Raccolta
a pairing misto – o almeno credo sarà
così XD.
Non prenoto prompt
perché davvero non ho idea di che fine farà
questo insieme
privo di senso di oneshot(s).
Mi
dilungherò poco, sono piuttosto confusa io stessa riguardo
il destino di...
di questa «cosa».
Buona lettura.
Prompt: Picche [050].
Pairing: Matt!Mello.
Citazione:William Shakespeare.
Capitolo dedicato a Red S i n n e r;
semplicemente perché l’ha stupidamente
richiesta e finalmente
ottenuta.
Paranoid
android,
«Sii
solo e non sarai nessuno».
Uno, due, tre.
Pacchetto chiuso,
pacchetto aperto, sigaretta fra le labbra.
Un programma di
comportamento ormai facente parte di una routine che, oh no!,
non ti appartiene di certo.
Uno, due, tre.
Accendino stretto in
pugno, accendino coccolato oltre i guanti, pollice ai posti di combattimento.
Non ricordi la prima
sigaretta – d’altronde, lui lo ha sempre detto che hai
una memoria di merda.
Giocavi con lo Zippo
del classico «conoscente per caso», chiaramente;
più che
altro fissavi nel vuoto chiedendoti se quella situazione, fino ad
allora ‘sì
meravigliosamente assurda, avresti potuto anche solo ricordarla,
immaginarla,
magari, nel giro di qualche mese.
Osservavi la fiamma
bruciare ossigeno, brillare della propria origine
artificiale; proprio non riuscivi ad immaginare quel pericoloso
passatempo
baciare la stessa pelle che, fino a qualche ora prima, avevi osservato
con
preoccupazione e un poco, una briciola di ribrezzo.
Il tuo silenzioso
compagno ti aveva poi rivolto la solita disinteressata
domanda, quasi una routine: «Sicuro di non voler fare un
tiro?»
Un po’ ci
rimase male quando gli rubasti di mano il tabacco.
Uno, due, tre.
Scintilla, accensione,
sospiro soddisfatto.
Ormai ti sei ridotto a
fumare una marca veramente infima, una cosa orribile. Se
fossi più orgoglioso, ti faresti schifo.
Eppure, lo sguardo che
ti ha rivolto la prima volta lui è il miele che
allontana l’amaro e che ha addolcito la gola
irritata dai primi scarsi tentativi.
«Tu cosa?»
Un sibilo quasi in
falsetto, gli occhi ridotti a due fessure gelide e irate.
«A volte
capita», la risposta sorridente.
A volte capita
– devo parlarti di api e di fiori?
La seconda parte non
l’hai detta, però sarebbe stata una cosa stupenda
per la
tua autostima.
A volte capita.
«Un giorno
ci si sveglia e ci si regala un cancro». Mello aveva annuito,
parlando con l’aria, rifiutando di guardare
un’altra volta il ghigno sul tuo
volto arrossato.
A volte capita.
Come a volte capita
che si prenoti un orrendo posto s’un last minute per una cazzo di
città, paesello, montagna in culo ai
lupi in Giappone, tutto pur di arrivare il prima possibile, e non si
trovi
nessuna macchina [nessun vecchio amico]
nel
parcheggio.
«Scusa»,
il sussurro nella cornetta, «ora sto attaccato a un qualcuno
che
potrebbe rivelarsi utile: prendi un taxi fino a casa e non sentire la
mia
mancanza».
Sì che
sentirai la sua mancanza – la mancanza del suo zigomo sotto
al tuo
pugno!
Come stessi facendo un
dispetto all’uomo
[al bambino invecchiato] che ti
ha lasciato a piedi, ricominci a giocare con l’accendino:
fuoco, non fuoco, uno
stupido hobby che innervosisce Mihael e aiuta te a recuperare il minimo
di salute
mentale che vanti.
Ricominci a giocare
con la fiamma [con
il fuoco] , attendi un divano sul quale
fingere di lavorare e un paio di schermi da tener d’occhio
per duecento ore
senza pause.
Uno, due, tre.
Almeno
sai contare.