Paranoid android, di uchiha_girl e bloodnyar (/viewuser.php?uid=78641)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Picche - 50 [«Sii solo e non sarai nessuno».] ***
Capitolo 2: *** Interiorità - 04 [«Perché un genio dovrebbe voler viaggiare dentro di me?»] ***
Capitolo 3: *** Esteriorità - 05 [«Via da me il vostro specchio inutile, miserabile complice di umane sciocche vanità».] ***
Capitolo 4: *** Estranei - 25 [«A noi la giustizia ci passò vicino».] ***
Capitolo 5: *** Figli - 28 [«Objects in mirror are closer than they appear».] ***
Capitolo 6: *** Troppo poco - 34 [«In quella caverna che tu chiami petto».] ***
Capitolo 7: *** Pioggia - 066 [«Hai avuto quel che meritavi?»] ***
Capitolo 8: *** Intermezzo - 002 [«Senza alcuno sforzo penetravano a vicenda nel proprio spirito».] ***
Capitolo 1 *** Picche - 50 [«Sii solo e non sarai nessuno».] ***
Raccolta
a pairing misto – o almeno credo sarà
così XD.
Non prenoto prompt
perché davvero non ho idea di che fine farà
questo insieme
privo di senso di oneshot(s).
Mi
dilungherò poco, sono piuttosto confusa io stessa riguardo
il destino di...
di questa «cosa».
Buona lettura.
Prompt: Picche [050].
Pairing: Matt!Mello.
Citazione:William Shakespeare.
Capitolo dedicato a Red S i n n e r;
semplicemente perché l’ha stupidamente
richiesta e finalmente
ottenuta.
Paranoid
android,
«Sii
solo e non sarai nessuno».
Uno, due, tre.
Pacchetto chiuso,
pacchetto aperto, sigaretta fra le labbra.
Un programma di
comportamento ormai facente parte di una routine che, oh no!,
non ti appartiene di certo.
Uno, due, tre.
Accendino stretto in
pugno, accendino coccolato oltre i guanti, pollice ai posti di combattimento.
Non ricordi la prima
sigaretta – d’altronde, lui lo ha sempre detto che hai
una memoria di merda.
Giocavi con lo Zippo
del classico «conoscente per caso», chiaramente;
più che
altro fissavi nel vuoto chiedendoti se quella situazione, fino ad
allora ‘sì
meravigliosamente assurda, avresti potuto anche solo ricordarla,
immaginarla,
magari, nel giro di qualche mese.
Osservavi la fiamma
bruciare ossigeno, brillare della propria origine
artificiale; proprio non riuscivi ad immaginare quel pericoloso
passatempo
baciare la stessa pelle che, fino a qualche ora prima, avevi osservato
con
preoccupazione e un poco, una briciola di ribrezzo.
Il tuo silenzioso
compagno ti aveva poi rivolto la solita disinteressata
domanda, quasi una routine: «Sicuro di non voler fare un
tiro?»
Un po’ ci
rimase male quando gli rubasti di mano il tabacco.
Uno, due, tre.
Scintilla, accensione,
sospiro soddisfatto.
Ormai ti sei ridotto a
fumare una marca veramente infima, una cosa orribile. Se
fossi più orgoglioso, ti faresti schifo.
Eppure, lo sguardo che
ti ha rivolto la prima volta lui è il miele che
allontana l’amaro e che ha addolcito la gola
irritata dai primi scarsi tentativi.
«Tu cosa?»
Un sibilo quasi in
falsetto, gli occhi ridotti a due fessure gelide e irate.
«A volte
capita», la risposta sorridente.
A volte capita
– devo parlarti di api e di fiori?
La seconda parte non
l’hai detta, però sarebbe stata una cosa stupenda
per la
tua autostima.
A volte capita.
«Un giorno
ci si sveglia e ci si regala un cancro». Mello aveva annuito,
parlando con l’aria, rifiutando di guardare
un’altra volta il ghigno sul tuo
volto arrossato.
A volte capita.
Come a volte capita
che si prenoti un orrendo posto s’un last minute per una cazzo di
città, paesello, montagna in culo ai
lupi in Giappone, tutto pur di arrivare il prima possibile, e non si
trovi
nessuna macchina [nessun vecchio amico]
nel
parcheggio.
«Scusa»,
il sussurro nella cornetta, «ora sto attaccato a un qualcuno
che
potrebbe rivelarsi utile: prendi un taxi fino a casa e non sentire la
mia
mancanza».
Sì che
sentirai la sua mancanza – la mancanza del suo zigomo sotto
al tuo
pugno!
Come stessi facendo un
dispetto all’uomo
[al bambino invecchiato] che ti
ha lasciato a piedi, ricominci a giocare con l’accendino:
fuoco, non fuoco, uno
stupido hobby che innervosisce Mihael e aiuta te a recuperare il minimo
di salute
mentale che vanti.
Ricominci a giocare
con la fiamma [con
il fuoco] , attendi un divano sul quale
fingere di lavorare e un paio di schermi da tener d’occhio
per duecento ore
senza pause.
Uno, due, tre.
Almeno
sai contare.
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Capitolo 2 *** Interiorità - 04 [«Perché un genio dovrebbe voler viaggiare dentro di me?»] ***
Ed
eccoci con il secondo capitolo, questa volta una sorta di Kira centric
che si
trascina dietro un L a dir poco invisibile. Va be’
– amo la coppia ma sono
incapace di trattarla.
Avrebbe dovuto far
parte di una raccolta L-centric, progetto che si è poi perso
nel vento XDXD. Amen.
Ringrazio
infinitamente Mitsuki19 (Ciao
splendida, che dire?, mi accontento anche di un saluto
s’è da parte tua ;D Lo
so, la flash era un aperto [?] riferimento a dei discorsi troppo
stupidi e cari
per essere riportati XD Je t’adore *^*) per la recensione ed
Ai_Sellie per aver
inserito fra i preferiti.
Prompt: Interiorità
[004].
Pairing: Kira!L.
Citazione: Amy McDonald.
Paranoid
android,
«Perché
un genio dovrebbe voler viaggiare dentro di me?»
Lo guarda e non
capisce.
Lo guarda e lo
maledice.
Perché lui
può farlo, no? Lui è Dio.
Lo guarda e maledice
sé stesso, perché non può impedirsi di
restare affascinato
dalle complesse ragioni del nemico, dal suo silenzio riflessivo, dal
suo
silenzio mai vuoto o scontato.
Non può
concedersi distrazioni, Light, sebbene potrebbe rivelarsi una buona
strategia. «Entra a far parte di quel complicato circolare di
informazioni,
scova le radici e sradicale».
Perché lui
può farlo, no? Lui è – ancora?
– un
semplice uomo.
Lo guarda e non dice
nulla, attende la risposta che già ha previsto.
Lo guarda e non dice
nulla, attende una risposta che spera di aver previsto e che sembra
non arrivare. Si ostina con
quel mutismo, il detective, si ostina a cercare un significato in una
situazione che sembra non averne. [Ne
ha?]
Lo guarda e urla fra
sé.
Lo guarda e urla, e
ride, e geme di dolore e frustrazione, e si abbandona
completamente a un sospiro di soddisfazione.
Si lascia studiare da
la mente che gli è così limpidamente celata,
«Come ti ho
già detto, penso di essere io Kira».
Poi, ricostruisce un
contegno.
Perché lui
può farlo, no? Lui è – ancora
– un
semplice assassino.
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Capitolo 3 *** Esteriorità - 05 [«Via da me il vostro specchio inutile, miserabile complice di umane sciocche vanità».] ***
Nuovo giorno, nuovo
account, nuovo capitolo <3
Ringrazio per le nuove recensioni, mi rendete lietissima *^*: Red S
i n n e r (Le
tue recensioni sono meglio delle fan fiction – pentisciti! XD
Grazie *^*), Ai_Sellie
(Salve
donna XD, mi dispiace che lei faccia fatica a interpretare le shot,
m’impegnerò
per renderle più comprensibili °^° Mi auguro
questa possa piacerti ^^) e BloodNyar
(Cara
collega, mi fa piacere sapere che lei risorgerà per il
progetto comune XD, mi
piange il cuore di fronte ad una recensione ‘sì
accorata *^* Grazie, grazie,
grazie <3); grazie anche a chi ha inserito fra i preferiti e a
chi ha solo
letto.
Questa shot è particolare, l’argomento trattato
è molto particolare e, alla
stessa maniera, ho temuto a lungo di esser andata OOC.
A quanto pare (XD), è anche poco Nonsense...!
Mi ritiro, la pappa mi aspettaa~
Buona lettura.
Prompt: Esteriorità [005].
Pairing: Halle centric.
Citazione: «Dracula Opera Rock».
Paranoid
android,
«Via
da me il vostro
specchio inutile, miserabile complice di umane sciocche
vanità».
La pelle viene nascosta, coccolata da una crema color latte –
ha uno strano
odore, fra il chimico e il cetriolo.
Gli occhi azzurri brillano, rimandano silenziosamente la luce sporca
della
lampada.
Lo specchio sorride; non le sono mai piaciute simili smancerie,
interrompe
quindi il contatto aprendo lo sportello del mobile.
Vaglia i prodotti e i tubetti, ordinatamente allineati, sempre ai loro
posti,
sempre ai loro stramaledetti posti,
uno
dopo l’altro, uno accanto all’altro, sempre in
ordine, sempre allineati, i nomi
nati solo per esser ricordati bene in vista.
Non le importa
– non davvero
–, afferra lo
spazzolino e il dentifricio con uno scatto irato.
[Dov’è il muffin ai
mirtilli?
Ecco il muffin ai mirtilli!]
Strofina velocemente le setole ammorbidite dall’uso su denti,
lingua e palato –
tutto per eliminare quel sapore come di malattia.
Forse ha bisogno di tornare a casa, ha bisogno di una vacanza degna di
questo
nome con i genitori, e se il tempo è buono potrebbe andare
anche a trovare
Jenny, abita proprio in fondo alla strada.
Come quand’era bambina, come quand’erano due
bambine che sognavano di fare la
maestra di PE e la casalinga. Avrebbero vissuto insieme, ancora da
capirsi chi
avrebbe lavorato e chi avrebbe fatto la mantenuta.
[Certo, l’aspetto non è
dei migliori,
però non è fatto certo per esser guardato.]
Lo specchio le fa cambiare idea: le sorride ancora, la malizia
dell’Invidia ad
illuminare gli occhi truccati con delicata eleganza.
Una caramella per la gola, una spruzzata di profumo sui capelli
accuratamente
stirati, un’ombra a risaltare il colore dell’iride.
Lo specchio continua a ghignare – lei continua a ignorarlo.
Un’ombra
di donna, un’ombra di trucco, un’ombra riflessa.
Buio, nel bagno.
[Lui non è te.]
«Salve
Ridner».
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Capitolo 4 *** Estranei - 25 [«A noi la giustizia ci passò vicino».] ***
Eeeccoci
col nuovo capitolo.
Non avevo voglia di scriverlo o postarlo oggi, è troppo
presto, né m’andava d’inciampare
in un argomento banale e abusato come il rapporto fra gli orfani della
Wammy’s
House e l’immagine ideale di L.
Non m’importa – ho la scusa, dopotutto, sono malata
:D
Ringrazio le due [posso dire splendide?] donne che hanno recensito, Lady_Nene
(Mi
ricorderò di non rivelare il preSioso segreto <3) e Red S
i n n e r (Tu
non meriti risposte, sei solo... sei solo un uke inconsapevole!
Ammettilo che
sei uke, dai, ammettilo!) e chi ha aggiunto ai preferiti la raccolta.
Grazie,
grazie per il sostegno, grazie a tutti <3.
Voglio fare una cosa, un’azione stupida che non ha ragioni.
Posso dedicare questa shot a Giada,
ho
il permesso? All’angelo mio che si sottovaluta troppo e che
disegna... disegna
come Linda [!] ?
Buona lettura ^^.
Prompt: Estranei [025].
Pairing: Wammy’s House.
Citazione: Notredame de Paris.
Note: séptimo = settimo in spagnolo.
Paranoid
android,
«A
noi la giustizia ci passò vicino».
Abbandona il capo in avanti, il mento a sfiorare la clavicola sinistra.
I gomiti sono appoggiati sui fianchi, le mani stringono fra le cosce
per
mantenere il calore.
La Luna, poco più piccola di un penny, illumina in maniera a
dir poco spettrale
la piccola sala comune.
Il ragazzino resta al proprio posto, inginocchiato sotto il pianoforte
– ha sempre
trovato quella posizione significativa, gli permette di vedere da
un’angolazione
completamente differente lo svolgimento degli eventi, il sottile filo
del
destino che si dirama fra gl’infiniti avvenimenti unendoli in
una trama dalle
tinte sgargianti.
Appoggia le palme delle mani sul marmo freddo, si lascia poi scivolare
fuori
dal nascondiglio alla maniera di un serpente.
«Shwooo», sibila
divertito, cercando
di ripetere il suono prodotto dal rettile che sta imitando. «Shwooo, shwooo», si trascina con
i gomiti
sulla pavimentazione gelata, completamente assorbito dal misterioso
gioco.
E, shwooo, raggiunge la lavagna
posizionata durante il pomeriggio sulla parete a sinistra.
«Shwooo?»,
solleva la testa,
rotolando sul pavimento fino a guardare a testa in giù la
tabella ormai
conosciuta come la propria lingua madre.
«Séptimo».
Resta ad osservare il proprio nickname scritto
dalla mano sicura di
Roger con un pennarello nero sulla superficie bianca.
Sarebbe così facile cancellarlo
[ sarebbe
così facile cancellare sé stessi, dopo aver perso
il nome, la vita ]
e sostituire la propria posizione con quella di qualcun
altro.
Il settimo al mondo, il settimo paladino, il settimo adepto, il settimo
orfano.
Al primo posto Near, al secondo Mello – L che posizione
occupa?
Lo zero è il nulla, mentre L è molte cose.
L è giustizia, L è sogno e aspirazione
– L è un fantasma distante, L è un
riflesso mai visto a cui tutti cercano di assomigliare.
Allontana da sé quei pensieri, il numero sette.
Si è fatto tardi, se Roger lo dovesse beccare in
sala oltre le undici lo
metterebbe in punizione. E le undici, oh sì!, sono passate
da un pezzo.
Shwooo.
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Capitolo 5 *** Figli - 28 [«Objects in mirror are closer than they appear».] ***
La citazione di questa volta
è la scritta che ho trovato in macchina da mia
nonna XD, a chi devo creditarla?
Avrei voluto scrivere
qualcosa riguardo Halloween, però mi sono trovata
ispirata poco o nulla, in quella direzione.
Grazie a Bloodnyar
(Ohh, anche a me piace lavorare con i personaggi secondari, sono una
sfida più
complicata dei personaggi meglio conosciuti – hai in mano
pochi indizi e devi
costruire una psicologia basata su di essi, insomma, è molto
stimolante! <123 Grazie per la recensione, a
me
basta sapere che leggi, non ti preoccupare XD) e Red S
i n n e r
(Io
propongo eliminazione sistematica; insomma, le tue recensioni mi fanno
montare
troppo la testa, meriti di venire eliminata! KIRAAA! In ogni caso, una
cura c’è
– la lobotomia è ancora illegale, vero? *kuku*);
ringrazio anche chi ha
aggiunto fra i preferiti e chi ha letto soltanto.
Oggi sono allegra, non
tanto perché sto meglio, piuttosto perché si
è
prospettata essere tutto sommato una buona giornata e mi aspetta una
[spero]
bella serata. Peccato io detesti i film horror *In lacrime*...!
Buona lettura ^^.
Prompt: Figli [028].
Pairing: Kira centric.
Citazione: [?].
Capitolo dedicato a Nene senza una
motivazione ben precisa – Raito-kuuun! <123
Paranoid
android,
«Objects
in mirror
are closer than they appear».
Questo
legge sullo specchietto della macchina Light Yagami, mentre sfreccia
nel traffico
al fianco del padre verso la centrale.
Gli oggetti nello
specchio sono più
vicini di quanto sembrino.
Ma è quindi
lo specchio a illudere colui che vi si riflette, allontanando le
preoccupazioni e i timori tutti, o è il resto del mondo un
inganno pronto a
ritirarsi al minimo soffio di vento?
[ Chi comanda cosa?
Chi sovrasta,
condiziona, sopprime? ]
È
un’insolita fretta, quella che li sospinge verso la meta,
come la tempesta
alle spalle che gonfia le vele e dona rinnovata velocità. La
maggior parte dei
semafori è verde, i buchi nel traffico sembrano esser stati
messi l’ apposta
per loro.
Il destino che, come
un bambino impaziente di vedere lo sviluppo della vicenda,
forza la nave giocattolo ad andare più veloce.
È
impaziente, l’infantile e glorioso fato.
È
impaziente di vedere lo sguardo brillante di Kira riflesso nel figli
del
Detective; questo perché gli oggetti nello specchio sono
più vicini di quanto sembrino.
[ Inavvicinabile Raito,
osserva meglio. ]
Dispone i pezzi del
domino, l’uno dopo l’altro, pronto ad assistere
all’inesorabile
caduta del pezzo finale – orgoglioso, il vecchio soldatino di
stagno attende il
proprio destino.
[ È sangue quello? ]
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Capitolo 6 *** Troppo poco - 34 [«In quella caverna che tu chiami petto».] ***
Salve cari ^^
Nuovo tempo da
passare, nuova oneshot da postare XDD.
Non so bene il
perché sia nata, so solo che c’è e va debellata.
Ringrazio
accoratamente keli (*Balla* Collega,
luce dei miei occhi! Mi hai dato della malata di mente e con quella tua
frase
affermi che Mello deve essere uke – posso adorarti, vero? XDD
Grazie, anche se
costretta XDD), Lady_Nene
(*Trallalla~*, a questo punto sembra io sia costretta a scrivere una
Light/Naomi, che cosa amorevole XDD) e Red S
i n n e r
(Io.
Adoro. Le tue. Recensioni. Le amo
dal profondo dell’anima XDD, le amo
quasi più di quanto ami te *addita*) per aver recensito; un
appuntino anche ai
gentiVissimi che hanno aggiunto la raccolta nei preferiti o nei seguiti.
Citazione della
precedente Naomi centric [It’s
not my
choice]
riconoscibile, qui il significato è completamente stravolto.
Buona
lettura—
Prompt: Troppo poco [034].
Pairing: Light Yagami!Naomi Misora.
Avvertimenti:
AU.
Citazione: My Chemical Romance.
Paranoid
android,
«In
quella caverna che tu chiami petto».
Un profumo che t’inebria, un sussurro sommesso capace di
animarti dal profondo.
Non risponderesti, pur di sentirlo ancora – ancora,
sì, ancora una volta!
Eppure, lei si allontana.
Lei appartiene al mondo, lei appartiene a Lawliet.
«Grazie, Raito».
Sorride e il suo volto è pieno, completo. Naomi è
nata per quel sorriso, è nata
per quella ragione d’esistere e a quella ha consacrato
sé stessa – Naomi è nata
per rimanere al fianco di L., prima come collaboratrice e ora come
amante.
Quel sorriso, quel volto, lo senti, lo sai,
finiranno con l’ucciderti.
[ Light è un vero
genio:
potrebbe succedere a L., sai? ]
Quel sorriso, quel volto, lo sai – non lo senti, t’imponi
sarà così
–, t’apparterranno.
Un giorno non lontano lei sarà tua.
Un giorno
non lontano
chiameranno te.
Fino ad allora, ricambia con gentilezza al gesto di Misora.
Riprendi il tomo di Cultura che le hai prestato la settimana scorsa,
china
appena il capo in avanti e poi rispondi guardandola negli occhi.
«Grazie, Raito».
«Di nulla».
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Capitolo 7 *** Pioggia - 066 [«Hai avuto quel che meritavi?»] ***
Grazie a Camilla
per la recensione, parlerei di più però
l’orda (?) selvaggia di compiti che
incombe m’ha fatto passare la voglia di sproloquiare a lungo
XDD.
Questa flash non è originale: [Spin-off di: «I
don’t love you»,
Anis_Angel ©]
Ho modificato un poco la situazione; nella fanfic alla quale mi sono
ispirata
trascorrevano quattro anni fra partenza di Mello e nuovo incontro, qui
ne sono
passati decisamente di più, approssimativamente sei o sette.
Vi auguro una buona lettura ^^.
Prompt: Pioggia [066].
Pairing: Mello!Matt.
Citazione: My Chemical Romance.
Paranoid
android,
«Hai avuto quel
che
meritavi?»
[ Non pensavi che ti avrebbe
aspettato sul serio. ]
Non
pensava che te ne saresti andato
sul serio.
Non credeva che lo avresti sul serio abbandonato in quello stupido
rudere ad
aspettare gli avversari, ad aspettare la morte.
«Fermo qui», sussurrasti.
E lui, stupido bambino spaventato, ha reagito alla maniera di uno
stupido
bambino spaventato, pronunciando stupide parole che trasudavano una
stupida, fottutissima paura.
«D0ve vai?», gli occhi sgranati e le dita che
artigliavano la tua manica
sinistra.
Un bacio a sfiorare le sue labbra, poi l’ordine al quale non
avrebbe potuto
disobbedire, la voce che avrebbe seguito fino a quando non avesse
sentito il
pestilenziale fiato di Lucifero su di sé.
«Lasciami e sta’ fermo
qui. Tornerò subito».
Oh, certo, saresti tornato subito – subito dopo esserti fatto
beccare da un
vecchio porco, subito dopo esserti scopato chi necessario per arrivare
al cospetto
di Rodd.
Grazie a dio, quando arrivò quel momento le numerose
referenze ti avrebbero
permesso di poter continuare a indossare i pantaloni.
[ Matt stava davvero aspettando che
tu lo rintracciassi. ]
I pantaloni te li tolsero per un’altra ragione, una
motivazione appena vitale:
strano ma vero, in quegli anni Mail aveva mantenuto attiva la stessa
scheda
SIM.
Rapido nel rispondere, ancor più celere nel mandarti a quel
paese con tanto di
madre e sorella mai conosciute e la cui occupazione sperasti essere
meno
squallida.
Sbuffavi mentre il taxi attendeva che il semaforo diventasse verde
– ti eri
ridotto a prendere un taxi!, come minimo la ragione di quello stupido
idiota
avrebbe dovuto riguardare un trafficante argentino di cioccolata.
[ Matt sapeva che lo avresti
cercato,
perché
avrebbe dovuto nascondersi? ]
Ma lei, lei, lei...
Lei aveva le scarpe blu, e dalle scarpe da tennis spuntavano delle
piccole
calze bianche; il resto era nascosto da un grembiulino scolastico
sporco di
pennarello.
[ Matt sapeva che non avresti
sparato.
E,
quando si parlava di te, era lui il
numero uno. ]
Lei aveva le scarpe blu e due piccole fossette sulle guance paffute.
Quelle non doveva averle ereditate dal padre: ricordi che il suo volto
appariva
liscio e morbido quando ti sorrideva, ancora due stupidi bambini
circondati da
informazioni troppo importanti, troppo serie.
[ Matt non sapeva cosa avresti fatto
dopo. ]
Pioveva, quando te ne andasti.
Pioveva forte e faceva freddo, un freddo che ti impediva di avere la
piena
padronanza delle tue dita nelle tasca, dita che stringevano
l’impugnatura della
pistola.
La strada di fortuna che ti avrebbe portato all’appartamento
regalatoti da Loss
anni prima era piena di un fango che rallentava il passo.
Sembrava quasi il mondo fosse pronto a inghiottirti – forse
davvero era così.
Ma non ti saresti lasciato trascinare a fondo così
facilmente.
Avresti scalciato, avresti lottato, avresti portato con te quanta
più gente
possibile.
[ Non lo sapeva e non voleva
immaginarlo, per non trovarsi
a
inseguirti sotto la pioggia come se
fosse vitale raggiungerti. ]
«Dispiace anche a
me».
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Capitolo 8 *** Intermezzo - 002 [«Senza alcuno sforzo penetravano a vicenda nel proprio spirito».] ***
Questa avrebbe dovuto
essere una
Matt/Mello...
Ahh, la vergogna! Ahh, l’abominio! XD
Baah, nonostante tutto, la fan fiction in generale mi soddisfa
– ovviamente
sappiamo tutti l’incidenza di Linda, quanto quindi possa il
suo personaggio
essere aderente a sé stesso XD. Io ci ho provato, gente: la
vita è fatta di
scale, c’è chi scende e chi rotola per tutti e i
centottanta gradini
continuando a pestare i gomiti e le ginocchia.
Vi amo, lo sapete? E ancora di più adoro Noemi, grazie alla
quale questa
piccola raccolta senza capo né cosa è finita fra
le scelte. Potete crederci? Io
noo!, mi rifiuto XD!
Dai, buona lettura ;D
Prompt: Intermezzo [002].
Pairing: Matt&Linda.
Citazione: Virginia Woolf.
Paranoid
android,
«Senza alcuno sforzo penetravano a
vicenda nel proprio spirito».
Matt non chiedeva molto dalla vita:
sigarette, un
computer pronto ad aprirsi di fronte a lui come un fottuto Mar Rosso e,
quando
proprio andava di lusso, un divano. Un paio di birre il
venerdì sera e sul
divano ci avrebbe ballato.
Inutile ricordare il buio e l’aria cambiata attraverso un
buon sistema di
ventole – i clienti sapevano bene di avere a che fare con il
classicissimo
genio bastardo e complessato; gli facevano quindi avere quel che
chiedeva,
insieme con una discreta somma di denaro o, decisamente più
apprezzate e
«produttive», informazioni.
Noto al pubblico con differenti nomi, il più diffuso:
Ryuzaki, Mail era insoddisfatto
e reso sempre più inquieto da quella continua ricerca.
«Andrà
tutto bene»,
lo aveva salutato Linda;
parole accompagnate da un materno
bacio sulla fronte.
Lei che sapeva sempre un dannatissimo
passo avanti a lui, nella comprensione dell’umano cruccio.
Lei che sorrideva con dolcezza quando i nuovi bambini chiedevano
timidamente
aiuto e che rideva di gusto quando l’aspirante L. di turno
sfidava apertamente
i primi della graduatoria.
[Lei che piangeva, stringendo al petto
un paio di occhiali
da motociclista con
le lenti rotte.]
«Sicuro»,
aveva esclamato in risposta.
Tuffandosi all’indietro sul piccolo divano grigio che si era
conquistato,
soppesa con gli occhi e con la mano il cellulare spento.
Digita il numero senza guardare i tasti – se lo facesse,
molto probabilmente
finirebbe col darsi dello stupido e attaccare prima che lei abbia avuto
il
tempo di rispondere, rimandando per l’ennesima volta la
telefonata.
Avvicina poi la cornetta all’orecchio.
Se la Fortuna volesse perseverare nella propria azione, non farebbe
rispondere
la donna come non gli permette di rintracciare Mello.
«Pronto?»,
sembra aver cambiato idea,
«Matt?»
Tossisce un sorriso per nulla convinto, poi recupera le parole dal fumo
in cui
si sono perse.
«Risposta corretta».
Senza pensarci troppo, recupera dal marsupio che ha gettato sotto il
tavolo gli
occhiali che lei stessa gli ha affidato il giorno della separazione.
«Come...»
Percepisce nella sua voce una nota d’insicurezza. «Come va?»
Annuisce, ridendo poi non appena ricorda che Linda non può
vederlo.
«Meglio;
tu?»
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