Esprimi un desiderio

di Esther
(/viewuser.php?uid=63492)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Esprimi un desiderio... un natale diverso. ***
Capitolo 2: *** esprimi un desiderio... un capodanno diverso ***



Capitolo 1
*** Esprimi un desiderio... un natale diverso. ***










Il natale. Non nascondo il disgusto che provo nei confronti di questa festività, odio le luci che illuminano le strade di Forks con i suoi pochi abitanti. Definirla città sarebbe un insulto per questo termine, è solo un paesino sperduto di cui nessuno conosce l’esistenza, le nuvole ricoprono il suo cielo impedendo a noi di ammirare l’azzurro di quella distesa, ma infondo non è proprio questa la ragione che ci ha spinti a trasferirci qua? Acqua, gelo, neve, nebbia, non posso impedire alla mia rabbia di manifestarsi, non siamo poi così diversi. Il mio corpo è morto, la mia pelle dura e fredda si accorda con quella di questo luogo sperduto. Siamo così simile ed è per questo che lo odio. Gli esseri umani non sono mai soddisfatti della propria vita, non amano la loro quotidianità ed è per questo che ricercano ciò che non hanno in svaghi di ogni tipo: sesso, alcol, droghe; qualsiasi cosa pur di non pensare, sono disposti a tutto pur d’evadere da questo mondo moderno ma primitivo, perché in realtà nonostante le nuove invenzioni tecnologiche, le nuove scoperte in ogni campo, l’essere umano è un animale, con i suoi istinti, con pensieri che seguono solo la legge della natura, il più forte che sopraffa il più debole. Un disgusto il mio che con fatica nascondo, nessuno meglio di me conosce il loro animo, la condanna per aver ingannato la morte è questa, ascoltare per l’eternità quei pensieri sporchi intrisi d’invidia e odio. Ed* ora con questa festa colorata di rosso vogliono illudersi che tutto vada bene, che il mondo sia dolce e luminoso, fatto di calore e amore, i bambini che camminano mano nella mano con i genitori in cerca di quel regalo che con trepidazione attendono, sperando di trovarlo sotto l’albero, un pezzo di natura che viene ridicolizzato con ornamenti artificiali, sfere rosse che riflettono sulla loro superficie una casa illuminata dal camino, una famiglia seduta su un morbido divano con in mano una tazza di cioccolata fumante, sorrisi sui volti di quelle persone. Ma quelle stesse rotondità di vetro, simbolo d’unione, sono le uniche testimoni d’atrocità, ° episodi che in questo periodo di festa si mettono da parte, ricoprendo i nostri peccati con balocchi giocosi, facciamo beneficenza per sentirci meno in colpa, cantiamo melodie per manifestare buoni propositi che restano tali perché non verranno né oggi né domani portati a termine.

 

 

Edward non essere scortese, torna in salotto.“

 

I pensieri ansiosi di mia madre mi richiamano alla realtà, strappandomi alle mie riflessioni e conducendomi qui, in questa casa. Un sospiro di frustrazione esce dalle mie labbra dischiuse, non mi preoccupo di utilizzare la mia velocità, voglio prendermela comoda, in fondo ho tutto il tempo che voglio, perché non utilizzarlo in modo proficuo? Scendo le scale, le mani dentro le tasche dei pantaloni neri, il viso alto e impassibile, con un leggera espressione di noia.

 

Non fare quella faccia.”

 

Sbotta Alice tra l’incazzato e lo stufa, non ne può più di vedermi così e come lei il resto dei miei parenti ma è più forte di me, perché dovrei dimostrare una felicità lontana kilometri da me? Forse per rendere i loro sensi di colpa meno pesanti, forse perché non è in questo clima che una famiglia dovrebbe vivere? Non c’è serenità, non si può essere contenti del nuovo giorno se, anche solo, un membro è infelice.

 

- Spiacente è questa la mia faccia. - rispondo ad Alice, non ho voglia di rendere le cose facili, e non mi faccio scrupoli a farlo presente a tutti.

 

Arrivato all’ultimo scalino mi guardo attorno, stesso arredamento, un albero che sfiora il soffitto, decorazioni rosse e verdi sparse per tutta la casa. Sto avendo una sincera allergia per tutti quei colori caldi rosso, verde, oro. Cazzate! La vita non possiede questi colori, è nera, buia, tenebrosa, c’è solo lo sporco dei suoi abitanti, non il candore della neve. Non mi siedo, resto in piedi appoggiando il mio corpo al muro bianco, davanti a me si mostra l’allegra famigliola. Esme seduta composta, la schiena dritta e affianco a lei Carlisle, a un posto più in là dello stesso divano c’è Rosalie con Emmett, lei con lo sguardo di chi vuole uccidere qualcuno mentre il conserte mi prega con gli occhi di fare il bravo. Alice è davanti alla finestra, non mostra interesse, resta lì a fissare la boscaglia che circonda la nostra casa, a tre passi da lei c’è Jasper che non ha altro pensiero se non per lei. Dimenticavo, quest’anno abbiamo altri componenti, e già non bastavamo noi, ora ci sono anche quelli #dell’Alaska.

 

- Edward ti trovo bene, come stai? - mi domanda con il suo accento spagnolo Carmen.

 

- Ma in che mondo vivi?  - rispondo senza tante cerimonie, come crede che stia, c’è anche da domandarlo?

 

- Figliolo per favore. - cerca di riprendere in mano la situazione mia madre.

 

- Per favore un cazzo, non voglio che mi poniate domande di questo tipo, lasciatemi in pace come io lascerò in pace voi, statemi alla larga. -  affermo sicuro, sono stanco di restare rinchiuso tra queste quattro mura.

 

- Dove credi d’andare. -

 

- Alice non è serata, voi restate pure qua a fare finta d’essere una famiglia, io ho voglia di sfogarmi un po’. - con queste ultime parole mi dirigo con passo deciso verso la porta. - lontano da voi. -  aggiungo in un sussurro.

 

- No, fermo. - ribatte Alice raggiungendomi e mettendosi davanti a me. - Non andare da solo, vogliamo venire anche noi. -

 

- Alice. - l’ammonisco.

 

- A natale sono tutti più buoni. - dice portandosi le mani dietro la schiena e dondolando.

 

- Così non migliori la situazione. -

 

- Non mi hai fatto un regalo. - continua ignorando le mie parole. - sei stato cattivo, io ci speravo. - mette il broncio, non so se scappare o riderle in faccia per tale assurdità.

 

Edward non la rifiutare, questa situazione la sta facendo soffrire, non ci allontanare.“

 

I pensieri di Jasper non mi sono nuovi, ma non c’è più il risentimento per il mio comportamento, non mi sta accusando d’egoismo. Sembra più una supplica, vuole solo che sua moglie sia felice e non è litigando con me che questo sarà possibile.

 

- Va bene, non fare la bambina, domani ti farò trovare un regalo che supererà ogni tuo desiderio.

 

- Non so che farmene di una nuova macchina, me la posso comprare da sola. Io… -

 

- Tu cosa? - cerco di leggerle la mente ma mi lascia fuori.

 

- Voglio che tu esaudisca un mio desiderio. - risponde con occhi luminosi, pieni di quella speranza che non posseggo.

 

- Cosa vuoi? - mi limito a chiederle con tono esasperato.

 

- Vorrei che questa notte tu la passassi con noi, non in questa casa, non con i vecchietti. - dice facendomi l’occhiolino. - ma con noi, i tuoi fratelli. C’è un nuovo locale che non ho ancora visto. - fa una faccia stralunata. - dal vivo, ti chiedo solo di trascorrere una serata insieme. - finisce abbassando gli occhi a terra, triste… 1…2…3… - SSIII. - sbotta all’improvviso, non ho neanche formulato un pensiero completo che mi salta al collo per poi subito mollarmi lì e correre verso la sua stanza dove infine si cambia.

 

- Continui con quel muso, sei noioso, ti dovresti godere la vita. - dice una voce alle mie spalle. Ci mancava solo lei… Isabella.

 

- Come fai tu? - 

 

- Certo! -

 

- Ma lo faccio, solo che a differenza tua non mi danno della puttana. -

 

E la stanza gela in un silenzio soffocante.

 

 

 

 

f ò h

 

 

 

 

 

Il nuovo locale di cui tanto ho sentito parlare nell’ultima ora non si avvicina minimamente alle immagini che Alice mi ha fatto vedere mentalmente. Rimango piacevolmente colpito, non me l’aspettavo e per certi versi capisco perché mia sorella mi abbia mentito. La sua, anche se non lo ammetterà mai di fronte agli altri, è stata una sorpresa, un regalo non richiesto ma offerto, in fondo, nonostante tutto, lei, il mio folletto, resterà l’unica che riesca a capirmi. Siamo a Port Angeles, una città che concentra in sé gran parte di quello che odio ma che possiede un piccolo paradiso per quelli come me: un quartiere malfamato e nascosto. Solo chi sa cosa cercare, può conoscerne l’esistenza; io lo so, del resto sono un assiduo frequentatore, mi piace questo posto. A differenza del resto della città qui non ci sono in ogni punto dei palazzi, dei marciapiedi, imitazioni gonfiabili di santa claus o luci abbaglianti che impediscono al buio di avanzare. No, tra questi vicoli non c’è nessun oggetto che ricordi il natale, solo l’aria della notte può portare con sé tale notizia ma con fatica arriva sino ai nostri olfatti, messa in difficoltà dallo squallore che ci circonda. I locali sono di vario genere come del resto gli stessi clienti, ci sono pub esclusivamente per gay, bisessuali o di gusto alternativo, altri che hanno come unico scopo quello di trasgredire con i suoi accessori, non importa cosa si desideri, quanto peccaminoso sia, non importa quali vizi si abbiano, niente ha importanza in un posto come questo. L’unica cosa certa è il silenzio, nessuno giudica con sguardi scandalizzati e ipocriti, nessuno domanda con infinita curiosità, ognuno pensa per sé senza intromettersi nella vita altrui e cosa importante qui nessuno finge, le persone che frequentano questi vicoli non interpretano nessun personaggio fittizio, non indossano delle maschere. Questa è la vita reale, senza l’ipocrisia di tanti sorrisi e falsa perfezione.    

 

- Mm… Alice Cullen, non credevo ti piacessero certi luoghi, tu sei una brava bambina. - dice Bella con finta aria scandalizzata. - ma forse ho sbagliato nome… - continua lasciando in sospeso il resto della frase…

 

“…non è vero Edward?”

 

- Fottiti. -

 

- Non vedo l’ora. - dice passandomi accanto, le punte delle sue dita sfiorano la mia mano, un tocca casuale. - Da dove si comincia? - chiede con sincero entusiasmo.

 

- Seguitemi. - interviene Alice facendoci strada, fino a quando arriviamo davanti ad un locale, all’entrata ci sono due buttafuori.

 

- “Possession”? - legge il nome del pub Tanya.

 

- Sì, questo è uno dei locali più in vista, vi piacerà, fidatevi non potevamo passare da queste parti senza fare un salto qua, sarebbe stato un vero peccato. - spiega Alice stringendosi addosso a Jasper, il quale non bada minimamente alle parole della moglie, è come incantato ad ammirare i suoi occhi pieni di gioia, è felice. Il perché, il come tutto questo sia possibile passa in secondo piano.

 

- Perfetto, allora entriamo, francamente sto iniziando ad annoiarmi. - sbotta acida Irina.

 

Ignorandola entro, l’ambiente interno non è nuovo per me, del resto ci sono stato altre volte. Ci troviamo in un pub relativamente grande, composto da due piani: il primo destinato alla discoteca, c’è il bancone dove si possono comprare alcolici, la musica cambia gradualmente di genere, da quello dance a melodie più tranquille che hanno come unico scopo quello d’offrire ai clienti una scusante per strusciarsi. Le musiche scelte, dal ritmo veloce o lento, hanno un unico fattore che le accomuna, la lussuria, quelle note entrano dentro la persona spingendola, facendole desiderare solo il contatto con un corpo, aiutate dall’alcol annebbiano la mente portandola al desiderio d’avere di più… sempre di più. Il secondo piano è destinato ad una serie di piccoli salottini divisi da una serie di tende di velluto rosso ma non di quel rosso accesso luminoso bensì un colore cupo, più simile al sangue, un colore concentrato. I clienti che vogliono un po’ d’intimità si rifugiano lì, basta pagare per avere a disposizione quanto spazio per tutto il tempo desiderato. Essendo un locale misto, i camerieri sono sia uomini che donne con indosso gli indumenti essenziali.

 

- Mi piace, questo posto ha una carica erotica da far venire l’acquolina in bocca. - dice Tanya, abbracciando Irina da dietro. - che ne diresti d’andare. - continua sussurrandole all’orecchio.

 

- Sì, sarebbe meglio, ho voglia. - risponde annoiata, si stacca prendendo per mano la sorella. - Noi andiamo. - Continua con lo stesso tono. - intanto voi andate a fare un giro, ci vedremo in questo stesso punto tra due ore, non ho alcuna voglia di trascorrere tutta la notte nello stesso posto. -

 

- A te piace girare, più sono meglio è giusto? -

 

- Certo! -

 

E tu ne sai qualcosa… vero Edward.”

 

I pensieri di Bella mi fermano, mentre gli altri si allontanano mano nella mano ognuno con il proprio partner o nel caso delle sorelle, compagna di giochi.

 

- Quando ti fa comodo abbassi lo scudo e solo per infastidirmi. -

 

- Ovviamente, sennò dove starebbe il divertimento. -

 

- Come fai a saperlo? -

 

- Cosa. -

 

- Lo sai. -

 

- Io so molte cose, per cui ti consiglierei d’essere più chiaro. -

 

- Allora cominciamo dal tuo ultimo pensiero: “e tu ne sai qualcosa, vero Edward?” Che dici ora sono stato più chiaro? - sibilo prendendola per il gomito. - guardami quando ti parlo. -  

 

- Non ho bisogno di guardarti in faccia, non è con essa che sento. -

 

- Senti bambolina. - con un movimento veloce la porto verso di me, la mia mano sinistra scivola sulla sua schiena spingendola contro di me mentre con quella destra le prendo il mento tra l’indice e il pollice. - Non sono dell’umore adatto per i tuoi giochetti, ti diverti a stuzzicarmi non rendendoti conto di quanto mi dia fastidio la tua presenza. - amplifico la presa con la quale la tengo legata a me. - il tuo odore. - avvicino il mio viso al suo collo, il mio naso a pochi millimetri dalla sua pelle, aspiro il suo profumo per sottolineare le mie parole, infine mi riallontano. - ed ora apri questa piccola boccuccia acida e dimmi come cazzo fai a sapere i fatti miei. -    

 

- Io non ti devo dire un bel niente. - urla. - non ti azzardare mai più né a toccarmi né a parlarmi in quel modo. - con un movimento fluido si volta liberandosi della mia presa. - Tu sei arrabbiato con il mondo intero e riversi sulla tua famiglia le tua frustrazioni, beh sai che ti dico non me ne frega un cazzo della tua infelicità ma non ti permetto di continuare in questo modo, mettendo a disagio, ferendo chi ti sta accanto, perché se tu non sei felice nessuno lo deve essere, vero? Se il caro ragazzo dagli occhi tristi non sorride ma rimane con quell’aria da eterno incazzato, allora nessuno può essere contento, sai che ti dico mi hai rotto, sei solo un pezzo di merda che non si rende conto del male che fa e che continuerà a fare. Tu ci odi, odi la nostra natura, odi la nostra società, perché non vivi la vita che ti è stata data senza pensare ad un passato che persino la tua mente non ricorda più, perché non ti rifai una vita, perché devi continuare a pensare a quanto tutto faccia schifo senza pensare nemmeno per un attimo alle persone che ti stanno accanto e che cercano in ogni modo di farti sorridere? Esme con quell’amore senza confine che nutre per te, Carlisle con la comprensione che solo un genitore può avere per un figlio, i tuoi fratelli… Alice che cerca ogni modo per renderti sereno, lei ti conosce, sa che non saresti stato a tuo agio in un altro locale, in uno commerciale in cui in questo momento aleggia solo l’aria natalizia, per cui ha preferito condurti qua. Un posto indifferente sia per lei che per Jasper, per Rosalie quanto per Emmett, perché a differenza nostra loro hanno trovato la loro metà, ovunque siano non ha importanza, basta che stiano insieme se poi può riuscire a far infuriare di meno il loro caro fratellino meglio ancora. - rimango in silenzio per tutta la durata del discorso non accennando nessuna intenzione di interromperla, si sta sfogando, da quanto tempo si tiene dentro tutti questi pensieri? - Io sono venuta a conoscenza di molte cose, sì, non ti dirò il come e il perché, per un motivo molto semplice, sono queste ragioni che mi permettono di sapere, che porta chi mi sta accanto a fidarsi di me, confidarsi come se fossi un diario, perché a differenza tua non mi metto a sparare sentenze. -  

 

- Sparare sentenze, non dire eresie non l’ho mai fatto. -

 

- Sì invece ma sei troppo impegnato a far la guerra a tutto e a tutti per rendertene conto, ipocrita. - termina con astio.

 

- Non ti permettere. -

 

-Sennò che mi fai, mi dai della puttana, mi prendi per un braccio stringendomi con forza, mi disprezzi con maggiore enfasi? Non ti sforzare, questo lo fai ogni giorno e secondo che trascorriamo insieme. Affermi a gran voce di non giudicare eppure lo fai, tu giudichi e condanni la nostra felicità, il nostro comportamento, i nostri pensieri. Nello stesso modo, con la stessa cattiveria e falsità con la quale lo fanno gli esseri umani. -

 

 

Dopo avermi rivolto l’ennesimo sguardo furioso si volta e se ne va confondendosi tra la folla, la visione di lei scompare ma le sue parole con il loro significato non spariscono, rimangono lì accanto a me, turbandomi.

 

 La mezzanotte scocca, è questo il mio regalo, buon natale Edward Cullen.           

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice / chiarimenti: da leggere

Salve, questa è la prima parte di una piccolissima storia. La mini ff composta unicamente da due capitoli è molto semplice, non ho voluto approfondire né le situazioni né i personaggi, ho scritto l’essenziale per far capire i concetti base, è un idea senza pretese e senza una trama ben precisa, narro in modo semplice un episodio che potrebbe esser letto indipendentemente dal continuo. Volevo che fosse un testo diretto senza giri di parole e che si limitasse a questo. Per quanto riguarda la seconda parte, essa tratterà il capodanno che si ricollegherà al titolo. Ringrazio Lauretta per l’immagine è stupenda, grazie!

Ps: alcuni punti che nella ff sono lasciati volutamente incompleti li chiarisco in parti qui il resto li lascio per la seconda parte.

*allora, qui ho fatto un esempio per chiarire il pensiero di Edward, nel periodo di natale, le case sono adornate, gli alberi di natale in salotto hanno riflesse sulla superficie delle sfere rosse quella casa piena di colori e amore, un quadretto familiare perfetto ma, sono anche ( riferite alle sfere di vetro) le uniche testimoni di atrocità, cioè nonostante una casa sia bella e perfetta a suo intero non tutto lo è, le persone non parlano, non ci sono testimoni di quel che succede all’interno solo gli oggetti sono gli unici testimoni: di liti, maltrattamenti, tristezza, dolore; che in apparenza non c’è.

 ° Oltre al fatto che in questo periodo di festa improvvisamente tutti diventano più buoni gli episodi bruttali vengono messi da parte, nascosti da farsi atti, si fa beneficenza per sentirsi meno in colpa, facciamo tanti buoni propositi che il giorno dopo verranno dimenticati, tante belle parole che servono solo a farci belli, niente di più.

# in questa ff, Bella non è un’umana e non fa parte della famiglia Cullen, lei ha avuto una vita distante da loro e solo da pochi anni si è unita al clan di Denali, per le feste le due famiglie hanno deciso di ritrovarsi ed è per questo che si ritrovano nella stessa casa.

                           

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** esprimi un desiderio... un capodanno diverso ***






Capodanno. Uguale al natale, se non peggio. Lo trovavo patetico e credevo che l’essere umano si rendeva stupido con quest’ultimo giorno dell’anno. Ogni paese lo festeggiava ad orari e con modi diversi eppure come per ogni cosa c’era un filo che legava ogni nazione, ogni persona festeggiava questo giorno. Per me il 31 dicembre era il 365° ed ultimo giorno del calendario gregoriano, niente di più niente di meno, ecco cos’era. Perché la gente lo vedeva come il giorno in cui tutto finiva e tutto iniziava?* Avevo sempre pensato che l’uomo di qualsiasi religione, nazione, status, mentalità, ideali, gusti sessuali, epoca avesse qualcosa che li accomunava, non erano importanti le differenze che in apparenza li divideva, perché infondo erano più simili di quanto loro stessi credevano. Non importava il disprezzo che provavano l’uni per gli altri, la speranza era una fede universale che li teneva legati, tenendoli su questa terra. Se avessimo dovuto analizzare una religione alla volta ci saremmo resi conto che infondo non erano poi così diverse, potevano cambiare le abitudini, i giorni festivi, le tradizioni, il libro sacro, potevano cambiare i modi in cui volevano raggiungere i propri obiettivi ma avevano la speranza intrisa in ogni parola, perché ciò che non si capisce lo si deve spiegare in un modo o nell’altro. Avevano bisogno di una certezza che spiegasse o che desse la speranza per continuare ad andare avanti, ad avere un futuro, non erano importanti le difficoltà che incontravano sulla loro strada, avrebbero continuato perché credevano che dopo ne sarebbero stati ripagati, le lacrime versate e i singhiozzi uditi si sarebbero trasformati in lacrime di gioia e risate spontanee per un futuro sereno e tranquillo. Cazzate. Avevo studiato, avevo letto, mi ero documentato, avevo cercato d’analizzare la mente dell’essere umano ma niente, continuavo a non capire da cosa nasceva questo desiderio di dare una spiegazione a tutto e nel riporre le proprie speranze in ideali di cui, oggettivamente, non c’erano prove, perché diciamoci la verità anche la più solida aveva qualche crepa, facile da risolvere con una semplice spiegazione scientifica non del tutto sicura, ma del resto nella vita cosa lo era? Nemmeno la morte poteva essere considerata certa, io lo sapevo, ne ero la prova. L’avevo ingannata, ma la mia non era stata una vittoria.

I grandi dicevano ai bambini di smetterla di sognare, toglievano da quelle piccole mani libri di favole e leggende per lasciare il posto a calcolatrici e diagrammi, lasciandoli con un’unica spiegazione: avete avuto l’infanzia per giocare, per avere la mente libera da preoccupazione e domande sul futuro ma come ogni cosa che ha un inizio anche questa fase ha una fine, ora devi tornare con i piedi per terra, il mondo là fuori non si farà scrupoli a calpestare i tuoi sogni. Non sono con questi scritti senza senso che andrai avanti, studia, fatti una carriera, devi crescere; I bambini sperano e sognano ma i grandi? Loro che tanto parlano, criticano, non sono i primi che viaggiano con le fantasie e si aggrappano con tutto il loro essere a false speranze, antiche quanto il mondo? Cambia solo la cornice: da piccoli si sogna cenerentola e il drago cattivo e da grande il paradiso celestiale. Illusi.

 

“Stasera potresti restare qua.”

 

Le parole di mia sorella Alice mi raggiunsero, mi voltai verso di lei che con sguardo birichino mi si avvicinò, sedendosi accanto a me sul divano del salotto. Indossava un vestito semplice ma elegante, le spalline dell’abito erano sottili e ricoperte da piccoli brillantini che con la luce formavano vari riflessi, il tessuto blu si modellava sul suo corpo ed era lungo sino le ginocchia. Con un movimento fluido prese una sciocca di capelli corvini e lo attorcigliò sull’indice della mano destra per poi rilasciarlo.

 

“È bella.“

 

Aggiunse continuando il suo rituale, una seconda sciocca fu attorcigliata per infine essere lasciata libera, movimenti veloci ed impazienti.

 

- Dovresti essere più chiara, in questa casa tutti sono di una bellezza che supera il divino. -

 

“Isabella è diversa, non dovresti criticarla con tanta crudeltà.”

 

- Non offendo nessuno, mai fatto, dico solo ciò che pensano tutti, c’è solo una piccola differenza io gliel’ho dico in faccia non mi limito a pensarlo o a sussurrarlo quando è troppo distante per udire. -

 

La musica si diffuse in ogni stanza e in ogni angolo della casa arrivando sino a noi, la melodia non era veloce o ritmata ma lenta, ogni nota trasudava sensualità. Le sorelle di Tanya danzavano come se attorno a loro non ci fosse nessuno ma, nonostante fossero delle vampire, nei loro movimenti vedevo volgarità. La mia famiglia aveva voluto festeggiare questo giorno di festa come gli esseri umani, con ostinazione volevano imitarli cercando d’essere quanto più simili a loro. Ridicolo. A questa bella idea si erano uniti il clan di Denali, uguali a noi in quanto abitudini alimentali ma con pensieri ben più liberi dei nostri. Sono nostri ospiti da circa due settimane e sino la fine delle festività non avrebbero fatto ritorno in Alaska. Questione di giorni e la mia vita sarebbe tornata come prima.  

 

“ Non è stupida, conosce le persone quanto te, se non di più. Sa cosa si dice in giro ma non ti limitare a guardare il riflesso che lei stessa ha messo davanti a tutti noi, và oltre. Affermi di capire l’animo di chi ti sta accanto, non c’è nessuno che abbia segreti, dimostra la tua bravura capendo lei.”

 

- Bella… non ne vale la pena, non lo perdo questo tempo. - affermai piegando la testa di lato, osservando ogni suo movimento. - La sua bellezza non basta ad attirare la mia attenzione, i suoi gesti non mi spingono a leggere il suo linguaggio. Vuoi la verità Alice? - portai il busto in avanti, mentre gli avambracci li appoggiai sulle cosce. Volutamente i miei occhi rimasero fissi sulla figura provocante di Isabella. - Niente mi può far cambiare idea, ho un opinione troppo bassa di lei. E’ solo una puttana senza valore, senza amor proprio. - per un attimo vidi i suoi lineamenti contrarsi, ma fu questione di un attimo, riprendendo il controllo sul suo corpo continuò a ballare.

 

“Ti diverti a mortificarla in questo modo?”

 

- Non sai quanto. - risposi con un ghigno.

 

“Non si merita questo trattamento e il tuo atteggiamento è ignobile, non dovresti continuare con questo comportamento…”

 

- Va bene, mammina. - gli risposi, sfottendola.

 

 “…da stronzo.”

 

Non le dissi niente e tornai in camera mia, quel luogo che rappresentava per me un rifugio sicuro, lì pensieri ed espressioni non venivano analizzate. Perché si ostinavano? Non capivo gli uomini, ma nemmeno i miei parenti, le differenze che ci dividevano non erano abbastanza alte. Quel legame tra mortale ed immortale continuava a sussistere, perché? La mia era un ossessione. La cercavo senza trovarla, una risposta, una conferma o smentita di tali pensieri? Oramai non lo sapevo più. La verità, quell’amara, talmente amara e crudele che non mi permetteva d’accettarla era che avevo paura, è più facile avercela col mondo, con la natura che ci aveva reso vittime e carnefici consenzienti.

Mi sentivo disilluso dalla vita, non era così che doveva andare io lo sapevo, non avevo il potere di Alice, non mi era permesso vedere il futuro ma avevo visto il mio passato, ricordi lontani di una vita in apparenza non vissuta, fatta di false speranze, sogni infantili, amori non ricercati ma agognati, un sogno il mio che ben presto si era trasformato in un incubo ad occhi aperti, una realtà che con prepotenza mi aveva portato qui, in questo luogo privo di speranze e dolore nascosto da un desiderio di morte.

 

“Non te l’ha mai detto nessuno che talvolta le parole fanno più male dei gesti?” 

 

Irruppe mia sorella. Il suo tono era calmo, ma trasudava irritazione, a causa di discorsi ripetuti milioni di volte, sempre con la stessa intensità. Come se non sentissi niente, continuai a sfiorare i cd con le punte delle dita, ricercando la giusta melodia, quella che si modellava con il mio stato d’animo.

 

“Noi non ci arrenderemmo. Rifiuta la nostra mano, i nostri consigli, rifiuta l’affetto sincero di una famiglia ma questo non vuol dire che ti negheranno il loro appoggio. Le nostre labbra non rimarranno chiuse in una linea dura, il nostro affetto non diminuirà ma aumenterà insieme al bisogno d’averti con noi. Ti avevo chiesto di restare, non vogliamo una statua ma un corpo vivo, resta con noi non solo con il corpo ma anche con l’anima, perché anche noi sciocchi vampiri abbiamo speranze, sentimenti. Anche i nostri cuori possono essere feriti. Stasera, come quella notte, un cuore sanguina, parole dette con rabbia le tue ma se fossero state solo parole, se fosse realmente una persona vuota, sporca e impura allora perché le tue parole hanno avuto l’effetto di una pugnalata. Cattive, forti, senza pietà l’hai colpita. Lei ti ha detto la verità, Edward perché?” *

 

 

Un luogo circondato da alberi spogli,

neve candida circonda una figura accovacciata sul secco suolo.

Tenebre nere l’avvolgono.

Un leggero venticello sfiora, come una carezza, quel fragile corpo.

Spalle fragili sussultano.

Singhiozza.

Non una lacrima percorre la fredda guancia.

Occhi stretti con forza.

Impediscono al dolore di mostrarsi al mondo.

“Perché?”

Un sussurro.

Disperato.

Angosciato.

Le palpebre si alzano rivelando una sofferenza dorata.

Ma non basta quel dorato a nascondere il nero del dolore.

 

Le mie mani si strinsero attorno al cd, frantumando quel piccolo oggetto. Rimasi come paralizzato mentre il ricordo di quella visione mi abbandonò. Passarono alcuni secondi prima che riuscii a muovermi, il mio viso si abbassò vedendo i pezzi del cd di Frédéric Chopin sparsi sul pavimento. Mai come in quel momento mi sentii spaesato.

 

- Affermi a gran voce di non giudicare eppure lo fai, tu giudichi e condanni la nostra felicità, il nostro comportamento, i nostri pensieri. Nello stesso modo, con la stessa cattiveria e falsità con la quale lo fanno gli esseri umani. - “ * 

 

Le sue parole… la odiai in quel momento, per una affermazione che mi fece male ma mai quanto il disprezzo che gli avevo riservato, una consapevolezza che non volevo avere eppure era la verità, era tutto così dannatamente giusto.

 

 

 

f ò h

 

 

 

- Credo di doverti delle scuse. -

 

Dopo la visione di Alice ero rimasto per alcuni istanti immobile. Una parte di me, quella più istintiva, mi urlava a gran voce d’uscire da quella stanza e raggiungerla mentre l’altra parte, la più forte costituita dal mio orgoglio, mi ha tenuto lì, al mio posto. Questa mia reazione non era scaturita dal vedere una fanciulla dagli occhi tristi che volgeva il suo sguardo cupo verso il vuoto, no, ma il mio rimanere basito da quella scena era dovuto dal fatto che si trattasse di Isabella, lei sempre sicura di sé, provocante nei gesti, sfacciata nelle parole, lussuria, desiderio, per me Isabella era questo. Mille volte stupido per questo mio errore. Mille volte ceco per non aver visto ciò che con tanta spontaneità mi si mostrava.

 

- A cosa devo tale onore? Edward Cullen che rivolge la parola ad una come me. -

 

Mai come in quel momento mi apparve fragile, lei che fino a pochi giorni fa mi urlava addosso la sua disapprovazione ora giace inerme, seduta sulla neve, le gambe strette contro il petto, le mani chiuse a pugno stringono tra le dita un pezzo di stoffa di quell’abito nero.

 

- Non sono migliore degli altri. - 

 

- Cosa ti fa credere che mi importi. -

 

- Il fatto che ciò che dico ti faccia male. -

 

- Si dice che la verità faccia male, forse è solo quello. -

 

- Isabella non dire cazzatte. -

 

- Cosa ti aspetti… - si interruppe inclinando il volto verso il basso, per poi appoggiarlo sulle ginocchia sempre più strette contro di sé. Cerchi di darti conforto? Di difenderti da me? - … da me. - aggiunse in un sussurro. Un tono così lieve a malapena udibile. - Tu non mi conosci, eppure parli di me come se fossimo grandi amici, come se tu sapessi tutto, come ti dissi tu giudichi e condanni la nostra felicità, il nostro comportamento, i nostri pensieri. Credi di capire tutto solo perché sai leggere il pensiero, ma questo non ti rende meno sordo. Sai per te gli esseri umani sono stupidi, il tuo deve essere chiamato odio o invidia, Edward? Di solito si ha paura di ciò che non si conosce, tu invece, temi il non essere più tu, il tuo corpo non possiede quel sangue caldo e rosso che scorreva dentro di te, ti senti vuoto, tradito da questa vita dannata che non ti ha dato scelta, che ti impedisce d’avere un futuro. Io ti capisco. -  finì alzandosi in piedi.

 

- No, ti sbagli, tu non sai quello che si prova. -

 

- E TU CHE NE SAI? COSA TI DA QUESTA SICUREZZA? - perdette il controllo, ma non la fierezza e la sicurezza delle sua voce. Domande urlate e piene di disperazione, ed io come i peggiori dei vigliacchi non seppi rispondere. - dammi le risposte che cerco. - aggiunse, abbassando la voce. - Cosa ti fa credere che tu sia l’unico a star male. Solo perché il mio viso è sereno, gioioso o forse perché cerco la compagnia degli esseri umani? Dimmi Edward quella tra queste ipotesi ti dà il diritto di giudicarmi? -

 

- In te vedo solo la felicità per una vita dannata. -  dissi, una risposta limitata ma vera.

 

- Perché è quello che sono, felice, serena. -

 

- Come si fa ad essere contenti di una simile situazione? Tu la chiami vita, ma con quale coraggio paragoni questa con la mortalità, con quelle sicurezze che non avremmo più? -

 

- Quelle non erano sicurezze ma illusioni dietro le quali ti nascondevi. -

 

- Tu non sai un cazzo, non sai quel che dici. -

 

- Tu dici di no? Forse hai ragione, ma ti basti sapere solo una cosa, il giorno in cui sono morta è stato lo stesso in cui ho cominciato a vivere, a sperare, perché a differenza di quel che tu pensi io ero un essere umano, si, ma senza speranza per il domani, mi ero arresa al mio destino. Ho avuto una seconda possibilità, ottenendo ciò che in vita non osavo nemmeno sperare, i miei sogni erano vuoti, le mie giornate sofferte, ogni passo mi conduceva verso la pazzia, ed ora tutto è cambiato. Ed è per questa ragione che capisco ciò che provi. Siamo più simili di quel che credi. -

 

L’ascoltavo come se ne valesse della mia stessa vita, l’indifferenza che provavo nei suoi confronti era scomparsa lasciando il posto alla curiosità di conoscere cosa l’avesse spinta a comportarsi in quel modo, le ragioni che l’avevano resa ciò che era. Feci un passo avanti, non si spostò ma voltò il viso di lato rifiutandomi con lo sguardo, questo gesto non riuscii ad accettarlo, non poteva impedirmi d’ammirare i suoi occhi, non ora che finalmente avevo aperto i miei, perché fino ad ora ero stato cieco, un ragazzo toppo concentrato sui propri ragionamenti, su ingiustizie non realmente ricevute.

 

- Cosa ti spinge… - volevo capire ma non mi permise di porle la domanda, non ce ne fu bisogno, lei aveva compreso.

 

- Cosa mi spinge tra le braccia di quegli uomini? - completò amaramente.

 

- Forse il semplice desiderio carnale, sono una creatura sporca, lussuriosa, ricordi? - rispose riportando i suoi occhi sul mio volto, se avessi potuto arrossire, in quel momento le mie guance sarebbero state rosse dall’imbarazzo, umiliato dal suo sguardo orgoglioso e fiero. Lei, a differenza mia, non si vergognava di ciò che era, non rinnegava i suoi atti, non rifiutava la sua natura. -…o forse, ricerco quel calore a me sconosciuto. Il sentire le loro braccia attorno al mio corpo, nonostante la mia attuale forza. Continuo a sentirmi fragile, non voglio riprovare quel senso d’abbandono, non voglio sentirmi sola, ho bisogno di percepire il calore della loro pelle che mi faccia capire che non sono sola, loro ci saranno. Che poi sia solo la mia bellezza ad ammaliali poco importa, in quelle poche ore loro restano con me, mi considerano come qualcosa di terribilmente fragile, mi stringono come se avessero paura che fuggissi, tengono a me. -      

 

- Tu non sei sola. – affermai senza nemmeno pensare, il mio tono era tagliente. Feci forza su me stesso per essere gentile ma non ci riuscii. Non poteva giustificarsi in questo modo, non poteva pretendere che l’accettassi, il solo pensiero…

 

- Ora non lo sono, ho una famiglia che mi da tutto ciò di cui ho bisogno, ma non posso impedire a me stessa d’avere paura. Temo che da un giorno all’altro tutto posso finire, di ritrovarmi un’altra volta sola, senza nessuno accanto, nessuno con cui parlare, nessuno… - abbassò lo sguardo a terra mentre incrociava le braccia sul petto.

 

- Lo so che non capisci, ma come ti ho detto solo dopo la morte ho cominciato a vivere, solo questa condanna, come la chiami tu, mi ha permesso ti trovare la famiglia che non ho mai avuto, una felicità la mia che temo di perdere, ho paura di chiudere gli occhi e rendermi conto che sia stato solo un sogno. Cerco conforto. -

 

- No, non capisco. -

 

- Non ti sto chiedendo di capire, e bada che non mi sto giustificando. -

 

Faceva male, la sua voce, ogni parte di lei manifestava la sofferenza che provava ed io continuavo a giudicarla ma non volevo capire. L’unica cosa che provavo era rabbia, rancore nei confronti della sua vita passata a me preclusa, desideravo conoscere tutto, riempirla di domande, avere un risposta a tutti miei perché ma non osavo chiedere. Con quale diritto avrei potuto, dopo tutto il male che gli avevo fatto?

 

- “Non si può vivere con tutto questo veleno, devi lasciarti alle spalle il tuo passato e costruirti una nuova vita”. - ripetei. Feci un passo avanti, lentamente, non volevo che si sentisse placcata da me, gli volevo dare la possibilità di spostarsi. - questo fu un tuo pensiero, in uno di quei rari momenti in cui abbassasti le tue difese. - alzai una mano verso il suo viso, rivolto ancora a terra. Le sfiorai il mento, un tocco leggero molto superficiale. Notando il suo rimanere impassibile feci scivolare le dita in avanti verso il suo collo, la sua pelle era leggermente calda*****, volevo che mi guardasse negli occhi che vedesse il suo riflesso in me, che notasse l’assenza di giudizio ma solo il desiderio di conoscerla, perché fino a quel momento eravamo degli sconosciuti. - Dimentica il tuo passato, quelle sensazioni orribili. -

 

- Davanti a te non ho mai abbassato le mie difese, questo è un lusso che non mi potrò mai permettere, non dimenticherò ciò che sono. – sussurrò con terrore, allontanandosi da me.  

 

-Voglio che tu… -

 

- Tu vuoi, e da quando? - mi disse sprezzante.

 

- Da ora, da quando mi sono reso conto degli errori che ho commesso o forse dal momento in cui Alice mi ha fatto vedere la visione che ti vedeva protagonista. Non so esattamente quando ho cominciato a desiderare che tutto cambiasse ma ora le cose sono diverse, tu mi hai permesso di conoscere una piccola parte di te. -

 

- Non lo fare. - mi disse con rabbia.

 

- Non commetterò lo stesso sbaglio. -

 

- Non voglio la tua pietà, non ho bisogno che tu cambi atteggiamento solo perché ti ho permesso di conoscere una parte di ciò che provo, fino a poco fa mi chiamavi puttana ed ora ti preme che cancelli un pezzo di me. Come osi? –

 

Non replicai alla sua provocazione, rimasi immobile mentre lei con aria delusa si voltava. Dovevo fermarla, lo sapevo, eppure non mi mossi, sapevo bene che aveva ragione, io stesso se fossi stato al suo posto non avrei mai accettato il consiglio di uno estraneo, perché era quello che ero per lei, una persona che fino al primo momento che l’aveva vista aveva aperto bocca solo per rivolgerle insulti. Solo ora mi rendevo conto delle conseguenze dei miei atti, solo ora mi rendevo conto di quello che cercava di farmi capire ma io no, troppo stupido continuavo con il mio atteggiamento, incazzato col mondo?

No, non più, in questo momento l’unica persona alla quale era rivolto questo sentimento era contro me stesso, io che non avevo mai capito niente della vita eppure parlavo, io che da sempre avevo giudicato chiunque credendomi migliore non avevo la sua fiducia, ma se fossi stato un altro, senza quei demoni che lentamente mi stavano divorando dentro, se non fossi stato rancoroso e crudele con chi mi stava accanto, avrei potuto avere la sua fiducia, mi avrebbe permesso di capire chi fosse realmente Isabella? Questo pensiero mi diede nuova speranza ma con i “se” non si andava da nessuna parte, nonostante questa consapevolezza non un suono uscì dalle mie labbra, non un passo fecero le mie gambe, come se fossi paralizzato la guardai allontanarsi da me, il mio orgoglio non mi permetteva di ricercarla un’altra volta. Mi aveva accusato di provare pietà nei suoi confronti, possibile che non si rendesse conto che l’unica ragione che mi aveva spinto a cambiare il mio comportamento, non era dovuta alla presunta pietà che provavo per lei ma per il mio semplice egoismo? Sentendo le sue parole mi ero sentito escluso, per la prima volta non ero riuscito a percepire l’animo di chi mi stava accanto, non potevo e non volevo darle la colpa.

La sua mente era silenziosa, la sua bocca avvelenata, ma sincera eppure… il suo corpo esprimeva il suo pensiero, i suoi occhi esternavano il suo dolore ed io non me ne ero mai reso conto.

Un sorriso divertito illuminò il mio viso, pazzo? Si, lo ero, ma non potevo farne a meno, lei, la mia piccola ribelle era stata capace di farmi provare sensazioni nuove: l’imbarazzo per quello sguardo accusatore, il pentimento per il trattamento che le avevo riservato, il senso di protezione che ebbi per lei, la volontà d’andarle in contro e capirla. Mi aveva fatto sentire stupido, ma con la stessa forza mi aveva aperto gli occhi. Non le avrei detto di volerle bene sarebbe stata una menzogna, non le avrei detto che tenevo a lei, ma le avrei detto che volevo di più, una seconda possibilità, perché ironia della sorte, lei era stata l’unica a farmi sentire vivo e volevo prendere tutto quello che un suo sguardo triste era in grado di farmi provare.

Non avrei mai creduto che il dubbio di una risposta potesse farmi sentire così elettrizzato. Ero rimasto affascinato da quella creatura che in meno di due ore si era dimostrata diversa, ma non banale, ed era proprio questo suo essere imprevedibile che mi spingeva verso di lei, mi era sconosciuta, nascosta ed io la volevo. Alzai il viso verso il nero della notte, Bella, lei cacciatrice era diventata preda e non ne era nemmeno consapevole. Ispirai, odori diversi giunsero a me: l’aspro della terra, l’umido dell’aria portava con sé altri profumi di piante, di quegli alberi secolari nuovamente testimoni di un cambiamento… il mio, individuai la scia lasciata dalla mia preda e senza perdere altro tempo la seguì, un odore dolce il suo, delicato ma che sapeva di paura. Corsi quanto più veloce possibile mentre l’eccitazione, causata dalla curiosità di vedere la sua reazione si risvegliava in me. In lontananza la vidi, si era seduta su un roccia dalla forma circolare.

 

- Hai finito di seguirmi? - mi disse accavallando le lunghe gambe, il vestito nero scivolo un po’ di lato facendomi intravedere un pezzo della sua pelle, la guardai senza nascondere il mio interesse, lei bellissima, ma lo feci per vedere il suo imbarazzo che non tardò ad arrivare. Come immaginavo non era poi così sfacciata quando veniva analizzata in questo modo, almeno non con me. Con modo pudico ma discreto prese i lembi della stoffa tirandola verso le ginocchia per infine oltrepassarla, alzai un sopraciglio.

 

- Non mi dire che non sei fuggita perché volevi che ti seguissi. - gli risposi in tono beffardo.

    

- Non mi risulta che io e te avessimo molto di cui parlare. -

 

- Prima che tu decidessi di comportarti da maleducata stavamo giusto discutendo. -

 

- Quella conversazione non avrà un seguito, ti consiglierei di tornare a casa, la tua camera sentirà la tua mancanza. -

 

- Non è quello il mio posto, non più. -

 

- Mi fa piacere che tu abbia allargato i tuoi orizzonti territoriali ma io ora andrei. - disse alzandosi in piedi.

 

- È un vero peccato, proprio ora che desideravo la tua compagnia. -

 

- Onorata, a cosa devo un tale interesse? -

 

- Le cose cambiano. - mi limitai a risponderle, tornando serio, i tempi dei giochi stavano terminando, basta con il sarcasmo.  

 

- Già… cambiano. -

 

- Tra tutti i posti in cui ti potevi nascondere, perché hai scelto questo? -

 

- Edward. - mi ammonì.

 

- Non essere prevenuta. - gli dissi alzando le mani in segno di resa. - non ti farò domande, non cercherò d’oltrepassare lo scudo che ti sei costruita attorno, intanto sarai tu a volerne parlare.-

 

- Se fossi in te non ne sarei così sicuro. -

 

- Ciò che ci riserva il domani non ci è dato saperlo. - 

- Saggio, in ogni caso questo posto ha il potere di tranquillizzarmi, mi piace, e poi per stasera è previsto uno spettacolo unico. -

- Di cosa parli? - gli chiesi manifestando interesse, in realtà avevo capito.

- Ogni anno durante questo periodo la terra attraversa la stessa zona, in questo spazio c’è un alto concentrato di detriti che entrando con l’atmosfera terrestre ad una velocità di alcune decine di chilometri al secondo, questi piccoli frammenti di roccia prendono il nome di meteoriti, vengono bruciati per attrito con l’atmosfera stessa, lasciando dopo il loro passaggio a delle scie luminose ovvero le famose stelle cadenti. È questo fenomeno che origina tutto. -  

- Non credevo ti interessasi a queste cose. -

 

- Lo so, del resto come potresti. - disse tagliente.

 

Il cielo fu attraversato da una serie di colori e scintille, la mezzanotte si stava avvicinando e gli uomini per festeggiare avevano iniziato a lanciare i fuochi d’artificio, un secondo rumore di scoppio squarciò la notte. Subito dopo comparvero delle scintille che lasciarono il posto ad un cerchio al cui interno  faceva mostra il numero 10. Il conto alla rovescia era iniziato.

 

- Il nuovo anno sta arrivando, forse le cose possono essere diverse. -

 

9

 

-  Diverse? -

 

8

 

- Si, ho sempre creduto che questo giorno fosse come gli altri, ma oggi voglio credere che non sia così. Come ti ho detto le cose cambiano ma stavolta sarò io a decidere e non il fato. -

 

7

 

- È un proposito il tuo. – affermò, illudendosi d’aver capito.

 

6

 

- No, è una sicurezza. -

 

5

 

- Soffri di doppia personalità? - non mi prendeva sul serio, il suo volto incredulo lo dimostrava.

 

4

 

- Alza gli occhi al cielo. - una stella cadente fece la sua comparsa.

 

3

 

- Esprimi un desiderio… - disse ancora

 

2

 

- …Baciami. -

 

1

 

La mezzanotte è scoccata, buon anno Edward e Bella, chissà che non si avveri…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

* Perché l’ultimo dell’anno si buttano tutte le cose vecchie, ogni speranza viene deposta qui in questo semplice atto, infatti le persone sperano che eliminando gli oggetti rovinati e con troppi anni addosso si possano liberare anche della sfortuna e dei problemi che li hanno caratterizzato per l’hanno ormai al termine. Sperano che con il 1 Gennaio nuove porte si aprano, sparano di poter ricominciare dall’inizio. Per Edward questa falsa speranza esprime solo la disperazione dell’uomo e il suo volersi aggrappare a tutti i costi ad ogni cosa gli possa permettere di migliorare le proprie condizioni, qualcosa che lo spinga, che gli dia la speranza di voltar pagina, per lui è tutto molto folle oltre che sciocco per una ragione molto semplice, 31 Dicembre è uguale a qualsiasi altro giorno, lo stesso vale per il 1 Gennaio e via dicendo… non cambia nulla, solo perché si aggiunge un numero all’anno non vuol dire che le cose cambieranno, il cielo continuerà ad essere azzurro, le rose continueranno a profumar di rosa, i problemi che si avevano sino a poco prima della mezzanotte (bolletta da pagare, crisi matrimoniali, disoccupazioni, problemi di salute, cancro ecc…) tutte queste cose ci saranno anche il primo giorno dell’anno. Per cui per il protagonista la mente umana è solo infantile e illusa.

** Nonostante Edward rifiuti l’appoggio della sua famiglia, i saggi consigli, e l’affetto incondizionato che provano per lui, sia Alice che il resto dei Cullen non si arrenderanno, ognuno decide di starli accanto al suo modo, chi in silenzio, altri come la stessa Alice è molto più diretta e continua imperterrita a parlargli a cercare di farlo ragionare o almeno a farlo reagire, forse non sempre nel modo migliore, talvolta ottiene solo cattiverie gratuite, ma questo non le farà cambiare idee, Alice stessa lo preferisce, non che sia masochista ma vedere Edward reagire le da speranza, l’ultima cosa che vuole è l’indifferenza del silenzio, come lei stessa gli ha detto vuole che lui stia con loro non solo col corpo ma anche con la mente, vuole che abbandoni questi pensieri malevoli per lasciarsi andare, non importa quanto tempo ci vorrà, non importa quanti rifiuti avrà la famiglia non lo abbandonerà mai.  Dopo questa piccola parentesi ritorna all’argomento precedente: Bella; vuole che lui capisca l’effetto che le parole hanno avuto sulla giovane è per questo gli fa vedere una visione, Isabella ormai stanca di questa situazione si allontana ricercando pace in un luogo lontano, l’obiettivo di Alice che lo rende partecipe è di fargli capire che anche le persone che in apparenza sembrano tanto sicure soffrono, e come la notte della vigilia di natale quando Edward  l’ha offesa anche in quel momento Bella stava male, se fosse stata davvero come la descriveva a quest’ora non avrebbe avuto tale reazione. 

**** Sono le parole che Bella gli dice la vigilia di natale, (nella prima parte della ff), il perché, che sia Alice tramite i pensieri e Bella tramite la visione, si riferisce a questo pezzo, Bella non capisce il motivo per cui lui che parla di neutralità che afferma di non giudicare, giudica e condanna lei e ciò che rappresenta. 

***** I vampiri hanno una temperatura corporea molto bassa, se un essere umano toccasse una pozione di pelle noterebbe quanto sia fredda, se invece fosse un altro vampiro a toccare la stessa superficie di pelle non la sentirebbe fredda ma leggermente calda. Tra di loro hanno una percezione del calore diversa.

Angolo autrice: ringrazio tutti coloro che hanno letto, chi ha inserito questa piccola storia tra le preferite o seguite, e chi ha lasciato un segno del suo passaggio. Grazie anche a Laura che mi ha aiutato con l’immagine esaurendo ogni mia richiesta, e creando immagini come le avevo immaginate, brava! Un abbraccio a Tiziana, senza la quale questo testo non sarebbe mai arrivato sino a voi!

Stella Del Sud: innanzitutto ti ringrazio se non fosse stato per te non sarei riuscita a postare, su msn mi hai aiutata e sopportata quando mi sono bloccata, ti ringrazio per il sostegno e la fiducia, non finirò mai dirtelo.

Lau_twilight: Lauretta ben trovata, mi hai chiesto un lieto fine, secondo te questo lo è? Come ti dissi le immagini che scelgo dicono molto del testo, anzi in questo caso ho dato direttamente il finale, ti ringrazio sia per l’immagine sia per i complimenti riguardo la storia, ciao!

mollicadipane: Ciao, si dobbiamo scrivere per noi, mi sa che ci siamo scambiate i posti ora sei tu a rassicurare me XD, questa parte non l’hai letta in anteprima, non so, in ogni caso grazie per i complimenti come al solito sei troppo buona!

pinkgirl: si, in questa storia ho voluto interpretare in maniera diversa la concezione che si ha di questa festività, grazie per i complimenti, l’immagine confermo è stupenda, ciao!

Mirya: Ciao, ottima analisi, devo dire che apprezzo molto questo generi di recensioni, tu stessa hai detto tutto e mi fa molto piacere il fatto che si sia capito, (soprattutto perché, non credo di riuscire “sempre”, a spiegare i concetti). Sia il comportamento di Edward che quello di Bella scaturisce da una serie di eventi che li ha fatto diventare così, come ho detto nell’angolo autrice della prima parte, fin da quando ho deciso di scrivere questa “mini” ff, ho sempre avuto l’intenzione di non approfondire né gli aspetti caratteriali né le situazioni, ugualmente in questa seconda parte ho inserito alcuni passaggi in più, che per certi versi ha fatto, forse, perdere l’impostazione della prima parte, ma mi sembrava la cosa migliore da fare.

 

 

 

 

 




Le mie fanfiction:

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=444509