«Dopo
questa lunghissima
retrospettiva sulla sua carriera non potrà più schivare la mia ultima domanda…»
«Per
caso mi stai dando
della vecchia, Jhonny?»
Il
pubblico non mancò di appoggiarla con l'abituale repertorio di
risate e
applausi.
«Allora,
è ancora del
parere di non avere tempo per i rimpianti, signora Maisel?»
Jhonny
Carson la
punzecchiò dall’altra parte della scrivania del Tonight
show. Era
tristemente noto a tutti che dietro la patina abbagliante del suo
successo si nascondesse
una realtà domestica desolante. I rotocalchi erano
sempre stati
impietosi verso la diva che era diventata, pur non allontanandosi
troppo dal
tratteggiare con accurato sadismo la sfortunata serie di relazioni che
si erano
susseguite nel corso della sua vita privata. Si era fatta terra
bruciata
intorno a sé facendo in modo che la profezia di Lenny si
avverasse: era
diventata una donna ricca, famosa e viveva in una villa di inestimabile
valore…
ma tutta sola.
Midge
si morse il labbro
inferiore e alzò un sopracciglio, «Vuoi che
ammetta di aver sbagliato qualcosa
nella mia vita perfetta? E vuoi che lo faccia di fronte ai
milioni di
telespettatori che ci stanno seguendo? Beh, caro… credo che
se ottenessi ciò che vuoi i miei avvocati vi manderebbero in bancarotta. E poi, non fingiamo che
non sia
mai stato un mistero.»
«Si
riferisce al
sensazionale divorzio tra lei e la sua manager, Susie Myerson, oppure
ha
qualche altro scheletro nell’armadio da rivelarci?»
«Ti
prego di mostrare un
pò di pietà per i miei sentimenti, Jhonny! Ho ancora la
possibilità di
ricavare qualche dollaro dalle mie tragedie personali, vorresti
togliermi anche
il piacere di una futura pubblicazione di memorie piene zeppe di
rimpianti?»
Il
tono indifferente che
aveva usato non tradiva alcuna offesa o malinconia. Era riuscita a
trasmettere
chiaramente il messaggio che desiderava arrivasse: niente e nessuno
poteva
scalfire la corazza di cinismo che si era costruita con fatica per
difendersi
dall’invadenza dello sguardo altrui, sempre puntato sulla sua
solitudine.
A
quel punto il
conduttore si alzò in piedi e le porse una mano per
ringraziarla, ma prima di
salutarla si rivolse direttamente in camera per concludere un patto con
gli
spettatori, «La prossima volta riuscirò a far
confessare alla signora Maisel
tutti suoi segreti. Parola di Jhonny Carson!»
Midge
uscì dallo studio
congedandosi dal pubblico con un lieve inchino.
Mentre
lasciava che i tecnici la liberassero dal microfono, riuscì
a cogliere di
sfuggita l’annuncio della prossima intervista
nell’anticipazione della
pubblicità: Lenny Bruce sarebbe stato il prossimo ospite ad
occupare la
poltrona.
Per
la prima volta, dopo
più di dieci anni, Midge provò nuovamente
qualcosa in grado di smuoverle dei
sentimenti e di prenderla alla sprovvista.
Le
era stato detto che le
puntate venivano registrate qualche settimana prima della messa in onda
dello
show; perciò, sarebbe stato ingiusto accusare i responsabili
di aver scelto
deliberatamente di far seguire alla sua intervista quella
dell’insuperato re
dei comici. Non aveva ancora il potere di determinare la logistica
della
programmazione televisiva, ma se solo lo avesse saputo in anticipo
avrebbe
rinunciato senza dubbio all’invito di Carson.
Piuttosto
che tornare in camerino, Midge preferì aspettare per qualche
minuto nel
backstage.
Voleva
vederlo senza farsi cogliere in flagrante, perché non sarebbe riuscita a fingersi
disinteressata sapendolo così vicino. Naturalmente,
non era certa che il suo sentimento fosse corrisposto: dopo averlo quasi
perso
per sempre nel 1966, Midge aveva posto la parola fine alla
presunzione di poterlo
salvare dai suoi demoni, sebbene avesse cercato di farlo ripetutamente
e nella
maniera più delicata possibile, lavorando dietro le quinte
attraverso la
mediazione di Susie.
Lenny,
da parte sua, non aveva mai smesso di respingere ogni invito a cambiare
idea.
Ma
per Midge non era mai stato quello il punto. L’unica cosa che
aveva sempre voluto
per lui era convincerlo a vedersi come lo vedeva lei, che non si
lasciasse
consumare dal cinismo del mondo. Se solo glielo avesse chiesto non
avrebbe
impiegato un secondo a cedergli le sue lenti rosa.
Il
pubblico era cambiato, ad eccezione di un’anziana signora in
ghingheri che stava
tentando di approcciarla.
Non
era in vena di
fingere cortesia per lungo tempo. Pensò di liquidarla in un
paio di minuti.
Tuttavia, dopo aver scambiato i soliti convenevoli, la piccola donna
tirò fuori
tutta la sua grinta per convincerla ad ascoltarla con attenzione.
«Mio
figlio mi ha sempre
parlato bene di te, sai?»
Dopo
aver espirato il
fumo della sigaretta appena accesa, Midge replicò,
«Oh cielo! Chiaramente non
si tratta di uno dei miei quattro ex mariti.»
Pur
non riconoscendo quel
viso, percepiva qualcosa di familiare nello sguardo acuto e determinato.
«Con
chi ho il piacere di
parlare?»
«Sally
Marr. Non ci siamo
mai incontrate di persona, eppure spero che tu mi conosca almeno un
pò.»
Midge
fece un piccolo
passo indietro, spiazzata dalla rivelazione. Non solo era finita per
ritrovarsi
davanti a una collega, seppure molto meno famosa di lei, ma anche alla
donna
che poteva vantarsi di essere la madre del miglior comico mai esistito
in tutto
il pianeta. Decise che sarebbe stato meglio sbarazzarsi della sigaretta
e la
lasciò in mano a un assistente di passaggio.
Si
schiarì la voce, «Ho
sentito parlare di lei, ovviamente.»
«Lenny
mi aveva avvisata che avrei potuto far fatica a riconoscerti sulla base
di una descrizione
che risale a più di un decennio fa. Non intendo fisicamente,
no. Anche perché persino
per una vecchia rincoglionita come me sarebbe stato difficile
dimenticare il
volto di una delle più belle star della scena comica
contemporanea.
Ha
cercato in tutti i modi di dissuadermi dall’accompagnarlo a
New York, perché
era convinto che se mai ti avessi incontrata sarei potuta rimanere
delusa.»
«E
aveva ragione?» Ingoiò quel poco di saliva che le
era rimasta con grande
difficoltà.
«In
parte.»
Quello
fu un duro colpo
per il suo orgoglio, ma decise di mascherare il dispiacere che provava
portando
avanti la conversazione.
«E…insomma,
le cose vanno
meglio per lui?»
Detestava
la facilità con
cui i suoi occhi diventavano lucidi ogni volta che pensava a Lenny.
Il che
succedeva dolorosamente spesso, doveva ammetterlo.
«È
molto complicato
rispondere a questa domanda, ma sì. È impegnato
con il lavoro, come sempre.»
«Ottimo.»
«Ma
il suo vuoto
interiore non si è colmato con successo in questi anni. Lo
so io come lo sa
bene anche lui.»
Sally
la studiò
intensamente, «Hai lo stesso sguardo di rimpianto che vedo in lui
quando parliamo di
te. E non mi pare di averti mai vista così
spaventata.»
«Ah
sì? E da cosa sarei spaventata? Le
sembro più terrorizzata ora di quando mi esibisco in un
teatro pieno zeppo di persone?
No, le assicuro che ho un bel paio di palle sotto la gonna.»
«Ascoltami
figliola, dietro
quella facciata di imperturbabilità che ti sei appiccicata
sul viso c’è una
grande paura. Sai che intendo? Non
capirò mai
perché abbiate scelto di non…provarci. Sì, ancora oggi che sono passati così
tanti anni sono convinta che siate indispensabili alla vostra
felicità
reciproca. Ma siete due cazzo di conigli nella vita
sentimentale!»
«Ha
rinunciato allo
showbiz per darsi all’organizzazione di incontri, signora
Marr? Mi sembra di
sentire parlare mia madre, ma senza la tipica inflessione
dell’Upper West Side.»
«La
signora Marr è mio
figlio. Chiamami pure Sally, se non ti dispiace.»
«E
da quando lei e suo
figlio vi rubate le battute? Questa cosa mi è del tutto
nuova.»
Sally
alzò le spalle
sorridendo, «Ha preso dalla migliore.»
Colse
perfettamente
l’ironia dietro quelle parole.
La
trasmissione avrebbe ripreso di lì a poco e gli autori
intimavano loro di far
silenzio. Adesso che anche Lenny doveva trovarsi nei paraggi, Midge si
sentì
esposta.
Quando
Carson lo annunciò non poté fare a meno di
trasformarsi in un coniglio, rintanandosi
con la coda tra le gambe nel suo camerino.
Una
volta varcata la
soglia di quel covo sicuro fu un dettaglio che prima non aveva notato a
catturare completamente la sua attenzione. Sul tavolo illuminato dai
fari erano
stati disposti dei cesti ricolmi di arance e una busta di carta
sigillata che
Midge andò subito a scartare. Di omaggi da parte degli
ammiratori ne aveva
ricevuti tra i più vari, ma mai nessuno aveva pensato di
regalarle un trionfo
di arance così lucide da potercisi specchiare. Non poteva
essere una
coincidenza.
Si
riprese dalla corsa
riempiendosi un bicchiere d’acqua che mandò
giù mentre leggeva la familiare
grafia. Con una mano sul cuore cercava invano di rallentare i battiti
causati
dall’emozione:
“Cara
Upper West Side,
spero
tu sappia che recentemente la lista delle mie richieste da
“diva” ha toccato il
fondo ed è stato solo per merito tuo. La mia reputazione non
è mai stata
peggiore di così! Se non mi credi chiedi pure a tutti i
fruttivendoli di Los
Angeles. Credo di aver creato un bel problema per molti di quegli
insopportabili genitori salutisti che abitano nel mio quartiere. Ma che
vuoi
farci, c’est la vie!
È
stata Susie a farmi la soffiata, in un caldo pomeriggio trascorso
insieme a
Santa Monica. Tra un surf e l’altro non abbiamo mai smesso di
interessarci a
te, se proprio vuoi saperlo.
Ma
voglio che tu sappia anche che, per quanto mi riguarda, né
le arance né il sole
della California e neppure la fastidiosa vicinanza del
signor Disney sono bastati
a farmi dimenticare le gioie che ho provato nell’East Coast.
Solo Kitty è
riuscita a rendermi felice quanto lo sono stato con te, sotto la
pioggia e la
neve delle nostre serate newyorkesi. Forse ho preteso
l’impossibile sperando di
potervi avere entrambe nella mia vita. In un modo o
nell’altro mi manca sempre
qualcosa…
Come
ti dissi un pò di tempo fa, ho mantenuto la parola e ho affittato
diverse
nuvole sperando di avvertire meno la tua assenza.
Ho
aspettato che piovesse per sentirmi finalmente triste, ma non ha
piovuto.
Sapevo
che non mi avresti lasciato da solo sotto l’acquazzone.
Sei
sempre stata la mia ragione preferita per cui essere triste.
La
tua Eva,
L.B.”
Midge
infilò una mano nella scollatura dell’abito per
pescare il biglietto che
portava con sé dal 1961, ovvero dalla sera in cui tutto era
cambiato sotto la
luce dei riflettori del programma di Gordon Ford.
Prese
di scatto un rossetto e scrisse sul retro della busta
l’indirizzo della sua
dimora milionaria; poi, ci inserì dentro la sua
“fortuna” separandosene a
malincuore con un bacio.
Sgattaiolò fuori dalla stanza verso il camerino del signor Bruce e fece passare il messaggio sotto la porta. Ticchettando rapidamente con le scarpe in direzione dello studio, fece rotolare un’arancia fino a raggiungere i piedi della poltrona sulla quale Lenny era seduto per poter richiamare la sua attenzione. Un minuto dopo si dileguò nell’oscurità delle sue pupille dilatate, come se fosse stata soltanto un’allucinazione.