Total Eclipse Of The Heart

di ClostridiumDiff2020
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01 - I'm still alone, in the darkness... ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02 - Turn Around ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03 - And I dream... ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04 - ...the light! ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05 - Then I Fall Apart... ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06 - Into the Darknes ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01 - I'm still alone, in the darkness... ***



Capitolo 01 - I'm still alone, in the darkness...

 




 
 
La lama era andata a segno, affondando rapida nel suo cuore.
 
Per un breve istante aveva riassaporato la pace, la speranza… Poi il dolore lo aveva riafferrato come faceva ogni singola volta nella sua lunga vita.
 
Era crollato a terra gorgogliando sangue nero e malato, tossendo veleno mentre i suoi polmoni si svuotavano d’aria.
 
«Mia piccola Santa…»
Annaspava mentre quel dolore si trasformava anch’esso in un pallido spettro insapore.
 
Non una lacrima, non una parola di commiato.
 
Era solo, lo era sempre stato e stavolta stava soccombendo alla rabbia, il suo stesso potere gli si era rivoltato contro.
 
Si sentiva così patetico, prostrato in quel desolato polveroso deserto.
Sarebbe sprofondato diventando parte della tenebra che lui stesso aveva creato?
O forse lo avrebbero fatto a pezzi, trasformandolo in un mero oggetto, un amplificatore… Alla fine ce l’avevano fatta… Era sempre stato il suo incubo…
 
 
Era forse ancora prigioniero sotto quel ghiaccio?
 
La supplicò, non poteva permettere che lo usassero, almeno questo glielo doveva.
Se non poteva amarlo quanto meno avrebbe potuto compatirlo…
 
Povero bambino… Sei ancora spaventato non è vero?
 
Vi fu un lampo di calda luce accecante poi l’oblio.
Stava tornado a quel nulla che lo aveva generato?
 
Sì era dannatamente spaventato…
 
 
Una voce invocava il suo nome, il suo vero nome


Ti prego fallo ancora, non lasciarmi andare…
Ho paura…
 
Qualcosa lo sfiorò. Un tocco gentile, una mano calda, poi di nuovo il silenzio.
 
 
«Aleksander! Alzati!»
 
 
La luce lo raggiunse all’improvviso e lo colpì come uno schiaffo!
 
Era tangibile, poteva avvertire il vero calore scaldargli la guancia.
 
Lentamente dischiuse gli occhi e si soprese di avere un corpo caldo, vivo.
 
Si trovava sdraiato in una dura brandina, la stanza era avvolta nella penombra ma comunque la vide immediatamente.
 
La sua piccola santa era in piedi davanti a lui e lo osservava con occhi severi.
Sorrise perché la rivide esattamente come la rammentava, altezzosa, forte, meravigliosa mentre risplendeva avvolta da tutto quel potere.
 
Straordinario
 
Così lo aveva definito avvolto da quell’immenso calore.
 
Ma una nota stonava nel suo viso austero, appariva così stanca.
Lo sforzo di stargli dinanzi immobile era fin troppo evidente.
Lo odiava ancora così tanto anche dopo…
 
Dopo?
 
Quando cercò di evocare le ombre non riuscì nemmeno a raggiungerle, un brivido di terrore lo percorse, era inerme, fremette mentre l’aria veniva meno e si piegò in due scosso dalla tosse ritrovandosi ancora una volta le mani sporche di sangue oscuro...
 
La maledizione incombeva ancora su di lui?
 
Si strinse tremando, questo era ormai? Un bimbo indifeso di fronte al giudizio, a un’inevitabile sentenza.
 
«Non sforzarti… Sarebbe inutile e pericoloso…»
 
La voce della sua piccola Sakta lo sfiorò, nel suo tono vi era meno rabbia di quanto si aspettasse.
 
Era furioso…
Con tutto… Con quella Sakta di Luce, con quella gabbia, con quel corpo debole… Ma soprattutto con se stesso, per non essere stato in grado di ottenere la pace neanche nella morte…
 
«Perché sono ancora vivo?» Ringhiò lui con sguardo dardeggiante.
 
«Perché sono io a volerlo, rammentalo! Il tuo destino è nelle mie mani, ma potrò mantenerti in salvo fin tanto potrò dimostrare che sono in grado di controllarti!»
 
Stava mentendo… Lei era tesa, preoccupata!
Non era lei la responsabile della sua indesiderata resurrezione ma era quanto voleva fargli credere…
 
«Uccidimi adesso, non me ne resterò in questa cella ai tuoi piedi per il resto dei miei giorni…»
 
Lei lo osservò impassibile
«Ci ho già provato, ma sei ancora qua E poi…»
Lui abbassò lo sguardo fremente.
«La morte è un dono che non ti sei ancora guadagnato…»
 
Lui sorrise «Sei davvero un’abile allieva… Ma la crudeltà non ti si addice, malgrado non possa negare che ti calzi a pennello…»
 
Un duro silenzio calò su entrambi.
Aveva mille domande che affollavano la sua mente confusa…
Era già morto tante, troppe volte…
Aveva perso così tanto eppure la vita non lo aveva voluto lasciare andare…
Perché?
 
«Sono qui per offrirti una scelta. O restare qua a consumarti per il resto dei tuoi giorni finché la rabbia non ti avrà consumato e i giorni della tua lunga vita si saranno estinti…»
 
Lui rimase a testa bassa, le mani strette a pugno.
Non voleva che vedesse il panico nei suoi occhi, non avere più risposte, senza alcun potere lo faceva sentire un bambino indifeso, ma non le avrebbe mai più mostrato ancora e incautamente la sua fragile anima.
 
«Oppure…» sibilò furente.
«Verrai con me e mi aiuterai a distruggere ciò che hai fatto, all’odio che hai fatto calare ancora una volta su di noi, a rimediare ai tuoi sbagli e a proteggere il nostro popolo come hai sempre desiderato…»
 
Solo a quel punto si cocesse di piantare i suoi occhi in quelli della sua piccola Sankta e rise.
 
«Pensi che mi possa inginocchiare di nuovo? Che accetti di tornare ad essere il cagnolino di un Re? Che scodinzoli quando mi lanciate un osso o che sia felice di riposare nel giaciglio che tu e il tuo dolce consorte dai capelli dorati costruirete per me? Un docile animale da compagnia, il vostro cagnolino da guardia?»
Prese fiato tossendo sangue color pece.
Lei rimase in una silenziosa attesa.
 
«Perché mai dovrei accettare? Uccidimi adesso, quando mi riprenderò ciò che è mio di diritto distruggerò tutto ciò che ami, dilanierò i tuoi seguaci e quando giungerà la fine ti farò gridare tanto affinché tutti possano sentire! Ti porgerò la tua stessa proposta, a quel punto vedremo cosa mi risponderai… Forse anche tu sceglierai la morte…»
 
Lei lo osservò con sguardo stanco.
«Perché devi rendere tutto così difficile?»
 
Una risata gorgogliò nella gola di lui come un latrato animalesco
 
Perché non vuoi dirmi cosa mi ha strappato al mio solitario riposo? Perché vuoi trattenermi qua con te nell’odio?
 
Ma alla fine sussurrò un ansimante.
«È la mia natura…»
 
Ringhiava le sue menzogne perché voleva ferirla con le parole non avendo mai potuto farlo veramente con il suo potere.
 
Vai, corri dal tuo bel principe dai capelli dorati, dalle sue braccia confortevoli e lasciami da solo ancora una volta...
 
Desiderava solo spuntarle addosso rabbia e dolore, mascherate da disprezzo con tutte le forse che gli restavano.
«Torna dai tuoi protettori, sigilla quella porta per sempre, lasciami morire nella solitudine, è questo che hai sempre voluto…»
 
«È una bugia… E tu lo sai…»
 
Quelle parole lo sorpresero ma ricacciò quel sentimento nel profondo, non si sarebbe più concesso quell’abominevole emozione… La speranza era solo un veleno più amaro di quel sangue oscuro che ancora gli scorreva nelle vene.
 
«Vattene…»
 
 
Quando lei uscì dalla sua cella la tenebra gli crollò addosso.
Quando restò solo si accorse che quel silenzio fosse popolato di spettri, emergevano a fiotti dalla sua mente confusa.
 
Poteva rivedere tutti i loro volti, fragili e mortali vite che si erano donate a lui… Invano, perché aveva fallito ogni una volta.
 
Forse anche lei poteva vederli, ora che le loro menti erano così vicine da potersi quasi fondere.
 
Altre domande senza risposta… Perché… Aveva perduto l’osso di cervo assieme alla mano, il legame era stato reciso per sempre quando sua madre lo aveva abbandonato…
 
Povero piccolo bambino…
 
Deglutì mentre una lacrima gli scivolava sulle labbra mescolandosi a quel sangue oscuro.
 
Lo avvertiva possente, Condividevano ancora ogni pensiero, ogni desiderio.
Ma lui si rintanò sempre più in profondità, tentando invano di rinnegare ogni emozione.
 
Sopra a tutto voleva allontanare quella luce a lungo bramata e con essa l’illusione a lungo cullata di emergere dalle tenebre che lo stavano lentamente divorando da fin troppo…
 
Rimase solo con i suoi spettri…
 
Tra di loro sopra a tutti vi era lui, morto per onore, per averlo seguito fino alla fine, a discapito del suo stesso cuore.
 
Ivan lo scosse con forza, colpendolo parola dopo parola.
 
«Sapevi che non ti avrebbe perdonato, che ti si sarebbe rivoltato contro per questo hai nascosto la verità dentro di te? Come eri certo che io ti avrei seguito ovunque, fino alla morte. Volevi dividerci dopo averci unito? Perché hai accettato di benedire la nostra unione se per te non aveva alcun valore?»
 
Il bambino nel cuore delle sue tenebre gemette, come poteva un cuore morto soffrire ancora?
Era stato il suo più fidato seguace, non aveva mai dovuto chiedergli di fidarsi, lo faceva e basta, lo amava tanto quanto la sua metà...
 Non doveva voltarsi perché era sempre rimasto al suo fianco… Sempre e comunque, almeno finché non glielo avevano portato via.
 
Lo aveva trovato immerso nel suo sangue.
Ivan era stato leale fino all’ultimo respiro.
 
Aveva cercato ognuno dei suoi soldati, qualcuno era riuscito a salvarlo e qualcuno lo aveva infine tradito per la piccola Sankta… Ma non Fedyor…
Ricordava di averlo sepolto con tutti gli onori e quando era venuto il momento li aveva uniti di nuovo.
Assieme nella morte quando la vita li aveva divisi, quando lui li aveva divisi.
 
Era riuscito solo a ricordare l’ultimo sorriso che aveva visto sul suo volto, riflesso in quello dell’amato. Riportare alla mente il calore di quel momento perduto nella sua mente era stato lacerante.
 
Eppure, un tempo tutto era stato perfetto.
Aveva posto le mani sulle loro condividendo per un fugace istante parte della loro gioia. Era stato solo un momento, eppure se ne restava la, conficcato nella sua anima sanguinante, in parte avrebbe sperato poterlo rivivere in eterno, in quel frammento il suo sogno era diventato realtà.
 
Vieni con me, fallo, per loro…
 
La voce di lei era un'eco lontano, nel mare di tenebra della sua mente eppure chiara e cristallina.
 
Vuoi restare prigioniero di un ricordo?
 
Una triste supplica speranzosa.
 
Lui sorrise amaramente «La mia condanna…»
 
Percepì la sua presenza, una presenza spettrale.
Era seduta al suo fianco, la mano che si protendeva a sfiorava quella di lui.
 
«Perché sei tornata?»
 
Lei rimase in silenzio per un tempo quasi infinito poi la sua cristallina voce tintinnò nella sua mente.
 
Perché là fuori sono sola, anche se affondo nella luce della folla…

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Capitolo 2
*** Capitolo 02 - Turn Around ***





Capitolo 02 - Turn Around

 
 
 
 
Alina si ridestò, ma prima di avvertire la concretezza del suo corpo e di quello che aveva attorno percepì il torvo sguardo della custode delle ombre gravare come un macigno su di sé.
 
«Sta bene, puoi smettere di fissarmi in quel modo?»
 
La Custode non si mosse, si chiuse in se stessa a braccia conserte con sguardo adirato…
No, non adirato, disgustato, pensò Alina.
 
«Se ho evocato la luce e ti ho ferito perdonami… Sai bene che il contatto con Lui mi fa spesso questo effetto, è un amplificatore vivente e nonostante tutto il legame tra noi è sempre stato molto intenso!»
 
«Non è un problema, sono abituata al dolore!»
Tagliò corto la Custode.
 
«Leah, non dire così…»
Quando Alina protese un braccio verso l’altra, Leah si ritrasse.
«Non ricorda ancora?»
 
La Sankta del sole scosse la testa «Sa di essere morto e risorto… Crede che Fedyor e Ivan siano morti nella faglia durante il nostro primo vero scontro e poi…»
 
Si sollevò a fatica dal letto e si scostò i candidi capelli dal volto, Lui non vedeva la nuova Sankta Alina, ai suoi occhi appariva ancora come al loro ultimo incontro, quando l’aveva fissata perdendosi nel blu del ritrovato cielo della perduta Faglia d’ombra, orgogliosa, fiera e potente.
Quando con ancora un doloroso sorriso in volto le aveva donato parte del suo potere… Lo stesso che alla fine li aveva riuniti.
 
«Crede che siano passati solo pochi battiti dalla sua morte al suo risveglio lui…»
 
«Non sa che sono trascorse molte più lune, del viaggio per riprenderlo, di cosa ti ha portato da me… Della Piaga… Della Jurda Parem… Della nuova caccia ai Grisha, di come si sia ritrovato in catene in una prigione sotterranea nascosto al mondo… E neanche…»
La voce della Custode venne consumata dalla rabbia e la Sankta la fissò avvertendo le parole lasciate in sospeso tra loro.
 
Non gli ho detto che aveva ragione… Sui Grisha, sul mondo che ci affligge, su di me… Su tutto… Forse anche su noi due…
 
«Il legame non è durato abbastanza perché potessi affrontare ogni cosa, oltretutto non è pronto…»
 
La risata amara e gorgogliante di Leah adombrò la piccola Sankta.
«Potrai ingannare te stessa, ma non me… E di certo non potrai ingannare a lungo nemmeno Lui…»
 
Alina lo sapeva, ogni volta che lo raggiungeva nella sua oscura prigione attraverso il legame delle loro menti si riprometteva di far riaccendere i ricordi di quell’anno per lui mancante, ma ogni volta lo osservava avvolto dalle ombre preferiva tacere.
 
Forse perché desiderava essere ancora la Sua Piccola Sankta, vittoriosa e forte.
In quei momenti era ancora la Regina di Ravka e non una prigioniera dei suoi vecchi amici e alleati.
 
Ma poi si risvegliava nella realtà e la sua compagna di cella le rammentava in modo brusco e diretto quanto fosse solamente una vigliacca.
 
«Non possiamo permetter loro di tenerlo in quella cella ancora a lungo… I suoi poteri sono troppo deboli… Gli spettri lo consumeranno e tutto quello che abbiamo fatto in un anno di lotta sarà stato vano…» Leah deglutì e quando riprese parola le emozioni le incrinarono la voce «Non posso perderlo ancora…»
La rabbia aveva lasciato il posto alla cieca disperazione.
Alina la osservò mentre la custode delle ombre sfiorava l’emblema dell’eclissi ricamata sulle sue vesti, lo stemma del suo prezioso santo senza stelle.
«Se solo Ivan ci potesse raggiungere…» proseguì Leah più a se stessa che alla sua compagna di cella.
 
Alina rimase in silenzio, non sapeva cosa l’altra avrebbe voluto sentirsi dire.
Che presto il suo Re Consorte le avrebbe dato nuovamente udienza, forse Nikolai stavolta la avrebbe ascoltata?
Zoya sarebbe riuscita ad odiata almeno un po’ meno?
E infine Genya… Alina non smetteva di chiedersi se le avrebbe mai perdonato goni scelta presa in quell’anno trascorso.
 
Il Triumvirato si sarebbe riunito ancora una volta dalla sua incarcerazione per darle udienza.
Avrebbe dovuto lottare per la sua salvezza e per quella dei suoi nuovi inaspettati alleati.
Stentava a credere che avrebbe davvero parlato in difesa e lottato per la liberazione del suo antico nemico, il Darkling.
 
 
 
 
____
 
Avvio il secondo capitolo della mia FF e vi presento il personaggio che avevo creato precedentemente in “Like a Black Holes in the Sky”, un’alleata fedele del mio adorato Darkling, Leah.
 
Lei nella saga originale non esiste, ma nella mia FF è sempre stata al fianco del suo Re.
 
Avrà modo di presentarsi a modo…. Anche se al momento è con Alina, è e resterà sempre una fedelissima del Darkling.
 
Come forse avete avuto modo di capire dallo scambio tra Alina e Leah dalla fine della Stagione 2 e l’inizio della mia storia è passato un anno abbondante.
Un anno di cui il Darkling non rammenta, che sarà mai successo? Come lo avranno resuscitato? Cosa hanno vissuto assieme e come sono stati catturati? Che succede a Ravka? Prometto che tutto verrà svelato a tempo debito...
 
Come il Darkling lo scoprirete, ve lo prometto…

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Capitolo 3
*** Capitolo 03 - And I dream... ***




 

Capitolo 03 - And I dream...

 
 
 
 
Le sue mani apparivano così semplici, pallide e fredde ora che non riuscivano ad evocare le ombre.
Lo avevano accompagnato per mezzo secolo, da che ricordava erano sempre state con lui anche quando avrebbe voluto rinnegarle, rannicchiato su se stesso in una tetra caverna, aspettando il ritorno di sua madre.
 
Ma ormai non era più un bambino e Baghra non sarebbe più tornata.
Adesso anche il suo potere sembrava aver scelto di lasciarlo da solo.
 
Da quando si era risvegliato la sua mente continuava ad oscillare confusa, mescolando passato, presente e non solo…
 
Anche esperienze che forse non avevano alcun senso, forse ricordi di morte?
 
Solo di una cosa era certo, era morto nel deserto della faglia e lo aveva fatto pensando alla sua piccola santa, mentre lei lo pugnalava al cuore e lo lasciava crollare giù verso la sua inesorabile fine.
 
Cieli azzurri e sgombri dalle sue ombre, la faglia distrutta, il veleno che trasudava dalle ferite, sangue nero come la pece infettato dal Merzost.
 
Sfiorò la cicatrice scura sulla sua mano destra, pulsava dolorosamente come anche i segni sul volto. Aprì e chiuse la mano cercando di allontanarne il pensiero, ma invano.
 
Non era un simulacro, era la sua vera mano.
La cicatrice scura avvolta dai segni dell’ustione là dove Alina lo aveva con il suo potere, la dove era rimasto una scheggia dell’amplificatore che gli aveva strappato dalla carne pugnalandolo.
L’amplificatore che gli aveva donato per un breve periodo il controllo sul suo dono, su quella luce così a lungo bramata.
 
Si osservò le lunghe dita pallide e infine si strinse il polso con forza.
Ricordava di averla persa, di sua madre che morendo gliela recideva con il Taglio.
Quel dolore non poteva essere falso, lei era veramente morta, il vuoto nel suo petto non mentiva.
 
Eppure la sua mano era ancora là e qualcuno l’aveva stretta mentre tornava dall’oblio, invocandolo per nome.
 
«Aleksander… Ravka ha ancora bisogno di te… I tuoi Grisha ne hanno… Io ne ho…»
Una voce femminile, un volto offuscato e una divisa del primo esercito…
Occhi lattescenti quasi ciechi…
 
Leah?
 
Non ne era certo, non riusciva più a trattenere nessuno dei loro nomi, si confondevano tra loro.
Ormai era solo uno spettro bloccato in quella prigione di pietra.
 
Premette con forza la ferita e il dolore lo sorprese, una nuova energia germogliava in essa. Fiotti di luce ne scaturivano senza controllo e la visione lo colpì come un pugno.
 
Vide Alina protendersi verso le ombre mentre i suoi capelli scuri perdevano colore fino a divenire candidi come la neve.
Lo afferrava e stringendogli la mano lo aveva estratto dalle ombre mentre il Merzost scivolava nuovamente dentro lui assieme alla vita.
 
Si premette la mano sul volto trattenendo a stento un grido.
 
Davvero lo aveva riportato tra i vivi e infranto la promessa? Aveva veramente conservanto il suo corpo e usato lo stesso veleno che l’aveva indotta a ucciderlo?
Quell’istante continuava a tormentarlo, perché non aveva scelto di accettare la sua mano allora? Se ripensava al suo straordinario potere liberato nel momento del sacrificio la rabbia lo attanagliava. Le aveva consentito di distruggere la sua creazione e sputargli in faccia che non avrebbe mai avuto bisogno di lui… Quindi perché adesso respirava di nuovo?
 
Il richiamo lo punse come uno spillo, fastidioso e opprimente.
Il potere della luce lo richiamava a sé, come?
Il legame era reciso, ne era certo, ma la sua mano, la luce in essa…
Ormai era solo caos…
 
 
Un’irresistibile forza lo trascinò in piedi costringendolo ad aprire gli occhi.
La sua cella stava svanendo lasciando il posto a una foschia opalescente in cui spiccavano figure umane confuse.
 
La sua mano pulsava lanciandogli dolorose fitte.
La stanza affiorava gradualmente, un tempo erano state le sue stanze della guerra ma ormai gli apparivano estranee, a malapena familiari.
 
Finalmente la vide, la sua piccola Santa.
Non perfetta come voleva mostrarsi quando lo raggiungeva lei attraverso il legame, ma la vera Alina.
 
I suoi capelli erano candidi come neve, la sua postura austera e la sua Kefta
La sua Kefta era nera con intrecciati ricami d’oro, non troppo diversa da quella che lui aveva fatto confezionare per lei in quella che era un’altra vita lontana, in un breve istante di gioia.
Avrebbe voluto dimenticare, lui aveva vissuto migliaia di vite, infiniti istanti, perché tutto ciò che si legava a lei doveva essere speciale?
Eppure anche in quel momento lei scintillava come se fosse la sola creatura in quella stanza dotata di colore, il suo corpo emanava luce, rendendola la sola forma veramente a fuoco nella sua visione.
Ma non era un sogno, era davvero accanto a lei, o almeno la sua mente.
Il legame mentale si stava rafforzando nuovamente.
 
«Lo abbiamo ucciso una volta, troveremo il modo di farlo di nuovo, stavolta per sempre!»
Riconobbe la voce dura e altezzosa, Zoya.
 
«Se lo farete spazzerete via ogni possibilità di fermare la Piaga come anche ogni possibilità di lottare contro la Jurda Parem
Aleksander osservò Alina, non era del tutto certo di quanto avesse udito.
 
«Alina, ti prego… Da più di un anno stiamo discutendo di questo, peggiori solo la tua condizione! Non difenderlo ancora!» stavolta a parlare era stata una sagoma dal vago alone rossastro… Genya?
 
Aleksander non ne era certo. Qualcuno si era davvero chiamato in quel modo,
Era stata forse una sua leale alleata?
No… Lo aveva tradito, come molti altri...
 
«Definisci peggiorare… Peggio che la mia regina abbia usato una magia proibita? Peggio del fatto che ha scelto di ignorare quanto il Triumvirato aveva deciso? Peggio di aver complottato con i devoti del Santo Senza Stelle a nostra insaputa e che sia fuggita nella notte per andare all’origine della faglia ed effettuare un rituale proibito riportando in vita la peggiore piaga di questa nazione? Davvero può ancora fare qualcosa di peggiore?»
Esclamò una sagoma dai capelli dorati sedendosi con un sonoro tonfo.
 
Alina scosse la testa e finalmente lo vide, lui sorrise rivedendo se stesso in lei, ammirandone l’autocontrollo. La sorpresa era apparsa solo per un momento nei suoi occhi ma aveva immediatamente riacquisito una pacata determinazione.
 
Davvero un’allieva brillante!
Pensò Aleksander.
 
«Maledizione Alina, Fjerda e Shu Han sono in guerra con noi, ogni speranza di pace è legata alla nostra capacità di mostrarci uniti e forti! La presenza del Darkling mina ogni cosa! Porterà all’ennesima guerra civile, che non ci possiamo permettere, deve morire di nuovo! Abbiamo già la piaga a tormentarci, ma forse con la sua morte risolveremo!»
 
Ancora quel nome piaga.
Per un momento aveva persino pensato che potesse essere un nuovo modo per riferirsi a lui, ma iniziava a dubitarne.
 
«Lui è la soluzione, non il problema! Potrebbe aiutarci a contrastare l’effetto della Parem, ha secoli di conoscenza dalla sua! Dobbiamo anche rafforzare il secondo esercito, difendere i Grisha che sono sempre più presi di mira, rapiti nelle loro case e sottoposti a torture ed esperimenti orribili e Lui può…»
 
«Aiutare te a controllare il Merzost? A completare la tua metamorfosi alimentando quel mostro affamato di potere che ti sta crescendo dentro? Non ti è bastato quel che hai fatto alla cerimonia? Oltre ad aver evocato quell’abominio?» tagliò corto il giovane Re.
 
Aleksander sbattè le palpebre, gli avversari di Alina continuavano ad apparirgli un ammasso di colori confusi, Alina invece spiccava nitida e luminosa come una stella, meravigliosa e splendente.
 
«Volevo scacciare il tuo demone, purtroppo ho fallito! Per questo ho bisogno di Lui, nessuno conosce il Merzost meglio di Aleksander, nessun altro può aiutarci a comprendere non solo la Piaga ma anche la tua maledizione…»
 
Alina si voltò e i loro occhi si piantarono in quelli di lui e vi vide dolore e tradimento.
Aveva usato il suo nome, sputandolo fuori come qualcosa di semplice e comune.
Era stato come se lo avesse pugnalato ancora una volta.
 
Scosse la testa deciso, no non la avrebbe sostenuta, era tardi per qualsiasi cosa.
 
Si sforzò di mettere a fuoco la sagoma del giovane Re e finalmente lo vide.
Vi era un groviglio oscuro che gli pulsava nel petto, un residuo del suo potere?
Per questo lo aveva riportato alla vita? Per salvare il suo prezioso sposo?
Scosse deciso ancora una volta la testa e chiuse gli occhi rintanandosi nella propria mente, preferiva marcire in quella cella maleodorante che passare anche solo un altro istante in quella luce colma di melliflue promesse.
 
Si svegliò nella sua cella, la pietra che premeva sul suo corpo magro.
La luce pulsava ancora regolare dalla ferita, trasudando quel residuo di potere maledetto.
Si osservò le pallide mani e si sorprese felice per la prima volta di non avvertire il richiamo delle ombre sotto la pelle.
No, non l’avrebbe aiutata, che lo uccidessero pure, ormai si era arreso.
 
Secoli di lotta, perdite e tutto per cosa?
Perché in mano gli restasse solo una manciata di frammenti ossei e futili illusioni?
Quello era ormai il suo sogno, solo una carcassa priva di vita.
Ripensò alla sua esistenza frammentata.
Aveva avuto così tanti nomi, vissuto così tante vite, finto così tante morti.
Ogni persona che aveva amato e a cui si era legato gli era stata portata via dall’odio degli Otkazat'sya o anche solo dal tempo…
Secoli in cui si era indurito scegliendo di non avvicinarsi più a nessuno prima che lei venisse portata nella sua tenda, liberando per la prima volta la sua calda luce.
 
Ma quello scampolo di pace lo aveva pagato caro, con dolore e tradimento e adesso era solamente stanco.
Si chiuse in se stesso, cercando di rallentare il battito del suo cuore. Se solo quella mano avesse smesso di pulsare ed emanare quella maledetta luce a lungo bramata…

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Capitolo 4
*** Capitolo 04 - ...the light! ***




Capitolo 04 - ...the light!


 


 

Lo avevano scrutator dall’alto del loro glaciale disprezzo e avevano borbottato tra loro in quella loro graffiante incomprensibile lingua.
 
Non gli era servita una traduzione, i loro gesti erano più che chiari.
 
Sarà sicuro avvicinarsi?
Sarà abbastanza debole da poterlo uccidere?
 
Cercò di rialzarsi ma fu scosso dalla tosse e crollò su se stesso sputando denso sangue nero.
Gli aveva insegnato a non inchinarsi a nessuno, a tenere la testa alta… E si era nutrito di quegli insegnamenti plasmando con essi la sua corazza.
E per cosa? Per ritrovarsi a strisciare?
Era giunta quella la sua fine? Si rifiutava di accettarlo.
Strinse i pugni e afferrò ogni grammo di forze che gli restavano avvinte.
 
Le ombre risposero, lo facevano sempre.
Digrignò i denti e sferrò il colpo.
No, non lo avrebbe piegato nemmeno la morte!
Si protese spostando quei corpi immobili, aveva intravisto una kefta rossa sotto quegli immondi Fjerdiani.
 
Ricacciò un gemito gorgogliante, riconosceva quei lineamenti.
Era certo che nei secoli il suo cuore si fosse sufficientemente indurito, ma ricordava quel sorriso da così tanto… Ricordava a chi lo rivolgesse, ricordava quando aveva unito quelle mani e quanto in quel momento si fosse concesso speranza per il futuro.
 
Che ci faceva oltre il confine?
 
Ce lo hai mandato tu!
Ricordi? Gli hai comunicato che Ivan non sarebbe stato con lui, gli hai imposto di riportare la tua spia… Sta morendo!
 
Ricercò la vita e si soprese a sospirare di sollievo avvertendone un flebile battito.
Si aggrappò ad esso e sperò che il suo dono potesse ridargli energia, trattenerlo su quella terra crudele.
«In piedi soldato…» gli sussurri.
 
Fedyor… Sai il suo nome, non serve fingere di averlo scordato…
Malgrado tutto rammenti ogni loro nome….
 
Sorrise quando finalmente i suoi occhi si aprirono.
Ma quando le sue labbra si dischiusero si sentì sprofondare perché quell’invocazione gli ricordava così duramente il suo fallimento.
 
«Ivan…»
 
Si risvegliò avvolto in tenebre che ormai lo avevano rinnegato, anche la solitudine lo allontanava.
Aveva sepolto molti fedeli compagni, soldati, amici… Fedeli e devoti e adesso era semplicemente stanco di perdere parti di sé… Non gli era rimasto nulla…
 
Poi all’improvviso la verità lo colpì con forza.
La pulsazione sotto la sua stretta…
Lo vide, sanguinante che si difendeva con disperazione da Volcra, era caparbio, lo era sempre stato.
Molto più di altri.
Era sempre stato al suo fianco e non lo avrebbe lasciato andare. Era quello che lo aveva spinto.
Aveva attinto al Merzost e i suoi soldati d’ombra, i suoi Nichevo'ya erano apparsi per la prima volta.
 
Aleksander sorrise nuovamente alle tenebre e le ombre gli risposero ancora una volta.
La porta fu divelta dai cardini e sbalzata lontano con violenza.
Avanzò sbattendo le palpebre con placida lentezza assaporando il bruciore che il tocco di quella luce gli dava, filtrando dalle crepe oltre la sua prigione.
 
Ivan… Ivan e Fedyor erano vivi… Forse qualcun altro si era salvato… Vi era ancora qualcosa da salvare oltre le sue ombre.
Forse per quello era tornato in vita!

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 05 - Then I Fall Apart... ***




Capitolo 05 - Then I Fall Apart...
 





 
 
Se ne restava rannicchiato nel suo mantello, scrutava con sguardo impassibile i suoi compagni. Si ritraeva quando gli scossoni del carro li faceva oscillare verso di lui, non era ancora pronto, doveva evitare che lo toccassero o avrebbe rischiato di rivelare il suo dono, la sua maledizione.
 
Non lasciare che si avvicinino mai a te… è troppo pericoloso…
 
La voce della madre gli rimbombava nella mente.
 
Stupido ragazzo…
 
Forse aveva sempre avuto ragione, ad ogni suo sbaglio.
Più di una volta aveva infranto quella promessa ed era abbastanza certo di non essersene mai pentito, nemmeno una volta.
Perché credeva molto di più nel suo sogno, nella sua utopia di un luogo sicuro e protetto per tutti i Grisha che in quelle vuote infantili parole.
 
La gabbia vibrò nuovamente e una ragazza tremante con lunghi dreadlocks aggrovigliati gli crollò addosso sfiorandogli appena la nuca.
 
Bastò un attimo.
 
La loro pelle si toccò solamente per un istante ma fu più che sufficienza.
 
Intravide la luce accendersi in un attimo negli occhi della ragazza.
Indossava la logra kefta rossa degli Heartrender, lo scrutava incredula e bramosa.
 
Lui scosse la testa, non poteva permettersi di perdere il controllo, non era pronto, non era ancora il momento.
Non era pronto…
 
Aveva indossato abiti sgualciti del secondo esercito e vagato come uno spettro.
Il suo potere a malapena ingabbiato dentro di lui, il Merzost che scorreva denso e nero come l’inchiostro che gli bruciava nelle vene privandolo delle sue forze, ma non aveva ceduto.
Era avanzato fino a che non aveva raggiunto il suo obbiettivo, i Drüskelle.
La via più rapida per trovare chi stava cercando…
Aveva avuto un’intuizione e l’aveva seguita senza esitare.
 
Stupido ragazzo…
 
Ripeté lo spettro di sua madre, aleggiando tra quei corpi tremanti.
Il rischio era troppo alto ma quella era la sola pista che sembrava avere un senso.
La strada verso Fedyor e Ivan e al tempo stesso lontano dalla luce… Da Lei!
 
La ragazza con i dreadlocks lo stava ancora fissando con grandi occhi sgranati, fremeva di bisogno. Voleva il potere insito nelle sue ossa…
Riconosceva quella brama, una necessità che aveva armato due mani non troppo dissimili da quelle della giovane Heartrender di una pietra, pronte a ucciderlo per indossare le sue ossa.
Di mani di cui per un breve momento smarrito nel tempo aveva sperato di potersi fidare.
 
Stupido ragazzo…
 
Perché nonostante tutto quel ricordo si era conficcato così a fondo nella sua mente?
Aveva dimenticato molto, ma quelle immagini non si erano mai sbiadite.
 
Strinse i pungi attorno al giogo che gli bloccava con legno e acciaio mani e polsi. Non avrebbe mai dovuto scordare quella lezione, l’amore e il desiderio lo rendevano sempre troppo debole…
 
Era il vero motivo per rifuggiva quella luce, dopo averla inseguita, desiderata, bramata più di qualsiasi altra cosa in secoli di vuoto.
 
Era stanco di quella stupida debolezza.
Strattonò le catene, doveva liberarsi, la minaccia aleggiava sulla sua testa come una ghigliottina.
 
La ragazza si mosse rapida ma non a sufficienza.
 
Non era più quel ragazzino sprovveduto da tanto, troppo tempo.
 
Il Merzost gli scorreva rovente nelle vene, le ombre erano pronte ad emergere, a divorare ogni cosa quando una mano afferrò la ragazza e la spintonò giù.
Un’altra Kefta rossa lurida si frappose tra lui e gli altri Grisha, nonostante i ceppi si protese contro le ombre.
 
Non vi erano le familiari fossette a incorniciare un sorriso, solo uno sguardo spento.
Ma Aleksander riconobbe quegli occhi nocciola dai riflessi dorati, per la prima volta lo fissavano senza timore e non sembrava affatto sorpreso di vederlo vivo.
Le sue labbra sillabarono senza voce
 
Aveva ragione! Ha funzionato!
 
I ricordi lo colpirono e nel tempo di un battito udì la voce di Ivan invocarlo oltre il non essere e vide una piccola ape ronzargli vicino, una mano di luce che lo afferrava e lo trascinava tra fiamme e ghiaccio.
 
 
Fedyor si protese verso di lui e dischiuse le labbra ma prima che potesse parlare il mondo attorno a loro si ribaltò e le ombre esplosero, dilagando dal suo corpo avvolgendo ogni cosa.
 
No…
 
La rivide, ergersi contro il cielo azzurro e terso.
 
Non li controlli vero?
 
Quel potere lo stava di nuovo lacerando, ancora una volta sconquassando esondando oltre il suo corpo.
Si strinse tentando di trattenerli e quando le catene iniziarono a incidergli la pelle la stretta si allentò e le catene lasciarono la presa sui suoi polsi, lunghe dita fredde gli sfiorarono la pelle e denti gli affondarono nella carne, dilaniandogli il collo.
Le ombre si ritrassero, divorate da quella presenza sfocata che lo aveva ghermito.
 
No! Basta! Ci ucciderai!
 
Era certo, non era pronto per essere spinto ancora oltre la soglia, il dolore al petto lo riscosse così, superata la sorpresa, si afferrò con tutte le sue forse al desiderio di vivere e spinse via quel vampiro cadendo giù dal carro.
Denso sangue nero gli colava sull’addome ansante, il mondo gli appariva unammasso indistinto e sfocato in quella fretta notte.
 
Si riscosse e cercò di guardarsi attorno.
 
Il carro dei Drüskelle era spaccato in due, un Volcra se ne stava appollaiato sopra i resti di uno dei due Fjerdiani.
 
«Come…» farfugliò smarrito.
 
Era certo che quel confuso ricordo dovesse per forza essere vero, la sua piccola Santa del sole aveva distrutto la Shadow Fold assieme al suo prezioso tracciatore.
Al sangue della sua stirpe che poi lo aveva trafitto.
I Volcra erano andati distrutti assieme alla sua creazione…
Quei mostri erano sempre stati oltre ogni controllo eppure quell’essere pareva un mansueto cucciolo. Persino i Grisha che fino a poco prima erano stati prigionieri assieme a lui e che si stavano liberando dalle catene fissavano i loro salvatori con aria incerta.
 
Una donna se stava al fianco del Volcra, occhi lattescenti quasi ciechi che scrutavano oltre eppure inchiodati, Aleksander ne fu certo, su di lui.
 
Leah?
 
Prima che il nome affiorasse sulle sue labbra Fedyor si inginocchiò ansimando.
 
Una figura snella dai candidi capelli mossi dal vento notturno emerse tra le ombre baciate dalla luna.
 
Aleksander si sforzò di mettere a fuoco il suo volto mentre le sue energie defluivano via e il mondo barcollava.
 
La Santa del Sole gli sorrise, le labbra ancora macchiate del sangue nero con cui aveva appena pasteggiato.

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Capitolo 6
*** Capitolo 06 - Into the Darknes ***




Capitolo 06 - Into the Darknes






«Mi stai osservando!»
Aleksander trasalì quando lei lo colpì con dura precisione.
Era sdraiato in un giaciglio di paglia maleodorante e umido.
Non ricordava come fosse finito in quel luogo, ricordava l’ennesima gabbia… catene e… Scosse la testa scacciando quel pensiero. Non poteva essere vero.
«Come fai a dirlo… Sei cieca!»
 
Leah rise.
«Ti sei risvegliato insolitamente perspicace…»
Il gigantesco Volcra alle sue spalle gracchiò in modo sinistro come a farle eco.
Una grottesca caricatura del suono della ragazza.
 
Lui scrutò la creatura perplesso, non aveva mai visto quelle creature sotto quella luce.
Erano sempre state bestie incontrollabili, i discendenti di esseri ben peggiori…Otkazat'sya ottusi. Servi della corona ora piegati dal Merzost…Questo erano, eppure…
 
Leah carezzò il muso del gigante alato e le sussurrò con dolcezza.
Tra i brusii quasi incomprensibili avvertì una parola distinta.
 
Aleksander inarcò un sopracciglio.
«Azazello?»
 
Il Volcra gorgogliò, un verso che Aleksander avrebbe definito felice.
«è il suo nome, Azazello! Gli stavo chiedendo di pazientare… Che comprendo la sua fame, ma che fin quanto il sole è alto nel cielo non può uscire per la caccia!»
 
Aleksander cercò di alzarsi ma una fitta di dolore lo attraversò lungo tutto il corpo piegando persino la sua volontà.
Si ritrovò a fissare il soffitto corroso di una capanna.
Gli rammentava così tanti rifugi in cui sua madre lo aveva confinato, ripetendogli fino alla nausea di non uscire nonostante lo abbandonasse da solo nelle tenebre.
«Non capisco…»
 
Il volto cieco di Leah si protese verso di lui.
«Ringrazia la tua piccola santa, doveva solo attingere al tuo Merzost, non dissanguarti… Ma immagino che sia sempre così per i neonati… La fame di potere diventa incontrollabile…»
 
Le dita della ragazza scorsero lungo la ferita ancora incrostata di nero sul suo collo.
Lui scosse la testa.
«Sei te che non capisco, sei solo…»
I vuoti occhi lo scrutarono impassibili.
«Sono solo un’Otkazat'sya sì!»
 
Il gelo che scese tra i due parve diventare tangibile, rimarcato dal sordo ringhio del Volcra.
«Ricorderai cosa ci ha unito, è accaduto molto tempo fa… Tra le ombre, la dove entrambi troviamo riparo…»
Lui si irrigidì mentre una nausea sempre più crescente lo attanagliava e si soprese di riscoprire un antico timore.
 
Quelle parole gli rammentavano la madre, le sue parole taglienti e derisorie.
 
Sei troppo grande per temere il buio… le ombre… la tenebra…
 
Leah parve ignorare il suo evidente malessere, troppo persa tra le carezze per il suo Azazello.
 
«Lui come me è legato alle ombre… La nostra vita… Le tenebre, l’oscurità non sono sinonimo di qualcosa di malvagio.
Non necessariamente.
L’oscurità è la dove si originano i sogni, il luogo dell’ignoto, dove tutto è possibile! E spero che lo ricorderai presto perché me lo hai insegnato tu!»



 




Il sangue nero aveva inzuppato la tunica, così la rimosse.
Non senza difficoltà.
 
Era stato già ferito molteplici volte in passato ma quel morso, quel dolore.
Forse tornare dalla morte lo aveva cambiato più di quanto poteva immaginare.
 
Ancora di quei giorni non affiorava alcun ricordo, malgrado Leah affermasse che presto si sarebbe riappropriato di ogni ricordo.
Solo brevi flash senza senso, La voce di Ivan, la sua mano protesa…
Ma per lo più ricordava le tenebre.
 
Prese la maglia e la premette contro la ferita gemente al collo, rabbrividendo al contatto con l’aria fredda.
 
Doveva essere inverno, il suo lungo perdurare in quella cella senza finestre gli aveva fatto perdere il contatto con lo scorrere del tempo.
 
Premette con forza sulla ferita, il dolore lo aiutava a restare centrato, a ricordare.
 
Leah aveva centellinato le informazioni da dagli e la frustrazione lo faceva infuriare.
 
Non era abituato a restare nell’ignoranza, era sempre stato lui a tenere in mano ogni situazione.
 
Solo una cosa in quella debolezza gli era chiara.
 
Alina si era nutrita del Merzost attraverso il suo sangue…
Perché?
Cosa gli nascondevano?
 
«Sei sveglio finalmente!»
 
Sussultò e una fitta alla spalla gli strappò un gemito.
 
Una ragazzina con una zazzera viola lo osservava, sembrava avere al massimo dodici anni ma Aleksander aveva sufficiente esperienza da vedere oltre l’apparenza.
Quell’essere nascondeva la sua vera natura dietro a una fittizia innocenza.
Lei rise e aguzzi denti affilati scintillarono.
 
«El mi ha chiesto di vegliare su di te, ma sinceramente speravo facessi qualcosa di più… Interessante! Ero così curiosa… Insomma, ho sentito tanto parlare di te… Il creatore!»
 
Aleksander si riscosse incerto.
 
Creatore?
Di certo parlava della Shadow Fold ma in quel tono comprendeva altro, quella ragazza lo osservava bramosa.
Lo guardava come se fosse il suo Creatore… Ma come?
Poi la realtà lo attraversò.
 
Il Volcra?
Possibile che quella ragazzina in realtà fosse il Volcra che Leah aveva ribattezzato Azazello?
La maglia gli scivolò di mano e cadde a terra.
 
«Chi sei?»
 
La ragazza si batté una mano sulla fronte come se si fosse appena rammentata qualcosa.
Si voltò e recuperò dal tavolo su cui si era appollaiata un piatto pallido su cui spiccavano delle focacce gialle ripiegate da cui fuoriusciva qualcosa di scuro e non ben definito, che Aleksander immaginò essere carne.
«Non sono sicura di cosa siano ma… Dicono essere commestibili e tu hai davvero bisogno di nutrirti, specie se intenti rimetterti in forze e uscire da questa capanna… almeno tu puoi, io devo necessariamente aspettare che il sole scenda oltre l’orizzonte!»
 
Quando Aleksander si mostrò titubante la ragazza prese una focaccia con uno sbuffo e lo addentò decisa, per poi fingere di strozzarsi scoppiando infine a ridere.
 
Gli porse nuovamente il piatto «Mangia! Sto aspettando da giorni di vedere il tuo talento all’opera… E invece mi devo limitare ad osservare un ragazzo sanguinante e febbricitante, lo capisci quanto possa essere grande la mia delusione? Erano secoli che aspettavo questo momento!»
 
Lui se ne rimase ansante con in mano in piatto.
Niente nella sua lunghissima vita lo aveva preparato a quell’incontro, perché ormai era certo che quella ragazzina dai capelli elettrici e dallo sguardo carico della notte stessa altri non fosse che la forma umana del Volcra chiamato Azazello.
Ma come fosse possibile non riusciva davvero a comprenderlo.
 
Una cosa era sicura, quella ragazza lo considerava il suo creatore e lo osservava come se si aspettasse qualcosa di incredibile.
 
Le ombre arrivarono rapide e la ragazzina rise divertita.
Titubante aprì la porta e avvolta dalle ombre osservò al di fuori dell’alloggio.
 
Era felice, grazie alla sua protezione Poteva scorgere oltre la soglia, incurante della luce del giorno.
 
Quando Aleksander ritrasse le ombre Azazello si ritrasse scottata dalla luce del sole e richiuse la porta con rabbia.
In quel ruggito si intravedeva la forza del Volcra, nascosto in quell’involucro dalle fattezze umane.
 
Aleksander sorrise, sarebbe stata una delle tante cose che avrebbe dovuto spiegargli.
 
«Posso concederti la protezione delle ombre ma in cambio, ho bisogno di informazioni. Voglio sapere ogni cosa, dalla fine della Shadow Fold al mio risveglio!»
 
E anche l’origine del tuo aspetto umano, o informazioni su dove siano i mei soldati, Ivan e Fedyor e tutti gli altri…
 
La ragazzina incrociò le braccia e gli sedette davanti.
 
«Bene!» esclamò osservandolo impettita. «Ma mangia e rivestiti, perché sarò una cosa molto lunga!»

 
 
 

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