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Autore: BlackLuna    16/03/2010    0 recensioni
Medioevo, un cavaliere, di ritorno dopo lunghi anni di assenza, trova il castello in cui si trova la sua amata in uno stato di decandenza più totale. Il perchè è presto detto, la principessa è morta durante la sua assenza e la Corte si è disfatta, sotto il peso di un dolore che sembra non voler mai passare. Lo stesso cavaliere sarà prima distrutto dalla notizia, poi accecato dalla rabbia. Solo una voce nella notte sembra potergli restituire ciò che gli è stato rubato..ma chi è?
Genere: Romantico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sogno di una notte senza stelle,

Dove la Luna ingannava l’oscurità.

Parlo della luce che illuminava la pelle

Di quella creatura che per sempre dormirà.

 

E scendevano lacrime sui quei volti affranti

Di nere figure silenziose e spente

Ma nulla sarebbero serviti quegli sconsolati pianti

Su chi oramai nessun rumore sente

 

Rinchiusa che fu la morta figura

Nella sua dimora per l’eterno futuro

Lamenti scoppiarono per quella bellezza pura

Separata del mondo da un insormontabile muro

 

E la notte divenne un luminoso giorno

E le campane suonavano a  festa

Quasi a farsi beffa di quella partenza senza ritorno,

Di quell’addio dopo il quale nulla resta

 

Ma nel castello il sole era grigia nebbia,

Le campane erano la musica di un eterno funerale,

Le risate erano furiosi urli di rabbia

E petali di rose taglienti lame di un pugnale.

 

E i giorni passarono fino a che una promessa

Del lontano passato fu mantenuta

Di chi per anni aspettò la principessa

Che ora nelle tenebre era perduta

 

Entrò nel paese sul suo fiero destriero,

Nel suo fascino di oscuro viaggiatore,

Spronò il suo cavallo al galoppo verso il maniero

Ancora ignaro del futuro suo dolore.

 

Oltrepassò il cancello di ciò che era stato

Il suo più grande sogno di quand’era lontano.

Ma ciò che per tanto aveva desiderato

Gli ricordavano bruciate spighe di grano.

 

Spogliato era il cancello del suo oro iniziale

E rimaneva solo nel ricordo di pochi stolti.

Ed il maestoso giardino reale

Pareva un cimitero di alberi morti.

 

Percorse l’oscuro tortuoso sentiero

Che portava all’ingresso della fortezza

Ma giunto lì pensò lo straniero

Che nulla rimaneva dell’antica bellezza.

 

 

Entrò nel castello ed attese

Nella sala dove dal buio tutto era velato

Ma dopo poco egli comprese

Che nessuno in sua accoglienza sarebbe arrivato

 

Raccolse il coraggio per cui era noto

E  lentamente i primi passi mosse

In quel castello dove tutto era vuoto

Non sapendo il motivo per cui così fosse.

 

Percorse le infinite lugubri stanze

Ora con pesanti velluti neri coperte

Ripensò a quando li si tenevano le danze

Ma in cui ora si facevano solo terribili scoperte.

 

Era quindi in lutto l’imponente maniero

Un lutto più profondo di qualsiasi altro

E si trovò a gelare l’impavido straniero

Che più non riusciva ad essere scaltro.

 

Arrivò infine in una camera dimenticata

Dove ancora più scure erano l’oscurità

E sul tappeto di fronte al letto stava adagiata

Una nera figura che gli fece pietà.

 

Era quella la camera della fanciulla

Così a lungo amata e desiderata

E la stavan le braccia che le furon culla

Presa in un pianto sul tappeto sdraiata.

 

“Il tempo è passato forse troppo crudele

E la speme mia sta ormai svanendo

Desolata e stanca come al vento le vele

In un viaggio che ancor non sta finendo”

 

Pronunciate queste parole la madre si voltò

E vide il cavaliere dalla figlia tanto amato

Le parole giuste per parlargli ella cercò

E le ritornò in mente il ricordo non ancora dimenticato

 

“Come una spada in petto mi duolon le parole

Per descriver la disgrazia della nostra storia

Che dalla nostra vita ha cancellato il sole

E di cui sempre noi tutti avremo memoria

 

Era giovane come un fiore appena sbocciato

Felice come se nulla al mondo fosse malvagio

Bella come un cielo estivo stellato

Eppur la Nera Dama l’ha portata via adagio

 

 

 

La trovammo un giorno la nel suo letto

Chiedendo aiuto dicendo che stava male

E forti dolori accusava al suo petto

E si scoprì che eran sintomi di una malattia mortale

 

Per sette mesi stetti al suo capezzale

Cercando nei suoi spenti occhi un segno di vita

Ma una notte capii che col suo male

Alla fine di tutto, senza una parola, era partita

 

Spenta e morta, per sempre”

 

E così le paure dell’eroe glorioso

Diventarono la pura verità

E si sentì in trappola su un burrone scoglioso

Dove l’unica salvezza è l’aldilà

 

Senza riuscire a dir parola alla dama

Si voltò è fuggì per i corridoi in lutto

Corse finché il vento tagliava come una lama

La sua pelle, e a cavallo raggiunse il paese di sotto

 

La gente si spostava per farlo passare

Maledicendolo per la sua poca attenzione

Ma nulla lui sentiva se non lo scalpitare

Degli zoccoli del bianco cavallo in azione

 

Arrivò in piazza e ne vide la chiesa

E oramai perso dalla sua follia

Ci entrò a cavallo con la mano tesa

Verso l’altare e la croce dell’anima pia

 

“Perché?Perché un simile tradimento?

Non sei tu quello che tutto può vedere?

Allora forse non guardavi in quel momento

Quando uno dei tuoi angeli s’apprestava a cadere?

 

Non hai forse sentito le nostre parole

Mentre dicevamo al ritorno insieme per sempre?

Non hai visto che me le son scritte nel cuore

Che dopo tanti orrori più di nulla or si riempie?

 

Ho visto assassini ridere contenti

Con le loro vittime piangenti ai piedi

O visto tiranni annientare innocenti

 E ora dimmi,neppure quello tu vedi?

 

Tre anni fa pensavo che oggi

Su questo altare mi sarei sposato

Ma ora danno il tuo nome e quello dei saggi

Che per mille anni ti hanno appoggiato!”

 

Sotto lo sguardo sbigottito dei fedeli

Che in silenzio ascoltavan la messa

Egli sputò sulla croce dai contorni neri

Maledicendo Dio e la religione stessa

 

Tornò nella piazza guardando nel cielo

Dove spesso aveva trovato conforto

E scoprì che ora era diventato nero

E si sentì nuovo, più forse, come risorto

 

Si rese conto in fretta, però, del suo errore

Che da troppa fretta era stato animato

E si ricordò dei roghi per i nemici del Signore

E temette di poter ora essere li bruciato.

 

Il dannato fuggì più lontano che mai

Sperando che il villaggio lo avrebbe dimenticato

Arrivò a una radura dove tu non sai

E fece al cavallo prendere fiato

 

E la notte arrivò fredda e scura

Quasi una punizione per il cavaliere

Ma egli non provò per nulla paura

Perché mai era stato abituato a temere

 

Fu svegliato ore dopo da una strana risata

Si destò pensando alle guardie del re

Ma non capiva da dove la risata fosse nata

Per il troppo buio, ecco perché.

 

“Vi guardate intorno tutto spaventato

Di cosa temete, mio nero signore?

Vi state pentendo del vostro peccato

Bramate il perdono del Altissimo Cuore?”

 

Queste parole furono dette da uno sconosciuto

Che rise a lungo dopo averle pronunciate

E il cavaliere rimase semplicemente muto

Di muoversi e parlare veramente incapace

 

Non parlate di nulla, mio caro dannato?

Non volete un aiuto da chi può?

Non vorreste il ritorno di chi vi ha amato

O la vendetta, che altro? Non so!”

 

“Chi siete? Perché vi nascondete?

Mi avete visto oggi?Mi state minacciando?

Per il silenzio una somma volete?

Badate che il silenzio ve lo posso procurare non solo pagando…”

 

“Oh, che permaloso il nostro peccatore

Non voglio soldi, ricchezze , non scherzare

No, vi voglio servire, in cambio di un favore

Perché io vi vedo diverso e vi voglio aiutare”

 

“Che genere di aiuto vorreste darmi?

Io sono perduto, senza anima ne amore

Non so proprio che cosa potreste farmi

Per togliermi dal petto questo grande dolore”

 

“Io vi posso ridare quello che avete perduto,

E anche cancellare la memoria di chi oggi ha dannato

Il vostro gesto oggi.Cosa fate li seduto?

Ditemi qualcosa, che cosa posso fare per il mio caro amico amato?”

 

“Davvero potete darmi tutto ciò che desidero?

Ditemi prima il vostro nome, scaltro messere

Già che non vi vedo in tutto questo nero

Ch’io non vi temo, perché sono un cavaliere”

 

Allora l’oscurità si fece rosso fuoco

Tutto bruciava intorno a quei due

E l’interlocutore pareva normale, poco

In confronto alle fantasie che il nostro eroe aveva fatto sue

 

“Io sono il nome che nessuno osa pronunciare

Rinchiuso in casa sua, al sicuro come la lepre nella sua tana

Sono il nome di chi solo ti può salvare

Mi presento, sono io,il temuto Satana”

 

Per un attimo rimase l’eroe paralizzato

Come poteva egli esser li, li di fronte

Era così lui già così perdutamente dannato

Da poter intingere la sua anima nella dissacrata fonte?

 

Vacillò il nostro eroe però ad un pensiero

Il Diavolo aveva detto che gli avrebbe ridato

La sua principessa, sua promessa, del maniero

Che Dio così presto gli aveva rubato

 

“Davvero potreste ridar vita alla gente morta

Che nell’abisso delle tenebre è caduta?

Davvero mi ridareste Selena risorta

Dal fiume di morte in cui è perduta?”

 

“Si, amico mio, se me lo comandate

Ma solo una cosa voglio in cambio da voi

La vendita di ciò che più caro avete

Persino più della vostra amata e nient’altro poi”

 

 

E nel dire ciò gli tese un foglio

Che portava scritta l’amara sentenza

Così mortale come un nero scoglio

Così piacevole come una speranza

 

“I vostri occhi guardano con avidità l’oscuro contratto

Cosa aspettate, impavido straniero?

Basta una firma col sangue, un piccolo taglietto

E riavrete così  la dama del maniero”

 

“Voglio anche che perdano il ricordo

Coloro che hanno visto la mia eresia.

Voglio che il modo diventi sordo

E che non badi a me e all’anima mia”

 

E preso un pugnale sulla mano si tagliò

Intinse la penna nel suo sangue nero

E sulla linea giusta il suo nome segnò

Così perse il diritto di essere un uomo vero

 

“Domani mattina al castello riavrete

La dolce dama da tanto sognata

E quindi voi la riabbraccerete

Ma attento perché questa promessa non sarà dimenticata

 

E quando più  lo riterrò opportuno

Riscuoterò ciò che mio è di diritto

E non ti stupirai in modo alcuno

Perché come vedi qui tutto è scritto”

 

Detto questo il Diavolo sparì

E il Faust non poté che dormire

Sognando il ritorno di chi morì

E che il giorno dopo sarebbe andato a scoprire

 

La notte divenne presto alba

E il cavaliere montò a cavallo

Immaginò la sua amata salva

Al sicuro tra le mura del suo castello

 

Tutto, per ora, era come promesso

Per le strada passava senza destare attenzione

Nemmeno lo guardavano adesso

Figuriamoci ricordarlo per la sua maledizione!

 

Quando ripercorse la strada fatta il giorno anteriore

Vide che il cancello era nuovamente d’oro colato

E gli si cancellò dal cuore ogni suo timore

Che il Diavolo la sua promessa non avesse mantenuto.

 

 

Anche il giardino era fiorito

E allegro della fanciulla che prima moriva

Era quindi tutto quanto finito

E ora lui avrebbe visto la sua amata viva

 

Era infatti li la giovincella

In una bella veste bianca

Non pallida, ma molto bella

Così bella da parere una santa.

 

Sorrise ella e corse in contro al suo amato

Che l’abbracciò e la strinse forte al petto

“Siete dunque in fine da me ritornato

rimanendo di parola al nostro patto!”

 

“Si, mia cara, perché la mia promessa è la stessa

Possiamo sposarci e per sempre rimanere insieme

Ma voi come state mia bella principessa

Perché il mio cuore per la vostra salute teme”

 

“Mi sento strana, in effetti, ma comunque bene

Come dopo un lungo sonno intorpidita

Come rinata dopo tante pene

Ma ora ditemi di voi, mentre facciamo per il parco una gita”

 

E nel parco camminaron fino all’imbrunire

E cenarono insieme alla luce di un lume

Dopo di che andarono a dormire

E la principessa provò per l’indomani il suo costume

 

La notte passò per il principe non agitata

Come la notte prima da tormenti

Ma sognò la sua bellezza fatata

Con lui li mentre gli altri erano dormienti.

 

Le nozze il giorno dopo furono maestose

Di quelle che per sempre di faranno sognare

Di sicuro elle era la più bella di tutte le spose

Nel suo vestito di seta bianco vicino all’altare

 

E passarono i tempi sui due innamorati

Tanto da fare al neo principe dimenticare

I patti che erano stati una buia notte dati

Perché quella sua felicità nulla poteva annientare.

 

Nulla in questo mondo di anime perdute.

 

 

 

  
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