La coscienza di Alex

di Pichichi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***



 

 
Il dottor Baileys sfogliò velocemente la scheda che teneva fra le mani, rileggendo a grandi linee gli appunti che aveva preso sul suo paziente. Si grattò con la mano destra il mento ricoperto da una leggere barba scura, fissando lo scritto sovrappensiero.
Scosse la testa, poi prese in mano la bella penna che giaceva abbandonata nel contenitore e cominciò a correggere qualche frase.
Il suo studio aveva le pareti rosse, i mobili di un bel ciliegio scuro, il lettino vuoto sistemato a regola d’arte accanto ad una sedia, uno scaffale ripieno di vari tomi.
La sua scrivania era perfettamente in ordine, le penne di vario colore rinchiuse nel portaoggetti, i fermacarte marchiati dal logo di qualche farmaco, i biglietti da visita ordinatamente adagiati l’uno sull’altro in una pila perfetta.
‘Dottor J. F. Baileys, Psicologo’.
Poi la via, e il nome della città, il recapito, il codice postale e il numero di telefono.
D’un tratto, mentre il dottore era ancora impegnato a rivedere i suoi numerosi appunti, si udirono dei colpi alla porta.
-Avanti-
Una donna vestita di un tailleur scuro fece capolino nella stanza, osservando l’uomo seduto alla scrivania da dietro un paio di occhiali dalla montatura grossa.
-Mi scusi dottore, c’è una ragazza che dice di avere un appuntamento-
-Non ho visite prenotate prima delle quattro- rispose semplicemente il medico, alzando gli occhi sulla sua assistente, inarcando appena appena il sopracciglio.
L’orologio dal design semplice e lineare appeso alla parete, proprio sopra il lettino, scandiva il passare del tempo. Erano ancora le quattro meno venti.
La giovane segretaria, senza chiudere la porta, si voltò nella sala d’attesa mentre probabilmente riferiva il malinteso d’orario alla ragazza che desiderava essere ricevuta; fu allora che il dottor Baileys ascoltò una voce irritata provenire dal corridoio.
-Le dico che ho bisogno di parlare col dottore, porca miseria!-
Il medico sorrise e scosse piano la testa, riconoscendo la proprietaria di quella voce stizzita.
-Va bene, la faccia entrare- comandò alla segretaria, con l’accenno di un sorriso sulle labbra.
Una ragazza dall’aspetto normale, con indosso un vestito svolazzante e fresco, accompagnato da una borsa, mosse qualche passo nello studio, chiudendosi la porta alle spalle.
-Salve dottore-
Il dottor Baileys terminò di scrivere l’ultima frase, poi ripiegò ordinatamente il fascicolo che stava correggendo, infilandolo nell’apposita cartella. La infilò velocemente in un ampio cassetto, dove giaceva insieme a molte altre, e ne pescò una nuova, posandola sulla scrivania.
-Non mi aspettavo di rivederla così presto, signorina Green-
Si alzò e porse una mano alla ragazza, che subito la strinse.
-In realtà, avrei preferito non tornare mai più qui- confessò la ragazza, rimanendo incerta in piedi, dondolandosi sul posto.
-Signorina, al di là dell’aspetto puramente venale della questione, credo che ogni buon psicologo si auguri di non rivedere mai più i suoi pazienti-
La ragazza tentò un sorriso mal riuscito, che si tramutò a metà strada in una smorfia nervosa.
-Lo sa, ogni volta che mi offrivano da bere, lì in Irlanda, mi ricordavo di lei- esordì, sempre dondolandosi sul posto, giocando col cognome del dottore.
Lui alzò l’angolo della bocca in un sorriso ironico, appropriandosi della scheda e sedendosi su di una sedia.
-La sua battuta non è molto originale, signorina- commentò.
-Mi scusi-
-Ma le pare. Prego- le indicò il lettino.
La ragazza poggiò la borsa a terra e immediatamente si stese supina sul lettino, puntando gli occhi sul soffitto.
Si tormentava le mani con impazienza, aspettando che l’uomo le rivolgesse attenzione.
Lui sospirò, sedendosi bene sulla sedia, e aprì la cartella.
-Allora, signorina Green...- cominciò, esaminando i suoi appunti.
-Ehm, preferirei Alex- interruppe la ragazza.
-Mi aiuta a sentirmi a mio agio...- aggiunse, in risposta all’occhiata perplessa del dottore.
Dopo un iniziale momento di scetticismo, lui tornò a dedicare la sua attenzione ai fogli, aggiungendo qualcosa con la matita.
-D’accordo, Alex. Alex che sta per...?- domandò, curioso.
-Alexandra- rispose la ragazza che stava seduta sul lettino, prontamente -ma è un nome così odioso, fosse per me lo cambierei-
-Lei sbaglia, non è vero. La mia ex-moglie si chiamava così- la corresse pacato.
-Vede che allora è un nome odioso?- rimbeccò la ragazza chiamata Alex, facendo comparire sul viso un’espressione ansiosa.
Poi, accorgendosi del suo stesso isterismo, sbuffò e si portò le mani sul volto.
-Oh, mi scusi...-
-Dunque, Alex, è andato bene il suo mese di vacanze in Irlanda?- domandò il dottor Baileys.
Lei immediatamente scattò su come una molla mettendosi seduta.
-Oh, lei non può lontanamente immaginare!- ringhiò, mettendo su una smorfia -l’altro giorno avevo proprio voglia di prendere un coltello da cucina e ficcarglielo nella gola-
-Si riferisce a lui?- s’informò lo psicologo.
-No, a lei- rispose imbronciandosi Alex, rimettendosi sdraiata.
-Vede che stiamo migliorando?-
Il dottor Baileys non aggiunse altro, per dedicarsi a scrivere qualche altro appunto con una penna.
Pensieroso, fece scorrere il dito sulla lunga serie di frasi e annotazioni che aveva raccolto nelle sedute precedenti, poi propose:
-Signorina Alex, che ne dice di ripercorrere la storia dall’inizio?-
Alex non sembrò entusiasta della notizia, perché assunse un’espressione implorante.
-Devo proprio?- domandò.
Quando il dottore annuì, lei fece un pesante sospiro.
-Ma è sicuro che serva a qualcosa?- chiese, quasi sospettosa.
Il dottore la guardò con espressione tranquilla e rassicurante.
-Ma certo. Faccia finta di essere l’ospite di un talk show- rispose.
La ragazza portò gli occhi al soffitto, poggiando le mani sul ventre, intrecciandole.
-Bene, se lo dice lei...- si schiarì la voce e cominciò a parlare.
-Mi chiamo Alexandra Green e ho ventuno anni. Mi reputo una persona abbastanza socievole, anche se qualche volta tendo a comportarmi un po’ da maschiaccio-
Il dottor Baileys controllava i suoi appunti, per rendersi conto di un eventuale errore.
-Be’, questo immagino che non dipenda da me- continuò la ragazza, facendo un nuovo sospiro di autocommiserazione -credo che il lato mascolino del mio carattere derivi dal fatto che ho sempre avuto solo ed esclusivamente amici maschi-
-Mi parli di questi suoi amici- la incalzò il medico, sedendosi più comodo sulla sedia.
-Be’, ho due migliori amici, che conosco da quasi sempre. Sono Josh, e Will- le tremò un po’ la voce sull’ultimo nome.
Alex fece una pausa, in cui rischiò di perdere il controllo di sé, poi riprese con voce forzata.
-Josh lo conosco da quando avevo sette anni. Fu lui a spingermi nella piscina del centro estivo assieme a Will, quando avevo nove anni- ricordò, stringendo fra le mani la fresca stoffa del suo vestito.
-Josh è sempre stato gentile con me, e ho il sospetto che si fosse preso una cotta, quando eravamo bambini. A me sembrava un bravo ragazzo, finché non scoprii con delusione che nascondeva i numeri di Playboy sotto il letto. Credo che sia stato lui ad insegnarmi... cioè...- si interruppe e arrossì.
-Non ad insegnarmi nel senso letterale, intendo, a farmi conoscere il sesso. Avevo più o meno dodici anni-
-Mi parli dell’altro ragazzo-
Alex gemette fra i denti, facendo un sospiro di rassegnazione trattenuto. Ogni volta che si ritrovava stesa su quel lettino il dottore la costringeva a ripercorrere tutta la storia del suo problema: riteneva che così sarebbe finalmente riuscita ad accettare la situazione in cui si trovava. Quella, se non aveva fatto male i conti, era la settima volta che facevano quel gioco.
-Dunque, William è il mio migliore amico, da sempre. Insieme a lui ho partecipato a tanti tornei della scuola, tornei sportivi, s’intende. Giocavamo a calcio, a baseball, facevamo gare di nuoto, di corsa campestre, un sacco di cose...- raccontò, portandosi un braccio dietro la testa per stare più comoda.
-... ero la sua migliore amica di sempre, bevevamo insieme, giocavamo insieme, studiavamo insieme, abbiamo scelto lo stesso college-
Il dottor Baileys corresse un appunto sul suo schedario che evidentemente era errato.
-Mi racconti quando ha conosciuto per la prima volta Will-
Alex alzò un sopracciglio, storcendo la bocca in una smorfia.
-Conobbi Will all'età di due minuti e qualche millesimo di secondo, credo. Siamo nati lo stesso giorno, nello stesso ospedale. Abitavamo nello stesso palazzo, frequentavamo le stesse scuole e avevamo gli stessi amici. Ricordo che una volta, a San Valentino... oh mi scusi, la sto annoiando?-
-No, la prego, continui-
-Dicevo... a San Valentino si presentò con un pacco regalo per me, e uno per mia cugina che era un anno più piccola-
-Cosa le regalò?-
-Mia cugina ricevette un bellissimo paio di orecchini-
-E lei?-
-Il mio regalo fu una maglietta ufficiale della federazione nazionale di baseball. Da quel momento, cominciai a sospettare che forse c'era qualcosa che non andava...-
-Dunque qual è il suo problema?-
A quel punto scattò e disse con rabbia.
-Oh sì. Il mio fottuto problema è che sono innamorata di lui da vent’anni-
 
A quel punto il dottore la interruppe e posò sulla scrivania il fascicolo che riguardava la ragazza.
-Può bastare così. Allora, mi racconti di questo suo soggiorno in Irlanda-
Alex sospirò, e alzando gli occhi sul soffitto dipinto di bianco cominciò a parlare.
-Be’, come le avevo detto un mese fa, Josh era stato invitato al matrimonio di un suo cugino, e così per compagnia, dato che non conosceva nessuno, portò sia me che Will-
L’uomo seduto accanto a lei si grattò il mento, pensoso.
-Se non sbaglio, nella precedente seduta, avevamo deciso assieme che finalmente si sarebbe decisa a parlare con lui-
Si interruppe per osservarla con occhio sospettoso.
-Lo ha fatto? Ha seguito il mio consiglio?- domandò.
Alex si sentì quasi offesa del suo dubitare.
-Ma certo che l’ho fatto! Lei crede che io non abbia nemmeno il coraggio di dire ad un ragazzo che mi piace?-
Il suo tono era un po’ troppo isterico per sembrare sicura di quello che diceva.
Il dottor Baileys, tranquillissimo, si limitò a spiegare:
-Le assicuro che non l’ho mai pensato. Io trovo invece che lei sia una donna molto forte e al contempo sensibile-
-Lo pensa sul serio?-
-Ma certo-
Alex guardò il dottore, con un misto di imbarazzo e compiacimento. Un piccolo sorriso orgoglioso si fece largo sulle sue labbra.
-Be’, insomma le dicevo...- sviò il discorso, ancora soddisfatta di quel precedente complimento -... ho seguito il suo consiglio e prima di partire per l’Irlanda mi ero ripromessa che avrei detto a Will tutto quello che provo per lui-
-Signorina, lei mi raccontava... che il suo amico ha un talento speciale- si intromise lo psicologo, corrugando la fronte, guardandola in attesa di un chiarimento.
Dopo un primo momento di smarrimento Alex smise la faccia pensosa e si illuminò, capendo dove voleva arrivare l’uomo.
-Oh be’, è davvero incredibile. Sembra proprio che a Will basti solamente schioccare le dita per circondarsi di belle ragazze- disse, sbottando in una breve e triste risata.
-Il suo amico...- cominciò il dottore, ma a quella parola Alex scattò su, infiammandosi.
-Lui non è mio amico! Non nel senso in cui intende lui! Avevamo detto che avremmo eliminato questa parola!-
Senza scomporsi affatto o meravigliarsi di quella reazione, il dottor Baileys annuì lentamente.
-Ha ragione, mi scusi-
Alex sbuffò seccata.
-Dottor Baileys, si rende conto di come mi sento, dopo vent’anni?-
Lui non replicò per darle il tempo di spiegarsi.
-Sono vent’anni che gli sto dietro, come un fedele cagnolino, ed è dai tempi del liceo che lui si confida con me, per qualsiasi cosa. Sono io- marcò bene il pronome personale – che lo conosco meglio di qualunque altra ragazza, ero io che stavo vicino per consolarlo se le cose andavano male-
-...Era insieme a me che preparava gli schemi e si allenava prima di una partita importante. Era insieme a me che studiava per i test. Insomma, voglio dire, io per tutta la durata del liceo gli sono stata accanto, l’ho aiutato a studiare, e lui...!-
A quel punto Alex si mise seduta, puntando un dito contro il nulla, gli occhi che sembrava dovessero emanare fiamme da un momento all’altro.
-Lui, quell’ingrato puntualmente quando io volevo stare da sola con lui, magari per parlare, se ne usciva e mi lasciava lì come una fessa assieme a Josh per poter uscire con la bionda di turno!-
Terminato il suo sfogo, si lasciò cadere di nuovo contro lo schienale del lettino, tramutando l’espressione da furiosa a piagnucolante.
-Dottor Baileys, io credo di odiare le bionde. Oppure sono loro che odiano me- sospirò, rassegnata.
Il dottore segnò un altro appunto, poi prima di parlare meditò bene cosa dire.
-Lei crede di essere da meno delle amichette del suo...- si corresse appena in tempo -...delle amichette di Will?-
Sembrò che le costasse molto rispondere a quella domanda, ma Alex, dopo un momento di esitazione confessò:
-Sa, dottore, a dir la verità ho sempre pensato che per far accorgere Will di me non sarei mai diventata come le altre ragazze. Voglio dire- spiegò -a me piace lo sport, piace bere e ubriacarmi, io riesco a tenere testa alle battute sconce e volgari che fanno sempre. Però quando arriva una ragazza fra di loro, fra i maschi, che sia pure brutta, con quattro moine riesce a infinocchiarli per bene. Eppure, io mi dico, cazzo...-
Si mise una mano sulla testa, simulando il gesto di pensare.
-... i ragazzi con cui sto non sono stupidi. Non sono così sfigati che devono accettare qualsiasi invito che gli viene offerto per paura di non riceverne altri. Se devo dir la verità, sono tutti piuttosto carini-
-Lo sa, ehm...- lo psicologo esitò prima di dirlo -a volte, una buona dose di gentilezza e femminilità può risultare un’arma considerevole-
-Appunto-
Contrariamente a quanto si sarebbe aspettato l’uomo, Alex sembrava completamente d’accordo con quel pensiero.
-Sì, insomma, a ben pensarci è piuttosto semplice conquistare un ragazzo. Basta solamente abbassarsi al livello di quelle ragazze senza cervello- rifletté, del tutto presa dai suoi pensieri.
Dopo una breve pausa in cui forse la ragazza si perse in varie fantasie e ragionamenti, tornò a parlare.
-Ed è quello che ho fatto-
Il dottor Baileys si accigliò, stupito, e la guardò con una sorpresa piacevole.
-Sul serio?-
-Certo. Le avevo provate tutte e mi rimaneva solo ridurmi ad un patetico cagnolino adorante che non fa altro che scodinzolargli fra le gambe aspettando il permesso di...-
Intuendo il seguito della frase lo psicologo fermò le sue parole, domandando perplesso:
-Ed è rimasta soddisfatta? Ha ottenuto qualcosa?-
Alex guardò il medico con uno sguardo non proprio soddisfatto, ma orgoglioso.
-Lo sa, dottore, contro ogni mia aspettativa questa soluzione ha prodotto dei risultati alquanto soddisfacenti- ammise.
Il dottor Baileys si affrettò a scrivere tutto ciò che aveva ascoltato nei suoi appunti, facendo scorrere veloce la punta della matita.
Stupito alzò lo sguardo e chiese:
-Sul serio?-
-Certo. Siamo finiti a letto insieme- spiegò del tutto tranquilla lei, alzando le spalle.
A quel punto il dottore sorrise.
-Be’, immagino che non abbia più bisogno delle mie sedute. Le faccio i miei complimenti-
Fece per alzarsi e porgerle la mano, ma Alex non si mosse dalla sua posizione, scuotendo la testa.
-Sta scherzando? Quello è stato l’inizio della fine, per così dire-
Un misto di delusione e stizza si fece largo per un secondo sul volto dell’uomo, per poi essere immediatamente sostituito dalla sua solita calma.
-Sembrava troppo bello- sospirò, risedendosi al suo posto.
 
Anche Alex prese un bel respiro, poi cominciò a tirare fuori dalla borsa degli oggetti, finché non trovò un telefono cellulare. Lo accese e mostrò allo psicologo i messaggi in memoria.
-Ma lo vede? Ma lo vede come si permette? Crede forse che io stia ai suoi comodi quando e come vuole?- sbottò, rabbiosa -Lo sa, sto seriamente riprendendo in considerazione l’idea di odiarlo a vita. Io non ho alcun diritto di farmi trattare così, come un fazzoletto da prendere e riprendere quando si vuole. Giusto?-
-Ma certamente-
Il dottor Baileys le restituì il cellulare, smettendo di scrivere sul fascicolo per poi posarlo sulla scrivania e raccogliere il mento nelle mani, pensoso.
-Insomma, non può dirmi tutte quelle cose in una notte e poi la mattina dopo comportarsi come se nulla fosse. Io avevo anche pensato di andarmene, di lasciarlo perdere e dimenticarmi di lui per sempre, come mi aveva suggerito lei...-
Alex saltò su a sedersi all’improvviso, alzando il tono della voce.
-Ma invece al bastardo, mi scusi la parola, non gliene frega nulla di me, e né di quella pseudo bambolina che si porta appresso!-
-Credevo che il suo... che Will non avesse una ragazza- si intromise il dottore, con tono incerto, per non disturbare lo sfogo della ragazza.
-Certo, così era, ma andando in Irlanda il bastardo si è trovato la fidanzatina perfetta e pure l’amichetta con cui farsi la scappatella!-
Fece una pausa, e guardò lo psicologo con occhi ardenti.
-Ma insomma, le pare possibile che mi usi e basta, che mi cerchi solamente quando è solo o quando ha voglia di vendicarsi di quella bionda tinta?-
-È riprovevole- commentò con tono distaccato l’uomo, annuendo.
-Io non sono una puttana da noleggiare! Io non voglio essere considerata come un modo per sfogare gli istinti sessuali che gli vengono da mezzanotte alle tre del mattino!-
-Posso dire una cosa?- alzò la mano il dottore.
Alex annuì, e accorgendosi di essersi arrabbiata troppo arrossì e si stese sul lettino, composta.
-Da quel che ho capito, se prima Will la considerava solamente come una migliore amica e non come donna, ora che è riuscita a farsi notare da lui come essere umano di sesso femminile lui si è comportato allo stesso modo che con tutte le rispettive amanti che ha avuto?-
Alex esitò un momento prima di rispondere, poi arrossì.
-Sì- pigolò debolmente.
-Mi scusi se le faccio questa domanda... ma mi potrebbe spiegare cosa ci trova in questo tipo? Perché sinceramente non riesco a capire...-
-Senta- la ragazza assunse un’espressione e uno tono seccati -lei non è qui per dirmi di chi mi devo innamorare. Lei è qui per aiutarmi a conquistare Will-
Lo psicologo avrebbe voluto replicare, a quell’affermazione, ma poi rinunciò limitandosi a dire:
-Io non garantisco che lei riuscirà nel suo intento. Io conto di aiutarla a superare questa infatuazione-
Alex perse di colpo tutta la grinta e sbiancò in volto.
-Come sarebbe a dire? Significa che Will non penserà mai a me in un modo un po’ più speciale?-
Il dottor Baileys mise le mani davanti a sé, come per difendersi.
-Io non posso darle la certezza che lui ricambi i suoi sentimenti alla sua stessa maniera. Ma ora torniamo a noi- si affrettò a sviare quel discorso, vedendo che lei si stava demoralizzando.
-Tutto quello che ha detto prima è indubbiamente giusto, Alex- disse, pensieroso -e lo ha fatto presente a Will?- domandò.
Alex esitò, passando dal bianco al rosso in brevissimo tempo; distolse lo sguardo, imbarazzata.
-Beh- esordì -diciamo che le volte in cui ci troviamo insieme ora non parliamo più-
-Ah no? Ma come, mi pareva che avesse detto di avere un ottimo dialogo con lui-
Il dottor Baileys si affrettò a recuperare il fascicolo riguardante la ragazza ma prima che potesse afferrarlo la ragazza spiegò la sua precedente affermazione.
-Beh ecco, il tempo che passiamo insieme è molto poco per via di quella sua fidanzata gelosa. Ma... ehm, le rare volte che ci troviamo insieme da soli...-
Lo psicologo la invitò con un gesto della mano ad andare avanti.
-Ecco, be’, siamo quasi sempre fra le lenzuola di un letto-
Ci fu un momento di silenzio, imbarazzato da parte di Alex e stupito da parte del dottore.
-Non sono una puttana!- esclamò ad un tratto lei, come a volersi giustificare.
-Non lo è- ripeté l’uomo, ancora un po’ sorpreso da quell’affermazione.
-Be’, abbiamo fatto dei passi avanti. È riuscita nel suo intento. Ora credo che Will la consideri come una donna vera e propria, o mi sbaglio?-
-Ma non è quello che volevo io!-
-E lei cosa voleva?-
-Io volevo essere la sua ragazza...- mormorò, quasi vergognandosi del suo ingenuo desiderio.
Il dottor Baileys giunse le mani e le appoggiò alla fronte, come in preghiera, e stette un momento in riflessione.
-Signorina, posso permettermi di dirle una cosa?- domandò educato l’uomo.
Alex annuì, un po’ preoccupata e stette in attesa.
-Lei è potenzialmente una ragazza bellissima. Non ha niente da invidiare a nessun altra. Da quel che ho capito, si trova circondata da ragazzi bellissimi. Ora, mi scusi...- si fermò per darle una rapida occhiata -...ma si può sapere cosa diamine ci va a fare appresso ad un farfallone del genere?-
Alex arrossì a dismisura, sentendo quelle parole, e poi abbassò lo sguardo imbarazzata.
-Lui mi piace da quando eravamo bambini-
-Sì, ma caspita!- il dottore alzò lo sguardo, con espressione ovvia -Lui non la merita-
-Lo pensa davvero?-
-Penso che chiunque lo penserebbe, al posto mio- commentò, rivolto più a se stesso -Will è stato suo amico per anni, poi si è accorto della sua presenza, dei suoi sentimenti e si rende conto che li sta sfruttando a suo piacimento, senza alcun rispetto? Lei capisce che questa è una cosa orribile?-
Alex si strinse nelle spalle.
-Lo so-
-Allora sa cosa deve fare? Lo sa?-
-No-
-La prossima volta che Will le proporrà un incontro ravvicinato, diciamo per intenderci fra le lenzuola, lei rifiuterà-
-Perché?- saltò su la ragazza, con espressione delusa.
Il dottore ebbe un momento di perplessità, osservando la sua paziente. Quello doveva essere senza alcun dubbio uno dei casi più banali e al tempo stesso estenuanti di cui si era occupato.
-Perché glielo dico io- sospirò e si alzò in piedi, facendole cenno di imitarlo -Ora la prego di uscire, devo ricevere altri pazienti-
Alex si affrettò a scivolare giù dal lettino e ad avviarsi alla porta.
-Quando posso venire la prossima volta?- domandò, sulla soglia, quando stava per uscire dalla porta.
-Diciamo, be’... venga fra una settimana, se le fa piacere- segnò su un’agenda alla data stabilita il nome della ragazza.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Mille grazie a chi ha inserito la storia nei preferiti e a chi la segue.


Alex uscì dallo studio, attraversò la sala d’attesa evitando le conseguenti occhiate di disapprovazione da parte della segretaria, e quando fu di nuovo nel caos metropolitano della città si accorse che le stava squillando il telefono.

Alex non era propriamente dispiaciuta della situazione che stava vivendo con Will, perché dopotutto a lei bastava anche averlo tutto per sé solamente per un misero quarto d’ora, pur di sentirsi apprezzata, pur di capire che almeno c’era qualcosa in lei che attirava il ragazzo.
-Pronto?-
-Ciao-
All’allegra voce maschile che le giunse dall’altra parte della cornetta non poté fare a meno di aprirsi in un sorriso.
-Ciao- rispose, fermandosi per strada e gettando lo sguardo a terra.
-Da quando siamo tornati dall’Irlanda non ti sei fatta più viva-
-Ho avuto altro da fare-
-Eri impegnata per le selezioni della nazionale di rugby?-
L’altra voce ridacchiò e a quel punto Alex si imbronciò.
-Io non gioco a rugby, Josh, idiota- sibilò.
-Ma dai, ti stavo solo prendendo in giro... e comunque se io ti avessi visto per la prima volta giocare nella partita contro quegli irlandesi t’avrei senza dubbio scambiato per un maschio. Tanto i rugbisti hanno i capelli lunghi-
Alex, seccata, chiuse la conversazione senza nemmeno replicare e darne preavviso, e si infilò il cellulare nella borsa con più energia del dovuto.
Continuò a camminare, o per meglio dire a marciare, a giudicare dalla forza che metteva in ogni passo, verso la sua macchina.
Entrò dentro sbattendo forte lo sportello.
Prima del soggiorno in Irlanda non le dava il minimo fastidio che i suoi amici la considerassero un maschiaccio. Almeno, non quando non c’era Will.
Invece da quando aveva intrapreso quella pazza e sconclusionata storia col suo migliore amico, fatta per lo più di sesso che di veri momenti romantici, ogni singola battuta sul suo passato, sul suo essere terribilmente brava nello sport la faceva andare in bestia.
Se Will l’aveva notata come ragazza, perché non avrebbero dovuto farlo anche gli altri?
A dir la verità, il povero Josh si era prestato ai suoi scopi quando aveva avuto bisogno di aiuto per far accorgere Will della sua femminilità.
E sempre lui, non l’aveva mai veramente considerata un maschiaccio.
Ma pur sempre lui, era un maledetto stronzo, si disse Alex.
Presa dal flusso dei suoi pensieri contro l’amico, quando il suo telefonino squillò nuovamente, sospettando che fosse ancora Josh, prese la chiamata senza guardare il numero.
-Senti bello, io sono una ragazza e posso anche provartelo se non ci credi!-
La sua rabbia svanì in una manciata di secondi quando ascoltò dall’altra parte una risata divertita.
-Oh cazzo, ma certo che sei una ragazza. Lo so-
Quel tono così invitante, così terribilmente persuasivo ebbe il potere di farla prima sbiancare come un lenzuolo, poi di renderla rossa come un pomodoro nel tempo di un respiro.
Alex ascoltò la risata bassa dell’amico e la sua voce seducente come sempre, per poi mettersi a balbettare.
-Io... Josh... oh merda- farfugliò senza senso, provocando altre risa nel ragazzo.
-Ciao Will- pigolò, imbarazzata e umiliata.
Il ragazzo continuò a ridacchiare, poi domandò con un pizzico di strafottenza.
-A chi devi dimostrare di essere una ragazza?-
-A nessuno-
Alex, imbarazzata per la figuraccia fatta con lui, per avergli urlato in faccia e per avergli soprattutto regalato un motivo per prenderla in giro, si affrettò a mostrarsi calma, del tutto padrona della situazione.
Lei non poteva vederlo con i propri occhi, ma era certa che il ragazzo, ovunque si trovasse, stesse sogghignando.
Cercò subito una scusa per deviare altre possibili battutine.
-Allora, cosa c’è? Cosa vuoi?-
Come se non lo sapesse già. Se Will l’aveva chiamata sul suo cellulare, invece di venirla a trovare nel suo appartamento, significava che non voleva essere visto da nessuno in atteggiamenti compromettenti. E se non desiderava essere visto in atteggiamenti ambigui, significava che ciò che voleva era qualcosa di altamente compromettente.
-Perché non stiamo un po’ insieme, oggi?-
Alex sapeva che per rispetto del suo cervello, del suo onore e della sua personale dignità non avrebbe dovuto accettare il suo invito. Lo sapeva benissimo questo, il suo orgoglio era una delle cose a cui teneva di più al mondo; piuttosto che umiliarsi davanti a qualcuno avrebbe preferito morire.
Eppure, se questo qualcuno avesse risposto al nome di William Schwartz junior, lei avrebbe anche accettato di spogliarsi in mezzo ad una piazza gremita di gente.
Il sentimento che provava per lui era così forte, così intenso, e la paura di perderlo così grande e incombente, che era costretta ad accettare quei sotterfugi pur di passare del tempo con il ragazzo.
Per cui accese il motore dell’auto e domandò:
-Dove?-
-Vieni a casa mia, anche ora se vuoi. E mettiti qualcosa di bello. Lo sai che mi piaci da morire con quel completino rosso...-
Alex rimase parecchio delusa da quel suo commento. Si limitò a sorridere stanca, forzata, e a rispondere:
-Certo Will. Come vuoi tu-
Mentre percorreva a velocità tranquilla le strade della metropoli, la ragazza osservò con aria triste il portachiavi che era appeso allo specchietto retrovisore principale.
Esaminò la situazione che avrebbe vissuto di lì a poco: sarebbe entrata nell’appartamento di Will, avrebbero bevuto qualcosa di fresco e avrebbero parlato di sciocchezze prese a caso, senza senso, pur di dare una certa complicità al loro dialogo. Poi lui si sarebbe stancato di tergiversare, o più probabilmente si sarebbe avvicinata l’ora di rientro della sua fidanzata, e Alex si sarebbe ritrovata sdraiata fra le lenzuola del suo letto in attesa che lui la seguisse.
Will sarebbe stato freddo, bravissimo come sempre e spensierato, libero da qualsiasi responsabilità.
Col suo tipico sorriso sulle labbra e quel modo di fare gentile che lei tanto adorava.
I primi tempi, dopo la prima volta che si erano ritrovati a fare l’amore in quella lussuosa villa irlandese, Alex, ogni volta che lui aveva voglia di ripetere l’esperienza era entusiasta, era meravigliata, stupita che lui avesse una tale considerazione solo per lei.
Dopo un po’ di tempo che i loro incontri andavano avanti, però, aveva cominciato quasi ad annoiarsi. Il tempo che passavano nel letto era scandito da momenti intensi, passionali certo, ma Alex aveva piano piano cominciato a covare una certa insoddisfazione per il suo comportamento.
Aveva paura di intraprendere con lui quel discorso però, per paura di perderlo.
Suonò il campanello di casa sua, tentando di mostrare un sorriso sulla faccia pensierosa che aveva.
Lo scattare della serratura avvertì la ragazza che la porta si stava aprendo; così avvenne, lasciando far bella mostra di sé, poggiato ad uno stipite, un bel ragazzo sorridente.
-Ti trovo proprio bene-
William, dai più conosciuto semplicemente come Will, era come da copione un ragazzo alto e ben dotato fisicamente.
In quel momento l’assenza dello smoking, a cui aveva preferito una semplice maglietta bianca e dei pantaloni di tuta, rendeva impossibile constatare quanto fosse asciutto il suo fisico.
A giudicare poi dai capelli, stravolti un po’ in tutte le direzioni, certamente non freschi di una visita dal barbiere, stava fino a qualche minuto fa sbragato sul divano a guardare la televisione.
-Sembra che tu abbia fumato qualcosa di pesante, a giudicare dalla tua faccia e dal tuo sorriso- commentò con finta aria critica la ragazza, rimanendo ferma sulla soglia.
-Non ti piace il mio sorriso?- domandò lui, indicandoselo.
-Lasciamo perdere, va’-
La ragazza non era proprio in vena di intrattenersi a giocare con lui, per cui lo spinse di lato con una mano e oltrepassò la soglia della porta con passo deciso.
Will aspettò che lo superasse, poi chiuse la porta e la raggiunse, arrivandole alle spalle.
-Io sorrido perché sono contento che tu sia venuta, non perché mi sono fumato marijuana- spiegò, arrivandole alle spalle e abbracciandole la vita.
-Mi fai bere?- domandò Alex, rovesciando la testa all’indietro per dargli un bacio sul mento.
-Dovrei avere qualcosa-
Will, compiaciuto di averla trovata dell’umore giusto ai suoi scopi, si allontanò in cucina.
Alex invece si diresse, conoscendo il tragitto a memoria, verso la camera da letto. Appena entrata si tolse la borsa e le scarpe, dando un’occhiata in giro. Non poté fare a meno di farsi scappare un sorriso.
Will aveva poggiato tante piccole candele ai piedi del letto, sul mobile, in modo da creare un’atmosfera particolarmente intima; poi aveva cambiato le lenzuola del letto, da bianche a rosse e ciò aggiungeva al tutto una sensazione di proibito, di sbagliato, tremendamente allettante.
Perciò quando lui tornò, misteriosamente privo di maglietta, a sedersi sul suo letto con in mano una bottiglia e due bicchieri, Alex gli chiese:
-Come mai?- indicò la stanza semibuia attorno a sé -volevi convincere Jamie ad avere un bambino?-
Will fece un gran sorriso divertito mentre versava del liquore nei bicchieri e ne porgeva uno all’amica, che ben presto si sedette accanto a lui.
-No, che dici?- alzò il bicchiere con un cenno e poi ne mandò giù un abbondante sorso -Non è per Jamie. È per te-
-Grazie-
Alex cominciò, seguendo il suo esempio, a bere la sua parte, tenendo gli occhi sul ragazzo.
Will terminò di ingoiare il liquore e poggiato il bicchiere per terra, lentamente, salì sopra di lei, inducendola a sdraiarsi.
Il ragazzo teneva sempre imperterrito sul viso quel sorriso bello, calmo, felice mentre con le mani a palmo aperto sollevava il vestito della ragazza oltre le gambe.
-Perché non mi sono accorto di te prima?- domandò più a se stesso che ad Alex, intrappolata sotto il suo corpo.
-Boh, non so. È il dilemma della mia vita- sorrise lei, abbracciandolo e facendosi accarezzare.
-Forte- commentò lui, mentre provvedeva ad infiltrarsi di più sotto il vestito.
-Cosa?-
-Sono contento di essere il dilemma della tua vita- le sorrise, sincero, unendo le loro labbra.
 
Alex sbadigliò sonoramente, stanca e ancora avviluppata nell’abbraccio del suo amico, sfregandosi ripetutamente contro il suo collo, con aria affettuosa.
Will la lasciò fare, passando una mano lungo tutta la linea della sua colonna vertebrale.
-Ti ricordi di quando dovevo studiare per un test di letteratura?- domandò, con la testa rivolta verso il torace, contorcendosi per riuscire a guardarla negli occhi.
-Mhm- la ragazza fece un mugugno e si alzò su un gomito, rendendogli più facile i movimenti -ma perché questi aneddoti molto interessanti non li tieni per altri momenti?- chiese.
-Ma no, lo dico perché avevamo studiato così tanto che ci eravamo addormentati sul divano di casa mia- obiettò con un sorriso gentile lui, dandole un bacio sulla testa.
Alex sorrise.
In quel momento si poteva definire l’esatto ritratto della felicità. Certo, era consapevole che quel suo stato d’animo sarebbe durato  ben poco, che una volta fuori da quelle calde lenzuola e dall’abbraccio affettuoso di Will si sarebbe sentita come sempre svuotata, ma non poteva fare a meno di sentirsi bene, felice, stretta attorno al suo corpo.
C’era solo un piccolo pensiero che vagava per la sua mente, a rovinare il momento di contentezza.
Non ricordava esattamente cosa le avesse detto di fare il dottor Baileys, quel pomeriggio.
 
31 luglio
 
-Allora, pensi di portarmi questo cheesecake o mi conviene ordinare una pizza?-
La voce di Josh, ironica come al solito e diluita con una buona dose di cattiva strafottenza, arrivò alle orecchie di Alex, che in cucina, con due guantoni da cucina al posto delle mani tentava di recuperare il salvabile del suo sfortunato dolce.
-Ehm...- esordì, non trovando una scusa possibile al suo disastro, se non la sua incapacità culinaria.
Josh fece un sospiro e si alzò dalla comoda poltrona su cui era seduto per dirigersi nella cucina.
Non appena oltrepassò la soglia del salotto le sue narici furono investite da un’inconfondibile odore di bruciato. Coprendosi il naso con una mano, fece una smorfia disgustata.
-Oh dannazione, donna! Credevo che fossi in grado di preparare uno stupido dolce senza rovinare tutto!- esclamò, sventolando la mano attorno a sé e aprendo la finestra.
-Scusami, scusami Josh. Sono un completo impiastro, è vero!- piagnucolò lei, evidentemente dispiaciuta di aver combinato quel guaio.
Alex si spostò stancamente i capelli sudati dalla fronte, portandoli sopra il capo, e sbuffando si sedette sul bancone della cucina.
-Sono un disastro. Sono la persona più imbranata che esista sulla terra. L’unica cosa che so fare bene è correre, tirare calci ad un pallone e lanciarlo oltre la meta per fare touchdown-
Lanciò i guanti da cucina verso l’angolo cottura, e quelli perfettamente atterrarono dentro una pentola vuota. Notando di aver fatto canestro, lei gemette di più e dopo un gran sospiro si lasciò cadere giù.
Josh tossicchiò, adoperandosi per far uscire tutta quell’aria cattiva fuori, e poi guardò il viso dell’amica.
Vide che ci era rimasta proprio male, e forse, si disse, aveva esagerato.
-Ehi piccola- le si avvicinò, sorridendo e gli diede un buffetto sulla guancia -dai, non importa; tanto non ne avevo poi così voglia. Mangiamo una pizza, che è tanto che non lo facciamo-
Subito afferrò il telefono attaccato alla parete e compose il numero.
Josh, secondo Alex, era un tipo molto simpatico. Non aveva nemmeno lontanamente la metà della bellezza e del carisma di cui era dotato Will, ma era certamente più umano, meno perfetto e per questo forse anche più simpatico.
Da quando Alex si era decisa a darsi da fare per far accorgere Will della sua femminilità, Josh era diventato il suo miglior confidente, sopperendo al ruolo di migliore amico che per tanti anni era stato di Will, ora che lo vedeva come un desiderio, come un sogno irraggiungibile.
Così Josh aveva cercato di aiutarla nella sua missione di conquista e dei risultati, anche se non del tutto soddisfacenti, erano stati ottenuti.
Un po’ dopo, eliminati i resti del tentato cheesecake di Alex, erano entrambi seduti in salotto, davanti ad un cartone di pizza fumante.
Ma la ragazza, mentre ingollava quantità considerevoli di pomodori e mozzarella, aveva ancora l’espressione triste e delusa di prima.
-È inutile che cerchi di tirarmi su- avvertì l’amico -è vero. Oltre ad essere brava negli sport, non ho altre qualità-
Brava negli sport, si ripeté mentalmente. Se fosse almeno servito a qualcosa, se fosse almeno stato un pregio. Nessun uomo si sarebbe mai interessata a lei, perché era brava negli sport.
Non sapeva cucinare, non era precisamente un genio, non aveva la folgorante bellezza di Jamie, la fidanzata di Will, e certamente non era milionaria.
Perché mai un uomo avrebbe dovuto interessarsi a lei?
-Non è vero Alex- la contraddisse Josh, infilandosi un bel pezzo di pizza fumante giù per l’esofago -tu sai fare molte altre cose-
-Lo dici solo per farmi piacere- obiettò lei, senza sorridere.
-Be’, da quello che mi ha detto Will, sei brava a fare tante belle cose, oltre ai touchdown- ammiccò il ragazzo.
Alex dapprima arrossì, poi s’indignò.
-Perché, cosa ti ha detto Will?- domandò.
-Mi spiace, sono cose fra uomini- fece lui, tornando a dedicarsi alla sua parte di cibo, ma rivolgendole un’occhiata divertita.
-Oh certo. Una volta tu e Will mi raccontavate tutti i dettagli delle vostre schifezze- replicò, offesa per finta.
-Ma perché prima io e Will credevamo tu fossi un maschio!- disse Josh, sorridendole e stringendosi nelle spalle -Invece ora non si può più perché hai iniziato a mostrare segni evidenti di effeminatezza-
-Cretino-
Alex si imbronciò, e mettendosi a gambe incrociate sul sedile del divano voltò il capo in un’altra direzione, apposta per non guardarlo.
-Ehi, lo sai che scherzo, vero? Lo sai che ci piaci molto di più ora, senza indossare sempre le tute da ginnastica?-
Lei sorrise e incrociò il suo sguardo, smettendo di essere offesa.
-Se non altro piaccio a Will-
Mangiarono pizza e conversarono del più e del meno per un altro po’, finché con uno sbadiglio sonoro Josh annunciò che era ora di ritirarsi.
Alex lo accompagnò fino alla porta, contenta di averlo visto e di aver passato del tempo con lui.
-Mi raccomando- fece il ragazzo, infilandosi le mani in tasca prima di oltrepassare la soglia della porta d’ingresso -fai la brava. Niente profumi, niente smalto e niente trucco sul viso, o veramente penserò che sei diventata una femmina-
Alex rise della sua battuta, poi si alzò sulle punte dei piedi per posargli un bacio sulla guancia.
-Oh, e vacci piano con Will. Niente porcate. Che poi a lungo andare, fra te e Jamie, mister playboy non ce la fa più, eh?-
-Io non faccio proprio nessuna porcheria- ribatté la ragazza.
-Non da quello che mi ha detto lui- insinuò Josh, allontanandosi subito dopo per evitare il colpo di lei.
-Ancora?-
Alex tentò di calciarlo fuori, ma lui facendo qualche passo indietro si portò fuori dal suo raggio d’azione.
Chiuse la porta e poi si affrettò a ripulire il salotto dei resti della serata.
 
2 agosto
 
Ansimò pesantemente, sentendosi attraversata da una scossa elettrica lungo tutto il corpo. Cercò di contorcersi per liberarsi dalla stretta di due manette che le si erano attorcigliate attorno ai polsi, ma ogni sforzo era inutile poiché quelle erano state fermamente legate alla testata del letto.
Alex allargò un po’ di più le gambe e sbarrò gli occhi verso il soffitto, presa da una sensazione di impazienza e voglia insieme.
Non dovette attendere a lungo prima di essere esaudita, e quando Will si decise a farla star calma, a soddisfarla lei proruppe in un gemito alto ed equivoco.
Poco dopo una chioma castana, arruffata e sudata, emerse da sotto il lenzuolo che fino a quel momento aveva coperto il corpo nudo di Alex, sorridendo sornione e riprendendo fiato.
Lei lo guardò salire sempre più su sopra il suo petto per portarsi accanto al suo viso.
-Ti è piaciuto?- domandò presuntuoso, come se avesse bisogno di ribadire il suo controllo, la sua superiorità, la sua esperienza.
E Alex, rimanendo fedele alle sue vere sensazioni, incapace di negarsi a lui qualunque cosa le domandasse, chiuse gli occhi e sfregandosi contro il suo corpo annuì.
Will sorrise compiaciuto, soddisfatto di se stesso e si lasciò cadere accanto a lei, spostandosi i capelli dalla fronte.
-Will-
Con la voce ancora debole per via dell’enorme sconvolgimento provato poco prima, Alex lo guardò negli occhi, decisa finalmente a fargli quella domanda che si teneva dentro da troppo, tanto tempo.
-Sì piccola, dimmi-
Lui premuroso la abbracciò e le poggiò un bacio sulla fronte.
-Lasceresti Jemimah per me?-
Lo aveva chiesto a bruciapelo, come se a quelle parole fosse seguita poi una secchiata d’acqua gelida a spezzare l’atmosfera intima fra di loro. Ma lo aveva anche chiesto con una faccia ansiosa, preoccupata.
Will esitò un istante prima di rispondere a quella domanda, e sorrise per smorzare un po’ la tensione del momento.
Si portò contro il suo naso, accarezzandole il corpo nudo per imprimere più sicurezza alle proprie parole.
-Certo-
Quella risposta ebbe il potere di gettare Alex in uno smarrimento totale, in una felicità straordinaria che però ebbe bisogno di un’altra sicurezza per definirsi certa.
-E quando lo farai?-
Will si spostò da lei, stavolta, e guardò verso il comodino accanto al letto dove erano sdraiati; sembrò più insicuro su cosa rispondere stavolta.
-Presto-
Per impedirle di formulare altre richieste pericolose Will la baciò e fece in modo di salirle sopra, liberandola piano dalla stretta delle manette.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Mille grazie a chi ha recensito la storia, a Mizar19, kyraya e mo duinne, e a chi l'ha messa fra le preferite e chi la segue. Prometto aggiornamenti più frequenti, tanto più che restano solo tre capitoli da pubblicare.





22 agosto

 
-Posso dire di essere molto soddisfatta, dottore-
Alex annuiva convinta verso il soffitto, sdraiata di nuovo sul lettino, nello studio del dottor Baileys.
-Mi fa molto piacere-
-C’è solo una cosa che non capisco, dottore-
-Mi dica-
-È da tre settimane che mi ha detto che avrebbe lasciato Jemimah. Eppure non cambia nulla-
Dopo questa frase ci fu un attimo di pausa, in cui Alex si voltò verso lo psicologo per ascoltare il suo parere.
Sentendosi chiamato il causa, l’uomo sospirò e chiese:
-Posso permettermi di dirle una cosa?-
Sospettosa lei si accigliò.
-Mi farà stare male?- domandò.
-Forse un po’- rispose lui.
-E allora se la tenga per lei-
-E va bene-
Il dottor Baileys allargò le braccia e si sedette comodamente sulla sedia. Ah, com’era difficile!
Si trovò a pensare che se solo i suoi pazienti lo avessero seguito dal principio e fedelmente, lui avrebbe risparmiato parecchie sedute, loro avrebbero risolto più velocemente i problemi e nelle sue tasche sarebbero arrivati soldi molto più velocemente.
Alex si ostinò a non guardarlo, ma vedendo che rimaneva in silenzio, tormentata dal tarlo di scoprire cosa avesse da dirle, sbuffò.
-E va bene, lo dica- concesse, incrociando le braccia.
-Ecco, io le avevo espressamente raccomandato di non cedere ad alcuna sua richiesta di contatto fisico. Lei ha seguito il mio consiglio?- domandò, con tono professionale.
Alex arrossì e distolse lo sguardo.
-Ehm- tossì -no-
-Perché non lo ha fatto?- chiese quasi stanco il dottore.
Lei arrossì ancora di più, per rispondere a quella domanda.
-Io... io avevo voglia di far l’amore con lui-
-Non mi sbagliavo su di lei, signorina- commentò l’uomo, scuotendo la testa rassegnato.
-Che vuol dire?-
Alex saltò a sedere e lo guardò con occhi meravigliati.
-Lei soffre di astinenza sessuale-
A questa frase la ragazza scese immediatamente dal lettino, spalancando la bocca indignata.
-Ma come si permette di dire una cosa del genere?- sbottò, arrossendo e arrabbiandosi insieme.
-Ma è la pura verità- si limitò a replicare calmo il dottor Baileys.
-Ma non è vero!- obiettò indignata lei.
Balbettò, arrossì e poi notando che lui non aveva smosso di un millimetro quella faccia calma, tranquilla e padrona della situazione, domandò:
-E lei poi, cosa ne sa della mia vita sessuale?-
Del tutto indifferente e per nulla preoccupato della sua rabbia lo psicologo seguì con l’indice un rigo dei suoi appunti.
-Ho scritto tutto qui. Lei ha avuto la sua prima volta lì in Irlanda, con il suo migliore amico del quale è innamorata da una vita. Lei non ha mai avuto altri rapporti di questo genere con altri uomini, e perciò crede che l’unico capace di trovarla interessante sia solo Will. Lei sta commettendo uno sbaglio imperdonabile. Carta canta- recitò a memoria, fissandola con quegli occhi tranquilli e quella flemma così snervante.
Alex ebbe voglia di tirargli un bel pugno anche solo per togliergli quell’espressione saccente dal viso.
Anche perché forse, dentro di sé, sapeva che quelle cose erano vere dalla prima all’ultima.
Farfugliò versi incomprensibili per un po’, cercando di riprendere il controllo di se stessa e della situazione.
-Lei... lei si sta sbagliando!- affermò, riacquistando un po’ di dignità.
-No-
-Sì-
-No- replicò pacato l’uomo, accennando un sorriso per l’espressione della ragazza.
-Sì invece-
-Okay, mi sto sbagliando-
-Ecco, per l’appunto-
Irritata e ferita nell’orgoglio Alex prese la sua borsa e marciando verso la porta non degnò di un solo sguardo il dottor Baileys, se non quando, sulla soglia dell’uscio, disse:
-Arrivederci, dottore!-
Detto questo sbatté forte la porta e sparì.
Lo psicologo chiuse gli occhi e si passò una mano sulla barba, sospirando.
Ce ne fosse uno che non sbatta la porta, pensò.
 
Alex, sentendo squillare la suoneria del cellulare, si fermò nel mezzo di un ingorgo stradale, fra i clacson e le urla irritate degli automobilisti, per rispondere alla chiamata.
Quando, dal tono di voce, riconobbe Will, il suo viso si illuminò e tutto il nervosismo di prima sparì magicamente.
-Ciao Will- salutò.
-Ciao piccola. Senti, avrei una notizia da darti-
-Ah sì?-
Alex resse con una spalla l’apparecchio, mentre con le due braccia sterzava nel traffico e cambiava marcia.
-Sì. Insomma, è una cosa molto importante per me e desideravo che tu fossi la prima a saperlo...-
A quelle parole, lei arrossì, sbiancò, diventò viola tutto in una volta, come le accadeva sempre ad ogni sua frase. Pendeva letteralmente dalle sue labbra, tanto da prendere per oro colato qualsiasi cosa lui le dicesse.
Pensò che la notizia che dovesse darle fosse quella di una sua separazione da Jemimah, e perciò tutta contenta, trepidante, attese le sue parole.
-Dimmi-
-Io e Jemimah ci sposiamo-
Un rumore di gomme che sterzavano malamente sull’asfalto, una parolaccia pronunciata ad alta voce, l’urlo di qualche passante furono il risultato di quella frase.
 
22 agosto, pomeriggio, ore 17:49
 
Alex giaceva sul lettino, le mani incrociate sulla pancia, gli occhi come sempre al soffitto e gli occhi gonfi di pianto.
Stava deliberatamente singhiozzando.
-Quando me l’ha detto capisce come ci sono rimasta? Capisce? Me l’aveva promesso, aveva detto che l’avrebbe lasciata!-
Un singhiozzo più forte la travolse e presa dall’emozione non riuscì a continuare la frase.
Il dottor Baileys sospirò e le porse gentilmente un pacco di fazzoletti.
Dopo che lei si fu rumorosamente soffiata il naso e asciugate le lacrime riuscì di nuovo a parlare.
-Non ci posso credere. È solo un bugiardo, è solo uno stronzo!-
Ricominciò a piangere fra sé, senza alcuna pausa, sotto gli occhi comprensivi dello psicologo.
L’uomo si disse che se ora si trovava in quello stato, la colpa era unicamente di lei, di lei che non aveva voluto ascoltare i suoi consigli dall’inizio.
Cosa avrebbe mai potuto pretendere da un soggetto che tradiva la fidanzata con la migliore amica?
Sospirò, guardando la ragazza piangere accanto a lui.
Non sapendo che altro fare per consolarla, le poggiò una mano sulla testa, cominciando poi ad accarezzarla.
Quel contatto fisico fece smettere ad Alex di piangere e la ragazza, guardando l’uomo con occhi acquosi, domandò quasi indifesa:
-Cosa fa?-
-Oh, mi scusi-
Imbarazzato e per la prima volta incapace di gestire una situazione, lo psicologo arrossì, e quel gesto, anche se avrebbe dovuto suscitare in lei preoccupazione, riuscì in qualche modo a metterla a suo agio.
Calmò piano piano le sue lacrime, fino a smettere del tutto di singhiozzare.
-Mi ha invitata al suo matrimonio- disse, per rompere il silenzio creatosi.
Il dottor Baileys si ricompose, tornò ad assumere un tono professionale e replicò:
-Io penso che lei dovrebbe andarci-
-Ne è proprio sicuro?- domandò Alex.
Lei, dal primo momento, aveva subito imposto a se stessa che non ci sarebbe andata, perché sarebbe stato troppo umiliante e opprimente vedere Will assieme a Jamie davanti l’altare. Aveva deciso che non si sarebbe nemmeno preoccupata di far loro gli auguri e un regalo di nozze.
-Sì, certo-
Caspita, pensò lei. Ora si profilava davvero un bel problema.
-Mi scusi, ma io non ci voglio andare. Che ci vado a fare? Vado a fare le congratulazioni a quelli lì quando invece vorrei solo prendere la sposa a calci nel sedere?- fece, stringendosi nelle spalle.
Lo psicologo sorrise di quell’espressione che lei aveva fatto e poi, ricomponendosi, aggiunse:
-Ma certo. Vede, se lei non si presenta al matrimonio farà capire che ne è rimasta distrutta, che lui ha il pieno controllo di lei-
-E quindi?-
-Invece se lei si presentasse alla cerimonia con un bel ragazzo, con un viso allegro e mostrasse di essere felice per il matrimonio qualcosa potrebbe ottenere-
Alex meditò un po’ su questo ragionamento; a dir la verità, non le sembrava poi una grande idea. A dir la verità, non si sentiva in grado di presentarsi lì, davanti a Will, e fingere indifferenza, quando al contrario si sentiva dilaniare il cuore per la sofferenza.
-Io... io non lo so- fece, titubante.
Il dottor Baileys le rivolse un nuovo sorriso, più invitante del precedente.
-Può farcela-
Si guardarono per un momento negli occhi, e Alex per la prima volta in tutte le sedute precedentemente trascorse trovò un barlume di umanità, una luce di sicurezza in quegli occhi scuri e profondi dell’uomo.
Rimase piuttosto in soggezione per quell’occhiata, e senza volerlo si ritrovò ad aderire a quella proposta.
-C’è un problema però- disse, quasi timidamente, arrossendo.
-Sarebbe?-
-Non ho nessuno che  mi accompagni- confessò, imbarazzandosi.
Lo psicologo fu tentato di ridere, ma si trattenne per rispetto della serietà con cui lei aveva pronunciato la frase.
-Non vorrà dirmi che sul serio l’unico ragazzo con cui ha un rapporto più speciale è Will?- domandò, sornione, aspettandosi una smentita.
Quella non arrivò, come si aspettava, ma Alex invece di rispondere a quella domanda retorica stette un momento in meditazione. Pensosa, alzò ad un tratto lo sguardo sul dottore, con una certa espressione illuminata.
-Dottor Baileys- cominciò -le andrebbe di compiere una pazzia?-
 
27 agosto, ore 14:01
 
Il salone dell’albergo era tutto pieno di invitati che chiacchieravano animatamente, allegri, fra di loro. Il soffitto era illuminato dalle lampade cristalline che creavano un particolare gioco di luci, dando al tutto un’aria sofisticata, completata dai colori delicati della lunga tovaglia che ricopriva il tavolo.
Will aveva voluto sistemare un'unica tavolata nella sala, in modo da far stare insieme tutti gli invitati. Lui era stato, dal momento in cui erano arrivati nell’albergo, sempre in piedi a ricevere congratulazioni e strette di mano, da persone che a malapena conosceva. Camminava fra gli invitati, preoccupato che l’antipasto fosse di loro gradimento, e mentre percorreva il lato destro della sala notò una persona che si era appartata per parlare al telefono. Riconoscendolo, gli si avvicinò.
Josh, vedendo avvicinarsi l’amico, subito ebbe premura di chiudere la conversazione e infilarsi il cellulare nel taschino della giacca.
-Congratulazioni, amico!- gli strinse la mano in una morsa poderosa, dalla quale Will si sciolse presto.
-Sì, mille grazie, ci credi che ho baciato sulle guance ben più di cento persone senza nemmeno conoscerle?- fece, appoggiandosi al muro.
-Ehi, te la sei cercata-
-Sì, è vero, me la sono cercata- lui alzò le mani per concedere vittoria all’altro, poi pensoso tornò a guardare la massa di invitati.
Non voleva proprio pronunciare quelle parole davanti all’amico, ma stava diventando piuttosto impaziente.
-Dov’è Alex?- domandò quasi irritato, scrutando ancora una volta con occhi attenti la sala, come se si aspettasse di vederla sbucare da dietro l’angolo da un momento all’altro.
-Tra poco viene, mi ha detto- assicurò Josh, ben attento alle reazioni dell’amico.
Will sbuffò, e si asciugò con una mano il sudore dalla fronte.
-Ci credi che sono un po’ nervoso?- domandò all’altro, con un’espressione tesa sul viso.
-Be’, è normale- alzò le spalle Josh, appoggiandosi pure al muro e guardando gli invitati che prendevano posto nella lunga tavolata -ti sei appena sposato-
-Ma non quello, deficiente!- sbottò nervoso Will, facendo un gesto stizzito con la mano.
-Credevo che lei non sarebbe venuta, e credevo che se fosse venuta sarebbe stata da sola- disse, quasi in un sussurro, mordendosi le labbra.
-Ah sei nervoso per via di Alex?-
Josh sorrise sornione, con l’aria trionfante di chi ha appena battuto un avversario.
-Zitto, ma che cavolo gridi?- lo rimproverò l’altro, guardandosi poi attorno per essere certo che nessuno l’avesse sentito.
-Chi cavolo ha in mente di portare con lei?- chiese ancora, come se considerasse quella faccenda una cosa assurda.
-Ah ti assicuro che non lo conosco- fece Josh, alzando le mani.
Era vero: anche se Alex gli aveva parlato di quello che aveva intenzione di fare, non conosceva il nome dello sconosciuto che avrebbe usato per far impazzire Will.
Will di nuovo sbuffò e nervoso sbatté il tallone contro la parete, accigliandosi e continuando a guardare verso l’entrata del salone.
-Attento- gli mormorò Josh, spostando gli occhi su una ragazza -Jemimah-
Will fece appena in tempo a ricomporsi e a mettere su un sorriso tranquillizzante, dei suoi, che sua moglie lo raggiunse e lo prese per mano.
-Amore, dobbiamo cominciare a mangiare. Vieni-
Lo tirò gentilmente per la mano, mostrandogli un gran sorriso.
-Ma certo-
Will si staccò dal muro e rivolta un’ultima occhiata all’amico prima di allontanarsi assieme alla moglie.
Jemimah indossava un lungo abito bianco, del quale lo strascico si perdeva sul pavimento. Dato che si trovavano in agosto, e faceva piuttosto caldo, lei aveva optato per un abito che le arrivasse non più sopra del petto, tutto ricamato col pizzo, e un paio di guanti bianchi e lucidi per contornare l’insieme. I capelli biondi che aveva di solito tenuti sciolti, ora erano stati con maestria raccolti dietro la testa, puntellati da tanti spilli perlati; con studiata noncuranza, poi, qualche ciocca resa riccia sfuggiva all’acconciatura.
Chiunque, ad un occhio esterno alla vicenda, avrebbe certamente concordato che lei fosse bellissima.
Will, lo sposo, che indossava un semplice smoking scuro, era l’unico che pareva non essere attratto morbosamente dalla bellezza della moglie, nonostante fosse l’unico ad averne il diritto.
Lui, non appena si fu seduto al suo posto proprio in mezzo alla tavolata, montò sul viso un sorriso di circostanza, ma immediatamente i suoi occhi attenti si precipitarono a fissare l’entrata della sala, ancora in attesa dell’arrivo di qualcuno.
 
-Mi raccomando, si ricordi che io non ho un lavoro fisso, che abito in un appartamento nella diciassettesima e che i miei genitori vivono dall’altra parte dell’oceano-
-Ora capisco il perché di tutto questo nervosismo, lei non è veramente inglese-
-E la smetta di parlare come se fosse uscito da un’enciclopedia!-
Alex si fermò proprio sulla soglia del salone, dove erano riuniti tutti gli invitati, e si fermò a guardare l’uomo che la stava accompagnando.
-Le dà fastidio?- domandò gentilmente lui.
-Sì, mi dà i nervi- confermò la ragazza, senza smettere di guardarlo.
-Mi scusi-
Un irriconoscibile dottor Baileys era ritto in tutto il suo metro e ottanta, e fissava la ragazza davanti a lui con un misto di commiserazione e divertimento.
-Lo sa, è la prima volta che vengo ad un matrimonio senza conoscere nessuno- commentò, aggiustandosi il nodo della cravatta.
Lui stava indossando elegantemente un abito grigio, semplice; i capelli, di solito lasciati incolti, erano ora allungati, tenuti all’indietro da una buona dose di gel, e la barba abitualmente folta era del tutto scomparsa.
-Be’ vede, sarà una nuova esperienza-
Alex si voltò verso la porta, facendo un bel respiro.
-Non posso farcela-
-Lei deve farcela- la corresse l’uomo -mi ha trascinato qui, ora siamo davanti al salone, siamo entrambi in ghingheri per l’occasione, non può tirarsi indietro-
Lei gli rivolse un’occhiata di rimprovero, poi incrociò le braccia al petto.
-Mi dica la verità- iniziò -a lei piace da morire sapere sempre tutto di tutti, vero?-
Il dottore sorrise sornione, alzando le spalle.
-Deformazione professionale- si giustificò.
Alex afferrò la piccola borsetta nera che portava appesa alla spalla e cercando all’interno estrasse un piccolo biglietto da visita.
-‘J. F. Baileys, psicologo’- lesse, pensierosa.
Poi alzò lo sguardo sul suo accompagnatore.
-Potrei sapere quanti anni ha?- domandò.
-Trentasette- rispose prontamente lui, senza scomporsi o mostrare disappunto per quell’invadenza.
Alex rimase perplessa della sua risposta. Ad essere sinceri, in tutte le sue sedute precedenti, a ben osservare l’uomo che aveva davanti, gli aveva affibbiato non meno di quarantacinque anni. Quella volta però, forse per colpa del mento pulito e rasato, o per via dell’aspetto elegante, si rese conto che non era poi tanto vecchio come pensava.
-Me ne dava di più?- chiese lui, sorridendo, come se avesse ascoltato i suoi pensieri.
-Un po’- sorrise di rimando lei, come preoccupata di offenderlo.
-Quanti?-
-Da quarantacinque in su-
A quella uscita lui rise divertito.
-Santo cielo, mi vesto così male?-
Alex arrossì, imbarazzata di essersi spinta così avanti nella conversazione, e tentò di smentire la sua affermazione.
-Ma no, sarà colpa mia che sono fissata... non mi piacciono gli uomini con la barba, credo...- buttò lì.
Poi notando che lui non aggiungeva altro lesse di nuovo il suo biglietto da visita.
-‘J. F. Baileys’- rilesse, e lo guardò interrogativa.
-Dovrò sapere come si chiama, o la messinscena non risulterà credibile- lo incitò, facendo un cenno eloquente con la testa.
Lui sembrò farsi rosso, ma solo per un attimo, perché poi riacquistò prontamente la sua solita sicurezza.
-John- rispose, mettendosi le mani nelle tasche.
-E la F. per cosa sta?- insistette la ragazza.
A quella domanda lo psicologo evitò accuratamente di guardarla negli occhi.
-Non è necessario che lo sappia- replicò, piegando la testa da un lato.
-Ma io lo voglio sapere-
Alex quasi senza accorgersene sorrise e assunse un’espressione piuttosto infantile e invitante. Per un attimo sia l’uomo che la ragazza si guardarono negli occhi, in silenzio.
-Fitzgerald- disse lui, per poi alzare gli occhi al cielo e farsi scappare un leggero sorriso.
-Fitzgerald?- ripeté, in procinto di sorridere divertita.
Ci pensò sopra un attimo, prima di aggiungere gesticolando un po’
-Vuole dire come... come John Fitzgerald Kennedy? Il presidente?-
Il dottor Baileys annuì, evitando di incrociare lo sguardo della ragazza.
-Caspita!- fece lei, ridendo un po’ -Be’, allora perché non si dà alla politica?- lo scherzò.
Lui scosse la testa, ignorando le sue battute e punzecchiandola di rimando dicendo:
-Poteva trovare una battuta più originale da farmi, però-
Alex invece di irritarsi incrociò le braccia al petto e lo fissò curiosa questa volta, come se dovesse soppesarlo e valutarne l’effettiva affidabilità.
-La sa una cosa?- esordì poi, senza smettere di guardarlo -Anche io ho un secondo nome-
-Non mi dica che è Elizabeth- intervenne lui, per farla ridere, riuscendo nel suo intento.
Così fu, Alex sbottò in una piccola risata contenuta, per poi abbassare gli occhi, arrossire e fissare la porta davanti alla quale erano fermi da oltre dieci minuti.
-No. Ehm...- arrossì e lo guardò furbamente -il mio nome di battesimo è Alexandra Diana Green-
Il dottor Baileys  aprì le labbra in un sorriso contagiante, ma non strafottente, piuttosto gentile.
-La sa una cosa, dottor Baileys?- disse ad un tratto lei.
-Cosa?-
-Non sono più nervosa. Se penso che il suo secondo nome è Fitzgerald mi viene da ridere. Ora possiamo anche andare, direi-
Lui gentilmente, come se non aspettasse altro che questo suo invito, aprì la porta della sala e la lasciò passare per prima.
-Grazie- gli sorrise lei, spostandosi per farlo entrare.
Una volta dentro, gli occhi di tutti gli invitati che avevano già incominciato a mangiare erano puntati dritti su di lei, che vergognandosi enormemente avvertì una spiacevole stretta alla pancia. Fu tentata dall’impulso di voltarsi improvvisamente e tornare indietro, ma poi la sua mente fu attraversata da un solo pensiero.
Fitzgerald.
Sorrise, alzò la testa, e iniziò a camminare.
 
Will aveva trattenuto il respiro e aveva distintamente sentito il suo cuore fare un tuffo carpiato all’indietro fino ad arrivargli in gola. Finalmente era arrivata, finalmente era arrivato il momento che stava aspettando da più di un’ora, finalmente la sua espressione ansiosa era stata appagata.
Eppure, quel momento tanto atteso in meno di un secondo lo rese ancora più ansioso e nervoso.
Alex camminò attraverso la sala, stretta in un corto abito verde scuro, fino ad arrivare ai due posti vuoti accanto a Josh.
Non smise di seguirla con lo sguardo per tutta la durata del suo tragitto, come incantato, stregato e al tempo stesso straziato da quella visione.
Il suo primo pensiero fu quello di andarle incontro e baciarla appassionatamente davanti a tutti, il secondo fu quello di trovarsi al posto di Josh, che sedeva accanto a lei e le stava sorridendo libero da qualsiasi vincolo, il terzo fu quello di mandare fuori a calci in culo l’uomo che la stava accompagnando.
Will credette di non aver mai provato una tale gelosia nei confronti di Alex. Non era mai stato ossessionato da lei, ma certamente le voleva bene e provava per lei una grande attrazione fisica. Era inoltre sicuro che lei non avrebbe mai avuto un altro uomo, un qualcuno che lo superasse. Era certo di avere il pieno controllo, il pieno potere su di lei, di essere l’unico con il permesso di toccarla e di avere un rapporto fisico con lei.
Ebbene quell’uomo, quell’uomo alto, maturo e dal viso tranquillo in meno di mezzo secondo aveva mandato in frantumi le sue certezze.
 
Alex si sedette al suo posto, e lo psicologo fece altrettanto, vicino a lei, stringendo la mano al ragazzo dai capelli rossi.
-Lui è il mio psicologo- spiegò sottovoce Alex a Josh, che dapprima stupito, strinse con più vigore la mano al dottore.
-Ah, ho capito- fece, sorridendo -piacere-
-Piacere mio-
Poi entrambi si concentrarono sul cibo.
Alex pensò di essere stata fortunata: sapeva benissimo che gli occhi di tutti ora erano puntati su di lei e sul suo misterioso accompagnatore, ma entrambi si trovavano all’ultimo posto della fila di sinistra, vicini solo a Josh, così da evitare qualsiasi contatto con altre persone e soprattutto domande imbarazzanti e pericolose che avrebbero mandato in fumo il suo piano.
Soddisfatta che la cosa stesse andando avanti come voleva, si dedicò al suo piatto con calma. Fu invece stupita quando sentì la voce dello psicologo chiedere all’amico:
-Lei... lei dev’essere quello che nascondeva i numeri di Playboy sotto il letto, vero?-
Josh per poco non si affogò con l’antipasto, sentendo quella domanda. Arrossì quasi quanto i suoi capelli, poi guardò l’uomo con aria colpevole.
-Be’... ehm...- tossì -credo di sì-
Poi si rivolse all’amica, che pure aveva tentato di soffocare una risata nel tovagliolo.
-Bell’amica, che va in giro a raccontare le mie cose!-
-Di me può fidarsi. Non le direi mai a nessuno. Il mio lavoro non è quello di giudicare le persone- si affrettò a specificare il dottore.
Josh lo guardò, incerto se fidarsi o meno; poi scelse per la prima, e sorridendo spiegò:
-Sì, ma in effetti la gente comune mi conosce come Josh-
-Josh, che è il diminutivo di...- aggiunse Alex, sorridendo sorniona al ragazzo.
Lui la fulminò con un’occhiata, ma il dottore sembrò molto interessato all’argomento perché lo invitò a continuare.
-Diminutivo di...? Facevamo proprio poco fa questo discorso-
Josh tornò nuovamente rosso prima di chinarsi verso lo psicologo e sussurrare:
-Joshcka-
Josh alzò le spalle e guardò l’uomo con aria rassegnata; il dottor Baileys scosse la testa, sorridendo divertito.
-Questo mi consola molto, davvero- commentò -la prossima volta che starò a rimuginare sul mio secondo nome mi ricorderò di lei-
-Perché, qual è il suo secondo nome?-
-John Fitzgerald Baileys-
Allora anche Josh ridacchiò e per non sembrare maleducato fu costretto a coprirsi la bocca con una mano.
-Lei si chiama Baileys?- domandò, tutto allegro, ridendo.
-Sì, esatto-
-Oh, fantastico- Josh allungò una mano oltre Alex, che stava seduta in mezzo ai due, e la batté amichevolmente sulla schiena dell’uomo -lei deve assolutamente offrirmi da bere-
 
Dal centro della tavolata, con i gomiti poggiati sul tavolo e l’espressione accigliata, Will continuava ad osservare i tre che discutevano allegramente.
D’accordo, si disse, non poteva evitare di ammetterlo. Era geloso.
Era tremendamente geloso, doveva dire la verità.
Era un sentimento del tutto inopportuno, a ben pensarci, dopotutto si era sposato da poche ore con una bellissima donna, l’aveva resa felice, aveva offerto una bella giornata e un bel pranzo a tutti i suoi invitati.
Eppure lui non aveva tutta questa gran voglia di sposarsi. Era stata Jamie a metterlo alle strette e a costringerlo ad organizzare in fretta e furia un matrimonio.
 
-Ma perché? Ma perché c’è tutto questo bisogno di sposarsi? Ma che cambia?- sbottò Will, facendo un gesto con la mano come a dire ‘ma cosa dici?’.
-Come sarebbe a dire cosa cambia? Credevo che il nostro fidanzamento fosse una cosa seria!-
Jemimah lo fissò spaventata e meravigliata allo stesso tempo, e accorgendosi della sua faccia lui fece marcia indietro.
-Aspetta- esordì, mettendo le mani avanti -io non ho detto questo...-
-Ah no? Hai detto che non vuoi sposarti! Sai una cosa? Credo che tu non la consideri nemmeno una cosa seria-
Will si passò una mano sugli occhi, seccato dell’argomento che stavano affrontando.
-E chi te lo dice?- domandò stancamente.
-Guarda che non sei più al liceo!- replicò energicamente Jamie, infiammandosi -Credi di poter vivere sempre senza responsabilità? Ma cresci un po’, Will! Non sei più un bambino!-
Lui si irritò ascoltando quelle parole e alzandosi in piedi ebbe l’istinto di risponderle male, ma poi, forse impaurito dalle conseguenze, si lasciò di nuovo cadere sulla poltrona.
-E va bene- concesse, sbuffando -ti vuoi sposare? E sposiamoci, maledizione!-
 
Jemimah sapeva bene che Will non era un tipo che amava prendersi responsabilità per quello che faceva, ma il fatto che avesse esplicitamente rifiutato la sua proposta di matrimonio l’aveva insospettita ancora di più.
Temeva, da un po’ di tempo, che Will le stesse nascondendo qualcosa, e senza desiderare di sapere cosa fosse, lei voleva assolutamente riprenderselo, o quantomeno riportarlo con entrambi gli occhi su di lei.
Per questo, notando che si era accigliato, gli si avvicinò e domandò:
-Cosa’hai? Il cibo non ti piace?-
Lui non rispose ma alzò di più il capo per scrutare ancora con cipiglio offeso Alex e il suo accompagnatore, di cui non conosceva il nome.
-Chi è quello lì?- mugugnò, imbronciato.
Anche Jamie osservò il profilo del dottor Baileys, incuriosita per un attimo, per poi abbracciare il marito e costringerlo a smettere di guardarlo.
-Ma che ne so, starà con la tua amica, no? Dovresti saperlo tu- lei gli imboccò una porzione di antipasto e aggiunse -Alex non te l’ha detto?-
-No, non m’ha detto nulla- lui si strinse nelle spalle e finalmente distolse lo sguardo dai due per concentrarsi sul cibo.
 
-Comunque, Alex- disse Josh ad un tratto -Will non ha fatto altro che chiedersi dove fossi finita per tutto il tempo-
Alex improvvisamente diventò rossa come i capelli dell’amico e smise di mangiare.
-Davvero?-
-Davvero-
-Visto? Gliel’avevo detto- commentò il dottor Baileys.
Ma Alex non prestò più di tanta attenzione alle sue parole, per dedicarsi a guardare lo sposo che ora aveva cominciato a mangiare assieme alla moglie. Eppure era certa che la stesse osservando proprio fino ad un attimo fa.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***




27 agosto, ore 15:56

 
-Maledizione, diventerò matto se non scopro chi è quel tipo- sibilò Will fra i denti, un po’ di tempo dopo, curandosi di non farsi sentire da Jemimah.
Non poteva allontanarsi dalla moglie, non poteva farle capire che era geloso marcio e che desiderava solo essere accanto all’amica piuttosto che sedersi accanto a lei.
Poi decise che se non l’avesse scoperto gli sarebbero venuti i crampi per il nervosismo, così piuttosto che rimanere lì seduto a crogiolarsi nel dubbio, si alzò dal suo posto.
-Dove vai?-
Quasi immediatamente e con tono ansioso, Jamie lo fermò per una manica.
-Vado solo a salutare Alex, che ancora non ho conosciuto il suo fidanzato-
Poi, notando il timore sul volto della moglie, aggiunse a questo un bel sorriso tranquillo e un bacio sulla bocca.
Allora Jamie si rassicurò e gli permise di allontanarsi, ricambiando il sorriso.
Will fece un respiro, si aggiustò la cravatta e si incamminò verso l’ultimo posto della fila di sinistra.
Ignorò gli altri invitati che gli rivolgevano battute e che cercavano di farlo sedere accanto a loro, per tirare dritto, osservando con sguardo accigliato l’uomo seduto comodamente all’ultimo posto.
-Il suo amico sta arrivando qui, signorina- informò il dottor Baileys.
-Will?-
Alex non ebbe nemmeno il tempo di girarsi che lui era già arrivato alle loro spalle.
Il ragazzo si era appoggiato ad una colonna del salone, e ora li guardava entrambi imbronciato.
-Il cibo è di vostro gradimento?- esordì, non sapendo che altro dire.
-Oh, ciao Will-
Alex lo guardò dritto negli occhi, arrossendo, forse impaurita e imbarazzata che lui l’avesse trovata in quella situazione.
Anche se era stata lei stessa ad architettare quel piano, ora che se lo trovava davanti non riusciva a non provare dispiacere per lui, non riusciva a non sentirsi colpevole di avergli fatto qualcosa di male.
Non aveva assolutamente il diritto di sentirsi così, pensò il dottor Baileys, intuendo la situazione.
-Congratulazioni, una festa bellissima- disse per spezzare il silenzio, porgendo una mano allo sposo.
Will spostò gli occhi dalla ragazza all’uomo, e fu rapido nel ricambiare la stretta della sua mano.
Notò che, visto così da vicino, sembrava un po’ più anziano di quanto non avesse preventivato. Fece un piccolo sogghigno.
-Mi scusi... non credo proprio di conoscerla- fece, sorridendo al dottore -Alex, è tuo zio?-
Alex comprese subito che lui aveva fatto quella domanda non perché non avesse capito che era il suo accompagnatore, ma perché voleva essere cattivo apposta.
Questo la fece irritare e si ricordò perché aveva organizzato tutto ciò, per umiliarlo e mostrarsi indifferente a quello che faceva o meno.
-No-
Sorrise e guardò con una strana espressione, un po’ maliziosa, un po’ ingenua, il dottor Baileys; lui fu colpito da quello strano sguardo, ma prima che avesse il tempo di domandarsi cosa significasse lei lo prese sottobraccio e gli si abbracciò.
-Lui è John- presentò, sempre sorridendo e mostrandosi sicura.
Esitò un momento se farlo o meno, poi notando con la coda dell’occhio lo sguardo irritato che aveva Will si convinse, e poggiò un bacio lungo, facendo schioccare le labbra, sulla guancia dell’uomo.
-È il mio fidanzato-
Mentre pronunciava quelle parole guardò bene il suo amico negli occhi, senza mollare la presa sul braccio dello psicologo, sorridendogli ancora.
Per Will fu come ricevere uno schiaffo in faccia. Tutta la sicurezza che aveva ostentato fino a quel momento vacillò pericolosamente, così come il suo sorriso.
-Ah sì?-
-Sì- stavolta, inaspettatamente, fu il dottor Baileys a parlare -ci frequentiamo da due settimane- mentì.
-Capisco-
Will sorrise, guardando ora l’uno ora l’altra.
-Be’...se era una cosa così importante, perché non me l’hai detto? Non mi hai mai parlato di lui- domandò.
-Non te l’ho detto? Davvero?-
Alex fece appositamente una faccia ingenua, fingendo di non sapere nulla, cosa che contribuì ad irritare ancora di più il ragazzo.
-No-
-Be’, forse perché in queste settimane sei stato impegnato con il matrimonio. Dev’essere stata una bella fatica-
-Non ti immagini nemmeno- ringhiò lui.
Will si infilò le mani nelle tasche, chiaramente disturbato da quella notizia.
-Be’, tanti auguri Will-
Alex a quel punto si alzò in piedi, si avvicinò al suo viso e senza nemmeno guardarlo negli occhi gli diede un bacio velocissimo sulla guancia, staccandosi subito e tornando a mangiare tranquilla la sua portata.
-Ancora congratulazioni-
Il dottor Baileys rivolse un ultimo sorriso allo sposo prima che questo si allontanasse verso il suo posto.
Alex, non appena Will non fu più nei paraggi, fece un gran sorriso ed esclamò:
-Caspita, che bella sensazione! Come mi sento bene!-
Anche lo psicologo le sorrise gentilmente, contento che fosse riuscita nel suo intento.
-‘No, è il mio fidanzato’- ripeté fra sé, come se non credesse di essere riuscita a pronunciare quelle parole -è stato proprio come tirargli un bello schiaffo-
 -Sono felice che lei sia felice.
 -Grazie mille, dottor Baileys- gli sorrise grata, stavolta dandogli sinceramente, non per finta, un piccolo bacio sulla guancia.
Lui per un momento fu spiazzato da quel suo gesto, e arrossì. Immediatamente però, tornò a guardare il suo piatto, sorridendo fra sé.
 
-A lei piace la musica, dottor Baileys?-
-Vuol sapere proprio la verità?-
-Certo-
-Dunque- il dottore si passò una mano sul mento, sospirando pensieroso -da ragazzino mi piaceva l’heavy-metal, se ricordo bene-
-L’heavy-metal?- ripeté Alex, sorprendendosi -O mio Dio-
-Cosa c’è?-
-Non posso credere che una persona come lei abbia ascoltato la musica metal-
-E perché mai?-
-Ma andiamo, s’è visto allo specchio?-
Il dottore sbottò in una risata divertita, a questa sua uscita, e scosse la testa.
Alex sorrise guardandolo e arrossendo un po’.
Ripresosi dalla risata, lui spiegò:
-Be’, quando ero ragazzino ero certamente più attraente-
-Lei dice?-
-Anche se essere un uomo ha i suoi vantaggi-
-Sarebbe?-
-Ora non devo più mentire sulle mie esperienze per attirare l’attenzione di una donna-
Alex soppesò quella sua affermazione, accavallando le gambe e poggiando il mento su una mano.
-Vorrebbe farmi credere che non ritornerebbe indietro nel tempo?- lo provocò, furba.
-Non sono così vecchio come lei mi crede. Ho ancora un sacco di tempo davanti a me. E poi, provare a giocare con la mente di uno psicologo non è una buona idea-
Alex arrossì e abbassò lo sguardo.
-Avevo dimenticato che a lei piace sapere sempre tutto- disse, rivolta a se stessa.
Il dottore fece un sospiro e distolto lo sguardo dalla ragazza lo lasciò vagare in giro per la sala. Consumata la porzione di frutta, gli invitati cominciarono ad alzarsi dal tavolo per sgranchirsi le gambe ed ispezionare l’albergo.
Rimasero per qualche minuto in silenzio, ma Alex, che di tanto in tanto gli lanciava occhiate senza farsi vedere, stava cercando un argomento per fare conversazione.
-Lei ha dei figli, dottor Baileys?- domandò ad un tratto, alzando la testa verso di lui.
-No-
-Le piacerebbe averli?-
-Non so. I figli distruggono la vita sessuale di coppia-
Alex a quell’uscita si irritò.
-Per favore, non mi parli più come se fosse uscito da uno di quei libri complicati...-
-Cioè, come?- domandò curioso, ma non offeso, l’uomo.
-Be’, per fare un esempio...- arrossì mentre lo diceva -si ricordi che non siamo nel suo studio, che siamo ad una festa assieme e adesso non sono una sua paziente-
Lo psicologo aspettò un po’ prima di rispondere, guardandola intensamente. Si sentì un briciolo in colpa per quello che aveva detto precedentemente.
-Mi scusi. Ha ragione, ma sa, per me è un po’ difficile...-
-Che vuole dire con difficile?-
Il dottor Baileys fece un movimento col corpo in modo da esserle più vicino, e spiegò quasi sussurrando:
-Per me è difficile smettere di fare l’adulto, se lei continua a darmi del lei e a chiamarmi dottore-
Alex lo guardò bene negli occhi, mentre ascoltava le sue parole, e arrossì vistosamente. Il dottor Baileys le stava esplicitamente chiedendo di abbattere il muro professionale che c’era fra di loro.
Abbassò lo sguardo ed esitò prima di rispondere.
-Be’, se lo dice lei...-
Poi riportò gli occhi su di lui.
-Lei lo sa cosa significa questo?- domandò timidamente.
-Cosa?-
-Che lei non potrà più essere il mio psicologo-
-Perché dice questo?-
Il sorriso gentile e tranquillo del dottor Baileys era sempre presente sul suo volto, come una costante matematica, e Alex non riusciva a capacitarsi di come quel viso potesse essere sempre così padrone della situazione.
Pensò improvvisamente che avrebbe desiderato metterlo in difficoltà solo per il gusto di vederlo a disagio.
-Andiamo, lo so anche io...- rispose, arrossendo.
In tutte le volte che si era trovata a parlare con lui, era arrossita almeno una decina di volte.
Il che non era affatto un dato trascurabile, considerando che lei non si era mai mostrata timida con i ragazzi.
Con i ragazzi, si ripeté, non con gli uomini.
-...uno psicologo non deve mai stabilire un contatto intimo con il proprio paziente-
Le sembrò, anche solo per un attimo, di vedere sotto quegli occhi sicuri aleggiare un po’ di imbarazzo.
Lui chinò la testa verso il pavimento.
-Lo sapevo che era una persona intelligente-
-Davvero?-
-Sì, è una ragazza molto intelligente. È l’amore che la rende confusa e non le fa capire più nulla- disse, sorridendole.
Alex, per l’ennesima volta, arrossì a quella frase. Cercò poi di riprendere il controllo della situazione.
-Wow, e questo dove l’ha letto? In un biglietto di San Valentino?-
Il dottor Baileys scoppiò a ridere.
Lei aspettò che finisse, poi sorridendo sorniona, volendo apposta provocarlo, disse:
-Posso andare un attimo al bagno a darmi una ripulita? O preferisci che rimanga qua?-
Lui non si scompose di un millimetro, e al suo tono strafottente replicò tranquillo con un
-Vai pure-
Un attimo dopo, Josh si avvicinò al loro posto e offrì una mano al dottore.
-Dottor Baileys...- cominciò.
-No, mi chiami pure John, abbiamo deciso di abolire il lei- sorrise alla ragazza.
-Bene, John, vuole... ehm, tu devi assolutamente offrirmi da bere-
-D’accordo. Ci vediamo dopo-
E Josh, presolo per una spalla come avrebbe fatto con un compagno di corso, lo trascinò verso il bar, fuori dal salone del pranzo.
Alex si alzò, raccogliendo la borsetta dal tavolo, e dato un ultimo sguardo all’uomo si incamminò attraverso il grande salone, ignorando che due occhi pieni di gelosia le stavano puntati addosso.
 
Come detto, si recò nei bagni dell’albergo, e una volta lì dentro aprì il getto dell’acqua, se ne gettò un po’ sul viso. Così facendo, rischiò di far colar via un po’ del trucco.
Impegnata a riaggiustarsi il viso, scrutandosi attenta nel grande specchio davanti a lei, cercò di fare un bilancio della giornata.
In effetti, si disse, sarebbe potuta andare peggio; aveva visto chiaramente il viso di Will contrarsi per la rabbia, quando le si era presentata davanti con il dottor Baileys a fare da finto fidanzato.
In tutto quel tempo, per la prima volta da quando era tornata dall’Irlanda, era riuscita a staccarsi per un po’ dall’immagine del suo migliore amico.
Ora, non si tormentava più domandandosi cosa Will pensasse di lei, se la tenesse in considerazione o meno.
Ora il suo unico pensiero era riuscire a far smettere al dottor Baileys quella maschera di professionalità, e convincerlo a mostrarsi per quello che era veramente.
Una volta fatto quello, pensò, avrebbe potuto contare su di un amico in più.
Amico, si ripeté, e sorrise del suo stesso essere ingenua.
Il dottor Baileys era un uomo alto, intelligente, enigmatico sotto molti punti di vista, e anche se non riusciva proprio a capacitarsi di come le fosse accaduto, quello che l’aveva spinta a domandargli di aiutarla in quella sua pazzia non era il semplice desiderio di far ingelosire Will.
Sentiva sempre più verso di lui un certo trasporto, le infondeva sicurezza, tranquillità, le piaceva che avesse sempre una risposta pronta per ogni suo dubbio.
Ma chissà, si domandava, se avrebbe potuto trovarla in qualche modo attraente, anche se fra loro intercorrevano sedici anni di differenza.
Sospirò e si aggiustò lo scollo del vestito.
 
-Ma chi credi di prendere in giro?-
Alex, convinta di essere sola in quel bagno pubblico, non appena sentì una voce maschile provenire dalle sue spalle sobbalzò e si voltò di scatto.
-Will?- domandò, sbigottita nel trovarsi il ragazzo appoggiato alla parete del bagno, a braccia incrociate.
I due rimasero per un momento in silenzio, a guardarsi, l’uno chiaramente arrabbiato, l’altra parecchio sorpresa.
-Che fai qui? Dov’è Jamie?- domandò la ragazza, indietreggiando verso i lavandini.
-Smettila di fingere, okay?- lui le si avvicinò pericolosamente, sempre guardandola dritto negli occhi.
-Fingere? Che...?-
-Sai benissimo di che parlo. Jamie, quel tizio che hai pagato per far venire qui, il matrimonio, è tutto una finta...-
Alex si accigliò a sua volta, sentendo quelle parole.
-Ah perché, sposarti con una ragazza per te non conta niente? È solo una finta?-
-Lo sappiamo tutti e due che non era così che dovevano andare le cose-
Irritata di quel suo parlare sibillino, lei sbottò:
-Io non so proprio niente, e men che meno mi importa di quel che fai tu-
-Sì certo- stavolta Will sorrise strafottente, mettendo su un’aria saputa -ora fai finta che non ti importi nulla-
-Piantala di parlarmi a questo modo!-
Alex sgusciò via dallo spazio in cui era stata costretta, ponendosi alle spalle di lui, per guardare il suo riflesso nello specchio.
Senza alzare gli occhi dall’immagine nel vetro, Will domandò:
-Quanto hai pagato quel tipo?-
-Io non ho pagato proprio nessuno! Quel tipo, come lo chiami tu, è il mio fidanzato!-
A quel punto Will proruppe in una piccola risata di scherno.
Si voltò verso di lei e sorridendole le si avvicinò.
-Vorresti farmi credere che hai preferito lui a me?-
Alex, trovandoselo così vicino, per un attimo non ebbe la forza e il coraggio di rispondergli, ma poi riuscì a replicare.
-Sì, certo, come tu hai preferito Jamie a me!-
Calò per un po’ il silenzio, e Will le prese le mani, imprigionandole fra le proprie.
-Lo sai che Jamie non mi piace veramente- mormorò, guardando la ragazza negli occhi.
-Be’, hai uno strano modo di dimostrarlo- obiettò lei, alzando la testa ed evitando di farsi sopraffare.
-Lo sai che per me non cambia niente, vero?-
Stavolta lui si avvicinò di più al suo volto, abbassando apposta il tono e poggiando la propria fronte contro la sua.
-Lo sai che se fosse per me in questo momento sarei a casa, nel letto assieme a te?-
-Smettila...- protestò debolmente Alex.
La sua voce era capace di mandarla letteralmente in cortocircuito, di annullare tutti i ragionamenti e le resistenze in lei, e purtroppo Will ne era consapevole.
Provò a baciarla, ma Alex spostò il viso all’ultimo istante così da poter parlare ancora.
-Quindi... quindi per te non cambierebbe niente? Continueresti a tradire Jamie anche se l’hai sposata?-
Will aveva incominciato a baciarle affettuosamente la base del collo.
-Sì, ma solo con te. Solo per te-
-Guarda che non mi sono dimenticato cosa mi hai detto in Irlanda...- aggiunse.
Alex deglutì e diventò rossa a dismisura, stavolta non proprio per imbarazzo, ma più precisamente per la vergogna e l’umiliazione che le procurava ricordare quelle parole. A distanza di quasi due mesi, se avesse potuto tornare indietro nel tempo, probabilmente non avrebbe ripetuto le stesse identiche parole.
 
-Sei tu, sei tu, sei solo tu, sei l’unico di cui mi sono innamorata, e lo so che nessun altro che sarà mai capace di farmi provare queste sensazioni-
 
Quelle parole le aveva pronunciate nel pieno sconvolgimento dei sensi, senza preoccuparsi delle conseguenze. Lei aveva davvero creduto che Will da quel momento avrebbe pensato solo a lei, a lei soltanto. Questo prima di scoprire, il giorno dopo, cosa significasse veramente essere una delle tante ragazze di lui. Ricordò quanto tempo era stata male, quanti compromessi con se stessa aveva dovuto fare per tenere viva la speranza che Will potesse innamorarsi di lei.
Ora però, trovandosi a riflettere più razionalmente, appurati i comportamenti di Will, il suo atteggiamento con le sue ragazze, desiderò di non avergli mai rivelato i suoi veri sentimenti, desiderò che il loro rapporto fosse rimasto sempre al livello di amicizia pura e sincera, come era sempre stata.
Purtroppo, non era più possibile tornare indietro.
Alex pensò che era veramente una cosa orribile da fare, nei confronti di Jamie. Nonostante spesso e volentieri si fosse trovata a detestarla per il ruolo che ricopriva nel cuore di Will, pensò che non fosse affatto giusto nei suoi confronti.
Dopotutto, che colpa ne aveva la bionda se Will considerava lei solo e solamente come un modo per sfogare gli istinti?
Pensò al dottor Baileys, a quanto fosse stato gentile con lei e a come l’avesse sostenuta nei suoi momenti di crisi, e a come in quel momento fosse al piano sopra, ad un matrimonio di cui non era interessato, solo per aiutarla.
Improvvisamente trovò ripugnante l’immagine di lei e Will avvinghiati, che le rimandava lo specchio, e con uno spintone lo cacciò via.
Riaggiustandosi il vestito mise su un’aria superiore.
-Sei proprio un bambino- disse, avvicinandosi all’uscita -ma cresci un po’!-
Will la guardò andare via, quanto mai stupito e sorpreso del suo comportamento, e poi imbronciato uscì dalla porta del bagno, rimuginando su quanto aveva appena sentito.
 
27 agosto, ore 18:34
 
-Una volta ho assistito ad una partita di football dove un giocatore ha preso a pugni la mascotte della squadra avversaria-
-Serio?-
-Sì, ma certo. Avevo più o meno trent’anni, credo. Ricordo che intervenne la polizia in campo per fermare il quarterback-
-Caspita...-
-Ma Alex dove ti ha tenuto tutto ‘sto tempo?-
Il dottor Baileys stava amichevolmente chiacchierando, appoggiato al bancone del bar, sorseggiando un bicchiere di liquore, con Josh e gli amici invitati di Will.
Si limitò ad alzare le spalle e ad ingoiare il rimanente contenuto del bicchiere.
-Se non sbaglio, frequentate tutti il college-
-Sì, lui vuol fare il medico- Josh indicò sorridendo un ragazzo alto e magro, dal viso scavato.
-Sì, ma non psicologia- si affrettò a chiarire lui -pensavo di prendere chirurgia-
-Mhm, niente male- commentò lo psicologo -è abbastanza impegnativo-
-Sì, tanto è un secchione!-
-Piantatela...- commentò lui, dedicandosi al suo bicchiere.
Il dottor Baileys non si accorse della presenza di Alex alle sue spalle, così quando lei si sedette sullo sgabello accanto a lui rimase piacevolmente sorpreso e le fece un bel sorriso.
Lei tentò di ricambiare, ma riuscì soltanto in una smorfia.
-Ehi Alex- Josh indicò il gruppo di ragazzi attorno a lui -ma perché non ce l’hai fatto conoscere prima? Se avessimo saputo che il tuo ragazzo era un medico patito di football ci saremmo organizzati per andare al Super Bowl!-
Lei lo ignorò per chinarsi invece sull’orecchio dell’uomo e mormorare:
-Lascia perdere questi idioti, ho bisogno di parlarti-
-Non aspettavo altro- sorrise lui, e mentre gli altri ragazzi proruppero in un coro si fischi divertiti, Alex scivolò giù dallo sgabello.
Prese la mano del dottore nella sua e se lo trascinò dietro, conducendolo fuori, nel parco dell’hotel.
Incrociarono parecchi invitati, ma la ragazza voleva essere certa di non essere ascoltata da nessuno, perciò scelse una sdraio poco distante dalla piscina dell’albergo.
Si sedette su di questa e aspettò che lui facesse altrettanto.
-Che c’è?- domandò, scrutandola ben bene -hai una faccia...-
-Will mi ha baciata- disse tutto d’un fiato lei, come se volesse liberarsi di un peso.
-Oh, capisco-
-No, lei non capisce-
-Sì, capisco-
-Tu non puoi capire sempre tutto!- sbottò ad un tratto, alzando la voce, lei.
Lo psicologo la osservò con attenzione, mentre si accorgeva del suo sfogo e cercava di riprendersi.
-Scusami...- mormorò lei, gesticolando e assumendo un’espressione nervosa.
-Cosa ti ha detto, precisamente?- domandò l’uomo, avvicinandosi a lei con il corpo.
Alex fece un sospiro e raccontò quello che era successo nel bagno poco fa.
-... praticamente mi ha fatto capire che per lui non conta nulla essersi sposato con Jemimah, che mi vuole ancora. Ma io non so più se voglio continuare così!-
Si passò una mano fra i capelli, sconsolata.
Guardò l’altro in attesa di un giudizio.
-Tu volevi baciarlo?- domandò il dottore.
-Per dirla tutta, io l’ho spinto via-
Lo psicologo sorrise, rassicurato, e poggiando il mento su una mano chiese ancora:
-Come ti senti?-
-Da una parte credo di aver fatto una grandissima cavolata a rifiutare, dall’altra mi sento straordinariamente indifferente e questo mi piace- confessò, abbassando lo sguardo.
-Non è un male-
-Ah no?-
-Non è un male provare un po’ di amore verso se stessi, essere orgogliosi e un po’ egocentrici-
-Se lo dici tu...-
Il dottor Baileys sorrise, uno dei suoi sorrisi gentili e rassicuranti, e le porse una mano.
-Credo che gli sposi stiano ballando, ora- disse, alzandosi in piedi e invitandola a fare altrettanto.
Dopo un momento di esitazione, lei accettò di stringere la sua mano e si tirò su.
Come aveva predetto lo psicologo, nel salone principale tutti gli invitati erano raggruppati attorno ai due sposi che ballavano al centro della pista seguendo il ritmo di una canzone lenta.
Alex osservò Will mormorare qualcosa all’orecchio della moglie, ma poi, non appena lui alzò lo sguardo e incrociò il suo la ragazza sentì le viscere contrarsi in modo spiacevole. Non le piaceva lo sguardo intenso che le stava dando Will.
Se in altri tempi lo avrebbe trovato seducente, si sarebbe sentita lusingata che fosse rivolto proprio a lei, ora lo vedeva come un qualcosa di pericoloso, di sbagliato.
Notando il modo in cui Alex stava guardando il ragazzo al centro del cerchio, il dottor Baileys allungò una mano verso di lei.
-Le andrebbe di ballare?- domandò, con un sorriso.
-Non mi dica che sa anche ballare-
-Ma le pare?-
Sorridendo la invitò a stringere nuovamente la sua mano e ad uscire dalla cerchia di invitati per entrare nello spazio riservato ai ballerini. Per ora, le uniche coppie che si muovevano al ritmo lento della musica erano quella dei due sposi, e quelle dei rispettivi genitori.
Alex sentì su di sé lo sguardo invidioso, penetrante, di tutte le familiari di Jemimah, delle sue amiche fasciate in bellissimi abiti, ma prive di accompagnatori.
Lei invece, indossando un semplice abito verde scuro, si lasciò portare nel mezzo delle danze da un uomo alto e affascinante.
Impacciata e anche un po’ emozionata, aspettò che lui cominciasse a dettare i movimenti della danza.
-Dottor Baileys- sussurrò, un po’ nervosa.
-Cosa?-
-Mi guardano tutte come se volessero uccidermi-
Poco ci mancò che lui non scoppiasse a ridere. Ma invece la avvicinò a sé con una mano e le raddrizzò la schiena.
-Questo ti rende nervosa?- domandò, alzando un sopracciglio.
-Sì, molto. Tanto più che non so ballare- replicò lei, che invece di concentrarsi sul suo partner era impegnata a gettare occhiate ansiose alla sala attorno a lei.
Lo psicologo sorrise e le si avvicinò con il viso.
-L’importante non è essere capaci- mormorò, con un sorriso poco ingenuo -l’importante è saper fingere-
Alex finalmente lo guardò in faccia, non sapendo se imbarazzarsi per la poca distanza che intercorreva fra loro o cercare di seguire i suoi movimenti.
Schiuse le labbra in un sorriso sincero.
-Questa mi piace. È sua?-
-Sì-
-Non ci credo-
-Pensala come ti pare-
-Non sei così profondo-
A questa uscita lui smise l’aria scherzosa e si fece serio, continuando a guardarla negli occhi. Alex notò il cambio d’espressione e temette di averlo irritato.
Abbassò gli occhi e mormorò:
-Mi scusi, non volevo offenderla-
Lui per tutta risposta appoggiò la sua fronte contro quella della ragazza.
Alex avvertendo il respiro dell’uomo contro il proprio reagì istintivamente cercando di allontanarsi, per quanto le era possibile.
-E allora io che dovrei dire? Will vorrebbe fulminarmi con lo sguardo-
Era vero. Alex, spostando di poco gli occhi a destra, poté intercettare lo sguardo corrucciato dell’amico, che era quasi offeso, frustrato da quella visione.
-Will non ha motivo di essere geloso- ribatté.
-Ma lei gliene ha dato uno-
La voce dello psicologo sembrava capace di infiltrarsi dentro il suo corpo, come se solo lei fosse capace di ascoltarla. Arrossì molto e si fece scappare un sospiro quando sentì due mani che tentavano di spostarsi dai suoi fianchi, più giù.
-Lei è una mia bugia- provò ad obiettare, quasi balbettando.
-Vero-
Alex si vergognava troppo a porre la prossima domanda che le era salita alla mente, ma prima di potersi trattenere, le parole scivolarono fuori dalla bocca.
-E tu? Tu stai fingendo?- domandò.
-No-
La ragazza chiuse d’istinto gli occhi, rabbrividendo al sentire la voce profonda e tranquilla dell’uomo vicina al suo orecchio. Si sentiva leggermente confusa, non sapendo più quale fosse la bugia, se lui fosse solo un pretesto per ingelosire Will, per umiliarlo, o si fosse tramutato in un suo reale desiderio.
Non ebbe il tempo di reagire a quella sensazione, perché di colpo la musica terminò e loro due si sciolsero dalla stretta, imitando le altre coppie, per applaudire i due sposi.
Alex guardò solo per un attimo l’uomo accanto a lei, che non dava segni di agitazione, per capire se la scena di prima gli avesse provocato le sue stesse sensazioni.
Lui si limitò a sorriderle, come faceva sempre, e perciò rendendo indecifrabile il suo viso.
 
 



Alla faccia dell'aggiornamento tempestivo... non mi piace lasciare le cose in sospeso e spero proprio di trovare un po' di tempo per finire di pubblicarla e togliermi il pensiero. Nel frattempo sono aumentati i preferiti e quelli che la seguono, il che è sorprendente. Non avevo tanta fiducia in questa storia, l'ho scritta circa un anno fa e ora mi sono decisa a pubblicarla giusto per non rendere vano lo sforzo di averla concepita. Comunque, grazie mille a Mizar19 (detesto il telefilm Desperate Housewives! scherzo, mi sono piaciute le ue considerazioni), sassybaby (i bastardi devono morire! Nessuno ha detto che ci sarà il lieto fine...) e Seiryu (sei stata molto gentile e soprattutto generosa nei complimenti, la mia autostima ne è uscita immeritatamente ingigantita).

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


27 agosto, ore 21:19
 
Indecisa sul da farsi, Alex stava dondolandosi sul posto, dietro una coda di persone che avevano accerchiato lo sposo, decidendo se dargli o meno il regalo di nozze.
Gli aveva comprato un semplice soprammobile, volendo rimanere il più possibile nell’anonimato, volendo negare fino all’ultimo che lui era stato importante per lei, che in quei mesi a causa sua aveva sofferto molto.
Così aspettò pazientemente che la fila si disperdesse, in modo che il suo regalo passasse inosservato e lei potesse scambiare qualche parola con Will.
Ci aveva pensato parecchio e aveva concluso che avrebbe fatto di tutto per riportare il loro rapporto al livello originario. Ovvero, a nulla più che una solida amicizia.
Certo, non sapeva se sarebbe riuscita nel suo intento, se Will avrebbe accettato di tornare a vederla solo come una migliore amica, ma valeva la pena tentare.
Tanto più che l’ultima cosa che desiderava era che il matrimonio appena contratto svanisse nel nulla a causa sua.
Insomma, aveva deciso un po’ per il bene di tutti.
Da parte sua, cercando in tutti i modi in quella giornata di mostrarsi indifferente alla presenza del ragazzo, aveva avuto modo di conoscere meglio il dottor Baileys.
A quel pensiero diventò tutta rossa.
Le pareva davvero impossibile che alla fine, dopo che con lui si era confidata sui sentimenti per Will, dovesse provare qualcosa verso il dottore.
Certo, forse quell’attrazione era già insita in lei da molto tempo, preparata dalla considerevole quantità di tempo che avevano trascorso assieme; forse inconsciamente, il fatto di avergli rivelato praticamente tutti i suoi pensieri, l’averlo messo al corrente della sua vita giorno per giorno, avevano fatto di lui qualcosa di più di un semplice aiuto psicologico.
Andando a considerare più approfonditamente la faccenda, il dottor Baileys non era nemmeno brutto.
Era divorziato, e non aveva figli. E non era vecchio.
Volendo essere obiettivi, non c’era nulla di male.
Ma Alex non avrebbe mai trovato il coraggio di fare quel passo avanti, di compiere quel gesto un po’ più intimo che avrebbe fatto scivolare il loro rapporto in qualcosa di più profondo.
Non avrebbe mai fatto il primo passo.
Sospirò, presa da quei pensieri, e quasi non si accorse che la folla di persone si era allontanata e Will e Jamie stavano aspettando che lei consegnasse loro il regalo.
-Congratulazioni- sorrise, una volta che porse il pacco al ragazzo e si avvicinò ai due.
-Grazie mille-
-Grazie Alex-
Will alzò lo sguardo su di lei, mentre scartava il pacco, e tentò un piccolo sorriso.
Lei però, non volendo dargli altre occasioni di penetrare nella sua già labile mente, non replicò a quel gesto, abbassando lo sguardo.
Tutto quello che avvertì dopo, come da un lontano stereo, furono i ringraziamenti troppo entusiasti di Jamie per un regalo che non era certamente il massimo; la sua attenzione invece venne catturata dallo sguardo del ragazzo, che non staccò nemmeno per un istante i propri occhi dai suoi.
Sul volto aveva un’espressione quasi delusa, che si tradusse in una smorfia, e Alex era abbastanza certa che non dipendesse dal suo regalo.
 
-Va tutto bene?-
Appoggiato alla ringhiera del terrazzo, Will si voltò, rimanendo poi sorpreso.
-Oh- borbottò, una volta appurato chi fosse -ciao-
Alex gli si avvicinò con cautela, poi anche lei si poggiò alla ringhiera.
Gli gettò un’occhiata di sfuggita, e siccome le sembrò un po’ giù di morale, pensò di farlo sorridere.
-Secondo te, riusciremmo a buttare Josh da quassù dritto in piscina?-
Will fece uno sbuffo divertito.
-In due sì, sicuramente- rispose, guardandola -Io e te-
Non aveva previsto che quel tipo di risposta avrebbe spostato subito il discorso in quella direzione.
-Mi dispiace per quel regalo, è veramente orribile- si scusò la ragazza.
-Cosa vuoi che m’importi del regalo, dannazione?- sbottò lui, stavolta guardandola a lungo, aggrottando le sopracciglia.
Constatando che era inevitabile che la loro conversazione non toccasse quell’argomento, Alex si decise a parlare.
-Senti- cominciò -non mi piace questa cosa-
-Cosa?-
-Non mi piace l’idea che d’ora in poi ci parleremo come due che si odiano-
-Io avrei la soluzione-
-Sì, anche io-
-Prima te-
-No, prima tu-
-Okay- Will fece un sospiro e tornò a guardare la notte stellata, con falso interesse -solo perché mi sono sposato, non significa che tu per me non conti più niente. Capisci?-
Dal tono con cui l’aveva detto, sembrava un’ammissione molto sofferta, per lui.
-Sì ma... insomma, andiamo, è finito il tempo per giocare. Siamo cresciuti ormai. Non possiamo più fare queste cazzate da bambini- replicò lei.
-E quindi? La tua risposta non cambia?-
Lui, già deluso, era pronto a voltarsi e tornare nell’albergo, ma la seguente affermazione di lei lo bloccò.
-È praticamente da tutta una vita che sono innamorata di te. Però sai... io non riesco a scendere a questi compromessi. Per me, vederci una o due volte alla settimana per mezz’ora, non cambia nulla. Anzi, sto male se ci penso. Non è questo che voglio-
Lo guardò con occhi supplichevoli e sperò che comprendesse quello che voleva dirgli.
-Cioè- aggiunse, temendo che non avesse capito -io voglio stare con una persona a cui veramente importa di me, che sia pronta anche a fare dei sacrifici-
Will alzò un sopracciglio, poi tutto serio abbassò la testa, riflettendo.
Alla fine con un gran sospiro concluse:
-Be’, chi l’avrebbe mai detto?-
-Cosa?-
-Che Alex il quarterback allora è veramente una ragazza. Ora cominci anche a fare questi discorsi biblici che contengono messaggi subliminali-
Lei rimase quanto mai colpita da quell’affermazione, e domandò:
-E quale sarebbe il messaggio subliminale, scusa?-
-Tutte queste parole per dire che non te ne frega più un cazzo di me- sorrise lui.
Allora anche lei sorrise e cercò di ammorbidire la sentenza.
-Be’, siamo pur sempre una squadra. Credi forse che avresti segnato tutti quei touchdown se io non ti avessi insegnato a ricevere i passaggi alla perfezione?-
Will rise, stavolta, e più rilassato si staccò dalla ringhiera.
-Questa...- puntò il dito contro di lei -è una ripicca. Che fai, mi rinfacci le cose?-
-No. Sarebbero troppe- esitò, poi chiese -Siamo amici?-
-Amici. Solo amici-
-Will?-
-Sì?-
-Non dovresti ingannare Jamie-
-Non la sto ingannando-
-Non sai dire le bugie-
Will stette in silenzio, e abbassò lo sguardo, colpevole.
-Non è poi così male-
-Sì ma...-
-Ma cosa?-
-Ma tu non puoi capire-
-Perché?-
-Perché sei una femmina e non puoi capire-
Alex gli tirò un pugno sulla spalla.
-Sembri una femmina ma meni come un maschio- sibilò lui, massaggiandosi il gomito.
Poi fece per andarsene, allontanandosi dalla ringhiera.
Proprio mentre stava per rientrare nel salone, lei gli gridò:
-Ehi, prometti che fai sul serio!-
-Promesso!-
Will sorrise e tornò nella sala, con le dita ancora incrociate nascoste nella tasca della giacca.
 
27 agosto, ore 22:05
 
Alex aveva in mano un piattino contenente la sua fetta di torta, e si stava muovendo per la sala alla ricerca del suo accompagnatore.
Lo trovò nell’atrio, seduto da solo, a leggere una rivista e sbuffando seccata andò a sedersi accanto a lui, sul divanetto.
-Salve-
-Salve. Ho pensato che avesse fame-
Il dottore accettò la fetta di torta e posò il giornale sul tavolino.
-Si è annoiato? Mi dispiace...-
Al contrario lui scosse la testa e la interruppe.
-Be’, sempre meglio che passare la domenica a guardare il rugby in tv assieme al mio cane-
-Ah perché, hai un cane?- domandò incuriosita e sorpresa.
-Un pastore tedesco-
-Oh- fece un sorriso furbo e alzò un sopracciglio con aria strafottente -e come l’ha chiamato, Sigmund Freud II?-
-No, l’ho chiamato Marcel-
-Marcel?-
-Sì, come Marcel Proust-
Notando con soddisfazione di averle tolto la parola di bocca, lo psicologo sorrise e le porse un boccone di dolce.
-Io e Will abbiamo deciso di rimanere solo amici- spiegò la ragazza, masticando il pandispagna.
-Ma davvero?-
-Sì, davvero-
-Alex, sono due mesi che tento di convincerti a farlo-
-Be’...- arrossì lei, poggiando il piatto vuoto sul tavolo -meglio tardi che mai-
Un po’ dopo, entrambi erano appoggiati allo schienale comodo di quel divano e reggevano in una mano un calice pieno di un liquido frizzante.
-Salute-
-Cin cin-
Alex bevve lentamente lo champagne, ingoiandolo e facendoselo scorrere per tutta la gola.
Poco dopo, sentì le guance arrossarsi.
-E pensare che oggi avrebbe dovuto essere il giorno più brutto della mia vita-
-Visto? Non è andata tanto male-
-Sono piuttosto contenta- ammise, sorridendogli -ho finalmente superato uno dei dilemmi della mia vita-
Esitò, poi alzò lo sguardo sul dottore e imbarazzata ammise:
-Anche grazie a lei-
Lui intercettò il suo sguardo e se dapprima il suo pensiero fu quello di non replicare e lasciare alta la tensione, scelse di rovinare l’atmosfera.
-No, macché. Hai fatto tutto da sola-
-Okay, grazie lo stesso-
Alex si sporse, puntandosi con le ginocchia nel divano, e piantò un bacio sulla guancia dell’uomo.
Non si spostò, ma rimase lì ferma in quella posizione.
-Alex...-
Lui si voltò, trovandosi il suo viso vicinissimo.
Forse un po’ troppo presa dai bicchieri che prima avevano bevuto, la ragazza prese il bicchiere dello psicologo e terminò di bere.
-Non farlo- la ammonì lui, serio stavolta.
-Perché no?- mormorò lei.
Prima ancora che il dottore potesse ribattere alcunché, Alex si allacciò al suo collo e lo baciò sulla bocca.
Sentiva distintamente la barba ispida dello psicologo solleticarle le labbra, e per questo cercò di rendere il bacio un po’ meno semplice.
Il dottor Baileys, trovandosela addosso, non poté fare altro che assecondarla nei suoi gesti.
Ma quando Alex gli prese le mani e le infilò sotto la leggera seta del suo vestito, lui smise il contatto.
-Ti avevo detto di non farlo- la rimproverò, serio ma non nervoso.
-Scusa-
Alex rimase poggiata contro la sua fronte, sorridendogli ingenuamente, forse inebriata dal troppo alcol.
-Sei un po’ ubriaca- constatò il dottore, osservandola senza scomporsi.
-Non è vero- ribatté lei.
-Sì- obiettò pacato.
-E quand’è che la smetti di fare il responsabile?- si dondolò sopra di lui, tenendo sempre vivo il sorriso.
-Ho sedici anni più di te-
-Sapevo che tiravi fuori questa cazzata-
Alex lo baciò di nuovo, impedendogli di replicare alla sua affermazione, ma stavolta tentando di trascinarlo di più.
Portò una mano al nodo della sua cravatta e con gesti veloci e decisi la allargò, cominciando poi ad aprirgli la camicia.
Il dottor Baileys la afferrò per le spalle e gentilmente la allontanò.
-Dovresti andare a casa. La festa è finita-
 
Un’ora dopo, Alex era avvolta nella giacca grigia che era stata dello psicologo e si trovava sul sedile anteriore della sua macchina, guardando fuori dal finestrino.
-Qual è il problema?- domandò ad un tratto.
-Il problema è che si è fatto tardi e domani io lavoro- spiegò paziente lui.
-Non questo- ribatté la ragazza, imbronciandosi -qual è il problema? Non ti piaccio?-
Stavolta il dottor Baileys rise divertito, guardandola per un attimo.
-Ma cosa ridi?- sbottò irritata lei -credi di avere a che fare con una bambina?-
-Alex, non è assolutamente questo...-
-Oh, lo so perché. Perché mi chiamo come la tua ex-moglie? Ma che cazzo te ne frega? Passi tutto il giorno ad aiutare gli altri a superare i loro problemi e poi non sai affrontare i tuoi?-
-Ma che c’entra...?-
-E allora dimmi perché! Dove sta il problema?-
Lo psicologo aspettò un po’ prima di rispondere.
-Il problema non sta da nessuna parte, perché non esiste. Ora ti riaccompagno a casa. Dove abiti?-
-Numero 11, Downing Street- fece lei, incrociando le braccia al petto.
-Sì dai- il dottore la guardò -fai la seria-
-Io non faccio un bel niente se tu non mi dici perché-
-Ma perché cosa?-
-Perché mi hai respinto?-
Il dottor Baileys chiuse un momento gli occhi e sospirò, stanco. La guardò, fermandosi ad un semaforo.
-Sei troppo ubriaca, non sai quello che dici-
-Lo so perfettamente. E so anche che l’unica cosa che voglio adesso è infilarmi sotto le coperte assieme a te-
Anche nel buio della notte, lo psicologo arrossì per quella frase, e notando il suo attimo di esitazione Alex ne approfittò per avvicinarglisi e dargli un bacio sulla guancia.
Fortunatamente, la strada era deserta, perché il dottore impiegò un po’ di tempo a capire che era scattato il verde. Scostò gentilmente la ragazza e riprese a guidare, tentando di dissimulare indifferenza.
-Smettila. Dimmi dove abiti-
-Perché non andiamo a casa tua?- propose la ragazza, appoggiandosi ora al finestrino e guardandolo con aria maliziosa.
Per l’ennesima volta lui sospirò e la guardò grave, quasi esasperato.
Poi decise e si fermò in una stradina.
-Perché ti sei fermato?-
-Siamo arrivati. È casa mia-
-Oh-
Alex guardò il palazzo scuro e alto ergersi sul marciapiede, poi si tolse dalle spalle la giacca del dottore.
-Vuoi dirmi dove abiti?- domandò ancora lui, riprendendosi la giacca.
-No-
-E come faccio a riportarti a casa se non so dove abiti?-
-Ma tu non devi riportarmi a casa-
Di nuovo, con una mossa veloce, lei gli salì sopra, bloccandogli i movimenti.
-Vorrà farmi credere che in tutti questi anni non le è venuta nemmeno un po’ voglia di sbattersi una sua paziente?-
-Solo nei primi anni- replicò lui, incapace di ritrarsi.
-Andiamo dottore, io non ho mica lasciato Will per niente...-
Allusivamente prese a giocherellare con la cintura che gli teneva su i pantaloni.
Il dottor Baileys scosse la testa.
-Credevo che queste pazzie succedessero solo nei film-
-Sbagliato-
Alex si premette di nuovo contro la sua bocca, per poi staccarsi e aggiungere:
-Mi piacerebbe che lei facesse una cosa-
-Cioè?-
-Mi piacerebbe che la smettesse di fare il bravo ragazzo e che si comportasse nel modo più stronzo possibile- mormorò, seducente, passando una mano sul tessuto fresco della sua camicia.
-Detto così, suona molto eccitante-
-Ma lo è-
Alex si allontanò per ridere delle sue stesse parole, poi si riavvicinò, più invitante di prima. Lo baciò ancora una volta, più lentamente.
Il dottor Baileys si impose di contare fino a dieci. Uno, due, tre.
Sentì la propria lingua disobbedire al cervello e cercare quella della ragazza.
Quattro, cinque, sei.
Mosse le mani per accarezzarle i fianchi, infilandole sotto il vestito verde scuro.
Sette, otto...
Non riuscì a continuare.
 
28 agosto, ore 07:43
 
Alex storse il naso, infastidita da una sensazione di pesantezza, e si voltò su un fianco. Subito riacquistò la percezione dei propri sensi e aprì gli occhi. Si trovava avvolta in un lenzuolo caldo, bianco, e aveva la testa poggiata su un cuscino morbidissimo. Credendo di essere a casa sua, stesa nel suo letto, fece un grande sbadiglio e stiracchiò le gambe in tutta la loro lunghezza, ascoltando le ossa scricchiolare piacevolmente.
Poi poggiò la testa sul braccio, ancora assonnata. Fu allora che, sfiorandosi col volto, si accorse di non indossare praticamente nulla indosso.
E fu allora che, presa dal panico, si levò di scatto a sedere.
Trattenne il respiro e si guardò intorno, terrorizzata. Non riconosceva l’arredamento, non riconosceva la stanza, non riconosceva il proprio letto.
Spostando lo sguardo a destra, notò un uomo dai capelli arruffati dormire accanto a lei.
E fu allora che senza alcun preavviso, cacciò un urlo sorpreso.
Il dottor Baileys aprì gli occhi e velocemente intuì la provenienza del fastidioso rumore. Si alzò su un gomito, spostandosi i capelli dal volto e sorrise:
-Ciao Alex-
-Dottor Baileys...- fece lei, quasi balbettando, con voce tremante.
-Hai dormito bene?-
-Sì-
Alex lo guardava, atterrita, come se avesse appena visto un fantasma, e ingoiò a vuoto.
-Io... io... non credo di sentirmi bene-
-Ti fa male la testa?-
-Sì-
-Lo credo bene. Eri abbastanza su di giri, ieri sera-
Quell’affermazione ebbe il potere di far diventare, da bianco per il terrore, rosso come un pomodoro il suo viso.
-Che significa?- domandò, quasi alzando la voce con un accenno di isterismo.
-Significa- lo psicologo si voltò a pancia in su e si sedette, accanto a lei -che avevi bevuto un po’ troppo e sono stato costretto a portarti a casa mia-
-A casa sua...- ripeté lei, osservando la stanza.
-Mi dispiace di non essere riuscito a fermarla, tutto questo mi rincresce tanto...-
-Già...-
Alex rifletté rapidamente e poi sbottò:
-Le rincresce tanto? Le rincresce tanto? Col cazzo che le rincresce!-
Lui, stupito dal suo cambio di tono, stette zitto e ascoltò il suo sfogo.
-Lei non può portarmi a casa sua e passare la notte con me e poi venirmi a dire che le rincresce, caspita!-
-No, aspetta...-
-Certo che lei è proprio un bel tipo, lo sa?-
Alex si abbracciò, coprendosi col lenzuolo, e lo guardò irritata.
-Davvero?- il dottor Baileys sorrise sornione, stavolta.
-Davvero!- rincarò lei -Io l’ho portata al matrimonio perché credevo che fra tutti gli uomini che avrei potuto scegliere lei sarebbe stato l’unico che non avrebbe cercato di farmi nulla e che avrebbe rispettato i patti!-
Lo psicologo si mise a ridere di gusto, sdraiandosi di nuovo sul materasso.
-E cos’ha da ridere?- domandò, ancora imbronciata, la ragazza.
Lui terminò la risata, poi cercò di assumere un atteggiamento professionale.
-Noi... ehm, come dire... non è andata come pensi tu- disse.
Quella frase la fece rimanere parecchio perplessa, e quanto mai scettica.
-Ah no?- fece, alzando un sopracciglio.
-No-
Lui fu tentato quasi di sorridere e tradirsi, ma provò comunque a mantenere una certa serietà sul volto, in modo che anche la ragazza ci credesse.
Alex lo fissò ben bene in faccia, decisa a cogliere la minima traccia di bugia, ma dopo aver sostenuto quegli occhi profondi e tranquilli per un po’, fu costretta ad abbassare lo sguardo.
-E allora che ci faccio qui nuda nel suo appartamento?- chiese.
-Hai fatto tutto da sola... eri leggermente esagitata ieri sera e alla fine ti sei addormentata appena toccato il materasso-
Alex era sempre più confusa e di certo l’aria impassibile e tranquilla con cui il dottore pronunciava quelle frasi non contribuiva a farle capire quale fosse la verità.
Certo, non si sarebbe mai bevuta una scusa del genere, era convinta che la sera prima,con lei ubriaca, lui ne avesse approfittato.
Eppure lui stava ripetendo il contrario, con quella voce così convincente. Non sapeva cosa pensare.
D’un tratto scosse la testa e si tolse di dosso il lenzuolo.
Individuò i suoi vestiti, piegati su una sedia e rapidamente se li infilò.
-La vuol sapere una cosa? Non me ne importa un fico secco di quello che è successo- decretò, allacciandosi il reggiseno.
-No?-
-No. Ho aggiustato le cose con Will, l’ho pagata per avermi accompagnato, e non ho più bisogno delle sue sedute. La sa una cosa? Non voglio vederla mai più-
Con tono e movimenti decisi terminò di infilarsi l’abito elegante della sera precedente, e una volta vestita si adoperò per allacciarsi i sandali.
-Sei sicura di quello che dici?- domandò il dottor Baileys, voltando la testa verso la ragazza ma senza avvicinarsi o mostrare la benché minima preoccupazione.
-Sì-
-Sono d’accordo-
Quella frase la destò dall’improvvisa furia in cui era caduta per farle alzare la testa, perplessa, sul dottore.
-Perché è d’accordo?-
-Sono d’accordo- anche lui assunse un tono indifferente e scalciò via le coperte per iniziare a rivestirsi -non sarebbe una buona cosa per me se si venisse a sapere che ho fatto dormire a casa una mia paziente-
-Ah, e certo...-
Alex era sul punto di offendersi per la scarsa considerazione che lui aveva dato alla sua figura, ma poi la vista dello psicologo che si rivestiva tranquillamente davanti ai suoi occhi la distrasse.
Alex avrebbe giurato che il dottor Baileys avesse una cinquantina d’anni, per come si presentava e per il modo di rapportarsi con gli altri che aveva. Poi però, nella sua mente fece capolino il dubbio che nessun cinquantenne avrebbe mai potuto avere degli addominali formati come quelli.
La ragazza arrossì vistosamente, incapace di staccare gli occhi dal corpo nudo dell’altro, mentre questo stava infilandosi una maglietta e della biancheria intima.
-Sei ancora lì?-
Conoscendo perfettamente il suo imbarazzo, lo psicologo la guardò, voltandosi leggermente col busto e sorridendole.
Lei dovette compiere un grande sforzo per non abbassare lo sguardo su una visuale differente dal volto dell’altro, ma ci riuscì e rispose:
-Stavo solo... stavo solo chiedendomi se l’ho già pagata per ieri- mentì.
-Sì, direi che così può bastare-
Il dottor Baileys incrociò i suoi occhi e sotto il peso di quegli invitanti, profondi e intensi occhi lei faticò a non sciogliersi. D’improvviso capì quali erano i veri motivi per cui l’aveva invitato a partecipare al matrimonio e per cui l’aveva scelto per far ingelosire Will.
-Non vuoi restare nemmeno per colazione?- domandò gentilmente lui, smettendo di vestirsi e perciò rimanendo ancora nudo sotto i suoi occhi.
-No!- affermò convinta lei, con forse un po’ troppa enfasi, e di forza girò la testa e si incamminò verso l’entrata.
-Stammi bene, Alex- la salutò lui, infilandosi finalmente della biancheria intima e un paio di pantaloni.
-Anche lei, beva poco, non fumi e aiuti tante persone, eh?- così dicendo aprì il portone dell’appartamento e se lo richiuse alle spalle con decisione.
Il dottor Baileys ascoltò il rumoroso chiudersi del portone con un sorrisetto sulle labbra, soddisfatto di come aveva gestito la situazione.
Alex scese rapidamente le scale del palazzo, ma arrivata a metà strada qualcosa la bloccò.
Sbuffò, chiudendo gli occhi.
Aveva dimenticato la borsetta.
Così le toccò ripetere il tragitto all’indietro, salendo gli scalini fino a tornare sul pianerottolo, davanti al portone che poco prima aveva sbattuto con forza.
Suonò il campanello, pronta ad essere umiliata.
Ci volle qualche secondo in più prima che il dottor Baileys si decidesse ad aprire, e quando lo fece, oltre la porta Alex poté ammirare il profilo del dottore, stavolta vestito, che la guardava.
Subito compose uno dei suoi sorrisi gentili e domandò:
-Hai scordato qualcosa?-
-Sì-
Volendo troncare qualsiasi tentativo di conversazione, perché sicuramente l’avrebbe portata a cedere, lei si infilò dentro e percorse, tirando dritto, tutto il tragitto fino alla camera da letto, per poi gettare rapidamente lo sguardo a destra e sinistra in cerca della borsetta.
Mormorava imprecazioni a mezza voce, del tutto presa nella ricerca, desiderando fare il più in fretta possibile e allontanarsi da quell’assurda situazione in cui si era ritrovata.
Lo psicologo la osservò tranquillamente dalla soglia della porta, mentre lei si affannava per cercare quella borsetta. Sorrise fra sé, notando quanto impegno ci stava mettendo.
-Potrebbe anche aiutarmi- d’un tratto si voltò, fissandolo stringendo le palpebre.
Lui alzò le spalle e sbadigliò.
-Dovresti darti una calmata- osservò tranquillamente.
-Ma lei si impicci dei fatti suoi!-
-Alex...-
-Alex un corno!-
-Ma...-
-Ma la smetta, d’accordo?-
Senza alcun preavviso la ragazza si voltò, avvicinandosi a lui e disse:
-Lei deve piantarla. Deve piantarla di guardarmi con quell’aria di superiorità e dirmi quello che devo fare! Lei non è mio padre!-
-Lo so- fece il dottore, tentando di sorriderle gentile.
A questo gesto però Alex scosse la testa vigorosamente.
-E si tolga quei sorrisi dalla faccia, d’accordo?-
-Perché?-
-Io li odio, quei sorrisi! Mi fanno sentire così... così...-
-...irrimediabilmente pazza e isterica?- concluse lui.
Mentre lei rimase stupita da quella risposta così pronta, nel vedere la sua espressione lo psicologo scoppiò a ridere divertito.
-Lei è proprio un bastardo. Lo fa apposta?-
-Sì. Lo faccio per creare una barriera fra me e il paziente. In questo modo sembra che io sia la persona normale e lei quella con dei problemi-
-Quando magari è il contrario?-
Alex gli rinfacciò la battuta con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra, soddisfatta di averlo almeno per un momento preso in contropiede.
Il dottor Baileys fece un sorriso, non gentile e tranquillo come al solito, ma furbo e leggermente malizioso.
Fece ondeggiare la testa a destra e a sinistra, come per dire ‘più o meno’.
-Be’, almeno ha smesso di fare il dottore, con me- continuò, sempre nella stessa scia altezzosa, lei.
Allora lui, annuendo, la guardò dritta negli occhi e sfilò la mano destra da dietro la schiena.
Alex fu quanto mai sorpresa nel veder comparire, stretta nella presa di lui, la sua borsetta in tinta con l’abito.
Schiuse le labbra e incrociò lo sguardo di lui, non sapendo bene come interpretarlo.
Di una cosa però era certa: quel sorriso che le stava rivolgendo non era atto a farla sentire inferiore, stupida, ma era quasi timido, incerto, e aspettava una sua reazione.
Così, indecisa, afferrò l’accessorio che le veniva offerto e abbassò lo sguardo.
-Cosa vuole da me?- domandò.
Sospirando, lo psicologo si staccò dalla porta per posizionarsi davanti a lei e cercare di guardarla negli occhi, prendendole il mento con una mano.
-Be’, si potrebbe anche essere amici. Non sei affatto stupida, per essere più piccola di me-
Amici? Amici?
Quella parola rimbombò nel cervello di Alex come un’eco fastidiosa.
Stava davvero iniziando a detestarle, quelle cinque lettere messe in fila, che per quanto potessero indicare una figura positiva, nella sua vita segnavano purtroppo l’infrangersi dei suoi sogni.
Puntualmente, ogni qualvolta sembrava che le cose si stessero mettendo bene, quella parola interveniva a raffreddare i suoi animi.
Notando che non aveva avuto alcuna reazione, ma che era rimasta lì in piedi senza dire una parola, il dottor Baileys aggrottò le sopracciglia e domandò:
-Cosa c’è?-
-Nulla. Be’, sarà meglio che vada-
-Sicura?-
-Sì-
Lui ebbe la premura di accompagnarla alla porta, e una volta sulla soglia la ragazza, imbarazzata, non sapendo che dire, abbassò gli occhi e uscì dall’appartamento.
-Ci vediamo, dottor Baileys. Verrò nel suo studio per pagarle le sedute-
-Va bene- annuì lui.
Per quanto entrambi avessero espresso il desiderio di congedarsi, ora che erano sulla soglia dell’appartamento nessuno dei due pareva intenzionato a chiudere la conversazione.
Il dottore, non tanto per imbarazzo quanto per buona educazione, preferì aspettare che fosse lei ad andarsene.
Alex, che ancora non era convinta di ciò che aveva fatto, si dondolava avanti e indietro.
-Be’, ci vediamo- si decise, e voltò le spalle all’uomo per scendere le scale.
Il dottor Baileys non aveva nemmeno fatto tre passi nell’appartamento, dopo aver chiuso la porta, che sentì nuovamente il campanello trillare.
Sempre più confuso, andò ad aprire domandandosi cos’altro ci fosse.
Sorprendentemente, si trovò Alex davanti, ma prima che potesse dire o fare qualunque cosa, lei fece un passo verso di lui, si allacciò con le braccia al suo collo e gli piantò un bacio sulla bocca.
Quanto mai sorpreso e confuso, lui non rispose subito, ma dopo aver saggiato l’impegno e l’entusiasmo che lei ci stava mettendo, chiuse gli occhi e fu costretto a partecipare, dato il trasporto che ci aveva messo la ragazza.
Poi, come se dovesse riemergere dopo un periodo di apnea, Alex si staccò di botto, lasciandolo riprendere fiato.
-Oh, e grazie per ieri- aggiunse, poi levò una mano in segno di saluto e si chiuse definitivamente la porta alle spalle.
 



Vai, ce l'ho fatta a non lasciar passare venti giorni! Ora rimane solo l'ultimo, che salvo sorprese dovrei postare nel giro di una settimana. Tante grazie a Mizar19 (sei molto gentile a recensire con puntualità incredibile), a sassybaby (mi associo al tuo sadismo) e a BonnieMora (grazie per i complimenti). In ogni caso, una recensione fa sempre piacere. Saluti.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Be', niente da dire, se non che l'esperimento è terminato. Credo di postare presto un nuovo racconto, a tematica omosessuale però. Per qualcosa di etero mi ci vuole più tempo. Mille grazie a Mizar19, a tutti quelli che hanno recensita, a chi l'ha messa nei preferiti, a chi l'ha seguita e a chi l'ha inserita fra quelle da ricordare.







John Fitzgerald Baileys era seduto alla sua scrivania, passandosi una mano fra i capelli e chiedendosi stanco quale fosse il modo migliore di trattare il signor Mackenzie, affetto da una nevrosi patologica e del tutto incapace di trovare un periodo di stabilità. Pensò di telefonare allo psichiatra che si trovava all’ospedale per sottoporgli il caso e chiedergli se non fosse il caso di intervenire con qualche farmaco.

Aveva appena alzato il cordless e stava cercando nella rubrica il numero desiderato, quando sentì bussare alla porta.
Senza interrompere la sua occupazione, diede il permesso di entrare.
La sua segretaria, vestita di tutto punto e con i capelli sciolti, quella volta, cacciò dentro la testa.
-Dottore, c’è una ragazza che vuole vedervi-
-Dille di aspettare, devo fare un’importante telefonata-
La segretaria, obbediente, riferì il messaggio.
La porta rimase chiusa, segno che la ragazza aveva accettato di aspettare senza repliche.
Il dottor Baileys stette al telefono non più di dieci minuti, concordando con lo psichiatra che avrebbero atteso, prima di procedere con un’eventuale visita e prescrizione di farmaci, gli sviluppi del disturbo in un lasso di tempo più ampio.
Lo psicologo, terminata la conversazione, stava per l’appunto segnandosi tutto ciò che gli aveva raccomandato lo psichiatra, per poi infilare il tutto nel fascicolo riguardante il paziente.
Mentre stava scarabocchiando la parola ‘urgente’, udì nuovamente bussare.
-Sì?-
-Dottore, c’è una ragazza che vuole vedervi. Posso farla entrare o la mando via?-
-La faccia entrare- comandò lui distrattamente, impegnato a scrivere.
Era talmente concentrato sul suo documento che non notò nemmeno la ragazza che era entrata nel suo studio e gli era arrivata davanti.
Lei dovette schiarirsi la voce per essere sicura che lui fosse a conoscenza della sua presenza.
Il dottor Baileys alzò gli occhi, forse irritato per essere stato interrotto.
-Così concentrato sembra quasi che tu stia lavorando-
Alex lo guardò alzando un sopracciglio, le braccia conserte che reggevano una giacca e la borsa.
Lui fu sorpreso di vederla e non trovò immediatamente una risposta alla sua battuta.
-Ciao- disse -come stai?-
-Bene- fece lei, piuttosto indifferente, cercando qualcosa nella borsetta.
Lo psicologo esitò prima di dirlo, temendo di offenderla, ma poi diede voce al tarlo che l’aveva tormentato per due settimane.
-Non ti sei fatta più viva-
Come previsto, un’ombra aleggiò sul viso di lei, che però fu brava a mascherarla con un’alzata di spalle.
-Non avevo più bisogno di parlare con un dottore. E poi sto andando al college, sono molto impegnata-
-Pensavo che avresti avuto voglia di parlare con me- tentò lui, cauto.
Alex lo guardò, per un momento arrossita alle sue parole, ma poi riacquistò la razionalità e gli porse una mazzetta di soldi.
-Ecco. Questo è quello che le devo per questi due mesi di sedute- spiegò.
Il dottore rimase fermo a guardarla, senza afferrare o mostrare il benché minimo interesse per i soldi.
-Mi dispiace-
-Prenda i soldi e basta! Ho dovuto dare fondo alle mie risorse per pagarla, lo sa?- insistette la ragazza, continuando a sventolargli il mazzo davanti agli occhi.
-Non li voglio i tuoi soldi- decretò il dottore, deciso.
Poi si alzò e fece per avvicinarsi a lei; Alex a quel punto vacillò e fece un sospiro, abbassando gli occhi.
-Non mi faccia pentire. Ora lei prende i soldi e io me ne torno a casa mia. Da sola- aggiunse, frapponendo le mani fra loro due e indietreggiando di un passo.
Il dottor Baileys allungò una mano verso di lei, facendole voltare la guancia, ma subito, di riflesso, Alex girò il viso dall’altra parte.
-Non serve che ora mi faccia la commedia. Non serve che faccia finta che gli importi qualcosa. L’avevo capito che per lei era solo una botta e via, quella sera-
-Non è vero-
-Sì invece-
-No, non è vero-
-Lei mi ha solo usato per divertirsi-
-Ma sei tu che te lo stai dicendo!-
Per la prima volta da quando lo conosceva, lo aveva sentito alzare la voce, e guardandolo negli occhi scoprì che era sinceramente interessato dalla questione.
-C’è un motivo perché non ti ho più cercato, dopo quella sera- confessò.
-E sarebbe?-
-Ecco... io...- lo psicologo arrossì -io temevo che fossi tu, a considerare il tutto una botta e via-
Alex lo fissò bene per cercare di cogliere anche la più piccola bugia nascosta nei suoi atteggiamenti. Sorprendentemente, non trovò nulla.
Forse era proprio sincero, quella volta.
Arrossì e non poté sostenere oltre il suo sguardo intenso.
-Dottor Baileys- cominciò – se questa è tutta una cavolata montata solo per portarmi a letto, giuro che...-
-Ma non lo è-
Lo psicologo fece un sorriso dei suoi soliti, di quei sorrisi che servivano a umiliare il destinatario, a farlo sentire inferiore.
Alex, intercettando quel sorriso arrossì e si arrabbiò insieme.
-Una condizione, però-
-Cioè?-
Sorridendogli complice, si appoggiò alla sua fronte.
-Fammi un’altra volta quel sorriso idiota e te lo tolgo dalla faccia a suon di schiaffi- mormorò, ridendo.
Anche lui rise, divertito, per poi spegnere l’allegria delle risate in un bacio.
 
Il cellulare di Alex, posato sul comodino, vibrò all’improvviso, accendendosi.
La ragazza, coprendosi con il lenzuolo, si allungò per afferrarlo. Una volta letto il messaggio, rimase leggermente stupita. Diede uno sguardo alle sue spalle, poi coprì il testo che stava scrivendo con una mano.
-Chi è che ti manda messaggi alle sette della mattina?-
Una voce assonnata, appagata ma ancora abbastanza presente si levò dall’altra parte del letto.
-Nessuno- rispose lei, chiudendo il cellulare.
-Ecco, già che tu abbia ricevuto un messaggio da nessuno è sintomo di bugia- fece notare l’uomo sdraiato accanto ad Alex, tirandosela contro con l’ausilio di un solo braccio.
-Sei geloso, dottore?-
Alex fece un largo sorriso e si lasciò abbracciare, accarezzando a sua volta il torace dell’uomo.
-Non sono geloso. Sono preoccupato che tu possa trovare qualcuno più giovane di me- rispose, prendendole fra le mani una ciocca di capelli.
-Uff- sbuffò Alex -come sei complicato-
-Sono uno psicologo- si giustificò.
Il dottor Baileys scivolò a baciarle il collo, per poi scendere ancora più in basso e farla sorridere maliziosa.
La ragazza si contorse leggermente sotto il suo tocco, tentando per finta di ritrarsi.
-Allora, di chi era quel messaggio?- riprovò l’uomo.
Di nuovo Alex rise, una risata maliziosa.
-Allora sei geloso, vedi?-
-Oh, va bene. Sono geloso- ammise lui, mettendosi su un fianco per sovrastarla.
-Non indovinerai mai chi era-
-Non so, dimmelo tu-
-Mia madre. Ha raccomandato di non sfasciare la macchina di papà, ora che ce l’ho in prestito-
Lui alzò un sopracciglio, con divertito sarcasmo.
-Eh, le madri che appena sveglie pensano alle figlie...- commentò.
-Già già, che rottura, eh?-
Alex gli diede un bacio e poi si rituffò dalla sua parte di letto, chiudendo gli occhi.
-Buonanotte-
Qualche ora dopo, mentre lo psicologo si trovava nello studio, impegnato con le sue visite, Alex mise in moto l’utilitaria di suo padre per dirigersi verso un appartamento in centro.
In realtà, non sapeva perché stesse andando a quell’incontro. Non sapeva nemmeno perché non ne avesse parlato al suo cosiddetto fidanzato.
Anche se tecnicamente ancora non aveva fatto nulla di male, si sentiva un po’ in colpa ad andare a trovare Will.
Non che ci fosse qualcosa fra loro due, dal matrimonio in poi il loro rapporto non era stato niente più che una semplice amicizia, tornato al livello originario che era sempre stato.
Eppure quel semplice messaggio, quel ‘vediamoci a casa mia domani’, suonava come un qualcosa di scorretto, di proibito, che Alex aveva preferito nascondere.
Così ora si trovava lì, davanti a quella porta, non sapendo cosa avrebbe trovato dall’altra parte.
Chissà perché, era molto agitata, e quando allungò le dita per suonare il campanello la mano le tremò.
Non aveva motivo di essere in quello stato, non stava facendo niente di che e non ne aveva la minima intenzione, però non poté fare a meno di inquietarsi per quella visita.
Will comparve da dietro la porta.
-Ciao-
Will non era più sorridente, spavaldo e sicuro di sé come tante volte lo aveva visto aprirle quella stessa porta. Ora aveva il viso pallido, smunto, come se fosse malato, e un bel paio di borse sotto gli occhi.
Tuttavia, nonostante il suo aspetto inquietante, lui stirò le labbra tentando di essere allegro.
Alex subito entrò dentro e gli prese il viso con una mano, tastandogli una guancia. Era molto freddo, e a quel contatto lui tirò su col naso, pure quello rosso.
Sembrava un po’ malaticcio.
-Si può sapere che cosa hai fatto?- domandò, quasi scioccata nel vederlo in quello stato.
Il ragazzo alzò le spalle e si trascinò fino in cucina, dove Alex lo seguì ben presto, preoccupata.
-Allora?- lo incalzò, notando che non voleva risponderle.
Will finalmente si voltò a guardarla, incrociando le braccia.
-Sono due settimane che non riesco a dormire, non riesco a stare in questa casa, non vado d’accordo con Jamie- spiegò, con un certo tono risoluto.
-Come mai?-
A quella domanda, come se non aspettasse altro, il ragazzo smise la faccia seria per divenire tutto ad un tratto implorante.
-È dal matrimonio che non faccio che pensare a te, che non dormo la notte perché mi rodo di gelosia sapendoti con quello lì!- sbottò, prendendole le mani e avvicinandola a sé.
Del tutto spiazzata per quella risposta, Alex dapprima arrossì e poi indietreggiò.
-Ma che cavolo dici?- fece, imbarazzata.
-Ogni volta che ci incontriamo per strada e ti vedo assieme a lui, mi prende una voglia di picchiarlo tremenda, perché non sopporto che lui ti tocchi, che lui possa dormire con te, che tu passi le tue giornate con lui e non con me!-
-Will, tu vaneggi- lei scosse la testa, vedendolo in quello stato a dir poco patetico, non volendo credere a tutto quello che le stava raccontando.
-No, è la verità!- lui le prese una mano e la strinse fra le sue -Ti prego. Ti prego. Ti prego, Alex. Lascialo e io lascerò Jamie. Ti prego- la supplicò.
-Ma-ma....- balbettò la ragazza, spaesata del suo comportamento.
-Ma come ti saltano in mente cose del genere? E tu adesso vieni a dirmele?- sbottò Alex, guardandolo stranita.
Se certo le avesse fatto quelle proposte qualche mese addietro, non avrebbe incontrato alcuna resistenza. Ora però, quei sentimenti così forti che aveva provato per lui, si erano rivolti verso il dottor Baileys, ricambiati, e non credeva proprio di poter nuovamente provare per Will un sentimento che fosse anche solo lontanamente paragonabile all’amore.
Will non le piaceva più come prima. Era arrivata a considerarlo un immaturo ragazzino, confrontato col suo fidanzato, ciò che sentiva per lui era solo un lieve affetto fraterno.
Lieve, sì, perché non poteva certo dimenticare tutte le sofferenze che le aveva fatto patire.
-Alex, sono settimane che non faccio l’amore con Jamie, perché non ci riesco, perché al suo posto vedo te, caspita!- aggiunse il ragazzo, portandosi la sua mano alla bocca e posandoci un bacio sopra.
-Ma tu non sei normale!-
Lei però, come disgustata, la ritrasse immediatamente e continuò a guardarlo come se lo credesse pazzo.
-Will- cominciò con un sospirò, prendendolo per le spalle -calmati, okay? Hai avuto un brutto periodo...-
-Alex, io mi sono innamorato di te-
Quella frase la lasciò senza parole e imbarazzandosi non fu capace di respingerlo, quando l’attimo dopo Will si premette sulle sue labbra con impazienza, smanioso di quel contatto fra le loro bocche.
Una volta riacquistata la lucidità, Alex gemette contrariata e lo spintonò via.
-Ma come ti permetti?- subito, veloce, gli tirò un poderoso schiaffo sulla guancia.
Will, tramortito dalla forza della manata, indietreggiò massaggiandosi la parte colpita.
-Non provare a fare mai più una cosa del genere- sibilò minacciosa lei, digrignando i denti.
-Scusa, scusa...- fece lui -non so che mi è preso...-
-Non farlo mai più-
-Scusa, non volevo, davvero...-
-E soprattutto, mettiti in testa una cosa-
Alex gli afferrò un polso in modo che lui la guardasse ben dritto negli occhi.
-Io non sono, e non sarò mai lì sempre pronta ad aspettarti come se non avessi altre scelte! Togliti dalla testa quest’idea, perché io non sarò mai più la tua amichetta e non starò mai più ai tuoi comodi, mai- ringhiò, minacciosa -mi hai capito bene, William?-
-Sì- gemette flebile lui.
-E piantala di fare la vittima, non ti riesce affatto bene-
Lui, risentito, abbassò lo sguardo e non disse nulla.
-Scommetto che mi hai raccontato un sacco di cazzate- affermò cattiva Alex, incrociando le braccia.
-Alex, parlavo sul serio-
Stavolta lui drizzò le spalle e parlò con voce seria, come faceva sempre e per questo risultò maggiormente credibile.
Visto che lei non aggiungeva altro, lui domandò:
-Ti sei arrabbiata?-
-Sì, e tanto-
Incerto se dirlo o meno, lui allargò di poco le braccia e disse:
-Davvero, io mi sono innamorato di te, sul serio, sono pronto a lasciare Jemimah quando vuoi tu...-
-Non me ne frega niente- fu la lapidaria risposta che ricevette, per quella confessione.
Alex lo guardò, indifferente a tutte le sue parole, con un cipiglio altero.
-Dov’eri quando ero io ad essere innamorata di te? Dov’eri? Nel letto di Jamie!-
-E a che pensavi, quando ti chiedevo se mai l’avresti lasciata e tu mi rispondevi di sì? Ma chi cazzo credi di essere?- gli rinfacciò, avvicinandosi per poi iniziare a dargli dei colpi, come fosse un sacco da boxe.
Will, stordito della sua reazione, cercò solamente di difendersi.
-Tu sei il più grande bastardo che io abbia mai conosciuto, mi hai capito, William? Sei un enorme e fottuto bastardo, ecco cosa sei!-
-Ahio, calmati, cazzo!- imprecò il ragazzo, indietreggiando -Mi dispiace, mi dispiace!-
-Ti dispiace mia nonna!- sbottò la ragazza, smettendo di colpirlo per parlare –Lo sai, povera tua moglie, povera tua moglie! Poverina, che non ha nessuna colpa se non quella di essersi innamorata di un cretino-
-Smettila di parlarmi così-
-Io ti parlo come mi pare e piace, dato che per tutti questi mesi a causa tua ho vissuto un sacco di complessi e di sofferenze!-
Detto così, terminato di gettargli addosso tutta la rabbia che si teneva dentro, Alex si fermò e fece per andarsene.
-Alex, e dai- Will provò a rincorrerla -sono cambiato, posso cambiare, basta cazzeggi, basta giocare. Davvero. Ti prego!- la implorò.
Lei si girò sulla soglia della porta, fulminandolo col solo sguardo per quell’ultimo tentativo.
-Taci invece di dire sciocchezze. E vaffanculo, stronzo-
Terminata la frase ad effetto, uscì dall’appartamento e sbatté la porta con quanta più forza riuscì a metterci, immaginando di dargli un altro schiaffo.
 
Un mese dopo
 
-Allora, che problema ha?-
Un dottore dai capelli grigi, seduto dietro la scrivania in un ufficio ospedaliero comune, aveva le braccia incrociate e stava attendendo la risposta del suo paziente, un ragazzo abbastanza giovane che se ne stava seduto dall’altra parte.
-Dottore, ho bisogno di aiuto-
Will lo guardò con espressione intensa, con due occhi cerchiati di viola, certamente non frutto di cosmetici.
-Mi dica, sono qui per aiutarla-
-Cioè...c’è questa ragazza, no? -
-Cioè, spieghi meglio-
-La ragazza che amo sta con uno di almeno dieci anni in più. Solo che prima era la mia amante. Il problema è che io la notte sogno di fare l’amore con lei invece che con mia moglie- pronunciò tutto d’un fiato, respirando forte poi, con un’espressione un po’ maniacale.
Il dottore, dall’altra parte, lo scrutò alzando un sopracciglio.
-E altro?-
-Sì. L’ultima volta che ero a letto con mia moglie non sono riuscito ad avere un’erezione. Così come se non bastasse ci si mette pure lei, quella stronza, che si è fissata con la storia dei figli-
-Caspita-
-Già. Non avevo mai avuto questo problema, ora non riesco a pensare a nessun altra se non a lei- prese fiato e continuò -e ogni volta che la incontro per strada è sempre in compagnia di quell’uomo. E io vorrei ucciderlo. Pensavo di portarmi appresso una pistola e spararlo d’un colpo. Pum!-
Will mimò il gesto con la mano, osservando l’altro in attesa di un parere.
-Che ne pensa, sarebbe una buona idea?-
Lo psichiatra sospirò, roteando gli occhi, e mise le mani avanti.
-Senta, io potrei suggerirle alcuni farmaci che la farebbero calmare un po’, ma credo che non sia questo il suo problema-
-E allora come si fa? E no cazzo, lei dovrebbe aiutarmi!-
-Si calmi. Ecco-
Lo psichiatra prese una bella penna, e un foglietto, e vi scarabocchiò sopra qualcosa.
-Ecco, mi sento di consigliarle questo psicologo, è molto bravo e sono sicuro che assieme a lui troverà la soluzione al suo problema-
Will afferrò il foglietto, per poi leggere il nome dello psicologo che gli aveva consigliato il dottore.
Subito dopo, in uno scatto d’ira, afferrò il foglio e lo strappò freneticamente in quanti più pezzi poteva, ficcandoseli poi tutti in bocca, sotto lo sguardo attonito dello psichiatra.
Lui, fissandolo sbigottito, si domandò cosa mai avesse detto di sbagliato per farlo infuriare così, e se non fosse il caso di ricoverarlo d’urgenza in un manicomio.
Finora non aveva mai incontrato nessuno che, conoscendolo, avesse sviluppato una così grande antipatia per il dottor John Fitzgerald Baileys.

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