My second chance

di PattyOnTheRollercoaster
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The rescue ***
Capitolo 2: *** The home on the tree ***
Capitolo 3: *** Into the cage ***
Capitolo 4: *** Chaos in her head ***
Capitolo 5: *** Fight ***
Capitolo 6: *** Poor Teddy-bear! ***
Capitolo 7: *** Away from home ***
Capitolo 8: *** Vampire hunter troubles ***
Capitolo 9: *** The birthday effects ***
Capitolo 10: *** As always ***



Capitolo 1
*** The rescue ***


My second chance
From Edward Cullen’s diary

1.The rescue

Ripensando a quello che è capitato, sembra che tutto sia già stato programmato. Anche la decisione di trasferirmi con tutta la mia famiglia qui, in una delle zone più nuvolose e piovose di Londra. In effetti le condizione climatiche non sono cambiate molto da Forks, però almeno adesso siamo vicino a Londra, una città degna del suo nome. E’ stata Rosalie a volere vicino una città, e devo ammettere di essere stato d’accordo con lei questa volta, almeno non ci annoiamo troppo. Tanto prima o poi dovevamo trasferirci: stavamo a Forks ormai da troppo tempo, se non fossimo cresciuti sarebbero cominciati a sorgere dei dubbi.
In più … Bella sé n’è andata.
Forse era stanca di essere preda di pazzi assassini o di pazzi innamorati che la guardavano mentre dormiva, come facevo io. Fatto sta che è tornata da sua madre. All’inizio è stato orribile, però ormai sono passati undici anni. Adesso bella ha ventinove anni e io ancora diciassette, o almeno nelle apparenze. Ormai ho rinunciato perfino ad andare a scuola. Troppo noioso, lo rifarò quando la mia laurea sarà troppo vecchia per lavorare. Forse potrei far finta di avere vent’anni, anche perché sembro un po’ più grande.
Comunque … il giorno in cui tutto cominciò camminavo lungo una strada solitaria, vicino a casa, quando in lontananza sentii delle grida. In lontananza per me significa molto lontano nella realtà, quindi mi avvicinai per vedere cosa succedeva.
Mi avvicinavo sempre di più alla fonte del rumore e, improvvisamente, da una traversa, spuntò una cosa non bene identificata che correva e, dietro di lei, tre ragazzi che la inseguivano. Guardando meglio vidi che si trattava di una ragazza, tutta incappucciata. Stava correndo verso di me, però non credo che ci stesse facendo molto caso in quel momento dato che stava scappando da tre tipi arrabbiatissimi e tutti grossi quasi quanto Emmett (quasi, perché nessuno può eguagliarlo in stazza).
Per puro senso del dovere mi parai di fronte ai tre ragazzi. Quelli si fermarono e mi guardarono. Uno di loro disse: “Spostati!”.
“Se non vi spostate voi vi prendo tutti a mazzate” dissi io pacatamente. Ho scoperto che dire frasi intimidatorie non serve a nulla, nel senso che non spaventa il tuo avversario, però velocizza il suo processo di arrabbiatura, così io velocizzo le botte da dargli, e lui scappa prima.
Quello che aveva parlato guardò i suoi amici e si mise a ridere. Un po’ stufo gli tirai un piccolo calcio negli stinchi che lo fece cadere a terra. Lui si rialzò, sorpreso e arrabbiato, quindi assieme ai suoi amici mi circondarono. Con la coda dell’occhio vidi che la ragazza incappucciata si era fermata in mezzo alla strada e ci osservava, attenta. I tre mi si gettarono addosso all’improvviso ma i loro movimenti erano lenti, scontati, così li fermai tutti (prima che si facessero del male picchiando un uomo fatto praticamente di marmo). Dopo averli buttati a terra varie volte con calci e spinte realizzarono che ero troppo forte per loro. Quando si dice essere acuti! No?
“Ma perché non ve ne andate?” chiesi allora. Quelli si guardarono un po’ stupiti e poi se ne andarono via velocemente. Mi voltai verso la ragazza, che stava ancora in mezzo alla strada, e andai verso di lei. Mi rendo conto che, in realtà, il mio combattimento deve essere sembrato eroico e veloce agli occhi di una persona normale. “Come stai?” chiesi. Lei si nascose un po’ nel suo cappuccio e abbassò la testa.
“Bene” la sentii farfugliare. “Grazie” disse, e fece per andarsene.
“Aspetta, sei sicura che vada tutto bene?” gli dissi avvicinandomi ancora a lei e guardandola in faccia. Se avessi potuto sbiancare probabilmente l’avrei fatto: era conciata maluccio. Aveva un labbro sanguinante e un occhio che si stava lentamente gonfiando e diventando di un bel colorito purpureo. “Mio Dio” mi uscì detto di bocca.
“Si, vabbè … non c’è bisogno di guardarmi così. Lo so che probabilmente faccio schifo” disse lei stizzita.
“Ti porto all’ospedale” dissi prendendola per un braccio e cominciando a trascinarla.
“Cosa? Ma chi sei per portarmi dove vuoi? Mio padre? Sono capace di andarci da sola all’ospedale!” esclamò lei.
“Certo, così quando i tuoi amici ti rivedono ti conciano peggio di prima” sbuffai. “E dai” quasi la supplicavo. Lei ci pensò un secondo, probabilmente la prospettiva di essere di nuovo picchiata non le piaceva, così annuì.
“Mi chiamo Lilian, però mi firmo sempre Lil, così tutti mi chiamano in quel modo” disse tendendo la mano.
“Edward” risposi io stringendola. Lei non fece commenti sul fatto che la mia mano fosse gelata. “Cosa vuol dire che ti firmi Lil? Sei una scrittrice, o un’artista?”.
“In un certo senso. Mi firmo Lil nei murales. E’ per quello che mi stavano inseguendo: stavo facendo un murales e quelli mi hanno visto” disse cominciando a camminare. Forse la guardai con aria di disapprovazione, perché mi osservò e disse, roteando gli occhi al cielo: “Guarda che non è come pensano tutti! I murales sono una forma d’arte, secondo me. E poi io non faccio scritte, quelli sono graffiti, io dipingo sui muri. Così si fa un murales” spiegò pazientemente come se stesse parlando ad un bambino.
“Dipingi con pennelli?” chiesi.
“No con le bombolette. Mi ci è voluto un sacco per imparare”. Lil si schiacciò con la mano una guancia che probabilmente le faceva molto male e fece una smorfia.
Fortunatamente c’era un pronto soccorso vicino. Aspettammo per almeno due ore ma, quando il dottore ci chiamò, si sbrigò subito a disinfettare le ferite di Lil e a prescrivere una pomata per il gonfiore. Probabilmente aveva tanti pazienti di cui occuparsi; troppi, mi venne da pensare. Quando uscimmo dal pronto soccorso, nell’aria fredda e umida, mi voltai verso Lil: “Dove abiti? Se ti va ti accompagno”.
“Grazie” disse lei sorridendo. “Abito vicino all’asilo, in Guggenheim Street”.
“Davvero? Io abito lì vicino”.
“Ma va? Com’è che non ti ho mai visto?” mi chiese piacevolmente sorpresa. Scrollai le spalle. “Non esci molto?”.
“Veramente non ho molto da fare, ecco. Non vado a scuola, non lavoro …”. Decisi che avrei dovuto trovarmi un lavoro, la mia vita era di una piattezza incredibile.
“Non vai a scuola? Fai bene. La scuola è solo un posto dove ti ficcano stupide idee in testa. E’ a scuola che ci omologhiamo al resto del mondo” disse in tono saccente. “Ma quanti anni hai?” chiese poi.
“Diciassette, quasi diciotto”, in fondo era vero: ero stato morso poco prima di compiere diciotto anni. “E tu?”.
“Diciotto” rispose lei. Arrivammo fino all’asilo, e li ci separammo. “Magari ci vediamo in giro uno di questi giorni” disse facendo un sorriso e cominciando a camminare verso casa.
“Magari” dissi io. Avrei fatto in modo che accadesse. Forse mi sarei guadagnato un’amica, e anche un modo per passare le giornate che non fosse bisticciare con Emmett.

Pochi giorni dopo l’eroico salvataggio ero seduto sulla panchina di un parco lì vicino a leggere un libro. Il cielo era pieno di nuvole, ma almeno potevo uscire, così ne avevo approfittato per fare un giro.
Il parco dove stavo mi piaceva particolarmente: era un parco giochi per bambini, quindi c’erano scivoli e altalene, ma era molto grande e tutto circondato da alberi e aiuole. Il mio posto preferito era quello sotto la quercia. Probabilmente era uno degli alberi più vecchi, e si stirava nodoso verso il cielo, cercando di carpire i raggi di luce che, di rado, fendevano le nuvole.
Ero arrivato da poco, una ventina di minuti, quando sentii qualcuno venire verso il parco. Alzai lo sguardo dalla mia lettura e vidi Lil, che, con sguardo cupo, si trascinava verso lo scivolo col tetto. Non mi vide, d’altronde non feci nulla per farmi notare, ma quando salì e si rifugiò sullo scivolo mi alzai e la raggiunsi. Mi arrampicai dalla parte scivolosa, adoravo farlo, e, quando la mia testa spuntò, salutai Lil con un sorriso.
“Ciao” dissi reggendomi al tettuccio rosso mattone dello scivolo casa e abbassandomi per entrarvi.
“Ciao” disse lei, sollevando lo sguardo. “Che fai qui?”.
“Leggevo. E tu?”.
Scrollò le spalle. “Niente. Sono solo uscita di casa. I miei litigano” disse facendo un gesto esasperato.
“Oh” dissi soltanto. Non avevo mai avuto problemi di famiglia, almeno non in quel senso. I problemi della mia famiglia erano più complessi, però meglio non lamentarsi. Almeno Carlisle ed Esme andavano d’amore e d’accordo.
“Quello è il commento più indicato, credo. Per di più che si rompono le palle a vicenda per cose stupide”. Frugò in tasca ed estrasse un pacchetto di sigarette e un accendino. “Ti dà fastidio se fumo?” mi chiese.
“Fa pure” dissi poggiandomi su una parete dello scivolo casa, in modo da trovarmi di fronte a lei. Guardandola mi venne da pensare che lei non sapeva quanto sembrasse fragile e allo stesso tempo forte, ai miei occhi. Forse per la mia natura di Vampiro, ma per tutti gli umani portavo un certo rispetto. Ero arrivato alla conclusione che i Vampiri erano, per molti versi, avvantaggiati nella vita, e rispettavo gli umani che riuscivano a cavarsela con le poche abilità che avevano.
Con sguardo assente, rivolto alla strada, Lil giocherellava con la catenina che aveva al collo, una sottile catena con appeso un anello. Dentro all’anello c’era scritto, con una grafia elegante e sinuosa: ‘Come nelle favole’. Ogni tanto prendeva una boccata dalla sigaretta e soffiava via il fumo alzando il mento. Forse era un’impressione mia, però mi pareva che il fumo non volesse uscire dalla sua bocca, così si attardava sulle sue labbra, aspettando di venir soffiato via. I suoi occhi erano cerchiati di matita nera, ma se uno guardava attentamente si vedevano le ombre scure delle occhiaie, che si confondevano con il trucco pesante.
Si voltò verso di me e sorrise un poco. “Cosa leggevi?”.
“Un libro” risposi vago porgendogli quello che avevo in mano. Lei lo prese e lo guardò, poi alzò lo sguardo e picchiettò con l’indice sulla copertina.
“L’ho letto anch’io” disse alzando le sopracciglia. “Dove sei arrivato?”.
“Quando lui uccide il suo amico. Sono quasi alla fine”.
“Seconde me è molto bello” disse lei.
“Si mi è piaciuto” concordai.
“Davvero? E’ una lettura un po’ vecchia, però tutti i romanzi horror o simili hanno qualcosa che rimanda a questo. La pazzia, l’egoismo …” disse passandomi il libro.
“Oppure un antieroe” dissi prendendolo.
“Anche” disse Lil spegnendo la sigaretta contro il legno vecchio della casa scivolo. In quel momento arrivarono delle persone nel parco. “Faremmo meglio a spostarci” disse alzandosi, restando comunque piegata sotto il tetto della casa. Quando stava per scendere il viso di un bambino sbucò dagli scalini.
“Tocca a me” disse guardandoci imbronciato. In effetti occupavamo in due tutto lo spazio. Mi alzai anche io e scendemmo per i gradini, beccandoci uno sguardo di disapprovazione dalla madre del bambino. Ma perché poi?
Notai solo allora che Lil era vestita in modo che definirei per lo meno … singolare. Aveva su una camicia chiara a quadri molto larga e sotto una maglietta aderente nera, che mostrava quanto fosse magra. Portava una gonna sbrindellata abbastanza corta (troppo, secondo me) e degli scarponi neri che arrivavano poco sotto il ginocchio.
“Non ho voglia di tornare a casa” disse, “voglio andare in un bel posto”. Pensai un secondo a qual’era il posto più bello che conoscessi.
“Ti ci porto io” dissi. “Però dobbiamo andare in macchina, ok? E’ un problema se ti rapisco per un po’?” chiesi.
“Per niente”.
Ci avviammo verso casa e aprii il garage. Dentro c’erano tutte le nostre macchine. Lil fece una specie di risolino: “Oh mio Dio. La mia casa è grande quanto il tuo garage” disse.
“Posso definirmi ricco da far schifo” dissi con un ghigno. “Mio padre è un medico” dissi sbrigativo sperando che pensasse che Carlisle fosse un medico strapagato. E’ molto bravo, è vero, però lo pagano normalmente. In realtà tutti i soldi provengono da un centinaio di anni di accumulo di denaro.
“Capisco” disse lei guardando le macchine tirate a lucido. C’era anche un moto, la moto che avevo comprato per andare in moto assieme a Bella, e che poi avevo ceduto ad Emmet. Bei ricordi, ormai passati. Presi le chiavi della Volvo e aprii la portiera a Lil, un’abitudine che mi era rimasta e che nessuno ormai usava più. “Grazie” disse lei entrando meravigliata e divertita in macchina. Mentre facevo il giro per entrare, ovviamente a passo lento, per curiosità cercai di percepire i pensieri di Lil, ma tutto quello che trovai fu caos, come un fischio nelle orecchie e un leggero brusio di tante voci in sottofondo. Senza pensarci troppo salii in macchina.
“Allora dove andiamo?” chiese lei.
“Non te lo posso dire, però ti assicuro che è un bel posto” dissi mettendo in moto.






Prima storia su Twilight. Se devo proprio essere sincera non è che mi convinca molto, ma almeno ci provo. Comunque, so che in questo capitolo non accade granchè, ma spero che pazienterete (già nel prossiamo capitolo succede qualcosa, e poi, non siete curiosi di sapere dove Edward ha portato Lil?). Per i fan BellaxEdward, cambiate storia, dico sul serio. All'inzio ci sono dei riferimenti a lei, ma poi pian piano vanno svanendo.
Comunque, spero che questo Edward che racconta in prima persona vi piaccia, secondo me è un tipo divertente, e non si fa tante pippe mentali come Bella (solo un po').
Be', ricordate, mi raccomando, di lasciare una recensione. Che sia positiva o negativa non importa, basta che ci sia.
Un saluto a tutti,
Patty.

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Capitolo 2
*** The home on the tree ***


2.The home on the tree

Mi fermai di fronte al bosco che avevo eletto come più bel posto del circondario. A dir la verità era lo stesso posto dove andavo a caccia se non mi andava di andare troppo lontano. Però non cacciavo spesso lì, non c’era una grande varietà di animali, solo cerbiatti, alci e orsi. Si, gli orsi erano buoni, però preferivo animali più selvatici: miglioravano la caccia, la rendevano più divertente. E’ praticamente l’unico momento in cui mi posso sfogare, devo sfruttarlo! Per fortuna gli animali si trovavano solo molto lontano dal luogo dove intendevo portare Lil.
“E’ questo?” mi chiese scendendo dalla macchina (senza bisogno che le aprissi la portiera, fra l’altro). Si passò una mano fra i capelli neri, lunghi fin sotto le spalle, tenuti sciolti.
“Si. Ti dispiace camminare?” chiesi.
“Per niente” disse lei. Ci addentrammo, seguendo il sentiero. Quella scena mi ricordava molto la passeggiata con Bella, però cercai di non pensarci. Camminammo per mezz’oretta circa poi arrivammo dove volevo andare.
“Dobbiamo oltrepassare il ponte” dissi indicando il ponticello di pietra sopra il fiume. Non era che un rigagnolo per terra in confronto ai fiumi veri, arrivava alle ginocchia però ed era largo quanto me disteso, quindi dovevamo passare per il ponte.
“Mi piace questa cosa del ponte, fa molto Narnia” disse Lil sorridendo e guardandosi i piedi mentre oltrepassava il ponticello di pietra.
Camminammo un altro po’, poi, davanti ad un albero enorme, ci fermammo. “Ecco dove ti volevo portare” dissi indicando una capanna molto vecchia sopra l’albero.
“Wow” disse lei guardandola. “E’ tua?” mi chiese.
“No. Veramente non ci sono neanche mai salito, l’ho vista un giorno che sono venuto qui. Però sembra un bel posto, quindi …” dissi lasciando la frase in sospeso.
“E’ bellissimo!” esclamò lei. “Ci saliamo?” chiese avvicinandosi e girando attorno all’albero. Trovò un appiglio e vi posò il piede, tirandosi su con una spinta e aggrappandosi ad una sporgenza della corteccia, poi salì su un ramo. “Dai, vieni” disse in piedi sul ramo ritorto. La capanna era molto facile da raggiungere, probabilmente era stata costruita da bambini un sacco di tempo fa.
Dentro c’era un odore penetrante di umido e di muffa e probabilmente non era nemmeno una costruzione troppo sicura, però ormai eravamo lì, non potevamo e non volevamo andarcene. Ci sedemmo a terra, guardandoci attorno. Ad un tratto Lil si allungò sopra la mia spalla e prese qualcosa che era appeso alla parete.
“Un reperto storico” disse prendendo un foglio giallastro. Sopra c’era un disegno fatto con i pastelli a cera. Si vedeva che era stato fatto da un bambino, e che era molto vecchio. Sopra c’era scritto in lettere grosse e colorate R.Y.S. Chissà per cosa stava? “Anche io vorrei aver fatto una casetta sull’albero con i miei amici. Mi sembra una specie di ritrovo per un club, no?” chiese Lil.
“Io da piccolo avevo una casa di legno nel giardino di casa. Ci stavo tutti i giorni per un certo periodo” dissi. Era vero, me l’aveva costruita mio padre molto tempo fa, quando avevo quattro anni, mi pare. Però non sono sicuro, non ricordo bene quel periodo della mia vita.
“Bello” disse Lil sognante. “Quando avrò un figlio lo porterò qui. A meno che le foreste non siano già state bruciate tutte o tagliate” disse. Aveva ragione in fondo. Una prospettiva orribile. Ci sistemammo con le spalle al muro e il viso rivolto verso un’apertura nel legno, in modo da vedere la foresta.
“Com’è che siamo passati da una casetta all’altra?” chiesi improvvisamente.
“Questa è più grande” disse Lil convinta. Sorrisi.
“Dovremmo tornarci un giorno”.
“Spero solo di avere tempo. Devo tirare su un po’ di materie a scuola” disse Lil mordendosi un labbro e annuendo.
“Quali?”.
“Matematica e biologia”.
“Se vuoi posso darti una mano” proposi.
“Hai detto che non vai a scuola” disse lei guardandomi stranita.
“Infatti non vado. Studio a casa”.
“Ah, ho capito. B’è se hai del tempo …” disse considerando l’offerta.
“Puoi venire a casa mia” dissi. Prima ovviamente avrei dovuto avvisare gli altri, se avessero sentito odore di sangue avrebbero pensato che l’avevo portata a casa per fare uno spuntino. E poi dovevo specificare che lei non era come Bella: non sapeva di me.
“D’accordo. Dimmi quando” disse illuminandosi.
“Quando vuoi. Sei tu che devi studiare” dissi.
“Vediamo … dopodomani verso le … due, ti va bene?” chiese pensandoci un po’ su.
“Perfetto. Hai una cosa … qui” dissi mettendole una mano fra i capelli. Pescai un insettino che si era sistemato sulla sua testa.
“Ma che schifo!” esclamò Lil, più spaventata che schifata, cominciando a passarsi una mano fra i capelli.

“Ma sei sicuro che andrà bene? Dovremmo comprarci qualcosa da mangiare” osservò Jasper.
“Probabilmente hai ragione” intervenne Rosalie. “Se Edward invita qui un’altra della sue amichette …”. Sbuffai.
“Ma … per una volta! E poi la farò stare in camera mia, lì c’è pure il letto”. Infatti era rimasto da quando lo aveva usato Bella. Me lo ero tenuto perché era più comodo di un divano, mi stendevo e ascoltavo musica, o leggevo.
“D’accordo” disse Jasper. “Non agitiamoci. In fondo stiamo a stretto contatto con gli umani tutti i giorni”. Improvvisamente mi sentii meno nervoso. Maledetto Jasper!
“Arriva in ritardo” disse Alice.
“Perché?” chiesi.
“Non lo so. Però arriverà alle due e venti” disse salendo scale per andare in camera.
Come predetto Lil arrivò in ritardo. E’ comodo avere una sorella come Alice.
“Scusa” disse Lil non appena le aprii la porta. “E’ che non trovavo il libro. In camera mia c’è un disordine …” disse entrando, guardandosi attorno. La casa nuova era simile a quella che avevamo a Forks, nel senso che era grande e ariosa. “Che bella casa”.
“Grazie” dissi chiudendole la porta alle spalle. Stavo conducendo Lil in camera mia, quando passò Carlisle.
“Salve” disse lui sorridendo mentre scendeva le scale. “Sono Carlisle, il padre di Edward” e tese una mano.
“Salve. Lilian” rispose lei educatamente. Per quanto sembrasse una ragazza di quelle emarginate che non s’impegnano a scuola, che fanno cose illegali (come i murales) Lil era sempre gentile e sorridente. In effetti aveva qualcosa della hippy anni settanta, ma più moderna. Mi ricordo gli anni degli hippy … ci eravamo davvero divertiti in alcune occasioni, e quei vestiti colorati mi piacevano un sacco! Ho appena rovinato la mia reputazione immagino, ma cercate di non ridere troppo di me.
“Io vado all’ospedale, Edward. Se Esme mi cerca dille che sono già uscito” disse Carlisle. Annuii, e condussi Lil su per le scale. Probabilmente Esme aveva già sentito tutto: Carlisle l’avrà detto per fare l’umano.
“Quella cosa delle mani fredde è una cosa di famiglia?” chiese allora Lil. “Avete dei geni freddolosi?”.
“No, non credo. Sarà un coincidenza. In realtà Carlisle ed Esme non sono i miei veri genitori” dissi salendo le scale.
“Sei stato adottato?”.
“Si, e anche tutti gli altri” dissi.
“Hai fratelli?”.
“Due fratelli e due sorelle”.
La mia stanza era la prima porta proprio di fronte alle scale. Feci accomodare Lil e mi chiusi la porta alle spalle.
“Quanti cd” osservò lei avvicinandosi agli scaffali. “Questo ce l’ho” disse indicandone uno. “Questo pure. Però io li scarico”.
“L’importante è sentirli” dissi scrollando le spalle. “Allora … che hai portato?”.
“Matematica” disse lei tirando fuori dalla borsa un librone. “Che è la materia in cui vado peggio”.
“Vediamo” dissi spostando la sedia per farla sedere. Lei, con un vago sorriso divertito, si sedette e tirò fuori quaderno e astuccio.
“Mi spieghi come mai sei un tipo così elegante e gentile? Sembri uscito da un libro medievale” disse sorridendo appoggiando il mento alle dita intrecciate.
“Non lo so” risposi sedendomi a mia volta. Certo che aveva occhio. Ovviamente tutti notavano che in noi c’era qualcosa di strano, ma di solito era qualcosa di sottile. E di certo nessuno veniva a dircelo. “Dovrebbero tutti fare come me” dissi, cercando di deviare la domanda.
“Sarebbe bello all’inizio, però poi mi sa che mi darebbe fastidio se lo facessero tutti” disse lei con una smorfia. “A proposito, stavo pensando che queste sono ripetizioni. Quindi, non so … devo pagarti” disse.
“Eh? No. No, figurati” dissi scuotendo la testa. “Piuttosto, dimmi dove siete arrivati col programma”.
“Ai logaritmi” disse prontamente aprendo il quaderno con gli appunti.
“Perfetto …”. Fino alle cinque e mezza cercai di spiegare al meglio la lezione sui logaritmi, che avevo sentito miliardi di volte. Lil era attenta, solo che non riusciva a fare gli esercizi. Dopo più di due ore di spiegazione, ovviamente con piccole interruzioni nelle quali parlavamo d’altro, a Lil squillò il cellulare. Lo prese e lesse un messaggio.
“Devo andare”. Prese tutte le cose e le rimise in borsa. “Sei sicuro che non vuoi che ti paghi? Guarda che, anche se ho una casa piccola, non sono una poveraccia!” esclamò sorridendo.
“No, non è per quello” dissi sorridendo a mia volta. “Non mi dispiace farlo” dissi, incamminandomi verso la porta della stanza.
“Sei una persona altruista”.
“E, soprattutto, che non ha bisogno di soldi. Che ne sai che non ti avrei fatto pagare se fossi stato uno squattrinato?” chiesi.
“Vero” disse lei poggiandosi sullo stipite della porta con la spalla, aspettando che la aprissi.
Guidato da qualcosa, una specie di energia nel centro dello stomaco, mi avvicinai improvvisamente a Lil e le posai una mano sul viso, attirandola a me. Le diedi un semplice bacio, e rimasi lì fermo sulle sue labbra. Avevano un buon odore, un buon sapore. Sentivo il suo cuore battere leggermente più forte. Il sangue che correva veloce alle guancie, colorandole di rosso, mi faceva girare la testa. Ne sentii l’odore travolgente, buono come l’aria fresca della sera. Mi scostai da lei e la osservai. Lil si limitò ad abbassare la testa. Forse avevo fatto qualcosa di sbagliato.
“Scusa” dissi. Non era quella la reazione che mi aspettavo.
“No, non fa niente. Sai … è stato molto utile venire qui, però forse non dovrei tornare” disse evitando il mio sguardo.
“Cosa? Perché? Se è per prima, non lo faccio più, giuro”.
“E’ che … non vorrei darti fastidio. Hem … sono fidanzata” disse. Ci rimasi di sasso, certo quella non me l’aspettavo. Però, insomma, era logico che una ragazza carina come Lil fosse fidanzata. Non è mica detto che le ragazze, anche se sono praticamente fatto apposta, mi vengano dietro come api attirate dal miele. Mi ripresi dall’attimo di shock.
“Oh. B’è non fa niente. Insomma … io sono qui solo per darti ripetizioni” dissi aprendo la porta. Accompagnai Lil alla porta di casa. Prima di uscire si girò di nuovo verso di me con aria dispiaciuta.
“Sei sicuro? Sicuro che non ti dà fastidio? Cioè, è un po’ … è una brutta situazione” disse.
“No, figurati. Io sono l’uomo virtuoso, cosa credi? A quando la prossima volta?”. Riuscii a strapparle un sorriso.
“Ti mando un messaggio, ok? Non so esattamente quando avrò tempo, però penso che Lunedì ci sarò” disse mettendosi la borsa sulla spalla.
“D’accordo”. Le aprii la porta e il cancelletto. Lei uscì e, seduto sul marciapiede, c’era un ragazzo. Quando uscimmo assieme si voltò e sorrise, alzandosi.
“Ciao” disse a Lil, mettendole un braccio sulla spalla. “Ciao, sono Rudy” disse poi stringendomi la mano.
“Edward” dissi, tentato di stritolargliela quella mano orribile. Però se l’avessi fatto, forse si sarebbero accorti che qualcosa non andava in me.
Quel ragazzo ispirava qualcosa di antipatico. E non lo dico solo perché sono di parte.
Aveva i capelli castano chiaro portati abbastanza lunghi e gli occhi verdi. Diversi orecchini, un piercing al sopracciglio e un po’ di barba incolta sul mento. Portava una maglietta di un gruppo sconosciuto e dei jeans larghi. Sulle spalle aveva una chitarra, o un basso elettrico.
“Allora ci vediamo” disse Lil facendo per andarsene, poi: “Oh, stasera lui suona in un locale. Ti va di venire a sentire?”.
“Hai un gruppo?” chiesi.
“Si, ci chiamiamo Bohemièn” rispose con voce rauca. “Facciamo una specie di punk, ma più melodico. Io suono la chitarra”. E allora? Anche io la suono! Tzé!
“Dove? A che ora?” chiesi.
“Alle dieci al Cage”.
“D’accordo. Si, vengo” dissi.
“Allora ci vediamo stasera” disse Lil sorridendo.
Li guardai allontanarsi lungo la via. Rudy teneva il braccio attorno alla spalla di Lil. E proprio mentre guardavo (questo è masochismo) si baciarono.
Imprecando, rientrai in casa. Non era destino, probabilmente sarei rimasto solo per il resto dei miei giorni da morto vivente. A dare ripetizioni e a guardare da lontano le ragazze che mi piacevano passeggiare mano nella mano con i loro fidanzati.




Eccomi con il secondo capitolo ^^
Lo so che queste curiosità spesso non interessano, ma Bohemièn è un modo di dire coniato in Francia, mi pare durante la fine del '700. Sta ad indicare un ambiente simile a quello dei locali da ballo (vedi Moulin Rouge), un po' malsano ma affascinante.
A parte le cose inutili...
Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto. Devo ammettere che, dopo aver visto miliardi di volte Edward nei panni del figoso a cui non si può resistere, è stato divertente fare questa versione di lui un po' più umana. Più sfigata ma anche più alla mano :) Ditemi un po' voi che ne pensate di questo nuovo Edward :D

bells97: grazie mille per i complimenti, sono contenta che ti piaccia come scrivo. ^^ Il personaggio di Lil man mano si svelerà, dato che è raccontato dal punto di vista di Edward, quindi dobbiamo aspettare che la conosca lui. Spero di non averti deluso con il bel posto in cui Edward doveva portare Lil, il fatto è che io assaccio sempre il bello alla natura, quindi mi sembrava una cosa carina. Comunque mille grazie ^^

Al prossimo capitolo,
Patty.

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Capitolo 3
*** Into the cage ***


3.In the Cage

Il locale era affollato e c’era odore di fumo. Era abbastanza piccolo per essere un posto dove suonare. Il palco si trovava di fronte all’entrata, sulla parete destra correva il bancone e, in un angolo, c’era una porta che dava su un’altra sala con dei tavolini.
Arrivai presto, quindi c’erano solo i gestori, i musicisti, e qualche altra persona. Vidi Lil e Rudy, in un angolo. Lui con la chitarra in mano che provava, mentre lei chiacchierava con una ragazza poco più grande. Quando mi vide fece segno di unirmi a loro. L’altra ragazza si voltò a guardarmi. Era bionda e portava abiti che lasciavano poco all’immaginazione. Quando mi vide fece un sorrisetto. Oddio, stava pensando cose impensabili! Non è un bene sentire i pensieri degli altri in certi casi. Anzi, in tutti i casi.
“Ciao, sei arrivato presto” mi disse Lil.
“Lo so. Ciao” dissi a Rudy, che mi fece un cenno con il capo. “Edward” mi presentai poi stringendo la mano alla ragazza.
“Sasha” disse lei sorridendo.
Restammo a parlare attorno al tavolo, finché Rudy non venne chiamato da un ragazzo, probabilmente uno del gruppo, e si allontanò, allora ci avvicinammo alla parte destra del palco. Nel frattempo erano arrivate altre persone e il locale si era riempito di grida e risate. Le luci colorate s’illuminarono di un blu elettrico e un ragazzo sulla ventina salì sul palco.
“Dai andiamo” disse Sasha trascinando me e Lil in mezzo alla folla. Non avevo pensato a come mi avrebbe colpito l’odore di sangue in un posto affollato, però non era una cosa irresistibile. Se pensavo a Carlisle, che faceva il medico, mi dicevo cha anche io potevo farcela. Certo, non era una passeggiata, ma non fu nemmeno terribile come pensavo.
I membri della band salirono sul palco e Rudy sorrise a Lil. Cioè, non sono sicuro che sorridesse a lei, ma a chi altro poteva sorridere? Se fosse stata la mia ragazza io le avrei sorriso, anche tutto il giorno (anche se, mi rendo conto, sarei sembrato una specie di Ken con il botulino sulle guancie). Cominciarono a suonare una canzone e la gente sotto al palco prese ad agitarsi, man mano che la musica raggiungeva livelli sempre più alti. Dopo una, due, tre canzoni, durante le quali scorsi fra la folla Lil che saltava e si agitava a ritmo di musica, vidi avvicinarsi a me Sasha.
“Ciao!” mi gridò per superare con la voce il volume della musica, anche se io la udivo perfettamente (udivo anche quell’incapace di un bassista che sbagliava gli accordi ogni tanto).
“Ciao!” risposi io. Mi stavo divertendo devo ammettere, Lil e Rudy a parte.
Sasha si avvicinò a me e premette il suo corpo contro il mio, prendendo le mie mani e poggiandosele sui fianchi, intanto mi sorrideva maliziosamente. Cominciò a muoversi in modo sinuoso e si avvicinò pericolosamente alle mie labbra. Mi ritrassi, al che lei mi guardò stranita. Tolsi le mani dai suoi fianchi, tolsi le sue che si erano infilate sotto la mia camicia in meno di un secondo e me ne andai verso il bancone.
“Cosa ti porto?” mi chiese il barman. Magari avessi potuto prendere qualcosa da bere! Guardai il tizio affianco a me che aveva nel bicchiere qualcosa di molto strano.
“Niente” dissi. Accanto a me comparve Lil.
“Ciao, come va?” mi chiese sorridendo. “Ti ho perso di vista quando la gente ha cominciato a saltare”. Io invece non l’avevo persa di vista, ma dovevo stare attento a non far del male a nessuno muovendomi. Si, lo so che adesso provate un po’ di pena per me.
“Bene, tutto bene. A parte quando la tua amica mi ha braccato e ha cercato di … violentarmi, o qualcosa del genere”. Lil mi guardò con la bocca aperta, poi scoppiò a ridere.
“Sul serio? Ah Derry, mi porti una sambuca?” chiese poi rivolta al barman che passava di lì. Quello sorrise, annuì e sparì, prendendo la banconota che le porgeva. “Ormai io e Derry ci conosciamo bene, fra un po’ mi fa il tesserino punti per tutto quello che bevo. Ah, comunque scusala Sasha, è fatta così. Quando vede un ragazzo carino non ragiona più” disse poi con l’ombra di un sorriso ancora sul volto.
“Non importa” dissi sorridendo a mia volta, in realtà ero compiaciuto che lei mi considerasse carino. Quando arrivò il bicchiere di Lil le indicai la saletta dove c’erano i tavolini. “Andiamo di la?” chiesi.
“D’accordo” disse lei prendendo il bicchiere. Schivammo tutti i ragazzi che saltavano e si spingevano a ritmo di musica e arrivammo incolumi alla sala. Dentro c’erano poche persone, così ci sedemmo ad un tavolino rotondo in un angolo.
“Sono bravi” dissi accennando a Rudy e gli altri.
“Vero? S’impegnano molto. Sapessi quante ore ci sta alla chitarra Rudy. Però se è qualcosa che ti piace suppongo che non ti pesa impegnarti” disse lei prendendo un piccolo sorso del liquido bianco. Aveva un odore penetrante e fastidioso.
“E’ vero. Ad esempio a te non pesa imparare a fare i murales” dissi. Lei sorrise e prese una sigaretta.
“C’è qualcosa che piace fare anche a te?” mi chiese.
“Suono il piano. Però sono più sulla musica classica”.
“Si vedeva dai tuoi cd. Ma devo dire che hai una vasta conoscenza musicale” disse lei. “Un giorno mi farai sentire come suoni. Componi della canzoni?”.
“Si, anche se ultimamente mi manca l’ispirazione” dissi. Era vero. Era da mesi che non componevo più.
“Ci saranno periodi migliori” disse prendendo un altro sorso di quella cosa.
“Mah, speriamo. Ma perché bevi quell’affare? Ha un odore orribile”.
“In effetti è un po’ forte. Ti fa così schifo l’anice?” chiese facendomi ballare il bicchiere sotto al naso.
D’istinto dissi: “Non l’ho mai assaggiata”.
“E allora come fai a dire che non ti piace?” chiese lei. “Dai assaggia!” disse porgendomi il bicchiere. Forse se mi fossi tirato indietro si sarebbe insospettita. In quel momento non mi passò nemmeno per l’anticamera del cervello di potermi rifiutare dicendo di essere astemio, o roba del genere.
“D’accordo” dissi prendendo il bicchiere. Era un odore davvero rivoltante, così smisi di respirare. Mi portai il bicchiere alle labbra e trangugiai il poco liquido che rimaneva. Aveva il solito sapore di spazzatura, di cibo marcio. “Fa schifo” dissi poggiando il bicchiere sul tavolo. Lil rise.
“I gusti son gusti! Però almeno adesso puoi dire di averla assaggiata, quindi sai che ti fa schifo e puoi dirlo con orgoglio”.
La musica finì nell’altra sala. Non mi ero nemmeno accorto di che ore fossero ma era da poco passata la mezzanotte. “Hanno finito. Ma li pagano?” chiesi.
“No perché loro hanno la possibilità di suonare e farsi conoscere, il locale invece ha un sacco di incassi, così è un vantaggio sia per loro che per i gestori. Se fossero una band leggermente famosa, allora prenderebbero una percentuale. Ma di solito capita con gruppi underground che hanno inciso almeno un album”.
“Suonano sempre qui?”.
“La maggior parte delle volte si. Però a volte anche in altri posti. Sono bravi, ormai un po’ di persone li conoscono, però sono solo conoscenti e amici di amici, non so se mi spiego”.
“Capito”.
Andammo a cercare i componenti del gruppo, che erano, oltre Rudy, il cantante di cui non sapevo il nome, il bassista che si chiamava Michael e la batterista, Kathleen. Siccome non li trovavamo da nessuna parte dissi a Lil: “Magari sono fuori, vado a dare un’occhiata”.
“Ok, ti aspetto qui” disse sedendosi al bancone. Sgusciai fra la folla e riuscii a raggiungere la porta. L’aria fresca della sera mi soffiava sul viso e, dopo il caldo e l’odore di sangue penetrante che si sentiva all’interno del locale, respirai (per modo di dire) con piacere un po’ di aria pulita. Davanti alla porta del bar c’erano diverse persone. Si trovava in una via poco trafficata e stretta, così le persone stavano anche in mezzo alla strada a parlare. Scorsi un membro della band a cui mi ero presentato prima.
“Hai visto Rudy?” gli chiesi.
Lui mi indicò la via alle sua spalle e disse: “L’ho visto andare di là, prima”.
“Ok grazie” dissi andandolo a cercare. Girai lungo la via che il ragazzo mi aveva indicato. Non c’era nessuno ma sentivo dei pensieri confusi, di due persone, però cercai di lasciarli alla loro privacy. Continuando a camminare, in una traversa della via dove stavo, scorsi una figura che somigliava a Rudy.
Guardai meglio, e vidi Rudy e Sasha che si baciavano. Erano intrecciati come se fossero fusi l’uno con l’altro. In quel momento, sorridendo, Rudy si voltò e mi vide. Il sorriso furbo che aveva sparì dal suo volto e, lasciando temporaneamente Sasha, mi si avvicinò a grandi falcate. Quando fu vicino a me guardò lungo la via, a destra e a sinistra, poi, abbassandosi verso di me come a dirmi un segreto, disse: “Ascolta … non dire niente a Lily, capito?”.
Ma quel tipo era scemo o solo tonto? Credeva che non avrei detto nulla? Nel frattempo Sasha ci aveva raggiunto, riavviandosi i vestiti malandati.
“Io … adesso devo andare.” continuò Rudy, “Senti, dì a Lil che mi hanno chiamato e sono dovuto tornare a casa”.
“Ti aspetto in macchina” disse Sasha allontanandosi.
“D’accordo”.
“Sei uno sciocco” sussurrai guardandolo fisso negli occhi, scuotendo leggermente la testa. Cavolo! Dovrei davvero rinnovare il mio vocabolario.
“No, aspetta. Non è vero, non è come sembra. Lo dirò a Lily. Glielo dirò … domani, forse. Si, domani. Ma non dirglielo tu, per favore” disse supplicante.
“Ti aspetti che non dica nulla?” chiesi stupito e anche un po’ schifato dal suo comportamento.
Rudy mi prese e mi sbatté contro il muro. Mi lasciai trascinare, per non destare sospetti. “Stai zitto, stronzo! Non sai nulla di noi!” disse, e se andò.

“Quindi è così?” chiese Lil corrucciata.
“No, devi fare così” dissi io prendendo la biro e correggendo l’esercizio.
“Ah, capito. Quindi anche questa” disse indicando un altro esercizio sul libro.
“No, quella …” m’interruppi. Lil aveva gettato la biro sul tavolo e si era passata una mano sul viso stanco.
“Scusa, oggi non sono dell’umore per mettermi a studiare”. Si fermò un secondo, esitante, poi riprese: “E’ Rudy. Ha detto che deve dirmi una cosa importante e … boh. E’ da una settimana che non mi chiama”.
“Possiamo fare una pausa” dissi alzandomi. Presi un cd e lo misi nello stereo. “Ti piace questo?” chiesi sedendomi sul letto, cercando di deviare il discorso.
“Non credo di averlo mai sentito tutto”. Lil si alzò, si stiracchiò e prese il cd, leggendo le tracce sul retro. Si sedette affianco a me, sfogliando il libretto delle parole. “Questa ce l’ho anch’io” disse indicando un titolo.
“E’ la più triste di tutte” osservai.
“Si, però è bella. E’ da ascoltare nei momenti giusti” disse, stendendosi a pancia in sotto. Mi stesi affianco a lei e cominciammo a commentare le canzoni. Dopo quasi un’ora a Lil squillò il cellulare.
“Pronto?” disse rotolando e voltandosi verso il soffitto. “Si sono qui e tu? Ok … va bene. Ciao” e mise giù. “Era Rudy, sta arrivando. Vediamo cos’avrà da dire di tanto importante” disse sollevandosi dal letto.
Con un vago presentimento accompagnai giù Lil e, prima di aprirle la porta, le dissi: “Buona fortuna”.
“E per cosa?” chiese lei stranita ma divertita.
“Così …” risposi io scrollando le spalle.
“B’è grazie” disse lei sorridendo e uscendo.
Dopo che se ne fu andata cominciai a comporre. Mi uscì facile in quel momento. Era una canzone cattiva, non c’era altro modo per descriverla. Veloce, stridente, cattiva. Emanava una certa malinconia, nascosta fra l’agitazione delle note che si susseguivano veloci e si confondevano. Dopo aver suonato furiosamente per quasi un’ora mi buttai sul divano. Era come se fossi stato stanco, cosa quasi impossibile. Mi stancavo solo certe volte a caccia, ma erano delle giornate in cui non andavo bene.
Passò Rosalie.
“Rose dimmi … faccio pena?” chiesi.
“Parecchio” rispose lei senza nemmeno degnarmi di uno sguardo. Sospirai, quindi Rosalie, probabilmente mossa da pietà, mi si avvicinò e si sedette al mio fianco: “Alice ha detto che l’ha vista stare assieme a noi”.
“Lilian?” chiesi sorpreso. Rosalie annuì.
“Lei ti piace vero?” mi chiese.
“Eh?”.
“Dai Edward, credi che non si capisca?” chiese con un vago sorriso.
“No, ma … si capisce così tanto?” chiesi. Lei annuì. “Comunque non credo ci sia futuro. Lei non è come Bella, è diversa. Bella accettava quasi senza replicare tutto quello che le dicevo, non credo che con Lil sarebbe così. E’ più, non so ... forse se scoprisse chi sono davvero non vorrebbe mai avere a che fare con me. Ora che ci penso è un po’ come te: testarda” dissi ghignando.
“Io non sono testarda, sono decisa” disse Rosalie alzandosi. “Ah, a proposito … Alice ha anche detto che arriverà fra poco”.
“Ok grazie”.
“E che pioverà” disse anche.
Il termine piovere probabilmente si sarebbe applicato meglio a qualcos’altro, quella era una vera e propria tormenta! La pioggia lavava via ogni odore, e tutto diventava ovattato e si spegneva. Però lo sentii quando Lil arrivò. Il suo odore si spargeva sugli oggetti come cioccolata fusa. Bussò forte alla porta e io le aprii.
Era bagnata fradicia. Aveva capelli e vestiti zuppi, tremava di freddo e di rabbia, gli occhi rossi e gonfi di pianto. “Tu lo sapevi, vero?” mi chiese fra i singhiozzi.




Prima di tutto le mie scuse per il ritardo con cui ho postato. E' che sono talmente impegnata in questi giorni che mi sono totalmente scordata. Questa settimana si sta rivelando complicata e lunga (sabato arriverrà come una manna dal cielo). Me chiede umilmente perdono u.u
Ringrazio chi ha messo la fic tra i preferiti e le seguite, spero che la storia vi stia piacendo. Inoltre ringrazio le ragazze che mi hanno scritto per la storia, state sicure che andrò a visitare il forum. ^^
Due parole da spendere sul capitolo. B'è... accidenti! Siamo già al terzo e ancora non succede niente dell'azione che vi avevo promesso, ma arriverà nel prossimo capitolo, ve lo giuro (anche perchè l'ho già scritto)! Spero che nel frattempo non mi abbandonerete!
Altra perla di saggezza che centra con il capitolo ben poco in realtà: per chi non lo sapesse i sopracitati gruppi definiti underground sono quelli che si associano a etichette discografiche non commerciali ^^ Sono generalmente meno famosi, ma chi s'intende di underground sa che esistono gruppi musicali o solisti davvero molto bravi!
Spoiler: nel prossimo capitolo vedremo Emmett e Jasper che trasportano un armadio, conosceremo un nuovo personaggio e finalmente arriverà un'avvisaglia di ciò che promette l'introduzione della storia.
B'è, grazie mille a tutti i lettori. Ciao!
Patty.

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Capitolo 4
*** Chaos in her head ***


4.Chaos in her head

Restai impalato davanti alla porta, incapace di parlare o di emettere alcun suono. Poi mi riscossi: ma perché dovevo dirglielo io? Era il suo ragazzo, Rudy, che doveva dirgli tutto! Chi ero io per dirgli una cosa del genere? E poi che facevo, le dicevo: Oh, hey, come va? Lo sai, l’altra sera ho visto Sasha, la tua amica, baciare Rudy, il tuo fidanzato. Allora, dimmi, cos’è che non capito della lezione di biologia?
“Perché pensi che lo sapessi?” chiesi. “Entra” dissi poi scostandomi dalla porta per lasciarla entrare, dato che si stava bagnando sotto la pioggia. Tremante, Lil entrò.
“Mi hai detto buona fortuna” disse debolmente e un po’ incerta, come se dubitasse delle sue stesse parole. Sospirai.
“L’altra sera, al Cage, quando sono andato fuori a vedere dov’era Rudy, l’ho visto con Sasha. Lui mi ha chiesto di non dirti nulla, ha detto che ci avrebbe pensato lui” borbottai. Lil aprì e chiuse la bocca varie volte.
“Quegli stronzi!” esclamò poi facendo per uscire. La ripescai per un braccio.
“Aspetta, che vuoi fare?” chiesi allarmato.
“Li voglio gonfiare di botte tanto che poi sembreranno dei palloncini!” esclamò lei cercando di sottrarsi alla mia stretta e, contemporaneamente, di aprire la porta.
“Aspetta, no! Prima dovresti asciugarti” le dissi trascinandola nel bagno.
“Ma che asciugarmi? Li smonto!” sbraitò lei cercando di resistere. Purtroppo non si resiste a me, in tutti i sensi. La lanciai in bagno, entrai e chiusi la porta. Presi un asciugamano e glielo sbattei in faccia. Lei era abbastanza sconvolta da come mi stavo comportando, e cioè in modo totalmente diverso dal solito, che smise di agitarsi.
Con aria assente si tolse la giacca bagnata e si asciugò i capelli e il viso. Aveva uno sguardo perso, gli occhi vuoti e ancora arrossati. La osservavo, appoggiato alla porta del bagno con le braccia conserte. Lil si appoggiò con le mani al lavandino, teneva la testa abbassata e i capelli le ricadevano davanti agli occhi. Poco dopo iniziò  versare lacrime silenziose.
Mi avvicinai e l’abbracciai. Non riuscivo a vederla così. Era doloroso per me quanto lo era per lei.
Improvvisamente si staccò da me e si levò la catenina con l’anello che aveva al collo. Andò alla finestra, l’aprì, e gettò la catenina lontano. Riuscii a sentire il tintinnio del metallo contro l’asfalto.
“Me l’aveva regalata Rudy” disse piano. “Diceva che la nostra storia era come quelle delle favole. Per questo l’ha fatto scrivere nell’anello”. Non sapevo cosa dire, così mi limitai ad assumere un’aria contrita. Fosse stato per me sarei andato a picchiare quel decerebrato finché non avesse supplicato di morire! “Senti …” disse Lil asciugandosi il viso, “ti va di restare a farmi compagnia?”.
Sotto si sentì un rumore, come di qualcosa che si schiantava a terra. Velocemente, con un brutto presentimento, uscii dal bagno rinchiudendovi dentro Lil. Scesi con il mio passo svelto le scale e vidi Emmett che, con una mano, stava sollevando un armadio di legno massiccio e lo faceva viaggiare pericolosamente vicino al soffitto.
“Emmett! Ma che stai facendo?!” chiesi in un sibilo.
“Si lo so, ce l’hanno portato proprio oggi che pioveva” disse indicando l’armadio che, probabilmente, avevano dovuto trascinare in quattro gli addetti al trasporto.
“No, stupido! C’è Lilian di sopra!” sibilai.
“Oh” disse lui. Con cautela posò a terra l’armadio. “Jasper, puoi venire un secondo?” chiese. Anche se aveva parlato ad un tono di voce assolutamente normale Jasper sentì.
“Proprio adesso?”.
“E’ un’emergenza” sbuffò Emmet. In un secondo Jasper era affianco a noi. Era una fortuna che fosse così disponibile, nonostante le continue lamentele, perché in quel preciso istante Lil spuntò dalle scale.
“Che succede?” chiese.
“Ci hanno portato l’armadio” dissi con un bruttissimo sorriso forzato. Lil osservò Emmet e Jasper, che avevano fatto finta di posare con enorme sforzo l’armadio per terra. “Questi sono i miei fratelli” dissi indicandoli.
“Piacere, sono Lilian” disse stringendo le mani ad entrambi. Loro si presentarono.
“Senti … perché non andiamo da qualche altra parte?” chiesi a Lil. Dietro di lei Emmet e Jasper fecero finta di trascinare con fatica il mobile.
“Ma quanto pesa” sussurrò Emmet sorridendo. Jasper soppresse una risata. Sperai che fosse passata per un grugnito di fatica.
“Però piove” osservò Lil. Ci pensò su attimo, poi disse: “Puoi venire a casa mia se ti va”. Allarmato guardai Emmett alle sue spalle che sollevava l’armadio con una mano e poi lo alzava ancora di po’ con il dito indice, tenendolo in equilibrio.
“Sì andiamo” dissi prendendo Lil per le spalle e strascinandola via.
“Ciao!” disse lei rivolta a Jasper ed Emmet, che nel frattempo erano tornati a recitare.
“Stupidi” sibilai.
Quando uscimmo di casa, anche sotto la pioggia torrenziale potei udire le loro risate.

L’appartamento di Lil si trovava in un condominio a quattro piani. Era un posto di quelli che apparivano solo nei film horror: malandato, buio, con la porta difettosa. Però che importava in fondo?
Salimmo le scale fino al terzo piano, Lil estrasse la chiave e aprì la porta di casa. “Non c’è nessuno. I miei sono al lavoro” disse. La porta si apriva sul corridoio e sulla destra c’era il salotto, sulla sinistra, più avanti, una stretta cucina, dopodiché il corridoio girava a destra e c’erano due porte, una di fronte all’altra, che erano le stanze, e una porta al centro, il bagno. “Questa è la mia stanza” disse aprendo la porta sulla sinistra. Sopra c’era un foglio con scritto a caratteri gotici Lil, the fuckin’ best.
Dentro c’era un completo disordine. La scrivania era sommersa da libri, di scuola e non, fogli con sopra alcuni disegni o pasticciati, dei cd e qualche vestito. Il letto era sfatto e, ammonticchiati in un angolo, c’erano diversi peluche. Le pareti, infine, erano coperte di poster o di fogli con disegni. Ne osservai qualcuno incuriosito. O erano ragazze con volti pensanti o mostri che ringhiavano. Mi venne da sorridere, vedendone uno con una ragazza in primo piano, inginocchiata e con la testa rivolta verso l’alto, e dietro di lei un ragazzo con dei canini sporgenti  che si accingeva a morderle il collo.
“Carino questo” dissi indicandolo.
“Grazie” disse Lil sedendosi sul letto. Solo in quel momento notai che c’è n’erano due.
“Hai fratelli?” chiesi.
“Uno, però è sempre fuori casa con i suoi amici strani. Penso che presto se ne andrà.” Disse a voce bassa più a sé stessa che a me, “Nessuno di noi sopporta questa casa”. Appoggiò la schiena al muro, poi alzò la testa e abbozzò un sorriso. “Ci siamo promessi che andremo a vivere assieme appena troviamo un lavoro e accumuliamo dei soldi”.
“Che lavoro vorresti fare?” chiesi.
“Non lo so … forse il grafico pubblicitario. E tu?”.
“Io? Ma sei matta? Io vivrò di rendita per il resto della mia vita” dissi sghignazzando. Lil rise.
“E’ vero! E quando non avrai più soldi giocherai in borsa, in modo da non dover lavorare mai” continuò.
“Si, e poi mi comprerò una villa enorme dove affitterò le stanze, così, anche se le azioni crolleranno, potrò vivere degli affitti”.
“Verrò ad abitare a casa tua allora, però mi farai un buon prezzo”.
“Perché dovrei?” chiesi ridendo.
“Perché sono tua amica!” esclamò lei fingendosi indignata.
Tutti e due iniziammo a ridere sguaiatamente. Lil si appoggiò alla mia spalla. Probabilmente se il mio cuore avesse potuto battere più forte l’avrebbe fatto. Non osai muovermi, ma ci pensò Lil. Si sollevò un poco e mi diede un bacio sulla guancia. “Sei carino” mi disse, come constatando un fatto.
Ebbi l’improvvisa curiosità di sapere cosa stava pensando veramente, così mi concentrai suoi pensieri. Potevo sentire tutti quelli degli abitanti del condominio (c’era qualcuno che pensava i Simpson fossero un cartone blasfemo), così ridussi tutti gli altri pensieri ad un brusio indistinto e mi concentrai su Lilian.
Nemmeno quella volta riuscii a sentire nulla. C’era lo stesso caos della volta scorsa. Come un turbine di colori in cui non si capiva nulla. Cercai di concentrarmi ancora di più ma non vi fu verso. Ad un tratto sentii una forza che mi combatteva. Guardai Lil, ma lei, ignara di quello che stava succedendo nella sua testa, restava immobile sulla mia spalla. Continuai a combattere la forza in silenzio ma, con un’energia sovrumana, quella mi cacciò dalla mente di Lil. Rimasi sconvolto dov’ero, gli occhi spalancati. Lil sollevò lo sguardo e sorrise.
“Mamma mia, se hai quelle reazione per un bacetto sulla guancia non lo rifarò mai più” disse.
“No, non era per quello.” dissi, leggermente imbarazzato, “Stavo pensando”.
“Non pensare troppo allora, ti fa star male”.
Rimasi in silenzio, ragionando su quello che era appena successo. Forse avrei potuto chiedere qualcosa a Carlisle. Non che lui sappia tutto, è chiaro, però le sue teorie si rivelano spesso azzeccate.
Verso le cinque del pomeriggio sentimmo che qualcuno entrava in casa. Lil si alzò e andò a vedere chi fosse. Dopo poco ritornò nella stanza accompagnata da un ragazzo alto, bruno, con grandi occhi marrone scuro. “Questo è mio fratello Matthew” disse. Io mi alzai dal letto e gli strinsi la mano. Nel momento stesso in cui lo sfiorai sentii una scarica elettrica percorrermi il corpo. Ci osservammo, entrambi stupiti, per nemmeno un secondo.
“Io sono Edward” dissi, ricordandomi di mantenere le apparenze. Quando gli strinsi la mano sentii un prepotente formicolio su tutto il palmo.
“Piacere” disse lui con un sorriso forzato. Era strano, aveva qualcosa che mi agitava dentro, ma non riuscivo a capire perché. E poi la scossa che avevo avuto era stata talmente forte da lasciarmi folgorato.
Guardai l’orologio e dissi: “Dovrei andare adesso”.
“D’accordo”. Lil mi accompagnò verso la porta e mi salutò. “Grazie per essere venuto”.
“Ci vediamo alle prossime ripetizioni” dissi poco convinto.
“Ok. Allora ci vediamo” disse chiudendo la porta. Uscii dal condominio. Grazie alle nuvole, nonostante fosse quasi estate, c’era già abbastanza buio per quello che volevo fare. So che sembra una cosa da maniaci, ma secondo me è solo curiosità. Certo, l’intrufolarsi nella camera di Bella non era curiosità (più che altro era morbosità), ma in questo caso invece ero giustificato. Mi arrampicai sulla parete dove sapevo c’era la stanza di Lil e arrivai alla sua finestra. Sentii lei e il fratello che parlavano.
“E’ il tuo nuovo fidanzato? E Rudy?” chiese Matthew.
“Rudy è un coglione” disse aspramente Lil. “E lui non è il mio ragazzo, solo un tipo che mi dà ripetizioni”. Come solo un tipo?
“Prendi ripetizioni? Mamma e papà ti lasciano? Non è costoso?” chiese lui stupito.
“No, è gratis. Edward ha un sacco di soldi, suo padre adottivo fa il medico”.
“Adottivo” sentii Matthew sussurrare. “Comunque siete amici, no?”.
“Si. Abita qua vicino”.
“Davvero? Dove?”. Sbirciai dentro la stanza. Lil era seduta al computer e Matthew, sul letto, dava le spalle alla finestra.
“Hai presente quella casa enorme che c’è più in là? Verso l’asilo?” chiese Lil agitando la mano.
“Si”.
“Ecco, lì”.
“Ah. Quand’è che ci torni?”.
“Mi sa dopodomani, domani devo studiare lettere, e anche oggi veramente. Sto andando bene adesso a scuola, sai?” chiese Lil voltandosi verso il fratello. Io mi ritrassi in fretta, cercando di non farmi vedere.
“Menomale” disse lui. Mi arrischiai di nuovo ad osservarli. “Aspetta, vai a vedere un attimo le mie e-mail” disse poi lui alzandosi e raggiungendo Lil.
Scesi dall’edificio e m’incamminai verso casa, pensoso. Quando entrai c’era solo Alice, che leggeva sprofondata in poltrona. “Carlisle?” le chiesi.
“E’ nel suo studio” rispose lei senza alzare lo sguardo.
“Grazie” dissi, e salii le scale.
Prima che potessi bussare alla porta dello studio sentii la voce di Carlisle che mi diceva: “Entra pure Edward”. Aprii la porta e mi sedetti di fronte a lui, che stava controllando delle cartelle cliniche.
“Si riconosce così tanto il mio passo?” chiesi leggermente infastidito.
“E’ quello meno rumoroso. Rosalie porta quasi sempre i tacchi, Emmet non ne parliamo neanche, solo Alice ti fa concorrenza. Comunque … mi volevi chiedere qualcosa?”.
“Si. Mettiamo che non riesca a sentire i pensieri di una persona” cominciai, “e che non solo non li senta, ma quando provi ad ascoltarli ci sia una … non so, una forza che mi spinge via”. Carlisle mi ascoltava con attenzione. “E poi mettiamo che un parente di questa persona mi abbia passato la scossa toccandomi la mano”.
“La scossa?”.
“Si, come quando si tocca qualcun altro e ti passa la scossa. Però non lo sento più da anni. Cioè, è da quando mi hai trasformato non sento più una vera scossa elettrica”.
Il volto di Carlisle si aprì in una smorfia di stupore. “Un Assassino” sussurrò.




Allora... questo capitolo da triste diventa divertente, da divertente diventa...? Boh, diventa una cosa che non si capisce più niente! XD A quanto pare il fratello di Lil è un Assassino! °o° Ma che cos'è un Assassino? -.-'' Lo scoprirete... nella prossima puntata! :D
No, okay, sono un po' sclerata oggi, scusate. Ahaha! <--questa ne è la prova.
Comunque, a parte le scemenze, lo scoprirete davvero che cos'è un Assassino. Mi è piaciuto un sacco scrivere di Emmett e Jasper che fanno gli stupidi! XD Che ridere!

vannagio: grazie per la recensione, sei molto gentile ^^ Sono felice che la fic ti piaccia, e sono d'accordo con te nel dire: povera Lil! Odio profondamente Rudy per averla tradita! :( Cioè, lo odio anch'io che l'ho inventato! XD Comunque, grazie ancora per la recensione, ciao! ^^

Un saluto a tutti,
Patty.

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Capitolo 5
*** Fight ***


5.Fight

“Che cos’è un Assassino?” chiesi.
“Un cacciatore di Vampiri” rispose lentamente Carlisle aggrottando le sopracciglia. “Pensavo che si fossero estinti, però. Gli Assassini, come li chiamiamo noi, sono esseri umani geneticamente modificati, per così dire”. Al mio sguardo interrogativo continuò la spiegazione: “Quando i Vampiri erano numerosi e molto forti la razza umana ha sviluppato una specie di autodifesa, dato che i Licantropi non erano sufficienti ad eliminare noi Vampiri. Così sono nati gli Assassini. Un Assassino ha tutte le caratteristiche di un essere umano come tutti gli altri, ma può riconoscere i Vampiri al solo toccarli. In più è forte, veloce e ha i sensi fini quanto i nostri. Con il tempo i Vampiri hanno imparato a riconoscere anche loro un Assassino, perché c’era sempre la possibilità che l’umano che volevano cacciare fosse uno di loro. Così si è stabilita quella specie di scossa elettrica, che altro non è che una specie di repulsione fra i due corpi”. Carlisle fece una pausa. “Edward, se hai incontrato un Assassino è probabile che non sia solo. Dobbiamo assolutamente rintracciarli e dirgli come stanno le cose. Se non siamo un pericolo per gli umani allora non hanno motivo di darci alcun fastidio. Chi è l’Assassino che hai incontrato?”.
Quindi Matthew era un Assassino. Ma la cosa che più mi premeva era un’altra: “Carlisle, diventare Assassini quindi è una questione genetica?” chiesi.
“Non saprei dirti, perché?” mi chiese incuriosito.
“E’ il fratello di Lilan”.
“Oh … capisco” disse Carlisle. “Forse il fatto che tu non riesca a leggerle nella mente è una specie di autodifesa. E’ probabile che lo sia anche lei”.
“Ma non ho mai sentito una scossa quando l’ho toccata” obbiettai.
“Non so cosa dirti. I Vampiri sono diminuiti negli ultimi anni, forse lei è un’Assassina solo per metà, perché non servono più contromisure contro di noi” disse Carlisle. “Mi informerò”.
“E da chi?” chiesi incredulo.
“Sei troppo giovane per conoscere tutte le comunità di Vampiri e altre creature che conosco io” disse Carlisle sorridendo vago.

“Ma lo sai cosa vuol dire tagliare i ponti?” mi chiese Rosalie a braccia conserte.
“No, non lo so!” esclamai.
“Vuol dire che non la devi più rivedere! Vuol dire stop! Vuol dire che adesso, quando arriva, tu le fai ciao ciao con la mano e le sbatti la porta in faccia!”.
“Solo tu potresti fare una cosa così maleducata!”.
Eravamo in cucina, linda e pulita come sempre, e fra Rose e me era scoppiata una brutta lite. Dopo la scoperta degli Assassini e di Matthew, Rosalie, Emmett e Jasper affermavano che non dovevo più rivedere Lilian. Invece Alice, Carlisle ed Esme dicevano che dovevamo conoscere il gruppo di Assassini e che, forse, far vedere che io e Lil eravamo amici sarebbe servito a convincerli che non eravamo pericolosi per gli umani. Probabilmente gli Assassini non erano nemmeno in molti, non si trattava quindi di evitare una battaglia, ma piuttosto di rimanere in Inghilterra. Era uno dei pochi posti dove potevamo abitare come persone normali e non come pipistrelli che uscivano solo di notte, se si escludevano Forks e Denali.
“Ok, calmiamoci” disse Jasper facendo ricorso al suo potere e rilassandoci tutti quanti.
“Non ti sopporto quando lo fai” disse Rosalie a Jasper.
“E tu sei troppo nervosa” replicò lui. “Rilassati, diglielo anche tu Emmett”. Emmet per tutta risposta si schiarì la voce e guardò altrove.
“Comunque abbiamo più possibilità di convincerli se quella ragazza resterà amica di Edward” osservò Alice. “E poi scusate, che c’è di male? Se vogliamo vivere come gli umani allora dobbiamo anche conoscerli, no?”.
“Sono d’accordo con Alice” disse Esme. “Prima o poi diventeremo tutti immuni come Carlisle, quindi tanto vale fare pratica”.
Emmet inarcò le sopraciglia, pensieroso. Si stava convincendo.
Quando Lil arrivò nessuno disse nulla, ma tutti si presentarono. Jasper, per curiosità, provò a farla rilassare grazie al suo potere ma, in seguito, mi disse che secondo lui non aveva funzionato, a parte il fatto che non era molto nervosa, quindi non avevamo prove per capirlo. Aveva però funzionato su di me, che mi sentivo addirittura allegro.
“Mi spiace che ogni volta che vengo qui ti faccio annoiare” disse Lil quando fummo nella mia stanza. “Magari un giorno potremmo uscire assieme. Possiamo andare da qualche parte a fare un giro”.
“Si. Quando?” chiesi.
“Domani” esclamò Lil battendo una mano sul tavolo.
“Domani, ok. Mi devi portare in un bel posto. Io la volta scorsa ti ho portata alla casa sull’albero” dissi.
“Va bene, penserò ad un bel posto”.
Purtroppo quella sera successe il finimondo e il mio appuntamento con Lily andò all’altro mondo. Quel pomeriggio, con stupore di tutti noi, Matthew era venuto a prendere Lil da ripetizioni (come se non potesse tornare a casa da sola) e ci aveva squadrati tutti per bene. La sera, mentre discutevamo sul da farsi,  qualcosa piombò sul tetto di casa nostra.
“Cos’è stato?” chiese Alice guardando verso il soffitto.
“Ci sono degli umani sul nostro tetto” disse Jasper annusando l’aria.
“Non te ne approfittare” disse Emmet con un ghigno.
“Aspettate.” ci interruppe Carlisle, “Stanno entrando in casa”.
“Proprio ora dovevano arrivare i ladri” sbuffò Emmet alzandosi. Andò di sopra ma, dopo pochi secondi, sentimmo delle grida e, improvvisamente, Emmet passò volando oltre la porta e si schiantò contro il muro, lasciando una grossa crepa. Ci alzammo di scatto dalla cucina, dov’eravamo, e andammo a vedere chi era. Una ragazza e sei ragazzi, fra i quali riconobbi Matthew, avanzavano nella stanza.
“Matthew” sussurrai. Lui mi lanciò un occhiataccia. Senza preavviso mi si lanciò addosso e mi sbatté contro il muro. Non mi aspettavo una tale forza. Poteva davvero eguagliarmi.
“Se non stai lontano da mia sorella ti uccido! Hai capito?” ringhiò.
“Aspetta, noi non …” cominciai, ma venni interrotto da un pungo fortissimo. Nel frattempo gli altri Assassini si erano messi a lottare contro gli altri.
“Cosa le vuoi fare? Stronzo! Non pensavo che ci fossero Vampiri da queste parti” disse schiacciandomi ancora di più contro il muro e stringendomi la gola con una mano. A quel punto reagii. Spinsi Matthew lontano e, prima che potesse avvicinarsi ancora, gli tirai un calcio.
“Ascoltami Matthew! Noi non siamo come gli altri”. Mi rendo conto solo adesso che non devo essere sembrato molto convincente, soprattutto dopo avergli dato un calcio.
“E’ nella natura di un vampiro. Non potete contenervi!” disse lui. Cercò di colpirmi ma lo schivai. Cominciammo una lotta furiosa nella quale, probabilmente, potevo con un po’ d’impegno avere la meglio, ma avevo paura di colpire Matthew. Mi resi conto che aveva un corpo resistente quasi quanto il mio. Quando per caso lo colpii al viso e gli si ruppe il labbro, uscii un poco di sangue ma quando guardai meglio, dopo nemmeno un minuto, la ferita era guarita.
Osservai di sottecchi Jasper, che cominciava spazientirsi. Per fortuna aveva altro a cui pensare e non poteva concentrarsi sull’odore di sangue che quegli umani emanavano. Improvvisamente lo vidi saltare sulla parete e appendersi sul lampadario.
Mi rilassai. Ecco, lo aveva rifatto. Jasper scese con lentezza dal soffitto e toccò terra con eleganza.
“Ascoltate Assassini” disse con voce pacata, “noi non siamo come gli altri Vampiri. Non vogliamo far del male agli esseri umani e ci mescoliamo con loro per essere più simili possibili alla vostra razza. Ci cibiamo regolarmente del sangue degli animali. Carlisle è dottore, non ha mai bevuto nemmeno un goccio di sangue umano, così come Emmet, Rosalie ed Esme. Edward ha avuto una compagna umana” disse indicandoci uno per uno. “Non avete ragione di cacciarci né di temerci. Viviamo in pace con gli umani da anni, e non abbiamo mai destato sospetti”. Stava tralasciando un punto importante della mia storia con Bella, come il fatto che lei mi avesse scoperto, e questo non dovrebbe saperlo nessun essere umano. Non importa, era per una buona causa. “Come sapete, nemmeno Lilian sospetta nulla. Possiamo quindi vivere in pace, non trovate?”.
Mescolate al suo potere di rilassamento le parole di Jasper erano molto convincenti. Gli Assassini si osservarono un po’ imbarazzati. Quello che supponevo fosse il capo, che avrà avuto una trentina d’anni, avanzò nel disordine della sala.
“Hm … scusateci. Non avevamo idea che i Vampiri si potessero cibare anche di sangue animale, così, quando abbiamo saputo che c’erano dei Vampiri nel quartiere, abbiamo pensato che fossero qui per … altri scopi”.
“Capisco” disse Carlisle. “Bene, penso che il problema sia risolto. Se vorreste …”. Un gemito lo interruppe. Matthew si piegò in due e cadde a terra, una macchia di sangue che si allungava sulla maglia.
Con un balzo Emmett prese Jasper, che già era irrequieto, e lo trascinò via. Esme, Rosalie e Alice scapparono dalla stanza coprendosi il viso. Smisi di respirare, sentivo ancora l’odore del sangue di Matthew, ma non così forte come prima. Carlisle si mise subito al suo fianco.
“Cosa succede?” chiesi allarmato. “Pensavo che le vostre ferite guarissero da sole”.
“Fino ad un certo punto” disse la ragazza avvicinandosi preoccupata a Matthew. “Se sono troppo gravi non guariscono del tutto. Non siamo dei Licantropi”.
“Chiamate un ambulanza” disse qualcuno. Carlisle scappò a prendere qualcosa per fermare l’emorragia, ma non riuscì a farlo con il dovuto successo. L’ambulanza portò Matthew all’ospedale, con lo sconforto mio e degli altri Assassini, e il sollievo di Jasper.
La mattina dopo chiamai Lil e le dissi che Matthew era in ospedale, in cura con Carlisle. Si fiondò da lui, ma Matthew dormiva. Volle parlare con Carlisle ma non vi fu verso, finché non arrivai io.
“Signora” dissi all’infermiera sorridendo, “si tratta di suo fratello, e sono sicuro che il dottor Cullen non abbia problemi a riferire il suo stato ad un parente”. L’infermiera ci lasciò passare e Lil mi guardò stupita.
“Come hai fatto?”.
“E’ il mio sex appeal” dissi sorridendo.
“Ma va’!” esclamò lei appena un po’ più contenta.
Trovammo Carlisle nel suo ufficio. “Ciao Lilian. Accomodati” disse indicando la sedia di fronte a lui. Lil obbedì, leggermente nervosa. “Sta’ tranquilla, Matthew è a posto. Ha subito un danno allo stomaco ma nulla che potrà dare problemi in futuro. L’operazione ha avuto successo e tuo fratello sta già rispondendo bene alle cure”. Lilian tirò un sospiro di sollievo grosso come una casa. “Dovremmo tenerlo qui per un po’ però, almeno finché non siamo sicuri che abbia ripreso le forze”.
“D’accordo” disse cauta. “Cosa gli è successo?”.
“I suoi amici mi hanno informato che una banda di teppisti l’ha picchiato, poi sono scappati” disse Carlisle, come avevamo accordato tutti assieme. Lil annuì con le sopracciglia corrucciate. “Adesso è sotto sedativi, ma credo che si sveglierà fra una o due ore al massimo”.
“D’accordo. Grazie” disse Lil alzandosi. “Davvero, molte grazie. Se posso fare qualcosa, qualsiasi cosa …”.
“Puoi andare a trovare Matthew, per ora. Ti farò sapere se mi serve un giardiniere o una cuoca” disse Carlisle sorridendo.
Lil sorrise. “Ok” disse lasciando la stanza con espressione un po’ ebete.
Era stata una cosa molto strana. Dopo l’operazione di Matthew avevamo parlato con gli Assassini. Erano persone ragionevoli, in fondo. Non erano molto informati sui loro nemici, ma potevamo lasciar correre, piuttosto che scatenare una lite inutile.
Quando vivi per più di cento anni finisci per diventare una persona molto tollerante.




Eccomi qua per un'altro capitolo! Scusate per l'attesa, pensavo di aggiornare domenica, ma alla fine ho avuto da fare. -.-'' B'è, spero di avervi soddisfatte con la storia dell'Assassino. Questa cosa dell'umano geneticamente modificato mi frullava in testa da un po', così ho deciso di usarla qui. ^^ La seconda opzione sarebba stata quella di una specie di associazione segreta che combatteva Vampiri e altre creature, ma poi ho pensato che faceva troppo film d'azione! XD Così ho lasciato perdere.

Bimba sognatrice: grazie per la recensione! Sono contenta che il mio modo di scrivere ti coinvolga così tanto, sei molto gentile! ^^ Spero che la storia continui a piacerti in questi capitoli. Nei prossimi vedremo la fermezza di Lil dare grandi prove, perchè ne dovrà sopportare di cose! Poverella! XD B'è grazie mille ancora, un bacio!

vannagio: wii! Grazie per la recensione! ^^ Sono felice che tu abbia notato la forte differenza di carattere che c'è fra Lil e Bella, perchè l'ho fatta apposta. Pensavo che sarebbe curioso sapere come se la cava Edward con una tipa un po' meno arrendevole XD Comunque, la parte di Emmett e Jasper anche secondo me è divertente (anche se io, ovvamente, sono di parte XD), secondo me quei due assieme fanno stra-ridere! XD Grazie ancora per aver recensito, ciao! ^^

KissyKikka: heylà, ci rivediamo! XD Grazie mille per i complimenti! All'inizio pensavo che il personaggio di Lil non avrebbe avuto molti fans, siccome è così diverso da Bella, ma sei già la seconda persona che mi dice che è simpatico ^^ Il commento di Carlisle sulla cadenza del passo è stato, devo proprio dirlo, un'idea fortunata! Mi è venuto in mente che probabilmente, con un udito fine come quello dei vampiri, il passo di ogni persona doveva risultare differente. :) Grazie mille per avermi fatto notare l'errore d'inglese (tipico di me -.-'') e non preoccuparti, mice ce l'ho con te! XD Anzi, meglio che tu me lo abbia detto! Ci vediamo in giro! ^^

Un saluto ai tutti i lettori, grazie mille per leggere questo mio strano sclero! XD
Patty.

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Capitolo 6
*** Poor Teddy-bear! ***


6. Poor teddy-bear!

Stavo appeso sul tetto del condominio dove abitava Lil, ormai stava diventando una brutta abitudine. Era passato quasi un mese dallo scontro con gli Assassini. A casa Lil e Matthew litigavano. Era per quello che mi stavo sprecando in una brutta imitazione dell’uomo ragno, alle nove di domenica mattina, sul tetto di un condominio, quando invece tutti i poveri cristi avrebbero dovuto starsene a casa. Dopodiché sarei andato a caccia nel boschetto vicino.
“Ma mi spieghi che cosa ti dà fastidio esattamente?” chiese per la centesima volta Lil esasperata.
“Non è adatto a te, tutto qui!” rispose Matthew.
“Ma cosa vuol dire non essere adatti?! E’ la più grande stronzata che abbia mai sentito! E poi perché proprio adesso vieni a fare il fratello preoccupato? Come ti permetti dopo avermi lasciata qua praticamente da sola?!”.
“Quello che faccio sono cazzi miei e tu non ti devi impicciare! Intanto io lavoro!”.
“Ah bel lavoro, questo si. Se avessi finito la scuola non saremmo già più qua!” sbraitò Lil. “Comunque io non ho mai detto che è il mio fidanzato. Siamo soltanto amici. Non posso nemmeno scegliermi gli amici adesso? Io non ti ho mai detto niente sulla tua compagnia!”.
“Avresti anche da ridire qualcosa?” chiese allora Matthew.
“Un sacco di cose avrei da ridire! Ma ora me ne esco!”. Sentii qualche fruscio e una porta sbattuta. Poco dopo vidi Lil attraversare la strada a passo svelto con la borsa a tracolla. Mi spostai e la seguii dall’alto. Lei mise le cuffie e iniziò ad ascoltare musica. Sforzandomi un po’ riuscii a distinguere le note della canzone. La conoscevo: era un brano di Tchaikowski che le avevo consigliato di ascoltare, anche se la musica classica di questi tempi non è molto apprezzata.
Sorrisi, al pensiero di Lil che ascoltava musica classica, e saltai giù dal palazzo avviandomi verso casa. Da lì con la macchina sarei arrivato al bosco.
Stavo cacciando da quasi un ora. Avevo già catturato un cerbiatto ma non mi bastava: era da molto che non andavo a caccia, così dovevo fare rifornimento. In quel momento non ero assetato come prima, così mi presi il gusto di seguire la mia preda. Era un orso bruno, molto probabilmente non ancora del tutto adulto. Lo segui mentre camminava a passi pesanti nella foresta. Si stava dirigendo verso la parte abitata, dove non era raro trovare escursionisti o gente che faceva una semplice passeggiata.
Mettiamola così, mi dissi, sto salvando un ignaro essere umano che potrebbe avventurarsi da queste parti.
Mi appiattii a terra, tanto da risultare invisibile. In un momento l’orso si voltò verso di me. Fu allora che saltai, più in alto di quanto fosse realmente necessario, e morsi l’orso sulla clavicola. L’animale si agitò, cercò di colpirmi e mordermi, ma ormai gli stavo succhiando via la vita. Con un gemito orribile si accasciò piano a terra, mentre succhiavo il suo sangue caldo, che andava a fiotti giù per la mia gola.
Improvvisamente sentii un odore ancora migliore. Più acuto e più dolce di un qualsiasi orso bruno. Alzai famelicamente lo sguardo per sapere che cos’era a mandare quel profumo così buono. Non mi ci volle molto per scorgere una figura che mi guardava a bocca aperta, gli occhi spalancati e il corpo tremante.
“Lil” sussurrai atterrito. Mi accorsi che un po’ di sangue si era riversato sulla mia maglietta, dato che avevo ferito l’orso anche al ventre e alla testa. Cercai di pulirmi alla bell’e meglio, ma fu inutile, anzi, l’unico risultato che ottenni fu quello di sporcarmi ancora di più. Nel frattempo Lil si riscosse e cominciò a correre via.
Cosa dovevo fare? Lasciarla andare? Avrebbe raccontato qualcosa a qualcuno? Se così fosse stato l’avrebbero presa per pazza o mi avrebbero fatto domande scomode. Mi affrettai a correrle dietro e in meno di cinque secondi l’avevo raggiunta. Con gesti controllati la presi per un braccio e la feci voltare verso di me. Lil si dimenò emettendo un piccolo singhiozzo di paura e, con uno spintone, mi allontanò di qualche metro. Stupito, la guardai correre via di nuovo. Aveva acquistato le caratteristiche di un Assassino? Era diventata più forte, questo di sicuro. La seguii ancora  e questa volta mi imposi. La presi per le due braccia e, siccome continuava ad agitarsi, gliele portai dietro la schiena.   
“Lilian ascolta, posso spiegarti tutto” le dissi all’orecchio con tono supplichevole.
“Tu sei… ma che cosa sei?!” gridò lei cercando di liberarsi con movimenti frenetici.
A quel punto dissi una cosa davvero stupida. “Sono Edward, sono io! Per favore, ascolta!”.
“No, mostro! Lasciami!” urlò Lilian.
Fu allora che la lasciai andare. Ero così turbato per quello che aveva detto che la lasciai. Lei, per il troppo slancio, cadde a terra. Si voltò e mi osservò. Nel suo volto riuscivo a vedere la paura e la disperazione. Ero io a causare tutto questo? Davvero? Indietreggiai di qualche passo, senza staccare gli occhi da lei, mi lasciai cadere su un tronco e rimasi lì, con la testa fra le mani. Dopo quasi un minuto sentii Lilian muoversi al mio fianco e, sorpreso, la sentii sedersi affianco a me. La guardai di sottecchi.
“Che fai? Non scappi?” le chiesi amaramente. Lei abbassò lo sguardo. “Ti faccio paura? Ti faccio orrore?”.
Lilian deglutì. “Un po’ di paura” ammise. D'altronde era comprensibile. Mi aveva appena visto uccidere un orso grande il doppio di me e bere il suo sangue. Mi chiesi come faceva a starmi accanto.
“Tu … hem”, non trovava le parole, così glielo dissi io.
“Bevo il sangue degli animali, perché è l’unica cosa che mi mantiene in forze oltre … al sangue umano” dissi sospirando. “Sono davvero un mostro” sussurrai poi. Sentii la mano tremante di Lilian che si posava sulla mia spalla, esitante. “Non mi vuoi nemmeno toccare”.
“Non è vero” disse stringendomi la spalla. Prese un gorsso respiro e mi abbracciò. Mi strinse forte, come se mi volesse schiacciare. Per quando era possibile, rimasi senza fiato. “Non sei un mostro. Scusa” bisbigliò Lilian. Siccome non sembrava intenzionata a mollarmi la osservai.
“Vuoi restare appiccicata qui per sempre?”.
“No, sarebbe noiosissimo. Però per staccarmi ho bisogno di pensare di non essere stata troppo crudele. O per meglio dire stronza”.
“Stronza è una parolaccia” osservai acutamente.
“Caspita ma come lo hai capito?” chiese lei sciogliendo l’abbraccio stritolatore. “Non è che … mi spiegheresti questa cosa?”.
Sospirai. “Hai presente i Vampiri?”.
“Certo”.
“Ecco”.
“Oh. Tutto qui?”.
“Forse dovresti parlare a tuo fratello di questa cosa” dissi dubbioso.
“Perché?”.
“Andiamo, ti porto da lui. Anche lui deve dirti un po’ di cose”.
“Vorresti dirmi che mio fratello è un Vampiro?” chiese turbata.
“No, no.” mi affrettai a dire, “Però dovrebbe davvero spiegarti un paio di cose su di lui”.
Passammo da casa mia perché volevo cambiarmi. Consigliai a Lil di restare in macchina, altrimenti si sarebbe attardata a parlare con i miei. Con loro avremmo discusso dopo. Dopodiché l’accompagnai a casa per parlare con Matthew.
Entrando scorsi un uomo che dormiva sdraiato sul divano con una bottiglia di birra affianco.
“Ciao papà” sussurrò Lil con sguardo a metà fra l’annoiato e l’arrabbiato. Prese la bottiglia e, soppesandola, decise che poteva berne un sorso. Andammo in camera, dove trovammo Matthew che leggeva, steso sul letto.
“E tu che ci fai qui?!” chiese non appena mi vide. “L’hai portato per darmi fastidio?”.
Lil prese un lungo respiro. “No, è che … ho scoperto chi è. Mi ha detto la verità. Però da quel che ne so anche tu devi dirmi qualcosa, vero?” chiese lanciandomi poi un’occhiata esitante. L’espressione di Matthew mutò. Se prima era semplicemente arrabbiato ora era furioso.
“Che cosa?”. Ci guardò come se fossimo impazziti e mi si avvicinò. “Chi sei tu per arrivare qui a … a mandare tutto a puttane? Stavamo benissimo prima che arrivassi tu!”.
“Matt” lo ammonì Lil mettendosi in mezzo a noi due, che ci stavamo guardando in cagnesco. “Ormai è fatta. Dimmi quello che mi devi dire” disse impazientemente.
Matthew sospirò e la guardò risentito. “Sono un Cacciatore di Vampiri”. La frase rimase in sospeso per un po’. “Dì qualcosa …”.
“Io?” chiese Lil.
“Hai ragione” disse Matthew.
“B’è se non avete più nulla da dire allora posso dire io qualcosa” dissi.
“Un’altra cosa?” chiese Lilian.
“Si, credo che anche tu stia diventando un Assassina, o Cacciatrice, come si voglia” cominciai.
“Perché?” chiese Lil spaventata.
“B’è io posso leggere nella mente di tutti, tranne che nella tua, e …”.
“E nella mia?” chiese Matthew.
“Nella tua si” risposi ghignando. Matt sbuffò.
“E perché la mia no? Ho qualcosa di strano?”. Ma perché nessuno pensa che sia io quello strano quando dico di saper leggere nel pensiero?
“No, tu sei a posto. Secondo Carlisle ti stai trasformando lentamente in Cacciatrice quindi i tuoi sensi si stanno acuendo e, inoltre, la mia vicinanza durante la trasformazione ti ha fatto sviluppare delle … una specie di anticorpo al mio potere”.
“Ok, questa è una grande presa per il culo. Quello che ho visto prima era un manichino lanciato contro un … peluche ciccione a forma di orso!” esclamò Lil sedendosi sul letto e mettendosi il viso fra le mani.
“Lily” la chiamò Matt, “è vero. Se vuoi una prova …”. Prese un taglierino e si fece un’incisione sul pollice. Io trattenni il respiro ma dopo nemmeno trenta secondi, davanti ai nostri occhi, la ferita si rimarginò. Lil rimase con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta. “Ascolta, mi dispiace di non avetelo detto.” disse Matthew mortificato, “E’ stato strano”.
“Non fa niente” bisbigliò Lil. “Solo che è strano davvero”.
Una nuvola si spostò, e un improbabile raggio di sole entrò dalla finestra all’improvviso. D’istinto, mi ritrassi e mi allontanai dalla luce.
“Non dirmelo, ti sciogli al sole?” chiese Lil con sguardo critico.
“Vorrei far sparire questa brutta teoria” dissi sbuffando, e misi una mano sotto la luce.

E così avevo detto tutto: avevo sviscerato per bene l’argomento dieta, la lettura del pensiero e avevo accennato a particolari come il respiro, la mancanza di sonno e la velocità. Mi avevano pregato di parlare della mia famiglia così, siccome era improvvisamente uscito il sole e non potevo tornarmene a casa senza sembrare uno Swarosky gigante, li accontentai.
Verso le sei il sole era già calato da un po’ grazie alle corte e buie giornate Inglesi, ma io ero ancora lì. Una donna grassottella e con profonde occhiaie entrò nella stanza.
“Volete da mangiare?” chiese appoggiata allo stipite della porta.
“No grazie ma” si affrettò a dire Matt. “Stiamo uscendo”.
Lil non fece commenti ma, appena fuori dalla porta, si lamentò: “Però io ho fame”.
“Anche io. Stiamo andando in pizzeria” disse Matt allegro contando dei soldi.
“Ma dove li hai presi così tanti?” chiese stupita Lil.
“Dal portafoglio”.
“Il tuo?” chiesi, controllandomi le tasche.
“No quello di mio padre. Tranquillo” mi disse con un ghigno poco rassicurante.
“Li hai presi da papà? Ma sei scemo? Sono … quasi duecento sterline!” sbraitò Lil contandole.
“Lo so è incredibile che papà abbia tenti soldi addosso” disse Matt dando la metà a Lil e mettendo il resto in tasca.
“No, è incredibile se non ti staccherà la testa quando torneremo a casa” disse lei preoccupata guardando altrove.
“Non preoccuparti. Se li spenderemo tutti non ci saranno prove a nostro carico” disse Matt.
“Come se servissero delle prove” disse lei guardandolo preoccupata, ma Matt la ignorò.





Eh... prima o poi doveva scoprirlo!
Allora, ho deciso che Lil poteva avere un forte impatto con la vera natura di Edward perchè, essendo così diversa da Bella (che, se ci fate caso, non ha mai visto Edward comportarsi da vero Vampiro), avrebbe potuto accettare la cosa. Insomma, Bella ha scoperto che Edward era un Vampiro perchè l'ha salvata, ma vedendolo che uccide un orso immagino sia diverso. Più spaventoso, Lil ha avuto davvero la sensazione che Edward fosse pericoloso.
E qui, veniamo alla seconda cosa che ho da dire: alla fine non ho fatto allontanare Lil perchè, non essendo lei isterica, ha visto che Edward non voleva farle del male.
Ed ecco tutto! :D
Ora passiamo alle recensioni, alle mia fantasticose recensitrici! :)

vannagio: eh già, povero Edward, in amore non è molto fortunato! In questo capitolo Lil ha una parte importante, spero che la sua reazione non sia sembrata innaturale. Secondo te com'è? B'è grazie mille per la recensione, ciao! ^^

KissyKikka: non ti preoccupare, anche io diverse volte faccio la figura della saccente, e ogni volta penso 'Ma quanto sarò rompi quando faccio così?' XD Comunque, come vedi, Lil ha passato il momento di preoccupazione e si è messa subito a litigare con il fratello, non appena quello è guarito. Però hai ragione, ho voluto fare un fratello protettivo, e nel prossimo capitolo si capirà il perchè (prossimo capitolo: molto triste T^T). Grazie per aver, ancora una volta, recensito! Grazie davvero di cuore, un bacio! <3

Un saluto a tutti i Preferiti e le Seguite, un bacio a tutti quanti by
Patty.


P.S.
Avviso Importante: in questo capitolo nessun orso è stato maltrattato. XD

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Capitolo 7
*** Away from home ***


7.Away from home

Spesero veramente tanto. Prima di tutto mangiarono in pizzeria come se fossero dei barboni affamati, poi Lil si comprò una maglietta. Infine andammo in giro tutta la notte almeno fino alle tre. Incontrammo la ragazza Assassina, che si chiamava Caroline. Ci invitò a casa sua ma Lil rifiutò, dicendo che voleva tornare a casa. Matt invece restò con lei e ci separammo. Accompagnai Lil a casa e lei mi chiese di salire. Senza pensarci troppo accettai.
“Sai qual è la cosa più bella di tutta questa storia assurda?” mi chiese Lil quando fummo seduti sul letto a gambe incrociate, uno di fronte all’altro.
“Quale?” chiesi sorridendo.
“Il fatto che non è cambiato nulla. Noi siamo qui a parlare tranquilli, ma tu sei un Vampiro e nonostante tutto sei qui! Forse per te ormai è normale, ma non so se capisci quanto è strana per me la cosa”.
“Shh, ho sentito qualcosa. Svegli i tuoi” dissi posandomi un dito davanti alla bocca.
“Hai ragione”. Lil scese dal letto e chiuse la porta della stanza dei suoi genitori e la sua porta. Poi accese una lampada da tavolo e la puntò sul soffitto, e alla fine spense la luce. La stanza piombò nella penombra.
“Non pensi che faccia molto effetto film horror? Il Vampiro e la povera …” cominciò a dire con voce teatrale risedendosi.
“La povera Cacciatrice di Vampiri”. Terminai la frase com’era giusto che finisse. No?
“Io intendevo povera ragazza” disse Lil piccata.
“Non sei per nulla po…” cominciai, ma venni fermato dalle labbra di Lil, che si erano posate sulle mie.
Stavo così, seduto con le gambe incrociate, mentre Lil si avvicinava a me e mi baciava con tale passione che non riuscii a mantenere il solito autocontrollo. Continuando a baciarmi Lil mi posò le mani sulle spalle e mi fece sdraiare. Non reagii, nonostante una parte di me mi dicesse che era pericoloso, e che dovevo fermarmi. Lil mi prese le mani e le guidò lungo il suo corpo caldo e morbido. Sentii le sue gambe fremere sotto le mie dita gelate, la linea sinuosa dei suoi fianchi e la curva dei suoi seni.
“Aspetta” esclamai scostandomi da lei, leggermente ansimante.
“Cosa c’è?” chiese stupita sollevandosi.
“Potrei farti male, lo sai?” chiesi.
“Edward mi spiace informarti che non sono più pura come credi tu”.
“E’ stato con Rudy?” chiesi incuriosito. “Non è questo il punto!” dissi poi scuotendo la testa. “E’ che potrei … non controllarmi. Sono cento volte più forte di te, potrei ucciderti” dissi.
Lil rimase stupita, ma ci pensò un secondo. “Però io non sono nemmeno completamente umana” disse sorridendo e premendo il suo corpo contro il mio. Sentii il calore del suo corpo morbido, il suo profumo, e vidi i suoi occhi che mi osservavano non con malizia, ma, oserei dire, quasi con felicità, e speranza.
“Dai … Lilian” cercai di dissuaderla, ma ormai era partita, e anche io. Mi baciò e cominciò a sbottonarmi la camicia.  A quel punto pensai: al diavolo! Ribaltai le posizioni e la feci sdraiare sotto di me, accarezzandole una coscia.
“Mi hai convinto. Hai usato i giusti argomenti” dissi baciandole il collo.

Fino alla mattina dopo Lil continuava a dire di non volersi addormentare perché io sarei restato sveglio, ma alla fine cedette e si addormentò che erano quasi le cinque di mattina. Rimasi lì, ad accarezzarle distrattamente una guancia, mentre lei era poggiata al mio petto. Non sentiva freddo? Magari non le importava, pensai speranzoso. Nel resto della casa intanto sentivo dei rumori. I genitori di Lil si stavano alzando. Sentii sua madre uscire presto, verso le sei di mattina, mentre il padre ancora era in casa. Pensai che dovevo svegliare Lil per andare a scuola, ma poi ricordai che era l’ultima settimana e mi aveva chiaramente detto che non aveva intenzione di andare se non martedì, per recuperare un brutto voto in matematica. Mi alzai piano, senza svegliarla, e mi rivestii. Ad un tratto sentii qualcuno imprecare e il padre di Lil entrò nella stanza. Lei si svegliò di soprassalto, io ero ancora in piedi che mi stavo riallacciando la camicia.
L’uomo non mi degnò nemmeno di uno sguardo e si diresse a grandi falcate verso Lil. “Hai preso tu i soldi?!” chiese urlando.
Lil ancora confusa per la sveglia improvvisa e brusca, rispose un vago e spaventato: “No”.
“No, e allora chi è stato?!” continuò l’uomo.
“Non lo so!” a quel punto Lil si era arrabbiata. Si mise seduta e s’infilò una larga maglietta che la copriva fino alle ginocchia. “Li avrai spesi tutti a bere” disse acidamente. L’uomo le mollò un forte ceffone sul viso. Anche io sobbalzai. Lil si portò una mano alla guancia e lo guardò con odio. “Che c’è? Sei arrabbiato perché sai che ho ragione?” chiese.
“Non mi parlare così ragazzina!” disse prendendola per un braccio. Lil si divincolò e si liberò. Io ero rimasto paralizzato. La violenza di quell’uomo mi aveva lasciato di stucco e il comportamento provocatorio di Lilian non era migliore. Non l’avevo mai vista così. I suoi occhi mandavano scintille, solo odio si vedeva in quegli occhi, del tutto diversi da quelli che mi avevano guardato la sera prima. Sentii la porta di casa aprirsi e corsi a vedere chi era.
“Matthew” sussurrai con voce sconvolta quando lo vidi. Lui mi guardò un secondo, poi corse in camera. Lo raggiunsi e vidi che cercava di separare suo padre da Lilian, che aveva ormai le lacrime agli occhi.
“Allora, adesso sai chi li ha presi?!” chiese l’uomo.
“Fermo! Sono stato io! Sta’ fermo!” disse Matt urlando.
“Tu? Brutto ladro. Ma che figli ho?” disse avanzando minacciosamente verso di lui. In quel momento capii i sentimenti di Matthew e di Lil. Per quanto odiassero quell’uomo e potessero facilmente batterlo, siccome probabilmente era annebbiato da fiumi di alcol, in un qualche anfratto del loro cuore lo sentivano ancora come padre.
Bene. Non potevo stare a guardare. Se loro non volevano fargli nulla, allora ci avrei pensato io. Presi l’uomo dalla collottola e lo gettai a terra. Mi guardò stupito, boccheggiante, poi, con fatica, si rialzò.
Nel frattempo Matt aveva cominciato a prendere rabbiosamente le sue cose e metterle dentro ad una borsa. “Che cosa fai ragazzo?” gli chiese allora il padre. “Te ne vuoi andare? Non sopravvivrai un minuto fuori di qui”.
“Matt …” lo chiamò Lil con voce tremante. Se ne stava sul letto con le ginocchia strette al petto e osservava la scena attraverso le lacrime che sgorgavano copiosamente dagli occhi.
“Sempre meglio che stare qui con te, stronzo!” disse Matt. “Andiamo” disse rivolto a Lil. Lei annuì e prese le sue cose. Anche io presi alcune cose mentre lei s’infilava dei jeans. Suo padre ci guardava ghignando sommessamente e scuotendo la testa, ma sembrava essersi calmato.
Uscimmo di casa in silenzio. Tenendosi per mano Lily e Matt camminavano a testa bassa. Ad un tratto, mentre attraversavamo il parco giochi, Matt crollò su una panchina, imitato subito dopo da Lil. Mi sedetti accanto a loro, con l’orribile sensazione che niente sarebbe stato più come prima.

“Alice non aveva visto bene quindi” sussurrò Rosalie acida, in modo che solo io potessi sentire. Però non ero certo che Matt non sentisse quello che dicevamo, anche se eravamo talmente silenziosi e veloci nel parlare che nessun altro poteva sentire. “Non aveva visto il ragazzo Assassino” continuò Rose.
“Zitta Rosalie” le intimai.
Dopo tanto insistere avevo portato Lil e Matt a casa mia, e loro avevano accettato dicendo che sarebbe stato per un breve periodo di tempo, finché non avessero trovato una casa in affitto. Li condussi nella mia stanza e li lasciai soli, dopodiché scesi a spiegare un po’ di cose.
Dissi di come Lil mi aveva scoperto, di come aveva saputo di suo fratello e della sua lenta trasformazione, dopodiché raccontai del nostro giro la notte, glissai su certi momenti in particolare, dicendo solo che eravamo rimasti a parlare fino a tardi e poi raccontai cos’era successo quella mattina. Esme, nel sentire la storia, si portò una mano alla bocca.
“Hai fatto bene a portarli qui Edward” disse ricomponendosi.
“Per ora si, ma come faremo a vivere con degli umani?” chiese Rosalie.
“Ce la faremo. Jasper ce la farà, vero?” chiese Carlisle voltandosi verso di lui.
Jasper annuì annoiato. “Non vi preoccupate, ormai sono quasi del tutto padrone di me stesso”.
“Allora è fatta” disse Esme allegra. “Edward, vai a dirgli che possono restare qui quanto vogliono. Magari posso andare a fare la spesa e comprargli qualcosa da mangiare”. Sembrava radiosa come non lo era mai stata.
“D’accordo. Però credo che vorranno andarsene al più presto”.
“E chi li ferma?” chiese Rosalie. Uscii dalla cucina, ignorando il suo commento, e andai in camera. Bussai, ma, siccome non rispondeva nessuno, entrai. Matt e Lil erano sdraiati sul letto e dormivano, uno affianco all’altro. Chiusi piano la porta e me ne andai.
Nei seguenti giorni in casa s’impose uno strano ritmo di vita, almeno per noi (martedì fu l’ultimo giorno di scuola per Lil, che riuscì a recuperare il brutto voto in matematica). Al mattino non appena Matt e Lil si alzavano Esme cercava di cucinare qualcosa. Di solito riusciva senza intoppi, ma Lil la pregò di non disturbarsi, che ci avrebbero pensato loro. Esme però diceva di divertirsi, così continuò. Dopo la colazione Matt e Lil si mettevano a cercare annunci di appartamenti in affitto. Il pomeriggio lui lavorava e Lil cercava ancora, ma dopo un po’ si stufava e lasciava perdere. Il terzo giorno andai recuperare tutte le cose che c’erano nella stanza dei due fratelli. A casa, loro non ci volevano tornare, così andai io senza farmi notare. Quando Matt tornava cenavano e poi andavano a dormire. La cucina si era riempita di cose come cereali, bistecche, gambi di sedano e altra roba da mangiare che, secondo me, era pure troppa per due sole persone. Ma Esme si era talmente esaltata! Provvedeva regolarmente a fare la spesa e leggeva un sacco di libri di cucina, per sperimentare ogni volta nuove ricette. Certo, non sapeva se venivano bene, perché non le poteva assaggiare, ma Lil e Matt dicevano sempre che erano squisite.
Gli altri con loro erano tutti gentili, ma non mancavano le frecciatine di Rosalie di tanto in tanto, che Matt non mancava di notare, mentre Lil se le faceva apparentemente scivolare addosso, oppure non le capiva. Alice sembrava la più felice di tutti, oltre me, forse. Non faceva altro che chiacchierare con Lil e, ogni volta che voleva uscire, le chiedeva di accompagnarla. Anche Matt ed Emmet andavano d’accordo.
Dopo più di un mese Matt disse che voleva uscire. Ero contento, perché sembrava si stesse riprendendo dalla tristezza in cui era crollato dopo essere andato via di casa. A differenza di Lil.
“Lil perché non andiamo a fare un giro con Caroline e gli altri?” chiese Matt.
“Boh … non è che mi vada molto” disse pasticciando su un foglio: programmava il prossimo murales.
“Dai Lily. E’ da un sacco che non usciamo!” disse sedendosi al tavolo assieme a lei.
“E’ vero” dissi anch’io. “Possiamo andare da qualche parte”.
“Posso venire anch’io?” chiese Alice che aveva sentito tutto dall’altra stanza.
“Si” disse subito Matt. “Così usciamo tutti assieme”.
“Dove andate?” chiese Emmett che era arrivato in quel momento.
“A fare un giro” rispose Alice. “Dai Lil vieni con noi. Vuoi stare qui tutta la sera da sola? Anzi, sarai con Rosalie, che è peggio che stare da sola”.
“Ti ho sentita!” giunse una voce dal corridoio.
“Scherzavo” disse in risposta Alice.
Leggermente annoiata Lil si alzò e se ne andò in camera. In camera mia praticamente. Io e Matt ci guardammo un po’ preoccupati, poi decisi di raggiungere Lil. La trovai rannicchiata sul letto voltata verso la parete. Mi stesi affianco a lei e la cinsi con le braccia.
“Era un vero tormento vivere con loro. Però mi mancano già” disse.
“Sono i tuoi genitori. Per forza ti mancano” dissi.
“Suppongo che tu abbia ragione. Però ho troppa paura per tornare”.
“Non è detto nemmeno che tu non li debba mai più rivedere”.
Lil si voltò verso di me. “Ma forse, se li rivedo, non vorrò lasciarli più. Ma non voglio nemmeno restare intrappolata lì con loro. Rincomincerebbe tutto da capo”.
“Io dico che ora dovresti divertirti. Quando ti sentirai pronta li rivedrai. Perché adesso non scendi? Matt è preoccupato”.
Lil sospirò. “Lo so … mi dispiace” disse. Si sollevò dal letto e si preparò ad uscire.





Ed eccolo qui, il capitolo triste. C'è quasi sempre un capitolo triste in tutte le storie, questo è il capitolo triste di questa.
A dir la verità non era del tutto necessario, ma volevo fare due cose con questo capitolo. Uno, far capire qual'è la radice della personalità di Lil, il perchè nel corso degli anni ha assunto quel carattere da un lato deciso, ma dall'altro tanto fragile. Due, non mi è mai andato giù il fatto che Bella abbandonasse così la sua famiglia (soprattutto Charlie, che io adoro), quindi nella mia fic, siccome non riuscivo nemmeno a pensare ad una separazione dolorosa fra genitori e figli, ho fatto diventare questo padre un po' cattivo, in modo da non dovermi sentire in colpa!
Eh, lo so, scemenze da scrittrice (o meglio... da scrittrice di fic).
In quasi tutte le mie fic arriva il momento in cui si parla di qualcosa di grave, e questo momento è adesso, per lo meno in questa storia. Non è per fare moralismi o cose del genere, ho scritto questo capitolo solo perchè è venuto fuori così, ma poteva essere diverso. Meglio però non rifugiarsi nel mondo della fate, perchè queste cose succedono a volte, situazioni familiare non proprio idilliache, non è bello, ma succede.
A parte la predica, di cui mi scuso se qualcuno l'ha letta in buona fede pensando che fosse qualcosa riguardante il capitolo, passiamo alle recensioni:

vannagio: grazie mille per la recensione! Spero che questo chap non sia stato troppo pesante da leggere. Ho faticato anche io a scrivere certe cose... molto triste davvero. Comunque, hai ragione: Assassina e Vampiro fa molto Buffy! XD Spero però di non cadere nel banale, bah, vedremo! Un bacione, al prossimo capitolo ^^

KissyKikka: ciao ^^ Oddio, le tue aspettative mi spaventano un po', spero di non averti delusa con questo capitolo! Anche a me piace Matt come fratello. In origine doveva avere un carattere del tutto diverso, e doveva anche fare la parte del 'cattivo'. Se avessi continuato su quella linea sarebbe venuta fuori una fic del tutto diversa, sul serio! :) Sai, pensavo di andare a leggere qualche tua storia appena ho un po' di tempo. Tu hai qualcuna da consigliarmi? Anche se sarà strano consigliare una propria fic o.O B'è, al prossimo capitolo, baci! <3

A tutti gli altri, come al solito, grazie mille!
Patty

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Capitolo 8
*** Vampire hunter troubles ***


8.Vampire hunter trubles

Il sabato sera, rinchiuso dentro un locale con gente di cui potevo sentire il sangue dolce scorrere nelle vene, non era mai stato così bello. Andammo con la macchina di Emmett, che dava tanto l’idea che se qualcuno l’avesse graffiata il proprietario avrebbe rintracciato il povero malcapitato e ridotto a fettine (la qual cosa non differiva completamente da quel che avrebbe fatto in tal caso Emmett).
Prima andammo in un locale dove Alice si mise a parlare con un ragazzo (che non se l’era portata via per provarci con lei solo perché c’eravamo noi), al che Lil la trascinò via, dicendo che era troppo ingenua per essere ancora viva. Dopo quel commento ce ne andammo e arrivammo al Cage. Pregai intensamente che non ci fosse Rudy, ma non venni esaudito. Dopo qualche minuto che eravamo dentro il locale lo vidi avvicinarsi con un sorriso.
“Ciao” disse.
Lil, che non lo aveva neanche visto, si voltò di scatto. “Ciao” disse esitante.
Restammo a parlare per un po’ poi Lil trascinò via Alice, con la scusa di accompagnarla fuori a fumare. Abbandonai Emmett con Rudy e Matt e mi avvicinai alla porta, curioso di sentire. Tutta quella curiosità era morbosa, anche per uno con dei precedenti come i miei (vedere la voce: spenzolamenti sotto la finestra di Bella).
“E’ il mio ex, Rudy” sentii dire a Lil, probabilmente rispondendo ad una domanda di Alice. “Non ho voglia di vederlo. E’ da quando mi ha mollata che non lo vedo”.
“Io pensavo che adesso stessi con Edward” le chiese Alice.
“Già … ma lo avete capito tutti? Io non ho detto una parola, lui l’ha fatto?”. Io non l’avevo fatto. Spioni.
“Credo che solo tuo fratello non ne sia pienamente consapevole”.
“Almeno lui”. Sentii Lil sbuffare.
“B’è ma allora che problema c’è?”.
Lil esitò. “Hai ragione. Odio quando diventa imbarazzante parlare con una persona, oltretutto con qualcuno che ti conosce benissimo. E di cui tu conosci un sacco di cose che gli altri non sanno”. Questa cosa mi dette più fastidio del consentito: come si permetteva Rudy di conoscere bene Lil? La mia ragione mi stava abbandonando, una domanda del genere nemmeno un bambino di tre anni la fa. “Farò come fosse tutto normale. Ora siamo amici” continuò Lil.
“Torniamo dentro. E butta questa cosa” disse Alice.
“Ma che hai fatto? Costano le sigarette!”.
“Lo so, costano un polmone. Dovresti smetterla”.
“Lo so”. Lil sospirò. “Probabilmente anche Edward ne sarebbe felice, oltre che i … polmoni, ovviamente”. Ero contento che nelle sue decisioni rientrassi anche io (e la sua salute).
Ritornai da Emmett, Matt e Rudy, che stavano chiacchierando seduti davanti al bancone. Poco dopo ci raggiunsero anche Alice e Lil.
“Allora, come va?” chiese Rudy alzando un bicchiere verso le ragazze.
“Bene, grazie. Oggi non suona nessuno?” chiese Lil.
“Boh. Mi sa che c’è qualcuno, ma non so chi”.
Andammo a sederci ad un tavolo e restammo lì a chiacchierare. Potevo sentire i pensieri di Emmett e Alice: si stavano divertendo. Menomale, magari saremmo potuti diventare sul serio come dei ragazzi normali, che uscivano la sera e si divertivano. Certo, e poi la mattina dopo vanno in giro ad abbattere puma per succhiargli il sangue come delle simpatiche zanzare. Scacciai quel pensiero negativo.
Nell’altra sala qualcuno iniziò a suonare ed Emmett volle andare a sentire. Ci alzammo tutti dal tavolo per sentire meglio il gruppo. Non erano male, ma nemmeno dei geni.
“Siamo meglio noi, non c’è paragone” disse Rudy scuotendo la testa.
“Ovviamente” disse Lil prendendolo in giro.
“Vado a parlare con Kate” disse Rudy improvvisamente.
“Chi?” chiesi.
“E’ la ragazza che scegli i gruppi” spiegò Lil.
“Si, e sta cadendo in basso” disse Rudy sorridendo. Cominciò ad andare, poi si voltò e prese Lil per mano, trascinandola in mezzo alla gente.
Aspettai un po’, scrutando la folla per vedere se erano di ritorno. Dopo qualche minuto di quell’agonia Emmett mi si avvicinò. “Edward vai a cercarla se sei preoccupato” disse.
“Ho paura di vedere cosa troverò” dissi, sincero.
“Ma va’. Lilian non è quel tipo di ragazza. Vai, che fai pena” disse, dandomi una spintarella. Seguii il suo consiglio e mi avviai dietro il basso palco. Non c’era nessuno, così individuai subito le due voci urlanti.
“Sono passati più di due mesi ormai!” gridò Rudy.
“Appunto! Levati dalle palle, voglio tornare di là!” urlò Lil in risposta.
“Dai, Lily. Non è stato niente, te lo giuro”.
“Rudy, ma lasciami stare. Tanto ormai sto con Edward”.
“Non dire stronzate” disse Rudy.
Questa conversazione l’avevo sentita mentre sorpassavo i fili per arrivare dietro al palco. Quando arrivai da loro vidi Lil schiacciata alla parete e Rudy che le teneva il viso fra le mani e la baciava furiosamente. Lil cercò di spingerlo via, ma il suo gesto ebbe effetti indesiderati. Rudy volò  violentemente contro la parete facendo un tonfo sordo, e li si accasciò, svenuto.
“Oh mio Dio” disse Lil portandosi le mani alla bocca. Si voltò di scatto verso di me. “Edward!” esclamò. Avevo le sopracciglia alzate in segno di stupore. “Non l’ho fatto apposta! E’ … boh, è volato”.
Scoppiai a ridere. “Cosa gli raccontiamo quando si sveglierà?” chiesi.
“Niente, penserà di essere ubriaco”.
“Penso che ti dovrò dare delle lezioni per imparare a controllarti. Però è stato utile” commentai.
“Questo sì, nessuno mi potrà mai aggredire”.
“Tranne me” dissi avvicinandomi e baciandola. Lil mi fece sedere su qualcosa, sedendosi a sua volta su di me. “C’è lì Rudy” protestai contro le sue labbra lanciando al ragazzo un’occhiata di sbieco.
“E allora? Lascialo stare. O preferisci lui a me?” chiese Lil ridendo. “Non sarai un Vampiro e pure omosessuale?”.
Risi e la baciai. “In questo momento vorrei solo essere a casa” dissi accarezzandogli le cosce.
“Chissà perché” commentò.
“Ma c’è sempre la macchina di Emmett” dissi, adocchiando la porta sul retro. “Andiamo” mi alzai e la trascinai fuori. La presi in braccio e, siccome non c’era nessuno, corsi a velocità preoccupante verso la macchina, parcheggiata in una stradina buia.
“Se mai lo scoprisse Emmet ci ucciderà” disse Lil mordendosi un labbro e guardando fuori dal finestrino.
“Non lo verrà mai a sapere” dissi facendola voltare.
“Si ma …” cercò di dire Lil.
“Fa silenzio e non preoccuparti” dissi con un sorriso, facendola sdraiare sotto di me.

“Cosa stavi facendo quando è successo?” chiese Carlisle il giorno dopo mentre Lil e Matt facevano colazione.
“Stavo litigando con una persona” disse Lil con la bocca piena di cereali e latte.
“Con chi?” chiese Matt.
“Rudy”. Matt sbuffò.
Carlisle nel frattempo ripensava alle sue parole. “Non so esattamente cos’è successo, però è possibile che siccome eri arrabbiata il tuo corpo si sia sfogato in quel modo” ipotizzò.
“Possibile” disse Lil sopprimendo una risatina. In effetti il suo corpo si era sfogato in tutt’altro modo l’altra sera.
“Forse Matt potrebbe insegnarti a dosare la tua forza” disse Carlisle.
“Si certo. Però per me è stato diverso, credo che per tutti sia diverso. I miei poteri non sono comparsi all’improvviso, ma gradualmente. Quindi non ho avuto problemi a regolarmi. Ci ho messo almeno sei mesi a diventare come sono ora, forse sette” disse Matt.
“Ma come ho fatto a non accorgermene?” si chiese Lil.
“Perché sei tonta”.
“Scemo”.
Mentre i due battibeccavano mi venne in mente un modo per far abituare Lil alla sua nuova condizione. Se ogni volta che si arrabbiava rischiava di far male a qualcuno quella faccenda andava risolta al più presto.
Il giorno dopo, mentre Lil cercava degli annunci sul giornale, sdraiata sul divano del salotto, mi sedetti sulla poltrona di fronte a lei.
“Allora come va? Trovato niente?” chiesi.
“Nulla di poco costoso. Dovrò andare a cercarmi un lavoro” disse mordicchiando l’estremità della biro.
“E’ una buona idea. Qui sta diventando difficile convivere assieme” buttai lì noncurante.
Con il senno di poi mi dissi che questa non era per niente una buona idea, però al momento sembrava così perfetta: se facevo arrabbiare Lil giornalmente, lei prima o poi sarebbe riuscita a controllare i suoi scatti.
“Cosa vuol dire difficile?” chiese infatti mettendosi seduta.
“B’è vivere con degli umani non è mai troppo salutare, almeno per noi. Esme non vuole che te lo dica, però …”.
“Vuoi che ce ne andiamo?” chiese, diretta come sempre.
“Oh no, è solo che … hm. Ti aiuto a cercare, così facciamo più in fretta” dissi spostandomi affianco a lei e prendendo una rivista dove c’erano gli annunci.
“No, aspetta. Cosa? Se vuoi che ce andiamo non c’è bisogno di fare tutte queste storie. Basta dircelo, e … calma”. Lil prese un grosso respiro. Il mio piano stava funzionando bene fino a quel momento. “Sei stato tu ad insistere” disse infine.
“Ma voi avete accettato!” esclamai. “Era solo per essere gentile”.
“Vuoi dire che non volevi assolutamente che venissi qui da te? Ti andava bene giusto quando ci vedevamo per ripetizioni, no? Poi basta” disse ringhiando.
“Era divertente” bisbigliai a mezza voce.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Lil strinse la biro e la ruppe subito, sporcandosi le mani d’inchiostro nero, poi, posando il giornale e la biro ormai rotta sul tavolino di legno lì vicino, diede un colpo talmente forte che il tavolino si ruppe a metà.
Si alzò, mettendosi le mani nei capelli, e fece un verso di frustrazione. Poi scappò via, troppo velocemente per un essere umano qualsiasi.
“Che cazzo è successo qua?” chiese Matt una volta sceso e visto il disastro che, indirettamente, avevo combinato io.
Stavo con la testa fra le mani, pensando a quanto ero stato idiota. “Preferisco non dirlo … mi sento un po’ stupido” dissi a Matt.

“Ma che scemo! Mi hai fatto sentire una stupida!” esclamò Lil quando le dissi la verità.
“Mai quanto me, credimi”.
“Questo di sicuro” disse sorridendo.
“Grazie. Comunque dobbiamo ancora risolvere il problema. In … un altro modo”.
“Ovvio. Magari mi posso allenare, tipo … in palestra. Scaricare la tensione” disse Lil facendo finta di dare pugni al sacco da box.
“Se sei forte almeno la metà di quanto penso io, allora romperesti gli attrezzi ginnici”.
“Sul serio?” chiese lei stranamente radiosa. “Wow!”.
“Non ho mai visto una persona così felice di diventare un mutante”.
“Un mutante forte, veloce e con i sensi molto sviluppati. Scherzi?”.
“Sarà … e comunque conosco un modo più bello per scaricare la tensione” dissi con un mezzo sorriso quasi senza pensarci.
“Cosa?” chiese lei sospettosa.
“Niente … a proposito di scaricare la tensione, sabato vado con Emmett a caccia. Staremo via un paio di giorni” la informai.
“Domenica non ci siete?” chiese corrugando le sopracciglia.
“Non credo, perché?”.
“Domenica è il mio compleanno” disse con un sorriso.
“Sul serio?” chiesi, circondandola con un braccio.
“Diciannove” disse, pensierosa.
“Che regalo vuoi?” chiesi, accarezzandole una guancia con il dorso della mano.
Lil ci pensò un secondo. “Se potessi …” s’interruppe, uno sguardo, come di chi era stato scoperto a fare qualcosa di proibito, in volto.
“Si?” la incoraggiai.
“Non lo so. Quello che vuoi”. Si fece rossa e distolse lo sguardo, intrecciando una mano alla mia.
Era calda, morbida e vellutata.





E ieri è uscito nelle sale New Moon! *Yeee!*<-- ovazioni dal pubblico
E io ancora non so quando andare a vederlo. -.-'' Non mi sono nemmeno organizzata.
Ma ci andrò di sicuro! *sguardo combattivo*
A parte le cavolate... allora, questo capitolo è unicamente dedicato alla forza catastrofica di Lil, i cui geni Assassini stanno prendendo il sopravvento su di lei! Mhuahahaha! Okay, basta... comunque, perchè lo sappiate e non abbiate un brusco 'risveglio', devo dirvi che questa fic finisce al capitolo dieci. Lo so che è strano, non sembra essere alla fine, ma davvero, questa storia mi è uscita così, non so che dirvi. Già avevo dei dubbi sulla sua pubblicazione appunto per questo motivo, non convinceva neppure me, quindi... insomma, sono stupita che tanta gente la legga (grazie mille, fra l'altro) questo vuol dire che non avevo valutato bene la storia!

vannagio: adesso, come ha accennato sopra Lil, lei ed Edward stanno assieme. Il motivo per cui si è lasciato andare così facilmente è che anche lui ha pensato che Lil fosse più forte di Bella, dato che lei è un po' Assassina. Quindi ha pensato che il suo corpo doveva essere abbastanza resistente. E, fra parentesi, aveva ragione, dato che non le ha lasciato nemmeno un livido (in Breaking Dawn è catastrofica la cosa -.-''). E poi, diciamolo, Edward è sempre un maschio, e non ha potuto resistere ai suoi impulsi più animali! Mhauaahh! *Edward mi picchia, e mi vuole querelare per quest'ultima frase* XD Comunque, grazie mille per questa recensione, al prossimo capitolo. Un bacio! :)

KissyKikka: vado con piacere a leggere qualche lavoro di una collega! :D Per adesso ho scelto di leggere Just for Love, sono ancora ai primi capitoli, causa scuola, però ad una prima occhiata non mi sembra affatto male! Anzi è molto interessante, quando leggerò tutti i capitoli che hai postato fin'ora ti saprò dire meglio. Comunque, l'ultima parte di questo capitolo l'ho scritta adesso, appena prima di postare e senza nemmeno rileggere (cosa strana, dato che rileggo ciò che scrivo cento volte! XD), è che la reazione di Lil è una specie di introduzione per il prossimo capitolo... O.O Basta spoilerare! XD Comunque, un bacione, ciao! ^^

A tutti un bacio, ciao!
Patty.

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Capitolo 9
*** The birthday effects ***


9.The Birthday effects

Avevo quindi anticipato i giorni di caccia per essere presente al compleanno di Lil.
Io, Alice e Matt avevamo fatto un giro per vedere se riuscivamo a comprarle qualcosa di carino. Tornammo a casa soddisfatti degli acquisti. Nel bigliettone comune che avevamo fatto Matt aveva scritto: … perché così almeno la smetterai di chiedermi i soldi per le tue maledette bombolette spray!(Almeno per un po’). Infatti lui le aveva comprato un sacco di bombolette dei colori che le mancavano. Alice invece le aveva comprato un vestito (che non le avrei mai lasciato mettere se fosse stato per me, certe cose le posso vedere solo io, e quel vestito, decisamente, lasciava vedere troppe cose). Nel biglietto Alice aveva scritto: Alla faccia di Edward e Jasper, andiamo a divertirci! Infine io le avevo comprato una collana con incise le nostre iniziali. Le avevo fatto un bigliettino a parte, con scritto: Più che una favola, pare un film horror. Un bacio.
Io ed Emmett andammo a caccia instancabilmente per due giorni di fila, per fare il pieno per più un mese. Prima di tornare decidemmo di camminare a velocità normale, almeno per noi, lungo il bosco. Ora, vorrei precisare una cosa. So che molte persone a prima vista considerano Emmett un super orso forte e stupido, ma non è per nulla così. Credo che, anzi, sia una delle persone più perspicaci del mondo. Riesce a mettersi nei panni degli altri in una maniera incredibile. E’ molto empatico.
“Quanti anni fa Lil?” mi chiese noncurante.
“Diciannove” dissi. Emmett grugnì. “Perché?”.
“Senti … non è per metterti la pulce nell’orecchio, ma non credi che se la vostra relazione continua allora sareste un po’ strani assieme? Insomma, lei ha diciannove anni e tu sei stato trasformato a diciassette”.
“Si ma posso sembrare più grande” dissi, corrugando le sopracciglia.
“E per quanto ancora?”.
Caspita aveva ragione. Con Bella questa decisione mi era stata risparmiata, ma con Lil sarebbe stato così facile? Prima di tutto: lei avrebbe voluto? Sapevo che non è una ragazza che esterna le sue emozioni, però sapevo anche che mi amava. Me lo faceva capire a gesti, baci, carezze, sguardi, attenzioni speciali che rivolge solo a me. E’ molto buffa quando si comporta così, non riesce a dirmi a parole quello che prova, ma questo modo di fare mi piace. Sembra che ci leghi ancora di più. Qualche parolina dolce la dice anche lei ogni tanto, ma è sempre molto goffa. Non si direbbe che può diventare così timida e balbettante a prima vista.
Però lei avrebbe voluto sacrificare la sua vita per stare con me? Era innamorata di me a questo punto? E poi, soprattutto, io non avrei mai potuto morderla. Come potevo privarla della vita? Di alcune esperienze che solo gli umani possono fare? Poteva avere figli e occuparsi di loro, innamorarsi di un uomo che l’avrebbe mantenuta normalmente, come meritava. Poteva assaggiare i suoi piatti preferiti mentre li cucinava, poteva correre lungo una spiaggia assolata. E, sapendo che poteva fare tutte queste cose, potevo, io, negargliele per puro egoismo? Per volerla per sempre vicino a me?
“Emmett, dove vuoi arrivare?” chiesi.
“Mah, non lo so. Ad esempio che dovresti far presente a Lil questa situazione” disse ironicamente.
“Perché credi che lei non lo sappia?” chiesi sbuffando.
“Ma forse non vuole parlartene, perché non sa come reagirai”.
“Ma da dove vengono tutte queste supposizioni?” chiesi sospettoso.
“Lil ha detto qualcosa ad Alice, Alice ha detto qualcosa a Rosalie e Rosalie ha detto qualcosa a me” disse Emmett scrollando le spalle.
“E perché nessuno dice qualcosa a me? Che sono il diretto interessato?” chiesi con tono acido.
“Boh”.
Feci uscire rabbiosamente l’aria fuori dalle narici tanto che sembravo un toro. Perché nessuno mi aveva detto niente? Scommetto che lo sapevano tutti a casa. Ah, e scordatevi quello che ho detto prima su Emmett: è solo uno stupido orso!
Tornammo a casa sabato sera, appena in tempo. Lil venne ad aprire la porta e ci salutò con un sorriso.
“Siete sazi?” chiese.
“Da morire” rispose Emmett.
“Sei sicuro che non vuoi un po’ di cereali?”.
“Ma smettila …” rispose lui ridendo e dandole una leggera spinta.
Dopo cena aspettai pazientemente che io e Lil rimanessimo soli. Alle dieci eravamo in camera, stesi a letto uno di fianco all’altro che fissavamo il soffitto.
“Lil” dissi.
“Eh?”.
“Ma … secondo te saremo strani quando sarai più grande?” chiesi. Io non sono capace di introdurre discorsi diretti come i suoi. La sentii irrigidirsi affianco a me. Nonostante fossi restato sul vago, quindi, si era capito di cosa parlavo.
“Hm … non lo so. Si, forse” balbettò.
“E … c’è qualcosa che, hem, vuoi fare al riguardo? Per caso?”.
Li si voltò di scatto sorridendo. “Dici sul serio?!” chiese, felicissima. “Sai è da tanto che ci pensavo, però non sapevo come chiedertelo. E’ una cosa un po’ strana. In più Rosalie mi ha raccontato della ragazza con cui stavi prima, ha detto che anche lei voleva trasformarsi all’inizio, ma tu non volevi, e poi lei se n’è andata. Però io invece voglio davvero stare con te. Sai, è la prima volta che … boh, che mi sento così. Potremmo stare assieme per sempre!” esclamò radiosa. Mi diede un veloce bacio sulle labbra, poi si portò una mano dietro al collo e scostò i capelli. “Mordimi” mi ordinò, avvicinando il suo collo al mio viso.
“Aspetta” dissi, preso alla sprovvista.
“Perché?” chiese lei spostandosi e assumendo un’aria contrita.
“Perché ci devo pensare. Tu mi sbatti addosso il tuo odoroso collo così … ci devo pensare” conclusi fievolmente.
“Perché dovresti pensarci? Ci ho già pensato io abbastanza. Non … non vuoi che stiamo assieme?” mi chiese con il viso triste.
“No, non è quello. E’ che, insomma, davvero vuoi diventare così? Non è bello come sembra” le spiegai.
“Ma a me non me frega niente di diventare un Vampiro” esclamò lei divertita. “Io voglio solo che stiamo assieme”.
“Si ma … forse non è la cosa giusta. Dovrai rinunciare a un sacco di cose, lo sai? Ci metterai degli anni ad abituarti a vivere fra gli umani. Guarda Jasper, è arrivato per ultimo quasi sessant’anni fa, e ha ancora delle difficoltà. Inoltre non sappiamo come reagiresti tu ad un morso: sei un’ Assassina” dissi.
“Questo è vero, te lo concedo. Però se voi siete riusciti a farcela perché io no?” protestò.
“Non dico che non ce la farai, dico solo che sarà difficile”.
“Non mi interessa niente. Guarda … sono le undici e quaranta. Voglio che mi mordi prima che arrivi la mezzanotte” disse mettendosi a sedere.
“Sembra un brutto rifacimento di Cenerentola”.
“Stupido. Mezzanotte perché a quell’ora avrò compiuto diciannove anni, più o meno. Mia madre mi ha detto che sono nata alle due e dieci circa. Però se prendiamo come riferimento mezzanotte sarà più suggestivo”.
“Ma …” cominciai.
“Niente ma. Se non lo vuoi fare tu allora lo chiederò a Carlisle” disse risoluta.
“Sei così decisa? Ma perché?”.
“Ma tu non capisci proprio niente. Io voglio stare assieme a te” fece una piccola pausa e, guardandosi le mani, sussurrò: “Io ti amo”.
Sentii una stretta al cuore. Presi respiro in modo irregolare, nonostante non ne avessi bisogno. “Hm … non l’ho mai detto a nessuno” continuò Lil.
Le presi il viso fra le mani e la baciai dolcemente. Non con la passione che usavo di solito, non con la voglia di sentire il suo corpo. Con amore.
Mi avvicinai al suo collo e vi posai un piccolo bacio …

“Edward che cos’hai fatto?!” gridò Alice entrando nella stanza tappandosi il naso con le mani.
“Non lo so! All’inizio andava tutto bene, poi ha cominciato a perdere sangue!” gridai disperato.
Avevo morso Lil pochi minuti prima ma, improvvisamente, aveva iniziato a tremare e, dalla bocca, aveva iniziato ad uscirle del sangue, inoltre la ferita che le avevo fatto sul collo aveva cominciato a buttar sangue a fiotti.
“Chiama Carlisle” la pregai stringendo Lil al mio fianco, che, con gli occhi rivoltati all’indietro, tremava a causa delle convulsioni. Non dovetti aspettare più di un secondo, che Carlisle arrivò di corsa.
“Spostati Edward” mi intimò, avvicinandosi al letto. Mi alzai e la lasciai fra le sue braccia. Mi accorsi di essere coperto di sangue, e anche il letto non era da meno.
“Carlisle cos’è successo?” chiesi spaventato.
“Non lo so. Aspetta Edward” disse cercando di arginare il flusso di sangue. “Credo che il suo corpo abbia reagito male perché lei è un’ Assassina. Gli anticorpi che ha sviluppato contro di te sono ancora attivi”.
“Ferma il sangue! Possiamo ancora salvarla” dissi disperato. Carlisle scosse la testa.
“Il sangue uscirà finché il corpo non sarà sicuro di aver eliminato tutto il veleno”.
“Ma io sono appena andato a caccia, non può essercene tanto!” dissi.
In quel momento entrarono anche Emmett, Rosalie, Matt ed Esme. “Jasper è uscito, per sicurezza” disse quest’ultima con la mano davanti al viso.
“Cos’è successo?” chiese Matt avanzando verso Lil, stesa sul letto, ancora preda delle convulsioni.
“E’ molto rischioso lasciare che il veleno esca, comunque” continuò Carlisle.
“L’hai morsa?! Ma sei pazzo?” chiese Matt guardandomi, arrabbiato e spaventato.
“Eravamo tutti e due d’accordo” dissi con gli occhi spalancati. Non riuscivo a pensare. Se non l’avessi mai fatto … Continuavo a ripetermi queste parole e non riuscivo a pensare di aver ucciso la persona che più amavo.
Ero un mostro.
“Possiamo provare a morderla tutti quanti” disse Carlisle. “Faremo in modo che il veleno vinca gli anticorpi” disse guardandoci uno ad uno. Tutti annuirono. “Matt sarebbe meglio che uscissi” disse Carlisle.
“Ma …” Matt cercò di protestare, ma Carlisle lo guardò eloquentemente. “D’accordo” disse con voce flebile, e lanciando un ultimo sguardo a Lil, uscì.
Ci avvicinammo tutti a Lilian, che tremava di meno, ma era anche diventata pallidissima e sudava. Le presi una mano e l’avvicinai alla bocca. Vi depositai un piccolo bacio. Accanto a me stava Rosalie.
“Tutti insieme ok?” disse Carlisle. “E anche se all’inizio peggiora dobbiamo continuare ad iniettare veleno finché non smette di tremare e sente solo il dolore della trasformazione”.
“Carlisle forse potremmo …” disse Rosalie guardandolo un secondo. “No, niente”. Distolse lo sguardo e corrucciò le sopracciglia.
Ad un cenno di Carlisle ci chinammo tutti assieme sulle sue braccia. Passarono pochi secondi, giusto il tempo per cui il sangue entrasse in circolo, poi ricominciò a tremare violentemente. Il sapore del suo sangue si spandeva nella mia bocca: era dolce, un sapore forte che non sentivo da anni. Guardai di sbieco gli altri, e notai con quanto sforzo non stavano succhiando via il sangue dalle sue vene. Lanciai uno sguardo anche a Lil, ma ancora tremava e potevo vedere solo il bianco dei suoi occhi.
Dopo qualche minuto tutti potemmo sentire distintamente un lamento. Mi avvicinai a Lil e le presi la testa fra le mani.
“Edward …” disse lei faticosamente.
“Lily. Sono qui Lily” dissi sedendomi sul letto e poggiandole la testa sulle mie ginocchia. Nel frattempo Carlisle e gli altri avevano smesso di iniettarle il veleno. Esme, Rosalie, Alice ed Emmet uscirono di corsa, per paura di non resistere. Anche io sentivo l’odore del suo sangue, e anche il sapore direttamente in bocca, ma non volevo lasciarla sola. Avrei resistito a tutto pur di stare con lei.
“Ora si sta trasformando” disse Carlisle. “Non preoccuparti, andrà tutto bene” disse, e uscì dalla stanza.
“Edward!” urlò Lil. “Mi fanno male le braccia” biascicò. “Mi bruciano”. La sentii respirare profondamente e in modo irregolare.
Pensai che, se il veleno era ancora soltanto nelle braccia, allora forse ci avrebbe messo molto di più a trasformarsi di un normale essere umano.
“Non ti preoccupare” le sussurrai nelle orecchie. “Andrà tutto bene. Presto saremo insieme per sempre” le dissi stringendola ancor più forte. “Anche io ti amo” dissi, rispondendo all’affermazione che mi aveva fatto prima di morderla.
In un momento che parve di lucidità Lil mi guardò. Sembrava voler dire qualcosa, ma poi si ripiegò su sé stessa per il dolore e corrugò il volto. Una lacrima le scivolò lungo la guancia.
L’ultima che avrebbe mai versato.





Vi siete per caso spaventati?! Non potevo far morire Lil, tranquilli! Adesso è al sicuro, si sta trasformando in un Vampiro! -.-'' ...certo che, detta così, la cosa non sembra molto sicura.
Volevo dire qualcosa su Rosalie. E' un personaggio che mi è sempre piaciuto molto, sia perchè è antipatica, sia perchè ha una storia che si scopre solo dopo. Ha anche questo desiderio di essere umana, di maternità, desidera molte cose che non potrà mai avere. Ha una psicologia interessante, credo che a molti scrittori (e lettori) piaccia proprio per questo motivo. Tutto questo per dire che: la frase lasciata in sospeso da Rosalie nel momento in cui Lil stava per trasformarsi, sarebbe stata per fermare la trasformazione e salvare Lilian facendola restare umana, ma alla fine Rosalie decide di lasciar perdere perchè pensa che, alla fine, è diritto di Lil decidere, e lei voleva diventare Vampira.
Okay, dopo tutto questo passiamo alle recensioni!

vannagio: ciao, grazie per la recensione! ^^ In effetti finisce abbastanza bruscamente questa storia, non credo che il finale sia dei migliori, ma fa niente. Aspetta ancora solo un'altro po', e potrai scoprire come va a finire questa storia, porta pazienza! XD Un bacio ^^

KissyKikka: muahahahaha! Rudy sta tremando di paura perchè lo hai minacciato (è andato a nascondersi in un angolo buio XD)! Comunque, spero che questo capitolo ti sia piaciuto, e che sia scritto abbastanza bene, ci vuole un po' di suspance per questo momento! :) Come scelta stilistica credo che non sia stato male fare quello stacco fra la parte in cui Edward si convince a mordere Lil e la parte in cui lei si sente male. Tu che ne dici? Me lo sono immaginato un po' come la scen di un film... O.o Vabè, spero di aver fatto bene ^^ Un bacio, al prossimo capitolo! <3

Bimba sognatrice: ciao! grazie mille per la recensione! ^^ Ah, si! Abbasso Rudy! Mhuahaha! Al prossimo (e ultimo) capitolo, spero che questo ti sia piaciuto, anche se è stato un po' turbolento. Ma capitoli così a volte ci vogliono, no? ;) Ciao, un bacio!

Un saluto a tutti gli altri lettori silenziosi, sapere che siete lì mi fa comunque un grande piacere! :)
Patty.

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Capitolo 10
*** As always ***


10.As always

Quando, dopo circa una settimana, Lil si risvegliò dallo stato di semi-incoscienza in cui era piombata durante la trasformazione, la prima cosa che probabilmente vide la traumatizzò.
“Dove sono? Edward?!”.
Infatti avevamo deciso di portare Lil a Denali, tanto per farla abituare al suo nuovo stile di vita. C’eravamo io, Emmett e Rosalie assieme a lei. Ci eravamo stabiliti con il clan di Denali, e Tanya era stata ben felice di ospitarci. Era da quattro giorni che stavamo lì. Purtroppo non avevamo nemmeno potuto permettere a Matt di salutare sua sorella, perché avevamo paura che non sarebbe riuscita a controllarsi.
“Lil?” chiamai, entrando nella stanza dove l’avevamo lasciata. Lei balzò in piedi e mi abbracciò forte. Ci baciammo come se non ci vedessimo da anni.
“Come ti senti?” le chiesi.
“Bene!” esclamò lei saltellando per la stanza. “Andiamo a fare un giro! A mangiare, perché ho fame!”.
“Capito” dissi sorridendo.
“Dove siamo?” chiese intanto mentre si cambiava.
“A Denali, in Alaska” risposi.
“In Alaska? Perché?” chiese lei voltandosi verso di me con la maglietta mezzo infilata.
“Perché abbiamo pensato di portarti qui per un paio di mesi, per abituarti a cacciare e a non mordere la gente”. Per me saremmo potuti restare qui anche per un po’ di anni, ma non credevo che lei sarebbe stata d’accordo.
“Ah … ok”. Finì di vestirsi. “A proposito. Non c’è uno specchio qui?” chiese, guardandosi attorno. Aprii le ante di un armadio, dentro il quale c’era incorporato uno specchio. Lil si esaminò il viso con attenzione. “Sono io, ma è come se fossi una macchina sporca passata dall’autolavaggio”.
“Scema. Eri bella anche prima” dissi cingendole la vita da dietro e baciandole il collo. Si analizzò la piccola mezzaluna che aveva sul collo, vide anche i segni degli altri morsi lungo le braccia.
“Cavolo sembro una mozzarella” disse poi passandosi due dita sulla guancia. “Vabè … andiamo”.
Il clan di Denali, comandato da Tanya, era organizzato come una comunità di semplici ragazzi che, apparentemente, vivevano assieme in pace e armonia al limitare del bosco, come tanti hippy moderni. In realtà erano Vampiri, che avevano scelto il posto migliore per andare a caccia di animali, spiegai a Lil.
“Qui ci sono solo case. Per comprare qualcosa si deve andare in città. Dista un po’ di kilometri. Sai com’è … per non cadere in tentazione”.
“Capito” disse Lil sghignazzando.
Ci addentrammo nel bosco correndo. Mi piaceva correre affianco a Lil, era una sensazione strana. Forse perché si era appena trasformata. Ad un tratto Lei saltò in alto e cominciò a spostarsi di ramo in ramo, aggrappandosi alla corteccia con le unghie o tenendosi ad un ramo.
“Sembri Tarzan!” le urlai dietro arrampicandomi a mia volta.
“E tu Cita!” mi disse di rimando piccata.
Improvvisamente la vidi fermarsi e voltare la testa, annusando l’aria. Sentii anche io l’odore di sangue, ma io ero già andato a caccia, quindi non mi attirò così fortemente. Senza preavviso saltò dal ramo e atterrò precisamente sulla schiena di un orso adulto.  Dopo pochi minuti di lotta riuscii ad avere la meglio e bevve con avidità il sangue dell’animale. Quando scesi dall’albero aveva già finito, e si stava pulendo le labbra arrossate di sangue con il dorso della mano, per poi leccare via il sangue in eccesso.
“Ancora” disse quando finì.
“Ok” dissi divertito. In effetti i neonati hanno bisogno di molto più sangue. Lil cacciò ancora per qualche ora e prese altri due animali. Ogni volta che andavo a Denali mi stupivo che non vi fossero carcasse in giro per tutto il bosco.
Senza nemmeno rendercene conto ci eravamo avvicinati alla strada. Troppo tardi sentii una macchina avanzare, sotto di noi. L’odore del sangue si sentiva fino al bosco, ma non feci in tempo a girarmi verso Lil, che lei già era sparita. La cercai velocemente con lo sguardo. Si stava dirigendo verso la strada, pronta a saltare addosso alla macchina.
“Ferma!” cercai di richiamarla alla realtà, ma lei non mi sentiva. Le corsi dietro. La macchina stava passando sotto di lei in quel momento, perché il bosco si trovava ad un livello più elevato.
Vidi Lil chinarsi per prendere lo slancio con i piedi al limitare del dirupo. Appena prima di saltare si tirò indietro e si portò le mani alla testa, poi si piegò in due e cominciò a tossire. Prima che potesse fare qualcos’altro la presi e la riportai nel bosco. La macchina era tranquillamente passata e ora si dirigeva dalla parte opposta a dove stavamo andando noi.
“Cosa ti è successo?” chiesi, preoccupato.
“Ho sentito qualcosa. Quando stavo per saltare, ho sentito qualcosa. Non so, una specie di voce che mi diceva di smetterla. Poi ho dovuto lasciar perdere, è stato più forte di me. Mi faceva male la testa, e mi è venuta la nausea”.
Ci pensai su un po’. “Forse è qualcosa che hai ereditato dal tuo essere Assassina” tentai. “Non puoi uccidere gli umani”.
“Non posso?”.
“No, non puoi. Ti lamenti?” chiesi.
“No, no assolutamente no!” esclamò come se l’idea fosse assurda. In effetti da un certo punto di vista lo era. “B’è ma allora … possiamo tornare a casa. Non c’è bisogno che stiamo qui, in Alaska. Ma come ti è venuto in mente? Matt sarà preoccupato” disse.
“Hm … potremmo”.
“Possiamo. Non ti piacerebbe tornare dai tuoi?” chiese.
“Li vedo tutti i giorni da almeno quarant’anni. Non è che ho tutta questa voglia di vederli. Però suppongo che tu voglia vedere Matt”.
Lil annuì. “A proposito. Che cos’ha detto di tutta questa storia?” chiese tormentandosi le mani.
“All’inizio è stato difficile, ti abbiamo dovuta mordere tutti quanti, perché stavi reagendo male al veleno. Quindi Matt era arrabbiato. Però poi sembrava contento che tu stessi bene”.
“Ma se io non mi fossi fatta mordere non sarebbe successo niente. Sarà arrabbiatissimo” disse Lil guardando altrove e mordicchiandosi un labbro.
“Sei molto bella” mi uscì detto improvvisamente.
“Eh?”.
“Anzi, quando fai così direi che la parola giusta è sexy” dissi avvicinandomi a lei, cingendola per la vita, e baciandole il collo.
“Così come?” chiese Lil.
“Quando ti mordi le labbra in quel modo, ad esempio. Oppure quando ti lanci addosso ai greezly” dissi sorridendo.
“Parli del greezly ovviamente. Sono così sensuali” disse lei.
“Tutti amano i greezly” dissi continuando a baciarla.
“Quindi torniamo a casa?” chiese lei debolmente alzando il viso al cielo, permettendomi così di esplorare il suo collo in lungo e in largo.
“Ok” dissi contro la sua clavicola. “Però ora possiamo restare qui ancora per un po’” dissi, facendola stendere a terra.
“Certo” mi disse sorridendo e cominciando a sbottonarmi la camicia.

“Siamo tornati!” disse Emmett aprendo la porta di casa.
“Già qui?” chiese Alice apparendo all’ingresso.
“Perché, non ci volevate?”.
“Assolutamente no. Senza di voi si stava benissimo” disse Jasper, che scendeva in quel momento dalle scale. “Allora, dov’è Lil?” chiese curioso.
“Stanno arrivando”. Quando entrammo in casa tutti analizzarono Lil per un quarto d’ora buono.
“Dov’è Matt?” chiese d’un tratto Lil.
“E’ uscito” disse Esme.
“Oh … ok”.
Lil aspettò in fermento che il fratello tornasse, poi tutti sentimmo distintamente l’odore di sangue davanti alla porta. Vidi Lil fare una smorfia e intuii che voleva pazzescamente andare a mordere suo fratello, ma le venne ancora un senso di nausea pazzesco. “Non respirare” le dissi.
“Ok. Ma non sarà strano?” chiese.
“Molto”.
“Ok”. Si fiondò alla porta  e l’aprì di scatto, io ero dietro di lei. Quello che vidi non fu per niente quello che mi aspettavo. Infatti c’era Matt, assieme alla ragazza Assassina, che si baciavano schiacciati addosso alla parete. Quando ci videro Lil disse solo: “Scusate”, poi chiuse la porta di scatto.
“Lil?” sentii Matt dire incredulo. Poi entrò sbattendosi la porta alle spalle, lasciando Caroline fuori. Dalla finestra la vidi sgranare gli occhi davanti alla porta chiusa, fare una smorfia stranita, guardarsi attorno e poi andarsene incerta.
“Ma l’hai lasciata la fuori …” dissi indicando con il pollice la porta.
“Che? Cosa?” chiese Matt, che non stava capendo nulla di quel che dicevo, ma guardava Lil con espressione a metà fra l’esasperato e l’arrabbiato. “Tu … tu sei pazza!” disse infine.
“Tutto qui quel che hai da dire?!” chiese lei stizzita. “Nemmeno un ciao, nemmeno chiedermi come sto!”.
“Come vuoi stare? Non senti più niente!”. Le prese la mano e la strinse. “Sembri un freezer” decretò.
Arrabbiata, Lil lasciò la sala. Matt mi guardò con severità.
“Me l’ha chiesto lei” mi giustificai alzando le spalle.
“E tu non ascoltarla” replicò lui.
“Ma …” non feci in tempo a dire nulla, Matt era uscito di nuovo.
Passarono delle ore prima che tornasse. Lil era furiosa, poi però si disse che un po’ anche Matt aveva ragione. Quando Matt tornò era quasi l’una. Prima che Lil potesse dire qualcosa Matt la prese e la portò in cucina, dove rimasero per un sacco di tempo. Non ho idea di cosa si dissero, ma dopo un po’ volli scendere a controllare.
Quando entrai in cucina stavano giocando a carte.
“Ma che fate?!” chiesi sconvolto.
“Non ho sonno” disse Matt in risposta.
“Edward vieni ad aiutarmi” disse Lil guardando le sue carte corrucciata.
“Cosa? No, non vale. Saprà un sacco di trucchetti del … degli anni quaranta o giù di lì” disse Matt. Li guardai sollevando un sopracciglio. Non che volessi che litigassero, ma non stavano discutendo? Con uno sbuffo, mi sedetti al tavolo.
“Ok, allora ricominciamo” disse Lil prendendo tutte le carte.
“No, aspetta! E’ solo perché stai perdendo!” protestò Matt cercando di riprendersi le sue.
“Molla!” esclamò Lil tenendo le carte da un lato, mentre Matt tirava dall’altro. “Edward vuole giocare!”.
“Ma che centro io?” chiesi.
“Visto? Non vuole giocare!” disse Matt continuando a tirare.
“Che fate?” la testa di Jasper spuntò dalla porta della cucina. “Ah, posso giocare anch’io?” chiese illuminandosi.
“Ah!” disse Lil con espressione di trionfo. Al che Matt mollò le carte. Jasper si sedette attorno al tavolo, ma poco dopo arrivarono Emmett e Rosalie.
“Volete giocare?” chiesi.
Emmett scrollò le spalle e Rosalie, sorridendo leggermente, disse: “Ok”. E così si sedettero anche loro. Arrivarono anche Alice, Esme e Carlisle e ci ritrovammo tutti seduti assieme.
“Allora distribuisco” dissi  prendendo le carte dalle mani di Lil.
“Scusate ma a cosa stiamo giocando?” chiese improvvisamente Alice.
“A scala quaranta, ovvio” dissi io.
“Pensavo che giocassimo a  rubamazzetto” disse Rosalie.
“Non stiamo giocando a nessuno dei due.” intervenne Emmett, “Stiamo giocando a scopa”.
“Ma fare un bel castello con le carte no, eh?” chiese Jasper.
Di nuovo, usò la famosa tecnica del rilassamento, anche se sono sicuro che quella volta non sarebbe servita: non potevo essere più felice. Scuotendo la testa sorrisi leggermente, osservandoli uno ad uno mentre cominciavano a bisticciare, Carlisle si passava una mano sugli occhi, ed Esme cercava di fare da paciere. Appoggiai il viso alla mano sinistra e cominciai a giocherellare con le carte, mentre il mio sorriso si faceva sempre più largo.
Non sarebbero cambiati mai, ne ero certo.



Fine


I personaggi di questa Fan Fiction non sono reali e quasi tutti appartengono a Stephenie Mayer, che ne detiene i diritti. La presente storia non è stata scritta a fini di lucro.





Ed eccomi arrivata alla fine. Parto subito con le recensioni!

Bimba sognatrice: caspita! Mi dispiace di averti fatta piangere! Spero che questo capitolo ti abbia fatta sorridere almno un po'! :) Sono molto felice che tu abbia seguito la storia fino a questo punto, mi ha davvero fatto piacere sapere la tua opinione. Un sentito grazie, spero che la fine non ti abbia delusa. Un bacio.

vannagio: con questo capitolo spero di aver esaudito i tuoi desideri! ^^ Sono felice che tu abbia notato quanto Lil sia impacciata nell'esprimere le sue emozioni, è una cosa che mi sono da sempre immaginata in un personaggio come lei, perchè mostra sempre il suo lato più forte di solito, quindi non deve sentirsi a suo agio a mostrare quello un po' più tenero. Comunque, grazie infinite per tutte le recensioni, e le acute osservazioni sulla storia! :) Non posso più dirti al prossimo capitolo! T.T XD

KissyKikka: ahah! La catena spetteguless dei Cullen è stata frutto di un'idea improvvisa! E hai ragione, Emmett è un grande! Anche io lo adoro, fa troppo ridere (soprattutto nell'ultimo libro)! XD Il fatto che tu definisca addirittura geniale lo stacco fra i due momenti dello scorso capitolo, devo ammetterlo, mi fa molto piacere (della serie: largo al narcisisimo). Spero che il finale ti sia piaciuto, anche se è così improvviso e un po' spiazza. B'è, grazie per le recensioni, le osservazioni che fai su ogni capitolo e anche i suggerimenti, sei davvero la miglior lettrice che chiunque possa avere! ^^ Un bacio! <3

Come vi avrò già ripetuto molte volte (infatti scommetto che non ne potete più) questa storia non mi entusiasma più di tanto, ci sono storie nella sezione Twilight molto migliori di questa, e io sono conscia di aver scritto roba migliore (alla faccia della falsa modestia!). Comunque sia questo non toglie il fatto che vi ringrazi tantissimo, ad ognuno di voi lettori, per aver seguito la storia. Mi siete stati davvero di grandissimo aiuto, se fra di voi ci sono degli scrittori sanno bene quanto faccia piacre ricevere critiche (belle o brutte che siano). Quindi:
un gazie di cuore a tutti voi.
Patty

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