Cosa Non Si Può Trovare Spulciando Nella Sala Archivi…

di LadyMorgan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cosa Non Si Può Trovare Spulciando Nella Sala Archivi… ***
Capitolo 2: *** Cosa Non Si Può Trovare Spulciando Nella Sala Archivi (II) ***



Capitolo 1
*** Cosa Non Si Può Trovare Spulciando Nella Sala Archivi… ***


Cosa Non Si Può Trovare Spulciando Nella Sala Archivi…

Anno: 1971

Punizione a: James Potter, Sirius Black e Peter Minus

Causale: disturbo di una lezione

Pena: scrivere alla lavagna cinquecento volte “C’è un motivo per cui in testa ho un cervello e non un buco”

 

Era come sempre immersa in un silenzio sonnacchioso l’aula di Storia della Magia di quell’afoso pomeriggio di maggio. La maggior parte degli studenti sembrava in preda alla pennichella pomeridiana, senza curarsi di quali fossero i danni causati dallo scisma della Confederazione degli Stregoni del 1042.

Parecchio lontano dalla cattedra, un ragazzo dal viso rotondo sembrava sul punto di cominciare a ronfare. Solo nella prima fila due studenti, vincendo caparbiamente la pesantezza delle palpebre, riuscivano ancora a prendere gli appunti.

Non mancava molto alla fine della lezione quando un ragazzino dalle ultime file si alzò in piedi e sbraitò, facendo sobbalzare tutti gli studenti: «È inaccettabile tutta questa rilassatezza e lascività!»

Un secondo ragazzo, seduto accanto al primo, si alzò in piedi tanto in fretta da rischiare di far cadere gli occhiali e scattò sull’attenti. «Sissignore! Ha ragione, signore!»

«Non avevo forse espressamente ordinato ordine e disciplina?!» sputò quell’altro cominciando a muoversi intorno al secondo con le mani incrociate dietro la schiena.

«Sissignore! Mi dispiace, signore!»

«Del tuo dispiacere mi faccio un accidenti! Avevo dato un ordine e tu non l’hai eseguito!»

«Chiedo scusa signore!»

«E ora sulla coffa, a cercare i nostri lidi!»

«Sissignore! Farò del mio meglio, signore!»

Mentre il secondo ragazzo si arrampicava sul banco e si portava una mano agli occhi come per ripararli dal sole, il resto della classe non poteva fare altro che restare a guardarli a dir poco annichiliti. Perfino il vecchio professor Rüf aveva interrotto la sua lettura e stava guardando a bocca aperta quei due ragazzi che osavano disturbare la sua lezione.

Frattanto quello moro dagli occhi grigi si era avvicinato ad un ragazzino piccolo e mingherlino seduto alla sua sinistra e lo stava guardando furibondo.

«E tu, mozzo! Cosa ci fai ancora fermo?! Questa nave è un porcile! Vorrei sapere cos’ha fatto per ridursi in questo stato miserevole!»

Il ragazzino tremava appena, ma il gesto con cui scattò sull’attenti era perfettamente bilanciato.

«Avevo ordinato pulizia. Pulizia, capisci, mozzo?»

«Sissignore! Mi dispiace, signore!»

Qualunque altra recriminazione in arrivo venne interrotta dal ragazzo con gli occhiali che, dopo aver aguzzato la vista si mise ad urlare: «Capitano! Capitano! TERRAAAAAAA!»

L’altro lo guardò. «Terra? Terra?! Evviva! Siamo salvi!»

Dimentico degli screzi di poco prima, prese sottobraccio il “mozzo” Minus e iniziò a ballare una danza della vittoria.

«Scherzavo.»

La danza si interruppe bruscamente.

«Ma come scherzavi?» iniziò Minus prima che il capitano Black saltasse su con la bava alla bocca urlando: «Bastardo! Infame! Vieni giù, traditore fedifrago, che ti strappo le viscere!»

«Capitano! Capitano! TERRAAAAAA!»

«No, no…» rispose Minus scuotendo saggiamente la testa.

«TERRA!» ripeté la vedetta Potter.

«Non ci caschiamo questa volta, ma che siamo scemi?» gli rispose con disprezzo capitan Black.

«Stavolta è vero!» rispose eccitatissimo vedetta-Potter.

E in quel preciso istante suonò la campanella, mettendo le ali ai piedi agli attori di quell’assurda scenetta, tanto inconsueta e tanto pazzesca che nessuno era riuscito a proferir verbo prima della sua conclusione.

Solo un ragazzo, una volta fuori, osò andargli incontro per stroncare sul nascere le loro pazze risate. «Ma siete completamente andati fuori di testa? Cosa vi è saltato in mente?»

«Andiamo, Rem» rispose James Potter, tenendosi la pancia per il gran ridere. «In fondo senza di te non ci saremmo mai riusciti!»

«Già» confermò Sirius Black cercando con scarso successo di articolare le parole. «Sei tu che ci hai parlato di Cristoforo Colombo… e poi abbiamo dato una dimostrazione di storia, il prof dovrebbe essercene grato… hai visto come erano tutti attenti?»

 

 

Anno: 1972

Punizione a: James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus

Causale: scherzo di cattivo gusto al custode

Pena: pulitura dei bagni del secondo piano senza magia

 

«Io odio le acciughe» dichiarò Remus Lupin guardando con disgusto il piatto della cena.

Di fronte a lui, Peter Minus si stava abboffando di quelle stesse ignobili acciughe tanto deprecate. «Pefché?» chiese cercando di ingoiare.

«Oh, basta vederle!» esclamò lui sollevando con disgusto la forchetta, a cui era infilzato l’innocentissimo pesce. «Insomma, sono piccole, piene di spine, con un sapore disgustoso ed un odore anche peggio!»

Alla sua sinistra, James Potter rischiò di strozzarsi nel succo di zucca. «C-cosa hai detto?» chiese riemergendo dopo essere riuscito a prendere fiato.

«Ho detto che sono piccole, piene di spine, con un sapore disgustoso…»

«No, no, la parte finale!»

«Eh?» chiese Remus perplesso. «Ho detto che hanno un odore anche peggio…»

«Eccolo!» esclamò James tanto forte che mezza tavolata si voltò verso di lui. Fece un gran sorriso ed alzò i pollici per tranquillizzarli e poi si chinò verso il ragazzo di fronte a lui. «Puzzano, Sir, puzzano!»

«Sì, Jamie, ne sono consapevole» rispose lui con gli occhi che cominciavano a brillare ma fingendo indifferenza.

«Non pensi anche tu che il nostro Rem sia geniale?»

«Geniale davvero» annuì l’altro. «Ma credo sia perfezionabile… Remus, dammi quelle acciughe!»

Il ragazzo lo guardò perplesso. «Cosa? Vorresti mangiarle tu? Credevo che neanche voi ne foste così pazzi…»

«Ma cosa hai capito, testa di rapa!» rispose Potter appellando silenziosamente uno dei barattoli di sottaceti presenti sul tavolo e svuotandolo velocemente degli stessi. «Passami le acciughe, su! Dobbiamo riempire tutto il barattolo…»

 

«Sirius, non mi sembra affatto una buona idea…»

«Zitto, Remus! Mi deconcentri…»

Due ragazzi erano acquattati nell’ombra di un’armatura osservando con attenzione la porta alla loro sinistra.

«Allora, James e Peter dovrebbero entrare in azione più o meno… ora» calcolò Sirius guardando l’orologio.

Neanche ad annunciarlo, da sopra si sentì un boato e il fragore di qualcosa che crolla. Come spinta da una molla, la porta si aprì e ne emerse un furibondo custode. «Non ci posso credere» stava borbottando. «Non ci posso credere! Ah, ma se ne hanno combinata un’altra delle loro, politica della scuola o no…»

Si allontanò sempre di più seguito dalla sua fida gatta, Mrs Purr.

«Non è che ci voglia proprio bene, vero?» commentò Sirius quando fu fuori dalla portata di voce.

«Prova a chiederti il perché» ribatté Remus uscendo dal suo nascondiglio.

«Oh, be’, non ha importanza» rispose l’altro lisciandosi la divisa. «Gli stiamo per lasciare un nostro ricordino omaggio…»

Silenziosamente, i due entrarono nell’ufficio del custode. «Bel posticino» fu il primo commento dell’Erede dei Black guardandosi attorno. La stanza era completamente spoglia e priva di finestre, con solo una scrivania scura al centro e alcune catene appese alle pareti. «Be’, se vuoi la mia Silente potrebbe anche dargli un aumento…»

«Stai zitto. Stai zitto!»

«Oh, siamo un po’ nervosi, Remusuccio?» lo canzonò Sirius. Poi d’un tratto assunse un’aria professionale. «Vuoi avere tu l’onore?» chiese prendendo da una delle capaci tasche Il Barattolo.

L’altro lo soppesò con lo sguardo un paio di secondi e poi scosse il capo.

«Oh, be’, come vuoi» acconsentì lui aprendolo dopo averlo messo a debita distanza.

Un odore nauseabondo si diffuse per la stanza.

«Oh, cielo, Sirius, quanto puzza!» esclamò Remus tappandosi il naso con sguardo schifato.

«Sono acciughe lasciate macerare al sole per tre giorni con l’aggiunta di una pozione lassativa, Remus, cosa ti aspettavi?» ribatté l’altro prendendo con precauzione una strisciolina di pesce e mettendola sopra le catene. Un’altra finì in un angolo della stanza e diverse nei vari cassetti, ognuna poi ben coperta con strati di fogli e carta. «E per finire…» concluse Sirius prendendo le ultime tre striscioline, «il colpo di grazia.» Le mise nella ciotola vicino alla porta, poi richiuse il barattolo. «Perfetto, Remus, e ora via di corsa!»

 

 

Anno: 1973

Punizione a: James Potter e Sirius Black

Causale: arroganza nei confronti di un’insegnante

Pena: riordinamento sala dei trofei, senza magia

 

«Seduti, ragazzi» ordinò secca la McGranitt entrando in classe.

La maggior parte degli studenti si mise immediatamente seduta più composta. In prima fila, Remus Lupin e Lily Evans avevano già pronto davanti a loro un foglio di pergamena per gli appunti ed una piuma ben temperata.

La professoressa fece scorrere lo sguardo fino alle ultime file, dove stravaccato con i piedi sul banco ed un’espressione di noia assoluta stava una delle sue due spine nel fianco: Sirius Black. Al momento non sembrava intento a fare niente di illegale, ma c’era qualcosa che non quadrava in quell’immagine. La professoressa ci mise un secondo per accorgersi che il qualcosa era la spina nel fianco numero due, James Potter.

«Black, dov’è Potter?» chiese seccamente.

Il ragazzo riatterrò sulle zampe anteriori della sedia e mise giù i piedi dal tavolo, incrociando giudiziosamente le dita e chiedendo con un sorrisetto: «La domanda più appropriata, professoressa, sarebbe: chi è Potter?»

«Cosa…?»

Lo stupore non fece in tempo a serpeggiare per tutta l’aula che con una rocambolesca capriola una figura venne fagocitata fuori dall’armadietto dei libri atterrando accanto alla cattedra e puntando la bacchetta contro la professoressa.

«Ti abbiamo preso, nonnina!» ululò Potter tenendo la bacchetta con entrambe le mani.

«Potter! Black!»

 

 

Anno: 1974

Punizione a: Sirius Black e James Potter

Causale: Trasfigurazione pelo del gatto del custode

Pena: pulire i vasi da notte dell’infermeria senza magia

 

«Oh, è perfetto, assolutamente perfetto…»

Due ragazzi di circa quattordici anni stavano parlando concitatamente lungo un corridoio semivuoto dei sotterranei. Di fronte ad una particolare parete, si fermarono e, dopo essersi cautamente guardati attorno, tirarono fuori da sotto il mantello le bacchette e, con una formula mormorata a fior di labbra, resero la superficie del pavimento ghiacciata e scivolosa in attesa del giorno dopo.

«In fondo tutti si meritano un buongiorno» commentò sogghignando quello con gli occhiali.

L’altro gli dette il cinque, ma un improvviso miagolio li fece girare di scatto: la vecchia e rinsecchita gatta del custode li stava guardando con palese rimprovero.

«Non so tu, ma io ho sempre avuto la sensazione che il Mantello non funzionasse contro i gatti» sussurrò quello moro guardando con apprensione l’animale.

«No, neppure io…» annuì James. Poi un sorriso gli illuminò il volto. «Sirius, non trovi che il suo pelo abbia un colore del tutto fuori moda?»

«Mi hai letto nel pensiero, Jamie…» rispose l’altro con un sogghigno. «E poi, dato che ormai siamo annunciati al mondo, tanto vale farlo con stile…»

Due incantesimi partirono dalle loro bacchette e colpirono in pieno il povero gatto. Purtroppo per lui, i due ragazzi dovevano avere due idee molto diverse su quali fossero i colori allora di moda, perciò l’animale si ritrovò con coda e zampe posteriori giallo bile e testa e zampe anteriori verde pisello.

I due lo guardarono critici. «Mhm, secondo me manca ancora qualcosa…» commentò Sirius prendendosi il mento.

«Mai stato più d’accordo. Che ne dici di un…?»

«Sì, è perfetto.»

Una leggera torsione di polso, e su entrambi i fianchi del gatto si poté leggere la scritta rosso sgargiante “I <3 Gazza”.

«Decisamente meglio» commentarono tutti e due soddisfatti andandosene, mentre il povero animale, stordito da tutti quegli incantesimi, cercava di capire cosa fosse successo.

 

 

Anno: 1976

Punizione a: ?

Causale: ?

Pena: ?

 

«Seduti, ragazzi» disse atona la professoressa McGranitt entrando in classe, ben consapevole che due studenti non l’avrebbero ascoltata.

Si voltò rassegnata verso la scolaresca e, con suo sommo stupore, vide al primo banco due ragazzi che mai, volontariamente ed in pieno possesso delle proprie facoltà mentali, si sarebbero seduti lì.

Rimase a bocca aperta per qualche secondo, scrutandoli con sospetto, ma loro gli rivolsero uno sguardo talmente serio e concentrato che non riuscì a piccar verbo. «Dunque, sì, bene…» Si schiarì la voce cercando di riprendere il controllo della situazione. «Come vi avevo annunciato la scorsa lezione…»

Non ci poteva credere. Non era umanamente possibile. James Potter e Sirius Black erano seduti al primo banco, non solo, erano seduti composti e tranquilli, non stavano infastidendo nessuno e, che Merlino le fosse testimone, stavano prendendo appunti!

Un paio di volte fu quasi sul punto di pulirsi gli occhiali per essere certa di non essere vittima di un’illusione ottica, ma riuscì a resistere alla tentazione: in fondo non poteva essere così paranoica.

Oh, sì che puoi! ribatté il suo Io interiore. Quante volte quei due sono stati tranquilli? Solo quelle in cui stavano per succedere un cataclisma!

Guardò con sospetto i due ragazzi, cercando di capire dove fosse il trucco. Ma non sembrava esserci nessun trucco: erano tranquilli ed ordinati e facevano diligentemente il proprio dovere.

Non fosse che “diligentemente” e “dovere” non possono stare nella stessa frase con “Potter” e “Black”, le ricordò, non richiesto, il suo Io interiore.

E fu lì, un attimo, in cui lo scorse: un’occhiatina d’intesa, maliziosa e rapidissima, corse velocemente fra i due prima che il loro sguardo si abbassasse nuovamente sugli appunti.

Ah-ah! esultò Jago (il suo Io interiore). Visto? Li hai visti? Ne stanno per combinare una delle loro, mi ci gioco il posto.

«Potter, Black, che intenzioni avete?» esclamò la McGranitt guardandoli con profondo sospetto.

I due alzarono due perfetti sguardi innocenti. Non si hanno sguardi così innocenti se non si è colpevoli.

«Ma assolutamente nessune, professoressa» rispose Black con tono profondamente stupito.

«Stiamo solamente facendo il nostro dovere di studenti» confermò Potter.

Lei gli rivolse nuovamente uno sguardo pregno di dubbi e tornò a spiegare.

Il resto dell’ora passò in assoluto silenzio, ma la professoressa non era affatto tranquilla: continuava a scorgere quegli sguardi carichi di sottointesi che si passavano i due ragazzi, senza riuscire a capire cosa stessero per fare, senza poter prevedere il loro obbiettivo e consumandosi le meningi nel tentativo di scoprirlo.

Tramano qualcosa, si disse. Sono sicura che tramano qualcosa!

Tuttavia, l’ora si concluse senza che nessun compagno fosse diventato un macaco, nessuna esplosione era avvenuta, gli arti di tutti erano ancora nella loro posizione originaria e nessuno strano ticchettio turbava la quiete. Al suono della campanella, i ragazzi raccolsero il loro materiale in buon ordine e se ne andarono tranquillamente.

Ora la classe esploderà, si disse la McGranitt preparandosi al peggio. Comincerà a piovere dal soffitto, i banchi si trasfigureranno in cavalli…

 

«Si può sapere cosa diavolo stavate tramando voi due?»

James e Sirius si voltarono con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.

«Come, Rem, non l’hai capito?» chiese James in tono di stupore profondo

«Pensavamo che tu, fra tutti… non so più nemmeno quante volte ci hai raccomandato di fare i bravi, che non ci avresti prestato i tuoi appunti…» continuò Sirius enumerando sulle dita.

«Non scherzate! Cosa c’è sotto?»

«Assolutamente niente» risposero i due con due ghigni che smentivano ampiamente la risposta.

«Insomma, ragazzi, dai!» piagnucolò Peter Minus.

«E va bene» acconsentì alla fine Sirius in tono melodrammatico.

«Ma non qui» aggiunse James trascinandoli in un’aula vuota.

Una volta che tutti si furono accomodati, cominciarono a spiegare: «Vedete, dopo lunghe e dettagliate analisi psicologiche condotte sul soggetto che per tutela della privacy chiameremo M…»

«… abbiamo capito che, dopo tutti, e ci vergogniamo profondamente a dirlo, i danni subiti, non avrebbe potuto credere ad una nostra buona condotta…»

«… specie se accompagnata da quella che le nostre fan definiscono “sguardo malandrino”.»

Remus sbuffò. Non provava alcuna simpatia per il branco di oche che formava il codazzo dei suoi due migliori amici. «E quindi? Scorciate, per favore!»

«E quindi…»

«… abbiamo capito…»

«… che l’unica cosa che la M… voglio dire, il soggetto M non avrebbe assolutamente potuto sopportare…»

«… era la nostra stessa pace» concluse James gongolante. «Mi ci gioco la mia Freccia d’Argento che ha passato tutta l’ora a chiedersi a che gioco giocassimo e dove volessimo andare a parare.»

Remus e Peter li guardarono a bocca aperta.

«Cioè voi… voi non avete fatto niente per… per tenerla sulle spine?» chiese alla fine Peter guardandoli alternativamente.

Due abbaglianti sorrisi furono la sua risposta.

Remus spalancò gli occhi, fece per dire qualcosa, poi fu costretto ad ammettere a voce bassissima: «Voi due siete davvero, perversamente geniali…»

 

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Capitolo 2
*** Cosa Non Si Può Trovare Spulciando Nella Sala Archivi (II) ***


Cosa Non Si Può Trovare Spulciando Nella Sala Archivi (II)

Anno: 1971

Punizione a: Sirius Black e James Potter

Causale: insolenza nei confronti del custode

Pena: scrivere cento volte “Non sono il signore dell’universo”

 

È verità nota e universalmente riconosciuta che le lezioni tenute il pomeriggio di un assolato giorno di aprile siano più ardue a seguire – in fondo, come vuole il proverbio, “aprile dolce dormire” – ma se a questa verità si aggiunge quella che Storia della Magia è la materia più noiosa mai concepita da essere mortale e non, si ottiene un sillogismo che farebbe impallidire lo stesso Aristotele.

Ma non il professor Rüf: lui aveva fatto dell’insegnamento tutta la sua vita, e non sarebbe stata una cosa banale come il sonno dei suoi allievi a distoglierlo dal sacrosanto compito di far addormentare giovani menti innocenti.

Quel giorno in particolare sembrava che la classe fosse ancora più preda del torpore di fine scuola: nemmeno i due più incalliti prendi-appunti della scuola, Remus Lupin e Lily Evans, stavano facendo grattare le penne sulla pergamena, il primo perché malato, la seconda perché aveva deciso che non ne valeva la pena.

Nelle ultime file si poteva notare un soave russare che forniva il perfetto sfondo musicale alla voce monocorde e nasale del professore, e dovunque l’occhio arrivasse si potevano notare banchi usati a mo’ di cuscino e discrete – ma non più di tanto – partite all’impiccato o a morra cinese, a seconda dei casi.

Fu quando la porta si spalancò che l’attenzione di tutti parve mettere capolino fuori dalle porte blindate delle loro menti: effettivamente il tonfo di legno contro pietra era stato tanto brusco da riportar bruscamente metà della scolaresca nel triste mondo della realtà.

«Potter! Black!»  sbraitò il custode, il signor Gazza, sputacchiando saliva tutt’attorno a sé.

Un ragazzo dagli occhi argentati alzò pigramente la testa. «Oh, è arrivato, alla fine» disse guardandolo con occhio appannato. «La prego di portarmi un caffè il più presto possibile. In una tazzina dovrebbe andare bene, possibilmente nero, forte, senza zucchero. Magari con un goccio di panna. Sì, credo che la panna sia l’ideale. Ma» aggiunse severamente, «voglio della vera panna, non quella sorta di ricotta che mettono in Sala Grande. E il caffè di arabica pura, per favore, non intendo accettare quell’obbrobrio inglese che servono a colazione. Italiano, se ne avete, o francese, tutt’al più. In tempi brevi, ovviamente. Tu come lo preferisci, socio?»

«Credo che un espresso macchiato caldo sarebbe l’ideale» sbadigliò il suo compagno di banco. «Magari con zucchero a parte, non si sa mai… però alcuni dicono che lo zucchero annulli le proprietà della caffeina, e questo vanificherebbe lo scopo del caffè…» Rifletté spassionatamente qualche secondo. «No, ho deciso, un po’ di zucchero lo voglio.»

«Bene, un Italiano di arabica pura con panna e un espresso macchiato con zucchero» riassunse Sirius a beneficio dell’a dir poco furioso custode. «Se arriva entro dieci minuti potrei soppesare l’ipotesi mancia.»

Il signor Gazza era talmente allibito e rabbioso che il suo viso stava assumendo una poco salutare sfumatura violastra, una vena gli pulsava forte sulla tempia destra e i suoi pugni erano stretti spasmodicamente.

«E si muova, il tempo è denaro, ragazzo mio!» esclamò James impaziente.

Fu come se avesse acceso una miccia. «POTTER! BLACK!»

 

 

Anno: 1972

Punizione a: James Potter, Sirius Black e Peter Minus

Causale: fuoriuscita a tradimento dal bidone della carta e relativa sincope del professor Vitius

Pena: scrivere duecento volte alla lavagna “I miei rifiuti sono soltanto mentali”

 

«Buongiorno, ragazzi!» esclamò il piccolo professor Vitius entrando a saltelli nell’aula.

«Buongiorno, professore!» rispose la classe in coro sedendosi, pronta ad ascoltare la lezione.

Era un tempestosa mattinata di fine ottobre e tutto lasciava presagire che non sarebbe migliorato tanto in fretta. Ma questo non tangeva minimamente né Vitius né la classe.

Il professore raggiunse la cattedra senza incidenti e, dopo essersi arrampicato sulla solita pila di libri necessari per vedere oltre la stessa, cominciò a dire: «Bene, ragazzi, oggi vedremo…» Si interruppe bruscamente notando che nell’aula, per ragioni ignote, era presente quello che apparentemente sembrava un bidone Babbano della carta. «Be’, e che cos’è quello?» chiese giustamente stupito.

Tutti i ragazzi si voltarono come un sol uomo verso l’oggetto che aveva attratto l’attenzione del professore. «Cre-credo sia un bidone, signore» rispose Peter Minus, il più vicino allo stesso.

«Sì, Minus, sembra anche a me.» Lo guardò attentamente per un altro paio di secondi prima di tirare fuori la bacchetta e cominciare a formulare: «Evane…»

A metà parola il bidone si rovesciò su sé stesso e raggiunse rotolando il centro della classe con un gran fracasso facendo sobbalzare tutti. Dopo essersi fermato, si ritirò su e rimase lì, perfettamente immobile come se non si fosse mai mosso.

Ora tutti erano decisamente perplessi, ma nessuno riusciva a parlare.

Il professor Vitius sospirò. «Signor Lupin, apra quel bidone, vediamo cos’è che dobbiamo aspettarci.»

Il ragazzo si avvicinò con una certa precauzione e tolse il coperchio.

Ci fu uno sbuffo di coriandoli di carta straccia e pergamena usata che andarono a depositarsi su tutti gli allievi, prima che due teste sbucassero fuori dal bidone con due identici sorrisi a trentadue denti urlando a squarciagola: «Felice Halloween, prof!»

Dopo una rocambolesca caduta dalla pila di libri, il professor Vitius sentì il suo cuore venir meno per lo spavento.

 

 

Anno: 1973

Punizione a: James Potter e Sirius Black

Causale: comportamenti irrispettosi nei confronti di un insegnante

Pena: due rotoli di pergamena di argomento “Per quali motivi mi faccio una cultura?”

 

«Potter! Black!»

Si era nel bel mezzo di una lezione di Trasfigurazione e i topi che gli studenti avrebbero dovuto trasfigurare erano stati aizzati da due ragazzi in particolare fino a giungere alla ribellione totale: ora zampettavano in libertà nelle gambe di tutti e, sebbene la professoressa McGranitt ne avesse già recuperati la maggior parte, alcuni particolarmente schivi si ostinavano a infilarsi sotto le gambe degli allievi. Quasi tutte le studentesse erano arrampicate sui banchi, ad eccezione di una dagli occhi verdi straordinariamente furiosi che stava pietrificando tutti i topi che riusciva a vedere per poi farli levitare nella scatola che la professoressa aveva messo a disposizione.

Alla fine, fortunatamente, finirono.

Fu una McGranitt dalle narici frementi e le labbra talmente sottili da risultare quasi invisibili quella che si voltò verso tre studenti dell’ultima fila, due dei quali sembravano in preda ad un attacco isterico. «Cosa vi è saltato in testa?» ringhiò avvicinandosi.

I due cercarono di darsi un contegno, poi quello occhialuto riuscì a dire: «Siamo… siamo del… Comitato per i… Diritti… dei Roditori» prima di tornare a ridere.

Gli occhi della professoressa si strinsero a fessure. «Venti punti in meno a Grifondoro. Voi due dovete capire che per restare in questa scuola è necessaria disciplina. Disciplina, sono stata chiara? Non siete in un parco giochi, e non siete neppure a casa vostra, dove immagino vi lasceranno fare quello che volete, ma se pensate di essere lì vi sbagliate, di grosso. Qui si esige disciplina e autocontrollo, mi sono spiegata?»

I due scattarono sull’attenti. «Sissignora!» dichiararono a chiare lettere.

«Bene. E ora a posto, e zitti!»

«Sissignora!» urlarono nuovamente loro sedendosi a posto con i gesti rigidi.

La McGranitt li guardò con le sopracciglia inarcate. «Vi credete spiritosi?»

I due si alzarono immediatamente in piedi scattando sull’attenti. «Nossignora, professoressa!»

«Bene, perché non lo siete. Ora smettetela con questa pantomima e state tranquilli, intesi?»

«Sissignora!» gridarono due in perfetta sincronia prima di sedersi esattamente come prima.

La professoressa sospirò ma decise di ignorarli. Dopotutto non poteva neppure pretendere troppo. «Bene» ripeté sedendosi alla sua cattedra. «Ora che Potter e Black sono così gentili da consentirci di tenere lezione, vorrei che…»

Si interruppe perché Black era appena balzato in piedi scattando sull’attenti.

«Sì, Black?» ringhiò la McGranitt guardandolo truce.

«Ho una – domanda, professo – ressa!» urlò lui guardando dritto di fronte a sé.

Lo sguardo di lei non si addolcì. «E sarebbe, Black?»

«A cosa – ci serve – trasfigurare – stupidi – topi?» scandì lui sempre urlando.

La classe fu percorsa da un risolino, subito tacitato da un semplice sguardo della McGranitt. «Per cercare di mettere un po’ di cultura in quelle teste vuote, Black.»

«E in che modo – questo – c’entra – con gli stupidi – topi?» chiese lui a voce stentorea restando sull’attenti tutto impettito e con lo sguardo fisso.

La McGranitt prese una penna fra le dita e la strinse, immaginando che fosse il collo del ragazzo. «C’entra perché è partendo dagli “stupidi” topi che si può arrivare alle forme più complesse di mammiferi e infine agli uomini» rispose gelida. «E fino a quando non riuscirete a trasfigurare questi scordatevi di poter fare il resto.»

Anche Potter scattò in piedi sull’attenti. «Chiedo – parola, professo – ressa!»

«Cosa vuoi, Potter?»

«Perché quando riusciamo – a trasfigurarli – non passiamo – direttamente agli – uomini?»

«Perché, per quanto voi due siate la dimostrazione del contrario, uomini e topi hanno strutture di complessità diversa, senza contare la semplice dimensione.»

«Era – sarcasmo, quello – professo – ressa?» chiese Black sempre urlando e restando sull’attenti.

La piuma fra le dita della McGranitt rischiò di spezzarsi. «Mi sorprende che tu ci sia arrivato così presto, Black.»

«Professoressa, questo – è un atto – di aggressione – verbale – nei nostri – confronti!» dichiarò Potter senza mutare né tono né posizione.

La classe ridacchiò di novo e la professoressa balzò in piedi. «Voi due mi avete stufato! Fuori dalla mia aula, e punizione per venerdì sera! Vi aspetto nel mio studio per le sei.»

«Sissignora!» esclamarono i due prima di rivolgerle un saluto militare e uscire dall’aula sbattendo i tacchi in una passabile imitazione del passo dell’oca.

La porta si era appena richiusa alle loro spalle, e la McGranitt si era appena seduta, quando sbucò fuori la testa di Potter chiedendo con un sorrisetto: «Secondo lei suona meglio maresciallo o general Granitt…?»

«Fuori!» urlò lei.

 

 

Anno: 1974

Punizione a: James Potter, Sirius Black e Peter Minus

Causale: interruzione della lezione e dell’interrogazione della studentessa L. E. per uno sciocco motivo corale di dubbio gusto

Pena: interrogazione serrata per una settimana

 

Ci sono poche cose note all’umana sapienza che possano terrorizzare gli studenti ben preparati quanto un’interrogazione. Il che sarebbe un paradosso, considerando che, se si è ben preparati, non si ha motivo di temere le domande; il guaio è che più si sa e più si crede di dover sapere, e ciò può causare un’anormale ansia in persone normalmente non ansiose.

Era questo il caso di Lily Evans, che nonostante di Pozioni sapesse più di quanto ne sapessero molti studenti a livello dei M.A.G.O., era sempre terrorizzata alla prospettiva di un’interrogazione in piena regola, come quella a cui la stava sottoponendo in quel preciso momento il professor Lumacorno.

«… e da ciò si può facilmente comprendere che le proprietà della pelle di Girilacco lo rendono ideale per le Pozioni di…»

Ma la quattordicenne non poté mai elencare per quali tipi di Pozioni la pelle di Girilacco fosse ideale in quanto un improvviso rullo di tamburi la fece voltare di scatto verso uno degli angoli più remoti dell’aula di pozione, da cui stava provenendo uno spesso fumo rossastro dietro al quale si muovevano alcune figure a ritmo della musica che si stava alzando da quello stesso punto.

L’intera classe dava la precisa imitazione dello sguardo di un pesce palla mentre da dietro il fumo che si andava diradando si presentava la spettacolare scena di un pianoforte (?!) alla cui tastiera era seduto nientepopodimeno che Sirius Black con la divisa miracolosamente in ordine, un Peter Minus con in mano una specie di organetto e un James Potter regolarmente in divisa ma con un cappello da trovatore in testa ed un mandolino in mano che, dopo aver saggiamente tastato, cominciò a suonare cantando con una stupefacente voce da tenore un motivetto tipo:

 

I was made for lovin you baby

You were made for lovin me

And I can’t get enough of you baby

Can you get enough of me[1]

 

e fissando insistentemente Lily, che da parte sua sembrava indecisa se forare il muro per fare una finestra e defenestrarsi o fare altrettanto con lui.

La classe sembrava rendersi a poco a poco conto di ciò che stava succedendo e già i primi risolini si stavano facendo sentire mentre i tre ragazzi si esibivano nel loro spettacolare numero.

Ad onor del vero bisogna confessare che la voce di James era gradevole e intonata, e che le dita di Sirius stavano facendo miracoli con quel pianoforte spuntato da chissà dove, ma per quanto il professor Lumacorno fosse un noto estimatore di abilità studentesche non sembrava essere incline a tollerare quell’inammissibile spettacolo nella sua classe. O almeno, così speravano gli studenti irritati dal numero, Lily Evans e Severus Piton in testa.

In realtà il professor Lumacorno si stava chiedendo nell’ordine dove avessero trovato un pianoforte, come avessero fatto a portarlo in classe senza che nessuno se ne accorgesse e come facevano a cantare e suonare così bene pur avendo solo quattordici anni.

Una volta finito il numero tutti e tre si esibirono in un inchino degno dei veterani del palcoscenico e si avvicinarono alla cattedra.

Lily era talmente arrossita da sembrare sul punto di prendere fuoco, ma nemmeno il più ottimista degli ottimisti avrebbe imputato ciò ad un gradevole stupore. In realtà, per usare il più edulcorato degli eufemismi, la donzella in questione era furibonda come una faina a cui avessero rubato le uova e imbarazzata come una vergine vestale ad una spiaggia di nudisti, e il sorriso di Potter non faceva che farle aumentare la pressione sanguigna a rischio aritmia.

«Potter…» sibilò, simile ad un serpente e come esso letale.

Gran parte della classe si ritrovò a compatire quel ragazzo così scriteriato da provocare la Evans che dorme…

 

 

Anno: 1975

Punizione a: Remus Lupin (?!)

Causale: insolenza vero il professor Putt

Pena: pulire gli scantinati adibiti alle punizioni corporali per gli studenti medievali, con relativa riflessione

 

La classe di Grifondoro del quinto anno non era mai riuscita a vedere lo stesso insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure alla cattedra per più di un anno.

Per motivi che nessuno riusciva a spiegare, essi finivano invariabilmente per andarsene alla fine dell’anno scolastico o poco prima, normalmente per cause che avevano del cruento: come dimenticare la piccola e segaligna professoressa del primo anno, Clare Harvey, con quel suo metodo rigido di insegnare e di usarli come cavie per tutti gli incantesimi che doveva spiegare, misteriosamente partita alla fine dell’anno senza spiegarne a nessuno il motivo, anche se controllando nella sua stanza era stato rinvenuto un dito mozzato essiccato chiuso in una scatola? O il grasso e paffuto professor Ollie McGee, di così buonanimo da ridere ad ogni scherzo potesse capitargli e passando più tempo a spiegargli che gli incantesimi che gli insegnava erano molto utili per fare colpo, dimessosi perché la sua vecchia madre gli aveva fatto giurare sul suo letto di morte che sarebbe diventato diplomatico? O quell’affascinante testa vuota di Benjamin Fraser, sogno segreto – ma neppure troppo – della maggior parte delle ragazze della scuola e particolarmente odiato da James Potter perché lui sembrava avere una particolare predilezione per Lily Evans? Era partito dopo che un incantesimo fallito lo aveva ridotto in coma vegetativo. L’insegnante successiva, probabilmente, era stata la migliore: Edith Conant, ex auror e con la stessa capacità di farsi rispettare della McGranitt, e anche di più. Aveva finito tutto il programma di quarta entro marzo, ampliamenti compresi, ed aveva spiegato metà di quello dell’anno successivo nella restante parte dell’anno. Un soffio al cuore l’aveva portata via prima che potesse assistere agli esami, e Remus John Lupin si trovava a deprecare di tutto cuore quella sventurata circostanza per due motivi: primo, per la sua grandezza sia come donna che come professoressa; secondo, perché il professore successivo, Hod Putt, era esattamente il contrario. Arrogante, incapace e pomposo, non aveva completato il programma né sembrava deciso a farlo in un tempo umano. Da lui i ragazzi erano sicuri di non imparare nulla, e sebbene fosse la vittima preferita degli scherzi dei cosìdetti “Malandrini” (dopo Severus Piton, ovviamente) non solo non si scoraggiava, ma anzi insisteva e strepitava presso il preside per poter riportare in auge le punizioni corporali dei tempi passati, ampiamente sostenuto in questo dal custode Angus Gazza, che riteneva suo scopo nella vita rendere la vita impossibile ad ogni studente.

Già da tempo Remus si era rassegnato a dover studiare da solo la materia, ma sebbene fosse spalleggiato in questo dalla sua migliore amica, Lily Evans, non riusciva ad assistere ad una lezione di Difesa Contro le Arti Oscure senza pensare con un’acuta fitta di nostalgia ai tempi della professoressa Conant. Inoltre il professore, con quei suo modi untuosi e compiaciuti, gli ispirava un vivo disgusto.

«E quindi, ragazzi, risulta chiaro che…» Basso e tracagnotto, il professore si voltò verso tutta la classe e, vedendola disattenta, sbraitò a voce acutissima – tanto da rendere sospetta la sua appartenenza al sesso maschile: «Voi non mi state neppure ascoltando!»

Una dozzina di teste si risollevò richiamata dallo strillo e i loro proprietari sobbalzarono.

«Siete degli incompetenti!» sputò il professore. «Stupidi, ignoranti e…»

E ricomincia, pensò Remus abbattuto posando nuovamente la testa alle mani, chiedendosi come fosse possibile che un simile incapace potesse diventare professore. Insomma, non solo era stupido, ma non c’era neppure modo di farglielo capire: personalmente sembrava considerarsi una cima, giunto fra i comuni mortali per mostrare quanto l’intelligenza potesse essere superiore. Come è potuto succedere? E nell’anno dei G.U.F.O., per di più!

«… e per di più…»

Non gli era mai capitato di distrarsi per così tanto tempo. Per Diana, lui era l’unico che riuscisse a reggere il potere soporifero del professor Rüf! Come poteva avere tanto effetto su di lui quell’ometto insignificante?

«… e quindi per la prossima settimana voglio due rotoli di pergamena sugli incantesimi di disarmo, ci sarà un compito, per ogni giorno, e… ?» urlò vedendo la mano di Remus alzata.

Con un certo stupore, l’attenzione di tutti si catalizzò sul ragazzo, che nel frattempo si era alzato in piedi ed aveva poggiato le mani al banco. «Mi creda, prof, ci stiamo cagando sotto.»

Ci fu un attimo di attonito silenzio, quasi a voler prendere atto che Remus Lupin – Remus Lupin! – avesse veramente usato un termine poco elegante come “cagare”, avesse risposto per le rime a un insegnante e per di più non si stesse nemmeno scusando. Poi il fatto fece breccia nelle menti di tutti ed un autentico boato si alzò da tutte le parti mentre gli studenti urlavano, strepitavano, battevano le mani e Remus veniva pressoché soffocato dagli abbracci e le pacche sulla schiena dei suoi due migliori amici, che erano balzati su per primi con le lacrime agli occhi gridando: «Il nostro Moony è cresciuto! Si è fatto grande!»

«Remus! Remus! Remus!» stava intanto inneggiando James battendo le mani a ritmo, e poco dopo tutta la classe si ritrovò a osannare con lui mentre il ragazzo veniva caricato sulle spalle dei compagni e scortato in trionfo fuori dall’aula.

Nessuno più badava al professor Putt, nonostante il degnissimo gentiluomo stesse provocando un notevole baccano, tutti si erano accodati nei festeggiamenti per l’eroe della giornata.

 

 

Anno: 1976

Punizione a: Sirius Black

Causale: inspiegato taglio di capelli a metà ora e arroganza intollerabile

Pena: riordinare gli archivi della biblioteca, senza magia

 

Il professor Zoll aveva tutte le qualità che si potevano richiedere a un discreto insegnante: conosceva la sua materia, aveva una passabile capacità espositiva e non nutriva sentimenti ossessivi e passionali verso alcuni studenti in particolare. Tutte le qualità, insomma, tranne una, quella più fondamentale: farsi rispettare. Perché infatti, sebbene come insegnante non fosse niente di tragico (niente, paragonato al professor Putt dell’anno precedente), solo i più diligenti fra gli studenti seguivano le sue lezioni. Gli altri erano tutti intenti a farsi, come si suol dire, i beneamati fatti loro.

Se ne ebbe prova lampante un giovedì pomeriggio, un giorno assolutamente uguale a tutti gli altri, stesso cielo bigio, stesso vento appena accennato, stesso grigiore che premeva sopra ogni cosa come il manto di uno straccione.

Il professore aveva già da tempo rinunciato a far entrare qualcosa nelle teste degli allievi del sesto anno, non per una particolare propensione personale al disfattismo, ma perché era semplicemente impossibile: in quella classe si trovava il clan dei Malandrini al gran completo, il che escludeva automaticamente qualunque possibilità di apprendimento omogeneo.

Unico faro nell’oscurità erano i suoi tre studenti assolutamente preferiti, Severus Piton, Serpeverde, Lily Evans e Remus Lupin, Grifondoro. Probabilmente anche i due Corvonero che seguivano il corso sarebbero entrati nelle sue grazie se solo avessero fatto qualche cenno di vita durante le sue ore, ma non era così: stavano seduti al loro banco prendendo furiosamente appunti e non scollando mai lo sguardo dai libri. I Tassorosso, povere anime, studiavano come dannati e cercavano disperatamente di stare attenti, ma erano troppo attratti dal polo negativo Malandrini-e-Accoliti per poter far sfoggio delle loro capacità. I Serpeverde, infine, lo trattavano con una sorta di condiscente disprezzo senza preoccuparsi minimamente di ciò che poteva o non poteva fare.

Quindi il professore si ritrovava ad insegnare a tre studenti quando la classe ne comprendeva sedici. Ma era soddisfatto del lavoro che stava facendo su quei tre, e quindi cercava di consolarsi con questo.

Purtroppo, il resto della classe non era, né sarebbe mai potuta essere, altrettanto gratificante.

«Prof, posso uscire?» chiese uno degli studenti delle ultime file dondolandosi sulle gambe posteriori della sedia.

Il professore non dovette nemmeno alzare lo sguardo per sapere chi aveva parlato: quella voce pigra, gradevolmente intonata ma costantemente indolente poteva appartenere solo a uno degli studenti che amava di meno, non per mancanza di intelligenza ma perché troppo impegnato a fare “altro”: Sirius Black.

Decise di mantenere le sue posizioni. «La lezione non è ancora finita, Black» gli fece notare con tutta la dignità che riuscì a racimolare.

Lui sbuffò e la sedia riatterrò con un tonfo. «Sì, prof, ma ho esigenze corporali irrevocabili, con le quali sono sicuro di non volerla annoiare…»

«Aspetta la fine dell’ora, Black» rispose quello. «Nell’intervallo fra le due ore vi consentirò di uscire, come ho sempre fatto.»

Riprese a leggere i suoi appunti, quando il ragazzo nuovamente lo interruppe: «Prof, non per parere insistente, ma purtroppo sono spinto da cose più forti di me…»

Il professore chiuse gli occhi e contò mentalmente fino a dieci. «Bene, Black, allora vai.»

Il ragazzo atterrò nuovamente sulle zampe anteriori e si diresse a velocità moderata fuori dalla classe, approfittando del movimento per rivolgere un affatto discreto occhiolino a tutte – o quasi – le componenti femminili della classe nell’ala M&A.

Sospirando a metà fra l’esasperazione e la soddisfazione (per essersi finalmente liberato di un soggetto potenzialmente scomodo), il professore riprese la sua lezione.

Effettivamente si poteva notare un netto miglioramento, il chiacchiericcio sembrava diminuito di intensità e due o tre studenti che normalmente non sapevano neppure dove si trovasse la cattedra stavano quasi ascoltando.

Merlino ha ascoltato le mie preghiere…

La inebriante sensazione di pace proseguì per cinque minuti… per dieci… per venti… per quaranta…

Raggiunti i tre quarti d’ora il professore cominciò a preoccuparsi. Dove accidenti era finito Black? Si costrinse ad alzare gli occhi dai suoi appunti. «Potter, cosa hanno le esigenze corporali di Black di così impegnativo?»

Il ragazzo sorrise e alzò le mani. «Ah, non lo chieda a me, prof!» rispose cercando di restare più serio possibile. «Il mio fratellino riesce ad avere esigenze molto particolari…»

«Ma bene» ribatté l’altro, secco. «Fammi il favore di andarlo a cercare, Potter. E digli» aggiunse mentre l’altro si alzava, nel tentativo di darsi un po’ di tono, «che se non lo vedo rientrare entro cinque minuti verranno sottratti tanti punti quanti sono i minuti di assenza.»

Potter eseguì un ironico saluto e si diresse a grandi passi verso l’uscita.

Quattro minuti e quarantatré secondi dopo i due ragazzi rientrarono: per primo entrò Potter, trattenendo a fatica le risate e cercando di restare serio. Poi fece il suo ingresso uno sconosciuto dalla testa cosparsa di… di delle specie di vermi pelosi che partivano dal cranio ed arrivavano fin oltre le spalle.

Qualche stupefatto secondo dopo risultò che lo sconosciuto era Sirius Black, munito per qualche misteriosa ragione di rasta e di occhiali scuri che si levò con un gesto che provocò almeno cinque sospiri, per poi mettersi a sorridere e sedersi nuovamente al suo posto. Tutto questo sotto lo sguardo a dir poco sbigottito del professore, che guardava la nuova capigliatura del ragazzo con gli occhi ingigantiti dagli occhiali e la mandibola separata dal resto del cranio di almeno cinque-sei centimetri.

Il silenzio assoluto che aveva accolto quella esibizione venne interrotto alla fine dallo stesso professore che riuscì a sillabare: «Black, cosa hai… che… come ti sei conciato?»

Lui abbassò gli occhiali che si era prontamente rimesso e lo guardò. «Come mi sono conciato come, prof?»

«Cosa sono questi… questi… cosi…?»

«Questi cosi?» ripeté il ragazzo con un sogghigno.

«Black, mi vuoi spiegare cosa hai fatto, per Merlino?» urlò il mago riprendendo il controllo di sé.

L’altro finse di trastullarsi ancora un po’ con la domanda poi, in tono di esagerata sorpresa, rispose: «Oh, parla dei miei capelli! Ebbene, ho deciso che il taglio precedente era troppo insipido. Non mi piaceva affatto.»

Sarebbe stato arduo anche per una persona allenata trovare una risposta per le rime, e il professor Zoll non era allenato. Perciò cercò solamente di rimediare il rimediabile dicendo: «Black, prendi quella porta ed esci dalla mia aula.»

Il ragazzo abbassò nuovamente gli occhiali. «È sicuro, prof?» chiese aggrottando leggermente le aristocratiche sopracciglia.

«Sì che sono sicuro! Fuori!» rispose l’uomo indicando veementemente la porta.

Il ragazzo si strinse nelle spalle. «Come preferisce, prof.»

Si alzò, arrivò di fronte alla porta, estrasse la bacchetta, eseguì un rapido incantesimo non verbale, scardinò la porta che minacciò di precipitargli in testa, la fece levitare con un secondo incantesimo ed uscì preceduto da quello strano araldo.

 

 

[1] Il brano è tratto dalla canzone “I was made for loving you, baby” di – credo – Kiss. Sono quasi sicura che sia stata scritta in epoca successiva, ma abbonatamela come licenza letteraria. [N.d.A.]

 

 

 

 

Angolo Autrice

Ebbene sì, nonostante questa storia fosse nata come una shot-regalo mi sono decisa a continuarla. Strano da parte mia, vero?

Lo so che il ritardo fra una pubblicazione e l’altra è stato notevole, ma in verità non avevo proprio programmato nessun tipo di seguito (senza poi contare l’odiosa S.C.U.O.L.A., che ha avuto una parte non piccola nel mio ritardo), e questo ha causato una interruzione da “lavori in cordo”.

A viva richiesta, comunque, eccomi qua, un po’ spaventata, a essere onesta – anzi, molto spaventata, ad essere completamente onesta – visto che non so se questo capitolo si è mostrato all’“altezza” del primo o se è una completa ciofeca, come dicono dalle parti mie…

Ma non badiamo a questo e passiamo agli annunci importanti.

Tanto per cominciare voglio porgere particolare omaggio a mia sorella, Gattina_, che oltre ad essersi sorbita la lettura di tutte le bozze è stata anche un’inesauribile fonte di ispirazione e idee (anzi, lo spirito malandrino di molti degli scherzi passati e presenti sarebbe stato molto più insipido senza il suo fondamentale aiuto), per cui sarebbe a dir poco scortese se io ora non le tributassi un meritato chapeau.

In quanto alle vostre recensioni, userò il classico stile dell’elenco puntato. Ringrazio quindi:

v            MsMontana: grazie per l’entusiasmo, lieta che la ex-shot ti sia piaciuta! Alla fine ho continuato sul serio, visto J? LadyMorgan

v            Lady Lynx: a costo di sembrare arrogante, anche io mi sono divertita a scriverli, e soprattutto a progettarli. Lo so, quello a Mrs Purr è un po’ sadico, ma me ne prendo tutta la colpa: diverse volte, sia leggendo i libri che vedendo i film, mi era venuta voglia di… ecco, vendicarmi del suo essere una spia. A parte questo non ho nulla contro i gatti ^^’ LadyMorgan

v            Gattina_: tesoro, te ne ho già dette di tutti i colori sopra, quindi non aggiungo altro. E poi qualunque cosa potrei dire la sai già, visto che senza di te questa fic non sarebbe proprio nata… Quindi scorcio! Silvia

v            caramella_rosa_gommosa: devo dire che anche io sono una ospite assidua di Ridolandia, e che trovare qualcuno che condivide questo hobby è gratificante… spero che questo capitolo non deluda le aspettative, sono terrorizzata… a presto! LadyMorgan

v            arylupin: sì, effettivamente manca il 1975, a essere onesta non sapevo quale metterci… qui manca il ’77, se andrò avanti credo che farò a turno a saltare un anno per volta, in base a come gira l’ispirazione. Grazie per la recensione! LadyMorgan

v            lyrapotter: ammore, lo sai che mi riempi davvero di una sempiterna gioia? Per di più, venendo da te il complimento mi lascia davvero annichilita (lo so, ho già usato troppe volte questa parola ma la amo troppooooooo…), visto che conosci la venerazione sfegatata che ho per le tue storie e per li genuino spirito malandrinesco che le permane (a proposito, quando vai avanti con B-SpC? Guarda che se ci sono riuscita io ad aggiornare ti restano poche scuse, sai?). Quindi spero di non averti deluso con questo tentativo di seguito, fammi sapere cosa ne pensi appena puoi, ok? A presto, Silvia Beta // quando il due non muore mai…

v            malandrina4ever: ehi, grazie! Questo capitolo è rimasto a tener alto lo stendardo o l’ha fatto completamente precipitare? Lo so, Minnie è una delle nostre cavie da laboratorio preferite, ma si presta troppo, troppo, trooooooooooppo per non sfruttare questa possibilità, mwahahaha! LadyMorgan (attualmente posseduta…°°)

v            Bebbe5: *me molto felice* // ^_^                 Glascie, Bebbe! L’ultimo, devo confessarlo, si è avvalso della particolare partecipazione di mia sorella (per l’idea, almeno: siccome sono vanitosa, il merito dello scritto lo reclamo per me ^_^””). In quanto a Minnie, con due generazioni (e forse anche di più, xDxDxD) di Potter sul groppone e una soltanto di Sirius Black – più che sufficiente in ogni caso – dovrà come minimo andare in analisi, magica o Babbana che sia (meglio forse tutte e due). Altri commenti a voce, bacioni! Silvia

v            cancerina: modestamente credo che Colombo sia un uomo dai molteplici talenti, ivi incluso l’ispirare scherzi… e poi stiamo sempre parlando dei Malandrini, quelli che sarebbero capaci di fare uno scherzo anche partendo da una macchia su un pavimento leopardato! A presto – spero xD – LadyMorgan

 

Ovviamente ringrazio anche quelli che hanno anche solamente letto e, soprattutto, quelli che hanno aggiunto questa storia fra i preferiti, ivi riportati:

 

1 - 1__SiriusBlack__1

2 - Bebbe5

3 - cancerina

4 - hp4e

5 - kailakey

6 - Kimaira Malfoy

7 - Lady Lynx

8 - malandrina4ever

9 - MsMontana

10 - suni

11 - S_marti_es

 

Ciò detto e ciò fatto, aggiungo solo un Disclaimer, visto che come al solito me lo sono beatamente dimenticato:

Harry Potter e tutti i suoi personaggi appartengono a JK Rowling e a chi ne detiene i diritti. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, bensì di ludo (e non poco xD).

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