Vivo per lei di Diana Abigail (/viewuser.php?uid=21705)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 - E ritorno da te - Parte prima ***
Capitolo 2: *** Cap. 1 E ritorno da te – Parte seconda ***
Capitolo 3: *** Cap. 2 - Ho bisogno d'amore - Parte prima ***
Capitolo 4: *** Cap. 2 - Ho bisogno d'amore - Parte seconda ***
Capitolo 5: *** Cap. 2 - Ho bisogno d'amore - Parte terza ***
Capitolo 6: *** Cap. 3 - Se fosse per sempre - Parte prima ***
Capitolo 7: *** Cap. 3 - Se fosse per sempre - Parte seconda ***
Capitolo 8: *** Cap. 3 - Se fosse per sempre - Parte terza ***
Capitolo 9: *** Cap. 4 - Sono già solo - Parte prima ***
Capitolo 10: *** Cap. 4 - Sono già solo - Parte seconda ***
Capitolo 11: *** Cap. 4 - Sono già solo - Parte terza ***
Capitolo 12: *** Cap. 5 - Fare a meno di te ***
Capitolo 1 *** Cap. 1 - E ritorno da te - Parte prima ***
Chapter
1 – E ritorno da te – Parte prima
Ilaria
Ho
sempre pensato che la colonna sonora sia la vera chiave di tutto. Di
un film, di un sentimento, di una storia, di una vita.
A
volte una canzone può parlare tanto di te, a volte
può parlare
tanto di voi.
Ciao,
io sono Ilaria, da poco diciottenne e, purtroppo, infognata in una
storia senza sbocchi.
A
vedermi non si direbbe, lo so bene. Amo lo studio, amo prendermi cura
di me stessa e amo girare le città d'arte. Feste e alcool
non fanno
affatto per me, ma a quanto pare le storie di sesso si.
Non
giudicatemi, non so bene come ci sono finita in questo casino, sta di
fatto che sono alla prese con una tesina d'esame e un compagno di
classe che mi spoglia appena può.
Arrossisco
al solo pensiero, eppure quando sono lì non ci sono freni.
Un
bacio rubato al cambio dell'ora nascosti dietro la colonna, uno
stupido messaggio per un appuntamento di studio approfondito
o un incontro inaspettato
di fronte a casa mia.
Ma
lui non è il principe azzurro.
Non
riceverò un regalo per qualche
“mesiversario” o un abbraccio
immotivato. Tutto ciò che fa ha lo stesso fine.
Eppure,
ripeto, non so proprio smettere. Sono un'Alessandro addicted.
Alessandro
Guardo fuori dalla finestra e
sbadiglio. Impossibile ascoltare questa lagna senza fine. Mi ci
vorrebbe una distrazione bella e buona.
Giro lo sguardo e la vedo lì,
mentre scrive i suoi appunti che probabilmente oggi studierà.
Forse.
Sorrido tra me e me, pensando a
quanto sia facile avere quello che si vuole, in alcuni casi.
Ma è lei quello che voglio? Certo,
lei non è Alice, ma comunque non è affatto male.
Adoro pensare ai
suoi gemiti o alle sue richieste assurde quando è nuda,
sotto di me.
“Perché ridi come uno scemo?”
mi chiede Walter, il mio vicino di banco.
Merda.
Quando vengo colto in flagrante
arrossisco e mi sento un idiota. Tossicchio e mi tiro su.
“Ma no, niente. Pensavo ad una
tipa” dico, salvandomi in corner.
“È figa?” mi chiede, contento
di aver trovato un argomento di conversazione.
Si,
come no, è Ilaria penso,
senza dirlo davvero. Farei la figura dello sfigato e del cazzone se
scoprisse che vado a letto con lei.
Il fatto è che Ilaria non è
brutta, ma è troppo una secchia. Ti annoia appena apre
bocca, sa
troppe cose, ed è impossibile non prenderla per il culo con
Walter.
“Diciamo che non è da buttare”
dico, tenendo a freno l'imbarazzo.
“Te la scopi?” mi chiede,
appoggiandosi contro lo schienale della sedia, incrociando le braccia
al petto.
“Si, non vivo di mano destra come
te” gli dico, appoggiandomi contro il muro.
Lui ride, io parlo sul serio.
“Amico, non sai cosa tengo dentro
il mio armadio” mi dice, facendo il bullo.
Per una volta è lui a sembrarmi il
vero sfigato.
“I giochini che usi con i tuoi
amichetti froci” gli rispondo, beffardo. Lui mi tira un pugno
e la
prof. ci richiama.
“Si può sapere di cosa state
parlando voi due?” ci chiede la Bertone, avvicinandosi.
“Di tipe prof. Mica parliamo di
giochi della playstation” dice Walter, credendosi anche
simpatico.
“Perché non andate a parlare di
tipe con il preside?” ci chiede,
guardandoci da sopra gli
occhiali.
La Bertone è la solita
professoressa di economia. In tailleur, con i tacchi che si usavano
20 anni fa e gli occhialini che starebbero bene solo ad una porno
prof.
L'immagine della Bertone seminuda mi
fa rabbrividire e mi metto a sedere, chiudendo un attimo gli occhi
per togliermi dalla mente quell'immagine raccapricciante.
“Ma no, prof. Il preside non ha i
nostri gusti in fatto di tipe” continua Walter.
“Mi dispiace non siate sulla
stessa lunghezza d'onda con il preside, ma allora perché non
andate
a raccontargli qualche bella storia? Così magari si
intenerisce e vi
lascia a casa per una breve vacanza. Che ne pensi? Fuori. Tutti e
due, ora”
Walter sei un grande. Mi hai
risparmiato questa santa messa che non ha niente di utile.
Esco dalla classe e Ilaria mi
guarda. La fisso per un momento prima di chiudere la porta e sento
che quella stronza della Bertone le dice di non farsi abbindolare da
uno come me.
Troppo tardi, prof!
Usciamo fuori e ci facciamo una
canna. Ilaria odia l'odore e il gusto che la canna mi lascia, ma
proprio non riesco a rinunciare a qualcosa per lei.
“State insieme?” mi chiede
Walter, dopo qualche tiro.
“Chi?” chiedo, guardandolo.
“Tu e la tipa. State insieme?”
mi ripete, con una nuvola di fumo.
“No. Non fa per me” rispondo,
guardando a terra.
“Allora sei proprio un grande. Ci
sta ogni volta?” mi chiede, manco fosse un terzo grado.
“Quando non mi faccio le canne”
gli rispondo, ridendo.
Ride anche lui e ci sediamo sul
muretto.
Alzo la testa verso il cielo e una
nuvola di fumo esce dalla mia bocca, appannandomi la vista. E penso a
lei, ai suoi capelli biondi e quel suo atteggiarsi da donna. Alice.
È
lei quella che voglio.
Magliette scollate, minigonne,
capelli raccolti in una coda alta, orecchini a cerchio.
È fottutamente provocante ogni
volta.
“Pensi a lei?” mi chiede Walter,
interrompendo i miei pensieri.
“No. Lei non è quasi mai nei miei
pensieri” gli rispondo, tenendo gli occhi chiusi.
E un po' mento. Lei fa capolino
nella mia mente qualche volta. E ogni volta, il pensiero a lei
è
subito seguito da un messaggio.
“Perché te la fai?” mi chiede,
tirando per l'ultima volta quella fonte di finto piacere.
“Non lo so. Forse perché so che
ogni volta lei c'è. Sai, come quando vai a fare benzina.
Difficilmente troverai un benzinaio senza benzina. È una
certezza. E
poi è brava, non c'è che dire”
rispondo, buttandomi alle spalle
il mozzicone.
Lui ride e io scuoto la testa.
Suona la campanella e inizia
l'intervallo.
“Ho fame” dice Walter, scendendo
dal muretto.
“Chissà perché” gli dico,
seguendolo. Ovviamente ho fame anche io.
Vado verso il bar e Ilaria ci ferma,
probabilmente è stata mandata per riferirci qualcosa.
“Non siete andati dal preside,
vero?” dice, arricciando il naso.
Ma come fa? Che cos'è, un segugio?
“No” le risponde Walter,
scazzato. Anche lui sa già che ci farà una
predica.
“Ma siete davvero furbi. La prof.
vi manda dal preside e voi vi fumate una canna?” dice quasi
urlando.
Il mio “shh!” viene soppresso
dalla voce di Walter che si altera.
“Brava cogliona, perché non vai a
fare la spia dalla Bertone? Levati dalle palle e per una volta fatti
i cazzi tuoi” le dice, spintonandola da una spalla.
Mi viene quasi voglia di difenderla,
ma non posso permettermelo.
“Fottiti Walter” risponde lei,
doppiamente offesa.
E vorrei chiederle scusa, ma so che
in fondo non mi abbasserei a tanto.
Mi guarda e poi se ne torna in
classe, probabilmente a mangiare il suo yoghurt e a leggere qualche
romanzo di Oscar Wilde o che so io.
Dopo neanche due passi la Bertone ci
ferma e so già di esser fottuto.
“In presidenza, sbrigatevi” ci
dice, muovendo la testa per indicarci la strada. Manco ce la fossimo
dimenticata.
In fondo la presidenza è la mia
terza casa. La prima è la mia, la seconda è il
letto di Ilaria e la
terza è lei. Sono i posti in cui passo più tempo
in assoluto.
Lo vedo. Ugo, il nostro amatissimo
preside.
“Ragazzi, che avete combinato?”
ci chiede, con quel suo accento napoletano. Dio se lo odio.
“Prof., ci vietano anche di
parlare di ragazze! Ma le sembra possibile? Dovremmo diventare tutti
froci?” chiede Walter, con quel suo fare amichevole.
Sghignazzo.
“Walter,
contieniti. Nessuno ti dice di diventare omosessuale,
quella è una scelta personale, ma non dovresti parlare delle
ragazzine durante economia, se capisci quello che intendo”
gli dice
il preside, mentre gesticola.
“Prof, ma sempre di numeri
parliamo! Ci sono regole fisse, 90 60 90, però sa anche lei
che solo
poche elette ci arrivano” continua Walter.
È proprio un coglione.
Smetto di ascoltarlo, mi volto e
vedo Ilaria nel corridoio. È appoggiata contro il muro e
mangia,
ovviamente, lo yoghurt ai frutti di bosco. È sola, come
sempre, ma
sembra quasi non accorgersene.
“Walter, su basta. Se mi
promettete che non vi fate beccare dalla professoressa di nuovo, vi
lascio liberi. Piuttosto scrivetevi dei bigliettini” ci
consiglia.
“Prof, ma stiamo all'asilo?”
chiede Walter.
“Al massimo siamo” lo correggo,
istintivamente. Walter mi guarda e il preside fa lo stesso.
Vaffanculo Ilaria. Tu e l'abitudine
che hai di correggermi.
Ugo ci lascia liberi, dopo averci
costretto a promettere, e ci prendiamo un panino al bar. Qualcosa di
buono, che non lasci l'odore e l'alito cattivo.
Walter esce, io mi avvicino a lei
che con nonchalance mi ignora.
“Sei arrabbiata?” le chiedo,
mentre mastico.
“No” mi risponde, senza
guardarmi.
“Allora oggi ci possiamo vedere”
affermo, ricevendo uno sguardo d'odio intenso.
“Ale, vai a farti fottere insieme
al tuo amico. Anzi, perché non ti scopi lui?” mi
chiede, alzando
leggermente la voce.
È una cretina e la odio quando fa
la scazzata.
“Abbassa la voce!” le dico,
guardandola male. Sbuffa e se ne torna in classe.
Rimango sulla porta e la guardo un
attimo, mentre arrotola il cucchiaino sporco in un tovagliolo.
Valentina e Beatrice mi guardano
insospettite.
“Qualche problema?” chiedo loro,
dopo cinque secondi.
“Ma che vuoi?” mi chiedono,
quasi all'unisono. Giro gli occhi, quelle sfigate mi fanno solo
ridere.
La campanella suona e sono costretto
ad andarmi a sedere. Domani taglio, non ne posso più di
stare dentro
a questa merda.
Lei si volta e mi guarda un attimo.
Probabilmente in mente ha solo pensieri omicidi nei miei confronti.
Ti addolcisco io
penso, sorridendole. Lei mi guarda malissimo e poi si gira.
E così anche matematica e storia
dell'arte passano, tra un pensiero a luci rosse e dei capelli biondi
che mi fanno svalvolare.
All'uscita scappa per non perdere il
pullman. Vorrei fermarla e chiederle se torna a casa con me, ma
rimango fermo e la guardo salire sul pullman, con il fiatone per
colpa della corsa.
Raggiungo la mia macchina, butto lo
zaino sul sedile del passeggero e metto in moto. Faccio marcia
indietro e freno di colpo, prendendomi degli insulti da tutti.
Una coda bionda oscilla seguendo il
ritmo dei suoi fianchi.
Alice.
Si volta per vedere che cosa
succede, copiando le sue amiche, e mi vede.
Vedo Walter nello specchietto
retrovisore che si sta facendo una grassa risata mentre mi prende per
il culo.
Volto di nuovo la testa e lei alza
una mano, in segno di saluto.
Contraccambio, lasciando andare il
freno.
Esco dal cortile della scuola e
corro oltre i cento per le strade della mia città. Amo la
velocità,
soprattutto se sono in fibrillazione come adesso.
Sono conscio del fatto che era solo
un saluto, ma niente mi impedisce di immaginarmela nel mio letto.
Rallento, il semaforo è rosso. Con il braccio fuori dal
finestrino
canto a squarciagola Vasco, mentre i passanti mi lanciano sguardi
furiosi.
Rido e ingrano la marcia, mi sento
leggero.
Parcheggio sotto casa mia e salgo le
scale a due a due. Mia madre non c'è, sicuramente
sarà ancora al
lavoro. Sbatto la porta e vado in camera mia ad accendere lo stereo.
Decido che Vasco è il mio compagno
per oggi.
Vado in cucina e sorrido vedendo il
pranzo già pronto. Si, sono viziato.
Mangio e me ne torno in camera.
Dovrei studiare per la verifica di geografia, ma non mi importa, ho
solamente voglia di cantare.
“Io no, io no, io no, non ti
dimenticherò. Io no, io no vedrai, che.... Io non ti aspetto
più!”
grido, con la musica ad alto volume, fregandomene dei vicini di casa.
Vasco è poesia, inutile negarlo.
E poi ripenso alle parole di Ilaria
dopo questa mia affermazione.
Ma leggiti un libro, così
capisci che non è poesia quella.
Sempre ad infilare il dito nella
piaga quella ragazza. Prendo il cellulare e le mando un messaggio.
Voglio farmi perdonare per oggi.
Ci vediamo?
E qualcosa mi dice che non sarà
facile convincerla, oggi sono stato proprio uno stronzo, tanto per
cambiare. Ma non ho voglia di stare da solo e ho voglia di stare un
po' con lei, per litigare un po'. Quando facciamo pace è
ancora più
brava.
Mi arriva un messaggio e quasi
inciampo per prendere il cellulare.
Stai scherzando? Devo studiare e
non ho più voglia di perdere tempo con te. E poi
c'è mia madre a
casa, quindi lascia stare.
Sorrido
e rimando a più tardi il problema. Mi sdraio nel letto e
continuo a
cantare, perdendomi nei miei pensieri. E ci metto anche lei, che in
fondo è la persona più vicina a me. Penso anche a
mio padre, che
sarà da qualche parte nelle Baleari, ad Alice che mi ricorda
tanto
una pantera e che mi “accende” ogni volta, a mia
madre che è
tanto dedita a me e al suo lavoro e poi penso a lei. La mia
lei che mi odia e mi ama ogni giorno di più, esattamente
come faccio
io.
A volte mi amo, quando le provoco
quel piacere che la stravolge, a volte mi odio, quando vedo la sua
faccia delusa, come oggi.
Ma
non riesco ad amare lei. Sarà per quella superficiale
vergogna che
mi costringe a tenere tutto segreto, oppure quel suo atteggiamento
troppo saccente. Oppure perché è qualcosa che mi
spaventa troppo.
Guardo il soffitto e cerco di
immaginarmi come il suo ragazzo.
Uscire al parco mano nella mano,
andare un pomeriggio al mare, passare una notte insonne a parlare di
qualsiasi cosa.
So che è quello che desidererebbe,
ma non riuscirei mai a fare una cosa del genere. Perché lei
non è
quello che voglio, non è come mi immagino la mia ragazza
tipo. E poi
è tanto adulta.
Mi alzo per abbassare un po' la
musica e torno nel letto. Il cellulare squilla: mi è
arrivato un
messaggio.
Volevi uccidere qualcuno
oggi a
scuola? :-)
Il messaggio è di Alice e mi si
stringe lo stomaco. Clicco su “rispondi” e scrivo.
Ma no :-) sono un cattivo
ragazzo, ma non così cattivo.
Invio il messaggio e tengo il
cellulare sulla pancia. Ammetto di aver pensato fosse Ilaria per
chiedermi di andarla a trovare.
Aspettando la risposta di Alice mi
addormento, come un bambino all'asilo. E quando mi sveglio sono
già
le cinque.
Mi risveglio spaventato dalla porta
che sbatte. Scendo dal letto e vedo mia madre che appende la borsa.
“Ti sei appena svegliato?” mi
chiede, togliendosi la sciarpa.
“Si. Ora esco però” le dico,
stropicciandomi l'occhio.
“Devi farti la doccia?” mi
chiede, forse consapevole della mia meta.
“Si, almeno mi sveglio”
rispondo, tornando in camera.
Opto per la camicia bianca, i
pantaloni neri e le converse blu. Prendo il cellulare e le mando un
messaggio.
Posso venire a trovarti? Rispondi
si o si.
Sorrido tra me e me e vado in bagno.
Se non mi fossi addormentato, avrei potuto portarla a casa mia, prima
che arrivasse mia madre, ora invece devo sperare che sua madre se ne
vada.
Mi faccio la doccia velocemente,
giusto per riprendere il contatto con il mondo. Esco e mi lavo
direttamente i denti: non c'è niente di peggio che sentirsi
dire che
il tuo alito fa schifo.
Torno in camera e prendo il
cellulare, con un suo messaggio:
Allora facciamo che non ti
rispondo proprio. Non venire Ale, non ho voglia di vederti.
Butto il cellulare sul letto e
inizio a vestirmi. Andrò comunque da lei, non voglio che sia
arrabbiata con me, altrimenti rischio di mandare all'aria tutto.
Lego le scarpe e prendo le chiavi
della macchina.
“Mà! Esco, ci vediamo stasera”
urlo dal corridoio.
“Non fare tardi che domani hai
scuola!” mi urla di rimando.
“No, tranquilla” rispondo,
chiudendo la porta.
Salgo sulla mia Alfa Romeo, la Mito
per essere precisi, metto in moto e accendo l'autoradio.
Casa sua è a venti minuti dalla
mia, ma ogni volta non mi dispiace percorrere quella strada. Mi
dà
sempre troppa soddisfazione.
Arrivo sotto casa sua e le faccio
uno squillo. Tempo un minuto esatto e la vedo alla finestra che mi
guarda esasperata.
Me la immagino mentre dice a sua
madre che scende un attimo e prende la giacca. Poi me la ritrovo
davanti, arrabbiata.
“Ti avevo detto di non venire”
mi dice, incrociando le braccia al petto.
Sorrido e la guardo. Ha la tuta:
pantaloni a vita bassa e maglietta corta.
“Lo so, ma sono voluto venire lo
stesso” le dico, avvicinandomi.
“Tanto c'è mia madre, te ne devi
andare” mi risponde, tenendo il mio sguardo. Non si
può dire che
non sia coraggiosa.
“Andiamo a farci un giro?” le
chiedo, indicando la macchina.
“Sono le cinque passate, tua madre
è già tornata dal lavoro. Non ci sono scuse,
vattene Alessandro”
mi risponde, sospirando e chiudendo gli occhi.
Mi avvicino e l'abbraccio. Sono
goffo nei movimenti, me ne rendo conto, ma lei si aggrappa,
letteralmente, a me. Sposto il viso e la guardo, è tanto
carina
quando non deve tenere testa agli altri.
Mi bacia e capisco che in fondo non
ce l'ha con me. È consapevole del fatto che non
sarò mai come mi
vorrebbe lei.
“Quindi ci vediamo domani a
scuola?” le chiedo, guardandole le labbra.
“Si. Hai studiato geografia?” mi
chiede, tornando ad essere quella di sempre.
“No. Tanto ci sei tu che mi
suggerisci, no?” le chiedo sorridendole. Mi sento tanto
meschino.
“Non ci contare” mi risponde,
diventando leggermente seria. E un po' mi dispiace per le mie parole,
in fondo le ho appena fatto capire che la voglio usare. Ma non stanno
così le cose, non faccio sesso con lei perché mi
aiuti con la
scuola.
Scioglie il nostro abbraccio e mi
guarda.
“Ci vediamo domani Ale” mi dice,
quasi triste.
Annuisco e le sorrido. Anche se in
realtà sono un po' infastidito.
Mi da un bacio sulla guancia e va
verso il cancello.
“Ah, Ila. Scusa per oggi. Sai,
Walter” le dico, un po' imbarazzato.
Lei alza le spalle.
“Sono superiore a queste cose. E
poi non è compito tuo difendermi” mi dice, aprendo
il cancello. Mi
saluta da dietro le sbarre e scompare dietro il grande portone.
Salgo nuovamente sulla mia Mito e,
un po' deluso, mi chiedo dove potrei andare. Rimango lì in
macchina,
fermo davanti a casa sua, pensando a cosa potrei fare ora che i miei
programmi non sono più gli stessi.
Ecco una nuova storia^^ mi dite
che ne pensate? Un bacione
Erika <3
|
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Capitolo 2 *** Cap. 1 E ritorno da te – Parte seconda ***
Chapter 1 – E ritorno da te –
Parte seconda
Metto in moto e faccio marcia
indietro. Non ho altre “amichette” oltre a lei,
perciò la
giornata è andata persa e la cosa mi dà
leggermente fastidio.
Questo è il bello di non essere indipendenti.
Supero il ponte e quasi quasi penso
di tornarmene a casa a dormire, o magari a studiare geografia.
Mi arriva un messaggio e rallento al
semaforo rosso, odio la legge del cellulare in macchina.
I miei stasera escono, vanno ad
una festa. Si, non è proprio una festa, ma comunque non sono
a casa.
Hai voglia di tornare indietro più tardi?
Leggo il messaggio e sorrido. Si, ho
voglia di tornare indietro. Potevi anche dirmelo prima.
Il
semaforo diventa verde e non ho il tempo di rispondere, così
aspetto
di arrivare a casa e di spegnere la macchina.
A che ora? Non mi dire che ti sei
dimenticata che domani c'è scuola. Comunque io non ci vado,
oggi la
Bertone mi ha fatto scazzare troppo.
Apro la porta e mia madre mi guarda
sorpresa dalla cucina: non si aspettava che arrivassi così
presto.
“Sei già qui?” mi chiede.
“Sono cambiati i piani, esco più
tardi” le rispondo, chiudendomi in camera.
Mi arriva un altro messaggio.
Vieni dopo cena. Non voglio
saltare la verifica domani, perciò puoi rimanere al massimo
fino
alle undici
Lei cena verso le otto e mezza,
perciò devo proprio accontentarmi di qualche ora.
Ci vediamo per le nove, se i tuoi
sono già via
Invio il messaggio e mi butto sul
letto, guardo l'orologio e noto che mancano ancora tre ore alle nove.
Cosa potrei fare? Accendo il computer ed entro un po' su Facebook,
così, giusto per controllare i post di un paio di persone.
Entro e mi trovo una cinquantina di
notifiche, tra commenti e applicazioni inutili. Scorro le notifiche e
cerco il suo nome, sperando ci sia anche lei. Noto che le piace
qualche mio link di una settimana fa e poi, finalmente, un commento
di Alice.
Mi si apre la pagina, è un link:
“Io amo le coccole nel letto” dice. Leggo la sua
risposta.
Sono sicura che le coccole non ti
bastano :-9
Maliziosa la ragazza. Mi convinco
che sia un buon segno e sorrido tra me e me.
No, infatti :D
Clicco su aggiungi e aggiorno la
pagina. Trascino giù il cursore per controllare gli altri
post, ma
mi cade l'occhio di nuovo su quel link.
A Ilaria Castoldi piace questo
elemento
Non lo avrei detto, siamo sempre
molto “freddi” dopo, poche volte siamo rimasti
abbracciati o ci
siamo scambiati un bacio. Cerco di non pensarci e vado avanti,
leggendo il resto. Mi arriva una notifica istantanea: Alice mi ha
commentato il link. Clicco e aspetto che si apra la pagina.
Interessante! ;-)
Okay, bene. Cerco di
tranquillizzarmi, potrebbe significare tanto e potrebbe significare
niente. Mi si apre un messaggio in chat da Alice e decido di non
rispondere al link. Rispondo al suo saluto e mi chiede come sto.
Bene, decisamente troppo bene. Le rispondo con un
banale
“tutto ok” e cambiamo discorso. Menomale, i
convenevoli sono
stupidi e perditempo.
Ma che link condividi?!?
Sghignazzo. Hai solo da non
commentarli.
Semplici link! Sei tu che scrivi
commenti provocanti! :-P
E
continuiamo così, cambiando in fretta il discorso, che cade
inevitabilmente sulla scuola. Stufo del fatto che non si possa
parlare di altro con nessuno, cambio nuovamente e le chiedo se sta
con qualcuno. Mi risponde che si sta vedendo con uno, ma che
è da
poche settimane che si frequentano. Peccato.
La saluto, sono stato fin troppo al
pc. Spengo tutto, vado in salotto e mi stravacco sul divano. Il bello
di avere sky è che hai qualche canale in più del
digitale
terrestre.
Passo dai canali di default a quelli
“solo nostri”: Fox, Fox crime, E!, Fox Life, Comedy
Central.
Niente di niente. Mi fermo a guardare Verissimo su canale 5, pensando
davvero che al mondo ci sono persone più idiote di me.
Guardo Signorini e rido: come può
uno come lui essere in televisione? Vive dei cazzi degli altri!
Spengo la tele e sento mia madre che mi dice di riaccenderla
perché
le tiene compagnia. Eseguo gli ordini e mi arruola per apparecchiare
il tavolo.
Ecco perché rimango sempre chiuso
in camera.
Prendo i piatti in alto e poi i
bicchieri, prima di accorgermi di non aver messo la tovaglia sul
tavolo.
“Mà, mi prendi la tovaglia, per
favore?” le chiedo, con piatti e bicchieri per aria.
“Appoggiarli, no?” mi dice,
scuotendo la testa. Ora pretende anche?
Finisco di apparecchiare e poi mi
abbraccia. La mia mamma.
Se solo sapessi che razza di
superficiale sono diventato... Ti voglio bene mamma.
Le sorrido e mi prendo il mio bacio
affettuoso. Quanto è bella la mia mamma.
“Basta Mà, che mi consumi” le
dico, arruffandole i capelli. Mi tira uno scappellotto e ridiamo
tutti e due.
Guardo l'orologio e noto che sono
quasi le otto. In fondo il tempo non è passato
così lentamente come
credevo.
Mangio con mia madre e parliamo del
suo lavoro e della scuola che non sta andando molto bene.
Alle otto e mezza mi alzo da tavola
e vado a lavarmi i denti. Mi guardo allo specchio e aggiusto la
camicia. Controllo che l'odore sia okay e mi spruzzo il dopobarba.
Esco dal bagno, do un bacio a mia
madre e prendo la giacca.
“Ci vediamo domani” le grido,
chiudendomi la porta alle spalle.
Arrivo alle nove meno cinque e suono
il campanello. Mi apre il cancello e anche il portone.
Casa sua è bella, senza dubbio, ma
è enorme, tanto da rischiare di perdersi in qualche stanza
mai
scoperta.
Salgo su fino al salotto e lei è lì
che guarda la tv, seduta sul divano.
“Ehy” le dico, entrando. Lei si
volta e mi sorride; la raggiungo e mi siedo vicino a lei.
“C'è zelig” mi dice,
sorridendomi. Annuisco e la guardo con interesse.
Non le importa più di come si
presenta davanti a me, ormai rimane in tuta o con i vestiti da casa,
al contrario di quando avevamo appena iniziato a vederci: aveva
sempre la gonna o i jeans attillati che le stavano molto bene.
Eppure,
nonostante i vestiti, non smette di essere interessante.
Ride ad una battuta di un comico
romagnolo, i suoi preferiti sono proprio i romagnoli, e sorrido anche
io.
È così difficile provare interesse
per una persona? Le accarezzo una guancia e lei arrossisce.
“Mi fai vedere Massimo Bagnato?
Giuro che dopo di lui spengo la tv” mi dice, stringendo le
mani
come stesse pregando.
Quello che mi da fastidio è che
Massimo Bagnato fondamentalmente è un idiota con tanto di
patente,
perciò non capisco come possa piacerle uno così.
Mi stravacco sul divano, senza
neanche pensare all'eventualità di abbracciarla. Dopo una
buona
mezz'ora di sole sue risate, arriva l'idiota.
“Chi lo fa per inerzia? Chi
vorrebbe che io smettessi?” un idiota, appunto.
“Ma davvero ti fa ridere?” le
chiedo, sorpreso. Eppure è una ragazza intelligente.
“Si, un sacco! È stupido e mi fa
ridere. Mi piace” mi risponde, sorridendomi. Il tizio esce di
scena
con tanto di applausi e scuoto la testa incredulo.
Si volta verso di me e mi guarda
seriamente.
Oh, avanti, lo abbiamo fatto un
milione di volte, non puoi ancora imbarazzarti
penso, sbagliandomi di grosso.
Il suo non è imbarazzo, pensava
solo al posto.
La tiro verso di me e la bacio. Da
qualche parte bisogna pur iniziare. Si sdraia sopra di me e continua
a baciarmi, decisamente presa dalla situazione.
Era ora.
Sono
passati quattro giorni dall'ultima volta che ci siamo
visti, sono
contento di non
essere l'unico impaziente.
Mi accarezza, ormai conscia di ogni
mio punto debole, e la voglia mi pervade.
“Andiamo in camera mia, qui non va
bene” mi dice, alzandosi e spegnendo la televisione. Butto la
testa
all'indietro, cercando di ritrovare il respiro. Ogni volta è
sempre
più sorprendente.
La seguo su per le scale e penso che
dalla sua prima volta è migliorata parecchio. Niente
più
indecisioni, neanche più la vergogna.
Chiudo la porta della sua camera e
lei abbassa le tapparelle.
La raggiungo e l'abbraccio da
dietro, per poi baciarle una guancia.
Guardo i suoi occhi che diventano
tristi, forse per qualche pensiero che rimarrà sempre un
mistero per
me. Si volta e mi bacia, qualsiasi cosa le fosse passato per la mente
lo ha accantonato da una parte per stare con me.
Le tolgo la maglietta e lei trema,
forse per il contatto con le mie mani fredde, oppure per la
situazione.
E subito da saccente e noiosa
diventa intrigante ed eccitante. Per questo torno sempre da lei, per
questo è diventata un punto di riferimento.
Mi sdraio sul suo letto, venti volte
più comodo del mio, e mi sbottona la camicia, lasciandomi un
attimo
di respiro.
La guardo, si ferma e per un attimo
sembra mi stia chiedendo qualcosa. Non sopporto quel suo
comportamento enigmatico, ogni volta mi disarma e mi confonde.
Capisce che non sono in grado di
comprendere ciò che mi chiede, così ignora il
tutto e torna a
dedicarsi solo a me. È una specie di Geisha, è
qui per intrattenere
me.
Le tolgo i pantaloni e, secondo la
tabella di marcia, ci siamo quasi.
“Ale... Me lo fai un favore?” mi
dice, già in preda agli ansimi.
“Si” dico, senza pensarci. Cosa
potrebbe mai chiedermi?
“Pensa a me. Guardami” mi
chiede, a bassa voce.
Ammetto che mi fa tenerezza. La
bacio, pensando che non è qualcosa di impossibile. Fare
l'amore
implica per forza l'amarsi?
Mi viene in mente “siamo soli”
di Vasco e lascio perdere ogni paranoia. Ci proverò,
cercherò di
pensare a lei, almeno stanotte.
“Per una volta penso di poterlo
fare. Solo io e te. Ci sto” le dico, accarezzandole una
guancia.
Si mette a sedere sopra di me e mi
tiro su anche io. Che le prende?
“Ila?” chiedo, a bassa voce.
Non mi risponde, ma mi abbraccia,
nascondendo il viso contro il mio collo. L'abbraccio anche io.
Stasera qualcosa non va.
“Scusa” sussurra a bassa voce.
Non capisco, scusa per cosa?
“Per cosa?” le chiedo.
“Niente...” risponde.
Impossibile che sia niente.
“Ila? Parla” le chiedo, ma
chiude la nostra conversazione con un bacio.
Mi prende ogni volta, è troppo
brava a coinvolgermi, è nel mentre che mi perdo.
Ha ragione, se n'è accorta che
nella mia mente c'è sempre altro, mai lei o il suo corpo e
un po' mi
dispiace, credevo che cose come queste non si capissero.
E allora faccio come mi ha chiesto,
la guardo e la vedo bella, perché lei è bella.
Quanto è bella la
mia ragazza, perché indubbiamente ora
è mia.
Apre gli occhi e mi guarda fisso,
poi sorride. Ha capito che ci sto provando, sto cercando di fare
quello che mi ha chiesto.
Le sue mani mi accarezzano la
schiena e non posso non baciarla, sto facendo l'amore con lei. Mi
tira giù e mi abbraccia.
Le mordo un orecchio e ride, le
sorrido e mi perdo completamente. Con lei.
E ora, rimango sdraiato nel suo
letto, lei è appoggiata sulla mia pancia che si rilassa.
Guardo
l'orologio e noto che le dieci sono già passate, tra meno di
venti
minuti me ne dovrò andare.
Sospira e poi si tocca i boccoli
castani.
“Mi dici che succede?” le
chiedo, per paura e gentilezza.
“Niente... Sono solo un po' stufa”
mi dice, senza muoversi. Sento il suo alito caldo contro la mia
pancia.
“Quindi non è per me?” le
chiedo, speranzoso. Non ho molta voglia di scoprire cosa ho
combinato.
La sento sbuffare e poi si gira
verso di me.
“Devi ancora capire che il mondo
non va avanti grazie a te. Sei un narcisista presuntuoso. No, non
è
per te, ma per noi. È questo quello che volevi
sapere?” mi chiede,
già infuriata.
“È meglio non parlarci con te se
ogni volta devi aggredirmi così. Basta, me ne vado. Ti
preferisco
quando scopiamo” le rispondo, alzandomi dal letto. La
conosco, ho
già capito che ha voglia di litigare.
Sta zitta e si rannicchia su se
stessa, senza dirmi nulla. Sta per piangere, ne sono sicuro. Mi vesto
in fretta, vederla piangere mi renderebbe troppo vulnerabile e
rischierei un suo fraintendimento.
“Ci vediamo” le dico, uscendo
dalla sua camera.
Scendo, dopo aver preso le mie cose,
salgo in macchina e ignoro i sensi di colpa: ogni volta litighiamo.
Me ne torno a casa, un po'
frastornato. Il cuore a mille mi fa spingere sull'acceleratore,
nonostante l'ora, nonostante i rischi.
Penso al ribaltamento delle
situazioni: un attimo prima in paradiso e poi la caduta all'inferno.
È così, sempre.
Freno di colpo, non mi ero accorto
del semaforo rosso, ero troppo preso dai miei pensieri. Non capisco
il suo comportamento, non capisco cosa voglia da me, pensavo che dopo
sei mesi avesse iniziato a conoscermi.
Schiaccio di nuovo il piede
sull'acceleratore e cambio in fretta le marce: dannate emozioni.
Vorrei essere immune a certe cose, a certi pensieri che non fanno
altro che confondermi.
Parcheggio sotto casa mia e mi
meraviglio dei dieci minuti.
Apro la porta di casa e vedo mia
madre alla tv, mi sembra tanto sola in questo momento. Entro in
salotto e la saluto.
“Tutto bene?” le chiedo,
guardandola.
Lei annuisce, sta quasi per
addormentarsi.
“Perché non vai a dormire? Dai,
scendi da quel divano” le dico, spegnendo la tele. Mi sorride
e
sbadiglia, alla fine l'ho convinta.
“E tu, tutto bene?” mi chiede,
alzandosi e uscendo.
“Si” le rispondo, spegnendo la
luce del salotto.
“Hai una faccia strana. È meglio
se dormi anche tu” mi dice, entrando in bagno.
Vado in camera mia e inizio a
spogliarmi, aspettando che si liberi il bagno. Prendo il cellulare
dalla tasca e controllo se ci sono messaggi. Ce n'è uno
solo, di
Ilaria.
Lo abbiamo fatto, vero? Abbiamo
fatto l'amore?
Rimango allibito dalla sua domanda.
Il cuore inizia a battermi forte, senza controllo, e mi sale anche la
rabbia, perché non sono domande da fare queste. Cosa vuole
sapere?
Mi siedo sul letto con solamente i
pantaloni addosso, guardo fisso davanti a me e penso.
Riporto alla mente l'accaduto, come
un deficiente, e riesco a constatare che, effettivamente, non era
stato come le altre volte. Qualcos'altro, oltre al mio ego e alla mia
soddisfazione personale, mi ha fatto arrivare alle stelle. Spalanco
gli occhi, non posso ammettere a me stesso di provare qualcosa per
lei, diventerebbe un'ossessione e finirei con l'innamorarmi.
Mi alzo e vado in bagno. Una doccia
è quello che mi serve.
Un po' di shampoo, un po' di
bagnoschiuma e i pensieri scivolano via.
Ma una volta nel letto, la testa
torna a sfornare idee sconclusionate, ricordi dimenticati e segreti
mai svelati.
Chiudo gli occhi e penso ad Alice,
bella, bionda e tanto complicata.
Di una come lei potrei anche
innamorarmi, rispecchia a pieno il mio ideale e la trovo tanto
misteriosa.
Poi mi torna in mente il messaggio
di Ilaria e prendo il cellulare.
Ho fatto quello che mi hai
chiesto, nulla più. Non so cosa fosse e forse non ho neanche
voglia
di scoprirlo.
Premo su invio e per l'ennesima
volta ho mentito. Era qualcosa di più, qualcosa che non
riesco a
spiegarmi.
Stringo il cuscino intorno alla mia
testa: mi odio, la odio e odio quel maledetto giorno: non avrei mai
dovuto baciarla.
Mi vibra la pancia e leggo la sua
risposta.
Ti invidio, sai? Sei così bravo
a scappare da tutto e tutti. Forse non sei migliore di tuo padre.
Stringo il cellulare e avrei voglia
di ucciderla.
Come si permette? Lei, con la sua
vita rosa e fiori, con i genitori che hanno i soldi pure al posto
della carta igienica. La odio e non capisco perché perdo
ancora
tempo con lei. Forse per pena.
Fanculo Ilaria.
Spengo il cellulare e penso a tutti
gli insulti che potrei rivolgerle, a lei e a quella fottutissima vita
perfetta che si ritrova.
Mi addormento nervoso, con le
immagini di noi due.
Ehy! Ma
ciau^^ Waaa, vorrei dirvi che Massimo Bagnato lo adoro, nonostante sia
un emerito deficiente!
E poi che dirvi? Conto molto su questa storia, ho tante idee, forse
supererà Love in Germany... =) i buoni propositi ci sono,
manca un po' il tempo, ma non importa... Io non scappo ^___^ vi
ringrazio per i primi seguiti, davvero!
Ah, posso darvelo un consiglio spassionato? Ascoltate le canzoni dei
titoli. La canzone di questo primo capitolo è "E ritorno da
te" di Laura Pausini. Il testo, è quella la chiave =)
Ringraziamenti:
_LaUra: ti
ringrazio, mi fa davvero piacere. Mi scuso per averci messo un po' ad
aggiornare!
LaBabi:
ehhh!
L'altro giorno volevo mandartelo tutto, ma entravi e uscivi da msn,
così ci ho rinunciato xD comunque, ogni tanto controlla, qui
aggiorno! Un bacio
Giulietta7: Bene! Era proprio quello il
punto! Spero si sia fatto ancora più interessante
Ro90: che scema
xDDD scrittori famosi? La storia ha 4 seguiti xDDDD mi fai morire...
Comunque, ecco qui il capitolo che tanto aspettavi. E' già
pronto anche il terzo, ma ci metterò un po' per postarlo! Un
bacio
|
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Capitolo 3 *** Cap. 2 - Ho bisogno d'amore - Parte prima ***
Cap.
2 - Ho bisogno d'amore - Parte prima
Ilaria
Sdraiata nel letto, penso
a quanto è
successo e a quanto odio Alessandro e il suo modo di fare da
spaccone.
Non riusciamo ad andare d'accordo
per più di qualche ora e la cosa mi da fastidio. In fondo mi
concedo
a lui, non beviamo mica il the delle cinque.
Prendo il cellulare e leggo i suoi
messaggi che si dividono in due categorie: quelli del
“prima” e
quelli del “dopo”.
Prima è carino, gentile, a tratti
anche simpatico, poi diventa cattivo e maleducato.
Mi giro su un fianco e me lo
immagino lì, con me, e penso a tutto quello che vorrei
dirgli e a
come vorrei dirglielo.
“Bip... Bip
bip... Bip bip bip...”
la sveglia sta suonando.
Decido di alzarmi e vado in bagno a
lavarmi, così per svegliarmi. Una doccia leggera, mentre
ripasso
mentalmente geografia e agli stati dell'America. Va bene, Stati
Uniti.
Alabama, California, Texas,
Florida.
“Ilaria! Vieni
a fare colazione!”
mi grida mia madre da dietro la porta.
“Arrivo!”
le rispondo, mentre mi
rivesto. I capelli li ho lavati ieri sera, per fortuna.
Scendo e vedo la tavolata
chilometrica apparecchiata solo per me, incredibile. Queste manie da
megalomane di mia madre le odio, vuole sentirsi una regina quando non
ha proprio niente di reale. Mi siedo e guardo tutto quello che
c'è
sul tavolo: the, caffè, latte caldo, brioches, biscotti.
E pensare che mangio la stessa cosa
ogni mattina.
“Mamma, non
siamo in America, non
puoi far preparare ogni volta tutta questa roba. Mangio sempre tre
biscotti al cioccolato e il caffè, dovresti saperlo
ormai” le
dico, mordendo uno dei biscotti.
“Devi sempre
trovare qualcosa per
criticare, non è vero? Sbrigati che devi andare a scuola,
ingrata
che non sei altro” mi risponde, lasciando la stanza.
Mi fa davvero ridere, vorrebbe farmi
credere che tutto questo lo fa preparare per me, non per
soddisfazione personale.
Bevo il caffè e mi alzo da tavola,
quella stronza mi ha già rovinato la giornata.
“Non mangi
nient'altro, Ilaria?”
mi chiede Natalia, la governante. Mi fa tenerezza, Natalia è
con noi
da quando sono nata, mi conosce più di quanto possa farlo
mia madre.
“No,
grazie” le dico,
abbracciandola. Le voglio, indubbiamente, bene.
Borbotta qualcosa mentre salgo le
scale, ma sono troppo lontana per sentire le sue lamentele. Mi
preparo ed esco da quella casa, così grande e
così opprimente.
Dopo dieci minuti buoni arriva il
pullman, momento di grande concentrazione: sul pullman ripasso,
penso, ricordo e mi capita anche di piangere.
Ho diciotto anni e so che dovrei
avere una macchina e la patente e dovrei dire basta al pullman, ma
dovete dirlo ai miei genitori. Ho entrambe le cose, patente e
macchina, ma non me le fanno usare a meno che loro non si allontanino
per troppo tempo. Insopportabili, davvero.
Scendo dal pullman, dopo aver
sprecato quel tempo prezioso per pensare a quell'arpia di mia madre,
e mi ritrovo l'orda di studenti ammassati davanti ai cancelli.
Alcuni parlano, alcuni si baciano,
altri ascoltano la musica aspettando i compagni di classe. Altri,
invece, ripassano per un compito in classe o per l'interrogazione. Ed
è questo che fa capire che la primavera è
già arrivata, in inverno
arrivano tutti due minuti prima che suoni e si rintanano nell'entrata
della scuola.
Attraverso la strada e mi avvio
verso i cancelli, notando Alessandro e Walter. Fanno i cretini con i
ragazzi della 5A e alcune ragazzine di terza e quarta.
Ne noto una in particolare, capelli
rossi e boccolosi, occhi azzurro cielo e un trucco che farebbe
concorrenza persino a Platinette. Pende letteralmente dalle labbra di
Alessandro: lo fissa, ride, sbatte le ciglia mentre parla.
Carina, purtroppo ti devi mettere
in coda. E poi, accetta un consiglio: lui in testa ha già la
biondina, non perdere tempo con lui.
Alice. C'è anche lei, qualche metro
più in là.
La guardo e vedo una normale ragazza
con dei vestiti poco adatti ad una tipica giornata scolastica.
Non ha nulla di speciale se non una
fama da poco di buono.
È davvero questo quello che
vuoi, Ale?
Conciate come lei, tutte possono
sembrare delle gran fighe. Il mio sguardo torna su Alessandro e noto
qualche occhiata verso Alice: vuole solo farsi vedere mentre una
tizia gli sta morendo davanti.
Ma cosa avrà di così tanto
attraente?
Me lo chiedo ogni volta, eppure ci
vado a letto insieme. Non è tutta sta gran bellezza, niente
a che
vedere con Cristiano Ronaldo o che so io, è normale, carino,
ma
normale. Il fatto è che è uno stronzo colossale.
La campanella suona e scendo le
scale per arrivare in classe. Non mi piace arrivare in ritardo o dopo
degli altri, non so esattamente perché.
Entro, tolgo la giacca e mi guardo
per un attimo, riflessa nella finestra: indosso una camicia
decisamente fuori moda, dei jeans a vita alta, versione anni '70, le
scarpe da ginnastica bianche e rosa.
Mi rabbuio, probabilmente non sarò
mai considerata come le altre.
Entrano Valentina e Beatrice e mi
salutano, mi siedo imbarazzata al mio posto e rispondo al loro
saluto. In pochi minuti la classe si popola.
Entra la professoressa di Storia
dell'Arte e preparo il mio quaderno per gli appunti: ci tengo ad
avere il mio 8 in Arte.
E in un attimo le prime tre ore
passano, tra litigate e mie domande. Sono così infantili
certe
persone.
Suona
l'intervallo e prendo dal mio zaino lo yoghurt alla fragola e il
cucchiaino. Non è molto, ma gli zuccheri mi aiutano a mandar
giù
alcuni
elementi che fanno parte di quella massa di caproni.
Non li sopporto, si nota?
In più Alessandro mi ignora e la
cosa mi urta più del resto. Perché deve fare
così? È un coniglio,
ne sono sicura.
Alla quarta ora abbiamo inglese, la
nostra professoressa ci divide sempre in gruppi o a coppie
perché
vuole che i più bravi aiutino gli altri a correggere le
verifiche,
infatti oggi ci deve consegnare la verifica.
“Castoldi:
nove. Bravissima” mi
dice, consegnandomi la verifica. Sorrido alla prof, nonostante i
fischi dei miei compagni: Walter, Davide e ovviamente Alessandro.
“Sei una
secchia! La Castoldi è
una racchia secchia!” grida Walter, prendendosi il richiamo
dell'insegnante. Walter a diciotto anni è esattamente come
il Walter
che ne aveva quattordici.
“Castoldi tu
fai da tutor a De
Angelis” mi dice, indicandomi Alessandro. Mi accascio su me
stessa,
molto teatralmente, fingendomi disperata.
“Se vuoi ti
metto con Barone, a te
la scelta”
No, Walter no!
“No, va bene De
Angelis”
rispondo, prendendo il quaderno dallo zaino. Intanto Alessandro si
avvicina e si siede nel banco vuoto vicino a me.
“Quanto hai
preso?” gli chiedo,
mentre sfoglio il quaderno.
“Quattro”
mi risponde, mentre si
stravacca sulla sedia. Come si fa a prendere quattro di inglese?
“Sei senza
speranze” gli dico,
guardandolo.
“Me lo dici
sempre, quasi non lo
sapessi” mi risponde, guardandomi negli occhi. Imbarazzata
abbasso
lo sguardo e prendo la mia verifica.
Si sporge sul banco, appoggia la
testa sulle braccia e si avvicina a me.
“Comunque io
sono ancora incazzato
con te” mi dice, a bassa voce.
Mi volto verso di lui e gli rifilo
uno sguardo assassino. Brutto stronzo.
“Fattela tu la
correzione della
verifica, testa di cazzo” gli dico, cercando di non farmi
sentire
dagli altri. Perché? Perché si deve sempre
attaccare a delle
cavolate?
“Non mi
interessa la verifica, mi
interessa di più farti sapere che mio padre non lo devi
nominare.
Solo perché ti ho raccontato quello che è
successo, non puoi
permetterti di usarlo contro di me. Sai una cosa? Sei solo una
racchia secchiona” mi dice, scuotendo la testa.
Alzo la mano e chiedo all'insegnante
di poter andare in bagno.
Esco e sento gli occhi umidi, così
corro a nascondermi, lontana da quello schifoso.
Sei
solo una racchia secchiona.
Non mi fa star male che lui me lo
abbia detto, ma mi angoscia perché anche lui ha usato
qualcosa
contro di me. Glielo avevo confidato che i primi anni erano
angoscianti perché tutti me lo ripetevano in continuazione.
Mi asciugo una lacrima e tiro su con
il naso.
So di non essere una racchia, forse
un po' secchiona si, ma non sono brutta. Loro non mi conoscono, non
sanno come sono al di fuori di qui.
Tiro un calcio alla porta del bagno
e mi sento forte, pronta per spaccare il mondo. Un giorno anche
Walter vedrà come sono e smetterà di considerarmi
così, ne sono
sicura.
Mi lavo le mani e torno in classe,
con Alessandro che mi guarda serio.
Suona la campanella e tiro un
sospiro di sollievo, nonostante la professoressa di inglese ci faccia
la predica perché non abbiamo risolto nulla.
Esco da scuola dopo la sesta ora e
incrocio Alice all'uscita. Pensano che sia bella, ma non è
vero. Non
è gelosia nei confronti di Alessandro, è sola e
pura constatazione.
La ignoro e vado verso la fermata
del pullman di fronte alla scuola, oggi non sono in ritardo. Aspetto
e mi guardo intorno, un po' annoiata. Mi giro e vedo Alessandro e
Walter che parlano con Alice, cosa che mi fa infervorare e prendere
il cellulare.
“Bello mio, ti
devo rovinare la
vita” farfuglio a bassa voce. Compongo il numero di
Alessandro e
gli faccio uno squillo che lo distrae dalla conversazione con la
belloccia. Stacco e lo vedo armeggiare con il cellulare, poi alza lo
sguardo e gli faccio un cenno di saluto e scoppio a ridere.
Per fortuna arriva il pullman in mio
aiuto e ci salgo, sghignazzando ancora. Sento il
“bip” del mio
cellulare e lo prendo per leggere il messaggio.
Non sei
simpatica. Sei infantile
e stupida, per colpa tua se n'è andata. Era questo il tuo
obiettivo?
Leggo e sorrido tra me e
me. Si era
il mio obiettivo e sono pronta per fissarne un altro.
Diventerò
insopportabile, così avrai davvero un motivo per trattarmi
male.
Si era proprio
quello. Mi
dispiace per la tua amichetta, dico davvero, però
c'è urgenza che
io ti dia fastidio. Povera, non è neanche colpa sua
Invio
il messaggio e aspetto, noncurante delle persone intorno a me. Guardo
fuori dal finestrino e vedo la Mito di Alessandro superare il
pullman. Perché viene da questa parte?
La casa di Alessandro è dall'altra parte della
città, rispetto la
mia. Mi arriva un messaggio.
Scendi alla
prossima fermata
Col cavolo. Se non torno
a casa
senza dirlo a mia madre, me la dovrò sentire per una
settimana o
forse più. E poi avrà già preparato il
pranzo.
No che non
scendo, non posso
arrivare in ritardo a casa. Peggio ancora non andarci.
Invio il messaggio
proprio mentre il
pullman supera la fermata che intendeva Alessandro.
Mi stringo sul sedile, conscia del
fatto che forse l'ho fatto incazzare sul serio: toccategli tutto ma
non Alice. Altro che Breil.
Se non scendi
tu, salgo io
Che
idiota. Siamo stati insieme sei ore, non potevi
parlarmi
prima? Non
capisco proprio
queste sue scenate napoletane. Sono di così cattivo gusto. Dio,
mi sento mia madre!
Fai pure il
buffone, tanto non
risolvi molto. E poi sei tu che sei arrabbiato con me. Anche se la
cosa della racchia non te la faccio passare.
Dopo due fermate sento il
pullman
fermarsi e guardo il portellone davanti, con il cuore a mille.
Alessandro sale e chiede un biglietto al conducente, tirando fuori il
portafogli.
Merda, merda, merda, merda!
Paga e timbra entrambi i biglietti,
poi lo vedo incamminarsi nel corridoietto. Arriva al mio sedile e mi
guarda.
“È
libero?” mi chiede, serio.
Che bastardo.
“No”
rispondo, ma lui si siede
lo stesso.
“Hai ragione,
non è libero, ci
sono io” mi dice, mentre mette i biglietti nel portafogli e
lo
rimette in tasca.
“Spiegami come
torni indietro a
prendere la tua macchina” gli dico, incrociando le braccia al
petto.
“Prenderò
un altro pullman, non
mi preoccupa quello” mi risponde, guardandomi. È
così strano
vederlo lì.
Non sono neanche più arrabbiata,
l'importante è che lui mi consideri, in che modo non mi
interessa.
“Mi inviti a
pranzo e mi fai
conoscere tua madre” mi dice, guardandomi serio.
“Cosa? Ma non
scherzare. Lei non
la presenterei neanche al mio peggior nemico, non voglio che tu la
conosca” gli dico, pensando alla mia genitrice.
“Non vuoi
presentarmela perché ce
l'hai con lei? Non dovrebbe essere il contrario? Cioè che tu
non
voglia presentare me a lei?” mi chiede, con la fronte
corrucciata.
Che scemo.
“Si.
È un'arpia quella donna, ti
giudicherebbe guardandoti solo con la coda dell'occhio. E intendo
negativamente” rispondo, scuotendo la testa. Pensare a quella
donna
mi innervosisce.
“Ma
è tua madre, non puoi parlare
così di lei” mi dice, confuso. Proprio lui parla,
visto che suo
padre lo odia da sempre.
“Tu dovresti
capirmi. Anche tu odi
tuo padre, ma non ci vedo niente di strano. Mettiamola così,
magari
riesco a spiegarmi: partendo dal presupposto che è una
stronza,
mettici le sue manie da aristocratica da due soldi, la fissazione
dell'eterna giovinezza, l'odio nei miei confronti per una gelosia che
solo lei conosce e poi? Certo, il suo opprimermi in tutto e vietarmi
le cose” gli rispondo, cercando di non alzare la voce e farmi
sentire dagli altri ragazzi sul pullman.
“Tua madre
è una con la puzza
sotto il naso, insomma. Una stronza colossale, una di quelle che ti
annoiano appena aprono bocca e che già solo
dall'atteggiamento ti dà
fastidio. Sai chi mi ricorda? Te” mi dice, facendomi
incazzare.
“Ma che ne sai
tu di me e di lei?
Grazie, quanta considerazione hai di me. Ti annoio quando parlo?
Complimenti Ale, se le cose sono negative, tu le peggiori”
gli
dico, appoggiando la testa contro il vetro.
Sta zitto, ma poi, di nascosto, mi
prende la mano e cerco di non sorridere: almeno io voglio rimanere
coerente.
Però ammetto di non essere una
persona coerente, anche perché quello che c'è tra
me e Alessandro
va contro tutti i miei principi, così stringo la sua mano e
si volta
verso di me.
“È
vero, dovrei capirti più io
di altri, ma mi sembra difficile collegare i problemi a te.
Però
chiudiamo qui la discussione, abbiamo già tanti motivi per
litigare,
preferisco non mettere altra carne al fuoco” mi dice,
confondendomi
un po'.
Decido di ignorarlo e noto che la
mia fermata è la prossima.
“Dobbiamo
scendere” gli dico,
spingendolo.
“Va bene, stai
tranquilla” mi
risponde, gradendo poco lo spintone.
Sono ancora viva!
Scusatemi per il ritardo ma è stato un mese pesante e i
prossimi saranno anche peggio. Sono stata una settimana in Ungheria
(pessima, mi hanno trattata peggio che male), ma è stata
utilissima perché la gita di Ilaria e Alessandro
sarà proprio ambientata lì. *____* vedrete che
idee!
Non ho intenzione di abbandonare la storia, ma si sa che la scuola
impegna un po' tutti, perciò abbiate pazienza, ve ne prego.
E non abbandonatela neanche voi! =)
Vi ringrazio per i commenti, lo ripeterò fino alla nausea,
ma l'unica cosa che davvero mi spinge a pubblicare sono i vostri
commenti! Bacioni
Commenti:
Ro90:
scusami se non ti rispondo mai ai messaggi ma non ho soldi =( certo,
Alessandro usa tutt'altro per pensare, come quasi tutti i ragazzi del
resto. Guai a chi dice che non è vero, maledetto falso xDDD
_LaUra: grazie!
*^* anche io sono curiosa di scoprire come andrà a finire
xDDD a presto.
legolina77:
uh! Beh, si, questo ormai è risaputo che quasi tutte le mie
storie sono scontate e banali. Comunque non lasciare che la somiglianza
di Ilaria e Alessandro con i classici personaggi ti influenzi, saranno
dolci e bastardi entrambi. Confusi e diplomatici, chi più
chi meno. Lei non è stupida, tantomeno innamorata in questo
punto della storia. Lui è menefreghista, deve ancora trovare
qualcosa che lo faccia stare bene. Ma aspetta il seguito! A presto =)
Grazie anche per i 13 seguiti, 4
preferiti e 2 ricordate!^^
ERIKA <3
|
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Capitolo 4 *** Cap. 2 - Ho bisogno d'amore - Parte seconda ***
Cap. 2 - Ho bisogno d'amore - Parte
seconda
Scendiamo e mi sembra strano fare
quella strada con lui.
“Certo che potresti anche
prendermi lo zaino” gli dico, un po' seccata. Lui scuote la
testa,
è sempre il solito scansafatiche.
“Chiedi troppo ora” mi dice,
camminando con la sua aria da strafottente.
“Ma smettila e tieni 'sto zaino”
gli rispondo, tirandogli lo zaino addosso. Lo prende e se lo mette in
spalla. Gli sorrido: dov'è finito l'odio che aveva per me?
Sghignazzo e lui mi chiede cosa ho.
“Mi stai portando lo zaino
nonostante io ti abbia rovinato una conversazione con Alice”
gli
dico, scuotendo la testa, conscia di avergli ricordato qualcosa di
già dimenticato.
“Perché sono un coglione. E
probabilmente non ho speranze con Alice” mi dice, abbassando
lo
sguardo.
“Figurati, sono sicura che lei è
più brava ad essere un'amante focosa” dico,
nascondendo
l'amarezza.
“Beh, tu non sei male. Non ho di
che lamentarmi” mi dice, spingendomi in avanti. Rido e vedo
casa
mia in lontananza.
“Oddio, potrei presentarti a mia
madre come mio trombamico. Le prenderebbe sicuramente un
infarto”
dico, scoppiando a ridere. Sarebbe un bel modo per togliersela da
dosso.
“Quindi siamo trombamici? Nulla
più?” mi chiede, sviando il mio discorso.
“Nulla più” aggiungo, senza
guardarlo. Vedo Natalia che ramazza davanti al cancello, con il suo
grembiulino azzurro.
“Ti riaccompagno io alla macchina.
Dammi il tempo di dirlo a mia madre” dico, guardandolo in
faccia.
“No, ma io voglio conoscerla tua
madre. Dopo tutto questo tempo non pensi che mi debba conoscere? E
poi come potresti accompagnarmi alla mia macchina? A piedi?”
mi
chiede, prendendomi in giro.
“No, non puoi conoscerla e non la
conoscerai mai. E poi io ho una macchina e una patente” gli
rispondo, seccata.
“Tu hai la macchina?” mi chiede,
ignorando tutto il resto.
“Si, ma posso usarla solo se non
ci sono i miei genitori oppure se c'è sciopero dei mezzi.
Sai, hanno
paura degli incidenti” gli dico, salutando Natalia con la
mano.
“Brava, invece di farmi fare
avanti e indietro ogni volta saresti potuta venire anche tu, qualche
volta” mi dice, scazzato. Scoppio a ridere e mi fermo,
guardandolo.
“Ma se io vengo sempre”
gli dico, prendendolo in contropiede. Scuote la testa e sospira.
“L'aspetto sarà da suora, ma
ormai ho corrotto la tua anima: sei diventata una pervertita”
mi
dice, teatralmente.
Mi avvicino a lui e gli do un bacio
leggero, uno amichevole, ma lui mi tira verso di se e mi dimentico
anche di essere di fronte a casa mia.
“Ilaria!”
Mia madre mi chiama dal giardino e
mi allontano spaventata da Alessandro.
“Merda! Merda!” dico a bassa
voce, chiudendo gli occhi un momento.
Mi volto e vedo mia madre nel suo
tubino nero con la faccia seria e una posizione troppo autoritaria.
Alessandro mi accarezza la schiena e
mi faccio forza, cercando di comportarmi il più naturale
possibile.
“Mamma, devo riaccompagnare
Alessandro a prendere la sua macchina. Posso prendere la Mini
Cooper?” le chiedo, sorridendole.
“No che non puoi, lo sai bene.
Perché era con te sul pullman se ha una macchina? Non sono
stupida,
Ilaria. Cerca di non prenderti gioco di me” mi dice, con quel
suo
fare altezzoso.
Ammazzati, ti prego, altrimenti
potrei farlo io un giorno.
“È un'urgenza, va bene? Dillo
pure a papà, non mi importa, io la prendo” le
dico, incrociando le
braccia al petto e mettendo il muso.
“Ma quanto sei infantile, Ilaria!
Devo andare via, non mi creare problemi inutili. Entra,
forza” mi
dice, indicandomi l'ingresso.
“Ale?” dico, voltando le spalle
a mia madre.
“Ti sembra il caso di portare un
ragazzo in casa?” mi chiede mia madre, cercando di non farsi
sentire da Alessandro.
“Mamma, sei rimasta un po'
indietro. Casa nostra la conosce meglio di te” le dico,
guardandola
male. Mi sono esposta troppo, lo so bene, ma odio lei e il suo modo
di trattarmi.
Si avvicina a me e mi rifila uno
schiaffo: l'ennesimo.
Mi tocco la guancia e scappo in
casa, prima di ammazzarla con le mie mani. La vergogna mi sovrasta,
farsi prendere a schiaffi dalla propria madre a diciotto anni sa
tanto di umiliazione e sottomissione.
È tua madre.
Non è mia madre, è solo una stronza, punto.
Salgo le scale e mi chiudo in camera
mia, devo cercare di tranquillizzarmi. Accendo lo stereo e sento il
cd di Paolo Meneguzzi che incomincia. Scelgo la traccia cinque,
“Corro”, e alzo il volume quasi al massimo solo
perché so che la
fa imbestialire la musica alta.
“Tanta strada c'è, se vuoi
correre con me” canto, rannicchiata per terra.
Sento bussare e chiedo chi è,
Alessandro entra e appoggia il mio zaino vicino alla porta.
“Ehy... Tua madre non voleva farmi
entrare. Mi ha detto che finirò all'inferno per quello che
ti sto
facendo. Cosa ti sto facendo?” mi chiede, sedendosi vicino a
me.
Con lo sguardo basso, tiro un
sospiro ansioso.
“Le ho detto che tu qui ci sei già
stato... Parecchie volte. Non è scema, ha capito. Forse
però ha
frainteso, magari crede che ci frequentiamo o stiamo insieme, non
so”
dico, appoggiando la testa sulle ginocchia.
“Proprio davanti a me dovevi
dirglielo? Pensavo mi avrebbe ucciso” mi dice, sghignazzando.
Non rispondo e non lo guardo, ho
troppe cose in testa, troppe cose che non stanno bene insieme.
“Pensavo che la tua vita da
riccona fosse molto meglio della mia, ma vedo che siamo più
o meno
sulla stessa barca” aggiunge, dopo un po'.
“Certo, da fuori sembro solo una
secchiona riccona. Odio la superficialità, è
insopportabile!”
sbotto, facendolo spaventare.
Mi guarda, ma tace. Vorrei un
abbraccio, una carezza, un “va tutto bene”,
qualcosa che porti
conforto, ma lui non si esprime, non azzarda come se un gesto avesse
un valore più grande, un valore equivocabile.
Non mi giurerai amore eterno con
un abbraccio.
“Alla fine ci sei venuto a scuola”
dico, cambiando completamente discorso e umore.
“Già. Ho fatto troppe assenze ed
essere bocciati all'ammissione è da coglioni” mi
risponde,
voltandosi verso di me.
“Se continui a prendere quattro
non ti ammettono. Com'è andata la verifica di
geografia?” chiedo,
curiosa.
“Non avevo studiato. Non ho avuto
il tempo di fare tutto ieri, tra dormire e fare avanti e
indietro”
mi risponde, stravaccandosi contro il muro.
“Certo, sei un uomo impegnato”
gli dico ridendo.
Mi alzo e abbasso leggermente il
volume dello stereo, per non arrivare ad avere mal di testa.
“Puoi dirlo. Mi accompagni a casa?
Il pensiero di vedere ancora tua madre mi spaventa. Avevi ragione,
è
Crudelia Demon in persona” mi dice, mentre si alza.
“Tra un po' se ne va, lo ha detto
prima. Aspettiamo che se ne vada e poi mangiamo. Anzi, vieni, andiamo
in cucina” gli dico, andando verso la porta e aprendola.
“E se la incontriamo? Potrebbe
incolparmi di averti violentata, che ne sappiamo?” dice,
chiudendo
la porta e guardandosi intorno.
“Ne sarebbe solo felice” dico,
scazzata.
“È pur sempre tua madre e non
credo che le farebbe piacere. Sai che sembri davvero infantile
così?”
dice, camminando accanto a me.
“Eccone un altro...” commento,
girando gli occhi. Ma cosa hanno tutti?
“Davvero. Figurati se una madre
vorrebbe che il proprio figlio viva brutte esperienze. Ma dove si
arriva da questa parte?” mi chiese, indicandomi un corridoio
che
ancora non gli avevo fatto vedere.
“In cucina. Entriamo solo
dall'altra parte” gli rispondo, guardando il mio riflesso in
uno
degli specchi.
Mi fermo e mi guardo. Mi perdo nella
mia immagine e no, non sono narcisista, tutt'altro: mi faccio quasi
schifo.
Come fai?
Capisco le parole di Walter e
capisco anche che è colpa mia se quelle persone dicono certe
cose.
“Ila?” mi chiama Alessandro.
“Si?” gli chiedo,
istintivamente, voltandomi verso di lui.
“Ti perdi negli specchi? Non
pensavo fossi così vanitosa” mi risponde, alzando
un sopracciglio.
“Non sono vanitosa, ultimamente
sono un po' stanca e mi distraggo facilmente” gli dico,
altezzosa,
allontanandomi dal mio pessimo riflesso.
Alessandro alza le spalle e mi
segue, mentre noto che cerca di memorizzare quante più
informazioni
su quella nuova parte di casa.
“È un arazzo?” mi chiede,
indicando una grande “coperta” appesa al muro.
“Certo. Ma non mi chiedere niente,
perché non ho idea da dove arrivi e quanto possa
costare” gli
dico, liquidandolo.
“Okay, okay” mi dice, come fosse
una difesa.
Scendo le scale e ci ritroviamo in
cucina, quella cucina così moderna che stona con il resto
della
casa.
“Ilaria, vieni, ti ho preparato i
ravioli al vapore come piacciono a te” mi dice Natalia,
vedendoci
entrare.
Sorrido e la raggiungo, per poi
abbracciarla.
“Sei un tesoro” le dico,
stampandole un bacio sulla guancia.
“Siediti e mangia. Va bene anche
per l'amico tuo?” mi dice, guardandolo un po' male.
“Sono sicura di si” le dico,
sussurrandole all'orecchio.
Natalia non vede di buon occhio
Alessandro, forse perché le dispiace per me, magari pensa
che mi
stia usando, forse crede che lui possa farmi qualcosa di male.
Mi siedo a tavola e guardo i miei
ravioli fumanti, mentre Alessandro annusa il suo piatto, un po'
diffidente.
“Sarà commestibile?” mi chiede,
avvicinandosi un po' per non farsi sentire.
“Certo che sono commestibili, sono
una cuoca io. Non sono quelle schifezze come le patatine o la pizza
unta. Ma per favore” dice Natalia, uscendo dalla stanza.
Scoppio a ridere notando la faccia
di Alessandro, dopo la risposta della mia domestica.
“Mi odia?” chiede ancora,
guardandomi.
Tra le risate, annuisco e lui torna
ad analizzare il suo piatto.
Mangio metà raviolo e penso che sia
una delle cose più buone che abbia mai mangiato, dopo le
lasagne di
Natalia, ovviamente.
Mangiamo e Alessandro mi chiede di
andare, nonostante mia madre non ci sia e un po' mi dispiace, anzi mi
sembra strano.
“Va bene, mi cambio e prendo le
chiavi” gli dico, sparendo su per le scale.
Entro in camera e apro l'armadio in
cerca di una maglietta non troppo pesante, ma neanche troppo estiva.
Prendo una maglia leggera un po'
scollata e poi mi cambio i jeans, togliendomi quelli che mi sembrano
un vecchio modello in voga negli anni settanta, per indossare quelli
chiari, a vita bassa e le Superga bianche.
Esco nel corridoio e raggiungo la
camera dei miei, le chiavi le tengono nel cassetto del comodino.
Guardare dentro al cassetto del
comodino mi ha sempre messa in imbarazzo, dal tempo delle scuole
medie, quando una mia compagna mi raccontò del vibratore di
sua
madre. Da allora un possibile oggetto fallico in quel cassetto mi ha
sempre spaventata, più dei pagliacci.
Apro, frugo velocemente e vedo il
portachiavi della Mini così lo afferro e corro in bagno.
Mi lavo la faccia, passo la matita,
l'eyeliner e il mascara, slego i capelli e passo un po' di schiuma:
oggi voglio farmi un giro in centro.
Scendo e chiamo Alessandro
dall'entrata, mentre armeggio con la serratura. Finalmente riesco ad
aprire ed esco fuori, contenta di poter aprire il garage e prendere
la mia amata auto.
Clicco un pulsante e la porta del
garage inizia ad aprirsi e Alessandro esce fuori, coprendosi gli
occhi dal sole.
Mi volto a guardarlo e lui mi fissa,
serio, immobile.
“Che ti prende?” gli chiedo
sorridendo, prima di salire sulla Mini Cooper.
Metto in moto, lascio andare piano
la frizione, accelero ed esco piano dal garage, facendo attenzione a
non toccare da nessuna parte.
Alessandro sale davanti e mi guarda
un po' sorpreso.
“Si nota che la macchina non la
prendi spesso” commenta, poco simpatico. Certe uscite
potrebbe
anche evitarsele.
“Sei pesante, Ale” commento,
pigiando nuovamente il pulsante del telecomando.
“Era solo una constatazione. Devi
uscire oggi?” mi chiede, ostentando indifferenza.
“Si, perché?” gli chiedo,
guardandolo. Che vuole?
“Così” mi risponde, guardando
fuori dal finestrino. Neanche un po' la soddisfazione di ricevere un
complimento.
Accelero e prendo la strada diretta
alla macchina di Ale, incontrando subito la coda del centro
città.
“Che palle...” commento, dopo
cinque minuti di coda.
“È sempre così. Esci con
qualcuno?” mi chiede, facendo ancora il finto tonto.
“No” rispondo, sbuffando.
Annuisce e sorride tra se e se, come un ebete. Avrei dovuto mentire e
dire di si.
“Comunque non devono essere affari
tuoi. Fino a prova contraria sono liberissima di uscire con chi mi
pare, no?” gli chiedo, dopo averci riflettuto un po'.
“Ci mancherebbe. Ci provo
spudoratamente con chiunque, nonostante tutto, perciò esci
pure con
chi vuoi. Però dimmelo” aggiunge le ultime due
parole dopo qualche
secondo.
“Cosa? Allora ogni giorno mi fai
il resoconto con tanto di nomi e cognomi di quelle con cui ci hai
provato. Ale, non dire cazzate” dico, gesticolando.
Guarda fuori dal finestrino
attentamente, forse un po' infastidito dalle mie parole. Poco mi
importa, aveva solo da non fare un ragionamento così stupido.
“Va bene” commenta, dopo un po'.
Cosa?
“Si, certo. Prendi la chiavetta
usb lì” gli dico indicandogli la tasca a lato
della portiera. La
prende e la attacca allo stereo, lamentandosi quasi immediatamente
delle canzoni.
“Ma sei incredibile! La smetti di
lamentarti per tutto? Come si fa a non litigare con te?” dico
esasperata, alzando un po' troppo la voce.
“Ma se ascolti musica che fa pena
non è colpa mia” risponde, cambiando canzone.
Ringraziando tutti gli Dei
dell'Olimpo riesco a liberarmi della coda, arrivando in fretta alla
macchina di Alessandro.
“Menomale!” commento, sospirando
di sollievo.
“Mai più in macchina con te alla
guida” commenta, scuotendo la testa. Gli do una spinta e lui
si
gira a guardarmi.
“Non sono così pessima” dico,
imbronciata
“Non è per la guida, ma per la
musica” mi risponde, sorridendomi.
Apre la porta e mi rivolge un'ultima
occhiata.
“Grazie. Ci vediamo domani” mi
dice, guardandomi negli occhi. Annuisco e lui scende dalla macchina,
sbattendo la portiera.
Ciao a tutti :)
Scusate per il ritardo, ma finalmente
è finito tutto, compresi gli esami! Sono andati piuttosto
bene, se vi interessa saperlo...
Comunque ho una brutta notizia,
non ho idea di quando potrò aggiornare, perché mi
requisiscono il pc per potenziarlo e quindi non so quanto
starò senza computer e no computer no storia xD se vi va e
non sapete che leggere, vorrei chiedervi di dare un'occhiata alla mia
nuova storia, quella intitolata "Nadir".
Grazie a tutti.
Commenti:
Bridget:
grazie molte :) si, ci sarà una gita, ma molto
più avanti...! Tra qualche capitolo accadranno cose
interessanti ^^ baci!
luuluu:
eh si, in effetti dovrebbe reagire, ma non è stupida, questo
no. Grazie per aver letto e commentato, a presto.
marychan82:
si, la voglio continuare ma devo ritrovare l'ispirazione, ora come ora
la sto dedicando all'altra fanfiction. Grazie per i complimenti e per
averli definiti non banali, mi rallegra molto! A presto :)
Erika
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Capitolo 5 *** Cap. 2 - Ho bisogno d'amore - Parte terza ***
Metto la retro ed esco dallo
spiazzo, diretta al centro, pronta per un pomeriggio di shopping.
Ferma ad un semaforo, mando un messaggio alla mia migliore amica,
ormai trasferitasi a Roma.
Sto andando in centro. Vorrei ci
fossi ancora tu, sai che bel pomeriggio passeremmo? Come va
l'università? È da un po' che non mi aggiorni :D
ti voglio bene
Invio il messaggio e accelero,
conscia di trovare nuovamente quella coda interminabile.
Alzo il volume dello stereo e canto,
lasciandomi andare ai pensieri più disparati. Penso anche
avremmo
potuto scambiarci un bacio, prima di salutarci, mi avrebbe fatta
sentire un po' meno triste, senza farmi pensare che i miei
aggiustamenti estetici siano stati inutili.
“Ale fottiti!” grido, da sola
come una scema in macchina. Mi arriva il messaggio di Federica, ma
non posso leggerlo.
Conscia di non trovare parcheggio da
nessuna parte, giro a vuoto perdendo tempo. Avrei potuto studiare la
tesina.
Effettivamente il tempo è poco,
soprattutto se contiamo la gita, le ripetizioni a Mattia, il
ragazzino di tredici anni senza speranze, e il tempo passato a letto
con Alessandro.
Trovo miracolosamente parcheggio e
quasi non tampono una panda blu, ma poco mi importa, il posto deve
essere mio.
Prendo la borsa e corro a pagare il
parcheggio: un'ora basterà?
Sono sicura di no, perciò pago per
tre ore, al massimo ne perderò una. Posiziono il tagliandino
sul
parabrezza e parto alla volta dei miei negozi di vestiti preferiti.
In genere non mi piace vestire
firmato o sfoggiare accessori costosi, ma mia madre li esige per gli
incontri tra le famiglie dei soci di mio padre, così
nell'armadio
qualche Chanel ci capita.
Se devo essere sincera, solo una
volta mi è capitato di avere un vestito di Chanel, ma maglie
e
pantaloni sono rigorosamente di marca.
Decisa a comprare vestiti da
indossare durante la gita, raggiungo Via Roma e inizio la mia
passeggiata con la carta di credito nella borsa: in questa
americanata ho preso decisamente da mia madre.
Cammino con le mie superga troppo
sileziose, la mia maglietta troppo giovanile e i miei jeans troppo
chiari, in una via come quella sono gli abiti che ti rendono una
possibile cliente.
Vedo uomini distinti che mi guardano
dall'alto in basso, quelli che sono lì più per
scena che per altro,
anche se probabilmente non arriveranno mai al guadagno annuale di mio
padre. Lui però lavora, non se ne sta in centro Torino a
cazzeggiare
per sentirsi grandioso.
Adoro il mio papà, si nota?
Dicono che in genere quando non si
sopporta un genitore automaticamente ci si attacca all'altro, ma non
sono del tutto d'accordo, lo adoro e basta.
La prima tappa è sicuramente H&M,
uno dei miei negozi preferiti. Forse sono quella scalinata e quella
quantità incredibile di accessori che mi attraggono.
Entro e saluto la commessa che ormai
mi conosce bene.
“Ciao Ila!” mi grida dall'altra
parte del negozio, sbracciandosi. Ricambio timidamente il saluto con
un sorriso e salgo fino al piano degli accessori.
Mi tornano in mente i pomeriggi
persi davanti agli specchi di H&M con Federica e mi prende un
po'
di malinconia.
Mi ricordo del suo messaggio così
prendo il cellulare e trovo la sua risposta.
Anche tu mi manchi! Non sopporto
dover studiare in continuazione ma questi esami sono venti volte
più
complicati della maturità. Ma chi me lo ha fatto fare?
Vorrei essere
lì con te a svuotare un po' la carta di credito del papi.
Compra di
tutto e di più, poi inviami un regalino! Ti voglio bene. Ah,
lo vedi
ancora Alessandro?
Sorrido, e scuoto la testa come
un'ebete.
La cultura richiede troppo
impegno e troppo sforzo! Si, Alessandro lo vedo ancora purtroppo.
Forse dovrei iniziare a tagliare i ponti, però è
più forte di me,
sono una pera cotta. Certo, mi costeranno più le spese di
spedizione
che il regalo in sé, ma qualcosa ti arriverà,
presto o tardi :) ti
voglio bene!
Decido di iniziare dai cappelli,
anche se so che almeno l'ottanta percento dei cappelli esistenti al
mondo mi fanno sembrare una scema, così dopo averne provati
tre o
quattro lascio perdere e mi fiondo sugli orecchini, l'unico vero
accessorio che considero importante.
Mi perdo a guardarne un paio davvero
spessi, a cerchio, piuttosto pesanti ma che mi attraggono. Poi ne
noto un paio semplici, a cerchio, sottili e subito mi ricordano
Alice.
Divento scura in volto e mi
arrabbio, senza un motivo preciso. Non è possibile che una
vuota
come lei possa essere il vero obiettivo di Ale. Svegliati!
Prendo gli orecchini che avevo in
mano e scendo al primo piano, per dare un'occhiata alle magliette, ma
dopo averne guardate un paio perdo le speranze, troppo innervosita
per starmene lì ferma.
Vado alla cassa e pago, senza stare
a chiacchierare con la commessa e ammetto che un po' mi dispiace.
Esco e un vento improvviso mi
scompiglia i capelli, facendomi rabbrividire. Esco dal porticato,
alzo il viso e vedo il cielo grigio e in cuor mio spero davvero che
non venga a piovere.
Cammino e guardo tutte le vetrine
che mi sfilano davanti, mi fermo, guardo la merce e le commesse, poi
vado via. Adoro fare shopping in solitudine, semplicemente
perché
non sei costretta ad entrare per forza in tutti i negozi e se sei
arrabbiata non devi rendere conto a nessuno, così i criteri
di
scelta che mi spingono a non entrare in un negozio possono essere
anche i più futili, ad esempio la commessa che mastica la
gomma con
la bocca aperta o quelle che ti guardano male se hai le scarpe da
ginnastica.
Attraverso la strada e mi fermo
davanti al negozio Lacoste e guardo i vestiti da uomo. Entro e
rispondo al buongiorno della ragazza dietro la cassa, mi avvicino
alle Polo e guardo gli abbinamenti. Se un giorno mi sposerò,
probabilmente succederà con uno sposo vestito Lacoste.
“Serve un aiuto?” chiede
gentilmente la commessa.
“No, immaginavo solo il mio futuro
sposo. Se mai dovessi fidanzarmi, probabilmente mi rivedrà.
Arrivederci” dico, uscendo e trattenendo le risate.
Sono pazza! Ed è colpa di quella
biondona da due soldi se mi sono appena messa in ridicolo. Cammino e
scoppio a ridere, nonostante tutto vivere è il mio unico
vero
divertimento. Sono queste cose che spingono una persona ad andare
avanti, non una scopata ogni tanto con qualcuno che non ti
amerà
mai.
Mi sfilano davanti solo vetrine di
gioielli e di vestiti che starebbero bene solo a mia madre, ma un po'
più avanti incrocio le vetrine di Pinko ed entro senza
pensarci due
volte.
Do il buongiorno e mi perdo tra vari
vestitini che se me li vedesse mio padre addosso, mi direbbe che ho
dimenticato i pantaloni.
Ne trovo uno in particolare, forse
troppo corto, senza spalline, con il corpetto nero e la trama
scozzese bianco e nero. È bello, ma non è nello
stile di Ilaria
Castoldi.
Giro un po' e poi lo vedo: lui, così
lucido, nero, da trecentonovanta euro.
Chiamo la commessa e le chiedo se
posso provarlo. “Certo” mi dice, chiedendomi la
taglia.
Entro nel camerino, mi spoglio e lo
indosso. Non mi dà problemi, si lascia chiudere e la cintura
di
paillettes che l'avvolge mi ipnotizza.
Mi cambio e dico alla commessa che
lo prendo. Alla cassa passano la mia carta di credito e do la carta
d'identità.
“Grazie e buona giornata” mi
risponde, consegnandomi la borsa. Esco già più
leggera e
rincomincio a camminare per Via Roma con uno strano sorriso e una
borsa di Pinko ciondolante.
Lo shopping. Ho detto tutto.
Mi squilla il cellulare e rispondo,
scoprendo che è solamente un gestore che vuole offrirmi
questa o
quella novità, ma ringrazio e attacco, concentrandomi di
nuovo sulle
mie compere.
Passo il resto del pomeriggio a
comprare un paio di completi intimi da Calzedonia con un gelato di
Grom in mano.
Stanca morta, decido di tornare a
casa e ripercorro Via Garibaldi, bloccandomi davanti ad Extin Italia,
per colpa di un altro vestito, questa volta in jeans e particolari in
pelle marrone.
Senza pensarci due volte entro, lo
provo e lo compro: è decisamente più abbordabile
di quello nero,
infatti con novanta euro me lo porto via e torno a casa, prima che
piova.
Alessandro
Apro la porta di casa e controllo
che mia madre non ci sia e trovo conferma ai miei dubbi, sorti vista
la mancanza della sua macchina nel parcheggio del condominio.
Entro in camera e mi levo le scarpe,
cercando di togliermi dalla testa quella dannata
ragazza che
ne combina una più del diavolo. Spero per lei che non sia in
giro
con qualcuno, la cosa mi farebbe incazzare parecchio.
Era carina, si, glielo avrei potuto
dire, ma non voglio rischiare che si illuda, lei non fa per me e
viceversa, viviamo ai poli; lei è in Italia, io in Nuova
Zelanda.
Prendo il cellulare e chiamo Rocco,
il mio amicone, e gli chiedo che fa nel pomeriggio e mi risponde che
posso trovarlo al bar. Il bar è un locale che frequenta la
gente
losca come lui, ex spacciatore, appena ventenne, in cui ci trovi solo
brutte persone. Un posto che Ilaria non vedrebbe neanche con il
cannocchiale.
Mi cambio e scendo, il bar non è
lontano da casa mia, ci si arriva in cinque minuti a piedi e
così è,
arrivo e “Il Mozzo” mi saluta. Non è un
nome da boss è solo che
“Mozzo” sta per mozzone, non ha mai offerto niente
a nessuno in
vita sua, così gli hanno affibbiato quel nomignolo di cui va
fiero.
Non per niente è un piemontese D.O.P.
“Alex vieni di qua” mi urla
Rocco, agitando una mano nell'aria. Alzo una mano in segno di saluto
e passo nell'altra saletta, dove aleggia una nuvola di fumo e non
garantisco che sia solo di sigaretta, dove trovo una “calda
accoglienza”.
“Pensavo ti fossi fatto i soldi,
Alex! Da quant'è che non ci si vede?” mi chiede
Rocco, dandomi
pacche sulla spalla sinistra.
“Tranquillo Rocco, se mai mi
facessi i soldi come dici tu, saresti il primo a saperlo” gli
dico,
battendo il cinque a Mario e Mimmo, amici di Rocco. Amici per
così
dire, sono stati loro a portarlo nel giro della droga.
“Sarà meglio Alex, perché se lo
scopro ti vengo a cercare io. Allora, dimmi, sei venuto qui per quel
lavoretto?” mi chiede, guardandomi con quegli occhi
circondati da
occhiaie.
Hai sbagliato i verbi, idiota.
Con “quel lavoretto” intende
spacciare, fumo più che altro, sa che non accetterei mai di
spacciare roba pesante, ma sinceramente non mi sento nemmeno di
spacciare fumo. Al massimo lo compro, ma di mettermi nei casini non
mi va.
“No Rocco, lasciami stare” gli
dico, ordinando una birra.
“Ma dai Alex, come te la paghi
quella bella macchinina? Come minimo costa sui tredicimila. E sono
soldi. Avanti, spiegami come cazzo te la paghi se vai ancora a fare
il coglione a scuola” mi dice, ridendo. È ubriaco,
sono un idiota
ad essermene accorto solo ora.
Non sarei mai dovuto venire qui.
Prendo la birra e bevo un sorso, cercando di prendere tempo. Quella
macchina è un regalo, ed è pure usata. Non me la
sarei mai potuta
permettere nuova.
“Non ti preoccupare della mia
macchina, non è quello che sembra. Comunque la mia risposta
è no.
Ormai è troppo tempo che me lo chiedi, non cambio idea
Rocco, devi
mettertelo in testa”.
“Cambierai idea Alex. Un giorno
verrai da me in ginocchio a chiedermi di darti quel lavoretto.
Sarà
tardi De Angelis” mi risponde e un brivido mi percorre la
schiena a
sentire il mio cognome.
Finisco la mia birra e saluto il
trio, che mi guarda di sottecchi e sento il loro sguardo anche
varcata la soglia di quel locale.
Vorrei avere la testa di quella
ragazza, qualche volta. Lei non ci penserebbe due volte ad ignorare
quei tizi, non ci avrebbe neanche mai rivolto la parola e ad un
tratto mi rendo conto che se mai accettassi quel
“lavoretto”
direi addio per sempre alla pseudo relazione che ho con Ilaria. Non
che ci avessi mai pensato seriamente ad accettare.
Vago per le vie di Torino senza una
meta, sentendomi anche un po' solo, sono costretto ad ammetterlo, ma
in un secondo mi rendo conto della realtà che mi circonda e
del
fatto che non sono più un bambino e dovrei cercare un
pretesto per
mettere la testa a posto. O almeno provarci.
Che sia lei il mio pretesto? Non
credo.
Rallento, mi fermo. Come un lampo
capisco una cosa: per quanto possa prenderla in giro, per quanto
possa credere che per certi versi è una sfigata, in
realtà sono io
a non essere abbastanza per lei. Perché al di fuori della
scuola lei
è qualcuno. Perché oltre a ciò che
sembra a tutti noi, in realtà
ha tutto. E non parlo di soldi.
Mi do dell'idiota e riprendo a
camminare. Non posso permettermi certi pensieri, rischierei davvero
di vederla sotto un'altra luce e non voglio. Non posso
innamorarmi di Ilaria. Proprio no.
Cerco di toglierla dai miei pensieri
e mi concentro su Alice, la bella biondina, due anni più
piccola, ma
due anni di sviluppo in più.
Mi squilla il telefono e sgrano gli
occhi davanti al nome che compare sul display: Walter.
Che vuole quel coglione?
“Pronto” rispondo, un po'
freddo.
“We, socio! Com'è?” mi chiede.
Si, è senza dubbio un coglione.
“Male Walter. Che vuoi?” gli
chiedo, continuando a girare per le stradine, prendendo seriamente in
considerazione l'eventualità di tornare a casa.
“Allora, le ragazze, qui, hanno
avuto un'idea per sabotare la Castoldi. Così, per non darle
la
soddisfazione di arrivare al cento alla maturità”
mi dice,
tranquillo.
Un impeto di rabbia mi accende e
vorrei gridargli contro, ma non me lo posso permettere. Ancora.
“E che cosa vuoi da me?” gli
chiedo, trattenendomi.
“Beh, ci chiedevamo se fossi
d'accordo con noi e se ci avresti aiutato. Sei il primo che se la
prende con quella sfigata e quindi ci sembravi un buon
alleato” mi
dice, convinto. Mi incazzo ancora di più, ma non riesco a
stare
zitto.
“Lasciatela stare, ne ha già
tanti di problemi quella. Che fastidio vi dà se esce con
cento?”
gli chiedo, iniziando a percorrere la strada verso casa.
“Non ci ha mai aiutato in cinque
anni. Beh, non lo puoi sapere, ma avrai visto nei tre anni che sei
stato con noi che è una stronza. Non ci ha mai passato
niente nei
compiti in classe e ha sempre fatto la spia. Vogliamo prenderci una
rivincita” mi dice, credendo alle sue stesse parole.
“Non mi sembra proprio, Walter. Se
non hai il debito in tutte le materie è perché
lei suggerisce
durante i compiti, mica perché sei un genio. E nessuno
lì dentro ha
mai fatto un cazzo di compito, li ha sempre dati lei. E te lo dico io
che sono in classe con voi solo da tre anni, Walter. Lasciatela in
pace. Prenderla in giro è un conto, ma rovinarle la
maturità è da
figli di puttana” dico, sfogandomi. Gli avrei urlato, ma mi
sembrava un po' troppo.
“Va bene, non ci stai, ho capito.
Ci vediamo a scuola” mi dice e lo fermo prima che possa
staccare.
“No, Walter, non hai capito. Non è
che non sono con voi è che ti scasso di botte se fate
qualche
cazzata, hai capito?” gli dico, intimidatorio.
“Ma che cazzo hai? Una cotta per
la Castoldi?” mi chiede, sorpreso.
“No cretino, se la Castoldi fosse
una cogliona come Valentina o Beatrice probabilmente sarei con voi.
Walter te l'ho detto, fai una cazzata del genere e ti
disintegro”
gli dico, esagerando.
Probabilmente mi fermerei ad un
pugno, ma è un cagasotto e crede a qualsiasi cosa.
“Si, vabbè. Ci vediamo a scuola”
mi dice, riattaccando.
Non farà niente di stupido, ho
capito dalla sua voce che ha paura.
Salgo su in casa e mi stravacco sul
divano, ma mi addormento in men che non si dica.
Verso le sette, circa, mi sveglio e
trovo mia madre in cucina, mentre mescola un intruglio biancastro in
una ciotola.
“Come stai ma?” le chiedo,
entrando nella stanza.
“Ti sei svegliato finalmente. Sto
bene, tu?” mi chiede, rivolgendomi una rapida occhiata.
“Anche io” rispondo e sento il
mio cellulare squillare in camera mia.
Mi precipito e leggo un numero
sconosciuto. Titubante clicco il pulsante verde e rispondo.
“Pronto?” dico, celando la
curiosità.
“Sei Alessandro?” mi chiede una
voce profonda, è una donna.
“Si, sono io. Con chi parlo?”
chiedo.
“Sono la madre di Ilaria” e
spalanco gli occhi per la sorpresa.
Mi sarei aspettato di tutto, un
rimprovero, una minaccia, ma mai quello che mi propone.
Cerco una scusa qualsiasi, ma alla
fine non posso fare altro che accettare.
Oh,
buonasera...
Non siete
contente? Ho aggiornato! xDDD okay, mi sono un po' montata la testa.
Comunque sia, se questo capitolo vi pare pieno di sorprese, aspettate
il prossimo. Un'altra cosa, non giudicate i personaggi troppo in
fretta, perché potreste fraintendere, vi ricordo che siamo
solo all'inizio!
Ne
capiteranno delle belle, è una promessa ;) Ah, in
realtà c'è un prologo, se mi dite che volete
leggerlo subito, cercherò di scriverlo e pubblicarvelo :)
Erika
Commenti:
sassybaby:
ti ringrazio...! Comunque non ho intenzione di lasciarla a
metà, il terzo capitolo è quasi concluso, non ho
intenzione di deludervi :) per Ilaria, beh posso dirti: aspetta il
prossimo capitolo! Comunque lei non è stupida, sa benissimo
quello che fa, anche se lo sottovaluta! A presto =)
vigife:
ringrazio anche te :) ebbene, posso dirti che, a parte i piccoli
particolari, la storia è già completa nella mia
mente, dall'inizio alla fine. Pensa, anche l'ultima sera della gita in
Ungheria, che poi si svolgerà a Budapest, la capitale,
è già programmata. Proprio mentre passeggiavo per
le strade di Budapest me li sono immaginati lì e, beh, non
posso non scrivere di loro!
Ro90:
non è double face, è che lei è bella
di natura, ma si lascia andare a scuola, è un po' sciatta,
non si trucca, non si veste bene, così per non dare
nell'occhio. E non è neanche una Top Model! xD comunque non
sarei così sicura della scorza di Alessandro, anche se in
questo capitolo e nei prossimi potrà sembrare dolce e
tenero, in realtà non è molto diverso da prima.
Un bacio!
sciona:
Ciao Anto :) ti ringrazio, in effetti può sembrare che lei
si stia innamorando, ma la verità è che per lei
è proprio tutto nuovo! Comunque si, mi sa che sti stronzi ci
attizzano fin troppo xD a presto, e aggiorna anche tu!
|
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Capitolo 6 *** Cap. 3 - Se fosse per sempre - Parte prima ***
Capitolo 3 – Se fosse per sempre
Ilaria
Guardo il tubino nero di mia madre
sul mio letto e cerco di convincermi che la visita degli zii sia un
avvenimento abbastanza degno per indossare un vestito come quello, ma
proprio non ci riesco.
“Mamma, non mi sembra il caso.
Posso mettere uno dei miei vestiti estivi, guarda questo
bianco” le
dico, prendendo un abito dal mio armadio e facendoglielo vedere.
“Ma vuoi proprio essere
considerata una ragazzina, eh?” mi chiede, retoricamente.
Sbuffo e rimetto il vestito al suo
posto. Il tubino nero non me lo metto, questo è poco ma
sicuro. Che
poi lo zio Carlo non è mica il principe del Galles, il
nostro non è
un ricevimento con i Conti, non ci saranno Duchesse sedute al nostro
tavolo, perché dovrei indossare un vestito come quello?
“Mi metto questo, non puoi dirmi
che è da ragazzina perché lo hai messo anche tu
una volta” le
dico, mostrandole un vestito lungo al ginocchio, anche quello
abbastanza estivo, perfetto per oggi, visto che le temperature
toccano livelli abbastanza alti.
“Va bene ma, se tuo padre dice
qualcosa, prenditi le tue responsabilità” mi dice
prima di uscire
dalla mia stanza.
Vado nel mio bagno, il bagno della
mia camera, mi faccio una doccia veloce e indosso il vestito con i
capelli ancora bagnati.
“Ilaria, i tuoi zii sono arrivati”
sento che mi dice Natalia, oltre la porta.
“D'accordo, mi asciugo i capelli e
scendo!” urlo, per farmi sentire. La porta che si chiude mi
fa
capire che Natalia è andata a riferire. Accendo il phon e mi
asciugo
i capelli senza pettinarli, così verranno mossi. Ci metto un
po' di
schiuma e mi trucco: qualcosa di leggero, che faccia risaltare i miei
occhi nocciola.
Scendo al piano di sotto e mi
preparo mentalmente al saluto con gli zii: di aristocratico non hanno
niente, ma l'atteggiamento è quello che hanno tutte le
persone che
si credono importanti.
Regole ferree: le labbra non devono
toccare le guance, non si fissa direttamente negli occhi
perché è
da maleducati e ultima, ma non meno importante, allo zio si
dà del
lei.
Entro in salotto e li vedo tutti
intenti a salutarsi. La zia, come mia madre, indossa un vestito di
Chanel, probabilmente acquistato proprio per l'occasione, ma che le
sta sicuramente peggio, vista l'età.
In realtà questi zii non sono zii
di primo grado per me, ma sono prozii, ovvero gli zii di mio padre.
Con loro ci sono anche le nipoti, Giulia e Carlotta, due ragazzine di
quattordici e quindici anni che, puntualmente, mi chiedono di
portarle da qualche parte e, visto che quest'anno ho la macchina,
sono davvero nei guai.
“Ciao Ilaria!” mi saluta la zia,
con finto entusiasmo.
Risparmiatelo.
“Ciao zia” le dico, appoggiando
la mia guancia contro la sua e mimando il suono di un bacio. Tutto
questo è più che finto.
“Sei molto bella oggi. Sei
cresciuta, eh? Non farai l'ingresso in società?”
mi chiede,
prendendomi alla sprovvista.
“Non lo so, zia. Non c'è stato
ancora il tempo per organizzarlo” le dico, sorridendo.
No, non farò il mio ingresso in
società per essere paragonata a quelle galline senza
cervello. Mi
dispiace, ma non ci sto.
“Quanti anni hai già, cara?” mi
chiede, senza togliersi quel dannato sorriso.
“Ne ho compiuti diciotto qualche
mese fa. In teoria sarei un po' in ritardo” le spiego,
notando il
disappunto sul suo viso.
“La
verità, Caterina, è che la signorina
ha fatto di tutto per evitare il suo ingresso in società.
Non vuole,
capisci? Non so più cosa fare con lei” si
intromette mia madre,
dicendo la sua. Cerco di calmarmi, non posso permettermi di perdere
le staffe davanti agli zii.
“Hai
ancora tempo, fino ai ventitré anni accettano le ragazze.
Pensaci
cara, sarebbe vergognoso per la famiglia non averti presentato in
società” mi dice, senza darmi molte
possibilità di risposta.
“Ci penserò, zia” rispondo,
chiudendo lì il discorso.
Saluto le mie “cuginette” e mi
avvicino allo zio, senza intromettermi nella conversazione tra lui e
mio padre, ma aspetto che mi saluti lui, così come si
aspettano da
me. Sono stufa di seguire degli standard.
“Ilaria? Sei davvero tu? Ti trovo
splendida” mi dice l'uomo sulla settantina, accarezzandomi
una
guancia. Faccio una riverenza accennata e sfoggio il mio sorriso
migliore, sapendo di compiacerlo.
“La ringrazio, zio. E lei come
sta? Anche io trovo che lei sia il ottima forma” gli dico,
con un
eccesso di zelo che ucciderebbe un diabetico.
“Sei troppo gentile, Ilaria. Ma
dimmi, come va la scuola?” mi chiede il nonnetto, prendendomi
sotto
braccio.
“Bene, come sempre, zio. Ma mi
dica un po', cosa si racconta tra le ville del lago?” chiedo,
mostrandomi realmente interessata. Questo zio vive sul lago di Como.
Anche se potrebbe permettersi anche la Reggia di Caserta.
“Oh, niente di importante. I
soliti pettegolezzi che non fanno più per me. Quel signor
George,
sai, quello americano, ci dà parecchio fastidio in
realtà. Non c'è
più privacy per nessuno” mi dice e sorrido
all'idea di George
Clooney che infastidisce lo zio.
“Oh, ma quanti crucci è costretto
a sopportare ogni giorno?” gli chiedo, usando un tono davvero
finto
e, forse, se ne accorge anche lui.
“Troppi cara, davvero troppi” mi
risponde, perdendo l'attenzione, perché il campanello suona.
“Natalia, gentilmente, andresti ad
aprire?” chiede mia madre, intervenendo prima di tutti.
“Certo signora” risponde
Natalia, dolce come sempre.
Prendo un calice con dello spumante
dal tavolino da the e ne bevo un piccolo sorso, con molta eleganza,
devo ammetterlo.
Mi guardo intorno, ma volto la testa
in direzione di Natalia che mi guarda con un'aria sconvolta, prima di
far entrare il nuovo ospite.
Spalanco gli occhi e sento il cuore
battere a mille, quando vedo Alessandro entrare nel mio salotto,
vestito con dei jeans ed una camicia, con un viso ancora più
confuso
del mio.
Si volta e mi guarda. Giuro che
vorrei gridargli addosso, chiedergli perché diavolo si
è presentato
qui, proprio oggi poi. Pensavo facesse sempre parte del nostro tacito
accordo: non ci si presenta a casa dell'altro senza avvisare. Non si
sa mai che cosa potrebbe succedere in quel momento: un altro ragazzo,
i genitori, oppure gli zii con cui potresti rovinare la reputazione
della tua famiglia.
“Bu-buongiorno” farfuglia,
guardando i presenti.
“Possiamo aiutarla?” chiede mio
padre, lievemente confuso, guardandolo negli occhi. Mi viene da
piangere, non pensavo che questa storia avrebbe potuto degenerare,
non volevo che mio padre lo conoscesse, non volevo che scoprisse
quello che c'era tra di noi. Perché non c'era niente a parte
il
sesso.
“Caro, lui è Alessandro, il
fidanzato di Ilaria” dice mia madre, appoggiandogli una mano
sul
braccio. Mio padre si volta verso di me e ciò che vedo sul
suo viso
mi distrugge, tutte le emozioni lasciano spazio solo alla delusione.
Mia madre mi guarda seria alle
spalle di mio padre e giuro di non averla mai odiata tanto, mai prima
d'ora aveva cercato di intromettersi nel rapporto tra mio padre e me.
“Non me lo presenti?” mi chiede
mio padre, serio. Sembra quasi arrabbiato.
Faccio un passo in direzione di
Alessandro e sento le gambe tremare, vorrei scappare dalla stanza,
vorrei dire a mio padre che per me lui non è niente, che
c'è un
complotto alle mie spalle e che non deve essere deluso, io sono
davvero quella che crede che io sia.
Alessandro
si passa una mano sul viso e poi mi guarda colpevole, ma capisco
subito che non sapeva cosa lo avrebbe aspettato qui. Lo fisso e
vorrei capisse che cosa mi passa per la testa in questo momento.
Prendo la sua mano e mi avvicino a mio padre, che lo fissa, che mi
fissa.
“Arturo, non credi che, in quanto
più anziano, dovrebbe presentare il ragazzo prima a
me?” chiede lo
zio, con il petto all'infuori.
“No, zio. Io sono il padre ed è a
me che lo deve presentare. Non ti offendere, ma ora non c'entri
niente” gli dice mio padre, rispondendogli a tono. Ma ha
fatto uno
sbaglio: gli ha dato del tu.
“Devi portarmi rispetto anche
davanti ad un tuo futuro genero” dice lo zio e sento la mano
di
Alessandro stringermi la mia, iniziando ad essere davvero nervoso.
Non puoi darmi colpe.
“Le chiedo scusa, zio. Ma ora la
prego di rimanere al suo posto, perché qui c'è
qualcosa che io non
so e devo analizzare la situazione. Ilaria, perché non mi
hai
parlato di questo ragazzo?” mi chiede, ignorando lo zio.
Deglutisco
e prego tutti i santi perché mi facciano parlare senza
scoppiare a
piangere.
“Ti chiedo scusa, non ho pensato
che forse avrei dovuto parlartene prima. Comunque lui è
Alessandro”
gli dico, indicandolo con una mano. Ale lascia la presa per stringere
la mano di mio padre e la tensione che percepisco mi spaventa.
“Lo sai cosa ti ho sempre detto.
Ne sei sicura?” mi chiede mio padre, guardandomi negli occhi.
Si papà, so cosa mi hai sempre
detto e vorrei dirti la verità. Se avessi potuto scegliere
probabilmente non te lo avrei mai presentato, lui non è
quello che
ti renderebbe fiero di me, non sono neanche innamorata di lui e tu
non avresti mai dovuto sapere della sua esistenza.
“Si papà, ne sono sicura”
mento, spudoratamente, incrociando le dita della mano destra. Non
penso valga granché, ma meglio che niente.
“Bene. Benvenuto allora” dice,
cercando di sorridere ad Alessandro.
“Ti dispiace se gli parlo in
privato un attimo?” chiedo a mio padre, sottovoce.
“No, vai pure” mi dice,
annuendo.
Tiro Alessandro fuori dal salotto e
andiamo in camera mia. Rimango in silenzio finché non chiude
la
porta della stanza.
“Ila so che sei arrabbiata
però...” inizia, ma lo interrompo.
“Non voglio le tue scuse, voglio
che mi spieghi perché cazzo sei qui oggi! Non mi sembrava di
averti
detto di venire qui” gli urlo, mentre le lacrime mi rigano le
guance. Non vorrei piangere di fronte a lui ma non riesco a
controllarle, scorrono da sole.
“È stata tua madre a dirmi di
venire qui oggi. Cazzo. Avrei dovuto dirtelo, ma tua madre mi aveva
detto che doveva rimanere una cosa tra me e lei. Non pensavo avesse
tramato qualcosa. Scusami” mi dice, abbassando gli occhi.
Inizio a
singhiozzare, non posso credere che abbia fatto qualcosa di
così
scorretto. È lei che mi ha dato la vita.
“Spiegami tutto Ale, voglio
capire” gli dico, con un tono più basso, rotto dal
pianto.
“Qualche giorno fa ho ricevuto una
chiamata da tua madre. Mi aveva detto solo che sarei dovuto venire
qui oggi, non mi ha detto perché e ho provato a dirle che
avevo da
fare, ma mi ha risposto che se non mi fossi presentato oggi, avrebbe
preso provvedimenti” mi spiega, cercando di non sembrare
troppo
colpevole.
“Non pensavo fossi il tipo che si
lascia intimidire così”dico, asciugandomi gli
occhi.
“Vieni qui” mi dice,
abbracciandomi e mi chiedo se per caso il vero Alessandro non sia
stato rapito dagli alieni.
“Alessandro De Angelis che mi
abbraccia. Aiuto! Gli alieni hanno iniziato la loro
invasione!”
dico, teatralmente, scoppiando poi a ridere.
“Sei proprio stupida” mi dice,
senza lasciarmi andare.
“Non dovresti trattarmi così. In
fondo di là si aspettano che tra un paio d'anni mi sposerai.
Mi
chiedo cosa farebbero se scoprissero la verità. Sai che sono
in
combutta per iscrivermi al ballo delle Debuttanti?” gli
chiedo,
quasi capisse di cosa sto parlando.
Non si può capire da fuori. Non
traspare la pressione, i sacrifici e la responsabilità che
una
persona nella mia situazione si ritrova a dover subire.
“Entrare in società. Certo che te
ne capitano di disgrazie” mi dice, baciandomi la testa.
Il mio cuore batte a mille. Vorrei
fosse così sempre, non com'è realmente. Non sto
dicendo che non mi
piaccia, ma è lontano anni luce da quello che potrebbe
andare
davvero bene a me. Non sono viziata, non sto cercando il principe
ricco, voglio soltanto qualcuno che mi voglia bene davvero, che non
abbia come secondo fine l'eredità di mio padre o solamente
il mio
corpo.
“Ti va di essere la mia fidanzata?
Solo per oggi. Non voglio crearti problemi” mi dice e alzo la
testa
per guardarlo negli occhi.
“Si, mi va” rispondo,
seriamente.
Usciamo dalla mia camera e torniamo
in salotto.
“Bene, ora che siete tornati
possiamo sederci a tavola” dice mio padre, scortando gli
ospiti in
sala da pranzo.
“Rimani vero?” chiedo ad
Alessandro, quasi supplicandolo. Okay, è già
tutto incasinato,
perciò non voglio trovarmi a risolvere una situazione da
sola. Non è
un compito di algebra.
“Ho forse scelta? Penso rientrasse
anche questo nel piano di tua madre” mi dice, sussurrando per
non
farsi sentire.
Ci sediamo vicini, lui si ritrova
Giulia alla sua sinistra, che brama alla sua vista, come un leone con
una bella bistecca.
Sorrido tra me e me e vedo mio padre
alla mia destra che mi fissa.
“Va tutto bene?” mi chiede,
alzando un sopracciglio. Annuisco.
“Non ti preoccupare” gli dico,
sorridendogli sincera.
“Parleremo più tardi, io e te. Mi
devi spiegare delle cose se vuoi il mio permesso” mi dice e
sento
le mie budella rivoltarsi.
È davvero un po' tardi per il suo
permesso.
“D'accordo” rispondo, annuendo.
Iniziamo dagli antipasti e per tutto
il pranzo guardo le buffe espressioni di Alessandro quando il
cameriere gli propone un piatto diverso.
In realtà non abbiamo un cameriere
ma è stato assunto solo per oggi, visto che gli zii si
aspettano che
ci sia un cameriere in ogni casa che si rispetti.
“A costo di sembrarti frocio, lui
posso portarmelo a casa?” mi chiede, sussurrandomi
nell'orecchio e
indicandomi il cameriere. Sghignazzo, cercando di contenermi.
“No, è mio. Credimi, non sa solo
portare piatti” gli dico, ammiccando.
Lui spalanca gli occhi e diventa
serio.
“Ti sei appena disperata perché
tuo padre ha conosciuto me, con cui hai una relazione di,
praticamente, solo sesso e mi dici una cosa del genere?” mi
dice,
nell'orecchio, raggelandomi.
Mi volto, guardando il mio piatto e
senza degnargli più uno sguardo. Ha esagerato, anche se devo
ammettere che non ha tutti i torti, non può permettersi di
dirmi
certe cose. Ci penso su, forse non è il fatto che me lo
abbia detto
che mi dà fastidio, ma più che altro la
veridicità.
Mi vanto di essere diversa dalle
altre, ma appena posso divento una civetta.
“Non volevo offenderti”
bisbiglia, mentre mia madre e la zia intrattengono una discussione
sull'educazione delle ragazze.
“È tutto a posto. Hai ragione e
mi dà fastidio, tutto qui” rispondo, senza essere
troppo seria.
Ci guardiamo, entrambi sorpresi.
“Non pensavo fossimo in grado di
risolvere diplomaticamente una questione” gli dico, convinta
delle
mie parole.
“Già” dice, sorridendomi.
Mangiamo il dolce e ci alziamo da
tavola, per tornare in salotto, ma Giulia e Carlotta mi chiedono se
le posso portare da qualche parte perché si annoiano.
Dopo aver ricevuto il permesso,
salgo in camera a prendere la borsa e le chiavi della macchina che
finalmente tengo io.
Saluto mio padre con un bacio sulla
guancia e mi sorride, giuro di sentirmi più sollevata.
“Io andrei. È stato un piacere
conoscervi” dice Alessandro, prima di stringere la mano a
tutti,
ricevendo due bei baci dalla zia che, data la sua età, non
può
permettersi molto altro.
Usciamo da quella casa che sembra
davvero troppo piccola oggi e Ale si ferma, prima di salire in
macchina.
“Ci
sentiamo, okay?” mi dice, avvicinandosi. Annuisco e lui mi
bacia,
ma non è un semplice bacio, è sentito,
fin troppo visto che mi lascia senza fiato.
“È stato bello conoscere anche
voi” dice, baciando sulla guancia le due sorelle, che
attaccano con
una ridarella che mi disgusta.
Mi dà un altro bacio, veloce,
leggero, ma lo spingo via e gli dico che deve andarsene.
“Sono offeso” mi dice,
fingendosi triste.
“Sparisci!” gli dico, voltandomi
verso la Mini Cooper.
“Ti chiamo!” mi urla, prima di
rientrare in macchina.
Saliamo tutt'e tre in macchina ed
esco dal vialetto.
“Il tuo ragazzo è un vero fico”
commenta Giulia, accarezzandosi una guancia.
“Davvero!” rincara la dose
l'altra, complice della sorella.
“Lo so” dico io, sorridendo tra
me e me.
Hola!!!
Ehy, tra meno di nove ore sarò in puglia! Nel Gargano, se
realmente vi interessa. Indovinate? Devo finire la valigia!
Però non volevo abbandonarvi senza un aggiornamento
<3 starò via per due settimane, ma avete resistito
anche di più per un aggiornamento, non è vero?
Io, comunque, non vi dimentico, se avete voglia di scrivermi vi lascio
l'email: eryp92@rocketmail.com scrivetevi il vostro nick, nel caso^^
Che altro dirvi? Adoro le vostre recensioni, dico davvero,
punto tanto in questa storia, ho tante idee e non vi
deluderò, almeno spero xD non mi sono mai divertita tanto
come con questo capitolo, soprattutto per George xD vi devo salutare,
ma prima rispondo ai vostri commenti ;) baci e abbracci, perfavore
scrivetemi sempre ciò che realmente pensate!
P.S. Il
ragazzo a cui mi sono ispirata (fisicamente) ad Alessandro si
è fidanzato. Lei si chiama Alice. Sarà mica un
segno? Fortuna che questa fanfiction è mia... Volete sapere
altro su di lui? Non si chiama Alessandro, è del '91, mi
piace parecchio (ma va?), ha uno dei sederi più belli che io
abbia mai visto, porta gli occhiali anche se spesso ha le lenti a
contatto, è stato bocciato all'ultimo anno, non è
passato alla maturità... Perciò ancora un anno e
lo vedrò tutti i giorni, anche se mi dovrò subire
la vista della zoccoletta che, tra l'altro, è pure
più piccola di me... Come Alice e Ilaria. Oh santo cielo,
ora che ci penso è proprio così, se non fossi
stata bocciata lui sarebbe in classe con me e lei sarebbe un anno
più piccola. Fantastico! Ora vi lascio per davvero, magari a
settembre potrei aggiornarvi su di lui! Intanto leggetevi la fic...
Nota chilometrica, che cavolo! Un bacione.
P.P.S.
Guardando le sue foto ora su Facebook è proprio carino e lei
proprio una stronza che se li passa tutti ù.ù
baci!
Commenti:
sciona:
eccolo qui! E' tornato anche alessandro =) il tuo nuovo capitolo lo
leggerò domani sul pullman, poi commenterò,
promesso <3 hai ragione, il rapporto tra Ilaria e Federica
è fantastico :D che ne pensi del cavaliere, qui? Non lo hai
adorato? Ma non ILLUDERTI! I prossimi capitoli saranno ancora
più interessanti e lo so perché li ho
già scritti... xD bacioni!
LaNana:
*____* grazie mille, i complimenti fanno SEMPRE piacere (lo scrivo in
maiuscolo per attirare l'attenzione di tutti! xD) vorrei aggiornare
più in fretta, ma il tempo e la voglia non me lo permettono
-.- poi con le vacanze di mezzo, ancora peggio... Hai ragione, l'Ilaria
della mia classe sono io, a parte i soldi e la bellezza nascosta, sono
brutta sempre *_* xDDD e Ale, beh, l'ho detto chiaramente, mi sono
ispirata ad un mio compagno di scuola che mi piace assai... xD a
presto!
vigife:
:D è un po' una stronza questa donna! Ancora grazie ^^
sassybaby: hai
ragione, non è quello il motivo della sua reazione :D mi fa
piacere, spesso leggo il tuo nome nei commenti di molte altre mie
storie, ne sono davvero contenta e ti ringrazio^^ comunque, tornando al
tuo commento, non aggiorno per questioni di tempo, ma la storia non sta
morendo, tranquilla :D si, il secondo capitolo è finito,
questo è l'inizio del terzo. Forse per il prossimo
aggiornamento dovrai aspettare due settimane circa, ma se riesco cerco
di aggiornare prima^^
A presto!!! :D
Erika <3
|
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Capitolo 7 *** Cap. 3 - Se fosse per sempre - Parte seconda ***
Decido di portarle alle
Gru, il
centro commerciale di Grugliasco, così da passare un paio
d'ore per
poi tornare a casa e liberarmi delle due zecche.
“Dove ci
porti?” mi chiede la
più piccola, petulante.
“Vi porto in un
centro commerciale
bello grosso. Poi magari possiamo prenderci un gelato più
tardi”
dico, superando una Mazda rossa che proprio non ne vuole sapere di
superare i sessanta.
“Bello!
Potevamo chiedere la carta
di credito al nonno” dice Carlotta, rivolgendosi a Giulia.
“Io ho qualcosa
dietro. Non più
di settanta però” dice la sorella, aprendo la
borsa.
“Io ne dovrei
avere circa cento.
Ila pensi che con centosettanta euro riusciamo a prendere
qualcosa?”
mi chiede Carlotta, seriamente preoccupata.
“Ma si,
qualcosa troverete di
sicuro, basta che non litigate” dico io, sentendomi un po'
vecchia.
Educare non fa affatto per me.
Accendo la radio e le ragazze
iniziano a cantare a squarciagola rendendomi felice, perché
almeno
qualcuno apprezza i miei gusti musicali.
Arrivate davanti al centro
commerciale cerco parcheggio per circa cinque minuti, alla fine lo
trovo e sento le ragazze immaginarsi dentro la struttura a spendere i
loro risparmi. Anzi, probabilmente sono il resto della paghetta
settimanale, vista la cifra scarsa di entrambi.
Entriamo e ovviamente, nonostante
l'età, il primo negozio in cui capitano è quello
della Disney. Io
mi guardo intorno e le seguo, quasi fossi la loro bodyguard,
così
butto l'occhio qua e là per farmi un'idea, finché
non mi volto
verso una delle gioiellerie e decido di avvicinarmi.
“Ragazze vado a
farmi un giro, mi
trovate in gioielleria o al massimo in libreria” dico loro,
anche
se non mi prestano molta attenzione.
“Si, va bene.
Al massimo ti
squilliamo” mi dice Carlotta, senza badare molto a
ciò che dice.
Sbuffo ed esco, non sopporto questo loro atteggiamento da superiori,
che poi non è granché visto che sono in un
negozio Disney con
pupazzi e giocattoli, perché si sentono chissà
chi, solo perché
vivono tra le celebrità.
Entro in gioielleria e faccio un
giro, la commessa mi sorride e si avvicina chiedendomi se ho bisogno
di aiuto, ha intuito dal mio abbigliamento che posso permettermi
quello che c'è lì dentro e la cosa mi
dà fastidio.
“In
realtà stavo solo guardando,
ma mi interesserebbe guardare qualche braccialetto. Però non
d'oro
giallo, non mi piace” le dico decisa, come ogni buona cliente
che
si rispetti.
“Venga. Visto
che lei è molto
giovane opterei per qualcosa di Guess, magari, oppure sta cercando
qualcosa di elegante?” mi chiede gentilmente.
“Veramente
cerco qualcosa di
versatile, che possa andare bene con uno Chanel o un paio di jeans,
non so se mi spiego” le dico, fingendo di essere
“qualcuno”. È
divertente.
Mi fa vedere un paio di modelli e ne
trovo uno davvero carino della Morellato, ma mentre guardo i
braccialetti vedo una collana da uomo e la trovo davvero fantastica:
è in acciaio, a catenella, con il pendenti intrecciati a
forma di
manette.
La guardo e ammetto di immaginarmela
addosso ad Alessandro e riesco solo a vederla più bella.
“Prende il
braccialetto,
signorina?” mi chiede la commessa e annuisco istintivamente.
Non posso fare un regalo ad
Alessandro, sono sicura che fraintenderebbe e non voglio che pensi
che posso permettermi di regalargli collane da ottanta euro senza un
valido motivo, anche se poi è la verità.
“Mi
dà anche questa?” chiedo
alla commessa, pigiando il dito sul vetro. Lei mi sorride raggiante e
sgambetta fino qui, dicendomi che ho scelto davvero bene.
“È
per il fidanzato?” mi dice,
ammiccando.
“Beh, si, per
oggi si” dico,
sorridendole, anche se non può aver capito a cosa alludessi.
“Vuole che
glielo incarti?” mi
chiede, prendendo la collana dall'espositore e prendendo la sua
scatola tonda.
“No, la
ringrazio, non è niente
di ufficiale” le dico, sorridendo.
“I regali senza
motivo sono
sicuramente i più belli” dice, mettendo il
braccialetto e la
collana in un sacchettino con il marchio della gioielleria.
“Allora, sono
quarantotto per il
braccialetto e settantanove per la collana. In tutto sono
centoventisette” mi risponde, alzando la testa.
Prendo la carta di
credito dal portafoglio e gliela porgo.
“Grazie e
arrivederci” mi
risponde, porgendomi la busta. Esco e torno al Disney store per
accertarmi che le ragazze non siano scappate da qualche parte. Faccio
un giro ma non le trovo, decido di andare in libreria e poi, magari,
chiamarle.
Entro e il silenzio che regna è
fantastico, anche se proprio silenzio non c'è, viste le
persone al
di fuori del negozio.
La Feltrinelli la sento un po' come
casa mia, qualsiasi sia il punto vendita so che non mi
deluderà,
infatti trovo sempre qualche libro perfetto per me, anche se non l'ho
mai sentito nominare; quasi un sesto senso.
Vado verso i romanzi, supero la
saggistica che non mi attrae poi molto, e leggo qualche titolo, ma mi
fermo su uno dei tanti libri di Sparks, autore che non mi ha mai
deluso in fatto di sogni, devo ammetterlo. Lo prendo e leggo la trama
e, come immaginavo, la trovo attraente e non cerco altre scuse per
poterlo comprare. Faccio un giro più avanti e prendo in mano
un
altro romanzo e perdo circa dieci minuti per leggere la trama di
quello e di altri due.
Sento il cellulare squillare e metto
a posto l'ultimo che avevo preso e cerco il cellulare in borsa.
“Pronto?”
chiedo, tenendo il
telefono tra la guancia e la spalla.
“Ila ma dove
sei sparita? Siamo al
primo piano noi, ma non riusciamo a trovarti!” mi dice
Giulia,
allarmata.
“Dove siete
voi?” chiedo,
parlando a bassa voce per non disturbare.
“Alla
Fnac!” mi risponde,
concitata.
“Io sono alla
Feltrinelli. State
lì che pago e arrivo” rispondo, staccando e
rimettendo il
cellulare in borsa.
Mi dirigo alla cassa e cerco il
portafoglio.
“Prendo
questi” dico alla
commessa, appoggiando i tre libri sul bancone.
“Sono
trentasette e novanta” mi
dice, con fare annoiato.
Prendo una banconota da cinquanta e
mentre prendo la busta aspetto il resto.
“Grazie e
arrivederci” mi
risponde ed esco senza salutarla.
Davanti alla Fnac vedo le due
sorelle con una busta enorme della Disney e quasi mi vergogno per
loro.
“Cosa avete
preso?” chiedo loro,
chiudendo la cerniera della borsa.
“Un peluche di
Ih-Oh per il
compleanno di una nostra amica. È fissata per
quell'asino” mi
risponde Carlotta, probabilmente quell'amica non le sta tanto
simpatica.
“Ah,
bello” commento, camminando
verso la gelateria.
“E tu cosa hai
preso?” ammicca
Giulia, probabilmente ha visto la busta della gioielleria.
“Mah, delle
cosette. A parte i
libri ho preso un braccialetto e una collana” butto
lì, visto che
non mi va di dire loro che la collana è per Alessandro.
“Prendiamo un
gelato?” chiedo e
ricevo in risposta un'alzata di spalle e un “okay”
molto
annoiato.
Alla fine offro io, così loro
riprendono il sorriso e io mi accorgo che ridendo e scherzando
è
passata già un'ora e che la noia mi sta assalendo, vista la
scarsa
euforia delle due.
“Ila ci riporti
a casa? Ha
chiamato il nonno e vuole che rientriamo al più
presto” mi chiede
Giulia, una volta finito il gelato.
“Certo, non
vogliamo mica far
arrabbiare il nonno. Andiamo” dico, festeggiando dentro di me.
Ci metto circa mezz'ora per tornare
a casa e al nostro ritorno nulla è cambiato, non che mi
aspettassi
qualche novità, così chiedo scusa e salgo in
camera mia.
Vado in bagno e mi do una sciacquata
alla faccia e mi butto sul letto con il cellulare. Compongo il numero
di Alessandro e ascolto gli squilli.
“Da quanto
tempo” mi risponde,
con la solita voce profonda.
“Già.
Cosa stai facendo?” gli
chiedo, arrivando al dunque.
“Cavoli, un
giorno che siamo
fidanzati e già mi controlli? Sono appena rientrato a casa,
comunque. Ero uscito con degli amici” mi dice e sono
piacevolmente
colpita dalla sincerità e dai particolari che mi offre.
“Capisco, anche
io sono appena
rientrata. Sono andata alle Gru con le due zecche. Sai che le hai
affascinate?” gli dico, sentendomi meschina nei confronti
delle
ragazze.
“Non l'avevo
capito” mi
risponde, sarcastico e rido.
“Devo darti una
cosa, quando
possiamo vederci?” gli chiedo, cambiando tono. La voce si fa
più
bassa e io divento stranamente nervosa.
“Domani a
scuola?” mi chiede e
sento il rumore delle chiavi sul vetro. Probabilmente le ha
appoggiate sul tavolino.
“No, non
è una cosa che posso
darti davanti agli altri” gli dico, facendogli intuire che
è una
delle nostre cose losche, sperando non fraintenda.
“Uhh, sei stata
in un sexy shop?”
mi chiede e ovviamente distrugge tutte le mie aspettative.
“Non frequento
quei posti”
commento, superiore.
“Dovresti, ci
sono tanti
giocattoli interessanti” mi dice,
sghignazzando.
“Smettila
idiota” gli dico,
sbuffando.
“Va bene. Ti do
il permesso di
venire qui, ma sappi che io indietro non ci torno. Penso proprio che
tuo padre mi voglia morto” commenta, vedendo già
lungo.
“Lo penso anche
io. Ci vediamo tra
un po', ciao” gli dico, alzandomi dal letto.
“A
dopo” mi risponde, staccando.
Mi cambio e opto per il vestito che
ho comprato da Extin, quello in jeans e indosso il braccialetto
nuovo.
“Io devo
uscire, perciò vi
saluto” dico, baciando la zia e lo zio.
“Ci vediamo
presto allora. E
ripensa al Ballo delle Debuttanti” mi dice la zia,
accarezzandomi
una guancia.
“Va bene zia,
ci penserò” le
dico, rendendola felice. Saluto le sorelle che mi ringraziano per il
pomeriggio passato insieme.
“Per che ora
torni?” mi chiede
mia madre, seria. Lei ha capito dove sto per andare.
“Non lo so. Per
l'ora di cena
dovrei essere qui, ma non te lo assicuro” le rispondo, gelida.
“Ilaria non
fare tardi, o
avvertici” mi dice mio padre, con uno strano tono, forse
hanno
capito tutti lì dentro.
“D'accordo. Vi
saluto, a stasera”
dico loro uscendo.
Ho bluffato, alla grande pure. Non
voglio stare con Alessandro, cioè non sono sicura di voler
vedere la
sua reazione di fronte al mio regalo, perché potrebbe
sembrargli
chissà cosa. Potrebbe pensare che sia un gesto da
“innamorata”
cosa che, tra l'altro, non sono. Un regalo, per il nostro primo ed
unico giorno di fidanzamento.
Salgo sulla Mini e, arrivata sotto
casa di Ale, suono il citofono chiedendogli di scendere.
Alessandro
Scendo e la trovo
appoggiata contro
la sua Mini con una mise piuttosto attraente: un vestitino in jeans.
“Ciao”
le dico, chiudendomi il
portone alle spalle e avvicinandomi.
“Ciao”
mi dice, sorridendomi
dolcemente.
Mi guardo intorno, sono nervoso,
questa giornata per quanto possa esser stata positiva è
stancante e
il peggio è stato a casa sua. Proprio non mi aspettavo un
gesto così
meschino da parte di sua madre, ma ammetto di essere stato un
coglione a non dirle niente.
“Perché
non vuoi salire?” le
chiedo, indicando il portone alle spalle.
Mi chiedo se, per caso, il mio
alloggio non è abbastanza per lei e se lei in
realtà pensa questo,
ma mi ripeto che non è possibile, nonostante sia ricca non
snobba
gli altri, anzi.
“Non... Non so,
non ho dato peso
alla cosa, sinceramente. Se vuoi saliamo, per me è
indifferente”
mi dice, tenendo le braccia conserte. Segno di chiusura.
“Sei venuta qui
perché devi darmi
qualcosa, no?” chiedo conferma.
“Allora mi
ascoltavi!” esclama
ridendo e scuoto la testa.
“Le mie
chiamate durano poco
proprio per questo” le dico, appoggiandomi contro la Mini.
“Si, me ne sono
accorta” mi
dice, prima di una lunga pausa di silenzio.
“Dai,
sali” le dico, scostandomi
dalla Mini, lei annuisce e chiude la macchina.
Le tengo la porta e sale le scale
davanti a me: non posso mica perdermi la panoramica del suo lato B
proprio in quest'occasione.
“Permesso”
dice inutilmente,
entrando in casa.
Prima di oggi, solo una volta è
stata in casa mia, però è stato memorabile quel
giorno, visto che
era la “prima volta”.
“Vuoi
qualcosa?” le chiedo,
guardandola. Okay, forse non dovrei farle la radiografia.
“No.
Ale smettila di guardarmi come se fossi affamato”
mi dice, girando gli occhi e incrociando le braccia al petto.
“Va bene, va
bene” glielo
concedo, però poteva coprirsi anche un po' di più.
Fruga nella sua borsa e sento il
fruscio di un sacchetto di plastica che tira fuori e mi porge: il
sacchetto è quello di una gioielleria.
“Il sacchetto
è inerente al
regalo o è il primo che hai trovato?” le chiedo
sarcastico,
prendendolo.
“Beh, di solito
non uso altri
sacchetti” mi risponde, seria.
Memo: lei non ricicla sacchetti.
Lo apro e vedo una scatola tonda,
seria, con la base nera e il coperchio argentato. Che diavolo mi ha
regalato?
Decido
di rimanere zitto e tirarlo fuori, così mi fermo a guardarlo
immaginando cosa possa essere.
“Dai,
muoviti” mi dice,
impaziente. L'avevo notato che era leggermente nervosa.
“Okay”
le dico, aprendo il
coperchio e scoprendo una collana con due manette.
La tolgo dalla spugnetta che la
sorregge e me la rigiro tra le mani.
È bella, non è pesante e sono
sicuro che fa la sua porca figura, soprattutto addosso a me.
“Ehy, potevi
regalarmi le vere
manette” le dico, scherzando, ma lei non la prende molto
bene,
perché mi rifila uno sguardo di puro odio.
“Sto scherzando
Ilaria. Mi piace,
è bella” dico, vedendola sospirare, quasi si fosse
tolta un peso
enorme.
Decido di mettermela e il suo
sorriso è a trentadue denti e trovo che mi stia bene,
davvero.
“Che metallo
è?” le chiedo,
accarezzandole una guancia. Lei ci si appoggia e mi risponde con
tranquillità.
“Acciaio”
Figo,
penso. Probabilmente è una delle cose più costose
in casa mia, a
parte la macchina, non abbiamo niente di valore.
Io
l'avrò anche guardata affamato
come dice lei, ma qualcosa mi dice che lei non sia venuta fino a qui
per darmi la collana e andarsene, ma soprattutto che non si sia
vestita così perché è
il primo straccetto che ha trovato.
“Grazie”
le dico, tirandola dal
braccio e dandole un bacio.
“È
l'unica occasione questa, non
capiterà di nuovo di farti un regalo, volevo ti ricordassi
del
nostro unico giorno di fidanzamento” mi dice, accoccolandosi
contro
di me.
Caspita.
“Come potrei
dimenticarlo?” le
chiedo, senza pensare molto alle mie parole. Si contorce tra le mie
braccia, ma la colpa è tutta dei baci sul collo che le sto
dando.
“Non mi
meraviglierebbe. Non so
neanche se ti ricordi dove ci siamo dati il primo bacio” mi
dice,
mugugnando. Sta cedendo, non è difficile capirlo.
“Nelle scale
antincendio
all'inizio dell'anno. Ero uscito per fumare una sigaretta ed eri
lì
a piangere” le dico, segnando il punto decisivo, quello che
mi fa
vincere la partita.
Mi bacia e da lì al mio letto la
strada è davvero corta e riesco anche a meravigliarmi di
quanto io
la stia desiderando, i miei istinti si accendono
come alcol
puro sul fuoco.
Sono tornata dalle vacanze...
Con un piede rotto -.- o meglio, è ingessato, ma in
verità ho un osso parzialmente staccato XD o qualcosa del
genere. Come è successo? Sono caduta da tre gradini a Vico
del Gargano, in Puglia. Pessima vacanza, dieci giorni a litigare
pesantemente -.- ma passiamo ad altro...
Ahahahah! Okay, lo so che il capitolo è corto e vi avverto
che il prossimo lo sarà ancora di più xD ad ogni
modo, che ne pensate?
Bene, per chi non se ne fosse accorto, è stato pubblicato un
prologo di 'Vivo per lei' che potete trovare come one shot nella mia
pagina. Si intitola 'Vivo per lei - cominciò così'.
In più è stata creata anche la serie. Tenetela
d'occhio, potrebbero spuntare delle one shot inerenti alla storia,
magari del periodo tra il prologo e l'inizio della long fic. D'accordo,
cos'altro potrei dirvi? Non ne ho idea. Magari lasciate un commento
nell'altra oppure scrivete un'unica recensione e parlate di entrambi,
non lo so, fate vobis. Ah: non illudetevi del
comportamento dei due... Ne prossimo capitolo vi deluderanno, ve lo
garantisco xD.
Commenti:
sciona:
sono convinta che EFP sia una specie di dono, perché grazie
a questo sito ho "conosciuto" persone fantastiche, tipo te :) comunque
tu sei favoreggiata tanto quanto me, io vengo avvisata dell'arrivo di
mattia addirittura con un messaggio privato! xD si trattava di un
pranzo e non di una cena, ma te l'ho giò detto. Mi piace
ripetermi. Sono convinta che EFP sia una specie di do... No, aspetta,
non in questo senso! xDD la smetto, davvero xD non credo che il Ballo
delle Debuttanti avrà ancora spazio nella storia,
perciò non ci badare più, era per scrivere
qualcosa! No, era far capire il ceto sociale degli zii, nel caso non si
fosse capito con la villa al lago... :D okay, voglio sapere subito che
ne pensi e, questa volta, non illuderti davvero xD
LaNana:
ma ciao! Mi fa piacere leggere un altro tuo commento :D sono
già tornata, visto che velocità? Ti auguro
vacanze migliori, dico davvero :D a presto!
Iris92:
uhhhh! Un commento chilometrico *___* sono i miei preferiti xD mi fa
piacere (dico a tutti
cosìììì. Devo trovare dei
sinonimi -.-) che tu abbia scoperto la mia storia tra tutte quelle
romantiche xD direi che i corteggiamenti sarebbero fuori luogo, ma ti
consiglio di leggere il prologo che ho pubblicato come storia a parte,
nel caso tu non l'abbia ancora letto :) mi dispiace per l'uomo dei tuoi
sogni. Lo scemo a cui mi sono ispirata non è manco passato
alla maturità, non lo hanno ammesso. Che pezzo di idiota! xD
comunque se non riesci a togliertelo dalla testa, un motivo ci
sarà! Fammi sapere che pensi del capitolo e grazie ancora
per i complimenti! A presto! :D
Erika
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Capitolo 8 *** Cap. 3 - Se fosse per sempre - Parte terza ***
Essenzialmente questi
sbalzi di
ormoni non dovrei averceli più, dati i diciannove anni, ma
perdo la
ragione e giuro che un'ora passa senza che me ne accorga. Un'ora, non
di più, visto che quando mi sdraio accanto a lei sono morto,
avrei
dovuto trattenere la passione, perché
ora mi sembra di aver
fatto quindici chilometri di corsa.
“Mamma
santa” commenta Ilaria,
coprendosi il viso con le mani.
Scoppio a ridere e si unisce a me,
siamo davvero ridicoli.
“Che
prestazione, eh?” le dico,
ammiccando. Lei mi dà uno schiaffo sul petto, poi mi
abbraccia e io
non posso far altro che ricambiare. Essere carino una volta ogni
tanto non fa male a nessuno. Almeno spero.
“Posso dormire
un po' o devo
scappare subito?” mi chiede, a bassa voce.
“Dormi
pure” le dico,
accarezzandole la testa sudata.
Si addormenta con la testa sul mio
petto e, dopo essermi pentito di non aver preso prima le sigarette,
non posso far altro che sonnecchiare un po', anche se poi mi
assopisco anche io e mi sveglio con la porta della mia camera che
filtra un po' di luce dalla cucina.
Apro un occhio solo e vedo che è
mia madre e, nel momento in cui sto per salutarla, realizzo che
Ilaria è nuda sotto le coperte e che è
addormentata sopra di me e
mia madre non può non averla vista. Così faccio
finta di niente e
aspetto che richiuda la porta, prima di svegliarla.
“Ila? Ila
svegliati” le dico,
scuotendola un po'.
Guardo l'ora, sono le dieci. Mia
madre è a casa da almeno tre ore e non mi ha svegliato.
“Ilaria, cazzo
sono le dieci!”
le dico, spostandole i capelli da davanti il viso.
“Cosa?”
mi chiede, alzandosi e
stropicciandosi un occhio.
Ha i capelli arruffati ed è
completamente nuda, mi dispiace quasi chiederle di andarsene.
“Sono le dieci.
Abbiamo dormito
più di cinque ore” le dico, vedendo i suoi occhi
spalancarsi con
orrore.
“Avevo detto
che sarei tornata per
cena! Cazzo, cazzo, cazzo! Chi li sente quelli? Avevano pure capito
che ci saremmo visti, facendo due più due capiranno che
abbiamo
scopato! Santo Dio, mi toglieranno pure dal testamento!”
dice,
agitandosi e rivestendosi.
“Sei
melodrammatica” le dico,
girando gli occhi. Mi alzo e cerco i boxer, senza molto successo,
data la scarsa visibilità. Mi chiedo come faccia a ritrovare
la sua
biancheria.
“Non sono
melodrammatica, sono
nella merda. Dov'è la borsa?” si chiede, girandosi
su se stessa,
sperando di vederla con la luce della luna. Accendo la luce e le
indico la borsa, lei ci si butta sopra, come un avvoltoio con una
carogna, in cerca del telefono e chiama a casa.
“Sono io. Sto
per tornare. Lo so,
ma non riuscivo a chiamare prima... Smettila, lo sai che non ti sto
dicendo cazzate... Mamma! Non ti basta avermi rovinato la giornata?
Devi ancora rompere? Ci vediamo a casa. Ancora... Guarda che non ci
torno proprio” dice, cercando di non urlare. Probabilmente
avrà
capito che c'è mia madre in casa.
“Scusa Ale, ma
continuava a
ripetermi che non ci crede che non potevo chiamare a casa per
avvertirli. Non la sopporto, voleva che ammettessi a tutti i
costi”
mi dice, tirandosi indietro i capelli.
“Tranquilla.
Sicura di voler
tornare a casa?” le chiedo, vedendola piuttosto turbata.
“Sarebbe meglio
di si. Ale in
questi giorni capitano cose che prima non erano mai successe, forse
è
meglio trattenersi un po'. Ammetto che se fossi un altro non avrei
detto niente, ma nel tuo caso è meglio rimanere
estranei” mi dice,
seria.
Che colpo basso il suo. Ora sarebbe
mia la colpa?
“Cosa stai
cercando di dirmi?”
le chiedo, quasi ringhiandole contro. Si, sono una sottospecie di
animale.
“Che
fondamentalmente sei un
bastardo, Ale, e che non voglio stare male per colpa tua” mi
dice,
fin troppo franca.
Cos'è questa fitta di delusione? Ha
ragione, non è neanche la prima a dirmelo.
“Capisco. Forse
un giorno la
smetterò di essere così stronzo, visto che me lo
ripete
continuamente qualcuno” commento, sbuffando.
Va bene avere una reputazione, ma
fino ad un certo punto. Se continua così, nessuno si
avvicinerà più
a me.
“Ne
dubito” mi dice, sbuffando.
“Io
sarò pure stronzo, però tu
mi sai un po' di zoccola, senza offesa” vedo che spalanca la
bocca,
ma continuo, ormai mi sono offeso.
“Prima vieni
qui, mi regali una
collana, ti strusci tipo gatta morta e dopo mi dai del bastardo? Stai
facendo tutto tu, nel caso non te ne fossi accorta. Vedi? Non ti
sopporto dopo” le dico, fissandola negli
occhi.
Adesso mi sono anche un po' stufato.
Gli occhi le si riempiono di lacrime
e mi sento una merda, lo posso dire senza problemi, non volevo darle
davvero della zoccola, ma è la prima cosa che mi
è passata per la
mente. O meglio, l'ho pensato in quel momento.
“Ila...”
dico, sospirando.
“No, hai
ragione, sono stata
stupida. Non avrei dovuto regalarti quell'inutile collana, non sarei
dovuta venire qui, non avrei dovuto fare tardi a casa, eppure l'ho
fatto, perché sono stupida, non perché sono una
puttana come pensi
tu” mi dice, per poi mettersi il vestito e cercare le scarpe.
“Non avrei
dovuto dirti una cosa
del genere” dico infine, sperando di recuperare un po' di
dignità.
“In quel
momento lo hai pensato,
questo già basta. Non ho voglia di discutere, Alessandro.
Voglio
solo andarmene a casa” mi dice, mentre si mette le ballerine
ai
piedi.
“No, aspetta,
non voglio che tu te
ne vada così, rimani qui stanotte, tanto è
già tardi” le dico,
pentendomene all'istante.
“Per farmi
ancora insultare? No,
grazie” mi dice, prendendo la borsa e superandomi.
“Ilaria
c'è mia madre, non puoi
uscire così, senza che te la presenti” le dico,
lei si blocca a
metà tra la porta e me.
“Vuoi
presentarmi tua madre?” mi
chiede, spazientita. Che altro posso fare?
“Direi di si.
Ti prenderebbe
davvero come una prostituta se sgattaiolassi fuori senza farti
sentire. Dai, vieni” le dico, superandola e aprendo la porta.
Sbianca, ma tra i due sono sicuro di
essere io quello messo peggio, mia madre non ha neanche mai
conosciuto i miei amici, figuriamoci una ragazza.
“Che... Che
cosa le dico?” mi
chiede, sussurrando.
“Oh, beh, io mi
sono ritrovato tuo
padre senza neanche immaginare che lo avrei conosciuto così
presto.
Fai un respiro profondo ed esci, ne usciremo comunque vivi”
le
dico, cercando di sembrare tranquillo.
Fa come le dico, esce fuori dalla
mia camera e tiene la borsa tra le mani, è rossa in volto e
sembra
sul punto di piangere dal nervoso.
“Ma'?”
chiamo, cercandola.
“Sono in
cucina” mi urla,
probabilmente ha già capito.
Cammino verso la cucina, ma vedo che
Ilaria non mi sta seguendo.
“Hai intenzione
di venire?” le
chiedo, cercando di non sembrare arrabbiato, ma non mi riesce molto
bene.
Scosse la testa, era davvero
terrorizzata.
“Mi dici che ti
prende? Non ti
ucciderà, è pur sempre mia madre” le
dico, avvicinandomi. Lei fa
un passo indietro; brutto segno.
“Non
è questo, Ale. È solo che
non mi sembra giusto conoscerla” mi dice, sospirando.
Allungo un braccio e le prendo la
mano, non voglio che mia madre pensi male di lei, anche se io per
primo l'ho giudicata nei peggiori dei modi, prima.
“Mamma? Posso
farti conoscere una
persona?” le chiedo, entrando in cucina con la mano di Ilaria
nella
mia.
Mia madre si volta e ci guarda con
uno strano sorrisino, ci ha visti, starà pensando che
è la mia
ragazza, appena se ne andrà mi chiederà se sono
innamorato e poi
quando negherò mi guarderà con quell'aria da tanto
lo so che
stai mentendo.
È snervante essere figli.
“Ciao”
dice mia madre, mettendo
a posto una sedia e camminandoci incontro.
“Salve”
dice flebilmente Ilaria,
con lo sguardo basso. Dov'è finita la forte combattente
pronta a
difendersi contro tutto e tutti?
“Mamma questa
è Ilaria, Ilaria
questa è mia madre” dico loro, imbarazzatissimo.
Si scambiano una stretta di mano, ma
Ilaria non alza gli occhi e la capisco, abbiamo appena litigato e io
le presento mia madre.
“È
la tua ragazza?” mi chiede
mia madre, con un sorriso dolce. La guardo e rispondo senza
pensare.
“Veramente no”
Cade un silenzio glaciale, Ilaria
lascia la mia mano e lo sguardo di mia madre si fa serio e capisco di
aver detto una cazzata delle mie. Avrei dovuto mentire ancora un po'.
“Bene”
commenta mia madre, ormai
anche lei in imbarazzo.
“Io dovrei
andare. È stato un
piacere conoscerla, signora. Spero non si offenda, ma sono in
terribile ritardo e i miei genitori mi aspettavano circa tre ore fa.
Arrivederci” dice Ilaria, allungando una mano verso mia
madre, più
sicura di sé, non più bloccata come prima.
Qualcosa mi dice che è
arrabbiata.
Esce dalla stanza il più
velocemente possibile e riesce anche ad aprire la porta,
così mi
ritrovo a rincorrerla per le scale.
“Ilaria!”
le grido, sperando di
fermarla, ma lei esce dal portone e sono costretto a darmi una mossa,
se le voglio parlare.
“Ilaria,
aspetta un attimo” le
dico, prima che chiuda la portiera.
“No, Ale.
Voglio andarmene” mi
dice, fredda.
Mi gratto la testa e mi maledico per
essere così coglione, possibile che riesca a fare
così tanti casini
in così poco tempo? Dev'essere un record il mio.
“L'ho detto
senza pensarci, okay?”
le dico, aprendo le braccia in segno di resa.
“Tu non pensi
mai Alessandro.
Comunque le hai detto la verità, perciò non
sentirti in colpa.
Facciamo così, chiudiamola qui. Basta vederci, basta
scopare, basta
parlarci. Cancella il mio numero, ignorami a scuola e dimentica
ciò
che è successo tra di noi. Provaci con Alice, con Genoveffa,
con chi
cazzo vuoi, ma fai finta che io non sia mai esistita” mi
dice,
rientrando in auto e mettendo in moto.
Guardando quella Mini andare via mi
chiedo il perché delle mie azioni.
Non dovete odiarmi, davvero
ç___ç lo so che è corto, ma non ci
posso fare nulla, più di così non riesco xD
sappiate che dopo SETTIMANE di sconforto totale per il quarto capitolo,
finalmente ha ingranato. Anche se, ahimè, avrete Andrea in
mezzo ai piedi ;) non vi dico altro!
Ricordo ancora che: è stato pubblicato un
prologo di 'Vivo per lei' che potete trovare come one shot nella mia
pagina. Si intitola 'Vivo per lei - cominciò così'.
Commenti:
sciona:
ti chiedo scusa <3 ma te l'avevo detto di non illuderti! Eh,
questi ragazzi. Ma l'hai viste le ultime foto del ragazzo a cui mi sono
ispirata per Alessandro? Ha la foto profilo di facebook con LEI!
Zoccola. Ad ogni modo, no, non stiamo più pelando carciofi
(e abbiamo già parlato del fatto che io i carciofi non li
pelo, di solito), siamo passati a lavar zucchine. Bacioni!
chiara84:
è un po' presto per parlare di sentimenti, dopo la gita le
cose saranno più chiare, ma fino ad allora non sono ancora
legati come si deve!
LaNana:
hai pienamente ragione, non può essere disinteressato xD
però che brutta sorpresa dopo -.- si, forse avrei potuto
evitare, ma è così che doveva finire. Tra qualche
capitolo le cose miglioreranno, ma per il quarto capitolo saranno
divisi (tre capitoli di EFP, quindi). Spero di non averti delusa! A
presto :D
Iris92:
ebbene si, veramente non è rotto, ma due ossa sono staccate
tra di loro, quando non dovrebbero esserlo xD forse lunedì
me lo tolgono però ** comunque, tornando alla recensione,
immagino che questo capitolo non sia bello come l'altro, visto
com'è andata a finire xDDD mi dispiace, ma era
inevitabile!^^ ti ringrazio anche per la recensione nel prologo!
marty 95: oh,
ma quante lusinghe, ti ringrazio! Come dico sempre, gongolo leggendo i
complimenti! xD allora, voglio aggiungere che la madre non è
una stronza colossale senza motivo, qualche ragione ce l'ha, ma si
scoprirà più avanti. Ebbene, non è
finito bene il capitolo, ma come hai detto tu, non può
essere tutto rose e fiori^^ mi fa piacere che ci sia una nuova
lettrice, spero continuerai a recensire!^^ a presto
Erika!
|
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Capitolo 9 *** Cap. 4 - Sono già solo - Parte prima ***
Ilaria
Non piangerò. È una promessa che
ho fatto a me stessa, perché non ne vale la pena, non
è giusto che
io stia a sprecare il mio tempo così. Non è
giusto per me stessa,
sto dimostrando più affetto nei miei confronti
così. Mi voglio più
bene, in un certo senso.
“Sto una merda,
Fede. Non funziona
neanche l'autoconvincimento” le dico al telefono, mentre
piango
come una scema.
“Ila
è uno stronzo, te lo ha
dimostrato un milione di volte, sei tu che non vuoi capirlo e ti
ostini a vederlo. Lascialo perdere e stop. Ti toglierai un peso dallo
stomaco” mi dice Fede, mentre corre per le strade romane.
Sono andata a trovarla a Roma, una
volta. In quattro giorni mi ha fatto fare un giro ultra veloce della
Roma Antica e di quella moderna. La fontana di Trevi mi ha lasciata
senza fiato. Ricordo ancora di aver buttato una moneta e di aver
sperato che la mia vita migliorasse un po’, magari facendomi
incontrare la mia anima gemella o qualcosa di simile. In
verità dopo
Marco, il ragazzo di cui mi ero follemente innamorata a sedici anni,
non ero più stata con nessuno e dopo qualche giorno dal mio
ritorno
a scuola ecco l’incontro con Alessandro. Beh, lo conoscevo
già, ma
di certo non lo avevo mai baciato prima.
“Ci
proverò Fede. Abbiamo
litigato un sacco di volte, ma non mi aveva mai insultata, non
così.
In genere sono sempre io quella che l’offende. Mi sono
ficcata in
un casino senza precedenti” rispondo, rotolandomi nel letto.
“Appunto,
motivo in più per
chiudere definitivamente questa storia prima che sia troppo
tardi”
aggiunge, prima di urlare un sonoro “Bastardo!” ad
un
automobilista di fretta.
“Cosa intendi
con prima che sia
troppo tardi?” le chiedo, temendo di conoscere già
la risposta.
“Ti innamorerai
di lui, Ilaria.
Non è tanto diverso da quello che è successo con
Marco. Ti farà
del male anche lui” mi dice, spaventandomi.
“Ero
già innamorata di Marco,
mentre di Alessandro non lo sono. E, per la cronaca, io e Ale
l’abbiamo già fatto da tempo, nel caso non ne
fossi al corrente.
Marco mi aveva lasciata in quella stanza, dopo essersi gentilmente
appropriato della mia verginità. Gli interessava solo
quello, perciò
non trovo le due situazioni analoghe, per niente, ad essere
sincera”
le dico, cercando di non arrabbiarmi.
Per quanto possa essersi comportato
da merda Alessandro, non arriverà mai ai livelli di Marco.
“D’accordo,
hai ragione, ma ora
devo smettere di parlare, solo perché ho lezione. Tu intanto
studia
la tesina e non farti fregare, non puoi rischiare di andare male alla
maturità per colpa di un ragazzo, sarebbe da stupidi e lo
sai meglio
di me. Ora ti saluto, baci e abbracci, ti voglio bene” mi
dice,
mentre sale saltellando le scale della sua università,
almeno credo.
“Ti voglio bene
Fede. Non so come
farei senza di te, baci” le dico, prima di interrompere la
chiamata. Parlare con Fede mi fa sempre sentire meglio, anche se
quello che mi dice non è rassicurante o saggio, mi fa
riflettere e
va bene così.
“Ilaria,
è arrivato Mattia” mi
dice Natalia, dopo un breve colpo alla porta.
“Scendo!”
le rispondo,
precipitandomi verso la scrivania per prendere l'occorrente:
calcolatrice scientifica, quella normale e il righello. La
scientifica mi serve per le radici quadrate e quella normale
è per
lui che non è in grado di usare quella scientifica.
Scappo in bagno a mettermi un attimo
in ordine, non è certo giusto che Mattia mi veda con i
lacrimoni e
il mascara colato.
“Ciao
Mattia!” gli dico,
sorridendo. Lui, come sempre, ha una faccia da morto.
“Ciao”
commenta, sedendosi e
aprendo lo zaino.
D'accordo, ho considerato Mattia un
“ragazzino”, in verità ha sedici anni,
solo due in meno di me,
ma considero ragazzini tutti quelli che siano come minimo sei mesi
più piccoli. Lo so che non è una cosa carina, ma
poco mi importa:
sono ragazzini anche i miei coetanei, se proprio dobbiamo stare qui a
sindacalizzare.
“Allora... Come
sta andando a
scuola?” gli chiedo, sedendomi di fronte a lui.
“Ho preso tre,
nell'ultima
verifica di mate” mi dice, stravaccandosi con aria
strafottente.
Il bastardello lo fa apposta.
“Vuol dire che
dovremmo vederci
più spesso e non è un invito galante”
gli dico, alzando un
sopracciglio, seria.
“Che
cazz...” dice, abbassando
la testa. Si è dato da solo la zappa sui piedi.
“Visto che
pagano i tuoi, più
tardi parlerò con tua madre, puoi starne certo”
aggiungo,
prendendo il libro di algebra.
Passo così un'ora e mezza, cercando
di inculcare nella testa di quello sbandato almeno le basi delle
disequazioni, senza molto successo.
Mi giura di metterci tutto l'impegno
possibile nel prossimo compito e di aspettare il voto, prima di
parlare con sua madre: non vuole rinunciare allo skate, così
mi
dice.
Appena se ne va, incontro mia madre
nel corridoio che porta in cucina, devo ancora parlarle da domenica.
“Ora ti fai
vedere?” le dico,
incrociando le braccia.
“Che stai
dicendo?” mi chiede,
fermandosi e guardandomi seria. Ha paura, sa di aver sbagliato.
“È
da domenica che mi eviti e non
ti fai vedere da me se non c'è anche papà.
Pensavi che non ti avrei
trovata prima o poi? Però non capisco perché
diavolo ti comporti
così! Perché mi odi? Sono una figlia perfetta,
non faccio mai
niente di sbagliato e cerchi sempre di mettermi i bastoni tra le
ruote. Dimmi perché hai fatto venire Alessandro proprio
domenica”
le chiedo, bloccando la mia sfuriata.
Lei rimane impassibile e mi fissa.
“Non credo di
dover dare
spiegazioni a te che sei mia figlia. Ne riparliamo un'altra volta,
adesso devo uscire e non posso fare tardi. E non ti odio, stupida, ti
ho portata io per nove mesi dentro di me, mica tuo padre o che so io.
Quello che fai non è giusto e visto che di definisci
perfetta,
smetti di vedere quel ragazzo” mi risponde, prima di sparire
in
salotto.
Gran chiacchierata la nostra.
Torno in camera e guardo l'orologio
sulla parete. Sono già le cinque e non ho combinato nulla di
buono.
Mi siedo davanti alla scrivania e
guardo la mia tesina con malinconia: avrei dovuto perdere meno tempo,
contando la gita e le vacanze di Pasqua.
La prendo e sfoglio qualche pagina:
è già stata corretta e riveduta un sacco di
volte, sia da me che
dai miei insegnanti. È dalla fine della terza che ci lavoro
su.
Ho deciso di portare il Giappone e
la guerra del Pacifico, o nel Pacifico, che dir si voglia.
D'accordo, lo so che il mio punto di
vista sulla guerra dovrebbe essere giapponese, visto il mio lavoro,
ma non riesco proprio a vederlo così. È
più forte di me, non
riesco a non essere dalla parte degli americani e giuro di averla
modificata almeno dieci volte solo per quel motivo. Fanculo ai
giapponesi, potevano evitarsi quell'attacco a Pearl Harbour.
Neanche il tempo di leggere le prime
tre pagine che mi arriva un messaggio, veramente due, ma uno era
vecchio e non potevo leggerlo davanti a Mattia. Non è mica
giusto
mettersi a leggere i messaggi quando ti pagano a ore.
Prendo il cellulare e ringrazio
chiunque sia, non ho proprio la testa per studiare e la cosa mi
preoccupa, perché non è assolutamente da me. Sono
quella che ha
studiato i quattro capitoli di storia nel pub del centro. Aggiungo
solo che Federica era sopra il tavolo a ballare, completamente
ubriaca.
Okay,
è stata la lezione più
lunga della mia vita. Quel vecchiaccio non la smetteva più
di
parlare, in più mi sono dovuta trattenere perché
avevo delle
domande da fargli. E ti dico che è quello di belle arti, se
mi
capisci. Hai studiato, brutta tonta? Se non esci con cento, non ti
rivolgerò più la parola. Ti voglio bene mon
amour, mi hai anche
fatto sprecare tre messaggi, come minimo mi devi offrire una
colazione. Sono quasi a quattro. Ciao!
Mi chiedo se sia
possibile avere una
migliore amica come lei, perché le manca qualche rotella di
sicuro.
Sghignazzo e decido di rispondere dopo aver letto l'altro messaggio.
Ora non so che scriverle.
Torno nella cartella dei messaggi e
ne trovo due. I messaggi ricevuti erano tre, quindi.
Oggi pomeriggio
in centro? Ma non
ti stavi vedendo con qualcuno? :-) ci sarò. Porti qualche
amica per
caso? :-P chiedo anche a Ste di venire? Fammi sapere prima delle tre!
Tanti baci Ali :-*
Porca puttana.
Merda, merda!
Non doveva essere
per te il messaggio, ho sbagliato! È colpa dell'abitudine.
Ignora
l'altro messaggio per favore. E scusami.
Bastardo.
Come si fa a sbagliare così? Lo sta
facendo apposta? Mi vergogno per lui, vista la meschinità
dei suoi
gesti. Questo poi li batte tutti.
Oh, si, immagino
sia stato
proprio un brutto incidente, vero? Ma guarda, ti prude già?
Dopo
solo quattro giorni? Mi fai schifo, Ale. Se fossi una donna, saresti
più puttana di me.
Perlomeno non piango,
questo è già
tanto. Sono solamente arrabbiata, vorrei spaccargli la testa, non ha
rispetto per me, tanto meno per quel “noi” che
effettivamente non
c'è mai stato. Riapro il messaggio di Federica e le rispondo:
No, non sono
riuscita a studiare.
Alessandro mi ha mandato un messaggio destinato ad Alice e ho
scoperto che si vedono oggi in centro. Beh, forse un paio d'ore fa,
non lo so, i messaggi non potevo leggerli prima. Mi fa schifo,
davvero. E per la cronaca, la colazione offerta è per le
morte di
fame! Sto scherzando, non credi che potrebbe essere una frase di mia
madre? Ti lascio, I love you, lovely friend.
Mentre scrivevo la
risposta mi è
arrivato un messaggio e, senza neanche doverci pensare molto,
intuisco il mittente che non può non essere lui.
Ma quanto sei
stupida? Davvero
credi lo abbia fatto apposta? Vaffanculo te e le tue paranoie. Mi hai
rotto i coglioni, sei convinta che il mondo ce l'abbia con te. Scendi
dal piedistallo.
C'è un po' di
verità nelle sue
parole, ma non voglio ammetterlo.
Ma smettila, sei
ancora un
ragazzino. E si, penso che tu l'abbia fatto apposta, perché
sarebbe
un comportamento di Alessandro De Angelis.
Rispondo e mi asciugo le lacrime
che
mi scendono lente. Maledetta quella serata a casa sua, ora la
rimpiango tanto. Ho così paura che le parole di Federica
possano
diventare realtà che sento la nausea fare capolino.
Alessandro ti
odio!
Mi arriva un messaggio e subito dopo
un altro, voglio prima leggere quello che mi dice Federica. Non ne
posso già più di lui.
È
sicuramente una frase di tua
madre. Comunque te l'avevo detto che Alessandro è un
bastardo, ma
non mi hai voluto dare retta. Figurati se mi innamoro di Alessandro!
Figuriamoci se non riesco a smettere di vederlo! Ti sei fregata da
sola e ti dirò: te l'avevo detto. Ah-ha, ora ti sta bene. Ma
siccome
sono la tua migliore amica, sappi che sto soffrendo con te. Anche se
addento un hamburger di McDonald.
Certo che mangiare un
hamburger alle
sei del pomeriggio non è un'ottima idea. Però per
il resto non
posso negare che avesse ragione, tranne per il fatto che non sono
innamorata di Alessandro. Ricordo bene com'ero, ai tempi di Marco.
Non mangiavo, fissavo in continuazione il cellulare e piangevo quando
mi rispondeva ai messaggi chilometrici con una semplice sillaba. Con
Alessandro non è così, se non ci sentiamo per
giorni non mi
importa, se non ci rivolgiamo la parola a scuola non mi dispero, se
per una settimana non ci vediamo, non smetto di mangiare.
Con uno strano peso sullo stomaco,
decido di leggere prima il messaggio di Alessandro e poi di
rispondere a Fede.
Ah, si, come no.
Perché tu mi
conosci così bene, non è vero? Sai tutto su
Alessandro De Angelis!
Potresti scriverci una biografia. Ma smettila tu, che ti comporti
come una bambina. Anzi, no, come una moglie gelosa. Se avessi saputo
che per qualche scopata mi sarei dovuto sorbire una lagna come te,
avrei speso qualche soldo, ma almeno avrei avuto una professionista.
Cancella il mio numero, per favore. Lo farò anche io.
Ci sono cose che, nella
loro
semplicità, possono significare cose più grandi.
Questo è il
significato dei simboli di cui parlano tutti. Ad esempio il pensiero
di cancellare il suo numero, è una specie di simbolo della
sua
cancellazione dalla mia vita. D'accordo, è complicato, ma
più o
meno dovrebbe essere così.
Vorrei tanto che
tu l'avessi
fatto. Anzi, a saperlo, te l'avrei pagata io. Ora cancello il numero.
Invio il messaggio e
cancello
davvero il suo nome dalla rubrica. È fatta, è
davvero finito tutto,
finalmente. Rispondo a Fede, deve essere aggiornata, visto che mi
vuole bene ne sarà contenta.
Mi ha detto che
avrebbe preferito
pagare una puttana, piuttosto che scopare con me ma dovermi
sopportare. Mi ha detto di cancellare il suo numero e l'ho fatto,
così ora dovrebbe essere tutto a posto. Mi sento vuota, ma
non
pensare subito male. Non sono innamorata di lui, okay? Mi danno
fastidio le sue parole e il pensiero che alla fine abbia lo stesso la
stronzetta bionda. Che cosa avrò io in cambio? Ora mi metto
nel
letto, ho già faticato troppo.
Le invio il messaggio e
mi butto sul
letto, lasciando la tesina aperta sulla scrivania. Non è
proprio
periodo. Ebbene, adesso avrò tutto il tempo necessario per
studiare
la tesina e mi dispiace essere costretta ad andare in gita.
È la mia
prima gita, in questa scuola. Lo so che aspettare fino alla quinta
è
da masochisti, soprattutto perché non erano i soldi il mio
problema,
eppure andare in gita con compagni che ti odiano non è il
massimo
del divertimento. Sto già tanto da sola a casa che da
un'altra parte
mi demoralizzerebbe e basta.
Ma questa volta avevo accettato
perché ero sicura che almeno una persona lì
dentro non mi avrebbe
ignorata del tutto. E una settimana e mezzo prima di partire, aveva
buttato tutto nel cesso.
Alessandro sei grande!
Leggo il messaggio di Fede con
l'umore a terra, perché non posso credere di essere
così stupida.
Che se la
pagasse e si prendesse
pure l'AIDS! D'accordo, non sono cose da dire, lo so. Però
almeno
l'epatite? Anche qualcosina di leggero... Comunque se non sei
innamorata di lui, poco ci manca, cara. Speriamo sia finita prima,
così non rischi poi molto. Ehy, perché non vai in
centro con
qualcuno pure tu? Che ne so, portati uno dei tuoi amiconi sciccosi.
Sai quel tipo... Perché non chiami Andrea? Quello muore per
te.
Potresti far morire d'invidia pure l'altro. Non stare a letto che
ingrassi! Devi bruciare calorie più in fretta, ora che non
hai più
il sesso! Oppure ti trovi un altro. Cazzo, spreco cinque-sei messaggi
a botta. Mi sa che mi devi offrire un hotel a cinque stelle ora. Non
rispondermi, fammi sapere stasera com'è andata.
Baci&abbracci.
Sorrido leggendo il suo
messaggio.
Non ha poi tutti i torti, Andrea muore davvero per me. Cerco il suo
numero nella rubrica e lo chiamo, sono sicura che mi risponderebbe
pure nel cesso, visto che non lo calcolo neanche per sbaglio.
“Ilaria!
Ciao” mi risponde, con
enfasi. Chissà, magari è davvero nel cesso.
“Ciao Andre.
Com'è?” gli
chiedo, guardando il soffitto.
Mi sento anche io un po' meschina,
non è giusto usare Andrea per i miei scopi malvagi, ma mi
continuo a
ripetere che sono una persona buona e che magari mi
innamorerò per
sbaglio di Andrea. D'accordo forse non sono così buona.
“Tutto a posto.
Te?” mi chiede,
mentre cammina. Sento delle porte scorrere.
“Anche io tutto
a posto. Non per
essere invadente, ma che stai facendo?” gli chiedo,
arricciandomi
un ciuffo. Questo comportamento non va bene.
“Stavo aiutando
Bobby a studiare
francese. Non fa proprio per lui. Mamma pensava di mandarlo a Parigi
un anno, per fargli imparare la lingua come si deve, però ha
tredici
anni, non è giusto che salti la scuola per una lingua. Tu?
Che
combini?” mi chiede.
Bobby è Roberto, suo fratello. Uno
dei tre, a dire il vero.
“Niente, sono
qui ad annoiarmi.
Volevo chiederti se ti andava di fare un giro in centro, sai, magari
potevamo prenderci un gelato o, boh, quello che vuoi” gli
dico,
sentendomi una cacca gigantesca.
“Grande!
Cioè, perché no? Tanto
Bobby aveva finito con francese. Per me va bene, davvero. Ti passo a
prendere?” mi chiede, sminuendomi al massimo.
Mi dispiace sentire tanto
entusiasmo, mi fa sentire la persona peggiore del Pianeta. Dopo
Alessandro, ovviamente.
“Perché
no? Però ti prego evita
la Lamborghini perché attira troppe persone” gli
dico, ricordando
la nostra ultima uscita.
“Tanto non ce
l'ho, le stanno
cambiando gli interni. Sai che papà ha la fissa, deve
cambiarli ogni
anno. Al momento c'è solo la Porsche, è un
problema anche quella?
Andiamo in bici, se vuoi” mi dice, facendomi ridere.
Dai, non è poi così male.
“No, va bene
quella. Purché tu la
parcheggi lontana” gli dico, con tono canzonatorio.
“Se me la
fottono però, me la
ricompri” mi dice, senza mezzi termini.
“D'accordo”
gli rispondo,
sghignazzando.
“Ci vediamo tra
un quarto d'ora.
Ciao” mi dice, sussurrandomi l'ultima parola.
Metto una camicetta bianca e un paio
di pantaloni neri eleganti. C'è un po' di differenza tra
Alessandro
e Andrea. Direi che in comune hanno solo la prima lettera del nome.
Prima di tutto Andrea ha gli occhi
azzurri, non verdi come Ale, ed è attraente, tipo un modello
o
qualcosa di simile, ed è anche istruito, ora frequenta
giurisprudenza, ma è noioso. Ad esempio non marinerebbe mai
la
scuola per stare con una ragazza oppure non risponderebbe mai ad un
insegnante. Anzi, parliamo al passato, perché
all'università
funziona in modo diverso.
Anche nell'abbigliamento sono agli
antipodi, Alessandro è sportivo, di solito indossa le felpe
o le
magliette aderenti con i jeans e le Converse, invece Andrea ha sempre
la camicia e le scarpe eleganti. È così,
esattamente come i suoi
fratelli.
È tipo una squadra di splendidi
alieni fatti con lo stampino, ma con caratteri opposti.
Arriva esattamente un quarto d'ora
più tardi e lo saluto con due baci sulle guance. Si,
è sempre
bello.
“Allora, come
mai questa uscita?”
mi chiede subito, facendomi rivoltare le budella.
Lo so che già odiate
Andrea, ma non dovete :D aspettate il prossimo capitolo^^,
tanto poi sparirà, almeno per un po'. D'accordo, basta
anticipazioni, ora vi lascio! Volevo aggiungere che Vivo per lei ha
raggiunto i 53 seguiti, 30 preferiti, 5 ricordata e 44 COMMENTI! :D io
vi adoro, davvero... L'ultimo capitolo ha ricevuto addirittura 10
commenti! Vi voglio così <3 è stata la
prima volta :) i vostri commenti mi spingono ad andare avanti ma
purtroppo ho ancora tutti i compiti da fare e due fanfiction da
completare entro dopodomani O.O un bacione grande!
Commenti:
sciona:
Tu più di tutti odierai Andrea, ne sono sicura xD come
sempre ti avviso in diretta per gli aggiornamenti di vivo per lei... Ma
tu stai facendo passare troppo tempo per the edge of love, ok? Ammetto
di non aver voglia di rispondere ai commenti oggi, ma è un
mio dovere e mi piace scrivere con tutti *-* Ilaria e sua madre non si
sono ancora chiarite, ma lo faranno, basterà aspettare.
Spero ti sia comunque piaciuto questo capitolo. La goffaggine di
Alessandro non ha fine xD Bacioni! <3
chiara84:
Si, la manterrà pur soffrendo incredibilmente... Per questo
è saltato fuori Andrea :) l'aiuterà a stare senza
Alessandro e non solo questa volta! Al prossimo capitolo :)
_deny_:
Davvero sono già nove capitoli? Cavoli! Siamo ancora al
quarto, però. Mi fa piacere che la storia ti abbia preso,
era quello il mio obiettivo! Interessare! xD ebbene, la madre
è un po' stronza, ma Alessandro detiene il primato! Al
prossimo capitolo, ciao!
marty 95:
Ahahahah! Tutta arrabbiata e poi? "nonostante tutto spero che tra
questi due tutto finisca bene..." Mi hai fatta sorridere :) eh,
Alessandro è come tanti e tanti ragazzi in giro,
perciò è normale che faccia sfoggio delle sue
debolezze! xD comunque cercherò di infilarci anche un
discorsetto tra Ale e sue madre, ma vedremo... Nel capitolo 5 (quindi
tra qualche capitolo su EFP) ci sarà la preparazione per la
gita, perciò i protagonisti chiariranno con genitori e
amici... Quindi non abbandonarci! Un bacio^^
Little Miss Sunshine:
Fantastico! Adoro le fan! <3 Io adoro il nome Alessandro (se per
caso dovesse nascermi un figlio, probabilmente lo chiamerò
così <3) quindi adoro il personaggio in
sè, nonostante la bastardaggine xD beh, si, in effetti
è vero che Ilaria ha quasi una doppia
personalità, ma più avanti verrà
svelata a tutti :) a presto!
missLovely91:
eheh, è presto per parlare di amore! Sono troppo imbranati
entrambi per rendersene conto xD spero sia piaciuta anche alla tua
amica, la storia!^^ non mi è possibile aggiornare
più velocemente e mi dispiace davvero, ti chiedo umilmente
perdono! :D ma spero continuerai a leggere la storia comunque! A presto!
Iris92:
No, no, la storia è solo al quarto capitolo! Conto di
arrivare almeno ai dodici xD il gesso l'ho tolto, stai tranquilla :)
ora cammino, anche se a volte mi fa un po' male... In effetti
Alessandro poteva starsene zitto, ma era inevitabile, altrimenti la
storia non sarebbe interessante xD ne capiteranno davvero di tutti i
colori, te lo assicuro :) a presto!
kia_85:
No, non è stata adottata, se è questo che pensi
:) però forse su qualcosa hai ragione :) è pur
sempre una mamma, magari più avanti qualcos'altro
sarà chiarito. Mi fa piacere che ti piacciano entrambi,
magari se ti annoi leggi qualche altra mia storia e fammi sapere che ne
pensi =) al prossimo capitolo!^^
___Chocolate:
è vero, deve proprio soffrire! Comunque Ilaria
cambierà, non ti preoccupare! Comunque Alessandro ha fatto
tutto senza pensarci, in fondo è un maschio...! :D fammi
sapere che ne pensi di Andrea, visto che più avanti (molto
più avanti) avrà un ruolo importante (arrrrrgh!
Che mega-informazione!) bye, a presto^^
Eklypse:
Ahahah! :) mi fa piacere che ti sia piaciuta così tanto!
Anche a me piacciono le storie di amore-odio (anche quelle tra migliori
amici, non per questo ho creato love in germany), per questo sono tanto
appassionata con Vivo per lei :) Spero che la grandezza del carattere
non sia un problema per l'i-phone... A me capita di leggere alcune
storie con il mio n97 ed è stressante... Meglio il mio
monitor da 20" xD Beh, i caratteri dei personaggi (lo so che ho
cambiato discorso) li ho scelti apposta, ma non volevo che fosse una
copia di "Come tu mi vuoi", infatti cerco di tenermi ben lontana da
quella storia (non sopporterei che le paragonassero, anche se adoro
quel libro-film). Al prossimo capitolo, ciao!
|
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Capitolo 10 *** Cap. 4 - Sono già solo - Parte seconda ***
“Era da un po'
che non ci vedevamo
e non riuscivo a studiare la tesina, così ti ho chiamato.
È
dall'ultima festa a casa tua che non ci vediamo, o sbaglio?”
rispondo, salvandomi in corner.
“Si,
è vero. Un paio di mesi.
Allora, che mi racconti? Sei fidanzata?” mi chiede,
distogliendo
per un attimo lo sguardo alla strada per voltarsi verso di me.
“No,
però le cose sono andate
male da poco con un ragazzo. Però non ci voglio pensare, non
merita
proprio” commento, facendo la finta tonta. Non voglio che
capisca.
“Che
è successo?” mi chiede,
fingendosi preoccupato.
Non ci casco nella tua trappola.
“Non andavamo
d'accordo. Sai come
succede, no? Non è andata come speravo” gli dico,
mentendo
spudoratamente. Lui però ci crede e annuisce.
Scendiamo dall'auto e camminiamo
verso Piazza Castello, gremita di gente come sempre.
Sono le sei, probabilmente
Alessandro non è neanche più in giro e sono qui
per niente. Povero
Andrea.
“Passeggiata in
Via Roma?” mi
propone, sorridente. Annuisco, convinta.
Che altro potremmo fare?
“E tu? Ce l'hai
la ragazza? O
aspetti ancora la principessa?” gli chiedo, sorridendo.
È sempre
stato un romanticone, anche con me che non sono mai stata niente per
lui.
Per la sua ex ragazza, Valentina se
non sbaglio, affittò un ristorante solo per loro due per il
loro
anniversario. Lei era da un po' che aveva intenzione di lasciarlo, ma
lui non se n'era reso conto. Beh, proprio quella sera lei lo
lasciò,
consegnandogli la fede che lui le aveva regalato. Me lo ricordo in
quel periodo, era così giù di morale che era
impossibile vederlo
sorridere.
“Aspetto ancora
te, a dire il
vero” ammette, uccidendomi.
Lo guardo, ma poi abbasso la testa,
guardando altrove. Non è giusto, giuro che mi
limiterò a prendere
un gelato con lui e gli chiederò di portarmi a casa.
“Faresti meglio
a guardarti in
giro” gli dico, imbarazzata.
Lui mi sorride tristemente.
“Non hai
cambiato idea, eh?” mi
chiede, mettendo le mani in tasca.
“No. Questo,
poi, non è proprio
il periodo. Però chissà, magari un giorno
capirò che cosa ho
perso” gli dico, sorridendogli.
“Beh, in quel
caso dovrai venire
da me. Ci sarò sempre per te, Ila” mi dice,
smontandomi di nuovo.
“Non dovresti
dirmi queste cose,
Andre. Non me lo merito, non ti ho mai trattato come
meritavi” gli
dico, sincera.
“Non
è vero, mi hai sempre detto
che non eri interessata a me e io l'ho accettato ogni volta,
però
mica è detto che non cambierai idea, un giorno” mi
dice e la sua
speranza mi fa sorridere. È tenero, ecco.
“Potresti
provare a corteggiarmi.
Sai, nell'ottocento era parecchio in voga” dico,
sghignazzando.
“Anche prima, a
dire il vero” e
ride anche lui, mentre annuisco alle sue parole.
Rimaniamo in silenzio e camminiamo
sotto i portici di Via Roma.
Si ferma davanti alla vetrina di
Lacoste e per poco non mi prende un colpo.
Allontanati da lì!
“Vieni
qui” mi dice, voltandosi.
Mi avvicino alla vetrina e alzo la testa: è altissimo.
“Quanto sei
alto?” gli chiedo,
interrompendolo. Probabilmente mi voleva chiedere qualcosa.
“Un metro e
novanta. Ma che
c'entra?” mi chiede.
“Sei enorme.
Comunque era solo per
curiosità. Che volevi chiedermi?” chiedo a mia
volta, guardando la
vetrina.
“Voglio un
parere femminile: che
ne pensi della polo blu? Ci starebbe bene con i jeans?” mi
chiede,
imbarazzato.
I jeans?
“Si, certo.
Perché me lo chiedi?
Non ti ho mai visto con i jeans, se devo essere sincera” gli
dico,
lui annuisce.
“Infatti. Cerco
un look nuovo, mia
zia l'altro giorno ha detto che io e i miei fratelli sembriamo tutti
dei gemelli. Non mi va di essere paragonato a Luca e Cristiano.
Cioè,
non andiamo molto d'accordo ultimamente. Sai che Angela, la ragazza
di Luca, è incinta? Diventerò zio tra qualche
mese” mi dice,
sorridendomi.
Andrea è già zio, ma questo è il
primo figlio di suo fratello Luca. Cristiano ha due gemelle, bionde,
con gli occhi azzurri. Hanno preso dalla mamma.
“Che bello, di
nuovo!” gli dico
sorridendo.
“Già.
Speriamo sia un maschio
stavolta. Non che non voglia bene a Clara e Clotilde, però
vorrei un
nipotino maschio a cui insegnare a giocare a calcio o a cavalcare.
Sarebbe bello, ecco” mi dice, allontanandosi dalla vetrina.
“Ehy, ti va di
comprarla quella
Polo?” gli chiedo, senza seguirlo.
Si volta e sembra pensarci su.
“D'accordo.
Chissà quando mi
ricapiterà di fare shopping con te” mi dice,
ridendo.
Entriamo nel negozio e si prova la
polo e un paio di jeans.
“Ma stai
benissimo!” gli dico,
guardandolo mentre si specchia.
Ha un bel lato b, non come quello di
Alessandro, lo devo ammettere, ma comunque è piacevole
guardare come
gli stanno i jeans. Sembra uno dei miei compagni di scuola, non un
universitario pieno di soldi.
“Dici?”
mi chiede, scettico. Non
ne è davvero convinto.
“Si. Dai,
prendili tutti e due”
gli dico, sorridendogli allo specchio.
“Okay”
risponde, rientrando in
camerino.
Rimango ferma nel negozio e mi
guardo intorno, ma l'occhio mi cade inevitabilmente nella fessura del
camerino: la tenda non è chiusa del tutto.
Anche se so che non è un
comportamento da persona rispettabile, allungo il collo per guardare
meglio. Andrea si sta togliendo la maglia e sfoggia, anche se
inconsapevolmente, il suo fisico atletico, che apprezzo.
Andrea si gira e mi guarda,
cogliendomi in flagrante e arrossisco, mentre lui inizia a ridere
dentro il camerino. Saluto la commessa ed esco imbarazzata. Questa me
la sono proprio cercata!
Dopo cinque minuti esce con il
sacchetto e mi sorride. Dio che figuraccia!
“Come mai sei
scappata?” mi
chiede, sghignazzando.
“Avevo bisogno
di un po' d'aria”
gli dico, iniziando a camminare verso Piazza San Carlo e dandogli le
spalle.
“Che stavi
facendo lì dentro? Non
sai che non si spia nei camerini?” mi chiede ridendo, mentre
la mia
faccia prende un colorito simile a quello di un pomodoro.
“Smettila”
gli dico,
imbarazzata.
“D'accordo,
d'accordo” mi dice,
ridendo ancora.
Sbuffo e accelero il passo, non
sopporto che mi prenda ancora in giro, so di aver sbagliato e mi
dispiace che mi abbia beccata: sono un essere umano con tanto di
debolezze!
“Allora...
Cos'hai visto?” mi
chiede, riprendendo a ridere.
“Mamma mia,
Andrea basta” gli
dico, rifilandogli uno schiaffo nella schiena.
“Ti
è piaciuto, eh?” commenta,
rincarando la dose.
“Molto, hai un
gran bel fisico. Ma
smettila, te lo dicono tutti che sei un gran figo, potresti evitare
di mettermi in imbarazzo così!” gli dico,
imbronciata.
“Hai ragione,
scusami” mi dice,
accarezzandomi la testa.
Apprezzo il gesto, ma sono ancora un
po' arrabbiata. Mi verrebbe da dire che i maschi sono tutti uguali,
ma la verità è che non è
così. Andrea non si comporterebbe mai
come Alessandro, qui non ci piove.
“Che ne diresti
di prenderci un
caffè o un aperitivo invece del gelato?” mi chiede
Andrea,
spezzando il silenzio.
“D'accordo. Mi
va un marocchino
con la nutella” gli dico, annuendo convinta.
Raggiungiamo uno dei splendidi caffè
e ci sediamo nei tavolini fuori, fa abbastanza
“caldo” per
godersi il via vai di gente che attraversa la piazza.
“Allora...
Raccontami un po' di
questo ragazzo con cui è andata male” mi dice,
mentre aspettiamo
il cameriere.
“Sei
consapevole di iniziare ogni
tuo discorso con << allora >>?” gli
chiedo, ignorando la
sua domanda. Speriamo non me lo richieda.
“Davvero?”
mi chiede,
leggermente stupido.
Scoppio a ridere e annuisco. Ti
prego, non mi parlare di Alessandro!
“Fantastico!
Che figura, chissà
quante volte l'ho ripetuto senza rendermene conto” mi dice,
sbuffando.
“Almeno tre,
sicuramente” gli
rispondo, accavallando le gambe.
Andrea mi guarda e sposta lo sguardo
sulle mie gambe. So di piacergli, ma tra di noi non ci sono neanche
mai stati accenni maliziosi. Sembra strano, lo so.
“Non hai
risposto alla mia
domanda” mi dice, dopo avermi guardata per un po'.
Merda.
“Lo so, il
fatto è che non voglio
rispondere” aggiungo, guardando il cameriere arrivare.
“Buonasera.
Cosa posso portarvi?”
ci chiede il cameriere, vestito di tutto punto.
“Per la
signorina un marocchino
con nutella, per me un crodino e qualche stuzzichino”
risponde
Andrea, sorridendo affabile.
“No, aspetti.
Prendo anche io un
crodino, lasci stare il marocchino” dico, imbarazzata.
Cavoli, non posso bere il caffè
mentre lui prende un aperitivo. Mi sento di nuovo piccola.
“Sei
sicura?” mi chiede il mio
accompagnatore.
Annuisco e il cameriere se ne va,
così lo sguardo indagatore di Andrea torna su di me.
“Cosa ti ha
fatto di così
spiacevole?” mi chiede, appoggiandosi contro lo schienale
della
sedia.
“D'accordo te
lo dirò” sbotto,
sbuffando. Parlarne con Fede non mi basta.
“Bene”
mi dice, sorridendo
appena.
“Io e il
ragazzo in questione...”
esordisco, rendendomi conto di aver sbagliato la grammatica italiana.
“Voglio dire, il ragazzo in questione ed io avevamo
incontri...
beh, notturni diciamo” dico, imbarazzata. Che vergogna
ammettere di
avere una relazione di solo sesso!
“Ma dai? Che
carini, scappavate di
casa per incontrarvi al parco a sbaciucchiarvi?” mi chiede,
scoppiando a ridere.
“Sei un idiota.
No, sesso, puro
sesso, ad essere sincera. Non era così male, se non contiamo
la
mancanza di affetto e il fatto di tenere tutto nascosto”
dico,
incrociando le braccia al petto.
“Perché
tutto nascosto?” mi
chiede, seriamente curioso.
“Perché
sono lo zimbello della
classe. Sai, la sfigata, la secchiona, beh, il capro espiatorio di
tutte le frustrazioni dei diciottenni, e non solo, presenti
lì
dentro” dico, con una punta di acidità.
“Tu?”
mi chiede, spalancando gli
occhi.
“Già.
Non lo sapevi?” gli
chiedo, quasi fosse una notizia di dominio pubblico.
“Non lo avrei
mai immaginato.
Cioè, ammettiamolo, tutto sembri tranne che una
sfigata” mi dice,
facendomi sorridere.
Quasi quasi lo bacerei.
“Beh, fuori.
Ma non curo il
mio aspetto a scuola. La trovo una perdita di tempo, so che non
vorrei mai e poi mai che il padre dei miei figli venisse a scuola con
me. Si fanno così tante cose imbarazzanti a
scuola!” gli dico,
scuotendo la testa.
Il cameriere ci porta il nostro
drink e ci lascia gli stuzzichini sul tavolino.
“Grazie
mille” dico al
cameriere, mangiando una mini bruschetta al salmone.
“Quindi
vorresti trovare qualcuno
che non ti abbia mai conosciuta tra le mura scolastiche.
Perché
questa fissa?” mi chiede, addentando anche lui una bruschetta.
Cavolo, ho fame!
“Non lo so.
Cioè, io non mi sento
la sfigata che sono a scuola. Mi piace studiare, mi piace sapere
tante cose e non è giusto che io debba essere discriminata
per
questo. Non voglio che qualcuno possa usare contro di me qualche
strano nomignolo affibbiatomi al liceo. Sarebbe... orribile!”
dico,
senza aver mai pensato prima d'ora a tutto questo.
“Capisco.
Immagino tu abbia
ragione, ma davvero non riesco a capacitarmene” mi dice,
sorridendomi.
“Che io venga
reputata una
sfigata?” gli chiedo, sorridendo.
“No, che
l'ignoranza delle persone
disprezzi l'intelligenza e la cultura in modo così palese.
Ma
soprattutto, che la vera bellezza non venga capita. Tu sei stupenda,
con il trucco o senza trucco, perché è il tuo
modo di fare ad
essere bello. Per questo, probabilmente, non ho una
ragazza.
Oltre agli occhi azzurri e ai muscoli non vedono altro, se non i
soldi nel peggiore dei casi. Non voglio una ragazza che ami la mia
bellezza, voglio essere amato per quello che sono davvero”.
Alessandro
È
assurdo. È davvero troppo, troppo figa!
Ha i capelli sciolti che le cadono
sulle spalle con una strana curva sul ciuffo. Dio santo, ispira
sesso!
“Hai la faccia
di un pervertito”
mi dice Alice, scoppiando a ridere.
“Non dirmi
così! Speravo non si
notasse, invece mi hai colto in flagrante!” le dico,
sorridendole.
“Me l'avevano
detto che ti
piacevo, ma non immaginavo fossi così preso da me. Speriamo
non lo
venga a sapere anche Fabio, sarebbero problemi” mi dice,
coprendosi
la bocca con la mano decorata. Cioè, sono le unghie ad
essere
decorate, non la mano. Ha solo un anello come decorazione. Un anello
d'oro bianco con tre pietre Swarovski.
“Mi piace la
tua collana. È
d'argento?” mi chiede Alice, indicandola.
La collana di Ilaria. O meglio, la
collana che mi ha regalato Ilaria.
“No, in
acciaio. È un regalo
di... di una persona” dico, cercando di salvarmi.
“Ammettilo,
l'ho capito che è il
regalo di una ragazza. Per il compleanno?” mi chiede,
maliziosa. Ma
perché non si fa i fatti suoi? Non ho voglia di parlare di
Ilaria,
non mi va, abbiamo litigato. Stop, cosa chiusa. Non ho voglia di
parlarne in generale, figuriamoci con Alice!
“No, per una
stupidaggine”
borbotto, guardando le vetrine.
Via Garibaldi è sempre piena di
gente, ma in primavera si riempie di persone che si vogliono godere i
primi giorni di sole.
“Ti ha regalato
una collana per
una stupidaggine? È pazza?” mi chiede, ridendo.
Mica le posso dire che era un regalo
per il nostro primo e unico giorno di fidanzamento. È una
cosa da
idioti, ne sono ben consapevole.
“No, era una
cosa tra noi due”
commento, capendo di non volerglielo dire.
È una cosa nostra, perché deve
saperlo per forza?
“Oh, capisco.
Non è andata bene
con questa, eh?” mi chiede, rincarando la dose.
Perché le donne non smettono mai di
spettegolare? Lo fanno apposta, secondo me.
“Già.
Non mi sono comportato
molto bene” ammetto, a testa alta.
“I maschi sono
sempre quelli
bastardi! Però non sembri così, cioè,
hai la faccia da cucciolone”
mi dice, pizzicandomi una guancia.
Dio quant'è bella.
“Non valutare
mai una persona solo
dall'apparenza” le dico, sorridendo.
“Ma come siamo
saggi!” mi dice,
teatralmente.
No, lei e Ilaria vivono in due mondi
paralleli, senza dubbio.
“Visto?
È l'età” commento. Ho
due anni in più di lei, non dieci, però
è una frase d'effetto.
“Oh,
vecchietto!” mi dice,
dandomi uno schiaffetto sul braccio.
Deve smetterla, oppure la porto nel
primo vicolo disponibile.
Oddio, sono un maniaco sessuale!
“A che
pensi?” mi chiede,
vedendo la mia faccia pensierosa.
Al fatto che ti farei mia anche
ora, qui, perché sei fottutamente stupenda.
“A niente di
preciso” commento,
grattandomi la testa.
“Ce lo facciamo
un giro in Via
Roma? Poi devo scappare a casa che mi aspetta il capitolo di
storia”
commenta, sbuffando.
Accetto e superiamo piazza Castello
in pochi minuti. Alcuni tizi alla fermata del pullman salgono
tranquilli, altri corrono sperando di non perdere l'ultimo mezzo che
li riporterà a casa. Amo la mia macchinina.
“Ti faccio
vedere il vestito che
mi piacerebbe comprare” mi dice, prendendomi per mano.
Speriamo solo che non si aspetti che
glielo compri, perché sono in bancarotta.
Arriviamo davanti ad una vetrina di
un negozio che neanche conosco e lei mi indica un mini vestito, ma
davvero mini, blu elettrico con un collo esagerato.
È inguardabile!
“È
stupendo” commento,
sorridendole.
“Vero? L'ho
visto qualche giorno
fa e me ne sono innamorata. Solo che non ho centocinquanta euro da
spendere per un vestito” commenta, spegnendosi.
Ma dai, centocinquanta euro? Ma
stiamo scherzando? Innanzitutto fa cagare e poi lo stilista che aveva
quel giorno? Starebbe bene per una linea di pagliacci sexy in stile
femminile. Ma neanche!
“Posso capire.
Anche io ho
problemi a comprare vestiti, a volte” commento, pentendomene
subito.
Grande! Le hai appena detto che sei
spiantato e pure sfigato!
“Vabbe'.
Andiamo a farci una
passeggiata” mi dice, riprendendo il passo.
Camminiamo per qualche metro stando
in silenzio e vedo qualche coppietta qua e là abbracciarsi
davanti
alle vetrine.
Ci sono uomini in giacca e cravatta,
donne in tailleur, coppie di anziani ben messi e ragazzi giovani che
si tengono per mano.
“Guarda che
carini quei due!” mi
dice improvvisamente Alice, facendomi voltare dall'altra parte.
Due ragazzi, un ragazzo ed una
ragazza, sono abbracciati davanti al negozio della 3 e si baciano
appassionatamente, quasi non si fossero visti da mesi.
“Già,
sono davvero carini”
commento.
Che ne dici di imitarli?
Riprendo la mia camminata, ma noto
che Alice non mi sta seguendo.
“Ali?
Andiamo?” le chiedo,
guardandola ancora lì impalata.
“Quella ragazza
mi sembra di
averla già vista” commenta, perdendo tempo. Non
doveva tornare a
casa? Non è che mi pianta in asso come un imbecille?
“Magari
è un'amica di un'amica”
le dico, incrociando le braccia. Non sto prestando tanta attenzione
alla coppia, non mi interessa di quello che fanno gli altri se io
stesso non combino nulla.
“Ma no!
È quella della tua
classe! Ecco dove l'avevo vista” mi dice, dandosi uno
schiaffo
sulla fronte.
“Della mia
classe?” le chiedo.
Credo si sia sbagliata.
“La secchiona!
Ma guarda com'è
bella! Cavoli, non l'avevo riconosciuta” aggiunge,
raggelandomi.
No, non può essere lei.
New chapter... Che ne pensate?
Il tanto agoniato riscatto è arrivato. Forza Ilaria, Fagli
vedere chi sei! xDD ma non è adorabile Andrea? Non so come
mi siano uscite quelle parole, ma ultimamente sono di nuovo ispirata...
Per fortuna. Come va la scuola? A me una cacca, non ho nessuna voglia
di riprendere a fare compiti =(
Grazie per gli 11 commenti! Vi
adoro!!!
Commenti:
___Chocolate:
Sono contenta che, dopotutto, la maggior parte di voi abbia
apprezzato Andrea. È vero, Ilaria a volte è
noiosa, ma Andrea lo
sarà ancora di più, purtroppo. Dimmi cosa hai
pensato su questo
capitolo, immagino che la descrizione abbia confermato l'idea di
Ilaria del modello xD a presto, baci! (ti faccio notare che hai
commentato nel primo capitolo e non nel nono, per questo potresti non
trovarlo ma io, che controllo tutto, l'ho trovato! xD)
sciona: ti
ringrazio per i complimenti che fanno sempre piacere! E mi scuso, non
vorrei mai essere la causa di tanto dispiacere! xD già
Alessandro è
stato stronzo, ma mangerà cacca anche lui, visto che si
sentiva
tanto importante... Vedrai! A me piace un sacco il personaggio di
Federica (<3) ed è per questo che è
l'amica saggia! Voglio
sapere qualche tuo pensiero su questo capitolo... Je t'aime!
Eklypse:
oddioooo! Mi dispiace! Non riesco ad aggiornare più
velocemente, ma
vedrò di fare del mio meglio, promesso! Ti dirò
che sono proprio i
film mentali a darmi lo spunto per scrivere, perciò pensa,
pensa! :)
a presto!
Kia_85: ti
ringrazio davvero per i complimenti e aggiungo che hai ragione,
è
giusto che lei si riprenda e Andrea è la persona perfetta.
Per la
gelosia... Basta aspettare!
Balenotta:
neanche a me dispiace Andrea, ma nessuno ti farà del male
perché
Alessandro è un idiota... xD alla prossima!
Machi: ma dai,
Andrea è adorabile...! xD e Ale, finalmente, ha avuto quello
che si
merita, ma aspettate il prossimo capitolo, ci sarà una
chiacchierata
madre-figlio spettacolare :) a presto!
Marty 95: anche se
Andrea è un perfettino, in alcune cose è
così umano da sembrare
uno come tanti. O meglio, uno diverso dagli altri.
Gironzolando tra i
commenti ricevuti, sai cosa ho scoperto? Eri già una mia
lettrice ai
tempi di love in germany, mi fa piacere ritrovarti! Comunque, io
continuo a preferire Alessandro <3 baci!
Iris92: hai
rivalutato Andrea dopo questo capitolo? Ad ogni modo quello di
Alessandro era davvero un errore. E ancora non immaginava quanto! Che
bella smerdata, se la meritava. Il prossimo capitolo sarà
tenero
(almeno, per ora ho scritto quello xD), ma non tra di loro :) shhh,
dico (nel senso di scrivere xD) sempre troppe cose. A presto!
_deny_: che
tenera, ti ringrazio tanto! Ebbene, è arrivato il tempo di
essere
gelosi pure per Alessandro, che è troppo stupido per capire.
Finalmente il capitolo è arrivato! Bacioni!
Criros: a costo di
sembrarti un'imbecille, sai che avevo letto
“cheerios” invece di
criros? Povera me ç__ç comunque, tornando al tuo
commento, ti
ringrazio tanto e mi fa piacere che tu l'abbia scoperta in mezzo a
tante altre *__* Anche io odio il nome andrea, sarà che ne
conosco
troppi che non vanno! Hai ragione, Ilaria non se lo merita, ma dovrai
aspettare un po' per scoprire se le chiederà scusa oppure
no^^ fammi
sapere intanto cosa ne pensi di questo! Baci!
Rebellious_Angel:
inizio subito con il manifestare la mia ignoranza chiedendoti cosa
significa self-insertion o.o xDDD ti ringrazio per i complimenti e ti
dirò che ho cercato di renderli il più possibile
reali e sono
contenta che tu li abbia percepiti così^^ beh, sappi che i
ragionamenti che hai fatto non sono poi così sbagliati^^ a
presto!
|
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Capitolo 11 *** Cap. 4 - Sono già solo - Parte terza ***
Mi volto di scatto e
cerco la coppia
che cammina tranquillamente, ignara del proprio pubblico. Sono
abbracciati, o meglio, lei lo abbraccia.
E menomale che prudeva a me.
Stringo i pugni fino a sentire le
unghie nella pelle. La odio, santo Dio se la odio!
“Andiamocene,
dai. Ora ho capito
chi è” mi dice Alice, superandomi.
Non me ne vado. Voglio che mi veda
con Alice, non mi basta che sappia che saremmo usciti. Ora siamo io e
lei da soli, senza Ste, senza le sue stupide amiche.
Ilaria, cazzo, guardami!
Rimango qualche secondo a fissarli
mentre Alice mi chiama e Ilaria si volta lentamente, quasi mi avesse
sentito.
Mi fissa e rallenta il passo. Io non
posso e non voglio muovermi.
Uno... Due... Tre...
Ha ripreso a camminare senza più
degnarmi di uno sguardo, incredibile! E poi sarei io lo stronzo, non
è vero?
“Ale, andiamo?
Ho ancora
mezz'ora!” mi grida Alice, facendo i capricci.
Non mi va di mollarla qui, ma non ho
neanche voglia di perdere tempo con lei, visto che non pare proprio
volerci stare.
“Ali non ti
offendere ma si è
fatto tardi e sta per tornare mia madre. Ci vediamo domani a scuola,
okay?” le chiedo, lasciandola basita.
“Ale ma dove
vai? Mi lasci qui?”
mi chiede, tirandosi indietro il ciuffo voluminoso.
“Sì.
Torna a casa da sola” le
dico, sapendo di aver appena mandato tutto a puttane. Amen, tanto non
avevo molte possibilità.
“Sei proprio
uno stronzo!” mi
grida.
Basta, non ne posso più di questa
parola. Mi rintanerò in casa, non mi importa, ma basta
sentire che
sono uno stronzo perché inizio a crederci davvero e non mi
va la
cosa.
Non presto più attenzione alla mia
accompagnatrice, in compenso so benissimo che loro
hanno
appena visto il mio fallimento e la cosa mi innervosisce ancora di
più. Ma che bella coppietta, immagino che lui abbia un conto
in
banca che smerderebbe tutta la mia famiglia, compreso quel deficiente
di mio padre.
Anche se mi sento un po' un bambino,
ho davvero voglia di stare un po' con mia madre. Non sono un mammone,
okay forse un po' sì, ad ogni modo lei mi vuole bene
incondizionatamente perché è così che
fanno le mamme. Solo lei
sarà la donna della mia vita, ne sono sicuro.
Le altre non fanno altro che
abbandonarmi.
Vedo la sua macchina nel parcheggio
e capisco che sono in ritardo per prepararle la cena, ma c'è
sempre
tempo per chiacchierare e apparecchiare la tavola, perlomeno.
“Ciao
ma'” grido, entrando in
casa.
“Ale vai a
controllare i
fornelli!” mi grida dal bagno.
Mi ero illuso, tocca comunque a me.
Abbasso il fuoco della padella e
scopro che ha messo su le ali di pollo, ma c'è ancora
dell'acqua e
ha ancora il colorito del pollo bollito.
“È
pronto?” mi chiede mia
madre, entrando in cucina.
“Non
ancora” le rispondo,
voltandomi.
Mi spinge leggermente da una parte e
si occupa della sua parte preferita della casa, le piace cucinare
anche se è stanca morta e non esce di casa se non ha lavato
i piatti
e la cucina.
“Come
stai?” le chiedo,
appoggiandomi contro il piano in marmo.
“Sono un po'
stanca, a dire il
vero” mi risponde, senza guardarmi.
“Novità?”
le chiedo,
guardandomi le unghie. Quella dell'indice è cresciuta troppo
rispetto alle altre.
“No. Tu hai
qualche novità?” mi
chiede, voltandosi.
È proprio tenera, mi verrebbe da
raccontarle tutto, ma non ci riesco proprio. Potrei accennarle
qualcosa, non scoprirà tutto per forza.
“Sono
arrabbiato. Perché hai
fatto un figlio così scemo?” le chiedo, allargando
le braccia.
“Io ti ho fatto
normale, sei tu
che sei peggiorato crescendo” mi risponde, scuotendo la testa.
“Non puoi
lavartene le mani così!
Faccio una cosa e ne sbaglio due, non è possibile”
le dico,
grattandomi la fronte.
“Hai vent'anni
Alessandro, ti devi
prendere le tue responsabilità, mica puoi pretendere che ti
stia
ancora dietro” mi risponde, mentre gira la pasta.
“Non ti ho
chiesto niente,
infatti. È solo che mi comporto da perfetto imbecille. Sai
la
ragazza dell'altro giorno, Ilaria?” le chiedo e lei annuisce.
“È
una bella ragazza” commenta,
prendendo la tovaglia.
“Si
è arrabbiata perché non te
l'ho presentata come la mia ragazza. D'accordo, non sono stato
carino, ma era la verità. Non è la mia ragazza,
perché devo dire
che lo è?” le chiedo, sfogandomi.
Ora basta Alessandro, finirai
dicendole tutto.
“E
perché non è la tua ragazza?”
mi chiede, guardandomi negli occhi.
Cattiva mamma! Cattiva mamma
indagatrice.
“Non sono
innamorato di lei, okay?
E ho fatto bene visto che oggi era già in giro con un
altro” le
dico, prendendo i piatti.
“Mica
può rimanere lì ad
aspettare te che neanche la vuoi” commenta, pugnalandomi alle
spalle.
“Ehy, sono io
tuo figlio, è me
che devi difendere!” le dico, indicandomi.
“Cosa c'entra,
se non hai ragione
non posso difenderti. Si vedeva che era in imbarazzo e probabilmente
si è vergognata di farsi trovare nel tuo letto da tua madre,
senza
che fosse neanche la tua ragazza. Sai che a me non me ne frega niente
di chi ti porti a letto, purché tu prenda
precauzioni” mi dice e
mi sento un attimo in imbarazzo.
“Mi ha detto
che prende la
pillola, non usiamo più il... Ma perché te lo sto
dicendo?” le
chiedo, tenendo tra le mani due bicchieri.
“Perché
non dovresti? A
proposito, hai cambiato le lenzuola?” aggiunge, senza
migliorare la
situazione.
“Mamma!”
grido indignato. Santo
Dio, mi sento una checca.
“Che
c'è? Non è mica igienico”
mi dice.
“Adesso basta,
cambiamo argomento”
dico, mettendo le posate sul tavolo.
“No, davvero,
le hai cambiate?”
continua, imperterrita.
“Sì,
le ho cambiate” rispondo,
sbuffando.
“Non
è vero! Che schifo che fai
Ale, ma quand'è che cresci?” mi dice, scuotendo la
testa.
Ma perché diavolo ho iniziato
questa discussione con lei?
“Me ne vado in
camera” dico,
irritato.
“Vieni qua che
adesso mangiamo”
mi dice, prima che riesca ad uscire dalla cucina.
Mi siedo a tavola e, dopo cinque
minuti circa di totale silenzio, prende la parola.
“Era carina
quella ragazza” mi
dice, facendomi irrigidire.
“Sì
però è una scassapalle”
le dico, bevendo un bicchiere d'acqua.
Finirà mai questa giornata? È
passata tutta all'insegna di Ilaria, Ilaria, Ilaria!
“La donna che
sta zitta non è
interessante, non credi? Quella che ti piace in tutto e per tutto ti
stufa ancora prima di quella che ha qualche difetto”
aggiunge,
smerdandomi un po'.
In effetti è interessante, ma ho
anche buttato tutto via.
“Tanto
è tardi per parlarne, è
finito tutto tra di noi” le dico, chiudendo l'argomento.
“Secondo me ti
mancherà”
aggiunge, tagliando una mozzarella.
“Secondo me
l'argomento è chiuso
e non dovremmo riaprirlo più” commento.
***
Sono in ritardo, non
avrei dovuto
farmi la doccia. O meglio, avrei dovuto farla ieri sera invece di
concedermi il lusso della pigrizia.
“Ale io vado,
sbrigati!” mi
grida mia madre, prima di chiudersi la porta alle spalle.
D'accordo, al massimo entro alla
seconda ora.
Sono le sette e cinquanta, ho dieci
minuti per vestirmi, fare lo zaino e arrivare a scuola. Bastano
cinque minuti di traffico e sono fottuto.
I jeans, dove sono i jeans?
Prendo i vestiti ammucchiati sulla
sedia e li lancio sul letto. Possibile che siano spariti? Apro
l'armadio e prendo i pantaloni neri, non posso fossilizzarmi
sull'idea dei jeans. Prendo una t-shirt bianca e la felpa
dell'Adidas. Dai, meglio che niente.
Apro lo zaino e controllo l'orario
nel diario e scopro che alla seconda ora c'è inglese, con
letteratura. Che palle è l'ora in cui ci si divide con i
“tutor”
e l'ultima volta era Ilaria la mia tutor e il lavoro l'abbiamo
iniziato insieme e dobbiamo finirlo insieme.
Prendo la mia copia di David
Copperfield e infilo nello zaino anche il libro di matematica, cerco
le chiavi ed esco di corsa da camera mia.
“Soldi, chiavi,
cellulare...”
dico ad alta voce.
Ho tutto.
Esco di casa e corro giù per le
scale, ma una volta fuori mi accorgo che sta praticamente diluviando.
Fantastico!
Entro in macchina che sono già
fradicio e metto in moto pronto a schizzare via.
Merda, sono in riserva.
Non ho tempo per fare benzina, ci
penserò più tardi, visto che non sono sicuro
neanche di avere
abbastanza soldi, dietro.
La pioggia rallenta il traffico,
questo è risaputo, ma stamattina sembra che i pedoni ce
l'abbiano
con me. Devono attraversare la strada tutti!
Alle otto e dieci sono a scuola,
cinque minuti di ritardo, in effetti pensavo peggio. Entro e chiedo
al professore di matematica se mi fa entrare in classe, lui
acconsente ma vuole la giustificazione.
Mi siedo vicino a Walter e cerco il
libretto delle giustificazioni, compilo la tabellina, firmo e la
porto alla cattedra.
“Ti sei
svegliato tardi, eh, De
Angelis?” scherza il prof.
Non lo sopporto, si crede l'unico
Dio in terra, quando è buono solo a schiaffarti un due
perché non
ricordi che “m” è il coefficiente
angolare. È programma di
terza, porca puttana!
“No, me ne
stavo sdraiato nel
letto in preda all'indecisione. Non sapevo se venire ad annoiarmi
durante la sua ora, o stare a casa a dormire e infischiarmene. Ma
siccome sono un bravo alunno, mi sono fatto vedere. Ora posso
annoiarmi” gli dico, sbeffeggiandolo.
“Fuori De
Angelis” mi dice e io
gli faccio un inchino.
D'accordo, è l'ultimo anno, sono
stato già stato bocciato una volta, la mia media fa schifo e
potrei
salvare almeno la condotta, però non ci riesco. È
più forte di me.
“C'è
Galeoni in classe?” mi
chiede la bidella, guardandomi mentre cammino senza meta per il
corridoio.
“Ovvio”
commento, senza
guardarla. Ormai è un'abitudine, ma almeno non sono in
ritardo.
Okay, non sono sicuro che sia una
cosa positiva.
La porta della mia classe si
spalanca ed esce Ilaria con il libro di matematica tra le mani. Non
poteva chiedere a qualcun altro di fare le fotocopie? Probabilmente
immagina che lei sia l'ultima persona con cui potrei parlare.
Il bello di avere un segreto!
Mi passa davanti senza degnarmi di
uno sguardo e si ferma davanti alla fotocopiatrice, in attesa che la
professoressa di francese della terza B finisca di fare i suoi
comodi.
Mi avvicino a lei e mi guarda con
uno sguardo truce, che mi fa capire che non vuole parlare con me,
tanto meno vorrebbe che mi soffermassi a guardarla.
“Fotocopie?”
le chiedo, quando
sono abbastanza vicino.
“Fai un po'
te” mi risponde,
voltandomi le spalle. Che zitella acida.
“Che state
facendo in classe?”
le chiedo, senza alzare la voce. C'è sempre e comunque
un'insegnante.
“Come se ti
importasse davvero...”
commenta, scuotendo la testa.
Non la sopporto, lei si è fatta
vedere in giro con un altro, di cui nemmeno immaginavo l'esistenza, e
se la prende con me? Il messaggio era davvero uno sbaglio!
Odio ammetterlo, ma non le avrei mai
fatto una cosa del genere, ho un livello massimo di bassezza anche
io.
“Dobbiamo
parlare” le dico.
Voglio spiegarle che era uno sbaglio, era davvero convinta che
l'avessi fatto apposta. Ma che ne può sapere? Ah,
già, lei è
quella che conosce Alessandro De Angelis come le sue tasche.
“Preferirei di
no” mi risponde,
senza girarsi.
“Tanto
c'è letteratura inglese
l'ora dopo. Dovrai parlarmi per forza” le dico, con un
sorrisetto
compiaciuto.
“No, chiedo
alla professoressa di
mettermi in coppia con Walter” mi risponde, voltandosi e
sorridendomi.
No, non lo farebbe. Cioè, sarebbe
davvero cattivo da parte sua e non è giusto che a me tocchi
Valentina come partner.
“Non
scherzare” le dico,
fissandola.
“Chi me lo
impedisce, scusa? Tu?
Non mi pare tu abbia alcun diritto” risponde, sfidandomi.
Ci penso su, devo trovare qualcosa
di convincente. Non mi viene proprio nulla!
“No,
però già non capisco niente
di inglese, se ancora cambio sempre compagno di lavoro, come posso
sperare di capirci qualcosa?” le chiedo, incrociando le
braccia al
petto.
Alza il mento e anche il
sopracciglio destro.
“Tu l'inglese
lo conosci meglio di
me, non fare l'idiota. Sei solo pigro, non stupido” commenta.
Ehy,
è una specie di complimento!
“Devo
compiacermene?” le chiedo,
dubbioso.
“No, non te
l'ho detto come
lusinga, piuttosto come critica” risponde, inserendo la
tessera
delle fotocopie. È azzurra, quindi è
dell'insegnante.
“Cosa stai
fotocopiando?”
chiedo, prendendo una delle pagine che escono.
“Esercizi di
ripasso” mi
risponde, cambiando pagina.
“Sono tipo
compiti?” le chiedo,
alzando lo sguardo.
Lei mi guarda in modo strano, quasi
avessi le orecchie a punta e la pelle rosa shocking.
“È
ovvio, no? Sono per la
prossima volta” mi dice, prendendo tutte le copie. Sono
all'incirca
una ventina in tutto.
“Questa
è mia” mi dice,
prendendomi la copia dalle mani. Torna in classe lasciandomi qui come
uno stupido.
Quella ragazza è proprio
incredibile.
D'accordo, quasi quasi mi manca.
E va bene, mi manca e basta, però
sono sicuro che dipende tutto dal fatto che Alice esce con quel
deficiente che le fa regali così inutili.
La fine della prima ora arriva e
torno in classe, ignorando il professore che esce e richiede
l'attenzione di tutti.
Ammazzati.
“De Angelis mi
sa che tu alla
maturità non ci arrivi” commenta l'insegnante di
matematica prima
di uscire.
“Questo mi
porta sfiga” dico a
Walter, sedendomi vicino a lui.
“No, questo ti
sega” dice lui,
ridendo.
Ho deciso che Walter mi sta proprio
sulle palle, non lo posso proprio soffrire, è più
forte di me.
La prof. di inglese, la schizzata,
entra in classe e subito chiede di dividerci in coppie, per non
perdere tempo. Ilaria si alza in piedi, ma sembra che stia prendendo
tempo.
No, non può davvero cambiare
compagno, devo parlare con lei ed è la mia unica
possibilità.
Mi alzo in piedi e la raggiungo
prima che possa parlare con l'insegnante.
“Non
cambiare” la imploro,
cercando di non fare scenate.
“In coppia con
te non ci sto” mi
risponde, fredda.
“Allora
facciamo che la prossima
volta cambi, ma oggi parli con me” le chiedo, sperando di
aver
trovato un espediente.
Lei mi fissa e poi sbuffa: davvero
l'ho convinta?
“Va
bene” risponde, facendo
dietro front e andandosi a sedere al suo posto. Mi sbrigo a prendere
David Copperfield e il quaderno e a sedermi di fronte a lei.
“Fai almeno
finta di scrivere”
mi consiglia, aprendo il suo libro e iniziando a leggere le prime
frasi.
“Alessandro hai
letto il sesto
capitolo?” mi chiede la prof, comparendo alle mie spalle.
“Sì,
certo. È un bel libro,
meglio di Romeo e Giulietta” commento, prendendo la mia copia
del
libro tra le mani.
“Bravissimo”
commenta,
allontanandosi.
“Non hai manco
letto il primo”
dice Ilaria, scuotendo la testa. Non è mica colpa mia se la
prof
pende dalle mie labbra.
“Vero”
aggiungo, sorridendole.
Inizia a scrivere qualcosa e, ogni
volta che cerco di prendere parola, mi zittisce. Dopo un quarto d'ora
capisco che ha finito l'esercizio e alza la testa per ascoltarmi.
“Dimmi che
vuoi” mi dice,
posando la penna a sfera.
Inspiro.
“So che ieri ti
sei arrabbiata con
me e so che ti ho detto cose poco carine. Non voglio rimangiarmi
nulla, ma sappi che quel messaggio era davvero uno sbaglio”
le
dico, guardandola negli occhi. Lei, però, sbuffa e gira gli
occhi.
“Non
è solo quel messaggio, okay?
Se non fosse stato seguito da tutti gli altri, probabilmente non
avrebbe avuto l'importanza che gli sto dando ora. Mi hai offesa e non
me lo merito, nonostante quello che pensi tu” mi risponde,
mentre
spiegazza i bordi del libro.
“Ero
arrabbiato” provo a
giustificarmi.
“Se sei
arrabbiato cerca di
morderti la lingua o sbattere la testa contro un muro, invece di
scrivermi cattiverie. Basta, non ho più voglia di
ascoltarti, direi
che è anche troppo” mi dice, mortificandomi.
Inizio a copiare il foglio che aveva
scritto prima e sto zitto. Mi ha rimesso al mio posto e non so
più
che dire, visto che ha ragione lei. Devo imparare davvero a mordermi
la lingua. Prendo il foglio e leggo le parole scritte da lei e mi
sembrano tutte senza senso.
E non perché è inglese.
La guardo di sottecchi: la sua pelle
è splendida, i capelli sono a posto, ma i suoi occhi sono
tristi e,
giuro, mi sento un idiota a fare caso a queste cose.
Hola bella gente :) ecco qui un
nuovo capitolo. Il problema? Sono nella cacca perché, per la
prima volta, non ho nient'altro di scritto oltre a questo. Significato?
Per il prossimo capitolo aspetterete un po' di più! A meno
che non sia presa da un'insana ispirazione e voglia di scrivere.
Sapete, dovrei smettere di mangiarmi le unghie, mi fanno male! D: beh,
cos'altro vorrei aggiungere? Sabato ho avuto un'incontro sconvolgente
con gli occhi del "vero alessandro", nel parcheggio della scuola.
Accanto c'era la sua ragazza (con cui aveva litigato nell'intervallo,
davanti al suo pubblico, ovvero io e l'unica mia compagna che sa di
questa immensa cotta xD).
Ebbene, vi lascio, mi aspetto dei commenti! Un bacio, vi adoro tutte
quante <3
missLovely91:
immagino di essermi fatta aspettare un po' troppo, eh? Chiedo umilmente
scusa =( dimmi che ne pensi del capitolo, era così che
pensavi si sarebbe comportato? A presto^^
vigife:
chiedo scusa, ma chi sarebbe l'altro della storia? xD Alessandro?
Comunque hai ragione, dovrebbe farci un pensierino!
Criros:
ciao Cheerios! Non riesco a leggere criros (è stato un
problema scriverlo xD), perciò più semplicemente
sarai cheerios, d'accordo? xD che bello il tuo entusiasmo! *___* mi
rallegra!^^ mi sorprendono i commenti su Alice, ma ne deduco che hai
inquadrato perfettamente il personaggio^^ beh, la fine e lontana, ma
spero di intrattenerti in modo positivo con questi
capitoletti-passaggi! Un bacio!
_deny_:
eheh :) è arrivato anche questo capitolo^^ spero ti sia
piaciuto! Neanche io sopporto Alice, davvero!^^ alla prossima!
kia_85:
oh, ti ringrazio!!! Il discorso madre-figlio è arrivato,
spero di non averti delusa! Beh, confesso che Andrea piace molto anche
a me, infatti avrà un ruolo più importante... Ma
moolto più avanti ;) ora per qualche capitolo (conto almeno
il 6-7) saranno in gita^^ conta circa 3 capitoli di EFP per ogni
capitolo della storia e avrai il risultato... Sempre che tutto vada per
il verso giusto!^^ comunque si, avevi capito bene^^ un bacio!
sciona:
piiiicola! Mi dispiace tanto =( il bello dell'abitare in Piemonte
è che non è zona sismica! xD belli i tuoi
messaggi d'odio, direi che condivido in pieno, nonostante li abbia
creati io .-. comunque non puoi sapere perché si sono
baciati, visto che la storia è dalla parte di Alessandro. Mi
piacciono queste tue fantastiche perle! xD alla prossima, carissima
<3
giulla: cara,
inizio col dirti che non sono sicura di poter passare per una questione
di tempo, perciò non prometto nulla. Però,
chissà, magari in un giorno di noia... =) ri ringrazio dei
complimenti, fanno sempre piacere! Già, anche io adoro Ale
nella sua stupidaggine <3 e odio Alice perché
è... perché è Alice! >.<
alla prossima!^^
Rebellious_Angel:
ti ringrazio per aver colmato la mia lacuna e vorrei dire anche che
quel genere di storie non mi piacciono. In compenso ho dato il mio nome
ad un personaggio, anche se le analogie tra di noi erano ben poche =)
ti ringrazio anche per avermi segnalato l'errore che ho subito
provveduto a correggere, odio quando capita! xD e sì, la
parola era "allora"^^ beh, capisco bene i problemi scolastici, visto
che questa settimana ho almeno una verifica/interrogazione ogni giorno
ç__ç grazie per i complimenti, un bacione!^^
marty 95:
Sì, l'ho creato apposta così, almeno non
è il riccone convenzionale^^ e pure io preferisco Alessandro
ad Andrea, anche se il secondo (ANTICIPAZIONE, ANTICIPAZIONE! xDD) si
comporterà egregiamente più avanti.
Sarà davvero fantastico *___* capisco bene ogni reazione, e
ti dico che erano proprio quelle che mi aspettavo dalle lettrici xD mi
dai soddisfazioni! xDDD ora ti lascio, un bacio!
Eklypse:
non sono sicura di aver esaudito i tuoi desideri, ma c'è una
spiegazione a tutto: è troppo presto! Vedrai, andando
avanti, la storia prenderà una piega diversa e allora
lì potrete sbizzarrirvi con i desideri! E comunque, tutto
saprai tranne che la fine! Sarà così scontata che
nessuno di voi se la potrebbe mai immaginare xD non a questo punto,
almeno! Spero davvero che piaccia *__* a presto! <3
machi:
lo so, chiedo scusa, non riesco proprio ad aggiornare regolarmente!
ç__ç anche a te non prometto di passare
perché non sono sicura di mantenere la promessa, ma se
capitasse, molto volentieri!^^ è vero, Ilaria ha fatto la
furbacchiona nel negozio! ;)
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Capitolo 12 *** Cap. 5 - Fare a meno di te ***
Capitolo 5 –
Fare a meno di te
Ilaria
Non posso credere di essermi davvero
lasciata andare con Andrea. È fantastico, senza dubbio, ma
mi sembra
di fare qualcosa di sbagliato. Non voglio prenderlo in giro, gli
voglio bene e se soffrisse a causa mia probabilmente mi sentirei
davvero male, soprattutto ripensando alle sue parole.
Il vicepreside entra in classe e
tutti quanti ci alziamo in piedi, seguendo la regola che ci
è stata
imposta.
“Seduti ragazzi. Allora, sono
venuto qua per portarvi le autorizzazioni per la gita della prossima
settimana. Dovrete consegnarle entro giovedì, compilate e
firmate
dai vostri genitori. Sì, Walter, anche se siete maggiorenni.
Ah, la
scadenza per il bollettino è entro dopodomani,
perciò chi ancora
non ha pagato, veda di sbrigarsi. Ad esempio tu, Riccardo. Devi
muoverti, te l'ho già detto la scorsa settimana. Bene, vi
lascio qui
le autorizzazioni. Buon proseguimento” dice, uscendo dalla
classe e
lasciandoci qui come degli imbecilli.
“Castoldi, distribuiscile” mi
dice la prof, porgendomi i fogli.
Odio consegnare fotocopie, schede e
quant'altro. Non mi dicono mai grazie e non mi guardano nemmeno in
faccia.
Consegno le autorizzazioni e
Alessandro mi rifila un'occhiata da cane bastonato che mi dà
sui
nervi, così cerco di finire il prima possibile per tornare
al mio
posto.
“Pronti per la gita?” chiede la
prof, ma ovviamente Vanessa deve prendere parola.
“Io sono contenta di non andarci.
Non so manco dov'è l'Ungheria, figuriamoci andare fino
lì! Ma che
lingua parlano? L'ungaro?” chiede, guardando la sua vicina di
banco
e sghignazzando.
“L'ungherese, ignorante”
commento.
“Come scusa?” mi chiede,
sfidandomi. Odio quel suo modo di fare!
“Parlano l'ungherese, ma visto che
sei così ignorante da non sapere neanche dov'è
l'Ungheria,
figuriamoci se conosci la lingua e sai che valuta hanno” le
dico,
guardandola negli occhi.
Walter, credendosi simpatico, fa il
verso del gatto, ma cerco di ignorarlo, visto che me la prenderei
volentieri anche con lui.
“Hanno l'euro, no?” mi dice,
facendomi pure il verso.
“No, veramente hanno il fiorino.
Complimenti, hai appena confermato la mia teoria” le dico,
voltandole, poi, le spalle.
“Sta secchiona del cazzo”
commenta, a bassa voce per non farsi sentire.
“Basta ragazze. Come ha detto
Ilaria, in Ungheria c'è il fiorino, perciò vi
porteranno a cambiare
i soldi. Ragazzi, cercate di comportarvi come si deve, ma soprattutto
di adattarvi. Non mangiano quello che mangiamo noi, non parlano come
noi e hanno una cultura diversa dalla nostra. Cercate di rispettarli
come loro rispetteranno voi” ci dice l'insegnante.
Non mi piace il tono
dell'insegnante, andremo in un Paese straniero, non in mezzo ad una
mandria di bufali. Forse ha ragione Walter quando dice che la Bertone
è razzista.
“Prof. ma come saremo divisi?”
chiede Valentina.
“Ma nessuno vi ha dato
l'itinerario e le sistemazioni? In linea di massima sappiate che i
primi giorni saranno in campagna, quindi nelle case, mentre gli
ultimi due saranno a Budapest e dormirete una notte in hotel. Sabato
vi diranno in quale paese sarete, con paese intendo proprio un
piccolo paesino, ma sappiate che ci sarà una sola persona
per ogni
famiglia e solamente due persone per ogni paese. Ad eccezione per
quelli che saranno in città” spiega l'insegnante.
Ecco, questa non la sapevo!
Fantastico, almeno non sarò
costretta a convivere con una delle mie compagne, mi sembra quasi che
stia andando tutto per il verso giusto. Niente Vanessa, niente
coinquilina, niente strana relazione con Alessandro. In fondo sono
solo cinque giorni, no?
***
“Ragazzi, sono qui per comunicarvi
le ultime sulla gita. Allora, Cinzia passami il registro per
favore”
chiede il vicepreside, rivolgendosi alla professoressa di francese.
“Perfetto. Allora... Mmh..
Iniziamo con chi rimarrà in città. Riccardo,
Beatrice, Annarita,
Eleonora, Silvia, voi sarete a Kaposvár, una delle
città più
importanti. Cinzia, segnali. Con la «a» accentata.
Sì, sì, così”
dice, iniziando a stilare una lista.
Va avanti così per un po', finché
non arriva, finalmente, a me. Il paese si chiama Kutas.
“Castoldi con te non sappiamo chi
ci sarà. Barone, mettiamo te a Kutas? Può andarti
bene?” chiede
Andretti, il vicepreside, appunto.
“Ma che mi cambia? Mica devo stare
con lei, no?” chiede Walter, indicandomi.
Speriamo che la risposta sia no.
“No, Walter. Però pensavo di
metterti a Jákó con Valentina. Chi manca
all'appello?” chiede il
prof.
Altri cinque miei compagni di classe
alzano la mano, tra di loro c'è anche Alessandro. Il mio
stomaco
inizia a brontolare, avrei dovuto mangiare durante l'intervallo.
“Sa, chi di voi ci vuole andare?
Non è un brutto posto, un paesino tranquillo, circondato
dalle
pianure. Fate voi” decide infine.
Il silenzio pervade la classe e
capirne il motivo non è poi così difficile. Chi
vorrebbe entrare in
contatto con la sfigata di turno?
“Prof. segni me” sento dire.
No. No, posso contestare?
“D'accordo De Angelis. Anche tu
sarai a Kutas. Quindi Barone ti segno in Jákó.
Lì c'è pure una
famiglia con origini torinesi, magari riuscirai a farti
capire”
scherza il prof., ignaro del mio stato di malessere.
Credo l'abbia fatto apposta. Deve
averlo fatto apposta.
Alessandro
Okay, d'accordo, non so perché ho
chiesto ad Andretti di mettermi nel suo stesso paese.
Quel silenzio era imbarazzante e
giuro di essermi dispiaciuto per lei. In fondo non si merita il
trattamento che le rifilano i nostri compagni, sono esagerati
perché
non la conoscono davvero.
Andretti esce dall'aula e Ilaria si
gira verso di me, guardandomi in modo truce.
Iniziamo bene.
Durante l'ora di italiano mi ignora
come suo solito, ma al suono della campanella mi raggiunge.
È
decisamente seccata.
“Perché lo hai fatto?” mi
chiede, cercando di non farsi notare.
“Fatto cosa?” le chiedo, facendo
il finto tonto.
“Lo sai bene cosa. Cerca di non
rovinarmi la mia unica gita scolastica, per favore” mi dice,
girando gli occhi al cielo.
“Sempre colpa mia, eh?” le
chiedo, uscendo dal portone e prendendo il pacchetto di sigarette.
“Sempre. Always. Toujours” mi
risponde, allontanandosi.
“Ciao, eh!” le grido, mentre mi
avvio verso la macchina. Si gira e scuote la testa, poi sparisce in
mezzo alla folla.
Mi farà diventare pazzo, quella
ragazza.
***
“Hai preso tutto? Sei sicuro?”
mi chiede mia madre.
“Soldi, sigarette, vestiti,
preservativi. Sì ma', ho tutto” le dico,
sorridendo alla sua
brutta faccia.
“Non fare cazzate Ale, non posso
venire a recuperarti in Ungheria. E fai attenzione alle note
disciplinari, per favore” dice, seccata.
“So badare a me stesso” le dico,
chiudendo il borsone.
“Sì, certo” borbotta, uscendo
dalla mia stanza.
Finalmente si parte, sinceramente
non so che cosa aspettarmi da questi giorni, ma dal momento che Alice
non ci sarà, cercherò di riavvicinarmi ad Ilaria.
Mi manca, da morire.
Bacio mia madre e scendo in
macchina, caricando il borsone e il trolley e parto, con un brontolio
nello stomaco.
Sono le cinque e mezzo, si viaggerà
tutta la notte in pullman, ma non credo che potrei reggere tanto
tempo.
Parcheggio di fronte alla scuola e
scendo portandomi i miei bagagli: c'è già qualche
compagno nel
cortile.
“Ehy, Ale!” mi saluta Valentina,
tutta sorridente.
Ma che vuole questa?
“Ciao” dico salutando i
presenti.
“Ci stavamo chiedendo se andrai a
soccorrere la povera Castoldi, se avesse bisogno” dice
Beatrice,
facendo ridere anche gli altri.
Cosa dovrebbe significare la sua
frase?
“Non capisco cosa intendi” le
chiedo, prendendo una sigaretta.
“Ma no, scherzavamo sul fatto che
ti sia proposto per qualcosa che comprendesse lei”
mi dice,
sghignazzando. Manco parlasse Tyra Banks, che cazzo.
“Che cazzo ti ridi. Intanto lei me
la farei, a te non mi ci avvicinerei neanche se mi pagassero”
le
dico, mentre accendo. Rimangono tutti stizziti e mi guardano come
fossi un alieno.
Beatrice, in compenso, mi rifila lo
sguardo più cattivo del suo repertorio. Sembra un carlino,
la razza
più brutta di cane in circolazione.
“Bella battuta” dice Riccardo,
scoppiando a ridere.
Inspiro e lo guardo seriamente,
capisce che nessuno stava scherzando e smette subito.
“Oh, guarda, c'è la tua ragazza
laggiù” dice Beatrice, indicando Ilaria al
cancello.
Ha una valigia enorme, azzurra. È
piegata tutta di lato, dev'essere bella pesante. Ma cosa ci devono
mettere le donne in valigia? Probabilmente ha un bazooka, per me
ovviamente.
“Non vai ad aiutarla?” chiede
Valentina, seria.
Le odio ste galline, tutte, dalla
prima all'ultima. Sì che ci vado, ci vado subito.
Mi incammino verso Ilaria che,
appena si accorge che mi sto avvicinando, sbuffa spazientita.
È in
trappola per colpa di quella valigia enorme.
“Ti serve aiuto?” le chiedo,
abbastanza vicino.
“No, grazie” mi risponde
seccamente.
“Dai, dammi sta valigia” le
dico, facendogliela appoggiare.
“Ti stanno guardando e tu stai
parlando con me. Con me, non so se riesco a farmi capire. Io, la
sfigata, la racchia, la bruttona, la secchiona e tutti gli altri
nomignoli che ancora non conosco” mi dice, indicandosi.
“Beh, dopo quello che ho detto
loro, non si meraviglierebbero neanche se ti infilassi la lingua in
bocca, perciò questa la prendo io” le dico,
prendendo la valigia
da terra.
“Ma quanto cazzo pesa?!?”
esclamo, cercando di tirarla su.
“Sei uno smidollato, dalla a me”
mi dice, fermandosi.
“Ma cammina...” commento,
accelerando il passo verso l'autobus, un bel bestione a due piani.
“Ale, cosa hai detto ai nostri
compagni? Perché ci stanno guardando?” mi chiede,
con la voce
acuta.
“Niente di cui ti dovresti
preoccupare” commento, appoggiando quella valigia spacca
schiena a
terra, stiracchiandomi subito dopo.
“No, seriamente, già mi odiano,
non fare in modo che mi rendano la gita un inferno” mi
chiede,
incrociando le braccia.
“Non ti preoccupare, ci sono io
con te, non può essere un inferno” le dico,
accarezzandole una
guancia. Lei si scansa.
“Smettila di comportarti così.
Hai una doppia personalità o mi prendi per il
culo?” mi chiede,
incazzata.
“Ti ho già chiesto scusa, so di
averti detto cose che non stavano né in cielo né
in terra, ma sono
impulsivo, ciò che penso, dico” cerco di scusarmi.
Non sono
convinto neanche io di quello che ho detto.
“Sei troppo grande per dar sfogo
ai tuoi pensieri senza filtrarli, Ale. Se l'hai detto è
perché
volevi dirlo, tutto qui. Dopo avermi messa in imbarazzo di fronte a
tua madre, hai ancora avuto il coraggio di insultarmi” mi
dice,
seria.
Non credo di essermi mai sentito
così stupido in vita mia.
“Hai ragione, che altro ti posso
dire?” le chiedo, allargando le braccia.
“Niente, non c'è più niente da
dire. Comunque non ti aspettare che le cose tornino come prima,
perché esco con un'altra persona e, io, non ferisco le altre
persone, non volontariamente almeno” mi dice, innervosendomi.
Un riccone come lei si è trovata.
Non venitemi a dire che quello non ha un conto corrente almeno uguale
a quello di suo padre. Non ci credo, ma neanche se mi portassero la
dichiarazione dei redditi.
“È un tizio come voi, vero?” le
chiedo, buttando il mozzicone.
“Cosa vuol dire come noi?” mi
chiede, aggrottando le sopracciglia.
“Ricco” commento, guardandola
negli occhi, lei sbuffa.
“Non è una cosa fondamentale”
dice, girandoci intorno.
“Rispondi” le dico,
appoggiandomi contro il fianco del pullman.
“Sì, è ricco, ma non c'entra
niente” dice, guardandomi negli occhi.
“Magari per te non è importante,
ma credo lo sia per i tuoi. Tua madre mi odiava e tuo padre... Credo
che se avesse potuto farmi sparire dalla faccia della Terra, lo
avrebbe fatto” commento, grattandomi il braccio destro.
“Ci avevano visto giusto, eh?”
scherza, calciando una pietrolina.
“Quindi è finita
definitivamente?” le chiedo, quasi a bassa voce.
“Perché c'è mai stato
qualcosa?”
mi chiede, spiazzandomi.
Sì, certo che c'era qualcosa. A
meno che in quel momento lei non fosse presente mentalmente, in
genere c'era qualcosa. Qualcosa di bello.
Sono ufficialmente un coglione.
“Credevo di sì”
“Non era quello che dicevi a me”
mi dice, spostandosi un ciuffo dietro l'orecchio.
La fisso per un momento, ma poi
sorrido amaramente e distolgo lo sguardo.
“Le cose erano cambiate
ultimamente” commento, guardando la mia macchina.
“Lo pensavo anche io, prima che mi
insultassi. Mi hai dato della puttana, poi però mi hai anche
detto
che sarebbe stata meglio una professionista piuttosto che una
rompipalle come me” mi dice, alzando il tono.
“Beh, sappi che non è vero.
D'accordo, i tuoi modi sono esasperanti, ma una prostituta fissa non
me la posso permettere” dico, sorridendo. La sua faccia
diventa
paonazza.
“Tu! Lurido bastardo” sibila e
capisco che non ha capito l'ironia.
“Stavo scherzando, Ilaria!” le
dico, scostandomi dal pullman.
“Ti sembra una battuta da fare?”
mi grida.
“Non urlare, non voglio che
sappiano i cazzi nostri. Dai, scusa, stavo scherzando. No, seriamente
Ila, la smetto” le dico, avvicinandomi.
“Mi dai sempre dell'infantile, ma
non è che tu sia tanto adulto” mi dice, facendo un
passo indietro.
“Già” commento, sentendomi un
idiota. Non vuole che mi avvicini. Perché?
“Non c'è più niente tra di noi,
Ale. Non posso e non voglio. Non più” mi dice, con
gli occhi
lucidi.
“Ma perché?” le chiedo, con
voce esasperata. Devo darmi un contegno.
“Perché ora c'è Andrea e lui mi
vuole davvero bene e non mi tratta come... Come hai fatto tu”
mi
dice, parlando come una bambina indifesa.
“Io non ti ho costretta a fare
nulla, mai. E non puoi dire il contrario” le dico, serio,
calmo.
“Non intendevo questo” mi dice.
Stiamo quasi sussurrando.
“E cosa intendevi allora? Ti sei
sempre, diciamo, concessa? A me sembrava che la situazione ti andasse
bene” dico, confuso.
Le alza gli occhi e inizia a
piangere, un pianto di quelli che si fanno in silenzio, con un
singhiozzo ogni tanto.
“Non l'hai mai capito,
probabilmente. E mi sento di dire che non avevo capito neanche io.
Eri l'unico che si fosse accorto di me, che evitasse di farmi sentire
la persona peggiore del pianeta. Mi sentivo meno sola e speravo
che... Che qualcosa sarebbe cambiato prima o poi” mi dice,
con la
voce leggermente incrinata.
“Speravi mi innamorassi di te?”
le chiedo, infilando le mani in tasca.
“Qualcosa del genere” dice,
voltandosi per asciugarsi le lacrime. Scuote la testa e si
dà della
stupida.
Okay, ho mal di pancia.
Anzi, no, sto male, perché in tutto
questo tempo ho perso tempo a pensare ad altro e, davvero, non me ne
ero reso conto. Cioè, forse ci avevo pensato, ma spesso era
più
rivolto a me stesso il pensiero. Qualcosa tipo “ma mi sto
innamorando?” oppure “perché mi fa
piacere?”, ma non credevo
che lei ci sperasse. Non credevo si aspettasse quello da me.
“Mi dispiace, Ila” le dico,
fissando a terra.
“Non è colpa tua, le cose non
sono andate come speravo. Mi sono sempre sentita una... beh, la tua
puttana, perlomeno. È davvero avvilente, ma da quando le
cose
avevano preso un'altra piega, mi sentivo meglio. Non mi sentivo
usata, cioè, era tutto più bello” dice,
continuando a piangere.
Voglio piangere anche io.
Vedo un gruppo di altri compagni che
arriva con uno dei pullman di linea. Si avvicinano tutti agli altri
nostri compagni, lontani abbastanza da non accorgersi di noi.
Prendo la mano di Ilaria e la porto
dietro il pullman.
“Ale, c'è la valigia lì” mi
dice, mentre si oppone leggermente.
Riesco ad allontanarla da occhi
indiscreti e l'abbraccio, stringendola forte. Questo, forse,
è il
nostro primo vero abbraccio. Niente goffaggine, niente gesti
imbarazzati.
“Mi dispiace. Mi sono spesso
sentito meschino, ma non credevo che tutto questo ti avesse portato
ad avere una bassa stima di te. Non ti ho mai reputata davvero una
facile, se questo può esserti d'aiuto” le dico,
sentendo le
sue unghie sulla schiena.
“Mi ero ripromessa di non
guardarti neanche in faccia. Ti odio, non dovrei essere qui”
mi
dice, mentre singhiozza. Le do un bacio sulla testa e vorrei tornare
indietro. Vorrei non aver mai fatto l'amore con lei, vorrei che
potesse non ricordare nulla.
“Lo so e hai ragione, odiami
quanto vuoi, ma scusami” le chiedo, senza lasciarla andare.
“Non puoi essere così? Sempre? Ti
voglio così, non il bulletto incazzato con il mondo che mi
insulta”
mi dice, con la testa appoggiata contro il mio petto.
“Piacerebbe anche a me, davvero.
Dobbiamo andare, stanno facendo l'appello” le dico,
sciogliendo
l'abbraccio.
“Chi facciamo, andiamo laggiù
insieme? Mentre io piango e mentre la tua felpa è
umida?” mi
chiede, alzando un sopracciglio.
“A me non interessa cosa pensano.
Non più. Ti dà fastidio se si fanno
domande?” le chiedo,
aggiustandomi la felpa. Ha ragione, è umida.
“No. Cioè, sì, ma non è una
cosa grave. Non sono fatti loro, fino a prova contraria” mi
dice,
asciugandosi gli occhi.
“Appunto. Chi se ne frega”
commento, aggirando il pullman per raggiungere la nostra classe.
Walter si gira a guardarci e la sua faccia mi fa venire voglia di
prenderlo a pugni una volta per tutte.
“Barone che cazzo ti guardi” gli
dico, avvicinandomi.
“Bello, stai calmo” mi dice,
cambiando espressione.
“Se hai problemi hai solo da
dirlo, invece di fissare le persone” aggiungo, attaccandolo.
Magari
è la volta buona che se le prende.
“Oh, ma chi cazzo ti ha detto
niente!” grida. Buffone, ha già paura.
“Signori ci sono problemi? Se
qualcosa non va, potete rimanere qui a parlare” ci dice la
professoressa.
“No prof, tutto okay” dice
Walter, dandomi le spalle.
Bravo, meglio così.
Ilaria mi sfiora la schiena con la
punta delle dita, so che vuole che mi calmi. Mi volto per guardarla e
le sorrido.
Ti prego, perdonami.
Finito l'appello, ci fanno salire
sul pullman. Una vera e propria corsa per la sopravvivenza. I ragazzi
di quinta intimidiscono quelli di seconda, convinti di potersi sedere
nei sedili superiori. Saliamo tutti e prendo posto vicino al
finestrino, davanti. Non mi va di stare con gli altri. Ilaria si
siede qualche sedile più indietro.
Dopo il secondo appello partiamo. La
professoressa ci spiega qualcosa al microfono, ma io accendo l'mp3 e
non l'ascolto. Non so come, ma mi addormento per una mezzoretta,
risvegliato dal cellulare che squilla. È mia madre.
“Siete partiti?” mi chiede,
apprensiva.
“Tranquilla, siamo già in
autostrada. Ma' le chiavi della macchina te le ho lasciate
nell'entrata, sopra il termosifone” le dico, già
che ci sono.
“Sì, le ho viste. Tutto bene?”
“Tutto a posto” rispondo.
Un'ora dopo ho già voglia di
mangiare, o almeno di fare qualcosa. Ho sempre odiato i viaggi in
pullman, sono di una noia mortale, se contiamo poi che ci vogliono
più o meno dalle dodici alle quattordici ore, mi verrebbe
voglia di
ammazzarmi.
Dopo due ore di viaggio scendiamo al
primo Autogrill e corro in bagno. Ovviamente c'è la fila.
Appoggiato contro il muro, guardo
Ilaria girovagare nel reparto caramelle. Prende un sacchetto con
delle Haribo a forma di coccodrillo. Quelle caramelle dolcissime e
gommose con la parte bianca morbida sotto. Buone, mi piacevano da
piccolo.
Finalmente riesco ad entrare in
bagno e l'odore mi colpisce come un pugno allo stomaco.
Insopportabile l'odore di pipì.
Cerco di uscire il più in fretta
possibile, giusto in tempo per prendermi un caffé.
Ovviamente c'è la coda anche lì.
“Cosa hai preso?” mi chiede,
arrivandomi alle spalle. Le sorrido.
“Un caffé. Sono da suicidio gli
Autogrill” sono positivo stasera.
“Oh, beh, io ho un cappuccino,
siamo lì” mi dice, appoggiandosi al bancone.
Vorrei
farle mille domande per non far cadere lì il discorso ma mi
sembrano
così stupide che preferisco star zitto.
“Posso sedermi vicino a te?” mi
chiede improvvisamente, voltandosi verso di me.
“Quando?” le chiedo.
“Dopo. Sul pullman” mi risponde,
arrossendo.
“Va bene” le dico, senza pensare
a qualcosa in particolare. Non mi dispiace e questo l'ho capito.
Riusciamo a prendere le nostre
ordinazioni e ci avviamo verso il pullman, pronti per due ore almeno
di viaggio.
Mi siedo al mio posto e Ilaria si
siede accanto a me, imbarazzata. Effettivamente è strano
stare
insieme davanti ad altre persone.
“Tranquillizzati, sei tesa” le
dico, sfiorandole il ginocchio.
“Ma sono tranquilla.
Tranquillissima” dice, cercando qualcosa in borsa.
Tira fuori le caramelle e apre il
pacchetto.
“Guarda che ti fanno venire la
carie ai denti” l'avverto, sorridendo.
“Se ne vuoi una, basta chiedere”
mi dice, porgendomi il sacchetto.
“Non era quello il mio intento, ma
grazie” le dico, prendendo un coccodrillo rosso.
“Non potevi prendere quello verde?
O quello giallo?” mi chiede e sghignazzo.
“Ti offendi per una caramella?”
le chiedo, tirando la coda del coccodrillo per dividerlo.
“Sì” risponde, cercando
attentamente un altro coccodrillo rosso.
***
Presto diventa notte e, dopo una
seconda sosta in Autogrill, chiedono all'autista di poter spegnere le
luci più forti. Nonostante la prof non fosse totalmente
d'accordo,
riusciamo ad avere una luce più soffusa.
Inizio a sbadigliare e mi tolgo le
cuffie dalle orecchie. Non ne posso più di ascoltare musica.
Mi volto verso Ilaria e vedo e
sonnecchia, o almeno sembra. Cambia posizione e vedo che è
scomoda.
“Ila?” la chiamo, a bassa voce.
Spalanca gli occhi e mi guarda.
“Appoggiati se stai più comoda”
dico, serio.
“No, è peggio. Mi viene mal di
schiena. L'unica sarebbe sdraiarsi su due sedili, ma qualcuno
laggiù
ha avuto la stessa idea e non ci sono più posti
liberi” dice,
cercando di mantenere la voce bassa.
“Se non sei così tanto arrabbiata
da odiarmi e se non ti interessa davvero quello che pensano, ti
prendo in braccio” dico, parlandole all'orecchio.
“Poi stai scomodo tu” dice,
scuotendo la testa.
“No, mi cambiano soltanto
cinquanta chili in più” dico sorridendole. Le
professoresse sono
cinque sedili davanti a noi.
Si siede sulle mie gambe ma quando
si accorge di essere troppo in alto si abbassa, rannicchiandosi. Non
posso fare a meno di sghignazzare.
“Non posso, mi vedono!” mi dice,
moderando la voce.
“Allunga le gambe sull'altro
sedile, così ti abbassi” le dico, facendo un cenno
in direzione
del sedile. Ci prova ed effettivamente si ritrova alla mia stessa
altezza, ma con la schiena verso il finestrino.
“Così è pure peggio”
commenta,
guardandosi le scarpe.
“Vieni qui” le dico,
abbracciandola. Appoggia la testa sulla mia spalla e nasconde il viso
contro il mio collo.
“Mi vergogno da morire”
sussurra, piegando le gambe.
“Non devi” le dico, appoggiando
la mia testa contro la sua.
“Buonanotte. E grazie” mi
sussurra piano.
“Buonanotte” le rispondo.
Chiudo gli occhi e mi addormento
piano, con il suo fiato sul collo.
Vi chiedo umilmente scusa! Lo so,
cinque mesi sono tantissimi, ma non ero riuscita a scrivere niente di
niente. Riscrivevo e cancellavo. Così vi ho appena
pubblicato ben 7 pagine e un intero capitolo, sperando di farmi
perdonare. Mi dispiace se il loro comportamento in questo capitolo può sembrare totalmente inadeguato, infatti non doveva essere così, però mi piaceva l'idea di un viaggio in intimità, un fregarsene di tutti e chiedersi solo scusa. In fondo dovrebbe essere un'intera settimana senza Alice e Andrea. Fatemi sapere che ne pensate del loro comportamento, potrei aggiustare tutto nel capitolo 6. Prima di tutto non voglio deludervi! Bene, ora vi saluto e, se
avete un po' di tempo, leggete qualche altra mia storia ^^
Non so dirvi quando riuscirò ad aggiornare di nuovo, ma
spero di avervi dimostrato che la storia non l'ho abbandonata,
tutt'altro!^^
Buona serata
P.S.
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