate! Ok, avevo detto una piccola bugia sul lavoro del padre, non era un impiegato ma un personal trainer in una palestra del quartiere. E allora? Faceva parte della copertura che si era creato perché gli altri non ficcanasassero nella sua vita! Tutto il resto che le aveva raccontato invece era vero. E allora perché si era beccato un sonoro ‘imbecille’ dal padre e un rabbioso ‘bugiardo’ da Kan? Ma che volevano da lui? Ma il peggio doveva ancora arrivare… Tra un rimprovero e l’altro, quei due avevano fatto fronte comune per farlo dannare e si erano accordati che per tutto il fine settimana Kan si sarebbe occupata della casa e di lui. Ora, suo padre col lavoro che faceva aveva spesso mattine libere e quasi tutti i pomeriggi impegnati, mentre il sabato faceva il full time, quindi sapere che suo figlio non era abbandonato a se stesso mentre stava male lo rincuorava. Per Hanma stesso era in parte così, fino a quando non si ritrovò faccia a faccia con una realtà inimmaginabile, il lato peggiore di Kan.
“SHUJI!!! SE NON PRENDI QUESTA SPUGNA  E INIZI  A LAVARTI, GIURO CHE LO FARO’ IO! E ALLORA VEDI DOVE TE LA FICCO!!!”
Per l’appunto questo. Kan in modalità ‘Tiranno’ all’ennesima potenza. Lo aveva perfino chiamato per nome…
Nudo come un verme, nel bagno vecchio dalle mattonelle scolorite e crepate e con lo scaldabagno che faceva più rumore di una marmitta rotta, Hanma tentò di salvare la propria dignità coprendosi davanti con l’asciugamano, mentre si lamentava con voce lagnante. “Che palle! Con questo collare non riesco a lavarmi bene, non posso aspettare che me lo tolgano?”
“Cosa fai? Resti una settimana senza toccare il sapone?  Datti una mossa!” Kan era furente di rabbia, nonostante avesse legato i capelli in uno chignon perché non le dessero fastidio nello svolgimento della faccende, era come se alcune ciocche avessero formato delle corna, facendola somigliare ancora più a un demonio! E di certo gli occhi incandescenti e i denti digrignati contribuivano! Perfino mentre gli porgeva la spugna, Hanma si chiese se accettarla non gli sarebbe costato la propria anima! Però con un pizzico di coraggio lo fece.
“E adesso lavati! Io vado a stendere il bucato di là, appena ho finito torno a lavarti la schiena.” Fece per uscire, ma si voltò a guardarlo con aria minacciosa. “Vedi di farti trovare insaponato per bene. Voglio vedere così tante bolle da credere di essere a Disneyland!!!” E se ne andò sbattendo la porta.
Finalmente solo, Hanma lasciò un profondo sospiro e si sedette sullo sgabello. Gettò l’asciugamano altrove, con noncuranza, quindi prese la saponetta e la passò più volte sul panno di spugna prima di cominciare a sfregarsela addosso, partendo dai piedi e a salire. “Ma guarda te di chi dovevo innamorarmi.” Sibilò contro se stesso.
Però a conti fatti forse aveva ragione lei, non aveva senso vegetare a letto se era in grado di fare quelle piccole cose. Non che lui fosse un patito dell’igiene, comunque, doveva riconoscere che la presenza di quella ragazza, per quanto chiassosa, era utile. In una sola mattina aveva pulito per terra, battuto i futon, tolto la polvere dai mobili e fatto il bucato. A breve suo padre sarebbe tornato per la pausa pranzo e aveva già comunicato di voler cucinare riso fritto e verdure saltate con salsa di soia, il suo piatto forte, per ringraziare Kan dell’aiuto. Suo malgrado sorrise al pensiero. Quei due andavano parecchio d’accordo! Risciacquò la spugna e di nuovo vi passò il sapone, stavolta per lavarsi braccia e busto. Dei capelli si sarebbe occupata Kan l’indomani, visto che aveva intenzione di acquistare lo shampoo secco. Fermandosi a riflettere, le cose tra loro stavano procedendo spedite. Insomma, portare la fidanzata a casa era un passo che aveva intenzione di compiere molto più tardi nella tabella di marcia! Momento…
“Io e lei non stiamo ancora insieme.” Si sorprese di se stesso per averlo realizzato solo ora.
In quel momento la porta si aprì, Kan entrò senza fare complimenti e andò ad inginocchiarsi alle sue spalle. “Tutto a posto?” La sua voce era tornata gentile come sempre.
Hanma le passò la spugna. “Sì. Ma sicuro dopo pranzo dovrò stendermi perché tutti questi movimenti mi uccideranno!”
“Ti…ti darò l’antidolorifico…” Cominciò a sfregargli la schiena con tocco delicato. “Shu… Scusa se ti ho gridato contro… Vorrei solo rendermi utile, ma tendo a esagerare…”
Esagerare eh? Preferì stare zitto o gli sarebbero uscite parole per niente carine.
Kan riprese a parlare. “Quando mio fratello era in ospedale, facevo di tutto per occuparmi di lui. Ma certe cose non le apprezzava e mi chiedeva di lasciarle fare alle infermiere… So che era solo imbarazzato, però…insomma, abbiamo condiviso il grembo materno, non aveva motivo di esserlo.”
Draken… Giusto, si era fatto qualche mese di ospedale dopo essere stato accoltellato durante lo scontro Toman-Moebius. Il piano originale era di farlo fuori perché Kisaki prendesse il suo posto come braccio destro di Mikey. A distanza di tempo, era contento che non fosse accaduto. Draken si era rivelato un valido avversario, si era divertito a combattere con lui anche nell’ultimo scontro e…era il gemello della ragazza che amava, se fosse morto non sarebbe riuscito a guardarla in faccia senza essere divorato dai sensi di colpa. Davvero, per fortuna non era successo.
“Grazie di essere qui.” Disse a bassa voce. Sentì che la mano di lei si era fermata, allora si girò lentamente sullo sgabello, non potendo muovere solo il collo, e accennò un sorriso. “Mi stai viziando così tanto che non riuscirò più a fare niente senza di te! Che palle!”
Kan scoppiò a ridere. “Mi piace un sacco quando dici quella parola! Si sente che ti viene dal profondo del cuore! Ahaha!”
Era terapeutico vederla ridere così, soprattutto dopo tutti i casini che erano successi. Era consapevole che certi retroscena delle battaglie non avrebbe mai potuto confessarglieli, ma forse poteva compensare in un altro modo, ad esempio proteggendola. Meglio ancora, doveva presentarla a Kisaki. Sarebbe stato bello se la sua ragazza e il suo migliore amico avessero fatto amicizia, no? Fece per accennarglielo, ma si accorse di qualcosa di strano. Kan aveva smesso di ridere e ora il suo viso era praticamente in fiamme.
Un istante dopo distolse lo sguardo e gli lanciò addosso la spugna, quindi si rimise in piedi e farfugliò qualcosa. “T-ti vado a prendere i vestiti. T-tu…risciacquati…”
Che le prendeva adesso? Ah… Giusto, non ci aveva fatto caso ma si era girato verso di lei completamente nudo, quindi…
Sogghignò divertito. “Lo hai visto eh? Se è grande così, immagina quando ce l’ho duro!”
“SCEMO!!!” Gridò lei, così forte che la voce riecheggiò nelle vecchie pareti e probabilmente le attraversò fino a raggiungere le case adiacenti!


Continua nel Capitolo 25: [Love Stage]!
La relazione tra Hanma e Kan è ad un passo dall'essere ufficiale!

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Chapter 25: [Love Stage] ***


Chapter 25
[Love Stage]
 
Hanma aveva avuto molto tempo per osservarla, da quando Kan frequentava la sua casa. Salvo quei momenti in cui era stato costretto a ficcarsi nel futon per combattere il dolore al collo, per lui era stato piacevole seguirla con lo sguardo in ogni cosa che faceva, che fosse lucidare il pavimento, raccogliere i panni sporchi in giro per metterli a lavare, o anche solo curiosare fra le cianfrusaglie che erano in camera sua e farsi raccontare aneddoti di quando era bambino. Kan si era rivelata un’ottima casalinga, organizzata e piena di voglia di fare, che correva lì subito dopo le lezioni, con un cambio di vestiti nella cartella e il sorriso sempre acceso sulle labbra. Inoltre, in quei giorni aveva piacevolmente scoperto sulla propria pelle quanto lei fosse portata per i massaggi. Si era offerta di provare a massaggiargli le spalle per dargli sollievo e aveva funzionato alla grande, quindi glieli avevi richiesti ogni giorno. Non c’era da stupirsi, visto che di fatto lei era amica di prostitute che avevano realmente l’abilitazione di massaggiatrici! Anche se…per conto suo, non vedeva l’ora di sperimentare altre cose più piccanti con quelle mani sottili che sicuramente negli anni avevano imparato molto più di massaggi terapeutici. Si sentiva un porcello, ma in fondo che male c’era? Si stava trattenendo a causa di quel dannato collare, anche se sotto sotto quell’incidente si era rivelato un bene che gli aveva permesso di conoscere altri lati di quella ragazza. Sapeva essere la più autoritaria del mondo, sapeva diventare il più dolce angelo, sapeva come farlo ridere, sapeva come aiutarlo quando lui aveva necessità ma per orgoglio si vergognava a chiederlo. Kan era…ogni cosa, per lui. In quel momento lei stava facendo cuocere una zuppa e, anche se gli dava quasi del tutto di spalle, da dove era seduto lui riusciva a scorgere a tratti il suo profilo. Era concentrata sul contenuto della pentola e stava mescolando con un ritmo lento e regolare, eppure ogni tanto faceva delle smorfie, senza un motivo apparente. Era così buffa! L’aveva notato altre volte, quando era concentrata le capitava di perdersi in pensieri e la sua faccia diventava un teatrino, in base a ciò che stava pensando. Tipo adesso, per un momento aveva aggrottato le sopracciglia e poco dopo aveva distolto lo sguardo dalla pentola con fare altezzoso, senza dire una parola. Hanma si chiese a cosa stava pensando per reagire così, ma se glielo avesse chiesto sapeva già che lei avrebbe minimizzato, come le altre volte. Sorrise tra sé, un po’ alla volta avrebbe scoperto anche questo di lei, ne era certo. Non aveva ostacoli davanti a sé e si sentiva un dio per essere riuscito a conquistare una ragazza così. Sul serio, non era difficile averla accanto, lei tendeva ad essere capricciosa, ma se riceveva le giuste attenzioni in cambio dava il cuore e l’anima. Come diavolo aveva fatto Mikey a farsela scappare? Quel piccoletto doveva essere davvero un idiota! Con un pizzico di arroganza ammise che non vedeva l’ora di ritrovarselo davanti e sbattergli in faccia quest- Momento… Questo cosa? Kan non era ancora la sua ragazza, accidenti. E a tal proposito…
“Finalmente domani mi libero di questa seccatura!”
Kan rispose continuando a mescolare. “Già! Domani è sabato! Ti hanno chiamato per confermare l’appuntamento?”
“Sì. Alle 10:30.”
“Perfetto! Vengo qui alle dieci e andiamo insieme!”
“No. Vado da solo.”
Stavolta Kan posò il cucchiaio a manico lungo e si volse verso di lui, sorpresa. “Non mi vuoi?”
“Non è così.” Assunse un’espressione maliziosa e spiegò meglio. “Tolto questo affare torno a casa a darmi una bella sfregata e radermi decentemente! Noi ci vediamo fuori dalla metro, sotto all’arco!”
“Oh!” Kan spense il fuoco del fornello e si avvicinò a lui, di nuovo sorridente, per prendere posto sulle sue ginocchia e portargli le braccia alle spalle. “Per caso mi stai invitando ad uscire, Shu?”
“E’ ora di dare vita al nostro secondo appuntamento, no?” Impresse le ampie mani sui fianchi di lei e aggiunse sottovoce. “E verso sera ti porto in un love hotel! Voglio divorarti fino a svenire!”
Kan si morse le labbra, come cercando di trattenere una risposta. In quei giorni tra loro non era successo assolutamente nulla di spinto, erano rimasti dentro una sorta di limbo in cui erano più che amici ma non ancora amanti. O una cosa del genere. Ma indubbiamente lei condivideva quel desiderio bruciante e trattenersi le era sempre più difficile. Hanma le piaceva sotto tutti i punti di vista, prendersi cura di lui quella settimana aveva contribuito a farla innamorare di più e, naturalmente, più di una volta aveva immaginato di essere fra le sue braccia e di sentirlo dentro…
Un rumore all’ingresso la fece tornare lucida e scattare in piedi. Un istante ed ecco che il padre di Hanma entrò in cucina con addosso una tuta pulita e il borsone issato su una spalla. Si era evidentemente fatto la doccia in palestra e suoi capelli pettinati all’indietro erano ancora umidi.
“Buonasera, gioventù!”
Aveva sempre quel modo giocoso di parlare, e per fortuna, vista la tensione che ritrovò lì. Adocchiò suo figlio seduto sulla sedia, rigido come un manichino e dall’espressione un po’ infastidita, mentre Kan era un passo più in là e si stava sistemando i capelli raccolti con delle forcine.
Pose una domanda. “Ho interrotto qualcosa?”
“Che intuito, vecchio!” Ripose suo figlio, tra i denti.
Kan invece sorrise e si mostrò gentile come al solito. “Bentornato, signor Hanma! La cena è pronta, devo solo mettere la zuppa nelle ciotole!”
La tavola era apparecchiata e al centro si presentava un grande vassoio ricolmo di pollo fritto dalla panatura deliziosamente lucida e dorata.
“Brava ragazza! Vado su a posare il borsone e arrivo!”
“Oh ci penso io! Lei si accomodi, sarà stanco dopo il lavoro!” Subito gli si avvicinò e si fece dare il borsone tra le mani, con fare servizievole, quindi uscì dalla cucina. Nel silenzio, si sentì il suo veloce sgambettare su per le vecchie scale.
Il signor Hanma fece quanto detto e prese posto a tavola, al capo opposto a quello dove era il figlio. “Allora, Shuji? Quando potrò dirle di chiamarmi papà?”
Hanma osservò la sua faccia da sbruffone, sapendo dove voleva andare a parare. Di solito gli dava corda, sapeva che suo padre era uno spirito allegro e strafottente, ma quando toccava quell’argomento non lo trovava divertente e si rabbuiava. “Papà, sto facendo sul serio con lei. Non ficcare il naso nella mia vita privata.”
“Ahaha! Lo so! Per questo ti sto dicendo di muoverti! Una ragazza così non la ritrovi! E’ l’esatto opposto di tua madre! Premurosa, gentile, brava a gestire la casa e un gran schianto di femmina!”
Hanma abbassò lo sguardo sulle bacchette che giacevano in attesa di essere maneggiate. “Me lo sono sempre chiesto… Cosa ti aveva fatto innamorare della mamma se di lei non ti piace niente?”
Suo padre piantò un gomito sul tavolo, in un gesto nervoso. “Bah è passato tanto tempo. Eravamo giovani e lei meno pallosa. E’ stata la sua dedizione al lavoro a cambiarla, a farla diventare troppo seria e ad allontanarla dalla famiglia.” Con una mano scacciò una mosca immaginaria. “Lascia perdere, goditi il presente Shuji!”
Di nuovo si sentì lo sgambettare sulle scale e Kan arrivò di corsa. “Eccomi!” Di volata andò davanti ai fornelli e si premurò di riempie le ciotole di zuppa fumante e di servirle a tavola.
Il signor Hanma ne era sempre più convinto, non poteva sperare in una persona migliore al fianco di quello strampalato di suo figlio.
*
 
I vantaggi di prendere la metro durante l’ora di punta, erano due: trovarsi proprio davanti alle porte d’uscita e potersi specchiare minuziosamente sul vetro senza dare nell’occhio! Kan ci aveva ragionato parecchio su come vestirsi, trattandosi di un appuntamento voleva essere bella e mediamente elegante, però le temperature di novembre erano già troppo basse per lei e rischiare di ammalarsi non era il caso. E allora, passando al setaccio l’armadio, aveva trovato la soluzione ideale. Un completo di velluto a coste color blu notte, composto da una giacca dai polsini stretti e l’ampia scollatura e una gonna scampanata lunga fino alle caviglie. I capelli li aveva semplicemente decorati con forcine bianche ai lati, lasciando che la lunghezza le ricadesse sulla schiena. Il viaggio le parve più breve del solito, era carica di entusiasmo e non vedeva l’ora di incontrare Hanma.
Scesa dal treno salì le scale con una certa accortezza, dovendosi abituare alle nuove scarpe col tacco alto che aveva preso in mattinata, un modello chiuso ma con decorazioni classiche che ben s’intonava all’abito. Salito l’ultimo gradino, si voltò interamente a sinistra, la mano ancora appoggiata alla ringhiera, e il suo sguardo andò alla ricerca di una figura familiare fra quelle sotto all’arco di neon, che a quell’ora era purtroppo spento. In pochi istante lo vide, i loro sguardi s’incontrarono e si sorrisero l’un l’altra. Kan gli corse incontro senza indugi e si gettò fra le sue braccia spalancate ad accoglierla. Subito gli intrecciò le braccia al collo, quel caro collo lungo e sottile che odorava di quel profumo a buon mercato che su di lui era così piacevole. Il tempo di spupazzarsi un po’ ed ecco che si guardarono nuovamente negli occhi, più emozionati di quanto avessero immaginato.
“Come stai, Shu?”
“E’ andata bene! Pare si sia sistemato tutto, anche se il Dottore mi ha avvisato che per un certo periodo potrei avere ancora dolori. Ma io gli ho spiegato che la mia ragazza ha le mani d’oro e mi fa dei massaggi spettacolari!”
Kan emise una risata allegra, chiedendo. “La tua ragazza?”
“Ah an! La mai ragazza!” Col naso sfiorò la punta del suo, giocosamente, e le domandò a bassa voce. “Vuoi esserlo, vero?”
“Me lo stai chiedendo ufficialmente?” Chiese di rimando lei, maliziosa.
“Te lo sto chiedendo sotto l’arco di Kabukicho, davanti a decine di persone che ci guardano e si chiedono se siamo i protagonisti di un film! Ti basta?” Se voleva essere un rimprovero gli era riuscito davvero male con quel sorriso che sfoggiava! Era raggiante, i suoi occhi gialli brillavano come oro, e dopo quel periodo costretto in casa, aveva ripreso a sollevare i capelli col gel e indossare il filo dorato al lobo.
“Allora ti do la mia risposta! Sì, voglio essere la tua ragazza, Shu!”
E proprio come in un film romantico, si scambiarono un bacio, mentre in sottofondo esplodeva una melodia gioiosa e le colombe volavano nel cielo e-vi sto prendendo in giro, ovviamente! Sì si baciarono sotto l’arco, sì erano felici, ma la loro gioia di quel momento fu una pugnalata al cuore per qualcun altro che li stava guardando a una certa distanza. E che non era certo lì per caso.
Draken distolse lo sguardo e abbozzò un “dai, andiamocene.” a vuoto. Un vuoto che era anche negli occhi di Mikey, mentre guardava quella scena accanto a lui.
“Ehi Mikey. Ho detto andiamo.” Insistette, dandogli una piccola gomitata sul braccio. Ma lui non si mosse.
“Ken-chin… Cosa devo fare…?” Chiese con voce sofferente.
Draken sospirò. “Arrenditi. Adesso le cose stanno così, non puoi farci niente.”
“Ma…” Mikey si girò si scatto, aveva il viso contratto come se stesse per piangere. “Quella è la mia ragazza. E sta baciando un altro!”
“Mikey… Kan ti ha lasciato. Non è più tua. E’ per questo che ti ho portato qui, oggi.” Sollevò il braccio e indicò la coppietta che adesso si stava allontanando, mano nella mano. “Volevo che li vedessi coi tuoi occhi, in modo da fartene una ragione e andare avanti.”
Mikey strinse i denti, era da anni che non piangeva ma quella situazione lo stava mettendo a dura prova. “Tu lo sapevi che si era messa con Hanma?”
“No… Ma adesso che l’ho visto, ho messo insieme i pezzi. Mi aveva solo accennato di essere innamorata di un altro.”
Era difficile anche per lui accettare tutto questo, ma dopo ciò che gli aveva detto sua sorella la sera prima, si era sentito in dovere di prendere Mikey e portarlo lì di nascosto per metterlo di fronte alla realtà. Gli dispiaceva per lui e allo stesso tempo lo trovava patetico. Dopo i primi giorni in cui si era chiuso in camera come un vegetale, in qualche modo era riuscito a convincerlo a tornare a scuola e aveva assistito a certe scenate pietose da dargli la nausea. Vedere quello che si faceva chiamare l’Invincibile Mikey vagare come un’anima in pena, seguire con lo guardo la ragazza che amava in ogni movimento che lei faceva, avvicinarsi a lei e accennare un saluto con voce triste… Un cuore spezzato riduceva così ogni persona? E allora era meglio non innamorarsi mai. Tsk, il solo pensarlo lo fece sorridere amaramente. Lui stesso era interessato a qualcuno e col tempo quel sentimento stava crescendo. Bah, al diavolo, non era il momento di pensarci.
Sbuffò rumorosamente. “Te lo dico per l’ultima volta. Andiamo a riprendere le moto. Non ho intenzione di seguire mia sorella per tutto il giorno.” S’incamminò senza voltarsi, sperando che Mikey lo stesse seguendo. Era infastidito dal comportamento di Mikey tanto quanto dalla scoperta che il nuovo interesse amoroso di sua sorella fosse quel coglione di Hanma. Fra tutti, perché proprio lui? Camminando si perse in pensieri e rivisse quanto accaduto la sera precedente. Ogni immagine e ogni parola erano nitide nella sua mente.
Era successo dopo cena, mentre lui si stava rilassando in camera sfogliando il nuovo numero della sua rivista di moto preferita. Non era insolito sentire dei rumori nel corridoio e all’inizio non ci aveva fatto caso, poi ad un certo punto il chiasso era aumentato, dandogli ai nervi. E allora aveva lasciato il comodo letto per andare a vedere.
Aprì la porta e si affacciò. “Dannazione, sembra di essere in un pollaio!” Ringhiò, prima di rendersi conto che lì attorno non c’era nessuno. Il chiasso proveniva dall’ingresso. Con passo spedito si recò lì e trovò quasi tutte le ragazze ammucchiate come galline.
“Che succede qua? Dov’è Masawey?” Chiese a gran voce, spalancando le braccia.
Oltre il gruppo vide una mano alzarsi e riconobbe quella dell’uomo. Ma se lui era lì e non faceva lo sforzo di alzarsi in piedi o di dire qualcosa, allora che diamine…?
“Kan è tornata! L’ho vista passando in fondo alla saletta e sono corsa a salutarla!” Disse una delle ragazze, in risposta alla sua tacita domanda.
“Io invece ho sentito la sua voce e volevo vedere se era davvero lei!” Disse un’altra.
Draken si fece spazio nel groviglio di capelli cotonati e babydoll svolazzanti e, quando arrivò al centro, si ritrovò davanti proprio sua sorella. Ebbe un tuffo al cuore nel rivederla lì dopo del tempo. Sembrava così timida, con le guance rosee per l’alta temperatura del luogo e le mani intrecciate in grembo.
“Ciao Ken…” Gli disse, accennando un sorriso incerto, quasi colpevole. Ma a lui non importava di nulla, in uno slancio di tenerezza l’avvolse con un braccio per stringerla a sé e le impresse le labbra sulla fronte. Probabilmente la sua espressione seria cozzava col gesto, però non era in vena di sorridere come niente fosse.
Finalmente Masawey riprese il controllo della situazione e cominciò a rispedire le ragazze ai rispettivi doveri lavorativi, ignorando le loro tipiche lamentele.
Draken guardò sua sorella negli occhi. “Rimani a dormire?”
Di nuovo lei fece la timida e abbassò lo sguardo. “Io…se non ti do fastidio…”
Dargli fastidio? Ma figuriamoci! Era la sua metà. Stava per dirlo a voce quando una delle ragazze gli piombò addosso tutta pimpante.
“Ken, non ci crederai! Kan ha detto che domani porterà qui il suo nuovo ragazzo!!!”
Una notizia scioccante che lo bloccò alcuni istanti. Il tempo che Masawey si occupasse di ristabilire l’ordine e accompagnasse le ultime ragazze alle rispettive camere e finalmente il silenzio tornò a regnare. Si accorse che sua sorella non aveva più detto una parola e stava ferma in attesa di un verdetto.
“Avrai un po’ di cose da raccontarmi… Che ne dici di farci un bagno insieme, nel frattempo?” Cercò di usare un tono gentile per tranquillizzarla, dopo tutto non aveva intenzione di litigare. E fu così che nella vasca da bagno, nel tepore dell’acqua, lei gli confessò di avere un appuntamento l’indomani e di voler portare il ‘nuovo lui’ al centro massaggi per presentarlo. L’unico dettaglio che aveva omesso era stato il nome.
*
 
Probabilmente non esiste una vera definizione di ‘appuntamento da sogno’, poiché, più che gli elementi che lo compongono, ciò che conta è come si sentono i due innamorati coinvolti. Per questo possiamo affermare che quel giorno Hanma e Kan ebbero il loro appuntamento da sogno! Tra passeggiare mano nella mano per le vie affollate di Kabukicho, scattare numerose foto insieme per immortalare i nuovi ricordi, chiacchierare del più e del meno, pranzare al tavolino di un cafè gustando delle succulente crepes alle fragole e panna e ridere perché Kan ha un fiocco di panna sul naso, o ancora sfidare Hanma a fare dei cerchi di fumo perfetti mentre fuma una sigaretta, scherzare paragonando Kan alla famosa testa di Godzilla che sbuca dal tetto del cinema . Quel quartiere era diventato il set della loro storia d’amore e il copione era composto di numerose scene felici. A vederli erano una coppia affiatata, che di certo non passava inosservata per come si presentava. Kan era bella come una modella straniera e deliziosa con quel completo in stile occidentale d’inizio secolo, mentre Hanma era indubbiamente uno spilungone che teneva la schiena leggermente ricurva e indossava dei vecchi jeans neri aderenti con sopra un giubbino sportivo con collo e polsini in elastico. Dal punto di vista stilistico quei due formavano una strana combinazione, ma erano comunque tanto belli da vedere.
Di punto in bianco, Kan lo tirò per la mano, con quell’entusiasmo travolgente. “Shu, in questa strada non c’è nessuno! Ci scattiamo una foto mentre ci baciamo?”
“Ma che richiesta è?” Chiese lui, ridendo, ma stette comunque al gioco e, una volta che lei scelse la postazione contro la parete di un edificio, si offrì di occuparsi della cosa. “Dammi la fotocamera, ho il braccio più lungo e riesco a prendere un’inquadratura migliore.”
Prese l’oggetto nella mano saldamente, quindi avvicinò il viso a quello di lei e studiò la posizione fissando l’obiettivo al centro, dato che non c’era modo di vedere l’immagine dal quel lato.
“Hai visto che ho fatto bene a indossare i tacchi? Così devi piegarti meno e diventa più facile!” Sottolineò lei, contenta dell’idea che aveva avuto.
“Già! E anche il mio collo appena guarito ti ringrazia!” Confermò lui. “Pronta?”
Kan accennò con la testa, i loro sorrisi si affievolirono man mano che i volti si avvicinavano e poi scattò il bacio. Le labbra si unirono a stampo, semplicemente, mentre Hanma premeva il tasto per scattare più foto, muovendo leggermente la fotocamera per azzeccare l’inquadratura migliore. Ne scattò poco meno di una decina e riabbassò il braccio. Il bacio terminò. Adesso nessuno dei due stava sorridendo, i loro sguardi socchiusi sembravano incollati e le labbra colme di desiderio non riuscirono a stare separate un istante di più. Stavolta il bacio fu molto più intenso, la lingua di Hanma ricercò quella di lei nella sua bocca, i loro respiri caldi si amalgamarono fuori dalle narici. Lui premette il corpo di lei contro la parete. Dovettero interrompersi sentendo delle voci in fondo alla via.
“Sono arrivato al limite… Andiamo in un love hotel.” Disse lui, con determinazione. Però Kan gli portò le dita davanti alla bocca e fece una correzione, accennando un sorriso. “Non un love hotel! C’è un posto dove possiamo andare tutte le volte che vogliamo, senza pagare e senza correre rischi perché siamo minorenni!”
Hanma fece uno sguardo interrogativo, allora lei proseguì. “Sarò tutta tua, te lo prometto, ma prima dobbiamo fare una cosa importante! Voglio presentarti ad una persona!”
Mantenendo l’aura di mistero, lo portò fino alla metro e da lì andarono a Shibuya.
Mentre attraversavano le famose strisce pedonali super affollate, tenendosi sempre mano nella mano, Hanma si guardò attorno e non mancò di fare un apprezzamento. “Che figata questo posto!”
Kan gli fece da guida in una direzione precisa, verso un palazzo lì vicino.
“Non mi stai portando a casa tua! Mi era venuta una strizza! Credevo volessi presentarmi ai tuoi!” Scherzò Hanma, ma quando lei assottigliò gli occhi con furbizia e disse “farò di meglio!” un sospetto gli balenò alla mente. Entrarono nel palazzo e presero l’ascensore.
“Al quarto piano c’è un centro massaggi! E’ il posto dove è nato e cresciuto mio fratello!”
A quelle parole, Hanma divenne pallido. “Vuoi presentarmi a…Draken…?”
“Non dire cretinate! Vi conoscete già!”
Per fortuna…! Ovviamente lui non aveva alcuna paura di Draken, anzi lo considerava un valido avversario ed era sicuro che prima o poi si sarebbero scontrati ancora per suonarsele di santa ragione! Però se si parlava di parentela...diciamo che non era pronto a incontrarlo in veste di cognato, ecco.
L’ascensore arrivò al piano e si aprì su un ingresso dall’aspetto formale e un bancone d’accoglienza dove sedeva un uomo in giacca e cravatta e i capelli impomatati che leggeva il giornale. Sollevando gli occhi dalle pagine inchiostrate, il suo sguardo piatto si alleggerì. “Bentornata, piccola! Mi chiedevo a che ora saresti venuta!” E posò il giornale.
Kan gli regalò un sorriso. “L’appuntamento era così bello che il tempo è volato! E a tal proposito…vorrei presentarle il mio ragazzo!”
Non capendoci niente, Hanma rimase immobile come un manichino, fino a quando lei non gli rivolse la parola. “Shu, questo è il Direttore Masawey! Ha cresciuto Ken, facendogli da padre, e anche io lo considero una figura paterna più di quanto non lo sia l’uomo che mi ha adottata!”
La spiegazione gli fece andare in corto il cervello! Quindi aveva ragione lui, quelle erano presentazioni ufficiali in famiglia! Così all’improvviso! Per evitare di lasciarsi prendere dal panico, seguì l’istinto e si chinò ad angolo retto di fronte all’uomo. “Hanma Shuji, piacere di conoscerla!” Sia il movimento che la voce gli uscirono un po’ meccanici, ma vabbè.
“Hanma, eh?” Al contrario, il direttore adesso stava usando un tono affilato. “Tirati su, ragazzo.”
Hanma obbedì all’istante.
“Dì un po’, che intenzioni hai con la mia piccola?”
…veramente? Certe cose non succedevano solo nei film? O nell’era Meiji? O in quella Edo? Come cavolo aveva fatto a ritrovarsi in quella situazione. Era stato preso in trappola.
“Ehm…”
“Fai le superiori, giusto? E sei anche un teppista, da quello che so.”
“Esatto…ehm, signore.”
“Ti avverto, tratta bene questa ragazza. Anche io me la cavo bene coi pugni.”
Altro che solo una cosa, aveva detto tutto! Mentre Kan non aveva più aperto bocca e sembrava godersi la scena. Stava seriamente iniziando a pensare di svignarsela, quando sentì dei gridolini in fondo al corridoio. Volse lo sguardo e vide due belle ragazze quasi nude correre in quella direzione.
“Waaaaah, Kan lo ha portato davvero!”
“Guarda quanto è alto! Potrebbe cambiare le lampadine senza usare la scala!”
Ok, qualunque cosa stesse succedendo, non vedeva l’ora che finisse. Per quanto apprezzasse la vista dei loro balconi  fin troppo esposti e le cosce nude.
Finalmente Kan si decise a ritrovare l’uso della parola e a calmare le acque. “Ragazza, ragazze! Non gridate! Se facciamo la confusione di ieri, Ken si arrabbierà di nuovo!”
Una delle due si atteggiò alzando la spalla e posando una mano sul fianco tondeggiante. “Adesso lui non c’è! E noi vogliamo conoscere questo fustacchione!”
Con movimento rapido, Kan gli si parò davanti e usò un tono paziente. “Vi capisco ma… Lui è mio! E adesso vorrei portarlo nella mia stanza!”
Le due si guardarono maliziose e intonarono in coro.”Uuuuuh! Dritta al sodo!”
Kan terminò il discorso facendo loro l’occhiolino, seguito da un cenno del capo all’uomo, quindi trascinò Hanma via di lì, conducendolo per dei corridoi dove erano molte porte. Passandoci davanti, lui sentì che da alcune camere provenivano dei rumori equivocabili. O meglio, dei rumori che lasciavano intendere cosa stesse accadendo all’interno. In fondo quello era un bordello.
All’improvviso, una porta poco più avanti si aprì e un’altra persona, una donna adulta, ma sempre con biancheria intima quasi invisibile, si affacciò. Vedendoli, si appoggiò allo stipite della porta. “Che bella coppietta abbiamo qui!”
“Ti prego, non ti ci mettere anche tu! Mi hanno già fatto un agguato all’ingresso!” Kan glielo chiese chinando il capo, anche se dal tono suonava più come una battuta.
“Ahah! Tranquilla, non ti trattengo!” Squadrò Hanma dalla testa i piedi. “Adesso capisco perché mi hai chiesto quella misura!” E nel dirlo creò un cerchio con pollice e indice.
Kan arrossì visibilmente. “Ti ringrazierò meglio la prossima volta! Addio!” E di nuovo si strascinò dietro Hanma in tutta fretta. Quando arrivarono di fronte ad una porta decorata con quelli che lui riconobbe come fiori essiccati, Kan l’aprì in volata e insieme si precipitarono all’interno. Hanma sentì di essere salvo.
*
 
Nonostante quello che era appena accaduto, nessuno dei due si perse in risate o in scherzi. Non ci furono convenevoli o frasi del tipo “ti piace la camera?”. Hanma non si guardò nemmeno attorno, il suo sguardo era totalmente focalizzato su di lei. Su di lei, sul suo viso leggermente arrossato dall’imbarazzo, sul suo respiro che le riempiva i seni… Non aveva dimenticato il motivo per cui erano lì. Allungò una mano, le sfiorò una guancia con le dita, seguendo il tragitto fino sotto al mento, quindi lo sollevò e la guardò negli occhi. Una parte di lui avrebbe voluto parlare per farle un complimento, qualcosa come “sei bellissima”, invece seguì il consiglio del proprio lato animale e s’impossessò delle sue labbra con un bacio intenso. Non si trattava solo del solito gioco di lingue, muoveva le labbra con forza sulle sue, arrivando perfino a mordicchiarle come se volesse divorarla un morso alla volta. Poi gliele risucchiò con forza, togliendole il fiato, e solo allora le diede tregua, interrompendo il bacio famelico. Adesso il suo viso era più arrossato e il respiro così affannato da mettere a dura prova i bottoni di quella giacca aderente che indossava. Le dita si fiondarono su questi, sbottonandoli in velocità, e in pochi secondi l’indumento venne lanciato a terra. Di certo non gli bastava, adesso era il turno di quella lunga gonna, che le donava sì, ma che la copriva fin troppo per i suoi gusti. Questa aveva una zip nascosta sul fianco, ancora più facile da aprire, e in men che non si dica la stoffa ricadde lasciandole le gambe nude.
“Wooh…” Gli uscì involontariamente, seppur in un sussurro.
Con sua sorpresa, Kan prese l’iniziativa e gli riservò lo stesso trattamento. Prima la zip della giacca sportiva, e via, poi la maglia intima a maniche corte sottostante, che gli sfilò dalle braccia quasi con prepotenza, e via. Indugiò qualche istante sul bottone dei jeans…ma prese coraggio e in pochi gesti rapidi eliminò anche quell’indumento. Rialzò lo sguardo su di lui, negli occhi un luccichio di sfida come a voler dire “adesso siamo pari!”. Lui sorrise dandole una tacita risposta “sfida accolta!”
Scostò lo sguardo solo per adocchiare il letto lì accanto, vide che era grande e pieno di cuscini rosa e rossi a forma di cuore. Il suo unico pensiero fu di guidarla fin lì e farla stendere su quel materasso ampio. Seguendo il movimento di lei, salì sul letto piantandovi le ginocchia e sostenendosi sulle braccia, i palmi puntellati sul materasso. Era sopra di lei, stava dominando la situazione, l’aveva braccata come un leopardo con una gazzella! Gli stava venendo davvero voglia di divorarla… Si chinò e la baciò con passione.
Kan gli portò le braccia al collo in un gesto di possesso, quel bacio era così bollente che le stava di nuovo togliendo il respiro, era così diverso da quelli che si erano dati fino a quel giorno… Erano i veri baci di Hanma. Sentiva il suo sapore in bocca, il suo respiro caldo sul viso e...il suo desiderio premerle duro contro il ventre. Il bacio la stordì non poco, quando lui allontanò le labbra non seppe dire per quanto tempo si erano baciati, anche se non aveva importanza. Le mani grandi di lui si insinuarono sotto di lei, per raggiungere il gancetto che aveva sulla schiena, e con rapidità le sfilò il reggiseno. Vide il suo sguardo soddisfatto e malizioso osservarle i seni, ma non fece in tempo a manifestare timidezza perché lui vi si fiondò per assaggiarli.
Erano così morbidi che Hanma si divertì a giocarci, ne afferrò uno nel palmo della mano, neanche fosse stato uno di quei pupazzetti antistress che andavano di moda! Non era così grande da riempirgli la mano, ma calcolando che la sua era grande e il seno era comunque di una coppa di tutto rispetto, non si poteva certo lamentare. Nel mentre si stava occupando dell’altro con la bocca, la gemma rosea si era inturgidita quasi subito a contatto con la lingua. Notò che Kan non dava grandi segni di eccitazione sotto quel trattamento, tranne quando le risucchiava il capezzolo tra le labbra, allora sì riusciva a strapparle un gemito. Ma se non erano i seni il suo punto, allora… Incuriosito, lasciò quella postazione e si fece un po’ indietro per lavorare in zone più basse. Lei aveva tenuto le gambe chiuse tutto il tempo, perciò gli fu facile sfilarle le mutandine di pizzo e lasciarla completamente nuda. Si sorprese della vista che si ritrovò davanti, non aveva idea che la sua ragazza fosse il tipo da depilazione totale. “Interessante!”, pensò, un attimo prima di afferrale le gambe giusto sopra il ginocchio e aprirsi un varco. Chinò la testa, la sua lingua andò ad insinuarsi fra le morbide pieghe intime di lei. Senza essere affrettato o impetuoso, l’assaporò delicatamente, le diede le attenzioni che meritava e in cambio si prese il dolce nettare che fuoruscì. I gemiti di lei erano la colonna sonora perfetta. Aveva trovato il suo punto di piacere.
Kan si perse completamente in quella dolce tortura, il piacere era così intenso da farle venire le lacrime agli occhi, e non le ci volle molto per raggiungere l’orgasmo. Si concesse un breve momento per riprendersi, le sue parti intime stavano pulsando come impazzite. Sbirciando da sotto le ciglia, vide il sorriso affettato di Hanma e il suo gesto di passarsi il pollice sulle labbra prima di metterlo in bocca e risucchiare il nettare raccolto. Che gesto erotico!  Poi si tirò su in ginocchio, i boxer neri aderenti erano sul punto di esplodere. Li abbassò, mettendo così in mostra la sua immensa erezione.
“Hai un preservativo?” Le domandò, facendo l’occhiolino.
“Ah ehm…sì…” Kan allungò il braccio per aprire il cassetto del comodino e ne estrasse una scatola che poi gli porse.
Hanma le diede un’occhiata e il suo sorriso si fece più ampio. “Sono della mia misura! Ma allora quella tipa di prima, in corridoio…”
Kan finì in preda all’imbarazzo. “Quel giorno, quando l’ho visto mentre ti lavavi…mi sono fatta un’idea… E mi sono consultata con lei per avere una dritta. Più o meno è come quello di mio fratello, quindi ho fatto due più due.”
“Allora anche il caro Draken è messo bene! Ah ah forte!” Tirò fuori un pacchettino argentato dalla scatola e ne strappò il bordo, quindi si occupò di applicare il preservativo. Una volta pronto, afferrò il proprio pene poco sotto la punta e lo direzionò verso l’intimità di lei. E poi…
“Aspetta aspetta spetta!!!” Kan si portò le mani lì per bloccargli il passaggio!
“Che c’è?”
“Ho cambiato idea! Quel coso è enorme! Non ci entrerà mai!”
Analisi dei dati in corso… Possibile che le fosse venuto un attacco di panico? Così all’improvviso?
Hanma non riuscì a trattenersi dal ridere. “Non ci credo! Hai paura??? Non sei mica vergine!”
Affermazione assolutamente vera, ma come fare a spiegargli che per tutto quel tempo era stata con un ragazzo dalle dimensioni totalmente diverse?  Non ce la faceva proprio ad affrontare l’argomento, anche se passare da fifona non era certo un’opzione migliore…
Vedendola così, chiusa a riccio e tremante, oltre che paonazza dalla vergogna, Hanma smise di ridere e si fece incredibilmente comprensivo. “Prometto che non ti farò male.”
Kan parve calmarsi un poco sentendo quel tono di voce caldo e confortevole, perciò lui continuò su quella pista. Si adagiò su di lei e la guardò negli occhi. “Entrerò piano, così ti abituerai un po’ alla volta. Mh?”
Era così premuroso! Ritrovando un po’ di coraggio, Kan allentò la stretta e in breve fece scivolare via le mani, quindi con le braccia risalì e le intrecciò attorno al collo di lui. Percepì qualcosa di caldo strusciarsi fra le cosce, avanzando fino ad entrare in contatto con la sua parte intima. Un ospite che entrò in casa senza chiedere permesso, lentamente, procedendo adagio e sempre più in fondo. Una sensazione di paura si fece di nuovo sentire in lei, questa volta amalgamata con una più piacevole che poco alla volta prese il sopravvento. Hanma non staccò gli occhi dai suoi nemmeno per un istante, fino a quando non arrivo tutto in fondo. Emise un leggero suono gutturale e prese respiro. “Tutto a posto?” Le bisbigliò.
Kan fece un cenno affermativo col capo, quindi lui prese a muoversi lentamente. Non se lo aspettava da se stesso di essere così accorto e premuroso. Finora aveva avuto rapporti solo con alcune ragazze facili, di quelle che lo fanno senza sentimento, di conseguenza anche lui lo faceva allo stesso modo, giusto per divertirsi. Niente a che vedere con quello che stava facendo con lei in quel momento. Cogliere ogni piccola sfumatura della sua voce o dei suoi sospiri, ogni piccolo movimento del bacino, ogni luccichio nei suoi occhi…tutto era nuovo, per lui. Un sentimento che Kan condivideva. Per quanto avesse avuto una storia fissa per anni e rapporti più o meno regolari, stava sperimentando nuove emozioni sulla propria pelle, un nuovo piacere che non era solo dovuto alla penetrazione. Il contatto visivo magnetico, il calore del suo corpo, il forte aroma creato dal suo sudore e dal profumo. Era come trovarsi dentro una bolla al di fuori del mondo e del tempo. Una bolla che esplose nel momento in cui raggiunsero entrambi il picco del piacere. Kan avrebbe voluto stringerlo a sé e coccolarlo per un po’, invece Hanma si spostò quasi subito.
“Ahh, l’ho riempito… Per colpa del collare e dei dolori atroci era da un po’ che non mi scaricavo.” Sfilò il preservativo e gli fece un nodo, quindi lo buttò a terra con noncuranza. Poi si sdraiò sul fianco, il braccio piegato per sorreggersi la testa col dorso della mano. “Ti è piaciuto?” Dopo la profonda serietà e concentrazione del rapporto, gli era tornato il tipico sorriso furbo.
“Avevi ragione, mi sono abituata subito!” Ammise lei, bando agli imbarazzi.
“Quindi come funziona qua? Abbiamo un orario o possiamo restare quanto vogliamo?”
“In verità…questa è la mia stanza!”
Hanma strabuzzò gli occhi. “Tua?? Cioè, tua tua?”
“Ah ah! Sì, mia mia! Me l’hanno regalata per il mio ultimo compleanno! Per molto tempo ho dormito con Ken, poi un giorno il Direttore e le ragazze hanno deciso che ero troppo grande e, visto che avevo un ragazzo fisso, hanno avuto questa idea!”
Quelle ultime parole ebbero un effetto immediato su di lui, mise su un’espressione ferita e cupa che traspariva ciò che stava pensando. A Kan non dispiacque, però capì di dover fare uan doverosa precisazione. “A quel tempo avevo già iniziato ad avere problemi con Mikey e questa stanza è diventata più un rifugio per non tornare a casa dei miei. A lui non l’ho mai detto.”
Di nuovo l’espressione di Hanma fu istantanea e nei suoi occhi balenò uan speranza.
Kan gli sorrise. “Sei ufficialmente il primo ragazzo che porto qui! A parte mio fratello.”
Hanma ridacchiò. “Tu sei…incredibile! Per questo voglio farti conoscere il mio migliore amico! Sono sicuro che andreste d’accordo, siete entrambi fuori dalle righe!”
“Ah giusto, mi avevi accennato di averne uno! Mi piacerebbe conoscerlo!”
“Ne ho già parlato al telefono con lui! Possiamo organizzare un incontro uno di questi giorni!”
La stava facendo semplice, in verità Kisaki aveva sollevato qualche dubbio. In fondo poteva essere rischioso farle conoscere la persona che di fatto era la mente diabolica dietro alle tragedie degli ultimi mesi. Lui invece era fiducioso e già immaginava di formare un bel trio all’insegna del divertimento! Un divertimento oscuro.
*
 
Data la totale incapacità di Kan di farsi i cazzi su-cioè, di pazientare il giorno dell’incontro per conoscere questo misterioso migliore amico, aveva talmente assillato Hanma di domande che alla fine lui aveva ceduto e le aveva rivelato che si trattava di Kisaki. Sulle prime Kan non aveva realizzato l’informazione ottenuta, poi aveva collegato quel nome a una faccia e questo aveva dato il via ad una raffica di domande, a cui però Hanma non aveva voluto rispondere. Quando arrivò il giorno dell’incontro, la tensione tra i due era particolarmente alta, tanto più che questo si svolse all’interno della vecchia sala giochi dove aveva sede la sconfitta Valhalla.
Passo dopo passo, Kan era sempre più nervosa. Per lo meno il disegno dell’angelo senza testa era ancora lì all’entrata, pronto ad accogliere quell’anima smarrita. Entrò seguita da Hanma, erano entrambi così silenziosi che i loro passi rimbombarono fra le pareti in modo quasi spettrale. Non era cambiato nulla in quel periodo, siccome nessuno ci aveva più messo piede, ogni cosa era rimasta come l’ultima volta. Gli stessi mozziconi di sigaretta ammucchiati dentro gli ufo-catcher dai vetri distrutti, le stesse impronte di fango sul pavimento, le stesse sedie spostate davanti ai macchinari dei videogiochi…forse anche lo stesso odore di fumo. Dettagli a lei cari, di un periodo di gioia che non sarebbe più tornato. In fondo vide l’area relax coi divanetti, dove era solita trascorrere la maggior parte del tempo assieme ai ragazzi. Un attacco di nostalgia le ricordò la faccia pacioccona di Chome che mangiava patatine in continuazione, oppure il viso gentile e sorridente di Chonbo, o ancora…Kazutora.  Nell’istante in cui il volto del suo migliore amico le attraversò la mente, intravide qualcosa oltre lo schienale di uno dei divanetti. Erano capelli biondi? D’istinto si diede alla corsa, ignorando il richiamo sorpreso di Hanma dietro di lei. Fece una sgommata con le nuove scarpe a zeppa e… “Tora!”
Un ragazzo che non gli assomigliava per niente alzò lo sguardo su di lei. Quella carnagione scura, quei capelli ossigenati e tirati su col gel, quegli occhiali dalla montatura severa che lo rendevano più maturo. Lo ricordava bene, quello era Kisaki.
“Mi dispiace, a quanto ne sono Kazutora è rinchiuso nel carcere minorile.” La sua voce ferma e piatta non mostrava alcun segno di dispiacere.
Hanma arrivò alle sue spalle. “Ehi, Kan, tutto bene? Hai corso come se avessi visto un fantasma!”
Vide il suo sguardo sinceramente preoccupato. Si sentiva una stupida. Si era immersa nei ricordi e aveva perso la razionalità. Lo sapeva che Kazutora non poteva essere lì.
“Sì… Mi sono solo confusa… Sto bene.” Non riuscì ad accennare un sorriso come avrebbe voluto.
Hanma la fece accomodare su un divanetto e si sedette accanto a lei, cingendole le spalle con un braccio. Era il suo modo di darle supporto.
“Dunque…Kisaki… Shu mi ha detto qualcosa su di te, ma ci sono delle domande che vorrei farti.”
Kisaki porse la mano per invitarla a continuare.
“Perché il nuovo Capitano della Terza squadra della Toman è segretamente amico del Secondo della Valhalla? E perché il 31 ottobre Kei-” Si bloccò. Era da tempo che non pronunciava più quel nome e non pensava a lui.
Vedendola in evidente difficoltà, Kisaki prese la parola. “Non sei obbligata a dire il suo nome, se non ce la fai. La risposta alle tue domande è semplice. Sono entrato nella Toman con lo scopo di impossessarmene. Baji lo aveva capito, ha finto di tagliare i rapporti con tutti per infiltrarsi nella Valhalla e verificare i suoi sospetti. Il giorno dello scontro  ha provato a uccidermi.”
Mentre lui era il ritratto della calma, Kan al contrario era agitata e faceva fatica a respirare. Si morse le labbra e si portò una mano al petto, sentendo una fitta. “Di cosa stai parlando? Che cosa hai intenzione di fare?”
“Te l’ho detto. Voglio impossessarmi della Toman, farla diventare la gang che desidero e usare Mikey come un burattino al mio comando.”
Hanma, sempre più preoccupato per lei, avanzò una premura. “Vado a prenderti qualcosa al distribuite automatico qui fuori?”
Lei scosse il capo. “No, grazie… Sta succedendo tutto così in fretta… Io…” Prese un respiro profondo e cercò di calmarsi. “Va bene… Però…perché mi stai dicendo queste cose?”
Sulle labbra di lui apparve un mezzo sorriso. “Perché credo che la faccenda ti interessi! Vedi, sono stato io a creare la Valhalla.” Si portò un dito alla tempia. “L’ho ideata, ho messo Hanma a capo e sono andato personalmente a reclutare il tuo caro Hanemiya Kazutora. Nel giro di pochi giorni ho messo su una gang di 300 elementi con lo scopo di schiacciare la Toman e piegare Mikey al mio volere.” Notò la profonda sorpresa negli occhi di lei, d’altronde se lo aspettava. “Esatto, la tua preziosa Valhalla, i nuovi amici a cui ti sei legata, le giornate spensierate che hai trascorso qui dentro…tutto quanto è avvenuto grazie a me!”
Kan aveva il cuore che batteva come un tamburo, sentì la stretta di Hanma farsi più forte attorno a lei.  Forse non era pronta ad essere trascinata in quella verità, ma ormai c’era dentro. “Posso…farti un’ultima domanda, Kisaki?”
“Se prometti di non collassare, d’accordo! E’ la prima volta che vedo Hanma così in pensiero per qualcuno!”
Cosa ci fosse di divertente in questo, davvero non lo capiva. Di nuovo prese respiro, quindi guardò Kisaki negli occhi con lo sguardo più fermo che poté. “Mi sembra chiaro che questo non è un incontro di piacere. Quindi la mia domanda è questa: che cosa vuoi da me?”
Adesso il sorriso di Kisaki si fece più ampio e più diabolico che mai.


Continua nel Capitolo 26: [Rumble Of Thunder]

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Chapter 26: [Rumble Of Thunder] ***


Chapter 26
[Rumble Of Thunder]
 
Un altro giorno scolastico, un’altra noiosa lezione che non ascoltava, un’altra ora passata a fissare lei dalla parte opposta della classe. Era sempre così attenta alle spiegazioni, alla lavagna, e prendeva appunti in modo meticoloso, da brava studentessa quale era. E lui aveva sottovalutato quelle cose, talmente abituato ad averla accanto. Se pensava a tutto il tempo che aveva sprecato a dormire sul banco invece di guardarla… Il primo anno lo faceva spesso, poi un po’ alla volta aveva smesso. Stupido idiota. Il suono della campanella segnò la fine di quella lezione e l’inizio della pausa pranzo, anche se il Prof. stava facendo delle raccomandazioni sul fare i compiti e ripassare a casa, gli studenti non gli davano retta e stavano mettendo via libri e astucci in velocità. Anche Kan. Ora che era arrivato il momento giusto, Mikey lasciò la sedia e si diresse verso di lei. Due ragazze le si avvicinarono per prime, già con i bento in mano, e le chiesero sorridenti se voleva unirsi a loro per pranzare nella sala mensa. Tra una cosa e l’altra, lei aveva smesso di mangiare assieme a lui e a Draken e accettava inviti random come quello. Vedere le due in quello che considerava il suo territorio lo fece innervosire.
“Lasciateci soli un momento.” Esordì, coi pugni stretti e guardandole come se volesse strangolarle.
Le due biascicarono qualcosa e si dileguarono.
Kan lo guardò in tralice. “Un po’ di gentilezza no?”
Mikey si abbassò su di lei, una mano sul banco e un’altra sulla spalliera della sedia, come se la stesse intrappolando lì. “Perché continui ad evitarmi? Non mangiamo insieme, non veniamo a scuola insieme, non andiamo nemmeno alla metro qua vicino insieme.”
“Se ti comportassi da amico sarebbe più facile anche per me…”
La osservò, quel giorno aveva tenuto i capelli sciolti, fermati sulla cima da un cerchietto color senape che s’intonata alla divisa scolastica. Ovviamente da regolamento non indossava né orecchini né un filo di trucco, eppure era bellissima rispetto a qualunque altra ragazza della scuola.
“Amico?” Chiese, ridacchiando amaramente. “Come faccio ad esserti amico se ti amo? Altro che amico, io voglio essere il tuo fidanzato e lasciarmi alle spalle questo periodo di merda!”
Nonostante lui fosse alterato, Kan rimase tranquilla. “Ti senti? Continui a ripetere quello che vuoi tu, senza chiederti che cosa voglio io. Questa è una delle cose che tra noi non funzionava.”
“Tu volevi farmi sciogliere la Toman, dannazione! Lo sapevi che era una richiesta assurda e l’hai usata come scusa per lasciarmi e metterti con quel coglione!”
“Modera il linguaggio, è del mio ragazzo che stai parlando!” Inevitabilmente anche lei alzò la voce, quella conversazione stava prendendo una brutta piega.  “Credi che abbia dimenticato gli anni passati con te? Le cose che amavo di te? Io non rinnegherò mai di averti amato alla follia, ma sarebbe ora che anche tu ammettessi di aver rovinato tutto. Io volevo solo stare con te e costruire qualcosa insieme per il nostro futuro.”
“Ah, giusto, stavo dimenticando che è tutta colpa mia! E sentiamo, che cosa stai costruendo adesso assieme a lui? Che futuro può darti quel coglione fallito?”
Aveva esagerato, di conseguenza Kan reagì spingendolo indietro con forza. Si alzò in piedi e gli rispose a tono. “Hanma mi sta già dando tutto, perché lui a me ci tiene davvero!!! Invece tu volevi solo tenermi sotto il tuo controllo! Scusa tanto se mi sono innamorata di uno che non mi tiene in cassaforte e non mi cerca solo quando gli prude l’uccello!”
“ADESSO FINITELA, TUTTI E DUE.” Intervenne Draken, separandoli, prima che passassero alle mani. “Non è il luogo per questa discussione, state dando spettacolo.”
Effettivamente, chi era rimasto a pranzare in classe aveva gli occhi puntati su di loro e la situazione era così tesa che nessuno osava nemmeno bisbigliare.
“Mi scusi se la interrompo. Per quanto sia interessante ascoltare i suoi litigi con l’ex fidanzato e il vostro linguaggio colorito, devo chiederle di fare un passo indietro.” Disse l’uomo, posando la stilografica e incrociando le dita sopra il plico di fogli. “Ha cambiato discorso all’improvviso. Mi stava parlando del suo primo incontro ufficiale con Kisaki Tetta. Non c’è bisogno di specificare che questo è un nome pericoloso, giusto?”
Sì, lo sapeva, ma sarebbe stato impossibile proseguire il racconto senza tirare in ballo anche lui. Fece un piccolo cenno col capo. “Mi dica, cosa vuole sapere?”
“Il giorno in cui avete parlato per la prima volta, in quella sala giochi abbandonata, ha detto di aver chiesto a Kisaki che cosa voleva da lei. L’ho segnato nei miei appunti. Ora deve dirmi la risposta.”
Kan si umettò le labbra con la lingua, concedendosi un momento per raggruppare i pensieri. Al che sorrise e puntò sul sarcasmo. “Perché dirlo? Spera di ricavare qualcosa per confermare le accuse che a quel tempo sono ricadute su di lui?”
L’uomo ricambiò abbozzando un sorriso affettato. “Per ciò che avvenne a Sano Emma la Polizia si è basata unicamente sulle testimonianze del fratello Manjiro e di Hanagaki, però riguardo quella sera di febbraio, ci sono numerose testimonianze a confermare che fu Kisaki ad impugnare quella pistola e a premere il grilletto sia contro Kakucho che contro Iz-“
“D’accordo, non dica di più. E’ troppo presto per parlare di quella sera. Ora sto raccontando del novembre precedente.” Si fermò e prese un respiro profondo. “Vuole sapere la sua risposta… Ebbene, gliela dirò.” Guardò l’uomo dritto negli occhi, con sicurezza. “Mi disse solo di stare a guardare. Tutto qua. E io in quel momento ero scossa dal luogo, dai ricordi, dal pensiero del mio amico in carcere e via dicendo. Non gli chiesi spiegazioni.”
Lui sostenne il suo sguardo per una manciata di secondi, quindi riprese in mano la stilografica e appuntò le sue parole. “Voglio crederle, ma faccia molta attenzione. Se dal suo racconto dovessero emergere dettagli scottanti che la coinvolgono in quei casi, potrei seriamente essere costretto a valutare l’opzione di affidare le sue figlie ad una struttura adeguata.”
Un  avvertimento più che lecito. Kan sentì una stilettata al cuore, non poteva permettere che le sue amate bambine le venissero strappate dalle braccia. Ma doveva proseguire il racconto, stando bene attenta a ciò che diceva.
*
 
“Stai a guardare” le aveva detto Kisaki, peccato che fin da subito si era rivelato difficile per lei non reagire a certe novità. Quando Hanma le aveva detto che Kisaki era riuscito a convincere Mikey a fare un’alleanza con la Valhalla e prendere tutti i trecento membri in una nuova Squadra sotto la bandiera della Toman, Kan si chiese se non fosse impazzito. Dopo che finalmente aveva tagliato il filo con quella parte della sua vita ed era andata avanti, adesso si ritrovava di nuovo immischiata con quella dannata gang. Sul serio? Le prudeva la lingua da quante domande voleva fare a quel ragazzo, ma…prima poteva concedergli il beneficio del dubbio e stare a guardare in silenzio. Perciò, una sera di fine novembre, aveva atteso che suo fratello lasciasse il centro massaggi indossando la divisa della Toman, per recarsi lei stessa al Santuario di Musashi e assistere alla cerimonia che sarebbe avvenuta all’insaputa di tutti tranne appunto di Kisaki, Hanma e Mikey, il quale aveva incredibilmente acconsentito. Si era aspettata che rifiutasse tale proposta, soprattutto per via della sua gelosia nei confronti di Hanma…insomma, come era posibile che avesse accettato di unirsi al tanto odiato ragazzo che gli aveva soffiato la fidanzata? Possibile che Kisaki avesse un’influenza così forte su di lui? Continuò a chiederselo anche dopo essere uscita dalla metro, dovendo percorrere a piedi un tratto di strada su cui non camminava da tempo. Le parole di Kisaki continuavano a tornarle in mente, “stai a guardare”, e forse la curiosità era il fattore principale che la stava spingendo a recarsi nella tana dei lupi, anche se era intimorita da ciò che l’aspettava una volta messo piede là.
Sorpassò le prime moto parcheggiate e si inoltrò pian piano nel piazzale, senza guardare in faccia a nessuno. Come si aspettava, al suo passaggio non mancarono le offese, ma almeno nessuno gridò o tentò di metterle le mani addosso. Meglio così. Si lasciò scivolare addosso parole come “stronza”, “traditrice”, “puttana”…ormai lei non aveva più niente a che fare con quei tizi. Ai piedi della scalinata adocchiò suo fratello, ero sorridente e stava scambiando qualche parola con Takemichi. Questo indossava una divisa della Toman. Ah, dunque alla fine Mikey aveva fatto entrare il proprio giocattolino personale per poterci giocare di più. Il pensiero le causò l’amaro in bocca. Per ripicca gli andò addosso con una spallata, parlando fra i denti con disprezzo. “E togliti, sfigato.”
Draken finalmente si accorse di lei, la sua espressione era visibilmente stupita. “Kan?”
Lei si fermò davanti al primo gradino e sollevò lo sguardo, senza badare a lui.
“Diamo inizio alla riunione!” Gridò Draken, richiamando l’attenzione di tutti i presenti. E subito dopo affiancò la sorella. “Che ci fai qui?” Le chiese con tono neutrale.
“Fidati, è l’ultimo posto al mondo dove vorrei essere.” Si limitò a dire lei, tenendo lo sguardo alto sulla cima della scalinata. Pochi secondi ed ecco che giunse Mikey, con la sua figura maestosa, il tokkofuku appoggiato sulle spalle che si muoveva al vento come un regale mantello. Suo malgrado, Kan sentì il cuore battere un colpo più forte da quanto quell’immagine era bella. Dopo, si affacciò alle scale anche Hanma, con addosso la giacca bianco grigia della Valhalla che lei amava tanto, e si posizionò alla destra di Mikey. In ultimo arrivò Chifuyu, sulla sinistra. Inutile dire che con quell’entrata in scena mozzafiato, chiunque si dimenticò immediatamente della sua presenza.
In teoria, doveva essere l’alleanza tra Toman e Valhalla la notizia più gettonata di quella sera, e invece. Quando Chifuyu dichiarò la sua intenzione di volere Takemichi come Capitano della Prima squadra al posto di Baji…Kan si mise a ridere tra sé. Era stata tanto in ansia per cosa? Quella riunione si era rivelata una buffonata! Completamente ignorata, ne approfittò per uscire dalla folla, fare il giro della collinetta e attendere Hanma dalla parte opposta del Santuario, come da accordi. Restare lì un secondo di più non valeva la pena.
“Ehi bellissima! Hai visto quanto ero figo là sopra?” Esordì Hanma, una volta che l’ebbe raggiunta al termine della riunione. Era sorridente e allegro, in netto contrasto con l’espressione seria che aveva prima. La baciò e si lasciò giustamente elogiare.
“Eri figo davvero! Non indossavi questa giacca da un po’!” Kan sfiorò con le dita il tessuto impermeabile, per poi risalire sul suo viso. “Sei più figo di chiunque altro della Toman!”
“Ahah! Non esagerare!” Si diede una veloce scorsa alle spalle, cercando qualcuno. “Ah non te l’ho detto. Kisaki ha organizzato una serata al karaoke solo per noi tre, per festeggiare! Ti va?”
L’idea non era affatto male, magari così avrebbe trovato l’occasione di fargli qualche altra domanda. “Assolutamente sì!”
Attesero giusto una manciata di minuti che Kisaki riuscisse a liberarsi dalla morsa della gang e insieme si recarono in un karaoke di Shinjuku che lui stesso aveva prenotato a proprio nome.
La saletta era piccola, ma dotata di un divano comodo, e a Kan fu concesso di ordinare ben tre tipi di stuzzichini di suo gusto in quanto ospite d’onore! Stranamente né lui né Hanma parlarono della riunione o dell’alleanza, tranne un momento in cui Hanma scherzò raccontando questo aneddoto: “Nel momento dell’unione delle mani, ho sentito quella di Mikey tremare nella mia, come se si stesse sforzando di non stritolarmela! Quel nanetto deve essere ancora incazzato con me per avergli soffiato la ragazza!”
Fatto innegabile e divertente a cui Kan si concesse di ridere liberamente. E perfino Kisaki. Trovandosi in un karaoke, oltre a bere e mangiare e dire cretinate, si erano anche esibiti in performance canore senza imbarazzi. Nessuno di loro era particolarmente dotato per il canto, all’incirca i loro punteggi erano simili.
“Shu ha una voce profonda come immaginavo, ma neanche tu te la cavi male, Kisaki!” Disse sinceramente lei.
“Oh cazzo, devo andare al cesso! Ho mangiato troppe schifezze!” Saltò fuori Hanma, con tutta la ‘grazia’ di cui era capace. Con un balzo si rimise in piedi e praticamente scappò via dalla saletta sbattendosi la porta alle spalle.
Un ottimo momento per parlare senza peli sulla lingua con Kisaki. Kan si sporse verso di lui, riempiendo così il posto vuoto lasciato da Hanma. “Allora, che stai combinando?”
Kisaki parve contare fino a tre prima di rispondere, lo sguardo fisso sullo schermo con la classifica dei punteggi delle ultime performance. “Continui a farmi domande che hanno la stessa risposta.”
“Allora sarò più specifica. Come ti è saltato in mente di far incontrare il mio attuale ragazzo e il mio ex? Mikey quando ci si mette sa essere una testa calda, avrebbe potuto ucciderlo lì!”
Di nuovo una pausa… “Non ti biasimo per avere poca fiducia nella forza di Hanma. Soprattutto dopo quel calcio che si è preso durante lo scontro del 31 ottobre.”
“Non ho detto niente di simile!!! Shu è forte! Ha tenuto testa a mio fratello per tutto il combattimento! Io non-” Esasperata, sospirò rumorosamente, quindi cercò di ricomporsi e ne approfittò per sistemarsi la mini che indossava sopra un nuovo paio di stivali in camoscio col tacco alto. “Da come mi tratti, direi che non ti sto simpatica.”
Finalmente Kisaki si voltò a guardarla, nei suoi occhi c’era un velo di sorpresa. “Al contrario. Sei intelligente e non stai interferendo coi miei piani, questo ti fa salire nella scala delle mie simpatie. E trovo che tu sia la compagna perfetta per Hanma.”
Sembrava sincero, per lo meno.
“Accetto i complimenti, ma ora cosa dovrei fare? Non mi fido a lasciare Shu da solo con Mikey nei paraggi. E purtroppo, facendo parte della stessa gang, si incontreranno spesso.”
“Al suo fianco ci sarai tu, no? Non lo hai capito?”
“Capito cosa?”
Kisaki si spostò leggermente sul divano e si sporse verso di lei. “L’intera Valhalla è diventata la Sesta squadra della Toman. Questo significa che puoi rivedere i tuoi nuovi amici e stare con loro come facevi prima. Di sicuro nessuno delle altre squadre avrà da ridire se la gemella di Draken si unisce agli incontri.”
In effetti non ci aveva pensato. “Quindi…potrò frequentare di nuovo i ragazzi? Mangiare patatine con Chome, ascoltare le parole gentili di Chonbo e interpretare gli sguardi di Choji?”
“Potrai spassartela! E tutto davanti a quel derelitto del tuo ex ragazzo!” Aggiunse lui, sorridendo.
La porta si riaprì e comparve nuovamente Hanma. Avendo tolto la pesante giacca, era rimasto con una maglia a maniche corte nera che sottolineava il suo fisico estremamente asciutto.
“Tutto a posto! Possiamo riprendere a cantare!” Invece di riprendere posto in mezzo a loro due, si sedette al margine del divano e avvolse Kan in un abbraccio da dietro. “Allora? Cosa avete fatto mentre non c’ero?”
Fu Kisaki a rispondere. “Credo di aver fatto amicizia con la tua ragazza!”
E Kan confermò. “Sì, abbiamo risolto alcuni malintesi!”
“Ohi ohi! Sono stato via dieci minuti e siete diventati amici per la pelle?”
Non era così, ma di sicuro Kan adesso cominciava ad apprezzare le doti del migliore amico del suo ragazzo.
*
 
Ufficialmente erano diventati i membri della Sesta squadra della Tokyo Manji Gang, capitanata da Hanma. Di fatto, chiunque della Toman parlasse di loro li chiamava ‘quelli della Valhalla’ e questa cosa doveva assolutamente essere corretta. Peccato che in quanto a Vicecomandante, toccasse a lui occuparsi della faccenda e fare in modo che i ragazzi perdessero la brutta abitudine di usare il secondo appellativo. Ne valeva l’onore della Toman, in quanto doveva mostrarsi unita e forte.
“Ah stanno arrivando quelli della Valhalla. Che casino…”
Eccolo là, il primo a dare aria alla bocca appena aveva iniziato a sentirsi il rombo delle moto in lontananza.
“Quelli della Valhalla si mettono troppo in mostra, per dei tizi che hanno perso.”
Aveva aggiunto un altro, con l’amaro in bocca. Ma ok, lui si era armato di pazienza e li aveva corretti a gran voce, facendosi sentire apposta dalla maggioranza dei presenti.
Poi le moto erano arrivate, assieme a schiamazzi inopportuni e risate, urtandogli i nervi. Era innegabile che se la stavano tirando troppo e avere addosso la nuova divisa nera con i ricami gialli non aiutava. Sospirò, sarebbe stato difficile falri integrare nella gang. Li seguì con lo sguardo, un po’ alla volta parcheggiarono alla bell e meglio in disparte dalle altre squadre e non salutarono nessuno, fregandosene altamente degli altri centocinquanta ragazzi che li guardavano in cagnesco. Di nuovo prese respiro, sarebbe stato immensamente difficile farli integrare. Era indeciso se andare subito a dargli una strigliata o lasciarli fare, in quanto si trattava della prima sera ed era un incontro informale. Il vociare aumentò con l’avvicinarsi di un’ultima moto, che venne accolta neanche fosse stato un giocatore favorito all’entrata in campo. Era solo Hanma in sella ad una moto che già a prima vista non gli apparteneva.
“Sesta squadra! Ahaha!” Gridò, alzando irresponsabilmente un braccio e facendo oscillare pericolosamente la moto.
“Oh bene, il re dei fessi è arrivato.” Mormorò tra sé Draken, squadrandolo da lontano. Dopotutto, forse era davvero il caso di andare a rimetterlo a posto, quel deficiente. Deciso, fece per avviarsi, ma…
“Ehi Draken, ma quella in sella dietro di lui non è tua sorella?” Chiese un ragazzo della Seconda.
Sentì un birivido lungo la schiena e subito aguzzò la vista. Porca troia, come aveva fatto a non vederla? Era proprio lei. Il tempo che Hanma ebbe spento il motore e lei saltò giù dalla sella per correre fra le braccia di un tipetto tondo che sembrava uno yokai e che aveva un pacchetto di patatine in mano. Non riusciva a capacitarsene, che cosa ci faceva lì? Proprio lei che aveva sempre odiato i raduni e le riunioni, si era presentata sorridente e sprizzando gioia. Ok, doveva mantenere la calma, l’importante era che non si accorgesse della sua presenza anche Mik-
“Kan…?”
Merda. Neanche il tempo di pensarlo che si ritrovò Mikey affianco, con addosso un’espressione più sofferente che sorpresa. Indubbiamente, quella sarebbe stata una bella gatta da pelare.
Al rientro a casa, al centro massaggi, ne parlò con Masawey, più che altro per avere l’opinione di un adulto. Proprio mentre era lì all’ingresso, arrivarono anche sua sorella e Hanma, ancora su di giri per la serata.
“Ken! Che bello vederti!” Esordì lei, con la vivacità di un fuoco d’artificio.
Solo che Draken non era in vena, perciò si mantenne serio. “Ero anche al Santuario, ma tu non mi hai degnato di uno sguardo.”
Lei esitò un momento, per poi tornare sorridente. “Eddai non tenermi il muso! Avevo voglia di stare coi ragazzi della Valhalla! Molti di loro non li vedevo da un po’!”
Eccone un’altra. Uff…
“La Valhalla è stata sconfitta e assorbita dalla Toman, nel caso lo avessi dimenticato. Adesso sono i ragazzi della Sesta squadra.”
“Ops!” Rispose lei, esibendo la punta della lingua in modo sbarazzino.
“Ohi Draken! E’ stata una bella serata, rilassati!” Si fece avanti Hanma, col solito sorriso strafottente e la nuova divisa che lo faceva sembrare ancora più magro.
Draken lo fronteggiò senza battere ciglio. “E tu vedi di stare attento a come guidi la moto quando a bordo c’è mia sorella. Idiota.”
“Ahah! Devo prenderci la mano! Me l’ha prestata un amico di Kabukicho per l’occasione!” La sua simpatia non sfiorò minimamente il ragazzo dall’espressione cupa che aveva davanti, perciò cambiò argomento. “Kan mi ha invitato a dormire qui, sei d’accordo?”
Vedendo quale risposta traspariva dagli occhi di Draken, Masawey pensò bene di stroncargli la parola ed intervenire. “Non c’è problema, fin che rispetti le persone che lavorano qui.”
Hanma gli fece un inchino, seppur frettoloso. “Grazie, signore!”
Prendendo il momento favorevole, Kan si aggrappò al braccio di Hanma. “Allora buonanotte!”
“Buonanotte, piccola.” Rispose gentilmente Masawey, prima di prendere in mano il giornale e aprirlo su una pagina a caso.
“Buonanotte, fratellone!” Si rivolse poi a Draken, stampandogli un bacio sulla guancia mentre gli passava accanto.
Quindi toccò ad Hanma, il quale fece un azzardo. “Buonanotte, cognatino!”
L’avesse mai fatto. Il cervello di Draken esplose come una bomba e lui si ritrovò a stringere i pugni con rabbia. “Come cazzo mi hai chiamato???”
“…credevo che ormai io e te-” Ma Kan lo interruppe. “Ne parliamo un’altra volta!” E se lo portò via velocemente, prima che potesse accadere altro.
Decisamente, Draken ne aveva già le palle piene.
La situazione non migliorò nei giorni seguenti. Passi il fatto che lo spilungone si fermava a dormire al centro massaggi un po’ troppo spesso, ma fin che nessuno del posto si lamentava, lui non poteva sollevare obiezioni, tanto più che le ragazze lo avevano subito preso in simpatia. Però gli stava tremendamente sul cazzo il modo in cui lui si comportava durante gli incontri al Santuario, davanti agli occhi di tutti. Soprattutto davanti agli occhi di Mikey. Quel poveretto si ritrovava a sorbirsi degli spettacoli di dubbio gusto con quei due che stavano perennemente appiccicati e se la spassavano. Senza contare che la Sesta squadra non rivolgeva la parola ad altri membri neanche per sbaglio. Avevano cambiato la divisa, ma rimanevano felicemente rinchiusi dentro una bolla da loro creata, fregandose di chiunque fosse al di fuori. Un problema di cui aveva intenzione di discutere con tutti i Capitani e i Vice e che doveva essere risolto per il bene della gang. Ma prima di questo, aveva l’obbligo morale come amico di fare qualcosa per il bene di Mikey.
“Quel dannato verme… Tiene le mani addosso a mia sorella neanche la stesse plasmando come una statua di argilla.” Disse tra i denti, puntando la scena col massimo odio.
“E chi non vorrebbe farlo? Kan è una strafiga!” Saltò fuori Smiley, beccandosi un’occhiataccia sia da parte di Draken che dai ragzzi che aveva attorno, come suo fratello Angry, Mitsuya e Chifuyu. Inutile dire che serrò la bocca e si pentì di averlo detto. Se avessero saputo che una volta c’era andato a letto, probabilmente lo avrebbero ucciso, quindi era meglio mantenere un basso profilo.
Mitsuya, con la sua natura docile e la pazienza di un monaco, provò a placare la rabbia di Draken. “Non dovresti fissarli. Vedrai che col tempo si daranno una calmata.”
‘Col tempo’ era un’espressione troppo vaga, lui voleva che la finissero immediatamente. Però rinosceva che Mitsuya aveva ragione, perciò distolse lo sguardo e provò a concentrarsi sulle chiacchiere del gruppetto. Senza successo. Non poteva fare a meno di guardare Mikey e la sua evidente sofferenza. Per lui doveva essere una tortura vedere certe cose ogni volta. Aveva perfino gli occhi lucidi. No, non ce la faceva a fare finta di nulla come aveva detto Mitsuya. Si volse di nuovo a guardare e beccò i due piccioncini intenti a baciarsi, così senza pudore, e allora la rabbia ebbe il sopravvento.
“Adesso basta.” Ringhiò.
Mitsuya provò a trattenerlo, inutilmente, e lui camminò a passo pesante verso di loro con tutta l’intenzone di mettere su un casino.
Per prima cosa, artigliò la mano di Hanma che stava indugiando troppo spudoratamente su una coscia di lei, e gliela strappò via.
Il bacio si interruppe all’istante, i loro sguardi sorpresi si posarono su di lui. Ma subito Hanma la buttò sul ridere. “Draken! Che faccia che hai! Ahaha!” E si rimpossessò della propria mano, prima che a lui venisse l’impulso di staccargliela dal polso.
“Volete finirla di dare spettacolo? Siete fastidiosi e ridicoli, cazzo!” Li apostrofò.
“Ma Ken… Era solo un bacio! Non fare il puntiglioso!” Sdrammatizzò Kan.
“E tu non dovresti nemmeno essere qui. Questi incontri li odiavi, com’è che adesso partecipi?”
“Be’…adesso mi diverto.” Fece spallucce, con fare innocente. “Vado molto d’accordo coi ragazzi della Valhalla, lo sai.”
“LA VALHALLA NON ESISTE PIU’, KAN!” Gridò esasperato Draken, di conseguenza Hanma si frappose tra i due e lo fronteggiò con serietà. “Non è il caso di urlare così contro tua sorella.”
“Tu che cazzo vuoi, eh?” Rispose a tono, a pochi millimetri dal suo viso.
Sarebbe finita in botte se in quel momento non fosse intervenuto Mikey.
“Smettetela tutti e due. E’ un ordine.” Mostrò una grande fermezza, per uno che fino a poco prima sembrava un bambino sul punto di piangere. Attese che Draken facesse un passo indietro, liquidando la faccenda con un finto sputo al suolo. Quindi rirese a parlare. “Ricordo a tutti voi della Sesta squadra, che adesso fate parte della Toman. E io sono il vostro Comandante. Se non volete essere puniti per la vostra indisciplina, vedete di parlare coi vostri compagni delle altre squadre.”
Tutto attorno non volava una mosca. Mikey guardò Kan un istante, le fece un piccolo cenno col capo e girò sui tacchi per tornare da dove era venuto.
*
 
La stanza ben riscaldata, il vapore che si innalzava lentamente e si appiccicava alle pareti, il rumore di una moltitudine di bolle che esplodevano piacevolmente e schizzavano appena il viso, mentre il corpo era beatamente immerso nell’acqua calda. Una vera goduria che Kan stava provando per la prima volta. Uno dei tanti privilegi di casa Shiba.
“Ahhh immersa qui mi sembra di non avere più un problema al mondo!”
Yuzuha, a poca distanza da lei, le lanciò un’occhiata divertita. “Per me puoi restare quanto vuoi, ma sono abbastanza sicura che verrebbero a reclamarti in molti!”
Kan riaprì gli occhi e fece una smorfia arricciando le labbra. “Magari sarebbe una buona scusa per vedere quello scemo di mio fratello collaborare con Shu. Uffaaa!” Sollevò il capo e agitò i pugni fuori dall’acqua. “Cosa devo fare perché vadano d’accordooo?”
“La prima cosa che mi viene in mente, è di fargli trascorrere del tempo insieme… Ma se le cose stanno come mi hai detto, non sarà semplice.”
“Scommetto che se tu avessi un ragazzo, Hakkai non farebbe tutte queste storie. Come t’invidio!”
Di nuovo Yuzuha trovò la cosa divertente e lasciò una risatina. “Hakkai sa che non deve preoccuparsi, perché non mi interessa trovare un ragazzo! E poi non riuscirei a lasciare il mio fratellino da solo, quindi anche se dovessi innamorarmi darei sempre la priorità a lui.”
Kan la guardò con sospetto. “Voi due avete un rapporto fin troppo strano, sai.”
Yuzuha alzò le spalle con noncuranza. Fece per mettersi comoda nella vasca idromassaggio e godersi  a sua volta un po’ di tranquillità, ma il suono del cellulare richiamò la sua attenzione, avvisandola di aver ricevuto un messaggio. Passò la mano su un piccolo asciugamano tenuto appositamente a bordo vasca, quindi si sporse sul mobiletto per vedere. Il suo viso di adombrò.
“Ah… Scusami Kan, devo lasciarti sola cinque minuti.”
“Tutto bene?”
Yuzuha uscì con attenzione dalla vasca, posando i piedi sul tappetino, poi infilò l’accappatoio. Mentre si allacciava la cintura in vita, la guardò e rispose cercando di sorridere. “Non preoccuparti. Faccio presto. Tu resta qui a divertirti con le bolle!”
Kan la osservò mentre usciva dalla stanza da bagno e un istante dopo il suo sguardo si posò sui comandi della jacuzzi. Prima l’aveva vista premere dei bottoni precisi, quindi…
“Vediamo se riesco ad aumentare le bolle!”
Il suo sorriso furbo non prometteva niente di buono!
Al piano di sotto, non appena la porta d’ingresso si aprì, Inupi si ritrovò davanti lo sguardo tagliente di Yuzuha, come le altre volte. Che dicesse quel che voleva, lei e Taiju avevano la stessa espressione ed era lampante che fossero fratelli.
“Inui. Spero che la tua brutta faccia non mi rovini il pomeriggio, mi stavo divertendo con un’amica.”
Anche il caratteraccio era lo stesso, per l’appunto. Senza dire nulla, Inupi entrò e la seguì dentro casa e poi su per le scale, fino a quando lei non si fermò e gli fece segno di stare lì.
“Vado a prendere la busta, aspettami.”
Ogni tanto capitava che lo facesse entrare in casa. Anche se era già stato lì altre volte sotto invito dello stesso Taiju ed aveva visto personalmente la stanza del Capo, a Yuzuha non piaceva che s’intromettesse troppo, e quando era lei la padrona di casa provava un piacere sadico nel mettergli dei paletti. Era una cosa fastidiosa, ma poco gli importava, tanto tra una visita e l’altra passava sempre del tempo. All’improvviso sentì un grido. Il suono giunse ovattato per via dello spessore delle pareti e un attimo dopo la porta della sala da bagno si aprì.
“Yuzuhaaaaaa, credo di aver fatto un casino coi tasti!!! Anzi no, è la jacuzzi che è impazzita!!”
Una voce piagnucolosa, subito seguita dall’entrata in scena della persona a cui apparteneva. Alta, snella, gambe lunghe e capelli di un biondo naturale… Era diventata ancora più bella dall’ultima volta che l’aveva vista.
Quando lei si accorse della sua presenza, arrossì visibilmente e si strinse addosso un asciugamano talmente corto da essere ai limiti della legalità. “Ah ehm…salve! Non sapevo ci fosse qualcun altro in casa! Che figuraccia!”
Inupi rimase a fissarla alcuni istanti, per poi tentare di sopprimere una risata e abbassare la testa.
“Ehi tu! Sono una fanciulla in difficoltà, non c’è niente da ridere!” Lo riprese lei, indispettita, aggrottando le sopracciglia.
“Non avevo mai visto nessuno litigare con una vasca idromassaggio!”
A Kan stavano venendo i fumetti per quella reazione, era decisa a farsi valere e rispondergli per le rime ma…ogni segno di ostilità svanì nel momento in cui lui risollevò il viso. A prima vista non lo aveva notato, ma quel ragazzo era incredibilmente bello, soprattutto ora che le stava sorridendo e i suoi occhi azzurri erano più luminosi. Certo, aveva appena finito di ridere di lei, però quella vista gli faceva meritare il perdono immediato.
Rendendosi conto di essere osservato, Inupi cercò di tornare serio e si passò una mano fra i capelli biondi per ridarsi un tono. Non si trovava lì per divertirsi, in fondo. In ogni caso, ci pensò la comparsa di Yuzuha a spegnere il divertimento.
“Che stai facendo? Non dare fastidio alla mia amica.”
“Veramente io non ho fatto nulla.” Le rispose semplicemente.
Yuzuha gli sbatté sul petto una corposa busta bianca e lo guardò minacciosa. “Adesso vattene, cane rognoso.”
Bisognava prenderla con filosofia, nient’altro. Le fece un cenno col capo e poi si rivolse a Kan facendole l’occhiolino. “E’ stato un piacere, Jacuzzi!”
“Non mi chiamo così!!!” Starnazzò lei.
“Lo so, conosco il tuo nome. Ti ho visto altre volte in passato. Sei tu che non mi hai mai notato.” Si voltò e scese le scale da solo.
Yuzuha attese di sentire il rumore della porta d’ingresso e solo allora lasciò un profondo sospiro, come liberandosi di un peso. Si avvicinò a Kan. “Spero non sia stato scortese. E’ uno dei cani da guardia di mio fratello maggiore e ogni tanto viene qui a prendere…delle cose.”
“Ah no, figurati! Stavamo solo scherzando! Tu piuttosto, stai bene? Hai una faccia!”
“Ehm...sì…adesso mi passa! Non è niente! Torniamo di là!”
“Ah è vero!” Kan corse ad aprire porta e dalla stanza si levò un rumore curioso, come se all’interno ci fosse stata un’enorme pentola di brodo in ebollizione! Con aria colpevole, dovette confessare. “Ho toccato qualcosa che non dovevo…scusa…”
Fortunatamente Yuzuha era dotata di grande pazienza e, invece di prendere l’amica e ficcarla con la testa dentro l’acqua, si limitò ad armeggiare con la tastiera per diminuire il getto dell’aria e ridurre così il numero di bolle che esplodevano. Per lo meno era la stanza da bagno, il fatto che ci fosse tutta quell’acqua per terra non era poi così anomalo! Risolto il problema, le due ripresero posto dentro la vasca, entrambe infreddolite dalla brusca interruzione precedente, e fecero scorrere dell’altra acqua calda per aumentare la temperatura.
“Yuzuha? Chi era quel ragazzo? Forse non dovrei dirlo, ma aveva un sorriso così dolce che mi sono sciolta!”
Lei la guardò con tanto d’occhi. “Chi? Quel cagnaccio?”
“Perché continui a chiamarlo così?”
“Perché mi sta antipatico. E…be’ perché ce l’ha nel cognome. Si chiama Inui Seishu.”
Kan alzò lo sguardo al soffitto, riflettendo. “Inui Seishu… Non mi dice niente… Ma se ha detto di conoscermi, da qualche parte ci siamo incontrati per forza… Quella macchia rossa che aveva sul viso poi, me la ricorderei…”
“Non saprei, ma ti consiglio di stargli alla larga e concentrarti sul tuo ragazzo.”
“Ahah sei preoccupata? Ho solo detto che ha un bel sorriso, non tradirei mai Shu!”
“Non intendevo questo, è che…” Lasciò un sospiro e scosse leggermente la testa. “Ascolta Kan, devi sapere una cosa. Non te l’ho mai detto perché facevi parte della Toman e stavi con l’Invincibile Mikey ma…adesso credo di poterlo fare.”
Capendo la gravità della situazione, Kan tornò seria e restò in ascolto.
“Mio fratello Taiju è il Comandante dell’attuale Black Dragon. Quella gang è composta da soggetti pericolosi che non risparmiano nessuno. E Inui è uno dei suoi due fidati galoppini. Per questo è meglio che tu gli stia alla larga. E’ per il tuo bene.”
Kan si ritrovò a spalancare gli occhi per la sorpresa. “La Black Dragon? Ma…Hakkai…?”
“Non l’ha detto a nessuno, ovviamente. Nemmeno a Mitsuya.” Si spostò nella vasca per farsi più vicina a lei e le mise una mano sulla spalla. “Te lo chiedo come amica, non dirlo in giro. Hakkai non vuole che si venga a sapere. Un’informazione così potrebbe farlo cacciare dalla Toman…”
Kan fece dei rapidi cenni col capo. “Certo certo! Non lo dico a nessuno.”
Doveva essere un pomeriggio di svago con un’amica, invece si era ritrovata con una patata bollente tra le mani.


Continua nel Capitolo 27: [Storm Wind]!
Kan è venuta a conoscenza di un segreto pericoloso...ma sarà dura tenere la bocca chiusa.
La storia è entrata ufficialmente nel Christmas Conflict! 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Chapter 27: [Storm Wind] ***


Chapter 27
[Storm Wind]
 
Mitsuya non si aspettava di ricevere un messaggio di Kan, dopo tutto quel tempo in cui non si parlavano e anche un saluto era diventato raro. Ovviamente era iniziato tutto ad ottobre, quando lei aveva preso a frequentare di nascosto una gang rivale, poi c’era stata la rottura con Mikey…e in tutto questo ci aveva rimesso lui. Peggio ancora, ci avevano rimesso le sue sorelline, che da un giorno all’altro si erano ritrovate senza quella che consideravano una sorella maggiore. Era sparita dalle loro vite senza un motivo, e loro che all’inizio chiedevano insistentemente di lei, poco alla volta avevano smesso di nominarla. I bambini percepiscono chi non gli vuole bene. La cosa gli aveva lasciato l’amaro in bocca, anche se di fatto ne era rimasto fuori, rassegnandosi a quello che accadeva. Fino a quando, un giorno qualunque, gli era arrivato un messaggio, proprio da parte di Kan, in cui gli chiedeva di incontrarla in una caffetteria a Shinjuku, senza farlo sapere a nessuno. Che faccia tosta. Eppure, lui si era organizzato per mettere a letto le bambine e, appena sua madre era rincasata, era salito a bordo della sua amata Impulse per raggiungere il luogo dell’appuntamento. Non sapeva nemmeno lui se definirsi un buon amico o un completo idiota.
Bruciò la strada senza battere ciglio, avvolto da un giubbotto marrone a collo alto e i guanti foderati di panno. Le sere di inizio dicembre erano piuttosto fredde. Giunto a destinazione parcheggiò la moto, per un qualche motivo si passò la mano tra i capelli leggermente arruffati, quindi camminò per l’ultimo tratto per raggiungere la caffetteria. Vide Kan attraverso il vetro, seduta ad un tavolino abbastanza centrale. Le mani unite sul ripiano e lo sguardo basso, come se stesse pensando a qualcosa di spiacevole. Non la fece attendere, entrò, si tolse immediatamente il giubbotto e poi andò spedito verso il tavolino. Nel momento in cui appoggiò il giubbotto allo schienale, lei alzò la testa, il suo sguardo era così colpevole che gli fece pena.
“Non ero sicuro di venire, dopo il modo in cui ti sei comportata.” Esordì, giusto per mettere in chiaro il proprio stato d’animo.
“Ti ringrazio per aver accettato…”
Mitsuya si sedette assumendo una postura sfacciata, con un braccio attorno allo schienale e le gambe aperte. In breve arrivò la cameriera a prendere l’ordinazione. Entrambi presero caffelatte caldo.
“Allora…di cosa devi parlarmi?” Lei era visibilmente in difficoltà e questo lo fece innervosire. “Visto che non parli, comincerò io. Che scusa hai per non essere più passata a trovare Mana e Luna? E’ da più di due mesi che non ti vedono. Passi per me, se non vuoi più essere mia amica non mi interessa, ma loro non c’entrano niente. Sono solo-”
“Lo so, Mitsuya.” Lo interruppe lei, sovrastando la sua voce, ma senza esagerare. Adesso il suo sguardo era luminoso, come se in lei si fosse acceso un interruttore. “Non era mia intenzione ferirle, avevo solo bisogno di un po’ di tempo per me stessa. Non so se hai presente i casini in cui mi trovavo per colpa di Mik-”
Stavolta fu la cameriera ad interrompere, arrivando col vassoio e servendo le tue tazze fumanti, accennando un “Prego” sottovoce, per poi fare un piccolo inchino e andare altrove. Forse si era accorta che stavano avendo una discussione, ma ugualmente aveva trovato il coraggio per svolgere il proprio dovere. La sua breve intrusione era servita, soprattutto a Mitsuya, che lasciò un respiro e tornò ad essere gentile come normalmente era.
“Non ti giudico. So cosa stavi passando… Hai rotto un collare che ti soffocava e ti sei lanciata verso la libertà. E va bene. Ti chiedo solo di non dimenticare l’affetto delle mie sorelline.” Si ricompose sulla sedia e allungò una mano sul bordo della tazza, come per percepire quanto fosse calda. “E neanche il mio.” Aggiunse, fissando il liquido marroncino che riempiva la tazza.
Kan capì che quell’aggiunta gli era costata un pezzo di orgoglio, d’altronde la sua natura mite e amichevole lo spingeva sempre a ricercare un accordo con chi aveva intorno. Era un ragazzo d’oro.
“Ahhh così mi fai piangere, accidenti a te!” Bisbigliò, passandosi una manica sugli occhi. “Litigio a parte…”
“Non era un litigio! Ti ho solo detto quello che pensavo!” Ora Mitsuya stava sorridendo, con quel suo sorriso tenue e buono che lo caratterizzava.
Kan gli fece un cenno di ringraziamento, si concesse alcuni istanti per riorganizzare i pensieri, afferrando la tazza calda con entrambe le mani. “Ti ho chiesto di incontrarci perché sono preoccupata per Yuzuha. Temo che in casa Shiba stia succedendo qualcosa di brutto.”
Aveva catturato appieno la sua attenzione. Gli raccontò con calma ciò che aveva visto l’ultima volta e altri particolari che le erano venuti in mente riflettendoci in seguito. Non si era mai chiesta come mai il fratello maggiore di solo un anno più grande, non fosse praticamente mai a casa e non andasse a scuola, nonostante la famiglia Shiba fosse abbastanza in alto nella scala sociale, e dopo aver saputo della Black Dragon alcune cose erano diventate chiare, mentre altre si erano infittite di mistero. Ad esempio quella busta bianca rigonfia. Conteneva denaro o era la sua immaginazione a farglielo pensare? E Yuzuha perché ce l’aveva? Cosa era costretta a fare? Mitsuya ascoltò il racconto con attenzione, sorseggiando distrattamente il caffelatte, e ogni tanto era lui a integrare il discorso con informazioni di cui era a conoscenza, permettendo così anche a lei di bere nel frattempo. Entrambi però si ritrovarono di fronte allo stesso muro, ad un certo punto. Hakkai non aveva mai fatto menzione di chi fosse suo fratello e che ruolo avesse nella malavita.
Mitsuya tamburellò col dito sul manico della tazza, pensieroso. “Non dico che ci raccontiamo sempre tutto… Per tacere una cosa così importante deve avere un motivo. Però, se Yuzuha è costretta a fare qualcosa di pericoloso, la situazione cambia.” Strinse i denti, infastidito. “Perché non ha detto nulla, quell’idiota?”
“Che cosa possiamo fare?”
“Per ora non lo so… Devo riflettere. E poi cercherò di farmi dire qualcosa da Hakkai, senza fargli capire che ci sono già dentro.” Lentamente sollevò lo sguardo su di lei, sui suoi occhi velati di tristezza, sul suo nasino simpatico, sulle sue labbra che erano diventate quasi rosse da quanto se le era mordicchiate. “Ehi, stai su! Vedrai che troveremo un modo di aiutarli!”
“Ah… Sono solo tesa… Avevo provato a parlarne con Shu, ma lui ha risposto: fin che avrà una piscina sul retro e una vasca idromassaggio, non può dire di avere dei problemi!” Finì la frase ridacchiando. “Che scemo! Prende tutto alla leggera!”
“Hanma… Sei felice con lui, vero? Quando vi vedo insieme sei sempre sorridente e ridi spesso!” Lo disse con un pizzico di nostalgia nella voce, pensando a quando lei faceva parte di un altro gruppo, in un passato che improvvisamente sembrava così lontano.
Lei gli regalò un ampio sorriso. “Sì, è un ragazzo meraviglioso! Con lui sto bene! Mi fa sentire importante e protetta e insieme ci divertiamo!” Si morse la lingua scherzosamente. “Ops, non dovrei elogiarlo così tanto! Faccio la figura della cattiva a dire certe cose davanti a chi soffre per amore!”
Mitsuya sgranò gli occhi. “Parli di me?”
“Be’… Non mi risulta che tu ti sia dichiarato a mio fratello, quindi…”
“Ah intendi quello!” Abbozzò una risata, scuotendo la testa. “E non ho intenzione di farlo, tanto non ho speranze!”
Il velo di tristezza si posò nuovamente sugli occhi di lei. “Vuoi parlarmene?”
“Non fare quella faccia! Sto bene! Non ti nascondo di aver pianto ed essere stato da cani, poco tempo fa, ma adesso è tutto a posto! Ho capito che il nostro rapporto fraterno è importante e per me va bene lasciarlo com’è… Confessargli i miei sentimenti rovinerebbe tutto e sarebbe un disastro.” Alzò le spalle. “Sono sicuro che un giorno incontrerò qualcuno che mi ricambierà, è inutile deprimersi per un buco nell’acqua!”
“Wow…sei ottimista da far paura… Ma spero davvero che il nuovo lui ti renderà felice!”
“Lui? Non sono dell’altra sponda! Mi piacciono anche le ragazze!”
Kan sollevò un sopracciglio, dubbiosa, allora lui parlò con più convinzione. “Il mio primo bacio l’ho dato a te! E mi piacevi in senso romantico!”
Lei rimase visibilmente dubbiosa. “Sarà! Ma visto che io sono la copia di mio fratello, mi riesce difficile crederti…” Non riuscì a reggere la farsa, infatti si mise a ridere.
“Ehi, mi prendi in giro?”
“No! Scusa!” Si portò dietro l’orecchio una ciocca di capelli e cambiò discorso. “Ordiniamo qualcosa da mangiare? Offro io!” Non attese una risposta, si mise a cercare la cameriera con lo sguardo. Non appena questa la notò, si affrettò a raggiungere il tavolo.
“Io prendo una fetta di torta al limone, grazie!”
“Per me…quella alla cannella.”
Mitsuya attese che la cameriera si allontanasse, per porgere una domanda all’amica. “Ma tu non eri cioccolato-dipendente?”
“Lo sono ancora! Ma sai…mi piace cambiare, ogni tanto! Scoprire sapori nuovi è interessante!” Improvvisamente si fece mogia, inseguendo un pensiero. “Ho amato la cioccolata così tanto da non rendermi conto di quanto ne ero dipendente… E quando ho assaggiato per la prima volta la torta al limone, è stata una boccata di aria fresca…”
Mitsuya non era così sprovveduto da non capire che dietro quel paragone con le torte si nascondevano due persone ben precise!
*
 
Neanche a farlo apposta, di lì a qualche giorno vennero fuori le prime verità sulla famiglia Shiba, a causa del pessimo tempismo di Takemichi. Per quanto Mitsuya gli fosse affezionato, era il primo ad ammettere che l’amico aveva un talento innato per mettersi nei guai e farsi pestare. Non si poteva farci niente, era così e basta. Fatto sta che in un unico giorno lui e Hakkai avevano fatto amicizia dopo essersi incontrati al bowling e quando lui l’aveva invitato a casa, si erano imbattuti nella Black Dragon. Più che una coincidenza, era vera e propria sfiga. Una cosa tira l’altra, Takemichi era stato quasi ammazzato di botte e in un battito di ciglia l’intera Toman era venuta a conoscenza del fatto che il temuto e spietato Taiju era il fratello maggiore di Hakkai. Segreto svelato. Di conseguenza, venne indetta una riunione degli Ufficiali per decidere il da farsi, riunione in cui Mitsuya si ritrovò in difficoltà quando venne accusato di aver taciuto un fatto così importante pur essendone a conoscenza. Avrebbe potuto dire che in realtà lo aveva scoperto da poco, ma così sarebbe stato costretto a raccontare i dettagli e quindi anche il suo incontro con Kan e via dicendo. E sbandierare le confidenze dell’amica ai quattro venti non gli andava per niente a genio, tanto quanto coinvolgere l’intera gang in quello che rischiava di diventare uno scontro fatale. Sapeva che la nuova Black Dragon non ci andava leggera e che la Toman non era pronta ad affrontarla, per questo pensò ad una soluzione pacifica che potesse tenere calme le acque e allo stesso tempo permettergli di aiutare Yuzuha.
“Io, Capitano della Seconda squadra, prenderò accordi personalmente col Comandante della Black Dragon, essendo questo un problema che riguarda il mio Vice.” Disse a voce chiara, di fronte a tutti gli Ufficiali.
Si erano radunati all’interno di quel vecchio capanno polveroso e cadente che ormai sembrava essersi rimpicciolito, da quante persone si ritrovava ad ospitare, tra Capitani e Vice di sei squadre e ovviamente il Comandante e il suo Vice. L’assenza di Kan si sentiva, anche se nessuno lo avrebbe ammesso a voce alta. Nemmeno lui era in grado di farlo, eppure grazie alle informazioni e alla sua sana preoccupazione per l’amica, lui ora sapeva cosa fare e come congedarsi da quella riunione.
Mikey, con la sua tipica aria svogliata, appollaiato sopra delle travi accatastate, gli rispose. “Hai il mio consenso, occupatene tu. Poi mi farai rapporto.”
Mitsuya fece un cenno col capo e uscì dal capanno senza voltarsi indietro. All’esterno, la luce del sole lo colpì, era incredibilmente caldo per una giornata di dicembre. Si portò una mano davanti agli occhi per ripararsi, mentre i raggi lo riscaldavano piacevolmente.
La vecchia porta gigolò dietro di lui e comparve Hakkai, con sguardo tremante. “Taka-chan, non puoi farlo! Tu non sai di cosa è capace Taiju! Ti ucciderà!”
Mitsuya si voltò lentamente, accennando un sorriso tranquillo. “Fammi un favore, Hakkai. Chiama tuo fratello e digli che richiedo un incontro ufficiale.”
Hakkai rimase a bocca aperta. “Ma che…? Sei serio…?” Non aggiunse altro, lo vide avvolto dalla luce del sole come fosse stato un dio e in qualche modo questo gli diede un po’ di fiducia. Mise mano alla tasca dove teneva il cellulare e si allontanò di alcuni passi.
Mitsuya non lo disturbò, rimase in attesa lì sotto al sole, adesso col volto rivolto alla luce per lasciarsi baciare da quel calore gentile. Era consapevole di essersi assunto un’enorme responsabilità, ma era spreranzoso che sarebbe andato tutto per il meglio. Perso in quel tepore, non si rese conto del tempo che passava, ed ebbe un piccolo sussulto nel sentirsi agguantare una spalla.
“Ah Hakkai, mi hai fatto prendere un colpo!” Ridacchiò.
Lui invece non rise, anzi era tremendamente serio. “Mio fratello…ha detto che potete incontrarvi subito, nel suo appartamento.”
“Nel suo appartamento???” Chiese Mitsuya, spalancando gli occhi. “Ma quanto cazzo siete ricchi voi Shiba? Lascia, non dirmelo, non sono affari miei.” Si corresse subito, rendendosi conto che in quel momento avere un attacco d’invidia era fuori luogo. Si ricompose. “D’accordo, portami da lui. Fammi strada e non preoccuparti.”
Hakkai era tutt’altro che convinto, ma obbedì. Essendo arrivati lì a piedi, camminarono fino alla metro più vicina e presero il treno. Una volta scesi alla fermata, si inoltrarono per strade impeccabili ed edifici lussuosi che facevano da ingresso alla zona dei grattacieli. Per Mitsuya era una vista incantevole, non tanto per la maestosità delle strutture che si innalzavano alte verso il cielo, quanto più perché la luce oro e arancio del tramonto ormai prossimo rendeva quel luogo magico e pittoresco.
“Taka-chan?”
Il richiamo di Hakkai lo riportò al presente. “Sì?” Rispose, voltando leggermente il capo.
“Non credo che dovresti parlare con Taiju. Qualsiasi cosa tu dica non servirà a niente. E’ un pezzo di merda.”
Di nuovo… Più lo ascoltava, più era convinto che quanto stava per fare era la cosa migliore. Hakkai era davvero troppo ansioso e pessimista, ormai lo conosceva abbastanza bene. Dovette rassicurarlo ancora una volta, in effetti in quel momento la cosa che lo scocciava di più erano quei due intrusi che si erano uniti alla spedizione, Takemichi e Chifuyu.
Dopo un altro buon tratto di strada, Hakkai indicò un grattacielo. “Vive lì.”
Entrando, passarono per la portineria senza problemi e presero l’ascensore. Mitsuya dovette trattenersi dal fischiare, vedendo il numero del piano che premette Hakkai. Un appartamento dove vivere da solo, in un quartiere di affari e per di più ai piani alti di un grattacielo. Tanto di cappello!
In ultimo, usciti dall’ascensore, il gruppetto seguì Hakkai fino davanti a una porta con una targhetta dorata a cui lui suonò. Pochi istanti e ad aprire fu un ragazzo biondo con gli occhi chiari e una vistosa macchia sul viso.
“Unui.” Hakkai fece un piccolo inchino e, una volta che il ragazzo si scostò, loro entrarono nell’appartamento.
Mitsuya si guardò attorno, era un luogo abbastanza spazioso, ben pulito e ordinato, ma anche dall’atmosfera fredda. Non sembrava l’abitazione di un adolescente. Dopo l’ingresso e la cucina, c’era il salotto con due divani, separati al centro da un tavolino. In piedi attendeva un altro ragazzo, dagli occhi felini e un taglio di capelli stiloso che mostrava parte della testa rasata a zebra, mentre su un lato scendeva la chioma leggermente mossa e scura.
“Mitsuya, accomodati sull’altro divano. Gli altri attendano là dietro.”
Fecero quanto detto. Hakkai, Chifyu e Takemichi si postarono dietro il secondo divano, in piedi, mentre Mitsuya si accomodò. E in quel momento, finalmente, sollevò lo sguardo sul padrone di casa. Gli era capitato di sbirciare alcune foto in casa Shiba, ma quelle immagini di Taiju erano completamente diverse dalla persona che adesso aveva di fronte. Davvero aveva sedici anni quell’ammasso di muscoli? Ovunque lui posasse lo sguardo, era tutto fuori misura, compresi le mani e i piedi che stava esibendo usando il tavolino come appoggio. Dal tokkofuku rosso aperto faceva bella mostra un’invidiabile tartaruga e dei pettorali da urlo, il tutto decorato da numerosi tatuaggi. I capelli folti erano colorati a ciocche blue e azzure alternate. E poi quel viso affilato e lo sguardo feroce di chi è pronto a mangiarti in un boccone. Avrebbe dovuto esserne intimorito, invece…tu-tum. Il cuore gli batté in petto in modo strano. No, non era paura, ma qualcosa di completamente diverso… E a cui ora non doveva pensare. Forse… Peccato che la sua faccia non ascoltò il comando del cervello e si ritrovò a sorridere, mentre dalla bocca gli uscì un cordiale: “Piacere di conoscerti, Taiju!”
Se ne rese conto da solo di aver fatto una cazzata. Era lì per affrontare una questione seria, per di più in divisa da Capitano…eppure si stava comportando come se si trovasse ad un Gokon.
*
 
“Mitsuya, passa per casa mia visto che hai terminato!”
Aveva dato un colpo di telefono a Mikey per avvisarlo che l’incontro era andato a buon fine, lui e Taiju avevano stabilito un accordo e Hakkai aveva potuto lasciare la Toman a testa alta per entrare nella Black Dragon, come suo fratello voleva. Nel sentire Mikey fargli quella proposta, aveva creduto che volesse vederlo per farsi raccontare i dettagli, e invece…
“Altro che passare, ho dovuto prendere due metro e farmi il resto a piedi, il tutto con la divisa addosso, tsk!” Disse tra sé, sorridendo, mentre si avvicinava al garage che da diversi anni era diventato la camera da letto di Mikey. Bussò alla porta e, ricevuta la voce dall’interno, entrò.
“Ehi Mitsuya, vieni a sederti!” Lo invitò subito Mikey, stando sdraiato sulla parte più lunga del divano, con fare totalmente pigro. Aveva addosso una vecchia tuta color crema e i capelli scompigliati.
Mitsuya lasciò gli stivaletti all’ingresso e attraversò la stanza per raggiungere un posto libero sul divano. Il suo sguardo non mancò di sbirciare attorno, notando elementi che ormai non credeva più di trovare. Alcuni pigiami colorati su uno scaffale, un babydoll rosa e vestiti a gonna lunga appesi alle stampelle, un fiocco e forcine per capelli abbandonati su un angolo del tavolino e via dicendo… Erano tutti oggetti appartenenti a Kan.
Mikey si accorse del suo sguardo, attese che prendesse posto e poi gli parlò. “E’ tutto come lo ha lasciato lei… Così mi da l’impressione che sia ancora qui o che stia per tornare da un momento all’altro.” Di nuovo guardò i suoi occhi dispiaciuti, ma stavolta gli scappò una mezza risata. “Tranquillo, non sono impazzito! Ho accettato la sua decisione, ma…non riesco a smettere di essere innamorato di lei. Non è un sentimento che si può spegnere con un interruttore.”
“Sì, lo capisco bene…!” Confermò lui. Se Mikey avesse saputo del suo amore impossibile per Draken, chissà cosa avrebbe detto!
Preso dai ricordi e dal sentimentalismo, Mikey continuò a parlare. “Un giorno scioglierò la Toman e allora le chiederò di tornare con me. Abbiamo così tanti ricordi insieme! Solo in questa stanza potrei elencartene per ore!” Puntò il dito sul letto dal morbido e vaporoso piumino bianco. “Lì abbiamo perso la verginità!”
“Va bene, ho capito!” Lo interruppe Mitsuya, portando una mano in avanti come supplicandolo di dargli tregua. Non ci teneva a sentire certe confessioni, per quanto gli volesse bene e fossero amici da anni. “Mi hai fatto venire qui per parlare dell’incontro, giusto?”
Mikey lasciò ricadere la mano a peso morto e si fece mogio. “No… Mi hai già detto come è andata… L’unica cosa che voglio sapere è come hai fatto a scoprire che la sorella di Hakkai era in  una situazione pericolosa. Mi sembra di aver capito che non è stato Hakkai a chiedere aiuto.”
“Infatti… Se mi avesse detto che sua sorella subiva abusi e veniva costretta a ritirare buste di denaro, sarei intervenuto molto prima.” Abbassò il capo e si guardò le mani che teneva intrecciate fra le gambe. “In verità è stata Kan a dirmi che qualcosa non andava. Era preoccupata per Yuzuha e me ne ha parlato per trovare una soluzione insieme…” Risollevò la testa, con sua sorpresa vide che le labbra di Mikey erano leggermente arcuate in un lieve sorriso.
“La mia ragazza è la migliore! Quando qualcuno a cui tiene è nei guai, si fa in quattro per aiutare!”
Continuava a definirla la sua ragazza, ma Mitsuya non aveva il cuore di correggerlo. Si limitò a fare un cenno col capo. “Vero… Anche se qualcosa di lei è cambiato, credo che nel profondo sia rimasta la stessa.”
E in quel momento… “Etchu!”
Kan starnutì, coprendosi la faccia con l’interno del braccio. “Qualcuno starà parlando di me!”
“Ahah sicuramente! Qui dentro fa troppo caldo per prendersi un raffreddore!”
Lei e Hanma si trovavano nella stanza al centro massaggi ed erano in piena vestizione per la serata che li aspettava. Altrimenti detto, erano stati invitati a cena dal padre di lui. La loro relazione procedeva bene e in breve tempo quella stanza era diventata il loro nido d’amore, perciò non era insolito che nell’ampio armadio ci fossero degli scomparti con la biancheria e i vestiti di Hanma. E perfino una divisa scolastica. Spesso trascorrevano la notte lì ed era comodo avere tutto il necessario per la mattina dopo.
Vedendo che lui si stava guardando i capelli allo specchio con aria indecisa, Kan pensò bene di intervenire. “Non mettere il gel, li hai appena lavati. Tanto stiamo andando da tuo padre e domani c’è anche scuola.”
“Dici? Bah forse hai ragione…”
Kan gli andò alle spalle e lo abbracciò avvolgendogli il girovita. “Ti stanno bene anche al naturale. Non devi sempre spararli su col gel! Sei già bellissimo!” Gli poggiò al testa contro la spalla, come era solita fare, essendo quello il punto in cui arrivava data l’altezza di lui.
Hanma sorrise riflesso allo specchio. “Non rubarmi le battute! Sono io a dirti che sei bellissima!”
“Ok, ma adesso sbrighiamoci o faremo tardi! Lo sai che tuo padre preferisce quando lo aiuto a cucinare, così ne approfitta per raccontarmi le novità della palestra!”
“Ahah il mio vecchio ti ha preso in simpatia! Neanche con me parla così tanto!” Si voltò e lasciò che lei gli desse un’ultima sistemata alla nuova maglia con scollatura a ‘v’, che lui di recente aveva preso ad acquistare per una nuova passione. Aveva scoperto che quella scollatura gli donava grazie al tokkofuku della Toman e adesso non riusciva più a farne a meno, nonostante fosse inverno.
“Sai…un po’ mi rompe non poter venire alla riunione di domani sera… L’argomento principale sarà la Black Dragon ed ero curiosa…”
“Io sono contento di andarci solo perché si svolgerà in un family restaurant a spese della gang!” Era risaputo che amasse farsi offrire i pasti, quando mangiava fuori. Decisamente non faceva nulla per nasconderlo!
Kan ridacchiò. “Approfittane per ingozzarti, tanto sei uno spilungone che non ingrasserà mai!”
Hanma rise a sua volta, per poi farsi più serio e accarezzarle una guancia. “Scherzavo, non ci vado solo per quello. Sto aspettando che Kisaki organizzi qualcosa. Da quando faccio parte della Toman mi sto annoiando!”
Kan rimase in silenzio alcuni istanti, prima di mettere il broncio. “Mi hai accarezzata per dirmi questo? Io credevo volessi fare il romantico!”
“Ahah, ti sto proprio viziando!” Le cinse il viso a coppa con le mani e si chinò per baciarla. In realtà sapeva che era lui a farsi viziare e non passava giorno che non ringraziasse gli dei per avergli fatto trovare una ragazza così speciale. A parte questo, era vero anche quello che aveva detto. Stava punzecchiando Kisaki, impaziente com’era di essere coinvolto in un nuovo piano che portasse scompiglio nella vita di quei fessi che gli stavano attorno.
*
 
Era quasi fatta!!! Portando un po’ di pazienza, alla fine le novità erano arrivate! La riunione al family restaurant era stata più proficua di quanto sperasse. Chi si aspettava che un’informazione pallosa come quella di Hakkai che progetta di uccidere il fratello maggiore avrebbe portato alla nascita di una collaborazione segreta! Ancora una volta Kisaki si era mostrato un passo avanti muovendosi nei retroscena della vicenda ed ecco che in un battito di ciglia stava nascendo una nuova squadra pronta ad agire in segreto. Non che gli fregasse qualcosa il fatto che oltre a loro due gli altri componenti fossero Takemichi e Chifuyu, l’unica cosa che gli importava era…dare un nome alla squadra! Per questo Hanma durante la mattinata non era riuscito a seguire le lezioni. Aveva trascorso tutto il tempo a riflettere e scarabocchiare parole su un foglio, in cerca dell’idea giusta. E adesso che la campanella era suonata e lui si stava incamminando per uscire, tenendo la cartella sollevata oltre la spalla, aveva ancora fra le mani quel foglio. In evidenza si notavano i nomi che più gli piacevano, mentre qua e là erano disegnati piccoli martelli a riempire gli spazi vuoti.
Ad un tratto sentì qualcosa balzargli sulla schiena e un paio di braccia gli si intrecciarono attorno al collo.
“Sorpresaaa!” Gridò allegra Kan, per poi liberarlo e rimettere i piedi a terra con un altro piccolo balzo. Gli andò di fronte e sgranò gli occhi. “Ti ho spaventato?”
“Ah…no! Non ti aspettavo! Non eravamo d’accordo di vederci stasera?”
“Sì, ma avevo voglia di vederti, così sono uscita un po’ prima da scuola per venire fin qua!”
Era così bella e sorridente, coi capelli sciolti un po’ arruffati, i paraorecchie pelosi, il cappotto scolastico e i scaldamuscoli tutto in tinta senape.
“Oh, cos’hai in mano?”
Neanche il tempo di risponderle che gli strappò il foglio dalle mani e lo lesse con curiosità.
“Conciati per le feste? Squadra massacro? Hanmas? Shu, ma cosa sono???”
Hanma esitò timidamente, cosa strana da parte sua! “Ehm... Se stasera Takemichi e Chifuyu accetteranno di collaborare con me e Kisaki…ecco…saremo ufficialmente una nuova squadra e…”
“E questi sono i nomi che vuoi proporre? Sei un genio!” Confermò lei, entusiasta.
“Uh? Davvero? Un genio? Io?”
“Sì!” Scrutò nuovamente il foglio, riflettendo. “Hai disegnato tanti martelli… E’ perché il tuo cognome assomiglia a quella parola inglese?”
Wow…l’aveva capito al volo! Adesso sì che si stava emozionando…
“Ecco…sì…”
“Allora spingi su questo quando proporrai il nome! Hanmas ha un bel suono, mi piace! Potrei fare degli schizzi per un logo!”
“Eh? Un logo? Mica dobbiamo indossare nuovi tokkofuku o creare una bandiera!”
“E allora? Se questa cosa ti rende felice, falla fino in fondo! Anche se state organizzando una missione solo per la notte di Natale!”
Non ci aveva pensato… Era vero che quella collaborazione, sempre ammesso che si facesse, sarebbe finita entro quella data, però creare un ricordo tangibile non era una cattiva idea. La cosa gli diede il buon umore.
Prese sottobraccio la sua ragazza e insieme ripresero a camminare allontanandosi dalla scuola. “Hai ragione! Pensaci tu al logo! Adesso ti va di mangiare un buon ramen?”
Buttata lì, proprio!
Mangiarono all’abituale ristorante, dove si fermarono un’oretta per chiacchierare col proprietario bonaccione, poi Kan dovette andare a casa a studiare, ma non mancò di augurare ad Hanma buona fortuna per l’incontro. Dopo un periodo decisamente difficile, non le pesava più di tanto tornare nella casa dei genitori adottivi, più che altro perché grazie agli ottimi voti a scuola sembravano essersi un po’ calmati. Aveva raccontato del nuovo fidanzato, ovviamente, anche per giustificare le numerose uscite e le notti passate al centro massaggi, però se l’era giocata d’astuzia evitando di dire loro che anche lui era un teppista, risparmiandosi così nuove scenate. Sapevano solo che era uno studente delle Superiori, che viveva a Kabukicho col padre divorziato e che era uno spilungone dalla piccata simpatia. Per ora questo bastava, fino alle presentazioni ufficiali. Chiuse il libro di giapponese classico, il suo sguardo si perse fuori dalla finestra, nel cielo color arancio del tramonto. Le presentazioni ufficiali… Mancava solo una settimana a Natale e lei ancora doveva trovare il coraggio di dire ad Hanma che i suoi genitori lo avevano invitato a pranzo per conoscerlo… Avrebbe accettato? E soprattutto, se la sarebbe cavata? Ci aveva pensato… Poteva chiedergli di togliere l’orecchino per salvare le apparenze, mentre i tatuaggi sulle mani era inutile nasconderli, magari potevano giocare sul fatto che lui fosse talmente appassionato dell’opera di Dostoevskij da tatuarsi il titolo… Il pensiero la sconfortò e si ritrovò a battersi una mano sulla fronte. Altro che appassionato, quel libro non l’aveva neanche letto, aveva solo trovato figo il titolo e fatto la pazzia di tatuarselo sulle mani. Fine.
“In qualche modo faremo, inutile fasciarsi la testa ora.” Disse tra sé, abbandonando la questione. Spostò da parte libro e quaderno e aprì il cassetto della scrivania per estrarre un quadernone per gli schizzi e l’astuccio con le matite da disegno. Era il momento di pensare al logo per gli Hanmas! Decisa a fare del proprio meglio, sollevò la copertina e…il cuore le mancò un battito.
*
 
La serata per lui era iniziata bene e prometteva di migliorare ancora. Prima di tutto era passato a prendere Kisaki a casa, a bordo di quella moto che un po’ alla volta stava diventando sua a tutti gli effetti. L’amico/senpai che gliela prestava ogni volta, era riuscito a mettere le mani su un nuovo modello, perciò era sul punto di dare via quella e…ovviamente Hanma gli stava lisciando il pelo perché fosse lui a riceverla! L’aveva anche già personalizzata dipingendo una vistosa riga viola, il suo colore preferito, sulle fiancate. Altra buona notizia, l’incontro era stato rapido e favorevole, la squadra era stata formata e lui aveva buttato lì la proposta dei nomi con naturalezza, anche se nessuno degli altri tre membri gli aveva dato corda. Nessun problema, lui aveva già deciso che la squadra si chiamava ‘Hanmas’ e non vedeva l’ora di incontrare la sua ragazza per vedere quale logo avesse creato. Il tempo di riportare Kisaki a casa e fare una sosta al konbini e si diresse a tutto gas fino al centro massaggi, dove si erano dati appuntamento per passare la notte insieme. Un luogo dove si era ambientato e che non gli creava più imbarazzi o tensioni come le prime volte. Era diventato normale salire fino al quarto piano con l’ascensore, scambiare qualche parola col Direttore al bancone e salutare le ragazze che incrociava nei corridoi e che gli sorridevano in quel modo piccante o facendogli l’occhiolino. Erano una bella vista e lui non faceva niente di male. Per sicurezza ogni tanto se lo ripeteva, assieme alla frase “guardare e non toccare”. Comunque, ancora gasato per l’incontro, entrò nella stanza di Kan e, sollevando una busta di carta con la mano, annunciò fieramente: “Gli Hanmas sono diventati realtà! E io ho comprato le birre per festeggiare!”
Il suo entusiasmo però si sgonfiò nel rendersi conto dell’atmosfera blu che c’era. Trovò Kan inginocchiata davanti all’armadio aperto, attorno a lei numerose lettere e fotografie, di cui alcune incorniciate, e una scatola gialla che ricordava di averla aiutata a trasportare fino a lì.
“Ehi bellissima, che succede?” Le chiese, andandole incontro e abbandonando la busta sul comodino. Si inginocchiò dietro di lei e l’abbracciò. Ora che era vicino, vide chiaramente che le foto ritraevano tutte quante Kazutora, da quelle più recenti di lui coi capelli folti e le meches simili a banane, a quelle più vecchie quando portava i capelli acconciati alla ‘panchi’ che gli stavano da cani. E poi le lettere, sicuramente erano quelle del periodo in cui lui era stato in riformatorio. Erano tante. Sapeva del loro legame, ma vederlo coi propri occhi lo lasciò spiazzato.
“Shu… Scusami, non ho fatto quel disegno…” La sua voce era bassa e triste.
“Non fa niente! Tanto non mi ha dato retta nessuno! Gli Hanmas sono una cosa mia!” Minimizzò lui, dicendo la pura e semplice verità, per quanto dura.
“Io…ero a casa… Ho tirato fuori il blocco da disegno per creare un logo, ma quando ho aperto…ho trovato questo.” Prese dal mucchio di roba un foglio e lo sollevò davanti a lui. Era un disegno ritraente l’angelo senza testa della Valhalla, ma molto più bello di quello originale, in quanto i tratti erano spessi, ed era caratterizzato da un effetto di scuro tutto attorno che catturava l’occhio, come se l’angelo stesse sorgendo dal buio degli Inferi. O vi stesse precipitando. Era un’immagine di forte impatto.
“Non so perché, guardandolo ho iniziato a ricordare i pomeriggi alla sala giochi e…al fatto che Kazutora era con me. Mi sono lasciata trasportare, nella mia testa sono tornate numerose immagini di lui e…sniff! E sono corsa qui, dove c’era la scatola con dentro le sue foto e le sue lettere.” Si portò una mano alla bocca, mentre calde lacrime le scendevano dagli occhi e le solcavano il viso.
Hanma la strinse un po’ più forte a sé. “Ti manca?”
Lei fece un cenno positivo con la testa.
“Mi ero accorto che non parlavi mai di lui...era strano, sapevo che era il tuo migliore amico. Per paura di riaprire una ferita ho preferito stare zitto e non tirare fuori il discorso.”
“Sniff! …non gli ho più scritto, non so nemmeno come sta… Però non ce la faccio, Shu. Non posso rivivere quell’Inferno un’altra volta. Sniff! Scrivergli le stesse parole, fingendo che vada tutto bene…quando invece lui è rinchiuso là dentro e io non posso fare niente per aiutarlo…”
Hanma sospirò. “E stavolta si è beccato dieci anni… Poveretto…”
“Per quanto io ami stare coi ragazzi, i nostri amici, mi rendo conto che non è la stessa cosa! Indossano uno schifo di tokkofuku nero invece della bella giacca grigio bianca! E stare in un parcheggio davanti al Santuario non è come quando eravamo alla sala giochi a divertirci! E…e… Kazutora non c’è!!!”
Vedendola in quello stato, era pronto a lasciar perdere i progetti iniziali e consolarla da bravo fidanzato, invece lei lo sorprese reagendo in modo inaspettato. Con un’incredibile forza interiore, trovò il coraggio di asciugarsi le lacrime, quindi rimise ogni cosa in ordine dentro la scatola e chiuse il coperchio con decisione, per poi spingerla dentro l’armadio e chiudere l’anta. Si alzò in piedi e lo guardò, cercando di sorridere. “Non ti rovinerò la serata! Dobbiamo festeggiare la nascita degli Hanmas, che cazzo!”
Hanma la guardò con tanto d’occhi, prima di mettersi a ridere. “Ahah, così mi piaci!”
“Hai portato delle birre, giusto? Ci ubriachiamo?”
“Ne ho prese solo due! E’ impossibile ubriacarsi con così poco!”
“Però se mio fratello sapesse che mi fai bere alcol, ti romperebbe il culo!” Le venne da ridere al solo pensiero, si stava impegnando davvero per scacciare la malinconia.
“Ah…sono certo che lo farebbe con una scusa molto più banale!” Rispose lui, rialzandosi da terra. Le andò vicino e le cinse i fianchi con le grandi mani tatuate. “Quindi? Te la senti di bere?”
Kan gli portò le braccia al collo. “Assolutamente sì! Ho voglia di allegria! Fanculo tutto il resto! E poooiii…” Avvicinò il viso al suo. “Quando sarò brilla, possiamo fare quella cosa che mi avevi chiesto l’altra volta…!”
Momento di riflessione… Hanma spalancò gli occhi. “Quella? Cioè, fare sesso nella doccia senza usare il preservativo?” Era così speranzoso che gli brillavano gli occhi!
“Sì! Il mio spilungone si merita un premio!” In realtà non ce n’era motivo, ma ok!
E mentre lui si sentiva il più fortunato del mondo, lei pensava che dopo averlo accontentato sarebbe stato più facile dirgli del pranzo di Natale a casa dei suoi!
*
 
Come voleva la tradizione nipponica moderna, la sera della Vigilia i fast food erano gremiti di gente e sui tavoli abbondavano i cestini di pollo fritto accompagnati da bibite frizzanti. Più che confusione c’era vivacità e questo rendeva tutto più leggero. O forse Draken era semplicemente felice di trascorrere la Vigilia con sua sorella gemella, chi può dirlo? Averla così vicino a sé, vedere la sua espressione gioiosa mentre ammirava uno dopo l’altro i pezzetti di pollo dalla crosta dorata come se fossero stati preziosi, era una sensazione unica.
Kan si accorse del suo sguardo divertito e gli lanciò un’occhiata interrogativa. “Che c’è?”
“Niente, stavo solo interpretando la tua espressione! Sembra che tu tenga in mano un gioiello di valore e poco dopo te lo lanci in bocca senza rimorso!”
“Non prendermi in giro!” Rispose lei, stando allo scherzo del fratello.
Draken si passò la punta della lingua sulle labbra e smise di ridere. “Sono felice di essere qui con te! E’ la prima volta che possiamo trascorrere la Vigilia insieme senza l’intromissione di qualcun altro!”
“Ah è solo che questa sera Shu doveva incontrarsi con…” Attenzione, non poteva dire nulla della squadra segreta o dell’ultima riunione per puntualizzare il piano che avrebbero messo in atto durante la sera di Natale. “Ehm…Kisaki e altri amici!” Con la mano fece un gesto di noncuranza. “Non c’è problema! Oggi abbiamo pranzato con suo padre e domani verrà lui a pranzo a casa dei miei! Possiamo stare separati per qualche ora!”
“Mi fa piacere sapere che vai così d’accordo con suo padre… E se addirittura i tuoi vogliono conoscerlo…si può dire che tra di voi è proprio una cosa seria?” Non era sicuro di averlo detto in un modo abbastanza corretto, gli bastava essere riuscito a mascherare il disappunto per quella relazione che continuava a non approvare.
“Eccome se è seria! Vogliamo stare insieme e se le nostre famiglie approvano è segno che siamo sulla pista giusta!” Assottigliò lo sguardo. “Sei solo tu a odiarlo. Eppure lui cerca in ogni modo di fraternizzare con te!”
“Frater-?” Rischiò di mandare di traverso il pezzetto di pollo che aveva in bocca, quindi afferrò il bicchiere di Cola e ne bevve un lungo sorso per mandare giù tutto. Posato il bicchiere, si fece mortalmente serio e guardò la sorella di sottecchi. “Quello mi chiama ‘cognatino’ ogni volta che mi vede… E a me viene voglia di rompergli i denti con un pugno.”
“Ecco! Lo vedi? Sei scontroso! Perfino Masawey non ha problemi con lui, quindi non capisco perché tu sia così ostinato!” E concluse la frase sorseggiando la bibita con la cannuccia, elegantemente.
Che pazienza ci voleva. Entrambi erano convinti di essere nel giusto e ci sbattevano la testa ripetutamente. Erano gemelli e pure del Toro, figurarsi!
“Comunque…all’inizio ti dicevo… Ogni tanto ripenso a te e Mikey e al fatto che stavate appiccicati ogni Vigilia, perché era il vostro anniversario! E io mi sentivo dannatamente tagliato fuori per colpa di quel nanerottolo!” Il ricordo lo divertiva, però non ebbe lo stesso effetto sulla sua interlocutrice. Kan non disse nulla al riguardo, dalla sua faccia si vedeva che l’argomento non le era gradito. Infatti si ficcò tre pezzi di pollo in bocca per avere la scusa di non parlare. Neanche troppo strano, tanto avevano praticamente finito di cenare. Terminarono di bere le bibite quasi contemporaneamente e solo allora lei ritrovò il sorriso.
“Andiamo a passeggiare fra le luminarie?”
Ecco, quella era la sua sorellina adorata.
Vista l’occasione, Draken aveva tenuto i capelli sciolti e indossato un cappotto nero di feltro che teneva appunto per determinati momenti, mentre Kan aveva optato per un completo totally white composto da gonna lunga di lana, stivali con un medio tacco quadrato, cappotto aderente foderato di pelliccia, berretto cosacco e guanti. Non era tanto esagerato come look, visto che stava nevicando già da alcune ore e non dava segno di smettere. La cosa più bella era che guardandoli sembravano la versione umana dello Yin e dello Yang! Perfino i loro sguardi erano molto simili mentre camminavano a braccetto per le vie illuminate a festa.
“Sembra di essere dentro una favola di Natale! Vero?” Disse lei, con sguardo sognante.
Più che una favola, per Draken era pura magia. Stava per risponderle quando sentì il telefono vibrare nella tasca. Lo estrasse e vide che era arrivato un messaggio.
Kan sbirciò con la coda dell’occhio. “Chi è?”
“Emma…”
Se avesse sparato un colpo di pistola l’avrebbe fatta agitare meno.
“Emma??? E che cavolo vuole???”
“Ha cucito un berrettino di Natale per l’orsetto che le ho regalato! Guarda!” Alzò il telefono verso di lei per mostrarle appunto la foto di un orso di peluche rosa con in testa un berrettino rosso con tanto di pon-pon.
“Aspetta, hai detto che glielo hai regalato? E quando?”
“Ah vero, non te l’ho detto. Per il suo compleanno, a novembre! E’ stata una faticaccia vincerlo alla sala giochi, ma sapevo che lei ci teneva tanto e allora…”
“Cioè hai speso un capitale per uno stupido orsacchiotto?”
“Non faccio così schifo a ufo-catcher!” Punto sul vivo…
Kan cominciò ad alterarsi, vista la pericolosità della situazione. “Tu non capisci, Ken! Quella avrà frainteso il tuo gesto e penserà di essere importante per te!”
Lui arrossì leggermente e scostò lo sguardo. “Lo spero…”
“Ma che cavolo dici? E’ una ragazzina, si starà facendo mille film mentali! Tu forse non te ne sei reso conto, ma quella ha una cotta per te e così le stai dando delle false speranze!”
“Non sono false…” Draken rialzò lo sguardo. “Io provo qualcosa per Emma. Non sono pronto a dichiararmi, però…”
No…questo non doveva succedere.
“Cosa. Cazzo. Stai. Dicendo.”
“Che lei mi piace. Sei la prima a cui lo confesso.”
“Vorrai scherzare? Ken, cambia idea. Ti prego. Chiunque ma non lei. Non farti mettere un collare come Mikey faceva con me. Non farti fregare.”
“Ma quale collare!” Sospirò spazientito. “Senti, le cose stanno così. Non so perché ce l’hai tanto con lei, ma vedi di fartela passare.”
E intanto i toni diventavano sempre più alti…
“Che faccia tosta! Non fai che criticare Shuji e dopo perdi la testa per quella troietta?”
“Vacci piano con le parole, stai parlando della ragazza che mi piace.”
“Ahaha! Già, la stessa che si è spogliata in un karaoke per provarci con Takemichi!”
Non poteva negarlo, tra l’altro quella faccenda ancora gli prudeva dall’estate. “Senti non so cosa sia successo quella volta, ma è stato solo un malinteso. E io non cambierò idea.”
A quel punto Kan gli lasciò il braccio in malo modo e pose fine alla questione. “Allora vattene a fanculo insieme a lei!” Girò sui tacchi e se ne andò furibonda.
Mentre si allontanava, Draken non mancò di rispondere per le rime. “Frequentando quel coglione sei andata fuori di testa!”
Il tutto nel bel mezzo della strada, fra la gente che guardava sbigottita.
Kan prese la metro e andò dritta al centro massaggi, non avendo voglia di rincasare e rischiare che i suoi la vedessero così e si mettessero in mezzo come al solito. No, meglio evitare, soprattutto perché l’indomani c’era il pranzo di presentazione del suo fidanzato e doveva tenere le acque tranquille. Però si concesse un capriccio. Quando il Direttore la vide entrare con un viso scuro come una bestia incazzosa e le chiese se stesse bene, lei gridò isterica. “Appena vede Ken lo prenda a ceffoni!”
*
 
Una sensazione nostalgica, un tepore in fondo all’anima, la serenità nel cuore…
“Ahhh mi sembra di parlare da ore! Non ti stanchi mai di ascoltarmi?”
Non potrei mai! Sentire la tua voce al telefono è un modo per sentirti vicina anche se non sei qui con me…
“Che sdolcinato!”
E poi è bello chiacchierare così, al caldo sotto il piumino, la testa appoggiata sul cuscino...
“Sì, fin che non ti addormenti! Mi è già capitato di sentirti russare nel bel mezzo della conversazione!”
Ops, colpa mia! Eh eh!
“Però…ogni volta restavo un po’ ad ascoltare e dopo ti sussurravo ‘buonanotte’ anche se non mi sentivi…”
Magari per questa volta possiamo salutarci prima che io mi addormenti!
“Mmh…e dopo? Non riuscirò ad agganciare per prima, lo sai! E tu continuerai a temporeggiare fino ad addormentarti! Ahah!”
Hai sempe ragione tu! Allora salutiamoci e poi riagganciamo insieme, va bene?
“Ci sto! Quindi… Buonanotte, amore! Dormi bene!”
Buonanotte, amore mio! Fai sogni d’oro… Al mio tre riagganciamo! Uno…due…tre!
“…”
“…”
“…sei ancora lì, vero?”
Anche tu! Hai barato!
“Senti chi parla! Ah lo sapevo che era impossibile! E adesso?”
Sono un vero uomo, quindi lo farò io! Ma prima…lasciamelo dire… Ti amo tanto, Kan…
“…sniff…hic…”
Amore, non piangere! Ci vediamo presto!
“Sì…lo so… Scusa, sono una scema!”
Va tutto bene…! Adesso riaggancio, ma tu prometti di non piangere più!
“Mh… Ce la faccio! Buonanotte! E…ricorda… Ti amo tanto…Mikey…”
Kan si svegliò all’improvviso. Anche se aveva capito subito che si era trattato di un sogno, il suo cuore era ancora immerso in quel sentimento e le lacrime continuavano a scivolarle dagli occhi, così calde mentre le bagnavano il viso e così fredde subito dopo aver toccato la federa del cuscino.
Nel buio totale, un corpo caldo la avvolgeva dolcemente, sentì un bacio sulla fronte e una voce gentile sussurrare. “Sono qui, sorellina… Non piangere…”
Draken? Ma quando…?
“Tu che…?”
“Ero venuto a fare pace… Non voglio che restiamo arrabbiati, soprattutto in un giorno di festa… Quando sono entrato nella stanza ti ho trovata addormentata…allora sono rimasto qui…” Le diede un altro bacio sulla fronte. “Scusa se ho alzato la voce, prima…”
Si stava scusando lui, al posto suo. In realtà era lei ad aver fatto una scenata e a doversi scusare. Si sentiva così miserabile in quel momento… Si strinse più forte a lui, la faccia premuta contro il suo petto, e disse qualcosa di ovviamente incomprensibile.
“Facciamo finta che ho capito! Pace fatta!” Disse lui, con tono divertito, per poi lasciare un sospiro tranquillo. “E’ presto, dormiamo ancora un po’… Però la mezzanotte è passata quindi…buon Natale, sorellina!”
Anche se le ultime parole di lei non le aveva capite, aveva sentito il resto… Si era svegliato sentendola piangere nel sonno e aveva udito chiaramente il nome di Mikey. Era presto per dirlo ma, poteva significare che nel profondo Kan era ancora innamorata di lui? Aveva troppo sonno per pensarci… Dopotutto, la notte della Vigilia qualcosa di buono lo aveva portato.


Continua prossimamente nel Capitolo 28: Piece by piece!
Dicono che i sogni abbiano un significato... Ma mentre il cuore di Kan sembra vacillare, il suo ragazzo e Kisaki stanno per combinare qualcosa che avrà un impatto negativo anche su di lei...
 

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Chapter 28: [Piece By Piece] ***


Chat time! Mi sembra impossibile che sia già passato un mese dall'ultima pubblicazione!!! Chi continua  a seguirmi è bravo, sicuramente più di me! Se posso dirlo, sono contenta che con questo capitolo si sia concluso un altro arco narrativo dell'opera. Ora devo pensare a come proseguire...non ho ancora le idee chiare su come far muovere Kan nella Tenjiku... Più vado avanti e più sono confusa! XD L'ho sempre detto, i primi archi sono quelli che mi piacciono di più, infatti avevo mille idee da scrivere e mi sentivo come un pozzo inesauribile di ispirazione! Poi però quegli archi sono terminati e quelli successivi non mi hanno catturata allo stesso modo, di conseguenza anche le idee scarseggiano nella mia testa, pur essendo consapevole che per arrivare al "mio" gran finale devo per forza passare anche da quelle porte! Ahhh sono un disastro di scrittrice! XD

Chapter 28
[Piece By Piece]
 
La mattina del 26 dicembre Kan si era svegliata nel caldo abbraccio di Hanma, ignara di quanto fosse accaduto la sera precedente. Pigramente si era accoccolata di più contro il suo corpo e ascoltato il suo respiro profondo mentre dormiva della grossa. Fino a quando il cellulare non aveva iniziato a vibrare da sopra il comodino… A malincuore si era rotolata nel letto, sullo schermo lesse il nome di Yuzuha e questo la spinse a rispondere. Qualche parola sottovoce, aveva indossato una vestaglia rosa giusto per coprire la propria nudità ed era uscita in corridoio per poter parlare senza svegliare Hanma. E lì aveva appreso le malefatte del suo fidanzato e di Kisaki. La voce di Yuzuha era leggermente incrinata, un po’ assonnata e le sue parole erano così dirette che non c’erano dubbi su quanto fosse desiderosa di raccontare tutto senza tralasciare dettagli. Kan si era scusata, forse in un modo un po’ fiacco, ma d’altronde cosa poteva dire per giustificare un comportamento così ignobile? La sera prima Hanma era arrivato sul tardi e con dei graffi sul viso, ma aveva minimizzato. Non aveva fatto alcun accenno al tradimento nei confronti della Toman… Promise a Yuzuha di parlarne con lui seriamente e poi riagganciò, lasciando cadere la mano lungo il fianco. Cosa diavolo avevano combinato quei due… Desiderosa di averne conferma, o almeno di sentire un’altra campana, andò a bussare alla porta del fratello. Anche lui sembrava un po’ ammaccato, ma il sorriso che le donò per accoglierla fu rassicurante. Si sedettero sul letto e gli fece la fatidica domanda. Draken si fece serio e raccontò tutto ciò che sapeva, ossia le stesse cose che aveva detto Yuzuha al telefono poco prima.
“Ci saranno delle conseguenze per questo, ovviamente. Non so dirti quali, sarà Mikey a decidere e probabilmente aspetterà l’anno nuovo per un raduno. Non credo che sarà tanto comprensivo questa volta.”
Dopo quello che avevano fatto, non c’era da stupirsi! Hanma l’aveva tenuta fuori e ora capiva il perché. Se le avesse detto che Kisaki progettava di creare una stupida alleanza con Chifuyu e Takemichi solo per tradirli nel momento più critico della vicenda, lei avrebbe fatto di tutto per impedirglielo, a costo di arrivare a fare la spia.
Resta a guardare.
Quella frase continuava a tornarle in mente e ora aveva il sospetto che più che un consiglio fosse un monito, guardare e non intervenire. Non la voleva in mezzo ai piedi, quindi? Probabilmente Draken riuscì a leggere attraverso i suoi occhi  la confusione che aveva dentro. La prese per mano per rassicurarla. “Sorellina, tu non c’entri niente. Sono stati Hanma e Kisaki a fare la cazzata. Nessuno ce l’ha con te. Tanto più che non ne sapevi nulla.”
“Mh… Anche Yuzuha ha detto una cosa simile…”
“Non preoccuparti, ok?”
Kan gli strinse la mano affettuosamente e cercò di accennare un sorriso, per quanto triste. Si alzò dal letto e lasciò che la mano di lui scivolasse sulla sua. “Torno nella mia stanza…”
Un ultimo sguardo d’intesa e poi uscì. Tornata in stanza trovò Hanma ancora addormentato, le coperte di un rosso scuro e intenso lo avvolgevano fino al petto nudo. Spostò lo sguardo sulla parete sopra il letto, adesso decorata dalla bandiera della Valhalla. Erano stati due giorni di festa così belli… La Vigilia c’era stato il pranzo a casa di lui, al quale si era presentata con un voluminoso cesto di frutta tropicale che aveva fatto illuminare gli occhi al padre di Hanma! Avevano parlato e riso per un paio d’ore, si erano divertiti tutti e tre, proprio come una famiglia. La sera lei era uscita col fratello e c’era stato quel litigio per via di Emma…poco male. Degno di nota era stato invece il pranzo di Natale a casa dei suoi. Hanma si era presentato come un ragazzo serio, vestito elegante, portando con sé una torta natalizia al cioccolato e panna ed era riuscito a sostenere una conversazione coi signori senza tradire la propria identità di teppista. Praticamente un miracolo. A seguire c’era stato lo scambio dei regali tra loro, lui le aveva fatto dono di un un raffinato ventaglio con dipinto un paesaggio naturale giapponese, lo stesso che lei aveva visto in una vetrina durante il loro primo appuntamento a Kabukicho! Sapere che si era ricordato di un dettaglio così l’aveva sorpresa nel migliore dei modi! Poi era stato il suo turno di consegnare il regalo, due biglietti per un fine settimana alle terme in alta montagna e…una sciarpa in cashmere viola col quale sperava di convincerlo a prendersi più cura del collo che ogni tanto ancora gli dava dei dolorini. Una vana speranza, infatti non l’aveva ancora indossata…sigh. In compenso, però, la sera lui l’aveva raggiunta al centro massaggi con un dono inaspettato, per l’appunto la bandiera della Valhalla.
“Sei la persona che la merita di più, perché questa gang ti è entrata nel cuore.”
Le aveva detto così e lei era scoppiata a piangere dalla gioia. Non solo era entrata in possesso di un oggetto che rappresentava una cosa a lei tanto cara, ma aveva anche riempito quel vuoto fastidioso sopra il letto! Due piccioni con una fava! Eppure, guardandola adesso, quell’angelo senza testa le sembrava ricordare tempi lontani e irraggiungibili…
Si sedette sul bordo del letto, dando le spalle ad Hanma ancora addormentato. Che cosa doveva fare? Il danno era irreparabile e, peggio ancora, lui le aveva taciuto tutto. Il telefono le vibrò nella mano, lesse sullo schermo il nome di Mitsuya. Eccone un altro che voleva dirle quanto fosse cazzone il ragazzo con cui si era messa. Dannazione. Stavolta rispose stando lì dov’era.
“Mitsuya… So cosa vuoi dirmi… Yuzuha e mio fratello mi hanno detto ogni cosa…”
Hanma si svegliò sentendo la sua voce. Aprì gli occhi giusto di uno spiraglio, siccome la tenda era rimasta aperta e filtrava la luce del giorno, li richiuse subito, non sopportando l’abbaglio. Si mosse lentamente sul materasso, fin che non riuscì a raggiungere il corpo di lei, le passò le mani sui fianchi, l’avvolse e si trascinò ancora un poco per poggiare la testa contro una sua coscia.
“Come dici? …assolutamente sì, non è un disturbo. Dammi il tempo di vestirmi e venire lì con la metro. Faccio il prima possibile.” Chiuse la chiamata e ripose il telefono sul comodino.
“Mmmh…devi andare via? Che voleva?” Chiese Hanma, la voce roca dal sonno.
“E’ fermo a letto dopo essere stato pestato a sangue da Shiba Taiju, ti dice niente?”
“Mh?”
Kan si mosse di scatto e si rialzò in piedi, facendogli perdere l’appoggio. Hanma allora fu costretto a sollevarsi e mettersi seduto, quando alzò lo sguardo su di lei si accorse subito di essere nei guai. “Hai detto…Taiju?”
“Non fare il finto tonto o ti prendo a schiaffi. Hai idea di che vespaio avete scatenato con la Black Dragon tu e Kisaki ieri sera?”
Hanma aprì la bocca a formare una ‘O’ e gli ci vollero alcuni istanti prima di dire qualcosa. “Ah ecco…cosa sai di preciso?”
Kan trasalì. “Porca puttana, Shuji! Dovevate tirare fuori dai casini Hakkai e invece vengo a sapere che avete legato Chifuyu come un salame e abbondato Takemichi con un pazzo furioso! Lo sai cosa ha fatto, eh? Quel bestione si è scatenato! Ha quasi ammazzato Hakkai, Mitsuya, Chifuyu e Takemichi e ha messo le mani addosso anche a Yuzuha! E a proposito, che cazzo significa che Kisaki le aveva dato un coltello per aggredire Taiju?”
“Oh…ti hanno già detto tutto!” La buttò sullo scherzo, ridacchiando.
“Non ridere, imbecille!!! Se non fossero intervenuti Mikey e mio fratello a quest’ora sarebbero tut-” Strinse le labbra, i suoi occhi divennero lucidi. “Non ti rendi conto di cosa dovrò passare per quello che avete fatto. Dovrò scusarmi con tutti per salvarti il culo.”
Hanma alzò le spalle. “Chissene! Mica devi farlo tu!”
“Infatti dovresti farlo tu, ma dubito che ti abbasserai a tanto.” Sollevò le braccia e le lasciò ricadere. “Mi sono fatta terra bruciata attorno per stare con te… E proprio quando comincio a riallacciare qualche rapporto, ecco che tu-”
“Ehi ferma ferma, bellezza! Io non ti ho chiesto di fare un bel niente! Hai preso le tue decisioni da sola! O adesso stai dicendo che è colpa mia se avevi rotto i ponti con tutti?” Il suo sguardo ora era cambiato, era diventato serio e sottile, come se stesse studiando la situazione. “Se hai un ripensamento su noi due, dimmelo chiaro.”
“No!” Il cuore le balzò in gola e prima di rendersene conto era già addosso a lui, spaventata e pentita. “Non volevo dire questo! Sono solo turbata!” Gli gettò le braccia al collo e affondò il viso sull’incavo della spalla. “Scusa Shu…”
“Sei nervosa per colpa di quegli stronzi che ti hanno vomitato tutto addosso. Se hanno problemi che vengano a dirlo a me.”
“No, ci penso io…” Risollevò la testa e lo guardò negli occhi. “Ora devo raggiungere Mitsuya, mi ha chiesto aiuto per badare alle sue sorelline. Non so a che ora tornerò, ma tu prometti di non cercare uno scontro con mio fratello o chiunque altro. Intesi?”
In realtà era ancora scazzato, però ostinarsi significava solo aggravare la situazione con lei, quindi per quieto vivere se la fece passare. La baciò in modo possessivo, forte, come marchiando il territorio, quindi i loro sguardi socchiusi s’incontrarono. “Non farò niente. Pensiamo solo a noi due. I pranzi con le nostre famiglie sono andati bene e noi tra due settimane ci faremo un bel viaggetto. Del resto non mi frega niente.”
*
 
“Piccoline, siete ancora più belle di come ricordavo!” Le salutò sorridente Kan, quando le sorelline di Mitsuya aprirono la porta di casa.  Si era chinata appositamente per accoglierle in un abbraccio ma…le due rimasero ferme a fissarla con aria contrariata, come se fossero in guardia. Allora lei fece per allungare una mano e accarezzare il viso della minore, Mana, ma questa si scostò e ricercò l’aiuto della sorella maggiore. Per Kan fu una stilettata al cuore. Il sorriso le morì sulle labbra, c’era ben poco da essere allegri in quel momento.
“Siete arrabbiate con me… Avete ragione. Non sono più venuta a trovarvi e a giocare con voi…” Si portò una mano al cuore. “Credetemi, non ho smesso di volervi bene! E’ stato un periodo difficile, per me e… Mi farò perdonare, ve lo prometto. Oggi staremo insieme tutto il giorno, vi farò divertire tantissimo e vi riempirò di coccole! Mi date un’altra possibilità?”
Le due si scambiarono una lunga occhiata, neanche stessero comunicando col pensiero, e alla fine fu Luna a parlare per entrambe con un semplice “va bene”. Poi le fece cenno con la testa. “Entra, il fratellone ti sta aspettando.”
“Grazie…” Si chiuse la porta alle spalle e di nuovo si chinò su di loro. “Vado a parlare con lui qualche minuto, voi nel frattempo preparatevi per uscire, d’accordo?”
Le due fecero dei cenni affermativi, il movimento fece ballonzolare i codini sulle loro teste come orecchie di coniglietti. Erano così carine!
Quando entrò nella camera che già conosceva, trovò Mitsuya praticamente moribondo nel futon. Avvicinandosi notò il suo colorito quasi giallognolo, i lividi sul viso…con le coperte che gli arrivavano alle spalle non osò immaginare come fosse ridotto sul resto del corpo. Si sedette in ginocchio accanto a lui, con la mano azzardò una carezza sulla testa. Lui aprì gli occhi, erano lucidi e piatti come quelli di un pesce lesso.
“Sarebbe meglio chiamare un’ambulanza, dovresti andare in ospedale.”
“Ci sono stato…” La sua voce era bassa e affaticata.
“E ti hanno dimesso in queste condizioni?”
“Ho chiesto io di andarmene… Mi sembrava di stare meglio sotto l’effetto degli antidolorifici…”
Kan sospirò preoccupata. “Scusami se lo dico, la tua non è stata un’idea geniale.”
In un qualche modo, Mitsuya accennò un sorriso. “Non è la prima idiozia che faccio! Però non sto così male… cioè, sono a pezzi, ma se riesco a dormire mezza giornata mi riprenderò più in fretta!”
Kan sospirò di nuovo. “La fai facile… Per me va bene, posso portare fuori le bimbe fino a stasera.”
“Grazie… Nostra madre non ha potuto prendere un permesso e io non sapevo a chi chiedere…”
“Tranquillo, è il minimo che posso fare! Devo riconquistare il loro affetto! Ah prima che andiamo hai bisogno di qualcosa? Ti preparo da mangiare? Devi prendere qualche medicina?”
Lui scosse il capo lentamente. “Ho appena preso due pasticche per il dolore, appena faranno affetto voglio solo dormire e svegliarmi nel prossimo secolo! Mia madre mi ha preparato l’okayu prima di andare al lavoro, nel caso mi venisse fame ho quello…”
“Bene… Meglio che vada ora, questo futon mi ricorda cose troppo imbarazzanti!” Un valido riferimento al loro pazzo approccio di quella volta… Per lo meno strappò una mezza risata a Mitsuya. Si rialzò in piedi e fece per allontanarsi, ma lui la richiamò.
“Kan, aspetta.” Attese che lei si voltasse. “Avevi ragione tu…”
“Riguardo cosa?”
“Quella cosa che mi avevi detto l’ultima volta al locale… Il mio nuovo amore è un ragazzo!”
Momento di profondo silenzio. Kan spalancò gli occhi e si ritrovò a starnazzare: “CHE COSA? TI SEI INNAMORATO? ERA LA PRIMA COSA CHE DOVEVI DIRMI!” Con due piccoli balzi gli fu di nuovo accanto e per di più china sopra di lui a pochi centimetri dalla faccia. “Dimmi chi è!!!”
Era abbastanza inquietante la cosa, comunque Mitsuya rispose. “Quello che mi ha ridotto così.”
In un istante si ritrovò occhi negli occhi con lei. “Hai un’emorragia cerebrale???”
“Pff! Può darsi!”
Kan si distanziò un poco, adesso quello scemo aveva un sorriso sincero stampato in faccia e per assurdo anche il suo colorito era diventato più umano.
“Non so spiegarti… Sono stato attratto da lui già al nostro primo incontro nel suo appartamento. Quel giorno avevo il batticuore! Non credevo di avere un debole per i tipi alti e muscolosi!” Si accorse dello sguardo dubbioso dell’amica e allora provò a convincerla. “Non sono stupido, mi rendo conto che Taiju ha fatto delle cose orribili ai suoi fratelli e a molte altre persone… Ma adesso che è stato sconfitto ha l’occasione di migliorare se stesso. E…io vorrei essere al suo fianco per aiutarlo. Penserai che è una cosa azzardata, ma sono sicuro dei miei sentimenti. E’ stato un colpo di fulmine… Sono ufficialmente innamorato di Shiba Taiju!”
“Se ha il potere di renderti felice anche mentre sei ridotto così… Dovrò farmene una ragione! Accidenti Mitsuya, mi fai prendere di quei colpi!”
“Quando mi sarò ripreso voglio rivederlo… Anche se ho una paura folle…”
“Che ti pesti di nuovo?”
“No! Che non ricambi i miei sentimenti! Non che abbia intenzione di dichiararmi subito… Prima voglio conoscerlo meglio e diventare suo amico…”
“Uffa, piantala di girarci intorno! E’ ovvio che ti aiuterò io! Scommetto che non hai intenzione di dirlo in giro, quindi sono l’unica con cui puoi parlarne! E sai che io adoro queste cose!” Si rialzò con convinzione. “Ora vado via davvero!  Sbrigati a tornare in forma!” E stavolta uscì dalla stanza senza voltarsi indietro. Tornata nel soggiorno, trovò le bambine vestite di tutto punto con addosso i loro deliziosi cappottini e i berrettini abbinati color lavanda.
“Ma siete adorabili! E anche bravissime! Avete fatto tutto da sole!”
Le due cercarono visibilmente di trattenere un sorriso, per quanto fossero state arrabbiate, ricevere dei complimenti era una cosa troppo bella. E Kan ne sapeva qualcosa. Ancora un piccolo sforzo. “Sapete dove voglio portarvi? Al parco divertimenti!”
Giusto il tempo di finire la frase e le sorelline dimenticarono ogni proposito, esplodendo in un sonoro grido di gioia con tanto di salto!
Kan si concesse una risata trionfale e allo stesso tempo divertita. “Amiche come prima? Qua le mani!” Porse loro le mani e le bambine ne afferrarono una ciascuna con entusiasmo.
Una volta che furono uscite, Mitsuya lasciò un sospiro di sollievo. Finalmente un po’ di pace!
Raggiunsero la metro più vicina e salirono sul treno senza che le due smettessero un solo istante di parlare. Era passato un po’ di tempo, quindi avevano parecchio gossip da raccontarle! Andarono avanti ininterrottamente per i successivi cambi di linea e fino a quando non avvistarono in fondo alla strada le attrazioni più alte del parco. Kan dovette rinsaldare la presa per non rischiare che scappassero via in un moto di felicità! A dirla tutta quell’idea non era solo un modo per farsi perdonare la lunga assenza, in fondo si trattava di un parco costruito appositamente per i bambini e ogni cosa era letteralmente pucciosa a vedersi. Le attrazioni erano semplici e divertenti per le famigliole, i negozi erano delle meraviglie e i punti ristoro vendevano dolci a forma di pupazzi che sembravano fatti di nuvole da quanto erano soffici. Si erano giusto fermate per una pausa ad un tavolino, tutte e tre con in mano delle crepes a forma di orsacchiotto viola sorridente. Kan non perse occasione di scattare la millesima foto!
Vedendola impegnata a digitare sulla tastiera, Luna guardò incuriosita. “Cosa fai?”
“Sto scrivendo un messaggio da inviare assieme all’ultima foto!”
“A chi la mandi? Al fratellone Taka?”
“No, tesoro, adesso lo disturberei! Gliele manderò tutte più tardi! Adesso sto scrivendo al mio ragazzo!”
“Ah, il fratellone ce lo ha detto! Chi è? Posso vederlo?”
Dall’altro lato, la piccola Mana le fece eco con la boccuccia contornata di panna viola. “Posso?”
Be’, visto che erano così curiose… Kan aprì la galleria del telefono e ne mostrò qualcuna a caso.
“Eccolo qui! E’ figo, vero?”
Le due si guardarono e parvero trattenere una risata.
“Ehi voi! Che c’è?”
Come d’abitudine, Luna parlò per entrambe. “Sembra un asparago!”
Ok questa non se l’aspettava! E quelle due se la ridevano anche alla grande!!!
“E’ per i capelli? O perché è molto alto e magro?” Si soffermò su una foto di Hanma a figura intera e la squadrò riflettendo a labbra arricciate. “Mi sa che avete ragione!”
“Sei innamorata?” Le chiese a bruciapelo Luna.
“Sì, tantissimo! Shu è il mio bellissimo spilungone!”
“Spilungone!” Ripeté Mana, continuando a ridere.
Di certo una giornata così non se la sarebbero dimenticata!  Kan tornò sul messaggio e lo inviò.
Un istante dopo, Hanma si portò una mano alla tasca per prendere il telefono. Avendo l’altra occupata per via della sigaretta accesa, aprì la conchiglia facendo un gioco di pollice e indice.
“E’ lei?” Chiese Kisaki, seduto accanto a lui sul muretto di una strada poco trafficata.
“Mh.” Non si diede nemmeno la pena di rispondere a parole.
“Tornando al nostro discorso, sei sicuro che possiamo fidarci? E’ bastato che qualche deficiente si mettesse a piagnucolare e lei si è schierata dalla loro parte. Non voglio intromissioni, Hanma. Decidi tu se è ora di lasciarla.”
Hanma prese una lunga boccata dalla sigaretta, mentre guardava la foto che ritraeva la sua ragazza con le due bambine che evidentemente erano le sorelline di Mitsuya. Buttò fuori il fumo senza fretta e si passò la lingua sulle labbra. “Non si metterà in mezzo. Hai la mia parola. Se dovessimo trovarci alle strette, sono sicuro che sceglierebbe me invece degli altri.”
“Tsk, tu dici?”
“Lo farà. Garantisco io.”
Kisaki si sistemò gli occhiali e poi rinfilò la mano dentro la tasca del giubbotto. “Le darò una seconda possibilità solo perché tieni molto a lei. E anche perché mi sono divertito in sua compagnia negli ultimi tempi. Ma se dovesse arrivare a mettermi i bastoni tra le ruote…”
“Ho promesso di seguirti fino alla fine, Kisaki.  Anche se lei dovesse diventare un problema, sarà un affare mio.” Chiuse la conchiglia con uno scatto e si riportò la sigaretta alle labbra. Fece una piccola smorfia, tutto a un tratto il sapore era diventato amaro.
*
 
Sentendo suonare alla porta, Chifuyu dovette interrompere la lettura del suo manga shojo preferito e, peggio ancora, scivolare giù dal letto senza svegliare il piccolo Peke J che dormiva beatamente appallottolato contro il suo fianco. Si mosse con grande attenzione, quasi trattenendo il respiro, mentre invece quello del micio era rumoroso e leggermente vibrante. Dovette fare dei movimenti così assurdi che gli ricordarono una partita a Twister fatta da bambino coi compagni di scuola! Comunque riuscì nell’intento e, rimessosi in piedi, si sentì fiero di se stesso. Mentre camminava lungo il corridoio diretto all’entrata, si passò le mani sul vaporoso maglione bianco di lana per togliere evidenti tracce di peluria nera dell’animaletto. E poi aprì la porta. Si aspettava chiunque, tranne la persona che si ritrovò di fronte. Il suo buon cuore gli suggerì di inviatarla ad entrare e offrirle un tè caldo, magari l’ultimo che aveva comprato sua madre, dal sapore delicato e armonioso. Sì, sarebbe stato da lui accogliere un’amica in quel modo…se solo avesse potuto considerarla ancora tale.
“Hai sbagliato appartamento. La Signora Baji vive due piani più su.”
Le iridi di Kan tremarono un istante, quindi lei deglutì e rispose con un filo di voce. “Sono qui per vedere te…”
Quell’atteggiamento misero lo fece innervosire. “Bene! Ora che mi hai visto, addio!” Fece per richiudere la porta, ma lei si mise fra questa e lo stipite per impedirglielo. “Aspetta, ti prego! Devo dirti tante cose, devo scusarm-”
“Che faccia tosta. Non mi rivolgi la parola da mesi.” Più che arrabbiato era ferito, non aveva voglia di litigare con lei, però non aveva la forza morale di cacciarla. Per questo non pose resistenza e rimase ad ascoltare.
Kan abbassò la testa. “Per cominciare, ti chiedo scusa per il comportamento di Hanma. Ti ha ingannato e maltrattato e le conseguenze che tu e gli altri avete pagato sono state terribili. Mi rendo conto che dovrebbe esserci lui qui, ma spero accetterai ugualmente le mie scuse sincere.”
“L’unica cosa che vorrei è che qualcuno spaccasse la faccia a quel coglione.” Disse secco lui.
Kan si chinò più a fondo e disse a voce alta. “Ti chiedo perdono per lui!”
Vederla così, priva di dignità solo per riparare ai casini creati dal fidanzato deficiente era un’immagine che stonava con quella che aveva di lei nella mente. La Kan che conosceva lui era orgogliosa, premurosa e sapeva amare profondamente…che ne era stato di quella ragazza? Si voltò di scatto e fece un passo all’interno. La voce gli si spezzò in gola. “Non sei nemmeno venuta al suo funerale.”
Non c’erano dubbi di chi stesse parlando. Non sapeva come rispondere.
“Era anche tuo amico, ma tu non ti sei fatta vedere. Per tutta la cerimonia ho continuato a voltarmi e guardare l’ingresso…ma tu non sei mai arrivata. Non l’hai salutato…” Strinse i pugni.
Kan si morse le labbra, non aveva davvero una scusa valida, le accuse di Chifuyu era assolutamente vere. “Non ci sono riuscita…”
“Tu gli piacevi, sai?”
“…non direi! Mi odiava e me lo faceva capire ogni volta!”
“Pensavo lo conoscessi meglio…” Chifuyu scosse il capo. “Parlava spesso di te ed erano sempre lamentele. A volte usava certe parole da farmi rizzare i capelli in testa!” Gli scappò un sorriso, al ricordo, ma subito tornò serio. “Non avrebbe sprecato tutto quel tempo a parlare di una persona che odia. Ti considerava un’amica, una persona importante. Era fatto così… Nascondeva l’affetto per le persone sotto una maschera di rabbia. Io…” Il respiro gli tremò, le lacrime cominciarono ad offuscargli la vista. “Io vado alla sua tomba quasi tutti i giorni…e gli parlo… Gli dico tutte quelle cose che non ho potuto dirgli mentre era in vita… E siccome sono un vigliacco, gli chiedo anche se…sniff-” Strinse più forte i pugni. “Se mi abbia amato almento un po’ o se nel suo cuore ci sia sempre stato solo quel Kazutora…”
Era questo ciò che si portava dentro, giorno dopo giorno. Una sofferenza atroce.
“Io lo amo con tutto me stesso, non smetto mai di pensare a lui! Ma sono debole…vorrei che per una volta…sniff- Solo una volta, mi comparisse in sogno per dirmi che mi ama!”
Non potendo attendere oltre, Kan gli andò di fronte e gli mise le mani sulle spalle. Il viso di Chifuyu era contratto e arrossato e le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi azzurro verde.
“Sì che ti amava! Pensaci! Non si sarebbe messo con te, se non fosse stato così! Io potrei aver sottovalutato il suo affetto per me, ma tu non devi mettere in dubbio il suo amore per te! Ora sono io a dirtelo, uno come Kei non avrebbe avviato una relazione con un un ragazzo di cui non è innamorato!”
Chifuyu la guardò negli occhi, ancora più disperato. “E allora perché lo ha fatto? Perché?” Dei singhiozzi gli salirono dalla gola, interrompendolo un istante. “Perché ha scelto di morire per Kazutora e non di vivere per me?”
Una domanda pesante come un macigno sul suo cuore ferito. Kan lo abbracciò, era difficile trovare le parole giuste e sperava che coi gesti fosse più facile. Non sapeva che Chifuyu fosse geloso di Kazutora o che nutrisse dubbi sul sentimento di Baji… Non sapeva nulla, perché per lui non c’era più stata.
Chifuyu si sciolse dal suo abbraccio, in qualche modo cercò di smettere di piangere anche se le lacrime non sembravano molto inclini all’obbedienza… Si passò una manica sulla faccia, fregandosene di portarsi dietro sia lacrime che moccio. Si sentiva più ridicolo per essere crollato in quel modo davanti a lei.
“Va tutto bene? Posso fare qualcosa?” Chiese lei con premura.
“Sì… Vattene e non parlarmi più fino a quando non sarai andata alla tomba di Baji-san a salutarlo come si deve.”
Kan parve esitare. “Ecco…adesso non me la sento. Sto cercando di risolvere un po’ di cose e…”
Neanche il tempo di finire la frase che Chifuyu l’afferrò per il braccio e la spinse fuori di casa. Nei suoi occhi rossi e bagnati ora c’era un’incredibile fermezza. “Allora non farti più vedere.” E sbatté la porta senza darle il tempo di replicare.
Aveva ragione, ovviamente, lei lo sapeva bene che ogni parola era verità. Ma adesso non ce la faceva proprio ad affrontare anche quel fantasma… Era già tanto che poco alla volta si stesse riappacificando con le persone a cui voleva bene, un progetto che richiedeva tempo e tanto impegno. Ma andare da Baji…per lei era ancora impossibile.
*
 
Neanche a farlo apposta, Kan si era beccata l’influenza appena prima di Capodanno. Doveva avere una maledizione addosso, altrimenti non si spiegava perché ogni volta finiva con l’ammalarsi nello stesso periodo. Gli dei dell’inverno le avevano dichiarato guerra o cosa? Era più facile incolpare un’entità invisibile che se stessa. La verità è che aveva voluto strafare per via del progetto di riappacificazione e così aveva trascurato se stessa e la propria salute. No. La verità assoluta era che…lei e Yuzuha avevano fatto una sauna e poi erano corse fuori come delle sceme a pochi gradi sopra lo 0 per fare una pazzia. Yuzuha, nonostante fosse ancora malandata per le botte ricevute la notte di Natale, si era divertita e risollevata lo spirito, invece Kan si era svegliata il mattino dopo con la febbre alta e il naso che colava. Che ingiustizia!!! Adesso era ferma a letto e la febbre non voleva saperne di abbassarsi. Ed era sola. Si era sentita incredibilmente saggia nel dire sia a suo fratello che ad Hanma di non mettere piede in quella casa per non rischiare di contagiarli, però la solitudine si faceva sentire e di certo i genitori non le davano conforto…figurarsi. Nelle lunghe ore del giorno, e a volte anche della notte, si era consolata sfogliando l’album di fotografie che stava realizzando sulla storia d’amore tra lei e Hanma. Aveva selezionato e stampato gli scatti più belli, compresi alcuni del periodo tanto amato della Valhalla.  Il suo unico cruccio era di non avere foto di lui ai tempi della Moebius… Per colmare quello spazio aveva creato uno scenario con protagonista la torta al limone, quella famosa da cui aveva tratto il nomignolo che ormai non usava più. Era divertente aprire l’album e vedere sulla prima pagina il titolo ‘Meet Lemon Cake’ con sotto una sciarada di frammenti di fotografie di torta, disegni colorati a pastello e il ciuffo biondo di Hanma che compariva random in mezzo a tutto! Poi si passava a numerose pagine a tema Valhalla, ma incentrate su loro due e sulla favolosa giacca grigia con lo stemma dell’angelo senza testa. Dopo quello, l’atmosfera diventava romantica e pagina dopo pagina si percorreva la loro relazione dal primo appuntamento, al fidanzamento ufficiale e via dicendo. Quell’album era stato il suo compagno nei primi giorni di malattia, assieme alle telefonate e ai messaggi anche da parte degli amici ritrovati. Anche Angry le aveva scritto diverse volte, rendendola felice. Non aveva ancora avuto occasione di parlargli di persona, ma lui era in lista assieme ad altri. Facendo il primo passo l’aveva aiutata a rompere il ghiaccio e i suoi continui “sei la mia amica del cuore”, “ti voglio bene”, “non vedo l’ora di farmi spazzolare i capelli da te” le avevano fatto scendere le lacrime. Era fortunata ad avere degli amici così, che la perdonavano senza battere ciglio. Pregava di riuscire a riconquistare anche la fiducia di Chifuyu, col tempo… Le cose cominciavano a migliorare, sì, fatto sta che era la sera del 31 dicembre e lei era a letto con l’unica compagnia della lampada accesa.
Sistemò meglio uno dei cuscini contro la spalliera per cambiare posizione e tirarsi un po’ su con la schiena. Recuperò il cellulare rosa metallizzato dal comodino e sbirciò di nuovo le foto che Hanma le aveva mandato quella sera. Che amarezza… La famiglia di Kisaki era stata invitata assieme ad altre a festeggiare a bordo di una nave da crociera a Yokohama. Lui era stato così gentile da invitare anche lei e Hanma e la cosa l’aveva fatta impazzire di gioia. Non era mai stata su una nave da crociera, era ansiosa di esplorarla e fare mille foto. E invece… Hanma si era offerto di fare degli scatti col telefono e inviarglieli, ma esserci e vedere sullo schermo erano indubbiamente due cose completamente diverse. Nel mentre, ricevette un messaggio. Era Draken.
[Sorellina, sei sveglia?]
[Sì… La rabbia di non poter festeggiare sta sconfiggendo la sonnolenza dei farmaci!]
[Combattiva! Così ti voglio!]
[Tu sei al Santuario, vero? Come va lì? C’è molta gente?]
[Il pienone, come sempre! Però mi sto divertendo a fare da babysitter a Mikey, dovresti vedere che muso lungo ha! Invece Emma è bellissima, questa sera.]
Quell’ultima frase le provocò una fitta allo stomaco. [Perché mi parli di quella là?]
[Kan, vorrei che accettassi i miei sentimenti per lei. Un giorno le farò la dichiarazione e niente mi renderebbe più felice che mia sorella e la ragazza che amo andassero d’accordo.]
Glielo stava dicendo davvero? Tsk! [Non accadrà mai.]
[…io ti voglio bene, sorellina. Avrai sempre il primo posto nel mio cuore. La tua gelosia è insensata. Io non ti chiederei mai di scegliere fra me e Hanma.]
[Lo so. Ma lei… Non importa…]
[Ora vado, è quasi mezzanotte. Se me lo permetti, domani passerò a trovarti. Intanto…ti auguro un felice anno nuovo e pregherò gli dei per la tua guarigione.]
[Felice anno nuovo anche a te, fratellone. Anche se a volte non la pensiamo allo stesso modo, ricordati che io ti voglio bene più di chiunque altro.]
Come ultima risposta, lui le inviò tre cuoricini.
Kan lasciò il telefono sopra le coperte. Il suo sguardo si posò sulle pareti cosparse di forme di farfalla, create dalle sagome della lampada, e che rendevano la stanza un po’ magica. Sentendo il trambusto all’esterno, capì era scoccata la mezzanotte. E lei aveva mezzo litigato con suo fratello per colpa di una stronza.
Hanma e Kisaki, invece di festeggiare in un salone lussuoso e ben illuminato assieme a ricconi che altrimenti li avrebbero costretti a sorseggiare spumante analcolico con la scusa che erano minorenni, si erano ritirati per fare festa in solitaria sul ponte più alto della nave dove non c’era nessuno. Da lì i ponti sottostanti sembravano un formicaio gremiti com’erano di persone.
“Anche se la neve si è sciolta, continua a fare freddo, cazzo!” Ridacchiò Hanma.
“Potevi indossare la sciarpa che ti ha regalato la tua ragazza, zucca vuota.” Rispose Kisaki, chino sul parapetto e senza un briciolo di divertimento nella voce. “A proposito… Perché non sei andato da lei stasera? So di aver detto di avere dubbi sulla sua fedeltà, ma sapere che è sola e ammalata mi causa degli strani sensi di colpa…”
“Che palle! Guarda che non l’ho abbandonata di proposito! E’ lei che mi ha vietato di avvicinarmi!”
“Le ragazze ne dicono di cose stupide… Il vero sbaglio è dar loro retta.”
L’evidente malumore di Kisaki insospettì Hanma, il quale strabuzzò gli occhi e gli diede una piccola gomitata. “Ma che hai? Prima non avevi la luna storta!”
“Niente… E’ inutile ragionare con un idiota.” Mosse il capo e lo guardò con aria truce. “L’ultima volta, quando ero arrabbiato, mi hai detto che lei era affare tuo, ma adesso non te ne stai prendendo minimamente cura.”
Prima che Hanma potesse ricevere un aiuto dai criceti che gli correvano sulla ruota del cervello, il telefono gli vibrò in tasca. Quando lesse lo schermo, un sorriso gli illuminò il volto. “E’ ancora sveglia! Si sarà sforzata di resistere per farmi gli auguri! Che figa la mia ragazza!”
“Già…” Kisaki tornò a guardare altrove, sulla vastità del mare che si espandeva nella notte a perdita d’occhio. “Se la ami dovresti tenertela stretta.”
“Sai cosa? La chiamo, così faccio bella figura!” Pigiò alcuni tasti e fece partire la chiamata. “Felice anno nuovo, bellissima!!!” Disse raggiante e sollevando un braccio in aria.
Kisaki non badò più di tanto alle smancerie che diceva l’amico, non gliene fregava niente. Poi…
“Kan, ti sento strana… Ma…stai piangendo???” Il suo volto divenne immediatamente serio, mentre ascoltava le parole di lei. “Anche se non vuoi, adesso vengo dritto lì e stiamo insieme. …come? Kisaki?” Diede un’occhiata all’amico e la buttò sullo scherzo. “Ma no che non se la prende!”
Il diretto interessato confermò. “Torno nel salone a pensare ai fatti miei, nessun problema.”
“Sentito? Tanto non stavamo facendo niente! Vengo lì, mi infilo sotto le coperte con te e ti coccolo!” Fece un saluto con la mano a Kisaki e si avviò continuando a parlare al telefono.
Rimasto solo, Kisaki lasciò scivolare le braccia oltre il parapetto. Adesso sì che stava di merda. “Tienitela stretta, non puoi sapere quando arriverà un idiota a portartela via… Come è accaduto a me, una volta.” Una frase detta con tristezza, se non fosse stato che dopo pochi secondi sulle sue labbra si dipinse un sorriso malvagio. “Questo avrei dovuto dirlo a Mikey!”
Come promesso, Hanma raggiunse la casa il più in fretta possibile ed entrò senza ostacoli. Sapeva che i genitori di lei erano andati ad una festa altrove, ma forse lasciare la porta senza giro di chiave non era stata una grande idea, sapendo di lasciare la figlia in casa da sola. Quei due non gli andavano molto a genio e la scusa che Kan era stata adottata non era valida per fregarsene di lei. Entrò nella stanza colorata, in quel momento illuminata della luce calda e gialla della lampada, e trovò Kan ancora piangente.
“Amore, sono qui!” Disse con trasporto, gettando il giubbotto con noncuranza sulla sedia per poi infilarsi sotto le morbide coperte. La strinse a sé, il suo corpo sembrava una borsa dell’acqua calda. “Hai ancora la febbre alta? Dannazione, perché quelle medicine non fanno effetto?”
Kan rispose tirando sul naso, inerme come una bambina.
“Resto qui tutta la notte, non ti lascio sola!”
“Grazie…” Risollevò il viso bagnato di lacrime. “Shu, posso chiamarti anche io amore?”
Ah vero… L’aveva chiamata così poco fa, senza rendersene conto! Comunque, perché no? Le sorrise. “Anno nuovo, nomignolo nuovo! Forte!” Le stampò un bacio sulla guancia e poi uno sulla fronte. La bocca era off limits durante l’influenza. “Vedrai che starai meglio presto! Tra una settimana saremo immersi nelle acque bollenti delle terme! E ci faremo delle scopate pazzesche nella nostra vasca privata!”
Funzionò, sentì Kan ridacchiare. Recuperò un fazzolettino di carta da sopra il comodino e glielo porse per farle dare una ripulita. Era bello potersi prendere cura di lei e ricambiare il favore di quando era stata lei a fargli da infermiera a casa sua. Per inteso, adorava Kisaki, ma era molto più contento di essere lì al caldo con la sua ragazza che non con lui sul ponte di una nave da crociera.
Nello stesso momento, al Santuario…
Vedendo Mikey starsene in disparte col telefono in mano, Draken gli si avvicinò. A pochi secondi dalla mezzanotte si erano trovati con gli altri per caso e avevano formato un gruppo ben nutrito con cui scherzare, dire cazzate e saltare come scemi, quindi perché adesso Mikey era di nuovo abbattuto?
“Tutto ok? Che stai facendo?”
Mikey sollevò lo sguardo. “Ken-chin…io… Vorrei tanto scrivere a Kan ma ho paura di farla incazzare…”
Ecco qual era il problema. “Più che altro starà dormendo. L’influenza l’ha messa al tappeto…”
“Mh… Sì… Forse dovrei lasciarla in pace. Tanto mi odia.”
Lo disse con una tale sofferenza negli occhi, che Draken si sentì un verme per non averlo sostenuto. D’impulso gli afferrò un polso. “Tu non smetterai mai di amarla, vero?”
Mikey rispose con tono ovvio. “Certo che no.”
“Ascolta… C’è una cosa che non ti ho detto, ma credo dovresti saperlo.” Prese respiro e lo guardò negli occhi. “Ti ho raccontato di quella sera in cui io e Kan abbiamo litigato, no? Ecco…siccome si era fermata a dormire al centro massaggi, l’ho raggiunta per fare pace e l’ho trovata addormentata, quindi mi sono infilato nel letto con lei. Il fatto è che…ad un certo punto si è messa a parlare nel sonno e…ha detto…”
Gli occhi di Mikey si spalancarono nel sentire la frase successiva. Finalmente vide la speranza.
La testa leggermente appoggiata a quella di lei, la mano ad accarezzarle i capelli, la spalla contro il morbido cuscino che gli faceva da appoggio, mentre ascoltava in silenzio il respiro regolare di lei e l’appena percettibile fischio del naso raffreddato. Per fortuna si era addormentata in fretta, aveva bisogno di riposo se voleva uscire da quell’influenza. Hanma sentì vibrare alle spalle, pensando si trattasse del suo telefono fece per prenderlo e si rese conto che era quello di Kan. Auguri tardivi? Lo prese giusto per sbirciare chi fosse, senza malizia, e lesse il nome di Mikey. Ma che cazz-? Era convinto che avesse cancellato il suo numero. Si era sbagliato? E perché lui le scriveva? Erano ancora in contatto? Era rimasto a quanto lo odiasse e l’avesse fatta soffrire…quindi? Non era corretto, ma doveva sapere. Aprì la conchiglia e lesse il messaggio.
[Ti amo anche io.]
Porca puttana! Che cazzo significava? Ti amo? Anche io??? Era una risposta? Preso dalla rabbia, frugò negli altri messaggi, senza trovare nulla di compromettente. No no, non doveva dubitare della sua ragazza, era quel cazzo di nanerottolo il vero pericolo. Magari al mattino, una volta sveglia, poteva chiedere spiegazioni a lei. No, non andava bene. Era certo che Kan non avesse nulla da nascondere…e allora? Fanculo. Nella foga del momento, nel cuore della notte, fece la cosa che ritenne più sensata. Premette il pulsante e cancellò il messaggio.
*
 
Sarebbe stato il colmo se il primo raduno del 2006 della Tokyo Manji Gang si fosse tenuto proprio nei giorni della loro vacanza alle terme. Non accadde per un soffio. Di fatto, Kan e Hanma prepararono le borse per il viaggio e poi andarono al Santuario di Musashi. Il piano era beccarsi la ramanzina per il guaio di Natale (lei non era coinvolta, ma non poteva voltare le spalle al proprio ragazzo, no?), tornare a casa a farsi una bella dormita e il mattino dopo partire per il viaggio, il quale consisteva in due cambi della metro, un treno e un pullman, con arrivo a destinazione entro l’ora di pranzo. Kan continuava a pensarci, usando quel piano come ammortizzatore della forte tensione che aveva addosso a causa del raduno. Hanma e Kisaki l’avevano presa con spensieratezza, come se fosse stato tutto un gioco, lei invece aveva il brutto presentimento che le cose sarebbero peggiorate. Per questo decise di andare con loro, nonostante il periodo di assenza dovuto ai battibecchi con suo fratello nel vederla divertirsi con i ragazzi della Valh-cioè della Sesta Squadra, come pretendeva fosse chiamata! Tutto sommato, all’arrivo non le fu difficile comportarsi normalmente, rispondere ai saluti che le venivano fatti, sorridere agli amici e ignorare le occhiatacce di chi ancora la considerava una traditrice. Nella folla adocchiò Mitsuya…dopo che lei era guarita si erano sentiti per telefono, lui le aveva detto che a breve avrebbe avviato il piano di conquista di Taiju, senza però spiegare i dettagli. Bastardo. Finita quella storia voleva assolutamente incontrarlo e farsi spiegare tutto. Le faccende di cuore arcobaleno erano la sua passione, aveva il bisogno spirituale di buttarcisi in mezzo! Il pensiero le diede la carica al momento giusto. In cima alla scalinata comparvero Draken e Mikey.
Chiamatelo destino o forza magnetica, Mikey si accorse subito della sua presenza tra la folla. Per un istante la sua maschera impenetrabile da Comandante s’incrinò e sulle labbra affiorò un timido sorriso. Ovviamente Kan non ricambiò, anzi si chiese che gli prendesse per fare quella faccia. Sostenne il suo sguardo senza fare una piega, mentre lui sembrava volerle trasmettere qualcosa. Cosa fosse, non ne aveva idea. In ogni caso, tutto si interruppe nel momento in cui Draken gridò che la riunione aveva inizio. Per prima cosa fece un riassunto degli ultimi avvenimenti riguardanti la Black Dragon, al quale seguì un discorso di scuse da parte di Hakkai in persona, ora tornato tra le fila della Seconda squadra, al fianco di Mitsuya, dove era giusto che fosse. Dopo di che entrarono in scena due ospiti, fieri di portare la divisa bianca della Black Dragon e di annunciare che, caduto il dominio di Shiba Taiju, la gang continuava a vivere con una nuova generazione. Su loro espressa richiesta, Takemichi ne diventò il Comandante. Ora, lasciando perdere la questione che il nominato non ne sapeva nulla e quindi reagì con la grazia di una gallina a cui viene tirato il collo, l’attenzione di Kan venne completamente assorbita dal ragazzo che si presentò come Inui Seishu. Lo riconobbe subito, era lo stesso ragazzo che aveva incontrato poche settimane prima a casa di Yuzuha e di cui l’amica si era raccomandata di non averci niente a che fare. Sì…questo però non significava che non potesse osservarlo da lontano. E…trovarlo attraente? In effetti non aveva più pensato a lui e alla breve conversazione avuta quella volta. Tra un casino e l’altro si era dimenticata di cercare informazioni, anche solo per capire come mai lui la conoscesse. Avevano amici in comune o altro? Se davvero si conoscevano e lei l’aveva rimosso, doveva essere diventata cieca. Sul serio, com’era possibile non ricordare quegli occhi azzurro verde così limpidi? Quei capelli di un biondo naturale quasi platinato? Quello sguardo virile? Quella voce che le provocava delle vibrazioni dentro e che, suo malgrado, poteva immaginare di sentire vicino all’orecchio, come quella di un amante? Porca troia, ma che le diceva il cervello? Fare di quei pensieri sporchi mentre era accanto al proprio fidanzato! Che poi era davvero un male? Pensarlo e basta non era tradimento… Ma che motivo aveva di fantasticare su un altro? Era pazza di Hanma, era felice con lui ed era pienamente soddisfatta della loro intesa sessuale. Scosse il capo come per scacciare ogni pensiero futile dalla testa, doveva concentrarsi su quello che veniva detto e basta.
“Infine, per quanto riguarda il conflitto di Natale, ho qualcosa da dire.” Intervenne Mikey, per poi fare qualche passo avanti e sporgersi dalla scalinata. “Kisaki Tetta.”
Ecco, era il momento. Kan d’impulso prese la mano di Hanma.
Kisaki si sistemò gli occhiali in quel gesto solenne e abitudinario che gli conferiva un’aria superiore. Per quanto potesse servire.
Col vento che gli agitava i capelli, Mikey parlò a voce chiara. “Ti caccio fuori. Da oggi considerati espulso.” Una frase che fece raggelare tutti quanti.
Kan sentì la mano di Hanma fremere e si volse a guardarlo. Indubbiamente si stava preparando a difendere l’amico. Ed infatti, le lasciò la mano e si fece avanti per parlare. “Se cacci Kisaki, lascio anche io la Toman!” Aveva assunto il suo tipico sorriso strafottente, sicuro di ciò che faceva, e addirittura allargò le braccia nel bel mezzo del discorso. “Questo significa che i 50 membri della Moebius e i 300 della Valhalla si ritireranno e la Toman resterà con 100 membri!”
Un argomento valido. Forse avrebbe salvato la situazione. E invece no, perché Mikey se ne uscì con una frase svogliata. “Non mi importa. La Toman era diventata troppo grande per i miei gusti.”
Niente da fare, Kisaki tentò di convincerlo a cambiare idea, ma più lui insisteva e più Mikey gli scagliava contro accuse su accuse, mettendolo alla gogna davanti al resto della gang. Era visibilmente spaventato, sudava, gridava, ebbe la sfrontatezza di salire i gradini per raggiungere Mikey, ritrovandosi Draken a fare da scudo. Questo scatenò la reazione di Hanma, il quale si buttò in avanti caricando un pugno, incazzato come una iena per il trattamento che stavano riservando all’amico. Draken ovviamente parò il colpo, seppur a fatica, e i due si ritrovarono a stretto contatto a guardarsi in cagnesco e minacciarsi a vicenda. La scena fece rabbrividire Kan. Stava accadendo proprio ciò che aveva cercato di evitare con tutte le sue forze. Già il suo fidanzato e suo fratello non andavano d’accordo, se adesso passavano alle mani era la fine. Doveva intervenire? A decidere per lei fu Mikey, si può dire, il quale scaricò Kisaki definitivamente nonostante le sue suppliche e riducendolo in ginocchio in un grido disperato. Visto che non c’era più nulla da fare, Hanma interruppe l’attacco e ridiscese i gradini con aria indignata.
“La riunione è finita! Potete andare!” Gridò allora Draken, rivolto alla folla.
Hanma prese Kan sottobraccio e sibilò un “andiamo”, mentre una corposa parte della gang si preparava ad andarsene una volta per tutte, alcuni già cominciando a togliere la giacca nera della divisa e gettandola a terra. Fu allora che un altro grido squarciò il cielo.
“KAAAN!”
Hanma si fermò di colpo e si voltò per primo, con uno sguardo infuocato. Kan invece si voltò lentamente, il suo sguardo incontrò quello del fratello e vide la profonda sofferenza che emergeva dai suoi occhi.
“Non sei costretta ad andare via con loro. Tu sei una di noi.”
“Che caz-” L’imprecazione di Hanma si spezzò quando lei gli posò la mano sulle labbra. Voleva sentire che cosa aveva da dire suo fratello.
Draken proseguì con maggior sentimento, pur sapendo di avere gli occhi di tutti puntati addosso. “So che ci sono stati dei problemi che ti hanno spinta a lasciare il tuo ruolo qui. Non ti chiedo di tornare a quei giorni, non ti chiedo di fare qualcosa contro la tua volontà. Ti chiedo solo di restare. La Toman è la tua famiglia.” Si portò una mano al petto. “Io sono la tua famiglia.”
“Sì…tu sei la famiglia, la mia metà!” Confermò lei, con una forte emozione nella voce. “Ma adesso non stiamo parlando di noi e del nostro legame di sangue… Tu sai meglio di chiunque altro quanto mi abbia sottratto la Toman. Per questo scelgo di seguire il mio fidanzato e il mio credo.” Prese un respiro profondo e disse a voce tonante: “LA MIA ANIMA E’ VALHALLA!”
Se da una parte i ragazzi della Toman restarono a bocca aperta indignati, dalla parte opposta quella frase venne accolta da grida di approvazione. Mentre Hanma, soddisfatto, lanciò un sorriso di scherno a un  Draken visibilmente sconvolto.


Continua nel Capitolo 29: Skinny Love.
Missione "Conquistare Taiju" avviata!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Chapter 29: [Skinny Love] ***


Chapter 29
[Skinny Love]
 
Quante volte si era ripromesso di non farlo più, di non abbassarsi a tanto, di non autodistruggersi il corpo come stava facendo con la mente ormai da troppo tempo. E invece lo aveva fatto di nuovo, si era recato in un locale di pessima fama dove nessuno controllava i documenti. Si era seduto allo sgabello alto dall’imbottitura deformata, proprio al centro del bancone, in quella postazione che era diventata in qualche modo sua e lì aveva trangugiato ogni tipo di schifezza alcolica, bicchiere dopo bicchiere, senza guardare in faccia a nessuno, senza dire null’altro che fosse “dammene un altro”, con la lingua sempre più gonfia e le parole sempre più strascicate… Non ricordava nemmeno il momento in cui era uscito da lì, solo si era accorto di vagare per la strada, sballottandosi sui muri, su eventuali persone, sui distributori automatici, attraversando le strisce pedonali col rosso, fregandosene delle auto che gli suonavano il clacson isteriche. Non gliene fregava niente. Camminava esclusivamente con la forza di volontà, altrimenti sarebbe già crollato al suolo da un pezzo. Anche senza pensare, il suo dannato corpo sapeva dove stava andando, passo dopo passo, con l’aria fredda della notte di gennaio che gli colpiva la faccia come una frusta e addosso una giacca in pelle che lo stava facendo sudare come un maiale. Si sentiva umido anche dentro i pantaloni, ma era difficile dire se anche quello fosse sudore o se se la stava facendo addosso. Dalla bocca continuavano a uscirgli sospiri misti a lamenti, talvolta incomprensibili, salvo quel nome che magicamente riusciva a pronunciare nel modo corretto.
“Akane-san…”
Lei, sempre e solo lei era il fulcro dei suoi pensieri e dei suoi mali, la scintilla del suo amore e della sua autodistruzione. Lei, coi suoi occhi così limpidi da potercisi specchiare dentro. Lei, coi suoi capelli sottili e chiarissimi che avrebbe tanto voluto accarezzare. Lei, coi suoi sguardi severi ogni volta che si accorgeva delle sue intenzioni, del suo corteggiamento…dei suoi goffi tentativi di conquistarla.
“Akane-san!” Chiamò disperatamente, sollevando il viso verso quella casa che pochi anni prima era stata teatro dei suoi incubi peggiori. Nonostante ai tempi dell’incendio i signori Inui avessero difficoltà economiche e la casa avesse subito ingenti danni, erano comunque riusciti a trovare una via d’uscita grazie ad un’assicurazione e a far riparare i danni con pazienza, ma lo stesso, ogni singola volta che lui si ritrovava lì, non poteva evitare di rivedere le fiamme ardenti uscire dalle finestre e il fumo alzarsi nero fino al cielo. Il suo Inferno personale era dentro quelle mura. Si trascinò fino all’ingresso, sbatté pesantemente contro la porta in legno robusto, così simile a quella della maledetta sera che aveva abbattuto con un calcio per entrare. Cominciò a picchiare il pugno contro di essa, con degli sforzi che lo costringevano a gemere. E all’improvviso la porta si aprì. Lui, privato dell’appoggio, ricadde in avanti a peso morto.
Fu così che Inupi se lo ritrovò addosso e dovette sostenerlo. Un miserabile ubriaco coi capelli che puzzavano di fumo, il fiato di alcol e il corpo di sudore.
“Di nuovo…” Disse fra i denti, sollevandolo meglio per non rischiare che gli scivolasse da sotto le braccia.
Nonostante le ciocche di capelli che gli ricadevano sulla faccia, dove si erano appiccicate, Koko riuscì a mettere a fuoco il viso della persona che lo sosteneva e un sorriso idiota gli inarcò le labbra. “Akane-san! Sei così bella!”
“Sì sì, come ti pare… Uff, dannazione devo portarti in camera. Con tutto questo casino i miei potrebbero svegliarsi.”
Non fu affatto facile portarlo su per le scale in quelle condizioni. Anche se Koko era molto magro, da ubriaco diventava un masso e non voleva saperne di collaborare. Quando finalmente lo stese sopra il letto, era accaldato. Si passò sulla fronte una manica della tuta che usava come pigiama. “Non avevi promesso di smettere con questa porcata? Sei più intelligente di così. Se qualcuno ti vedesse in questo stato, diventeresti lo zimbello della malavita.”
Era il suo lato peggiore che solamente lui conosceva. Per tutti quanti Kokonoi Hajime era un gatto astuto in grado di fare soldi con ogni mezzo e senza scrupoli, nessuno avrebbe mai sospettato che si riducesse così a causa dei propri fantasmi. Inupi scosse il capo con rassegnazione, ormai ci aveva fatto il callo. Si premurò di togliergli gli anfibi e la giacca in pelle e di adagiargli la coperta fino alle spalle, quindi salì sul letto dal lato opposto e spense la luce. “Dormiamo va’.”
Koko lasciò una risatina distorta. “Ho immaginato tante volte di dormire con te! Ma solo dopo il matrimonio!” Con un inaspettato movimento agile, gli cinse le braccia attorno al collo e lo trascinò sopra di sé.
Per quanto sorpreso, Inupi cercò di rimproverarlo. “Quando bevi cambi personalità. Che cazzo!”
“Un giorno ti sposerò…te l’ho promesso… Resta con me, Akane-san…” La voce in un sussurro.
Abbandonando ogni freno, Inupi posò le labbra sulle sue. Si odiava per non riuscire a resistergli e in parte odiava lui per il male che si faceva per qualcuno che non esisteva più. Ma come poteva rinunciare a quelle labbra? Anche se sapeva che i baci di Koko erano per Akane e non per lui e questo faceva male. E lo faceva incazzare. Interruppe il bacio e strinse i denti, caricandosi di quel sentimento negativo.
“Lo hai voluto tu, Koko.” Senza fare complimenti gli sollevò la maglia, le sue labbra andarono a colpo sicuro sui piccoli capezzoli che già altre volte aveva assaggiato. Giusto una piccola esplorazione, prima di scendere e stampare baci lungo l’addome liscio, solleticare con la lingua l’ombelico e finire abbassando la zip dei pantaloni. Fu in quel momento che Koko si rese conto delle attenzioni che stava ricevendo, il suo sguardo andò verso il basso, sulla testa bionda china sulla sua intimità.
“Mmh… Akane-san…è bello…ah!”
Inupi continuò a lavorare di bocca. Diede una sbirciata a quella figura elegante, a quel corpo sottile e così lascivo grazie agli effetti dell’alcol… Quel ragazzo era talmente fuori che non si era nemmeno accorto di avere il suo dito infilato nel di dietro. Interruppe il lavoretto proprio sul più bello, quasi per dispetto, si sfilò la maglia della tuta e allo stesso modo sfilò i pantaloni dalle gambe di lui, quindi fece adagiare Koko sul fianco e si stese dietro di lui. Afferrò il proprio membro e lo guidò verso la piccola fessura anale. Entrata la punta, dovette solo fare pressione coi fianchi per entrare tutto. Inevitabilmente, questo fece scattare una molla nella mente di Koko.
“Hiiik, che stai facendo? Aspetta!”
Inupi lo afferrò per una gamba e gliela sollevò per avere maggiore spazio. “Sta zitto, accidenti.” E prese a muoversi dentro di lui.
“No! Non farlo! Ah…” Deboli suppliche spezzate dal piacere, durante la lotta fra le gioie del corpo e i tormenti della mente. “No! N-ah! Sono io che devo metter-ah…ah!”
Inupi se ne fregava delle sue parole sconnesse, era lui il seme, il ruolo dominante, e aveva diritto di possedere quel corpo elastico e delicato che gli era sempre piaciuto. Loro due si conoscevano fin da bambini e Inupi lo amava da allora, eppure per lui non esisteva altro che un fantasma di cui pronunciava sempre il nome. Era così…ingiusto. Aumentò la velocità e si lasciò andare all’orgasmo, una vetta che aveva un retrogusto amaro quando lo faceva in situazioni come quella. Guardò il viso di Koko, lui la vetta la raggiunse dopo alcuni istanti, forse a causa dell’alcol che aveva in corpo e lo rallentava in tutto. Senza vergogna abbassò lo sguardo e osservò l’eiaculazione di Koko schizzare densa e abbondante sul materasso. Si sentì fiero di se stesso per il risultato ottenuto, fanculo quello che pensava lui.
Quando Koko riaprì gli occhi, la sua mente era così annebbiata che gli ci vollero diversi secondi per capire dove si trovava. Si mise seduto, una piccola fitta vicino all’osso sacro gli strappò una smorfia. Si passò la mano sulla testa per tirare indietro i capelli ancora umidi, mentre ricercava nella mente i ricordi della serata. Non ci voleva un genio per capire cos’era successo. Un rumore gutturale richiamò la sua attenzione, volse il capo e vide Inupi addormentato accanto a lui, con la bocca leggermente aperta. Una cosa che lo caratterizzava. E che gli evocava ricordi più intensi.
“Come quella volta in biblioteca…” Bisbigliò, per poi chinarsi e sfiorare le labbra di Inupi con un bacio.
*
 
Taiju aveva solo sedici anni e già si ritrovava a dover fare un bilancio della propria vita. O almeno di quell’ultima parte.  Dopo la sconfitta subìta la notte di Natale, si era giustamente ritirato come Comandante della Black Dragon, dato che preferiva morire piuttosto che finire agli ordini della Tokyo Manji Gang vincitrice. E così assieme alla gang aveva perso una grande fonte di guadagno, non avendo più un esercito personale pronto a pestare e intimidire ricconi, per ricevere una sostanziosa paga da altri ricconi. Ora lo faceva da solo, più che altro perché era l’unica valvola di sfogo che gli era rimasta. Giocare in Borsa sotto falso nome era anch’esso produttivo, ma volete mettere prendere a pugni qualcuno fino a lasciarlo agonizzante a terra in bilico tra la vita e la morte? Però, essendo solo, di incarichi non ne riceveva molti e le giornate stavano diventando monotone… O forse il problema era che, a neanche un mese da quella cazzo di notte, non riusciva a sconfiggere la depressione. Prima una, poi due, ormai erano più le mattine che se ne stava a letto fino a tardi che non quelle in cui si alzava per fare qualcosa di utile. Stava lì sdraiato, le mani intrecciate dietro la testa, a contemplare il crocifisso sulla parete o a ripensare agli scritti della Bibbia, in cerca di un qualche stimolo. Non avrebbe ammesso neanche sotto tortura che, in una parte del suo cuore, sentiva la mancanza dei suoi fratelli. Sul comodino teneva sempre il cellulare acceso, un po’ sperando che uno dei due lo chiamasse o gli scrivesse. Nulla. In teoria avevano capito che tutto ciò che aveva fatto negli anni, tutte le volte che li aveva battuti come tamburi, era stato solo per il loro bene. E allora perché continuavano ad odiarlo? Sentì il campanello della porta e lo ignorò. Questo suonò ancora, stavolta con più insistenza, facendogli urtare i nervi.
“Chi cazzo è?” Ringhiò, balzando giù dal letto. Fregandosene di essere in pantaloni di tuta e maglia aderente, attraversò il soggiorno dell’appartamento con passo pesante come quello di un elefante, quindi andò ad aprire la porta, pronto a far rimpiangere di essere nato al coglione che aveva osato disturbarlo. Già mentre impugnava la maniglia in acciaio si fece sentire.
“Cosa cazzo suoni? Pensi di essere al Conservatorio, figlio di put-” La lingua gli si bloccò fra i denti nel rendersi conto che si trattava di Mitsuya. Alla fine fu lui stesso a sentirsi un coglione.
Mitsuya, che per un istante parve come intimorito da quella figura colossale, si sciolse subito e gli sorrise, quindi sollevò la busta della spesa che teneva in mano. “Buongiorno, Taiju! Ho preso qualcosa da cucinare e mangiare insieme! Ti va?”
Partendo dal fatto che la sua sfacciataggine non era giustificata, che cavolo significava quella visita? Sul serio, che ci faceva lì?
Forse interpretando il suo silenzio o la sua espressione sbigottita, Mitsuya gli diede una piccola spiegazione. “Appena sono arrivato al palazzo, una persona stava uscendo dal portone e allora le ho chiesto di lasciarmi entrare! E’ stata gentile!”
No, non era quello che voleva sapere. Ma anche sì, cioè, ma il portinaio che faceva? Non era là a controllare? Quindi in quel palazzo potevano entrare cani e porci?
Di nuovo Mitsuya provò ad indovinare i suoi pensieri e si lasciò scappare una risatina. “E’ così strano che io voglia cucinare per te? Dai, fammi entrare!”
Miracolosamente, Taiju si spostò e gli lasciò il passaggio libero.
“Grazie!” Mitsuya entrò e andò dritto a posare la busta sul ripiano della piccola cucina lì accanto. Ricordava quanto fosse minimal, giusto due fornelli, un lavello e il microonde nell’angolo. Per nulla scoraggiato, sfilò il giubbotto e lo lanciò a Taiju con un rapido “pensa tu a questo”, quindi si rimboccò le maniche e tirò fuori gli ingredienti uno ad uno dalla busta.
Taiju era ancora privo di parole e stranamente obbediente. Gli diede di spalle per riporre il giubbotto in un piccolo armadio accanto alla porta e poi rimase lì, a seguire a distanza i movimenti di Mitsuya con lo sguardo. Doveva essere abituato a cucinare, o almeno non mostrava segni di impaccio in ciò che faceva, tranne che per cercare gli utensili all’interno dei cassetti o negli scomparti della credenza, ovviamente.  Ci mise un’estrema cura a tagliuzzare il cavolo bianco in pezzetti minuscoli, facendo uso del coltello più affilato che riuscì a trovare. Poi fu la volta del cipollotto. Lo zenzero e l’aglio li grattugiò. Di nuovo si mise alla ricerca di qualcosa, con sguardo indagatore, fino a che non trovò una terrina abbastanza capiente da unire le verdure appena tagliate, i condimenti grattugiati e l’aggiunta di un po’ di macinato. Preso un cucchiaio di legno, con gesto energico mescolò tutto.
“E questo è fatto!” Disse, con evidente soddisfazione, riponendo il composto nel frigorifero.
Senza degnare lui di uno sguardo, mise un pentolino di acqua sul fuoco e, nel mentre che l’acqua si scaldava, armeggiò con la salsa di soia e altri condimenti, in un recipiente di piccole dimensioni. Solo allora si voltò a guardarlo, inclinando leggermente la testa e donandogli un ampio sorriso.
“Non ho capito se ti piace osservarmi o se stai pensando a come uccidermi!”
Già, a che cosa stava pensando? A niente di negativo, in verità. Camminò verso di lui e si poggiò con una spalla contro il muro. “Perché sei qui?”
“Te l’ho detto! Per cucinare e mangiare insieme!”
“Mitsuya…”
Vedendolo così serio, anche lui cercò di esserlo. “Voglio conoscerti. Tutto qua. E questo è il mio modo di farlo.”
“Conoscermi? Non sai già tutto di me? Di quello che facevo a mio fratello e mia sorella? Di quello che facevo usando la Black Dragon?”
“Sì ma… Dentro di te c’è molto di più e io voglio scoprire cos’è.”
Taiju insistette. “Non mi consideri un mostro?”
“Vuoi che ti veda in quel modo?”
Per un qualche motivo, Taiju fu scosso da quelle parole. Scostò lo sguardo, come se non fosse in grado di sostenere quello di lui. “No…”
“Allora va bene così!” Notò il vapore che usciva dal pentolino. “Oh, l’acqua sta bollendo!” Spense il fuoco, poi prese il sacchetto della farina e ne versò una certa quantità sul ripiano.
“Cosa prepari?” Chiese Taiju.
“Gyoza! Ti piacciono? Al supermercato stavo per prendere gli ingredienti per fare il curry, ma poi ho pensato di preparare qualcosa di più leggero!” Disse sorridendo.
Si comportava con una spontaneità spiazzante e Taiju ancora non capiva per quale motivo proprio lui si trovasse in quell’appartamento, dopo quello che era successo poche settimane prima. Fu tentato di chiederlo, ma poi si perse ad osservare le sue mani così chiare e così sottili che lavoravano l’acqua e la farina per creare l’impasto. Anche Mitsuya era un teppista, anche lui era capace di prendere a pugni qualcuno e di colpire forte…eppure con quelle stesse mani, adesso stava creando qualcosa di così delicato.
“A casa sono io a cucinare, dato che mia madre è negata! Lavora tanto ogni giorno e questo è il minimo che posso fare… Però è una soddisfazione! Le mie sorelline mangiano tutto quello che preparo fino all’ultimo boccone, senza mai lamentarsi!”
“Sì avevi detto qualcosa sull’essere un fratello maggiore, quella notte in chiesa. Mh-” Serrò le labbra, rievocare quei momenti poteva rovinare l’atmosfera.
Mitsuya lasciò la palla dell’impasto, si premurò di sciacquarsi le mani e poi si mise di fronte a Taiju. “La pasta deve riposare per una mezzora, che ne dici se intanto facciamo quattro chiacchiere sul divano?”
Impossibile dire se fosse una proposta o un ordine! Precedette Taiju sul secondo divano in pelle rossa e batté dei colpetti sul posto accanto per indicargli di sedersi lì. Cavoli, non lo faceva così schietto. La prima volta che Mitsuya aveva messo in quel posto, lui si era comportato di merda, lo aveva deriso, gli aveva tirato un pugno per vedere la sua reazione e gli aveva raccontato un cumulo di balle per toglierselo di torno. Decisamente diverso da quello che stavano vivendo adesso. Era come se stessero giocando a un gioco che lui non aveva ancora afferrato. E che, a quanto pare, richiedeva una certa vicinanza.
“Allora, cosa vuoi sapere?” Saltò fuori Mitsuya.
Taiju lo guardò confuso. “Non hai detto di essere tu a volermi conoscere?”
“Sì! Ma quello lo scoprirò un po’ alla volta! Per cominciare, vuoi dei consigli su come farti rispettare in quanto fratello maggiore, ma senza farti odiare?”
Detto da chiunque altro sarebbe stata una frecciatina punibile con la rottura della mandibola, però detta da lui aveva un suono completamente diverso…
“Se ne sei capace, sono tutto orecchi.”
Mitsuya si prodigò a raccontare della sua quotidianità con le sorelline più piccole, senza smettere di sorridere, anche nei momenti in cui parlava di un guaio o un litigio. Il suo era un amore trasparente, senza macchie, qualcosa che non aveva nulla a che vedere con la sua esperienza e il suo modo di disciplinare i fratelli minori. Era in questo che aveva sbagliato con Yuzuha e Hakkai? Se avesse dato loro carezze invece di schiaffi, l’avrebbero amato?
“Ah è ora di tagliare l’impasto!” Mitsuya si alzò con agilità dal divano, tornò alla postazione nel cucinino e si rimise all’opera. “Dai una mescolata al ripieno, mentre io preparo i dischetti di pasta?” Gli chiese, con un sorriso malizioso che non ammetteva risposte negative!
A Taiju scappò un mezzo sorriso, però si alzò dal divano e lo raggiunse.
“In verità, qualche volta anche io cucino. Non sono un riccastro viziato.” Sentì il bisogno di dirlo, giusto per mettere le cose in chiaro.
“Buono a sapersi!” Ridacchiò Mitsuya, con in mano il mattarello.
Fu una collaborazione piacevole, Taiju metteva piccole porzioni di ripieno sulla pasta e poi Mitsuya chiudeva dando a ciascun pezzetto la classica forma di mezzaluna. Successivo step, mettere una padella sul fuoco con dell’olio per far rosolare gli gyoza.
Non appena presero un bel colore, Mitsuya fece per dire “Ehi Taiju, mi passeresti un coper-”, neanche terminata la parola, lui era già pronto con in mano un coperchio in vetro per procedere con la cottura al vapore.
“Ben fatto, assistente!”
Nel suo piccolo, Taiju si sentì fiero del complimento.
In pochi minuti il pasto fu pronto, misero gli gyoza su un unico piatto grande e andarono ad accomodarsi sullo stesso divano di prima. Il piatto fra loro due, dove si servirono spiluccando con le bacchette.
“Non sono per niente male, sai?” La buttò lì Taiju.
“Significa che posso tornare a cucinare quando voglio?” Domandò Mitsuya, lanciandogli un’occhiata allusiva.
“Stai cercando di prendermi per la gola e conquistarmi?”
Voleva essere uno scherzo, invece Mitsuya si fece serio. Abbassò le bacchette, in contemporanea allo sguardo, dandosi il tempo di formulare una frase. “Se…fosse così…ti darebbe fastidio?”
Quando risollevò lo sguardo, Taiju nei suoi occhi vide due cose ben distinte, la determinazione e il timore. Qualunque cosa avesse in mente, era chiaro che ci tenesse ad andare fino in fondo e allo stesso tempo fosse intimorito da un suo eventuale rifiuto.  Che poi di cosa stavano parlando? Del suo scherzo? O di cosa? Non gli era chiaro, tranne il fatto che avere Mitsuya accanto gli stava piacendo. Per questo rispose con tono fermo “Affatto…” e si deliziò del fiore che sbocciò negli occhi di lui con quella semplice parola.
*
 
Sapere che i pezzi grossi della generazione S-62 e i fratelli Haitani si erano riuniti sotto un’unica bandiera, era già una notizia bomba. Sentire dalla bocca di Kisaki l’invito a seguirlo per parlare col Comandante in persona e accordarsi per essere ammessi nella Tenjiku, era spaziale. Ma più di tutto, ritrovarsi sulla cima di un tetto a Yokohama al cospetto di tutte quelle personalità in un’unica volta, era un’emozione difficile da contenere. Fino ad allora lui si era sempre divertito a seguire Kisaki, ad essere il suo braccio per attuare quei piani tanto spietati quanto brillanti ed ora, su quel tetto, stava iniziando il nuovo capitolo delle loro avventure. Non poteva chiedere di meglio. Magari non lo dava a vedere, in fondo non era un poppante che impazzisce di fronte ai propri eroi, però certo è che collaborare con quelle persone sarebbe stato eccezionale. Grossomodo aveva ascoltato il dialogo tra Kisaki e Izana, l’alleanza era fatta, ora non restava che accordarsi per gli ultimi dettagli.
Col vento che gli agitava l’ampio tokkofuku rosso e i capelli platinati, Izana fece un passo verso Kisaki. “Domani tu e il tuo scagnozzo presentatevi al nostro quartier generale per ricevere le divise. Dopo avverrà la cerimonia della nomina e sarete ufficialmente parte della Tenjiku.”
Kisaki accennò quel suo sorriso diabolico e soddisfatto. “Ottimo.”
“Vi serve altro?”
A quel punto Hanma intervenne. “Sì, un sedile con schienale da mettere sulla mia moto.”
“Consideralo fatto.” Confermò Izana, per poi tornare sul bordo del tetto, come desideroso di sfidare la sorte e la forza di gravità. Considerata l’altezza e la totale mancanza di un parapetto, il tizio aveva un bel coraggio! Stava giusto pensando questo Hanma, quando una frase lo attirò altrove.
“Tu sei l’attuale fidanzato di Ryuguji Kan?”
Incredibile ma vero, a parlare era stato Ran, il maggiore dei fratelli Haitani.  Lui e suo fratello erano gli unici a non indossare il tokkofuku rosso, bensì uno completamente nero e personalizzato. I sovrani di Roppongi sapevano come distinguersi. In particolare ‘Sua Maestà’ Ran, con le sue famose trecce lunghe bicolore, non era uno che passava inosservato.
Hanma rispose di getto. “Sì, sono io!”
“Interessante!” Ran assunse un’aria maliziosa e camminò verso di lui con la grazia di un modello sulla passerella. “Non mi dispiacerebbe avere anche lei nella gang! Un tempo ho sentito delle storie intriganti sul suo stile di combattimento!”
Ok…la faccenda stava prendendo una strana piega…
“Sì, ecco… Non credo accetterebbe. Ha abbandonato i panni da teppista e gli allenamenti di karate quando ha lasciato Mikey.”
Ran emise una mezza risatina altezzosa. “L’errore più grande che potesse fare quel piccoletto! Lasciarsi sfuggire il potenziale di quella ragazza!” Gli mise una mano sulla spalla, neanche fossero stati compagni di merende. “Sai, al Bloody Halloween speravo tanto di vederla in azione! Invece mi ha lasciato a bocca asciutta!” Scosse il capo, continuando a ridacchiare in quel modo fastidioso. “Un peccato! Ma anche se non combatte più, avere una bella ragazza accanto non mi dispiacerebbe!”
Un po’ troppo arrogante per i gusti di Hanma. Poteva capire che uno così fosse popolare, ma parlare in quel modo della sua fidanzata gli faceva prudere le mani. Meglio mettere un paletto.
Cercò di assumere un’espressione sicura, pur parlando cordialmente. “Ho già detto che non accetterebbe. E io non voglio che venga coinvolta in questa gang o in qualunque battaglia che avverrà.”
“Oooh, lo spilungone è possessivo!” Lo derise Ran, per poi avvicinarsi al suo viso al limite della decenza. “Ti senti così sicuro di te stesso solo perché te la scopi?”
Se voleva essere una provocazione, aveva fatto c’entro. Hanma sostenne il suo sguardo, senza timore. “Preferisco tenere separata la mia vita privata da quella da teppista.”
I presenti guardavano la scena senza dire nulla, probabilmente divertiti  da una conversazione così fuori tema col motivo dell’incontro. Rindo forse era l’unico a preoccuparsi, conoscendo il carattere del fratello, ma a parte dire un “fratellone” a mezza voce, non fece nulla. Alla fine toccò ad Izana intervenire.
“Ran, non farlo arrabbiare. Sono sicuro che uno come te può avere tutte le ragazze che vuole.” Lasciò la postazione dove si trovava e si fece avanti verso i due litiganti. “Ricordati che abbiamo un obiettivo in comune, distruggere la Toman di Mikey. Lascia le cazzate a dopo.”
Ran sfoggiò un sorriso affettato. “Va bene, come vuoi tu! Stavo solo facendo conversazione!” Lasciò scivolare la mano dalla spalla di Hanma, ma di fatto rimase appiccicato alla sua faccia. “Non fraintendere, non voglio soffiartela! Scommetto che siete una bella coppia a vedervi insieme! Entrambi alti, così magri e così slanciati!”
Ci mancava solo che gli chiedesse di fare una cosa a tre! Ad ogni modo, sentire certi discorsi gli aveva dato un enorme fastidio e, a distanza di diverse ore, non era ancora riuscito a toglierseli dalla mente. Peggio, stava ripercorrendo tutto, parola per parola, durante un rapporto con Kan. Fanculo, non si era montato la testa solo perché stava con lei. Le accuse che aveva ricevuto erano offensive e infondate. Non gli importava che lei fosse l’ex dell’Invincibile Mikey e la sorella gemella di Draken, né che fosse portata per il combattimento, né che fosse quasi sicuramente la ragazza più bella del Giappone e scambiata spesso per una modella straniera. Si era innamorato di lei conoscendola poco per volta e il sentimento che provava era sincero. Vabbè, all’inizio era stato attratto dal suo aspetto e aveva fantasticato di farsela, d’accordo, non poteva negarlo, ma successivamente le cose erano diventate più profonde. Strinse i denti. Già, profonde tanto quanto il proprio pene dentro di lei in quel momento. Da quando aveva scoperto che senza preservativo provava un piacere più intenso, aveva quasi smesso di usarlo. Era come se pelle contro pelle diventasse un tutt’uno con lei, con quel corpo così sensuale, così caldo, dalle curve plasmate come argilla… Si chinò, impresse la bocca su uno dei caldi seni pieni e morbidi e lo risucchiò risalendo fino al capezzolo turgido. Era pazzo di ogni centimetro di lei, dei suoi sguardi languidi, delle sue labbra socchiuse e bagnate, dei suoi gemiti acuti e senza contegno. Questione di poco e…si lasciò andare, esplodendo dentro di lei. Esausto, si accasciò, facendo attenzione a non darle troppo peso addosso.
Kan sfiorò appena i suoi capelli leggermente afflosciati, umidi di sudore misto a gel sciolto.
“Ti senti meglio, amore?”
“Mh?”
“Al tuo ritorno eri arrabbiato…”
Lo era fino a cinque secondi fa, per la precisione! Ma adesso era troppo stanco per affrontare l’argomento. Anzi, non voleva affrontarlo per niente. Meno lei ne sapeva e meglio era. Aveva deciso così. Sollevandosi sulle braccia quanto bastava, si spostò per adagiarsi al suo fianco, quindi l’avvolse in un abbraccio. Gli occhi gli si stavano chiudendo da soli, da quanto aveva voglia di dormire.
“Ah… Domani non so a che ora potremo vederci.”
“Tranquillo, mi avviserai…” Fece una pausa, come incerta se parlare o meno. “Shu…è successo qualcosa all’incontro con quella gang?”
Hanma sbuffò e rispose con una lamentela. “E lasciami dormire, che cavolo!”
Non era la risposta che lei si aspettava…ma pazienza… Attese giusto quei pochi minuti che lui si addormentasse, quando sentì il suo respiro più pesante scivolò piano fuori dal suo abbraccio. Scese dal letto e raggiunse la doccia alla chetichella, per non svegliarlo. Se a lui sembrava non importare il dettaglio di venirle dentro senza preservativo, lei di certo era più consapevole del rischio che correva e ogni volta cercava di correre ai ripari. Per quanto risciacquare con l’acqua potesse servire...
*
 
Un giubbotto sportivo liscio di colore blu quarzo, un paio di jeans blu notte con effetto consumato, un paio di sneakers decorate col pennarello e quell’aria da cattivo ragazzo mentre aspettava appoggiato alla sella della moto, a braccia incrociate. Avrebbe fatto fatica a riconoscerlo, se non fosse stato per l’inconfondibile capigliatura afro azzurra!
“Souya!!!”
Sentendo chiamare il proprio nome, Angry si voltò in quella direzione e, vedendo la sua amica corrergli incontro sorridente, si preparò ad accoglierla. Era così emozionato che perfino i suoi occhi sembravano più grandi e più azzurri. Pochi secondi e Kan era nel suo abbraccio, come un’onda di energia positiva e il cuore che batteva come le ali di un colibrì. E la sua mano a giocherellare con la folta chioma, in quel modo che lui non avrebbe mai concesso a nessun altro al mondo!
Dopo un tempo non ben definito, Kan gli avvolse il viso con le mani, sorridendo. “Non dovrei farlo perché sei più grande di me, ma ti prego lasciamelo fare!!!”
“Vai!” L’autorizzò. Ed ecco che la mani di lei presero a giocherellare con le sue guance, neanche fossero state quelle di un pupazzo morbidoso. La cosa più bella era che a nessuno dei due importava di essere in una strada affollata sotto agli occhi di tutti. Per loro era tutto normale, come ai vecchi tempi. Una semplice dimostrazione di affetto tra amici.
“Grazie per l’invito, Kan… Era da tanto che volevo vederti! Mi sei mancata!”
“Anche tu! So che è stata colpa mia, ma non voglio più che stiamo separati per così tanto tempo!”
Angry la prese per mano con affetto e la rassicurò. “Allora ti prometto che non accadrà più! Se dovessi allontanarti di nuovo, sarò io a venire da te!”
Kan era commossa da tanta devozione e felice di sapere che il suo amico del cuore teneva così tanto a lei. Quel ragazzo aveva il cuore di cioccolato sotto una superficie croccante. Un ottimo paragone per il programma che avevano organizzato.
“La pasticceria è qui vicino! Vieni, ti faccio strada! Ho controllato la mappa!”
Camminarono mano nella mano, in un gesto innocente, e in pochi minuti raggiunsero quella che era dichiarata una delle migliori pasticcerie di Harajuku. Appena messo piede all’interno, vennero accolti da una cameriera con una divisa e un’acconciatura impeccabili.
Kan estrasse un foglio dalla borsetta e glielo porse. “Ho trovato questo coupon nella cassetta della posta! E’ ancora valido?”
La giovane lo prese, senza mancare di fare un piccolo inchino. “Sì, prego, vi accompagno al tavolo!”
Li guidò all’interno dell’ampio salone, un ambiente alquanto lussuoso che però godeva della presenza della clientela più varia, tra cui molte coppie di adolescenti. Aveva letto su internet che i prezzi erano abbastanza alti, ma questo evidentemente non fermava le persone dal gustarsi degli ottimi dolci in un giorno infrasettimanale. Una volta accomodati ad un tavolo centrale, ordinarono due soufflé au chocolat e due frappè alla fragola.
“Cosa mi racconti, Souya?”
“Ah…Vado in moto, faccio a botte, mi occupo di Nahoya… Vado in moto assieme a Nahoya, faccio  a botte assieme a Nahoya, curo le ferite di Nahoya dopo che abbiamo fatto a botte! Il solito!” Concluse con un’alzata di spalle, quindi le fece un cenno col capo. “Tu sicuramente hai più cose da raccontare! Mi dicevi per messaggio che sei andata alle terme in alta montagna! Com’è stato?”
La domanda mandò Kan in fibrillazione, come se non aspettasse altro! E infatti… Mise mano alla borsetta e ne tirò fuori una busta che posò sopra il tavolo. “Speravo che me lo chiedessi! Ho portato delle foto! Molte le ho già messe nell’album dei ricordi, ma siccome ne avevo scattate tante di simili ho pensato di portarle via per mostrartele!”
Quel viaggio fu l’argomento principale dell’appuntamento, assieme ai deliziosi dolci che gustarono in contemporanea alla visione delle foto. Angry ascoltò ogni cosa con interesse, non essendo mai stato in viaggio in una onsen, in più grazie alle foto accurate e piene di particolari, ricreò l’ambiente nella propria mente come se ci fosse stato di persona.  Non gli fu difficile venire accolto all’ingresso da una donnina di mezza età con un sorriso gentile, lavarsi coi prodotti offerti dall’albergo, immergersi nelle acque calde e rigeneranti di una grande vasca all’aperto e ammirare il paesaggio innevato tutto attorno, indossare un comodo yukata a righe sottili, gustare del cibo fresco coi pesci e le verdure tipiche del luogo…e dormire in un caldo futon circondato dal silenzio e dalla tranquillità. Unico dettaglio, nelle foto non c’era lui, bensì Hanma. Non era riuscito ad accettare del tutto la presenza del nuovo fidanzato della sua amica del cuore. Forse per il fatto che a causa sua lei si era allontanata da tutti ed aveva fatto scelte discutibili… Se ripensava alla sera in cui la Sesta squadra era uscita dalla Toman, gli sembrava di udire ancora la voce di Kan gridare “la mia anima è Valhalla” e un piccolo brivido gli attraversata la spina dorsale. Allora era già un po’ che non si vedevano e aveva temuto di averla perduta per sempre. Non era stato così, grazie agli dei, ma in cuor suo ne aveva sofferto.
Accorgendosi della sua espressione triste, Kan lo richiamò preoccupata. “Souya, ti sto annoiando? Scusami, non dovrei parlare solo io.”
Lui scosse il capo. “No, è tutto molto bello. Stavo pensando a quanto mi sei mancata. E a quanto vorrei fare un viaggio insieme a te!”
Subito il volto di lei si rasserenò. “Chissà, potrebbe succedere! Chi ce lo vieta?”
“Per esempio…Hanma…” Si mordicchiò le labbra, provando leggero imbarazzo per ciò che stava per chiedere. “Scusa se te lo chiedo… Ne è valsa la pena?”
Kan stabuzzò gli occhi. “Di cosa parli?”
“Intendo… Lasciarti tutto alle spalle per stare con lui…”
“Oh… Be’…credo di sì…”
“Sei davvero felice con lui? A me puoi dirlo.”
“Sì! Cioè…sì… Ecco…siamo felici, solo che di recente lui è molto preso da altre cose.” Agitò la mano davanti al viso. “Niente di che! E’ solo un periodo complicato, ma noi ci amiamo!”
“Però…se dovessi avere bisogno di parlare con qualcuno, ricordati di me. Va bene?”
Kan sorrise dolcemente. “Quanto sei carino! Ti fai adorare sempre di più!”
Continuarono a chiacchierare ancora un po’. Una volta rimesse via le foto, sul tavolo rimasero i bicchieri vuoti e le ciotole coi cucchiaini. Non restò che farsi portare il conto dei frappé, dato che i dolci erano gratuiti grazie all’uso del coupon. Angry provò a mettere mano al portafogli, ma lei glielo impedì con uno sguardo semi severo. “Ah! Io ti ho invitato e io offro!”
Angry, nonostante la faccia naturalmente incazzosa, riuscì a sorridere. “Va bene! In cambio posso portarti a fare un giro in moto? E’ da tanto che non sali sulla mia Suzuki!”
“Affare fatto!”
Sbrigarono le ultime cose, dopo di che si avviarono verso l’uscita sorridenti e chiacchierini, senza accorgersi minimamente dello sguardo astioso di qualcuno dalla parte opposta della sala.
“Mi scusi, signore, quando potremo consegnare il calice di champagne che ha ordinato?”
Una delle tante cameriere dal portamento perfetto, che aveva posto una domanda con parole cortesi e tono educato.  Dettagli che non migliorarono l’umore della persona cui era rivolta.
Un amaro sorriso sulle labbra, rispose con tono cupo. “Mai, visto che la mia ospite se n’è andata. Dannazione… Non mi aspettavo che venisse in compagnia. Dovevo far specificare che il coupon era per una sola persona.”
La cameriera si ritrovò in evidente disagio. “Posso fare qualcosa per aiutarla?”
“Portami il conto e non rompere. Dovrò rifare tutto da capo.”
Nonostante la scortesia, la cameriera fece un inchino e si allontanò per eseguire, lasciando quel problematico cliente coi propri pensieri e la propria rabbia, a lisciarsi nella mano una treccia dalle curiose chiazze bionde su castano scuro.
*
 
Una giornata di sole in inverno faceva la differenza, anche se di fatto le temperature erano ancora basse, come era normale che fossero, fermarsi e lasciarsi avvolgere dai raggi del sole dava una sensazione di tepore come un caldo abbraccio. Stare seduti sul parapetto di una strada di porto affacciata sul mare tranquillo e coi gabbiani che svolazzavano indisturbati, era una fonte di relax. Si trovava giusto lì Mikey, quando sentì il ticchettio dei tacchi avvicinarsi. Volse il capo e vide Kan, la sua amata, sempre bellissima in un cappottino color crema lungo e aderente, un baschetto abbinato e gli stivaletti in pelliccia marrone. Un accenno di aria stava giocando coi suoi capelli sciolti, ancora più biondi e luminosi sotto il sole. Era impossibile smettere di amarla, per lui.
“Ehi…” Lo salutò, fermandosi lì accanto, le mani in tasca a rivelare una certa soggezione.
Mikey accennò un sorriso. “Grazie per aver accettato, sono felice di vederti!”
Kan abbassò lo sguardo. “Sì be’…non so perché l’ho fatto… E ho anche mentito a Shu, lui pensa che sia andata per negozi a Ginza...” Scosse leggermente il capo e rialzò lo sguardo su di lui. “Di cosa devi parlarmi?”
“Non mi sembrava il caso di chiedertelo a scuola… Siccome è passato un po’, volevo sapere la tua risposta al messaggio…”
Kan aggrottò le sopracciglia. “Quale messaggio?”
“Quello che ti ho inviato a Capodanno.”
“Capodanno?”
Sul viso di Mikey si accese il dubbio. “Non lo hai ricevuto?”
“Vediamo…” Recuperò il cellulare dalla borsetta ed entrò nella cartella dei messaggi, andando a ritroso. “Souya, Yuzuha, Mitsuya, Ken… Non ho ricevuto nulla da te in quest’ultimo mese…” Terminò, scambiando uno sguardo di conferma con lui. “Cosa avevi scritto?”
Mikey tornò a guardare l’orizzonte, come se la spiegazione fosse scritta sullo specchio d’acqua. “Ken-chin mi aveva raccontato del tuo sogno…e di quello che hai detto piangendo…”
Kan spalancò la bocca, indignata. “Io lo pesto mio fratello! Allora avevo parlato davvero nel sonno! Credevo di essermelo solo immaginato e invece…”
“Non prendertela con lui, lo ha fatto per tirarmi su di morale. Comunque…” Prese il telefono dalla tasca del giubbotto bianco, ricercò la schermata e allungò il braccio per mostrarlo a lei.
Lette le parole, la domanda le uscì spontanea. “Ti sei fatto dei castelli in aria? Anche se lo avessi ricevuto, cosa speravi che ti avrei risposto?”
Sentendo il tono polemico, Mikey tentò subito di calmare le acque. “Per favore, non arrabbiarti.” All’altro fianco stava tenendo appoggiato un sacchetto, lo prese con la mano libera e lo avvicinò al viso di lei. Kan riconobbe subito lo stemma, era il negozio di dolcetti preferito di Mikey.
“Ho preso due taiyaki prima di venire qui. Uno è per te!”
Quel tipo di gentilezza era una cosa che ancora amava di lui. Lo ringraziò con un sorriso e prese il primo taiyaki dentro la busta.
“Ti siedi accanto a me? E’ bello guardare il mare!”
Massì. Salì sul parapetto e scavalcò con le gambe per essere girata dalla parte giusta. Diede il primo morso al pesciolino di pasta morbida e ancora calda, partendo dalla parte della bocca, un po’ come se gli avesse dato un bacino. Il solo guardarla mangiare era uno spettacolo che lo assorbiva, per questo non si mise a mangiare anche lui e lasciò l’altro taiyaki nella busta.
“Avrai problemi con Hanma, se scopre che sei stata con me?”
“Non mi interessa, onestamente.”
“Qualcosa non va tra di voi?” Meritava una medaglia per il tono preoccupato con cui lo chiese, considerando che stava parlando del suo rivale in amore non che il bastardo che gli aveva soffiato la ragazza. Bravo Mikey!
Kan prese un altro pezzetto di dolce, lo masticò bene prima di rispondere, tenendo lo sguardo perso nel paesaggio. “Non lo so… Qualcosa non sta funzionando ultimamente… Lui e Kisaki si vedono quasi ogni giorno per architettare chissà quale diavoleria e me ne tengono fuori. Cioè, non dico che voglio essere coinvolta, però mi rompe che Shu mi tenga nascoste le cose.” Diede un altro morso al pesciolino, stavolta lo masticò più in fretta e deglutì rumorosamente. “Di recente si sono uniti a un’altra gang, ma non riesco a tirargli fuori mezza parola a riguardo. Non mi dice mai niente. Non so che sta facendo. Spesso lo vedo che indossa il tokkofuku rosso e se ne va sulla moto senza dirmi con certezza quando tornerà. Quella moto gli è stata regalata dal suo senpai, come sperava, e ha aggiunto una sella con schienale per me, per farmi stare più comoda. Aprezzo, dico davvero, ma su quella sella ci sta più tempo Kisaki di me!” Con un ultimo morso, in mano le rimase solo la coda. Era tipico di lei, quando era nervosa mangiava con foga. Soprattutto dolciumi. Ingoiata anche la coda, lasciò un lungo sospiro. “Scusami, ti sto annoiando con le mie lamentele.”
“Non è vero. Mi fa piacere ascoltarti.”
“Ah giusto! Starai malignando perché lasci Shu al più presto!” Ripose con sarcasmo.
“Nemmeno. Voglio solo starti vicino e farti capire che io ci sono sempre.” Lo disse con una sincerità disarmante. Per fortuna cambiò subito discorso. “Ho saputo che hai ripreso a frequentare i vecchi amici…sono contento.”
“Vero! Da poco ho rivisto anche Souya e già gli sto chiedendo un’altra uscita per coccolarlo fino allo sfinimento! Mi è mancato così tanto il mio tenerone!” Sorrise, abbracciandosi il busto in simulazione di quello che voleva fargli. “Ogni tanto mi piacerebbe uscire in gruppo, ma Shu non va d’accordo con nessuno a parte Kisaki… Sai, dopo che la Sesta squadra ha lasciato la Toman, molti ragazzi si sono ritirati. Anche alcuni con cui avevo fatto amicizia…non li ho più visti… Alla fine la mia Valhalla si sta sgretolando e, poco alla volta, continuerà a vivere solo nel mio cuore…”
Mikey sbirciò la sua espressione con la coda dell’occhio, era bastato un nulla per farla tornare triste. Però, visto che si parlava di ricordi… “Le uscite di gruppo le ho sempre trovate divertenti! Spesso mi tornano alla mente le prime che abbiamo fatto insieme! Quando io ci provavo spudoratamente con te e Ken-chin faceva di tutto per tenermi al mio posto! Mentre Baji faceva lo scazzato perché trovava la scena ridicola!”
Risero entrambi di quei ricordi, così buffi a distanza di alcuni anni.
“E quella volta che tu mi hai dato il lecca-lecca che avevi in bocca? Io stavo morendo perché era chiaro che fosse un bacio indiretto e lui che guardava e faceva scintille da quanto era incazzato! Anche se poi ha confessato di essere solo geloso, io resto convinta che odiasse di più le tue tecniche di rimorchio di basso livello!”
“Sì, ha sempre avuto grandi aspettative su di me! Però che cavolo, ero un moccioso al primo amore, cosa dovevo fare? Portarti un anello e un mazzo di rose? Lui non ha fatto niente del genere quando si è messo con Chifuyu!”
“Decisamente no! Confermo! Kei e il romanticismo non erano equivalenti!”
Parlare e ridere come un tempo era così piacevole… Se solo fosse stato possibile tornare a quei giorni tutti insieme…
“Mikey… Io non sono mai andata alla tomba di Kei… Non ho davvero il coraggio di presentarmi a lui dopo tutto quello che è successo…”
Lo capiva bene. “Anche per me è stato difficile… L’ho fatto aspettare delle settimane prima di farmi vedere… Il giorno in cui ho deciso di perdonare Kazutora per il passato, sono andato alla tomba e l’ho detto a Baji… Mi crederai pazzo, ma ho percepito la sua felicità. Era come se fosse nell’aria attorno a me!”
“Io sto aspettando la spinta giusta per scrivere a Kazutora… Penserà che l’ho abbandonato in prigione, dopo tre mesi che non mi faccio sentire… Lo farò... Ma fino ad allora…” Un po’ le venne da ridere. “Meglio che stia lontana dalla tomba di Kei! Se quello che hai detto è vero, rischio che per farmi capire quanto gli sto sulle palle mi faccia cagare in testa da un piccione!”
“Quando era vivo faceva di peggio!” Le diede corda lui e insieme scoppiarono in una fragorosa risata. Fino a quando non le prese la mano e gliela strinse con affetto. Le risate si placarono e i loro sguardi s’incontrarono. “Verrò con te, il giorno in cui sarai pronta ad andare da Baji, così avrai anche la mia forza per salutarlo e parlargli. E poi scommetto che sarebbe felice di vederci insieme!”
“Mi sembra una buona idea! Potrei accettare!”
Un po’ di complicità, un po’ di giochi, i ricordi rievocati…e all’improvviso i loro visi si ritrovarono vicini, molto vicini…gli occhi si socchiusero e le labbra si unirono. Non fu solo un breve tocco, il bacio si fece più intenso, più caldo, le loro lingue si ricercarono e i respiri si confusero in un’unica nuvola di vapore. La bocca di Mikey aveva lo stesso sapore zuccherino che lei ricordava, mentre Kan sapeva di anko, la marmellata di fagioli azuki che faceva da ripieno al dolcetto, e quel sapore mescolato  alla sua saliva assumeva un gusto ancora più squisito per lui. Bastò il rumore di un’auto di passaggio a spezzare l’incantesimo. Kan si scostò di colpo.
“Scusa… Questo non sarebbe dovuto accadere…” Scavalcò il parapetto e si allontanò velocemente, tenendosi una mano sulla bocca e lasciandolo lì da solo col viso arrossato e il fiato corto. Attese di svoltare il primo angolo in fondo alla strada, prima di prendere in mano il telefono e fare una chiamata con urgenza.
“Pronto? Yuzuha sono io… Possiamo vederci subito, per favore? Ho combinato un guaio.” Fece una pausa, il suo viso divenne ancora più rosso. “Ho appena baciato Mikey.”
Mikey non disse nulla, né si mosse, si limitò ad osservarla con lo sguardo mentre si allontanava. Anche se lei continuava a fuggire, quel bacio era la prova che tra loro non era ancora finita. Il problema era…quanto tempo avrebbe dovuto aspettare prima che lei se ne rendesse conto? Ecco, adesso gli era venuta una botta di depressione. Che scemo. Per fortuna aveva conservato un taiyaki per tirarsi su. Lo tirò fuori dal sacchetto, ma invece di mangiarlo si mise a giocare e a recitare una storiella. In barba alla regola infantile che non si gioca col cibo! Ci stava anche prendendo gusto a raccontare, muovendo il taiyaki sullo sfondo marittimo, come un teatrino.
“Come va a finire?”
Si accorse che seduto a poca distanza da lui c’era un ragazzo, il quale aveva chiaramente ascoltato la sua storia. Figura di merda! Anche se, a conti fatti, chissene. Ripose con noncuranza: “Non lo so, non me lo ricordo.” Gli venne spontaneo seguire i movimenti del ragazzo, mentre questo saltava giù dal parapetto e si metteva le mani in tasca. E osservava la sua Babu appostata lì sul ciglio della strada.
“Bella moto…”
“Grazie.”
Chi era? Uno che stava provando ad attaccare bottone? E soprattutto, da quanto era lì? Mentre c’era Kan di sicuro no, però poteva averli visti baciarsi essendo arrivato a piedi. Piuttosto invadente il tizio. E anche strano a guardarsi… Aveva i capelli decolorati e tagliati in un corto caschetto e portava degli orecchini lunghi rossi a bastoncino.
Il tizio si volse verso di lui, i suoi occhi lilla avevano un che di spettrale, come il suo sorriso. “Mi chiamo Kurokawa Izana.”
Mikey ebbe un piccolo sobbalzo. Perché si era presentato? Doveva preoccuparsi? Fortunatamente il tizio se ne andò. Era stato un incontro inquietante.


Continua nel Capitolo 30: [Deep Inside]!
L'amore è complicato...

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Chapter 30: [Deep Inside] ***


Chapter 30
 [Deep Inside]
 
Un dolore lancinante alla testa lo fece gemere, la vista gli si annebbiò per qualche istante… Che schifo di situazione. Quel giorno gli avevano dato solo un incarico, prendere mezza squadra e fare un giro di ronda per Kabukicho. Nient’altro. Chi se lo aspettava che la Tenjiku li avrebbe attaccati. E soprattutto, chi si aspettava di vedere coinvolti perfino i fratelli Haitani! Li aveva sempre ammirati, portandosi nel cuore il ricordo della prima volta in cui li aveva visti e il desiderio di diventare come loro. Tsk! Ironia della sorte, lo stesso Ran lo aveva appena steso colpendolo alla nuca con un mattone. Un mattone! Chi se ne andava in giro con un mattone? Porca troia, era tutto indolenzito. Fosse stato solo quello, il problema era che prima della comparsa dei due fratelli lui aveva combattuto con quel cazzuto di Mocchi e, mettendo insieme il tutto, non aveva neanche lontanamente le forze per rialzarsi. Per fortuna Hakkai non si trovava lì e questo lo rincuorava, per quanto poco… Però…un momento… Hakkai… No, non lui, c’era una cosa che stava dimenticando… Un’altra fitta gli mozzò il fiato per un momento, ai suoi occhi l’asfalto si confondeva col cielo, da quanto stava male. Il cielo….l’azzurro…
“Taiju…” Ora ricordava, dopo il giro di ronda doveva incontrarsi con lui in appartamento e cucinare insieme. Avevano scelto una ricetta da un grosso libro di cucina, trovato miracolosamente fra vari testi nella sua libreria, e Taiju si era offerto di andare a prendere gli ingredienti. Ormai lo faceva sempre, dopo la prima volta… Lui lo aveva capito, non era solo per assumersi l’incarico finanziario e non gravare su di lui, la verità era che si stava rendendo utile per farsi bello ai suoi occhi. Forse. C’era la possibilità che avesse frainteso, però gli piaceva pensarla in quel modo. Stare con Taiju in quella piccola zona cottura per ore, parlare a ruota libera e cercare gli estrargli qualche parola era diventato il suo passatempo preferito. Di sicuro in quel momento lo stava aspettando e invece lui era gettato sulla strada come una scarpa vecchia. No. Non poteva deluderlo così. Visto che gli occhi non funzionavano a dovere, decise di chiuderli e si concentrò per orientarsi con la mano, fino a raggiungere la tasca del giubbotto dove teneva il telefono. Lentamente, facendo strisciare il braccio al suolo, si portò il telefono all’altezza della faccia e aprì la conchiglia. Non fu necessario aprire gli occhi, sapeva che spingendo il tasto verde sarebbe partita la chiamata a Taiju, l’ultimo numero che aveva chiamato quel giorno, prima dell’attacco a sorpresa. Sentì il bip prolungato e attese.
Pronto? Mitsuya? E’ tutto pronto, ho già pesato gli ingredienti e disposti sul ripiano. Stai arrivando?
Quella voce così severa e baritona, riuscì a farlo sorridere nonostante il dolore.
“Taiju… Mi dispiace… Dobbiamo rimandare…”
……hai una voce strana. Stai male?
“Io… Scusa…”
Le sirene di più ambulanze attirarono l’attenzione delle persone attorno, le quali cominciarono a parlottare. Dovevano essere un bel po’, dato il brusio. E se questi dettagli arrivarono alle orecchie di Mitsuya, era ovvio che raggiungessero anche Taiju dall’altro capo del telefono.
Cos’è quel baccano? Dove ti trovi? Sento le sirene sempre più forti. Mitsuya?”
“Ci…ci hanno…attaccati…”
Dimmi dove sei. Cazzo, rispondi!” Ora il suo tono si era alzato, era più potente. Era arrabbiato?
“Sono…” Le sirene erano così vicine da ferirgli le orecchie, dovette stringere i denti per sopportare.
MITSUYA DOVE CAZZO SEI???
Non appena le sirene si spensero, ci fu un trambusto di portiere, di passi affrettati e di voci, ma in qualche modo Mitsuya riuscì a mettere insieme le forze per dire “Kabukicho”.
“Il telefono lo prendo io, ora pensiamo a te, ragazzo.”
Mitsuya riaprì gli occhi e, per quanto sfocato, vide la figura di un uomo chino su di lui.
“Ha una ferita alla nuca. Sta perdendo molto sangue.” Disse un’altra voce alle sue spalle. L’uomo davanti sollevò lo sguardo. “Dobbiamo portarlo via subito.”
Non sapeva quanto fosse grave o come sarebbe andata a finire, eppure, egoisticamente, l’unica cosa che desiderava in quel momento era poter vedere Taiju.
Se era la fine, voleva rivederlo un’ultima volta per imprimersi nella mente la sua immagine. Non quella dell’ex tiranno che gli aveva mentito e con cui aveva combattuto in chiesa, il vero Taiju che amava era quello attuale, quello che si pettinava i capelli all’indietro per dar loro un aspetto ordinato, quello che indossava abiti firmati per uscire di casa, mentre in appartamento non si faceva problemi ad indossare pantaloni della tuta e magliette aderenti che si strizzavano contro i suoi muscoli forgiati da grandi allenamenti, quello che parlava poco e ascoltava tanto, quello che lo fissava intensamente senza farsi notare e che distoglieva lo guardo quando lui se ne accorgeva, quello che talvolta sorrideva alle sue battute e poi tornava serio come per timore di lasciarsi andare. Quello…a cui non aveva avuto il coraggio di dire ‘ti amo’, con la banale scusa che si conoscevano da poco tempo. Fu questo il pensiero che gli vagava nella mente, nel momento in cui riaprì gli occhi. Sbatté lentamente le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco, fino a quando il soffitto perfettamente imbiancato della stanza non divenne nitido. Le sue labbra si dischiusero e la voce sussurrò “Taiju…”
“Sono qui.”
Il cuore gli balzò in petto per la sorpresa, facendolo sentire immediatamente vivo! Volse il capo e lo vide proprio lì accanto al letto, seduto su una sedia che soffriva sotto la sua imponente stazza. Era esattamente come lo stava immaginando in tenuta da casa, coi pantaloni della tuta e una maglia rosso bordeaux a maniche corte che sembrava voler scoppiare. Il suo viso era fermo e inespressivo come una statua, a tradirlo, le braccia incrociate al petto, tenute troppo strette per essere un gesto naturale. Era a disagio per…? Ah, Mitsuya si accorse di avere una mano calda, posata sì sul letto, ma con un solco sotto il palmo abbastanza grande da ospitare un’altra mano. Che fosse… Taiju gli stava tenendo la mano mentre lui era privo di sensi?
“Come ti senti?” Chiese Taiju, con quella sua voce profonda come una caverna.
“Direi bene, visti i viaggi mentali che mi sto facendo!” Rispose lui di getto, quasi ridacchiando. Tenne la mano calda dov’era e usò l’altra per tastarsi la testa con attenzione. “Deve essere l’effetto della morfina! Spero che dopo non diventerò un vegetale come l’altra volta!”
“L’altra volta?”
Cazzo. Adesso avrebbe voluto mordersi la lingua per tacere, ma era inutile con la morfina che gli girava in corpo. Quindi dovette rimediare in altro modo. “Ehm…sai com’è, sono un teppista! Faccio a botte spesso!” Era palesemente una cazzata, ma vabbé.
Peccato che Taiju non abboccò. Abbassò lo sguardo quel poco che bastava per nascondere le proprie emozioni, come gli capitava di fare spesso di recente. “Quella notte…in chiesa… Ti ho colpito senza pietà.”
“Sì, ma…non eri in te, in quel momento.” Cercò di minimizzare Mitsuya.
“Sei stato in ospedale anche allora?”
Mitsuya non disse nulla, quindi lui insistette, guardandolo con occhi duri. “Rispondi.”
“…sì. Poi sono voluto tornare a casa, ma ho fatto una cazzata perché ero a pezzi.” Fece un gesto di diniego con la mano. “Ormai è acqua passata! Non te ne faccio una colpa!”
L’aveva buttata un po’ sullo scherzo per allentare la tensione, però non ci stava riuscendo. Lo vedeva nei suoi occhi, vedeva un’ombra sulle sue iridi ogni volta che toccavano un argomento scomodo. E ogni volta lui avrebbe voluto trovare le parole giuste per farla sparire.
“Mitsuya Takashi, giusto?”
L’arrivo di un Dottore interruppe ogni suo pensiero.
“Sì, sono io.”
L’uomo scorse rapidamente le righe scritte sul foglio all’interno di una cartellina rigida, quindi la posò sul bordo del letto e si avvicinò a lui estraendo dalla tasca una piccola torcia.
“Segua la luce.”
Mitsuya obbedì.
“Ha senso di nausea? O vertigini?”
“No. Mi sento abbastanza bene.”
Il Dottore ripose rapidamente la torcia nel taschino, quindi gli prese la testa con entrambe le mani, ma facendo attenzione a fare poca pressione, mentre controllava la fasciatura. “E’ stato fortunato. Il suo aggressore l’ha colpita con un mattone, però non ha usato forza. La ferita è solo superficiale. Ha perso tanto sangue per la lesione della pelle, con pochi punti si è sistemato tutto.”
“Quindi posso uscire?”
L’uomo lo guardò con un sopracciglio rialzato. “I giovani arrivano subito al punto! Io le consiglio di restare ancora un’ora, ma se vuole nel frattempo possiamo contattare un suo famigliare per venire a prenderla.”
Mistuya attese che le mani dell’uomo si allontanassero dalla testa e poi guardò Taiju. “Non serv-” Ma Taiju lo interruppe. “Ho già chiamato tua madre per avvisarla, mentre eri svenuto. Aveva quasi finito il turno, dovrebbe arrivare tra poco.”
Mitsuya lo guardò con tanto d’occhi. “Hai chiamato…mia madre?”
“Ho preso il numero dal tuo telefono.” E nel dirlo, distolse lo sguardo.
Il Dottore parve divertito dal dialogo e non mancò di farlo sapere. “Avete pensato a tutto! Bene! Allora posso proseguire con le visite!” Mentre s’incamminava verso l’uscita, ammonì Mitsuya con tanto di dito sollevato. “Le faccio una raccomandazione. Si è giovani una volta sola, è vero, ma anche la vita è una sola.”
Non appena fu uscito, Mitsuya lasciò una mezza risata, per poi prendere respiro e tornare a concentrarsi su Taiju. “Grazie… E scusa. Non volevo farti preoccupare.”
“Chi è stato a colpirti?” Domanda super diretta!
“Non ha importanza.” Mantenne il contatto visivo, nonostante lui lo stesse folgorando. “Taiju, ti sei ritirato. Non ti farò mettere nei guai. E in ogni caso non ho bisogno che tu mi vendichi.”
Le vene sulla fronte di Taiju cominciarono a gonfiarsi, preoccupato o no, non era tipo da accettare docilmente un rifiuto.
“Razza di bastard-” Si fermò da solo e si rialzò con uno scatto. “Me ne vado. Buon riposo.”
“No! Dai non arrabbiarti! Per favore!” Lo supplicò Mitsuya, mettendosi seduto di riflesso. Non che fosse così in forze da scattare giù dal letto, però se era necessario…. Invece vide Taiju fermarsi davanti all’uscita.
“Vado a cucinare. Non farò il piatto che avevamo deciso, userò solo gli ingredienti freschi per evitare che vadano a male. E domani ti porterò il risultato.”  Volse il capo e gli lanciò un’occhiata minacciosa. “Ti farò mangiare fino all’ultimo boccone, anche se farà schifo.”
E mentre lui se ne andava con quell’aura da donna capricciosa, Mitsuya si sentì il viso avvampare.
“Lo amo un casino.” Disse fra i denti, col cuore che gli batteva nel petto come un tamburo.
*
 
Kan aveva deciso di saltare l’ultima ora di lezione e di uscire alla chetichella senza farsi beccare dai Professori, i quali altrimenti l’avrebbero bacchettata per bene, trattandosi di un periodo tosto per gli esami. E avevano ragione, ovviamente, solo che era difficile concentrarsi quando in testa le correvano mille pensieri… Sentendosi afferrare per il braccio, il cuore le mancò un battito. Era già stata beccata? Si voltò di scatto.
“Ah sei tu! Per fortuna!” Disse sollevata.
Mikey, già bellissimo di suo, sfoggiò degli occhioni che manco il gatto con gli stivali di Shrek!
“Scusa, non volevo spaventarti! Stai andando via?”
“Ehm…sì… Devo andare in un posto…”
“Senti… Volevo dirti una cosa…”
Allarme pericolo!!! Altro che i Proff., la cosa più spaventosa era ritrovarsi da sola con lui! Per questo Kan si mise subito sulla difensiva. “Mikey, te l’ho già detto! Il bacio di quel giorno è stato un incidente! Smettila di chiedermi di tornare con te!”
Inevitabilmente, sul viso di Mikey si formò un broncio tanto comico quanto adorabile. “Lo so, uffa!” Bofonchiò, senza nascondere di sentirsi offeso.
“Se è per gli attacchi della Tenjiku, ti giuro che non ne sapevo nulla. Quando Ken mi ha raccontato delle informazioni uscite all’ultima riunione, sono rimasta a bocca aperta. Mi dispiace davvero ma…io non me la sento di mettermi in mezzo o ingannare Shu...”
Mikey scosse piano il capo e mise su un sorriso gentile. “Non ho intenzione di metterti in pericolo chiedendoti di fare la spia o cosa! Affronteremo la faccenda a testa alta, come sempre.” All’improvviso il sorriso svanì e lasciò il posto a un velo di tristezza. “Se quella volta non avessimo umiliato la nona generazione della Black Dragon, adesso i suoi superstiti non ci darebbero la caccia come animali…”
Lei lo ricordava bene. “Lo avete fatto per difendere Kazutora… Nessuno immaginava che a distanza di tanto tempo ci sarebbero state delle ripercussioni…”
“Già… Però Kan…” Le fece una leggera pressione sul braccio, in modo rassicurante. “Promettimi di fare attenzione. Hanma si è unito a quei pazzi e non vorrei che finissi nei guai anche tu.”
La sua preoccupazione era genuina e questo le fece piacere. Abbassò del tutto la guardia e gli sorrise. “Non preoccuparti, Shu mi sta proteggendo a modo suo! Però grazie per pensare a me!” Si chinò e gli sfiorò le labbra con un bacio, senza malizia. Quindi fece scivolare il braccio dalla sua presa e se ne andò, accompagnata solo dallo sguardo innamorato di lui.
“Per la cronaca, l’ho fatto solo per gentilezza! Non ha significato nulla!” Si ripeté per la terza volta, mentre era a bordo del treno diretto a Kabukicho. Non si era nemmeno accorta che alcune persone attorno la fissavano in modo interrogativo. D’altronde se parlava da sola, era normale attirare l’attenzione!
Una volta arrivata alla fermata giusta, avendo ancora un po’ di tempo, si recò ad un konbini per spulciare qualcosa di dolce da mangiare per merenda. La scelta ricadde su delle fette di cheesecake al matcha con spruzzata di granella di nocciole. Affare fatto! Scelse le due dall’aspetto più succulento e andò alla cassa. Il ragazzo che le fece il conto era piuttosto impacciato e dal suo sguardo si capiva che era parecchio timido, nonostante facesse quel lavoro a contatto col pubblico. Gli chiese di aggiungere due cucchiai di plastica nella busta e lo salutò regalandogli un ampio sorriso affabile. Soddisfatta dell’acquisto, si recò alla scuola superiore dove studiava Hanma e si posizionò contro il muro accanto alla cancellata ad attendere. La campanella suonò di lì a poco e gli studenti cominciarono ad uscire, prima a piccoli gruppi, poi diventando man mano un’onda vivace e chiassosa. Più gente usciva, più Kan diventava ansiosa, talvolta si sollevava sulle punte dei piedi per vedere meglio oppure involontariamente strizzava nella mano i manici della busta di plastica che conteneva il prezioso tesoro. Cominciava davvero a temere di aver sbagliato a non avvisare del suo arrivo, quando…un paio di mani grandi e tiepide l’avvolsero da dietro.
“Ahah! Volevi farmi una sorpresa e invece l’ho fatta io a te!” Disse divertito Hanma, prima di stamparle un bacio sulla tempia.
“Shu! Ma da dove arrivi? Non puoi essere passato di qua senza farti vedere, sei il più alto nell’intera scuola!” Kan gli sfiorò il viso con la mano e rispose al suo bacio stampandogliene uno sulla guancia.
“Dei tizi della mia classe ti hanno vista e sono tornati indietro di corsa per dirmelo! Io mi stavo ancora stiracchiando la schiena dopo aver dormito le ultime ore sul banco, è stato forte! Poi ho visto dov’eri e sono uscito da un cancelletto più in là!”
Di tutto il discorso, lei si concentrò sulla parte inziale, e un dubbio le fece aggrottare le sopracciglia. “Sono tornati indietro di corsa? Perché?”
Hanma sfoggiò un sorriso malizioso. “Sono diventato popolare da quando si è sparsa la voce che esco con la ragazza più bella del Giappone!”
“Ma dai!” Lo riprese lei, ridendo.
“Comunque, come mai qui?”
“Così! Avevo voglia di stare un po’ con te! Ci vediamo poco ultimamente…”
“Cazzata! Dormiamo insieme quasi ogni notte!”
“Appunto! Volevo vederti per qualcosa di diverso dal dormire o fare sesso!”
Hanma si mise a ridere rumorosamente per quella frase senza peli sulla lingua. Quando si accorse della busta che lei teneva in mano, la indicò con un cenno del capo. “Che c’è lì?”
Kan la sollevò un poco. “Qualcosa di dolce da mangiare assieme!”
Hanma la sciolse dall’abbraccio, le prese una mano intrecciando le dita fra le sue e s’incamminarono in una passeggiata romantica. Parlarono del più e del meno fin che non giunsero ad un piccolo parco poco affollato. Hanma adocchiò una panchina libera sotto il sole e vi condusse la sua ragazza. Un gesto gentile, sapendo quanto lei fosse freddolosa. Kan finalmente poté fare gli onori e servire il dolce che aveva scelto, desiderosa sia di vedere la sua reazione sia di assaggiarlo lei stessa.
“Niente male! Non mi dispiace il retrogusto amarognolo del matcha!”
Quell’affermazione la fece contenta….sul momento, ma mentre ci aveva azzeccato per lui, aveva toppato per se stessa. A lei piacevano le cose dolci, non amare!!! Vabbè, vederlo mangiare di gusto era già una soddisfazione, quindi evitò di fare capricci.
“Ah ho dimenticato di dirtelo... Tra un po’ devo andare da Kisaki.” Disse Hanma, prima di mettersi in bocca una bella cucchiaiata di dolce.
Ecco. La notizia era così amara da farle dimenticare il sapore del matcha.
“Oh…capisco…”
“Vieni con me?”
Un barlume di speranza le fece rizzare le antenne! “Eh? Io? Davvero?”
“Ahah! Perché no? Sarà divertente stare noi tre come quando facevamo serata al karaoke!”
“Ma…sicuro che Kisaki sia d’accordo? Magari non mi vuole a casa sua…”
Vedere la sua ragazza con gli occhietti da cerbiatta non fece che convincerlo di quanto fosse una buona idea. Posò il cucchiaino nella confezione, accanto al pezzo di torta ancora da finire, e recuperò il cellulare dalla tasca. “Ora gli scrivo!” Digitò il testo e lo inviò, quindi posò il telefono sulla gamba e tornò a mangiare.
Kan lo osservava… Era stato così gentile ad invitarla, mentre lei appena un’ora prima aveva baciato il proprio ex… Cioè, gli aveva sfiorato le labbra!!! Che cavolo! Però quello di pochi giorni prima era stato un vero bacio e non c’erano scuse che tenessero. Insomma, era stato un momento di debolezza causato dalla rabbia o dalla malinconia…ecco… Si sentiva in colpa. Adesso era sicura di ciò che provava, era pazza di Hanma e non aveva occhi per nessun altro. Che poi, di recente lui aveva iniziato a portare i capelli in modo diverso, con la frangia che ricadeva un po’ mossa sul davanti, in un modo che lo rendeva dannatamente figo. In genere continuava a spararsi i capelli in aria gol gel, ma quando non lo faceva…a lei piaceva ancora di più.
In contemporanea con l’ultimo boccone di torta, il telefono vibrò. Hanma lo prese in mano e lesse il messaggio. “Ha detto di sì! Visto?”
“Mh!” Adesso era così felice che anche il matcha sembrava essere diventato più dolce, rispetto a prima. Terminò di mangiare, quindi raccolse nella busta la spazzatura e andò subito a buttare tutto nell’unico cestino dell’intero parco.
Quando arrivarono alla casa di Kisaki lei era di ottimo umore e non mancò di fare un inchino e di regalare un sorriso luminoso a quell’amico un po’ ombroso che ancora non riusciva a decifrare.
Kisaki in un qualche modo rispose al sorriso, però senza scomporsi troppo.
“E’ da un po’ che non ci vediamo eh?”
Li accompagnò all’interno della casa e li condusse fino alla sua stanza. Hanma, che era già stato lì molte volte fin dalla scorsa estate, non si fece riguardi a prendere posto sul letto come fosse stato il suo trono personale! Kan invece si guardò attorno, incuriosita da quel luogo che rispecchiava così bene la personalità del proprietario. Era una stanza piuttosto piccola, ma lo stesso conteneva ben cinque librerie ricolme, quattro ad occupare un’intera parete e una che faceva da separé fra la zona studio con scrivania e computer e il resto della stanza.
“Io sto finendo di scrivere una ricerca di Storia per domani, voi intanto potete giocare o mangiare qualcosa, se vi va.” E nel dirlo indicò vari pacchetti di snack accumulati in un angolo ai piedi del letto e la console dei videogiochi sul tavolino.
Hanma, con un controller in mano, le fece subito una proposta. “Vieni a sederti qui, amore! Ci facciamo qualche partita! A Kisaki non piacciono i picchia duro, però ha un sacco di giochi sulle corse! Ne proviamo uno?”
Kan diede un’occhiata a Kisaki, ricercando il suo consenso, e non appena lui le fece un cenno positivo con la testa, non le restò che abbandonare ogni freno e lasciarsi andare. “Arrivo!” Si impossessò del secondo controller e prese posto sul letto accanto al suo ragazzo.
Kisaki si limitò a tornare alla scrivania a finire ciò che stava facendo. Peccato che si rivelò dura… I suoi due ospiti divennero chiassosi nel giro di pochi minuti e cominciarono a volare frasi dal tono sempre più alto tra “Cazzo, che curva stretta!”, “Evvai, ostacolo superato!”, “Ehi bambola, come hai fatto a superarmi?” fino a terminare con un grido di vittoria da parte di Kan. Si erano dimenticati che lui stava studiando.
Kan sollevò il controller in aria e si pavoneggiò. “Nei giochi di lotta sono imbattibile, ma anche con le corse me la cavo bene io!”
“Ma sentila!” La riprese lui, ridacchiando. Le prese il controller dalla mano e si curò di posarli entrambi sull’apposito tavolino.
“Be’? Non giochiamo più?” Chiese Kan, sporgendo il labbro come una bambina triste.
“Sì, però facciamo un gioco in cui sono sicuro di vincere!”
Si sporse su di lei e insieme ricaddero all’indietro, finendo lunghi distesi sul letto.
Kan si fece maliziosa. “Oooh quindi speri di riuscire a sedurmi con così poco?”
“Non lo so! Sta funzionando?”
Che fosse un gioco, un flirt o entrambe le cose, si stavano divertendo. I loro visi erano vicinissimi, gli sguardi divertiti assunsero pian piano un’altra forma e automaticamente scattò il bacio. Le mani intrecciate all’altezza della testa, i loro corpi uniti, le labbra che si assaporavano minuziosamente… C’era qualcosa di diverso, come un tocco dal sapore dei tempi andati. Difficile da descrivere. A conti fatti stavano insieme da appena tre mesi e si conoscevano da quattro. Eppure fra loro c’era un’affinità che andava oltre il tempo.
“Voi due, evitate di fare porcate sul mio letto. Grazie.”
La voce di Kisaki arrivò giustamente severa. Hanma e Kan aprirono gli occhi, sorpresi, quindi separarono le labbra e si ritrovarono a ridacchiare imbarazzati. Si erano davvero dimenticati di lui!
*
 
Mitsuya da un po’ si guardava allo specchio con occhio critico, scorgendo dei difetti che prima di allora non aveva mai notato. La sua pelle era così bianca da sembrare malaticcia, il taglio degli occhi era così marcato da farglieli apparire socchiusi, le mascelle erano fin troppo spigolose e i capelli erano letteralmente un disastro. Ma quante di queste cose erano reali e quante frutto della sua immaginazione? Ad esempio, i capelli li aveva sempre tenuti molto corti, inizialmente per impedire alle sue sorelline di tirarglieli, poi perché era diventato più pratico e più facile da gestire. In quel preciso momento invece li odiava. Non era uno sprovveduto, nel mobiletto del bagno teneva un flaconcino di gel da utilizzare in caso di emergenza….e cavoli, quella lo era eccome! Si sfregò bene le mani per stendere il gel e poi si premurò di passare le dita accuratamente sui minuscoli ciuffi color lilla chiaro, nella speranza di dar loro un tono. Si squadrò per un’altra manciata di minuti prima di decidere a staccarsi da lì! Già che c’era controllò anche l’abbigliamento, una tuta comoda ma non eccessivamente larga di colore blu notte, con strisce verticali color arancio al centro della giacca e delle maniche e altre strisce orizzontali di colore bianco sui gomiti, sui polsini e sull’orlo della giacca. Stessa modalità per i pantaloni. Essendo dotata di un cappuccio e di un ampio  girocollo, andava bene per contenere le cuffie da musica quando le non aveva sulla testa, solo che quel giorno era stato un altro pensiero a spingerlo nella scelta. Col collo così scoperto, magari a Taiju sarebbe venuta di imprimerci le labbr- Scosse vigorosamente la testa, doveva smetterla di farsi illusioni. Camminò fino all’ingresso dell’appartamento e recuperò una piccola borsa a tracolla bianca dal mobile a parete dove erano anche riposte giacche, cappelli e ombrelli. Subito accanto c’era il mobiletto delle scarpe, la cui superficie era usata per riporre le chiavi, eventuali occhiali da sole e cosette di questo genere, e dove lui aveva riposto un oggetto importante da portare via. Prese in mano con attenzione il sacchetto blu metallizzato, legato in cima da un nastro rosso con una decorazione in panno a forma di cuore.
“Fratellone, cos’è quello?”
Voltandosi, vide che entrambe le sorelline erano lì ad osservarlo.
“Un sacchetto con dei cioccolatini di San Valentino!” Rispose sorridendo alla piccola Mana, che glielo aveva chiesto.
“E’ uno di quelli che ti hanno regalato a scuola? Da parte di una delle tue ragazze?” Chiese Luna.
“Che? Parli delle mie compagne del club di artigianato? Ci vediamo solo per cucire insieme, non sono le mie ragazze!”
“E perché oggi sei tornato a casa con la cartella piena di cioccolatini da parte loro?”
“E’ un gesto di amicizia e di rispetto! Io sono il loro Presidente!”
“E quelli che hai in mano adesso chi te li ha dati?”
“Ah questi… Li ho fatti io! Qualche giorno fa sono andato a casa di Kan e le ho chiesto di aiutarmi a prepararli!”
Mana strabuzzò gli occhi e si mise a strillare. “Sorellona Kan? Anche io, anche io!!!”
L’aveva fatta grossa. Le bimbe adoravano Kan e lui l’aveva incontrata senza portarsele dietro per timore che fossero d’impiccio. Ma questo non poteva dirglielo!
“Ehm…la prossima volta, Mana! Promesso!” Le carezzò gentilmente la testolina.
Luna, che era una bambina acuta e intelligente, pensò bene di giocare d’astuzia. “Fratellone? A San Valentino sono le ragazze a dare la cioccolata ai ragazzi, giusto?”
“Esatto.”
“Però quei cioccolatini li hai fatti tu. A chi devi darli?”
Tutte quelle domande cominciavano a metterlo a disagio. “Questi…sono per un mio amico…”
Luna si sollevò sulle punte dei piedi e lo guardò minacciosa negli occhi. “Tra ragazzi non ci si regala la cioccolata. Quindi tu sei come una ragazza e li devi dare al tuo fidanzato?”
Un momento… CHE??? Mitsuya si ritrovò ad avvampare, la sua sorellina aveva capito tutto!!!
“N-n-n-non è il mio ragazzo! Luna, smettila!”
“Maaammaaa!! Il fratellone ha il ragazzooo!” Cantilenò Luna, mentre Mana guardava la scena tenendosi un ditino in bocca e con gli occhi spalancati di curiosità, non capendo assolutamente cosa stesse succedendo.
Mitsuya stava per lasciarci le penne. In suo soccorso arrivò il forte rombo di una moto, seguito da due colpi di clacson.
“IO VADOOO!!!” Gridò impanicato.
Dalla camera da letto, giunse la voce della madre. “Takashi, fammi sapere se torni per cena!”
“D’ACCORDO!” E scappò via come se avesse il Diavolo alle calcagna!
Fuori trovò appunto Taiju ad aspettarlo a cavallo di una Harley Davidson, parecchio modificata ma che rispecchiava appieno la sua personalità. E la sua figaggine. Osservandolo bene, emanava un’aura parecchio virile, forse a causa dei jeans neri e attillati sormontati da una grossa fibbia in metallo o il giubbino in pelle nera che gli stringeva sui bicipiti. Del casco neanche l’ombra!
“Sali?” Gli chiese Taiju, facendo un cenno con la testa.
Non c’era bisogno di chiedere, lo avrebbe seguito fino in capo al mondo! Si affrettò a salire a bordo della moto, ogni imbarazzo era svanito e dentro sentiva solo una grande energia positiva.
“Allora dove andiamo?”
“Ti ho detto che è una sorpresa. Lo saprai quando ci arriveremo.”
Un po’ bastardo, ma niente di grave. Afferrò le manopole e partì con una bella sgasata.
Per Mitsuya era un sogno essere lì con lui, sulla sua moto, a frecciare per le strade col vento in faccia e una meta ignota. Quell’uscita era già di per sé un sogno che si avverava. Erano passate un paio di settimane dal giorno dell’attacco e della loro chiacchierata in ospedale, poi si erano rivisti diverse volte, non era successo nulla di particolare, avevano cucinato insieme normalmente…fino a quando Mitsuya non aveva fatto l’azzardo di chiedergli se gli andava di andare da qualche parte il 14 febbraio. Aveva temuto che l’allusione fosse troppo evidente e che Taiju avrebbe rifiutato, invece lo aveva sorpreso dicendogli che per lui andava bene. Per di più, aveva fatto il misterioso proponendo una meta a sorpresa decisa da lui. Mitsuya era quasi morto dalla gioia, nella mente si era costruito mille castelli, pur sapendo che quello non poteva essere un appuntamento nel vero senso della parola. Taiju si stava aprendo poco alla volta con lui, ma non c’era nessuna garanzia che il loro rapporto avrebbe preso una piega romantica. Lo sapeva, sì, eppure durante quel viaggio in moto, avvinghiato a lui, col cuore che gli batteva all’impazzata, continuava a pensare quale fosse il momento giusto per dargli i cioccolatini. L’ennesimo azzardo che poteva rovinarlo, nel caso Taiju avesse capito…però si era impegnato nel farli e non aveva nessuna intenzione di buttarli! Tornò alla realtà nell’accorgersi che la moto stava rallentando per entrare in un parcheggio.
“Siamo arrivati?”
Taiju si imbucò in uno spazio comodo e spense il motore. “Scendi.” Gli ordinò.
Mitsuya obbedì, sorpreso che lui ancora si ostinasse a mantenere quel riserbo. Attese che Taiju smontasse a sua volta e abbassasse il cavalletto, quindi lo affiancò e spalancò le braccia. “Quindi?”
Giusto qualche istante ed ecco che le labbra di Taiju s’inarcarono leggermente. “Sei impaziente! Seguimi, è dietro l’angolo.”
Uscirono dal parcheggio, camminando fianco a fianco e, proprio come aveva detto, non appena svoltarono l’angolo si ritrovarono davanti ad una immensa costruzione, la cui insegna non lasciava spazio a dubbi.
“Un acquario…”
“Non solo.” Taiju si volse a guardarlo. “E’ il mio acquario preferito.”
Una semplice frase che alle orecchie di Mitsuya suonò come ‘appuntamento romantico’!
*
 
A guardarli erano una strana accoppiata, quei due. Oltre alla differenza di altezza e di stazza, aveva un che di comico vederli così vicini per farsi un selfie, uno con una faccia che su cui non si vedeva un cenno di sorriso neanche per sbaglio e uno che sorrideva più con gli occhi che con la bocca per non sembrare troppo infantile!
“Dì, Mitsuya, hai intenzione di scattarne ancora tante? Ne stai facendo più a noi che ai pesci.”
Sottolineò Taiju, con quella sua voce profonda e severa.
Mitsuya al contrario era raggiante e per nulla al mondo avrebbe perso contro quelle frecciatine, per questo ancora una volta rispose allegro e con tono affabile. “Non è vero! Ai pesci ne avrò scattate almeno il triplo! Sto riempiendo la galleria!”
In verità Taiju si sentiva bene, vedere Mitsuya così felice gli provocava una piacevole sensazione nel petto e le lamentele erano semplicemente un capriccio tanto per mantenere la sua aura scontrosa. A parte quel dubbio che continuava a ronzargli per la mente. “Non capisco perché le fai anche a noi… Non ti stanchi mai di fotografare la mia faccia?”
“Ahahah piantala di essere così rigido!” Gli diede un’amichevole pacca sul braccio. “E’ la nostra prima uscita, voglio avere tanti ricordi di noi assieme!”
Sì, ma perché? Era questo che si chiedeva e che non riusciva a dire a voce. Era la prima volta che aveva accanto qualcuno che si divertiva così tanto a stare in sua compagnia e per lui era…strano.
“Ah finalmente siamo arrivati alla vasca degli squali! A te piacciono, vero?”
“Sì…” Cavolo, erano i suoi preferiti in assoluto. Altro che! Ma figurarsi se si sbilanciava a dirlo.
Si appropriarono di uno spazio vuoto di fronte all’immensa vetrata e di nuovo Mitsuya prese a scattare foto col telefono, così concentrato da non accorgersi di essere a bocca aperta. Una volta a casa avrebbe dovuto far vedere tutto alle sue sorelline, visto che nemmeno loro erano mai state all’acquario. Ma soprattutto…aveva intenzione di chiedere a Kan di aiutarlo a passarle al pc e selezionare gli scatti migliori da inviare poi al fotografo per farli stampare. Ovviamente i pesci erano la priorità, aveva già deciso di fare un piccolo album per Mana e Luna, ma c’era dell’altro. Abbassò il telefono, si perse in pensieri mentre con lo sguardo seguiva di riflesso uno squalo martello che nuotava a cerchio in quella parte della vasca. Il secondo intento era di far stampare anche tutte le foto fatte assieme a Taiju e conservarle gelosamente. Anche se da un po’ frequentava regolarmente il suo appartamento per cucinare, non aveva nulla di lui e quell’uscita era una grande occasione per rimediare. D’altronde era un adolescente innamorato, che colpa ne aveva? Si volse per dire qualcosa, giusto per spezzare il silenzio, ma subito si fermò nel rendersi conto di cosa stava accadendo. Oltre la maschera d’acciaio che teneva sul viso, negli occhi di Taiju riusciva chiaramente a scorgere delle emozioni. Stava fissando un elegante squalo azzurro che nuotava indisturbato fra i suoi simili. Provava grande ammirazione per quelle creature, ma allo stesso tempo nel profondo degli occhi aveva come una sfumatura di tristezza. Provò ad indovinare i suoi pensieri. Gli squali erano temuti a causa della loro natura violenta, spesso venivano definiti dei mostri crudeli che attaccavano l’uomo. Il cuore gli mancò un battito. Taiju era considerato allo stesso modo da alcuni, a partire dai suoi fratelli minori. Era uno squalo sulla terra ferma e la sua natura non era accettata. Era questo che pensava? Quello sguardo riuscì ad attrarlo fin nel profondo, aveva una voglia incredibile di abbracciarlo e stringerlo a sé e dirgli che per lui non era così, che lo amava e che gli sarebbe stato sempre accanto. Però non lo fece, si limitò a rubargli uno scatto senza farsi vedere.
Taiju si voltò all’improvviso. “Hai detto qualcosa?”
Oh cazzo, aveva parlato a voce alta? No, impossibile. Un po’ impacciato per l’imbarazzo, si passò una mano sulla testa e la buttò sul ridere. “Io no! Forse hai sentito qualcun altro! E’ entrata più gente negli ultimi minuti!”
“Mh…” Mosse lo sguardo a vuoto e prese a camminare. “Andiamo avanti. Abbiamo quasi finito.”
Mitsuya lo seguì e nel giro di una ventina di minuti completarono il tour.
“Ah ci fermiamo al negozio di souvenir? Voglio prendere qualcosa per Mana e Luna!” Gli disse poi, afferrandolo per un braccio come se volesse portarcelo a forza!
Taiju lo accontentò e lasciò che restasse così attaccato al suo braccio fin che non entrarono in negozio, poi Mitsuya lo lasciò e andò dritto verso una ricca parete di peluche di ogni forma e grandezza, ritraenti tutti gli esemplari che avevano visto nelle vasche.
“Ahhh sono indeciso! Ce ne sono tantissimi! Mmh…” Si portò una mano al mento, riflettendo. “Meglio qualcosa di piccolo, in casa non abbiamo tanto spazio. Però vorrei che fossero morbidi, così possono tenerli nei lettini mentre dormono… I pesci palla? No, le stelle marine! Oppure…” Ad un tratto il suo sguardo fu catturato da un grande pupazzo dalle sembianze di foca leopardo. I suoi occhi brillarono per qualche istante.
“Ti piace quello?”
La voce di Taiju lo fece sobbalzare. “Ah no! Cioè sì, ma una cosa così grande è fuori discussione! Se mi vedono tornare con questo pupazzo mentre per loro ne prendo due piccoli, si ingelosiscono! E poi il prezzo è troppo alto! Ehm…dicevo quelli piccoli…vediamo…”
Taiju non disse altro, solo rimase a guardare quella foca chiazzata di nero e grigio, dal muso simpatico che un po’ gli ricordava lo stesso Mitsuya. E prese una decisione.
“Taiju, ce ne dici?” Mitsuya mise in mostra due pupazzetti sollevandoli nelle mani. “Una stella marina per luna e un pesce pagliaccio per Mana?”
“E io che ne so, non le conosco.” Rispose secco, per poi guardare altrove.
La cosa fece sorridere Mitsuya. “Un giorno te le farò incontrare! Sono piccole ma sanno tenerti testa! Be’ intanto vado alla cassa a pagare questi!” E si diresse dove detto.
Taiju lo seguì a passo lento, lo osservò mentre pagava e ritirava una busta in carta azzurra dove erano stati sistemati i regali.
“Ah Taiju, io vado un attimo in bagno! Ci rivediamo all’entrata del negozio!”
Lui gli fece un cenno col capo. Adesso era il momento.
In pochi minuti Mitsuya tornò e lo trovò accanto al negozio con in mano una grossa busta di plastica bianca. “Ehi hai preso qualcosa? Cos’è? Lo squalo che fissavi prima?”
Senza guardarlo, Taiju gli porse la busta e lui sbirciò dentro.
“Oh…” Si fece mogio all’improvviso.
“E’ tuo, tieni.”
“Non posso accettare… Te l’ho detto, è troppo grande. E se le mie sorelline lo vedono…”
“Allora lo terrai da me, nel mio appartamento.” La sua mandibola si contrasse, prima che lui riprendesse a parlare. “Puoi venire a trovare la tua foca leopardo tutte le volte che vuoi.”
Mitsuya arrossì fino alla punta delle orecchie. Cos’era quello, un invito? Che batticuore, accidenti.
Prese i manici della busta dalla sua grande mano. “Ehm…grazie…Taiju…”
“Bene. Torniamo.”
Un tipo di poche parole con un forte istinto al comando.
Durante il viaggio di ritorno non spiccicarono parola, se per Taiju era la normalità, Mitsuya si ritrovò troppo impegnato a calmare i battiti del cuore. Possibile che ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo li interpretasse in senso romantico? Doveva calmarsi. Arrivati al grattacielo, continuarono a stare in silenzio, anche in ascensore. Poi in appartamento finalmente Mitsuya si sciolse e tornò quello di sempre. Appese la tracolla e la busta di carta accanto alla porta, si tolse le scarpe da ginnastica e poi scartò il bellissimo pupazzo grande sicuramente più di sua sorella Mana! Era così gonfio che per abbracciarlo doveva ampliare bene le braccia. “Dove potrei metterlo?”
“Dove vuoi.” Disse Taiju, mentre riponeva la giacca in pelle e si toglieva gli scarponi.
“Già che sei lì… Guarda dentro la mia borsa, c’è un pacchetto per te! Ah mi è venuta un’idea!” Posò il pupazzo su un’estremità di uno dei divani in pelle rossa e si stese, mettendosi comodo.
Taiju aprì la zip e trovò il pacchetto blu con la decorazione a forma di cuore.
“Taiju, si sta comidissimi! Lo userò come cuscino!”
Lo raggiunse con pacchetto in mano. “E questo?”
Mitsuya sorrise. “Buon San Valentino!”
Tralasciando il fatto che quella frase poteva avere un unico significato, Taiju si sentì un po’ a disagio ad aprirlo. Però lo fece, sciolse il nastro e insinuò la mano all’interno, quindi ne estrasse un cioccolatino a forma di cuore e incartato in una mini bustina trasparente.
“Ti giuro che è commestibile! Mi sono fatto aiutare da un’amica che li fa ogni anno!” Il tono scherzoso servì a coprire l’agitazione che provava.
Taiju posò il pacchetto sul tavolino e scartò il cioccolatino che aveva preso. Lo osservò qualche istante, prima di infilarselo in bocca. “E’ amaro.”
“Prova a spezzarlo coi denti!” Gli suggerì Mitsuya.
Lui lo fece e subito la sua espressione cambiò, i suoi occhi si spalancarono mentre continuava a mangiare.
Mitsuya si risollevò dal nuovo cuscino morbidoso e gli diede delle spiegazioni. “Fuori è normale cioccolato fondente, oltre ad essere amaro ha un aspetto cupo per via del colore scuro. Ma dentro nasconde un cuore morbido e dolce al lampone. Un sapore che mescolato al cioccolato amaro crea una combinazione perfetta. Chi si ferma alle apparenze è un idiota, prima di giudicare bisogna andare fino in fondo.”
Si era fatto così serio che Taiju fraintese. “Mi stai dando dell’idiota?”
“Non tu. Tutti gli altri.” Posò le mani sull’imbottitura del divano. “Se io mi fossi fermato alla superficie avrei visto solo il peggio di te, invece conoscendoti ho scoperto che dentro c’è molto di più. E sono tutte cose che mi piacciono.” Nel dire quell’ultima parola la voce perse tono, come se si stesse strozzando. Dirlo gli stava costando parecchio.
Ancora qualche istante e Taiju finì di deglutire il cioccolatino, poi andò a sedersi sul divano accanto a Mitsuya. “Sei sicuro di quello che hai visto? Potresti sbagliarti. Uno squalo non-” Qualunque cosa volesse dire, fu spezzata da un bacio. Mitsuya gli era salito cavalcioni sulle ginocchia e afferrato il viso con entrambe le mani e adesso lo stava baciando con forza. Percepì che le sue mani erano un po’ sudate e tremavano. Lui non si mosse, gli occhi sbarrati per la sorpresa.
Con la stessa foga con cui si era attaccato, Mitsuya si staccò. Aveva le labbra arrossate e anche le guance erano rosee rispetto al solito, eppure il suo sguardo era duro e le sopracciglia aggrottate. “Voglio che la smetti di parlare così del ragazzo che mi piace. Hai rotto le palle. Chiaro?”
Taiju era come pietrificato di fronte a tanta sfrontatezza. Chiunque altro sarebbe già finito a baciare il pavimento con qualche osso rotto, se si fosse azzardato a dire una cosa del genere. Ma non lui…
“Se non lo hai capito, te lo spiegherò ancora una volta.” Con gran coraggio, Mitsuya unì di nuovo le labbra alle sue, ma stavolta non con forza. Il bacio di adesso era più appassionato, più caldo, più intenso, più…piacevole.
Gli occhi di Taiju si chiusero lentamente, altrettanto fecero le sue mani nel sollevarsi e avvolgere il corpo esile di Mitsuya. Ed ecco che le sue labbra cominciarono a rispondere al bacio, a muoversi su quelle calde di lui e a percepire ogni sfumatura di quello che era il suo primo bacio in assoluto.
*
 
“I pruni hanno messo le gemme…”
Chifuyu stava attraversando il viale a passo lento, il naso all’insù e la vista aguzzata nello scorgere i piccoli bozzoli ancora verdi che presto si sarebbero schiusi per dar vita ai fiori. Si chiese di quale colore sarebbero stati. D’altronde, non li aveva mai visti, dato che aveva cominciato a percorrere quella strada solo dallo scorso autunno, ma forse sperava che fossero di quella vivace tinta fucsia che aveva già visto altrove. Un raggio di sole passò attraverso i rami e gli sfiorò il viso gentilmente, quasi come una calda carezza.
“Baji-san…” Sussurrò, con un sospiro di speranza nella voce. Era consapevole che non poteva essere lui ad accarezzarlo attraverso il sole o il vento, eppure nel cuore continuava a crederci. Una dolce illusione che lo aiutava a sentirlo più vicino a lui. Percorse l’ultimo tratto ed arrivò al cimitero che ormai conosceva a memoria. Ci era stato così tante volte che avrebbe trovato la tomba della famiglia Baji anche nella notte più buia. O a testa bassa, come stava facendo in quel momento, neanche fosse stato in contemplazione del lastricato.  Ad un certo punto si fermò, chiuse gli occhi e prese un lungo respiro, quindi si volse sulla destra e, riaprendo gli occhi, sfoggiò un sorriso.
“Buongiorno, Baji-san! E buon San Valentino!” Sollevò il braccio e porse la mano su cui era una scatolina cubica di colore rosso, decorata da un intreccio di cuori di carta a formare un piccolo vortice che saliva verso l’alto.
“Credo…che simboleggi un vortice d’amore… O qualcosa del genere!” Si morse un labbro, con fare dubbioso. “Va bene, è una cazzata! Però ci tenevo a prenderti qualcosa per festeggiare! L’anno scorso non hai voluto sentire ragioni, però…” S’impuntò con decisione. “Sei il mio ragazzo ed è giusto che io ti regali i cioccolatini! E pretendo che tu ricambi per il White Day!”
Inevitabilmente gli scappò di ridacchiare, per quella scenetta che aveva messo su. Posò la scatolina sul primo gradino della tomba e si sedette a terra a gambe incrociate. Quando rialzò il viso era tornato sorridente. “Ho anche scritto il mio nome sull’etichetta, non vorrei che tua madre pensasse che qualche ragazza ti faccia il filo! Sai…sono felice che abbia accettato la nostra relazione… Se penso che all’inizio era convinta tu mi vedessi come un fratello minore, mi viene da ridere!”
Di fatto quella che gli uscì era una risata, se solo poi non fosse rapidamente mutata in qualcos’altro…
“Sono un cazzo di ipocrita.” Tirò su col naso e ingoiò un nodo alla gola. “Faccio finta di stare bene quando invece sto di merda. Non so perché sono così… Ormai riesco a dire il tuo nome e a parlare di te con gli altri senza piangere… E’ solo quando vengo qui che crollo.” Di nuovo tirò su col naso e si passò una manica del giubbotto sugli occhi per asciugare le lacrime.
“A volte immagino che tu sia ancora con me… Come prima, mentre camminavo nel viale dei pruni, oppure… Certe sere, sotto le lenzuola...mi sembra che tu sia lì ad abbracciarmi e…a toccarmi… Cazzo, non dovrei dire porcate in un cimitero!” Scosse la testa, accennando una mezza risata che si spense subito. “Ah  e poi…ce la sto mettendo tutta per aiutare Takemichi a sconfiggere Kisaki… Il suo dono di viaggiare nel tempo finora non è stato sufficiente, ma chissà… Ogni volta che tiriamo fuori l’argomento, vorrei chiedergli se davvero non c’è un modo per tornare ad ottobre… Darei qualunque cosa per avere la possibilità di salvarti…” Gli occhi gli si riempirono di lacrime per la seconda volta. “Alla fine, non faccio che pensare a te… Per scherzare a volte dico che mi piacerebbe trovare una ragazza, ma sono solo stupidaggini. Io non amerò mai nessun altro che non sia tu.”
Fu distratto da un rumore alla sua sinistra, una signora anziana accompagnata forse dalla figlia, stava sistemando dei fiori freschi su una tomba. Era il caso di parlare più piano. Fece per tornare a guardare le incisioni sulla colonna ma ecco che il suo sguardo si posò su qualcosa che non aveva proprio notato mentre era lì. Nell’angolo sinistro dei gradini, c’era un sacchettino con disegnate tante teste di un gatto nero che somigliava tanto a Peke J ed era chiuso da un nastro rosso. Anche senza leggere il biglietto, avrebbe riconosciuto quello stile ovunque.
“Kan è stata qui…” Nel dirlo, sentì il cuore più leggero.

Continua prossimamente nel Capitolo 31!
Cose orribili stanno per accadere...

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4035894