LA GUERRA DEI BARBARI

di The Lone Soldier
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** IN CERCA DI ALLEATI ***
Capitolo 2: *** AGGUATO ***
Capitolo 3: *** I CAVALIERI ***
Capitolo 4: *** LA FUGA DEL PRIGIONIERO ***
Capitolo 5: *** LA CAUSA UNNA ***
Capitolo 6: *** IL SACRIFICIO PER UNA CAUSA PIU' GRANDE ***



Capitolo 1
*** IN CERCA DI ALLEATI ***


Arnobio, ora senatore, rimase in Gallia a combattere al fianco del Rex Romanorum Siagrio e, una volta che l’ultimo generale venne sconfitto e l’ultimo baluardo romano conquistato, egli venne portato a Ravenna come prigioniero e Odoacre lo graziò, vedendo in lui un possibile alleato, nominandolo senatore.
Sulla via dei cinquant’anni e con un corpo robusto e segnato dalle cicatrici, i capelli grigi ma ben curati, occhi ambrati, Arnobio stava viaggiando a cavallo verso la dimora, situata nella campagna di Ravenna, del Generale Suxessus, il quale fu tra gli ultimi a restare fedele a Giulio Nepote dopo la sua deposizione e lì vi rimase fino al suo omicidio, avvenuto per mano del suo Generale Ovida nel 480 d.C.
 
Era mattina e la nebbia si stava alzando dai campi e Arnobio si coprì il più possibile per sopportare al meglio il freddo e cavalcava il suo stallone verso la dimora del Generale e per farlo prese strade non battute: gli Unni rimasti in Italia avrebbero potuto attaccarlo.
Dopo diverse ore la vide e tirò le briglie, raggiungendola a passo lento e osservando ciòche c’era attorno: campi, alberi e pozzanghere qua e là.
Arrivò dinanzi al portone d’ingresso in legno e bussò.
La risposta non arrivò e guardò le mura bianche su un perimetro quadrato.
Ad un certo punto qualcuno decise di aprire e si mostrò una donna sulla sessantina, capelli grigi, occhi verdi, con abiti regali di colore viola.
-Sei qui per il mio sposo? Entra pure, ti stava aspettando. –
La donna fece entrare Arnobio e si trovò in un cortile dove c’erano diverse galline e polli che vagavano qua e là.
Poco più avanti l’abitazione a pianta rettangolare, il cui ingresso era caratterizzato da una tendone rosso e da lì si scorse il Generale, stempiato e con un abito bianco usurato.
L’uomo si fece avanti con decisione e una volta arrivato al capezzale del senatore, disse:
-Arnobio, soldato romano che seguì Siagrio in Gallia! Quale evento ti porta a bussare alla mia umile dimora? –
- Odoacre mi ha incaricato … -
Suxessus fermò il suo interlocutore.
-Non ti permettere di nominare quella persona in questa dimora. Sai io sono rimasto fedele fino all’ultimo a Nepote e ho creduto potesse tornare sul trono. Mi ha permesso di vivere qui ma non lo riconosco. E nemmeno tu dovresti farlo! Perché lo fai? –
Arnobio rimase attonito, incapace di rispondere.
All’improvviso il portone in legno venne sfondato e dall’altra parte si palesarono dieci energumeni vestiti con pelli, scudi e capelli scuri.
Due di loro si avvicinarono alla moglie di Suxessus.
Costui tornò in casa e velocemente ne uscì, armato di spada.
-Provate solo a toglierle un capello e finirete malamente! –
Arnobio fece altrettanto e si mise accanto al suo interlocutore, pronto a combattere.
Suxessus, improvvisamente, cadde in avanti senza vita, colpito da una freccia nella schiena.
Il senatore si voltò e vide un soldato romano con un elmo coperto, e intuì si trattasse di un Cavaliere Imperiale.
Urlò per la disperazione e sembrò che stesse per andare incontro all’arciere ma si bloccò: la moglie di Suxessus urlò prima di essere uccisa dagli Unni.
A quel punto per Arnobio fu chiaro che da lì dovesse fuggire e raggiunse la parete alla sua sinistra, la scavalcò uscendo dalla casa.
Con un fischio chiamò il suo destriero, che arrivò di corsa e ci salì, fuggendo dalla villa.
Si guardò indietro e vide alzarsi il fumo.
-Devo avvisare Odoacre! –

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Capitolo 2
*** AGGUATO ***


Due Unni a cavallo si misero all’inseguimento di Arnobio e ciò lo portò a dare colpi di briglia al cavallo, aumentando la sua velocità. Il destriero correva su un sentiero battuto e il sole si fece alto nel cielo. Gli inseguitori diminuirono la loro distanza e sguainarono le spade, pronti a combattere. A est della sua posizione vide un boschetto e capì che poteva essergli di aiuto; per quella ragione mosse le briglia verso destra e il cavallo sterzò di netto, saltò di due metri e si immise su un altro sentiero battuto. Continuò a dare colpi di briglia fino a quando non entrò nella boscaglia ed era così fitta che in pochi punti entravano i raggi del sole. Non si fermò e non si voltò nemmeno per vedere se gli inseguitori erano ancora alle calcagna. All’improvviso urtò qualcosa con il petto e ciò lo portò a cadere all’indietro e battere la testa. Arnobio sentì un rumore fortissimo nelle orecchie, come se stesse per perdere l’udito. I suoi occhi non riuscivano a distinguere l’ambiente circostante ma notò due figure barbute sopra di lui: erano gli Unni, coloro che l’avevano inseguito. Dissero qualcosa in una lingua sconosciuta, gesticolarono e risero di gusto. I due presero le spade e le rivolsero verso il basso, pronti ad infilzare il senatore. Le loro mani erano strette all’elsa quando la loro attenzione venne posta da qualcuno. Rimasero fissi. I due vennero trafitti da delle frecce e Arnobio poté sentire le frecce conficcarsi nella carne e le urla di dolore. In un impeto si girò sul fianco sinistro e provò a guardare chi aveva attaccato gli Unni e vide dei guerrieri con elmi ostrogoti, scudi in legno e spade in ferro, oltre a tre arcieri e una figura lo colpì: aveva un mantello con pelle di animale, molto pregiata, armatura a protezione del petto, barba ben curata e capelli ricci. Costui si avvicinò ad Arnobio; quest’ultimo lo riconobbe e disse: -Teodorico! – Il condottiero guardò i suoi uomini ed esclamò: -Legategli le mani! -

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Capitolo 3
*** I CAVALIERI ***


L’accampamento degli Ostrogoti era posto in un bosco vicino, alle pendici di un colle dal quale una sentinella osservava i movimenti e fu in quel punto che Teodorico si diresse; nel mentre Arnobio era stato portato alla propria tenda. La sentinella, un soldato sui venticinque anni armato di lancia volle comunicare ciò che aveva visto durante l’assenza del Re. -Il gruppo di Unni che aveva attaccato la villa si è diretto a nord ed è probabile si siano radunati. Temo che la guerra tra noi e Odoacre abbia permesso a questi rozzi di penetrare. – Teodorico si limitò ad annuire, dando una pacca sulla spalla al sottoposto. Tornò al campo e alla sua tenda, che era larga cinque metri e dentro c’era una brace con un fuoco acceso. Vi entrò e notò di come Arnobio era stato messo sulle ginocchia, pronto per una conversazione con il re ostrogoto. Molte persone urlavano per la paura e stavano lasciando un villaggio, appena attaccato e dato alle fiamme. I responsabili dell’attacco erano gli Unni. All’interno del villaggio, infatti, avevano radunato i sopravvissuti e li avevano posti al centro. Tra loro un signore anziano con un anello d’oro sulla mano sinistra: probabilmente un ex senatore. Gli Unni attendevano qualcuno e di lì a poco entrarono due uomini a cavallo: uno era il Cavaliere Imperiale arciere, con il suo elmo d’oro e la parte aperta, che mostrava il viso, chiusa con un supporto nero che permetteva la vista, che cavalcava un cavallo bianco e l’altro era un essere barbuto, capelli neri e lisci, abito grigio scuro e logoro, scudo sulla schiena e spada posta sul fianco destro, cavalcante un destriero nero e con protezioni sulla fronte dell’animale. Costui si avvicinò e il senatore tremò dalla paura, tanto da farsi venire un attacco di panico. Il Cavaliere tirò indietro il braccio sinistro, ponendolo dietro la schiena e tirò fuori una corda, alla quale erano appese due teste mozzate: Suxessus e la consorte. Il barbuto scese da cavallo e si avvicinò al senatore, puntandogli un coltello alla gola. Restò in silenzio e venne raggiunto dal Cavaliere Imperiale il quale si piegò, guardando l’anziano dall’alto verso il basso. -Quanto tempo, Albino! – L’anziano si sorprese nel sentire il suo nome e chiese chi si celasse dietro quell’elmo così importante. -L’uomo che ti sta per uccidere è Gunderigo, Comandante delle forze di Attila II e futuro Imperatore. Del mio nome niente ti deve interessare! – Schioccò le dita e Gunderigo, così era chiamato l’Unno, pugnalò Albino nella scapola.

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Capitolo 4
*** LA FUGA DEL PRIGIONIERO ***


Teodorico si sedette di fronte ad Arnobio e volle interrogarlo. -Un senatore di Odoacre che ci fa in queste zone? Eri andato a trovare un amico? – Il condottiero sorrise, cercando di ricavare informazioni dal prigioniero. Arnobio restò in silenzio, non rispose. -Mi sorprende che in una situazione del genere tu non abbia paura di me. Ti chiedo: cosa spinge un romano, che ha combattuto fino all’ultimo sotto quei vessilli a prendere ordine da un germanico? Cosa ti spinge? – Arnobio sputò in faccia al condottiero ostrogoto. Quel gesto fece arrabbiare Teodorico che tirò fuori la spada e la puntò al mento. -Ti tengo in vita per fortuna e non per pietà, perché voglio capire che ci facessi in queste zone e tu sputi in faccia al tuo futuro Re? Come ti permetti? – Il capo ostrogoto allontanò la spada e caricò il colpo, per uccidere il prigioniero. All’improvviso qualcuno entrò nella tenda del Comandante ed era agitato. -Gli Unni ci hanno attaccato! – Teodorico lasciò perdere il prigioniero e uscì dalla tenda. Arnobio sentì urla e schiamazzi. Accanto a lui vide un baule e, sopra di esso, un coltello nel fodero. Arnobio pensò bene di alzarsi, raggiungere il baule e prendere l’arma, togliendola dal fodero. Si tolse il laccio che gli tenevano i polsi legati e decise di uscire. Appena uscito vide un ostrogoto a terra, trafitto da due frecce e accanto due Unni feriti. Si guardò attorno, provando a fuggire da quel campo di battaglia e notò un sentiero alla sua destra, incastonato tra due vie di rocce. Corse verso di esso ma non si accorse che un Unno, a terra, l’afferrò per la caviglia sinistra, facendolo cadere in avanti. Arnobio si girò e si trovò davanti un uomo corpulento, con grossi baffi e capelli lunghi e neri. L’assalitore disse qualcosa di incomprensibile e Arnobio, senza farsi prendere dal panico, conficcò il coltello nel cuore dell’Unno; costui sbarrò gli occhi e cadde di schiena. Per il romano fu il momento in cui corse per quel piccolo sentiero e uscì, ritrovandosi in un altro bosco. Improvvisamente si trovò davanti Teodorico a cavallo il quale, vedendo il prigioniero fuggito e con le mani insanguinate, decise di porgergli la mano.

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Capitolo 5
*** LA CAUSA UNNA ***


Arnobio accettò la mano di Teodorico e salì sul destriero del condottiero ostrogoto. Teodorico diede un colpo per far ripartire il cavallo e Arnobio vide numerosi altri guerrieri ostrogoti, in ritirata. Il Cavaliere Imperiale, durante le fasi concitate della battaglia contro gli ostrogoti, si era accorto della fuga del prigioniero romano, aveva assistito all’uccisione del guerriero unno e della fuga con Teodorico. Lo aveva inseguito in quel sentiero stretto e poté vederlo a circa dieci metri di distanza, alle spalle del condottiero ostrogoto. Tirò fuori una freccia dalla faretra in modo lento, la tese e prese la mira. Il Cavaliere la scoccò e trafisse Arnobio nella parte alta della schiena, vicino alla spalla. Arnobio sentì quel colpo così duro che perse conoscenza e non riuscì ad aggrapparsi a Teodorico, cadendo da cavallo. L’ostrogoto fermò il destriero, si guardò dietro ma si accorse che gli Unni stavano inseguendo lui e il suo seguito. Decise di lasciarsi alle spalle il prigioniero e scappò via. Gli Unni inseguirono gli ostrogoti superstiti e nel frattempo, a passo lento, il Cavaliere Imperiale arrivò al capezzale di Arnobio che tremava e stava con la pancia appoggiata al terreno. Il Cavaliere estrasse la freccia con forza e ciò causò un forte urlo da parte del prigioniero e, con una velocità incredibile, girò il romano, per guardarlo negli occhi. Si abbassò ed estrasse un coltello, che teneva al ventre e lo puntò alle labbra di Arnobio. -Ti ho salvato diverse volte la vita, come tu hai fatto con me e quando ti hanno portato a Ravenna pensai che ti avessero ucciso o consegnato ad altri barbari come merce di scambio e invece no: sei diventato senatore! La delusione più grossa sei tu che combatti dalla stessa parte del nemico, nemico che Attila II vuole annientare e io, che ho combattuto i barbari al tuo fianco, non ho dimenticato! – Arnobio stentava a capire che stesse dicendo e, a quel punto il Cavaliere lo prese per il collo e cominciò a stringere la presa. -Rispondimi! - urlò il Cavaliere, adirato -Chi sei? – domandò Arnobio con voce tremante. -Non ricordi nemmeno la mia voce? – Il Cavaliere si alzò e si tolse l’elmo, infrangendo il codice dei Cavalieri Imperiali, mostrando un volto invecchiato: capelli grigi lunghi, occhi verdi, cicatrici sulle guance. -Ho ucciso chi teneva quest’armatura, era un vecchio moribondo senz’anima e senza compiti. L’ho presa e mi sono messo alla ricerca del condottiero Attila II e ho promesso di aiutarlo nel fare quello che il suo predecessore non riuscì a fare. Sai, Arnobio, ci fosse stato “il Flagello di Dio” avrei difeso i confini romani ma con questi rozzi no, perciò ho deciso di schierarmi dalla parte degli Unni. Io Ambrosio Anatolio, tuo compagno d’armi sotto Siagrio. – Arnobio non credeva ai suoi occhi: costui che aveva davanti era suo amico e ora ne era il nemico. CONTINUA

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Capitolo 6
*** IL SACRIFICIO PER UNA CAUSA PIU' GRANDE ***


Ad Arnobio tremavano i denti; il sangue usciva copioso dalla ferita e ciò lo portava a non vedere nitidamente ciò che aveva attorno ma la scoperta che quel Cavaliere Imperiale era un suo compagno d’armi, quello era riuscito a realizzarlo e non si capacitava. -Non avrei mai voluto ferirti amico mio ma mi hai costretto! – disse Ambrosio. Pugnalò Arnobio al costato e, nel mentre, lo fissava e si sentiva a proprio agio nel farlo. Tirò fuori il coltello e gliene diede un’altra e un’altra ancora. -Faccio solo ciò che è necessario: hai scelto la parte sbagliata della storia da cui stare! – Successivo alla terza pugnalata Ambrosio Anatolio si alzò, rimise il coltello nel fodero e tese l’arco, pronto a scoccare una freccia. Arnobio, con la forza che gli restava si mise in ginocchio respirando affannosamente e il cui corpo era coperto di sangue. Allargò le braccia e chiuse gli occhi, pronto a morire … quando dei corni da battaglia risuonarono ad una certa distanza. Le urla concitate, poi, gli fecero aprire gli occhi. Si girò e vide dei fanti avanzare ma la vista non era delle migliori e non riuscì a capire. Strizzò gli occhi e vide arrivare dei guerrieri eruli e alcuni romani, insieme agli ostrogoti, avanzare con spade sguainate verso gli invasori Unni che, a loro volta, decisero di andare allo scontro frontale. Osservò Ambrosio camminargli a fianco e in quel frangente in Arnobio si palesò l’idea di intervenire e fece cadere il vecchio compagno d’armi che perse l’equilibrio. Vide il coltello alla cintura, posizionato dietro la schiena di Ambrosio e lo prese, conficcandolo nella mano sinistra appoggiata al terreno morbido. Le urla del Cavaliere Imperiale si fecero forti. Arnobio, a quel punto, prese anche due frecce dalla faretra e le conficcò nelle spalle. Ambrosio fu pervaso dal dolore e, a quel punto, non potendosi alzare Arnobio gli si avvicinò all’orecchio destro, per sussurrargli qualcosa. -La storia, ora, è cambiata! Io morirò ma almeno ho permesso ad Odoacre e a Teodorico di potersi alleare contro i tuoi padroni Unni. Che vengano pure! E ricordati due cose: tu verrai con me all’inferno ma io, da lì, tormenterò le loro anime! – Arnobio prese per i capelli Ambrosio e la sbatté diverse volte nel terreno. Il corpo del nemico era immobile e si rese conto di aver posto fine alla sua vita. A quel punto egli si alzò a fatica, con le lacrime agli occhi e una grande spossatezza. Osservò gli Unni fuggire: l’alleanza ostrogoto erula romana aveva vinto e vide avanzare verso di lui, a cavallo, Teodorico e Odoacre, con i suoi capelli lunghi e nero chiaro, il suo abito nero con mantello vecchio e logoro. Nel vederli sorrise e s’accasciò a terra, senza riprendersi. I due condottieri andarono al suo capezzale ma non poterono fare molto. Si guardarono, scambiandosi un cenno di assenso e stringendosi la mano, in segno di alleanza. La guerra contro Attila II era cominciata. Al campo Unno, situato in una località montana dopo le alpi trentine, arrivò la notizia della sconfitta. Fu Gunderigo in persona a portarla al sovrano Attila II che ne stava nella sua tenda privata, ampia cinque metri e in compagnia di concubine. Il Comandante entrò e vide il sovrano completamente nudo, intento a bere vino e a divertirsi con una donna dai capelli neri e formosa. S’inginocchiò e attese che il sovrano terminasse l’atto, consegnando il dispaccio. Attila II si toccò i baffi folti, per poi grattarsi la testa dove i capelli erano assenti e raggiunse Gunderigo. Prese in mano il dispaccio e lesse che Ambrosio Anatolio aveva fallito e la sua sconfitta aveva permesso l’alleanza tra Teodorico e Odoacre. Strinse i denti e sbuffò. -Preparate l’armata. Useremo i vecchi metodi! – disse un arrabbiato Attila II

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