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Dedicata a Lady Of Evil Nanto86, altra estimatrice di questo pairing
Dedicata a Lady OfEvil Nanto86, altra
estimatrice di questo pairing.
Wind ofchange
1.
“Sei sempre così pigro.”
"Hai intenzione di andare
avanti ancora per molto?”
“Sarai anche intelligente,
ma quanto a pigrizia, non ti batte nessuno!”
“Che seccatura, Temari!”
“Insomma, Shikamaru!”
“Dobbiamo smetterla di
vederci così…”
“Vedi alternative?”
“No. Ed è così seccante.”
“Sai cosa penso? Ne ho abbastanza!”
“Temari…
restiamo amici. E’ meglio così, credimi.”
“Sì. Sarà molto meglio.”
Un giorno.
Era passato un giorno da quando la vecchia Chiyo
aveva salvato Gaara insieme a Naruto.
Un giorno dai suoi funerali, ed era stato semplicemente frenetico.
Temari si concesse finalmente qualche minuto per
riposare, distesa sul letto nella semioscurità della sua stanza.
Il volto di Shikamaru le attraversò la mente per
la prima volta dopo giorni.
Avevano interrotto la loro “relazione” su comune accordo da alcuni mesi, ma
non avevano smesso del tutto di vedersi, e a breve avrebbero anche dovuto
lavorare insieme agli esami di selezione dei chunin.
In fondo, si disse la jonin, era perfettamente normale
che ogni tanto si ritrovasse a pensare ancora a lui.
Quel ragazzo, più giovane di Temari di tre anni e
dall’aria sempre svogliata, era stato il primo uomo ad attirare la sua attenzione,
con la sua intelligenza fuori dal comune.
Forse anche l’ultimo.
Lui le aveva detto che era una spalla su cui poter contare e piangere
liberamente, una donna forte e determinata, l’unica con cui valesse la pena di
avere a che fare.
Si erano però resi conto, tre anni dopo il loro primo incontro, che della
passione che li aveva spinti a frequentarsi all’inizio non c’era più alcuna
traccia.
La loro relazione era sfociata in una semplice amicizia, quella tra due
ninja di paesi diversi spinti di tanto in tanto a collaborare insieme.
Sì, tutto sommato smettere di frequentarsi era stata la soluzione migliore.
Shikamaru pensava fosse troppo “seccante” avere una
relazione con una straniera che finiva sempre col “comandarlo a bacchetta”, per
quanto fosse arguta, anche se Temari sospettava ci
fosse “un’altra” ragione dietro la sua decisione.
Aveva preferito non indagare oltre. Del resto, lei stessa era troppo stanca
di avere a che fare con la pigrizia in persona, difetto sopportabile in amicizia, ma logorante in una relazione.
Soprattutto nel suo caso.
Temari ne era convinta: non era ancora nato, un uomo in
grado di legarla definitivamente a sé, né le interessava trovarlo, per il
momento…
Del resto, l’unico che l’avesse mai attratta in vita sua si era rivelato
una delusione.
Le piaceva paragonarsi all’impetuoso vento del deserto: nessuno era capace
di imbrigliarlo, ed era così che la jonin si sentiva.
Da sempre.
“Fai molta attenzione a
quello che sto per dirti, figlia mia.”
“Sì, mamma! Cosa c’è?”
Le
corse incontro mettendo da parte il ventaglio per un
attimo.
“Tu sei proprio come il
vento, Temari. Veloce e inafferrabile. Ma io sono
sicura…”
Una mano affettuosa
accarezzò i suoi capelli color grano.
“… che, un giorno, arriverà
qualcuno capace di raggiungerti.”
La bambina la guardò con
occhi sgranati, meravigliata.
“E
quel qualcuno, sarà la persona che ti resterà accanto per sempre.
L’unica in grado di renderti
felice. Non dimenticarlo mai.”
Temari nascose il
volto nel cuscino, respingendo l’improvvisa commozione.
Il tempo delle
favole era finito. Non credeva più a quel genere di cose da tanti anni, ormai. Sua madre si era
semplicemente sbagliata.
Pochi attimi, e il
dolce sorriso di Karura era svanito nelle profondità dei
suoi ricordi, portando con sé la sua infanzia sbiadita dallo scorrere del tempo.
Era arrivato il momento di salutare Naruto e i
suoi compagni, pronti a intraprendere il viaggio di ritorno a Konoha. Accanto ai suoi fratelli, Temari
attendeva che il ragazzo che era riuscito a penetrare la corazza di freddezza
di Gaara e a diventare suo amico finisse di dare
l’addio alla vecchia Chiyo insieme a Sakura.
Rimasta indietro insieme al compagno, la ragazza non riusciva a staccare
gli occhi dalla lapide.
Capiva come doveva sentirsi: in fondo, custodiva i resti mortali della
donna che era diventata per lei anche un’amica.
A pochi metri di distanza, il resto delle due squadre venute in soccorso di
Suna osservava la scena con altrettanto silenzio,
come per rispettare il loro dolore.
Lo sguardo della jonin fu attirato dal ninja
dalle folte sopracciglia e dai lucidi capelli neri al qualeGaara accennava ogni tanto da quando l’alleanza con Konoha era stata confermata.
Somigliava incredibilmente al suo maestro, proprio come quando l’aveva
visto per la prima volta. Ma era cresciuto, era diventato più alto. Si chiamava
Rock Lee.
“Tu devi essere Temari… è da un po’ che non ci si vede” la salutò un
ragazzo che le era familiare mentre si recava all’ufficio del kazekage..
“Ah, ma certo. Tu sei il tipo
battuto da Gaara quella volta. Rock
Lee, giusto?”
Era anche il tipo che
l’aveva sfidata d’impulso dopo che lei aveva sconfitto malamente la sua
compagna di squadra.
I suoi occhi erano rimasti immutati,
sempre troppo grandi per i suoi gusti, ma carichi
della stessa vitalità di un tempo.
“Esatto!” fece lui con un
sorriso. “Immagino che ora che siamo alleati, è meglio andare d’accordo.”
“Già…”
Temari
non ricambiò il suo gesto, troppo intenta a osservare con occhio critico la
tuta che si ostinava a mettere. Era ovvio che il suo maestro, del tutto simile
a lui, c’entrasse qualcosa.
"Gaara
parla spesso di te” disse a Rock Lee che, a quanto pareva, aveva la sua stessa
destinazione. I suoi occhi si illuminarono come se fosse soddisfatto di quello
cheaveva appena
detto.
“Davvero? Mi fa piacere! Tuo fratello è un ragazzo in gamba.”
Non portava alcun rancore
nei confronti di Gaara, nonostante il modo in cui lui
l’aveva ridotto durante gli esami di tre anni prima. Che strano ragazzo.
“L’incontro con Naruto l’ha cambiato così tanto… sono contento che ora sia
salvo, ne ha passate tante, e se la merita davvero, una vita tranquilla!” stava
dicendo Lee. Sembrava sincero.
“Naruto
può comprenderlo meglio di chiunque altro” commentò la jonin
distrattamente.
“Anch’io credo di
comprenderlo. Da quando abbiamo combattuto insieme contro Kimimaro,
mi sono reso conto che Gaara non era quello che
sembrava all’inizio. E’ soltanto un ragazzo come gli altri. Non pensavo che un
giorno lo avrei detto, ma… per quanto mi riguarda è un ottimo amico!”
Quanto parlava! Temari non era abituata ad aver a che fare con un tipo così
loquace.
Tutto il contrario di Shikamaru… e non smetteva mai di sorridere, anche se lei
sospettava che fossero sorrisi di circostanza, i suoi.
“Sai, Tenten
è diventata molto più forte da quando ha combattuto contro di te. Se avessi
saputo prima come sarebbero andate le cose, non ti avrei sfidato in quel modo,
anni fa. E’ migliorata per merito tuo, ma questo è il mio modo di essere un
ninja! Non sopporto vedere umiliati gli sforzi di chi si allena costantemente
per migliorare le proprie capacità, dovevo agire!”
I suoi occhi rotondi erano
così determinati da sembrarle simili a fiamme ardenti. No, la sua non era banale
circostanza. Era del tutto sincero, convinto con tutto se stesso di ciò in cui
credeva.
“Lo immaginavo.”
Era proprio quello che
sembrava: un ragazzo forte, determinato, e che si preoccupava per i suoi amici,
pronto a proteggerli a tutti i costi.
“Non
ti dispiace se ti do una mano, vero? Mi rendo
conto che c’è molto da fare, e anch’io voglio rendermi utile” le propose ad un
tratto con gentilezza, voltandosi verso di lei, e Temari
incontrò il suo sguardo, colta alla sprovvista da quell’improvvisa richiesta.
“Niente affatto. Anzi, sei
il benvenuto. Il tuo aiuto mi farà comodo!”
“Diciamo che lo considero un
allenamento! Non perdo mai un’occasione per tenermi in forma, e poi, il mio
maestro ne sarà contento.”
Rock Lee sorrise di nuovo,
quindi la seguì nell’ufficio di Gaara, pronto a
svolgere qualsiasi compito lui avesse loro affidato.
Strano ragazzo. Strano
davvero.
Avevano lavorato insieme per delle ore, poi si erano ritirati nelle loro
stanze.
Era passato meno di un giorno da allora, e questa era probabilmente
l’ultima volta che gli occhi di Temari si posavano sulla
figura allenata di Rock Lee prima che si presentasse un’altra occasione.
Al momento di andarsene, il ragazzo le rivolse uno sguardo, salutandola
silenziosamente, e lei ricambiò allo stesso modo.
Il lampo abbagliante di un suo sorriso, ed era scomparso all’orizzonte
insieme ai suoi compagni, le labbra della jonin
appena incurvate al pensiero del loro ultimo scambio di battute.
Quel ragazzo era strano, ma imprevedibile come il
vento del deserto.
Mutava direzione all’improvviso, sollevava polvere dovunque si trovasse, e
lasciava dietro di sé una profonda, percepibile traccia del suo passaggio.
Comingsoon:
Si muoveva con incredibile scioltezza, come se
stesse addomesticando il vento per utilizzarlo a suo piacimento.
Rock Lee non riuscì a trattenere un sorriso: ecco
da dove proveniva la brezza che gli aveva scompigliato i capelli.
**
Ciao a tutti!
Ecco il primo capitolo di questa fiction LeexTemari
(no, non sono pazza) che ho deciso di dedicare a Lady OfEvil
Nanto86.
Ho da poco scoperto che, come me, apprezza Lee in coppia con la kunoichi
della Sabbia nonostante non abbiano avuto modo di interagire molto, nella
serie, quindi ho pensato di “sperimentare” con questa coppia inusuale e, a
parer mio, molto interessante!
L’inizio riprende direttamente lo Shippuden, ma
andando avanti l’atmosfera cambierà e si farà più opprimente in vista della
guerra.
La sfida più grande è mantenere i personaggi IC, e io sto facendo quello
che posso, ma se ad un certo punto scadranno nell’OOC non esiterò a metterlo
tra gli avvertimenti.
Gli aggiornamenti non saranno
regolari, ma pubblicherò sicuramente la fic in tutti
i suoi otto capitoli.
Schermandosi gli occhi con una mano, Rock Lee si appoggiò a un tronco
d’albero, deciso a concedersi qualche minuto di pausa dall’allenamento.
Il sole stava tramontando, ed era così basso all’orizzonte da accecarlo.
Eppure non aveva niente a che vedere con quello che splendeva a Suna…
Il villaggio della Foglia e quello della Sabbia erano sotto lo stesso
cielo, ma la differenza tra di essi era tale da farlo sorridere
ogni momento che quel pensiero gli attraversava la mente.
Erano diversi, distanti. Ma in fondo, non lo erano poi così tanto.
“Maestro Gai!” esclamò rivolgendosi all’uomo che, poco lontano, stava
terminando di svolgere la sua penitenza.
Aveva perso la sfida con Kakashi, ma ne aveva
tratto vantaggio anche questa volta, come sempre, del resto.
L’uomo si rimise in piedi, scostandosi i capelli neri dagli occhi, quindi
gli rivolse un sorriso smagliante e soddisfatto, a completa disposizione del
suo allievo.
“Dimmi, mio caro Lee.”
“Ho saputo che presto sarà in missione a Suna… la
prego, mi faccia venire con lei!” lo implorò il chunin,
e Gai non fece una piega, sollevando appena un sopracciglio.
L’entusiasmo di Lee era lecito: iljonin sapeva perfettamente che il ragazzo era legato a Gaara, e non c’era nulla di strano se questa volta si
offriva di accompagnarlo.
“Ma certo, non c’è problema figliolo! Non dimenticare di dirlo all’hokage, però!”
Gli occhi del ragazzo si illuminarono di trionfo, e Rock Lee strinse i
pugni, al colmo della felicità.
Andava a Suna. Andava a Suna
per la prima volta dopo mesi.
Finalmente!
“Ci conti, maestro!” disse a Gai cercando di darsi un minimo di contegno
senza riuscirci pienamente. “So bene che Tsunadedev’essere tenuta al corrente di qualsiasi iniziativa!”
“Perfetto! Partiremo domattina.”
“Sissignore! Ora mi scusi, ma torno ad allenarmi!”
“Vai, Rock Lee! E’ questo il modo migliore di vivere la propria
giovinezza! Non smettere mai di migliorarti, ragazzo.
Solo così potrai realizzare i tuoi sogni e rendere felice il tuo giovane e
affascinante maestro!”
“Maestro Gai!” balbettò il ragazzo a bocca aperta, affascinato dalle sagge
parole dell’uomo.
“Lee!” rispose iljonin
guardandolo con affetto e pensando che migliorava giorno dopo giorno contando
soltanto sulle sue forze e sui suoi insegnamenti riempiendolo d’orgoglio.
I due si abbracciarono commossi, immersi nell’abbagliante luce del
tramonto.
L’indomani sarebbero andati in missione, ma c’era ancora qualche ora, per
allenarsi prima della partenza.
E Rock Lee era intenzionato a farne tesoro… proprio come il maestro al
quale tanto somigliava, e non solo
fisicamente.
L’attesa era durata meno del previsto, dopotutto.
Erano passati alcuni mesi dall’ultima volta che Rock Lee aveva messo piede
a Suna, eppure aveva l’impressione di non essersi mai
allontanato da quello sconfinato villaggio immerso nel cuore del deserto,
simile a una fortezza tra le sabbie incandescenti.
In fondo era diventato un po’ come la sua seconda casa, tanto l’ambiente
caldo e asciutto gli era familiare.
Le missioni diplomatiche non erano certo quelle che preferiva, ma lui aveva
deciso di non perdersene nemmeno una. Quello che gli importava era rivedere Gaara.
Il kazekage era tornato quello di sempre, anzi,
per la precisione, sembrava sereno come Lee non lo aveva mai visto.
“Immagino vogliate riposarvi” stava dicendo il giovane dai capelli rossi
come il sangue che sedeva composto dietro la scrivania di lavoro, in tono calmo
e cordiale, e Gai si affrettò a negare con un cenno del capo.
“Non si preoccupi, signor kazekage!
Io e Rock Lee siamo perfettamente in forma, non c’è motivo di…”
“Perfetto. Allora possiamo dedicarci
direttamente al motivo per cui siete venuti a farci visita” replicò il ragazzo
senza mutare espressione.
I suoi penetranti occhi azzurri si soffermarono brevemente sulla figura di
Lee, in piedi accanto al suo maestro e attento a non perdersi una sola parola,
le labbra incurvate in un sorriso mentre ricambiava lo sguardo di quello che
considerava un amico a tutti gli effetti.
“Devo chiederti un favore, Rock Lee.”
“Sono pronto, Gaara!” rispose il ragazzo, tra i
pochi ai quali era permesso chiamare il kazekage per
nome, facendo un passo in avanti in modo da trovarsi esattamente davanti a lui.
“Temari non ha ancora fatto ritorno. Vorrei che
la portassi qui. La sua presenza è necessaria, per la revisione dei rotoli
della nostra alleanza. Kankuro è in missione, quindi non
c’è alternativa. Ho bisogno di lei.”
“D’accordo!Se non torno tra dieci minuti,
farò duecento giri intorno al palazzo camminando sulle mani!” esclamò Lee
allegro suscitando l’approvazione di Gai.
Corse fuori dall’ufficio di Gaara, chiedendosi
dove potesse trovarsi la jonin dai capelli biondi che
aveva avuto modo di conoscere un po’ meglio soltanto durante la missione
precedente.
Una volta all’esterno, Rock Lee si guardò rapidamente intorno, in cerca di
qualcuno a cui potesse chiedere l’esatto luogo dove si trovava, ma la strada
era deserta.
Tutto preso dalla foga di rendersi utile a Gaara,
si era dimenticato di chiederlo direttamente a lui, ma non aveva intenzione di
tornare dentro a perdere altro tempo.
Doveva trovarla da solo.
Il ragazzo si schermò gli occhi con una mano nel tentativo di proteggerli
dalla luce abbagliante del sole, i lisci capelli neri mossi da un vento
improvviso, la mente che ripercorreva i brevi momenti che aveva trascorso con Temari nel tentativo di indovinare quali potessero essere
le sue abitudini.
Gli dava l’impressione di essere una donna forte, con i piedi per terra. Il
suo sguardo era del tutto diverso da quello delle ragazze di Konoha: rifletteva una fierezza che Lee non aveva mai visto
negli occhi di Sakura o in quelli di Tenten, una
fierezza che aveva qualcosa di innegabilmente felino.
Aggressivo. Astuto. Pericoloso.
Ne aveva avuto la conferma durante gli esami di selezione dei chunin, e non si era sbagliato: Temari
era determinata, sicura di sé, veloce come il vento quasi quanto lui…
Un momento. Sapeva cosa fare.
Dopo avere individuato la direzione dalla quale proveniva il vento, Rock
Lee cominciò a seguirla velocemente… fino a quando non si ritrovò in un angolo
del villaggio, una parete di roccia illuminata dal sole davanti agli occhi
mentre pensava trionfante di averla trovata.
Era proprio lei. Impossibile non riconoscere la jonin
dai capelli color grano e dal fisico generoso che si stava allenando con naturale
agilità con il grosso ventaglio che costituiva la sua principale arma nei
combattimenti.
Si muoveva con incredibile scioltezza, come se stesse addomesticando il vento per utilizzarlo a suo piacimento.
Rock Lee non riuscì a trattenere un sorriso: ecco da dove proveniva la
brezza che gli aveva scompigliato i capelli. Gli era bastato seguirla in preda
a un’improvvisa intuizione per trovarla.
“Ehi! Ci si rivede, Temari!”
esclamò rivolgendole un cenno di saluto con la mano, e lei alzò lo sguardo,
rimettendosi il ventaglio sulle spalle.
Aveva finito di allenarsi, per il momento. Era arrivato con perfetto
tempismo.
Gli sarebbe piaciuto continuare a guardarla, ma la richiesta di Gaara aveva la priorità più assoluta, in quel momento.
“Non mi aspettavo di rivederti così presto, Rock Lee.”
Un sorriso le increspò le labbra, e il ragazzo ricambiò il suo gesto con
entusiasmo, abbagliandola come l’ultima volta che si erano visti, mesi
addietro.
“Neanch’io, ma mi fa molto piacere!”
Temari lo fissò, leggermente… compiaciuta?
Non sapeva come definire esattamente quello che provava in quel momento, ma
in fondo, sì, anche lei era contenta di rivedere nuovamente quegli occhi così
vividi e innaturalmente grandi, il sorriso così vitale di Rock Lee.
“Immagino tu abbia deciso di accompagnare il tuo maestro per rivedere Gaara, o mi sbaglio?” disse, ripensando a quello che lui le
aveva detto a proposito di suo fratello tempo prima, e per un attimo il ninja
apparve disorientato, quasi a disagio.
“Bè, è esatto! Anche se a dire il
vero, non mi dispiace avere rivisto anche te, Temari!”
ammise con un sorriso, e lei lo guardò con tanto d’occhi.
“Davvero?”
A quanto pareva, gli stava simpatica.
“Certo! Ora sarà meglio che andiamo, Gaara ci sta
aspettando…” disse Lee rapidamente. “Mi ha chiesto lui di venire a cercarti.”
“Ma come hai fatto a trovarmi?”
“Semplice!” rispose lui allegramente. “Mi è bastato seguire il vento!”
Per qualche strana ragione, Temari si sentì in
imbarazzo, una sensazione così poco familiare da farla sentire a disagio. Era
la prima volta che le succedeva una cosa simile.
“Sai, ti avevo sottovalutato. Sei davvero
sorprendente!” disse a Rock Lee mentre entravano insieme nel palazzo del kazekage, e lui apparve compiaciuto di quell’affermazione.
“Lieto di sentirtelo dire!”
Un attimo dopo, però, le sue sopracciglia si incurvarono in un’espressione carica
di disperazione che Temari trovò decisamente
esagerata.
“Ci ho messo cinque minuti più del previsto! Non appena la riunione
sarà finita, farò duecento giri intorno al palazzo camminando sulle mani come
mi ero promesso!” dichiarò il ragazzo con occhi fiammeggianti, e Temari lo fissò incredula.
“Ma che dici? Per quale motivo dovresti fare una cosa del genere?”
“E’ il mio modo di essere ninja! Ogni volta che non
ottengo qualcosa, mi impongo di fare qualcos’altro per essere più allenato e sempre
pronto a ogni sfida futura!” le sorrise Lee di rimando come se fosse ovvio.
Era semplicemente assurdo.
“Stai scherzando, spero!”
“Niente affatto” lui negò con il capo. “Non si scherza
sugli allenamenti. E’ l’unico modo che ho per diventare più forte!”
I suoi occhi rotondi erano seri, eppure allo stesso tempo così buffi nella
loro determinazione che Temari non riuscì a
trattenere una risata.
Da quanto tempo non si sentiva così allegra? Erano passate settimane, forse
mesi.
“Sei un tipo strano, ragazzino. Ma lo ammetto, ti
trovo divertente.”
Rock Lee la guardò meravigliato. Quella era senza dubbio la prima volta che
vedeva Temari con quell’espressione così rilassata
sul viso.
Le donava. Ed era stato lui a
farle un simile effetto.
La cosa gli faceva piacere: quella ragazza era troppo
seria per i suoi gusti, ma in fondo lo divertiva proprio per questo.
“Ti ringrazio, ma è tutto merito della forza della giovinezza!”
Rock Lee le mostrò il pollice con entusiasmo, maTemari lo fulminò con lo sguardo.
“Va bene, ora basta scherzare. Sarà meglio sbrigarsi, o Gaara
comincerà a chiedersi dove ci siamo cacciati. Abbiamo del
lavoro da fare.”
“Hai ragione!” esclamò Lee di rimando, affrettandosi a precederla con l’inspiegabile
certezza che la jonin lo stesse ancora fissando.
Non aveva bisogno di guardarla per scorgere il sorriso divertito che le
incurvava le labbra.
Comingsoon:
Era strano aggirarsi da sola nel villaggio senza
poter scorgere da nessuna parte il suo spontaneo e abbagliantesorriso.
Sì, tutto sommato Temari
avrebbe sentito la sua mancanza.
**
Ciao
a tutti! Eccoci alla fine del secondo capitolo… che dire?
Lee
e Temari stanno imparando a conoscersi meglio, e
continua ad apparire l’analogia tra entrambi e il vento, uno dei punti cardine
dell’intera fic e motivo per cui l’ho intitolata
“Wind ofchange”, anche se
si chiarirà del tutto nell’epilogo (è abbastanza intuitivo, comunque). E’
apparso anche Gai (e riapparirà, perché è così legato a Rock Lee che quei due
sono quasi inscindibili… inoltre sono sicura che Lady ofEvilNanto ne sarà
contenta, visto il suo amore per il personaggio che condivido), oltre a Gaara (e tornerà anche lui), mentre Kankuro
farà una breve apparizione più avanti (così come Shikamaru).
Anche Neji e Tenten faranno
delle comparse di tanto in tanto, e spero che siano tutti IC, ma si sa, quando
si scrivono fanfiction bisogna correre ogni rischio! J
Ringrazio
tutti coloro che hanno letto, commentato,
aggiunto ai preferiti e alle seguite questa storia (che nel frattempo è
aumentata di due capitoli fino a contarne dieci in totale, un record per una come me che un tempo scriveva solo one-shot)!
Non
pensavo sarebbe piaciuta a così tante persone. Andando con ordine:
SesshomaruJunior:
Il
primo che ha commentato e apprezza Lee come me (è il mio personaggio preferito
in assoluto, non posso farci niente *__*)!
Grazie
per aver commentato e per i complimenti, in effetti ci
vorrà un po’ di tempo prima che sia del tutto soddisfatta degli altri capitoli…
ma mi fa piacere che hai deciso di seguire la fic!
Kikichan:
Un’altra
fan dei pairing alternativi! *___* Credevo fossimo in
estinzione… meglio così! Grazie mille anche a te per il commento e per i complimenti,
mi hanno dato la carica per fare del mio meglio!
Spero
che ti sia piaciuto anche questo capitolo^^
Lady ofEvilNanto:
Di
niente!
Ho
letto sul forum quello che pensi di questa coppia, e mi è venuta l’ispirazione
per scriverci qualcosa di “serio”… vedremo cosa salterà fuori a conti fatti!
Ho
voluto dedicarti la fic per questo e perché so che
ami Lee e Gai, e sono contenta che il mio modo di scrivere di piaccia.
Davvero
trovi i dialoghi ben fatti? Mi fa piacere perché faccio di tutto perché suonino
“naturali” e “reali”, nei limiti del possibile e nel carattere dei personaggi,
ovviamente (o almeno ci provo). Grazie mille per il commento e per i complimenti, spero che anche
questo capitolo ti sia piaciuto! J
Kisa_chan:
Lee
e Temari in coppia sono piuttosto difficili da
trattare, considerando che nella serie interagiscono solo una volta durante
l’esame dei chunin nella prima serie, ma devo
ammettere che anche se è stato impegnativo mi sono divertita a scrivere su di
loro, anche se il “meglio” deve ancora venire e non è detto che resteranno IC
(a voi l’ardua sentenza). Ti ringrazio tantissimo per i complimenti e il
commento, li ho apprezzati molto, assieme all’e-mailJ
“Le cose stanno così. La vostra missione può considerarsi terminata!”
Le parole di Gaara furono accolte con entusiasmo dal
ragazzo dalle folte sopracciglia che era rimasto in un angolo ad ascoltare con
interesse quanto aveva detto a lui, Gai e Temari fino
a quel momento.
“Sono contento di averti rivisto, Gaara!” esclamò
Rock Lee sorridendogli apertamente e scattando sull’attenti.
“E’ stato un piacere anche per me, signore!” gli fece eco il maestro Gai, e
guardandoli, Temari pensò che quei due erano proprio identici, allegri e rumorosi allo stesso modo,
due macchie di un verde caldo e splendente che vivacizzavano ogni luogo con la
loro presenza.
Capiva perfettamente perché a Gaara piaceva
trascorrere del tempo, anche se poco, con Rock Lee: tutto quel colore e quella
vivacità erano così profondamente diversi
dal grigiore monotono delle faccende quotidiane nelle quali il kazekage era sempre assorbito, che non poteva non ammirarli
e apprezzarli con serena, innocente, distesa curiosità.
Temari lo capiva.
“Ora scusatemi, ma ho una penitenza che mi aspetta!” proseguì il ninja
della Foglia lanciandole un’occhiata complice.
Le aveva forse appena… strizzato
l’occhio? Che sfacciato!
In piedi accanto a Gaara, la jonin
lo fissò a sua volta, con incredula perplessità.
“Di quale penitenza si tratta?” s’informò discreto il kazekage.
“Di quella che devo assolutamente
fare per non essere riuscito a ritrovare Temari in
meno di dieci minuti!” spiegò Lee all’amico con leggerezza, come se stesse
parlando di una piacevole passeggiata all’aria aperta, e non di un faticoso,
ridicolo esercizio di cui avrebbe potuto benissimo fare a meno.
Un’ombra di stupore si dipinse sul volto marmoreo di Gaara,
mentre sua sorella sorrideva a disagio.
“Allora non c’è proprio niente da fare, con te…” mormorò la jonin, e Gai rise apertamente.
“Vai, ragazzo! Ci vediamo fuori non appena avrai finito!”
Sollevò il pollice verso l’alto, e dopo un ultimo cenno di saluto, Rock Lee
sparì oltre la porta. Gaara si voltò lentamente verso
Temari, e la fissò con aria interrogativa.
“E’ un tipo… esuberante, non è
vero, sorella?”
“Già. Molto esuberante.”
“… centonovantotto…”
Ce l’aveva quasi fatta.
Il sole incandescente del deserto stava calando lentamente all’orizzonte,
gettando ovunque strane ombre. Perfetto.
Avrebbe finito proprio quando sarebbe svanito del tutto.
“…centonovantanove…”
Non appena riapparve dopo aver fatto l’ennesimo giro del palazzo del kazekage, gli occhi colore del mare di Temari
si strinsero in due fessure, attenti a seguire ogni movimento del ragazzo
vestito di verde che stava tenendo fede alla sua
assurda promessa e che sembrava del tutto incurante dei sorrisi beffardi dei
passanti.
“E’ veramente… determinato” mormorò mentre Lee si copriva di ridicolo senza
che la sua volontà vacillasse, il volto contratto dallo sforzo, ma sereno.
“Già! Rock Lee è fatto così.”
Temari non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che Gai
l’aveva raggiunta. Aveva finito di sbrigare alcune formalità, e ora si trovava
al suo fianco, gli occhi che brillavano di gioia fissi sul suo allievo.
“E’ deciso a lottare fino all’ultimo per raggiungere i suoi scopi, e non esiste una promessa alla quale non tenga fede.”
Le braccia incrociate sul petto, parlava con tranquillità, la soddisfazione
perfettamente percepibile nella sua voce.
“Anch’io ero così, alla sua età. Ha preso da me in tutto e per tutto. Sono
veramente fiero di lui!”
Temari non rispose, la mente invasa da un improvviso
ricordo del passato.
“…anche tu sei un fallito. Proprio come sembri!”
Aveva sbagliato a classificarlo come spazzatura, quella volta, tre anni prima.
Quel ragazzo così testardo meritava tutta la sua ammirazione: Temari sapeva che non era per niente facile essere un ninja
contando solo sulle arti marziali.
Rock Lee era un tipo disposto a tutto pur di vedere realizzarsi i
suoi sogni. Credeva fermamente in
quello per cui viveva.
Era un ragazzo allegro e vivace, ma allo stesso tempo dotato di
un’incredibile forza d’animo.
Temari non aveva mai avuto a che fare con uno come lui, così diverso dai volti anonimi e annoiati dai
quali era perennemente circondata. La incuriosiva.
Forse era per questo che aveva deciso di tenerlo d’occhio ancora per un
po’ e di scortarlo all’entrata di Suna insieme al suo
maestro.
E poi era lei, il motivo che
aveva spinto Lee a fare quell’assurda penitenza.
Guardarlo mentre la svolgeva le sembrava quasi qualcosa di dovuto.
Il minimo che potesse fare per lui… anche se in fondo era solo colpa sua, se aveva perso tempo a
trovarla. Non avrebbe dovuto farsi incantare dal suo allenamento.
“Non appena avrà finito, potreste riposarvi”disse all’uomo al suo fianco
distogliendosi dai suoi pensieri, ma lui si affrettò a fare segno di no con la
testa.
“Non è necessario, davvero! Partiamo subito. L’hokage
ci aspetta a Konoha per un’altra missione, e poi
viaggiare di notte è l’ideale, dopo avere assorbito il calore di un’intera
giornata!”
Gai rise gioviale.
Contento lui…
Trasudava energia da tutti pori.
Temari si limitò a rivolgergli una breve occhiata, prima
che la figura di Rock Lee comparisse nuovamente da dietro l’angolo attirando la
sua attenzione.
“…duecento!”
Si rimise in piedi, detergendosi il sudore dalla fronte con una mano e
mostrando vittorioso il pollice coperto di polvere al suo maestro.
“Ce l’ho fatta! Possiamo andare!”
“Bravissimo, Lee! Sapevo che avresti finito prima del tramonto! Sono fiero di te!”
Gai raccolse lo zaino dal terreno, se lo mise sulle spalle, e il suo
allievo si affrettò a imitarlo.
Quindi si tolse la polvere dai vestiti con un gesto delle mani, per poi
pulirsele su un panno che il maestro gli porgeva con gentilezza.
“Sono pronto!” disse dopo qualche attimo prima di rivolgersi alla jonin al suo fianco. “Immagino che tu sia qui per scortarci
fuori da Suna!”
“Già, chissà come hai fatto a indovinare” lo provocò lei con le labbra appena
incurvate in un sorriso. “Seguitemi.”
L’ultimo raggio di sole scomparve all’orizzonte. Era tempo di andare, ma al
momento di salutare Rock Lee e il suo bizzarro maestro che tanto gli
somigliava, Temari si sentì a disagio.
“Allora, ci si vede” disse fingendo noncuranza, gli occhi sulle due figure
quasi identiche che si stagliavano contro la distesa bluastra del deserto.
Una folata di vento accompagnò le sue parole, increspando appena la
superficie della sabbia nei dintorni.
“Puoi contarci!”
Dopo averla guardata per l’ultima volta, Lee fece per andarsene, ma la jonin lo trattenne all’improvviso.
“Ah, senti… c’è una cosa che volevo dirti.”
“Sì?” Lee la fissò con aria interrogativa, mentre Gai non si perdeva una
parola del loro scambio di battute.
“Mi ero sbagliata, sul tuo conto. Anni fa, intendo. Ora non ho dubbi, sei
un ninja a tutti gli effetti, Rock Lee. E’ raro trovare un tipo energico come
te...” esordì Temari con un
sorriso. “Senza contare il fatto che ti trovo… sì, buffo. Il che, non guasta
mai, in un uomo.”
Il ragazzo la guardò interdetto per un attimo, come se fosse la prima volta
che qualcuno gli rivolgesse parole simili. Forse lo era davvero, a giudicare dal modo in cui i suoi occhi si
illuminarono.
“Ti ringrazio,Temari!
Non pensavo che un giorno l’avrei detto, ma per quanto mi riguarda, anch’io
penso che tu sia una kunoichi in gamba! Hai talento da vendere, e se proprio
vuoi saperlo, bè… anch’io trovo che tu sia divertente” rispose il ragazzo con un
sorriso.
Divertente. Io?
“Ci vediamo, è stato un piacere!” le disse prima di lanciarsi sulle sabbie
del deserto insieme al suo maestro, e Temari rimase a
fissarli per alcuni minuti.
Quando furono troppo lontani perché riuscisse a distinguerli con chiarezza,
la jonin decise di tornare
indietro al villaggio, le parole di Rock Lee che le tornavano in mente come
un’eco ripetuta.
E così sarei divertente. Ma
sentilo! Detto da uno come lui, poi…
Immersa nella semi-oscurità della gola rocciosa che costituiva l’ingresso a
Suna, Temari pensò all’improvviso
che sarebbe stato difficile tornare a immergersi nelle faccende quotidiane.
Soprattutto ora che Lee aveva fatto ritorno a Konoha.
Era strano aggirarsi da sola nel villaggio senza poter scorgere da nessuna
parte il suo spontaneo e abbagliante sorriso.
Quel ragazzo era un tipo rumoroso. Vivace, tremendamente impulsivo.
Con un senso del dovere e dell’onore sviluppati fino all’inverosimile.
Con strani gusti nel vestire, assurde sopracciglia e
occhi troppo grandi e rotondi.
Non stava un attimo fermo, era brillante e pieno di iniziativa.
Era un ninja forte, che era andato avanti nella vita contando solo sulle
arti marziali.
Era sempre allegro, determinato, incredibilmente testardo e… sorrideva in
un modo semplicemente disarmante.
Sì, tutto sommato Temari avrebbe sentito la sua
mancanza.
Non riusciva a dormire. Irrequieta, si rigirava tra le lenzuola senza
chiudere occhio da ore.
Il pensiero della guerra incombente la tormentava, procurandole un dolore quasi
fisico, mentre pensava alle sorti del suo villaggio e dei suoi due fratelli.
Gaara e Kankuro.
Cosa ne sarebbe stato di loro, se la situazione fosse degenerata come
temeva?
La jonin gettò le lenzuola da una parte,
mettendosi a sedere sul letto, cercando di respirare profondamente.
Forse quello era l’unico modo di calmarsi e ottenere un po’ di riposo.
Fuori, l’ululato perenne del vento che le teneva compagnia fin
dall’infanzia.
Temaritrovava che fosse
confortante, il segno che tutto “andava bene” e che non c’era motivo di
preoccuparsi.
Era un mormorìo quasi materno, che la rilassava
facendola sentire incredibilmente a suo agio.
Si concentrò su di esso, gli occhi chiusi come a volere allontanare le
immagini di morte e di dolore che la tormentavano nel sonno da settimane.
Le sarebbe piaciuto vedere Lee, in quel momento.
Forse, il suo spontaneo sorriso sarebbe stato
in grado di placare la sua angoscia…
Temari scosse la testa, sentendosi improvvisamente in
imbarazzo.
Cosa c’entrava quel ragazzo, in
quel momento?
Eppure, il suo volto si era insinuato nei suoi pensieri in modo talmente
ovvio e naturale da spiazzarla. Cercò di scacciarlo,
la mente confusa.
C’erano poche cose, al mondo, in grado di turbare Temari.
Aveva la fama di essere forte, determinata, sicura di sé.
Nessuno avrebbe mai sospettato che nascondesse una natura fragile: emergeva
soprattutto quando erano coinvolti i suoi fratelli.
Gaara e Kankuro erano la sola famiglia che avesse, e Temari avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerli e
vederli felici, lontani da qualunque pericolo.
Eppure la guerra era sempre più vicina, e lei non riusciva a impedirsi di
pensare che non sarebbe stato sufficiente.
La sgradevole sensazione di essere incapace di sottrarli alla sofferenza
incombente e opprimente come le tempeste di sabbia che colpivano Suna di tanto in tanto le mozzò il respiro, stringendole lo
stomaco come una morsa.
Rock Lee aveva un brutto presentimento.
Uno di quelli che difficilmente riusciva a togliersi dalla testa.
Non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione di disagio che lo
assaliva spesso, negli ultimi tempi.
Da quando AsumaSarutobi
era morto, le cose avevano cominciato lentamente a cambiare, al villaggio.
Era un mutamento appena percettibile, ma non era sfuggito ai suoi occhi
attenti, ed era come un peso incombente.
Inevitabile. Imprevedibile.
Qualcosa stava cambiando, lui lo sentiva.
Era come essere sull’orlo di un precipizio del quale era impossibile
scorgere il fondo.
Era come cercare qualcosa nell’oscurità più totale senza riuscire a
trovarla.
Stava per accadere qualcosa di terribile.
Qualcosa che, forse, nessuno sarebbe riuscito a evitare e controllare.
Distolse gli occhi dal falò che avevano acceso da qualche ora, volgendo lo
sguardo sulle sagome addormentate dei suoi compagni.
Sembravano così indifesi, e i loro lineamenti erano così rilassati che Rock
Lee non poteva fare a meno di chiedersi se fosse l’unico a pensare che qualcosa non andava.
Erano in missione da tre giorni, e non appena fosse sorto il sole, si
sarebbero diretti al villaggio della Sabbia.
Fare un salto da Gaara era proprio quello che ci
voleva per distendere un po’ i nervi, secondo lui.
Era stata una fortuna che si trovasse casualmente sulla loro strada.
Più ci pensava, più Rock Lee non stava nella
pelle.
Avrebbe rivisto il suo amico Gaara. Forse, anche Temari. Sua
sorella.
Quel pensiero lo fece sorridere. Gli faceva piacere sapere che ben presto i
suoi occhi avrebbero incontrato nuovamente quelli verdi e decisi della jonin.
I ricordi dell’ultima volta che avevano avuto a che fare l’uno con l’altra
lo investirono piacevolmente, simili a un vento caldo e confortante, e Lee si
lasciò cullare da quella sensazione di inspiegabile felicità che lo avvolgeva
ogni volta che pensava ai fratelli del deserto.
Non riusciva a capire se fosse più contento all’idea di rivedere il kazekage di Suna o piuttosto, se
fosse Temari, quella che tra i due riaffiorava più
costantemente nei suoi pensieri.
Da quando aveva fatto ritorno al villaggio della Foglia, la mente di Rock
Lee tornava spesso alla missione conclusa con Gai a Suna.
Quanto tempo era passato, da quando aveva pensato a Sakura per l’ultima
volta?
Di una cosa era però assolutamente certo: quando si trovava in compagnia di
quell’intrigante jonin dai capelli color grano e lo
sguardo fiero, il volto della ragazza che amava da tempo sembrava quasi
scomparire come sbiadito dall’incandescente sole del deserto.
Di lì a poco Rock Lee piombò nel sonno, e chiunque lo avesse guardato in
viso quel momento, vi avrebbe scorto lo specchio della più assoluta
tranquillità.
Comingsoon:
Rock Lee aveva lo sguardo fisso all’orizzonte, e
un vento leggero gli agitava i lucidi capelli neri, accarezzando leggermente la
sua figura allenata e irrobustita dagli allenamenti.
Temari gli voltò le spalle, ma prima di lasciarlo solo,
gli rivolse un’ultima occhiata.
**
Ciao a tutti! Rieccomi con il terzo capitolo della fic!
Ringrazio di nuovo tutti quelli che l’hanno letta fin qui, l’hanno aggiunta
alle preferite e alle seguite^^
In particolar modo Shessomaru_junior
(grazie per i complimenti!) e Lady ofEvil Nanto86 (si vede che
mi piace Lee, vero? XD sono contenta che lo trovi IC, e quando hai scritto che
è brillante, determinato e per niente demente come lo dipingono in certe
fanfic, mi stavo quasi per commuovere… *___* mi fa piacere che la pensi così,
anche a me da fastidio quando Lee e Gai vengono descritti come pazzi o idioti,
perché non lo sono affatto… sono impulsivi ed esaltati, d’accordo, ma da qui a
definirli stupidi ce ne vuole).
Al prossimo aggiornamento, spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Se vi va, lasciate un commento: mi aiuterebbe a migliorare e a capire se scrivo in modo più o meno piacevole, ma comunque non vi obbligo, anzi.
Era quasi mezzogiorno, e le pareti rocciose che circondavano il villaggio
della Sabbia erano ormai così visibili all’orizzonte che Lee era in grado di
distinguerne ogni singola fenditura.
Non c’era vento, tranne quello sollevato al loro passaggio.
Il deserto immobile li avvolgeva con il suo calore, mentre sfioravano
appena la distesa di sabbia quasi sconfinata.
Correvano sotto il sole da ore, ma la meta era vicina: ben presto avrebbero
trovato un po’ di riposo.
Ben presto si sarebbero
rivisti.
“Insomma, Lee! Non fai che lasciarci indietro, aspettaci una buona volta!”
La voce di Tenten, a qualche metro di distanza, lo raggiunse distintamente,
e il ragazzo le sorrise, sentendosi pervadere dall’entusiasmo.
“Dovresti allenarti di più, Tenten, io non sto affatto correndo!” gridò
senza voltarsi.
“Ma sentilo… fa anche lo spiritoso!”
Lo sguardo pallido di Neji si soffermò sulle spalle del compagno che lo
precedeva, senza impedirsi di notare che Lee aveva ragione.
No, la bestia verde di Konoha non stava affatto correndo.
Stava sfiorando la sabbia delle dune con una velocità e una leggerezza tali
da farlo pensare al vento.
Non sta correndo. Sta
volando.
“Bravo, figliolo! Continua così, stai diventando sempre più forte!”
Nemmeno il maestro Gai era in grado di stargli dietro.
Era la voglia di rivedere qualcuno a mettergli le ali ai piedi.
E di questo, Neji era assolutamente certo.
“Ci fermeremo solo per questa notte. Non un giorno di più. La nostra
missione ci aspetta!” spiegò Gai a un cordiale Gaara, gli occhi chiari di
quest’ultimo che si soffermavano di tanto in tanto sul ragazzo al suo fianco.
Rock Lee era vestito di verde e allegro come al solito.
Sembrava fosse perennemente di ottimo umore.
Come poteva biasimarlo? Anche lui era felice di rivederlo.
Il suo brillante sorriso faceva parte di Lee, del suo carattere, ed era uno
dei tratti del ninja che trovava più interessanti: Gaara pensava che fosse la
rispettosa amicizia che li legava, ad alimentarlo almeno in parte.
Amicizia… qualcosa che gli era del tutto sconosciuta, certo… prima che
avesse a che fare con Naruto e il giovane vivace che aveva di fronte.
Quel pensiero gli fece incurvare leggermente le labbra.
“Ne sono al corrente. Siete i benvenuti. Saremo lieti di ospitarvi nel
nostro villaggio. Fate pure quello che vi aggrada, ho fatto preparare delle
stanze appositamente per voi.”
“La ringrazio, signor kazekage! Sapevamo di poter contare sulla vostra
gentilezza!” gli rispose il maestro di Rock Lee con entusiasmo.
Gaara si voltò verso la donna al suo fianco, alzandosi dalla scrivania.
Quindi gettò un’occhiata all’esterno da uno degli oblò dell’ufficio, con
aria assorta, sentendo incombere su di sé il peso degli impegni che lo
attendevano.
“Temari… ti dispiacerebbe mostrare alla squadra Gai i loro alloggi?” le
chiese senza guardarla, e lei annuì prontamente.
“Niente affatto, Gaara! Venite con me.”
“Con molto piacere, Temari!” esclamò il ninja vestito di verde affrettandosi
a seguirla, e di lì a poco Gai e i suoi compagni lo imitarono, preceduti dalla
jonin.
Temari incontrò gli occhi di Rock Lee per una manciata di secondi, e lo
ringraziò mentalmente di essere lì, in quel momento.
La sua vista era così confortante da affievolire l’angoscia che l’aveva
assalita da giorni.
“Un po’ di riposo è quello che ci vuole, anche per un tipo giovanile come
me! Ti ringrazio, Temari!”
Una volta che la kunoichi ebbe accompagnato Rock Lee davanti alla porta
della sua stanza, il ragazzo si voltò a guardarla con gratitudine.
“Ma figurati. E’ stato un piacere. Ora devo tornare a occuparmi di alcune
faccende, se non ti dispiace” gli rispose in tono cortese, notando il colorito
abbronzato del giovane e la vivacità nei suoi occhi.
Nonostante la stanchezza, le sembrava più in forma che mai. E… sì, non era
niente male. Stava crescendo a vista d’occhio, e il suo fisico non era più
quello di un ragazzino, ormai.
La jonin allontanò lo sguardo dal viso di Lee e gli voltò le spalle,
dandosi mentalmente della stupida.
Non aveva più quindici anni. Era una donna, ora, e non era proprio il caso
di fare simili pensieri su un semplice alleato
di un altro villaggio.
“D’accordo. Ci vediamo dopo!”
Il chunin fece per entrare nella stanza che gli era stata assegnata, ma
l’improvviso impulso di trattenerla con lui ancora per un po’ lo spinse a
rivolgersi nuovamente alla jonin, agitato.
“Aspetta un attimo!” esclamò voltandosi verso di lei, sentendosi
stranamente nervoso.
“Cosa c’è?”
Temari si fermò nel corridoio, guardandolo perplessa.
I suoi occhi felini lo mettevano a disagio: era come se lo stessero
scrutando nel profondo. Lee ebbe la netta sensazione di essere ridicolo.
“Ecco, so che può sembrare stupido da parte mia, ma…” esordì incerto.
Lei lo stava ancora guardando, la luce di preoccupazione che non
abbandonava il suo sguardo, i lineamenti tesi come se nascondessero un’angoscia
profonda...
Seppe che non si era sbagliato.
Sì, aveva proprio visto giusto. Anche
lei aveva quel brutto presentimento.
“Volevo dirti che per qualsiasi cosa puoi contare su di me, Temari.”
C’era riuscito. Ora avrebbe saputo che le sensazioni che li agitavano erano
le stesse.
La jonin parve riflettere per un attimo, lo sguardo improvvisamente
lontano.
“Me ne ricorderò, ma va bene così, grazie” mormorò alla fine.
Aveva colto nel segno.
Incoraggiato da quell’intuizione, Rock Lee decise di fare un’ulteriore
mossa in avanti, spinto dalla volontà di confortarla e farle sapere che lui c’era, pronto ad assisterla in
qualunque momento ne avesse avuto bisogno.
“Perdonami. So che le cose non
vanno affatto bene, invece, ma io credo
di capire come ti senti.”
“Capire?” replicò Temari, sulla difensiva. “E cosa dovrebbe capire, uno
come te?”
Come si permetteva di parlarle in quel modo così… confidenziale?
Cosa poteva saperne, lui, di quello che lei provava e temeva di più al
mondo?
“Ma io…”
“Cosa dovresti capire, tu, di quello che penso… di come mi sento? Hai forse
dei fratelli? Mi dispiace, ma non credo proprio.”
Temari gli voltò le spalle, e in breve sparì nel corridoio.
Non riusciva a togliersi dalla testa l’espressione colma di delusione di
Rock Lee.
Forse, le aveva parlato in quel modo per cercare di sollevarle il morale.
Forse, anche la sua mente era agitata dalle sue stesse preoccupazioni.
Forse, aveva solo cercato di
aiutarla. In fondo, lui era fatto così.
“Che disastro!”
Aveva tanto sperato di rivedere il suo sorriso, e invece era riuscita a
ferirlo con un’uscita delle sue.
Complimenti, Temari. Sei proprio la regina del tatto.
Rimorso?
Sì… era senz’altro rimorso, quello che ora le stringeva lo stomaco.
Era stata un po’ troppo dura e impulsiva, con Lee.
Quel ragazzo aveva solo cercato di essere gentile.
Non aveva alcuna intenzione di assalirla con un’invadente, inopportuna
presunzione come lei aveva pensato in un primo momento, colta alla sprovvista
dalle sue parole.
Il suo era semplice altruismo.
“Volevo dirti che per
qualsiasi cosa puoi contare su di me, Temari.”
Però… forse presuntuoso lo era davvero, Rock Lee.
Pensare di riuscire a comprendere
la sua angoscia, la stessa che le impediva di dormire da settimane.
Persino ora, in piedi sul tetto del palazzo del kazekage, Temari era in
preda all’insonnia, gli occhi fissi sull’enorme luna bianca sorta da poche ore
e che infondeva nei dintorni un pallido bagliore.
Inutile cercare di dormire.
Impossibile, dal momento che Lee continuava a insinuarsi nei suoi pensieri.
“Volevo dirti che per qualsiasi
cosa puoi contare su di me, Temari.”
Chestupido.
“Ti stai chiedendo cosa succederà, vero?”
Una voce improvvisa alle sue spalle la fece sussultare.
Si voltò di scatto, in posizione di difesa.
Possibile che fosse distratta al punto da non sentire nemmeno se qualcuno
le si avvicinava?
Falso allarme. Tirò un sospiro di sollievo.
“Volevi spaventarmi, vero? Bè, direi che ci sei riuscito! Non ti avevo
sentito arrivare, ma che modi sono?”
Rock Lee, in piedi dietro di lei e vestito di tutto punto, assunse
un’espressione di scusa, sorridendole conciliante.
“Scusa! Non volevo, giuro! Per rimediare, farò cinquecento flessioni su una
man…”
“Non fa niente.Dico davvero” ribattè Temari alzando
gli occhi al cielo, divertita suo malgrado.
Per fortuna era riuscita a interromperlo, oppure se lo sarebbe ritrovato
davanti nel cuore della notte intento a svolgere un’altra delle sue stupide penitenze.
Il ragazzo la raggiunse, appoggiandosi alle sbarre di metallo accanto a lei
e guardando un punto fisso davanti a sé, nel cuore del villaggio immerso nella
calma notturna.
“Ti dispiace se resto qui con te per un po’?”
La sua voce era gentile. Cauta. In attesa di una risposta.
Massì. In fondo non c’era niente di male nel dargli un’altra possibilità.
Forse, in questo modo sarebbe riuscita a rimediare al modo brutale in cui
l’aveva aggredito poco prima.
“Fai pure, non ti mangerò mica… questa volta.”
Lee sorrise, e la kunoichi capì: aveva già dimenticato il torto che gli
aveva fatto.
Del resto era proprio nella sua natura, vivere senza serbare rancore per
nessuno.
“D’accordo!” disse il giovane, quindi si fece improvvisamente serio, le
folte sopracciglia corrugate. “Il fatto è… che c’è una cosa che volevo dirti,
Temari.”
Il suo sguardo penetrante, unito alle parole che le aveva appena rivolto, ebbe
lo strano potere di disorientarla, ma la jonin si riprese in pochi istanti,
recuperando il cipiglio sicuro di sempre.
“Allora?” lo incitò con un sospiro d’impazienza, incrociando le braccia sul
petto.
“Devi sapere che… a volte, anch’io penso di non essere in grado di
proteggere le persone a cui tengo di più. E’ normale. Sta per succedere
qualcosa di imprevedibile… non ne sono certo, ma credo che presto scoppierà una
guerra” mormorò il chunin immerso nei suoi pensieri, e lei non disse nulla,
limitandosi a guardargli il volto illuminato fiocamente dalla luna.
“Non sei l’unica a soffrire d’insonnia, Temari” aggiunse Lee come per
giustificare la sua presenza lì al suo fianco. “E’ da un po’ che non riesco a
togliermelo dalla testa, ma… c’è qualcosa che mi tormenta. Verranno tempi
difficili. Sarà dura, ma sono sicuro che li affronteremo nel migliore dei modi.”
Le rivolse un sorriso pieno di speranza, e la kunoichi lo ricambiò, le
labbra distese.
Allora era vero. Anche lui aveva il suo stesso presentimento.
Che sensazione… confortante.
“Lo sai? Ti invidio. Non sono mai stata così ottimista. O forse, ho solo i
piedi per terra… a differenza di qualcun altro che conosco.”
“Anche tu dovresti cercare di essere ottimista! La mia non è una fantasia.
Se ce la metteremo tutta, saremo in grado di affrontare qualsiasi sfida. Basta
volerlo, mettercela tutta… e i nostri sogni si realizzeranno. E’ quello che mi
ha insegnato il mio maestro, e io ho intenzione di crederci fino alla fine!”
Gli occhi di Lee erano simili a fiamme ardenti, il volto animato dalla
decisione, e Temari non potè fare a meno di ammirarlo, incapace di distogliere
lo sguardo.
“Non è così facile.”
“Lo so. Ma tu hai le piene capacità di riuscirci, ne sono convinto. Tu sei
forte, Temari, ma tutti abbiamo qualcuno o qualcosa da proteggere, e io ti
capisco benissimo. Non sei l’unica ad avere delle debolezze... tutti i ninja le hanno, anche quelli che non lo ammetterebbero mai!”
Aveva ragione. Era confortante, per la kunoichi, sapere che Lee provava le sue stesse
sensazioni, e la sua energia era così vitale e contagiosa che Temari si sentì
per la prima volta di buon umore dopo tanto tempo.
Rock Lee aveva fiducia in lei e nelle sue capacità.
La capiva. La pensava esattamente come lei.
Improvvisamente, Temari non si sentiva più così sola in
mezzo all’oceano di paure e insicurezze nascoste nelle profondità del suo io.
C’era anche Rock Lee.
Anche lui, ogni tanto, aveva paura di perdere tutto quello a cui teneva,
aveva delle debolezze e dei timori verso il futuro, ed era anche convinto che
avrebbero superato qualsiasi ostacolo.
Credeva in lei.
“Sai una cosa? Sono contenta che siate passati di qui.”
“Anch’io” rispose Lee dopo alcuni istanti, un lieve sorriso di trionfo che
gli increspava le labbra decise.
Il viso di Temari era disteso, ora… ed era tutto merito suo.
L’alba era ancora lontana.
“Credo che andrò a concedermi un po’ di riposo. Ti dispiace?”
“Certo che no! Dopotutto questa è casa tua, no?”
Temari gli voltò le spalle, ma prima di lasciarlo solo, gli rivolse
un’ultima occhiata.
Rock Lee aveva lo sguardo fisso all’orizzonte, e un vento leggero gli
agitava i lucidi capelli neri, accarezzando leggermente la sua figura allenata
e irrobustita dagli allenamenti.
Non poteva vederlo in volto, ma aveva un aspetto che infondeva una tale
sicurezza e serenità, in quel momento, da farle dimenticare per un attimo tutto
il resto, i suoi problemi e i suoi dubbi di ninja.
Erano, però, anche e soprattutto quelli di una donna legata alla sua
famiglia e ai suoi affetti: li avrebbe protetti a ogni costo… proprio come
avrebbe fatto il giovane che le stava davanti.
I suoi occhi erano rivolti verso un punto indefinito dell’orizzonte, verso
un futuro nebuloso che, Temari ne era certa, non avrebbe esitato ad accogliere
con il suo sorriso perfetto e la sua incredibile, forse eccessiva forza di
volontà.
Per un attimo, la jonin fu tentata di chiedergli cosa gli stesse passando
per la mente, ma si trattenne.
Scosse la testa, decisa a utilizzare le ultime ore che rimanevano prima che
sorgesse il sole per avere un po’ del riposo che negli ultimi tempi le era
tanto mancato.
Quella notte Temari dormì profondamente per la prima volta dopo settimane.
Coming
soon:
Temari era Temari.
Diversa da qualsiasi altra kunoichi con cui Lee avesse mai avuto a che
fare.
E la cosa gli piaceva. Gli piaceva parecchio.
**
Ciao a tutti! Eccomi qui con il quarto capitolo della fic (che, tra parentesi,
non mi sembra un granchè, ho l’impressione di essere andata OOC O__o), che
cerca di esplorare i sentimenti di Temari e i timori di entrambi verso una
guerra imminente che forse, nel manga scoppierà davvero, prima o poi.
Per il momento siamo in un periodo di tempo subito successivo alla morte di
Asuma, anche se la fic andrà ben oltre lo Shippuden, ed è per questo che ho
messo “What if?” tra gli avvertimenti, perché Kishimoto è così imprevedibile
che questa storia può già considerarsi una versione alternativa di quello che a
breve succederà nel manga O__o
Ringrazio tutti quelli che hanno letto, aggiunto la storia ai preferiti o
alle seguite, e in particolare Lady of
Evil Nanto86 per il commento (grazie davvero per i complimenti! anch’io la
penso come te riguardo a Sakura. Un tempo speravo che Lee sarebbe riuscito a
conquistarla, ma sinceramente credo che il suo destino sia troppo “legato” a
quello di Sasuke e Naruto perché lei possa dargli una possibilità, infatti
penso proprio che si accorgerebbe di Lee solo se i suoi due compagni di squadra
dovessero morire, e non è neanche detto… e poi Lee merita qualcuno che lo
apprezzi davvero e lo tenga un po’ a freno in certi momenti, per questo penso
che starebbe bene con Tenten o tutt’al più proprio con Temari, sempre che lei
non si metta con Shikamaru, e Tenten con Neji. Bè, spero che anche questo
capitolo ti sia piaciuto!).
Si chiedeva come mai alla maggioranza delle ragazze facesse piacere riceverli,
magari da qualche ammiratore: lei non li sopportava.
Aveva un carattere forte, era diversa dalle altre kunoichi.
Non perdeva tempo con trucchi e vestiti, né cercava di dedicare al suo
corpo più cure di quanto fosse necessario.
Forse era per questo che i fiori, così leggeri e superficiali, non le si
adattavano.
Forse era per questo che Shikamaru ronzava sempre intorno alla sua compagna
di squadra nonostante le avesse detto più volte che “Ino non le interessava in
quel senso”.
Forse, era lei ad essere
sbagliata?
No. Meglio essere così com’era, piuttosto che pavoneggiarsi in giro come la Yamanaka, senza mai un
capello fuori posto o un trucco inappropriato.
Lei era se stessa. E tanto le bastava.
Temari era fiera di essere diversa.
Fiera di non somigliare a quei fiori tanto inutili, tanto superficiali, che
sembrava notare sempre più spesso, negli ultimi tempi.
Soprattutto quando si trovava in missione, che fosse a Konoha o meno.
Colpa della stagione, si disse la jonin prima di tornare alle sue faccende,
percorrendo a grandi passi il corridoio del palazzo del kazekage.
“Si tratterranno qui un paio di giorni.”
“Di passaggio come sempre, eh, Gaara?”
“Sì, immagino. Non sono ancora a conoscenza di tutti i dettagli.”
Quando suo fratello l’aveva informata dell’imminente arrivo della squadra
Gai, il corpo di Temari era stato percorso da un fremito che l’aveva investita
di un’improvvisa sensazione di irrequietezza.
Si trattava forse di impazienza? Sì, proprio così.
Era impaziente di rivedere Rock Lee…
l’ultima volta che si erano visti, lui, con il suo sorriso e le sue parole
incoraggianti e spassionate, era stato come un sorso d’acqua fresca dopo una
tempesta di sabbia, per la jonin dai capelli color grano che in quel momento si
ritrovava a sorridere suo malgrado al kazekage come una perfetta stupida… o
peggio, come una ragazzina alla prima cotta.
Rock Lee. Quel giovane chunin della Foglia le piaceva, nonostante le premesse non fossero state delle
migliori.
Le piaceva eccome, il pensiero di
poterlo rivedere dopo due mesi dal loro ultimo incontro.
Temari lo respinse immediatamente, costringendosi a tornare in sé, la mente
ancora confusa.
Che diavolo… ?
“Tutto bene, sorella?” s’informò educatamente Gaara, un lampo di preoccupazione
nello sguardo azzurro, e lei si affrettò ad annuire con decisione.
“Certamente. Stavo solo pensando. Immagino che qualcuno dovrà dare loro il
benvenuto, domani mattina. Magari, potrei farlo io.”
Stava facendo tutto da sola.
Temari non gliela raccontava giusta, ma in fondo non c’era alcun motivo di
negarle il piacere di accogliere i loro alleati.
Il kazekage emise un sospiro, le labbra piegate in un sorriso leggero.
“D’accordo. Se è questo che desideri, occupatene tu, Temari.”
“Perfetto!”
Desiderava davvero scortare Rock
Lee e la sua squadra a palazzo?
Non sarebbe stato forse meglio cercare di evitare la sua vista che tanto la confondeva?
La jonin si rispose da sola.
Non aveva alcuna intenzione di nascondersi come una ragazzina immatura e
ingenua davanti a un semplice chunin di Konoha, un alleato.
Perché era questo che lui era,
vero?
Più lo osservava, più Temari cercava dentro di sé una risposta. Una
risposta che sembrava non volere arrivare, per quanto lei si stesse sforzando
di trovarla.
Seduto accanto a lei, Rock Lee stava allegramente chiacchierando con Gaara
del più e del meno, e il kazekage lo ascoltava con attenzione, rispondendo a
tono a seconda degli argomenti.
Anche Gai si univa di tanto in tanto alla conversazione, mentre Neji Hyuga
e Tenten si limitavano ad ascoltare distrattamente, intenti a scambiarsi
qualche parola mentre consumavano insieme il pasto serale.
Persino Kankuro si era fatto vivo, riemergendo dal suo laboratorio di
marionette per la prima volta dopo giorni.
“Ancora qualche ritocco e saranno come nuove!” stava dicendo alla sorella
servendosi abbondantemente del cibo che aveva davanti, non disdegnando di
offrirne anche a Tenten, che accettò cordiale, e a Neji, che rifiutò
educatamente con un elegante gesto del capo.
“Non ne dubito, sei sempre al lavoro! Prima o poi, salterà fuori qualche
risultato.”
“La giovinezza ha bisogno di nutrirsi, e questo banchetto è l’ideale!”
“Non esagerare, mio caro Lee!”
“Non abbia paura, maestro Gai! So bene che un ninja deve avere dei limiti!”
“Strano. Non credevo fosse il tuo caso.”
“E perché, Temari?”
“Non mi sembra che la parola limite
ti si adatti, o mi sbaglio?”
Le parole della jonin furono accolte dalle risate generali, più o meno
soffocate, e la bestia verde di Konoha arrossì violentemente sotto lo sguardo
divertito di Temari e del resto dei commensali.
“Mi dispiace, ma per ora va bene così! Il cibo era ottimo, grazie
infinite!”
Allontanò il piatto che aveva davanti con un gesto casuale, ansioso di apparire
al meglio agli occhi di Gaara che non si perdeva una mossa di quello che stava
facendo, osservandolo con curiosità e attenzione.
Non voleva nemmeno fare una pessima figura con Temari. Non era il caso,
visto che era la prima volta che si vedevano dopo settimane.
La cena proseguì normalmente, ma di tanto in tanto Rock Lee le lanciava
un’occhiata di sottecchi, come per controllare l’espressione che assumeva il
suo viso quando i loro occhi si incrociavano per caso, tra una risata e
l’altra.
Temari si stava portando alle labbra un calice ricolmo di acqua fresca,
appoggiandole al bordo con assoluta naturalezza, priva di qualunque malizia.
Non si dava affatto delle arie come faceva la maggioranza delle ragazze,
anzi, sembrava se stessa in ogni occasione.
Non gli sembrava il tipo che se ne andava in giro ostentando qualità che
non possedeva, o vantandosi inutilmente…
Non era femminile come Sakura, timida come la cugina di Neji o appariscente
come la Yamanaka…
né paziente come Tenten.
Temari era Temari. Diversa da
qualsiasi altra kunoichi con cui Lee avesse mai avuto a che fare. E la cosa gli
piaceva. Gli piaceva parecchio.
La jonin lo guardò di sbieco, trafiggendolo con i suoi occhi verdemare, e
il ragazzo trasalì.
“Allora, che ne pensi, Rock Lee?” stava dicendo Gai gioviale, mentre gli
altri terminavano il loro pasto chiacchierando tra loro. Tutti, meno Gaara.
Quest’ultimo lo guardava come se si attendesse una sua risposta.
Per quanto tempo era rimasto a
fissarla?
“Sono d’accordo con lei, maestro!” esclamò recuperando in fretta un po’ di
contegno.
Gli parve che accanto a lui, Temari stesse soffocando un sorriso
divertito.
“Ne sei sicuro, figliolo?”
“Sicurissimo, maestro Gai!”
Non aveva la più pallida idea di cosa stesse parlando, ma Lee annuì con vigore,
ignorando l’occhiata perplessa di Neji e quella rivolta verso il soffitto di
Tenten.
“C’era da aspettarselo” commentò quest’ultima, sconsolata.
Dall’altra parte del tavolo, Kankuro sembrava sogghignare.
Tutti gli occhi erano puntati su Rock Lee, ora.
“A quanto pare hai fatto colpo, sorellina!”
“Zitto, Kankuro! Non mi sembra il caso di scherzare.”
Che situazione imbarazzante! E tutto per colpa di…
“Molto bene, figliolo! Mi raccomando, non cercare di intrufolarti nella sua stanza per nessun motivo! So bene come
funzionano queste cose, soprattutto in un’età giovanile come la tua!”
“Ma io…”
“Tu provaci, e ti spedisco
all’inferno.”
La voce di Temari era tagliente e minacciosa, ma Lee sapeva che era tutta
una finzione. Era come se godesse nel vederlo cadere nella trappola che aveva
intessuto senza volerlo apposta perché un ingenuo
– non era altro che questo - come lui vi cadesse.
“D’accordo! Farò… del mio meglio!” disse dopo aver deglutito, e Gai parve
soddisfatto.
“Sapevo che non ti saresti tirato indietro! Dopotutto, anche sorvegliare le
stanze del kazekage e dei suoi fratelli per tutta la notte è un allenamento!”
Che cosa?
Rock Lee cercò di dissimulare al meglio il suo stupore, tradito in parte
dagli occhi irrimediabilmente sbarrati.
“Certo! Sarà un piacere, per me!”
“Ero sicuro che avresti accettato, Rock Lee. In questo momento non ci sono
altri ninja disponibili per via delle numerose missioni che dobbiamo portare a
termine di questi tempi, ma credo che saprai svolgere il tuo compito alla
perfezione… anche se la vostra missione non lo richiedeva.”
Ora era tutto chiaro. Certo che, se non si fosse fatto distrarre da Temari…
“Farò del mio meglio, Gaara!”
Accanto a lui, la sorella del kazekage sorrideva appena, una strana luce di
trionfo negli occhi. Era perfettamente consapevole
dell’effetto che gli faceva. Rock Lee ne era certo.
“Hai fatto la figura dello stupido, prima. Te ne rendi conto, almeno?”
In piedi nel corridoio davanti alla porta della sua stanza, Temari lo
stuzzicò con un sorriso che le increspava appena le labbra, le braccia
incrociate sul petto formoso.
“Certo!” le rispose Lee allegro, dissimulando l’inquietudine che lo
avvolgeva ogni secondo che passava.
L’idea di sorvegliarla per una notte lo faceva sentire strano.
“Però non dimenticare che è stata tutta colpa di una persona di mia
conoscenza… sai com’è, non è corretto lanciare un sasso e nascondere la mano,
Temari.”
La jonin strabuzzò gli occhi, e per un attimo il silenzio piombò sulle loro
teste.
Era da tempo che non si divertiva così. Le succedeva soltanto in presenza
di quel ninja vestito di verde e dalle folte sopracciglia che in quel momento
la fissava in preda a un malcelato imbarazzo.
“Guarda che non è come pensi.”
“Lo stesso vale per te. Ora scusami, ma credo che andrò a dormire. Non ti
dispiace, vero?”
“Ma no, figurati! Puoi riposare in tutta tranquillità, finchè c’è qui
l’affascinante bestia verde di Konoha! Sarà la notte più rilassante della tua
vita, è una promessa!”
“D’accordo, se lo dici tu… buonanotte, Rock Lee.”
“Buonanotte a te, Temari!”
Gli rivolse un’ultima occhiata perplessa, poi si chiuse la porta alle
spalle, senza far girare la chiave
nella serratura. Chissà perché.
Lee rimase a guardare il punto in cui era scomparsa, le orecchie tese al
minimo rumore.
Poteva quasi sentire il frusciare dei vestiti sulla sua pelle, mentre se ne
liberava per fare posto a qualcosa di più leggero e adatto alle ore notturne
nella penombra della sua stanza.
Immaginò che la sua pelle fosse salata e dolce allo stesso tempo, il suo
corpo morbido e docile... immaginò di poterla sfiorare per un solo momento, di sentire i suoi capelli tra le dita…
Senza rendersene conto, Rock Lee si ritrovò a un passo dalla porta che lo
separava dalla donna che aveva il potere di confondergli i sensi più di ogni
altra.
Non era chiusa a chiave. Ebbe improvvisamente
caldo.
Gli mancava il fiato, le labbra improvvisamente asciutte.
Lei era lì, a pochi metri da lui.
“Che mi prende? Devo
svegliarmi! Non è il caso di farsi venire strane idee!”
Lui amava Sakura. Lo attraeva. Da anni.
“Però, Temari…”
Era la sorella di Gaara. E con ogni probabilità, non lo considerava nemmeno
come un possibile partner.
Il suo tipo era più simile a Shikamaru. Non era così?
Però, forse…
Ma cosa stava pensando? Forse, la stanchezza gli aveva dato alla testa.
Rock Lee si mise sull’attenti, con l’intenzione di svolgere il suo compito
nel migliore dei modi. Non era il caso di perdersi in strane fantasie. Non era
più un bambino.
Era un uomo, e sapeva perfettamente che non valeva la pena di pensare a
Temari in un modo così… poco ortodosso.
Cercò di riportare alla mente la dolcezza del sorriso di Sakura, la luce
gentile nei suoi occhi verde smeraldo, i capelli che avrebbe voluto sfiorare
con una carezza più di una volta… ma tutto ciò che ricordava, in quel momento,
era lo sguardo attento e premuroso che la kunoichi rivolgeva da qualche tempo a Naruto.
“Sei uno stupido, Rock Lee” si disse mentalmente, serrando gli occhi
in preda a un’improvvisa irritazione.
Basta.
Ormai si era messo in testa un’idea… e aveva intenzione di fare in modo che
si realizzasse ad ogni costo, anche quello coprirsi di ridicolo.
La mattina seguente, appena sveglia, Temari notò qualcosa sul comodino che
fino alla sera prima non c’era.
Buttò le gambe fuori dal letto, stropicciandosi gli occhi nel tentativo di
mandare via gli ultimi residui del sonno profondo in cui era piombata, al colmo
dell’incredulità.
Che… che cosa significava?
“Questa me la paghi, Rock Lee!” disse tra i denti.
Lei li odiava, i fiori.
Eppure, doveva ammettere che quelli di quel genere non le dispiacevano
affatto.
Se ne convinceva sempre di più, mentre li guardava, le guance roventi.
Era entrato in camera sua. Non c’erano altre spiegazioni.
Che sfrontato... e lei non l’aveva neanche
sentito. Incredibile.
Per quale motivo aveva pensato che le avrebbe fatto piacere ricevere delle
cose simili?
Però, Temari sorrideva. Sorrideva lusingata. Era la prima volta che
qualcuno…
Quel ragazzo era una continua sorpresa.
Non era certo un tipo con cui correva il rischio di annoiarsi.
Più tardi, l’avrebbe sicuramente ringraziato
a dovere.
“Ciao, Temari! Allora, dormito bene?”
Lo raggiunse mentre era intento a rimettersi lo zaino sulle spalle, pronto
alla partenza. Poco lontano, i suoi compagni facevano lo stesso, ma lei sentiva
i loro occhi su di sé.
La fissavano con curiosità, attenti a ogni sua mossa.
Non gliene importava minimamente. Che pensassero pure quello che volevano.
C’era una cosa che voleva fare… e doveva
farla al più presto.
“Spiritoso. Se avessi saputo che eri dentro la mia stanza, avremmo passato
la notte in bianco. Tutti e due. E ti
assicuro che non sarebbe stato per niente piacevole, al contrario delle tue… previsioni” disse a Rock Lee pesando
bene le parole, venate di sarcasmo.
Lui smise di sistemarsi i sandali e scattò in piedi, e guardandola, apparve
intimidito per un attimo.
Forse aveva colto nel segno…
“Non sono stato io. A entrare, intendo. Ho chiesto un favore a… Tenten
questa mattina all’alba, mettiamola così” mormorò con un sorriso luminoso. “Non
potevo entrare liberamente nella stanza di una ragazza! Non è giusto.”
Temari lanciò un’occhiata alla kunoichi dai capelli castani poco lontano e
che ricambiò il gesto con assoluta tranquillità, quindi guardò Rock Lee con
tanto d’occhi.
E lei che gli aveva dato mentalmente del pervertito, qualche ora prima.
“Ah, ora va meglio. Peccato che non mi piacciano, i fiori. Non sono una
ragazza come le altre, sai” rispose con noncuranza.
“Questo è diverso, Temari!” esclamò Lee allegro. “La rosa del deserto è
dura in apparenza, ma… è fatta dei cristalli più delicati. Basta solo
osservarla meglio, per scoprirlo. L’ho vista mentre venivamo qui, e non ho
potuto fare a meno di… notarla.”
Augurandosi di non essere appena arrossita come una ragazzina, la jonin gli
sorrise appena.
“Stai dicendo che mi assomiglia?”
disse sottilmente compiaciuta, e lui ricambiò con entusiasmo.
“Proprio così!”
Un vento caldo li avvolse, scompigliando i capelli di entrambi.
Si fissarono per qualche attimo, poi Temari ruppe bruscamente il silenzio,
voltandogli le spalle.
“Bè, ne hai di strada da fare, bello mio!”
“Cosa vorresti dire? Non ti piace nemmeno un po’?” ribattè lui con una nota
di delusione nella voce appena percepibile.
“No. Non intendevo questo. Anzi… devo
ammettere che non è male. E’ molto meglio dei soliti fiori, quelli tutti uguali
che ho sempre detestato” mormorò assorta, voltandosi a guardare il chunin che,
dietro di lei, sembrava improvvisamente rilassarsi.
Le piaceva… almeno un po’.
Rock Lee, rincuorato, si disse che non era stata poi una cattiva idea
raccogliere quella rosa del deserto per donarla a Temari, l’indomabile regina
del vento.
“E ora sbrigati, non vorrei che il tempo ti… sfuggisse di mano un’altra
volta” disse la jonin allusiva nel tentativo di smorzare l’atmosfera che si era
creata tra loro e che la metteva a disagio.
“Non preoccuparti, non c’è questo rischio!”
Le rivolse un sorriso dei suoi, spontaneo e disarmante.
Le sarebbe mancato. Come sempre.
“Me lo auguro.”
Raggiunsero gli altri, e dopo qualche minuto di chiacchiere la squadra Gai
scomparve nuovamente all’orizzonte, lasciando Temari in balìa di un vento
improvviso.
Proveniva dal deserto, caldo e impetuoso… era il vento del cambiamento.
Coming soon:
Rock Lee si mise in posizione, cercando di restare
lucido. La sua mossa non era stata affatto razionale, ma ormai era troppo tardi
per tirarsi indietro.
Non aveva mai abbandonato una sfida, e non aveva
intenzione di farlo ora.
**
Ciao a tutti! Dovete sapere che questo capitolo è uno dei miei preferiti
*__*
Ho voluto mettere in evidenza cosa pensa Lee di Temari e il fatto che sia
diversa rispetto alle altre kunoichi… il parallelismo tra lei e la rosa del
deserto, poi, mi è venuto all’improvviso e credo sia azzeccato, così come i
battibecchi tra i due (anche se non sono sicura che una come Temari abbia
bisogno di essere sorvegliata, è anche vero che il palazzo del kazekage sarà
sicuramente presidiato da guardie, non si sa mai con i tempi che corrono).
Sto cercando di procedere per gradi nella nascita della loro storia, perché
è vero che Lee è piuttosto “vivace” in queste cose, ma Temari è un po’ sulle
sue, soprattutto dopo la delusione di Shikamaru, e non sarebbe da lei buttarsi
apertamente in una nuova relazione. La “svolta” avverrà comunque nel prossimo
capitolo. Ah, e sia chiaro che non odio affatto Ino, ma descriverla come una ragazza superficiale era necessario per questo capitolo! :)
Ringrazio come al solito tutti quelli che leggono, hanno aggiunto la storia
ai preferiti e alle seguite, e in particolare:
Lady of Evil Nanto86 (sono contenta che trovi tutti IC ^^ in
questo capitolo Kankuro si è visto per la prima volta come si deve, e ho
accennato anche ai rapporti, un po’ migliorati, tra Tenten e Temari. Spero che
anche questo ti sia piaciuto!);
Shessomaru_junior (sapere che non sono andata OOC, almeno
secondo il tuo parere, mi tranquillizza! Sì, anch’io penso che Lee sia tenero,
lo dimostra di capitolo in capitolo… poi, con questo, è andato al massimo, con
il fiore che ha regalato a Temari!);
Kikichan (ma figurati, l’importante è che comunque
i capitoli ti siano piaciuti e che trovi Lee e Temari IC! Comunque la scena in
cui lui la ritrova grazie al vento piace molto anche a me);
beat (uh che bello, un’altra che la pensa come
me riguardo Lee e Gai! *_* felicissima che ti piaccia la fic e il modo in cui
ho reso Lee, in effetti cerco sempre di renderlo il più fedele possibile
all’originale).
Vi ringrazio tantissimo per i vostri commenti e complimenti. Non avete idea
di quanto li apprezzi! Ci leggiamo tra una settimana,
“Ho notato che tu e Rock Lee andate piuttosto d’accordo, sorella.”
Gli occhi di Gaara erano rivolti al sole che stava svanendo lentamente
all’orizzonte, e la sua era una calma constatazione.
“Bè, diciamo di sì. Non c’è male, considerando il modo in cui siamo
partiti!”
A pochi metri dal kazekage, Temari sorrise istintivamente.
Non gli sfuggiva nulla, né come ninja, né come fratello… soprattutto da
quando aveva deciso di comprendere e coltivare i rapporti con le persone che lo
circondavano.
“E’ un ninja valoroso come pochi. Lui e Naruto Uzumaki sono molto simili.
Sono disposti a tutti pur di diventare più forti e difendere quello in cui
credono” continuò Gaara, voltandosi appena a guardarla.
La jonin ricambiò l’occhiata, avvertendo un calore percepibile da qualche
parte nel petto che si stava diffondendo nel resto del corpo come un’onda lenta
e piacevole.
“Sì, me ne sono accorta” mormorò pensando a Lee.
Ogni volta che pensava a quello che aveva fatto per Gaara insieme a Naruto,
a quello che aveva fatto per lei,
Temari si sentiva invadere da una profonda gratitudine.
“Sono stati loro a salvarmi dall’oscurità, sono riconoscente a entrambi”
stava dicendo il kazekage in tono calmo ma sereno. “Dal momento che presto ti
troverai a Konoha, ti chiedo di mandargli i miei saluti, Temari.”
“D’accordo, Gaara. Con molto piacere.”
Le passò accanto senza sfiorarla. Sapeva dov’era diretto.
Come kazekage di Suna, suo fratello aveva poco tempo da dedicare a se
stesso e ai suoi affetti lontano dal suo ufficio. Per oggi poteva bastare.
Il sole era tramontato all’orizzonte. Era ora di rimettersi al lavoro,
anche se in effetti, un po’ di riposo sarebbe stato l’ideale, in vista del
viaggio che l’aspettava l’indomani.
Temari si tolse alcuni granelli di sabbia dagli abiti e scortò Gaara a
palazzo, ringraziandolo mentalmente per avergli dato un’altra occasione per
rivedere la Foglia
e i suoi abitanti.
Le strade di Konoha erano animate come le ricordava.
Niente sembrava cambiato dall’ultima volta che ci aveva messo piede a causa
degli esami di selezione dei chunin, e i volti dei suoi abitanti erano sempre
più familiari.
Quando Temari varcò la soglia dell’ufficio dell’hokage, la donna la salutò
cordialmente, il volto solcato da linee di profonda preoccupazione.
“Ti stavo aspettando, Temari! Veloce e puntuale come al solito.”
Conosceva bene il motivo di quell’aria afflitta malamente celata dietro la
calma apparente di Tsunade.
Erano tempi duri per Konoha, ma Suna sarebbe stata pronta a intervenire in
qualsiasi momento per soccorrerla: era per questo motivo che si trovava lì in
quel momento.
Il rotolo che le aveva affidato Gaara era ben legato alla vita, e di lì a
poco Temari lo avrebbe consegnato all’hokage confermando così la loro alleanza.
Era quanto richiedeva il suo compito di rappresentante di Suna.
“Se non intendi ripartire subito, di là c’è una stanza che ho fatto
preparare apposta per te” le disse distrattamente la donna, gli occhi ambrati
fissi su un cumulo di pratiche da sbrigare.
Era evidente che non poteva dedicarle molto tempo. Comunque, il suo lavoro
lì era finito.
“La ringrazio, quinta hokage, ma credo che mi farò un giro. E’ da tanto che
non vedo Shikamaru e gli altri. E poi credo che mi cercherò un albergo, non
intendo approfittare ulteriormente della sua ospitalità.”
A dire il vero, questa poteva anche essere l’ultima volta che aveva l’occasione di vedere il villaggio della
Foglia in tutto il suo splendore…
Ricacciando indietro quel brutto presentimento, Temari rivolse un cenno di
saluto a Tsunade, che ricambiò educatamente, e si diresse verso l’uscita.
Ormai conosceva bene quei corridoi, quell’ambiente in cui si era ritrovata
tante volte insieme a Shikamaru… si chiese come se la stesse passando.
Era da un po’ che non si vedevano, ma Temari sapeva che da quando il suo
maestro era morto, lui era molto più impegnato di prima.
Forse questa volta non ci sarebbe stato modo di scambiare quattro
chiacchiere come due vecchi amici, ma non importava.C’era qualcun altro che voleva rivedere.
Rock Lee smise di allenarsi, incapace di credere ai suoi occhi.
La ragazza che gli era improvvisamente apparsa davanti era Temari, su
questo non c’erano dubbi. Ed era stata veloce come il vento che l’aveva
preceduta.
“Ciao, Lee! Gaara ti manda i suoi saluti.”
“Ringrazialo da parte mia. Sei arrivata proprio al momento giusto, ho
appena smesso di allenarmi! Come vanno le cose a Suna?”
“Non c’è male. E’ da un po’ che non ci si vede! Sei impegnato?” gli chiese
la kunoichi con un sorriso, e Lee si sentì in imbarazzo.
Era una fortuna che Neji e Tenten avessero già smesso di allenarsi prima
della missione che li attendeva l’indomani e che se ne fossero andati da un
pezzo.
“Niente affatto, Temari! Sono… libero, per il momento.”
Si rese conto del doppio senso nascosto tra le sue parole solo non appena
ebbe finito di pronunciarle, e si diede mentalmente dello stupido.
Non era il caso di fare figuracce davanti alla donna che gli si stava
avvicinando lentamente, come il predatore che si prepara ad attaccare la preda.
“Bene… perché ho poco tempo, e ho intenzione di sfruttarlo al meglio”
mormorò Temari, ed era così vicina che Lee si sentì confuso, il profumo esotico
della sorella del kazekage che gli annebbiava i sensi.
Non ricordava che fosse così piacevole.
“Che cosa proponi?”
“Bè… che ne dici di sfidarci? Sai, è da un po’ che ci penso, e sono proprio
curioso di vedere chi avrebbe la meglio, in uno scontro a due” le chiese, gli
occhi fissi in quelli di Temari che lo studiava attentamente, e il suo sguardo
era così penetrante che il ninja di Konoha non riusciva a pensare in modo
coerente.
Temari del deserto.
Gli era mancata, quando aveva fatto ritorno al villaggio e si era immerso
in una routine fatta di missioni in cui non c’era posto per una creatura
inafferrabile come lei.
Gli era mancata, con la sua serietà, il suo sguardo fiero e le sue movenze
eleganti.
Gli era mancata, e con lei i suoi gesti, i suoi sorrisi, il modo in cui
parlava così maturo e diverso rispetto a quello di qualsiasi altra ragazza con
cui avesse mai avuto a che fare nei suoi diciassette anni di vita…
Ne aveva avuto ancora una volta la conferma ora che Temari gli stava davanti, fissandolo sorniona prima di
dargli una risposta.
“D’accordo! Anch’io voglio combattere contro di te!” esclamò alla fine con
decisione, e in cuor suo Lee fu felice che la jonin avesse fatto due passi
indietro.
“Per me sarà come un allenamento, ma vorrei aggiungere anche una
condizione!” esclamò sollevando l’indice della mano destra, fasciata come
sempre dalle bende.
Temari lo guardò perplessa.
“Che genere di condizione? Avanti, non essere timido” lo provocò in tono
confidenziale, senza tuttavia riuscire a nascondergli una certa curiosità.
“E’ semplice!” dopo aver deglutito, Rock Lee sorrise con semplicità, una
luce determinata negli occhi rotondi. “Dobbiamo sfidarci al livello che
consideriamo più opportuno. Dopotutto noi siamo alleati, non nemici, quindi
non c’è motivo di esagerare. Uno di noi però, dovrà uscirne vincitore.”
“Fin qui è tutto chiaro. D’accordo.”
“Se riuscirai a sconfiggermi, dichiarerò il mio fallimento e farò trecento
giri qui nei dintorni su una gamba sola!”
Ancora con quelle assurde penitenze?
“E sia! Se ci tieni tanto… fai pure.”
Temari sorrise divertita. Il tempo passava, ma quel ragazzo era sempre
uguale… non riusciva a stare fermo, a non
esagerare.
Aveva fatto bene a pensare di trascorrere con lui le ultime ore di tempo
che aveva a disposizione prima di tornare a Suna: un po’ di risate era proprio
quello che ci voleva, prima di rimettersi in marcia.
“Se invece sarò io a batterti, Temari…”
Una folata di vento improvviso sollevò alcune foglie dal terreno. Poi tutto
tacque, le parole di Rock Lee perfettamente udibili nel silenzio.
“…dovrai permettermi di baciarti.”
Temari impallidì. Forse stava
scherzando…
No, era del tutto serio. Conosceva ormai fin troppo bene la luce di
determinazione negli occhi rotondi del ninja della Foglia.
“Non credevo fossi così sfacciato!” esclamò la jonin, nascondendo il suo
repentino turbamento dietro un sorriso di sfida. “E va bene, ma dovrai
sudartelo, quel bacio, bello mio!”
“Preparati, Temari, perché sarà finita prima di quanto immagini!”
Rock Lee si mise in posizione, cercando di restare lucido.
D’accordo, la vicinanza di quella ragazza gli aveva fatto venire voglia di
baciarla, ma si stava coprendo di ridicolo.
La sua mossa non era stata affatto razionale, ma ormai era troppo tardi per
tirarsi indietro.
Non aveva mai abbandonato una sfida, e non aveva intenzione di farlo ora.
“Fatti sotto!” gridò Temari togliendosi rapidamente il ventaglio dalle
spalle mentre Lee correva verso di lei, pronto a tempestarla di colpi.
Lo investì di una raffica di vento che il chunin evitò prontamente: con un
paio di fulminei salti all’indietro, Rock Lee si ritrovò sul ramo di un albero
in modo da dominare meglio la situazione.
Sapeva che Temari non era molto abile negli attacchi ravvicinati. L’unico
problema era riuscire a raggiungerla prima che passasse alla prossima mossa.
“Coraggio, ti sto aspettando! O hai forse paura del vento?” lo provocò la jonin, aprendo del tutto il suo
ventaglio nell’intento di aumentare la sua potenza.
“Niente affatto!”
In un attimo, la bestia verde di Konoha si lanciò su di lei, girandole
vorticosamente intorno.
Era quasi invisibile a occhio nudo, e la sua velocità era aumentata molto
da quando Temari lo aveva visto combattere per la prima volta.
Ma non doveva lasciarsi spaventare da lui.
“Non credere di sfuggirmi!”
Spalancò il ventaglio, decisa a impedirgli di sconfiggerla, e una raffica
simile a delle lame taglienti lo investì in pieno, ma con suo grande stupore
Rock Lee la raggiunse, comparendole davanti con un mezzo sorriso di sfida,
sferrandole una serie di pugni che Temari parò prontamente con il ventaglio. Non
l’aveva neanche scalfito. Era riuscito a dominare
il vento con incredibile agilità e naturalezza.
“Nessuno era mai riuscito a…”
Prima che potesse concludere la frase, Rock Lee la disarmò con un calcio
senza tuttavia sfiorarla, privandola della sua unica arma, e si preparò a
completare la tecnica che aveva iniziato pochi istanti prima.
Era in trappola! Doveva fare qualcosa, e subito!
“C’è sempre una prima volta, Temari!”
La jonin utilizzò la tecnica della Sostituzione appena in tempo, recuperò
il suo ventaglio, ma era troppo tardi: Rock Lee stava per sferrarle un pugno, e
non c’era modo di aprirlo.
Lo evitò per un pelo, così come quelli successivi.
Combattevano guardandosi negli occhi, scambiandosi di tanto in tanto
qualche sorriso, l’ebrezza della sfida che li avvolgeva entrambi simile a una
danza che conoscevano alla perfezione, contrapponendo difesa e attacco in
perfetta sincronia.
Veloci come il vento, Rock Lee e Temari si stavano inseguendo per la
foresta da ormai un quarto d’ora, eliminando gli ostacoli che si frapponevano
tra loro, e nessuno dei due sembrava intenzionato a porre fine al
combattimento. Ad un tratto, la kunoichi del deserto colse un’occasione di
vittoria.
“Forse, se resto nascosta e guido il
vento nella direzione opposta, potrò trarlo in inganno e colpirlo alle spalle.”
“Non potrai sfuggirmi per sempre!” stava dicendo Lee a pochi metri più in
basso.
In silenzio, Temari aprì il ventaglio in tutta la sua interezza, e il vento
scosse gli alberi nelle vicinanze, privandoli di numerosi rami.
Rock Lee evitò quegli ostacoli improvvisi respingendoli tutti con le mani,
quindi la raggiunse con un salto, atterrando esattamente alle sue spalle.
Era ancora in tempo per fuggire… si spostò di albero in albero, con Lee che
imitava ogni suo movimento.
Le apparve davanti all’improvviso, più veloce del vento, e Temari si fermò
immediatamente, sconfitta.
“Come hai fatto a trovarmi?” gli chiese con disappunto. Notò che aveva
l’aria di uno che si era appena divertito molto.
“Credevi che un simile trucchetto avrebbe funzionato? Sono o non sono
l’incredibile, affascinante bestia verde di Konoha?”
Rock Lee le sorrise. Non era stato affatto difficile prevedere le sue
mosse. Temari aveva sperato di distrarlo per poterlo cogliere di sorpresa, ma
non c’era riuscita.
Aveva capito subito dove si era nascosta. L’aveva trovata contando
unicamente sul suo intuito, ma era stato anche il suo inconfondibile profumo a
guidarlo.
“Hai ragione. Che stupida! Comunque sia ormai è andata, ma ti avverto: la
prossima volta avrò la meglio. Sappi che non ho dato il massimo apposta per non
farti del male!” ribattè la jonin con finta aria di superiorità mentre si
rimetteva il ventaglio sulle spalle, ricambiando il suo sorriso.
“Neanch’io ho combattuto seriamente” ammise Rock Lee, la soddisfazione di
avere vinto la sfida che traspariva comunque dalla sua voce. “Non credo che
sarei riuscito a colpirti davvero,
Temari. Dopotutto, noi non siamo affatto nemici, e poi non è da me prendermela
con una ragazza!”
“Ma che cavaliere. Gentile, da
parte tua. Guarda che io e te siamo allo stesso livello, comunque lo apprezzo
molto.”
“Hai ragione! Noi due siamo alla pari, Temari. Io e il vento siamo una cosa
sola. Riesco a dominarlo perfettamente, proprio come te.”
Ricacciando indietro un’immagine improvvisa di sua madre, sbiadita dal
tempo e dai ricordi, la jonin cercò di concentrarsi sul volto del ragazzo che
le stava di fronte.
“Quindi, ho deciso. Lo scontro si conclude in parità. Niente bacio. E
niente penitenza, contenta?” stava dicendo allegramente, e guardandolo Temari
pensò che non era affatto male.
Neanche fisicamente. Anzi, era messo piuttosto bene.
Non era la prima volta che lo pensava, ma più gli stava vicino più si
sentiva attratta da Rock Lee, senza che potesse fare qualcosa per impedirlo.
Lei non voleva che accadesse. Non
voleva innamorarsi di lui. Ma forse era già troppo tardi.
“E chi ti ha detto che non voglio
baciarti? Stai facendo tutto da solo, stupido.”
Temari fece tre passi avanti, il volto pericolosamente vicino a quello
improvvisamente pallido di Rock Lee.
I loro occhi si incontrarono per alcuni secondi, la tensione perfettamente
palpabile. Poi, senza indugiare oltre, la jonin fece scontrare le loro labbra.
Dopo un attimo di smarrimento, Lee chiuse gli occhi e la attirò a sé,
seguendo l’istinto e concentrandosi sulle molteplici sensazioni che lo
attraversavano come un vento indomabile e burrascoso, mentre Temari ricambiava
la sua stretta e approfondiva il bacio lasciandosi finalmente andare.
Non si era resa conto di quanto lo avesse desiderato, fino a quel momento.
Non fu affatto dolce come Temari si sarebbe aspettata da un tipo gentile
come Lee, ma impetuoso, forse perché lui aveva sperato a lungo che accadesse: stava finalmente dando sfogo alla voglia di
sentirla il più vicino possibile a sé e che, lei lo sapeva bene, era la stessa
che le si agitava dentro da tempo.
“Mi sento un po’ strano” disse Lee ad un certo punto nel silenzio.
“E’ normale. Suppongo che non l’avessi mai fatto, prima d’ora.”
“Già, è proprio così.”
“Bè… non è stato niente male” ammise la jonin, seduta accanto a lui con le
gambe accavallate sospese nel vuoto e le braccia distese ai lati del corpo
mentre si teneva saldamente al ramo.
D’accordo, Lee non aveva chissà quale esperienza con le ragazze, ma quel
bacio, così passionale e diverso a quelli a cui era abituata, le era piaciuto…
e parecchio.
“Mi fa piacere!” esclamò il chunin allegro, voltandosi a guardarla. “Ti
confesso che avevo sempre pensato che sarebbe stato con Sakura, ma… mi va bene
così.”
Sakura. La ragazza che amava. E che forse, amava ancora.
“Capisco. Credo sia ora di andare” disse Temari in tono neutro.
Si lanciò verso il basso seguita dal chunin della Foglia, e in breve si
ritrovarono entrambi con i piedi per terra, l’uno davanti all’altra.
“Spero di rivederti presto, Rock Lee” gli disse sorridendo appena, ed era
sincera.
“Anch’io, Temari.”
Fece per andarsene, ma lui la trattenne, sfiorandole delicatamente il polso
e facendola trasalire, un brivido che le risaliva lungo il braccio a quel contatto
improvviso ma piacevole.
“Cosa c’è?”
“Posso dartene un altro? In fondo non sappiamo quando ci ricapiterà” le
disse cautamente, con una luce speranzosa negli occhi.
Temari emise un sospiro di rassegnazione, ma in fondo quell’atteggiamento
così impacciato di Lee la divertiva.
“Come faccio a non accontentarti, se mi guardi in quel modo?”
Si baciarono di nuovo, questa volta senza alcuna fretta, circondati solo
dagli alberi e dal fruscìo del vento tra le foglie, lasciandosi andare alle
emozioni che li attraversavano confusamente.
“Credo… che rimarrò qui ancora per un po’. In fondo, l’alba è ancora
lontana. C’è ancora tempo” sussurrò la jonin non appena si separarono per
riprendere fiato, turbata da quello che aveva provato nel baciare il ninja di
Konoha, e quest’ultimo le sorrise trionfante, abbracciandola d’impulso.
“Ehi, vacci piano!”
Cercò di divincolarsi, eppure non riusciva a trattenersi dal sorridere,
contagiata dal chunin.
“Speravo proprio di farti cambiare idea!”
Chissà se ci avrebbe mai fatto l’abitudine, all’irruente euforia di Rock
Lee… ma in fondo era anche per questo che quel ninja così diverso da quelli
con cui avesse avuto a che fare fino ad allora, le piaceva.
Coming soon:
“Non ho bisogno di una scorta! So badare benissimo
a me stessa, cosa credi? Puoi tornartene a Konoha, per quanto mi riguarda.”
“Mi dispiace Temari, ma credo che dovrai
sopportarmi fino a quando non metterai piede a Suna sana e salva!”
Prima che la jonin potesse ribattere, una dozzina
di ombre minacciose apparve alle loro spalle, circondandoli velocemente.
**
Ciao a tutti!
Con questo capitolo ho pubblicato esattamente metà fanfiction (non pensavo
ci sarei riuscita… sono fiera di me! *_*).
Finalmente i due si sono baciati… e le cose cambieranno, eccome se
cambieranno XD
Ringrazio come al solito tutti quelli che leggono, che hanno messo la fic
tra i preferiti e le seguite, e in particolare Shessomaru_junior (concordo, pur di regalarle un fiore è ricorso a
un aiuto esterno, ma devo dire che ne è valsa la pena!), Kikichan (infatti la precisione l’ho fatta proprio perché non sono
come certa gente che attacca i personaggi senza motivo… nello scorso capitolo
Ino era vista dalla prospettiva di Temari, per questo l’ho un po’ insultata, ma
per quanto mi riguarda non ce l’ho con nessuno, eh! XD spero che ti sia
piaciuto anche questo capitolo!), Neko88
(grazie mille per i complimenti! lo so, è un po’ strana come coppia. Non per
niente sono una fan dei crack-pairing, ma mi fa comunque piacere che nonostante
all’inizio non ti convincesse trovi la fic abbastanza interessante da aver
deciso di seguirla! Poi sentirti dire che Temari è IC mi fa tirare un sospiro
di sollievo!) e beat (sei troppo
gentile, i tuoi complimenti mi fanno sorridere ^^ spero che anche questo
capitolo ti sia piaciuto!) per i commenti.
“Avanti, Lee” disse Gai dando una gomitata al suo allievo prediletto con
una nota di complice malizia nella voce. “A me puoi dirlo. Sono o non sono il
tuo adorato maestro, il tuo compagno di mille sventure, il tuo amico fidato
disposto a tutto per vedere realizzarsi il tuo sogno, il tuo…”
“A cosa si riferisce?” replicò Lee
serafico.
Allungò all’improvviso una mano verso la bottiglia di sakè che giaceva sul
tavolo sotto gli occhi di entrambi, ma l’uomo fu più veloce e l’afferrò
prontamente, evitando che una terribile sciagura si abbattesse di lì a poco
sull’ignaro locale gremito di clienti. Conosceva quel ragazzo quasi alla perfezione.
E se c’era una cosa dalla quale era meglio tenerlo lontano per il “bene
comune”, era l’alcol.
O la loro serata tra amici si sarebbe trasformata presto in
un’indescrivibile baraonda, e nessuno avrebbe potuto evitarlo, tanto più che
Gai era solo con lui, l’inconsapevole
genio della Tecnica dell’Ubriaco di Konoha: per
quanto fosse noto lui stesso come la
Furia della Foglia, non ce l’avrebbe fatta a trattenerlo
contando unicamente sulle sue forze.
“Questa lo prendo io!”
Dopo aver messo la bottiglia lontano dalla portata del genio, Gai tornò a
guardare Lee negli occhi con un sorriso fin troppo disteso.
“Sei ancora minorenne, mio caro ragazzo, non dimenticarlo!” disse a mò di scusa.
“D’accordo, ma mi dica cosa voleva chiedermi! Sono pronto a tutto!”
“C’è qualcuno che ti piace, vero?”
A quella innocente richiesta - che suonava decisamente come una constatazione, Rock Lee non si era
strozzato con il cibo che aveva portato alla bocca per un pelo.
“Maestro Gai!” protestò dopo aver deglutito, gli occhi lucidi e colmi di
finto rimprovero fissi in quelli del jonin.
“E’ inutile fingere con me” rise bonariamente quest’ultimo. “So bene come
funzionano le cose tra i giovani, e non c’è niente di cui vergognarsi!
Dopotutto sono giovane anch’io. Allora, di chi si tratta? Chi è la donzella
che fa battere forte il cuore del mio adorato figliolo, eh?”
“Bè, a dire il vero… non lo so nemmeno io” ammise Lee, la mente invasa dai
volti di Sakura e di una jonin dai capelli color
grano. “Però, sì… lei mi piace
molto.”
Sorrise senza rendersene conto, e Gai lo guardò con attenzione.
“Sakura, dico bene?” azzardò dopo aver bevuto un altro sorso di sakè, e il
ragazzo parve riflettere per un attimo.
“Veramente, ecco… si tratta di Temari. La sorella
di Gaara” ammise alla fine. L’altro spalancò gli
occhi.
“Questa poi! La biondina del deserto! Devo dire che hai proprio degli
ottimi gusti, Rock Lee… non che non lo sapessi già, è ovvio, ma adesso ne ho
avuto la conferma. Allora posso ritenermi soddisfatto!” esclamò con entusiasmo
dandogli una pacca sulla schiena. “E dimmi, come vanno le cose tra voi due?”
Lee sollevò un sopracciglio, osservando criticamente il bicchiere mezzo
vuoto davanti al jonin. Se era in vena di affrontare
certi argomenti con lui c’era una sola spiegazione.
“Maestro, non starà bevendo un po’ troppo?”
“Sono adulto e vaccinato, anche se estremamente giovanile! Un bicchierino
di sakè non mi metterà mai al tappeto!”
Gai rise di nuovo, poi tornò serio, scrutandolo in modo confidenziale, e
Lee decise di rilassarsi.
Dopotutto, era da anni che tra loro c’era un rapporto simile a quello tra
due semplici amici piuttosto che un comune legame tra allievo e maestro.
Scambiarsi qualche pareree
consiglio di vita era più che lecito.
“Su, non essere timido, sai che a me puoi dire di tutto” lo incalzò Gai.
“Non farti problemi, ragazzo! Allora? Hai davvero deciso di donare il tuo cuore
alla sorella del tuo amico?”
Gli occhi di Lee si immersero per alcuni attimi nel fondo del bicchiere che
stringeva con entrambe le mani, annebbiati dai ricordi dell’ultima volta in cui
lui e Temari si erano visti e da immagini di una
kunoichi dai capelli rosa e dagli occhi incredibilmente verdi.
Avrebbe voluto che i suoi pensieri fossero limpidi come l’acqua in cui in quel
momento si specchiava il suo viso dubbioso e meditativo.
Il contrasto tra le due kunoichi era semplicemente disarmante: lo stordiva,
ma il maestro si aspettava una risposta, e non aveva bisogno di guardarlo per
sapere che dietro la calma apparente, Gai riusciva a malapena a trattenere la
curiosità.
Colpa dell’alcol, in ogni caso.
“Non lo so” disse alla fine prima di vuotare il bicchiere. “Temari mi piace, ma Sakura… ha un posto speciale, nel mio
cuore. Anche se non mi guarda mai come vorrei.”
Si confidò con Gai senza riuscire a trattenere una nota di delusione nella
voce non appena pronunciò il nome dell’Haruno, lo
sguardo rivolto al soffitto della locanda mentre rifletteva su quello che aveva
appena detto. Fino a che punto, corrispondeva alla verità?
“Ascolta, Rock Lee. Non perdere mai la speranza di conquistarla,
d’accordo?”
Gai si fece serio proprio come ogni volta che era sul punto di rivelargli
qualcosa di estremamente importante, e il ragazzo si affrettò ad annuire con
decisione.
“Certo!”
“E c’è un’altra cosa che voglio dirti: devi sapere che ogni tanto è un
bene… farsi trascinare dalla corrente del vento, anche se è del tutto opposto
al proprio. Potrebbe rivelarsi la sola, l’unica
strada giusta da seguire. Capisci cosa intendo?”
“Più o meno” ammise Lee, ma Gai non parve scoraggiarsi.
“Non importa: al momento giusto capirai.”
Silenzio.
“Lei è innamorato, maestro?”
La domanda era forse un po’ troppo brusca, ma l’uomo non si scompose, anzi
si voltò a guardarlo negli occhi apertamente.
“Non ti nascondo che lo ero. E forse lo sono ancora. Ma devi sapere che è
stata colpa mia. Non sono riuscito a cogliere la mia occasione, ero insicuro
sul da farsi e in men che non si dica, ahimè… me la
sono lasciata sfuggire dalle mani! Non ripetere il mio stesso errore, Rock Lee.
Promettimelo.”
“Glielo prometto! Comunque so benissimo che si tratta di Kurenai.”
“Ma-ma come…? E’ così evidente?” farfugliò Gai
colto alla sprovvista, quindi si passò una mano tra i capelli, sconsolato. “Massì, dovevo immaginarlo che avresti capito tutto, tu mi
conosci fin troppo bene!”
“Maestro, non è il caso di smetterla, con quel sakè?”
La serata proseguì senza che né l’uno né l’altro facesse degli accenni alla
rispettiva vita sentimentale, ma se c’era una cosa di cui Lee non avrebbe mai
dubitato era che il suo maestro aveva sempre ragione.
Quella notte fece ritorno nel suo appartamento, si distese sul proprio
letto e rimase solo in balìa dei suoi pensieri, le parole riferite a un vento
che doveva scegliere se seguire o meno che riecheggiavano
nella mente...
Rock Lee non lo sapeva ancora, ma avrebbe scoperto molto presto il
significato che si celava dietro di esse. In fondo gli era in parte già noto.
Gli bastava ripensare a Temari, al suo sorriso,
ai baci che si erano scambiati o anche solo ricordare il modo in cui i suoi
capelli venivano sfiorati dal vento, per sentirsi avvolgere in tutto il suo
essere da una sensazione piacevole e piena di calore, del tutto diversa da
quella che aveva provato quando si era trovato in compagnia di Sakura in
passato…
Due ninja simili a ombre saltavano di ramo in ramo nella fitta foresta nei
dintorni di Konoha.
Si muovevano velocemente, attenti a non lasciare segni troppo evidenti del
loro passaggio, con in mente nient’altro che il loro obiettivo.
Il primo a fermarsi fu il ragazzo, attirato da alcune impronte sul suolo
erboso sottostante.
“Sono vicini. Ci siamo quasi, Temari.”
La jonin lo raggiunse in fretta, vide che aveva
ragione: quelle erano tracce del nemico. Non c’era bisogno di indugiare oltre
per capirlo.
“Andiamo” si limitò a dire sbrigativa.
Il silenzio li avvolse nuovamente, carico di tensione, e Rock Lee guardò la
ragazza che lo precedeva chiedendosi quale fosse la ragione del suo evidente
malumore.
“Senti, Temari…”
“Non è il momento di discutere!” lo interruppe la jonin.
“Potrebbero attaccarci!”
“Io sono qui per questo, no? Non c’è di che preoccuparsi.”
“Farò tutto da sola” ribattè lei con durezza,
senza guardarlo.
“Mi è stato ordinato di scortarti e io lo farò, che tu lo voglia o meno!”
le rispose Lee con decisione.
“Non ho bisogno di una scorta! So badare benissimo a me stessa, cosa credi?
Puoi tornartene a Konoha, per quanto mi riguarda.”
“Mi dispiace Temari, ma credo che dovrai
sopportarmi fino a quando non metterai piede a Suna
sana e salva!”
Prima che la jonin potesse ribattere, una dozzina
di ombre minacciose apparve alle loro spalle, circondandoli velocemente. Era
tempo di combattere.
“Ma guarda, la sorella del kazekage e il suo
amichetto! Vi stavamo proprio aspettando, fatevi sotto! Vi assicuro che vi
pentirete amaramente di avere incrociato la nostra strada!” cominciò quello che
sembrava essere il capo della banda in un tono che pensava fosse intimidatorio
e che agli occhi dei due ninja risultava invece assolutamente ridicolo.
“Bè, direi che è ora di mettere in pratica il tuo allenamento, Rock Lee”
sussurrò Temari con complicità al ragazzo al suo
fianco, mettendo da parte il suo malumore.
La frenesia del combattimento si fece strada nelle sue vene annullando
tutto il resto, e lui la guardò con la stessa determinazione che le illuminava
gli occhi verdemare, pronto a dare il meglio di sé.
“Vedrai, li faremo fuori in un battito di ciglia… e senza usare le nostre
tecniche migliori!” le assicurò assumendo la sua abituale posa di
combattimento, le labbra distese in un sorriso, e lei si tolse il ventaglio
dalle spalle, preparandosi a combattere al suo fianco. L’idea di lottare
insieme a Rock Lee la esaltava… sì, li avrebbero tolti di mezzo in pochi
secondi. Impossibile dubitarne.
“Rock Lee!”
Silenzio, interrotto soltanto dal fruscìo del
vento tra gli alberi.
“Avanti, rispondi!”
La voce di Temari era tesa, il nervosismo
perfettamente percepibile nelle sue parole. Lo scontro era finito da un pezzo,
e il sole stava quasi per scomparire all’orizzonte.
Avevano sconfitto i loro nemici, messo in fuga alcuni di essi. Avevano
combattuto insieme, senza riportare ferite apparenti.
Eppure, lui non apriva gli occhi. Non ancora. Giusto il tempo di finire
l’ultimo avversario, e l’aveva visto finire sul terreno come privo di sensi,
immobile.
E se fosse… ?
“Lee!”
Il chunin non poteva guardarla in viso, ma
riusciva a immaginare chiaramente la sua preoccupazione mentre si chinava su di
lui, inginocchiandosi sull’erba.
Cercava di mostrarsi decisa, ma in realtà Temariaveva paura. Aveva paura per Lee. Un
sorriso gli distese le labbra, incapace di trattenere una risata.
“Ecco, lo sapevo. Sei sempre il solito!”
La jonin incrociò le braccia, distogliendo
velocemente lo sguardo, ma la conosceva fin troppo bene ormai.
La conosceva al punto da poter affermare con certezza che stava solo
fingendo di essere arrabbiata.
Proprio come lui aveva solo finto di essere rimasto ferito dallo scontro.
“Ci sei cascata, eh? Dai, ammettilo!” la punzecchiò mettendosi a sedere sul
terreno, e lei tornò a guardarlo, intimamente sollevata.
“Scemo” sussurrò, il volto addolcito. “Sapevo che non facevi sul serio.”
“E invece ti ho spaventato. Lo so, è inutile che cerchi di nasconderlo!”
Quel ragazzo parlava troppo, per i suoi gusti.
Incurante di tutto il resto, gli afferrò il viso con entrambe le mani e lo
attirò a sé per baciarlo sulle labbra semiaperte, lasciò che quel gesto
parlasse per lei.
Lee chiuse gli occhi, lasciandosi assorbire da quello che stava facendo, perfettamente
consapevole delle dita di Temari che gli affondavano
tra i capelli … e all’improvviso non capì più nulla.
“Ogni tanto è un bene… farsi
trascinare dalla corrente del vento, anche se è del tutto opposto al proprio.”
Le parole del maestro Gai gli tornarono in mente proprio in quel momento.
Il loro significato era indubbiamente più chiaro rispetto alla prima volta in
cui le aveva sentite.
“Non ero preoccupata… se proprio vuoi saperlo, speravo di andare avanti da
sola!” disse Temari non appena si separarono,
trafiggendolo con i suoi occhi felini a pochi centimetri da quelli spalancati
di Lee. “Forse è meglio che te lo dica chiaro e tondo: non-ho-bisogno-di-te”
aggiunse scandendo bene le parole.
“Ma a chi vuoi darla a bere? Senza di me ti sentiresti completamente
persa!” ribattè il ragazzo con tranquillità mentre si
alzavano dal terreno, e la jonin rimase un attimo
interdetta.
In fondo, quelle parole… non erano false. Non del tutto, almeno.
“Illuditi pure, ma ora andiamocene. Mancano ancora due giorni all’arrivo a Suna, ci conviene muoverci e farla finita… ne ho
abbastanza.”
“D’accordo, come vuoi! Ma ti avverto, non avrò pace finchè
non ammetterai di esserti spaventata!”
Senza scomporsi, Lee la seguì tra gli alberi, e Temari
sospirò rassegnata.
“Che testa dura, ma non molli mai?”
Non l’avrebbe mai ammesso. Dopotutto era troppo orgogliosa per farlo.
Però, in fondo lui aveva ragione. Era felice che quel ragazzo stesse bene.
Anche se era solo uno stupido che si divertiva
a spaventarla.
“Sta per arrivare una tempesta” esordì Temari
all’improvviso, scrutando le nubi pericolosamente in avvicinamento sulle sabbie
del deserto.
“Davvero?” al suo fianco, Lee apparve disorientato per un attimo. “Ah, non
ci voleva!”
“Dobbiamo trovarci un riparo…” mormorò la ragazza parlando più a se stessa
che al chunin, e i suoi occhi verdemare individuarono
ben presto un promettente squarcio in una parete rocciosa a pochi metri di
distanza. “Sì, quella caverna laggiù andrà bene.”
“Se lo dici tu… dopotutto sei tu l’esperta del luogo!”
“Oh, succede così spesso che non ricordo nemmeno quante ne ho viste fino ad
ora… ma è tutto sotto controllo.”
Rock Lee la seguì di corsa all’interno della caverna, e si affrettò a
togliersi lo zaino dalle spalle, dandosi un’occhiata intorno. Era asciutta e…
sì, sembrava anche abbastanza accogliente.
“Qualcosa mi dice che ce la caveremo alla grande! Tu che ne pensi?”
“Penso proprio che passeremo qui la notte, non abbiamo alternativa…” gli
rispose Temari raccogliendo dei rametti sparsi per
poi accendere un falò. “… e che forse, se starai zitto per un attimo,
riusciremo a riposarci come si deve, visto che la missione è praticamente
finita! Dipende tutto da te.”
Il ragazzo sorrise, sistemando il contenuto del suo zaino e lanciando
un’occhiata alla kunoichi che si stava sedendo nelle vicinanze del fuoco appena
acceso.
Sapeva che stava scherzando. La prospettiva di passare la notte insieme in
quella sperduta caverna, sotto sotto, doveva
entusiasmarla tanto quanto entusiasmava lui…
Non che si aspettasse chissà cosa,
sia chiaro. Ma era bello pensare di poter stare vicino a Temari
ancora per un po’, per qualche ora più del previsto prima che la missione
potesse considerarsi davvero conclusa.
“Stai facendo tutto da sola. Chi ti dice che non avessi già deciso di stare
zitto per farti un favore?” le disse con un sorriso aperto e sicuro.
Non ci riusciva proprio ad avercela seriamente con lui. Parlava troppo,
forse era vero, ma la cosa non le dispiaceva nemmeno un po’: la sua
solarità la divertiva. Parecchio, anche.
“Okay, lo ammetto. Mi hai spaventato, prima” disse con un sospiro,
sistemandosi in un angolo della caverna, e aveva parlato in modo così casuale e
improvviso da lasciarlo a bocca aperta per un attimo.
“Questo... questo è quello che volevo sentirti dire!” esclamò Rock Lee
entusiasta dopo lo shock iniziale, e Temari pensò
fosse sul punto di mettersi a saltellare per la caverna… ma non lo fece. “Ah,
ci sono riuscito! Ce l’ho fatta, finalmente! La pazienza è la virtù dei forti,
o… no, forse mi sono sbagliato! Com’è che diceva quel detto? Non ricordo bene…”
Aveva di nuovo cominciato a farfugliare!
“Va bene, ora basta, Lee. Te lo chiedo per l’ultima volta: sarà una lunga
nottata, quindi concedimi qualche minuto di riposo, d’accordo?”
Gli sorrise suo malgrado, e lui apparve soddisfatto.
“D’accordo, Temari! Con me al tuo fianco puoi
dormire sonni tranquilli… è una promessa!”
Un attimo dopo, la jonin non sentì più nulla.
Si era finalmente addormentata, e al suo fianco, Lee ravvivava il fuoco
ogni volta che ce n’era il bisogno, volgendo di tanto in tanto gli occhi sulla
kunoichi che, accanto a lui, non sembrava più aggressiva e decisa come appariva
di solito per mostrarsi più forte davanti agli altri. Ormai l’aveva capito: in
fondo non era proprio invulnerabile, e l’espressione che era apparsa sul suo
viso quando l’aveva fatta preoccupare ne era la dimostrazione lampante.
Sorrise fra sé e si sdraiò sul sacco a pelo che si era portato dietro senza
perdere d’occhio le fiamme e il volto di Temari.
Fuori, la tempesta era appena iniziata.
Comingsoon:
Il suo battito cardiaco era talmente accelerato da
impedirgli quasi di respirare.
In quel momento, Sakura era così lontana...
C’erano soltanto lui… e Temari.
**
Ciao a tutti! Volevo dirvi che gli esami incombono sempre di più, quindi
aggiornerò meno spesso, ma la fic sarà comunque completa entro settembre (o giù
di lì).
Ringrazio tutti quelli che leggono ecc ecc…, e in
particolare quelli che hanno commentato lo scorso capitolo! Andando con ordine:
Neko88: Sì, l’idea del bacio al termine di una sfida
mi è sembrata appropriata per uno come Lee che ne vede una all’orizzonte in
ogni occasione! ^^
Sono contenta che ti piacciano insieme e che il capitolo ti sia piaciuto,
grazie mille per i complimenti (non mi stancherò mai di ripeterlo)!
Lady OfEvil Nanto86: Non preoccuparti per la recensione, non è mica
obbligatoriocommentare ogni capitolo, e
poi stavi male… fai quello che ti senti, insomma ^^
Nessuno mi aveva mai dato della “dolce musa”, grazie! *__* E mi piace anche
il fatto che Lee e Temari ti diano proprio
l’impressione che voglio che diano!
Grazie ancora per i complimenti,e
spero che l’apparizione di Gai in questo capitolo ti sia piaciuta (con accenni
di GaixKurenai annessi, ovviamente XD)!
Sushiprecotto_chan: Sei libera di leggere la fic quando vuoi! Ti
capisco benissimo per il fatto dello studio, comunque certo che ti sei fatta perdonare! ^^
Sono contenta che ti piaccia, dopotutto l’ho scritta anche per puro “Leeinaggio” e per sostenere la Leextutti…
e poi con Temari non starebbe male, sì sì (vabè che io lo vedo bene con
tutte) *__*
Mi fa piacere che li trovi IC, infatti ho fatto di tutto per non fermarmi
agli stereotipi che col tempo si sono creati su di loro, e sentirti dire che
gli altri personaggi sono ben delineati mi fa pensare di essere riuscita
nell’intento di renderli in modo credibile… grazie mille per i complimenti e a
presto, spero che anche questo capitolo, che trovo forse un po’ troppo
zuccheroso, ti sia piaciuto (in ogni caso, presto la tranquillità degli scorsi
capitoli diventerà solo un ricordo)!
Beat: Sono contenta che li trovi perfetti e che
li hai adorati! Spero che ti siano piaciuti anche in questo capitolo in cui Temari ha fatto finta di non essere preoccupata per lui, e
invece… grazie anche a te per i complimenti ^^
Kikichan: L’entusiasmo che traspariva dalla tua recensione
mi ha fatto sorridere (che giuoiaaa, che passion, che tenerezza… XD)! Sono contenta che la scena del
bacio ti sia piaciuta e che trovi i personaggi sempre più IC… spero che anche
questo capitolo (anche se più tranquillo) ti sia piaciuto!
Fuori, il vento soffiava con forza sempre crescente.
“Ci vorrà un po’, prima che finisca” commentò Temari, le gambe strette alle
ginocchia, parlando più a se stessa che con il ragazzo che le sedeva accanto,
la schiena appoggiata alla ruvida parete della grotta.
“Suppongo di sì.”
La jonin si voltò a guardarlo, e Rock Lee le sorrise tranquillo, il viso
rilassato e senza alcuna ombra di stanchezza nonostante avessero viaggiato per
giorni interi.
Il riposo che si erano concessi aveva dato i suoi frutti, e si stavano
rivolgendo la parola per la prima volta dopo ore.
“Non era necessario che venissi con me, davvero. So badare a me stessa.”
“Ne abbiamo già parlato, Temari.”
“Lo so, e allora? Io continuo a pensarci.”
“Gli ordini dell’hokage non si discutono! Dovresti vedere Tsunade quando si
arrabbia… in confronto, il Gaara di un tempo era un angelo!”
La sua risata era spontanea, ed esprimeva alla perfezione l’amicizia che il
ragazzo provava da tempo nei confronti del kazekage.
Temari emise un sospiro, rilassandosi contro la parete della caverna a sua
volta, gli occhi verso il soffitto asciutto e polveroso, segnato dal lento
scorrere del tempo.
Erano lì dentro da più di due ore, ormai, ma la tempesta era ancora nel
pieno della sua forza.
Secondo i suoi calcoli ci sarebbe voluta una notte intera, prima che si fosse
esaurita del tutto.
Avvertiva un senso di fastidio alle caviglie, ma era ben lontana
dall’essere stanca.
Del resto lei era una jonin. Era abituata a ben altro, e attendere la fine
di una improvvisa tempesta di sabbia non era certo quel che si poteva definire
un compito gravoso.
Soprattutto se era in ottima compagnia e a un passo da casa.
La missione era ormai finita, quindi non c’era niente di male nello
scambiare quattro chiacchiere con il suo compagno di viaggio per qualche ora.
“Avrai anche ragione, ma continuo a pensare che Gaara si sia sbagliato”
disse all’improvviso, lanciando un’occhiata a Lee. “Insomma, guardami! Ti
sembro una ragazza indifesa?”
Gli occhi scuri come l’ebano e profondi del chunin si soffermarono
brevemente sul corpo di Temari, sulle sue forme che spiccavano nel kimono con
decisione, quasi con prepotenza, ricordò il modo in cui si muoveva in
combattimento, e si disse che no,quella
che aveva davanti non era affatto una ragazza indifesa.
Ma era pur sempre una ragazza.
E lui l’avrebbe protetta come il suo compito e quello che provava per lei
richiedeva.
Che lei fosse d’accordo o meno.
“Tutto il contrario, Temari” le disse con un sorriso cercando di nascondere
l’imbarazzo che l’aveva momentaneamente assalito, “ma il punto è che mi è stato
ordinato di scortarti, che tu lo
volessi o no. E comunque ora è troppo tardi per pensarci. Siamo quasi arrivati
a Suna, e di sicuro domani mattina sarò già in viaggio per Konoha… non c’è
motivo di pensarci ancora!”
Temari lo guardò brevemente, lasciandosi convincere dalle sue parole,
quindi fissò un punto imprecisato all’esterno, nel turbine vorticoso della
tormenta, gli occhi verdemare altrove.
“Non avevo mai avuto bisogno di una scorta, prima d’ora.”
Rock Lee smise di ravvivare il falò che avevano da poco acceso per
rischiarare le ore che avrebbero trascorso insieme nella caverna, e le rivolse
un’occhiata attenta.
Il suo orgoglio.
Ecco qual’era il punto: la decisione di affidarla a una scorta, alla sua
protezione, aveva ferito il suo orgoglio di ninja.
In fondo capiva come si sentiva. La sensazione di vedere sminuite le
proprie capacità gli era fin troppo familiare. Aveva dovuto fare i conti con
essa fin dai tempi dell’accademia, e anche se la situazione era decisamente
migliorata, a volte l’assaliva ancora.
La capiva, e voleva che Temari ne fosse al corrente.
“C’è sempre una prima volta!” le disse con calore. “E comunque dai,
ammettilo, la mia presenza si è rivelata utile, no?”
“Lo ammetto. Se non ci fossi stato tu avrei passato un brutto quarto d’ora,
prima. Non sono molto brava nel combattimento ravvicinato, e quei ninja erano…
forse un po’ troppi, perché potessi eliminarli da sola” pronunciava le parole
con un certo sforzo.
Avevano combattuto insieme contando sulle loro capacità, in perfetta
coordinazione, l’una a distanza di sicurezza, l’altro lanciandosi nella mischia
con furia ed entusiasmo, senza alcuna esitazione.
Avevano sfruttato il vento a loro vantaggio, affrontando i nemici che si
erano posti sulla loro strada ferendone alcuni e uccidendone altri. Li avevano
messi in fuga.
E lo avevano fatto insieme.
“Gaara ci aveva avvertiti. I ninja dei paesi vicini sono in
fermento, e… non credo me lo sarei mai perdonato, se tu fossi rimasta ferita”
ammise Lee con gli occhi fissi sul fuoco in modo da evitare quelli della jonin.
“Già… non ne dubito” disse lei di rimando, un sorriso compiaciuto che le
incurvava appena le labbra. “E’ stata una fortuna che fossi al villaggio e che
Tsunade ne abbia approfittato per chiederti di accompagnarmi.”
Avevano saputo della presenza di ninja nemici di Suna sulla strada proprio
quando Temari era stata sul punto di andarsene.
La sua missione diplomatica a Konoha si era appena conclusa, ma l’arrivo
improvviso di Takamaru, il falco più veloce del deserto, e del messaggio del
kazekage, aveva avuto dei risvolti improvvisi.
Decisamente improvvisi… ma molto, molto
piacevoli.
“Credevo lo avesse chiesto a Shikamaru… dopotutto siamo in buoni rapporti,
ma so che ha molto da fare, ultimamente. E comunque, preferisco la tua
compagnia, Rock Lee.”
Temari avvicinò pericolosamente il volto a quello del chunin, sporgendosi
verso di lui in modo che i loro corpi si sfiorassero appena.
Era consapevole dell’effetto che gli stava facendo, e le piaceva il modo in
cui lui la guardava disorientato.
“Tu non pensi che sia una seccatura avere a che fare con me. Giusto?”
“C’è bisogno di chiederlo?”
Rock Lee le sorrise, chinando il mento quanto bastava perché le sue labbra
incontrassero quelle della jonin, sfiorandole brevemente.
Voleva di più. Non riusciva a trattenersi. Aveva bisogno di lui.
Temari lo attirò a sé per il giubbotto da chunin senza troppi complimenti,
e si baciarono di nuovo, le loro lingue che si cercavano con decisione.
Erano soli da quasi tre giorni, eppure Lee non l’aveva sfiorata neanche per
un attimo come se cercasse qualcosa in lei che andasse oltre l’amicizia…
A parte il bacio che Temari gli aveva dato in seguito al combattimento, non
c’era stato alcun contatto di quel tipo, nei giorni successivi.
Nemmeno durante le soste che si erano concessi nella notte da quando erano
partiti da Konoha.
Lui si era limitato a trattarla come un’amica da proteggere e da consegnare
a Gaara sana e salva come quando era partita da Suna, e lei non aveva fatto
alcuna mossa per provocarlo ulteriormente.
Erano soltanto due ninja in missione insieme, e si erano entrambi
comportati come tali, soffocando i sentimenti che provavano confusamente l’un
per l’altra.
Ora invece, Temari non sembrava chiedere altro che uno stretto contatto
con Lee… quasi lo esigeva.
Lui non voleva respingerla.
Che motivo aveva in fondo, di smettere di baciarla e di stringerla a sè?
Era quello che desiderava,enon voleva fermarsi.
Né, era chiaro, lei aveva intenzione di farlo.
Fuori, il vento continuava a soffiare, sollevando turbini di sabbia con
forza distruttiva.
Si scostarono l’uno dall’altra per guardarsi negli occhi… seppero che
volevano la stessa cosa.
Ci vollero pochi attimi perché Temari riuscisse a liberarsi dai vestiti
rivelando del tutto il suo corpo morbido, ma scattante e robusto come quello di
una leonessa.
Si sistemò sopra il sacco a pelo in modo che la sua schiena non fosse a
diretto contatto con il terreno ruvido e sabbioso, gli occhi che indugiavano
con sottile impazienza sui gesti tremanti di Lee.
In ginocchio davanti a lei, il chunin gettò finalmente il giubbotto da una
parte, quindi fece scivolare la tuta dalle spalle, rivelando il fisico ben
modellato frutto di anni di missioni e allenamenti.
Trasudava nervosismo, ma soprattutto forza, da ogni centimetro di pelle.
Temari lo trovava bello. Indubbiamente lo era davvero, così simile a una
belva selvaggia, ma allo stesso tempo ansioso di lasciarsi accogliere dalle sue
braccia.
La jonin si sciolse i capelli, facendoli ricadere sulle spalle, quindi si
strinse a lui per baciarlo avidamente, lasciando che i loro corpi si
incontrassero in un abbraccio possessivo. Si esploravano a vicenda, con
frenesia sempre crescente.
Il chunin sentì i propri muscoli tendersi, la bocca asciutta.
Il suo battito cardiaco era talmente accelerato da impedirgli quasi di
respirare.
In quel momento, Sakura era così lontana...
C’erano soltanto lui… e Temari.
Temari, in tutta la sua selvaggia bellezza, Temari che gli si stava
offrendo come se fosse la cosa più naturale del mondo, un’espressione
incoraggiante velata di leggera malizia negli occhi verdemare mentre lasciava
che si sistemasse su di lei, facendo in modo che i loro corpi si incastrassero
alla perfezione.
La sorella di Gaara… forse non era giusto, ma qualcosa gli diceva che non
doveva pensarci. Non aveva senso.
Allontanando ogni pensiero che non riguardasse quello che stava facendo,
attento a non pesarle addosso, la baciò nuovamente, inebriato da Temari e dal
suo esotico profumo.
Era esattamente come aveva immaginato che fosse… anzi, era molto meglio.
Nessun sogno poteva paragonarsi alla realtà dei fatti.
Stava succedendo davvero.
Finalmente.
Temari serrò le palpebre, concentrandosi su ogni singola sensazione che le
attraversava il corpo e abituandosi gradualmente alla presenza di Lee.
Era passato tanto tempo dall’ultima volta che era stata con un ragazzo, e quello che sentiva era così strano e nuovo da lasciarla meravigliata.
Lui era immobile, in attesa di un suo cenno di consenso per andare avanti,
sopraffatto dal calore accogliente del corpo di Temari, diverso da qualsiasi
cosa avesse mai immaginato fino a quel momento.
La jonin aprì gli occhi. Un leggero sorriso le increspava le labbra, e Lee
seppe che poteva andare avanti.
Temari si abbandonò a quegli attimi di oblìo, lasciò che le mani gli
scivolassero sulla schiena per attirarlo di più a sé mentre Lee cominciava
lentamente a muoversi.
Lo avvolgeva con tutto il suo essere, lo stava facendo suo permettendogli
di annegare dentro di lei.
Era come essere inghiottiti da un vento rovente: il suo corpo era morbido
ma vibrante, quasi aggressivo, come se Temari volesse ribadire la sua natura
fiera e indomabile persino nel momento in cui divenivano una cosa sola.
Pochi secondi, e Lee la strinse a sè un'ultima volta, piegato dalla stanchezza.
Era durato alcuni attimi, ma era impossibile descrivere a parole le
sensazioni che avevano provato.
Impossibile pensare di dimenticarle.
Si guardarono negli occhi per un momento.
Finalmente. Si appartenevano
davvero, ora.
Forse, era cambiato tutto. Forse niente.
Impossibile capirlo, in quegli attimi in cui si distendevano in cerca di
riposo sotto una coperta, a un passo dal piombare in un sonno profondo.
Temari avvertì una sensazione di calore intorno alle dita, e seppe che lui
gliele stava sfiorando delicatamente con le proprie.
Scivolò nel sonno prima che potesse formulare un pensiero coerente, e Lee
la seguì di lì a poco, lasciandosi cullare dalle sensazioni che gli rimanevano
addosso e beandosi di esse.
Non era il momento di farsi domande o di parlare. Forse non ce n’era
nemmeno bisogno.
Fuori, la tempesta cominciava lentamente a calmarsi.
Temari aprì gli occhi, avvertendo un senso di vuoto accanto a sé.
Un raggio di sole le sfiorò il viso aiutandola a svegliarsi completamente,
e il suo sguardo vagò nei dintorni, fino a scorgere una figura impegnata a
sistemare il proprio zaino poco lontano.
Rock Lee.
“Ah, buongiorno, Temari!” le sorrise il chunin, le labbra distese su quei
denti bianchi e perfetti che tanto le piacevano, quindi le si avvicinò,
gentile, già vestito di tutto punto. “Dormito bene?”
“A…” i ricordi della sera prima l’attraversarono all’improvviso, e un’ombra
di rossore le colorò inesorabilmente le guance prima che si affrettasse a
scacciarlo. “…a meraviglia.”
Era la verità. Era da tempo che non stava così bene.
Tra le braccia di Lee si era sentita libera di abbandonarsi alle sue
sensazioni senza imbarazzo, mostrandosi per quella che era per la prima volta
dopo tanto tempo.
Una donna fiera, indomabile come il vento… ma anche una donna che aveva
bisogno di sentirsi amata, protetta.
Era per questo che aveva deciso di ascoltare le sue sensazioni e donarsi a
lui.
“Davvero.”
“Bè, è lo stesso anche per me” ammise Lee con lieve imbarazzo.
Era stato emozionante, certo, ma si chiedeva se non avesse sbagliato a
lasciarsi andare ai suoi ardori giovanili in quel modo… anche se lei era stata
perfettamente d’accordo.
Che ne era stato di Sakura?
Si affrettò a cambiare argomento, allontanando i sensi di colpa e
concentrandosi sul viso della jonin.
“La tempesta è passata. E’ ora di tornare a Suna… che ne dici?”
“Sì, mi sembra proprio il caso.”
Temari allungò una mano verso i vestiti che giacevano proprio accanto a
lei, e Lee distolse velocemente lo sguardo nel disperato tentativo di non farle
notare il suo imbarazzo.
“Se vuoi me ne vado, così puoi…”
Lei lo interruppe, divertita. Non lo faceva così timido… o forse, il suo
disagio era dettato unicamente dal suo smisurato senso cavalleresco. Era così
imbranato da farla sorridere.
“Puoi restare lì, davvero. Non c’è problema.”
“D’accordo.”
Rock Lee rimase dov’era, ma si voltò da un’altra parte, una serie di
fruscii alle sue spalle a dimostrazione del fatto che la jonin si stava
velocemente rivestendo.
“Senti, Temari… ieri sera io…”
“Lo so. Non devi costringerti a parlarne, se non vuoi. Non ce n’è bisogno.
Mettiamola così, magari riesci a capirmi meglio: ci siamo abbandonati alla nostra giovinezza. E
non è stato affatto male, d’accordo?”
Gli occhi di Lee si illuminarono, simili a fiamme ardenti, e si voltò con
entusiasmo verso di lei. Ormai era pienamente vestita, gli sorrideva con
complicità.
“Questo è parlare, Temari! Sapevo che anche tu, un giorno, avresti compreso
la sua forza! Sono fiero di me! Il maestro Gai ne sarà felice!”
“Va bene, ora andiamo!” sospirò la ragazza finendo di legarsi i capelli nei
quattro abituali codini e raccogliendo il suo ventaglio. “Di questo passo,
Gaara manderà una squadra di soccorso a cercarci!”
Il suo tono era di finto rimprovero.
Impossibile restare seria in un momento del genere, e soprattutto in
compagnia di Lee.
Temari stava sorridendo, imitata dal giovane al suo fianco… un ninja di
Konoha che era diventato per lei molto più di un semplice alleato.
Si chiese se Rock Lee provava lo stesso.
Forse, era così.
Quello che gli leggeva negli occhi, il modo in cui la guardava, le sue
azioni…
Le sembrava che lo dimostrassero pienamente.
Non ne era del tutto certa, ma per il momento Temari decise di affidarsi al
suo istinto, allontanando qualsiasi pensiero, la mente libera e sgombra come
l’azzurro del cielo che li salutò non appena uscirono dalla caverna, pronti a
raggiungere la loro meta.
Si lanciarono sulle sabbie del deserto increspate da un vento leggero,
specchio perfetto del loro stato d’animo.
Coming soon:
Temari cercò di dissimulare la sua confusione,
ricambiando la sua occhiata con un sorriso appena accennato sulle labbra,
andandogli lentamente incontro.
“Perché dovrebbe essere sbagliato? Se fa sentire
bene entrambi, non c’è nulla di male. Mi sembra di avertelo già detto, no?”
**
Ciao a tutti, miei fedeli venticinque lettori!
Torno da voi con l’ottavo (e attesissimo…?) capitolo della fic… gli esami (che
per fortuna sono finiti) mi hanno impedito di concentrarmi, la mia ispirazione
è stata instabile per tutto il mese, il mio computer è stato mezzo distrutto da
un virus (!) una ventina di giorni fa e ho recuperato tutto (fic che credevo di dover riscrivere da capo
compresa) per un pelo, ma dopo tanta fatica sembra proprio che ce l’abbia fatta, anche se il risultato non mi sembra dei migliori
^^
Ringrazio tutti quelli che hanno letto la fic, l’hanno aggiunta ai
preferiti o alle seguite, e soprattutto chi ha commentato lo scorso capitolo.
Rispondo con ordine:
Shessomaru_junior: Eh già, chi lo sa come andrà a finire?
Hai ragione, sono ninja e la loro vita è appesa a un filo, ma tutto può
succedere (e non resta che aspettare i prossimi capitoli per scoprirlo). Grazie
mille per il commento, sei perdonato!
Lady of Evil Nanto86: Non c’è di che! Lieta che ti siano
piaciuti gli accenni one-sided di Red Lotus (a proposito, ottimo nome per la GaixKure)! Avevo in mente
di scrivere che i due avevano effettivamente avuto una vera e propria storia,
ma ho deciso di restare più in linea con il manga (con Kurenai che ha scelto
Asuma fin dall'inizio), e dopotutto la figura di Gai, come Lee nelle vesti dell’innamorato
respinto, è triste e affascinante allo stesso tempo, almeno per come lo vedo
io. Bisogna solo sperare che Lee non faccia la sua stessa fine! Comunque
“scleramento” esiste come parola, o comunque ho capito quello che intendevi! XD
Grazie infinitamente per il commento e i complimenti!
Neko88: Anch’io adoro Gai nelle vesti di
“consulente sentimentale”, soprattutto se è ubriaco ed elargisce convincenti
perle di saggezza… diventa particolarmente divertente! XD Sono d’accordo, Lee
starebbe meglio con Temari (o con Tenten) piuttosto che con Sakura, ma si sa…
purtroppo certe cose possono succedere solo nelle fic, e meno male, altrimenti
sai che noia se dovessimo affidarci solo alla limitata *ehm* fantasia di
Kishimoto… comunque grazie mille per il commento e i complimenti ^^
Kisa_chan: Mi hai sommerso di complimenti *__* Ti
ringrazio davvero, e sono contenta che la fic e il rapporto tra Lee e Temari in generale ti piacciano, spero che
anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento!
Beat: Ti è piaciuta la scenetta divertente dello
scorso capitolo, eh? In effetti è anche una delle mie scene preferite di tutta
la fic… comunque spero che questo ottavo sia più o meno come te lo aspettavi
(del resto si era capito dove volevo andare a parare con la storia
dell’isolamento “forzato” nella caverna, eh eh eh XD)! Grazie ancora per il
commento e i complimenti!
E’ tutto, se vi va lasciate pure un commento, anche negativo!
Prese di nuovo la mira, pronto a colpire il tronco che resisteva
stoicamente ai suoi colpi da più di mezz’ora. Si sentiva in forma come se
avesse appena cominciato ad allenarsi. Nella realtà dei fatti, però, erano
trascorse cinque ore.
A pochi metri da lui, Neji e Tenten lo fissavano in silenzio, l’uno con le
braccia incrociate sul petto, l’altra intenta a rimettere a posto i suoi
rotoli, gli occhi fissi sulla figura dinamica e allenata di Rock Lee, investita
di una nuova sicurezza.
Le sembrava che da qualche tempo il suo compagno fosse persino più
determinato di prima, negli allenamenti e nelle missioni, più tormentato nell’animo… e non era del
tutto sicuro di conoscerne la causa.
“Hai intenzione di continuare ancora per molto?”
“E me lo chiedi, Neji? Il fatto che domani abbiamo una missione non
significa che sia costretto a riposarmi, se non ne ho voglia.”
Colpito e affondato.
Lo Hyuga scrollò le spalle, allontanandosi dal tronco al quale si era
appoggiato, e Tenten scattò in piedi, lanciandogli uno sguardo d’intesa.
“Sei proprio incorreggibile. Non dovresti strapazzarti troppo!” esclamò
rivolgendosi a Lee.
Il ragazzo si fermò quanto bastava perché riprendesse fiato, i pugni tesi e
i piedi ben piantati nel terreno, pronto a sferrare il suo prossimo attacco.
“Grazie per il consiglio, Tenten, ma credo proprio che andrò avanti almeno
per altre due ore. Voi andate pure, ci vediamo domani!”
Rivolse un sorriso determinato ai suoi compagni.
Quindi si rimise all’opera, colpendo il tronco senza alcuna pietà.
Il volto di Temari, la sorella del kazekage di Suna, non abbandonava i suoi
pensieri per un momento.
Per un’assurda sfida, spinto da quello che gli si agitava dentro ogni volta
che si ritrovava in sua presenza, Rock Lee aveva ottenuto il bacio che le aveva
chiesto nonostante il loro scontro fosse finito in parità.
Era stato così sconvolgente e appagante che non era riuscito a trattenersi
dal baciarla una seconda volta, prima che lei facesse ritorno a Suna.
Con suo grande stupore, la kunoichi del deserto aveva risposto al suo gesto
con inaspettato piacere, accondiscendente come se ambisse a farlo da tempo.
E… sì,c’era anche stato dell’altro,
da quando si erano ritrovati da soli in una caverna sperduta tra le sabbie nel
deserto durante una tempesta...
Cosa gli stava succedendo? Cosa lo aveva spinto ad avvicinarsi così tanto a
Temari?
Sebbene il suo amore non fosse corrisposto, il suo cuore apparteneva già a
un’altra persona.
Non poteva.
Semplicemente non poteva essersi
innamorato di quella kunoichi dai capelli color grano e dai felini occhi verdi
che lo affascinava suscitando in lui sensazioni che fino ad allora gli erano
risultate del tutto ignote.
Eppure non c’era altra spiegazione.
Temari possedeva i suoi tormentati pensieri da tempo, ormai.
Non poteva trattarsi di un semplice caso, così come sarebbe stato stupido
da parte sua ignorare il dolore fisico che la sua sola vista gli procurava.
Le bastava un solo gesto per ipnotizzarlo e a fare in modo che i suoi occhi
si posassero su di lei più del dovuto.
Lo incantava con i suoi gesti, le sue parole, i suoi enigmatici sorrisi, la
sua ironia… lo attraeva molto più di Sakura, ormai. Inutile negarlo ancora.
Temari era diversa da qualsiasi donna con cui avesse mai avuto a che fare.
Lo ammaliava così tanto che Lee non riusciva a smettere di pensare a lei,
per quanto cercasse di costringersi a cancellarla dalla sua mente.
Concentrarsi sugli allenamenti e sulle missioni era l’unico modo che avesse
per distrarsi dai suoi dubbi.
“D’accordo, come vuoi… a domani!” stava dicendo Tenten in tono rassegnato,
gli occhi al cielo. “Poi però non ti lamentare, se non sarai riuscito a
rivolgerle nemmeno una parola.”
Il pugno si fermò a mezz’aria, a pochi centimetri dal tronco.
Non l’aveva colpito, eppure era riuscito comunque a scavarlo in profondità
con il chakra che gli pervadeva la mano.
“Aspetta un attimo! Vuoi dire che…”
“Sì, è appena arrivata in città, se è quello che ti stai chiedendo.”
Quella era l’unica occasione che aveva per mettere in chiaro le cose.
“Grazie mille Tenten, ma per oggi mi fermo qui. E’ abbastanza.”
Rock Lee scomparve, deciso a scoprire la vera natura del legame che era
nato tra lui e Temari e che lo aveva investito come il vento improvviso sferza
le fronde degli alberi.
Riconobbe immediatamente la figura solitaria della jonin.
Inconfondibile il ventaglio che giaceva in un angolo mentre lei consumava
la sua cena seduta a una bancarella di ramen, inconfondibili i suoi capelli e
il fisico fasciato nel nero kimono che metteva in risalto le sue forme mature e
armoniose.
“Ciao, Temari! Posso farti compagnia?”
Scivolò sulla sedia accanto a lei senza aspettare la sua risposta.
Gli occhi della kunoichi lo fissarono brevemente, il viso appena rivolto
verso di lui, quindi continuò a sorseggiare dalla tazza che aveva in mano,
assorta.
“Se proprio ci tieni…”
“Una porzione di ramen anche per me! Pago tutto io, anche la parte della
ragazza!” esclamò Lee rivolgendosi al gestore della bancarella, e quest’ultimo
lo salutò con un sorriso benevolo.
“Come vuoi, figliolo!”
Temari gli lanciò un’occhiata perplessa.
“Ti ho forse chiesto di offrirmi la cena?”
“No, ma l’avrei fatto comunque.”
Le rivolse un sorriso disarmante, e Temari lo ricambiò senza riuscire a
resistere.
Le era mancata la sua gentilezza, e anche la sua genuina spontaneità.
“E’ da un po’ che non ci si vede. Come vanno le cose?” chiese a Rock Lee
mentre mangiavano, e lui assunse un’espressione soddisfatta, le sopracciglia
che mettevano ancora più in risalto la luce di fierezza nei suoi occhi.
“Alla grande. Non smetto mai di allenarmi, e ormai sono quasi sempre in
missione. Sai com’è, qui al villaggio non è più come una volta. Ne ho una anche
domani, ma per stasera ho deciso di rilassarmi. Come sta Gaara?”
Era vero. La situazione stava cambiando davvero, nei loro villaggi come in
quelli limitrofi.
Proprio come temeva. Il volto sereno di suo fratello le affiorò nella
mente, allontanando quel pensiero all’improvviso.
“Come al solito.”
Rock Lee parve felice di quella risposta, quindi prese un’altra ciotola di
ramen.
“Grazie mille! Dovrei venire qui più spesso, è ottimo!”
“Attento a non strafare, bello mio. Non vorrei che fossi costretto a
rinunciare alla missione di domani!” gli sorrise, stuzzicandolo per gioco.
La sua reazione fu quella che si immaginava: Rock Lee le mostrò
allegramente il pollice sollevato.
“Tranquilla, Temari, ci vuole ben altro per mettermi KO!”
La kunoichi sorrise divertita.
“Se lo dici tu…”
Il ragazzo mise da parte la seconda ciotola, quindi stiracchiò le gambe e
si chinò sul bancone, una mano bendata sotto il mento.
La fissava con un sorriso tranquillo, attento a non perdersi ogni suo
movimento.
Temari sapeva che faceva così di proposito: quell’atteggiamento le dava sui
nervi.
“Mi fa piacere che Gaara stia bene” disse Rock Lee sincero. “E tu che mi
dici? E’ stata la forza della giovinezzaa portarti qui, ammettilo!” aggiunse un attimo dopo, con una luce di
scherzosa malizia appena percepibile negli occhi rotondi.
La kunoichi finse di non notarla.
“Che stupido!” tagliò corto. “Sono venuta per affari diplomatici.”
Silenzio.
“Ne sei sicura?” la provocò con leggerezza, ma il suo tono era serio.
Affari diplomatici. Era quello che diceva sempre.
Eppure, era proprio in occasioni come quella che…
“Sicurissima!”
Temari apparve lievemente a disagio, distogliendo gli occhi da quelli scuri
e profondi di Lee come se volesse troncare la conversazione.
“E ora lasciami finire la cena, che ho bisogno di riposare. Non vedo l’ora
di andare in albergo.”
Si concentrò sulla ciotola di ramen che aveva davanti, ma sapeva che lui la stava ancora
guardando.
“Non riesci a farci l’abitudine?” le chiese Lee con aria assorta,
appoggiandosi al bancone con entrambe le braccia, lo sguardo lontano.
“Sì, a dire il vero. Dopotutto, è da anni che faccio questa vita, ma devo
pur concedermi qualche ora di riposo, prima di tornare a Suna.”
Temari gli lanciò un’occhiata di sbieco, e lui le sorrise apertamente, di
nuovo entusiasta come quando l’aveva raggiunta.
“Ti capisco! La giovinezza ha anche bisogno di riposare, qualche volta! E’
così che ritrova la sua energia!”
Ancora con la giovinezza. Era così convinto di quello che diceva, che la
kunoichi non riuscì a trattenersi dal sorridere.
“Piuttosto, a cosa devo la visita improvvisa?”
Rock Lee si alzò e pagò il conto come se non l’avesse sentita, quindi
salutarono il proprietario e si mescolarono alle persone che affollavano la via
principale di Konoha nonostante l’ora tarda.
“Dove alloggi? Ti accompagno!” chiese a Temari con gentilezza, il volto appena
illuminato dalle insegne dei vari locali nei dintorni.
“Lo sai. Al solito albergo.”
Dopo qualche minuto di silenzio, il chunin smise di camminare.
“Senti, Temari…”
Erano arrivati in una zona residenziale, ricca di alloggi per gli
stranieri, e il tono della sua voce, ora, era stranamente serio. Un tono che
esigeva delle risposte.
A pochi metri di distanza, la jonin si voltò a guardarlo. Alle sue spalle,
Rock Lee la stava fissando con una intensità tale da metterla a disagio, le
sopracciglia appena corrugate.
“Ho bisogno che tu mi dica la verità. Voglio… anzi, devo sapere quello che pensi. Ne ho abbastanza di chiedermi se
quello che facciamo è giusto o sbagliato. Per favore, dimmelo tu. Che cosa siamo noi, esattamente?”
Rimase perplessa per un attimo, senza sapere cosa dire. Cercò di
dissimulare la sua confusione, ricambiando la sua occhiata con un sorriso
appena accennato sulle labbra, andandogli lentamente incontro.
“Perché dovrebbe essere sbagliato? Se fa sentire bene entrambi, non c’è
nulla di male. Mi sembra di avertelo già detto, no?”
Frammenti di un passato non troppo lontano si insinuarono nei suoi
pensieri.
Ricordi annebbiati, confusi. Sensuali.
Lenzuola gettate in un angolo, una semi-oscurità fatta di sospiri e parole
appena sussurrate. Un ambiente intimo, caldo.
Corpi avvinghiati l’un l’altro, labbra che si cercavano con passione.
Respiri regolari, membra appagate in cerca di riposo tra lenzuola umide.
“Temari… perchè lo facciamo?”
“Devi per forza chiedertelo? Perché ne abbiamo voglia tutti e due. Non devi sentirti in colpa. E poi è stato persino
meglio dell’altra volta, se è questo che ti preoccupa.”
Shikamaru e Rock Lee erano i soli con cui avesse avuto delle relazioni, ed
erano profondamente diversi tra loro. Ma Temari sapeva bene che in fondo gli
uomini erano ossessionati dal loro orgoglio, e tutti allo stesso modo.
Tanto valeva rincuorarlo. Non riusciva a vederlo bene in volto, la schiena
nuda e robusta verso di lei. Le faceva tenerezza, così insicuro e simile a un
bambino. Lo capiva.
In fondo era solo la terza volta, per lui. Era normale che fosse ancora
confuso.
“Hai ragione, però non sono sicuro che sia… giusto” mormorò a bassa voce
nel silenzio.
Un fruscìo delle lenzuola e Temari fu dietro di lui, le sue mani
che lo cingevano da dietro. Lo sentì irrigidirsi per un attimo, poi sembrò
rilassarsi contro il suo corpo.
“Se con me ti senti bene, non c’è nulla di male in tutto questo, Rock Lee.
Non c’è nulla di sbagliato nel lasciarsi andare, qualche volta. E poi noi due
ci frequentiamo da mesi, ormai.”
Non le aveva risposto. Non subito.
“Scusami, hai ragione. Suppongo che sia ancora presto, Temari.”
La jonin sorrise, distendendosi pigramente sotto le lenzuola.
“Per farci l’abitudine? E’ comprensibile!”
Rock Lee ricambiò il sorriso, raggiungendola senza più alcuna ombra di
imbarazzo.
“Già, immagino.”
Ma noi… cosa siamo, noi?
In un attimo era accanto a lei, sprofondato nel sonno, i lineamenti
rilassati.
Quella domanda, però, l’aveva tormentata per tutta la notte, fino a quando
il calore del corpo di Lee vicino al suo non le aveva conciliato il sonno.
Si era abbandonata alla stanchezza. Poi, all’alba del giorno seguente,
Temari era ripartita per Suna come faceva sempre, senza riuscire a darsi una
risposta.
Era diventata presto un’abitudine, la loro.
“Sì, ma… credevo che il tuo tipo fosse più simile a Shikamaru.”
La voce del chunin la riportò velocemente alla realtà.
“Tra me e Shikamaru è finita da tempo. E poi io non sono una ragazzina che
si ferma alle apparenze. Tu mi piaci, Rock Lee. Così come sei. Ero convinta che
lo avessi capito. Oppure pensavi che ti considerassi un semplice passatempo?
Non sono quel tipo di donna, sai” gli rispose con un certo fastidio.
“Hai ragione…”
Le rivolse un sorriso pieno di gratitudine, gli occhi che brillavano.
“Tu non sei come le altre ragazze, Temari. Prima di conoscerti meglio, ero
innamorato di Sakura. La amavo con
tutto me stesso, davvero. Però da quando sei arrivata tu, io… hocome la sensazione di averla dimenticata.”
“Anch’io mi sono chiesta per quale motivo lo stessi facendo, lo ammetto.
Pensavo non mi sarei mai più legata a nessuno, dopo Shikamaru. Però, c’è
veramente qualcosa che mi spinge a
starti vicino, Rock Lee. Io lo paragono alla forza del vento. E’ qualcosa di
incomprensibile, di indomabile. Non posso farne a meno, credimi.”
Temari parlava in tono sincero.
Profondamente colpito da quello che gli stava dicendo, Lee si ritrovò a
corto di parole.
“Sei un tipo forte, determinato” proseguì la kunoichi. “Riesci a farmi
ridere. A fare ridere una come me, ti
rendi conto? Mettiamola così: non sono molti, i ragazzi con le tue doti, e tu…
bè, non c’è che dire. Sei persino riuscito a farmi piacere i fiori, anche se solo quelli del deserto.”
Scosse la testa, incredula. Non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe
detto cose simili a un ragazzo come Lee, l’ultimo che un tempo avrebbe preso in
considerazione.
“Ti assicuro che sei come una boccata d’aria fresca, per me, dopo
Shikamaru. Non dovresti esserne felice?”
“Io…”
“Non devi sentirti in colpa per Sakura.”
“Non sto pensando a Sakura!” ribattè deciso. “Ormai non riesco a toglierti
dalla mia testa, è per questo che volevo vederti!”
“Ah, è così?”
La kunoichi si sentì intimamente compiaciuta, le parole di Lee che si
ripetevano nella sua mente come un’eco infinita.
“Non credevo che sarebbe mai successo, eppure tu ci sei riuscita… mi hai
aiutato ad andare avanti e a smettere di illudermi. Mi hai aperto gli occhi. Mi
apprezzi per quello che sono. Hai lasciato che mi innamorassi di te, e io… volevo ringraziarti, Temari.”
Come al solito parlava fin troppo, per i suoi gusti.
La jonin si mosse verso di lui per baciarlo, e Lee la strinse a sé con fare
protettivo, accorciando rapidamente le distanze.
Le loro labbra si incontrarono per alcuni attimi, si lasciarono andare a
quello che entrambi provavano con la stessa intensità.
“Sono io che devo ringraziarti, stupido” mormorò Temari non appena si
separarono.
Ormai non aveva più dubbi. Anche lei provava inequivocabilmente gli stessi
sentimenti che agitavano Rock Lee come il vento che scuote con impeto le fronde
degli alberi.
Coming soon:
Combatteva per proteggere quello in cui credeva,
le persone che amava.
Oltre a Gaara e Kankuro, ora Temari doveva
proteggere se stessa, fare in modo di sopravvivere… perché quello era l’unico
modo di rivedere Rock Lee.
**
Ciao a tutti! Con questo capitolo fin troppo romantico, dopo tanti ripensamenti i due si sono
definitivamente dichiarati, e mancano solo tre capitoli alla conclusione della
fic, con la guerra che entrerà nel vivo portandosi dietro tante sofferenze… ok
basta, la smetto, ma siete avvertiti! XD
Ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la fic alle preferite, alle
seguite, e che hanno commentato lo scorso capitolo. Andando con ordine:
Neko88: Sì sì concordo, Lee è un amore ed è così
cavalleresco da fare tenerezza! ^^ Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia
piaciuto nonostante non ami il troppo romanticismo, grazie ancora per il
commento!
Lady of Evil Nanto86: Non è mai facile scrivere una “lemon”,
soprattutto tra due personaggi come Lee e Temari, e sono contenta che quella
dello scorso capitolo ti sia piaciuta abbastanza. Volevo mantenerli IC anche
nella scena clou, e da quello che dici, mi sembra di esserci riuscita… grazie
mille per i complimenti e per il commento! Per la GaiKure, bè, dispiace
anche a me, ma non è detto che comunque non ci scriverò mai qualcosa che li
riguardi J
Rose of the desert: Una new entry tra i lettori fa sempre
piacere, e tu poi, mi hai sommersa di complimenti! *__* Ti ringrazio tanto,
addirittura mi paragoni a una scrittrice! Mi fa piacere che la fic ti abbia
preso nonostante all’inizio non ne fossi convinta… grazie ancora!
Shessomaru_junior: Sono contenta che il capitolo ti sia
piaciuto nonostante non fosse il tuo genere! Mi dispiace deluderti ma come vedi
ho deciso di lasciare il ritorno di Temari al villaggio all’immaginazione dei
lettori… anche se comunque non credo che Gaara e Kankuro gliene abbiano dette
di tutti i colori perché ha passato la notte con Lee XD
In fondo lei è già maggiorenne, comunque la guerra con i morti e i feriti si
comincerà a vedere dal prossimo capitolo.
Beat: Lieta che li trovi una coppia bellissima!
Piacciono molto anche a me, ed è un peccato pensare che non si realizzerà mai,
ma pazienza… sono contenta che li hai trovati giovanili e che la storia
continua a piacerti, grazie ancora per il commento e i complimenti! *__*
E con questo vi lascio! Mi aspetta una vacanza in Calabria, quindi
aggiornerò la fic appena sarò tornata (più o meno).
Temari non ricordava più cosa significasse vivere in pace, ormai… se di
pace si poteva veramente parlare
nelle terre dei ninja.
Le vittime non si contavano più neanche tra gli innocenti.
Quello di ninja era il loro lavoro, un lavoro come un altro… o almeno era
quello che chiunque del suo stesso livello avrebbe
dovuto pensare.
Non riusciva a restare impassibile davanti a tanta morte e distruzione.
I suoi occhi si soffermarono su qualcosa disteso sul terreno.
Una volta, doveva essere stato un bambino.
Tutto quello che ne restava ora, era un cumulo di arti scomposti e
insanguinati.
A poca distanza i corpi di quelli che probabilmente erano stati i suoi
genitori.
Era impossibile stabilire quale fosse l’uomo e quale la donna.
I loro resti erano così sfigurati e maltrattati che malgrado fosse abituata
a quel genere di vista, Temari dovette trattenere un conato di vomito.
Era il loro lavoro. Faceva parte della vita di ogni ninja di qualsiasi
paese, eppure…
Come aveva potuto anche solo pensarlo?
Com’era possibile pensare di abituarsi
a qualcosa di simile?
Non lo dava a vedere, ma le labbra di Temari si contraevano ogni volta che
i suoi occhi si soffermavano sul cadavere dilaniato di un uomo, donna o bambino
che fosse e che era capitato lì per caso, senza nessuna colpa.
Gente che non era stata in grado di salvarsi, gente che lei e gli altri ninja non erano riusciti
a proteggere…
Cercava di non darlo a vedere, certo, ma Temari
provava un’incontenibile rabbia, simile alla furia del vento del deserto
durante una tempesta, mentre la sua gente e quella di Konoha cadeva e moriva
sotto i colpi di un nemico sempre più spietato.
Strinse i pugni con forza, fino a incidersi i palmi delle mani.
Non le importava se stava sanguinando.
Il suo dolore non poteva essere paragonabile a quello che tanta gente stava
sopportando a causa della guerra.
Impossibile fare paragoni. Lei era ancora viva.
Ferita nell’animo, ma viva.
Loro, invece, erano morti. Morivano.
Morivano ogni giorno, anche se
lei cercava di impedirlo.
Era inutile.
Non aveva alcun potere contro la crudeltà della guerra e l’inevitabilità
della morte.
La jonin, a capo della squadra che aveva formato su ordine di Gaara, fece
un cenno ai suoi uomini.
Si lanciarono in battaglia dando il meglio di se stessi, falciando il
nemico senza pietà.
Era questo il modo in cui Temari dava sfogo alla rabbia incontenibile che
la agitava nel profondo, e del resto era l’unico che conosceva.
L’unico che poteva permettersi senza riserve.
Lei era un ninja.
Era nata per questo.
Eppure, era anche e soprattutto una donna.
Nella sua mente Rock Lee, il suo coraggio e il suo sorriso le davano la
forza di andare avanti e combattere.
Non faceva altro che pensare a lui, in quei giorni sempre più cupi e
intrisi di violenza,volti al
combattimento e alla lotta disperata per difendere quello in cui entrambi
credevano.
Combatteva per proteggere tutto quello in cui credeva, le persone che
amava.
Era ancora viva.
Doveva vivere.
Oltre a Gaara e Kankuro, Temari doveva proteggere se stessa, fare in modo
di sopravvivere… perché quello era l’unico modo di rivedere Rock Lee.
“Ce n’è ancora uno.”
Gai aveva parlato in un sussurro appena udibile, eppure Lee l'aveva sentito alla
perfezione, forte della trasmittente che il maestro gli aveva consegnato due
ore prima che avesse inizio l’ennesimo attacco del nemico.
“Lo so. Lo sto inseguendo. Me ne occupo io.”
“Fai attenzione, figliolo.”
“Certo. Ci vediamo al punto di raccolta che abbiamo concordato. Chiudo.”
Rock Lee si lanciò tra gli alberi, veloce e fulmineo come il vento, i
contorni della sua figura appena distinguibili nel verde della foresta.
Erano in terra straniera, ma lui non aveva paura.
Conosceva bene la conformazione del territorio, ormai.
Chissà come se la stavano cavando, Neji e Tenten.
Si erano separati poche ore dopo l’inizio della missione, ma quei due erano
forti.
Forse avevano già eliminato metà dei nemici che si nascondevano nella zona.
Pattugliavano la foresta uccidendo chiunque si parasse loro davanti.
Era un compito che Lee detestava, ma era la guerra, e non c’era niente che
potesse fare, in quanto ninja, a parte uccidere i nemici che gli si paravano
davanti.
In quanto essere umano, avrebbe voluto nascondersi da qualche parte e
chiudere gli occhi, quasi scomparire.
Ma non poteva scappare. Non doveva scappare.
Ne dipendeva la salvezza dell’intera Konoha, di tutto il paese del Fuoco…
La sua salvezza e quella dei suoi sogni, i desideri dei suoi compagni e del
maestro Gai, le vite di tutti quelli che conosceva…
La possibilità di stringere Temari ancora
una volta prima che tutto fosse finito.
Doveva sopravvivere, non solo per se stesso e i suoi amici, ma soprattutto
per lei.
Raggiunse la radura in cui il nemico si nascondeva, e rimase celato tra
gli alberi, osservando la situazione.
C’era un uomo, sotto i suoi occhi. Perfetto.
L’aveva raggiunto, e sembrava che si stesse riposando.
Avrebbe finito in fretta. Si trattava di un chunin, ed era l’unico
sopravvissuto del gruppo che aveva affrontato prima insieme al resto della sua
squadra.
Approfittando del fatto che stava riprendendo fiato, Rock Lee gli lanciò
contro un kunai per avvertirlo della sua presenza.
Il nemico lo evitò e si mise in posizione di difesa.
Gli piombò addosso atterrandolo con un calcio ben mirato, mandandolo a
sbattere contro il tronco più vicino.
“Fatti sotto! Che cosa aspetti?” lo incitò mantenendo i nervi saldi, un
braccio teso davanti a sé e uno dietro la schiena, i piedi ben piantati sul
terreno erboso mentre si preparava al combattimento.
Ma con sua grande sorpresa, il ninja si mise a ridere.
“Figliolo, ormai non c’è nulla che possa fare, per combattere. Sono rimasto
ferito nello scontro di prima da uno dei tuoi compagni, e come vedi non sono in
grado di usare le braccia. Tutto quello che mi resta è la fuga.”
“Ma cosa stai…”
Era vero. Aveva le braccia fuori uso. Opera di Neji, sicuramente.
“Capirai anche tu che non è affatto onorevole, per un ninja, fuggire dal
nemico. Preferisco morire qui, piuttosto che continuare a scappare come un topo
dal gatto.”
Rock Lee mantenne la posizione di difesa, sentendosi improvvisamente la
bocca asciutta.
Quel ninja nemico gli stava forse chiedendo di… ?
“Avanti, lo so che mi capisci. Sai bene di cosa sto parlando. Questa guerra
non ha senso, e non c’è altro modo per liberarsene… a parte la morte. Ho visto
troppi compagni morire inutilmente, troppe vittime innocenti. Che cosa aspetti?
Uccidimi adesso. Se mi lasci sopravvivere, la mia esistenza sarà macchiata in
eterno dal disonore. Preferisco finirla adesso, piuttosto che…”
“Stai zitto!” gridò Rock Lee, incapace di ascoltare oltre.
Quei discorsi lo stavano facendo innervosire, e non riusciva a pensare
chiaramente, una goccia di sudore che gli scivolava lungo il mento per via
della tensione.
Cosa stava dicendo, quel ninja? Non erano forse le stesse cose che pensava anche lui?
“Cos’è? Non sei capace di uccidere?” lo provocò quello, con una mezza
risata. “Lo sapevo… i ninja della Foglia sono tutti dei rammolliti. Non sei
nient’altro che un ragazzino che si illude di combattere per qualcosa che valga
la pena di proteggere. Se proprio vuoi saperlo le cose stanno così, e te lo
dico per l’ultima volta: non c’è niente a questo mondo… niente, per cui valga la pena di vivere. E faresti bene ad aprire
gli occhi.”
Rock Lee si rifiutava di credergli. Era un nemico.
Stava solo cercando di confonderlo.
Però quel nemico… era un essere umano, oltre che un ninja proprio come lui.
I ninja della Foglia non erano dei rammolliti. Neanche lui lo era.
Con che diritto giudicava lui e i suoi valorosi compagni, le loro
indiscusse capacità?
Stavano dando l’anima per la salvezza del loro paese e dei loro sogni…
valeva la pena di crederci e combattere per quel qualcosa di importante in cui
tutti avevano fede.
“Un vero ninja non conosce la pietà, né indugia prima di colpire un nemico…
non sei altro che un falli…”
“Non sono un fallito!”
Prima che potesse andare oltre, Rock Lee lo colpì alle costole con un pugno,
facendolo sprofondare nel terreno, pervaso di chakra, rabbioso e ferito nel suo
orgoglio di essere umano.
Gli aveva frantumato le costole con un solo colpo, realizzando il suo
desiderio di andarsene nell’altro mondo per sfuggire a quell’assurda guerra che
stava distruggendo molte vite con crudeltà, strappando loro i sogni che
costituivano la loro forza.
Lo aveva ucciso come lui gli aveva chiesto.
In preda all’orrore, Rock Lee fece un passo indietro.
Perché?
Perché sta succedendo tutto questo?
“Tutto bene, Lee?”
“Missione compiuta, maestro Gai. La raggiungo tra qualche minuto.”
Ancora scosso dalle parole dell’ennesimo ninja a cui aveva tolto la vita,
Lee lanciò un’ultima occhiata al corpo che giaceva sul terreno, quindi gli
voltò le spalle.
Non era vero… lui aveva qualcosa
per cui combattere, qualcuno che doveva rivedere prima della fine. Quel ninja
si era sbagliato. In realtà però aveva ragione.
Questa guerra non aveva alcun senso. Nessuna guerra l’aveva mai avuto.
Rock Lee non riusciva a dormire, la legna del falò che si consumava
rapidamente sotto i suoi occhi.
Dato che era sveglio aveva deciso di occuparsi del fuoco, ravvivandolo
quando necessario.
Guardare le fiamme che si agitavano lo faceva pensare alla guerra e alla
sua bruciante, devastante violenza che tutto corrodeva… non pensava ad altro da
ore, ormai.
Avvertì un movimento poco lontano da lui, e si accorse che anche Gai era
sveglio.
L’uomo gli rivolse un sorriso paterno e per un attimo Lee fu tentato di
gettarsi tra le sue braccia e non pensare più a niente, ma ci ripensò in tempo.
In fondo non era più un bambino, anche se la tentazione era forte.
Il maestro lo raggiunse e si sedette al suo fianco in silenzio, attento a
non svegliare Neji e Tenten che dormivano dall’altra parte del falò nei loro
sacchi a pelo, e Lee cercò di non incontrare il suo sguardo, mantenendo gli
occhi sul fuoco che aveva davanti.
“Non riesci a dormire, figliolo? Cosa c’è? Sai che se c’è qualcosa che ti
dà noia puoi parlare con me in qualsiasi momento. Dopotutto, io sono qui anche
per questo!” disse Gai a mezza voce, in tono confidenziale e rassicurante.
“La guerra, maestro Gai. Mi chiedo se abbia veramente un senso, quello che
stiamo facendo” mormorò Rock Lee sollevando appena il mento.
Era sempre stato facile parlare con Gai.
Non aveva senso nascondergli qualcosa.
Il jonin lo avrebbe capito in ogni caso alla perfezione, talmente era forte
il legame che li univa da anni.
“Neanch’io credo che ce l’abbia” ammise Gai assorto, gli occhi rivolti
verso il fuoco che disegnava sul suo volto provato delle strane ombre. “Ma sai
com’è… noi siamo ninja, e soprattutto uomini. La guerra esiste da sempre, è
nella nostra natura. Non ci resta che combatterla nella speranza di costruire
un mondo migliore… sia da uomini che da ninja.”
Si voltò a guardarlo negli occhi, e il giovane non potè fare a meno di
ricambiare l’occhiata, incapace di distogliere l’attenzione dalle confortanti
parole del maestro.
“Sono tempi difficili per la
Foglia e quelli come noi. Inutile fare finta che non sia
così, ma io e te, Rock Lee… non siamo tagliati per questo genere di cose. Non
mi è mai piaciuto uccidere, e so che è così anche per te, ragazzo mio. Noi due
siamo molto simili, e poi… lo vedo dall’espressione dei tuoi occhi.”
Respingendo un groppo che gli si era formato in gola, il ragazzo annuì
lentamente, invaso da sensi di colpa che non riusciva ad allontanare.
“Ma… dobbiamo andare avanti e guardare al futuro, Rock Lee. E’ difficile,
ma ricordati per cosa combattiamo.
Non si tratta di proteggere la
Foglia, no. Non solo. Noi dobbiamo proteggere le persone che
amiamo, costruire per loro e per quelli che verranno un mondo migliore, in cui
i nostri figli possano vivere felicemente. Io ci credo fermamente, Lee.”
Gli stava sorridendo con così tanta determinazione, che il giovane si sentì
invadere da una nuova forza. La forza della speranza che traspariva dalle
parole del suo maestro e che stavano allontanando tutti i suoi dubbi in un
baleno, facendolo sentire meglio.
“Combatti… combatti questa guerra fino in fondo, e pensa solo a proteggere
coloro che ami. Non permettere alla sofferenza di piegare il tuo cuore. So che
è difficile, ma solo così potrai realizzare i tuoi sogni… e anche i miei.
Vorrei solo vederti felice, Rock Lee. E’ per proteggere te, perché voglio che tu sopravviva, che io combatto da quando
la guerra è cominciata.”
I loro occhi si incontrarono nuovamente. Lee sapeva che era la ragione di
vita di Gai da anni, ma sentirgli dire che combatteva solo per lui lo riempiva
di gioia e di orgoglio.
“Diventa il ninja più forte. Non deludermi mai. Vai avanti fino alla fine.”
Non l’avrebbe deluso. Avrebbe seguito i suoi consigli e sarebbe
sopravvissuto pensando a proteggere lui e le persone che amava… Temari.
“La ringrazio, maestro Gai. Io… farò del mio meglio, glielo prometto!”
riuscì a dire, asciugandosi una lacrima nel tentativo di apparire forte e
allontanare la commozione.
“Non piangere, figliolo! Andrà tutto bene, vedrai!” disse allegro il jonin
al suo fianco, dandogli una pacca sulla schiena. “E ora, sarà meglio cercare di
riposare. Domani dobbiamo fare ritorno alla Foglia. E chissà cosa ci
aspetterà.”
“Ha ragione. Meglio essere pronti a qualsiasi sfida!”
Lee si addormentò di lì a poco, rassicurato dalle parole del maestro.
Insieme all’immagine del volto di Temari, erano l’unica cosa in grado di
dargli la forza di continuare a lottare l’inutile guerra in cui si ritrovavano
invischiati da mesi… e che forse era appena agli inizi.
Coming soon:
Temari trattenne il respiro, immobile, mentre un
vento improvviso frustava entrambi senza pietà trascinando con sé innumerevoli
foglie dei dintorni.
Quando Rock Lee si voltò verso di lei non c’era
alcuna traccia di lacrime, nei suoi occhi.
Non voleva mostrarle la sua debolezza. Che
stupido. Lei era lì anche per quello.
**
Ciao a tutti, miei fedeli venticinque lettori!
So benissimo di non aver pubblicato niente per ben tre mesi, ma le vacanze
estive e gli esami di settembre, nonché l’inizio delle lezioni, hanno inciso
profondamente sulla mia ispirazione. Per non parlare del fatto che mi sono
appassionata a Tengen Toppa Gurren Lagann e quindi la mia mente è più lontana
da Naruto rispetto a quando ho iniziato a pubblicare la fanfiction. Però non
l’ho dimenticata, e presto sarà davvero completa (anche se ho ancora dubbi sul
modo in cui concluderla).
Ringrazio tutti quelli che hanno letto e commentato lo scorso capitolo, e
in particolare:
Lady of Evil Nanto86: Grazie per gli auguri, anche se in
ritardo! Le vacanze si sono rivelate abbastanza buone, e spero sia stato lo
stesso anche per te I tuoi commenti su Lee e Temari mi fanno
sempre piacere, comunque leggere qualcosa di tuo sulla coppia GaixKurenai non
mi dispiacerebbe (ho già letto le fic che hai già pubblicato e credo di volerne
ancora) A presto e grazie ancora!
Shessomaru_junior: Grazie per i complimenti! Hai ragione, ci
saranno delle vittime nei prossimi capitoli, anche se ho ancora le idee poco
chiare. A presto!
Beat: I tuoi complimenti mi fanno emozionare!
*_* Ti ringrazio e spero che anche questo capitolo (un po’ diverso dai soliti)
sia stato di tuo gradimento
Neko88: A chi lo dici! *_* Secondo me dimenticare
Sakura gli farebbe solo del bene… magari succedesse nel manga! Grazie ancora
per i complimenti!
Devo dire che gli ultimi capitoli del manga hanno riacceso il mio interesse
per Naruto. Non voglio spoilerare, ma sta per scoppiare davvero una guerra come
intuito in tante fanfiction come questa… Non che non fosse prevedibile, ma
averne la conferma mi fa pensare di avere dei poteri strani… ok, ora smetto di
delirare, ci vediamo al prossimo capitolo!
Il mondo, quello di una volta, non esisteva più, spazzato via dal conflitto
in un battito di ciglia.
C’erano state tante perdite, troppe.
I villaggi – quelli rimasti, si reggevano in piedi a malapena, ed era
impossibile prevedere quanto ancora sarebbero durati.
La situazione era andata a peggiorare giorno dopo giorno, mese dopo mese.
Anno dopo anno.
Le avvisaglie della guerra erano cominciate a comparire all’orizzonte da
quando l’Alba si era messa alla ricerca delle Forze Portanti.
Avevano strisciato nell’ombra, insinuandosi lentamente nelle vite dei ninja
di Konoha per distruggerle. Non solo.
La guerra aveva investito tutte le terre dei ninja, dilaniandole senza
pietà.
Ora, era troppo tardi per pensarci. Troppo tardi.
Una giovane donna dai capelli color grano stretti in quattro codini e dagli
occhi verdi si aggirava per le strade di quello che una volta era stato il
glorioso, ridente villaggio della Foglia.
Lo stesso villaggio che col tempo, era diventato molto simile ad una
seconda casa, per lei.
Non era altro che un pallido fantasma di quello che era stato, i volti dei
suoi abitanti solcati da linee di profondo dolore, la loro preoccupazione
perfettamente percepibile.
Temari camminava lentamente, e i suoi passi sfioravano il terreno leggeri
come il vento, come se lei stessa fosse un fantasma, soltanto l’ombra di quello
che era stata.
La gente per strada si affannava a ricostruire alla meglio il villaggio per
il quale aveva sempre lottato, e che avrebbe continuato a proteggere fino alla
distruzione più totale.
L’ospedale, ricostruito da poco con mezzi di fortuna, era sovraffollato dai
feriti, brulicante di vittime che vi si annidavano come formiche.
Le si strinse il cuore. C’erano stati tanti morti, lei lo sapeva bene. Non
avevano perso i contatti con Konoha per un solo momento da quando era
cominciata, e lei stessa aveva combattuto a fianco dei ninja che non
considerava più soltanto degli alleati.
E se anche lui fosse… ?
“Temari!”
Una voce familiare.
“Shikamaru!”
Le andò incontro con un mezzo sorriso, e la jonin sospirò di sollievo.
Aveva finalmente incontrato qualcuno che conosceva, un amico che potesse
informarla di come stavano le cose… per quanto lei avesse timore della risposta
alle domande che affollavano disordinatamente i suoi pensieri da quando si era
verificato l’ultimo attacco.
“E’ stato difficile questa volta, ma siamo ancora tutti interi, se è
quello che ti stai chiedendo.”
Si ritrovarono l’uno davanti all’altra, scrutandosi a vicenda, il volto di
Temari che rifletteva un’angoscia che non era in grado di nascondere del tutto.
“Anche noi siamo pronti a sostenervi nonostante le… grosse perdite. Questo
lo sai.”
Silenzio. Si stupì dell’insicurezza nella sua voce.
“Sei venuta per lui, non è così?” le chiese Shikamaru in tono fermo.
Se n’era accorto. Era così evidente… come negarlo?
Ormai non era più un segreto, né avrebbe avuto senso mantenerlo come tale.
“Sì. Ho saputo che il suo maestro…”
Deglutì, ma senza risultato. Non riusciva a trovare le parole adatte.
Tale era l’angoscia che la opprimeva.
“Purtroppo non c’è stato niente da fare, per lui” disse cautamente l’uomo
che aveva di fronte, volgendo lo sguardo altrove per un attimo in balìa dei
ricordi, il volto di Asuma che, lei ne era certa, riaffiorava istintivamente
nei suoi pensieri. “Però Rock Lee è sopravvissuto.”
Temari sospirò dal sollievo, la mente leggera per la prima volta dopo
interi giorni vissuti nel dubbio.
Non chiese a Shikamaru come stava. Poteva immaginarlo alla perfezione.
Non gli chiese dove poteva trovarlo. Il suo corpo conosceva già la
risposta.
“Ti ringrazio, Shikamaru.”
Dopo un’ultima occhiata che lui ricambiò con un sorriso appena accennato,
Temari corse nella direzione opposta, colma di gratitudine.
Lo trovò davanti alla lapide che recava da sempre i nomi dei ninja caduti
per il loro villaggio, gli occhi rotondi segnati da profonde occhiaie fissi
sulla riga dedicata a Gai Maito, simbolo insufficiente e inadatto a tramandare
nei secoli tutto quello che era statoper
lui e per gli altri ninja della Foglia.
“Ciao, Temari. Alla fine sei riuscita a tornare.”
Di spalle, aveva parlato in un tono che non tradiva alcun dolore.
Non riusciva a scorgere il suo viso.
“Sono contento. Volevo vederti un’ultima volta, prima… che fosse troppo
tardi.”
Temari trattenne il respiro, immobile, mentre un vento improvviso frustava
entrambi senza pietà trascinando con sé innumerevoli foglie dei dintorni.
Quando Rock Lee si voltò verso di lei non c’era alcuna traccia di lacrime,
nei suoi occhi.
Non voleva mostrarle la sua debolezza. Che stupido. Lei era lì anche per quello.
Nonostante Temari sapesse cosa stava provando veramente davanti alla tomba
del suo amato maestro, le stava rivolgendo un sorriso pieno di speranza e
determinazione, smorzato appena dal suo reale stato d’animo.
“Sai, Temari, ho deciso. Farò di tutto per vendicarlo. Ti prometto che la
guerra finirà presto e che sopravviveremo entrambi, per vedere il mondo che
verrà. Noi dobbiamo sopravvivere,
perché è quello per cui lui si è
battuto fino alla fine. Ed è quello che voglio anch’io. Non permetterò che avvenga
il contrario!”
Cercava di farle forza, di rassicurarla con tutto se stesso nonostante la
perdita del suo maestro lo avesse lacerato nel profondo.
Le stava sorridendo per mostrarle che “andava tutto bene”, che dopotutto la
situazione sarebbe tornata come quella di un tempo, che tutto si sarebbe
risolto.
Come ai vecchi tempi, quando la guerra e il dolore erano ancora lontani…
Lo stava facendo per lei.
Soltanto per lei.
Temari lo raggiunse camminando lentamente, gli occhi fissi in quelli di
Rock Lee.
Non appena furono uno davanti all’altra, la jonin si strinse a lui incapace
di trattenere il sollievo, felice che fosse sopravvissuto ancora una volta.
“Stupido… sei uno stupido!” mormorava a mezza voce.
“Hai ragione. Mi dispiace… ti ho fatto preoccupare, ma ora è tutto a posto,
Temari.”
L’abbraccio di Lee le trasmetteva un calore e una sicurezza mai provati, la
certezza che lui l’avrebbe sempre protetta e sostenuta con tutte le sue forze
anche ora che il mondo che conoscevano stava per essere spazzato via per
sempre.
Forse quella era l’ultima volta che avevano
modo di vedersi.
Si sentiva del tutto a suo agio, tra le sue braccia.
Le mani di Lee, libere dalle bende, segnate da anni di duro allenamento,
erano morbide e delicate nello sfiorare il suo corpo, quasi come se avesse
paura di rovinarlo.
Temari amava quel tocco che nel corso del tempo, aveva acquistato una
sempre maggiore sicurezza.
Di lì a poco vi si abbandonò percorrendo a sua volta quello flessuoso e
allenato del ninja della Foglia, i muscoli ben delineati perfettamente
percepibili sotto le sue dita.
Lo conosceva alla perfezione, ma si stupì delle sensazioni che
provava nello sfiorarlo, vivide come se fosse la prima
volta.
Decisa a marchiarsi nella memoria quegli ultimi momenti che avevano deciso
di concedersi e che appartenevano unicamente a loro, Temari si strinse a Lee
incapace di resistere oltre, e attento a non pesare su di lei, il giovane fece
lo stesso, attirandola a sé ancora una volta.
Le loro labbra si cercarono nella semi-oscurità del loro rifugio
improvvisato in un bacio dolce ma allo stesso tempo intriso di disperazione: la
consapevolezza che quella poteva essere l’ultima
volta investiva entrambi con la stessa intensità, lasciandoli entrambi
privi di respiro mentre traevano conforto dal calore reciproco dei loro corpi.
Cercando di imprimersi nella mente l’indescrivibile sensazione che essere con
Temari gli procurava, Lee si spinse in lei, gli occhi fissi in quelli
della donna che aveva imparato ad amare, il suo sguardo che rifletteva una
felicità dolce e amara, la stessa che anche lui provava.
Fu come se il resto del mondo non avesse più importanza.
Succedeva sempre così… ma questa volta era irrimediabilmente diverso.
Dopo averla baciata teneramente ancora una volta, lasciò che Temari lo
circondasse con il calore del suo corpo.
Cercando di facilitare i suoi gesti, affondò le dita nelle sue spalle adeguandosi
ai suoi movimenti, e in breve si lasciò andare del tutto, la mente sgombra da
ogni pensiero che non riguardasse Lee e il fatto che la stesse facendo sua per l’ultima volta.
La guerra sembrava così lontana che sembrava non esistere nemmeno.
Era impossibile per Lee distinguere dove finisse il proprio corpo provato
dalla guerra e dove cominciasse quello morbido e confortante di Temari, mentre
si fondevano in sincronia come i loro respiri, le
loro anime che cercavano di farsi forza a vicenda e che ora erano
indissolubilmente legate...
Avrebbero voluto che quegli attimi durassero per sempre. Lo avrebbero
voluto davvero.
Pochi attimi e un calore indescrivibile li avvolse all’improvviso,
lasciandoli sfiniti.
Le loro mani si cercarono, e si strinsero ancora una volta l’un l’altro,
senza smettere di tremare.
Si scostarono solo per potersi guardare negli occhi, e Temari sfiorò la
guancia di Lee con gratitudine, un sorriso che le illuminava debolmente il
volto arrossato.
Lui trasalì appena, le ciglia umide di lacrime a lungo trattenute che
inumidivano suo malgrado le dita della kunoichi.
“Sei sempre il solito, Lee” gli disse senza smettere di sorridere. “Non
devi piangere. Noi due ci rivedremo, non appena la guerra sarà finita.”
Ora era lei a fargli forza.
“Hai ragione, Temari. Ti ho fatto una promessa, e la manterrò… stanne
certa” mormorò il ragazzo asciugandosi gli occhi.
Non c’era più alcun bisogno di parlare.
Si distese accanto a lei e la strinse a sé, consapevole che era tutto
finito.
Era tutto finito.
Eppure, loro
sarebbero andati avanti.
Loro sarebbero
sopravvissuti.
Dovevano sopravvivere.
Per quello in cui
credevano…
Per gli ideali
per cui lottavano…
Per salvare se
stessi.
Perché dovevano
ritrovarsi a tutti i costi, non appena tutto sarebbe finito.
Perché era Rock Lee l’uomo di cui
le aveva parlato sua madre tanti anni prima, quando era ancora una bambina.
Era l’unico che fosse riuscito a raggiungerla sfidando l’incontenibile
forza del vento.
L’unico in grado di renderla veramente felice.
L’unico in grado di sentire amata, libera e protetta da ogni pericolo.
L’unico a cui avrebbe voluto legarsi per sempre.
Ne aveva appena avuto la conferma, e avrebbe lottato fino alla fine perché
i sogni di entrambi si realizzassero.
Si salutarono qualche ora più tardi, senza rimpianti e senza più alcun
timore, le parole di Lee che riecheggiavano nelle menti di entrambi con tutta
la loro forza illuminando i loro occhi di una nuova determinazione.
Ti prometto che la guerra
finirà presto e che sopravviveremo entrambi, per vedere il mondo che verrà.
Noi dobbiamo sopravvivere,
perché è quello per cui lui si è battuto fino alla fine.
Ed è quello che voglio
anch’io.
Coming soon:
La guerra era finita davvero, ma aveva portato con
sé innumerevoli vite come il vento che si abbatte sugli arbusti e riesce a
sradicarli al suo passaggio senza pietà, anche i più resistenti.
Alcuni però, pur piegandosi sotto la sua forza,
erano rimasti comunque in piedi… avevano resistito fino alla fine.
**
Ehm… ciao a tutti! Eccoci arrivati praticamente alla fine della storia, che stranamente ha
visto la luce del 2010. Pensavo che sarei riuscita a concluderla entro
settembre del 2009, ma esami e impegni vari mi hanno impedito di concentrarmi
sulla stesura come si deve! Comunque cercherò di aggiornare al più presto (se tutto va bene, entro questa settimana).
Ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la fic ai preferiti o alle seguite e hanno letto fino a questo punto, e in
particolare chi ha recensito lo scorso capitolo:
Shessomaru_junior: La guerra di cui si parla dovrebbe essere
quella che nel manga è stata appena dichiarata. Comunque dato che neanch’io ho
un’idea ben precisa di quali siano gli schieramenti, ho lasciato un po’ tutto
sul vago, anche perché chi legge possa immaginarsi quello che vuole. In effetti
anche se i ninja devono essere pronti a fronteggiare anche delle guerre, non
credo siano mai preparati fino in fondo ad affrontarle.
Beat: Grazie mille per i complimenti! Il tema
della guerra è sempre difficile da gestire, e spero di essere riuscita a dare
un’idea di quanto sia devastante, anche solo in poche righe ^^
Lady of Evil Nanto86: Ciao! Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, emi fa piacere sapere di essere riuscita a
cambiare prospettiva in modo naturale e che le caratterizzazioni ti abbiano
colpito e convinto. Ero sicura che avresti apprezzato la parte con Gai… in
effetti non riesco a vederlo come un demente come altri, proprio perché non lo
è affatto! Ho cercato di mettermi nei suoi panni e in quelli di Lee e Temari,
provando a capire come la guerra potrebbe mutare il loro stato d’animo e il
loro mondo, e sapere di essere riuscita a “muovere” qualcosa dentro una fan
accanita di questi personaggi come te mi dà lo stimolo per andare avanti verso
la conclusione.
Spero mi perdonerai l’aver lasciato la morte di Gai sul vago, ma come avrai
capito dalla lettura, si è trattato sicuramente di un gesto eroico dettato dal
desiderio di proteggere il suo villaggio e i suoi compagni (non potrebbe essere
altrimenti visto il tipo che è), ed è proprio così che mi immagino una sua
eventuale dipartita nel manga. Speriamo il contrario, visto che il rischio
esiste ancora nonostante gli ultimi avvenimenti…
Mi farebbe molto piacere se tu mi dedicassi una GaiKurenai! Anche se è
passato del tempo da quando ho cominciato a leggere Naruto, sono e sarò sempre
una fan dei pairing un po’ insoliti come questo, e a dirla tutta, più
affascinanti di quelli che Kishimoto vuole proporre come canon. A presto e
ancora grazie per avermi seguito fin qui! ^^
La guerra era finita
davvero, ma aveva portato con sé innumerevoli vite come il vento che si abbatte
sugli arbusti e riesce a sradicarli al suo passaggio senza pietà, anche i più
resistenti.
Alcuni però, pur piegandosi
sotto la sua forza, erano rimasti comunque in piedi… avevano resistito fino
alla fine.
Erano passati anni da allora. Tanti anni.
Il conflitto era ormai diventato una leggenda alimentata dai racconti di
coloro che erano sopravvissuti, e il mondo era tornato quello di un tempo, reso
più luminoso dalla pace che regnava nelle Terre dei Ninja da quando Naruto
Uzumaki era diventato l’hokage del villaggio della Foglia e aveva realizzato
quello che era il suo sogno fin dalla nascita.
Sotto la sua guida, gli abitanti erano riusciti a riportare Konoha al suo
antico splendore.
Nessuno però, avrebbe mai dimenticato quello che era stato: sarebbe stato impossibile andare avanti ignorando la
ferita che aveva dilaniato a lungo le vite dei suoi abitanti e che aveva
lasciato delle profonde cicatrici dietro di sé.
Le sarebbe piaciuto fare visita alla Foglia anche solo per qualche ora, e
in cuor suo non dubitava che l’avrebbe rivista presto, nonostante non fosse più
così giovane e ultimamente i lunghi viaggi si fossero rivelati più
faticosi di un tempo, per lei.
In piedi avvolta nel suo nero kimono, Temari strinse gli occhi color
verdemare contro la figura agile e armoniosa che le si stagliava davanti
intenta a maneggiare un grosso ventaglio che la faceva apparire minuscola,
attenta a ogni sua mossa.
Le sabbie del deserto apparivano incandescenti, il sole che si inabissava
lentamente dietro le dune gettando ovunque un bagliore dorato e accecante:
presto sarebbe stata ora di fare rientro al palazzo del kazekage, constatò la
donna volgendo le spalle al tramonto.
“Devo ammettere che sei molto migliorata, ma devi ancora fare un bel po’
strada prima di diventare una Maestra del Ventaglio nota in tutte le Terre dei
Ninja come me.”
La bambina dai capelli biondi le andò incontro di malavoglia e sbuffando
d’impazienza, gli occhi di un intenso colore ebano che la guardavano carichi di
aspettativa.
“Ti prego, nonna! Voglio continuare ad allenarmi, non importa se faremo
tardi e se sono ancora troppo giovane. Insegnami tu ad essere una brava genin!”
La sua voce giovanile e concitata era così insistente da riportarle alla
memoria lontani, ma ancora vividi ricordi.
Temari le rivolse un sorriso conciliante, una mano che sfiorava teneramente
i suoi capelli arruffati: sapeva benissimo come ci si sentiva alle prese con il
ventaglio per la prima volta. Lei stessa si era lasciata pervadere da un nuovo,
fremente entusiasmo quando le era stato consegnato ai tempi dell’accademia.
Sapeva fin troppo bene, però, che l’energia della nipote non dipendeva soltanto da quello.
“Ogni cosa a suo tempo, bambina mia.”
“Ma nonna…”
“Ascolta, Midori. Voglio rivelarti una cosa.”
Un vento leggero e simile a una carezza le avvolse entrambe, i lunghi
capelli color cenere di Temari che si increspavano lievemente nella brezza del
deserto.
“Lo senti, questo? E’ il vento che ti accompagnerà per tutta la vita e ti
sosterrà da questo momento in avanti, qualunque cosa tu decida di fare… fino a
quando non sarai una vecchia e saggia ninja come tua nonna Temari. Ci sarà
tanto tempo per allenarti e fare di te una brava genin, più di quanto
immagini.”
“Ma io non voglio diventare vecchia. Ho deciso di restare una bambina per
sempre!”
Le labbra di Temari si incresparono in un mezzo sorriso.
“Parli proprio come tuo nonno. Non hai idea di quanto sia felice in questo
momento. Se potesse, ti direbbe che in te scorre la forza della giovinezza… e
che sarebbe fiero di te.”
Midori le rivolse un sorriso smagliante, il ventaglio stretto con fierezza
tra le braccia esili.
“Proprio come il papà, vero nonna? Me lo dice sempre anche lui!”
Temari ricambiò il sorriso pensando a Gai e chiedendosi quando sarebbe
tornato dalla missione che aveva intrapreso da giorni nel territorio della
Foglia, quindi prese la mano della nipotina fra le sue e si incamminò con lei
verso il palazzo del kazekage.
“Raccontami ancora della fine della guerra!” cantilenò la bimba animata da
una crescente curiosità: nonostante gliene avesse parlato molte volte sembrava
non stancarsi mai di ascoltare i suoi racconti.
“Va bene, ma per oggi è l’ultima volta” mormorò assorta nei suoi pensieri,
vagando con la mente a un ricordo vivido come se risalisse appena al giorno
prima.
“Sai, ci ho riflettuto
molto, mentre ero a Suna, e… non sarebbe una cattiva idea. Chiamarlo Gai,
intendo” disse la donna in un sussurro che si perse nel vento.
“Sarebbe… sarebbe
meraviglioso!” esclamò il jonin emozionato. “E se fosse femmina?”
Temari seppe immediatamente
cosa rispondere.
“Karura… come mia madre. E’
stata lei a insegnarmi a credere nel futuro, oltre a un ninja di mia conoscenza.
E di questo non la ringrazierò mai abbastanza.”
Rock Lee le rivolse un
sorriso luminoso, colmo di speranza.
“I germogli nascono persino
nei momenti più difficili. Spetta a noi curarli e farli crescere nel migliore
dei modi nel mondo di pace per cui abbiamo combattuto duramente. In fondo è
proprio perché la nuova generazione un giorno possa farne tesoro e fare posto a
quella vecchia, che abbiamo deciso di costruirlo!”
“Sono sicura che ne saremo
all’altezza” disse Temari fieramente.
“E il piccolo Gai sarà il
degno successore di quello originario, vedrai! Gli insegnerò tutto quello che
c’è da sapere sulla forza della giovinezza, e… ah, ovviamente vale anche per
Karura!”
Temari sorrise divertita:
c’era da aspettarselo che il discorso avrebbe presto preso questa piega.
“Prima di tutto dominerà il
vento, piuttosto! Poi, verrà il resto.”
“Questo è ancora tutto da
decidere, Temari!”
Gai si era rivelato un maestro di arti marziali proprio come Lee.
Quello stupido l’aveva avuta vinta, ma dopotutto col tempo anche la jonin
si era presa le sue piccole soddisfazioni: la figlia di Gai sembrava nata per
dominare il vento proprio come lei. Mentre raccontava alla nipote di quando si
erano ritrovati al termine della guerra e aveva dato alla luce l’unico figlio
del ninja della Foglia, a Temari venne in mente un altro ricordo, vivido e
splendente come erano stati i giorni immediatamente successivi alla
dichiarazione di pace e alla nomina di Naruto come nuovo hokage di Konoha…
Sotto il sole di
mezzogiorno, la lapide che da sempre aveva commemorato i caduti del villaggio
della Foglia era più lucente che mai, quasi abbagliante.
Incurante del mondo che lo
circondava, un giovane sui ventisei anni teneva gli occhi fissi su un nome in
particolare.
Era un jonin ora, era diventato
un uomo a tutti gli effetti.
Aveva lottato fino alla
fine, e aveva vendicato il suo maestro sopravvivendo per miracolo.
Ma ce l’aveva fatta, e solo
questo contava.
“Ci sono riuscito.” disse,
parlando al nome inciso sulla pietra e alla donna che, alle sue spalle, le
braccia incrociate sul petto, l’aveva appena raggiunto.
“Lui sarebbe fiero di te.”
Un sorriso raggiante le
illuminò lo sguardo verdemare, il viso sfiorato appena da un vento leggero,
simile a una carezza.
“Lo so” le rispose
voltandosi a guardarla.
Nonostante la guerra lo
avesse investito di dolori e sofferenze, i suoi occhi rotondi erano quelli di
sempre: avevano conservato la luce pura e la determinazione che li distingueva,
e anche il suo sorriso era rimasto intatto nel tempo.
“Ho mantenuto la promessa.”
“Sapevo che il tuo maestro
non si sbagliava, e comunque me ne sono accorta da sola che quando vuoi, riesci
ad essere più testardo di me.”
Rock Lee le sorrise, quindi
le cinse delicatamente la vita, e Temari abbandonò il viso sulla sua spalla,
gli occhi al cielo limpido e pulito, in pace con se stessa.
Frammenti di un passato ancora più remoto le giunsero alla memoria
colpendola all’improvviso, e l’anziana jonin si trovò a rivivere il momento in
cui sua madre Karura aveva previsto cosa sarebbe successo nel suo futuro.
Lasciò che le parole le raggiungessero le labbra senza alcuna esitazione.
“Quando ero una bambina proprio come te e avevo cominciato ad allenarmi per
essere una genin, mia madre mi disse che ero veloce e inafferrabile, e che soltanto
un uomo sarebbe stato in grado di eguagliare la forza del vento che mi
sosteneva e di tenermi legata a sé per sempre. Voglio che tu sappia che
quell’uomo arriverà anche per te, piccola mia. In te scorre il nostro stesso
sangue… il mio e quello di tuo nonno.”
La piccola Midori, che fino ad allora l’aveva ascoltata con vivo interesse,
la guardò con i grandi occhi sgranati dallo stupore.
“Davvero?”
“Ne sono assolutamente sicura” rispose la donna con fermezza.
“Ma nonna, come fai a vederlo? Io non ci riesco.”
Temari sorrise, il volto segnato dallo scorrere del tempo ma profondamente
sereno illuminato dagli ultimi raggi di sole della giornata.
Un vento fresco e leggero accompagnava i suoi passi e quelli della nipotina
nella sabbia di Suna.
“Lui è qui intorno a noi” rispose semplicemente. “Lo so. Puoi sentirlo anche tu, in questo momento. No, non
sforzarti. Non servono gli occhi per vederlo: non sono necessari. Riesco a
sentire la sua voce nel vento da tempo, e so che non ci abbandonerà mai.”
La bambina le rivolse un sorriso raggiante, soddisfatta delle sue parole, e
corse davanti a lei, verso l’entrata del palazzo di suo zio Gaara.
Un giorno avrebbe capito. Ne era sicura.
Temari la guardò e scosse la testa, pensando che era dinamica e vivace
proprio come un ninja di sua conoscenza. Poi sospirò e sparì oltre la porta,
immersa nei suoi pensieri.
Aveva creduto tante volte, da giovane, che nessun uomo sarebbe stato in
grado di raggiungerla.
Aveva dubitato molte volte che esistesse veramente qualcuno in grado di
renderla felice.
Proprio quando si era convinta che le favole fossero soltanto delle
menzogne che non potevano avverarsi, un vento dinamico e improvviso l’aveva
scossa nel profondo con il suo calore, distruggendo la sua barriera di
diffidenza e disillusione.
Era un vento imprevedibile, che l’avvolgeva protettivo da anni…
…il vento del cambiamento aveva il nome di Rock Lee.
E non l’avrebbe mai abbandonata.
FINE
**
Ciao a tutti!
Ecco a voi la conclusione della fanfiction che mi ha tenuta impegnata per
quasi un anno e che ho voluto concludere con una visione malinconica ma
positiva, in cui i sentimenti di Lee e Temari restano vivi anche dopo la loro
morte, con il vento a legarli in eterno: devo confessare che avevo scritto un
altro finale, ma forse era un po’ troppo simile ad alcuni delle altre mie
fanfiction.
Spero di aver fatto la scelta giusta a fare un salto temporale e a
pubblicare quello che avete appena letto, ma dopotutto mi sembrava quello più
adatto vista l’atmosfera degli ultimi capitoli, e poi lo trovo veramente
romantico! ^^
Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguito fin qui, chi ha commentato, chi
ha letto soltanto, chi ha aggiunto la storia ai preferiti o alle seguite, e
semplicemente tutti quelli che sono passati di qui, e in particolare chi ha
commentato lo scorso capitolo:
Lady of Evil Nanto86: Come ti ho già fatto sapere via e-mail immaginavo
che la morte di Gai ti avrebbe fatto star male, ma come hai visto dall’epilogo
il suo spirito ha continuato a vivere nei discendenti di Lee, e mi auguro sia
una consolazione abbastanza sufficiente, anche se nessuno potrà mai sostituire
uno come lui. Aspetto la
GaiKurenai con impazienza! A presto e grazie ancora di tutto,
commenti e il resto! Sono felice che la storia ti sia piaciuta! ^^
Neko88: Mi fa piacere che lo scorso capitolo ti
sia sembrato addirittura “bellissimo” e che la parte sulla guerra di abbia
colpito. Spero che questo finale corrisponda più o meno all’happy ending che
attendevi. Grazie ancora di avermi seguito fin qui! ^^
Beat: La morte di Gai è una scelta che mi
costringo a fare controvoglia. Purtroppo era necessaria per lo svolgimento
della storia, comunque spero che questo capitolo, in cui si accenna al figlio
di Lee che porta avanti il suo spirito, ti abbia un po’ consolato ^^
Mi fa sempre piacere sapere che trovi Lee e Temari perfetti, ancora grazie
di tutto!
Bè, penso sia arrivato il momento di salutarvi, almeno fino a quando non
deciderò di scrivere un’altra fanfiction, magari con un altro pairing. Anche se
non vedevo l’ora di completarla, tutto sommato mi mancherà questa storia. Al
momento è la più lunga che abbia mai scritto, e sono veramente contenta che sia
piaciuta. Se volete, lasciate pure dei commenti, li leggerò sicuramente! ^^