Il
dottor Baileys sfogliò velocemente la scheda che teneva fra
le mani, rileggendo
a grandi linee gli appunti che aveva preso sul suo paziente. Si
grattò con la
mano destra il mento ricoperto da una leggere barba scura, fissando lo
scritto
sovrappensiero.
Scosse
la testa, poi prese in mano la bella penna che giaceva abbandonata nel
contenitore e cominciò a correggere qualche frase.
Il
suo studio aveva le pareti rosse, i mobili di un bel ciliegio scuro, il
lettino
vuoto sistemato a regola d’arte accanto ad una sedia, uno
scaffale ripieno di
vari tomi.
La
sua scrivania era perfettamente in ordine, le penne di vario colore
rinchiuse
nel portaoggetti, i fermacarte marchiati dal logo di qualche farmaco, i
biglietti da visita ordinatamente adagiati l’uno
sull’altro in una pila
perfetta.
‘Dottor
J. F. Baileys, Psicologo’.
Poi
la via, e il nome della città, il recapito, il codice
postale e il numero di
telefono.
D’un
tratto, mentre il dottore era ancora impegnato a rivedere i suoi
numerosi
appunti, si udirono dei colpi alla porta.
-Avanti-
Una
donna vestita di un tailleur scuro fece capolino nella stanza,
osservando
l’uomo seduto alla scrivania da dietro un paio di occhiali
dalla montatura
grossa.
-Mi
scusi dottore, c’è una ragazza che dice di avere
un appuntamento-
-Non
ho visite prenotate prima delle quattro- rispose semplicemente il
medico,
alzando gli occhi sulla sua assistente, inarcando appena appena il
sopracciglio.
L’orologio
dal design semplice e lineare appeso alla parete, proprio sopra il
lettino,
scandiva il passare del tempo. Erano ancora le quattro meno venti.
La
giovane segretaria, senza chiudere la porta, si voltò nella
sala d’attesa
mentre probabilmente riferiva il malinteso d’orario alla
ragazza che desiderava
essere ricevuta; fu allora che il dottor Baileys ascoltò una
voce irritata
provenire dal corridoio.
-Le
dico che ho bisogno di parlare col dottore, porca miseria!-
Il
medico sorrise e scosse piano la testa, riconoscendo la proprietaria di
quella
voce stizzita.
-Va
bene, la faccia entrare- comandò alla segretaria, con
l’accenno di un sorriso
sulle labbra.
Una
ragazza dall’aspetto normale, con indosso un vestito
svolazzante e fresco,
accompagnato da una borsa, mosse qualche passo nello studio,
chiudendosi la
porta alle spalle.
-Salve
dottore-
Il
dottor Baileys terminò di scrivere l’ultima frase,
poi ripiegò ordinatamente il
fascicolo che stava correggendo, infilandolo nell’apposita
cartella. La infilò
velocemente in un ampio cassetto, dove giaceva insieme a molte altre, e
ne
pescò una nuova, posandola sulla scrivania.
-Non
mi aspettavo di rivederla così presto, signorina Green-
Si
alzò e porse una mano alla ragazza, che subito la strinse.
-In
realtà, avrei preferito non tornare mai più qui-
confessò la ragazza, rimanendo
incerta in piedi, dondolandosi sul posto.
-Signorina,
al di là dell’aspetto puramente venale della
questione, credo che ogni buon
psicologo si auguri di non rivedere mai più i suoi pazienti-
La
ragazza tentò un sorriso mal riuscito, che si
tramutò a metà strada in una
smorfia nervosa.
-Lo
sa, ogni volta che mi offrivano da bere, lì in Irlanda, mi
ricordavo di lei-
esordì, sempre dondolandosi sul posto, giocando col cognome
del dottore.
Lui
alzò l’angolo della bocca in un sorriso ironico,
appropriandosi della scheda e
sedendosi su di una sedia.
-La
sua battuta non è molto originale, signorina-
commentò.
-Mi
scusi-
-Ma
le pare. Prego- le indicò il lettino.
La
ragazza poggiò la borsa a terra e immediatamente si stese
supina sul lettino,
puntando gli occhi sul soffitto.
Si
tormentava le mani con impazienza, aspettando che l’uomo le
rivolgesse
attenzione.
Lui
sospirò, sedendosi bene sulla sedia, e aprì la
cartella.
-Allora,
signorina Green...- cominciò, esaminando i suoi appunti.
-Ehm,
preferirei Alex- interruppe la ragazza.
-Mi
aiuta a sentirmi a mio agio...- aggiunse, in risposta
all’occhiata perplessa
del dottore.
Dopo
un iniziale momento di scetticismo, lui tornò a dedicare la
sua attenzione ai
fogli, aggiungendo qualcosa con la matita.
-D’accordo,
Alex. Alex che sta per...?- domandò, curioso.
-Alexandra-
rispose la ragazza che stava seduta sul lettino, prontamente -ma
è un nome così
odioso, fosse per me lo cambierei-
-Lei
sbaglia, non è vero. La mia ex-moglie si chiamava
così- la corresse pacato.
-Vede
che allora è un nome odioso?- rimbeccò la ragazza
chiamata Alex, facendo
comparire sul viso un’espressione ansiosa.
Poi,
accorgendosi del suo stesso isterismo, sbuffò e si
portò le mani sul volto.
-Oh,
mi scusi...-
-Dunque,
Alex, è andato bene il suo mese di vacanze in Irlanda?-
domandò il dottor
Baileys.
Lei
immediatamente scattò su come una molla mettendosi seduta.
-Oh,
lei non può lontanamente immaginare!- ringhiò,
mettendo su una smorfia -l’altro
giorno avevo proprio voglia di prendere un coltello da cucina e
ficcarglielo
nella gola-
-Si
riferisce a lui?- s’informò lo psicologo.
-No,
a lei- rispose imbronciandosi Alex, rimettendosi sdraiata.
-Vede
che stiamo migliorando?-
Il
dottor Baileys non aggiunse altro, per dedicarsi a scrivere qualche
altro
appunto con una penna.
Pensieroso,
fece scorrere il dito sulla lunga serie di frasi e annotazioni che
aveva
raccolto nelle sedute precedenti, poi propose:
-Signorina
Alex, che ne dice di ripercorrere la storia dall’inizio?-
Alex
non sembrò entusiasta della notizia, perché
assunse un’espressione implorante.
-Devo
proprio?- domandò.
Quando
il dottore annuì, lei fece un pesante sospiro.
-Ma
è sicuro che serva a qualcosa?- chiese, quasi sospettosa.
Il
dottore la guardò con espressione tranquilla e rassicurante.
-Ma
certo. Faccia finta di essere l’ospite di un talk show-
rispose.
La
ragazza portò gli occhi al soffitto, poggiando le mani sul
ventre,
intrecciandole.
-Bene,
se lo dice lei...- si schiarì la voce e cominciò
a parlare.
-Mi
chiamo Alexandra Green e ho ventuno anni. Mi reputo una persona
abbastanza
socievole, anche se qualche volta tendo a comportarmi un po’
da maschiaccio-
Il
dottor Baileys controllava i suoi appunti, per rendersi conto di un
eventuale
errore.
-Be’,
questo immagino che non dipenda da me- continuò la ragazza,
facendo un nuovo
sospiro di autocommiserazione -credo che il lato mascolino del mio
carattere derivi
dal fatto che ho sempre avuto solo ed esclusivamente amici maschi-
-Mi
parli di questi suoi amici- la incalzò il medico, sedendosi
più comodo sulla
sedia.
-Be’,
ho due migliori amici, che conosco da quasi sempre. Sono Josh, e Will-
le tremò
un po’ la voce sull’ultimo nome.
Alex
fece una pausa, in cui rischiò di perdere il controllo di
sé, poi riprese con
voce forzata.
-Josh
lo conosco da quando avevo sette anni. Fu lui a spingermi nella piscina
del
centro estivo assieme a Will, quando avevo nove anni-
ricordò, stringendo fra
le mani la fresca stoffa del suo vestito.
-Josh
è sempre stato gentile con me, e ho il sospetto che si fosse
preso una cotta,
quando eravamo bambini. A me sembrava un bravo ragazzo,
finché non scoprii con
delusione che nascondeva i numeri di Playboy sotto il letto. Credo che
sia
stato lui ad insegnarmi... cioè...- si interruppe e
arrossì.
-Non
ad insegnarmi nel senso letterale, intendo, a farmi conoscere il sesso.
Avevo
più o meno dodici anni-
-Mi
parli dell’altro ragazzo-
Alex
gemette fra i denti, facendo un sospiro di rassegnazione trattenuto.
Ogni volta
che si ritrovava stesa su quel lettino il dottore la costringeva a
ripercorrere
tutta la storia del suo problema: riteneva che così sarebbe
finalmente riuscita
ad accettare la situazione in cui si trovava. Quella, se non aveva
fatto male i
conti, era la settima volta che facevano quel gioco.
-Dunque,
William è il mio migliore amico, da sempre. Insieme a lui ho
partecipato a
tanti tornei della scuola, tornei sportivi, s’intende.
Giocavamo a calcio, a
baseball, facevamo gare di nuoto, di corsa campestre, un sacco di
cose...-
raccontò, portandosi un braccio dietro la testa per stare
più comoda.
-...
ero la sua migliore amica di sempre, bevevamo insieme, giocavamo
insieme,
studiavamo insieme, abbiamo scelto lo stesso college-
Il
dottor Baileys corresse un appunto sul suo schedario che evidentemente
era
errato.
-Mi
racconti quando ha conosciuto per la prima volta Will-
Alex
alzò un sopracciglio, storcendo la bocca in una smorfia.
-Conobbi
Will all'età di due minuti e qualche millesimo di secondo,
credo. Siamo nati lo
stesso giorno, nello stesso ospedale. Abitavamo nello stesso palazzo,
frequentavamo le stesse scuole e avevamo gli stessi amici. Ricordo che
una
volta, a San Valentino... oh mi scusi, la sto annoiando?-
-No,
la prego, continui-
-Dicevo...
a San Valentino si presentò con un pacco regalo per me, e
uno per mia cugina
che era un anno più piccola-
-Cosa
le regalò?-
-Mia
cugina ricevette un bellissimo paio di orecchini-
-E
lei?-
-Il
mio regalo fu una maglietta ufficiale della federazione nazionale di
baseball.
Da quel momento, cominciai a sospettare che forse c'era qualcosa che
non
andava...-
-Dunque
qual è il suo problema?-
A
quel punto scattò e disse con rabbia.
-Oh
sì. Il mio fottuto problema è che sono innamorata
di lui da vent’anni-
A
quel punto il dottore la interruppe e posò sulla scrivania
il fascicolo che
riguardava la ragazza.
-Può
bastare così. Allora, mi racconti di questo suo soggiorno in
Irlanda-
Alex
sospirò, e alzando gli occhi sul soffitto dipinto di bianco
cominciò a parlare.
-Be’,
come le avevo detto un mese fa, Josh era stato invitato al matrimonio
di un suo
cugino, e così per compagnia, dato che non conosceva
nessuno, portò sia me che
Will-
L’uomo
seduto accanto a lei si grattò il mento, pensoso.
-Se
non sbaglio, nella precedente seduta, avevamo deciso assieme che
finalmente si
sarebbe decisa a parlare con lui-
Si
interruppe per osservarla con occhio sospettoso.
-Lo
ha fatto? Ha seguito il mio consiglio?- domandò.
Alex
si sentì quasi offesa del suo dubitare.
-Ma
certo che l’ho fatto! Lei crede che io non abbia nemmeno il
coraggio di dire ad
un ragazzo che mi piace?-
Il
suo tono era un po’ troppo isterico per sembrare sicura di
quello che diceva.
Il
dottor Baileys, tranquillissimo, si limitò a spiegare:
-Le
assicuro che non l’ho mai pensato. Io trovo invece che lei
sia una donna molto
forte e al contempo sensibile-
-Lo
pensa sul serio?-
-Ma
certo-
Alex
guardò il dottore, con un misto di imbarazzo e
compiacimento. Un piccolo
sorriso orgoglioso si fece largo sulle sue labbra.
-Be’,
insomma le dicevo...- sviò il discorso, ancora soddisfatta
di quel precedente
complimento -... ho seguito il suo consiglio e prima di partire per
l’Irlanda
mi ero ripromessa che avrei detto a Will tutto quello che provo per lui-
-Signorina,
lei mi raccontava... che il suo amico ha un talento speciale- si
intromise lo
psicologo, corrugando la fronte, guardandola in attesa di un
chiarimento.
Dopo
un primo momento di smarrimento Alex smise la faccia pensosa e si
illuminò,
capendo dove voleva arrivare l’uomo.
-Oh
be’, è davvero incredibile. Sembra proprio che a
Will basti solamente
schioccare le dita per circondarsi di belle ragazze- disse, sbottando
in una
breve e triste risata.
-Il
suo amico...- cominciò il dottore, ma a quella parola Alex
scattò su,
infiammandosi.
-Lui
non è mio amico! Non nel senso in cui intende lui! Avevamo
detto che avremmo
eliminato questa parola!-
Senza
scomporsi affatto o meravigliarsi di quella reazione, il dottor Baileys
annuì
lentamente.
-Ha
ragione, mi scusi-
Alex
sbuffò seccata.
-Dottor
Baileys, si rende conto di come mi sento, dopo vent’anni?-
Lui
non replicò per darle il tempo di spiegarsi.
-Sono
vent’anni che gli sto dietro, come un fedele cagnolino, ed
è dai tempi del
liceo che lui si confida con me, per qualsiasi cosa. Sono io-
marcò bene il
pronome personale – che lo conosco meglio di qualunque altra
ragazza, ero io
che stavo vicino per consolarlo se le cose andavano male-
-...Era
insieme a me che preparava gli schemi e si allenava prima di una
partita
importante. Era insieme a me che studiava per i test. Insomma, voglio
dire, io
per tutta la durata del liceo gli sono stata accanto, l’ho
aiutato a studiare,
e lui...!-
A
quel punto Alex si mise seduta, puntando un dito contro il nulla, gli
occhi che
sembrava dovessero emanare fiamme da un momento all’altro.
-Lui,
quell’ingrato puntualmente quando io volevo stare da sola con
lui, magari per
parlare, se ne usciva e mi lasciava lì come una fessa
assieme a Josh per poter
uscire con la bionda di turno!-
Terminato
il suo sfogo, si lasciò cadere di nuovo contro lo schienale
del lettino,
tramutando l’espressione da furiosa a piagnucolante.
-Dottor
Baileys, io credo di odiare le bionde. Oppure sono loro che odiano me-
sospirò,
rassegnata.
Il
dottore segnò un altro appunto, poi prima di parlare
meditò bene cosa dire.
-Lei
crede di essere da meno delle amichette del suo...- si corresse appena
in tempo
-...delle amichette di Will?-
Sembrò
che le costasse molto rispondere a quella domanda, ma Alex, dopo un
momento di
esitazione confessò:
-Sa,
dottore, a dir la verità ho sempre pensato che per far
accorgere Will di me non
sarei mai diventata come le altre ragazze. Voglio dire-
spiegò -a me piace lo
sport, piace bere e ubriacarmi, io riesco a tenere testa alle battute
sconce e
volgari che fanno sempre. Però quando arriva una ragazza fra
di loro, fra i
maschi, che sia pure brutta, con quattro moine riesce a infinocchiarli
per
bene. Eppure, io mi dico, cazzo...-
Si
mise una mano sulla testa, simulando il gesto di pensare.
-...
i ragazzi con cui sto non sono stupidi. Non sono così
sfigati che devono
accettare qualsiasi invito che gli viene offerto per paura di non
riceverne
altri. Se devo dir la verità, sono tutti piuttosto carini-
-Lo
sa, ehm...- lo psicologo esitò prima di dirlo -a volte, una
buona dose di
gentilezza e femminilità può risultare
un’arma considerevole-
-Appunto-
Contrariamente
a quanto si sarebbe aspettato l’uomo, Alex sembrava
completamente d’accordo con
quel pensiero.
-Sì,
insomma, a ben pensarci è piuttosto semplice conquistare un
ragazzo. Basta
solamente abbassarsi al livello di quelle ragazze senza cervello-
rifletté, del
tutto presa dai suoi pensieri.
Dopo
una breve pausa in cui forse la ragazza si perse in varie fantasie e
ragionamenti, tornò a parlare.
-Ed
è quello che ho fatto-
Il
dottor Baileys si accigliò, stupito, e la guardò
con una sorpresa piacevole.
-Sul
serio?-
-Certo.
Le avevo provate tutte e mi rimaneva solo ridurmi ad un patetico
cagnolino
adorante che non fa altro che scodinzolargli fra le gambe aspettando il
permesso di...-
Intuendo
il seguito della frase lo psicologo fermò le sue parole,
domandando perplesso:
-Ed
è rimasta soddisfatta? Ha ottenuto qualcosa?-
Alex
guardò il medico con uno sguardo non proprio soddisfatto, ma
orgoglioso.
-Lo
sa, dottore, contro ogni mia aspettativa questa soluzione ha prodotto
dei
risultati alquanto soddisfacenti- ammise.
Il
dottor Baileys si affrettò a scrivere tutto ciò
che aveva ascoltato nei suoi
appunti, facendo scorrere veloce la punta della matita.
Stupito
alzò lo sguardo e chiese:
-Sul
serio?-
-Certo.
Siamo finiti a letto insieme- spiegò del tutto tranquilla
lei, alzando le
spalle.
A
quel punto il dottore sorrise.
-Be’,
immagino che non abbia più bisogno delle mie sedute. Le
faccio i miei
complimenti-
Fece
per alzarsi e porgerle la mano, ma Alex non si mosse dalla sua
posizione,
scuotendo la testa.
-Sta
scherzando? Quello è stato l’inizio della fine,
per così dire-
Un
misto di delusione e stizza si fece largo per un secondo sul volto
dell’uomo,
per poi essere immediatamente sostituito dalla sua solita calma.
-Sembrava
troppo bello- sospirò, risedendosi al suo posto.
Anche
Alex prese un bel respiro, poi cominciò a tirare fuori dalla
borsa degli
oggetti, finché non trovò un telefono cellulare.
Lo accese e mostrò allo
psicologo i messaggi in memoria.
-Ma
lo vede? Ma lo vede come si permette? Crede forse che io stia ai suoi
comodi
quando e come vuole?- sbottò, rabbiosa -Lo sa, sto
seriamente riprendendo in
considerazione l’idea di odiarlo a vita. Io non ho alcun
diritto di farmi
trattare così, come un fazzoletto da prendere e riprendere
quando si vuole.
Giusto?-
-Ma
certamente-
Il
dottor Baileys le restituì il cellulare, smettendo di
scrivere sul fascicolo
per poi posarlo sulla scrivania e raccogliere il mento nelle mani,
pensoso.
-Insomma,
non può dirmi tutte quelle cose in una notte e poi la
mattina dopo comportarsi
come se nulla fosse. Io avevo anche pensato di andarmene, di lasciarlo
perdere
e dimenticarmi di lui per sempre, come mi aveva suggerito lei...-
Alex
saltò su a sedersi all’improvviso, alzando il tono
della voce.
-Ma
invece al bastardo, mi scusi la parola, non gliene frega nulla di me, e
né di
quella pseudo bambolina che si porta appresso!-
-Credevo
che il suo... che Will non avesse una ragazza- si intromise il dottore,
con
tono incerto, per non disturbare lo sfogo della ragazza.
-Certo,
così era, ma andando in Irlanda il bastardo si è
trovato la fidanzatina
perfetta e pure l’amichetta con cui farsi la scappatella!-
Fece
una pausa, e guardò lo psicologo con occhi ardenti.
-Ma
insomma, le pare possibile che mi usi e basta, che mi cerchi solamente
quando è
solo o quando ha voglia di vendicarsi di quella bionda tinta?-
-È
riprovevole- commentò con tono distaccato l’uomo,
annuendo.
-Io
non sono una puttana da noleggiare! Io non voglio essere considerata
come un
modo per sfogare gli istinti sessuali che gli vengono da mezzanotte
alle tre
del mattino!-
-Posso
dire una cosa?- alzò la mano il dottore.
Alex
annuì, e accorgendosi di essersi arrabbiata troppo
arrossì e si stese sul
lettino, composta.
-Da
quel che ho capito, se prima Will la considerava solamente come una
migliore
amica e non come donna, ora che è riuscita a farsi notare da
lui come essere
umano di sesso femminile lui si è comportato allo stesso
modo che con tutte le
rispettive amanti che ha avuto?-
Alex
esitò un momento prima di rispondere, poi arrossì.
-Sì-
pigolò debolmente.
-Mi
scusi se le faccio questa domanda... ma mi potrebbe spiegare cosa ci
trova in
questo tipo? Perché sinceramente non riesco a capire...-
-Senta-
la ragazza assunse un’espressione e uno tono seccati -lei non
è qui per dirmi
di chi mi devo innamorare. Lei è qui per aiutarmi a
conquistare Will-
Lo
psicologo avrebbe voluto replicare, a quell’affermazione, ma
poi rinunciò
limitandosi a dire:
-Io
non garantisco che lei riuscirà nel suo intento. Io conto di
aiutarla a
superare questa infatuazione-
Alex
perse di colpo tutta la grinta e sbiancò in volto.
-Come
sarebbe a dire? Significa che Will non penserà mai a me in
un modo un po’ più
speciale?-
Il
dottor Baileys mise le mani davanti a sé, come per
difendersi.
-Io
non posso darle la certezza che lui ricambi i suoi sentimenti alla sua
stessa
maniera. Ma ora torniamo a noi- si affrettò a sviare quel
discorso, vedendo che
lei si stava demoralizzando.
-Tutto
quello che ha detto prima è indubbiamente giusto, Alex-
disse, pensieroso -e lo
ha fatto presente a Will?- domandò.
Alex
esitò, passando dal bianco al rosso in brevissimo tempo;
distolse lo sguardo,
imbarazzata.
-Beh-
esordì -diciamo che le volte in cui ci troviamo insieme ora
non parliamo più-
-Ah
no? Ma come, mi pareva che avesse detto di avere un ottimo dialogo con
lui-
Il
dottor Baileys si affrettò a recuperare il fascicolo
riguardante la ragazza ma
prima che potesse afferrarlo la ragazza spiegò la sua
precedente affermazione.
-Beh
ecco, il tempo che passiamo insieme è molto poco per via di
quella sua
fidanzata gelosa. Ma... ehm, le rare volte che ci troviamo insieme da
soli...-
Lo
psicologo la invitò con un gesto della mano ad andare avanti.
-Ecco,
be’, siamo quasi sempre fra le lenzuola di un letto-
Ci
fu un momento di silenzio, imbarazzato da parte di Alex e stupito da
parte del
dottore.
-Non
sono una puttana!- esclamò ad un tratto lei, come a volersi
giustificare.
-Non
lo è- ripeté l’uomo, ancora un
po’ sorpreso da quell’affermazione.
-Be’,
abbiamo fatto dei passi avanti. È riuscita nel suo intento.
Ora credo che Will
la consideri come una donna vera e propria, o mi sbaglio?-
-Ma
non è quello che volevo io!-
-E
lei cosa voleva?-
-Io
volevo essere la sua ragazza...- mormorò, quasi
vergognandosi del suo ingenuo
desiderio.
Il
dottor Baileys giunse le mani e le appoggiò alla fronte,
come in preghiera, e
stette un momento in riflessione.
-Signorina,
posso permettermi di dirle una cosa?- domandò educato
l’uomo.
Alex
annuì, un po’ preoccupata e stette in attesa.
-Lei
è potenzialmente una ragazza bellissima. Non ha niente da
invidiare a nessun
altra. Da quel che ho capito, si trova circondata da ragazzi
bellissimi. Ora,
mi scusi...- si fermò per darle una rapida occhiata -...ma
si può sapere cosa
diamine ci va a fare appresso ad un farfallone del genere?-
Alex
arrossì a dismisura, sentendo quelle parole, e poi
abbassò lo sguardo
imbarazzata.
-Lui
mi piace da quando eravamo bambini-
-Sì,
ma caspita!- il dottore alzò lo sguardo, con espressione
ovvia -Lui non la
merita-
-Lo
pensa davvero?-
-Penso
che chiunque lo penserebbe, al posto mio- commentò, rivolto
più a se stesso -Will è
stato suo amico per anni, poi si è accorto della sua
presenza, dei suoi
sentimenti e si rende conto che li sta sfruttando a suo piacimento,
senza alcun
rispetto? Lei capisce che questa è una cosa orribile?-
Alex
si strinse nelle spalle.
-Lo
so-
-Allora
sa cosa deve fare? Lo sa?-
-No-
-La
prossima volta che Will le proporrà un incontro ravvicinato,
diciamo per intenderci
fra le lenzuola, lei rifiuterà-
-Perché?-
saltò su la ragazza, con espressione delusa.
Il
dottore ebbe un momento di perplessità, osservando la sua
paziente. Quello
doveva essere senza alcun dubbio uno dei casi più banali e
al tempo stesso
estenuanti di cui si era occupato.
-Perché
glielo dico io- sospirò e si alzò in piedi,
facendole cenno di imitarlo -Ora la
prego di uscire, devo ricevere altri pazienti-
Alex
si affrettò a scivolare giù dal lettino e ad
avviarsi alla porta.
-Quando
posso venire la prossima volta?- domandò, sulla soglia,
quando stava per uscire
dalla porta.
-Diciamo,
be’... venga fra una settimana, se le fa piacere-
segnò su un’agenda alla data
stabilita il nome della ragazza.
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