il vecchio cantava dentro la
sua tenda
il fuoco giocava alle figure
sulle sue rughe
il mulo ascoltava le
predizioni avvolte in foglie bruciate
'mandami sulla mia strada'
diceva il vento
e un uccello lontano faceva
l'eco senza tempo
finite le erbe a lato del
sentiero e i sassi tutti bianchi
secco il vento caldo del
deserto che avanza
l'inverno ammantato ha
lasciato tracce pallide
il cerbiatto bianco è
diventato a pois
il piccolo si è alzato in
piedi e aveva le ali
gli occhi fissi sul soffitto
schizzato di sogno
egli confidò alla stanza che
aveva perso tutto
egli scese dal materasso e
camminò fuori
avrebbe voluto dire di non
aver avuto fortuna
il coraggio alzò un
sopracciglio e se ne andò
l'aria soffiava suggerendo
tutte e nessuna direzione
il cavallo alzò la testa dal
prato e tornò a chinarla
il gatto si infilò nella
stanza vuota e salì le scale
il lupo occhieggiò ambiguo e
trotterellò via
egli gettò la sigaretta e
seguì la terra coi piedi
loro battevano sui tamburi
l'ultima danza
egli battè
il suolo, piedi, mani, fronte, ginocchia, mani
forse non piangeva più forse
urlava ancora
il silenzio assorbì tutto
senza promesse
'mandami sulla mia strada'
soffiò nella notte
nell'altopiano deserto si
alzavano sagome
un filo di fumo in lontananza
si insinuava
egli mandava avanti i suoi
passi e proseguiva
si involò una preghiera
attenta 'mandami'
'sulla mia strada' disse la
mezza voce
un ragazzo quasi nudo sedeva
al tramonto
'mandami sulla mia strada'
pensò egli
il giovane guerriero scosse
la testa
capelli legati sulla nuca si
alzò sulla sella
i piedi penzoloni lungo i
fianchi dei monti
la mia tribù, andata, i miei,
andati, lontano
mai più tornare, mai più
appartenere
non per mia scelta, ma
arrivarono i fucili
così dissero gli occhi sopra
le strisce rosse
la sua bocca immobile, non
parlava mai
aveva capito, gli assicurò
con un cenno
e il giovane guerriero gli
fece capire d'accordo
seduto sulla sua coperta si
voltò all'orizzonte
non tornerà nessuno e nessuno
è rimasto
partì al piccolo galoppo con
la lancia tra le mani strette
sulle pianure di porpora
odoranti di erica
'cerca ancora' pensò egli
guardando la schiena
le scapole del guerriero
senza niente che partiva
sa di non avere strada e non
la cerca più
segue la sua guerra alla
morte senza paure
egli lanciò un grido di
congedo silenzioso
il cavallo sbuffò un sospiro
paziente, già lontano
non bussole non cartine non
indicazioni
lui non parte e non ritorna
sulle sue orme
già fantasma ancora prima di
perdere anche sè
la penna piegata di lato
sulla testa
ma il resto delle penne erano
con l'acquila
giro d'ala, lontano,
accompagna il guerriero
al suo ultimo viaggio col suo
spirito e nient'altro
al piccolo galoppo partì a
combattere gli assassini
i fiumi sono in piena e le
foglie impazzano
i mattoni scheggiati e ritintori troppo efficienti
alla riscossa eroi senza
eroismo senza altruismo
scatole meccaniche sfrecciano
metalli colorati
luci alla rinfusa sputano al
vetriolo sul vuoto profondo
'mandami sulla mia strada'
mormorò egli
il cemento pizzica le palme e
segna i talloni
qui non si possono lasciare
orme senza pagare
tutti gli spiriti sono
fuggiti prima d'evaporare
i gas ammorbano vie senza
memoria, andiamo via
sulla steppa dove ogni passo
è perduto nella distanza
gli steli rigidi si agitano o
vegliano ritti
piede dopo piede sul terreno
riarso
il cielo non ha alberi per
distendersi
si china bocca d'azzurro
sulle pietre ruvide
acqua sciolta schiocca in
nastri serpentini
i raggi saltellano
sull'argento e pennellano ogni cosa
poi la luna che risplende le
nuvole lava la terra nuda
l'orizzonte sempre troppe
spanne più avanti
piccole foreste di zampe e
corna scorrono con impetuosa calma
c'era un bosco di lunghe
canne di cannone
ritte al cielo, mille volte
più tristi di alberi d'inverno
vomitano sciami di veleni a
formare nuvole finte
industriosi uomini sordi
formicolano nelle tute uguali
un grido muto assordava, la
terra, la terra che gridava