Poisons

di Brume
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In viaggio ***
Capitolo 2: *** Il bordello ***
Capitolo 3: *** Brancolando nel buio ***
Capitolo 4: *** Svolte inaspettate ***
Capitolo 5: *** La Voisin - Parte I ***
Capitolo 6: *** La Vosin- parte II ***
Capitolo 7: *** La resa dei conti I ***
Capitolo 8: *** La resa dei conti II - Sull' orlo del baratro ***



Capitolo 1
*** In viaggio ***


 
“Oscar dimmi, di grazia…manca ancora molto?”


André, la cui parte superiore del corpo sporgeva oltre l’articolata balaustra che concludeva la murata della piccola imbarcazione ,piegato a metà dai dolori,  riuscì a malapena a profferire la frase; ma tale era la curiosità di sapere quanto ancora sarebbe durata quell’ agonia che si sforzò, quasi perdendo i sensi, spaventando la donna che gli stava a fianco.

“André…siamo partiti da due ore…” gli aveva risposto Oscar dolcemente “ prima di domattina non saremo a destinazione…”

Lui provò a ribattere, ma fu  preso dall’ ennesimo rigetto;  Oscar, allora, aveva atteso che finisse e non appena i conati cessarono  cercò  di farlo rialzare in posizione eretta. Doveva riportarlo nelle cabina che era stata messa a loro disposizione, così avrebbe potuto riposare.
“Oscar, sono impresentabile…ti prego, manda uno dei ragazzi a darmi una mano…non è compito tuo. ” rispose lui, una volta saldo sulle gambe, tuttavia la donna non aveva voluto sentire ragioni e con molta cautela si erano incamminati verso la porta di tribordo che conduceva negli ambienti a loro destinati. Una volta al caldo, una volta raggiunta la piccola cabina, lei lo aveva aiutato a stendersi.
“Te lo avevo detto di non uscire con i ragazzi,  l’ altra sera! ” lo rimproverò senza alcun astio,  bonariamente, posando uno straccio nell’ acqua di una bacinella ai piedi della cuccetta dove era steso André. Lui aveva provato a sorridere.
“…Hai ragione, ma sai come è fatto Alain. E’ molto convincente ” le aveva poi risposto mesto, il capo chino. Oscar gli aveva accarezzato i capelli, scostandoli dalla fronte. Infine, piegando le ginocchia e sedendosi sui propri talloni, aveva preso a ripulire il suo viso con la pezza intrisa di acqua fredda.
“Oscar…io…non farlo, non sei tenuta!” aveva subito ribattuto lui facendosi porpora in viso. Tuttavia la donna non aveva voluto sentire ragioni e portò a compimento il tutto.
“André, non fare il bambino. Ti vergogni di me? Anche se viviamo sotto lo stesso tetto da una vita?” aveva risposto lei. Lo sguardo di André si fece più duro.
“Si ma…io sono un servo. Tu la padrona. Inoltre…dopo quanto è successo….”

La donna si levò in piedi, di scatto, il le gote arrossate.

“Ne abbiamo già parlato. Credi che se ce l’ avessi davvero con te …ti avrei chiesto di accompagnarmi?”  disse con voce ferma.
André era rimasto in silenzio, un po' stravolto dal malessere, un poco per la vergogna. 
Oscar lo fissò per un attimo, poi raccolse la bacinella posandola su di una mensola li accanto ed uscì. Quando tornò, dopo aver chiesto lumi sul viaggio al capitano e avere preso un po' d’ aria che sperava potesse togliere quel piccolo improvviso peso sul petto, André aveva finalmente assunto un colorito più o meno roseo ed il suo viso appariva disteso. Lieta di questo e approfittando del fatto che lui già dormisse, prese allora a spogliarsi per poi infilarsi nella cuccetta opposta a quella di André, con la sola camicia indosso.


Fu una notte tranquilla e, al mattino, venne svegliata da un solerte marinaio che li avvisava del prossimo avviso a Le Havre.
“André, buongiorno. Come stai?” aveva chiesto non appena aperti gli occhi,  notando che lui era già seduto sul letto, semivestito.
“Bene, per fortuna…” rispose stiracchiandosi, il viso finalmente disteso.
Oscar si mise a sedere, a sua volta, stando ben attenta a coprirsi eventuali lembi di pelle scoperta con il lenzuolo.
“…Per fortuna: oggi riposeremo, ma domattina dovremo imbarcarci ancora…”  disse poi.
André annuì.Un silenzio imbarazzante scese tra loro, per un istante.
“Ora esco, così finisci di prepararti” disse allora lui, recuperando camicia e giacca. Detto questo infilò le scarpe e giacca, uscendo.  La donna, rimasta sola, fece quindi con relativa calma: raccolta dell’ acqua fresca dal suo personale bacile, la passò velocemente sul suo viso e poi sul corpo con l’ ausilio di una pezza. Quindi finì la propria vestizione.

“Non pensavo facessi così alla svelta “ le disse André quando notò che era arrivata sul piccolo ponte.
Lei , cosa strana, legò i capelli per trattenerli da vento fastidioso che aveva iniziato a soffiare.
“…Anche io non è che ami moltissimo le navi, di qualsiasi dimensioni esse siano…preferisco stare all’ aria aperta che in una trappola per topi…” disse, sorridendo.
“Tra meno di mezzora saremo al porto. Quali sono le nostre disposizioni a tale proposito?” domandò André fissando la riva.
Lei, facendo lo stesso ovvero osservando il panorama cittadino che si andava delineando, prese dalla tasca una sottile pergamena consegnatale dal Generale Jarjayes e la mostrò all’ uomo.
“Mio padre dice che dovremmo arrivare a Londra e consegnare un importante messaggio ad un suo cugino, emigrato in Inghilterra un paio di decenni fa. Non ho voluto sapere di cosa si tratta, facciamo alla svelta e rientriamo a Parigi…c’è bisogno di noi, in città…” aveva risposto.
“Capisco. Allora non appena approderemo mi prodigherò per trovare una locanda adeguata al tuo rango, mentre tu riposi o ti prendi le tue libertà” rispose.
Oscar aveva sorriso e aveva appoggiato la mano sul braccio dell’ uomo.

“Ci andremo insieme, per una notte non è che mi formalizzi. Se non l’ho fatto salendo su questa bagnarola…”

André scoppiò a ridere, attirando l’ attenzione su di sé.
Infine iniziò a camminare e presto Oscar lo seguì: la nave stava attraccando e di li a breve sarebbero scesi.
 
***                                           ***                                               ***                                                   ***

Una volta scesi a terra trovarono subito -  fortunatamente - ciò che faceva al caso loro: non poco distante, si imbatterono in una locanda dall’ aria sobria e vi entrarono; l’ interno, seppure colmo di persone, sembrava più un caffè parigino che un locale a poca distanza dal porto. In pochi passi guadagnarono l’ arrivo al bancone.
“Benvenuti alla mia locanda, sono Monsieur Dalfour, Posso esservi utile?” domandò loro un uomo alto, magro, dall’ aria smunta, vestito di nero.
“Si. Vorremmo due camere, per favore. Una notte.” disse prontamente André.
Il proprietario si spostò di lato, consultò una sorta di libro alla sua destra e poi si rivolte ai due.
“Purtroppo abbiamo a disposizione una sola camera, cuccetta e canapè. Può andare?” rispose aggiustando il monocolo che portava sull’ occhio destro, in attesa di una risposta.
André guardò Oscar. Lei fissò a sua volta l’ uomo.
“Si, può andare” rispose lei “ in fondo, si tratta solo di una notte….”
L’oste prese in mano piuma e calamaio.
“Bene, quindi… posso avere le vostre generalità?” domandò

“André Grandier e …”provò a dire lui.
“… e Oscar Jarjayes”  rispose lei, finendo la frase
“cosa sarebbe questa novità?” domandò a bassa voce André, cercando di non farsi sentire, sorridendo.
“…Non so, mi è venuta in mente così. Non vi è alcun motivo preciso….”

Le loro chiacchiere furono interrotte dall’ arrivo di un ragazzino corpulento.

“Lui è Laurent, vi porterà alla camera…” disse Dalfour. André ed Oscar seguirono il ragazzo e, una volta entrati nella camera al secondo piano - ed appurato che fosse assolutamente meno peggio di quanto pensassero, anzi, era decisamente pulita e ben arredata rispetto alle solite strutture da essi frequentate- ecco, Oscar a questo punto prese posto sul piccolo divanetto , si tolse la giacca e iniziò a  guardarsi in giro, visibilmente stanca. André, invece, prese a scrutare  il porto dalla piccola finestra.

“Si mette al brutto, ma vorrei comunque fare un giro della città, oggi pomeriggio. Siamo in autunno, non credo che farà freddo più di tanto…” disse.
Oscar, nel mentre, si era tolta gli stivali e stava cercando una posizione comoda su…su quel trabiccolo che a quanto pare aveva una delle gambe un attimo…ballerina.
“Credo di seguirò, André: ho proprio voglia di non pensare ad un bel niente, sai? Considero questo viaggio una piccola vacanza, non voglio pensare a Parigi per un po'…” rispose.
André si voltò e la raggiunse, sedendosi sul letto, proprio davanti alla donna.

“C’è qualcosa che non so, Oscar? Problemi al comando? Prima mi hai detto che volevi rientrare quanto prima, ora…” domandò.
Lei sciolse i capelli che aveva tenuto legati fino a quel momento, infine fissò l’ amico.
“Hai ragione, André…sono stanca, confusa… un po' preoccupata per ciò che sta accadendo… i debiti della Corona, l’ astio del popolo…il nostro amico cavaliere nero che tiene comizi…” rispose. L’ altro annuì.
“…effettivamente, non è un bel momento. Ma tu non devi preoccuparti, riuscirai a fare tutto ciò che vuoi! ”rispose lui per farle forza; ma in quello stesso istante i ricordi di quegli ultimi mesi e anni presero il sopravvento e fece fatica a non fare trasparire nulla…Soprattutto…riguardo a Saint Antoine.

Oscar si alzò in piedi, camminando scalza e raggiungendo la finestra. André la seguì con lo sguardo.

“Sai André, a volte, quando mi sono trovata in condizioni simili a questa, ho un pensiero ha sempre preso il sopravvento: quello di fuggire. Di ricostruirmi una vita….”.
La voce si era fatta flebile e, per quanto potesse scorgerne il viso, André notò che anche
l’ espressione era cambiata. Si alzò in piedi e la raggiunse.
“Oscar…”
 Lei si voltò , lo guardò, sorrise.
“Sai…a volte mi piace sognare ad occhi aperti…”
Quel momento e l’atmosfera che si era venuta a creare spiazzò non poco i due, ora l’ uno di fronte all’ altra. Come a sottolineare il tutto il rimbombare di un tuono spezzò l’ aria riportando i due lontani da quell’ imbarazzo e, nel giro di qualche minuto, iniziò anche a piovere.
André a quel punto fissò sconsolato il cielo, ora plumbeo.

“…come non detto…addio giro!” borbottò; lei ridacchiò, si diresse verso la sacca che portava con sé ed estrasse un paio di libri.
“Tieni!” disse, lanciandone uno ad André.
“Letteratura latina? No, Oscar, non farmi questo… “piagnucolò lui leggendone il frontespizio.
Lei, che si era nel frattempo seduta sul letto, lo rimbrottò: stare con i soldati della Guardia ti ha reso un filino rozzo rispose;  lui sgranò gli occhi, scosse il capo ridendo  e andò a sedersi sul divanetto, dove iniziò – da bravo scolaretto- la sua impegnativa lettura…con la segreta speranza, ovviamente, che quella pioggia passasse. Quanto avrebbe desiderato fare due passi con lei, scordandosi dei rispettivi ruoli….




Circa due ore più tardi, più o meno vicino all’ orario del pranzo, quella che era una pioggerella autunnale si tramutò in una tempesta la quale, a sua volta, provocò una tremenda mareggiata; entrambi  - ancora - in piedi dinnanzi alla finestra i due osservavano con una certa apprensione ciò che stava succedendo intorno a loro.

“Credi che saremo in grado di viaggiare, domani?” le domandò lui.
“Spero di sì, sai quanto odi rimandare gli impegni….” Rispose Oscar.
André notò che nella stanza aveva iniziato a fare freddo. La sua Oscar stava tremando.
“Tieni la mia giacca, io accendo il camino” disse.  Lei lo ringraziò e lo seguì con gli occhi osservandolo armeggiare tra legna e acciarino.
“Avrei anche fame…che dici se scendiamo, mentre si scalda la stanza?” propose la donna.
André, nonostante lo stomaco sottosopra – ricordo di una nottata quasi in bianco sul lento dondolio della Senna – pensò che non era affatto una cattiva idea:  la fame bussava anche in lui.
“Possiamo andare subito… ecco, qui ho fatto” rispose alzandosi.
“Allora…tieni la tua giacca, io recupero la mia, mi infilo gli stivali e ti seguo….” disse a sua volta lei.

André si prese il tempo necessario giusto per lavarsi le mani e mettersi in ordine, poi uscì, attendendola fuori dalla porta. Quando infine uscì scesero le scale per recarsi nella sala comune dalla quale proveniva un gran baccano.
“Beh, con  questo tempo di sicuro il nostro amico farà buoni affari, oggi” disse André guardandosi in giro; nella sala, colma, vi era ogni genere e tipo di persona: dal viandante al marinaio, dal notaio al…

“Ehi, Oscar, guarda laggiù” disse ad un punto l’ uomo, indicando un angolo della sala “ quello non è Remy, uno degli uomini di tuo padre?” domandò.

Lei , incuriosita, aguzzò la vista, poi tornò a fissare André.

“Che ci fa qui? “domandò curiosa “ …non riesco proprio a capire!”
André non sapeva che dire ma continuò a fissare l’ uomo che, ad un certo punto, li notò e facendosi largo a fatica tra la folla li raggiunse. Era fradicio e stanco, pareva non avesse dormito negli ultimi due giorni.

Monsieur le Comnte…André… dovreste tornare a Parigi!” disse, spiazzandoli.
Oscar lo fissò, incredula.
“A Parigi? Ma che stai dicendo, Remy? Siamo appena arrivati… Mio padre non ti ha avvisato…?” rispose.
Remy annuì.
André, nel frattempo riuscì a trovare un posto dove sedersi ed i tre si accomodarono, ordinando subito qualcosa da mangiare e soprattutto di caldo, anche per quel ragazzo.

“…dunque, Remy? Parla…” lo invitò, Oscar.
Lui si tolse il mantello e si sistemò provando a non dare impaccio e disturbo armeggiano con le vesti bagnate. André ed Oscar nel frattempo attendevano curiosi una risposta.

“Nemmeno qualche ora dopo la Vostra partenza, è arrivata una missiva urgente rivolta a Vostro padre, Monsieur. Lui mi ha affidato il compito di farvela avere… sono partito subito, sperando di rintracciarvi lungo le soste previste per i rifornimenti del battello….ma non vi ho trovati. Sono arrivato così qui, a Le Havre, dove ho ricominciato a battere ogni osteria e locanda del poro; questa è la sesta…e per fortuna vi ho trovati….”
Sul finire della frase, il giovane presa dalla tasca interna della giacca una missiva che consegnò alla donna. Oscar fissò André e, infine, la lesse.


Figliolo,
sono costretto a richiamarti e spero di farlo per tempo. Arriverò diretto al punto: un caro amico ha domandato il mio aiuto. Esso è stato - suo malgrado -  coinvolto in una faccenda dai contorni oscuri, dalla quale proprio non riesce ad uscirne; sarebbe sconveniente fare intervenire chi di dovere e preferisce tenere il massimo riserbo. Ti prego, non appena riceverai la mia lettera, di rientrare a Palazzo dove ti spiegherò ogni cosa con la dovuta calma.

…..






Oscar lesse almeno un paio di volte quelle parole, infine  fece leggere il tutto anche ad André.
Egli, pratico come sempre, non perse tempo.

 “Preferisci noleggiare una carrozza o dei cavalli?” domandò.
 Lei ci pensò su.
“Prendiamo una vettura di posta?”  propose.
“Come desideri tu….”
Una cameriera arrivò carica di piatti. Remy ci si fiondò come se non vedesse cibo da secoli.
Oscar riprese la lettera e la mise al sicuro.
“Si, meglio una vettura di posta” disse, infine. André si affrettò a mangiare e  non appena finito, uscì di corsa dalla porta lasciando la donna e Remy al tavolo.


Chissà cosa mai sarà successo pensò, guardandosi in giro per chiedere informazioni riguardo al reperire la vettura; poi alzò gli occhi al cielo, maledisse quel tempo infimo  e, non trovando nessuno che potesse aiutarlo, iniziò a camminare. 

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Capitolo 2
*** Il bordello ***



Erano le dieci di sera ed il Generale, appena rientrato da una riunione presso gli alloggi del proprio reggimento a Versailles, aveva da poco salutato la moglie la quale, dopo una frugale cena in compagnia di Nanny, si era ritirata adducendo un severo mal di testa.
Nel proprio studio, seduto alla scrivania, era intento a caricare la pipa; attendeva impaziente
 l’ arrivo di Oscar, che aveva preventivato più o meno in quell’ orario, salvo complicazioni e nell’attesa riprese in mano la lettera che un suo caro amico - il Barone Augusto Alfredo Luigi Amadeo di Branciforte -  gli aveva inviato cinque ore prima. Lesse e rilesse più volte le parole concitate e scritte di getto,  cercando una soluzione per tirarlo fuori da un evidente pasticcio che, purtroppo, aveva causato anche alcune vittime. Ma la situazione era più complicata di quanto sembrasse,  vi era in ballo il buon nome di famiglia, una moglie devota…inoltre, da non dimenticare, il Barone era – per via del nonno materno e non si sapeva esattamente come – imparentato nientedimeno che con la madre di Re, Maria Giuseppina di Sassonia.


Spero solo che Oscar arrivi presto pensò , fra sé, alzandosi per l’ ennesima volta dalla poltroncina in broccato color panna.
Ne aveva preventivato l’ arrivo entro il finire del giorno e, notò, la mezzanotte non era molto lontana; come altre volte, sicuro dei propri calcoli , fu accontentato. Infatti, mentre se ne stava nella stanza, il fuoco quasi spento,  passeggiando con le mani giunte dietro la schiena, finalmente una  anonima carrozza fece il suo ingresso nel cortile.

Il primo a scendere fu André il quale, con estrema cura, sistemò portiera e predellino; poi, fu la volta di Oscar. Entrambi, quasi avvertissero la presenza dell’ uomo, alzarono il viso all’ insegna della finestra dove trovarono  effettivamente il Generale a fissarli e capirono, allora che non dovevano perdere ulteriore tempo .Pagato il vetturino, entrarono in casa.

“Padre, buonasera” disse Oscar appena entrata nello studio.
 Non si era cambiata, indossava ancora la lunga giacca scura ed aveva il viso decisamente stanco.
“Buonasera, Oscar “ rispose il padre “ ti faccio portare  da mangiare o da bere? Necessiti di qualcosa in particolare?”
Lei, sorpresa per queste attenzioni, rispose che non aveva al momento fame e al contempo si sfilò i guanti di pelle chiara.
 Il padre la invitò ad accomodarsi, infine si guardò in giro.
“André dov’è?” domandò il capofamiglia.
“…è…è stato fermato da Nanny, credo sia in cucina a conferire con lei” rispose pronta e un tantino sorpresa. Lui afferrò una delle cordicelle appese alla tappezzeria dietro di sé e, di fatto, lo mandò a chiamare. Quando anche lui arrivò, sorpreso e con il fiato corto, finalmente il Conte padre si decise a parlare.

“Oscar, ti ho fatto rientrare perché mi serve il tuo aiuto. Non è una faccenda di Stato ma potrebbe diventarlo; la mia intenzione è risolvere il tutto senza che alcuna persona possa andarci di mezzo …più di quanto non sia già successo.”

André, in piedi di fianco ad Oscar, cercò gli occhi della donna che però erano intenti a fissare, pieni di domande, quelli del padre.
“Vi ascolto.” rispose lei.

Il Generale prese la lettera e, una volta aperta, la lesse a piena voce.

“Santo cielo, ma è terribile!” esclamò Oscar, sconvolta dalla parole che aveva da poco udito;
l’ uomo quindi  si alzò in piedi, iniziando a girovagare nervoso per la stanza,  costringendo i due a seguirlo con lo sguardo.

“…e non è tutto. Oltre alla morte di quella donna, oltre al veleno trovato accanto a loro, c’è da dire che è in pericolo  lo stesso Barone. E se dovesse succedergli qualcosa non solo perderei un amico fraterno, ma potrebbe venirsi a creare uno scandalo più grade di quanto si pensi; egli, infatti, è imparentato, seppure alla lontana, con il nostro Re…”

Andrè sgranò gli occhi.
Oscar fece lo stesso, alzandosi in piedi.

“Quali sono le vostre disposizioni?” domandò senza ulteriore indugio.

Il Generale de Jarjayes si piazzò davanti a loro.

“So di chiederti molto, figlio mio…ma dovresti – naturalmente in compagnia di André, per questo l’ho fatto chiamare – recarti innanzitutto a parlare con il Barone poi, in seguito alle sue indicazioni, tornare a Parigi e cercare di risolvere la situazione…” disse.

Oscar era stanca, ma cercò di tenere a mente quanto riferito dal padre.

“D’ accordo” rispose “ domattina mi recherò dal Barone insieme ad André ed inizieremo le nostre ricerche. Avete altro da dirmi?”

Il padre di Oscar tergiversò giusto un attimo, prima di tornare a sedersi.

“Fai ciò che credi, mi fido di te. E fai…fai attenzione” rispose, la voce greve.
Oscar annui, grata di quella dimostrazione d’ affetto, ed uscì, dunque, seguita da André. Una volta nel corridoio, decisero di comune accordo di recarsi nella cucina dove Nanny aveva lasciato pane caldo e formaggio come spuntino visto che la fame, ora, si faceva sentire.



“E’ spaventoso, Oscar, non credi?”
André versò del vino nel calice di Oscar. Seduti nella penombra, le loro voci erano a malapena un bisbiglio.
“Si, lo è. Non credo di aver mai sentito nulla del genere, nemmeno a Versailles….”
L’ altro addentò del formaggio, pensieroso.
“Dai, non esagerare, ora: si sa come la Corte di Versailles possa tramutarsi in un nido di vipere, se vuole” rispose.
“Certo, André ” rispose lei bevendo un goccio di Bordeaux dal bicchiere “ ma quello che forse non sai è che i nobili sono molto più attenti nei loro intrallazzi. Nessuno di loro lascerebbe mai una prova in bella vista, come ha fatto la persona che stiamo cercando…”
L’ uomo dovette convenire che Oscar, tanto per cambiare, aveva pienamente ragione. Annuì.
“Cosa ci aspetta?” domandò, quindi; lei rispose con un vago non lo so, André, questa volta davvero non lo so e, dopo aver bevuto l’ ultimo sorso di vino,  si congedò, esausta, per poi raggiungere i propri alloggi. André fece lo stesso.


Il mattino seguente, a colazione, Oscar parlò ancora un po' con il padre; aveva dormito pochissimo  e ombre scure le cerchiavano gli occhi. Non appena vide giungere André  con il carrellino delle vivande, notò che anche lui aveva un’ aria stanca.
“André, quando hai finito siediti. Devo aggiornarti su alcune cose ed il Generale  credo non avrà da obiettare “ disse.
In realtà il Generale una smorfia la fece ma fu solo un attimo; evidentemente, se la figlia si era azzardata a fare una simile richiesta, un buon motivo vi era di sicuro. André servì ai due la colazione poi accolse la richiesta di Oscar ma, per rispetto, prese una sedia accomodandosi a debita distanza dal tavolo. Lei, dopo aver scambiato ancora due parole con il Generale, attese giusto un attimo, infine parlò.

“Dunque, ho riflettuto molto sull’ accaduto e credo che la cosa migliore sia agire in incognito, naturalmente una volta incontrato il barone. Sentito ciò che ha da aggiungere potremo in qualche modo infiltrarci nei bassifondi e -“
“ E’ fuori discussione, Oscar. Troppo pericoloso…” la interruppe.
La donna ed il di lei padre lo fissarono, in attesa di una giustificazione a quelle parole. Lui chinò il capo in segna di scuse e continuò , comunque, a parlare.
“…Innanzitutto, non sappiamo  davvero da quale ambiente  l’ assassino (o assassina che sia) provenga. Secondariamente, trovo più ragionevole agire per piccoli passi, raccogliere quante più prove possibili e poi…solo allora si potrà  decidere se infiltrarsi o meno …” disse.
Oscar meditò sulle parole di André che, meno sanguigno di lei e del padre, aveva ponderato in maniera forse diversa le cose.
Le venne un’ idea.
“Potremo…potremo stabilirci nel piccolo palazzo dove risiedeva la vecchia zia Hildegarde” disse rivolta al Reyner Jarjayes “ in quel luogo saremo al sicuro e comodi, logisticamente parlando. Tu che dici, André?”
L’ altro annuì. “Se anche a Vostra Eccellenza sta bene, io la reputo una buona idea” rispose.

“Sia, allora” rispose quest’ ultimo dopo un lieve attimo di esitazione “manderò  Pierre e la moglie a sistemare la magione nell’ immediato, di modo che entro sera, quando sarete di ritorno dalla visita al Barone, sia tutto pronto. Ci aggiorneremo ogni due giorni, tramite Remy, siamo intesi?” disse.
André si alzò, Oscar fece lo stesso.
“Agli ordini” risposero, entrambi, all’ unisono.





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La tenuta del Barone di Branciforte si trovava piuttosto distante da Versailles.
Casino di campagna ereditato da un avo di origina napoletana, con il tempo era stato letteralmente stravolto, rimaneggiato,  ricostruito. Non era gigantesco e da fuori appariva fin troppo sobrio ma una volta all’ interno, decorazioni, arredi, sculture, quadri di chiara provenienza italiana lo rendevano a dir poco magnifico tant’è che, sia André che Oscar, si fermarono affascinati davanti allo scalone d’ onore per avere una decente vista d’ insieme, rimanendone affascinati.
“…Santo Cielo, ma è magnifico!” esclamò più di una volta lei,  riconoscendo la mano di alcuni artisti dei quali aveva spesso sentito parlare “ …guarda, André, guardà quell’ opera….”

“Vi piace? E’ un regalo da parte di mio fratello, che ebbe l’ onore di ospitare l’ artista in uno dei suoi brevi soggiorni…”

Oscar e André alzarono il capo; sul pianerottolo che divideva la scalinata in altre due piccole rampe,  li attendeva quello che doveva essre il Barone.

“Buongiorno, Barone, al vostro servizio. Sono –“

Lui, uomo dall’ apparenza gioviale, sorrise.

“Mia cara, ti conosco fin da quando tuo padre ti presentò a me avvolta da preziosi merletti delle fiandre, in occasione del tuo battesimo. Ed il giovanotto al tuo fianco deve essere Monsieur Grandier,  il tuo attendente; bene signori, vi do il benvenuto in questa casa e vi prego di seguirmi. Meglio parlare senza orecchie indiscrete …”

Oscar non si dilungò né fece apparire di essere sorpresa per i toni ed i modi del nobiluomo. Insieme ad André , seguì l’ uomo lungo una selva di corridoi che, al contrario dell’ atrio risultavano stranamente spogli,  finché non raggiunsero quella che doveva essere una biblioteca. Entrarono , dunque, nella grande stanza dove uno dei maggiordomi aveva appena fatto accendere il fuoco e portare del cibo ma soprattutto del vino (di prima mattina? si domandò André) e si sistemarono: Oscar in poltrona, Andrè in piedi, accanto al camino. Il Barone sedette accanto alla giovane di casa Jarjayes.

“Perdonate se vi accolgo qui, ma questo luogo è divenuto, oramai, il mio rifugio. Qui non mi disturba nessuno; mia moglie…la mia Annette è al momento lontana, le ho consigliato io di andarsene, fino a quando  le cose non si faranno chiare…”
Oscar, seria, annuì.
“Credo sia la soluzione migliore, Monsieur…” rispose.
L’ uomo, che improvvisamente  lei ricordò di avere visto a Corte alcune volte, iniziò a mangiare la ricca colazione. Oscar e André presero semplicemente del caffè.

“ …arriverò diretto al punto: ho  chiesto aiuto a tuo padre perché conosco il tuo operato, so che sei una persona schiva e razionale, acuta e sensibile. Mademoiselle Oscar…ora ti racconterò quanto accaduto;  ho la massima fiducia in voi…in te e nel tuo attendente.” disse.
Lei, chiaramente infastidita da quel tono confidenziale, fece finta di nulla e rimase in silenzio; qualche istante dopo anche André fu invitato a sedersi e, una volta che tutti ebbero preso posto, il Barone si alzò dalla sedia, si schiarì la voce ed iniziò a parlare.

“Tempo fa, a Parigi, conobbi una ragazza. Avrà avuto si e non sedici anni,  suo padre è un uomo borghese con il quale spesso faccio affari, una brava persona, un realista, onesto e schietto.
Astrid, questo è…era il nome della giovane donna, non fu una semplice avventura; presto diventammo più che amanti tanto che lei, ad un certo punto, mi chiese di lasciare mia moglie.
Ora, credo possiate capirmi: per quanto la amassi, non potevo di certo lasciare Annette,  verso la quale ho comunque un affetto ed una stima sinceri e profondi dettato dal tempo. Inoltre non dimentichiamo la mia posizione…che  non me lo permetterebbe, in quanto ne uscirebbe uno scandalo di dimensioni inaudite…”

Oscar annuì cercando di raccogliere tutte le informazioni possibili.
 André, appoggiato allo schienale della sedia, teneva lo sguardo fisso sull’ uomo.

Il Barone rimase in silenzio, forse riflettendo sulle proprie azioni e parole, infine riprese il racconto.
“Astrid perse la testa e minacciò di divulgare il tutto; io, allora, per quieto vivere, provai a rabbonirla con qualche promessa e…e questo sembrò funzionare. Tuttavia” e qui prese un grosso respiro “ ecco…tuttavia, lei ben presto sparì dalla circolazione, dall’ oggi al domani. Dopo averla cercata per parecchio tempo, la trovai che lavorava nel  bordello di Madame Manon. Immaginate la sorpresa, il dolore…io a quella ragazza volevo…voglio davvero bene.  “

André sollevò lo sguardo , girò il capo, guardando fuori dalla finestra.

“…Astrid , dopo una mia pressante insistenza,  mi raccontò che non potendo vivere senza di me, aveva iniziato a concedersi a tutti; il padre ovviamente si era trovato costretto a cacciarla di casa per mantenere il buon nome della famiglia  e lei …alla fine si era ritrovata in quel posto, dove almeno aveva un tetto e pasti caldi. Io non mi persi d’ animo e  affrontai il tutto, provai a tirarla fuori da quell’ ambiente; comprai una piccola casa e preparai una piccola rendita per lei, che alla fine accettò…invece…” e qui si bloccò, coprendosi il viso “ ….invece è morta! L’ hanno uccisa!” esclamò.

Queste parole riportarono l’ attenzione di André sul Barone; Oscar invece si alzò in piedi, raggiungendo l’ anziano uomo.

“Uccisa? Ne siete sicuro?” domandò.  Fredda, attenta, non si era lasciata scappare il minimo particolare.

L’ uomo mandò a chiamare un inserviente che arrivò nel giro di poco tempo portando con sé una scatolina di legno,  appoggiata con cura  su di un vassoio. Il barone afferrò e prese dalla suddetta scatola una piccola fiala, tenendola tra pollice ed indice, mostrandola ai presenti.

“Ne sono certo: accanto a lei hanno trovato questa: è veleno. L’ ho fatta esaminare  dal mio medico personale, il quale mi ha confermato il tutto. Potrebbe trattarsi di una mistura conosciuta come acqua tofana, un veleno inodore, insapore, chiaro come acqua, appunto…” rispose.

André trasalì ed Oscar notò il cambiamento di espressione sul suo viso.
Lui se ne accorse, dunque volendo evitare qualsiasi equivoco si intromise nel discorso.

“Ne ho sentito parlare,  nemmeno molto tempo fa, all’ interno di Palazzo, Oscar…” rispose. Lei si fece seria in viso, quindi si avvicinò all’ amico.

“E da chi?” domandò

“…ho ascoltato le chiacchiere di due lavandaie, mentre ero intento a verificare i registri.
  Una di loro disse, in modo scherzoso, che se il fidanzato l’avesse ancora tradita, probabilmente si sarebbe rivolta a qualcuno in grado di prepararle questo intruglio. Il nome mi è rimasto impresso, anche se al momento non ho compreso davvero cosa fosse…. credevo infatti si riferisse ad un qualche filtro magico confezionato ad arte da qualche tsigane di passaggio…”

I due si guardarono a lungo, poi Oscar si rivolse al Barone.

“Arriviamo al dunque, se permettete. Voi avete qualche idea in proposito?” domandò.
L’ uomo, il viso stanco, tirato, tornò verso il tavolino dove , preso il vino, se ne versò un abbondante bicchiere che tracannò d’ un colpo.
“No.  Anche perché ciò che è successo non ha senso: Astrid è…fu il mio unico sbaglio, se possiamo chiamarlo così; con nessun’ altra ho mai intrattenuto simili rapporti né provato qualcosa di simile. Mia moglie, da una parte…e lei, dall’ altra. Chi mai avrebbe potuto volere la sua morte? Annette? Non credo:lei è una donna intelligente, pratica; sa come funziona il mondo e non si è mai lamentata di questo in tanti anni di matrimonio. Probabilmente ha le proprie consolazioni qui e la, come darle torto?” rispose.
Già, ma chi ci dice che nonostante tutto una tale tresca non le abbia dato fastidio? pensò Oscar; tuttavia, non disse nulla anzi, pensò bene di concludere quella chiacchierata li. Non sarebbe del resto stata l’ultima.

“D’ accordo, Barone. Voi ci avete raccontato tutto con estrema franchezza, ora tocca a noi vederci chiaro. Vi faremo sapere quanto prima. ” disse; l’ uomo annuì.

“Vi ricordo la massima discrezione, Mademoiselle” sottolineò ancora una volta.
Oscar, seguita da Andrè, si recò verso la porta.
“Non dovete preoccuparvi, Monsieur.”  concluse; dopo di ché,  i due uscirono dalla porta, diretti a Parigi.



****                              ****                                         ****                                                                 ****



Il bosco che sorgeva ai lati della strada principale usata quel pomeriggio da André ed Oscar per andare a Parigi si stava tingendo dei colori dell’ autunno.
Alberi, arbusti, tutto quanto si preparava all’ inverno; alcuni avevano perso le foglie mentre gli altri, gli altri iniziavano ad assumere colori che andavano dall’ ocra al rossastro. André, una mano poggiata sulla coscia e l’ altra a sorreggere il viso, era intento a osservare il panorama, apparentemente senza alcun pensiero per la testa; Oscar, seduta al suo fianco, invece aveva lo sguardo fisso davanti a sé.

“Hai visto che bei colori ha il bosco?” le domandò lui, d’ un tratto, come fossero usciti a fare una passeggiata. Oscar distolse lo sguardo dal soffitto della vettura e lo diresse fuori, oltre i capelli di André.

“Si, sono bellissimi….” disse. Poi, dopo un attimo di silenzio:
“Che c’è, André? Sei silenzioso…più del solito. A questo punto del viaggio avresti dovuto già travolgermi di domande, ipotesi…”

Lui si voltò, Oscar notò che il volto era stanco.
Tuttavia, lui le rivolse uno dei suoi magnifici sorrisi.

“Sono solo un po' stanco. Forse non è tutta colpa del vino…forse mi sto ammalando” disse.
Oscar lo osservò , effettivamente non era il solito André. Con la mano gli tastò la fronte.
“Non sembra, sei fresco” disse.
Lui sorride e tornò a guardare oltre il finestrino.
Lei, in cuor suo, sperò invece che il suo André non avesse nulla di grave. Era certa che qualcosa non andava…e, nel momento stesso in cui realizzò tale pensiero,  lo stomaco si torse, come accadeva quando aveva quale presentimento. Il viaggio in ogni caso continuò più o meno allo stesso modo – due parole, messe qui e là – per circa due ore; una volta arrivati in città, dunque, chiesero al vetturino di lasciarli poco distanti dall’ abitazione. Avevano poche cose con loro, giusto l’ indispensabile per una settimana o giù di li ed una breve camminata non avrebbe fatto male a nessuno.
 Non appena entrarono nel modesto palazzo furono accolti dalla servitù, che si era prodigata in tutto e per tutto: trovarono nelle rispettive stanze una tinozza calda ad aspettarli, caldi camini accesi e, in cucina, una cena che di li a due ore sarebbe stata servita.
Senza dirsi più di tanto, i due salirono le scale e si salutarono. Si sarebbero rivisti per la cena e poi avrebbero deciso il da farsi.

Alle 18.30, la cena fu servita in tavola.

Arrosto, pasticcio di patate e verdure, uova di quaglia, del brodo e poi formaggi, prosciutto. Più che una cena, pareva un banchetto.

“Aspettiamo qualcuno, Oscar?” domandò André non appena vide quel ben di Dio.
Lei sgranò gli occhi, non appena si rese conto di quanto vi era in tavola.

“No, solo mio padre ed il barone sa che ci troviamo qui…” rispose.
“Beh, allora…approfittiamone!” disse lui.  André, sempre galante, le spostò la sedia e la fece accomodare per poi prendere posto a tavola. Una delle cameriere, Brigitta, una alsaziana sui
vent’ anni, versò  quindi loro dell’ acqua prima che la governante passasse a servire le pietanze. Quando lo fece, Oscan non mancò di notare l’ occhiataccia che la donna rivolse ad André, forse offesa dal fatto che un suo pari potesse sedere allo stesso tavolo del Signore….
André non volle farci caso, Oscar arrivò alla donna una occhiata piuttosto chiara. Poi, finalmente, diedero il via al banchetto.

“Dimmi un po', André, te ne sei stato zitto tutto il tempo sia dal barone che durante il viaggio. Ti sei fatto forse qualche idea?” gli domandò Oscar affettando il morbido arrosto dal profumo invitante.
Lui, che era non aveva ancora iniziato a servirsi – visto che il trattamente rivolto ad Oscar non era stato previsto per lui -  negò.

“Sinceramente, è una faccenda talmente strana che mi pare perfino ovvia” rispose.
“Cosa intendi, di preciso?” domandò allora Oscar.
André affettò la carne e si portò una grossa porzione di cibo alle labbra; masticò con cura e, quando ebbe finito,  rispose.
“Potrebbe essere stata la moglie, o forse anche lui: ha avvelenato la ragazza e poi costruito tutto questo ehm…teatrino…”Oscar afferrò il tovagliolo e lo poggiò appena alle labbra, con eleganza, prima di adagiarlo di sulle proprie cosce.
“ Tutto questo l’ ho pensato anche io, ma perché scomodare mio padre e…noi? Il Barone non è un uomo stupido, è molto potente, basterebbe un suo schiocco di dita per risolvere la cosa e metterla a tacere definitivamente…c’è dell’ altro, André, ne sono certa…ho…”

“…un presentimento?”

Lui finì la frase della donna, lei annuì.

“Bene, allora...non farò che seguirti ed eseguire ogni tuo ordine….” Disse lui.
Oscar finì la sua portata, prese alcune uova di quaglia e il contorno di patate stufate. André di fermò al primo.

“…Non hai fame?”

Lui sorrise.

“Non molta. Ma non mi cruccio, visto le precedenti nottate…” rispose.

Oscar lo osservò, notò che il viso dell’ uomo era ancora più pallido del solito….tuttavia, date le sue rassicurazioni, non domandò altro.

“Senti, più tardi, intorno alle 22, pensavo di fare un piccolo giro di perlustrazione. Vorrei capire dove sta questo…bordello, osservare magari un po' persone…”
L’ uomo annuì.
“Lo farò io: tu, nel mentre, potresti raccogliere informazioni sul mercante, il padre della donna e amico del Barone. Che cosa ne pensi? “ disse. Era chiaro, voleva toglierla dall’ imbarazzo, pensò lei; quindi donna posò le forchetta e coltello sul piatto, come si conviene, segnale che i domestici potevano liberare il tavolo.
“Dico che dopo il caffè, se vuoi, possiamo anche prepararci e metterci al lavoro” rispose.
“Va bene” fu la risposta di André; quindi, bevuto del caffè caldo e speziato, i  due si rintanarono in uno dei salottini privati che anche li non mancavano, dove rifletterono ancora sulle mosse da compiere.  Quando suonarono le ventuno iniziarono a prepararsi; di li a poco sarebbero usciti. André notò che la donna era tesa.
“Vuoi che vada io? Ti vedo…tesa” disse  mentre si infilava la giacca.
Lei minimizzò.
“E’ solo stanchezza” disse.

In realtà, l’ idea di lasciarlo solo, in un luogo di tentazione e malaffare,  a gestire la faccenda…la rendeva molto, ma molto inquieta. 



****                                         ****                                         ****                                                     ****



Arrivati sotto le finestre della casa d’ appuntamenti che, dopo alcune birre era stato indicata e consigliata loro  vivamente dagli avventori dell’ ultima locanda che avevano visitato, André era pronto per scendere e fare la sua parte. Oscar sarebbe rimasta in carrozza ad attenderlo e una volta tornati a casa avrebbero parlato.

“…Quindi…è la tua ultima parola? Sei sicura? A questo punto non è meglio che tu rientri?” gli aveva chiesto una ultima volta l’ uomo prima di scendere. Lei aveva negato.
“André, rimarrò qui. Non voglio tornare a casa e li dentro…non ti sarei di alcun aiuto…tanto…non credo di metterai molto, sbaglio?” rispose.

Lui sorrise, quasi a rassicurarla.
“No,non credo; in ogni caso, va bene, fa come vuoi. Io …Io vado, allora…” rispose.
Oscar annuì.
Andrè  scese e con  disinvoltura, quasi indossasse la maschera di un personaggio da operetta, si avviò  per le scale che portavano al bordello; arrivato davanti ad una porta bordata da un panno di velluto scuro, bussò e attese finché un uomo corpulento non arrivò ad aprire , facendolo entrare. Non appena la porta si aprì un  intenso ma delicato profumo giunse alle sue narici.
“Benvenuto Monsieur, fate come foste a casa vostra, accomodatevi: desiderate forse  qualcosa da bere? “domandò una donna, forse l’unica vestita in quella sala. Lui , che non aveva fatto più di dieci passi in totale, si trovò presto circondato da uno stuolo di ragazze seminude, silenziose e sensuali: chi gli accarezzava i capelli, chi le braccia…
“Sssi…grazie” rispose, lui, quasi spiazzato.
Le ragazze lo condussero presso  alcuni divanetti poco distanti e , dopo alcuni minuti, una vecchina dismessa, vestita di chiaro e con l’aria stanca , arrivò con un vassoio sul quale vi era un bicchiere di cognac per poi sparire così come era apparsa.
André si servì , il bicchiere in mano, si guardò in giro mentre altre due, tre ragazze gli si erano fatte particolarmente accanto, mostrando la mercanzia coperta da sottili veli trasparenti…

“Dimmi, chi cerchi per farti compagnia? Vuoi me… la mia amica Babette o Luise? Siamo brave, sai? Ci loda tutta Versailles! ”  pronunciò la giovane dai capelli chiari come quelli di Oscar, raccolti in una elaborata acconciatura. André cercò di restare al gioco, sorrise, dispensò carezze a quelle cosce sode e scoperte, poi prese  un sorso del cognac.

“Veramente…cercavo una persona in particolare: Astrid. Me ne hanno parlato un gran bene…Non che voi siate una compagnia spiacevole, anzi” rispose , calato nel ruolo, modulando la voce cosicché risultasse suadente al punto giusto. La ragazza  bionda alla sua sinistra cambiò espressione per un attimo.
“Mi dispiace, Astrid non lavora più qui…” rispose, recuperando il colore improvvisamente perso  e dandosi da fare strusciandosi addosso a lui  “ …non la troverai, Monsieur. E’ morta….”
André fece finta di esserne colpito, quasi quella Astrid fosse stata una sua parente, ma continuò a lasciarsi sollazzare.
“Caspita, mi dispiace, sono arrivato tardi… “ disse. L’ altra lo zittì posandogli il piccolo e magro indice sulle labbra.
“Allora… hai deciso chi vuoi?”  lo incalzò la ragazza. Erano forse passati venti minuti da quando se ne stavano seduti li.
Lui la afferrò, avvicinandosi con le labbra all’ orecchio di lei.
“Tu!” disse, suggendole voluttuosamente il lobo libero da gingilli. La ragazza, che disse di chiamarsi Narcisse, gli prese la mano e lo portò in camera senza indugiare oltre e, senza tanti complimenti , una volta richiusa la porta lo getò sul letto, iniziando a spogliarlo: solo allora, André, la fermò e le prese il viso tra le mani.

“Assomigli ad una persona, sai? “ disse avvicinandosi pericolosamente e sempre più le proprie labbra a quella della ragazza “ora, però, ti dico una cosa: non sono qui per divertirmi,  ma per avere delle informazioni. Se me le darai, pagherò la tua prestazione il doppio. Ma non cercare di fregarmi…altrimenti, addio soldi” disse.

Narcisse sembrò quasi fregarsene di quelle parole e provò ad infilare la propria ed esperta mano nei pantaloni dell’uomo. Lui la fermò; si alzò in piedi, afferrò la camicia che giaceva sul letto e si rivestì.
Una volta pronto, si sedette sul piccolo sgabello di una toeletta.

“Niente scherzi, mio piccolo fiore. Se non vuoi parlare, uscirò di qui e pagherò il dovuto, ma a te non entrerà in tasca nulla, come al solito…. Fai due conti e dimmi…e non farmi aspettare.”

Narcisse capì l’ antifona.

“Cosa vuoi sapere?” domandò.

Andrè sorrise e , visto che lei se ne stava in piedi, la fece accomodare sulle proprie ginocchia.

“Ora, per cortesia, raccontami cosa davvero è accaduto ad Astrid. E non dimenticarti nulla.” chiese.
Lei domandò ad André di poter vedere il denaro, lui prese un sacchetto di velluto e lo posò sul tavolino, tra cipria e belletti.

“Quindi?”  domandò lui.

“…e va bene, va bene. Ma non farne parola o Madame Manon non mi farà più lavorare” rispose; e, infilata la vestaglia, si sedette sul letto, cominciando a raccontare tutto ciò che sapeva.
Alla fine di quella serata, intorno alle due di notte, André riuscì finalmente a scendere in strada. La vettura era ancora li ad attenderlo, come previsto, quindi si avviò di gran lena per raggiungerla. Tuttavia, non fece in tempo: tremendi crampi allo stomaco lo presero e, senza nemmeno accorgersene, si trovò disteso sul selciato, in posizione fetale e le braccia strette sullo stomaco, in predi ad un dolore così forte che per un attimo pensò anche di morire.
Oscar , che si era appisolata, non appena scese dalla carrozza per poco non si sentì male; mantenendo il sangue freddo, lo raggiunse.

“André, André! Che succede?” gli domandò, la voce rotta.
Lui cercò di articolare alcune parole, ma la bocca si riempi di una sostanza calda e vischiosa. Sangue.
“Porta…chiama… un medico…un medico, Oscar” furono le sue parole. Poi, perse i sensi.

Quando si risvegliò, l’ indomani , si trovò disteso su di un letto con tre paia di occhi addosso: Oscar, Lassone ed un uomo che non riuscì a riconoscere. 

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Capitolo 3
*** Brancolando nel buio ***


Una piccola avvertenza. Nel testo a seguire, parlerò di alcuni veleni: non essendo esperta né di medicina né di farmacia,  le mie elucubrazioni sono ovviamente del tutto estranee al rigore scientifico quindi chiedo perdono, qualora trovaste errori più o meno madornali  al riguardo  =)





La stanza riservata ad André era di dimensioni abbastanza ampie  e conteneva, come il resto della casa, un arredamento piuttosto estroso, nulla a che vedere con la severa sobrietà di Palazzo Jarjayes;  oltre al letto a baldacchino e un trumeau alla sua sinistra, tra una finestra e l’ altra, vi erano anche un secretaire, un tavolinetto rettangolare e basso , un canapè e due poltroncine, a poca distanza dai piedi del letto. Un fuoco caldo ma non eccessiva regalava un piacevole tepore.

“Sono davvero lieto di guardarvi negli occhi, figliolo; ho temuto, seriamente, che voi non arrivaste a veder sorgere il sole.”


André lo fissò, confuso.
In cuor suo avrebbe voluto ribattere, domandando cosa fosse successo, ma dalla sua bocca non uscì nulla nonostante gli sforzi: iniziò ad agitarsi, allora, tanto che dovette intervenire Oscar posando la propria mano tra quelle dell’ uomo.
“Il Dottor Lassonne ti ha procurato alcuni salassi e, l’ uomo che vedi accanto, Monsieur Claude De Saint – Martin, è il suo speziale di fiducia” disse a bassa voce, quasi volesse rincuorare un bambino spaventato “… vedi, André… sembra proprio che tu sia stato avvelenato. Ecco il perché di tali parole.
L’ uomo fissò Oscar, sorpreso.
Era stanco, in affanno; non riuscendo proprio a parlare domandò alla donna che gli portasse penna e carta. Oscar fece come richiesto, posò un cuscino sulle gambe di André e gli fornì quanto richiesto, restando accanto a lui per ogni evenienza.

Avvelenato? Ho capito bene?  Scrisse. Lei annuì.

E come è possibile? Abbiamo bevuto e mangiato el stesse cose…

Lo speziale chiese di poter parlare.
“Vede, Monsieur Grandier, riguardo alla vostra ultima obiezione posso dirvi che potrebbero avere aggiunto il veleno solo al vostro cibo; per quanto riguarda la natura del veleno in sé ed il fatto che non vi siete accorto di nulla, ecco, spiegato: vi sono alcuni veleni che agiscono molto, molto lentamente. Bastano poche gocce in un bicchiere d’ acqua o nel caffè….Ma non preoccupatevi; ora. Pensate a stare meglio.  Con i salassi di Lassonne, abbiamo la quasi totale certezza di aver ripulito il vsotro sangue.”
André non aveva mai avuto fiducia in tale tipologia di cure, tuttavia il più era fatto

Come può essere? Chi può essere stato? Qualcuno a palazzo?

I convenuti al capezzale di André si guardarono.

“Non vi sarebbe altra spiegazione: le razioni in caserma sono controllate, vi è sempre un sottufficiale presente nelle cucine. L’ unica spiegazione plausubile è che negli ultimi giorni in cui abbiamo risieduto a palazzo qualcuno….abbia attentato alla tua vita…”

CHI? Sono un semplice SERVO, Oscar…CHI può avere avuto una simile idea?

Lassonne fissò Oscar, lei guardò André.

“Hai litigato con qualcuno? Qualche tresca amorosa?” domandò il medico “…scusatemi, André, ma dovevo chiederlo….”

No, non ho litigato con nessuno. La maggior parte del tempo sono con Oscar in caserma. Oscar LO SA…. Non ho una vita al di fuori dei compiti attendente e militari. Sono sempre al suo fianco.

Lei dovette alzarsi, allontanarsi da li.
Avere letto quelle parole…quel Oscar lo sa…gli aveva stretto il cuore e provocato un improvviso vuoto allo stomaco.  ‘ Si, lo so, André. Lo so… ‘ pensò, tra sé.

“Ne siete certo? Godete di una bella presenza, direi oltre la norma, André: siete certo che una qualche inserviente, cameriera, non si sia invaghita di voi e che, non vedendosi ricambiata, abbia potuto agire in siffatta maniera?” domandò lo speziale.
André era sempre più stanco, più confuso. Ogni singola fibra del suo corpo era dolente: le botte prese a Saint Antoine, in confronto, gli sembrarono amabili carezze. In ogni caso,  per tornare alla domanda dello speziale, André  rispose senza indugio:
Non posso saperlo. Io non mi sono…accorto di niente.
 Infine, posò il tutto, Oscar lo raccolse e lo posò sul secretaire.
Lassonne si avvicinò all’ uomo, gli tastò il polso.
“Vi vedo stanco, è comprensibile. Ora riposate, passerò da voi oggi pomeriggio” disse e, insieme allo speziale, uscì lasciando così soli Oscar e André. Quest’ ultimo, stanco, provò a girarsi su un fianco con molta fatica.
“Lascia che ti aiuti, André” disse Oscar; ma lui negò, voleva restare solo, riposare, pensare.
Lei cercò gli occhi dell’ amico, trovandoli coperti da palpebre pesanti.

“Io vado, allora. Lascerò detto a Brigitta di portare del brodo e quanto prescritto dal medico poi tornerò a casa, devo conferire con mio padre…”
Lei rimase in attesa di un cenno che però non arrivò:André, esausto, stava già dormendo.



***                               ***                                           ***                                                       ***



Il Generale fissava con aria severa e preoccupata la figlia.


“Oscar, non dire nulla a Nanny, per ora. Ci penserò io con le dovute maniere” disse.

Avevano parlato per due ore, lei gli aveva riferito qualsiasi informazione della quale era entrata in possesso ma, prima di tutto, gli aveva parlato di André. Adesso, seduti l’ uno di fronte all’ altra, cercavano di capire come agire.
“Ho pensato sia stato meglio avvisarvi, visto probabilmente qualcuno in questa casa stava attentando alla vita di André e… potrebbe farlo con chiunque altro…”
“Già, ma chi? I nostri pasti sono cucinati sotto la diretta supervisione di Marie, le cantine sono presidiate da Jean , il maggiordomo ed il mio attendente controllano sempre che tutto sia a posto…” rispose il padre, sfregandosi il mento, preoccupato.

Oscar provò a fare mente locale. Poi, d’ un tratto, balzò in piedi: il generale fissò la figlia, stupito. Di norma, le sue esternazioni erano un filino più sobrie.
“Oscar, che ti prende?!” domandò con una certa apprensione, vedendola in piedi, lo sguardo perso nel vuoto.

Lei lo fissò, poi tornò a sedersi.

“Padre, devo riferirvi una cosa che solo ora mi è tornata alla mente. André, allorquando il Barone citò il nome dell’intruglio che si presume abbia ucciso la sua…ehm…protetta , mi riferì una cosa. Disse che un giorno, mentre era intento a verificare i registri di entrata ed uscita delle merci, ascoltò involontariamente una conversazione dove una delle ragazze della lavanderia…ecco, dove una di loro  nominò l’ acqua tofana…”
Il Conte Jarjayes, abituato da sempre a recepire e ponderare ogni informazione, non sembrò stupido.
“…e non ha fatto un nome? Non ha ricordato altri particolari?”
Oscar accavallò le gambe e incrociò le braccia sul petto.

“No. Ha solo detto:  ‘Ne ho sentito parlare,  nemmeno molto tempo fa, all’ interno di Palazzo, Oscar…
ho ascoltato le chiacchiere di due lavandaie, mentre ero intento a verificare i registri.
 Una di loro disse, in modo scherzoso, che se il fidanzato l’avesse ancora tradita, probabilmente si sarebbe rivolta a qualcuno in grado di prepararle questo intruglio. Il nome mi è rimasto impresso, anche se al momento non ho compreso davvero cosa fosse…. credevo infatti si riferisse ad un qualche filtro magico confezionato ad arte da qualche tsigane di passaggio…’
se non erro. Queste furono le sue parole…”

Reyner de Jarjayes vagò con lo sguardo per la sala. La figlia lo guardò, restando in attesa di eventuali decisioni al riguardo.
Finalmente, dopo una decina di minuti, il  Generale si alzò recandosi alla finestra, ed invitò Oscar a fare lo stesso.
“Fino a quando André non sarà in grado di riferirci le informazioni che ha raccolto, non possiamo fare più di tanto. Da parte mia, cercherò di capire chi e perché abbia fatto simili esternazioni; tu, figlio mio, torna a Parigi e cerca altre informazioni: potresti, per iniziare, passare in rassegna i vari speziali….”
Oscar annuì.
“Si, ci avevo pensato… inizierò oggi stesso…” rispose.
Infine, si congedò da suo padre e, salutata Nanny che chiedeva notizie del nipote  - a cui Oscar rispose con pietose bugie per non farla preoccupare – risalì a cavallo. Sarebbe tornata a casa e, appurato che  le condizioni di André non necessitassero della propria presenza, avrebbe iniziato a raccogliere informazioni.


***                   ***                               ***                               ***                               ***
 
Quando la donna rientrò, si era fatto pomeriggio; non aveva ancora pranzato dunque, arrivata a casa, diede incarico a Brigitta di servirle un pasto e portarlo nella stanza di Monsieur Grandier. Lei si sarebbe data una rinfrescata e lo avrebbe raggiunto.
Meno di tre quarti d’ ora dopo, quindi, tornò dall’ amico dove trovò, posato sul tavolo, il pranzo che aveva richiesto. André dormiva ancora, quindi lei si accomodò ed iniziò a servirsi, senza mai smettere di pensare.

Ma che diamine sta succedendo? Chi vorrebbe il male di André e poi, perché? Che lui abbia qualche segreto che non ha mai avuto la forza di rivelarmi? No, impossibile…e…e poi…quella ragazza: che collegamento hanno le due cose?

Oscar posò la forchetta, prese del vino, lo versò. Poi, la sua attenzione fu deviata sull’ uomo, che si stava muovendo, nel letto; quindi si alzò, lo raggiunse. André era sveglio.

“Come stai?” domandò.
Lui , le braccia distese, le aprì rassegnato.
“Sono stata da mio padre, abbiamo pensato sia meglio agire con calma…”
André mosse il capo, fece cenno ad Oscar di guardare sul trumeau. Oscar notò che vi erano alcuni fogli ripiegati quindi li aprì e tornò a guardare l’ amico.

“Non ti sarai alzato….” Disse, preoccupata
Lui negò.

“…Leggi…” disse, a fatica, la voce roca.

La donna prese posto sul bordo del letto, il viso rivolto verso André.

Astrid lavorava al bordello da tempo. Il Barone è passato di li molte volte provando a farle cambiare idea, senza mai riuscirvi, proponendole una solida alternativa…così come ha riferito a noi. Narcisse mi ha detto che la alla fine aveva accettato ciò che l’ uomo aveva proposto…ma, allo stesso tempo, ha improvvisamente iniziato a non stare bene…finchè, una sera, l’ hanno trovata riversa sul letto, senza vita. La sua…’collega’ dice che subito il Barone è arrivato e l’ ha portata via, così come ha portato via una fialetta trovata accanto a lei; inoltre, cosa da non tralasciare, ha detto che Astrid era usa ogni sera bere una sorta di tonico. Narcisse ha qualche sospetto, secondo lei non è nessuno dell’ambiente, tutte le volevano bene. Ah: mi ha riferito che la sera prima della sua morte, Astrid ricevette la visita di una donna, ben tenuta, curata…
Non appena finì di leggere, Oscar fissò Andrè.

Tralasciando la tremenda curiosità riferita al nome che aveva letto più volte e che le aveva provocato strane sensazioni allo stomaco – Narcisse -  posò il foglio e guardò André.
“Una donna? Forse la moglie del Barone? Non dimentichiamoci che…che è la parte lesa, se vogliamo usare questo termine…”

André la fissò, scuotendo il capo, sconsolato.

“Tu…tu invece che riposare hai fatto tutto questo?” domandò, poi, Oscar.
Lui non rispose, ne verbalmente, né scrivendo. La donna si avvicinò all’ uomo, prendendogli la mano.

“André, non sforzarti. Ho avuto paura di perderti….ti prego…non devi farlo…non devi lasciarmi sola!” disse: le parole fluirono spontaneamente, senza alcuna censura. Anche se non lo dava a vedere, era tremendamente preoccupata.

Lui, sorpreso, sgranò gli occhi, sorrise.

“Non…non lo farò” fu la sua risposta.

I due si guardarono, a lungo, lei finalmente sollevata, lui quasi riprendendo colore dopo quella …dichiarazione ; ma il tenero ed inaspettato idillio fu ben presto disturbato da Lassonne, che entrò senza nemmeno bussare salvò poi fermarsi, quasi mortificato, a debita distanza.

“Scusate, pensavo che André fosse solo e mi sono preso la libertà di entrare. Se non vi dispiace, Oscar, dovrei visitarlo e procedere con una cura…ci metterò un’ ora, circa…” disse.
Lei si alzò, annuì.
“Tornerò più tardi” disse all’ amico; quindi, uscì.

Fuori dalla porta, le toccò appoggiarsi al muro, li vicino: si sentiva improvvisamente impotente davanti a tutto e temeva, fortemente, per la vita di André. Le gambe tremavano, il cuore batteva all’ impazzata.  Sentiva di dover reagire ma non vi riuscì; quindi, si impose di fare qualcosa di utile, razionale  ovvero iniziare a fare quelle indagini che si era prefissata, entrando in un mondo a lei sconosciuto, quello degli speziali.



****                                         ***                               ***                                                       ****



Oscar , lasciato André alle cure del medico, uscì e girovagò gran parte del pomeriggio, passando da un apothicaire all’ altro, vagando per Parigi in lungo ed in largo; le persone da lei interrogate furono quasi sempre disponili e gentili ma, ahimè, una volta che la donna si presentava – per correttezza e per giustificare domande che talvolta potevano risultare scomode – gli indagati, per così dire, timorosi, finivano per fornire risposte vaghe, inutili. In lei la frustrazione aumentò sempre di più, quindi, tanto che dovette imporsi di entrare nell’ ultima pharmacie  che era sulla sua lista.
Mai prese decisione migliore:  fu proprio qui,  nell’ ultimo luogo in cui decise di fermarsi, che ottenne informazioni davvero utili ma, soprattutto, precise. Era un ambiente presso il quale sapeva si servivano gran parte dei medici legati alle famiglie nobili, compresa la sua. Già dall’ esterno le apparve come qualcosa di imponente, mai visto: una volta entrata, ne ebbe la conferma.Fu subito rapita dagli arredi, enormi armadi muniti di cassetti entro i quali vi si trovava ogni genere di polvere animale, vegetale e minerale , che arrivavano fino al soffitto dove un enorme lampadario di cristallo illuminava tutto; poi vi erano dei lunghi banhi, situati lateralmente , dove erano invece  posti diversi vasi.  

Fu dietro uno di questi banchi che notò un uomo fissarla.  
“Posso esservi utile, Monsieur?” domandò questi facendosi avanti.
“Si, se non vi è d’ impaccio.  Mi chiamo Oscar François , Comte de Jarjayes e sto svolgendo una indagine per conto di un personaggio parecchio in vista , del quale per ovvi motivi preferirei non rivelare il nome. Vorrei sapere, se fosse possibile, la procedura esatta per recuperare ingredienti di …particolare uso, per così dire. ”
L’ uomo afferrò al volo. In modo  altrettanto scaltro, arrivò al sodo; si guardò intorno ed in seguito avvicinò il proprio viso a quello di Oscar.

“ Intende dire…poisons? “ domandò con voce bassa e scandendo bene le parole.

Lei annuì.

“Seguitemi, Monsieur: risponderò, per filo e per segno, tutto ciò che voi mi richiedete”.
I due attraversarono il salone e finirono  in una stanza sul retro, dove alcune  persone stavano sedute ad un tavolo, esaminando alcuni testi antichi, prendendo appunti da essi.
L’ uomo, che s presentò come Monsieur Antoine de la Court, pregò Oscar di sedersi e poi fece lo stesso.

“Qui, Signore, vengono trattati diversi farmaci. Forse voi non lo sapete, ma spesso facciamo uso di veleni – naturalmente in piccole quantità, come la digossina ottenuta dalla digitalis purpurea – per curare alcune malattie. Ma ciò che voi mi domandate, se non erro, è come potersi procurare tali veleni per usi ‘non certi’. E’ corretto?”

Oscar accavallò le gambe, si mise comoda.

“Esattamente.”
L’ uomo si fece ancora più serio.
“Posso solo dirvi che non è semplice. Non solo servirebbe una lettera di presentazioni  firmata da un medico , ma a questa andrebbe unita anche una sorta di prescrizione, contenente alcuni dati riferiti all’ individuo da curare ovvero peso, età, stato di salute… una anamnesi, insomma.  Per farla breve, affinché possa vendere tali sostanze, serve una sorta di giustificativo, insomma. ”

Oscar meditò su quelle ultime parole.

“Quindi, come immaginavo, è molto difficile procurarsi il tutto…” disse.
Si appoggiò allo schienale della sedia, pensò ad André, alla donna che era stata uccisa.
L’ assasino (o assassina) deve essere una persona dell’ ambiente, comunque che abbia una certa dimestichezza con intrugli, pozioni, medicamenti. Un medico, forse? Si domandò Oscar.
 In ogni caso, doveva essere una persona con una certa influenza….

“Avete mai sentito parlare di acqua tofana?” domandò, ancora, Oscar.
L’ uomo annuì, serio come sempre.
“Oh, si!... E’ un veleno subdolo: inodore, insapore.  Dovrebbe essere costituita da arsenico, belladonna e limatura di piombo i quali, insieme, provocano una morte lenta e dolorosa. Il malcapitato non si accorge di nulla, sa? Quando accade di solito è troppo tardi… Si dice che a Parigi esista una donna che da almeno un decennio faccia  uso di questo veleno ed in larga scala ma, naturalmente, propendo sia tutta una invenzione…è una voce, ripeto, nulla di più.”

“ …e non si dice altro? Che ruolo potrebbe avere? E’ forse una persona vicina al vostro ambiente?”

L’ uomo sorrise.
“ Tutto può essere, Monsieur le Comte. Tutto. Ad ogni modo, se non ricordo male, i pettegolezzi che ho udito al riguardo si riferiscono ad una donna appartenente -per matrimonio -  alla piccola borghesia, di professione ostetrica.Nell’ ambiente è conosciuta come La Voisin.”

Che razza di nome era mai questo? Pensò la donna. Forse…forse un soprannome, ovviamente, per non destare sospetti…
Oscar si alzò.
Ora possedeva tutto ciò che le poteva servire.

“Grazie, siete stato molto gentile, non vi rubo altro tempo.” Disse; al  contempo, fece per alzarsi.

“Monsieur, sono solo voci, quelle che vi ho riferito. Ma posso informarvi ulteriormente, se lo volete…”

“Vi ringrazio per il tempo che mi avete dedicato. Siete stato molto utile” rispose Oscar,
nell’ accomiatarsi. L’ uomo annuì e accennò ad un inchino.

“Per qualsiasi cosa, rimango a vostra disposizione” rispose; infine, si salutarono: lui  rientrò nel negozio ed Oscar, ancora immobile davanti alla porta d’ entrata, meditava sulle parole che aveva pocanzi ascoltato. Una donna, forse di professione ostetrica, che a quanto pare ha libero accesso a parecchi luoghi ed ha una conoscenza estesa di particolari sostanze… giovane non lo è di sicuro, deve avere esperienza, mezzi, qualcuno che la copra in un certo senso…devo riflettere, riflettere attentamente…pensò. Poi, quando un refolo di aria fresca le procurò brividi di freddo, sembrò ridestarsi.
Si guardò in giro: la sera era scesa su Parigi e lei doveva tornare da André; riferire ciò che aveva scoperto a Lassonne e pensare alle prossime mosse.



***                               ****                             ***                                                                  ***

Quando rientrò a casa, la cena era già in tavola; lasciò quindi il soprabito alla sua cameriera personale e si portò nel piccolo salone, dove la tavola imbandita aspettava. Notò che Lassonne vi era già seduto.
“Buonasera, Dottore” disse non appena lo vide.  Lui, che stava leggendo alcuni fogli, nell’ udire la voce della donna li posò e si alzò.

“Madamigella…”

I due si accomodarono,  insieme.

“Vi vedo stanca…”
Lei nicchiò.
“Solo un po'. Mi sono recata nelle varie farmacie ma solo nell’ ultima che ho visitato, quella presso Pont Neuf, ho trovato davvero ciò che cercavo. Il capo farmacista ha risposto esaurientemente alle mie domande, soprattutto,  mi ha riferito alcune voci che parlano di una donna, assai esperta nell’ uso di veleni.  La chiamano La Voisin. Ufficialmente, professione ostetrica.”

Lassonne, che stava bevendo del vino, per pocò non lo sputò in faccia al suo illustre ospite.
“Come dite? Una donna? Ostetrica?”

“Si. Quando ho fatto riferimento all’ acqua tofana, l’ uomo mi ha riferito che nell’ ambiente gira questa voce,  la quale citerebbe la figura di una donna che di questo rimedio ne confezionerebbe in larga scala...”

Lassonne apparve un poco confuso. Posò il bicchiere sul tavolo e guardò la donna negli occhi.

“Mi stata dicendo che…potrebbe esservi una sorta di avvelenatrice in giro? Una persona che campa su questo?  Santo Cielo, non sarebbe la prima volta, sia io che voi conosciamo bene le beghe di Versailles…tuttavia la notizia mi turba profondamente, ha qualcosa di davvero macabro….”

Oscar prese della zuppa e ne mangiò qualche cucchiaio.

“Dottore, voi mi conoscete, sapete come agisco. Ho subito provato a fare tutti i ragionamenti e le connessioni del caso e… anche se esistesse, quale coinvolgimento potrebbe avere con la povera ragazza del bordello e con André?  Se nel caso della defunta mademoiselle Astrid posso anche abbozzare alcune ipotesi…André, lui, cosa c’entra? Più che stare con me a Palazzo o in caserma…inoltre, è fuori discussione la lealtà e onestà nei miei confronti. Inoltre…il Barone… ”

Il medico annuì.
“Avete ragione: Ci sono alcune persone coinvolte, talmente distanti tra loro per estrazione sociale e caratteristiche che è difficile stabilire un collegamento….” Disse.
Infine, dopo aver meditato per un attimo, aggiuse:
“Forse dovreste fare intervenire anche vostro Padre, Oscar. La faccenda potrebbe essere più grande e complicata di quanto pensiamo. Con il vostro attendente fuori uso, siete sola a portare avanti le cose…” disse.

Oscar posò il cucchiaio nella zuppa. Non aveva più fame.
Si rilassò, allungò le gambe sotto al tavolo, lasciò vagare gli occhi nella stanza e pensò; Lassonne non aveva tutti i torti, tuttavia…no, ce l’ avrebbe fatta da sola, non le andava di coinvolgere nessun altro…

“Credo che mi ritirerò nelle mie stanze. Una ultima ma importante cosa: André…come sta?”

“Gli sto somministrando un antidoto che dovrebbe fermare il processo del veleno. Da quanto mi ha detto lo speziale, Monsieur Claude, del quale mi fido ciecamente, ha per fortuna assunto solo che poche dosi di veleno. Si salverà, Oscar…ma ci vorrà molto tempo e non so se il suo corpo tornerà quello di prima….” Rispose.

…si salverà, Oscar…Sorrise. Si sentiva sollevata. Mai notizia poteva essere più felice.

“Bene. Allora io…mi ritiro. Passerò ad accertarmi delle sue condizioni, poi tornerò al lavoro, devo ricostruire un po' di cose.”

Detto ciò, si alzò e si recò al primo piano, verso la stanza presso la quale André riposava.
Facendo meno rumore possibile entrò e si portò verso il letto, più in la. Notò che le pesanti tende alle finestre erano già state tirate e che, sul comodino, vi era una tazza di brodo. André dormiva beato, o così sembrava  ed il volto  era rilassato; fu sorpresa, piacevolmente, di questa novità.

Con cautela, si lasciò cadere sulla poltroncina, stanca, e socchiuse gli occhi per alcuni istanti.
André…per fortuna ti salverai…ho avuto davvero tanta paura, stavolta…pensò.
Lui, sorprendendola, si mosse e aprì gli occhi.

“Non preoccuparti, Oscar, mi salverò” disse, con voce abbastanza chiara. Oscar trasalì, aprì le palpebre.

Ma come fai, sempre, a leggermi dentro?

“…Ti ho svegliato? Non volevo… scusami, André”

“No, in realtà non dormivo. Sonnecchiavo. Ti ho sentita entrare…” rispose.
Oscar si alzò e si avvicinò all’ uomo. Notò che qualcuno lo aveva lavato e sbarbato.
“Stai meglio?” domandò.
Lui annuì, cercò di sistemarsi i cuscini dietro la schiena. Lei intervenne per rendergli il compito meno arduo.
“Grazie, Oscar… “ rispose lui “ in ogni caso si, sto meglio…affaticato ma un po' meglio. Anche la mia voce è tornata, fa ancora un po' di bizze…è solo il fiato che manca, a volte…”

Oscar, sollevata oltre ogni modo, gli posò una carezza sulle guance.

“Non è sconveniente che tu stia qui, Oscar? Non dovresti attardarti nelle stanze di un uomo celibe, lo sai? “

Lei prese quella frase seriamente e per un attimo rimase li, basita.
Poi entrambi scoppiarono a ridere; André, tra mille smorfie di dolore.

“Sono lieta di trovarti bene. Ho parlato con Lassonne, prima… “
André annui, diventò serio.

“Grazie, Oscar, per aver fatto tutto questo per me”

Lei, che inavvertitamente e senza farci caso aveva accolto la mano dell’ uomo tra le sue, arrossì.

“Non dirlo nemmeno per scherzo….” Fu la sua risposta.

“Ti vedo stanca. Cosa hai fatto, oggi? “ domandò poi, lui, togliendola da ogni imbarazzo

“Sei sicuro di volermi ascoltare? E’ una storia lunga…”

“Non ti prometto che non crollerò, ma ho voglia di ascoltarti o almeno posso provarci…vorrei tanto capire anche io…cosa ho fatto di male per meritarmi questo”.

André si rabbuiò giusto un attimo. Anche la sua voce ne risentì.

Oscar si preoccupò che non si sforzasse troppo ed iniziò il suo racconto; lui seguì con attenzione, almeno fino ad un certo punto; poi, mente e corpo iniziarono a cedere.  Ma il più era detto, Oscar glie lo doveva.

“…Non vai a dormire…?” domandò ad un certo punto André, gli occhi mezzi chiusi.
La sua Oscar era pallida, stanca, ed era molto preoccupato per lei.

“Si, si vado…così riposi anche tu…ho tante cose da fare, ancora…” rispose lei.

“Oscar, ti prego, non fare sciocchezze. Devi riposarti...” la implorò, con le ultime forze rimaste.

Ma lei non lo stava ascoltando: appoggiata alla poltrona, aveva chiuso gli occhi, lasciando cadere le braccia  inermi al di fuori dei braccioli. Lui rimase a fissarla, lo sguardo colmo d’ amore, finché non si addormentò a sua volta ma non prima di avere ringraziato Dio, o chi in sua vece, per avergli permesso di averla al proprio fianco.



L’ indomani mattina Andrè accusò alcuni dolori che gli procurarono parecchio fastidio.
Era presto, non erano nemmeno le sei ed Oscar, non appena udì che qualcosa non andava,  balzò in piedi. Dopo l’ evidente stupore nel trovarsi ancora in quella stanza, si rivolse a lui.

“…Cosa c’è, André? Mando a chiamare Lassonne?” disse con voce roca.

“No…non preoccuparti. Mi aveva preventivamente  avvisato che…che il mio corpo avrebbe potuto avere una simile reazione. Scusami se ti ho svegliata” disse.  Il poveruomo però continuava a contorcersi così, d’ istinto, mandò a chiamare una delle cameriere che giunse, dopo poco.
“ Bonjour, Mademoiselle “ disse posando una brocca di acqua fresca sul comodino “ posso fare qualcosa per voi? Volete che vi serva qui  la colazione?”
“Si, grazie. Mi fermerò qui ancora un attimo. Per cortesia…mandi a chiamare il dottor Lassonne” rispose.

La cameriera allora uscì e lei, d’ istinto, si versò dell’ acqua. Aveva la gola arsa.

“Io…non lo farei” sentì dirsi da André.
Un lungo brivido percorse la schiena di Oscar.
“André ma noi…noi qui…siamo al sicuro” provò a rispondere.
Lui scosse il capo, non parlò ma si fece intendere benissimo.
E se davvero fosse come dice lui? Come possiamo fidarci? Ma no…non è possibile… cosa devo fare….devo indagare anche qui, in casa mia? pensò sconsolata.  Tuttavia posò il bicchiere con buona pace di André, il quale pareva al momento essersi ripreso.
“Vai a dormire, Oscar, dopo avere fatto colazione. Sei stanchissima…”
Lei annuì, giusto per farlo contento ma, in cuor suo. sapeva che non doveva perdere tempo.
Attese dunque la colazione e l’ arrivo di Lassone: solo dopo aver sentito dalla chiara voce del dottore che André stava abbastanza bene e che quell’ episodio non gli aveva causato traumi tornò nella propria stanza.

Davanti alla porta, prima di aprirla, si fermò però ancora una volta: con la coda dell’ occhio aveva notato, osservando fuori dalla finestra che stava propri davanti ai suoi alloggi, una figura conosciuta.

Il Barone?!

La vecchia conoscenza stava passeggiando per la strada, soffermandosi ogni tanto ad osservare la città intorno a sè, in compagnia di una donna giovane, molto giovane. E che aveva tutto l’ aspetto di una….una…cocotte!
Restò a guardare per un po', si volle accertare di averci visto giusto; la conferma l’ ebbe poco dopo, quando la carrozza con le insegne nobiliari del Barone passarono per la strada sottostante.







 

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Capitolo 4
*** Svolte inaspettate ***


 

 
Oscar fece sonni agitati; infatti, durante il tempo che aveva passato nel  proprio letto – non molto, in verità – non  aveva fatto altro che girarsi e rigirarsi tra le coltri. Disperata ed ancora più stanca di prima aveva deciso di alzarsi. Tuttavia, la stanchezza dei giorni passati si era accumulata, travolgendola, provocando in lei anche una leggera febbricola.
Solo intorno al mezzogiorno riaprì gli occhi e, subito, ordinò che le fosse preparato un bagno.

Nell’ attesa che la cameriera arrivasse con l’ acqua calda , preparò la vestaglia e iniziò a spogliarsi. e, man mano che le vesti cadevano a terra, si trovò ad osservare  il proprio corpo… e lo trovò cambiato. Si accorse che era dimagrita, anche se non esageratamente e la pelle, di solito luminosa, appariva spenta. Solo viso e mani – le parti più esposte al sole – avevano assunto un leggero colorito.
In generale si sentiva stanca, soprattutto mentalmente; c’era qualcosa di diverso, dalle solite giornate che fisiologicamente capitavano e non necessariamente legate alla faccende femminili che lei tanto detestava.
Questa stanchezza…aveva qualcosa di più profondo e riguardava sia il fisico che l’ anima.

Lei sapeva , era conscia che questo momento sarebbe arrivato.
Avrebbe compiuto trentatrè anni di li a un paio di mesi, e da che aveva memoria, la sua esistenza era sempre stata segnata da doveri e disciplina….aveva forse altra scelta? Poteva forse dire sono stanca, ora cambio vita? E che tipo di vita ,poi?

In quel momento , no. Non era il caso, non lo avrebbe fatto. Non se la sentiva.

Dunque, accettò la stanchezza, accettò i pensieri. Al momento, non poteva fare diversamente.



Quando il bagno fu pronto, una ventina di minuti dopo, Oscar afferrò i fogli sui quali aveva stilato alcuni appunti e, lasciata cadere la vestaglia, si era immersa nell’ acqua che emanava un profumo speziato , diverso dal solito.  Dopo avere appoggiato le preziose carte su di uno sgabello posto accanto alla tinozza aveva chiesto a Jeannine di restare disponibile per la mezz’ ora successiva, congedandola. La ragazza attese dunque dietro al paravento qualsiasi ordine e richiesta della padrona.Lei,  finalmente rimasta sola, fissò dunque le parole che aveva vergato di getto, cercando un collegamento.



‘Barone di Branciforte – Annette – Astrid ( morta) e Annette ( lontana)
Bordello: donna misteriosa. Narcisse?
Dove è il corpo di Astrid? Chi è la donna che ha parlato con André?


André: chi lo ha avvelenato? Cameriere di casa Jarjayes? Caserma? Perché?

La Voisin?





Molti nomi.
 A pensarci bene, poco in comune.  Almeno in apparenza…
Il nome di La Voisin, l’ unica indagata, sempre ne venisse provata l’ esistenza.


Oscar sollevò gli occhi al cielo.

E’ tutto così …così strano! Sul Barone potrei fare molte ipotesi, gli indizi non mancano…ma André? In quale modo è collegato ad essi? Che volessero colpire me, anche indirettamente, sapendo del rapporto che ci lega? Accidenti…è tutto così complicato!




“Mademoiselle…tutto bene? E’ passata un’ora, volevo solo avvisarvi. Posso esservi utile?”
Oscar trasalì: un’ ora? Di già?
“ Grazie, Helene, è tutto a posto. Tra cinque minuti ho finito, dovresti solo aiutarmi a lavare i capelli” rispose.
La giovane fece allora capolino e preparò il necessario; poi uscì, rientrando poco dopo con un secchio colmo  di acqua tiepida.

“Sono pronta, quando volete…ah, quasi dimenticavo: monsieur André ha chiesto di voi, quando sono entrata per ritirare la colazione  così come indicata dal medico. Ecco, André mi ha chiesto di riferirvi che, più tardi, vi attende.”

Oscar annuì, la ringraziò.  
Una volta uscita, attese pazientemente che i capelli si asciugassero sedendo davanti al fuoco , poi si rivestì, alla svelta.
André la stava attendendo.




***

“Ho fatto il prima possibile, André…” disse, non appena entrata nella stanza.
Lui, con grande sorpresa, si trovava seduto, accanto al fuoco, una coperta ed un libro  poggiati sulle gambe; aveva un viso più disteso , sebbene stanco.

“Buongiorno Oscar…Non preoccuparti: come vedi, non scappo!” rispose.

Oscar  prese posto accanto a lui.
“Hai riposato?” le domandò.
“In un certo qual modo, si. Sono molto stanca, André, ma non è solo per quello che sta accadendo…”
Lui la osservò, ma non aggiunse altro. Si era accorto già da un bel pezzo della stanchezza che affliggeva la donna e sperò fosse qualcosa di passaggio.

“ …e’ passato Lassonne?” chiese Oscar

“Si, insieme a quello speziale; dicono che devo stare osservazione e ringraziare la mia buona stella. Dovrò prendere alcuni intrugli ricostituenti per un bel po', dopodiché posso tornare, pian piano, ad avere una vita ‘ normale’ . Tuttavia mi hanno confermato che non potrò più condurre la vita di prima, almeno per il momento…”
Il volto dell’ uomo si rattristò. Oscar annuì e comprese dove lui voleva arrivare.

“André, non disperare. Per ora non dirò nulla né al comando né a mio padre. Non preoccuparti” rispose sforzandosi di apparire serena. L’ uomo accettò le parole della donna.

“Hai mangiato?” domandò ancora Oscar, cambiando argomento.

“Un brodo. Tu?”

“ Al momento, nulla. Ma non ho voglia di scendere, credo mi farò portare qualcosa qui…” rispose.

Lui sorrise.

“…sta diventando un vizio…” buttò li.

Oscar fissò André.
Era stato ad un passo dalla morte eppure, eccolo seduto li, come se nulla fosse, a dispensare con la sua solita ironia tutto ciò che gli passava per la testa…

“..:Si, hai ragione. E’ che non vorrei tu incappassi in Brigitta, ho notato come ti guarda…” rispose lei accettando il gioco.
“…e non hai idea di come mi tocchi, cara Oscar, quando mi sistema le coperte. C’è sempre una mano che sfugge….”

Lei lo fissò, sentendosi avvampare.

“André!” esclamò, poi, coprendosi il viso. Dopo alcuni secondi, lo sentì ridacchiare e capì
l’ intento, sorridendo a sua volta, anche se tremendamente in difficoltà. Fortunatamente André tornò a conversazioni più consone.

“…che farai, oggi, Oscar? Posso esserti utile?” gli domandò lui riportando la conversazione sui dovuti…binari, appunto, fissando il fuoco davanti a se.
La donna si porse in avanti, le braccia distese verso il fuoco, per scaldarsi.

“Andrò a cercare una donna, la chiamano La Voisin. Colei che, a quanto pare, dispensa veleni a tutta la città…” rispose.

L’ uomo cercò di mantenere la calma, ma pensarla sola lo aveva reso nervoso. Preoccupato.

“Non credi sia pericoloso?” domandò.

Lei negò. Appariva tranquilla.

“Se le voci sono vere, dovrei trovarmi davanti una donna di mezza età, professione ostetrica, la quale non credo abbia alcun interesse a farsi riconoscere quindi no, non penso - al momento - di correre alcun pericolo…ah, quasi dimenticavo: quando ho lasciato la tua stanza  ho notato, dalla finestra, il Barone. Passeggiava per la strada con una persona che aveva tutta l’ aria di essere una cocotte e poi sono saliti sulla carrozza dell’ uomo….”

André spalancò gli occhi.

“Ricordi la donna? Che aspetto aveva?” domandò
Oscar ci pensò su un attimo.
“Era vestita in modo appariscente ma non volgare, devo ammetterlo. Bionda, come me, ma più…minuta. Claudicante.  Questo è tutto….” Rispose.
Lui fissò davanti a se, quasi volesse richiamare alla memoria dei ricordi.

“…naturalmente la mia è solo un’ipotesi ma, la ragazza, potrebbe essere Narcisse. Sono arrivati da Rue Breguet o Rue Fromet?” domandò.
“ Credo da Rue Fromet…la via che conduce al bordello.” Rispose lei.
André sapeva che le sue erano solo congetture…ma qualcosa gli diceva che davvero la ragazza vista da Oscar poteva essere Narcisse.

“Tu che pensi?” domandò André. La fissò negli occhi.

“L’ unica cosa di cui sono certa è che non vi sono collegamenti tra ciò che ti è successo e tutto il resto; non vi sono elementi che mi possano fare pensare al contrario. Riguardo al resto, credo che il Barone non ci abbia detto tutto.”
André chiese ad Oscar di poter avere la sua medicina, la quale si trovava sul comodino. Lei si alzò, prese la boccetta lasciata dallo speziale e la portò ad André, che la bevve d’ un colpo corredandola da un bel corollario di smorfie….

“Perché sospetti del Barone di  Branciforte?” le domandò.

Lei riprese il flacone e lo posò sul tavolino li accanto. Quando tornò a sedersi, rimase silenziosa, come a voler cercare parole adatte.
“Sospetto ? No, ho solo qualche dubbio. Dove è sua moglie, perché la tiene lontana? Pensi davvero che una donna comprensiva ed indipendente come lui l’ ha descritta si lasci convincere a starsene da parte? Inoltre, perché stamane l’ ho visto con quella ragazza, cosa c’entra lei con tutto questo?” disse.
André convenì con Oscar. Troppi punti poco chiari…
E poi, questa Voisin...esisteva davvero o poteva essere un capro espiatorio per coprire altro?
Oscar era pensierosa, si alzò.

“Dove vai? Non pranzi? “ chiese André.

Lei negò.

“No, ho cambiato idea. Vorrei fare un salto a casa: ho pensato che se vogliamo una risposta, in questo momento l’ unico modo per ottenerla è cercarla in chi ha tentato di avvelenarti…e sono quasi certa che una di quelle ragazze che hai sentito mentre controllavi i registri c’ entri qualcosa. Non posso iniziare dal Barone, meglio provare dove non possiamo causare danni…

André, assonnato per gli effetti del medicamento che iniziavano ad agire, la fissò.

“…e come potrebbe?” domandò.

Oscar, ora in piedi con le mani poggiate allo schienale della sedia, sostenne lo sguardo dell’ uomo e fornì la sua risposta.
“ André, credo ti sia accorto anche tu che parecchie delle ragazze di palazzo abbiamo una…come dire…infatuazione nei tuoi confronti. Ipotizziamo che una di queste, per i motivi che solo Dio sa, si sia messa in mente qualcosa: non potrebbe aver agito…per farti del male?” disse. Certo, era un ragionamento del tutto empirico, tuttavia…

L’ uomo sorrise. Oscar, sorpreso, lo fissò.
“Non credevo ti fossi accorta di questo” rispose, sarcastico “ in ogni caso…si, il tuo ragionamento non fa una piega…”
“André, vedo anche io certe cose…” rispose “ ad ogni modo, tanto vale accertarsene, no?”
Lui rimase a lungo sulla figura della donna.

“Stai attenta. Ti prego, Oscar, stai attenta” rispose.

Oscar sentì salire dentro di sé ancora quella sensazione, un rimescolarsi dello stomaco, il desiderio di avvicinarsi ad André ed abbracciarlo. Con uno slancio, senza pensarci,  si gettò tra le sue braccia e poi,quasi sconvolta, lo salutò frettolosamente uscendo dalla stanza, direzione Palazzo Jarjayes.

“Oscar…Oscar,amore mio…per quanto tempo…per quanto tempo, ancora, dovrò aspettarti? “mormorò non appena fu uscita. Infine, tornò ad osservare il fuoco, davanti a sé, riprendendo la lettura da dove era rimasta.



***                                           ****                                                                 ****


Dopo che Oscar fu uscita dal palazzo parigino,  la prima cosa che fece fu quella di recarsi presso il comando delle Guardie Francesi; sebbene il Generale Jarjayes avesse già comunicato ed ampiamente spiegato  al diretto superiore della figlia tutto il dovuto, lei sentì comunque l’ esigenza di presentarsi per appurare che tutto procedesse bene. Quindi, dopo aver salutato i vari ufficiali e passato in rassegna i soldati – che chiesero lumi del compagno – ed avere risposto che presto sarebbe tornato da loro, si avviò di gran carriera a palazzo. Se tutto procedeva come ipotizzato, si sarebbe fermata un paio di giorni e poi, magari con notizie fresche e positive, sarebbe tornata in città; ma tutto questo era, appunto, una ipotesi. Vi erano molti aspetti ancora da chiarire e, per quanto potesse impegnarsi, non era in grado di presumerne il decorso.


Quando arrivò, dopo un viaggio relativamente tranquillo, la sera stava scendendo.
Non appena entrò nel cancello, notò in lontananza Nanny.

“Oscar, Oscar, dimmi: come sta il mio André?” domandò la governante una volta che fu a portata d’ orecchi.
Non sapendo cosa le avesse riferito il padre, Oscar, una volta scesa, si avvicinò alla donna e le riferì alcune cose, restando sul vago.

“Sta abbastanza bene, cara nutrice: presto tornerà da te” rispose.

La vecchina sorrise ed insieme entrarono in casa e attraversarono l’ atrio, arrivando fino allo scalone d’ onore.

“Mio padre è nel suo ufficio?” domandò Oscar.

Nanny negò.

“E’ dovuto partire per una missione, improvvisamente….” Rispose. Oscar ne prese atto.

“Bene, Nanny…allora io ora salgo a darmi una rinfrescata, poi, per favore,vorrei cenare.
 E’ un disturbo per te farmi avere qualcosa di leggero?” domandò. Nanny le era cara e da sempre usava mille premure per quella donna.
La nutrice annuì.

“Certo, Oscar, che domande. Posso esserti utile per altro?” domandò.

La giovane rimase per un attimo a pensare.

Potrei…potrei domandare a lei informazioni alle ragazze…

“Si: se non ti dispiace , vorrei che mi portassi la cena personalmente, devo chiederti alcune cose.” Sorpresa, la nutrice fissò la sua adorata bambina; infine, annuì, seria. Un breve saluto, dunque, e le due si divisero. Si sarebbero ritrovate più tardi.
Oscar, una volta tornata in camera sua, si gettò sul letto senza nemmeno togliere gli stivali; il suo pensiero era rivolto, naturalmente, a tutta quella faccenda. Avrebbe davvero scoperto qualcosa di utile?

Tutto questo servirà a qualcosa?

Nanny arrivò circa una oretta più tardi.
Una volta congedata Adeline, servì personalmente – come richiesto - la cena di Oscar poi,  invitata da quest’ ultima, prese posto anch’essa al tavolino dove era stato servito il pasto. La governante era visibilmente agitata e teneva le mani giunte sul ventre. Oscar, notando questo, saltò convenevoli e arrivò direttamente al punto.

“Cara nutrice, stai tranquilla, non ho alcuna cattiva notizia da darti ma vorrei, da te, un favore.”

L’ anziana donna assunse una espressione sorpresa.

“Un favore? Ma certo, Oscar, sono a tua completa disposizione…”

“Vedi, Marie… hai notato qualcosa di strano tra le ragazze della lavanderia, o le cameriere…che so, atteggiamenti più ‘ frivoli’  del solito?”

La governante , da sempre donna pratica e senza peli sulla lingua, rispose  all’ istante.

“Mi stai chiedendo, Oscar, se ho notato atteggiamenti lascivi e..o lesivi nei confronti della tua persona?”
Per poco la giovane non si strozzò con un pezzo di pane.

“No, no! Santo cielo…! …non nei miei confronti ma rivolti, piuttosto, ad…André”

“Cosa ha combinato quel disgraziato?” domandò la nutrice, il volto paonazzo.

“Proprio niente, Marie. Ascolta, io non posso parlartene, non in questo momento…ma è assolutamente necessario che io sappia se qualcuno, in questa casa, si è comportato diversamente dal solito…capisci?”
Marie Grandier ne aveva viste di tutti i colori, seguendo i suoi padroni in giro per la Francia, ospiti del tal parente o del tal amico; nonostante avesse una età di tutto rispetto, non era né stupida né prevenuta.
“ Come ben sai, sono molto severa e tengo sotto controllo tutto ciò che accade in questa casa, proprio per evitare situazioni spiacevoli come quelle occorse… a tua sorella, ricordi?”
Oscar annuì.
Aveva ben presente l’ episodio…
“Si , ma qui non si tratta di una cameriera invaghitasi del padrone… si tratta di una persona che, per qualche motivo, potrebbe arrivare a fare anche del male ….” Rispose.

Marie impallidì; tuttavia continuò il suo racconto.

“ …al momento, mia cara, non ho notato nulla…se non…se non uno strano atteggiamento da parte di una delle nuove ragazze che Clementine ha assunto per la lavanderia….”
Oscar drizzò le orecchie, ma cercò di non far notare lo stupore che quelle parole avevano lasciate in lei…
“Nanny, cosa intendi per strano atteggiamento?” domandò.

“E’ una persona fin troppo esuberante, vanitosa. Mi hanno riportato alcuni pettegolezzi; pare che sia di facili costumi, ecco. Ma non mi hanno riportato nulla di specifico, ad essere onesta….”
La giovane capì che per il momento era inutile andare avanti; avrebbe dovuto affrontare lei, di petto, la situazione, per cavarsi da ogni dubbio.
“Capisco…beh, forse mi sto sbagliando, ma dovevo dirtelo. E’ tutto, cara Nanny; torna pure alle tue incombenze…ah, il cibo era davvero buonissimo! “ disse.
 La nutrice domandò se avesse bisogno d’ altro e riferì che avrebbe mandato qualcuno per sistemare il camino.
“Grazie, Nanny.” rispose Oscar; e la osservò uscire, pensando al contempo che lei avrebbe fatto lo stesso: doveva riflettere e cosa c’era, di meglio, di una passeggiata per farlo?  Nemmeno dieci minuti dopo che la nutrice uscì dalla stanza, Oscar fece lo stesso.



Il mattino seguente, dopo l’ ennesimo sonno agitato, si alzò con la ferma intenzione di farsi in giro nella lavanderia. Ci aveva pensato molto: inutile tergiversare, doveva arrivare diretta al punto, pazienza se quegli ambienti non erano consoni ad un nobile…
Una volta vestita, dunque, scese e si diresse nelle cucine dove una Nanny sorpresa non mancò di prepararle una abbondante colazione che Oscar sorbì seduta davanti al grande tavolone in legno. Infine,  sempre più determinata, si avviò negli ambienti destinati alla lavanderia, che si trovavano in una stanza sul retro della tenuta: con passo deciso percorse il perimetro esterno che conduceva a quel particolare ambiente; subito, dalle finestre semi aperte, sentì oltre che al profumo di una qualche essenza anche un vociare continuo e sommesso. Non vi entrò direttamente ma pensò che fosse meglio far passare quella visita come un normale controllo ed entrò, come se nulla fosse, guardandosi in giro; tuttavia, ciò non tolse che le persone li impegnate furono sorprese nel vederla.

E adesso? Ci sono qui almeno dieci persone….

“Monsieur le Comte, come possiamo esservi utile?” domandò lei la più anziana fra le donne, Cecile, la figlia di Clementine, l’ unica che davvero conoscesse da tempo immemore. Oscar cercò di metterla a proprio agio e sorrise.
“Non voglio disturbarvi ma…posso domandarvi una cosa?” disse.
L’ altra donna lasciò le lenzuola che aveva per le mani , riponendole in un cesto, seguendo Oscar che si stava portando lontano dal un gruppo di lavoranti.

“ Cecile, stanno accadendo alcune strane  cose, ultimamente. Ho la ferma volontà di scoprire cosa, quindi vi domando senza indugio: avete notato atteggiamenti, appunto, strani tra le lavoranti? Le ragazze si comportano normalmente
Cecile , seria, la fissò.
“Perché me lo domandate? Perdonate l’ impudenza di questa mia domanda  ma, ora che mi ci fate pensare, recentemente, una delle nuove assunte…ecco, sta mettendo in giro strane voci…” rispose.
Oscar fece accomodare la donna che, imbarazzata, tentennò un istante.
“Che genere di voci? Hanno a che fare con…con questioni amorose, o similari?”
Cecile annuì.
“…il vostro attendente, André…ecco, la giovane Petra dice di essere stata sedotta dal nipote della nutrice. Lo afferma fin da quanto è arrivata da noi. ”
La giovane, sorpresa, chiese alla donna di uscire da li.

“Cosa intendente? Perché non ne so nulla?” domandò per essere certa di avere capito bene.
“…Monsieur le Comte, non ho ritenuto necessario riferire quelli che a mio parere erano…sono pettegolezzi. Riguardo a ciò che accaduto…ecco, vedete… la ragazza in questione afferma che André le avrebbe fatto alcune proposte indecenti, da lei accettate…ma che in seguito non l’ abbia più presa in considerazione. Insomma, sostiene che lui le abbia promesso chissà cosa senza poi mantenerlo…e Petra, forse per vanto, chi sa? Avrebbe detto alla compagna di lavoro che vorrebbe fargliela pagare. Si vanta di conoscere una persona che potrebbe addirittura provocargli fatture, se non la morte!” rispose d’ un fiato.

Oscar per poco non si sentì mancare ma cercò di mantenere il solito aplomb.
“Mandatela a chiamare, vi prego. E tornate insieme a lei, voglio che mi siate testimone” disse con voce ferma, atona.
Cecile fece come richiesto; presto, fu di ritorno insieme alla ragazza.

“Mi avete mandato a chiamare, Monsieur? Come posso esservi utile?” domandò la giovane.
 Cecile per poco non le mollò un ceffone, non era di certo quello il modo di rivolgersi al giovane conte; Oscar comunque non ci fece nemmeno caso.

“Petra, tu conosci André, vero?” domandò diretta.

“Certo, Monsieur. E’ il mio fidanzato...” rispose questa, giuliva.

Fidanzato?” domandò Oscar, non sapendo se ridere o piangere.

La ragazzina annuì.

“… di grazia…per caso sai dove possa essere finito? Non lo vedo da un pezzo.”
Oscar buttò l’ amo. L’ altra, il capo chino:
“Credevo fosse con voi, l’ ho visto uscire insieme a voi qualche giorno fa e non l’ho più rivisto….”

“…nemmeno io…forse …forse è rientrato in caserma oppure è stato trattenuto, magari da qualche donna…” rispose Oscar, sempre più decisa ad andare a fondo alla questione.

Petra a queste parole  cambiò radicalmente atteggiamento.
Impallidì, iniziò a tremare.

Oscar si avvicinò a lei.

“Tu sai cosa è l’ acqua tofana, vero? Sei gelosa, vorresti vendicarti di lui, sbaglio?” la incalzò allora.
La ragazzina iniziò a dare segni di un chiaro squilibrio. Strabuzzò gli occhi, respirava affannosamente, continuava a ripetere gli stessi gesti più e più volte.

“…io…io… ho una lontana parente che mi…mi ha dato questo filtro, si. Dice che è un potente afrodisiaco…” rispose “ vedete, Monsieur…lui mi aveva promesso molte cose…io sono solo una povera serva…”

Oscar prese fiato, anche se dentro di sé avrebbe desiderato tanto prendere a schiaffi la ragazza. Almeno per quanto riguardava André, la questione sembrava delinearsi.

“ Petra…quel rimedio non è un afrodisiaco, è un veleno…e tu volevi fargli del male, deliberatamente, non mentire! “ urlò.

Petra corse via andandosi a nascondere dietro a Luc, uno dei giardinieri.Le urla di Oscar avevano infatti accorrere alcune persone che fino a quel momento avevano continuato a lavorare.
A quel punto, intervenne Cecile.
 
“Sandrine, Antoinette…per favore, chiedete al custode di venire qui immediatamente…”
Oscar continuò il suo interrogatorio.
“Dunque, Petra? Stammi a sentire: non mi interessa altro che sapere chi è questa donna che ti ha fornito il veleno…”.

La ragazza comparì dal suo nascondiglio.

“ Si chiama Catherine Dehsayes  Montvoisin, è una mia zia acquisita. Non so dove possa vivere,
l’ ho incontrata una sola volta, nei pressi di Rue Sabin” rispose.
 Infine, con grande sorpresa dei presenti,  iniziò a correre afferrò le cesoie che Luc teneva in mano e iniziò a correre attraverso il giardino della tenuta. Oscar la vide scomparire tra le fronde degli alberi che ancora resistevano all’ autunno, seguita da Luc e Cecile e, dopo alcuni minuti, tornò dentro casa, voce incrociò la governante.
Sconvolta, non disse nulla a Nanny, se non che sarebbe ripartita subito dopo pranzo perché una urgenza richiedeva la sua presenza in città.
Immediatamente.



***                               ***                                           ***                                           ****



Come può una persona perdere la testa in questa maniera? Come può arrivare a non riconoscere la realtà?



Oscar cavalcava in sella al proprio stallone da un’ora e per tutto quel tempo non aveva fatto altro che pensare a Petra; ovviamente, essendo strettamente collegati, il pensiero arrivò fino ad André, vittima inconsapevole di quella mente malata. Era stordita dal concatenarsi di eventi, così improvvisi, che lei non avrebbe mai saputo preventivare…

André….

Lui le  mancava tremendamente , sebbene fossero distanti da poco meno di ventiquattro ore; mancava talmente tanto che, per un istante, il cuore sembrò perdere battiti. Prima o poi il momento di affrontarsi sarebbe arrivato,  ne sentiva l’ esigenza, del tutto naturale, dopo tutto quel tempo insieme e dopo i fatti accaduti negli ultimi tempi. Si, aveva passato un periodo in cui lo avrebbe voluto lontano; tuttavia, si era poi resa conto che la vita senza André non avrebbe avuto senso…

…Non è il momento, Oscar disse fra sé cercando di mettere un limite ai pensieri In questo momento hai molte cose da fare…e prima le farai, prima tornerai alla tua vita di sempre!
Queste ultime parole rimasero a lungo nella testa di  Oscar, tanto che  improvvisamente fermò la sua cavalcata e fissò il cielo sopra la propria testa.

Ma…è davvero ciò che voglio? Dio…come sono stanca…!




***                                           ***                                           ***                                                       ***



Nel momento in cui la donna entrò a Parigi, udì rintocchi di campane lontane che annunciavano i vespri. Il tempo era volato, letteralmente, tra le sue dita, disperso tra pensieri e piccole soste.

 Erano passati giorni da quando la faccenda aveva avuto inizio…e lei era ancora li, che correva a destra ed a manca, raccogliendo indizi. Si sentiva soddisfatta, però, per il risultato – inaspettato – di quella mattina; ora sapeva l’ avvelenatrice o presunta tale  aveva un viso, un corpo. Ora, non restava che trovarla: ma non quella sera.  Troppo stanca, non avrebbe ottenuto nulla.  Percorse quindi le strade e le vie che ormai conosceva a menadito e tornò a quella che in quel momento chiamava casa. Il tempo di togliersi la giacca e fu subito dinnanzi la stanza di André.

“André, posso?” domandò , bussando leggermente, restando in attesa di una risposta.

Lei non sentì la sua voce, ma dei passi.
Dopo alcuni istanti lo ritrovò davanti a sé.

“Vedo che ti senti meglio…Lassonne ti ha dato il permesso di muoverti?” domandò.
Lui fece spallucce.
“In verità no, ma ero stanco di stare a letto….ho provato a scendere, a muovermi…ed eccomi qui. Tu, piuttosto? Non ti aspettavo così presto.” disse. La donna osservò André; il viso era disteso, aveva ripreso colore.

“Ho scoperto alcune cose… “
Lui la fissò , curioso.
“Buone nuove?”
Lei annuì.
“Direi di si. Vieni, sediamoci; ti racconterò tutto.”

Quindi, lo prese sottobraccio e, controllando ogni suo passo, andarono a sedersi ; una volta preso posto, lei  non perse tempo e gli raccontò ciò che aveva scoperto: ad André, per poco, non venne un colpo.
“…E’ spaventoso, Oscar…ma non credo che tutto questo sia collegato con il Barone, tuttavia… ha comunque confermato l’ esistenza della donna. Santo Iddio, non riesco a credere che quella ragazzina abbia potuto fare tutto questo!” disse. Ma non era arrabbiato, no; piuttosto, sconvolto.

“La Voisin….andrò a cercarla domani. Starò attenta, prenderò le mie precauzioni…” Mormorò lei, sottovoce, sovrappensiero.
“Non è questo, Oscar, che mi impensierisce. Stavo solo pensando … Ecco, vedi…io penso che tu dovresti iniziare le tue ricerche dal bordello. “ rispose André.
“Sempre li andiamo a finire….”

“…beh, pensaci. Se questa donna è una ostetrica, il fatto che sia presene in una casa
d’ appuntamenti non è del tutto inusuale. Sai quanti  incidenti di percorso possono capitare, con quel genere di lavoro? Magari è un lavoro di copertura, chi lo sa?  Inoltre… tutta la questione parte da li: è in quel luogo che il Barone ha trovato Astrid, è da li che con tutta probabilità è uscito insieme a Narcisse…”

Andrè all’ improvviso si zittì e la sua espressione di fece più intensa, come se avesse appena avuto una epifania.
“…IL BARONE, OSCAR…il Barone!!!” esclamò. Oscar lo fissò come se fosse improvvisamente impazzito.
“Andrè, che ti prende?”
 
L’ uomo allungò le gambe e incrociò le mani sul ventre, fissando il muro davanti a sé.

“Ascoltami: se il Barone ci avesse mentito? Se quello che ci ha raccontato fosse tutta una congettura per sviarci? Pensaci bene, Oscar…non lo hai visto uscire , per caso, da solo con quella ragazza ?”
Lei annuì.
“Certo” rispose poi “ ma che c’entra? “
André la fissò.
“Se davvero ha provato un amore così profondo per quella Astrid, perché già cerca la compagnia di un’altra donna? Non ha forse una moglie? Non desidera ricongiungersi con lei? Sarebbe l’ occasione ideale… invece…si dispera, vuole cercare il responsabile di questa morte…e lo vediamo con un’ altra donna.”

“…dove vuoi arrivare?” domandò Oscar.

André sollevò una mano e sposto alcune ciocche di capelli dal viso.

“A mio parere, il Barone e La Voisin sono più vicini di quanto pensiamo. Riguardo a quanto mi è occorso…potrebbe essere solo che un caso.”
Oscar pensò che l’ uomo non avesse tutti i torti, anzi; più di una volta aveva sfiorando le medesime conclusioni.
Lei piegò la schiena in avanti, poggiando i gomiti sulle proprie gambe. Il suo sguarso andò a sfiorare il pavimento di marmo lucido.
“ Allora dovrò recarmi al bordello e cercare la donna; è molto più semplice che affrontare Monsieur Branciforte…”
Lui annuì.
“Verrò con te.”
Lei si alzò in piedi.
“No. Non posso permettertelo.”
L’ uomo prese fiato, sperando di farla ragionare.
“…Se ci andrai, nel giro di pochi minuti scopriranno che sei una donna. Lascia fare a me…” rispose lui. I suoi occhi fissarono quelli di Oscar.
“Va bene, André: ma promettimi che se si mette male, tu cercherai riparo e lascerai a me il lavoro sporco…” ripose.
Le labbra dell’ uomo si aprirono in un sorriso.
“Come vuoi tu. Dimmi solo quando….”
“Domani sera, André. Sono distrutta, ora” rispose.

L’ uomo la guardò con infinita dolcezza.

“Credo che quando avremo finito con questa storia, avrai bisogno di fuggirtene per un po' nella tua villa in Normandia…” buttò li.
“Lo vorrei tanto…ma chi lo sa, cosa accadrà. Sono stata al comando, ho parlato con D’ Agoult… mi sa che presto mi richiameranno. Non siamo messi bene….” Disse.
André le si avvicinò.

“Qualsiasi cosa accadrà, mi avrai sempre al tuo fianco. “ rispose.

“Sei molto caro, André…” disse.
I due si fissarono, intensamente. Erano talmente vicini che , per un istante e mossi da chissà cosa, i loro visi si sfiorarono.


“Credo sia meglio che tu vada, ora. “ disse André prima che fosse troppo tardi.

“Si, è meglio.” rispose Oscar che, preso un sospiro, girò sui tacchi e tornò nei suoi appartamenti, dove avrebbe passato il resto della serata da sola. 

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Capitolo 5
*** La Voisin - Parte I ***


Dopo quella sera -  e con la consapevolezza di un qualcosa che stava crescendo sempre più
all’ interno del proprio cuore - Oscar si comportò come se nulla fosse accaduto: non fu cattiveria, la sua, e nemmeno menefreghismo; semplicemente, dopo averci riflettuto a lungo, la donna  aveva pensato che l’ unica cosa da fare era  il  lasciare andare le cose al loro destino, senza intervenire, senza forzare alcunché. André, da parte sua, accettò la cosa come del resto aveva fatto ogni qual volta nella propria esistenza si erano presentate situazioni per così dire…atipiche: così,  i giorni passarono, l’ uno dopo l’altro , tra sguardi languidi e parole lasciate a metà. Passarono silenziosamente, quasi quieti  da un lato e, purtroppo, senza  fornire particolari risultati nonostante i due avessero messo in campo fino a quel momento qualsiasi idea passasse loro per la testa.
Lui era anche tornato al bordello ma, della bionda e misteriosa Narcisse,  non aveva trovato nemmeno l’ ombra. Così fu anche per il Nobile Branciforte, del quale non ebbero più alcuna notizia, diretta o indiretta che fosse.

Una svolta, tuttavia non si fece attendere.
Arrivò la prima settimana di dicembre, quando dal loro arrivo in città era passato un mese, forse più: al ritorno dal giro pomeridiano in  caserma dove si erano presentati su richiesta del padre di Oscar per riferire i consueti aggiornamenti , riferiti per altro sempre con un tono vago, vista la posizione del Barone  e la naturale inclinazione della donna , che non parlava se non aveva nulla di certo in animo . Ecco, in quella occasione, al caldo del salottino,  André apparve più pensieroso del solito.
Qualcosa gli girava per la testa, lei lo sapeva.
Era tardo pomeriggio, Brigitta aveva pochi minuti prima portato loro della cioccolata e di li a due ore la cena sarebbe stata in tavola.

“Mi duole ammetterlo, Oscar…ma credo che l’ ultima carta da giocare sia…tu.”
Disse tutto con estrema calma, come suo solito.
Lei finì di sorbire la densa bevanda e quando la tazza fu vuota, la  posò sul tavolino tondo di fianco.

“…Io, André? “ domandò.
L’ uomo annuì e  prese tempo, quasi avesse timore di parlare.
“Dunque?” lo incalzò la donna.

André si alzò in piedi, raccolse le tazze e le posò sul vassoio poggiato sulla credenza dietro di loro. Quando tornò a sedersi lo fece con due bicchieri, colmi di  cognac tra le mani.

“Senti Oscar, io penso che si stia sbagliando approccio. Pensaci: abbiamo fatto tutto ciò che è stato in nostro potere  e non abbiamo ottenuto nulla se non indizi che, per quanto possano essere di tutto rispetto, rimangono ancora pochi e inutilizzabili.  Ma abbiamo tralasciato una cosa,  la più ovvia.”

“Vai avanti…” lo esortò la donna.
Lui la fissò.
“La Voisin, come ben sappiamo, è una ostetrica. Potresti recarti da lei con una…scusa, diciamo così. Chiaramente, io verrò con te…”
Oscar  bevve un sorso di cognac e guardò André, in attesa di una risposta.

“Non ti nego di averci già pensato ma , prima, ho voluto provare tutte le alternative. Se, poniamo il caso, volessimo mettere in pratica il tutto… Che cosa dovrei fare?” domandò.

André si alzò e si portò davanti al camino, per sistemarvi un po' di legna.

“Nulla: sarò io ad agire, in un primo momento. Andrò al bordello, chiederò di Narcisse e poi le domanderò se conosce…conosce qualcuno che può aiutare…mia sorella. Se otterrò un nome, un indirizzo, allora agiremo insieme.

Oscar ascoltò tutto con estrema attenzione, ma non riuscì a trattenere una risata: di tutte le cose che aveva fatto durante la sua carriera, farsi passare per la sorella di André le mancava.

Tua sorella? Ma se non ci assomigliamo nemmeno per dispetto!” esclamò.

André sorrise.
“Beh, posso sempre dire che abbiamo madri diverse….” Butto lì.

Oscar continuò a fissare l’ uomo in volto; subito tornò seria , affermando che per lei poteva andare bene.  Quella strana idea rappresentava l’ultima cosa da fare e, visto che lei , comprensibilmente, voleva arrivare a fondo e risolvere il dilemma, diede il suo benestare.

“…d’ accordo, fratello. Quando cominciamo?”
 
Lui finì di sistemare la legna e si alzò in piedi, appoggiando il gomito alla cornice del camino.
“Anche ora, se vuoi. Mancano alcune ore prima che il bordello apra i battenti…posso andarci subito.”
Oscar iniziò a giocare nervosamente con alcune ciocche di capelli.
Infine, si alzò a sua volta.
“Bene. Mettiamoci al lavoro, dunque” disse e, per il successivo quarto d’ ora, definì con André la precisa strategia da applicare, pregando dentro di sé che non succedesse nulla.

 Il suo André aveva già rischiato abbastanza…





 Verso le otto e mezzo un André  vestito alla bell’ e meglio , completamente calato nella parte  del fratello affranto e preoccupato,  lasciò Oscar sola nel salottino e si dileguò in direzione del bordello: come pensava, la casa d’ appuntamenti non era ancora aperta dunque, infilatosi nell’ ultimo vicolo di via Breguet e  raggiunta  l’ uscita di servizio, prese a bussare  vigorosamente sulla piccola porta in ferro. Dopo alcuni istanti, un uomo corpulento e dall’ espressione torva gli aprì, convinto fosse uno dei fornitori; quando se lo trovò davanti però richiuse subito la porta, pensando fosse invece
 l’ ennesimo scocciatore molesto. Ma André, che aveva previsto la mossa, lo fermò in tempo usando la sua gamba come… perno, riuscendo ad ottenere uno spiraglio; quindi , subito, attaccò la storiella che si era preparato.

“Vi prego, Signore, ascoltatemi: ho necessità di parlare con Narcisse. Non cerco avventure e non sono qui per farvi perdere tempo. Mi serve una informazione…Datemi una opportunità, vi prego!” supplicò.

L’ altro lo fissò con aria interrogativa.

“Si, si dicono tutti così! Sentite, anche se volessi, non saprei come aiutarvi. Dovrei parlarne con la Signora  e…giusto per informati, qui non c’è nessuna Narcisse. Lei è morta tempo fa.” Rispose brusco. Narcisse? Morta? Eppure mi pareva in buona salute pensò André, innocentemente; dopo una frazione di secondo, tuttavia, realizzò e sentì sbiancarsi in volto.

 Per non dare sospetti, cercò di reagire come se nulla fosse.

“Evidentemente mi sono confuso. Vedege, io cerco una ragazza bionda, esile, bella, leggermente claudicante…”
L’ omone, sempre immobile sulla porta e fedele al proprio dovere,  fece mente locale.
“Ora che mi ci fai pensare c’ è una ragazza che somiglia alla tua descrizione, ma si chiama Astrid. E’ roba che scotta, cosa vuoi da lei?” domandò.

‘ Roba che scotta ‘ ?

André cercò di infilarsi in quella che era una cucina e vi riuscì, riprendendo la recita.
“Sentite, io vorrei solo avere da lei il nome di una…come si chiama?…levatrice, ostetrica?  Ecco, si…una ostetrica. Vedete, mia sorella è stata sedotta da un uomo, un vigliacco che nel momento in cui ha saputo della gravidanza, si è dileguato. Tutto qui. Non voglio arrecare ulteriore disturbo. Noi non siamo parigini, abitiamo qui da poco e non conosciamo nessuno. Narcisse, o come caspita di chiami, so che potrebbe aiutarmi. Sono stato con lei, una volta, so che è una persona buona, di cuore.”

L’ uomo, che disse di chiamarsi Vincent, lo fissò senza dire nulla.

“E va bene…ma io non voglio rogne, sappiatelo: vi verrò a prendere, dovessi girare tutta Parigi!” disse. Poi, fatti alcuni passi, fece per uscire.
“Aspettate qui, vedrò cosa posso fare…Non sapete quante persone bussano a questa porta per i vostri stessi motivi…accomodatevi li. Farò alla svelta” aggiunse  indicando uno sgabello di legno accanto ad alcuni sacchi di farina.

André  fece come richiesto e  lo osservò uscire da li, ripensando alle parole che aveva udito.
 
Narcisse è morta tempo fa…c’è una ragazza che somiglia alla tua descrizione, ma si chiama Astrid. E’ roba che scotta…

…Dunque… se…se lei fosse la Astrid a cui si riferisce il barone…perché mi ha aiutato, quella notte, dandomi degli indizi? Il Barone…a che gioco sta giocando?  Cosa vuole , da noi?

Alcune ipotesi, probabilmente ciò che poteva rappresentare una sorta di verità, iniziò a farsi strada nella mente di André. Doveva assolutamente conferire con  Oscar….



“Monsieur, Madame vi attende. Proseguite oltre quella porta e prendete il corridoio. Girate a destra. La troverete li.”

André a momenti si spaventò, tanto era preso dalle proprie elucubrazioni. Non erano passati che dieci minuti. In ogni caso si alzò e ringraziò Vincent con enfasi - promettendo lui una bevuta o qualsiasi cosa avesse richiesto in cambio di quel favore – poi si recò dove gli era stato indicato.
La tenutaria , già abbigliata di tutto punto e pronta per la serata,  lo squadrò da capo a piedi non appena entrò.

“Buonasera, Monsieur. Purtroppo, come credo saprà, non ho molto tempo da dedicarvi. La Maison aprirà tra poco.”
André  annuì,  non perse tempo né animo.

“Mi duole disturbarvi; mi rivolgo a voi perché la persona che cerco, Narcisse, mi è stato riferito non essere più qui. Avrei bisogno di un aiuto da lei… ”

La donna davanti a sè trasalì a quel nome, tuttavia fece finta di nulla, anzi, ridacchiò.

“Non  preoccupatevi, ci sono abituata. Vincent mi ha anticipato la vostra richiesta e, lasciatevelo dire, mon è la prima volta che capita; intendo dire che molte fanciulle, più di quante voi pensiate, vengono qui cercando aiuto, per restare nel totale anonimato. Ma un uomo…un uomo che bussasse alla mia porta  non era mai capitato. Ciò nonostante, per me non è un problema: fornirò a voi la stessa cosa che ho sempre dato alle altre persone, ovvero un nome.Sicuro. Ma vorrei prima sapere una cosa: cercate una soluzione o  una vendetta?”

André rimase basito. Con voce greve, rispose.  

“Vogliate scusarmi, Madame,  non so cosa intendiate ma …io cerco solo una persona, una qualsiasi, che possa aiutare mia sorella. Una donna del mestiere che sia discreta e che sappia fare il proprio lavoro. Non siamo ricchi, ma abbiamo qualche soldo da parte e soprattutto un buon nome da mantenere. Uno scandalo non farebbe al caso nostro. E’ tutto.Niente di più, niente di meno.”

La donna si avvicinò ad André  osservandolo a lungo, come aveva fatto all’inizio…forse  per capire se potesse fidarsi dell’ uomo.

 Lui rimase al gioco.
Madame infine si recò ad un tavolino poco distante e, in fretta – senza nemmeno sedersi - segnò alcune frasi su di un foglio che piegò e poi porse ad André.

“Capisco. Bene, qui troverà ciò che cerca…ed il relativo prezzo. Ora andate, si è fatto tardi; e….fate attenzione. Noi non ci siamo mai visti, né sentiti.”
André recepì l’ antifona: lasciò alla donna, anche se non richiesto, un sostanzioso mucchietto di livres. Quindi uscì, tornando diretto da Oscar. Erano passate poco meno di due ore, ma a lui parevano una eternità.



***                                           ***                                           ***                                           ***

Quando Oscar lo vide entrare, aveva appena finito di leggere alcune comunicazioni arrivate dal comando una mezz’ ora prima, nelle quali la si aggiornava sulla situazione sociale e politica della città; non era , quindi, decisamente di buon umore, quando lo accolse.

“Dimmi che hai buone nuove, André”  disse senza nemmeno salutarlo, i fogli ancora in mano.
Lui entrò nel salottino e si lasciò cadere, esausto, sulla sedia. Poi, prese il biglietto dalla tasca e lo lanciò ad Oscar.
“Ha fatto tutto come fosse la cosa più naturale del mondo, quasi fosse una consuetudine per lei, ed effettivamente me lo ha anche confermato.”
Oscar  aprì il tutto   e diede una veloce scorsa. André notò il momento in cui il suo sguardo andò a cadere sul nome,  perché la donna vi si soffermò parecchio.

“…Ma è lei? Ne siamo certi? Vi è solo un nome di battesimo…” domandò una Oscar sorpresa per
l’ inaspettato risultato.
Lui si tolse la giacca, si alzò, si versò l’ ennesimo cognac e tornò ad accomodarsi.

“Credo proprio di sì. Inoltre, ho scoperto un’ altra cosa, che potrebbe ribaltare la situazione.”

Oscar si fece seria.  

“Narcisse…non è chi dice di essere.”

“E chi sarebbe?... No, aspetta…non dirmi che…! ” André annuì.  Ingollò il contenuto del bicchiere d’ un colpo e rispose.

“Se stai pensando ad Astrid, hai ragione.”

A quelle parole, Oscar balzò in piedi, iniziando a camminare avanti ed indietro, nervosa.

“Ma che senso ha? Non è stata forse quella ragazza a raccontarti quella storiella strappalacrime? Vorresti dire che è stata tutta una farsa? Ed il Barone Branciforte? “
Oscar era livida di rabbia.

“Sono venuto a saperlo per caso, da Vincent, il tuttofare…”.
La donna arrivò davanti alla finestrella, dove si fermò, osservando la strada.

“André… credo proprio di aver capito cosa sia successo ma  una conferma ce la può dare solo questa Voisin quindi…mio caro, vediamo di trovarla alla svelta. Come pensavi di muoverti adesso?” domandò.
Lui prese a giocherellare con un legnetto che aveva raccolto dalla catasta di legna poco distante.
“ …agli occhi di tutti, tu dovrai essere mia sorella. Ho raccontato a Madame la classica situazione della giovane sedotta e abbandonata…quindi, Oscar, dovrai vestirti da donna, seguirmi e lasciare fare a me. Cerca solo di essere ehm…un filino più remissiva del solito.  Domattina, non troppo presto, ci recheremo all’ indirizzo che la tenutaria ci ha dato. Vedremo…vedremo poi cosa fare. Al momento.”
Oscar non era per nulla felice di vestire panni femminili ma non aveva altra scelta.

Malvolentieri, fece un cenno di assenso con il capo.

“ Riguardo al Barone, Oscar – perché so che li vuoi arrivare, come me del resto – beh, ci occuperemo di lui non appena avremo la situazione chiara. Una sola cosa dico: dobbiamo stare attenti. E’ più pericoloso di quanto si pensi.” Lei approvò ogni singola parola di André.

Preoccupata , si domandò se avvisare o meno il padre di queste novità; ma pensò fosse meglio di no.  Una cosa per volta, si disse ripensando a quella situazione assurda …Una cosa per volta, ripeté, chiedendosi in quali guai si era mai  cacciata. André, dal canto suo, uscì dalla stanza per andare a cambiarsi. Si sarebbero rivisti poco dopo.




***                               ***                                           ***                                           ****



Dopo una nottata intensa per nulla diversa da quelle che, per un motivo o per l’altro, essa aveva passato in quella casa, Oscar si alzò non appena aperti gli occhi e si diresse verso il manichino sul quale, la sera prima Madame Leguis , la governante, le aveva fatto trovare uno dei suoi abiti riadattati in fretta e furia alle proprie misure.
Lì, senza pensare a niente altro, lasciò cadere la vestaglia e indossò quel fardello , stando ben attenta a lasciarlo lasso, non troppo stretto. Alla fine, chiamò la moglie di Pierre, il custode e tuttofare affinché lo sistemasse per bene: una volta pronta, bussò quindi alla stanza di André, ma nessuno rispose; così, andò al piano terra dove notò che la stava aspettando. Lui, non appena la vide, fu tentato di dire qualcosa ma lei lo fermò all’ istante.

“E’ già imbarazzante di suo: ti prego, quindi, di non aggiungere altro” disse. André sorrise e allargò le braccia.

“In ogni caso, ti cade a pennello. Senti, Oscar, prima di dare il via a tutta questa pantomima, devo chiedertelo: sei davvero convinta? Siamo sempre in tempo a rimandare  o cercare una alternativa….”

Lei lo fissò come fosse uscito di senno.

“ Non ho fatto tutto questo per poi tirarmi indietro.Andiamo… e togliamoci  il  peso” rispose.
André si alzò dal tavolo dove aveva appena bevuto del caffè; si avvicinò e la prese sottobraccio.

“Bene. Hai tutto?” le domandò.
Lei mostrò lo stiletto che portava nella tasca della gonna,  lui la pistola che teneva nella tasca. Complici più che mai uscirono allora di casa, come due persone qualsiasi, pregando che tutto andasse per il verso giusto. Dopo aver camminato tra la gente e per i vicoli, chiacchierando amabilmente,  trovarono finalmente l’ indirizzo che cercavano ma…rimasero sbalorditi, nel vedere che si trattava di un palazzo tutt’ altro che cadente, come si sarebbero aspettati.  La signora, o chiunque ella fosse, non si trattava affatto male. Dopo essersi scambiati una veloce occhiata, André bussò al pesante portone.
 
Una donnicciola minuta dal viso affilato aprì loro, subito, quasi li avesse sentiti arrivare.

“Desiderate?” 

André , senza nemmeno aprire bocca, prese il foglio e lo porse alla donna la quale dopo averlo letto, li fece entrare senza fare ulteriori domande anzi, fornendo loro  indicazioni su dove trovare la Signora. Sempre in silenzio, i due percorsero stanze e corridoi di quello che era a tutti gli effetti un palazzo borghese,  fermandosi una volta raggiunta quella che doveva essere l’ anticamera di uno studio o di un salone, dove erano le sole persone presenti.  Dopo essersi seduti, nell’ attesa che qualcuno si mostrasse, i loro occhi iniziarono a raccogliere  ogni minimo dettaglio del luogo – dal colore delle tende agli oggetti che li circondavano.
Di lì a poco, una voce li invitò ad entrare: Oscar si alzò per prima, ma lasciò che André la precedesse.
Il luogo in cui  entrarono era…strabiliante e non per la bellezza, ma per un aspetto piuttosto bizzarro: le pareti erano coperte con carta da parati chiara sulla quale erano panneggiati tessuti borgogna; la stessa tinta rossastra ricopriva sedie, canapè, sgabelli ed un tavolo in legno massiccio. Ovunque, in quasi ogni spazio libero sotto, sopra, a lato del numeroso e ingombrante mobilio,  erano sistemati oggetti di varie fogge: un grande ritratto femminile, una bilancia, una cornucopia, bottigliette di qualsiasi forma, una sfera da chiaroveggente e perfino un gatto nero, impagliato…Ma della donna, nemmeno l’ ombra: a chi apparteneva, allora, la voce che avevano pocanzi ascoltato e che li aveva invitati ad entrare? I due non fecero in tempo a formulare una risposta che la stessa voce li richiamò, di nuovo,  facendoli voltare nella direzione dalla quale proveniva.

“Vi prego di scusarmi. Accomodatevi…”

A parlare fu una donnicciola dall’ aspetto qualunque che indossava un abito altrettanto insignificante, più che modesto; André prese atto che si trattava della stessa  donna che aveva visto in precedenza e quasi di sfuggita, anche se l’ espressione sul volto era totalmente diversa, più sicura, spavalda. Oscar si guardò intorno, pensando che sicuramente nel tempo in cui loro erano rimasti soli, la Signora li avesse osservati da chissà quale pertugio; André, invece, dopo la sorpresa si fece avanti,  riproponendo  il discorso che aveva preparato, da capo a piedi, senza tralasciare nulla.

Quella che doveva essere La Voisin ascoltò in silenzio, in modo a tratti disinteressato; infine, dopo una pausa a dir poco teatrale – uno di quei silenzi in partitura che Oscar detestava -  parlò.
“Eleonore , che voi conoscerete come Madame Manon, mi ha avvisata, tuttavia ne volevo avere conferma. Ditemi, fanciulla, siete certa di voler usufruire dei miei servigi? Ve lo devo chiedere per principio.”
Oscar lasciò perdere le proprie congetture,  si schiarì la voce e rispose.
“Si, Madame. Non posso permettermi di allevare un figlio da sola e nemmeno di gettare nello scandalo la mia famiglia. Mio fratello …” Oscar indicò con un gesto del capo André  “ ha provato a far ragionare il mio fidanzato, ma non ci è riuscito. Come vede, non ho scelta... ”

La donna, le mani in grembo, annuì, composta.

“Mademoiselle, vi devo ulteriormente avvisare: ci sono possibilità che, dopo il mio intervento, non possiate concepire, almeno per un anno e mezzo  a seguire. Nel mio lavoro non utilizzo …strumenti ma bevande, pozioni sapientemente create ad hoc.  Voi dovrete solo  fornirmi il vostro peso e l’ attuale stato di salute. Per il resto, attenetevi attentamente, e ripeto attentamente, alle mie indicazioni…”
Oscar, calata nella parte, abbassò il capo.
“Non ho alcun ripensamento, posso assicurarvelo:  se vorrete  concedermi questo favore, vi saprò ricompensare adeguatamente, risponderò ad ogni vostra richiesta economica, nel limite delle mie possibilità” disse. André mostrò i denari e arrivò in suo aiuto, approfittandone per affondare il colpo.
“Madame, perdonate l’ardire di questa mia:  la tenutaria della casa d’ appuntamenti mi ha riferito, in tono confidenziale,  che voi potreste aiutarci anche a…a dare una lezione al disgraziato che ha abbandonato mia sorella…”

La donna aguzzò lo sguardo, quasi una fiamma si fosse accesa dentro lei. Improvvisamente, cambiò atteggiamento.
“…non so di cosa stiate parlando, Monsieur…” rispose; infine, si alzò, domandò ad Oscar quanto le serviva e  aprì lo sportello di un mobiletto poco distante. Una volta afferrata una piccola boccetta verde  sparì oltre la porta dalla quale era entrata, nascosta sapientemente dalla carta da parati, a mala pena percettibile.  Oscar e André a quel punto rimasero in silenzio, attendendo pazienti.
 Era meglio non rischiare ulteriormente, non aggiungere una sola parola.
Quando tornò, una mezz’ora dopo, la donna aveva riempito la boccetta fino a metà, posandola tra le mani di Oscar come se fosse una sacra reliquia.

“Questo è ciò che vi serve. Dovete berlo tutto, al massimo in due riprese. Nel giro di qualche ora, vi sarete  liberata del fardello; quindi riposatevi, almeno fino alla fine della giornata ed anche per il giorno a seguire.  Che usiate o meno ciò che vi ho dato,  la mia tariffa è quella che vi hanno riferito.”

André si interpose tra loro.

“D’ accordo. Qui c’è il vostro compenso” disse ; quindi, eseguirono lo scambio e la donna più anziana si mise a contare i soldi.
“E’ tutto a posto. Potete andare.” disse, infine.

Oscar fu la prima ad uscire, senza nemmeno salutare; solo André accennò ad un piccolo inchino. Quindi, uscirono in silenzio.





“Quella donna mi ha messo i brividi” disse Oscar non appena furono usciti dal portone, mentre rifletteva al riguardo della direzione da prendere.
“Anche a me…” rispose André  emettendo un sospiro di sollievo “ ora però sbrighiamoci, togliamoci da qui: non credo che la faccenda sia finita, si è svolto tutto fin troppo alla svelta.”
Lei pensò che André avesse pienamente ragione; non solo non era finita, ma probabilmente erano – anche in quel momento – sotto l’ occhio vigile di qualcuno.

“Ti vedo pensierosa. Che cosa suggerisci di fare?” domandò l’ uomo.

Oscar si appoggiò con le spalle al muro e sollevò il viso verso il cielo.

“Dobbiamo rientrare in questa casa, voglio scoprire cosa si cela oltre quel salotto. Voglio vedere il suo laboratorio, se esiste; raccoglierne prove e, con quelle…andare poi nel caso recarmi a fare due parole con il conte…”
André non fu sorpreso di una tale risposta, anzi…

“Il problema è: come?”

La donna si guardò in giro.

“Potremo dividerci e girare intorno al palazzo, insomma…vedere se è possibile infiltrarci senza essere visti. In alternativa, aspettare che lei esca – dovrà farlo prima o poi –  ed entrare con qualche scusa.

André pensò che erano entrambe soluzioni pericolose…ma cosa non lo era mai stato, nella loro vita? Sollevò le braccia, le incrociò al petto, meditò ancora un attimo, infine…
“Trovo che sia più semplice la seconda opzione: attendere che esca ed infilarci in casa. Con quelle vesti, tuttavia “ disse indicando con un cenno del capo l’ abito di Oscar “ ti troveresti scomoda. Se vuoi un consigli torna a casa, sistemati. Io ti aspetterò qui…” disse.
Lei ne convenne. Conciata così non avrebbe avuto modo di muoversi agilmente e con comodità dunque, senza aggiungere altro, pronunciando un ‘torno subito’ mentre già si stava muovendo, si avviò a passo svelto verso il palazzo di zia Hildegarde: sempre più convinta che, nel bene o nel male, entro sera dovevano avere per le mani uno straccio di prova.
Era la loro ultima occasione.


Fu di ritorno entro tre quarti d’ ora. Aveva una espressione tirata.

“Ho incontrato il Barone. Lui non mi ha vista, ma io si,  l’ ho visto sfrecciare a tutta velocità dentro una carrozza. Narcisse o come diavolo si chiama era con lui, l’ ho intravista. Tu sei certo che quel Vincent sia una persona fidata, André?” chiese.

Lui sollevò leggermente le sopracciglia e allargò le braccia.

“Naturalmente non posso metterci la mano sul fuoco, Oscar…ma credo di si. Alla fine ho chiesto solo di poter parlare con lei, non ho fatto nulla di strano… “ rispose.

Oscar annuì.
“Tu, nel frattempo, hai notato qualcosa?” domandò.

Lui la afferrò per la manica della giacca e le indicò un luogo ad un centinaio di metri da li,
nell’ ennesimo vicolo.

“Laggiù, a sinistra, sembra che si sia una vecchia entrata di servizio; la porta non viene utilizzata da un bel po', è in legno e non dovrebbe essere difficile da manomettere. Ci sono stato prima, potremo entrare da li.”
Oscar fissò il punto indicato accertandosi anche che ci fossero adeguate vie di fuga.
Fatto ciò,  diede un cenno di assenso ad André e poi si incamminarono per raggiungere la vecchia entrata.

“Tu stai di guardia, io vedo cosa posso fare” disse lui mettendosi subito al lavoro per non  perdere altro tempo. Iniziò  saggiando consistenza e maneggevolezza; la porta risultava ovviamente chiusa, ma scardinarla non sarebbe stato difficoltoso.
“ …bene, direi che potremo anche farcela” disse ,in attesa delle decisioni di Oscar.
La donna controllò intorno a loro e pure le facciate delle case accanto. Lungo la piccola  strada, poco più di un vicolo, il passaggio era scarso; non vi erano entrate dirette alle abitazioni, ma solo finestre e, più in la , un paio di cancelli in ferro.
André si guardò  ancora intorno.
Una persona li stava raggiungendo, trascinandosi, stancamente. A parte quella, non vi era nessuno.

“Fallo, André.Ora!” esclamò la donna non appena il tale si fu allontanato.
 Lui fece appello alle sue forze e con un movimento deciso sollevò la porticina quel tanto per sfilarla dai cardini: la prima ad entrare fu  lei; seguita André che subito si affrettò a rimettere la porta al proprio posto.

“Tutto bene?” domandò Oscar. André, a parte il fiato corto per lo sforzo, annuì.
Entrambi, allora, sollevarono lo sguardo e ispezionarono il cortiletto in cui si erano ritrovati.

“Sembra non venga usato da parecchio tempo, quella legna e quelle botti, laggiù, sono rotte e colme di ragnatele” osservò Oscar. Lui, a sua volta ispezionò con lo sguardo il portichetto a due arcate sotto il quale erano riposte.

“Resta da capire se c’è una porta e dove ci conduce” rispose. Prontamente, si mosse e andò sotto il porticato.
“Ecco, qui” disse dopo una breve ricerca.
 Oscar osservò la piccola entrata.

Avevano entrambi il cuore in gola e i nervi a fior di pelle. Anche un solo piccolo, piccolissimo errore avrebbe mandato a monte la  loro ricerca.
Prima di iniziare a liberare il tutto, Oscar si allontanò da André, tornò nel cortiletto. Alzò lo sguardo  per l’ ennesima volta e notò che tutto era a posto. A parte ciò che avevano trovato ,non vi erano altre vie di uscita/entrata.

“Spostiamo tutto” disse, quindi. Iniziarono a lavorare, alla svelta, provando a non fare rumore. Quando il passaggio fu sgombro esaminarono la porta ed André si accorse subito  che non sarebbe stato semplice manometterla; al contrario di quella che dava sulla strada  la struttura era in ferro e presentava alcuni lucchetti.
“Ci servirà un grimaldello o qualcosa di simile” disse “ …Ed io ho con me solo un piccolo coltello…a parte la pistola, ovviamente… “
Oscar in quel momento prese dalla tasca della giacca lo stiletto.
“Prova con questo… magari…può aiutarti. Ha la punta fine, credo possa funzionare.”
Lui, poco convinto, iniziò allora manomettere la porta; il lavoro prese più tempo del previsto.
“André, sbrigati. Sento arrivare dei passi, dalla strada …”
Lui, il sudore negli occhi nonostante fosse l’inizio di dicembre, cercò di affrettarsi. Le mani agivano svelte, ferme.
“Hai fatto?” domandò lei, mentre i passi si avvicinarono.
“No, non ancora…”

In quel momento i passi si avvicinarono ed entrambi trattennero il fiato, pronti a tutto. Ma nessuno diede loro fastidio.
“…per fortuna…era solo qualcuno di passaggio!” esclamò André , quindi attese un attimo ancora e ritornò al lavoro. Contro ogni previsione…i lucchetti, visto anche le condizioni non ottimali, saltarono. Non persero tempo: pur  con un po' di difficoltà , viste le dimensioni del passaggio, si infilarono in quella che sembrava una cantina, richiudendo la porta in qualche modo.
Oscar, la prima ad entrare.
“Non è usata da molto tempo, direi” furono le prime parole di André, pronunciate sottovoce.
Lei lo fissò ed annuì, poi tornò a guardarsi intorno.
“ Confermo…non è usata da parecchio tempo. Ci sono solo carabattole, intravedo qualche mobile e vecchi stracci e…aspetta un attimo! Quella cosa laggiù cosa è?!” disse, indicando un largo panno scuro che sembrava coprire una superficie piana, forse una o più mensole.

André si avvicinò al catafalco scavalcando il cadavere di un roditore piuttosto grosso e, con un movimento rapido, tolse il pesante velo: quello che videro fu terrificante:disposti su due mensole vi erano dei barattoli in vetro, ognuno dei quali conteneva organi con tutta probabilità umani; la donna ne contò almeno sei, e poi ne vide altri,  al cui interno vi erano…feti. Bambini mai nati.
Su ogni contenitore era riportata una sigla.
Accanto a questi, ve ne erano altri, più piccoli, contenenti liquidi e, alcuni, quella che sembrava polvere.

“Mio Dio, ma questa donna è un mostro!” disse André lasciando cadere il panno che ancora teneva in mano. Oscar si fece seria.

“Non può avere fatto tutto da sola: le sigle riportate sono troppo specifiche per chi non è del mestiere, vi sono termini in greco, alcuni in latino. Ricordo che il dottore Lassonne, anni fa, mi insegnò alcuni trucchi del mestiere   che potevano tornare utili nel caso mi fossi ferita, spiegandomi che medici e speziali utilizzano spesso sigle specifiche nei loro miscugli. Me lo riferì, nel caso mi fossi trovata davanti a medicinali specifici” disse indicando le diciture.
André si abbassò per leggere da vicino.
Una smorfia di disgusto comparve sul viso dell’ uomo.
Oscar invece continuò la sua ricerca - per vedere di trovare altre cose simili - ma, a parte un vecchio armadio con appesi alcuni abiti logori, non vide nulla.  André, invece, qualcosa aveva intravisto: un passaggio, oltre l’ armadio che avevano giustappunto osservato.

“Oscar, di qua! Ho trovato un passaggio “ disse prontamente.
Lei lo raggiunse e, insieme spostarono il tutto.
Oltre l’ armadio effettivamente si apriva un passaggio che, non appena aperto, mostrò una stanza e poi un corridoio, più puliti ed accoglienti della cantina dalla quale erano appena usciti. Lentamente, trattenendo il fiato, lo percorsero tutto e mano che avanzavano, andò a delinearsi quelli che dovevano essere i sotterranei. Oscar allora cercò una scala che potesse portare ai piani alti e la trovò senza difficoltà.

Andrè si offrì di andare in avanscoperta.

“Tu seguimi, salirò io per primo” disse iniziando a camminare. Entrambi misero mano alle pistole.
La scala in legno, tremolante, li condusse senza problemi e interferenza alcuna fino al primo piano, sbucando nell’ ennesimo corridoio; qui si immobilizzarono poiché André notò che vi era qualcuno, in lontananza sentì un chiacchiericcio intenso.

“Ed ora?” disse ad Oscar.

“Restiamo nascosti, vediamo cosa succede… “

Trattenendo il fiato e con occhi sempre  bene aperti,  rimasero nascosti in una nicchia che notarono per caso alla loro destra; una volta fu tornato il silenzio, ripresero il loro cammino.

Quell’ ala non pareva abitata o, quando meno, non era usata dalla Voisin: lungo il passaggio osservarono si alcuni ambienti forse appartenenti alla servitù quindi…ecco spiegato il perché di una rara presenza umana; forse, le voci che avevano sentito appartenevano  a qualche cameriera che si era attardata o era tornata li per un motivo a loro ignoto.  Una volta che André finì di controllare tutto, camminando radente il muro e spiando nelle stanza, ripresero la ricerca rendendosi conto che quella casa era una sorta di labirinto, tanto si rivelò contorta.
 Corridoi, stanze, anticamere…nulla era lineare, continuo; ogni volta che arrivavano in un luogo, trovavano almeno altri corridoi o anticamere e, più di una volta, pensarono di essersi persi. In tutto questo, si accorsero che in quel palazzo erano presenti pochissime persone.
Dopo una ventina di minuti  e quasi demotivati da una ricerca che pareva andare a vuoto, André fece caso che la stanza nella quale erano appena  entrati assomigliava parecchio alla sala d’ aspetto da loro visitata poco prima. Oscar si  immobilizzò e lo stesso fece l’ uomo: sì, era certamente l’ esatto luogo. I loro sguardi cercarono d’ abitudine un posto adatto per nascondersi; ma trovarono tutt’ altro.
“Quella non è la porta dello studio?”  disse André, indicando un punto alla loro sinistra.
“Si…” rispose Oscar, che poi si incamminò in quella direzione e subito  posò l’ orecchio sulla porta.

“Non c’è nessuno: entriamo!” disse.
André afferrò la pistola e la sfilò dalla tasca, lei fece lo stesso.
Tutto continuava ad essere avvolto nel silenzio, come se gli occupanti della casa fossero usciti. Anche nello  studio ,come auspicato,  non vi era nessuno…quindi si divisero, controllando  qualsiasi cosa che potesse loro tornare utile. Non potevano perdere tempo: mentre André girava per la stanza, verificando eventuali spioncini ed attento a qualsiasi movimento, lei si occupò di frugare nella scrivania e negli armadietti, per recuperare quanto più materiale possibile. Una volta finito, Oscar si ritrovò per le mani un plico di lettere, alcuni flaconi ed un libro mastro. Era abbastanza.

“Andiamo, André, svelto!” disse, allota, tenendo ben stretto il bottino.

Senza indugiare ulteriormente cercarono la via del ritorno: davanti a loro stanze, corridoi, tutti uguali; di tanto in tanto qualche nicchia e spazi che sembravano murati da poco. In questo alternarsi di ambienti, a volte scevri di ogni abbellimento, a volte occupati da quadri alle pareti, Oscar e André finirono per perdersi.

“Ma…non è la stessa via che abbiamo fatto all’ andata?” esclamò Oscar, vedendosela brutta.  
“…ne ero quasi certo…ehi, Oscar, aspetta…laggiù--- C’ è una porticina: entriamoci, sia mai…” rispose pronto l’ uomo. Oscar camminò velocemente e aprì di scatto e con forza la porta, sperando di poterla utilizzare come nascondiglio…ma  davanti a sé vide una grossa ombra scura che andò man mal delineandosi, lasciandola senza fiato.

“Barone di Branciforte! Voi qui?”  esclamò Oscar, ben attenta a non fare cadere nulla, mentre il sangue le si gelava nelle vene.
Lui la fissò ed un ghigno comparve quasi immediatamente su quel viso che lei ricordava, un tempo, affranto.

“Potrei dire la stessa cosa di voi. Che ci fate qui?”

André, dietro ad Oscar di un passo, trattenne il fiato.

“Diciamo che avevo bisogno di un consulto da parte della Signora” rispose Oscar in modo sarcastico. L’altro uomo, di fatto scoperto,  provò ad alzare le mani su di lei; fortunatamente, la donna non solo schivò il colpo, ma gli sgattaiolò  in mezzo le gambe, rialzansosi iniziando a correre. André non attese oltre e iniziò a correre a sua volta.
In nobiluomo, preso inizialmente alla sprovvista, sguainò poi la spada, brandendola verso i due fuggiaschi e cercando di raggiungerli; ma loro , nonostante proseguissero alla cieca, furono più svelti e in tal modo si venne a creare una discreta distanza.  In poco tempo e con enorme sorpresa, riuscirono con una ottima dose di fortuna a raccapezzarsi e raggiungere la cantina attraverso la quale erano entrati in casa e poi il piccolo cortile.
André afferrò la porticina in legno; il Barone di lì a poco li avrebbe raggiunti, non poteva attardarsi. Tuttavia,  uno dei cardini si era incastrato, rallentando di molto l’ operazione.
Oscar, di guardia, vide il Barone avvicinarsi sempre più e si trovò costretta ad estrarre la spada, ingaggiando di fatto un duello. Quando André, stanco di armeggiare, diede disperato un calcio alla porta, si voltò, afferrò Oscar e iniziarono a correre.

“Maledetti, maledetti!...vi acciufferò, statene certi!” urlò il Barone; André strinse la mano di Oscar.
“Sbrighiamoci…si mette male!”
Oscar, con la mano libera sistemò la spada nel fodero e poi prese la pistola.

“Non vorrei arrivare a tanto, ma se serve…”

Il Barone avanzava sempre più e un attimo prima che riuscissero a raggiungere la strada,Oscar si sentì afferrare e strattonare.

“André…aiutami! “esclamò.

Lui non se lo fece ripetere due volte: si fermò, sferrando un pugno in pieno viso all’ altro uomo, pugno che però non sortì alcun effetto.

“…Credete di cavarvela così, eh?” esclamò il nobile, difendendosi .
Con un pugno tramortì André, lasciandolo riverso sul selciato ed Oscar, senza badare più a nulla, si inginocchiò al suo fianco, picchiettando la spalla con vigore. Alcune persone, nel frattempo, si erano riversate sulla strada; tra di esse, alcuni uomini appartenenti alla compagnia comandata dalla donna, in quel momento impegnati in una ronda. Tutto, nel giro di pochi secondi.
“Ma è…il nostro Comandante!” sentì dire Oscar, riconoscendo la voce di Julian e Maurice.
Subito dopo sentì alcuni passi e notò che i suoi uomini si erano interposti tra lei ed il Barone, i fucili spianati.
Oscar allora, con uno sforzo, cercò di fare alzare André; semi incosciente, lui seguì le indicazioni della donna e insieme percorsero alcuni passi.

“Non finisce qui” sentirono dire al Barone di Branciforte. La voce rimbombò tra i vicoli.

In quell’ esatto istante, a pochi metri di distanza, si fermò una carrozza.
“Salite, presto!” disse una voce dall’ interno. Oscar non se lo fece ripetere due volte e, caricando il corpo massiccio di André in qualche modo, salì. Davanti a lei si trovò una donna: la stessa che aveva visto insieme al nobiluomo una fredda mattina.

“Vi prego, fidatemi di me” disse la donna senza aggiungere altro, porgendole la mano per aiutarla.
Oscar allora prese posto, sostenendo André, intontito.
“Astrid, giusto? Credo dovreste spiegarci molte cose…” domandò in modo secco, quasi maleducato. L’altra mosse la testa per confermare.
“Si, ma non ora. Allontaniamoci da qui. Nel tragitto, se avrete pazienza,   vi racconterò tutta la verità.”
Astrid diede un colpo al tettuccio della carrozza, che partì all’ istante, a spron battuto.
“Dove andiamo, se posso chiedervelo?”

La donna più giovane si sporse in avanti, accarezzando il viso di André,
“Vi porterò fuori Parigi, al sicuro.” rispose.

La carrozza prese a correre sempre di più.
“Spero che questo non sia l’ ennesimo scherzo del destino, Madamoiselle, perché in tal caso non vi assicuro riguardo le mie reazioni” mormorò Oscar.
Astrid annuì e prese a guardare fuori dal finestrino.

“Se siete pronta ad ascoltarmi, vi dirò tutto.Visto che siete impaziente,lo farò subito.”

Oscar la fissò con una espressione torva. Poi, fissò André.

 Astrid, dopo l’ ennesimo attimo di silenzio, prese quindi a parlare, senza più fermarsi per le tre ore che seguirono.  

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Capitolo 6
*** La Vosin- parte II ***


Astrid aveva osservato a lungo Oscar, prima di rivolgere lo sguardo verso  André. La carrozza procedeva con passo spedito e, in breve tempo, li avrebbe portati fuori Parigi. Dopo aver indugiato per un po', la ragazza si lisciò la veste da inesistenti pieghe ed iniziò a parlare.
‘Io non mi chiamo Astrid e nemmeno Narcisse. Il mio vero nome è Camille e sono l’unica figlia di colei che voi conoscete come La Voisin. Vi chiedo perdono per non aver mai avuto il coraggio, fino ad ora, di confessarvi tutto questo ’ disse accompagnando le parole con pesanti sospiri    ‘ …e…. sono, anzi ero …l’ amante di Francesco Maria d’ Attolico, nobiluomo napoletano, noto ai più come il Barone di Branciforte.’

Oscar, sorpresa, era rimasta senza parole.
Cosa diamine stava raccontando quella donna? Il Barone era un grande amico del padre, come era mai stato possibile che il Generale de Jarjayes non si fosse accorto di nulla? Con occhi sorpresi e spalancati, fissò la donna che solo qualche attimo prima conosceva con il nome di Astrid e, al contempo, cercò di controllare le proprie emozioni le quali, istintivamente, le avevano fatto poggiare la mano sull’ elsa della spada.André, ancora intontito dal colpo ricevuto, era seduto accanto a lei, altrettanto sconvolto.

Badate!… badate bene a ciò che dite! Potrebbe costarvi una condanna pesante o una punizione dello stesso peso, financo per mano mia , Mademoiselle!’ era stata la concitata risposta di Oscar.
La giovane Camille non aveva mosso ciglio davanti a quel tono di voce e alla reazione della donna,  anzi;  lo sguardo  sereno  -quasi si fosse appena liberata di un peso-  fece pensare prima sia a Oscar, sia ad André che …che forse le sue parole corrispondessero a verità.


‘ Voi siete libera di credere a ciò che volete; avete chiesto la verità e io vi ho riferito  tutto. Lasciatemi almeno finire, poi prenderete le vostre decisioni al  riguardo…’ rispose. Oscar levò la mano dall’ elsa e diede un cenno di assenso.

Francesco ed il defunto Barone  si erano conosciuti una quindicina di anni prima, in Italia, in occasione delle esequie di un comune e lontano parente e subito, la curiosità di fronte ad una così  forte somiglianza che aveva stupito tutto il parentado – erano praticamente identici! – aveva fatto loro stringere  amicizia in brevissimo tempo. Il Barone, uomo dalla doppia faccia e dal doppio gioco, aveva però visto anche altro: l’ opportunità di sfruttare la loro somiglianza per il proprio comodo così, un bicchiere dopo l’ altro, aveva raccontato lui delle tenuta, dei vigneti, e del bisogno che aveva di una persona fidata e, alla fine della giornata, si erano rimessi in viaggio, insieme.
Arrivato qui, dopo un breve periodo Francesco decise di fermarsi ed accettare senza alcuna riserva la proposta che il Barone gli fece:  fargli da attendente, anche se di fatto ne aveva già uno.
 Il compito di Francesco sarebbe stato quello di sovrintendere sugli affari e sulle economie della casa. Dopo poco tempo, tuttavia, il nobiluomo iniziò  ad approfittarsi della situazione , arrivando al punto di inviare Francesco a riscuotere crediti, presenziare a incontri…si recò perfino ad un duello in sua vece, un paio di volte. Quando d’ Attolico si è reso conto che dell’ antica amicizia, semmai ci fosse stata, era rimasto poco o niente…gli andò a parlare; in fondo, seppur decaduto era un nobile anche lui stesso e non meritava un simile trattamento. La lite degenerò, inutile dirlo…ed il Barone, il vero Barone, perse la vita. Annette, la vedova, viveva ormai da tempo da una sorella più giovane in Austria, suo Paese d’ origine e , allorquando Francesco le comunicà la dipartita del marito, nemmeno si presentò al funerale…’
Camille aveva raccontato il tutto senza mai fermarsi ed ora, pallida, il capo chino, copiose lacrime avevano iniziato a rigarle il volto. Oscar e André la fissavano, gli occhi spalancati ed in silenzio, probabilmente elaborando ciò che avevano appena ascoltato; la storia aveva davvero dell’ incredibile.
Ammesso e non concesso che possa credervi, Mademoiselle…perché ha aspettato tutto questo tempo a dire la verità? Inoltre, cosa c’ entrate voi con La Voisin?’ aveva dunque domandato  Oscar, dopo alcuni interminabili minuti. I lineamenti di Camille diventarono improvvisamente duri, aspri, gli occhi ridotti a due fessure fiammeggianti di rabbia.
La Voisin è mia madre. Mi abbandonò che avevo sei anni, lasciandomi in un convento, per sposare un ricco gioielliere che condivideva insieme a lei l’amore per l’ occulto. Io, una volta cresciuta ed uscita dal convento, andai a cercarla ma lei…lei  mi ripudiò, di nuovo. Vagai giorno e notte per Parigi, dalla disperazione; finchè, una sera, entrai in un bordello. Credo che Madame abbia avuto pietà di me perché, dopo avermi ripulita e sfamata per bene, mi lasciò vivere in quella casa per lungo tempo. La scelta…insomma, la scelta di fare quel mestiere fu mia… ed è li, in una camera al terzo piano, che conobbi e mi innamorai di Francesco’.

‘ Astrid…Narcisse…chi erano? Perché tutte queste bugie?’ le aveva allora domandato Andrè.
Lei si era coperta il viso con mani di porcellana.
‘…
Bugie. Bugie rese necessarie per coprirne altre. Il falso Barone mi costrinse a fare tutto: nel giro di poco tempo, infatti, diventai ben presto l’ ennesima sua pedina ma…credetemi! Io non ho mai fatto del male a nessuno; sono stata costretta a fare da tramite, ad adescare le vittime di turno…ma vi assicuro…vi assicuro!...desidero, voglio quanto voi che questa storia finisca e la Voisin venga acciuffata e punita. Riguardo a Francesco…ormai da anni non mi lega più nulla, a lui; sono semplicemente rimasta invischiata all’ interno dell’ enorme castello di bugie. Ora… adesso non ne posso più! Molti innocenti sono morti….’disse. Oscar rimase senza parole, senza fiato e anche André, al suo fianco, non fu in grado di profferire verbo.

‘…Camille…perché? Perché lo hanno fatto?’ aveva domandato, ancora un volta, André.
La ragazza, infilata la mano dentro una borsetta di raso, prese un fazzoletto e si tamponò gli occhi.

‘ Pazzia, immagino. Francesco non aveva problemi di denaro e…nemmeno la Voisin…ella, infatti, aveva ereditato tutti i beni del defunto marito e molti soldi aveva guadagnato con i propri traffici…’
Oscar distolse per un attimo gli occhi dalla ragazza volgendo il capo verso il panorama al di fuori della piccola finestrella alla sua sinistra.
‘ Camille, per favore, chiedete al cocchiere di fermarsi. Dobbiamo tornare a Parigi’  aveva quindi detto; l’ altra donna, senza battere ciglio, fece subito come richiesto.

‘ Che intendi fare, Oscar?’ le aveva domandato André. Lei, seria, aveva rivolto lo sguardo all’ uomo.
‘ Porterò Camille dinnanzi al Generale , mio padre…poi, sarà lui a deciderne il futuro. Mademoiselle, tutto ciò è necessario e, se dite la verità, non avete nulla da temere’ aveva infine risposto. Camille, che la verità l’ aveva raccontata, non fu turbata da tali parole; anzi… chinò il capo in segno di ringraziamento , quasi sollevata che l’ incubo entro il quale era vissuta per così tanto tempo  avesse finalmente una fine. I tre, mesti, pensierosi, fecero così ritorno a Palazzo Jarjayes  presso il quale arrivarono circa due ore e mezzo dopo la loro prima partenza dalla città. Una volta giunti presso la magione, Camille era stata affidata a Robert, uno degli uomini del padre di Oscar e quest’ ultima, salutato André, era subito salita al piano superiore recandosi nei propri appartamenti.





Il mattino seguente, Palazzo  Jarjayes.

Nanny , preoccupata, entrò nella camera del nipote che erano da poco passate le otto; la sera precedente non si era presentato per la cena e, nel momento in cui lei era andata a controllarne le condizioni, lo aveva trovato che dormiva, pallido, forse a causa di qualche linea di febbre.

“André, ieri sera è passato il dottore, ma tu già dormivi.Tornerà stamani, insieme al Generale, quindi preparati alla svelta. Sono in pensiero per te, ieri sera quando sono passata di qui già dormivi, avevi il viso stravolto…”
Lui, seduto sul letto con indosso solo che la lunga camicia da notte, sorrise.
“Sono solo molto stanco, nonna. Oscar è già in piedi?” domandò, piuttosto. La vecchia annuì.
“Si, sta facendo colazione, in cucina. Ha chiesto di poter assistere alla tua visita, se non ti fa nulla; è molto preoccupata…come me, del resto. Sbrigati  a preparati ” disse.  André le rivolse uno sguardo colmo di tenerezza e afferrò la camicia appena stirata che gli stava porgendo.
“Grazie, nonna, farò al più presto” rispose, allungano una mano per accarezzare quel volto rugoso.
Nanny, appoggiando la propria mano su quella del nipote, alzò lo sguardo per raggiungere il suo viso.

“…Poi…una volta finito, quando starai meglio…tornerete a Parigi? Intendo…una volta finito tutto questo, tornerete là?” domandò

“Si…è il nostro posto, quello… ” rispose lui.

Nanny allora abbassò gli occhi e, senza aggiungere nulla, si allontanò dal nipote ed  uscì dalla porta, ripensando ai vecchi tempi - quando tutto appariva fin troppo normale e i suoi due bambini correvano e giocavano, ignari del mondo, tra le mura del palazzo ed anche fuori, combinando sempre un sacco di guai -…tempi che non sarebbero più tornati, purtroppo.
André finì quindi di sistemarsi e , a sua volta, lasciò la stanza in direzione della cucina, non prima di dare una occhiata al proprio viso notando  la guancia ed un occhio erano velati da un fresco ematoma . Quando arrivò, Oscar aveva già finito la sua prima colazione.

“Buongiorno, André. Come stai? Sei riuscito a riposare? Ieri avrei voluto parlare con te riguardo a quanto accaduto, ma la stanchezza ha prevalso…” disse non appena lo vide. Lui afferrò il bricco con il latte caldo e ne versò un po' in una tazza, infine prese posto.
“Sto abbastanza bene, grazie Oscar;  ma ho ancora molto dolore al collo e, come puoi notare, un bel ricordo su parte del mio viso. La nostra…ospite?” chiese riferendosi a Camille
Oscar addentò un pezzo di torta, offrendone una generosa parte ad André.
“Guardata a vista dal figlio di Marta. Ha tredici anni ma è un energumeno…sai, ha voluto a tutti i costi aiutare Rober” rispose. André iniziò a soffiare sul latte, rivelatosi  fin troppo caldo per i suoi gusti ma,per la nonna, appena tiepido.

“Dimmi la verità, cosa pensi di questa storia?” domandò ad un certo punto,  senza girarci intorno. Teneva la tazza tra le mani a pochi centimetri dal viso e di tanto in tanto provava a sorseggiare il latte, sperando si fosse raffreddato. Oscar finì l’ ultimo pezzo di torta, poi afferrò il tovagliolo alla sua sinistra e si ripulì con grazia le labbra. I suoi occhi fissarono il piano del tavolo.

“Ci ho riflettuto molto, ma non riesco a farmi ancora una idea precisa; credo che sia una vittima a sua volta ma … lasciamo che mio padre ascolti la sua versione e che sia lui a pronunciarsi.
Un punto di vista in più non fa mai male. Una volta sistemata lei, andremo a prendere La Voisin e questo Francesco... ” Disse.
André allungò la mano per afferrare del pane , sfiorando la mano di Oscar che arrossì come una educanda. Per qualche istante i loro occhi si incrociarono.

“A che ora hai l’ appuntamento con il dottore, André?”   domandò infine la donna, dopo alcuni secondi di silenzio, cambiando radialmente argomento.
“Tornerà tra poco, insieme a tuo padre,  almeno così ha riferito Nanny …”
Oscar sorrise, dopodiché si alzò dalla sedia. In piedi sulla porta che divideva l’ambiente dal corridoio di servizio, guardò André.
“Bene,  attendiamoli nel salottino, allora. Dovrebbero essere qui a momenti…” disse.
Lui annuì  e fece per alzarsi, ma dovette appoggiare entrambi i palmi delle mani sul tavolo. La testa doleva e si sentiva stordito.

“Qualcosa non va?”  domandò Oscar la cui voce tradiva una certa  preoccupazione.
“No, mi gira un po' la testa…” la rassicurò André; lei, allora, tornò indietro, gli sedette accanto e gli prese la mano.
Lui la fissò con aria interrogativa.
“…Potrebbero vederci, Oscar..” disse; ma la donna  sembrò non ascoltarlo e mantenne la mano ben stretta a quella dell’ uomo,  finché non udì una carrozza fermarsi davanti all’ ingresso principale.
 



***                                           ****                                         ***                                           ****
 
 

La visita di André fu abbastanza veloce e  Lassone , ascoltato quanto accaduto, gli fece giusto un paio di domande più per  scrupolo che per necessità.  Oscar, in piedi a poca distanza dal letto di André in compagnia della propria nutrice, attendeva il verdetto, impaziente.

“Non è nulla di grave ma sono quasi certo che, avendo tu ricevuto un colpo qui …” disse indicando un punto accanto alla tempo  “ …potresti soffrire di vertigini, nausea e mal di testa per un bel po'; stai tranquillo, è un qualcosa che passerà, ma dovrai fare attenzione a qualsiasi peggioramento e stare a riposo il più possibile. Tenendo anche conto del fatto che sei reduce da un tentativo di avvelenamento…sai, credo consiglierò al mio caro e vecchio amico di darti qualche giorno di riposo in più…”
André, per nulla contento, non pronunciò parola; Oscar, invece, sembrò più sollevata.

“Suvvia, André, qualche giorno e sarai operativo” disse, per rinfrancarlo.
Lui sorrise, poco convinto. Non aveva nessuna voglia di essere di peso, lo era stato già fin troppo…
“ E’ necessario, Dottore? “ chiese.
“Si… ma non posso di certo importi nulla. Io ti ho avvisato, André…” rispose lui, impegnato a sistemare gli attrezzi. L’ uomo più giovane ne prese atto e non disse più nulla.
Nanny nel frattempo slacciò il cordoncino del borsello che teneva perennemente attaccato alla cinta e prese  alcune monete, allungandole al dottore che già si stava allontanando;nonostante le pronte rimostranze di Oscar, la nutrice si incaponì per pagare Lassonne che, tuttavia, rifiutò il denaro.
“Non posso chiedervi nulla, Madame, dopo tutti questi anni” rispose. Nanny bofonchiò qualcosa, ma alla fine si arrese.
“Grazie, allora, Dottore” si limitò a rispondere, seguita dal nipote. Con la consueta gentilezza ed affabilità, Lassonne li salutò ed uscì. Nanny lo accompagnò alla porta.
Oscar ed André rimasero soli.
“Quando sei pronto, se te la senti, possiamo andare da mio padre, allora. Vediamo di dare un taglio a questa storia e poi… penseremo al da farsi “ disse  la donna.
 “Camille? Dobbiamo andare a prenderla e condurla con noi?”domandò. Lei negò.
“Dovrebbe già trovarsi  fuori dalla porta dello studio insieme a Robert” Rispose.
André si alzò in piedi, infilò la giacca e attese che Oscar lo precedesse . Lei a quel punto si avviò e, dopo alcuni minuti, giunsero davanti alla porta dello studio.Come aveva previsto Oscar,  Robert e Camille li stavano attendendo. André notò che la ragazza aveva gli occhi cerchiati da ombre scure e ne dedusse che la notte precedente non avesse dormito; Oscar, invece, bussò alla porta e poi, con passo marziale entrò nello  studio del padre. Il Generale aveva il  viso stanco dovuto ai numerosi e inderogabili impegni che lo portavano, sempre più spesso, a stare fuori casa anche per settimane;
ora, li attendeva in piedi -la pipa tra i denti-  accanto alla propria scrivania davanti la quale erano state in precedenza sistemate tre sedute invece che le solite, comode poltroncine. Quando vide la donna più giovane non batté ciglio; attese che tutti si fossero accomodati e si sedette a sua volta, arrivando subito al sodo.

“Dunque, questa è la persona di cui mi hai scritto nel biglietto che mi hai fatto recapitare?” domandò rivolgendosi alla figlia. Lei, seduta con le gambe incrociate e la schiena comodamente appoggiata,  annuì.
“Si, padre. Come vi ho anticipato, ha qualcosa da raccontare riguardo la questione sulla quale abbiamo indagato fino ad ora. Non sarò di certo io a suggerirvi come agire, tuttavia vi pregherei di ascoltare per intero la storia. Non crederete alle vostre orecchie.” rispose.

Il Generale de Jarjayes, curioso , non perse tempo.

“Parlate, dunque” disse senza ulteriori preamboli , rivolgendosi a Camille, seduta tra André ed Oscar. La donna, che teneva le mani giunte sul grembo ostentando molta calma, fissò gli occhi del dell’ uomo  ed iniziò a parlare così come aveva fatto il pomeriggio precedente, riportando per filo e per segno le stesse parole riferite ad Oscar; Jarjayes padre ascoltò tutto con estrema attenzione, senza mai far trasparire i propri pensieri o sentimenti e, infine, quando il racconto fu giunto al termine, rimase immerso in un meditabondo silenzio. Una mano allungata sul piano della scrivania e l’ altra a sostenere la pipa, gli occhi socchiusi, fece quindi un’ ultima domanda. La più importante.

“…Avete delle prove?” domandò.

Camille…negò.
“Non ho testimoni, se è questo che mi state chiedendo. Ma sono disposta a confrontarmi con il D’ Attolico e tutti coloro che ho citato, qualora lo riteniate necessario. Non ho nulla da nascondere…non più, ormai.” rispose. Il Generale , che ora la stava fissando, prese un foglio ed iniziò a scrivere. Quando ebbe finito, il suo sguardo si posò sulla figlia e poi su Camille.
“Dall’ alto della mia esperienza, posso essere portato a credere che voi diciate la verità e che siate a vostra volta una vittima ; tuttavia, non posso passare oltre al fatto che il Barone, mio caro e vecchio amico, sia un lontano parente del Re e che la scoperta tardiva della morte potrebbe portare spiacevoli conseguenze.  Qui” disse indicando il foglio che aveva nel frattempo ripiegato e sigillato “ vi è una lettera che dovrete dare alla madre superiora del Convento Benedettino di Jouarre. Rimarrete in quel sacro luogo finchè la situazione non sarà chiarita e , allorquando avremo raccolto testimonianze ed eventuali prove, sarete portata davanti alle autorità preposte che decideranno del vostro destino. Ora potete andare, Robert e mia figlia vi accompagneranno” concluse.
Camille non parve turbata dalle parole ma si alzò e, dopo aver accennato ad un inchino,  senza dire niente altro, uscì dalla stanza accompagnata da Robert, rimasto silenziosamente ad aspettare in un angolo dello studio.   A quel punto, Oscar e André rimasero soli con il Generale.
“Padre, se permettete, avete fatto la scelta migliore. Affidare subito Camille ad una corte non sarebbe stata una mossa adeguata; ci può essere ancora utile, come avete ben previsto…”
Il Generale fissò la figlia; si alzò, posò la pipa su uno scaffale alla propria destra, prese il capello sottobraccio e si preparò ad uscire.

“…Oscar, io mi allontanerò per qualche tempo. Come ben sai, il Barone di Branciforte era un mio caro amico e… ed io non sopporto di essere preso in giro. Sarò di ritorno quanto prima” disse senza effettivamente  risponderle.  Un ultimo sguardo tra i due ed il padre di Oscar uscì, con passo svelto, diretto chissà dove.

“Padre…” mormorò Oscar non appena l’ uomo fu sparito alla propria vista.

“Lascialo fare, Oscar. “ disse André. La donna non aggiunse altro e, pensierosi, i due  tornarono alle loro mansioni: Oscar si preparò per accompagnare Camille fuori Parigi ed André, che di riposo non voleva saperne, si recò in cucina da sua nonna.


 
.



***                               ***                                           ***                                           ***                   ***



Quando Oscar rientrò erano passate da poco le otto di sera. Andrè era nel giardino d’ inverno a raccogliere alcune erbe per sua nonna.

“Che ci fai qui, André? Non ti sei riposato un po'?”
Lui , che le dava le spalle, si voltò, sorridendo.
“Buonasera anche a te, Oscar…” disse “… stai tranquilla, ho riposato, ho riposato. Tu, piuttosto, come mai di ritorno a quest’ ora? Ci sono stati problemi?” domandò.
Oscar fece alcuni passi in direzione dell’uomo.
“No, affatto; solo che al ritorno sono passata in Caserma. Domani dovrò necessariamente rientrare per alcuni giorni, forse settimane…ci sono molti problemi, in città” rispose.

“…più del solito, intendi? “ domandò lui, quasi sarcastico. Lei annuì.
“Vorrà dire che, in attesa di buone nuove, verrò con te.” rispose. Lei negò, con forza.
“No, André, tu rimarrai qui, almeno qualche giorno. Poi, potrai rientrare. Il dottore è stato chiaro…”
L’ uomo la fissò a lungo, in evidente disaccordo con quanto aveva appena ascoltato.

“Non mi interessa, quando mai ho ascoltato Lassonne? Se c’è bisogno di noi, io sarò al tuo fianco”

Oscar, stanca, non aveva voglia di discutere; abbassò lo sguardo e mormorò tra i denti un fa come vuoi, tornando poi sui suoi passi. André la osservò andare via e, una volta consegnato quanto richiesto a Nanny, si recò nella propria stanza per preparare tutto il necessario al rientro. Sei proprio testarda, Oscar…ma come credi che io possa rimanere lontano da te, anche solo per un attimo? Tantopiù ora, che siamo …che sei esposta ad un ulteriore pericolo? pensò mentre sistemava la divisa sulla sedia .
Ora non possiamo , non posso fare altrimenti…

“ah!”
Mentre era immerso nei propri pensieri, una fitta prese André al capo, costringendolo a sedersi.
“…ma che diamine…?”

L’ uomo vide gocciolare alcune gocce di sangue sul lenzuolo candido e immediatamente si tastò il viso;  poi, afferrato il lembo del lenzuolo , tamponò il naso. Ma la stoffa bianca si impregnò ancora di più; allora, provò a fermare l’ epistassi con l’ acqua fredda nel catino; ma anche ciò non servì a nulla. Deciso a raggiungere il letto, mosse alcuni passi, tra le mani una pezza impregnata di acqua fresca,  ma un giramento di testa lo fece inciampare e cadde in ginocchio.
 Quando provò a rialzarsi, la vista offuscata, le forze vennero meno e cadde a corpo morto sul pavimento. Lo trovò Jacques una mezz’ora dopo quando, passando di li su richiesta di Nanny, subito avvisò la donna, la quale a sua volta richiamò Oscar.


“André, André! Cosa succede? “ domandò quest’ ultima non appena lo raggiunse, insieme alla nutrice. Lui, che nel frattempo aveva riaperto gli occhi e sembrava avere ripreso colore, scosse il capo.
“Non lo so, Oscar…ha iniziato a scendere sangue dal naso e poi…sono svenuto.” Rispose tagliando corto. Lei lo fissò preoccupata.

“E tu vorresi rientrare in caserma?” domandò, indicando con un cenno del capo la divisa già pronta.

“Si, è esattamente  quello che voglio fare. ” rispose André. Nanny, in tutto questo, rimase ferma, silenziosa presenza in un angolo.
Oscar incrociò le braccia sul petto.

“Non ci pensare nemmeno, non scherziamo.  Io rientrerò, ma tu rimarrai qui a riposare. Non me ne faccio nulla di un uomo disteso nel letto della propria camerata” disse. Si rese conto di essere stata piuttosto dura, ma forse così lui si sarebbe convinto, in qualche modo…
André, come previsto,  cambiò radicalmente espressione.
“Va bene…” rispose atono “ resterò qui. Ma ti raggiungerò quanto prima…”
La donna, impaziente, sbuffò; infine, spazientita, si voltò verso Nanny.

“…Potresti lasciarci soli, per favore?” domandò.
La nutrice,sopresa da quella richiesta, provò ad obiettare, ma a nulla valsero le parole. Oscar era decisa più che mai.Una volta che la donna fu uscita, Oscar prese la sedia e si avvicinò al capezzale di André.

“…Ti prego, André, fai come dico. Riposati. Ne va della tua salute…” disse,stavolta con un tono molto più dolce, sentito.
L’ uomo la fissò negli occhi.
“…non posso, Oscar. Lo sai.”
Lei iniziò a mordicchiarsi nervosamente il labbro.
“Non hai capito. Sono io che non ti voglio con me…” rispose, evitando all’ ultimo lo sguardo sorpreso che lui le rivolse.
Andrè, già stravolto di suo, impallidì.

“Cosa ti ho fatto, ancora? Ho preso troppa confidenza? Vuoi punirmi per qualcosa? “ rispose con un sussurro. Lei diventò rossa e abbassò la testa.
“No,André, non hai fatto proprio nulla… Solo che…solo che tornare in città , per te sarebbe davvero pericoloso. La compagnia sarà costretta a turni su turni, senza giorni di riposo e tu risenti ancora di ciò che ti hanno fatto…come puoi pensare di resistere? Resta qui, fai come dice Lassonne; me la caverò. Inoltre, quando tornerà mio padre, potrai ascoltare cosa ha da dire…”
André non fu per nulla convinto ma, ahimè, si dovette rassegnare. Era inutile, del tutto inutile, incaponirsi con lei, visto che aveva già deciso tutto.
“…va bene…” le rispose.
Oscar sorrise, sollevata, per poi rimanere ancora un attimo al suo fianco; non aveva proprio voglia di lasciarlo solo, in quelle condizioni. Inoltre…sentiva di non poter più fare a meno di lui; ogni minuto, ogni secondo in sua compagnia era un attimo prezioso.


“Oscar…” sussurrò Andrè.
“Si? Dimmi, Andrè, hai bisogno di qualcosa?”
“Mi aiuteresti a mettermi seduto? “ domandò.
Lei, prontamente, si fece avanti per aiutarlo.Tuttavia, quando le sue mani toccarono la pelle di Andrè, ne fu quasi respinta, spaventata da strane sensazioni. Lo stomaco in subbuglio, il cuore in gola, la confusero ancora di più.
Lui se ne accorse: del resto, provava le stesse emozioni, ormai da tempo.
 Senza indugiare ulteriormente afferrò la mano di Oscar , conducendo lentamente la donna verso sé. Lei lo lasciò fare e,  senza nemmeno rendersene conto, si ritrovarono vicini, estremamente vicini, come qualche tempo prima… Solo che stavolta nessuno scappò, nessunò usci da una porta: chinata in parte sul viso di André, Oscar incontrò le labbra di quest’ ultimo in un bacio delicato, ma che provocò in lei una tempesta di emozioni tali da portarla a tremare, quasi. Quando le labbra si lasciarono, lui sorrideva. Lei appoggiò il viso sul petto dell’ uomo.

“Ho aspettato così tanto questo momento…” le disse “ …a volte…a volte mi pareva di impazzire!”
Oscar socchiuse gli occhi, crogiolandosi in quel calore, dentro un sentimento che stava venendo allo scopertp.

“…Non osavo ammetterlo ma… André, anche io non attendevo altro. Dopo quella sera, a Parigi, ho combattuto tanto contro i miei sentimenti…ho riflettuto a lungo…ma alla fine, come vedi, mi sono arresa. Ti voglio bene, André…” disse con voce carica di emozione.

“Solo?” domandò lui. Lei rialzò lo sguardo incontrando quello dell’ uomo.
“Co-cosa intendi?” domandò.
André, che all’ inizio pareva serio, quasi risentito, si sciolse in un sorriso.
“Hai detto che mi vuoi bene: non hai proprio il coraggio di usare la parola amore, Oscar?” chiese.
Lei arrossì, ancora una volta; André capì che per ora, non poteva pretendere altro.  In fondo, si trattava solo che di una parola…

“Ora che faremo?” domandò Oscar.
Lui rivolse il capo verso la finestra, le cui tende per fortuna avevano celato  tutto ciò che era accaduto in quella stanza.

“…che faremo? Andremo avanti come prima, Oscar, lo sai meglio di me; ma spero, un giorno, di poterti amare liberamente. Perché io ti amo, Oscar, ti ho sempre amata.

Oscar si strinse ancor più all’ uomo.

“Non lasciarmi, André, non lasciarmi mai sola” disse.

“Oscar, sai benissimo che non ti lascerò mai. Lo sai. Se tu me lo permetti, starò sempre insieme a te, al tuo fianco, come ho sempre fatto.” rispose; detto ciò, cercò ancora le sue labbra, finché lei uscì per incontrare la madre, rientrata nel frattempo dalla corte di Versailles, con la speranza di tornare da lui quanto prima.

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Capitolo 7
*** La resa dei conti I ***


‘Allora, hai provveduto, come ti ho chiesto?’ aveva chiesto la donna, avvolta nel suo mantello scuro, il cui cappuccio celava a chiunque il viso.
‘Si, Madame. Sono partito subito alla volta della carrozza, ho seguito i loro movimenti e poi, dopo il ritorno a Palazzo Jarjayes, ho atteso.  Quando, come pensavo, la donna soldato è uscita, le sono stato alle calcagna fino al convento. Dopo che Camille è scesa ho atteso che le sue consorelle l’ accompagnassero nella cella e, non appena vi è giunta, mi sono intrufolato e le ho tagliato la gola.’

Una risata , quasi un verso animale, ferino, aveva riempito il silenzio di quella stanza mettendogli i brividi; subito dopo, però, domandò:
‘ Avete altro da comandare?” chiese, facendosi coraggio.
Leo, la Voisin, aveva annuito e poi risposto.
‘ Ora che ti sei liberato di Camille così come hai fatto delle sue compari al bordello, dobbiamo pensare a
D’ Attolico: si è lasciato sorprendere e oramai la donna soldato ed il suo compare  sono stati informati riguardo il suo gioco. Non posso rischiare oltre…’
‘ …e cosa dovrei fare, ora? Quali sono i vostri ordini?’ domandò l’ uomo.
‘ Raggiungilo, tu sai dove abita. Fallo uscire di casa con una scusa qualsiasi… e mandalo al creatore’ rispose, fredda.
Lucien fece un cenno con il capo.
‘Servo vostro, Madame’ disse poco prima di lasciare la stanza sul retro del chiostro.

‘…poi penserò anche a te. Ma prima, avrai un ultimo compito da svolgere: aiutarmi a togliere di mezzo quella donna e chiunque, ancora, oserà mettermi il bastone tra le ruote’ borbottò sottovoce, subito dopo che lui fu uscito dalla porta.







“Oscar, tuo padre ci aspetta nel salone di rappresentanza.”

Si era svegliata da poco, forse una ventina di minuti e subito si era vestita, pronta per rientrare nei ranghi. Fu sorpresa di trovare André fermo sulla soglia, quando con slancio aprì la porta per recarsi al piano di sotto , dove sarebbe stata servita la colazione.


“Che ci fai qui, abbigliato di tutto punto, dopo ciò che ti ho chiesto ieri?” domandò, stupita; il tono che usò non fu dei più dolci, forse imbarazzata nel rivederlo dopo ciò che era accaduto la sera precedente. Lui  alzò gli occhi al cielo, ma con fare leggero, sorridendo; infine, lasciò che la propria mano sfiorasse quella di lei, trattenendola alcuni secondi. Nel corridoio per fortuna non passò nessuno.
“Ne parleremo dopo. Adesso… ti prego di seguirmi: ho il sentore che ciò che ha da dirci non sia affatto piacevole.” Rispose. Oscar, ancora inebetita da quel risveglio – dopo aver dormito solo che poche ore poiché si era trattenuta parecchio tempo con la Contessa, sua madre –  sfuggì lo sguardo dell’ uomo e, voltandogli le spalle richiuse la porta dalla quale era appena uscita. In quel mentre avvertì lo sguardo di André e sentì le gote farsi calde: sperò che suo padre, nel vederla, non si accorgesse di nulla.
“Bene, andiamo, allora” disse, precedendo André con il suo solito passo marziale. Lui la seguì come un’ ombra. Come sempre.

“Buongiorno, padre. Avete mandato a chiamare?” disse la donna, non appena furono al cospetto del Generale, seduto a capo tavola nel salone privato di famiglia. Aveva il viso tirato e gli occhi stanchi, iniettati di sangue.  
L’ uomo, con un cenno del capo, invitò la figlia a sedere.
“Si” rispose, infine, con tono greve.
André rimase in piedi al fianco di Oscar, poggiando una mano allo schienale della sedia come era uso fare durante simili riunioni.
Il generale aveva davanti a sé una tazza di the ancora colma. Oscar, invece, si trovò davanti un piatto con alcuni biscotti, del the e del latte e, prima che il padre parlasse, si versò del latte caldo e ne bevve un sorso.
“Devo darti una notizia nefasta, figlia mia. Sono appena rientrato e… purtroppo non vi porto notizie felici. Camille è stata assassinata.”
Oscar, sorpresa dalla notizia, per poco non lasciò cadere la tazza che teneva in mamo. “Cosa dite! Non è possibile, l’ho lasciata in buone mani, controllando ogni singola cosa, passaggio, entrata, uscita! io… Padre, raccontate, come è potuto accadere?”

Il Conte Padre alzò leggermente una mano, come a voler quietare l’ animo della figlia.

“Ieri, quando sono uscito di casa, sono andato diretto dal Marchese de Poiraq; egli è un mio collaboratore, ha uomini fidati, è sempre informato su tutto. Anch’ esso conosceva il vero Barone di Branciforte e, nel momento in cui l’ ho messo al corrente di tutto, mi ha riferito alcune cose che già sapeva.  Con vera sorpresa, sono venuto a conoscenza del fatto che D’ Attolico possieda una casa proprio a Jouarre…”

Oscar fissò André ed, infine, tornò a guardare il viso del Generale.

“Siete stato anche a Jouarre?” domandò.
Il generale annuì.
“Si, naturalmente. Purtroppo, Camille era già stata portata nella cappella di conseguenza non ho potuto accertarmi personalmente riguardo l’ accaduto: le monache non mi hanno permesso di vederla poiché alcune consorelle la stavano lavando prima di procedere con la vestizione e l’esposizione nella cappella.  In compenso, ho visitato la cella in cui l’ hai lasciata…ma non ho trovato alcun indizio. Credo che l’assassino sia qualcuno che possa accedere al luogo molto facilmente….”
André si fece pensieroso ed iniziò a camminare , le braccia conserte. Di tanto in tanto si voltava, si fermava, poi riprendeva il suo inquieto incedere.

“Credete sia stato il D’ Attolico?” chiese Oscar.

Il padre scosse il capo.

“Potrebbe; avendo una casa nei dintorni, è plausibile che conosca il convento e le monache che vi soggiornano….” Rispose.  Oscar chinò il capo, cercando di capirci qualcosa.

“Siete stanco, Padre, andate a riposarvi. Io e André partiremo subito.” Disse qualche minuto dopo; in seguito, si rivolse ad André.

“….per favore,  vai a preparare i cavalli. Partiremo subito, se te le senti.”

L’ uomo più giovane fece finta di non aver sentito l’ ultima parte della frase e si avviò con passi lunghi e ben distesi verso le scuderie,  passando prima per la cucina, dove salutò sua nonna.  Oscar , nel frattempo, si sistemò con calma; mentre indossava i guanti di pelle morbida ed il cappotto che la solerte guardarobiera le aveva portato pensò a come muoversi, a cosa fare…e sperò che tutto andasse per il meglio. Il Generale Jarjayes si appoggiò con tutto il corpo allo schienale della sedia.
“…Parlerò io con i tuoi superiori, Oscar; è molto tempo che manchi, ma loro concordano con il fatto che questa faccenda debba avere la priorità. Inoltre questo pomeriggio, dopo aver riposato, andrò a Versailles ad informare il Re: temo che tergiversare potrebbe rivelarsi deleterio”
Oscar diede un cenno con il capo.
“Padre, entro sera spero di tornare e darvi buone notizie. Se così non fosse, vi prego di mandare rinforzi. Ho uno strano presentimento” rispose, quindi.
Il generale si alzò lentamente, poi si avviò verso i propri alloggi al primo piano. Stancamente, iniziò a salire alcuni gradini ma, prima di proseguire, si voltò in direzione della figlia e le rivolse uno sguardo stanco, intenso, preoccupato.
“Mi raccomando, presta attenzione. Spero proprio di non dover inviare nessuno a cercarti” le disse, infine. Lei annuì e raggiunse André.



 
 

Fuori, nel mattino che ancora vedeva i loro respiri trasformarsi in nuvolette pallide, un timido sole tentava di fare capolino oltre le fronde dei pochi alberi sempreverde rimasti; i fattori di casa Jarjayes erano già al lavoro, vi era un gran via vai di persone e si udivano molti rumori. André l’ attendeva a poca distanza dalla entrata principale.
“ Ho atteso i tuoi baci per molto tempo, ieri sera”  disse. Lo sguardo, il volto, il sorriso erano diversi da quelli che prima aveva incrociato ed Oscar, che ancora stentava a riconoscere quel sentimento che le aveva smosso corpo e anima, sorrise timidamente.
“Il colloquio con mia madre è durato fino a notte fonda…” rispose guardandolo negli occhi.
Lui le porse le redini del cavallo.
“Quanto vorrei essere libero di abbracciarti e baciarti” si lasciò sfuggire l’ uomo, volgendo lo sguardo a terra, mentre le consegnava nelle mani della donna.
 Oscar rimase in silenzio: conoscevano entrambi, e bene, le regole del tempo…
“Su, forza, André! Saliamo a cavallo e partiamo. ” disse, non potendo fare e dire altro. Lui attese che lei si sistemasse prima di salire in sella a sua volta.


Il viaggio dei due fu, in gran parte, silenzioso; troppo imbarazzati per parlare, dopo aver percorso il viale al passo, una volta fuori dalla proprietà  lanciarono i cavalli al galoppo. Si fermarono solo alle porte del piccolo centro abitato, che non distava molto da Palazzo. A quel punto André fissò Oscar : il paese pareva disabitato.
“…Ieri sera non ci ho fatto caso ma…non è strano? C’è troppo silenzio…”  disse la donna.
“ In effetti, è molto strano. Fosse sera, penserei che tutti siano rinchiusi dentro le proprie case ma ora… nessuno lavora, qui? Non ci sono nemmeno bambini per la strada….” Rispose lui. Con una mano sulla fronte cercò di fare scudo al sole. Non era più abituato ai cieli limpidi e tersi.
La donna fece alcuni passi, condusse il cavallo da un lato all’ altro della strada, osservando cespugli, cercando di intravedere qualcuno nei campi, a fare legna o altro…ma non notò nulla, a parte un movimento tra alcuni rami.

“Ehi! Laggiù! Un uomo sta scappando!” disse Andrè, indicando il punto esatto ad Oscar. La donna aguzzò la vista e spostò lo sguardo di qualche grado. Effettivamente una sagoma era uscita da una minuscola boscaglia.
“Più che un uomo…un bambino!” disse lei. La sagoma era piccola. E veloce.
 
Senza pensarci più di tanto, scese da cavallo e iniziò a correre.

“Aspettami qui! “ disse rivolta ad André: poi, si dedicò al fuggitivo.
“…Fermati, non vogliamo farti alcun male!” urlò; il bambino, avrà avuto forse otto anni, si voltò un solo istante per fissarla e poi ricominciò la sua corsa.
“ Per favore, fermati! Vogliamo solo chiederti una cosa!” provò , ancora , a dirgli. Per quanto fosse abituata a fare esercizio fisico, la corsa la stava stancando; inoltre, il piccoletto godeva del fatto di conoscere il territorio ed essere, naturalmente, più agile.
Il ragazzino si stava allontanando sempre di più finchè non sparì dietro i muri di una catapecchia: lei lo raggiunse – o almeno così pensava – ma , tra quei vecchi sassi, non trovò nessuno.

“Accidenti, avrebbe potuto aiuarci!” sibilò rabbiosa tra i denti, stringendo le mani in pugno. Quindi, prese ad osservare l’ orizzonte a tratti coperto di neve: del ragazzino nemmeno un segno.
Pensò, allora, di tornare indietro André e riprendere la ricerca: non potevano perdere tempo, la priorità era trovare d’ Attolico, La Voisin se fossero stati fortunati. Quando tornò , dinnanzi alle mura del villaggio, però, di André non vi era  alcuna traccia; né lui né il cavallo erano presenti. Solo il fido Cesar era rimasto, allontanandosi di qualche metro da dove lo aveva lasciato.

“André, diamine, ti pare il momento di sparire?” disse guardandosi in giro.
Dell’ uomo, tuttavia, non giunse alcuna voce o cenno quindi Oscar, prese le biglie del proprio cavallo, iniziò a camminare.
“André! Diamine, dove ti sei cacciato?” gridò a gran voce.
Il villaggio non era piccolo, ma nemmeno grandissimo; lungo un viale abbastanza grande per farci passare due carri,  abitazioni e negozi si susseguivano l’ un l’ altro. Oscar osservò bene ogni singola cosa, alla ricerca del suo amico.

Strano che si sia allontanato così, senza dirmi nulla…pensò; non è da lui, non lo farebbe mai...

“André!” chiamò, a gran voce. Né dai vicoli, né dalla strada, alcuna voce giunse. Ma da una delle abitazioni spuntò, alla finestra,  il viso di una donna che, non appena vide Oscar, si affrettò a richiudere le persiane.
“Madame, Madame! Vi prego, aprite!” si affrettò a dire Oscar; ma la donna era scomparsa e tutto era tornato nel silenzio.

Che diavolo sta succedendo, qui?

All’ improvviso - ancora esterrefatta dagli strani accadimenti che si stavano susseguendo-  alzò gli occhi al cielo e subito dopo,  sentì il cigolio di una porta che si apriva;  guardò allora in quella direzione e notò un viso smunto e pallido in cui due occhi chiari spiccavano.

“Venite…presto, presto!” disse la giovane.
 “Madame…che cosa sta succedendo, qui?” fu la risposta di Oscar mentre si avvicinava a lei, lentamente; ma la donna, sui vent’ anni, non rispose e le fece cenno di avanzare e avvicinarsi alla porta. Solo quando  questa fu richiusa dietro le loro spalle  Oscar fu in grado di ottenere risposta.

“Vi prego di scusarmi, ma non è bene di questi tempi farsi vedere troppo in giro. Lei non vuole. Dice che dobbiamo essere parchi, lavorare, pregare, fare penitenza…e non parlare con nessuno che non sia della nostra famiglia.”

“…Chi…chi non vuole queste cose?”
Oscar era ancora più confusa e fisso l’ altra con una espressione sorpresa.
La giovane, che disse di chiamarsi Amande, la invitò a sedere accanto al tavolo.
“ E’ Lei…la Signora che vive nel Convento.” Rispose.
“Nel convento? La madre superiora? La Signora? E per quale motivo…Come mai?” domandò.
Amande si allontanò da Oscar, prese una brocca di acqua e ne versò un poco in un bicchiere: Oscar la ringraziò con un cenno del capo.
Lei è arrivata qui qualche tempo fa, accompagnata da un prete e da un altro uomo. Prima solo qualche giorno, poi tutte le domeniche.Qualche tempo dopo Dom Armand ha detto che questa donna avrebbe preso il posto della precedente badessa, molto malata. Si è presentata come una donna pia e morigerata, ha chiesto di pregare per lei e per il compito che avrebbe da li in poi ricoperto. “

“Capisco. Non vi ha mai svelato il proprio nome?”

Amande negò.

“Qualche tempo dopo il suo arrivo ha iniziato a chiederci di pregare tre volt al giorno come se non lo facessimo già; poi, di evitare di vivere nel peccato e per questo motivo  fatto chiudere tutte le attività: per vivere in modo cristiano non vi serve nulla, se non il cibo sulla vostra tavola e la preghiera…ha detto. Però, nel frattempo, ha iniziato a chiedere tutto ciò che avevamo.”

Oscar continuò a sentire uno spiacevole presentimento: troppe coincidenze… troppi lati oscuri.
Le sembrò quasi azzardata, l’idea che aveva nella testa ma…se fosse lei? Se fosse La Voisin? D’ Attolico ha una casa, qui…pensò.

“Mademoiselle, negli ultimi tempi avete notato un uomo accanto alla donna che mi avete descritto? Avete mai visto un forestiero? Dice di essere un Barone…”

Amande annuì-

“Lo vediamo raramente, ma quando accade ci rinchiudiamo in casa. E’ davvero molto cattivo.
 Una volta ha ferito gravemente un bambino solo perché gli aveva chiesto qualche moneta” rispose lei. “E’ un uomo di bell’ aspetto e, si: egli si è sempre presentato come Barone di Branciforte. Alcuni uomini hanno provato ad affrontarlo ma…sono spariti nei giorni seguenti. Siamo rimasti in pochi, qui, e c’è un motivo: molte persone se ne sono andate. Quelle rimaste, invece…sono sparite.”

Oscar si alzò in piedi. E’ sicuramente lei. La Voisin.

“Grazie, Mademoiselle, credo di avere compreso qualcosa. Non preoccupatevi, io sono qui per aiutarvi…” disse. Infine, raggiunse la porta: André era ancora la fuori.
“Un’ ultima cosa: sto cercando un giovane, è giunto qui in paese con me. E’ alto, di bell’ aspetto, capelli scuri ed occhi verdi. Ha una corporatura magra….” Domandò.
Amande abbassò il viso.
“Lo ha preso lui. L’ altro, il biondino. Sono passati di qui non molto tempo fa…” rispose.
Il sangue di Oscar si gelò.

Chi..chi aveva preso André? Che era quest’ altra persona?

Si appoggiò alla porta, sentendosi venir meno.
 La giovane la raggiunse con il solito bicchiere d’ acqua, che Oscar rifiutò.

“… Dove possono essere andati?” chiese.
Amande si aggiustò lo scialle stringendolo sul petto.

“Se volete venire a capo della situazione…dovete per forza raggiungere il convento. Li troverete delle risposte” disse.
Oscar aveva mille domande per la testa, il cuore le batteva forte, le mani tremavano.
Doveva assolutamente riprendere fiato e darsi un contegno, perché una mente colma di ombre non le sarebbe stata utile, affatto.  Prese quindi un profondo respiro, chiuse gli occhi.
“Grazie” disse quindi alla ragazza; poi uscì davvero, stavolta. Recuperò il cavallo e si recò al convento.

Ci sono stata ieri sera e non ho notato nulla di strano, cosa mai potrebbe essere cambiato in così poche ore?

Nella sua mente, passò in rassegna  quei pochi volti, le voci, le posture, movimenti delle poche persone incrociate: ricordò di avere visto quattro suore, non una di più e, per la strada, una coppia di vecchi curvi e decrepiti.
Ma il convento…li non aveva notato nulla di strano e  non sembrava affatto un posto malevolo, anzi. Erano entrate, lei e Camille, ben accolte dalle sorelle.

Eccolo…. Il convento si palesò ai suoi occhi.
Posto accanto ad una collinetta, visto con la luce del sole sembrava diverso: per assurdo, appariva ancor più come luogo di pace e perfino più grande. Oscar notò che nel cortile passeggiavano una decina di suore – dove erano, tutte, la sera precedente? A qualche funzione, forse? – e, poco lontano, si udiva il rumore di una cucina nel pieno del lavoro. La donna si guardò in giro.
 Non aveva un piano preciso, non più; era colma di pensieri, di timore, di rabbia. In quel momento, giurò a se stessa che entro sera, nel bene o nel male, avrebbe risolto tutto.

Sperando in bene e preparandosi al peggio, Oscar afferrò la cordicella posta alla sua sinistra.
Con lo sguardo fisso oltre le grate del cancello, la tirò forte e subito le sorelle si voltarono
 all’ unisono. Un paio di esse parvero riconoscerla e si staccarono dal gruppo, andando di buon grado incontro al forestiero.
“Benvenuto, fratello, come possiamo esserti utili?” chiese colei che Oscar ricordò chiamarsi Eveline.
“Vorrei conferire con la vostra badessa, se fosse possibile. Dovrei chiedergli alcune cose riguardo alla giovine che condussi qui qualche ora fa.” rispose, secca.
Eveline prese una grossa chiave da una tasca interna al saio e aprì il cancello.
“Venite; vi condurrò da lei. In questo momento è impegnata con l’ economa nel controllo dei registri. Purtroppo, non si vive di sole preghiere…”.
 Oscar sorrise e annuì.
Stringendo forte l’ elsa della spada,   lanciano occhiate a destra e manca,  seguì silenziosa la monaca. Davanti a lei, oltre una piccola porta, si poteva intravedere il chiostro.

Strano, non mi ha detto nulla di Camille… in più ha accettato di portarmi subito dalla sua superiore.
Oscar, ti stai cacciando in un bel guaio, ma hai altra scelta?
 riflettè; infine il pensiero fu rivolto ad André.  Si augurò non gli fosse accaduto nulla ma, in cuor suo…non posso perderti proprio ora, non posso! Ti prego, Signore, fa che il mio André si salvi!

“Ecco, è qui. Datemi un attimo affinché possa annunciarvi” disse Eveline una volta attraversato il chiostro,  indicando una porta  dall’ aspetto pesante, accompagnando il tutto da un grande sorriso. Il forestiero  sorrise a sua volta osservando l’ ala del Convento che non aveva ancora visitato. Era un ambiente davvero grazioso…

La suora bussò e aprì la porta, senza aspettare altri segnali. Dall’ interno Oscar sentì il sovrapporsi di più voci, e, pochi minuti più tardi, una di queste la invitò ad entrare.

“Accomodatevi, la Madre vi attende” disse la suora, prima di salutarla ed uscire.
“Grazie…” rispose Oscar; ed entrò, per nulla timorosa.
Con immensa sorpresa ed altrettanta delusione, subito si accorse che davanti a lei non vi era chi aveva immaginato.
“Buongiorno, Monsieur. Come posso aiutarvi?” domandò una donnetta piccola e dal volto rugoso.
“Buongiorno, mi duole disturbarvi, ma ho chiesto di poter conferire con voi per dirimere una gravosa questione che ci riguarda.”
La badessa, senza scomporsi, invitò Oscar a sedersi, poi fece lo stesso.
“Ditemi pure.”
Oscar si schiarì la voce.
“Ieri, nel tardo pomeriggio, oserei dire quasi sera, ho condotto una donna qui da voi sperando nella vostra protezione; il suo nome è, anzi…era, Camille: così l’ ho presentata alle monache che mi hanno accolto. Questa mattina con sommo dispiavere sono venuta a sapere che la sopracitata donna è stata uccisa. Ecco, vorrei saperne di più, se non vi è problema da parte vostra.”
La Badessa, il cui viso non riusciva a rivelare una età precisa nonostante i segni del tempo, sbiancò.

“Come dite? Una donna…uccisa? Qui?” domandò con voce tremante, guardandosi in giro.
Dalla finestra dietro di lei un raggio di sole entrò e illuminò il pavimento.
Le mani di Oscar si chiusero in un pugno. Ma a che gioco stanno giocando, tutti? Pensò.
“Mi state dicendo che non ne sapete niente? “ domandò allora con voce fin troppo calma.
La suora si guardò ancora in giro, come se non sapesse più cosa rispondere e poi, con un gesto rapido, si fece il segno della croce.

“Dio mi punisca, se non vi sto dicendo la verità” rispose.

Oscar era stanca di quella pantomima. Nonostante si fosse ripromessa di non turbare quel luogo di pace e letizia, si  alzò in piedi e appoggiò entrambe le mani tremanti di rabbia sul tavolo, fissando la monaca.

“Temo che voi, invece, la verità la conosciate bene e me la state tenendo nascosta” affermò.

Ci fu un momento di silenzio, talmente pesante da pesare sulle spalle e sugli animi delle persone li presenti. Oscar scosse il capo, poi alzò gli occhi al cielo.

Monsieur, la mia giovane sorella vi sta dicendo la verità: non abbiamo nulla da nascondere, qui. Per dimostrarvelo, possiamo aprirvi ogni singola porta di questo luogo di pace e preghiera”.
Oscar si voltò in direzione della voce e notò la figura di una suora, arrivata da chissà dove. Decisa a non lasciarsi scappare quella occasione, annuì.
“A me sta bene.” Rispose senza fare ulteriori domande alla nuova venuta. Costei, senza nemmeno presentarsi, indicò ad Oscar di seguirla ed uscì dalla porta.
 Fu un sollievo risentire l’ aria fresca sul viso, rivedere il chiostro,  le mura, le colonne a perfetta distanza l’ una dall’ altra.

“Ecco, possiamo partire da qui. Entrate e fate come se fosse casa vostra; io non vi seguirò, ma resterò a vostra disposizione, a pochi passi da qui. Rimarrò in contemplazione davanti al crocifisso” disse la monaca, che si qualificò come Marie Claire, fornendo ad Oscar un pesante mazzo di chiavi. Lei non si lasciò sfuggire l’ occasione: ripercorse spazi che già la sera aveva veduto ed altri ambienti, completamente nuovi, come il refettorio, le celle dell’ ala ovest, la sala ricreativa e la chiesa. Per ultima lasciò la cella appartenuta a Camille.

Non trovò nulla.

Tutto risultava essere perfettamente normale, così come doveva essere; poche cose, qualche vaso di fiori, alcuni testi sacri poggiati su mensole e tavoli disseminati qui e la.

 Sconsolata, senza mai smettere un solo istante di pensare ad André;  percorse l’ ennesimo corridoio, ai cui lati erano appesi ritratti di Santi alternati a quelli – almeno così pensò – delle precedenti badesse. Arrivata in fondo, stremata, vide una panca ed andò a sedersi, poggiando la schiena e la testa contro il muro.

Che sto facendo? Perché è tutto così difficile? E se mi fossi sbagliata a fidarmi delle parole di quella giovane?

Con un rapido movimento, si piegò in avanti, il capo chino a fissare il pavimento.

André…dove sei? Perché mi hai lasciata sola?

Non riuscì a darsi una risposta: dal nulla, un improvviso  dolore, fitto, alla testa, la fece barcollare. Provò ad alzarsi, muoversi tuttavia perse l’ equilibrio cadendo malamente a terra. Ciò che riuscì a vedere furono solo che un paio di stivali sporchi e malconci, poi crollò, esanime, fissando il pavimento ed il muro finché tutto non divenne nero come la notte.


***



Odore di muffa, di chiuso. Forse, acqua stagnante.
Sulle labbra, un sapore metallico. Sangue?
Provò, lentamente, a muoversi. Intontita e con un gran dolore alla nuca, riuscì a malapena a capire dove fosse.

“Vi siete svegliata, finalmente. Mi avreste dato un grande dispiacere, se voi foste morta.”

Un occhio pesto, i capelli appiccicati alla fronte, Oscar ci mise un bel po' a realizzare di essere di nuovo al cospetto della Voisin; solo, accanto a lei non trovò il falso Barone di Branciforte ma un uomo totalmente diverso.
Con la poca lucidità ancora rimasta, fissò gli stivali di quest’ ultimo.

“André! Cosa gli avete fatto?” urlò con la poca voce rimasta in corpo, realizzando davvero il tutto.
La Voisin era in piedi davanti ad un tavolo coperto da alambicchi, ampolle, bottiglie colme di liquidi, alcuni colorati, altri no. Il viso della donna era diverso dal solito, forse a causa della pettinatura o, forse, a causa della semplice veste scura che indossava.

“Dove è Andrè?” domandò ancora Oscar.
La Voisin e l’ uomo si fissarono e poco dopo, come risposta, le giunse una risata.

“Sta parlando troppo, Madame?”  disse l’ uomo che aveva tramortito Oscar. Si era avvicinato e chinato su di lei, che poteva così sentire l’ orribile tanfo di sudore e vino ed il sorriso sghembo aveva rivelato unicamente due denti marci.

“No, lasciala stare, per ora” rispose la maga  con fare vago  “ in quanto al vostro amico, Mademoiselle Oscar,  posso solo dirvi che è ancora in vita e si trova nella stanza accanto ma, ahimè, al momento non può parlare….”.  Intanto le mani sin muovevano svelte , mescolando chissà cosa in un piccolo calderone.

“Ditemi cosa volete e non vi sarà torto un capello”.

La voce di Oscar era un sussurro.
La gola le bruciava.


Una risata sguaiata, volgare – l’ ennesima - si diffuse in quella che doveva essere una cantina illuminata da una serie di candele appoggiate sul tavolo e sul pavimento di pietra.
L’ uomo che si era avvicinato ad Oscar si spostò dietro di lei e strinse ancora di più le corde che la tenevano legata alla sedia.

“Mia cara – siete voi la ragazza che voleva disfarsi del fardello, corretto? La figlia del Generale…. – io…ecco, vedete…non voglio proprio niente. Nulla. ” rispose.

Oscar pregò Dio di darle ancora un po' di forza. Non poteva finire così: se solo avesse avuto la forza, l’ avrebbe tramortita con le proprie mani.

La fissò con occhi pieni di rabbia.
“Avete ucciso vostra figlia…avete ucciso un sacco di persone… per non ottenere nulla? “

L’ altra donna annuì, posò la fialetta sul ripiano del tavolo e immerse le mani in un catino colmo
d’ acqua posto alla sua sinistra.
“Proprio così. A me non interessa nulla: sono ricca, ho molti possedimenti ed una vita agiata. Non voglio altro…se non continuare come ho fatto fino ad ora: uccidere , che sia un animale ,un uomo, un bambino.Per me è indifferente ma, soprattutto, mi fa sentire onnipotente. “ Gli occhi della Voisin si accesero.
“Ecco, ora che vi ho detto tutto…siete contenta? Cosa cambia nella vostra percezione del mondo?”
Oscar sbuffò, poi strattonò le corde che la tenevano legata, intenzionata a liberarsi e mettere fine a quella faccenda una volta per tutte.

La Voisin si asciugò le mani e , dopo essersi allontanata dal tavolo, si diresse verso una cassapanca che aprì.
Con disgusto, Oscar la vide afferrare qualcosa.

sono capelli? E’ forse un testa, quella?

“Ah, ecco. Era qui. Proprio ciò di cui ho bisogno per la prossima pozione.“

Oscar ne ebbe la certezza, quella a poca distanza da lei era una testa mozzata.

Gli occhi vitrei di un viso ormai deturpato di quella che doveva essere una giovinetta la fissarono. Distolse lo sguardo.

 La megera si mosse lentamente in quello spazio angusto e si avvicinò alla propria  ospite.

“Come vedete, non è il vostro amico. State tranquilla. Se non sbaglio…si tratta di una ragazzina che, per caso, mi vide mentre facevo scempio del corpo del padre:  sapete, non potevo lasciarmi scappare l’ occasione: non mi è mai più capitato un essere umano così. Carne fresca, dolce.
L’ ideale.”
 
Oscar sentì salire un conato di vomito attraverso l’ esofago. Lo stomaco le si contorceva.

 La Voisin la fissò per un attimo con occhi scuri, infossati, profondi.

“Siete pazza…” mormorò Oscar. Era giunta ormai allo stremo delle forze.

“Pazza? Cosa è la pazzia, Mademoiselle? Chi può davvero stabilire il confine tra bene e male? E’ tutto a discrezione dell’ uomo; quello che per lei è brutto, per me è bello. Quello che a voi provoca repulsione, su di altri può avere l’ effetto contrario. Quello che per lei è la verità, per me può essere menzogna: è davvero labile, il confine che separa questi concetti.”
L’ uomo  iniziò a tossire. La Voisin…sorrise e , con una piroetta, girò su se stessa, andando a posare la testa mozzata tra le sue mani, poi tornò dietro il tavolo e, in silenzio, riprese a fare miscugli.

Oscar tentò, per un’ ultima volta, di liberarsi dalle corde che la tenevano legata.

“Piano, piano, signorina: non è ancora il vostro turno” disse l’ uomo.
La donna più anziana alzò il capo.

“E’ vero…ho ancora da fare, qui. Lucien, portala di la, dove sta il suo amico. Mi occuperò di loro più tardi” disse.
Lucien  allora liberò gli arti di Oscar e senza tante storie la sollevò per un braccio, trascinandola di peso verso una piccola porticina semichiusa. Con estremo terrore, alla fioca luce, Oscar fece appena in tempo ad intravedere i corpi ormai putrefatti di un paio di persone e, in un angolo, notò un’ altra figura.

André? Sei tu?

L’ uomo la gettò in mezzo alla stanzina,come un panno vecchio e liso; quando le proprie membra toccarono il terreno freddo e umido, provò un immenso dolore.

“André…sei qui? Sei qui con me?” fu la prima cosa che disse.

Nessuno rispose; allora, provò a rialzarsi, riuscendo solo che ad appoggiarsi sui gomiti. Con lo sguardo, cercò di mettere a fuoco ciò che la circondava e vide che la figura nell’ angolo si stava muovendo.

“Oscar…sei tu?”

Dal nulla, finalmente, emerse una voce.

“Oscar, sono qui...”

André…Sei tu? Sei davvero tu?

La donna chiuse gli occhi per frenare le lacrime. Poi avvertì un movimento, come se qualcuno strisciasse. Di li a poco si sentì sfiorare una mano. Come quella stessa mattina…

“Non sforzarti, cerca di risparmiare le forze….” Disse con molta fatica André.

Era, egli, a nemmeno mezzo metro di distanza da lei.

“André…ma che succede? Cosa ti hanno fatto?” mormorò Oscar, tenendo stretta quella mano. Infine, ricacciate indietro le lacrime, con l’ occhio ancora buono lo vide. Riconobbe il suo viso e, per poco, non si sentì male.
“Mio Dio…cosa ti hanno fatto?”

Lo vide muoversi, gemere.

“…Non ti devi preoccupare per me…ora…ascoltami: questa volta, ahimé, non intravedo alcuna via d’ uscita. Qualsiasi cosa accada…cerca di salvarti…almeno tu.”
Lei si sentì quasi male, nell’ udire tali parole. Le mancò il respiro.
No, non poteva assolutamente lasciare che il destino si accanisse in quel modo contro di loro.
“Non succederà: ci salveremo. Non so ancora come…ma una persona come quella non può farla franca” disse, anche se razionalmente pesava tutt’ altro.

 Furono le sue ultime parole; subito dopo, la porta si aprì e venne trascinata via. André fissò la scena con un profondo terrore. La paura , che aveva cercato di tenere lontana, lo immobilizzò più di quanto le condizioni in cui versava non avessero già fatto.

“Oscar!” urlò con tutte le forze che aveva in corpo.

“Risparmi il fiato, ragazzo. La sua fine è già segnata” rispose Lucien chiudendo la porta. Poi, sentì un gran tonfo ed un urlo, disumano, che per poco non gli fece perdere il senno.
“Bene, iniziamo: entro domattina, ne resteranno solo che le ossa. Dopo di lei, riserveremo lo stesso trattamento al suo caro amico.” Disse La Voisin.

A quel punto, Andrè provò ad alzarsi, ma ricadde su sé stesso, proprio addosso alla porta.

“Lucien, per favore, fallo dormire per un po': il rumore mi infastidisce….”

André vide aprirsi la porta e calare, sul proprio viso, una pesante pietra.















 

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Capitolo 8
*** La resa dei conti II - Sull' orlo del baratro ***


Silenzio. Buio.

E’ questa, la morte?
…Un silenzio assordante , dove solamente l’ anima può spaziare, avere una forma?
E’ tutto così calmo, così tranquillo.
Sembra di essere sospesi, tra un mondo e l’altro, tra l’ inferno e il paradiso…dove andrai, Oscar?
Quale destino ha in serbo per te il Creatore di tutte le cose?


Oscar, gli occhi chiusi, istintivamente mosse la mano.

La mia mano…si muove…no, aspetta…qualcosa mi tiene ferma…

Il cuore ricominciò a battere…o forse era lei a non avere percepito i battiti, un attimo prima?

Oscar provò ad aprire gli occhi ed una fitta di dolore la prese.
Non proverei dolore, se fossi morta….

Il viso doleva, bruciava. Facendo attenzione, tentò di aprire gli occhi pesti e scoprì che si trovava ancora in quel luogo.

Sono ancora viva, dunque? 

Nella stanza, in quel momento non vi era nessuno.

Dove….dove si trova?…dove è, Lei?

Silenzio.Eppure, ricordava di avere visto quello sguardo minaccioso molto, molto vicino…

Provò a muoversi, allora, per quanto le corde che la tenevano legata alla sedia fossero strette. Le candele si stavano lentamente consumando ed intorno a lei non vi era nessuno. Controllò in ogni anfratto che fosse alla portata dei propri occhi.

André! Il mio Andrè…!!! L’ improvvisa  immagine di lui, oltre quella porta, le strinse il cuore. Lo aveva visto solo che per un istante…

“André!” gridò.

L’ uomo,  esanime dopo il colpo che aveva ricevuto da Lucien, si trovava disteso proprio davanti alla porta che li separava e non poteva, al momento, sentirla. Il suo corpo era fermo in una posa innaturale…Ma questo Oscar non poteva saperlo; infatti,  provò ancora e ancora… senza successo.
 
André…
Esausta, dolorante, le lacrime agli occhi…si lasciò andare. Chinò il capo, lasciando che i capelli le ricadessero sul petto. Con sorpresa, notò che non indossava alcun abito se non una camiciola che a malapena le copriva le gambe ma, più altro, vide che alcuni grossi topo si stavano avvicinando, attratti da ferite e sangue.
“Andate via!” gridò inorridita e, al contempo, allungò le gambe scalciando furiosamente. Purtroppo i movimenti minarono il già precario equilibrio e nel giro di pochi secondi  si ritrovò stesa, sulla pietra fredda e umida di quella cantina, tirandosi appresso la sedia, che la colpì violentemente la schiena.
I suoi occhi stanchi e martoriati, circondati da aloni bluastri, iniziarono a lasciare cadere lacrime che aveva tentato con tutte le proprie forze di trattenere. I topi si avvicinarono a lei in un nuovo assalto. Un violento brivido scosse il suo corpo da cima a fondo.

…Non può finire così…
 
No, non può davvero finire così…



D’ un tratto, lo sbattere di una porta.
Il rumore le fece mancare il fiato, tanto si spaventò.

“Eccomi, Mademoiselle…”  disse un uomo.
Lucien.

Avvicinatosi a lei con passi pesanti, allungò il piede verso Oscar.
Con la punta  dello stivale, lercia di terriccio, le sollevò il viso quanto  bastava per capire se fosse o meno viva, lasciandolo poi ricadere a terra.

“Sei fortunata, la mia padrona ha avuto un imprevisto…non sarà qui prima di una mezz’ora. Sfortunatamente una delle suore l’ ha scoperta disseppellire alcune vecchie ossa ed ora si sta occupando di lei….” disse, ridacchiando.

Oscar si sforzò di tenere gli occhi chiusi e non pensare a ciò che aveva appena udito.
L’ uomo la fissò un attimo per leggerne le espressioni ed infine, deluso, si allontanò per andare ad accertarsi riguardo le condizioni di André.

“Il tuo amico sta ancora dormendo…credo”
 Un ghigno malefico comparve sul suo volto.

Oscar fu percorsa da un brivido, l’ ennesimo. Pregò che André fosse ancora in vita.
 
“Non parli?” domandò l’ uomo.

Lei riaprì gli occhi giusto un attimo, alzando lo sguardo verso l’ aguzzino. Notò che era fermo, le braccia conserte sul petto.

“Non ho niente da dire.” Rispose lei.

Lucien, inaspettatamente, non si mosse e nemmeno disse altro ma rimase appunto fermo, le spalle ora appoggiate al muro. Nel mentre Oscar, ormai senza forze, richiuse  ancora gli occhi:
in quell’ istante, una pace improvvisamente  la raggiunse, di fatto rassegnata al proprio destino.

Automaticamente e senza volerlo, iniziò a pensare alla propria vita.

Aveva fatto tutto ciò che desiderava?

Era stata una vita felice?

Davanti ai suoi occhi iniziò, lento e malinconico , a scorrere il tempo che fu…

L’ infanzia, le sorelle così distanti… quel padre fin troppo presente ed una madre lontana…
l’ arrivo di André , i giochi e poi i primi duelli, le marachelle che combinavano ai danni di Nanny… tutto questo le tornò alla mente, riportandola bambina: riuscì perfino – o almeno così le sembrò - a percepire distintamente  profumi, suoni, odori.  Si, aveva vissuto pienamente, non vi era alcun dubbio… ma avrebbe voluto passare con André del tempo in più, ora che aveva scoperto un sentimento forte albergarle nel cuore…

Forse era destino , doveva andare così; però, che disdetta, mio dolce André…scoprire di amarsi, sfiorare con le dita la felicità e… dover morire…

Oscar, improvvisamente, sorrise.

Proprio così:  il  viso, non più teso, fu incorniciato da un bellissimo sorriso.
Riuscì persino a respirare a fondo ed il peso che aveva sul petto, una sorta di nodo , si era allentato o, forse, sciolto.
La risposta era arrivata, diretta e preziosa: Si, Oscar, hai vissuto una vita degna di tale nome pensò.
Senza pensarci oltre, dunque, rialzò la testa. Lo sguardo tornò quello fiero che aveva sempre avuto.

“Facciamola finita, Lucien. Lasciami salutare una ultima volta André e poi  vediamo di venirne a capo.Prima che arrivi la tua padrona, Lucien,  lascia che possa rivolgere le mie parole ad André: come vedi, non hai nulla da temere: siamo inermi, non abbiamo né forza né armi.Sono i miei…i nostri ultimi istanti di vita…”

Oscar voltò il capo laddove sapeva esserci André.

Chissà se lui…se André…mi sta ascoltando.


Lucien non fu affatto sorpreso da quelle parole e non diede loro alcun peso: con movimenti quasi automatici si limitò a tornare da Oscar, rimettere in sesto la sedia e assicurare le varie corde.

Mentre era intento in questo suo compito, la porta si aprì e comparve La Voisin.
“Madame, vi aspettavamo” disse Lucien.
Oscar notò che la veste della donna era macchiata di sangue.
“Vedo che avete resistito, Mademoiselle” disse la megera senza perdere ulteriore tempo e come se non avesse sentito le parole del compare,  avvicinandosi ad Oscar con una espressione beffarda. Anche  le mani  erano ricoperte di sangue. Con le dita sporche e ingioiellate sollevò il viso della donna soldato.

“ …il vostro amico? Lui come sta?” domandò con voce quasi flautata, musicale.
Oscar sollevò gli occhi al cielo.
“…è ancora stordito…credo” rispose Lucien.
 La Voisin relegò al compare un manrovescio che lo fece barcollare, distogliendo per un secondo gli occhi dalla propria preda.

“Ti avevo detto di tenere in vita anche lui…Entrambi…sono merce rara, rozzo ignorante!!” esclamò.

Merce? Quindi… sono una cosa, uno straccio, un ingrediente per i tuoi esperimenti?

Lucien abbassò il capo borbottando qualcosa. La strega , in ogni caso, non fece o disse altro ma si recò dietro il tavolo ‘da lavoro ‘ e li iniziò ad armeggiare con lame , bisturi…ed altri oggetti non ben identificati. Restò davanti al tavolo, concentrata, per mezz’ ora, con gli occhi di Oscar fissi su di lei. Infine,  tornò a guardare Lucien.

“Per favore, porta qui l’uomo: ho cambiato idea. Farò un unico lavoro” disse. Il tono di voce era calmo, talmente calmo da sembrare irreale.
Oscar, la cui espressione non era affatto cambiata rispetto a prima, si schiarì la voce e prese coraggio.
“L’ ho già riferito al tuo compare. Facciamola finita qui, ora. Se vuoi prendertela con me, fai pure: ma ti prego… André…non ucciderlo” disse.
La Voisin sbuffò, sbattendo le palpebre quasi con movimenti innaturali. Non poteva tollerare simili discorsi.

“Mademoiselle, mi stupisco di voi: chiedere un simile favore ad una criminale quale sono…Non è forse così che mi definite, senza aver mai davvero riflettuto sulla genialità dei miei studi e del mio potere? Suvvia, contegno! Ora mi state innervosendo e recando parecchio fastidio, sapete?” concluse, allargando le braccia.
Oscar la fissò ancora, a lungo.

“Allora fate presto” disse Oscar, risoluta più che mai. André…perdonami!

“Come desiderate” rispose subito la donna più anziana “…Lucien, per favore, falle bere questa pozione: terrà in vita, anche se i suoi sensi verranno meno. Divertirsi su un corpo morto non ha senso...”
Lucien prese la fiala che la donna gli porse, mentre quest’ ultima tergiversò iniziando a cercare qualcosa che sul tavolo. Accidenti, rozzo imbecille…dove hai messo ciò che ti ho detto di preparare? Il Panno nero? Gli altri coltelli? Disse.

L’ uomo, che in quell’ istante aveva infilato le dita nella bocca di Oscar per farle bere il liquido verdastro, si girò, infastidito.

“Madame,  avete detto di preparare le cose sulla lista e quelle vi ho portato...”

La Voisin, in un impeto d’ ira, prese un coltello e lo lanciò addosso all’ uomo, che lo schivò prontamente lasciando che la lama andasse a colpire il muro.

“Non osare mai più rivolgerti a me in questo tono” disse”…ora…sbrigati. Vai  a prendere…la Briglia. Ho cambiato idea.“
Oscar cercò di seguire la scena, osservando il tutto non come la diretta interessata, ma quasi come fosse uno spettatore. Il corpo della giovane donna, temprato da anni di disciplina e lavoro, resisteva; ma la sua mente, il suo animo erano sospesi, se così si può dire, in un’ altra dimensione.

“André…” mormorò, ancora.
Era, questo, non una richiesta di aiuto, ma il suo modo per sentirsi vicina a lui che, dall’ altra parte del muro, aveva iniziato a versare lacrime di dolore e rassegnazione.



Lucien,  nel frattempo era uscito; non aveva fatto molta strada, tuttavia. Non erano passati che pochi minuti quando rientrò nell’ antro recando con sé la Briglia,  poggiandola ai piedi di Oscar.
Maledizione, no! E questa…da dove salta fuori? Pensò lei e le venne, improvvisamente, l’ istinto di ridere:  ma come, una persona quale io sono, riservata a tal punto da essere definita scontrosa…cosa è un ultimo scherzo del destino?Fino ad allora non ne aveva mai vista una e reputava il tutto una pura invenzione, sebbene Nanny a volte l’ avesse citata quale punizione da infliggere all’ ennesima cameriera nullafacente e pettegola…
La Voisin, che aveva preso a camminare nella sua direzione con un incedere quasi solenne, la fissò.
Oscar se la trovò davanti ben presto.
“Forza, vecchia stolta. Fai ciò che devi fare.” disse, sfidandola.
Lei, in tutta risposta, alzò le mani verso il cielo, pronunciando frasi di una lingua sconosciuta ed iniziando al oscillare. Infine, con un gesto veloce, si sfilò la veste rivelando un corpo nudo e flaccido, coperto di cicatrici. Al collo della donna pendeva una sottile catenina alla quale vi era appeso uno stiletto altrettanto sottomisura.
Oscar la fissò curiosa.
“Credo che ora inizierò a divertirmi” disse, infine, la donna più anziana. Oscar socchiuse le palpebre. André, rinchiuso ancora nella sua prigione e ormai stremato dai troppi sforzi, era steso a terra. Nell’ udire la voce, si raggomitolò cingendo le lunghe gambe e portandole al petto.

“Bene, procediamo...”

La vecchia sollevò la briglia, posandola sopra il capo di Oscar , facendola scendere piano.
Nel farlo, la punta in ferro destinata ad essere infilata nella bocca di quest’ ultima provocò diversi tagli. Sul viso di Oscar iniziarono a scendere rivoli di sangue rosso vivo.
“Ci siamo quasi…”

Oscar sentì il ferro sulle proprie labbra che, istintivamente, si serrarono. La Voisin ed il suo aiutante cominciarono a stringere le briglie in cuoio intorno al capo della ragazza. Qualcosa, tuttavia, sembrava averla distratta: si fermò, lo stesso fece Lucien. I due si guardarono.

Rumori. Forti rumori provenivano alle loro spalle, li aveva uditi anche Oscar.

Che sia…mio padre?

Effettivamente, si ricordò di aver detto al Generale che, nel caso in cui non avesse avuto sue notizie entro sera, avrebbe dovuto mandare rinforzi…

Dunque…è passato così tanto tempo?

La Voisin si bloccò e diventò pallida come un cencio: erano dei passi, quelli che stava ascoltando. Passi sempre più vicini.

Lucien fu il primo ad accorgersene: in quella penombra, iniziò a filtrare della luce rossastra.
“Madame…dietro di voi…dietro il vostro tavolo….” balbettò.
La vecchia si voltò e lasciò cadere le mani lungo i fianchi. Dal muro poteva vedersi, distintamente, una fessura.
L’ aiutante della Voisin si allontanò dalla sedia e strisciò contro il muro, il viso ridotto ad una maschera di terrore: nel momento in cui raggiunse l’ unica via di fuga e provò ad aprire la porta, tuttavia, un gran botto fece tremare il pavimento e la piccola fessura che aveva notato si trasformò in uno squarcio, dal quale presto emersero delle figure.

“Presto, presto! Immobilizzate la ricercata!” .
Mio Dio… Girodelle?! Siete voi?
Anche André, seppur in maniera confusa, riuscì a sentire il trambusto. Troppo debole per muoversi , pregò con tutto sé stesso che quelle non fossero allucinazioni.

Il Visconte si era intanto avvicinato alla donna tenuta prigioniera mentre uno dei suoi soldati provvedeva a legare e imbavagliare La Voisin, troppo stupita per profferire parola o fare altro.
“Oscar, presto sarete libera, vi porterò a casa” le disse: la voce era ferma, ma tradiva una forte emozione .In un istante la liberò dalla briglia – la quale fortunatamente non aveva provocato alcuna  lesione all’ interno della bocca  – e, dopo essersi tolto ed averle poggiato il proprio cappotto sulle gambe nude, la prese tra le braccia.
Lei sorrise, troppo stanca per sentirsi a disagio.
Con il capo chino, stanco, appoggiato alla spalla di Girodelle, mormorò alcune parole.

“André…oltre quella porta c’è André…”  disse.
Girodelle cercò con lo sguardo uno dei suoi indicando la porticina.
“Lo salveremo” rispose ad Oscar; poi con la donna ben salda tra le braccia, si fece strada lungo il cunicolo segreto che per caso avevano trovato due ore prima, arrivati al Convento su ordine del  Generale Jarjayes, finchè uscirono all’ aperto, in una sera invernale fredda. Solamente una volta uscito potè tirare un sospiro di sollievo.
“Siete salva, sietelibera, ora” disse guardando Oscar:  lei, abbandonata la tensione o forse svenuta, stava già dormendo.



***


Le carrozza inviata dal Generale Jarjayes  -a supporto per ogni evenienza - era stata attrezzata alla svelta, improvvisando un paio di giacigli lungo i sedili dove Oscar e André, sui cui corpi  - per ripararli dal freddo - erano state posate alcune coperte che normalmente i soldati avevano in dotazione, partì all’ istante. Girodelle si trovava sul mezzo, scortato da alcuni dei soldati e, tenendosi aggrappato come poteva, volgeva il capo a destra ed a manca senza sosta: André-Oscar, Oscar- André…Perché non avete chiesto aiuto prima, Madamigella Oscar? Avreste potuto avvisarmi, invece di fare sempre di testa vostra. Anche se i nostri destini si sono separati, io sono sempre il Vostro devoto Girodelle… pensò tra sé, più di una volta ora…non rimane che affidarvi alla bonta di Nostro Signore…

Uno scossone più forte degli altri gli fece perdere l’ equilibrio faticosamente mantenuto fino a quel momento.Per fortuna, nel cadere ebbe la prontezza di spirito di evitare lo stesso destino ai due malati: allargando le braccia , evitò che i loro corpi rovinassero sul pavimento. Li, inginocchiato e scomodo, ci rimase finché il vetturino non si fece sentire, circa un’ ora dopo. Solo allora si era rialzato, con un gran mal di schiena e ginocchia; si era assicurato delle condizioni di Oscar ed André e poi aveva aperto uno dei finestrini.
“Quando saremo nella tenuta Jarjayes, prosegui lungo il viale e fermati dinnanzi all’ entrata principale. E’ la via più corta” disse, cacciata fuori la testa, i capelli disordinati dal vento.
 Il vetturino rispose a suo modo,  frustando ancor di più i cavalli. Girodelle richiuse tutto in fretta e furia e tornò a guardare i due: notò che Oscar aveva iniziato a tremare, violentemente. Il sangue gli si gelò nelle vene.
Vi prego, resistete fu la sua muta preghiera; poi, diede uno sguardo anche ad André, il volto talmente pallido da sembrare trasparente. Infine, sempre più teso, chinò il viso, sopraffatto dal dolore.


Poco fuori dalla tenuta, nel frattempo, il Generale – in preda ai sensi di colpa per non essersi recato in prima persona a Jouarre – stava ben saldo in sella al proprio cavallo, attendendo impazientemente  notizie;  appena giunto da Versailles, non era nemmeno rientrato in casa. Il suo sguardo, ancora acuto, ispezionava in continuazione l’ orizzonte: quasi immediatamente, fu ricompensato.

“Eccoli… è finita, dunque?!” mormorò.

Gli occhi chiari, gli stessi che la figlia aveva ereditato da lui,  seguirono con apprensione
l’ avvicinarsi del mezzo. Nel momento in cui – faticando a tenere a bada il cavallo – la carrozza si fermò, realizzò con terrore che la situazione non era affatto positiva.


“Signore, mi dispiace: sia Oscar che André sono vivi ma…temo…in gravissime condizioni” disse mesto Girodelle, il viso tirato e stanco. Jarjayes non parlò, le parole gli si fermarono in gola ogni volta che provava ad articolare una frase: lo sguardo era fisso sulla figlia.
“Si salverà, Visconte de Girodelle?” domandò.
L’ altro, spiazzato da una simile domanda, fece l’ unica cosa sensata.
“Certo, Generale. Oscar è forte…anche André, lo è” disse; infine, risalì in carrozza e percorse il viale d’ ingresso alla magione, seguito dal Generale, dove nel cortile li attendevano servitù, Nanny e Madame la Comtesse.

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