L’ospite
molto speciale, che la signora Maisel attendeva per quella sera, non
tardò ad
arrivare.
Midge
si era cambiata con una vestaglia turchina e dei pantaloni di seta
dello stesso
colore. Entrò nella stanza frusciando con lo strascico
piumato della giacca.
Era il suo luogo preferito di tutta la casa, quello che assomigliava di
più al
suo appartamento nell’Upper West Side. Soltanto lì
poteva concedersi il
privilegio di sentirsi circondata dall’amore, dalle risate e
dai ricordi della
giovane donna che era stata.
Quando
le dissero che Lenny,
dopo aver fatto un giro, aveva deciso di accomodarsi lì
dentro non ne fu affatto
sorpresa.
«Ti
starai chiedendo se
n’è valsa la pena, dopotutto. Non è
così?»
Nella
sua voce stanca si
percepiva un impercettibile fremito.
Quando
Lenny si voltò per
guardarla aveva gli occhi rossi di pianto e la sigaretta ancora spenta
nella
mano. Sembrava imbarazzato. Si era fermato di fronte alla bacheca che
custodiva, come delle istantanee, la maggior parte dei momenti
più salienti
della sua vita professionale e personale. Al centro campeggiava il
programma
della sua serata alla Carnegie Hall: l’ospite
d’onore tra i notevoli successi
di una vita, il comico reietto che aveva avuto l’immensa
fortuna di incontrarla
nel retro di una macchina della polizia il giorno dello Yom
Kippur.
Come poteva un atto del
genere non commuoverlo profondamente?
Midge
notò quanto Lenny si
sforzasse di resistere all’ondata emotiva che aveva preso
possesso di lui. Preferì
quindi occuparsi dei cocktails, giusto per recuperare un pò di
lucidità.
«Ed
eccoti qui di fronte
a me, dopo quasi un’eternità. A quanto pare
dovresti rivedere la tua posizione
sui benefici della frutta. Le arance fanno davvero miracoli!»
Si
riprese immediatamente
al suono della sua risata. Midge sentì una vampata di calore
riscaldarle il
cuore prima ancora di aver consumato il whisky. Non si rese conto
di quanto
fosse stato facile tornare a provare certe sensazioni insieme a lui.
«Non
ti bastava il mio
feticcio? Vedo che ti sei presa molta cura di lui in questi
anni.»
Dopo
un suo segnale si
accovacciò in un angolo del divano, lasciandole tutto lo
spazio di cui aveva
bisogno.
«Ah,
ti riferisci a quel tipo
lì? Mhmm, mi sa che preferisco ancora l’originale.
Se lo conosci potresti
presentarmelo?»
«Se
solo si mantenesse
bene come immagini. Non è mica Dorian Grey, sai?»
Sogghignò,
«Sul serio Lenny,
come stai?»
«A
dire il vero, mi sento
un pò sopraffatto da tutto questo rosa.»
«Beh,
mi sembra giusto
ricambiarti con la stessa moneta. Hai dimenticato l’effetto
che ha avuto su di
me tutto quel blu che ci circondava nel tuo albergo?»
Lenny
osservò la
sfumatura della veste che indossava Midge. Assunse un tono giocoso
fingendosi
sicuro di sé.
«Vari
indizi mi
confermano che la mia influenza su di te non è ancora
scomparsa. Chiaramente, nessuno dei due è bravo a nasconderlo.»
Se
non fosse stato per
qualche inevitabile ruga e qualche nuovo capello bianco, niente avrebbe
potuto
convincerla che la tensione percepita nel mezzo metro che li separava
potesse
essere diversa da quella di quasi un ventennio fa. Era colpita
dall’intramontabile
vigore della loro sintonia sessuale e intellettuale. Quindi,
abbandonò
l’atteggiamento difensivo che aveva assunto nella postura e
si sciolse
completamente, lasciando che Lenny le si avvicinasse di più.
«Per
rispondere alla tua
domanda di prima: non ho mai avuto alcun dubbio che ne sarebbe valsa la
pena.»
Midge
annuì consapevole.
«Persino
quando facevo
fatica a risalire dal fondo, una voce dentro di me
mi
spingeva a non mollare, perché prima o poi tutto quel
dimenarsi nel fumo nero avrebbe
trovato un senso, capisci? Nel più ampio schema delle
cose.»
«La
felicità non rientra
in questo schema, vero?»
Lenny
alzò le spalle, «Dipende
da come la vedi. Puoi fingere di non essere mai stata felice? Se
dovessi
rivedere la tua vita cambiando prospettiva, penseresti davvero che
quella che
hai avuto prima di diventare la signora Maisel era la
felicità? Se ami ciò che
fai è perché ami il modo in cui ti fa sentire,
non come fa sentire gli altri. E
io, senza nessuna presunzione, sono certo che tu sia stata felice
persino
qualche minuto fa, anche se forse in un modo diverso dal
solito.»
«Ma
quanto sei diventato
saggio!»
«Nah,
è solo merito della
mia chioma canuta.»
Midge
gli spostò un
ricciolo ribelle dalla fronte, «Lo escludo. Non tutti i saggi
sono così sexy.
Vedi i miei rabbini per esempio…»
Le
prese la mano e la
portò alle labbra. Prima di baciarla disse,
«Qualcuno mi ha riferito che sei
stata tu a promuovere a destra e a manca la petizione per il mio
rilascio dopo
l’arresto al Cafe Au Go Go nel ’64. Sei andata alla
ricerca dei migliori
avvocati che potessero difendermi in tribunale e hai supplicato Susie
di darmi
una mano ogni volta che poteva.»
Midge
iniziò a
massaggiargli la testa, beneficiando della sensazione di avere i suoi
capelli
brizzolati tra le dita. Lui non smise neanche per un attimo di
guardarla negli
occhi.
«Non
sono mai stata brava
a tollerare le ingiustizie. Una volta, per difendere una ragazza dalle
grinfie
di uno stronzo, mi sono fatta arrestare per pirateria nel bel mezzo del
fiume
Hudson! Non credo siano in molti a poter vantare un tale
onore.»
«Sono
tante le cose che non
so...»
«Non
preoccuparti. Ho
fatto una lista di tutto quello che ti sei perso.»
«Eri
così sicura che
sarei tornato?»
Midge
distolse lo
sguardo, «Non te ne sei mai andato veramente.»
Calò
il silenzio.
«Scommetto
che conservi
delle battute scoppiettanti su un certo Philip Roth e il suo
proverbiale senso dell’umorismo.»
Cercò
di sdrammatizzare,
pur avendo il cuore diviso in tanti piccoli pezzi. Sapere che Midge
aveva
cercato l'amore in qualcun altro non lo aveva mai sorpreso,
ma non poteva
fingere di non aver sofferto tutte le volte che lo aveva scoperto dalla
tv
oppure, ancor peggio, da quella chiacchierona di sua madre.
«C’è
stato un tempo in
cui pensavo di non avere il diritto di infierire su di lui, sai dopo la
fuga
dall’altare. Tecnicamente, non sono nemmeno riuscita ad
affrontarlo di persona.
Ci ha pensato Susie per me. Ma poi mi sono ricordata chi sono: una
comica, non
un’attrice. Da allora non smetto di parlare della banana che
ho mangiato nella
suite dell’hotel mentre Philip era
sull’altare.»
«Ne
ho sentito parlare. Susie
mi ha raccontato delle storie esilaranti sulle Hawaii.»
«Non
ho alcuna idea di cosa
ti abbia potuto riferire. Sono sempre stata una brava ragazza ebrea,
almeno
fino a quando qualcuno di mia conoscenza non ha pensato di corrompermi
senza
alcuna pietà. Ben prima del nostro passionale rendez-vous
nella sua
stanza molto turchina.»
Cercò
di capire quale
fosse la sua reazione, guardandolo solo con la coda
dell’occhio. Un ricordo
condiviso in due e segreto a tutti, perché troppo intimo per
essere esposto
sulla pubblica piazza. Senza mettersi d’accordo, avevano
protetto la loro bolla
magica dalla profanazione degli sguardi indiscreti e delle calunnie.
«Ma
sì, la sua parte
preferita è sempre stata quella in cui le confessavo di
essere ancora
innamorata di Joel. La mia crisi isterica prematrimoniale ha prodotto
un
monologo sul vero amore che chiunque avrebbe trovato divertente in quel
momento,
tranne me. Come ho potuto pensare che Joel potesse farmi ridere? Se
tornassi
indietro mi direi di non illudermi. Abbandona la ricerca, piccola
Midge! Quello
che cercavi non è più disponibile per
te.»
«Sarà
per questo che hai
smesso di ridere. Sono anni che non lo fai più neanche
durante i tuoi spettacoli.»
«Hai
prestato molta
attenzione a me in questi anni, non è
così?»
Lenny
scoppiò a ridere, «Perché
questo ti sorprende ancora così tanto?»
Midge
lo guardò come se
gli stesse scrutando l’anima. Scosse la testa e si
abbandonò sul divano, persa
nei suoi pensieri. Lenny le accarezzò le gambe timidamente.
C’era qualcosa di
familiare nella facilità con cui Midge aveva deciso di
stenderle sul suo grembo:
la malinconica amarezza dei gesti negati dalle loro scelte.
«A
furia di guardare
indietro si rischia di non vedere quello che c’è
davanti.»
«Volevo
soltanto qualcuno
che mi facesse ridere a colazione…»
Lenny
prese il bicchiere
vuoto che Midge teneva ancora in mano e lo appoggiò sul
tavolino di fronte.
Poi, frugò nella tasca della giacca per tirarne fuori un
oggetto che le
apparteneva. Aspettò che Midge si sedesse e le porse la
busta di carta in cui
si trovava il biglietto della fortuna.
«Non
ti aspetterai di
essere l’unica collezionista di anticaglie, vero? Ogni notte
insonne che ho
trascorso a disintossicarmi, ho ascoltato i vinili delle tue esibizioni
per
trovare… un po' di pace. Mi consolava sentire la voce di una
persona in gamba
che ce l’aveva fatta. Un’amica molto speciale che
mi ha fatto girare la testa
dalla prima volta che l’ho vista.»
«Quando
mi hai vista
indossare il mio corsetto da palco?»
«No,
quando ti ho vista
brillare talmente forte da accendere in me una scintilla che pensavo si
stesse
estinguendo. Da quando hai risvegliato la mia attività
cerebrale grazie al tuo acume.
Da quando la tua presenza mi ha fatto sentire completo, anche se solo
per un
paio d’ore. Da quando ho smesso di farmi la guerra per non
spezzarti il cuore.»
Midge
si voltò a
guardarlo completamente ammaliata dalla sua dichiarazione.
«Dipende
ancora una volta
dai punti di vista. Non abbiamo avuto tutto, Lenny.»
«Non
è mai stato questo
lo scopo del gioco, Midge. Tu sei riuscita a trovare la tua voce e a
farla
ascoltare. È questo il più grande successo.»
Aveva
un tono così calmo
e sicuro che Midge non provò neanche a contestarlo.
«Ti
andrebbe di cenare
con me stasera? Ho ordinato una montagna di cibo cinese e non mi va di
ingozzarmi tutta sola.»
«Vuoi
dirmi che
finalmente è arrivato il mio turno?»
Capì
subito a cosa si
riferiva. La profezia che le aveva fatto alla fine della loro cena
romantica si
era avverata molto prima di quanto pensasse. Ora toccava a lei
offrirgli la
cena dal cinese. Midge aveva temuto che l’occasione giusta
per mantenere la sua
promessa non sarebbe mai arrivata. Il debito che aveva nei suoi
confronti non si
sarebbe estinto nemmeno con un banchetto di tre giorni, ma
l’importante era dimostragli
che non aveva dimenticato neanche una parola di quello che le era stato
detto
nel corso della loro fin troppo breve frequentazione. Ogni suo
insegnamento era
stato una spinta verso il futuro per fare meglio, per vivere meglio.
«Non
preoccuparti, ti riconsegnerò
tutto intero a tua madre. Lo prometto.»
Lenny
nascose il ghigno
dietro la mano: un’adorabile abitudine che non aveva ancora
perso.
«Quindi,
vorresti
liberarti di me al nostro nuovo primo appuntamento?»
«Chi
ti ha detto che è un
appuntamento?»
«I
tuoi grandi occhi
espressivi e l’eccitazione del tuo corpo.»
Nel
frattempo, Midge si
avvicinò a lui e gli posò una mano sul ginocchio
per poi salire con delicatezza
verso la coscia.
«Attento,
signor Bruce.
Così mi farai perdere la testa…»
Lenny,
mantenendo il
contatto visivo con le sue labbra, sussurrò,
«Potrebbe succedere più di una
volta, ti avverto.»
«Lo
ricordo molto bene.»
Midge
lo prese per la
cravatta e lo baciò così appassionatamente da
farlo ricadere sulla schiena, sui
soffici cuscini del suo divano color crema. Quando riprese fiato gli
accarezzò
il mento auspicandosi di riuscire a soddisfarlo ancora prima
dell’antipasto.
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