Cosa
Non Si Può Trovare Spulciando Nella Sala
Archivi (II)
Anno:
1971
Punizione
a: Sirius Black e James Potter
Causale:
insolenza nei confronti del custode
Pena:
scrivere cento volte “Non sono il signore
dell’universo”
È
verità nota
e universalmente riconosciuta che le lezioni tenute il pomeriggio di un
assolato giorno di aprile siano più ardue a seguire
– in fondo, come vuole il
proverbio, “aprile dolce dormire” – ma se
a questa verità si aggiunge quella
che Storia della Magia è la materia più noiosa
mai concepita da essere mortale
e non, si ottiene un sillogismo che farebbe impallidire lo stesso
Aristotele.
Ma
non il
professor Rüf: lui aveva fatto dell’insegnamento
tutta la sua vita, e non
sarebbe stata una cosa banale come il sonno dei suoi allievi a
distoglierlo dal
sacrosanto compito di far addormentare giovani menti innocenti.
Quel
giorno in
particolare sembrava che la classe fosse ancora più preda
del torpore di fine
scuola: nemmeno i due più incalliti prendi-appunti della
scuola, Remus Lupin e
Lily Evans, stavano facendo grattare le penne sulla pergamena, il primo
perché
malato, la seconda perché aveva deciso che non ne valeva la
pena.
Nelle
ultime
file si poteva notare un soave russare che forniva il perfetto sfondo
musicale
alla voce monocorde e nasale del professore, e dovunque
l’occhio arrivasse si
potevano notare banchi usati a mo’ di cuscino e discrete
– ma non più di tanto
– partite all’impiccato o a morra cinese, a seconda
dei casi.
Fu
quando la
porta si spalancò che l’attenzione di tutti parve
mettere capolino fuori dalle
porte blindate delle loro menti: effettivamente il tonfo di legno
contro pietra
era stato tanto brusco da riportar bruscamente metà della
scolaresca nel triste
mondo della realtà.
«Potter! Black!» sbraitò il
custode, il signor Gazza,
sputacchiando saliva tutt’attorno a sé.
Un
ragazzo
dagli occhi argentati alzò pigramente la testa.
«Oh, è arrivato, alla fine»
disse guardandolo con occhio appannato. «La prego di portarmi
un caffè il più
presto possibile. In una tazzina dovrebbe andare bene, possibilmente
nero,
forte, senza zucchero. Magari con un goccio di panna. Sì,
credo che la panna
sia l’ideale. Ma» aggiunse severamente,
«voglio della vera panna,
non quella sorta di ricotta che mettono in Sala Grande.
E il caffè di arabica pura, per favore, non intendo
accettare quell’obbrobrio
inglese che servono a colazione. Italiano, se ne avete, o francese,
tutt’al
più. In tempi brevi, ovviamente. Tu come lo preferisci,
socio?»
«Credo
che un
espresso macchiato caldo sarebbe l’ideale»
sbadigliò il suo compagno di banco.
«Magari con zucchero a parte, non si sa mai…
però alcuni dicono che lo zucchero
annulli le proprietà della caffeina, e questo vanificherebbe
lo scopo del
caffè…» Rifletté
spassionatamente qualche secondo. «No, ho deciso, un
po’ di
zucchero lo voglio.»
«Bene,
un
Italiano di arabica pura con panna e un espresso macchiato con
zucchero»
riassunse Sirius a beneficio dell’a dir poco furioso custode.
«Se arriva entro
dieci minuti potrei soppesare l’ipotesi mancia.»
Il
signor
Gazza era talmente allibito e rabbioso che il suo viso stava assumendo
una poco
salutare sfumatura violastra, una vena gli pulsava forte sulla tempia
destra e
i suoi pugni erano stretti spasmodicamente.
«E
si muova,
il tempo è denaro, ragazzo mio!»
esclamò James impaziente.
Fu
come se
avesse acceso una miccia. «POTTER! BLACK!»
Anno:
1972
Punizione
a: James Potter, Sirius Black e Peter Minus
Causale:
fuoriuscita a tradimento dal bidone della carta e relativa sincope del
professor Vitius
Pena:
scrivere duecento volte alla lavagna “I miei rifiuti sono
soltanto mentali”
«Buongiorno,
ragazzi!» esclamò il piccolo professor Vitius
entrando a saltelli nell’aula.
«Buongiorno,
professore!» rispose la classe in coro sedendosi, pronta ad
ascoltare la
lezione.
Era
un tempestosa
mattinata di fine ottobre e tutto lasciava presagire che non sarebbe
migliorato
tanto in fretta. Ma questo non tangeva minimamente né Vitius
né la classe.
Il
professore
raggiunse la cattedra senza incidenti e, dopo essersi arrampicato sulla
solita
pila di libri necessari per vedere oltre la stessa, cominciò
a dire: «Bene,
ragazzi, oggi vedremo…» Si interruppe bruscamente
notando che nell’aula, per
ragioni ignote, era presente quello che apparentemente sembrava un
bidone
Babbano della carta. «Be’, e che
cos’è quello?» chiese giustamente
stupito.
Tutti
i
ragazzi si voltarono come un sol uomo verso l’oggetto che
aveva attratto
l’attenzione del professore. «Cre-credo sia un
bidone, signore» rispose Peter
Minus, il più vicino allo stesso.
«Sì,
Minus,
sembra anche a me.» Lo guardò attentamente per un
altro paio di secondi prima
di tirare fuori la bacchetta e cominciare a formulare: «Evane…»
A
metà parola
il bidone si rovesciò su sé stesso e raggiunse
rotolando il centro della classe
con un gran fracasso facendo sobbalzare tutti. Dopo essersi fermato, si
ritirò
su e rimase lì, perfettamente immobile come se non si fosse
mai mosso.
Ora
tutti
erano decisamente perplessi, ma nessuno riusciva a parlare.
Il
professor
Vitius sospirò. «Signor Lupin, apra quel bidone,
vediamo cos’è che dobbiamo
aspettarci.»
Il
ragazzo si
avvicinò con una certa precauzione e tolse il coperchio.
Ci
fu uno
sbuffo di coriandoli di carta straccia e pergamena usata che andarono a
depositarsi su tutti gli allievi, prima che due teste sbucassero fuori
dal
bidone con due identici sorrisi a trentadue denti urlando a
squarciagola:
«Felice Halloween, prof!»
Dopo
una
rocambolesca caduta dalla pila di libri, il professor Vitius
sentì il suo cuore
venir meno per lo spavento.
Anno:
1973
Punizione
a: James Potter e Sirius Black
Causale:
comportamenti irrispettosi nei confronti di un insegnante
Pena:
due rotoli di pergamena di argomento “Per quali motivi mi
faccio una cultura?”
«Potter!
Black!»
Si
era nel bel
mezzo di una lezione di Trasfigurazione e i topi che gli studenti
avrebbero
dovuto trasfigurare erano stati aizzati da due ragazzi in particolare
fino a
giungere alla ribellione totale: ora zampettavano in libertà
nelle gambe di
tutti e, sebbene la professoressa McGranitt ne avesse già
recuperati la maggior
parte, alcuni particolarmente schivi si ostinavano a infilarsi sotto le
gambe
degli allievi. Quasi tutte le studentesse erano arrampicate sui banchi,
ad
eccezione di una dagli occhi verdi straordinariamente furiosi che stava
pietrificando tutti i topi che riusciva a vedere per poi farli levitare
nella
scatola che la professoressa aveva messo a disposizione.
Alla
fine,
fortunatamente, finirono.
Fu
una
McGranitt dalle narici frementi e le labbra talmente sottili da
risultare quasi
invisibili quella che si voltò verso tre studenti
dell’ultima fila, due dei
quali sembravano in preda ad un attacco isterico. «Cosa vi è saltato in testa?»
ringhiò avvicinandosi.
I
due
cercarono di darsi un contegno, poi quello occhialuto riuscì
a dire: «Siamo…
siamo del… Comitato per i… Diritti…
dei Roditori» prima di tornare a ridere.
Gli
occhi
della professoressa si strinsero a fessure. «Venti punti in
meno a Grifondoro.
Voi due dovete capire che per restare in questa scuola è
necessaria disciplina.
Disciplina, sono stata chiara? Non
siete in un parco giochi, e non siete neppure a casa vostra, dove
immagino vi
lasceranno fare quello che volete, ma se pensate di essere
lì vi sbagliate, di grosso. Qui
si esige disciplina e autocontrollo, mi sono
spiegata?»
I
due
scattarono sull’attenti. «Sissignora!»
dichiararono a chiare lettere.
«Bene.
E ora a
posto, e zitti!»
«Sissignora!»
urlarono nuovamente loro sedendosi a posto con i gesti rigidi.
La
McGranitt
li guardò con le sopracciglia inarcate. «Vi
credete spiritosi?»
I
due si
alzarono immediatamente in piedi scattando sull’attenti.
«Nossignora,
professoressa!»
«Bene,
perché
non lo siete. Ora smettetela con questa pantomima e state tranquilli,
intesi?»
«Sissignora!»
gridarono due in perfetta sincronia prima di sedersi esattamente come
prima.
La
professoressa sospirò ma decise di ignorarli. Dopotutto non
poteva neppure
pretendere troppo. «Bene» ripeté
sedendosi alla sua cattedra. «Ora che Potter e
Black sono così gentili da consentirci di tenere lezione,
vorrei che…»
Si
interruppe
perché Black era appena balzato in piedi scattando
sull’attenti.
«Sì,
Black?»
ringhiò la McGranitt guardandolo truce.
«Ho
una –
domanda, professo – ressa!» urlò lui
guardando dritto di fronte a sé.
Lo
sguardo di
lei non si addolcì. «E sarebbe, Black?»
«A
cosa – ci
serve – trasfigurare – stupidi –
topi?» scandì lui sempre urlando.
La
classe fu
percorsa da un risolino, subito tacitato da un semplice sguardo della
McGranitt. «Per cercare di mettere un po’ di
cultura in quelle teste vuote,
Black.»
«E
in che modo
– questo – c’entra – con gli
stupidi – topi?» chiese lui a voce stentorea
restando sull’attenti tutto impettito e con lo sguardo fisso.
La
McGranitt
prese una penna fra le dita e la strinse, immaginando che fosse il
collo del
ragazzo. «C’entra perché è
partendo dagli “stupidi” topi che si può
arrivare
alle forme più complesse di mammiferi e infine agli
uomini» rispose gelida. «E
fino a quando non riuscirete a trasfigurare questi scordatevi di poter
fare il
resto.»
Anche
Potter
scattò in piedi sull’attenti. «Chiedo
– parola, professo – ressa!»
«Cosa
vuoi,
Potter?»
«Perché
quando
riusciamo – a trasfigurarli – non passiamo
– direttamente agli – uomini?»
«Perché,
per
quanto voi due siate la dimostrazione del contrario, uomini e topi
hanno
strutture di complessità diversa, senza contare la semplice
dimensione.»
«Era
–
sarcasmo, quello – professo – ressa?»
chiese Black sempre urlando e restando
sull’attenti.
La
piuma fra
le dita della McGranitt rischiò di spezzarsi. «Mi
sorprende che tu ci sia
arrivato così presto, Black.»
«Professoressa,
questo – è un atto – di aggressione
– verbale – nei nostri –
confronti!»
dichiarò Potter senza mutare né tono
né posizione.
La
classe
ridacchiò di novo e la professoressa balzò in
piedi. «Voi due mi avete stufato!
Fuori dalla mia aula, e punizione per venerdì sera! Vi
aspetto nel mio studio
per le sei.»
«Sissignora!»
esclamarono i due prima di rivolgerle un saluto militare e uscire
dall’aula
sbattendo i tacchi in una passabile imitazione del passo
dell’oca.
La
porta si
era appena richiusa alle loro spalle, e la McGranitt si era appena
seduta,
quando sbucò fuori la testa di Potter chiedendo con un
sorrisetto: «Secondo lei
suona meglio maresciallo o general Granitt…?»
«Fuori!»
urlò lei.
Anno:
1974
Punizione
a: James Potter, Sirius Black e Peter Minus
Causale:
interruzione della lezione e dell’interrogazione della
studentessa L. E. per
uno sciocco motivo corale di dubbio gusto
Pena:
interrogazione serrata per una settimana
Ci
sono poche
cose note all’umana sapienza che possano terrorizzare gli
studenti ben
preparati quanto un’interrogazione. Il che sarebbe un
paradosso, considerando
che, se si è ben preparati, non si ha motivo di temere le
domande; il guaio è
che più si sa e più si crede di dover sapere, e
ciò può causare un’anormale ansia
in persone normalmente non ansiose.
Era
questo il
caso di Lily Evans, che nonostante di Pozioni sapesse più di
quanto ne sapessero
molti studenti a livello dei M.A.G.O., era sempre terrorizzata alla
prospettiva
di un’interrogazione in piena regola, come quella a cui la
stava sottoponendo
in quel preciso momento il professor Lumacorno.
«…
e da ciò si
può facilmente comprendere che le proprietà della
pelle di Girilacco lo rendono
ideale per le Pozioni di…»
Ma
la quattordicenne
non poté mai elencare per quali tipi di Pozioni la pelle di
Girilacco fosse
ideale in quanto un improvviso rullo di tamburi la fece voltare di
scatto verso
uno degli angoli più remoti dell’aula di pozione,
da cui stava provenendo uno
spesso fumo rossastro dietro al quale si muovevano alcune figure a
ritmo della
musica che si stava alzando da quello stesso punto.
L’intera
classe dava la precisa imitazione dello sguardo di un pesce palla
mentre da
dietro il fumo che si andava diradando si presentava la spettacolare
scena di
un pianoforte (?!) alla cui
tastiera
era seduto nientepopodimeno che Sirius Black con la divisa
miracolosamente in
ordine, un Peter Minus con in mano una specie di organetto e un James
Potter
regolarmente in divisa ma con un cappello da trovatore in testa ed un
mandolino
in mano che, dopo aver saggiamente tastato, cominciò a
suonare cantando con una
stupefacente voce da tenore un motivetto tipo:
I was made for lovin you baby
You were made for lovin me
And I can’t get
enough of you baby
Can you get enough of me
e
fissando
insistentemente Lily, che da parte sua sembrava indecisa se forare il
muro per
fare una finestra e defenestrarsi o fare altrettanto con lui.
La
classe
sembrava rendersi a poco a poco conto di ciò che stava
succedendo e già i primi
risolini si stavano facendo sentire mentre i tre ragazzi si esibivano
nel loro
spettacolare numero.
Ad
onor del
vero bisogna confessare che la voce di James era gradevole e intonata,
e che le
dita di Sirius stavano facendo miracoli con quel pianoforte spuntato da
chissà
dove, ma per quanto il professor Lumacorno fosse un noto estimatore di
abilità
studentesche non sembrava essere incline a tollerare
quell’inammissibile
spettacolo nella sua classe. O almeno, così speravano gli
studenti irritati dal
numero, Lily Evans e Severus Piton in testa.
In
realtà il
professor Lumacorno si stava chiedendo nell’ordine dove
avessero trovato un
pianoforte, come avessero fatto a portarlo in classe senza che nessuno
se ne
accorgesse e come facevano a cantare e suonare così bene pur
avendo solo quattordici
anni.
Una
volta
finito il numero tutti e tre si esibirono in un inchino degno dei
veterani del
palcoscenico e si avvicinarono alla cattedra.
Lily
era
talmente arrossita da sembrare sul punto di prendere fuoco, ma nemmeno
il più
ottimista degli ottimisti avrebbe imputato ciò ad un
gradevole stupore. In
realtà, per usare il più edulcorato degli
eufemismi, la donzella in questione
era furibonda come una faina a cui avessero rubato le uova e
imbarazzata come
una vergine vestale ad una spiaggia di nudisti, e il sorriso di Potter
non
faceva che farle aumentare la pressione sanguigna a rischio aritmia.
«Potter…»
sibilò, simile ad un serpente e
come esso letale.
Gran
parte
della classe si ritrovò a compatire quel ragazzo
così scriteriato da provocare
la Evans che dorme…
Anno:
1975
Punizione
a: Remus Lupin (?!)
Causale:
insolenza vero il professor Putt
Pena:
pulire gli scantinati adibiti alle punizioni corporali per gli studenti
medievali, con relativa riflessione
La
classe di
Grifondoro del quinto anno non era mai riuscita a vedere lo stesso
insegnante
di Difesa Contro le Arti Oscure alla cattedra per più di un
anno.
Per
motivi che
nessuno riusciva a spiegare, essi finivano invariabilmente per
andarsene alla
fine dell’anno scolastico o poco prima, normalmente per cause
che avevano del
cruento: come dimenticare la piccola e segaligna professoressa del
primo anno,
Clare Harvey, con quel suo metodo rigido di insegnare e di usarli come
cavie
per tutti gli incantesimi che doveva spiegare, misteriosamente partita
alla
fine dell’anno senza spiegarne a nessuno il motivo, anche se
controllando nella
sua stanza era stato rinvenuto un dito mozzato essiccato chiuso in una
scatola?
O il grasso e paffuto professor Ollie McGee, di così
buonanimo da ridere ad
ogni scherzo potesse capitargli e passando più tempo a
spiegargli che gli
incantesimi che gli insegnava erano molto utili per fare colpo,
dimessosi
perché la sua vecchia madre gli aveva fatto giurare sul suo
letto di morte che
sarebbe diventato diplomatico? O quell’affascinante testa
vuota di Benjamin
Fraser, sogno segreto – ma neppure troppo – della
maggior parte delle ragazze
della scuola e particolarmente odiato da James Potter perché
lui sembrava avere
una particolare predilezione per Lily Evans? Era partito dopo che un
incantesimo fallito lo aveva ridotto in coma vegetativo.
L’insegnante
successiva, probabilmente, era stata la migliore: Edith Conant, ex
auror e con
la stessa capacità di farsi rispettare della McGranitt, e
anche di più. Aveva
finito tutto il programma di quarta entro marzo, ampliamenti compresi,
ed aveva
spiegato metà di quello dell’anno successivo nella
restante parte dell’anno. Un
soffio al cuore l’aveva portata via prima che potesse
assistere agli esami, e
Remus John Lupin si trovava a deprecare di tutto cuore quella
sventurata
circostanza per due motivi: primo, per la sua grandezza sia come donna
che come
professoressa; secondo, perché il professore successivo, Hod
Putt, era
esattamente il contrario. Arrogante, incapace e pomposo, non aveva
completato
il programma né sembrava deciso a farlo in un tempo umano.
Da lui i ragazzi
erano sicuri di non imparare nulla, e sebbene fosse la vittima
preferita degli
scherzi dei cosìdetti “Malandrini” (dopo
Severus Piton, ovviamente) non solo
non si scoraggiava, ma anzi insisteva e strepitava presso il preside
per poter
riportare in auge le punizioni corporali dei tempi passati, ampiamente
sostenuto in questo dal custode Angus Gazza, che riteneva suo scopo
nella vita
rendere la vita impossibile ad ogni studente.
Già
da tempo
Remus si era rassegnato a dover studiare da solo la materia, ma sebbene
fosse
spalleggiato in questo dalla sua migliore amica, Lily Evans, non
riusciva ad
assistere ad una lezione di Difesa Contro le Arti Oscure senza pensare
con
un’acuta fitta di nostalgia ai tempi della professoressa
Conant. Inoltre il
professore, con quei suo modi untuosi e compiaciuti, gli ispirava un
vivo
disgusto.
«E
quindi,
ragazzi, risulta chiaro che…» Basso e tracagnotto,
il professore si voltò verso
tutta la classe e, vedendola disattenta, sbraitò a voce
acutissima – tanto da
rendere sospetta la sua appartenenza al sesso maschile: «Voi
non mi state
neppure ascoltando!»
Una
dozzina di
teste si risollevò richiamata dallo strillo e i loro
proprietari sobbalzarono.
«Siete
degli
incompetenti!» sputò il professore.
«Stupidi, ignoranti e…»
E ricomincia, pensò Remus
abbattuto
posando nuovamente la testa alle mani, chiedendosi come fosse possibile
che un
simile incapace potesse diventare professore. Insomma, non solo era
stupido, ma
non c’era neppure modo di farglielo capire: personalmente
sembrava considerarsi
una cima, giunto fra i comuni mortali per mostrare quanto
l’intelligenza
potesse essere superiore. Come è
potuto
succedere? E nell’anno dei G.U.F.O., per di più!
«…
e per di
più…»
Non
gli era
mai capitato di distrarsi per così tanto tempo. Per Diana,
lui era l’unico che
riuscisse a reggere il potere soporifero del professor Rüf!
Come poteva avere
tanto effetto su di lui quell’ometto insignificante?
«…
e quindi
per la prossima settimana voglio due rotoli di pergamena sugli
incantesimi di
disarmo, ci sarà un compito, per ogni giorno, e… sì?»
urlò vedendo la mano di Remus alzata.
Con
un certo
stupore, l’attenzione di tutti si catalizzò sul
ragazzo, che nel frattempo si
era alzato in piedi ed aveva poggiato le mani al banco. «Mi
creda, prof, ci
stiamo cagando sotto.»
Ci
fu un
attimo di attonito silenzio, quasi a voler prendere atto che Remus
Lupin – Remus Lupin! – avesse
veramente usato un
termine poco elegante come “cagare”, avesse
risposto per le rime a un
insegnante e per di più non si stesse nemmeno scusando. Poi
il fatto fece
breccia nelle menti di tutti ed un autentico boato si alzò
da tutte le parti
mentre gli studenti urlavano, strepitavano, battevano le mani e Remus
veniva
pressoché soffocato dagli abbracci e le pacche sulla schiena
dei suoi due
migliori amici, che erano balzati su per primi con le lacrime agli
occhi
gridando: «Il nostro Moony è cresciuto! Si
è fatto grande!»
«Remus!
Remus!
Remus!» stava intanto inneggiando James battendo le mani a
ritmo, e poco dopo
tutta la classe si ritrovò a osannare con lui mentre il
ragazzo veniva caricato
sulle spalle dei compagni e scortato in trionfo fuori
dall’aula.
Nessuno
più
badava al professor Putt, nonostante il degnissimo gentiluomo stesse
provocando
un notevole baccano, tutti si erano accodati nei festeggiamenti per
l’eroe
della giornata.
Anno:
1976
Punizione
a: Sirius Black
Causale:
inspiegato taglio di capelli a metà ora e arroganza
intollerabile
Pena:
riordinare gli archivi della biblioteca, senza magia
Il
professor
Zoll aveva tutte le qualità che si potevano richiedere a un
discreto
insegnante: conosceva la sua materia, aveva una passabile
capacità espositiva e
non nutriva sentimenti ossessivi e passionali verso alcuni studenti in
particolare. Tutte le
qualità,
insomma, tranne una, quella più fondamentale: farsi
rispettare. Perché infatti,
sebbene come insegnante non fosse niente di tragico (niente, paragonato
al
professor Putt dell’anno precedente), solo i più
diligenti fra gli studenti
seguivano le sue lezioni. Gli altri erano tutti intenti a farsi, come
si suol
dire, i beneamati fatti loro.
Se
ne ebbe
prova lampante un giovedì pomeriggio, un giorno
assolutamente uguale a tutti
gli altri, stesso cielo bigio, stesso vento appena accennato, stesso
grigiore
che premeva sopra ogni cosa come il manto di uno straccione.
Il
professore
aveva già da tempo rinunciato a far entrare qualcosa nelle
teste degli allievi
del sesto anno, non per una particolare propensione personale al
disfattismo,
ma perché era semplicemente impossibile: in quella classe si
trovava il clan
dei Malandrini al gran completo, il che escludeva automaticamente
qualunque
possibilità di apprendimento omogeneo.
Unico
faro
nell’oscurità erano i suoi tre studenti
assolutamente preferiti, Severus Piton,
Serpeverde, Lily Evans e Remus Lupin, Grifondoro. Probabilmente anche i
due
Corvonero che seguivano il corso sarebbero entrati nelle sue grazie se
solo
avessero fatto qualche cenno di vita durante le sue ore, ma non era
così:
stavano seduti al loro banco prendendo furiosamente appunti e non
scollando mai
lo sguardo dai libri. I Tassorosso, povere anime, studiavano come
dannati e
cercavano disperatamente di stare attenti, ma erano troppo attratti dal
polo
negativo Malandrini-e-Accoliti per poter far sfoggio delle loro
capacità. I
Serpeverde, infine, lo trattavano con una sorta di condiscente
disprezzo senza
preoccuparsi minimamente di ciò che poteva o non poteva fare.
Quindi
il
professore si ritrovava ad insegnare a tre studenti quando la classe ne
comprendeva sedici. Ma era soddisfatto del lavoro che stava facendo su
quei
tre, e quindi cercava di consolarsi con questo.
Purtroppo,
il
resto della classe non era, né sarebbe mai potuta essere,
altrettanto
gratificante.
«Prof,
posso
uscire?» chiese uno degli studenti delle ultime file
dondolandosi sulle gambe
posteriori della sedia.
Il
professore
non dovette nemmeno alzare lo sguardo per sapere chi aveva parlato:
quella voce
pigra, gradevolmente intonata ma costantemente indolente poteva
appartenere
solo a uno degli studenti che amava di meno, non per mancanza di
intelligenza
ma perché troppo impegnato a fare
“altro”: Sirius Black.
Decise
di
mantenere le sue posizioni. «La lezione non è
ancora finita, Black» gli fece
notare con tutta la dignità che riuscì a
racimolare.
Lui
sbuffò e
la sedia riatterrò con un tonfo. «Sì,
prof, ma ho esigenze corporali
irrevocabili, con le quali sono sicuro di non volerla
annoiare…»
«Aspetta
la
fine dell’ora, Black» rispose quello.
«Nell’intervallo fra le due ore vi
consentirò di uscire, come ho sempre fatto.»
Riprese
a
leggere i suoi appunti, quando il ragazzo nuovamente lo interruppe:
«Prof, non
per parere insistente, ma purtroppo sono spinto da cose più
forti di me…»
Il
professore
chiuse gli occhi e contò mentalmente fino a dieci.
«Bene, Black, allora vai.»
Il
ragazzo
atterrò nuovamente sulle zampe anteriori e si diresse a
velocità moderata fuori
dalla classe, approfittando del movimento per rivolgere un affatto
discreto
occhiolino a tutte – o quasi – le componenti
femminili della classe nell’ala
M&A.
Sospirando
a
metà fra l’esasperazione e la soddisfazione (per
essersi finalmente liberato di
un soggetto potenzialmente scomodo), il professore riprese la sua
lezione.
Effettivamente
si poteva notare un netto miglioramento, il chiacchiericcio sembrava
diminuito
di intensità e due o tre studenti che normalmente non
sapevano neppure dove si
trovasse la cattedra stavano quasi ascoltando.
Merlino ha ascoltato le mie preghiere…
La
inebriante
sensazione di pace proseguì per cinque minuti…
per dieci… per venti… per
quaranta…
Raggiunti
i
tre quarti d’ora il professore cominciò a
preoccuparsi. Dove accidenti era
finito Black? Si costrinse ad alzare gli occhi dai suoi appunti.
«Potter, cosa
hanno le esigenze corporali di Black di così
impegnativo?»
Il
ragazzo
sorrise e alzò le mani. «Ah, non lo chieda a me,
prof!» rispose cercando di
restare più serio possibile. «Il mio fratellino
riesce ad avere esigenze molto
particolari…»
«Ma
bene» ribatté
l’altro, secco. «Fammi il favore di andarlo a
cercare, Potter. E digli»
aggiunse mentre l’altro si alzava, nel tentativo di darsi un
po’ di tono, «che
se non lo vedo rientrare entro cinque minuti verranno sottratti tanti
punti
quanti sono i minuti di assenza.»
Potter
eseguì
un ironico saluto e si diresse a grandi passi verso l’uscita.
Quattro
minuti
e quarantatré secondi dopo i due ragazzi rientrarono: per
primo entrò Potter,
trattenendo a fatica le risate e cercando di restare serio. Poi fece il
suo
ingresso uno sconosciuto dalla testa cosparsa di… di delle
specie di vermi
pelosi che partivano dal cranio ed arrivavano fin oltre le spalle.
Qualche
stupefatto secondo dopo risultò che lo sconosciuto era
Sirius Black, munito per
qualche misteriosa ragione di rasta e di occhiali scuri che si
levò con un
gesto che provocò almeno cinque sospiri, per poi mettersi a
sorridere e sedersi
nuovamente al suo posto. Tutto questo sotto lo sguardo a dir poco
sbigottito
del professore, che guardava la nuova capigliatura del ragazzo con gli
occhi
ingigantiti dagli occhiali e la mandibola separata dal resto del cranio
di
almeno cinque-sei centimetri.
Il
silenzio
assoluto che aveva accolto quella esibizione venne interrotto alla fine
dallo
stesso professore che riuscì a sillabare: «Black,
cosa hai… che… come ti sei
conciato?»
Lui
abbassò
gli occhiali che si era prontamente rimesso e lo guardò.
«Come mi sono conciato
come, prof?»
«Cosa
sono
questi… questi… cosi…?»
«Questi
cosi?» ripeté
il ragazzo con un
sogghigno.
«Black,
mi
vuoi spiegare cosa hai fatto, per Merlino?» urlò
il mago riprendendo il
controllo di sé.
L’altro
finse
di trastullarsi ancora un po’ con la domanda poi, in tono di
esagerata
sorpresa, rispose: «Oh, parla dei miei capelli! Ebbene, ho
deciso che il taglio
precedente era troppo insipido. Non mi piaceva affatto.»
Sarebbe
stato
arduo anche per una persona allenata trovare una risposta per le rime,
e il
professor Zoll non era allenato. Perciò cercò
solamente di rimediare il
rimediabile dicendo: «Black, prendi quella porta ed esci
dalla mia aula.»
Il
ragazzo
abbassò nuovamente gli occhiali. «È
sicuro, prof?» chiese aggrottando
leggermente le aristocratiche sopracciglia.
«Sì
che sono
sicuro! Fuori!» rispose l’uomo indicando
veementemente la porta.
Il
ragazzo si
strinse nelle spalle. «Come preferisce, prof.»
Si
alzò,
arrivò di fronte alla porta, estrasse la bacchetta,
eseguì un rapido
incantesimo non verbale, scardinò la porta che
minacciò di precipitargli in
testa, la fece levitare con un secondo incantesimo ed uscì
preceduto da quello
strano araldo.
Angolo Autrice
Ebbene
sì, nonostante questa storia fosse nata
come una shot-regalo mi sono decisa a continuarla. Strano da parte mia,
vero?
Lo
so che il ritardo fra una pubblicazione e
l’altra è stato notevole, ma in verità
non avevo proprio programmato nessun
tipo di seguito (senza poi contare l’odiosa S.C.U.O.L.A., che
ha avuto una
parte non piccola nel mio ritardo), e questo ha causato una
interruzione da
“lavori in cordo”.
A
viva richiesta, comunque, eccomi qua, un po’
spaventata, a essere onesta – anzi, molto spaventata, ad
essere completamente onesta
– visto che non so
se questo capitolo si è mostrato
all’“altezza” del primo o se è
una completa
ciofeca, come dicono dalle parti mie…
Ma
non badiamo a questo e passiamo agli annunci
importanti.
Tanto
per cominciare voglio porgere particolare
omaggio a mia sorella, Gattina_,
che
oltre ad essersi sorbita la lettura di tutte le bozze è
stata anche
un’inesauribile fonte di ispirazione e idee (anzi, lo spirito
malandrino di
molti degli scherzi passati e presenti sarebbe stato molto
più insipido senza
il suo fondamentale aiuto), per cui sarebbe a dir poco scortese se io
ora non
le tributassi un meritato chapeau.
In
quanto alle vostre recensioni, userò il
classico stile dell’elenco puntato. Ringrazio quindi:
v
MsMontana:
grazie per l’entusiasmo, lieta che la ex-shot ti sia
piaciuta!
Alla fine ho continuato sul serio, visto J?
LadyMorgan
v
Lady Lynx:
a costo di sembrare arrogante, anche io mi sono divertita a
scriverli, e soprattutto a progettarli. Lo so, quello a Mrs Purr
è un po’
sadico, ma me ne prendo tutta la colpa: diverse volte, sia leggendo i
libri che
vedendo i film, mi era venuta voglia di… ecco, vendicarmi
del suo essere una
spia. A parte questo non ho nulla contro i gatti ^^’
LadyMorgan
v
Gattina_:
tesoro, te ne ho già dette di tutti i colori sopra, quindi
non
aggiungo altro. E poi qualunque cosa potrei dire la sai già,
visto che senza di
te questa fic non sarebbe proprio nata… Quindi scorcio!
Silvia
v
caramella_rosa_gommosa:
devo dire che anche io sono una ospite
assidua di Ridolandia, e che trovare qualcuno che condivide questo
hobby è
gratificante… spero che questo capitolo non deluda le
aspettative, sono
terrorizzata… a presto! LadyMorgan
v
arylupin:
sì, effettivamente manca il 1975, a essere onesta non sapevo
quale metterci… qui manca il ’77, se
andrò avanti credo che farò a turno a
saltare un anno per volta, in base a come gira l’ispirazione.
Grazie per la
recensione! LadyMorgan
v
lyrapotter: ammore,
lo sai che mi riempi davvero di una sempiterna gioia? Per
di più, venendo da te il complimento mi lascia davvero
annichilita (lo so, ho
già usato troppe volte questa parola ma la amo
troppooooooo…), visto che
conosci la venerazione sfegatata che ho per le tue storie e per li
genuino
spirito malandrinesco che le permane (a proposito, quando vai avanti
con B-SpC? Guarda che se ci sono
riuscita io
ad aggiornare ti restano poche scuse, sai?). Quindi spero di non averti
deluso
con questo tentativo di seguito, fammi sapere cosa ne pensi appena
puoi, ok? A
presto, Silvia Beta // quando il due non muore mai…
v
malandrina4ever: ehi,
grazie! Questo capitolo è rimasto a tener
alto lo stendardo o l’ha fatto completamente precipitare? Lo
so, Minnie è una
delle nostre cavie da laboratorio preferite, ma si presta troppo,
troppo,
trooooooooooppo per non sfruttare questa possibilità,
mwahahaha! LadyMorgan
(attualmente posseduta…°°)
v
Bebbe5: *me
molto felice* // ^_^
Glascie, Bebbe! L’ultimo, devo confessarlo, si
è avvalso della particolare partecipazione
di mia sorella (per l’idea, almeno: siccome sono vanitosa, il
merito dello
scritto lo reclamo per me ^_^””). In quanto a
Minnie, con due generazioni (e
forse anche di più, xDxDxD) di Potter sul groppone e una
soltanto di Sirius
Black – più che sufficiente in ogni caso
– dovrà come minimo andare in analisi,
magica o Babbana che sia (meglio forse tutte e due). Altri commenti a
voce,
bacioni! Silvia
v
cancerina:
modestamente credo che Colombo sia un uomo dai molteplici
talenti, ivi incluso l’ispirare scherzi… e poi
stiamo sempre parlando dei
Malandrini, quelli che sarebbero capaci di fare uno scherzo anche
partendo da
una macchia su un pavimento leopardato! A presto – spero xD
– LadyMorgan
Ovviamente
ringrazio anche quelli che hanno anche solamente letto e, soprattutto,
quelli che
hanno aggiunto questa storia fra i preferiti, ivi riportati:
1
- 1__SiriusBlack__1
2
- Bebbe5
3
- cancerina
4
- hp4e
5
- kailakey
6
- Kimaira Malfoy
7
- Lady Lynx
8
- malandrina4ever
9
- MsMontana
10
- suni
11
- S_marti_es
Ciò
detto e ciò fatto, aggiungo solo un Disclaimer,
visto che come al solito me lo
sono
beatamente dimenticato:
Harry Potter e tutti i suoi
personaggi appartengono a JK Rowling e a chi ne detiene i diritti.
Questa
storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro,
bensì di ludo (e non poco
xD).
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