Christmas
adventure
❄ 24 dicembre
❄
We wish
you a merry Christmas
We wish
you a merry Christmas
We wish
you a merry Christmas
And a happy new year.
La musichetta natalizia
risuonava da ore nel refettorio semideserto, dallo stereo messo a disposizione
da suor Orsola dopo mille raccomandazioni. L’incentivo utilizzato dalle donne
del monastero per trasmettere un briciolo di atmosfera natalizia ai quattro
musoni.
«Hai più capito a cosa
hai detto sì?»
Ivan lo chiese sollevando
con cautela la palla di vetro soffiato al ragazzo seduto cavalcioni in cima
alla scala. Erano passati tre giorni dall’incidente in chiesa e il suo capitano
non aveva ancora smesso di darsi pace.
«No»
Yuri posizionò
l’ornamento sul ramo dell’albero facendosi sfuggire un sospiro sia per l’ultimo
oggettino di vetro portato in salvo senza danni sia per l’inconcludente
indagine a cui si stava dedicando. Era impossibile sperare di ottenere
informazioni senza ammettere esplicitamente di non averle ascoltate poiché
troppo impegnato a dormire, soprattutto quando erano tutte in fibrillazione per
l’arrivo di un gruppo di suore italiane. Una specie di scambio culturale almeno
così credeva lui, qualcosa che non accadeva spesso e che aveva costretto tutti
loro a sistemare le stanze preparate già da settimane, quelle in cui non
avevano nemmeno pensato di farlo soggiornare nell’attesa del lieto evento. No,
meglio il cubicolo con la Madonna.
«Probabilmente era una
sciocchezza» si intromise Sergey poggiandosi momentaneamente al manico di scopa
vicino ad uno dei tavoli apparecchiati «E voi vi state fasciando la testa
inutilmente»
«Voi…tu ormai non
fai più parte della squadra?
«Ivan»
«Dai Yuri lo sai che ho
ragione, sta sempre dalla loro parte»
Sergey lasciò cadere il
discorso con uno scuotimento del capo, riprendendo a spazzare il pavimento in
pietra tra borbottii incomprensibili facilmente intuibili. Ivan alzò il dito
medio, Sergey sollevò lo sguardo, Ivan fischiettò la canzoncina di sottofondo
sparendo in corridoio prima di essere raggiunto dalla scopa volante.
Yuri sospirò nuovamente
tirando via l’elastico dallo chignon disordinato da cui le ciocche continuavano
a sfuggire, in attesa del nuovo pacco di decorazioni che Ivan per istinto di
sopravvivenza era andato a cercare nello sgabuzzino simile a Narnia.
Incominciava a detestare
i suoi capelli.
Le suore erano state
irremovibili al suo arrivo, nella struttura monastica non avrebbe potuto girovagare
con i consueti due corni all’insù come il demonio. Il suo categorico
rifiuto per quelle associazioni ritenute idiote e quelle imposizioni a cui dover
sottostare – che aveva ingenuamente creduto un lontano ricordo – erano venute
meno all’idea di vedere in strada i suoi compagni a causa sua, oltre che per le
forbici tirate fuori da chissà dove. Erano bastate quelle e il velato
suggerimento a un rasoio elettrico per scendere a patti: lui li avrebbe legati
in altri modi e loro non avrebbero dovuto rompere ulteriormente.
Le dita si strinsero
attorno all’estremità della felpa.
Sarebbe bastato poco per liberarsi dello stress e la presenza di quelle maledette
suore.
Una singola chiamata.
«Perché non volevi
chiedergli un favore» non c’era stata alcuna accusa, la voce era stata
volutamente mantenuta bassa per evitare che sentisse Sergey «Te lo si legge in
faccia a cosa stai pensando»
L’osservazione pacata di
Ivan spezzò la linea dei suoi pensieri riportandolo alla realtà. Il compagno
era rientrato silenziosamente, posizionandosi nello spazio sotto la scala, in
linea diretta con il suo viso per mostrargli un sorrisetto appena accennato e
la composta espressione onnisciente volutamente taciuta. Yuri non si era
accorto di aver stretto i denti finché non li aveva allentati per espirare.
«Al tuo posto non l’avrei
fatto nemmeno io» l’aggiunta leggera di Ivan accompagnò i piedi issati sul
terzo gradino da ambo i lati della scala per sollevarsi verso di lui «Stiamo
pur sempre parlando di Hiwatari»
La perspicacia di Ivan
era un’arma a doppio taglio.
Se da una parte svolgeva il lavoro sporco dando un nome all’elefante nella
stanza che li accompagnava da ormai due settimane, dall’altra metteva in
evidenza l’origine di tutti quei tormenti mentali. Yuri per un capriccio
personale non aveva chiesto ospitalità a Hiwatari. Era stato impossibile per il
suo orgoglio accettare il comportamento tenuto dall’altezzoso ex compagno
durante il terzo campionato e il conseguente voltafaccia con lui incosciente.
«Ivan, ti ho costretto a
condividere la stanza con una suora»
«Perlomeno non russa come
Boris»
Yuri accettò come segno
di pace il passaggio di una campanella dorata estratta dalla nuova scatola,
l’angolo delle labbra premuto nella guancia in un mezzo sorriso abbozzato. Ivan
aveva nascosto quello che pensava realmente. L’aveva sentito più di una volta
lamentarsi del rosario recitato in piena notte, del profumo di naftalina di cui
era impregnata la stanza, del cellulare che non poteva usare dopo le ventuno a
causa della luminosità dello schermo che infastidiva la donna, delle parabole
spacciate per favole della buona notte. Ivan era stato quello più sfortunato
fra loro in quel soggiorno, l’unico che avrebbe potuto veramente rinfacciargli la
sua scelta mancata. Eppure, continuava a stare dalla sua parte.
Ivan aveva altre prede.
La voce l’aveva alzata intenzionalmente sull’ultima frase.
«Io non russo, sono russo»
puntualizzò il vocione scorbutico del nuovo arrivato alle sue spalle,
sopraggiunto senza un minimo di grazia, i capelli disordinati, la giacca
strappata e la pala sporca di neve strusciata malamente sul pavimento «E poi mantengo
in allenamento le narici»
«Potresti mantenere anche
l’ordine, avevo appena pulito!»
«Sergey cosa vuoi che me
ne freghi delle tue ramazzate» ribatté Boris ricadendo su una delle panche, la
schiena e i gomiti poggiati rudemente sul tavolo apparecchiato alle spalle, in
faccia i segni della lite intercorsa con il gatto nel cortile «Sono stanco, ho
spalato in un giorno tutta la neve che quei due non sono stati capaci di
togliere nel triplo del tempo»
«Ma sentitelo, povero
piccolo Bobo… costretto a lavorare»
«Taci lurido nano, lo so
che è colpa tua»
Ivan arretrò contro
l’albero di Natale premendosi le mani sulle guance, la bocca comicamente
spalancata in un urlo inorridito silenzioso. Il volto ruotato lentamente prima
verso Sergey rimasto perplesso vicino la porta dove era andato a contemplare la
scia nevosa – che si estendeva finanche in tutto il corridoio e probabilmente partiva
dall’ingresso – poi verso Yuri sopra di lui che volutamente evitava di voltarsi
e accorre in aiuto di Boris.
«Tu e la tua stupida
scusa della caviglia slogata»
«Boris, così ferisci i
miei sentimenti, io mi sono fatto davvero molto male» balbettò rattristato il
ragazzino sventolandosi in modo appariscente gli occhi da cui non usciva una
lacrima «Suor Agata non ti ha detto di trattarmi meglio? Così ferisci i miei
sentimenti…devi placare la rabbia e aprire il cuore ai tuoi compagni»
Ivan per un soffio evitò
la pala scagliata contro di lui, abbassandosi in tempo per farle centrare
l’albero che tintinnò pericolosamente. Yuri ruotò lentamente il collo senza
proferire parola, un’occhiata gelida che valeva più di mille parole.
«Ma vi siete fissati?!
Non sono il vostro tiro al bersaglio…»
«Sei peggio del gatto che
si è fottuto il mio spuntino»
«Quale gatto?» chiese
perplesso Sergey cercando uno straccio asciutto nel carrello delle pulizie
senza esito positivo «Soprattutto, quale spuntino se qua è già un miracolo
mangiare qualcosa a pranzo e cena!»
«Uno spuntino»
Sergey rinunciò alla
ricerca mettendo le mani sui fianchi, in una posa solitamente assunta da colui
che in quel momento se ne stava infischiando di tutto e tutti, ligio a
sistemare le ultime decorazioni con l’espressione di chi quel discorso l’aveva
già fatto, sentito e vissuto.
«Boris»
«Sergey»
I due si fissarono
intensamente per svariati secondi. Il primo assottigliò gli occhi, l’altro
spazzolò via la neve dai vestiti. Il piede di Sergey cominciò a battere
ritmicamente sul pavimento, Boris si infilò spudoratamente in bocca una gomma
da masticare.
«Non ci credo, hai rubato
nella dispensa!»
«Rubato ora, che
esagerazione» masticò svogliatamente stravaccandosi contro il tavolo, le gambe
sgraziatamente incrociate sulla panca del successivo «Ho salvato dal secchio
della spazzatura delle povere ciambelle prossime alla data di scadenza»
«Quando?»
«Cosa?»
«Quando sarebbero
scadute?»
Boris fece scoppiare un
palloncino gommoso proseguendo a masticare sfacciato, la coda dell’occhio
diretta a osservare i movimenti del capitano che sembrava non stare ascoltando
la conversazione. Apparentemente.
«Il ventinove novembre…»
«Ma è già passato»
«…del prossimo anno»
Sergey lasciò ricadere le
mani lungo i fianchi completamente avvilito, borbottando «Un ladro, abbiamo un
ladro in squadra» a cui Yuri annuì tra sé impercettibilmente, indeciso tra un
fiocco rosso e uno dorato. Boris roteò gli occhi pulendosi le unghie sporche di
terra con uno dei coltelli del servizio buono preso dal tavolo mentre Ivan alzò
il volume della canzone successiva.
«Questo succede quando si
perde la retta via» urlò Ivan per sovrastare la musica a palla, trotterellando
allegramente nuovamente vicino al trio «Vedi
Boris, tu hai il maligno dentro di te, la prova è la rabbia che covi, ti fa male,
ti logora…ti spinge ad agire d’ istinto, come con la pala prima, scagliata
contro di me povera anima innocente… potevi fare un disastro» continuò
incurante balzando agilmente su ogni gradino della scala per frapporre una
buona distanza, enfatizzando ogni perfetta giravolta della caviglia «Pensa alle parole di suor Agata! Quella donna
ancora disposta a convertirti»
«Eppure non mi sembrava
avesse bevuto…» mormorò perplesso Sergey alla contorta acrobazia simile a una
capriola compiuta da Ivan per mettersi seduto in cima.
«Le ricordi Boris?! Eh?...
Noi meritiamo affetto! Tu devi amarci Boris! AMACI!» Ivan quasi lo gridò sull’orlo del pianto mal
celando il sorriso malefico, atteggiandosi infine a corto di fiato con le due
dita benedicenti nell’aria ad uno dei sacerdoti di quel posto «Se uno ti
percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra…così come, quando qualcuno ti fa un
torto non devi vendicarti ma accettarlo e andare avanti, invitandolo a compierlo
di nuovo»
«Te la rompo io l’altra
guancia…insieme alla caviglia»
«Suor Agata non ha detto
proprio questo…» commentò piattamente Sergey frugando nel taccuino in cui la
suora gli aveva chiesto in più occasioni di prendere appunti.
«Dannazione Sergey, tu
ancora gli vai dietro?!»
Ivan schiena contro
schiena con Yuri in cima alla scala a centro stanza portò le mani al petto
fingendo un singhiozzo, aumentando la rabbia inesplosa di Boris non ancora
saltatogli addosso per la sola presenza di Yuri. Non era di certo salito sulla
scala solo per gustarsi il panorama. Yuri non avrebbe permesso che
venisse sfiorato nemmeno con un dito.
«Misericordia! Voi ancora
qui siete?!»
Suor Agata non era altro
che una povera donna sulla cinquantina, colpita da artrite, reumatismi, colpo
della strega, asma e qualunque altra patologia cronica potesse esistere in un
libro di medicina di cui a detta di Boris faceva da testimonial. Un concentrato
di problemi giunto in volata sulla soglia della stanza.
So this is
Christmas
and what have
you done
«Purtroppo»
aveva sussurrato mestamente Ivan.
«Così pare» aveva
risposto svogliatamente Boris.
«Suor Agata attenzione!»
aveva urlato prontamente Sergey precipitandosi da lei.
La sfortunata suora era
scivolata all’imbocco del corridoio, sulla scia bagnata che Sergey non aveva
fatto in tempo a pulire, fortunatamente afferrata al volo dal robusto ragazzo
che per evitarle la rottura di un osso le aveva attutito la caduta fungendo da
cuscino.
Another year
over,
a new one just begun
«Misericordia!»
sbiasciando riversa sul pavimento e con agilità inesistente la suora si rimise
in piedi aiutata da Sergey, il velo di traverso e l’andatura traballante
«Dovevate finire di addobbare la stanza un’ora fa!» in uno sventolio di vesti
per la corsa, non contenta di essere appena scampata alla perdita dell’osso
sacro, si avvicinò all’albero su cui mancavano gli ultimi ritocchi «Cosa avete
fatto finora?! Le suore italiane saranno qui fra poco!»
«Ah non guardi me, io ero
a lavoro fuori»
«Ecco noi…Boris mi ha
minacciato! Vuole spezzarmi le gambe!»
Ivan assunse la sua
migliore aria da cucciolo bastonato puntando improvvisamente il dito verso il
compagno di squadra alle spalle della suora, già in piedi e pronto ad
ucciderlo. Lo sapevano entrambi che era una battaglia impari, la suora avrebbe
creduto ad una sola persona.
And so this is
Christmas
I hope you have fun
«Boris! Non posso certo
dire di meravigliarmi del tuo comportamento da galeotto, ma questo… Ivan si è
già fatto male la caviglia! Un po’ di buon cuore per l’amor del cielo!»
Ivan ghignò mellifluo alle
spalle della suora, il mento alzato per ostentare quella superiorità altresì
mancante in un faccia a faccia. La sua compagna di stanza lo avrebbe creduto
innocente anche con un coltello insanguinato stretto in mano dinanzi a un
cadavere.
«Ha provato a picchiarmi
con la pala…»
«Con la pala?!»
«Non è assolutamente
vero!»
«Ah no…e allora dov’è la
tua pala?!»
Lui era il piccolo e
indifeso bambino circondato da selvaggi, quello da difendere dalla cattiva
influenza di Boris, dal brutto carattere di Yuri e…null’altro, contro Sergey
non era stata mossa alcuna critica per tenersi stretto il prodigio canoro.
Certo, non tutte lì la pensavano allo stesso modo, soprattutto la badessa che
ancora non gli perdonava il vaso distrutto in chiesa, ma suor Agata, lei lo
avrebbe difeso a costo della vita. Le preghiere che era stato costretto a
recitare forzatamente ogni notte con lei avevano finalmente mostrato la loro
utilità.
«Mi è scivolata da mano»
«Volata via da
mano vorrai dire»
Boris assottigliò gli
occhi mimando con le labbra l’annuncio di ogni tipo di tortura esistente al
piccolo truffatore che per fare ancora più scena si era aggrappato alla felpa
del capitano, fingendo una dose di spavento che sfortunatamente non poteva fargli
provare appieno.
«Ora non inventarti le
cose raz-…piccolo Ivan»
The near and the dear one
The old and the young
«Boris, devi imparare a
gestire la tua rabbia»
«E lei a non credere a
tutto quello che dice quel demonio»
«Boris! Ivan è un povero bambino
sfortunato»
«Sì certo e io sono Dio»
«Blasfemia!» gli urlò
contro la donna sollevando la croce.
«Cribbio» sibilò Boris
massaggiandosi le tempie, maledicendosi nuovamente per la scelta sbagliata di
parole «Ma dico, le sembra normale che uno con la caviglia rotta stia su una
scala!?»
«Sarà scappato lì a causa
della tua forza bruta»
«Ma lo vede?!» gli sbotti
sovrastarono le dolci note musicali di sottofondo inframmezzate dai tintinnii delle
palline che nell’attesa Yuri aveva cominciato a riposizionare «S-c-a-p-p-a-t-o,
lo dice anche lei!»
Sergey interdetto cercò
lo sguardo del suo capitano senza riuscire a incrociarlo. Yuri aveva serrato la
bocca fino a farla sbiancare ponendo tutta la sua attenzione sulla lucidatura
di una pallina presa a caso dall’albero, completamente estraneo al delirio in
corso. Ivan invece…Sergey sospirò affranto prendendo in mano il cellulare, il
selfie che il ragazzino aveva appena scattato poteva significare solo una cosa.
Il loro gruppo telegram aveva nuovamente cambiato
nome. Qui, Quo, Qua, Paperino e lo zio Paperone addormentato. L’immagine
circolare mostrava un ciuffo di capelli cremisi nell’angolo, un sorridente Ivan
in primo piano, alle sue spalle la suora – non inclusa - in lite con Boris e
lui sconfortato sullo sfondo in compagnia di uno sticker con la faccia
dormiente di Hiwatari.
In futuro avrebbe dovuto
ricordare ad Ivan di rimuovere quella foto nel caso avessero pensato di
aggiungere Kei per qualsivoglia ragione.
A very merry
Christmas
and a happy new year
«Direi che puoi ritenerti
soddisfatto, ho fatto un ottimo lavoro…voglio dire, Boris ha fatto un ottimo
lavoro al posto nostro nel piazzale esterno» la vocina melliflua di Ivan
solleticò l’orecchio di Yuri spingendolo a passare la lingua tra le labbra per
non ghignare spudoratamente «La tua vendetta è compiuta…anche se non ho ben
capito per cosa fosse»
«Nulla di importante, sei
stato un ottimo attore»
«Modestamente» ribatté il
piccoletto mimando con le mani una riverenza che Yuri colse di sfuggita con la
coda dell’occhio, finalmente voltato ad osservare la lite sottostante «Ai tuoi
comandi mio capitano»
Let's hope
it's a good one
Without any
fear
«Ivan lo ha fatto apposta
per non spalare la neve!»
«Ora gli dai anche del
bugiardo?!»
«Ivan è un bugiardo!»
Sergey si massaggiò la
nuca non sapendo chi fermare per primo, da quando stavano in quel monastero
sembravano tutti impazziti. Boris aveva incominciato ad avere quegli improvvisi
scatti di rabbia con le suore, Ivan sembrava comportarsi come il jolly che
utilizzava sempre durante le partite a scala quaranta con suor Gertrude, a loro
due aggiungeva Yuri che quel mattino aveva sorpreso a parlare con la tavola
dipinta della Vergine… l’unico sano di mentre restava lui. Il suo posto da
corista nella liturgia tanto deriso sembrava il risvolto più normale.
«Tu hai paura Boris,
paura di restare solo per tutto l’amore che Ivan è in grado di attrarre»
«Ma quale paura e paura! Le
ripeto, Ivan è il demonio» Boris si batté una mano in fronte per la
frustrazione, la suora lo guardava in cagnesco, Ivan lo prendeva in giro a
distanza, Yuri sembrava trovare interessante i pelucchi della felpa e a Sergey
mancavano solo i popcorn in mano «Ma io perché sto litigando con una suora?!»
Ivan affondò i denti
nelle labbra per non ridere apertamente, adagiandosi maggiormente contro la
schiena di Yuri. La scala li conteneva a malapena, un movimento sbagliato ed
uno dei due sarebbe finito di sotto. Per lui era ancora troppo prematuro
rientrare nel raggio d’azione di Boris. Soddisfatto, sistemò meglio i piedi sui
pioli contrapposti fermandosi perplesso a contemplare le braccia al piccolo
bagliore intravisto nel movimento, un flash simile ad un lampo. Il maglione non
aveva nulla di riflettente…e non puzzava, stabilì col naso arricciato annusando
l’aria.
And so this is
Christmas
For weak and for strong
Al secondo flash ruotò la
testa verso destra aumentando gradualmente la grandezza dei suoi occhi, la mano
improvvisamente stretta attorno all’avambraccio di Yuri strattonato per
richiedere attenzione.
«Ivan, cosa c’è?»
Il ragazzo non rispose,
l’intensità della presa aumentò sotto le dita e Yuri si ritrovò in posizione
contorta a specchiarsi nelle iridi violacee. Il pomo d’Adamo s’alzò e abbasso,
Ivan mosse le labbra senza emettere un suono “abbiamo un problema”.
For rich and the poor ones
The world is so wrong
«Questo è invece il
refettorio» la badessa indicò la sala alle suore italiane sopraggiungendo sulla
sinistra «Loro invece sono eccezionalmente nostri ospiti, gli splendidi
ragazzi di cui vi ho parlato»
Boris sollevò scettico un
sopracciglio alle pallide maniche rachitiche poggiate sulle sue spalle, fredde
come la morte. La badessa era corsa al suo fianco appena aveva provato ad aprire
la bocca per salutare, sfoggiando un sorriso che non le aveva mai visto in due
settimane.
«Lui è Boris» strattonato
veemente si ritrovò ad annuire chiedendosi se le sedute psichiatriche che gli
avevano consigliato non servissero invece alle donne di quel posto, suor Agata
l’aveva afferrato in egual modo dall’altro lato «Ligio alle regole e al dovere,
un esempio per tutti»
Boris? Ligio alle regole?
Sergey
alternò confuso lo sguardo dal trio al gruppetto di consorelle.
«Instancabile lavoratore»
tubò suor Agata provando a dare un ordine ai caotici capelli argentei con la
scusa di carezze d’apprezzamento «Sapete, è merito suo la pulizia del cortile»
«Non perde occasione per
aiutare i suoi compagni» aggiunse la badessa strappando con un movimento fulmineo
il coltello dalle mani del ragazzo «Anche ora, nonostante la fatica stava
aiutando a… a» la risatina platealmente forzata riempì gli attimi in cui la
donna cercò un senso alla posata brandita come arma «…a tagliare e sistemare le
decorazioni in cartapesta, vero Boris?»
Quale cartapesta?
«Io non-» le cortissime
unghie della badessa gli si conficcarono nel collo mentre lei gli ripeteva la
domanda con una paralisi facciale; Boris sorrise forzatamente, non gli bastava
Yuri con i suoi tic da psicopatico a tormentargli l’anima, ora aveva anche la
badessa «Io non saprei proprio cosa avrei fatto fuori di qui, adoro alla
follia essere qui, che posto meraviglioso»
And so happy Christmas
For black and for white
«Senza contare Sergey, il
nostro prezioso soprano!»
Il duo religioso virò
all’improvviso verso il ragazzo biondo a cui venne strappata via di mano la
scopa – lanciata verso Boris che l’afferrò al volo per non beccarla in faccia –,
mastodontico rispetto alla statura delle due donne. A detta di Boris il
proprietario dell’emporio dell’usato in fondo alla strada avrebbe dovuto
chiedere aiuto a quelle due per migliorarsi gli affari, sembravano pronte a
venderli e imbarcarli sul primo volo diretto in Italia.
«Le nostre amiche
italiane non vedono l’ora di sentirti»
«Gli abbiamo parlato
tanto delle tue doti canore» continuò la badessa, questa volta senza alcun
accenno di forzatura negli elogi da rifilare, assumendo un’intonazione
addolorata «Sapete care sorelle, questi ragazzi hanno vissuto per anni in un
monastero guidato da un folle che da tempo aveva smarrito la dritta via della
ragione e della religione…un mostro, un vero mostro, solo l’inferno potrà
accoglierlo» si interruppe per un breve segno di croce e quella che
presumibilmente era l’estrema unzione a Vorkov «Era nostro dovere ospitare qui
questi angeli innocenti, salvarli e aiutarli a crearsi un futuro, perdonare i
loro sbagli, accettare i loro errori…sono pur sempre ragazzi a cui è stata
strappata via l’infanzia»
Sergey si schiarì la
gola, per nulla a suo agio con tutti quegli occhietti compassionevoli puntati
su di lui. Boris maciullò sprezzante la gomma ormai privata del dolciastro
sapore di fragola, annotandosi mentalmente tutte le bugie colossali che le
suore stavano continuando a rifilare, non sulla loro vita schifosa vissuta alle
dipendenze di Vorkov, per quello le donne avevano sempre mostrato fin troppa
empatia e una discreta dose di odio verso il monaco che faceva presupporre
altri problemi avuti in passato con l’uomo. No, la badessa e suor Agata avevano
cominciato a dare libero sfogo alla loro più fervida immaginazione sulla loro
integerrima condotta. La regola “non mentire” sembrava non valere per
loro. Suor Orsola il giorno prima gli aveva dato del cinico irrecuperabile con
il supporto di tutte, ora era diventato un ospite ossequiente e benevolente,
leggermente esuberante per la sua età adolescenziale. Sergey era stato
trasformato nella reincarnazione di un qualche santo, povero, devoto e rispettoso
del luogo, pronto a mettersi in gioco per la sua fede e convertire il prossimo,
cioè lui, con la sua pazienza e il suo amore per tutte le creature. Le stesse
suore italiane avevano nominato entusiaste un certo santo di nome Francesco
come metro di paragone.
Poi era giunto il turno
di Yuri…il suo capitano era stato descritto come l’apoteosi del buon
samaritano. La badessa aveva elogiato il suo desiderio di convertire il
monastero in orfanotrofio, la bellezza del gesto e se Boris non avesse visto
quanto fossero rompiscatole con lui ogni singolo giorno avrebbe quasi creduto
fossero sul punto di adottarlo in segreto. Ma, non poté fare a meno di sorridere
amaramente all’espressione costernata delle suore straniere. Ironicamente,
l’unica descrizione veritiera su di loro era parsa gonfiata.
«Yuri! Vieni giù che ti presen-»
For yellow and red ones
let's stop all the fights
«Via!»
L’urlo sguainato di Yuri riempì
la sala sovrastando la musica. Lui e Ivan erano saltati improvvisamente giù
dalla scala in direzioni differenti, atterrando rispettivamente dinanzi alla
badessa sconvolta e nello scatolone vuoto delle decorazioni.
«Si allontani da qui!»
rimarcò Yuri precipitandosi a perdifiato verso l’arco d’accesso alle cucine
mentre Ivan ribaltatosi con lo scatolone cercava di liberarsi dalla trappola di
cartone sotto la quale era finito «Tutte dovete andare via! Faccia allontanare
le sue amiche! Go away, now!»
«Yuri cosa ti pre-»
«Signore benedetto! Al
fuoco! Al fuoco!»
Boris che aveva accennato
i primi passi in direzione di Yuri – giusto per capire quale strano nervo fosse
scattato nella testa del capitano per cominciare a parlare come Mizuhara –
arrestò il movimento voltandosi di scatto verso l’albero. Poco distante dalla
base, laddove erano ancora visibili i nastri afflosciati dal suo lancio
precedente, in mezzo alle fiamme, la pala fonte di ogni disgrazia giaceva
indisturbata.
Porca paletta.
«Sorelle fuori! Fuori!
Fuori!» gridò agitando le braccia nell’aria.
«Ivan non ti avvicinare!
Potresti bruciarti!»
«Suor Agata stia lontana
lei dalle fiamme!»
La neve disciolta era
finita sul filo delle luci, precisamente sull’apparecchietto che ne regolava
l’intermittenza mandandolo in cortocircuito, le scintille avevano colpito una
delle decorazioni in stoffa innescando l’incendio. Le fiamme progredivano ingrandendosi
a dismisura, sempre più ad ogni battito di ciglia e Boris si sentì vagamente
più morto che vivo.
A very merry
Christmas
and a happy new year
«Per tutti gli dèi del
cielo!»
«Ma non erano monoteiste?»
«Boris non mi sembra il
momento per queste domande!»
Sergey lo zittì
perentorio lanciando elegantemente via la sua giacca come il supereroe di uno
dei film preferiti di Ivan. Boris cercò di comprendere il senso del gesto
restando a contemplare a braccia spalancate ancora più costernato l’incredibile
velocità con cui la tovaglia era stata strappata via dal tavolo. Sergey aveva
compiuto un movimento fulmineo, lasciando tutte le numerose stoviglie
perfettamente integre al loro posto.
Una magia.
«Signore, vi prego di
arretrare!» facendo perno sul piede destro Sergey ruotò su sé stesso ricordando
vagamento un torero insieme alla tovaglia rossa agitata nell’aria mentre suor
Orsola e il suo atteggiamento da generale nazista mancato si univano alla festa
«Ci penso io! Allontanatevi»
Ivan afferrò lo scatolone
prima di vederlo incenerito, spostandosi appena in tempo per non essere
investito da Sergey deciso a soffocare le fiamme come il migliore Highlander in
circolazione. Immemore di non essere altrettanto immortale.
«Suor Orsola porti le
nostre ospiti al sicuro!»
«Nein!
Io aiutare te a spegnere incendio!» rispose la suora alla badessa delegando
l’incarico ad un’altra donna sopraggiunta dal corridoio, il velo strappato
legato attorno alla testa come una fascia e la scopa agitata come una katana «Per
onorare onore di grande madre patria Russia, non posso scappare, JA!»
Nessuno dei presentì osò
ribattere la sua nazionalità appartenente ad un altro Stato o l’inutilità di
avere una scopa con il manico ligneo in prossimità di alcune fiamme. Suor
Orsola era diventata stranamente intrattabile ad inizio settimana dopo aver
alluso ad un furto di cui non aveva voluto chiare il contenuto, mai più ritrovato.
Per le sue compagne lasciarla a dirigere le truppe – le suore – sembrava la
scelta più saggia, un modo per farle digerire l’arrabbiatura.
«Ma possibile non esista
un estintore?» mormorò Ivan accaldato guardandosi intorno alla ricerca
dell’isperato oggetto rosso, la mano strofinata sulla guancia bruciacchiata, gli
occhi spostati a destra, a sinistra, di nuovo a destra, questa volta più
lentamente fino ad arrestarsi con orrore sulla peggiore delle scene «No! Boris
non sei in grado di farlo!»
Let's hope
it's a good one
without any
fear
Il grido di Ivan
raggiunse il destinatario in ritardo. Boris affascinato dalla prodezza di
Sergey con un gesto deciso aveva strappato via la tovaglia a scacchi bianchi e
rossi senza riuscire ad eguagliarne la tecnica. Il tempo era sembrato scorrere
a rallentatore, sospendersi negli istanti in cui tutti gli occhi degli astanti erano
stati rivolti al soffitto. Ivan aveva coperto d’istinto la bocca. Suor Orsola aveva
deformato le sue labbra in un “nein” espressionista.
Suor Agata aveva seguito le urla terrificanti delle sorelle incurante della
direzione intrapresa dal velo. La badessa aveva sollevato la tonaca a mo’ di
conca sgambettando per recuperare quanti più oggetti possibili dalla
distruzione. Piatti, bicchieri, brocche, bottiglie e posate erano finiti a
volteggiare sulle loro teste, leggiadri, rotanti a tempo con la musica, riflettenti
i bagliori rossastri delle fiamme.
«Sergey! Aspetta! Ti
aiuto io!»
Boris giunto a
destinazione batté la tovaglia sul falò improvvisato. Il tempo riprese a
scorrere normalmente, le stoviglie piovvero insieme sui tavoli, sugli altri
piatti, sul pavimento, in testa alle suore. Una forchetta finì per colpire in
fronte Ivan, un coltello si infilzò ai piedi della suora italiana rimasta lì mancandole
l’arto per un soffio.
«Suor Agata il suo velo!»
Al richiamo di Ivan i due pompieri
improvvisati di comune accordo si divisero i ruoli con un cenno d’intesa.
Sergey continuò ad arginare l’incendio ormai propagato ai tavoli e ad una
porzione di albero mentre Boris si prodigò allo spegnimento del velo incendiato
alla base. La stoffa venne sbattuta con poco riguardo sulla povera suora
diventata una trottola, Boris venne aiutato nell’impresa dalla badessa tossicchiante
piuttosto indecisa su quale fosse il vero pericolo da fermare, se le fiamme o
il ragazzo stesso.
«Dannazione, non si
spegne!»
«Boris, le parole!»
«Spostatevi!»
And so this is
Christmas
and what have
we done
Boris e la badessa si
scansarono all’istante lasciando suor Agata unico bersaglio della secchiata
d’acqua. Il velo semibruciacchiato ricadde sinistramente sul pavimento, l’anziana
donna sbatacchiata in mancanza d’equilibrio finì contro l’albero. Yuri strinse
a sé il catino vuoto tra le braccia salutando internamente le sue ultime ore di
lavoro e la sua vita.
«Alberoooo!»
L’avviso di Ivan
accompagnò il volo all’indietro dell’imponente albero di Natale, le palline di
vetro si frantumarono sul pavimento, i nastri colorati collegati alla stella in
cima trascinarono con sé tutta l’impalcatura decorativa della sala. Yuri si
morse l’interno labbra precipitandosi a prendere altra acqua, esortando Ivan a
fare lo stesso per lasciare un attimo di pace alla badessa e i suoi ampi sospiri
mentre tutto intorno prendeva forma la totale distruzione. Lui conosceva fin
troppo bene quei tentativi di controllare la collera, li viveva ogni singolo
giorno.
Sergey rinunciò ad usare
la tovaglia ormai annerita passandosi un braccio sulla fronte sudata, incapace
di metabolizzare tra un colpo di tosse e l’altro la messa in scena di un
disastro fin troppo simile al film comico natalizio visto la sera precedente. Boris,
al contrario, aveva ancora fin troppa energia. La pacca poco delicata sulla
spalla per poco non l’aveva fatto schiantare contro la fiamma.
«Non ci credo!» l’euforia
a malapena celata negli occhi estasiati lo indussero a strofinare le
sopracciglia per evitare strozzarlo «Le suore hanno i capelli!»
In quel momento la
cascata d’acqua fuoriuscì dai beccucci antincendio investendoli in pieno.
***
I rintocchi delle campane
di mezzanotte echeggiarono nel refettorio distrutto illuminato a tratti dai
lampeggianti della camionetta dei pompieri. La badessa tremante, sicuramente
non per il freddo, era uscita dalla stanza insieme al tenente della squadra di
soccorso intimando loro di sistemare tutto il casino a costo di restare in
piedi fino all’alba. L’albero di Natale giaceva sul pavimento puntellato da
pozzanghere d’acqua, parzialmente bruciacchiato ed attorniato da cocci e
frammenti di ogni genere. Il sistema antincendio era scattato in ritardo per la
mancanza di batterie, stranamente assenti al momento del misfatto, ma misteriosamente
rinvenute in extremis da Yuri nello stereo utilizzato per ascoltare la musica quando
costernato aveva notato la totale assenza di vita nell’apparecchio sul muro.
Suor Orsola aveva
ovviamente precisato di non averle prese da lì, le consorelle avevano fatto
altrettanto, i ragazzi su cui si erano concentrati tutti gli sguardi d’accusa
silenziosi erano rimasti in silenzio. In mancanza di prove la questione era
stata accantonata, grazie anche al tempestivo intervento dei pompieri più
interessati a riempire le scartoffie ad incendio domato che alle loro dispute
interne. Al termine della sfuriata della badessa, seguita da un’occhiata poco
tranquilla di suor Orsola che aveva fatto loro accapponare la pelle prima di
prendersi cura del gruppo italiano, Yuri aveva contato mentalmente fino a cento
per non afferrare un coltello e compiere un omicidio mentre Boris intuendo la
possibilità di essere sgozzato si era defilato al capo opposto della stanza in
un nanosecondo. Per il bene della sua squadra aveva taciuto la verità. Yuri
sapeva benissimo di chi fosse la colpa, aveva chiesto al suo amico quattro
volte senza ottenere risposta dove avesse preso quelle batterie quando le altre
si erano scaricate. Lui lo sapeva, ma non aveva potuto dirlo alla badessa.
Fuori era notte,
nevicava, e loro erano completamente fradici.
Sarebbero morti assiderati se li avessero sbattuti fuori.
«Ho sonno…»
«Ivan, taci e spazza»
Ivan sbuffò sonoramente
smuovendo annoiato il cumulo di detriti ai suoi piedi. La scopa era mantenuta
svogliatamente con una solo mano, ondeggiante nello stesso punto da destra a
sinistra da ormai dieci minuti. Sergey era odioso quando si comportava da
generale ma Ivan non aveva nessuna intenzione di contraddirlo, perlomeno non
prima di avere nuovamente un capitano pacato e ragionevole, aperto al dialogo.
«Senti Yuri…»
«Non mi parlare!»
Uno dei tavoli fino a
quel momento rimasto intatto finì ribaltato con un calcio ai piedi di Boris che
saggiamente decise di non continuare e tacere. Sergey come se nulla fosse passò
a rialzarlo passandoci sopra uno straccio mentre Ivan optò per spostarsi
insieme al suo cumulo di cocci dieci passi più lontano. Yuri a corto di fiato
digrignò i denti riprendendo a infilare con violenza gli strati di nastri inzuppati
nel saccone nero trascinato in giro per la sala, definito all’unanimità sacca
per cadaveri. Ivan poteva comprendere bene tutta quella rabbia, lui per primo
avrebbe voluto mangiare finalmente qualcosa di sostanzioso. Le suore avevano
annullato tutti i programmi predisposti per la serata – a quanto sembrava in
Italia il Natale lo festeggiavano prima – dopo l’incidente, così il cenone
tanto agognato era diventato una striminzita cena, loro erano stati lasciati a
digiuno e il compito di sistemare la sala era diventato la loro punizione di
Natale. Il Natale faceva decisamente schifo.
«Quello che volevo dire…»
riprovò dopo alcuni istanti Boris ricevendo in risposta un’occhiata gelida e
uno straccio stretto a mo’ di cappio attorno a un pupazzetto natalizio
«Lasciamo perdere…sei il solito bipolare»
«Cosa hai detto?»
«Tu lo sai vero che si mi
uccidi avrai due braccia in meno per ripulire questo casino?»
«Proviamo» i resti del
centrotavola schiantato nel bidone accompagnarono la folle occhiata azzurra e
il collo della bottiglia seghettato stretto in mano «Vediamo se impieghiamo di
meno con te fuori dai piedi visto e considerato che tutto questo casino è colpa
tua!»
Sergey smise di pulire
frapponendosi nel mezzo dei due in procinto di avvicinarsi anche se ancora
distanti buoni otto metri l’uno dall’altro. Non capiva l’origine di
quell’improvvisa rabbia o delle accuse mosse contro Boris ma sapeva per certo
che se Yuri avesse perso totalmente il controllo sarebbe stata la fine, non
solo per Boris.
«Yuri…dannazione lo sai
di non poter vincere se facciamo a pugni»
«Ripetilo»
«Oh, siete ancora qui»
I due litiganti ancora
fermi in posizione d’attacco e l’arbitro mezzano voltarono la testa in
direzione della sottile voce femminile e il suo russo stentato. Ivan sbatté le
palpebre sorpreso alla vista della suora italiana a cui un’ora prima avevano
quasi amputato un piede per sbaglio, in piedi accanto al tavolo poco prima
vittima dei calci di Yuri.
«La badessa ha ragione ad
essere arrabbiata con voi dopo aver visto sfumare tutto il tempo dedicato alla
realizzazione di questo incontro. Però, allo stesso tempo, non credo abbiate
volontariamente distrutto quello che volente o nolente avete contribuito a
sistemare» la bella donna sulla trentina dalla pelle abbronzata e gli occhi
scuri come carbone sorrise loro spingendoli con lo sguardo a prestare
attenzione alla superfice del tavolo «Non credo che lei apprezzerebbe questo mio
piccolo regalo…ma, voi sarete sicuramente occupati con questi lavori forzati
per un bel po’e come dice sempre mia nonna: a stomaco pieno si lavora meglio»
Su uno dei vassoi del
refettorio c’erano bicchieri, caraffe di latte, un termos di caffè e pacchi di
biscotti sconosciuti, scritti in una lingua altrettanto sconosciuta. La donna
ampliò il suo sorriso, i denti bianchi perfettamente allineati in contrasto con
la sua carnagione, per nulla sorpresa dinanzi alle quattro facce esterrefatte e
imbambolate, non dissimili dalla reazione che le aveva preannunciato di
ritrovarsi suor Agata.
«Che ne dite? Lo rendiamo
il nostro piccolo segreto?»
Sergey constatò che in
nessun’altra occasione, nemmeno dinanzi ad un ordine di Vorkov, il loro cenno
d’assenso era stato così sincronizzato. La suora soddisfatta aveva abbassato
l’indice sollevato sulle labbra scavalcando un mucchio di vetri diretta
all’uscita, non attendendo nemmeno un loro grazie o una loro risposta.
Yuri aveva adagiato lentamente
la sua arma convenendo che il bustone dell’immondizia fosse il luogo più adatto
in cui gettarne i resti anziché mirare al volto delle persone, scambiandosi
un’occhiata fugace con Boris. Qualunque cosa i due non si erano detti apertamente
a Sergey non fu dato saperlo.
Yuri e Boris avevano
preso direzioni opposte prodigandosi alla sistemazione del caos della sala come
se nulla fosse successo, lasciando lui lì, fermo sul posto, a farsi domande
sulla chiave di lettura per quelle conversazioni non verbali.
Alle volte, davvero non
li capiva.
«Oh, mio Dio! Questi qui hanno
le gocce di cioccolato e le mandorle!»
Ivan seduto a gambe
incrociate sul tavolo smise di masticare sentendosi osservato, il pacco di
biscotti in grembo e il bicchiere altezza mento per non far gocciolare il
biscotto appena inzuppato. Non si era reso conto di aver decantato la sua
estasi ai quattro venti anziché lasciarla nei meandri della sua mente finché non
aveva catalizzato su di sé l’attenzione.
«Che c’è? Sono buoni» con
una scrollata di spalle noncurante tornò a riempirsi lo stomaco.
Yuri fu il primo a
rompere lo stallo di scetticismo accomodandosi compostamente su una delle
panche al suo fianco, gli occhi semi chiusi con diffidenza nella contemplazione
del biscotto a forma di lupo estratto dalla confezione a chiaro sfondo animale.
Ivan si ritrovò a tossire nel bicchiere dal quale stava bevendo, salvato in
extremis dal colpo alle spalle di Sergey posizionatosi borbottante alle sue
spalle, con in mano ancora la scopa, indeciso se mettersi al lavoro per finire
prima o dedicarsi ad uno spuntino notturno in cui affogare i dispiaceri.
Boris invece li aveva
oltrepassati con aria assorta, la testa inclinata e lo sguardo volto ad
indagare l’imbocco del corridoio. Sergey aveva mosso il capo in una domanda
silenziosa, Ivan ne aveva seguito la direzione e Boris era tornato indietro
appoggiandosi col sedere al bordo del tavolo. Non sarebbe stato insolito un
briciolo di coscienza e gratitudine anche da parte sua, almeno una volta nella
vita.
Yuri versò del latte nel bicchiere allungandolo verso di lui senza voltarsi a
osservarlo, piuttosto intenzionato a capire perché dalla confezione
continuavano a uscirgli solo quadrupedi della foresta e non il cavallo alato
simile a un bit power di sua conoscenza che Ivan aveva ingerito qualche istante
prima.
«Cosa c’è? Non hai fame?»
Boris abbandonò la sua
contemplazione del vuoto alternando lo sguardo dal bicchiere di latte a Sergey
che gli aveva fatto la domanda, il tarlo del fastidio graffiante in fondo alla
mente.
«Ho voglia si scopare»
«Oh prego, io mi sono
stancato»
Boris schioccò la lingua
con sufficienza battendo la mano sulla schiena del piccoletto sul procinto di
strozzarsi per la seconda volta, gli occhi puntati sulla mano di Sergey stretta
attorno alla scopa, tesa verso di lui con la stessa ferma ingenuità spiaccicata
in faccia.
Ivan era stato
decisamente più perspicace.
«Non hai capito…» ribadì
premurandosi di scandire bene ogni singola parola, enfatizzando ogni piccola
inclinazione del capo verso il corridoio «Io ho voglia di scopare, di là»
Sergey scosse il capo con
aria confusa.
«Ma il disastro sta qua…»
La confusione aumentò
notevolmente alla palese espressione compassionevole di Boris e all’ennesima
cosa andata di traverso nella gola di Ivan che non si capiva più se stesse
tossendo o ridendo. Il botto del vetro sul legno lo spinse a voltarsi
impanicato verso Yuri, il manico della caraffa stretto nella mano cianotica e
il bicchiere di latte trangugiato come se fosse il miglior cicchetto di vodka
in circolazione, riempito e bevuto di nuovo con la stessa enfasi. Un ubriaco
pronto a sbronzarsi per dimenticare la più orribile delle immagini.
«Sergey…Sergey…»
Boris lo superò
rifilandogli una pacca sulla spalla, il biscotto tra le labbra e un ghigno a
deformarne i lineamenti. Lo stava deridendo per qualcosa. Yuri lo seguì
con lo sguardo prima di alzarsi circospetto a sua volta, l’ennesimo bicchiere buttato
giù con foga prima di essere sbattuto violentemente sul tavolo. Lo stava
pedinando per qualcosa.
«Yuri che ti prende?»
«Fidati, non lo vuoi
sapere»
Sergey incrociò la
breccia per nulla contento.
Ivan aveva ripreso a ridere alla sua richiesta di spiegazioni su cosa
intendesse il loro capitano. Boris gli aveva chiesto una scopa ma anziché
accettarla e mettersi a spazzare aveva tirato fuori dal nulla l’idea di portare
via l’albero distrutto. Yuri al pari di un’ombra era apparso alle spalle di
Boris imponendogli il suo aiuto dopo il terzo rifiuto, intenzionato a non
lasciarlo solo come il giorno in cui Boris aveva candidamente ammesso di voler
mettere fuoco a villa Hiwatari.
Al manicomio, era al
manicomio.
La vibrazione nella tasca
fece deragliare i suoi crucci facendogli chiedere chi avesse l’ardire di
scrivergli in piena notte. Una blanda imprecazione fuoriuscì dalle sue labbra
al nome familiare mentre si voltava a guardare Ivan. Il ragazzino colto in
flagrante aveva abbassato il cellulare leccandosi le labbra sporche di latte,
con in mostra il più falso dei sorrisi.
Il nome e l’immagine
della chat erano stati cambiati, di nuovo, sostituiti dalla foto del biscotto
inzuppato nel latte con l’albero incendiato sullo sfondo accompagnato da un allusivo
“Cronache di un ardente Natale - Il biscotto, la scopa e l'amore non
corrisposto”
«Ivan…la tua sta
diventando una malattia» borbotto non abbandonando il cellulare, l’attenzione
fissa sulle ultime parole di quel titolo strano «Scusa, ma di quale amore stai
parlando?»
Ivan ampliò il suo ghigno
malefico masticando più lentamente, il bicchiere di latte agitato come il più
costoso dei calici di vino d’alta classe e le sopracciglia sollevate in una
finta e costernata espressione spaesata.
«Di quello per l’albero
di Natale, ovviamente»
Note:
Sono viva! Per ora.
Lo so, Natale è passato e l’atmosfera non si sente più come prima nella storia
ma l’influenza ha deciso di diventare la mia migliore amica e l’aggiornamento è
arrivato soltanto ora…tra l’altro il capitolo è uscito anche più lungo del
previsto (:O) mmh, devo rimediare con i prossimi xD
In programma ci sono minimo altri tre momenti fondamentali da inserire
ma se suggerite qualcosa che potrei riuscire a scrivere, ben venga. In realtà
sono anche indecisa se sospenderla e riprenderla a Natale prossimo ma mi conosco,
so già che se mi fermo è la fine ç.ç
Per non lascarvi con la malinconia dei miei stessi dubbi, consiglio
anche in questo caso di seguire il delirio della seconda metà di questo
capitolo con la canzone di riferimento in sottofondo (link).
Ah, la follia della malattia cosa comporta XD
Alla prossima blader! ❤
Aky
Ps: sì, nemmeno qui
abbiamo capito cosa abbia accettato Yuri. >.>
Questi personaggi non mi
appartengono, ma sono proprietà di Takao
Aoki, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro