Sogno di una notte senza stelle,
Dove la Luna ingannava l’oscurità.
Parlo della luce che illuminava la pelle
Di quella creatura che per sempre dormirà.
E scendevano lacrime sui quei volti affranti
Di nere figure silenziose e spente
Ma nulla sarebbero serviti quegli sconsolati pianti
Su chi oramai nessun rumore sente
Rinchiusa che fu la morta figura
Nella sua dimora per l’eterno futuro
Lamenti scoppiarono per quella bellezza pura
Separata del mondo da un insormontabile muro
E la notte divenne un luminoso giorno
E le campane suonavano a festa
Quasi a farsi beffa di quella partenza senza ritorno,
Di quell’addio dopo il quale nulla resta
Ma nel castello il sole era grigia nebbia,
Le campane erano la musica di un eterno funerale,
Le risate erano furiosi urli di rabbia
E petali di rose taglienti lame di un pugnale.
E i giorni passarono fino a che una promessa
Del lontano passato fu mantenuta
Di chi per anni aspettò la principessa
Che ora nelle tenebre era perduta
Entrò nel paese sul suo fiero destriero,
Nel suo fascino di oscuro viaggiatore,
Spronò il suo cavallo al galoppo verso il maniero
Ancora ignaro del futuro suo dolore.
Oltrepassò il cancello di ciò che era stato
Il suo più grande sogno di quand’era lontano.
Ma ciò che per tanto aveva desiderato
Gli ricordavano bruciate spighe di grano.
Spogliato era il cancello del suo oro iniziale
E rimaneva solo nel ricordo di pochi stolti.
Ed il maestoso giardino reale
Pareva un cimitero di alberi morti.
Percorse l’oscuro tortuoso sentiero
Che portava all’ingresso della fortezza
Ma giunto lì pensò lo straniero
Che nulla rimaneva dell’antica bellezza.
Entrò nel castello ed attese
Nella sala dove dal buio tutto era velato
Ma dopo poco egli comprese
Che nessuno in sua accoglienza sarebbe arrivato
Raccolse il coraggio per cui era noto
E lentamente i primi passi mosse
In quel castello dove tutto era vuoto
Non sapendo il motivo per cui così fosse.
Percorse le infinite lugubri stanze
Ora con pesanti velluti neri coperte
Ripensò a quando li si tenevano le danze
Ma in cui ora si facevano solo terribili scoperte.
Era quindi in lutto l’imponente maniero
Un lutto più profondo di qualsiasi altro
E si trovò a gelare l’impavido straniero
Che più non riusciva ad essere scaltro.
Arrivò infine in una camera dimenticata
Dove ancora più scure erano l’oscurità
E sul tappeto di fronte al letto stava adagiata
Una nera figura che gli fece pietà.
Era quella la camera della fanciulla
Così a lungo amata e desiderata
E la stavan le braccia che le furon culla
Presa in un pianto sul tappeto sdraiata.
“Il tempo è passato forse troppo crudele
E la speme mia sta ormai svanendo
Desolata e stanca come al vento le vele
In un viaggio che ancor non sta finendo”
Pronunciate queste parole la madre si voltò
E vide il cavaliere dalla figlia tanto amato
Le parole giuste per parlargli ella cercò
E le ritornò in mente il ricordo non ancora dimenticato
“Come una spada in petto mi duolon le parole
Per descriver la disgrazia della nostra storia
Che dalla nostra vita ha cancellato il sole
E di cui sempre noi tutti avremo memoria
Era giovane come un fiore appena sbocciato
Felice come se nulla al mondo fosse malvagio
Bella come un cielo estivo stellato
Eppur la Nera Dama l’ha portata via adagio
La trovammo un giorno la nel suo letto
Chiedendo aiuto dicendo che stava male
E forti dolori accusava al suo petto
E si scoprì che eran sintomi di una malattia mortale
Per sette mesi stetti al suo capezzale
Cercando nei suoi spenti occhi un segno di vita
Ma una notte capii che col suo male
Alla fine di tutto, senza una parola, era partita
Spenta e morta, per sempre”
E così le paure dell’eroe glorioso
Diventarono la pura verità
E si sentì in trappola su un burrone scoglioso
Dove l’unica salvezza è l’aldilà
Senza riuscire a dir parola alla dama
Si voltò è fuggì per i corridoi in lutto
Corse finché il vento tagliava come una lama
La sua pelle, e a cavallo raggiunse il paese di sotto
La gente si spostava per farlo passare
Maledicendolo per la sua poca attenzione
Ma nulla lui sentiva se non lo scalpitare
Degli zoccoli del bianco cavallo in azione
Arrivò in piazza e ne vide la chiesa
E oramai perso dalla sua follia
Ci entrò a cavallo con la mano tesa
Verso l’altare e la croce dell’anima pia
“Perché?Perché un simile tradimento?
Non sei tu quello che tutto può vedere?
Allora forse non guardavi in quel momento
Quando uno dei tuoi angeli s’apprestava a cadere?
Non hai forse sentito le nostre parole
Mentre dicevamo al ritorno insieme per sempre?
Non hai visto che me le son scritte nel cuore
Che dopo tanti orrori più di nulla or si riempie?
Ho visto assassini ridere contenti
Con le loro vittime piangenti ai piedi
O visto tiranni annientare innocenti
E ora dimmi,neppure quello tu vedi?
Tre anni fa pensavo che oggi
Su questo altare mi sarei sposato
Ma ora danno il tuo nome e quello dei saggi
Che per mille anni ti hanno appoggiato!”
Sotto lo sguardo sbigottito dei fedeli
Che in silenzio ascoltavan la messa
Egli sputò sulla croce dai contorni neri
Maledicendo Dio e la religione stessa
Tornò nella piazza guardando nel cielo
Dove spesso aveva trovato conforto
E scoprì che ora era diventato nero
E si sentì nuovo, più forse, come risorto
Si rese conto in fretta, però, del suo errore
Che da troppa fretta era stato animato
E si ricordò dei roghi per i nemici del Signore
E temette di poter ora essere li bruciato.
Il dannato fuggì più lontano che mai
Sperando che il villaggio lo avrebbe dimenticato
Arrivò a una radura dove tu non sai
E fece al cavallo prendere fiato
E la notte arrivò fredda e scura
Quasi una punizione per il cavaliere
Ma egli non provò per nulla paura
Perché mai era stato abituato a temere
Fu svegliato ore dopo da una strana risata
Si destò pensando alle guardie del re
Ma non capiva da dove la risata fosse nata
Per il troppo buio, ecco perché.
“Vi guardate intorno tutto spaventato
Di cosa temete, mio nero signore?
Vi state pentendo del vostro peccato
Bramate il perdono del Altissimo Cuore?”
Queste parole furono dette da uno sconosciuto
Che rise a lungo dopo averle pronunciate
E il cavaliere rimase semplicemente muto
Di muoversi e parlare veramente incapace
“Non parlate di nulla, mio caro dannato?
Non volete un aiuto da chi può?
Non vorreste il ritorno di chi vi ha amato
O la vendetta, che altro? Non so!”
“Chi siete? Perché vi nascondete?
Mi avete visto oggi?Mi state minacciando?
Per il silenzio una somma volete?
Badate che il silenzio ve lo posso procurare non solo pagando…”
“Oh, che permaloso il nostro peccatore
Non voglio soldi, ricchezze , non scherzare
No, vi voglio servire, in cambio di un favore
Perché io vi vedo diverso e vi voglio aiutare”
“Che genere di aiuto vorreste darmi?
Io sono perduto, senza anima ne amore
Non so proprio che cosa potreste farmi
Per togliermi dal petto questo grande dolore”
“Io vi posso ridare quello che avete perduto,
E anche cancellare la memoria di chi oggi ha dannato
Il vostro gesto oggi.Cosa fate li seduto?
Ditemi qualcosa, che cosa posso fare per il mio caro amico amato?”
“Davvero potete darmi tutto ciò che desidero?
Ditemi prima il vostro nome, scaltro messere
Già che non vi vedo in tutto questo nero
Ch’io non vi temo, perché sono un cavaliere”
Allora l’oscurità si fece rosso fuoco
Tutto bruciava intorno a quei due
E l’interlocutore pareva normale, poco
In confronto alle fantasie che il nostro eroe aveva fatto sue
“Io sono il nome che nessuno osa pronunciare
Rinchiuso in casa sua, al sicuro come la lepre nella sua tana
Sono il nome di chi solo ti può salvare
Mi presento, sono io,il temuto Satana”
Per un attimo rimase l’eroe paralizzato
Come poteva egli esser li, li di fronte
Era così lui già così perdutamente dannato
Da poter intingere la sua anima nella dissacrata fonte?
Vacillò il nostro eroe però ad un pensiero
Il Diavolo aveva detto che gli avrebbe ridato
La sua principessa, sua promessa, del maniero
Che Dio così presto gli aveva rubato
“Davvero potreste ridar vita alla gente morta
Che nell’abisso delle tenebre è caduta?
Davvero mi ridareste Selena risorta
Dal fiume di morte in cui è perduta?”
“Si, amico mio, se me lo comandate
Ma solo una cosa voglio in cambio da voi
La vendita di ciò che più caro avete
Persino più della vostra amata e nient’altro poi”
E nel dire ciò gli tese un foglio
Che portava scritta l’amara sentenza
Così mortale come un nero scoglio
Così piacevole come una speranza
“I vostri occhi guardano con avidità l’oscuro contratto
Cosa aspettate, impavido straniero?
Basta una firma col sangue, un piccolo taglietto
E riavrete così la dama del maniero”
“Voglio anche che perdano il ricordo
Coloro che hanno visto la mia eresia.
Voglio che il modo diventi sordo
E che non badi a me e all’anima mia”
E preso un pugnale sulla mano si tagliò
Intinse la penna nel suo sangue nero
E sulla linea giusta il suo nome segnò
Così perse il diritto di essere un uomo vero
“Domani mattina al castello riavrete
La dolce dama da tanto sognata
E quindi voi la riabbraccerete
Ma attento perché questa promessa non sarà dimenticata
E quando più lo riterrò opportuno
Riscuoterò ciò che mio è di diritto
E non ti stupirai in modo alcuno
Perché come vedi qui tutto è scritto”
Detto questo il Diavolo sparì
E il Faust non poté che dormire
Sognando il ritorno di chi morì
E che il giorno dopo sarebbe andato a scoprire
La notte divenne presto alba
E il cavaliere montò a cavallo
Immaginò la sua amata salva
Al sicuro tra le mura del suo castello
Tutto, per ora, era come promesso
Per le strada passava senza destare attenzione
Nemmeno lo guardavano adesso
Figuriamoci ricordarlo per la sua maledizione!
Quando ripercorse la strada fatta il giorno anteriore
Vide che il cancello era nuovamente d’oro colato
E gli si cancellò dal cuore ogni suo timore
Che il Diavolo la sua promessa non avesse mantenuto.
Anche il giardino era fiorito
E allegro della fanciulla che prima moriva
Era quindi tutto quanto finito
E ora lui avrebbe visto la sua amata viva
Era infatti li la giovincella
In una bella veste bianca
Non pallida, ma molto bella
Così bella da parere una santa.
Sorrise ella e corse in contro al suo amato
Che l’abbracciò e la strinse forte al petto
“Siete dunque in fine da me ritornato
rimanendo di parola al nostro patto!”
“Si, mia cara, perché la mia promessa è la stessa
Possiamo sposarci e per sempre rimanere insieme
Ma voi come state mia bella principessa
Perché il mio cuore per la vostra salute teme”
“Mi sento strana, in effetti, ma comunque bene
Come dopo un lungo sonno intorpidita
Come rinata dopo tante pene
Ma ora ditemi di voi, mentre facciamo per il parco una gita”
E nel parco camminaron fino all’imbrunire
E cenarono insieme alla luce di un lume
Dopo di che andarono a dormire
E la principessa provò per l’indomani il suo costume
La notte passò per il principe non agitata
Come la notte prima da tormenti
Ma sognò la sua bellezza fatata
Con lui li mentre gli altri erano dormienti.
Le nozze il giorno dopo furono maestose
Di quelle che per sempre di faranno sognare
Di sicuro elle era la più bella di tutte le spose
Nel suo vestito di seta bianco vicino all’altare
E passarono i tempi sui due innamorati
Tanto da fare al neo principe dimenticare
I patti che erano stati una buia notte dati
Perché quella sua felicità nulla poteva annientare.
Nulla in questo mondo di anime perdute.
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