Why not? di Stateira (/viewuser.php?uid=11251)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Trafalgar Law ***
Capitolo 2: *** Eustass Kidd ***
Capitolo 1 *** Trafalgar Law ***
PREMESSA
A Koorime, che
ogni tanto compie gli anni e mi costringe a fare gli straordinari. Ma ne vale
la pena, anzi vale ogni-fottuto-Berry-del-One-Piece.
Buon compleanno, razza
di sadico pervertito del cazzo.
Would
you choose water over wine....
Hold
the wheel and drive?
Ha un cappello
intollerabile. È la primissima cosa che aveva notato di lui. Il cappello. Una
di quelle cose che ti fottono il cervello, che catturano tutta la tua
attenzione, e mentre lui ti parla con quel suo tono mellifluo e monocorde, tu
stai lì a chiederti dove diavolo avrà scovato un cappello del genere, tutto
fatto di pelliccia e – Santo Roger – a macchie come il pelo di una mucca
che può essere uscita soltanto da un viaggio mentale. E poi ha il coraggio di
lamentarsi dei suoi indumenti intimi, eh? Almeno lui quelli li tiene nascosti.
Comunque, Trafalgar
Law riserva anche degli aspetti pregevoli, un po’ come quelle vecchie monete
che si fanno apprezzare più per le sbeccature che per l’oro.
Per esempio, le
occhiaie.
Uno normalmente
pensa che le occhiaie siano un difetto da far sparire, da nascondere in qualche
modo. Che cazzo, non sono belle da vedere, le occhiaie, ti fanno sembrare
malaticcio anche quando non lo sei, ti danno l’aspetto di uno che non andrà mai
molto lontano nella vita. E le sue non lo sono, infatti, non sono per niente
belle, però quando lui ti guarda dritto negli occhi, si caccia dentro al tuo
sguardo, ti dà la precisa sensazione di essersele procurate stando sveglio per
tutta la vita a fissare te.
Ti lascia senza
scampo.
Oh, non c’è niente
di romantico, in tutto questo, sia chiaro. Se ti ha fissato per tutto il tempo,
è stato solo perché voleva darti la caccia, nient’altro. Voleva arrivare lì,
dove si trova al momento, davanti a te, per poterti tagliare a metà e portarsi
a casa il tuo busto squartato e gocciolante di sangue e di schifo. Ma a
pensarci bene, forse a lui nemmeno piace il sangue, visto come si preoccupa di
non farne scorrere, quando combatte. Preferisce i delitti perfetti, asettici, da
bravo chirurgo.
Kidd ha capito una
cosa, lungo la strada che lo aveva condotto fino a lì; una cosa importante,
secondo lui: che la taglia è proporzionale ai casini che pianti su, non al tuo
valore assoluto. Perciò, si guardava bene dal sottovalutare Trafalgar Law,
nonostante non fosse il secondo, e nemmeno il terzo in classifica. Aveva
sentito un sacco parlare di lui prima di trovarselo di fronte, ma sempre in
termini quasi leggendari, di sentito dire, e l’idea che si era fatto a quel
tempo era che, a prescindere da quel che avesse o non avesse combinato, lui era
semplicemente diverso da tutti gli altri. La sua filosofia di vita, il suo modo
di concepire la pirateria sono sregolati, mancano di una definizione precisa.
Tanto per
cominciare, non ha alcuna moralità.
Che non è da poco,
visto che uno come Drake lo tieni per le palle, con la questione dell’onore. A
Law invece non fotte un bel niente delle più elementari regole della decenza.
Magari fa finta, sì, magari ti fa il muso incazzato per farti credere di avere
un amor proprio: ma vuole soltanto divertirsi un po’, tutto qui. Venderebbe sua
madre senza la minima esitazione, per poter continuare a giocare al gioco che
ha deciso di fare. Si diverte proprio da matti, ma da matti.
E a ben vedere, è
matto. Completamente.
Una cosa Kidd
gliela riconosce, sì: vuole un bene dell’anima ai suoi uomini, anzi
probabilmente la sua ciurma è l’unica forma di consesso umano di cui gli
importi qualcosa. Questo fa di lui un buon capitano, se non altro. Un pazzo a
piede libero, ma un buon capitano, degno del suo rispetto.
E tutto ciò,
guardando solo i suoi occhi? Bah.
È perché il resto
della sua faccia non ha niente che valga la pena di essere notato. A parte il
sorriso sghembo, che non sembra mai sincero, probabilmente perché non lo è. Se
ride di cuore, lo fa per cose di cui nessun altra persona al mondo riderebbe
mai.
Ah già, c’è il
pizzetto. Kidd ha un grosso problema con il pizzetto di Law: lo trova
mortalmente sessuale, ma non lo ammetterebbe mai, nemmeno sotto tortura.
Perciò sorvoliamo su questo punto, che è molto meglio, altrimenti ecco che
partono le fantasie di morderlo, tirarlo, affondarci il naso mentre passa con
la lingua sulla gola e sul pomo d’Adamo.
… Merda.
E va bene, basta
così, la faccia di Trafalgar Law si esaurisce qui, tanto. Ci sarebbero anche le
basette, ma per quelle si riveda il problema del mento, e in generale, che
diavolo ha quell’idiota nel cervello, portare i capelli così corti, a misura
perfetta per passarci le dita, e poi nasconderli sotto alla pelliccia di vacca?
I'm
beginning to find I
should
be the one behind the wheel.
Comunque, qualsiasi
cosa Law faccia, gli dà sempre l’impressione di averla già fatta almeno un
milione di volte. Lui è capace di infondere uno strano automatismo in ogni sua
azione, quel genere di atteggiamento che fa venire in mente la leva militare,
dove ti mettono in testa che ad ogni azione corrisponde una precisa
conseguenza, che se fai questo otterrai quest’altro; poi scendi in prima linea
e capisci che sono tutte stronzate, perché le cose non vanno mai come le
pianifichi, mai. Ma lui sembra una spensierata eccezione alla regola. Come
quella volta che era andato a prendersi Jean Bart, presente? Così, come niente
fosse, come se si trattasse di ritirare un pacco. Niente di più ovvio, niente
di più semplice.
D’altronde, ci sarà
pure una ragione se il suo tono di voce è sempre quello, che stia
chiacchierando del più e del meno o che stia sfidando a duello un Pacifista a
caso. La sua voce è un velluto che esce dalla sua gola ed entra direttamente
nella tua. Te la bevi, come un latte denso, una crema che ti rimane spalmata
appena oltre la lingua, e continua a ricordarti il suo sapore a lungo.
Bastardo.
Sa comunicare con
tutto il suo corpo, per questo non ha mai bisogno di alzare la voce. Sulle dita
della mano sinistra si è tatuato le lettere D E T H, che detta così fa ridere,
ma ti passa la voglia di farlo una volta che te lo trovi davanti. Ecco, è anche
questo che sorprende di lui: vederlo in faccia e sapere con certezza che quello
sa come si fa ad ammazzare la gente è un tutt’uno, un unico, gelido brivido.
Esaltante.
Non è esatto dire
che Kidd lo invidi, per questo aspetto del suo carattere. Lui sta bene a
strillare quando gli va di strillare, a fare le cose in grande, ad arrabbiarsi,
a fare molto, molto rumore. Però, c’è da dire che Law era un’acqua cheta
del cazzo. Si ritorna al punto di prima, insomma, alla taglia che è più un
conto spese per i danni che altro.
Ah sì, i tatuaggi.
I tatuaggi sono parte integrante della sua comunicazione, lo si capisce dopo un
po’ che lo si osserva. I suoi tatuaggi sono una specie di formula magica
inscritta nella sua pelle, qualcosa di ancora più primitivo del sangue che gli
gorgoglia nelle vene. Lo proteggono dal pericolo costante di essere normale,
sono i geroglifici della sua anima, le sue stesse risate che si incarnano.
Oh sì, tutto di lui
ride, potete starne certi. I suoi tatuaggi ridono, i suoi orecchini ridono, la
sua spada ride, il suo pomo d’Adamo ride. Perché Law è stupefacente. Vede
qualcosa di morbosamente bello in ciò che Kidd trova rivoltante, anzi si bea
quasi di far parte di un mondo corrotto e marcio. E, a dargli retta, riesce a
convincerti che anche le situazioni peggiori hanno sempre qualcosa di
costruttivo. O, se non altro, sono divertenti, e divertirsi è il motivo
migliore per cominciare a giocare, e l’unico per continuare la partita. Ne dice
di ogni colore, sui pirati con il muso lungo, che secondo lui dovrebbero
imparare dal vecchio Roger, che è morto con il sorriso sulle labbra, facendosi
baciare il culo da tutti quanti.
Ma il bastardo non
ha nessuna intenzione di crepare, con o senza sorriso. È perfettamente padrone
del suo tempo, quanto lo è dello spazio della sua Room, si muove con una
sicurezza che dev’essere alla base del suo atteggiamento dinoccolato che lo fa
sembrare a prima vista il primo povero stronzo che passa di lì. E invece, porco
cazzo, entrare nella sua Room è come entrare in un fottuto circo dove –
indovina un po’ – il leone è fuori dalla gabbia, e tiene la frusta fra le
fauci. Beh, il suo modo di combattere parla di lui abbastanza da non aver
bisogno di presentazioni. Chiamarlo “Chirurgo della morte” è fin troppo banale.
Solo perché fa a pezzi la gente? Oh, per favore, sa fare molto, molto di
peggio. Fa paura dirlo, ma non fa pensare ad una specie di dio? Un dio in
miniatura di un mondo in miniatura, un dio che quando meno te lo aspetti ti
prende e ti rivolta come più preferisce. Non si riesce a capire quale sia il
limite del suo potere, là dentro: se corrisponde ad un qualche limite morale,
allora beh, siamo tutti fottuti. Come, del resto, siamo tutti fottuti anche
nella grande Room che è il mondo, con il suo bravo burattinaio che tagliuzza,
sposta, rovescia, stravolge. Trafalgar Law questo l’ha capito, e si limita a
metterlo in scena ogni volta che combatte, ecco tutto.
Gli aveva offerto
il suo dito medio in segno di amicizia, quel grandissimo figlio di puttana.
Dio, se ci ripensa gli viene ancora di tutto. Lo aveva gentilmente invitato ad
infilarsi il suo lungo dito tatuato nel culo, e a divertircisi. Senza averlo
mai visto, senza sapere come fosse fatto, come avrebbe potuto reagire, l’aveva
fatto e basta, soltanto, probabilmente, perché si era sentito il suo sguardo
addosso. Dieci minuti dopo, come niente fosse, avevano combattuto fianco a
fianco, ed era andato tutto liscio come l’olio, peggio che conoscersi da una
vita; ma è così che funziona fra i fuorilegge, quelli che hanno un minimo di
cervello, almeno.
… Beh, cazzo, forse
non è proprio così. Essere due fuorilegge braccati dai Marines è una situazione
che ti dà una bella mano a dimenticare le divergenze e i medi alzati,
d’accordo, ma passare da questo a provare la sensazione che soltanto
combattendo con lui hai qualche chance di uscire vivo da quel grosso
macello non è immediato.
Ci era mancato poco
che partissero i Kiss a suonare “Forever” – sempre siano lodati – per chiudere
a dovere il quadro di loro due che si maciullavano i pugni in allegria contro
il corpo di acciaio del Pacifista.
Che, Professor
Vegapunk, poi… Pacifista di che cosa? Cioè, che cosa di preciso dovrebbero
pacificare, questi tritacarne colossali?
Di sicuro, non
Trafalgar Law.
E non
lui.
Whatever
tomorrow brings I'll be there
with
open arms and open eyes.
Trafalgar Law è, in
fin dei conti, il gemello cattivo che gli sorride con finta innocenza dalla
parte storta dello specchio.
Perché non dovrebbe
piacergli?
ANGOLINO!
Allora.
La prossima parte sarà speculare a questa, e non fatevi illusioni, perché assieme
a Room e a Kiss fa tutto brodo per ciò che verrà. Anzi, mi azzardo ad
anticipare che con queste tre fic ho già messo in tavola le carte che intendo
giocarmi. Ah, vi anticipo. Il titolo sarà tremendo. Koorime lo sa
e sta cercando in ogni modo di farmi cambiare idea.
Informazione
di servizio per tutti quelli che seguono “Novela”.
Siccome avevo urgenza di pubblicare questa storia qui, dato che è per una
ricorrenza, ho preferito posticipare di uno o due giorni la pubblicazione
dell’ultimo capitolo, quindi niente paura, che domani arriverà.
*EDIT*
scusate, ho dimenticato i credits per il testo della canzone citata! È “Drive”
degli Incubus.
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Capitolo 2 *** Eustass Kidd ***
If I could fly
If I could fly
Like the king of the sky…
Eustass Kidd
dà l’idea di essere uno brutto, sporco e cattivo.
Niente di più
sbagliato, a parte per l’ultima, forse. Può sembrare brutto alla prima
occhiata, ma già alla seconda la sua faccia diventa impossibile da dimenticare.
Non sono solo le sue mani ad essere magnetiche, questo è sicuro. È capace di
sorridere in modo totalmente sanguinario e orgasmico, arrivando ben più in alto
degli occhi, come una grossa lince.
Poi, non è
sporco, è solo molto, molto truccato. Non c’è niente da fare, senza rossetto
non mette il suo grazioso nasino fuori dalla cabina, come ogni buona signorina
rispettabile. Per quel che ne sa lui, il trucco da guerra è sempre stato in uso
durante tutta la storia dell’uomo, ma Eustass non ha un modo da truccarsi che
si possa definire “da guerra”. C’è qualcosa di profondamente estetico nel suo
uniformare con meticolosità l’incarnato del viso, nel suo stendere sulle labbra
un rossetto denso e scuro, nel marcare gli occhi con del nero. Anche questo lo
rende bello in modo grottesco ed irresistibile, il suo amore per una cosa così
femminile come il trucco che impatta con la sua faccia irrimediabilmente
spigolosa e sgraziata, e riesce in qualche modo a compiere il miracolo
alchemico. Ma forse l’effetto è dovuto a quella pelliccia putrida che si ostina
a portare. Ha le sue buone ragioni, e lui le conosce, e non perde occasione per
riderci un po’ su.
Per quanto
riguarda il cattivo, la questione potrebbe diventare lunga. Innanzitutto, è
necessario chiarire che cosa si intenda per “cattivo”. Se cattivo è un
personaggio che se ne va in giro a far saltare in aria case e scuole,
portandosi dietro uno che si è guadagnato il soprannome di “Massacratore”,
allora sì, effettivamente Kidd è un po’ cattivello. Per quanto lo riguarda,
cattivo è chi non ha uno scopo, chi non ha idee da difendere, chi non ha
passioni che gli animino gli occhi e guidino il suo braccio. A volte per i
sogni bisogna morire, ma altre volte bisogna uccidere, e chissà perché i primi
diventano martiri, i secondi assassini. In questo senso, lui riesce ad essere
l’eroe del suo tempo che aspira tanto ad incarnare. Più o meno.
Eustass è
suo.
Quel
santoroger di culo da infarto che si ritrova è suo. Gli occhiacci da arpia, i
suoi denti affilati, le unghie laccate, i suoi capelli incasinati e rossi come
una bella mela matura, tutto, tutto quanto di lui è suo. E più sgomita, più non
si rende conto che vorrebbe farlo prigioniero solo per il gusto di vederlo
dimenarsi e ruggire in una gabbia. Kidd gli mette in corpo una brama di
possesso che lo scuote fino a fargli quasi perdere la calma. Quasi. Di solito,
riesce a fare in modo che il primo a perderla sia lui. Perché Eustass è una
specie di miccia tesa in pieno deserto, che prende fuoco per un nonnulla, e poi
riuscire a spegnerla è un’impresa. Si incendia per le cose più disparate, di
solito con la complicità di un bicchiere di troppo, o di meno; si può arrivare
a litigare con lui anche su cose del tutto inutili, cose su cui magari si è
d’accordo, perché basta un nonnulla perché si senta provocato e cominci a
scoprire i denti e ad abbaiare. Ma il meglio di sé lo dà quando ci si butta
sulle ideologie, quando lo si stuzzica circa le questioni grosse, quelle che
vanno con la maiuscola, quando gli si chiede di giustificare le sue
efferatezze.
È che lui ci
crede così tanto, in quel che fa, che non si può proprio evitare di divertirsi
un po’ a saggiare i confini instabili e pericolosi del suo cinismo. Cercare di parlare
con lui di un qualche argomento impegnato è in assoluto il modo più divertente
di perdere una scommessa. Si può tentare quanto si vuole, ma non c’è modo di
entrare nella sua testa. Non la si apre, neanche cercando di fracassargliela su
una roccia come una noce di cocco, ma in compenso basta avvicinarsi un po’ a
lui per sentire i ronzii, i battiti, le melodie delle idee che la abitano, ed
essere un po’ partecipi della grandiosità di ciò che riesce a concepire.
Eustass, a
modo suo, è un filosofo.
Ha davvero un
suo qualche diavolo di codice etico. Secondo cui donne e bambini non meritano
di vivere tanto quanto gli uomini, gli innocenti quanto i colpevoli, i
derelitti quanto gli infami, i gatti quanto i topi. È un codice molto
democratico, il suo, ecco tutto.
Come ogni
filosofo, si prende un sacco sul serio, il buon Eustass. Si crede il cancro che
mangerà dall’interno il tessuto vecchio e soffocato di adipe putrefatto di
questa società. Ma non ce la farà, perché tutto imploderà prima che lui abbia
il tempo di fare alcunché di realmente memorabile, e chissà se saprà mai
farsene una ragione. Il mondo ti sciupa, ti scaraventa sulle prime pagine dei
giornali solo perché poi la tua fotografia possa essere ripiegata e usata per
tenere fermi i tavolini traballanti di qualche vecchio ufficio di falliti. Questo
vale per tutti, militari e pirati.
I militari e
i pirati sono così uguali. La legge e l’illegalità sono così uguali, perché
sono sempre uguali a sé stesse. I militari obbediscono agli ordini dall’alba
dei tempi, dall’alba dei tempi svolgono sempre le stesse azioni, hanno sempre
la stessa funzione, si comportano sempre nello stesso modo. E per i pirati vale
lo stesso, sottostanno ad una sorta di istinto primordiale che li spinge, quasi
li costringe ad essere agli antipodi della legge. Kidd va su tutte le furie
quando si sente paragonato agli altri, ma deve far pace con l’idea di non aver
inventato niente di nuovo, di essere ancora uno fra i tanti. Anche se
difficilmente ce la farà. Perché o ti chiami Gol. D. Roger o niente. E invece
lui si chiama Eustass Kidd, e aspira a nient’altro, in fin dei conti, che ad
entrare nelle favole per bambini, quelle che a suo tempo hanno spinto lui a
salpare.
Sicuramente,
si farà ammazzare prima di lui, perché non sa aspettare, e nemmeno pianificare
un’azione con la dose di razionalità che servirebbe. Oppure gli sopravvivrà,
perché il suo modo di fare da vichingo lo rende mille volte più versatile di
quanto non sia lui.
If I could fly
See the world through my eyes…
Il metallo.
Oh, tutto di
lui è metallo. Il fatto che il suo potere consista, tecnicamente, nel creare un
campo magnetico tale da attirarlo è solo un trascurabile dettaglio. Uno che ha
l’anima di metallo come lui resiste a tutto, affronta l’inferno pronto a
sciogliersi e poi ricomporsi, non ha paura di nulla, non ha paura soprattutto
quando dovrebbe averne. Ah sì, ha anche un maledetto orgoglio di ferro,
qualcuno ci ha fatto caso? La sua voce imponente, le sue erre grattate sul
palato, è tutto un coacervo di pezzi di metallo buttati alla rinfusa in una
discarica di rhum, sogni e parolacce. Ecco, sì, gli piace il rhum. Gli piace
che il suo alito sappia di rhum a tutte le ore, e siccome lo ama così tanto
riesce a fare in modo che non sia per niente sciatto, anzi. Il rhum nella sua
bocca ha l’effetto che avrebbe una goccia di assenzio sulla lingua di una
bellissima donna in abito rosso.
Ma, tornando
al metallo, si va inevitabilmente a finire sulla musica. Ve l’aspettavate, eh,
una parentesi sulla questione? Ebbene, ha i suoi gusti musicali, perché
dopotutto è un ragazzo estroso, e per mare a volte ci si annoia da impazzire;
ma ci dovrebbe essere un limite a tutto, che diavolo; e invece no, lui e i suoi
Kiss, se potesse se li farebbe tutti e quattro. E la cosa lo infastidisce un
pochino, a volte. Non è banale gelosia, essere geloso di quattro pagliacci
truccati da Drag Queen sarebbe offensivo della sua intelligenza: è invidia, la
sua, per una passione così viscerale ed intensa, nel suo essere insensata. È la
manifestazione più folkloristica della predisposizione naturale di Kidd
all’eccesso, che contagia inevitabilmente anche chi gli sta attorno,
riempiendoli di un’inspiegabile smania di fare, di dire, di urlare, di essere
liberi, che è propria della filosofia del criminale.
I suoi sono
un esempio eloquente. Lui e la sua ciurma sembrano un branco di debosciati
reduci da una vacanza troppo lunga in qualcuna di quelle isole un po’ ambigue,
brulicanti di ideali e di prostituzione, dove tutto si fa e poco si dice. Kidd,
nella fattispecie, fa la parte di quello che ha provato tutto ciò che di
illegale ha da offrirgli la vita. Però, funzionano bene, lo deve ammettere: i
suoi hanno cieca fiducia in lui, e si permettono persino di darsi pensiero per
lui, segno questo che sono consapevoli che il loro capitano ha bisogno di loro.
Piuttosto ovvio, basta guardarlo in faccia, Kidd, per capire che ha un bisogno
disperato di qualche essere umano che lo gestisca.
Killer è
deputato a questo ruolo. Anzi, ci si è votato. Osservandoli, Law si è fatto
l’idea che debbano essere amici d’infanzia. Oppure che Killer gli debba un
grosso, grosso favore. Tipo la vita, cose del genere. Sembra la sua balia, o
peggio ancora l’amichetta del cuore, o – no, ok, ok, è solo che è geloso marcio
di Killer perché forse, forse, conosce dei lati di Kidd che a lui sono
ancora oscuri, e questo lo manda in bestia.
Ha seguito le
sue avventure fin dalle prime volte in cui il suo nome aveva cominciato ad
apparire sui giornali. Con un certo orgoglio, può affermare di averlo visto
conquistarsi prima qualche sparuto trafiletto nella cronaca locale, poi degli
articoli un po’ più seri, diciamo in terza o quarta pagina, fino a scalare la
vetta dei titoli di testa, quelli sontuosi, a caratteri cubitali. Chissà come
deve aver gongolato a leggere gli editoriali che proclamavano, indignati, che
tutta questa violenza da parte sua non è umana.
Ah no?
No, non si
stancherà mai di Kidd. Di guardare Kidd, di regalarsi lunghi momenti di
assoluta contemplazione silenziosa mentre lui parla, proclama, fa, mette in
atto, invoca il mare perché gli sia testimone. Perché Kidd è metallo, ma è
anche mare, ed è fuoco, e un sacco di altre cose che lottano e si mangiano l’un
l’altra. Il risultato è qualcosa di totalmente irragionevole, ma coerente, reale,
quasi sentimentale. Per lui Law prova un rispetto riservato a pochi, quelli che
hanno l’aristocrazia dentro all’anima e che ti permettono di giocare con loro,
perché, fondamentalmente, conoscono i propri difetti meglio di qualsiasi altro
osservatore, e invece che viverli male, o invece che trasformarli in pregi, ne
hanno fatto dei vessilli da sventolare assieme al Jolly Roger in mare aperto, mentre
si spingono ancora un po’ più in là dei confini concessi. È così che si entra nella
leggenda, oppure si muore senza fama e senza gloria.
Eustass è fatto
così, e se si prova a fermarlo, beh…
I could ravage my jail
If I could fly
Eustass Kidd è,
in fin dei conti, il gemello appassionato che non si vergogna abbastanza dei
suoi sogni per nasconderseli sotto al cappello.
Perché non dovrebbe
piacergli?
ANGOLINO!
Ed ecco la
seconda parte di questo dolce, adorabile, tenero dittico. Awn, quanto si amano,
non trovate? Grondano puccioseria, davvero. Beh, se Kidd era sboccato e molto
estremo, nei suoi giudizi, Law ha un tono più pacato, ma non è che ci vada
tanto per il sottile. Ecco, il gioco di incastri a cui volevo arrivare era
questo, una doppia spirale, in cui loro due si descrivono a vicenda, ma poi è
la descrizione dell’altro, associata al tono della propria, a completare il
quadro.
Mi sono
spiegata?
No, vero?
çOç
*se ne
vah*
Stavolta
non mi dimentico i credits, oh! La canzone citata è “If I Could Fly” degli
Helloween.
Lillajada: mi fa piacere che tu
sia d’accordo. In effetti alcune riflessioni sono molto lanciate, ma del resto
è Kidd, la sua testa funziona un po’ come vuole. U_U
Red
Queen:
Gh, in effetti non l’avevo detto perché sarebbe stata una sorpresina di
compleanno. *con fare magheggione*. Ecco il seguito, con ulteriori citazioni
dotte – più o meno – spero che ti piaccia anche questo!
Kymyit: XD se usassi termini
educati credo che Kidd si offenderebbe molto. Sono contenta che ti piaccia!
*O*. guarda, sul cappello d Law io cerco di fare meno pensieri possibili, onde
evitare spaventosi viaggi mentali. Ma temo che non ci sia scampo!
Koorime: Ha. U_U Le citazioni
dotte sono sempre le benvenute. Le recensioni onomatopeiche anche. Un Gah è per
sempre, come i diamanti. Oh no, certo che li amiamo, e loro si amano, ed è
tutto un tripudio di amore, e… ok, no, non esattamente. Ma il pizzetto e le
basette non c’entrano niente, no no. Oh no, smettila di insinuare abilità
poetiche di Law, mi vuoi uccidere?
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