Piume nel vento

di leila91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mediocri ***
Capitolo 2: *** Pallonata ***
Capitolo 3: *** Richiamo antinfluenzale ***
Capitolo 4: *** Sbronza ***
Capitolo 5: *** Distrazioni ***
Capitolo 6: *** Incubi ***
Capitolo 7: *** Traumi passati ***



Capitolo 1
*** Mediocri ***



Genere: introspettivo, hurt/comfort.
Personaggi: Sugawara, Shimizu.
Coppia: het.











 
I - Mediocrità




A Gaia, che di mediocre non ha proprio nulla ♥






Il freddo che senti nelle mani striscia subdolo verso il cuore, si impossessa di ogni terminazione nervosa. 
È il tuo turno, è arrivato il momento di sostenere la squadra e mettere a frutto ogni secondo di allenamento, ma non ti sei mai sentito meno pronto. 
Non puoi farcela senza Kageyama. È lui il prodigio, il maestro che dirige l'azione, anche nei momenti in cui siete in campo insieme.
Prendi dei respiri profondi cercando di rallentare quei battiti che sembrano impazziti, ma è tutto inutile. 
Fino a quando lei si avvicina. 
L'averla così appresso dovrebbe agitarti ancora di più ma questa volta non è così.

-Dammi le mani, Sugawara.

Shimizu profuma di pesche, di pulito (lavanda, se non sbagli) e di qualcos'altro, una fragranza indefinibile, un qualcosa che è unicamente suo.
Chiudi gli occhi e cerchi di concentrarti su quella scia, su quel tepore rassicurante sprigionato dal lieve frizionamento dei vostri palmi. 
Puoi immaginare gli sguardi attoniti dei vostri compagni di squadra, o omicidi, nel caso di Tanaka e Noyassan.
Non biasimi quella costernazione: dopo tutto nessuno di loro conosce il legame esclusivo che lega te e Kiyoko. 
Nessuno di loro, almeno non fra i titolari, sa cosa voglia dire ritenersi mediocri.
È un termine che tu stesso mai avresti associato a Shimizu: è stata lei a definirsi così una sera, quando dopo un allenamento hai trovato, chissà in quale anfratto del cuore, il coraggio di chiederle se potevi riaccompagnarla a casa.
Ti ha raccontato del passato nella squadra di atletica 
le hai raccontato di come l'ombra di Kageyama a volte sembri inghiottirti, e improvvisamente vi siete sentiti affini, uniti da una mediocrità che forse esiste solo nelle vostre teste.

E tutto a un tratto capisci che è giunta l'ora di esorcizzarla, che puoi cominciare a farlo tu per entrambi, in attesa che anche per Shimizu arrivi il momento.

-Tranquillo, Suga, non ho intenzione di sposarti. 
La sua voce s'insinua fra i tuoi pensieri. 
Ti accorgi di essere arrossito profondamente ed è il tuo palese imbarazzo a portarla a scherzare, per smorzare la tensione. 
"Non puoi saperlo" le rispondi, stando al gioco, mentre Shimizu ti lascia le mani ormai calde, che adesso sanno di lei. 
Ti accorgi con sorpresa che lo pensi sul serio, mentre solo per un secondo ti permetti di indugiare su un futuro dove sia ben altro ad unirvi rispetto all'ordinarietà. 

-Segneró per te. Sussurri a bassa voce prima di entrare in campo, non del tutto certo che lei ti abbia sentito. 

-Segneró per noi.






 
Grazie a chi ha letto, a chi vorrà lasciare un parere, e a Pampa, Violet e Carmaux per il sostegno.
Alla prossima,

Bennina vostra
 

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Capitolo 2
*** Pallonata ***



Genere: fluff, commedia, hurt/comfort
Personaggi: Hinata, Wakatoshi
Coppia: slash

 
I I - Pallonata
 

Alla mia Viò, con immenso affetto, gratitudine e fregnosità annessa ♥
 

 

Sdraiato su uno dei lettini dell’infermeria dell’Accademia Shiratorizawa, Hinata si ritrovò a pensare che la pallonata che aveva preso doveva essere stata  più forte di quanto aveva inizialmente creduto.
Uno schiacciata di Ushijima Wakatoshi, dritta in faccia, mentre il pulcino del Karasuno stava attraversando il campo per raccattare un pallone: nessuno si era sorpreso che Hinata fosse svenuto sul colpo.
Il problema era che, una volta tornato nel mondo dei vivi, aveva cominciato palesemente, ad avere allucinazioni.
Perché, passi per l’assurdo incubo nel quale si era di fatto visto costretto a guardare Tsukishima e Kageyama esibirsi in un balletto vestiti da carote
 Hinata non aveva idea di cosa il suo cervello fosse andato a ripescare dal subconscio  ma che appena risvegliato si fosse ritrovato proprio il suo carnefice seduto lì di fianco  a petto nudo per di più  andava al di là di ogni umana ragionevolezza.
E invece…
«Hinata Shoyo» l’inconfondibile timbro di voce di Ushijima Wakatoshi era profondo come sempre.«Ti sei svegliato.»
«J-J-... JAPAN!»

Hinata urlò di sorpresa e si tirò su a sedere così velocemente da rischiare di farsi male di nuovo.
Ushijima si limitò a sollevare un sopracciglio, piegando lievemente la testa di lato.
«Puoi chiamarmi Wakatoshi. Japan non ha alcun senso, non è nemmeno il mio cognome.»

Hinata deglutì.
Strizzò gli occhi e mise meglio a fuoco la realtà circostante.
Ushijima - che a quanto pareva non era un parto della sua mente ma si trovava veramente lì in carne ossa - non era a petto nudo, realizzò Hinata, ma la maglietta che indossava era completamente fradicia di sudore, al punto da essere quasi trasparente e lasciar intravedere ogni singolo addominale scolpito al di sotto di essa.
Hinata arrossì e distolse in fretta lo sguardo, terrorizzato all’idea che l’altro potesse aver notato il suo imbambolamento o intuito i pensieri non proprio casti che gli avevano attraversato il cervello.
Ma Wakatoshi fortunatamente non ci aveva fatto caso.
L’asso della Shiratorizawa fece un colpetto di tosse, e gli porse un piccolo pacchetto, quasi di malagrazia.
«Per te» mugugnò, girando il capo.
Hinato spalancò gli occhi dalla sorpresa e rimase letteralmente a bocca aperta quando, dopo averlo scartato, si accorse con gioia che si trattava di una scatola di cioccolatini.
«G-grazie!» pigolò, ancora in preda allo stupore per quel dono totalmente inaspettato.

Wakatoshi fece un cenno d’assenso, evitando di rivelare il piccolo trascurabile dettaglio che l’idea di portargli un regalo non era stata esattamente sua.
“Non vorrai presentarti al suo capezzale a mano vuote, vero, Wakatoshi?”
La voce di Tendou gli risuonò fastidiosamente nelle orecchie, mentre un leggero rossore arrivò a sporcargli il viso di solito imperturbabile.
«Ci vediamo in palestra, Hinata.» disse congedandosi, «Cerca di fare più attenzione.»

E per qualche assurda ragione il piccolo corvo sembrò capire che in realtà quello era il modo dell’altro per dire “mi dispiace”.

Hinata sorrise, il cuore un po’ in disordine, e restituì il saluto, prima di fiondarsi sulle leccornie che Ushijima gli aveva portato.
Un piccolo infortunio poteva avere anche dei risvolti positivi, in fin dei conti…





 


Grazie a chi ha letto e alla mia Bea per il betaggio ♥
alla prossima, 
Bennina vostra

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Capitolo 3
*** Richiamo antinfluenzale ***


Genere: fluff, commedia, hurt/comfort.
Personaggi: Hinata, Kageyama, club del Karasuno.
Coppia: slash.
Ambientazione: seconda stagione.





 
III - Richiamo antinfluenzale


 
A Coraline, Frei e Aki Penn


 
Tutti i membri del club di pallavolo sono attesi in infermeria questo pomeriggio alle 15.00 per il richiamo del vaccino antinfluenzale.
Non sono ammesse defezioni, pena l’esclusione dal prossimo ritiro a Tokyo.

Professor Ittetsu Takeda



Kageyama rilesse l’avviso che aveva trovato sulla bacheca dell’ingresso del liceo per cinque volte di fila, ma niente da fare: le parole non cambiavano.
Erano lì, nere su bianco, a esprimere un concetto che, nonostante quel termine strano - defezione - risultava allo stesso tempo semplicissimo e spaventoso: niente vaccino, niente ritiro di pallavolo. E probabilmente persino niente allenamenti.

Talmente sconvolto da questa notizia, Tobio non si accorse minimamente che Hinata gli si era affiancato - piccolo terremoto arancione di allegria e chiassosità.
“Ohi, Kageyama, che fai lì impalato? Uh? Ma ti senti bene?” chiese sventolandogli una mano davanti al viso.
L’altro rimase impassibile e Hinata, dopo averlo osservato meglio sgranò gli occhi: il compagno era terreo in volto, come quella volta in cui Takeda aveva annunciato alla squadra che per partecipare al ritiro estivo di Tokyo era necessario che i ragazzi superassero tutti gli esami scolastici imminenti.
“KAGEYAMA NON RESPIRA!” urlò, attirando l’attenzione di diversi studenti di passaggio nell’androne. Alcuni di loro si fermarono a osservare il duo di primini, con un’espressione perplessa.
Hinata si voltò lentamente verso la bacheca, curioso e allo stesso tempo timoroso di scoprire cosa avesse ridotto l’amico in quello stato.
Non appena ebbe letto l’avviso vergato da Takeda il respiro gli si mozzò nel petto.

“N-non è possibile… è un incubo!”

 

*

 

Poche ore più tardi, infermeria del liceo Karasuno.



“Tornate subito qui! Ennoshita, bloccali!”
Udito l’ordine di Daichi l’interpellato obbedì prontamente, recuperando dei terrorizzati esemplari in fuga di Tanaka e Asahi, che in quel momento, più che corvi, sembravano dei leprotti in preda al panico.

“Avanti, asso, non fare il bambinone, è solo un pizzicotto!”
Noyassan, che aveva appena finito di venire infilzato, batté una mano sulla spalla di Azumane, facendo ridere tutti, “Shoyo, anche tu! Muoviti! Vuoi venire a Tokyo oppure no?”
Hinata si avvicinò a una delle infermiere che stava preparando la siringa, con l’aria di un condannato a morte che si sta avviando al patibolo.
“Va bene, arrivo,” pigolò, con una vocina tetra che sembrava provenire dall’oltretomba.
Nel frattempo Shimizu si stava categoricamente rifiutando di dare un bacio di consolazione a Tanaka, se questi si fosse fatto vaccinare senza fare storie.
Alla fine lo schiacciatore parve venire a patti che il poter partecipare al ritiro doveva fungere da motivazione sufficiente.

Sugawara, Daichi, le riserve e gli altri primini, si erano sottoposti all’iniezione senza fare storie: della squadra ora rimaneva da convincere solamente Tobio.
L’alzatore era caduto in una sorta di trance da quella mattina e nessuno era riuscito a riscuoterlo.

“Hai ragione, Nishinoya, non fa male! Brucia solo un pochino.”

Finita la tortura Hinata era tornato alla sua programmazione di base, fatta di sorrisi e incoraggiamenti. L’infermiera gli aveva persino regalato una pallina di gomma, spesso utilizzata dal personale medico come antistress per i piccoli pazienti.

“Avanti, Fifo-yama, manchi solo tu!”

Il fatto che quella voluta presa in giro non suscitò reazione alcuna da parte di Kageyama diede ai ragazzi una misura di quanto l’alzatore fosse turbato.
Forse aveva una fobia degli aghi di cui nessuno di loro era a conoscenza o, più facilmente, si sentiva a disagio a farsi vedere così vulnerabile davanti a tutti.
Daichi sembrò capire e piegò la testa di lato, prendendo in mano la situazione da capitano sensibile e comprensivo quale era.


“Ragazzi, avanti, in palestra. Lasciamo Kageyama tranquillo. Ti aspettiamo per l’allenamento non appena hai finito qui,” concluse dando a Tobio una pacca d’incoraggiamento.
A uno a uno i ragazzi uscirono tutti dall’infermeria, ma quando fu il turno di Hinata, il primino passando davanti alla sedia dove era seduto Kageyama, si sentì trattenere per un braccio.

“Resta.”

Una sola parola, mormorata sottovoce, ma che a Kageyama doveva essere costata parecchia fatica.

Hinata scambiò un’occhiata con Daichi che annuì, con dolcezza, dandogli il tacito permesso di rimanere e raggiungere il resto del Karasuno con Kageyama, una volta finito lì.

Quando, poco più tardi, il duo di bislacchi si presentò sorridente in palestra, nessuno fece commenti nel notare le loro espressioni imbarazzate e il rossore sul viso di entrambi. Nessuno rimarcò il fatto che Kageyama, incredibilmente, durante l’allenamento non chiamò Hinata “cretino” nemmeno una volta, anzi, gli fece addirittura un paio di complimenti.


E il fatto che Tobio avesse accettato di sottoporsi al vaccino solamente perché Hinata si era offerto di tenergli la mano per tutto il tempo, rimase per sempre un loro esclusivo segreto.





 


Inutile dirlo, ma il tema della storia esula completamente dalla situazione attuale, anche se la storia mi è stata ispirata da una fan art nella quale un terrorizzato Bokuto deve ricevere il vaccino LOL.
Grazie per aver letto e alla prossima **

Bennina vostra

NB: grazie come sempre a Bea per il betaggio.


 

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Capitolo 4
*** Sbronza ***


Genere: fluff, commedia, hurt/comfort.
Personaggi: Takeda, Ukai
Coppia: slash.
Ambientazione: finale terza stagione.



 
IV - Sbronza


 
A Pampa ♥
 
 

“Ukaiiii, shono coscì feliceee!”

L’interpellato piegò le labbra in un sorriso divertito, mentre una sensazione di irrefrenabile tenerezza cominciava a dilagargli lungo tutto il petto.
Erano passate poche ore dalla vittoria contro lo Shiratorizawa e Takeda aveva mostrato segni di cedimento già da subito.
Quando i ragazzi, esausti ma euforici, erano tornati verso la panchina, sia lui che Shimizu erano in lacrime.
“Professore, questa è almeno la decima volta che lo ripeti.”
Takeda si sciolse in un sorriso ebete abbandonando il capo contro la spalla di Ukai.
“Dì un po’, sensei, quando è stata l’ultima volta che ti sei preso una sbronza?” chiese quest’ultimo passandogli un braccio attorno alla vita per sorreggerlo, mentre lo portava verso la camera da letto.
Ormai si era rassegnato all’idea di essere rimasto l’unico in uno stato decente, assieme a Daichi, Sugawara e alle ragazze.
Il resto della squadra era crollato sul tavolo dove avevano banchettato, grazie alla combinazione di cibo e stanchezza, e i loro genitori erano passati a prenderli in macchina finita la cena.

Ukai si era visto costretto a doversi occupare del povero professore, palesemente non in grado di tornare a casa in autonomia.
Non che la cosa gli dispiacesse, anzi. Ultimamente si era scoperto alquanto desideroso di trascorrere più tempo assieme a Takeda, di conoscere meglio quel coach tanto timido ma incredibilmente risoluto e votato alla causa della squadra.

Le labbra di Takeda si dischiusero e Ukai perse un battito nel rendersi conto, girando la testa, di quanto fossero vicine alle sue.
Ittetsu biascicò, come se nulla fosse: “L’ultiiiima volta? Credo al ritiro col coach Nekotama.”
“Nekomata” lo corresse Ukai, ridacchiando, ma l’altro nel frattempo si era addormentato e aveva cominciato a russare lievemente.
Ukai gli scostò dolcemente i capelli dalla fronte e lo adagiò sul letto.
Dopo avergli tolto gli occhiali si concesse alcuni secondi per osservarlo, intenerito.
“Dormi bene,Take-chan”, disse, abbassandosi per premergli un bacio veloce sulla guancia, ma proprio in quel momento l’altro si ridestò di colpo.
Ukai scattò all’indietro, come se si fosse scottato.
“Keishin…” mormorò Takeda, e Ukai arrossì nel sentire il suo nome uscire per la prima volta da quella bocca.
“Resteresti con me?”
Ukai ridacchiò chinandosi nuovamente verso di lui e prendendogli il mento fra le dita.
“Chiedimelo di nuovo quando sarai sobrio, professore”, soffiò a pochi centimetri dalle sue labbra, “E potrei anche dirti di sì.”

Con un’ultima risata per l’espressione a metà fra il deluso e il deliziato di Takeda, Ukai si diresse verso il salotto, sostanzialmente rassegnato a passare la notte sul divano, nel caso Ittetsu avesse avuto bisogno di aiuto.
E sotto sotto anche speranzoso di sentirsi fare nuovamente quella proposta la mattina dopo.







 
Grazie a chi ha letto e a chi vorrà lasciare un parere.
Alla prossima!

Bennina vostra

 

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Capitolo 5
*** Distrazioni ***


Genere: fluff, commedia, (a sto giro ho saltato l'hurt/comfort scusate ahahahah, ma tornerà nel prossimo, che sarà probabilmente il capitolo finale.)
Personaggi: Akaashi, Bokuto
Coppia: slash.
Ambientazione: Hogwarts!AU 



 
V - Distrazioni
 
A Memel e Carmaux ♥

 


«Bokuto-san, questo compito è un vero disastro. Ma si può sapere dove avevi la testa quando Piton ci ha spiegato come preparare la Pozione Calmante?»

Akaashi scuote il capo quando si accorge che l’amico nemmeno lo sta ascoltando, intento com’è a tenere il viso appiccicato alla finestra. Dalla loro stanza si gode della migliore visuale di tutto il castello sul campo di Quidditch e, per un fissato come Kotaro Bokuto, questa è allo stesso tempo una maledizione e una benedizione.

Forse un calmante adesso servirebbe a lui, si ritrova a pensare Akaashi, sorridendo suo malgrado, mentre osserva gli occhi dell’amico saettare da una figura in volo all’altra.
La squadra di Tetsurou Kuroo, Grifondoro, e loro più agguerrito rivale, si sta allenando proprio in quel momento, in vista della prossima partita che si terrà a breve.

«Gaaah, Akaaashiii, hai visto che passaggio ha appena fatto Kenma? E’ stato strepitoso, ci dobbiamo provare anche noi! Quando possiamo andare ad allenarci?»

Più che un corvo, Kotaro sembra un grifone mancato, pensa Akaashi, che ancora non capisce come mai il Cappello Parlante abbia assegnato l’amico alla casa di Corinna.
Non lo capisce, ma comunque ne è grato, perché - impazienza e infantilismi a parte - Bokuto-san è l’amico più sincero e fedele che Akaashi abbia trovato a Hogwarts.

«Non hai sentito una parola di quello che ho detto, non è vero?» domanda Keiji stropicciandosi gli occhi, e sul punto di arrendersi per l’ennesima volta, quando la risposta dell’altro arriva a sorprenderlo.

«Ho sbagliato il compito, uffa, sì, ho capito. Se lo rifaccio tutto giusto però poi andiamo ad allenarci? Eh? Andiamo, Kei-chan?» Gli occhioni dorati di Bokuto, che tanto ricordano quelli dei gufi che il ragazzo ama follemente, luccicano di una supplica praticamente irresistibile.

Akaashi sospira: in fondo lo sapeva che sarebbe finita così, specialmente quando l’altro si mette a usare quel diminutivo.
«A patto che tu finisca prima del tramonto, Kotaro,» borbotta, ignorando volutamente la replica dell’altro sul fatto che i gufi siano animali notturni.
«O così o nient-» ma la risposta si spegne sulle labbra di Kotaro che lo tira a sé coinvolgendolo in un bacio profondo.

«Sai, Akashi,» soffia Bokuto, staccandosi a fatica e sfoderando un sorriso malandrino, più degno di un serpeverde che di un corvonero, «in fondo faremmo molto più in fretta se tu mi permettessi di copiare il tuo compito.»

E se Keiji fosse ancora troppo compiaciuto - o frastornato - dal bacio per cedere e assecondare quella richiesta, be’, non c’era bisogno che qualcuno lo venisse a sapere.







 

Spero di avervi strappato un sorriso :D
grazie di aver letto!

Bennina vostra

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Capitolo 6
*** Incubi ***


Genere: fluff, commedia, hurt comfort
Personaggi: Akaashi, Bokuto
Coppia: slash.
Ambientazione: seconda stagione



 
VI - Incubi
 
Alla mia dolcissima Bea: buon compleanno, tesoro! ♥
 

La vita a volte aveva un senso dell’umorismo particolarmente sadico, si ritrovava spesso a pensare Keiji Akaashi. O per meglio dire, era così che la pensava dopo essersi trasferito all’Accademia Fukurodani.
Ricordava bene il perché la sua scelta alla fine fosse ricaduta lì e non sul liceo Suzumeoka: il motivo, infatti, aveva un nome e cognome, Kotaro Bokuto.
Akaashi aveva assistito quasi per caso a una sua partita assieme ad alcuni amici e sbam, il suo destino era stato segnato.
Kotaro emanava possenza, grazia, e leggiadria da ogni poro: i suoi non erano solo i movimenti di un grande asso dalla solida esperienza e dall’incrollabile fiducia nelle proprie capacità, ma anche quelli di un giocatore nelle cui vene scorreva un liquido formato da pura passione per la pallavolo, al posto del sangue. Una passione che agli attuali compagni di squadra di Akaashi mancava del tutto.
Voglio alzare per lui, era stata la prima cosa che Akaashi aveva pensato.
E quel desiderio si era avverato quando, pochi giorni dopo il suo trasferimento all’Accademia, Keiji era diventato alzatore titolare nel club di pallavolo.

“Non alzerò più per te.”


Sì, la vita aveva un senso dell’umorismo particolarmente sadico, e Akashi sapeva adeguarsi.

“Akaashiiii”, la voce lamentosa di Bokuto dopo che ebbe sentito quella frase sembrava quella di un moccioso di cinque anni.
Keiji non si divertiva di certo a ricorrere a ricatti morali, ma in certe occasioni la minaccia di non alzare più a quel bambinone troppo cresciuto che il Fukurodani si ritrovava come asso era l’unico modo per ottenere dei risultati.
Sbuffò, cercando di ritrovare la pazienza necessaria per affrontare la cosa da adulti.
Quella frase, tanto esasperata quanto efficace, era nata dal fatto che durante tutta la mattina Bokuto aveva giocato in pieno mood depresso, senza voler spiegare a nessuno il motivo.
Il Nekoma li aveva letteralmente stracciati: persino quel novellino di Lev era riuscito a segnare ben dieci punti a cavallo fra i due set, scatenando la gioia irrefrenabile di Yaku che gli era praticamente saltato in braccio, mentre Kuroo aveva dato il meglio di sé in quanto a battutine sarcastiche.

“Bokuto-san” esalò Akaashi, prendendo fiato, “Oggi pomeriggio abbiamo l’amichevole contro il Karasuno e se vuoi che torni ad alzare per te ho bisogno di sapere che sarai affidabile. Perciò, appena finita la penitenza mi racconterai cosa c’è che non va, è chiaro?”

Tra la smorfia depressa in viso, le orecchie basse e persino la chioma che si era afflosciata, più che un gufo, Bokuto adesso sembrava un cane bastonato: “Va bene,” bofonchiò, prima di cominciare il giro del campo in tuffo che spettava alla squadra perdente come penitenza.

 

La vita a volte aveva un senso dell’umorismo particolarmente sadico, si ritrovava spesso a pensare Keiji Akaashi.
Lui era venuto al Fukurodani per poter giocare con il grande Kotaro, ma nessuno gli aveva mai detto che nel pacchetto fosse compresa anche la carica di psicologo onorario del club.
Sul serio si trovava a dover consolare il compagno perché la sera prima aveva sognato che…

“Tsukki ha murato tutte le mie schiacciate, Akaashi! Tuuutte! E’ stato orribile, un vero incubo!”
Akaashi era combattuto fra l’impulso di scoppiare a ridere e la voglia di tirarsi degli schiaffi, perché non poteva essere vero, insomma, da quando lo conosceva, Bokuto si era incartato per i motivi più idioti, ma questo…
“Bokuto-san, era solo un sogno!” sbottò, con più veemenza di quanto volesse.
“Ma potrebbe accadere,” insistette l’altro, mettendo il broncio, “Prima o poi accadrà. E quando succederà…” Bokuto fece una piccola pausa ad effetto prima di nascondersi il viso nel gomito, “...tu non vorrai più alzare per me!” concluse, con tono esageratamente drammatico.

Akaashi si prese un secondo per elaborare bene le parole dell’amico, e alla fine le sue labbra si distesero in un sorriso intenerito e indulgente.
“Kotaro, sei davvero uno sciocco.” pensò con dolcezza.

Si avvicinò all’amico, che aveva ancora il viso ben nascosto, e lentamente glielo prese fra le mani, poggiando la propria fronte contro quella dell’altro.

 

“Bokuto-san,” soffiò, con tenerezza, “In quale universo credi sia possibile che io non voglia più alzare per te? Sono venuto in questa scuola apposta per questo!”

“Neanche se Tsukki mi dovesse murare ogni volta?”
Gli occhioni dorati di Bokuto luccicavano come due monete e le sue labbra tremavano, speranzose.

“Se anche diventasse così bravo, non accadrà che tra qualche anno, e noi due non saremo comunque più in squadra insieme.” scherzò Akaashi, lasciando andare il viso del compagno.

Bokuto s’imbronciò: sapeva che era la verità - presto avrebbe finito il liceo, dopotutto - ma odiava soffermarsi su un futuro che non contemplasse lui e Akaashi insieme nella stessa squadra. O che non contemplasse lui e Akaashi insieme in generale.

Tuttavia così era la vita, e oltre a godersi tutti i giorni che ancora gli restavano prima della fine della scuola, Bokuto decise che si sarebbe impegnato al massimo per cercare di non perdere i contatti durante l’università.

“Be’ manca ancora un po’ di tempo, allora,” mugugnò, il malumore dovuto al sogno ormai dissipato, “Andiamo, Akaashi, i nostri discepoli ci attendono. Ehy, ehy, ehy, voglio segnare almeno dieci ace! Karasuno, arriviamo!” gongolò circondando  la spalla dell’amico con un braccio e alzando l’altro verso il cielo.
Akaashi sospirò godendosi quel contatto e il ritrovato buonumore del compagno.

Bokuto sapeva andare da zero a cento e ritorno. I giramenti di testa che provocava erano snervanti, rifletté Akaashi, per non parlare dei suoi sbalzi d’umore, che avrebbero fatto perdere la pazienza a un santo. Ma se anche si fosse trovato a disposizione tutti i possibili e immaginabili schiacciatori della terra ai quali alzare, Akaashi avrebbe sempre e comunque scelto lui.


 
Nel frattempo, in palestra:

-Etciùùù!


“Tsukki! Questo sarà tipo il sesto starnuto che fai oggi… ti sei raffreddato?”





 
Si ringraziano di cuore Violet e Memel per aver letto la storia in anteprima e per il loro parere prezioso ♥
Buon compleanno di nuovo, Pollins del mio cuore! 
Grazie a chi ha letto e a chi vorrà commentare: per ora questo è l'ultimo capitolo della raccoltina ^^, vi ringrazio di averla seguita e alla prossima ♥

Bennina vostra


 

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Capitolo 7
*** Traumi passati ***


Genere: fluff, hurt comfort
Personaggi: Hinata, Wakatoshi
Coppia: slash.
Ambientazione: tra la quarta stagione e il finale
Disclaimer: ! questa storia si ispira alla long "Le cose che so su di me" di Violet Sparks, e agli headcanon in essa trattati !



 
VII - Traumi passati
 
A Violet, la stellina più preziosa del mio cielo.
 

Wakatoshi sapeva, più o meno consciamente, che dopotutto Hinata avrebbe apprezzato qualunque regalo gli fosse arrivato per il solo, semplice motivo che era da parte sua.
Però sapeva anche che il primo Natale insieme - e con insieme si intendeva da fidanzati - era un’occasione decisamente speciale. Una delle tante “prime volte” nuove di zecca nella vita di Wakatoshi.
Prima che quell’esplosione arancione di energia arrivasse a sconvolgergli letteralmente l’esistenza, Wakatoshi non aveva mai avuto una relazione seria, e di regali di Natale a persone che non fossero membri della sua famiglia non ne aveva sostanzialmente fatti.
Come in decine di altre occasioni anche questa volta si ritrovò a ringraziare mentalmente Tendou: il suo ex compagno di squadra poteva definirsi ormai una sorta di angelo custode della sua relazione con Hinata.
Discreto ascoltatore, nonché fedele dispensatore di consigli, idee, e soluzioni ai problemi più elementari.

Dove portare Hinata per quel week end insieme che il piccolo corvo insisteva tremendamente per fare? Tendou aveva la risposta.
Cosa preparargli per cena la sera del suo compleanno? Tendou si era occupato personalmente del dolce.
E via dicendo.
E anche ora, di rientro da Sendai con il regalo di Hinata impacchettato sotto braccio, Ushijima sapeva che il merito per l'idea era dell’amico.
Tirò fuori dalla tasca il cellulare per mandargli un messaggio di ringraziamento ma si accorse che la schermata era nera. Si era dimenticato di caricarlo prima di uscire di casa e ora lo smartphone aveva tirato le cuoia.
Poco male, mancava davvero poco alla prossima fermata, e tempo una ventina di minuti Wakatoshi sarebbe stato a casa.
Al pensiero di Hinata ad aspettarlo qualcosa di caldo e avvolgente gli gonfiò il petto e diffuse del rossore sulle sue guance. Una sensazione a cui non era più abituato e alla quale aveva trovato solo da poco un nome.

Si chiama felicità, Wakatoshi. Vedrai, non ti sarà così difficile abituartici.

 

*



Qualunque tipo di calore, sprazzo di serenità e sentimento positivo che albergava nell’animo di Wakatoshi fino a due secondi prima, andò velocemente in pezzi non appena aprì la porta di casa.
Dalle luci spente avrebbe già dovuto intuire che qualcosa non andasse per il verso giusto e la conferma venne quando non ricevette il solito abbraccio da parte di Hinata, che in genere gli si fiondava al collo anche quando Wakatoshi usciva semplicemente per fare una corsetta di mezzora.

No, questa volta Shoyo giaceva letteralmente raggomitolato su sé stesso accanto a uno dei tavolini del soggiorno, le gambe incrociate e la testa fra le mani, piegata verso il basso.
Il suo corpo era scosso da gemiti irrefrenabili e, per la prima volta da quando si erano conosciuti, Wakatoshi ebbe seriamente paura per lui.
Si avvicinò piano a quel corpicino tremante, come se temesse di turbarlo ulteriormente. 

Cosa diavolo poteva essere successo in quelle poche ore per ridurlo così?

“Hinata?” tentò, inginocchiandosi di fianco a lui e sfiorandogli i capelli con la mano.
La testa di Shoyo scattò improvvisa all’insù, come se il ragazzino fosse stato immerso in una sorta di trance fino a poco prima.
Aveva gli occhi sbarrati e pieni di stupore.
“Shoyo-kun”, riprovò Wakatoshi con inusuale dolcezza, prendendogli il mente fra le dita, “cos’è successo?”

“WAKATOSHI!”

Hinata finalmente parve registrare la sua presenza e gli si gettò fra le braccia ricominciando a piangere a dirotto.
Fra un singhiozzo e l’altro l’ex asso della Shiratorizawa riuscì a decifrare qualche frammento di frase.
Sei tornato e poi ti ho chiamato decine di volte fino a temevo ti fosse successo qualcosa, come a papà.

 

Wakatoshi, ancora scosso, strinse forte l’altro fra le braccia, tirandolo su con sé dal pavimento e portandolo verso la loro camera da letto.
Una volta giunto lì lo depositò con dolcezza sul futon, avvolgendosi attorno a lui come una coperta umana, in un abbraccio caldo e protettivo.
“Mi dispiace Hinata, è colpa mia, sono uscito con il cellulare quasi scarico, per questo non mi sono arrivate le tue chiamate. Perdonami, non volevo farti preoccupare.”
Gli passò con tenerezza le mani fra i capelli, districando via via tutti i piccoli nodi che trovava.
“Mi dispiace”, ripeté a intervalli regolari, “Sono stato superficiale, puoi perdonarmi per averti fatto stare così male?”
Piano piano il respiro di Hinata si calmò, grazie a quelle premure, e alla presenza solida e rassicurante di Wakatoshi accanto a lui.
“Scusa” pigolò, “a volte il ricordo di quello che è successo a papà mi ritorna in mente a tradimento. Mamma mi ha detto di averlo chiamato tante volte la sera dell’incidente, e quando lui non ha rispost-”
Non riuscì a concludere perché Wakatoshi lo fece voltare verso di sé, bloccando il resto della frase con le proprie labbra.
“Lo so, ma non è questo il caso. Sono qui, Shoyo. Sono qui e sto bene”. Wakatoshi prese la mano di Hinata e se la portò a ridosso del cuore, “E te lo prometto, tornerò sempre da te.”

Hinata deglutì, chiudendo gli occhi e lasciando che il battito forte del cuore di Wakatoshi si propagasse dal petto alla sua mano, fino a tutto il resto del corpo.
“Ok.” rispose, annuendo, improvvisamente esausto. “Grazie.”
Cercò di reprimere uno sbadiglio ma quello sfuggì lo stesso. Wakatoshi allentò la presa per andare a recuperare una coperta con cui avvolgere il compagno.
“Riposati un po’, Shoyo-kun. Io sarò di là a preparare la cena, mmh?”

Shoyo annuì con un sorriso imbarazzato allungandosi per rubare un altro bacio, come a sincerarsi inconsciamente che il suo ragazzo fosse tornato veramente incolume, e che non sempre un cellulare irraggiungibile stia a significare un incidente mortale.
E Wakatoshi lo capì perché in quel bacio mise una passione diversa dal solito, il suo modo silenzioso e sincero di sigillare la promessa fatta in precedenza.

Tornerò sempre da te.


 

Grazie di cuore a Bea e Maqry per i pareri in anteprima ♥
Buon Natale, Viò, stellina bellissima!
Mi spiace non essere riuscita a sviluppare il tuo prompt, ma spero che questa flashina ispirata alla tua long ti faccia piacere ♥

Grazie a chi ha letto e a chi vorrà lasciare un parere ^^
baci,

Bennina vostra
 

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